xm. DEI LAVORI DELLA I. R. ACADEMIA DI SCIEiXZE, LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. / Gtiiite:>tee utituo e Aecoudo Sef 1837-58. PADOVA •I ANG] 1858 co' TIPI DI ANGELO SICCA X iib-^. À.± DEI LAVORI DELLA I. R. ACADEMIA DI SCIEiVZE, LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Giuseppe Orsoi-ato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. - PERSONALE ACADEMICO A TUTTO IL SECONDO SEMESTRE DEL 1857-58. CONSIGLIO AC4DEM1C0 BIIJGIVA DoU. GIAMBATTISTA. DE YISIAKI Prof. Roberto. JDir^ttori ìfì 0f?ìonf. Rnsazzìui Prof. Francesco (Fìsica). Coletti Dott. Ferdinando (Medicina). Bellavitis Prof. Giusto (Matematica). Bouato 41». Prof. Modesto (Belle Arti e Scienze morali). èc^retari perpetui. Mcuìn Cav. Ab. Prof. Lodovico. Caiani Conte Ferdinando. 3lr£l)bista e j(8ibltotecarìa. Orsolato Dott. Giuseppe, Redattore della Rivista Academica. 2lmmimstratore Cassine norntio. Argenti Dott. Francesco. VI ilHcmbri ordinari (permanenti nel numero ìfì 28). t/cnoMC òi fisica, ]>c Visiani suddetto. ' Do Zigno suddetto. niellili suddetto. Trevisau Cav. Vitfopc. Ragazzini Prof* Frauccsoo. Jenotie òi liheòicuia. Argenti suddetto. Benvenisti Dott. Ifloisc. Coletti Dott. Ferdinando. Vestler Dott. Francesco Saverio^ !IIug;iia suddetto. Orsolato suddetto. sfenotic Si llhatemalica, Bellavitis Prof. Oiii«ito. niinicli Prof. Raffaele. Santini suddetto. Trotteiioro Dott. Virgilio. Tnrazza Prof. Domenico. Jenoue òl 5'i^cbof\a e .(^tterc. Agostini Ab. Prof, iitefano. Sonato Ali. Prof. nXodesto. Cavalli suddetto. Cittadella suddetto. De Leva Prof. Giuseppe. jMardi suddetto. VII '^g^xt^iatì vesiifentì in patrono. a) Come Sccl Oworatj. CittAdella-Vig^odarzere IS. E. Conte Andrea* già Membro Ordinario. • Fini Bar. Girolamo, I. R. Delegato di Padova. Manfredini Mons. federico, Vescovo di Padova. b) (Pome tfoci Cmetiù. Catullo Prof. Tomaso. e) (pome Soci Sttaotò'matì, Bertiatl Prof. Antonio. Canal Ali. Prof. Pietro. Cerato Bott. Carlo. Vabris Mons. Gio. Maria. Guzzoni Ab. Prof, Fidenzlo. Keller Dott. Antonio, liozzato Prof. Samuele. Hattioli Dott. Giambattista, •lolln Prof. Raffaele. . Rlvato Ab. Prof. Antonio. Serafini Dott. Giuseppe, Trivellato Ab. Prof. Giuseppe. Zambclli Prof. Barnaba. Zambra Prof. Bernardino. ày Conte Jcci CorriftuouScutt. Basso Bott. liulgi» Berti Dott. Giacomo. Brugnolo Prof. Giuseppe. — vni — BriisoiiI Doti. Oìacoiuo, Calcg;arl Dott. Pietro. Dalla Torre Prof. lidio. Dallusohcck Prof. Giuseppe Antonio. Do niarelii Dott. Alessandro, labeni Prof. Vincenzo, faccio Domenico* f anzaso Dott. liuigi. Fava Prof. Giambattista. Foscarini Dott. Jacopo. Gloria Prof. Andrea. IVaccari Cav. Eortnnato-Iinisì* Podrccca Dott. Giaseppc Leonida. Salomoni Prof. Filippo. Scopoli Nob. Dott. Ferdinando. Tolomei Prof. Gian-Paolo. Vanzetti Prof. Tito. Zaoco IVob, Teodoro. 3lluntti «jcnouc TTweòica. Tosini Dott. Achille. Ansclmi Leonardo. Bidello. Smiderle Pietro. Inserviente. Facchinetti Luigi* i>«3@e»<> — Iprima jltrunanja Del prima Semestre, Tornata I. del giorno 6 Dicembre i 8 5 7 . Il nuovo Presidente si^. Giambattista Dott. Mugna neir assumere il suo ufficio proluse con parole di circostanza ai lavori degli Academici ; indi venne letta la seguente Memoria : T^otizie intorno alla vita e agli scritti di Pietro Arduino, del Socio Ordinario Prof. Roberto De Visiani, Vice-presidente. PARTE I. kj ella è pure lodevole costumanza della moderna civiltà il dissotterrare i monumenti delle arti anti- che dalle rovine che i secoli vi accatastarono , per ridonarle all'ammirazione ed all' insegnamento dei posteri ; il dissepelire dalle biblioteche polverose le Opere laboriose dell'ingegno degli avi, quasi a stimolo od a rimprovero della neghittosità dei ne- poli ; se ognuno studiasi di ravvivar le memorie di quelli fra' trapassati, che, fatta ragione al tempo in cui vissero, aiutarono in qualsivoglia modo al progredimento di ciò che giova o che onora l'uma- i 2 — nilà ; non vorrà essere slimato disacconcio od in- utile ch'io tragga da un oblio immeritato il nome di un valent' uomo , che fu nel passato secolo non picciol lustro della Città , dello Studio e dell'Aca- demia di Padova. Di Pietro Arduino, di cui mi propongo compen- diar le notizie e meglio chiarire i meriti , fece già nel J817 degna menzione quest'Academia nel Vo- lume I. dei Nuovi Saggi fra i Cenni biografici de' suoi Socj defunti (1). Ma se la slessa, seguendo l'uso suo commendevolissimo di ossequiar la memoria di quelli , la cui voce abbia cessato per morte di farne orrevoli le Adunanze, pagò con que' brevi detti il suo debito all'Arduino , le scienze in cui egli tutto visse , e che per esso avanzarono , non ricambiarono ancora delle dovute lodi le utili sue fatiche. Mosso da ciò, io mi farò ora a parlarne un po' più alla distesa ; con che mi parrà di aver com- piuto uffizio non che giusto , pressoché doveroso, e qual Socio dell'Arduino stesso nell'Academia, e quale Collega suo in una delle scienze eh' ei colti- vò, e qual Prefetto di quel Giardino, in cui egli, comechè semplice coltivatore, gettò pure i primi fondamenti della sua fama. Verso la metà del passato secolo erasi tramuta- lo da Nimes sua patria nell'amena e culla Verona, cedendo ai conforti e alle brame del grande Maffei, suo amico ed ospite cortesissimo, un botanico ed — 3 — antiquario di chiaro nome, Giovanni Francesco Se- guier, il quale, affinchè quel suo soggiorno in pro- vincia celebre per vegetabili ricchezze non tornas- se senza profitto della scienza che se ne occupa , fecesi con peregrinazioni intelligenti ed assidue a raccorre tutte le piante che in essa crescono, le quali da lui nominate e ordinate gli fornirono ma- teria acconcia a quell'Opera diligente cli'ei publi- cò in Verona nel 1745 col titolo dì Plantae Fero- nenses (2). Ora volle fortuna che , visitando egli quel monte Baldo, il quale per la dovizia della ve- getazione gode fra' Botanici di antichissima rino- manza , per cui era stato segno già pria d' allora alle ricerche accurate di molti illustri cultori di questa scienza , il Mattioli , il Calzolari , il Fona , Gaspare Bauliino,il Lobel,lo Zanoni, il Ponte- dera, lo Zannichelli, si avvenisse in un giovinetto di assai povera condizione, che nato l'anno 1728 in Caprino, paesello lietamente posto alle radici del Baldo, e per ciò ben conoscente del monte stes- so , gli si fece guida e compagno nelle ripetute e disagevoli esplorazioni. Or se la pratica dì quei luoghi alpestri, e talvolta inaccessi, rendeva uti- lissima la compagnia di Pietro Arduino (che tal era appunto il nome del giovinetto alpigiano) al Bo- tanico provenzale, questi rimeritava a più doppj l'altro e coli' istillargli l'amore della scienza ame- nissima, e col fargliene conoscere le ricchezze ; per cui l'Arduino, senz'addarsene, acquistò ben presto _ 4 - nolizia esalta delle piante del suo paese, e formò quell'occhio pratico, e sviluppò quel talento di os- servazione, che nelle scienze fisiche e natnrali sono condizioni indispensabili al buon snccesso. Lo che, come fu avvertito dal Seguier , presentendo egli che il suo tenero alunno, soccorso da una istru- zione più regolare, e trasportato in più ubertoso campo di studio, avrebbe potuto alzarsi a qualche cosa di più, che non fosse un erbajuolo, il quale delle piante non sapesse più là del nome, il per- suase di recarsi in questa città, ove il diresse e accomandollo l'anno 1750 a quell'illustre Giulio Pontedera, che di quel tempo e già fino dal Ì7Ì9 nobilitava del suo nome e del suo sapere il più an- tico Giardino e la più antica Cattedra di Botanica. 11 Pontedera , avute nel debito pregio quelle com- mendatizie, e scorto nel giovinetto un vivo amore per le piante, lo acconciò presso il Giardiniere del- l'Orto, ch'era di que'dì Andrea Candiano, affin- chè si operasse con esso nella cultura delle mede- sime; e non appena quest'ultimo lasciò il Giardi- no, fece eleggere TArduino in sua vece con lettera dei Riformatori dello Studio del giorno 30 Maggio 1753, in modo però che avesse a contarglisi e lo stipendio e il servigio fino dal nono giorno del mese stesso. Sotto l'occhio d'un tal maestro, e posto in mez- zo alle piante di lutti i climi qui raccolte dal Pon- tedera , non è a dire quanto crescesse e l' inclina- - 5 — zione e il sapere deir^lrduino; per cui non acque- tandosi nella pratica manesca dell'arte, pose egli l'ingegno, elle avea pronto ed acuto, a conoscere altresì i principi che inalzano T arte stessa delle colture alla dignità di scienza, nel tempo medesimo che della Botanica apparava avidamente le nuove leggi, allora dettate nel Nord da quell'Uomo stra- ordinario, il quale pel nuovo indirizzo dato alle scienze naturali, e per la nuova luce da lui rag- giata su tutti gli esseri che le ragguardano,ben mo- strò doversi a lui solo quel glorioso titolo di Stella polare, che fu prodigato poscia con più* adulazio- ne che verità da Voltaire a Caterina di Russia. Da questo doppio studio delle piante e della coltura e dalle opportunità offertegli e per l'uno e per l'altro nel carico di Giardiniere, trasse sua origine la doppia inclinazione svoltasi in esso per la Bo- tanica e per l'Agraria ; di che ne vennero e le Ope- re da lui composte in ambedue queste scienze, e la fama che levò poscia in entrambe. Nel 1757 moriva il Pontedera, e moriva con lo sconforto di veder sorgere sulle rovine del metodo Tourneforziano il Sistema sessuale cli'ei combattè quanto visse, lasciando però chiaro nome di assai dotto Botanico, e meritandosi dal suo grande av- ersario il più nobile ed imparziale degli elogi nel- la quarta lettera scritta da questo all' Mailer nel- lo stesso anno, ov'ei dichiara essere slato il Pon- tedera forse l'unico Botanico filosofo, bendi' egli 5 V — 6 — iioa ne adottasse interamente i principi (3), Erano scorsi appena tre anni e mezzo da clie gli era stata dal Seguier affidata l'istruzione dell'Arduino; ma questi, quantunque avrebbe desiderato di giovarsi più a lungo degl'insegnamenti e della pratica del suo onorando maestro , pure senliasi forte abba- stanza per far cammino da sé ; né lardò guari a mostrarlo. Conferito a lui solo il carico di reggere l'Orlo botanico fino alla nomina del Professore, e datogli eziandio dai Riformatori il titolo nuovo ed insolito di Custode, per distinguerlo dai Giardinie- ri ordinar] anche di nome, come lo era di merito, ei li sostenne onorevolmente sino al Genajo del- l'anno 1760; nel qual mese con lettere Ducali del giorno vigesimoquarto fu eletto a Professore di Bo- tanica, e Prefetto dell'Orto publico Giovanni Mar- sili (4). Però in questo mezzo l'Arduino, cui era stato commesso di compilare il Catalogo dell'Orto stesso, e che , oltre la direzione dell'Orto publico, aveva con ripetute cure esplorata la Flora indigena delle vicine provincie, aveva avuto abilità ed agio di studiarne le rare piante: ondeché trovatene fra queste alcune che a lui parvero sconosciute, ne allestì una descrizione diligente, ne disegnò di sua mano le imagini, e ne compose il suo primo libro, che col titolo di Animadversionum hotanicaruni «3@e&^ Tornita II. dei giorno iO Genajo 1858. Del modo con cui s'ingenera in noi il sen- timento del rilievo dei corpi, con alcune applicazioni alla Prospettiva aerea, — Nota del Membro effettivo Prof. Domenico TuRAZZA. iìon è infrequenle il caso di dover dare il proprio assenso ad una proposizione, la quale a primo aspet- to sembra assolutamente vera, e che si scorge non essere tale solo allora che il bisogno di cercare una spiegazione a qualche fatto nettamente sentito ob- bliga a ritornare sopra quella proposizione e a se- veramente discuterla. Forse, come a me, sarà in- tervenuto ad alcuno de' miei cortesi Uditori dì mo- strarsi poco soddisfatto della rassimiglianza d' al- cuno di que', d'altra parte maravigliosi, ritratti che le fortunate industrie di Dagherre e di Talbot resero a' nostri giorni così generalmente ricerchi e stimati; e forse anche non avrà saputo subito che replicare quel solito ritornello: eppure è cosi. Ma, lasciando anche da parte la mancanza di vita, e quella specie di plastico che farà sempre dare la preferenza al ritratto che , uscito dalle mani di un 4 — 42 — artista valente, li mette in sugli occhi sto per dire il respiro , la stessa parola , se il caso portasse a giudicare d' un ritratto di persona amabile e cara non sarà pura gentilezza, ma verità il soggiunge- re : eppure non è cosi. A meno che infatti il ri- tratto non sia preso in una conveniente posa della persona e ad una conveniente distanza, che forse non dovrebbe essere minore di otto in dieci metri, principalmente quando si voglia pingere la perso- na, come troppo spesso si fa, di facciata, è assolu- tamente vero il dire che le cose non sono al tutto come quella imagine ce le presenta; imperocché le parti più vicine alla lente riusciranno esagerate in confronto delle più lontane; e guai se ciò suc- cede per un naso che può trovar l'invidia ove l'emende! Noi tutti forse, maravigliando della grandissima arte largamente profusa nella magniGca composi- zione della maggior tela del nostro teatro, abbiamo ciò nuUameno sentito la mancanza della cosi detta Prospettiva aerea, per cui quelle care figure com- paiono all'occhio pressoché tutte in un piano, con qualche scapito dell'effetto generale, a cui nuoce per certo la maravigliosa precisione di lutto il det- taglio. Potrebbe essere colpa di ciò una troppo fe- dele interpretazione d' una parola che suolsi met- tere in luogo della cosa, dicendosi comunemente Prospettiva aerea quell'arte, per cui a chi guarda un qualche dipinto si fa sentire la distanza , il ri- — 43 — lievo; imperocché ella è pur giusta una ragione recata in mezzo , che cioè le cose sono realmente così ; ma qui pure vi ha una risposta , forse però non così immediata e facile , cioè che le cose sono veramente così, ma però non si veggon così. A que- sto proposito ho riputalo poter essere di un qual- che interesse se io vi venissi alcun poco intratte- nendo di questa così detta Prospettiva aerea, e degli effetti della medesima. So bene ch'io non re- cherò in campo niente di nuovo, specialmente dopo il bellissimo scritto del Babinet; ma vi sono alcune cose che non è male il ripetere; e poi, d'altra par- te, può anche essere gradito a qualcuno che gli sia pòrta la spiegazione di alcuni fatti da lui tante volte sentiti, e dei quali o per manco di tempo, o per la poca loro importanza relativa , non ha mai cercato da sé la spiegazione. Se questo mio primo tentativo sarà per riuscire a bene, forse verrò altre volte a domandare il vostro compatimento ed il vo- stro appoggio. Nel giudizio che noi formiamo intorno alla di- stanza rispettiva e delle varie parti di uno slesso oggetto e dei diversi oggetti da noi, siamo condotti e ajutati da varj mezzi di varia influenza relativa, principalmente secondochè sono più o meno diffe- renti le dette distanze. Questi ajuti che noi trovia- mo 0 nella stessa nostra conformazione, o esterna- mente a noi nella presenza dell'aria, sono essi pure — itU — mirabihuenle secondati da giudizj e confronti ; conseguenza di una lunga abitudine, che formiamo pressoché sempre inavverlentemente sulla base di alcuni dati di grandezza, e sovra particolari appa- renze che ci presentano quei corpi a cui dirizzia- mo l'acume dell'occhio e della mente. Egli è dal complesso di tutto ciò che si forma in noi quel sen- timento del rilievo, per cui notiamo le forme degli oggetti, giriamo con l'occhio intorno ai corpi che ci stanno di fronte, e' interniamo per entro ai varj andirivieni di un vasto paese, penetriamo nelle gole dei monti fino a perderci nel più lontano orizzonte. Nelle distanze non grandi il sentimento del ri- lievo è sempre in noi direttamente prodotto dalla duplicità del punto di vista da cui gli oggetti ven- gono da noi contemplati ; imperciocché l' imagine che si dipinge sopra l' una delle retine non è per- fettamente eguale a quella eh' é dipinta suU' altra ; e noi nel ricevere la doppia impressione delle dette imagini le componiamo in una sola, nella quale, per la simultaneità della doppia sensazione , scor- giamo contemporaneamente anche il rilievo: effetto questo che ci è tanto maravigliosamente riprodot- to da quello strumento eh' è ora così comunement'e noto, e che dal suo inventore, il Brev\'ster, ricevet- te appunto, ad indicarne l'effetto, il nome di Ste- reoscopio. I due occhi, di cui l'Onnipotente ci ha provveduti , servono dunque a produrre in noi la sensazione materiale del rilievo; ma l'ajuto ch'essi -As- ci prestano non può valere per disianze assai gran- di : iniperoccliè essendo la distanza dei due centri delle nostre pupille circa di cinque centimetri , le differenze delle due imagini dipinte sulla retina pressoché scompaiono quando la distanza dell'og- getto è un po' grande , e sono già forse del tutto insensibili ad una distanza d'un cenlinajo di me- tri, eli' è duemila volte circa la distanza dei due punti di vista. Un secondo ajuto alla materiale sensazione del rilievo lo troviamo nella slessa costituzione del no- stro occliio; perchè a voler nettamente distinguere un oggetto alle varie distanze è mestieri che noi c'è) accomodiamo ogni volta lo stesso occliio così che r imagine del detto oggetto si formi precisamente sulla retina; e sebbene ciò si faccia ogni volta da noi quasi istintivamente, pure egli è indubitato che quello sforzo che noi facciamo a quest'uopo è sen- tito da noi, ed entra come elemento del nostro giu- dizio nella stima di quella distanza. In seguito a ciò la sensazione materiale del rilievo s'ingenera in noi per tre modi : o perchè quando fermiamo l'occhio a vedere nettamente un oggetto qualunque gli oggetti che sono o più vicini o più distanti da noi di quello al quale è diretta la nostra attenzio- ne ci compariscono meno distinti, e ciò tanto più, quanto è maggiore la loro distanza da quell'og- getto che in quell'istante è per noi il principale; 0 perchè noi sentiamo la giadazione dei varj sforzi — 46 - falli dall'occìiio quando passa dal guardare un cor- po ad una disianza al guardare un altro corpo ad una disianza o più grande o più piccola. L'occhio noslro può accomodarsi sì alle varie distanze , ma ad una sola per volta; e quindi nel condursi da un oggetto ad un altro P occhio , dirò così , passeggia in quel campo, e l'anima sente la graduazione de' suoi sforzi, come sente il passaggio da luogo a luo- go nell' effettivo trasportarsi della persona. Finalmente nella stima relativa delle distanze grandissime un grande ajulo ci è pòrto dalla pre- senza dell' aria. L' aria interposta fra l'occhio e l'oggetto non é un mezzo perfeltauienle trasparen- te, e mentre attenua l'intensità della luce che l'og- getto invia al nostro occhio, riflettendone e disper- dendone una parte, essa vi manda contemporanea- mente i raggi del corpo luminoso che si riflettono sopra le sue molecole, e che portano all' occhio la sensazione del color proprio dell'aria, che, coni' è noto, è quel vivo e brillante azzurro di cui ci è largo così spesso il troppo invidiato noslro cielo. La sensazione che un oggetto qualunque produce sull'occhio è dunque dalla presenza dell'aria alte- rala in doppia maniera ; e a mano a mano che au- menta la distanza degli oggetti da noi la loro chia- rezza diminuisce, e il loro proprio colore si fonde sempre più nel colore azzurro dell'atmosfera. E siccome per l' effetto della luce riflessa dai corpi circostanti e dalla stessa aria anche le parli degli ~ 47 - oggetti che sono neir ombra riescono alcun poco illuminale, per cui si fanno a noi sensibili le loro forme; così anche per gli oggetti non direttamente rischiarati avviene che col dilungarsi da noi dimi- nuisce l'intensità dell'ombra, e sì va essa pure fon- dendo nella tinta dell'atmosfera. Guardando a del- le alte montagne molto disiami da noi, quelle loro cime coperte di neve e così brillanti di luce, quelle loro grandi ombre, e così pronunciate quando si guardino in un bel giorno da piccola distanza , lutto si perde e si eslingue nell'azzurro del cielo. Ma questo effetto così grande e sensibile nelle forti distanze è certamente insensibile nelle distanze as- sai piccole ; né sarebbe assolutamente possibile il valutarlo, e tanto meno il rappresentarlo anche per lontananze di uno in duecento metri, e forse più. A cagioae della presenza dell'aria e de' suoi effetti noi non possiamo avere che la sensazione materiale del grandissimo rilievo, del rilievo per una vasta estensione di paese; ma non mai quella di unaeslen- sione assai limitata, come p. e. di una piazza , di una contrada. Né meno mirabile dell'azione particolare di eia- scuno di questi mezzi si è la loro azione comples- siva, per cui l'uno viene in sussidio dell'altro, ed opera principalmente quando l'effetto degli* altri o non sarebbe sentito, o lo sarebbe troppo debolmen- te. Avuto anche riguardo nella valutazione degli sforzi dell'occhio a quello che proviene dalla di- — 48 — lezione che dobbiamo dare all'asse ouico dell'oc- chio slesso, crederei che le cose procedessero così : quando si tratta di scorgere il rilievo in un corpo, 0 nell'insieme di varj corpi situali a piccola di- sianza da noi , allora ella è principalmeule la du- plicità del punlo di vista che opera in preferenza, ed è per essa che noi sentiamo il rilievo. Se le di- stanze diventano più forti, e le differenze delle ima- gini sulla retina sono insensibili , ma lo spessore dello strato d'aria interposto non è così grande da produrre una sensibile diminuzione nella chiarez- za ; allora egli è lo sforzo che fa l' occhio per ac- comodarsi alle varie distanze quello che produce in noi il senlimento del rilievo o col farci compa- rire meno distinti gli oggetti che sono e prima e dopo di quello sul quale fermiamo l'occhio mede- simo, e col farci sentire la gradazione dei varj sfor- zi fatti dall'occhio nell'accomodarsi a quelle varie distanze, sentendo allora l'anima nostra la scala delle distanze nella scala delle gradazioni degli sforzi medesimi. Finalmente nelle grandissime di- stanze, quando l'influenza del doppio punto di vi- sta è assolutamente nulla, ed è insensibile la diffe- renza degli sforzi fatti dall'occhio per accomodarsi a quelle distanze , divenute ormai troppo grandi ; allora interviene la non perfetta trasparenza del- l'aria col diminuire la chiarezza degli oggetti, e col tingerli del proprio colore quanto più gli og- gelli stessi si dilungano da noi. — 49 - I mezzi , inlorno ai quali sono veuulo luinula- menle discorrendo fin qui , servono a produrre in noi , se così mi è lecito esprimermi , la materiale sensazione del rilievo dei corpi , e far sì che ne sentiamo il rilievo, come sentiamo effettivamente la loro presenza: ma il sentimento del rilievo è un fatto assai più complesso, e di cui la materiale sen- sazione del rilievo stesso non è die una parte; l'al- tra, eh' è per lo meno di eguale efficacia, consiste in una serie di confronti fra le varie apparenze che ci presentano i corpi: confronti che una lunga abi- tudine rese a tutti famigliarissimi , e che per non essere generalmente avvertiti non sono però meno reali; ed è per essi che il sentimento del rilievo si desta qualche volta in noi più o meno vivo anche quando manca la sensazione materiale. In poche parole : bisogna distinguere nel sentimento del ri- lievo due fatti ; cioè il fatto fisico della sensazione materiale del rilievo, dipendente dallo scorgere i corpi da due punti di vista, dall'accomodarsi del- l'occhio alle distanze, dalla non perfetta trasparen- za dell'aria ; e il fatto psicologico, conseguenza di osservazioni e confronti, di abitudine e d'imagi- nazione, e tanto più vivo, quanto più siasi in ciò esercitata quest'ultima. Per esempio, la prospettiva lineare per sé non può darci il rilievo, se non in seguito a stime che noi facciamo relativamente alla grandezza e alla collocazione dei varj oggetti: lo stesso dicasi dell'ombra, sebbene per questa possa — 50 — essere ancora più nettamente sentilo Pavanli e l'in- dielrojspecialmenle ne' varj effetti degli sbattimenti. Quanta e quale influenza nello sviluppo di un tale effetto abbiano poi P abitudine e P imagina- zione si può facilmente arguirlo dalle più comuni e facili esperienze. Per esempio, succede a me che dopo aver guardato un qualche tempo con ambi- due gli occhi per entro allo stereoscopio ad una qualunque di quelle vedute di persone, edificj o paesi oggidì sì comuni, ed averne già sentito net- tamente il rilievo, se chiudo uno degli occhi con- tinuo a scorgere il rilievo come prima, quantunque manchi allora assolutamente quella prima causa di tale sensazione, la quale nasce dal completare le due imagini dai due punii di vista che sono i centri dei due occhi. Né credo che in tal caso sia applicabile il principio della persistenza delle impressioni sul- la retina, perchè per quanto io contempli un di- pinto, e poi chiuda gli occhi, non mi avviene mai di vederlo poi cosi netto e preciso, come dovrebbe ammettersi alPuopo di spiegare il fatto ora accen- nalo. Più, io so di una gentilissima Signora di que- sta città , alla quale è assai famigliare P uso dello stereoscopio, che applicando Pocchio a questo stru- mento, e guardando una delle solile vedute anche con solo un occhio, o tosto o dopo breve tempo il sentimento del rilievo le si desia da per sé , senza essere quindi determinato dalla sensazione mate- riale, ma per solo effetto della imaginazione, es- — 51 — sendo abituata a vedere il rilievo ogniqualvolta fa uso dello strumento sopradetto. A me non succede però mai l'accennato fenomeno quando in luogo di una delle solite vedute contemplo invece una figura geometrica; forse perchè allora, tolta la sensazione materiale, non resta più all'occhio alcun filo con- duttore, alcuna norma ai necessari confronti, sui quali soli si basa il fatto psicologico e la conse- guente sensazione. Dopo tutto ciò io non azzarderei decidere se alla produzione del senlimento del rilievo sia sem- pre necessaria la sensazione materiale del rilievo stesso ; ma sembrami però indubitato essere im- possibile che il detto sentimento si desti in noi al- lora quando non solo manchino del tutto le cause idonee a produrre quella sensazione materiale, ma anzi siansi combinate le cose per modo che stieno in opposizione cogli effetti delle cause predette. In una parola, io credo che se ancora è possibile che il sentimento del rilievo sorga in noi senza la ma- teriale sensazione del rilievo stesso, non sia però mai possibile ch'egli si desti in contradizione colla stessa sensazione materiale; imperocché in tal caso non possiamo mai essere menomamente ajutati né dalla abitudine , né dalla imaginazione : non dalla prima, perchè in nessun caso abbiamo potuto scor- gere combinarsi insieme quei fatti ; non dalla se- conda, perchè per qualunque sforzo che noi fac- ciamo non possiamo che combinare insieme cose — 52 - vedute e sentite, riprodurci le ricevute impressio- ni , ma non mai crearci sensazioni novelle. E poi l' efielto della imaginazione non può essere che di brevissima durala, quando la ragione sia lì pronta a combattere l'effetto medesimo. Io credo che non vi sia imaginazione, e sia pure svegliala e vaga, la quale possa fare scorgere altro che un assurdo or- nalo nel soffitto della nostra chiesa de^li Eremita- ni, con quelle sue impossibili pietre dipinte a ma- scherare quel suo reale e possibilissimo legno. Nella bellissima delle Arti belle la Pittura è stu- dio non ultimo dell' artista il far sì che il dipinto apparisca all'occhio di chi lo guarda, come si dice, di rilievo; senza di che sarebbe in gran parte sce- mata l'illusione, e con essa l'effetto sperato. Mira principale dell'artista nel far ciò deve adunque es- sere di secondare al lutto coli' arte quello che noi siamo sempre abituati a vedere effettivamente, ac- ciocché l'anima còlta ed inviluppata nell'inganno dell'occhio , resli presa a quell' apparenza così da provare la più completa illusione. Ma prima ch'io mi faccia ad esporre quanto in lale proposito credo potersi dedurre dalle consi- derazioni poste superiormente, non voglio tacere un mio dubìo ; che, cioè, l'arie non possa mai per- fettamente raggiungere questo scopo, vincere una tale difficoltà, e ciò per non poter destare in noi un effetto del tutto eguale alla sensazione materia- le del rilievo; ma doversi unicamente giovare di - 53 — ^ solo quegli artifici, i quali valgono' a desiare la par- te psicologica del fallo; che non ajutata dalla sen- sazione maleriale, difficilmente forse può desiarsi così completa, siccome pur si vorrebbe : e questo è infine comprovalo dall'effetto che produce in noi qualunque dipinto, per quanto sia lo slesso magi- stralmente condotto. Io almeno debbo confessare di non essere mai riuscito a vedere veramente il ri- lievo m un dipinto ; e chiunque abbia veduto ve- ramente il rilievo in uno stereoscopio dovrà forse confessare altrettanto. Ma perchè sia assai difficile il raggiungere un tale scopo, e forse anche impos- sibile il raggiungerlo completamente, non dee però 1 artista risparmiarsi studio e fatica nella ricerca di tutti quei mezzi, i quali tornino maggiormen- te acconci per ottenere, anche sotto un tale riguar- do, la maggiore perfezione possibile: al che fare potrebbero non essere del tutto inutili le seguenti considerazioni, le quali discendono come naturale corollario da quanto abbiamo più sopra distesa- mente esaminalo. Giacché il sentimento del rilievo risulla in noi ■ dal reciproco contemperarsi di due fatti, psicolo- gico Puno, materiale l'altro; così a produrre nel- l'anima nostra un effetto che renda il più possibil- mente imagine del vero sarà mestieri che l'artista SI ajuti, per quanto l'arte gli concede dì fare, di lutti quei mezzi e di quegli artifici che valgono ad ingenerare i fatti slessi, e principalmente il loro — 54 — reciproco accordo. Grandissima è la potenza del- l'arte nella produzione del primo dei delti falli colla sua prospettiva lineare, colle sue ombre, co' suoi sbattimenti, e più ancora colle varie movenze e cogli aggruppamenti delle persone : ma per pro- durre in noi r effetto della sensazione materiale non potendo giovarsi del doppio punto di vista, e della stima della graduazione degli sforzi che va facendo Toccliio nelPaccomodarsi alle varie distan- ze, è legata a doversi appoggiare soltanto ai due fatti della non perfetta trasparenza dell' aria ; ed all' altro, che quando l' occhio si è accomodato ad una certa distanza, vede meno distinti gli oggetti tutti che sono più o meno lontani, e ciò tanto più, quanto è maggiore la lontananza loro relativa. Io credo benissimo che in un dipinto