l»w»liiiÉHrinil-|-— """^ - . . ■ mmmmMmmm^^ a!>3xa:3' aii.^^2a2 DELL' ACCADEMIA NAPOLITANA DELLE SCIENZE SESIOl^E Stilìii .^Kiftà ^$aU J^ì del Rcnd'anto, K le avranno IcUe ed csaniioalc, la classe, esclusone 11 Cagnazzi autore delle Me- morie, si riunirà per dare il suo parere, ed indi compilarne la corrispoodenle rela- zione air Accademia, per le ulteriori disposizioni a prendere. Il socio corrispondeote sig. D. Giammaria Puoli ha presentato all' Accademia il suo TraUalo su' Progressi dclt industria delle Nazioni testé dato alle slampe '■> l'Accademia, oltre i ringraziamenti a voce fattigliene dal Presidente assunto, ha dispo- sto che il segretario perpetuo glieU ripetesse in iscritto. Costui ha poi presentato il Disco}-so letto nella sala del Museo dell Università di Pisa dati ajuta l'iol'issorc Allilio Tassi , iuoltre una settima Memoria suli induzione del sig. ^Vartmau eslratla dalla Biblioteca Universale di Ginevra, ed inviala all' Ac^ cadcmia dall' Autoie. E 1' uno e 1' altro ne saranno ringraziati. La presente tornata essendo stata per disposizione ministeriale deJ 10 dicem- bre p. p. destinata principalmente all'esame del nuovo Prorjftlo dì Statuto per la Società /ì.,il Presidente assunto ha dichiarata aperta la disaussioiie ; ed ha disposto che il segretario perpetuo rileggesse la ministeriale suddetta. Or prescrivendosi in essa che m Ciascuna delle tre Accademie discutesse nella jj prima sua tornata di gennaro cosi il lavoro della commissione come leavverten- ij ze che alcuno de' soci potrà fare. Della discussione poscia e del parere che reii- » derà ciascuna Accademia, sarà fatto processo verbale, che per l' orgaao del Pre- ce sideote generale verrà trasmesso a questo Ministero , acciò possa io rassegnare « a S. M. il Re cosi 11 lavoro della commessioac come i particolari pareri delle Ire jj Accademie « il cav. Tenore faceva osservare esser ciò coulraddicente al Rescritto Reale che fa seguito al decreto del 2 maggio IS-'iS , col quale eonferivasi al nostro iocio cav. Bozzelli l' allo e rispettabile grado di Presidente delia Società R., mentre in questo dicevasi ». Intanto perciocché lo Statuto ed il Regolamento della Società » 1\. Borbonica del 9 marzo 1S"22 sono giudicati ora dalle Accademie stesse come w poco dicevoli ed imperfetti in più punti, io mi avviso, che si debba commettere » al nuovo Presidente della Società medesima di compilare la proposta di un >j nuovo Statuto e regolamento più acconcio ed atto al fine a cui V Istituto è vera- » mente indiritto. Il lavoro del Presidente sarà quindi posto alla discussione de' lì soci delle tre Accademie, le quali riunite in generali tornite delibereranno se ?j convenga adottarlo o emendarlo ; e di poi in nome della Società la proposta sarà " inviata al Ministro dell' Istruzione Pubblica, e questi presenleralla alla sanziona >i del potere legislativo nazionale ». » S, M. il Re considerate tutte le esposte cose, nello stesso suo consiglio or- >j dinario di stalo, si è compiaciuta approvare le mie proposizioni «. » Però nel R. Nome mi pregio di dare a lei sig. Presidente, parlecipaziona » di quegli regii ordini , pregandola a comunicarli alle tre Accademie. Jiapnli S 5 » maggio 1848. f/rm^fo Imbriani. E coiilinuando il suo ragioiiaincnto esso cav. Tenore notava richiedersi un al- tro R, Rescritto per cambiare assolularaenle il modo di discutere quel progetto, stabilito in quello del 2 inaggio qui sopra trascritto . Ed entrando in esame su' due diversi modi proposti per tal discussione, trovava in quello della ministeriale il se- gnenlc non piccolo inconveniente. Discutendosi il progetto da ciascun' assemblea accademica separatamente ancor quando si fosse cercato consolidare a voti le opinioni diverse de' soci in tanti articoli di quello, ne sarebbe, senza dubbio alcuno, risultato perle tre Accademie una varietà di opinioni, dalla quale anziché ottenersi un chiarimento su ciascun arti- colo, ne sarebbe avvenuta confusione da non poterne 1' Eceellenlissimo Ministro trarre quel vantaggio che egli se ne aspetta , per presentare al Re ed alle camere le- gislative un voto ed un parere ragionalo definitivo. E molte e molte altre ragioni adducevansi da ciascun socio , alle quali ne men contraddicendo coloro, che avevano avuta tutta la parte alla compilazione del Pro- getto, è stata unanimamentc accolta la proposizione del cav. Tenore ; ed è rimasto quindi stabilito riferirsi tutto ciò al nostro Presidente generale cav. Bozzelli so- .spcndendo per ora ogni discussione sul Progetto , e dandone comunicazione anche alle altre due Accademie , per loro intelligenza e governo. E quindi rimasta sospesa la lettura del foglietto a stampa col titolo di Propo- sta di modifiche al prorjello di riforma dello Statuto organico della Società R. Borbo' nica, non che le Osservazioni sul progetto medesimo inviate al segretario perpetuo per presentarle all' Accademia dal sig. D. Rallatle Minervini socio ordinario della R. Accademia di Belle Arti, ed un di coloro che nella tornala generale del 4 giugno luroiio dal Presidente cav. Bozzelli destinati a comporre la commissione compila* Ilice del progetto di riforma. TORNATA DEL DI 23 GENNAIO 1849'. Sunto degli Alti accademici pel suddetto giorno. Dopo la lettura degli Atti della precedente tornata e di aFcunc ministe- riali , e lettere di corrispondenza estera , il segretario perpetuo presenta diver- si opuscoli matematici del prof. Barnaba Tortoli ni nostra socia corrispondente io Roma. Hanno indi laogo varie discussioni di affari riguardanti il servizio acca- demico , dopo le quali il cav. Tenore legge una sua Nola riguardante un av- venimento Del nostro Vesuvio, della quale daremo il seguente sunto , ripiglian- do la cosa da ciò che lo stesso rispettabile socio ne espose altra volta in altra ^olu sullo stesso soggetto. Agli occhi del filosofo osservatore ogni fase della Natura, ed ogni fenomeno merita la più alla considerazione, ed è però che il rispettabile socio, cav. Te- nore Gn dalla tornata del Itì giug. t8A6 notava all' Accademia il nuovo piccol con'» che si andava a gradi elevando snlla vetta def nostro Vesuvio, e ricordava le prece- denti epoche di alzamento e di abbassamento del grande cono vulcanico di quel monte e le opinioni di dotte naturalisti su tal fase. Ma non soddisfatto delle sue sole osservazioni dimandava , che la Nola da lui presentala all' Accademia venisse trasmessa al collega cav. de Ruggiero , il quale, fornito come l'è di cognizioni per quella parie di Scienze naturali , si occupasse a prender da cii» il filo di nuove osservazioni , che alili al certo riuscirebbero alla storia naturali: de' Yulcanj. Aderapivasi a ciò per porte deTl' Accademia ; ma le occupazioni del de Rug- giero e le vicende de' tempi non avendo|;li dato agio per una tale cosa si era questa rimasta abbandonata. Un avvenimento tutto corrtrario al già detto ha fatto riviverla in mente al cav. Tenore ; poiché quel nuovo concito , ne' giorni trascorsi , si è veduto sensibilmente diminuir di altezza. Egli dunque nelt informar l'Accademia di ta- le avveminento , preso da zelo per la Scienza e pel decoro nazionale , si è al- tamente doluto, che per 1' addietro non sicno mancati nostri illusili coiii|)alriolti che abbiano osservalo attentamente e con diligenza descritti i fenomeni vcsiivia- dì, pubblicando opere applauditissime , delle quali, per non ritornar gran lem|i > indietro, basta citare la Storia delf incendio del Vesuvio scritta per l'Accade- mia delle Scienze di quell'epoca dall'illustre Serao, che da prima compost» in italiano fu per ordine di Re Carlo 111 tradotta e conlemporuneainente pub- blicata acche iu ìatiuo, e »'i aùdamcnte accol a aldi fuori, che di breve si lex 7 rara r,3 noi; quella cLe ne diede il P. della Torre, celò clie a diverse eoo- d.e De scrissero il principe di S. Severo, il de Botlis , il fesùvo ingegno 'del Cahiini, il duca d.'lla Torre, e lanli altri nostri concitladini amanli disfar co - Losccrc alio stranino le nost.e p.lr.e ricchc/.ze , fi.,o al fa nostro colle'-a Mon- tKcll. , ass.sUU. dal dolio e laborioso Cuvcili e d. poi ancora il P.lla ed il Cassola, de' quali il Tenore rammenla il giornale Vesuviano, che per l.reve lempo ne condussero. E da ciò trae T occasione di dolersi, tl.e di presente veggasi ad i.n trailo mancala negli animi napolitani ogni cura in osservare questo grandioso laboratorio, che Natura tiene ora piìi che mai continuamente aperto innanzi a' nostri occhi. !• quanto fosse slato sempre il desiderio dello straniero in codo- scerc gli avvenimenti del nostro vulcano può rilevarsi da rio che il celebre la Condaniine , dopo aver perlustrale le regioni equatoriali ed osservati altri vul- cani , desideroso di conoscere gli avvenimenti del nostro tcsuvÌo così scriveva ;d nostro T. della Torre: Vous ctes vous lasse cf examiner le Vcsuvc , cu a-CU youssc volre palicncc à ùoiit. E per aggiugnere nuovi slimoli ad occuparsene , il nostro collega Tenore non ha tralascialo indicarci forestieri distinti , i quali scelgono in Napoli loro stanza a vista de' Vesuvio, per continuamente osservarlo, e segnarne le mu- tazioni ed i fenomeni. Dalle sue considerazioni conchiudeva il nostro socio, che l'Accademia do- vcsse interessarsi , perchè 1' Osservatorio Vesuviano , fondato specialmente a lale scopo possa vedersi attivato «, L'Accademia aderendo a" detti del cav. Tenore ha disposto, che tutto ciò SI riferisse al nostro Presidente generale , per passarlo a conoscenza del Mini, flro di Pubblica Istruzione. 8 TORNATE DEL 6 e 27 FEBBRAIO 1849. Sunto degli Alti accademici pei suddetti giorni. Queste due tornate essendo state interamente assorbite da affari privali dell' Accademia, clic hanno dalo luogo a lunghe e serie discussioni , non vi ha a recar- ne alcun sunto. Solamente nella prima di esse , il segretario perpetuo , nel presen- tare all' Accademia il volume degli Atti di Berlino per l' anuo 1846, pubblicato re- polarmente nel IS-'iS , ed i ragguagli mensili per l' anno accademico terminalo nel j;iugno 1S48 , ha lello il seguente programma promulgalo dalla classe Fisica e Matematica di questa dotta Società fin dal (j luglio 1S48 , per premiarsi nel 1851 , ponendolo per lai modo non solamente alla conoscenza de' nostri soci , ma ancora di tulli gli operosi naturalisti del regno. Optai classis physica . ci matheinalica Academìae Scienliarum Bci-olincnsis tit accurata disquisUio et comparalio frucliium in siala maluro ti immaturo i'/i- slitualur. Eligendi videntur fructus qui mngnas diffcreittias in lUroquc statii o- tlntdcre solerti. Primo loco analjsis cìicmica frucluum ci quidcm ex eadem pian- ta dcsumtoriim tani maiuroruin quam immalworum pcrficlalur . Tarn inr/uiratur , in quibusnain fruclus partibus singida caqiiae rcpcrta sunl contenta fucrinl , nea non quas mutalioncs parlcs solidae succiqiie duni malurcsait fructus sabicrlnl . Tan- dem obserintionc; p/tysiologicae adiungcndae sunl , iti inde pcrspicialur , quam vivi calor , lumen, humiditus , defolialio , resectio corticis annidaris aut e.vcisio- nes Ugni caudicis aut ramoruni in fructus maturatiuncm habuerint. Sperai clas- lit , competilorem non negleclurum , quac ante ipsiwi Itac de re iiuiotucrunl. Traclatus huius argumcnti Academìae ante diem -/. Marlii moccoli tran.i- tnillcndi sunl . Lingua uti licci latina , gallica , germanica. Fronti commentatio- tiis symbolum inscribcndum est addita schedala absignala, eodem symbolo instrti' eia, quae inclusum conlineat nomen auctoris, Praemium ccnlum ducalorum aureorum adiudicabitur mense tulio eiusdem anni in convcntu Academiae publico Lcibnitiaiio. Il segretario perpetuo ha ancora presentalo all' Accademia il voi. 1° delle Me- morie di Scienze Naturali raccolte e pubblicale , per via di s3scrizioiU da Guglielma Iliiidinger in Vienna , con tavole , ed elegantemente stampato. L' Accademia La con piacere accolto un lai dono , ed a relazione del cav. Te- nore ha stabilito estrarscnc tre Memorie, facendole tradurre dal tedesco in italia- no per inserirle nel Rendiconto . Esse sono la n* 4 di Reissek : Sugli endoflti del- le cellule delle piante ; la u* 12 del sig. V. Slreflleur — fenomeni del flusso e 0 ■.■i/lusso totlo V influenza della rotazione , e la n°. 20 del sig. A. Morlot — Sulla D domile e la sva arliftr.ìalc produzione dallo spato calcare. Ila ancor essa stabilito inviarsi al sig. Haidioger un esemplare de' volumi de' suoi Atti finora pubblicati , 'ncoricanJo il segretario perpetuo dell' adempimento . Molti libri di nazionali ed esteri sono stali presentati all' Accademia da! se- gretario perpetuo nella tornata del 27 fcbbrajo , pe' quali ne Iia questa stabiliti i corrispondi'nti ringraziamenti j e dopo aver continuato le discussioni lasciate sospe- se nella precedente , per mancanza di tempo , si e finalmente passato a terminarle con la votazione segreta. Dopo le quali cose non essendovi avanzato pur tempo per sentir la lettura di un lavoro, che aveva pronto il socio corrispondente de Martino , intitolato: Nuova opinione sultuficio della membrana di Jacob nelle funzioni dell' oc- chio 5 i slata questa posposta alla prima toraata del mese seguenle . >j»i>t$»»-f 2 MEMORIE E COMUNICAZIONI DE SOCI ORDINARI E CORRISPONDENTI DELL' ACCADEMIA. Hogìonnmenlo suìV vfficio della membrana di Jacob nello funzioni dell' occhio j di A. de Martini, Nella costruzione organica (JelV occhio v' ha qualche apparecchio di cui s' ignorano gli uffici , per ciò che questi non sono stati ancora studiati sopra ap- parecchi fisici che imitino esattamente le condizioni degli organici . Uno di tali apparecchi si è appunto quello che sta sulla faccia posteriore della reti- na . Il quale consiste m uno slralo di piccoli jmsmclli esagoni terminati da pi- ramidi tronche , e situati copie un sistema di colonnette parallelamente gli uni di lato agli altri , e rivolti con una piramide piìi appuntata verso la re- tina e coir altra a troncatura più larga contro la tunica pigmentaria della coroi- de . Gli anatomici che meglio hanno studiato siffatti prismetli sono rimasti in dubbio , se essi sicno dei piccoli solidi , o veramente siano delle pareti pri- smatiche cellulari ripiene di un liquido oleoso . Si è osservato di più , che in mezzo al sistema dei prismetti semplici sono intercalati a distanze regolari dei prismetli geminali o biconi , i quali costano di due prismetti semplici insieme saldati colle loro punte che corrispondono alla tunica pigmentaria : e qualche osser- vatore in luogo dei biconi ha trovato in mezzo al sistema dei prismetti con re- i;ol»rila interposti dei grossi globetti . Un altro fatto notabile si è , che le c- streinilà esterne si dei prismetti semplici e si dei geminali s' infossano alquanto uelle cellule pigmentarie da cui restano come invaginate e rivestite. Quantunque sia facile il dislaccare dalla faccia posteriore della relina del- le piccole falde o lacinie della tunica di Jacob per osservarne al microscopio la struttura , o anche esaminarla sul margine di un pezzo di retina ripiegata sopra sé slessa dulia parte della faccia interna; pure all' abilissimo prof. Delle Ghiaie i' riescilo in occhi umani , ( che secondo sua avvertenza dcbbon esser freschis- simi ) , accompagnarla dal contorno del nervo ottico fin presso la zona di ZlSN . Snir ufficio di qucst' ammirevole apparecchio non ancora si ha una idea fermata . Le congetture finora emesse sono : W che quesl' apparecchio non altro sia che uno strato di epitelio cilindri- co , le cui cclbde per la mutua pressione da cilìndriche siano divenule pn- Il smalkhc ; o clie la membrana di Jacob sia di natura nervosa , e cho ogni cilliidrct- to sia l'equivalente di una cellula nervosa (1). 2°. clic sia un sistema analogo a quello dei coni dell' occliio poliedrico de - gì' inselli , e che perciò ciascun prismello riceva isolalamenlc 1' impressione di UH punto della immagine conispondenlc al punto dell' oggetto cstcì-iore. 3". clic un tal sistema di prismelti operi come uno specchio riflettore . 4°. eh' esso assorba una parte dei raggi luminosi. 5°. Dopo tutte queste analogie e congetture Husolikc ha emessa una nuo- Na ed ingegnosa teorica sull' ufllzio di silFatto apparecchio . In tutte le dispo- sizioni della retina questo dotto anatomico vede chiaro il disegno della natura di adoperar ogni modo per fortificarne 1" azione nervosa sensitiva. Questo stes- so scopo appunto ella si propone nella costruzione di lutti gli altri organi dei sensi ; ed in quella del labirinto , delle fosse nasali , del corpo papillare della Un glia e del derme lo consegue col dare la più grande espansione in super- ficie alla parte sensitiva , cioè all' cstremilii dei nervi ; ora spiegandola a ven- taglio siccome sulla lamina spirale della coclea e sopra i setti del vestibolo e del- le ampolle dei canali semicircolari; ora risolvendola nel prodigioso numero del- le sue fibre primitive , ed a cinscuna di queste dando un rivestimento papil- lare di figura e grandezza diversa, siccome nel sistema papillare della schnei- deriana della lingua e del derme . E però la ragione che nello sviluppo del- l' animale governa ad ogni passo la forza organizzatrice, volendo parimente nell' oc- chio ottenere dietro la impressione delle immagini una forte azion sensitiva , ma nello slesso tempo dare all' organo della vista le più piccole e le più belle pro- porzioni, ha conseguito lo stesso intento con diversi mezzi per quanto ingegnosi al- trettanto efficaci. Questi mezzi, a suo modo divedere, sono due: 1". duplicare la membrana sensitiva dell'occhio, la rca questa è notabilmente accresciuta dall' infinito numero di prismelti del- la lamina di Jacob , ognuno del quali , so veiaraente ò analogo ad un prismi dell' organo della torpedine , sarà un piccolo apparecchio elettrico. (2) Prima di arauietiere questa bella teorica , è mestieri esaminare se vera- mente tenga l' espressa analogia tra V apparecchio elettrico della torpedine e 1 apparecchio di Jacob. Egli è noto , che 1' organo elementare dei prismi esa- goni dell' apparecchio elettrico della torpedine è una capsuletta fibrosa piena di gelatina , nella cui parete sì distribuiscono le reti vascolari minime e li ultime ramificazioni nervose (3). Una colonna di capsuletta soprapposte le um alle altre e compresse sui lati dalle colonne vicine , costituisce il prismu elellrico. Lo sviluppo dell' elettricità della torpedine è l ' effetto d' uq organico conllitto tra l' azione speciale di queste cellule da una parte e l' innervazio- ne e la circolazione sanguigna dall' altra , il quale conflitto probabilmenli. sarà accompagnato da chimici cangiamenti nella materia contenuta nelle ca- psulette e nel sangue. Ora tali condizioni mancano all' appareeehio di Jacob nell' occhio. L' opinione del giovane fisiologo danese e nostro amico D'. Hannover (4) , che il sistema dei prismi posto dietro la retina operi come uno specchio ri- tlettore , a prima giunta sembra la più fondata , ammessa la natura cristrd- lina dei prismetii e la loro terminazione con piramidi a sei facce con ap ici troncati. Secondo siffatta teorica , se la riflessione dell' immagine fosse vera- mente operala dulie puraerose fatcette interne dei prismetli della membrana di Jacob , s' intenderebbe di leggieri che l' effetto della visione dovrebbe per ciò farsi piii intenso, dappoiché la sensazione sarebbe dovuta ad un duplice eccitamento della retina , uno prodotto dalla immagine diretta formata dai raggi luminosi sulla tela sensitiva dell' occhio , e l' altro prodotto dalla stessa •2) Pacini descrive !a retina come composta di cinque strati : il 1° più interno formafr» di fibre ncrvnfe bianche ; il 2" formato Ji un sol piano di crllul'' nervose , il 3° formato di fi- bre iì{rtcise grige che terminano nelle cellule nervose dello strato precedente ; il 4° formato di yjuattro o, cinque, stratificazioni di nuclei nervosi , più una stratificazione complementaria di corpuscoli simili alle cellule nervose del secondo strato ; il 5" formato dai cilindretti e dai tiicmii della membrana di Jacob. [i) Delle Ciìiaie, .Savi e Matteucci , C.\l.\m.vi. (V Il.o-,ovi;n , /{n'iTt/ios mirrvicnpiriucs sur le Systcme ncrvcux : Copenhaque 18iV. 13 immagine la quale giunta sulla tunica di Jacob sarebbe ripercossa di nuavo sulla rei ma . Or noi , senza poter direltainente dimostrare insussistente una tale leoiica , diciamo soltanto che se la immagine prodotta sulla relina fussu riflessa dalla menibiana di Jacob , apporterebbe confusione nella vista , per ciò che i raggi rlUcssi, facendo angoli di riflessione eguali a quelli d' inciden- za tornerebbero per direzioni difl!erenti dai raggi incidenti, e quindi la im- magine ripercossa non combacerebbe colla immagine incidente , e di qui di necessità verrebbe grave confusione alla visione distinta. Che anzi per l'op- posto è 9 dire, che luito cella costruzione fisico-organica dell'occhio con- corre per evitare la riflessione delle immagini , dopo che i raggi che la pro- ducono hanno ollrcpassiila la trasparente retina : ed aflincbè i raggi che in qualunque direzione trapassano dalla relina nei bastonettl della tunica di Jacob sieno assorbiti , le cose si trovano disposte s\ che ogni bastonelto è rive- stito da una guaina pigmentaria; e però, sia perpendicolare o obliqua la di- rezione dei raggi luminosi , cadranno sempre sopra un punto della tunica pigmentaria , e quivi rimarranno assorbiti. Il D"". Brueckc (5) crede appunto , che ogni raggio riflesso dalla tuni- ca di Jacol» giunga per via inversa al medesimo punto della relina che pri- ma aveva colpito ; e dichiara che le posteriori ricerche debbon volgersi a di- mostrare un tal fatto. Ma ammettiamo pure , che il sistema dei prismetti fosse posto in guisa che ogni raggio componente la immagine cadesse perpendico- larmente sulla faccetta rispettiva del prisma , e però fosse , o dalla faccetta anteriore o dalla fj.ccelta posteriore rivolla al tappeto dell' occhio dei bruti, riflesso per la slessa linea , in guisa che l' immagine riflessa coincidesse esat- tamente coir immagine diretta ; ciò non di mono i raggi trasmessi dalla retina, e riflessi dalle faccetttì dei prismi non potrebbero per nulla aumentare l'ener- gia delle vibrazioni delle particelle nervose , appunto perchè quegli elementi della radiaziane luminosa che dopo la produzione della immagine la retina trasmette , questi stessi ripercossi dalle faccette dei prismi avrebbero di nuo- vo libera trasmissione per la retina , essendo legge generale che se una qua- lità di radiazioni liberamente trasmesse da un corpo sia ripercossa da un altro torpo posto dietro al primo , essa sarà di nuovo trasmessa liberamente ia senso contrario e per intero dal primo . Ma volendosi pur trovare un' analogia tra l' apparecchio ieì prismetti della tunica di Jacob dell'occhio, ed alcuno degli apparecchi elettrici finora conosciuti , la più vicina sarebbe quella eh' esso presenta colla pila lerino- (ó) Bbcecke , Muller's Archiv. ISii- , e 1843 . Valentin ; Physiologie dea Menschcn. yol. 2 , P. II , pag. 93. 2. cdiz. 18i8. . 14 rkttrica . La quale , com' è noto, è fatta ài un numero ri! oalDnnol.tt! di Jue diversi inelalli saldali insieme e disposli nUernamenle . Questa i>ila sviluppa elettricità ogni qualvolta , riscaldandosi una faccia , si proilucii dilTeienza di temperatura tra la faccia anteriore e la posteriore. L' aspetto generale fa scor- gere una certa rassomiglianza tra 1" apparecchio di Jacob e una pila termo, elettrica ; ma manca la condizione essenziale , cioè la natura metallica : essendo ben noto, che le correnti termo-elettriche si trassero finora dai soli metalli e da quaU chcduno de' loro composti. E diciamo pure , che la qualità metallica di questa sia Dell' apparecchio organico in qnistioue rappresentata da una diirorenza che sta lr eccitar nella relina alcun movimento vibratorio , e sarebbero invisibili appunto per ciò che esse mancherebbero di ogni specie di accordo coli' elasticità moleco- lare di questa membrana dell' occhio. Al contrario le ondulazioni poste tra il i;iallo e l'arancio, ove ha luogo, secondo Fraurdiofer , il massimo d'intensità luminosa , ecciterebbero vibrazioni più omoi^enee alla detta elasticità delia retina e comunicherebbero alle sue molecole il movimento vibratorio il più spiccato ».(8) Questa teorica sulla visione stabiliva un' evidente analogia tra le azioni del nervo acustico da cui dipendono le sensasioni dei suoni , e le azioni del- la retina da cui dipendono le sensazioni delia vista . Sì le une e si le altre (7) Meliom ; Suir identità di natura dei raggi di ogni specie vibrati dal sole e dalle sormonti luminose o calonticlie : Heiidicunto , felbr. 18V2. Melloni ; Osscrva/ioni sulla colvrazione della retina e della lente cristallina : Rendi- conto , febbr. 184-2. (8) I risultamcnti delle 6i)crienzc del D''. Bruecke non recano nessuna opposizione alla teorica dell' ideotiiè. Esse non altro dimostrano , se non clic 1' occhio è un appareccliio il quale arresta solo i ra^gi cjlorifici o chimici sforniti della proprietà luminosa , cioè privi della virtù di eccitare i moli vibratori delle molecole della retina. Ma senza questa specie di accordo tra Iclaslicilà molecolare della retina e le ondulazioni posto tra il giallo e 1' aran- cio , come mai questo ondulazioni tra tulle potrebbero avere la virtù di eccitare più viva- ;iientu la retina e (luindi i;vderu il massimo d'intensità luminQsat 16 cunsislono in moli vibratori delle molecole nervose , eccitati però da agenti diversi. Ora è cerlatnctile degno di altoiuione l'osservare , dio noi due conna- ti orj^aiii sensori acustico e visivo , in cui le impressioni sensorie consistono in vibrazioni delle particelle nervose , la natura appunto par l'avo ri re i moti vibratori midecolari , La eseguito un identico disegno acconcio a (jucsto se ip'ì essenziale . Ella non polendo , senza grave discapito della sostanza polposa e (pandi della eccitabilità delle fibre nervose , dare a queste una elasticità per tensione , ha distese le molli papille terminali delle fibre nervose acustiche ed oltiehe sopra uno strato di piccoli cristalli . Tal si vede nel labirinto dell' organo dell' u- «litD e neir occbio . In quello le espansioni papillari dei nervi acustici sono adagiate sopra uno strato di piccoli cristalli che incrostano 1' orlo dei setti trasversi del vestibolo e delle ampolle dei canali semicircolari . Quesli cristalli sono stati denominati otoconi . Sopra una tale base cristallina le parliccllc ner- vose possoo concepire facilmente e con energia le onduluzioai sonore cbe si propagano al labirinto. Neil' occbio , r apparecchio di Jacob è analogo allo strato degli otoconi del labirinto \ e , come questo è favorevole alle vibrazioni acustiche delle mo- lecole nervose di quelle papille ; così lo strato cristallino sul quale si appog- t;iano le espansioni papillari delle fibre della retina è una base che conserva la ti:nsionc vibratoria delle molecole nervose , e ne favorisce le vibrazioni al- lorché vengano scosse dallo ondulazioni luminose dell' etere . Se la natura a- vesse adagiata la retina direttamente sulla coroide , oltre che la sua molle so- stanza si sarebbe agevolmente imbevuta di pigmento , e si sarebbe olFuscata sic- come a proposito riflette il Delle Ghiaje , le sue molecole eccitale dai raggi luminosi non avrebbero potuto che al certo debolmente rispondere con egual nu- mero di vibrazioni alle vibrazioni dell' etere , e però le sensazioni di luce di colori e di vista sarebbero state poco chiare. L' apparecchio di Jacob è base es« senziale per Y elasticità molecolare dell' espansioni papillari della retina ; dap- (toiccbé esso non manca nell' occhio di alcuna classe di vertebrati , siccome nel labirinto la strato degli otoconi non manca giammai qual base alle espansioni papillari dei nervi acustici. Da una parte la teorica sulla natura delle impressioni sensorie acusti- che , consi.«lcnii in moti vibratori eccitali nelle espansioni del nervo acustico dalle ondulazioni sonore propagate fino al labirinto , era certa ed ineluttabi- le . Dall' altra poi la teorica dell' indole delle impressioni sensorie ottiche , •-■olla quale sostenevasi che le azioni visive della irtina consistano egualmente in vibrazioni consone delle molecole nervose eccitate dalle ondulazioni lumi- nose , non aveva chq un grado approssimativo di certezza ; essa foadavasi sul- 17 fa natura dei raggi 1umÌD0$i consistcQli in certe ondulazioni dell' etere , e so- pra r esistenza di una tensione o elasticità molecolare della retina clic sta di accordo colle ondulazioni luminose . Ora la certezza che i suoni non sono che vibrazioni delle espansioni periferiche del nervo acustico propagate al rispet- tivo sensorio cerebrale, e il vedere un'analogia tra la base cristallina sulla qua- la natura ha situate le espansioni jicrvose del labirinto , e la base cristallina sulla quale ha adagiate le molli espansioni nervose della retina , non avvalo- ra la teorica del Melloni , che la visione in generale e tutt' i suoi fenomeni non siano che vibrazioni molccolaii della retina , eccitate dalle ondulazioni lu- minose , e dal nervo rispettivo propagate al sensorio ottico del cervello ? Ed in appoggio della teorica suddetta viene pure la considerazio.ie , che la fac- cia retinica dell'apparecchio cristallino di Jacob, atteso i prismi geminali, pre- senta in proporzione un maggior numero di faccette. Se quest' analogia tra l' ufficio dei due strati cristallini del labirinto e dell' occhio si ammette , siccome i cristalletti dell' udito si son detti otoconi , si potrebbero del pari denominare fotoeoni , ovvero oflalmoliti come li ha detti Delle Ghiaie quelli della vista ; ed in luogo di dire lamina tunica e membrana quest' apparecchio , dappoicchè tali vocaboli esprimono una tela molle , men- tre gli elementi dell' apparecchio di Jacob pel loro oQicio si hanno proprietà, opposta , non sarebbe meglio il denominarlo strato degli oflalmoliti ? 18 Memoria sulle Jìuotc hlrniiUchc n sistema misto accompa- gnata da spericnze sugli reciti meccanici di esse. Da Germanico Pairelli. Slimando col sig. Poncélet che mólte utili idee venute diamen- te de' dotti sono stote trascurate perchè semplici, fino a che fissata una volta r attenzione di alcun di loro , furon poi calcolate , adottate , e messe a profillo. della Società , io sol per fissare tale attenzione , ho pensato oftVire ai coltivatori delle idrauliche teorie applicate le qui ap- presso poche mie investigazioni sulle ruote a pale curve e modifiche ojieratevi , dalle (piali avendo ottenuti significantissimi vantaggi , mi auguro che .vorranno apportare al pubblico il bene di portare que- sta mia prima idea a quel grado di perfezione di che forse non fui capace io. , Perchè tali modifiche ed aggiunzioni che stimai fare alle ruote a ■pale curve han T oggetto di riunire l' efl'etto che .si produce colla pies- bione nelle ruote a secchi , e quello che si ottiene con 1' urto nelle ruote a pale , ho creduto dare a questa novella modificazione il nome di ruote idraidickc n sistema misto. 19 nUOTE IDRAULICHE A SISTEMA MISTO o JIODIFICAZIOM A.ILE nUOTE A PALE CURVE DEL SIC. PO.NCEI.ET Perchè V acqua allorcliè opera come forza moirice su di una maccliina produce il suo eiFcllo o colla pressione o coli' urlo , tulli i maeslri delle idrauliche teorie applicale alla pratica dislinguon due sorte di ruote idrauli- che , le une cioè sulle qirali' a|;isce il fluido col suo peso , le altre nelle quali opera l' cffctlo coH" urto. Ciasouna di tali ruote è soggetta a normi; e leggi particolari e la piiiicipale si e quella che l' acqua che agir deve col suo peso perde tanlo del suo clTctto di quanto produce di urto , e vice- versa nel caso che deve agire per inijiulsiono. Quindi nelle ruote a secchi o cassette si prefigge che l'acqua vi cada quaiorej trattener la deve sulla superfìcie delle pale. In tale incontro produr si deve la combinazione di due forze delle quali la risultante agirà sulla superficie delle pale stesse, ed anche uoniKilmcnle ia certe date proporzioni' dalle due raasse-e loro velocità, 3". Seuoiido i (tali del sig. Ponculet r acqua che giunge sulle pale con velo- cità doppia, della raola salir devo per la superficie cilindrica delie pale stesse esercitandovi u?to o pressiona , ma col girar della ruota la-superficie delle pale urtale prende una posizione ohe si accosta semprcppiìi- alla verticale, ed allor.» r effetto della pressione doli' acqua che sale lunghesso diminuir deve som- preppiìi fino a diveoif zero. Dipoi, arrivata l' acqin ul punir» della massima ascensione , la superficie delle pale si troverà forse in tale posizione die 1' acqua ricalando per la sua, gravità ber» poco potrà agire col suo-past. Per l'opposto, nella suddetta oniiMnazione ci iiiconlro delle dna qu intitu di acqua, le loro masse unite , nell' atomo di tempo el>.e si frappoio fra lo incontro 'i la caduta nello soalotje che soglie la gora , si in:iMt:<'rra!i!io su-!i;'. jiale p-T ultHtj della forza risul laute duUa di sopra, e pieruendole continuaraiinte, nello debite proporzioni , lascerauiio la puota senza veruna velocità perchè questa si è quasi distrutta nell' incontro delle due masse. 4°. Con tale disjiosiziong e divisicnc della forza niolrice , non avendo p.ii luogo ne rigurgito né consumazioiHj di velocità, a conseguire un dato effetto la quantità di. aequa consumata divenir deve minore , o ai egual consumazione il prodotto utile risulterà maggiore. 5°. Finalmente , ne' casi di piccole erogazioni o gran. li cadale' non vi e bisogno di aumentar mplto l'altezza degli anelli della ruota a danno dell'ef- fetto per lo ravvicinamento del peso al centro e per la maggior resistenza dell' aria. L'occasione di eseguire una costruzione di tal fatta Jmi si presentò nell' inca- rico ricevuto di progettare n dirigere un molino da grano por conio del signor D. Gennaro de' Baroni Compagna a Palma, distretto di Nola, in di lui f )mJo traversata) da diversi canali in terra animali da sorgive, le di cui acque sono addette alla juacerazione di lini e canapa ( tav. 3. ). 12 essere tali canali di seiioac irrcgolarisiima con cangianti pendenze , e 23 •dlppiù ingorahil di piante polustrl , non mi permise calcolare con veruna esat- tezza lu quantilà di acqua dulia quale polca disporre ; epperò il suddetto Pro- priotario , fidato sulle assicurazioDi de' naturali del paese che moltiplicando de' fossi (cosi detti pozzetti ) si moUiplicavaDO le sorgive, non polendo ese- guirsi tale lavoro anzi tempo , voleva che io avessi contato su di una massa di fluido doppia ed anche tripla di quella che si osservava. Io però non cre- dei fondare sulle dette assicurazioni , ma perchè la quantità di acqua che si manifestava era assai scarsa , come dirò , reputai urgente non perderne la Itenchè minima parte . Quindi riunì tulta quella ehe fluiva ne' suddetti canali di terra (cosi detti Lenze) in un solo di fabbrica per portarla in un gran serbatoio anche in fabbrica, all'estremo del quale per la posizione dello esi- stente canale di scolo piantar dovei il molino . Portata dwique l'acqua di tutte le sorgive in un medesimo canale ia fabbrica, ne misurai la portata cogli ordinari metodi de' galleggianti. La lar- ghezza del canale perfettamente tonacato essendo di palmi 7, 50 ( l"" 98 ) uniformemente per tulta la lunghezza di palmi 700 circa. L" altezza dell' acqua in esso pai. 2.25 (0'", 595), eia velocità media superficiale essendo risul- tata di pai. 0. 572 ( 0'",15i2) a secondo. Adottala r espressione ;n = 0, 75 X Z X a X f • "Diede la quantità di acqua scorrente nel canale pai. pai. = 0, 75 X 7. 50 X 2, 25 X 0, 572=j5«Z,' 7, 23 fli" = 0, 75 X r',98x 0",595x0"',1 512= me/n' 0,133 a I" Di poi presa la livellazione del pelo dell'acqua fino al punlo piii lon- tano e più basso cui polca giungersi , tolta dalla differenza totale di livello la quantilà da darsi per pendenza al canale di scarico , per la quale pendenza, essendo esso in semplice terra, si adottò la formola S I = -^ i. ( 0, 0000444 -f 0,000309, v ) risultò che potea contarsi su di una caduta di -circa pn/ffij 7,23 ( 1"* , 91). Da' quali tolti ancora per altezza dello scalone sotto la ruota pn/. 0,83 (0'",22) Rimase V altezza di caduta utile o 1' effettiva carica sulla quale potea coq- tarsi pai. G,/iO ( r',G9), benché non costante. E su tali dati stimai conveniente adottare la seguente costruzione per la ruota, per la gora, e parli accessorie. 2i DESCRIZIONE DEILA RUOTA , DBllA GORA , E LORO ACCESSORT. La ruota ha i pezzi di curva formanti gli anelli io ferro fuso, le pale curve in lamierino , l' asse ed i raggi in ferro forgiato , e le dimensiooi sono le seguenti — ( lav. I. (ìg 1. ). Diametro della ruota (^cU.i5,12.) Sua larghezza internamente alle corone . . (pai. 1,62.) Altezza delle corone o dell' anello . . . (pai. 2^07.) Loro spessezza. . . (pai. 0,0/3.) Spessezza delle pale (pai. 0,02.) Diametro dell' asse ai fusi (pai. 0,35.} metri metri metri metri metri metri A,00 0,43 0,55 0,083 0,00523' 0,092 Numeiv delle pale 48. La delineazione della curva delle pale ( tav. I, fig. 7. ) fu eseguita elevando' sul suolo della gora , inclinata come si dirà, una perpendicolare che passan- do per lo taglio superiore della paratoia inferiore superava di O^jOò la peri- feria interna dell'anello della ruota: quindi , preso tal punto per centro e per intervallo la sua distanza dal medesimo taglio superiore di tal paratoia , fu' delineata la curvità delle pale . Risulta da tal costruzione che la superficie dell' acqua che scappa per la paratoia è tangente all' ultimo elemento delle pale passanti successivamente per avanti tale apertura. Dal piano della gora fino all' altezza di circa pai. 7,25 (\"',d\7) {tav. I. fig.1.) la ruota è cinta da una superficie cilindrica di forte lamierino incastra- to ne' lati della gora, essa dista dalla ruota per 0"',0t. In tale superficie cilindrica son formate due aperture , uoa^ cioè sulla; soglia larga pai. 1,42 ( 0"',375 ) ed alta pai. 0,75 (O", 198) ^ e 1' altra all' al- tezza di pai. 5 , 20 circa (1*", 37) sulla soglia medesima , larga pai. 1 , 20' (0'",ZM), ed alla;ja^. 0,83 (0'»,219). Ambo tali aperture sono cinte in tre lati da un telaio di £erro con ca- naletti laterali ne' quali scorrono esattamente le corrispondenti paratoie , delle quali la inferiore ha una inclinazione di 45." all'orizzonte. Un bastone di ferro attaccato a dette paratoie con pani di viOe nella parte superiore , ed una scrofola a bracci , agendo negli opposti sensi,^ opera 1' elevazione ed abbassamento delle paratoie stesse. Perchè l' acqua che cade dall' apertura superiore nelle pale passa pel ta- glio superiore della paratoia , trovai vantaggioso di aggiungere ài di so- 25 jira di lai chiusura tre guide ad imbuto, anclie di lainierinn , le quali j)ro- dusseio r elFello di portarer tutla 1' acqua nelle pale senza perdila veruna. Ilo accennalo di sopra che il canale in i'.ibbrica scarica l'acqua in un {•ran seibaloio : quoslo ha la luiighez/.a compensata d'i pai. 210. La larghezza compensala di pai. 34 e V altezza anche compensala di j)id. 7 circa con una pendenza verso la gora , la quale trovasi nell' estremo di tal serbatoio. La larghezza della gora nel lato del serbatoio è di pai. 8 ('2"',11G), e dista dall'asse della ruota idraulica per circa /W. 15,06 (3"", 'J8). Il fondo ha una pendenza del decimo della distanza tra il principio della gora ed il punto corrispondente a piombo sotto il dello asse. La c!e;ta larghezza di pul. 8 si riduce a pai. 2, IT (0'",58) ( lav. i.fij. 2. ) con Utt raccordo di due supeifloie a doppia curvatura formanti una gola , e ciò per annullare l' effetto della contiazioue. Con altro raccordo poi tale lar- ghezza si ^e^tlinge a prl. 1 ,42 (0"',375) eguale alla larghezza della paratoia. Secondo le norme del sig. Poncelct, la pai te della gora che corrisponde fdtlo r asse della ruota per la lunghezza di pai. 2,2G (0'",59~) è formata in superGcie cilindrica , concentrica alla ruota, e dista dilla periferia Ji quesia per pai. 0,05G7 (0"',0i5). Le pareti verticali della gora , ( tav. 1 . fig. 3. e 6. ) laterali alle facce della ruota fino all'altezza dell'asse sono in pietre di taglio, e disiano dalle facce esterne delle corone per ;>«/. 0,10 (O",026) da ciascun lato. All' estremo della suddetta parte curva della gora si è lasciato uno scalone di altezza pai. 0,83 (0™, 219) , il quale si accorda col fondo del ca- nale di fuga con una superfìcie cilindrica concava. Io tal punto il canale si slarga a pai. 8,00 (2"", 1 1),- e dopo altri pai. 8 circa si aumenta a pul. 16 (4"',23). Ingranaggi V asse della ruota idraulica ( tav. i. pg. 1. e 9.) porta una ruota di lato di poi. 4,34 (1"',148) che ingrana in altra di pai. 1,04 (0'",513> Sull" asse di questa seconda ruota vi è altra ruota ad angolo di pai. 4,19 (1,108) che mette in movimento il suo rocchetto di pai. 1,25 (0'",330), e l' asse verticale di lai rocchetto porta la moia girante che La il diametro di pai. 4,50 (l", 19). 4 2G jLspr^nì-vr.xTi Poi'ial.'i a leimino. l;i siulck'Ua coslriizione , la fju.ile noi C3so ilell uso jifsnlulo ed unico ik'Ua paniloia int'eriorf; si trdva negli slrcili dctlumi e pie- scriziojii s1al)iiilc jicr le ruote e palo itirvc ilal sig. Poncolet, se non clic in cambio di cliiiideisi la gora con siipcilRie diilla a /tó" vi è lu supoificie ci- lindrica clic cìnge la mola , ciò che non può produrre tlia vantaggio . Il confronlo adun<]uc lia 1" effetto del suddetto uso unico della paratoia inferio- ic r ([nello dello impiego della superiore unito alla sollopnsLa, offriva la elTet- ti\a dilVcienza di risultato non che i vaniaggi che da tal modifica ed iui- jiiego delle due paratoie si ottiene . Quindi passai ad eseguire i seguenti rsjirrimonli i quali non ebbero altro oggetto che il paragonare sotto le me- desime circoslaiize i due sistemi , quello cioè delle assolute ruote a pale curve del sig. Poncelet, e quello delle ruote a sistema misto nelle quali I' elleno della pressione è del lutto separato dall' azione dell' urto. Primo Aporia la sola paratoia inferiore per l" altezza di pai. 0,(19 ( 0"'0238 ) sulla soglia. I.a ruola si è messa in moto con lutti i suoi accessori fino alla mola £Ìranle facendo sei "iri a minuto. La carica sulla soglia essendo in quel momento pai. 0,62 (1™, 75) risul- tava sul centro dell' apertura fial. 0,575 (1"',739). I.a velocità corrispondente a tal carica ascende di 5", 84. a I" L" aja di della apertura era 0"',375 X 0"',n238 = 0"",0089'i. Attesa la disposizione data alla gora ed alla paratoia, come è dettaglia- lo di sopra, ed avuto considerazione alla piccolissima spessezza della parete della chiusa e della paratoia , stimo che non dovea aver luogo veruna con- iazione , e the perciò la velocità dell' acqua all' uscire dall' orificio pareggia- va la teorica della di sopra . ftlalgrado ciò per massima sicurezza ho adottato il cocficienttì 0,90 per avere la poriala effettiva. Ed essendo la teorica = 0"", 00892 X 5'",8/i = 0"'\05209 risiJtava la portata effettiva = 0"",05209 X 09 = O^SO/iC^SS. 27 Kd: .i6, 88 a r Nella ripetizione di tale csperiracnlo ebbi luogo di osservare : 1". Clie aprendo liillo in una volta la paratoia per la suddetta ([nantiià di pai. 0,0l) la ruota slenlava molto a prendere il suo movimento, meno che una len-"ie- ra forza non 1" aiulasse ad acquistare la suddetta velocità di giri sei a minuto . 3. IVI x4 XO ossia ~ metro 1,36 al" (io '2°. Che girando con tal velocità la ruota ogni qualunque impedimento il più leggiero, come de" Idi di erba, bastava a rallentarne il moto ed anche ad arrestarla quasi. Secoìiclo Chiusa la paratoia inferiore ed aperta la supcriore gradatamente finche la ruota avessi! presa la slessa velocità di giri sei a minuto, si è ciò otte- nuto coir apertura di pul. 0,'20 (0'-,0j29). La catira sulla soglia di tale apertura risultò y>a.'. 0.55 (fl'",l'i55). La larghezza di tale orifizio essendo p«/. 1,20 (0'", 3 17). K raja = 0"',3l7 x 0"',0529 = 0»-,0 16709 E poithè la carica sul eentio dell' orifizio risullava=0'", 145 — 0'",02G'w=l)"', I IO La velocità corrii^pondenle a tal carica essendo =: l'",53 rùsullava la portata teorica 0"", 01 G769 X 1'",53 = 0"'',025G6. E la perula effettiva = 0,90 X 0"'\025GG = 0"', 02309 a l" Kil: 23. 09. ^lenire la ruota idraulica girava si è applicata una barra sulla ruota a denti che è portata dall' asse di essa ruota idraulica , e facendovi leva si è prodotto una pressione di oltre Kil : 70. À malgrado la scabrosità de' denti e loro attrito contro la barra, non è stato possibile arrestare il movimento della ruota idraulica, ma solo di ridurne i giri a circa 3,50 a minuto. Dal confronto de suddetti due primi csperimeoti risulta : 1°. Che per su- perare r inerzia della ruota idraulica e suoi accessori, e farle eseguire sei giri a minuto, colla ruota alla Poncelet si spendevano di acqua Kil. 46, 88, e coir acqua cadente nelle pale, cioè facendo l' effetto delle ruote a cassette, se ne spendevano soli Kil : 23, 09. Val quanto dire che 1' effetto del primo impiego è al secondo come 23, 09 a 46 88. 28 2°, Che giranJo la ruota colla suJdeUa velocità , se il suo nnviracnlo era animalo dall' ell'elto alla Poncclcl , ogni piìi leggiera resistenza l'arrestava, men- Ire se gli slessi giri si eseguivano per l'acqua cadenle dalla paratoia superiore ed agendo cui suo peso tra diilicile il fermarla , anche opponendole significante »csisten7,a. 3°. Clic le ruole alla Poncclct mentre non hanno i vantaggi delie ruote a cassette , al pari di queste non cumulano in loro veruna forza fino alla sud- dtlla vrlocilà di 1"',3G, poiché anche la suddetta nostra ruota nella quale es- |:ressaiuente molto peso fu portato slla periferia si arrestava appena se le op- poiica leggiero ostacolo. II''. Che se le buone ruote a cassette danno al massimo Y effetto utile di 0,75 del teorico, le ruote alla Poncelet, nelle circostanze dette di sopra, non iie dafcbbcro che circa il 38 per 400, giusta la proporzione £U notata. Terzo. Si è raddoppiata 1 apertura della paratoia inferiore portandola a pa?. 0,18 (0"'.A7o) , tenendo chiusa la superiore, 1 acqua nel serbatoio essendo alla mede- sima altezza e quindi risultando la medesima carica presso a poco , la ruota ha fatto in cambio di sei diciolto giri a minuto (1). Quarto, Chiusa poi la paratoia inferiore , ed aperta la superiore anche al doppio, cioè per pai. 0,/iO (0™, 1058) invéce d\ pai. 0,20, la carica essendo co.ue la piima volia approssimativamente, la ruota in ogni minuto ha fatto giri 11. I suddetti due esperimenti mOÉlrano ad evidenza le opposte qualità caratle • ristiche delle ruole a cassette e di quelle a pale in generale , dappo ichè in pro- porzione dell azione spesa , per lo modo come tale azione si comunica ed opera, Je ruote a secchi o cassette danno maggiore effetto ed acquistano minor velocità , laddove quelle a pale acquistano maggior celerità e producono minore clIeUo. Quinto. IMantenendo sempre costante la carica d'acqua come ne' precedenti esperi- menti, si sono apertele due paratoie per la medesima quantità colla quale ciascu- na produsse sei giri a minuto nelja ruola, cioè quella superiore p^r puLO ,20 ( 0", 05.20 ) e quella di sotto per pai. 0,09 (0'»,0238), e la ruola ha fallo giri 11 non (1] l'o tale aumento di velocità non corrispondente e proporziooato all'aumento di azio- ne spesa dava poro pochissimo vantaggio in forza , dappoiché la ruota per piccolissimi re- ^istCBZa che se le opponeva diminuiva raollissimo i suoi giri. 29 12 a minuto, gli atlrili e resistenze accessorie essendo le stesse che ne' due pri- mi espeiimenli. Un tal fallo couferma la differente maniera di agire delle due ruote, e la di- versità delle leggi cui vanno soggette. Sesto. Si è aperta la paratoia inferiore per tutta la sua altezza d'i pa!. 0,75 (0"" 198) eia ruota ha portato i suoi giri non al di là di 19 _^a minuto che corrispondono alta velocità della periferia di 3"^! a 1". Settimo. Chiusa tal paratola ed aperta la superiore , anche per tutta la sua altezza di pai. 0,83 (0"','219) la ruota non giunse mai a fare 13 giri a minuto, i quali avreb- bero data la velocità nella periferia di metri 2,72 a I" Kicordando i risultati riportati nel T, 2% 3° e 4° esperimento , e confrontati col presente, moltissime osservazioni potrebbero farsi e rilrarne coaseguenze, il mio s;opo essendo però soltanto quello di fare il paragone tra l' elTetlo^delie ruofc « sistema misto e quello che danno le altre , con particolarità quelle a pale curve lascio che altri, meglio di me, arricchiscano di sapienti osservazioni tali esperimen- ti ; epperò, a maggior chiarezza, metto nel seguente specchietto i suddetti. Risultati ottenuti dalle diverse aperture di paratoie ed EROGAZIONI RELATIFE COLLA RUOTA MOSSA A VUOTO. Numero delle esperien- ze Aper del Para in II' li .IO tura a toìa sii|ierioro Erognziono teorica a 1" 1-. C.OiSS » 0"', 05209 2". » 0"'.0529 c'.oascc 3". O^.OiTG » 0"'\1039 d". » O'MOoi O'"',04o26 5«. O-^.OìSS » 0"" ',07765 C«. 0"",t95 o^.ooig 0'"',i2248 T". » 0"',2I9 0'"'.0V9fi8 Numero dei giri della ruota mossa a vuoto in un minuto 6 C 18 11 12,50 19 12,25 0 s s e r V azioni Negli esperimenti 1 , 2 , 3 , i o , e 7 l'erogazione essendo sem prò minore della quantità di acqua iisponibile il livello si è mante- nuto sempre costante , ma noli e- si)erienza 6" il livello ribassava sensibìlfflcote. 30 Note. 4". Mellcndo a confronto i risultali de'n.' 2, 'i, e 7, si trova clic la velocità delia ruota scj^uc quasi csaltaraciite la proporzione della quantità di eroi^azio- ne , dal die ne siej^ue che nelle ruote a cassette mosse a vuoto gli elTelti sono proporzionali alle portale. Per l'opposto confrontando i numeri 1, 3, e G, si osserva elio essendo la terza erogazione soltanto doppia della prima , la velocità della ruota in quella non è doppia ma tripla di questa. Dippiìi , clic divenendo al a°. G, l'eroga- zione quasi quadrupla del cuui". 3, la velocità della ruota non si è aumentata die di i/,,. 2". Quantunque la ruota idraulica superasse tutti gli attriti e 1' inerzia fino Ma mola girante, pure ne suddetti esperimenti deve ancora considerarsi coma ■Nolanle e quindi può ricavarsi die la forza prodotta dalla 3^. erogazione era capace col suo impulso di aumentarne la velocità fino al triplo , ina che lai Tclocità giunta a 3'", 97 a 1" non 1" ha sorpassala per esser la massima che pren- der polca. 3". L'esperienza del n". 5 poi dimostra che per la diffiirenza di agire cld- le due forze, una di pressione e l altra di urlo, gli eirclli riuniti non dan- no un aumento di giti proporzionato a quelli del n". 3. Ottavo. Onde riconoscere mediante un semplice confronto la differenza di edello utile che si ottiene da una medesima quaiUilà di acqua spesa , una volta col- r apertura delia sola paratoia inferiore e poi con tulle due insieme , non aven- dosi un freno da applicare all'asse della ruota idraulica, si è fallo uso del se- guente apparecchio. r. Contro la superficie cilindrica della mola girante si è messi orizzon- talmente una tavola di larghezza pari all' allezia di lai mola , f.ìnnando una leva di secondo genere nella quale il braccio della potenza era a quello della resi- stenza come 1 1, a 2 , 10 , quesl' ultima essendo la distanza del punto di appoggio da quello di contatto della tavola contro la mola. 2°. Air estremo della leva era legata una corda flessibilissima, la quale passan- do per una poleggia soslenea un piallo nel quale erano imposti successivamea- te de' pesi. 3°. Si è elevata la mola girante di tanto da non avere verun contatto o altrilo sulla mola dormiente, e si è allontanata la tavola dalla mola. Cosi disposte le cose si è elevatala paratoia inferiore per ^rt/, 0,30 (O'",0703), e la ruota ha fallo cosUDiemcQte 18 giri a minuto. 31 La paraloia cssffulo di lariiliov.j.a pai. I , V2 ( O^jSTj ). Risiilla raiaO"',:ì75 X 0"',() ;il3 = 0"",0-207. K la carica sul centro tleUoriiìzio essendo di r",G03 — 0", 03900= 1"' 0504 Alla ijualc Corrisponde la velocità di r)"',G5. n I" Ilisiilta la eroj^azione teorica 0"'%0'207 x ÌJ™,G5 =z 0"'\ 1078. E la erogazione offetliva = 0,90 X 0"'\ 1078 = 0"'Mr)l. Una tal quantità di acqua per la caduta di 1'", 09 dava la forza in Km. = 255, 19. Applicata la leva alla mola , ed aggiunto al peso dello equipaggio del cosi detto freno ad atlrUo , successivamente degli altri pesi nella coppa o piatto , la ruota rallentando gradatamente il suo moto si è finalmente del tutto fermata quando il peso dello equipaggio e quelli aggiunti nella coppa sono arrivati a Kil. 47, 10. La pressione contro la superficie cilindrica della mola girante risultava di Kil. 2A0,7I. Tolta nuovamente la pressione della leva contro la mola si è aperta la pa- ratoia superiore per pa/.0,30 (0"',0793). E la paratoia inferiore si è elevata per 2>al. 0,25 (0'",0G0). Con tali due aperture la ruota ha fiuti soli 17 giri a minuto. La carica sulla paratoia superiore risultò di pai. 0,53 (0'",14ì. E quella sulla soglia infeiiore pai. 0,A0 (l'",09). E risultò la carica sul centro dell" apertura superiore pal.O, 38 ( 0"", 1005) dell' aperlnra inferiore pai. 6, 15 ( l", 024 ) L'aia dell orifizio superiore 0'",0793 X0'",3I7 =^0"", 025 13 E quella dell' inferiore . . . 0-', OGO X0'",375 = O."", 02475 E poiché la velocità corrispondente alla carica di 0'",1005 è 1"", 40 E quella corrispondente alla carica di 1°*, 624 è 5"*, 64. Risulta r erogazione teorica per r orifizio superiore 1'",4 XO"' 02513 = 0""', 035 18 e per l' orifizio inferiore 5"',64x0'"' 02475 = O"', 13959 E r elletliva pel superiore 0"'', 0315 per l'inferiore 0'"%1255 Tolale 0'"\ 150' Tali quantità dì acqua per la intera caduta di 1 09 — davano una forza espres* sa in Km. '263,04. Applicato il suddetto freno alla mola girante e lasciando lo stesso peso di Kil, 47,10 la ruota' iia ridotti a sei e mezzo i '17 giri , che faceva movendosi Z2 r» Nuolo , quindi alimentato tal peso fiDoa Kil.G3,25 , la moTa per momenti si arre- stava e poi lentamente si rimeltca in movimento, cosi che polca dirsi nou fer- mata . Risultava la pressione contro la superficie cilindrica della mola espressa da Kil. 334,30. In fine tolto nuovamente il cosi detto freno dalla mola girante, ridotte le a- perlure degli orifizi Superiore a pai. 0,25 ( 0"',066 ) Inferiore a pai. 0,20 ( 0'",0529 ) La ruota ha fatti giri 16 a minuto colla carica di 1"'.69 sulla' soglia della ca- teratta inferiore. Carica sul centro dell' orifizio superiore pai. 0,355 ( 0'",093 ) ^ ^' Idem . . . inferiore pai. 6,30 ( i"',GG ) Velocità corrispondente alla carica di 0'",093 = 1"", 36 Idem r,C6 = 5", 71 Aia dell' orifizio superiore 0"',3l7x0"',0G6 = 0'"',0206 Idem. . . . inferiore 0'",375X0'",0529 = 0'«", 01 98 Erogazione effettiva dell'orifizio superiore = 0,90 XU"", 0200 X l"'.36= 0"",0252 Idem inferiore = 0,90 xO'-jOI 98X5'". 71= O^MOI 7 Totale dell' acqua erogata . . 0"'%126 Tali quantità di acqua per la rispettiva caduta davano una forza espressa da Km. 212,94. Applicalo nuovamente il freno contro la mola girante si sono imposti gra- datamente de' pesi nella coppa. Con Kilog. 37,50 la ruota idraulica ha ridotti i suoi giri a cinque per minuto, ed accresciuto il peso fino a Kilogrammi 53,62 la ruota si arrestava per momenti , e poi a misura che i secchi si riempivano di acqua eseguiva una parte di rivoluzione. La pressione contro la superficie cilindrica era espressa in Kil. 280,86. 33 Quadro delie resistenze ad attrito superate , e delia forza spesa impiegando la semplice ruota alla poxcelet , e poi quella a sistema misto. Ini|iioi^o «Jiiaiitila Oi Slurzo superalo (Iella Ruota Ero(;iiziono cirultiva azioiM^ posse- duta dairacqua in Km. espresso in Kilogrammi fli pressione Osservazioni Alla Punccict 0"'Mal 255, l'J ai 6,71 Con tal pressione la ruota si arrestava interamente . 1 Con questa pressione la ruota A siatcma misto O'-MSG 263, Gì 33V,30 fritardava a poco a poco i suoi )Siri, ed in fine si arrestava per istanti , ma riprendeva poi a 'muoversi lentamente. Idem 0"'',126 212,04 280,86 Iddm. . . . id. . . . id. JS o t a. I suddetti esperimenti avendo per Hnico oggetto quello di confrontare la quantità di resistenza superata colla forza che s' impiegava «> acqua spesa,Noici auguriamo che ci si vorrà condonare la poca esattezza de' mezzi usali-,essi però sono bastanti a mo> strare la differenza di prodotto de'due sistemi, dappoiché agendo la ruota colla sola paratoia inferiore aperta, spendendo di acqua 0'"', 1 5 1 , e con dinamie 255,19 la resi- stenza superata veniva rappresentata da Kil.246,71 di pressione contro la mula : Che coH'apcrtura delle due paratoie spendendo di acqua 0"'',156, e con dinamie 203,64 la resistenza superata era rappresentata da Kil.334,30: £ finalmente che colle stes- se due paratoie aperte , spendendo 0"*% 126 di acqua, e colla forza di dinamie 212,04 «i è superata una resistenza espressa in Kil. 280,86. 5 31 Nono, SI è messo il mulino a macina di grano. Le mole hanno il Uiuinelio di pai. /i,50 (l^jlO) (1). II livello doli' acqua ossìa la cari'.a sulla soglia della paratoia infpriore era di ;;«/ f'.'iO (1"',G9) come ne' precedenti espeiimenli. Soltanto la paratoia inferiore era aperta ed elevata per pa/. 0,27 (0",07l). Il INIulino con tali disposizioni ha macinato costantemente rotola GO a G2 di grano in ogni ora facendo della buona macina ( Kil. 54,28 quantità media ) . Così maciDando la ruota idraulica ha fatto num°. 10,25 giri a minuto. (1) IJuanlunque portassi opinione clie un maggior peso nella mola girante olTrir doves- se qualche vantaagio , pure nello stabilirlo non mi attenni al termine medio adottato dal sig. IMavior di Kilog. SiiO [ler metro quadrato della suptrlìcie della mola , il quale avrebbe por- tato lai peso a Kil. 9V3, 50 (Rol.lOGO ), ma lo ridussi a sole rot. 900 circa . Malgrado ciò, facoiiilo andare la ruota coli' apertura della sola paratoia inferiore , ne ottenni i seguenti ri- (;ultJti : Si è detto di sopra che la ruota idraulica , senza sensibili resistenze , precideva una ■^eU)cilà sitmitìcanle ; ora una tal velocità era anche maggiore ntlla mola , poicliò i denti ilei suo rocchetto andavano innanzi a quelli della ruota che v' ingrana. Ciò sì manifestava anche nel macinare , purché nel giustissimo scarso limite prelisso si faceva cadere il grano dalla tramoggia , ma se di poco eccedeva detto limite, la mola ar- restandosi quasi di un colpo , produceva il fermarsi anche della ruota idraulica , ed era im- vossibile farle riprendere il suo regalar movimento senza sollevar la mola mediante il gra- duatore. Quindi sulla corsitlerazione clic la resistenza offre il grano tra le mole è propor- zionala al peso della girante , e secondo Fabre è '/„ di lai peso , ridussi a sole rotola 600 circa la mia mola. Con tal proporzione essa non prose più una vclocilà. tanto eccedente quel- la clie corrisponilea ai suoi ingranaggi , e nel caso di aumento del grano cadente dalla tra- moiigia , f efletto dell' arrestarsi diminuì di molto . Coli' uso delle due paratoie nìuno de' sud- detti due effetti si manifestava , ma tutto al più se la resistenza sì aumentava con una mag- ;;ior quantità di grano disceso fra le mole , la sua velocità com' è regolare , per momenti diminuiva, e poi si rimetteva nel regime costante . Un tal vantaggio è tuito dovuto alla pres- sione o peso dell' acqua nelle cassette il quale da se sì equilibra colla resistenza , mercè ÌL rilardo del n.oto . (Juesto vantaggio caratteristico delle ruote a secchi o cassette semplici è in parte dimii.uilo dalla necessità di avere a spesa della forza de' moltiplicì in-ranagi^i per aumentare la loro scarsa velocità , laddove col sistema misto , mentre il peso supera la re- .-istenza, f urto aumenta la ve'ocità. Oltre a ciò si conosce che 1' acqua delle ruote a cassette nella parte bassa produce un etfelto minimo perchè il massimo è a livello del diametro ; ma nelle ruote a sistema misto, è in tal punto imo che l'effetto si aumenta e diviene massimo , per- locchè si ha tal massimo effetto per circa '/■" dell'intera circonferenza , dippiù che nelle ruo- te a cassette . 35 Calcolo della forza spesa. Larghezza della paratoia . • pal.\^2 ( 0'",375 ) Sua elevazione pa/. 0,27 (O'^OTl ) Carica sul centro pai. G,265 ( l^jGSAS) Velocità corrispondente a tal carica .... 5", 69 Aia della suddetta apertura . . . . O'-jSTDx O^jOTI = 0"" , 02G25 Erogazione teorica h^-.^ X 0"'%0262r3= 0™' , 1493G Erogazione effettiva 0 90 X 0"",y493G = 0'"\ 13442 Pari a palmi cubi . 7,2G La quanlila di azione die possedea l' acqua nel giungere sulla ruota rap- presentata in Kilograrami elevali ad un metro veniva espressa da 0°'% 134,42 X l" 69 = Km. 227, IG. Pari a cavalli vapori 3, 02. N. B. La suddelta erogazione di pai. 7, 2G produceva un piccolo ribassa- nieoto del pelo delT acqua nel seibaloio di circa pai. 0,10 all' ora , per lo die la carica alla fine della giornata si riduceva a pai. 5,00 circa (1"',32), ed il suddetto prodotto in molitura si diminuiva non in proporzione , ma più del decimo. Decimo. Lasciata aperta la paratoia inferiore come si è detto di sopra per pai. 0,27 (0'",071), invece di grano si è macinato gran turco, ed ia un" ora si è avuta la molitura di rotola 50 (Kilog. 45 circa). La ruota idraulica ha fatti giri 11, 25 a minuto. Undecimo. Tenendo la paratoia inferiore aperta conje sopra, si è aperta anche la su- periore per pai. 0,20 (0"',053). La carica sul centro di tal paratoia superiore risultava di ;ja/. 0,47 (^0'",1243). La ruota idraulica facea giri l3 invece di 11 , 25 a minuto. Ed in un'ora si sono macinate rotola fiO (Kil. 54,35) di granone, invece di 54. L' erogazione per tal paratoia risultava come segue. Essendo l'aia dell'orifizio 0"",01G769 E la velocità corrispondente alla carica di 0'",1243 = l^fSG Si aveva l'erogazione efketliva = O'"',0 16769 X 1,56 X 0,90 = 0'"',02354 (1jt7a/.'27). La quale aggiunta a quella della paratoia inferiore di metri cubi 0,134,42 avrebbero fermala la quantità di 0"'', 157,96 paria ;)n/. cubi 8,53 circa e T". Una tal quantità doveva produrre un ribassanienlo considerevolissimo al pelo dell acqua nel serbatoio , percbè si avrebbe avuto un supero di spesa di palmo cubo 1 ,30 n I" ; ma con sorpresa osservammo che il ribassamento notato colla sola paratoia inferiore aperta , anzicchè crescere , diminuiva. Un tal fatto che al primo annunziarlo sembra un paradosso , si spiega poi facilmente considerando che nel giungere le pale a livello della paratoia infe- riore r acqua contenuta in esse cerca uscirne colla doppia velocità risultante dalla sua discesa pel piano inclinalo e dalla forza centrifuga corrispondente alla velocita della ruota e da delle velocità e masse risulla una l'orza che opponendosi all' usci- la dell" acqua dalla paratoja inferiore ne diminuisce la erogazione. Quindi , mentre da tal combinazione si ha una spesa minore di fluido, le suddette due quantità di acqua unite insieme agiscono sulle pale aumentando l'ell'ello utile della forza motrice. Duodecimo. Infine colla medesima apertura delle due paratoie si è macinato del gra- no ordinario , ed in un' ora si è avuta la molitura di rotola 80,25 di detto grano Kil. 71, l\2. 11 livello dell acqua contro la chiusa si è quasi mantenuto allo slesso punto senza rilassamento sensibile in tal tempo. QlJDfO DIMOSTRANTE I RISVLTATI VEGLI SPERIMENTI RIGVARDANTI LE DIVERSE EROGAZIONI E GLI EFFETTI PRODOTTI IN MOLITURA , FACENDO VSO dell' APERTURA DELLE DVE PARATOIE SEPARATAMEN- TE ED USANDOLE UNITE A SISTEMA MISTO. A [, e r t ur a ik'llc paratoie La sola intetiore La sola supcriore ^c (lue unite Quantità
  • ^- 7 ? 7. /i.. 7. /">■ /"n/ Tu II II ^'' ',"•'.''''''••,'.'<'"; 5; y\\\\ \' N\!^iy;,v.r_;v:->-.-.v;\;i/;,',M;::; ^^ .>.\ :i;ì;:'1 ;*•;>;: Vv^ :;•■;;: %" \^ ^ ' \>!?'""^''/'V'>'.''."', '.";c^-->us et cincie phisqtiam mille pas $um eltiiudinc una iwctc cougcsius aapirilur. Debbo poi avvertire che l' antico tempio di Apollo, che ora trovasi alla radice di M. Nuovo, e le cui mura conservano an- cora perfettamente il loro appiombo, non avrebbe potuto manteaersl in tale condi- zione, se YcrumeDle questo monte fosse nato por sollevamento. I fo s s i l i che si trovano neliufo di M. Nuovo non dimo- strano la sua origine per sollevamento. — Non voglio tacere un altro fatto menzionalo fra quelli che favoriscono I' origine per sollevamento di Monte nuovo . Giacche nel tufo di cui esso si compone s' incontrano non pochi nicchi marini, e però sembra che questa roccia altro noQ sia se non il tufo orizzon- talmente depositato nelle acque del mare, e così rimasto sino al 1538 , quando per 1 avvenuta eruzione fu sollevato all' altezza in cui ora si rinviene. Nondimeno di questo fatto possiamo in altra guisa renderci ragione; dappoiché se il tufo in mezzo al quale si apri la voraginne di Monte nuovo, essendosi in origine deposil»- to nelle acque del mare, conteneva gli avanzi delle sue produzioni, non dobbiamo durar fatica a comprendere che il tufo del nuovo vulcano, formato io gran parte (lai fiammcnti del tu o conchiglifcro antico , debba ancor esso contenere i medesi- mi nicchi marini. Se le ragioni recate per sostenere che i crateri della regione flegrea sieno na ti per sollevamento non sono abbastanza salde per garantire questa teoria, abbiamo poi altre ragioni che alla medesima si oppongono ; e sarò contento di dirne soltan- to le principali, ©quelle almeno che più delle altre mi fanno piegare all'avviso contrario. Origine del tufo della regione fi e gre a contraria alla teoria dei crateri di sollevamento. — ))a prima abbiamo che la re- gione flegrea , oltre la trachite che in alcuni luoghi si rinviene , per ogni dove non ei olire altro che tufo vulcanico, il quale si estende sotto la stiperlicic del suolo a grandissima profonditi ; e gli elementi di questa roccia da ninno 5Ì mette in dubio che sieno stali eruttati in forma dì frammenti nei vulcanici iaccidì. Se dunque i nostri crateri sono nati per sollevamento ,. ed il tufo di 5t cui son essi composti non è il risultamento Jolle loro eruzioni, ove sono le aner- lure Jallc quali è ascila la prodigiosa quanlità di pomici ed altre maniero di fianimeiJli dei Campi ed Isole flegrcc ? Mi si diri» forse che tali aperture sono coverte dal vicino mare ; ed io di leggieri m' induco a credere cbe alcune di esse sieiio ascose sotto le acque del mare, come probabilmente il mare ricuu- priva in origine tutta la riigione (legrea. Ma clic in punto tulle le antiche hoc- che di cru/.ione sieno rimaste sotto le end* marine, è tale supposizione a cui non saprei in alcun modo aggiustar fede . Perchè dei pezzi dislacciti lanciali iicgl' incendi vulcanici il maggior cumolo deve sempre formarsi intorno il cen- tro di eruzione; ed è però che, tranne qualche raro caso che può nascere da alcune particolari condizioni, le parli- che dobbiamo attenderci di veder prima uscire dalle acque in una contrada vulcanica sottomarina, sono appunto i cra- teri formati intorno le bocche di eruzione. Forma dei crateri contraria alla loro o r i g i n i: p e r s o 1 1 C' V a m e. n l 0. — Non intendo per altro mettere in quistione che dove si accen- de un vulcano la terra debba piii o meno innalzarsi . Questa necessaria conse- guenza, sia dell' emersione di solide rocce dal seno della terra, sia di sole so- stanze gassose che dal chiuso fanno violenza per venir fuori , è cosa che s' in- tende da chiunque ha fior di senno . Ma la terra ìa tal guisa sollevata si aprirà in vario modo, sia per una semplice fenditura, sia per diverse fenditure con- vergenti in un punto , o disposte in qualunque altra guisa senza regola alcuna- né mai potrà dare origine ad un monte conico che abbia in cima un cratere circolare, l.a qual cosa potrebbe solo avverarsi quando le rccee fossero materia molle e cedevole atte a gonfiarsi e rompersi nel mezza con apertura circolare Egli è vero che ammettendo il caso in cui la terra nel sollevarsi si apra con fenditure convergenti in un punto , può darsi che distruggendosi in seguilo le rocce che separano nel centro le medesime fenditure , si fornii un cratere circ»- lare naio per sollevamento . Tuttavia dovrà scorgersi qualche avanzo delle fes gure nelle estremila opposte ; e se qualche rara volta possono esse in tutto scomparire , non è presumibile che una tale condizione si ripeta in tulli i casi ove sono molli crateri , come nella regione flegrea ; giacché in ninno di essi per quanto avessi appositamente cercato , ho potuto ravvisare alcuna fenditura cbe sembrasse sala da sollevamento. La d i ffcr e n z a delle produzioni di ciascun era Cere depone f o n l r o la loro origine per sollevamento. — Un' al- tra pruova , e sia r ultima , contro i pretesi crateri di sollevamoato dei C»mpi 52 f!(>qici mi pnr di Irnvnrln ntll» di(Toivn7.i ilcHe prc^cìuzioni dì ciascuno di essi. Di fallo confroDlando i frammenti plio compongono i diversi aggiuguù di Mon- te nuovo , del Gaiiro, degli Aslroni, e dell' Eponieo , si scorgono in essi tali particolari caratteri di tessitura, di colore, di fragilità, e di altre qualilii &[.- rarenli , che dimostrano non avere comune la loro origine , e che si sono for- mati io condizioni diverse . E qpeslo fatto depone in favore dell' ipotesi che ciascun cratere sia il risultaraento di una particolare eruzione, e non può con- ciliarsi con r idea eh' essi fossero derivati da diversi sollevamenti della medesima roccia . Bocche di eruzione tcnza crateri. — Le molte osservazioni eia me raccolte nelle peregrinazioni per i Campi ed Isole flegree fatte in tempo ili cui di iiiun sistema mi era invaghito , mi han condotto ad avere suH' origi- ne dei crateri in quistione altre maniere di vedere che non conosco essere state da alcuno prima manifestate. Primamente vi sono non pochi luoghi che mostra- no esser ivi avvenuti vulcanici incendi e per i grossi massi isolati di rocce ve- triCcate e scoriacee, ed anche per qualche filone o lava trachitica uscita all'aper- to ; ed intanto , per cagioni che lascio a ciascuno d' immaginare , non si è for- juato alcun cratere. Un esempio di tal natura molto a noi vicino 1' abbiamo nella collina ove è edificata la chiesa di S. Maria del Pianto presso Poggioreale . Quivi si vede uscir la trachite a fior di terra , e grossi massi di trachile vitrea si trovano nel tufo contiguo , i quali per la loro frequenza e grandezza, siam certi che non han potuto provvcnire da luogo lontano. Crateri senza trachite, crateri con masse tr a chi li- che. — Dei crateri poi ben distinti ce ne ha di tre sorte. Gli uni come quelli di Monte nuovo , di Cigliano e del Gauro o M. Barbaro , i quali sono in tutto formali di tufo , pare che fossero nati nel modo più semplice per l' eruzione di materie frammentarie che si sono raccolte intorno le voragini di eruzione. Dell» seconda maniera di crateri abbiamo due belli esempi nella Solfatara e negli Aslroni , pe quali debbo alquanto trattenermi . Quivi lo rocce che formano i ricinii sono per la maggior parte di tufo o altre maniere d» conglomerati, e sotto di questi spuntano alcune masse di trachite in parte dai medesimi ricoperte ed in parte ancora apparenti . E gli strati delle rocce di aggregazione, ove sono in conlatto delle masse Irachitiche , senza essere in alcun luogo dislogati , s' incur- ■»ano in modo , seguendo le inflessioni delle sottoposte masse, che di leggieri può giudicarsi i conglomerati essersi formati dopo 1' uscita delle masse trachitiche, e spile medesimo posteriormente depositali. Queste condiiionl mi fan credere che le eruzioni, le quali Iian dato origine ai crateri dulia Solfatara e degli Aslroni , sieno state precedute dalla emersione dulia masse di Iracliite, o per dirla in altri terniioi, avessero avuto il loro cominciameu- lo col venir fuori queste masse. E dopo il sollevamento dello medesime, trovaodo- si in uno dei loro lati aggevolata la strada alla proiezione delle sostanze frammen- tarie, queste sieno slate eruttale in tanta copia da formare i menzionati crateri» Quindi la tracliitc ha dovuto rimanere in parte ricoperta dagli strati dei conglo- nerali che si sono depositati iolorao la bocca di eruzione nel modo appunto in cui ora vcggianio trovarsi. Nella memoria in cui darò le speciali descrizioni della Solfatara e degli Astroni , farò menzione di altri particolari degni di nota io questi crateri , e per ora debbo aggiungere che non mancano altri esempì in cui pare che la comparsa «Iella trachile in massa avesse preceduta 1' eruzione delle sostanze frammentarie, T-A un fatto di sìmil natura molto più in grande, quantunque non cosi chiaro come i precedenti, lo troviamo nel mezzo dell'Isola d'Ischia , ove il M. Garofali non che il M. Vetta e lo Toppo, che stanno ad oriente dell' Epomeo, sono formati da una sola massa trachitica, la quale nel venir fuori sembra aver esordita 1' eruzio- ne delle materie frammentarie che han dato orìgine al vasto cratere di cai I' Epo- meo non è che la parte superstite ai posteriori cambiamenti. Ritornando poi sul continente , abbiamo nel M. di Cnma una gran massa di trachite che si scuopre nuda e torreggiante dalla parte del mare , ed è ricoperta nei lati settentrionale ed orientale da scorie e lapilli di particolari qualità che sono slati certamente eruttali da presso la base della trachite. Ma quivi non han formato intorno la voragine di eruzione un cratere, come nella Solfatara, forse per essere stati in piccola quantità, o forse il cratere è stalo in seguito distrutto. Rimane pure ad osservare che le eruzioni le quali han dato origine ai crateri del Gauro , di Cigliano e di Monte nuovo, che ho detto di sopra essere in tutto formati da rocce di aggregazione, han potuto ancor essi aver principio col solle- v.nmento di masse trachiliche, e queste starebbero totalmente dal tufo nascoste. Ma tal cosa non possiamo dare per certa. Crateri in tutto formati di tracAi/e. — La teria maniera con cui si son formali alcnni dei crateri della regione flegrea è ancora più speciosa t'eUa precedente; e di tal maniera i più chiari esempì ce li offrono i monti Rotaro e Montagnone nell' Isola d' Ischia . Questi due monti , che sono congiunti nella loro base , hanno nel mezzo due vistose cavità crateri-formi , e non pertanto sono in tutto formati di trachite, tranne pochi massi distaccati , e frammenti di alcune varietà della medesima roccia , che si trovano spersi 5i nelle loro falde . Per essi non saprei dubitare die le loro eruzioni avesscj-o avuto principio , come nella Solfatara , con 1' uscita della trachite : ma que- sta Del venir fuori non e stata cos'i solida da conservare inalterala la sua for- ma , ne cosi scorrevole da poter fluire come le ordinarie lave vulcaniche . E però che si è innalzata a guisa di monte , e nel tempo stesso , aprendosi nel mezzo per 1' impelo delle esplosioni si sono in essa formati (juei profondi e cavi seni che ora veggiamo lanlo somiglianti per la forma ai crateri di eruzione composti di conglomerali. A breve distanza dal 1\1. Rotaro vi è il M. Taborre , nel quale si riu- •vengono le medesime condizioni per la natura e giacitura della roccia , con que- llo di particolare, che le fattezze craleriformi sono poco distinte , e dal lato set- tentrionale del cratere si è versato un largo torrente di trachite, cheliaQui- lo sino a raggiungere il mare vicino. Non mollo lontano dagli Astroni ira set- tcntrìouc ed occidente vi ò un piccolo cratere chiamato Fossa lup^ara , il quale è tutto incavalo nella trachite , e questa di poco si eleva sulla circostante pia- nura ; talché il cratere non è quivi in cima di un monte , ma situalo in luogo quasi piano . Non pertanto mi par di riconoscere a fossa lupara, come nei mon- ti Rolaro e Montagnone , una massa di trachite venula dall' interno della les- ra , ancor molle in guisa da potersi in essa formare una cavità crateiiforme- Origine sottomarina della regione fi crj r e a. — Premesse queste vedute generali sopra i crateri della regione ilegrea, volgiamo alquanto la nostra attenzione sulla lesi della sua origine sottomarina ; argomento il quale ri- guardato dal lato più semplice , è di per se pur troppo chiaro . Giacche in tutta la estensione dei Campi flegrei e nelle vicine isole , le rocce vulcaniche scendono a grande profondila sotto il livello del mare , e le medesime racchiudono gli avanzi delle marine produzioni. R a q i o^n i in favore della origine sottomarina del tufo di trasporto. — Intanto sorgono piìi complicate e piii importan- ti quislioni su questo stesso argomento . E primamente nasce la controversia se il tufo vulcanico che trovasi fuori la regione flegrea , nelle vicine Provincie di Ter- ra di lavoro e dei due Principali , sia stato ancor esso o pur no , depositato sotto le acque del mare . Questo tufo da ora innanzi lo chiamerò tufo di trasporto , perché è fuori dubio che , in qualunque modo , i suoi componenti sono siali trasportali lontano dai vulcani dai quali ebbero origine . Esso trovasi d' ordinario distribuito nelle valli , anche in quelle che sono a grandi allezse sull' attuale livello del raa- ^e ] ed ii sempre S'^pvaicnpoato io forma di strali piii o mcoo profondi alle alire 55 rocce con le quali si trova In contatto , di qualunque natura esse sieno . Questa sua disposizione nei luoghi più avvallati ha fatto credere che anche il tufo di trasporto , tanto abl)ondante nella Campania , abbia origine soltomaritia , e ta- le opinione sembra essere anche favorita dal ritrovarsi esso le molte miglia lon- tano dalla regione flegrca . Di fatto si rinviene dal Iato orientale sino a Mira- bella , che disia da questa regione oltre trenta miglia , ed a distanze presso a po- co eguali si estende nelle contrade seltcntrionali sino al di là di Cerreto e di Migrano . La lontananza di questi deposili di tufo dai vulcani donde furono eruttati i loro componenti st;mbra non potersi di leggieri conciliare con l' idea che questi vi fossero stali menati per aria . Nondimeno a me pare più probabilo questa opinione che 1' ipolesi della loro origine sottomarina , la quale non va e- sente da molle e gravi diUìcollà. Ragioni contrarie alla origine sottomarina del /«- fo di trasporto. — La prima difficoltà sta nella necessità di ammetterà che durante 1' epoca in cui si depositava il tufo di trasporlo della Campania , il mare avesse ricoperto quei luoghi ove ora esso si rinviene , che lalvolta giungono a più di cinquecento metri di altezza sull' attuale livello marino . Non dubito ))unto che tutte le nostre più alte montagne di formazione nettuniana sieno state una volta ricoperte dal mare , ma in tempi mollo più antichi dell' epoca in cui si depose il lufo in quistione , il quale, come ho fatto avvertire pocanzi, è soprappo- sto ad ogni maniera di terreni , è la più recente roccia dalia Campania . E qui viene in concio far menzione di un fatto che pienamente contradice la presenza delle onde marine sul nostro continente quando su di esso si raccolse il tufo di tra- sporlo. Lungo le sponde del fiume Titerno , e particolarmente sulla sponda sinistra tra Cerreto ed il villaggio chiamato Massa , si osserva distintamente il tufo riposa- re sopra un cumolo di ciottoli dell' antico letto più spazioso di;l fiume ; e ciò di- mostra che quando quivi depositossi il tufo , già da gran tempo il Titerno scorre- va sulla terra emersa dal mare. Aggiungasi pure che nel lufo di trasporto , mal- iirado che in moltissimi luoghi esso si tagli per servire alla costruzione delle case , non si son mai trovate conchiglie o alire marine produzioni, e ciò basterebbe, se non altro, a far dubitare della sua origine sollomarina. Dappoiché non è presumibile che i suoi componenti avessero potuto adunarsi in sì grande spazio senza conservare io alcun luogo qualsiasi traccia dell' elemento nel cui seno si raccolsero. Farmi che vi sieno alcuni i quali sol che Teggaoo i lapilli vulcanici uoili ia massa cuciente come il nostro lufo , già vengono a coochiudere che ciò dipenda dall azione delle acque del mare, quasi queste soltanto potessero portare nella su" i)erricie dei lapilli quel tale scomponimmlo pel quale poi si ligano insieme e co^li- 56 luiscono massa tenace e consistente . Ma questa credenza non mi paro che ab- bia alcun fondamento ; e per recare una pruova in contrario, basta ricordare che i lapilli che han ricoperto l'antica Città di Ercolano si sono in gran parte saldati in- sieme, e formano solido tufo senza essere mai stati sotto le acque marine. NuUadimeno l'ipotesi, che gli elementi del tufo sieno stali trasportali dai venti, in- contra non lieve difficoUh neil' animo di molli, s'i per la loro lontananza dalle boc- che di eruzione, come ancora pel modo come essi si trovano raccolti quasi sempre nelle vallate. Per me che da più anni sono inlenlo a considerare i fenomeni delle eruzioni vesuviane, argomentando, per ciò che avviene a di nostri, di quel che ha potuto avvenire in tempi remoti, non trovo di alcun peso le riferite obbiezioni. Le grandi lontananze a cui possono giungere i lapilli e le sabbie vulcaniche trasportalo dai venti sono indubitatamente comprovale dalla sloria delle eruzioni vesuviane, come a suo luogo esporremo. E basta considerarp ciò che avvenne nella sola eruzio- ne dell'anno 79 dell' era cristiana, per persuadersi che molte e grandiose eruzioni della regione flegrea abbian potuto produrre lutto il tufo che trovasi sparso nella Campania, senza l' intervento del mare. In quesla eruzione il Vesuvio die' fuori gran copia di una particolare qualità di lapilli i quali ricoprirono 1' antica Città di Pom- pei ; e precisamente la slessa qualità di lapilli trovasi nella medesima direziom; sulle montagne di Sorrento, di Castellammare, di Gragnano e di Ijettere,la qualcosa ci mostra ch'essi appartengono alla stessa eruzione. Intanto questi lapilli, che nlu- 110 può dubitare essere stati menati dal vento nei luoghi ove ora si rinvengono, ci presentano in piccolo quello stesso che in grande ci olire il tufo di trasporto, eoa la sola difl'erenza che, non essendo essi di loro natura capaci di saldarsi insieme e fermare massa continua per l' azione delle piogge e di altre meteore, formano superficiali strali che ancora si conservano incoerenti come nella loro origine . Il trovarsi il tufo di trasporto raccolto nelle valli, è una condizione eh' esso ha di co- mune con i depositi dei lapilli dell' anno 79 ; ma più distinta nel primo che nei se- condi ; e di ciò possiamo renderci ragione, considerando che le acque piovane han trasportato in basso quelle sabbie e quei lapilli ch'erano direttamente caduti nei luoghi più elevati. Emersione d e l r E p 0 m e 0. — Lasciando ora il tufo di trasporto e passando nell' Isola d' Ischia a considerare la gran massa di tufo dell' Epomeo, la quale s'innalza sul livello del mare 794 mentri e , per quanto si mostra, la sua ])ase può calcolarsi della estensione di circa sei miglia quadrale, altri importanti falli in essa troveremo che ci svelano la recondita istoria della sua origine sotto- marina. Quivi abbiamo una particolare condizione che in nessun altra parte della icgicne (legrca incoctra trovare j perciocché sulla menzionata gran massa di tufo, 57 siccome ho fallo di sopra osservare , vi sono in più parli deposili di marna subap- pctmina con i solili suoi fossili caralleiistici , la quale si rinviene sino all'altezza di 500 melri sul livello del mare, e sempre al lufo soprapposla. Lungo la strada di S. Nicola al (li sopra di Fonlana, nel punto pii elevalo in cui ho trovato la marna suhappennina con i Icslacei fossili, le misure barometriche mi han data 1' alle/.ia di 505 metri. E questo fallo basta a provarci non solo l'antichità dell' Epomeo, precedente la formazione pliocenica, e la sua oriijiue sotlomarioa, ma ci dimostra ancora che questo monte, quando nasceva in mezzo al mare, era ricoperto dulie sue acque per più di cinquecento metri di altezza nella parte che ora esiste allo scoverto. L' e m e r s i 0 II e dell' Epomeo è probabilmente contempo- ranea a quella dei terreni subappennini dell Itali a. — Qui poi polrelihe nascere un' altra qnistione , se l' emersione dell' Epomeo sia stala coii- lemporania a quella degli altii terreni pliocenici del vicino continente, ovvero da questa diversa. Costeggiando il lato meridionale ed orientale dell'Isola d'Ischia s' incontrano per lutto evidenti fit-gni di profondi slogamenti, i quali dimostrano con la maggiore cerlizra che pnù aversi nelle conoscenze geologiche, che le men- zionate coste ciano un tempo in continuazione di altre rocce che ora sono nel fon- do del mare. E da ciò potrebbe inferirsi che per l' Isola d' Ischia vi fosse stato un parziale stiUcvamento che avesse portalo i suoi deposili di marna subappennioa a tanta altezza sul livello del mare. D' altronde potrebbe stare che il riferito dislo- gamento non fosse slato 1' effctlo dd'a emersione dell'Isola, ma al contrario fosse avvenuto per lo sprofondamento di una sua parte che ora si asconde nel mare. E poi mi par di vedere una cena nccessii.'i che alla emersione dei terreni pliocenici del continente dovesse andare unila anche i)uella dell Epomeo, per cui a quest' ultima opinione mi sento più inclinato che all' altra. Egli è però ihe restringendo in poche parole quello che ho esposto sull'ori- gine sottomarina delle rocce vulcaniche della regione flegrea, parmi che quelle le quali s° incontrano nei limili di questa regione , e specialmente della sua parte piana , sieno in generale di origine sottomarina ; che il tufo di trasporto della Cam- pania non lo sia ; e che 1' Epomeo non solo abbia avuto origine sottomarina , ma che esso un tempo era quasi tutto ricoperto dal mare, e probabilmente la sua emer- sione è contemporanea a quella dei depositi subappennini dell' Italia. Fatti che dimostrano le lente sommersioni ed e m e r- a i 0 n i della regione fi e cj r e a . — Un altro argomento mollo somi- gliante al prccedenle mi si presenta a Iraltare , riguardante i cambiamenti del li- \cllo marino sulle spiagge della regione flegrea . 1 primi fatti che sia dalla fine 8 5« dillo icorso SOCI 1o rirliiiimarono 1' .'lUenzione del Gi'olngi su til in.micra di feno- meni , turoiio osservali nelle auliche Icrine , o leiupio tli Giove Sonc nvcr dovuto stare al di sopra del livello marino , stabilisce la seeucn- le tavola inetrica partendo dal livello del mare nel <83f). Ottanta anni prima dell' era cristiana il livello del mare fu più Lasso almeno di metri o o Verso la fine del primo secolo anche più basso di metri . . . 1.9 Al finire del quarto secolo segnava presso a poco 1' altezza del 1830. Al principio dell' ottavo secolo era più alto di circa metri . . A.O Fra il nono ed il decimo secolo erasi innalzato sino alla linea dei buchi dei litofagi nelle colonne ; vai quanto dirsdimttri 5.8 Da questi particolari si deduce il primo periodo di sommersione, comin- ciato ottanta anni circa prima dell' era cristiana, della durata di dieci secoli o poco più , in cui la sommersione è stata di nove in dieci metri . Verso la fine del secolo decimoterzo il livello del mare avanzava quello del 1839 di metri .... 07 INel principio del secolo decimoseslo era più basso di circa metri. 0.9 -^ Ed al medesimo punto trovavasi nell' anno 1696. Abbiamo da ciò un secondo periodo di emersione della durata di circa selle secoli , in cui 1' emersione è stala di metri 6. 7. Nella fine del secolo dccimosettirao comincia il terzo periodo eh' è di soni- morsione il quale dura tuttavia, e l'altezza del sommergimento era giunta mi 1839 a metri 0.9 (a). Si potrebbe ancora credere che nei menzionati periodi di oscillazione s'in- terponessero altre oscillazioni minori e poco distinte, talché nei primi dieci secoli dell' era cristiana non fosse stata continua sommersione senza qualche breve intervallo di lieve emersione , e cosi i due seguenti periodi non fossero stali 1 uno di continua emersione e 1' altro di costante sommersione. Può aver- si quesla credenza per ciò che riferiscono il Creisbik ed il Nicolini , dicendo il pruno che negli uliimi anni dello scorso secolo il pavimento del tempio di Scnpide era velia marea alla alquanto più basso dd livello del mare ( op. cit. p.bOO. ) mentre assicura il secondo che nei primi mesi dell" anno 1807 , essen- dosi iraiiinulo le inlere giornate per disegnare le preziose reliquie architellonl- ibe d. quel tempio, non gli accadde mai di vederlo bagnato dalle acque ma- nne , quando non infuriavano i venti meridionali fp. 9.J. Malgrado poi l_ possibilità di tali secondarie oscillazioni , esse hao bisogno di esser megli* di- mostrate, perchè le potessimo ammeticre. a (a) Nicolini — T»vol;i meiricj cronologica Hello vario altezze tracciala dalla snperGc.'a Uel mare fra la tosta di Amalfi ed il prumonlorio di Gaeta. — • N.^p. f83f>. p. fi. 62 D tv e rs e opinioni sulla cagione delle sommersioni ed emersioni della regione fi e gre a. — Ritenenclo intanto come incon- trastabili gli enunciali periodi di sommersione e di emersione nel corso degli ul- timi venti secoli, variamente si è preso a dar ragione dei medesimi. Il Breislak ed il Nicolini da una parte li attribuiscono al variare dell' aliczza del mare ; da un' altra parie quasi tutti i Geologi li fanno derivare dai lenti sollevamenti ed abbassamenti della terra. Non è mio proponimento esporre e discutere le ra- gioni riportate in sostegno dell'una e dell' altra opinione , perchè non sembrami dai fatti che fio ora conosciamo potersi dare su di esse alcun fondato giudizio. Farò soltanto osservare che siccome per contradire i cambiamenti che abbia po- tuto soffrire la superficie della terra suol mettersi innanzi come fatto certissimo, che le colonne e le mura degli anticlii cJifizt , tanto frequenti presso la spiag- gia di Pozzuoli , conservano inalterato il loro appiombo , la certezza di questo fatto è .«eiiza dubbio asserita senza acurrato esame. E senza uscire dal più volle citato tempio di Serapide , le acque del mare che cuoprono il suo pavimento bagnando le basi delle celebri colonne che si conservano in piedi , dimostra- no evidentemente esser queste uscite dalla loro verticale. Poiché i tori, che ora si trovano presso la superficie dell'acqua, vi s'immergono assai più (l;(l lato di libeccio che dalla parte opposta. E della corrispondente pendenza in lutto il fusto delle colonne può ciascuno con facile sperimento rendersi certo. Perciocché mettendosi ad osservarle dalla parte tra ponente e tramontana , ed acrostando all' occhio un filo tenuto a perpendicolo, e portato al punlo che la sua parte superiore corrisponda, guardandolo , al mezzo del vertice delle co- lonne, si vedrà subito che la parte inferiore del filo esce fuori a man dritta. Opinione del Cav. Capocci. — Il Direttore del nostro osserva- torio astronomico cav. Capocci ha opinato che 1' emersione del Serapeo sia av- venuta bruscamente nel Settembre del 1538, quando scoppiò la celebre eruzio- ne di M. Nuovo , poggiando il suo avviso sull' autorità degli scrittori che ci ban data la storia di tale eruzione, ed in particolare del Porzio. Il quale nello stesso luogo che ho riferito di sopra parlaiido dei crateri di sollevamento , cos"' dice, yh vero V et IF Kal. Ocl. pcrpclids dicbus tioctiùusque terra commola est : ( parla delle contrade di Pozzuoli ; PuLcolorum rcgionem J mare pnssiùus fare CC rtcessit, quo quicicm loco et inrjenlcm piscium multiludinem accolae capere , et aquaa dulccs salicìites prosilirc visac fucrunt. Se da queste parole del Porzio può con- chiudersi che vi fosse stato subitaneo sollevamento della spiaggia , bisogna pur convenire che tal fatto non è dichiarato con tanta precisione quanta ne sarebbe necessaria pur giudicare scuza tema di errore dei fenomeni naturali raccontali G3 clngli (.(Olici. r«in\nne sempre il cliilil)io che 1' arrelrarsi Jel mare fosse stato un fenomeno passcggiero , soliU conseguenza dei Irenauoli che precedono i grandi incendi vulcanici , siccome ne abbiamo somigliantissimo esempio nella eruzione vcsu>Ì3na del 1G31 . Egli è vero che i! Porzio fa in seguilo menzione di uà permanente disseccamento di una parte di terra che prima era bagnata dal mare, ma Io stesso Autore ne dà per ragione 1' essersi accumulata sul lido gran co- pia di sabbie e di lapilli. Quo factum est , son parole dui ?ovzio, pars illa lerrae tjuac mari privs abluehalur , sicca rcmanserit, et dncn et lup'dlis littus in altuin se su- sìulerii. La medesima cosa ed allo stesso modo racconia Marcantonio delli Fal- coni il quale era andato a visitare il luogo dell' incendio sino a Baia il gior- no 30 di Settembre , mentre ancora durava 1' eruzione. // mare verso Baia , egli iì'ìce, per gran spazio s era ritirato, benchb di cenere e di mine di pietre pgmici rotte e buttate dall' incendio di modo verso il lido ricoperto fosse che tutto secco pareva. Qui pure si avverta che questa osservazione non alla Città di Pozzuoli, ma a Baia va riferita. Ed in vero trovo più che diflìcile persuadersi che di tanti scrittori Contemporanei e testimoni oculari , ninno si fosse accorto che la Città di Poz- zuoli si era innalzata più dì sei metri sul mare nell'incendio di M. Nuovo, e che per conseguenza il mare si era ritirato pel sollevamento del suolo. Mi si potrebbe rispondere che 1' idea di un solievaraonlo di terra non era fiicile a venire in mente agli scrittori di quei tempi . Ma al Porzio il quale aveva scritto poco prima , magnus lerrae tractus . . . . se se erigere vidcbatur , et viontis subito nasceutis fìguram imitari , non doveva esser nuova questa idea ; e remmeno poteva esser nuova a Marcantonio delli Falconi , il quale nello slesso opuscolo, parlando dell'Isola di Hiera , dice, dopo molli terremotisi vide gon- jhirf in vna parte la terra ed a guisa di monte con gran strepito intialzaìsi. Aggiungi a queste osservazioni , che prima dell' incendio di M. Nuovo ab- biamo documenti che la spiaggia era emersa dal mare , siccome scorgesi da due edilli, l'uno del 1;)01 e l'altro del 1503 che concedono alla Città di Pozzuoli il terreno abbandonato dal mare. Il primo dice territortum mare desic- calum e l'altro , (fuale demanio è quello che va seccando il mare intorno la terra. (a) Opinione del signor Cangiano.— h' Arcbitelto sig. Cangiano , seuucndo 1' opinione del Capocci quanto al sollevamento avvenuto per l' eruzio- }tv di M. Nuovo , dà poi ragione in modo ben diverso dagli altri delle lente spmpaeisioni del continente, attribuendole agli scoscendimenti che producono le acque che s' infdirano per i sottoposti strati marnosi. Ma questa , quantunque ingegnosa opinione , ha bisogno di esser meglio dimostrala. (a) V. Nicolini , op. cit. 64 C 0 n eh iusi 0 ne sul It lente sommersioni ed emersioni del- la regione flcgrea. — Dietro le cose fin ora discorse convien coiicliiude- rc sulle leute sommersioni od emersioni della regione llegrea the non ancora possiamo pronunziare con certezza sulla cagione di tal sorla di fenomeni , e per avere questa cerlczia ci abbisogna il confronto di esperimenti e di os - servarioni ripetute per molli e molli anni su diversi punti, non solo del gol- fo di Napoli , ma di tutte le spiagge d' Italia , e miglio ancora di luUi i lidi del mediterraneo . Iiilanlo possiamo ritenere , come 1' opinione che ci si offre la piii probabile di tutte , che i mulamenli tra le relazioni che hanno i lidi con i mari contigui provengano da lento ed alternativo abbassarsi e sollevarsi della terra ; sorla di fenomeno che può nascere dal dilatarsi e re- stringersi delle diverse sostanze di cui si compongono gli strati della crosta terrestre pel variare dell' interna loro temperie. Possiamo ancora concliiuJere che durante 1' era cristiana siavi stala una sommersione di circa dieci metri seguila da una emersione di poco meno di sel- le meiri , e questa seguita da una seconda sommersione che dura tuttora . E che assai prima dell' era cristiana sianvi stale altre oscillazioni sempre piìi forli, una delle quali ci dà l'^emersione di circa venti metri suU' attuale li- vello del mare. Se le isole della regione fi e g re a si e n o state u n te m p o congiunte al continente. — E volgare credenza che per grandi dis- logameuti di terra 1' isola di Procida siasi disgiunta dal continente, ed è forse per questo che vien chiamato Monte di Procida il colle che sta di rincontro r isola dello stesso nome . Nel ricercare le opposte sponde del canale di Pro- cida , si trovano nel continente , non meno che nell' isola , non poche lave tra- chilichc che finiscono , quasi direi , troncate sul lido o si cacciano nel mare: e si rinvengono ancora nelle sue vicinanze alcuni massi erranti di particolare natura che non s'incontrano in alcun' altra parte della regione Uegrea . Da que- ste due condizioni , di cui saranno a suo luogo esposti i particolari , sembrami potersi inferire che il canale di Procida , la cui larghezza è di circa due mi- glia e mezzo , asconda nel suo fondo la voragine di grandioso cratere , tea- tro un tempo di strepitose eruzioni . Ma non credo per questo doverne con- chidure che 1' Isola sia stata una volta unita al continente , almeno non do- vremmo avere una tal maniera di vedere come necessaria conseguenza dei fat- ti che osserviamo . Dappoiché le eruzioni del canale di Procida han potuto essere sottomarine. Quanto all'Isola d'Ischia Doa vi è alcun segno che potesse far credere G5 nir antica sua unione col continente o con la vicina Isola di Procida ; e la medesima osservazione può applicarsi all'isolotto di Vivara interposto tra Pro- cida ed Ischia . Egli è vero che dal castello d' Ischia girando per la costa orientale e per la meridionale dell' Isola sino alla punta dell' Imperatore , nel- l' aspetto delle rocce ?i sono tali caratteri che possono favorire l'idea di uno slogamento da altre rocce con le quali quelle spiagge si congiungevano; ma dall' opposta banda sino al Lacco , ove appunto avremmo dovuto trovare le tracce dell'antico congiungimento , non vi sono le medesime condizioni . E pare più luilurale il supporre che V Isola d' Ischia e di Vivara sieno due pun- ti elevati della regione flegarea i quali siccome ora, cosi nella loro origine erano disgiunti dui mare per i profondi avvallamenti che tra essi si frapponevano* cr. Interno agli vìidofui delle celhdo delle piante. Dichiarazione della spontanea loro onerine e della loro analogia con i fili-fusiformi ed i fili-spirali dotati di spontanea mobilità j del sig. Sigfredo Reissek, In questa memoria inserita nel primo tomo delle Memorie della Società de na- turalisli di Vienna (1) (pag. 31 ) sono esposte le osservazioni microscopiche che l'autore ha fatte sopra gli endofiti in diverse piante, e specialmente sulle radici delle orchidee terrestri ( GymnadeKÌa viridis , Plalanthcra bifolia , Orchis lalifolia , Orchis Moria, Guodycra discolor J. 1 funghi da lui osservali nelle cellule della cor- teccia delle radici di queste piante si riferiscono ai generi BoLrylis , PenniciUaria , Cladosjwriunif Funisporium, ce. Noi ci limiteremo a recarne in italiano i risvlcati , i corollarii e le riflessioni delle quali 1' autore ha corredato il suo lavoro. ■Risultati. 1. Nelle cellule della corteccia delle radici di diverse moao-c dicoteledoni ha luogo una normale formazione di funghi filiformi sotto diversi gradi di sviluppo. 2. Questi funghi sono nel più alto grado sviluppati nelle radici delle orchidee terrestri, e nel minor grado nelle radici del maggior numero di piante mono-e dico- tiledoni. 3. I suddetti funghi sono generali dai più dilicati e teneri granellini della sostanza cellulare , e precisamente da quelli che ne formano il nucleo dello altri- menti ciiolilasto. Essi si ravvolgono intorno al detto nucleo , ovvero si sviluppano iiuando il nucleo comincia a forniaisi, o anche quando esso è presso a. sparire. Sono quei gryncllini medesimi ihe vi tengon luogo di spore. Lo sviluppo del fungo si ope- ra mercè 1" allungamento di uno di quei g anellini, che si trasforma in piccolo tubo- lino, e quindi anche si ramifica ed offie distinte pareli e linee di sepimenti come ne' vasi. La maggior parte de" granellini di una stessa cellula si cangia in questi fimghi, quante >olle lo sviluppo di essi vi si manifesta, ma i granellini più grossi e più spessi non vi prendono parte. /(. Finche trovasi iieir interno doWa. cellula madre ì\ {ango non genera spore. (lì ÌS'alurwiatenchnfilichc AhkandUuujen, : hcraufijegebcn , von WmHEM HAlDmcEB- Vien, ■iS47. in 4° con 22. lai. Ma quando iic venga cslrallo e lasciato per qualche tempo sniio 1' iunuenza di u.ia .atmosfera umida, allora può formarne. Questo avviene specialmente nel Fusisporium cui si riferisce il fungo di alcune, ortliidec ; messo ncU' acqua la sua vcgctaiione diventa più aliiva, il suo sviluppo si accresce e finisce collo sciogliersi e colorirsi trasformandosi in clorolilla. 5. In alcune piante quando nelV interno della cellula madre la trasformazione de' grancllini in funghi non si manifesta, dessa puossi artifizialmcnte ottenere me- diante 1' umidità, sotto analoghe circostanze. Lo sviluppo de' funghi in quRslo caso Ila luogo ne precisi termini di quello che si opera spontaneamente. Nei grancllini più dilicali che restano attaccati alle pareli della cellula 1 fun- ghi vcggonsi sviluppare copiosamente, quando si trovano circondali da un' atmosfe- ra umida , o che tutta la cellula venga immersa nell' acqua. Questi funghi sono in origine procreati dal corpo cellulare nel suo stato nor- male. Essi si comportano come proacazioni vegetali iit rapporto alla mattsria vege- tale primigenia , ossia alla sostanza propria della cellula dalla quale risultano : ana- logamente alle formazioni animaliformi defili sporiferi, e defili spirali della stessa sostanza vegetale primitiva, ossia della cellula madie, sotto le quali medesime forme essi funghi si presentano. Corollari e Biflessioni In primo luogo gioverà dichiarare il ben fondato rapporto eh' esiste tra i fili spirati dotati di mobilila, i fili sporiferi, ed i funghi delle radici. Non puossi elevare un dubbio che ambedue queste formazioni ci si presentano parallele ed analo- ghe. Entrambe sono : 1°. Formazioni costanti e normali : 2°. Entrambe si svi- luppano in determinale cellule : 3°. Entrambe rappresentano parli costanti del tessulo cellulare. L' obbiezione che potrebbe farsi si è che questi funghi sono piamo determinale ed indipendenti , mentre i fili sporiferi , comunque presente- uiente non fossero considerali come esseri animali , né anche possono rite- nersi come piante di assoluta vegetai natura. L' anatomia frailaiito con soddisfa- lenti ricerche ha dimostralo la natura animale de' fili spirali. Essi trovansi in immediata affinità colla Monade e col Vil/iione. Chiunque ba studiato la natura di questi esseri , ne avrà polirlo osservare il loro intimo legame colla cellu- h. lo non intendo piìi inleroariui in questo soggetto , comunque mollo ci ri- manga a dire considerandoli sotto un altro rapporto ; cioè nel suo rapporto colle ricerche comparative intorno alla storia dello sviluppo primordiale de- gli esseri organizzati, lo mi limilo per ora a richiamare 1" atleuzione degli osservatori sopra due fenomeni che spargon luce suU' esistenza del lapporto G8 anii'Jctio , e (If pnnE;ono in fivorc di osso. V Consi(ioriin pre come prima cioè al vero stato naturale. Mi dirà taluno, ma perchè affannarsi tanto per un' ipotesi piuttosto che per un altra? La scienza deve finalmente snieltere le ipotesi tutte per diven- tare positiva. Chi così ragiona credo che abbia poco meditata la natura del metodo ii>olelìcosperiinenlaliì:o introdotto dal Galilei nalla fisica moderna , eJ al quale essa deve tutta la sua grandezza. La pila , per non citar migliaja di esempì che mi si affollano alla mente , questa scoperta stupenda del Volta, non fu forse il prodotto della ipotesi dell' illustre italiano della elettricità che si svolge per conlatto di corpi eterogenei ? Non fu la ipotesi amperiana che dettò la scoperta del magnetoeleliricismo ? Con ciò non si vuol dire che tutte le ipotesi sou buone , ma neppure si può pretendere di farle sparire , 76 dalla scienza quante volle o servano a dar legane logico a' fatti , o quel che più monta, a scoprirne de' nuovi, senza andare a tentoni. E poi 1' esperienza viene come criterio per giudicare della bontà delle ipotesi , le quali quando non sono fondate si confutano da se medesime , perocché voi deducendo da que- ste delle conseguenze di fatto che l' esperienza smentisce giudicate tosto della insussistenza delle ipotesi. Chi contro la testimonianza de sensi suppose la pri- ma volta la terra col resto de' pianeti aggirarsi intorno al sole , piantò certa- mente un ipotesi, e frattanto fu il vero creatore dell' astronomia. IjOici Faluieri. 77 Sulla pioggia di manna ricomparsa nel Giugno del 1847, Nota di Alessandro A. A. Colaprete. Abbenchè la Commissione destinata da questo illustre consesso nella tor- nata de' 4 agosto 184G di riferire su di una mia relazione riguardante una piog- gia di manna caduta nelle falde del Monte Maiella nel giugno del 1844 avesse dichiarato un tal fenomeno quale anormale trasudamento degli umori de" vegeta- bili per effetto di cagioni comunemente note (1) : pur tultavolta ammirando l' in- gegnosa spiegazione emessane io non poteva d' altronde sottoscrivermi al suo opinare : 1° perchè in quel mattino , in cui verificossi tale pioggia , non vi fu indizio di rugiada che fosse caduta dal Cielo , giusta 1' asserzione degli stessi Cacciatori tuttora viventi che son pronti a contestarla avanti chicchessia : 2* perchè tale sostanza si rinvenne perfino nelle piccole macchie o cespugli de' fa", gi moltissimo distanti dagli alberi di grosso calibro , dai quali per qualsivoglia scuotimento delle foglie non poteva pervenire insino agli altri tale umore : 3° da ultimo perchè nel citato anno 184tì, di cui la state fu la più arida che sia a memoria di uomo , almeno in questi luoghi montuosi del Regno , qui non ve- rificossi alcun caso di apparizione di manna. Quindi è che manoauJomi in tal circostanza fatti positivi che avessero potuto contestare in moJó diritto tutto ciò che io aveva riferito , dovei serbare il mio silenzio, anche perchè me 'I vie- tava la veneranda autorità degl' illustri ingegni componenti tale Commissione • i nomi de' quali sono pur troppo classici nell' orbe scientifico : onde rimaneva in me il desiderio vivissimo , né poteva tacerlo ( siccome allora io ne scriveva al eh. sig. Segretario perpetuo ) di attendere la riapparizione dolla cennala pioi;;^!:', se pure era per avverarsi di nuovo in queste contrade , alfine di sottopone al ulteriore disamina un tal fatto. E sebbene il principio della primavera dell'anno 18 '(7 si fosse appalesato con frequenti e continuate pioggic, ciò non ostante nel tratto successivo andan- do a minorare , cessarono poi all' inlutto verso la metà di M.iggio : dono la quale epoca repentinamente ed intempestivamente sviluppossi quell' intenso ca- lore neir atmosfpia , che in modo insolilo e straordinario anticipando fu la ca- gione de pochi e scarsi ricolti e di frumento e di altre biade in queste regio- ni montuose ed aride. Vedendo adunque ricomparire una stagione opportuna per la riproduzione del succonnato fenomeno , in tale rincontro io andava rovistan- do e quegli stessi luoghi ove si era rinvenuta per la prima volta la cosi detta manna , ed altri sili più o meno lontani da quelli, ad oggetto di verificare, se (1) Vod. la relazione inserita nel fase. 28 del Ilenrticouto delle tornalo della R. Accademia dello Scienze, pag. 270 e seg. 78 sollo r influenza delle medesime cagioni il misterioso avvenimento , che io per la prima volta dichiarai , eCfettuir si dovesse . Ma indarno mi assoerseltai a re- phcale escursioni ed insolazioni insino a 20 giugno di detto anno , che in nessun luogo potei rinvenire la presenza della sostanza desiderata. Frattanto mentre era dappresso alla meta cui agognava , per urgenti domestiche circostanze dovei desistere mio malgrado da si utili ricerche: onde se non potei esserne spetta- tore oculare , mi fu dato almeno di raccogliere le notizie della ricomparsa di essa , di cui ascrivo ad onore porgere un informe rapporto innanzi a questo 'slesso sapientissimo Crocchio. Venanzo Morelli contadino del comune di Cansaro ( Abruzzo Ultra 2" Distretto di Solmona ) si recava nel mattino del giorno 2() giugno dell' anno 1847 nel bosco Municipale detto Difesa, risullanle pressoché all' intutto di ce- spugli ed alberi di ogni dimensione di quercia. Era suo scopo di impadronirsi di uto sciame di api annidatosi ne' giorni precedenti nella cima di un' annosa quercia. IMiulre si aggirava intorno a questa, osservò con grande sua ammi- razione conspersa la faccia superiore delle foglie come se fosse stata di piog- gia o di rugiada cadutavi di recente . Intanto quel contadino ripensava fra se the il giorno e notte anteriore erano stati serenissimi , placidi e sebbene di avan- zata temperatura , pur tuttavia in quel mattino non era caduta rugiada dal Cie- lo : e toccando tale umore , che rinveniva di consistenza del mele era solleti- calo dalla curiosità a saggiarlo con la lingua . Quale non fu la sua sorpresa , quando il suo palato rinvenne dolce , anzi dolcissima una tale sostanza ? Lambì piìi centinaia di foglie , e dovunque volgeva i passi rinveniva sempre esse fo- glie spellanti a piante di ogni dimensione intrise tutte di tale umore , il quale manifestava sempre lo stesso sapore e densità . Era appariscente lo stesso fe- nomeno sulle foglie di qualche faggio , che ivi pur vegeteva , e su quella an- cora del Corjlus avellana L. SopralTatlo da tale straordinario fenomeno si av- vide pure , che mentre la faccia superiore delle foglie e de' rami di tali piante erano spalmale delle anzidette gocce , ne erano poi esenti le superGcie inferio- ri. Replicò e tornò piìi fiate di prosieguo a ripetere le sue osservazioni , le quali sempre gli appalesarono il medesimo risultamenlo persino nella cima piìi eminente della quercia , ove albergava lo sciame delle api , e ne' più bassi ce- spugli isolati e distanti di molte centinaia di passi dai grossi tronchi di quer- cia. Non contento di tutto questo da lui osservato , ed in contestazione del vero ne spiccò vari rami, che reduce nel suo cennato paese quasi io solenne mo- stra fece estensivi a' suoi concittadini che incontrava e tulli con maraviglia os- servarono e saggiarono le gocce dell' umore aderente alla sola faccia superiore de rami e delle foglie. Tale avvcnimeiito mi veniva in tal guisa narrato due 79 giorni dopo in cui io mi recava colà per causa di professione: ed il quale ntlirò tutta la mia iiducia e credenza possibile , poiché oè il Morelli , né i suoi compratriolti erano stati mai da me prevenuti pel caso anzidetto . Solamente restava in me il dispiacere vivissimo , che per lo scorrere di un mese e mezzo avendo dovuto per iiecessilà durar fatighe e disagi onde rintracciare uà tal fe- nomeno, io era rimasto privo del desiderato compenso, di osservare cioè co' propri occhi l' umor caduto , e forse anche l' epoca e '1 momeuto della sua comparsa* La sostanza adunque rinvenuta nella superficie superiore delle foglie a de rami anche di piante poco elevate e di piccol calibro , sulle quali lontane di mollo dalle grandi non aveva potuto trasferirvisi per l'assenza del vento o della nialulina brezza ed in quel mattino , ed in quello de' giorni precedenti, fu r effetto di anormale trasudazione di umori ? E perchè esclusivamente na erano esenti le inferiori supc'-Ccie ? Non osando porre il piede in un sentiero disseminalo di spine termino la presente relazione conchiudendo , che se di rado è appariscente un tal fenomeno sui vegetabili , è da ripetersi giusta 1' asserzio- ne di un'individuo che mi ha in seguito assicurato di essersi sotto i suoi oc- chi più volte riprodotto una lai pioggia , che l' umore caduto o su' fag^i , o sulle querce , o sulle altre piante , essendo fluido prima dell' apparire dell' astro del giorno, sotto i cocenti raggi di esso addensandosi ( anche pel proprio ca- lorico ) sul pelo de' cani e sugli abili di chi ns è toccato , sulle foglie de' vegetabili invece si dissecca e si dissipa , talché 1' umore caduto fluido nel mattino piìi non esiste tale nella sera. Ignoro se in colai disseccamento si presenti sotto forma cristallina analoga alla mannite, od in altra guisa , per- chè mai finora ho avuto il piacere di ammirarne dappresso 1' apparizione : mi auguro ciò non pertanto che si possa per 1' avvenire offerirmi qualche altro caso , in cui non mancherò alcerlo di adoperarmi con tutto Io zelo che per me sarà possibile. 80 Scoperta cT un nuovo pianeta. Nella tornala del 24 Aprile il socio cav. Capocci presentò all' Accademia la seguente circolare per la scoperta d' un nuovo Pianeta fatta nella Specola di Capodimonte dall' Astronomo sig. de Gasparis. 1S49. Avril 24. Royal Obscrvaloin de NapUs MoNSiEca Je m' empresse à vous communiquer la découverte d" noe nouvelle planate faite ici par 1' astronome Mr. de Gasparis , attaché à cet Observatoire. Le premier soupeon lui en vint le soir dn 12 de ce mois , ayant reconnu dans le ciel une étoile de 9. me à 10. me grandeur dans la Carle de Steinheil de r heure XII. me qui n' y était pas marquée . Il s'appercut de son mouvement le soir du 14, et s'en assùra tout à fait la nuli du IT, dans laquelle le lemps, toujours conlraire , nous perpit de l' observer pour quelques inslanls. Yoici ses positioDs apparenles. 1849 T. m. à Nap. Avril 14,3771 17,5854 22,38^0 23,3563 Asc. dr. 182° 57' 57" 182 28 11 181 49 20 181 41 38 Dèci. —7° 28' 18" —7 13 10 —6 52 6 —6 47 31 Le 22 et 23 nous avons pù 1' observer avec plus d'exaclitude. En employant les derniers éléments des nouveaux asléroiJes insérés dans les Comptes Ecndus , V on trouve que la seule Iris s' y approche par son élon- gatioD. Mais ses éléments soni trop bien connus ( ceux de M. Villarceau ) pour De pas donner lieu à cet èquivoque. Le Direcleur E, Capocci. 81 APPENDICE AL RENDICONTO DELLE ALUNAN'ZE E DE' L.WORl DELL'ACCADEMIA REALE DtLLE SCIENZE. Del prog esto dell' industria delle nazioni, Trattalo del socio corrispondente sig. Giammaria Puoti. Dalla penna di questo illustre Magistrato Marchese Giammaria Puoti vediamo uscire un' opera preziosa in economia politica. Ciascuna opera non deve avere il solo oggetto di far jionipa di sapere , ma di solidamente istruire. E questo il verace scopo dell' esimio Autore. « Le verità, dice egli, che costituiscono la base, e la sostanza della mia opera « erano teoreticameiile annunciato da grandi Scrittori di Economia che sono pochi di nu- « mero. Ma io ho volalo esporle teoreticamente, e stamparne 1' evidenza nella mente de « lettori. Ed ho voluto rìferniarle con 1' applicazione , nella quale , eccetto alcune , tutti « gli economisti vacillano. Ho scritto del progresso dell' industria delle Nazioni. Ed ho « divisato di fermar questa utilissima verità , che i governi non debbono regolar l' iodu- « stria, e che faranno sempre bene a proteggerla, Perciò ho esposto dapprima io che « consiste, il regolamento dell' industria, ed in che la protezione. Dopo ho divisa l' opera « in due libri, e nel primo ho trattato del regolamento, e nel secondo della protezione. « Allinchò fosse compiuto il trattato del primo libro ho cercato di dimostrare che 1' in- « dustria non ha mestieri di esser regolata ; che il regolarla 1' uccide , e eh' è impossi- « bile regolarla ». « Ilo dimostrato l' inutilità dei regolamenti , esponendo il progresso naturale della <( industria, prima in astratto, e poi in relazione al progresso naturale d^ll'uminità. Ho « dimostrato che , regolanJo I' industria le si fa strazio, e ruina primo in astratto e poi « in relazione al progresso naturale dell' umanità. Ho dimostrato che , regolando 1' indu- ce stria esponendo tutto quello che han proposto gli scrittori, o che han fatto i gover- « ni per regolarli quali errori e difetti sono stati il risultaraento » « Nel secondo libro ho diviso la materia in due parti distinguendo la prolezione , « che solo il governo può dare, e 1' ho considerata quasi necessaria ; e quella che può « dare per sopraggiunta di favore, e la chiamerò generosità. La prima parie 1' ho di- « stinta in remozione di ostacoli, rd in atti positivi di facilitazione, e di ajuti. Ho mostrato « quale possono essere gli ostacoli del progresso dell' industria, e come si possonj rimuir uè, e « quali gli atti positivi coi quali il Governo può solamente facilitare il progresso dell' induitria. « Nella seconda parte ho fatto vedere come l' industria procede per volere , per po- « tero , 0 per sapere . Ho mostrato come il volere può mancare , o essere infer- « mo, e come il governo può infonderlo o secondarlo. Ho divisato quali cause possono « far mancare il potere, e come possa ajmeniarsi, come si riparia quello che concorre. « Ho finalmente fatto vedere come il sapere ì\ possa aumentare ed estenderò dirottaniau- « te, ed indirettamente ». 11 Luco quanto 1 ns mio Autore si propone esporre, e elio con chiarezza esegue. Co- miniia , e^li dall' esaminaro i puri Ijisu^ni dell' esislun/.a doli' uomo nilurale, e progressi- \amenlo giunge a provvedere ai bisoj;iii della pura esistenza quasi brutale ; passa quindi allo stato comunemente dello Sulurnute. Esercita egli tutte le sue [orza a ricercare quel- lo che può bastare alla sua sussistenza , e trova la natura disposta a seco concorrerò nel- la produzione ilol bisognevole. Ma ottenuto questo n m si arresta l'uomo ne' suoi deside- ij di sosliluiro alla esistenza poco comoda , e spesso assai travagliosa come quella de ' popoli nomadi , e cerca perciò fissare la sua stazione , ed avere una ti,Tra da abitare e colti- vare. Ciò non può aver luogo senza id«>a di giustizia , ed ecco il principio e fondamento della legisjazionc, e di ogni specie di goyerno. Siccome poi a costituire una Società che co- >.iiinci ad avere principj di equità e di religione molti bisogni si manifestano , bisogna che ■\'arj siero, e di diverso genere gli operai, cosi ciascuno si adatta a quel mestiere che la sua inclinazione o 11 suo maggior comodo, e profitto può suggerirli , più di tutto i' agricoltura di unita alla pastorizia si prendo ad esercitare , tralasciando il primo sta- dio della società , eh' è lo stato di caccialote , e pescatore . Ecco come hanno origine i vari rami di coltivaziquc quali tutti non sono altro che porsi 1' uomo a protittare , e coadjuvarc lo forze produttrici della natura delle rna.icrie utili alla umanità. In ciò fare ciascuno agisce secondo il suo particolare interesse. Se il vignaiuolo cerca ampliare il frullato della sua vigna, e produrrò il doppio vino , non è già che debba serbare tutto per se, ma darne ad altri, ed ecco indirettamente che la sua industria giova agli altri poiché se ad altri manca, il vino egli supplisce, e no riceve in compenso altro prodotto bisognevole. Chiunque alla sua privata industria cosi .si occupa si avverte. in qual modo deve agire per migliorare la sua produzione , e ciò non è suscettibile di generalo rego- lamento , L' esperienza chiaramente ci mostra che 1' economia di una fabbrica a conto del tjoverno non può andare innanzi co' regolamenti sanzionati, perchè tutto ciò che emana da un governo ben regolalo deve essere , poggiato sulla giustizia , e giammai sull' arbi- . trio minimo che sia , quindi è che a tutti i regolamenti che vincolano gli operai nella du- rala giornaliera del travaglio , e nella intensità , non mancano modi agli operai di elu- dere , e .dal soprastante ai lavori che si fanno ad economia convien faro un processo nel- le j-egole se punir si .voglia 1' infrattore , mentre il semplice imprenditore che agisce a suo arbitrio può benissimo , riparare e non si oppone ap|iarentcniente alla giustizia il . licenziare qiiell' operaio che usa frode di poco moniento . Queste viste giutliziosamento , .notale ,dajr Autore sono i}e[ massimo rilievo , e con tali mezzi egli va ragionando nel syu as- sunlo.Sono tante le considerazioni di molta importanza elio risultano da quest' analisi della publylica industria che fassi dall' Autore che dopo di questa opera 1' .intiera economia Cam- illa isuoi principali sistemi. iMolte cose che si guardavano all'ingrosso con mqfisime genera- li si trovano ora cose lallaci , o eccezionali non si può essere esatto economista fenza la precisa analisi dell industria. Tutto però confirma la pode-osa piassima che. nella industria , qualunque ella sia vale semniaineute la libertà di agire. Ove ò quell' uomo sapiente che ,6J trovi istruito senza aver studiato diligentemente la sua materia '? E chi può studiarla ^i più di chi la maneggia di continuo col desiderio di trarne profitto ? Bisogna per al- tro tener presente che vi sieno do' genj che sanno vedere quello che ad altri è oscuro , poiché spesso la presunzione specialmeiilo in economia fa supporre che ciascuno conosca la scienza peifettamenie dal saper regolare le sue spese secondo le sue limitate visto, e con- correnti a suoi privati bisogni, e sentito parlar di finanze di uno stato come quelle della propria cucina. Ottimo e per altro considerare l'economia generale, corno il composto di quelle de' par- 83 licolaii , ma b'sogna evitare le illusioni del privato inlerosse sposso coiilrniio al generale. Non nego che vi sono ileyli Economisti .veraci (ilosofi die san fare la verace distinzione 0 calcolare i tisnltanienti a seconda dello scopo g.'nerale , e particolare di alcune classi. Neyli antichi tempi la pubblica (coiioini.i era tutta fivorevulo agli uomini lili:ri cil opijressiva a servi , sebbene quesli tussero alle volte in niimero mai^giore. Si di- ceva salus publica unica (ex eslo , ma questo pubblico consideravasi de' soli ciltiidini li- beri. Quanto dunque l'abolizione della servitù dovuta sia principalmente alla cristiana Ke- i^ione non v' è clii noi sappia . Se 1' ecmioniia rionsisto nella formazioni! della ricchezza non dev'esser questa senza giustizia , anzi senza carità. L'arriccili re senzi queste virtù ò in buon senso una ruberia, ù lo slesso che calpestare 1' umanità . Surso quistioue anni sono. Su il prevenire gli elletti del vaiolo colla inoculazione fosse un tratto economico . Vi furono d| quelli tra quali fi. B. Say che credettero ciò superlluo adducciiJo, che dopo 1' epidemia la qu.do attacca per lo più i soli miserabili , e gli altri Ibigelli dell' umanità che minorano le popolazioni , terminati questi le pcpol.izioni risalgono al primiero livello se i mezzi di sussistenza non mancano. Cainazzi volle con sua memoria di mostrare con calcolo, che i preservativi di detti flabelli contriliui- scono all' aumento delle popolazioni , ed al bene de' viventi . Il celebro Romagosi volle commentare questa memoria inserita negli annali economici di Milano, voi. XXVII « Ma chi V insegnò , egli dico , a questi apostoli dello pesti di ragionare in codesta guisa ? Qual' è « la Logica economica o politica elio possa autorizzarli a si orrende Sentenze? Non si ac- (c corgono fiirse costoro dell altissimo grido di esecrazione contro loro sollevato dall' im- >) mensa massa dei cuori umani ? » Loda egli la nostra economia non disgiunta dalia cari- tà Cristiana nel non considerare le popolazioni come mandre di bestiame. Mi conviene far qui notare che 1' esimio l'uoti non ha degenerato , nella foli t dei libri di Politica economia degli esteri , da quanto su tale sistima fu qui insegnato dall' insigne Antonio Genovesi, il pri- mo a dettare questa scienza dalla Cattedra , e quindi da noi cogli stessi principi prosegui- ta ; sempre però intenti ad allontanare i principi avversi alla pubblica felicità secondo i pre- cetti Evangelici. Altro lodevole principio si ammira ncH' opera del Puoti che cerca coi suoi ragionamen- ti eccitare, ed elevare le forze nostre nelle arti da non dovere aver bisogno per quanto eì può di derrate estere , specialmente manifatlurate a cui l' influenza del clima poco o uulla concorra alla loro fabbricazione. Che si voglia far uso a preferenza di alcune ma- nifatture che dall'estero ci vengono a minor prezzo sia scusabile; ma che non si costituisca con le Nazioni estere un sistema commerciale di prodotti grezzi non manifatturati, il che ri- sulta sempre dannoso come Cagnazzi ha dimostrato ( 1 ) per la Nazione Agricola . I prin- cipi del nostro l'uoti sono i più sani, ed i più utili alla umanità sotto tutti gli aspetti e noi non possiamo che raccomandare la lettura del suo libro , come la più e mfaceiite a farci conoscere le vere traccie a promuovere 1 avanzamento della nostra economia y.il dire d»lla nostra ricchezza con la giustizia, e con l'onestà. Luca de Samuele Cagnazzi. (i) Si vegga il I. VI. p. 245 di questo RoìdiconiQ, 8i ile I to ru I 0 fi \ ft — Il sit-nnr Oiif'f'''' Ic5?o np|]n Inrnala dfl 7 ollobrc 181S de!. 1 Accailemia (Jollc Scienz-u ia I' aci- do aspartico, che si purifica mollo di leggieri Facon lo lentamente raffreddare una solu- zione che contenga 50 grammi d' acido aspartico si ottiene questo ac do rappreso a forma di tavolette quadrate di circa 3""" di lato. Esso si scioglie nell' acido cloridrido concentra- to ; e la foluiione svajiorata a bagno maria fino alla consistenza di sciroppo, e lasciata in luogo ealdo , dopo qualche giorno depone de' grossi cristalli , la cui composizione vien rappresentata da questa f.rmola C^ II"'' N' O», IP CI'. Il Dessaignes ha studiato accuratamente i precipui sali formati dall' acido aspartico. Ha pure provato di preparare l' etere aspartico, sperando per via di questo etere rigene- rare r asparagina ; ma finora non ha potuto conseguire l' inlento. L' asparagina pare che esista ne' primi germogli delle pi inte leguminose. Dessaignes 1' ha trovata nelle favo , faggioli, lenti, piselli , trifogli , mediche , fieno greco , e citiso. Qual' è il principio comune a tutt' i semi di silTalle piante, il quale si trasforma in aspa- ragina nell' alto della germinazione? E forse la logumina? A qu'Sla quìstioue il Dessaignej risponderà quanto prima. (Dal giornale l Instilut, 1. sezione, S- gennaio 18'i.9 ). Chimica — Dalle sperienze fatto dal Millon , e cimunicate all' Accademia delle scienze di Francia sulla composizione della crusca, risulta che sia la crucca una sostanza essenzialmenle nutriliva. Dapoichò se la crusca contiene 0 per 100 di legnina più che la farina bruta , contine altresì più materia azotata , il doppio di materia grassa , e più due prin- cipi! aromatici, uno de' quali ha quasi l'odore del miele; le qinli cose mancan} alTatto nel fior di farina. Ecco i risultati dell' analisi fatta dill' Au'.ore sulla crusiia di un grano raccol- to oeli8ì8. 8T Amido , desinila e zucchero 53 « 0 Zucchero de liquirizia 1 « 0 Glutine ll« 9 Materia grusia . . • 3 « 6 Leonina 9«7 Sali 0 « 5 Acqua. ... : 13 « 9 Materie incrostanti e principii aromatici 3 « 4 i per differenza ). 100 « 0 Quando adunque si abburratta la farina per volerla depurare di alcuni millesimi di lo- gnina , so no toglie ima parto dell' azoto , della materia grassa , della fecula , » de" suoi principii aromatici e sapidi . È poi conformo ai principii dell' igiene e della fisiologia di privare lo stomaco dell'uomo di ogni cosa che può lasciarvi un residuo indigeribile? Gli alimenti non devono forse percorrere tutto il canale intestinale , e deporre al termine di osso ogni parto indigesta ■? Forse che nel fior di farina trovasi un' alimeftto più compiuto die nella farina bruta "? L' autore credo che no , e ricorda a tal riguardo come il Magendie vi- de morire dopo cinquanta giorni un cane che mangiava a sua posta di pane bianco pu- ro , laddove un altro cane , nutrito solamente di pane bruno , visse sanissimo . Sarebbe veramente util cosa riinacinare la crusca e il tritello, o mescolarlo con fior di farina per fare il pane . L' A. ha comprovato con iterate sperienzc che il pane fatto in tal modi) è di qualità miglioro , più facile a manipolarsi , e privo degl' inconvenienti che ha il pane di farina bruna , come si lavora in alcuni paesi , e segnatamente oc! Belgio . { Dal giornale V Jnstitut. 1. sez. li gennaio ISVO ) . lì 0 t a n i e a. — Il Sig. Quetelet comunicò all' Accademia delle scienze di Briisselle nella tornata de' " Ottobre 1818 II sunto d' una lettera di Martius, che riguarda la grande opera sullo Palme eh' egli sta ora pubblicando . Questo sunto diceva : » Io spero di poter condurre a termino Ira qualche mese il lavoro maggio'O che mi abbia mai occupato , cioè la mia Uistoria naturalis patmarnm ; di cui la parte più (litlìcile che tratta de formalione è già stampata ; cosicdiè non rimane che la parte geografica . Al presente mi occupo a determinare la distribuzione geografica di siffatto pian- to , che possono tenersi quali antesignanae nelle differenti regioni llorali . In questo la- voro assai volte mi occorre il desiderio di poter profittare de' vostri sapienti consigli. Le mie vedute sui limiti delle regioni florali, le quali ho chiamale col nomo d' Imperia florae, sarebbero forse essenzialmente mwlificate dai -falli comprovati sulla distribuzione del calore itila superficie della terra. I'imò devo coiilenlarmi di quello che dice Humboldt sulle lineo irolermc ed isoteriche , essendo il paese ili cui vengono le l'alme posto ( tranne poche eccezioni ) fra i tropici, ed essenJo ipiesto paese ancor poco conosciuto rispetto a ciò che riguarda distribuzione del calore .... Certamente che vi ha dei rapporti di grande importanza tra la ctistribuzicnc dcHe palme e la storia primitiva de" popoli ; ma qiii;sta parto della scWftf 88 *a è ancor poco collivata ; e di molte o profonde ricerclio falle da sapienli viaggiatori vi abbisognano prima che potessimo giungere a risnltamcnti generali . La distribuzione del Cocos nucifera ha qualche cosa di misterioso. Tutte le altre specie di Cocos sono dell'America; e solo \a. nucifera pare che si debba tenere por asiatica. Io per congettu- ra ne ho posto la patria in più luoghi dolla terra , corcando di arrivare a darmi ragione del come potess' essera stata trasportata dalle onde dell' Oceano ; mr non ho mai consegui- to r intento. É strano davvero che la non si rattrovi nell'isola di Paques , la più occidenta- le della Polinesia , laddove forma dello foreste nella Guatimala, ( Dall' Jtutitut 1. sezione 4 gennaio 1849 j. Fitiologia vegetale, — All'Accademia delle scienze di Parigi nella 1 tornata del 15 gennaio 18V9 fu letta una memoria di Lassaigns intorno al modo ondo i fosfati e carbonati di calce s'introducono negli organi delle piante, e sull'azione che questi sa- li hanno neh' atto della germinazione e vegetazione . Kgli si propone di risolvere per via della esperienza questi quesiti : i. Il fosfato di calce basico , cosi conae si rattrova nel- Je ossa degli animali , può egli disciogliersi nell'acqua pregna di acido carbonico , ed in che proporzione ? 2". Questa soluzione è , o pur no , favorevole alla germinazione e vege- tazione dello cereali ? 3". Si trova forse nelle parti della pianta già cresciuta qualche quaii- 'ità di questo medesimo fosfato calcareo ? Nella prima serie di esperienze l'autore dimostra che il sotto fosfato di calco ò solu- bile nell'acqua saturata di acido carbonico, al calore e pressione ordinaria dell'atmosfe- ra . Con altre sperienze dimostra che i sali calcjrei che formano parte delle ossa degli a- nimali sono in parte di«cioUi dalle acque piovane che s' infiltrano nel terreno , e tanto più si disciolgouo per quanta maggioro è la quantità di acido carbonico in dette acqua incorporato . Por determinare quale potess' essere 1' influenza del fosfato e del carbonato di calce sciolti neir acqua saturata d' acido carbonico , il Lassaigne ha fatto le seguenti esperienze. Io due boccali di vetro , ciascuno de' quali conteneva 250 grammi di sabbia silicea , depurala con una lavatura avvalorata coli' acido cloridrico , l' autore ha mosso quattro se- mi di grano raccolti nel IS'i-G. Uno do'boccdi ò stato annifflato con acq'ia carica del sio volume di acido carbonico ; e 1' altro boccale è stato annaffiato colla sless' acqua, più del fosfato e del carbonato di calce estratti da ossa già disgregate per una scomposizione spontanea den- tro terra. La vegetazione è slata assai più rapida e rigogliosa nei semi germ'nati nella sabbia annaffiata coli' acqua pregna de' sali calcarei delle ossa. Però non bastava d'aver dimostrato r efletto stimolante di tale soluzione; ma bisognava ricercare se que'sali ai rinvenissero nelle piante durante la vegelazione. Pertanto ridotti successivamente in cenere i fusti di quelle piante di grano in una Cassola di platino, vedesi che que' fusti i quali erano stali annalTiiti colla soluzione de' sali calcarei erta dal C(>ste anello iiell' uovo degli Uccelli, lioissimi . Sulle prime io credetti che l' ago diamagnelico al disfipra de" pezzi polari avesse in ciascuna estremila il magnetismo contrario a quello dui pezzo pidare vicino; poiché la parto inferiore il' una .'.barra di ferro sotto 1 induenza del pezzo respinse l' estremità dell'ago che si trovò al disopra di questo pezzo, lo rinvenni questo effetto non solamente ponendo il polo repellente del ferro presso a ciascua lato dell' ago, ma egualmente sopra e sotto. Le pnst.Miori sperienze hanno però contradotla la conchiusio- ne eh' io aveva tratto dalle prime. Ho trovato che un p. zzelto di ferro che non sia pie- «lolissimo , riceve dal pezzo polare che agisce su di lui una forza magnetica tanto grande da itspingere la materia diamagnclica dell'ago, malgrado i poli ch'esso ha ricevuto per («flueu^a operalani dall' elclt^ocaUmita. Per iscovriro i poti diamagoelici nel caso io pa> 96 Tola occorrono piceiolissimi pez/.i o lamine di ferro , lo quali orilinariamenle devono «TCrc ii prio di 2 o 3 grammi. Per meglio maneggiarlo io le ho fatto attaccare a lamine di zincu o peizi di legno. Cosi operando io sono fuialmonte pervenuto a convincermi elio la parte inferiore dell' ago diamagnetico , sospeso su di un pezzo polare , ha lo stesso magnetismo del detto pezzo, e che la sua parte superiore ha un ma^nelismo contrario. Nello spe- rienze su tal soggetto mi avvalsi ultimamente d' una laminctta a forma di C , attaccata su di un pezzetto di legno. Quando questa laminetta si pone sul pezzo polare, la sua parte superiore ha lo stesso magnetismo del pezzo polare, e la parte inferiore il conlrario. Quandu il concavo della curva soprusegnata sta di rincontro all' ago, questo 1' attira ; ma quandi la »ua parto superiore sta sotto, o la parte inferiore sopra dell' ago , questo la respingo. « Quando 1' ago ò in tal modo sospeso su di uno de' pezzi polari che il prolungamento di una dflle facce perpendicolari di questo pezzo tagli l'ago in due parti, avviene che i poli diauiagnetici prodotti dall' elettrocalamita si estendono oltre la parto che si proietla sulla super- ficie superiore del pezzo . Nello sperienze fatte con un agodi bismuto di 50 millimetri, quest» fflutlo si estendeva a quasi H millimetri. tt Quando l'ago vien tagliato in due parti eguali dallo fjcce perpendicolari prolungale , li trova che l'estremità dell'ago più lontana dal pezzo polare non é mica polarizzala. « Quanilo l'elettrocalamita era fornita di due pezzi polari posti a distanza di 43 mil- limetri , io rinveiHii elio lo stesso ago avea de' poli dianiagnetici in tutte le sue parli . Quella metà dell' ago eh' era rivolta verso il polo boreale aveva il magnetismo boreale nel margine inferiore, e l'australe nel margine superiore; 1' altra metà dell' ago, per l'azione del polo australe, aveva il magnetismo di questo slesso polo nel margine inferiore, ed il ma- gnetismo boreale nel margine superiore. Adunque vi ha opposizione di magnetismo nelle duo metù di ciascuno de' margini separatamente , ed in ciascuna metà vi ha opposizione tra il margina (uperiore e 1' inferiore « Allorché l'assi oscillare il corpo dianiagiietico tra le facce polari , le suo oscillazioni (ODO tanto più celeri per quanto è più accosto al margine d' una delle dette facce. In una esperienza in cui I elettrocalamita fu attivata con IG elementi di Bunsin, ed in cui la di- itanza tra le facce polari era di 6 millimetri , un ago di bismuto, messo a distanza pu" ri de' margini superiori ed inferiori di dette facce , in 30 secondi fece 25 oscillazioni . Messo poi lo slesso ago a livello de' suddetti margini , fece nello stesso spazio di temp» 100 oscillazioni. Al disopra do' pezzi polari, nella posizione assile , lago in 30 secondi non dette più che 19 oscillazioni . Tali esperienze io le ho più volto iterale e variata per avere una piena certezza di ciò che sopra ho allegato ; non però le sono compiuta cosi che se ne pulesse dedurre una esalta legge numerica. « Quando si appende all'estremo di una bilancia con un filo di seta non torto un' ago orizzontale di bisinuto , cosicché si possa far discendere o salire la delta bilancia ; si o«- «erva che 1' ago ò tanto più furtemente respinto quanto più presso sì accosta ad uno-da' margini delle facce polari. Questa repulsione fa, com'è chiaro, salir f ago quando s'ac- costa ai margini superiori , o discendere quando »' accosta ai margini inferiori ; nella posi- zione iotermtdia esso non sale , né discende. Se 1' ago si trova sospeso sopra de' peni polari , e per conseguenza in din zione perpendicolare ai margini delle facce polari , etto è puro respinto, ma molto più debolmente che nella posizione detta equatoriale. « Finora si erano riconosciuti gli efTetli diamagnelici solamente oe' corpi che sono re- spìnti dai due poli della calamita ; ma le mìo spcrienze hanno dimostralo che 1' clTetto (omiglianle può viscie prodotto uellct maggior parte de' corpi i quali tono atUrati dai du« poli msfinaici . di maniera clic questi corpi coslilniscono una nuova specie di corpi di», magnetici . Io denomino quesle due qualità di corpi , corpi diuinuijnetici reptihbiU , « diamagnelici allirabili . « Un ago fatto da un corpo atlirabile djll.i calamita , ma il cui magnetismo non é della stessa natura di quolta del ferro e del nichelio , sospeso tra le due fjcce polari del- l' elettrocalamita , assume , corno y,\ì si conosce , quella posizione che Faraday chiami rs- ■ìle ; ma ae Io tiri su vorso i margini superiori , o lo fai discendere verso i margini inferiori dello facce polari, esso prende la posi/.ijne detta equatoriale. I corpi ne' quali ho ritrovalo finora questa proprietà sono : il platino , il palladio , 1' iridio , il titanio, uni lega formata di 0,825 di stagno , 0,02'* di bismuto, e 0,108 di ferro, l'ottone, l'argen- tano , il carhon di legna , i coaks ( cioè carbon l'ossili bruciati , stantechè il carbon fos- sile crudo appartiene ai corpi diamaguetici repellibili ) l'ossidiana, il carbonato di ferro nativo , il \etro atlirabile , il bleu di Prussia , le soluzioni di ferro. « Nella maggior parte de' sunnominati corpi , i poli magnetici eh' essi assumono du- rante l'azione dell'elettrocalamita si dileguano tostochè l'azione cessa; ma se in un «u- Lito si mulano i poli dell' eleltrocalamita , 1' esistenza de' delti poli si continua; impercioc- ché allora molti di questi corpi girano descrivendo un semicerchio-, come farebbe un ago ' magnetico ; altri non eseguono questo giro, ma fanno delle oscillazioni , lo quali dimostra- no la loro tendenza a mutar posizione . Però si trovano certi corpi diamagnetici attira- bili , come un pezzetto d' iridio eh' io posseggo , il carbou di legna , e i carbon fossili bruciati , i quali ritengono più ' a lungo i poli acquistati sotto 1' aziono della calamita , come lo provano gli esperimenti sulla bussola. Le ricerche sperimentali de' fenomeni che presentano siffatti corpi vengono ad essere intrigate per questa durata di polarità ; ma per loro noi saremo probabilmente condotti a scoprire il rapporto eh' esiste tra il magne- tismo ed il diamagnetismo. « Un ago fatto di un corpo diamagnetlco atlirabile , e sospeso sopra del margine superiore , o sotto al margine inferiore di un pezzo polare , prende posizione paral- lela al detto margine . In tale posizione parallela (la quale pud ani;ora essere o perpen- dicolare all' asso magnetico dd pezzo polare , o parallela , o anche altrimenti , secondo la ]>osizionc che C'importa la forma del pezzo polare ) la disposizione delle forze magneticho neir ago è trasversale , come in un corpo diamagnetico repellibile ; ma con questa difTe- renzn, che la sua parte inferiore ha il magnetismo opposto a quello del pezzo polare, o la parte superiore lo ha della stessa natura. (( lo non sono pervenuto a porre il ferro nello stato (Iiamagni?tico . Vn filo di ferro d'M diametro di '/'" di mìllimelro prende la direzione assile , tanto al disopra che in mez- zo allo fàcce polari , e con tal ibrza che sembra quasi di spezzare il filo di bozzolo di seta che lo sostiene . Feci un'altra esperienza mettendo in un cannello di penna, ch'é sostanza re- pellibile , un pezzetto dello stesso filo di ferro lungo 2 mill. ; ma in tdl caso abbigli itessi cdelti di quando il ferro era solo . Il medesimo risultalo si ottiene se invece del filo «i adopera una particella soltilissima di limatura di ferro ; ma se però invece del ferro s' in- troduce nel cannello di penna un briciolo di paglia stata infusa in una soluzione di fer- ro , si ottengono gli effetti diama;;r.elici de' corpi attirabiii . Il nichelio prova le stessa condizioni del ferro ; cosicché il ferro ed il niclielio debbono dirsi magnetici m.i con cer- ta restrizione . Altri corpi possono essere nello stesso caso ; io presu.ao che il cobalto ti4 uno di essi . « Evvi adunque uoa progressione magnetica decrcsceole , la quile comprende i cotpi' 13 n magnetici propriamcnlo dotti, i corpi diamagnclici attirabili , ed i corpi diamagnetlei r«pel- l.bili. Il magnetismo di questi cor|ii dianiaiinclici rcpcilibili può aversi come negativo sa il magnctisnn" del ferro o de' corpi la superfìcie dct globo ritornano nolia parte inferiore ilelU) strato d' aria donle sono partite . SìfTatte correnti vanno dunque sulla terra dal nord ali equatore mill' entisfero bort-ale , e dal sud all' equatore nell' emisfero australe ; e spiuf^ano comiiitainentis le variazioni diurne dell' ago, come puro la loro ampiezza vari» in diverso stagioni , in diversi; ore del giorno, 0 in diversi luoghi; ilapoicliò, confnmio allo leg^i stabilito ila .Vmperc , la e irrenic che »a dal polo boreale all' eqiialoro deve far deviare ri polo nord dell'ago all'ovest, come accada nel nostro cnilsfuro ; e l> corrente che va dal polo australe all'equatore deve farla deviarli all'est ; il clic si verifica ncll' rmisfero australe. L'aurora boreale secondo questa teoria altro non è che l'cfTjtto luminoso ileHo cor- renti clcllrichc, clic nelle atte regioni dell' atmosfera si dirij;ono verso i poli ; al qu ile ef- fetto concorre la riilnione ili certe circostanze che non sempre si trovano insieme allo stesso itiodo, oè in tutte le sta;:ioni dell' anno ; o segnatamente la presenza nelle suddette alte re- gioni d" una sorla di bnima mezzo trasparente, formata per la congelazione de' vapori ac- quosi. Queste iH'bbie ijuasi ghiacciati; son quelle the coriducendo l'elettricità fino alla su- perficie della terra presso ai pulì, vengono ad essere nel tempo stesso illuminate dallo 8::a- riche elettriche. FaciI cosa è toniprcndere , essendo nota T aziono della calamita sulla luce elettrica , perchè in questo caso sìa il polo magnetico il centro del feiioraeno , e non g'à il pu!o terrestre . Eo varie particolarità che il detto fenomeno presenta s' accordano egiialineiiic tiene coi diversi effetli di qucst' azione elettro-magneto-luminosa. Finalmente le pertuibaziuni magne- tiche che sempre accompagnano 1' apparizione dell' aurora boreale, sono una pura conseguiin- za della neutralizzazione fatta in maggiore proporzione dello due elettricità accumulate sulla terra e neir allo dell' atnliisfera ; il che accade quando si trovano riuoìto le cause che facililanu la detlu neutralizzazione, e quindi la produzione dell' aurora. ( Archivio delle scienze fwiche e naturali di Ginevra , aprile 1849 ) Economia rurale — li signor Richard ha discorso nella tornata del li marzo dell' accademia delle scienze di Francia sull' Apios tuberosa Do Candolle ( Glyi.iue Apios Lin- neo ) , la quale « una pianta rampicante, riguardata finoggi come buona solo per ornam ntn , riia di cui ora cominciasi a conoscerne l' importanza per le proprietà nutritive che sembra posswilc- re, dopo 1' otservazionc fattane da Trecul e Lamarrc-Piquot. lìd infatti questa pianta perenne, a fu»to cibacto, annuale, della famiglia delle Leguminose, nativa deh' America settentrionale , coltivala da più che un secolo a pien' aria nei nostri gianliiii botanici, dove comporta mollo bene r inverno , senza che i freddi rigidi gli fiicciano no«uineiito veruno ; questa pianta, diceva, ha una radice perenne, le cui fibre danno de tubercoli nutritivi forse più che non sono quelli (ini forno dì terra. Tuli' i botanici che parlarono dell' Apioi tuberosa, denominandola coi diversi nimi- •he ha «uccessivainenle ricevuto, dicono solamente che nella Virginii, ed alcune altre prorin- •ie dell' America sctteolrionale, ì suoi tubercoli si usano per citw ; ma nessimo ci ha tra^m»' -- io i precisi particolari di questo fatto . Essi narrano che i detti lubt.'rc olì si maiigianj dai popoli selvaggi dell'America.che i medesimi quando soli cotti hanno un sapor dolce che somiglia un poco a quello del carciofo, che serve sptcialnicnte per cibo d'inverno, e che i suini freschi o teneri di e«3a pianta possono mangiarsi come i piselli . Fino al presente 1" Apios tuberosa non ha fruttificato presto noi , onde non abbiamo potuto certificarci di quest' ultimo fatto ; ma quanto ai tuberi Richard ha praticalo con essi delle tperienze . Il giardino botanico della (é- «ollà di medicina dì Parigi possiedo molle pinnte di Apios tuberosa ; delie qnali iìm era »tat4 tìiesia in un pessimo terreno presso ad un graticciato che v-iiiv i 0.5111 anno r 0 )ver!i> •Lumi r imi Oewibili e uumerosi , e dai fiori a gr^ppoh ascellari di color ìituno violaceo, e di o l^r cauit'j' 100 »oa>e. A\tn(!oln f.itla svellerò Richard ne ha rsecollo più elio 100 lubercoli di varia grosiei- t» . die davdiio iiisiiMiiu la misura di più cliu un (trcalitro. Questa piatita è rimasta quattro aniji nel terreno, lasciala quasi a s(! stessa, senza coltura, non punto annatTiata, ed in un ango- lo di terra che forse mai non avea toccalo concime. Alcuni di quo' tubercoli tono staU analizzali da l'ayen elio >i ha trovato più di 40 per 100 di sostanza alimentare secca «ioè fecola, materia gommosa, zucchero ec, ladilove i tuberi del Pomo di terra non fot- niscono più che 25 per 100 di tali materie , il ehe sembra dare un gran Tant»)jgio i^l' Apici. £o(o le cifie dell' aiialisi comparativa fatta da Payen. Pomo di terra giallo Apioi tubero^ Ju'/anra lecea 25 ,6 U% 4 Aequa "!'* A 57, 6 100, 0 ,100, 0 tiaUrie azulate 1,7 4, 5 Soilanze grasse »■ 1 P, 8 Ftcuta amilcicea . dislrina , materia zucchrrala, e materie limili, acido pelliro,petlina te. 31.2 33,55 Cellulosa ( coinpreiovi l' e- pidermide ] .1. P 1. 3 JUaterie minerali 1,1 2,25 Aequa 74, 4 100, 0 57. 6 100,00 Piciamo ora. qualche cosa della sotterranea vegetazione dell' Apios tuberosa, U quale à .^reramente singolarissima. Accennaniino sopra che la suddetta pianta è perenne , e eolanieo- te il fusto annuale ed erbaceo. Le radici grosso quanto un cannello di penna d'oca , odi forma cilindrica , vanno serpeggiando orizzontalmente , ed a poca profondità nel terreno , arrivando fmo a due metri di lunghezza , ed anche più. Di {larte in parlo si rigonfianoi insensibilmente ; e tali rigonfiamenti, prima in forma di oliva , s' ingrossano a mano a nano, SI riempiono di molta fecola , e divengono veri tuberi. Talvolta i detti rigonR.imenli stan- no cosi presso 1' uno all' altro che rassembrajio ad un rosario. La loro superficie sul prin- sipio è lìscia ed unita, di leggierissimo color bruno , ma poscia ingroisando vi nascono au delle fibre radicali spesso disposte in sene longitudinali e parallele ali' ass'^ della radice, (doleste fibre venendo a perire lasciano sulla faccia del tubero delle piccole cicatrici ine- guali e sporgenti. Oltre alle quali cicatrici vi hanno pure dello papille emisferiche grosso quanto un capo di spilla, e di color bianchiccio , che sono gli occhi o gemme, atte a ger- mogliare novelli fusti aerei. Venuti a maturità i detti tuberi sono di forma ovoide ; ed i più grossi fra loro non passano il volume d' uo uovo di gallina. Crudi haopo un sapor dol- ce, MUi» puclo di amaro dò acre; e si p«r lo sapore coma par l« compatteiza somizli^- 101 no alle caitagne crude. Colli al vapore, a guisa do' pomi di Icrra , cedrai, le li tagli, ohe »on luti uno coi delti tuberi del pomo di terra, farioo»i, dolci , e grati, ma alquanto più luccherosi do' iiomi di terra , e con un gusto leggiero di carciofo , eh' è una delizia. Da quello che albiamo dello si raccoglie che ! Apio» tuberosa è pianta di molla im- portanza ; 0 di cui 6i vorrebbe provare la cultura. Veramente il modo di vegetazione di siiTatta pianta . ' suoi fusti gracili lunghi e volubili , lo radici lunghe e serpeggianti fan- no che non sia così facile il coltivarla in grande . Richard propone di porre 1' ApÌDS in filari , alternandoli col Granturco primaticcio , per modo che i fusti del Granturco cre- scendo molto più prestamente de' fusti dell' Apios , servirebbero a questi di appoggio e so- stegno. Cosigli uni come gli altri tagliali in autunno, potrebbero servire di pascolo agli animali . Si potrebbe altresì praticare , come I' ha fatto con buon successo il Signor He- ricart de Thury , il modo di coltivazione usato in certi cantoni per il Luppolo ; cioè pian- tare a cespuglio , e ad ogni cespuglio porre alcuni pali sui quali poggiano i fusti rampi- . canti . La coltura dell' Apios darà pure queste vantaggio , che si potranno raccogliere i .tuberi senza svellere la pianta madre — Il modo di moltiplicarsi deli' Apios ò per altro lo «tesso che nel Pomo di terra ; cioè per i tuberi , che si separano fra loro , ed o- gnuno de' quali produce molle fìbre orizzontali, e .per conseguenza novelli tuberi. ( Dal giornale 1' injlifuf, 1. scz, 7 marzo 1849) 102- COMCNICAZIONI ACCADESIICITE ■ ■•■»ift«< ACCADEMIA MEDICO-CHIRURGICA NAPOLITANA. Adunanza del 27 gennaio 1849.— II Signor Mariano Se.tnmola dà lettura di un* sua' memoria col titolo « Analisi chimica di un calcolo talioale » L'Autore mostra dappri-' ma la necessiti di riformare le poche analisi chimiche finora fatte di concrezione sali'' Tari con nuovi studi! su tal proposito , ondo si possano mettere in chiaro le ragioni delia- discrepanza che trovasi ne' risultamenti avuti . Quin:li passa ad esporro le pratiche aiata ig^T ricercara la composizione chimica di quel calcalo Del quale h'a trovato . Fosfato di calce 72 , 5 Sesquiossido dì ferro tracce' Materia animale Acqua e perdita \ 27 , 5 101) , 0 In t«rzo luogo l' A. viene paragonando gli effetti delle analisi finora praticate, e e«ti4- «iderate le attenenze fra la composizione de' calcoli ealivali umani e quolli di altri animali conchìude. 1° Che quasi tempre il principio calcare de'cah;ol) ealiVali umani è il fosfato calcico, e che in tal caso la (ormaziooo di essi va dovuta ad una sovrabbondanza di quel princi- pio nella saliva. 2° Che in quelle rare volte che son formati principalmente da carbonato calcico , que- sto sale formasi dalla scomposizious di ac. organici combinati a la calce , come il Yogei Dola nel suo trattato di Dolomia patologica. 3° Che gli altri principi come il ferro allo stato di eesqiiiossido o altramente com- binato, i sali di magnesia ec. sono accidentali secondo alcune qualità proprie della saliva in che si è formato il calcola k° Che in altri animali , e specialmente nel cavallo , il carbonato di calce forma la base delle concrezioni salivali , alle quali è tanto corrivo questo solipedo. Della quale co* stante formazione del carbonato calcico si trova ragione nella molta quantità di acidi or- ganici vegetabili che esso introduce col cibo nel suo organismo. Finalmente il Semmela propone che s'imprendessero à^^W sperimenti per ratificare iii debba trovarsi vero che la formazione del carbonato calcico nella saliiret dell' uomi» (lip«B- i^ ddlla natura ile' cibi , Gom« epji con molto («ndimeoto lospe;!*-. •zcuipui co 2 & n E co ara ce s s JO =^ ► J (N ■3. CUipoQ o tN (N (N JO «5 1(5 o.iuji u; ei93o|j , e» is K V a V o -"i - - - 1(5 . 00 •?^ = 2-S^ . J3 = ^ g = ( = «=■ ó'-àS' o y a •J5 IO o ^ -» o 1/5 t-; oc o -^ aq o r-_ !C 00 -" •^ — ■ -# o M — n -o (N 1- ic X t- -* w5 r-^ od' K5 ^ K5 r*' e' oo'co 00 00 ooo'i-- oo ci rM CO 'M o'o'-m' co r5 oi^r-' oc 'T'i_ (N 5<5_o 00 i~ o o in o 00 )~- 05 o lo « in ci^T^ t- c<5 x_ Ci — < o-o o K5 » « oc t-" ira ---t i~ — ' oi 5J o 00 "rf •- C5 oó O — o »^ -- rt oj (fi ■?? 'TI cN 51 co m rra (m" »^ ci .1 C a. 1 i ^gz'- = «OOO^^ » e «5 te ;£. ss s^ Si «3 '>j t/j w <« '■/! O SE zr; e S Blipiaif) oocN«^oooooo-Hoo(^^-♦■'lO'»■■MOl-^ras^co — '■so-'»-»!^ — I— -•* O o 30 -•+ o o IO -^ Ci o c-'t -* — e:" c5 Ci '* — r5 -j 00 X fi -^ 30 ira — — -^ -O 1^ oc i-O 05 -* 1- --o '-3 ira ira xio o .o lO r- -!t » r- o X o 1-- 00 :o t- i^ 1- t- o ■— -* ri ■joisa ^•inniiijDi -*xocax« ■>. j^ — ,< ^ ^ ^ ■"^^^ ' ■■■ _ .. ^ .^«k -.A .K JK* ..ai. <* ^«i. .*. W»\ <•■•. .^ ^_1 aiM ,"~S -^ ^^ *» •& "^ -^ -A ^^ Ili -i! ' * ^ e V. '^ ''i!i"'"n ;- — .-, _ _. ,- o -^^ 1- c5 -» co i- C5 r- -M X t- X 1- te -» i~ => -2 X 2 -£ i' S '^ ^ -"o - ì- = = - ai — X ^ o co (N 51 1- 1^ TI CI — -* co o -t co e: o o e: ìJ vi •2 -^ r^ p = ,= f; 5 ira S i- F- -» ira -•» ;c ira X to X X t- oi t- oi I- i^ t- I- X ira 3 •tuoiiij.-n f_ „ ^u, ^ _ j, M ^t- j»(Nior- to iraoeoi-_o_si^C)oqirataoi o_x to« ira' ira' o -" to e; CI x" IO ira' — X to -•» o r-^ f^ ci 35 2 *» CI 2 * ^ 2 £ — ~ ^ ^ 1- o -^xg^5rj5r5T5^f^-H¥;p5WfS^5p. ?? IS ?2 5 n ? 5 £ ^ t; %; '^ =2 .^ * 'S ■>; ? '-■ Ì2 .- .^ To o 3 3 S co -lo F- ss o i= :o ira IO --»-.- . e 'r:; i2 i2 i3 ^2 ■?.. -'-. f~ -,1 ;- 1- t, ì~ t-'- li iS :? ;? t^ ,- .- ■ -j^ .-_.-_>- »^r- 1- ,- 1- V>.111 \-ì-\-Mt KW^'Ì — : «, ^ ^.-^t-l^-r:T*r3 — 51CO-'*l(5^t^^^^*- -TI co -J» ;. 3 O I - — ~ ^' ^- ::. ■_: ^ U .- X, 51 51 51 5» 51 51 51 51 51 51 I' I- — xi co ■jei CO 5Ì ^ •■ e: te CI -0:0 co I- r- t- ira -■• 1^ co o 51 C5 1-^-» X — 51 — ' x" o dira co 51 ira r5 S •-:' CI I- :5 co 1^ ►- l- . X CV Ci — "' " ÌIS.IH _N* GlOHISI MESI DEL o.:^c.^-^ssi5fes;^i2f:ii^§sajMrs:-r:;z-So GlUHiNI DELLA LUMA -1 -4 ^1 t-l T: C-. — p -1 ^5 5; « ? e 1 °' 1 ^ '=: M a s2 CJ òi iX — ^ 0 u^ - to io — X C-. «t te -4 M X M -1 C-. 0-. a: V- W Ot X 30 V e 0 '« --4 --4 0 -o 1,= "0 V V- X - > > > w £ ^ e = j :->>•> c> r: t; e- - cj i» M ■» (O <'Q (A ^ C tfl •9 -5 «rara « ra ra ^ ra . rt rt « « to <^ « ::. .ir S = = = 3 = ^0 c^ .i ^ « iiy = V = = ? 3 5 CD - t -5 :,«>> ji > > tz e s = , * — o . . = > . e > . ■- '- = fe = ■- e ù .2? ::^ .10 re . re " • 1) — *^ 5^ =^ O i— S > C >■ J = u u 3 Se « 03 C C tn ai ai > . rt > > > = £ o! 2;WM;^i,.0 wwaoO^W tn^;S5S«z («tncn^?:»© S58z'^. = S cr.^zz g^gpg^" g-g^g-g -§S-|Sg Ili; = JHTd Co. SS^S§§§ §Sg?lS.iS gSSSiSS «o = o Sdooooo" ooos.fooo o'oooooo ooooooo oooo re ■— e o ■- e ~ co I I I I I 1 I I I I I I I I I 11 I I i II I II I I IMI C!-^oo=n•.o OinoOioo-J5 in o sn m irti >n :n in oo=o =«"'.=. •-'=^.='."\ jnfN : Oin-ra OinoOioo-J5 in => m^ in ira »f j sii jt., _,_._...„.,_-. —_ _.-..____-_ ooo« «CTrf'aooVifC >ooccoi'-"^2 r:222;;2l^ S-*"^ W 5 1 '' ■ ' H-HJ j. ~ I jA.jssn^irao ino oo in min m iremmo in ss moooooin in=m_m i ii^( ^5 =«-»oHo--- «oaD'o-»t^' t-"-'2-2'^5 2:2^22;:;2 Sì;;;' l'i "■" I -. o TI in ' 'ci" o in t-' m sn d 30 oTcìo-* K -^r '- I »-•' in TTiOi ,n V! -^ n x ^ r> loaoaooomo-o -♦ ei o> o o o. =» oq.«nf»- aó aJQo'cxiQOcia)"» oo' » co oc o = = 2222222 22-"^ . I ao-»«ooen-t ^«-«Sfloaq-x. «--.-««--* fi *-"-=- ^- J "^- o-So-^ e hoo-wVcr'a^-» ooaóodt-woooo t- ao co co oo o o «222222 222°^ «o I- m n -■♦. « «»-.'='=. ~l ■*.*.". oo»t-ooint- «=-*•-=.•■*.".«.<» *-''r!SS Ui O ■ '.^* f~r *^ _' .fc »- — * rs h-T 00 CD in w to .-"* m ^ --»..'9^- ^"iS^^inrìS ---tinmininm = Ì-^Ì2^^?. ^^t^r-t-r^t- »-t-t-t-^.i-t- m -o m m -.n m m ;? S! E S t~ t- 31 cn « co .-► o r? o ^5* <^. ®. (m' (TI C-' f?' « t n : -.c .* — o ce in ^r^r^^il^V^firt ? ?- ? f- i- «^ t- 00 t~ I- 1- o oi — O ce OD •^ c: 0: *i- Ci te — © te 00 ^ Ci Ot *- Ci lil !->• GlCIIlM »i -I 1 -a v-w-v- «•- *■" ^^ r* r* e: V. i" i." -4 M M ^ -1 M M o: •?- -- <-- V. -r. => l.- _-J _-I — 0:00 "«- « © it Oi 0 Vi M M -1 ^1 -1 ^1 ^ Cj: et cj: O-t iit 0: 0: c: _-. -1 -1 — Ci c» p 0 C! V • «s © '=0 •J M ...1 -.1 M ^ ~l 0; Ci: et ot ;ji a- ot et ce --I -s-. e; ce 00 © OSÓO ©'. V'^iVj -^1 ^ -1 _ U- *; +.- = utV-ci " 0 1 = 1 t. o ^ .q •.! ~1 O! w; C: f: W M — _— M : [O 0 Cit -J_— 0 C CJ: C 0 Ci: 0 -O e: li oc' li ce © bt © e ut © e ut ©Utp e 'cbt© , !'|^^S ^ 2 2< '^ ^ -, 21 3 1 '■" 1 oSoS •sssfssg 5» X 2 2: ^ 2 2? •p:P5Cp5BrrirT5 3^ 5» i? -^ >; 3» 2: Z2?3< ■pj'Bcn 0 e = z r 3 0 p 0 r':^ = 0 0 7 -"' ? = e e e i".-* = < cr - ^g- Zi ^ < V -- ■< 0" cr 0 r= 7 0 0 CK 0 7 : .:: a (X fS •^ Q re et f3 ^ Tj t/t T f^ n r; -: r; '^ X '/■- cr 1. "-/) pS'rrrS =3 = 2.^ = "- 1 ? / tr W •/ W ET * T a / cf V. -.ri c> "- r. cu 107 184» RENDICONTO N.44e45 DELLE ADUNANZE E DE LAVORI DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE PER LE SESSIONI DI MARZO , APRILE e GIUGNO 18A9. PnESlDENZ\ DEL MAItCaCSE 01 PIETRACATElrL^ TORNATE DI MARZO , APRILE e GIUGNO 18i9. Sunto degli Alti accademici pe suddetti mesi .- Le molte occupazioni d' interno servizio dell' Accademia hanno tolto a so- ci , nelle due toniate del marzo , il poterle presentare i loro lavori ; ed appena in quella del G marzo il socio corrispondenle de Martino potè esporre la di lui , N uova opinione dell' ufìcio della vicmòranit di Jacob nelle funzioni dell' occhio , che destinava al Rendiconto. Nella tornala del 17 aprile il segretario perpetuo, dopo la lettura degli Atti della precedente , e di aver annunziata a' suoi colleghi la perdila del distinto so- cio Pasquale Borrelli , di cui leggeva un breve cenno biogiafn-o , passava in ras- segna le Memorie altra volta indicale al pubblico , per inserirsi nel voi. VI. degli Ani , e faceva osservare , che la tardanza in pubblicarle gliene aveva distratto le seguenti di DELLE C//rijr ( Stef. ) — 1" Monografia del sistema sanguigno degli animali renili , ad istanza dell' autore pubblicata nel Rendiconto ( voi. VII. ) non cosr completamente come avrebbe avuto luogo negli Atti. 2" Sulle Mcdusarìc del cratere napolitano . 3» Di una straordinaria dilatazione deif esofago umano VuLPES ( Ben. ) — Storia d'i una esulcerazione nella parte più alla dtU mie Simo retto , gunnia con le injczioni. TnvDt ( Nic. ) — La 2". e 3". Memoria del : Saggio di un metodo algeln- (9 elementare perle curve inviluppi. 15 i08 Presentava poi , il sfigrclario perpetuo , in lai tornala le quallro Memorie LuJiizzalcgli da' concorrenti a' promii Sementini, e stabilivasi di convocare la com- missione riunilu della Classe di Scienze Naturali dell' Accademia nostra , e della l"acoltà Fisico-^Maleinatica della Regia Università degli studi , per procedersi al- l' esame di esse , a norma del Regolamento espressamente a ciò fatto . Il socio Capocci consegnavagli un piegr» suggellato , nel quale conliensi , a ciò eli' egli afTenna , una scoperta dell' alunno del Reale Osservatorio astronomico si"^. Cafaro , da aprirsi a di lui ricerca , non altro intendendo con tale atto , che di assicurarne la dala ; il segretario perpetuo dopo aver innanzi l'Accademia , le- galizzato un tal piego con la sua firma e quella del presidente , ne ha preso me- moria negli Ani della presente tornata . Aiinuiiziavasi all' Accademia , per la ventura tornata la lettura della Memoria del socio corrispondente Filippo Casoria, di una: Nuova classificazione de metalli , e lallra di Vinccnto Scmmola : Del verme dell'uva ; e dopo la presentazione di di- versi libri inviali in dono all' Accademia da distinti nazionali , il socio ordinario Francesco Bruno .leggeva il parere dimandatogli dall'Accademia sul perfezionamento indotto dall' ingegnere Germanico Patrelli nelle ruote idrauliche a sistema misto , al quale parere essendosi quella uniformala , venne stabilito inserir nel Rciidicon- to questo lavoro del Patrelli. Indi il segretario perpetuo presentava una Nota in- viatagli da Alessandro Colaprele di Campo di Giove presso Solmona , su di ««« ìuiova pioqqia di manna ricomparsa nel giugno 1847, in continuazione di con- simile relazione di tal fenomeno altra volta inviala all' Accademia , e da questa ben accolla. Neil' altra tornala dell'aprile , tenuta nel di 24, dopo la letlnra degli Alti della precedente , e di varie ministeriali per affari dell' Accademia, leggevasi dal socio Semmola la Memoria sul verme dell' uva , che veniva dal presidente commessa al- l' esame de' soci cav. Tcrjorc , cav. Gussone e Costa ; e non essendo bastato il tem- po a leggere ancor 1' altra del Casoria , di cui e stato precedenteute detto, si rimet- teva a farlo dopo le vacanze della primavera. Terminate queste , nella prima tornata del giugno, l' Accademia , con estre- mo dolore, sentiva leggere dal segretario perpetuo il conno necrologico del merite- volissimo socio Sangiovanni mancalo di vita nel d'i 17 maggio, indi la lettura di pa- recchie ministeriali per interno servizio deU'xXccademia , pervenute al presidente nel corso del mese di vacanze; e dopo la presentazione di diverse opere di nazionali e di stranieri il sig. D.Filippo Casoria leggeva la sua IVIemoria di una nuova classi/icazio- nc de metalli, che passavasi ad una commissione p'T esaminarla j ed il socio MasJca ì 109 informava favorevolmcote sulle opere presentale dall' avvocalo D. Michele Soli- mcua all' Aocadeiiiia. Neir allra sessione del giugno leggeva il segretario perpetuo la minuta del ragguaglio de' lavori accademici del semestre scorso dei corrente anno , da presen- tarlo al pubblico nella solenne tornala die dovevasi tenere in fine del suddetto me- se ; ed il sig. de Gasparis , alunno del Real Osservatorio aslrouomico di Capodi- monte , leggeva una relazione sulla scoperta da lui fatta di un nuovo pianeta della famiglia degli asleroidi , dichiarando il modo come eravisi imbattuto osservando il Cielo , e dandone fin da ora gli elementi della sua orbita , da dover esser meglio corretta , dietro le nuove osservazioni, che esso ed altri astronomi vi stanno fa- cendo . A tal pianeta si è dato il nome d" Ljca con 1' aggiunto di Borbooicu , e per segno ad indicarlo un serpente ritto con uoa stelliua iu testa * . Leggasi la relaziono del de Gasparis più appresso. no Jrtìcoìetio necrologico su Pasquale Borrélll. Signori La nostra Accademia, clie nel breve corso di raen che due anni deplorava la grave perdila di ben sei soci, due de' quali nella ristretta classe delle Scienze Mu- rali, dall' ottobre del passato anno 1848 a' primi giorni del presente*, colpita al- l' impensata da novello iiicllabil dolore, aggiugne ora a questi il terzo , nella perso- na del rispettabile socio Pasquale Borrelli. Quantunque da me conosciuto e stimalo fin dalla mia elìj prima , io percorren- do la pratica medica, negli Ospedali, e j)resso il dolio Antonio Seuieolini , ed egli già distinguendosi insegnando a numeiosa studentesca , mancanmi tulle le princi- pali notizie , per presentarvi di lui anche lo più imperfetto cenno biografico : d' altronde la sua vita pubblica è notissima , come pur note sono le vicende di que- sta, da che egli cambiando l' arte di Galeno con la professione di Papiniano , ne ottenne gli onorevoli impieghi, ne' quali mostrò sempre intelligenza, altività e zelo pel pubblico bene. Ripiegando di uuovo nell' avvocheria vi ebbe subito rango tra" primi del Foro napolitano, distinguendosi principalmente per somma perizia nelle leggi , forza e precisione in argomentare nella palestra forense , e bel modo nell' aringare : ed in questa sua luminosa carriera fu non pure utile a' clienti , ma valse ancora a pro- durre citimi allievi , che al presente disliiiguonsi pur essi nel Foro e nella magi- stratura. Ma una tale professione , che tiene tuli' un uomo continuameute occupato ne- gli altrui affari, deviollo non poco da' suoi sludi prediletti della razionale Filosofia e della civile Fconomia , nelle quali due Scienze non tralasciò dare di tempo io tempo qualche saggio del suo sapere; maggiori pciò d' assai ne sarebbero stati pro- dotti dal suo ferule ingegno e dal ricco corredo delle apprese cognizioni , se dal- le cure forensi non fosse stato distratto. Né convien che si taccia aver egli ancora, nella prima professione , ed in sua gioventù , prodotto un Iraltato fisiologico , che ia\.'ìlo\ò Zoorilmia^ con voce greca assai ben adattata ad cspiimerne l' argomento, e qualche opuscoletlo in difesa del sistema medico del Broun, allora in massima vo- ga , e che teneva divisi i nostri medici nelle opinioni, come nel modo di curare le * 11 marchese Giuseppe RuCTo , e '1 commendatore Gaspare Capone. Ili itialaUic ; finché dopo lungo errare , dall' una e 1' altra banda , non rilornassero d' accordo sulle osservazioni e la sperieaza, sole e piìi sicure guide in arte si oscura , difliciie, e lunga. La nostra Accademia , dovendo rimpiazzare il posto vacante per la morte del mitissiino al>. Giampaolo , rivolse i suoi sguardi al Diirrclii , aoiuiiiandolo socio ordinario, nella tornata del 18 luglio 1832, che nel mese seguente fu Sovranamente confermata. Ed egli adempiva puntualmente ad un voto accademico piìi volte inelil- cacemtnle esternalo da lutt' i soci , con legger loro un ben composto e veridico e- logio del di lui antecessore , che con dispiacere non vedesi lecato ne' volumi de' nostri Alti, come di altri si è soluto fare. Liberatosi alquanto dalle cure forensi, che cosi 1' età sua e 1 non perfetto stato di salute gì' imponevano , aveva comiuciato a remlcrsi utile all' Accademia con suoi lavori ; e nella tornata del 20 aprile 1847 promettevate la lettura di una Memoria sulld iiiìsuj-n della prosperila pubblica, e vi adempiva nell'altra del 27 luglio; e que- sta in seguito di un esame attento commessone ali intera classe di Scienze Morali , risultava approvata per gli Alti , con votazione uniforme del di 12 dicembre 1848, e trovasi già stampata per comparire nel voi. VI di quelli, che languisce ncll' oblìo, per la mancanza delle tavole che accompagnano le Mumorie delle Classi di Mate- matica e di Scienze iSaturati.Hte ancora la nostra Accademia e l'intera Società Reale esser riconoscente alla di lui memoria , per la cnoperazione attiva da lui posta nel- r importante causa soslenula pel debito conlralto dall' antica Accademia di Scienze e Belle- Lettere con la pia Congregazione di Vcrlcccli , felicemeule terminata per saggio Sovrano Rescritto. Intanto , con raro esempio nella carriera dell' insegiiamcnto , la quale nell' età avanzata rendesi ben nojosa e pesante a chi 1' ha per lungo tempo percorsa (dal che Y emcritismo slabilito in tutte le cospicue Uiiiversilà di Europa, per que' professo- ri che le hanno per un tempo servile) egli che l'aveva abbandonata per la parte che riguardava i suoi primi studi , dopo il lungo periodo di ben mezzo secolo vi ri- tornava nel corrente anno , per istruire e perfezionare i già avviali al Foro , nella filosofia della Giurisprudenza ; ed il suo studio vedovasi frequentato da uomini già fatti , che dalla scienza del Borrelli ben si avvisavano raccogliere quel numero di cognizioni legali e di condotta del perfetto avvocato, che con difiìcollà ed a fatica potevano ottenere da lunga lettura de' magi;iori autori nel Dritto Civile. Ma questo slesso esercizio continuato, al quale erasi egli spinto a solo scopo di rendersi utile altrui, non è stata 1' ultima delle concause di sua repentina morte avvenuta la mat- tina del giorno 13 corrente. Conciosiachè avendo egli già da qualche tempo soffer- to altro insulto, dal quale era fortunatameute rinvenuto in mediocrissimo stato di sa- lute, avrebbe dovuto guardare con maggiore riservatezza qucU' avauzo di vita ,.che ir2 dal sao fisico cagìonevolissioio concPilevaglisi, ne aribanJonarsia nuove ed ass'ulue fatiche meotuli, e ad uno sforzo conlinuato di parlare a voce forte, da farsi sentire da numeroso consesso raccolto in vasta sala ed a qualche distanza, nò ad un ob' bligo giornaliero e periodico di fatiche, quale si esige da chi ò dedito a simili ap- plicazioni, non rispettando ne le incidenti variazioni cui andava soggetta la di lui macchiua già sconquassata , né la intemperie delle st-agioni , di che l' ultima, che ancor corre, non è stata la più scarsa e felice. Così operando 6niva il nobile corso di vita- questo nostro illustre concittadino e collega , di cui non tnaniJierà chi istruito ne' fatti sappia tessergliene il ben dovuto elogio, ponendolo a quel rango che la storia della Filosofia e del drittodeve conce- dergli ; e però lilevandolo dalle opere ch'egli ci ha lasciate. Ed a noi sol resta- piangere la di lui perdita, e pregargli pace eterna dal Misericordiosissimo Iddi-a. 113 Cenno nccrologico per Giosuè Sangiovanni. Signori La nostra Accademia , già orbata di sette soci , uà altro or ne perde nella ri- spctlahilc persona del dotto iialuralisla Giosuè Sangiovanni . A(ìflitlo da lunga e .jjcnosa consunzione enleroidea , cagionatagli dalle gravi fatiche sofferte , principal- mente all' occasione del VII" Congresso scientifico , tenuto in Niipoli nel 1845; j)cr aver dovute in brevissimo tempo disporre ed ordinare il Gabinetto zoologico delia Regia Università degli studi, di novella fondazione , e respirando continua- loeiitc (jucir atmosfera arsenicale, cbe esalava dalie molte preparazioni , che sótto a' suoi occhi , ed anclie adoprando le sue mani egli faceva eseguire , da tale epoca in avanti non fu piii possibile ch'egli si riavesse in sanità perfetta ; sicché a poco a poco vedovasi egli medesimo consumar la vita. Altri , ed a miglior tempo , potrà descrivere e far conoscere quello che esso abbia contribuito a' progressi delle Scienze Naturali , che costituivano i suoi studi, a me non è dato in breve momento che accennar qualche priucipal particolare di sua vita e della sua caiTicra. Educato nella sua patria Laurino fino al 14° anno; ed appresi 1 primi rudimen- ti venne in Napoli a continuarvi gli studi della Filosofia e delle Matematiche ele- mentari, ne' quali eruditosi abbaslanza, passò ad apprender le Scienze Mediche, ed ausiliai'ie della Medicina nel grande Ospedale degli Incurabili , seminario illustre di tutti i grandi medici e chirurgi, che hanno per lunga data fatto l'ono- re del nostro paese e del nome uapolilano. Involto , ivi stando , nelle tristi vicende i.e\ Novanlanovc emigrò in Fran- cia, dove diedesi a collivare con grandissimo studio le Scienze Naturali, e spe- cialmente la Zoologia e l' Anatomia comparata ; e tanto vi si distinse , che meri- tossi la particolare amicizia e confidenza dell' insigne Cuvier, e di tutti que gran- di uomini che a quell'epoca decoravano la nazione francese , e riempivano di loro nomi l'uno e l'altro Motido. Chiamato in Napoli nella riforma dell' Università degli studi , che ebbe luogo rei 180G, per professarvi la Sloiia Naturale, anche promettendogli distinto stipen- dio, non assentì a tale invito, non ostante le preghiere de' suoi amici; ma dopo alcun tempo ritornò Ira noi con idee di altra carriera. Riusciti vani i suoi desiderii,e cambiate le nostre cose nel 18l5;il bisogno dia- lU piego per vivere gliene fece nccogliere uno assai impare al di lui merito ed a' suoi' studi, in quello di bibliotecario della nominale libreria della Regia Università degli sludi, eoo tenue stipendio, che i cambiamenti di poi avvenutigli fecero ancor per- dere ; e si rimase lontano da pubbliche faccende, fintantoché un rispettabile mi- nistro, mirando a decorare 1 Università nostra di un Gabinetto zoologico non vel fa- cesse dal Re chiamare a dirigerlo e costituirlo , al quale incarico, egli , come è stato già detto, ha, per quanto da lui si poteva, ben corrisposto. Ma non volle però accettare, la cattedra corrispondente, il che gli avrebbe raddoppiato 1' emolumento , non valutando le sue forze bastanti a questo doppio impiego, conoscendo bene qua- li fatiche esigeva quel solo primo incarico. Non avendo potuto esser compreso nella prima nomina di soci, che si fece per la nostra Accademia nel 1808 , epoca di sua fondazione , atteso il ristretto nume- ro di 24 , appena fu questo esteso a' 30, e che mancarono ancora alcuni di que'pri- mi, vi si vide aggregato , il che avvenne nel 1811 ; ed egli le fu utile in varie cir- costanze di pareri e relazioni a fare per oggetti di Storia Naturale : e sebbene molti lavori, avesse da poterli con decoro ed utilità presentare , fu sempre restìo a darne ; ed or dovrà la nostra Accademia occuparsi a non farli disperdere. Lascia egli una infelice famiglia di una vedova con quattro fìgli minori , che non hanno per loro altra eredità, che il nome illustre del marito e del padre , e Isi Munificenza del Nostro Sovrano in proccurar loro qualche ajuto. Visse 74 anni , mori nel giorno 17 maggio. 115 MEMORIE E COMUNICAZIONI DE SOCI ORDINARI E CORRISPONDENTI DELL'ACCADEMIA. Memorie geologiche sulla Campania per Arcangelo Scacchi, MEMORIA II» Descrizione geoìoijica della Regione flcgrc.a ( con Ire tavole ) D'ichiarnsione sulT oggetto e sul piano dì questo lavo- ro.— Le descrizioni geologiche di qualsivoglia contrada, non allrimeuti che le istorie delle eruzioni vulcaniche , sogliono essere le meno dilellcvoli tra le opere di scienze naturali ,. e spesso anche non senza qualche senlimenlo di noia si può coroplelare la lettura delle medesime. E di leggieri se ne intende- rà la ragione ove si pon mente che , sì nelle une come nelle altre , poche idee con piccole differenze si van sempre ripetendo. Che nelle prime ritornerai sem- pre .igli strati in tale o tale altra maniera disposti , ai monti , alle valli , ai crateri più o meno alti , piii o meno ampi e profondi, ed ora di questa, ora di quest' altra configurazione ; nelle seconde , tranne qualche fenomeno meno fre- quente, si parlerà ad ogni pagina di scoppiamenti talora gagliardi , altra volta più miti, e di lapilli , di sabbie e di lave quando piìi copiose e quando più scarse , ora dirette per questa ed ora per quest' altra banda. A ciò si aggiunge the se colui che scrive ha chiare nella sua mente le cose che espone , il let- tore che non le ha vedute , non può mai intenderle con la medesima chiarezza, quando anche le descrizioni vadano accompagnate da esatte figure. Ed in fine 1 utilità che da tali opere alia scienza ne deriva è sempre da meno della fatica, oh" esse esiggono per la compilazione , e del tempo che s' impiega in leggerle. "} Egli è però che nella descrizione geologica che imprendo a dare della regione flcgrea , mentre se volessi minutamente esporre le cose osservale, farei lunghissimo lavoro , preferisco invece una moderata brevità , omettendo di ritornare su quei particolari che si trovano con leggieri camhìame:ili in molti luoghi ripetuti , e pc' quali le piccole dilferenze nulla ci svelano della iattura dei fenomeni geologici. Quindi dopo avere eoa pochi tratti esposte le cose che riguardano in generale l' intera regione flcgrea , mi tratterrò a descrivere sepv Hi 116 • ralameute soltanto quelle parti della medesima che mcritatKj più minuto esame. Ed in ciò fare , mi piace dichiarare essere mia speciale ioleiuione di ren- dere più spedile le osservazioiu di coloro che verranno in seguito ad esami- nare la medesima contrada. Poiché l' esperienza mi ha dimostralo che tornando più Tolle a ricercare nello stesso luogo , scoipre nuove cose mi si sodo offer- te che prima non aveva osservale , o quelle stesse una volta osservale, nel rive- derle mi han condotto a nuove considerazioni sulla loro natura o sulle cagioni che le han prodotte. Quindi è che nutro speranza che queste mie fatiche po- tranno in qualche modo essere utili per la scoverla di più importanti fatti naturali ai "eolo"'i che torijeranno a rivedere quelle contrade che mi accingo a descri- vere. Né sarò per avermene a male se altri dolati di migliore ingegno del mio o vedranno gli stessi falli sotto diverso aspetto, o ne dedurrar.uo diverse con- seguenze ; e sarò in lutto contento se mi vien fatto di aggiungere piccola parie a ciocche gli altri avevano prima di me osservato e pubblicalo. Disposizione s Ir ali fi e al a del tu fo. — Nel percorrere la re- gione llogrea incontrerai per tulio grandi depositi di tufo vulcanico , nel qua- le lalvulla troverai assai distinta stratificazione , altre volle ti sembrerà di vederlo in massa continua, nella quale per altro la lenta azione consumatrice del- l' aria e delle piogge , non operando allo slesso modo su tutte le parli della roccia , svela la sua disposizione stratificala anche dove , essendo tagliata di recente , non si scuopro alcun indizio di strati . Se osserverai dalla parte del mare il Monte di Procida , tisi offrirà il più vistoso esempio della slralifica- tione del nostro tufo , e quivi potrai puro considerare come alcuni strali di tufo assai tenace si alternano con altri strali di lapilli incoerenti . Nelle isole di Procida e d' Ischia è pure assai frequente la stratificazione regolare e spic- cata del tufo, ed in queste isole non di raro moltissimi strati di ammirabile sol- li^liezza sono eli uni a-rli altri addossati , condizione di cui non troverai esem- pio nel conliaenle. Lungo la strada dai Bagnoli a Pozzuoli si ha 1' opporluni- •1à di osservare diverse maniere di stratificazioni , quando più distinte e quan- do a pena riconoscibili. Del tufo che si appalesa in massa continua se ne veg- gono gli esempi nelle cave di C.ipodi monte ; e la più sorprendente massa di tufo di lai natura la troverai nell' Isola d' Ischia, ove s' innalza sino alla vetta dell' Epomeo, e la si vede estendersi nel mare sino a quei grandi scogli che si trovano dalla marina del Lacco sino a quella di Forio. Quanto alle direzioni ed alle inclinazioni d<;gli strati di tufo dirò in bre- ve che sono variabilissime e senza regola alcuna , e quel che in generale mi è Sembralo Oiser\are si è che 1' attuale loro giacitura è quella stessa clic ebbero 117 Bella loro origino, seguendo le inflessioni della superficie del suolo sul qual* furono depositali. Diverse qualità del < m /"o. —. Quantunque di qaesla roccia si po- tessero conlare moUissiine varietà, pure ce ne ha una assai più delle altre ab- bondante the si rinviene io tulla la regione flegrea, e costituisce gran parte an^ che del lulo di trasporto. Essa e caratterizzata dal colore giallastro , dalla tes- situra compatta della massa , con frammenti spongiosi dell' ordinaria grandezza di 10 a 15 millimetri in diametro, con alquanti cristalli liberi di feldispato vitreo, e talvolta con qualche pezzetto di Iruchite. La seconda varietà si di- stingue dalla precederne pel solo colore, eh è bruno di varie gradazioni, e alle volte giunge a tal punto di lunacità da riusciie souora sotto i colpi del mar- tello. Della medesima non vi sono che pochi esempì, nello spazio che propria- lueutc chiamiamo regione flegrea , ma è più frequente della piima varietà, eoa la quale spesso va unita , nelle vicine Provincie di Terra di Lavoro e dei due Principati. Variamente si è opinato suU' anlichiià del tufo giallo e del tufo bruno o, come altri dicono, nero ; e chi ha veduto sollanto il primo soprap- posto al secondo ha credulo questo piìi antico, mentre chi ha osservato i contra- ri esempì ha reputato più antico il tufo giallo. Secondo le mie particolari osserva- zioui, avendo incontralo entrambe le varietà occupare senza regola alcnna ora la parte superiore ed ora T inferiore , e spesse volle 1' una a fianco dell' altra me- scolarsi e fondersi insieme per gradi insensibili, non pare doversi stabilire l'anterio- rità di alcuna di esse. E si accorda meglio con i fatti il supporre che akernamente sieno stale eruttate le materie di ciascuna qualità di tufo La terza varietà si distingue dal colore verdastro , ed è quasi esclusiva dell" Isola d' Ischia, ove costituisce la gran mole dell' Epomeo. Oltre queste varietà più importanti, perchè assai più abbondevoli delle altre , ve ne sono ancora moltissime che si trovano meno frequenti , e di cui darò qualche notizia discorrendo in particolare di alcuni luoghi, ove si rinvengono. E per ora farò menzione soltanto di due altre va- rietà , r una che si trova nettamente stratificata e soprapposla al tufo giallo delle colline di Napoli, ove è conosciuta col nome di mappamonle , ej altro non è che un aggregato poco coerente di lapilli della medesima natura di quel- li che fan parte del sottoposto tufo ; e T altra è il tufo che forma la parte supcriore delle colline di Posillipo e delle vicinanze di Miseno , ancora esso soprapposlo al tufo giallo . Al vederlo di lontano si manifesta di colore bigio, e guardato da vicino si riconosce contenere piccoli frammenti di Irachile ne- riccia ed alquanto vitrea. ns Pro fon d it à del tufo. — La -profonflitb dì questa roccia, quando la 8Ì cousidcra fra i limili della regione flcgrca , è un fallo dei più nolevoli nel- la costiluzioiic geologica delia Campania . Sino a pochi anni or sono non si era fallo alcuno scavo lanlo profondo che ci avesse svelalo inQno a qual pun- to essa giungesse in basso, e su quale altra roccia giacesse |. Il pozzo artesia- no al quale si diede opera presso il R. palaggio di Napoli nel 184't lia fatto conoscere che ivi il tufo compatto discende sino a metri 78,57 sotto il livel- lo del mare; che al tufo seguitano per altri metri 52,88 diversi slrati iucoe- rcnli per la più parte formali da frammenti di rocce vulcaniclic , e trameiza- ti da qualciie strato di marma; che inseguito, profondandosi il traforo per me- tri 87 , ultimo punto al quale fin ora si è giunto , succedono alti stra- li di marna sposso coochiglifcra , i cui fossili la dichiarano formata durante il periodo pliocenico , ed ancor essi si alternano con più antichi depositi di conglomerati vulcanici . Dai riferiti documenti , che sodo al certo preziosi per le Doslre ricerche , nemmeno può dirsi determinato in tutta la sua profonditi» il terreno vulcanico di Napoli ; né ancora siam certi che scendendo più in bas- so , non debbano trovarsi altre rocce della medesima natura . Tanto più clic iicir Isola d' Ischia già abbiamo 1' esempio che la marne subappcnninc sono ad- dossate al tufo dell" Epomeo ; e nello stesso pozzo artesiano tra gli strati di marna conchiglii'era , ed alla profondità di almeno 150 metri sotto il livello del mare, si son trovali alcuni ciottoli di tufo i quali ci assicurano che que- sta roccia esisteva prima che si fossero depositati i medesimi slrati marnosi. Fossili che si trovano nel tufo. — Una delle pruove di cui ci serviamo per dimostrare l'origine sottomarina della regione flegrea è l'esi- stenza delle produzioni del mare nel suo tufo . Intanto giova avvertire che non bisogna credere esser questo un fallo che di frequente e da per tutto si oss er- >i . I lunghi ove d' ordinario si son trovali tali fossili sono le colline dì Po- sillipo e delle vicinanze di Napoli ; e le poche specie di conchiglie che do- po molli anni di ricerche ho potuto assicurarmi di essersi rinvenute , sono I" Oitrea edtilis , il Pixtunculus rjlycimcris e barbatus , la Fcnns decusfata , il Ccritimn alucoidcs , la TurritcHn conmnis e triplicata , il Murcx braiidaris e la Boslcllaria pcs pellccani . Vi si trovano pure alcuni grossi stecchi di legno ammirevoli por esser divenuti bianchissimi , friabili , e per essersi mollo ri- sirelti di volume , siccome può argomentarsi dall' ampiezza del cavo in cui son essi contenuti , e che conserva la forma primitiva del legno . Anche nel- l Isola d IsL'hia , e precisanipiite lungo la spiaggia orientale , nel luogo det- to Sali\lella , si scuopre , poco sopra il pelo delle acque , una varietà gial- 119 la di sodo tuTo cTie raccliiude molli avanzi di vegetabili carboniizati, nei qua- li mi è sembralo ricoDoscere la CouHiiia oceanica. Erróri volgari tu ij li oggetti che si erede trovarsi nel tu fo y o appartenere alla regione fi e g r e a . — Perchè poi ciascuno si guardi dal credere senza maturo esame , che appartengano al nostro tufo , o almeno alle nostre contrade vulcaniche , alcuni oggetti che io realtà o vi sono del tulio estranei , o non e vero che si trovino in quelle condi- zioni che ci vcngon riferile , esporrò alcune osservazioni per le qual i si riconoscerà quanto sicn facili gli errori di simil natura . EJ in particolare gli elementi del tufo , quando sono riuniti con debole coerenza , iucilmeote sono trasportali dalle acque nei luoghi più bassi , e quivi accumulati insieme con altri oggetti , sicno naturali , sicno artefatti , che le medesime acque hanno incontrato nel loro cammino . Quindi avviene che in alcune con- dizioni favorevoli i componenti del nuovo aggregato aderiscono insieme , e ti parrà di vedere un vero tufo con entro sostanze vegetabili , frammenti cal- carei, e non poche produzioni dell' industria umana . Nel luogo stesso del deposito sarà facile conoscere l'inganno , ma neli' esaminare i pezzi distacca- ti non sempre può giudicarsi con faciltà . E tra i mezzi di cui possiamo gio- varci per riconoscere gli aggregali recenti, abbiamo il carattere della forma dei frammenti eh' è piìi o meno rotondala , Quando essi contengono oggetti artefatti , siamo ancora piìi certi che non appartengono al tufo di primitiva o- rigine , giacche questa roccia è di epoca anteriore alla venuta degli uomini nelle nostre contrade . E perchè si sappia un fatto importante di tal manie- ra di errori , ricorderò che nella Solfatara , dalla parte eh' è tra levante e settentrione , si trovano tra gli strati di sodo conglomerato non pochi stecchi e foglie carbonizzate di piante che vegetano in quel luogo, e particolarmente dell' Arundo fragmiies ; le quali , perchè si è supposto che appartenessero a piante marine , han fornito un falso argomento con cui si è creduto dimostrare r origine sottomarina di quel cratere. Le molle volte che mi si è voluto far credere di essersi trovato nel tufo i frammenti calcarei , d' ordinario mi sono accorto di manifesto errore o sulla natura dei frammenti , o sulla loro provvenienza . E nell' Isola d' Ischia bisogna esser guardigni a non credere ivi naturali i pezzi di calcarea che li trovano presso l' abitalo , e che sono le parti non cotte della calce che vi si trasporta da Castellammare. D' altronde ho cercato invano nella marina di Massa Lubrense il Tero ossidiano che mi era slato detto trovarsi in quel luogo , ove senza dubbio do- 120 •»CTa essere sialo minato per caso , o probabiluiente il preteso ossidiano non ers altro the tufo vulcanico vetrificalo nelle fornaci da calce ; giacché le rocce naturali di quella marina non son tali da poter contenere l' ossidiano . Kd anche in* damo si cercherebbe nell' Isola d' Isclvia il serpentino , di cui si fanno in Na- poli piccioli lavori , conosciuto col nome di lava d' Ischia . Esso probabil- mente talvolta si è trovato sulle coste di quell' Isola , ove sarà stalo bui- tato da qualche naùglio venutovi dalla Sardegna o dalla Corsica, carico di tali pietre per zavorra . la simil guisa mi avvenne di trovare nel 1837 mol- li grossi pezzi di granitone sulla marina dei Bagnoli, che negli auni segueii ti , avendoli di nuovo cercato, più non rividi. Ed un altro fatto ancora più- ingannevole mi successe nell'aprile del 1845, quando essendo andaU» a visi- tare il cratere del Gauro insieme con 1' egregio geologo Danese Aaghen de Nathicsen , vi trovammo nella terra vegetabile del fondo del cratere uà grosso pezzo di Icucitofiro , che a fatica avrebbero potuto ivi portare la robuste spalle di un facchino , e clie aveva aderenti alia sua superficie al- cuni gusci di vermeli . Per noi fu facile riconoscere che quel masso era di origine vesuviano , e veniva dalle sponde del mare tra Napoli e Torre del- l' Annunziata , ma non potemmo punto immaginare per quale bizzarria esso era stato trasportato in quel luogo. Masi ^errami, e conglomerati diversi d a II' ordina- rio tufo. — Oltre i lapilli e le sostanze polverose che han dato origine a quella roccia che propriamente diciamo tufo vulcanico , in molti punti del- la regione flegrca abbiamo svariati depositi di grossi massi , uniti a fram- menti di minore gandezza , la maggior parie formali di trachite scoriacca spes- so di color rossastro , ovvero di trachite vitrea e di color nero , sempre co- spersa di bianchi cristalli di fcldispato . Quesl' ultima roccia che pel colore e per lo splendore somiglia alquanto all' ossidiana , con la quale alcuni la con- fondono , è dalla medesima molto diversa per la sua chimica composizio- ne , ed ancora sarà facile riconoscerne la differenza , ove si pon mente alla irregolarità della sua frattura , al contenere cristalli di felJispato vitreo , ed alla qualità di fondersi senza notabile gonfiamento ; mentre l' ossidiana è note- vole per la facoltà di rompersi con frattura concoide , e si gonfia estraor- dinarii'fflenle nelT Dtto della fusione , ne contiene cristalli di fuldispalo . Vi soD pure molte altre maniere di frammenti che tengono con poco della na- tura delle pomici; ma le loro differenze che si giudicherebbero rilevaotissi- me se volessimo stare ai caratteri esterni ed apparenti , non sono di alcua momento guardandoli d«tl lato della composizione, E però che tutte possono 121 considerarsi come innumerevoli varietù di una medesima roccia, e riporUrsi alla trachite. NoD voglio intanto tacere che uniti a questi pezzi di tracbite talvolta in- contra trovarne alcuni che sono identici all' ordinario tufo, ne rimane alcuo dub- bio eh' essi sieno slati divelli dagli strali di tufo in mezzo al quale sono scop- piate le eruzioni che hau fornito gli altri massi e frammenti scorìacei . I quali non si rinvengono altrove se non ammucchiali a breve distanza dalle bocche di eruzione. E per l'appunto la stessa ragion naturale ci persuade che nua delle migliori pruove che aver possiamo per riconoscere nelle contrade vulcaniche i Juoghi precisi ove si è aperta la strada alle materie eruttate, la troveremo nei mucchi dei grossi massi isolati , i quali per la luro mole non bau poluto esser lanciali a grandi disianze. Kgli è poi raro di trovare altre maniere di massi erranti , come di rocce calcaree , o di rocce cristalline composte di sillcaii con tessitura granitoidea. Il solo esempio importunle in cui troviamo esservi stata eruzione di tali specie di massi, l'abbiamo nelle opposte sponde del canale di Procida, e su di esso dovremo alquanto Irallenerci in seguilo. Ma qualche pezzo- di roccia cristallina Incastonato nel tufo o nella trachite forma oggetto di rarità per i Campi ed Isole flegree , ed in due soli casi ho potuto assicurarmi di tal fatto. Il primo è stato di un gTOSso pezzo dì calcarea lamellosa con crislallini di pirite, trovato nel tufo di PosiUipo, ed il secondo di un masso composto di feldispato vitreo fd anGbolo, con alquanli cristallini di semelina, trovato nella trachite presso la città d' Ischia. Trachite. — Tutte le rocce in massa continua della regione flegrea vanno riferite alla trachite, che si presenta di raoltiforme aspelto, ed è sem- pre cospersa di cristalli di feldispato vitreo più o meno distinti ; e talvol- ta contiene non pochi crislallini di soJalile, di aufibolo e di mica, o qualche altra specie mineralogica che s' incontra piìi di raro. Della giacitura di questa roc- cia alcune cose sono stale già dichiarate nella prima memoria, ed altri par- ticolari dovremo esaminare discorrendo di ciascun luogo in particolare. Per ora basti conoscere eh' essa non forma che piccola parte nella costituzione geolo- gica dei Campi flegrci, specialmente quando la si voglia p iragonare all'immensa quaa- tità del tufo, lia nicdesiuia cosa può dirsi dell' Isola di Piocida, ma non cosi del- l' Isola d' Ischia, ove essa è molto piii abbondante, quanlunqui sempre ÌQ mi- nor copia del tufo. 122 PIPERNO DI SOCCAVO E DI PIANUBV A SoceaTO ed a Pianura sotto i grandiosi depositi di tufo che eostìtul- fcono il monte de Camaldoli , alto sul livello del mare 459 metri, ci ha una particolar roccia ■volgarmente conosciuta col nome di pipcmo, sulla natura del quale duro fatica a formarmene una ben fondata opinione. la esso si dislinguo- Do due parti, 1' una, eh' ù di color bruno o bigiogialliccio, molto porosa ed alquanto fragile , sembra involgere l' altra parte eh' è piìi compatta e tenace, di colore piii oscuro, e forma nella prima come tanti noduli di svariata for- ma , quasi sempre compressi nella direzione verticale della roccia. Al pari della Irachite abbonda di cristalli di feldispato, e più di raro coutiene qual- che altra specie mineralogica , per cui come varietà di trachite o come lava trathitica è stala considerata dai geologi che ne hair fatto parola. I nume- rosi e profondi scavi che si son falli io questa roccia ci danno, è vero, l' op- porlunità di esaminarne la giaeilura per gran tratto della sua estensione, ma. non per questo ci forniscono chiare pruove della sua origine e della sua ge- nesi. Osservandola in quei punti ove si seuopre a fior di terra, si riconosce ch'essa è disposta nel tufo in forma di zona orizzontale, della quale per bUto non si seuopre la sottoposta roccia ; ed il tufo che le sta sopra, lino all' al- tezza di cinque metri in circa , contiene grossi pezzi di trachite sooriaeea o ■emivitrea , come nelle vicinanze delle bocche di eruzione. Esaminando poi attentamente la linea di contatto del piperno eoi tufo , non si trova chiara^ e spiccata la distinzione delie due rocce, scorgendosi piultoslo gradualo pas- saggio pel quale può giudicarsi il piperno formalo dalla fusione dei fram- menti che prima costituivano il tufo. Le profonde gallerie scavate nel piper- no s'internano nel monte orizzoiilalmeiile, e secontio le relazioni ricevute dai minatori, inferiormente la roccia e come nella parie superiore poco tenace. Questa condizione mi rende dillicile immaginare che il piperno fosse non al- tro che tufo trasformato, o come dicesi luctamorll/.zalo, dd conlutto di altre rocce plutoniche the potrebbero supporsi a breve distanza sotto di esso. 1) altronde non so persuaderuii che sia lava trachitìca sì per i menzionati caratteri di passaggio che si osservano col soprapposto tufo, come pure per- che con si seuopre chiaro il luogo dal quale sia sboccata cotanto sterminata lava, anche ammettendo '.he a Seccavo ed a Pianura vi fossero gli avanzi di due antichi crateri vulcanici. La particolare struttura della roccia che ci tiene oc- cupati non sembrami the sia del tutto contraria all' opinione eh' essa foise lava, 0 non dimeno potrebbe di leggici i riguardarsi come conseguenza della sua genesi per ibeluuiorlismo. 123 rolrcmmo ancora riicncrc tlie il pipcrno sia un filone di Irachiie insi- nuatosi nel tufo iu pei itilo sialo di lit^uidilù ignea . Quindi La potuto av- venire clic alibia involto nella sua piisla i fjammenli del congloiueralo in mez- zo al quale si è iiifillralo , die si sia iiiliniaincnle fuso con i medesimi , ed abbia cagionalo in quella parie delia ni:issa di tufo con cui è slato iu con- iano il grado di fusione pel quale si osseina il passaggio di una roccia ncl- r allra. Contro questa ipotesi poi rimuirehbe a dire clic in molti e chia'-i esempì di lìloiii Iracbilici che ^i osservano nel tufo dell' Isola d" Iscliia, noa mai si ritrovano le medesime coiidiiioui del pipeino di Soecavo e di Pianuia. Non voglio inlanto oniellcre di avverlire tlie la roccia la quale si iro^a a a circa 30 moiri di profondità scilo la Cina di A\ersa, e eli' è (juivi couo- iciuta col liOD'.c di piprrno , è senza alcun dubbio un conglumeruto come gli ordinari ti.fi delia Cainpauia. TUFO DI TBASPOnTOi Estensione e provenienza del l u fit di trasporlo.^ Ho creduto dover distinguere col nome di tufo di trasporto quello cbe sino a grandi distanze dalla regione fle;;rca si trova abbonJevolmeiile in mol- ti luoghi della Campania , ed il nome che gli ho dato serve soltanto a ricor- dare che i suoi eleiiieiili , eruttali da remoli vulcani, sono stali per lungo «pa- lio menali ove ora sono dtposilali . 1 confini fin dove si estende questa roc- cia sono a ponente il Garigliano , a seltcnliioiie Mignano , Alifo e Cusano, e ad oricnlc giungo siuo a INlirabella . Egli è però cbe il tufo di traspor- to SI spande sopra i vulcani di Rocearnonfina e circonda la base del Vesuvio. l.e pruove che dimostrano la sua provenienza dalla regione flegrea sono di cosi chiara luce, cbe non so intendere come abbiasi potuto crederlo derivato dai vulcani di Rocearnonfina . La prima |)ruova della sua origine la troveremo nella sua composizione , essendo in lutto identico al tufo di oui soa forma- ti i crateri dei Campi fl«grei , sino al punto che alcune varietà prese dai luoghi più lontani , come per esempio da IMignano , non differiscono da quel- le delle colline di Fosillipo nemmeno nei più minuti ed incoslanti caratte- ri . E da per tutto troviamo la frequenza dei cristalli liberi di felJispato vitreo, noD che la mancanza assoluta dei cristalli di leucite , che souo le qua- lità più distintive del tufo in quislionc , cos'i negli slessi crateri d.ii quali sono ' stati eruttati i suoi elementi, come in luoghi dai medesimi lontani. La seconda pruova la troveremo ponendo mente all' indole particolare dei TulcaDi della regione ilcgrea, i quali ollreadoci i loro crateri forai;tti per 17. 12* la massima psrle dì tufo, non possìnmo ;?.ubilare che nelle loro ermìoni ;>!)- bian fornito in grandissima copia quella qualità di lapilli atta a formare que- sta roccia. Mentre per lo contrario nei vulcani di Roccamonfiiia noQ ci ha ucppure un cratere che fosse , almeno in parte , composto di tufo , per cui si potesse congetturare che il tufo di trasporto della Campania fosse stato l'effetto delle sue eruzioni. Vi sono, egli è vero, nella contrada vulcanica di HoccamonRna alcuni depositi di tufo che alla medesima appartengono ; e della loro origine possiamo esser certi , sì perchè essi si trovano nei limiti di quella regione , e si perchè nei loro componenti troviamo le produzioni di quei vulcani. E perù essi contengono non pochi frammenti di leuciloGro , talora anche i cristalli liberi di leucite, e spesso molte pomici con crisialli di feldispato, ma non mai questi stessi cristalli isolati . Quindi la differenza che troviamo tra i tuC che indubitatamente son prodotti da vulcani di Roc- camonfina, ed il tufo di trasporto della Campania serve a provarci che que- sto Don ha con quelli la medesima origine. A tal proposito piacerai ricordare che il tufo di trasporto, ove si associa con i conglomerali di RoccamonCna, è costantemente ai medesimi soprappo- stò , e questo fatto , di cui mi son servilo per dimostrare la recente forma- zione del primo in confronto dei secondi , può in modo evidente osservasi in quella conca che dicesi lago delle Correic , come pure presso la cappella della Madonna delle Grazie di Torano , tra Teano e Transi, presso Lauro dal- la parte di maestro , ed altrove , A queste ragioni di maggior peso ne aggiungerò un' altra tolta dalla po- sizione di ciascuna delle due contrade vulcaniche relativamente allo spazio nel quale si estende il tufo di trasporto . Dappoiché i vulcani di Roccamonfiaa si trovano confinati nella sua estremità occidentale ; e non è facile render ragione, perchè le loro produzioni si fossero accumulate a molle miglia di disianza sempre dalla parte orientale, senza estendersi punto dalla parte op- posta • Mentre poi la regione fl«'grea si trova situala quasi nel centro del medesimo spazio, considerandolo come sezione di cerchio ; giacché l' altra par- te , che dovrebbe completare il giro , è ricoperta dal mare che la toglie alle nostre osservazioni. G i n e i t ur a il ci tu fo di trasporlo. — Intanto la roccia di cui ho proso a discorrere ci offre di notevole in primo luogo la grande altezza sul livello del mare alla quale essa paò giungere, e che talvolta è di circa sei- cento metri . Anche a maggiori altezze si trovano alcuni indizi delle produ- ^iani vulcaniche della medesima natura dei suoi elementi ;[ ma in piccola' quaQ^ 125 tilà mcscolulc con la tcira vegelabilc , e senza essere aggregate iasìcme ia guisa lalc da formare il tufo . 1 luoghi più elevali nei qu:ili esso può os- servarsi sono l' allo-piuno su cui s' iimuiza il monte S. Cicce , le vicinanze «]i Cusano e di Chiazzo , le cidliue di Mirabella , le alture di Avellino , di Montcfarte, di Gragnano ; e per non dire di molle altre localilà , finirò col ricor- dare tra i depositi di tufo situali pìii in allo quello della deliziosa valle di Tramonti. Per tulio poi si osserva che tali depositi sono più frequenti , ed hanno la loro maggiore estensione lungo il corso dei fiaini , nelle gnlc dei monti , nei fondi delle vallale , o al più nei dorsi delle colline con dolce pendio . Della quale condizione di giacitura possiamo ripelerne la causa dal p-arclii gli cle- menti del tufo caduti in forma di pioggia sul sudIo della Campania , prima che avessero avuto il tempo di ligarsi insieme e formare rncoia consistenic e soda , sono stati per le acque piovaue traspurtall dalle parli più elevate, ed accamulati nei luoghi più bassi. La più importante osservazione a farsi sul tufo di trasporto , sta nel posto eh' esso tiene relativamente alle altre rocce con cui si accompagna. Ed essendo assai frcqucnli gli esempì in cui o per i tagli artificiali , u per i nalurali sca- lamenti cagionali dal corso delle acque , son posti allo scoverto interi Ietti di tufo , sempre si osserva in modo evi.lente clx" essi , come ho fatto altrove osservare , sono a tulle le alire rocce soprapposti . La sola ecceiione che abbia- mo a questa regola , e che ognuno potrebbe di per se prevedere , ci si oCTre da qualche deposilo di lapilli vesuviani eruttati in epoca istorica . Esempi di tal falla avviene incontrare da Castellammare alla punta della Campanella, ove i lapilli dali fuora dal Vesuvio nell' incendio dell" anno 79 dell' era cristiana ri- cuoprono in più luoghi il tufo di trasporto della regione Qegrea . Nei medesimi luoghi in cui chiara si manifesta la sua soprapposizione alle rocce di ogni altra na- tura , riesce anche agevole osservare come esso vi si adaggia in forma di letti o dir Togliamo banchi , che talvolta si possono scuoprìrc ia tutta la loro esleasiooe , // lufo di trasporto creduto della natura delle la ve. — •Non senza ragione ho valuto far notare quesl' utiìmo caraitere del lufo di trasporto , essendo esso il mczio più sicuro e la pruova più evidente per de- cidere la quistione più volte insorta a riguardo di alcune sue varie.là di colore oscuro, che sono slate invece reputale d^lla natura delle lave vulcaniche. Per chi non ha I' occhio esercitalo ad esaminare tal roccia nella sua naturai positura , Tedendone i pezzi dislaccali, di leggieri può essere ingannato dell' apparente uni- formitii di tetsilura e compatiezza che spesso si manifesta nella maggior parte 126 della loro ma?sn, e dalla fusione clic sembra esistervi Ira la medesima massi ed i framnioiili pomicosi in essa coiitcnuli. Fu d'uopo conveniru die queste qualilà possono ripetersi da cagioni fra loro diversissime ; e possono reputarsi r elTello della tenuità delle parlieelle in gran parte polverose che han cdid- poslo il tufo, ovvero la conseguenza di particolari condìzioDÌ che hanno in- fluito a produrre alcune lave più tenere delle ordinarie. Sembrano pur favo- rire la seconda opinione le fenditure verticali che assai di frequente scindo- no il tufo nero in massi prismatici ; e Ira gli esempi più spiccati della sua divisione prismatica, sopra ogni altro specioso è quello che si rinviene sulla sponda sinistra del Tilerao tra Cerreto e Massa presso il ponte di S. Loreu- zcllo. Quivi il banco di tufo si scuopre iu tutta la sua estensione , è del- l' altezza di uno a tre metri , e riposa sopra i ciottoli dell' antico letto più \oLr"o del fiume. Ei ti par di vedere una vera formazione basaltica , tanta è la compattezza della roccia e la sua frequente divisione in colonne prisma- tiche. Intanto con più diligente esame non si dura fatica a riconoscere eh' essa sia formala dall' aggregazione di lapilli e sabbie vulcaniche. Il tufo della marina di Sorrento più di ogni altro ha le apparenze di lava e lo slesso Breislak, il cui giudizio in tali materie non è da disprez- zarsi lo reputò vera lava. Sotto di esso non si vede la roccia su cui ri- posa profondandosi nel mare che lo bagna ; nondimeno seguendo la sua conti- nuazione nella contigua pianura e poi sulle radici delle prossime montagne, ricompariscono i caratteri della giacitura in forma di banchi i quali vanno man roano ascendendo come il suolo s' innalza. E sarebbe al tutto inconcepi- bile una lava che camminasse dal basso in alto ; giacche i monti calcarei circostanti , che chiaramente si scuoprono in ogni loro parte , non permettono con"ctlurare l' esistenza di alcun vulcano in luogo superiore . D' altronde per quel che riguarda il tufo della marina di Sorrento piacemi manifestare il so- spetto che mi è venuto in mente quando mi son dato ad esaminarlo da vici- no . Esso d' ordinario offre non piccola somiglianza al piperno di Pianura , ed al pari della zona di piperno che si unisce al soprapposto tufo , suol conlene* re alcuni minulissimi cristalli bianchi in forma di prismi esagonali, in parte spar- si nella massa compatta, ed in maggior copia aderenti alla superficie delle scorie o altra maniera di frammenti che come noduli più duri rilevano nella massa. Sotto le mura di Sorrento dal lato di scirocco si scuopre altra varietà di tufo bigio eilremamcnle fiagile con frammenti di scorie nericce mescolali a qualche pezzetto di Iracliile compatta che di leggieri si lascia distaccare dalla roccia , ed in esso è ammirevole la gran quantità degli stessi cristallini bianchi che ho menzionati fitl lufo tenace della marlea. Quindi ho congelturato che la roccia vulcanica di 127 Sorrento, e quella io particolare eli' è sullo sponde del mare, quantunque nata dall' aggregazione dei la[)illi è delle sahbie , abbia in seguilo sofferto qualclii'. grado di metamorfismo cagionato da interno calore vulcanico. E però che la re- gione flegrea si estenda solto il mare sino a Sorrento. Non vorrei per altro clie si desse tale importanza ai riferiti cristallini in forma di prismi esagonali da re- putarli sempre indizio di cambiamento avvenuto nella roccia che li contiene . Dappoiché anche nel tufo lungo la strada consolare presso Monteforte , ove la qualità delle sottoposte rocce nettuniane si oppone all' idea di metamorfismo, ho trovato nel tufo alquanti cristalli della medesima natura. Anche il tufo nericcio di Aversa e del vicino villaggio denominato Parete è stato a torto reputato della natura delie lave ; ed ecco come qm stanno le cose. Cavandosi i pozzi nel piano ove è edificata la Città di Aversa , per la profondità ad un di presso di 12 metri , si trova tufo giallo eoo qualche grosso pezzo di nera trachite scoriacca ; sotto di esso si rinviene tufo neric- cio assai fiagile, che i terrazzani chiamano ccncrcizzo , e che nelle sue parli più basse , essendo molto più sodo e consistente , riceve il nome di piperno. Le medesime due varietà di tufo nericcio si osservano a Parete immediata- mente sotto la terra vegetabile ; e che sieno entrambe veri conglomerali, per poco che vi si faccia attenzione, si riconosce in modo evidente. Intanto que- sta roccia offre la particolarità di contenere molli e grossi m»s^i di trachite seoriacea , alcuni dei quali mi han presentalo sei decimetri di diametro ; e ri- conoscendo in questa condizione l' indizio della vicinanza del luogo dal quale •sono stati eruttati i componenti del tufo , ho creduto dover fissare la Città di Aversa per confine settentrionale della regione flegrea. E per lo stesso mo- tivo ho ritenuto il lago di Patria come altro punto estremo della medesima contrada, trovandosi sulle sue sponde gran copia di scorie e di frammenti trachitici. Riloreando poi all' opinione che il tufo nerastro della Campania sia par- ticolare varietà di lava , trovo che la prima causa dell inganno sta nel suo co- lore più che nella sua struttura , uon essendosi mai detto lo stesso del tufo gialliccio che pure alcune volle ha la medesima tessitura . E siccome la con- dizione di giacitura poco anzi esposta non è tale pruova di cui si possa volgar* mente stimare il giusto valore , farò in oltre osservare che le pretese lave si trovano in moltissime parli delle provincie di Napoli , di Terra di Lavoro e dei due Principati senza indizio veruno ilei luogo d' onde si potesse credere che sieno sboccale. Ed ammettendo che taluna fiata la loro origine potesse essere ascosa, è del tutto irragionevole supporre che i crateri vulcanici sieno in ogni jttogo scomparsi , ed anche più irragioneYolc di supporli io mezzo a rocce nettuniape. 128 P a r l i e 0 l a r i più n o I a h il i del lu fo di trasporto. — Olire i' biunchi mÌDUtissìmi cristalli dei quali iio lesto favellalo, si trovano nel luf> di trasporlo aleune geodi bianche o giallicce, terrose, dsU' ordinarla grossezza di una noce. Esse sono in taluni luogiii frequemissimo, in altri mfiiio abbondanti, e spesso mancano affatto. Si possono osservare i[i gran copia presso le sponde del Tilerno al settentrione di Cerreto , ove il tufo è assai fragile , e le geodi si lasciano con faciltà da esso dislaccare ; sulle sponde del Calore , presso la «cafa di Amoroso, ove in modo più evidente dell' ordinario rilevano nella roc- cia le qualità dei conglomerati ; presso S. Agata dei Coli ; presso Calvi, lungo la strada che da questa Città mena a C;ipua, ed altrove. Qjasi sempre le geo- di si trovano nel tufo bruno, ed a M. Grande di Chiazzo ho trovato, ìa una di •ali geodi piìi grande delle ordinarie, alquanti crislalli liberi di feldispato. Ne Lo trovate anche piìi di raro nel tufo delle vicinanze di Sorrento , con la dif- ferenza che ìtì le geodi sono di sostanza litoide» , alquanto traslucida , inler- raniente tubercolosa , che non dubito appartenga alla ialite , e probabilmente della stessa ialite scomposta son formate tutte le altre geodi. Quanto alla loro origine , avendo talvolta trovato nelle loro cavità un pezzetto libero di pietra ■verdiccia e friabile, porlo avviso che esse nascano dalla scomposizione di par- ticolari frammenti di roccia contenuti nel tufo. Nel medesimo tufo di trasporlo , e spezialmente io quello della Provincia di Napoli, di Sulerno e di Avellino, s' incontra uno stralodi altezza variabile fra tre decimetri ed un metro circa, formato di piccole pomici giallioce, incoerenti coD pochi crislalli liberi di feldispalo. Il più delle volle lo slralo di pomici fi vede in mezzo ai banchi di tufo, ed in altri casi è al di sotto del tufo , o » questo soprapposlo. Esso può osservarsi tra Lettere e Gragnano , e precisa- mente presso Casa Juzzino, ove si mantiene della spessezza di sei a nove de- cimeiri , è sottoposto al tufo bruno con fendiiure verticali , e riposa sopra altro letto di tufo tenero simile ad argilla . Il lufj superiore poi e ricoperto dalle pomici vesuviane che in questa contrada sono sparse in abbondanza , ed è facile distinguerle da quelle che formano lo strato inferiore per la maocaa- za di cristalli liberi di ftildispato , e penbj sono invece mescolale con qualche frammento di leucitofiro e di calcarea . Lo slesso fallo con i medesimi parti- colari si rinviene presso Vico Equense. Lungo la strada che da Salerno mena a S. Severino , dopo il ponte eh' è sul Crate sino a Gasamele , lo strato del- le pomici è ancora interposto fra le medesime due varietà di tufo , ed in qual- che luogo si scuopre solt'nto tufo nero cosperso inferiormente di pomici gial- licce . Ira l:i Cava e la Trinità si osserva il medesimo strato di pomici con- giunto al »olo tufo argilliforiiic ^ ed in molli luoghi delle vicinanze di Avelli. 129 no , come lungo la strada di M. Vergine dalla parte dello SpedalcUo , o lungo la strada di Montcsarcliio, esso e supeificialo. Anche superficiale e suprapposto al tufo giallo-brnniccio, esso si mostra accosto la strada che da Napoli mena a Monteforte, tra il miglio 21 e 22 . Ilo creduto necessario dover richiamare I' at- tenzione dei Geologi su questo strato di pomici incoerenti , che non può du- bitarsi essere contemporaneo al tufo di trasporto , ed aver con esso comune V origine ed ogni altra coudizione di giacitura ; mentre poi per la particolare qua- lità dei suoi frammenti, e credo pure per la mancania di sostanze polverose, con- scrv a ancora la sua primitiva incoerenza , come lo strato delle pomici vesu- Tiaae , col quale fa d'uopo essere oculato a non confonderlo. VICINANZE DI NAPOLI, FOSILLIFO, 1. DI NISITA L' illustre Autore della Topografia fisica della Campania ritiene che le colline delle vicinanze di Napoli sieno formate da tre crateri vulcanici io parte -distrutti, e che le colline di PosiUipo appartengano a due altri crateri. Gomia- ciando dalla parte più orientale, riconosce il primo cratere, che intitola di Ca- podichino, fermalo dalle colline che a partire da Poggioreale si estendono per S. Maria del Pianto sino a Miradois , ed esso sarebbe crollalo nel lato me- ridionale e porzione dell' orientale. Il secondo cratere, che sarebbe aperto nel lato orientale, suppone che giri da Capodimonte a due Porte. Al terzo cratere assegna le colline di Pizzofalcone, S. Martino e Belvedere. Al quarto, che chia- ma di Fuorigrotta , fa appartenere gran parte delle colline di PosiUipo a co- Biinciare dalla grotta di Pozzuoli, ed il quinto lo crede for.-aato dal capo di PosiUipo. Qualunque sia il conto in che voglia tenersi questa maniera di vede- re, da mia parte debbo confessare che non veggo la cosa con quella chiarezza che vorrei ; e quanto all' ipotesi degli ultimi due crateri nou mi sembra nem- meno the vi sia alcuna probabilità in suo favore. Non è che io non creda essersi accesi gì' incendi vulcanici in diversi punti dello spazio in cui sono stati supposti, i menzionati crateri ; ma la for- ma delle colline non è tale da poicr conehiudere eh' essa derivi dall' accumu- larsi delle materie frammentarie circolarmente intorno le bocche di eruzione. Sembrami invece che ìd diverse parti , talvolta dello spazio riferito allo stesso cratere , sien\i state le vulcaniche esplosioni ; ed intanto il tufo che forma- le circostanti colline, se non in tutto , almeno per la maggior parte , sarei portato a credere che abbia origine da altre bocche di eruzione. Cosi sotto la Chiesa di S. Maria del Pianto si vede uscire di mezzo al tufo la trachite Ja quale non si scorge chiaro che abbia fluito in forma di lava , e pare che' 130 sia piultoslo un Clone Iracliilico in piccola parte messo allo scoverto . A pochi passi di disianza vi sono molli e grossi pezzi erranti della medesima roccia scoriacea , uniti a qualche pcizo di leuciloQio e di augiiofwo ; laiche non rimane alcun dubbio della vulcanica conilagrazioiie ivi avvenuta. In alcuni burroni a circa mezzo miglio di distanza a ponente di S. Maria del Pianto ho pure Uovalo grandissimi massi^ di nera trachilc in parte vitrea ed in parie litoidea , e nelle vicinanze dì S. Maria al Monte sonofrequenli i grossi pezzi di scorie Iraehitiche. Quindi a giudicare da tali indizi, nel solo spa- zio compreso dal cratere di Gapodahino , senza tener conto di ciocché si asconde alle nostre ricerche , e di ciò che forse non mi è avvenuto di osservare , 6Ì possono riconoscere in tre punti i caratteri di parziali incendi che non sembrano connessi ad una medesima eruzione. Ponderando quel che mi è slato concesso di vedere ed esaminare in que- sta parie della regione fle^rea , non trovo ragioni per determinare i luoghi precisi d' onde provengono gli elementi del tufo che costituisce Jce amene ed ubertose sue coUiae. E secondo 1' idea che mi sono formato dei cambiamenti ia essa avvenuti , alcuni luoghi ove si som mostrati i vulcanici' incendi più non si rico- noscono , perché i loro crateri o sono stali deformali da novelli incendi scoppia- li assai vicini ai primi, o sono stali ricoperti da^ materie posteriormente eruttate a qualche distanza da essi , le quali accuraulandovisi in gran copia , handel tutto cambiale le primitive condizioni topografiche. In una contrada vulcanica sottoma- rina,quale può ritenersi che sicno i Campi flegrei, non sono da reputarsi straordina- rie le colline composte da materie frammentarie trasportate col mezzo' delle ac< que da luoghi alquanto distanti . Finalmente quelli slessi sollevamenti che non ho credtto dover ammettere come cagione principale dei nostri crateri , ben volentie- ri mi persuado che abbiano avuto parte nellagcnesi delle colline che, come quel- le di Posillipo e delle vicinanze di Napoli , poco o nulla ci offrono della forffla< dei crateri. E l' esempio poco anzi citato della Irachile di S. Maria del Pianto , eoo • siderale sopra luogo nei suoi particolari che sono in gran parte patenti , ci porla a couchiudere che vi sieno slati nella regione (legrea molti piccoli incendi de- rivali du filoni di liachite , i quali infiltrandosi nel tufo , ora in questo ed ora ia quest'altro punto son venuti all' aperto accompagnali dall'eruzione di poche so- stanze framuienlarie . E però non han dato origine a particolari crateri , ma haa Ciigionilo pii) o meno importanli slogumenli nelle rocce che hanno attraversate . Le colline di Posillipo si prolungano per circa due miglia e mezzo da greco a libeccio , ed a breve distanza nella medesima direzione sorge nel ma- re la piccola Isola di Nisita . A scirocco esse sono bagnale dal mare , e nel- L opposta palle son divise dalle colline dei Canialduli e di Agnano mediao- 131 le la bassa pianura tlie finisce nella spiagp;ia dei Bagnoli . Nel mezzo di que- sta pianura s' innalza di pochi metri quel piccol colle isolato che si chiama Monlagnella di S. Teresa , ed è formalo di tufo con rari massi Irachilici senza alcitna cavila craleriforme . Probabiirueiite esso deve la sua origine a qualciie piccolo incendio vulcanico ivi avvenuto . L' Isola di ìSisila è tutta formata di tufo , incavata nel lato di libecuio dal profondo seno che dicesi Porlo Pavone , ed io cui mette 1' acqua del mare per angusta apertura . Quivi è ben conservala ed evidente la forma di cratere che Dell' interne sue pareti si mostra formalo di grandi strati di lufo giallastro iit mezzo al quale rilevano frequentissimi e grossi pezzi di Irachite, i quali non la- sciano dubitare che il tufo sia slato prodotto dalle materie eruttale in quello stesso luogo . Nella csircmità che si trova a sinistra di chi entra nel Porto Pa- vone sul tufo giallo si osserva ambe il bigio, identico a quello che con le me* desime condiziooi si trova nelle colline di Posillipo. SOLFATARA , LACO DI AGNANO'. Cratere della Solfatara. — 11 Cratere della Solfatara è forma- to da largo fondo e piano, notevole pel rimbombo che rende quando e percos- so co' piedi ; allo sul livello marino di 88 metri , e chiuso da colline con gi- ro irregolarmente circolate . I punii più alti dello medesime colline sono a set- tentrione ed a scirocco , il primo di 84 metri ed il secondo di 80 metri e- levati sulla superficie del fondo ; esse poi si abbassano dalla parte di oriente e piìi ancora dal lato occidentale . Il disfacimento cagionato nelle rocce dai sapori che esalano di continuo dall' interno della terra rende alquanto diflicilc riconoscere la natura delle medesime e le loro relazioni di giacitura . Non ci tratterremo nella parte occidentale , perchè ivi le colline formate di soli con- glomerati, ed il fondo ricoperto di alberi, non altro ci olirono degno di noia che un breve spazio di suolo sterile ( Tav. 7, m. ) con qualche fumarola , ove so- no i ruderi di antico cdifizio . E cominciando dal lato selteutrionale, vien fuo- ri dal fondo la prima prominenza di trachite in forma di cupola , screpolata per mille fenditure , talché sembra a prima vista formata di massi distaccati^ Essa è profondamente alterata dai caldi vapori che esalano per molti spiragli della medesima roccia , il perchè scolorata ed intenerita come ora ci si presei.- ta , non senza attento esame può aversi chiara conoscenza della sua natura . IVel 1839 giovandomi del cavamenlo di una grotta che si praticava nel soprap- poslo conglomerato immediatamente sulla massa trachilica che ne Tormava il pa> ìimeulo , mi venne fatto di osservare per breve tratto la sua continuazione ìa- 18 132 ■torna , e così csaniinanilola ove più intatla si conservava , rarf^llo mi assicurai ihe essa sia fiiriiuila di tracliilu . Sulla raei.lcsiiua poi sono atlilossali molti stra- li di tufo , gì' iiil'ei'iori piagali in t'orma di arco seguendo la curvatura della sottoposta massa , ed i superiori man mano si spiegano sino a diventare del lutto piani ( Tuu. 3, flgi ■ )■ I» essi si è propagalo lo sfacimento sino all' ul- tima ciuio boreale , come chiaro può argomentarsi dalla loro tenerezza e dal ]>ianco colore clic hanno acquistato , e taluni uirrono ^nche di particolare la tessitura pisolilica quando piìi e quando meno distinta. , q. Finalmente dal maneggio delle equazioni (2) , e (3) , e (5) , (6) , si avran- no le due equazioni in p'" q". Or dalla sìmmulria delle prime sei relazioni chiaramente si scorge , che i tre valori per /3 sono identici a quelli per p' p" . E così pure le radici per 5 sono le medesime di quelle per q' q". Intanto dalle equazioni di 3°. grado in p , e q si hanno necessariamente due radici reali , le quali se si sostituiscono nelle equazioni (1) , (2) , (4) , (5) si vede subito che queste emergono del r. grado rispetto aWc p' ìP" , q', q"- Dunque i valori di queste quantità son pure reali. US Gli assi orlogonali OX , OY , OZ pe' qnall sì ha fxy dlNI =: 0 , Jxi dM = 0 , fp dM = o j di'consl fls« pn'nnlpuli. inferendo dunque la posizione de' dlflercnli punti materiali del corpo a quelli assi , si ottiene fS'tm = scn'(^ fx' £JM + sen' off dU + sctCyz'd},l , in cui ip , 6 , 4- sono gli angoli clic Oi fa con gli assi principali. Or atteso che lo OX , OY , OZ sono perpendicolari fra loro , si avvera le re- lazione \ = coB^ B' , e B' > C , possiamo rinvenire la direzione di quella retta che pas- sando per r orìgine 0 le appurtìcne il massimo momento d' inerzia . Dovendo essere un massimo fS' d^l , sarà B-) m' 4. j = 0, •ioè — len ^ cos = o , cos 4- = 0, f =:9{)°, 4 = 90* , 6 = 0 La prima coppia è assurda , dappoiché una stessa retta si troverebbe con- temporaneamente suU' asse delle .t , e suU' asse delle z. Dalle altre si raccoglie che il massimo , o minimo momento d' inerzia può appartenere a qualcuno degli assi principali. E volendosi particolarizzare il mas. simo , 0 il minimo , se v' abbia , e 1' asse cui compete , bisogna prendere i valori di df' ' ® d4.' ' che rispettivamente sono ^ seti' /Ò'M , e/S' d M > C . Onde si coaferma cbe A' è massimo e C minimo. »fr(B »<-•»«— < 20 148 PROBLEMA. Dato On asse principale , trovar gli altri due. Questo problema riesce di facile soluzione , dal perohà eonosoiamo di gik obo i Ire assi principali per ciascun punto dal corpo sono sempre ortogonali . Infatti prendiamo l' asse principala dato OX per asse delle x nel sistema Ox , Oy , Oz ■ Neir equazione generale (A) possiamo fare D =3 E s: o , ed essa si ridurrà alla seguente A" dU = A scn' » + B sol" /3 + C «cn'v — 2F eos jì cos y. Ma supponendo che la 0< coincida coni' asse OZ, Terrà »=90°,/' J'dMssC. Dippiìi perchè gli altri due as«i compagni della OX cadono nel piano y , z perciò avremo «en y' = cos' |3. Dalle quali cose risulta C = A + B se«2 |3 + C cos' /3 — 2F sen j3 cos /3. Differenziando col far variare 1' angolo j3 , ed avvertendo che dC ss o , ti oltieoe 2sen^cos (3 ^ B — C ^ — 2 F ^ cos' /3 — sen' /3 ^ = o ossia e quindi (' B — C ) scn2/3 = 2F cos2 /3 2F tang- 2/3 = li — C Adunque gli assi principali OZ , OY compagni della OX fanno rispettivamente 2F ., con gli assi 0/, Oz un angolo metà di quello che tiene per tangente ■ ■ ; ma il primo nel piano y , — s , e l' altro nel piano y , z. Se il sistema è simmetrico attorno 1' asse OX , sarà OX un asse princi- pale . Dunque l' asse tirato pel centro di gravità di un bastimento parallelo al piano di 0ollaggione , e nel senso longitudinale , è un asse principale : e gli altri due si potranno rinvenire per mezzo del problema precedente. 149 delazione alla II. Accademia delle Scienza sulla scoperta del nuovo pianeta fatta da Annibale de Gasparis. Un nuovo pianeta dulia fiimiglia degli asteroidi, s'è aggiunto agli altri 9 scoperti uel periodo di AS anni, cioè dal 1801 finora. La sera dei 12 dello scorso aprile osservando il cielo nell' ora XTl delle zone di Berlino, elaborata dal D"" Sleinheil, ebbi la fortuna di vederlo la prima volta, insieme a parecchie stelline nuove di ii' grandezza. Fin dal principio del 1847 m' occupo a segna- re su d'una zona avente per asse reccliltica, e larga circa d«e gradi , tutte le stelline fino alla 14 grandezza inclusivainente, e visibili a campo non illuiui- oato. A disporre convenevolmente questa zona mi sono in più modi avvalso de' saggi consigli del sig. Capocci. Porzione di questo lungo lavoro è già compita , e mi lusingo che gli occhi ed il buon volere m' assistano per condurlo a termine. Le stelline fino alla 10 grandezza vengono osservate diretlamenle ai Gli del micro- metro, le altre vengono aggiunte per configurazioni. Oltre a queste osservazioni , spesso ho adoperato le zone di Berlino nullo- scopo di supplirvi le stelline , che per la loro piccolezza erano sfuggite ad una prima ricerca. E lenendo questa via m' è riuscito di fare un nuovo acquisto alla su!en::a. Dopo le prime osserva- zioni il sig. Capocci ne delle comunicazione con apposita circolare a tulli gli astronomi di Europa , onde ne raccolgano le posizioni necessarie a bea de- terminare la sua orbita , la quale poi valga a rivelare il nuovo astro agli oc- chi dell' astronomo negli anni avvenire. Il cav. Capocci ha già avuto i riscontri di Santini , Valz e Smylh presidente della Società Astronomica di Londra. Dalla lettera di Valz si rileva che in Al'ona se ne sta seguendo il corso , e mi lu- singo che lo stesso si faccia in altri osscrvatorii d' Alemagna . Questa scoperta m'ha offerto il destro di publicamenle attestare la mia gratitudine al cav. Ca- pocci , il quale m' è stato sempre generoso d' ajuti e di cousigli , dandogli l'incaiico d' imporgli un nome. Egli ha creduto chiamar Igea il nuovo pianeta avente per simbolo un serpente con una stella alla testa . Si sa dalla mi- tologia che Igea è la Di^a della sanità, figlia di Minerva e di Esculapio, onde collavcr ritenuto il simbolo paterno, si è voluto far allusione alla longevità di cui quella Dra si credeva dispcnsatricc appo i gentili. Al nome mitologico Igea ho cre- duto aggiungere l' epiteto di Borbonica , e ciò per rendere un doveroso omag- gio alla Dinastia felicemente regnante , e che ha fornito il nostro osservatorio di preziosi e svariali slromcnli adalli a sì delicate ricerche. Oltre a raccoglierne il maggior numero possibile di osservazioni , era mio 150 dovcic impiciitlcnio il calcolo JoU' orbila. Questo lio fallo odoporaiido lo ossei - \azicui del di '-"J uprile 7 e 16 maggio servondoiui do! metodo del sommo Gauss. Ho adoperato le seguenti posizioni fondamentali T. me. di Gre. LoiKj'd, (JCOC. Lalit. (jeoc. 18-'i9 Aprile U9 Sh 12"' 30' '183° 31' 24" — 5° 27' 20" Maggio 7 8 8 SO 1S2 50 42 — 5 16 59 16 8 33 45 ■182 31 50 — 5 3 46 ed ccconc il risultato Epoca 1849 Maggio 1, 0 t.m. di Grecmoich. Anomalia media 326' 34< 22" 44 Long, del perielio 242 47 3, 44 Long, del nodo ' . 285 32 29,72 Inclinazione Log.a Log.c 3 46 51,27 0, 5192506 9, '2478343 590 ••,37 84 Mov. med. din 11 valore del semiasse maggiore è relativamente molto grande, m;» in compen •■ so le osservazioni del pianeta rivelano un molo geocentrico miuoie . Si agi^iunga che a causa della piccola inclinazione , questi elementi si possono considerare soltanto come approssimati. Ho quindi impreso un nuovo calcolo di elementi adoperando delle osser- vazioni pili lontane, e dalle posizioni normali 18A9 Maggio Giugno T. m. di Gre. 8, 3391 93 1 21, 348100/ 8, 3488323 Lalit. gcoc. 182° 47' 8", 61 182 34 2 , 57 183 53 9 , 35 Lalii. geoc. — 5" 15' 28", 14 — 4 56 14 , 52 — 4 28 23 ,45 151 ho ovulo gli clcmorli elio goj^uoao Epoca 'IS'ÌO Marifjlo i , 0 I. t. m. dì Gree. AMmalia vicdia 330'' 0' 36" , S f Long, (lei pcridio 'J3t 47 12 , 07 Long, del nodo 286 36 36 , 80 Jiiclinazionc 3 47 42 , 04 Log.a 0, 51IÒ98J Log. e 9, Ì3388Ì9 Mov. med. diurno • 606', i/902 Cora' è (la prevedere clic in questa prima apparizione poclii asironomi po- Iranno seguire il «uovo pianeta , a motivo della sua piccolezza , e pel corto periodo in cui sarà visibile , cosi io credo di rendere miglior servigio alla scienza pubblicando le osservazioni originali da ine raccolte . Queste sono cer- tamente i)iù uiili delle posizioni apparenti già pubblicate, poiihi; gli A>trouo- iiii poiraniio usarne con maggior profitto di quello cb' io bo fat'o , e Ji più dal loro accordo può rilevarsi il grado di esaltezza «he puù darsi alle posizio- ni clic poi sono necessarie pel calcolo dell' orbila . Per far uso di queste os- servazioni originali è da avvertire che le osserva/.ioni di paragone tra pianeta e stella sono state sempre falle allo stesso angolo orario. Ne'la prima colonna son segnali gì' istanti del passaggio del pianeta e stella di confronto por lo stesso filo del micrometro , e nella seconda colonua sono segnale le declina- zioni quali le ha date la inachina Equatoriale . Onde la dilTcrenza de' tempi nella ])rima colonna darà inimedialamenle la differenza di Asc. retta di piane- ta e stella , e la seconda colonna la differenza di Declinazione . L" influenza della rifrazione è mollo piccola slanlechc quasi sempre, pianeta e stella occu- pavano lo Etesso campo del cai.noccbiale , ma si può averne conto calcolando la disianza della stella dal meridiano dal tempo dell' osservazione , ed Asc- retla data dal catalogo. I confronti diversi sono separali da convcaicnti spazi. liceo le osservazioni llnora raccolie. 152 Osservazioni originali del pianeta Ige a Borbonica. 14. aprile 1849. Tempo delV orologio. 10* 37™ 0" 0, 37 30, 0 15 hn 18, 5 50 17, 5 10 23 45, 0 30 fi9 5 58 3, 8 59 23, 1 11 5 53, 3 7 17, 9 9 52. 3 11 li', 4. 12 S9, 5 1^ 1. 9 1-2 33 19, 5 38 23, 0 57 8, 0 13 2 15;, 3 5 20, 6 18 9, 0 23 17, 0 2G 23. 0 Veclinas. all'Istrum, — 7» — 7 25' 46" n 5i Nome delle stelle di confronto. \ Igea * 23098 Ehi. €el Iitrumenlo ali est. 17. deltOy 7 14 30 Igea ] Itlrumenlo 7 18 46 'Idem. 1 all'ovett 22. detto. 6 49 34 \ Igea 7 14 50 • Idem. 6 50 6 Igea G 40 4 • 22993. mst. c»i. Istrumento 6 50 20 Igea all' est C 40 2 ' idem. 6 50 16 Igea G 40 6 ' idem C 50 22 Igea 6 40 4 'idem ^ 6 52 58 Igea 7 18 20 ' 23098 msl.Cel. 1 6 53 2 Igea 1 Isrumentn 7 18 24 'Idem ( all' ovest 6 28 4G • 63 Piassi XI i: 6 52 42 Igea 7 18 22 •23098 Hist Cel. G 29 2 • 63 Piazzi S3 JfìriU 153 Vemi>o dell' Orologio Deolln, airjslrumenl. Nome delle Sie 10* 25" 2S.,5 — C 45' 26" Igea 27 13, 3 - 6 39 58 • 22993 nut. ttl. 41 4,5 — 6 45 44 Igta 45 56. 5 — C 39 58 ' idem 53 20, 5 — 6 45 44 lg$a S5 12, 0 — 6 40 0 ' idem 56 19, 2 - 6 45 2i Igea 58 12, 0 — 6 40 10 ' idem Il 0 2, 0 — 6 45 54 Igea 1 66. 0 - 6 40 6 ' idem - .'-w t/C 25 detto. 11 56 9 0 — 6 37 30 Igea 57 45. 5 — 6 23 25 * 22955— GBist.Ctl. ^ 58 58, 3 — 6 40 2 • 22993 Hitt.Cel. 1 12 8 5, 7 — 6 37 38 Igea f 9 42. 2 — 6 23 26 ' 22955 Eitt. Cel. Iitrumento 10 54, 5 — 6 40 0 ' 22993 Hitt. Cel. vena ut 13 4, 0 6 37 32 Igea 14 40, 3 — 6 23 28 '22955 Riti. Cel. ' 22993 15 53, 5 — 6 40 2 14 42 20, 0 — 6 40 30 Igta ] 45 11. 4 — 6 43 33 '22993 H.C- ì 50 54. 2 _ 6 40 34 Igea l Utrumenlo 53 46, 6 — 6 43 43 • idem ( urto ovest 57 13, 8 — 6 40 32 Igea 1 15 0 5, 8 — 6 4Z 28 • idtn ) 154 Tintpo deW orologio. 10* W™ 2!^^ If 49 2C, k 50 39. 2 Il 11 16, 5 13 18, 4 i'* 31, 2 28 0, G 30 2, 4 51 15, 4 12 3 56, 0 6 23, 2 7 85, 4 11 26, 4 13 5V. 3 15 6, 9 42 33, 7 43 4, 8 4Gj 17, 3 54 58, 5 57 27 3 58 39 7 IZ 5 8 9 20 22 23 26 Jprile. DecUii. ali Islrum. — 6° 33' 48" — G 2:ì 22 — C 39 5G 34, 5 2, 4 t5, 4 2. 1^ 31. 2 44, 0 — 6 — 6 — G 33 46 23 16 39 58 — G 33 38 — 6 23 18 — C 39 58 27 detto, — 6 29 54 , — 0 23 — G 40 14 0 — G — G — G 6 29 28 6 25 13 40 32 23 — 0 42 G 6 6 6 6 G 32 26 0 6 54 46 6 10 Nome della stelle di confronii, lijea ' 22955 Hist. Cd. ' 2299,ì Uist. Cd. Igea '22955 H.C. ' 221)93 U.C. Igea ' 22955 H. C. ' 22993 H.C. Igea ' 22935 H. C. ' 22993 H. C. 42 46 32 8 23 58 42 50 6 C nuvole 32 22 23 58 Igpa * 22955 U. C. * 22993 U. C. Igea ' 22955 H.C. "22993 H.C. ' Igea * 22955 H.C. " 22993 B.C. Igea '22955 H.C. ' 22993 H.C. Igea ' 22955 B.C. ' 22993 U.C. lilrumento, ali eli. htrumento all' ocest. T mpo (ìe!l' Orologio 11* 18'» 9, 7 21 22 , 5 22 35 , 0 33 33 , 0 30 40 , 5 37 58 ,8 43 4G ,3 47 0 . 0 48 12 2 2 6 18 3 9 32 0 10 4V 7 If. li- . 3 l'J 28 , 0 -20 40 , 8 u 24 19, 7 25 19, 7 28 13 , 8 3tì 49 2 37 49 3 nuvole 12 0 19.5 1 14 15 18 20 , 3 14,8 48,7 49 „ 5 43 , 8 29 Jpnre DecUnaz. all' Linimento — G" — 0 — C — C — G — G — 6 — 6 — G — G — C 22 ' 38" 23 11 39 58 22 32 23 28 40 8 22 30 23 20 39 4G 22 12 23 2:1 0 39 o3 6 6 nuvole 22 24 23 14 _ 6 15 10 _ 6 7 42 _ G 23 0 — 6 15 8 — C 7 52 — G 22 50 — G 15 10 — 0 7 58 _ 6 23 13 — C 15 10 nuvolo — G 23 20 JO Nome delta stelle di confvoiUo. Igea • 229-,5 H. C. ,'2-299311. C. Igea ' 22955 n. C. ' 22993 H. C. Igea ' 92953 U. C. ' 22993 n. C. t'jea ' 22935 H. C. ' 22993 U. C. Igea • 22935 H. C. ' 22993 H.C. Igea '22SS6U.C. ' 22953 U. C Igea ' 22886 n. C. '22933 B.C. Igea '22SSGU. C. '22953 B.C. Igea ♦ 22SS6 n. C. ' 22933 n. C. 21 * 156 Tempo dell' ovolocjio li' 20" 15'. 5 •22 2i, 3 5 Maggio. Dcclinaz. all' istiwticnto Nome delle s(^:llc di confronlo. — C° 5' 17" — C 11 18 7 dello Igea * 22SS6 U.C. 11 37 51, 2 — 5 5C i9 Igea 40 23, — G 7 58 ' 22SS6 n. c: 47 3, 2 — 5 54 22 • 557 Piazzi SI. 49 30, 5 .- 5 56 4G Igea S2 o7 59 3 , 13 , 39 , 0 0 4 — 6 5 5 8 54 56 3 G 42 ♦ 228S6 E. ♦ 237 P. Igea e. Islrumente ) all'ett 12 2 49 . 7 — > 5 5i 6 • 237 P. 5 IG, 5 — S 50 50 Igea y 38. 4 __ 5 5i 4 • 237 P. 12 4, 4 — 5 50 49 Igea t 42 3V. 5 ^^ 5 50 38 - 237 P. ■ 43 49 1 , oi , 2 3 ' — 5 5 59 50 5 41 igea ' 237 P. Isirumento ali oì)esl 52 20 , 0 5 59 8 d 10 Clio Igea ' 11 iV 4G 32, 48, V 2 — o 53 54 • 2.-7 P. Igea • , • 17 20, C — 5 54 6 * 237 P. o9 3tì , 3 — 5 54 C Igea 12 8 10 35. 52 9 0 , , 5 6 54 54 7 7 ♦ 237 P. Igea 31 28, o — 5 50 59 ' 237 P. 33 i'. . 0 — Z. 50 58 Igea 157 13 Maggio Tempo dell' orologio Dcclin.air Islrumenlo Nome delle sulle di eonfronlo 13ìi 10"' 21', / — 5° 5G' 30" ' 237 Piazzi 11 59, 5 — 3 45 4. Igea 20 57 , 0 - 5 56 38 ' 237 P- 22 39, 5 — 5 45 3 Igea 31 n, 8 — 5 56 38 ' 237 P. 32 S9 , G — 5 45 8 Igea U 1 30 , 8 — 3 36 42 ' 237 P. 3 12, 1 — 5 46 2 Igea 15 detto 12 49 24, 9 — 5 50 58 ' 237 P. 51 3. 4 — 5 41 32 Igea 13 15 16 , 3 — 5 57 3 ' 237 P 16 54, 2 — 5 41 38 Igea 16 delta 13 0 17. r. » 5 56 50 • 237 P. 1 57 , 9 5 40 15 Jijca 4 52, 3 ^ 5 56 54 ' 237 P. 0 30, 5 — 5 39 52 Lje.a 7 42. 0 __ 5 56 36 * 237 P. 9 21. 3 — 5 39 34 Igea 14 54 , 5 5 56 50 • 237 P. 10 33. 0 — 5 40 2 Igea 26 22. 8 — 3 36 50 ' 231 P. 28 1 . 4 — o 40 7 Igea 158 Tempo lìeìV orclog'.o 12* SI"* 3' , 7 C2 a , 9 •.i8 35 , 0 kO lì, 4. 13 5 3», 9 7 19 , 6 14. 42 , C 16 22 , iì 12 59 12, 8 17 Mor^"Ì0 13 V* 0 5V, 0 10 9, 5 11 51,5 31 4., 5 32 47, 2 4C 2V, 6 ♦ 48 5, 9 i 38, 8 6 21, 4 13 5 28, 3 7 19, 9 27 B-i . 7 29 47 . 3 37 49, 5 39 40, 8 47 9, C V9 0, 9 Declina z. allLlrw». — 5° 56' 34" — 5 38 17 — 5 50 3() — 5 38 21 _ 5 51) 42 — 5 38 30 — 5 30 4(5 — 5 38 ■ 30 IVomc dflle stelle di confionlo. ' 23- Pialli XI'' ' 237 P. Igea • 231 P. hjea ' 237 P. Igea 18 detto 5 50 42 • 537 P. 5 37 1« J'jea 5 50 40 ' 237 P. 5 37 12 Jijea 5 50 50 ' 237 P. 5 37 20 Jgia 5 57 2 ' 237 P. 5 37 24 Igta 5 57 2 ' 237 P. 5 37 28 Igea 20 de ilo 5 56 52 •237 P. 5 34 46 Igea 5 56 48 ' 237 P. 5 34 49 Igea 5 50 54 ' 237 P. 5 34 54 Igea 5 50 58 ' 237 P. 5 34 59 Igea 21 Marrrrio 00' 159 Vffi;w lidi oivloijio) Dccliiuiz. ulihinim. — 3° 5G' 5'." — o 33 53 — 3 50 50 — o 3i 2 — 5 5(i 50 - 5 3V 0 13'> C" 40-, . 8 8 Oi) , 8 15 23 , 5 17 22. 5 2!) m , 9 31 17 , 9 39 6 , 8 41 5 , 5 -Yi^wc f/(7/f slclle. lìi conf'ronlo , ' 237 Piazzi lìjta ' 2.J7 /'. Igea • 2.J7Ì'. lijea 2Ò7 P. iQta 2i f/e//o 13 19 31 7 ■- S 56 58 • 2.J7 P. 21 57 , 0 — 5 32 18 l'jea 40 58 , 5 — a 50 38 ' 237 P. nuvolo — 5 J2 20 J'jea U 7 11, 5 — 5 32 18 Ijea 8 37, 8 — 3 4V 10 ' 33 Vtiat AVI/. 25 dello 14 28 br, 0 — 5 31 58 • Igea 30 5 , 5 — 5 4 4- 10 • 33 y. 36 55, 5 — 5 31 52 Igta 37 30 7 — 5 44 12 • 55 Y. 40 18 , 5 — 5 31 50 Igea 47 32 , 9 — 5 44 12 • 33 y. 52 10 0 - 5 31 50 ìgta 53 30 , C — 5 44 13 ' 33 Y. 27 dello 18 27 47 , 2 — 5 31 14 Igea 28 35 , 4 — 5 43 58 ' 33 Y. > • -5 31 20 Igea 21 ^^^ 28 Maggio Tempo dell' orologio DecUnaz. alf Istn 13* i'-*" oT' 0 rum. 35 ÌO 41 38 , 42 10. — 5° 31' 18" — o 43 58 — 5 31 — 5 43 22 58 29 dctlo Nome delle tlelk di confronto igea •j5 ViisìeXIlh Igea • 35 V. i:i 35 2G , 0 - 5 31 18 Igea 40 2V 8 — o 20 22 • in Veiste Xllh 42 20 4 — 5 37 2 ' 153 Y. W 8 4 - 5 31 22 Igea .-,4 6 , 6 — 5 20 24 ' in r. 50 8 , 2 — 5 30 58 ' 153 Y. 4 5 37 0 — 5 31 28 Igea 10 35 3 — 5 20 3G ' in r. 12 2 — 2 37 2 ' 153 r. 20 51 , 3 — 5 31 32 Igea 3V 48 , D — 5 20 34 ' in r. ;JG io . 8 — 6 30 50 ' r>3 Y. 30 dello 14 22 38 3 — 5 31 SO Igea 27 18 , • ) — 5 20 ;ì8 ' 117 Y. 29 19 , 9 — 5 3C 50 ' 153 Y. 38 5'f . •) — 5 31 56 Igea 43 ■Va . 1 - 5 20 40 • in Y. 45 3." . 8 — 3 37 0 ' 153 Y. Tempo cicli' orologio H* 10"' 29' , 8 il* 7 , 8 IG 9 , 7 20 27. 