il fatto psicolo- gico predomini; ma però sempre colla condizione, ch'esista pure, almeno per quanto è possibile, il fatto materiale : ed è forse appunto perchè questo ultimo non può mai essere perfetto, che tale non riesce mai nemmeno il primo, il quale scomparirà poi del tutto , se l' insieme del dipinto sia anzi in contradizìone col fatto materiale medesimo. Ora la non perfetta trasparenza dell'aria non può servire che per le grandissime distanze, per- chè nelle distanze piccole, ed anche mediocri, il suo effetto o è del tutto nullo, o insensibile. In ta- li casi non resta perciò che secondare l' attitudine particolare del nostro occliio col dipingere chiara, — 55 — nella, distinta quella parte del quadro, alla quale, come principale , figuriamo rivolta P attenzione e accomodato F occhio dell' osservatore , e pingere meno chiari, meno netti , meno distinti gli og- getti tulli che sono o più vicini o più lontani dallo spettatore di quel gruppo che forma la parte principale del quadro. È vero che le cose non sono così ; ma perchè l'occhio le vedesse come sono bi- sognerebbe eh' egli potesse passeggiare per entro a quei varj gruppi , accomodarsi succeilivamente alle loro varie distanze; e ciò non potendo fare, gli è d'uopo imprigionare tutto F interesse dell'os- servatore nel gruppo principale, perchè egli creda di avere a quello accomodalo il suo occhio, e mo- strargli le altre parli tulle come effettivamente le vedrebbe in questa sua disposizione dell'organo visivo. Bisogna sacrificare gli accessori al gruppo principale ; esagerare (secondo il linguaggio comu- ne) l'effetto delFaria ; pingere le arie grosse, come sembrami che insegni il Leonardo ; non essere, co- me dice l'Accolti, mai ritenuto nello sballimenta- re, perchè ciò solo fa sbalzare il rilievo dei corpi, appunto perchè dal nostro occhio le cose si veg- gano precisamente così. Non è dunque clie gli og- getti più lontani debbano comparire meno chiari e distinti a cagione dell'aria interposta, perchè que- sto non sarebbe vero che per distanze assai gran- di, e non mai per le disianze che si sogliono am- mettere in quadri di figura, ed in moltissimi anche — 56 - dì prospettiva; ma sì bene perchè è mestieri pro- durre nell'occhio P effetto stesso che proverebbe guardando la scena che si vuole raffigurare con quella disposizione particolare che corrisponde al suo fissarsi sopra un oggetto o gruppo determinato. Che se quella parte della scena, alla quale si finge accomodato l'occhio, è anche quella che desta nel- l'anima di chi la riguarda il maggiore interesse, e tanto meno si accorgerà l'occhio dell'artificio usato dall'arte^lippunto perchè naturalmente sarebbe egli portato a fissarsi sul gruppo medesimo. L'essenziale differenza fra quanto ora abbiamo detto, e quello che discenderebbe dalla comune maniera di consi- derare la così detta Prospettiva aerea, anche esa- gerandone gl'insegnamenti, sta in ciò: che, secon- do questa, gli oggetti dovrebbero essere tanto più chiari e distinti, quanto più sono vicini all'osser- valore ; laddove realmente se il gruppo principa- le non^ proprio sull'estremo limite anteriore del quadro , ma bensì alcun poco all' indietro , allora devono essere meno chiari e meno distinti anche tutti gli oggetti che lo precedono. Discende da ciò quanto sia difficile il far com- parire il rilievo in una vasta scena , composta di molti gruppi, i quali sebbene si leghino tulli al fallo generale, pure ciascuno ha un'azione sua pro- pria da richiamare a sé l' attenzione e P interesse dell'osservatore ; imperocché, a meno che l'artista non abbia usalo della più grande arte e dei più sol- — 57 — lili artifici, l'occhio obbligalo a scorrere e diva- gare sovra i gruppi medesimi non potrà a meno di non accorgersi, della uniformità de' suoi sforzi, che i gruppi stessi stanno tutti in un piano; e l'il- lusione sparita una volta difficilmente ritorna. Non voglio tacere anche una difficoltà che taluno potrebbe muovere a questa maniera di considera- re e di figurare le cose: che, cioè, i quadri risulte- ranno così forse troppo , come si dice , d' effetto o meglio ammanierati , e che il dipinto non ritrarrà perfettamente il vero. Ma il vero che si tratta di rappresentare è il vero che si vede, non già il vero che è; perchè altrimenti bisognerebbe fare non un dipinto, ma un modello; e per ciò che spelta alla maniera dovrà l'artista non risparmiarsi fatica e studio nel combinare le cose per modo, che l'arti- ficio non possa essere scòrto; e allora la maniera scomparirà. In fine a sentire più facilmente il rilievo racco- manderò a chi guarda un dipinto di guardarlo con solo un occhio, come è sempre suggerito di fare per le miniature, e di limitarsi il campo visuale al solo quadro , osservandolo con un tubo , il quale tolga la vista dei limili del quadro stesso e degli oggetti conterminanti. — 58 — Se io slesso non posso a meno di non darmi tac- cia di soverchio ardire per aver voluto trattare di una delle questioni che non sono certo fra le più facili di quella magica fra le arti eh' è la Pittura, tanto meno dovrò io sperare che non siami da più molti apposta la taccia medesima; ma spero però che la mia buona intenzione vorrà pararmi il col- po, e farmi perdonare l'ardire. - 59 — Seconda Lettura. — Fu ammesso il signor Giambattista Ronconi, Dottore in Chimi- ca, a leggere la prima Parte della sua Memoria col titolo: Delie probabili con- disioni fisico-dinamiche^ le quali pos- sono avere accompagnato nelle epoche geologiche la solidificazione delle so- stanze organico-animali e vegetali (0. Raccoltasi TAcademia in privata Sedata a trattare degli affari interni, elesse a Socj Onorar] : il Pro- fessore De Caisne Giuseppe , Membro dell' Isliluto di Francia , e il Prof. Brongniart Adolfo , Membro dello stesso Istituto; nonché a Socio Straordinario il Prof. Bernardino Zambra , Membro dell' Istituto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia. (I) Questo scritto rimase proprietà deirAiitore. - 60 — Tornata HI. del giorno 1 Febrajo 1858. Sul metodo proposto da Gauss, onde ri- durre ogni frazione razionale di una radice qualunque di data equazione al- gebrica ad una funzione intera di gra- do inferiore a quello della data equa- zione. — Del Prof. Raffaele Minicii, Membro Ordinario. Seconda Lettura. — Viene ammesso il sig. Dott. Giambattista Ronconi a leggere l'al- tra Parte della sua Memoria, annunziata nella Tornata precedente, pag. 59 (^). (1) Come la Nota a pag. 59. -o«Ses^ - Si — Tornata IV. del giorno 7 Marzo i858. Su r origine del gliicoso animale, su la sua comparsa nelle orine dei diabetici e delle nutrici, ed in generale su le con- dizioni dei diversi prodotti delle secre- zioni. — Di Francesco Saverio Dottor Festler, Membro Ordinario. (Estratto) Il vendo il nostro Socio fino dal 1 836 in questa Acadeinia con altra sua lettura dimostrato che do- veansi ammettere pel passaggio al sangue delle so- stanze assorbite tre vie differenti dei linfatici , ed insieme tre gradi diversi d'assimilazione, giusta la via da esse percorse , venne egli nella presente Memoria con queste medesime vedute fisiologiche a dimostrare Tenunziato sua tema. Distinse la (jlucofjenesi; od origine del glucoso, dalla glucosuria, o comparsa di tale principio nel- le orine; avvertendo che i due fatti non debbonsi confondere fra loro in una scientifica interpreta- zione, sopratulto allorché si miri a farne di que- sta un' utile applicazione alla pratica medica. - 62 — Il nostro Socio riconosce co'moderni l'origine del glucoso nella trasformazione delle sostanze amila- cee mediante i liquidi alcalini lungo il tubo intesti- nale. Riguardo alla questione agitala ancora, se il fegato sia viscere glucogenìco (Bernard), ovvero semplicemente raccoglitore o condensatore del glu- coso intestinale , non s' impegna egli a risolverla , mancandone all'uopo dei fatti positivi, e de' mezzi pei' produrli. Quanto alla comparsa del glucoso nelle orine, dichiara dinamico il fatto nelle nutrici, ed invece organico lo slesso fallo nei diabetici. Ritiene dina- mico il fallo nel primo caso, perchè condizionalo dalla secrezione del latte, la quale colla turgenza delle mammelle cagiona un attivo assorbimento ve- noso sul latte ricco di quel principio. Ritiene poi organico il fatto nel secondo caso, perchè col Ben- venisti ammette che la causa prossima del passag- gio diretto del glucoso al sangue, e da questo al- le orine, consista nella ostruzione ed oppilazione del sistema assorbente cliilifero-mesenlerico , ren- dendo essa impervia ed inattiva la lunga e tortuo- sa via del condotto toracico : circostanza che to- glie la necessaria elaborazione al glucoso, la quale deve forse convertirlo in materia grassa termo- genelica. Fissate così le condizioni dinamiche della glu- cosuria fisiologica, e le condizioni organiche della glucosuria patologica, passa il nostro Socio a trai- — 63 - tare in generale delle condizioni dinamiche ed or- ganiche dei differenti prodolli delle secrezioni. Qui osserva egli in primo luogo, che tali condizioni sono da ricercarsi negli organi secernenli stessi e negli organi assorbenti , ed ancora negli agenti esterni, tanto come modificalori del moto vitale mediante le impressioni loro , quanto come modi- ficalori del sangue per mezzo dei materiali ripro- duttivi (alimenti e bevande), od anliriprodutlivi (veleni, medicamenti, ec.) ch'essi v'introducono, e che 0 rimangono o sono eliminati con tali pro- dotti. Esamina quindi l'irritazione flogistica, l'ir- ritazione semplice idiopatica e simpatica, lo spas- mo, le trombosi venosa ed arteriosa, ec. ec; ricor- da come esempi illustrativi diversi fatti dinamici ed organici dello stato fisiologico e morboso; e quindi conchiude, che colla scorta della Fisiolo- gia è dato d' interpretare chiaramente molti feno- meni oscuri dello stato morboso, e forse più ciie colla Patologia; sopratutlo ove questa non si con- sideri già come una Fisiologia dello stalo mor- boso, ma piuttosto come una branca affatto distin- ta e propria di questo slato, quasiché fosse una entità a parte : lo che crede erroneo in buona Fi- losofia. In fine accenna alla recente questione intorno alla ragione causale sulle febri , messa in campo dal Garreau ; riferisce gli sperimenti del Durian sulla esalazione e suU' assorbimento cutaneo nei — 64 - bagni medicali a varia temperalura ; ricorda le conclusioni del Briquet sulla tolleranza dei medi- camenti, spiegata coli' assorbimento e colla elimi- nazione delle sostanze impiegate, ec. ; dimostran- do che con le esposte vedute fisiologiche si arriva appunto a comprendere chiaramente questi nuovi fatti, stabiliti per la scienza del Medico. @ì — 65 — Seconda Lettura. — Osservazioni pratico- fisiche intorno alta migtiore e piti oppor- tuna qualità degli occhiali colorati, — Di Giambattista Dottor Mattioli, Socio Straordinario. i/a epoche immemorabili i nostri padri, non saprei se spinti dalla osservazione o da naturale istinto, si servirono di veli e cortine verdi , di vi- siere e di occhiali verdastri ogni.qual volta un raggio di luce soverchia feriva i loro occhi sani, oppure la parte sensitiva degli stessi già inferma riceveva molesta impressione anche dalla luce or- dinaria. Ma col progressivo sviluppo della scienza ottico-fisica, e colle scoperte fatte da celebri scien- ziati, si pervenne a decomporre la luce nei diversi suoi raggi colorati , a misurare di ciascheduno la velocità, il suo grado dì calore e di rifrangibililà, nonché a conoscere l'influenza ch'essa esercitava non tanto sopra esseri dotati di vita, quanto anche sopra corpi inorganici suscettibili di chimiche al- terazioni. Alcuni di questi fatti fisici, congiunti — 66 — alla pratica mia osservazione, tenderebbero a pro- vare che il color verde non è il più conveniente a riparare i nostri occhi dalle sinistre conseguenze della luce tanto naturale che artificiale , sì diretta che riflessa. Difatli , se si ponga mente che il verde segna la lìnea mediana fra i sette colori (i) dello speltro so- lare, e che come tale conserva proprietà abbastan- za abbaglianti e rifrangenti la luce ; se lo si espe- rimenti negli occhiali che alterano la tinta natu- rale degli oggetti , e lasciano , anche dopo levati , vagare per un tempo più o meno lungo delle om- bre verdastre dinanzi alle pupille, le quali provano la penosa sensazione di vedere lutto verde ; se si analizzi il fatto, che i nostri Chimici per guardare intatte alcune sostanze , le quali all' azione della luce cambierebbero di colorito e di composizione, adoperano vasi non verdi, né rossi, ma turchini o neri; non si avrà al certo alcun dubio di proscri- verlo dalla pratica oculistica qual mezzo preser- vativo e qual rimedio, surrogandovi invece il ce- leste, e meglio ancora il grigio brunastro. (d) I moderni Fisico-chimici non ammettono che tre soli colori cardinali: il turchino, il giallo è \\ rosso: ^Vi altri non sarebbero che tinte. — 67 — Una prova parlante di tale verità io la ebbi nel- la primavera decorsa in un operato di cataratta in anibidue gli occhi, certo Rizzi Carlo, povero man- tenuto nella mia casa dal Comune di S. Martino di Rovigo. L'operazione riusciva a seconda de' suoi desideri , tanto che nei primi giorni di Aprile si mise col suo zappone a lavorare la terra della sua valle per seminarvi e coltivarvi il grano-turco. Im- piegò tutto il mese e parte del successivo Maggio nell'opera varia secondo l' uopo ; e benché aumen^- tassero di giorno in giorno il calore e la luce della stagione colle ore del travaglio, egli vedeva au- mentare parimenti e fortificarsi la sua vista, e ciò in forza del colore nero del terriccio vegetabile della valle. Ma quando le piante del grano-turco , fatte di un bel color verde, tutta copersero la su- perficie del suo campo, non potè più penetrarvi che cogli occhiali celesti, di cui io l'avea munito, né tollerare ad occhi nudi la brillante luce riflessa dalle rigogliose e fitte foglie di quella messe. — Un altro fatto, a conferma del mio asserto, l'osser- vai io slesso nella metà del decorso Genajo. Por- tandomi a Venezia colla corsa delle ore tre poni, della Ferrata, uscito appena dalla Stazione di Me- stre, mi posi dalla invetriata del vmjone a con- — 68 - templare un magnìfico tramonto del Sole sopra una campagna tutta coperta di neve, lenendo nella mano sinistra la cortina verde già spiegata : dopo alcuni istanti desistetti dalle mie contemplazioni, nella certezza che tanto mare di luce potesse nuocermi agli occhi; e veggo dalla parte opposta una ven- tina di balle verdissime, lucenti, del volume di melaranci, passare insolenti dinanzi a' miei occhi, che non si dileguarono né col chiuderli eh' io fa- cessi , né col solTregarli dolcemente ; e solo cessa- rono snir imbrunire della notte fra le calli di quel- la classica Metropoli. Queste osservazioni pratico- fisiche convaliderebbero la mia opinione, che il verde non é il più opportuno a guarentire i nostri occhi dalla eccessiva luce del Sole. Anche gli Ocu- listi d'Europa, radunati in Congresso a Brusselles nell' autunno prossimo passato , stabilirono che i balconi e le cortine, le mobilie e le pareti delle Cli- niche oculistiche dovessero tingersi non in verde, ma in grigio. Qualcheduno peraltro potrebbe farmi notare, che la secolare esperienza ci ha insegnato come al- l'aprirsi della stagione vestendosi la natura di co- lor verde pressoché uniforme, riesca questo di un benefico mezzo per impedire che la luce, in uno al — 69 — calore del Sole di giorno in giorno crescente, .-.b- bagli i nostri occhi, e vi ecciti qualche malalia. Io non porrò in dubio questa osservazione; soltanto, a difesa del mio argomento, noterò che il bel ver- de uniforme della primavera non dura che per po- chi mesi, e che come tale rifrange assai più la luce dell'azzurro e del bruno-nerastro. D'altronde l'no- ino, .come mi diceva il mio chiarissimo Collega, il Doti. Alessandro Cugino di Cittadella, col quale ho parlato più volte in proposilo, dal giorno della sua nascita in poi è sempre ed ovunque circondato da due elementi, cielo e terra; ai colori di questi egli insensibilmente si abitua; e se per caso avesse hi- sogno di riparare i suoi occhi da un raggio troppo vivo di luce, sarebbe evidente di farlo con vetri di tinta celeste o terrestre, o del colore del fumo, qua- li sono gli ultimi conosciuti in commercio. Qualche altro, facendosi forte della legge ottico- fisica, che i corpi neri e turchini assorbono più calorico degli incolori e dei verdi, ec, potrebbe obbiettarmi che gli occhiali neri ed' azzurri scal- derebbero gli occhi più di quelli tinti in verde. Io non potrei negare la verità di un fatto fisico, com- provato dall'uso comune d'indossare panni nera- stri all'inverno, e bianchi in estate; convalidato - 70 — dagli espeiimenli di Franklin, falli sopra la neve coperta con pannolini neri, bianchi, ec. ; da quelli di Berzelius sopra i lermomelri ; o da ultimo dai recentissimi del nostro Prof. Zanledescliì, il quale giunse a dimostrare come l'indaco e l'azzurro sia- no diatermani o conduttori del calorico, e il verde pressoché atormano o quasi impermeabile col rag- gio calorifico solare del raggio luminoso, e che nel caso nostro si tratta di difendere la retina de' no- stri occhi dalla nociva influenza di questo, anziché del primo : così si darà la preferenza agli occhiali celesti, meno riscaldanti dei neri negli ardori della stale j ed anche ai vérdi nelle brucianti giornale di Luglio, specialmente da individui astretti a lunghi viaggi per istrade di ghiaja, per pianure di sab- bia, ec. ; mentre nelle altre annuali stagioni corris- ponderanno per eccellenza quelli grigio-brunastri o affumicati. La forma più acconcia del vetro si è la rotonda, che meglio si addice alla rotondità della pupilla ; od anche l'ovoidea, che segue i diametri dell'aper- tura palpebrale: dev'essere di slrullura e colorito uniformi, senza bolle di aria, sottile e levigalissi- ma , perchè uno soltanto sia il grado di sua rifra- zione. Io consiglio sempre gli occhiali a due vetri - 71 - con armatura melallica, e in qualclie raro caso di eccessiva sensibilità della retina quelli a quattro , due anteriori e due laterali. E qui, mentre mi cor- re obbligo di ricordare con parole di encomio la bravura ed intelligenza dell'ottico Ponti di Vene- zia (si noti ch'io non lo conosco che di fama), gli faccio osservare che le sue invenzioni od innova- zioni non si adottano mai da' miei clienti, se non tendono al loro benessere. Perchè smerciare oc- chiali affumicati simili a gusci di noce, col vetro al dinanzi e all'intorno per mezzo pollice circa, con una rete metallica nerissima ? Non sa egli che in piena estate, giusta gli sperimenti dei Franklin, dei Berzelius e di Zantedeschi , gli occhiali neri sarebbero da posporsi ai celesti ed anche ai verdi, per la ragione che assorbono i raggi calorifici e riscaldano l' occhio, e peggio se questi occhiali lo chiudono come in una scatola a maglie metalliche, le quali favoriscono la conduzione del calorico nel suo interno? Il Ponti ha veduto cadere gli occhiali colorati di velo metallico, anziché di vetro, perchè contrari a tutte le leggi dell' Ottica e dell' igiene dell'occhio; vedrà abbandonali i suoi gusci di no- ce, perchè parimente dannosi: chi li ha provati nell'estate decorso li gettò tantosto in un canto. - 72 — Gli occhiali devono essere fermali alle tempie, e meglio ancora dietro le orecchie; non prenderà mai voga l'occhiale sul naso, il quale nuoce alla facoltà del vedere pe' giusti motivi ch'io mostrerò quando mi si presenterà l'occasione di scrivere sopra l'uso delle lenti. — Per quanto grande fosse il prestigio della moda , che inducesse in Oculistica una qual- che innovazione; per quanto chiara la fama di un nome che publicasse una qualche scoperta; io non sarò mai sì corrivo ad accettarla, se prima non la trovi utile all'umanità quella Filosofìa della scienza ch'io professo, e per tale me la comprovi l'osser- vazione clinica. ^^^f®5^^^ Tornata l del giorno 14 Marzo 4 858. Sulle conversioni saccarata ed amiloide nel corpo umano, in continuazione de* suoi studj altra volta comunicati nel- VAcademia (A). — Di Moisè Dott. Ben- vENisTi, Membro Ordinario. M i chiamo grato all' erudito e laborioso nostro Collega Dottor Festler , il quale colla lucida e ben composta lettura , di cui ci fece dono nella scorsa Tornata, mi offerse un opportuno addentellato per preparare quella a cui T inesorabile rigore del chiarissimo nostro Preside oggi mi volle astretto. Dovendo pur dire qualche cosa, e prontamente ammanire una lettura, spero potermi procurare più facilmente perdono, e meglio conciliarmi qual- che attenzione, se sceglierò a soggetto del mìo di- scorso un argomento, sul quale non solo è rivolta oggidì più che sopra ogni altro l' attenzione dei Medici delle più eulte nazioni, ma che già attrasse i vostri sguardi per opera del distinto vostro So- cio Keller, sul quale io pure ho parlato senza vo- stro disgusto, ed intorno a cui, oggi è una setti- (l)Vedi Fase. X. Tnm.III. IV. ^ 855-56 della Riv.,p. 91. C — 74 - mana, dottamente versò il Socio Festler; e questo soggetto, per entrarvi a dirittura senz' altre am- bagi d'inutili parole, si è la presenza nei corpi degli animali e dell' uomo di quegli immediati or- ganici principi che fino a pochi anni indietro si erano tenuti per esclusiva proprietà dei vegetali. Ella è certo una singolare metamorfosi quella che si operò recentemente nelle convinzioni che più generalmente erano diffuse, e negli assiomi che in ogni scuola erano predicali relativamente agl'im- mediati componenti degli esseri organizzati e vivi; e ben è evidente a chi tien dietro ai passi che si vanno facendo nel dominio delle scienze naturali, che nessuno vi sarebbe giunto a priori o per amo- re di deduzione, ma che la sola forza dei fatti suc- cessivamente raccolti, e prima incontrati a caso, poi riprodotti, variati e moltiplicati ad arte, era quella che poteva condurre a così radicale rivol- gimento. Voi ben sapete che passava qual verità incontrastabile il tenere per nota caratteristica di distinzione tra i vegetabili e gli animali , che i prossimi elementi componitivi dei primi fossero ternarj e non azotati , e quelli dei secondi all' in- contro quadernari ed azotati ; e questo era uno dei lati, e neppnr l'ultimo, per cui si voleva tirala una linea di demarcazione fra i due regni viventi della natura. Or bene, l'osservazione provò prima, che i vegetabili contengono cosliluenti proteinici più che ternari o alhuminoidi non meno degli ani- — 75 — maiì in varj dei loro organi e tessuti ; mostrò poi, 0, a dir meglio, sta mostrando presentemente, che negli animali e nell'uomo esistono diversi di quei ternarj elementi che formano la parte prevalente della compagine dei vegetali. Sicché il più che al giorno d' oggi si è in diritto di asserire su questo proposito si riferisce soltanto alla prevalenza degli uni in confronto degli altri , eh' è opposta nei due regni contemplati della natura. Fra i ternarj lo zucchero nelle sue varie forme e gradazioni fu nei decorsi anni studiato più degli altri sotto questo novello punto di vista, e Voi co- noscete la serie immensa delle ricerche chimiche, fisiologiche e patologiche a cui la sua presenza negli animali ha dato luogo; ed avete presenti le non lievi discussioni che si sono mosse ed agitate, collo sperimento il più assiduo e il più scrupoloso alla mano, relativamente alla sua ingerenza in va- rie parti dell' animale , e in organi ove mai prima si sospettava, qual è il fegato, alla sua origine dal di fuori 0 dal di dentro , e alla sua apparizione straordinaria e patologica , sìa per P abbondanza , sia pel numero degli organi e degli umori in cui faceva mostra. In questo intricato labirinto appunto anch' io m' introdussi , e con una serie di fatti chimici da un lato, e di osservazioni anatomiche dall'altro, cercai non primo di provare che zucchero viene dall'amido degli alimenti, e si converte in grasso — 76 — per la massima sua parie nelle condizioni normali dell'organismo; ma primo e solo cercai dimostrare che questa cliimica conversione si produce nel si- stema chilifero glandulare: così che quando l'opera dì questo, per imperfetto sviluppo, per paralisi di origine nervosa, per ingorgo sanguigno, forse per ipostenia, certo per organica degenerazione, è mol- lo limitata o totalmente impedita, allora succede che lo zucchero, intatto qual è, s'introduce per le vene dentro al torrente circolatorio, e da questo non potendo subire ulteriori trasformazioni , che alto lo rendano ad alcun uso nell'animale econo- mia, ne viene qual corpo estraneo eliminato per , molti emuntorj, dei quali vi feci l'enumerazione, ; eccezionalmente, per quello dei reni in principa- ..lilà. Io ho goduto assai nel rilevare che il cullissi- , mo nostro Socio abbia in altra epoca assai lonta- na accennato a qualche cosa di simile ; ma io cre- do inutile farvi dimostrazione della differenza che passa veramente fra il suo modo di vedere ed il mio allorché veniamo ai particolari, che sono quelli che maggiormente interessano, e sono utili a sa- persi, sulla organica assimilazione dei nostri umo- ri ; e più ancora di premere sul fatto del divario V che corre ove si tratti di sciènze naturali, alle quali, volere o non volere di certi cinici motteg- giatori dell'arte nostra, la Medicina, già d'ora ap- partiene e apparterrà sempre più intimamente, fra l'accennare, l'intravedere, il sospettare, il sub- — 77 — odorare, e il dimostrare mèglio eh' è dato, vale a dire fin dove arriva la potenza dei fatti de' quali si è in possesso , passati al vaglio di una critica spassionata e rigorosa. ' Non posso negarvi la compiacenza eh' io provo non solo nel vedere che le osservazioni di diabete mellito , le quali si vengono successivamente pre- sentando alla osservazione dei pratici, bene stu- diate nei dati anaranestici , e poste alla prova del- la luce che vi sa spargere la Notomia patologica , vengono concordi in appoggio della dottrina eh' io professo, e ne indica la scaturìgine vera nella ostru- zione del sistema ghiandolare e nella costituzione tubercolare , che n' è la più fatale espressione , in confronto delle altre che lo rendono segnale, come vi ho già detto, di lesioni del fegato, o dei polmo- ni, 0 dello stomaco ; o, come più di recente tenta- rono di persuadere Scharlau O) in Germania e Gui- tard (2) in Francia, del tratto superiore o dell'in- feriore della midolla spinale ; ma nello scorgere contemporaneamente (3) che le ricerche dei chi- (1) Giornale per servire ai progressi della Medicina. Ve- nezia. Luglio, Agosto, Settembre 1847. (2) De la (jliicosurie , de son sieije, ec. Paris et Tolou- se, 1857. Voi. I. (3) Aggiungo le belle ricerche sperimentali dei fisiologi Chossat [Gasette medicale de Paris, 1843, pag. 682-683 ; 1844, pag. 141, 831), Hoppe, Letteliic'r {Gazzetta medica Lombardo , Ì5 Aprile 1857), Limpert e Falle {Archiv. ~ 78 -- mici Berlheiot (i) e Blondlot (2) vennero dall'altro lato a raffermare la naturale ingerenza degli zuc- cheri nella composizione dei grassi neutri, dando- li per composti di glicet'ina e di un acido grasso (tre equivalenti di acido e uno di glicerina, che ha tutte le proprietà degli zuccheri , Berth.) ; e quel- le dei Botanici, che solo adesso si pongono a stu- diare la scala e la ubicazione delle graduale tras- formazioni progressiva e regressiva degl' imme- diali priucipj nei vegetali, hanno esse pure veri- ficato l'immediato passaggio che fa Io zucchero allo stato di grasso anche in quel regno (3). L'il- fur Patholog., Anat., von Firchoiv. Tom. IX. iSoT), Tiede- mann e Gmelin (Reynoso in Annales des Sciences naturel- les. Serie IV. Tomo III.), le quali posero in evidenza che Io zucchero iniettato nelle vene, specialmente se di canna, esce si può dir tutto per le orine; mentre dato per bocca qual esclusivo alimento, e in abbondanza, non comparisce nelle orine, ed invece favorisce grandemente o la produ- zione del grasso nel panicolo adiposo, o quella della bile nella vescichetta del flele e negli intestini, dando luogo nei due casi a fenomeni differenti nella forma, ma identici nel fondo. (1) Gazette medicale de Paris, 3 Janvier i857. (2) Recherches sur la digeslion des matières grasses. (3) Scrisse or ora il Keller nel suo Allevamento del be- stiame, pag. 67: « I carburi idrati, quindi la cellulosa, >j Vamido, ec. , si convertono ancora nella pianta, al ma- » turarsi dei semi oleaginosi, in oljj e per opera dei cor- » pi proteinici , i quali agiscono a guisa di fermenti , lo — 79 — lusioiie di quei Patologi, i quali presenlemente si dilombano a dimostrare che la sede primitiva del diabete sta nella spina , è riposta , a mio credere , non solo in questo, che altra fiata già non omisi di distintamente accennare , che , tergiversata la for- mazione dei grassi dall'anomala condizione del si- stema chilifero, può andar lesa secondariamente la struttura e scomposta in varj modi la nutrizione di quell'organico sistema che più di ogni altro abbonda in grassi, qual è Pencefalo-spinale, che se ne può dire per la maggior sua parte composto ; ma in quell'altro fatto ancora, recentemente svela- to, di grande portata e di bellissimo significalo, che lo zucchero direttamente introdotto dentro alle vene, sia per injezione artatamente inslituita, sia per succhiamento patologicamente successo , non solo resta immutalo, e deve uscire, come dicemmo, portando un naturale ed un artificiale diabete, ma durante il suo passaggio per li canali del corpo, e prima della sua uscita per gli emuntorj di quello, esercita un' azione dinamica non già indifferente , » zucchero si riduce in acido butirrico, oppure in alcuni » olj, ec. » Così il Boussingault nella sua Economìa rura- le, Tomoli. 4851 , pag. 573, dice: featta nelle ferie autunnali e- nel primo Semestre 1857-58. DONI DEGLI AUTORI. TITOLO. AuTiNORi Gaetano. — Grande Medicina Italiana e Jatro- matematica. — Primo e secondo concetto: Ana- tomia e Fisiologia. — Piacenza i857. — Capriccio sulla Botanica. — Piacenza i857. Ciotto Fbakcesco. — Del Jodio , delle sue chimiche combi- nazionij e de' suoi preparati farmaceutici. — Ve- nezia -1857. — Dispensa prima. CoDEMo GiovASNr. — L' Istitutore. Giornale. — Anno IX. Dal N.° 13. al 24. incl. — Anno X. dal N." 1. al 0. incl. — Soggiorno delle Loro Maestà I. R. FRANCESCO- GIUSEPPE 1. ed ELISABETTA AMALIA nelle Provincie Venete. — Omaggio. — 1857. Fabbri Akgelico. — Come si ottengano i lustri ad iride. — Memoria. — Roma 1857. Festler Francesco Saverio. — Fisiologia della febre. — Me- moria. -1867. Gianelli GtnsEPPE-LrriGi. — Sopra le origini e le tendenze dell'Academia Fisio-Medico-Statistica di Milano, — Discorso letto nella prima Adunanza dell' an- no -1837-1858 dal suo Presidente annuale. GuMBKL Teodoro. — Tavola botanica delle piante Renane. I — 108 — DONI DEGLI AUTORI. TITOLO. Hankgl W. G. — Elektrische untersuchungen. Leipzig 1857. Hansen P. a. — Auseinandersetziing einer zweclcmàssigen mothode zur berechnung derabsoluten stòruiigen der kleinen planeten. Leipzig 4857. Hermann F. B. W. — Ueber den Anbau und Ertrag des Bo- dens ira Kònigreiche Bayern. Hofmann Corrado, — Ueber die Grùndung der Wissenscliaft altdeutseher Sprache und Literalur. Jolly (Prof.) — Ueber Phisik der Molecularkrafte. LòHER Francesco. — Die deutsche politick kònig Heinrich I. Marcoliki Anton-Maria. — Relazione dei lavori presentati all'Acadeniia di Bovolenta nell'anno 4857. Massone Giambattista. — Manuale d'Igiene e Medicina na- vale. — Genova 1856. Nava Davide e ir.. ...... ,«^ . .„„„ _, „ > Sul caglio vitellino. Memoria. Ì8S7. Selmi Gio. rRANCESco J Parolari Giulio Cesare. — II Libro del Contadino. 4857. BuNKLE John. — Asteroid Suppleraent to New Tables for deterinining the Values of 65^') and its deriva- tives. 4855. ScHEiGER Giuseppe. — Von dera einflusse der Pflanzen auf die Zerstòrung der ruinen. 1857. — Andeutungen ùber Erhaltung und Herstellung alter Burgen und Schlòsser. — Gratz 1853. — Ueber Reinigung der aUerthiimer. ScHCLZ C. II. — Bipontiiio. Giornale botanico Pollichia. Serena Gennaro. — Sulla necessità e possibilità di rendere di competenza dei_ Giudici di Circondario i pro- cedimenti di espropriazione forzata. — Napoli, anno 1857. . Strambio Gaetano. — Gazzetta Medica Italiana. Dal N." -49. al 52. dell'an. 1857. e dal N.° 1. al 13. del 1858. — 109 — DONI DEGLI AUTORI. TITOLO. Strambio Gaetano, — Intorno alle condizioni ed agli ono- rar] dei Medici. Vaccani Camillo. — Cenni grafici sui Colli Toscani. -1857. Zambra Bernardino. — I principi e gli elementi della Fi- sica. Tomi 2. DONATORI. TITOLO. Anversa (Academia Archeologica del Belgio). Annali. To- mo XIV. Fase. III. IV. Bergamo (Società industriale). Atti della publica esposizione di prodotti naturali e lavorati nella Provincia di Bergamo^ 1857. Puntata III. Berlino (Academia Reale delle Scienze). Monatsbericht der K. Preus. Altademie der Wissenschaften. Von Jàn- ner bis August incl. i857. — (detta) Abhandiungen der Akademie, etc. -1856. Bologna (Academia delle Scienze dell'Istituto). Memoria. — Tomo VII. i856. — (detta) Rendiconto delle Sessioni negli anni 1855- 4856-1857. Cherbourg (Società Imperiale delle Scienze naturali). Me- morie. Como (I. R, Ginnasio-Liceale). Programma per l' anno sco- lastico 1857. Cremona (detto) Programma per lo stesso anno scolastico. Filadelfia (Academia delle Scienze naturali). Act of Incor- poration and By-Laws of the Acad. of naturai Sciences of Phil. 4857 (con Tavole). Filadelfia (Academia delle Scienze naturali). Thirtj-Eighlh Annual Report of the controliers of the public — 110 — DONATORI. TITOLO. schoois of the first school Discrlct of Pennsylva- nia, 4857. Filadelfia. Atti dell'anno i856. Fascicoli due. Firenze (Reale Academia Economicq-Agraria dei Georgofili). Rendiconti i857, e Dispensa I. del 4858. Gratz (Società storica della Stiria). Jahres bericht ùber den Zustand und das Wirkcn des H. W. fiir Steier- mark vom d Màrz 1856 bis letzten Màrz 1857 von Prof. Dott. Gòth. , — (detta) Comunicazioni. Fase. VII. 4857. "— (detta) Bericht ùber die achte allgenieine Versamm- lung des hist. Ver. etc. aia 4 Aprii 4857. Lipsia (Società scientifica. Classe fisico -matematica). Be- richte ùber die Verhandlungen 4856 (I. IL). Luigi (St. Louis) (Acad. Americ). The Transactions of the Academy of Science of St. Voi. I. n." 4. 4867. Milano (I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti). Giornale. Biblioteca Italiana. Fase. LIV. — (detto) Atti 4858. Voi. I. Fase. I. II. IIL — - (Academia Fislo-Medico-Statistica). Atti dell'anno academico 4866. Monaco (Academia Reale delle Scienze). Atti della Classe filosofico-filologica, 4856. Voi. VIIL Parte I. IL — (detta) Bullettino scientifico. Voi. XLIIL XLIV. Mosca (Società Imperiale dei Naturalisti). Bulletin , année 4856-57. Tomo XXX. Parte I. IL — Redaetion du Doet. Renard. Pietroburgo (Società Geografica Imperiale di Russia). Com- pte-rendu pour l'année 4850 usque 4866 incl. — (Società Geografica Imperiale di Russia). Der Nord- liche Ural und das Kùstengebùrge Pai-Choi (Voi. I. . IL) con 2 Tavole. - Hi — DONATORI. titolo- Pietroburgo (Sapìski). La serie degli Atti. In lingua ruma. Voi. -10. — Ì849-Ì857. — Eéglements et Personnel de la Société, etc. (Sbornik). Notizie statistiche intorno alla Russia. 1854- 4854. Volumi 2. Rovigo (Academìa dei Concordi). Memoria intorno alla ere- zione di una lapida nell'Academia. 4867. Washington (Istituto Smithsoniano). The American Journal of Education. Ey Henry Bernard LL. D. Voi. I. Hartford 4 856. — (detto) Tenth annual report of the Board ofRegents of the showing the operations , expeditures and condition of the Institution, up to Jannua- ry 4, 4856. Washington 4856. — (detto) Researches on the Ammonia-Cobalt Bases by Wolcott Gibbs and Frederick Aug. Genth 4856. — (detto) Smithsonian Contributions to Knowledge. Voi. IX. 4857. — (detto) Report of the Superintendent of the Coast Survey showing the progress of theSurvey during the year 4855 (4856). Venezia (I, R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti). Memo- rie. Voi. VI. Vienna (Academia Imperiale delle Scienze. Classe filosofico- storica). Sitzungsberichte. Voi. XXII. Dicembre 4856. Voi. XXin. Fase. I. IL IIL IV. Genaio, Febrajo, Marzo, Aprile 4857. — (detta) Archiw. fùr Iiunde òsterreichischer Geschi- cht Quellen. Voi. XVIII. — (detto) Notizienblatt 4857. X. XI. XII. bis XIX. incl. DELLE MATERIE CONTENUTE NEL FASCICOLO XIII. (Voi. VI.) ANNO ACADEMICO '1837-1858. Do Visiaui. — Notizie intorno alla vita e agli scritti di Pietro Arduino ' pag. 1 Tai'azza. — Del modo con cui s'ingenera in noi il sentimen- to del rilievo dei corpi, con alcune applicazioni alla Pro- spettiva aerea » 41 Ronconi. — Delle probabili condizioni fisico-dinamiche , le quali possono avere accompagnato nelle epoche geologiche la solidificazione delle sostanze organiche e vegetali. Parte prima » 59 ]flluic9i. — Sul metodo proposto da Gauss, onde ridurre ogni frazione razionale di una radice qualunque di data equazio- ne algebrica ad una funzione intera di grado inferiore a quello della data equazione » 60 Ronconi. — Parte seconda della Memoria suindicata. . . . » ivi Fcsller. — Sulla origine del glucoso animale, sulla sua com- parsa nelle orine dei diabetici e delle nutrici, ed in gene- rale sulle condizioni dei diversi prodotti delle secrezioni. » 61 IHattioIi. — Osservazioni pratico-fisiche intorno alla migliore e più opportuna qualità degli occhiali colorati » 65 Rcnvcnìsti. — Sulle conversioni saccarata ed amiloide nel corpo umano, in continuazione de' suoi studj altra volta co- municati iieirAcademia » 73 APPENDICE Personale Academico a tutto il secondo Semestre dell'anno 1857- 1858 » V Nuove aggregazioni all'Academia » 59 Opere pervenute in dono all'Academia » 107 XIV. DEI LAVORI DELLA I. K. ACADEIIIIA DI SCIEXZE, LETTERE ED ARTI m PADOVA. Redattore GirsEppE Orsolato. Membro Ordinario della Sezione di Medicina. Ctiiiiestte tetìo e ouatto ^ef 18S7-S8. VOI.UME VI. PADOVA >I ANGl 'J858 co' fin DI ANGELO SIGCA DEI LAVORI DELLA I. R. ACADEMIA DI SGIEiVZE^ LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. CtiMteAttc tetjo e auatto Sef 18S7-S8. TOL.IJÌ11Ì: TI. PADOVA RANDI 'J858 co' TIPI RANDI E COMP. l PERSOMLE ACADEMICO A TUTTO IL SECONDO SEMESTRE DEL 1857-58. CONSIGLIO ACADEMICO nilGUA Dotf. GIAMBATTISTA. Vtce- X%^d lOeu/be, DE VISIONI Prof. Roberto. Direttori ìfi $f;tone. Ragazzini Prof. Frauoesco (Fisica). Coletti Dott. Ferdinauflo (Medicina). Bellavitìs Prof. Giufsto (Matematica). Sonato Ab. Prof. Modesto (Belle Arti e Scienze morali). Qegtetari perpetui. Monin Cay. Ab. Prof. Lodovico. Cavalli Conte Ferdinando. 3lrcl)ioista e (SibiìoUcanc. Orsolato Dott. Ginscppo. Redattore della Rivista Academica. ^Imminiatrotorf Cassia^ onorario. Ardenti Dott. ffrauccsoo. IV itlembri ordinari (permanenti nel numero tri 28). De Visiani suddetto. Pe Zigno suddetto. Illenin suddetto. Trevisan Cav. Vittore. Ragazzini Prof, ffrancesco. Sciioue Di TTlDcSicitta. Argenti suddetto. Bcnvenisti Dott. lUoisè. Coletti Dott. Ferdinando. Festler Dott. Francesco Saverio, niagna suddetto. Orsolato suddetto. Mattioli Giambattista. Jenoue 3i TlhaieMatica, Bellavitis Prof. Giusto. !Minicli Prof. Raffaele. Santini suddetto. Trettenero Dott. Virgilio. Tur azza Prof. Domenico. Jejiowe M 5ifo90^a e emettere. Agostini AI». Prof. Stefano. Donato Ab- Prof. Modesto. Cavalli suddetto. Cittadella suddetto. De Leva Prof. Ginseppcik IVardi suddetto. '^SQveQatx vesiìfenti in patrona. a) (Ponte VOCI (Quotati. Cittadella-Vìsodarzerc S. E. Conte Andrea* già Membro Ordinario. Finì Bar. Girolamo, I. R. Delegato di Padova, nianfredini ìMons. fedcrieo. Vescovo di Padova* b) Game Jo ci otuciitt. Catullo Prof. Tomaso. e) (Potue Soci Sttaotòiuaii. Bcrnati Prof. Antonio. Canal Al». Prof. Pietro. Cerato Dott. Carlo. Fabris IMons. Gio. Maria. Gnzzoni AM». Pi*of. Fidenzio. Keller Dott. Antonio. liUzzato Prof. S»ainuele. Mattioli Dott. Giambattista. Molin Prof. Raffaele. Rivato Ab. Prof. Antonio, ^ierafini lìott. Giuseppe, Trivellato Ab. Prof. Oinseppe. Zambelli Prof. Bfarnaba. Zankbra Prof. Bernardino. d) (Ponte Jo CI (PorniuoiiSeiiti. Basso Dott. Ijuigfi. Berti Dott. Giacomo. Brugnolo Prof. Giuseppe. — VI — Brnsoni DoU. Oiaconu», Calcgari DotC. Pietro. Dnlln Torre Prof. lidio. Dallusolteck Prof. Giuseppe Antonio. He Marcili Dott. Alessandro. Fabcni Prof. Vincenzo. Faccio Domenico. Fanzas» Dott. Luisi. Fava Prof. Giambattista. Foscarini Dott. Jacopo. Gloria Prof. Andrea. IVacoari Cav. Fortanato-liuigi. Podreoca Dott. Giuseppe Leonida. Salomoni Prof. Filippo. Scopoli Noi». Dott. Ferdinando. Tolomei Prof. Gian^Paolo. Vanzetti Prof. Tito. Xacco IVob. Teodoro. ^llunni Seùo\n& iih&òica. Tosini Dott. Achille. 5ì.foàop-a e emettete. Anseliui Leonardo. Bidello. Smiderle Pietro. Inserviente. Facchinetti Luigi. «s3©e&« RIVISTA PERIODICA DEI lAVORI DELIA L R. ACADEMIA DI SCIENZE. LETTERE ED ARTI m PADOVA. .•^ l. Iprima atiunatt^a M V&tm^ttt, • jAtjJ^ JiL. Tornata I. del giorno ì ì Aprile ì 8 5 8. Cenni storici ed Analisi chimica deWaqua salso'jodica della Salvarola nel Ducato di Modena, — Del Socio Ordinario Prof. Francesco Ragazzini. (Estratto) T 9 ■Li aqiia detta della Salvarola, di cui ne hanno lasciala memoria, oltre a Plinio, Frassoni, Ramazzini e Vallis- nieri (l), accennando alle particolarità di quella fonte, e rassomigliandola ad un piccolo vulcano, che con tur- bini di fuoco getta strepitando delle masse di neri bi- (^) Veggansi Frassoni Antonio, De Thermarum montis Zibii natura, usu, atque praestantia. Mutinae 1660. — Vandelli Do- menico, Analisi di alcune aque del Modenese. Modena 1760. — atoreali Gio. Battista, L" aqua della Salvarola rediviva. 1764. -^ Inoltre veggansi nel Giornale di Medicina di Venezia dell'anno 1764 l'Articolo di Giuseppe Ramazzini, l'Opuscolo di Antonio Moreali, le Memorie dello Spallanzani e quelle del Prof. Pietro Doderlain , il Cronista Antonio Vivi , Giuseppe Rosacelo, Vallisnieri, Bellomo e Cesio, eruditi del secolo XVI. e XVII; e Federico d'Espagnac in un suo libro giuridico del- l'anno 1808. 8 — na- turai fraraisti ad un vago color violaceo , fermò l' at- tenzione del Socio Prof. Ragazzini, il quale si fece ad intraprenderne l'analisi chimica. Accenna egli pertanto alla sua collocazione, poco distante dalla cospicua Terra di Sassuolo , alla virtù della sua aqua, quando lodata a cielo e quando ob- bliala, ma sempre tale da meritarle a buon diritto r onore dell' antico nome di Salvarola per la sua in- fluenza salutare sulle genti di que' dintorni, tra le quali è diffusa largamente la scrofola. Parlando delle ultime eruzioni, rammenta che poco prima del 1789 sembrava che si fosse gonfiato il ter- reno , e dopo avere slanciala molta terra con fumi e scoppi, tornasse ad assumere lo stato primitivo. Alme- no questo veniva raccontato allo Spallanzani dagli abi- tanti di que' luoghi. ,,, oHr obncrif: Una nuova eruzione successe nel 4790 con tras- porto di una belletta della solita argilla cenerognola, con solfuri di ferro e carbonato di calce , che si estese a 1 12 piedi in lungo, 52 in largo, e dello spessore di 7 piedi presso la bocca d'onde era uscita. Finalmente l'ultimo parossismo avvenne il 9 Giugno deH855, dal qual anno la fonte si mantenne peren- nemente tranquilla. Fra il periodo che abbiamo trascorso il Brignoli nota altre eruzioni più o meno copiose, ma sempre di minore entità. ■ .808f or . --^15 — Che da quei colle pel passalo si sviluppassero fiam- me e materie con traballamenti e rumori, non sem- brerebbe potersi mettere in dubio , atteso il racconto di uomini d'altronde degni di fede; ma nel progredire degli anni si sedarono a poco a poco , e meno impe- tuosi divennero : sicché lo Spallanzani non seppe più rinvenire in que' dintorni veri prodotti di recenti eje- zioni vulcaniche. A' suoi giorni si narrava di terremoti e fiammate e rombi ; ma dalla sola bocca dei conta- dini erano raccontali , né furono mai più osservali da sguardo di scienziato , il quale non sa rinvenire altro che un cangiamento nel rialto e nel campo circostan- te alla fonte. Che se pel {)assato avvennero, lo si deve, secondo l' illustre che qui ricordiamo , alla conflagra- zione dei solfuri di ferro e del petrolio, i quali svol- gendo calorico e gas idrogeno , produssero que' movi- menti che ora più non si manifestano ; e le eruzioni fangose unite a deboli fiamme si devono al gas idroge- no, che , condensandosi in sotterranee caverne , si svi- luppa dopo aver vinte le resistenze che lo tenevano oppresso. La prima volta eh' egli si recava sul luogo fu nel- Tanno ^789, ed allora osservava un monticello attor- niato da un cumulo di terra e di pietre, su cui vede- vasi un imbuto capovolto , formato di terra argillosa di color cinereo, molle d'aqua traboccante, e svolgen- te un gas che riconobbe per idrogeno. Ritoi-nato l'anno — 416 — oppresso , il cono era alto 4 piedi e largo 1 1 alla ba- se; aveva il suo imbulo rovesciato, da cui scaturivano scoppiettando bolle gasose, che trasportavano della fanghiglia; questo era poi circondato da altre sette pic- cole bocche eruttive che stavano in que' dintorni. » i«: Finalmente vi tornava per l'ultima volta nel 1795, ed allora il cono non era alto più che un piede, pic- cole e rade uscivano da quello delle bolle gasose ; ma più frequenti bollicine scattavano da un piccolo rialzo li vicino ; ed un terzo ne osservava all' Est, di questo ancora più gorgogliante. -Uno d'intermittente asseri- vasi pure trovarsi in una stalla che l'acuto scienziato non potè vedere attivo. Che anticamente si usassero queste aque in Medici- na per uso di bagni lo dimostrano gli scavi fatti ese- guire di recente dal Moreali, il quale trovava una va- sca rettangolare di mattoni, che, a quanto pare, serviva di chiariflcazione; una stecconata verticale, formata di palafitte e legni trasversali che guidavano l'aqua in un recipiente comune, 19 metri profondo, e formato di quercia; un pozzo di 8 metri di scavo, e incanalamenti e lance e mattoni dell'evo mediano, ed una moneta ro- mana dell' imperatore Antonino Pio. Ma di ciò poche memorie rimangono, e la fonte fu obbliata. Nel ^600 Antonio Frassoni volle apiilicarla nuovamente alla IMe- dicina ; e benché gli effetti corrispondessero alle con- cepite idee, ciò nulla ostante rimase inutile per un de- — iÌ7 - ccnnio, finché ruiuslre Prof. Dortienlco Vandelli la ri- chiamò à novella vifa. -^j^ •iìi /.ì; ^jkì Ma devesi sopratutto a Giovanni Batiista Moreali severso il nSO la ritornò ne' suoi antichi splendori, smentendo col fatto la voce sparsasi ch'ella contenesse parli arsenicali atte a corrodere gl'intestini (1). Anto- nio Morcali convalidò ed estese in seguito con nuovi fatti l'importanza di quest'aqua. Adesso non è dimen- ticata; ma pure coli' estendere il suo uso ne potrebbe- ro ridondare veraci benefìzj al paese , dove la provida Natura la offeriva in prezioso dono. L'aqua della Salvarola sembra derivare da un po- tente ammasso di sai gemma, che dovrebbe trovarsi alla profondità di circa 300 metri, passando poscia per uno strato di fucoidi e di altre piante marine bitumi- nizzate. Esce per tre scaturigini da un terreno argillo- so meteorico, coperto per lo spessore di un metro e mezzo circa da un terreno di eruzione composto d'ar- gilla e di svariate rocce erratiche rigettale da antiche salse , e ricco di cloruro di sodio e di bitume , causa . della sterilità degli spazj circostanti. La roccia fonda- mentale appartiene al periodo terziario mioceno. Pre- senta un color bruno lucente, una untuosità al tallo (1) Nel qual tempo smerciavasi pure l'aqua minerale, come appare dai modi co' quali si conforta lo stesso floreali, non temendo le frodi, perchè impossibili, come sì praticavano pel" sale di IVIodena. — lis- cosi da far credere che possa contjenere della magne- sia. S'impasta bene con l'aqua, per cui potrebb' essere messa a profitto come terra da purgo ; e quando ve- nisse associata ad altre argille , fornirebbe mattoni e stoviglie. Giusta l' analisi del Moreali, consterebbe di Allumina 6. — ' Silice 2 1 . 50 Ossido di ferro . ^ 0. — Carbonato di calce 42. 50 • **Aqua igrometrica ^15. — 95. 00 composizione che, al dire di Savani e Scarabelli, varia secondo le località d'onde si prende. Una tal roccia, conosciuta col nome di argilla scagliosa , nome com- partitole dal Prof. Bianconi, è fornita di filoni di ferro, di manganese, di rame, di zinco; ed un tempo fu at- traversata da polenti esalazioni di vapori sulfurei, tro- vandovisi quù è colà non solo il calcare cangiato in gesso, ma eziandio dei cristalli isolati di zolfo. Questa roccia offre pure altri minerali che possono interessar re per lo studio dei fenomeni naturali; quali sarebbero: la calce solforata radiata , Yaragonile mammcllonare , il gesso prismatico o ferro di lancia, le pirili di ferro e di rame, e le argille ridotte dalle aque meteoriche in quel- le strane forme di favo vcspajo, conosciute dagli anti- chi co' nomi di ludus Ilelmontii o di pietre geometriche. — 119 — Oltre a questi si rinvengono tronchi di quercie, di ca- stagni, ec, ridotti in xiloidi silicee con cristallini di quarzo, frammenti di ambra, serpentini, ec. La prima analisi che abbiamo della Salvarola ò quella che Giovanni Battista Moreali eseguiva nell' an- no ^.578, ed in quel tempo egli aveva intraveduto dei sale marino con parte di nitro e d'olio di sasso. Van- delli due secoli dopo vi trovava petrolio e vero sai ma- rino. Spallanzani vi ricavava per evaporazione il sale marino, e non andò più oltre nell'indagine dell'aqua. Dall' analisi quantitativa , eseguita dall'Autore della presente Memoria alla fonte maggiore negli ultimi gior- ni di Maggio ed ai primi di Giugno ^ 855 , e nei ripe- tuti esami che vi esegui l'anno precedente, ebbe a con- vincersi della sua inalterabilità nei fisici e chimici ca- ratteri La quantità offerta ogni stagione è costantemente di circa 80 litri per ora. Non presenta limpidezza allorché scaturisce , per la sostanza limacciosa ch'essa tiene in sospensione, dalla quale prestamente si spoglia col solo riposo. Il suo sapore è salato, leggermente lisciviale , ed ha un odore bituminoso. Costante nella temperatura, si mantiene fra gli H e i 12 gradi di R. Segna 3" all'areometro di Baumé; quindi la sua den- sità è = 1,0201. — 120 — Non cangia la naturale tintura di tornasole, ma bensì ripristina quella arrossata dall'acido acetico. Esaminata cogli opportuni reattivi tal quale esce dalla fonte , e poi anche dopo averla fatta bollire per molte ore (avendo cura di mantenerne costante il volu- me mercè aqua distillata, aggiuntavi di mano in mano «he quella evaporava), vi rinvenne i seguenti minera- lizzatori: ■ .:-i, .: ,^.^.^ .i ..jl Cloruro di sodio, bicarbonato di soda , joduro e bro- muro di sodio, nonché, come secondar], bicarbonato di magnesia , bicarbonato ferroso , solfato di calce , acido silicico, materia organica, ed indizj di nafta o peirolio. Sottoposta in seguito all'analisi quantitativa, fu por- tato a conchiudere che le sovra indicate sostanze si trovavano in i 00 grammi d'aqua nei seguenti rapporti : Cloruro di sodio. . , 4,346 Joduro di sodio 0,4 57 Bromuro di sodio 0,022 Bicarbonato di soda . 0,04 i Solfato di calce 0,0t9 Bicarbonato di calce 0,053 Bicarbonato di magnesia 0,025 Bicarbonato di protossido di ferro . 0,008 Acido silicico e tracce di materia or- ganica 0,01 1 Aqua, perdita, e petrolio 98,118 4 00,000 — i 21 — Insieme coll'aqua, di cui teniamo parola, scaturisce una sostanza aeriforme, che raccolta convenientemen- te in vasi appropriati , si mostrò fornita dei seguenti caratteri: i' È un gas trasparente, privo di colore, e con mani- festo odore di petrolio. -j Agitato lungamente nella soluzione diluita di lacca- muffa, si mostrò negativo, né diede intorbidamento con l'aqua di calce limpidissima. Introdotto nella sua atmosfera un^ candelino acceso, lo spense, mentre il gas si accese ardendo alla bocca della bottiglia con fiamma bianco-azzurrognola. Il prodotto della sua prolungata combustione in un vase cilindrico volse al rosso la tintura di tornasole, inalbò notevolmente l'aqua di calce, e l'odore di petro- lio svanì. La miscela del gas in esame con due volumi d'os- sigeno diede origine colla scintilla elettrica a scoppio, e formazione d'aqua ed acido carbonico. Posti a mutuo contatto eguali volumi del gas in esa- me e di cloro, dopo qualche ora originarono delle goc- cioline d'aspetto oleiforme , che si depositavano sulle pareti del recipiente, in cui i gas stavano rinchiusi. Dair esame effettuato venne a conchiudcre la com- posizione del gas in prolocarùuro d' idrogeno con ti'ac- cc di bicarburo e di petrolio vaporoso, gas che, pcren- — 122 — nemente uscendo , potrebbesi con facilità raccogliere in ampi gazomelri, e quindi essere economicamente utilizzato in moltiplici usi; p.e. ad illuminare uno Sta- bilimento balneario, e a riscaldare l'aqua salso-jodo- alcalina di Sassuolo o della Salvarola alla temperatura conveniente dei bagni comuni. -123 — L'sl medici. Giovanni Battista Moreali, studiando i principj di quesl'aqua, pensò eh' ella potesse essere giovevole co- me risolvente, astersiva ed assorbente; per cui ioco- minciò ad adoperarla nelle risipole, nei tumori ede- matosi, nella rogna, negli erpeti, ed in altri mali cuta- nei ; cominciò a somministrarla internamente anche nelle oftalmie, nei mali dei denti e delle gengive, nelle gonlìezze circoscritte precipuamente agli arti, nella sal- sedine cutanea e nella lebra ; la trovò pure di grande giovamento, anzi mirabile farmaco, nei dolori colici ed iliaci, nelle diarree e dissenterie, somministrandola alla dose di due libre la mattina , ed applicandola a mezzo di un clistere la sera. Al suo tempo Ramazzini la consigliava , e sollecitava ad esperirla nei tisici, ne- gli etici, nelle ulceri dei reni e della vescica, ec. E già prima di lui Frassoni Y aveva adoperata in bagni , la- A'acri, docciature, per vincere i dolori di capo, le ma- latie degli occhi e degli orecchi , nei tumori strumosi, nelle sciatiche, nelle podagre, ec. Finalmente Antonio Moreali la trovò poderoso ri- medio nella gonorrea e nelle affezioni isteriche , som- ministrandone due hbre la mattina, ed in qualche caso ripetendo la dose anche la sera. Per le diarree ne pre- scriveva una libra la mattina ed una la sera fino a guarigione compita. Per vincere la tisi la somministra- — 124 — va almeno pel corso di 50 giorni alla dose di due libre al giorno, mescolata con mezza libra di latte. -• Tali sonò le antiche e recènti' osservazioni insti- tuite sopra una fonte, da cui scaturisce un'aqua medi- cinale, che per la sua miscela chimica, e per la sua vir- tù salutare analoga alle più interessanti aque minerali di cui si vanta la moderna Farmacologia, e sono scopo alle più accurate ricerche chimiche odierne, può meri- tare r attenzione dei Dotti che mirano principalmente air avanzamento di quegli studj , d'onde possono deri- vare le più proficue applicazioni al benessere sociale. R. -Bm '■A -'ì^ : Torma II. del giorno i 8 Aprile i^^òS, ^^ Relazione statistico-sanitaria del Comune di Padova per Panno 1857. — Del So- cio Ordinario Doti. Francesco Argenti. '" (Estratto) li Comune di Padova, costituito dalla Città e suo Cir- condario esterno, è abitato da circa 62,160 individui, in cui si comprendono circa 8,000 forestieri. Nel ò{ Ottobre 1857, che segna l'epoca di questo calcolo ana- grafico, l'Autore avvisò ad un aumento di circa 2,000 individui in confronto dell'anno 1856, succeduto alle iatture dell' ultima invasione del choléra , di cui ce ne diede la Relazione (1) (2). _ Fermandosi alle osserva- zioni statistico-necrologiche, rammenta che nello scorso secolo la durata media della vita era limitata a 28, 3/4 sopra 100, mentr'essa oggi ammonta al 56. 37. (Levy) Dai soli certificati raccolti presso il Municipio , sui quali è basato tutto il lavoro della Memoria, risulta il numero dei decessi nell'anno 1857 complessivo 1947: dei maschi 1047; delle femine 900, cioè in rapporto (1) Fascicolo IX. di questa Rivista {Estratlo). Voi. VII. dei Auom Saggi (la intera Memoria). (2) I dettagliati Prospetti statistici offerti dairAutore, che non possiamo qui riportare atteso il formato e Io scopo di que- sta Kivista sono altretanti documenti uffiziali mercè la du- plice qualifica eh egli ha di distinto Medico pratico e di As- sessore Municipale, preposto alla Sezione sanitaria. ~ i26 - alla popolazione di 3,59 per ^00. Stando peraltro al Prospetto anagraflco, si avrebbe nell'anno camerale -1836-1857, cioè al 5i Ottobre, la cifra invece di 2052 decessi. Città, maschi 872, feraine 782 Esterno „ 204 „ 174 ^076 95G La quale differenza di 83 decessi in più, segnati nei Registri parochiali, devesi attribuire in gran parte al difetto di denuncia di molti dei nati morti, e della pre- sentazione dei certiGcati di morte specialmente dal- l'esterno Circondario. Ond' è che, secondo le cifre del Prospetto, si avrebbe stilla popolazione la mortalità di 5.1/4 circa per 100. Da un altro Prospetto, in cui furono disfrìBuìti i de- cessi nei varj mesi dell'anno, risulta la maggiore mor- talità in Genajo, la minore in Aprile, la più vicina alla media mensile in Novembre. Nel trimestre primo e nel- r ultimo dell'anno si confermò la più frequente osser- vazione della prevalente mortalità (1075 in confronto di 874 del semestre intermedio). « Analizzando l' età in cui essi decessero, devesi ri-^ marcare la grande mortalità dei bambini specialmente dentro il primo mese di vita, che giunse a 308. Nel to- tale i nati vivi, che non sorpassarono il decimo anno, furono 786. Noterò che sono compresi in questa cifra 144 bambini defunti nell'interno dell'Istituto centralo — 127 — degli Esposti, pressoché tutti lattanti, e 201 della cani- pagna. Generalmente si calcola morire ^/4 od \/'^ò dei bambini nel primo anno di vita, ed in maggior propor- zione i figli illegitimi. Fra questi e quelli noi abbiamo la mortalità circa di \/^ (i). — Dai 1 0 ai 50 anni si nu- merano 498 decessi; dai 30 ai 90, 586; e soli 6 su- perarono il 90.°, ma nessuno il 95." anno. » j ..;;ìì. L'Autore indaga successivamente ed espone le diffe- renze circa l'ora in cui avveniva la morte sopra 4947 defunti, conscio della influenza attribuita anche su ciò agli agenti cosmico-tellurici, a seconda del clima e del paese. A Verteneglio in un periodo di 28 anni erasi os- servata una preferenza nelle ore pomeridiane, special- mente nell'ora 4.\ il minimo ad un'ora antimeridiana; a Milano pure nel 1855 nelle malatie ordinarie fu os- servata questa preferenza alle ore 4 poni. , ed il mìni- mo alle ore 6 del mattino e alle 1 \ della notte (2), I risultati delle ricerche a Padova presentano di poco preponderante la cifra delle morti nelle ore pomeridia- ne, la maggiore all'ora 4 1.% cosi nel mattino all'ora 4 0.* e 4 1.*, e la minore verso un'ora antimeridiana. — A questo proposito giovi riportare le stesse parole dell'Autore : « In massima peraltro io credo di poca importanza il profondere la pazienza in tali osservazioni, ch'io seguii (1) IVati 2049, morti nel primo anno 566, cioè 27. 