0 30 5 . 0 3-2 C , 8 45 48, 5 49 27 0 51 28, 2 u i8 1 , 5 21 17 , 2 23 19, 0 29 8, 1 32 23 , 4 3i 2j , 2 39 56. 1 43 11, 0 45 12 4 50 50 0 54 5 , 5 60 1 , 7 IV 2 Gnigno o D eclinaz.ttll' Istruin nlc 161 i» 33' ys" Igea 5 20 36 'in VtUit XII'' 5 37 2 ' 153 V. 5 3) 2G Igea 5 20 30 • m Y. 5 30 50 ' 153 Y. 5 33 30 Igea 5 20 38 ' 117 r. 5 30 59 ' 133 Y. 3 detto 5 34 12 Igea 5 20 34 • i/7 V. 5 30 50 ' 153 Y. 5 34 14 Igea 5 20 38 ' in V. 5 36 53 • 153 Y. 5 34 18 Igea 5 20 33 • 117 V. 5 30 53 ' 153 Y- 5 34 22 Igea 5 20 39 ' in Y. 5 37 2 • 153 Y. 4 detto 1 16 , 0 — . 5 •io 5 Igea 4 7. 4 — 5 20 52 ' m Y 6 9 , 5 — 5 30 52 ' 153 Y. 14 44, 5 5 35 8 'Igea 17 30 , 0 — 5 20 32 - //" r. i'J 37 , 8 — 5 3Ò 54 • 153 Y. 27 0 , 1 — 5 35 10 Igea 5 20 34 • m Y. 29 57. 7 ""■ 31 W, 7 — ò 36 5i ' 133 Y. 162 6 Giugno Tempo dcU cyologìo\Dcc!h,az. alll 1-2 13 , 0 13 12 , 5 10 10, 5 20 9,5 20 0,0 26 58, 9 1 1 Gitt^no Dfdinaz.all Ll'Viiie.iio — 5° l.-l' 20" — ■:• 37 2 — 5 iì 22 — 5 37 0 — 5 45 2') — 5 37 7 — 5 37 20 S 45 28 37 8 — 5 — 5 _ 5 45 40 — 5 37 0 — 5 45 ao 12 dello — 5 47 28 — 5 37 2 — 3 47 28 — 5 a7 -2 — 5 47 30 — 5 37 2 — 5 47 30 — 5 37 2 — 5 47 20 — 3 37 0 163 Nome (Itile si. di confvjiito Igea • iòÒ Wsiite Xllh Jijca • /JJ W. lijca ' /5.> m: Igm ' luì W. \ Igea • 133 w. Ijta * 155 w. ' fj'a Igea ' 133 W. Iijca ' 133 W. Ljta ' 153 W. J'jea ' IÒ3 fV. lijca ' 153 W. 22 * 164 Tempo di II' orologio 13 Giugno Dvclinaz, all' ìsirum. Uh .VO" 0'. 0 — 0° M' 2li" '*0 21, 5 — .ì :?r. se. kS 20, 0 — ;i '.9 2S k» /.o 0 — 5 :jt 1 Iti 9 0 0 — 5 19 2S 9 23. 5 — 5 3G 58 Nome (Ielle sl.dicoìifrofilo Igea • i5ò ÌViissc Xlll Jijea ' 'l53 W. Igea ' J.}.-) w. lì dello U 58 1, 0 15 3 8.5 8 IG. 8 13 51, 5 23 36. 3 28 10 , 6 33 19. 8 38 54, 0 ■SO 35 , 7 l'j 33 3 . 0 30 53 , 6 11 38, 0 18 W , 0 16 0 58 , 5 1 n, 5 • — li 'il 36 ( l}:r 39' , \ 18 33 . ■i 2V 3fi , 5 26 30 , '■* 31 15 , 7 ■òi 0 , .V 35 38, 1 40 27 >v 19 Gingilo Dcclìiiaz all' islruni. 8 21 , 5 9 L5 , 0 14 45 . 3 15 58 , 5 22 !^^ , 2 23 57 , 9 31 38 , 0 32 50 , 2 31 ì 0 38 17 i" 4' 22" 0 23 12 6 ■p 1» G 29 10 G 4 14 G 29 14 G 4 18 G 29 14 20 detto — 6 7 l'i — 6 £9 12 — C 7 13 _ C 29 10 _ G 7 12 — G 29 9 — 6 7 18 — 6 20 14 — G 7 IG _ 0 29 8 Nome delle iUlk di confronto Jjtti ' dò l'id::' Mllt Igea • tV. Jijca hjeii • i(t. ' ni. Ijea 1(1. Igea id. Igea id. Igea ' ili. 1 21 Gi'u-ino o Ti-nrjio ilill' orcloiji'o Diclinaz. all' I.struiiir.nlo i6h 25" 3'»' , ■2 aij a , 5 :u il 2 32 10 , 0 3V 27, 5 ■y* 58, 8 io 20, 0 '.0 50, 7 TjG i3 5 57 V* 0 10 i 20 . 0 i 40 , G G° 10' IV 6 29 12 G 10 G 0 21) li 0 10 IG 0 20 10 G 10 8 0 i20 G 0 10 8 G 2'J 6 0 10 20 0 20 12 homcdelUsl. di confronto l'jea ' 03 Piatii XII. igea ' id. Igea ' id. Igea ' id. Igea ' id. Igea ' id. 22 detto lo 28 10 , 0 — 6 20 8 • iJ. 28 21 , 5 — G 13 lo Igea 31 la , 3 — G 20 12 ' id. 31 26, 0 — 0 13 IG Igea 35 40 . 4 0 29 14 ' id. 35 53 , il — 0 13 14 Igea tO -jy 2 , 0 G 20 4 ' id. !i9 15 G — 0 13 G Igea os: 30 , 3 — G 23 5> ' iJ. , 30 50 G — 0 11 50 Igea 22 24 Gii sno Tempo deìt orologio Declinaz. all' Islnimcnlo Nomn delle si. di con frani» 15* Il- 53-, 4 — 0° 29' 6" ' f!3 Piani Xll'' la 3V. 5 — 6 19 4V Jijea 19 51 , 2 _ 6 29 10 ' id. 21 32, 0 _ C 19 Wì ì'jca 27 32, 3 _ C 29 12 ' id. 29 12, 0 — 6 19 43 Igea 33 w, 0 — 6 29 9 • id. 35 20, 5 — 6 19 46 Igea 38 27, 6 — 6 29 n ' id. 40 8 6 _ 6 19 52 Jijea 25 detto 15 36 28. 7 — 6 29 10 ' id- 38 50 , 0 — 6 23 C Igea 45 31, 3 — 6 29 12 ' id. 46 5 5 — 6 23 8 Igea 50 14 , 0 — 6 29 8 ' id. 52 42 0 — 6 23 12 igia 10 2 45 , 0 — 6 29 li ■ id. 5 13 0 — 6 23 12 igta 8 32 , 8 — C 29 8 •id. 11 C 9 — e 23 10 Ijta T cmpo ^ e coirne dal fondo di una Camera ot- tica ne mostra in lontananza le gigantesche ombre , quasi smarrite in mezEo alle divoratrici fluttuazioni do' secoli j esaltando così gli animi nostri alla immagine lusinghiera che altra volta la nostra specie fosse stata capace di tanti prodigi , ed umiliandoli alla trista considerazione che a noi manchi sovente o la volontà o l'attitudine di elevarci a cosi sterminata grandezza. In ultimo l' Accademia delle belle arti , per quanto restringasi a raccoglier particolari giudizi sui prodotti estetici dell' umano ingegno , pur suscitata dall' alacrità di quelle abitudini espansive di che il suo ufficio è improntato , non lascia di rappresen- tare la Musa dispensatrice delle più pure voluttà celesti, trasportando- ci negl' incantati dorninii della fantasia per abbellire dall' un canto il fuggitivo sogno della vita , e serbar desto dall' altro quell' affiato di creazione, che dovea magicamente informar l' uomo al primo sorriso dell' Onnipotenza, quando ebbe vagheggiata nel suo segreto 1' archeti- pa idea dell' universo, già prorompente dal nulla, e che d' un oenno più rapido del suo stesso pensiero ebbe comandato alla luce di farsi , e la luce fu fatta. In queste annue adunanze della Società reale può at- tingersi dunque un interesse di ben altro genere che quello di appa- gar solamente una vana benché lodevole curiosità. ■ — L rincrescevole che negli ultimi tempi, oltre alla acerbe cagioni estranee, le quali op- posero i loro importuni ostacoli ai consueti lavori delle tre Accademie, questi pur venissero a quando a quando inceppati dalla perdila crude- le di tanti egregi Socii, che la morte ci rapiva in brevissimo giro di anni. Ma siccome non tarderà molto e ne saranno esse rifornite per nuove elezioni, ogni altro im[tedimento a ricalcar con la ordinaria loro energia le antiche tracce rimarrà subito rimosso : ed in tal guisa po- tranno, col servir di centro ai lumi ogni dì rinascenti, e col promove- re nelle ampie lor vie ogni maniera di umane lettere , mantener per r avvenire inviolato ed inviolabile a questa patria dilettissima quel ve- nerando corredo di glorie non periture , di cui tanti eccelsi uomini ù altamente la fregiarono per lo passalo. 177 Cenni bio'Tofìcì dc*^ chiarissimi estinti Socf della R. A. delle Scienze, ComniendalOPC Gaspare Capone, Pasquale liorrclli e Giosuè San^iovanni, letti dalf Segretario Generale della S. R.D. cav.Ferdi- jiondo de Luca nella t'ornata generale del 30 gingnO' 13 i9. I. Commendatore Gaspare Capone. — Egli è un fatto singolare per questa bella parte dell' Italia meridionale il gran nu- mero de' sommi giureconsulti in dritto privato e pubblico che la ono- rarono e la onorano : che comparativamente agli abitanti, le cifre stati- stiche elevano di gran lunga la gloria di queste felici regioni uella giu- risprudenza : e non solo in quanto al numero,raa anche in quanto alla profondità del sapere. Ed ecco che questa Società Reale or deplora la perdita di due di questi sommi giureconsulti, Gaspare Capone e Pas- quale Borrelli Soci ordinari della R. A. delle Scienze, illustri per ogni maniera di scienza nel dritto pubblico e privato , e degni essi soli di onorare una intera nazione e di segnarv i un'epoca storica per la giu- risprudenza. Altri meglio di me scriverà V elogio storico di essi. A me spetta dire di loro brevi cenni biografici uel limite delle condizioni accademiche. Diceva r immortale Genovesi che tutto nell' uomo è l' opera dell'educazione « Ilomines quanti quanti sumus eJucationi debemus ". Epperò i biografi più illustri , Plutarco, Plinio, Cornelio Nipote, Bos- suet, Thomas, Fabroni ec. fecero sempre ricerca de' primi passi dati nel camminu della vita da q'uelli che facevano objetto alla loro laude : ohe è aulico queir apotegma « Fortes creantur fortibus et bonis » , col quale nel rendere le dovute lodi agli uomini illustri si cercano gli ef- fetti nelle loro cause. Or se noi ravviciniamo 1' età matura del Commendator Capone air aprile della sua vita , troveremo nella sua primiera instituzione i j)rimi germi di c^uel inerito disliuto ch'elevò lauto allo la sua fama t78 che Io rese filosofo, guireconsiiIto,magistralo, uomo pubblico, scrillo- re, esimio cittadino ed esemplare padre di famiglia. L'amica institu- zione era tutta modellata sugli autori classici in ogni maniera di disci- plina , de' cui profondi pensieri erudivano la loro mente nell' albore della vita i giovanetti vogliosi. E cosi di buon' ora si addottrinavano nelle lingue dotte, greca e latina, e nella filosofia la quale, anziché an- dar vagando da sistema in sistema e nutrirsi d' ipotesi per la maggior parte contraditlorie e rischiose, si alimentava di cose gravi e di ricer- che, quanto profonde, altrettanto accessibili senza stento alla intelligen- za degli adolescenti. E seguendo questo sistema il giovanetto Gaspare Capone, nell' età in cui i più. corrono a disciplina, erudì la sua mente nelle lettere latl- Be e greche sotto la direzione del celebre ab. Foli j e studiò filosofia da queir Antonio de Martiis che , dopo la morte del sommo Genovesi , seppe mantenere in onore le scienze filosofiche nella nostra Metropoli. E diede ancor opera allo studio della storia, e della geografia e crono- logia che di quella sono necessarie ministre. E quanto profittasse ia tutti questi studi, ne fanno fede i suoi svariati componimenti e in pro- sa e in verso, in ciascheduna delle tre lingue, greca, latina e italiana : e lo attestano pure le due opere messe a stampa , non ancore uscito dalle scuole, una di metafisica e 1' altra di cronologia che riscossero lau- di non compre da uomini sapienti. Ed allorché il giovinetto Capone ebbe piena le sua mente di tanti studi per preparare il cammino ad al- tri più importanti, si applica» ad apparare la giurisprudenza alla quale meno le convenienze di famiglia che la sua inclinazione lo chiamava : Nequali studi ebbe a precettori i tre sommi giureconsulti Carmine Fi- niiani, Giuseppe Cirillo e Marino Guarani. Finora il giovinetto Capone brillava nelle scuole, ove faceva alto sentire e presagire di se . Ma entrato appena nel cammino dell' avvo- cheria, cominciò quella luminosa carriera che innalzò di tonto la sua fama nel foro napoletano, e che lo rese degno di tante cariche impor- tanti e di onori cavallereschi; segretario della posta, segretario del cos'i detto Tribunale Misto,segretario e poi presidente della Biblioteca Reale, Consultore e indiCoosigliere di Stato, Delegato del Regio Exequalur , 179 Commendatore del Roal Ordine Francesco 1", e Cavaliere dell' Ordine Coslantiniano : delle quali cose in un arlicolo biografico accadenaico bastano questi pochi cenni. Ma non possiamo poi tralasciare di far breve menzione de' suoiti- titoli scientifici che gli aprirono l' ingresso nella Reale Accademia del- le Scienze, E sulle prime aveva egli continuato gli studi filosofici pe* quali sentiva una certa predilezione: e nel suo non breve corso di vita aveva veduto con rincrescimento succedersi V uno all' altro tanti diver- si sistemi filosofici, non appena ammessi all' onore del pubblico voto, che combattuti e caduti nell'obblìo.E siccome 1' animo suo era inchine- vole al sentimento religioso, egli schivò certe bizzarìe di Cartesio e le immaginazioni del Mallebranche , riprodotte in questi nostri tempi sotto altra forma più lusinghiera j e scansò il sensismo del Condillac che vedeva confinare col sensualismo puro e col materialisnlo ; e quan- do vide la filosofia in preda all'idealismo trascendente degli Alemanni degenerato più tardi nell'assoluto panteistico, nello scetticismo di Hume. € neir idealismo di Bercley, fortemente si strinse alla filosofia scozzese, la quale bandiva dal mondo delle realità ogni specie di idealismo e procedeva dritto col metodo sperimentale a sporre il triplice scopo delle filosofia, Dio V Uomo il 3Iondo. Laonde volse 1' animo suo alla filosofia del Reid e a propagarla con una sposizione piana e quasi nuo- va. E persuaso che il vero bello traspare naturalmente al paragone col bello apparente, si applicò a farne delle sagge comparazioni cogli altri • sistemi filosofici. Tale è l'objetto delle cinque memorie che il Commea- dator Capone lesse nella Reale Accademia delle Scienze^ le quali furo-i no molto applaudite e riputate degne di esser pubblicate «egli Atti Accademici. ^ •-.--• Saccesso egli nella R. A. delle Scienze a quel Giuseppe Zurlo, il «ni solo nome è un elogio, ne scrisse la biografia che fu riputata pari »ir itnportanza del soggetto, epperò ricca di cognizioni filosofiche am- Bunislrative finanziere. Era così dotto nella giurisprudenza romana e patria, nel dritto pubblico chiesastico napoletano e in ogni maniera di Muenza governativa, che in queste materie era tenuto ad oracolo da' privali e dal Governo. Senza il corredo di tante e si profonde cogniiio- tso ai non potreLbe spiegarsi come egli quasi per improvvisamento dive- nisse r oracolo dalla nuova legislazione recataci dallo straniero nel de- cennio dell'occupazione militare, né come egli dettasse de'pareri sopra objelti svariati e importanti di dritto pubblico e privalo^ da formarne ben sei grossi volumi de' quali tre soli sono di pubblica ragione. E sono a testimonianza della sua scienza delle leggi i dodici volumi delle sue elaborate aringhe sopra ogni maniera di dritto privalo controverso, e sopralulto il suo discorso in due volumi sopra la storia delle leggi pa- trie: che sotto questo modesto titolo egli pubblicava un' opera, quan-^ to interessante sulle vicende della legislazione del Regno , altrettanto utile ad ogni cittadino. La quale opera aveva per iscopo quello di eru- dire nella storia e nella scienza del dritto patrio l' animo dell' ottimo Principe che ci governa, onde essergli guida nello studio della patria legislazione dopo quella del dritto romano. Epperò il nostro illustre socio ebbe anche 1' onore di esser prescelto a maestro di leggi dell' Au--' gusto Ferdinando II. Fu il conimendator Capone sempre tenero e vivo zelatore de' drilli della pubblica autorità sia civile che chiesastica: e tulle le sue scrit- ture sentono di questo zelo coscienzioso che rivela in lui un profondo fornimento di religione. Egli era nato agli 1 1 aprile del 1767 e mori morte cristiana nel dì 5 geonajo del 1849 : epperò visse 81 anni otto; mesi e 25 giorni. Queste poche e disadorne mie parole, ultimo tributo^ che rende alla sua memoria la S. R, B., siano a perpetua testimonianza, del nostro amore per lui e del cordoglio cho ci opprime per lo vóto.' che rimaue fra noi. JS'apoli 30 giugno 1849, Cav. Ferdinando db Loca 181 II. Pasquale JD or re Ili. — Diceva il Fonlenelle nell'elogio di Leibnitz che questi menava di fronte tutte le scienze come i RomaDÌ guidavano la quadriga. Or io non temo di esser tacciato d'iperbole,- applicando questo pensiero a Pasquale Borrelli : che nell'età nella qua- le i più si addicono a disciplina , quattro lustri appena compiuti , il Borrelli aveva fama di medico sapiente, di matematico , di fisico , di filosofo: e aveva pubblicato un' opera di argomento fisiologico, tenuta in pregio anche ne' bei giorni che videro fiorire le scienze mediche ÌQ Ts'apoli : e sedeva per lo insegnamento delle medesime a caposcuola, nella quale accorrevano cogli altri giovani studiosi quegli stessi eh' era- no stati suoi condiscepoli. Ovunque esiste movimento , là signoreggia la geometria. Questo sublime pensiero aveva spinto Giovanni Alfonso Borrelli a sottopocre alle leggi delle calcolazioni la forza muscolare ne' movimenti animali ; e il valentuomo, iu questa nuova e intrigata indagine, aveva stabilito i primi elementi deli' eflelto utile delia forza animale, come preludio a' lavori sapientissimi dell' età nostra da' quali è sorta la meccanica in- dustriale. Or Pasquale Borrelli, che vantavasi di un' origine comune col sommo zoo-dinamico, non si scoraggiò all' ardimentoso pensiero di se- guirne i passi nella fisiologia umana, comechè le ascose leggi della vita animale fossero tuli' altro che l'effetto assoluto di sole azioni dinami> che. Non è men vero però che questi jnimi lavori intrapresi dal Bor- relli, nell'esordire della sua vita scientifica, rivelano quella forte intelli- genza e quella energica attività di mente che non veuàQro mai meno in lui. T Un ingegno come quello del Borrelli che si spaziava nel campo dì tutto lo scibile umano, non sapeva rimanersene entro i limiti segnali agi' ingegni ordinari. Kd infatti dalla medicina e dallo mattemaliche passava egli, come per ispirazione, alla giurisprudenza, alla filologia , alla filosofia, alle scienze sacre, alla cattedra ec. Ed in quaUisia di que- ste funzioni non rimaneva mai indietro ad alcuno. Sarebbesi detto di lui come disse il Fonteuelle del Leibnilz, che il Borrelli rappresentava 182 tanti nomini sommi, quante erano le facoltà alla quali volgeva 1' ani- mo suo. Mentre il Borrelli brillava fra gli scrittori e nell' insegnamento delle scienze medicinali, fu visto innalzarsi fra gli stiessi principi del ibro napoletano. Oggi niiflislro d' Igiea j domani giureconsulto e sa- cerdote di Temi. E quanto valesse nella giurisprudenza lo mostrano le sue svariate scritture giudiziarie, e ne fa fede il suo trattato dell' inter- pretazione non ha guari messo a slampa, del quale libro , piccolo di mole ma grande per sapere logico-legale, può dirsi ciocché scrisse il grande Newton di un'opera geometrica dottissima ma di piccolo vohi- jue« Liber mole parvus sed ubertate rerum magnusM» In quanto alle scienze filosofiche , la Genealogia del pensiero lo colloca allato de' j)rimi filosofi del secolo XIX. Il primo volume di questa opera giustamente riputata è la sposizione succinta e fedele de' sistemi filosofici. Esso rivela due cose, gli studi profondi fatti dal fiorrelli sulla storia della filosofia, e i motivi che lo determinarono a seguire il cammino fisiologico. Dapoichè se i nervi sono gì' istrumenti e quasi gli organi materiali onde il principio spirituale dèli' uomo ese- gue le funzioni del pensiero, secondo leggi sapientissime ma incompren- sibili, il Borrfilli cercò separare nella filosofia la scienza dalla creden- za. Vi ha nelle funzioni del pensiero una parte quasi intuitiva e cer- tamente dimostrabile, la fisiologica ; e un' altra ricoperta del mistero,^ la spirituale che ognuno sente, che ognuno conosce necessaria, ma che presenta alla ragione umana scrutatrice di questi misteri gli abissi sco- raggianti del materialismo, dell'idealismo trascendente e sempre dello scetticismo. L' azione reciproca dtello spirito sul corpo e della parte materiale dell' nomo sul principio spirituale è un sentimento, ma n' è incomprensibile il modo : epperò diceva il grande Genovesi » Agit in M corpus anima , corpus in animam , q-ua railone non dixerim nec ■>y quisqne alius si sapit». 11 Borrelli ragionò della parte che vi pren- devano i sensi : egli andò fin dove la ragione poteva guidarlo, ma la- sciò, il' mistero al dogma e alla credenza. E questa sua scelta ragionò assai più rh'aramente nella sua opera pubblicata sotto il nome di Rai- mondo FiJuchclli j nella quale, facendosi egli ad esaminare i principi 183 filosifici di un rluomato scrittore francese, mostrò da profondo teologo quanto que' principi divergevano dal cammino del filosofo cristiano; e in quali contraddizioni erano fra loro e colle verità della nostra San- ta Religione, alle quali pareva che quel filosofo volesse aver vanto di ac- costarsi. Intanto alcuni filosofi, eh' esaminarono ìa. filosofia del Bor- relli assai superficialmente e senza collegarla coUa parte spirituale che ne doveva essere il complemento, rilegarono la genealogia del pensiero fra' libri olezzanti di materialismo. Ma sarebbe materialista chi dicesse che noi guardiamo coli' occhio e ascoltiamo coli' orecchio ? Al dili dei nervi ottici e acustici esiste quel fatto spirituale incompren- sibile che costituisce propriamente la sensazione e che il Borrelli pose a compimento delle funzioni del pensiero (1). Le opere filosofiche del Borrelli dovevano ricevere un finimento nella Scienza delle Scien- ze : ma ci duole che q lesto lavoro sia rimasto inedito , forse fra gli scritti dell' autore, e facciamo di voti perchè vegga subito la luce. Chi aveva analizzato le funzioni del pensiero e ne aveva seguito le fila fin- dove la ragione umana poteva innoltrarsi , aveva già tutto pronto per lo studio filosofico della parola eh' è la espressione del peu- siero umano. Il Borrelli si diade a rintracciare i suoni diversi che rap- presentano le stesse idee nelle dilVerenli lingue- primitive , ne' bisogni de* popoli stessi, nelle loro sensazioni e in tutte le modificazioni che vi producono il clima e la religione. E la chiarezza dalla sua forte intel- ligenza fu a lui di guida nel iaberiiito dell' etnografia coli' analisi filo- sofica delle origini delle princijìiili lingue madri, 1' araba, la teutonica, la latina. E con questi studi l'etimologia la per lui elevata all' onor di scienza : che la filosofia ne stabili i principi, da' quali egli dedusse quegli ammirevoli canoni eoli' applicazione che ne fece alla lingua ita- li) Se la Geneoinpia del pensiero si esatnln:i senza riferìrta all'azione dell'Essere Spi- Titiiale nel cui .«eno si compiono le fu u nni inlo'li'li.iiili, (l'JTìciln m'e pii'i sfu^'ire alla iiotj dolU «rtitura avuta. E è certanieiile sotto ipi.'stii solo liguinlo clu! la preilella opera vederi n^'tata nel- I Indice de' libri proibiti, lo adoro il ^iiidi/.i-j delia Chiesa chi;, senza discenderci ad int-rpetrazioni, li.i ri^uarilala la cosa sotlo 1' aspiHto che presen avi. Ma poiché ini costa l' intenzione pura da.'- 'aiitorc e la SUI dottrina cattolica eniini'iat.i in altre 4ue U|)cre ; pi;rciù ho creduto debito di rarità cristiana il far ronosccio isiiui veri e genuini suntiMiemi i quali suno di accordo colle' altre tue onere (ìlosoliche. 25 184 liana nel grande dizionario pubblicalo nella nostra melropoli . E frutto degli studi cliniologici del Bonelli fu pure il suo calendario de' Princi- pi ove, dalle radici del nome de' Santi elio licurroiio in ogni giorno, prende egli occasione a narrare degli aneddoti opportunamente diretti alla educazione de' Principi. Neil' arte di dire ninno fu più eloquente di lui e la sua eloquen- za scorreva colla persuasione fra le amenità di un dire fiorito e abellito da tutte le grazie di una profonda e svariala erudizione. Se arringava nel foro, la sua parola facile e scorrevole rallegrava colla gajezza de' frizzi attici tanto a lui naturali : essa dirigevasi all' intelletto colla se- verità della logica più stretta e penetrava nel cuore colla forza della persuasione e del sentimento. Se dettava lezioni dalla cattedra, a cui accorrevano de' dotti di ogni maniera, con un modo incantevole di dire sapeva innestare alla scienza del dritto quella opportuna erudizione che, avvalorala da una severa filosofia, si conciliava sempre l' ammi- razione e r amore degli ascoltatori. Non vi era lezione, non vi era arin- ga e fin non vi era discorso fimigliare del Borrelli nel quale non am- niiravasi qualche cosa di nuovo ; e fin Io teoriche più conosciute ac- quistavano fra la sua labbra quella specie di novità che forma il carat- tere distintivo alesse al cuore o questo a quella: Onde non vi fu uomo distinto, non amico colpito dalla falce della n)orte al quale egli non consacrasse un epicedio come a ^fogo del suo cuore. Ma il sentimento religioso nobili- Uva tulle le virtù delle quali era egli adorno:ed egli ne fece pompa nel 186 rinomato « Discorso del Paroco di un villaggio » sacro alle virtù di una incomparabile Principessa rapita nel fiore degli anni all' amore del Re suo sposo e alle speranze del Popolo napoletano. Egli si spense improv- visamente come fiamma che muore per mancanza di alimento : e 1' ul- timo suo sonno si ricongiunse col sonno eterno che lo tolse alla Patria, alle Scienze» a questa Accademia. JS'apoli 30 giugno 1849. Cky. Ferdinando d« Locx 187 HI. Giosuè S angi ova nn i. — Giosuè Sangiovanni vide la luce a Laurino nel Principato meridionale al cominciare dell'anno 1775 . Appartenendo ad onesta e civile famiglia, fu messo a disciplina nel primo entrar della fanciullezza : nella quale mostrò tale alacrità d* ingegno, che fece concepire di se un felice presagio: e il lieto augurio ri- mase pienamente avveralo col progresso eh' egli fece negli studi, e nella dimora in sua patria e a Napoli, ove fu inviato ad apparare gli studi medici . Infatti aveva appena oltrepassalo di tre anni i quattro lustri , quando scrisse » un quadro di un sistema compiuto delle funzioni e delle facoltà dell'uomo » il quale esìste fra' suoi manoscritti. Le vicende politiche lo costrinsero, al primo entrare del secolo corrente, a uscir dal Regno , mentre aveva appena toccato il quinto lustro dell' età sua . Si portò in Parigi ove la fama preconizzava tanti uomini sommi in ogni maniera di scienze. Ed egli, che sentivasi, chiamato agli studi delle scien- 2e naturali e sopratutto della zoologia, si pose subilo sugli ammaestra- menti del celebre Lamarck che ivi era a caposcuola delle discipline zoologiche in quel grande Ateneo del Giardino delle piante. Non tardò il dotto zoologo francese a scorgere nel giovine naturalista napoletano quella scintilla celeste che la stessa mano del Creatore accende nell'ani- BQo di quegli eletti i quali Egli destina allo studio delle opere sue sa- pientissime : senza la quale scintilla non si può aver la forza di fare al- la scienza il duro sagrifizio di lutto se stesso : e di lui veramente può dirsi « multa fecit lulilque puer, sudavii el alsit ». Il discepolo divenne ben tosto l'amico del maestro , il quale ten- ne in tanto pregio l' ingegno e gli sludi del Sangiovanni, che lo associò alla laboriosa impresa di dar ordinamento alle conchi[;,lie in quel Museo Haassimo di Storia Naturale. Nel quale aringo fu sì pronta e sì ben di- retta 1' opera del naturalista napolitano, che fu tosto avuto a valente zoologo da tulli : e quell'ordinamento conchigliografiico portato a com- pimento in pochi mesi fu riputato frullo dellasua inente e delle sue cure: perlocchè nel Giardino delle piante esistono ancora de' monumenti di (juesia grata ed onorevole rimembranza per ogni italiano. Né allo stu- 18S dio de' soli caratteri esterni zoologici limitossi il Sangiovanni; che, es- sendo allora il sommo Cuvier salito in fuma di principe de' zoologi, e sopratutlo nella Dolomia comparata e negli studi della zoologia fossile, egli amò seguirne gli ammaestramenti ; e n'ebbe largo compenso per nuove vie aperte alla scienza eli egli calcò sulle orme di quel sommo di cui divenne bentosto il confidente. A qual uopo narrerò un aned- doto che sarà sempre il miglior elogio del Sangiovanni. In sul principio di questi nuovi studi egli priHJvava, come suole avvenire, delle grandi difEcollà, le quali divenivano maggiori per lo dire conciso e profondo del Cuvier. In una delle sue lezioni il Cuvier si era elevato tanto alto e per cammino si impervio^ che il Sangiovanni gli manifestò di non. aver ben compresa quella lezione: Il Cuvier lo guardò bieco e gli rispo- se « Il fallait l'entendre ». Un largo rimprovero è perduto per un pol- trone j un frizzo solo è stimolo onnipossente ad un animo forte. E così avvenne del Sangiovanni il quale i>ì decisivamente si applicò agli studi dettati del sommo zootomo francese, che dopo pochi mesi lo stesso Cu- vier lo chiamava suo amico ; o gli affidava de' lavori preparatori de* suoi profondi studi di zoologia fossile; e lo presentava a Lacepède come un zoologo illustre.. Occupava allora il Lacepède un posto distinto fra' naturalisti fran- cesi, e innalzato per altissima situazione politica dall'eminente carica di cui era rivestito, e dalla suntuosità di una grande rappresentanza pub- blica, aveva trasmutato il suo magnifico palagio in un ampio ateneo di scienze e di scienziati. E quivi fra tanto senno era ricevuto il giovinet- to Sangiovanni senz'altro corredo che quello di un ingegno vivace e penetrai te e de' suoi profondi studi. Caro al Lacepède, andato dal La- marck e dal Cuvier, la sua amicizia era ricercata da quanti sommi na- turalisti ftequeniavano questa unione scieniifica , dal Ledere, dal Le- sage, dal Hrisson, dal Gefiroy de St. Hilalre, dal Lalande ecc.epperò lai sua fama ili valente naturalista allargavasi di giorno in giorno per tutta r Euro|!a . Cosicché quando , nel periodo della militare occupazione straniera, fu data mano all'ordinamento della Regia Università degli Stu- di nella nostra metropoli, il Sangiovanni fu eletto nel 1895 a professo- re di zoologia edi Dolomia comparala. Ma egli rimase dae altri anui a 189 Parigi presso il Cuvier che avevalo a grande stima e che V onorava del- la sua particolare benevolenza. L'amore della scienza non venne mai meno nel Sangiovanni du- rante i quindici lustri circa della sua vita , neppure negli ultimi Ire an- ni né quali visse vita grama per lunga e fatale malattia che lo trascinò al sepolcro. E egli non solo ttilta comprendeva né suoi studi la storia naturale, ma le altre scienze affini continuamente studiava, e alla storia e alla scienze morali soleva pure concedere uua [)arte de' suoi studi. Frutto di tanti lavori e di tante meditazioni furono, due dotte memo- rie fatte di ragion pubblica, 1' una saW organo cromoforo de cefalopedi e V altra sulla riproduzione de' lombrici tagliati a pezzi : e di più sei grossi volumi in i°. di monoscritti in dettato francese, notabili noa meno per importanza di teoriche scientifiche, che per pregio di calli- grafia e di ligatura all'olandese. In uno di questi volumi egli tratta del- la « Filosofia della Storia Naturale o del miglior metodo a seguirsi io M questa scienza : Svolge in un altro » la Storia naturale fisiologica e « dichiarativa : In un terzo volume tratta « dell'anatomia e della fi- M siologia degli organi esteriori de'sensi,del cervello e del sistema nervo- J3 so, considerati in tutte le classi degli animali « : Discorre in altro » vt)lume 3J L' Anatomia conijtarata o la storia naturale e fisiologica M degli animali: Consacra un quinto velume» alla storia metodica de' 5> rettili e de' pesci , com[>osta su' materiali raccolti a Parigi ». E da » ultimo dà in un volume a parte» la storia degli animali senza • vertebre ». Nella memoria sull' organo crnmnforo de' cefalopedi, che c^li particolarmente prese a disamina nelle seppie e ne' polipi, il San- giovanni descris'^e quc' corpuscoli della pelle di tali animali penetrati da pigmento fosco-violetto , da' quali dipende il singolare fenotneno •del catigiamento successivo de' colori che sidia superficie di essi si pre- sentano alla vista : i quali corpuscoli il Sangiovanni considerò ccnne costituenti un sistema organico particolare che costituisce quella pro- prietà de' cefalopedi da lui denominala cromoforo. E intorno alle sue esperienze sulla riproduzione dì lombrici, egli ricercò le condizioni sotto l'impero delle quali potesse aver luogo la /acoltà attribuita a (juesti animali che, tagliali in pezzi, ciascheduno i9a ài questi riproduca un individuo. Egli ne lesse una memoria nella R. A. delle Scienze la quale poi non ha veduta la luce, forse perchè le continue agitazioni della sua vita e le malattie continue alle quali andò soggetto non gli diedero ne tempo né agio di continuare le spcrienze- È anche di pubblica ragione un'altra opera che il Sangiovanni scriveva in unione dell' altro nostro distinto socio signor Giovanni Guariui : nella quale i due nostri illustri colleglli ragionano « derimedì incompa- tibili e delle sostanze velenose ». E ci duole che questa opera sia ri- masta incompiuta, poiché l' argomento di essa noa solo é interessante in quanto alla scienza, ma anche per la grande utilità pubblica igienica. Sono sopratutto notabili., 1' articolo su' funghi, e l'altro sulla falsa ango- stura arricchito di un quadro comparativo sulle proprietà fisiche e chi- miche della falsa e della vera angostura. Chiuderò questi cenni biografici del Sangiovanni con. brevi parole sul Museo zoologico della Regia Università degli studi stabilito per lui in pochi mesi. Per un Museo zoologico di Storia Naturale non basta né la forza dell'ingegno né la protezione del governo,senza l'opera del tempo necessario a far ricerca degl'individui che fanno ricche le classi e le specie de'lre Regni della Natura. Epperò questo Museo, sorto come per incanto in poco tempo per 1' opera del solo Sangiovanni, è un monumento par- lante e maraviglioso delle sue profonde ed estese cognizioni in zoologia. Esso è più ricco in ispecie di uccelli, e un pò meno di poppanti: e sebbe- ne a tutto rigorenon vi si scorga un ordinamento corrispondente allostato della scienza a' tempi nostri, peicliè col travaglio giornaliero di 10 ore e più appena bastava il tempo a fare in pochi mesi ricerca d' individui delle svariate specie, pure i principi che più si in;mifestano sono quelli dell' immortale Cuvier.Però il Sangiovanni pensava distribuirne gli esse- ri, secondo le teoriche eh' egli aveva trattale ampiamente in quel volu- me de' suoi manoscritti ove espose la filosofia della Storia Naturale el miglior metodo a seguirsi in essa. Ma la lunga malattia eh' egli contras- se colla respirazione degli effluvi arsenicali, i quali emanavano dalle preparazioni alte a conservare sotto la forma vivente gì' inJividui del- le specie animali, eia morte che ne fu la conseguenza fecero rimanere inconipiuii e 1" incominciato lavoro, e 1' ordinamento di cui aveva ma- nifestalo il disegno all'ornaiissimo signor Cerulli suo aggiunto. 191 Il museo zoologico di Napoli, se non regge nella sua prima forma- zione al paragone con cpelli di molle altre metropoli, mostra però ove può giungere l'efficacia di un' attività maravigliosa illuminata dalla scienza. Si direbbe che l'impegno preso dal Sangiovanni confinasse col- r impossibile : dapoichè , approssimandosi 1' epoca della unione del settimo Congresso scientifico in Napoli, fin 1' edifizio non era ancora compiuto, e mancavano le scanzìe j e pochi individui di svariate specie solamente esistevano c£uà e là dispersi in diversi luoghi, e con grandi interruzioni j e delle specie e de' generi interi erano affatto mancanti , ©poveri d'individui. Ma tutte queste difilcoltà non sconfortarono il San- giovanni. Egli aveva dato parola al Governo che all' epoca stabilita il Museo zoologico dovesse esistere : e il Museo comparve, come or si ■vede se non compiuto, che noi poteva essere, certamente non sprege- vole all'occhio stesso dello zoologo. I^apoli 30 Giugno 18i9. Cav. Ferdjnando de Luca S«jr«lari« genersle della Società Reale Borboaic». 26 192 Ragguaglio de lavori della Reale Accademia Ercolanese per l anno 1848 Ulto dal Segretario perpetuo cav. F. M. Avellino nella tornata generale de 30 giugno 1849. Numerosi furono i lavori letti all' Accademia Ercolanese nel corso dell' anno 1848 ; pure di pochi tra essi deggio ragionare per esser fedele al sistema di dar conio di que' soli che letti trovansi pure già approva- ti per inserirsi negli alti . Poiché la più parie de'lavori del 1848, o per novelli studii che gli autori vanno aggiugnendo a' già fatti, o per altri motivi , non ancora sono stati presentati al Consiglio de'Senlori, che dee farne 1' esame precedente alla loro approvazione. E prima di dire di questi lavori Ietti nel 1848, ed approvali dall' Accademia, uopo è che si ritragga il mio dire ad alcuni, che letti negli anni precedenti sono poi stati più recentemente approvati. Il primo tra questi è una memoria che il sig. cav. Quaranta recitò alla nostra Acca- demia in concorrenza con quella del cav. Vulpes nell' anno 1846 intor- no al nolissi:no antico istrumeiito del Real Museo Borbonico cui il cav. Quaranta dà il nome di Jorcipe pompejano. Questa memoria fu ap- provata dall' Accademia perla parte filologica. Ma per la parte tecnica non meno su d' essa che su quella del cav. Vulpes fu invocato il giudi- zio solo conqielente dell' Accademia delle Scienze. La quale avendo approvfila sulle prime la memoria del cav. Vulpes, ne fu disposta la slam- pa e se ne die conto nel ragguaglio di quell' anno. Di poi r Accademia medesima delle Scienze avendo fatto conosce- re, che senza recedere dal giudizio già dato sulle due Memorie non trovava alcun inconveniente nella pubblicazione ne' nostri atli anche della memoria del cav. Quaranta, si è questa pubblicazione ugualmen- te disposta: e posso quindi qui ora darne un breve cenno. Uammeuta in primo luogo l'autore lo studio da lui messo per mol- tissimi anni nella illustrazione de'chirurgici istrumenti dal Rcal Museo; e venendo quindi a' particolari del forcipe illustrato dal cav. Vulpes , intende a dimostrare, che 1' uso di esso non possa essere stato quello di trarre da qualche piccola cavità frantumi d' ossa, o di altri miuuti cor- picpiuoli, o di prender qualche arteria per legarla nel caso di enaorrjgia 193 cagionata dall' amputazione di qualche membro. Ed a tal dimostrazio- ne procede coli' esame della forma stessa dello strumento, eh' egli cre- de non aver mai potuto essere adatto a raccogliere gli ossi nelle picco- le cavità del cranio, a motivo particolarmente delle su» grosse braoche che non poteano in una piccola cavità introdursi. Passa indi all' esame del testo stesso di Celso, che il cav. Vulpes avea citato a dimostrazio- ne del suo assunto, e trova che deggia questo intendersi in modo a^sai diverso, specialmente perchè le parole /t>rc//je «i^iV//àc/(?, che in quel testo si lessero, nella più parte de' codici ed edizioni leggonsi cosi far- ficeadid facto. Colla qual lezione difesa dal cav. Quaranta ei dimo- stra, che di forbici, e non già di un forcipe , ebbe Gelso a ragionare. E ciò pure illustra coli' uso delle forbici , che gli Arabi, ed ancora la moderna chirurgia adopera ( come egli dice ) ne' casi da Celso additati. E se anche volesse ritenersi in Celso la lozione forcipe , non potrebbe intendersi, secondo l' a. , che di un piccolo forcipe, non di quel gros- so pompejano, nel quale egli invece riconosce Vosla^ni degli antichi, tanto più che Eliodoro insegna essersi gli ossicini ciduti raccolti coli* aterolo'^io, ossii lingula ( linguetta ) de' Lilini, o colla parte concava di una tenta. E piccole pure esser le mollette da ossa nelle tavole chi- rurgiche de' più recenti autori afferma il cav. Quaranta, il quale mo- stra inoltre che come i Greci usarono la rhizagra per estrarre le radici de' denti, così per cavare i denti ebbero pure unistrumento che deno- minarono odorita^ia, ed odontai'ncron. Passa indi l' a . ad esaminare se abbia potuto il forcipe pompejano servire a prender le arterie per legarle j ed il nega j poiché, die' egli, il luogo di Gelso, che si è citato in dimostrazione, non dee punto intendersi nel senso, che se gli è dato: ed oltre a ciò un luogo di Paolo Egineta, rimaso ignoto a tutti gli sto- rici della medicina, pruova che le vene o le arterie da legare prendevan- si non già con un forcipe, ma con un uncinetto , che Gelso pure ado- però, dandogli il nome di hamulus. E ravvisa ancora diverso essere il becco corvmo, del quale si valse il Pareo, dal forcipe pompejano : colla quale occasione rammenta che prima del Pareo l' italiano Vigo a giu- dizio degli stessi francesi fu il ristauratore della legatura delle arterie. Termina il lavoro del cav. Quaranta colla speranza che il vero uso t9i chirurgico del forcipe pompejaiio possa per novelle meditazioni andar- si un giorno rintracciando. Dilucidò pure lo stesso nostro collega negli anni precedenti un insigne pompejano dipinto, nel qnale ravvisò espressi i funerali di quel Perdice, che la favola dicea figlinolo d' una sorella del celebre Deda- lo, del quale fu anche allievo. Se non che giunto Perdice ad inventare il compasso, di cui ignoto a Dedalo era stato fino allora 1' uso , tal ge- losia destò neir animo del maestro, che messo da banda ogni senso di umanità, col conficcare all' infelice Perdice nelle terapia un chiodo, o piuttosto lo stesso compasso, che chiuso ha forma ed uffizio di chiodo, privoUo miseramente di vita. Or a queste osservazioni, delle quali già dicemmo a lor luogo, altre ne aggiunse nel 18-17 il cav. Quaranta, e son queste il secondo suo lavoro de' precedenti anni ora approvato dall' Accademia. E per queste osservazioni diede egli novella luce a quel mito. Perdice, egli disse, è voce che per la sua stessa etimologia e derivazione accenna a chi disegni cerchi '^ e quindi ben conviene ad indicar l' inventore stesso del compasso, colui che per tal modo fu tanto benemerito delle arti , e diede origine al descrivere anche le volute delle colonne. E per sempre più confermar questa idea, noia pure coli' autorità d' Ovidio essere stato Perdice dopo la sua uccisione cangiato Ja Minerva in pernice. Or la pernice, cojne osserva il nostro collega, per r autorità di tutti gli Ornitologi da Aristotele fino a Buffon, muo- vesi circolarmente volando, e mostra così manifesta simiglianza a'cercbi che col compasso descrivonsi, e da questa specie di volo prende il suo nome non altrimenti che il circos de'Greci, Y avis circanca de' Lati- ni ed anche l'aefóJ, il cui nome suol derivarsi ah irruendo et in- volando. Con altro suo lavoro il Cav. Quaranta ha poi nel 1849 estese queste ricerche e spiegazioni anche a tutti i Dedalldl ; ma dir dovremo di esso , quando si ragionerà de' lavori di quest' anno. Il sÌ2. Cav. Quaranta iu altra memoria recitata all' Accademia Ercolanese nel corso del 1848 , ed intitolata pittura medica crco- lanese, ha dilucidato il dipinto che vedesi pubblicato nella tav. 42 del III volume delle antiche pitture cC Ercolano , in guisa affatto diversa da quello che dagli antichi ercolaoesi accademici erasi fatto. 195 Aveano questi creduto ravvisare nella destra parte d'esso un calzo- laio che si adoperasse a spacciare le scarpe da lui lavorate ad al- cune figure sedenti, e nella parte sinistra un venditore di carni già cotte : ed entrambe queste scene avevano opinato rappresentarsi nel foro. Il nostro collega mentre riman di accordo co' primi spositori nel credere che il foro sia il luogo ove collocar volle il pittore la espresse azioni, si allonlaiia però interamente dalla già detta spie- gazione di quelle azioni. Poiché in primo luogo, die' egli, del cre- duto calzolaio e delle scarpe, di cui voglia far spaccio, nel dipinto manca ogni indizio. Ed in secondo luogo opina il Gav. Quaranta, che per la bene intesa autorità de' classici scrittori, che gli Erco- lanesi citano , costar non possa che sia stato ne' costumi degli an- tichi r uso di vender belle e cotte le carni, e questa opinione sua ei dilucida colla spiegazione de' due luoghi , l' uno di Celso , e r altro di Aristotele, ne' quali credeasi di quel costume trovar men- zione. E passando da queste confutazioni della vecchia opinione alla dimostrazione della novella, ch'egli propone, dice il Gav. Qua- ranta, non altro nel nostro dipinto rappresentarsi, che un di quei medici girovaghi, detti perciò circulatores, circuitores, circumf orane y e periodevtai da' Greci, il quale sedendo nel foro , ed avendo in- nanzi a se disposto sopra una mensa alcuni istrumentl, e rimedii, profferisca la sua opera agli accorrenti ammalati. E tutto ciò si va colle corrispondenti classiche autorità dimostrando : per le quali oltre al provarsi 1' uso che aveano quel circuilores di recarsi da foro in foro, risulta pure che dalle sedie appunto, sulle quali ada- giarsi solcano, aveano essi stessi ricevuto anche un nome partico- lare ( epidipìirioi iatroi). E qui pure osserva 1' autore come la circo- lar forma della sedia espressa nel nostro dipinto , e che per tal forma nomina odadias, sia più a grave personaggio, che ad un sem- plice vendltor di carne conveniente. Inoltre i tre vasi, che nel suolo presso la figura sedente si veggono , soa così piccoli da non po- tersi rendere opportuni alla cottura de' molti pezzi di carne , che avrebbero pur dovuto prepararsi per quella moltitudine di perso- ne. Al che si agglugne pure che da uno di questi vasi escir ve- 196 desi un'erba, die Y autore intende essersi in esso preparata per uso di rimedio. Ed infine gli oggetti svariati , che veggonsi sopra una mensa disposti presso alla stessa figura, somigliano, più che ad al- tro, a chirurgici istrumenll messi così in mostra, ed in particolare ad uncini, o specilli. Con altra memoria poi letta nello stesso anno 1848 il Cav. Quaranta ha data la spiegazione dell' altra scena di questo dipin- to, nella quale , come dicevamo pocanzi , erasi creduto ravvisa- re un calzolaio. Alla quale congettura unico fondamento adduceva- si d' un panno teso che nel fondo del dipinto appare con alcune figure 8u d' esso, che a scarpe assomigliano. Ma dice l'autore che nessuna atti- nenza ha quel panno effigiato in lontananza col supposto calzolaio, men- tre alla figura che si è creduto rappresentarlo, son da presso quattro al- tre sedenti con mesto volto ; ed ha quella figura nelle mani non già una scarpa, come si è credulo, ma sì una specie di verga nella sinistra, e nella destra una qualche cosa quadrangolare e d' oscuro colore. E poi- ché una delle meste figure sedenti , di cui dicevamo, vedesi in atto di mostrare all' uomo stante un nudo bambino , che ha sulle gi- nocchia disteso j pare all' a. che debba ravvisarsi in questa rap- presentazione effigiato uno degli stessi medici circulatores , che si è pure neir altra scena incontrato , il quale sia in atto di apprestar soccorso all' ammalato banìbino con un empiastro, o nialagnia, che tiene nella sua destra, mentre ritiene tuttavìa nella sinistra la ver- ga o cercis che ha dovuto servirgli per agitare nella pentola, o nella caldaia i medicamenti , di cui aveva quel rimedio composto . E qui per dare alla sua spiegazione qaell' autorità, che dalle antiche superstiti scritture derivasi , mostra come all' antica medicina fre- «[uente fu 1' uso di apporre riinedii sulle esterne parti del corpo per curarne le interne j i quali perciò appunto denominansi topica o me- rica , e disiinguevansi in varie specie , cpilhemala, inalagmata , o cataplislhica, platysmata. E questa parte dell' antica medica sto- ria si illustra dall' autore col trascrivere e spiegare i testi stessi degli scrittori ad essa concernenti , e fare anche di essi con que- sta occasione qualche opportuna correzione. Anche di medico argomento è una terza memoria letta pure dal Cav. Quaranta all'Accademia ercolanese nel 18i8 e che ha questo titolo : r/cZ motafdace e del corego. L'a. la comincia col trascrivere un frammento de' libri d' Eliodoro conservatoci da Ori- basio, nel quale va egli proponendo la cura di coloro che eransi assoggettati alla trapanazione del cranio, e traile altre cose dice se- condo la ricevuta lezione nominarsi meningofllace un sottil pezzo di tela di bisso, o di lino, del quale egli prescrive 1' applicazio- ne, e corego poi nomina una molle lana che intrisa nell'olio di rosa debba su quel pezzo di tela collocarsi. Celso però , come osserva il Cav. Quaranta , parlando doli' operazione medesima, chiaramente mostra essere stato il meningofilace assai diverso da quello d' Elio- doro, .ed il diflinisce una lamina di bronzo, che dice firma, paiil- Intn resima, ah extcriore parie le\HS , e ne va quindi additando l'uso. Quanta difl'erenza siavi tra questa lamina di bronzo , ed il pezzetto di lana o bisso di Eliodoro, non vi ha chi non vegga : per la qual cosa dovendo credersi esservi errore o in Celso, o in Elio- doro, né potendo questo supporsi nel primo, poiché dà egli ra- gione del nome stesso meningophylax , e della sua significazione , uopo è che l'errore in Eliodoro si ravvisi. 11 quale errore poi crede il Cav. Quaranta non doversi a quel dottissimo chirurgo imputare , ma soltanto a' suoi amanuensi , i quali avranno, come egli crede , per negligenza scritta la voce nicningophylaca in luogo di quella che era nel testo, e che secondo 1' a . deve essere stata molophylaca, E ohe, precisamente nella corsiva scrittura, di questo, e di errori ancor più gravi, non manchino gli esempli, pur troppo confessar si dee da chiunque di paleografia si conosca. Ed argomento a confortar la sua oj)inione trae il Cav. Quaranta da altro frammento dello stes- so Eliodoro nel suo trattato degli ascessi acuti che si trova in un codice d' Oribasio dall' a. medesimo trascritto in Parigi. Nel quale frammento col suo vero nome il motojilace è indicato, e quello stesso iilfizio se gli attribuisce, che nell' altro luogo pel già detto errore dicesi pioprio del rneningnfdace . Per cui trae da questa discussione r a . che in entrambi questi luoghi di Eliodoro, sola e vera lezione 198 da ritenersi sia quella di molofìlace , e che sotto questo nome, coma dicevamo pocanzi, sia da intendere un pezzo di tela di bisso, o di sottile e pulito lino piegato le due o tre volte. Ancora illustra l'a. qual fosse la significazione del coinos motophylax e come da questa voce siesi tratto un dimiuutivo motophylacion trascurato fino ad ora da'les- sici. Terminansi queste ricerche colla dilucidazione anche della voce chorcgus, e coli' indicar le ragioni di questa denominazione. Due memorie nel 1848 ha recitate all' Accademia il corrispon- dente sig. Giulio Minervini. La prima contiene alcune nuove os- servazioni sul celebre vaso ruvese del real museo borbonico , rap- presentante il ratto del Palladio da una Ciccia, e dall' altra la contesa di Marsia e di Apollo. Comincia il sig. Minervini dal dare una esatta descrizione di questo vaso , del quale poco fedele mostra esser la incisione che ne fu data nelle tavole dell' Istituto di corrispondenza archeologica, e ne va notando le mende principali , per farsi cosi strada alle sue novelle osservazioni. Una delle più gravi tra queste è r essersi omesso nella faccia, ov' è Marsia, ed Apollo, d' indicare uà monte, sul quale apparir si veggiono un Satiro denominato Tyr- bas, e la Musa Thalia. Una iscrizione sovrapposta ad un giovane , che suona la cetra, fu letta OAOMl^OS in vece di OAOMIIOS, come ha il vaso. Sopra una muliebre figura con tirso fu letta la voce OPA- riES in vece di ©aAEV come è nel vaso: e quest' ultimo nome mal si scrisse sulla figura stante a sinistra , presso della quale non già OP.v- riES ma OPaNIHS chiaramente si ravvisa. II sig. Minervini passa poi a dir qualche cosa sul nome OAOM- nOS messo presso la figura di Apollo , e dopo aver ricordato le diverse spiegazioni date dagli archeologi , va additando la sua , cioè che con quel nome venga indicato il sito dell' avvenimento , cioè dire il monte Olimpo della Misla, osservando che quella iscri- zione segue in fatti la sinuosità della montagna tracciata sul vaso. Altre avvertenze aggiugne l'a. per ritenere che sia rappresentata nel vaso la contesa di Marsia e di Apollo contra il parere di alcuni valenti archeologi. Discorre in prima della figura di Apollo che illustra con opportuni confronti, e poscia favellando delle altre ^i- 199 gure, tutte tre muliebri, riconosce in esse le Muge Calliope o Clio, Talia, ed Urania. Dopo avere illustrato i bacchici simboli ben convenienti a Talia, comò a Musa della Commedia, il sig. Mlnervini favella più lungamente della musa Urania, e dopo aver dilucidata la ortografia OPANIHS in luogo di OrP.VNIII;;:? , e le particolari relazioni, che spie- gano la sua vicinanza ad Apollo, l'a. richiama un importante luo- go del Cratilo di Platone, pel quale si deduce la etimologia del nome di quella Musa dal guardar eh' essa fa In alto : la qual cosa spie- ga la significativa attitudine di un Satiro, che nel vaso è ale* da presso elevando in alto la testa a guardare. Dal che trae ar- gomento l'a. a notare la importanza del Cratilo per lo studio dell'archeologia. Avverte poi che tre sole Muse compariscono in que- sto, come in altri monumenti, tra' quali ciia l'altro vaso del real musco pur col ilopplo soggetto del ratto del Palladio, e della con- tesa di Marsia, di cui promette una compiuta illustrazione. In que- sto triplice numero delle Muse e ne' simboli , che spesso offrono ne' monumenti , l'a. ravvisa la naturale distinzione de' suoni de- gl' istrumenli da corda, di quei da fialo, e della voce umana, a se- conda (li un conosciuto frammento di Varrone . E la medesima idea ravvisa nel triplice numero delle Sirene, e ne'simboU che so- Tente ad esse parimenti si attribuiscono. In quanto al Sileno TYPBv la. correggendo un luogo di Ate- neo ricorda che la tyrbe era una specie di suon di tibia, e che quindi bene sene ritrova la rappresentazione presso di Marsia : e rammenta pure a tal proposito l' epiteto di Tjrbesios à^Mo ad Apollo. Passando all'altra faccia del vaso, ravvisa l'a. con altri archeologi Elena piut- tosto che Teano nella femminil figura, che parla con Ulisse e Dio- mede, e si ferma alquanto ad indagare come mai potesse Elena tro- varsi co' rapitori del Palladio. Dopo aver ricordali i monumenti, ne' quali la stessa figura di Elena fu dubbiosamente riconosciuta nella medesima circostanza , il sig. Mlnervini richiama a confronto X altro vaso ruvese del real musco coir avventura del Palladio, fa esso mentre la sacerdotessa 27 200 fugge dal tempio violato, un' altra figura con la patera, da lui cre- duta Elena, sia presso la soglia dello stesso tempio. Suppone il sig. Minervini che Elona fosse ita a far libazioni alla Dea , quando l' idolo fu rapito , ed illustra questa sua idea con varie cagioni , notando la religione di Elena per Minerva , che apparisce pure da un vaso del museo gregoriano. Chiude l'a. il suo la- voro col notare le relazioni tra loro de' due soggetti , che in varii monumenti trovansi insieme accoppiati. Egli esamina da prima le osservazioni su tal proposito presentate dal sig. Brauu che li riferiva alle palestriche gare. Il sig. Minervini, prescindendo dalla destinazione del raonu- menlo riconosce varii rapporti. 1. nel sito de' due avvenimenti, *» neir identità della causa dell' uno e dell' altro che fu lo sdegno ai Palla de. La seconda memoria è destinata alla illustrazione della princi- ■nal faccia di un vaso vulcente appartenente al sig. Cav. Campana di Roma, e rappresentante Ercole presso la famiglia di Eurito. Già • nolo che lo stesso signor Minervini scrisse una monografia sul Mito di Ercole, e di Iole, inserita nel V volume de' nostri atti . Questo novello lavoro può ora considerarsi come un' appendice a quel pri- mo. Avverte l'a. l' importanza del monumento, e per esser ben dif- finilo il soggetto, e per essere il primo vasculario dipinto che cel presenti , notevole ancora per Y arcaismo dello stile , e delle iscri- zioni Vedesi in questo vaso Iole ('iOAEAS ) presso di cui è un ber- saglio sul quale sono conficcate quattro saette , Ercole che tende furioso r arco, mentre a lui si presentano incontro Eurito (EYPrTO;g) ed un guerriero che vien detto ANT'I>OAO. Veggonsi al suol caduti due arcieri in Frigio abito, 1' uno de' quali è iudicato dalla iscrizio- ne retrograda TIGNO, f altro da I UTO:^ . L'a. crede di ravvisare in tutte le figure, che stao di fronte 3(1 Ercole, Eurito ed i suoi figli , che per alcune tradizioni erano appunto quattro compresa Iole , e fermasi particolarmente a di- i 201 mostrare che tale fosse il guerriero Anlpholns , rifiiUando la idea dell' intervento di qualche Dio come sarebbe Marte. Passa in seguito ad illustrare le epigrafi che accompagnano le differenti figure. Sulla prima lOAEAs! richiama non pochi confronti di nomi al genitivo su' vasi, e della ortografia colla soggiuntiva del dittongo soppressa. Esamina alcune particolari ed arcaiche forme nelle altre iscri- zioni e ritenendo la lezione AEI0N03 proposta dal Braun in luogo
  • ONO;g . Djpo le quali osservazioni conchiudc l'autore che debbano ne' tre figli di Eu- rito, rajìpresentali sul vaso , riconoscersi Baione, Ifito, e Glitio, al quale come ad Argonauta famoso ben conviene la guerriera armatu- ra. Ed in quanto alle iscrizioni l'a'. osserva che sieno una novella conferma dell'uso da lui per la prima volta avvertito, cioè disporre epigrafi dritte alle figure voltate a dritta e retrograde a quelle volte a sinistra, uso che fa pure indi riconosciuto da altri archeologi , e di cui il sig. Minervini ricorda alcuni esempli. Passando a spiegar 1' azione nel vaso espressa l'a. osserva che niuna contesa vi era tra Ercole e la famiglia di Eurito , ma che gì' individui, che ne rimangono, oppongonsi ad Ercole senza far uso di armi. Egli richiama alla intelligenza di questo fritto le varie tra- dizioni le quali portavano 1' abborrimjnlo di Iole per Alcide , ed il rifiuto chela famiglia di lei diede all'Eroe, cercando secondo l'a., di allontanar da Iole 1' eroe che sta per ragglugnerla ; e spiega così il sig. Minervini un importante luogo d' Igino. Egli crede che que- sta sua intelligenza venga pur confermita dal nomi significativo y/w- liphnnos dalo ad uno de' figli di Eurito, come a colui che cercava allontanar dalla sorella la temuta morte. Spiega poi il sig. Miner- vini il bersaglio su di cui sono conficcate quattro frecce, come l'in- dizio della gara fra Ercole ed Eurito co' figli, dolla quale Iole es- ser dovea il premio : e suppone che per alcune tradizioni, seguite dal pittore del vaso vulcente, si ravvicinava la coiilusa doli' arco alla distruzione di Ecalia. Sembra all'j^. che anche in tal guisa 202 l'osse coniloUa 1' azione nella Iragodia E urjlidac d'i Ione di Cliio , sic- come trae da un frainmenlo della stessa , ed al medesimo ordine di tradizioni riferisce la pompeiana pittura da lui precedenlemente illustrata. Dono di ciò il sig. Minervini illustra la frij^ia armatura di al- cuni de' fi di di Eiirlto , osservandu che siesi quella usata dagli ar- cieri , e richiamando il confronto de' mouiimenti, ne' quali s'incon- tra con greci opliti un arciere in frigio abito. L' a . riferisce in ultimo la descrizione dell' altra faccia del vaso come fu presentala dal sig. Dottor Braun, osservando solo che ha colla prima una relazione, offrendoci lo slesso Ercole in dioni» siaco rapporto ; ma si astiene da qualunque osservazione su di essa liserbandosi di discorrerne quando possa esaminarne un esatto disegno. L' accademia non ha mancato nel 1848 di dar pure un novello frutto de' suol studii su' papiri Ercolanesi , Deesi questo al nostro colle"a sig. Salvatore Cirillo , il quale ha in quell' anno recata a termine la dilucidazióne d' uno de' tanti lavori dell' epicureo Filo- demo che porta il titolo HEPI PHTOPIKIIS TnOMNHMATIKON. L' argomento di questo scritto è lo stesso che anche in altro buo lavoro, già pubblicalo nel tomo IV degli Ercolanesi papiri, a trat- tar si propose Filodemo , vale a dire la confutazione di quella blrana pretensione de' retori , per la quale credeansi, col solo aver iipparalo la rettorica , esser divenuti anche di politica maestri. Se non che questo lavoro illustrato ora dal sig. Cirillo mostrasi per Jo stesso suo titolo hypoinnematicon esser quasi una selva, ed ap- parato di argomentazioni e dimostrazioni. E cosa spiacevole, che sieci esso pervenuto assai strazialo dal tempo , e che però mostrisi interrotto da frequenti lagune. Ma per quanto il senso e 1' ordine del ragionamento s' intende , mo» ftira il sig. Cirillo come Filodemo indicando gli uffizi! della poli- tica dà opera a provare , come nulla con essi hanno di comune i precetti de retori , e come per conseguenza non può dirsi che basii esser buon oratore per essere anche buon politico. Poiché se r arie del ben dire è una delle politiche facoltà , non può ere-» 203 dersi che tutte le altre sieno in essa sola contenute . E parlando poi precisamente de' sofisti mostra qual sia la vanità de' loro eser- cizi!, la fallacia de' loro ragionamenti, l'ingordigia delle Iod bra- me. Concliiude che gli sludii della filosofia deggiano pren [lersi a fondamento drlla buona politica , a' quali ove trovisi riunita feli- cità d'ingegno, e quel naturale buon senso, pel quale il decoro , e r utilità pubblica si prenda a norma , ed i perigli , ed ogni vano timore coraggiosamente si affrontino , potrà così solamente aversi onore e fama di buon politico. Questi ed altri simili insegnamenti di Filodenio sono illustrati con eletti esempli di illustri uomini , tra' quali troviamo citati i «orni di Focione, Diogene, Demade, distene , Temistocle , Cimo- se, Solone, Callistrato, Pericle, Anassagora , Epicuro , Metrodoro , Nausifane , Anassimene. Nelle copiose note aggiunte a' suoi suppllmenti il sig. Cirillo ha adempita la parte critica e filologica , dando le dilucidazioni , che ad essa concernono, e per le quali anche s'illustrano con no- velle osservazioni e le gramatiche ed i lessici. Nel corso dell'anno 1848 non omise le solite sue cure e sto- dii nella accurata revisione delle memorie presentate il nostro Con- siglio de' Seniori composto del Presidente sig. Consigliere Castaldi, de' signori Ab. Greco, Can. Pessetti, Commendatore Villarosa , e del Segretario perpetuo ; se non che per infermità d' alcuni fra essi la loro opera fu talvolta con alacrità da altri colleghi supplita. 204 MEMORIALE DELLE OCCUPAZIONI SCIENTIFICHE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE ( Sezioys della Società' Jìejle Bokbojuicà ) nel 1° semestre del 1849 Letto neir assemblea generale tenuta da tnl Società il di 30 giugo* , ed aggiuntevi alcune nolerelle neli' atto dulia stampi. Brevissima oltre ogni aspeltazione sarà la narrativa de' lavori scientifici della nostra Accademia, nel semestre dal gennajo al giugno, «he compiesi nel presente giorno ; poiché la precedente di queste so- lenni assemblee, con saggio provvedimento destinate ad informare il pubblico delle annuali occupazioni di ciascuna delle tre Accademie componenti la Società Reale Borbonica, fu dal giugno del precedente anno 1848 trasferita al 30 del dicembre '. ■ Fio dalla fondazione della Società Reale , noi 1803, due Tolto in ogni anno essa ria- BTasi in pubblica tornata, nel!" una del 30 dicembre, per render conto de' laTori f.itti da ciascuna Accademia nell'anno, l'altra del 30 giugno, perchè ciascun socio Tcnisie iitruito dell' mo fal- lo de' fondi ad essa assegnali per dotazione ; ed a tali tornate proiedera un socio ordinario, ch« avera titolo di presidente sol di onore ; ed era ben giusto, che ciascun indi»iiluo dell' intera famiglia conoscesse 1' uso che si era fatto de' fondi di essa da coloro che animiiiistraTano.e se que- sto corrispondeva allo stalo ditcusso, che si era di costoro presentato in fine dell' cserciiìo dell' an- no precedente, e che in quella general tornata era rimasto approvato, e depositato per quindici giorni nella Biblioteca della Società Reale, ove ciascun socio poteva esaminarlo. Tolta alla Società Beale 1' amministrazione diretta delle sue rt;ndite,o passala al ministero da cui quella dipendeva , cessò ancora V una di questo riunioni generali ; e per la brevità del giorno nel 30 dicembro , h sessione pubblica per la lettura de' lavori accademici fu poi trasferita al 30 giu-no. Esseu- do ora riloinala 1 amminiitraiigoe al rorpo suddetto, sarebbe conseguente • necessjrio ripro»- 205 ' • Intiepidì van poi alquanto la diligenza de' nostri soci gli osta- coli,che opponevansl alla pubblicazione delle Memorie da essi presen- tate, delle quali buon numero dopo essere invecchiate prima del na- scere, con danno di qualche novità che contenevano, avevaa dovuto ritirarsele per pubblicarle. Aggiungasi il numero de' soci grandemente minorato. Ma , la dio mercè , 1' uno e 1' altro di tali ostacoli è stato interamente rimosso, di che mi gode 1' animo d' istruirne i miei colle- ghi ed il pubblico '. *•' Di fatti, con ministeriale del 25 aprile venne disposto, proceder- si, a norma del nostro Statuto , al rimpiazzo de' soci già mancati, tre nella classe di Scienze Naturali , uno in quella di Matematiche, ed altri tre per le Scienze Morali. Né sospeltavasi allora , che a tali perdite fatte dalla nostra Accademia, due delle quali avevano avuto luogo nel semestre di cui ragiono, l'una in persona del venerando com- meudator Capone, la cui dottrina, grado e saggezza nel consigliare il ren- devano rispettato dal pubblico e da' suoi colleghi, 1' altra del versatile ingegno di Pasquale Borrelli , si dovesse aggiugnere ancor quella di Giosuè Sangiovanni, cultore indefesso di più di un ramo delle vastissi- me Scienze Naturali, alle cui cure deve 1' Università nostra 1' iniziati- va di un gabinetto zoologico, come egli deve a questo 1' abbreviazione de' suoi giorni. E per non ritornare seguentemente a ripeter di loro, attristando chi ascolta, dirò da ora, che per ciascun di essi il segretario perpetuo leggeva, nella tornata immediata alla morte, un articoletto necrologico, per muover altri, come avverrà di certo , a tesserne consideratamente 5 dovuti elogi. Con altra ministeriale poi del 14 maggio provvedevasi interamen- te a quanto occorre, perchè venisse una volta terminata la pubblica- zione del voi. VI. de' nostri Atti, più volte per 1' addietro invano an- •^nunziata -, e posso con qualche fondamento assicurare il pubblico ed 4l«re di niiOTo il cisterna del conto annuale reio per l'amministrazione, e ne! modo pTeciiameoli coni» allora davasi. ' Prcdurransi tra poco lo scase su tal proposito. > t.l ..i.b 206 i miei coUegbi, che tal volume vedrà finalmente la luce per lutto il corrente anno '.E dopo ciò, cessata ogni rygione avuta per l' addietro,' non v' ha a dubitare, clie i miei colieghi si presteranno zelantemente in adempiere al prescritto nell' art. XII 1. del nostro Statuto j sicché po- trà a\er luogo di anno in anno la pubblicazione di un volume di Alti, come praticasi da tutte le principali Accademie di Europa. Passando ora ad accennare delle occupazioni nelle dieci tornate del semestre, dirò, che quelle del gennajo e febbrajo furono impiegate ia aflfari d'interno servizio accademico, ed a por fine ad un' annosa dispu- ta fìlologico-scientifica tra due nostri dotti colleghi, felicemente ter- minala, in seguito di una ragionata relazione all'Accademia nostra de* soci cav. Santoro, Semmola e Lanza, inviata a quella Ercolanese, nella quale aveva avuto la sua origine una tale letteraria contesa. Sono le dispute fra' dotti un valevolissimo mezzo in aumento delle scienze j e da esse sempre aliquid eruitur, qiiod alioquiii forsan ab- scondituni mansìsset. Ed ancor quando in esse qualche acrimonia vi si sperimenti, la quale in coloro che sono dalle ingenue arti educati non mai eccedei limiti dell'urbanità, né cagiona in essi rancore, rie- scono vantaggiose. Ed in fatti dalla lunga disputa di cui accenno, Ira* due dotti collcghi cav. Vulpes e Quaranta , se altro vantaggio non se b' è tratto, rimarrà certamente quello di una compiuta illustrazione e di un estesissimo comento a taluni luoghi della maggior opera testuale che abbiasi de' medici antichi latini, variamente riportati, nelle molti- plici edizioni, che sonosi fatte degli otto libri de re medica di Cornelio Celso, da'primi dotti tipografi, e per cura di medici ed eruditi distintissi- mi,soddisfacendo per tal modo a'desideri dell'illustre Morgagni, il quale in tre lettere da lui dirette al dottissimo G. B. Volpi, non cessava do- lersi altamente delle enormi didalte, che ad ogni passo incontrava in quelli aurei libri dell' antica Arte medica ^. Aggiungasi un' estesissi^ ' Coo dispiacere debbo diro per mio discarico, c\\<ì fino al presente giorno 31 luglio ne»» ton ordine ha ricevuto la Stamiicria Reale ; end" è tt»e la cosa rimansi abortita corno prima. < Bos cum tqo lìirni ante mullos annos ruri diligenter ptriegerém, txtmplari uiui pare»- lo ex 111 Lvgdiittrnsibu.':, quorum uno ipsum quoque losephum Scaligerum uium esse, ix Lin- inùt ecfnoicii; mtmini m» ductntos mr'Ntmum {oeoi . » La commiMione csainÌDalrice di tal lavoro avendo sul medesimo raToreTo!a>ente in- 212 Nella tornata eli cui ragionasi, il socio Francesco Bruno dava con- to air Accademia di un perfezionamento delie ruote idrauliche a si- stema misto, proposto dall' ingegnere Germanico Patrelli, e presenta- tole dal segretario perpetuo ; e costui leggeva ancora una nota invia- tagli dal sig.Alesandro Colaprete di Ca'7i/;o di Giove presso Solmona, per lina novella pingirùi di manna ricomparsa nel giugno del 18i7 , in continuazione di conbimile relazione inviata all' Accademia due an- ni sono, e da (Questa ben accolta. Terminate col mese di maggio le vacanze della primavera, l'Ac- cademia riunivasi, per la prima volta, il di 5 giugno, e gran parte del- la sessione consnmavasi nel far conoscere a' soci le molte ministeriali pervenute al nostro presidente nel corso del mese di vacanze j dopo le (luali cose, il socio corrispondente Casoria , adempiva alla promessa fatta fin dal passato aprile, con leggere il suo lavoro della nuova clas~ sificazwne de" metalli, nel quale , dopo una breve sposizione delle iirincipali classificazioni fatte da' più distinti chimici , indicandone il difetto da un ragionato ed esatto sistema scientifico , passa a stabilire il principio fondamentale di quella che egli ora propone , che riputa tlal fatto di loro ossidazione diretta. Da ciò costituisce egli la pj-ima classe da que'metalli che generano equiossidi ^ la seconda da'generanti (ìuadriossidi irimetallici j colloca nella terza i generatori di sesquinssidi, V nella quarta i metalli che danno 1' origine a' biossidi. Nella quinta ripone i costituenti triossidi, e nella sesta quelli che producono qaa- driossidi. Finalmente nella settima comprende tutti qua' metalli , che non ammettono combinazione diretta con 1' ossigeno. Nel cammino del suo ragionare va egli discutendo e sciogliendo le difficoltà che a prima vista sembrano contrastare la classificazione da lui immaginata ; e finalmente chiude il suo lavoro con esjiorre alcune sue idee relative alla difit-renza tra i metalli ed i metalloidi. Il prosi- forinat.i 1' Acradomin n con praiiJissim.i distinzione, nella tornata dil 3 luglio, 1' .Ucad«mia a voti unanimi l' appioTava per ijii Atti. 213 dènte rimeUeva una tal Mcmiorla, pel prollmuiire giudizio, alla com- missione de' soci cav. Tenore, Melloni, Seminala e Guarini. Finalmente nell' adunanza del 12 giugno , il segretario perpetuo adempiva all' obbligo impostogli dallo Statuto, di leggere, a' suoi colle- ghi, la minuta del presente ragguaglio de'Iavori accademici, ad ogget-, lo di vedere se alcuna cosa vi fosse omessa o disturbata. In tale tornata l'Accademia ascoltava con piacere la comunicazio- ne che facevagli il de Gasparis, alunno del Reale Osservatorio di Capo- tliraonte, della scoperta da lui fatta, e già resa di pubblica ragione, di un nuovo pianeta , mentre era luti' intento ad osservazioni celesti sulle stelle. Al qual proposito giova ricordare , che il sagacissimo Replo- ro , dotato di una mente a divinare quelle leggi de' corpi celesti , che era serbato al Newton dimostrare , dal non veder osservata ne* pianeti allora conosciuti una certa proporzionalità nelle loro di- stanze dal sole, e quindi tra loro, era stato indotto a sospettare , che qualche altro, non per anco scoperto, dovesse esservene tra Marte e Giove . Questa divinazione del Keplero era rimasta per bau due S3- coli senza comprovamento di fatto j poiché a scrutare più altamente r iramensurabije Cielo mancavano e gli accurati Cataloghi delle stelle, e Carte celesti come quelle che poi sonosi esega ite, e quel perfezio- namento a cui sono ridotti gli stromenti da osservarlo. E tali cose tntte eran serbate al secol nostro, che può meritamente dirsi il secolo del perfezionamento delle conoscenze antiche , e delle nuove scoperte. Nò però per tali e tante di queste cose rimarrà per ombra menomata la gloria di quel sublimissimo ingegno, che al dir di Plinio fuil ansus, rem l'tiam Deo improbani,adnunicrare posleris stellas, ac sidera ad nonieii cxpicngere, organis excogitatis,per quae singularuin loca alqiie magni- tudines signarct. Or il Piazzi provveduto che ebbe la Specola astrono- mica di Palermo di quel mirabile cerchio, per ben due volte comincia- to dal Rarasden, e per la gran difficoltà che offriva la sua costruzione, destinato come l'era a moltiplici usi delle osservazioni celesti, due vol- le abbandonato , e finalmente alle istanze di esso Piazzi compito, lavo- randovi indefessamente ben 20 mesi, si diede accortamente a voler soddisfare i desideri degli astronomi , ed i bisogni della scienza , con 2fl rrimpicre un più perfello Catalogo rielle stelle. Ed craii già due anni dx che uttcnlaincnlc vilavorava, quando ncilii sera del di 1 gennajo 1801 jmbaltevasi in un nuovo pianeta , del quale ben assicuratosi , io denominava Cerere , e dopo questo nell' intervallo stesso tra Marte e Giove ben altri otto se n'eran discoperti, prima che un decimo non toccas- se scoprirne al nostro de Gasparis. Il modo come egli vi pervenne > analogo a quello del Piazzi per la Cerere, piacenii recarlo come egli a noi il riferiva » La sera del 12 aprile (così egli diceva) studiando il cielo nell'ora XH. della zona di Berlino, elaborata dal dott.Heinheil, ebbi la fortuna jj di vederlo la prima volta (il novello pianeta) insieme a parecchie siel- 3J line nuove di 11* grandezza ce, E qui ci fa egli sapere come fin dal principio del 1847 sliasi occupando a segnare su di una zona di circa due gradi , al di sopra e al di sotto dell' eclillica , tutte le stelline fino alla 14" grandezza inclusi vamente , e visibili a campo non illu- minato , raffigurabili pe' perfettissimi cannocchiali di cui la nostra Spe- cola è riccamente fornita j dal quale lavoro , terminato che sarà, come egli fa sperare , la carta di questa fascia celeste Irove- rassi grandemente perfezionala , e sarà forse di spinta ad altri di percorrere in pari modo le successive regioni del Cielo . Ed è neir eseguire un tal lavoro , come pure l' altro di supplire nelle carte di Berlino alcune stelline per la loro piccolezza sfuggite alle ac- curate ricerche di coloro che le avevano attentamente elaborate , che imbaltevasi nel novello pianeta , pel quale sta egli tutto intento a se- gnarne le vie del Cielo che gli è dato percorrere, e'I tempo che v' im- piega nella sua rivoluzione intorno al Solo , avendo già cominciato ad indicarne un' orbita sebbene non ancora esatta, desumendola per ora dalle sole osservazioni delle quali gli era dato usare , del 29 aprile e del 7 e 16 maggio . Ma dopo questo primo passo , il proseguimento delle sue osservazioni, e di quelle di altri astronomi, che faranno certa- mente buona accoglienza a questo novello ospite celeste, non v'ha a dubi- 215 tare, che rimanga esso pìenamerile dislinto e collocato nel Cfelo '". E per non lasciarlo innominuto , il nostro collega Capocci , direttore del suddetto Reale Osservatorio , 1' h» consacrato a quella falsa dea , che gli etnici immaginarono protettrice della sanità, chiamandolo Tgea^ con r aggiunto onorevole di jSurZ'Ort/cv/ 5 e dando per segno ad indicarlo un serpente ritto sormontato da una stellina ". SiG/voni : Immense sono lo opere incomprensibili del Creatore , che nel Cielo , nella Terra e d.ippertutlo annunziano la di Lui glo- ria , e quello è assai vasto j e vha a sperare, che dalla perfez one del- le descrizioni che si hanno di esso, da' Cataloghi accurati delle stelle , che ne sono stati nuovamente fyili, o riveduti, da q. iella grandissima degli strumenti per osservarlo , dalla moUiplicazione degli Osservato- ri! , e dalle cure indefesse degli astronomi non abbiavi ad esser aano , che non sia segnalo da nuove scoperte. Mancherei al mio dovere verso la nostra Accademia, che mi ono- ra del grado di suo segretario, e the in tal qualità I ho servita fin dalla eoa fondazione , ed ora ne rimango il solo superstite tra quelli della '" Non è più che , prima di qiiest' opoca , Napoli avesse mancito di distinti coltori della Scienza Ci-le^lc, e ile' principali di cs>i ne accenni il l'ijz'.i nel lìigjuiiiiliii d'U' Oner- caloria di Ciijmilimonie dj iii piibb!ic,iti> nul /82'. E (in fla' tiMipi dell antica AccaJemii dell» Sc.cnzf, fondita in Napnli dall' Augusta Memirii di F.Tdinjndo ì\'° , geltavansi lo fonia- menta di un Usservatiii'ii) n<'ll angolo sml-est diill'cdiliziO d>;'ltc^i S.ii li , ora Keal Museo, ehn poi, non avendo avuto Lompimonto per linroliciiù do' tempi che soiiravveiinjro , fu fìaal- mcnle, a ripetuti- islan/.L' di^H'asironoma Giuieppe Cas3''lla, trasferito in S. Gaudiosa, ed ivi alla ■ifglio at<'0'iiid.tovi-.i questo laliurio-^o ed utile piofi'>sorc,senz'altri nn-zzi che qu.'pochi stnirnen- ti di eua piopriet.i, e sriizi cinolumenlo alcuno, osservava il nislro bel Cie.o , o mantencf» vita la corli^pondl•nza con lutti i principali O-servalorii di Europi , e puU'jlinava anniul- mento le Efemtndi calcdale al Mtrid'ono di Napoi,coine può ben rilevjrroponevasi . Ma poiché a cagione della sospe is one del premio nel ])assalo anno 18i8 , per 1' appello prodotto dagli eredi Sfin.;nliai av- verso la sentenza jìroiinnziala dal Tribunale Civile, nella causa da'rae- desimi promossa contro 1" instiluzione del legnto^ avevasi ben dritto a proporre e conferire, nel corso del presente anno, i prem i di bei due volte, la Commissione opinò doversi aprire un nuovo concorso psr Me- morie da presentarsi per lutto il dì 30 settembre , da premiarsi poi verso la fine del corrente anno, e che tra queste dovesssro comprender- si le anzidette due , sulle quali il giudizio era rimasto sospeso '^ . Rimaneva dunque la Memoria segnala col n". 4-, la quale riguar- dava il morfo f/a co'«05ceri', se l'acido acetico di corninjrci > , princi- palmente quello necessario ad adoperarsi per le sperienze del Da- f^/tcrrotipo, si awicmi al massimo di sua concentrazione , la quale si era già riconosciuta meritevole del premio , rlnjanendo solo a de- finirne il valore ; su di che discrepandosi da' membri della com- missione, fu bisogno venire alla votazione segreta, dalla quale risul- tava la maggioranza per doverglisi il premio intero di ducati 150, gi usta la seconda coudizione apposta dal Semenlini , nelf articolo del suo legato. " Di ul d«lib(rKione è stato avvertito il pubblico col gonia'e uGiiala J18 Quindi , nella presente piiliLIica adunanza generale , essendosi aperta la scheda conispondeiile a tale Mciiiorin [)remi;Ua, si è ritrovato esserne autore il nostro socio corrispondciile Filip|>o Casoria ; ed è' ri- masto , a norma del regolamento , il segretario perpetuo incaricato di aver cura dt il' adeinpimeiilo del legalo a di lui favore. Ni slimo superllno di qui da nlliiiio recare la cliimica preparazio- ne del reagente proposto dal Casoria, ed il modo di ottenerlo. w Prendasi del velriuolo di rame (solf.ilo di ramej del commer- » ciò di ottimi qualità , cioè quello che presenta un bel colore azzur- 3» ro nitido ed uniforme nelle masse de' cristalli ,• si polverizzi e si ri- j> scaldi in una cajssola di porcellana col semi)lice calore di una lam- » pada ad alcool , non trascurando di attenuale il sale a misura che » si deacquifica , per assiemarsi che questo siasi reso perfettamente » anidro. Osservisi, che la polvere divenula di color bianco, alla tempe- » raturadi 200 gradi , o ancor maggiore , non debba coprire di umi- >j dita una lastra di vetro postavi al di sopra . E bisogna notare , che ■>t se questo sale si deacquifica ad un calor mollo forte , la sua azione M suir ac(pia dell' acido acetico si annienta o s' indebolisce . La polve- j> re di un lai sale si dee conservare in boccetta chiusa , ed essa ado- 3» prasi per 1' oggetto nel seguente modo. w Si mescoli una tenuissima quantità di tal reagente con l'acido >» acetico da saggiarsi , può bastare un solo granello del reagente per >» saggiare una mezz'oncia di acido acetico. Un tal saggio può eseguirsi » in un piccol tubo di cristallo ben terso e scoloralo. Se il reagente >» conserverà la sua perfetta bianchezza, e rimarrà separato, sarà » questo ind'zio sicuro della purità dell' acido acetico j il che avviene jj di rado col migliore che trovasi in commercio. » Lo slesso reagente prende subilo un leggerissimo colore azzur- « ro , quando nell acido acetico vi ha presso a poco il 9 per 100 dì >» acqua ; buono però per le sperienze del Dagherrotipo. Ed a misura 5» che cresce d' inleusltà il colore azzurro , è segno di maggior quan- ^> lilà di acqua nell' acido acetico . Che se non solo si colori in azzur- » ro il reagente, ma ne cominci a dar anche segno lo stesso liquido , » sarà questo un indizio di un bel circa il 48 per 100 di accpia nell' a- n cido acelico , che saggiasi, il ^uale sarà però di nessun valore «. iì9 Discorso detto dal Segretario perpetuo della Reale jiccademii dì Ielle arti nella tornata generale della Società Reale Borbonica il di 30. Giugno 1849. UlEl CAtl59IBI COLLIGBI Poiché , ornatissìmi colleghi , la nostra tornata generale, se- condo una amica prescrizione degli statuti , à luogo due volte e non una nell'anno, noi veniamo a radunarci dopo il breve spazio di sei mesi dolenti però di non p aer riferire molte cose per noi operate. Dirò pertanto delle opere fatte in concorso dai giovani artisti aspi- ranti alle piazze del nostro Pensionalo in Ro na e del giudizio su di esse profferito dall' Accademia. E solo parlerò delle due catego- rie di Pittura e Scultura le cui proposte già sono state Sovrana- mente approvate, giacché per quella di Architettura è ancor pen- dente r ajiprovazioiie. La decisione di tal concorso fu fatta questa volta promiscua- mente da' soci della nostra Reale Accademia, e da' Professori ordi- nari ed onorari del Reale Istituto. Indubitatamente non poteasi con pili esiUta |)()ii(I(jrazione giudicare dol merita de' giovani concorreo- li, dii|)(>iihc i (Ine prescf^Ui pensionarì in pittura sono precisamente quelli che già il |)ubblico con 1' infallibile suo giudizio aveva desi- gnati degni del conseguimento di [)remIo, allorcbè fu fatta la mo- stra delle opere eseguite appositamente da' concorrenti j e mi è pur forza il dire che siarn j)aghi nel considerare , riguardo alla sezione di pittura , come il risultato del guidizio è stalo conforme affatto al nostro divlsaiuento : che se si fosse chiesto alla sola Accademia quali tra essi eran degni di premio non avrebbe saputo indicare che coloro su' quali è caduta la scella ^ né altrimenti ci esprimeremo in ordine alle commendetizie fatte a un terzo candidato, meritevo- le di qualche incoraggiamento, perocché il suo quadro conteneva cosiffatti pregi da farlo degno di special considerazione. «20 II progresso nell' arte mostrato da' giovani scultori ne' loro b en elaborati bassorilievi li rende degni di lode, che anzi siam lieti di- chiarare tre d' essi avere di gran lunga oltrepasisata la nostra espet- tazione. Cosi il f;iiin clie coscienziosamente dovea defTiDir due aspi- ranti degni del premio caldamente raccomandò al Ministro il terzo the anche tanto studio, buon siile, e diligenza appalesava nell' ope- ra sua. E da sperarsi però che venga Superiormente conceduto a quel valoroso giovane il premio per lui giustamente proposto. È questa la prima volta che inviasi in Roma un giovane pitto- re in paesaggio per isiudiare ed inspirarsi su' capolavori colà esisten- ti j ed anche in questo cimento il risultalo del giudizio fu j)resso che conforme a quello del pubblico, venendo scello a pensionalo uà artista il quale non ismentirà, come speriamo, il favorevole concetto che abbiamo del suo ingegno, progiedendo nella bella carriera che da esso istesso si è tracciata j e commendandosi a nn tempo altro giovane artista che ereditando l' ingegno del padre , à conteso la pal- ma al vincitore dal quale assai poco si è discoslato p^r merito. Né finiremo di trattar questo argomento senza tributare al chiaro cav. Ferdinando de' Luca Segretario generale della nostra Società Reale> la debita lode , perocché egli nel compiere il confidatogli incarico di dirigere la discij)lina del concorso vi si preslava con lama cor- tesia ed assiduità da aver rimasto nell' animo de giovani e di quanti altri professori ed im])iegati eran chiamati a prendervi parte la più. graia e dolce memoria. Altra occupazione della nostra Accademia è stata quella di de- signar, fra' molli arflsti che vi aspiravano, quattro più esperti che potessero nella Real Calcngrafia allendere alla jiubblicazione , per via d'intaglio in rame, della ricchissima dote di disegni attinenti alla grande e famosa opera di Ercolano . L' Accademia è lieta di arinunziarvi che de' concorrenti la più parte apparteneva all' Istitu- to , e che coloro i qu;.li furono prescelti adempiranno lodevolmen- te il propio ufizio , di tal che non allro le rimane che far voli affinchè que' giovani sicno in realtà occu[)ati al compimento de' lat- >ori a' quali si rannodano le nostre glorie archeologiche. 221 Ancora non fu trascutata la ispezione de' monumenti d' arte nello scopo d'inipedirue il deperimento, e però proponemmo si re- staurassero le dipinture che si ammirano nelle Chiese di S. Agnello a capo Napoli, e di S. Maria del parto a MergeUina , perchè ne venisse impellila la perdila sia por la caduta degli intonachi, sia per esecuzione commessa a mani imperite. Vorremmo tener t|ui proposito del giudizio che 1' Accademia prof- ferirà sul concorso al premio annuale statuito da' nosti Regolamenti. Il tema in Architettura è un progetto di un porto Militare da co- struirsi su le costo del Regno . Noi ne terremo più diirusameote ragione nella seguente tornala limitandoci ad annunziar per al pre- sente che già ci sono pervenuti i Lavorio le memorie. Lungo sarebbe noveiare quanti pensieri l'Accademia va tutto- giorno volgendo perchè le arti patrie ricevano qualche conforto ^ per la qual cosa ben possiamo lodarci delle favorevoli intenzioni onde è animalo il nostro Ministro , il quale per quanto lo comporta la condizione de' tem[)i, cerca rialzarle a quell' alto grado in cui altra volta pervennero in questa nostra patria. Vogliam dunque augurarci tenjpi migliori per veder recati in atto que' voti , ed anche perchè il nostro Augusto Monarca possa continuare a concedere alle arti belle quella protezione che non mai si è stato dal largire ad esse , di che una non dubbia pruova si à nelle onorifiche distinzioni non è guari date a parecchi artisti. Ed all' ombra di tali favori le arti patrie raggiungeranno quella mela che è segno di civiltà a un tempo e di ricchezza. Costanzo Argclini ■ZCU!|3U| •zcuipjd e co CI :0 (ì.iiii| III Ei":ini,] a o a o in o . CI o -* o ITI C5 in , :/:^ 1.-: . -* j ^ -—^ OS = = rS ■J^ - ° z o X _5 _:i . . o . o 'C o " o ? ° ="^~ ""5- -■ > . > S • > • ^ O C — C^ «1 -yi . - 'i i TI O 5 ~ , o i o = .3 e 3- .2 o e ?, — ^ =. o ^ ^ ^ ■"'^O.'-S -0_1- 3D :0 J'_l-._^:.0 C:_ -^ r? — C^ Si 1^ CC (M Of, 00 O — — ~i o » C-. C-. =- — o — — ^o o i- c: in o pi « c: « lo Qo' o f~ «^ VM V4 v^ «ri w-l -~ ~_ 'w r-: aq ■^ :3 •rr CI -** ■« « CI CI 0-'*CÌCCj» — COOCtX■ ^ 1^ W « CI O •» 3C 00 /M :0 l~- aO — CI f- I^ -; — o -* :C^ !^ ci_ r^ ^ :C :C •; :JÌ :£ r? O CI r5 ?7 ai — ' O CI --' — ri -■» -o :o -^ si 5C l-T iC l-T •o -■♦ e -•'•' C-. e Oi^^^^'Bjp O ^ W ì; W O O r, ''• O -^- O '^ '^ -y. O £ -jì cii :; va xi ■/. 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I ' , .— rv- ^ --. — ei ^ — ^ -- ;^ •_:: 1- X c". 3 — ei -r --• :e — i- x 3 ^ — ci re vs;n v-nsn ivii'ii;i[ ' "- ~' et — . — — — ci ci ci ci ci ci ci ci ci — — :is iK 'i^n Kunil — CI ce • .-^ '-i fr— -^1 cn :^ — CI *e -^ lO :C 1— 00 3 3 ■^^ CI re -* :C 15 I— X 3 d •« "^-*'^=^'-';;~Sì;ì-ì;^Ì- — — cicicicicicici— ce Cj: i«i. ♦.' ±^ i - - - . - --_-_--_-,..-_',., ^^ ,*- ^1 55 ^ oo c;t li e o o= oi f o M ; e — e; — o: er. -j ^- ^- ci t~ in - — " , ^- ce O- O- — --* X >w ^* -^ i^- '^ ^^ ^ o U Z -? -= -il o --^ o e. --, -o -- V- 0-. a « e -* V- oc e: -4 ,o ^- e ce « ti ti o ..s(or. gf S g 5 S t' e g 5 g fe. ^ S £ fc g. C^ O' " ■ Q. ^. g e : e: - . .e - - e. I ^ èè-&&^t:9&-&l:^- ,t^6.g.^- B-cg à Ir'^'^Rit: P3 \ " L, ^ ^ M -« -4 -( M -I -4 -j ;j r;; s; ":! si Zi i^ ò^ ^ *^ *-' o? i^' ♦^ oc' V- ►-' ò; u "^^ a: &' iC S £ S; &' Se i" S £ ^- ìt i - & «> .- » .^ i» r « r^ = P ? 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PRESIDENZ^i DEL BIAnCHESE DI PIETRACATEU\ SvxTt DEGLI ATTI VERBALI DELLE TORXATE DE^3 E 17 LUGLIO, \à E 21 AGOSTO, E de' ii ED 11 SETTEMBRE ( ORDINARIE ) j 18 E 25 ( STRAORDINARIE ). TORNATA DEL 6 LUGLIO. Dopo la leltura degli Alli Tcrbali della precedente tornata , (atta dal segre- tario perpetuo, il presidente sig. marchese di Pielracatella presenta all' Accademia , 1". Una Itliera direnagli daf prof. Vincenzo Antonio Rossi, con la quale ricorda le opere di IVlalemaliclie e di Arie , da lui altre volte inviate all' Accademia , ed una nota nella quale erano indicali molli altri suoi lavori iuedili — 2° Una nota a stampa del nostro socio corrispondente Giustiniano Nicolucci , nella quale espone tutti i suoi lavori, tanto quelli presentati all'Accademia , quanto quelli da lui diret- tamente pubblicati , non che i suoi diversi titoli accademici. Di una tal nota ne aveva anche ciascun socio ricevuto un eserai)lare distribuitogli dal cav. Tenore. Ed il segretario perpetuo legge dignitosa e coiiipitissima lettera scrittagli dal cav. Nicola Nicoliiii nostro antico socio onorario. Altra lettera pur legge indirilta al presidente dal sig. Nicola Rocco nostra socio corrispondente, ed autore della dotta opera ; dell' uso etì autorità dalle leggi del regno delle due Sicilie, considerate nelle relazioni con le persone e col territorio degli stranieri. Veniva questa accompagnala da lunga relazione falla dal conte di Portalis all' Accademia delle Scienie Morali e Politiche dell' Inslituto di Francia. II sig.Giuseppe Campagna faceva pur presentare dal presidente le sue opere poeti- che, accompagnandole con lettera , che veniva pur letta, E finalmente il segreta- rio perpetuo non tralasciava di presentare un Cenno, a stampa , di aleuue dottrine filosofiche esposte nelle opere del sacerdote Giuseppe Mazzarella. Assolute tali cose , il segretario perpetuo riproduceva in Accademia le due UeiBoric diir arcidiacono cav. Gagnazzi ricuperale dalle carie del fu nostro socio 31 232 Pasquale BorrcUi , clie le aveva ricevute per farne rapporlo, 1' una dì esse riguarda- va il vizio dcW aulico drillo ' romano ncU aivr ammesso l umano senajgio ; 1 altra eran le Osservazioni sul commercio delle nazioni agricole cor. quelle manufalturicre . Tali Memorie venivano , per disposizione del presidente passale al socio sig. Mas- dea , per riferirne all' Accademia il parere della Classo di Scienze Morali . La commissione de' soci cav. Tenore, cav. Gussone e Costa legge relazione favorevole riguardante la Memoria del socio corrispondente Vincenzo Semmola sul verme dell'uva, ad essa inviata pel corrispondente esame , proponendola per gli Atti, e r Accademia vi acconsente con unanime votazione. TORNATA DEL 17 LUGLIO. Leggonsi gli Atti della tornata precedente, e poi diverse ministeriali per in- terno servizio dell' Accademia ; ed il presidente presenta un ufizio direttogli dal ministro di Agricoltura e Commercio, per chiedere all' Accademia un parere sul modo più acconcio da disinfettare le lettere e le merci di qualunque natura vengano da luoghi sospetti d' infezione, che fosse ad un tempo spedito, e non a'teranle affat- to tali oggetti ; e vi destina la commissione de' soci cav. Vulpes, cav. Melloni Sem- mola e Guarinl — Presentansi anche le opere del socio corrispondente Francesco Romano , professore di Medicina , accompagnate da sua lettera, nella quale ricor- dando a' colleghi il di lui nome , si raccomanda nelle provviste a fare di soci ordi- nari, nelle classe delle Scienze Naturali. Firialmente il socio delle Chiaje legge una relazione ragionata , della ri- vista da lui fatta, dopo la morte del suo collega Sangiovanni, su' MSS. scelti fi- nora da quelli rimasti in potere dell'Accademia , del fu nostro socio ed insigne na- turalista Filippo Cavolini. TORNATA DEL 14 AGOSTO. Leggonsi gli atti della precedente tornala , e diverse lettere pervenute al se- gretario pcirpetuo dall' estero. Il presidente presenta ancor egli: Luna lettera direttagli dal colonnello commend. d' Agostino , con 1? qucle ricorda ledi lui opere altra volta inviate all' Accade- mia , ed i suoi titoli l'.a poter aspirare al posto di socio ordinario nella Classe di Scienze Fisiche. 2. T r2 volumi del Dritto umminislrativo del Regno delle due Sicilie del sig. Giovanni Mr.nna, e /fl Gi«mpr«(fcrt3a del Foro Napolitano, accompagnali da lettera. Viene anche presentala all' Accademia una memoria del prof. Lionardo Dorotea sulle vcscichcllc germinalive dell /Inclocia , che dal presidente rimettesi alla commissione compilatrice del Rendiconto , per l' uso che crederi» farne. 233 TORNATA DEL 21 AGOSTO. , L' Accademia , prcDJenclo occasione dalle circostanze presenti di Domine di più soci ordinari , stabilisce , che dal segretario perpetuo si apra un registro , nel quale notiosi , secondo le occorrenze , i nomi , i titoli , le opere , ec, di tutti co- loro , che 0 a proposizione di qualche socio , o per opere pregevoli presentate, o per qualunque altro rapporto potessero concorrere nelle elezioni . Il scretario perpeluo promellc esibirne il modello per la tornata prossima . Esso segretario trattiene 1' Accademia con la lettura di una sua Nota su di un problema gcomelrico , che aveva meritata l altcnzionc deli illustre Villa, recandone la storia e le soluzio- ni diverse , che se n' eran date da altri geometri e da lui. TORNATA DEL 4 SETTEMBRE. Dopo la lettura degli Atti yerbali della tornata precedente, il segretario per- petuo presenta il modello, di cui è detto in questa, del registro di coloro che pos- sono concorrere a' posti vacanti, divisi nelle seguenti categorie • 1. Cognome nome e qualità. 2. Titoli accademici. 3. Memorie date alla nostra accademia, e giudizio sn di esse. h. Opere pubblicate. 5. Osservazio[ii. Nella occasioni di nomine un tal registro verrà dal segretario perpetuo presen- tato a' soci ordinari, perchè possa servire in qualche modo, di norma nella formazio- ne delle terne. Il presidente ha presentato all' Accademia le seguenti opere : Dal professore Cesare .Marini a lui inviate con lettera , che dal segretario per- petuo si eletta. 1. Corso di Drillo novissimo voi. 5 in 8." 2. di Dritto Controverso voi. 2 in 8.° 3. Discorsi sulla Selva Bruzia, opuscolo ■4. Memorie sulla terre corse — opuscolo 5. Genesi e progresso del Dritto Romano. G. Progetto di nuova legge organica amministrativa — opuscolo 7. Dritto pubblico e privalo dal Regno delle due Sicilie. 8. J'ico al cospetto del secolo XIX. — opuscolo 23i Dall' avvocalo Vitaliano Sabatini. 1. Riflessioni suW isiruzione pubblica. *2, . Discorso sulla decadenza delle ricchezze — opuscolo. 3. Sull' improprietà delt arresto pcrsanale per materia civile — opuscolo. ''' 4. Su dissodamenti delle pendici montane — opuscolo. 5. Su l'utilità e spedienli principali per rendere la Filosofia popolan—o^WKolo. 6. Del pauperismo — opuscolo. L'Accademia dopo ciò si è occupala della scelta de' giornali scienliGci pel prossimo venturo anno 1850, e del modo piìi proprio di acquistarli e cooserrarli ,a comodità de' soci , ed in modo da evitare le solite dispersioni. TORNATA DELL' 1 1 SETTEMBRE. 11 presidente sìg. marchese dì Pietracalella presenta all'Accademia la nota de'requisiii accademici del medico sig. Salvatore Tommasi, ed una lettera dil pro- fessore privato di Giurisprudenza Gaetano Carlini,che dimanda un posto di socio ordinario nella nostra Accademia ; ed a bocca indica la stessa premura a lui fktta dall' avvocalo Anlonio Scialoja autore di un' opera di Economia politica , tradotta anche in idioma francese, e già professore di tale scienza ncU' Università di Torio». I soci corrispondenti cav. D. Giuseppe de Cesare e D. Domenico Presatti inviano l' elenco de loro titoli per concorrere a nomine, l'uno nella Classe di sciea- le Morali V altro in quella di Fisica ; e lo stesso fa il professore di questa scienza Michele Zannolti , ricordando di aver altra volta inviato in dono la sua opera al- l' Accademia. 4« TORNATA STRAORDINARIA DEL 18 SETTEMBRE La lettura di parecchie ministeriali ha occupata 1' Accademia tutto il tempo della sessione. Di questa 1' una riguardava l' indefinita pubblicazione del voi. VI. de' nostri Alti, per la diificoltà incontrata nell' incisione di alcune tavole corrispon- denti alle Memorie su funghi del nosto regno, del sig. Francesco Briganti socio corrispondente. a» TORNATA STRAORDINARIA DEL 25 SETTEMBRE Dopo la lettura degli Atti della precedente tornala , il segretario presenta nu suo ultimo progetto per ultimare la pubblicazione del voi. VI. degli Alti. Sonosi poi lette alcune ministeriali, per semplice intelligenza dell' Accademia, riguardanti il Consiglio di amministrazione 235 MEIUORIE E COMUNIC AZIONI- BE' SOCI ORDINARI E CORRISPONDENTI DELL'ACCADEMIA. Contiimaztonc duella 2' memoria geologica sulla Campania^ per A. Scacchi. A s T n 0 N I Di quanti crateri Tulcaoici potrai vedere nella Campania nessuno ti si pre- senterà più ammirevole di quello degli Astrooi ; e la sua figura ovale eoo sorprendente regolarità circoscritta, e Torlo delle sue mura con piccole inegua- glianze terminato , e la grande ampiezza del suo recinto , e le combuste roc- ce che ricordano le anlichissime e strepitose sue conflagrazioni , tutto si ac- corda per olTrìrli , ove forse meno tei pensavi , maestoso e vago spettacolo di natura . Esso è nel suo maggior diametro da levante a ponente di circa 1800 metri, e nel minor diametro da borea a mezzod'i non oltrepassai 1400metri. Il suo fondo nelle parli più basse , senza tener conto dei laghetti che vi so- ilo , è di poco più alto del livello del mare , e 1' orlo del cratere nel la- to occidentale , dove perviene a maggiore altezza, giunge a 220 metri , mentre nella porta d' ingresso , eh' e dal lato di scirocco , poco manca per giungere a 400 metri. Tre laghetti ( Tav. 2, h,h,h ) il maggiore dei quali si avvicina al lato di mezzodì , e gli altri due sono a breve distanza dal medesimo , na- scondono alle nostre indagini le parli più profonde di questo cratere . Nel mezzo della pianura che ne forma il fondo sono notevoli verso borea un coni- co monlicello f chiamato Rotondclla , una prominenza bislunga g diretta da maestro a scirocco , dell'altezza di A4 metri, denominala l Impcfalricc, eà un' altra prominenza nella medesima direzione della prima e molto più bassa, pros- èima al luto orientale. Il ricinlo degli Aslroni è quasi tutto formalo di conglomerali con eviden- te strulilicazione , e talvolta , come a sinistra della strada per la quale si scende in quel vasto aufkealro , gli strali si veggono fortemente inclinati al- l' esterno . Essi poi sono di varia natura , il più delle volto formali di lapil- li poniicosi incoerenti, tra i quali spiccano alcuni grossi pezzi di trachile bi- giastra o nerognola con singolare tessitura spongiosa, rimarchevole per i lunghi filamenti e per le sferiche bolle . Di tal sorla di roccia , non se ne incontra esempio in altri luoghi della regione flegrea , e però vuoisi considerare come particolare produzione degl' inceudi avvcuati negli Astroni . Ci ha pure qual- 236 cLe strato composto di conglomeralo indurito e mollo somigliante all'ordinario tufo ciallo ma questa roccia è mollo rara in confronto degli aggregali in- coerenti . Nel lato oricnlalc in mezzo agli strati di conglomerali che formano il ricinto del cratere si vede comparire nella parte interna una gran massa di tracliite (Tav.2,k) die nella sua base è di circa 140 metri larga, ed ascende con ra- pidissimo pendìo sin quasi all' orlo del cratere . Essa si profonda in basso , o eli strali di tufo che le si addossano su i fianchi non manifestano segno al- cuno di essere slati disluibali dalla loro primitiva situazione pel sollevamen- to della medesima . Nella sua cima^ è pure ricoperta da pochi strali di lapil- li ■vulcanici con debole coerenza , i quali, considerati nel modo di loro gia- citura, da per tutto dichiarano con sufficiente certezza di essersi depositati •ulla trachite dopo la sua emersione . Delle prominenze che sono nel fondo la RotondcUa è formata di nuda e solida trachite con frequenti e profonde fenditure che la dividono in ogni verso , il perchè ti sembra a prima -vista, composta di giganteschi massi trachitici gli mii agli altri addossali. L' Im- peratrice, per i folti cespugli che la ricuoprono, non lascia vedere eoa chia- rezza di qual roccia si compone . Nondimeno ia alcune sue parti vi si sco- pre la medesima trachite , quantunque questa roccia ivi sia assai fragile . Nel quadrivio ove mette la strada d' ingresso degli Astronl , e per qualche trat- to lungo la strada di mezzo , si scuopre ancora trachite , eh' è nelh sua superficie ecoriacea , e sembra che per la stato di mollezza che aveva quanto usci fuori , si fossse diffusa nel fondo del cratere , ed avrebbe altre- sì fluita in forma di lava, se le condizioni del luogo glie l'avessero permes- so , Quivi -OD pure non pochi pezzi erranti di trachite scoriacea , solila con- dizione dei luoghi ove sono scoppiati gV incendi vulcanici. Non è facile poter decidere con qualche fondamento di certezza se le diverse trachiti di cui ho fallo parola sieno al di sotto congiunte insieme , vai quanto dire se appartengano ad una massa , ovvero sieno le une indi- pendenti dalle altre . Poiché né sono esse del tutto somiglianti fra loro , né offrono tali diversità che i medesimi caratteri di differenza spesso non s' in- contrino nelle diverse parti della medesima massa . La trachite che si trova incastonata nei conglomerali che formano le mura del cratere , ha d' ordina- rio color bigio , che inclina al turchiniccio , ed in essa sono più frequenti che altrove le piccole cellette con minuli cristalli di nero anfibolo e di so- dalite ; quella della RotondcUa suol essere di color più fosco ; e l' altra dell' Imperatice, alla quale molto somiglia quella menzionata nel quadrivio, e ju molli luoghi di colore bianchiccio. 237 Confrontando fra loro le cose che ti verrà fallo di osservare negli A- «Ironi , ti sarà facile persuaderti che 1' incendio il quale ha dato origine a quel vasto cratere sia stalo di non breve durala , e che molti cambiamenti sicno avvenuti ne' suoi diversi periodi , e pel variare dei fenomeni , e per le svariate qualità di materie frammentarie eruttate . Potresti ancora credere che diversi incendi sieno ivi avvenuti a brevissime distanze gli uni dagli altri , o se anche ti piace 1' un dopo l' altro per la medesima apertura . E se que- st' ultima maniera di rappresentarci le antichissime eruzioni degli Aslroni fos- se da sufficienti pruove garantita , sarebbe un caso di rara eccezione alla re- gola altrove dichiarata , che nei campi flegrei gì' incendi sien venuti sempre per diverse strade . Ora di tanta conflagrazione altro non avanza che mode- rata sorgente di calore che si scuopre scavando nel fondo del cratere pres- so il laghetto di mezzo. n. CACJnO , CIGLIANO , CnATERl DI CAUPÀNA. Il cratere del M. Gauro e quello di Cigliano sono in tutto formati da rocce di aggregazione , con questo di differenza , che il primo si compone di solido tufo giallo con rari segni di stratificazione , ed il secondo al contrario offre molti strati ben distinti di lapilli e di sabbie poco fra loro coerenti , i quali torna agevole di osservare lungo la strada detta via di Cigliano, che molto si profouda nelle pendici meridionali. Nel tufo del Gauro ci ha in ol- tre la particolarità eh' esso contiene molti pezzi grandetti di pomici bian- chicce oltremodo fragili , con singolare tessitura che piuttosto direi spumo- sa anziché spongiosa . Tal maniera di pomici avviene trovarla meglio che al- trove neir orlo orientale, ove Y orlo del cratere di tanto si abbassa che quasi adegua il suo fondo . Dall' opposto lato poi lungo la strada esterna vi sono molli pezzi scoriacei taluni de' quali ho trovato ricoperti da eleganti cri- stalli di oligisto . La forma ovale col maggiore diametro diretto da setten- trione a mezzogiorno e comune ad entrambi i crateri , ma quello del Gauro è poco men lungo di l'iOO metri , gira con irrcgolar curva , eJ oltre il pro- fondo seno che gli si apre ad oriente , offre all' opposta banda altra minore incavatura . E quello di Cigliano lungo di circa 400 metri , è circoscritto da regolar curva , ed aperto dal lato di ponente . In fine la più eminente cima del RI. Cauro è di 3'2'2 metri alta, ed il fondo del cratere , detto Campigliene , di metri 116; l'altezza di Cigliano è di 194 metri . La via Campana uscendo dalla gola che divide i due precedenti crate- ri , mette io larga pianura chiusa a ponente dal Gauro , a borea dalla Aloa- 238 tagna Spaccala , ad orieote dai crateri di Campana e degli Aslronl , ed • mezzodì da Cigliano . La Montagna Spaccala , ove per di'i ilo mena la via Cam- pana offre graadi cumuli, di scorie rossastre , ed in qualche luogo della sua velia vi sono talune pomici bianche di rara grandezza ; intanlo non si scorge alcuna boc- ca Vulcanica dalla quale si potesse credere eh' esse fossero uscite. Giunta la via Campana alla cappella di S. Vito si spicca da essa a man drlt. U un' altra strada, che dopo aver camminato In piano per circa mezzo miglio, a- Bceiide sul dorso esterno di quella collina bislunga che da mieslro a scirocco sì distende a dirittura sino agli Aslroni, ove si congiunge con te coltine di quel cratere . Quivi sono notevoli molli girali di diversa natura che si alternano e sì succedono senza ordine alcuno , ora formati di grosse- scorie trachitiche in cui •ono frequenti il color rosso ed il rosso- viotelto assai vivaci » ora composti di tufo con particolare color bruno-violello, ed ora di sabbie e mintiii lapilli imcoerenli , Di questa bislunga prominenza ricoperta di folte piante non si seuopre altra par- te se non quella per la quale passa la strada , ed il poco clie ho potuto rintraccia- re delle materie di cui essa si compone me la £a credere generata dagli inceadt' del contiguo vulcano di Campana. Di fallo subito dopo vengono i crateri di Canipana. di poca elevati sulla clr* eostante pianura e formati di piccoli colli con tortuose e complicate' r ivollure ; dei quali per intendere bene 1' intricalo andamento,, giova, a-ltendere il tempo in cui 81 taglia il castagneto che li ricuopre. Ecco ciò che vi ho credalo ra.vvisare. Qua- si nel mezzo ci ha un profondo seno detto Fossa lupara (Tav~ 2, i^ J con. aperloca circolare poco piti larga di tOO metri . In esso fri scende co» ripido pendio, Iranna dal lato di maestro che ha piìi dolce declivio ed anche piìi basso il suo margine ^ e vi si veggono grandi massi di trachite distaccati ,. ed anche di trachile sì riconosce formata la sottoposta roccia ; talché Fossa lupara non è altro che piccola apertura craleriforme incavata nella trachite, ed in. essa non vi sono scorie o altra maniere di frammenti che sogliono essere erullati nei vulcanici incendi . La medesi- Oia roccia si estende alquanto intorno a Fessa lupara, ed a pochi passi discosto da4 sno orlo. Ira borea e levante si apre con angusta e profonda fenditura chiamata Itt tenga ovvero tenga di Campana. Questa crepaceia è larga da uno a tre metri così in basse come nella parte superiore; nelle interne sue pareti , che sono per tutto scre- polate,rilevano mille punte prominenti, e fin dove ho potuto far discendere un sasso affidato ad una corda , l' ho trovata 39 meiri profónda. Essa pare che sia nata dal ritirarsi della roccia nel tempo del suo raffreddamento, e nel medesimo luogo si apra qualche altra buca dì minor moment» su cui non occorre trattenerci . lia gran massa trachitica di Campana offre di particolare il suo colore variabile, essendo in gran parte bianca congiunto a non ordinaria fragilità , e passando per gradi a colost^ 239 più oscuri sino al nericcio , nel qual caso la roccia è molto tenace . Oltre a ciò essa suol contenere frequenti laminucce di mica bruno-rossiccia. Ad orieute di Fossa Lupara, ed alquanto piìi verso meziodì , si trova altro pili spazioso , ma poco profondo avvallamento, di figura ad un di presso o- vale , che chiama Fossa schiamna , o secondo altri Fossa schianata ( Tav, 2, e). Io esso dove che sia s" incontrano innumerevoli varietà di scorie Irachitiche. A ponente vi è altro piccolo colle d curvato in forma di scmii;erchio a qualche distanza intorno Fossa Lupara, ed in esso vi sono pure molte qualità di scoria che continuano abbondantissime sino alla Masseria di S. Marlino , ove tor- na anche meglio osservarle per la strada che in esse si profonda . Dalla par- te poi di settentrione la collina chiamala Maranisi, ancor essa con più ampia curva piegala a semicercliio , accemia di voler comprendere nel suo giro i pre- cedenti colli , se non che essa finisce senza molto avanzarsi ne' lati di ponente e di oriente . Lungo la strada che passa tra la collina di Maranisi e la tra- chite di Fossa Lupara le scorie si trovano cosi stivate le une con le altre, che io qualche punto si è portalo a credere eh' esse faccian parte di una lava scoriacea ; ma nella estremità occidentale della medesima collina non rimane dubbio che vi sia una massa continua di Irachite , nerastra e scoriacea a la qua- le pare che avesse alquanto lluita in forma di lava . Io fine sul dorso ester- no del colle di Maranisi , ed in particolare dal lato di maestro, tra i diversi aggregati di sostanze frammentarie soqo notevoli alcuni banchi di -tufo a grana fina di color nero , e rosso . Dietro le cose fin ora esposte sembrami poter conchiudere che i era» teri di Campana fossero il risultamento di un solo incendio ; eh' esso abbia cominciato col venir fuori la trachite di Fossa Lupara , la quale tro- vandosi neir uscire ancor molle , sia per interna esplosione , sia per abbas- samento cagionato da vuoto intemo , è rimasta con cavo seno nel mezio * che intorno la massa trachilica io più luoghi vi sicno state eruttazioni di molte scorie con poche sostanze polverose che cuoprono e formano in parte le circostanti collinette, all' inoalzameoto delle quali pare che abbia pure con- tribuito r emersione della trachite ; e finalmente che in qualche punto, coma Dell estremità occidentale di Maranisi, fosse uscito lava Irachitica . nr, 240 M. DI CcMA. L' umile nionlicello sul quale era cdifu'.ala la rocca dell' antica Città di Cuma è di non lieve imporlaiua per le ricerche del geologo nei Campi Qe« grei . Nel lato occidentale del medesimo si mostra allo scoverto una graa massa di tracliile tagliala a picco per l'altezza di oltre 20 metri, dotata di sor- prendente tcnacilà, il perchè vedrai in modo strano rimbalzarli d martello col qua- le la percuoti. Nondimeno le meteore con faciltà la consumano, e forse per e esa- lazioni del prossimo mare essa è in piii parti profondamente logorata. In qualche luogo poi, ove dimette dell' ordinaria sua compattezza e tenacità, suol contenere mol- ti cristalli nitidi e grandetti di bianca soJalite. Piegando a borea essa si congiunge ad un singolare conglomerato formato di frammenti della medoiima roccia , i quali senza esser ligati da alcun cemento , sono d' ordinario quasi saldali insieme , e talvolta olirono nella loro superficie minutissimi aghetti bianchi cristallini . Veduto a qualche distanza il conglomerato uon si dislingue dal- 'a massa trachitica, e fa d' uopo osservarlo da vicino per riconoscerne la diffe- renza. In esso si manifesta altresì, dove è tagliato per industria umana , qualube indizio di slraliCcazionc inclinata a mezzodì per circa 30 gradi. Dal lato di mezzo- giorno la slessa massa trachitica va per gradi abbassandosi, e si congiunge a grande cumolo di frammenti trachitici scoriacei in qualche punto saldali insieme e somi- filiauli a lava scoriacea ; e su di esso si adagiano alcuni strati di pomici bianchicce. Air 3S"rcgato di scorie, che continua sin quasi alla grotta dalla Sibilla, succede tufo giallo stratlGcato con gli strali leggermente inclinati secondo il pendio del monte, e testando esso di poco elevato sulla spiaggia del mare, si estende sino all' anCtea-' tro di Cuma. Nella parie superiore poi del monte in mezzo ai depositi di pomici, che Renza dubbio esser debbono addossali alla menzionata massa trachiticr, rileva uno strato di tufo nericcio allo sei decimetri In tutta la lunghe/zza che mi si è offc;to di osservare. E considerandolo pel modo come si scorge formato di due sostanze, delle quali la piìi dura è cospersa in forma di noduli nella piìi tènera, ha molta so- nii"lianza col piperuo di Pianura. In ultimo luogo si scuopre una lava di nera Ira- cbite con pochi cristalli di feldispato, circa un metro alta, la quale dimostra Io stalo di mollezza che aveva in origine per molli frammenti, sia di scorie, sia di tufo abbronzalo che sono incastonati nella sua superficie. Quindi pare assai probabile che nel venir fuori la trachile del M.di Cuma aves- se cagionato il sollevamento del tufo giallo che si scuopre dalla grotta della Sibilla sino airanfiteatro,e che dopo la sua emersione fosse uscita dal lato orientale una lava trachitica, e si da questa come da qualche altra parte fossero state erullate molte so- stanze frammentarie di qualità svariate clie uon bau formalo ncll' accumularsi alcua cratere. 241 M. Nuovo, Lago Avbbno La piii reCCTtc cnw/ioDC della rt'gionc flegrea è siala quella di M. Nuovo presso Pozzuolr,cosi Junominalo, porche in breve tempo si vide nascere quasi novello fi- gliuolo dulia terra negli ultimi giorni del mese di settembre del 1538. Per circa due aniri frequenti e rovinosi Ircinuoli molestarono quelle conlradc , e nei diie giorni precedenti l' incendio se ne contarono più di venti, i quali, al dir di Porzio furono accompagnali dal ritirarsi le acque detmare per circa duecento passi , e dal comparire sul lido nuove sorgenti di acqua dolce. Pare che il retrocedere delle onde marine sia stalo fenomoao di breve durata-avveaulo in questi giorni i>er 1' oscil- lar della terra agitala dalle inicrne scosse ; e s« come riferiscono gli storici ^ molti pesci furoH raccolti sulla spiaggia, mi penso che ciò avvenisse, perche gran copia dei medesimi, uccisi dalle vulcaniche, csaljzioni furon gillati sul lido dal rifluirò del mare sulle abbandonate spoado. La sera del di 29 di Settembre cominciò l' in- cendio sollevandosi la terra io forma di monticello, e verso le ore otto dopo mezzodV, apert^i una voragine, venne fuori immeasa quantità di roventi sassi, sabbie e fumo mescolali con acqua, i quali ricopersero per gran trailo le vicine contrade • e nel luogo dell' esplo.''ionc si alzò un monte che sotto le sue falde ascose in parte un monlicello detto del PomcoIo, il castello ed altri edifici di Treper-^ole. Nel primo giorno di ottobre r eruzione sembrò finita ;-si rinnovò poi il giorno Ire verso le ore quattro della sera con tanto impeto che le sabbie giunsero in alcune parti delle Calabrie 150*miglia lontane. Nei seguenti duo-giorni non vi furono che pic- coli st'gni d' incendio, per cui molti si assicurarono a visitare il nuovo monte che si era formalo; ma il di sei, anche verso le ore quattro della sera, surse sì spaventoso e subilo ìnccndio^che non tutti gli spettatori ebbero tempo a tw^^ìre e piìi di vcnliquallro rimasero svenluratamenle estinti. Trai particolari di que- sta eruzione ci vicn riferito da RIarcanlonio delli Falconi (a) che le nubbi di fumo che aorgevano daU incendio si moveana- per linea deitta verso il Vesuvio come se avessero tali luogi corrispondenza e parentela alcuna fra loro. La notte si son ve- duti molti fuochi a mudo di travi e di colonne uscire dal medesimo incendio, ed alcu- ni a modo di lampi e di folgori. Niuno degli scrittori contemporanei ricorda che vi fossero stali torrenti di materie liquefatte eruttate dal AL Nuovo. Non per- tanto si trova dal lato di mezzogiorno sull' orlo del cratere di questo monte ta'e ammassamento Irachilico clit; probabilmenlc venne fuori in f jrra i di lava. Questo almeno è quel- che inclino a credere, ma non potrei dirlo con asseve- raiile certezza , nò sarei per conlraslare obi preferisse ritenere che la irachitc (a) Dell' incendio di Pozzuoli nel 1533. Napoli 16 novembre 1538. La mjgjijr parto dei fcnomi-ni dell' incendio di M. Nuovo si trova riferita in questa opera. 212 la quale si osserva soli' orlo meridionale del cratere non sia altro che nn mnc» chio di pezzi distaccali, i quali quando furono eruttali conservavano ancora tale mollezza che poterono in qualche parte saldarsi insieme. Ora M. Nuovo ci si presenta in forma di conico monticello con dolce pen- dio, dell'altezza di 132 metri, incavato nel mezzo da elegante cratere, il cui fondo non è più che 17 metri allo sul livello del mare, e la sua apertura è del dia- metro di circa 370 metri. All' esterno si scorge ricoperto di grossi pozzi di trachite scoriacea nerastra o bigio-nericcia con piccoli e scarsi cristalli di fcldispato ; e nelle parti piìi interne è composto di minuti lapilli, d' ordinario aggregati co:i debole coerenza e formanti un conglomerato di color bigio chiaro , nel quale rilevano di tratto in tratto gli stessi massi trachitici che sono abbondanti nel- la superficie, e talCala avviene trovarvi alquanti gusci di marine conchiglie. A mezzo del pendio del monte tra popenle e mezzodì nel luogo dello fumcla di trave di fuoco vi sono abbondanti esalazioni di vapori acquei i quali, non al- Iriracuti che presso la punta della Solfatara , ingenerano nelle fessure della roccia sottili croste di ialite , e talora ho osservato la medesima ialite model- larsi sulle radici delle piante . Anche presso I" orlo esterno del cratere verso occidente esala piccola quantità di caldi vapori. A ponente di M. Nuovo, ed alquanto verso borea, vi è il lago Averno, oggi detto Cannilo il quale , per quanto può giudicarsi dalla forma in semicerchio dello colline cho lo circondano, pare che sia il fondo di antico cratere. Narra il San- felice che 1' eruzione di M. Nuovo , cagionò la morte dei pesci che prima vi abitavano io gran copia, e restrinse in più anguste sponde le acque del lago. MlSENO, M. DI PnOCIDA. Poche cose degne di essere accennale si trovano presso la spiaggia da M. Nuovo al capo di IMiseno . Sono tra queste le calde esalazioni delle stufe di Triloli • i fumaroli accompagnati da deposito di zolfo e formazione di sostanze saline nella grolla chiamala dello zolfo a settentrione del porlo di Miseno ; i crossi pezzi di trachite e di pomici che si trovano nel tufo giallo inferiore di Pennata • ed in fine quel poco di sinuosità che si osserva a libeccio del promon- torio di Miseno, per la quale può sospettarsi eh' esso sia 1' avanzo di vulcanico cratere. Nel M. di Proclda poi vi sono molti particolari che richiamano 1' atten- to sguardo del geologo , e che slimo pregio dell' opera trattenermi alquanto ad esaminarli, cominciando dalla sua pendice che guarda Mare morto , e conti- nuando lungo la spiaggia del mare sino alla foce del Fusaro. Tutta la gran mo- 243 le del M. di Precida è in generale formata di tufo stratiRcato, sotto il quale in di- versi punti vengon fuori svariate qualità di trachitc, dove con le apparenze., di filoni , o di lave , o di mucchi di scorie , e dove con 1' aspetto proprio delle masse che scendono a grandi profondità . Il perchè si potrebbe con qualche fondamento credere che il tufo del M. di Precida sia stato sollevato all' attuale sua altezza per la comparsa della sottoposta trachlte . Nel lato di scirocco , Don mollo lontano dalla sponda di Marc-morto, appare sotto il tufo tale eoa* gerie di pezzi tracliilici di colore bigio turchiniccio ed alquanto scoriacei che, come ho fatto avvertire per altri casi di simil natura, non ti sai risolvere sea« za qualche dubbiezza se riguardarla quale aggregalo di pezii distaccati , ov- vero quale massa continua che di leggieri si risolve in frammenti, siccome veggia- nto avvenire per le lave , sopraltulto quando esse non hanno che piccola altezza . E quivi abbiamo ancora migliori indizi per congetturare che la trà> chite formi massa continua , scorgendosi in taluni punti il naturai congiua- giraento dei pezzi , ed essendo il mucchio di considerevole altezza , quantun- que non si vegga ove finisce inferiormente. Quanto ai caratteri mineralogici della roccia, farò avvertire eh' essa di raro offre qualche cristallo ben terminato di feldispato , ed invece suol contenere di tanto in tanto taluni crislalli bigi allungati in forma di prismi quadrati, de' quali dovrò occuparmi in altra memoria. Finita la spiaggia di Minlscola , ove la base del M. di Precida co- mincia ad essere bagnata dal mare , viea fuori trachite nera cospersa dei soliti cristalli di feldispato vitreo , e si estende sino agli scogli denominati Pietre nere o Schiavane. Questa roccia che evidentemente forma massa conti- nua , e sembra appartenere ad un filone , o forse anube ad una lava , è in particolar modo contraddistinta per essere in parte litoidea ed in parte vitrea, e le due varietà si tramutano per gradi insensibili 1' una nell" altra . Poco dopo le pietre nere nel luogo dello lo Cadalo, come per immensa frana, il mon- te è sin dalla sua cima tutto diriipato , e si appalesano innumerevoli stra- ti di svariale maniere di conglomerali , tra i quali spicca Dell' alto uno stra- to di vago color rosso. Alla punta di Fumo sporge a fior d" ar.qua un' altra massa di solida trachite nericcia che al pari della precedente s' interna sotto gli strati di tufo che formano quul littorale assai scoscesa . Dalla marina di Acquamorla sino alla foce del Fusaro, sotto i diverssi strati di conglomerati , il pili delle volte di colore gialliccio , se ne scorgono alcuni di colore bigio tendente alquanto al giallo, con tessitura granellosa assai marcata, la cui dif- ferenza dagli strali superiori rileva di leggieri anche guardandolo un po' di lontano . E sotto questa particolare qualità di tufo in due altri luoghi ri- 244 comparisce la tracliitc . 11 primo e clatla marina dì Acfpiamorta sino allo sco- glio S. Martino ; ed il secondo comincia dove diccsi Lifcrno, e continua pcf poco più di cento metri nella dtreniijne della foce del Fusaio. In qucst' ul- tima località la tracliile si distingue per la su.» fùrnia quisi conica, per !«• sua tessilura scistosa iti grande, e per essere in- parte scorlacea e rossa. Ma il fallo pili importanl* che- richiama l' attenzione del geologo nel 51. di Procida sì trova sulla sponda/ del mare- presso la foce del Fusuro, ed in particolare ove il lido s' incurva- forma-ndo piccolo seno volto a maestrale. Quivi soprapposto al tufo granelloso- iirferiore di sopra menzionato si scuopra un letto di circa tre metri allo, tonnato di- partieolar conglomerato incoerente , in cui si trovano grossi pc7,zl di leucitofiVi,. e- qualche altro pezzo formato di fcl- dispato vitreo con tessilura granitsidea. li leacitofiri: sono assai variabili fra loro , e Ira le mollo varietà che vi ho esaminate non ne lio trovala alcuna che somigliasse alle rocce della medes-iraar. spesie- tanto ahbondanli nel Vesuvio . Non essendo possibile dcscriverie ttilt\ì ,, mi^ limiterò a dare i caratteri di quat- tro sole varietà che mi sembrano- piir singoiàrii. La prima pare del tutto formata di leucite, e nella massa; eh' a- di' color- -rordlccio riìòvano molti cristalli bian- chi smaltoidei di questa sostanza attraversati dà strie terrose; l'altra è di nera nassa cellulosa e tenace con rari e grossi, eristalti di leucite bianchi macchiati di rosso ; la tcria e di apparenza^ tesTOsas neriecia- eoo tessitura aoiiddaloidea , e globetti di siderosa nelle cellette ;. i" cristalli son rari ed anche terrosi; l'ultima varietà ha pure tessitura a-jaiddalòidea , e nellb cellette vi soco elefanti cristalli di calce carbonata aggruppati , ilcolore- dèlia.- roccia varrà tra il rossiccio eJ il ver- diccio, ed i cristalli di leucite vi sono- scaTsi., Tranne quaibhe raro pezzo di leaci- tolìro errante trovato presso la tradiife di S-. Rfarra del Pianto , e quelli che or ora menzioneremo neir Isola di Procida, iu nessun, altro luogo dei Campi flegrei ho rinvenuto rocce di tal natura. Lo scoglioS. Martino è formatodi tufo nero- abtwndunle di cristaTli di feldispaló vitreo che di leggieri si prenderebbe per Irachite fi-agife, se non fosse cosperso di alquanti frammenti- trachitici, per i qnali- »i manifestar essere la roccia della natura dei conglomerati. Al tufo nero-poi- sono- soprapposti altri strati di tufo gial. liccio tenero. Il piccolo scoglio che sorge dalla parte opposta della mariaa di ALt oquamorta è pure composto di tufo nero. 245 I. DI PnOCIDA, I. DI VlVARA. L' Isola di ProcIJa considerata in generale offre superficie piana che sì man- tiene a mediocre altezza sulla superficie del maro, ed è composta di tufo stra- tificato, ìd mezzo al quale io tre diversi luoghi della sua spiaggia apparisce la trachite con tali condizioni da poterle convenire s\ il nome di filoni clic quello di lave. Due di tali luoghi sono di rimpello il M. di Procida, denomiiiuto il pri- mo P/c/rc arse presso la punta di Chiuppelo , e l' altro è la punta della Croce, det- ta altrimenti di Ricciola. Il terzo luogo è dove la spiaggia forma quel piccolo seno che diucsi Pozzo vecchio. In ognuno dei tre menzionali punti la trachite è ne- riccia , interposia ofizzontalmente tra gli strati di tufo , e conserva 1' ordiaaria altezza di uno a due metri. Alla punta della Croce nell' uscire dal tufo piega d^ tin lato per internarsi e prolungarsi alquanto nel mare, ove pare che scenda ia basso a grande profondità. È poi comune ai tre filoni trachitici l' avere incastonati nella loro superficie non pochi pozzi di svariato rocce , e 1' essere sottoposti a conglomerali formali di grossi massi, spesso scoriacei e vetrificati, tra i quali $1 rinvengono pure alcuni pezzi di calcarea, di leuciloGro e di altre rocce cristal- line, più svariali e piii abbondanti di quelli mentovali presso la foce del Fusa- io. Alla marina di S. Cattolico vicino la punta di Ricciola ho trovato il più abbondante deposito di tali massi erratici . Delle rocce calcaree mi è avvenuto incontrarne alcune compatte con pezzetti di trachite aderenti alla loro superficie, altre cosparse di cristallini di pìrossene , altre con tessitura lamelloja e di co- lor vario . Delle rocce cristalline con tessitura granitoide, la maggior parte soQ formate di feldispato vitreo, al quale si associano il pìrossene, 1' anfibolo , il ferro ossidulalo, ed alcuni cristalli allungati somiglianti a quelli di meioni- te del Vesuvio , ma di forma indeterminabile. I leucitofiri sono meno frequen- ti,e possono paragonarsi a quelli dell'opposta spiaggia del M. di Procida. Una varie- tà assai speciosa mi si è quivi presentata, la quale ha le apparenze di spilite araidda- loidea con rari cristalli di leucite ; e nelle cellette, che talvolta giungono ad avere il diametro di oltre cinque centimetri , contiene eleganti ciocche di lunghi cristalli rossi di calce carbonata. Piìi di raro vi ho trovalo qualche saggio di augilofiro , ed a Pozzovecchio mi si è offerto un pezzo composto di limonile e gesso laminoso eoa frammenti trachitici al medesimo fortemente saldati. Fra i particolari osservati nella giacitura dei riferiti massi erranti, tanto di- Tersi dalle ordinarie produzioni della regione flegrea, non voglio tacere di aver- ne rinvenuti alcuni in parte conficcati nella trachite. Per la qual cosa mi penso eh' essi sicno stati eruttati quando questa roccia comparve all' aperto per fluire ia forma di lava. Intanto il punto, in cui pare che vadano a convergere oel piano 246 dell' Isola le tre lave, non offre il benché mÌDÌmo indizio di cratere ; e le ricer- che che mi è riuscito fare sulla loro origine mi portano piuttosto a credere ci/ esse sieno venute dalla parte del mare ; e però che il canale di Precida ascon- da la voragine di uno dei più straordinari incendi della Campania. Quanto ai conglomerati dell' Isola di Procida, essi appartegoBo per la maggior parte all' ordinario tufo giallo, ed a questo si mescola superiormente il tufo bigio che in taluni luoghi forma da se solo alti e grandiosi depositi. Vi soa pure altre maniere di conglomerati meno frequenti , ed oltre quelli eon grossi massi soprapposti alla trachile, meritano essere ricordate due particolari varietà, 1' una assai fragile, di colore violetto con pomici verdicce, sottoposta alla tracbìte di Pietre arse, e l' altra di color cinereo, con tessitura molto somigliante alle are- narie, e divisibile in sottili strati. Essasi trova più che altrove distinta nella mari- na di S. Cattolico, interposta nel tufo giallo, sotto del quale si rinvengono i pez> zi di calcarea e di altre rocce cr ora menzionate. L' Isola di Vivara per la sua forma incurvata dalla parte che guarda la pun- ta di Ferricchio dell' Isola di Procida, ha tutte le apparenze per le quali può giudicarsi che formi parte di un cratere, al quale anche appartiene la stessa punta di Perricchio. Quindi è che questa punta, ora separata da Vivara e con- giunta con bassa ed angusta lingua dì terra all' Isola di Procida, considerando- la geologicamente, appartiene più alla prinw che alla seconda delle due isole^ Intanto l' Isolotto di Vivara è in tutto composto di aggregati con assai netta stratificazione , e quel che più in essi merita essere consideralo è il carattere di metamorfismo che rivelano sin Delle parti più superficiali. Dappoiché i loro frammenti, d' ordinario assai piccoli, sono quasi tutti vitrei, di color nero, e riuniti insieme per fusione più o meno perfetta. E talvolta il grado di fusione è tale che non si potrebbe credere di avere solt' occhio una roccia di aggre- gazione, se chiaro non si scorgesse come essa continua con altre parli in cui si ravvisa evidente la qualità di conglomeralo. Nelle celletle poi della mede- sioia roccia si trovano di tanto in tanto bianchi cristalli di calce carbonata. fi7 IsotA d' Ischia (a). Considerazioni generali sulT Isola^ d' Ischia. — Il geologo che dopo aver perlustrato i Campi flegrei e l' Isola di Precida si )i?aDza ncir Isola d' Ischia con la cunfìdenza di trovare Io stesso ordine di locce e la medesima chiarezza nell' intendere i principali fatti dei vulcanici incendi , che per tanti secoli di lontananza si ascondono nelle cose di cui la storia non ci conservò memoria alcuna , non senza stupore si troverà ia Hn nuovo campo di ricerche. Che quivi il disordine e lo scompiglio delle rocce di raro gli permetterà di formarsi chiara idea del loro nesso , del mo- do di loro formazione, e del come le une alle altre si sono succedute. Ma in ricambio le fatiche che dovrà durare nelle sue indagini troveranno noa piccolo compenso nel sublime spettacolo che gli si affaccerà alla mente, quando dai grandiosi avanzi che gli si oITriranoo a contemplare, rimonterà alle stermi- nate conflagrazioni di cui fu teatro questa a di nostri amena e salubre isola. Farà pure tesoro di nuovi fatti, e meglio che altrove nell Isola d'Isola scorgerà gli ef- fetti delle vulcaniche forze venute a disputare al marino elemento la facoltà di produrre novelle rocce. In fine gli sarà facile accorgersi che quivi scoppiarono i primi incendi della regione flegrea ; dappoiché oltre al vedervi il lavorio di na- tura nel suo maggior vigore, vi troverà alcune pruove che dimostrano gran parte dell' Isola aver precsistila al periodo sopracretaceo pliocenico. Ecco poi i principali punti della sua geogenia secondo l' idea che me ne 8on formata dopo aver ricercato con minuzioso esame ogni sua parte ; uè debbo agli altri nascondere l' intimo mio sentimento, di essere cioè buona parte delle mie idee su tale argomento piuttosto congetture che verità fondate sopra fatti che non ammettano altra interpretazione. Nel bel mezzo dell' Isola s' innalza il M. Epomeo, al cui lato orientale sono i monti Lo Toppo Trippiti, Vetta e Garofali, i quali sembrano comporre una sola massa di trachite che si manife- sta con la superficie di circa un miglio quadrato ;: e siccome ho accennato nella prima memoria , dietro altri somiglianti e piìi chiari esempi che abbia- mo nei Campi flegrei, pare che l' emersione di questa massa trachitica abbia dato principio all' incendio dal quale ha avuto origine il cratere dell' Epomeo. (a) Per i luoghi dell' Isola d' Ischia noroiaati in questa memoria sarà di grande utilità ottore, so avrà pn topograGco di Napoli.- al lettore, so avrà presente la eccellente c^rta alla grandezza di -^T^nr^r- pubblicata dal Burò 33 248 Quiodì abbiamo il primo e più antico sistema di formazione che chiameremo dell' Epomeo; intorno al quale son venule posteriormente ad addossarsi con suo cessive eruzioni altre rocce che formano il secondo sistema, il quale va suddiviso ìd tre gruppi fra loro distinti, non perchè vi fossero pruove di essere uno più antico dell' altro, ma perchè nello stalo presente della loro topografica situazione sono l' uno dall' altro disgiunti . Il primo gruppo comprende lo spazio che si estende dal castello d' Ischia sino a Testaccio, il quale dcnomi- Deremo dal M. di Campagnano, eh' è la maggiore delle sue prominenze ; il se- condo si estende dal promontorio di S. Angelo sino al M. dell Imperatore, dal quale toglieremo il suo nome ; ed il terzo che diremo del M. Marecoco, com- prende, oltre questo monte, il RI. di Vico e Zale. Vi son pure presso la spiag- gia setlentrionale dell' Isola alcune rocce che sembrano appartenere al terzo gruppo . Intanto i tre gruppi del secondo sistema porto avviso che sieno posteriori all'Epomeo, perchè in essi non abbiamo le pruove di antichità che sono in questo, e perchè 1' Epomeo, formato da immensa massa di tufo per tutto uniforme, è senza dubbio il risultamento di una sola e sterminata eruzione, meo- tre nei gruppi del secondo sistema vi è tale intreccio di varie qualità di tufi con Cloni trachilici e svariati massi erratici , che chiaro in essi si scorge r effeilo di non pochi incendi avvenuti in una contrada già da gran tempo di- venuta vulcanica. Nella parte poi scltentrionale dell' Isola, il M. Tabor , il Lago del Bagno ed i monti Rotaro e Montagnone costituiscono il terzo si- stema anche formalo da una serie d'incendi, in parte almeno scoppiali in tem- pi storici ; giacché alcuni di essi , per lo stato di freschezza che si ricono- sce nelle loro rocce, sembrano esser nati dalle eruzioni di cui troviamo qual- che notizia negli antichi scrittori. Da ultimo abbiamo V Arso formato da am- pia corrente di tracliile sboccata nel 1301, che per i suoi particolari carat- teri può considerarNÌ costituire da se sola il quarto sistema di formazione dell' Isola d' Ischia. 1* Sistema dell' Epomeo. —Nel sistema dell' Epomeo ci si offro- no a considerare quattro maniere di rocce ; due delle quali sono da conside- rarsi contemporanee alle sue eruzioni, e dalle medesime generale, mentre le al- tre due non sono che avventizie e prodotte da sedimento del mare. Le due pri- DìC qualità di rocce sono la tracbite ed il tufo verdiccio. La trachìte si scuo- prc nelle prominenze denominate Lo Toppo, M. Trippili , M. Velia , Casino Maislo, Gufo, e IVI. Garofali, dal quale luogo si estende sino a Moropano, come pare comprovalo dai giganteschi massi di tal roccia che ivi si trovano, uno dei quali mi ha oHerlo il diametro di metri 5,2, Volendo giudicare da quel che n 2i9 osserva nei riferiti luoghi , convien credere eh' essa costiluisca nna sola massa Tenuta all' aperto ad un di presso con la medesima forma che ora conserTa sen- za che abbia fluita in forma dì lava, ed è notevole pel suo colore bigio chia- ro, per la sua tessitura emincnlemenle cristallina, e per essere d' ordinario sfor- DÌla di parte scoriacea. 11 tufo poi ha tali particolari caratteri che sarebbe im- possibile definire con parole, ma suflicienti per 1' occhio esperto a farlo distia- guere da tutti gli altri aggregali dei Campi ed Isole Qegree . Il suo colore è verdiccio , ed in qualche parte, come può osservarsi in alcuni burroni nella contrada di Toccaneta a destra della strada che conduce da Moropano a Fon- tana, offre color verde intenso che inclina al turchino . In esso abbondano i cristalli di feidispato vitreo , talvolta contiene grossi pezzi di trachite che spesso sono di color nero e somiglianti all' ossidiana . Fra i luoghi nei qua- li piìi abbondanti incontra trovare i massi trachilici nel tufo dell' Epomeo sono le falde di questo monte che sovrastano a Gasamicciola , e quelle sot- toposte a S. M. del Monte dalla parte di Foria. Oltre 1' Epomeo eh' è quasi tutto formato di questa roccia , essa giunge a settentrione sino alla marina di liacco, si estende per tutta la spiaggia occidentale dell' Isola, ed a mez- zodì si avanza sin presso la marina delli Muronti. Le ahre due qualità di rocce, che possiamo considerare come avventizie , sono la marna coachiglifera, volgarmente denominata creta , ed una particola- re qualità di tufo a grana assai fina , e tenace ,■ che ha tutte le apparenze dell' argilla, percui la distinguerò col nome di tufo argilloide, ma non s' im- pasta con r acqaa, né con gli acidi fa effervescenza. Entrambe queste rocce sono snprapposte al tufo dell' Epomeo, ed il tufo argilloide, il quale d' or- dinario forma sottilissimi e distinti strati , può ritenersi che sia più antico della marna. Esso offre talvolta tessitura pisolitica, ed in .ilcuni luoghi, come lungo la strada che cammina a libeccio del villaggio chiamalo La Tresta, è am- mirevole per molti noduli sferici della grandezza di circa lOmillimclri in dia- metro che sono cospersi nella sua massa , e formati della medesima sua sostan- za più indurita. Rompendo tali noduli, che torna facile dislaccare interi dal- la roccia, si osserva un sottilissimo intonaco superficiale nericcio , dalla parte interna del quale partono minutissimi dendriti dello stesso colore. Nella contra- da di Toccaneta si trovano sparsi per terra altri noduli molto più grossi che giungono ad avere otto in nove centimetri di diametro, i quali sono in tutto identici ai precedenti, u tra questi ne ho trovalo qualcuno eoa cristalli di fei- dispato. La marna poi è più che altrove abbondante nelle basse falde dell' Epo- meo dal lato di tramontana e da quello di mezzogiorno , e specialmente nelle Ticinanze di Gasamicciola, del M. Tabor, e di Moropano. Ed a grande altezza 250 si rinviene più scarsa e Toccanata e sul pendio orientale dell' Epomeo. In questo sistema incontrerai frequenti esalazioni di caldi vapori i quali producono i medesimi fenomeni di cui bo falto parola discorrendo della Solfa- tara, ma è raro che sicno accompagnati da depositi di zolfo cristallizzato e da solfato di allumina. Due soli esempi lio potuto verificare di tal maniera di pro- duzioni, uno a mezzodì di Casamicciola, ascendendo al di sopra di Mennclla , nel luogo che variamente mi è stato indicato col nome di Monlie.clo o Monte- citro, e che non trovo riportato nella carta pubblicala dal Burò topografico , r altro è sulle alle falde occidentali dell' Epomeo sotto la Serra. In questi luo- cbi si osserva pure abbondante formazione di ialite, e vi sono grandi massi tracbitici pe' quali può congellurarsi quello stesso che bo fatto avvenire per i Campi flcgrei, the a breve profondità vi sia la trachite in massa. Lungo la strada che conduce a Monticelo s' incontrano molti pezzi di una pietra bianca simile air allunilo che talvolta contiene cristalli di feldispato , e questa roccia che si rinviene anche in allri luoghi dell' Isola, pare che sia la slessa trachite alterata dall' azione dulie fumarole. Le osservazioni termomelriche fatte nell' an- no 18A0 in alcune delle fumarole appartenenti al sistema dell' Epomeo mi han dato i seguenti risultati. Alla sorgente del Gurgitello gradi G4 del termometro centigrado, a Monticelo 89, nella contrada detta Fango ad occidente di Casa- micciola da 8JJa9i, nelle sabbie di una delle sorgenti del Bubìi 06. In altri luoghi il colore della roccia e la sua tenerezza dimostrano la sua scomposizio- ne per antiche fumarole che più non esistono. Questo è ciò che si osserva nel Capitello, estrema punla orientale della marina di Lacco, ed in modo più gran- dioso neir alto-piano denominato Le Falanghe sul pendio occidentale dell' Epomeo. Le Falanpjie sono una prie dell' Isola in cui il geologo trova largo com- penso all' erto sentiero percorso per giungervi. Ei si trova all' improvviso su larga pianura circoscritla a tramontana da lunga cresta rilevata ove è la cava del bian- chetto e dominata a levante dalle ripidissime pendici dell'Epomeo, le quali si piega- no a mezzodì con angolo acuto per proluagarsi alquanto lungo il lato occidentale. La cresta settentrionale è formala in parte dall' ordinario tufo di queslo siste- ma ed in parte dal tufo argilloide, entrambi scomposti da antiche fumarole che ora non si veggono più esalare. Intanto sono stato assicurato dai cavatori del bianchetto eh' essi talvolta incontrano la roccia che manda forte calore, nel qual caso cessano di cavare in quel punto. Nello stesso luogo sono notevoli la iali- te che incrosta le fenditure della roccia scomposta , e certi nidi che si trovano nel tufo argilloide ripieni di sostanza terrosa con molti cristalli di fel- dispato. Nel piano poi delle Falanghe V abbondante vegetazione asconde le sot- toposte rocce, ma esscndovisi cavali grandi fossi per conservare la neve, si os- 25t «CTTano nei mecleslmi gli slessl segni di scomposizione che sono nella cava del bianclielto. Quivi son pure molli massi del tufo dell' Epomeo di sterminata gran- dezza, in cui sono ammirevoli le profonde corrosioni che han fatto dare al mag- giore di essi il nome volgare di pietra perdala, e le medesime escavazioni , quantunque meno profonde, si osservano nel tufo del pendio che domina Casa» niccioia ; mentre nelle piti alte cime dell' Epomeo la medesima roccia , forse pel forte freddo, si sfalda stranamente, scindendosi in grosse schegge. 2.° Sistema, gruppo del M. di Camp agnano. — Se s' im- magini una linea tirala per dritto dalla marina della Mandra , a maestro della Città d' Ischia, sino alla marina dell! Marouti, quella parte dell' Isola, che ne rimane separata a scirocco, offre nel tutto insieme assai complicato intreccio di conglomerali e di Irachile, di cui se volessi scendere ad esporre i particolari uscirei dai limiti che mi ho prefissi nel piano di questa memoria. Dirò inge- nerale come in questo gruppo tulio mi poila a credere che vi sieno state. ripe- tute emersioni di filoni di trachite, i quali talvolta si sono arrestali in mezzo al tufo senza uscir fuori, altre volte, uscendo dal tufo, han dato origine a note- voli prominenze in tutto formate di trachite, e talora lo sialo di loro mollez- za li ha fallo fluire in forma di lave , nel qual caso la loro comparsa e sta- ta accompagnala da gittate di scorie e di altre rocce frammentarie senza che in alcun luogo siasi formato ben distinto cratere. I cumoli di scorie s' incontrano specialmente ove il gruppo del M. di Campagnano si congiungc al sistema dell' Epomeo, ed in un punto delle falde settenlrionali del M. Barano , ove dicesi Vatolieri, vi è un cumolo di tali scorie con qualche in- dizio di piccol cratere. A questo gruppo appartengono la trachite sulla qua- le è edificato il castello d'Ischia e quella degli scogli di S. Anna, la pri- ma notevole perchè offre qualche segno di stratificazione inclinala a mezzodì , e contiene involto qualche pezzo della medesima specie di roccia , e la se- conda e stranamente fragile e cellulosa. In generale i filoni o le lave tra- chiliche che si osservano piìi volle alternarsi col tufo lungo la spiaggia dalla Città d'Ischia sino alla punla della Gnora, sono tra loro mollo variabili. Ma sopra tulle ammirevole è la trachite di cki si compone lo scoglio detto Lo Felce, 0 Pietra crespa la quale pel misto di color rosso e bianco, e per es- sere quasi del lutto formata di cristalli di feldispalo , rende somiglianza al granilo, e vi si osservano iu essa alquante ccUelte tappezzate di calce carbo- naia lamcllosa e lenlicolare. Nelle alle falde orientali del M. di Campagnano i profondi burroni che mettono allo scoverto qualche parte dell" interna sua composizione lasciano vedere molti strati di conglomerati inclinali di oltre 252 30 gradi secondo il pendio del monte, in mezzo ai quali di tanto in tanto si mostra la trachite. E dal lato opposto si di questo monte che del M. Voz- za, il quale è separalo dal medesimo con lieve avvallamento , la roccia clic quasi esclusivamente si mostra a nudo è la tracliile. Se dalla strada che fiancheggia l' acquedotto d' Ischia si contemplino questi due monti , essi si presentano nel loro insieme come segmento di vasto cratere ; ina tal forma credo che sia piuttosto accidentale. 2.' Sistema, gruppo del M. dell' Imperatore. — Questo gruppo è separato dal precedente mediante la marina dellì Maronti, la quale è formata da particolare aggregato che sembra composto di tritumi del tufo dell' Epomeo e di argilla. Il promontorio di S. Angelo è una parte dìstaccatu di questo gruppo ed è congiunto all' Isola con bassa lìngua di terra sabbio- sa. Guardato dal lato di ponente offre inferiormente larga zona di trachite Ib (Tav. 3y f.1^ alla quale sono addossati molti strali ce di tufo legger- mente inclinati a mezzodì, e tra questi rileva un' altra zona di trachite aa con la medesima loro inclinazione. Dalla parte poi boreale vi sono altri strati di tufo dd inclinati di 38 gradi i quali sembrano dislogati dai pi'imi che inclinano in senso op« posto. Talché la più naturale idea che viene in mente al vedere questo promontorio è eh' esso debba la sua origine a parziale sollevamento della trachite inferiore. Dalla punta del Chiarito sino alla punta dell' Imperatore, costeggiando per mare la spiaggia, si scuopre presso a poco quell' insieme di rocce che si trova lungo la spiaggia del gruppo precedente. Ma se d' ordinario nelle Isole flegree la trachite è in tali condizioni di giacitura da non potersi decidere se costi- tuisca filoni , ovvero lave ( differenza per altro di poco momento , essendo le lave gli stessi Cloni eh' escono a fluire sulla superficie del suolo ) nel gruppo del M. dell' Imperatore vi sono evidenti esempì in cui la medesima roccia non può avere altro nome che quello di filoni. Nelle figure .S" e 4" della tavola 3» sono rappresentati due luoghi di questo gruppo per mostrare l'andamento dei filoni i quali partono da una medessima massa e si dividono per internarsi nei conglomerali. La figura 3" rappresenta la parte compresa tra la punta dello Schiavo e e qnella eh" è di rimpetto gli scogli detti Clùanare di Spadcra /"; ed oltre i filoni a a a che s' interpongono tra gli strali di tufo b b , è note- vole verso r estremo orientale una prominenza di trachite compatta e che vien fuori dal mare, sulla quale ci ha un filone di nera trachite /"alquanto cellu- losa , eh" è immediatnmente sottoposta al conglomerato 6 ó, ed è molto diversa dalla trachite degli altri filoni a a. Nella figura quarta è rappresentata la spiag- gia compresa tra la punta dell' Imperatore /' e quella di rimpelto lo scoglio 253 La Nave g. La parte occidentale offre inferiormente massa Jrachiilca a sulla quale si adagiaoo molli strati orizzontali di tufo b ; a questi è soprapposta una larga zona di tufo e quasi piegala ad arco , cospersa di grossi pezzi di svariate rocce , e poi seguono tre filoni di trachite e e e divisi dal tufo d d, due dei quali continuano a mostrarsi bea distinti anche nella parte opposta della punta dell' Imperatore. £ pure degna dinota la massa di trachile che forma la punta del Ghia- rito e che sorge dal mare ia forma piramidata svelta , standole sopra il tufo stratificato , inclinato di 37 gradi tra ponente e settentrioxe . Esso è si stret- tamente congiunto alla sottoposta roccia che s' insinua nelle sue piccole fendi- ture riempiendole senza lasciare alcun vuoto , ed i medesimi suoi strati , ove Uniscono di poggiare sulla trachite , si ripiegano con larga curvatura sino a divenire orizzontali. Nella parie di questo gruppo che guarda l' interno del- l' isola non si scuopre trachite come nel gruppo precedente , e vi sono in- vece svariati cumoli di lapilli , di pomici e di altre maniere di scorie , tra i quali non mancano di tanto in tanto grossi pezzi di trachite compatta. 2.° Sistema , gruppo del M. M are e o co. — Il gruppo del JVI. Marecoco è meno esleso dei due precedenti , e comprende lo spazio che da questo monte si prolunga nel mare per tulio il promontorio di Zale, ed il M. di Vico, che ne rimane separato dalla profonda valle che finisce nella marina di S. Montano. Esso è quasi in tutto formalo di trachite eoa super» iìcie mollo ineguale , essendo superiormente solcata da irregolari vallette eoa tortuose ed aspre prominenze , le quali sembrano non esser allro che grandi crepacce formatesi per lo sprigionamento delle sostanze gassose e pel ritirarsi della roccia nel tempo del suo consolidamento. La valle che divide il M. Ma- recoco dal promontorio di Zale è la maggiore di tali crepacce , essa ha forma (li cratere molto allungalo nella direzione da greco a libeccio , e dalla me- desima sono state eruttale, alquante materie frammentarie che si veggono ac- cumulale presso le stufe di S. Lorenzo- E però questo luogo può noverarsi Ira gli esempì de' crateri incavati nella trachile. Anche la valle che divide il M. di Vico dal M. Marecoco e da Zale probabilmente non è che superficiale divisione di quelle protuberanze tracliiliclie inferiormente congiunte in una sola massa. Intanto nel gruppo del M. Marecoco sono assai scarse le rocce di ag- gregazione , ed il più abbondante deposito di conglomerati si rinviene nella parte supcriore del M. di Vico. Trovo di qualche importanza prendere in co isiJerazione gli sconvolgimenti cagionati dall' emersione delle rocce di questo gruppo che in parlicolar modo 254 sì ravvisano a libeccio di Lacco. Io un burrone solto Mezzavia dalla parte- di scirocco vi sono molti strali di lapilli e di tufo argilloide con varie in- clinaxiooi e frequenti slogamenti , i quali sono così profondi che per 1' al- tezza di oltre IO metri , in cui si mostrano le testate dei rooltiplict strati , non si ravvisa alcuno degli strali di una parie avere il suo> corrispondente negli strati della parie vicina. E nello stesso burrone all' altezza di circa 20' metri sul livello del mare si trova il deposito couchiglifer» altrove menzionato (v. Me- moria I"), la conlinuaziooe del quale si osserva di circa 50 metri più' allo a destra della slrada che da Lacco conduce a Mezzavia. Nelle vicinanze di Casa- micciola , ove si cava la marna per mezzo di pozzi verticali ^ prima di giun»- gere alla marna s' incontra lo slesso deposilo conaliiglifero , cl>e volgarmente si chiama arena ; e qui pure V attuale su» altezza sul mare sembra cagionata! dalla emersione della sottoposta trachite. Di fatto presso^ la spiaggia setten- trionale dell' Isola d'Ischia si trovano di tratto in trattoi alcune rocce che credo do- versi riferire al gruppo del M. Marecoco. Sono in questo- caso k trachite che si scuopre ai piedi della collina di Casamicciola , a destra della strada che da questa Città mena all' Annunciata ; la Irachil» che- dalle stufe di Ca- stiglione si estende in mare sino alla punta del'lo> stesso- nome ^ e forse an- che la medesima roccia della puota> S. Alessandra , di cut non ho potuto- conoscere con chiarezza in quale relazione si trova con L -vicioi conglomerali.. Anche un altro fatto che sembrami dovul» ali» stessa^ causa' troverai nellai punta del Lacco , ove incastonalo nella trachite- vedrai gran masso- di tufo arrossito e divenuto assai fragile^ il quale non dubito sia stato divello dai conglomerati che ha attiavscsall la coscia del M, di Vico nel tempo della sua emersione. In questo gruppo , a differenza dei due precedenti , vi sona frequenti esalazioni di caldi vapori che possono osservarsi nella parte superiore del M. di Vico dal lato di mezzodì , nelle stufe di S." Restituta^ ed in quelle di S, Iio- renzo , nelle stufe di Castiglione ^ e presso la punta di Castiglione, ave l' ac- qua del mare è riscaldata sino- a TS gradì del termometro centigrado. Nelle •vicinanze delle stufe éa S, Lorenzo il grande sfacimento che si osserva nelle rocce dimostra che quivi assai piìit copiose sieno- state un tempo le fuma- role , e tra le produzioni di questo luogo sono ammirevoli alcune grandi po- mici verdicce e fiagilissirae che racchiudono Belle loro cellette eleganti con» crezioni di ialite. La trachite che si rinviene nei tre gruppi del secondo sistema è assai -variabile nei suoi caraltcri apparenti , ed omettendo la descrizione delle molte Tiarietà che vi si possono osservare , piacemi acceonarae dae sole che piii delle 255 altre mi sembrano rimircabili. L' una e di color nericcio, assai tenace, con ì crislalli (li feldispalo dolali di particolare splendore cFie tiene del vitreo » del margarilaceo ; e l'altra è notevole perchè offre nella sua [wsta sottili liste flessuose ed irrcgolai-i di vario colore, clic imitano la tessitura dei legni ve- nati. Nò voglio tacere, tra le condizioni cUe -offre questa roccia ne' molti luo- ghi dello stesso sislema, le ficquenli fenditure verticali che vi si veggono os- servandola dalla parte del mare , e per le quali essa rimane divisa in pezzi prismatici di figura molto irregolare. Le piii speciose di tali fenditure le tro- verai alla base del M. di Vico , e presso il Capo Negro nel gruppo del M. dell' Imperatore , ove la roccia ha ricevuto il volgur aomc di felliata. 3.° Sistema. — Gl'incendi che ban dato luogo al terzo sistema del- l' Isola d" Ischia si sono accesi in breve spazio della sua parte settentrionale , ed han dato origine alle rocce di cui son formati il M. Rolaro , il INI. Ta- bor , le colline circostanti al Lago del Bagno, e Montagnoae. Il M. Rotar» ed il cratere del Lago , per le ragioni elie or ora dovrò esporre , possiamo ritenere che avessero preceduto il M. Tabor e Montagnone. Il Rotare , quasi tutto formato di tracbite , é nel mezzo incavato da cratere poco profonda , gli orli del quale sono profondamente slubrati a ponente ed a tramontana , e formano leggiera sinuosità nel lato orientale» 'VI sono sulle sue falde , ed in particolare dalla parte che guarda Casamicciola , alcuni deposili di tufo Dericcio, probahilmenle formato dalle materie eruttate nei suoi incendi , e dai medesimi incendi hanno per certo avuto origine i depositi di pomici che t' incontrano lungo la strada che da Castiglione mena al Bagno , ed i grossi pezzi di trachile assai dura che si riuvengono dalla parte opposta. Non ti scorge alcuna lava da esso uscita. Le colline intorno al Lago , come Io scoglio che vi sta nel mezzo , sono ancor esse di tracbite, e dalla parte del mare finiscono in due capi uno dei quali dicesi punta S. Pietro , nei quali chiaro si scorge che que- sta roccia ha fluito in forma di lava, soprapposla al conglomeralo pomicoso. Le acque del lago sono io qualche parte della sua sponda assai calde , ed a questo cratere appartengono le sorgenti termali dei bagni d' Ischia. Sul pendio del il. Rolaro, dalla parie tra ponente e tramontana, si apre con orli rilevali un angusto e bislunijo tralcre formalo di tracbite, il cui lato occidentale mollo piìi alto dell'orien- tale forma nella sua estremità inferiore quella prominenza che dicesi M. Ta- bor in cui sono abbondanti esalazioni di «aldi vapori . Questa stessa promi- nenza (rachitica è ricoperta in qualche parte del suo lato meridionale da' marna conchiglifcra e da tufo argilloide , le quali rocce sembraao esser* 34 256 siate trasportale In allo dalla sua emersione . lolaulo il riferito cratere bislungo è aperto nella parte boreale , e di là si vede essere «{gorgata quella lava trachilica che raggiunge il mare , e si estende dalla punta Perrone sino alla punta della Scrofa. Debbo qui prevenire il lettore che la carta del- r Isola d" Ischia, che ho tolto per guida nel mio lavoro, lascia desiderare che quest'ordine di cose vi fosse con più esaltezza indicalo. Dalle riferite condizioni del cratere del M. Tabor seralra indubitato eh' esso sia posteriore al Rotano , e che i suoi incendi sieno scoppiati nelle falde del medesimo. D' altronde la lava dello slesso cratere offre al geologo qualche cosa mcrilevolc della sua attenzione. Essa osservata dalla parie del mare si trova variare in altezza da due a cinque metri , e riposa sopra uà conglomeralo di pomici stratificato, il quale si vede esso slesso riposare sulla trachile di Castiglione. E nello spazio interposto Ira il M. Tabor e la spiag- gia, la lava ò adagiata sulla marna conchiglifera che da tempi antichissimi ivi si scava per servire alla figulina. Ove poi la marna si trova in contatto con la superficie inferiore della lava , e sino alla profondità di circa un me- tro o poco piii , non solo il suo naturai colore si è cambiato in rosso di mattone , ed ha acquisiate assai maggior durezza , ma nelle sue sottili fen- diture si sono ingenerate talune venucce , ovvero frequenti globelti di arra- gODÌte . Ed i fossili che vi sono racchiusi, almeno alcuni esemplari della Tur- rilella triplicala che vi ho trovali , sono divenuti di color nericcio. Nò credo vi sia chi possa dubitare che tali cambiamenti nella marna sieno dovuti al- l' azione della lava incandescente corsavi sopra. Montagoonc è un altro vulcano del tutto formato di trachite con profon- do cratere aperto nel lato orientale e settentrionale . La sua base si estende e sembra internarsi alquanto dal lato di greco in mezzo alle colline del cratere del Lago , per la qual cosa è facile argooienlarsi che i suoi incea- dì sieno stati posteriori a quelli di questo cratere. Camminando per la strada che passa tra Monlagnone e M. Rotaro , la trachile del primo si vede allo scoverto sin dalla sua base , e quando si giunge nell' alto della congiunzione dei due monti, la medesima roccia si scorge soprapposla a quella del Rotaro, elevandosi alquanto per l' incontro di questo monte , come soglion fare le la- ve che incontrano per via qualche ostacolo al loro cammino . E però il se- condo di essi deve reputarsi , al paii del cratere del Lago , più antico del- l' altro . Questi fatti dai quali rimape comprovata la recente comparsa di Mon- lagnone , e Io stalo di freschezza che si rinviene nelle sue rocce mi fan credere che quivi sièno avvenute quelle vulcaniche conflagrazioni che, al dir di Strabooe, posero in fuga i primi abitatori dell Isola d' Ischia. 257 Il còsi detto Fondo di Rotavo , die trovasi presso la base dei due prece- denti monti , di leggieri potrebbe considerarsi comi', il quinto cratere di que- sto sistema ; nia la sua forma mi penso clie derivi dall' accidentale disposi- zione delle colline che lo circondano , ciusiuna delle quali è di origine di- versa dalle altre. La collina contigua a Cremale, che chiude dal lato meridio- nale il Fondo del Rolaro, sembra essere naia da particolare eruzione che può considerarsi ancor essa appartenere al terzo sistema. Camminando sul dorso della medesima per la strada che segue la direzione dell' acquedotto d'Ischia, si scuopre la iracliitc scoriacea in forma di lava scendere per le sue pendi- ci ; la qual cosa sta di accordo con tale congettura. Tra 1' Arso e !\Ionta<'nooe è pure notevole un gran deposito di pomici grandclle e di uniforme tessitura che probabilmente hanno avuto origine dagl incendi del terzo sistema. 4°. Sistema, dell'Arso. — Quasi direi io continuazione degl' incen- di del precedente sistema, e dove le rocce del medesimo si congiungoao con quelle del gruppo del M. di Campagnano, e con quelle del sistema dell' Epo- meo, avvenne nel 1301 nuova e memoranda conflagrazione, di cui resta a di nostri indt'ebile monumento la lava dt:ll' Arso , altrimenti delta Le Cremate Oggi propriamente dicesi Cremale il luogo dal quale venne fuori la lava. Non ci è pervenuta alcuna scrittura sulla storia di questo incendio , e dalle poche notizie che ci han lasi;i,ito il Fontano ed i medici napoletani Giovan Francesco Lombardo, e rartolomeoMaranta (o), scrittori che fiorivano tra il decimoquinto e deci- mosesto secolo, nemmeno sappiamo il tempo preciso della eruzione. Si racco- glie dagli ultimi due autori eh' essa durò per due mesi , e fece "rande stra- ge di uomini e di animali domestici ; ed è notevole che ninno di essi fa menzione di trininoti che avessero preceduto, o accompagnato l' incendio. Egli è maraviglioso che nel luogo in cui si apri la strada alla strabocche- vole lava dell'Arso , non si fosse innalzata alcuna prominenza che per poco alla med(s:ma corrispondesse; e le scorie accumulate intorno la bocca di eruzione vi formaror o sollanto un orlo semiellittico e poco rilevato, il quale, se pur vo- glia chiamarsi cra;ere , è di quanti se ne conoscono nella regione Aerea il meno coasid lesole, e nel 18A5 è stalo anche in parte demolito per opera de"l Isolani. La causa di sì rara condizione nelle bocche vulcaniche sembrami dovuta alla tem- perle della lava dell Arso assai piìi dell ordinario elevata ; per cui le rocce da (a) Ponlano. D« letto neapolitano, in lib. (ì. — Maranta. Epistola de acqnae quam fcrream tocant mrlnllica maleria ac tiribui . Neap. iS59 . p. 31. — Per Francesco Lombardo veggasi Giovanni Elisio Acnariarum bulnea, opuscolo che Va unito all'opera del Jasoliuo intitolata. De rimedi naturali che sui.o re l Isola di Fi.tcusa, oggi delta Ischia. I^'ap. Ì6S9, p.2, infine! 258 . . , questa incontrale prima di nscir* all' aperto, invece di s'gominarsi per l' interno ìm, pulso, pare eh' esse stesse ne sieno rimaste fuso e trasportale dui nuovo torrente senza dar luogo ad alcun notevole sollevamento. EJ alla stessa causa possiamo attribuire lo stato di freschezza e la desolante sterililà che, scorsi più di cinque secoli, tulla'via si osserva nell' Arso. Dappoiché son di avviso che questo carat- tere proYvenga dall' essersi ben combÌDali insieme i chimici elementi della lava nel tempo del suo raffreddamento , ed alla loro perfetta combinazione ognuno intende quanto avesse potuto contribuire 1' elevatissima temperie col rendere piìi libero il loro movimento. La lava dell' Arso si estende per lo spazio di circa un miglio quadrato, Eenza tener conto della parte che probabilmente esiste sommersa nel mare , e la sua altezza media può calcolarsi di quattro metri o poco piii. La com- posizione mineralogica della medesima è notevolmente diversa da quella di tutte le altre rocce di simil natura dei Campi ed Isole flegree ; giacche oltre al trovarvisi gran copia di cristalli di feldispalo vitreo , ed alquante laminucce di mica , vi si rinvengono pure non pochi cristalli di augite e di olivina , le quali ultime due specie sappiamo che assai di raro si associano col fel- dispato. Presso la cappella che si trova a man sinistra della strada che conduca da Ischia al Bagno , nel bel mezzo della lava , si vede esalare piccola fu- marola la cui temperatura trovai nella state del 1840 di 32. gradi del termo- Pietro centigrado , essendo quella dell' aria esterna di 25 gradi. Non è quindi a maravigliare se essa sia sfuggila alle ricerche di qualche geologo desideroso di osservarla , ma sarebbe al certo ammirevole la sua esistenza in una lava tanto antica , se potessimo assicurare che il suo calore noa derivi dalle rocce alla medesima lava sottoposte. 259^ i Isa «M SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tav. I. a , a , a , a. Orlo del cratere della Solfalara. b , b , b. Mosse di tracliite che si scuoprono nell interno della Solfalara , e che. al di sotto del fondo del cratere probabilmente si uniscono in una sola ntassa. di cui esse non sono che le parli p:ù prominenti. C. Punta meridionale della Solfatara , formata dal comignolo della maggior massa di trachite. à. Punta settentrionale della Solfalara , formata di strati di conglomerati in gran parie scomposti. Nella figura prima della terza tavola essa è rapprC' sentala con maggiori dimensioni, e guardata dall' interno del cratere. e. Piccola collina ad oriente della punta meridionale della Solfatara , notevole per la gran copia di fumarole e per la produzione della ialite. I. Jl più grande degli alluali fumaroli della Solfatara^ volgarmente chiamato bocca della Solfatara. g. Avanzi della torre fatta costruire da Breislak verso la fine del passato secolo. h. Pozzo con acqua calda impregnata di solfato di allumina. k. Ruderi dì quattro antichi forni , probabilmente adoperati per la eslraziona dello zolfo , ed avvicinali da profondo fosso senz acqua, foderato di fabbrica. n. Ruderi di antico cdipzio in mezzo ad un'' aia di breve estensione che si dislingue per qualche fumarola , e per la sua sterilità nel casta- gneto che occupa la parte occidentale del fondo della Solfatara. n. Edifizio presso V ingresso della Solfatara , ove sono i fornelli per la estra- zione dello zolfo. p, p. Grotte scavate nel conglomerato in vicinanza della trachite , ove per la gran copia di vapori che esalano , la roccia si scompone e fot' nisce le materie die servono alla fabbricazione dell' allume. ^ì 1 i 1' Profonde buche anticamente scavale nel fondo della Solfalara , e nel fondo di alcune di esse ora vi sono mofele di gas acido carbonico. T. Valle poco profonda che divide il Monte Olibano dalla punta meridionale della Solfatara. ■. Monte Olibano superficialmente formato di trachite. t , t , t. Limile della trachite del Monte Olibano. U* Acqua de' Pisciarelli ove sono le medesime esalazioni di sostanze gassose che si hanno nella Solfalura,e visi osservano giganteschi massidì trachitt' 260 Tat. II. a. Luogo nei crateri dì Campana ove a fior di terra si sempre trachìte quasi tutta scoriacea , almeno nella parte superficiale apparente. b. Cavità cratcriforme conosciuta col nome di fossa lupara, incavala nella trcicliite, e cospersa di grossi massi della medesima roccia. C. Luogo avvallato di forma ovale detto fossa schianalo. d. d. d. Collinette semicircolari di piccola altezza, e formate in gran parte di frani' menti di trac/lite scoriacea. e. Cratere di Cigliano , chiamato anello fondo di Capomazza , formalo di lapilli vulcanici , talvolta riuniti in massa tenace j e spesso incoerenti. f. Piccola prominenza nel cratere degli Aslroni chiamata Rolondella , (ormata di Irachite. d. Collina bislunga , della V Imperatrice, formata di trachite. b , b , b. Laghetti nel cratere degli Aslroni, le cui acque si mantengono quasi allo stesso livello con quelle del mare. k. Massa di trachite che si scuopre nel lato orientale della parte interna del cratere degli Aslroni , e giunge quasi all' altezza dell' orlo del cratere . TVA. III. Ti"'. 1. Punta settentrionale della Solfatara veduta daW interno del cratere. a a a. Massa di trachite che vien fuori dal fondo del cratere , ed ò superfìcìaU mente in gran parte scomposta. b b. Strati di conglomerali incurvati ed adagiati sulla precedente massa trachìtica. c e. Due grotte scavale nel conglomerato per eslrarre le materie che servono alla fabbricazione dell allume. Fi". 2. Punta di S. Angelo nel lato meridionale delibisela d'Ischia, veduta dal lato occidentale, a a. Filone di trachite interposto tra gli strati di conglomerati e leggermente incli- nato a mezzogiorno. b , b. Massa trachìtica che esce a fior di acqua. e e. Strati di conglomeralo con la medesima inclinazione del precedente filone di trachite. i , d. Altri strati di conglomerato , prohabilmenle dislogati dai precedenti , ed in- clinali a settentrione di 38 gradi. Fig. 3. Parte meridionale del Udo dell Isola d' Ischia compresa tra la punta dello Sihi'vo e gli scuji detti Cliianaic di Spadera , veduta dal mare. 261 a , a ) a. Massa di trachilc che a man dritta si divìde in filoni , t quali s' intromet' tono Ira le giunture degli strali di conglomerati. h , b. Strali di conglomerali. 0. Prominenza di irachite compatta che vicn fuori dal\ mare diversa dalla prece» dente per i caratteri apparenti, d. Strato di tufo che si vede incastonalo nella trackitc. e. Punta dello Schiavo. f. Filone di trachile nera e cellulosa soprapposto alla trachitc tenace e. Fig. 4. Parte meridionale della spiaggia dell' Isola una miglior figura di questa fruUificazione nel fiore maschio, seb- bene ci per errore l' avesse preso per l' ermafrodito. Finalmente i caratteri che il LuDoviGio ha dato di questa fruttificazione colla terminologia Linneana , e la fìgnra the nel Teatro delle Piante se ne trova debbonsi stimare puri capricci. Nel nostro c;iogo Appennino, ove sono da occidente posti Castellammare ( ove r antica Stabia ) Vico Eijuano , Sorrento , il Promontorio- di Minerva ossia Massa- liubrense ; e da- Oriente , cominciando dalla punta , inaccessibili rupi dapprima , indi Positano , ed altri villaggi sino ad Amalfi , si vede il sempre verdeggiante Carrubo vegetare tra quegli rìdenti oliveti che frammezzano quelle balze , «d i quali somministrano olio squisitissimo . Il totale di questo giogo è di massi di uniforme calcireo, tra i quali s' incontrano degli strali ric- rhi' di un- singolare pelrillcato del genere delle madrepore , che i cavapietre chiamano strati neri ad occhio di pesce. Vi s' incontrano bcnanco e mar-'odi e argille , e coti , e schisi!, massime, uell' estremo del promontorio di Mioer- Ta. Vi si trova per tutto il tratto , cominciando dal monte Fageto che sovra- stir Vico equano , copia immensa di materie vulcaniche d'altronde trasportatevi. La situazione di questo giogo è tale che cominciando tra oriente e tramon- tana , più' verso oriente s' iunoltra , o volgendo poi verso mezzogiorno dechina a ponente. 11 grado di caldo in queste coste prossime al mare , e massimamente dalla jarte Or. culaie , è temperato nel verno , ed è eccessivo nella state quan- do per giugno sino alle prime acque di autunno quei campi rimbombano per Te strida delle cioade. Dunque in settembre sul Carrubo e dal tronco e da V rami si veggono spuntare i grappoli dei fiori , come i grappoli nella vile tulli di un pezzo , e squamosi , dalle quali squame sorgon poi i fiori. Cominciano qucsli a comparire in forma di globo ; so sono maschi le prime a manifestarsi sono le grosse antere con corti filamenti , i quali poco dopo insieme colla corolla cui sono attaccati si allungano , e si spandono : se son femmine in ciaia del globo si vede allungarsi il germe , il quale piìi s' allunga ed in- vi) Di plani. Aegyptip. i. (2) Tom. ì, P. '2 , p. il3. . (3) ln$lil. R. n. p. 578. 3o 564 curva , come il calice e la corolla si spandono. In somma ai primi di ottobre ambi gli organi sessuali sono perfezionati ; allorquando dovrebbe succedere la fecondazione delle femmine. Foichc da tal tempo innanzi aumentando sempre iu grossezza i germi prendono la forma di baccelli , da poco meno che in capo all' anno maturano. Ecco intanto i caratteri di questa pianta pel sistema sessuale. PoLYGAMIA TrIOECIA. ^ ; Ccratonia — Siliqua. Racemi e Irunco ac ramis plantac , credi , basi sacpìus fuliali , gerani flora singulos brevi insidcntes peduuculo , infarne ad basili inslruccos squama triau' (julan , caduca. I. Mascalas flos. Galyx : pcrianthium monophyllum , qmnquc.fidum : laciniae ovalae , concavae , apice ciliatae. ' Corolla monopetala , caljcc brcvior , rotala, sinuata , carnosa , scricca mar- ccscens. Stamina : fìlavienta quìnque ( sacpe plwa ) corollae margini inferiori adnata , lacimis calycis opposila ; per sinus corollae cxurgenlia , patentia , corolla triplo longiora siéulata. Ilis apice insidcnt antherae, majusculac , externe planae , ìVì- ierne Iclis duohus longiludinaliter partilis. Pislillum. Rudimentum subulatum in centro. II. Foemiaeus flos. Calyx et Corolla ut in mascuìo. Slamina. Rudimcn/a quinquc posita ut in masculo , subulata , caduca. Fistillum centro corollae implantatum , pcdiccllatum. Germea lineare , comprcssum, suLinctirrum, scriccum. Stylus mdlus. Stigma scssilc, capilatum, signatum sulco cxcurrcnlc e centro in germinis latus , convcxum. Pericarpium. Lcgumcn maximum, oblusum compressum , dissepimentis plurimis (ranin-sis isthmis pulpa rcplctis. Semina : solitaria , subrotunda , compressa , dura , nitida. 265 III. llermapIiroJilus flos. Omnia juncliin quac in mascuìo et focminco. Ilaòilat in Oriente , Acijj'plo , Sicilia , ac in Regno Ncapolitano. Le aiite>e che nel flore maschio formulisi da due lobi , hanno in ciascuno A' essi una rima longitudinale , parallclla perciò alla linea che gli separa : e questa rima non è posta a capriccio, perchè nel maturarsi che fiinno queste ante- re per queste rime si aprono per iscaricarsi delle polveri maschie, di cui sono i serbatoi. E questo articolo nel modo di aprirsi delle antere in diverse piante po- trebbe meritare ulteriore indagine de' filosofi botanici , ricordandomi fra gli altri di averne veduto uno singolare aeW Euphrasia lutea del Lixneo. Queste pol- veri maschili del Carrubo hanno una forma regolare , ovale , con una figura si- mile isciitla , rilevata. In questa pianta come in altre molte è da notare che nel fiore quella parte di sesso che si dice mancare , non manca totalmente , esislen- doveue un principio ; e di ciò un singolare esempio abbiamo nella Musa CUffor- tiana del Linneo. M» se si volesse entrare iu una ricerca della causa fisica per cui di nna pianta medesima alcuni individui debbono aver fiori , in cui le parti ma- schie sole si sviluppano , altri in coi le sole femmine , quando in altre ugualmente e le une e le altre si perfezionano , mi pare che non si potrebbero dire che cose vane o almeno ipotetiche. Come mai, dunque, ne' nostri carrubi succede il trafiìco di queste polveri per la fecondazione, quando in questo tratto appennico per non distinguersi da' paesani il maschio , e credersi una razza selvatica ed inetta a fare frutto , viene subi- to o estirpato , o innestato a femmina ? Per cagione di questa comunale creden- za ho veduto carrubi femmine piantati in luoghi , ove per lunghi tratti di di- stanza non ho potuto ravvisare un maschio. Ma fatto sta che colali femmine haa fruttificato , e fruttificano. Pensai di avere ricorso a qualche estraneo mezzo , che malgrado gli ostacoli suddetti , conducesse quella polvere anche da lontano. Non mi parvero potere a tal uopo impiegarsi le aurette, ed ì venticelli , perchè calcolata la copia di questa polvere sopra di un Carrubo e l raggio di quella sfera in cui siHalta polvere doveva diUbndersi , o niente, o infinitamente picciola doveva esserne la porzione, che a molte femmine fruttifere potesse toccare. A cui deve aggiungersi il grande ostacolo che a queste polveri deve opporre il fo- gliame del Carrubo cosi denso e duro , che come una capanna difende e rin- serra sul tronco e su i rami la fruttificazione. Mi rivolsi a cercare se quilche sorta d' insetto fosse il mezzano di questo lavoro, siccome universalmente in que- ste classi monoiche e dioiche e creduto avervi parte il loro arliflcio, e nel fico 266 singolarnipiilc è sialo dlmoslralo. Mi posi perciò un giorno a gnanlare entro un albero di carrubo fctiimiiia, e con piacer grande osservai a linea reUa del Sole , come nuvole di mosclicrini roncassero entro di questo albore, 1 quali si facevano a comparire dal rifrangersi dei raggi nelle loro ali. Postomi più seriamente in al- tre ore il Carrubo ad espiare se questi rooscberini godessero di succhiare sullo stimma ruggiadoso delle femmine, o avessero piacere d'imbrodolarsi Ira quel- le polveri maschili degli alberi maschi, io non seppi distinguere in loro alcuna appetenza per 1' uno o 1' altro, e niente più potei conchiudere che nel Cirrubo corressero per godere di quel fresco, siccome un' altro buon numero di altri in - setti accorre. Mi riuscì dopo nojosc diligenze di acchiappar questi moscberini , i quali osservali al microscopio , mi si sono riconosciuti per specie di Calici, di Sjcqi ed Icneumoni (i). Mire sorti d' insetti vi ho veduto ancora, come quella razza di mosca che è la funesta madre dei vermini delle olive , e che altrove descriverò ; e molte specie di belle cicadc , i quali insetti tutti sogliono sem- pre nei tempi calorosi vedersi al coverto delle ombre di questi sempre verdeg- gianti alberi. In che dunque queste nuvole d'inselli potranno nel Carrubo con- tribuire alla dispersione del seme? Farmi non in altro modo che ricevendolo nel- r atmosfera dei maschi, lo trasportassero di poi in quella delle femmine. A tutto ciò devesi aggiungere un'osservazione che feci, e che solo lascio altrui a deci- dere • cioè che volendo i contadini innestare i carrubi maschi a femmine non possono farlo , che quando quei maschi sono grandi ed adulti , perchè questa pianta se non in tale stato può darsi colla sua fruttificazione a dimostrare per tale • e perciò fanno essi l' innesto sopra i rami , rimanendo il troncone coma prima, cioè maschio. Perciò ho veduto alberi innestati cui dal troncone usciva- no mólti rami carichi di maschi fiori, mentre tutto il disopra era vestito di vec- cia frulli e femminili Cori. Un tale albero non solo somministrerà col suo tron- co beneficio ai suoi rami, ma a tutti quelli della vicinanza. Migliori e più deci- sive osservazioni farò subito che cominceranno a fruttificare alcuni individui di Carrubo che nei contorni di Napoli nella mia villa ai Camaldoli ho piantato , ove per tutta la contrada di tale piante altra non vi è, allora resterà pienamente di- chiaralo il modo che serba questa polvere maschile per comunicarsi agli embrioni; ovvero resterà aumentato di un nuove genere il catalogo delle piante, come di alcune zucche canape, spinace, in cui il celebralissimo sig. Abate Spallanzani ha dimostralo che la specie perpetuasi senza V influenza del polviscolo dei maschi. 11 fruito del Carrubo non matura che nel cader della siale , ed indi poi (1) L'autore avea delineato apposite figure di dell' Insetti , di un ramo di carruba, e de suoi Cori. D. Chiaie. 26T fattane la raccolta , al sole , o al forno sì lasciano perfezionare. Nel principiar della state primacbè la lor corteccia s' induri , le api sogliono coi loro rostri pie» chiarii e sudarne il licore che al melico si dispono ; ma sopragjiungenJo le piogge il frutto in i[uel luogo s' impiaga. I topi di campagna che in quelle rupi , e boschi si annidano , sogliono alle volte, interi gli alberi spogliare de' fruiti. Giovanni Bauino sulla fede di Camerario asserisce che dalla semenza nasca il Carrubo, ma che le pianlerelle a loro abbondonate non giungono che al terzo anno. Sarà ciò avvenuto nei paesi freddi. Nella costa di Amalfi si usa di raccorre nel verno la spazzatura delle case de' poveri , la quale è piena di semi di carrubi onde qnesta miserabile gente allora si sfama : e quella posta tra solchi dà subito la novella piantagione. Il luogo naturale del Carrubo presso di noi sono le coste mariltime , comia- clando da que.«to ramo Appenninico , pel Cilento , Calabria, Puglia. Il Carrubo non soffre gli eccessivi freddi , e siccome presso di noi il Febbrajo 1782 fu fatale per gli Aranci , e nocivo agli ulivi , i carrubi quasi tutti morirono , onde nel tronco o nel pedale recisi hanno ripullulalo. Per rispetto dei semi del carrubo ho pensato secondo il procedimento del- l' ab. Spallanzani cercare la pianlicella nei lobi del seme del carrubo e l' effetto dei medesimi. Alcuni carrubi erano della Costa , e le semenze erano lisce piane ; altre della Separa a Majano , ed erano smunte , e brulle. Aperte le prime davano a vedere la pianta nel mezzo dei due lobi scuri, era dessa di colore giallo nella cima come un globo e poi era spasa in tutta l' estensione del lobo , e vi si potevano di- scernere i lineamenti della pianta. Ora ho piantato gli uni e gli altri semi separata- mente , e ne attendo i risultati. Parmi probabile che i semi della Costa germoglias- »«ro e gli altri no. 268 Annotazioni alla memoria del Ca^'olìni sulla fruii ijìcazione del Carrubo. La mcmorictla sul Carrubo scrina dal celebre Filippo CavoViDl circa scttan- t'anni fa veniva particolarraenle considerata dal sig. delle Cliiajc nel riordinarne le sclicde inedite, e bene egli si avvisava allorché nel rimcUcrla ai suoi colleghi componenti la cominissionc compllatricc del Rendiconto , la giudicava degna di es- ser fatta di ragion pubblica. La commissione nel Fendergliene le dovute grazie, senza punto menomare il rispetto dovuto a quanto sortiva dalla penna di quel som- lao nostro naturalista , non dimenticava che, dopo si lungo intervallo, non poteva prescindersi dal sottoporla a novello esame; tra perchè nuove ricerche avevano po- tuto meglio chiarirne r argomento., e perchè lo slesso egregio autore dichiarava volerlo sottoporre a più maturo esame,dopo che le piante che ne coltivava nella sua villetta ai Camaldoli avessero cominciato a dar fruito. Essendone stato a noi deferito r incarico , mentre le cose dette dal Cavolini ne parvero impresse del marchio della perspicacia e del fino giudizio che se ne scorgono in tutti i suoi applaudili lavori ,ua solo ostacolo ne impediva di darne il diflinilivo giudizio per melterne a stampala memoria sopracitala , o questo derivava dacché mentre il Cavolini ed il Fasano riconoscevano i fiori del Carrubo forniti di doppio integumento fiorale , cioè di calice e di corolla , tutti gli altri botanici, dal Linneo fino all' Emllicher , loro' attribuivano il solo calice , dichiarando apertamente quei fiori mancanti di corolle. Tale una inopinata contradizione ne obbligavano a studiarne nuovamcuto i fio- ri , che perciò il commesso esame ne veniva differito al tempo della fioritura del Carrubo , che ha luogo tra il settembre e 1' ottobre. Giuntone propizio il momento con nuove accurate osservazioni abbiamo potuto chiarirne le insorte dubbiezze ; che perciò qui appresso ne verremo esponendo le cose per noi osservale. Riscontrando gli autori che han parlato della fruttificazione del Carrubo , senza tener conto degli antichi che , come opportunamente lo avverte il Cavo- lini , n' ebbero idee impurfeite e confuse, noi troveremo che Linneo , Willi- dcnow, Laraarck, e tutti gli allri espositori de' generi delle piante sino all' ulti- mo celebrai issiiuo Endlichcr , descrivendo il genere Ccratonia si accordano nel definirne i fiori privi di corolla. Converremo frattanto col nostro autore che Linneo non aveva potuto accuratamente studiarli ne' paesi settentrionali dove ron alligna il Carrubo, e ne aggiungeremo in conferma di aver egli confuso alla sua volta il vero piccolissimo calice col luigo e carnoso disco che gli sovrasta , 269 altrimenti non lo avrebbe deGnìto colla frase : perianlhlum qw'nqueparlUum ma- ximum, AUeulamcnlc sludiando qucsli fiori noi li vedremo forniti di un calicetto COSI profondamente diviso in 5 parli clic potrebbe quasi dirsi formato di 5 mi- nutissime fogliolinc. Ad esso sovrasta ed immediatamente aderisce un corpo carno- so che fa parte del ricettacolo, e cLe i botanici distinguono col nome di disco^ dal cui centro sorge il pistillo ne' fiori ftìraminei e negli ermafroditi, ovvero un aboz- zo di esso ne' fiori maschi ; al disotto del disco, cioè tra esso ed il calice e nelle sue divisioni che alternano con quella del calice istcsso, si attaccano i 5 stami ne' Cori maschi e negli ermafroditi , laddove ne' fiori femminei rimangono essi espressi da altrettanti tubercoletti neri. Anche poco esatta è la dilTcrenza che fa Linneo tra il calice del fiore maschio, e quello del fiore femmineo , perocché dopo di avere assegnato a qucst' ultimo quel (i\so jìcrianlhium iiwximuiii già disopra avvertito ; a i calici de' fiori maschi assegna la frase di perianihium monophyllam tubcrculis quinquc divisum, laddove, siccome ben li descriveva il Cavolini, il calice de' fiori del Carrubo e sempre lo stesso qualunque ne sìa il sesso. La sola inesattezza che possa trovarsi nella descrizione di questi fiori fattane da Fasano e Cavolini sta in questo , di aver- ne, cioè, ritenuto per corolla quel disco carnoso che Linneo confondeva col calice ne' fiori maschi , ma che poi quasi senza volerlo accennava come organo distin- to ne' fiori femminei ; perocché nella descrizione di questi ultimi dice pisiillam in- tia rcccplaculum camosum clclitcscens. Più distintamente quest'organo medesimo veniva descritto dal Lamarck ; noi ne trascriveremo perciò la seguente frase diagnostica del fiore maschio >> i) Chaque fleur consiste 1°. en un petit calice ouvert et à cinq divisious. 2° en cinq » étamiiics ( très rarement six ) opposés aux divisions du calice, dont Ics fila- _ ») nients longs et ouverls sortent des échancrures au dessous Ics plis d' un disquc » cbarnu qui occupe le milieu de la fleur , et portoni dcs anlhéres ovalcs sil- « lonécs en deus logos. » Certamente se il Cavolini ed il Fasano avessero avuto sot- to gli occhi tale una distinta descrizione di queste parli fiorali del Carrubo, non a- vrebbcro ritenuto quel disco per corolla , tanto piìi dopo di aver eglino osser- vato che gli stami si trovavano inseriti al di sotto di essi ; cioè tra il calice e la presunta corolla : la qual cosa si oppone alla idee ricevute sulla distribuzione di questi organi fiorali . Noi abbiamo creduto doverlo dichiarare , ma ci guar- deremo bene di farne un rimprovero a i sullodati autori , e ciò per due gra- vi ragioni ; la prima , cioè , perchè 1' opera del Lamarck veniva in luce mol- li anni dopo delle osservazioni che il Fasano ed il Cavolini istituivano sui fiori del Carrubo ; la seconda perchè trattandosi di lavori inediti non possia- mo incolpare il Cavolini dell' inesattezze che potevano esservi scorse , e che 270 certamente 1' autore medesimo ne aurebbe rimosso , se la parca fatale non avesse- immaturunicnlc troncalo il filo di quella preziosissima vita. Intorno al sessualismo de' fiori del Ca rrubo lo osservazioni del Cavolini ritener debbonsi della più plausibile esatlexza , ove riferir vogliansi allo stu- dio parziale istituito isolatamente su i fiori niascbi , femminei ed erinafro- dil» . Egli seguiva perciò' Linneo riportando quest' albero alla poligamia Irie- cia del sistema sessuale , è ritenendone i fiori anzidetti distribuiti sopra di- verse piante , ma ne rimaneva dubbioso- circa 1' assoluto isolamento di essi io altret- tanti distinti individui. In ordine a tale- classificazione gioverà rammentare come il Forskal studi- ando il Carrubo nell'Affrica , lo dichiarasse pianta ermafrodita , e tale benan- co il ritenesse il Fabricio. Il Willdenow , che ne riferisce tali diverse opinio- ni, Io registra nella poligamia diecia, e 1' ultimo più recente summontovalo End- licher definisce i fiori della Ccralonia per poligami dioici» Noi ne soggiungeremo ciò che ci è avvenuto raccogliere dietro il novello esa- me istituito sopra tale argomento-. Il Cavolini riferiva che tutti coloro che danno opera alla coltivazione del Carrubo per raccoglierne i frutti, cominciano dal seminarlo a dimora ne' luoghi dove stabilir ne vogliono le coltivazioni , quindi cresciuti gli alberi finché ne sieno venuti a fiore, ne conservano eglino intatti quelli che riconoscono per piante femmÌDe,e quel- le che noi sono le innestano a piante fruttifere. Or siccome per esserne le piante già moUo' grandi, quell' innesti si pratica- no sopra i grossi tronchi ed a notabile altezza' , naturalmente né avviena che- sul legno di quelle piante innestate al di sotto dell' innesto medesimo spuntare si veggono de' grappoli di fiori maschi. Nulla dippiìi oi dice il Cavolini intor- no alle piante selvagge che caricar si potessero di fiori maschi, e di fiori erma- froditi sugli stessi grappoli. Noi avendo trovato esattissimo lutto oiò che ha scritto il Cavolini, ci siamo trovali in grado di aggiungere alle sue osservazioni r altro fatto non meno importante che riguarda preoisamente la riunione do' grappoli con de' fiori masuhi,. eoo quelli che Ira i fiori maschi presentano non pochi fiori ermafroditi. Noi 1' abbiamo osservato in un Carrubo selvaggio nato di semenza nell'albereto dell'Orto Botanico; nò vi è luogo a dubitare che i fiori ermafroditi di quella pianta affatto selvaggia ne fossero rimasi infecondi ; giac- ché abbiamo trovalo sulla slessa tuttora esistenti i fruiti dell' anno preceden- te, comunqne risecchi e rossicchiati da i topi. Perfetti erano benanco i semi in quei frutti allogati , ne dubitiamo punto del loro germogliamento. La dimostrala riunione de' fiori crmafrodili e maschi negli stessi grappo- E riesce opportuna per conciliare le succennalc discrepanze degli autori che. i 271 aTendo 8(u pio ne porgono quelli dell' Ailanlhus glaadulosa , coli' ingombrarne estese at- mosfere potrebbero alle volle facilitare la fecondazione delle piante femmine comunque numerosissime e da quelle esalazioni lontane. Molto ingegnosa repu- tar debbesi perciò 1' altra congettura del Cavolini, che al trasporto di quelle atmo- sfere pregne dell'aura fecondante fa concorrere l'opera delle miriadi di mo- scherini che veggono aggirarsi nel fogliame del Carrubo. Noi crediamo opportu- BO, da ultimo, il far conoscere che avendone osservato il polline colle lenti di OD microscopio di forte ingrandimento , ne abbiamo trovato i globetti assai piccoli ; ed anche più di essi estremamente minuti talché appena riusciva sco- prirli coir ingrandimento di GOO diametri, trovati ne abbiamo gli atomi della fovilla, ossia aura fecondante che dir si voglia , dai globelti medesimi spinta fuora (ai. (a) Il polline asciutto presenta i grancillni ovoidali piii o meno tronchi ai due estremi con- ri!;uratl quindi a modo di barilotti diafani. Nuotanti in una goccia d'acqua, i suoi grjnellini diventano ■tarici e nella superlicie rngoso-papillos' ; essi ne'punti delle papille sono opaclìi, e net resto della sn- p^rficic diafani. Da ciò avvieni; che in queslo statosi può dednire glubos» rugoiu zii^rinaiu; che perciò di couGgurazione ed aspetto non comune. S6 372 Per coloro clie non hanno fra le mani rEndllcher rìporliarno la di lai vllima diagnosi del {;euere Ccralonia. Ceralonìa Limi. Flores -poly^nwi Tel dioici. Calfx parvus , quinqucpartitus , deciduus. Corolla nulla. Stamina sub disci hypogyni , pellati , obsolete quia - qucsinuati, calycera exccdenlis nriarglne inserta, calycis laciniis opposila, patentia. l'tlamcnta filiformia , libera, anlherae clliptico oblongae , utrinque emarginatae ., loDgiludioaliler deliiscentes.Orariumbrcviler stipitatutn subfaicatum multiovulatum. Stitpna sessile subcapitaium obsolete emargiuatum bilobuin. Lcfjamen lineare com- ■nressura, suluris crassissirais hisulatis cinctum, coriaceura iiidehiscens, intus iuler semina islbrais pulposis, transversim plurilocellatura, locetlis monospermis, endo- carpio carlila"ii«'o. Semina obovata,conipressiuscula,umbirico basilari, testa cornea, cndopleura membranacea, albumine parco, carnoso. Embijonis recti cotylcdonct planiusculae oarnosac, Radicala brevissima, acuta, plumula minuta, conica. Endli-. cher. Genera plaiitarura ; pag. 1321. M. T. Sopra alcuni nuovi generi di piante brasiliane j Note del Dottor Francesco Freire Àllhao , archiatra dell Impero del Brasile (i?/o /fl«e/ro 1846-1847). Questo illustro scienziato, delle cui amabili maniere , e non ordinario va- lore nelle scienze fisiche o segnatamente nella botanica ci siamo giovati nelU dimora eh' celi faceva tra noi alcuni anni fa, di ritorno nella sua patria non ha man- cato di trasmetterci le notizie delle sue scientifiche ricerche , collo speciale in- carico di comunicarle alle più cospicue società dotte di questa Capitale , che si pregiano noverarlo tra i loro soci corrispondenti. Nelle uliiine cose inviateci da Rio laneiro si contengono i preludi di due insigni pubblicazioni alle quali ha egli impreso a dare opera. La prima di esse, tutta sua propria, comprende le Descrizioni delle piante nuove e rare della Flora Brasiliana ; l' altra concerne l' illustrazione della collezione de' disegni delle Centurie pcrnambucane del dottor Emmanuele Arru- dada Camara, rimasta inedita per la immatura morte del compianto autore (1). Siccome in questi primi saggi del suo lavoro il Dottor Freire ha dato la preferenza alle piante utili per le loro applicazioni alla medicina ed all'eco- nomia civile, perciò col divulgarle , riteniamo far cosa grata all' universale non meno che all' illustre Botanico oltramarino. Quattro nuovi generi ha illustralo il Dottor Freire in questa sua prima pubblicazione , che si riferiscono alle famiglie delle Leguminose, delle Gnidee , delle Jpocinee , e delle Laurinec. Essi sono i seguenti : (1) Queste opere del dottor Freire stgio «crilte in lingua portoslieso , ma le diagnosi botaoichu sono scritte in latino. 273 LEGUMINOSE- RlYnocAnpcs fasligiatus (gen. nov.) ( Cttiuicira, ole» par d» Volg. ) Ch. gcn. Caìyx tubuloso-campanulalus 3-4-5. - dentatus^; cor. S-4 vel 5 pelala proni calycis divisione* symmelra, uequalia, lanceolato lincarin calyce fere duplo longiora, cenlorto-rr/lexa ; slamina G. 8. 10. discreta. Lrqumcn mono-disper- murriy indehisccns, pericarpio lacunis resina plenis, ulrinque lurgidulo, testa exsucea. Arbor procera ; Irunco 80-100 palmari aUiludine , 6 7 diameiro : cor- ticc crasso , resinoso , riajoso , cinereo ; materie densa , ponderosa , suaveo- IcDli , fusco-cÌDerea , rarais primordiis asceodenlibus ia atabiluia fastigium de- sioeDtibus ; ramulis geiiiculali» , epi'lermide glabra fusca , lenlicellosa teclii. Folla allema , imparipinnala : petiolo communi 2-3 pollicari , gracili canaliculalo , basi lurgidulo ; pedlcellis 1 -2 linearibus : folioiis plerumque 7 alternis , vel subopposilis ; terminali reguiari 10-15- lin. longitudine , 6-9 lin^ latitudine ; laleralibus aiiquantulum irregularibus , sensin» magnitudine deorsum minuenlibus ; omnibus (variante fonaa) ovatis , ellipticis , se» obovali» j basi leviter aculis ; apice acutis , obtusis, vel emarginatis ; margine integris , Icviter rcilcxis , membranosis , glabris , facie pallide virentibas , dorso glaucis , pen- nincrvibas , nervo medio dorso promineote , lateralibus tenuissimis ^ glandulis oblongis , pellucidis , reliculo veoarum ioterpositis , praeditis. Stipulae nullae ; an eaducissimae ? Flores minuti , odori , in spicas binae , scu ternas axillis fblionmi pariter ortas dispositi. Pcdunculuit communi» rectus , gracilis , angulosus , puberulus , 1-{ 1i2 pollicaris , proprio folio minor , basi bracleolis squamosis puberulis persi- stentibus stipatus. Pedicelli alterni , brevissimi \ singuli bracteola lineari , ca- duca suHulii. Calyx tubuloso-caropanulutus , striatus , membranosus , semilucidus , di- Iute viridis , leviter pubesoens ; limbo 4 ^ iaterdum 5 , raro ^ dentato ; dea- tibus brevibu, latìs , acutiusculis. Corolla 4- pelala , sive 5 vel 3 , prout calycis divisiones ; petalis albis , lanceolato-lincaribus, margine disci, fuudum calycis vestientis, insertis, alternis , ealyce fere duplo longioribus, flore aperto eontorto-reflexis , intcr se aequalibus et symmetris. Stamina 8,10,6, fundo calycis cam petalis alEia, valde esserla , inae- qualia dimidìum dìmidio loogius : fìlameolis discretis , capillaceis , flexoosis , 271 albidìs ; nnllieris sub-cordiformìbus , bas)! &xis , ìntrorsis , Inieolis. Pisiilluia lineare , subfulcalum , levilcr puboscens , o rumlo oalycis reote assurgcns , stamina aUiora parura superarla ; stylo continuo , vis ÌDCurvo ; stygmatc minuto ; ovario stipitato , compresso , 3-4 ovulalo ; ovulis linearibus, IropbospiTmio suturali pcndentibus. Legumen mono- , raro ^dispermum , indeliiscens , compressura , margine ntiinque alteiiuatuiu sivc membranosum , basi aoutum , apicii obiusiusculum : pericarpio vesiculis , seu lacniiis resina plenis , primum fluida , deiumn concre- ta , odore forti et ingrato praedita , ulrinque tui'gidulo. Seinen pericarpio haul facile solubile , oblongum , cornpressiusoulum , pene fusiforme , basi longe acu- tum ; apice obtusiuseulum , juxla asim pericarpi! locatum ; bilo prope apicem silo, podospermio nullo : integumento membranoso tenui ; albumine nullo. Em- bryo reclus , cotyledonibus basi rotundatis, apice attenualis, acutis ; radicula brevi , esserla , liilum spedanti et apicem leguminis ; gemmula inco-5 lin. , superne plano: limbo 3 4 poli, longo, 8-12 lin. Iato, obovali -lanceolato ; basi attenuato, acuto; apice acutiusculo, sive obtuso ; margine integro, undulato ; coriaceo, superne nitide \ subtus pallide vireali : penninerveo j nerris utrinque promìnulis ; venis rcticulatis. Stipulae nullae. InQorescenlia racemosa : racemi axillares , foliis multo breviores : pedua- «olis semel divisis, ad divisiones bracleolis caducissimis munitìs ; glabris. Flores minutissimi, ad pedunculorum extremitates congesti : pedicullis bre- visslmis : singulis bracteola vì\ apparenti caduca, sulTultis. Perigonium gamosepalum ; tubo infundibuliformi ; limbo sexlobo , lobìs subacutis, alternatim biseriatis ; ìaterioribus vis minoribus : glabrum, persislens. Corolla nulla. Stamina tria, fauce perigoni!, juxta marginem disc! , tubum illius vestien. tis, inserta, estrorsa, lobis exterioribos opposita , iisque paululum majora : fila* mentis compressis spathuiatis glabris, band appendiculatis : antheris bicellularibus ; cellulis adnatis , operculatis , operculis a basi ad apicem solutis. Slamina imperfecta nulla. Germen conicum , tubo pnrigonii inclusum ; uniloculare ovulnm unicum ana- tropum , pendulum includens . Siylus continuus , ereclus , stamina vis superans y ia stigma peltalo-umbilicatum desinens. Fructus ovalis , seu obovalia , diametro verticali fere sesquipoUicari, tranver- sali 8-10 linearii ; pedicello 3 4 lineari sustentus ; perigonio persistenti, non an- eto , basi suilullus, glaber; apice excentrico paululum umbonatus ; color antequam pedicello solvatur , ex viridi olivaceum , denique in aureum colorem transit. Pericarpium indehiscens , crassitie propelineare , exius subcarnosum , intn3 suberosum. Semen ovalum , camaram absolule implens, e cujus summo funiculo bre- vissimo pendei. Epispermiura membranoso-chartaceum ; hilo superiori ; raphe et chalaza ramoso reiiculatis (quod in semine immaturo convenit observare). Albumea nullum- Embryo rectus , ovatus ; colyleJonibus aequilibus, plano-convesis , albo- pnrpurascentibus , ad basin pellaiis; radicula inclusa , parva obtusa, ad hilum, et Terlicem fruclus directa ; gemmula minima diphyllu. 278 Aibor ist3,ex numero eorum est quae lerfalcs dicuntar, lignutu praebat utiKssi- mnmad naves conslruenaas, et alia opera. Habilal cacumina monliura ultra milW pedes altorum in Provnicia Rio Janeria. Flores Decembri et Januario , frucius matu- ros Maio et Junio exbibef Hoc Genus nuncupns , ittslaurare volui quod a Vellosio in Flora Flumineosi ìam propositum fuerat , ad E^cobrJme specie,.! , forlasse per idem tempus , quo Buizius et Pavonius Gen. Escobcdiam statuebaut , quod lameu pnus cognitum ÌD Europ praevaluit. Vellosius noster, ut nunc fcicio, Gcnus suum dicavepal Bal- tbazwi a Silva Lisboa, in utroque Jure Doctori , et Rebus Naturalibus versa- to : floi jam tunc teroporis libcUum , de progressu Hisloriae Naturali* in Lit- «iUnia , composuerat j et posiea Dissertaliooes varias de Re Rustica noa sia» praelio scripsU. IRIDEAE PoARcnoN FtcMiNENSis (Marlius syst. mat. med.) Sisyrinchtum fluminense Veli. fior. flum. ^ ^— Palniacfolium Vicenle Comes, — Galaxioides B. A. Gomesv j — Bermudiana Riedek Ferraria) ^^^^^ Moraea y ( Marìrka o Barìfico volg. ) — Poarchon da Ilo» herba e «pxov princeps- ; eh* secondo Martius cor- rl»piinde al senso della voce brasiliana Maririco. Ch. gen. Omnia Sisyri/ic/«V, sed sùgnmta petalaiSea ; nngulae laciniae bi" fidae plumasae , reflexae ; slyto et sligmalibus flauìs. Rhizoma tuberiforme , cyliodricum , verticale ; duas usque uncias longum-, dimidiom fere longitudinis erassum^ inferne oblusum : subcarnosum , parencby- mate amylo , et succo luteo farcto , vi cathartica pollente : exius croceum, li- neis transversis , approximatis (ex foliis peractis eicatricibus) notatum j undi- flse radicibu» cyHodricis instruclum. Folia ensiformia , summo rbizomate bifarie , et aUernalim conjuticta ; basi vaginantia , erccta , scsquipcdalia , plana , nervo mediano utrinque prominen- te , longe acuta ; dilule virenlia. Caulis , seu pcdunculus axillaris , unicus , folia superans , compressus , fistulosus f parce ramosus , ad divisiones spathis ens formibus , vagioau il)U!, 279 pcrsistenlibus munitus. Spicae terminales , contractae , bracteatae ; bractcis , viginli plus iniiiusve foliaceis, vcl sub scariosis, apu;e aculls, alteriiis, approKimalis, lucccssive ct{uilaiitìbii'i , ita ut slngula eslenor oinnes insequcnltìs ampluKet. Flores in axilla singulac bractae soiiiarii , successive cxeuntcs ; iJuirao Diinquam plures simul aperti videaJum io eaiiem spica , ubi 6 aJ 8 soluia- modo ex|)Iiiaiitur ; reliquis abnrlientilius. PeJicelliis IO — l'i liacaris , paululum braclea longior. Periaiitliiuin simplex , superum , luteum , profunJe 6 — >parlitum ; lacrniì* 3 CXlcrioribus rutuiide-obovatts , concavis , in globum coniiivcntìbus ; inlerio- ribus 3 aiii'rnis , anguslioribus , sub-paodnratis , acumìaatis \ in aUiltaslro pla- nis, ercclis, ad genilaiia applicatis ; in flore aperto medio inflexis, apice rcflexis ; ÌDter flcxuias de|ii'cssinne sacciformi inslructis ; inlus macula purpurescenti ornatis. Slamiiia tria, uUei'na,crccta, illamcnta basi crassiora,ÌDter se, et cum anulo pe- ligonii corifluenlia, caolerum libera : anlhcrae lineares, basiGxae, ereclae, extrorsae, bìloculares, apice obtu!=ae, basi emargiiialac, dorso sulcatae ; louulis rima longitudi* Dati deliiscenlil)us. Ovarium inferum , sublrignnum , obsolete toralosum , ad sunamum crassia» ECuIum , et veluti tiuncalum , trilocuiare ^ loculis pluriovulalis ; ovulis axilla biserialis , altemis , una!io;)is. Stylus erectus , 3 — parlitus ; laciuiis stamìot* bus oppositis , dorso suleatis , cuai antberis singulalim collatis. Stìgmaia apice sìngulue laciniac bina, seu bifida, minima, piumosa, vel rfClias papillosa , nflcxa. Stylo , stigmatibusqne flavi». Capsula oblonga , oblusa , obsolete Irisulcata , et torulosa ; Irllocularìs, •j ice loculicide dchi^cens. Semiua numerosa, biseriala,horizontalia, dorso coDvexa,facie angulosa : episper- mium rugosnm,fuscum,rapbe laterali prominenti ; embryo minimus, clariformis, re- ctBs, axilis, basi albuminis sub-cornei immersus ; radicula hilum basilare attingenti. Ad suburbia RioJaneiiae eulta j aestivo tempore floret. Uso medicò. 11 rizoma di questa pianta detto eomunernente , raiz , caheza , o battila di Maririco è frequentemente usato come rimedio familiare. Non mi costa che ■iasenc fatta analisi cliiniica. E^tso ha sapor dolcigno nauseante , contiene della mttfìria fibro-cellulosa , della fecola e del succo proprio. Alla fecola ben la- tata si dà il nome di Inpiona di maririco, ei è ritenuta per rimedio depurativo aaliscorbulico.Essa è adopi^rata particolarmente nelle affezioni croniche della pelle. 11 succo contiene un principio resinoso nel quale risiede qualità purga* tiva. La fecola suol usarsi io clistei ne' parosismi emorroidali. 37 280 Pubblicazione di una collezione di disegni del dottora Ehuamuele Àdruda da CAsunA. Grave perJita facevano le scienze naturali per l'immalura morte del dot- tore Arruda , che molli importanti lavori preparava sopra alcuni rami di que- ste scienze, che intendeva dar fuori col titolo di Centurie Peraambiuane . In esse si sarebbe compresa la Flora di questa interessante provincia del Brasi- le , intorno alla quale colle più assidue cure lavorava , e che og^i appena è conosciuta per alcune citazioni che lo stesso Arruda ne ha lasciato in due sole memorie che videro la pubblica luce. A confortarne in parte di tanta scia;;ura , gioverà sapersi che trovansi attualmente in poter mio la maggior parte de' disegni condotti di propria ma- no dello stesso compianto autore, molti de' quali si riferiicono alla bolinica, ed altri ad insetti , pesci , rettili , uccelli e mammiferi. È da lurac.ntare che a pochi di essi sieno aggiunte le analoghe note, e la maggior parte manchi alTatto di nomi scientifici o volgari ; che anzi in buon dato se ne veggono che soltanto abbozzati trovavausi allorché la raQrte venne a sorprenderne l'au- tore nel miglior punto delle sue investigazioni . • " Io debbo all'amicizia ed al disinteresse del Sig. Dottor Idelfonso Antonio Comes , laborioso indagatore e conoscitore d' Istoria Naturale del noUro pae- se il dono di cosi prezioso deposito ; di cui mi è dolce poter fare pubblica testimonianza di gratitudine , e proponimento di venire adempiendo 1' ultima volontà dell' autore coli' addossarmene la pubblicazione . Comincerò dallo piante ed esordirò col riprodurre le stesse due memorie edite, comecché poco divulgate . A rendere meno imperfetta 1' opera mia , mi rivolgo a tulle le persone che furono in relazione coli' Arruda , allinchfe sieno corapiaiietiti di communicarmi le notizie , i frammenti e le cose tulle che possano rile- rirsi a i lavori del nostro esimio compatriotta , e prego loro di volerlo fare ia nome della pace , e dell' ossequio alla memoria dell' Arruda . Rio Janeiro 14 marzo 184G. D'. FnACisco Fbeiiib Aubmao. 281 Lavori botanici del dottore Enfnanucle drruia da Cambra, SrANPA Prima AzEnEDIA PEKKA SI BUUANA Wiltelsbachia insignis — Marlius. Coclilospermuin iiisigoe — S. Hilaire. Avviso del r editore. II disegno autografo dell' Airuda è colorilo ; ed è uno dei meno imper- felli della collezione , io 1' fallo disegnare e litografare colla maggiore esat- tezza. La descrizione latina che l'accompagna e la dedicatoria sono tali quali si leggono nell originale — Arruda riconosceva la sua pianta per nuova e oca descr illa con caratteri propri per furraare un nuovo genere che chiamò Azeredia dedicandolo al vescovo di Fernambuco D. G. G. de Azeredo Coutiubo, il qua- le esercitava quella diocesi tra gli anni 1798 al 1802 ; talché se ne può fissare la data che manca n^lla memorietta messane a stampa dall' Arruda . Ig norandone la pubblicazione , il Sig. Kuat , molto tempo dopo cioè nel iS'i'i , fondava il genere Cochlospcrmum , nel quale si comprende la pianta dell ' Arruda . Communque questo genere sia meritameule passato nel dominio della scienza perchè anteriore ai generi Maximiliana e IKuielsbachia creati da Martius , tuttavia in foraa della slessa priorità, mi è sembrato doversene ristabilir quello dell' Arruda. In quanto alla specie, io l' inolino a credere identica a quella del Kuat. Ecco la descrizione annessa alla tavola dell'Arruda. , rOLYANDRIA MONOGYNIA AZEREDIA Cal. Perianlbium pentaphyllum , persislens , foliolis ovalibus coocavis quorum duo oj.posita iuferiora minora. Cor. Petala quinque , ovata , concava , maxima. Stam. Fdamcnla numerosa, recurvata , corolla breviora , anlherae oblon<'ae Lilocularcs , raagnae. PisT. Germcn subrotundum , stylus simplex , staminibus Ioagior. Feric. Capsula ovalis , quinquevalvis , cjuioquelocularis. 282 Semina. Numerosa , ronìformia , lanata. Habitat ia Faracambuco : floret mense Decembrì. • Observatio. Calyx , corol: slam. anlh. persistentes. Azeredia cum Cisto conrenlt in foliolis duobus calycis alternis miooribus ; sed ab ipso separant cocteri cha- racteres. Faranambucaka : Azcred. Canlis frutesceos, follls palmatis quioqueloba* tit , lobis serralìs , pelioli alterai. Usus. Corlex rilamentosus ad funes inserviendus. Yahietas. Fericarpium umbilicatum (1). (lì Le quattro memorie del dottor Freire ehe qui abbiamo compendiale, gooo a«(»mp«. mie dalle rispettive tavole. Dal paragone istituito tra quella dell' .4.er,d.<, . e la boli.»».». .V, 57 delle «an(e5 usuclks da Braiil.e»» del Saint UUair, apparisce non differir puuto la pwnt. dell->4rruda dal Cochh,pcrmum insigne del Kunt. Nell'opera aucccaoala leg^-amo «che g^i abiUBli del Paracaiù usano la decozione delle radici di questa pianta contro i dolor, .utor.. pLipalmenle contro quelli prodotti da cadute e da altri aceid.ati; »Um, fatt. «rU eh, «00 questa decoziono si medicano gli asce»», g'i ^»rn"»' »• y Tehom. US APPENDICE AL RENDICONTO DELLE ADUNANZE E DE' LAVORI DELL' ACCADEMIA REALB DELLE SCIENZE. Articolo tslrolfo dai processi verbali deW Accademia delle scienze naturali di Fi- ladelfia (toni. Wu.T. y. gcDoaro 18'*9) (traduzione dall' inglese ), Il dotlor Lcid presenta le seguenti osservazioni sull' esistenza dell' osso iotramascellaro nell'embrione umano. « L'ininiorlale Collie, io credo .fosse il primo ad indicare 1' esistenza dell' osso interma- Bcellare noli' uomo , ma tale osso era sialo osservato soltanto in una condizione anormale , ed allotqiinndo !o sviluppo ordinario della mascella superiore era rimasto contrarialo dalla casuale formazione del labbro leporino che perciò il periodo del processo vitale nel quale detf ofso siasi costiiuilo qual pezzo proprio dislinlo non ancora era stalo accuratamente de- terminato. L' universale pri-seiiza dell' osso inlramasccllare in tulli gli animili, eccetto l' uo- mo, la sua presenza qual pezzo distinto in uoa conilizione anormale dell' uo.mo islesso deiiai- tt mai sempre da una fessura laterale che lo caratterizza qual" osso incisivo , non che la •onsimile csisienza di una fessura trasversale dietro gli alveoli incisivi dell' osso mascellare superiore nel filo umano noonalo, aveano in molli anatomisti ingenerato il sospetto della «ut normale ed imlipendente esistenza nella coudizione embrionale dell' uomo studiato nel suo pri- mo periolo. Siccome neir uomo negro i caratleri anatomici si allontanano meno del bianco dalla cdb- Cìxione embriologica, era perciò presumibile che in esso le traccie dell'osso intermascellare rimanessero più limgampnle distinte . In tale idea spesso ho raccomandato agli studiosi di medicina degli stali meridionali che hanno più frequenti opportunità d'investigare j'anitomia del Negro di fjre su tal proposito speciali ricerche. La mia opinione anche attenzione mag- are meritiiva dopo che il sig. Tschudi discopriva 1' esistenza di un vero osso interparietale qual coslanie condizione, in certi rami degli abitanti aborigeni del Perù, cioè ne Chinchai , ■ negli A'jmaros e negl' ^uoncas. Avendo avuto recentemente lopportunilà di esaminare mal- ■ ti embrioni umani , io ho avuto la fortuna di scoprire l'osso inlramascfllarc quii pezzo distinto ed indipendente. La misura di questo embrione era di un pollice ed 11 linee dal calcagno al verticp, ed io lo presumo di nove a 10 settimane. In esso l'ossificizione nell'osso mascellare superiore e nell' osso inlramasccllare era bastantemente avanzata per de6nirne le rispeltivo forme. La maggior larghezza de' due ossi in congiunzione è di una linea e due terzi, la ma{!giore altezza in forma di processo nasale è di una linpa. I duo o^si ne prcsonlano la parie facciale consistente nel processo nasale ed in una parte del corpo de' due ossi. Essi «ono facilmente separabili in tal periodo, e 1' articolazione passa attraverso la cresta alveolare nel punto che corrisponde alla separazione tra gli alveoli incisivi ed il canino , e si stende tra- sversalmente in giù dietro gli alveoli incisivi e verticalmente io su dividendo il processa ascen- dente 0 nasale in due parli quasi uguali. Nella superfìcie posteriore di qieslo processo 1' ar- ticolazione trovasi nel fondo di una comparativamente profonda e larga fissa, la quale però non apparisce formar parte del canale lacrimale, lo metto sotto gli occhi doli' Accademia It preparazione che presenta quest' interessanti punti che provano 1' esistenza della gtutsa legge chu regola la formazione dell' oceo mascellare in tutto il regno animale. 281 In uno scheletro embrionico esistente nel Mu?eo Wistar , lungo tre pollici ed un ottsro comunque non magaiore di nove sellimene, l'articolazione mascello-intra mascellare è tuttavia evidente nel processo ascendente , ma non lo divide egualmente, essendo più interno ed Ifife- riore, apparentenicnte in forza del più rapido sviluppo del processo nasale del vero osso ma- scellare . Al disopra precisamente della linea alveolare i due ossi sono di già quasi insieme anchilosati. In un altro embrione , nello stesso Museo , limgo tre pollici ed un quarto, i due ossi Etanno strettamente uniti, eccetto dietro pli alveoli incisivi, ma la linea della originale sepa- razione è netlamirte pronunziala dal maggior grado di sottigliezza e di trasparenza in tutta a sua estensione. Il processo nasale del vero mascellare è tanto cresciuto oltre quello del r intramasccllare che quest' ultimo non solo non supera la cima del primo ma rimane ad esso «onsiderevolmente inf^-riore ed interno. In uno scheletro fetale cinque police lungo tutte lo tracce delle linea di congiunzione sono sparile, salvo dietro gli alveoli incisivi ; e questa ultima porzione, come l'è ben noto> non scomparisce del tutto che qualche tempo dopo la nascita, ed in alcuni casi è stato esser» vata anche nel cranio adulto. M.T. Chimica — Finora I" acido nitrico anidro era tenuto come un corpo ipotetico , conosciuto solamente per le sue combinazioni . Il Signor Deville è giunto ad isolarlo facendo passare del cloro sul nitrato di argento perfettamente secco . 1/ acido nitrico ia tal maniera ottenuto è in forma di cristalli scolorati perfettamente limpidi e splendenti ; i quali cristalli sono de' prismi a sei facce che sembrano derivare da un prisma retto a base rombica. I detti cristalli si fondono ad una temperatura non maggiore di 29." 5; bol- lono a e rea 45,° essendo già a 10° molto notevole la tensione del loro vapore . A con- tatto dell'acqua l'acido di cui parliamo si riscalda grandemente, e si scioglie senza co- lorazione e svolgimento di gasse, formando cosi l' acido nitrico idrato. Alla temperie (li calore in cui bolle pare che cominciasse altresì la sua scomposizione. Il clero non sembra che operasse in modo alcuno alla temperatura ordinaria sul ni- trato d' argento secco . Bisogna però riscaldare il detto sale a 95.° , indi farne abbas- sare rapidamente la temperatura fino a 58°, o C8.° , e non oltre . I gas devono esser condotti por un cannello a foggia di U , immerso in un miscuglio refrigerante . Nei primi momenti si sprigiona dell'acido iponitrico, il quale si riconosce al suo colore ; poscia, qaando la temperatura è giunta al punto più basso , si cominciano a formare i cristalli , e si formano rapidamente . Al tempo stesso si produce sempre una certa quantità di un liquido volatilissimo ( forse acido nitroso ) che si concentra nel basso del cannello in U ; ed il quale volendolo separare, fa mestieri saldare sotto il gomito del suddetto cannello un piccolo serbatoio sferico, dentro di cui si viene a raccogliere il predetto liquido . Questo serbatoio, terminala 1' operazione, si distacca dal cannello. Per avere docristalli più puri e più grossi si fanno sublimare quelli già ottenuti , e per mozzo di una lentissima corrente di acido carbonico si fanno travasare dal canello in cui sono depositati in un recipiente fortemente raffreddato . Pere liè questa operazione riesca bene bisogna che la corrente sia il più che si può len- ta ( 3 0 4 libbre in 2i ore ), e che le diverse parli dell'apparecchio sieno insieme sal- date , giacché r acido nitrico attacca e passa prontamente la gommji elastica , con cui lo dette parti si sarebbero potuto congiungere. 285 Chimica — Diamo un sunto del lavoro di II. Rose sulle modificszloDi il>" C. per espellere l'acqua suddetta ; se non che a questa temperatura già il fosfato si mu- ta in pirofosfaio ; il che si accori» pien.iinento colla teoria del Graham. 2. L'acido pirofosforico può presentarsi ancora in un' altra soltomiilificaziono.r^a quale si ottie- ne colle stesse circostanze che producono i melafosfali insolubili di .Madller ; cioè ri- icaldando certi sali con un eccesso d' acido fjsforico ,- solo che la temperatura non si e- levi tanto da produrre i melafosfali . l pirofosfati cosi ottenuti sono insolubili al pari do- «orrispondenti melafosfali . Non sono stati però ancora studiati abbastanza. L'acido pirofosforico si distingue ,ma»siraamenle .dall'acido metafosforico percM noi» precipita punto l'albumina. Acido fosforico ordinario — Non |>are che questa modificazione dallT acido fosforico dovesse ricevere veruna suddivisione. ( Dall' archivio di scienze fisiche e uaturali di Ginevra , aprile 18i9 } Chimica — il Signor de Tessan communicò alla Società filomatica di Parigi nella tornata del ^ aprile id'*9 la Dota cho seguo sulla necessità di operare sopra grandi mas' $t di aria nelle ricerche ehimche le quali riguardano l'igiene pubblica. «Allorchà si manifestò il colera nel 1S31 e 18^2 furono praticato it> diversi paesi la analisi dell' aria per vedere so tosso in qualche maniera alterata , oii le si potesso com- prendere la cagione della epidemia dominante . Nieate si trovò ; dapci tatto la stessa , or- dinaria composizione dell' aria , o la slessa quantità di azoto , ossigeno , acido carbonico , • Tjporo d' acqua . Laoodo si conchiuse che 1' aria non era punlo il veicolo di quella epi- demia . 5d la precisione delle delle analisi non andò , come credo , olirò i centesimi » millesimi al più , io penso cho la surriferita conchiusione noa abbia nessun valore . « E di vero se si considera che un uomo fa da circa 20 ispirazioni in un mi- nulo , ed in ciascuna di osse trae dentro intorno ad un mozzo litro di aria , si trova eh» egli avrà ispirato dieci litri d'aria in un minuto . Quindi IV.ìOO litri in un giorno; e p«r conseguenza avrà egli in un solo giorno immesso oc' suoi pulmoni 15 «hllogrammt di aria . « Supponiamo cho quest' aria contenga solamente „ del suo peso di un gas , loOOO ■o Ttporo , un miasma, una polvere organica o inorganica nocevolo , e capace d' essero Htorbiia dal sangue o deposta ne' polmoni , no viene che la doso di tale sostanza estra- Ma poUi in un g.'9:Do artirarc al peso di un gramna , Or quanto lostaiue ci ba 287 w>e alla dos(! di un granitna , e fino di un dcciyramma ( 2 grauelli ) fanno liscnli- ro la loro azione venefica ? Basterebbe adunque che T aria contenesse -; dolio dette so- liOOO slanxo perchè valesse ad avvelenare in un giorno . E che diremo se I' aria medesim» sia respirata non solamente per un giorno , ma per dieci , per cento , per mille * É cliiaro adun- que che un milionesimo, un diecimilionesimo di sostanza tossica che 1' aria contenda sarà di tinta potenza da alterare profondamente la sanità dell' uomo , se pure il corpo di lui non vi opponga prontamente una ferma tolleranza. « Perla qual cosa è necessario quando si vuol conoscere l'aziono dell'aria sulla salu- te pubblica di far l' analisi esalta dell' aria stessa fino ai milionesimi . Operando «opr.i masse d' aria di 100 e 1000 metri cubici per separarne , e concentrare le sostanze stranie- re alla sua ordinaria composizione , forse si potrà venire a capo di scoprire alcuna cosa , onde finalmente dillìnire la quistiono se l' aria sia veramente , o pur no , il veicolo del- lo malattie epidemiche , e determinare , se vi sono , le sostanze straniere contenute Del- l'aria stessa. Però cosilTatte sperienze non possono esser 1' opera di qualche privato; ma debbono essere ordinate ed intra,)rese dai governi . { Dal giornale V Imtitut. Aprile 1840 , N. 798). Fi$iol 0 g ia — Nella tornata dell' Accadjmia dello scienze di Francia de' 26 fcbbraro 18i9 i signjri Magendio , Edwars , e Dumas relatore , lessero il loro rapporto su di una memoria di Bernard riguardante gU usi del succo pancreatico. Non sono molti anni da che i chimici dividono le sostaazj alimintarie in qujttro oe« neri rispetto alle loro qualità ; cioè in materie solubili di per sé , e quindi atte a I esse- re direttamente assorbite dalle vene del cjnile in , o no a- i 289 Teta le stesse apparenze. Lo tagliai e Io tolsi via. In'Ii a poco la ferita si rammarginó ; nel luogo della cresta e dui bargigli si formò la cicatrice, nò mai quelli si riprodussero . Il detto animale non cantò più come Ballo , ma bensì come cappone , non parve che ti desse più pensiero dello galline , non più si azzulfò cogli altri galletti , anzi se do tenoo discosto ; 0 presentò insomma lutt' i segni di un cappone. « Non trotai il menomo indizio di testicolo n!i galletti e ed f nel sito dove natu- ralmente avrebbero dovuto essere . r^a crosta ei bargigli erano loro di bel nuovo crosciati, Il loro aspetto era del tutto m.iscliilo , cantavano come prima , cercavano le giilinc , e 8i azzuffavano come all'ordinario. Uccisi questi due galletti il di 3J genairo ISVJ. Nel gal- letto e trovai un testicolo bello e cresciuto , attaccata sulla parte dorsale dell' intestino colon , e circomiato nei lati dall' estremità del cicco , cui però nin aderiva . Lo stesso mi occorse nel galletto f, se non che il testicolo stava appicato più indietro, verso la metà delf intestino cieco. 'Fiinto nell'uno quanto nell'altro individuo il testiolo aveva una for- ma ovale, era lungo 15 linee, largo 3, e grosso 6. Cospicui rami de' vasi del mesente- rio vi penetravano dentro, correvano per un certo tratto sotto la sua raenbrana esterna, penetravano in più punii nell' interno ; e 1' occliio poteva «eguirli fino nei canali deferenti. Tagliando il sopradelto testicolo ne spicciò un liquore bianchiccio, latteo, che avevi tutte le pro- prietà e r odore del liquore seminale ordinario del gallo . Col microscopio vidi dia in sif- fatto liquore si contenevano molte cellette della grandezza da -rrr^ ad — — di linea di diametro , ed ancora moltissimi animaletti spermatici , cUc facevano i più bizzarri movi- menti , e che perirono tutti tostoccliò mescolai al liquore sopraddotto una gocciola di acqua . « Da tali esperienze si raccoglie. « 1. Che i testicoli appartengono a quel genere di organi che si possono trasferire. La piaga che in far ciò si proiuco sana benisssimo dopo eh' essi sono stati estratti dal corpo. Il testicolo d' un individuo può essere trapiantato in un altro ; e la guarigione si o- pera tanto nel punto donde fu estirpato , quanto io tutt' altro punto , specialmente sulle pareti degi' intestini. « 2. Il testicolo trapiantato si sviluppa eziandio sopra un punto ben diverso da quel- lo io cui all'ordinario si trova attaccato, con tutt'i caretteri proprii come organo «emina- le ; i suoi canaletti deferenti si dilatano, s' ingrossano, adempiono alle ordinarie loro funzioni segregando un liquore simile affatto al solito seme , pure cogli animaletti spermatici. Egli è al tutto come nello piante che la marza viene sul soggetto con tutte le sue spi'ciili proprietà, e porta frutti cosi come I' albero donde la è tolta . EJ è pure il medesimo di quando s im- pianta lo .■"perone del gallo sulla cresta del gallo stesso , che si vede il detto sperone cresce- re come un corno . Però lo sperone non cresce che quando insieme con lui si trapianta la sua baso ossea ; dapoichè un semplice pezzetto dello spOrone innestalo sulla cresta può, u vero, essere incorporato nello accrescimento di questa , ma per so non ingrossa mai . n 3. Egli è ben risaputo il fatto che i nervi tagliati si saldano di nuovo , e che quello parti n>dle quali i nervi sono stali recisi dopo la guarigione ricuperano totalmente il senso ed il moto. Il testicolo tolto dal suo sito naturale , e cresciuto sopra una parte ben diversa del corpo, come sugl'intestini, dove produce un seme attivo al pari che nel luogo proprio , dimostra che non vi ha in realtà nel corpo animale nervi seminali specifioi ; ed è questo un argiimeiilo capitale contro I' ip)tesi che pone dj' nervi nutritivi speciali, attribuiti Daoggv al sistema del gran simpatico. 290 a k. ì notevoli rapporti di consenso e di antagonismo tra la vita imlivi luale e la vita di ac- coppiamento e di propagazione, come si maniteita nel tempo deìla piiherlà e si prolunga fino ad un' età avanzata , non vengono meno togliendo i testicoli dal sito e dai nervi loro propri , ed innestan- doli 8U di altro punto del corpo. Quanto al tuono della voce , all' ardenza di propagazione , al tra- spoito per le zufle , alla crescenza della cresta e deibjrtiigli , ì polli su i quali si ò praticata la suddetta operazione riescono veri galli . Or siccome i testicoli trasportali sopra un altro punto del corpo non possono più essere in rapporto coi loro nervi primilivì, e non essendovi, come ri- sulta dalla conclussione 3", nervi speciali di nutrìiione, cesi ne vienech' il sopraddetto conienio altro non sia che il prodotto dei rapporti che corrono fra il testicolo e 1' azione del sangue, e quin- di dell' azione del sangue sull' organismo generale, di cui forma essenzial part» il sistema nervoso- « Riguardo al trapiantamcnto dei testicoli dai galli nelle galline, su di che 1' Uiinter ha pure latto delle spcrienze , io mi riserbo dì farne il soggetto d' una prossima comunlcaziono. ( Dal giornale 1' lnstitu(. 11 Aprile 18i9 , N. 797 ). E Im i n t 0 lo g i a — il Sig. Van Beueden comunicò all' Accademia delle scienze di Brus- sella nella tornata del 13 gennaio 18'«9 le seguenti osservazioni sulla generazione dei 2e- iraringhi. « Ne' secoli passati si è molto disputato sull' origine di certi animali , ed è ben chiaro dia si credesse parecchi di siffatti animali provenire da generazione spontanea ; imperciocchà la storia naturale non era da tanto in quel tempo da poter dar^ una soddisfacente spie-dazione de'fe- Domeni delia riproduzione . Però se Aristotile credeva che i pesci nascessero dalla bellelta ; se i naturalisti dell' ultimo scorso secolo ed anche del corrente facevano provenire le miriadi d' infuso- ri che formicolano nelle acque stagnanti dalla scomposizione del limo, o de' cadaveri delle pian'e e degli animali , se anche al presente certi uomini poco addottrinali nella scienza pe.isano elio i vermi parassiti si derivassero da certe papille intestinali o da qualche morbosi escre- Kenza ; per i naturalisti osservatori non vi ha p ù oggidì né Infusorio , né Elimìnto , nò Pe- sce, nò Insetto veruno il quale non provengi da un essere simile a lui, e non sorga o da uovo, oda un seme, oda una gemma. Più che ne' secoli addietro o:^i si può diro omne vivam ex ouo- Non havvi animale di sorta del quale non si conosca o 1' apparato sessuale , p qualclu mozzo di ri- produzione . Anzi quegli animali di cosi semplice organizzazione , chi noi a ragiono ci>llochiam>_ all'ultimo della scala animale, avendo appena q lalclie organo deputai) a conservar l' individuo , hanno molte maniere di riproduzione. Invece di una so'a forma , la specie loro si coratwne di mol- te generazioni successive , le quali non si rassomigliano punto fra loro. «Molte di colali formo Iran-sitorio sono stale a torto rogis'rate nel catalogo degli animali ; don- de ogni giorno accade che per le nuove osservazioni microscopiche se ne tolga via qualclieluiia . Noi proponiamo di cincellarnc nientemeno che tutto un ordine , dapoichè tutti gli animali elio in esso si comprendono non sono che forme tran;itorie. L online di cui parliamo è l" ultimo della famiglia degli Elminti, quello cioè che comprendo |j Tenie ei B itrioeef ili. «Nella riunione de'naluralisti tedeschi a Basilea avvenuta nel 1840, d signor Miechercomun'cò il risultato delle jue osservazioni su'le trasfor. nazioni di alcuni vermi intestinali;le quali trasformazio- ni por la loro singolarilà superano di lungi mano lu'lo ciò che di som glianto erasi fino a quel tempo registrato nella scienza. Secondo il Miescher la filar. a dei pesci, verme tinigo e solide corno un filo di refe, può trasformarsi in un verme piallo , ovale , simile ad una figlia ; ciioé , in una parola . jH un Tremaluide. Ila dentro a questo cosiffatto Trematoiile osoe quinti un Tetrarinco fornito di quattro lunghe trombe . E finalmente dal Tetrarinco può nasceri, a dotta d,'l .M4es;:hjr , un Bo- rioccfalo , Il verme su Idolo è quindi a vicenda Nenatoid', Trematrii', e Ceiloide. La comuni- 291 cazione del Mìescher fu benissimo accolti nel sopradiletto eongre»«o icientifieo ; dsp^-icch'i ir. q'iol tempo si scoviTiiTo .le' fatii cosi straordinari nell'embriogenià cjmparata che i naturalisti creil'H- •cro non dover (liil)ilaro (Iella vcrilà delle |)reallegato a«servaiioni . Nordinan avea detto qualche tempo prima ; di luW i fenomeni eli egli avena studialo i pia curiosi e strani essere , quelli cht avvengono nello sviluppo de' Telraringhi . Il Miesctier ha veramente soddisfatto ad un bisogno della scienza. « Nel i8:)7 Carlo le Dlond studiti lo stesso vcfmc : ma egli credette che il Tetraringo fos4e pa- rassito del Tiemjtoidu . « La qiiislionedi questo singolare svolgimento attirò 1« mia atleiKÌooe fin dal l8:JS.Cred ti la detta quistione terminila nel 18V0 ; ma volendo da me stesso vedere colali strane metamorfosi , mi certificai che il MiiKher era slato tralto in •rroie.Os.-ervai allora la Filaria,di cui [tarla il detto autore, in tutte le fasi del suo sviluppo, e non nwi ria venni in essa altro aspetto die quello d' un Nematoido. Dopo ricerche durale per molti anni io sono arrivato a discovrire lo sviluppo cosi ar- cano de Tetra ringhi; ed ò appunto il risultato di queste mie osservazioni che al presente espongo al- l' accademia, riscrbandoioi ail altro tempo di comunicarle U lavoro completo. « Nella formazione de' Tetraringlii sono quattro fasi assai ben distinte fra loro . Nella pri- ma il verme ha forma più o nvcno vescicolosa , avendo al dinanzi quattro ventose, el una specie di tromba nel mezzo . È sommairieote contrattile , ed ha in alcune delle suo specie certe maccliioline di pigmento scuro c\w ra|)pr gai di elettricità resinosa , e (piando si leva su ne dà di elettricità vitrea , come abbiamo innanzi dimostralo. Laonde fa mestieri di por mente a siffatto mutamento d' indizio elettrico, chi non vo- glia attribuire all'atmosfera una elettricità contraria ; e so l'elettroscopio discemlenlo darà indi- rio di elettricità resinosa, si noterà per l'atmosfera una tensione vitrea ; come sarà sogno di ten- sione resinosa se l'elettroscopio calato nella camera indicherà zero (i) ». Nella memoria diQuotclet si contiene uno specchietto che denota la corrispondenza tra i gra- di d' intensione dell' elettricità ed i gradi dell'elettrometro. Tale corriS|)ondenza trovala dal Fel- tier per mezzcd' una bilancia elettrica di torsione è stata verificata dal QuJtelet in altra maniera, quella cioè di Saussure , la quale consìste a scompartire a mano amano l'elettricità, mettendo i(r contatto sfere dello stesso diametro. Cosi operando si può stabilire la corrispondenza tra le Indi- cazioni dell' elettrometro e quelle dell' elettroscopio a laminette d oro , determinan lo a che gradi dell' elellrom'lro risponde il successivo allontanarsi delle laminette d' oro dell' elottrescopio. Oltre, all' elettroscopio ed all' elettrometro il Quetclet ha eziandio adoperato il galvanomefro di Gourion per osservare la elettricità dell aria. Questo sensibilissimo istrumento ha 2i, 000 giri di lì'o semnlice , ed ù collocato in una gran camera del piano terreno dell'osservatorio. Uno del suoi fdi nassa per un muro , e va a metter capo in terra nel giardino contiguo allo stesso osserva- torio e r altro filo si congiunge ad uu' asta di rame posta sul comignolo del tetto , e che ha in tiunta un fiocco di lili sottilissimi di [iliitino. Non occorre dire come nessuna cau'ela fosso trascu- rata perchè i due fili suddetti si trovassero bene isolati ; e là dove traversavano il muro, essi pas- savano per entro a cannelli di vetro. È però da notare che il galvanometro riesce meno utile nel ca«) di cui è parola che 1 eleltro- nietro e 1' elettroscopio ; imperocché lo stalo di umidità dell' atmosfera può su di esso , come in- nanzi vedremo , multo più che la quantità stessa di elettricità sparsa nell'atmosfera medesima. l'er la qual cosa il Pellier, ed apiiresso il Quetelet, in luogo di far lìnirc con punte i fili dell'elet- lettromelro vi attaccano delle bolle metalliche , onde 1' elettricità atmosferica potesse operarvi per inlluenza, e non già sottraendone l'elettricità contraria alla sud ; e ciò più o meno facilmente secondo il grado di umidità dell' aria. (t) Recherches sur Ics jihi-noméMS tlictriqMS ec. p. JC. 297 Il Queiolot ha ordinato sottodircrsi capi i risultati dello suo «poricnzo. Noi diremo di ognun) (]uol taulu chu l'importanza dui soggetto richiede. Influenza delle altezze. Le sporicnze di Ermann e di Sausure avcano già da gran tempo dimostrato cho l'elettricità avendo lo slrsso grado d'intensione in uno strato d'aria orizzontale, diventa maggioro negli Btrati superiori ; però non ancora eransi praticato osservazioni ordinate particolarmente a cono- scero i rapporti che per ordinario passano fra lo intensità elettriche e le dilTeronti altezze dell'a- ria.Il Qiietelet si è provato a ciò ; e fece per questo costruire un apparecchio col quale puossi eie- Taro lelellrometro a molli metri di altezza ed equilibrarlo in tale posizione. Ei conviene che il detto elettrometro soprasiia a tutt' i corpi circostanti ; tanto che bisognò non t;ner conto veruno di quelle osservazioni , di cui sopra parlammo , fatte più sotto all'inferriata cho circondava il telto mobile , dove poggiava l'elettrometro. Dal com[iulo de' numeri ottenuti dal Quelelet, si rac- coglie questo , che in un luogo per nulla dominalo dai corpi circostanti l' intensione delC elettricità dell'aria, a cominciare da un punto determinato, cresce in ragione delle altezze. Egli ò veramento dispiacevole cho questa legge nen siasi potuto vcriGcare so non per piccole altezze. Variazioni annuali delt elctlricità. Le osservazioni sono state fatte ogni giorno al meriggio coli' elettrometro di Peltier. Ecco qui appresso due specchietti , (a) noli' uno de' quali si contengono le medie racnsuali per i gradi osser- vati direttamente, come pure i numeri corrispondenti a questi gradi.ossiano equivalenti, e nell' al- tro ti riportano il massimo e minimo assoluto dell'elettricità di ogni mese. (a) Vedi la pagina seguente 3 —3*" n PI pi "a" 0 P5 pi 0 H H 0 S3 53 PI w W 5=1 > 0 C/3 0 r ci 0 r 0 1^ iUUl 1— > e 0 0 > 0 > s r 0 GENNARO FEBBRARO 2 1/1 s n 5* PT or a_ 1 ir- co CO IO (O ^ ^ y j^ a- S 1 ci 03 SO co s w V u *- §: ^- -^ •S o or co *- *- *- K3 0 K5 to 00 K3 0 K3 *- or oc e;- a' — • Pi co o *• K3 05 KO CO ? 00 0 h3 CO C5 © OD 0 lo 2 I-I i* i:- CO CO >A ,^ ^ bi co *- *> 03 00 1 S 00 v^ 0 ^ CD co 00 -* © -4 e OJ ■fr- ?«■ -( «1 «• ^* « ^ co CO K3 >o w ■^ -^' K3 CO *> ly 00 M o» 05 to ■P- ■f:- >c 00 00 ^ 0 *- © 0 00 fe« 1 co 0 CO 00 co ir- K3 0 00 K3 CO 00 a I a a iM s-5 OJ _a. r ■:> &S5 s 0 0 to CO 0 V s w ^ s s S 00 ^ g «J ^ CO co CO CO on CT or 0 co '-1 ir- 00 g- to *- 0 a( co 00 "* co co 00 -^ 3 K 1 2 2. 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C k i m tea. — Riferiamo qui appresso il rapporto fatto dallo Smith sulla corrispondenza elio passa tra l'aria e l acqua delle città. L' .\utore enumera dapprima tutte le sorgenti che possono imbrattar l'aria o facqua delle città. Tali fra le altre sono le grandi maoifatturo , le occorrenze necessarie degli abitanti , 8 1' a- zione corruttrice dell uomo stesso. « Se fato gorgogliare dell' aria Dell'acqua vi vedrete una certa quantità di materia o'ganìca Tenuta fuori dai polmoni. Proseguendo questa esperienza per tre mesi lo Smith ha scoverlo del- l'acido solforico , del cloro, ed una sostanza che somiglia all'albumina impura. Tali mJterie si condensano sempre sui corpi l'ieddi , e la suddetta materia albuminosa si putrefa sollecitamento io un' aria cakla sprigionando miasmi di cattivo odore. L' autore ha esaminato quali mutamenti avvengono in essa per r ossidazione ; ed ha veduto prodursi l'acido carbonico, l'ammoniaca, r idro"taio solforalo , e forse ancora qualche altro gaz. Formandosi l'ammoniaca nel tempo stesso che V idrogeno solforato, la nocevole inQuenza di questo viene materialmente modificata da quel- la. L'autore ha eziandio ricercatole conseguenze che apportano le variazioni della pressione at- mosferica ; ed ha trovalo che le esalazioni delle fogne , e simili luoghi immondi si riversano da cni parie quando si abbassa la pressione atmosferica. Raccogliendo il vapore d' acqua am- biente per mezzo di vetri freddi in luogo dove molta gente si affolla, e d'altra parto raccogliendo la n)"ia(la in pien' aria , f uno si trova denso, oleoso, ha odore come quello della traspirazione, ò fa- cile a scomporsi e produrre animaletti e conferve , laddove la rugiada ù maravigliosamen'o ijura e limpida. Grandi quantità d'acque piovane sono state piìi volte raccolte ed esaminato dall' autore , il quale è persuaso che insieme con esse cade sempre una certa polvere , clwi in lfl"hilterra non ò altro che cenere di carbon fossile. Da ciò nasce quella quantità di sol- fiti e cloruri che si trova naif acqua di l'ioggia , e della filiggino che no forma il prlncipalo in''rcdiente. La pioggia è altresì spesse volte alcalina , forse a cagione dell'ammoniaca pro- yonienle dal carbon fossile bruciato ; la quale ammoniaca vaio moltissimo a neutralizzare 1' a- cido solforico che rcll' acqua stessa di pioggia si trova si di frequente. L' acqua di pioggia a Manchester è circa 2 '/i mens pura di quella che proviene dalle colline circostanti ; il che non può accadere se non per lo materie estranie eh' essa toglie all' atmosfera della città. Il fatto più curioso è iMjrò la presenza costante della materia organica , anche dopo una piog« già durata per molti giorni. « Lo stato dell'aria è intimamente connesso a quello dell acqua ; ciò che l'aria con- tiene può essere assorbito dall'acqua, e ci<;> che l'acqua discioglie può venirle tolto dall'a- ria. L' immensa q^iontità ili materie impure che filtra if ogni parte in una grande città per le tante vie naturali o artificiali darebbe a credere che le sorgenti sotterraneo fossero più che mai lordate ; nondimeno quando si esamina la cosa si trova che il fatto non ò poi cosi esagerato come si potrebbe credere. La sabbia dei puriOcatoi idraulici di Chelsei duo contiene S05 «dio 1. 