62 per 100. (2) Alti ddVAcad. fmo-medico-statistica di Mil. 1857, p. 402. - 128 — più per un'oziosa curiosila, che nella vera persuasione di cavarne alcun utile, conoscendo a quali inesattezze possono essere soggette così fatte annotazioni, e tutte quelle accidentalità che concorrono ad affrettare o ri- tardare l'ultimo sospiro di un morienle. Oltre di che, quello è un punto in cui le deduzioni di un pronostico sulla probabilità di un prolungamento della vita appar- tiene più alla pia attenzione del Ministro di religione, anziché a quella del Medico, che sa pur troppo con do- lore di aver esperiti inefficaci tutti i mezzi della sua arte. Finalmente la poca attendibilità di queste osser- vazioni la si rileva evidente dal dettaglio della tabella numerica che ho redatta, nella quale apparisce la de- bole uniformità delle mie colle altrui risultanze. » Qui l'Autore fa passaggio ad argomento più positivo, il riconoscimento cioè di quelle malatie che si ritenne- ro cmisa della morte, avvertendo innanzi tratto di ave- re seguita la distribuzione e la nomenclatura prescritta dalla formula , e di limitarsi ai 1 655 individui defunti in città. Entrando egli cosi in un campo tutto suo, ne riportiamo la testuale relazione per l'interesse che può avere sulla publica utilità. « Le cifre mostrano il predominio dei morbi flogì- stici, le tristi sequele della pellagra , la frequenza delle fcbri tifoidee nell' estate , la mortalità dei bambini per sclerema, per eclampsia nei mesi del verno. — Non vi è un'apposita finca per li morti di migliare, nò questo - 129 — vuol dire che i Medici sieno riusciti a guarirne quanti ne ammalarono ; ma siccome quando questo proteifor- me esantema è di tal forza da troncare la vita del ma- Iato , per lo più trovasi associato a profonde lesioni o del sistema cardiaco vascolare , o di visceri importan- ti ; perciò in ultimo termine la migliare figura quale causa del morbo , e quelle costituiscono la condizione patologica produttrice della morte ; cosi per la maggior parte i casi di migliare si trovano nelle tabelle registra- ti sotto il nome della malatia relativa, od associata. » « Egli è ben giusto peraltro di accennare come la migliare, acuta che sia o diuturna nel suo decorso, fra noi venga il piìi delle volte domata , per cui i veri ca- si luttuosi sono rari, e forse allora succedono o quan- do il Medico, prescegliendo un melodo dissanguatore, turba la regolare eruzione delle vescichette che sortono, con alleviamento dei gravi sintomi dominanti, o quan- do sopraviene quale una complicazione di profonde patologiche alterazioni , o quando quel fatale elemento si riversa impetuoso a carico dei centri vitali, e non è sufficiente il più razionale metodo curativo a vincerne le conseguenze. » « In generale la salute publica nello scorso anno fu soddisfacente, né si ebbe a notare veruna influenza che ci allontanasse da quella cifra media di malalie e di morti che sono l'annuo retaggio della caducità umana e di un termine necessario. A questo esito concorse il 9 I — 130 — prodotto ubertoso della campagna, la minorazione del- la malaiia delle vili , e quindi lo smercio più copioso del vino, che in parte scemò l'eccessivo abuso dei li- quori , il ribasso dei prezzi di molti articoli di prima necessità, per ultimo la regolarità delle stagioni. Infat- ti , come si può rilevare dal Quadro delle osservazioni meteorologiche, si ebbe costanza di vento greco-levan- te , serenità di cielo prolungata, gradazione nel succe- dersi delle stagioni , le condizioni barometriche e terr mometriche favorevoli e miti; bensì l'inverno com- parve precoce, quasi foriero di quel nordico freddo che c'incolse nei primi mesi del corrente anno, lasciando traccie profonde del suo triste passaggio nella notevole mortalità dei vecchi e dei fanciulli. » « Tanto in città che nella cainpagna si manifestarono le solite forme esantematiche, il morbillo e la scarlat- tina (1), con qualche gravezza nell' autunno, la paroti- te epidemica, e più frequente il vajuolo. » « Per dire di quest'ultimo, furono Gì gli attaccati, 35 maschi e 26 femine: 31 nella città, IO nel Circon- dario esterno. In nove mesi si numerarono i I casi; gli altri 50 appartengono all'Ottobre, Novembre e Dicem- bre, e spesso si scoprirono le fonti di comunicazione. » (1) Nella Condotta di lìassanello, la più travagliata, sopra 68 casi si ebbero 18 bambini morti. — 131 — o ■< co in O 2. - § I 'a • cS a;) S a. « oc O O '5 «* «8 " a «^ §^ « o •N a •- «s *« a 45 t- -a ._ CS O '2 aj <-> a s» « a «3 a <9 o 1 PJOW or 00 IO oi]ioiuiop oipu ;;; «L'apparizione del vajuolo dopo il 1815, quando l'introduzione della scoperta Jenneriana già insinuava nell'animo una fiduciosa persuasione di averla finita con questo contagio, si fu principale cagione del du- bio (2) insorto sulla potenza di questo mezzo neutra- lizzante; benché se la vaccinazione universalmente (3) ed attentamente fosse stata praticata, i suoi risultamen- ti sarebbero riusciti più confortevoli e costanti. » « Incontrastabile però si mostra la sua utilità ; e quantunque la sua potenza prescrvatrice non sia pe- (1) Interessante è il Commentario scritto, in evasione di essi, dal eli. Dott. J. Facen, inserito nel Yol. LXI. degli An- nali Universali di Medicina. Milano 1857. (2) Lo stesso Jenner nel 1789 mostrò il dubio die l'eruzio- ne vajuolosa vaccinica non fosse un preservativo permanente e sicuro, quando ripetuta la inoculazione sul figlio maggiore n'ebbe nuove pustole ; allora rivolse le sue ricerche al vajuolo pecorino, al porcino ed al giavardo equino, secondo lui fonte primitiva di tutti questi vajuoli. (J. Facen, Parte IV.) (3) Col 1." Agosto 1853 fu attivata in Inghilterra la Legge obbligatoria la vaccinazione nei primi tre o quattro mesi dalla nascita, con la multa ai mancanti di 5 bre sterline, e si fonda- vano Istituti centrali di vaccinazione. — 136 — renne , vale a diminuire l' intensità e la frequenza del- l'esantema vajuoloso; onde più non s'incontrano quei tanti infelici, deturpati la cute da profondi butteri, resi imperfetti o ciechi dalle suppurazioni vajuolose; e se una volta poteasi calcolare ad ogni \0 decessi 4 morto pel vajuolo, ora la cifra media si portò ad \ sopra 2578 morti. » « La stessa temporarietù del preservamenlo vacci- nico non dovrebbe essere cagione di diffidenza in que- sto mezzo, mentre praticando alcuni anni più tardi la rivaccinazione , si riesce nella maggior parte dei sog- getti a convalidarne il buon effetto (l). » « Ciò nullameno, quantunque i ragguagli statistici dimostrino, come prima si espose, che la vita media dopo r introduzione del vaccino è aumentata di alcuni anni nella massa degl' individui sottoposti alla vacci- nazione nella prima infanzia , insorgono rispettabili opinioni , che con violenti attacchi avversano codesto risultato, ed il beneficio della medesima. » « Malthus e la sua Scuola negano a dirittura lo sce- mamento delle mortalità, e da questo lato avversa l'au- mento della popolazione. Lo statistico Villermò va un (t) I casi di vajuolo post-vaccinico accadono, secondo il Dott. Ueim, dai 14 ai 27 anni; secondo Gregory, dai 15 ai 17, e dai 20 ai 24. — Maillé consiglia la rivaccinazione dopo i 15 an- ni dalla vaccinazione. Rigoni Stern dopo 15 o 20 anni. J. Taceri dopo 7 a 10 anni. — 137 — po' più innanzi, e ritiene che se la vaccina preserva- Irice dal vajuolo chiude una porta alla morte, ne spa- lanca varie altre più spaziose; ed affibbia ad essa le vittime della rosolia , della scarlattina , del morbillo , della pertosse, delle febri tifoidee, del croup, ec. „ " Il Dott. Villette de Terze appoggia questa tesi , e publica un lavoro ricco di erudizione^ in cui espone le conseguenze funeste della vaccina , eh' ei desume dai fatti, dalle osservazioni, dall'anatomia patologica e dal- l'aritmetica. Secondo questo autore non sarebbe avve- nuto nei registri delle mortalità che un semplice cam- biamento di epoca, ravvisando bensì diminuita la cifra dei decessi nella prima infanzia, ma di molto accresciuta quella dell'adolescenza, con preponderanza delle mala- tie scrofolose , della tubercolosi , delle febri tifoidee. Egli non esita di accagionare la vaccina/ione di tali morbi, essendo della opinione che questo innesto eser- citi la sua azione esclusivamente sulla pelle , e quindi imprigioni nell' interno dell' organismo la materia tu- bercoloso-vaj noiosa , la quale non polendo irrompere alla superficie cutanea , gravita sulla mucosa intesti- nale, ove si sviluppa sotto la forma di vajuolo interno mesenterico e di febre tifoidea. „ " Per cui , secondo questo Autore , il principio vac- cinico non vale ad allontanare la predisposizione in- dividuale all'azione del contagio, rendendo specialmen- te l'apparato cutaneo refrattario al medesimo, ma al — 138 — contrario non serve che ad ostruirne le vie di uscita , e, per così dire, a chiudere il nemico in casa. Se perù noi osserveremo come in generale il principio dei con- tagi esantematici , introdotto nell' organismo, non solo determina la vera forma morbosa corrispondente, ma distrugge, salvo poche eccezioni, la suscettibilità ad incontrarli nuovamente; se rifletteremo che Io stesso innesto vajuoloso si limitava frequenti volte ad una eruzione locale, e nondimeno riusciva valido mezzo preservativo; avremo aperto motivo di credere che anche il principio vaccinico , dotato della stessa po- tenza di togliere la recettivitù all'agente vajuoloso, non eserciti la sua azione soltanto sullo strato cutaneo , ma sopra ogni fibra dell'organismo, rendendolo refrat- tario al maligno elemento. „ giore di Milano, dove, come nel resto della Lombardia, spesso s' incontrano casi di idrofobia (l) , io colgo tale (1) Nel sessennio dal 1850 al 1855 incl. si sono presentati allo Spedale maggiore dì Milano 591 morsicati da animali so- spetti idrofobi, e fra questi 7 morirono con sintomi di vera idrofobia. Gli animali furono per lo più cani, più di rado gatti, cavalli, asini, muli, majali, sorci. 11 quatrimestre di Maggio, Giugno, Luglio e Agosto presen- tò in generale il maggior numero di codesti casi, che nel ses- sennio suddetto si numerarono a 302. Durante questo periodo non cessò mai l'arresto dei cani girovaghi, e la loro reclusione nel canile mmiicipale. R. - 147 — occasione per far eco alla instancabile voce del Toffoli, che caldamente raccomandò il bisogno di attendere a questa causa della rabbia nei cani , ed ai provedimenti necessarj. „ « Si procuri adunque la diminuzione nel numero delle cagne, la custodia e la reclusione di esse nell'epo- ca degli amori, onde evitare la concorrenza dei cani; si permetta l'accoppiamento unico, relativamente pro- porzionato e libero; e questa precauzione, aggiunta a quelle prescritte dai Regolamenti facili nella pratica , daranno maggiore probabilità di riuscire nello scopo. » « Che se, ad onta di tutto ciò, ad onta dei tanti sa- grificj che fanno i Municipj per allontanare dalla so- cietà simili disgrazie, avesse nulladimeno ad accadere lo sviluppo della rabbia nel cane, non si dimentichi che, avvenuto il ferimento di alcuno per la morsicatura, fos- se anche di cane sospetto, non si dimentichi, ripeto, che l'unico mezzo trovato sinora in arte, il quale possa impedire la manifestazione della idrofobia, si è l' ustio- ne della ferita col ferro rovente o con un corpo ardente qualunque, purché sia pronta ed immediata. » L'Autore si riserva in altra occasione di riprendere le sue indagini politico-analitiche su di altre specialità morbose: quindi sulla pellagra, costante calamità, che in- crementa nelle nostre campagne; sulle alienazioni men- tali , di cui la maggior parte riconosce una medesima origine; sullo sclerema cutaneo od induramento del - U8 - tessuto cellulare ; sulla misteriosa influenza epidemica degli orecchioni, delle frequenti apoplessie illustrate dalle relative autopsie ; sopra un caso di morbo raacu- loso emorragico di Werlhof ; e sopra quant' altro si ri- ferisce alla Medicina publica ed all'annona; e quindi alle misure di ordine e di sorveglianza : ma di queste promette di parlarne altra volta con più di fondamen- to ed appoggio, ora che il nostro Comune , superata e vinta la inesplicabile opposizione che lo rendeva ecce- zionale, ha finalmente instituite le Condotte medico-chi- rurgiche della Citlù. « Coir appoggio (così conchiude l'Autore) dei filan- tropi Colleghi che le ricoprono, il Municipio infatti si attende non solo la continuazione di quella caritatevole prestazione, che costituisce una indeclinabile qualifica del Medico ; ma è certo di avere altrettanti centri di azione per sorvegliare e dirigere tutto ciò che spetta alla publica igiene. Con tali vedute esso regolava una riunione mensile dei Medici-condotti, affinchè avessero a comunicare le proprie osservazioni medico-pratiche, riferire e discutere sulla specie, sul carattere, sulle cau- se delle raalatie dominanti, sulle misure da adottarsi per prevenirle e sradicarle ; sulla igiene delle vie e delle dimore, specialmente dei poveri, in cui l'aggruppamento degl'inquilini, la miseria e negligenza loro, l'oblio e la noncuranza dei proprietarj accumulano disordini ri- marchevoli; sulla condizione delle scuole della prima — 149 — iiifaiizia (1) , dei laboratori , di ogni ridotto d' arti e mestieri, che possono recar danno individuale o co- mune ; infine sui disordini annonarj , e tanti altri di sociale interesse. Con tale organizzazione il Munici- pio si raccolse d'attorno un personale sanitario ordi- nato e pronto, di cui valersi all'uopo quando improvise e malaugurate circostanze ne rinovassero la necessità. Ed io sono certo ch'essi Medici, sorretti dal sentimento della propria missione, fervidi nella causa del povero, operosi quali si mostrano , smentiranno mai sempre quella calunniosa prevenzione d' inslituzione inutile, e più inutile spesa. Nella nostra società v'hanno di quelli che riconoscono il diritto dell'indigente all'assistenza del Medico , ed un dovere nel Medico di prestarsi pel- «sso ; ma rimpiangono, non so perchè , quell' obolo che a titolo di compenso gli viene retribuito , quasiché il Medico, perchè apostolo di carità, non avesse anch'egli bisogni, famiglia, e al pari d'ogni esercente il diritto alla riconoscenza. » (1) V^edi la Memoria dell'Autore : Sulla ed,ucfis,ione fisica in- fanlile. Padova, Tip. Sicca, 1852. II. *s3@@s-v Tornata 111. del giorno Ki Maggio 1858. Confronto delle Tavole della Luna di Han- sen con le Osservazioni delVEdisse so- lare del i 5 3Iarzo p. p. — Del Membro Ordinario Dott. Virgilio Trettenero. {Estratto) lo non conosco di quest Eclisse che due sole osser- vazioni complete: la nostra di Padova, ed una di Kònigr sberg. In Hamburg, Hannover e Kremsmiinster fu os- servato soltanto il principio ; la sola fine in Berlino e Kiel. I Giornali non recarono finora , eh' io sappia , al- cun'altra osservazione d'Italia o di Germania; nessuna di Francia, nessuna d'Inghilterra. Nelle MontlUy Nolices sul mese di Marzo della Società Astronomica di Londra è detto che il tempo fu in generale contrario alle osser- vazioni in tutto il Nord d' Europa ; e i pochi dati d' os- servazione raccolti si promettono nel Fascicolo di Apri- le, che non mi è ancora arrivato. A Parigi, Firenze, Venezia, Padova, e in altri siti, si fecero, durante l'Eclis- se, delle prove fotografiche; ma o non furono intraprese in uno scopo propriamente astronomico, o non furono ancora publicatc in modo da poterne trarrò partito a — 1 51 — questo scopo speciale. Io sono dunque oggi costretto a presentarvi la discussione delle sole osservazioni sopra ricordate , riservandomi di completare la ricerca col- l'esamo di tutte quelle altre che in seguito mi venissero a cognizione. Siccome i semidiametri del Sole e della Luna , per causa della cosi detta irradiazione , sono alcun poco variabili , secondo la forza dello strumento ottico ado- perato; così, come i più opportuni da impiegarsi nel calcolo degli Eclissi , ho adottato i valori che Carlini ha dedotto dalla discussione dell'Eclissi totale di Sole del 1842. Essi sono 15' 59", 8 pel Sole alla distanza media, e ^6' 20", 4 per la Luna relativamente ad una parallasse di 60". La longitudine del Sole e l' obliquità dell'eclittica le ho ricavate dal Berliner Jahrbuch, e la posizione dei luoghi d' osservazione dalla stessa Opera riguardo a Padova , Kònigsberg , Berlino , Hamburg e Kremsmunster ; e dalla Comaissance des Tems di Parigi pel \ 857 riguardo a Kiel ed Hannover. L' angolo della verticale col raggio terrestre , che dev' essere sottratto all'altezza del polo per avere la latitudine geocentrica, come anche il raggio terrestre pe' varj luoghi d'osser- vazione, sono ricavati dalle stesse Tavole lunari di Han- scn nell'ipotesi d'uno schiacciamento terrestre eguale ad 1/300. Riporto ora il significalo dei simboli algebrici usa- ti niel calcolo, ricordando che le formule adoperiite — 152 — sono quelle stesse di cui fece uso il Commendatore San- tini nella discussione dell'Eclisse solare del ^831 , pu- blicata nel Voi. VI. delle Memorie dell' Imperiale Regio Istituto Veneto. A. longitudine vera della Luna , secondo le Tavole di Hansen, per qualunque contatto osservato. /S. latitudine vera della Luna. TT. differenza tra la parallasse orizzontale della Luna e del Sole. S semidiametro orizzontale della Luna. lì. semidiametro del Sole. /. longitudine vera del Sole, secondo il Berline)' Jahr- buch. 0. VAR del punto culminante dell'equatore. L. la latitudine geocentrica. r. il rapporto fra il raggio terrestre locale e il raggio equatoriale. ff. longitudine del nonagesimo. h. latitudine del nonagesimo. Le quantità A, /S , ^, segnate con un apice , indicano le stesse quantità modiflcate dalle parallasse. e. distanza apparente del centro della Luna da quello del Sole. ilÀ, (l^ indicano le correzioni alla longitudine e latitu- dine tavolari. Ciò posto per un tempo all' incirca equidistante dal principio e dalla line dell'Eclisse, cioè per ll>,01j Marzo -^ 453 — 1858, T'. medio di Greenwich, Lo calcolato dalle Tavole di Hanseu i seguenti valori: A. 535° t2' W',^\ variazione di A in un centesimo di giorno = -f- 0° 8' \ \",A2. /5. -f- 0° 40' 50", 8; variazione di ^ in un centesimo di giorno = -f- 45", 27. Parallasse equatoriale della Luna = 58' ^5",7; va- riazione della parallasse per un centesimo di giorno = + 0",54. Il Berlincr Jahrbuch dà per O"" 56' 31", IT. vero di Berlino. /. 354° 38' 57",5 colla variazione oraria -f 2' 29",3. Ho poi assunto rf = ^6' 4",4 costante; S= -15' ,3o",9 con una variazione oraria = + 0",45. Vengo alle osservazioni. '' Padova. — Nell'osservazione del principio dell'Eclis- si ci siamo quasi perfettamente accordati Santini , Le- gnazzi ed io. 11 medio dei tre tempi osservati fu 0'' 41' 49", 4 T'. medio di Padova. Differenza della longitudine geograflca con Green- wich: = + 47' 29"2; con Berlino: = — 6' 5",8. Latitudine geograflca: = 45° 24' 2"; angolo della verticale: =11' 28", 6 ; log. : ;/ = 9. 999268. Ne risulta: A. 353° 28' 22", 9. • /3. -f 0° 36'46', 6. /. 354. 37. 53", 5. ^. 57'Ii9", 4. i. 45°'I2', 6. e. 5" 45', 0. (/. 24* 24', 4. A. 59" 25', 7. A'. 354" 5' 46", 5. /S'. — 3", 4. g' rf. 32' 6", 7. e. 32' 7", 0. Quindi r equazione di condizione : __ rfX — 0,002 rf/S = — 0", 3 ; peso r= 3, Nella osservazione della fine dell'Eclisse vi fu tra Santini e me un disaccordo inesplicabile di oltre \ 4" di tempo. — Vedremo tosto che l'osservazione di Santini combinerebbe all' incirca con quella di Kiel; la mia in- vece con quelle di Kònigsberg e Berlino. Ho perciò cal- colato a parte l' una e l' altra osservazione , ed ecco il risultato: Santini. — Tempo osservato 5" 4 4' 54", 9 T. me- dio di Padova. A. 355° 54' 5", 0. /S. 0" 44' 37", 4. /. 554° 44'. 6", ì . TT. 58' 2", 9. L. 45° 42', 6. 9. 40" 47', 5. //. 52.50, 8. _ j55 — A. 27. 53, A. A^ 55SM0' 42^7. ■/2' 0°. 4 7/56'', 7. 3' rf. 52' 4", 7. ^ ,»i-c (?. 5J' 54", 5. . .-li. lì. X. Quindi r equazione di condizione : dX -f- 0, 662. d/2=-\- \2", 2 peso =± 1. Trettenero. — Tempo osservato 3'" U' 49'', 5 T. M. di Padova, e quindi l'equazione di condizione: dh -f- 0, 666 1 . (//S = -f 5", 6 peso — i . Kònigsberg. — Tanto il principio che la fine furono osservali dai signori Luther e Kayser (Astronomische Na- chrichten, N." 1 159). -?,.:- Medio delle osservazioni del principio: V' Z\' 0", 4 T. M. Kònigsberg. Medio delle osservazioni della fine: S*" 53' 51"' 7 T. M. Kònisberg. Differenza di longitudine con Greenwich: I'' 22' 0", 5 ; con Berlino : = -f- 28' 24", 0. Latitudine geografica : = 54' 42' 50, 7; angolo della verticale : = 1 0' 50", 2 ; log. ;/ = 9. 999033. Ne risulta: Principio. Fine. A. 554." 36'. 46", 4. . . . 555'' 58 31", 0. (3. -f 0" 37' 32", 7 0" 45' I", 8. /. 354" 38' 32, 5 554" 44' 25", 5. TT. 57' 57", 9 58' \", 2. — 156 — Priucipio. Fine. L. 5 r 52', 0 e 15" 55', 3 51° 22'. 0. g. 39" 32', 6 63" 55', \. h. 43. 45, 0 V/^. 34" 21', 4. A' 554.° 6' 3^', 4. . . . 555" 15' 58", 0. /e*0.°2'. 4 4", 3 4 2' 42", 8. h'd. 32' 4", 2. ..... 32" 4", 0. e. 52' 5", 8. ...... 5i' 58", 5. — rfA — 0, 068. (//S rfA -t- 0, 445. rf/3 = — 4", 7. peso = 2. =-f-5",8.peso = 2. Hamburg. — Fu osservato il principio dai signori Moller, Niebour e Riimker, (Astronomische Nachrichten, N.° 4 4 54.) 11 medio dei tre tempi è 0'' 55' 40", 3. T. M. Ham- burg. La longitudine di Hamburg è più orientale di quella di Greenwich di 39' 54", 4 , e più occidentale di quella di Berlino di 4 5' 41", 4. — La latitudine geo- graflca è 55" 5 1 ' 5", 0 ; l'angolo della verticale 4 0' 50"; log. r =r 9. 999056. INe risulta : A. 554" 29' 42", 0. /S. -I- 0" 36' 54", 4. l. 554" 37' 57, 0. TT. 57' 57", 8. l. 55" 42', l. — 157 — e. r 42', 8. g. 29° 40^ 9. A. 47. 3, 4. y. 354. 6. 24", 9. (3\ — 5' 39", 4. 3' -f- (/. -f 52' 4", 8. e. 32' 2, 3. rf A. 0, ^ 79. d/3. = -j- 2", b ; peso. = 5. Berlino. — Fu osservata la fine nell' Osservatorio dai signori Bruhus, Forster e Gussew; e fuori dell'Os- servatorio dal sig. Galtzsch in un luogo più orientale di 2", ^ di tempo, e più boreale di r H", 9. (Astronomi- sche Nachrichlen, N.° M34-Ho6.) Prendendo il medio dei quattro tempi molto concor- di fra loro, risulta: 3" 21' 58", 5 T. M. Berlino. Ber- lino è all'Oriente di Greenwich di 53' 35", 5. L'altezza del polo vi è: 32» 50' ^6", 7; l'angolo della verticale: ^r 0"; log.: j- = 9. 999091. Ne risulta : A. 535" 56' 20", 0. (2. -h 0° 44' 49", 8. /. 354" 44' 4 6", 0. TT. 58' \'\ 3. 1.32" 49, 2. 5.43.48,5. <7- S7. 33. 4. h. 33. 59. 6. -- 158 - A' = 555. 15' 43", 2. /S'. -f i2' 28", 2. S' + d. 32' 5", 5. e. 3^'59, 4. dA -f- 0,423 rf/3 =+ 4", 6; peso = 4. Kremsmiinster. — Fu osservato il principio dai si- gnori Reslhuber, Strasser e Leltenmayer. Il medio dei tre risultati è 0'' 55^43", 7. {Astronomische Nachrichten, Differenza di long, con Greenwich : + 56' 32" 8'; con Berlino: 2' 57", 3; altezza del polo: 48" 5' 24"; angolo della verticale: \ I' 25"; log.: r = 9. 999201. Ne risulta : A. 354''3J' S", 7. /S.-f-O" 37' V, 8. /. 354° 38' 5", 5. TT. 57' 58", 9. L. 47" 52', 0. 9. 6" 45', 8. g. 28" 52, 3. h. 40° 27', 9. A'. 554. 5. 59, I. /S'. — 0° 0'. 56", 4. ^'4-(/= 52' 0'\ 0. . e. 32' 6, 8. — (/A — 0,019. d/3 = --0", 8; peso = 3, — ^59^ Kiel. — Fu osservata la fine dai signori Karsten e Weyer. (Astronomische iVacAncA/^n.N.N 154.) Il primo trovò 5" 7' 7", 8 col dubio di un minuto; il secondo S' 6' 9", 9. Ho dunque ritenuto per medio S"" 6' 8", 8. T. M. di Kiel. È più orientale di Greenwich di 40' 55'-; la latitudine geografica : 34° ^9' 24"; l'angolo della ver- ticale: -IO' 55"; log. I' = 9. 999047. Ne risulta : A. 553° 54-56", 5. /S. -f0"44'42, 4. /. 554' 44' 9, 9. 7r. 58' i" \\ {. L 54° 8', 5. $. 59° 20', 0. g. 55° 45, 8. A. 56° 52, 2, A'. 555° 4 4' 22", i. ye'+-IO'-l5", 7. d'-rd. 52' 5", 4. e. 5V 55, 5. dX. + 0,559. (//3 = -f- 4 0 ',7; peso = 2. Hannover. — Principio osservato dal sig. Haase a 0' 55' 45 , 8 T. M, di Hannover. (Astronomische Na- clirichten , N.° 4 4 54.). Longitudine orientale rispetto a Greenwich : 58' 59"; altezza del polo : 52° 22' 20'; an^ golo della verticale: 4 4' 6''; log. y — 9. 999094 Quindi : -« 160 — A. 554" 29' 29", 8. /S. -f 0° 56' 52", 7. /. 554" 57' 58, 5. TT. 57' 58", 0. I. 52''4r, 2. 0. rSG', 7. tf. 28° 49', 5. A. 45" 52', 6. A'. 554" 6 48', 5. ^', _ 0' 4' 46", 2. S'.-hrf. 52'5", 2. «.54' 55 ',5. _ rfA — 0, 455. rf/5 = + 51", 5. Raccogliendo ora tutte le equazioni di condizione, esclusa quest'ultima perchè troppo dalle altre aberran- te , e trattandole col metodo dei minimi quadrati , ar- rivo alle due equazioni normali : 21. dX -f- 5, 785. rf/S = + 65'', 92. -h 5, 785. rfA -f 2, 266. rf/S = -f" 28, 80. Da cui : rfA = 4- V, 22; r/13 = + 40", 67. -o<336s>*- Sulla propria Monografia delle Filarie, puhlimta nel Voi, XXFUI, degli Atti della Imperiale Regia Academia delle Scienze di Vienna, e più particolar- mente sulla Filaria perforans M. — Comunicazione del Socio Straordinario Prof. Raffaele Molin. Le parole che l'illustre Naturalista ed Academico francese Valenciennes pronunciava all'Istituto di Fran- cia nella Seduta dello scorso Agosto intorno alle Filarie delle martore diedero occasione ad alcune osservazioni comunicale dall'Autore all'Academia. Egli le riconobbe tanto più importanti, in quanto ri- guardano ad un fatto eh' è troppo comune fra noi • inol- tre perchè i Zoologi Italiani specialmente si occuparo- no di questi animali ; e finalmente perchè questi poveri vermi subirono tante vicende, venendo confusi con al- tri, ora rinegati, e mai esattamente descritti Nelle martore si trovano due specie di vermi appar- tenenti al genere F//a,va, che vivono parasiti, alcuni sotto la cute e fra i muscoli, altri nei polmoni. Tanto questi che quelli sono Filarie; ma, come ha potuto as- sicui-arsi l'Autore medesimo , appartenenti a specie di- \l — 162 — verse . Quelle che vivono nei polmoni delle raarlore non ùirono per anco descritte. Noi le conosciamo sol- tanto sotto il nome Filaria Mustelarum (pulmonalis) Ru- dolphi. Il primo Naturalista che scopri questi vermi fa il nostro lledi, il quale ne parla alla pag. 25 della sua Opera Animali viventi, e racconta d'averli trovati nei polmoni di quattro faine (Mustela Faina), in cisti brune lungo le diramazioni bronchiaU. Dopo di Redi, Werner li trovò nei polmoni della Mustela Martis in sacchetti grandi come una nocella, attaccati ai bronchi, e li deno- minò Gordius Martis, e ne diede una rozza imagine {Rev. expos. Cont. I. 9. Tab. Vili. 20-21). Ne parlano quindi Gmelin sotto il nome Ascaris bronchialis {Syst. nat. 505 1 , N°. 4 3), e Zeder sotto il nome Fusaria bronchialis {^a- tiirrj. 116). Bremser li trovò in Vienna cinque volte nei polmoni di sette Mustelae Martis , ed una volta nei polmoni di 20 Mustelae Fainae. Rudolphi li trovò final- mente in sette ovvero otto sacchetti della grandezza di un pisello aderenti alle ramificazioni bronchiali del pol- mone d'una Mustela Putorius. Questo Elmintologista ne dà una descrizione incerta alla pag. 265-20 i del Vo- lume III. della sua Entozoorum Ilistoria naturalis, e non sa decidere se appartengano al genere Uamularia ov- vero Stronyylus^ e li denomina: Duùium Mustelae Fainaè, Martis et Putorii. Più tardi Rudolphi li trovò anche nel- la Mustela Martis, e nella sua Synopsis Entozoorum alla pag. 216 si decide a registrarli tra le Filarie. Dujardin — 163 — nella sua Histoire naturelle des Helm. alla pag. 47 parla di questi vermi, e concbiude che devono appartenere ad un genere differente da quello al quale dovrebbe ap- partenere un verme trovato sotto la cute d' una mar- tora nel Museo di Vienna , ed inviato al Museo di Pa- rigi nel ^ 8 1 6 , che viene pure descritto da Dujardin neir Opera su citata , e del quale conchiude che non dev' essere una Filaria. Diesing finalmente nel suo Sy- stema Helminlh. Voi. II., pag. 280, registra il verme dei polmoni delle martore nel genere Filaria fra le species inquirendae,e si astiene da ogni giudizio. Il Prof. Molin ha potuto esaminare tutti i preparali di Brem- ser ; e quantunque avesse a sua disposizione esemplari tanto d'una Mustela Faina, che di due individui della Mustela Martis , nonché pezzi di polmone dei suddetti esemplari, nei quali erano contenuti i vermi, nulla potè decifrare a motivo del pessimo stato di conser- vazione dei preparati. Nelle Miistelae Faina e Puto- riìis , che ha esaminato fresche in Padova, non gli fu mai dato di rinvenire vermi nei loro polmoni. Più for- tunato si dichiara essere egli stato nelle sue ricerche sui vermi che si trovano sotto la cute delle martore. Questi vermi furono osservati, come ci narra Redi, dai cacciatori Italiani , i quali trovando sotto la cute delle martore dei vermi lunghi come fili bianchi, e simili a quelli che trovavano sovente sotto la cute dei falconi , adottarono tanto per quelli che per questi il nome di — 164 - Filandre. Sotto questo nome ne parla Redi alle p. 24-23 (Iella sua Opera Anim. viv. , e racconta d' averli trovali fra la pelle ed i muscoli della Mustela Faina Martis e Putorius, in varie epoche dell'anno, spesso in gran quan- tità (una volta in una sola faina ne rinvenne da 200 a 250 di vivi, ciascuno dei quali aveva una lunghezza di due spanne), e ne dà un'imagine, quantunque rozza, ciò nonpertanto esatta , nella Tav. IX. fig. 5. dell' Opera su citata. Dopo Redi trattarono di questi vermi Gmelin (Syst. nat. pag. 5040) e Zeder {Naturg. pag. 58), quelli della Mustela Martis denominando Filaria Martis, men- tre quelli della puzzola furono denominati dal primo Ascaris mephilidis , e dal secondo Fusaria mephilidis. Tanto r uno che l'altro negano però l' esistenza di que- sta specie (Gmelin, Syst. nat. pag. 5052, n.° 4 7) e Ze- der (Naturg. pag. 4 17), perchè dicono che i vermi tro- vati sotto la cute delle martore sono identici a quelli trovati nei loro intestini. Rosa però trovava di nuovo quei vermi in quantità sotto la pelle delle faine in Fe- brajo, Marzo e Maggio , e nelle sue Lettere zoologiche (Pavia 1794, pag. 2) li descriveva, e li confondeva colla Filaria medinensis, aggregandoli a questa specie. Brem- ser raccolse nuovamente questi animali sotto la cute di una Mustela Martis. Rudolph! confessa di non aver mai trovato questi vermi là dove dice nella sua Synopsis: Catalogus Musei Entoz. Viennensis Filarias tantum Mar- tis siibculaneas enumerai. Ipse tales liactenus mmquam i , — 165 - effendi. Una delle Filarie trovate da Bremser fu nel- raiino 1816 inviata in dono al Museo di Parigi, e Du- jardin nella sua Hist. nal. des Ilelm., all'Articolo Filni- re$ des marlres la descrive colle seguenti parole : « Une » Filaìre cnvoyóc de Vienne au Musée de Paris en 1816, » et indiquéc corame trouvée sous la peau de la mar- » tre, est une femelle longue de 470"", large de 0"' 4, » avec la tòte large de 0™^ \ 0 obliquemeut tronquée, et » la bouche ronde trcs-petite près du bord ; sa queuc » est cgalement obtuse et large de 0™; 07. Les oeufs, » dont cet helminthe est remplis, sont elliptiques, presquc » ronds, longs de 0"", 042, revélus d'une conche granu- » leuse caduque, et laissent voir à l'intérieur un embryon )) en roulé. II est vraisemblable, d' aprcs ces caractères, )) qu'il doit faire partie d'un autre genre. » Da ciò ri- sulta che Dujardin crede questo verme non essere una Filaria, ma che abbia fatto l'importante osservazione che sia viviparo. Prima però del Naturalista francese il dottissimo Prof. Alessandrini aveva dimostrato che le Filarie delle martore sono vivipare, e nell'/su di Oken pel 1845 alla pag. 530 v'ha una notizia di que- sta importante scoperta. Da ciò il Prof. Molin manife- stò la compiacenza di poter rivendicare all'amico e Col- lega, che tanto venera, il frutto delle sue onorate fati- che. Egli quindi prosegue: Diesing finalmente nel suo Systcma Ilelm., Voi. H. pag. 27 1 , descrive per primo que- sto verme, denominandolo Filaria (luadrispina colle se- — 166 — guenti parole : « Os orbiculare spinulis quatuor cru- » cialim oppositis nodoliformibus. Corpus longissimuiu )> subaequale, retrorsum sensim attenuatum, exlremi- » tate caudali meris in anfractus nonnullos convolu- ))ta; femina subrecta. Longit. mar. 2-5'; fem. 4-0''; » crassit. if-lt"". » Neil' inverno del ] 855 e in quello del 56 TA. trovò queste Filarie sottocutanee costantemente nelle faine e nelle puzzole che, comperate al mercato di Padova, ebbe occasione di sezionare. Le sue Filarie non cor- rispondevano alla descrizione di Diesing ; ed esaminate avendo in Vienna anche quelle raccolte da liremser, o trovatele identiche alle sue, fece avvertito il Diesing del- l'errore in cui era accidentalmente incorso. Io non avrei azzardato (dice l'Autore di questa co- municazione) di cambiare la descrizione della Filaria quadrispina, se Diesing stesso, il primo dotto che ho ve- duto sacriflcare la vanagloria alla verità, non m'avesse autorizzato stampando le seguenti parole alla pag. ^9 del Voi. XIII. delle Memorie dell'I. R. Academia delle Scienze in Vienna : « Per un errore che non so spiegare, n nel mio Sistema Uelminth. la Filaria gracilis e la Fila- » ria miistelarum di Rudolphi furono falsamente regi- » strale nella divisione delle Filarie con bocca armata. » Il Prof. Molin^ che pel primo mi avverti di questo ei'- » rore, ebbe la gentilezza, avendolo pregalo io stesso, » di assoggettare ad una revisione tutte le Filarie della — -167 — » laccoKa del Museo di Corte, che io aveva descritto, e » publicherà quanto prima i risultamenti di questa revi- » sione in una Monografia del genere Filaria negli Atti » dell'I. R. Academia delle Scienze. » Ottimo maestro, queste parole, più che esaltar me, onorano te stesso! Non potendo più convenire per queste Filarie il nome di Filaria quadrispina, il Prof. Molin impose loro il no- me di Filaria perforans. Eccone la descrizione: Filaria perforans Molin. Os inerme ; corpus filiforme, longissimum ; extremitas anterior attenuata obtusa ; posterior valde attenuata ; cxtremilas caudalis maris in anfractus convoluta, limbis lateralibus praelongis et amplis in apice caudae conjun- ctis papillis utrinque quinque filiformibus, limbo acces- sorio parvo, apicem caudae ingentem ; vagina penis mo- nopetala, falciformis ; extremitas caudalis feminae inflexa , acuminata ; hiatus vulvae ad os , in anteriore corporis apice {Vivipara). Longit. mar.2''-5"; crassit. VS^-iA"". Longit. fem. 4'-7''; crassit. l/4'"-l/2'". Redi: Anim. viv. 24. 