43 sopm 100 air annuario di chimica del 18^9, pag. 7o ]. Chimica — Lo Schuize dà il nome di agrostemmina ad un principio veneflco poten- tissimo contenuto Belle semeuze dell' Agrostemma ^ifftajo. EgU cstrae questo principio nel mo- do seguente. Si trattano le dette semenze coU' alcool debole avvalorato coli' acido acetico ; si svapora e si fa bollire insieme a certa quantità di magnesia. Indi si filtra , e si lascia seccare il re- siduo ; il quale si tratta nuovamente coli' alcool. Questo discioglie l' agrostemmina , e poscia la depone in cristalli, da purificarsi con reiterate cristallizzazioni, o meglio trattandone la so- luzione culi' acetato di piombo, e scomponendo il precipitato coli' idrogene solforato. La solu- liooc feltrata fornisce de' cristalli puri. L' agrostemmina pura cristallizza in laminette le quali fondono ad una temperatura non molto elevata. E solubile ndl' acqua , solubilissima nell' alcool ; e la sua soluzione concen- Irata abbrunisce fortemente la carta di curcuma. Si combina cogli acidi e produce sali cri- «talliczabili. Col bicloruro di platino forma un precipitato bruno cristallino. Col cloruro d'oro pro- duce dopo lungo tempo do' cristalli granulosi. Unita coir acido tannico dà un precipitato grigio solubile neJl' acqua calda o nell'alcool. Il tolfato d' agroslemmina forma de' cristalli mollo perfetti ; si scioglie nell' acqua cal- da e neir alcool. Il fosfato costituisce un precipitato. L' arteitito è solubile nell' acqua calda e nell' alcool. L' agrostemmina bollita colla potassa sprigiona dell'ammoniaca, ed il liquido nenlra- lizzato coir acido cloridrico lascia deporre do' fiocchi bianchi. L'acido solforico scioglie l'agrostcmnnna e produce una colorazione rossa che passa quin.li al nero con deposito di carbone. Trattala prima coli' acido nitrico e poscia coli' acido solforico l' agrostemmina dà vapori di acido nitroso. L'ammoniaca precipita la soluzione in fiocchi bianchi. ( Annuario chimico del 18V9, pag. 425 ). 306 Chimica — Il Sig. Lepago avendo esarakiato la composizione chimica delle foglio d«I lauroceraso, ne ha ricavato qui'slo conchiusioni. 1°. Nello foglie verdi del lauroceraso preesisto l'olio volatilo e l'acido cianidrico ; ed am- bedue possono estrarsi por nicizo deir etere. 2°. 11 disscccameato delle dette foglia ne dissipa totalmente 1' olio volatila e l' acido eianidrico ; perlochè perdono la facoltà loro medicinali e venefiche. 3°. Nelle foglie secche si rattrova un principio chcj non può esser tolto dall' acqua frod« da, ma hensl dall'acqua hollcntc , o meglio ancora dall'alcool. SilTalto principio mescolato col latte di mandarle dolci fa lo stosso cfl'etto elio una- soluzione di. amiddalina. Le acque distillate di lauroceraso e di mandorle amare lasciate a contatto dell'aria in vasi a larga bocca, e coperti da un semplice foglio di carta,, perdono dopo certo tempo lutto 1' acido prussico e tutto l' olio volatile che contenevano. Ciò accade per l' acqua di nundor- le amaro fra un mese circa , e per 1' acqua di lauroceraso più stabile fra duo a tre mesi. No' vasi senza bocca, ma chiusi ermeticamente, lo acquo di lauroceraso e mandorlo amare pure si alterano ; ma quando il va«o è di piccola, tenuta , e non si apre troppo spesso le dette acque- perdóno appena dopo quattro o cinque nvesi i loro principii attivi. Che so le medesime si conservano in Caschi ben, colmi e chiusi con turacciolo di vetroj anche a capo di un anno niente scemano do' loro- principii attivi. Cosi, in questo, comò nel caso precedente,, nelle suddette acque si forma dopo certo spazio di tempo un leggiero- sedimento gialliccio. Finalmente nelle acque stosse distillate di lauroceraso e. di mandorle amare, allorchò SODO alterate, si trova sempre poca quantità di un sale ammoniacale. ( Annuario di chimica del 1849, p..459.j. Chimica — li' Signor Payen- ha trovato che lo sporule dell' Oidium- auranliaaum* esposte dentro cannelli di vetro ad una- temperie di c.ilore di 100 , 103 , e 120 gradi per circa un'ora , i; poscia disseminato sopra dello fette di pane nell'aria umida a -|- 20° vi pro- ducono su la vegitazione rossa, laddove !e fette stesse di pano senza nulla seminarvi so- pra si copersero delle ordinario muffe bianche, brune, o- verdicce. Lo dette sporule ciscal- date a HO perdono il lóro coloro rossigno, e si tingono di un bel colore tanè. Però posto sul pane non producono la loro speciale vegetazione . Da ciò' ne viene che le sporule dell' Oi'iiium auraniiaetim , non- perdendo la loro facoltà vegetativa alla temperatura di 105 a 120 , possono benissimo resistere alla cottura del pane, massimo dentro di esso dove latempe- ratura giunge appena a 100. Ondo la farina che contiene le suddette sporule intl-oducc nel pane dei : germi abili a formarvi quei piccoli vegetabili che hanno la fruttificazione di color rancia. ( Ivi pag. 531. ) — Nel Giornale di cliimica medica ( 3t serie t: IV. p. 305) troviamo fitto menziona di un nuovo liquido atto a conservare i pezzi anatomici. Questo liquido è fatto da una so- luzione satura di allume, nella quale si aggiungono 20 grammi di nitrato df potassa per ogni litro. 11 pezzo da conservarsi iirfuso nel sopraddotto liquore subitamente si scolora ; ma- .dopo un poco di tempo si colora di bei nuovo. Tolgasi allora e si ponga in una soluzione satura di allume. I grumi sanguigni del cervello, 1' effusioni apoplettiche del pulmona ec. cunservMO in lai modo lo stesso aspetto che arevano nell ispczioae del cadaveru. NORD ^ '!)!. .'.'/.KTOmnai Tmv 1 T^": 1 , ^Ì;i?ir "'"''*'' ' Tra e hit e 1 I Con^ioinn #- \ r,rnn., . ■'V - ■ , ■ T. x^luinrratt. octtla. al metri £. Coaio t/tje^no Su /■.< p^y^t^^fe^i^y^itì^^/y/^.ó^'^QtlórU^t^^ r/z.S'/^cacc^Zmi/' /tf39 M. 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NOVEMBRE Terminale- lè ferie autunnali , 1' Accadèmia si riunisce sotto la presiden- za del marchese di Pfetracalellay. ed il segretario- perpetuo legge gli alti dell' ul- tima tornata straordinaria del settembre-, e poi alcune ministeriali , per sem» plice intelligenza dell' Accademia , non riguardandole direttamente. 11 presidente presenta due opuscoli del sig. Giuliani, professore di Agri- coltura ia Salerno , ed ìm consigliere proviooiale ; 1' Accademia stabilisce farglisi i soliti ringraziamenti. Il segretario perpetuo presenta uxinWernorÌA sugli assi principali del giovine matematico Bhltaglini, dandone favorevole giudizio^ d'Accademia accogliendola la destina al Rendiconta-. Presenta ancora alcuni numeri di giornali esteri ed altri opuscoli ricevuti per la posta. Terminate queste- cose , il cav. Tenore fa a' suoi colleghi una relazione verbale sopra, uo articolo estratto da' JISS. del Ca- Yolini riguardante i fiori dell' albero detto- Ceralonia- dal Linneo , la quale è presso a poco la- seguente.. c€ L' Accademia , come a lutl'i soci è- nolo-, aveva- aflìJati a Sàngio vanni e delle Chiaje i MSS. del Cavolini , deposito sacro ad essa fatto dagli eredi di costui , per rilevarne quelli afticoli , che tali due soci avrebbero giudicati an- cora degni di qualche considerazioue pel progresso delle Scienze Naturali. Que- sti MSS. essendo , dopo la morte del Sangioranni, rimasti in potere del solo delle Chiaje, ne aveva costui rilevata una Nota scritta di carattere dell'auto- re, e l'aveva inviata direttamente al cav. Tenore, per inserirla nel Ren- diconto. Costui avvertendo, che il Linneo, tanto nel suo Genera Planlarwn pubblicato nel 1754 , nel quale descrisse i fiori maschi e feminei di tale albe- ro,.quanto cella Spccics P/an •18H0. E se nello stalo attuale delle conoscenze chimiche noa fosse disdicevole' ammettere la sostituzione dell' ossido ferroso all'allumina, Y alotrichino e r allumogene sarebbero due specie del tutto analoghe. Intanto il rapporto esatto di 1 a 2 trovato tra 1' ossigeno del ferro e quello dell' allumina nel minerale della Solfatara, mi tengono lontanodal credere che in essosia il solfato di ferrO' semplicemente mescolato a quello di allumina. E qiiì- piacemi ricordare che- Rammelsberg ha trovato a un di presso lo stesso rapporto nei componenti del- l'cisena'aurì' Ai Morfeld , avendo ottenuto acido solforico 36,025; alluminai 10,914; ossido ferroso 9,367 ; magnesia 0,235 ; potassa 0,434 ; acqua 43,025t Per la sostanza chiamata aliiu de piume il Beudaot riporta due analisi , una del Phillips e r altra di. Berlhier, nella prima delle quali si hanno 20 per 100' di ossido ferroso e 5,2 di allumina, e nella seconda si hanno 12 di ossido fer- roso ed 8,8 di allumina. Quindi da^ entrambe le analisi si dimostra' maggior quantità di ossido ferroso di quanto se ne richìele per aversi il rapporto dai me adottato; e nell' analisi del Phillips è notevole che l'ossigeno del ferro sta> a quello dell'allumina nel rapporto preciso di 2 ad 1. Ciò basterebbe per far met- tere in dubbiò le quantità delle due basi in rapporto determinato; né io sarei di contrario avviso, se fossi certo della purità della sostanza adoperala nelle due- riferite analisi, della qual cosa non sono senza sospetto ; tanto più che,come vedremo. in seguilo, anche nella Solfatara 1' alotrichino va mescolato ad altre specie di sol- fati di ferro dalle quali, se esso non sia del tutto purgato-, si avrebbero i me- desimi risullamenti trovati dal Berthier e dal Phillips. L' alotrichino, del quale mi son servito nelle precedenti analisi, appar- teneva alla varietà con fibre intricate, che fciceva parte di un inveterato de- posito della spessezza di circa due decimetri, sulla roccia adiacente ai fumaro- li. Esso era bianchissimo e facilmente si è potuto separare dalle altre sostaa. z« con le quali era unito, e però non mi resta alcun dubbio sulla purità del medesimo. Intanto ho voluto assicurarmi della composizione di un' altra variecà p^it. frequente in forma di croste della spessezza di pochi mdlimelri , con. 321 superficie irregolarmenlc 'tubercolosa, e yermicolare, e con tessitura Gbroso -ra- diala. Questa, alla quale d' ordinario si associa la Yollaitc, era di color bianco lievemente sfumato di verde -ceruleo, ed Lo ottenuto da grammi 3,CC5. Acido solforico gr-.l, 278 in 100 parti 34, 91 Ossig. 20, 95 Rapporto 9 Allumina gr. 0, 3G2 09, 89 04, 63 2 Ossido ferroso gr. 0, 399 10, 90 02, 42 1 Calce gr. 0, 004 Acqua gf. 4, C22 3, 6G5 A4, 30 100 , 00 39, 38 18 Dai risultamenti di questa analisi si deduce che l' ossido ferroso contenalo nella seconda varietà di alotrichino di pochissimo eccede la proporzione tro- vata nella prima varietà ; e però che essa è più pura di quel che ai ca- ratteri apparenti si poteva giudicare. Per meglio chiarire questo argomento ho preso ad analizzare l' alotrichino di Rocca lumera in Sicilia , il quale , secondo i saggi che mi son perve- DUti , è notevolmente diverso dalla specie della Solfatara. Esso in fatti si Crova in mezzo alla roccia , in seno alla quale si è generato , in forma di vene che s' intrecciano in gran numero , e son formate di fibre parallele strettamente riunite insieme, di color bianco tendente al giallo, e fornite di assai nitido splendore di seta. Neil' acqua si scioglie lentamente lasciando alcuni fiocchetti galleggianti di color giallo pallido insolubili, dei quali, in tre espe- rimenti diretti a delcrminarnc la quantità, ho trovalo che ne conteneva per ogni grammo 1 1 milligrammi. Il color turchino chiaro del precipitato pro- dotto dall'uaimoniaca nella sua soluzione acquosa mi ha fatto a prima giunta credere che fosse assai scarsa la quantità di ossido ferroso che in esso si contiene* ma aven- do fatto r analisi con lo stesso metodo adoperato nelle precedenti, ho ottenuto in grammi 1,374. in 100 parli 34, 35 Ossig. 20 , 61 Rapporto. 9 09 , 83 64 , 60 2 10 , 20 02 , 28 1 A3 , 5G. 4.0 , 51 18 322 Acido solforico gr"". 0,. 472 Allumina gr. 0, 135 Ossido ferroso gr. 0, 141 Acqua gr. 0, 62G. 1, 374 100, 00 Egli è però che la specie di Rocca allumerà deve reputarsi adulto identica coq< quella della Solfatara , essendo ia essa 1' ossigeno dell' ossido ferroso metà dell'os- sìgeno dell' allumina. Intanto in questa analisi, si è fallai astrazione della sostanza* gialliccia che rimane galleggiante Dell' acqua ìd- cui essa si discioglie , e che esami- nala separatamente ho trovato asser composta, di limonile . L' aiotrichino è la più abbondante produzione delle fumarole-delia Solfatara,. e si rinviene pure nelle stufe di S. Germano , presso l' acqua de' pisciarelli. ed ia^ qualche luogo dell' Isola d' Ischia. Specie 11^. iUlK Allumo AiiLUMOGENE, ( Alunogéne ); Reuiunt. 0/». cit. Queste due specie le ho sempre trovate rtuoite insieme, io modo dà- non poter distinguere L' una dall! altra,nella Solfatara e nella groUa della zolfo sulle sponde del porto di Miseno.Il loro miscuglio si presenta o con tessitura; granellosa, ocon tessi» tara fibrrosa a fibre grossolane eoa vitreospendore, o eoo tessitura lamellosa , o< fioalmeote in forma di lucide squame riunite con debole aderenza .Lo due prime varietà sono abbondanti nella grotta dello zolfo ; le altre due s'incontrano poco frequenti nella Solfatara. Per riconoscere la esistenza dell' allume e- dell' allumogene nelle riferite varietà di sali , mi son contentato di assicurarmi della presen» za della potassa eoi cloruro di platino, e di lasciare in riposo la loro solu-^ zione aquea, che da prima mi ha fornito i cristalli di allume , e poi con la lenta evaporazione ha lascialo un residuo bianco fibroso di allumogene. Con esperi- menti di tal falla ho rinvenuto la sostanza salina della grotta dello zolfo esser formata di allume con pochissimo allumogene ; e quella della Solfatara; speciaU 323 mente la variclà «quamosa, esser formala in ^ran parte di allumogene. Ilo cre- duto poi (l il siile cha oca crislullizza, dappoiché il precipitato proJolto nella sua soluzione con l'ao)'* mooiaca è slato di color bianco, o assai leggermente sfumato di rossastro. Specie JV" YoLTAJTE ; Sacelli. Antologia di Scienze naturali. Napoli Ì84J , p. GÌ . Sostanza di color nero, opaca, splendente, in forma di piccoli cristalli ap- partenenti al sistema del cubo . La sua frattura è irregolare con isplendorc resino- so , e la sua polvere di color higioverJastro. Si scioglie con faciltà nell' acqua che colora leggermente in giallo, e la soluzione, saggiata con i reagenti chimici, di- mostra contenere l" acido solforico, 1' ossido ferrico e 1' ossido ferroso. Saggiata al cannello, lascia sublimare vapori aquei eoo acido solforico , e fornisce uà resiclua terroso rosso. Breislak nel 1T9'2 pubblicò una elegante descrizione della voltalte , che DOD credo del tutto inutile Ji qui riportare per la storia di questo miuerale. >;> Mais ce x> qui rend plus intéressanl encore r aspcct de celle fleuraisoa (di aloirichiao \ ce » soni les pelites roses noires et bi'illantes,doQt lacroutese voitparsemée,et qui soat ■o formóes par de particules de fer crislallisé en forme indetermioée . Leurs parties » soni toul à-fait scmblables à ces pelils grains brillans de fer qu'oa troupe dans les M eocriers, oìi l' encre s' est désechée, et que l' acide gallique a la proprtelé de pre- » cipiter en couleur noire. De parailles pelites roses ou particules de fer , mais en » moindre quanlité , se rencontre dans les buutons que nous avons décrils, et quel- w quefois méme dans les parties inferieurs des fìlamens plumeux de l' efilorcscen- M ces en houppe. Ces jolies roses perdenl leur brillant metalliqu& et prenueat une M couleur obscure de mille l'orsqu' on lire les croutes de la grolle, ou méme lorsqus " elles reslent long tems allachces aus parois qui les op.t proJuit , et qui veut les " observer , doit épier le premier jour de leur naissance «. (a) In seguito la Vollai- te rimase non curata dai mineralogisti sino al 1841 , quando io la descrissi e la inti- tolai col nome del celebre Volta. Di recente il Dafreooy , non saprei ben comprea • dcre per quale equivoco , ha attribuito al Kobell l'aver denominalo Vollaite una so- stanza cristallizzata in forma di otlaedri , eh' egli stesso aveva raccolta nel vasi che •erTooo alla distillazione dello zolfo nella Solfatara di Pozzuoli , e che aveva tro- (a] Breislak ; Ettaii minéralogijue Burla Solfatare de Pouzzole. Naplet i792 . p. t53 , 156. 43 324 Talli coinposla di acido solforico A5 , 67 ; protossido di ferro 28 , G9 ; alluraia 3, 27 ; potassa 5, ^17 ; acqua 15, 77. (aj La VoUuìte si riovieiic soltanto in forma di minuti crislalli , il più delle volte difllcili a delerminarsi,e riuniti in gruppetti mescolati ali alolrichino. Nel 1840 tro» vai nelle medesime condÌEÌoni non pochi cristalli ben distinti ed isolati di questa spe- cie , alcuni dei quali offrivano la forma di ottaedro o di rombododecaedro , ed altri riuoivaoo in uno il cubo, T ottaedro ed il rombododecaedro, coinè »i scorge nella figura 1" della lav. 4^. Quantunque questa sostanza non sia rara , pure di essa mi è stato impossibile raccoglierne tanto quanto fosse stalo bastevo- le per farne l'analisi quantitativa, perchè è assai diflicile separarla dagli al- tri sali, associata ai quali si genera. Ed anche i più graudi cristalli isolati, che non mai ho trovato maggiori di due millimetri e mezzo in diametro , mostravano contenere internamente alcuni filetti di alotrichino, e nel mezzo di essi, come nel mezzo dei gruppetti di cristalli più minuti , vi era un noc- ciolrlto di sostanza terrosa di color bigio-verdiccio . Intanto i saggi aoa- litici che ho potuto eseguire, mi haa dimostrato tra i suoi elementi 1' acido solforico, l'ossido ferrico, l'ossido ferroso e l'acqua; e prendendo in cousi- derazione la forma dei suoi cristalli dello steìso tipo di quelli dell' allume, mi si poi'ge assai naturale la congettura che la sua chimica composizione sia analoga a quella dell'allume, essendo l'allumina rimpiazzata dall'ossido ferrico, e la potassa dall'ossido ferroso. Quindi la sua formola, dietro tali eoa- siderationi, sarebbe ASuO*, Fe'0% FeO, 24 HO. Questa specie è necessario osservarla nel luogo stesso ove si produce , dappoiché bastano pochi giorni di esposizione all' aria , perchè i suoi cri- stalli perdano il naturale splendore, ed il loro colore si tramuti in bigio- ■verdaslro , o rossastro. Ed a lungo andare finiscono col disfarsi affatto. Sulla genesi della Voltaite la prima idea che mi si offerse in mente fa che essa nascesse dalla pirite , che talvolta s' incontra nelle rocce della Sol- fatara. Ma con più diligente esame mi son persuaso eh' essa si formi per do- vella combinazione dell' acido solforico con gli ossidi di ferro che provven- gono dalla scomposizione delle medesime rocce. Giacché avendo per più gior- ni di seguito esaminalo la sua produzione, mi sono assicurato che comiacia -' dal formarsi sulla superficie dell' alotrichino un punto nero, il quale man ma- no s' ingrandisce, e spesso si congiunge ad altri punti neri che si mostrano a breve distanza dal primo. E cosi sotto gli stessi sguardi dell' osservatore si i (a) Dutrenoy, Traile de mineralogie , Partt ÌStì, t.S.V- ''87. 325 formano quelle rosolie di Vollaile che alctuio fiale ti spandono come i licbe- DÌ sopra i sassi, e non di raro col cresc«re dell' alotrichino reslano da que- sla specie avviluppale. Le medesime osservazioni poi sono più che valevoli a far rifiulare l' ipotesi che la forma dei crislalli di Vollaile non sia pro- pria del suo genere di composizione, e che derivi dalla forma dei cristalli di pirile, sopra i quali la novella specie vada a modellarsi per epis^'^nia. Specie V". Coquimbite; H. Ross Tn mezco all' alolrichino delia Solfatara , ed la particolare ove questa sostanza forma grosse croste con fibre intricale , si rinvengono non pochi granelli alquanto splendenti di color giallo , i quali spesso sono congregali insieme e formano tanti piccoli bitorzoli o noccioletli d" irregolar figura, che di raro hanno più di cinque milliraelri in diametro. Essi posti nell'acqua, in poco d'ora si risolvono in soililissima polvere gialla e luccicante, la quale in se- guito lentamente si scioglie, colorando il liquore in giallo rossiccio ; e mea» Ire la soluzione acquosa alquanto concentrala si mantiene per lun^o tempo lita» pida, se vi si aggiunge gran qnantità di acqua, a capo di pochi minuti s' intorbida, e dopo qualche giorno di riposo lascia depositare un sedimento giallo tendente al rosso. Nella medesima soluzione eoa i reagenti chimici vi si riconosce la presenza dell' acido solforico, dell' allumina, dell' ossido ferri- co e dell' ossido ferroso ; e sopra lutto è notevole il precipitalo che si ottie- ne con l'ammoniaca, in parte di color verdastro ed in parie di cijlor rossa- stro, e r una parie ben distinta dall'altra nei primi istanti della precipita- zione ; carattere che assicura l' esistenza dei due ossidi di ferro. Esposti i noccioletli alla fiamma del cannello presentano i medesimi caratteri della Vollaile. Tenuti per lungo tempo esposli all' aria in vasi di vetro si con- servano intalli, m» in conlatto della carta o di altro corpo capace di assor- bire r acqua, divengono di color rosso , e la carta rimane macerata dal loro acido solforico. Ho intrapreso due analisi di questa sostanza , e la prima volta ho pe- sato la quantità adoperata, dopo averla tenuta per circa un' ora esposta al sole, ed ho prima precipitalo gli ossidi di ferro e l' allumina eoa 1' ammo- niaca, poi ho separalo l' allumina dagli ossidi di ferro con la soluzione di potassa caustica. Nella seconda analisi ho tenuto per tre quarti d'ora il mi- nerale, prima di pesarlo, io una stufa riscaldala con acqua prossima all' ebol. 326 llzioiie , ed Iio precipitalo le basi con uà eccesso di soluiloDe di potassa caustica che lia ritenuto discioUa l'allumina. In entrambi i casi 1" acido sol- forico e stalo determinato cui cloruro di bario , e 1' acqua è slata valutata per la perdita. Quindi ho avuto. 1"" in 100 parti 2<« in 100 parti Acido solforico gr"". 1 , 137 39 , 88 gr"'. 0, 780 40 , 27 Ossido ferrico gr. 0 , 684 23 , 99 gr. 0 ,4G6 24 , 09 Allumina gr. 0 , 072 02 , 53 gr. 0 , 055 02 , 84 Acqua gr. 0 , 958 33 , 60 gr. 0 , 636 32 , 83 gr. 2,851100,00 gr. 1 , 937 100,00 Trovandosi nei noccioletti gialli non pochi filetti bianchi di alotrichi- Do, che torna impossibile sceverare dai medesimi , sembrami assai probabile che r allumina appartenga a questa specie, e che alla medesima specie ap- partenga pure r ossido ferroso indicato dai saggi analitici . Egli è però che togliendo dai risultameuti dell' analisi quanto basta a comporre quella quantità di alotrichino indicala dalla quantità di allumina, abbiamo. P. Analisi . Acido solforico 39, 88 Ossig. 2Z ,93 05 ,31 18,62 Bap. 3 Ossido ferrico 21 , 05 06,31 06,31 1 Ossido ferroso 02, 66 00,59 00, 59 ÀllumÌDa 02 , 53 01 , 18 01 ,18 Acqua 33,88 30, 12 10, 62 Alolrichino 19 , 50 Coquimbite 3 100 , 00 II". A n ali$ i. 327 Oisig. Rap. Acido solforico 40 ,27 24 , 16 06 ,00 18 , 16 3 Ossido ferrico 20 ,75 OC , 22 06 , 22 1 Ossido ferroso 03, 00 00 , G7 00 , 67 Allumina 02,84 01,33 01,33 Acqua 33,14 29,46 12,00 17,46 3 100 ,00 Àlolrichioo Coquimbìte Dalle due precedeoti analisi chiaro si scorge che togliendo le quaotilà di acido solforico, di allumina, di ossido ferroso , e di acqua richieste per formare V alotrichìno , rimane assai da presso tanto di acido solforico , di ossido ferrico e di acqua , quanto si richiede per aversi un solfato della forinola 3SuO^, Fe'O', 9Ii0. £i allenendoci a questo risullamento , dobbia- mo pur conchiudere che i grumelti gialli della Solfatara sieno d' ideniica spe. eie con la sostanza trovala nella Provincia di Goquimbo nel Chili, e dal Rose analizzata ed intitolata coquitnbile. Quanto alle dilTerenze nella quantità del- l' acqua trovata un pò eccedente nella prima analisi , ed un pò scarsa nella seconda, di leggieri mi persuado che ciò sia prorvenulo dal noa essere stalo il minerale la prima yolla ben prosciugato , e dall' essere stalo la seconda volta troppo disseccato nella stufa ; e se in entrambe le analisi si trova mancare un tantino di acido solforico, la pici^ola quantità necessaria per ri- stabilire la giusta proporzione!, può altribuirsi a qualche difetto di esattez- za nella maniera con cui le analisi sono state eseguite , o forse , come me- glio apparirà da quello che or ora debbo esporre , può ripetersi dall' esse- re il minerale analizzato , mescolato con piccola parte di sostanza straniera alla specie. La coquìmbile del Chili, eh' è di color giallo al pari del minerale della Solfatara, ò stata rioveoula non solo in forma di grani, ma anche cristalliz- zata in prismi esagonali. Ciò mi ha fallo sperare che , facendo una sola- zioue aquea della uostia coquiinbite , avessi potulo ottenerla artifìzialmente .« ;/'liai;!!i i)j; à58 cristallizzala con la medesima forma. Ma l' esperimento non Iia risposto ai miei desideri; e dopo aver conservato per molli giorni una soluzione di circa venti grammi del nostro minerale , quando tutta l' acqua erasi evapo- rata , ooD ho ottenuto altro che una massa tubercolosa e gialla in cui si distinguevano molli fascetli di bianche fibre che senza dubbio apparteue- Tano all' alotricliino. Credo intanto di non essere riusi:ilo in questo tentativo perchè la coquimbite in esso adoperata , come ho fallo avvertire di sopra , è inseparabilmente mescolala all' altra specie, che forse impedisce la sua re- golare cristalizzazionc. Mentre a queste ricerche sulla coquimbite gialla della Solfatara aveva dato termine, mi volsi ad esaminare un' altra sostanza bianca, ancor essa ia forma di piccole eoncreaioni bernoccolute, che più volte mi si è presentala co- spersa nelle grosse croste dì atolrichino. Neil interno di lati bilorzulelti spes- so si osserva distinta tessitura granellosocristallina, e nei più grandetti di es- si vi sono alcune cavità irregolari lapezzale di cristallini poco disliivti di color tur- chino chiaro alquanto sfumalo di violetto. Per questo carattere mi e stalo facile asso- ciare la riferita sostanza a eerte croste cristalline e traslucide dello stesso color lur- cbÌDO-violetto che aveva racc«)lte nel iSSI dalle grolle che sono sotto la punta set- tentrionale della Solfatara ( te», i^,^. )e che in alcune parli mostrano distinti cristallini in forma di prismi esagonali. La maniera di solversi queste so- stanze neir acqua con molta lentezza, e la qualitii dei loro componenti tro- vati con i saggi analitici, esclusivamente formali di acido solforico, perossido di ferro, ed auqua , mi ban sommirtistrato i primi indizi per congetturare , contro ciò che si poteva prevedere dall' esame delle qualità apparenti , cha le concrezioni bianche granellose , e le crosire cristalline di color ceruleo- Tiolello , fossero nuove varietà della coquimbite ; anzi la ste«sa coquimbite nello stato piii perfetto e puro. Aderenti alle croste ho pure osservalo al- cuni granelli gialli luccicanti che sembravano provvenire da cominciamealo di alterazione nella so.ntanaa cilestrina , e che mi rendeva piìt facile il ere. dcre all' identità di questa con la varietà gialla precedentemente esaminala. E non mi rimaneva per togliere ogni dubbiezza, ch« eseguirne l'analisi chimi- ca , la quale come sarà manifesto da qui a poco,ha pienamente ri fermato i risullai- menti delle prime riccrclte. Intanto tra le sostanze raccolte nella Solf ilara , e che aveva poste in ser- bo per farne oggetto di maturo esame, vi erano alcune croste di color bruno di cannella ancoresse traslucide e superficialmente terminale da forme cristalline, che non mi è riuscito determinare con certezza ; ma che per la siiriiiitudinc del- 1 «spetto nel tutto insieme mi è «tato agevole presentire che questo sale di coloc 32a bruno fosse della ra eclcsima specie del cilestrino . Né mi han fatto cambiare di ay- tìso i saggi analitici in seguito praticati. E però fa d'uopo angiungere anche questa alle altre variilà che può presentare la coquimbile. Debbo pure avvertire che la varietà bianca , e la cilestrina , quando sono af- fatto scevre di sostanze straniere, solvendosi nell' acqua, non le danno che lievissima tinta gialla , mentre poi il carattere d' intorbidarsi la soluzione , quando vi si ag- giungesse gran copia di acqua , è comune a tutte le varietà. Nell'intraprendere l'analisi di queste due varietà, ho avvertito che tenendole per disseccarle nella stufa riscaldata con acqua prossima all' ebollizione esse perdevano non poco della loro lucentezza e traslucidità. La qual cosa dimostrandomi che eoa tale operazione si cagionava un po'di perdita dell'acqua che fa parte dei loro elementi, mi son regolalo in modo da cavarle dalla stufa, prima di pesarle, appena si mostrava io esse il minimo segno di cambiamento. Siccome poi il colore ceruleo-violetto del- la seconda varietà mi faceva sospettare eh' essa potesse contenere alquanto di man- ganese, non ho mancato , per assicurarmi della presenza o mancanza di questo metal- lo , fonderne un tantino col carbonato sodico ', ma gli esprimenti sono riusciti ne- gativi , come pure negativi sono stati gli esperimenti diretti a rinvenire se vi fosse stata l'allumiua, o la magnesia, la calce , e la potassa. Per altro la varietà granellosa bianca, come scorgesi dal seguente specchietto della sua analisi, mi ha fornito piccola quantità di allumina, la quale deve reputarsi appartenere all' alotrichino che alla medesima era mescolato ; e la sua soluzione, dopo aver precipitato con l' ammoniaca r ossido ferrico e 1' allumina , essendosi alquanto intorbidata con 1' aggiungervi l'os- salato ammonico, ho credulo che contenesse altresì qualche minima parte di gesso. Coquimbile cilestrina crisCallizzata, Ossido ferrico Acqua gr"'.0 , 556 in 100 parli 42 , 54 Ossig. 25, 52 Rap. 3 gr. 0 , 370 28, 31 08 , 49 1 gr. 0 , 381 29, 15 25, 76 3 gr. 1 , 30 7 100, 00 330 Coquimbite granellosa bianca. Acido solforico gr"'.0 , 742 Ossido ferrico gr. 0 , 489 Allumina gr. 0 , 0t3 Calce tracccia in 100 parti 42, G4 Ossij;. 25 , 58 Rap 3 28 , 10 08 , 40 1 00, 75 00 , 35 Acqua gr. 0 , 496 28 , 51 gr. 1 , 740 100 , 00 25 , 34 Egli è però che nella Solfatara si rinvengono quattro varietà ben distinte della Coquimbite , lo var. gialla granellosa, 2<» var. bianca granellosi» 5 3« var. cilestrina traslucida crislaltizzata in prismi esagonali della forma indicata nella 2a figura del- la quarta tavola ; Uà var. bruna traslucida cristallizzata. Quest' ultima varietit è più rara delle precedenti. Sp ce i e F". Gesso Il gesso sì trova in gran copia nella Solfatara , particolarmente nel Iato orien- tale del suo cratere, ed in qualche altra parte dei Colli leucogei. Esso suole incrosta- re la superficie delle rocce , talvolta configurato in mammelloni , ed il più sovente costituisce svarialissimi gruppi di bizzarre forme dendriliche, nelle quali non si riconosce alcun cristallo ben terminato. Altre fiate riempie le fenditure delle medesime rocce , ovvero forma piccoli nidi in mezzo delle sostanze terrose, nel qual caso soltanto incontra trovarlo trasparente . In queste condizioni poi egli è notevole che la sua genesi non può attribuirsi alle fumarole che a dì no- stri veggiamo esalare ; la qual cosa merita sotto duplice aspetto esser presa in con- siderazione . In prima rimane ad investigare la sua origine peraltro cagioni che ora piti non esistono nello stesso luogo . E su tale argomento le mìe indagini noa giun- gendo a darmi una interpretazione del tutto scevra di dubbiezze, rai asterrò da quel minuto esame che forse il fatto richiede, e mi starò cooleoto a dire l'avviso che pia 331 di ogni altro mi cembra probabile . Che cioè esso sia stata prodotto dalle fumarole che aiitit-amcnle esistevano nella Solfatara e nei Colli leucogei , e che ì' attuala sna giacitura «ia , almeno in parto, dovuta all' essere slato il gesso depositato dalle acque che lo tetievano disciolto, D' altra parte considerando che le rocce esposte all' azione dei fumarDli , siccome io fine di questa memoria sarà dichiaralo ,. conteogono tra i loro eie. neali anche la calce , nasce la curiosità di sapere perchè presso i medesimi fa- maroli, ove tutt€>di effioriscono i solfati degli altri ossidi che fan parte delle roo- C€ ailiacenli , non si trovi del pati il gesso con le medesime coadizioni . Ciò mi sembra derivare dal perchè questa sostanza, essendo assai poco solubile nel- r acqua , quasi per intero quella quantità che se ne forma rimane mescolata con le altre parti della roccia disfatta , ed ancor esse insolubili , le quali co- stituiscono quella terra bianca Tolgarinente chiamata bianclicUo . Intanto nelle ripetute e minuziose ricerche che ho avuto l' agio di fare nella Solfatara ed in altri luoghi della regione flegrea non mi è avvenuto di trorare il gesso ia qualsivoglia modo conformato sulla Irachite o sul tufo che sono io oonlalto dei vapori delle fumarole . Talvolta netr analizzare le altre sostanze solubili di cai ho fio ora tenuto discorso , dopo aver precipitato dalle soluzioni acquose eoa r ammoniaca gli ossidi di ferro e l' allumina , aggiungendovi l' ossalaio ammo^ Dico , il liqaore non si è affatto intorbidalo ; altre volle eoo lo stesso metodo ho ottenuto lieve intorbidamento , il quale ho stimato che nascesse da pìccole quan- tità di gesso in esse contenuto . Né voglio tacere di aver trovato alcuni pezzi di te* gole 0 mattoni di antico edifizio della Solfatara situato nel lato occidentale ( Tav. ly m. )i quali trovandosi quivi per caso esposti alle esalazioni dei fumora- U , ne erano rimasti stranamente screpolali , e nelle loro fenditure si erano in- generate molte eleganti renucce ed incrostazioni di gesso. Specie FU", ed Fin<*^ Epsomitb ; Bbvdànt. Op. oiU ExANTALOSii ; Beudànt. op. cit. L' epsomite , o solfato di magnesia , e l' exantalosa , o solfato di soda sono due specie che facilmente può presumersi di doversi trovare nella Sol- fatai-a o in altri luoghi della regione flegrea , ove vi sono fumarole ; ed il Breislak ci assicura di averle trovate entrambe nella Solfatara. Quau- ttinque le mie ricerche per tale oggetto sieno sUte sempre infruttuosa , pure non mi rimane alcun dubbio su quanto asserisce l'illustre Geologo che 332 primo tra noi ha con rara sacraci» illustralo la storio dei Vulcani della Cam- pania . Tanto più eh' egli riferisce di essersi assicurato della natura dei sali da lui reputati soU'ulo di magnesia e solfalo di soda con l' averli disciolti Dell' acqua , ed esaminata la forma dei loro cristalli eke ottenne assai per- fetti. Al dire dello stesso Scrittore, egli trovò si 1' epsomile che exantalosa gol- tanto nelle grotte sbavale verso il iato settentrionale d«lla Solfatara , ed enlraiube le specie le rinveane in foraiii di fioriture composte di bianchi filamenti. Specie /X». MiSEMTE ; nuova specie. Sostanza fibrosa , bianca , con isplcndore di seta, solubile in poca acqua alla quale comunica sapore acido alquanto amuro e la facoltà dì arrossire la carta di tornasole ; facilmente fusibde anche alla fiamma della lampada a spi- rito di vino . La sua soluzione acquosa fornisce abbondante precipitato bianco col cloruro di bario, e precipitato giallo granelloso col cloruro di platino. Sulla sponda settentrionale del porlo di Miseno ci ha una grolla scavala nel tufo volgarmente chiamala , groUu dello zolfo 5 e quivi senza che si veggano distinte esa- lazioni di vapori in forma di fumarole , e seriz;» che la roccia sia notevolmente -iscaldata , pure al forte odore che sente molto di zollo, ed al vedere le pareti del- la grotta incrostale di sostanze saline , è facile accorgersi che in quel breve ricinto si ripetuDo gli stessi fenomeni degli ordinari fumaroli della regione llegrea. Uq' al- tra particolare condizione degna di nota si rinviene nello slato della roccia sulla quale s' ingenerano i sali ; dappoiché mentre essa si screpola per dar luogo aile ve- Ducce di allume che ne riempiono le fenditure, non di meno il suo naturai colore uoa è punto alterato, uè altro segno di notevole sfacimento si scorge nella sua tessitura, pel quale possa riconoscersi il cangiamento che lutto di avviene nella sua chimica composizione . E questa differenza che Y attento osservatore riconosce tra i fenome- ni della grotta dello zolfo e quelli della vicina Solfatara, credo doversi attribuire al perchè tra le sostanze quivi esalate mancano i vapori aquei. Quantunque ilnome dato dai terrazzani a questa grotta faccia presumere di dovervisi trovare gran copia di zolfo, pare non apparisce in tutta la sua ampiezza alcun cristallino di zolfo , e soltanto Del discoglierc i sali di cui son ricoperte le sue pareti , iu ciò che rimane insolubile vi si trova un pò di zolfo polveroso. Essa non è accessiliilu che por mare ; eJ aven- dola %isitata nel 1 8 'iO, vi raccolsi alcune croste saline che per le loro qualità apparen- ti allora giudicai della medesima natura dell' alotrichino ; ma in seguito , ricercata con più decisivi esperimenti la loro composizione , le rinvenni fornite delle qualità cb,m,cl,c del b.solfato di pota.sa , «erta di composto non ancora trovato tra if L. duz>on. „au.ral.. Quindi V ioipor.anza del fatto ™i sembra richiederà più minuto e^am s , sua eo.npos..one ; e spiaceli solo che, essendo di recente t'ornato alla L V \ : ^"' "'^TS''^^- - '"«Sg-'- -pia , "on vi Lo rinvenuto che 1' al- lume, d. cu. Lo fallo parola in uno degli articoli precedenti à ^il'^r^'l ''" ''"/"^""'="» """•'""« ' per .icordare il luogo ove la prima volta è stata trovata, "'-. è oUerta soltanto in forma di croste delia .rossezza di tre a cinque nn l.n.e,r. , formale di sottilissime fibre poco fra loro aderenti , di color Lia co.sud,c.o, con debole splendore di seta. E da un pezzetto della roc ia ader^ edlm.sen.tc che da p.ù tempo conservava nella raccolta delie nostre rocce ht ^ovatoeWe alcune ciocche di candidi filamenti della medesima sostanza, della ungbezza d. 1 nnil.metr. , dotale di nitidissimo splendore di seta. Prima d' ia- ^apren erne 1' anal.s. quantitativa ho voluto assicurarmi se in essa vi fosle sLo uà venirldlTr 7;°"'^^'°''^""""^'^'" ^-'-'te avrebbe poiuio prov- vemr dalle acque del v.c.no mare, e dell' allume che si genera sulla medesima roc c.a 1 saggio eseguito col nitrato di argento e con acido nitrico alquanto ec cedente nou m. ha dimostrato la benché minima traccia di cloro , e versando del ammoniaca .«eccesso nella sua soluzione,sono comparsi soltanto pochissimi fioo- Chetligallegiantid, color biancogiallaslro. In tre esperimenti diretti a determU «are la quantità dell' allumina , che al colore del precipitato può giudicarsi nnita a minima parte di ossido ferrico, ne ho trovato come quantità media 0,004 L analisi di questa specie essendo diretta a determinare se V acido solforico e a potassa sieno nella giusta poporzione richiesta dalla forraola 2SuO^ KaO HO • Lo creduto bastasse esporla ad elevata temperie, perchè dalla perdita in Lo s'i sarebbe venuto in chiaro della sua composizione. Q.i„di ho esposto sulla fiamma del a lampada alla Jìerzehus grammi 2,27G di miscnite, tenuta i„ crogiuoletto di platino tarato , e prima prosciugata nella stufa riscaldala con acqua bollente . Dopo qualche tempo , scemata di molto 1' esalazione dei vapori , vi ho aggiunto un pel zetto di carbonato ammonico , tenendo chiuso il crogiuolo , ed ho ripetuto questa operazione sino a che il solfato potassico tenuto alla medesima temperatura, non si e menomamente fuso, né ha più nulla perduto di peso. Ciò eseguito, ho trovato la perdita di gr. 0, 73G , essendo rimasto gr. 1 , 540 di solfato neutro di potassa Dovendosi pò. all.ibuire la diminuzione in peso al solfato idrico , ed assegnandone parte ali acido solfori^co e parte ali" acqua secondo la proporzione richiesta dalla formola SuO', Ilo, abbiamo per ia composizione della misenite. tu in 100 parli Ossig. Acido solforico gr-'J y 308 57 , 469 34 , 48 1 Potassa gr. 0 , 832 36 , 555 06 , 201: Acqua gr. 0 , 13& 05 , 976 05 , 312. gr. 2,276 100,000 Attenendoci a questo especimento , sarebbe la raisenìte composta in 100 par- ti , di bisolfalo potassico 92, 38, e di solfato neutro di potassa 7, 62. Rimasto mal soddisfatto dall'otlenuto risullamento,ho voluto determinare la quantità di acido solfo- rico del solfato neutro di potassa rimasto nel ccogiuolo,^ che ho trovato ^ col solito metodo del cloruro di baria , eccedente dlgr. 0,0 14 la quantità, ridiiesla per aver.- si il solfato potassico perfettamente neutro . Ed eseguendo la correzione a cui mena la novella pruova , si fak la misenite composta in 100 parti , di bisolfato. potassico 93;33 ; e di solfato neutro, 6, 67. L' esito poco soddisfacente delle prime ricerche mi ha indotto a ripetere l'analisi separando direttameate I' acido solforica col clo^^ ruro di bario dopo aver precipitato eoa 1' ammoniaca il poco di allumina ; tolto poi r eccesso del cloruro di bario con l' acido' solforico^ ho de terminato la potassa nel- lo stato di solfato potassico ; e dalla perdita ho dedotto la q,uaalità dell' acqua . Ho< così ottenuta da gr. 1,^ 586. ib 10O parti Ossig^ Acidosolforicogr*. 0,903^ 56,93 34,16 Potassa gt. 0 , 579 36, 57 06 , 21 Allumina gr. 0 , 006 00 , 38 00 , 18 A<;qaa gt. 0,098 06,12 05 , ^ gr. 1 , 586 100 , 00 Trovandosi nella seconda analisi lo stesso eccesso di potassa ottenuto nella pri- ma , sono indotto a credere che un pò di solfato potassico neutro si trovasse mesco- lato ai saggi di misenite analizzata, la quale deve reputarsi essenzialmente formata di bisolfato potassico. Soa sicuro che questa sostanza aaturalmeute si produca aa- 335 che in allri '.uoghì, ove efìloriscono diverse specie di solfati, e forse nella stessa re- gione fli;grea da nw, per quanto ho potuto, diligentemeute esaminata. Né voglio ta- cere, che la noncuranza con la quale mi avvenne di raccogliere la misenite, e le ri- cerche fatte di ritoruo in casa su molti oggetti raccolti nelle peregrinazioni, mi fan prevedere che sarà in seguito non poco accresciuto il numero delle produzioni dei nostri fumaroli. (^La conlinuazioite di questa memoria sarà pMlicata nel scgilCnte fascicolo ). u ♦» 330 Ossen'nzioni sopra qualche specie di zucca coltivata nei con- torni di Isapoli di Guglielmo Gasparrini. Due anni or sono pubblicai nel Rendiconto di questa Accademia due dis- •crlazioni intorno alle zucche ; l' una risguardava la Cucurbita Melopcpo Lin , la quale fu costituita in genere distinto col nome di Ptleocaly.v { Rcndicont o della R. accademia delle scienze — quaderno 3J — Napoli 'I8i-~l ) dalla for- ma del calice ; T altra inserita nel quaderno seguente versava segnatamente sul- la morfologia dei viticci , e sopra un fatto singolare non mai infino allora osservato , consistente in un versamento di linfa nelle cavità interne del fusto e dei picciuoli. In questo lavoro feci precedere alcune osservazioni diagnostiche intorno ad alcune zucche coltivale, da cui risultava che due di esse si poteva- no considerare come spcr.ie non ancora descritte . Onde 1' una fu detta Cucur- bita macrocarpa , l' ultra C. mclanosperma. In fin da quel tenjpo mi venne in pensiero di ricercare da tutte le pa del regno le diverse zucche che vi si coltivano per esaminarne i caratteri e sta- bilire poscia i termini di ciascuna spezie . Molte cause hanno impedito di at- tuare si fatto disegno ; tuttavolta le poche varietà coltivate 1' anno passato e nel presente mi hanno porla la occasione di notare alcune cose che rifermano il principio da me stabilito nel lavoro teste menzionato, cioè che nelle zucche » le >> cagioni alteranti i caratteri naturali e primitivi delle spezie operano quasi so- w lamcntc sul fruito, e fra' termini non mollo larghi ; segnatamente sulla gran- » dezza , la forma , il colore ed il sapore ». Le diverse zucche piii comuni tra noi sono varietà della Cucurbita Pepo della Cucurbita maxima , ovvero spezie ad esse così strettamente attenenti da non potersi a prima giunta conoscer di leggieri l' importanza dei loro caratteri. Solo la Cucurbita macrocarpa in certo modo sta in mezzo all' una ed all' al- tra ; avendo il fusto , le foglie , ed i viticci quasi simili alla 6'. maxima , e la corolla che nella forma si accosta a quella della C. Pipo ; mentre nel rima- nente è differentissima da entrambe. Ora le osservazioni in parecchi anni fatte avendomi convinto che senza la conoscenza precisa di queste due spezie spessevollc non si può venire ad una conclu- sione certa sul la importanza delle differenze quaodo si vuol distinguere le varietà o le spezie che con esse potrebbero essere confuse ; non credo perciò superfluo accen- narne i caratteri più rilevati e costanti. lia Cucurbita Pepo è si brevemente e mal dosi:rilta dagli autori eh' io non saprei indicarla coti precisione sui caratteri ad essa assegnati e le imperfeltissi- me figure degli anlichi.TuttavoIla,stando segnatamente alla figura del fi jre e del frutto 337 data dal Lamark nelle illustrazioni all' Enciclopedia metodica, credo dessa esser quella che i coltivatori napoletani addi mandano volgarmente cocozzello. In questa 1. CU CURE IT// PEPO Li,u Caulis prostratus ,3 — 4 pedalis , nuraquara sarmcntosa* ncque scanJens, snlcatus , scaber , internodiis valde approsiinatis. Cirri parvi ramosi, rjmls di- stortis, pedunculo brevi suffuUi ; versus apicem caulis, quandoque simplices, pe- dunculo carenles. Folla petiolala obscure virenlia, subtus pallidiora, scabra, basi sinu lato , utrinque pilis rigidis consparsa ; novissima 5 — 7 lobata , lobis lalis acutis ; scquenlia palmato 5 — fida, lobis angustis , intermedio longiori , versus apicem latioribus , ambitu eroso-denlalis bine inde lobulalis. Flores axillares , inascuii loiige pedunculati , foeminei pedunculo brevi vis poUicari suffulti . In utroque ; Calycis lacininc lineari- subulatae 5 — 7 Un. longae. Corolla campanulata rnbro-aurantiaca 5 — fido lobata , lobis ovatis acutis planis, integerrimis erectis, duos poUices circitcr longis , tubo exlus nervis valde prorainulis praeJito, et in- ler nervos pilis raris lyraphaticis plerumque simplicibus. Sligmata in flore foemineo tria, bilobata, lobis carnosis oblongis versus basim attenuati s. Fructus, ini tic paullo post foecundationera, tener, laevis , pilosus, cylindraceo-oblongus, angulis longitudi- nalibus vix prorainulis; maluritate pericarpio fere exsucco. Semina alba oblonga paullo compressa, 4-5 Un : longa. Odor omnium partium nullus. Isti diaracteres constantes sunt, sed quod ad fructus special duas va- rietatcs in nostris horlis potissimura occurrunt. a. fructu cylindraceo vcl clavato , laevi, ^tenero adhuc viridi , maluritate ilavescenti. b. fructu subrotundo vel oblongo , tenero adhuc viridi , maluritate fla- vesccnli. Utraque varianl colore fructus quandoque albescenti , et epicarpio , quod revera raro evenit, bine inde verrucoso, Ideoque non immerito Cucurbita sub- verrucosa Willd. C. Peponis varietatem a nonnuUis pulalur. Immo in liac specie fructus non solum varianl magnitudine et forma, subrolundi, oblongi, vel clava ti ; verum eliam et ipse in eadem pianta vidi fructus primogenilos laeves , illis C. peponis omnino similes ( haud secus quaoi folia et flores ) , sequenles ver- rucosos. Inter Cucurbitae peponis varictalcs sequens occurrit , <]ua(ii uli speciem distinctara propono. 338 2. CUCURBITA CURYSOCABPA C. caule sarmentoso scandenti, cirri» maximis rainosis pedunculatis , folii, liispiJiusculis 5 — 7 lobalis , lobis ovalis aciitis, ambilu eroso-dentatis ; laciniis calyclnis lineari-subulatis; corolla campanulata , lobis erectis planis inlegerrimis, o>atis acuti.s ; fructu ovato vel subrolundo, laevi, tenero adhuc virescenli; maturitale jiulposo , epicarpio flavescenti-aureo veiiis maculisque viridibus bine inde con- sparso. Fructus quoad magnitudinem variat pedali vel bipedali longitudine; sed sem- per cvalus vel subrotundus , dum tener edulis est , maturus suibus pcrmittitor. Tunc ejus pulpa ex flavo rubra firmiuicula. Semina alba obloago-ovalia com- (iressa. Species Iiaec adeo afllnis Cucurlilac pcpont , ut ab illa primo intuita vis ac ne vis dislinguatur. Tamea bisce notis notis diversa. Caulis sarmentosus Ioq- ge laleque scandcns , cirri longe majores magisque pedunculatì , foiiorum lobi basi non apice latiores , praetereaque minus profundi ; laciniae calycinae duplo majores ; fructus ovatus vel subrotundus , maturltate pulposu» , noa fere, essuccus. Corolla . stigmata , et semina utrisqua speciebus similia. 3. CUCURBITA MAXIMA Duch. Apud nos famuli cum foliis junioribus muscum laeviter redolent. Caulis scandens longc per sepes proccurrens ; cirri maxirai ramosi longe pedunculati ; foliornm lamina pallide virens , basi sinu Iato et profundo , ambita roiundata, obsolete quinquelobata , lobis denticulatis ; laciniae calycinae lineares poUicem et ultra longac- Corolla flavescens sub aurantiaca, urceolato-campanulsta , estus jDter iiervos sccus tubi longitudinem procurrentes , pilis lympbaticis crebris ra- mosis pracdita , limbo quinquefido, lobis rotundis acuminatis , rellexis , margine unduiatc-crispis. Stigmatnm lobi carnosi oblongi. Fructus in genere forsaa maximi pericarpio crasso , pulpa firmiuscula sordide alba subflavida , quandoque colore rubro vel carneo laeviter sulTusa . Semina alba oblongo-cUipitica , compressa , t> — 7. lin. longa. Haec nostra C. maxima videtur non differre a C. maxima DC. et Seringe, etsi iliorum descriptiones per breves sint. Characteres immutabiles memoravi qui- bus ipsa a C. poponi longe dilTert et cum qua a nonnullis immerito fuit con- fusa . \ariat tantum fructus forma et colore; quae autem varietates ad duos ty- pos amandari posse existimo , nempe. 1. Cucurbita maxima oblong,ata ; fructu oblongo laevi , colore plerumque 339 aaraotiaco et viridi vario, viuis lo pallidioribus Tel albesceatibat ab apice ver- sas basim excurrenlibus. Vulgo zucca indiana. 2. Cucuriiia maxima rolunda , fruclu rotuadato vel depresso. Hujas typi ▼arietates sunt. a. vcrsicolor ; fruclu subroluado vel depressa, laeviasculo, maculis fascisqae aoranliacis viridibusque iotermixtis versicolori, basi et apice jugis f 0 plus mioas elevatis, quandoque obsolclis, praedito. Vulgo zucca pazza. b. lurlinaia ; fructu subroluodo turbiuato, laevi, epicarpio sordide cioereo- viridi, vitlis pallidioribus ab apice versus basim excurrentibus , jugis nallis vel obsolclis. e. leucocarpa', fruclu subrotudo turbinato, laevi, aodiquo albido , jugis nallis vel obsolctis ; pulpa flavesceuti pallida. Fructus hujus speciei io magnam moleia ezcrescaot ; aonaulli , praeser- tim primogeoili , in solo pingui, 100 et ultra libras peadent. Quidam borta- lanus afBruabat se vidisse Cucuròitam maximam oblongam , aliquaado io rotwi- dam mutari ; quod mibi quotuor abbine annis numquam videre coatingit. Sed f>raeter forniam fruclus aliud discrime^ inter ipias adhuc frustra quaesivi ; tamen C. maximae obloiigae pulpam magis teneram ac sapidani existirnalur. Semi- na io utraqne variaol colore sordide vel nitide albo , et quoad formam , suol et ipu elliptica, Tel oblongo elliptica versus basim augastiora. 45 ELOGIO DELL' ABATE FELICE GIANNATTASIO LETTO ALLA REALE ACCADEMLV DELLE SCIENZE nella tornata del dì, 8 del 1850 L' insigne naturalista Daubenton dettava dalla cattedra delle Scuole Normali ', una lezione sull^ uomo, e nel divisarne le diverse età assegnava alla decrepitezza, che chiamava vecchiezza inferma, Y ot-. tantesimo anno ; e doi^o aver consolata 1' umanità nel descri- vere i pregi delle precedenti età, mostrava con lungo ragionare sì fu- nesta la condizione di quell' ultima , che caratterizza col re Davide labor et dolor , da conchiuderne dover ciascun di noi desiderare di non giugnere a sì alto segno di degradamento, ripetendo il detto di Plinio : Ex omnibus honis quae homini tribuit Natura, nullum melius esse tempestiva morte ^. Intanto il Daubenton aveva ben oltrepassato questo periodo di anni j né però aveva pur voluto cessare dall' insegna- mento, nò tampoco da'pubblici impieghi •'Xhe dunque conchiudere da ' Questo Scuole vennero stabilito in Parigi in su! finir del secolo XVIIP, destinandovi i primi uomini, che allor si avevano in Matematiche , Scienze Naturali, Letteratura, ec : ma la stessa sublimità di loro instituzione fece avere ad esse una durata eCmera. • Ilàt. Ifat. lib. XXVIII. e. II. ' E rimarchevole il trovarsi a pie di pagina di tal lezione notato dallo stenografo, che la raecoglicva , aver a quell'epoca il Daubenton 99 anni; mentre poi in tutl' i dizionari, e le biografie gliesene assegnano 8i al giorno 'Iella morte. Ed ancor cosi vien detto dall' insigne Cutier, Dcir elogio di cui onora la memoria di quel suo illustro compalriotta. 3^1 ciò ?Forse che ilDaubenton ignorava se medesimo? No certamente : egli voleva far intendere, che i limili ordinari prefìssi da Natura al viver nostro sono per 1' appunto i da lui indicati ; e che sono bea rari gli uomini sì di essa benemeriti, cui non solamente accorda un prolungamento di vita, m a concede loro il pieno esercizio delle facoltà della mente, e de' sensi esterni. Se Natura dunque mostra tanto prediligere questi esseri rari, per costituirli testimoni parlanti di un altro secolo, di cui possono nar- rare i costumi, le condizioni sociali, ed i progressi delle scienze e della civiltà , con queir imponente dire io stesso vidi j quanto più dob- biamo sentirne rispetto noi , e quanto maggior dispiacere dobbiam provare in vederceli tolti , appunto come di cosa ben rara che si perda j e ciò maggiormente per coloro , che nella lunga carriera percorsa sonosi resi benemeriti dell' umanità, per aver in alcun modo contribuito all' istruzione della gioventù , ed al progresso delle scienze. Già due uomini di tal tempra abbiamo ammirati nel ri- stretto numero di coloro , che componevano il nostro consesso , i quali nel breve periodo di tre anni abbiamo perduti, degni entrambi di tutta la nostra considerazione , e di quella del pubblico, sì per la loro perfettissima morale , per le virtù cittadine e pel loro sa- pere , che per la rispettabile età cui eran giunti, con mente sana e quasiché giovanile. L' un di essi fu il dotto medico e naturalista Sa- verio Macrì, di cui deplorammo la perdita nel dì i gennaio del 18iTj r altro r è il matematico Felice Giannattasio , del quale or compiesi r un mese da che vi annunziai 1' amara sua partita da noi, ed ora, come promisi, passo a dirvi poche cose delle molte da lui operate, nella sua lunga e faticosa carriera di professore e di nostro ac- cademico , non avendo potuto farvene ancor breve cenno nel giorno di quel funesto annunzio, sì perchè l'infausta novella a me, come a Voi , giunse inaspettata, al momento stesso che eravamo per co- minciar la tornata j e sì ancora pel forte duolo che opprimevami lo spirito, per vedermi tolto 1' amico di ben cinquantadue anni, e colui che in tutta la mia carriera ebbi sempre ottimo compagno e diligente collaboratore. 342 Ebbe il Glannaltaslo il suo natale in Solofra, industriosa e ricca città di Principato Ulteriore , la quale ha sempre vantali uomini illustri , che sonosi distinti o professando nella nostra Università di Studi, o sostenendo con decoro la magistratura e la cattedra Episco* pale. Il di lui padre Donato era tra' non minori possidenti e negozianti in tal paese , e la madre Angela appartenevasi all' altra illustre faiaiglia Garzilli d^l paese stesso. Rimasto in tenera età privo del padre , venne educato ed ia- Stituito nelle umane lettere dal zio paterno Michele , ecclesiastico piissimo e non di scarsa dottrina : ma cresciuto alquanto negli anni non potè proseguire gli studi j poiché gli convenne assumere, a suo malgrado, il grave incanco del negozialo. Ciò produsse , che ap» pena potè discaricarsene su di altro fratello, sen venisse a continuare r interrotto corso degli studi in Napoli 3 e che per maggiormente at- tendervi,senz'altra distrazione, si addicesse alla carriera del Sacerdozio. Abbondava alla sua epoca la nostra capitale di uomini distin- tissimi per ogni genere di dottrina , ed egli ebbe le sorte , tra gli altri , di ascoltar le lezioni in privato , e nell' Università degli stu- di , dell' Ignarra , del Conforti, e di altri professori illustri, da' quali riesci pienamente addottrinato nelle scienze , che debboa formare il patrimonio di chiunque vuole attendere al sublime grado del Sa- cro Ministero . Ma non pertanto di altro fervente desiderio sentivasi egli animato , in compiere il corso della Filosofia , e perfezionare il suo intendimento con Io studio delle Matematiche. Risuonava fin d' allora alta la fama della Scuola del Pergola, principalmente all' occasione di essersi dal Giordano, uno de' costui allievi, in tenera età, risoluto problema, che per lungo tempo aveva invano esercitate le menti de' maggiori geometri ed analisti '^ , ed il * Era questo il famoso problema d«l triangolo da iscriveni nel cerchio , tal che i lati ne pasanssero perire purili tè riuscire partendo da un geometrico teorema , che al Fontana ^ non esercitato in ricerche di tal' fatta , e perciò poco curante di esse , non fu noto. Frequentavamo ed egli ed io giornalmente la conversazione del Pergola , non ostante che costui , caduto in una cronica afi'ezione nervosa, si fosse abitualmente ritirato su Capodimonte \ né mai il lasciavamo , per intemperie che facesse nello più alto inverno \ ed i nostri discorsi versavano sempre in fatto di scienza : per tal modo lo inducemmo a pubblicare in poche pagine i problemi Tactionurn, deducendone le soluzioni indipendentemente da uno stesso princi- pio elementare, eh' è una nuova proprietà del triangolo. Ed egli ci fu poi di guida in intraprendere - una raccolta di Opuscoli di no- stra scuola , de' quali non venne a luce che un solo volume , in cai ciascuna ricerca veniva da noi, che n'eravamo gli editori, annotata,chia- 3i5 rita, e paragonata alle analoglie di illustri geomètri o analisti moderni. Kirnaslo sciolto nel 1806 il Collegio Militare sopraddetto, re- stò ancora il Giannattasio , per qualche tempo , privo della catte- dra che vi teneva : ma appena ripristinatasi tale instituzione mili- tare in iscuola esterna , vi fu egli chiamato a professare. E nella ri- ' forma fondamentale che ne fu fatta nel 1811 , erigendola in Iscuola Politecnica, sul piano stesso di quella fondata in Parigi , per con- siglio dell' illustre Monge , instituzione che presso noi , per alcun tempo, prosperò grandemente, egli fu promosso, insieme con me , al - posto distinto di esaminatore di giro ' , cosi detti per dover annual- jnente viaggiare pel regno, a fin di raccogliervi que' giovani che aspira- vano a divenire allievi nella suddetta scuola. Nell'esercizio del quale in- <;arico molti e grandi servigi rendemmo anche alla pubblica istru- zione civile del Regno, contemporaneamente , nella più decorosa maniera, riformata dal conte Zurlo, che teneva allora il ministero deir Interno. Imperocché costui, al ritorno che facevamo in Napoli, non mancava chiamarci , per sentir da noi una veridica relazione dello stato in cui avevamo trovati i collegi , per l' istruzione : e non jiochi difetti , inevitabili ad avvenire nel dar esecuzione ad un nuo- vo j)iano d' istruzione, furono a consiglio del Giannattasio e mio elimi- nati. Si vegga anche da ciò con quanto poco accorgimento fossero stati tali due posti aboliti, nell'ibrida riforma del 1823, e per opera prin- cipalmente de' professori stessi di quella scuola , i quali tolsero loro quèst' ultimo grado , al quale era ad essi dato pervenire nella ste- rile nostra carriera , e dove giunti valevano a sostenere il decoro ed ancora i dritti del corpo insegnante, che negli stabilimenti spe- ciali di simil fatta vengono sempre attaccali da quelli che ne so- stengono r anmiinistrazione e la disciplina. Né ciò dico per astratte considerazioni , sì bene per molti fatti ne' quali la rispettabile classe de' professori sarebbesi veduta grandemente- umiliata ^ e come dopo noi non è mancato avvenire. ' decr. dell' 3 nov. 1811. 316 Riformatasi nel 1813 la Scuola Militare di Marina , vi fummo- ancor noi destinati da esaminatori , senza emolumento alcuno, e vi prestammo non però attento e diligente servizio : e di nuovo rifor- mata tale scuola in miglior modo e più ampiamente nel 1817 vi Continuò pure il Giannattasio da esaminatore ^, incarico che tenni- iDo fino al conturbamento di essa, ed indi al defiaitivo scioglimento della commissione di esame, avvenuto in seguito delle funeste vicende del 1820. Ne'.r abolirsi la commission di esame delle Scuole Militari di Terra , contentossi il Giannattasio di accettare una cattedra di pro- fessore primario in esse , che tenne fino a che , non fidandosi pii esercitarla , per le altre occupazioui che aveva, e per l'età già avan- zata , ottenne da prima un sostituto ^, e finalmente gli fu concessa il ritiro alle condizioni fissate dalla legge '". Aveva ancor egli , nel ripristinarsi nel 1806 il Liceo del Sai» valore ,. eh' era stato sempre considerato come un' Università inter- na , ottenuta una cattedra di Matematiche , e 1' aveva esercitata , con gran profitto di quelli allievi fino al 1812, alla quale epoca, riformatasi con buoni auspicii 1' Università degli studi , né essen- dovi cattedra per lui ,. poiché quelle di tali scienze eran tutte già provvedute di ottimi professori , contentossi , pieno di moderazione Cora' era, del posto di aggiunto alla cattedra di Astronomia ", te- nendo il quale, essendo stato disposto, dal direttor generale di Pubblica Istruzione di.allora, che la parte riguardante 1' Astronomia elementare si spiegassedalprofessore.ocdinario, ed il Giannattasio vi dettasse la Mec- canica Celeste , il conte Zurlo , a rimuovere una tal divisione, ch« non era secondo le sue vedute nel riformare 1' Università , chiamò a se il Pergola , che da più tempo , per cagione del suo stato di ealute, non interveniva alle lezioni , e concertato con esso lui 1' oc- » flccr. dol 3 Ren. 1817. • in maggio 1829. '°decr. (lel3olt. 1835. ••dccr. del 20 febbr. 1812 » 317 corrente, nel modo più decoroso e liberale , concedevagli il ritiro da professore emerito, da gran tempo da costui desiderato, ed a di lui parere promoveva il Giannattasio a succedergli nella cattedra di Sintesi sublime, a che questo non piegossi, che per comando del Pergola stes- so '^. Ed in tale insegnamento egli ha durato (Ino al termine di sua vita, con vantaggio della gioventù che concorreva alle sue lezioni. La riputazione di ottimo e mor.ile professore fece chiamarlo ad occupare una cattedra vacante nella Real Paggeria '^, che tenne per breve tempo , lino all' abolizione di questa , conservando non però la metà del soldo che aveva insegnando. Sarebbe troppo lungo il narrare come il Giannattasio, in tutto il corso della lunga carriera di professore negli stabilimenti enumerati, venisse sempre adoperato e ne' nuovi progetti di riforme, che di tem- po in tempo , come n' è costume nel presente secolo , occorrevano, e nella scelta de' libri da servire alla instituzione della gioventù, ed in quella di altii professori , e negli esami continui che in quelli o in altri luoghi di simil natura tenevansi. Ma non debbo trala- sciare di almeno indicare , che nel fondarsi la Scuola di applicazione pel Corpo di Ponti e Strado , fu 1' un de' componenti la commissione per la scelta degli allievi, che promossi di là a poco, anche per esame, ad ingegneri di tal Corpo, lo ebbero non poco onorato, e l'hanno servi- to,e taluni ancor lo servono con intelligenza e probità : che nella riforma della nostra Istruzione Pubblica nel 1812 fu tra rpie'più distinti profes- sori, che costituirono un de' così detti giiiry di esame della Provincia di Napoli, adempiendone l'incarico non lieve con zelo e diligenza : che nella qualità di esaminatore della Scuola Politecnica fu uno de' principali membri del Consiglio di perfezionamento per essa, instituzione che sarebbe necessario ripristinare, non solo in detto luogo , ma ancora negli altri stabilimenti di simil fatta ; nel qual grado non mancò di rendere importanti servigi , oltre al venire di tempo in tempo '* Ciò avvenne in fine del 1812; ma preccclentcmrnfe il GiRanattasio aveva ricevuto ordine di supplirò le lezioni del Pergola, e vi aveva adempilo. " Real Rcscritlo del 30 magg. 1823. 4G 348 adoperato negli esamì^ di ufizìali di corpi facoltativi : che da esami- natore dell' Accademia di Marina fu tra' que' membri della commissio- ne destinali a visitare settimanilmente le Scuole, per prender conto del profìtto de' giovani, e dell' esattezza de' professori la adempiere il loro dovere. Finalmente che, per decreto Reale del 1835 , come professore dell' Università, fosse stato prescelto a membro perpetuo della commissione per 1' Albo de' periti giudiziari , incarico difficile ed importante, che ha tenuto fino al termine di sua vita. Furono le finora descritte tutte le occupazioni del nostro col- lega Giannattasio per l' insegnamento j e nel lungo periodo di que- sto non fu scarso il numero de' buoni allievi che produsse, taluni de' quali ancor essi insegnano attualmente con decoro e grandissimo suc- cesso.Ma questo stesso merito e riputazione il fece comprendere tra p'ù valorosi soggetti , che furono ad un tempo nominati a compiere il nrmero de' soci della nostra Accademia nel 1811 : né egli mancò a dimostrarsi degno del sublime posto ottenuto , con presentare al- l' Accademia un primo lavoro sulla quadratura dell' Iperbole , che vedesi nel voi. 1° degli Alti di questa j e poi una nuova elegantissima soluzione del problema IV. del primo de' due libri perduti di Apol- lonio Pergeo , intitolati de Inclinationihus, inserita nel II', voi. de* medesimi '^ : e divenuto l' anziano della classe delle Matematiche non tralasciò di adempier con esaltezza le funzioni di un tale incarico. Del pari che senza broglio ottenne il già detto posto accade- mico , eh' è il principale presso noi , cosi pure gli venne in seguito conferito l" altro di socio ordinario del Reale Instituto d! Incorag- gianiento " , non che l' ascrizione a parecchie Accademie nazionali '■• Questo problema vion d^ P,-ppo cosi enunciato : Rhombo du o, et un-) laten producio, ajtare sub aivjulo extcriori magniludiiie dalam rectam lineuin, quae ad oppositum angulum p.r- lingat. Ed esso, per lo considerazioni geometriche allo quali dà luogo , meritamente venne consideralo dagli ant'chi, e lo è stato e l'è da' moderni, sia che vi abbiano adoperato il me. todo di (lucili, 0 che siensi prcvaluti della moderna Analisi. E ben con ragione L'Uge 'o, i:lie ancor egli trattollo, il disse illustre. Ma alle tante soluzioni datene, il mio collega Sjngro ne ag^innsc una geometrica di suo conio, esibendola pel quadrato , che inviomrai al suo solito, come al segretario dell' Accademia per la classe matematica ; ed io , corredatola di una bre- ve introduziiine, a questa la presentava ; quando all' istante medesimo il Giannattasio ne diede quella elegantissima di cui si è qui sopra fatto paiola. '' noi 1839. Egli perù n'era già Jln dal 1811 locio onorario 3i9 ed estere , delle quali troppo nojoso sareLLe nominarle tutte, e meo conveniente tralasciarne alcuna . E veramente una leggerezza di taluni a' nostri tempi , il non credersi abbastanza onorati , se non possono empire almeno una pagina di titoli accademici , senza poter adempiere agli obblighi che portan seco questi titoli meritati a forza d'insistenze e di rigiri : del qual operare non si può ad- durre alcuna ragione di esempio illustre j poiché fino al passalo secolo nessun degli uomini distinti, ed ancor nostri antecessori, ebbe pur per ombra accennalo titoli accademici nelle dotte ed elaborate sue pub- blicazioni. Convienmi ora far anche parola di un' altra coltura del Gian- naltasio in un genere del tutto differente ed alieno da' suoi studi , cioè della squisita conoscenza in oggetti di Bolle-Arti. E veramente singolare, che, non avendo fatto mai esercizio alcuno nelle Ar'i del disegno, avesse egli potuto acquistate un gusto sì fino nel co- noscer gli oggetti specialmente di Pittura , da superare ancora molti esercitali ed ottimi professori di tale Arte . Conosceva egli di fatti ]a storia della Pittura estesamente , e molto aveva ancor* profittato di queir esperienza e colpo d' occhio da giudicare delle opere de' più distinti pittori , e delle loro scuole in un viaggio , che di unita al- l' illustre marchese Berio , ancor esso delicato conoscitore in Belle- Arti , fece a Roma , Firenze , Genova , Venezia ec. , visitan- dovi ripetutamente tutte le gallerie pubbliche e private , e con- versando co' primi artisti di quel tempo , tra' quali il celebre Ca- nova , di cui divenne amicissimo , non che con l' illustre abate Lanzi , che , come lui , senza esser professore in Pittura, n' ebbe tanta cognizione , da tesserne la più ragionata ed esatta storia cri- tica. Ed era pur singolare , che non fosse in Napoli Chiesa , non edifizio pubblico antico, non Monastero, non casa privata , che pos- sedesse quadri o altri oggetti di Belle-Arti , eh' egli non sapesse e non avesse veduti 5 e per tal conoscenza molte e molte cose prege- voli aveva egli acquistate, nelle sue lunghe pratiche di ben sessanl' an- ni . Che se il desiderio di vantaggiar sempre più la coadizione 350 (li sua famiglia, per avversila di fortuna nel commerciare , non lo avesse determinalo a privarsi continuamtmle di taluni oggetti di quelli che acquistava , non sarebbe stata casa in Napoli capace a tutti comprenderli ^ e questa sarebbe stata di spettacolo e di am- rnirazione , non solo a' suoi compatriotti , ma anche a' forestieri. ]Son ostante però tante alienazioni fatte , molto ancor di questi og- getti di Arte assai pregevoli rimane in potere de' suoi nipoti , alla cui educazione e fortuna egli aveva pur tutta la sua vita fati- cato. E dee notarsi in lui la singolarità, che a richiesta di qualche amico preslavasi assai liberalmente a cedergli ogni suo acquisto, spo- gliandosene talvolta con dispiacere , a quelle stesse ottime condizioni che lo aveva fatto. Sono le finora descritte le virtù acquisite del nostro socio , a forza di profondi studi e di lunga sperienza : ma altre non ordi- narie glien' erano state da Natura concesse , e dalla saggia educa- zione ricevuta confermate , le quali abbelliscono 1' uomo , e '1 ren- dono a quel grado di perfezione al quale dal Creatore fu desti- nato , che però non conviene tacerle. Sentiva egli l'amicizia e la com- passione al sommo grado j e basta in attestato della prima qualità indicata la maniera come si condusse col suo rispettabile maestro Fergola , dal momento ch'ebbe il bene di conoscerlo , non aven- do tralasciato , pel lungo intervallo di ben nove lustri , di visi- tarlo giornalmente almeno una volta , e di assisterlo in ogni sua oc- correnza , specialmente nell' ultima grave e lunga malattia , che il trasse al sepolcro , dopo due anni di patimenti e di dolori acerbis- simi. E tanta era la fiduca che aveva ispirata a quell' ottimo uomo , che il lasciò suo esecutore testamentario, con dargli facoltà di decider egli di quali delle tante opere da lui rimaste manoscritte si potessero pubblicare j sebbene poi nulla di ciò avesse potuto ese- guirsi , per r incapacità delle eredi, e gì' intrighi di coloro che le as- sistevano. Esempio di Carità più che Evangelica lo abbiamo poi sperimen- talo, sotto a' nostri occhi, all' occasione, che il fu nostro quanto rispet- 35 1 labile allrctlanlo Infelice socio CarmineLippi, trovandosi afflino da grave raalallia,che gli aveva fin tolto 1' uso della parola, e ridotto in tale stato di miseria, da dover vivere di una mensuale sovvenzione, che facevangli alcuni suoicoUeglii, il Giannattasio,aggiugnendo la sua parte, non tralasciò giorno che noi visitasse , per somministrargli il bisognevole sosten- tamento j il che non ebbe già luogo per una settimana , o per uà mese , sì bene per più di due anni : sicché quel resto di vita di- gradata del Lippi può ben dirsi essergli stata conservala dalle cure indefesse del Giannattasio. E convien notare, ch'egli non aveva avuta altra relazione con costui , che come collega nell' Accademia. Fu amorevolissimo verso la sua famiglia , alla quale non sola- mente cercò aggiiignere , come abbiam detto , molto con le sue fa- tiche, acquistandole alcuni fondi, e menando sempre vita assai parca e frugale : ma educò , diresse e sostenne nella loro carriera ben cin- que nipoti , e tre nipotine dotò, collocandole altre per divenir ma- dri di famiglia , altre, con miglior consiglio, addettesi a vita clau- strale. Così percorse il Giannattasio il non breve periodo di vita, dal 20 ottobre del 1759 al 6 dicembre del 1849 j ed ancor più oltre r avrebbe prolungalo , poiché in lui tuttavia vigor di forze fisiche osservavasi ,se da estrinseca cagione, per poca attenzione e cura de' suoi parenti non ne fosse stato troncato il corso. Era egli, nel bello e tem- perato ottobre del testé passato anno , andato in Solofra , come al suo solito, e di tutti que' naturali, che hanno per questa loro patria un particolare attaccamento, da non potersene ristare dal visitarla di tempo in tempo, e sembrava avervi guadagnato nel ristorar le sue forze j quando ad un tratto passatosi nel novembre dal più bello autunno al rigidissimo inverno , del quale non v' ha alcuno della nostra età che altro pari ricordi, e che doveva maggiormente risentirsi in nn paese situato in una conca di monti , in taluni de' quali la neve non si liquefa ne' maggiori calori estivi j quantunque si fosse ado- perata ogni cura in preservarlo , si vide ad un tratto attaccato da Tina pulinonla , che in breve il tolse di mezzo a noi , ed alla scienza che con tanto zelo e successo aveva coltivata. E se 352 lice inlerpetrare i profondi pensieri di nomo che muore , egli ebbe la consolazione sola , sempre da lui desiderata, di morire Ira' suoi, e venir sepolto ove ebbe la cuna. E superfluo dire eh' egli fosse confortato , negli ultimi mo- menti, da lutti gli ajuti che appresta la nostra Sacrosanta Religio- ne ; poiché gli atti di questa spessissimo esercitava j e perchè fa sempre ottimo Ecclesiastico ed esemplare, ed a vita Cristiana si ad'^- però educare tutta la sua famìglia. Che se ancor si permetta instituir parallelo de' moderni uomini- con gli antichi , per virtù morali, e per altre condizioni di vita , in cui essi assoraigliaronsi , troverà il nostro Giannattasio un esem- plare in Isocrate , nel quale gli ateniesi rispettarono grandemente r aver insegnato fino agli ultimi momenti di sua vita quasi seco- lare , una modestia rara, e 1' essersi tenuto sempre lontano da pub- blici affari e da partiti. E se tali virtà bastarono a far ergere a s) grand' uomo , da' suoi concittadini , una colonna ed una statua j che almen noi conservassimo , pel nostro professore e collega , la me- moria viva di sue virtù, e de' servigi resi al pubblico, per quel lempo' che starà questa nostra periodica adunanza. 353 APPENDICE AL BENDICONTO DELLE ADUN/INZE £ DE' LAVORI DELL' ACCADEMIA REALE DELLE SCIENZE. I fenomeni del flusso e riflusso sotto la influenza della rotazione di V. Streflleur, i.r. capitano e professore j arrecati nel 5 dicem- bre 1816 , ed al l gennajo 1847 nelle riunioni degli amici dello scienze naturali in Vienna, Pria di calcolare è d' uopo essere in chiaro de- gli clemcDti da mettersi a calcolo. INTRODUZIONE, §. 1. Lo recentissime astronomiche scoperte han ripetutamente confermato in qualo alto grado di sviluppamonto rattrovisi la scienza degli astri. Assai indietreggiata per lo con- trario n' è rimasa la conoscenza delle condizioni fìsiche di nostra terra. Di già gli anti- chi Cinesi , gì' Indiani , gli Egiziani , i Caldei etc. avean fatto importanti osservazioni astro- nomiche ; ed in sin dalla epoca della scuola di Alessandria una ben fondata matematici rende possibili le predizioni del calcolo, Son già molti anni che le determinazioni degli eclissi solari si accordano con la realtà nel secondo , mentre che sulla terra nissuao co- nosce ancora qual sarà Io stato atmosferico della dimane; le orbite de' pianeti son deterir'- nate con la massima precisione, nel mentre che solo in quanto fa bisogno son noti i corsi della marine correnti e de' fiumi ; abbiam noi della luna le più circostanziale carte , mentre io sulla terra non ci si presentano che due emisferi , de' quali pur non conosciamo ancora il ri- lievo , e cosi di seguito. Siffatto ineguale sviluppamento della conoscenza fisica del cielo e della terra ha imper- lante la sua ben fondata cagione. Nel ciclo si presenta da secoli tutto misurabile innanzi agli occhi nostri. All' uomo , collocato in distanza considerevole , è possibile una rassegna dello universo. Di di in di agsirasi lo sterminato mondo sidereo con costante regolarità agli og- chi suoi; ed osservazioni quotidiane lo condussero a poco a poco alla cognizione della meccanica de' cieli poggiata sui più semplici cardini, I risultamenti dcducoosi dal grande — dallo im- mensurabile. Sulla terra, per lo contrario, son le relazioni invertito , quindi ancora più diiTìcili. Il cer- chio visibile dell'osservatore è costantemente assai limitalo , e devesi la cofloc'.enza de' feno- meni generali alle insicm accozzate osservazioni delle particolarità. Non ò possibile di otte- nere una ri(iroiluzione in misura naturale ; ma sibbeno , e soltanto mercè di penose ap- prossunazioni , disegni e simili. Di quanto non avemmo a penare solo per la conoscenza della forma delle [larti terrestri. Lo interno dell' Africa , la nuova Olanda de. ci è ancora intera- 350 mento ignoto. I processi Dell' atmosfera , la difTiision del cabro , il magnetismo terrestre ed altri simili ; son dessi oggetti tutti, sui qii;)H noi al presente raccogliamo osservazioni , onde una volta , dietro il loro riepilogo, recarli alla veduta di assieme. Quello una volta però si lascia indietro una sin;;oIarità d'ucmo , ed ò quindi naturai cosa , che, non addicendosi all' uom pensante il far da macchina a raccorrò por lo generazioni future, voglia pur questi tentare di trar conseguenze ancora dalle manchevoli osservazioni. Ju tal guisa formansi ipotesi , le quali possono solamente ritrovar la confermazion loro mediante lo successive osservazioni. Da ciò derivasi ancora la necessità, che pure nello soluzioni che sonosi mantenute in creilito da secoli, dohliasi di hel nuovo applicar la pietra paragone ; qualora Perù sìeno stati raccolti sul fiMiomono in quistiono nuovi fatti , non ancora co- nosciuti nello stabilimento della ipotetica spiegazione. Solo per siffatta guisa è da tenersi in mira lo egual progredire della speculativa con la osservatrice scienza naturale. la questo senso sarebbe ora pur da investigarsi se la teorica di Newton del flusso e riflusso si accordi con le osservazioni fatte in tempi recentissimi. Al tempo di Ncwloa era di eia oa lunga pezza avvisato, che il flusso quotidianamente ritornava con la Luna , che desso mensilmente diveniva massimo col novilunio e plenilunio , e cli3 desso annualmente ancora cresceva quando la terra passava il perielio. La dipendenza di questi fenomeni dall' andamento e dalla cooperazione del sole e della luna veniva con ciò recata alla evi- denza. Newton quindi ne conchiudeva , che i fenomeni del flusso o riflusso unicamente e solo dall' attrazion della luna e del sole venissero prodotti , ed invero di accordo alla leggo della uuiversale gravitazione. La operosa e di antica data celebre Accademia dello scienze parigina , si ^oUe pro- curare sn questa materia la certezza , e propose di già infin dal 1738 un premio ragguar- devole alla F'ù completa esposizione e dichiaraniento de' fenotueni del flusso e riflusso. I tre matematici celeberrimi di quella epoca Daniele Bernoulli da Basilea , Mac-Laurin d' E- dimburgo , e Leonardo Eulero da Pietroburgo tentarono la soluzione di siflatto problema ; a dopoché vi ebbero essi lavoralo indipendentemente l' un dall' altro , confermarono lutti tro , che i priocipii del Newton fossero i soli esatti. Eccetto che nelle insignificanti deviazioni de' par- ticolari trovaronsi i lavori proprii eseguiti a Basilea , Edimburgo e Pietroburgo in perfetta uniformità , di sorte che f accademia venne alla delerminaiiono di fare pervenire a tutti o tra il proposto premio. Anche una più brillante conferma ottenne la teorica del Newton verso la flne del 18." secolo mercè le calcolazioni dell'illustro astronomo Laplace. Aveva propriamente il francese governo sin dal cominciameuto di questo secolo ( dall' anno 1711 al 171G ) fatto instituire una serie di os- servazioni nel porto di Brest , ove il flusso avviene con grande regolarità , delle quali osserva- zioni si avvalso il Laplace ne' calcoli suoi ; da ciò quindi si si«si|!l insino alla nuova Scozia , e dallo streltu di (ìiMllerra in?int> al ca[io Nord, ui ima non discont nuati cinialcnazione. Il chiarissimo professor Wli well , coi» l'aiuto di più mali'matici , riunì tutti cotesti dali, riilotti in tempo di Greenwicli, in Wìà mappa generale; e cosi g'i vmne fatto ( tenuto pur conto dello di già note dapprima nelle altre contra- de terrestri eseguile osservazioni ) di esporre graficamente al naturalista come un sol tutto , lo andamento del (lusso sulla massima parlo del globo terrestre. Lubbock lia intrapreso lavori del pan cominpnde\o:i. Noi dunque conosciamo solo da dieci anni i L'nomeni del flusso e riflusso in tutta la loro es'ensioiic , vai dire seeo.i lo le tro Si-ric di osservazioni : 1.° altezza del llusso, 2.° tempo dui flusso , e 3." dill'usiiiiie di esso. Siccome ora la teorici del NeWon egualmente che lo computazioni del Laplace cadono in un tempo, nel quale non era ancora conosciuta la terza serie di osservazioni , si presentò la itnportaiiiissinia qui-.tione : se la teorica dell'attrazione applicata al flusso e riflusso stia pur di accordo Cun le recentissime osservazioni sullo scompartimento geografico del llu-so. Una non coinci lenza visiMle a col|)o di occhio ricliianiò diverse polemiche. I nuovi dut- lij e cliiariiiienli non valevano pertanlo a rendere dubbiosi gli astronomi. Dessi tennero ancora fcrmamenle alla coincidenza de' computi di Laplace con le osservazioni effettive nel porto di Brest, ed attribuirono le anormalità nell'andamento delle ondo di flusso senz'altro a cario della irregolar configurazione della superficie terrestre , non dandosi ncppur la pena di proce- dere per tal via in ulteriori indagini. Coloro che in ispecio già si occuparono della fisica del globo , al contrario , procurarono di render valida qualcosa, a tenor della quale, l'andamento dello onde di flusso per veruna guisa acconlar si dovesse alla diretta attrazione della luna e del s ile ; ma però completamente fallirono nel tentativo loro; di rinvenire , cio6, qiialsivogliano altre forze naturali , secondo le di cui azioni si ragguagliassero le osservazioni a Brest. Le ricerche ora da me f itlo , mi danno a credere , che nella teorica del flusso e del riflusso si tenga ben poco conto della forza centrifuga sul mare ; e ciò appunto vò indagare in quel eho siegue , presentandone le dimostrazioni. Aveva di già (jalilei spiegalo il flusso e riflusso me- diante la cooperazione delle forze centrifughe nella rotazione diurna e del movimento progressivo della terra. Siccome però, giusta silTatta dichiarazione, si ottenevano solo periodi da i2 ore, ed in vcrun modo la coinciilenza de' tempi del flusso con 1' andamento della luna , cosi i più recenti na- turalisti Irovaronsi obbligati di abbandonar cotesta teoria, ricorrendo a quella dell'attrazione. Lo mie investigazioni però mirano alla conseguenza, che lo forze ciMitrifughc non solo producano un ritardo quotidiano del flusso , ma sibbenc esercitino sul livello del maro azioni nello seltimanili , di mezzo mese o di mezzo anno periodiche ricorrenze , esattamente di accordo con f andamento della luna. 47* 356 SEZIONE PR [MA. ■ -, j4;ioni delle forse ccntrifurjhe sui fenomeni del flusso e riflusso in generale. I. La inondazione prodolla dalla forza centrifuga nella rotazione del mare. §. 2. La terra gira quotidianamente intorno al proprio asse. In seguito di questo movi- mento il mare acquista una ligura sferoidica, nel mentre che sollevato dalla forza centrifuga, mas- simamente nella linea più alta della oscillazior.e sb ( lig, 1 ), cioè a dire alIVcpiatore, ne \ione al- lontanato al massimo dal centro ( verso m od n ). Siccome la linea dell' equilore rimane costan- temente inilterala , cosi del pari giammai si alte.-a neanche la posizione di questa inondazione della marina rotazione , e gli abiialori della coste , i quali rattrovansi all' altezza di siffatta inon- dazione niente ne percepiscono, stante che dessa, per la unifor.Tiili della velocità di rotazione, non soggiace a verun canuiainenlo. L'azione della forza centrifuga è in questo easo un innegab le fallo, poiché medi.into Io mi- sure do' gradi ed altre determinazioni astronomiche vien dijnostrala con sicurezza la fi^jura sferoidica della superficie de' mari. 11. Il flusso lunare causalo dalla forza centrifuga. §. 3. La terra ha un movimento ellittico intorno al connin centro di gravità suo e della luna. Dividasi il oio barbaro tentar la coltivazione dell 'egilopo o del gioglio t (1) Vedi il mio articolo sulla distribuzione geografica delle pianto alimentario nella Biblio- thèquo Univcrselle apr. 1836. (2) Lamark , Dict. encyc). pari. bot. t. II. p. 560. (3) Voyage dans l'empire Olhomali t. III. p. 460. (i) Recherches sur 1' histoirc ancienne, l'origine et la patrie des céréalcs , notammcnt dii Me e de l'orge; negli Ann. se. nat. t. IX. , p. CI. 'o) Link , dio Urwelt ucd dts Alterthume errdulert durch die Naturkunde , ed. 2. Ber- lin 183V p. 40T. (0) Considérations sur les cc^éales , 1 voi. 8." Paris 1843 , p. 22. 366 Gli scioiiziali possono bensì aver curiosità di ciò faro , m» i popoli primitivi non l' àn giam- mai avuta : anzi ò pur troppo voler concederò , che essi abbiano saggiato il grana , e col- tivato dopo clic abbiano scoverla la sua nutritiva facoltà. Altre fortissiirw ragioni mi aveano fatto dire che i cercali non sian derivati da forme dilTerenli dai loro [t) , come si può cre- dere di certi alberi da frutto. In tulle le opere che ho citato non si paria della segata , fuor che il dire la sua patria essere veramente ignota, e , per analogia , potersi ammettere probabilmente l'Asia occiden- tale. » La segala tiensi come originarla del Levante » dico il signor Deslongchamps noi Pictionoaire dos scicnces naturelics ('2). Secondo il signor Kunth (3) proviene dallo- regioni presso il Caucaso e il Mar Caspio , ma egli non reca alcuna pruova di ciò. Tutto questo ò vago non meno che 1' asserzione di colali altri autori antichi e moJerni riguardante I' isola di Creta. La segala che Marshall di Biebersteia avea trovata ne) Caucaso , e che credeva \n. »egala comune , è riconosciuto oggi mai appartenere alla Secale fragile , dV è specie diversa. Ed ecco ora un viaggiatore, il sig. C. Koch ((>) che ha percorsa l'.XiValolia , l'Armenia, il Caucaso e la Crimea , il quale afferma aver trovala la s<;^ala in comiizioni da parerà spontanea ed originaria. No traduco le sue parole : » Sullo montagne de Pont , Inon lungi » molto dal villaggio di Dshimil , nel paese di Hemschin , sul granito , a Soft mila » piedi di elevazione , ho trovato lungo il cammina ( anno Randem ) la nostra segala co- » mune. Le sue spighe erano sottili lunghe lai pollici e mezzo, Niuni mai si ricordava » che vi fosse stata in alcun tempo coltivata in quelle circostanze ; anzi non si conoscea » come cereale. E lo simili spighe , gracili e corte bo ricevuto dal sig. Tirko- a Brussa.El » le avea raccolte , se non m' inganno , nell' Olimpo o nelle sue vicinanze. Io per me botro- » vate raramente delle coltivazioni di segala ; per esempio. Del paese di Kur, di Artahanec. » La quistione sembra decisa dai ragguagli che dà fl sig. Koch ed è appunta io modo ri- spondente a ciò che la storia e la geograOa offrivano di più. probabile (*). { G. A. P. ) Me tt oralo gì a. — Non ostante le tante descrizfoni di meteoriti fatte da lungo tempo, considerando come questi strani corpi, sia por la loro origine celeste, sia per la sjìcciale com- posizione chimica, ritraggono tutto l'interesse dc'fisici, ci siamo determinati di pubblicare que- sta breve notizia sopra due mostro di aeroliti ed una massa di ferro meteorico , trovate uoa a molto nella parto occidentale dell' India. A e ro li t 0 Dharw ar — Questo aerolite cadde il 15 febbraio 1818, verso un' ora di sera, in un campo al sud di Neglour, villaggio posto a poche miglia dalla Wurdae dal Tum- budra, appartenente alla divisione di Goutal, del collettorato di Dharwar. La caduta di questo corpo è certificata da molti testimoni autentici ; ed i frammenti ciie risultano dalia sua rottu- ra, riuniti assieme possono formare un tutto di forma ovoide , di circa 15 pollici di perime- tro nella maggioro. dimensione , ed 11 nella minore; il peso arriva a k libre. Uno de' suo» poli era leggiermcnlo schiacciato , come se avesse toccato un corpo duro allorché tuttavia (I) Bibl. Univ. avrii 1836, (2; Tomo XI .Vili, p. 310. |3) Enumeratio plani, t. I. p. 449. (i) Linnaea , t, XXI , p. 427 , an. 1848. 367 era nello slato di irolleiza. Tutta la sua superficie era ricovcrta da uno strato grj5»> mi ìV di pollice, ili ii|)|Mri'iiza vetrosa. Noli' iiilorno ciuesto aerolitu simigliava ad un gres blando grigio o friabile, in mezzo del quale si vedevano sparsi ipia (i là minuzzoli picciolissiiiii com; lesto di sp. Ile, lu- cidi e metallici. La massa dui detto corpo si stritolava facilmenlu tra lo dita, o quaido era polverata io poteva cslrarne tu particelle metalliche per mezzo della calamita. Il suo peso SfociCto era di 3, 512. L" acido cloridrico e l acido azotico lo attaccavano potoulemeute , di- sciogliendo le parlieello mctalliclie, e Sjirigionjndo del gai idrogene solforalo. L' aniilisi di questo corpo fu da me fatta metteodoiie un pezzetto a digerire a caldo Dell' ac- qua regia ; onde i silicati terrosi, come insolubili, si sono depositati. Ho precipitalo il fert> allo stato di perossido con un eccesso di ammoniaca ; ho svaporato a secchezza e calcii^at.> per discacciate l'ammoniaca, e quindi ho discioito il residuo nell'acido azotico, e precipitalo il nichelio io forma di ossido per mezzo della potassa, lo quest'analisi qualitativa nou h> risconiralo nò cobalto, iiò cromo. Uopo l'azione dell'acqua regia ho veduto galte^jgiar) sul li(|uido certe particelle di zolfo, di cui però la maggior parto s" era sprigionata in foruui d idrogeiie solforato. La composizione quantitativa del sud letto aerolito è questa : Silicati terrosi 58, 3 Zulfo 2. 5 Nichelio C, 76 Ferro 22, 18 so,r* Aerolili di 3fg he i — C aunta. Caddero il di 30 novembre I8V2 , a 4 ore di sera, presw il villaggio di .Mor Monree, nel Myliee — Caunta , al noni-est della città di AlimedalKid, in presenza di paesani che seminavano il loro campo ed i quali li raccolsero^ Quando caddero, uno de' loro più grossi pezzi, che aveva un forte odore di polvere da sparo, fu rotto In frantumi da que' paesani come oggetto di curiosità. Il pezzetto che no fu inviato alla Società di geografia di Kombjy somigliava totalmente all' aerolite di Dhar- war, ed il suo peso specilico era di 3. 300. La particella cho me ne dettero era cosi piccola che non potetti farne l' analisi quantitativa ; ma solamente mi fu dato di assicu- rarmi che, come l' aerolito di Dharwar, contenera silicati terrosi, zolfo, ferro, e nichelio. Ferro meteo ri eo di Singhur, pretso Po un a, nel Deccan. Nel liJ'i-T alcuni operai occupati a restaurare ta rampa del forte di Singhur, posto sopra montagna basaltica , che si erge a 2000 piedi sul terreno circostante , ed a 4500 sul livello del mare, trovarono una massa atTalto insolita a vedersi in quelle terre ; la quale, per le cure del Signor Ueynolds, fu inviata alla Società di geografia di Bombay. La detta massa ha la forma di prisma irregolare a tre facce , ed è conica nello sue basi. È lunja 12 ',', pollici , e nella parte più rigonfiata lo suo facce hanno da 5 a 5 ■/, iwllici di larghezza. Pesa 31 libbre e '* once. 11 peso specifico di differeLti frammenti staccati .dalla massa varia tra 4.720 a 4.900. Tutta la sua superficie ha un color ferrigno con certi punti disseminati, brillanti, e di aspetto simile a quello del ferro malleabile. Una delle sopraddi'tte facce è in sommo grado vescicolosa, come se un gaz fosso scappato fuo- ra nel mentre la materia che forma la detta massa dallo slato di fusione passava allo stalo solido ; un'altra faccia aveva meno vescichette ; e la terza era piana e di aspetto metallico, come se fosse stata battuta col martello , o fosse caduta quando accora era molle- sopra di un corpo a superficie piani e dura. Avendo pertugiato la detta massa per cavar- 48** 368 re i saggi acconci all'analisi chimica, \idi cho aveva dentro grandi caverne con superCcio irregolare, e di coloro scuro, e quasi nero ; e di tal colora ora puro la polvere prove- niente dalla foratura di detta massa. Staccato un frammento da un capo della stessa massa , trovai che questa era dentro tutta dis- seminala di piccoli corpi , presso a poco come un pisello , di aspetto terroso , e di coloro che inclinava al giallo. La massa medesima era cosi dura che non se ne poteva staccare scheggia col martello , e fu mestieri a far ciò di riscaldarla prima al fuoco. Essa è mallea- bile , attira potentemente la calamita , ma non ha poli magnetici , come altre siffatte masso di ferro meteorico già descritte. L' analisi de' minuzzoli ottenuti dalla mentovata massa fo- randola fino alla profondità di tre pollici mi ha dato : Silicati terrosi 19. 5 Ferro 69. 16 Nichelio 4. 2i 92. 93 La perfetta somiglianza che questo ferro ha collo altre mostre conosciute di ferro me- teorico , tanto per le qualità fisiche , che per le proprietà chimiche , non lascia nessua dubbio sulla sua natura. La sua superfìcie vescicolare dimostra un grado di fusione a cui è impossibile pervenire coi fornelli del paese nel quale fu trovata la sopraddetta massa , specialmente trattandosi di ferro cosi duro e malleabile. Oltre a ciò dal trovarvisi com- misto il nichelio in ragione del 5 per 100 , apparisce manifestamente la sua origine me- teorica. Pari al ferro meteorico di Siberia , descritto da Pallas , esso divien fragile quando si riscalda fortemente , non piìi si distende sotto i colpi del martello , e si frantuma in minuzzoli granulati. In questo caso , non altrimenti cho il ferro meteorico del Brasilo , de- scritto nelle Transazioni ClosoOche , dà molte scintille quando si percuote coli' acciarino. H. GiRAUD , professore di chimica a Bombay. ( Dall' Edinburgh new philos, journ. aprilo 1849 p. 53. ) Meteorologia — Il signor Pearson lesse all' .accademia delle scienze di Francia , nella tornata del 10 settembre 18i9 , una nota intorno alla varia quantità di pioggia che cade a diflerenti altezze. Egli ha osservato per lo spazio di quattro anni , cioè dal 184.6 al 1849 , la quantità didla pioggia caduta a Bcsancon ed al forte di ISregillo , tra i quali luoghi passa la dislanz.i di 13G0 metri , ed una differenza di altezza di 19i metri. Da UDO specchietto che racchiude i numeri ottenuti per le suddotte osservazioni risulta che dal primo gennaio 184G al primo settembre 1849 , durante i mesi più caldi , cioè giugno , lu- glio , ed agosto , sono caduti a Besancon 119 centimetri di pioggia nella stazione inferio- re , ed 84 nella stazione superiore. La differenza è 35 , cioè 29 centesimi della quantità di pioggia caduta nel punto più basso , preso sempre per termine di paragone. Se si ri- guardano gli altri novo mesi dell' anno si trova che la detta differenza è quasi doppia della precedente ; dapoichè invece di 29 centesimi , se ne hanno 53. A Parigi accade lo stesso andamento nella pioggia , collo stesso periodo. La pioggia raccolta nel cortile dell'osservatorio sopravvanza quella raccolta sulla terrazzi del 7 per 100 nel tempo della state, e del 13 per cento in tutto il resto dell'anno; ondo il rapporto tra 1' una e 1" altra dapprima ò semplice , e poscia si fa quasi doppio , ooaia appunto suc- cede a Besancon. 369 Per non andare in lungo Y autore ha raccolto in uno le csservarioni de' quattro anni summenlovati. Noniliineno ù da diro che il risultalo appare Io stesso per ciascun' anno preso (icparatatiiuntu , qarato condizioni più favorevoli alla vita e multiplicazione delle conchiglie della creta. ])ar\vin ha proseguilo i terreni cretacei fino all'estrema punta del continente , e si è avvisa- lo die le conchiglie della creta sono in gran copia sulla vetta del monte Taro, a 2000 piedi di al- l''zz.i, ed a Porto Famina nello stretto di .Magellano, cioè al SS'', grado di latitulioe meridionale, e p.T conseguenza tre gradi più su che nel Mis.-uri. Il trovarsi in detta creta 1' Ancylocerat sxmpitx 374 d' Orb. e 1' Uamiles dalior Sow, non lasciano vcrun dubbio sulla sua natura. L' Amilo è aurosF, couio dice Ed. Forbcs, una delle più grandi coiicliit;lie dio mai si fossero vedute, avendo il mag- gior diametro di 2 '/, polici. La sopraddetta scoverta di Darwin dimostra prol)abilmlia ò di 26 gradi , essendo facilmente attaccato da vario molattio , e uegr.atamcnle dall' enteromoningilo. Il Lama abbonda poo nell'Equatore , dovo gli Spagnuiili , noi tempo delli conquista , gli han fatto una guerra di sterminio. La sua patria è principalmente il Perù e la Bolivia. Non si accomoda egualmente in lutto lo regioni delle Ando cfio hanno lo stesso clima. Or fa cinquantanni cercarono d' introdurlo e farlo moltiplicare nelle vici- nanze di l'opayan sema effetto soddisfaconlo. Oggidì si tenta nuovamente di propagarne la specie nella Nuova Granata , e paro cho agli sforzi dogi' intraprenditori dovesse toccare un favorevole Successo. « II lama ed il cane ( Runa-.\llcu , Rouna-Aschcou ) sono i soli animali domcsticijche i con- quistatori trovarono presso gì" Indiani dell' Equatore ; dapoichè bisogna toner poco conto dei Pa- cai , i Guanacoi , le Vigogne, n gli Alpaca , i quali attualmente quasi più non si rattrovano. Il lama vive selvaggio nei luoghi disabitati , sullo alte velie dello Ando , ed ancora sul Chimborazo , dove si caccia come si fa il cervo. « FI colore ordinario della sua pelle è castagno ; ma vi ha lami neri , di color mischio , e I af- fatto bianchi. La sua lana è quasi liscia , e non (lià lunga di un decimotro , trovan lo-=i nei fianchi o sotto il venire quella di maggior lunghezza. Si dico che la medesima sia di buona qualità ; ma in confronto della lana di montone non vale granfatto , essendo più grossa e meno soffice. Ila molto lustro quando il lama è ben governato , e mangia cibi convenienti. Vi si trova fram nischiato | una sorla di seta o crino di cui bisogna mondarla; dopo di che può essere adoperata agli stessi usi della lana comune. È anche più di questa consistente ; e so ne fanno schiavine ( ponckot ) quasi imper. mealili alla pioggia. Per Ciarla più agevolmente gì' Indiani del Lican ( presso Riobamba ) che aPe. ^ano molti lami , usano mescolarla colla lana di montone eh' è più grassa. Gì' Imliani , non raffi - nati neir arto , ne tessono diversi panni grossolani ; ma specialmente ne fanno uso per imbottire le selle , stante la sua elasticità. Talvolta ne lavorano calze di un filo molto sottile e lustro , delle quali si servono lo donne eleganti di campagna. La lana del lama giovino ò crespa e lucidissima ; onde insieme colla pelle no fanno acconciature pel capo , berretti , rivolte , e collari di mantelli. La tosatura de' lami si fa una volta l' anno : ognuno de' più belli lami dà 1. G chil. di lana ; gli a- nimali giovani che si tosano la prima volta no danno 0 , 8 chil. per ciascuno. Quindi , il lama co- mune DOD adoperato alla soma fornisco oec termine medio 1. 3 eh. di lana. 19 ** 376 a La pelle del lama si concia molto facilmcnto perchò contiene gran quantità di gelatina. Con essa 61 riciioprono le sello ; e no fanno ancora una spccio di braciio ( zamurros ) r.lie usano caval- cando in Icnijio di pioggia. Il collo allungalo e rotondo della suddetta pollo assai morbido si adatta per trombe di stivali senza costura. Tranne questo caso il cuoio dol lama poco si adopera nella calzoleria. « La carne di lama è buona a mangiare , di un coloro che dà al roseo , ricca di albumina , a fibre mollo sottili, e muscoli poco rilevati. Quella de' lami piccoli che non passano un anno è co- piosissima di albumina. La qualità , il sapore , e la virtù nutritiva sono in questa carne quasi allo itcsso grado che nella cariiO di montone. E più che mai succosa quanlo il lama ò stato ben gover- nato e ben pasciuto. GÌ' indiani soli la mangiano ; quelli della provincia del Chimborazo no fanno gran conio , e la riserbano po' di dello feste. Le parti preferite sono il fegato ed il cuore ; il quale specialnicnleò un lacchezzo assai ghiotto. I conquistatori spagniioli facevano ucciderò i lama uni" camente per ricavarne il fegato od il cuore ; ed è appunto per questa ragione che silTatto animale , la cui riproduzione è pure cosi dillicile , sia quasi scomparso da quelle contrade , e non già perchà (iasi trovato più vantaggioso di sostituirgli il montone. a 11 peso dei più grossi lami viventi è di Oi chilog. ; il peso medio è di 80 chilog. o Un lama ordinario mangia (5 , 5 eh. di medica verde al giorno , in mancanza però di ogni al- tro cibo ; dapoicliò ti nutre di ogni sorta di graminaceo , tra le quali preferisco le foglio di for- mentone, l'ortano a pascolare i lami nelle alle praterie insieme coi cavalli , i buoi , o montoni. In quei paesi non conoscono 1' uso del fieno secco , stanto che tutto 1' anno gli animali si cibano di erbe tresche. Si stima di C a 7 eh. la quantità di graminacea verdi che il lama, consuma in un giorno. a La maggior soma cho il lama può portare sul dorso è di 35 eh. ; ma per 1" ordinario non gli si caricano più di i9 eh. La soma si mette sopra un piccolo basto per evitare le fe- rite della pelle , o segnatamente per preservare la lana , la quale diversamente si aggomito- la , si annoda , o guasta. Quando si vuol caricare , 1' animale si corica in terra ; e se il peso gli si sovrappone sembragli troppo grave , esso piega lo orecchie in dietro , e sputacchia a^l- dosso ai vetturali ogni volta che vieno stimolato. Gl'indiani erodono cho questa scialiva prò duca delle maialilo cutanee ; ma ciò non ò punto dinioslrato. Quando il lama è stanco della soma , si gitfa in terra ; nò la frusta o i gridi o qualunque sforzo valgono a farlo rilevaru m piedi. Sdiizza Bcialiva , manda orribili belati , talché gì' indiani sono costretti di trasferirò la soma sulle loro spalle. Qualche volta lo ammazzano per servirsi della carne o della lana. Col carico ordinario , il lama può percorrere 25 chilometri al giorno. Non può camminare oltro a sei giorni di seguilo senza prenderò prima qualche riposo. Lo menano talvolta da Iliobamba a l'.ab..ho\o ( presso. Guayaquil ) , eh' ò un viaggio di 150 chilom., ch'esso fa nello spazio di sci a scile gioì ni. Senza soma può viaggiare assai lungamente. a L' andatura del lama può esser doppia , o di passo , o di galoppo ; esso non trot- ta mai. a 11 detto animalo si addomestica coli' uomo più cho non faccia il montone. Un fanciullo può menarne a pascolo una numerosa gregge senza nessun pericolo ; poiché i lami gli obbe- discono con docilità ; la qual cosa non fanno sempre gli altri animali laniferi. Non ò mai che i lumi si azziillaiio tra loro ; ma al contrario viv( no in società , e sono mollo curiosi di ciò che accade intorno a loro. Se ad uno di essi prendo voglia di andare da uk« banda, tulli gli ùltiì gli tcngeno dietro. Il lama ò poro animale timidissimo ; anche il più [liccolo cagnolino [jIì fa drizzare le orecchie e lo caccia in fuga. Nondimeno quando 1' ultacco divìen serio . fa testa ai nemico e si difende , ìmpenDanJosi , e gittandosi poscia con lutto il peso del 377 corpo Bill suo avvenario cho ricopre della schiuma dio gli esco di bocca . Noli' atto del- l' accoppiami'Dto la femmina si sdraia por terra , od ha molto a soffrire por parlo do' ma- echi , i quali la pestano sui piedi , si azzulTano , e fanno un orribile strepito per assica- rarscno il possesso. Bisogna olio 1' uomo accorra a separarli , e dipiù presti il suo a- iuto al maschio divenuto padrone del campo di bat(a;;lia , senza di cho 1' opera di que- Bto non si polrelibo compiere ; al quale inconvonientu si attribuisco il difetto di propaga- aiono della suddetta specie nell'Equatore. All'età di duo anni la femmina è abilo alla ge- nerazione. La sua gravidanza dura dieci mesi , e dà in luce un sol Cglio ad un parto >' molto di raro accado che no dia due. La madre cura il suo piccolo nato alla stessa ma- niera che fa la capra. A capo di quindici giorni il suddetto figlio comincia a pascolarsi di erbe. l'uco appresso la figliatura la lama va di (nuovo in caldo ; ma d' ordinario con figlia cho una volta 1' anno. « Il prezzo di un lama ordinario all'Equatore è di 10 a 12 fr. ( Dagli Archivi di scienze fisiche e naturali di Ginevra , ottobre 18ì9. } Fisiologia — Noli' associazione britannica per 1' avanzamento dello sciente , riunita nel 18i9 a lìirmingham ; sezione di storia naturale e fisiologia , fu letta dal Dottor Priog una sua scrittura sulla Noctiluca miliaris da lui rigu.^rdata come cagiono della fosforescenza del maro sulle coste d'Inghilterra , o sui fenomeni della fosforescenza vitale. Nella quale scrittura dopo aver riferito diverse osservazioni fatte da altri dotti sulla fosforescenza degli animali , viene ai particolari delle sue proprie esperienze praticate a Weston-sur-Mer sopra un piccolo animaletto vescicolare del diametro di non più cho un millesimo di pollice, ed il quale apparisce lucidissimo. L' Autore credo eh' tsso sia la Nocliluca miliarii. Talvolta si rattrova in tanta moltitudine , e spande una luce cosi vivida , cho il mire rassembra di fuoco. Dopo aver descritta la struttura di questo animalelto , 1' autore si fa a descrirere le gperienzc da lui fatte sulla luce cho ne proviene. Da tali esperienze risulta che il gal- vanismo accresce lo splendore della delta luce , e l'accrescono altresì 1' ossigeno e l' acido carbonico , ma quest' ultimo fa morire prontamente 1° animaletto. L' idrogeno solforato spegna tosto la stessa luce; e poco o nessun effetto vi fanno su l' azoto , l'ossido d'azoto , e l' i- drogcno. Gli acidi minerali potenti la ravvivano per un momento , ma dipoi sollecitamente la spengono. L' etere uccide di presente la nocliluca , ed il cloroformio aumenta dapprima l'intensità della luce, ed indi fa morire l'animaletto. L' autore confronta le sue sperienze con quelle fatte dal Mattcucci sulla Lucciola , di- scute lo diverse teorie finora proposte per dare ragione della luco cho emanano certi ani- mali , e conchiudo che i fenomeni della fosforescenza animale per ora non possono rif^ rirsi a nessuna causa più generalo di quelle cho già noi conosciamo. Il signor R. Taylor ricordò in questo proposito le memorie di Ehremberg , e citò l'opi- nione di questo autore , il quale attribuisce ail' elettricità la luce emessa dagli animali. Il signor Mìlno-Edwards fece menzione di alcuni fatti che stanno contro alla teoria che vuole silTalta luce esser rctTctto di elfttricilà , ovvero di fosforescenza , o di combustione. Il signor Belchor citò molti fatti relativi alla fosforescenza dell' Oceano, la quale, secondo lui , non deriva da corpi dotati di vita. ( Dall' 7niii':u« , 10 ottobre 1849 , p. 823 ). Paleontologia. — Il Signor P. Gervais diresse all'Accademia delle scienze di Fran- cia ( tornata dal 10 settembre 1849 ] una nota sulla multiplicità degl' Ipparioni, cho sono spc- 378 tio di Cavalli a tre dita, lo cui veitigia furono scoperte a Ciicuron ( Valchiusa ) a piedi ileirj montagna neocomiana di Luberon. Il terreno in cui sr rattrovano gli ossami fossili dello dotte specie si è formato sotto 1' acqua dolco in epoca più recente della moMassa concliii;lifora ma - tina del nieiioggìorno. Insieme ad Antilopi di Irò diverse gramlezze, ad un Cinyliiale , ed un Rinoceronte , la cui specie ò tuttavia indi'lermiiiata, si ò trovata una lena [liyacna hippa- rionum ) , cho dilTerisce dalle ipccio tanto fossili quanto viventi ; e molti avanzi chu appar- tengono ad un genero assai singolare di caralli , il quale do Christol cliiianio Jlipparion nel 1832. Esso dilTerisce dai CaTalli attuali, o dai Cavalli diluviani già conosciuti per ' piedi con Irò dita, o perdio lo smalto do' suoi denti molarlo configurato in modo che maf Don si trova ne" cavalli ordinari. Imperoccliò i denti della mascella superiore hanno nella parte interna , tra i duo lobi , un' isoletta di smalto ben determinata , almeno in gran parta della vita di essi animali ; laddove questi medesimi denti ne' cavalli hanno nel sopraddetto sito im' anello di smallo riunito, in ogni tempo della vita, al nastro di smalto ehe gii-a tutto- il dente . I molari della mascella inferiore hanno nel meizo d'el loro margino esterno , pure tra i duo lobi , ovvero nel loro angolo antere-esterno , o nell' uno e I' altro punto ad: un tempo, una colonnetta di smalto, parallela al cjrpo del dento, incastrata neh' avorio alla «lessa maniera che l'isolutta da' molari superiori,, e congiunta molto tardi col resto dello ■malto. Che Dell' epoca in cui si formò il deposito di Cucuroa esistessero molto specie d' Ipparioni lo prova il variar di forma e dispociziono delle summentovato colonnette de' mo- lari inferiori. I quali osservati da Gervai» in ordino quasi completo, sia nel museo di Avi. gnooe , sia nella collezione della facoltà di scienzo di Montpellier, han fatto si eh' egli ri~ conosca tre distinto specie di sifTatli animali fossili, elio sono lo seguenti. 1. Hipparion miioitylum ; che ha uoa aolonaella di smalto tra il primo e secondo lobo, e non altrove. ì. H. proilylam; colla colonnetta di smalto ooicamente nell'aogoro antero-estorno dot primo lobo. 3. n. diploitylum ; con una colonnetta nell' angolo antero-eslerno del primo lobo , ej un' altra semplice o doppia tra il primo e secondo lobo. Queste specie d' Ipparioni non dilTeriscono molto tra loro per la statura ; la quale presso a poco è quella dell'asino comune. Però le loro forme dovevano essere più svelte o- sottili, a giudicarne dai pezzi dello scheletro che si conoscono. Il Sig. Gervaij fa notare ehe cotali pezzi , come ancora i denti incisivi e molari superiori , non sono bas tati o fornir- gli caratteri certi per determinare compiutamente le specio da lui descritte. Nei molari su- periori degl' Ipparioni di Cucuron non si trova che la parto festonata de' loro avvolgimenti di smalto sia molto complicata ; per la qiial cosa questi fossili rassembrano in certo modo all' Equut plieidtnt, Owcn, e differiscono patentemente, come specio, dall' Hippoiherium gre. Cile di Kppelshcim ^ stato descritto da Kaup. Si trovano Ipparioni non solamento a Cucuron, ma ancora a Vizan nello stosso di- partimento. Non siamo ben sicuri se si rinvengano puro nelle sabbie marino di Montpellier „ e segnatamente nelle ghiaie di Saint-Marlial presso Pezenas. ( Dall' /«««/ut del 12 settembre 18W, n". 819). 379 GEOLOGIA. Notizia di una gita al Vesuvio fatta nel giorno ÌQ febbraio 1850. Invogliati dalla curiosità di osscrTare da vìcIdo la strnpitosa eruzione che fio dal giorno 5 del corrente febbraio ne presentava il Vesuvio, ci dirigemmo io ed il mio amico sìg. Fordinaodo Fonzcca a quella volta il mattino del giorno 10 [Ij. Noi vi ascendemmo dalla solita strada che mena all' Ostervatorio , e quindi giunti al- l'./I/no del Cavallo verso le oro due p. m. oravamo incamminati per la vallata che si schiude tra il Vesuvio ed il Somma ; nel qual luogo il gran riverbero della lava ed i globi di fumo che fino dalla Capitale se no potevano avvertire , ci Tacevao presentire doversene trovare la sorgente. I muggiti che fin dalla notte del 7 al 8 con piìi o meno di forza si erano continuali Coo alla notte seguente , eransi rallentati o quasi cessati del tutto alle 11 a. m. del giorno 10 ; allorquando ricominciarono gradatamente ad essere avvertiti quando ascendevamo il monte, e sem» pre più forti ci si rendevano con F avvicinarci al cono. Giunti presso quel lato del Vesuvio rivolto a greco , che può dirsi il teatro della presente eruziiMio , comunque incomodati dalla densa nebbia che ne ingombrava il sito , potemmo andare osservando le seguenti coso. Il torrente di fuoco che ci si presentava sotto gli occhi, veniva fuori 'da una fendi- tura apertasi quasi presso la base del gran cono , ed a guisa di placida cascata di ac- qua , si dirigeva dall' Ovest all' Est , scorrendo presso ad un altro letto di lava semispcn- la di questa stessa eruzione , il quale , secondo la nostra guida ci afTermiva , fin dal giorno 5 aveva preso consistenza di pietra. Secondo lo stesso asse di eruziouo scorgevasi poi sprofondato il suolo di quella parto del cono principale medesimo che sovrastava a quel- la immensa voragine. Per quanto lo sguardo potesse estendersi verso la sottoposta falda , questo infuocalo torrente miravasi ingombrarne il pendio , procedendo pel eanale dell' arena verso le sottoposte campagne del Mauro. Altri accurati osservatori ci hanno posteriormente assicurati di essersi la lava inoltrata verso il cosi detto piano del principe , occupando una larga fascia di terre coltivate fin presso la contrada addimandata Scocozza , nel territorio di Boscoreale (2). Oltre alla sorgente anzidetta, altro curioso fenomeno presentava quel complessa 'di na- turali incidenti avvenuti nell' attuale eruzione. Questo si era un piccolo cono che , isolata in mezzo alla corrente della lava in attualo cammino, ne rimaneva affatto inerte. A volerne giudicare per approssimazione , l' altezza di questo cono estinto poteva essere di circa metri IG , mentre il circuito della base poteva giungere a metri 100. \ì di sopra del medesimo e nella stessa direzione si mostrava da lungi un secondo piccolo cono che in questa me- desima eruzione si è vedulo sorgere posteriormente al primo , talché nel giorno nove non esisteva. Da questo cono ignivomo erano lanciati in alto vortici di denso fumo variamente (1) Il grande incendio che ne occupa del nuovo Vesuvio sarebbe il trentesimoquinlo di quelli dagli Autori notati nella Cronologìa delle vesuviane eruzioni , dall' anno '9 dell'era voi - gare fino ad oggi. (2) Le terre coltivate occupate dalla lava sommano a 300 moggia antiche ; il suo fronte ^ largo circa un miglio. 50* 380 «clorato 0 confimii sprazzi di macigni iofuocati , cho fecero pagar cara l' imprudenza di Ire forestieri , ad uno de' quali costò la vita , o gli altri duo no furono gravemente olTesi. La superficie della lava , al silo della sua origino specialmente , presentava il rossci di brada senza però alcuna apparenza di fiamma : essendo stata da noi contemplata si nella ^iva luco del giorno come nello tenebro della notte. A volta a volta genera vansi sulla sua supcrficio alcuni rigonfiamenti , che un momento appresso dirompevano con forte sviluppo di vajwri bianchi , e quasi crepitando spingevano in alto scorie infuocato. La somma no- stra vicinanza a quella fusa materia ci forni l' opportunità di farà qualche altra piccola 03- servajionc. Noi vi gettammo alcuni pezzi di antiche lave , che invece di 'restarvi immersi ed affondali , ne rimbalzavano procedendo giù colla corrente. Raccogiiemmi di poi alcune scorie sulle quali eransi di recente gremiti piccoli cristalli di sesqui-cloruro di ferro e di cloruro di sodio. La presenza poi dell'acido solforoso non poteva da noi verificarsi altri- menti che dall' odoro soffocante che gli è caratteristico , e che le ondate del fuao manifo- stavarK). Nelle ore in cui ci trattenemmo ad essere spettatori di questa eruzione non vi fa pioggia di lapillo nò di altro sostanze ; quantunque per altra relazione ora sappiamo (1) cha nel giorno 9 il lapillo fosse stato portato dal vento fino a Torre Annunziata. Sono queste lo osservazioni che nel solo giorno 10 potemmo raccogliere su di un vul- cano , il qnalc presentando ai nostri naturalisti l'agio di poter sempre studiarvi nuovi e svariati fenomeni , meriterebbe tutte le loro premure , ed un giornale vesuviano altresì dove fossero nolalc le importanti loro osservazioni e sperienze. Speriamo quinli elio questo no- stro desidi^rio sia presto e convenevolmente appagato , pel gran vantaggio che sarebbe per arrecare alle naturali disciplino . delle quali confessiamo di essere grandemente appassionati (2). Gaetano Tenore. (1) Giornale del Regno delle due Sicilie — 11 febbraio 1850. (2) lu ampia ed accurata descrizione della eruzione attuale ne sta preparando il professore D. Arcangelo Scacchi , della quale darà lettura all'Accademia, e sarà pubblicata nel fascicolo 40 (primo deli' anno IX ) del Rendiconto. Questa descrizione sarà corredata di tavole, e pnceiliita da cenni storci sulle diverse fasi che ne ha presentato il Vesuvio in qii;^ti ullimi anni. ( i\u(o de compilatori. ) I 381 INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NE LL' Vili" VOLUME DEL RENDICONTO DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI NAPOLI, PER L'ANNO 18i9. Sunti degli Atti vEncAii delle TonNATK accademiche per l'anno 1849. Gennaio pag. 3. Febbraio , 8. Marzo , Aprilo e Giugno , 107. Luglio Agosto , e Setleinbrc, 231. Novembre, 315. Dicembre, 316. IMehorie e comunicazioni. De Martini ( Ant. j Ragionamento suil' ufllcio delia me mbrana di lacob nelle funzioni doli' occhio pag. lO Patrclli ( Germanico ) Memoria sulle ruoto idrauliche a sistema misto , accompa- gnata da spcrienzo su gli cfrctli meccanici di esse. 18 Scacchi (Arcangelo) Memorie geologiche sulla Campania 41,115,235^317 , Beissck. Endo/ìti dello cellule delle piante GG Va Imieri ( Luigi ] Ricerche sulla macchina elettrica 73 Colaprete ( A. A. ) Pioggia di manna ricomparsa nel giugno del If W. 7^ De Gasparis, ' Scoperta d' un nuovo pianeta. 8o Relazione sulla scoperta del nuovo pianeta. ik9 Forgola ( Eman. ) Elomenti dell' orbita del pianeta Igea 173 Grimaldi (Francesco). Degli assi principali HI Cavolini (Filippo) Sulla fruttiCcaziooo del Carrubo (Memoria inedita) 262 T. M. Annotazioni alla sud. Memoria di Cavolini. 268 Freire Allemao ( Francesco ) Sopra alcuni nuovi generi di piante brasiliano 272 Gasparrini ( Guglielmo ). Osservazioni sopra qualclie specie di zucca coltivata ne' contorni di Napoli 336 Necrologia. Conno necrologio su Pasquale Borrelli 110 su Giosuè Sangiovaoni 113 Elogio dell' Abate Felice Giannatasio 3&0 Rklazioni accadeuiche. Ragguaglio della tornata pubblica della Società Reale Borbonica 175—221 Appendice al Rendiconto. Del progresso dell' induslsia delle na.,; ni, trattato del sig. Gammaria Puoti, p. 81. — Meteorologia, p. 84 — Asparagina p. 85 — Analisi della crusca p. 86 — Botonica : sunto di vma Isttera di Martius p. 87 — Intorno al modo come i fosfati e carbonati di calce s" in- troducono ntlle pianlc, p. 88 — Confronto tra l'uovo do' mammiferi e quello degli uccullip. 382 89 — Ricerche suU' elettricità animale del sig. Dubois del Reymond p. 91 — Sviluppi e fun« lioni dello strato superficiale del germe dell'uovo do' mammiferi p. 92 — Uso del ioduro di potassio contro i mali prodotti dalle preparazioni mercuriali e saturnine ivi. — Sul diama- gnctismo p. 92 — De la Rive, intorno all' elettricità dell' atmosfera p. 98 — Sull' Apios tuie- rota De Candolle, discorso del sig. Richard p. 99 — Analisi chimica d' uà calcolo ealivalo del sig. Mariano Semmola, p. 102. Articolo estratto dai processi verbali dell' Accademia delle Scienze naturali di Filadelfia p. 283 — Acido nitrico p. 284>. Modificazioni isomeriche dell' acido fosforico, di II. Rose p. 285. Sopra la necessità di operare sopra grandi masse d'aria nello ricerche le- quali riguar- dano l' igiene pubblica p. 28C. Usi dal succo pancreatico p. 287. Berthold, nota sulla rese, ziene do' testicoli ed il loro trasferimento d'uno in altro individuo p. 288. Elmintologia p. 290 — Sulla scorzonera succedanea dello gelso per nutrire i bachi da seta p. 293. Quetc- let, sull'elettricità dell'aria p. 294. Schoenbeio, sull'odore del fosforo p. 303. Smith, sulla corrispondenza che passa tra l'aria e l'aeqna delle città p. 304>. Schuize, suU' agrostommi- na p. 305. Lepage, sulle foglie del lauroceraso, p. 306. Proprietà delle sporule dell' Oidium aurantiacum. i«>. Nuovo liquido per conservare i pezzi anotomici ivi. V. Streflleur; i fenomeni del flusso e riflusso sotto l' influenza della rotazione, 353. Osser» sioni sulla ruggine delle biado , 363. Scoverta della segala nello stato selvaggio^ 365. Meteoro- logia. 366. Meccanica, 369. Geologia, su i limiti delle formazioni cretose, 370 Botanica , 374. Zoologia , sul Lama, 375. Fisiologia, 377. Paleootologia , m. Notizia d' una gita al Vtf" suvio fatta nel giorno 10 febbraio 1850, 379. Osservazioni uETEonoLocicnB fatte per tutt' i meu del 1849. o u u n o H < cn O H > > > fc 3 3 B CCS 3 « = j '^ *: S e» 5 S « M s a B l! • • 3 3 • • '^=333 . = a .; .; = = >- OD 3 «i d) C = 2 = e e p 3 3 3 S C = o a. ili n n n _2 — » g — • >|iì 3 ■ S £ S ! 3 3 3 u O C C3 C *■ 3-3 Q co « > > > > 3 3 3 3 seca •3-5 2 . > lI li b- 3 1) u i3 C '/3 « -=.5 o u z> > : «• > - V 3 li 3 3 e = 3 a tA OD > »■ > = . 3 "■ > — 3 a §-.g - = ogggg i^iglgi ggg'Eggo oogg|g go^ «i«50z::^gw zgggSgw "MMz'^ao OOHWga ■r §-■* » 3 t~ J» Ili I I 1 i I I 1 1 I I I I I I I I I 1 i 1 1 Milli o 2 to ifl sra jO sOirt O «ì iC ^n o_ o ur O ifl ^ O O !-■ o :n, o :n o_ :n 0_0_in:rtO_0_ I» *oo"cC» oo' o" -g '""' "^ — " ^ co ao 3Ó -^' in — o cC ■od -^ -^ n ri srì o" o ^ ri ;m" ^ il ooo o_ira in o u^«i o o" o' (m" o" ai o» o <;] q4 7( ^ ^ _ 91 l'i o o_ © «> o o al S — '-■-> — ■« O S> 0_,i!7 O O :n o"— io"-* iO'-*'^" art O if^^sf^ if^ s^ in —" O •" J» -_-*•»« ifl t» 00 o _o_fM_q_(N 'eot-Tco" oc 00 x" co' x' ad so' t^ ce x * t^ o i» jj «-*»■•»-*-!? -•» ■*.®-'.-.=«l'*. j» -•» r: -M o o --JKN »-i--* t^-<-o_i«Ki •-< al in in ffi « » «s — xtrxiTT-^ (M.-t.". -,^. 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I - -,= — . -.e co = -- t~ -.?■ o ti -- l-^ —. — x ^-. ^ :S i -: --o X -3 1.- ;o -j -* j» ^v co 1.0 t- X :j -o 10 .= j; 1^ i~ ij 1^ X in X -3 S X •J.t|SJ j..p« ='^ = -.= -;'fl'>!:o qci c^t- xmci ..'o oci oox-^ = 0 ox cix-# n:iij.u ' 2 2 2 r; ;n ? 2 2 2 2" 2' li 2 5 ■£ ;f I," r "' H if :f iS':! d d -'■ -"-'' X r - 0 :o" = ^.* r~ - :0 in 0 ^- :0 :0 :0 l~ ;- ,- i~ i^ r^ 1^ 1^ :0 = -J ~. ■> ci t^ — -^ 0 rT I-" I-." in 0 -* e C0--;O in 1^ 1- r~ 1- p- 1- 1^ i X cs x' 01 : '?l!l'!"';1 C-. 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É *, J /"^V/ -à. n^t-**' /■—»*- */•— » /■„, / DELL' ACCADEMIA UAPOLITANA DELLE SCIEHE ANNO NONQ TOMO IX* NAPOLI Nel Gabinetto BiGLioGiunco s xuocRAfico 1850 1850 RENDICONTO n.^d DELLE ADUNANZE E DE LAVORI DELLA llEALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE BE>§€^a TORNATE DI GENNAJO E FEBBRAJO 1S50. VntSlDENZA DEL MAnCllESE DI PIETRACATELLA TORNATA DEGLI 8 GENNAJO 1850. Il segretario perpetuo aJcmpie alla promessa di leggere all' Accailemia 1 elo- gio da lui composto per onorar la memoria del fu nostro rispettabile collega ab. Giannattasio , la cui morte fu da lui annunziata nella precedente tornala del di 11 dicembre p. p. *. A tale lettura assistono parecchi coUcghi dell' Uni ver- sila degli studi, e del Reale laslilulo d' Incoraggiamento. Legge quindi alcune ministeriali riguardanti servizio accademico, e poi una lettera del prof. Volpicelli, segretario dell' Accademia de' Nnuvi Lincei , ia rin- graziamento del fascicolo del Rendiconio a questa inviato in dono ; e rimane sta- bilito di continuargliene l' invio, a mano a mano che pubbliclieransi gli altri fa- scicoli. Passa indi a presentare il pregevol dono di libri inviatici dalla Reile Ac- cademia delle Scienze di Brusellcs , e dal suo segretario perpetuo Quétélel, c)»c sono i qui appresso notali : Memoircs de l Aradcviic Royulù de lìc/iiiquc, voi. XXllI. BulktLns de 1' Acadcmie Royale ec. t. XV. p. 2, e tom. 1G p. 1 Annunire de 1' Académie Royale, pel 1840. Qùc c'ct — Annalcs de V Observaloirc de Bruxelles t, IV. Observations des Phéiiomciics pénodiques. Annuaire de l Obscrvatcire . Rapport à M"". le Ministre de /' Intcrìeiir , sur /' état ile / Observatoire (^' Bruxelles C\8V3). , . ' Questo elogio trovasi già inseriti» mi l.|^';l(.^)ll.l |)or I ultimo bimi'itre di tjln anao. \ A tutte le anzidette cose aggiugnevasi 1' opera del sig. Ecncns, sur la ferti- lisation (ics Landcs ec. , pubblicata sotto gli auspici dell' Accademia, che è stata data al socio sig. Masdea per leggerla e riferirne all'Accademia. SoDosi anche ricevuti diversi fogli scientifici di Società dotte , italiane e del nuovo Mondo. Il Segretario è rimasto incaricato di renderne, per tutti gli anzidetti doni, i dovuti ringraziamenti , a nome dell' Accademia, come al solito. A nuove istanze del segretario perpetuo per l' incisione de' rami corrispon . denti alle Memorie sii funghi del socio Briganti, all' oggetto di pubblicare una volta al Cne il voi. "VI. de nostri Alti , vien disposto , che costui presentasse all' Aci;adcniia , nella ventura tornata , i disegni per tali rami , onde risolversi 1" occorrente, per indi proporlo al ministro di P. I. Finalmente trattansi varii altri alTari economici per I' Accademia. TORNATA DEL 15 GENNAIO. In mancanza del presidente titolare , la presiede il cav. Tenore nella qua- lità di anziano della Classe di Scienze Naturali. Leggonsi gli Atti verbali della sessione precedente, ed alcune ministeriali per semplice intelligenza dell' Accademia ; e dopo ciò leggesi ancora una lettera di- retta al segretario pcrpeluo dal prof. Perrey dell'Università di Digionc , con la quale dimanda alla nostra Accademia notizie accurate su' tremuoti avvenuti nel nostro regno , non ultimo in sì funesti avvenimenti , per avvalersene in un lavoro eh' egli periodicamente pubblica su tremuoti avvenuti in tutta Europa : a che vo- lendo r Accademia soddisfare nel modo più accurato possibile, stabilisce, che il segretario perpetuo ne indrizzasse una circolare a tuli' i presidenti delle So- cietà Economiche del regno , potendo da" membri di queste raccogliersi più facil- mente, per le rispettive Provincie , un materiale da poi compilarne la risposta da darsi al professore di Bigione : ma che intanto se gli rescrivesse d' inviarci per la Posta, sotto strisce, i fogli finora pubblicati , per tenerli presenti nella compila- zione suddetta. 11 segretario perpetuo presenta alcuni giornali esteri inviati all' Accademia > e legge una lettera del sig.TMarivaus presidente della Socióté dcs Sciences Naturai' leu di Ginevra , con la quale ci dà avviso di aver consegnato in Torino al libraio l?occa il voi. ora pubblicato delle Memorie di questa dotta e laboriosa Società , flfliuchè potessimo ritiramelo. TORNATA DEL 5 FEDCRAJO. Pel non intervento del presidente titolare Io sostituisce il cav. Tenore. Il segretario perpetuo legge gli Alti della precedente, ed alcune lettere mi- nisteriali, altre di corrispondenza estera. Presenta il nuovo lavoro geometrico dell' architetto D. Raffaele Rliaervini sul problema, che componeva il 11° libro de JnoHnationibas di Apollonio , re- candone lutt'i casi e le determinazioni ; 1' Accademia io vista della celebrità del- l' argomento trattato prima del Minervini da due insigni geometri , 1' Anderson e r Horsley , ha chiesto di averne sul medesimo più distinta notizia, di che si è incaricato lo stesso segretario perpetuo. 11 cav. Melloni presenta il 1° volume della sua opera sulla Thermocrósc. ; e ne legge egli medesimo un ben ragionato sunto , che l' Accademia risolve in- serirsi al pili presto nel Rendiconto. La commissione incaricata di stabilir 1' occorrente per la incisione de' rami mancanti a terminare il voi. VI" degli Atti , avendo esaminali quelli che pre- sentavano i soci corrispondenti Francesco Briganti, Guglielmo Gaspirrini, e Vin- cenzo Semmola , per le loro rispettive INIcmorie , ne ha informata 1' Accademia, ed è rimasto stabilito di procedersi nella ventura tornala , prima di cominciar questa ad una specie di gara amministrativa , per fissare i prezzi delle inci- sioni invitandosi a tale oggetto gV incisori de Caro, Laruta, Imperato, Calanco 2°j e Mori. TORNATA DEL 19 FEBBRAJO. Dopo la lettura degli Atti della precedente , e quella di alcune ministeria- li , fatta dal segretario perpetuo , vengono da costui presentati alcuni opuscoli del prof. Volpicelli, segretario dell" Accademia de' Nuovi Lincei, in Roma. Con una delle ministeriali inviavansi alla nostra Accademia quattro esem- plari di un Alaniroslo a stampa del sig. W. Bromet, membro della Società Reale di Lonvlra , il quale occupatosi ad investigare le relazioni e le usanze de' popoli antichi, per compararle a quelle de" moderni, dimanda alle Società dotte chiari- menti ed illustrazioni sopra 81 articoli di tal genere; e questi essendosi per- corsi, r Accademia non avendone trovato alcuno che a materia di scienze si appar- tenesse , non gli ha slimati del suo instituto , e però da potersene occupare , polendo ben farlo le sue consocie di Archeologia, e di Belle-Arti ; e forse anco- ra con poco successo , perchè i continui cambiamenti avvenuti nel nostro regno, sia per cause fisiche, sia politiche , non lasciano tali vestigia dell' antica forma, 6 da poter soddisfare alle precise dimanda del Bromet. Aggluogasi, che per poter rispondere a tali dimando ci bisognerebbe adoprar molte persone in riconosci- mento di tutt' i luoghi del regno, in levar piante, disegnar prospettive, ec. ec. , cose tutte, che non sono in potere delie nostre Accademie l'adempiervi. Essendosi, prima della tornata accademica, riunita la commissione incaricata dell" incissione de' rami per compier quelli del Tol. VI" degli Alti, e presentatisi alcuni degli artisti chiamali a tale ogg<;tto , e con essi stabilito 1 occorrente , il segretario perpetuo l'ha riferito all'Accademia, la quale ha deliberato scriver- sene coerentemente al presidente generale, per trasmetterlo al ministro di Pubblica Istruzione, a fin di essere autorizzata a far eseguire, nel modo convenuto, tali rami. Costui ha pure riferito all' Accademia , come trovandosi egli momentanea- mente incaricato di presedere la Giunta per la Reale Biblioteca Borbonica, ave- va ricevuto un uficio dal ministero , col quale si ordinava di porsi d' accordo col presidente della Società Reale, pel passaggio proposto più volte, e già ap- provato, degli Atti di Accademie, e de' giornali dotti, da diverse sale della Bi- blioteca, ove trovansi sparpagliali in quella destinata a studio de' membri della Società Reale; a che si era adempito, con dimandare ancora, che negli armadietti chiusi, che sono in questa sala venissero raccolti tutti gli oggetti di MSS. , colle- zioni ed altro, che appartengono all' Accademia delle scienze, e che trovansi di- spersi per le sale del Real Muse» , senza un inventario regolare. Finalmente ha pur maoifestalo, che non avendo più dove tenere in sua casa i volumi di Atti, giornali ed altre opere appartenenti all' Accademia delle scienze, e non ancora consegnati alla Real Biblioteca Borbonica, gli andava a consegnare, come un tempo, al sig. D. Carlo Malesci , per tenerli in deposito, finché se ne farà la regolare consegna alla Biblioteca suddetta. MEMORIE E COMCNICAZIONI DE' SOCI ORDINARI E CORRISPONDENTI DELL ACCADEMIA. Sunto del primo volume dì un opera del socio Melloni', letto dal- l' autore nella terza tornata accademica 1850. Ilo r onore di presentare all' Accademia il primo volume di un mio trattato sul calorico raggiante intitolato la TEnsiocnosi ossia la colorazione del calore. Sono già parecchi anni dacché l' esposizione delle prime mie sporienze intor- no al raggi calorifici trovasi inserita nella massima parte delle Istituzioni di fisica nazionali e straniere. Le conseguenze dedotte da tali spericnze variando tuttavia a norma delle opinioni degli autori , e scostandosi più o meno da quelle deduzioni che secondo il parer mio ne risultano certissime ed indipendenti da qualunque ipotesi suH' indole dell'irraggiamento lucido o calorifico, ho creduto con- veniente il riunire in un solo corpo di dottrina le varie osservazioni intorno a cosi fatta materia che stavano dilTuse per diversi giornali e colleiijni accademiche, rilormandole ove occorreva, e completandole con altri studii teorici e sperimentali, che vennero da me condotti a termine nel corso deli' ultimo biennio e taciuti a miei colleghi delle varie Accademie e Società scientifiche, per cagioni troppo ovvie, ond' io debba rammen. larle a questo digito consesso. Ho parimente credulo opportuno il pubblicare la detta opera in lingua francese ; perciocché il nostro bellissimo idioma essondo .«graziatamente negletto all' estero , quel poco frutto, che potrebbe risultare da questo mio qualsiasi lavoro, correva rischio d' essere guasto e malconcio per opera dei traduttori, come avvenne rispello ad alcune mie precedenti memo- rie stampate nel nostro Rendiconto e negli Atti della Società Italiana delle scieii' 3f.... E le presenti circostanze non mi permettevano di dare contemporaneamente alla luce l' edizione francese ed il tipo originale italiano. Io non vorrei abusare de' rari e brevi intervalli di tempo consacrati alle nostre riunioni, impegnandomi nella discussione de' varii argomenti Irallaii in que- sto volume. Mi limiterò pertanto ai soli principii fondamentali. K dirò primieramente, che l'esattezza del metodo sperimentale che servi di base alle m»«s specolazioni, riposa sopra una nuova e precisa dimostrazione di una leg^e,am- luossa sinora in fisica dietro a semplici presunzioni teoriche. Parecchi filosofi di altissimo merito tentarono infatti di verificare se 1 azione illuminante o ri- icaldante di un centro d' irraggiamento decresce realmeule, come lo facevan sup. 8 porre le sue analogie colla gran forza che sostiene 1' equilibrio dell' Universo , in ragione de' quadrali delle distanze. Ria i loro tentativi ebbero un esito infelice , segnatamente pel calore , che , secondo l' opinione del Leslie , seguirebbe la ragione inversa della semplice disianza alla sorgente calorifica. Ora, essendomi riuscito di porre fuor d' ogni dubbio la legge de' quadrali , mediaiile quello slesso stiumenlo impiegato nelle mie valutazioni delle intensità talcrifiche, ne segue necessariamente; 1°, che tali misure sono esatte; 2", che lo stililo d" aria, frapposto tra l' appareccliio ternioscopieo e 1' origine della ir- radiaiiouc, non assorbe nessuna quanlilà sensibile di calore : ed ognun vede r iuiportauza vitale di queste due conseguenze per la scienza del calore allo slato raggiante. Essendomi così accertato che i mezzi corrispondevano allo scopo, passai allo studio dei falli ; ed ecco i principali risultamenli dello indagini descritte nella prima parte del mio lavoro. La luce diretta dello fiamme e de' corpi roventi va sempre congiunta ad una enorme quantità di calorico radiante oscuro. Questo cfilusso invisibile di calore si compone di diversi laggi elemen- tari , tolalnienle analoghi ai colori prismatici, che traversano il vacuo , muo- vonsi in linea retta, istantaneamente ed immediatamente, senza ricevere da qual- siasi più violenta agitazione dell' aria atmosfcirica il menomo turbamento. Gli efflussi calorifici raggianti do' corpi caldi ed oscuri constano , essi pure, di varii elementi sottoposti alle medesime leggi di propagazione de' raggi lucidi. ISIa il numero di queste specie diminuisce colla temperatura della sorgente» Sotto i 1G0 gradi del termometro centigrado 1' irradiazione è ancora com- plessa, ma non va più soggetta ad alcuna variazione passando dall' una all' al- tra sorgente calorifica : sicchc un corpo riscaldalo a 50°, per esempio, sembra produrre gli slessi raggi elementari di un altro corpo qualunque, la cui tem- peratura sommi a 100, o 150 gradi. I corpi diatermici , cioè a dire, i mezzi trasparenti pel calorico raggiante, sono dotati di certe forze elettive , le quali variano dall' uno all' altro mezzo , trasmettono diversi elementi calorifici, distruggono gli altri, ed operano pertanto come fanno i colori de' mezzi trasparenti per rispetto alle irradiazioni lucide- Questo parallelo fu quello che m' indusse di prima giunta a denotar© ge- neralmente il fenomeno colla voce termocrosi, che, presa in un senso specifico , significa il color iernùco del raggio o del corpo in quisiione. Siccome le diilerenze più notabili fra le trasmissioni calorifiche de' mezzi ridotti alla medesima grossezza si osservano nella classe delle sostanze diafane prive di qualunque vestigio di color apparente ; cosi egli è maaifesto, che le 9 linfe calorifiche, o terraocrosi, di tali sostanze sono incapaci di esercitare la più lieve azione suH' organo della vista. Le sperieiize di trasmissione successiva dimostrano poi irrefragabilmenlc l'esistenza reale de" colori termici invisibili; per modo che, la lerniocrosi dei mezzi i più limpidi e scolorali è un fallo indubitabile, e non gii» una mera analogia. Dai diversi gradi di qualità ed intensità di queste colorazioni invisibili di- pende la suddetta pioprielà che posseggono i mezzi diafani e senza colore di trasraeltere , a grossezze uguali , delle quantità diverse di calorico raggiante. Delle azioni consimili producono , sia la superiorità della dialermasia o trasmissione calorìfica di alcuni mezzi bruni o colorali sulla trasmissione d altri mezzi perfeltamente limpidi , sia il passaggio immediato di certe jirradiazioni calorifiche a traverso alcune sostanze compiutamente opache. Gli efflussi calorifici emergenti dalle sostanze diatermiche, avendo patria un'alterazione nelle quantità relative degli elementi che compongono l'irradia- zione incidente , non possono piìi traversare gli stessi mezzi nelle medesime proporzioni di prima. Ma qualunque irradiazione , diretta o trasmessa , fornisce nello attraversare una lamina di sai gemma il medesimo rapporto tra la quantità di calor inciJen* te e la quantità di calor emergente, perchè tale sostanza è del tulio atcrmocroica, cioè priva della colorazione termica, ed agisce pertanto nella stessa guisa sopra ogni .«pecie d irradiazione calorifica. I colori propriamente delti operano, tanto sui raggi di calore, quanto sui rag- gi di luce ; poiché i mezzi colorati assorbono sempre una certa quantità dell et- flusso incidente , e trasmettono, talora le irradiazioni calorifiche invisibili, talora quest' ultima specie di raggi isolati , talora infine un complesso di raggi lucidi di raggi calorifici oscuri. Quantunque la reciprocazione non sia cosi distinta ne' fenomeni della termo- erosi , le forze di trasmissione e di assorbimento de' mezzi termocroici privi della colorazione apparente o del tutto opachi , si mostrano animale , rispetto a certi raggi invisibili di calore , della stèssa proprietà che posseggono relativamente ai raggi lucidi. E veramente, la diatermasia de' corpi opachi trasmette alcune qualità di raggi calorifici oscuri ed inlcrcetla il resto con tulli gli elementi della luce : e, la lermocrosi delle sostanze perfellamenle limpide assorbe ah une specie d ir' radiazioni oscure di calore e IrasmMc le altre, unitamente a tulle le irradiazioni luminose. Quando trattasi dell' azione calorifica di un efilusso lucido, il quale sia privo di tulle le sue irradiazioni oscure, i mezzi opachi peimcubiU al calore diventa- 10 no adiatcrmici , e le sostanze perfettamente limpide e scolorate acquistano ci stesso grado di permeabilità cilorifica. Ma i mezzi colorali continuano ad esse- re disugualmente permeabili pel calorico raggiante ; e la proporzione di calo' trasmesso sembra seguire uà ordiue diverso dalla gradazione delle trasparenza^ lucide. Questi strani ed importanti fenomeni si spicgan tutti, perfino nelle minime loro particolarità, ammettendo che le varie irradiazioni invisibili di calore pos- seggano la stessa costituzione delle irradiazioni lucide, e clie, si le une che le altre, formino altrettante specie di una sola e medesima serie. Allora i raggi luminosi cessano di appartenere ad un agente sui generis^ e diventano veri raggi visibili di calore : il potere riscaldante della luce ri - sulta dall' essenza del principio adottato ; e le differenze tra un elemento ca- lorìfico invisibile ed un elemento lucido si riducono a semplici proprietà spe- cifiche analoghe a quelle che distinguono l' uno dall' altro colore. La visibilità e l' invisibilità non possono dar luogo a fondale obbiezioni contro si fatta teorica ; poiché la luce e i colori sono conseguenze della nostra organizzazione, e non hanno nessuna importanza relativamente al principio ignoto che coslllulsce l' irradiazione calorifica o luminosa. Alcuni raggi operano sull' oc- chio , altri nò. Cosi succede appunto , rispetto all'orecchio, per l' immen- sa serie de' moli ondulatori! prodotti nell' aria dalle vibrazioni piii o men celer de' corpi elastici. E dilTatti, le sole onde aeree comprese tra certi limili di lunghezza eccitano la sensazione del suono : e tutte le altre sono compiutamente impercettibili all' organo dell' udito, quantunque la loro fisica cosliluzione sia per- fettamente simile a quella delle onde sonore. Questo parallelo è talmente esalto , che regge persino nelle anomalie. Si trovano certi individui, i quali confondono insieme alcuni colori e non vedono i raggi estremi dello spettro solare ; ed altri, che non distinguono tra di loro alcune note musicali e non percepiscono i suoni che oltrepassano certi dati gra- di d' acutezza o di gravità. Posta r identità de' due principi!, V azione che i colori sensibili esercita- no indistinlameote su tale o tal' altra maniera di luce o di calorico radiante diventa una conseguenza immediata dell' unità generica cui appartengono tutte queste specie di raggi. Vj si concepisce facilmente perchè la termocrosl delle sostanze le più lim- pide è invisibile , e perchè certi corpi opachi dun libero passaggio ad alcune irradiazioni calorifiche. Di fallo, 1' efflusso raggiante di una sorgente luci'ia, spo - gliato del suo copiosissimo arredo di elementi oscuri, essendo trasmosso in ugual proporzione dai mezzi limpidi privi di color apparente e assorbito da qua- 11 lunque mezio opaco, ne scgnc, che tulli i feoomeDÌ termocroici, apparentemeDle coDtrarii alle leggi della colorazione e della trasparenza ordinaria, sono dovuti alle varie qualilii di raggi oscuri, e non possono quindi manifestarsi ìa virtìi di segni percellibili all' occhio. Molte sostanze ci sembrano, per lo meno, tanlo pure e limpide quanto il sai gomma. Tutlavia il velro, l' acqua, il cristallo di monte ed altri mezzi solidi o liquidi pcrfettaroenle scevri da qualunque indizio di colorazione, sono propriamente colorati, perchè fornili della proprietà di assorbire certe specie d' irradiazioni oscure. Il sai gemma essendo per l' opposto ugualmente permea- bile da tutte le specie calorifiche raggianti di qualunque origine e natura , visìbili ed invisibili, dirette e trasmesse, vibrate dal sole e dai corpi roventi o appena riscaldati di pochi gradi sulla temperatura ambiente, costituisce, nello stalo attuale delle nostre cognizioni , V unico mezzo solido veramente limpido del tulio e senza colore. Questa nullità di azione assorbente, questo passaggio totalmente libero, che i colori termici di quasi tulle le sostanze diafane prive di color apparente of- frono ai raggi luminosi, non sono in opposizione colle proprietà della colorazione ordinaria. Imperocché siffatte colorazioni latenti operano sulla intera serie de' rag- gi , visibili ed invisibili, come fanno, per rispetto alla luce , certi mezzi colo- rati che trasmettono totalmente le irradiazioni dotate di quello stesso colore diffuso per la loro propria sostanza. E si noti bene, che la verità di questo paragona diven. ta sempre piìi chiara e manifesta, considerando che la somma delle specie visibili di calore trovasi inferiore di molto alla somma delle specie invisibili, persino nelle irradiazioni delie sorgenti le piìi lucide e sfolgoranti. Per concepir finalmente come avvenga che non vi sia proporzionalità tra l'ener- gia lucida e calorifica de' raggi emergenti dai mezzi colorali quando 1' efflusso ia ' cidente trovasi privo di ogni irradiazione oscura , basta por mente all' indole di- versa di questi due fenomeni , ed osservare che la luce dipendendo unicamente dall' organismo vitale, ci permette bensì di distinguere le varie specie capaci di entrare in comunicazione coli' organo della vista, ma ne rende al lutto incapaci di valutarne le intensità relativo , che sono , giusta ogni probabilità, proporzionali alle elevazioni di temperatura ricevute dallo stesso corpo inerte per virtù di un eguale assorbimento delle irradiazioni calorificl)e. Cosi le contraddizioni apparenti , offerte dalla trasmissione de' raggi lucidi e calorifici ne' mezzi solidi e liquidi , diventano pure conseguenze dell' imperfe- lione dell' occhio. E le due trasparenze, e le due colorazioni, lungi dallo stabili- re un carattere distintivo tra la luce ed il calorico raggiante, formino il piìi sal- do legame che congìunga insieme questi due grandi agenti della natura. 12 Siccome la riduzione delle cagioni al minor numero possibile di principi i fondamentali costiluisce, in ultima analisi, il vero eJ unico scopo filosoGco delle noslre specolazioni sulla scienza della natura , questa maniera di considerare le irradiazioni calorifiche oscure o luminose è certamente preferibile allo ipolesi che attribuiscono i fenomeni luminosi ed i fenomeni calorìfici dell' irraggiamento a due diversi agenti, o a due modificazioni essenzialmente diverse dello stesso agenle- Aggiungasi, che se nelle teoriche della dualità si concepiscono facilmente le dis- somiglianze tra r uno e l' altro ordine di fenomeni, non si giugnerà mai a spie- garne le somiglianze colla dovuta chiarezza. Supponendo che il principio lucido differisca dal principio calorifico, non si potrebbe, a cagion d' esempio, indicare una causa precisa al fatto ben noto, che tanto la luce quanto il calorico raggian- te derivano ordinariamente dal riscaldamento della materia ponderabile ; uè dimo- strare perchè l' azione calorifica sia inseparabile dall' azione lucida : e non si po- trebbe, da ultimo , assegnare il motivo, per cui havvi una perfetta identità nelle leggi generali che reggono la propagazione de' due agenti, e le modificazioni da essi patite, sia alla superfìcie, sia nell' interao de' corpi. Macedonio Melloni 13 Belazione dell' incendio accaduto nel p^esuvio nel mese di Feb- braio del 1850, seguila dai giornalieri cambiamenti osservati in que- sto vulcano dal 1840*/» ora, per A. Scacchi. Prima di esporre i particolari dell' ultimo incendio vesuviano in questi gior- ni avvenuto , per far cosa che tornì più utile alla storia delle vulcaniche con- flagrazioni, gioverà ricordare le piii notevoli vicende del Vesuvio dopo 1' ultima grande eruzione del 1839. Finita questa eruzione, che durò pochi giorni, rimase il nostro vulcano per circa tre anni tranquillo ; nel qual tempo poche fumaro- le, e di tanto in tanto qualche piccola fenditura che si apriva nella sua cima , manifestavano l' interno fuoco non del lutto estinto. Allora il suo cratere si tro- vava con profonda cavità imbutiforme, nella quale si poteva con qualche disa- gio e vero, ma senza grave pericolo discendere sino in fondo. Neil' autunno del ISAl con moderate esplosioni apertosi il fondo del cratere, surse novello incen- dio, che assai lentamente e senza interruzione procedendo, fece innalzare un pie- col cono interno formato dai brani di lave eruttati. Intanto dalla sua base, ora in una parte ed ora nell' altra sboccavano piccoli gotti di lava, le quali non po- tendo far lungo cammino per l' incontro delie interne pareli del cratere, si span- devano e si accumulavano intorno al novello cono che pian piano sempre più s' innalzava . Durando questo stato dì cose talvolta più dimesso e talora più energico, nel mese di Febbraio del 1845 il cono interno si era di tanto innal- zato, che il suo vertice , superando gli orli del cratere , era visibile dalla Ciltk di Napoli ; e le sue eruzioni, che prima per osservarle bisognava ascendere l' er- te pendici del Vesuvio , d' allora in poi si mostrarono non sempre grato spet- tacolo agli abitatori delle Città vicine. Nel medesimo tempo man mano innalzan- dosi il fondo del cratere, la gran voragine rimasta dopo il 1839 era quasi del tulio appianata nell'autunno dello stesso anno 1845. Talché allora il cratere vesuviano era in gran parte formato da un altopiano , e qualche torrente di lava già si versava dai suoi orli ove questi erano più bassi. Nel mese di Luglio del 1846 il vertice del cono interno già superava di qualche metro la punta dei palo eh' è siala fin ora la cima più alta del cratere vesuviano ; e sino allo scorso mese di Gennaio si è mantenuto sempre più alto della medesima punta, quantunque avesse sofferto frequenti cambiamenti. 11 continuo ingrandirsi del cono interno, sempre accompagnalo dall' innal- larsi dell' altopiano del cratere , è slato l' effetto di ripetute eruzioni che da otto anni; senza ootcvol periodo di riposo; avvengono nel Vesuvio. Svariatissimi Il |>oi sono stati i fenomeDÌ di tali eruzioni, di cui molti particolari si troreran* no esposti in fine di questa relazione per chi avesse curiosità di riscontrarli ; ed ora mi basta far conoscere che il più delle volte le lave soa venute fuori dalla base del cono interno ; altre Tolte aprendosi con larghe fenditure il fondo del cratere, si è veduto da esse sgorgare la lava a qualche distanza del mede- simo cono. Tal fiata le lave uscite dalle fenditure si sod dilatate per ogni Ter- so formando come pantano di fuoco ; e più sovente bau tenuto cacnoiiao tor- tuoso a guisa di torrenti. Più raro è stato il caso in cui l' ignito torrente si è aperta la strada lungo il pendio del gran cono vesuviano , e dal j845 ia poi spesso è giunto a' piedi dello stesso gran cono, o anche ha progredito innanzi fino alle basse falde boscose del lato orientale. Il cono interno , sul principio assai piccolo, spesso e rimasto in gran parte distrutto per le gagliarde esplosioni, « talora i novelli erutlamenti ne hanno innalzalo un altro in luogo diverso da quello occupato dal precedente. Diventato in seguito più grande , spesso il suo vertice è slato quando più e quando meno profondamente demolito, e poi noveU lamento costruito con dÌTersa forma. Dalla sua cima sono stati di continuo laa » ciati grandi sassi, roventi brani di lave , bombe , lapilli e sabbie , talvolta per una sola apertura, e spesso per due o più aperture , ogauoa delle quali il piii delle Tolte ha fornito materie diverse da quelle eruttate dalle bocche viciae. In diversi punti poi dell' altopiano del cratere molti piccoli coni di breve du- rata, ed ancor essi presentando in piccolo gli stessi fenomeni del maggior cono interno, si sono soventi volte innalzali e rovinali. Molte piccole aperture crate- riformi hanno del pari eruttato sostanze frammentarie e sabbie , spessa eoa forti rumori ; e dopo qualche giorno sono del tutto scomparse. Egli è però che diiUcilmente può immaginarsi cosa più mutabile dell'aspetto che ha preseatato il cratere del Vesuvio in questi ultimi otto anni. Intanto possiamo ritenere che il luogo in cui con maggiore energia si sono manifestati gì' incendi è stato presso la punta del palo ; ed anche più frequenti che altrove sono stati dal lato orientale. Vi sono stati due periodi di maggior conflagrazione, il primo nei mesi di Agosto e Settembre del 1847, ed il secon- do nel mese di Giugno del 1848. Il più lungo periodo di moderati fenomeni Tulcanici è stato tra la state e l'autunno del 1848. I maggiori danni recati alle TÌcine campagne sono stati cagionati dalle esalazioni vaporose, le quali talvolta di per se sole, come in Aprile del 1848, altre volte mescolate alla pioggia , come in Giugno del 1849 , hao bruciato i tenen virgulti delle piante fruttifere^ Le mofele son pure comparso sulle basse falde vesuviane, a le più notevoli sono ■tate quelle che nei mesi di Aprile e Maggio del 1849 hanno infestato diversi punti dei terreni coltivali di desina. Molte volto si e osservata la manca(»a 15 della acque nei pozzi delle vicine Contrade; il qaal fenomeno volgar mente te- nuto come segno di prossimo incendio nel Vesuvio , talora ò stalo seguilo da lieve aumento di conflagrazione , ed il più delle volte non si è potuto notare alcun cambiamento nelle operazioni del superior cratere . Tra i fenomeni meno frequenti ad apparire si sono spesso ripetuti i globi di fumo che ban preso la forma di cerchi, restando per alquanti minuti sospesi in aria con questa grazio- sa figura. Delle produzioni che assai di raro sogliono formarsi nelle fumarole vesuviane , le più importanti sono state la cotunnia ( clorura iì piombo ) inge- neratasi nel mese di Marzo de! 1840 presso la punta del Mauro, tav. I", fig. I", h ] ed il solfato potassico, che in gran copia e cristallizzato si rinvenne nel mese di Novembre del 4848. Nò vuoisi tacere il nuovo fenomeno della eruzione di nitidi cristalli di leucite , il quale fu osservato per la prima volta nel dì 22 Aprile del 1845 , ed in seguito si è ripetuto non poche fiate con i medesimi particolari. Merita pure esser ricordato che nel corso di si lungo perioda di erazioni non si è mai depositato zolfo nei fumaroli del cratere, quantunque vi aieno state frequenti esalazioni di acido solforoso ; e soltanto durante lo stato di riposo dopo il grande incendio del 1 830 , nel mese di Marzo del seguente anno, mi avvenne trovare un po' di zolfo cristallizzalo nel fondo del cratere- Tali essendo state per undici anni le vicende del nostro vulcano , mentre al cadere dello scorso anno ed al cominciare di questa assai moderate e lente conflagrazioai si mostravano nel suo cratere, il giorno 2'ò del passato mese di Gennaio , per gagliarde esplosioni del cono interno , il suo vertice si vide in gran parte crollare. Io pari tempo cominciò a mancar 1' acqua nei pozzi di Re- sina e della Torre del Greco, indizia che fece al solito temere qualche prossi- mo rovinoso incendio agli abitanti di quelle contrade ; oè questa volta il loro timore è slato del tutto vano come negli anni precedenti. Dappoiché quantun- que il Vesuvio avesse continuato per pochi altri giorni nelle ordinarie sue erut- tazioni, il di cinque Febbraio, squarciatosi il lato boreale del suo gran cono,dapprima si formò come una grolla poco sopra la metà della sua altezza, tav. 2" , a , ia cui si raccoglieva mollo cloruro di sodio stalatlilico ; e di repente con frago- rosi rumori sgorgò per la medesima apertura copioso torrente di lava che in po- chi minuti scese ncll' atrio del cavallo, di rimpello la cosi detta punta della luve, che nella grande caria del Vesuvio pubblicata dal nostro Uflizio tipografico vicn chiamata il Vitello. E quivi trovandosi quasi in piano, prese a dilatarsi ni,m ed a fluire lenta- mente nello slesso atrio del cavallo dirigendosi dal lato orientale. Nello stesso giorno alla base del gran cono vesuviano , ed a breve distanza dalla fenditura che aveva squarcialo il suo fianco per circa due terzi della sua altezza, si for- mò un' altra apertura dalla quale venne fuori novella lava 6,6 che si arrestò do;)o 16 breve cammino ; nù il luogo della sua uscita rimase contradistinto da materie frauimentarie ivi raccolte. Intanto la lava sgorgala dalla fenditura , mancandole' novella piena , non lardò mollo a consolidarsi , e restò pcrfeltamenlc tranquilla la bocca d' onde essa era uscita ; mentre poi in cima al Vesuvio senza riposo' ed alquanto gagliarde duravano le esplosioni. La notte seguente il giorno selle crebbe con maggior forza V incendio, ed alla base del gran cono , scoppiando la già consolidala lava dei di precedenti, si aperse con insolito fragore nuova Locca erullante , e più tardi si formò una seconda ed una terza apertura c,c, e, due delle quali nel di nove, con le materie lanciate in allo , avevano formato due svelti coni e, e, e la terza, col gonfiarsi della lava, aveva preso la forma di' grolla e. Oltre le gittate di lapilli e di grossi massi distaccati , gran copia di Java scaturita dalle medesime aperture, percorrendo con istraordinaria velocità la parte orientale dell' atrio del cavallo, raggiunse nel giorno seguente le terre col- tivale che fiancbcggiavano la lava del '1834.11 vertice poi del Vesuvio prese a' tuonare con tal gagliardia sotto la punta del palo dalla parte interna del cra- tere, che il rumore si udiva distintamente da Napoli nella notte seguente il gior- no otto. E nella medesima notte rovinò sin dalla sua cima il fianco esterno del' Vesuvio a partire dal lato orientale della punta del palo, formandosi spaziosa cre- pacela 5f,(; ohe si congiunse con quella apertasi il giorno cinque più in basso. Il giorno nove di buon mattino la curiosità mi trasse ad osservare da vieti no il minaccioso spettacolo del nostro vulcano. Era il cielo da maravigliosa se- renila abbellito , e questa condizione mi faceva piuttosto temere tristi conse- {luenze , ricordando che lo sterminato e luttuoso incendio accaduto nel mese di- Dicembre del 1G31 fu immediataraenle preceduto da tre giorni oltreraodo sere- ri. Neil' uscire da Napoli mi si oiFerse il Vpsuvìo con due grandi strisce di den- so fumo di color fulvo , la superiore delle quali si partiva dalla cima, eia in- feriore si vedeva uscire didietro le falde del suo gran cono ; ed enlrambe pie- cavano a dirittura verso l' Isola di Capri, dove sembrava che andassero a finire. 11 sole ch'era da poco comparso sull'orizzonte, traspariva a traverso il fumo con lembi assai distinti , e con luce rossastra che non impediva fissarvi sopra gli sguardi. E quel che mi sorprese fu il non vedere alcun indizio di ombra' cagionata dalla sua luce , malgrado la nitidezza con cui si mostrasse il suo di. SCO. Del qual fatto mi parve doverne attribuire la cagione alla sabbia di cui era. no pregni quei turbini di fumo, e che formava come denso velo di opachi cor- picciuoli ; e però la luce che veniva dircliamcnte dal sole non era maggiore di. quella che si rifletteva dalle altre parli dell' orizzonte. L'impressione che mi destava- no i languidi suoi raggi non saprei meglio esprimerla che paragonandola all' insolita sensazione che si prova nelle grandi ccclissi solari in giorno sereno per quella incerta Ì7 lace che fa crelere vicina la notte a pieno meriggio. PerTcnuto a R«»ina, appena mes- somi in fia pel Vesuvio, e tacendo il rumore della Città, potei distinlameiile udire il tuo fragore che imitava assai bene lo scroscio del tuono; né prima finiva il rimbombo di un tuono tbo ; ma piuttosto erano da paragonarsi all' urlare del- le onde teinpesiose contro gli scogli, o al rovinare dei grandi macigni. Tal- ché maturamente ponderando le cose osservate , inclino a credere che il fragore del Vesuvio udito sin da Napoli nei giorni otto e nove di Febbraio era tutt' altro che lo scoppiare della lava fusa per la elaslicitli delle sostan- te gassose. E credo in vece che fosse l'effetto di grandi scariche elettriche nella superior fucina del Vulcano, in tutto somiglianti alle scariche delle nub- bi le quali cagionano i tuoni che sogliono accompignare i temporali. Sembrami pure assai probabile che esse avvenissero, se non sempre almeno il più delle volte, neir alto che la piena dei vapori prorompeva dal chiuso carcere delle materie fuse, come può dedursi da quel che ho pocanzi riferito. Né mi fa cambiare di avviso il non essersi mostralo in quei giorni alouu baleno elet- trico tra i vortici di fumo , come quasi sempre è accaduto nei grandi incendi vesuviani ; dappoiché le scariche, a cui p:irmi doversi attribuire il tuo- nare del Vesuvio, succedevano oell' interno della eruttante sua voragine. Nel luogo in cai mi era situato per contemplare da vicino la rumorosa cima del monte , mi era pur facile riconoscere le condizioni che olTriva la gran fenditura della quale ho pocanzi fatto menzione. Essa somigliava piutto- sto a lunga frana che a fessura prodotta dall' aprirsi longitudinalmente il fianco del gran cono. Nella parte superiore, per quanto potei giudicare col solo vederla, aveva circa trecento metri di larghezza ed era poco più di quaranta metri profonda, con ampio fondo leggermente concavo, e cosperso di grossi macigni, i quali era facile congetturare che vi fossero caduti dalle pareti laterali. Dei suoi lati l' oc- cidentale s'incurvava con profondo seno, e scendeva con dolce declivio sino al fondo, ed altro non oHriva che grandi sassi mescolati alla rinfusa con lapilli e sabbie. Il lato orientale poi di poco s' incurvava , giungeva in bisso con assai ripido pendio, ed in esso erano notevoli alcuni letti di leuciloliro che facevan parte dell' inierna tessitura del monte presso gli orli dd cratere. In qualche momento che il vento giungeva a sgombrare dal fumo la punta del palo, si vedea pure il lato orientale di questa punta bipartito pel prolungamento della crepacela. L' inferior parte poi di essa era molto più stretta, e pochissimo si approfondi- va, forse perché era slata riempita dalle materie scoscese nel formarsi la parte supcriore, che come ho fatto di sopra avvertire, si apiì posleriormeule nella notte seguente il giorno otto. Intanto questa fenditura noD vaallrimcolì eoa- ^0 siderala che come sprofondamento accaduto secondo una lìnea rolla di circa ■eltecento metri di lunghezza, e senza dubbio cagionata dalle interne vene delle materie fuse che costìtuìscooo la lava, e che infiltrandosi per mezzo le rocce del gran cono vesuviano si sono spinte sino ad uscir fuori. Egli è certiimcnte da oon lasciare inconsiderata questa maniera piutlosta fiequente di manifestar- si le eruzioni vulcaniche in direzione lineare. E quando dal contemplare li lun- ga frana che mi slava innanzi, volgeva lo sguardo a quei numerosi filoni di leucitofìro che di rincontro mi si offrivano sulle interne scoscese pendici dei monti' di Somma , chiaro mi sembrava scorgere un nesso tra questi e quella. Talché gli antichi filoni e ia recente fenditura di eruzione mi sembravano due fatti posti insieme per risciiiararsi a vicenda. Dappoiché al veJerc i filooi, al- cuni dei quali si scuoprono per la lunghezza di oltre quattrocento metri , mi era facile immaginare che in simil guisa nelle ascose viscere del Vesuvio fosse conformata la lava the si vedeva sgorgar fuori ; mentre poi dal recente feoo- Dieno rimontava il pensiero alle remote conflagrazioni del Monte di Si mna, im- naginando che quei filoni, uscendo uU' aperto, avessero similmente dato torrenti di accesa lava. Compiute queste indagini, non mi si offerse altro di notevole, e trascorso di vn' ora il Riezzogiorno , lasciai l' ardente Vulcano che sembrava ingagliardire l'impelo del suo incendio. Né durò mollo ad offrire novelli cambiamenti. Che ■verso le ore cinque e mezzo della sera del medesimo di nove, a breve distanza dall' orlo occidentale d€lla gran crepacela, ed a circa il sesto inferiore dell' al- tezza del gran cono vesuviano sgorgò altro torrente di lava. Il qu.»le disceso sul- la piccola lava hjj del giorno cinque di già raffreddata , la involse nella ignita sua corrente, e si avanzò nell' atrio del cavallo, ove poi piegando a man dritta , si congiunse con 1' altra lava che continuava a fluire dalla grotta pocanzi descrit- ta. Nonpertanto la nuova piena di lava pare che avesse segnato l' ultimo sforzo del Vulcano, e col suo sfogare si andò scemando il rumoroso tuonare, che verso le ore dieci della sera del gioruo nove non piii si udiva da Napoli, quantunqui* continuasse l'ardente cima del monte ad eruttare con alquanto minor furia. Per le relazioni ricevute dal sig. Fonseca, intelligente ed accurato osser- vatore dei fenomeni vulcanici, il quale si trovò nell' atrio del cavallo nelle ore vespertine del giorno dieci, ho potuto raccogliere che la nuova lava scaturiva di mezzo ad una longitudinal depressione poco profonda, la quale si estendeva alquanto al di là del quinto inferiore sulle falde settentrionali del gran cono, parallela all' altra maggiore crepaccia. Che nel luogo della sua uscita non si era formalo distinto cono , ed in vece la lava a piccole distanze dalla sua pia alta erigine in quattro altri punti gorgogliava e faceva piccole esplosioni, Is 21 qtiali faccvan credere ch'essa venisse fuori per cinque aperlure tulle situate nella medesima linea. Che al di là della fluente lava vi era un piccol cono erut- tante. E che io Gnc ncU'allo del Monte si sentivano due distinti rumori, uno somi' gliante a forte scoppio, il quale era subito seguilo da eruttazione di roventi sassi, a si ripeteva ad intervalli di tempo variaLili ; e I altro era continuo, simile a niormorio. La sera del giorno dodici lo stesso sig. Fonseca, ritornalo Deliatrio del cavallo, trovò di già consolidata la recenle lava in modo da potervi camminar sopra, mentre ancora continuava a fluir lentamente la lava /i/"che nel giorno nove usciva dalla grolla» Egli pure osservò in quella sera che in mezio ai turbini di fumo del supe- rior cratere di tempo in tempo si scorgevano alcune flessuose strisce di luce accom- pagnate da ripetuto scoppiellio . Le guide vesuviane chiamano fcrrilli questi baleni scoppieltanli, e cbiamaoo anche ferrilU certi peizi di lava acuminali nel- le due estremità a guisa di fuso, dai quali credono che il fenomeno sia cagio- nato o almeno accompagnato Tali pezzi di lava poi non sono altro che le ordi- narie bombe vulcaniche più allungale, e non mai mi si è ollerla 1' occasione di Terificare se essi sien veramente erultati con baleni somiglianti ai fulmini. Dal giorno dieci in poi si è vedulo di continuo declinare la gagtìardU delle esplosioni delle infocate pietre, e la piena delle lave ; ma non così It eruzione delle sabbie e dei minuti lapilli, che nel giorno dodici crebbe note- volmente e continuò sino al giorno quindici, infestando più delle altre contra- de le campagne di Oltaiano e della Torre dell'Annunziata. In Goe nel giorno tedici, quasi segno finale dell'accaduto incendio, proruppe il Vesuvio in due for- tissime detonazioni che, secondo il racconto fattomi dal cav. Tenore, furono di- stintamente udite dal R. Orto botanico della nostra Università circa mezz'ora dopo il mezzodì. Un simil fenomeno mi avvenne di osservare nel giorno due di Aprile del 1835 dopo la strepitosa eruzione di poche ore avvenuta la sera del dì precedente. Trovandomi allora per mare presso la spiaggia della Torre dell' Aniiuziala, ed essendo il Vesuvio in perfetta calma, un improvviso scop- pio richiamò il mìo sguardo sulla sua cima, dalia quale vidi uscire come glo- bo che lasciava dietro dì se lunga traccia di denso fumo. Tra i falli di quest'ultimo incendio, quello che porla maggiore apparenza di no- vità nella storia delle eruzioni vesuviane, è la novella conformazione della su- perior parte del monte, in cui si son formati due precipitosi ed ampi baratri, ciascuno dei quali può compararsi alla profonda cavità in forma di cono rovescio rimasta nello stesso luogo dopo I' ìiiccDdio del 1839, e che quasi sempre nella mede- sima guisa si è formata dopo le grandi eruzioni del nostro vulcano. Nelle due figure dulia terza tavola trovasi rappresentato 1' altopiano del gran cono del Ve- suvio qnale lo trovai nel di '.^3 di Febbraio. Giungendovi sopra dal Iato di mae. 22 ' «Irò (/, dopo brcTc estensione d' irregolar superficie orizzontale h,h, mi si offer- sero inoanzi due ampie falde dì monti il/, N entrambe eoo dolce pendio di- scendenti a man sinistra, e dietro di esse quasi nel mezzo s' innalzava la più alta cima b supcrslile dopo la recente conflagrazione. Questo slato di cose in nulla poteva riferirsi all' interno monticcllo, tav. 1" fig. 3", che prima esisteva! sul Vesuvio, né mi fu possibile intendere che cosa fossero quelle largite falde, se non dopo di esservi arrivalo sopra. Quivi mi accorsi che dietro dì esse si ascondevano due profondissimi crateri ai quali ciascuna separatamente appar- teneva, formandone gli orli rilevati , mentre poi la più emincnle velia che sor- geva posteriormcnle b stava nel mezzo tra i medesimi craieri, verlice comune ad entrambi, e quasi alla barriera di separazione tra 1' uuo e l' altro. Quan- tunque il Vesuvio fosse allora tranquillo, pure le onde di fumo cbe sorge- vano per tutto, seuza distinte fumarole, impedivano di vedere sotto a» colpo di occhio la intera estensione delle nuove voragini , e soltanto come variava la sorgente del fumo e T impelo del vento, ora una parie ed or T altra ai av- veniva di poter coalemplare. Quindi è cbe il disegno cbe ne ho fallo nella Cg. 2* della 3' tavola non ba potuto riuscire molto esatto nei suoi particola. ri. Nondimeno jsso è sufllcienle a dare una giusta idea delle inedesirac. Il cratere piti meridionale N mi sembrò nel suo giro superiorR quasi cir- colare, le sue pareti scendevano per ogni parte »irio in basso con ripidissi- mo e quasi uniforme pendio che le rendeva inaccessibili, e restriogendosi per gradi, finivano in angustissimo fondo. Delle combuste sue rocce, e di quelle specialmente sottoposte alla punta occidentale e, si vedevano continuamente ro- vinare in basso grossi pezzi, né altra cosa degna di nota mi si offerse nella interna sua struttura. L' allro cratere più settentrionale il/, alquanto più ampi» del precedente, era nella superior periferia ellitlico, ed i suoi orli si congiuu- gevano con quelli del vecchio cratere vesuviano dalla parte di greco e di le- vante. Le sue pareti giungevano in basso con pendio disaguale ; dappoiché quelle del lato occideulale , quantunque ripidissime , pure erano notevolmente inclinate sull'orizzonte, mentre le orientali sembravano scendere quasi a perpendicolo. E da ciò ne seguiva che il fondo, ancor esso angustissimo, paragonato all'ambito su- periore, si trovava non poco eccentrico. Dalla medesima parte orientale poi era am- mirevole osservare inferiormente alcuni suoli ben distinti di compatte rocce m,m, i quali costituivano l'interna compage del monte, e si vedevano posti allo scovcrto e di- visi da profondi solchi verticali. La profondità del secondo cratere, eh era alquanto maggiore di quella del primo, mi sembrò eguale alia profondità che aveva 1 unico cra- tere rimasto dopo l'eruzione del 1839, e che allora trovai eoa le misuFe b»- rom elfi cbe di mclri 285. 23 In quel medesimo giorno non mi fa possibile ri<:onoscere come dall' opposta banda scendussc la punta b che s' innalzava torreggianle sulle altre nel mezzo dei due crateri, ed in quale rulaiione essa si trovasse col sottoposto orlo del vecchio era- tcre. Ma essendo in seguito andato a visitare il lato orientale del gran cono ve- suviano, ho potuto di leggieri comprendere eh' essa aveva la sua base congiunta con l'orlo inferiore in modo da non potersi più questo ravvisare. Talché la me- desima punta di recente formazione costituisce ora una sola massa continua col cono del Vesuvio, ed è la sua più alta vetta, superando per più di cinquanta metri l'altezr-a della punta del palo, secondo le misure geodetiche eseguite il giorno selle di Marzo dal prof. Amante. Essa trovasi situata a scirocco ; quindi è che guar- dando il Vesuvio da Napoli , non è possibile farsene una giusta idea , sem- brando piuttosto eh' essa appartenga alle interne prominenze del gran cratere. Egli è però che pel novello incendio, il quale può dirsi moderato quinto ai fe- nomeni accaduti nel vertice del vulcano, questo ha acquistato maggiore altezza ; e ciò si accorda col principio in altro mio lavoro dichiarato, cha le piccole erul- tazioni servono ad innalzare il cono dei vulcani, e le tjrandi lo demolifcono (a). Non sarà di minore importanza per la storia dei monti ignivomi di notare , per quel che ne ha mostrato il Vesuvio in circa mezzosecolo, quanto sia facile cambiar di sito il più alto vertice dei loro crateri. Di fatto in una carta topografica del cratere vesuviano, fatta stampare dal Duca della Torre nel 1805, la sua più alla cima, allora denominala il Pfilo, si trova situata nel lato di greco alquanto verso le- vante, e tale sappiamo essere stata la sua situazione dopo i cambiamenti avvenuti per l'incendio del 1794, secondo quel che ne dicono il Breisluk e lo stesso Duca della Torre (b). Nella eruzione del 1806 riferisce Gioacchino Zorda che 7ina considrrcvol parie della sommità del Vesuvio cadde nella vulcanica voragi- ne (e). Quindi non è da maravigliare se nelle operazioni eseguite dal nostro Officio topografico nel 1818, la più alta cima era a settentrione, e questa pure è slata chiatiiata il Palo o punta del Pìì/o. Finalmente da quel che ho pocan- T.i riferii© si deduce che per 1' incendio del mese di Febbraio di quesl' anno, restan- do senza variare di altezza la sctlentrional punta del palo, si è formato uà altro vertice più allo nel lato di scirocco. Esaminati il meglio che potei i Dovclli crateri, ricercai se la crcpaccia osservala il giorno nove sulla falda boreale del gran cono avesse recato no- (a) Istoria delle eruzioni del Vesuvio accomcagnala dalla bibliografii delle opero scritte su questo vulcano. Inserita nel Pontano. Nap. 18V7, p. 110. (bl r>RFisi.AK. .Memoria sulla eruzione del Vesuvio accadutala sera de" lo Giugno 179i. Nap. Ì1'^'^. p. ~2. — Dcc.v della Torbk. Uelazione prima deli' eruzione del Vesuvio dagli 11 Agosto sino ai 18 Settembre 180i ; p. C. (e) Relazione dell' eruzione del Vesuvio dei 31 Maggio 180G. Nap. 10 Giugno 180G, p. 1'*. 24 teToli cambiamenti nel suo vertice. E trovai che il comignolo della prunta del palo a era rimasto inlatlo, meotre poi iiiimudialameiitc sotio di esso il Iato oriculale della medesima punta eia andato in rovina, e la frana /',f si estentleva negli orli del vecchio cratere per poco meno di treceolo taetri. Nò vidi^ come la prima volta, reslringetsi in cima l'ampio seno supcriore ; la qual cosami fece congetturare die per nuovi sooscendiaienti si fosse quivi posleriormeoie di- latato ; e trovai pure un enorme masso g distaccato dall' alto clic si era arre- stato per la china del monte dopo breve camuiino, non senza pericolo di pre- cipitarsi in basso presto o tardi. Credo poi che k gran pioggia di sabbie del giorno dodici, la quale era diretta da questa banda,, avesse di molto colmalo) il suo fondo ; dappoiché non piìi si osservavano i letti di leucilofiro de' quali lo fatto parola precedentemente. Quel cli3 ancora mi riusc'i grato di osservar» in questo luogo si è clie buona parte dalla frana metteva capo nelL' orlo pàìs basso p del maggior cratere ;, e però non mi rimane dubbi» che da questo veniva la grandine di sassi, ed in esso succedeva il fragoroso tuonare che ren- devano ammirevole il vertice del Vesuvio nel giorno nove. Prima di lasciare il vasto campo di ricerche in cui mi trovava^ ascesi snlla punta del palo per osservare da un punto eminente le profonde tracce- lasciate dal già sopito incendio, e vidi in lontananza la recente lava discesa nel piano che ancora fumava In molti luoghi , mentre nelle lave del sottoposto- atrio del cavallo, presso alla loro origine, non vi era più alcun segno dell'estuante ca- lore che pochi giorni innanzi le rendeva scorrevoli. Di là si vedeva distintamente d' onde era sgorgata ciascuna di esse, e come nel tortuoso loro cammino, ora in pili ra- mi dividendosi, ed ora congiuogciidosi insieme, chiudevano nel mezzo a guisa di isolotti certi spazt di sabbiosa terra con contorni mollo irregolari. Delle moa- taguuole eruttanti del giorno nove la più occidentale mi sembrava quasi intat- ta, e r altra rendeva somiglianza a crollante tugurio . E di rimpetto mi si ma- •traya l' insolita figura che facevano le interne pendici dei Monti di Somma si- tuate nella direzione di Oltaiano per la gran copia di bianchiccia sabbia di cui erano ricoperte. Merita pure essere ricordato che la punta del palo presso- la sua vetta dal lato iuterno era solcata da lunga fenditura trasversale e,e la quale si apri probabilmente nel giorno otto, e che le sabbie ed altre mate- rie frammentarie in essa raccolte non avevano potuto del tutto colmarla. L' aspetto che offriva quel giorno l" altopiano del nostro vulcano sarebbe stato gradévole , se le abbondanti esalazioni di acido solforoso e di acido idro- dorico mescolati ai vapori aquei non avessero recato incomodo al respiro , ed anche impedita nel suo insieme la magnifica vista delle novelle voragini . IiS sabbia ed i minuti lapilli; avendo ricoperto le ruvide asprezze dellclave soaturi- 25 te negli anni prececlcnti , rendevano agevole il camminarvi sopra, e non piccolo diletto veniva dal riguardare la terra cospersa di sostanze saline, nelle quali con molta grazia si mescevano al color bianco il giallo ed il raociato clic per gradi giungeva al rosso di minio. La bella mostra di si vivaci colori era più che altrove sorprendente presso gli orli occidentali del minor cratere N, ove r illusione, facendo obbliare gli orrori del vìcìao baratro , ti presentava come un campo smaltato di fiori nel più ridente Aprile. Questo che di leg- gieri potrebbe credersi esagerato, è anche inferiore alla naturai dipintura ili quel luogo ; ne trovo a che paragonare la vivacità di quei colori animati dalle umide esalazioni, e forse anche più abbaglianti pel contrasto con le vicine abbronzile rocce. Intanto non tralasciai di esaminare e di raccogliere diverse sostanze che si generavano per virtù delle vaporose emanazioni, alcune delle quali mi sem- brarono richiedere accurate ricerche analitiche. Tre di esse che si trovavano ÌD gran copia meritano essere a preferenza ricordate. La prima e più abbon- dante era il gesso, di cui ricercando la maniera come si formava , restai am- roìrato di non trovare le cose in modo da rendermi facilmente ragione della sua genesi. Avendo d'ordinario osservato altre volte il gesso, che si produ- ccj di tanto in tanto nel Vesuvio, aderente alle rocce in cui vi erano evi- denti segni di decomposizione, ho sempre creduto ch'esso fosse il risultamen- to della immediata combinazione dell'acido solforico con la calce che prov- venìva dalla roccia disfatta. Ma la gran copia di gesso che trovai nel giorno 23 di Febbraio formava larghe croste superficiali dell' altezza di tre a cinque millimetri sulle sabbie e su i lapilli del cratere senza che questi fossero menomamente alterati ; ed in alcune parli i minuti aghetti di gesso erano come candida brina sparsi sulla intatta sabbia. La natura dei componenti di questo mi- nerale, non permettendo di ammettere eh' esso potesse ridursi in vapori, e conser- vare nello tempo stesso intera la sua chimica composizione, in due modi son di avviso che possa intendersi la sua origine. Il primo sarebbe di supporre eh' esso sia trasportato disciollo dai vapori aquei ; ed il secondo, al quale piacemi dare la preferenza, consiste nel supporre in islato vaporoso, o almeno trasportato dai va- pori aquei, il cloruro di calcio. La qual cosa ammessa, sarà facile compreadcr<^ come il cloruro di calcio in contatto dell'acido solforoso e dei vapori aquei la- sci depositare il gesso sopra i lapilli che si conservano intatti. Le croste poi di gesso ciano formate da fascctti di cristallini aghifoiiui, e spesso tinte di co- lor giallo o Tacciato dal sesquicloruro di ferro. Avendole lavale con acqua stil- lata, ho trovato con i reagenti chimici nelle acque di lavanda gran copia di acido idroclorico, di acido solforico, di allumina, di potassa e di protossido di ferro eoa piccola quantità di sesquiossido di ferro. 4 26 Le allre due sostanze, cUe pure trovai prodursi in gran copia, non sono Su considerarsi come pure specie mineralogiche, essendo ciascuna di esse mescolan- za di diverse specie. Delle medesime una era di color bianco, in alcune parti 4.inta di giallo, e si presentava in forma di turgide prominenze cLc rendevano so- miglianza a piccoli cesti di funghi , e l'altra era in forma di «lalallill terro- se di color rosso-oscuro. La prima, the mi giunse del tutto nuova tra le produ- zioni altre volle osservate nel Vesuvio, tnci;ata con la lingua , manifestava sa" pore acerbo, era assai molle , e portata in casa, col prosciugarsi si restrinse ia minor volume , perdendo la primitiva sua forma, ed in più parti screpolandosi. Essendo essa solubile con molla faciltà nell'acqua, i saggi anali Liei praticali nella sua soluzione mi dimostrarono la presenza dell acido solforico, dell' acido idro- clorico, dell'allumina, della potassa, della magnesia e dell'ossido ferroso, alle quali sostanze bisogna pure aggiungere piccola quantità di ossido ferrico. D'altra parte i mol- li granelli di sabbia co' quali trovavasi mescolata mi rendevano molto dilllcile di prenderne direttamente una quantifa determinata per farne I' analisi quantitativa ; e ])erò fallane la soluzione concentrata, ho atteso qualche tempo per Vedere se qiiesla mi avesse fornito o materie cristallizzate, o deposito simile alla naturai produ- zione raccolta sul Vesuvio. Il fatto ha corrisposto alla mia aspettazione, essendosi formali molti cristalli grandetti di allume, ai quali erano uniti alquanti firistalli di solfato sodico ; e della natura si degli uni che degli altri mi è stalo ben facile assicurarmi per le particolari loro forme e perle loro qualitii chimiche che non ho tra- lasciati di esaminare. Dopo tre giorni, tolti dalla soluzione questi cristalli, l'ho ab- hardonala di nuovo alla lenla evaporazione, ed han continuato a depositarsi altri cri- stalli di allume, tra i quali, scorsa una settimana, ho veduto generarsi nuove forni* cristalline, che in breve si sono ingrandite sino ad avere nove millimetri di altezza ed ot o ili larghezza ; ed ho trovato che le medesime appartenevano al solfala di ma- gnesia. Per avere notizia della proporzione approssimativa delle sostanze cristalliz- zalf ,lio voluto pesarle, quando non più rimaneva che piccola (juanlitu di liquore ad eTaporarsi ; ed ho trovalo Cristalli di allume er"'. 7. 252 Cristalli di solfato sodico gr. 0, 938 Cristalli di solfato magncsico gr. 2, 703 Nel residuo del liquore in cui si erano formati questi cristalli, mentre non sijricons- sccva più col cloruro di platino la presenza della potassa, vi era ancora molta allu- mina ed ossido'furroso, un pòdi ossido ferrico, di magnesia e soda congiunte agli acr- idi solforico ed idroclorico. 27 Nella parie piana dell'antico cratere compresa tra occidente e seltentrione trovai pure che in diversi punii le fumarole dei giorni precedenti avevano lasciato scarsi de- positi di bianche concrezioni faiesccnli, le quali ho rinvenuto formale di solo solfalo di soda ; e n( gli ullirai giorni di Febbraio ho ricevuto allrc concrezioni raccolte pres- so gli orli dei nuovi crateri, le quali sono in tutto formale di allume eoa tessitura il- Lrosa grossolana, e con qualche raro cristallo in forma di ottaedro. Quanto alle stalattiti terrose di color rosso, esse erano in piccola parte so- lubili neir acqua, avendone disciolto circa il trentesimo del loro peso, e nella so- luzione aquca vi ho trovalo allumina, calce , magnesia ed acido solforico con piccola quantità di cloro. Nell'acido idroclorico si sono disciolte completamente, e dopo averne fatta la soluzione in quest'acido, ho trovato per gram. 1,40G Ossigeoo Acido solforico gr. 0,348 2oa Allumina gr- 0,283 132 Ossido ferrico gr- 0,505 152 Calce gr- O.O.'jO 014 Magnesia gf- 0,001 024 Potassa g'-- 0,035 oo(; Perdita gr- 0,124 gr. 1,406 • Da questi risullamenti si deduce essere le rosse stalattiti di composizione assai complicata, ed essere formate dal miscuglio di diversi composti chimici, tra i quali i pili abbondanti sono il sesquiossido di ferro, 1' allume ed il sotto sol- lato di allumina. E la perdita deve in parte almeno attribuirsi ad uà po' di clo- ro, ad un po' di acqua, e forse anche alla soda che nell'analisi non è stata ri- cercata. Tra le produzioni rinvenute nei crateri formatisi in questo incendio me- lila pure esser ricordato lo zolfo che assai scarso ed in forma di minutissimi cristalli, o in forma di globetli fusi si è raccolto sulle scorie di qualcuno dei fumaroli. Dei cristalli di oligislo poi, e delle belle fioriture di cloruro di rame, o di rame ossidato che sono assai frequenti nel nostro vulcano, non mi avven- ne di trovarne allatto; e soltanto in uno dei piccoli coni dell'atrio del cavallo trovai qualche tenue incrostazione di microscopici cristallini di oligisto. Non debbo lacere di avervi anche cercato invano il sale ammoniaco. Vi è 9noscendo qìianto importi per Io studio della storia naturale dui Yulcaoi V esaminare gì' igniti loro torrenti quando , ancora fumanti , sono già rappresi e convertili in dura pietra, non ho schivato il disagio di ascendere per la terza volta sul Vesuvio il giorno sette di Marzo. Emi dava maggior premura a ciò fare l'aver saputo che oltre le aperture del lato settentrionale, delle quali si è discorso di sopra, si era pure squarciato in piii parti il fianco orientale del gran ooDO vesu- viano, dando fuori anche da questa banda copiosi torrenti di liquefatte materie» Ritornato quindi neil' atrio del cavallo, fu mio primo pensiero rivedere la grau fenditura e le ignivome mnntagnuole osservate nel giorno nove di Febbraio , la qual cosa mi riusc: di fare assai facilmente, essendo del tutto cessato l'estuante calore e r incomodo fumo che in quel giorno nascondeva buona parte del grandioso spetta- colo. Quanto alla crepacciu, essa scendeva a dirittura verso quella prominenza dei monti di Somma denominata il Vitello, e però occupava il lato del Vesu- vio situato tra greco e tramontana. Avendola misurata alla sua base, la trovai centosessanta metri larga, e più del doppio si deve calcolare la sua larghezza superiore. Si vedevano sparsi colà presso molli pezzi del diametro di un me^ tro e mezzo sino a tre metri i quali erano per la maggior parte formati di Icucitofiro o di augitoGro , e qualcuno era pure composto di sodo aggre- gato di sabbie e di lapilli ; né cade dubbio eh' essi sieno stati sbalzati dall' allo ncir aprirsi il fianco del monte, o almeno sieno giù precipitali da quella rovinosa frana. Nel mezzo di essa si vedeva scendere la la^a sgorgata i4 giorno cinque di Febbraio, tav. 2', a, la quale giunta ai piedi dui ir.o ile che si denomina il Vitello, si era più di quel che si potrebbe credere sollevata su di se slessa raggiungendo per lo meno 1' altezza di cinqumta metri. Per mol- le accurate descrizioni che abbiamo delle strane vicende che olirono le lave Tulcaniche nel loi-o cammino, sappiamo pure come esse s' innalzino quando ii- conlrano un qualunque ostacolo ; ma non credo che altro esempio d' ina'ilza- menlo sia stalo mai osservato maggiore di questo da me riferito. Nel mezzo poi della medesima lava, e dove essa raggiunse la base del gran cono, stava« Iti grau parte rovinato, uno dei piccoli coni ( e posteriore ) che eruttavano il aiorno nove, dalla base del quale si vedeva essere uscita novella lava ; e for. Fé anche dalla sua base era usi'ita la lava m,m che si era dislesa nel canale dell' arena, e che trovai consolidata nella mia visita del dì nove. L' altro piccolo cono (cameriere) era siui:ito fuori dell' orlo occidentale della crepaccia, ed a pochi metri di distanza dal medesimo orlo. Esso si conservava quasi intatto, »s scendeva poco al disotto del precedente, e sempre più oltre nella direzione meri-- dionale ; e dove questa lava si avvicinava a' pie del monte , nel mezzo di essa'- vi eia un' altra bocca di eruzione facile a riconoscersi , perchè quivi ancora si scorgevano le rovine di un cono con profondo seno nel mezzo. Molto disco. sto poi dalle precedenti e più in basso, a fianco di un monticello di scorie che ancora contrasegnava il luogo d'onde venne fuori la lava del 1834, si vedeva 1' orìgine della settima lava , distinta da irregolar prominenza. Questi torrenti ^ giunti nel piano sottoposto alle pendici orientali del Vesuvio, formavano congiun- geudosi insieme, e congiungendosi al torrente che veniva dal canale dell'arena, vasto campo di ruvide rocce nel mezzo del quale ancora si distingueva il cam- mino tenuto da uno di essi più largo degli ali ri, e che nel consolidarsi era ri- masto con la superficie divisa in forma di grossi tavoloni. Eran pure ammirevo- li in mezzo alle asprezze di quella desolante pianura alcune cavità circondiate i^ 31 orli rileTati, cbe dimostravano i luogbl ove le lave avevano fatta eruzione di ma- terie frammcnlario al pari dei piccoli coni d' onde esse erano uscite. E questa era accaduto , come per altro osservazioni di tal natura mi è facile giudicare non perchè si fosse aperto il sottoposto piano dell' atrio del cavallo, ma perchè le lave per se slesse in taluni particolari rincontri prorompono in tali eruttazioni. Non è possibile conoscere con precisione i giorni in cui si aprirono le boc- che del lato orienlalc , dappoiché quel luogo era iiiaucessibìlc per la via degli atri, nei giorni clic crutlavani) i moulicclli del lato boreale. Ma non cade dubbio che esse si sieno formate tra il dì cinque e dodici di Febbraio, giacche prima di allora non esistevano, e nel di tredici furon trovate già estinte. Quando io le visitai conservavano ancora a breve profondità forte calore che le dimo- strava di recente formazione ; e le montagnuole che si erano innalzale sulle prime tre aperture, e sulla qninta ancora, oilrivano aperto da capo a fondo eoa ampio squarciamento il lato orientale, eh' era il Iato pel qaale le lave, seguen- do la china del monte, erano scese. Oltre i torrenti che venivan fuori per le descritte sette aperture, e che poi si coDgiungevano nel sottoposto piano , vi erano ancora due altri getti di lava che si partivano alla distanza di qualche cento metri o foco piii dall' orlo del cratere, e scendevano in basso quasi paralleli tra le due ultime aperture inferio- ri. Uno di essi, il più meridionale, era sgorgalo il di 10 Gennaio del 1849 , e r altro appartiene a qucsl' ultimo incendio, ed è il solo che siasi arrestalo poco prima di giungere a pia del monte. Le mol-e lave tutte uscite dai fianchi o presso la base del gran cono vesu- viano dal giorno cinque ai dodici di Febbraio sono tutte sottoposte alla maggio- re delle due voragini, tav. 3". M, sprofondatesi nell' altopiano del vecchio cra- tere ; e da questa banda si crederebbe il Vesuvio per tante aperture e crolla - menti fortemente minato sin dalle fondamenta. NuUadiraeno sono bea lungi dal predire per questo una facile e prossima sua rovina ; perchè mi penso che le ma- terie fuse delle lave attraversando le interne viscere del Vesuvio sino ad uscir fuori, e sgorgata quella quantità delie medesime che corrisponde alla loro piena ed alla forza dell' interno impulso, rimane poi dopo l' incendio in forma di soli- di e profondi filoni l'altra parte che non ha potuto venir fuori. E questi filoni, somiglianti a quelli che si osservano nelle interne pendici dei monti di Somma, aggiungono nuova forza, e rendono piìi stabili i coni di eruzione, formati in gran parte da materie frammentarie. Ponendo mente ai particolari che ci ha offerto il recente incendio, ci si offre pure a considerare che se nei monti ignivomi, aprendosi diverse bocche di eru- zione , il fatto ha dimostrato cbe esse assai spesso si sieoo disposte in una me- 32 desima linea rctla, non si deve da ciò stabilirò la regola cha sia iiell' ìndole dei medesimi di formare le loro aperture disposte nella medesima direzione. E la soia disposizione delle bocche apertesi nel fianco orientale del Vesuvio offre tale esempio contrario all' enunciato principio , che non se ne potrebbe deside- rare nn altro più evidente. Egli è vero che le aperture situate per dritto le une co» le altre meglio si accordano con la dottrina che fa nascere le eruzioni vulcaniche per lo multarsi dall' interno della terra i filoni di materie fuse ; mx la irregolare distribuziofle di tali aperture certamente non contradice la medesi - ma dottrina, dappoiché gì' interni filoni, potendo in più. rami dipartirsi , questi sbucheranno e faranno eruzione in diversi punti della superficie dei vukani sen- za regola alcuna. Se poi volessitno dare un rapido- sguardo ai fatti cha ci ha presentati gue- st' ultimo incendio, ed ai cambiamenti osservati nel "Vesuvio , a cominciare dal 4841, per farne l'applicazione alla teoria dei crateri di sollevamento , da illu- stri geologi adottata e da altri combattuta, molte cose si potrebbero notare alla medesima teoria contrarie. Il fondo del vecchio cratere è andato man mano in- nalzandosi Dou perchè da interna forza fosse stato trasportato dal basso in alto ; ma perchè nuove materie quasi ogni d'i sboccate pec diverse aperture son venute ad accumularsi, ed a formare novello fondo più alt» del procedente. E questo un fatto che più e più volte ho avuto occasione di verificare da me stesso, e pec darne un esempio, nella fig. 2' della 1' tav. ho rappresentata l'in- terno cono di eruzione quale lo trovai nel giorno 13 di Ottobre del 1843. Intorno la sua base si vedeva una lava e, e lluita pochi giorni prima , e so- pra di essa già si stava spandendo un' altra lava d^d uscita dui lato orientale della base del medesimo cono. Dal 1845 io poi spesso ho veduto tre o quat- tro getti di lava andar lentamente avanzandosi sulle lave del giorni precedenti in diverse parti del fondo del cratere già divenuto più ampio, perchè levato- si a maggiore altezza. La gran massa di materie frammentarie, più di sessanta metri alla, tav. 3", fig. 2", b, che in pochi giorni si è addosnala sull' orlo del vecchio cratere dal lato di scirocco è un altro fatto che dimostra con quanta faciltà si possono innalzare i monti con cratere di eruzione. E giova pure ri- cordarlo che la storia degl' incendi del Vesuvio dal 1 G3 1 ( quando il suo cono restò oltre duecento metri più basso dell' attuale ) sino a d'i nostri, ci offre tali pruove di somiglianti innalzamenti, che non era necessario vederne un esem- pio accaduto sotto gli stessi nostri sguardi per restarne convinto. Aggiungasi ^lure che nelle tante crepature per le quali i torrenti di lava si son fatta strada all' aperto, invece di formarsi il benché minimo sollevamento di suolo, si «cno io alcune di esse osservali aotcvoli sprofundamenù.. Né voglio piiji in- 3? Iraltcncrml su tale argomento, pel quale potrei molle altre coaslderazioni ag- giungere, avendone già detto quanto basta per far servire alla Scienza i fatti rac- colti neir incendio che mi ho assunto 1' incarico di descrivere. La gran fiu.'nara, nella quale si erano raccolti i diversi rivoli delle fluenti infoca - te rocce, doj)o aver camminato per circa duemila e cinquecento metri nella vallo chiusa tra il Vesuvio ed i monti di Somma, pervenuta tra le basse prominenze che vcngon thiamatc Colinoli ili Ouaiano e Corjnoli di fuori, ed ingolfatasi nel seno che separa gli uni dagli altri, si era divallata per le pendici dell'an- tico Vesuvio volte tra oriente e sciroccov Seguendo quasi lo stesso cam^nino delia lava del 183'i, aveva circondato ed abbattuto il casino del Principe di Otlaiano ; e scesa al piano, si era moltodistesa' in larghezza, accennando presso la masseria di S. Teresa di volersi dividere in due rami, dei quali il sinistro essendosi ben presto arrestalo, il destro si era inoltrato sino alla masseria di S. Felice, ed a Sco':ozz(i. Non è- mio scopo di far conoscere i danni cagio- nati iu quelle l'ertili campagne djll' ignito torrente ; nò mi occuperò a descri- vere i fenomeni della, lava in sì lungo cammino di circa seimila' e cinque- cento metri , a contare dai cognoli di Otlaiano , non essendo a mia notizia alcuna cosa degjia di essere ricordata,, all' infuori della produzione del sale am- moDÌaco, di cui ho precedentemente discorsot E ritornando suU' atrio del cav-allo, la. lava che in quella eminente vallata si era di già indurita , manifestava; dopo^ un mese da che aveva fluito, ancora energico 1' interno cidoro , e speclalnicnto sotto la cresta dei monti di Somma che si estende dalla punta; dei cervi sino- ai cognoli di Otlaiano. Quivi era inco - niodissimo avvicinarsi ad alcune' ardenti fumarole, non tanto per le soiTocanti esa- lazioni di acido' idroclorico, quanto- per 1' estuante cidorc capace di fondere le grosse croste- di sai marino com olcruno potassico-, che si erano depositate sulla supcrGcie dcUe scoria. Io quasi tutto le fumarole- che con molta attivila esala- vano dtns» vapori, oltre il ajescuglio dei cloruri di sodio e di potassio che vi si rinveniva cristallizzato, o- coralloidi» , o incrostante, era ammirevole il co- lor giallo delle vioìno seorie-, dovuto- al sesquicloruro di ferro , e nella me- desima condizione sì trovavano molli altri punti, nei quali era facile conget- turare che poti» giorni prima vi fossero slate somiglianti esalazioni. Esami- nato più atlenlamcnte (pielle gialle scorie , le ritrovai ricoperte di piccole as- prezze y rigide al tatto , alcune delle quali erano acuminate e ramose , altre ottuse , e formavano come strato superliciale di densa lli)rìtura di color giallo. Di ritorno in casa, i saggi meco recali di tali scorie, attraendo l'umìdilu dell'aria at- mosferica pel cloruro di ferro che contenevano, si mostrarono bagnate, mentre poi JB piccole punte della liontura, erano insolubili oeU' acqua. Per non più rilar- 5 31 . dare la pubblicazione della presento memoria ho tralasciato per ora di fare ac- curate ricerche per riconoscere la loro natura. Quanto alle grosse croste saline delle meJesirae fumarole, di cloruro sodico e di cloruro potassico, siccome il cloruro potassico non è riconoscilo dai mi- neralogisti tra le produzioni vesuviane, ho stimato di doverne assicurare la esi- stenza con rigorosi esperimenti; e nel tempo stesso di determinare la propor * zione nella quale si è trovato unito al cloruro di sodio. Fatta la soluzione del sale nell acqua stillata , ho riconosciuto in esso la presenza del potassio dal perchè il cloruro di platino vi ha prodotto alquanto precipitato giallo gra- nelloso , e la soluzione di potassa non ha fallo svolgere odore di ammoniaca. Nascendomi il giusto sospetto che la potassa potesse stare combinala all' acido solforico, non ho mancato saggiare il liquore col cloruro di bario, il quale non avendo nemmeno intorbidata la soluzione , mi ha assicurato dell' assoluta man- canza dell' acido solforico. Gli alcali ed i carbonati alcalini neuìmeno bau fatto nascere alcun precipitato, e soltanto in alcuni casi in cui il minerale offriva lie- ve coloramento in verde, l' ammoniaca ha fatto prendere al liquore debole tin- ta azzurra dovuta a qualche traccia di rame. Per determinare le rispettive quan- liià del cloruro potassico e del cloruro sodico, li ho ridotti in solfali neutri. E liti ciò fare mi sono assicurato del totale discacciamento del cloro , sag- liando i solfali col nitrato di argento. Poi per rendere peifeltamente neutri i solfali, li ho arroventali in crogiuolo di platino tenuto sulla fiamma della lampada alla Berzelius , aggiungendovi alcuni pezzetti di carbonato ammoni - co sino a che, ripetendo l' operazione, essi non si sono più scemati di peso. Sospettando di poter trovare i due cloruri in proporzioni atomiche eguali , ho posto in questa ricerca maggiore scrupolosità ed esattezza di quanto se ne richiedeva per l' analisi di un mescuglio di sostanze in proporzioni variabili. Intanto i solfali di potassa e di soda arroventati nel crogiuolo han pesato grammi 3,130, ed avendoli disciolti nell' acqua , e poi precipitato col cloruro di bario il solfalo baritico, questo si e trovato pesare grammi 4, 549. Da ciò si deduce che l'acido solforico dei due solfati pesava grammi \, 5G3, e final- mente calcolando da questi risullamenti le quantità rispettive dei due cloruri , si trova che in 100 parli vi erano di cloruro potassico 37,54 e di cloruro sodico 62,45. Tralascerò come cose di minor momento le ricerche fatte sulle altre su- blimazioni saline trovate nei due piccoli coni di eruzione, tav. 2", c,c, nelle quali era spesso ben pronunziata la tinta azzurra o verde dovuta al solfato o cloruro di rame. Fra le cose poi che piìi mi fu grato di osservare in quel giorno suir atrio del cavallo erano le larghe croste di sali che ricuoprivano ìiD molte parli non solo il gran cono vesuviano , ma, quel che mi recò al- 35 quanto di ammirazione , anche le interne falde dei monti di Somma sino al- l' allezzi di olire cento venti metri a partire dalla lava fluita nel fondo della Yalle. In qiiost' ultimo luogo non vi poteva essere alcun diibbio chi i sali vi fossero stati diposituti dalle esalazioni della sottoposta lava, e le loro croste che giungevano ad avere la spessezza di quattro millimetri , ricunprivano nou solo la superficie dei recenti depositi di sabbia, ma ancora i filoni di Icuci- toCro, che non mostravano alcun segno di decomposizione. Ho creduto di do- Tere avvertire questa condizione , perchè quanto alle croste che ricuoprivano la sabbia, essendo i sali che le compongono assai facili a disciogliersi nell' ac- qua, si poteva pur credere the questi fossero stati colà trasportati dalla me- desima sabbia, e poi per la cagione dei fenomeni capillari fossero stati por- tati alla superfìcie. Non Lo mancato fare qualche esperimento per riconosce- re la natura dei sali di cui si componevano le riferite croste , e nella loro soluzione vi ho trovato molto acido cloroidrico ed un po' di acido solforico combinali alla inagnesia, alla potassa, alla soda ed a piccola quantità di al- lumina. Lo stato del Vesuvio nel dì sette di Marzo era tale da far sospettare nuova ripresa d'incendio; giacché presso la sua base si sentiva intcrnainea- te gorgogliare con forte ronìore somigliante a quello del bollimento dei liqui- di ; e sono slato assicurato che cominciò a manifestare questa interna agita- zione tre giorni innanzi. 11 suo vertice mandava molto fumo, senza esplosio- ni, e nei primi giorni del mese vi erano slati notevoli scoscendimenti negli orli rilevati dei due crateri novellamente apertisi in cima. Camminando sulla lava dell'atrio del cavallo, più volte sentii scoppiarmi la terra sotto i piedi, e mi fu facile avvertire che lo scoppio provveniva dal rompersi 1" interna massa della lava che col raflVeddarsi si restringeva in minor volume ; ma vi fu pure «no di tali scoppiamenli assai più gagliardo degli altri , 1' origine del quale mi sembrò che fosse stala in luogo assai profondo , e col rotolare in basso alcune pielruzze, mostrarono di averne risentita la scossa il Vesuvio non meno che i Monti di Somma. Nello stesso giorno presi conto delle mofcle, le quali cominciarono a ma- nifestarsi sin dal giorno due di Marzo, e trovai che esse erano frequenti e co- piosissime ; e molti casi mi furono riferiti di uomini caduti in asfissia, e poi eon opportuni soccorsi richiamati in vita, per non essere stati accorti a can- zare le micidiali loro esalazioni. Le più energiche mofete che ho avuto T op- portunità di osservare, e quelle che, secondo le notizie ricevute, recavano mag- giore spavento, uscivano di sotto le lave del 1631 ; e manifestavano lieve odo- re che mi sembrò quello slesso dell" acido idroclorico. Asceudeudo per la via^ 36 ilei Vesuvio in nicz7.o allo Icrro coltivate, in iIìfci-sì punti avvcrlil dislinta- rncnte il nictlcsiuio odore, e senza prestar fede alla mia guida che diceva essere r clTetto delle niol'ele, credei piuttosto che j)rovvenisse dall' acido idroclorico emanato dalla cima del monte, e disceso sino in basso. Pure coniinuando a camminare, se non restai pienamente persuaso in contrario , ebbi ragione di dubitare della mia propria opinione ; giacchi; superati circa trecento metri di altezza, non mi fu possibile di più avvertirlo. E perù sono indotto a crede- re che unitamente all' acido carbonico siasi emanalo nelle mofcte un tantino di acido idroclorico. Anche le aeque dei pozzi, siecorae ne ho fatto 1 espe- rimenlo presso la Chiesa di S. Maria a Pugliano e presso la Regia di Portici , mostravano al sapore contenere mollo acido carbonico ; e trovai pure i coloni delle basse pendici occidentali del monte, che slavano in grande apprensione di veder perire in breve le piante, le cui radici sono infestate dalle morti- fere esalazioni di questo acido. Prima di dar termine a questa relazione mi rimane a dire poche cose sul- la composizione mineralogica delle sabbie e delle lave. Nelle prime, che im- propriamente dal volgo si chiamano ceneri, sono a distinguersi una parte in lorma di tenuìssima polvere che non è possibile riferire ad alcuna specie o- rittognostica, ed un' al ira parte composta di minuti granelli che con la decan- tazione si può separare dall' altra. Tali granelli sono formati di augite e di leu- cite, alle quali specie vanno unite non poche pa;;liuole di mica , ed alquante particelle di titanato di ferro, che si possono riconoscere separandole con la calamita. Non ho trovato alcuna differenza tra le sabbie raccolte in luoghi, alquanto lontani, come su41a punta del palo e sopra i terrazzi di Ottaiano ; e r acqua stdlata con la quale le ho decantate, dopo 1' evaporazione, ha lascialo no sedimento, che non eccedeva 1 due millesimi della quantità della sabbia, formato di gesso unito alle medesime sostanze saline rinvenute sul cratere. Le lave contengono, secondo il solito, molli cristalli di augile e di leucite, e dei primi assai più che dei secondi. Son pure ia esse notevoli alquante laminuc- ce di mica. Quel che più importa sapere a loro rignardo ò il lungo spazio per- corso di olire novemila metri, a cominciare dalle aperture del canale dell' are- na, la quale lunghezza non è stata mai raggiunta da altre lave scaturite in di- ciotte secoli, da che abbiamo notizia degl' iocendì vesuviani. 3T Osservazioni gioviìaìicre dei cambiamenti accaduti nel Vesuvio dal Ì8iO sino al mese di marzo del '1850. Queste osservazioni sono state fatte in parte da me stesso nel visitare il Vesuvio, ed in parlo le ho laccoite por le notizie ricevute da persone solite a frequentare il nostro vulcano , richiedendo alle medesime che mi avessero rac- colte le svariate sosianze che in esso di tempo in tempo si sono formate. Le misure riporiale per gli anni 18'i5 , 184G , e 1847 sono state eseguite con i più esalti metodi geodetici che ora la scienza possiede, dal Prof. Amante , il cui nome è hastevole guarentigia della loro esattezza. Proponendomi nel pub- blicare queste cfemeridi di far conoscere la natura dei cambiamenti ai quali il Vesuvio suole andare soggcUo, ho tralascialo le osservazioni di molti giorni che mi trovava di aver registrate nelle mie carte , e che nulla d' importante avrebbero oggiuulo a quelle che ho prescelte. Debbo finalmente avvertire di avere omesso nelT indicare le produzioni vesuviane il cloruro di sodio , i clo- ruri di ferro e l'acido idroclorico , perchè dei medesimi avviene sempre tro- Taroe o molto o poco ; e quando ho parlato della base del Vesuvio, ho inteso dire la base del gran cono che finisce o nell' atrio del cavallo , o in quel debole pendio chiamalo le piane , che ha la medesima altezza dell' atrio. 3/ marzo iS40. Forma del cratere come trovasi espressa nella fig. l" della tav. 1" ; acido solforoso e gesso nel fondo del cratere j colunnia e rame ossidato presso la punta del Mauro b. 90 scUnnbrc 'IS'H . Eruzione di pietre dal fondo del cratere. ■i7 luglio 4842. Eruzione di pietre dal fondo del cratere ; mancanza di acqua nei pozzi di Resina. 44 gcnnajo 4843. Piccolo cono eruttante noli' interno del cratere. 45 marzo Tre correnti di lave uscite dalla base del cono interno ; cristalli di oligisto nelle fumarole. m marzo Due nuove bocche eruttanti a fianco del cono interno. 30 giugno Due correnti di lave sgorgate presso la base del cono interno. 45 luglio Cono interno eruttarne per tre bocche ; lava uscita dalla sua base. 4 settembre Gran fenditura longitudinale nel cono interno ; violenta eru- zione di sassi ; cloruro di rame nelle fumarole. 9 settembre Kuovo cono interno sulle rovine del precedente ; lava u«ciia dalla sua base. 45 ottobre Cono interno eruttante per tre aperture , due delie quali eramo 38 3i ottobre 1843. "ÌS novembre 30 novembre 44 dicembre, — — 19 gennaio iS44. 31 gennaio !Ì7 febbraio 2 marzo 5 aprile dS aprile 22 aprile 6" luglio — — 22 luglio 4 agosto '■ ÌD cima, e I' altra nel suo fianco orientale ; lava uscita dalla sua base. Vedi tav. I" , fig. 2a. Due aperture nel cono interno delle quali una sola eruttante ; lava uscita dalla sua base ; solfalo di rame nelle fumarole. Sei correnti di lave uscite dalla base del cono interno ; abbon- danza di oligisto e di cloruro di rame nelle fumarole. Cono interno eruttante per quattro bocche ; lava uscita dalla sua base scorrevole piìi dell' ordinario. Lava uscita sotto la punta del palo nell' interno del cratere ; abbondanza di oligisto e di rame ossidalo. Selle correnti di lave uscite da diverse parli del fondo del cra- tere ; gran parte del cono interno rovinata. Cinque correnti di lave uscite presso la base del cono interno ; Beli' origine di una di esse eruzione di sassi, come dal vertice del cono. Lava uscita a circa cinquanta metri di distanza dal cono interno; abbondanza di oligisto. Nuova bocca di eruzione nel cratere dal lato di scirocco , dalla quale uscirono molli rivoletti di lava ; cono interno e- ruttanle per tre bocche ; eruzione di cristalli isolati di piro»- sene. Gran fenditura nel cono interno ; lave fluenti per cinque parti ; abbondanza di rame ossidalo. Eruzione di fumo in forma di cerchi. Cono interno eruttante per due bocche ; altre quattro bocche di eruzione nel fondo del cratere presso la base del cono ; gran fenditura nell' interno del cratere dal lato di scirocco ; abbondanza di oligisto e di gesso. Tre correnti di lave dalla base del cono interno ; eruzione di fumo in forma di cerchi. ■ Eruzione di fumo in forma di cerchi per l' intera giornata ; forti boati ; quattro correnti di lave dal fondo del cratere ; molte fenditure nel cono interno ; mancanza di acqua nei pozzi di Resina. Grandi stalattiti di cloruro di sodio e di potassio mescolalo ai cloruri di ferro ; le quali conservate per molti giorni, lascia- rono gocciolare il cloruro ferrico disciollo dall' umidita dell' aria, e *i coprirwuo di cristalli verdi di cloruro ferroso. S9 2S agosto Ì8f4, Vertice del cono interno più alto degli orli del cratere ; due correnti di lave dal fondo del cratere ; eruzione di cristalli i- solati di pirossene. 4 seUcmhre Grande eruzione di brani di lave dal vertice del cono interno. 8 settemùrc Ciollamento del vertice del cono interno ; Ire bocche eruttanti sotto la punta del palo. 30 ottobre Due nuovi piccoli coni eruttanti nel cratere , e diverso cor- renti di lave uscite dal suo fondo ; abbondanza di oligisto e di solfato di rame. 4 novembre — — • Due nuovi piccoli coni di eruzione, essendo distrutti quelli del di 30 ottobre ; grande corrente di lava uscita dalla base del cono maggiore. Due nuovi piccoli coni dieruzione dal lato orientale ; sei correa- li di lave uscite dall' altopiano del cratere. Tre correnti di lave uscite dall'altopiaDo del cratere ; graa co- pia di sai marino. Veemente eruzione del cono interno , e crollamento del suo vertice ; nuovo piccolo cono eruttante ; diverse correnti di lave nel cratere. Gagliarda eruzione del cono interno ; altopiano del cratere senza lave fluenti ; oligisto e solfato di rame nelle fumarole^ Due piccole bocche eruttanti nel lato orientale ; eruzione di cristalli isolati di leucite da una di esse ; gran torrente di lava uscita da una fenditura formatasi presso le due bocche ; grandi massi eruttati dal cono interno ; abbondanza di sol- fato e di cloruro di rame. Cono interno tranquillo ; quattro correnti di lave uscite dal- l' altopiano del cratere ; abbondanza di oligisto. Cono interno tranquillo per gran parte della giornata ; piccolo cono eruttante di breve durata ; gran fenditura nell' altopia- no del cratere presso il lato orientale. Gagliarda eruzione del cono interno ; lava nell' altopiano del cratere nel lato di scirocco ; altra lava dal lato di maestro che superò gli orli del cratere. . Due nuove bocche di eruzione , una sotto la punta dfl palo, e r altra dalla parte di libeccio. Tre piccoli coni eruttanti con forte rumore dalla parte di oc- cidente ] e da UDO di essi eruzione di cristalli isolati di pi 20 dicembre • 34- gennaio iS45. 3 febbraio • 49 marzo 22 aprile 30 aprile ^-/ maggio 'J4 giugno — — 9 luglio 7 agosto — — iù rossene ; molti getti di lave nell' altopiano del cratere. 55 agosto 'JSÌ5. Strepitosa cruiioiie del cono interno ; eruzione di fumo io for- ma di cerchi ; alcune piccole bocche erultanli nel lato oc- cidentale ; molte lave nell' altopiano del cratere ; abbon- danza di oligisto. '29 iKjoslo Meteora luminosa sul Vesuvio verso le ore dicci della sera. 3 settembre La medesima meteora luminosa del di 29 agosto verso le ore undici della sera. ■J4 settembre Grande cavità con Ire bocche erultanli dalla banda di c,re. co ; eruzione di cristalli isolali di leucite dal cono inter- no ; abbondanza di cloruro di rame ; meteora luminosa sulle basse falde del Vesuvio dalla parte di Resina. 2i settembiv — — Forte eruzione del cono interno , con rovina della sua ci- ma ; lava uscita dal fondo del cratere. dO novembi-e Nuovo piccolo cono di eruzione , dalla cui base uscì un torrente di lava. .io novembre Vertice del cono interno metri ventuno e tre decimi piìv basso della punta del palo ; altezza della punta del palo sul mare metri 1203; essa è situata nel lato boreale, ed il meridiano che passa pel centro del cratere incon- tra la punta del palo, e la punta del nasone, eh' è la piii alla cima dei monti di Somma. .?? novembre Torrente di lava uscito sotto la punta del palo ; ed altre lave dalla base del cono interno ; straordinaria quantità di fumarole. 9 dicembre Due piccole bocche eruttanti tra la punta del palo ed il cono interno ; gagliarda eruzione del cono interno ; sol- fato di rame nelle fumarole. ^2 a 30 dicembre — Eruzione di fumo in forma di cerchi. Si gennaio 1846. Cono interno eruttante per quattro aperture ; molte lave u- scite dall' altopiano del cratere. 98 gennaio Piccolo cono eruttante dal lato orientale ; molle fenditure nel cono interno ; strepitosi rumori ; disseccamento di • alcuni pozzi in Resina. 4 febbraio — — Lava uscita dal cratere e calata sino alla base del gran cono vesuviano dal lato di maestro. «7 febbraio Gran pantano di lava ondeggiante ed altri gelll di lata rid- i' altopiano del cratere ; vertice del cono interno metri 41 nove e mezzo più basso della punta del palo. i4 mar-o iS/G. Mollo lave uscite Dell' altopimio del cratere , una delle quali oltrepassò gii orli did cr.ilore dal lato di maestro. J/ marzo \eriico del cono interno metri sei ed otto decimi più bas- so della punta del palo. iSapiiìe Sei piccoli coni eruttanti nel cratere; eruzione di fumo \n lorma di cerchi dal cono interno ; mancanza di accjui in alcuni pozzi di Resina. 12 maggio Cono interno mollo acuminalo in cima ; oligisto nelle sue fumarole ; molte lave Uuenti ncU' altopiano del cratere. 27 maggio Forte crutionc del cmo ialeruo , e crolianjeuto della sua cima. 24 giugno Fumo dannoso alle campagne di Resioa ; disseccamento di alcuni pozzi . .5 luglio Vertice del cono interno sedici metri e mezzo più alto del- la punta del palo. 8 luglio Lava discesa dal cratere sino alla base del gran cono ve- suviano dal lato orientale ; mancanza di acqua in molli pozzi delle vicine campagne ; molte boccile eruttanti ncl- 1' altopiano del cratere. io agosto Gran fenditura dal vertice alla base del cono interno con profluvio di lava; piccolo cono alla base del cono in- terno eruttante con impeto gran copia di sassi e cristalli isolati di leucite. 26 agosto Pantano di lava ondeggiante presso la base del cono inter- no ; eruzione di cristalli isolati di leucite ; lava discesa dal cratere sino alla metà del gran cono vesuviano dalla parte di maestro. i3 settembre Lava uscita dalla base del cono interno ; piccole bocche e - ruttanti ncll' altojìiano del cratere, 20 novembre Pantano di lava ondeggiante nel cratere presso il lato orien- tale ; impetuosa eruzione del cono interno . 29 novembre Cinque torrenti di lava sboccati sotto la punta del palo ; quattro piccole bocche eruttanti nel lato di maestro ; e- ruzione di fumo in forma di cerchi da una piccola bocca del cono interno. 8 dicembre — — Due piccoli coni crultanii presso la punta del palo ; lava culata dal cratere nel lato orientale. c ^2 _ 7 gcmitìio dSn. Molle boccile rrullaiili ncll' altopiano del cratere ; lavo ca- lale ncir ulrio del cavallo dal lalo di greco e da quello di oriciilc. j6 gennaio Due piccoli coni in cima del cono interno ; due altri pic- coli coni, uno sotlo la punta del palo e 1' altro dalla par- te di crienle tulli crrultanti ; molte lave lluenti nell' al- topiano del cratere ; vertice del cono interno diciannove metri e tre decimi più alto della punta del palo. 7 febbraio Cono interno tranquillo ; lave dalla parte orientale , alcune delle quali lianno superalo gli orli del cratere ; eruzione di cristalli isolali di leucite. 'IS febbraio liava sboccala con gran rumore presso la punta del palo ; cono interno con tre bocche di eruzione in cima. U1 marzo Lava discesa dal cratere sino alla base del Vesuvio dal Iato orientale. 39 marzo Yerlice del cono interno trentalre metri ed otto decimi più allo della punta del palo. 22 aprile Lava uscita sotlo la punta del palo ; eruzione di fumo ia forma di cerchi. ■3 gii"j"o Lava dalla base del cono interno ; abbondanza di oliglslo. .2,2 giugno Fragorosa eruzione del cono interno ; diverse lave fluenti nell'altopiano del cratere ; eruzione di cristalli isolali di leucite. 7c> luglio ' Molti piccoli coni eruttanti nell' altopiano del cratere ; lava calala dal cratere dalla parie di greco j eruzione di fu - mo in forma di cerchi. S agosto Mancanza di acqua nei pozzi di Resina ; gran torrente di lava uscito dalla base del cono interno e calato sino al piano delle ginestre ; gagliarda siiossa in cimi del Vesuvio. 9 agosto — *— Nuovo torrente a lalo della lava del giorno 2 , il quale giuolo alla base del Vesuvio faceva esplosioai come i coni cruttaati. 7S agotto Esplosioni della lava alla base del Vesuvio ; gran fenditura sotlo la punta del palo; abbondanza di oligisto ; cono interno quasi tranquillo. 45 a 2/ agosto — Lava fluente sulle pendici occidentali del Vesuvio. Nel di 16 di agosto vertice del cono interno trentascttc metri ed un decimo più allo della puiUa del palo 3 diametro dclU boc- ^3 ca ce , lav, 1" , fii^. 3" , corno appariva dall' Ofllcio lo- jiografico di Napoli , 42 metii ; diametro della base nut del cono interno 185 metri; angolo di;l lato cw con l" o- rÌ7.7.ontc 36° 25' ; angolo del luto e n con l' orizion- tc -34° 15'. 35 agosto •/5/7. Nuovi torrenti di lava calali sino alla base del Vesuvio dai lati di maestro e di libeccio , ed alcuni di essi giunli sul piano delie ginestre proruppero in esplosioni ; impetuosa eruzione del cono interno. .27 agosto Le lave del di 25 ancora fluenti. ■i.' sclUiiiùre — — Gran pantano di lava suU' altopiano del cratere ; lave fluenti sul pendio occidentale del Vesuvio. 2 settembre Due torrenti di lava sul pendio occidentale del Vesuvio ; co- no interno quasi tranquillo. 3 — S settembre Nuove lave sulle falde occidentali e meridionali del Vesuvio. 9 scllemùre- — — Altopiano del cratere in gran parie acceso ; deboli e rare esplosioni del cono interno con eruzione di sabbie. i2 settembre. Abbondante eruzione di sabbia dal cono inlcrno ; due pic- coli coni eruttanti dalla parte di maestro ; abbondanza di oligisto. 13 settembre Lava sulle pendici occidentali del Vesuvio uscita di sotto le lave raIVruddate del cratere presso i suoi orli. 46 settembre Quattro rivoletti di lave sulle falde occidiintali del Vesuvio. 23 settembre Lave ancora accese sulle falde del Vesuvio ; cono iuterno quasi tranquillo. 37 settembre Quasi perfetta quiete nel Vesuvio. 13 a -17 novembre. Piccoli getti di lave uscite dagli orli del cratere. i 6 dicembre • Due boccbc eruttanti nell'altopiano del cralere dal lato di libeccio ; lava calala dall' orlo oricalale ; eruzione di fu- mo in forma di uerclii. 33 gennaio i84S. Tre torrenti di lave suil" altopiano del cratere ed uno di essi disceso sino alla base del Vesuvio. 9 fibbraio Cin([ac bocche eruttanti nell' altopiano del cratere. i5 febbraio — — Cono interno eruttante [icr molle boccile ; pantano di lava ondeggiante nell'altopiano del cratere dal lato orientale j e lava discesa in basso dalla medesima parte. 33 febbraio — — Grande fenditura nel codo iiuerno , molti piccoli cooi erul- Ai tallii e molli gelli di Ia%e (luenll ncU' altopiano del cra- tere ; abbondanza di oligislo e di cloruro di rame. SS marzo iS-iS. Verlice del cono interno rovinato per le esplosioni ; sassi lanciati fuori gli orli del cratere ; molti piccoli coni e- rulianti sull' altopiano del cratere. ■1 , .2 avvile Forli boati nel Vesuvio ; il giorno 2 si aprirono due boc- che presso la base del gran cono dalla parte di greco , , con gagliarde esplosioni e sgorgamenlo di lava ; molli pic- coli coni erultauli , e molle lave fluenti nell' allopiano del cratere ; abbondante esalazione di fumo nocivo alla ve- getazione. 5 agosto — — Lave uscite dalla base del cono interno e discese sino alla base del Vesuvio ; altre lave fluenti ncU' altopiano del cratere ; dodici piccole bocche eruttanti nella cima del co- no iotcrno. S9 maggio > — — • Gagliarde esplosioni del cono interno con rovina del suo Ter- tice ; piccoli coni erutlaiUi e lave fluenti nell' altopiano del cratere. J/ viaggio ■ Lava discesa nell' atrio del cavallo dal lalo di greco. 3 giugno Mancanza di acqua nei pozzi di Resina e della Torre del Greco ; scossa di tremuolo nelle vicinanze del Vesuvio ; lava discesa sin presso il fosso della Vetrana. 4 giugno Molli piccoli coni eruitanti iniorno al mag;;ior cono inter- no ; lava calata sin presso al bosco di Ottaiano ; grossi massi sbalzati fuori gli orli del cratere. 7 giiujiìo . Parte del cono inlcrno rovinata ; lava discesa al plano della gir.estre. ^4 giugiìo Kruzione di sabbia Dociva alla vegetazione. i5 a i9 giugno — Gagliarde scosse del Vesuvio ; il giorno 16 lava calata sullo falda del Vesuvio dalla parte di oriente. novembre Solfato di potassa cristallizzato nelle fumarole (n). 7 gennaio iS-f9. Pantano di lava ondeggiante nell'altopiano del Vesuvio ; abbondanza di solfalo di rame. (a] Veg?ar,i 1' opufcolo puMilicatn dal signor Guglielmo Guise.inii , intitolato Del tolfuia polassko trovalo nd cratere del Vesuvio nel novembre e dicembre del 184^, Xjpyli 18'»9. 45 /(? gennaio i8ì9. Gran fenditura del cono interno ; lava sgorgata da un' aper- tura formatasi sotto l'orlo oriuntalc del gran cono vesu- viano e discesa sia presso le terre coltivate ; eruzione di sal)l>ìc. 45 gennaio Lava come nel giorno dieci ; eruzione di cristalli isolati di leucite. 25 gennaio Lava discesa sino al bosco del Principe di Ottaiano. 25 l'cbbraio — — Mancanza di acqua nei pozzi delie vicinanze del Vesuvio ; lava discesa sino al bosco del Principe di Ottaiano , ove ristagnando ha eruttato fumo in forma di cercbi. 25 aprile Emanazione di gas acido carbonico ( raofetc ) nelle basse falde occidentali del Vesuvio ; piccoli coni eruttanti e la- ve fluenti presso la base del cono interno. 31 maggio Cono iiitcrno eruttante per selle bocche ; lava sboccata pres- so la base del gran cono vesuviano , e calata sin presso al bosco del Principe di Ottaiano ; molte inofete nelle campagne di Resina. giugno Piogge che mescolale al fumo del Vesuvio han danneggiato le campagne della Torre del Greco. 6 luglio Abbondante eruzione di subbia. 'J5 agoslo Gagliarde esplosioni del cono interno ; lave uscite sotto quelle già ralTicddale presso il bosco del Principe di Ottaiano^ 23 gennaio iSòO. Vertice del cono interno rovinato per gagliarde esplosioni ■ mancanza di acqua nei pozzi di Resina e della Torre del Greco ; abbondanza di cloruro di rame. 5 febbraio Lava sgorgata da un' apertura presso al lato boreale del graa cono vesuviano ; strepitosi rumori del cratere, 9 febbraio Gran fenditura dal vertice alla b;isc del gran cono vesuvia- no ; due piccoli coni eruttanti noli' atrio del cavallo pres- so il canale tlcU' arena ; lave uscito dalle basi dei me- desimi coni e discese dal lato orientale sino alle basse pia- nure coltivate ; impetuoso tuonare del Vesuvio. Vedi lav. 2" iO febbraio Nuova lava sgorgata presso l' orlo occidentale della graa fenditura ; l' impetuoso tuonare del Vesuvio calmato. J2 fibbraio Abbondante eruzione di sabbie. Dal di cinque al di 12 di febbraio si sono formate olio aperture nel fianco orien- tale del monte per le quali sono sgorgati altri torrenti di lave, «6 16 jiùùraio iSoO. Due gagliardo esplosioni in cima al Vesuvio ; l' incenclio cal- inulo ; abbondanza di salo ammoniaco sulla receiitu lava. 33 febbraio Due anijiì e profondi crateri nell' altopiano del "Vesuvio; orlo del veccliio cralcro dalla parte di scirocco divenuto assai più allo della punta del palo ; abbondanza di gesso, di allume , di solfato magnesico , e di solfato sodico ; uu po' di zolfo nelle fumarole ; nessun fenomeno di eru- zione. Vedi tav. 3", lig. 1" e 2" 7 marzo Copiose iiiofeto cominciale il giorno due del mese ; forlo £ror"0'iliare del Vesuvio ; abbondanza di cloruro sodico e di cloruro potassico nelle fumarole della recente lava ; copiose incrostazioni saline sulle pendici del Vesuvio e dei monli di Somma. Per l'altezza della nuova punta più alta del Vesuvio , tav. 3", b , rife- risco originalmente la notizia favoritami dal Prof. Amante. » 11 giorno 7 marzo 1850 fu misurata alla Specola del R. Ollicio topografico la distanza dallo ze- nit della punta Sud-Est del cratere notabilmente elevata su tulli i rimanenll punii del perimetro dopo l'ultima eruzione. Questa punta non fu più visibile da Napoli ne' giorni seguenti , percbè occultata dal fumo che continuamente esala da tutto il cratere ; per la qual cosa non si potette apprezzare se non per approssimazione la distanza lineare di essa dall' OOlcio topografico neces- saria per calcolarne 1' altezza. Con questi dati 1' altezza dell' indiuata punta Sud-Esl , la più elevala del Vesuvio, è risultata 1291 metri; cioè ben 51 metri superiore al vertice del cono ardente distrutto dall' ultima eruzione , ed 88 metri superiore alla punta del palo misurala nel 1845. La quale determi- nazione quantunque non possa considerarsi mollo esatta , pure non deve essera gran fallo lontana dal vero , e con ogni probabilità si suppone che 1' errore sia piuttosto in meno che in più. Nei giorni 6 , 7 e 14 marzo fu anche ripotuta la misura della distanza dallo zenit della punta del palo che sino al 1845 era slata la più alta de! cratere Vesuviano , e fatto il calcolo dell' altezza , si è trovato essersi quella punta abbassata di un metro dopo 1' ultima eruzione ». SPIEGAZIONE a)i]sa»iLi aii^y^©a»33 TAVOLA i." Fig. 1" Cratere del Vesuvio come si trovava nel d'i 31 di marzo 18'i0 : a punta del palo suU' orlo boreale ; b putita del Mauro sull' orlo orientale ; ce strali orizzontali di leucitofiro verso la metà del pendìo interno occidentale; dd pendio orientale con molle punte prominenti di ruvide rocce ; nel fondo del cratere vi erano grandi massi isolali di rocce ; e lava uscita dal cratere nel mese di gennaio del 1839. Fig. 2" Cono di eruzione nell' interno del cratere , disegnalo dal Iato di mezzodì nel giorno 13 di ottobre del 18^3 ; a punta del paio ; b, b due boc- che di eruzione nel vertice del cono che erullavano indipendentemente 1' una dal 1' altra ; e altra bocca di eruzione sul fianco orientale del medesimo cono ; dd lava fluente uscita dal medesimo lato presso la base del cono ; ce lave scalu- rile nei giorni prccrdenti e già consolidale. Fig. 3" Altopiano del cratere vesuviano come si trovava nel dì 5 di ago- sto del 1847 ; a punta del palo ; />/> lava uscita sotto la punta del palo il dì 31 del precedente mese di luglio ; e lava accesa che lentamente fluiva ; d lava uscita due giorni prima e calata nel piano delle ginestre ; ce pio- colo cratere della monlagnuola interna; »i n base della medesima monlagnuola. T A r 0 L d JI.' Eruzione nell'atrio del cavallo presso il canale dell'arena, disegnala n«I giorno 9 di febbraio del 1850 ; a lungo dove si apri il fianco boreale del Ve- suvio nel di 5 di febbraio , sgorgandone un torrente di lava ; bb piccol» tor- rente di lava scaturito lo stesso giorno più in Lasso ; e , e due piccoli coni di eruzione ; e bocca di eruzione in forma di grolla ; ff lava uscita dalla prece- dente apertura ; g/j ampia fenditura che divideva dal vertice alla base il fianco del Vesuvio situalo tra greco e tramontana ; mm lava consolidata uscita il gior- no 7 di febbraio ; p luogo nel quale scoppiò l'incendio del 1818. i8 T A r 0 l A III," Fig. 1" e 2''. Altopiano del Tcccliio cratere vesuviano come eì trovava nel giorno 23 di febbraio del 1850 , rappreseotalo ia prospettiva dal lato di mae- stro d nella fig. I" , e veduto a volo di uccello nella fig. 2" ; a puuta del pa- lo ; i nuova punta più alta della precedente situala nel lato di scirocco ; « puuto culminante situato tra libeccio ed occidente dell' orlo del cratere meridio- nale ; ce piccola fenditura trasversale sotto la punta del palo ; ff parte supc- riore della gran fenditura apertasi nei giorni 5 e 9 di febbraio ; g grosso mas- so distaccatosi dal vertice del Vesuvio ed arrestatosi sul pendio della fenditu- ra ; hh porzione dell' altopiano del vecchio cratere nel lato di maestro ; M orlo rilevato del cratere settentrionale ; mm suoli di leucitofiro nel fondo dello stesso cratere j N orlo rilevato del cratere meridionale. s^yy Xysf. '^- -. T«v.I. ■ " '^^ ti. mm (Tatfff ilei VpìsuvÌm, 51 M'AT'm IIWQ Vnnn ili eruiràoBe le Javf «eij' ju'lpnio elei crakrp ilei VpgnirvjwjiIS'OltoW»' ìMSi .^".'i ^H^ ^ -V ^^ ^p;?^ :^^ 'i ■■y.-v> -vvo'vy>:-i>>j^-agvay.';'.u c^a - •^.•. ^ìlopiunw e fwao di enwiojne del fratrrc del YpsuiìÌo, 5 Agosto 1IIU7. •'-mccht tit^e^nc dai ^cr hCola'. -ìUftin-, ~'u '■•'-''-a /^' >MÌ Tnir, \ ^. •-4t tU'tirvnò *%^ I ì: 31J J Ceiae eUft^/tc ju jfir.'hr» I6SC I«vll. 1%. ^Cr^^~4t Jt^^^n* ^-.' :..2i^s>«- "**s»»^' isruzionr nrll' atriu dri cavaJlu drj di b ipbbraiu IB.)!). -J C»iaM téjijMt tu /ntfy» téso T;n.I ^ \ ^V f-re ^ : '}:Sio, //', \ - - * ■ \^;^.^ J^'t ■-\ ■ v\^'.|^ kw;:^'^'-^'-,': "■■'"'ft)lni,... '^^^5 .,v ^^'^■■"" ^^Jfl ■ -si Muovi iTailerii iJli*il VVsiin-io,23 iVbbraào llfi50. 'jcacchi iÀStjno tfo. ' fv > :,:„■ , :jf^n--'ju rut'» 'àil APPENDICE %9 AL RENDICONTO DELLE ADUN/INZE E DE' LAVORI DELL' ACCADEML^ REALE- DELLE SCIENZE. Continuazione e fine della Mem. sul flusso e riflusso cld mare^ V. Fase. prec. pag. 353. SEZIONE- TERZA. La influenza delle forze centrifujhe sulle variazioni delle altezze delle maree. %. 27, Il governo francese, a richiesta di Laplace, feceinstiluiro ojservazioni esalte sul- le altezze delle maree nel porto di Brest pel corso di sedici anni succi-ssivi , cioè dal 1807 al 1822. La tavola seguente offre un prospetto di quello altezze . Dessi ò redatta , giusta i dati del Laplace , dalla opera sua la » Mécaoique celeste « : TAVOLA I. Osservazioni sulle, altezze delle maree a Brest , negli anni ISOl al 1822. TEMPO della osservazione Neil' Equinozio Nelle sizisie Neir anno 1821 bomma dì IG anni Nelle quadrai. Neir anno 1821 SulUMl. di IG anni ^i Solstizj Nolle si/igio [.Nelle quadralur. Neir anno 1821 Soinm. di )G anni Neil' iSomma anno I di 16 1821 anni Nel giorn. della fase lun. Un giorno dopo . , . . Due giorni dopo , . . . Tre giorni dopo .... '►8,60o oO,GGO 19,G30 '»8,8la 779, 'JS7 817,338 811,88(i 778,W9 23, UO 17,000 17,080 22,733 39.V,09'»H2,130 312,023 313,033 J9G.139 42,1 (io il ,823 090,902 127,333 71i, 392 23,180 7I2.8't3l2V,'»15 '*il,2l3 .V0i,877 '»02,3I2 41,223 090,872 l2G,'t30,438,37G Laplace ammise ognora valori modii nelle sue calcolazioni. L'altezza della marca di un giorno è .secondo lui , la semisomma della altezze di duo alto marce succcàsivamento avvenute , sulla superficie normale dello Lasso maree tra quelle accadenti , od ei chiama siffalla graiKlczza la mana totale , 11 valor medio di questa marea totale è a Brest nH i- 50 •suo massiino verso Jc siilgie { nel plenilunio o novilunio ) 18,13 piedi, e noi suo minimo verso le quadrature ( rei primo ed ullinto quarto ) 8, C" piedi ' ) S. 28. L aU(zsa ileW ulta marea non è eosianlimente la siesta . Desso l'aria l'n eia- leun giorno , f le sue niriazioni hanno una sensibile relazione con le [mì lunari : è inaisi- tìxa verso il tempo della luna piena e tiiioia , donde diminuisce e divicn minima circa il tempo delle quadrature ("). Qual dilTereiiza delle altezze delle marce nelle siiigio e nello quadrature troviamo nella ta- vola I. le relazioni 48 e 23 negli i>quinozii ; e i2 e 27 no' solstizi!. La eausa di siffatta differenza sta principalmente in ciò , die entrambi i flussi prodotti median- te la forza centrifuga, dal sole 1' «no e 1' altro, quasi tre volle più forte, dalla luna nelle sizigie si accumulano , mentre che nelle quadrature , essi , tra lor discosti per un angolo di 90° . sem- pliGcati quindi , agiscono più debolmente . Viene inoltre cotesto fenomeno modificato mercè le variazioni nella lunghezza degli assi di o- gcillamcnto; stianosele, luna e terra ( S , M , E nella fig. 5 ) in una linea retta, secondo che acca- de il novilunio, ne risulta tosi la luna maggiormente dal sole tratta a se che dalla terra retropulsi. Al tempo del plenilunio , nella situazione S, E, M , vieo poi la terra meglio dal sole attratta che dalla luna retropulsa. In entrambi i casi vien quindi la distanza tra la terra e la luna ingrandita ['"] , e con ciò il centro di pravità X avvicinasi di più alla terrestre superficie , e nel conseguente allungamen- to dell'asse di oscillazione xn ( Cg. 5. ) deve uaturalmeato risultare una progressiva ascensione della marea lunare . Trovisi però la luna nelle quadrature (fig. fi. ) ; in tal caso il sole del pari a se trae contemporaneamente la terra e la luna; e le direzioni di attrazione MS ed ES convergono, in guisa che la luna di qualcosa viene alla terra ravvicinata (""), Nelle quadrature perciò deve il cen- tro di gravità x più approssimarsi verso il centro terrestre, e 1' altezza della marea divenir quindi più tenue con V abbreviamento dell' asse di oscillazione xn. §. 29. L'altezza delle maree è intuite le fasi lunari assai meno sensibile nelle regioni tropicali the nelle più elevate latitudini . Desta aggiugne neW Oceano pacifico presso 0 , Tahaili solo H pollici , nelle isole Sandwich 2 li2 piedi , mentre che al Capo nord di già a T li2 , ed oli' ingresso del nuir bianco è pur salita da 10 perfino a 13 piedi ('"") . Se la marea si formasse solamente mercè la diretta attrazione della luna , di tal cho r acqua si accumulasse sotto il suo punto di stazione , sarebbe difficile cosa il concepire corno mai nell' ampio Oceano pacifico nel quale niente impedisce 1' accozzamento delle masse acquoso , vi si formino si piccole maree. Avuto però riguardo allo forzo centrifughe si presenta la spiegazione che sie-ue • Stia la luna in M ( fig. 12 ) all'equatore ; trovasi quindi colà pure intorno ad r la costante massa acquosa di rotazione. (•) Hauff nella traduzione tedesca dell' opera : n Exposition du système du monde, par 1 La place «Parte l.pag. 148. {'•) Système du monde D. A. p. 147. (•") Astronomia popolare di Madler. 1841 p. 163. (•"•) Astronomia popolare di Madler. 1841, p. 163. ^ ' ^'"'^^ ' °'' '"*°"''« <^' Geografia fisica 18i4. pag. 3C , secondo Whewell e Borg- 5t lo isole meggono alla sommità di qnoslo flasso di rotazione, o si può il flusso lunare mti •render solo sensibile quale piccolo eccesso rm. So poi la onda lluida lunare proviene dallo regioni troiiicali , mercè il suo progredimento o sivvero per una declinazione della luna verso M' in tal caso dessa scorgesi nelle corrispondenti coste n' quasi nella sua totale altezza n' m' , e propagasi ancora in questa altezza molto al di là verso nord. §. 30. r altezza delle maree non trovati in relazione con la estentione in lunghezza de' mari dall' ovest inverso est. Daniele Bernoulli , nella sua memoria premiata sul Husso e riflusso , riferisce : die V alta marca nomar, chiusi debba stare a quella avente luogo ne' m.ri del tutto liberi, siccome la estensione in lunghezza di quei mari . dall' ovest verso l' est , al semidiametro della terra (•) l.a esperienza intanto contraddico a siffatta deduzione . Nelle ampie lingue di mare del mediterraneo . nelle quali la Luna nella sua più boreal declinazione affatto dappresso nel verso della lunghezza trascorre, la marea riesce appena sensibile, mentre che dessa nel mare atlan- tico allo coste della Granbrettagna rilevantissimamente ascende. Anche 1' ampio Oceano pacifico patisce in taluni siti delle maree minori, che il mar mediterraneo. Ancora nell' interno degli spazi chiusi la maggiore estensione del mare verso occidente non esercita alcuna proporzionata influenza sulle altezze delle maree Per e. ^nii re adriatico la marea sale in molti punti a 2 1/2 piedi, mentre "che nermedit°ernn o T mansi m generale al disotto di celesta altezza. meaiterraneo , n. §. 31. Le maree delle sizigie sono maggiori negli equinozi che n«W...v/.M Rattrovinsi la luna ed il sole all'equatore, sicché spi^s^^ r ^ ," "/ff ' ( 'v della rotazione, il solar flusso ed il lunare in un piano ; abb mo Ln H . "..''=°""^'"«"'» Del tempo degli equinozi. ''°" "" '«^ P'" alte maree Con la declinazione de' pianeti poi . secondo cho il sole di 23° /,=)„,, al nord ed al sud dell' equatore si dilungano . se ne sdrucc^no o sen ' -, ""' '"'" "^^ ti. mediante che vien minorata la loro%recedente aC raccu^r " ""^' "^^^ Troviamo perciò nella tavola I. la relazione della marea di sizi»^Ìl- • , di sizigia-solstizialc come 50 : 42. ^'^'g'a-equinoziale alla marea ^•^^■^*'''<^'-ee di quadratura sono al contrario maggiori ne- soUii'i .h. r ■ Stiano 11 sole e la luna nell'equatore ad an-olo retto !•»„ ^ ^^* '?'''''"^^' <"'") • .i tantosto sibbene la marea solare 'che quel lu^ e co 1 T' ''^"' ^'" ^ -<=""»». sollerazione acquosa che va dattorno alla Irra , e "" mar ri ,t nt T"' ''' ^«^ ^°"<"« mans. m genere piccola. Anche quando la luna nell' equinozio va n-b ■ ''T ''"'''° ''- la sua marea resta sempre separata da quella solaVe . Se Li h '"? ''«'^''''"'«■'e . tasi iberamonte a giorno ne' solstizi; mescolasi dessa allora ni.m"? "' ^"'^ P^"^'»- quella lunare , o ne divien pi,', alta la marea risultante daL l '"' ''"^"'* '^ ro Quindi la tavola I. mostra la relazione delll m eq ino il":;,':" ^f''^ ^-° '«- altre iolst.ziali nelle quadrature come 17 : 25 o soie-lTT. «J-J^drature , alla cedente paragrafo, quella relazione, che nella tavola I. media^nte iLT r ••,°°""'' '^'"' ""'«' che fé maree dette sizigie sieno più alte negli eguinozj che ne'.oZ ; " ? .'