25. Tab. IX. 5. vers. 54. Filaria Marlis. Gmelin, Syst. nat. 3040. — Zeder, Nalurg. 58. Filaria medinensis ? Rosa, Lett. zooL Filaria mustelarum. Rudolphi Enioz. Hist. nalur. lì. 69. HI. 379. — Ejusd. Synops. 7. et 213. — Alessan- drini in Isis, 1843. 530. — Dujardin, Hist. nat. des Hcl- minlh. 47. — 168 — Filaria quadrispina. Diesing, Syst. Ilelminih. II. 271. Filaria mustela barbala in Colteci. Brusii, il/. C. V. IIabitaculum. Mustela Faina — M. Martis — il/, pii- torius: sub cute et Inter musculos (Redi, Rosa, Brem- ser et Alessandrini). — il/. Faina et M. Pulorius, hieme, Patavii (\Iolin): in tela conjuncliva subcutanca et in- termusculari. — Culo barbatus mas, Ypanema, Decem- bri : in cavo Ihoracis (Natterer) . M. G. V. Osservazione dell'Autore. Io ho trovato costante- mente questi vermi ne' luoghi suddetti ed in numerosi esemplari tanto nella faina che nella puzzola sotto le scapule e intorno la cavità cotiloidea , ed ebbi l' onore di presentare all'Istituto esemplari della Filaria perfo- rarne tolti tanto dall'uno che dall'altro animalo, non- ché un preparato della Mustela Putorius con le Filarie in sito , trovate poco tempo prima , che pregai di con- servare nelle collezioni quivi instituite. Io ho esaminato anche un esemplare femina che Nat- terer trovò al Brasile nella cavità toracica del Culo bar- batus. Questo corrispondeva esattamente alla descri- zione che ho dato delle Filarie sottocutanee delle mar- tore; soltanto la sua estremità caudale era mollo ottu- sa. Esso misurava 6' in lunghezza, e 1/2'" in larghezza. Da queste considerazioni risulta: l.° che la presenza delle Filarie sottocutanee nelle martore è un fatto co- munissimo in Italia ; 2." che il primo a descriverle e a darne un'imagine fu il nostro Redi; 5." che Alessan- ~ 169 — drini fu il primo che dimostrò essere questi animali vi- vipari; 4.° che perciò i Naturalisti Italiani hanno il me- rito di averci istruiti intorno ai punti più importanti della Storia naturale di questi vermi; 5.° che questi vermi nel Nuovo-Mondo si trovano nella cavità tora- cica del Gillo barùatus ; e 6." finalmente, che ora pos- siamo considerare completa la loro Storia naturale. o«3®e:&«> Tornata \l del giorno 20 Giugno I85(S. Della Visione e dello Stereoscopio. Del Socio Ordin. Prof. Giusto Bellavitis. -»o^-C^^oc 3 ' J ■>•■■./ ^,r'-^- DELLE MATERIE CONTENUTE NEL FASCICOLO XIV. (Voi. VI.) ANNO AGADEMICO 1857-1858. Ragiazzìui* — Cenni storici ed Analisi chimica dell' aqua salso-jodica della Salvarola nel Ducato di Modena. . , pag. 113 Argenti. — Relazione statistico-sanitaria del Comune di Pa- dova per l'anno 1857 » 125 TrctCeiiCfO. — Confronto delle Tavole della Luna di Hansen colle Osservazioni dell'Eclisse solare del 15 Marzo 1858. » 150 Mollu. — Sulla propria Monografia delle Filarle, publicata nel Voi. XXVIII. degli Atti della Imperiale Regia Academia delle Scienze di Vienna, e più particolarmente sulla Fila- ria perforans M » 161 Bcllavitis. — Della visione e dello stereoscopio » 170 Nardi. — Sui lavori dell' Academia Imperiale Russa di Geo- grafia « 184 Do Leva. — Sulle cagioni e sul modo della morte di Don Car- lo, figlio di Filippo II » 204 Itcllavitisi. — Alcune parole sulla proprietà letteraria. . . » 206 APPENDICE Invito della Società di Bruxelles per l'intervento di una Rap- presentanza dell'Academia nostra al Congresso sulla pro- prietà artistica e letteraria » 203 Nuove aggregazioni a quest'Academia » ivi Nomi dei Socj Ordinar] che dovranno leggere nelle Tornate del prossimo anno academico 1858-1859 » 215 Commissione eletta per l'esame dei Concorsi al premio propo- sto dall'Academia » ivi Proposta accolta dall'Academia di prender parte alla colletta aperta per l'erezione di un monumento all'immortale Ana- tomico di Padova Giambattista Morgagni in Forlì ivi Opere pervenute in dono all' Academia » 217 XV. DEI lAVORI DEllA L R. ACADEMIA DJ SCIENZE, LETTERE ED ARTI m PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. Sef 1858-1859. VOLUME VII. PADOVA co' TORCHI DI G. B. RANDI IN DITTA ANGELO SICCA 1859 . > DEI LAVORI DELIA I. R. ACADEMIA DI SCIENZE^ LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Gidseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. 0*iMiest£6 ptuiio e 6ccou9o acf i 858- i 859. VOIiVME TU. PADOVA co* TORCHJ DI G. B. RANDI IN DITTA ANGELO SICCA 1859 k VI '(( ma Mbi I. R. ACADEMIA DI SCIEAIZE, LETTERE ED ilRTI IIV PADOYi ORDINE DELLE SEDUTE E DELLE LETTURE PKR l'anno academico Ì858-59. 1858. 5 Dicembre Cav. Trevisan, 1859.25 Genajo . ..... Dott. Ofsolato. — 6 Febrajo Conte Cittadella. — 20 Marzo Prof. Bellavitis. — 27 detto Barone De Zlgnoo — 3 Aprile Dott. Coletti. — 8 Maggio Prof. Sonato. — 22 detto ...... Prof. Santini. — 26 Giugno Dott. Mattioli. Prof. De Leva. 17 Luglio . _ . ( Dott. ]flug;na. 1° Le Sedute ordinarie si tengono a un'ora dopo mezzogior- no, e sempre in Domenica. 2° E desiderio che i signori Socj Straordinarj e Corrispon- denti leggano una qualche volta fra l' anno. A destinare la gior- nata basterà un cenno alla Presidenza. 3." I cultori delle Scienze, delle Lettere, delle Arti, che amas- sero comunicare un qualche lavoro, faranno cosa grata all'Aca- demia. La Presidenza, avvertita che sia, insinuerà la persona al Direttore della Sezione, cui potrà appartenere l'argomento del lavoro medesimo; quindi determinerà il giorno per la lettura. 4." Una Rivista periodica triinesti'nic piiblica i la- vori dell' Academia; un esemplare è offerto, subito dopo la stam- pa, agli Ordinarj, agli Straordinarj ed ai Corrispondenti domi- ciliati in Padova. Si ricorda ai lettori di Memorie nelle Sedute destinate nell' anno , che il ms. dev'essere deposto sul tavolo della Presidenza insieme all'Estratto, appena finita lettura, af- finchè la Redazione della Rivista non abbia a ritardarne la pubJicazione. «sSi®®»* PERSONALE ACADEMICO A TUTTO IL PRIMO SEMESTRE DEL .1858-59. CONSIGLIO ACADEMICO» MIJOIVA Dott. GIAMBATTISTA. Vie e-vi-ccò tSei de. DE VISIA]\1 Prof. Roberto. . JDìwttorì ìfi ^ejìone. Ragazzini Prof. Francesco (Fisica). Coletti Dott. Ferdinando (Medicina). Bellavitis Prof. Giusto (Matematica). Bonato 4b. Prof. Modesto (Letteratura e Scienze morali). IMenin Ab. Prof. Cav. Lodovico. Cavalli Conte Ferdinando. 3lwl)bbta t &\biwtecaxÌ0. Orsolato Dott. Giuseppe. ^mraimstratorf Cassiere (Dnararìo. Arguenti Dott. Francesco. — 6 — ilTfmbrt (!S)r^inari (pcrmancntt nel numero ìfi 28). (Pfasse Seffc Scietitc fiicfie. De Visiani suddetto. De Zlgno Bar. Achille, mcnin suddetto. Trevisan Cav. Vittore. Raj^azzini suddetto. (Sfasse òeffe cTcictije méòicfic. itrgenti suddetto. #«.H|ir Bcnvenisti Dott. Moisc. Coletti suddetto. festler Dott. franccsco liaverio. ìllngna suddetto. Orfsolato suddetto. Mattioli Dott. Giambattista. tTejioue l)&i(e 'Woatemaiicfie, Bellavitis suddetto. Minicli Prof. Cav. Raffaele. Santini Prof. Coninientlatore Oiovanuii. Trettenero Dott. l'irgilio. Tarazza Prof. Domenico. cienoue TJeffe Scieme maiali e J(ettczatuia, Agostini Ab. Prof. i»tefano. Donato suddetto. Cavalli suddetto. Cittadella €o. Cav. Giovanni. De Leva Prof. Giuseppe. ^flflwfidti tmìftntì in paìrano. a) (Pome cToci Quotati. Cittadella- Visodarzcre S. E. Conte Andrea, già Membro Ordinario. Fini Bai*. Cav. Girolamo, ilanfredini HIous. federico. Vescovo di Padova. b) (3oiu6 Joci C/tueùti, ^,, Catullo Prof. Cav. Tomaso. e) (Soiwe Soci Sttaotòiuaù. ilernati Prof. Antonio. Canal Ab. Prof. Pietro. Cerato Dott. Carlo, f abris ìllons. Oio. Maria. Keller Dott. Antonio, liuzzato Prof. Samuele. JHolin Prof. Raffaele. Rivato Ab. Prof. Antonio. Seraflni Dott. Giuseppe, Trivellato Ab. Prof. Giuseppe. Zambelli Prof. Karnaba. d) Come t/oci Gottitoouòeuti, Basso Dott. iiuigi. Berti Dott. Giacomo. Brnsnolo Prof. Giuseppe. Brusoni Dott. Giacomo. Calcgari Dott. Pietro. Dalla Torre Prof. I^elio. * — 8 — Dallnsohcck Ppof. Giuseppe jtntonio. Do ìllafchi Dott* itlcssniidpu. Vabcni Prof. Vincenzo, faccio Domenico. Vauza^o Dott. Luigi, fava Prof. Giambattista, foscarini Dott. Jacopo. Gloria Prof. Andrea. IVaccari Cav. fortunato-Iiuigi. Podrecca Dott. Giuseppe-Leonida. Salomoni Prof. Filippo. Tolomei Prof. Giau.Paolo. \^anzetti Prof. Tito. Zaoco Mob. Teodoro. ( Tornata I. del giorno 19 Dicembre 1858. Sulla Fauna elmintolocjica delle Provincie Fer nete. — Del Socio Straordinario Professore Ra- FAELE MOLIN. ilon sono ancora molti anni che Diesing publicava il sao Sistema degli Elminti. Questa fu la scintilla elettrica cbe scosse i Naturalisti di tutte le nazioni, e li determinò ad investigare esseri fino a quel tem- po negletti ; anzi, se oso dire il vero, riguardali con occhio di disprezzo. Ma lo studio di quelli animali fruttò alla Scienza ben maggiori risultaraenti di quelli che si promettevano gì' investigatori ; ben maggiori di quelli che osassero sognare nelle loro più ardite utopie. La generazione alterna osservata da Steenstrup in poche specie, tanto poche che si potevano nel vero senso della parola numerare sulle dita, pe'i lavori di Siebold, Riichenmeister, Van Be- neden, del nostro De Filippi, ed altri, fu constatata in tanti vermi intestinali, che il sistema degli El- minti nel decorso di sette anni dovette subire una — 12 — totale riforma. Serie intere di animali che venivano considerati come esseri enigmatici bensì, ma ciò non- pertanto indipendenti, sparirono dal Sistema, e fu riconosciuto ch'essi non sono altro che stadj di svi- luppo d'altri animali. Era appunto nell' epoca che il Mondo scientifico stupiva pe' i primi risultamenli positivi ottenuti in questa specie di ricerche, allorquando per riempiere una lacuna di non lieve momento nel Museo di Sto- ria Naturale della nostra Università cominciai a rac- cogliere vermi intestinali da tutti quelli animali che venivano sezionati nel nostro Inslituto. Io cominciai queste ricerche non già spinto dal desiderio di con- statare i fatti enunciati da' miei Colleghi, né dalla speranza di eternare il mio nome negli Annali della Scienza, trovando verità non peranco conosciute; ma animato dallo spirito del dovere , il quale m' im- pone di non cessare dalle fatiche sino a tanto che il Museo affidato alle mie cure non sia il primo fra quelli sui quali risplende il Sole d'Italia. E che io non abbia risparmiato fatiche, né che abbia in- dietreggiato innanzi ad ostacoli di qualunque spe- cie, né mi sia lasciato scoraggiare sentendo non di rado deluse le mie speranze , ve lo provi il solo fat- to , che per trovare il maschio d' un Ascaride del pesce Zeus Faber, del quale Rudolph! solo avea ve- duto a Rimini le femine, ho avuto il coraggio di se- zionare 293 pesci, per trovare appena in uno di essi alcuni maschi. Ma quale fu la mia sorpresa — 13 - quando m'accorsi che nei quadrupedi, negli uccel- li, nei rettili, negli anfibj e nei pesci del nostro pae- se vive una quantità di vermi, de' quali i Natura- listi non avevano nemmeno la più lontana idea ; e quando m'accorsi che, potendo studiare Elminti vivi, potevo d'ognuno di questi esseri non solo determi- nare i caratteri che li distinguono dai loro affini , ma ben anco investigarne l' intera anatomia. Il frutto di queste fatiche, nelle quali spesi quat- tro anni, fu raccolto in un lavoro che unitamente alle imagini illustrative, le quali riempiono sedici Tavole in foglio con i 70 imagini, si publica ora nelle Memo- rie dell'Academia delle Scienze di Vienna. La stessa Academia, oltre a questo, divulgò un Estratto di quanto esposi ; ed ora , o illustri Colleghi , che vi presento la prima parte di questo Estratto, voglio cogliere l'occasione per intrattenervi su quanto é contenuto nel mio Prodromo della Fauna elmintolo- gica veneta. E ciò io faccio, inquanloché credo non vi sarà discaro l'essere assicurati dalle mie osser- vazioni, che la Fauna elmintologica del Veneto è senza dubio la più ricca che si conosca , tanto per Generi che per Specie e per numero d'individui. Non una sola volta io rinvenni in un unico animale persino una decina di Specie appartenenti a Generi, e non di rado ad Ordini differenti; e di qualcuna di queste Specie più ceutinaja di esemplari. Nella mia raccolta non sono rari que' preparali, nei quali si vede il tubo intestinale di alcuni pesci od uccelli -14 — trapunto in lutla la sua estensione da echinorinchi grandi come pignoli, i quali tengono luogo delle vil- losità della mucosa ; ne una volta soltanto ho tro- vato la cavità addominale del Gaddus Meilucìas piena di tanti Agamonema , che non potevo com- prenderli fra le mani. E questo fatto, che negli ani- mali formanti la nostra Fauna sia tanto copiosa la verminazione, credo non sarà meno importante pel Medico, di quello che lo sia pel Naturalista. Ma egli è tempo ormai ch'io vi parli più parti- colarmente di questa Fauna singolare. Ebbene: essa è rappresentata nel mio Prodromo da 4 63 Specie appartenenti a 44 Generi differenti. Delle 4 63 Spe- cie, 87 sono Specie nuove da me scoperte, descritte e figurate per la prima volta. E dei 44 Generi, 4 non esistevano pe' i Naturalisti prima delle mie ricerche. '> In questa Fauna il Genere Diplostomum è rap- presentato da una sola Specie ; il Genere Hemisto- mum da 2 ; Holostomum da 5 ; Godonocephalus da 4; Monostomum da 2 ; Distomum da 29 ; Ga- sterostomum da 1; Spargamim da 4; Scolex da 4; Garyophylleus da 2 ; Dihothriwn da 4 : Triaeno- phorus da ì;Tetrahothrium da 6; Onchohothrium da 2; Solenophorus da 4; Tetrahothriorhynchus da 4 ; Rhynchohothrium da 2 ; Jspidorhynchiis à»i;Taema da 19; Echynot'hynchus da 20; Oxyu- ris da 3 ; Ascaris da 22 ; Heteracis da 2; Hedru- ris da 4; Gosniocephalus da i; Spiroptera da 4; Dispharagus da 5;Tropidocerca da 4; Gucullanus — 15 — da 2 ; Stelmius da i ; Echinocephalus da 2 ; Jcan- thocheiliis da d ; Dacnitis da 4 ; Hystrichis da d ; Lecanocephalus da d ; Filaria da 5 ; Trichoso- mum da 4 ; Tricocephalus da j ; Galodium da 4 ; Dochmius da d; Strongylus da d. Delle centosessantatrè Specie suddette, 2 sole so- no indeterminate 5 e furono perciò registrate nella rubrica delle Species inquirendae, e tutte le d63 si rinvennero in 84 Specie di animali differenti; e precisamente 8 poppanti, 3d uccello, 4 rettili, 6 an- fibj, e 35 pesci. Eppure questo numero ben considerevole di Spe- cie d' Elminti non è forse nemmeno la centesima parte di quelli che ci sono ancora sconosciuti, e che albergano negli animali componenti la nostra Fauna ; e la prova si è, che dal mese di Novembre sino al d 7 Dicembre di quest'anno potei raccogliere un'altra ventina di Specie, quantunque le mie ricerche siansi limitate soltanto agli Elminti ospitati negli animali vertebrati. Il vantaggio di poter esaminare i vermi intesti- nali vivi, e l'uso di un eccellente strumento ottico mi posero in istato di modificare in parte, ed in parte estendere la diagnosi di 29 Specie già determinate dagli Elmintologhi che mi precedettero, da Rudolphi in poi. Il frutto però delle mie investigazioni , che più di lutto lusinga il mio amor proprio, si è quello di avere riabilitati varj Generi stabiliti da Dujar- din, dal celebre EIraintologo francese, e che erano — 16 — rigettati dagli Elmintologhi Tedeschi. Non solo mi fu dato di ristabilire i Generi Haeteracis, Dìspha- ragus , Dacnitis e Stelmius di Dujardin, ma ben anco potei confermare co' i fatti, che il Genere Ca- lodiuM non appartiene ai Tricosomi, ma deve slare nella Sezione degli Acrophalli , là dove l'istinto dell' impareggiabile Naturalista francese lo aveva registrato. La semplice osservazione dei vermi intatti , non ischiacciati fra i vetri dello stromento compressore, non maltrattati dai fluidi che intaccano, or più ed or meno, organismi tanto molli, quanto sono gli Elminti, m' ajutò a bandire dalla Scienza molte favole ; e spero farà concepire a' miei Colleghi, che leggeranno quel lavoro, un' alta opinione della fantasia poetica del- l'onniveggente Blancard, il quale ci racconta di avere trovato in vermi lunghi un mezzo centimetro i vasi sanguiferi; di avervi introdotto un tubulo, ed incettata una massa colorante. E quantunque co- lesto risultamento sia negativo, e strappi molte fo- glie dall'orgoglioso serto che cingeva la fronte dei Naturalisti poeti, ardisco sperare che i Dotti, i quali portano per assisa — siamo amici di Platone, ma vie più amici della verità — non mi terranno il broncio se da un sogno naturalistico delle mille e una notti li trasportai nell'arido campo della verità. Un Elminto rarissimo, appartenente al Genere Lecanocephalus, e che fino al presente era stato rinvenuto soltanto negl' intestini dei pesci del Bra- — ar- sile, ho trovato nella Grijsophis aurata, pesce co- munissimo nel nostro Adriatico. Un altro verme, ap- partenente al Genere Sparganum, ora soltanto sco- perto in alcuni poppanti della Russia , io rinvenni nelle nostre Puzzole. Fatti importanti, i quali dimo- strano che alcuni Elminti non sono esclusivi ad una zona determinata. Più particolarmente mi occupai dello studio degli organi genitali dei vermi intestinali; e le modifica- zioni meravigliose che ci presentano così nei Ne- matoidei che nei Distomi; la costanza delle loro forme in una determinata Specie, che ripetutamente potei scoprire ih centinaja d'esemplari ; mi determi- narono a dar loro un peso speciale nella esposizione della Specie caratteristica ; ed applicando questi ca- ratteri sopra una scala più grande , ma collo stesso metodo già adoperato dal celebre Dujardin , ho po- tuto stabilire Specie e Generi, i quali forse non sa- ranno comparsi nel Sistema , per isparire come la fosforescenza delle luciole tosto che comincia a ri- splendere il giorno della critica spregiudicata. E queste ricerche anatomiche non solo giovarono alla Specie caratteristica, ma sciolsero altresì qualche problema di non lieve momento. Io citerò soltanto l'esempio degli organi genitali maschili degli Echi- norinchi, i quali non erano stati descritti dagli al- tri Zoologi per mancanza di un oggetto adatto alla investigazione, e che sarebbero forse ancora un enigma zoologico, se non avessi trovato accidental- o> -18 — mente in uno dei pesci più comuni delle nostre aque molti esemplari di un Echinorinoo trasparente come il vetro, ch'io denominai Echinorhynchus incras- satus. D'ogni Specie registrai coscienziosamente l'epoca , il numero degli esemplari, e l' animale in cui la rin- venni, onde possano essere rintracciale, senza molta pena, anche da altri Naturalisti. E quantunque io non mi lusinghi (e ciò dico senza affettazione di modestia) che il Prodromo della mia Fauna elmintologica veneta possa essere tenuto in tanto pregio, quanto i lavori elmintologici del Redi, del Rosa, del Brera, del Delechiaje, dell'Alessan- drini, e specialmente del De Filippi, ciò nonostante ho voluto darvene un cenno, o dotti Colleghi, aflin- chè almeno nella comunità della nostra Academia non manchi quello spirito di associazione, che fa tanto prosperare le Scienze esatte negli altri paesi, o^Sg^o Il Socio Ordinario Prof. Giuseppe De Leva presenta al- cune Opere ed una Lettera della Reale Academia de la Historia di Madrid, che propone di rannodare corrispon- denza con questa di Padova ; proposta che l' Academia ac- coglie con aggradimento. Raccoltasi l'Academia in Sessione privata, udì il Rap- porto della Commissione instituita per l'esame degli Ela- borati di Concorso al Premio proposto col Programma i9 Luglio i8o7. (Vedi il Fase XII. di questa ^tuis/«,pag. 159, 160 e 188.) 11 Rapporto fu il seguente: — 19 — Onorevoli Academici ! iiella Tornata 20 Aprile d856 (i) la nostra Acade- mia poneva a Concorso la soluzione del Quesito se- guente: Dei veleni usati nelle varie industrie ve n'ha di non necessarj? E da quali sostanze inno- centi potrebbero venire surrogati?; e vi annetteva il premio di una medaglia d'oro del valore di zec- chini veneti i 6, da conferirsi all'Autore che avesse sciolto più compiutamente in ogni sua parte il Quesito. Nessuna delle due Memorie presentate essendo stata giudicata meritevole del premio, l'Academia nella Tornata 5 Luglio d8o7 deliberò di riproporre per l'anno susseguente lo stesso Quesito col mede- simo premio; e nella Tornata del -18 Luglio d858 elesse una Commissione per l'esame delle Memorie presentate al Concorso, e questa composta dal Prof. Bellavitis, Prof. Ragazzini, e Dolt. Coletti. Senon- chè avendo il Prof, Ragazzini declinato l'onorevole incarico, lo assunse in sua vece il Barone De Zigno, siccome quello che dopo i tre eletti aveva ottenuto per tale missione il maggior numero di voti. Gli è in nome di questa Commissione ch'io vengo a leggervi il Rapporto ; la quale dolente della man- canza di un Chimico fra i suoi Membri, adoperò a (l)Ve(li Fase. IX. di questa Rivista, pag. 79. -20 — sopperirvi col giovarsi, nelle questioni tecniche, del- le svariate e pratiche cognizioni del nostro Socio e valente Chimico Dott. Carlo Ceralo, della cui cortese ed efficace cooperazione la Commissione qui gli pro- fessa i più sentiti ringraziamenti. Arduo era il tema e vastissimo ; breve il tempo, ed impari il premio alla difficile soluzione. Un solo concorrente si cimentò alla prova eolla Memoria se- gnata dall' epigrafe di Bacone : Le arti industriose sono i rami più importanti della publica felicità. In una breve Prefazione 1' Autore fa parola dei progressi della Chimica, notando che se questi van- taggiarono le industrie, misero però alle mani di tutti maggior numero, maggiore copia, e più scelta qua- lità di veleni. Non è quindi strano se da qualche tempo la Statistica accusi una cifra progressiva di morti per veneficio; come è ovvio il pensiero, che più necessari ed urgenti abbiano ad essere i prove- dimenti : ed opportunissirao consiglio quello dell'Aca- demia d'inanimire gli studiosi alla soluzione del dif- ficile problema. Certamente un qualche sacrifizio nel- l'economia ed una più facile accontentatura nella ec- cellenza del prodotto sono necessarj per accogliere di buon grado le sostituzioni innocue; le quali avreb- berp ad essere prima esperite nei publici Stabili- menti, e, riuscite soddisfacenti . consigliate, e final- mente imposte ai privati. Data la definizione del veleno, e distinti i veleni in organici ed inorganici, si accinge tosto l'Autore — 21 — alla soluzione della prima parte del Quesito, ed enu- mera i vari veleni che nelle diverse industrie ven- gono adoperati. In questa rassegna la Commissione ebbe a notare parecchie mende; come: a) Menzione d' usi poco comuni, ed ommìssione di altri più comuni e pericolosi. b) Inesattezza nella citazione dei fatti, e) Errori e singolarità nell' apprezzarli. A) Menzione di usi e frodi poco comuni, special- mente fra noi, quali del solfato di rame e di zinco, del carbonato d'ammoniaca talora impuro di piombo nella fabricazione del pane, a renderlo più bianco, più soffice e saporoso; come di soverchio timore è il condannare la laminazione del piombo per coprire i tetti, e l'uso del sale ammoniaco per la stagnatura: dimenticando per converso altri più comuni usi e più pericolosi, quali del sublimato per l'affinamento del- l'oro, del nitrato d'argento e cloruro d'oro, e joduro e cianuro di potassio nella fotografia, del nitrato d'ar- gento e solfato di rame nell'elettro-argentatura, del- l'acido solforico nel così detto solfato d'indaco nella tintoria specialmente delle sete. B) Inesatto è il racconto d'un caso di veneficio accaduto a Milano presso il confettiere Biffi, dato dall'Autore per acido solforico, mentrechè accadde realmente e notoriamente per essenza di mandorle amare. Inesatto per lo meno è il dire che l'acido sol- forico, comunemente adoperato nelle industrie, mandi vapori all'ordinaria temperatura, mentre ciò non si — 22 — verifica che nell' acido di Sassonia, usato nella pre- parazione del solfato d' indaco ; e parimente che il fosforo amorfo si accenda col solo sfregamento, men- tre ciò avviene per l'intervento di un corpo che gli ceda l'ossigeno. C) Errore scientifico è l'affermare che l'acido solforoso si trovi nelle aque dette solforose, come quelle di Aix in Savoja, mentre vi esiste l'acido idrosolforico. Errore si è l'ammettere che certe ver- nici sieno riuscite velenose pel piombo, principio fisso, mentre è provato (Mialhe e Marchal de Calvi) esserlo per l'olio essenziale e volatile di lerebin- lina, col quale il piombo è commisto, e del quale l'Autore non fa parola. — Nella spiegazione poi che l'Autore dà del magistero, pel quale certe sostanze riescono deleterie, egli risica opinioni non solamente contrarie alle comuni accettate, ma da lui stesso non giustificate con alcuna prova. Tali sono, ad esempio, lo spiegare ricisamente l'azione mortifera del fo- sforo per la sua proprietà disossidante, mentre altre sostanze disossidanti, quali, per esempio, i protosa- li di ferro, di stagno_, di manganese, si mostrano del tutto innocui. Così egualmente il ritenere che come il fosforo uccide rubando l'ossigeno, anche il cloro rie- sca dannoso, per analogo furto fatto all'organismo, (decomponendo cioè la mucosa aerea, appropriandosi l'idrogeno, trasformandosi in acido idroclorico, che va poi a coagulare 1' albumina del sangue) è ugual- mente avventala opinione, destituta di tutte prove, — 23 — mentre l'azione irrllante del cloro sulle vie respira- lorie e sulle altre mucose è più ovvia, più provata, e ammessa. — Le carni affumicate potranno, come as- serisce l'Autore, essere riuscite dannose; può essere anche opportuno di sconsigliarne l' uso, e di racco- mandare la sostituzione del metodo dell'Appert, con- servandole in vasi ermeticamente chiusi, o di altri: ma non vorremmo però, delle gravi conseguenze talora avvenute dietro il loro uso, chiamare in colpa il creosoto, ma sì più probabilmente un principio di putrefazione comune a quasi tutte le carni di remota conservazione, e che rende sempre di difficile dige- stione le carni salate. Infatti una goccia di creosoto, insufficiente forse come antisettico per breve por- zione di carne, basterebbe ad infettarne una grande quantità, ed allontanarne i mangioni anche più per- vertiti. Del rimanente è debito il notare siccome il sospetto dell'Autore sia stato sostenuto anche dal medico lombardo Dott. F. Lussana. Venendo poi alla seconda parte del Quesito, cioè alle sostituzioni di sostanze innocue alle venefiche, dove non sOlo era a desiderarsi nulla fossevi a cen- surare, ma molto a lodare, scarsissima troviamo la messe delle lodi, e non iscarsi per avventura gli appunti. Le sostituzioni suggerite dall'Autore si pos- sono dividere in : a) nuove, ma di dubia attuazione ; — 6) proposte da altri Autori, e già più o meno in uso ; — e) edite o inedite, sue o d'altrui, ma egual- mente dalla pratica ripulsate. — 24- r J) Appartiene alla prima serie la sostituzione del bismuto air arsenico, che solitamente si usa di unire al piombo nei pallini da caccia ; e più innocuo, ma troppo costoso e meno pesante, e quindi meno valido projetlile, sarebbe lo stagno sostituito allo stesso piombo. L'Autore dice d'avere sperimentata con ottimo effetto nel suo laboratorio la prima sosti- tuzione. Dobbiamo però notare che la lega del piom- bo col bismuto, finché quest'ultimo non eccede, è ancora più malleabile dello stesso piombo. Il bismuto poi vale 200 fior, ad ogni 400 funti, e il piombo i3. B) Appartiene alla seconda serie la sostitu- zione già adottata in qualche parte d' Inghilterra del solfato di ferro ai preparati mercuriali e arseni- cali per la conservazione del legno da costruzioni navali ; così ancora è in molte parti adottata la so- stituzione dell'ossido di zinco al carbonato di piombo, oltreché nell'imbiancatura dei merletti in molte al- tre industrie ; cosi il solfuro di Cadmio sostituito al- l'orpimento è proposta vecchia, già fatta dal Melan- dri, ma di difficile attuazione per troppo cospicua differenza di prezzo. — Inculcata dal Selmi, e da taluni accettata, é la sostituzione del ferro-cianuro potassico al cianuro nell' elettro-argentatura e dora- tura, come è già adottata la pratica del fosforo rosso steso sulla scatola, piuttosloché sui bastoncini. Opportuna, notissima, e largamente adottata, é la sostituzione del ferro al rame negli utensili culinari ; non però quella dello zinco, suggerita dall' Autore, — 25- che a nostro avviso riuscirebbe forse più pericolosa dello stesso rame. Di pratica già volgare è l' uso del quassie, del piretro, e di altre più efficaci e sicure sostanze, quali insetticide, sostituite all'arsenico. Pessimo uso quello del precipitato o sublimato negli inchiostri, per guarentirli dalla muffa ; ma del tutto insufficiente l'eccesso del tannino e dei persali di fer- ro, proposti dall'Autore; i quali sono principj inte- grali, ed alterati nella loro proporzione andrebbero a scapito della bellezza dell'inchiostro. Meglio forse risponderebbe all'uopo una goccia d'olio di lavanda 0 di garofano. L'Autore propone di sostituire il solfato di ma- gnesia all'acido solforico nella fabbricazione della soda arlifiziale ed in altre industrie, appoggiandosi all'abbondanza del solfato di magnesia nei nostri paesi ; mentre invece a