^'"'' '-"ravedesi. maree delle quadrature sieno minori negli equinozi cheS^r' P" '' "P*^^'*' '• n Dizionario astronomico di Norimberga. T. 1 , p. p93. ij^ Système du monde D. A. p. 140. > f f "' (*") Système d« mondo D. A. p. 14*9. 52 S 33 L altezza di una sinjofa marea varia secondo U stagioni . ancht ntl corso di un giorno: 1 dati delle osservazioni sulla dilTercua dello marca del mattino o della sera presentausi ton grandissima diversità : 1. A llreit mostransi le seguenti piccolo dilTerenzo : Nella estate lo maree delle sizigio sono al mattino di qualcosa minori cho al dopo mezzodì — D' invtmo r opposto. Nugli esilino:» dispare la differenza nello marco dello sizigic , mentre cho le marea delle quadrature ne addivengono invece alquanto diverse (") . Nella estate la dillbrenza tra lo maree di mattina o di sera ò più piccola, cho nello inverno ("). 2.hi Brislol e l'iijmoulk la maree di sera sono egualmente più alte dal marzo io sino al settem' Lre, e dal settembre al marzo di qual cosa più basse cho le marce raattutine(*"'). 3. Secondo Kyd sulle maree dell' Hugly sono poi l' inverso : le nottorae maree dall' ottobre al marzo più alte , e dal marzo all' ottobre più basse , cho le diurne ("""). k. Nel porto di Londra non vieu mica avvertita diCTorenza alcuna tra le mareo di mattina e di sera (*■'"). 5. Nella utiova Olanda secondo Cook.Flindors e King sono le mares notturno m^ tutti le tlagioni più alte di quelle diurne f""*). Queste diversimode azioni sono in contrasto con la teorica dell' attrazione , e pure i seguaci «li essa non poterono intendersela sopra punto sifljlto. Newton, p. 0., diceva » L' orbita della luna non è grandemente inclinata vorso quella del sole. Stia ( Dg. 13 ) il sole S nel tropico boreale , sicché una linea tirata dal centro della terra ver»» la luna incontri la superficie terrestre nel lato di questa opposto al sole in latitudine boreale. Eppe- rò una cosilTalta linea sia l'asse dello sferoide di flusso mm' (posto elio il flusso trovisi costantemen- te sotto la luna ) e la marea che ha luogo, qualora la luna trovisi al moridiano.è più alta, attesoché il sito b giace più vicino al vertice o punto m , in cui quell'asse incontra la superficie dello sferoi- fie fluido: ritrovandosi poi il punto b, nella rotazione diurna intorno all'asse NB verso b', nella par- te notturna , esce allora esso dalla marea ; con ciò deve nella estate la marta diarna essere più ii> ìevata chela notturna. Secondo le osservazioni intanto, all'opposto di questa teorica, seorgesi nella- estate la marca notturna jn'i'i elevata ('"*"'). Egualmente Newton crede mostrare , che nello inverno le maree notturne debbano risultas più che mai alto , mentre che, giusta le osservazioni effettive, le maree diurne sono assai più ele- vate (°j. Laplace aveva inslituilo lo sue calcolazioni sopra questo punto e rinvenuto , che; qualora fosse stata csatla in generale la spiegazione di Newton, lo due maree scmidiurno in Brest, allorcliè (*) Systémedu monde . 1>. A. p. 131. (••) Mócanique cedeste. T. II. p. 2S8. {'") Secondo WhewcU , nell' atlante fisico di Berghaus , p. 46. ("") Ricerche asiatiche /829 P. 1. p. 262 , secondo 1' atlante fisici di Berghaui p. VC- (•"*•) Secondo Wlicwell, nell' atlante fisico di Berghaus, p. i7. ('•••••) Secondo Whcwell, nell' atlante fijico di Berghaus, p. 47. ("•"'■) Mécanique celeste, T.II. p.2.j8. (') Mécanique celeste , T, II. p. 258. 53 la luna ha !a su.i massima declinazione , doTrebbono differire nella relazione di 5 ad 1, mentre che la differenza osservata è piccolisiima ("). Laplace contentasi quimli asspriro , che lo calcolazioni secondo la teorica dell' attrazione in questo caso non convengono con le osservazioni, senza peraltro darne egli stesso una soddisfacente spiegazione, circa la difTerenza delle maree mattutine e vespertine. Whcwcll dico. «Laplace non e mica, mediante il suo metodo, in grado di calcolarne in antece- denza quell'eccesso, egualmente che Newton col suo ». Wiiewell in quanto a sé medesimo , credo di avere trovato la ragione di tal fenomeno in ciò, che le maree nell'Oteano atlantico boreale possa- no venir consiilorate sempre come derivazioni di quelle, che han luogo nell'Oceano australe. Il llusio dell'Oceano pacifico impiega 30 o 54. ore ad arrivare a Brest o Plymouth; e f3iimge quindi, anche in questi luoghi, una volta più forte e l' altra più debole, secondo cho desso nell'Oceano pacifico ha una dilTerente altezza. §. 3V. f.a diversiti delle altezze delle maree diurne e notturna mostrasi però solo no" periodi scinetlrili , e siccome la dilTereoza sarebbe a dirsi asiai poca cosa , dovrebbe perciò la causa di fe- nomeno silTatio ualcamentc o solo inrestigarsi nello etata della marca solare , che pur semcstril- mentn »\ altera. Sola terra fosso alla sua superficie tutta afTitto ricoperta dalle acque, dovrebbono allora gene-- ralmenle le maree notturne essere più forti cho lo diurne. La parto oscura della terra ù costante-- mente opposta al sole , del pari che la marea solare prodotta dalla forza centrifuga nel corso delio- intero anno ù mantenuta Torso il di fuori . Dove però non s'incontrano singolari perturbazioni , come in parlicolar modo è il caso all'equatore nel grando Oceano , in t^'.l sito debbono lo niarcij- notturnc risultare in generale di qualcosa più forti. .Vd ogni conto succedonsi alternativamente sem- pre una marea più forte eil una più debole;sccondo che il mare stesso imbattentesi passa per la ina»- rea solare , o sivvero , la marea solo trapiantata prende dal maro di già oltro decorso . Kell' Oci'ano atlantico australe ordinariamente hanno luogo due maree . L' una trac la origino «uà immediatamente dall' argine asiatico meridionale ; 1' altra da quello americano ; la quale può transilare senza impedimento nella larga apertura per alla nuova Olanda . Nello coste nuove-olan- desi poi batte verosimilmente solo una marea lutto le 2'* oro , ovvero tra queste solo una debolis- fima marea intermedia ogni 12 ore , siccome qua può bene accostarsi senza ostacolo la marea formatasi all' occidentedi America neh' Oceano pacifico ; mentre cho la seconda formatasi al sud della nuova Olanda non compie l' intero suo giro circolare , perchè l'apertura dell' argine america- no è si straordinariamento angusta, e la marea, come lo dimostra f accumularsi delle onde di Qussd nelle coste da oriente della Patagonia, viene qui rattenuta, in parte però lentamente si dirada nel- l'ampio pacifico Oceano. Quindi è, che le osservazioni in molti punti dolio coste della nuova Olanda, tanto in estate , che d'inverno non danno a divedere , che solo maree di 24 ore. Nella parto boreale dell'Oceano atlantico, in dove han luogo del continuo solo marco derivate, l' una a vicenda più forte che 1" altra , dipende appunto dall' epoca dello maree so la più forte acca- da prima o dupo la mezzanotte. La marea normale della lana abbisogna di 1 lj2 giorno per arrivaro dall' Oceano p icifico infino a Brest , siccome danno approssimativamente le osservazioni . Con sif- fatta normale marea lunare confondesi poi la marca solare a tempi ineguali . La marca solaro , in opposiziono allo andamento del sole , sta di estato noi tropico di mezzo- giorno , nello inverno poi in quello boreale . quindi ancora l' azion composita della marea lunare o solóro semostcìimcotc manifestasi alternante nello diverso stagioni. CI Secondo Whewell , ncll' atlante fisico di Dorizhaus. §. 35. La marea neir oceano atlantico « generaluxcnlc iV inverna pili forte , cho nella citale (']. Ciò cliiaro apparisce , di che co» la declinazione australe del Sole , i mari boreali in genero sopportano di già una inondazione mercè la marea solare contraria al cammino del sole , mentre che sitVatta marea solare con la declinazione nord del sole è molto più lontana dalle coste doll'Occa- 00 atlantico boreak-, quindi arrita più indebolita. Oltre a ciò la terra ha nello inverno un molto jnìt t*lere movimento di traslaziono, quindi la marea solare io siffatta stagione, anche perciò, più alto elevasi che di estate. §.30. La luna ancora di per te stesta produce mensualmente nella tua declinazione wstrale piii forti maree , che prisao alla tua boreale declinazione {"), Stia la Luna nella estate alla sua massima boreal doclinaeiono la guisa che sole e hma ( S ed M Bella figura 13) quasi dappresso al vertice di Brest b si rattrovino , dovrebbe , secondo la teorica deil' attrazione, Io accumulamento di acqua formanlesi sotto ambedue gli astri star presso a Brest e qua divenir più sensibili, che qualora.nella stagiono stessa, si trovassero.il sole nella boreale, la luna poi neir australe declinazione. Secondo le osservazioni di Bouvard nel porto di Brest mostransi non pertanto le maree costantemente più alte, quando la luna declina al sud doirequatore,ciò che, nella ipotesi delle maree prodotte dalla forza centrifuga, anche verificasi. Stiano il solo S e la luna M ( fig. 13) entrambi ^in declinazione boreale , ricadono tanto la marea solare , che quella lunare nell' opposto emisfero verso m' , e Io effetto in Brest è più tenue , poiché 1' onda fluida da m' soltanto devesi diffondere, che qualora, con la declinazione australe del- la luna in M' i mari del nord oltre a ciò si trovano di già in uà rigonfiamento contrapposto alla si- tuizioD della luna. Alla posizione della luna in M ( fig. 13 ) appartieasi l'onda fluida m, ed alla posizione in il la marea m. Bouvard ha presentato.per la diflerenza delle altezze della maree.con la declinazione australa •o boreale della luna i seguenti numeri proporzionali l°°°] . (°) Mécanique celeste. T. II. p» 253. (") Mécanique celeste . T. V. p. 162. JE DELLA LUNA auslralc boreale australe boreale 1 giorno pria delle fasi nel Riorno slesso. . . . 1 giorno dopo . . . , 2 giorni dopo 320,701 3Ì8.393 302,051 301,072 318,782 inO,70V 3i2,7-2'i. 100,878 332.005 101,350 330,29'J '201,089 19i, 418 151,304 151,010 193, 100 §.37. Negli eguinòzj la dijferensa tra le mattutine t tirali marte è pitt notabile con le quadra- ture , che con le sizigie {°J . Al tempo dugli equinozj si trovano la luna ed il sole durante le sizigie pressoché in uno e mede- simo piano , e le loro maree si spandono unifonricmentc ad entrambi i lati dell' equatore. Se poi la luna viene alla quadratura , in tal caso la marea lunare , nel massimo della declinazione , giugno direttamente a succedere nel limile della illuminazioDC, e si dimostrano lo maree di mattino e di sera di altezza diversa. §. 38. Quattlo più dappresso il sole e la luna stanno alla terra tanto pia allo si elevano le maree. Lo effetto della distanza varia di questi astri dalla terrai non pertanto più sensibile perla luna , che pel sole ("}. E un fatto conosciuto, elio la luna aggirasi intorno alla terra con ineguale cclerità.Nella misura stessa va la terra ancora con ineguale celerità mensualmento intorno al centro comuoe di gravità suo con quel della luna. Quanto più celere è il movimento, tanto più spiegasi con maggior forza l'oscil- lazione e tanto più in alto deve quindi salir la marea . Or siccome il movimento della terra e della luna intorno al loro centro comune di gravità è il pili celere nel perigeo, nuli' apogeo il più lento , in tal guisa appunto 1' altezza della marea dovreb- be pur aumentare nella maggior vicinanza della terra alla luna , diminuire nella maggior distanza. Le osservazioni sulle altezze delle maree accordansi in ciò con la teorica. Laplace dice al pro- posito: sembra risultare dalle osservazioni che la velocità del movimento della luua nella orbita sua sollevi lo acque a Brest di '/.q più (°°°). Dice inoltre : l'apogeo ed il perigeo sono nelle quadraluro egualmente sensibili , che nelle sizigie ». Couicida quindi il perigeo con le fasi lunari, saranno in conscsnenza lo miroo più alto, che al- lorquando 1' apogeo incontrasi nelle sizigie o nelle quadrature. {°) Système du monde . p. d. S. p. lai. (") Mécanique celeste. T. IL p. 253. l°°°ì Mécanique celeste . I. U, p. 254. 56 Secondo le osservazioni si trovò, p.c.raUezza dello marea sizigiali nella sègucnto proporzione." Nel perii;eo VI, 135 : Nell'apogooO, "(oÙ. §. 3'J. La diversità della distiiii/.u solare ò di gran lunga mono notevole; , benché spieghisi nel- la slossa guisj, cioè con marea di qualcosa pih alta nello inverno, in cui la terra nel perielio ha u- na maggior forza di oscillazione , e con marce minori nella eslale , in cui la terra nell' afelio per la minore forza di oscillanionto muovesi con piCl lentezza. I>a moltiplici osservazioni si hanno per la diflerenza delle marce sizigiali noli' inverno e nella estate i seguenti numeri proporzionali : Nel perielio 07, 202: Neil' afelio CV, 095. §, io. Lt maree nelle regioni tropicali si mostrano nell'emisfero orientale pikallc, che neW oc- cidentale emisfero, vai dire nell'Oceano pacifico. La cagion primaria sta in ciò, elicle maree vegnenti dal sud nell'Oceano p.acifico possono disten- dersi al largo o quindi abbassarsi , mentre che la massima restrizione dell' Oceano atlantico cado all' equatore , dove la marea allluonto del sud, siccome in generalo ad ogni restrigninionto, monta a maggioro altezza . Oltre a ciò è da considerarsi, che il centro di gravità della terra non coincide col centro di figu- ra . L' emisfero boreale della terra è più pesante che lo australe , e l' orientale più pasante cho l occidenlale , quindi retrocedo di qualcosa a destra superiormento il centro proprio di gravità delta terra da quello di figura. Siccome ora la rotazion dclli terra non succede attorno al centro di figu- ra , ma bensì intorno al centro di gravità di essa , cosi n' emergono duo inegualmente lunghi assi à oscillazìODC, ciò che prodnco una ineguale inondazione dc'mari. La marea lunare alla pari distan- za in altezza dal comun centro di gravità della terra e della luna , dee quindi nel più alto maro in- nalzarsi di minor quantità , che nell' oceano atlantico giacente ad un livello più depresso . inoltre , come di già si ò osservato, 1' emisfero australe contiene assai più acqua che il borea- le , ed in seguito a ciò la forza centrifuga può mettere in oscillamento più acqua nell'oceano au- strale , che nel nordico. Mediante tutte siffatto relazioni cliiarisccsi , che la direzione capitale si delle correnti che delle maree è diretta dal sud verso il nord , o che l'Oceano pacifico sta di qual- cosa superiore di livello sul più lungo asse di oscillamento elio l'Oceano atlantico , siccome lo han dimostrato deipari lo intraprese livellazioni effettive sopra lo stretto- di Panama. SEZIONE QUARTA. Influenze delle forza centrifughe sulle variazioni de' tempi delle maree. %M.l fenomeni del flusso e riflusso vanno generalmente di accorilo conio andamento della luna. » Il mare s' eleva e discende due volle in ciascuno intervallo tra due successivi passaggi supe- rtori della luna pel meridiano. La differenza media tra due successive maree ammonta quindi a O,ol"325 di giorno ('). Siccome la marca non ritorna regolarmente tutte le 12 oro , ma invece con lo andamento lu- nare quotidianamente ritarda di circa 39 minuti, così fu bello e presto trovato, cho dovesse lo andar delle maree dipendere dallo andamento della luna. Spieghisi oca la formazione della marea lunaro solo mediante lo accumularsi dell' acqua immediatamente sotto la luna , ovvero si ammetta, avuto riguardo alle forze centrifughe , che la maggiore marea trovisi in opposizione al sito della luna, in entrambi i casi i rigonfiamenti de' flutti si accordano no' tempi loro con lo andamento della luna. OSystémo du monde. D. A. p. IW. 57 §. 42. /( mauimn ed il minimo delle altezze delle maree non coincidono con le fasi lunari , ma luecedon sovenli colle pili, ijiorni dopo. Qualora in un dato luui^o accado il novilunio od il plenilunio , non ù la marca elio in tal giorno si avvera la massiiiia , ma solo dopo più di viuno a luce la marea massima. Denominasi cotesto tempo, dal punto dello fasi lunari per sino alla elTettiva apparizion della marca massima, la età dei flusso , Laplace ha trovato per la eti del flusso a Brest allo Incirca 1 1)2 giorno. Indichino 0 il giorno nel quale a Jircst succede II novilunio o il plcnilimio , le cilFio •2 1 0 1 f 2 3 4 5 a sinistra 1 precedenti, quello a destra i seguenti giorni, di sorte che la marea massima accada qtii- vi appunto dove sta la freccia, nel tempo fra il primo ed il secondo giorno seguente la fase , e so- no le allcjzo delle maree nel secondo giorno prima e nel quinto dopo al novilunio od al plenilunio allo incirca di cgual portata , giacché entrambi siOatti giorni sodo equidistanti dal massimo flusso (alla freccia) (*) . I numeri nella tavola I. danno a bastanza a conoscere, che il massimo dell'altezze delle ma- ree ricade tra il primo ed il secondo giorno dopo lo avvenimento della fase lunare. L'età della marea ò diversa secondo la diversità do' punti delle costo. In Londra , p. e., la ma- rea massima Iia di età 2 1;2 giorni dopo il novilunio ed il plenilunio. Epperò la marea , la quale in un dato luogo venga osservala nel di della nuova o della piena luna , devesi ben distinguere da quella più tardi veriilcantesi , la quale propriamente corrispondo al novilunio e plenilunio. La marea osservata nel giorno delle sizigie è in tal relazione a Rrest, p.o., eoi movimento della luna , come se fosso accaduta 1 1^2 giorno avanti il plenilunio od il novilunio. L' intervallo, nel giorno dui novilunio, dalla mezzanotte vera sino alla marea del mattino , o dal mezzodì vero insino alla marea serale , dioesi tempo del porto ( stabilimanto del porto ). L' uso di esso è appunto quello di determinarne in conseguenza l' epoche di tutte le alte marce successivo dello Incominciato mese . E però da avvertirsi, che silLitto intervallo, anche in porti vicinissimi , ò diversissimo. In Brest , quando 1' alto mare ha luogo nello istante delle sizigie , il flusso segue di 0, l'iTiiJ di giorno allo istante della mezzanotte vera o del mezzodì vero, secondo che desso capita di malti;i t ovvero di sera . Se poi l' alto mare abbia luogo nello istante di;llc quadrature , in tal caso il flus- so segue all' istante della mezzanotte vera o del vero mezzodì , per 0,33098 di giorno (°°]. A Londra 1' età del porto è di 2 oro 45 minuti, cioè , che quivi l' alta marea accado nel di del novilunio 2 ore io minuti dopo la culminazion della luna (°°°;. L' età delle maree cosiuntemente eguale ne' diversi punii delle coste addimostra, che lo mareo partono ognora dallo stesso punto , e costantemente abbisognano del tempo stesso per lasciarsi die- tro un determinato cammino. Se un cumulo di acqua avesse luogo immediatamente al di sotto della luna attraonto , in tal caso le maree, per la diversa declinaziono di essa, non dovrebbero per niiin conto avere età eguale. 11 solo e la luna nella borcal declinazione ( flg. 13 ) verrebbero , nell' istante in cui s' innoltra- 110 sul continente americano , a far ricadere la marea m sulla costa, e la stossa dovrebbe cosi mol- lo prima arrivare a Brest , che qualora la luna nella inferior dcdioaziono rattencsse la onda fluid.i neir Oceano atlantico australe. Avuta considerazione, per contrario, delle forze centrifughe si produce invero una maggior» (*) Mécaniquo celeste T. II. p, 24G. r°] Systéme du monda l). A. p. !o2. (oooj Dizionario astronomico norirabergliise , T. I. p. 2'i9. 8 * 58 o minor marca a seconda delia declinazione lunare, ma pur si scorge tiittavolta la origine del- la marca primoiia sempre in vicinanza Ai-\ GO°di latitudine australe, ed il tempo di 1 1(2 o 2 1)2 giorni è precisamcnlc quello, che l'onda lluida, giusta le più recenti ossorvaiioni, impiega per arrivare infino a Brest o a Londra , traversando 1 Oceano indiano ed atlantico. §. 43. La idea , che Ui luna , quando viene a pass.aie un meridiano, produce lungo tulio il me- ridiano conlemporaneamenle una azione di flusso, e che questa inondazione acquosa, andando lungo a meridiano , a motivo della inerzia delle acque, faccia seguito alla luna ad una distanza di 3 ore , mediante le recentissime osservazioni , viene perfcltamenle contraddetta (°]. Questa proposizione fu di già conferita nella prima seziono. D'essa venne dai fisici a no ].iù remoti ccrlaiuente dedotta dalle osservazioni in Brest, attesoché quivi la marea presenta- si elTetlivamento 3 ore dopo la hmar culminazioiK!. Se le osservazioni esatte fossersi nello scor- so secolo instituite alla imboccatura dell' Elba, dove la marca coincide con la lunar culcninazio- ne, se ne sarebbe tratta una proposiiione, secondo la quale sarebbeii ritenuta la effLUtiva con- temporaneità di quella coincidenza; e se le osservazioni si fossero instituite a f^isboni , dove la marea precede di un'ora al culminar della luna , si sarebbe forse sostenuto, che la marea dovesse accadere di qualcosa più presto. Tutte le indicate relazioni di tempo , vcrrebbono poi solo moddìcate dade circostanze loeah, e nell'andamento loro non addimostrasi alTitlo alcuni norma di analogia, che la marea seguiti di 3 ore alla luna, piuttosto che dovunque a relazioni di- Terse. La luna, p. e., va all'equatore verticalmente, sull'Oceano indiano, e lo traversa nella costa occidentale della isola di Sumatra. ^"ello istante adunque, che la marea appresent.isi all' isola Suma- tra , ossa mostrasi in pari tempo nel meno dell' Oceano, alla punta australe dell' India anteriore, e del pari all' ora stessa al lembo australe deh' Oceano nell' isola Madagascar, ( come il dimostrano i numeri XII, XII, XII, nella fig. 10) lontani da Sumatra per 50° di longitudine. Rilletlasi ora che la luna, nella sua declinazione la più boreale, non tocca mica l'Oceano indiano, ma cistante- jnente si raltrova sul continente asiatico .cioè , sulla Cini , Tibet , el Arabia, avanzisi inoltre Suir Africa intera , nel qual tragitto viene a scorrere per 135" di longitudine sopra a mare ve- runo, mentre nella sua declinazione la più australe , tra la nuova Olanda ed il Madagascar, si tro- Ta costantemente sull'acqua , e che , non ostante tutte queste relazioni diverse , lo andamento delle m.-irec nell Oceano indiano scorgesi tuttora invarialo ; e si renderà invero assai poco jirobabile di dedurre lo stalo della marea da un cumulo di acqui formantosi e seguente , die- tro la lunare attrazione , immediatamente sotto la luna stessa. Somiglianti relazioni dannosi pur a divedere nell' Oceano atlantico . Entri la luna nella de- clinazione boreale per l'Africa nel mare atlantico e producasi la marea nulle isole canarie , dovrebbesi pur supporre che la stessa , quante volto seguisse lo andar della luna, accadesse sul- )' Oceano atlantico , verificandosi nella costa americana più tardi che nell' africana ; avviene intan- to la marea nell' India occidentale all' ora stessa con quella di Africa, e nell' America boreale dcs.-a manifestasi C ore prima , che nella Scozia posta di CO gradi più all' est. §. 4'». Il ritardo delle maree da un giorno all'altro equiv(ile nel tuo stato medio 0,03S0S di gior- no ; varia perù desso con le fasi della luna. E pur desso il minimo possibile verso le sizigie, ed il ym grande possiiile verso le quadrature (""j. E un fatto conosciuto, che la luna va più velocemente nella orbita sua, qualora essa forma un angolo retto col solo , cioè nelle quadrature ; al contrario, va più lentamente quando essa accostasi ad una direzione in linea retta col solo, cioè nel novilunio e plenilunio. Siccome però la marca lunare stassi ognora in opposizione con 1' andamento della luna , così del pari dessa muovesi più lentamente nelle sizigie , nelle quadrature poi più velocemente alla terrestre superficie. Stia la luna M ( Gg.l'O come al novilunio presso d sole, e muovasi nel (°) Dizionario astrODomico norimberghese , p. 281. {°°} Giusta le ossorvaiioni a Brest , Systcme du monde, D. A., p. 134. 59 prossimo giorno lentamente insino ad M', in simil modo avanzasi, con cgual lentezza, la marea da m solo insino ad m'. Muovasi di poi la luna, giusta la (Tig.lo] nelle quadrature qualcosa |iià vulocemento da M verso M', anche la marea m oltrepassa un maggiore spazio verso m', ed abbisognano nel se. coodo caso di un tempo maggiore (giusta Ja fig. ia) i continenti da percorrersi nella rotazione diurna dalla marea ni, ondo riguadagnare la più oltre avanzata marea ra' nel giorno prossimo, clienel pri- IBO caso ( giusta la lig.li.j, in cui la distanza tra m ed m' ò minore. La tavola seguente dimostra lo din'eruozo tra gli avvenimenti delle marce nello sizigie e nulle quadrature. TAVOLA II. Osservazioni sopra t tempi delle marce e loro variazioni nel porto di Brest . Anno di tsserva- Neil equinozio con le Ne solsti zii con le zione Sizigie Quadrature Siiigie Quadrature Ora del Aument- 1 giorno -iumen. 1 giorn. Aumen . 1 giorn' Aumen. \ giorno dopo le dell' ora nel 2. fasi giorno 1820 1821 1822 0,681 0,672 0,077 0,02i 0,023 0,027 0.384 0,39i O.W'i. 0,050 0,000 0,058 0,076 0,077 0,606 0,028 0.029 0,029 0,39i 0..408 0,iOi 0,043 0,047 0,046 Medio delle csscrvaz. di ìG ann. 0,681 0,020 0,39o 0,037 0,080 0,028 0,402 0,040 §. 45. L ora delta marea accade nelle ti:irjie toltliziali di qualeota prima, che in quelle degli e- guino:ii ; nelle quadrature, al contrario, accade ne tolstizii più tardi V ora della marea , che neijli e- quinozii. Confronlinsi i numeri della superior tavola II , e si vedrà manifesto , che quelli dati per la • timento doli' ora nel secondo giorno alla colonna delle sizigic-equinoziali sono tutto affatto minori che quelli Mi colonna delle sizigie-solstiziali; e viceversa, i numeri della ultima colonna a destra so- no minori successivamente di quelli alla colonna delle quadrature-equinoziali. Siffatta relazione spie- gasi da ciò , che la luna in entrambi i casi ne' quali la marea accado più tardi ( cioè nello sizi- gie-equinoziall . del pari che nelle quadraturc-solstiziali ) trovasi vicina all' equatore , ed ha in proporzione più piccole declinazioni dal solo , che negli altri due casi . L'istante dell'apparizione della marca è poi costantemente da considerarsi, come quello dell' azion combinata della marca lu- nare e solare.i perciè desso istante eoa la minore declioazioDe di entrambe le maree avviene più 60 presto , al contrario, con la maggioro (lecIinaziono'U esso più lardi; in seguito di elio, viceversa, ,■ ruotanti argini-conlinciilali più tardi o [liù presto risentono la marea. §. 46. Il ritardo della marca da un giorno all' altro cresce nel perigeo , e diminuisce nel- ' apogeo ("). Questa proposizione ancora chiariscesi mediante lo andamento più o mono veloce della luna. ])e8sa va più veloce nel perigeo, più lenta iioll'apogeo; perciò i continenti aggirantisi incontrano più tardi la marea opposta alla luna , allorcliù questa inuovesi con maggioro velocità noi perigeo ; al contrario piii presto quando la marca, con l' andamento più tardo della luna all' apogeo, anche più lentamente |irogrodisce. 11 ritardo ammonta : nello sizigie del perigeo : 0, 02899 di giorno » » » » » dell' apogeo : 0, 02227 » CONCIIIUSIONE. §. 1". Xello precedenti linee sono stati toccati solo in generale i fenomeni del flusso o ri- flusso , senza arrecar sopra di essi ancora le calcolazioni . Lo entrare in più minuti particolari ò di presente ben dìllìcile , si perchè le osservazioni esatte per un compotente intervallo di tempo vennero instituite solamente in pochi punti in proporzione alla superficie terrestre, od anche per- che le osservazioni compioto quali sono state eseguito in pochi punti , come a Brest p. e. , non sono state pubblicato in tutta la loro estensione, ma sibbeno giusta i loro medii risanamenti. Por lo rinvenimento di certe leggi capitali è poi necessaria la cognizione compiota delle serio di osser- vazioni , e singolarmente quella dogli estremi. Potevasi quindi nell'antecedente scrittura solo trattare dogli argomo«li. in quanto che le azioni teoreticamcnlo dedotte dalle forze centrifughe si accordassero di fatti con lo osservazioni sul llusso e rillusso. So cotesto accordo verrà in qualche modo consentito , e confessato che la forza centri- fuga esercita notevoli azioni sul mare sdrucciolevolo , in tal caso prestasi di per so slessa la conse- guenza , che la forza centrifuga debbasi metter ia computo nella spiegazione do' fenomeni del flusso e riflusso. §. 48. 11 mio giudizio su di ciò , brevemente riepilogato , ò come seguo : 1. La terra ruota quotidianamente attorno al proprio asso che passa pel suo contro di gravità ; dessa ruota mensilmente attorno al suo comun centro di gravità con la luna , ed essa ruota an- nualmente inioTìio al sole. 2. In ciascuno di questi tre casi la forza centrifuga è in attività. 3. Secondo che ora nel primo caso, cioè in quello della rotazione diurna, ò dimostrato dalle mi- sure do' gradi , che il rigonfiamento del maro all' equatore nella forma sferoidale venga prodotto mercè la forza ecH(n'/'i(ja;devesi perciò, pur negli altri duo casi, da questa forza esercitare sul ma- re Dna qualsiasi aziono, 4. Se adunque sjiieghinsi dalla influenza delle forzo centrifughe azioni notevoli sul mare, an- che ne' due ultimi casi , debbonsi però cotesto azioni mettere a calcolo nello investigazioni sul flusso 0 riflusso , ed ò impossibile che siano esatti sUa teorica, che i computi no' quali ciò non si è praticato. 5. Giusta qual misura sian da mettersi a computo le azioni delle forzo centrifughe potrà solo stabilirsi mediante lo esatte investigaziotii . .E pria d' ogni altro fa d' uopo conoscere gli cfemen- li, che son da mettersi a computo, quindi ò necessario investigar la misura della aziono di essi, ed allora solo si potrà intendere alla teorica fondata sulle calcolazioni di essi. In questo senso la presente dissertazione sarebbe solo da riguardarsi qual Ijvoro preparatorio ed una spinta alla collaborazione. (») Mécaniquc celeste. T, V.p. 220. SHS o bì u 1-1 w Q O H < H cr^ = 3 C = L L > >■ > u -^ > r- 3 3 3 3 5 = 3 B s e s i c li >■>>>> o > > > = 3 C = ' 3 3 3 . ij s c a » e > 3 '^ 3 = ù C " > "^ jì > = 3 e 3 . . = 55 e o 'rt A n • > > ii^ 3 ; a > > e s 3 3 = a - O O o C=: rr = . . . i^-^£55 • • eoa . »- fc- i. •" "^ " t- V CJ o O A V] ab ° 60 S , c > , 2 o- 5 5 .^ o e Ss 3 3 3 c a c 5 = : 5 e u >i B 1. CO u ■^s e "5 jo ^ _2 o >^^. ;'— 3 = 5 O 5J » » S tt 00 CO o "fcSSa oSugagM o$.«Ouaa gwa^ooo oWzcw SC'=-Z ^ re E zzzz'^ -, H a ij a Cd §<'-'cnZ^zz t«zzzzz« W3 Z '- c« Z « 3: 3 = .2 To o _ o o » o co r^ — ocs o o — 1 ^^ (N © ©_ o ©_ » •»« •.-<'©*© o"©"-H I-. © O T2 ? *" «« "* '^. '^^ "T. "^ "". 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M '-= TI Ci X SO TI X C5 1~ = -^ X X = -T i^ o IO --2 SO Ci X X i^ i^ ;; X i^ Ci i- Ci X Ci ^ o iO X -.3 X X Ci X i^ ;o X (^ .-T Ci X — T\ r; :0 — X X 1^ so 1~ X ST — — Ci ro :0 TI — — O e : co O X — so TI ;C TI c^ :0 — O X ^ Cv M — TI Ci X SO TI X O 1^ : X -N = ,J p t-; w •JOJSO •tuoiujaT I ■* "C'' ■^»" joood ci r^oo ,3 00 lO t--"o ■«"x^cTo" o o so Ci -.n^ n -s i-_ x_ x_ — ■S -^ — n o Ci — o of :o" •■£ ì co so Ci Ci sa — -^ 1~ Ci O — -■♦ 1^ TI - so .-' I ^ TI -? -■' X O -^ ^ TI X Ci £-. O -* X 1~ X — O — TI -t — — X X so O TI rO 13_lO_-J_Ci ^. 1-. ~ ^. =t =1 '~. '"■. ^. , o'do'rfo--'--* r-"x"i= cTTri-Tcì' — so'oi ti" Ci'--''--"so'cs"^-'"-^ ^'""'; t! 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Leggesi ancora la risposta data dal Pi-esidente della Società Economica di Capi- lanata alla circolare di cui è detto negli Alti della tornata del 13 gennaro ultimo - Dopo ciò il segretario perpetuo presenta. 1°. Alcuni volumi degli Atti della Società Reale di Londra, in continuazione de precedentemente ricevuti , cioè quello pel 18A8, p. 1" e 2", e la p. 1" dell' altro del 1849 ; ed altre opere inviatele da quel cospicuo corpo accademico. Inoltre l'opera del D"". Alfredo Smee, intitolata Elcmcnls of Elec.ro-Biology, or the Voliate Meclianisme of Mi ; of ElcUroPalhology cfpecially of ihe nervous sj-sieiu ; and of Eldro-TherapciUics, pubblicata in Londra nel p. p. anno. 2°. Tre opuscoli del D'". Bartolomeo Biasoletlo, consegnatigli dal cav.Gussone; cioè: Escursioni botaniche nella Carniola — Cenni suW Economia rurale — Del fai'- macisla de suoi doveri e dritti. "^ 3°. Alcuni giornali esteri. Il socio Semmola rende conto verbale all'Accademia sull' opera presentatale H' nome del prof. Patirà (a) nella tornata del 19 febbrajo ; e come che tal relazione ha- dalo luogo ad alcune osservazioni per parte del socio cav. Melloni, l' Accademia Irat- (?) Correnti elettro-chimiche misurate e linvenule ec, in 45" Napoli 18i9. 9; 66 taodosi di un articolo tllFisica allualmenlc in grandcdiscusslonc,IiaslimatoespeJienle •che s'inseriscano nel lìcndiconlo i loro pareri, che verranno però qui in Tuie recati. Il socio sig. Tiicci Ila ietto il suo rapporto sulla Memoria di dui Grosso, pre- sentata altra volta ali" Accademia dal segretario perpetuo, riguardante la Lcmxiacala di Giovanni Bernulli, conchiudendo per 1' ammissione negli Alti , e devenulosi al bussolo è risultata unanimaojeDte approvata. Finalmente il Presidente ha invitato il socio corrispondente sig. Giardini a le'- gere la prima delle sue Ire Memorie indicate negli Atti verbali della precedente tornata *. Il sig. Setnmolafa un rapporto verbale dell' opera del sig. Pau" ra sulle Correnti eleltro-chimiche ec. ; il quale va dichiarato nel* le seguenti parole. n 1°. Lo scopo del sig. Paura nell' imprendere le sue sperienze è stato di misurare V intensione delle correnti elettriche svolte da varie parli liquide e solide dell' organismo animale privo di vita ». « 2°. L' A. in prima viene sponendo la storia del galvanismo, e segnatamea- te parla delle sperieuze relative all' elettricità animale : alle quali avrei bramata che avesse aggiunto quelle del Fuccinotti e del Pacinotli eseguite sugli animali viri, e che ban molta correlazione con le sue ». a 3°. Egli è stato indotto a far le sperienze dal pensiero che nella combina- lioDC chimica dell' ossigeno, dell' idrogeno, del carbonio, e dell'azoto fra loro avreb- liero dovuto svolgersi due distinte correnti. A tal fine egli ha ricercato e misurato le correnti nel cervello, nel sangue, nello sperma, ed in altre materie di diversi animali ». » 4°. Egli ha adoperato il galvanometro moltiplicatore compensato ; legan- do a2,li estremi de' reofori due laminette di platino, delle quali l una toccava la materia organica , e 1' altra l' esterno della capsuletta di platino. Oltre a ciò lia pure talvolta adoperato una capsuletta di cristallo nella quale , raccolta la materia organica, immergeva l' un dopo l'altro i reofori». » 5°. Uno de' fatti che apparisce più notabile è questo di avere osservato che con alcune materie l'intensione delle correnti, dopo aver segnato uà massima , ed essere dipoi discesa allo zero, risale di nuovo al massimo. L' A. vorrebbe attri- buire la discesa dal massimo al continuarsi 1' organizzazione della sostanza orga- ' Tralasciamo per ora cii dare un cenno di questa Memoria ; perdio essa non è che d' intro- duzione alle due seguenti, attendendo che il rispettabile socio terminasse l'intera lettura di questo luo lavoro. 67 Dica, ed il ritorno dal zero al massimo alla disorganizzazione di essa. Àncora, egli, per ischivare le diflìuoltà che gli si potrebbero fare sull' origine delle cor- renli da lui osservate , crede di trovare nel fatto leste allegalo un forte argo- iDeolo per dimostrare ihc le correnti rinvenute da lui non sono [)rodolte per azion chimica col platino, perchè, se tali fossero, non avrebbero dovuto segui- tarne quelle si forti oscillazioni. Al quale argomento 1' À- crede poter aggiungere in afpo^g'o, che le correnti per azion chimica durano sctz/jw pei- mirnUi , di rado per (jualc/ie ora, e mai per ore e per (jiorni. Ma non si può consenlire alla pri- ma spiegazione, perciocché devesi risguardare nel fallo allegato piuttosto un ar- gomento di conici ma per dichiarare che 1' origine delle correnti osservate sta nell' a- zion chimica o di contano. Invero è naturale il pensare che 1' azion chimica, giunta al suo massimo nel porsi la sostanza organica a contallo col platino, vada gradatamente decrescendo finche, cominciata la scomposizione della materia, inter- venga un' azion ihimica diversa dalla prima, con che un nuovo massimo ha luo- go. In quanio poi alla seconda assertiva, ci pare che se egli è vero, com" è, the il galvanometro adoperato da lui è un sensibilissimo strumento ; sarà pur vero che esso non mancherà di additare una corrente per qualsivoglia menoma azione, ed anche se metlansi in comunicazione due vasi pieni di acqua in cui pescano due la- mioette di platino da parecchie ore, e dirò pure da un giorno ». M Egli è ormai ben noto che 1° azion chimica con i mezzi finora conosciuti è ÌDevitabìle, e che essa interviene in qualunque modo si sperimenti, non ostante che la chimica non discopra 1' alterazione del metallo. Sul quale proposito mi si pernict- la di ricordare che l' cletiricità per contrazioni muscolari testé annunziata dal Du Fols Raymond ben presto è stala dichiarala un' illusione. E perchè alle mie idee non \enisse meno l'autorità, parrai a proposito il citare le parole del Desprelz, il quale in parlando della supposta scoperta del Raymond dicliiarava » : >} Finché la chimica non avrà scoperto un metallo o una lega metallica che »j non da alcuna corrente pel conlatto de' liquidi conduttori , si sarà esposti a » molti errori nelle ricerche sulle correnti degli animali e de' verietabili ». » Il galvanometro è uno strumento ben prezioso, ma richiede una grandissl- 3J ma prudenza da parie degli sperimentatori. Se gli si dà poca sensibilità, esso M^noo indica che i fenomeni energici : se gli si dà grande sensibilità obbedisce » alle cause pertubalrici le più leggiere. Non sarebbe impossibile che un gran « numero di .«perienze sulle correnti degli animali e de' vegetabili non fossero » che illusioni, e ciò che si allribuisce a correnti animali o vc;;cl:il)ili potreb- » Le bene non essere che l'azione de' liquidi sulle lamiae di oro o di plalioo> X) del galvanoscopio, o sopra altri liquidi differenti ». » Per le quali considerazioni soo di avviso », 68 » \\ Clic le spcricnze del Paura costituiscono una nuova serie ii fatti in con- tinuazione di quelli che altri fisici aveano osserviti sulle materie organiche vive e morte. « 2°. Che le medesime non possono condurre a conchinsioni diverse da quelle cavate finora da consimili sperimenti , neppure ecceiluali quelli faiti da altri su- gli organi vivi ; cosicché non si' può concedere a lui quel che il Belli negò alle sperienze del Puccinotli e Pacinolii u. 3i Con ciò non mi trattengo dal manifestare the mentre vuol essere considera- ta la solerzia ed il buon volere dell' A. in simili ricerche sperimentali, ne bramerei IBCDO dubbie ed oscure talune deduzioni ». Dopo In lettura eli questo rapporto, il socio cav. Melloni espone air Accademia alcune considerazioni , dalle quali risulta che la sua opinione sulla memoria del sig. Paura non è perfettamente concorde con quella dell'onorevole relatore. L'idea di uno sviluppo d'elettricità nell'uomo ed in altri vertebrati fu con- siderata, dice il Melloni, sotto diversi aspetti. Alcuni immaginarono che le sup- poste correnti elettriche derivassero dalla circolazione del fluido nerveo oppure da una forza eletlromolrice dovuta al contatto o alle secrezioni delle varie so- stanze eterogenee che formano il corpo dell' animale : altri credettero che così fatte correnti traessero la propria origine dai fenomeni dinamici, e scgnatamcQ- te dalla contrazione muscolare. In tutti questi casi le sperienze tentate per dimostrare, mediante il galvanomelro, la verità dell' assunta ipotesi esigevano ma- uifeslamcnte che le estremità dello strumento comunicassero con due organi o punti distinti dell' animale : e così operarono di fatto Nobili e F»accelll, Pucci- notti e Paciiiotti , Du Bois Raymond , Humboldt , Malteucci, Becquerel e Dcspretz. Le spocolazioni teoriche e sperimentali del sig. Paura intorno all' elettricità animale si stostano totalmente da quelle de' suoi predecessori. E veramente, consideralo lo sviluppo di questa elettricità qual semplice risultamento delle chi- miche reazioni che si compiono durante le successive tramulazloni delle mole- cole organiche, l' autore cerca di porre il fenomeno in evidenza immergendo suc- cessivanicnle in una piccula quantità di latte, di sangue , di sperma , ed altre analoghe sostanze cstratle dall'animale vivo, le due laiuinctte ii-^nali di platino annesse alle estremità del galvanometro , oppure c un intervallo di tempo più o men lungo, si spieghino con ugual successo ncU' una e ncU' altra i- potcsi ; quantunque sembri alquanto strana, nella supposizione adottata dal rela- tore, la formazione di uno slato neutro in mezzo a due siali aitivi per virtù dei cambiamenti avvenuti nella forza eleltromotrice risultante dal cooiatlo del platino colla materia animale. IMa come intendere chiaramente, nella ipotesi del prof. Semmo- la, la general deCcienza di segni elettrici quando nell' apparecchio del sig. Paura so- sliluivasL alla materia organizzala, l'acqua pura, un acido, un alculi, un sale, o qualunque altra sostanza inorganica ? Come spiegare colla dovuta chiarezza , in questa medesima ipotesi, le azioni eletlriche, talora vigorose e talora debo- lissime o nulle manifestate da una data secrezione dello stesso individuo , il quale trovavasi in due opposte fusi di eccitamento ? Tulli questi fenomeni , per lo contrario , sono conseguenze immediate del principio delia elettricità chimico-organica adottato dall' autore. Certo che la verità di esso principio non può dirsi ancora rigorosamente pro- vata. Ma giova sperare che l'ardore vivissimo manifestalo dal prof Paura ia sillatle ricerche, e le sue non poche cognizioni intorno alle dottrine ciiiiiiiche, lo condurranno a moltiplicare e variare le sperienze e le argomentazioni sintanto che esse acquietino quel grado d' evidenza e di precisione , che esige lo stato pre- sente delle scienze naturali. Ad ogni modo, se venisse anche dimostrata vera l'opinione dell'esimio relatore, e the tutti i fenomeni elelirici accennati nella memoria discussa doves- sero attribuirsi alla forza elettromotrice risultante dal cooiatlo metallico, l' im. TO il mensa supcrlorilà degli effetti somministrati dalle materie organiche rispetto a quelli forniti dall' acqua , dagli ossidi ed altre sostanze minerali , costiluirebbo sempre un fatto importante , clic spargerebbe molla luce intorno alle reaiioni cliimiche, ancora tanto oscure, esercitate dai metalli inossidabili sulle esalazio- ni de' coipi, ed avrebbe quindi uno stretto legame colle misteriose immagini di Moser, di Waidele, e di Niepce de Saint- Victor. In tempi dove 1" amore al ben essere materiale, si ciiiarameote espresso da nna smodala sete dell'oro, soggiunge il Melloni, domina talmente l' animo uma- no, che lutto porta l' impronta di una specolazione commerciale , è dover no- stro il conservare gelosamente, e non aflievolire con soverchia austerità accade- mica, quel sacro fuoco che ferve ancora, la Dio mercè , nel petto di que' pochi generosi, cui sta più a cuore il progresso della scienza che l' interesse pecuniario. 11 cav. Melloni concliiude pertanto che si dovrebbe ringraziare il sig. Pau- ra del dono fatto all' Accademia , ed indurlo a perseverare animosamente Del- l' ardua sua impresa. TORNATA DEL 12 MARZO 1850. LeggoDsi gli Atti delia precedente tornala ; Indi il Presidente assunto, cav. Tenore,in mancanza del Marchese di Pietracatella presidente titolare, invita il pro- fessore Giardini a leggere la seconda sua Memoria sulle correnti clellro -fisiologiche del corpo umano, dopo delia quale entratosi in talune dichiarazioni su tale argomento, da parto de' soci cav. Tenore e cav. Melloni, rimane risoIuto,che costui interverrebbe a"li sperimenti addotti dal Giardini nella sua Memoria,per riferirne all' Accademia ; in seguilo di che si passerebbe alla lettura della terza Memoria. Il segretario perpetuo, prima di sciogliersi la tornata, dà parte all'Accademia di esser cominciale a venire la risposte all' invito circolare fatto alle società Econo- miche del Regno, per soddisfare alla dimanda del Prof. Perrey di Digione su'tremuo- li avvenuti in queste nostre felici regioni, soggette però a simili avvenimenti funesti. TORNATA DEL 9 APRILE 1850. Dopo la lettura degli Atti, della precedente, il segretario perpetuo partecipa M Accademia una lettera del prof. Perrey in risposta all' ufllcio in nome di questa aireltole , d' inviarle ciò che finora aveva egli periodicamente pubblicato intorno all' assunto da lui intrapreso della Storia de' tremoli per tutta Europa, ed ha pur 71 presentate su tale oggello lettere risponsive alla circolare , a nome dell' Accademia diretta alle Società Economiche del Regno, indirizzategli da nuelle dì Capitanata, Ca- labria citeriore con l'opuscolo corrispondente del Presidente Colosimo ed altre no- tizie correlative; Calabria ultra 1" con sei opuscoli ed una noia; Calabria ultra 2" , terra d' Otranto , ed Instiluto d' Incoraggiamento di Napoli. L'Accademia ha stabilito che una commessione di soci venisse incaricata di fare lo spoglio di tulio questo materiale , e dell'altro che a mano a mano ci verri» rimesso da queste e dalle altre Società Economiche, per indi presentarne all' Accade- mia il risullamento, da inviarlo in seguito al prof.di Digioiie. E come che il nume- ro attuale de'socl ordinari è ben ristretto, e che non trattasi di un lavoro accademico, potendovisi però ancori destinare soci corrispondenti, il Presidente ha nominali a comporla il socio ordinario Capocci per presederla, ed a suoi collaboratori i corrispon- denti D. Leopoldo del Re, D. Luigi Palmieri e D. Arcangelo Scacchi. L' Accademia ha ricevuto dal sig. D. Gabriele Minervini, il dono di un suo trat- talo dell' Epilessia, con la giunta di osservazioni dello slesso sopra alcune noie fatievi dal sig. G. 5«c/i(To, compilatore del sunto di tal libro presentato all' Accademia Me- dico-Chirurgica di Torino. Inoltre un altro opuscolo del medesimo Minervini sulle d'fformilà delle uova, e descrizione di un uovo mostruoso. Ila in line, 1" Accademia ricevuto dal sig. Colosimo Presidente delle Società Economiche della Calabria Citeriore, e Calabria ultra 1°. due opuscoli, 1' uno Sai ter- remoto della Calabria avvenuto nella sera del dì 8 Marzo 1832, l'altro degli Ele- menti del Calcolo infinitesimale. Il segretario perpetuo ha dopo ciò presentato all' Accademia un opuscolo MSS. intitolato : Nuovo Metodo per descrivere le curve diurne negli Oroloiji solari ; e nuove ri- cerche per conoscere la posizione decloro piani, lavoro dell' sig.Marchesani, giovine di buone speranze, a lui consegnato da piii tempo ; ma che non avea stimato presen- targlielo prima di darvi una fugace lettura ; e 1' Accademia intenta sempre a pro- muovere gli studi e 'l progresso delle scienze, suo scopo principale, ha acconsentilo che tale lavoro venisse inserito nel Rendiconto. Il cav. Tenore ha pur presentato un lavoro botanico su Maschi,a, lui consegnato dal sig. G. A. Pasquale col titolo : de Muscis nenpolitanis Commentariolum , diman- dando che venisse esaminalo ; e dal Presidente n' ò stato incaricato egli medesimo insieme a' suoi coUcghi cav. Gussone e delle Chiaje. Finalmente il socio cav. Bozzel- li ha presentato a nome del nostro socio corrispondente estero, il viccconte di Santa- rem, il 1° volume della sua nuova opera pubblicata in Parigi nel 18A9, col titolo Essai sur C histoire de la Cosmographic et la Cartographie, pendant le moycn agc, et sur le progrés de la Géographie,aprcs Ics grandes decouvcrles au XV. siede. L'Accademia aderendo a'desiderii del socio cav. Boiiglli La destinato il car. 72 «3e Luca a fargliene un rapporto orale ; e nel tempo stesso ha disposto di farsene &ì dotto autore i coiivunevoli ringraziamenti. TORNATA DEL 1G APRILE «850. Il segretario perpetuo dopo aver letto gli Atti verbali della precedente tornata presenta duo opuseolt;tti del prof. Voipicelli segretario dell' Accademia de' nuovi Lincei ullimamenle ripristinata in Roma, ed il primo e secondo numero del giornale col ùloWr Ilalia industriali: Goniincialo a pubblicare dal dot. Giuseppe Bandiera. Il raedesiino segretario perpetuo rilegge all' Accademia la deliberazione fatta nella tornata de' 19 aprile 1849 di consegnarsi al socio archivario sig. Masdea tutti gli oggetti di maccbine, utensili, rocce ec. appartenenti alla Reale Accademia delle Scien- ze,e che Irovansi quìi e là disperse in diversi luoghi del Museo Borbonico, e nella di» lui casa. L" Accademia risolve rescriversi nuovamente sul proposito al Presidente Perpetuo dimandando che fosse ad essa concesso di poter far trasportare gli arma- dietti che le appartengono e che sono nel Reale Museo in quella sala ove al presente essa tiene le sue ordinarie tornate, e di pili che venisse nuovamente accomodato e ben condizionalo lo stipo a muro in delta stanza, altra volta dato all' Accademia per riporvi gli oggetti di scritiojo,e che senza sua saputa fu nel 1848. scassato e destinato ad al- tro uso, ora interamente cessato. Il socio Masdea adempie all' incarico ricevuto dal Presidente dell' Accademia nel di 8 gennaio corrente anno di fare a questa una relazione verbale sull'opera del sig- Eenens sur la fertUisalion das landcs ecc., premiata dall' Accademia di Bruxelles, che ne avea invialo un esemplare alla nostra ; e tal relazione si stabilisce inserirla nel Ren- diconto pel bimestre corrente. Il prof.Palmieri nostro socio corrispondente presenta al- l'Accademia nn cenno di una nuova pila tutta metallica di sua invenzione per prender- sene data negli Atti della presente tornata riscrbandosiadargliene poi unapiìi compiuta' conoscenza dopo le vacanze di primavera. Lo stesso per altro suo lavoro col titolo. Endosmosi clellrica. lì Accademia dispone che tali due cenni sieno inseriti nel Ren- diconto. 73 M£nORlE E COMCNICiZIONI DE' SOCI ORDINARI E CORRISPONDENTI DELL ACCADE.MIA. Di una nuova pila tutta metallica^ nota di L, Palmieri. ti prof. Carlo Multeucci da pureccliie sue esperienze ha stimato potere co.i ferDiezza concludere, ciie non si hmino mai segni di tensione né di corrente elet- trica d;illa couiliinazioiie di due molecole elementari elerogfnee, né dalla separa- zione di queste molecole se erano in combinazione . Queste conclusioni op- ponendosi alla maniera più comune di pensare degli elettrochimici ed avversan- dO'Una mia ti-orica della pila che da qualche tempo ho sostenuta nelle mie le- ajOni di fisica e che spero solloporre al vostro 'giudizio quando 1 avrò meglio confortala di argomenti poggiali sulla esperienza, ho voluto assicurarmi con nuo- ■ve ricerche del principio che il celebre professore di Pisa ha credulo poter fon- dare, ed ho trovalo che ponendo nel mercurio due lamine una di ferro ben terso ed un allra di zinco, ollotie, rame, argenlo ec. e facendo comunicare tali lami- ne co' capi del galAranomelro, si ha una corrente la quale va pel iìlo dello stru- iQcnlo dal metallo che si amalgama al ferro ossia a quello che non si amalgama, tranne il caso del platino col ferro in cui si avverano alcune particolarilà delle quali discorrerò in altro lavoro piìi lungo che vi presenterò intorno a questo argomenta. Dopo questo primo fatto mi fu agevole cooiporre una pila di più coppie ferro- zinco, ferro-rame, ec. e veder crescerò la corrente col numero di queste secondo le consuete leggi delle altre pile fiaora conosciute. La disposizione che ho dato perora a questo nuovo apparecchio somiglia quella della pila a corona di tazze di Alessandro Volta. Ponendo nel primo bicchiere dove pesca il ferro delia pri- ma coppia una lamina di rame, se le coppie sono ferro-rame, e nell' ultimo bic- chiere dove pesca il rame , una lamina di ferro , la corrente andrà dal rame al ferro pel fdo galvanometrico. Il galvanometro piìi acconcio ad indicare la corrente di questa pila deve essere a filo corto siccome accade nelle pile termo-elettriche, attesa la poca resi- stenza che una pila tolta metallica presenta al passaggio della corrente. Sicco- me ho fallo uso finora di coppie mollo piccole e di un numero non mollo este- so, così olire alle indicazioni galvanometriche ed alle cootrazioai della rana non ho avuto altro ; ma pel momeulo io intendo di presentare questa come un fatto che si oppone al principio del Malleucci perchè la corrente derivar deve dal. l'azione chimica del mercurio sopra uno de' metalli, cioè dall'azione chimica di. due molecole clerogcocc. Ilo proccurulo di avere qualcheduno de metalli al mag- li) 7) pit.i i;iatlo ili purezza senza avere Jillcrenza sensilìilc di risultamcnli. I numeri che rappresentano la diversa eflicacia de' melalli gli darò quando avrò terminalo il lavoro di cui non fo che una esposizione sommaria in questo momento. Poiché in questa pila il metallo attaccato si mostra positivo, il mercurio deve svolgere 1 elettricità negativa , e però nel caso di separazione del mercurio dal metallo, dovrebbe quello apparire elettro-positivo. E per fermo, avendo apparcc- thiala un'amalgama pastosa di mercurio e zinco ed avendovi introdotti dentro gli elettrodi di ferro di una pila di Bunson,ho chiaramente veduto il mercurio liqui- do comparire verso 1' elettrodo negativo e rimanervi aderente specialmente alla punta quasi si fosso il filo di ferro amalgamato. Facendo uso poi degli elettrodi di rame e bello il vedere con quanta facilità si amalgama quello che viene dal polo negativo e come l'altro rimane quasi interamente rispellato dal mercurio. Ho tentato i segni di tensione all' elettroscopio condensatore, ma non ancora posso dire di essersi mostrati senza qualche dubbiezza, e chiunque abbia una certa pra- tica di questo strumenlo sa con quanta cautela bisogna procederò prima di an- nunziare un risultamento come sicuro. Endosmosi elettrica. Con questo titolo Giacomo Napier descrisse de'fenomeni di endosmosi ottenuti sotto l'azione delle correnti elettriche, dopo l'antico fatto scoperto da Porrei nel 1816. E qualche mese da che presi anch' io a studiare questi feno- meni avendo prima modificato 1' endosmometro di Dutrochet e poi quello di Mat- tcucci e Cima per adattarli a quest' uffizio. L' ultima forma che ho adottala con- siste in una specie di cilindro orizzontate di cristallo diviso in due, in guisa che Del suo mezzo possa agevolmente collocarsi la membrana o altro corpo poroso da dividere tulio lo spazio in due compartimenti, sopra ciascuno de' quali sorge un cannello di vetro graduato, e lateralmente a ciascun cannello sta un foro eoa turacciolo metallico al cui estremo si fissano delle lamine metalliche, ponendo i turaccioli in comunicazione co' poli della pila. I liquidi collocati nelle due cavi- ta del cilindro si mettono a tali altezze ne' cannelli che siano in ragion recipro- ca delle [densità affinchè la membrana sia egualmente premuta, qualora non si voglia coUacorla tra due lamine forate di metallo, il che reca talvolta degl' in- c'oiivonierti. Con questi endosmometri ho ottenuto qualchs nuovo risultamento noli solo intorno alla endosmosi semplice , ma anche alla endosmosi elettrica, la quale in certi casi impedisce totalmente la prima, talvolta 1' agevola, e quasi seni, prc la genera. Ilo voluto pur vedere se 1' endosmosi dal canto suo generi correnti, ma ad onta che queste appariscano agevolmente usando lamine di platino ben lavate, pure rimane sempre un grave dubbio se la corrente derivi dall'endosmosi, o dalle co" ninni origini pel conlatto del metallo co' liquidi. Ma la minuta esposizione de' fatti sarà argomento di apposita memoria quando il lavoro sarà giunto al suo termine. L. fALMIBM 75 Memoria sugli assi principali del sig. Giuseppe Battaglini. Sia una massa M : dicasi momento d' inerzia di questa massa rispetto aj «Il piano, la somma dei prodotti di ciascun elemento dM p«l quadrato dèlia sua distanza da tale piano — Consideriamo un piano (1) a a; + /2j + V2 = 1 al quale competa il momento d' inerzia eguale ad m' ; indicando con ò la distanala dal piano (1) del punto ( x^y„ z^ ) che determina la posizione dell eUmenlo M , avremo J = -±fs^0^^^^^^:^ .f^. dM = u', onde : (2) /( * ^. + /3/o+ -/=, - 1 ) c/3/ = ( «•+ /3'+V ) ti- Sia riferita it sistema ai tre assi principali condotti pel centro di gravità della massa M : si avrà fx^dM=o, fy^dM=:0^ Jz,dMz=o, fy,zJM = o, f,^xJM=Oy fx,y,dM = o, Sicché, supponendo: J'x: dM=a\ fy\ dM = i', fz,'dM = c\ fd M =.V= I r equazione (2) si ridurrà ad ; (IV) a'(«'_«') +I3'(u'—b')+y'(u' — c')= 1 Ora ; la sola relazione ( 3 ) tra » , /3 , y , lasciando indeterminate queste quantità , \i saranno infiniti piani ( 1 ) di momento d' inerzia eguale ad w. Per averne f inviluppo converrà eliminare » , /3 , e > tra 1' equazioni (1) , (3 ) e le loro derivate parziali rispetto a v ed « , y e /? : si avrà cosi il seguente si- jieaa d equazioni : •'(«• — a-; +^' {u'—b') + y'(u'-c') = i , dy dy Dalle ultime quattro si ricava : T ("*-"■) = 7 ("•-*•) = V ("•- e- ) = /T. 3i,tiindi le altre due daranno : onde K = \ , e quindi l'equazione dell' inviluppo cercato sarà : t' V* -' M — a u — o' «' — e equazione d'una superficie di secondo grado che ha per centro il .centro di gravi- tà della massa proposta , gli assi diretti secondo gli assi principali relativi a tale punto , ed oraofocale variando m — Supponghiamo a ^ b <^c : V equazione (4) sarà inamaginaria ; dinoterà un iperboloide a due falde , un' iperboloide ad una falda , un' ellissoide secondo che si avrà M b <^ e ^ u "^ e . Per « = a . m = i , «= e, rappiesenterà rispettivamente i piani delle yz, zx, xy . Adunque al piano del- le yz corrisponde il minimo momento d' inerzia. Se tra' i piani condotti per un punto ( ar^ , J„ > "o ) si cerchi quello di mo- mento d' inerzia massimo o minimo è chiaro che, posto ia (1) x,, j„, z^ in vece di •X , y > s , converrà determinare et , fi , y in modo che sia in ( 3 ) -da = 0 ; avremo cos'i un sistema d' equazioni identico a quello consideralq^ precedente- mente , salvo il cambiamento di a: , ^ , s , in a:. , j, , i„ . Quindi per deter- minare u% valore del c.ercato momento d' inerzia massimo o minimo si avrà 1' e- quazione : ti' — a' u — 6 u — e Questa equazione di terzo grado rispetto ad u* ha tutte e tre le radici rea- li ; infatti liberata dai fratti si avrà ; („' — 6') (u'—c') x\+(u'— e*) («'—a') y: + («'—a') ( «' -b' ) z', — («•— n'J (u—b') (u'—c' ) = o ed essendo n < 6 < e i segni del primo membro di questa equazione saran- no per M' rr a' + u' = b' — ti" = e' + u" Z^ 00 __ 77 onde r equazione (4) avrìi una radice tra a' e L' , un' altra Ira i' e e' , e la terza maggiore di e' — Siano u", u'", u"" queste radici essendo u" il massimo : u'" compreso tra u" ed u"" non sarà né massi- mo , nò minimo. I valori di m" , «"' , u"" sostituiti successivamente neU' equazione (4) in vece di u , daranno tre superficie di secondo grado , un' iperboloide a due fal- de , un' iperboloide ad una falda , ed un' ellissoide alle quali i piani di momen- ti u'' , u"* , t."" , che chiameremo piani principali , debbono essere tangenti . Ora queste superficie passano pel punto dato ( ^„ > /, , 2. ) ■, siccome l' in- dica l'equazione (5), dunque i piani principali condotti per un punto del- la massa Jl/, sono i piani tangenti alle tre superficie omofocali (4 ) che passano per tal punto. Questi tre piani sono perpeodicolari tra loro : in fatti I' equazioni di tali piani SODO : u"— a' ^ u"— 6' !*"•— O* "^ u"'—b' — = — + -^ -^ ■ J. ■ " —a' u""—b' ^ m""— e* = 1 = 1 ed essendo X ' Y s „<»_«• m" — 6' u'* — e' « • — a a- ' V z ' _!! 4. J' 4. "» „"'._a" ^ «""—6' ^ u'"'— e' si avrà evidentemeote = 1 78 •■'"»' >"„* I.* («'• —a- ) (""•—«■) («" — ^'^ (u"'_^+ {u''-~c' ]{u"'—c') ~ ° e, queste ullime equazioni dinotano appunto che i piani proposti sono tra loro per- pendicolari. Le intersezioni di questi piani sono i tre assi principali relativi al punto C ■^. ì }'. » =.) '■ '"f""' indicando con iV" , ;V"' , N"" i momenti d' inerzia ri- spetto a queste rette , si avrà evidendemenle : N'\z= «"'+u"", N'" = u"" + u", N"" = u" + u"\ ed essendo «" < «"• < «"" sarà N" > A'"' > N"". — Inoltre siano uj', uj", u'"/ i momen- ti d' inerzia rispetto a tre altri piani rettangolari qualunque coadotti pel punto ( ^o ; Jo ) -„ ) > ^^ ^'"ì ^,"'> -y."" > momenti d' inerzia rispetto alle intersezioni di questi piani , si avrà: Nj' = u": + uj'", Nj" = «.'"• -{- «V, N."" = u': + u."-, e supponendo u.'' < u"^' < uJ"', sarà, J?V," > ^,"' > NJ'" — Ora essendo u" < «/' , «;'" > u."" , poiché u" ed «"' sono il minimo ed il massimo momento d' inerzia rispetto a i piani che passa- no pel punto (ar. ,/, ,3j, sarà iV" > iV/', N"" < N."'\ altrimenti dovreb- be nelltì stesso tempo essere v^" ^ u" , onde N" ed N"" saranno il matsimo ed il minimo momento d' inerzia rispetto alle rette che passano per tal punto , e quin- d'i le rette di momenti N" , iV'", N"" saranno i tre assi principali relativi allo stes- so punto . L' equazione (5) rimanendo invariata comunqut^ si cambiano i segni delle coor . dinate x^ , y. ■> ^o' "* segue che considerando nella massa M un sistema qualunque di otto punti che hanno in valore assoluto le stesse coordinate rispetto ai tre pia- ni principali che passano pel centro di gravità della massa, i piani principali, e gli jui prjpcipali relativi a tali punii avranno gli stessi momenti d' inersia . Vi? Fioche a„ y^ z, saranno diverso da zero , ed a', b\ e' , saranno disuguali, le radici m", u'" , u"" dell' equazione ( 5 ) saranno disuguali ancora , e tali per •onscgucriza saranno i momenti d' inerzia rispetto ai piani principali ed agli asti piieipali relativi al punto ( ^„ ,/, > 3„ )• Coosidariamo ora un punto di alcuno dei piani coordinati . — Ptel piano delle xy sarà z^=zo , onde una delle radici dell' equazione (5) sarà m' = e' , e le altre due saranno date dall' equazione V ' X ' (6) -^ + -3 - 1 . Gli assi principali corrispondenti al punto (a;^ ,y^ oj) saranno la perpendicola- re al piano delle yx in tal punto , e le tangenti all' ellisse ed all' iperbola dino- tate dall' equazione : — i^— 4. :— = 1 u' — b' ^ u' — a' col sostituire in essa successivamente per u" le radici dell' equazione (6) . Una di queste radici sarà anche eguale a e' allorché si avrà (•) — ^ + '"'•' = 1 , e — 6* e' — a' ' tJ in tal caso l' altra radice di (6) data dall' equazione V +7*.+ «'+*' — <='=«' sarà parimente eguale a e' Terificandosi la relazione : (S) V-}.jr;= e'— a'H-c'-i'. Delle proprietà analoghe avranno luogo per i punti del piano delle xz > 0 del- le xy ; e r equazioni corrispondenti a (6) , (7) ed (S) saranno : (9) ■ ''■'' -f _ÌÌ_ = I u' —a- ^ u' — e' (10) _il_ ^ _J:i_ ^ , 6" — a* ^ b' — e' ('^) */ :J. V = i' — «>. i' - e* o pure 6B (12) (>3) -r^ — + ■ . -"^V . = 1 ^ '' a' —e' ^ u — b' (14) ..+^^. = «'_c>+«-_i'. Ciò posto : essendo a <^ b <^ cV equazione ( 7 ) dinoterà un' ellisse , (IO ) un'iperbola , (13) una curva conica immaginaria , adunque io ogni massa Mi pun- ti dell' ellisse (7) e dell'iperbola (10) esistenti nei piani principali relativi al centro di gravità di M e de' momenti d' inerzia massimo e medio , sono tali che per cia- scuno di essi i momenti d' inerzia rispetto a due degli assi principali corrisponden- ti a lai punto sodo eguali tra loro. I piani di questi assi principali sono normali alle curve slesse (7), e( 10) — Queste curvo poi non sono altro che le focali comuni alle superficie omofocali (4) , variando u. Inoltre ; i sistemi delle equazioni (7) ed (8) , 1 0) , ed (11 ) , (13 ) e ( 14 ) dando per j\ ed x^ , j-^, e ;^ , :, ed j"^ valori immaginarii non vi è generalmente nella massa M alcun punio tale che i momenti d' inerzia rispetto ai tre assi principa- li corrispondenti a lai punto siano tutti e tre eguali tra loro . Allorché il punto ( Jo/o -^o ) *' '""ova su d' uno degli assi coordinali , le Ire ra- dici di (5) saranno : per j„ = 0 , j„ = 0, u' = b\ u' = e', u' = x\ -f a' (15) per z^ = 0, x, = o, m' = c\ u' = a% u' =/.' + è' e per a.„ = o,y^ = o, m' = «*, u',= i', w = s.» + e' : gli assi principali poi relativi al punto proposto saranno paralleli agli assi coac- dinatì . Finalmente per 1' origine delle coordinate si avrà evidentemente M* = a' , u" = i" , u' = e". Dicasi momento d' inerzia di una massa rispetto ad un punto la somma dei prò*- dotti di ciascun elemento della massa pel quadrato della sua distanza da quel pun- to . Il luogo geometrico dei punti di momento d' inerzia eguale ad m' si oUerriv mediante l equazione : la quale per I.« scelta falla degli assi coordinali , ritenendo le denoTiinizioiii pre-- ceJcnli , SI ridurrà ad (Hi) x' + y' + :.' + a' -\-b' + e' .-= m' , c.quu/.ione di una sfera che ha per cenlro il centro di gravità delia massa M , reale finché m' > a' + 6' + e* ; sicché al centro di gravità counpele il miijiin'> mo- mento d' inerzia. Sì osservi intanto che tra m' , m' , ed N' momenti d' iner/Ja rispetto ad un punto , un piano , ed un asse ad esso perpendicolare , condoni l uno , e altro per lo stesso punto , si ha la relazione N' = in' — u*. Ciò posto : l'inviluppo dei piani di momento d' inerzia eguale ad u' e che pos- sano por un punto dato x^ , j^ , z„ ) essendo la superficie conica di secondo gratlo , uhc ha per vertice (juel punto , ed è circoscritta alla superficie di secondo gra.lu 3>' V* s' eO -. : + -T-^T + r= ' , Ur — a K — 6 M — ti sarà il luogo geometrico degli assi di momento J' inerzia eguale ad N' un altra su - perficie conica , anche di secondo grado che ha lo stesso vertice della prima , ed' ilati rispcitivamenle perpendicolari ai di lei piani tangenli. L' inviluppo de' piani di momento d' inerzia eguale ad u', ed il luogo geome- trico degli assi di momento eguale ad iV' , g;li uni e gli altri paralleli ad una retta data saranno rispettivamente due superficie cilindriche di Iati paralleli a tale ret- ta , r una circoscritta alla superficie (4) , e l' altra avente per sezione retta un cir- oolo tale che il quadrato del raggio eguaglia iV' diminaito del momento d'inerzia rispetto alt' asse parallelo alla retta data condotto pel centro di gravità di Jl/. Finalmente le normali alla superficie (4) nei punti comuni a (4) e ( 16 ) sa- ranno a^si principali relativamente a tali punti , e di momenti d inerzia eguali . Il luogo geometrico di questi variando m' , ed «' , e rimaoendo costante N' , si otter- rii eliminando queste variabili tra l' equazioni M — a u — b' u — e* •''+/* -f ;' -t-rt-^-é'+c" =m'. Ili S2 N'=:m''~~ii' : si avrà cos'i ponendo : i>^c'— iY-'= — fl'%c' + a-—N^= — i", a'+ i- — ^'=_ e'. 07).,. •^■' , y] , - equazione della superficie delle onde luminose in un mezzo eterogeneo , essendo gli assi coordinali gli assi di elaslricità , a' , ò' , e' le velocità di propagazione nei piani delle )•: . xz , aj delle vibrazioni di una molecola secondo gli assi delle x delle j , e delle z. Questa equazione liberata dai fratti prende la forma : (18) • (x'+y + z'Xa''x'+b"Y'Ì-c-'z')—{b"+c'')a''x' — ( e" + a" ) i"/— (a" + b") e" s' + a" b" e" = o. Finora si e suposto che a' , i' , e e* siano disuguali : allorché due di queste quantità saranno uguali non potrà essere che rt'=i% o pure 6' = e' — Nel primo caso le superficie (4) diverranno di rotazione intorno all' asse di minimo momento d' inerzia condotto pel centro di gravità della massa M ; iperboloide ad una falda , o ellissoidi secondocché m' > a ' < r' , o pure iC > e' . Per u- = a' , m' = e' si ridurranno rispettivamente all' asse delle s , ed al piano delle y x .h' equazione ( 5 ) ridotta ad u — -a > ..1 »i non variando al cambiare il segno di z , e facendo rimanere costante .t„' + yj" , ne segue che avranno gli slessi momenti d' inerzia 1 piani e gli assi principa- li corrispondenti ai punti di due circonferenze qualunque di cerchio eguali, con i centri suir asse delle ; , parallele al piano delle a; y , ed egualmente lontane da (al piano . Gli assi principali in un punto qualunque ( x^ , j^ , r^ ) saranno le tangenti alle due curve meridiane delle superficie (4) che passano per tal punto , e la per- pendicolare al piano meridiano . I primi due assi incontrano 1' asso delle : , ed il momento d" inerzia rispello al loro piano è sempre eguale ad a' . Le curve ( 7 ) e ( 10) per i punti delle quali due degli assi principali hanno momenti d'inerzia e- gnali tra loro si cangiano nell' asie delle s e nel circolo 83 I sistemi dell'equazioni (7 ) ed (8) , (10) ed ( 11 ) , ( 13 ) e ( 1'. ) rimanendo tullora inconip.ililiili , non vi sarà , anche in lai caso , nella massa M alcun punto pel quale i Ire assi principali abbiano i moirienli d' inerzia eguali Ira loro . la fi- ne la superficie di quarto grado (l7)o(18), osservando essere a'' = i", ,si can- gerà nella superficie di secondo grado di rotazione inlorno 1' asse delle z : *' + /' z' _ ' + — in — '• e Delle proprietà analoglic avranno luogo allorché J* = e , solo le curve ( 7) e (10 ) si cangeranno tuli' e due nell' asse delle x , ed il sistema delle due equazio- jii ( 7) ed (8 )non essendo piìi contradiltorio darà sull' asse di massimo momento d' inerzia nel centro di gravila della massa M due punii determinati dalle ascisse x„ = ± >/(<='-«') pei quali gli assi principali , e quindi ogni altro asse condotto per essi , avranno i momenti d' inerzia eguali tra tra loro — Ciò poteva dedursi immediatamente dalle equazioni (15). Finalmente supponiamo a' = l>' ■== c\ , Le superficie (4) si cangeranno in sfere — L' equazione ('5) ridotta ad x^' -f- Jo" + '■>' ^= "' — "' dando lo slesso valore , per u" allorché x^' + j„' + z/ rimane costante , i piani principali, egli assi priu'iipali , relativi ai diversi punii di nna slessa superficie sferica che ha per centro il centro di gravità della massa M avranno gli stessi momenti d' inerzia. Gli assi principali corrispondenti ad un punto qualunque ( .r^, j„ , :^ ) saran- no la congiungenle di tal punto col centro di gravità di M , e due altre rette qualun- que perpendicolari tra loro ed al primo . Questi due assi principali avranno i mo- menti d'inerzia eguali Ira loro , e ciò per tuli' i punti di una stessa superfi- cie sferica come si è osservalo poco prima, ed il terzo asse principale avrà sempre il momento d'inerzia eguale a '2a' per tuli' punii di M. In fine l' equazione ( 17 ) osservando essere a" = 6" = e" , e che A"' = 2a' rimarrà indeterminata, ed iu falli si è già osservato che per ogni punto di il/ uno degli assi prinuipali ha sempre lo slesso momcnlo à' inerzia. Continuazione della (ci za memoria geologica sulla Campania per A. Scacchi. Sp e e ie X". Mascagnina, KjnsTErv ; Solfalo eli ammoniaca. Questa sostanza si rinviene nella Solfulara scavando presso la gran fuini- lob, lav. 1^, /', alla profondità di circa quattro metri, e va unita col sale atn- luouiaco e col risigallo. Il sale ammoniaco forma grosso croste sulla masca- guiiia, le quali si distinguono dalla seconda specie e pel colore bianco, e per la tessitura lìl)rosa , mentre la mascagnina si presenta in massa di color bigio con tessitura granelloso-cristallina. Essa ha sapore piccante un pò amaro , e lascia pure sentire alquanto di sapore stittico , il quale carattere credo die provenga da piccola quantità di alotrichino che i saggi analitici mi han dimo- strato di esservi mescolato. Si scioglie facilmente nell' acqua , ed alla fiamma della lampada a spirito di vino si fonde con forte gorgogliamento e si volatiliz- za, lasciando piccol residuo rossastro. La sua soluzione aquea, quindo è cou* centrala, fornisce col cloruro di bario abbondante precipitalo gelatinoso, e quan" do è allungala con eccedente acqua, dà luogo ad un precipitalo bianco polveroso - J.a medesima soluzione con la potassa esala gran copia di vapori ammoniacali. Nei saggi die ho fallo per riconoscere la natura di questa sotterranea produ- zione della Solfulari , ho ottenuto, versando T ammoniaca nella sua soluzione aiiuca, un pò di precipitato verde fioccoso, il quale tenuto in conlatto dell' aria si f arrossilo, e trattandolo con la soluzione di potassa, vi ho pure riconosciuto la presenza di un tantino di allumina. È però non dubito che sia mescolato alla ma- scagnina alquanto di alotrichino, al quale è dovuto non solo il debole sapore sliuico ilella sua soluzione, ma ancora la facoltà che ha la medesima di arrossire debol- jncnltì la carta di tornasole. Ho parimente ottenuto col nitrato di argento uno scarso precipitato caratterislico dei cloruri , pel sale ammoniaco die non può mancare di esservi mescolalo, trovandosi le due specie in contatto l' una dell altra. Avendo poi toncentralo la soluzione aquea della sostanza salina lale quale si trova naturalmente, 1)0 oltcnulo gran copia di cristalli con le forme caratteristiche del solfa, to di ammoniaca prodotto artificialmente ; il quale caraltcre ini ha dileguate tutte le incerloz/,c che derivavano dalla uicscolunza del sale ammoii'aco e dell' alotri- chino. 85 Considerando le coodizioni di giacitura nelle quali si Irova il solfalo di ammoniaca nella noslra Solfatara, senjbra probabile che esso derivi dalla scom- posizione del cloruro ammouico, al quale 1' ho sempre veduto unito, e dal quale pare che tolga l' ammoniaca. Quanto alla sua composizione , siccome lo stesso sale artefatto contiene due equivalenti di acqua, oltre l'acido solforico e l' ossi- do di ammonio, non saprei se la medesima quantità di acqua si rinvenga nella spe- cie naturale. Tanto più che questa, tenendola esposta all' aria libera, soffre qualche cambiamento, e facilmente si sgretola, riducendosi in minuti grauellini. Sarebbe al certo importante una esatta analisi quantitativa che noa ho intrapreso, lusin- gandomi di trovare la mascagnina scevra di altri sali , la qual cosa ho fin ora desiderato invano. S}> e eie XI" Ahmonallusie ( ammonalun ) BEUDiyr ; Allume ammuniacalcJ L' allume ammoniacale non si è trovato sin ora che a Tschermig, presso Kommolhau nella Boemia , e quivi forma piccole vene con tessitura fibrosa e più o meno trasparenti nei depositi di lignite. La medesima spucie che ho di ri'ccnlc osservala nella Solfatara si rinviene nelle stesse conJiiioni di giaci- tura (iella mascagnina , ove si presenta con caratteri apparenti del tutlo diversi da quelli del sale di Boemia. Ne ho trovalo due varìeià , la prim i delle quali oUVe mia massa cumpalta di color bigio con fr.dtura scagliosa eJ alquanto tra- slucida ; la quale nella sua superficie o in alcune cavità interne si trova pure confusamente cristallizzala ; ed essa, ai saggi analitici che ne ho fatti, mi ha di- mostrato contenere piccolissima quantità di sostanze, straniere. L'altra varietà co- stituisce piccole masse biancliissinic, opache, compatte che si lasciano facilmea- tc scallire dall' unghia. Essa suol trovarsi mulle e pastosa per V umidità del luogo o\e si genera, ed all' aria libera col prosciugarsi si feaJc in varie direzioni- Questi SUOI particolari caratteri derivano dall' essere mescolata con gran copia di terra bianca, dalla quale può di leggieri separarsi facendosene la soluzione nel- r acqua. 1/ ammonallume si riconosce al suo sapore acerbo somigliante a quello del. 1' allume ; si scioglie con lentezza in piccola quantità di acqua ; alla fiamma Jet taiineilo si gonfia alquanto, esalando per lungo tempo densi fumi con odo- re di acido solforoso e di ammoniaca, e lascia un residuo bianco e terroso ; la sua suluzionc aquea arrossisce la carta di tornasole, e manifesta i caratteri di- stintici (.i«ir acido solforico, dell' ullumiua e dell' ammooiaca. 86 Per nsslcurarmi clic le sostanze di cui ho esposto i caratteri apparenti fossero formate in lutto o in parte di ullunie ammoniacale oltre a , II' aver conosciuto con i reagenti chimici la qualità dei loro componenti, ho lasciato cristullizzarc le loro soluzioni aquee, le quali mi haji foroilo abbondanti cristalli io forma di ottaedri regolari con gli angoli troncati dalie faccette del cubo. Le medesime soluzioni saggiate col nitrato di argento, non mi han manifestato che lieve in- torbidamento, derivante senza dubbio da un tantino di saie ammoniaco. Quantunque nell' aramonallume naturale non avessi potuto riconoscere alcu- na forma cristallina ben distinta, pure le imperfette forme che vi ho trovato , molto allungate in una sola direzione, danno luogo a sospettare che esse non appartengano al sistema del cubo. E che però la specie naturale non abbia le iiiedesiine quantità nei suoi componenti dell' allume ammoniacale artefatto, e che specialmente contenga assai meno di acqua. L'analisi fatta da Lampadius dell' am- mooallume di Boemia porterebbe alla conchiusione ch'esso contiene venti equi_ valenti di acqua in luogo di ventiquattro. Non avendo potuto fare l'analisi quantitativa del minerale della Solfatara, perchè l'avrei prima dovuto sciogliere nell'acqua per eliminarne le sostanze straniere, ho fatto un saggio della primx >arielà, arroventandola sulla fiamma della lampada alla Berzellius per calcolar- ne la perdita. E da grammi 2,400, dopo circa mezzora di arrovenlamenlo,ho avuto per residuo 0,890 di grammo. Quindi in 100 parli ne ho trovate 36,84 di sostan- ze fisse e Gb,1G di sostanze volatili. Considerando poi che le materie straniere, formale per la maggior parte di risigallo, di niascagnina e di sale ammoniaco, sono- ancor esse volatili, ne segue che 1' ammonaliume della Solfatara non conti«ne più di venti equivalenti di acqua, e forse anche meno. Specie XII*. Solfo. Di tutte le specie orittognostiche che incontra trovare nella Regione flcgrea lo zolfo è slato piìi anticamente conosciuto. Le eleganti cristallizzazioni di questa spe- cie splendenti di viva luce e conteste di artificioso e minuto lavorio, al vederle co- me da sottil fdo pendere intorno agli spiragli delle fumarole, destano nell' animo del iNaturalista indagatore grate emozioni di sorpresa e di maraviglia. Di si vaga visi» non è dato godere fuori del luogo ove lo zolfo si produce ; che a piccol tocco, « spesso' per lieve soffio, quel delicato congegnamenlo di cristallini assai facilmente si .«trugge. Forse a questa condizione, che rende difficile di raccogliere qualche gruppo di cristalli il i^uale possa figurare nelle raccolte mincralogidp'.c dovuta la non coiu^ 8T plcla conoscenza delle forme cristalline dello zolfo che ila ora si è avuta, malgrado le frequenti visite fatte alla nostra Solfatara da illustri mineralogisti. Le piìi sempli- ci forme clic si rinvengono sono terminate dalle faccette m, fig. 3', tav. A^, alle quali d' ordinario si uniscono le altre faccette A, ed e. Son pure frequenti i cristalli terminati dall' insieme delle faccette rappresentate nella medesima figura, tra le qua- li sono notevoli quelle indicale con le lettere i ed m5 che non trovo descritte ia al- cuna delle opere mineralogiche che sono a mia notizia. Sono meno ovvie le facce n e B che veggonsi nella llg. 4^, e che anche appartengono a nuove forme ; ed una sola ■volta ho incontrato le facce m'I ed c3 rappresentate, nella fig.ò", le quali al pari delle precedenti non sono stale lin ora osservate tra le forme cristalline delle zolfo. 1 cri- stalli rappresentati nelle tre citale figure li ho tutti trovati con le medesime condizio- ni di giacitura nelle venucce di zolfo che sono a breve profondità sotto la superficie della terra nella Solfatara, e di raro ho trovato all' aria libera forme cristalline così complicate come quella della Cg. 3'. Delle faccette fin ora conosciute dai mineralogisti in questa specie ve ne sa- rebbe un' altra suH' angolo c,fig. A-", eh' e la sola la quale non mi si è offerta nei cri- stalli della Solfatara. Ma la sua esistenza è da rivocarsi in dubbio, giacche non tro- vo che da alcuno sia slata misurata la sua inclinazione sulle facce contigue ; e pare che Haijy, ed in seguito gli altri scrittori che l'hanno riportata, l'avessero citata die- tro la figura di Rome de Lisle (a). Sarebbe forse questa faccetta la medesima di B, Hg. A», che talvolta si rinviene sugli angoli laterali acuii, e non sugli angoli ottusi del rombottaedro dominante m ? Nel seguente quadro ho riunite le principali misure goniometricbe dei cristalli di zolfo. (a) Haiiy. Traili de mineralogie, Paris 180t,tom. 3. pag. 279, pi. 62, fìg.4,o — De Lisle t. 1, p. 293, var. 2. — Beudant. Jnilé ((èmtnlaire de mineralogie, J^arii IS52, tom. 2, pag. 2S$ 88 Secondo Seconda Trovata Calcolala Haiiy Mitscliciiich .4sopraB= 90° 90» 90» 'JO' A 0= 90° 90° 90- 00- yt f3= 147*27' 1«°34'I0" J e = 117* 42' n7''40'50" A i = 113° 3' 113» 6' 0" A mb= 148° 48' 148* 51' 0" A w3= 134° 49' 134» 47' 20" 134 56' 0" A m-2= 123° 20' 123° 30' 10" A r,. = 108M9' 108°18'40" «&'2.V30" A n = 11 5° 50' ri5°53'30" 0 «'= 101°46'20" 102- 40'48" (a) ,■ i'= 133' 48' 0" 133° 4G' 0" j « e'= 124" 36' 124°38'20" 123° 49'54" »m «»'= 106*25' 106° 25' 0" 107° 18'40" 106° 38' 0" *m to"= 143°22'40"143°22'40" 143° 7'48" 143° 17' 0" /«post. m'= 85*5' 85° 7' 0" 84° 24' 4" 84» 58' 0" e = t ^ 32» 33'30" 132*12' 2" 132- 29' 0" 443° 12'30" m' 0= lerAO' I6r41'20" 161*33'54" 16I'38'30" n e = 160* 1' 160* 2'50" mS c3= 146*38' 146* 35'20" (a) lOl» W 20" Levy. (*) Le misure distinte coq qu«9to Seguo baiano servito a ealcoidu qu«lls ob« f9R0 ripof ile nell» tecooda colono». su Jìapporlo dcgliassi a :h : c :■ i : 0 , 52!\6 : 0J26j. SimloU (Ielle diverse specie di facce . A — o , ^ /-> , 00 e m — a , 1/ , e B — 70 a , /!> , vs e m2 — ft, '2l> , 'ic $ — a , l> , x> e »i3 — a , 3ó , 3c '■•> — a , ?'l/ , Vi e »i5 — a , ói , Tic i — a , X l> , e 11 — a , & , '■ì'c 0 — -x> a , l> , e OUie fincsle diverse specie
  • r»"' si sono , per cosVdire , scambiate , stando la supcriore inferiormente, e vicever- sa . Applicando poi la stessa osservazione agli altri angoli tetraedri , sarà facile con - ippirc come le faccette posteriori si trovino scolpite sulle anteriori. Nella finura ~i* trovasi rappresentato , anch* di naolto ingrandito, un gruppo di cristallini micro- >copici come sogliono essere disposti nei filetti di zolfo clw si trovano presso le fu- marole , e come son pure riuniti nella vaiiclà fibrosa, in cui di raro inno cosi di- ilinti. I.e nuove forme rinvenute nei cristalli di zolfo della Ri>"ione HeTca mi han - Bo indotto a ricercare con minuziose indagini i cristalli della medesima sneoie provcBienli da allfi luoghi; e quelli specialmi-nlo che assai coipieui ed in ^rsin co- 12 e- )e- i . 90 pia ci tengono Julia Sicilia . Né in ossi \i ho trovato alcuna forma oltre quelle gii conosciule e clo?criltc nelle istituzioni mineralogiche. Nonpertanto mi ii avvcn u- lo incontare un fatto che pur merita essere ricordalo tra i caralteri cristallografici del. lo zolfo, e di cui non conosco che aliri avesse faito p:iroIa Gn ora. Dappoiché in alenai »32gi di zolfo raccolti dal Prof. Giuliano Giordano nelle solf.ire di Cattolica, vi iio rin- -vcnuto lutti i cristalli gemini con 1 asse di emitropia perpendicolare alle facce o. Nella fig.H^lrovasi disegnala la loro forma.in cui si riconosce che le faccette mei m'S di un cristallo formano angoli diedri rientranti con le faccette m' ed m'ò' della tro cri" stallo ; e con le misure goniomelriche ho trovalo le inclinazioni di m sopra m'=157* 33', e di ni'ò sopra /7i3' = 163° 24', le quali inclinazioni sono molto prossime a quelle the si deducono col calcolo , ammettendo l' enunciata geminazione, e che sono per le prime faccette di 157° 39'50" e per le seconde 163° 'ii'O ". le fumarole che danno origine allo zolfo sono assai rare nell'Isola d'Ischia; nella parie poi della Regione flegrea congiunta al continente sono abbondanti più che altrove presso l'acqua dei pisciarelli, nelle stufe di S. Germano, e nel cratere della Solfatara. Questa sostanza tutto d'i si deposila intorno agli spiragli delle fumarole, ovvero a breve prefondità sollo la superfìcie del suolo; ed in tal caso suol riempire le fenditure delle rocce in forma di vene di breve eslea- sione. Le piii ubberlose vene che mi è riuscito trovare non mi hanno offerto più di nove ceniiraelri in crassezza, e d'ordinario in esse si distinguono due pareti laterali formate di zolfo fibroso , le quali in taluni punti si congiungono insie- me, ed altrove, rimanendo nel mezze alquanto di spazio libero, danno ricetto ai Ilio nitidi cristalli della medesima specie. Secondo le osservazioni di Breislak , che ebbe 1' opportunità di fare alcuni profondi scavamenti nella Solfatara, lo zolfo non si rinviene che presso la superficie della terra (a), e ciò egli trovava con- forme alla sua opinione che tale sostanza si generi dall'idrogeno solforato, quan- do questo si scompone in contatto dell' ossigeno dell' atmosfera. Quindi egli ri- teneva con trovarsi mai zolfo dove l'aria non giunge. Avendo precedentemente esposto la mia opinione che lo zolfo esali nello stalo vaporoso senza esser coia- binato ad altra sostanza (b), credo potersi esso depositare anche dove 1' aria non penetra. Anzi l' ho Irovalo talvolta riempire le cellette delie rocce compalte a tale iirpfnndilii che non mi è sombrato possibile che l'aria avesse potuto colii pene- trare. E quar.to al veder mancare lo zolfo andando aio!ti> al di sotto della s«- (3j Op. Cit. p. 128- 130 {l>; Mem. Il", §• Solfalara.Esalazoni voporoae. 01 pcificic dui suolo , e facile renderne ragione per la elevata lejn))(;ric , la quale iinprdiscc elle esso si consolidi. È |)ur volitare il dcsidtn'io di voler sapere l'origine dtUo zolfo dulie con- trade vulcaniche, e molti lo credono derivare dalla scotr.posiiione della pirite o di altri solfmi. Su tale argomento non trovo altro a dire se non che tutte le congetture , le quali potremo immaginare , assiii difficilmente saranno da va- lide «rovo soslcnntc, e ciedo che sarà sempre una vana ricerca il ri:itracciare 1 origine de' corpi semplici. Nelle naturali condizioni di giacitura di questa specie è pur notevole un fat- to, il quale polrcbhe servire a dimostrare che lo zolfo non ha origine dallo sles- so luogo dal quale provengono i vapori aquei che costituiscono le fumarole . Dai>- poicchè nello slesso cratere della Solfatara , e presso gli orli del medesimo , a breve distanza dalle fumarole che forniscono lo zolfo, se ne trovano altre che non ne contengono all'atto . E nel corso di circa quindici anni ho trovato co- slante la mancanza dello zolfo in quelle fumarole nelle quali la prima volta aveva no- tato questo carallere di dilTerenza . Per coloro che in avvenire si occuperanno delle picerche geologiche nella Uegione flegrea , mi hasta qu'i dinolare un luogo che facii- niente potrà riconoscersi , e eh' è la così delta punta- della Solfatara, tav. !•» i- in cui vi son molte fumarole che non mi han mai presentato traccia di zolfo . U.i al- tro fatto della- n>edeiiraa natura ho osservato nelle sorgenti di Saio presso le sponile del Garigliano , ove in diversi punti , per pochi passi distanti gli uni dagli alui , scaturiscono molle vene di acijua , delle quali alcune soltanto sono unite a copiosa rmaiiazione d" idrogeno solforato. Intanto la enunciata dilTerenza Ira le fumarole con vapori solfurei, e quelle che punto non ne contengono, sembrami potersi at- tribuire al perchè le emanazioni solforose hanno assai profonda origine, edesco, no ali aperto soltanto per quegli spiragli che comunicano con la loro sorgente ; Dicnlre poi i vapori aquei, nascendo dall'acqua che. per lutto s' infiltra e si eva" poia quando viene in cottatlo delle interne rocce riscaldalo, allora vanno uniti ai vapori di zolfn, quando co' medesimi s' incontrano nello slesso cammiuo sol- tiirauoo. Nella grolla dello zolfo di cui ho precedenteraeule discorso, si ha il o.'isK straordinario in cui i vapori solfarci non sono uniti a q^iilii di acqua, prò - 1 aliiliiiente perchè l impermtahililà delie interne rocce, particolare a quel luogo, min pyrmcttc ah' acqui di giu:i;^ere ove la loro elevata Itmpjrij la ridurrebbe il» > a pò ri. 92 Specie XIII". Pirite. Questa soslania, Jalla cui scomposiiione spesso si è credulo Jerivare non solo lo 7olfo dei vulcani, ina anche il calore clic dà origine ai modesiiui vul- cani ora debbo considerarla aflallù desliluita di si grande importanza, e non allrimenli clic come una delle molle specie oriUognosliclie le quali si generano presso i funiaroli. Anzi è dessa Ira le piìi scarse e rare sostanze clie incon- ira trovare nella Regione flcgrea, e soltanto nella Solfatara, nell" interno delle rocce •>i:i disfatte dai vai>ori delle fumarole, ne ho trovato talvolta alcuni cristalli- 111 mal terminali, in cui di raro vi ho potuto riconoscere la forma del dode- caedro pentagonale, propriamente detto piritoedro. Che sia la pirite una recente l'm inazione dei fuinaroli non mi rimane alcun dubbio, dappoiché essa non mai si rinviene nella trachitc intatta, o almeno non mi si è mai ofi'crta in quc- hla roccia, e nemmcDO nei conglomerati, a meno che questi non mi avessero liei tempo stesso manifestato chiari segni di essere slati esposti alle calde esa- lazioni vaporose. Kella medesima opinione poi mi conferma l'aver trovalo gli slessi impci felli cristalli di pirite cospersi in certi superficiali depositi di tev- ja bianca, la quale dopo essere stata esposta al fuoco dei fornelli per eslrar- iie lo 7olfo, si era in seguilo raccolta presso le fumarole. Egli è però che nasce naluralmcnle 1" idea che la pirite della Solfatara si generi per la com- bina/ione dello zolfo emanato in forma di vapori col ferro il quale fa par- ie dille rocce scomposte. Essa poi in contatto dell' aria facilmente si appanna e si risolve in solfalo di ferro che prende parte nella composizione dell' alotrichino, ilella voUaile , o della coquimbite. A tal proposito convien pure osservare cLu dalla scomposizione della pirite , per le particolari condizioni in cui essa si tro- va nella Regione Qegrea, non si genera il puro solfato ferroso, volgarmente chiamata ■Nilriuolo verde, ma in vece lo stesso solfato ferroso si combina al solfato di allumi- na, nascondoiie 1' alotrichino. E quando il solfalo di ferro , sia che provvcaga dalla iiirilc, sia che si formi dall' unione diretta dell'acido solforico eoo gli ossidi ili ferro coiitenuli nelle rocce, è in maggior copia di quello richiesto dalla composizione dell' alotrichino, si {;eiicrano la coquimbite o la vollaite ; mentre poi, essendovi difetto dello slesso solf.ito di l'eiro , in luogo dell' alolrJch'no si ha 1 allurnogene o l'allume. 93 Specie XI V* Risigallo ; soìfuro di arsenico rosso. Nella grande fumarola che oggi dicesi bocca della Solfatara , lav. H, /", e dove Terso la fino del passalo secolo fu coslruila una lorre per condensare i vapoii aquei, ed allora dicevasi bocca grande della Solfatara g, avviene di tempo in lenipo di trovare in luciio ad altro sostanze prodotte dalle esalaiioiii vaporose anche il lisigallo. E nello stesso luogo, scavando ad una certa profonditi, s'in- contra la iiiedosinia specie di minerale in maggior copia, quasi sempre cougiua- ta al sale ammoniaco, e talvolta accompagnata dalla mascagnina , dall' ammonal- lume e da un tantino di acido borito, che ho sempre trovalo assai scarso. Il risi- gallo è sempre cristallizzalo ; i suoi cristalli cominciano dal tappezzare le pare- ti delle interne fenditure delle rocce alle quali debolmente aderiscono, e quindi so()ra i primi cristalli continuano a formarsene altri sino a riempire del tutto la fenditura. Egli è però che spesso si trova in forma di vene, delle qnali ne ho osservate alcune della larghezza di circa un decimetro , e sembravano formate da una massa con tessitura granellosa a grossa grana, in cui era facile ricono- scere la sua genesi per. incomposto accozzamento di cristalli, d' ordinario uniti con debole coerenza. Non di raro le vene sono in parte formate di risigallo ed in parte di sale ammonìaco fibroso , trovandosi le due specie alcune fiilc riu- nite in un gol piano di conlatto, e talvolta i crisiallini della prima specie sono eospcfsi nel sale ammoniaco, restando da esso ben distinto e fjcile a separarsi. Il risigallo della Solfatara resiste lungamente all' azione del calore, dell» luce o di allri agenti atmosferici che sogliono alterare i saggi della medesima specie che provengono dai filoni metalliferi di piii antica origine. Oltre la piuova the ne ho per qualche pezzo raccolto nel 1838, e che ho conserva- to intatto senza adoperarvi particolar cura, ne ho pure avuto pili chiara di- moslrazionn in un grosso pezzo trovalo nei magazzini del Musco mineralogico della nostra Università degli Studi, ove doveva essere slato riposto cerlamenle prima del 1817, ed in esso ho rinvenuto ben conservalo il risigallo, malgra- do il disfaciiucnlo della roccia che lo conteneva ; mentre poi erano divenuti polverosi i saggi della medesima specie provenienti dall' llarlz o da Kapnick, r trov:ai nello stesso luogo. Per lo contrario il froltameuto offende con gran facili» la sua bellezza, essendo esso d' ordinario formalo da cristalli poco fa loro coereuli. Il suo colore, specialmente nei cristalli grandetti suol essee di un bel rosso carico , che non cederebbe alle piìi forti iTote del rubino orienlalc 5 « la sua polvere, se il più delle volle ha il colore ranciato carat- 9i tcrisiico della specie, offre pure (alfiala il rosso di minio ; e sapiiiarao altre- >ì clie il risi|railo dilla Solfalara sia sialo più volle venduto per cinabro (a). Ci lia pure meno frequcDlc un'altra varietà di risigallo di color bigio nericcio con isplcndore metallico , la cui polvere è costantemente di color rosso di minio. Quanto alla sua origine, con allrimenii die per lo zolfo sembra fuo- ri dubbio , eli" esso enimi dal seno della terra in forma di vapori clic hanno la sua niedcsima composizione cliiiuica . Tra le sostanze con le quali esso si accompagna non 1)0 mancalo ricercarvi 1' acido arsenioso o qualche arscniuro.che mi sembrava as- sai probabile polcrvisi rinvenirCjma le mie indagini sono slate sempre infruttuose. Lo slesso zolfo , di cui ci ha tanta copia nelle fumarole della Sol falara, non 1' ho mai trovato nella nicilesima vena col risigallo, a meno che non vogliasi ritenere per zoi. lo alcuni niinufissirai cristalli gialli , che , come vedremo di qui a poco, si debbono riferire ad un'altra specie ben distinta. L' esame delle forme cristalline de! solfuro di arsenico rosso mi ha presentato Don poche diflìcollii provenienti dalla piccolezza dei cristalli, dalla straordinaria mol- tiludine delle loro faccette, e dalle piccole differenze che s'incontrano nelle inclina- zioni di alcune delle facce di specie diverse; perla qual cosa di leggieri può scambi- arsi una specie di faccia per un' altra . Quanlu'ique la cortesia del Sig. Depéra is , ed il suo geoeroso desiderio di favorire gli studi delle naturali scienze, mi avesse dij- to 1 agio di fare non poche osservazioni nei profondi scavamenti della Solfatara , <5 di esaminare moltissimi cristalli di risigallo, pure di quelli che lianno oltre due mi!" 1 iiuetri di diamelro, assai raramente ho potuto fare qualclie uso nelle misure gonio- metriche , per le imperfezioni delle toro faccette . E quelli che lio con maggiore u- iilitìi adoperali sono stali di poco pili grandi di un millimetro e mezzo nelloro mag. gior diameiro . Ciò non diineuo essi mi hanno olfeilo di ilie comiìeiisare le fatiche durate neir esaminarli . Pliiilips , Lcvy , e Marignac ( a^ hanno descritto dicias- selle specie di faccette nei cristjlli di questo minerale, e lutti convengono nel' riportare le medesime specie all' infuori delia faccetta B \ lav. h". , fig, lla^ a, che ron è slata osservala dal Phillips. Nei cristalli della Solfalar.i ho trovalo che a quel- 1-3 gii» conosciute bisogna aggiungere tre altra specie di facce, rV, o'2 , o //I3, di cui ho potuto esallanieiile delermiuare per le misure goniometriclie le inolinazion)' con le facce del prima fondamentale ^. , B , C , fig. F la, (i , i . Ed ho pure- osser. vaio sul vertice di due cristalli una quinta specie ii'i della (piale non mi è sialo pos - (»1 Vedi Brcitiak, op. cit. pag. 158. (a) Pliillps. An tltmtiilary inlrniluction cf mineralnjij. Lìndm tSlT, pij. 2S2. — L«vy, Dticriiilion il une coltecUon d', mincreaim fnrinìe par M. IlniYi UciiUiml. Londre* ISSI, lem,. .). png. 277-^79, ]- Af D!td<ìit«3'ix. Ainìitt dt CliimU ti P'i-ijii'jut l^H, t"ìn. IO, p.nj. 4Ì2-42C, pi 5. 95 sibilo di prendere alcuna misura per V estrema sua plcclolezza . Nonperlanlo mi è riuscito assicurarmi , dall' apparente parallelismo degli spigoli , osservando i cri- stalli con lente di forte ingrandimento , che quest' ultima specie di faccetta si trova nel tempo stesso tangente alio spigolo formato dall' incontro di A con h2, ed allo spigolo formalo dal! incontro di c2 con i'ì, . Da questa osservazione poi cou un calcolo, di cui non espongo qui i particolari per non troppo dilungarmi dal mio argomento, son giunto a trovare cbe il simbolo di p4 deve «ssere a , ^ l>, A e ; e quindi ho potuto anche determinare le sue inclinazioni sulle facce del prisma fondamentale, come si leggono nel seguente quadro delle misure go- niomelricbc. Egli è però che i cristalli di risigallo sono terminali da ventuna specie di faccette, cinque delle quali avendo per ciascuna specie due faccette, e le altre sedici avendone quattro per ciascuna specie, formano uo solido circo scritto da scllantaquattro faccette. Coloro che volessero ripetere le ricerche cristallografiche da me fatte so . pra il solfuro di arsenico rosso della Solfatara, se non avessero per avventura cristalli piii cospicui di quelli che ho avuti a mia disposizione , potrebbero restare dubbiosi sulla esistenza delle imove specie di facce di cui ho fatto menzione ; e la loio dubbiezza troverebbe maggiore appoggio quando si con- sidera la faciltà con la quale si può cadere in errore nel determinare la spe» eie delle facce di cui si tolgono le misure gonioinctricbe. Dappoiché per i ]>articolari caratteri geometrici dei cristalli di risigallo vi sono in essi molti angoli diedri i quali non olTrono che piccole dilTerciize. Cos'i , per esempio , gli angoli diedri delle facce o 2/3 sono dalla parte di B di 90° 43' e dalla parta di C di 89° 17', molto prossiuii all'angolo retto , e però esse possono scambiarsi eon B e C ; l'inclinazione di A sopra B è di 1l3"55',e l'inclinazione di o /j2 sopra 9 -Ifl dalla parte di £ e di 113° 17'. A tal riguardo mi giova dichiarare che nel preo- d«re le misure delle nuove specie di faccette, oltre all'aver ben considerato l' a- spello del cristallo, mi son prima assicurato delle facce A,B,C per le loro in- clinazioni sopra tre o quattro specie di facce contigue e poi ho determinato la jiosizìone di r4, o2, oifi , per le loro inclinazioni sulle facce del prisma fua- damentale. Sircome poi la piccolezza dei distaili è la maggiore difficoltà che ho ia- coHtrala , e the cerlamenle incomoderà chiunque volgerà 1' animo a studiare si minute forme, ho in gran patte superato questo inconveniente, giovandomi nel fare a^o de! goniometro a riflessione del riverbero della luce solare dalle mura di un edificio situato di rincontro alla finestra presso la quale soglio prendere l' misure. Senza esporre le regole cbe adopro per avere misure esatte, la qual cosa sarebbe qui fuori proposilo, mi basta fa conoscere che una riga orizzonta- 96 le opaca, posla su i velli ben tersi della Ciieslra, spicca si forte guardandola sul fuiido del muro situato di riropcllo ed illuminato dal sole, che la sua immagine sì riflette distinta da quelle minutissime faccette di cristalli che senza tale artili. zio passcrt'lìhcro inosscivatc nel girare il cerchio del goniometro. 1/ aspetto dei cristalli di risigallo della Sull'atara si trova variare in diver- se maniere, essendo essi talvolta allungati nel senso dell' asse che passa per le l'acce A , e pih frequentcmeute sono distesi nella direzione dell' altro asse che raggiunge lo facce B, siccome trovasi espresso nella lì^. Ila, b. In questa secon- da condizione spesso si trova la serie delle faccette o 2 , o ec. da una sola }iarte molto ingrandite, mentre le facce della medesima specie dall'altra parte sono assai rislrottf. La quale condizione rende dilHcile riconoscere la vera torma, dei cristalli, prendendo essi tale apparenza che li diresti appartenere al sistema triclino. JVon di raro avviene pure che delle faccette terminali sono assai più delle altre distese quelle dinotale con le lettere e, i, «2, ed allora il cristallo sembra terminato da una piramide a base pentagonale, Son pure frequenti diverse maniere di aggrupparsi molli cristallini conservando sempre gli assi dello stesso nome on molta esattez- za fra loro paralleli ; e di tali gruppi, che sono assai belli a vedere, ne ho osser- vati alcuni dell' altezza di ventidue millimetri e non più larghi di quattro millimetri» rinalinente nei cristalli di maggior dimensione assai spesso le faccette culminan- ti sono incavale con le medesime leggi di cui ho fallo parola discorrendo d«i cristalli di zolfo. Quadro delle principali misure goniomelrich& dei crislaUi di risigallo. Secondo Secondo Trovata Calcolala Ptiillips Marirjnac -^j iopra C= 90° 0' 90° 0' 0'' 90° 0' 90'0' J B =113° 58' 113° 55' 0" •iia°55/ A .■2= /.9''3a' 40">22' 30" A e = 69" 50' 69° 53' 0" 80' 0' ? B e= 135° 57' 135» 58' 0" •135° 58' B «2 = 1 06° 24' 106° 27' 30" 106° 29' A i2= 156° 4' 156» 1'30' 156-30' 156°1'30"rf'. A i :s: 138» 20' 138° 21' 10" 138° 22' 138° 20' d. A ìVj= 126*50' 126" ór 20" 126° 50' 126' Ó2! d. I 97 Trovala Calcolata Sicondo Secondo Phillips. Marifjnac B sopra o2 = 161° 50' 161» AC 50!' B o = i'i6°37' 146° 38' 30" 146' 25'c/- UG'38'30"rf. B o./3=135'' 15' 135" 21' 40" 135' \'d- 135° 20' r/. B 0'/, = 127-15' 127" 13' 0" 127" Td. * 127° 13' B c'h=: UG°50' 116° 51' 20" B <>■/.= 110° 47' 40" 110°42'(/. H 0''47'30"(/. A o2=112°39' 112° 48' 50" A 0= 109° 47' 30" 109° 43' A o,/3=106°41' 106° 46' 0" A o'/>=10A'' 10' 104° 11' 40" 104" 6' 104° 8' A o'/3=100°30' 100° 33' 10" A 0^1,= 98° 16' 30" A m2= 70° 57' 70° 59' 0" C m2=108°38' 108° 40' 50" 108° 40' i. 108'43'(f. A «2 = 46°25' 46° 20' 30" C n2=115°6' 115° 0' 30" 114°50'd. 115"0'J. A n = 56° 9' 0" C H = 133° 5' 133° 0'50" 132°40'rf. 133° Cd. A fiV3= 63° 42' 40" C nV3= 144° 30' 144° 27' 10" 144° 19' porto degli asù a : b : c :: ^ : 0 , 14023 : i, 02788 Shiiholi delle diverse specie di facce. A a, <^b, oc e o'A 00 «> *> '/• <5 B oca, £, co e O'Ii co "> *» 'A «^ C 00 a, ooi, e v'U OOO.*) ■/' '^ e a yi , <^c ni2 0,4, 2c < c2 a, 2J, <» e n2 a,2i,2c < t2 fl, » J, 2c n a, 2J , e < t e, 00*) e TJ'/s a, 2i, "A e < t'A a, 00 *j'Ac ;,4 fl, 45 , 4c , < o2 00 «>*> 2c r4 a, 4i, 4 e ( o OOfl, 6 , e «2 a, 2i, 2c ( o'A 00 a, J, ./, e Nel calcolare le incllDazioni delle facce de'cristalli di risigallo, siccome si leggo - no nella seconda colonna del precedente quadro, mi son servito per fondamento del calcolo di quelle medesime misure di angoli di cui ha fatto uso il Marignrc , e che nella quarta colonna veggonsi contradistinte col segno * ; e le ho preferite alle mie proprie misure, si perché la diflereaza uon va al di la di tre minuti, come pure per- chè ho ragion di credere che i cristalli esaminati dal Marignac gli avessero permes- so di prendere piii esatte misure . Spesso i numeri della terza e della quarta colon- na SODO seguiti dalla lettera d che vuol dire dedoUo, giacche gli angoli ai quali eisi corrispondono non sono stali direttamente misurati dal Philips o dal Marignac ; ma si deducono dalle misure di questi Autori con facilissimo calcolo . Debbo pure av- ■vcrliredi non aver mai trovalo le faccette o 'A nei cristalli della Solfatara. Nel dare poi la figura dei cristalli di risigallo , per evitare la confusione che ne sirebbe venula dal gran numero di faccette, ho preferito rappresenlarli con due proiezioni, una parallela alla faccia 2J e 1' altra parallela alla faccia C, Gg.ll^ rt, b. 99 . Specie XT''' DiMOiiFiNA ; Nuova specie. Sostanza di color giallo ranciato , splcndcnlissiraa , trasparente o traslucidi , assai fingile e senza clivaggio distinto. La sua polvere è di color giallo di zatferano. Riscaldata in capsolettadi porcellana sulla fiamma della larapsda a spirito-di vino, si fonde tramandando grato odore,ed acquista color rosso ; se a tal punto si sospen- de l'operazione, conserwi per più giorni lo stesso colore e la traslucidità. Conti- nuando r azione della fiamma,diventa di color bruno,- esala gran copia di densi fumi gialli, poi si accende,- e brucia come lo zolfo senza lasciare alcun residuo. Mesiol.i- raal carbonato sodico, ed esposto il miscuglio' alla fiamma del cannello in tubo di retro, si STolg* odore diaglio, e si raecoglie nella parte superiore del tubo una cro- sta di color bigio-scuro con isplendore metallico: Nella soluzione di potassa caustica, aDthe a freddo,8Ì scompone, si soioglie in parte, e l'altra parte resta in forma di pol- vere biuna. Ntir acido niirioo, eoi soccorso di moderato calore, si solve completa- DiCDle.I suoi cristalli si riferisoono al sisten» del prisma rettangolare, ed in essi l.; luDgheMe degli assi o, A, e, sono nel rapporto dei numeri 1:1, 287.; 1,,lò3; ovvero nel rapporto dei numeri 1 : 1,608: I, 503i Peso specifico 3,58 (a). La prima volta cìSe mi si presentò questa specie di minerai*, cli« accompagna il risigallo della Solfatara, si pel colore che per laqualità dei suoi componenti, par- Temi doverla rifierire all' orpimento ;- e sarei rimasto in questo avviso)se il forte splen - dorè adamantino e la fiagilità dei s^ioi cristallini, sforniti del clivaggio caratte- ristico dell'orpimento naturale, non mi avessero' fatto- sospettarecbe essi fosse- ro invcco formali di zolfo mescolato con alquanto di risigallo. D' altronde, quan- tunque essa mi si fosse offerta sempre cristallizzata, pure l'estrema piccolezza dei suoi cristalli, non più grandi di mezzo millimetro nd maggior diametro, mi rendeva difficilissimo, se non impossibile, l'esame delle loro forme. Intanto l'a- spetto di tali cristalli osservati con lente d'ingrandimento, non somigliando affat- to a quelli di zolfo, oon la speranza di togliere lo insorte dubbiezze, mi sono accinto all'incomodissima fatica di prenderne le misure goniomeiriche. I risulta . menti delle mie ricercbe sono stati per questa parte assai più' strani di quello- avrei potuto previdero, ossendomisi offerte notevoli differenze nelle forme dei cristalli della medesima sostanza che ho preso ad esaminare ; e forse qualche (a) FI poso specifico è stato determinato con circa mezzo grammo di minnli crijtalti' della dimorCna, e però ii.otrobbo darsi dio fosso alquanto maggiore li quello troYato, 100 segveio, di cui non soii giunto a svelare l'arcana natura, m'impedisce di veder cliiaro su tale argomento. Kincliè altri di me più perspicaci nou apporteranno mairgior luce ai falli che sarò per esporre, mi lusingo non sarà del lutto inuti- le annunziarli per ora quali dalle osservazioni mi sono stali presentati. Ho trovalo due forme di cristalli che non si crederebbero apparlenere alla medesima specie mineralogica, e però l' ho chiamata dimorfiua. La prima forma più frequente dell'altra è rappresentata nella fig. 12* tav. 4'*, ed in essa abbiamo le seguenti misure goniomelriche. Trovata Calcolata Trovata Calcolata A sopra B = 90° 0' 90° 0' * 0 sopra o'= 83° 40' 83° 40' A C = 90^ 0' 90° 0' o2 o2'= 121° 41' 121° 38' B C = 90'0' 90° 0' m m' = lire 111° 10' A e = 141° 55' 142° 1 0' m post, m' = 119° 2' 119° 14° 'A Vi = 130^40' 130° 40' m' e = 145° 40' 145° 35' lì o2= 150° 52' 150° 49' m' B = 120' IV 120° 23' B 0 = 131° 43' 131° 50' m' C = 0 o2 = 124° 23' 161°5' 124' 2 5' , 161° i' Proporzione degli assi a : b : C :: 1 : i , 2S7 : 1 , 153. Simboli delle diverse specie di facce. A « > ix^ 1 ce e B oc a ì l> } oo e C 00 « > ccà j e m a,ò , e e a , b , ce e 0 00 a, b yC o2 « a,b,1e 101 .- • Per l'altra forma rapprcscntaU nella Cg. 13° Iio trovato le segueDli misure goDiomelrìclic. Trovala Calcolala Trovata Calcolata. BsopraC= 90" 0' 90^0' * C sopra m' = 119°3G' U9° AO' *,„ ,»'= 120" AO' 120° AO' B e = 121° G' ,„, ;„"= 83-52' C i = 123"32' 123° 38' mpost. /«'= 12C''29' 12G°A0' e post. e= IIT-A^ 117° A8' e = 150° 18' 150°20' tpost- i = 112°A1' 112"45' i = 153°20' 153° 20' o2 o2'= 121°48' 122° 14' B = IIG" AO' B o2'= 151* V Proporzione degli assi a : b : c :: 1 : 1 658 ; 1 , 508. Simboli delle diverse specie di facce B 00 «5*> ooc e a , b, e C a, <^b, e i a , '^ b, e a, b, e o2 <»a, è, 2c Ora conviene osservare cbe il rapporto degli assi i e e nei cristalli del pri- mo tipo è quasi lo slesso del rapporto degli assi dello stesso nome nei cristalli del secondo tipo. Di più paragonando 1' asse i dei primi con l'asse i dei secon- di, e r asse e dei primi con l' asse e dei secondi, si nell' uno che ncU' altro caso ess'i si trovano nel rapporto di 7 : 9, tranne qualche lieve differenza che non ol- trepassa i limiti dei piccoli orrori inevitabili nelle misure goniometriche di cri- stalli tanto minuti. E qui debbo dichiarare clie per maacanza di nilidciza nello 102 immagini riflesse Jallc plccoUssimc faccette di questi cristalli, non posso rispon- dere della differenza di circa venti minuti. Quindi ritenendo l' enunciato rappor- to di 7 : 9, e correggendo gli angoli dei cristalli del secondo tipo su quelli dei cri- stalli del primo tipo, avremo. ni sopra w.' = 1 19°ó8' e sopra, e post. = 117" \2' B sopra e = 121" 9' to' to" = 84°22' / I post. = 1 1 r 58' B o2=t50°J2 m post. /7.' = 126" /,6' o2 o2! r= 121° 38' C i =I2V V Riportando ancora i simboli delle faccette della seconda formi di cristalli ai simboli della prima forma, si trova il simbolo di m — a, ^f-, If ì »/, c,quel« lo di e — fl, °n b, co. e equello> di i — a, car-bj.'/t e. L'avete noi cristalli di una specie mineralogica due opiìi tipi di forme con le facce di un tipo per la< iDaggior parte di specie diverse da quelle degli altri tipi ; e, ciò eh' è piìi strano, il trovarsi due assi dello' stesso nome ave- re un rapporto alquanto complicato tra>i cristalli di tipo diverso, non è una condizio. ce particolare alla sola dimorfina. Un altro esempio' anche piìirilevante l' ho trovato nella cosi detta llumiieo condrodite del Monte di Somma. I cristalli di Ilìimite offro- no tre diverse forme, ciascuna delle quali costituisce un tipo ben distinto-; la prima- forma ha tredici specie di faccette, là seconda ne lia sedici specie delle quali una sola- si rinviene nella prima forma, e la terza ha ventitre specie di facce delle quali una è comune alla prima ed alia seconda forma, e du& altre si trovano anche nella prima forma. Intanto riteoendo il coefficiente dell' asse a nei cristalli di tutti i tre tipi egua- le ad 1, si trova il coefficiente dell' asse b avere lo stesso rapporto col coefficiente deir asse e in tutti i cristalli ; ma non ci ha lo slesso rapporto tra i coefficienti di 1 e & 0 di a e e nei cristalli di tipo diverso. Di più chiamando iì il coefficiente di 6 o e nei cristalli del primo tipo, .5 il coefficiente di eoe nei cristalli del secondo tipo, e r il coefficiente di i o e nei cristalli del terzo tipo, si trova B-: S :r. 7 : 5 ; R : r :: 9: 5; S: T :: 9 : 7, e però iì X 5 =Sx 7 = rx 9i Confrontando i cristalli della dimoifina con quelli dell' orpimento, che apparten- gono al mede€Ìmo sistema cristallino, vi & pure qualche carattere che sembra avvici- narli insieme. Di fatto secondo le qualità geometriche osservate dal Levy nell' orpi- mento (a) la forma dei suoi cristalli sarebbe quella stessa rappresentala Della Gg. 14»* (a) Op. cit. tom. 3", pag. 281, pi. 7i, Gg. 2.. 103 nella quale bo conservato le medesime IcUere adoperate dall' Autore inglese per ia- dicarc le diverse specie di faccette. Ed ia essa abbiamo V inclinazione di m sopr a r?i' = 117° 49' quasi eguale a quella di e sopra e post. Cg. 13» cb'è di 1 17° 48', o 4 17° 42 ', ed abbiamo pure l' iaclinazione di a' sopra a' = 9G° 38' assai prossima air iDclioazioDC di o sopra o post. (ìg. 12* eh' è di 90" 20'. Ciò nondimeno quest» coincidenza di angoli tra i crislulli dell' orpimento e della dimorlìna non pare clic possa servire a ravvicinare le due specie ; dappoiché le posizioni delle faccette m ed a' fig. 14a non corrispondono alle posizioni delle faccette e fig. 13^ ed o fig. 12a. Nò vuoisi obblìarc che la fragilità e la mancanza di clivaggio distinto nei cristallini gialli della Solfatara sono due caratteri che non permettono allatto di ritenerli d'identica specie con l'orpimento. L'esatta conoscenza della composizione chimica di questa novella specie orit- tognostica e riserbata alle future ricerche. Per ora possiamo ritenere ch'essa sia composta di solfo e di arsenico ; né all' infuori di tali elementi vi ho potuto ri* conoscere la presenza di altri corpi semplici, per la ricerca dei quali ho esegui- to diversi saggi analitici. I suoi caratteri farebbero di leggieri presumere eli' essa corrispondesse al persolfuro di arsenico, conosciuto tra i composti arlifiziali di zolfo e di arsenico, e non rinvenuto fin ora in natura. Lusingandomi poier rifermare eoa gli esperimenti questa idea, e non avendo più che 0,560 di grammo della dimorfioa ben pura per farne l' analisi, 1' ho disciolta, senza polverizzarla, nc'l acido nitrico a moderato calore di tanto in tanto rinnovato, onde iraiiedire la perdita che sa- rebbe avvenuta per troppo rapida effervescenza. Il minerale si è completamente (lisciolto, lasciando in fondo della capsola poche particelle rosse, le quali sepa- rate per decantazione e pesate, non davano un milligrammo. Quindi versando nel liquore acido la soluzione di cloruro baritico alquanto ecceJenle, e raccogliendo sul filtro il solfato baritico che sic precipitalo, l'ho trovalo del peso di 0,933 di grammo. Da questo risullamenlo si dedurrebbe la quantità dello zolfo conte - noto nella sostanza analizzata eguale a circa 0,1373 di grammo; e considerando la rimanerne parte come formala di arsenico , si avrebbe la dimorfiaa composta in 100 parti di zolfo = 24,55 e di arsenico = 75,45. La quale proporzione cor- risponde esattamente alla formola yf.-' Su', rilenendo l'equivalente dell' arsenica eguale a 936,48. Valquanto dire che vi è minor quantità di zolfo di quella contenu- ta non solo nell' orpimento, ma ben anche nel risigallo ! Risullamenlo inaspettato del quale non so troppo fidarmi ; e mi son deciso a pubblicarlo soliamo j)er far meglio comprendere l'importanza di ripetere su quantità maggiori e can ogni possibile precisione l'analisi della dimorfiiia , determinando direttamente aneti e l' arsenico. I cristallini gialli che costituiscono la novella specie si rinvengono nell* 101 nicclesimc condizioni del risigallo, spesso impiantati sopra i cristalli di Vislgallo, e talvolta da se soli tappezzano le sottili fenJilui'u delle rocce che sono a note- vole jiioibndità presso la più volle riferita grande fumarola della Solfatara. E*si sono il più delle volle aggruppati insieme in gran numero, e con gli assi dello stesso nome paralleli, talché nell' esaminare uno di tali gruppetti sì vede sotto un dalo punto di vista riflettersi viva luce , come da tanti punti brillanti , da molto faccette della medesima specie. Il trovarsi nella Solfatara due specie di solfuri di arsenico mi ha indot- to a ricercarvi assiduamente anche l'orpimento, tanto più che il Breislak ri- ferisco di averlo trovalo. l\Ia fin ora almeno non mi si e mai presentato, e però inclino air avviso di coloro i quali credono non trovarsi questa specie tra le {.roduzìoni vulcaniche. Specie XVI'' Idkogeno solforato Se non sono dell' avviso che lo zolfo dalla Regione flegrea si generi dalla scomposizione dell" idrogeno solforalo, non per questo credo doversi escludere tale sostanza gassosa dal novero delle specie che si generano nelle fumarole della me- desima contrada. Anche ritenendo che dal seno della terra emani il puro zolfo , essendo i suoi vapori mescolali con quelli dell'acqua, si produce l' idrogeno solfo - rato, il quale facilmente si riconosce al suo particolare odore. Volendo poi giudicare dallo stesso odore, il quale assai debole si sente accostandosi alle fumarole, nò sem- pre avviene di sentirlo, convien credere che sia assai scarsa la quantità d'idrogeno sol. forato clic si genera nelle medesime fumarole E piuttosto a qualche distanza da esse quando la piena delle vaporose esalazioni più per V aria si diffonde, allora più distinto si avverte all' odorato la presenza dell' idrogeno solforato. Specie XVII" MiSPicnEL ; Suìfo-arscniuro di faro Asticura il Breislak di aver trovato nel lato orientale del cratere della Solfatara plesso la gran fumarola ed alla superficie della terra un pezzo di circa tre piedi cubi- li formato di sclfo-arseniuro di ferro , siccome egli se ne assicurò, non solo per i ca- ratteri apparenti, ma anche per alcuni saggi analitici che gli dimostrarono la presenza dei componenti di questo minerale. l! pezzo era intcraamcDlo caYernoso,c le sue ccl- 105 lede erano (appf zzale Ji orpimento, e riempile di quella terra bianca che nasce dalla scoaiposizioiic della iracliile e dei conglomerali esposti all'azione dei famaroli. La tes- situra della parte formata di puro mìspiclHil era fibrosa (a). Se la pirite si genera nella Solfaiara per 1' azione dei vapori solforosi sulle rocce disfalle, è ben naturale il supporre che i vapori di risigallo e di dimoiQaa potessero dar luogo alla formazione del i&Uo arseriiuro di ferro. Specie XVII" Sale ahudmaco» Questa specie, al pari dei solfuri di aTsenrco,si produce in condizioni assai li- milale nelle così delle bocche della Solfatara, tav. 1', /", g, ove più impetuosa e più abbondante è 1' esalazione dei vapori. Essa continuamente si genera, e possiamo rite- nere per certo che, come a d'i nostri, cosi almeno da circa un secolo, e forse in mag- gior copia, siasi formata nello stesso luogo. Sappiamo di fatta dal cav. Hamilton, il quale pubblicò la sua opera intitolala Campi flcgrci nel 1776, che allora si ri- cavavano dalla Solfatara pia di due quintali di sale ammoniaco per ogni anno (a). Non si può senza maraviglia considerare la produzione di questo sale che, secon- do lulte le apparenze, emana dall'interno della terra senza che l'aria atmosfe- rica contribuisca alla sua genesi. Ed olire la di fllcollà d' intendere l' origine dcl- F ammoniaca costante per tanti anni rii mezzo alle sotterranee rocce vulcaniche, è pur notevole the tra tutte le produzioni delle fumarole della Regione flegrea non ci ha altra sostanza all' iufuori del sale ammonìaco che contenga il cloro. Che esso si generi nel seno della terra senza che vi abbia parte l' aria almosfc. rica, e che venga esalato beli' e fallo in compagnia delle altre materie vaporo- se, sembrami con molta probabiH'là comprovato dal perchè esso si rinviene non solo presso gli spiragli delle fumarole, ma ben anche a notevole profondità sollo la superficie del suolo; e quivi è più abbondante che all'aria libera. D'altron- de se volessimo ammetCere the l'ammoniaca ven^a sonwninistrata dall' aria almo- sferica, questa ipotesi potrebbe aversi io qualche conto nel solo caso che Ira le sostanze esalate dalle fumarole vi fosse l'acido idroclorico necessario per dare nrigine al sale ammoniaco. La qual cosa' non è punto diiaoslrala da alcuna os- tcrvazionc. (a) Op. e», pag. 7Ì-76 (a.) Uamjltow. Campì i>Iilograei. Naploj 177G, exflicalion de la planche io. ti 10G Il sale ammoniaco clie s' incontra a qualclit' profonilltà soUo la superficie del suolo l'ho sempre veduto in forma di vene elio riempiono le fenditure delle rocce, ed hanno tessitura fibrosa grossolana. All' aperto poi 1' ho trovato in for- ma di croste ancor esse con tessitura fibrosa, o in forma di ciocche composte di filamenti ramosi nei quali con lente d'ingrandim(.'nto spesso si riconoscono i cristal- lini elementari di cui son essi composti, e che sono minutissimi cubi. Sogliono i custo- di della Solfatara mettere sulla maggiore delle fumarole alcuni vasi di terra cotta ca- poToUi, e Dell' interna loro superCcie si raccoglie a capo di qualche lenopo il sale ammonìaco, la cui forma cristallina, ogni volta che ho preso ad esaminarla, ho tro- valo essere il rombododecaedro. Questa forma intanto non è facile a riconoscersi, ciacche i cristalli sono molto allungati o nel senso di una linea che congiunge due angeli triedri oppo^li, tav. /la, fig, 9a, o ciocche avviene più spesso, nel senso di una linea che congiunge due angoli tetraedri opposti, fig. IOa. Nel tempo slesso es«i sono lateralmente solcati da angoli diedri rientranti, i quali rendono ancora piìi diffi - cile farsi una giusta idea della loro forma ; ma che intanto sono con regolar simme- tria disposti in numero di tre o di quattro intorno all' asse nella cui direzione i cri- stalli si sono allungali. E dei medesimi meglio che con lunghe descrizioni può aversi esalta conoscenza considerando le figure che li rappresentano. Talvolta mi è sembrato pure di vedere gli spigoli del rombododecaedro troncali da sottilissime faccette, le quali apparterrebbero a quella specie di forra» con ventiquattro faccette propriamente cirunuala Icucitoedro. Del resto ò indubilato che il sale ammoniaco suol prendere anche quesl' ultima forma, aveniola osservata ben distìnta, ed anche isolala, nei cristalli delia medesima sostanza che si formarono sulla lava del Vesuvio liei mese di gennaio del 1839. 11 cloruro aniraonico che si trova alla profondità dì quattro e più metri sotto terra nella Solfulara, andando unito col solfito di ammonìaca e con l' ammonaliume, taholla è dilfi-ilo riconoscere la differenza di queste tre specie, sopratutto quando esse sono mescolale insieme. Nel caso più ordinario in cui il carattere della tessitura o ben pronunziato, esso ci olire un mezzo assai spedito per conoscere ciascuna del- le Ire specie dei sali a base dì ammoniaca, essendo il cloruro con tessitura fibrosa, il solfalo con tessitura granellosocristallìna, e 1' ammonaliume con tessitura compatta. Quando dì tal carallcre non si potesse tenere gran conto, abbiamo un altro mezio dì aiudicare con facilia esponendoli alla fiamma del cannello, o anche alla fiamma della hmpada a spiiilo dì \\\.o. Ciacche la prima specie si volalizza completamente senza fondersi, la seconda si fonde e si volatilizza con furie gorgogliamento, e la terza «pc- iì% si volalili/.za so'.Uuto in parte e con molla lentezza. 107 Specie XIX" Sassolino, Jjmesos ; Acido borico ; Boralo idrico- Questa sostanza per quanto è a mia notìzia non è stata da altri riavenuta nella Regione flegrea , e dietro le assidue mie ricerche non mi si è offerta che rarissima ed assai scarsa in compagnia del risigallo nella gran fumarola della Solfatara. Essa mi si e presentata in forma di esili laminucce di due a tre mil- limetri in diametro, hianclio, trasparenti, con isplendore margaritaceo, e flessibili. Le ho trovale riempire alcune piccole fenditure della roccia disfatta dalle esala- zioni delle fumarole, stando le laminucce perpendicolari al piano della fenditura ed avvicinate le une alle altre come le pagine di un libro, ma un po' irregolar- ncote, essendo esse più o meno curve. Non ho potuto nelle medesime scoprire alcun indizio del loro sistema di cristallizzazione, avendole sempre osservate con i margini alquanto frastagliati. Ed anche nel riconoscere la loro natura sono stato al primo osservarle dubbioso, non ravvisandovi le ordinarie apparenze delT aci- do borico che si trova in altri vulcani, ed ia quelli specialmente delle Isole Eolie. Dapprima mi sembrarono laminucce di gesso , alla quale idea opponendosi la loro distinta qualità di essere flessibili, presi ad esaminarle con maggior diligen- za. Quindi mi sono assicuralo che si fondono facilmente, risolvendosi in globet- to vitreo, sono alquanto solubili nell'acqua e nell'alcool, al quale comunicano la facoltà di bruciare con fiamma verde. Questi caratteri dimostrandomi con cer- tezza la loro chimica composizione, non ho piìi dubitalo di noverare il sassoli- no Ira le sostanze che si generano nelle fumarole della Solfatara. Considerando poi la maniera dì sua giacitura sembrami assai ragionevole il ritenere cb esso sìa trasportato dai yapori aquei, siccome già comunemente si crede. Specie XX" Olicisto, BEUDjyr ; Ossido ferrico. L' oligisto va noverato tra le piò raro produzioni dello fumarole della Re- gione flegrea; esso nemmeno si rinviene in quelle che attualmente sono in atti- vità ; ma negli antichi incendi di questa contrada , secondo le scarse vestigia che ne rimangono , pare idubitato che vi fossero state quelle medesime esala- zioni che ora vergiamo produrre assai spesso 1' oligisto nel cratere del Vesuvio. Tra i luoghi che posso citare in cui ho incontrato le rocce tappezzate da scarsi cristallini di questa specie sono il logo del bagno, e la h?a dell' ,\r50 (1301) 108 ncUlsola d'Ischia; e noi conlinonlc il Monto Barbaro ed il Monle Spina prosar) il lago di Agnano. I.« sue ordinarie varietà sono quelle stesse clic sogliono rln- Nciiirsi in alire ^ulcaniclle contrade; vai quanto dire la crislalliziata in forma ili romboedri con gli angoli culminanti troncati, e l'altra in forma di sottili la- mine esagonali. Nulle interne geodi di quella particolare qualità di tracLile di cui ho falto parola discorrendo del Monte Spina (a) si trova pure un' altra varie- tà della medesima specie in forma di minuti ottaedri regolari i quali non soglio- no avere più di un millimetro in diametro. Questa straordinaria lor forma, in- compatibile col sistema di cristallizzazione dell' oligisto, li farebbe credere senza alcun dubb o formali di feiro ossidulato ; ne senza minuziose ed intricate ricerche si può giungere a sospettare ch'essi appartengano all' oligisto. Il primo caratte- re che serve a svelare la verace loro natura sta nel non essere essi magnetici . o almeno non danno che debole indizio di magnetismo . Essi hao pure la loro superficie scabra per alcune punte rilevate che non si trovano nei cristalli ottae- dri di ferro ossidulato. E queste scabrezze che nei cristalli di oligisto ottaedri- formi del Vesuvio si riconoscono essere formate di romboedri regolarmente di- sposti in direzioni parallele agli spigoli dell' ottaedro, mi han guidato a trovare la legge per la quale i cristallini del sistema romboedrico possono accozzarsi in guisa da comporre un gruppo di forma oltaedrica. Ora mi bista di avere ciò ricor- dato ; e coloro che amassero di conoscere i particolari delle mie ricerche su tale ar- gomento potranno riscontrare o la memoria originale da me pubblicala (a) o la no. tizia che ne ha dala il sig. Dufrenoy nel suo trattalo di Mineralogia (b). Per non essere ingannati dalla forma dei riferiti cristalli, i quali volendo con più esattezza definirli, debbono chiamarsi gruppi di cristallini, giova riflette- re che essi sono accompagnati da altri cristalli di oligisto nei quali chiara si riconosce la forma romboedrica. Ci ha di più che dietro numerose ricerche son portato a ritenere che il ferro ossidulato non mai si generi dalle esalazioni va- porose dei vulcani. E però 1' ossido di ferro, che si trova in tali eonJizioni che di- mostrano la sua origine per sublimazione, è sempre l' oligisto. Le stesse lave di qualunque contrada della Campania, che sono più o meno magnetiche, non debbo- M> questa loro qu;diiii al ferro ossidulato, ma al litanato di ferro, o almeno al ferro ossidulato titanifero. Di ciò mi sono assicurato polverizzandole e cavanio dalla loro (a) 'Vedi Mem. II. §. Solfatara. M. Spina. (a) Esame criitallo^rafico del ferro oligisto e del ferra ossidulato dal Vesaiiii per A. Scacchi. Napoli 1842. fbl Traile de Mineralogie per A. Dufrenoy. Puris. IS4ó. tom, 2,pag. i'S a 4SI, pi. 6) fi.). 105-109. 109 polvere , I granelli di litaiialo di ferro col mezzo della calamita. Gli ottaedri di olìgislo del M. Spina sono d' ordinario internamente vuoti, ma Leo Itrminali e quasi isolali , congiungcndosi alla roccia per un sol punto ; quindi è cLe la loro forma si manifesta più chiara dei gruppi ollaedrici del Vesuvio, nei quali non ho mai trovalo più della metà dell' ottaedro ben terminato. La medesima forma ho pure osservato in molli cristalli impiantati sulla sa- pcrficie delle lave dell' I. di Lipari, alcuni dei quali avevano presso a quattro millimetri di diametro , e mostravano il solito carattere di essere assai debol- mente magnetici. Specie XXL" Opale ; Jalite , Fiorile. II primo che avesse fatto parola di alcune varietà di opale che s' incontrano presso le fumarole della Regione flegrea è slato il Prof. Guglielmo Thomson, il quale «inda! 1794 le aveva osservale nelle pomici delle stufe di S. Lorenzo, e sullg falde esteriori della Solfatara ; e con bene appropriato nome le chiamo incrosla- 3wnt silicea termali (a). In seguito gli scrittori che han parlalo di questa con- trada , o non hanno tenuto conto di tali incrostazioni silicee, o nulla hanno a"-- giunto a ciocché ne aveva pubblicato il Thomson. Intanto esse vanno riferire alle varietà di opale conosciute con i nomi di ialite e di fiorile ; e le condizioni di loro naturai giacitura del pari che la loro chimica composizione , sembrami argomento degno dell' attenta considerazione del geologo non meno che del mi- neralogista. I luoghi ove in maggior copia ho trovato la ialite e la fiorite sono stati nell'Isola d'Ischia le stufe di S. Lorenzo, le Palanche e Monliceto, o Monte Buceto ; ed io tutti questi luoghi , almeno per quel che ho potuto raccogliere dalle proprie osservazioni , esse sono siale generate da antiche fumarole che era più non esalano. Sulla falda poi di M. Nuovo che guarda il mare , ove volgarmente dicesi trava di fuoco , e nel piccol colle denominato punta della Solfatara, tav. 1.«, e, la medesima sostanza si produce tuttodì nelle fendi- ture delle rocce riscaldate ed intenerite dai caldi vapori che le attraversano. Il primo fatto che ha richiamato la mia attenzione sulla maniera di trovarsi le (a) Brtti notixia di un tiaggiaton iulle inerottazioni tilicee lermili d' Italia , $ ipuialmtn' tt di quelle dei Campi (legrti nel Regno di Napoli . Nel giornale Lnierario di Nipolj voi. *1, p jg. 39—51 ; An, 1795. Ito incrostazioDi silicee è slato che in tulli i rifeiili luoghi esse non sono mai ao - compagiiale dallo zolfo ; la qiiiil cosa mi è semhrata più che altrove strana nella punta della Solfatara, giacche, come ho fatto prccetlentenienle osserva- re , le fumarole di quel poggetto, che non contengono affatto vajjori solfuro!, sono a breve distanza da altre fumarole che forniscono gran copia di zolfo. ■Una velia soltanto negli anni scorsi mi è avvenuto di trovare sulla massa tra - cbilica che forma la base della punta settentrionale della Solfatara , lav. I.", 6 e tav. 3.», fig. 1.», a a, qualche pe?.zo di trachite presso gli spiragli di fumarole uhherlose di zolfo , il quale era ricoperto da esilissima e lucida cro- sta che mi sembrò ialite. E quivi pure allora trovai certi gruppetti della me- desima sotti! crosta che riteneva la precisa forma dei cristalli di zolfo sopra 1 quali si era modellata , mentre internamente era vuota per la scomparsa dello zolfo. Tranne questo esempio , in cui la ialite mi si offerse così scarsa che non potei con assoluta certezza assicurarmi della sua chimica composizione , in nessun' altra occasione ho trovato tale sostanza unita a Ilo zolfo. Nella stessa gran fumarola della Solfatara ho osservato la ialite in forma di crosta tuber- colosa , ricuoprire talvolta il risigallo alla profondità di circa cinque metri dalla superlicie del suolo ; e quivi pure segue la regola generale di non es- sere accompagnala dallo zolfo ; che lungo il cammino della gran fumarola non ^i ho mai trovato zolfo , quantunque se ne formassero copiosi deposili a poco pili di un metro lontano. Quando considero le condizioni in cui si rinvengono le incrostazioni si- licee , mi sembra doversi riconoscere la loro origine dalle esalazioni di Jluo- lido silicico , sostanza gassosa la quale , come è ben noto , in contatto del- l' acqua produce deposito di silice , e forma acido idrofluosilicico che si spri- giona in forma gassosa. Questa maniera d'intendere la formazione della ia- lite oltre air essere di per se molto semplice , è pure garentita da un facile esperimento che ho eseguito nelle fumarole della punta della Solfatara. Avendo quivi lasciato un pezzo di veiro alla piofoudità non maggiore di un quarto di me- tro, dopo quattro giorni 1' ho trovalo ricoperto di macchie bianche formate da sol- ili crosta di ialite, che tenacemente aderiva al vetro. Togliendo via le medesime mac- thie con punla di ferro, è ricomparsa la superficie del vetro ben tersa ; lo che assi- cura che questo non era slato punto corroso ; e che però se l' esperimento dimostra r esalazione del fluorido silicico, non dà alcuna ptuova di esservi anche il fluorido idrico. Intanto la roccia della punta della Solfatara, eh" è un conglomerato vulcani- co, offre la straordinaria condizione di essere stranamente disfalla, ed in gran parie convertita in molle pasta. E mentre ancora si distinguono per la figura e per la diversità del colore i pezzi di Irachiie che f.in p;»rte del congloiacrato , pure HI son essi assai leggieri e rammoUili, e dei cristalli di feldispato non rimangono che le sole vestigia. Di queste condizioni della roccia scmbra-ni diflìcilc rendere ra- gione senza ammcllcre le esalazioni del fluorido idrico ; tanto più che , come Lo fatto precedentemente osservare, le fumarole di quel luogo non danno indi- zio di zolfo, nù ivi si generano i soliti solfati delle altre fumarole della Solfa- tara ; e soltanto coli' arroventare la roccia ho avvertito talvolta sensibile odore di acido solforoso. Forse dal seno della terra non si emana che fluorido silici- co, il quale, si risolve in acido ìdrofluosilicico in contatto dei vapori aquei dopo aver depositato la ialite; e siccome questo acido per elevata temperie di calore si decompone in fluorido silicico, e fluorido idrico, potrebbe slare che dal ri- petersi tal maniera di fenomeni si abbiano i depositi di ialite , ed il fluorido idrico che scompone la roccia. Non ho tialasciato di eseguire altre maniere di sperimenti per riconoscere la presenza del fluoro nella medesima roccia disfatta. Ed ho cominciato dal trat- tarla con r acido solforico come si pratica per riconoscere i fluoruri metallici. Da questo saggio non ho ottenuto alcun indizio di fluore. In altro esperimento bo esposto ad elevata temperie circa cinque grammi della roccia polverizzata mescolata col doppio di carbonaio sodico. Poi ho disciollo il miscugl'o con acqua aggiungendovi dell'acido idroulorico, sino a che quasi tutto l'acido carbonico del carbonato sodico siasi sprigionato -, e quindi ho versalo nel liquore filtrato h soluzione del cloruro di calcio alquanto eccedente. Dopo prolungalo riposo ho raccolto il precipitato che si è formato, ed avendolo trattalo eoa 1' acido sol- forico a caldo, per iscoprirvi se vi fosse stato il fluoruro di calcio, ho ottenuto de- bole corrosione delle cifre disegnale sul vetro coverto di cera. Il vetro è rima- sio si poco corroso che per ravvisarvi distintamente le cifre era necessario inu- midirlo col fiato. Non pertanto credo per questo esperimento non doversi piii dubitare delia presenza del fluore. Negli altri luoghi ove sì rinviene la ialite le rocce non sono cosi disfatte come nella punta della Solfatara. A Monte Nuovo le incrostazioni silicee spesso ricuoprono le radici e gli stecchi delle piante disseccate, e servono a rendere il conglomerato piìi solido, intromettendosi Ira i frammenti che ne restano così sal- dali insieme. Nelle stufe poi di S. Lorenzo la ialite si trova nelle cellette di ceni pezzi di trachite fragilissima e straordinariamente cavernosa con cristalli di f 'Idispato ben conservati ; e quivi sono notevoli due varietà ben distinte della me- desima sostanza. La prima e vitrea , trasparente e suol prendere certe bizzarre ligure somiglianti io qualche modo ai licheni ; l' altra è bianca opaca e porosa eoa debole splendore smaltoideo. la ialite e la fiorite, non nieno che le altre yarieta di opale, tono gene- t!2 ralincnle considerate dal miucralogisti come formale di silice' ualta all' acquir , la quale ò sempre in piccola quaiiliià ; ne in tutte le varietà di opale le analisi' chimiclie che Co ora sono state eseguite dimostrano la medesima proporzione di acqna. Egli è però che bo slimato convenevole fare qualche saggio per conosce- re la quaDlilà di acqua contenuta nelle ineroNlazioni silicee della Regione flegrea, pel quale oggetto ho scelto quelle della punta della Solfatara e delle stufe di S. Lorenzo. Siccome la ialite della punta della Solfatara suol essere macchiata da un pò di ossido ferrico, dopo averla polver izzata, 1' ho tenuta a digerire nel- r acido tloro idrico, il quale ba diseiolto tutto l'ossido di ferro, lasciando la polvere perfettamente bianca. E di questa bun lavaia con acqua stillata e prò - sciugata nella stufa, ne bo preso grammo 1,20&5 che ho tenuto per circa mez- •L ora in crogiuoletto di platino sulla damma della lampada alla Berzelius. La perdita ia peso è stata di 0,1053 di grammo, e calcolando dalla medesima la quan- tità dell'acqua, si hanno in 100 parti silice =r 91,25 ed acqua =8,7G. Quindi la quantità dell'ossigeno dell'acqua sarebbe = 7, 78 e l'ossigeno della silice = 47, A2, poco pik del sestuplo di quello dell' acqua. Avendo osservalo che la- ialile dd mtdisimo luogo alla Icroperalura di circa 70 gradi del termometro cen- tigrado perde alquanto della sua traslucidità, la qual cosa annunzia un principio di scomposizione , bo scello alcuni frammenti che non mostravano contenere af- fatto sostanze straniere , e li ho esposti a moderato calore the si manteneva a circa 60° sino a che hanno cominciato a mostrare qualche lieve indizio di opa- cità. Avendoli allora tolti dalla stufa, e lasciatili raffreddare, li ho trovati del peso di grammo^ 1,5255. Quindi avendoli arroventati , han perduto in peso 0,1995 di grammo. E però in ICQ parti contenevano di acqua 1'3,08 e di silice 8G,.92 ; eia quantità dell'ossigeno sarebbe nel l" acqua =^ 11, G 3 e nella silice =^ 45,17. Da questo esperimento si deduce l'ossigeno della silice quadruplo à\ quello dell'acqua; proporzione che credo doversi ritenere come piii- prossima della precedente a quella che realmente esiste in natura, considerando che nelle coni binazioni della sìlice con l'acqua questa con grande facillà si sprigiona. Della ialite dell« stufe di S. Lorenzo ho scelto la seconda varietà' opaca e porosa che somiglia piuttosto alla fiorite, e volendo dirla con più esattezza e una varietà particolare di cui non ne conosco altra che esaltamento le somigli. In due analisi la prima volta ho adoperato grammo 1,741 del minerale, e l'ho riscaldalo prima di pesarlo nella stufa con acqua prossima all'ebollizione; \'ì/ seconda volta la temperatura della stufa non ha ecceduto i 50 gradi, ed il mi-- serale pesava 0,9315 di grammo. I risultaiueoti sono slot'u ^- analisi hx JOOp. Ossig. 2" analisi iniOOp. Ow/^// ' ^ Silice. 1,Cr.:. 95, OC 49, /»0 0,8840 94,90 A9,3, Mqua 0, OSO A , 94 4,39 0 , 0475 5 IO 4 ^5 Entrambe le analisi danno approssimativamente il rapporto AM «» • cila ...ce a ,ne..o dCracua:: n : 1 ; rapporto il quale^Ta s: 0 '^er portone dell acqua fc stata probabilmente discacciata per l'elevata temper de L roccia dopo di essersi depositata T incrostazione silicea ^ Per recare c,ualclie el.iarimento a queste analisi ho stimato di fare somi gl.anti esperimenti sopra altre varietà di opale provenienti dall' IsoU ^ t che al pari della Regione flogrea 5 ancor essa' ulcanica Q 1 ne 0 IT' due varietà ben distinte, la prima delle quali era bianca, tub reo o a coTÌ' .ersi gradi di traslucidità e la roccia sulla quale aderi'va solig a' ToL " nio^a^quella della punta della Solfatara. Da grammi 2,320 delb medest: I in 100 p. Ossig. . Silice 2,245 96,767 50,385 ylcqua 0 , 075 3 , 233 o , 874 2 , 320 100,000 Secondo questi risultamenti l'ossigeno della silice sarebbe a quello dell' acaua presso a poco : : 1 8 : I , il quale rapporto quantunque poco probalile, pur è"! La seconda varietà di opale dell' Isola di Lipari è di color verde di va- r.e gradazioni , più o meno traslucida. Riempie h fenditure di una partreolaTe quella d. conglomerato di color bruno ; e talvolta sulla sua superoL'^^^ lo o servato alqnant. cristalli della medesima sostane, analoghi per la fi; ai Z Seaiicc de 7 Ftvrier 18V8, ««"i.». . ^. scrit , i. y, p. i;>i. 15 1U «talli di fcliiispaio , spesso internamente vuoti ; e però creJu ciie derivaaicro per epigenia dal felJispalo. Questa bella varietìi di opale deve senza dubbio il suo colore alla malachite con la q'iale è mescolita. Li qual cosa è coinprorall dal trovarsi in alcuni saggi in luogo del color verde il color nero o il turchino, perchè la malachite è sostituita dall'ossido di rame o dall' azzurrile ; ed anche meglio è rifermala d;d perchè, mettendo la sua polvere negli acidi, i carbonati di rame si solvono lentamente con elTtìjvescenza, e rimane la silice idrata in for- ma di polvere bianca e rude al tatto (a). Neil' analizzare 1' opale verde di Lipari ho scelto due saggi, in uno dei quali il colore era alquanto dilavalo , ed esso era quasi irasparcnle ; nell'altro il colore era molto intenso e non vi era che debo- le traslucidità. Quindi dopo di aver pesato il minerale polverizzato, l'ho leoa- to a digerire nell'acido idi'oclorico, e toltaue per decantazione la soluziooe ai;i- da, e ben lavata la polvere insolubile, 1' ho prosciugata a moderato calore , 8 pesata di nuovo. Dalla mancanza io peso ho dedotto la quantità della mala- fhile. la fine ho arroventato la polvere bianca che di nuovo ha scemalo di peso ; e dalla seconda mancanza ho dedotto la quantità dell' acqua. Ho oUe- fiulo il seguente risuliameoto. y" analisi in iOOp. Ossig. 2'^analisi iniOOp. Ossig. Ma/ac/«Je =0 m«,143 9,780 0,249 20,28 Silice = I ,244 85 , 295 44 , 33 0, 927 75,49 39, 23 Acqua = 0 ,072 4 , 925 4, ?>7 0, 052 4,23 3, 76 ~i ,402 100,000 1,228 r00,0(r Le conseguenze più oaturali di questi saggi analìtici sarebbero che la sili- ce con debole affinità si congiunge all' acqua , e secondo le condizioni nelle quali essa si deposita lilieue della medtsloia svariale proporzioni ; che fa ata"- giore quantità di acqua probabilmente giunge a dare il rapporto di 3 : 1 tra r ossigeno della silice e quello dell'acqua, come si deduce dalla seconda ana- l.»i delia ialite della Solfatara ; e la quantità minore di ocqiia discende sino a dare il rapporto di 18 : 1, come si ha dall' analisi della ialite bianca di Lipari. (al Da ciò si scorge che l' opale verde di Lipari è stato a torlo reputato un silica lo di rame idrato, composto in 100 parti di silice =:ii; ossido di rame = 36,5 ; acqua = 19,5 ; e chiamato Ii'paritr. Vedi gli Atti delia ecltima adunanza degli Scisoziati Italiani. Nap. 18i6 , p3rt« Sa psg. Ilòti. 115 APPENDICE AL RENDICONTO DELLE ADUNANZE £ DE' LAVORI DELL' ACCADEMIA REALE DELLE SCIENZE. BRYOLOGIAE NEAPOLITANAE COMMENTARIOLUM. JOSEPH MST. PASQUALE CONSCRIPSIT. L E C T O R I S. '-'mn sonnuilas iniMcorutn species e vari is Regni locis collegerioi' , cas nuoc edere con»tilui ; €l Bf ►pccimen iioc in magnani moleni evaderei , paucis notis , brevibusque observationibut dc- «laravi. Quo tamen opere uiillam me lau'lem moruisse scio ; s ed si quam a bcnignilate lecloriluiu. Q loJ et fateri de- beo me libonliùs secutum esse , aec sine ulilitate. Nam inter neapulitanam rouiaoamque Bryolo- giam magna currit atlìnitas , vcl leve iiitercedit discrimen. Ad quod studium , mullis abbine annis , animum adhibui , et plurimas hujus Ordini* plan- larum species collegi , praccip'ie in Calabria Ulteriori 1.", ubi l'atria uica, et prope Neapolim. \ non paucs mihi occurrcrunt obstacula , et propter ingenii tenuit atrm , adversamquo fortunam . quae me assidue premit : qiiamobrem opus deseruissem , nisi Vir praeclarissimus , et Magislcr mei amnoiissimus , .Miihael Tenore, me omnibus auxiliis «''juvasset , «I suas m lii ditissima* B.- Li.ollircao atqge herbani opes suppcditasset. 116 Hoc le , Lcctor , voltbam : vale. Babam Neapoli quinto Kalendas Aprilis MDCCCL. ^ STOMI ■ P/iascoidci. 1. Pliascum subulalum Liti. Hook, et Tayl. tab. V. Cauli? 1-2 Un. loiiguj , foliis infcrioribus brcviorilius , pericliaetlalibua e lata basi subulalis, capsulam rotiindani brcviler pediccUatam lonye supcranlibus. Capsuiau supcrficicm microscopio subjtctam reticulatatn video. Inveoi rare , nec opinalo , inler Weissiae ccntroversae, et ÌV. pusUtac specimina, quae in Ul- terioris Calabriae cultis collegi ( /inoja ) , inounte hyeme. GnarfosTOUt. Gynmostomoidei. 2. GymDostomum truncatulum var. a. capsule turbinateci Llook. et l'uyl. tab. VII. G. trunca. lum Hedv. Habitat gregatim in cultis ad glebas. Legi hyeme in terra Anojarum L'Iter. Calabriao. Facile dignoscitur , quamquam pusillus sit muscus , ex capsula raujuscula truacata , obco- nica in speciminibus a me loctis. 3. Gymnostomum Ueimii Hedw. Hook, et Tayl. tab. 7. ( non Bah. De Not. ). Inveni ad Sebcthi madidas oras. Dm ambcgi utrum sit referendum ad G. pyriforme , an ad G. fasciculare Itedtc. Sed ob ro- strum operculi subobliqunm, quanquam in multis speciminibus breve et submamillatum vidoam , rertus sum ad hanc speciem esse referendum. Primo intuitu planlula.cum adhiic immatura 6Ìt,Fu- nariam Michlembcrgii , aut F. hìbernicam refert. Bryologiac italicae hucusque deerat. .^PLOPEKlSTOMt. Trichostomoidci. 4. Torlula ciriliala .4rn. Trichoslomum barbula Schwaegr. Ad terram in umbrosis gregatim abundat. l.egi in L'Iter. Calabria , et ad agrorum margi- ncs in ^alle 5. Hocco , prope Neapoìim , hyeme. r>. Tortiila convoluta Sw. Fior. br. rom. p. 9 Folia sunt recurvo-patenùa , ut in Bryologia romana CI. Fior, monct ; sed in tab. XII. Hook, ft Tayl. adprcssa fìgurantur. Conimunis ; ad terram invcnitur. Neapoli , Calab. Ineunte vere malurescit. 6. Torfula revoluta Brd. .ìrn. Hook, et Tayl. De Noi. Specim.De Tor/u/is.T.convoiuta var. B. folli 3 hrevloribus marginibus revolulis , seta rubella Fior. Br. Rom. p. 10. l.egi in Uller. Calabria mense Aprili. 7. Tenuta fallai Sic. Hook, et Tayl. tab. XII. Fior. Br. rom- p. 8. 117 Var. y. Caule simpliciusculo aut ramoso ; Toliis oblonso-linearibuj . nervo mucronaUs tur. Br rom. p. 8. T. unguiculata Uuok. ci Tayl. Var. E. gracilior Fior. Br. rom. p. 8. T. gracilis A . ci B. Hook, et Taa«jr. Spccimina , caule bi-tri-pollicari, subdecumbente , habui a dar. Gasparrini , qui legil io Lu- cania. Varietatem B. laxe pulvinatam legi ad olivarum truncos CaUb. UU. meuic Aprili. 12. Tortula muralis Utdw. Var. B. foliis inferioribus apiculatis, superioribus pilo brevi Fior. br. rom. p. 10. Barbula ao- sliva Web. B. mulica Brid. Obvia ad terram , muros , saxa. Var. B. legi prope Neapolim ( a Capodiraonle , S. Rocco 1 ad terram, et ad muros. llaec va- rielas insignis ob brevitatem pili , oculo nudo quasi impercepti , lypi nolam bena servai in mar- gine pellucido et integerrimo : color est viridior quain in T. murali vera. 13. Torlula subulalaiin. i/oc*. jet l'uyl. lab. XII. Syuirichia subulata var. B. Fior. Br. rom. 13. Ilare inveni prope Neapolim, et alibi erraticam. Facile dignoscitur nonsolum ex capsula cy- lindriia >ubuUla arcuata ( adccntimctrum usque longa ! J , sed eliam dentibus parie maxima in- feriore in tubum coalitis. 14. Torlula incrniis Monlagn. T. subulata var. B. Fior. Br.rom. p. 13. Iri argillosis abunde legi io Calab. Ulteriori, mense .\prili. In iinis spociminibus quaeque pars gracilior et brcviorest quim in T. subulata. 15. Trichostomum canesccns Utdw. Hook, et Tayl. p. 106. tab.XIX.T.cricoides Sckrad. aa. T. Iictcrosticlium UediCÌ Caules olongati basi procumbentes , in meis specirainibus 1—2 pollìcares sunl , irregulariter ramosissimi ; foliis ovalo-laocolalis, nervo valido dislinciis, la apic«m diapUaDum piliformem ser* lumL"n"bu3. ita ul phnlula subcanescuns avadil. Capsula ovato-oblonga. Donte3 pensi.. "■ f.liformc9 lon'i. Hic "uisciis , magnituiline longe impar , oricam refert. Invcni ad saia graniiica in muntosis Ulteriori* Calabriae ( Monlagno di GiiToni; : mense A- prili jam maturus. J6. Didymodon aurcus i)c iVo». Ad a-roruin margines. Inve.ii in Calabria Ulteriori , mense Marlio , prope AnjjH. A Dij'yraodonc capillacco Hook. lab. XX. dilTort praesertim toliis multo longioribu» . sub- jeeundis , ad apicem appropinquantibus , ila ut aisirailenlar illis B.yi pyriformis. Capsula erect» njper seta elata. 17. Weissia pusilla Iledw.Hook.tìh.W. Crebro vidi ad glebjs in agris Ultor. Calabi ( \no\^. ) 18. Wtìissia cotitroveraa Il^dw. H'ok. lab. XV. Fior. Br. rom. an W. cirrliata Uidiel Le"i cum praeccdenti ad terram in Uller. Calab. Folia eiiccata Qfxuosc crispula ; rostrum tenue subulatuin; caulis non ultra 2-3 lin. longuj. 19. W. crispula JhJw. Hook. tab. XV. Hoc speciineo non im merito mulier ciarissiinaFiorioi suspicatur varietatem esse praeceden- tis , cum qua simul habitat. DicranoìcJei', SO. Fissideos taxifo'ius ffedw. Dicranum ta^lfoliuni Sic. Hook. Tayl. A F. adiantboidi facile dignoscitur caule e basi diviso , ramissimplic!bjs , 1 — 2 uncialibus ; tela e caulis basi surgente , et colore intense viridi. Muscus l — 2 ceniim. longus» Habitat in umbrosis montanis , ad terram et saia. Legi io Uller. Calabc ( Montagne di Gif- Ioni ) i et in montein Lotharli ( S. Angelo a Castellammare j. 21. Fissidens bryoides Schw. F. tamarindifolium. Brid. Dicranum bryoides flb>A. et: Tayf. XVI. Seta terminalis [ subtcrminalis aitCI. Fiorini ).- Muscus vulgatissimus in agrorum umbrosis , ad gleba»- , et saxa. Logi etiam potest in Borio Botanico nuapolitano sub aurantils. Qualor abbine annis ad parietes humidos liufusOvitatis hoc bryum vidi ( al Vico de' Girolu- mini , degl' Incurabili ec. ) , caule minimo , pendente , foliis 3—5 . proprio cidore saturjta viri- di lucido , ita ut diu ambegerim ulrum ad typum referre illud deberem , an ad typi varietatenu Siid Bryum hoc mire ludit secundum loca hdbitationis sua«. 2'2. Dicranum scoparium Iledw, Hic muscus in sylvis fagineis ad terram. vivit in magnis pulvinaribus consociatus-; matureseir capsulam in mense Mojo. Legi in Calab. et in Samnio Penlro ( Malese ). Caule longissimo3-6 uncils , foliis versus caulis apicem secundis. facillime et procul respi-^ ciccitibus dignoscitur. i3. Dicranum varium ffedit. Caulis 2—4 lin. long. , foliis e basi latiori hastato-lanceolatis , primo aspectu eapillaribus. Ad margines agrorum argilloso», in Calabr. Ulteriori. Ineunte vero , fructus maturescil. 21. Grimmia apocarpa Itedui. — Var. A. vulgaris De A'o/. Fobis tantum superioribjs longe pilif^ng. Mascuj caespitosu) atro-yiriJi-o'.lvacjua , ob piìoJ- „ ,,. 119 Ibos folla terminante» , canescond. Capsula omnioo immorsa , opftrculo convexo ( ima hemii phaerico ) rostrato , nitide rubro. — Var. B. pilifera Dt Nat. Legi in rupibus calcarcis monti» Stabiani ( Saotangelo a Casteiiamraire 1. Fruct ificat mense- Martio. . 25. Grimmia pulvinata Sm. Fissidens pulvinatus var. A. Uedw. Crescit ad rupe» calcarea», forma pulvinari campacta ( M.nlo Santangelo a Castellammare ) • mense Marlio. Pulvinaria ex atro-viridi canescentia oh pilos foliorum , qui in mois speciminibi» «unt valde serrati ! Seta prius incurva , ita ut capsula super pulvinare jaceat . deinde tortili» e- recta. ' 20. Grimmia pulvinata : Var. B. obtusa. Minus pilifera . operculo convexo-mammilhto aut brevi coDOiJeo Uuba. Fior. Br. R„m. p. 23. Grimmia africana Ara. Di ,\ot. Syltab p ^IS Dryptodon oblusus Drid. Grimmia pulvinata B. obtusa Hubn. Legi ad rupes calcarcas Monti» prope Stabias ( S. Angiolo a Castellammare ) . cum praece- donti , a quo distmsu.tur , imprimis habitu graciliori et fragilitate caulium . nec non capsula ( in specimimbus meis ) breviori , operculo conoideo , minute mamm illato ( non rostrato ) N. B. Gnm.niam legi in Ulteriori Calabria ad saxa granitica ( Montagne di Giffani ) mense Sùm**"'' *"''''''"*''" ""'"^"'"''''"* *' '^P""" Propt^rop^rculum ro- 27. Ortotrichum crispum Hedto. Mota crispa Brid. Hook. lab. XXI. Passim ad fagarum truncos parvorum pulvinariura vel potius caespitÙm instar ( non .„ pl.u,u„e.a long.,. Legi (alle .Montagne di GiiTooi). mense Aprili ; fruc.us maturLc7me„" Exiccatum atrovirens et omnino crispatum evadit. 28. Oriholricum affine. A. majus. Hook. tab. XXf. Inveni in Calabria ult. ad fagorum trunco (?) mense Aprili. 39. Orlhotricura diaphanum Scrad. Sat frequeiis ad truncos , circum Neapolim. Legi ab,in le in », ir . „ parte . quae arboribus consita. ^ '"'^^ '" ^* "^^'' B^'^ici-VeapalitMi Capa,Ua . ineunte hyeme maturesci. . et perdurai per lotum annum 30. Ercalypta vulgaris Hedw. -""uum. Legi ad rupe» calcarea» Monti» Stabiani I Santin^«u ,r,u Barbarità. Botanicu, ocula.issimus . et ci G Lpar Lf Cu „ "1 ^ '" L-"- "^3" *>■ a»«i, 18i5 e, 18i9 me numquam vidisse memLi '""" '^^''"'"^ "'' «^'-f---'"» D I fio eXMMSTOM z Poljftrichoidei. 31. rolytricum undulatum Btdw. Hook, et Tayl lab X Neapolim { Valle di S. Rocco ). Va ^a ty.o d^lT " "'"l'™"' ' ^''-^« - 'r'^'* P^»P« .edetiamp.p. 3p.u.amrL.^ 32. Polyinchua, piliferuo, Schnì,. S,ok. et Tayl. tal,. X. "^°""*'*'"' mbilat ad tcrram in montosij UItcrioris Galabrlae; Logi , inountoTere. non perfecte mala, rum i Montagne di GilVoni ) . Caules gregarii voi subspsrsì. vìx pollicares , incurvi , ad apicam tantam toliis albD-pìlifcri3 indoli ; edera pars inferior nula est. Bryologiae Uomanae haec spocics deoJt. 33. Polytrichum commuuo Lin. var. cauU breviari; an Polytricum juniperinura Ucdw.Fior. Br. lom. 29. ? J.egi in sylvis tnonlium et cpllium in Calabria Ultoriori , etc, ubi minime frequeas est. 3i. Polyiricbum aloides Web. Hook , et Tmjl. lab. XI. Habitat cumscqueiiti varietale , a qua distinguo propter capsitlam cylindraceam non obco- nicam brevcm. 35. Polytrichum aloides Web. var. cyatiforme nohii. YarietdS liaec dislinguitiirex urna breviori quam in Polytrico aloide (vide Hook. etTayl.t ab. XI. ) lata aeque ac longa , non cylindrace.i oblonga , neque in parto superiore subcostricta , sed oxqiiisite obconica ; oris , quod est latìus , margine subrevoluto albido. Venit frequentissima et gregatim in Ulteriori Calabria , perbuUo Ciornans niargines agrorum et latera viarum. Prope Anojas legi io e.\tremo liyemc. Barlramioidei. 3G, Bartramia pomiformis Hook, et Taxjl. var. longiscta noii». In uno tantum loco inveni argilloso acclivi ac stillanti, cai nomen Jola, propo Anojaj , in Ulte- riori Calabria. Aprili. Caulis pollicaris ad apicem ramo5issimu3 ; ramuli^ irregiilariter divergentibus , semiunciali- bus vel uncialibus , rubris. Folla palenlia distaiiUa , lancalato-jubiilatji , valida serrata , nervo iisque ad apicem distincla , lutea. Seta longissinw, 2 — 3 pollicwis , iiv sicco irregulariter lortilis ., rubra . Capsula obliqua striala. Foliis pattnlibus,distantibiis^oifadpressis^pproximatisqiic a B.fontana var. » mnjor, nec non fcta in sicco contorta satis distinguitur . A Bartramia itliypliylla nervo apicem portingente non in medio foliorum evanido . Denuo proposui hanc varietatem Ba.rtramiae pomiformi» nomine longi- feiam propter setae duplo vel triplo m.njorera longitudinem quam i« typo ( confer Uook.et Tayl' tab.X.\.llI. ). 37. Bartramia fontana Tar. B marcbica Hook et Tayl. lab. XXIf. Bartramia roarebica Schtcaegr. Caules denso caespitosi semiunciales vel unciales.ramis in nteia speciminibus plerumque incur- ■vis.a seta divergentilnisifoliis ereetis arcte imbricalij lanceolato — ^acuminalis serratis, dilute virìdi- bu3 . Seta e caulis divisione , e terra erecta , pollicaris , vel 8«squipol!icaris , iamaturìtato aurea . t^apsula ( in nicis speciminibus sphaerica laevls majuscula inanis ) in compressione dirupta. Ca- lyptra in individuo immaturo conico-subulata. .\d rspes tophaceas madida» prope Neapolim , in vallo Le Fontanelle Icgi, sed rarissima. Con» tra frequentissima invenitur ad latera viarum , praesertim solo arenoso umido in Ultoriori Cala- bria ( Anoja , Santa Cristina ec. ) Ilabui a clarissimo Gussonio Bartramiam in Insula Inarime lectam , quae rationa distantiat? foliorum ad Bartramiam poraiforracm refercadaest , et liabiluad B. itliyiibyllam , sed seta in sic-^ 121 co creda, lon-lor, cap«ulam sutsphaerlcam snstincns , animo dubio ad B. fontanae varielatem re- ferro puto, Ue'lusu hujus speciei confer quod Do Nolari, scripsit in Syllabo pag. 101. 38 Bartramia strida Brid. Fiorini in lilteris ad me scriptis , ot in Br. rom. p. o2. Caules usque ad medium siropliccs, recd' , et capillilio rubro ferrugmeo tomentosi ; inde longe et irrcRulariter ramoM . Folia e viridi flavicantia , lanceolato-subulata , valde serrata , seta e la- terc sur-cns ( 1. centim. long, ) erecta , in sicco minime turlilis. Capsula su/cala, mmor est quam in praecedcDli. ., ,. , „ . ,, llunc muscum vidi band crebro inUlter. Calabria , et perraro prope Ncapohm (Castellamma- re ) mense Marcio. Venil crralice , sive parum gregatim. Funarioide t'. 39. FunariahysrometricaZfciiu'.Vulgatissimaad torram deostatn , muro3 humidos , et ad ilvulorum oras. — var. /3 seta recta etbreviori ; foliis ovali-rotundalis apiculatis. An ad Funariara hiberni- cam rcferenda liaoc varietas ? Sed ab ea dilTert rdiis inlogeriimis, latioribiis-, apiculatis, ut in vera' Funaria hygromelrica , nsnapiccm versus serralis. Iti ut seta et capjula rcferaiit Funariatn Mi- hlenbernii Turni sive Fuiiariam Fontancjii llodw. et Funariam hibernicana : f.jlia autem Funa- liam hygromctricam , ciijus secuodum Draramaadi et Fioriui [Bf . romi pag. 33.) praedictae spe-" cies non aliud nisi varietatcssunt, S'ryoidci . 40. Mnium" undalatum Wcit. M. serpillifolium var. d. undulatum Lin. Bryum ligatatum Schreb. Caules polllcares , vcl bi-tri-pollicares , ad apicem fioriferi . Setae cauttì longiores , una ad tfcs ; suro ili steriles , repentes. Folia valide uildulata, in sicco crispata serrata, nervo io cuspidem ' producto. Capsula exquisile ovoidali , penduta , 3— i mtllira, longa , opercuk) prius coaico mu-' cronulato, indcrin convexum obtusum sine mucrone evadente. FrequcBS cteparsum in herbosis sylvarum'. In Calabria Ulteriori iegl , ctin Fa//« S. Rocco piope Neapolira. Iti. Mnium punctatum /Ti'Jic. M. serpillifolium var. a. Lin. Bryum punctatum. Schreb. Ten. Flora med. un. voi. i, p.203,- Folia obova!a,pe!hucida,rubro-marginatà, margine calloso, integerrimo, in sicco undulato, ex ocUulis exquisite exagonaHbus con^tituta, nervo valido distiacta.sub apice evanescento, vel ultra a- piicem vix in mucronulo producto .Capsula pendula. X Mnio cuspidato et a M. rostrato fàcilo disgiioscitur margino folioru n non serralo, foliis non cuspidatis: Hoc Afnium,. quod intermoscos grandiorcs est referendum .-froquons venit et sparsum in herbosis sylvarum . Lcgi potést hyeme in Vallo S. Racco propa Naapolim. ■ 42. BryuHi capillare Li;». SMvaejr. Caule subramoso , foliis obovato-marglmtis , denticula- tis , nervo e folio obtuso in cnspidem exeunte.- Folia perichaotialia latiora , in rosulam congesta , o,uao vix e tèrra exurgit, «empervivi formam referens. Seta pollicaris et ultra. Capsula cylin Iricof. Iwsi attenuala; incliaalo-pendulafopcrculo conyexo mucronato.- 122 43. Bryum carneum Schieae/jr.Hooh. et Tiii/Mab.XXIX. Legi in argillosis Ulterioris Calabriae propo Anojas, ubi frequens est, et gregarium ad viarum lalcra. Miiscus ereclus , in maturltate eleganlior ob capsulam baJiam , vel atropurpuream. 4». Bryum pulcliolluni Scliicaegr. E\ aiictoritate llookerii (Muse, britan.] est idem ac precedens, cum quo simul inveni, et vii ab eo dillert forma graciliori , et capsula viridi-badia. 45. Bryum alropurpiireum Web. Ad haiic speciem niilii ferme pcrsuadeo specimina mea esse referenda, potius quam ad B. caespiticium , ob formam capsulao esquiiilc ovoidjlem ( non ovato-pyrifonnom ) et folla coiciva cuspidata. Capsula penJet ab apice setae arcua/o-wnciaafo , quo specimina iubjnter intor so in- trxaiitur. Legi ad latera viarum in Ulleriori Calabria, mense Aprili. 40. Bryum pyriforme Sw. ( non Lin. ) Hook, et la;/l. tab. XXVII. Webera pyriforma Sedie. ' ^ ^ Habitat ad parietes tophaceos liumidos convallium , loco diete Valle di S. Rocco, prope Nea- ro.im , ubi ego inveni ; et in solo calcareo prope Stabias ( monte Coppola ) ubi legit CI. Gusso- liius , qui mecum id communicavit. Nec alibi hucusque inveni. Fructificat in veris principio; Folla e latiori basi capillaria ad apiccm caulis omnia appropinquantia , patontia et lloxuosa , ita ut muscus capillaris apparoat. Calyptra in immaturo laxa. 47. Bryum argenteum Lin, Caespiies densi arde grcgarii.Ad terram , praesertim in solo trito frequentissimum, ubi facile agnoscitur ex colore viridi argenteo , foliis arde imbricatis , late ovatis . ramulos cilindricos si- gtenlibus. Capsula penJula oblongo-pyriformi, sub oro constricta, in maturo badia. 48. Bryum latilolium Brid. var. heterophyllum nobis. riantulas tantum masculas habui sentpm ahi, in,. ,.,„•. i, • • • n t n ... , """"'. bt-piem awiinc anni, , ab amicissimo P. La Cava , rerum naturalium strenuo cultore , de Cbemia et (Ifi mriri, vfi ,-.. ■ . ■• -u . , . . . . ,., ' ^ '""''""•'''' "e panna Mineralogia optime monto , qui hoc brvum Jegit in Aspromonte L Iter. Calabr. in loco dicto rac/uajeto a. Muscus 4-5 pollicaris, lutescens. Caulos ninna, h „;„ vL i j i- . • , ... ,.,., ., '-JuiLseiongati simplices , vel ad medium ramosi , ramis longissimis liliformibuscrassmsculisrubris Fnlia nm,.:, i .t . . r , F- , , . , '""""*• ^ Olia omaia lutea ; superiora eroda sat dis^rela , «mbricata, ad axim adnressa, ovata ai'u/,7 v;» .1,1 „ ■ „ j . . . . . . .. r. .. . - . . . ' . :"■''"•""'• ^"^aJapicem dentata, basi amplexicauha. Folla infeiiu- ra Inter se appropinquantia, dentata. ovatn.ariiinm,i, „• . , . . i . . . ,^ , ,. ' ; . . '"'""^'^'ii'i'nala.ocu'a, acumine subpatente . In ramis steli- Jibus tuliasunt amplexicaulia, recurvo-contorta natn„t:, -..n .1 ■■ , , ,. ,, „, , ' "^ '■"""'"<•• patentia, rell.'xa , acuminata, lase ce :ulosa, cel- ulis ob ongis. Flos masculus m apice caulis , capitiformis , folus perigoiiialibus laUa,il.us , ova- t,s . oblusis . Pararliyses innumeri conglomerati . ex articulis multis globosis constituli. A v,.ro Bryo la.ifolio Brid. differì foliis omnibus acutis atque angustioribus. Habitat ad fontes , in aqua plus minus immersus . In Aspromonte. )ehocKryo„upermihi scripsit clarissima femina Elisab. Fiorini: » Bryum latifolium >. Se iwaegr. .n.eressantissima specie, a fiori maschi.ed a foglie più acute. Raro i,i frutti a I^e^ LI ho 1^1^- '"r^rr^':! '""='• "^''^'■"''' ^--^^'^^ d^sideramur , aU De Notaris in gjllabo pag. 12, : ,dem laudata Fiorini in Bryologia romana pa- 39 » J ial'Trs:':'^: t": ^-^^s^p»"'-^ --• -^-^ *-''-<^ ii>ok. ^ layi. «... mppi. tab. \ I. Timmifl polytrichoides Brid. var. a , viridis, 123 Inveni in monte Mitese aJ rivulos , in itinere anni 18V7 , menso lulio. MUSCU3 bi-lri-pollicaris et ultra , gro^arius . Cauli3 cacspitosus , parum incurvai ; f)iiis con- fertis, inferioribus raarcescenlibus fcrrugineis, siiporiorius infense viridibus ( supremiisubsecunda falcati'j 1, laiiccolato-acuminutissiinis , valde serratis. Seta termiualis, sed ob ramulum immanen- «em later'alis videlur. Capsula in velinlate ni,^ra evadit. Dente* peristoinatis exterioris longissimi et reflexi ( inleriores diiuidia paitc reOexi, dimidia parto superiori sursuin versi j. Uenles perisio- ni«ti9 interni membranacei nuraerosissinai, ad iiumerum C'hQliforoies.per paria trabeculis connati. Fonliinaloidcteir SO. Fontinalìs antipyrctica Lin. Ilabitot in palustribus. In herbarioGussoniano vidi lectam, sino fructu, io Lucania, a Franci- sco Barbazila. Uaro cnim fruclilicat. IlypnoiJaei. 51 . Leucodon sciuroides Schtvaegr. Ad olivaruralrudcos abuiide inveni in Ulter. Calabria , mense Aprili , quumjim peracta erat fructificatio. 52. Neckera crispa JleJie^ Muscus cognilu facilis et elegantior . .\bunde pendei e truncis et rupibus . Circa Ncapolim rare legi polcst in Valle S- Rocco , sed commercio adveiiitur o montibus nostris cuin hypno puro ad iiorlorum usum { vide llypnum purum ). Ad clitellas etiam infarcicnJas ; nec non ad lljrjui ar- tificlosorum sertulos pebelle cxornandos adhibctur. In Ulteriori Calabria minime vidi ; propterea in sententiam eo Clariss. De .Njtiris haiic Neciitìram ex. Italia austratiori plano esulare. Ibi aulem inveni specicmsequcnlcm. 53. Neckera pumila Uedw. Muscus pusillus elegantior peilucidus ,. Valdo complanatuj , totus arcto adiuorens ad trunco- rum superficiem . Caulis 4 — 5 centim. longus . Folia in latore inferiore basi incurva , foliis peri- ohaelialibus acuminati»,, vaginulam angustam constituentibus, ad medium setacpervenientem. Seta 3 — 4-mill. longa. Capsula ovato-cllyplica , erecta . Raro fru^fificat. Inveni ad fagorum triincos in Ulteriori Calabria (Slontagne di Gidoni ) mense Aprili, ubi substituit Ncckiìram crispam , quac a Sicilia et Italia meridionali ( manente De Xotaria ) eiulat . ok Daltooia heteromalla Hook, et Tayl. lab. X\II . Sphagnura arboreum Lin. ( scc. fiorini ) . Ad arborum truncos obvia . In Yalk Si Rocco , et in Ilorto Botanico neapolitano legi potest. Hyome fructificat. Facile digncscitur ca capsulis immersis, sccuodis , numerosi». 55. Anomodon Curtipcndulus Hook, et Taijl. ( Fiorini in litteris ) var. rtesuisus nobis. Pcnduntcm hunc muscum giganteum ( circiter pedalem ) inveni e rupo e ilcari in Monte Mi- lese, uno tantum loco oditioro, menso lulio anno ISiT.Descriptioquam o\liibet De Xotaris in Syl- labo pag. 77 perfccte cumlioc specimine convcnit, sedabeo rccedit ob caulis et ramorura flexuo- silatem . Caulis basim versus lignosus denudatus , deinde partitus in ramos primirios.decimelrum et ultra longos , ramulis lateralibus secudariis non plus quam 1—2 coatiui, lon^is. SoUc pjllioa- TCS rigidae ; vaginula foliowun perichactiaiium angusta, 121 5G. Plerogonium Sintlliii Sw. Lasia Smilhii Brid. Leptodon Smlthli Brìd. Ad arboruin iriincoj praescrtiin olivarum iDgi in Ulteriori Calab. In sioco sarcuU cirrhititn coovolali . subinibie Iota pianta expansa conspicitur , Capsula maturescit raease Aprili. 57. Leptoliymonimn giacilo Uub. Cterigynaiidruin gracilu UeMo. Ad olivarum truncos vctuitus legi proqe Auoja» in Ulteriori (Calabria , manie Aprili quum iftperaclo fructu erat. 58. llypnum purum Lin. Abunile veiiit in sylvis et ericeli3 , terrae minime adhacrens . Valle di S. Rocco prope Nea- ■nolim. Capsula malurcstil hjtìiiio. Noitrates hoc liypnum praesertim commercio circum aJveliunt ad u^um hortoruui et ad infarciendas (cum Neckcrd crispa, alitsque speciebus ] culcitas , eiiuorum- que stragula . 59. Hypnum rutabulum Lin. Ae [iji! ao praecedens abundat circum Neapolim ( S. Rocco ) . (30. Uypnuni sliìalum Schr. In sylvvs et dumelis frequons. 61. llypnum praelongum Lin. Cau:ej longe lepentes, vi.\ adhaerentes et vagantes super saxa et ad terram. Veait ubique : abundat etiam in Horlo Botanico Neapolitano sub pinis. Utile ad usum viridariorum eie. , vide Hypnum purum. Gì. llypnum confertum Dicks. var. B. megapolitauum Fiorini Br- rom. pag. 48. Hyp.ium megapolitanum Slanci, in ìVib. Ab Hypno praelongo dignoscitur seta laevi. In Ulter. Calabria , in terra sub duoietis , vere. 63. Hypnum tenellum Dicks. Confertissimum et intricatum ad arborum truncos. Inter hypna pusillum adspectu sericeo , ob folla fasciculata , lanceolato-subulata. Seta non ultra semiuQciam longa , et capsula badia . liivc-ni io Valle S. Rocco , hyeme. 6'». Hypnum cupressiformo Lin. — var. A. vulvare Hook, et Tayl. CauIibuJ laxioribas, semicylindricis ; foiiis falcato-secun- dis fiorini Bryol. rom. p. 52- Haec species summjpere variabilis , adspectu oitida , abuftde venit in sylvis , terram et truocorum basim tegens. Fructificat eitremj autumoo. [ S. Rocco , Quisijana etc. ) 63. Hypnum molluscum Hedw. Ad truncos arborum, et in ericetis ad basim fruticim, nec non in terra sylvarum abun- tììoi. Momini me hoc anno minime id vidisso in fruclu ! Hoc musco praesertim neapo:ilaiii ejomaiit praesepia , Christi nalivitalem commomorantia. Sequenti speciei afTinig ob folla falcata , sed diffiirt rarai^ crebre implicato-ramosis , et dimensione minori. 06. Hypnum Crista-Castreosis Hedw. Quamquam sine fructu acceperim ab amico supra laudata P. La Cavi , qui ad ms a- bundanter misìt ex Aspromonte , facile taraen distinguo ex aspectu mijusculo (ti — 8 poli. Jr,n". ) clcganiissimo , et ramis crebre pinnatis, ac lymmetris, nec non foliis falcato-cirrliJtis, secnndis , vlx serratìs. 67. Hypnum Alopecurum Lin. Iq convailibus logitur ad rupes [ S. Rocco etc. ). Muscus arbu?culi instar ob degan tijm Bulli musco #eeaoiJii« , majjnituJine intcr nosira hypna giganteura, Propterea cognitu f-acilu. 125 68. Leskea «cricea Iledw. Ilypnum sericcum Lin. Fior. br. rom. Ad saxa et truncos , vulgarìs. Lcgi in Ulteriori Calabria , et in Valle S. Ricco propo Neapolim. Muscus cognita facilis , ramis fascicuiatia , et aJspectu viridi-luteo oileati sericeo. C9 . I.cskca incurvata Iledw. Venit abundanlissime ad vetustos fagorum truncos , ia Ulteriori Calabria ( Montagna di Giffoni ) ; mense Aprili , tructibuf referta. Capsula jam matura erat. Bryologiae roma- nae deest , et De Nuturis in Syllabo refert hanc speciem indigeaam Italtae guperioris et Sardiniae, ubi raro fructiCcat. Di Nolarit Syllab. mtuo. p, 61. Buxbaumiacei, 70. Diphyscium foliosum Web. et Muhr. Busbaumia foliosa Sedie. Inveni sparsiin ad terram io sylvaticis fagiaeis Ulterioris Calabriae ( Klontagoc di Gif- Coni ) , mense Aprili. Muscus pusillus annuus fere acaulis ,2 — 3 ila. longus , et peculiari forma Pha- schura referens. Capsula maxima vesicae instar ( circiter 3 raillira. longit. ) super terra erecta , «ine caulo visibili ; foliìs erectis acuminati} , capsulam ciageatibus , et superaotibos. Bryologiae romanae deest. FINIS. Tiiv IV. I ! . \ \ \ r—~-. i — li r r / 1 -^ f • • ^ / h/f.,ù.:^j,y..,.i,,,^ .;- .w^. yA. •'-'^ .,,.....././.....■ /^/5v.y.^ /L^/J fi,;..,/;}.... /{ W > > 3 = 3 c e a ^ ^ eó o C:2.tp ^- >-^ ^ t> t* > > 3 3 = =- C C = = ! « !3 S a 5 5 "= fc s' t ir' to C/1 (A t." u" 5 "■ = u ù 3 -) o 5 ^ ^ i> e CA ^ e (O CA (A :o S u > t i .,• = - 3 - - 3 s. u o — u 5 t; 1 9i » ri " >- -9 U = — tD -'' " -? • == ^ ~j ■;: — . ^- > _ £ ti 3 . "^ i^ . > ti p, -oOhOqo OMKMOca aaao-cc e ^o~-'-'-^ '^ S ic ss is 2 cA, t« U3 2 2 Z -^ tA ic K 2 «= /^ 2 X Ji t/: -- cn tr. 2 2 z 2 S§$iS2^2 SiSic^^cnic Sz^x-x.-^ ^.^t'^^^^. ^ 22 t/32 c rn co 0 0 0 = 0 = 3 0 0 0 0 — 1 rt co e 1.^ = = =■ ■^ 0 0 ~ 3 1> 'a. 0 => o = s 0 0 0 0 0 = "=529= ,1' 2 coSx2~§ Ti^ì-oSlo = -' ó' = ci = = = e" =' = =' -= =' -' =' "' ~' =' =' =' = =' — ^ ■3 N a CB V a u co -!> c s 1 I ' t.o-jM ^-^ i-'J^ :.o :n c_ e_ LO o_ K?^ lo^ -.n e o 3_ CCS s_-. *:':"" '=■''. = = ="-■'•-1 = j '^- --r':o" :0 --t O te c:' I-" t-^ — ' :^' ~" •— 'lO -.O -» ì; ai i-' X X = I' fV C — — = — rf "2 52 C a 'S I — :5 B •--- L'Ilo uì O m :0 3, 0_ jO 0_ iC -.o^ o_ O O O O O 0_ ~_ :.0 i.-5 l-; lt: :?: :.C l'I :0_ 3 •.*5_ lO '^'lo' jn 1-0 i-'r-'c'r-'r-^ cs' :o' o co te' w' in' i-' a:' x » » o' o f^' — ^T — — r: -■» ^ cjici co r- -> -J ?•- Ci o --^ -" 1- e. m (N -t, -■'.■".-■'. ~-''~'l '^. ~. -*"".'"", -^. 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B EST. ti X s .-t -4 C-. e C5 tr. co o OT co cn jT _-a 00 a?ti__-4 c:_>- o ts ooo-Jotoo "o'w'o O bt e;: O C?^ ut O "e U: O Ot O 'tJt tt tre uio O 0"ut"o "cre"utoctoO co -j -o M -4 e: o c;t C-. co ji ot oc ^ te M _co ce OS w". ^ o 00 OS oc _-i o pt ►^ tre ooo c'utQOoat'o o'o-tre tre "cjt tre *i.sooo o "-»'.-< o'i.-oo o1acc;tiao2 Ol^i*i CtteOwOOtó COw^^— OO tiO^-'OCiOO Or- O- Cr. Z Z 2 C/3 rri 2 ^ a cr ce ry; (73 C« ryj U5 Cn rxi e/: r/i 2 cr^! H o 2 < < < < 3 t/1 w to' 2 .,.i^' = 5 = >■ =■ ^" ^ "^ 2 o- . .o-cca.5- c .- .- = - = = =" ="ó =^"5 £ ■■=: 1> ^ _ .Q SCBO"" feoiJ = « ° => = > = >^ò-;;£ ■-^ ; ^ 1 j ouiiaiui r-_'-S o ^«^ci « r-_in — _x> w •>! in m o ^■» « -o 'N — « :c e-. — r; ;; -^ r-. :n :^ eT Ci" o' s-r ~ — ' »-■—■— — o' o' ira o 35 n ni oi ri in-^ ^ -»' ;-" t-' » in i-^ -* r- r-' o S co I omisseui o »-_ t- in !S » X e5_ i- w o -* n -" :n -!»" — -N -n rf in 00 eì o — ei o '^i -ri — — — — '-m'^»' 0-5 C' Coo"K:-3 tr^'-'iC, CoO^o-,, '- Ts-a-a^is e. 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O w O OC OC OC C "— — . li 0= »- -1 CS ii M 'J5 .,- — Umidilà Èàs^-s^-SS^a-Stig: !i.=5 22«^s^=5— .5;~^!^2cl52|: o-SS^o^oo||-gp|SS^.Ì^^IiS^.Soc.|.. ^r. ^.q,^M-4MM-^-4^l^-4^^*^M.4 l.^^M«^t.4^^*^-4M^ OC Ci C. C. -^ *" ii ■'4 0= M » 0« O' *s- 00 -4 -4 C ♦■- 00 OS O OC •"4 ex C. OE ♦•' ^^ ^- *C*i Ci OS W ^ ••-- Sì ti OS ti V* W sa --4 W Ós O ~ ^^ ti ^ tO O^ li OJ ti 00 O ■* »■-' co SJ O oc O- CD li IJiulilità s s s-s-S-5 ''■''-2 3 3-*^- &. s. 3 3 2~-n|:«^»-»-=^*-3 2 I: SÌÌÌoi«|Sio||oS|oc|^||SSSS§oSS — \ < — ) 3 I!jnnnS:S»o^oocoC20co-4-4C5ts oc O O O O 00^^. ■ OS O'J'" oc -1 "o Oi V-4 "» M ca W Ci CS «s- >* O OS ^ ^ O O li ti O C-- Ci li <^ -4 »- ~' niassimu O; O; li — — — M — — oc*- li_"- oc Wj» 05_l* *- W_SO te 4i-_M li — e 00 00 -4 %- e cj Cj"'^! oc Oi W wV' *•' W © U» O O V" O^ M O 00 ^ ti oc OS O •■4 Ci cs 3 o B 3 , n 5 - = 1 2 •""■o = o -= < S I =_■? • a i o _ = e s^ Q o o - = -: 3 V_ SS Q» S ? S ^ o g ; p p s S — 5 g 3' i 3 c« • * 03 = o - n — t«KO *- oca ^ V|- t«< NO s 6n e- o OS © li OT co o oc -4 Declinaz. loclinaz. 2s 133 1850 RENDICONTO n. si DELLE ADUNANZE E DE LATORI DELLA REALE ACCADEMIA DELLE $Cli::>ìZE BIMESTRE DI MAGGIO E GIUGNO 1850. PnB$lDENZ\ DEL MABCOESE DI PIBTRACATELtA AVVERTIMENTO. Nel mese di maggio non ci sono state tornate accademiche, a causa delle vacanze di primavera. TORNATA DEL 4 GIUGNO 1850 Lcllisi gli Atti verbali della tornala del 12 marzo , che precede le vacarne di Primavera, il segretario perpetuo , a mano a mano , va ioformaDdo 1' Accade- mia di cose che la riguardano , chu hanno avuto luogo durante tali vacanze. Ila quindi lette alcane ministeriali di regola a' soci, tra le quali giova qui menzionare quella riguardante la pubblicazione del VI", volume degli Atti, da tanto tempo in corso di stampa, senza che avesse potuto questa ultimarsi, per vari incidenti ; e l'altra per la nuova compilazione del Rendiconto, con la quale veniva or- dinato, che per 1' avvenire si compilasse in comune con le altre due Accademie , Ercolanese q di Belle-Arti, hi pubblicazione contiauera col sisteoia bimestrale j e 18 134 TÌ si dovranno contenere semplici sunti di laTori presentati alle Accade mie , e non già Memorie originali , o altro lavoro ad esse dod presentato. Lo slesso segretario legge in seguito diverse lettere di corrispondenza ac- cademica, sia con r estero , sia nel regno ; e con l' una di qun.stc presenta un a riota su talune produzioni fungose tic vecchi rami di castagno inviatagli dal sig. Silerì . segretario della Società Economica di Terra di IBSIDeNTB ED ACCADEMICI PRESTAIITISSINt. Mancherei ad uno degli obblighi più solenni di mia carica, qualora trala- sciassi di darvi un succinto ragguaglio del ritrovamento fatto alia nostra Speco - la R. dal distintissimo sig. de Gaspuris del pianeta da lai discoperto nell' apri- le dello scorso anno , la Igea Borbonica. Oltre h1 proprio impegno ad ottenere scopo siffatto, era stato Io scopritore koreati volte da me premuralo ad occuparsene, qualora fosse possibile con mag- giore alacrità, avuto pur riguardo a ciò che dall' egregio astronomo di Padova ■ig. Santini ripelevasi in varie sue lettere , una delle quali stampata nella romana raccolta scientifica ; ed in cui finiva ne' seguenti detti allusivi alla importanza dell' attuale reapparizionc ; » che , cioè , sopratutto dobbiamo attenderci dalla » vigilanza degli astronomi napolitani , favoriti da un buon clima, e provveduti » di eccellenti strumenti m. M a indarno finora fransi versate tutte le sue veglie, sollecitudini ed assi- due indagini. Poiché trattavasi, o signori, di riconoscere uà atomo planetario fra la sterminata moltitudine di stelline, che sono nella regione del cielo da sotto - porsi a disamina, la quale cade io una parte della via lattea. Sembrava quindi pressoché vana ed inutile ogni ricerca. Intanto la solerzia ed indefessa applicazione del medesimo sig. de Gasparis è riuscita a vincere tutte le dillìuoltà ; in guisa, che nella scorsa notte mie stato dato di rivederlo, comecbè a slento o per così dire a riprese. Hi desso l' ap • parenza di una stellina di 10" ad II" grandezza. Era inoltre anche più urgente nello interesse scienlifijo, del perfezionim en- to, cioè, della teorica del pianeta slesso, il rivederlo; atteso che le osservazio- ni raccolte nel passato anno, comunque eslendenlisi per fino a' 20 Giugno in Berlino e nella nostra Specola a' 17 luglio, come fu a suo tempo riferito nel Rendiconto di questa Accademia, per la piccola inclinazione della orbita di esso , eraosi ot- tenute nelle più sfavorevoli condizioni a bea determinarla. Cade però in acconcio tributar qui le miggioi'i lodi al chiaro astronomo berlinese sig. d' Arrest, del pari che al succitato sig. Santini, per essere entram- bi riusciti a stabilirla a bastanza d'accordo col fatto, ad oota della indicata ia- salEcìenza delle osservazioni. Ecco ioGae le posiiiooi appareoli del pianeta otteoute alia oostra macchi- na equatoriale. 1 850 Tempo medio a Napoli Ascensione retta Declinazione Giugno 9 12'' 52"' 58', 0 294° 56' 47",8 — 22° 2' 4" , 3. 10 11 32 2, 9 294 50 31,7 — 22 2 21,0. Le quali sono afTetle dalla rifrazione dovuta alia differenza di declihaz io- ne con la stella di paragone, osservata allo stesso angolo orario col pianeta. La stella è la 249 Piazzi H. 19* di G" grandezza. ut Fatti scoperti ultimamente intorno a certe direzioni speciali che assumono quasi tutte le sostanze cristallizzate , liberamente sospe- se sotto r azione delle forze magnetiche ', e considerazioni teo- riche relative a questa nuova classe di fenomeni : del socio or- dinario M. Melloni. La scienza della natura è oggi mai tanto estesa , che riesce al tutto impos- sibile l'apprenderne ogni minima particolarità. Ma, per ampliare e perfezionare i diversi rami di questa iintnensa serie di fatti e di teoriche , è d'uopo acqui- star piiraa una conoscenza chiara delle principali leggi o priacipii naturali ; quindi , studiare profoadamente tutti i documenti relativi a quella data classe di fenomeni che si considera specialmente ; poscia scoprire nuovi fatti o nuove conseguenze de' fatti noti ; e finalmeule determinare le varie loro attenenze colle proprietà già conosciute de' corpi o degli agenti. Ora, io molli casi, queste suc- cessive contemplazioni richiedono pur troppo taalo consumo di tempo, da assor. Lire la miglior parte della nostra vita. Ciò non ostante, chi s' impegna animosamente nel difficile arringo , sostenu- to dalla nobilissima speranza di essere un giorno annoverato tra quella eletta schiera di valorosi, sì poeticamente denotati da Humboldt sotto il nome di con' quistatori dell' intclligenzii , non può , ne deve , rimanere talmente isolato nelle proprie specolazioni, da ignorare i progressi più notabili che si van compiendo negli altri sludii naturali : tanto più , quando trattasi di forze o proprietà ge- nerali della materia sfuggite alle investigazioni de' nostri predecessori ; poiché tali conquiste scientifiche , esercitando sempre un' influenza più o men pronta e sensibile sulle varie branche delle naturali discipline, sembrano in certa qual guisa destinate a tener vivo nella mente il pensiero , che siffatte discipline ap- partcngon tutte alla medesima scienza. E da questo pensiero appunto io era mosso, dottissimi colleghi, quando mi faceva lecito di comunicarvi i bei lavori di Michele Faraday sulla uuiversa- litj del magnetismo. Ognuno di voi ricorda la gran sensazione prodotta nel mondo scientifico allorché l' illustre fisico inglese annunziò la rotazione del piano di polarizzazio- 19 ii2 ne di un raggio lucido per mezzo delle forze roagnellche (1). Siccome il rag- gi 0 non poteva ricevere questa modificazione che nell' interno dell'acqua , del vetro, e d'altri mezzi diafani , cosi l'autore rilevò tosto l'importanza di studiare le azioni del magnetismo sui corpi solidi e liquidi liberamente sospesi , e fu quin- di condotto alla scoperta di una nuova forza, in viriti della quale , il vetro , il fosforo, il bismuto ed altri corpi totalmente privi di ferro o di qualsiasi altro inetallo magnetico, in vece di essere attraiti, sono respinti da ambi i poli di una potente calamita naturale o artificiale. Continuando ed estendendo le sue investigazioni , Faraday trovò che qua- lunque sostanza, solida o liquida, diafana od opaca , presentai fenomeni dinami- ci del bismuto e del vetro, o quelli de' metalli magnetici. E poiché una spran- ghetla di ferro di nichelio o di cobalto, liberamente sospesa tra le due estremiti» di una calamita ripiegata a guisa di ferro da cavallo si dispone secondo la li- nea diretta dall'uno all' altro polo, quando per lo contrario un prisma di vetro o di bismuto assume la posizione trasversa , Faraday conservando ai primi cor- pi l'antica appellazione di magnetici, impose ai secondi il nome di diama* guetici (2). Dopo di aver percorsi questi due sommi capi , 1' autore tornava sulla sua grande scoperta del movimento rotatorio comunicato dal magnetismo ad un rag- gio lucido polarizzato , e ci svelava un carattere chiaro e preciso per dislio- guere la nuova rotazione artificiale o magnetica , dalla rotazione naturale e pre- cedentemente conosciuta, che succede nel transito del raggio polarizzato per uno strato di trementina, di zucchero, di canfora. , d' alcali organico ed altre sostan- ze sciolte Dell' acqua o nell' alcool ; il qual carattere consiste nell' aumentarsi della rotazione artificiale proporzionalmente al numero de' passaggi mentre il rag- gio lucido, ribattuto fra due specchi , traversa più volte il corpo diafano ; quan - do invece nel fenomeno della rotazione naturale la riflessione , o per meglio dire il ritorno del raggio ripercosso sulla via primitivamente descritta , distrugge l'effetto rotatorio prodotto da una sola trasmissione; sicché nelle sostanze, le quali operano naturalmente sul raggio polarizzato senza l' ajuto del magneti- smo , riesce al tutto impossibile l'ottenere, con questo artifizio , il menomo van- taggio (3). Ripigliando quindi 1' esame delle azioni dinamiche prodotte sulla materia (1) Vedi il Tomo V di questo giornale [ anno 18i6 ) pag. 199. (2) 76iden» pag. 211. t?) Tom. VI ( an. 1847 ) pag. 227. HI ponderabile , all'occasione de' cambiamcnli di forma osservali dal padre Banca, lari nelle fìamme interposte tra i due poli magnelici , Faraday dimostrò con va- rie ingegnose combinazioni che anche i fluidi clastici si dispongono sulla linea de' poli o trasversalmente; ed arrivò quindi alla conclusione , che qualunque cor- po grave, in qualunque slato, solido liquido o aeriforme, obbedisce all'una o ali altra delle due forze magnetiche (1). Di tutte queste stupende invenzioni io vi discorreva per minuto in diver- se mie scritture, che vennero auccessivamente inserite nel nostro Rendiconto (2). Ora, per non lasciar l'opera incompiuta io debbo esporvi alcuni nuovi fatti relativi alle diOVreoze d' azione magnetica uclle varie direzioni de' corpi cristallizzali ; differenze che presentano talora le singolari apparenze di una coesistenza delle forze magnetiche e diamagoeticbe nel medesimo corpo. Questi fatti si produco- no, in parte nelle cristallizzazioni metalliche e sono dovuti al Faraday , che si è contentalo di porli in perfetta evidenza. Gli altri furoDo osservali dal prof. Fliicker ne' cristalli orclinarii e vennero da lui attribuiti ad una forza si tra- scendente che, ripugnando agli arr;omenti addotti , mi sarei astenuto dal far- cene parola aspellando piìi mature indagini , se alcune sperieaze recentissime non fossero venute a dilucidare alquanto questo soggetto ed a renderlo , noa dirò già chiaro e manifesto, ma un pò meoo misterioso e piii accessibile alla nostra intelligenza. Nel corso delle sue investigazioni , Faraday aveva notato le irregolarità nella posizione d' equilibrio , che presentavano talora certi cilindri di bismuto liberamente sospesi Ira i due poli dsrjli elettromagneti (3). Goofrontando at- tentamente questi cilindri cogli altri , egli li trovò piìi distintamente cristal- lizzali ; donde k 'Conseguenza , che le a^ocialie osservale derivavano dalle forze della cristallizzazione. Tutti sanno come si ottengono quelle superficie concave gremite di cri. stalli di bismuto o d'antimonio, che, per le p;raziose lor forme screziate de' più vivi colori dell' iride , figurano nelle coHeziooi chimiche e farmaceutiche. Il metallo liqueratlo io quantità sulBcieute si lascia freddare alquanto conser- vandolo perfettamente immobile per alcuni istanti : pertugiata quindi la crosta ^ e capovolto il recipiente , se ne fa uscire quella porzione di metallo che è (1) Tom. VI! ( an. 18i8 ) pag. 172. (•2) Luoghi eitati , Tom. V pag. !'9 e 211. Tom. VI pag. 227. Tom. VII pag. 172. (3) La descrizione degli elettro-magneti adoperali dal Faraday trovasi nei Tom. V di qua- tta raccolta pag. 211 e scg. "tu l'imssia inlernarnoiitc liquida ; e, j^pezzalo il solido rimaDcnte, si Iroraiio le cri- stallizzazioni adereoli alla crosta interna ed alle pareti del vaso. Faraday ricorse a questa operazione onde procacciarsi i cristalli metallici occorreoii alle sue ricerche: i pezzi da lui trascclli pesavano da IS a 100 corani, si componevano gcncraloiente di un' aggregazione di diversi cristalli di- sposti lutti per lo sless» verso, ed erano staccali dalle matrici con utensili di rame ; quindi fortemente stropicciali sulla pietra arenaria io tulle quelle porzioni die slavan prima a conlatto del recipiente: essi venivano infine so- spesi tra i poli dell' eletlromagnele, mediante un Ilio di seta terminato da un cilindrctlo di rame, cui aderiva un tantino di masiice. Prima di cominciare le sue indagini sul bismuto , V autore veri6cò che il detto sistema di sospensio- ce rimaneva in perfetta quiete allorché il ferro puro dell' apparecchio dive- niva calamitato sotto l' azione djlla corrente elettrica. Tulle queste avvertenze erano indispensabili oode studiare eoa successo 1 influenza del magnetismo sui movimenti de' corpi cristallizzati. Dal complesso di alcuni saggi preliminari, parve al Faraday che negli ag- gregali cristallini di bismuto, vi fosse tendenza della direzione secondo cui i cristalli sono generalmente congiunti tra loro, a prendere una disposizione as- siale, cioè parallela alla linea the corre dall' uno all' altro polo magnetico ; e così falla tendenza gli sembrò io certi casi più energica della stessa forza di ripulsione , donde risulla l' equilibrio del bismuto o di qualunque altra sostanza dìamagnetica , nella direzione normale all' asse polare. Egli staccò pertanto dalla matrice un bel gruppo di cristalli, in cui le linee de' congiun- gimenti criblallini erano parallele alla massima dimensione del pezzo , lo so- spese orizzontalmente, ed ebbe la soddisfazione di vederlo equilibrarsi secon- do r asse de' poli , dopo alcune oscillazioni. La dimostrazione non poteva es- sere piìi evidente. Un prisma o cilindro di bismuto, nello stato di cristalliz- laiione indistinta o granulare, è respinto e si ferma equatorialmente, cioè per- pendicolarmente alla linea de' poli ; ora il pezzo prismatico cristallizzato si dirigeva, come il ferro, lungo l' asse magnelico dell' apparecchio : dunque la ripulsione diamagoetica del bismuto sembrava essersi coavertita in attrazio- ne magnetica per vìriìi della cristallizzazione. Dico scnibrava , perchè la disposizione assiale del bismuto potrebbe aver luogo Ìq forza di una rotazione dovuta ad un azione semplicemente direttrice; nel qual caso la massa cristallizzata di bismuto si condurrebbe come se fosse attratta e conserverebbe tutta la sua virtù diamagnetica di ripulsione. Per sot- toporre siffatta congettura al cimento dell' esperienza, Faraday avvicinò l' aggre- gato ciislallico, delicatameole sospeso, ad uno de' poli di una spranga fortemente 145 calamilaU e vide questo cnrìoslssimo fenomeDo : che il mobile fuggiva da ogni lato il polo magnetico , lenendo costantemente rivolta l' asse maggiore verso di lui ; come se i cristalli di bismuto possedessero, relativamente alla calamita, una forza che tendesse a respingerli, ed un'altra che tendesse ad accostarli. Così la luna , attratta dal globo terrestre e respinta dalla forza cen- trifuga risultante dalia sua impulsione iniziale , ci presenta sempre , in virtìi d' una parlicolar combinazione di queste due forze , lo stesso luto della pro- pria superfìcie. Questa tendenza della linea di congiungimento de' cristalli di bismuto veiso r uno dei poli magnetici non è speciale ad una data estremità ; laonde il pezzo sospeso si capovolge quando gli si fa descrivere un arco maggiore di novanta gradi. Faraday esprime cos'i fatta proprietà colla frase equilibrio diametrale , e chiama magnelo-crislallina la forza che lo produce. Volendo poi defluire con maggior esaltezza la disposizione di essa forzi relativamente alle varie facce cristalline, egli cominciò, dall' osservare che'la forma de" cristalli di bis- mulo^ non è già perfellamente cubica, come si credette finora Ax\ chimici e dai mineralogisti, ma leggermente romboedrica , e però dotata di una dimen- sione maggiore delle altre : e tale dimensione è appunto quella che segni la direzione del congiungimento de' cristalli e del loro equilibrio diametrale. Il clivaggio del bismuto regolarmente cristallizzilo rimuove gli angoli e tì sostituisce delle superfìcie piane che , essendo convenienteraejie prescelte , tramutano il romboedro in ottaedro. Ora, secondo l' autore, l' operazione del clivaggio non succederebbe ugualmente bene su lulti gli angoli del cristallo, ma sarebbe più spontanea e perfetta iu due opposte posizioni, che corrispoo' dono agli angoli più acuti\ ossia alia massima dimensione della forma rom- boedrica. Uno de' più bei cristalli di bismuto fu strappato dalla matrice , e la su- jici'Gcìe di adesione bene strofinata con carta indotta di vetro polverizzato. Ottenuto così un solido di apparenza cubica, si cominciò ad operare sugli angoli corrispondenti alia direzione della forza magnelo-cristallioa, e verificata la maggior lucentezza e perfezione delle nuove superficie prodotte rispetto al clivagi^io degli altri angoli , si sospese il cristallo nel campo magnetico , per modo da lasciare orizzontale la linea condotta dall' uno all' altro piano del clivaggio più distinto : il cristallo si diresse tosto eoa vigore oscillando velocemente e voltando i due nuovi piani angolari verso i poli della calamita temporaria. Allora si cambiò il punto di sospensione rendendo esattamente verticale la linea normale ai predetti piani di clivaggio , ed il mobile noa mauifestò più nessana tendenza ad assumere una posizioae determinata. Sospeso I.i6 in qualunque altro modo il cristallo dirigcvasl, quantunque meno cuci j^icaiuenle the nel primo caso ; e, nella sua posizione d' equilibrio , la linea perpendi- colare alla sua superficie di più facile clivaggio era sempre disposta nello stesso piano verticale che conteneva V asse de' poli magnetici. Nel rompere le matrici de' cristalli di bismuto si producono spootanea- meote delle laminette polite di questo metallo , le quali sono , come non rra diflìcile il prevederlo , parallele al piano di clivaggio più distinto , e quindi perpendicolari all' asse magneto cristallino. Queste lamine si mostrano inerti , cioè incapaci di dirigersi , essendo mantenute orizzontali per 1' appli- cazione del filo di sospensione nel loro punto centrale , e pronte a disporsi equatorialmente quando stieno verticalmente sospese mediante 1' aderenza del detto filo di sospensione ad un punto qualunque degli orli. Ma , siccome la disposizione equatoriale può derivare , e deriva elleltivamente , dal con- corso di due forze; la diamagnetica e la magneto-cristallina ; così, per di- struggere o equilibrare 1' effetto della prima , Faraday immaginò di sovrap- porre e fissar insieme , con un po' di mastice , tale un numero di queste lamine , da vendere 1' altezza del solido risultante sensibilmente uguale al diametro della base. Con questo artifizio , egli annullò compiutamente ( a ca« giooe della òistribuzione simmetrica del metallo intorno all' asse verticale di rotazione ) l' effetto della forza diamagnetica sulla pila di lamina sospesa , e lasciò primeggiare la sola forza magnelo-cristallina. I\»a il mobile sottoposto all' e- spcrienza non potè mai tenersi in equilibrio stabile coi piani delle sue la- mine elementari pa;alleli alla linea assiale , e voltò costantemente questi piani nella direzione equatoriale; sicché le due ^acce e&l;-eme , o terminali , veni- vano sempre a situarsi dirimpetto ai due poli dell'elettromagnete. Formando poscia con sei lamine u{;uali una specie di cubo vuoto , o fa- cendone aderire tre sole normalmente disposte tra loro , l' autore annullò , non soltanto la forza diamagnetica , ma anche la magneto-crislallina ; ed il sistema sospeso per qualunque verso si mostrò del tutto insensibile all' azione del ma- gnetismo. E qui ci permetteremo una breve osservazione. Faraday ba arguita 1' in- dole solamente direttrice e non attrattiva della forza magneto -cristallina dal fatto che un cristallo o un aggregato di cristalli paralleli di bismuto , presen- tato all' azione d' un polo magnetico isolato , continua ad essere respinto , come ne' casi ordinarli di diamagnetismo , malgrado 1' incessante rivolgimento del- l' asse magnetocristallino verso 1' estremità polare. Ora a noi sembra , che per compiere l'argomento del Faraday e renderlo veramente dimostrativo, conver- rebbe provare che siffatta ripulsioae cristallina uoa differisce menomamente da m quella d'un solido uguale in volume, figura e superficie, ma composto di bismuto amorfo o granulare. Detto solido si otterrebbe facilmente preodeodo il modello del cristallo o gruppo cristallino con cera molle e traendone po- scia una forma di gesso o di terra da getto, nella quale si verserebbe il bi- smuto liquefatto, di cui converrebbe impedire la cristallizzazione regolare col - l'agitazione e la rapidità del rudredJamento. Sospendendo i due solidi eguali a due lunghi fili e misurando , alla stessa distanza dal polo magnetico, gli angoli formali da questi fili colla verticale , sarebbe facile venir in cognizione dell' u- guaglianza o disuguaglianza delle ripulsioni del bismuto amorfo e del bismuto cristallizzato , e decider quindi della qualità puramente direttrice , od in pari tempo direttrice ed attrattiva della forza magneto-cristallina. Per evitare le dif. ficollà provenienti dalla varia disposizione cbe potrebbero assumere le parti dis- simili de' due sistemi rispetto al polo magnetico , converrebbe scegliere , o ri- durre coir arie , il gruppo cristallino sotto forma d' un disco rotondo, o meglio ancora impiegare un solo cristallo lavorato a foggia di cilindro , dove l' asse magnclo cristallino fosse diretto parallelamente alla base , e quindi perpendico- larmente al filo di sospensione Raccomandiamo questa esperienza a coloro che , piìi di noi fortunati, dispongono de mezzi indispensabili per effettuarla. Intanto noteremo cbe Faraday dice ottenersi alcuni movimenti di trasporto laterale della linea magneto-cristallina, quando si varia il volume, la figura o la di- sposizione delle armature di ferro puro messe in contatto coi poli magnetici : egli crede che questo fenomeno derivi da una tendenza di essa linea a trasferirsi nella nuova direzione di maggior forza magnetica , risultante dalle variazioni iatro» dotte nelle armature. Ma anche qui sarebbe mestieri intendersi più chiaramente. Concedo che il cambiamento della direzione di massima forza mageetica operi sul diamagnetismo delle molecole di bismuto e spinga il corpo fuori della sua posi- zione : ma nego che una vera traslazione del cristallo possa mai derivare dalla forza magneto-cristallina , che essendo , per ipotesi , semplicemente ed unicameote di- rettrice , vale soltanto a produrre la rotazione del mobile intorno al suo centro di sospensione. Un esame più accurato di questi fatti , ed alcune misure relative alla deviazione del filo di sospensione dalla verticale , recherebbero forse doq poco lume sulla soluzione del quesito. Del resto, ripeto che, se 1' indole puramente direttrice della forza magne- to-cristallioa non può dirsi ancora perfettamente dimostrata , tutti i dati si- nora conosciuti e' inducono a considerarla siccome probabilissima . E senza riepilogare inutilmente le varie ragioni, già in parte riferite, del Faraday, sog- giungerò, che utfo degli argomenti più favorevoli a questa sentenza , si è la 148 Dullità d'azione esercitala sugli effetti apparenti della forza magnelocristalli- na dalla qualità del mezzo ambiente. Abbiam veduto , nella nostra prima relazione sul magnetismo universale , che lo stesso corpo mobile tra i poli dell' elettro magnete poteva equilibrarsi assialmente od equatorialmente , secondo la natura o la densità del fluido cir- confuso. Cosi un tubo di vetro pieno di una soluzione di protosolfato di ferro immerso , nel campo magnetico , entro un vaso pieno della medesima soluzione , ma più o meno dilula , si ferma sulla linea de' poli quando il liqui- do in esso contenuto è più denso del liqudo circostante , e perpendicolar- mente a questa linea nel caso opposto. Cosi parimente lo stesso tubo di ve- tro vuoto o pieno d' aria , il quale si dirige equatorialmente nell' atmosfera, si dispone assialmente essendo mantenuto a forza nell interno di una massa d' acqua o d'alcool per virtù di un peso attaccalo all'asse di sospensione (1). Ora tali apparenze di cambiamento d'attrazione in ripulsione, prodotte evidentemente dalla differenza d' energia atlraùiva o repulsiva tra il mobile ed il fluido circostante, non dovrebbero manifestarsi ne" cristalli di bismuto , se la forza magnelocristallina è dotata della sola potenza direttrice. E di fatti , avendo sospeso un cristallo di bismuto sotto 1" azione delle forze magnetiche , ora nell'acqua stillata ed ora in una soluzione satura di prolosolfato di ferro , Faraday trovò che, sì nell' uno che nell a'.tio caso , la linea magneto-cristallina si dirigeva assialmente, e che per costringerla ad assumere la posizione equato- riale era d' uopo adoperare Io stesso sforzo ed imprimere la medesima torsione al filo di sospensione. Passeremo sotto silenzio alcuni tentativi fatti dal nostro sagacissimo autore 7 onde indagare se Dell'atto della loro formazione, i cristalli dì bismuto sono ca- paci di essere modificati dalla virtù magnetica ; se avvi mutua influenza delle for- ze direttrici di due cristalli di bismuto ; se finalmente tali cristalli assumono una posizione determinata per l' azione magnetica terrestre : imperocché questi varii tentativi rimasero del tutto infruttuosi, tranne l' ultimo, mediante il quale Fara- day crede aver ottenuto alcuni ìndizii della direzione dell' asse magnetocri- stallino secondo il meridiano magnetico in un cristallo di bismuto delicatamente sospeso e ben riparato dalla menoma agitazione dell' aria : ma, per acquistare il valore di un dato scientifico, questo esperimento dovrebbe essere variato e ripe- tuto con maggior sicurezza e costanza di risultato. Faraday ci assicura, che i principali fenomeni offerti dalla forza magneto-cri. (1) Tom. V di questo giornale pag. 223, U9 stallina non richiedono assolulamenle l'impiego de' suoi vigorosissimi eleltroma- gneli, ma che si oUeiigoiio altresì, quantunque molto meno apparenti , con sem- plici calamite artificiali composte di varie spranghe d' acciajo e capaci di solle- vare dei pesi di '20 o 30 libino. Anzi, qualora si abbia cura di operare con pic- coli peizettini di bismuto , basta una calamita la cui fona di attrazione sia dieci volte minore e non sostenga , per conseguenza , che uo peso di due o tre libbre. Egli iì poi quasi superfluo il soggiungere che un cristallo di bismuto , 90- .speso neir interno di un elica formata con un filo di rame percorso da una cor- icnle elettrica sudìcientemenle intensa, si dispone per modo da presentare paral- Iclamenlf all' asse della spirale , la linea o direzione magneto-cristallina. Tutto quanto si è detto del bismuto s'applica, generalmente parlando, al- l' antimonio. Questo metallo s' accosta piìi del bismuto alla figura cubica nelle sue cristallizzazioni, possiede un piano di facile cliraggio angolare ed una di- rezione magiieto-cristallina perpendicolare al detto piano. L'unica dillercnza un po' notabile dell' antimonio rispetto al bismuto consiste nella sua maggior condut- tibiiità pel fluido elettrico, che lo rende piii soggetto all' azione istantanea delle correnti indotte , cagiona un proceder Icr.to, ma sicuro, del mobile verso la sua posizione d' equilibrio, e dà luogo ad altri efletti dinamici che si spiegan tulli peifeltamenle colle note leggi de' fenomeni à' induzione elcUrica. L'arsenico s' ofiVe di rado in (orma di cristalli compiuti \ ma spezzando una massa di questo metallo, se ne staccano facilmente delle lamine terse e lucide, che sottoposte all' azione delle calamite, manifestano i movimenti di rotazione e d' equilibrio precedentemente descritti e mostrano pertanto di obbedire, come le ■amine di bismuto e d' antimonio, ad una forza magneto-crislallioa normale alta loro superficie. Qualche tempo prima che l' illustre filosofo inglese esponesse alla Società Reale di Londra questi fenomeni di d>>'ezione prodotti dalla virtì» magnetica nei metalli ciistallizzati, il professor Pliicker della Università di Bonn aveva osservalo de' fatti totalmente analoghi sulla lurmalina, sullo spato d' Islanda ed altri cri- stalli più o meno diafani, e s'era quindi giovalo delle proprie sue scoperte e di quelle del Faraday per dedurne una seducente teorica intorno ad una supposta relazione tra certe proprietà ottiche de' cristalli e la forza che li dirige sotto r azione del magnetismo. Secondo il prof. Pliuker , nelle sostanze cristallizzale doppiamente rifran- genti, cioè a dire, io tutti i cristalli conosciuti meno quelli che appartengono al sistema cubico, gli asst oilici vcgahii sarebbero respinti da ambi i poli m»- 20 150 gHelici , e verrebbero attraili dai naedesimi poli gli assi ottici positivi ( 1). Questa legge sembrava svelare un nesso importantissimo tra le forze della rifrazione straordinaria e le forze magnetiche ; non è quindi da maravigliare se dessa fu accolla con gran fervore dai compilatori di giornali e rcpertorii scien- tifici e dalia generalità dei cultori delie scienze naturali. Alcuni , piii iniziali nella dilKcil arte delle scoperte ben assodate dai fatti, avevano tuttavia notato r.elle ricercbe del dotto alemanno, parecchie circostanze che impedivaa loro di abbandonarsi ciecamente a tanta scientifica esultazione , e se ne stavano titu- banti, o si mostravano totalmente increduli , sulla verità del principio enunciato. \arie ingegnose sperienze dovute a due fisici prussiani son venule a con- vertire tali sospetti d' errore in «-ertezza ; io mi contenterò di esporvene alcune, che bastano, a parer mio , per schiantare da capo a fondo 1' edifizio ollico- niagnelico del professore di Bonn e rimuoverlo ad un tratto dal mondo scien- tifico ; come , nel più brillante de' nostri poemi , vediam dileguarsi in fumo il castello d' Atlante, allo spezzarsi delle olle ed immagini incantate. Tutti sanno che lo spato d' Islanda è un cristallo a doppia rifrazione e ad asse negativo. Secondo la legge di Pliicker, siffalta linea , o direzione ottica , dovrebbe dunque essere respinta ed assumere la posizione d' equilibrio equatoriale : e ciò per le varie porzioni staccate dal medesimo cristallo , o da cristalli diversi j poiché tutte queste porzioni offrono gli stessi precisi fenomeni di doppia refra- zione , e posseggono pertanto la slessa qualità e la stessa direzione dell' asse ottico. Persuasi da alcune sperienze sulle lurmaline, che i cristalli sospesi coli" asse ottico verticale non si mantengono sempre inerti nel campo magnelico , e dirigono or r uno or 1' altro lato lungo la linea assiale, 1 signori Tyndall e Kuoblauch si pro- cacciarono diversi pezzi di spato islandico, e vi fecero tagliare parallelamente al- l'asse ottico, ma in direzioni pììi o meno oblique alle facce laterali, parecchie lamine, che ridus$cro poi in forma di dischi. Tali dischi, sospesi orizzontalmente pel fi) É nolo che per a$se ottico non s' intenda una linea sola, ma una certa direzio- ne rettilinea , comune ad ogni punto del cristallo , secondo cui cessa il fenomeno della doppia rifrazione, e che le qualificazioni di positivo o negativo si riferiscono al raggio ri- sultante dalla rifrazione straordinaria; il quale raggio obbedisce, egli pure, alle leggi car- tesiane quando il piano d' incidenza ò perpendlcolartj all' asse ottico , ma forma colla nor- male un angolo maggioro o minore di quello dovuto alla rifrazione ordinaria, secondo 1' in- dole del mezzo sottoposto all' esperienza. La rifrazione straordinaria è detta negativa u ripvhiva rei primo caso, e positiva o atlraltiva noi secondo. T>ì questi", definizioni apparisce chiaramente, die l'espressione qui sopra usata di assi ottico nrgatito o positivo , è un abbreviazione della frase .asse ottico di un cristallo a dup- pta rifrazione negativa o positiva. 151 loro punto centrale nel canapo magnetico, presentando sempre la stessa quaDlilà di materia ne' diametri diretii verso i poli, 1' equatore e le posizioni intermedie erano compiutamente sottratti agli ellutti dinamici delle forze magnetiche e dia- magneticlie : d'altra parte, essi contenevano nel loro piano la linea o direzione che doveva essere, per ipotesi, costanleniunlc respinta. Tutte le condizioni fa- vorevoli alla riuscita dell' esperienia Irovavansi dunque soddisfatte. Ciò non ostan- te, sopra una serie di undici dischi cimentati dai sig. Tyndall e Knoblauch, cin- que obbedirono alla legge di Pliicker, ed il loro asse ottico si dispose equato- rialmente ; gli altri sci dischi si condussero in scuso opposto, e voltarono per- tanto l' asse ottico ptirallclameate alla linea dei poli. 1 dischi furono ridotti separalaincnlc in polvere , bagnati ed impastati con aequa stillata , poi conformali in allrellanti prismi, e disseccati. Sotto queslo sta- to di opacità e di coesione plastica , il carbonato calcare proveniente dallo spato d'Islanda non poteva piii andar soggetto alle forze direttrici della cristallizza- zione, e rimaneva esposto alla sola attrazione o ripulsione magnetica. Ora cimea- tando magneticamente tali prismi, si vide che quelli formati coi dischi i quali seguivano la legge di Pliicker si disponevano equatorialnieote e gli altri assial- mente : i primi erano dunque respinti, i secondi attratti. Per non lasciare alcun dubbio sopra una deduzione di tanta importanza gli autori accostarono gli undici, prismetti verticalmente sospesi ad uno de' poli più energici de' loro apparecchi magnetici, e videro prodursi 1' attrazione nei prismi assiali, e la ripulsione nei prisuù equatoriali. L'esperienza fu ripetuta con egual successo sopra diverse spranghette dia- fane e naturali di spato Islandico, tratte da quegli stessi cristalli che avevan for- nito i dischi, e tagliate per modo, che l'asse correva parallelamente alla loro lunghezza. Finalmente le due maniere di cristalli furono analizzate chimicamente e si tro>ò che la qualilii attratta conteneva una certa dose di protossido di ferro la quale mancava compiutamente nella qualità respinta. Chi conosce le leggi dell' isoiuorlismo, non dubiterà certo , che nello spato d'Islanda magneticamente aiiralto il protossido di ferro non si trovasse combi - nato coli acido carboiico e non vi surroj^asse una porzione di carbonato calcare ed avià per sommamenie piohabilc, che un fatto consimile deve verificarsi in al- tre spicie di cristalli diamagnetici suscettivi di questa sorta di sostituzioni iso- morfiche. Ad ogni modo, queste spcrienze dei sig. Tyndall e Knoblauch bastano di per se sole a provare maùifestamciile, che la direzione delle sostanze dotate della dop- pia rifrazione tra i poli dello calamite, di|)tnde dalla qualità magneiita o dia- 152 magnetica del mobile, combinala colla posizione dell' asse oUlco ; e che l' indole, visùiva 0 ìwgaliva della rifrazione straordinaria ò del tutto estranea al problema. Ciò premesso, e considerando che nelle sperienze del Faraday non è pre- sumibile una diQcrcnza di composizione chimica tra il metallo cristallizzato e il metallo amorfo, si possono, a mio credere, spiegare felicemente i fatti osservali sul bismuto r antimonio e 1' arsenico, senza ricorrere all' ipotesi poco probabile dello sviluppo di una forza attrattiva durante il fenomeno della cristallizzazione^ E veramente, per concepire la direzione assiale di uno o piìi cristalli di bismuto riuniti in modo che le linee magneto-crislallinc siano parallele alla mag- gior dimensione del cristallo o dell' aggregato cristallino , non è punto necessa- rio l'intervento dell' attrazione, ma basta ammettere una depressione della ripul- sione diamacnclica secondo T asse, od una esaltazione della medesima forza nella direzione normale. Ora tali effetti porrebbero essere pure conseguenze di una spe- cie di polarità delle molecole metalliche e del loro simmetrico assestamento in \irtù della cristallizzazione, e risultar quindi da una minor f;icilitii della forza re- pellente ad operare nella direzione dell' asse , che nella direzione normale al- l' asse. In un prisma amorfo di bismuto , le molecole avendo i poli disposti per oc;qì verso sparirebbero esternamente le proprietà differenziali, e la massa obbe- dendo alla somma delle forze diamagnetiche, assumerebbe la posizione equatoriale. Per farsi capace deW ccjuilibrio diametrale basterebbe supporre lo stesso vi- gore diamagnetico alle opposte estremità rft//' asse />o/«;y delle molecole, e quin- di la stessa facilità della forza diamagnetica a propagarsi nei due versi della direzione perpendicolare all' asse magneto-cristallino , secondo la quale tutti gli assi polari atomistici sarebbero ugualmente disposti. Quanto all' indole puramente direttrice della forza risultante dalla cristalliz- zazione, essa diverrebbe una conseguenza immediata della nostra ipotesi : impe- rocchi; la disposizione , simmetrica o confusa , delle molecole metalliche non inlbiircbbe sulla somma delle loro ripulsioni diamagnetiche, ed il filo che so- stiene un pezzo cristallizzato o amorfo di bismuto, formerebbe lo stesso angolo colla verticale , quando si accosterebbe il metallo ad uno de' poli magnetici. E"U è manifesto che la medesima teorica, non richiedendo necessariamente la forza ripulsiva o diamagnetica nella materia ond' è formato il cristallo, var- rebbe altresì pel corpi magnetici , e generalmente per qualunque sostanza cri- stallizzala opaca o diafana , tranne che ne' casi ove sussistono contemporanea- mente le due azioni magnetiche, come nello spato islaadico contenente l' ossido di ferro de' sig. Tyndall e Knoblauch , si produrrebbe una specie di neulraliz- 153 zazioDO parziale , e converrebbe applicare l' ipotesi della polarità molecolare al- l'eccesso di forza restanle. Alcune sperienze de' fisici or nominati sembrano appoggiare maravigliosa- mente queste nozioni sulla causa delia più facile e vigorosa azione di una sola potenza atlralliva o ripulsiva nelle diverse direzioni de' corpi cristallizzati. Infatti i sig. Tyndall e Knoblaucli osservarono, che i dischi d'avorio sospesi nel campo magnetico si voltano per modo, che le loro vene assumono una di- rezione prossimamente parallela alla linea assiale. Essi videro del pari un disco di gu Uà perca , il quale aveva acquistata una struttura filamentosa durante la sua formazione, dirigere i proprii filamenti lungo l' asse polare. Un prisma della stessa sostanza, dove le fibre erano normali alla lunghezza, si recò francamente nella direzione equatoriale. Ora queste osservazioni mostrano ad evidenza, quale e quanta sia l' importanza della distribuzione simmetrica e regolare di certe par- li piìi o men dense ed eflicaci del mobile ne' fenomeni da noi esaminati. Tornando poi sulla maggiore o minor facilita od energia d' azione delle for- ze magnetiche nelle varie direzioni de' corpi cristallizzali, dirò che dalle sperien- ze de' sig. Tyndall e Kiioblauch sullo spalo d' Islanda, mi sembra risultare una pro- posizione importante, la quale non fu sinora dedotta, per quanto mi sappia, da questi due valenti sperimentatori. Ecco come si dovrebbe esprimerla per attenersi alle pure conseguenze dei falli e non impegnarsi in vane discettazioni suU' essen- za delln materia. » L' assestaineoto molecolare , donde deriva quella particolar direzione del u corpo cristallizzato secondo cui cessa il fenomeno della doppia rifrazione, noa » è già, come si direbbe di prima giunta, talora favorevole, e talora contrario » alle azioni magnetiche, ma sempre propizio a quella data specie di forza cui « è dovuta r all'ezìone propria del mezzo solioposlo all' esperienza ; cioè, favo- » revole all'azione magnetica ne' cristalli attraiti, e favorevole all'azione diama- M gaelica ne' cristalli respinti ». Alcuni istanti di riflessione sulle rispcttire posizioni dell'asse ottico nel- l'equilibrio de' dischi di spato d'Islanda superiormente descritti, basleranno per convincersi della verità di questa proposizione , la quale mi sembra degna della meditazione dei fisici e meritevole di essere studiala e verificata , colla massima •ura , in tutti i mezzi bi-refrangenli. Tra gli altri dati utili a stabilirsi, gioverebbe ripetere, a cagion d'esempio, le sperienze dei dischi orizzontalmente sospesi sui cristalli a doppia rifrazione positiva, e vedere se, anche per essi, la posizione d'equilibrio dell'asse ottico trovasi parallela o normale alla liuea de' poli; giusta l' indole magnetica o diama- gnctica del mobile. 154 Converrebbe anche sperimentare sui cristalli a due assi ottici e determinare esattamente le posizioni che queste linee assumono, rispetto ai poli, nei due casi di attrazione o ripulsione magoctica. Secondo le leggi dell' analogia , parrebbe che la direzione assiale o equatoriale dovesse riferirsi alla linea che divide per metà r angolo formato dai due assi ottici. Sembra poi probabilissimo , se non del tutto indubitato, che questi movi- menti di direzione, proprii delle sostanze birefrangenli, risultino dalla più intima essenza delle forze donde proviene il fenomeno della crislallizzazlone , che gli ossidi, i sali, ed altri prodotti de' metalli magnetici, siano solamente efiìcaci quan- do formano parte costiluente della struttura cristallina , e che , nel caso di una semplice dilTusione meccanica , essi trasfondano nel cristallo la loro attrazione ruagnelica, senza esercitare nessuna influenza sulla direzione degli assi ottici. £ quindi possibile , che tra i cristalli dotati della doppia rifrazione se ne trovino parecchi , i quali si mostrino magnetici e non dispongano perciò l' asse ottico nella direzione polare. Ma siffatte anomalie, dalla legge o principio fon- damentale cui sembrano condurre le sperienze de' sig. Tyndall e Knoblauch, sa- rebbero apparenti, non vere, qualora, mediante 1' analisi chimica ed una devia- zione dai principi! dell' isomorfismo o delle proporzioni definite , si dimostrasse r esistenza accidentale d' una sostanza magnetica elero/jcnca alla cvislalliszazione del mobile. Dal complesso delle cose precedenti risulta manifestamente, che le posizio- ni d" equilibrio magnetico delle sostanze diafane cristallizzate sono diametrali , come quelle osservate da Faraday, e non riferibili ad una data estremità ; e che, pertanto, 1' equilibrio non è punto turbato al capovolgersi del cristallo. A chi sollevasse la quislionc del perchè la massima azione si manifesti nella direzione priva della proprietà di rifrangere doppiamente la luce, si potrebbe dite in primo luogo che , per rispondervi adeguatamente converrebbe avere in- torno alla cristallizz'izione ed al magnetismo , delle nozioni molto più estese e precise di quelle che si posseggono attualmente. Certo non v' ha nulla di strano o di contradditorio nel fatto, che quello stesso verso del cristallo distinto da tutti gli altri per la sua azione .speciale sulla luce, sia anche fornito delia proprietà di trasmettere più o meno facil- mente di qualunque altro , l' azione delle due forze magnetiche. Il fenomeno diventa poi anche meno sorprendente, considerando essere oggidì provato dalle sperienze di Senarmont e di Wiedemann, che il calore di contatto e l'elettrico di tensione si propagano meglio parallelamente o normalmente agli assi ottici che io ogni altra direzione. Ma volendo entrare più addentro nell' esame del quesito , si potrebbe 155 forse supporre che la trasmissione della forza allraenle o repellente ne' cri- stalli succedesse mediante reazioni atomistiche analoghe a quella scomposizio- ne cf un fluido neutro inseparabile da ogni molecola ponderabile, cui dovettero ricorrere i matematici pnr dar raj^ione de' fenomeni che manifesta il ferro in prossimità delle calamite, la quale reazione atomistica, magnetica o diamagne- tjca, si effettuerebbe più facilmente lungo gli assi ottici , che nelle altre di- rezioni del cristallo , a cagione del parallelismo delle molecole , e della varia loro resistenza alla scomposizione del proprio fluido magnetico o diamagoetico , secondo la posizione dell' asse polare. Per quanto giunse finora a mia cognizione, ne i sig. Tyndall e Knoblauch , né il prof. Pliickcr, nò Faraday, né qualunque altro filosofo che siasi occu- pato di sperieuze relative al magnetismo de' corpi cristallizzati , ban trovalo alcuna tendenza di una linea o direzione particolare dei cristalli appartenenti al sistema cubico, a disporsi assialmente o equatorialmente tra i poli de' piii vigorosi elettromagneti. Questa uniformità d'azione, la quale si manifesta pure, secondo Wiede- mann e Senarmont , rispetto alla conduttibilità del calore e della elettricità .statica nella medesima classe de' cr-stalli equiassici , essendo ravvicinata alla costituzione molecolare de' corpi privi di cristallizzazione ed all'effetto rotato- rio che tali corpi producono sulla luce polarizzata in presenza delle calami- te, conferma sempre più, a parer mio, l'opinione che ebbi l' onore di espor- re e sostenere ali Accademia , sin dal primo annunzio dell' immortale scoperta del Faraday , cioè a dire , che la rotazione magnetica del raggio polarizzato è una pura conseguenza di una certa modificazione passeggiera effettuata sotto 1' azione del magnetismo nella costituzione, o equilibrio molecolare, del mezzo sot- toposto all'esperienza (1). (1) Non sarà forse inutile il riepilogare brevemente , in questa nota , gli argomenti per me addotti , onde giustificare 1' opinione suddetta e rigettare l' ipotesi contraria , di un' azione qualunque , diretta o mediala , det magnetismo iuUa luce. Noi abbiamo continiiami'nte sott' occhio le variazioni che succedano nell'attitudine de' oorpi a trasmettere o ad intercettare i raggi lucidi : veiliamo melte sostanze opache farsi diafane cristallizzando -, altre, limpide e trasparenti , intorbidire per 1' azion del calore ; e viceversa. Da questi fenomeni risulla per noi la certezza , che una semplice modificazione nel- l' interna struttura del corpo basta per cambiare le sue attenenze colla luce : e siccome tra le forze capaci di produrre cosi fitte moililìcazioni vi stan pure degli agenti imponde- rabili, noi abbiamo qualunque più legittimo motivo per inferirne che il magnetismo operi nella stessa guisa; e che, per conseguenza, il ouovo fenomeno ottico scoperto da Faraday 156 Infatti tulio c'induce a credere che l'equilibrio atomistico sia più com- plicato e forzoso ne' cristalli doppiamente rifrangenti , che ne' cristalli dotati di derivi da una semplice alterazione passoggiera nell' equilibrio atomistico del m^zzo traver- sato dal raggio lucido sotto l'azione magnetica. Ma quali sono i fatti su cui poggia l'opi- nione della pretesa relazione tra la forza magnetica e la luce ? Noi non sappiamo veder- ne alcuno. Primieramente, siccome il raggio lucido polarizzato non patisce nel vacuo nessuna mo- dificazione sotto r influenza dello calamite, i partigiani della relaziona tra luce e magne- tismo devono necessariamente rinunciare all' influenza diretta di questi due agenti. Resta dunque 1' influenza mediata, cioè il principio elio l' irradiazione magnetica ope- ri sul raggio lucido polarizzato , mediante il corpo, solido o liquido , interposto tra i poh della calamita. Ora, perchè un mezzo, il quale trasmette un raggio lucido senza inlluire sulle sua fisiche proprietà, diventa suscettivo di modificarlo in virtù di una forza esterna , non ne risulta certo una cera relazione mediala tra questa forza e la luce. E par farsene capaci basterà riflettere che il calore e la pressione, convenientemente applicati , modificano essi pure temporalmente la costituzione atomistica del vetro comune, dotato della rifrazione sera- • plice ed incapace di alterare la luce trasmessa. Queste due forze rendono , com' è noto, il vetro doppiamente rifrangente e quindi atto a modificare per trasmissione le proprietà di un raggio lucido ordinario o polarizzato. Diremo noi pere ò , che il calore e la pres- sione stanno in relazione coli' agente che produce i fenomeni luminosi? E qualora si cre- desse anche travedere qualche lontana attenenza tra il calore comunicato al vetro nella prima esperienza e il raggio lucido, potrebbe mai dirsi che la pressione meccanica , cui si sottopone il vetro nel secondo esperimento , operi sulla luce '? iNo certamente , che r espressione sarebbe falsa, o almeno suscettiva d' indurre in errore. Ma per parlare colla dovuta chiarezza , cominceremo dall' escludere ogni idea d' azio- ne tra la forza applicata al mezzo, ed il raggio lucido transitante : e diremo che , sicco- me le proprietà ottiche di un corpo dipendono dalle sua condizioni molecolari , dallo stalo - solido 0 fluido, dalla cristallizzazione, dal suo ralTrcddarii più o meo lento , e da altra simili circostanze, cosi qualunque agente , che tenda a modificare queste condizioni moleco- lari , può cambiare 1' aziono del corpo sulla luce ; e che , pertanto , il vetro premuto o riscaldato , non essendo jiiù nelle condizioni di prima , si comporta diversamente rispetta al raggio lucido , sia ordinario , sia polarizzato. Fenomeni del tutto analoghi succedono , a mio giudizio , nella sperienza di Faraday . La forza magnetica induco una modificazione nelle molecole del corpo diafano , e queste modificate operano diversamente sulla luco trasmessa. Ecco lutto. Spinger oltre le conse- guenze del fatto , gli è entrare spontaneamente in un campo del tutto ipotetico. Terminerò con una proposiziono ed una richiesta sperimentale che mi sembran porre in perfetta evidenza la leggerezza della pretesa relazione tra luce e magnetismo dedotta dalla memorabile scoperta del Faraday. La reaziooe accompagna sempre l'azione : dunque se è vero che f irraggiamento ma 157 una sola rifrazione; e v'ba parifflenlì laogo ad ammellere che ia quesl' ulti - ma classe di corpi, gli atomi sono tenuii più forlemenle nelle loro rispettive posiziooi, cbc oc' liquidi, De' vetri ed io qualuiique altra sostanza diafana amor- fa. Ma r azione rotatoria soITcrta dal raggio di luce polarizzala in qucsic tre specie di mezzi segue precisamente l' ordine inverso, ed è massima ne" mezzi amorfi, poco sensibile ne' corpi cristallizzati secondo il sistema cubico, e tal- mente debole ne' cristalli bi-refrangenli , che siffatti corpi si credettero dap- prima totalmente ineflicaci alla produzione del fenomeno. Quindi la conclusio- ne , che la rotazione del raggio lucido dipende dalla liberili più o men grande di cui godono le particelle «Irmcnlari di eirca un terzo di railliraelro di diametro e fa 400 i;iri sul telajo : il seconda, e il galvanoras- l'o del lermomoltiplicalore del Melloni fjtto da UuhmkorlT, ed il terzo finalmente lia il lilu 163 Si ponga il iodo in crrgiuolo di platino messo in comunicazione con uno de' capi del galvanomelro e si riscaldi fino alla compiuta fusione , indi sco- perto il crogiuolo s' immerga nel liquido una lamina di ferro , di argento ce. che per un fdo del medcsinìo metallo siia congiunta all'altro capo del galva- nomctro ; 1' effetto sarà anche più intenso perchè si può operare in tal modo con superficie nnialìiclic più grandi. Queste sperienze per quanto semplici al- trettanto importanti le ho molte volle ripetute e variale in guisa da creder - ni in grado di poter tenere corno dimostrato che nella combinazione del iodo Col ferro con l'argento ec. il iodo svolge elettricità positiva ed il metallo e- leltricilà negativa. Il professore Cav. Matleucci ponendo in due compartimenti separati acqua l'ura , e poi due lamine una di platino e 1' altra di zinco o altro metallo, quan- do queste lamine comunicavano col galvanometro egli vedeva crescere la cor- rente ponendo iodo o bromo dalla parte del platino , ed invece diminuire o ri- manere la stessa se il iodo o il bromo si ponevano dalla parte dell' altro me- tallo. Quantunque io non abbia osservalo mai diminuzione , pure ho veduto sempre vciifiiarsi il caso dell' aumento osservato dal professore pisano ; ma questo fallo non infirma il principio che io voglio dimostrare, perchè , come os- serva lo stesso Matleucci , nel caso di cui si parla sul metallo negativo della coppia sul quale operava l' ossigeno dell' acqu->, va ad operarvi il iodo o il bromo sospendendo 1' ossidazione o la tendenza ad ossidarsi per dar luogo ad un ioduro o bromuro , quando il iodo od il bromo pongasi dalla parte del metallo negiitivo della coppia ; ma ponendo tali corpi invece dalla parte del platino essi senza impedire l'ossidazione o la tendenza alla medesima , operano o tendono ad operare sull' idrogeno , dando cosi nuova elettricità per una seconda reazio- ne. Sebbene quesia spiegazione nepiiure sia del tutto soddisfacente , perchè io ho osservato che quando le due lamine si pongino entrambe nella soluzione di iodo SI ha una corrente più forte do' casi antecedenti , ed anche quando in vece di acqua si faccia uso di alcool anidro , facendo in modo che la linlura di iodo operi sopra l'uno o l'altro de' metalli della coppia o sopra di en- trambi. Etco perchè io credo doversi evitare i fatti in cui ci debbono essere alquanto più corto e più grosso del secondo. Quasi in tutte le sperienze ho fallo uso succes- nivamcntc di ciascuno di questi. Quando poi si è trattato di tensioni elettriche Ilo adoperato l'elettroscopio comlciisatore del vollj, o pure l'elettroscopio di Bolinoiiberger unito al condco- «atore. In questu.;imo strumento lo duo pilo a secco sono unite co' loro pili inferiori mercè una piccola elica di filo di rame in modo da potersi accostare ed allontanare tra loro. 164 necessaria manie azioni molteplici , perchè essi preslanilosi a varie [ioterpreta- zìoni nou possono offrire la dituoslrazione o la confutazione di uaa legge primitiva. Se entro una coppa di platino si ponga del mercurio e sopra di que- sto dei iodo io poKeie , se mentre la coppa è in comunicazione con un capo del gulvanooietro voi portate 1' altro capo , cbe termini in lamina u filo anche di platino , a contatto con la prima supeificie del mercurio ossia col iodo cbe al mercurio si sta combinando , un galvaiiometro mollo sensibile nou tnancherà di annunziarvi la corrente la quale diverrà più intensa se aggiun- gerete appena una goccia di alcool . Questo fallo per se solo potrebbe dar luogo ad obbiezioni per l' umido che il ioduro di mercurio assorbe dall' at- mosfera o pel nuovo elettrolito che vi si unisce quando si ricorre all' alcool , ma messo dopo 1' esperienze aolccedeali può bea ricevere tuli' altra iaterpe- trazione. I felici risultameuli ottenuti col iodo mi spinsero a tentare il bromo ad onta della sua scarsissima conducibilità per l' eleltrico. Per la qaal cosa pre- varate due lamine come pel caso del iodo messe a piccolissima distanza ed immerse nel lirom-o ccnienuto in una boccetlina di cristallo ad oriQzio al- quanto largo , il galvanomelro annunziò tosto la corrente diretta pel filo dello strumento dal platino al ferro , dal platino al rame ec. La prima volta che feci questo esperimento mi avvenne un fatto che voglio qui notare : avevo 3''giuslatc due lamine una di platino e l'altra di ferro co' loro fili corrispoQ- denti all' estremo di un turacciolo di cera che entrava perfettamente neh' ori- ficio della boccetlina di cristallo nella quale poi aveva fallo mettere il bromo chiudendela con turacciolo di cristallo bene smerigliato : tolto questo turac- ciolo e messovi destramente quello di cera con la piccola coppia , il galva- DOfflctro appena deviò di due o tre gradi , la cera arrivava a toccare il li- quido e le lamine pescavano interamente nel medesimo ; ma come prima io alzai alquanto il turacciolo anzidetto tirando un poco su le lamine, tosto un fortissimo deviamento si osservò negli aghi del galvanomelro ; non poletti ri- petere più I' esperienza col medesimo successo perchè una porzione del bromo essendo andaU io vapore il livello non era più quello di prima , e poi non «limai prudente respirare di que' vapori da' quali riportai già qualche incomo- do. Fu da alcuni fisici osservato che la pila non funziona bene senzi del- l' aria e dal Wollaston fu nolatu che la macchina elettrica è senza efficacia ueir acido carbonico : fosse questo un fallo del medesimo genere ? Eslratia la iiiccola coppia dal bromo ed immersa nell' acqua distillata si ha una corrente forlisciaia nella medesima direzione di prima. li fo.foroed il mercnrio olirono analira diffloslrazione chiarissima del prin C.p.o >D qu.stione, il mercurio manifestando elellriciti n.-ativa ed il fosforo elei tricta ros.t.va quando sono messi a coniaUo. Si può far uso lanlo del galvanomelro quando dell eletlroscopio condensatore. Pongasi del mercurio in u,.a coppa di platino .n comnn.caz.one con luco decap. del galvanomelro ed alles.re.no dellaUro cap» che sia pure d. plal.no, o in filo asu^^o o a pinzetta sia fissato un pezzetto di fosforo lene ascutto e coperto di cera dalla parte poster.ore : si.nmerga qSe.o nel IZZ « « ved.a lo strumento indicare la corrente che pei filo si muove dal fosforo al mercu- m Se pò. s. voglia fare uso dell' elet.roscop.o condensatore si ponga la coppa di platino .n com.„un.cazione col piattello inferiore dello strumento e Li preso il fil. d. platioo tra le dita si tuffi con T estremo dove sta il f.sforo nel rdri -endo per 15 o .0 secondi il piattello superiore dello strumento i„ com uic.- ..one col snolo , .„d. tolto il fosforo dal mercurio e tolta la suddetta comu- r.c.z.one del piallello superiore col suolo, si vedraono le foglie doro diver- gere ali alzare .1 piattello superiore, e la tensione si trova esser ne^at - teoeodo pò. la coppa di platino con la mano ed il fosforo col fiU di oU tino .n comunicazione col piattello inferiore dello strua.ento , si vedrà la leo" sione positiva del fosforo (I). '*"" f .i?r'° U "'• '' ''''"'' '^'"°"" ' ''^'''''"' '''»™«"'i -ol'o delica. LZÒ T' ,; """ ""^ "'^"'' ''' '^'""» ^"^••« '- •» -'fo ed il mercurio operando nella stessa maniera. Per fidare i fiori di zolfo all' estre- ,o e no "i '^ ' "" ^"""^ '' P'^'"" ''''-'' --'^-^ T-»to me l- ftld. eh f r r "°'"«"'« -"" -'f". - ne aderirà cosi una piccola falda che farà bene 1 uffi^.o cu. è ordinala. Ma in proposito dello zo^f"! credo d. aver veduto anche di più, la corrente cioè c'è si ottL dalU c^mbicxicue d. esso con altri metalli e specialmente con l'argento. È risap o che .e s. pren ano due ladine di d«e m,talli diversi messe in coZ cazione co cap. de galvanometro e bagnando la snperfioie d. una si porrcon e.., a contatto l'altra lamina, se il liquido esercita anione ch.mica .so^ „ de due «eull. o anche sopra di entramb. o»a non con eguale efficacia'si . UDO icacia, si ve- (», Ho proccurato dì togliere al fusforo il contatto dell'aria q.Modo dove» on«r,r„ . i ««rcuno per ass,cnrarn,i che tra questi due cor„i ci ha realmente te .d.nVa a c/n ; Ls^ Wuoqu. se ma. l'elettrica volesse farsi derivare dallazion. dell' o„i,eno de, a i' v r' Irico dalle comb.naz.oo. binarie de' corpi ,e,nplici. Ma del resto il fo foro por l'azione de TT K . "' "'"'■'=''' "'''''''' ' '='•" *»" "-''<' » --J-^ P- -pe e„ ;r„ feti" «eli atto che col mercur.o dà elettricità positiva, facendo esso da corpo itZegaU o 166 drh la corrente circolare pel filo galvanometrico Hai mclallo non allaccato o meno atlaccalo all'altro che è attaccato o più attaccato clil primo. Ora se men- tre voi. fate questa espcrienia con rame e zinco , per esempio , ed il liquido ihe b3cria le superlìcie che si toccano sia acqua salata o ucidolata , la corren- te andri dal rame alio zinco , ma se riscaldercie così que^te lamine sopra una lucerna ad alcool , la corrente si vedrà diminuire fino al punto di comparire per opposta direzione , questa seconda corrente è termo-elettrica siccome la pri- ma era elettrochimica. Se poi l'azione del liquido sopra i metalli fosse pic- colissima voi vedrete quasi unicamente la corrente termoelettrica , siccome si può sperimentare con gli olii di semi che sono mediocremente conduttori det- r elettricità. Ciò posto se voi immergete nello zolfo fuso due lamine una di platino per esempio e l' altra di argento nel modo come facemmo pel lodo e pel bromo , la pochissima conducibilità del medesimo difficilmente vi per- metterà il passaggio della corrente elettrica , e poi se queste lamine metalli- che si pongano nello zolfo liquido , prese alla temperatura dell' ambiente , il medesimo vi forma tosto una crosta solida intorno in modo che distaccan- dola trovale la superfìcie dell'argento quasi inalterata, che se le lamine ab- biano una temperalara piii elevala esse danno allo zolfo quella forma visca- sa come pasta attraverso la quale la corrente passa anche più difficilmente. Conveniva dunque ricorrere ad un velo liquido di zolfo che semplicemente bagnasse le superfìcie di toccamente delle due lamine , ma in questo caso do- vendo tenere le due lamine riscaldate ed a contatto , la corrente elettrochimi- ca apparirà solo se vinca in intensità la termo-elettrica che ne nasce andan- do esse per versi contrari , e questo appunto si può chiaramente osservare con le lamine di platino ed argento. Ponete dunque sopra una lamina di platino de' fìori di zolfo in piccola quantità e tenendola orizzoolalinente fatela riscal- dare con una lampada sicché lo zolfo si fonda ; poi ponete al di sopra la lamina di argento e vedrete la corrente diretta dal platino all'argento se que- ste lamine siano congiunte a' capi del galvanometro ; nell" allo che la correo- te termo elettrica deve andare per opposta direzione attraverso del filo dello strumento. Adoperando altri metalli col platino quante volte è la corrente termoelettrica più forte della elettrochimica vi accjdra di ^'edere, solo la prima. Prendendo una lamina di rame coperta di argento come son quelle per uso del daguerrolipo e sperimentando come sopra è detto , voi vedrete r ago per un momento deviare nel senso della corrente elettrochimica e dopo in quello della termo-elettrica il che sicuramente indica i due. momenti della formazione del solfuro di argento e del solfuro di rame. Questi fatti distrug- gono o^QÌ dubbio di corrente termo-elettrica pel caso lei iudu di sopra esposto. 167 All' elettroscopio condensatore bo osservato la tensione negativa del so- dio che si ossida nell' aria oca cbe la positiva che si svolge intorno ad esso dall'ossigeno, ma siccome mi si potrebbe opporre che il sodio probabilmen- te si ossida anche a spese dell' ossigeno ^ !; aj = 2 ao B C > >5 *■ > 3 3» .3 .3 o c e > e > a b ù u a kl B b o a> 0) o o « «D IO M « .• . . > > fe > •- = = 5 oj 2 ■- ^ U (o e OJ o e ■ >• =• > >• L 1. ?; V 3 iJ 0) £ « " = S " E N V B ti E a. 3 •« . ^ e cu e i • e V 3 i 0) e a 3 u s S S 2 £ S « (A èI S S S é S scìa i .o « e ® . o >• .a ^ . = > . 3 • O. . = O. o i ■- S '^ Ss""; = 3 u k V E: 1^ ^ £ 2 co O H > 1 " 1 U) oocw o t-- O = O CO -H C5 '-^ oo"d"o -^ CTS O .^ fM t^ O o o" o" o o o o* fM O O O O O O j» te o o o = o s" o' o o o o o" snooo»^ « o — _^ o o o, ^_ o_ o_ o'oo'o o o o o o oo o o o_ o o_ o o o dóoodo m" -» "fi c •»- .5 1 -j re a S 1 1 li 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 I > 1 i 1 1 1 Milli o 1 « . e J - 2 ( ; l i > re gino ifi art oT co' ira « o lO :n 500 o 3 1^ C^".>l"c5'r- a/3 CO Oan o an o_in o .jt'o'ca*-^ eo"(M -.»* an (3 anoin o o o" -m" — — an o" cn (N m (N CI o c^ co o CI an ro o ?' m ca co -* in t^ «M ■»• «N -.H ^^ -«H t~00l- e: in t' an in cn (N — (ji r-' « _ oo_ o co -I» -H"* ìO an in :o o OO »"_ J» (-J ^ an co co" r-" t-" f^ »^' t~ r- 00 00 00 oa oa ca co' CI o fN o '— . -n an an «_ Ca_ 00_ 0_ » ca >* .j* -■*-■* an an an eo co_ oc oa '"lan in ed co eó co »-■ 1-" i-^ io_o j'int- !-_ t.. 00 00 00 00 00 in t ^ 1 e: j sa r oc a« O <3 Em'— eoo* t^ t^ t~ 1-- r.. 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B Cf. o e: p a ' o n r ? 5 1 Con q. n. con q. n. nuvoloso nuv.|). neb. nuv. e. neb. nuv. e. neb. eoo q. n. alq. nuv. nuvoloso con q. n. nuvoloso 5 il 3-pI o ?■ ? = il 3 3 O 3 O 3 C e < e e te 5 2..0. e ■ t>^ O c •> s- et o o a a CTS ^OB* «i-»»»' fi(%ftAAfifiQCA£aa e _«i- ce <.- = ►o *.-"*- 'co Pìoggiu in Mill. O CO s fr3 00 Dcclinaz. NO loclìnai. £ s i ^ 3 S CI & e «a