Canale ( conservare la mia indipendenza e la mia naziona- » lità francese , che è un parafulmine ; ma aprirò » nel prossinib Novembre un Corso privato di Chi- >i rurgia, che mi è molto richiesto. Spero con ciò di » versare in prò del nostro paese quel po' di dottrina » scientifica che ho acquistato presso lo straniero. » Ma il pio divisamento fu indarno!; e la famiglia, sollecitata di venire a raggiungerlo, arrivò soltanto a tempo di assisterlo ne' due mesi della cruciosissima malatia, e di vederlo, nell'età di 57 anni, misera- mente perire per un favo radicato sulla spina, che rapidamente estendendosi, lo spense il di 2 Settem- bre d857. Durante la sua malatia egli s'ebbe le più cordiali testimonianze di stima e di affetto così da' suoi concittadini, come dai forestieri. A Reggio, sua terra natale, la notizia della sua malatia fu sentita come una sciagura publica, e publiche preci indisse r Arcivescovo per tre interi giorni. Più e meglio d'altri egli vide prima il pericolo, poi l'appressarsi della morte ; ma siccome non gli venne mai meno la stoica fermezza nel soffrire senza lamento gli atroci tormenti, cosi non gli fallì il coraggio in faccia al dolore ineffabile di separarsi da' suoi cari, dalla sua del regno si venissero consolidando in uno stato normale. Ma gli avvenimenti del i6 Maggio 1848 lo consigliarono a differire il suo ritorno in patria per altri otto anni (1856), e a non effettuarlo se non sotto la guarentigia della citta- dinanza francese. — 68 - patria, da una vita ancor vegeta, operosissima, e di fecondi risultati promettitrice lusinghiera. Due mesi prima della sua morte publicò nel Fi- liatre Sebezio (<1857) e raccolse in un opuscolo alcune sue osservazioni sulle emorragie uterine, e sullo speculo, qual mezzo diagnostico e di applicazioni terapeutiche, intese a propugnare i vantaggi di questo stromenlo nelle malatie uterine. « Esso (egli scrive) dev'essere pel Chirurgo più di )) quanto è lo stetoscopio in mano del Medico, atte- » sochè questo non rischiara che il lato diagnostico, )) mentre quello attende nel tempo slesso alla lera- » peutica più urgente ed efficace. » Infatti con que- sto presidio si chiariscono le cagioni delle metror- ragie che precedono T aborto , e se ne governala cura su criterj fisici, evidenti, semplicissimi; per esso restano accertate quelle malatie croniche del collo dell'utero, tanto intimamente legate co' ripe- tuti aborti e colla sterilità ; esso serve di scorta e di difesa per portare su quelle parti ammorbate il ferro incandescente, facendone seguire l'applica- zione da una doccia di aqua fredda clorurata, lan- ciata sul collo stesso. Questo potente distruttore, tollerato impunemente e senza il menomo dolore dalle donne incinte e minacciate d'aborto, è a pre- scegliersi in tali casi come il più pronto e più si- curo argomento curativo, ed è preferibile eziandio a' caustici potenziali; perchè quantunque non appro- fondi la sua azione nei tessuti viventi, pure deter- — 69 — mina un processo di fusione, di eliminazione, di sgorgamento, che modifica la vita di quei tessuti, e li ritorna il più delle volte alle pristine condizioni normali. Questo metodo non ha di spaventevole che il nome e l'apparenza; ma chi per lunga stagione e per mille prove ne vide i mirabili effetti nelle Cli- niche francesi non può a meno di non lamentare i pregiudizi d'ogni genere, che ne inceppano ed av- versano fra noi l' applicazione. Finalmente il ferro rovente, applicato mediante uno speculum d' avorio, e susseguito dalla doccia fredda clorurata, è sovrano rimedio nelle emorragie per cancro del collo uterino, frenando le minacciose perdite, togliendo il fetore cadaverico, e prolun- gando r inferma vita per quanto Y incurabile morbo può consentirlo. Proseguendo poi l'Autore nella rassegna delle va- rie metrorragie, e toccando delle antipuerperali e postpuerperali, insiste precipuamente sopra questi tre punti : sulla compressione cioè dell'aorta, da pra- ticarsi attraverso la cavità slessa dell'utero, meglio che attraverso le pareti addominali; sulla pretesa paralisi o atonia dell' utero dopo il parto, mentre la sua impotenza a contrarsi non è che pletorico-san- guigna ; ed in fine sulla vera azione dinamica della segala cornuta, che non è guari la specifica attri- buitale di stimolare e far contrarre l'utero diretta- mente, sì bene la ipostenizzante vascolare, analoga a quella del salasso. Lo speculum poi non si racco- -70 - manda solamente per la ispezione diagnostica e per l'applicazione del fuoco, bensì per diverse altre ap- plicazioni ; fra le quali T Autore suggerisce in pa- recchi casi un miscuglio frigorifero di neve e sai marino, che si elimina, non sì tosto liquefatto, colla sola inclinazione dello speculwn, e che di mano in mano si rinova per la stessa via. — Fu questo TuN timo suo lavoro, scritto affrettatamente, e, se vuoisi, un po' abborracciato; ma compensato a mille doppj della minore accuratezza dalla divizia dei fatti e dal- la importanza dei pratici insegnamenti. Fu il Rognetta di pronto, arguto e sottile inge- gno; studioso, infaticabile, e dotato di quella insa- ziata operosità del pensiero, che non posa se non colle stanche ceneri del pensatore. Perito nelle lin- gue antiche e viventi, fu scrittore brillante, efficace, e ricco di quel sapere che scrolla, colla snellezza e rapidità della frase, la polvere dell'erudizione, e ne fa sprizzare effetti di luce nuovi ed inattesi. Nella polemica, sì come l'indole sua impressiona- bile e le poco leali armi degli avversar] lo compor- tarono, fu ardente, impetuoso, tenacissimo; ma se diede qualche rara volta di piglio a quelle perico- lose armi della satira e dell'invettiva, non disertò mai il campo della controversia scientifica per pre- varicare in quello delle personalità, né mai trascese a quelle invereconde contumelie, le quali, come ac- cusano pochezza di ragioni, disvelano altresì bassez- za e pravità d'animo. - 71 — Del rimanente l'invettiva non è sempre infeconda e omicida : ma in bocca agli onesti suscita talora la vita dormigliosa e latente, e provoca generosi im- prendimenti. Così se il pungolo della satira è spesso venefico e micidiale, si può dire d'altra parte con un egregio scrittore, sia come il correttivo e la con- troprova d'ogni umana grandezza. E tanto è grande e santa cosa l'onestà, che può trattare indenne e si- cura ancor quelle armi che in mani meno illibate riescono ad argomento di vitupero e di perdizione. Integrità e sincerità furono gli elementi precipui del suo carattere. Sincerità franca , cruda , ricisa , senza veli, senza reticenze; sincerità ignara d'ogni riguardo e d'ogni temperamento, intollerante d'ogni scusa , impetuosa , veemente , inesorabile a sé e ad altrui. E però alcuni uomini d'oggidì, non avvezzi a queste nature, che, se mi si passi l'espressione, io direi monolitiche, gli apposero ad audacia e ad irri- verenza ciò che non era se non vigor di carattere, coerenza di principi, e ardente amore di verità. Affabile di modi, e cortese, e pietoso per ogni sventura, si accendeva d'entusiasmo per tutto ciò che aveva sembianza e costume di onesto e di vero; come si accendeva di sdegno contro tutto ciò che accennas- se, anche da lungi, a raggiro, a mendacio, a servi- lità, ad adulazione. Infatti, sotto mobilissima scorza, e passionato sentire, e agile e copioso eloquio, egli fu uomo di ferrei propositi e di tempera antica; sic- ché in tutti gli atti della sua vita serbò sempre il- — 72 — lese le ragioni di quella morale eterna, la quale non transige colle contingenze. Ed è veramente conforte- vole , fra tanta prostituzione di uomini e perversità di tempi, in cui l'adempimento del dovere suona in- clito fatto, il riscontrare un'indole tutta vergine, che si serbò inaccessibile ad ogni seduzione, e cui non valse ad offuscare il soffio corruttore e il consorzio multivario della Capitale. In quel vasto mercato di tutte cose egli non brigò clientele, né favori ; prepo- se la fama santa alla splendida ; e però con una pra- tica estesa e ad ogni anno crescente, con lavori pa- recchi dati alle stampe e in larga ragione smerciati, non lasciò in retaggio alla consorte e a' figli che una mediocre fortuna : mediocrità veramente aurea, per- chè impreziosita da una memoria feconda di magna- nimi esempi, e da un nome illustre ed intemerato (^). (i) Ci è dolce di rendere qui publiche grazie alla signo- ra Emilia Rognetta , la quale ci fu cortese di tutte quelle notizie e documenti che riguardavano la vita del lagrimato Consorte. Così, in atto di gratitudine, ricordiamo i colleghi ed amici P. Maestri e A. Vio, nonché il Dott, G. Ferro-Ba- sile, i quali ci furono liberali di ogni notizia che loro fu dato raccogliere intorno all' illustre trapassato. Delle rare ed incomplete notizie stampate, meglio d'ogni altra ci val- se la breve, ma sentita Necrologia che sul Filiatre Sebezio (Ottobre i857) dettava l' illustre redattore Cav. S. De-Ren- zi, e che, dietro nostra richiesta, si fé' sollecito d'inviarci. In tutte abbiamo avuto a rettificare parecchie inesattezzej il che abbiamo fatto dopo ripetuti riscontri co' documenti pervenutici a cura della famiglia e degli amici. — 73-^ ELENCO DELLE PIÙ IMPORTANTI PUBLICAZIONI. (1828-1857) Trattato di Osteologia di A. Monro. — Traduzione dall'inglese. Un volume in 8.° Napoli 1828. Suir uso delle aque solforose nella colica saturnina. — Nel Filiatre Sebezio, 183^. Sulla litotomia ipogastrica. — Nel Filiatre Sebezio, 1855. Le^ons sur les maladies des yeux, professées à V Ecole pratique de Medicine à Paris. — Un volume in 8.°, tratto dalla Gazette des Hópitaux, e publicato per soscrizione nel 1839. Notes et additions complémentaires au Traile des mala- dies des yeux, de Scarpa. — Opera publieata nella Col- lezione AeW Enciclopédie medicale di Bayle. Tip. Plon. Traité pratique et philosophique des maladies des yeux. — Un volume di oltre 700 pagine. Parigi 18H. Récueil des documents historiques sur Tinto xication ar- senicale. Paris 1859. Epitres toxicologiques (slyle satirique), dédiées a M. Orfila, et publiées dans la Gazette des Hòpitaux, 1859. Nouvelle méthode de Iraitement de T empoisonnement par Varsenic, et documents médico-légaux sur e et empoi- sonnement, suim de la déposition de M. Raspail dewnt la Cour d'Assises de Dijon. Paris, chez Gardembas, IS'iO. -74- Annales de Thérapeutìque medicale el chirwgicale, et de Toxicologic. — Sei volumi in k." a due colonne, edi- zione compatta. Parigi 1 8^15-49. Arlicles de Chirurgie du Dictionnaire des Dictionnai- res medicai et chirurgical. Traité de Molière medicale et de Thérapeutìque du Prof. Giacomini. — Traduzione dall' italiano colla colla- borazione del Prof. Mojon di Genova. Paris, chez Plon imprimeur, 18^^5. Traité de Matière medicale et de Thérapeutìque. — Un grosso volume in 8." a due colonne, formante parte della Collezione intitolata : Bibliothèque du Médecin praticìen. Paris 1850. Dieci anni d* insegnamento publìco e prìmto per tutti i rami della Chirurgia, compresa la litotrizia, professati alla Scuola pratica di Medicina a Parigi. Principali Memorie di Chirurgia, publicate nei più accreditati Giornali di Parigi : a) Du cystocèle vaginal; b) Des lésions traumatiques du pied ; e) Des luxations du cubìtus ; d) De l' extirpation de l'astragalc ; e) Des fractures obliques du corps du fémur; f) Traité des ruptures des épiphyses ; g) Traité des exostoses; h) Des maladìes de la moélle des os; i ) Anatomie pathologique de l'amaurose ; k) Nouveau traitemenf des déviatìons récentes de la colonne vertebrale. — 76 — Altre Memorie mediche e medico-legali. a) De la stiycnine et de l'amaurose ; b) Rémarques générales sur les acides considerés sous le doublé point de pwe thérapeutique et toxicologique; e) Cotmiltations médico-legales surplusieurs cas d'em- poisonnement par l'arsenic, par l'acétate de plomb ; d) Du tannin et de l'alun employés à la clarification des vìns de Champagne. , e) Sulle emorragie uterine, e sui vantaggi dello spe- culo, qual mezzo diagnostico e di applicazioni terapeutiche. Napoli 1857. Essendosi letto in Seduta secreta il Rapporto della Com- missione incaricata della revisione del Conto di quest'Aca- demia, prodotto dal Socio Amministratore Onorario per l'anno decorso 1857-58, venne approvato. Tornata IV. del dì 20 Marzo 1859. Bisposta all'Apologia del Prof. Bartolomeo Bi- zio sulla Dottrina p,sico- chimica, cosi detta Italiana. — Del Socio Ordinario Prof. Giusto Bellavitis. in quest'aula, dove or sono quasi due anni ebbi l'onore d' esporre alcune Considerazioni sulla Dottri- na fisico-chimica così detta Italiana, mi è necessa- rio impetrare adesso la vostra gentile attenzione per le mie difese di rincontro all'Apologia che il Prof. B. Bizio publicava alla fine dell'anno scorso; dico mie difése , poiché il chiarissimo oppositore, più che del- l'argomento scientifico, si compiaque occuparsi del- la mia persona. Né di ciò dee farsi carico al suo ca- rattere onorandissimo, alla sua morale veramente cri- sliana, alla sua amicizia costante, affettuosa : essa è tutta colpa dell'argomento. Si leggano le prime pa- gine delle Ricerche del Bizio (Memorie deW I. B. Istituto Veneto, Voi. I. 1842), — le Risposte del Fusinieri alle cose del Dott. Bizio (Appendice agli Annali del i 844) , — la Prelezione del Cav. Zan- tedeschi (1851), le sue Bisposte all'Articolo della Gazzetta Piemontese del 23 Luglio ì 851 , — il Cen- no storico del Bizio , — l' Esame critico di questo Cenno storico, — la Dinamica chimica rivendica- ta o' siéoi autori dal Cav. Zanfedeschi, — V In- — 77 — tangibilità della Dinamica chimica, Discorsi cinque del Bizio, ec. ; — e si riconoscerà in qual modo la nuova Dottrina tratti i suoi avversar], ed anche i suoi partigiani; né la cosa può credersi accidentale, quan- do si verifica in persone di caratteri molto diversi : ed infatti chi si trova impacciato fra idee così poco precise, e soggette a tante obbiezioni, non può guar- darsi dall'attrattiva di portare la questione nel più facile campo delle personalità. Nella Sessione dell'Istituto del di 47 Genajo 4 842 il Prof. Bizio lesse le sue Ricerche intorno alle mo- lecole dei corpi, ed alle loro affinità dipendenti dalla forza ripulsiva alle medesime inerente, nel- le quali prendendo a base i principi della Meccanica molecolare del Fusinieri, ammette che la materia sia dotata di forza ripulsiva, la quale si manifesta quan- do la materia è ridotta a minime dimensioni, sicché le masse più minute dei corpi vogliono essere le ul- time molecole dei corpi stessi. Io chiesi allora (Atti dell'I. R. Istituto Veneto, d843, Voi. II. pag. 63) che il Prof. Bizio rivolgesse le sue ricerche a chia- rire il principale fondamento, cioè se la forza ripul- siva sia una forza inerente alla materia che si espan- de in sottilissime lamine , o sia piuttosto un effetto dell'azione del corpo, su cui nasce tale espansione; ed il Bizio rispose, che i fondamenti della Meccani- ca molecolare furono fatti conoscere da parecchi anni dal Fusinieri senza che alcun Fisico siasi elevalo a combatterli. — 78 -~ Nella successiva Sessione del ^i Febrajo il Fusi- nieri sorse a difendere le sue teorie, ed invilo chi sì volesse fare opponente di rivolgere a lui le sue opposizioni in iscritto, per assoggettare il tutto al giudizio del Publico. Per lo che nella Sessione del 31 Marzo i 842 io presentai e lessi le mie Considera- zioni sulla Memoria del Bizio. Il Fusinieri le ebbe in copia 5 e stampò due successive edizioni di un suo scritto intitolato Difesa dei principj di Meccanica molecolare tratti dalla esperienza (^Annali, Bime- stre V. del i841). Siccome egli si era astenuto dal far conoscere le mie Considerazioni (le quali furono publicate soltanto alla fine del d851 negli Atti del- le Adunanze dell'I. R. Istituto Veneto per il d 842, Voi. II. pag. li 2), cosi io publicai una mia Risposta di otto pagine, a cui egli conlrapose un Analisi di pag. 38; né sembra che siane stato contento, poiché quantunque io abbia sempre mantenuto il mio pro- posito di nulla soggiungere, pure egli fece seguire una Terza Difesa di pagine dS, poi le Aggiunte di pag. 27. Per me sono ancora convinto della validità delle mie Obbiezioni ai principj della Meccanica molecolare. Da questo cenno storico si conosce quanto decisa fosse e sia la mia opinione sulle teorie sostenute con molta varietà di forme da tre de' miei Colleghl nel- l' Istituto, e non curate dai Fisici. Perciò non é ma- raviglia che quando il Dottore Giovanni Bizio inseri nel Prospetto della Scuola Reale di Fen/ezia per I — 79 — l'' anno 1856 una Disseriazione intitolata: Intorno alla Dottrina fisico-chimica Italiana, nella quale è detto che la nuova teorica serba finora l' onore di non poter essere combattuta; non è maraviglia, di- ceva, che io riproducessi le obbiezioni già da me fatte , e cercassi d' impedire , per quanto era in me , che i giovani, sedotti dal prestigio di una invenzione Italiana , seguissero una teoria che , a mio credere, non solamente li avrebbe sviati dal migliore sentie- ro, ma inoltre li avrebbe poi resi incapaci di di- stinguere un ragionamento da un insignificante ac- cozzamento di parole. Questa mia condotta viene ac- cusata (^Apologia, pag. o e -43) come una mancanza ai doveri dell'amicizia, e come una prova del torbi- do mio cuore , giacché quantunque colla mente (alla quale si profondono immeritati encomj ) io conosca la verità della nuova Dottrina , pure io voglia affet- tare di non intenderla: accusa questa del tutto as- surda. Infoiti nelle prime linee del mio scritto (^Rivi- sta periodica deWAcademia di Padova, Voi. V. pag. 89) parlo dell'infamia che copre coloro che si oppongono alle nuove dottrine, destinate a diventare dominanti. Chi crederà che tale io stirai la Dottrina dinamica, ed intanto mi accinga spontaneamente a combatterla? Io m'appello a quelli che mi conoscono contro quest'accusa, e contro tutte quelle che attac- cano la mia sincerità, delle quali V Apologia non ha difetto. Contemporaneamente a\V Apologia furono dis- tribuite le Considerazioni del medesimo Prof. B. Bi- — 80- zio circa la conversione della forza viva in ca- lore, 0 della teoria del Grove , nelle quali si parla di chi è ammiratore delle cose oltremontane, e quin- di dell' Opera del Grove, e detrattore delle scoperte Italiane. Alcuni credettero che tali accuse fossero di- rette almeno in parte contro di me: io ignoro se tale fosse l'intenzione dell'Autore, ma rigetto anche que- st'accusa; ed in quanto alla mia opinione sull' Opera del Grove, mi riporto ad una Memoria scritta nello scorso autunno, ma che non potei compiere in tempo per leggerla all'Istituto Veneto prima della Sessione del mese di Genajo. E cosa singolare che Bizio il padre affetti di non mai nominare la Dissertazione del figlio. Forse che r accordo fra i sostenitori della Dinamica fisico-chi- mica è così difficile, che non valga a stabilirlo nem- meno il più stretto dei legami naturali? Il padre mi accusa (^Apologia, pag. 38, 43-44) d'essere inesat- to nel riportare i pàssi , di omettere le citazioni , e d' imbrogliare le cose ; mentre io non faccio che co- piare le, parole del figlio. Così a pag. 8 ^qW Apolo- gia è riportato un lungo passo della Dinamica, per mostrare di dove io traessi ciò che si dice la mia iro- nia del Mondo planetario; mentre io aveva copiate dalla pagina 5 della Dissertazione le parole : « Quei » minimi sistemi molecolari , la cui costituzione egli >ì (cioè il padre) non considera punto dissimile da >) quella del Mondo planetario. •> — Sembra che il padre disapprovi anche il titolo della Memoria del -81 - figlio, poiché questi disse Dottrina fisico-chimica Italiana . ed io conservai la medesima denominazio- ne; il padre scrisse invece : « Sulla Dottrina dinamica 1) così detta Italiana , scritto del Prof. G. Bellavitis , » Apologia del Prof. B. Bizio ; » titolo ben singolare , con due nominativi , quantunque una sola sia la cosa. Ora esporrò di nuovo il fatto, su cui si appoggia la nuova teoria ; cosi io spero di dar prova che pro- priamente io non so intenderla : chi sa che alcuno non si persuada che non vi era proprio niente da in- tendere. ì!ie\V Apologia, pag. 8. 10. d 2. 25. 26. 36. si legge: « Chi ha ragione in capo vede che dal cen- )) tro di una minutissima sfera di mercurio si emana » una virtù che tira , attrae ed obbliga verso di sé le )) particelle circostanti. » — « Mi dica sìnceramen- » te il nobile Censore , se vuole in opera di cortesia I) usarmi sincerità, se il fatto di quello spartimento )) della gocciola del mercurio non risponde per punto » a quell' altro fatto , quando la cometa del Biela si >) squarciò in due ? Mi dica se il fatto non è perfet- » tamente identico ? Dunque la necessità di questo » centro attrattivo è necessità messa dalle leggi im- » mutabili della natura; e quello che si avvera nelle )•> sperienze de' nostri gabinetti si riproduce e compie n altresì in cielo. » — « Io parlo del fatto certo dei » sistemi molecolari attrattivi , nei quali ognuno ve- » de che a tenersi in quella coordinazione orbicolare ») occorre di assoluta necessità una molecola centra- nle, che obblighi intorno a sé le circostanti.)) — 6 -82- (( Avendo io accerlalamente provato che nelle mole- » cole sta la forza ripulsiva, così iraaginava che que- 0 ste particelle molecolari non fossero di altra forza )! dotate che di forza ripulsiva, tenuta a freno dal- ì) l'attrazione del centro della molecola, dove pun- » tando tutte per fuggirsene per la via de' raggi, ser- .) hassero quivi un minuto che di materia liquida o » concreta , costituente il centro attrattivo predet- nto. » — « La Terra è una sfera con in mezzo un 1) centro che attira a quella volta quanto le sta d' iu- » torno anche fuori di lei , sino alla Luna ; ma la Ter- .) ra poi è altresì al tutto formata di particelle ripulsi- I) ve contraponenlisi all'attrazione che fanno di scap- » pare per la direzione dei raggi, come abbiamo prove odi fatto, che riuscirono a scappare nelle grandi ed )) eslese catene di montagne. " — « Questi sistemi )i molecolari , avuti in tanto dispetto dal Censore, » come quelli che danno ragione delle espansioni, )i ed altresì del tremor vibratorio delle superficie , » perchè ogni qual volta sono tolti come che sia al- .) l'assoluto predominio dell'attrazione centrale, è in- » contanente fatta libertà alla forza ripulsiva mole- n colare di muovere , di agitare, di scuotere e di ra- » refare le molecole. » Tutto ciò sarà conforme ai principi della nuova Dinamica ; ma per certo è in opposizione con quelli dell'antica Meccanica. Niun Fisico accorderà che la Terra abbia un centro che attiri quanto sta d'intor- no, fino alla Luna; niuno, che abbia ragione in ca- - 83 — pò, crederà che in una sferetta di mercurio siavi una molecola centrale, dalla quale emani una virtù che attragga tutte le circostanti. Tutti giudicheranno stranissimo l'imaginarc che la Terra sia formata di particelle ripulsive , e che l' elevarsi delle monta- gne ne sia una prova. — Rispondendo alla dimanda fattami con sì cortese insistenza , debho confessare che io ignoro il come e il perchè dello spezzarsi della cometa : non avrei mai pensato che questo fe- nomeno fosse chiamato a prova della costituzione dei corpi. — Tutto ci prova che le parti della Terra si attraggono vicendevolmente , e che le particelle del mercurio pur esse si attraggono, ma con una forza di cui ci sono ignote le leggi. — Le particelle di ogni altro liquido si attraggono ; e quando diciamo che si attraggono, ciò significa che non si respingono; poi- ché è della più evidente impossibilità la coesistenza di due fatti opposti, attrarsi e respingersi : se le par- ticelle si respingessero, esse si allontanerebbero, an- ziché tenersi unite; e ciò infatti avviene quando il liquido evapora. Vediamo come i ragionamenti della nuova Dinami- ca spieghino queste contradittorie azioni. A pag. 6. della citata Memoria, relativa al Grove, si legge: « All' estremità di un cannello pende una gocciola di «olio, la quale veste la forma orbicolare, sicché le » molecole che la compongono sono tirate verso un » punto di mezzo , dove ha una molecola che ne co- »i stituisce il centro, e spande per ogni intorno la sua — 84- » virlù attrattiva; si posi lievemente la goccia sopra » la superficie netta dell' aqua: la goccia colla cele- » rità del baleno si gitta e sparge alla superficie del- .1 Taqua , risolvendosi in un velo riflettente i colori •ideir iride. Nessuno venne alla rilevante considera- « zione che bisognava, per isvelare il magistero del- » la espansione; e ciò accadde perchè ninno avea pri- » ma fermata l'attenzione sua a sapere che fosse della » gocciola. ... Di vero, se la goccia è un minuto si- » stema, tenuto in quella coordinazione dell' attrai- » mento centrale quando noi la posiamo alla super- » ficie dell' aqua, posciachè come liquido sia dalla » gravità tirato a schiacciarsi, e quindi torni di pre- » sente allungato assai il diametro orizzontale , e si «renda cortissimo e quasi nullo il verticale, ne se- » gue che la molecola centrale è sformatamente usci- » ta di luogo , e perciò non basta più a tenere obbli- » srate attorno di sé col suo attraimento le circostanti. » Dunque le molecole costituenti la goccia non pro- )i vano più il legamento attrattivo , e per ciò solo le )) veggiamo fra sé respingersi fino a spargersi ampia- » mente in giro , ed uscire al perimetro in istato pre- ))cisamente molecolare, e quindi elastico.» — Se fosse propria delle molecole la forza ripulsiva, non potrebbe esservi una molecola centrale che tenesse intorno a sé tutte le altre. Né la molecola centrale potrebbe attrarre le circostanti senza che queste at- traessero quella. Che se fossero dotate di forza ripul- siva, anziché spandersi su la superficie dell'aqua , — 85 — si spanderebbero per tutto lo spazio , come appunto avviene quando l'olio si vaporizzi. Questo è un ra- gionamento così facile e piano, che se alcuno non giungesse ad intenderlo, dovrebbe pure usarmi ve- nia quando io non intendo i ragionamenti della nuova Dinamica. Vorrei che come il Prof. B. Bizio mi è cortese di sì poco meritati elogi , così pure mi accordasse quel- la sì piccola fiducia eh' è necessaria per porsi a ten- tare la seguente sperienza. — La gocciolina d'olio pendente dal cannello sia un po' corpulenta , sicché essa si conformi a sferoide allungata , coli' asse ver- ticale maggiore della grossezza ; egli mi usi la corte- sia di abbassare adagino adagino questa goccia, sino a che il vertice infimo venga a toccare la superficie dell' aqua: ed allora, molto prima che la gocciola sia dalla gravità tirata a schiacciarsi , anzi prima che il diametro verticale si avvicini anche di poco al più breve diametro orizzontale, il Prof. B. Bizio ve- drebbe l'olio spandersi colla celerità del baleno sulla superficie dell' aqua , e nello stesso modo vedrebbe dileguarsi la chimera della espansione per forza ri- pulsiva, e scorgerebbe che l'effetto è dovuto all'azio- ne dell' aqua sull' olio. Io , che conosco la rettitudine del suo carattere, e il suo sincero e disinteressato amore per la scienza , sono certo che allora egli mi stenderebbe nuovamente la mano da amico, come a quello che , per cercare di mostrargli il suo errore , non aspettò ch'egli mi vi traesse attaccando la mia — 86- sincerità ed il mio carattere; ma lo feci, com'è do- vere di buon Collega, tostoché egli lesse all' Istituto le sue prime idee su tale argomento, che tanto deplo- rabilmente lo trasse lungi dal campo spe);imentale, in cui aveva còlto sì belle palme. Fino dalle mie prime Considerazioni (Atti del- l' I. R. Istituto Veneto ,1842, Voi. IL pag. d 20) io osservai la mancanza di significato della parola mo- lecola , la quale non ha una forma sua propria , ma può estendersi in una lamina, per quanto si voglia grandissima ; e questa lamina è infinitamente divisi- bile, e le infinite particelle, nelle quali si può divi- dere , sono ancora materia della stessa specie della massa intera. Come dunque si può definire la mole- cola? Qual è la distinzione fra massa, molecola e par- ticola?; 0 forse non sono questi tre nomi differenti di una stessa cosa? — Nell'apologia (pag. 25) mi si rimanda alla Dinamica chimica (Voi. I. pag. 36).- « Diamo di avere una minuta sfera formata d'un nu- » mero indefinito di minutissime particelle, dotale •» della proprietà di passare in islato elastico, sospin- )) te da una forza centrifuga, onde si levino dal cen- » tro verso la circonferenza , movendo nella direzio- » ne del raggio. Ciò presupposto , siccome le predet- » te menome particole nel venire in istato elastico » dentro uno spazio definito debbono tutte puntare e » premere in contrario , cioè di forza rincalzare le » particole seguenti verso il punto , onde i raggi con- « vergono, ovvero d'onde partono; così io dico do- — 87- » venie seguire nel centro della mimila sfera gli ef- » felli (li una pressione non solo bastante ad itnpe- » dire che un cerio numero delle predette particole » entrino ia condizione ripulsiva , ma a costiparle co- » sì , che si accozzino e serrino in istalo solido o li- H quido. Ne verrà da ciò, che nel centro della minuta » sfera o molecola si avrà sempre in atto e vigente » la forza attrattiva , la quale operando il suo effetto » sopra un ristrettissimo numero di particelle coeren- » li , fornisce quello che appelliamo centro attrai' » tivo della molecola. » — E neW Apologia (p. 6) si aggiunge: « Dacché il Censore dichiara che la nio- » lecola manca di un preciso significato , vedia- » mo se bastasse, a dargliene più precisa significan- » za, una molecola assai notevole ch'io sarei per alle- » gargli, cioè la Terra. .) Io riportai tutto questo, ac- ciocché Voi vediate d'intendere quale sia la vera de- finizione di molecola ; in quanto a me , mentre pri- ma non intendeva per nulla qual distinzione vi fosse tra massa , molecola e particella , ora che veggo chiamarsi molecola tanto una minuta sfera, quanto la nostra Terra, debbo confessare che, se fosse pos- sibile, intenderei anche meno di prima. Chi vuole giudicare senza prevenzione vede nei falli addotti soltanto prove dell' attrazione molecola- re, e la espansione ha luogo sulla superficie dei cor- pi, o per entro ai medesimi, quando havvi affinità fra il corpo che si discioglie e il dissolvente ; vera forza espansiva esiste soltanto nei fluidi aeriformi : — 88 — COSI manca ogni fondamento ài fatto alla teoria del- la forza espansiva, sostenuta dal Fusinieri e dal Bizio. Questi dice (Apologia, pagina 22) : « Non sapeva il » dotto Censore , che se , quando un corpo si espan- » de, dà in un ostacolo, riconduce in essere la coe- » sione ?» — Tanto è poco vero che io ignorassi ta- le asserto, che nelle mie Considerazioni , le quali fecero séguito alla presentazione della prima Memoria del Bizio, ne ho dimostrata (Atti suddetti, an. i 842 Voi. II. p. id8) la fallacia con ragioni che ninno ten- tò di confutare. I fenomeni, nei quali si poteva co- gliere in atto la forza di spontanea espansione , sono quelli delle lamine saponacee, perchè queste esistono isolate, cioè senza superfìcie, su cui sieno distese ; ed il Fusinieri credette di trovarvi i principi delle sue teorie : ora il Bizio le rifiuta per ragioni eh' è bello leggere nella sua Apoloijia (pag. 23). Egli più non ricorda, che quando io gli domandai un fatto, da cui apparisse la spontanea espansione, egli disse che il Fusinieri riporta alcuni fatti di espansione senza il concorso della superficie ; ed accennò le sperienze in- torno alle pellicole d'aqua di sapone (Atti suddetti del 4 842, Voi. II. pag. 417). Nei su citati Opuscoli del Fusinieri, ch'egli inti- tolava Difese, ed erano violenti attacchi contro le mie Obbiezioni, e assai più contro la mia persona, non m'avvenne di trovar cosa che mi facesse mutare gli emèssi gìudizj ; soltanto , mentre io aveva scrit- to (Obbiezioni, §21.): « Se l' aqua fosse dotata della — 89 — » imaginata forza espansiva, essa uscirebbe da un )) sottil tubo ; chi ne voglia una prova di fatto elel- » trlzzi fortemente l'aqua, e la vedrà spruzzar fuori » del tubo, quantunque manchi la superficie, su cui » espandersi. Dunque, se pria non usciva, era perchè lì l'aqua non ha per sé stessa alcuna forza di espansio- »ne,e perchè l'attrazione del vetro vi si opponeva. » Il Fusinieri oppose un' asserzione del Lamé, cioè che la quantità d'aqua uscente da un vaso elettrizzato non vantaggia su quella uscente senza sussidio di elettri- cità. Quantunque ciò non fosse in opposizione asso- luta con quanto io aveva supposto, nulladiraeno mi eccitò a tentare l'esperimento, che poscia publicai negli Atti dell' I. R. Istituto Veneto pel i 846 (Volu- me VI. pag. 86) insieme con due sperienze sulla coe- sione dell'aqua, e sulle lamine saponacee che mostra- no in modo irrecusabile, anziché forza espansiva, una forza energica di contrazione (come già lo aveva detto precedentemente nelle Considerazioni^ pag. d 1 7, e nel § 16. delle Obbiezioni). Queste mie sperienze so- no dal Prof. Bizio copiate dalla Fisica dello Zambra, facendo così una gentile ricordanza dell' onore fat- tomi da questo carissimo amico , di cui pur troppo ora deploriamo l' immatura perdita ; le obbiezioni che vi fa il Bizio sono tali, che, ad onta del molto rispet- to che gli porto, non posso a meno di qualificare per ridicole. — Egli nota, eh' io non dico quanto sapone fosse sciolto ; di che natura metallo fosse il filo, fra cui si stendeva la lamina^ quanto tempo la — 90 — lamina si rimanga a contatto delV aria prima che si rompa; né a qual termine di temperie fosse per essere Varnhiente ; sicché nasce il dubio, che la lamina sia condotta, per cosi dire, alla te- gnenza di una membrana ; cose tutte indifferen- ti affatto alla riuscita della sperienza, tranne che il tempo, giacché a tutti é noto che la lamina non può durare che tempo brevissimo. Sembra di più ch'egli non solo non siasi curalo di ripetere l'esperienza, ma nemmeno abbia inteso in che consista, perocché dice : « La lamina aspetta la sua rottura dalla mano » del Bellavitis, perchè le sia fatta abilità di con- » traersi, e rotta si contrae ; » quantunque egli slesso avesse poco prima copiate le parole : a allora si rompa » la metà inferiore della lamina, e si vedrà che la su- » periore, contraendosi, solleva il filo diametrale. » Non è dunque la lamina rotta quella che si conlrae. Da alcuni passi può arguirsi che quella tal mole- cola centrale, che attira l^e circostanti, sia ella stessa mantenuta liquida o solida dalle pressioni delle mo- lecole, che per la forza di espansione puntano contro di essa. Ciò mi conduce ad esaminare la spiegazione che a pagina 20 dell'Opuscolo su Grove il Bizio dà del solidificarsi d' una porzione di gas acido carbo- nico (il Prof. Bizio aggiunge, non so perchè, la pa- rola liquido, che non è nel lesto francese, e fa con- tradizione colla parola gas), quando la maggior parte del gas esce da un vaso in cui era potentemente com- presso. K Osservando una eolipila (dice il Bizio), il -91 — » lume della ragione ci obbliga di necessità a rico- )i noscere, che quando le molecole aquee lasciano la » forma liquida per assumere lo stato elastico, in quel » punto esercitano una spinta contraria, che si carica ).- addosso alle molecole liquide soggiacenti; d'onde » il muovere in opposto dell'eolipila. In questo non ci » entrano presupposti, ipotesi, fantasie: è aver letto » nel gran libro della Natura, e quello agli altri ri- » velato, che da sé non bastarono a comprendere, n (( Se adesso ci riconduciamo all'acido carbonico li- » qui do, cui è fatta balia di ritornare allo stato ae- » reo , noi veggiamo come conseguente necessario, » che quella molecola che, al togliersi della pressio- » ne, assume di repente lo stato elastico, punti, pre- » ma e risospinga in opposto , costipando la soggia- » cenle, da cui si stacca. » Io debbo anche in questa occasione avvertire il Prof. B. Bizio, che se valgono qualche cosa i princi- pi di Meccanica adottati e riconosciuti per certissimi da lutti i Matematici e da tutti i Fisici, il lume della sua ragione lo ha tratto in compiuto errore. Non è vero che il vapore di una eolipila prema le pareti interne del vaso più di quello che le premerebbe se si chiudesse il foro dell' efflusso . Non è vero che quando si lascia uscire il gas acido carbonico da un vaso in cui era compresso, quello ch'esce dilatandosi prema quello che rimane con una forza maggiore di prima. Manca perciò interamente il fondamento della pretesa spiegazione, e niuno vorrà accogliere la nuova — 92 — rivelazione, eh' egli pretende aver letta nel gran li- bro della Natura. L'Apologia è terminata con la seguente prova ineluttabile, che la Dinamica fa bene intesa dai sapienti uomini che la lessero. Nel i 847 il Bi- zio pensò di presentare all' Istituto un Articolo spia- tore, che conteneva i principali fondantjenti della sua Dinamica; e la Commissione segreta dell'Istituto gli accordava la palma della publicazione per intero nel Volume academico. — « Ecco adunque (egli ne con- )) chiude) il buon successo della spia mandata innan- » zi ; perocché possiamo intanto per primo con buon » fondamento adesso concludere, che i tre onorevo- ))li Academici, niente consapevoli l'uno dell'altro, ») non ostante la sformata novità in cui s' incontra- » rono, nulla ebbero trovato di che appuntare; nien- »> te che implicasse errore nella scienza ; niente, in )) una parola, che domandasse il sindacato della cen- » sura : anzi la nuova scienza quivi contenuta la re- )) putarono meritevole dell' universale conoscimento » colla publica luce che le decretarono. » — Siccome io mi tengo certo che il Prof Bizio ami sopra ogni cosa di conoscere la verità, così so di fargli cosa grata comunicandogli qui in nota (1) il tenore di uno (i)«Ella è cosa spiacevole ed imbarazzante dover giu- » dicare un lavoro tutto appoggiato su principi <^he non si » possono per alcuna maniera ammettere, e che sembrano • destituiti d'ogni probabilità, forse anche d'ogni possi- » bile significato. Si è quindi indotti a negare ad un tale — 93 - dei giudizj de' tre Academici. Ignoro quali sieno sta- ti gli altri due giudizj (ch'egli avrebbe potuto cono- scere se li avesse dimandati, essendo segreti soltanto i nomi dei tre Coramissarj) ; ma è probabile eh' essi appartengano a quei due Fisici che sostennero i prin- cipi della espansione della materia; e quantunque eglino non siansi mostrati gran fatto favorevoli al- la sua Dinamica, pure non v' è alcuna maraviglia che eglino abbiano inteso o credulo d'intendere quelle «lavoro ogni specie di approvazione; ma d'altra parte si » vorrà condannare assolutamente principi clie forse non » si sanno comprendere?; si vorrà opporsi ad una teoria » che altri crede poter trarre da quei princìpi a spiega- » zione dei fenomeni fisici e chimici? » « Questi sono i motivi che rendono titubante il mio voto » sugli Studj ulteriori intorno alla relazione della forza » ripulsiva verso la grandezza delle molecole dei corpi T» del Prof. B. Bizio (presentati il dì i8 Dicembre 4847). » Nulladimeno considerando che i principi della nuova teo- » ria del Bizio furono già da lui esposti in una Memoria » inserita nel Voi. I. della Raccolta dell' I. R. Istituto; quan- » tunque non sembri che questi studj ulteriori aggiungano » alcuna importante conseguenza alle cose già publicate; » pure opino che anche questa Memoria del Bizio possa ve- » nire inserita per esteso nella prima Parte della RaecoUa »a stampa dei lavori dell'Istituto: solamente crederei op- » portuno che l'Autore fosse interpellato, se ciò egli creda » conveniente; poiché e pel tempo già trascorso, e per la » circostanza che l'Autore stesso publicò su tale argomento » un' Opera apposita, egli potrebbe giudicare ormai inutile » questa tarda publicazione. » ~9h — teorie che a me sembrano destituite di signiticato, e perciò senz' alcuna titubanza avranno dato il volo per la publicazione della sua Memoria. ì^eW Apologia (pagina 24), e nell'Opuscolo sulla teoria del Grove (pag. i 8), si leggono i due seguenti giudizi : (( Quanto meglio mi faccio a considerare gli » uomini , e tanto più provatamente veggo verificar- » si, Dio providentissimo, non collocare mai in uno la ») piena intera de' suoi preziosissimi doni. Infatti , )) avendo largito al Bellavitis lume veggentissimo ne- I) gli eccelsi dominj delle Matematiche, il fece poco » sperto nel mondo della esperienza. » — « Vi sono » uomini eminentemente dotati d'ingegno sperimen- » tale, onde felicemente si conducono a trovati lau- )) devoli ; ma ciechi poi affatto al vedere la ragione )) delle cose. Uno di questi troviamo essere il Mat- )i te ucci, il quale è Fisico forte e sicuro nel vasto » campo dei fatti ; ma no '1 chiedete a dire il perchè )) degli avvenimenti, ch'ei no '1 vede.» — Vedete un po' sventura ! Matteucci e Bellavitis erano due metà; la sorte le volle divise: unitea vrebbero for- mato un Fisico che forse sarebbe stato capace di inventare una nuovissima Dinamica; così sono due esseri imperfetti , egualmente incapaci di pensare e di fare . — Una mutua simpatia lega da lon- tano quelle che doveano essere le due metà di un solo tutto; e parrai che la metà di Pisa così parli a quella di Padova : = A qual prò ti sei ancora oc- cupata della Dinamica chimica , anziché imitare il — 95- mio silenzio? Credi forse che gli stranieri giudi- cheranno del sapere degl' Italiani da una speciale Dottrina che si chiama Italiana? Presso ogni na- zione vi sono alcuni che pretendono riformare tut- te le scienze , proclamando essere esse un ammasso di assurdità ; ma i Dotti vanno innanzi senza dar- sene alcun fastidio. Temi forse che alcuni , sedotti dal prestigio della novità, abbandoneranno l'anti- ca scienza ? Ma se ti avvenne di sentire che alcuno adottasse quei principi, non hai forse dovuto con- venire che il loro modo di ragionare mostrava che, qualunque altra teoria avessero seguita, sarebbero stati egualmente inetti? Qual Fisico o qual Chimi- co ha approvati i principi della Dinamica? Qua- le fu il parere che ad opera compiuta doveva pro- nunciare (Apologia, pagina 4) queir uno fra i più distinti e segnalati ingegni dei giorni nostri , che nel 1851 scrisse quelle gentili, ma insignificanti parole? Parole che forse suggerirono le tue altre- tanto inconcludenti, le quali ora ti vengono rinfac- ciate come una prova che tu allora perfettamente in- tendevi ciò che non avevi nemmeno letto. Mia cara metà, non perdere il tuo tempo a turbare la quiete dell'oblio; lascia che la Dinamica riposi in pace. Ed io ormai seguirò questo consiglio, tanto più che non potrei che ripetere le obbiezioni contro i principi della nuova Dottrina già publicate ; uè fini- rei mai, se volessi a mano a mano confutare tutte le asserzioni, in cui va divagandosi chi non sa per - 96 — alcuna maniera rispondere a quelle vitali obbiezio- ni. — Ciò rispetto alla scienza, di cui unicamente io soglio occuparmi ; in quanto agli attacchi contro il mio carattere e contro la mia intelligenza (attacchi che nulla provano, poiché io potrei essere il più im- becille e il più sleale degli uomini, e nulladimeno la nuova Dinamica essere un ammasso di non-sensi), io mi rimetto al giudizio di chi mi conosce. Le sole cir- costanze, in cui riprenderò la penna, saranno quelle in cui verrò a riconoscere qualche mio errore nelle pronunciate censure. -o«§^g&o Tornata V. del dì 27 Marzo 1859. Delle Alghe e delle Calamarie dei terreni oo(t- tici. — Del Socio Ord. Bar. Achille De Zigno. •f;;)tM'; 1 caratteri generici o specifici delle Alghe riescono troppo fuggevoli ed incerti negli esemplari fossili , perchè se ne possa stabilire con sicurezza la distin- zione. Perciò le denominazioni specifiche delle Alghe fossili si devono considerare quali indicazioni provi- sorie delle varie forme che ci presentano, né possia- mo riposare sulla presenza di taluna di queste forme per determinare il terreno in cui si trova rappresa, giacché è ben noto agli Algologi quali differenze ca- gioni l'età nella stessa Specie, e come di frequente le singole parti di un medesimo individuo ci porgano forme le più svariate. Dal che ne segue, che i frammenti per lo più im- perfetti ed alterati dalla fossilizzazione delle piante appartenenti a questa Classe tornino assai poco gio- vevoli pel riconoscimento delle formazioni , qualora non sieno accompagnati da altri fossili. , Né tampoco dobbiamo far calcolo di quegli esem- plari che appariscono meglio conservati, e che ci pa- lesano caratteri più costanti, avendo T illustre Mur- chison trovalo in Toscana alcune Fucoidi comuni tanto 7 — 98- al terreno cretaceo, che ai depositi dell' epoca ter- ziaria , per cui non esitò di ammettere che « vege- » tali di una Classe tanto inferiore , quali sono le Al- » ghe , possano aver continuato ad esistere , passan- » do incolumi per que' grandi mutamenti a cui non po- » teva resistere la vita animale. » E questo principio viene ora avvalorato dall'avere il eh. Prof. Meneghini riconosciuto alcune di queste medesime Fucoidi nei calcari e schisti varicolori della Toscana, che altri fossili manifestano appartenere decisamente all'epoca jurassica. Però sebbene le Alghe per queste consi- derazioni non possano valutarsi opportune alla sicu- ra identificazione dei terreni, tuttavia la loro presen- za è sufficiente per indicarci la vegetazione vissuta nelle aque dei diversi periodi geologici. Ed invero impronte riferibili a questa Classe co- minciano a farsi vedere nelle formazioni fossilifere più antiche. I terreni detti una volta di transizione 0 della grauwack , ora chiamati Siluriani e De- voniani, hanno svelato una Conferva e parecchie Fucoidee e Floridee che prima non erano conosciute, e di cui il numero maggiore fa scoperto nella forma- zione siluriana d'America. Scemano d'assai le Alghe nelle epoche successive, e mancano finora del tutto neir Arenaria variegata. Nel Muschelkalk il solo Sphaerococcites Blan- dowsìiianus di Gòppert, nel Keuper due Conferva- cee ed una Fucoidea, nel Lias due Fueoidee e sei Floridee ne segnano la comparsa, che si fa maggior- — 99 — mente palese nelle serie oolitica mercè la presenza di alcune Fucoìdee e buon numero di Floridee. Le Alghe tornano a farsi rare nell'Argilla di Weald, nella quale l'Ettingshausen ci ha non ha guari fatto conoscere, oltre il Gonfervites pssus del Dunker, tre nuove Specie: il Gonfervites se^ taceus, il Sargassites Partschii, e lo Sphaero- coccites chondriaeformis. Finalmente si mostrano in gran copia nei varj piani della formazione creta- cea e dei terreni terziarj. Limitandoci alle Alghe trovate finora nella serie oolitica, noi le vedremo giugnere a quaranta Specie, cioè due Confervacee, quattro Ficee, e trentaquattro Floridee. Da questo novero sono escluse tutte quelle piante, le quali, sebbene abbiano sempre figurato fìa le Alghe negli elenchi delle Specie colitiche , devo- no ora prender posto tra le Conifere, specialmente do- po le osservazioni publicate in proposito dal Bron- gniart e dall' Unger. Sono queste il Baliostkhus or- natus dello Sternberg, e tutte le Specie del Genere Gaulerpites , che spettano a questo terreno, ad ec- cezione del Gaulerpites tortuosus di Presi. È pure da ommettersi il Gystoseirites nutans Slernb. , che Bronn nell'ultima edizione della sua Lethaea colloca nell'Oolite. Bronn e Glebel citano a proposito di questa Specie la fig. 1. Tav. VII. del Voi. IL della Flora der Forwclt di Sternberg ; ma questa figura corrisponde invece allo Spliaerococ- cites affiniS; cui per errore lo stesso Slernbcrg ri- — 100 — feriva la figura i. Tavola VI. di quel medesimo Volu- me; figura che spelta per contrario aWHalymenites Schnitzleinii. Oltre a ciò , il Bronn aggiunge alla descrizione una figura eh' è una semplice copia della fig. i. Ta- vola XVIII. del Volume II. della stessa Opera; figura che rappresenta invece il Cystoseirites taxiformis, Specie che il Gòppert e l' Eltingshausen hanno iden- tificata coWAraucarites Sternbergii. Nella Flora dello SternLerg non esiste delineato il Cystoseirites nutans , sebbene vi sia descritto, e sia indicata la sua provenienza dai calcari litografici di Solenhofen. Però nelle correzioni dall'Autore stampate alcun tempo dopo la publicazione della Flora è dichiarato come l'impronta, su cui aveva creduto fondare que- sta Specie, non appartenga al regno vegetale. Altri errori sono sfuggiti in quest'Opera, d'altronde assai pregevole, i quali furono poscia emendati dallo Slern- berg in un foglio volante publicato di poi, e disgiunto dall'Opera; ma è forza ritenere che questo foglio non abbia avuta la necessaria diffusione, perocché veg- liamo ripetuti gli stessi errori in quasi tutte le Ope- re in cui è citata quella dello Sternberg. , E principalmente nelle Calcarie litografiche di So- lenhofen e di Eichstaedt ove abbondano i resti delle Alghe. Venticinque Specie, ossia cinque ottavi delle finora conosciute come proprie dell' Oolite, proven- gono da quei depositi che, secondo la maggior parte dei Geologi, appartengono all'Oolite media, e pre- — 101 — cisamenle al piano del Goral rag. Nello slesso oriz- zonte geologico Pomel trovava a Catheauroux in Fran- cia la sua Granularla repanda, e contemporanea (li questi depositi sembra doversi ritenere la roccia, ove a Gerhausen presso Ulma il Kurr rinveniva lo Sphaerococcites ligulatus. Sei Specie ci offrono i terreni posti nel piano superiore dell' Oolite inferio- re, tre delle quali proprie dell' Inghilterra, due delle Alpi venete, ed una degli strati jurassici di Cutch nelle Indie, illustrati da Grant e Morris. In quanto poi agli schisti varicolori della To- scana , ove i Prof. Meneghini e Savi rinvennero sei diverse forme spettanti a questa Classe, quantunque non ne sia ancora precisata la posizione geologica, pure dal complesso delle relazioni di giacitura, e dai fossili delle roccie concomitanti, si può arguire che rappresentano la parte più bassa del gruppo colitico inferiore. Queste osservazioni sono bastevoli a farci cono- scere come le Alghe abbiano lascialo maggiori trac- cie di sé nei depositi superiori dell' Oolite media, di quello che nel gruppo dell' Oolite inferiore, ove al- l' incontro si veggono predominare i resti delle piante terrestri, fra le quali procedendo col metodo gene- ralmente ammesso dai moderni Paleofitologhi, prime ci si affacciano le Calamarie, ora divise, secondo l'Et- tingshausen, nei due soli Ordini delle Calamitee e delle Equisetacee. Nel primo di questi si compren- dono i Generi Galamites, Galamitea, Huttonia, -102 — Jiinularia, Sphenophyllum, Hippuriles^ Vhyllo- theca, Bornia, Bòckschia, Anarthrocanna ; e nel secondo i Generi Equisetites e Goliimnaria. Nel- r Ordine cronologico delle formazioni vediamo com- parire prime nei terreni di transizione le Calamiti, le Bornie e le Anartrocanne. Nella formazione carbonifera appariscono le Bor- nie e le Anartrocanne, e rimangono le Calamiti ac- compagnate da altri Generi, che ivi si mostrano per la prima volta. Sono essi i Generi Huttonia, Annu- laria, Sphenophyllum, Hippurites e Bòckschia, a cai si aggiungono in questo orizzonte le Equisetiti e le Columnarie. La maggior parte di queste forme non si ripete nelle formazioni posteriori. Nell'Are- naria rossa i due Ordini sono rappresentati dai Ge- neri Calamitea ed Equisetites ; e le sole Calamiti, accompagnate dalle Equisetiti, si fanno nuovamente vedere nelle stratificazioni dell'Arenaria variegata e del Keuper. Nel Lias si osservarono finora soltanto i resti delle Equisetiti, che nell' Oolite si uniscono alle Fillote- che, e ad alcune forme provisoriamente collocate nei Generi Calamites e Sphenophylla, sinché migliori sassi ne chiariscano la vera natura. Nella formazione Weldiana e nei terreni lerziarj il Genere Equisetites rimane il solo rappresentante di questa Classe. In quanto alle Calamarie proprie dell' Oolite non sono molti anni ch'esse si limitavano a due sole Spe- — mos- cie di Equisetacee: V Equisetum coliimnare del Brongniart, e l' Equisetum laterale di Phillips. A queste si aggiunsero di poi il Galamites Hoeren- sis, scoperto dall' Hisinger presso Hoer nelle Scania, il Galamites Leìimannianus trovalo dal Gòppert nel terreno jurese di Ludwigsdorf nella Slesia prus- siana, ed il Galamites Beani degli strati fitolitiferi di Scarborough in Inghilterra. Nei terreni carboniferi delle Indie e dell' Austra- lia, che le osservazioni del Greenough, del Bunbury e del M'Coy inducono a ritenere spettanti al gruppo oolitico inferiore i nuovi Generi Fertehraria, Tri- ziigia e Phylloteca, aggiungono altre sei Specie alle Calamarie di questo terreno, e ci presentano delle forme che rammentano gli Sfenofilli e le Ippurili del- le formazioni più antiche. Alcuna di queste forme si ripete nell'Oolite delle nostre Alpi, ove sopra buon numero di esemplari ho potuto riconoscere l'esisten- za di due nuove Specie di Phijllolheca. Assai disparate sono le opinioni intorno alla clas- sificazione di questi Generi. M'Coy riferisce le Ver- lebrarie di Forbes Royle alle Marsileacee, e le Fillo- teche alle Casuarinee. Brongniart, unendo le Trizigie agli Sfenofilli, pone questi unitamente alle Filloteche fra le sue Asterofillitee nelle Dicotiledoni ginnosper- me. Unger le colloca fra le Calamarie nell'Ordine delle Asterofillitee ; ed Etlingshausen avendo riunito que- st' Ordine a quello delle Calamilec, le annovera fra queste ultime. — 104 — Come ho chiaramente dimostrato nella mìa Flora, la classificazione dell'Ettingshausen è per ora da pre- ferirsi alle altre finché nuove scoperte ci additino il posto che dovranno realmente occupare queste mi- steriose pianticelle. Le Equiselacee all'incontra non risvegliano tanta dabiezza, e ci palesano la maggior parte dei carat- teri che distinguono gli Equiseti viventi. Ed è specialmente nelle calcaree fitolitifere, sog- giacenti nel Veronese e nel Vicentino agli strali del- la Oolite media, che se ne scorgono in gran copia bellissimi saggi^ limitati però a due sole forme, non prima avvertite in altre contrade, e a cui ho dato il nome di Equisetites Bunburycanus e di E(/iti*se- tites Feronensis. Scarseggiano all'incontro i resti delle Equise- tacee nei depositi oolitici di Scarborough, ove ab- biamo il solo Equisetites columnaris di Sternberg, che si ripete in Iscozia negli strati carboniferi di lirora; giacché Y Equisetum laterale di Phillips, dopo che fu rinvenuto recentemente munito di fo- glie verticillate, non può più essere annoverato fra gli Equiseti, e si deve piuttosto collocare nel Ge- nere Calamites, come fu definito dall'Ettingshausen. Per questi ritrovamenti le Calamarie dell'Oolite giungono presentemente a quindici, cioè dodici Cala- mitee e tre Equisetacee , tutte spettanti alla parte superiore del gruppo oolllico inferiore ; tranne il Ca- lainites IJocrensis della Scania, trovato in un ter- — 105 — reno che si ritiene appartenere al piano più basso di questa formazione. Toccate così brevemente le conclusioni a cui sia- mo tratti dalla semplice revisione delle Alghe e delle Calamarle proprie di questo periodo geologico , mi reco ad onore di presentarvi, chiarissimi Colleghi, le prime Puntate della mìa Flora delFOolite, in cui sono appunto descritte le piante comprese in queste Classi, accompagnate dalle figure delle Specie che mi sembrarono nuove. Il Socio Ordinario, compiuta questa Lettura, presenta l'Academia delle due prime Puntate dell& sua Flora fossilis fonnationis ooliticae, in foglio con Tavole, che fa impri- mere in Padova co' tipi di Angelo Sicea e Comp. BULl£TTINO BIBLIOGRAFICO \ BULLETTIl BIBlIOGRiFICfl Ctbri ^eiDcuuti in irono aii'Ucaìf ernia nelU ferie autumtalif nel 1. "Semestre 1858-59. ISTITUTI. TITOLO DELl' OPERA. yx «versa (Academia Arclieologica del Belgio). — jinnales de V Académie rf' Archeologie de Belgique. Tomo I. Fa- scicolo I. e II. Berlino ( Academia Reale delle Scienze ) . — Monhtsbericht der Kón. Preuss. Akadem. \. September 1857. Bis Junil858 incl. (Fase. 9). • — ( detta ) — Abhandlungen der Kón. Akademie der Vis- senscìiaften zu Berlin 1857. Bolorpia (Academia delle Scienze dell'Istituto). — Memorie. Tomo Vili. Fase. I. eli. ' l Breslavia e Bonn ( Academia Cesareo-Leopoldino-Carolina dei Curiosi della Natura). — Novortitn Actorum Aca- demiae , etc. Voi. XXVI. l'ars. I. (con 30 Tavole) Cremona (I. R. Ginnasio Superiore). — Programma alla fine deW anno scolastico 1858. Cristiania (Società dei Naturalisti Scandinavi). — Atti della Socielà. 12-18 Luglio 1856. — ( detta ) Università Reale di Cristiania. — Jnversio vesicae urinariae et luxationes femorum congenitae. — (detta) — Qaelques observations de morphologie vege- tale , faites au Jardin bolanique de Cristiania J. M. ISorman. Firenze (Reale Academia Economlco-agrarla dei Georgofili). — Jìendiconti delle Adunanze. Dispense VI. VII. VIII. l\. 1858. Li-iisia (Società Reale delle Scienze). — Atti della Classe Filo- logico - storica. 1856, Fase. III. e IV.; 1857 ,■> 48 Bellavitis. — Risposta all' Apologia del Prof. Bartolo- meo Bizio sulla Dottrina fisico - chimica Italiana. . . » 76 De Zigno. Delle Alghe e delle Calamarie dei terreni oolitici » 97 APPENDICE Personale Academico a tutto il primo Semestre deU' an- no 1858-1859 » Opere pervenute in dono all'Academia nelle ferie autun- nali e nel primo Semestre del 1858-1859 » 108 -oo«oo-®o«c««- XVI. I BEI LAVORI DELIA I. R. ACADEMIA DI SCIEXZE, LETTEIVC ED ARTI l.\ PADOVA. Redattore Giuseppe ObsolatOj Membro Ordinario della Sezione di Medicina. E^tiiiiestte tctjo 6 quatto Scf 1858*1859. VOLUME VII. PADOVA j co TORCHI DI G. B. RANDI IN DITTA ANGELO SICCA 1859 DEI LAVORI DELIA L R. ACADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina. Gtiwtestre tetsjo e quatto 3cf Ì858.d859. VOIillME VII. PADOVA i co TORCHI DI G. B. RANDI IN DITTA ANGELO SICCA 1859 PERSONALE ACADEMICO A TUTTO IL SECONDO SEMESTRE DEL 1858-59. CONSIGLIO AC4DEM1£0. ^•ceAideitbe, IIIIGMA Dott. «IAilBATTlST<%. Vicc-V^-ceAvdeiiic. DE VISIANI Prof. Roberto. JDÌKttori ìf'i ^e}ìom. Ragazzini Prof. Francesco (Fisica). Coletti Dott. Ferdinando (Medicina). Bollavitis Prof. Giusto (Matematica). Ronato 4li. Prof. Modesto (Letteratura e Scienze morali). Seflwtorf pcrprtui. llenin Ab. Prof. €av. Lodovico. Cavalli Conte Ferdinando. 3lr£l)itiista t iSìbiìotecaxìo. Orsolato Dott. Giuseppe. 3lmnrimstratore Cassiera (S)noraria. Argenti Dott. Francesco. VI Mtmbxx (S>rìf'max\ (permatwnti ntl numero ìrx 28). (Pfoiàc òelfe tycieujc fisiche. De Vislani suddetto. ne Zig;no Bnir. dLchille. Iflenin suddetto. Trevisan Cav. Vittore. Rag^azzSiii suddetto. Argenti suddetto. Bcnvonisti Dott. Moisè. Coletti suddetto. Vestler Dott. Francesco Saverio. Mngna suddetto. Orsolato suddetto. Mattioli Dott. Giambattista. C-Laaàe SeLle nLateiuattcfte. Bellavitis suddetto. niinicli Prof. €av. Raffaele. Santini Prof. Commendatore Giovanni* Trettenero Dott. Virgilio. Tnrazza Prof. Domenico. (i^(aiiie ^ett'e J ciewjc moraU e .^elteratuta. Agostini Al». Prof. Stefano. Donato suddetto. VII Cavalli suddetto. Cittadella l^o. Cav. €>iovaiiiii. De Leva Prof. Glaseppo. Glopìa Prof. Andrea. '!AgQtegati xmìfenti in pol&ooa. a) Game Joci OìA,otaù. Cittadella- Vigodarzer e S. E. Conte Andrea, già Membro Ordinario. fini Bar. Cav. Qirolamo, Wlanfredini ]VIons. Federico, Vescovo di Padova. b) Goiue zfoci Ciuciiti, Catullo Prof. Cav. Tomaso. e) (Some ooci tjttaotòiuatt. Bernati Prof. Antonio. Canal Ab. Prof. Pietro. Cerato Dott. Carlo. Fabrls IHons. Gio. Maria. Keller Dott. Antonio. Einzzato Prof. Samuele. Molin Prof. Raffaele. Rìvato Ab. Prof. Antonio. Serafini Dott. Giuseppe, Simonetti Ab. Prof, lodovico. Talandini Ab. Prof. Leandro. Trivellato Ab. Prof. Giuseppe. Zambclli Prof. Karnaba. VIIT d\ C'olile Joci (Soittiuouòcuti. Basso Uott. liuisi. Berti Uott. Giacomo. Brug-nolo Prof. Giiisopito. Brusoui Dott. Giacomo. €alcg;ari Dott. Pietro. Dalla Torre Prof. Lelio. Dallusclicck Prof. Giuseppe 4ntouio. De Marcbi Dott. Alessandro. Fabeni Prof. Vincenzo. Faccio Domenico. Fanzag^o Dott. Luigi. Fava Prof. Giambattista. Foscarini Dott. Jacopo. Macoari Cav. Fortnnato-liuigi. Podrcooa Dott. Giuseppe-Lconifla. Sialomoni Prof. Filippo. Tolontoi Prof. Giau.Paolo. Vanzetti Prof. Tito. Zacco IVob. Teodoro. (Stfuuuo def'ila Gùibbe medica. Tosini Dott. Achille. Bidello. Smiderle Pietro. Inserviente. Facchinetti Luigi. Prima Adunanza del secondo Semestre. — -^>«s@g^° — Tornata I. del dì 3 Aprile 1859. l I foraggi concentrati ed i concimi chimici in rapporto alle nostre condizioni agricole. — Del Socio Straordinario Dott. Antonio Keller. 1 empo fa mi giungeva da Vienna un Manifesto, con cui si raccomandava un foraggio concentrato pe'i cavaUi, pel bestiame bovino e per le pecore, che già s'impiega in Inghilterra, in Francia ed in Germania non solo dai semplici agricoltori, ma ben anche nelle stalle e nelle scuderie dei Grandi. Questo foraggio è preparato in quella Capitale dal signor Landesmann, e lo si vende in pacchi con- tenenti una razione per ogni cavallo. Una cassa con 300 pacchetti vale fiorini 27 della valuta nuova, ed una con 1 50 pacchi fiorini J 3. 50. Pare che la stessa quantità esistente in un pac- chetto sia destinata pel bestiame bovino, giacché nel Manifesto non trovasi distinzione di dose; e quanto alle pecore si dice che una porzione ba- sta per quattro capi. 8 — 122 — Al Manifesto il sig. Vjncenzo Krelzinsky, Chi- mico dislinlo, unisce il suo parere, appoggialo a diverse analisi. Cento parti di questo foraggio dis- seccato contengono 91.77 per dOO di sostanza di- geribile, e 8. 23 per 100 d'indigeribile, o di cel- lulosa. Nella sostanza digeribile si riscontrano: in ceneri 4.65 per 100; in sostanze carbonate 67. 68 (cioè grassi 15.12; carburi idrati 52.56); in so- stanze azotate 19.44. Delle ceneri 2.47 per 100 sono fosfati. Fra i grassi primeggiano la oleina, la margarina, la palmetina, l' acido burico ; fra i car- buri idrati l'amido 43. 75 per 1 00, i jÉctinati 1 . 24 per 1 00, li zuccheri e la gomma 7. 57 per 1 00 ; fra le sostauze azotate Pemulsina nel rapporto di 8. 58 per 100, il glutine di 5.74 per 100, la legumina di 5.12 per 100. Con la scorta dell'analisi ecco in qual guisa si esprime il sig. Kretzinsky : 1.°In questo foraggio sono rappresentate tutte le categorie delle sostanze alibili, ed in quantità con- siderevoli: le ceneri, e specialmente i fosfati, così' opportuni per la formazione dei tessuti ; i grassi, i carburi idrati. La massa digeribile sta alla massa indigeribile nel rapporlo di 11.15:1; Paqua si li- mita a 10-15 per 100; l'azoto varia fra 2.93 e 3. 18; e la sostanza azotata sta alla non azotata come 1 ; 4. 2° Il foraggio non soddisfa soltanto pel com- plesso delle sostanze nlibili, ma offre in ciascuna — 123 — quelle inoltiplicilà di forme capaci a promuovere colla salute bellezza di corpo ed elasticità di for- ze, nonché ad allontanare quelle disposizioni ai mali specifici, favorite dalla somministrazione di un foraggio sempremai eguale, per quanto esso si mostri buono. 3.° E guarentito il valore dietetico del foraggio per la pronta sua digeribilità, ed esso manifesta somma intensità, convertendosi, per la facile assi- milazione, immediatamente in carne ed in sangue. Contemporaneamente al suddetto Manifesto mi capitava il Foglio agrario centrale per la Germania (Berlino 'j858, Fascic. XII. Dicembre), in cui si possono leggere alcune osservazioni fatte dal sig. Lawes sui foraggi artificiali, delle quali le più im- portanti si riducono alle seguenti. 1.° Da esperimenti in grande, intrapresi con buoi, con pecore e con majali, si dedusse che il buon effetto di un foraggio dipende da una deter- minata quantità di certe sostanze azotate, di certe sostanze carbonate, e di certi minerali. 2." Tale effetto si raggiunge co' i foraggi natu- rali , quando si ricorra a miscugli razionali, ad un prezzo molto minore di quello che rivolgendo- si a miscugli, nei quali s'introduca, per esempio, amido, zucchero, od olio allo stato naturale. 3,° Non regge il paragone tra i foraggi prepa- rati e i concimi artificiali. L' animale trae partito solamente da quanto riceve in alimento, mentre i -124 — vegelabili approfillano anche dell' ambiente atmo- sferico, cioè de' suoi elementi, del vapore aqueo, e dell'acido carbonico. 4." 11 bestiame, sopratutto il bue, ha sempre mestieri d' una determinata quantità di sostanze indigeribili; e se v'hanno animali, come i majali, che possono appagarsi di poca massa indigeribile, le sostanze digeribili dei loro alimenti si trovano sempre, e molto meglio, combinate nei diversi gra- ni ed in altri foraggi. 5.° V'ha un solo mezzo di fabricazione, la quale possa essere utilizzata con vantaggio ed in grande; vale a dire quella dei panelli. Un miscuglio di pa- nello di lino con farina rende, con 1/4 od 1/5 di spesa, come qualsiasi foraggio artificiale. Ma an- che in questo caso i vantaggi non si hanno senza la somministrazione di altro foraggio; ned è dimo- strato che per esso gli animali acquistino l'attitu- dine di eslrarre una maggiore quantità di principi digeribili, 6." Tre majali furono nutriti con un miscuglio di nove parti di farina d'orzo ed una parte di pule; tre altri collo stesso foraggio., cui s'a^^iun- geva un foraggio artificiale nel rapporto di 2:10. Lo sperimento durò 28 giorni. Per un centinajo di peso i majali ricevettero 393 funti del primo, e 400 del secpndo. Quelli al finire dello sperimento pesarono 496 funti, questi 494, essendo stato il loro peso, innanzi della esperienza, 357 e 355; I — 125 — ma il foraggio arlificiale costò il quintuplo del mi- scuglio. Sommo fu il piacere che provai nel leggere con- siderazioni dettate da un uomo così illustre , adat- tandosi esse al mio modo di vedere. Non vi sarà, spero, chi per tale provata emozione mi taccierà di retrogrado. Veneratore di qualsiasi scienza, lo sono al massimo per le scienze naturali ed affini ; anzi , quando è possibile, dalla scienza cerco sempre ap- poggio, ove mi occorra la spiegazione di fenomeni fisiologici 0 patologici ; e Chimica e Matematica ne hanno per me il primato. Cieco accoglitore però di alcuni principi che taluno vorrebbe farmi credere anche sotto l' egida del suo nome, non mai. Nelle prestazioni del sig. Landesmann e nelle parole del sig. Kretzinsky ritengo lontana qualsiasi tendenza all'inganno; e la Chimica ce lo dimostrerà. Ad onta di tutto ciò, dall'Italia sieno tenuti lontani e fo- raggi concentrati od artificiali, e concimi chimici. I. I foraggi concentrati saranno, a mio avviso, un bene recato a queste campagne ; ma si pagheranno sempre a caro prezzo, e perciò diverranno un lu- cro pel fabricatore quando le stalle si scorgeranno meglio provedute, e quando i foraggi naturali pei numero maggiore degli animali ci mancheranno. Perchè i foraggi naturali però soltanto scarseg- gino in seguito alla nascita e alla introduzione di — 126- nuovo bestiame, non ci dovranno bastare i prodotti di quei terreni che ancora si tengono a maggese; non i proflolti in erba-spagna, in trifogli, in lupi- nelle, che ancora si devono coltivare; non i pro- dotti in barbabietole ed in sorgo zuccherino, che si avranno a raccogliere per le stalle; e non perla fabricazione di zucchero o di alcool, alla quale r Italia non potrà mai essere favorevole. Sarebbe lo stesso che non volere far calcolo alcuno della re- gione agraria cui essa spetta, e quindi del prodotto delfiiva, dalla quale, oltre il vino, si ritira anche dell'alcool. — Si sconoscerebbe la giusta divisione data dagli Economisti di tutte le industrie, in in- dustria agricola, manifatturiera e commerciale- divisione che già c'insegna a non ridurci in un microcosmo, anzi a darci allo sviluppo massimo dell' agricola. — In fine si darebbe indizio di poca cura per la popolazione dei campi e pe' i terreni, una volta che la popolazione, avendo del vino, e non abbisognando neppure per le arti di zucchero e di alcool di barbabietole, manca di carne, e che i ter- reni scarseggiano di concimi. La barbabietola però fortunatamente è già colti- vata da diversi come alimento pel bestiame bovi- no, e con sommo vantaggio ; ne questi l' abbando- neranno, anzi ecciteranno i vicini ad adottarla, non fosse che per risparmio di fieno, raccogliendola spes- so da terreni che altrimenti starebbero in riposo. In via media da un ettaro si raccolgono 40,000 chi- -—427 — logrammi di radici, e T illustre Ottavi cMusegiia come trarne utile. Quanto al sorgo zuccherino, come foraggio, il prodotto di un ettaro varia fra 73,000 e 100,000 chilogrammi. Taglialo in pezzetti, il bestiame bo- vino lo mangia anche senza bisogno di altri cibi, con risparmio di tutti i grani farinosi e di tutti i panelli. Le vacche aumentano assai il loro prodot- to di latte, ed i cavalli con questo pasto si manten- gono egregiamente. « La sericoltura (scrive Barrai) forma una gran » parte dell'utilità de' poderi asciutti di clima caldo; » ma pure io vorrei qui, come altrove, maggiori ri- , >) sorse agrarie, i foraggi più abbondanti, e per con- » seguenza anche il numero del bestiame. 11 sorgo )) possa essere la pianta che sovvenga a tutti questi » bisogni. .) Si faccia ormai in modo che le parole di Barrai non abbiansi a considerare dirette a noi ; e ciò tanto meno, che diverse varietà di sorgo si coltivano qui come foraggio da più secoli. Non si avrebbe che a sostituire loro il sorgo zuccherino, per trattarlo come pianta da prato, nella certezza che dopo un taglio, e forse anche dopo due, le ra- dici si rivestono di nuovi polloni. I foraggi artificiali avranno poi sempre ostacoli nell'agricoltura che si ridurrà più ragionata, e ne- gli avvicendamenti che sono a modificarsi. Di più, assai difficile riuscirà la loro diffusione per l'esame degli esperimenti fatti dal signor Lawes co' majali, — 128- percliè V allevatore di bestiame non rimanga sco- raggiato nel loro impiego, giacche il prezzo merita pure qualche riguardo. Vediamo se la ricetta del sig. Landesmann ri- sponda ai quesiti della scienza e del tornaconto. 1 .** La quantità delle sostanze digeribili ascende nel suo foraggio a 91 . 77 per 1 00, e quella delle so- stanze indigeribili a 8.23 per 100. Conforterebbe questo rapporto, quando la massa indigeribile o la fibra legnosa fosse del tutto superflua. 2.° La massa fibrosa però, o indigeribile, è indi- spensabile, e come zavorra per togliere il senso di fame, e per determinare le pareti intestinali ad una maggiore distensione, nonché ad una maggiore se- crezione d'umori. 3.° Se consideriamo il fieno dei prati, in esso sì trovano 27.18 per 100 di fibra legnosa ; l' erba medica ne ha, se disseccata, 28. 50 per 100; il tri- foglio rosso 22. 35 per 100. Un bue che consumas- se al giorno 1 5 chilogrammi di fieno, verrebbe ad ingoiare di fibra legnosa chilogrammi 4. 077. A° Il fieno è cibo normale degli animali, anzi uni- tà di confronto. Paragoniamolo al foraggio del sig. Landesmann, e dimandiamo all'Aritmetica quanta è la dose di questo foraggio, che possa equivalere a 100 chilogrammi di fieno. 5.° In 1 00 chil. di foraggio artificiale si trova- no: di sostanze digeribili, 91.77, cioè: di sostanze azotate, 19.44; di sostanze carbonate, 67. 68 ; di / — 129 — sostanze minerali, 4. 65 ; di fibra legnosa, 8. 23. — In 1 00 chilogrammi di fieno si trovano : di sostanze digeribili, compresa tutta Paqua, nella quantità di 14. 59, 72.82; e di sostanze indigeribili, 27. 18. 6." Con semplici proporzioni scorgiamo che per avere nel foraggio artificiale 72. 82 chilogrammi di sostanze digeribili, esistenti in 100 chilogrammi di fieno, ci bastano chilogrammi 79. 36 ; mentre se si volessero chilogrammi 27.18 di fibra legnosa, se ne richiederebbero 330. 25 chilogrammi. 7." Con 330, 25 chilogrammi di foraggio arti- ficiale, invece di 100 di fieno, si aggraverebbe la condizione degli animali, caricandoli d'una massa, di cui i loro ventricoli non sarebbero capaci. 115 chilogrammi di fieno sarebbero sostituiti da 49. 54 di questo nuovo alimento ; mentre se si calcolassero le sostanze digeribili, come d' ordinario si calcola, i chiloi^rammi 1 0. 92 esistenti in 1 5 di fieno si troverebbero in chil. 1 1 . 90 del fora<*2Ìo nuovo. 8.° Il sig. Rretzinsky consiglia un mezzo, col quale togliere quella sproporzione. Al suo forag- gio si aggiunga della paglia tagliuzzata, ma non ne dice quanta. Ora P allevatore di bestiame non può fare a meno di certe Tabelle dateci da Bous- singault , Fresenius , Malaguti , Moser , ed altri . — Queste Tabelle sono giunte a tale perfezione, che agitate per l'aere a guisa di verghe magi- che dalle mani del prestigiatore Backwell sopra alcuni foraggi, i quali sono poi mescolati in dati -130 - rapporti, vi modificano totalmente l'impasto del- l'individuo animale, anzi formano razze nuove. — Queste Tabelle dicono all'Economista razionale il perchè prevalga il cretinismo in alcune popolazio- ni ; l'ergotismo in altre ; la pellagra nelle terze ; la imbecillità o la svegliatezza, la viltà o la nobile fierezza in altre ancora. — Queste Tabelle spiegano all'analizzatore attento la salute e l'aspetto non solo dei cavalli di cavalleria d'alcuni Governi, ma immediatamente dei loro soldati,, consigliando con- simili sistemi di vitto e di abitazione pel cittadino povero, e per l'agricoltore talora abbandonato. — Maneggiando queste Tabelle si sa perchè il poeta ricorra per le sue inspirazioni talvolta ad un bic- chierino di rhura o di rak ; perchè lo scienziato, cui il giorno è breve, preferisca il caffè ; perchè l' uso della birra, dell'aquavite, dell'opio, del thè sia in- dispensabile ad alcuni popoli, lasciando su d'essi impronte determinate. Esse ora pe' i progressi del- la Chimica c'insegnano, che quando si voglia con quel foraggio e con paglia ottenere un miscuglio, in cui sia conservato il rapporto di ì :3. 22, esi- stente fra le sostanze azotate e fra la fibra legnosa del fieno, si debba ricorrere a cinque equivalenti del foraggio artificiale , aggiungendovi un equiva- lente di paglia ; perchè allora, fatto calcolo del do- dici circa per 1 00 d'aqua esistente nel foraggio, si hanno 4. 58 di sostanza indigeribile per uno di so- stanza azotata. - i 'Si - Cinque equivalenti di foraggio artifi- ciale sono rappresentati da . . 25.70 chil. Un equivalente di paglia di frumento è rappresentato da 55. 82 chil. In tutto da chilogrammi 81. 52 (4). 9.° In 81.52 chil. di miscuglio entrano di so- stanze indigeribili 27.46, giacché la paglia ne ha 25. 36, ed il foraggio artificiale 2. 1 0 := 0.42 X 5. Se in 81.52 si trovano 27.46 di fibra legnosa, per avere 27.18, esistenti in 100 di fieno, con- verrà prenderne 80. 69 ; ed in questo si riscontre- (1) Vedi Keller, SiiW allevamento del bestiame bovino. Padova 1857. Conviene tornare un passo indietro, e 'dire: in 100 parti di foraggio artificiale si riscontra- no 19. ^'t di sostanze azotate, 67. 68 di sostanze car- bonate, h. 65 di ceneri, 8. 25 di fibra legnosa ; — - per trovare la massa, in cui si riscontra 1 di sostanze azo- tate, dovrò dividere per 19. hh,eà otterrò : 1 di sostan- ze azotate, 3. ^8 di sostanze carbonate, 0. 2^^ di ceneri, 0. iiS di fibra legnosa. Sommando, avrò 5. 1^. ' — Se, memori del rapporto di 1:0. ^2, avuto fra le sostanze carbonate azotate e la fibra legnosa del nuovo forag- gio, vi aggiungeremo il rapporto di 1:25.36, datoci dai libri per la paglia di frumento, trovo che, somman- do 5 (1: 0.^2) equivalenti di foraggio artificiale, 5: 2.10, 1 (1:25.36) equivalenti di paglia, 1:25.36, si han- no 6: 27. ?t6, ossia il rapporto di i:k. 58. Prendo quin- di 5 dosi del foraggio artificiale , 5 (5. 1^) = 25. 70, ed una dose di paglia, 55. 82. Somma : 81. 52. — 132- ranno 25.44 di foraggio artificiale, e 55.25 di paglia. 10.° Con un miscuglio simile, in cui la paglia è nel suo minimura, 15 chilogrammi di fieno al giorno sono rimpiazzati da chilogrammi j 2. 1 0 ; in essi la paglia v'entra nella quantità di 8. 28, ed il foraggio artificiale nella quantità di 3. 82. 1 'J.° Otto chilogrammi di paglia al giorno sono troppo. 11 sig. Landesmann vi rimedia (4). Egli vuole che r animale una volta al giorno riceva del fieno, e quindi ì /3 della razione ordinaria , ossia di 1 5 chilogrammi. Allora del miscuglio bastano chilo- grammi 8.10, ed in esso la paglia figura per chi- logrammi 5. 55, il foraggio artificiale per 2. 55. 12.° Queste quantità, somministrate dal calcolo, allontanano qualsiasi sospetto o diffidenza nella ri-« celta del sig. Landesmann, ed incoraggiano a trarre partito dalla Chimica, la quale seppe scorgere il nesso fra il cibo, la digestione e la nutrizione. Cin- que chilogrammi di paglia ricevono i cavalli del- l'armata francese; 5 chilogrammi e più ricevevano i buoi sottomessi ad esperimenti da Boussingault; ed è provato anche dalla pratica, che 5 chilogram- mi di paglia non nuocono al bestiame grosso. 1 3.° Ora calcolando il rapporto esistente in que- sto miscuglio fra le sostanze azotate e le carbona- (1) In questo punto mi mancò il Manifesto; credo però che la memoria non mi tradirà. — 133- le, esso è di '1:5.79, mentre nel fieno lo abbiamo rappresentato da 1:5.17. — Studiando il rapporto fra le sostanze azotate e le ceneri, esso è di 1: 0. 89, e nel fieno di 1: 0.73. — Nulla di male adunque, nemmeno sotto questi punti di vista; anzi i numeri ci direbbero che forse il sig. Landesmann, profit- tando a ragione del basso prezzo dei cereali, ab- bia composto la sua proffenda di frumento o di se- gala in grano, di fava, di fagiuoli, non trascurando il saraceno. Ma questa, lo confesso, è un'asserzione arrischiata, appoggiata soltanto al Corano dell'al- levatore di bestiame, cioè alle Tabelle. I rumeri ottenuti ci renderebbero arditi di dire che ciascun pacchetto, forma sotto cui si vende la ricetti, do- vrebbe pesare chilogrammi 1.27, ammesso che la razione dovesse equivalere alla massa digeribile esistente in 15 chil. di fieno. Ardita supposizione ancor questa, poiché suggerita dal medesime testo. 1 4.° Se non che col miscuglio così comporto al tavolo io ottengo una massa che ne' suoi effetti sa- rà poco dissimile dagli effetti che si raggiuigono con i5 chilogrammi di fieno di prato. Col sdo fie- no non s'ingrassano i buoi, col solo fieno il caval- lo non acquista intensità di forze. Qui adunqie, on- de ottenere i vantaggi promessi da Kretzinfky, si dovrebbero alterare le dosi, e sempre a scapto de- gl' intestini e dei ventricoli, che pur esigom della fibra legnosa, ed in quantità non molto diversa da quella in cui la si trova nel fieno. - i Vi — 1 5.^ Come ora stiamo co' prezzi ? Se le spese di trasporto non istessero a carico delPacquirente, la ricetta del sig. Landesmann sarebbe economica pel cavallo in momenti nei quali l'avena ed il fieno sono cari, non mai quando il loro prezzo fosse l'or- dinario ('i). (1) Due pacchetti al giorno di foraggio artificiale cent. Vò. 57 Chil. 5 di fieno al giorno, a cent, 6. C . » 33. 00 Chi). 5.55 di paglia, a cent. 1 » 6.00 costano centesimi 8^1. 57. Col cibo in uso da noi, cioè con chilogrmimi 2 di avena, ossia litri h. cent. U2.00 chilcgrammi 10 di fieno, a 6, 6 ... . » 66.00 si spendono .... Lire 1. 08. 00. E cm avena, chil. 3. 50, o litri 7 . cent. 73.05 con paglia, chil. 5, a cent. 1 » 5. — confieno, chil. 5, a cent. 6.6 .... » 33. — ! Lire 1.H.05. Persoli 15 chil. di fieno si spenderebbero cent. 99. — La cavalleria leggera austriaca somministra a cia- scun cavallo al giorno chil. h. h% di fieno, e chil. 3. 36 di avera. La razione costerà cent. 101. — H cavallo della cjyalleria pesante riceve invece sempre 3. 36 chi- logramhi di avena : ma chilogrammi 5. 60 di fieno, ed il (oragiio vale cent. 108. ~ i35 - Ecco i varj motivi, pe' i quali dovremo unirci al sig. Laves, per dare la preferenza ai miscugli di foraggi naturali. 16.° Quanto ai panelli, diremo ancora ch'essi, appo noi già in uso, giustificano la dichiarazione fatta sul loro conto da quelP illustre. Sarà poi ne- cessario di non abusare troppo dei panelli di ca- nape, né di quelli di ravizzone, per non accagio- narli in certi porcili e in certe stalle come causa Discendendo l'avena al prezzo di centesimi 12 al chilogrammo, ed il fieno a. cent, k^ il foraggio del sig. Landesmann : Due pacchetti ceni. 45. 57 Fieno, chilogrammi 5 » 20. — Paglia, chilogrammi 5.55 » 6. — importa cent. 71.57; mentre chil. 2, ossia litri U, d'avena . cent. 24. — chilogrammi 10 di fieno a cent. k. . . » 40. — costano cent. 64. — . Avena, chilogrammi 5.50, ossia lilri 7, cent. 42. — Paglia, chilogrammi 5 » 5. — Fieno, chilogrammi 5 » 20. — valgono cent. 67, — . I 15 chil. di fieno costeranno cent. 60. La spesa della proflenda giornaliera pe' i cavalli di cavalleria leggera sarà di cent. 58 ; quella pe' i cavalli di caval- leria pesante sarà di cent. 65. - 136 — di malatia spiegabile colla quanlilà di fibra legno- sa che contengono (dì sarà sano e prudente consiglio, prima di prodi- xgare tante cure e sostenere tanti dispendj nell'al- » levamento dei filugelli , accertarsi, coli' uso del ») microscopio, se la semente che vuoisi educare sia »o meno nelle condizioni fisiologiche ('l))),si avrà un dato sicuro, facile ed unico sinora, a mio crede- re, onde poter coltivare bachi sani, e quindi estin- guere radicalmente l'ereditario contagio ; tanto più se s'impiegheranno quelle cautele che nel mio pre- cedente lavoro enunziai (2). Sarà sempre utile esaminare le uova nella guisa che suggerii fin dal 1857, anziché i bacolini ap- pena nati, siccome il Prof. Viltadini, modificando solo quella mia idea, testé proponeva; giacché po- tendosi far ciò sulle uova anche appena deposte, riuscirà facile provedersi a tempo delle altre, se le ispezionate contenessero la criptogama. Credo anzi che sarebbe economo provediraento l' esaminare inoltre da prima alcune crisalidi, poiché non si ca- drebbe nel pericolo di perdere inutilmente i boz- zoli scelti a dar farfalle, i quali, se fossero amma-^ (1) Memoria Iella all'I. R. Istituto Veneto di Scien- ze, Lettere ed Arti nel 2^1 Agosto 1837, pag. 766-767- (2) Id. pag. 766. — 181 - lati, non potrebbero giammai offrire uova sane, ma bensì somministrare ottima seta. Riepilogando: Io credetti fosse della massima importanza lo stabilire se o meno la criptogama, che vuoisi causa della dominante malatia del baco, esista primitivamente nella foglia , tanto più che molti BacoSli , incaponiti in questa idea , impiega- no, e certo inutilmente, tanti mezzi per migliorare, e, se fosse possibile , pervertire la nutrizione , e quindi la vegetazione del gelso ; e spero d'aver pro- vato colle mie osservazioni, esperimenti ed argo- mentazioni, che la foglia non è la causa di un mor- bo così micidiale, come nessuno pensò che la fosse del calcino. Colle mie indagini potei assicurarmi vie maggiormente essere l'atrofia morbo contagioso ed ereditario, e dedurre una maniera probabile del- la moltiplicazione della criptogama che la origina. Se fui sfortunato nei tentativi terapeutici, avrò al- meno edotti i bachi-cultori a non prestare una fede cieca a quanto si va empiricamente annunziando. Infine , che esistendo indubiaraente la criptogama nelle uova, e mancandosi finora di ogni altro cri- terio per distinguere le sane dalle ammalale, deb- basi esaminarne il contenuto col microscopio, pri- ma di sottoporle all'incubazione; e che volendosi procedere con tutta cautela e profitto, si possa in- slituire preventivamente analoghe osservazioni sul- le crisalidi di que' bozzoli che alla produzione delle uova si vorrebbero destinati. — 182 — Era compililo questo mio lavoro allorquando nei Comptes-rendus des Séances de VAcadémie des Sciences del 21 Marzo di quest'anno lessi il Rap- porto presentato all'Istituto di Francia dai signori Quatrefages, Peligot e Decaisne sulle indagini in- traprese relativamente alla malaria dei bachi ^ e trovo opportuno conlraporre alle mie le conclusio- ni da loro stabilite; che cioè: I. Lo sviluppo primitivo della malatia dei ba- chi procede da cause che sono ancora sconosciute. Quelle che si assegnarono come origini della ma- latia slessa non poterono che aggravarla. II. In particolare la malatia dei bachi non può attribuirsi ad un'alterazione preesistente nella fo- glia del gelso ; alterazione di cui non esiste alcuna traccia nel 1858. III. La malatia è epidemica ed ereditaria, quin- di doppiamente difficile a combattersi. IV. Nondimeno è possibile ottenere qnasi con certezza dei raccolti sufficienli. V. Per raggiungere questo scopo due condi- zioni sono indispensabili: 1." operare sopra uova fecondate e deposte da parenti interamente scevri dalla malatia; 2." osservare fedelmente le regole d'igiene durante lulla l'educazione. ri -183 — VI. Le piccolissime camerale di bacili allevali con cure parlicolari possono offrire grani di buona qualità per più anni di seguito nei luoghi slessi più attaccali dall' epidemia. Fa meraviglia che uomini di tanto sapere, eletti dall' Istituto francese, dopo un anno di studj ed os- servazioni in ampia sfera istituiti nel Mezzodì della Francia, negligessero quei mezzi, quelli argomenti e quelle prove che soli potevano condurre alla sco- perta del vero; fa meraviglia ch'essi non abbiano sospettata l'esistenza di una criptogama nel baco., che non ne abbiano fatta ricerca, e che infine non si dessero cura a conoscere e constatare quanto al- tri videro, e quanto già da due anni si fece dì pu- blico dirilto. Se pregevole è il loro elaborato per la parte sto- rica, per l'esame delle condizioni favorevoli all'in- cremento del morbo, per le diligenti ricerche in- stituite sulla foglia del gelso, e per le norme pra- tiche insegnate; esso è manchevole, perchè non è corredato di studj microscopici, anatomo-patolo- gici, che valgano a riconoscere le alterazioni nel baco esistenti ; e perchè, se altro pur non lasciasse desiderare, non si appoggia all'indubio fatto del- l'esistenza di un entofito che si può proseguitare — 184 — dall' uovo alla farfalla, che facilmeiile spiega come il morbo non solo sia contagioso, ma ereditario, e che offre il vero criterio per distinguere le uova sane dalle ammalale, ec. Laonde io non esito a dichiarare, che quel lun- go Rapporto, quantunque aTjbia riportata la san- zione dell'Istituto di Francia, non corrisponde al grave assunto, ne risolve il problema che a quei Saggi veniva proposto ed affidalo. Terza Leltura. — Intorno ai Podestà di Padova durante la Dominazione Carrarese. — Del Socio Straordinario Prof. Andrea Gloria. I. ilei mio Opuscolo testò publicato, portante la Serie dei Podestà forestieri eh' ebbero le redini del Governo republicano in Padova avanti la dominazione Carrare- se, avvisai come torni importantissima cosa non solo per la Storia di un Municipio la Serie di questi suoi Governatori, provata da indubie testimonianze, ma anco per la Storia delle altre Città a cui essi appar- tennero. Avvertii che questa parte integrante della Sto- ria padovana fu la più bistrattata dai Cronisti , e che a correggerne i tanti errori detti e ridetti feci uso di oltre che 4700 Documenti, co' quali misi in luce eziandio i nomi di molti loro Vicarj, Assessori e militi ignoti fino ad ora , avvegnaché sieno stati uomini illustri quanto i Podestà, massime per la estesa cognizione delle Leggi, avuto riguardo ai tempi in cui vissero. Accennai il mo- tivo che m'indusse a sciorre in varie Parti questo mio lavoro, che per tanta copia di nomi e di Documenti riuscì alquanto voluminoso, per avere maggiore facilità di stamparne tratto tratto qualcuna. Infine discorsi nel mentovato Opuscolo, che forma la Parte più antica, del modo di eleggere il Podestà durante l'epoca della Re- publica padovana, delle persone componenti la sua fa- miglia, del salario che riceveva dal Comune, delle sue incombenze, de' suoi doveri, del suo giuramento, ec. A tutto questo feci seguire i nomi dei Podestà dell' epoca — 188 — stessa , principiando dal primo, che fu Alberto de Osa Milanese l'anno 1 175, e terminando con Giovanni Mo- ^ lino Veneziano, sotto il cui reggimento nel \5Ì8 Pado- , -I va si creò Signore Jacopo I. da Carrara. ■ Oggi , dotti Acaderaici , vi terrò breve Discorso dei Podestà che seguirono nel periodo di 87 anni , in cui i da Carrara ed altri Principi signoreggiarono la nostra Città. Con ciò intendo soddisfare in qualche guisa al mio debito di riconoscenza per la distinzione che mi avete poco fa impartita , pronto sempre ad usare ogni mio mezzo per cooperare agli scopi nobilissimi di qua- si' antica ed illustre Academia. Al mio Discorso seguirà l' Elenco dei Podestà che di- remo Carraresi, corredato di annotazioni e di brevi estratti dei Documenti da me addotti in prova, che a risparmio di tempo consegnerò senza leggere a questa onorevolissima Presidenza. In codesta Parte del mio lavoro, come in ogni altra che ha riferimento ai Pode- stà di Padova, non riporto , né cito tutti i Documenti ch'ebbi a scoprire relativi ad ogni Podesteria, ma sola- mente que' due che per le loro date più si avvicinano al principio e al fine della stessa , tacendo gli altri del tempo intermedio. A questi due aggiunsi i Documenti che parlano dei Vicarj, degli Assessori e dei militi che mi fu dato sinora di rinvenire. Mediante questi nume- rosi Documenti, che scopersi dopo lunghe indagini di varj anni, non solo potei smascherare le imposture e gli errori dei Cronisti, e rettilìcarli , ma scoprire eziandio quei Podestà che sinora furono ignoti , e condurne la Serie dal primo all'ultimo, che ora amministra con tanto zelo l'azienda civica, senza lacuna di sorta. II. Nel propostomi periodo Carrarese furono alla lesta del Governo di Padova, come accennai, i Principi, e non { Podestà ; onde questi scapitarono nel potere in con- fronto dei Podestà republicani, i quali non dipendevano da altri, che dal Consiglio Maggiore cittadino. I mentovati Principi furono: Jacopo I. da Carrara, dal ^ 318 (25 Luglio) al ^520 (3 Genajo); Federico d'Austria ed Enrico Duca di Carinzia sino al ^328 ^3 Settembre); Marsilio da Carrara, dal giorno 5 al- V\\ del Settembre 4 328; Cangrande della Scala fino al 2\ Luglio 4 329; Alberto e Mastino suoi nipoti fino al 4537 (3 Agosto) ; poscia di nuovo Marsilio da Car- rara per otto mesi (fino al 26 Marzo 4 358), a cui se- guirono Ubertino (fino al 27 Marzo 4 345), Marsilietto (dal 27 Marzo al 6 Maggio 4 345), Jacopo II. ospite del Petrarca (fino ai 49 Dicembre 4 350), Jacopino e Fran- cesco l. (uniti fino al 4 7 Dicembre 4 535, e Francesco solo fino ,al 29 Giugno (4 588), Francesco H. (dal 29 Giugno al 25 Novemb.4 588), tutti della famiglia da Car- rara ; Giangaleazzo Visconti, Signore di Milano, dal 25 Novembre 4 588 al 20 Giugno 4590; e di nuovo Fran- cesco H. da Carrara sino al 1405 (22 Novembre), in cui Padova si diede alla Republica di Venezia. A questi Principi appartenne la elezione dei nostri Podestà, che prima facevasi dal Consiglio Maggiore, e ciò perchè il Consiglio ne conferi il diritto a Jacopo I. da Carrara nell'atto in cui lo creò suo Signore. Leggesi questa carta, che porta la data del 25 Lu- glio 4 518, nella Storia dello Studio di Padova, scritta dal Colle , e publicata per cura del Vedova. (Tomo 1. -190- pog. 29). Prini'ipia con Iti invocazione di Gesù, di Ma- ria, (lei santi Prosdocimo, Giustina, Antonio e Daniele, Protettori della Città, e di san Giacomo, la cui festa ca- de appunto nello stesso giorno 25 Luglio; ed espone che i Padovani, a far cessare gli omicidj, le ruberie e i delitti diedero a Jacopo da Carrara q.'" Marsilio il mero e misto impero, eleggendolo a proprio Difensore, Protettore, Governatore e Capitano generale, ed ordi- nando a tutto il popolo, al Podestà, agli Ufficiali, ai ca- vallieri e fanti di prestargli obbedienza. Aggiugne, che lo autorizzarono di promulgare Leggi, di derogare, di interpretare e prorogare quelle già fatte; e che sta- bilirono dovesse durare il suo potere perpetuamente, però a volontà del Comune e del popolo padovano. — Per questa riserva i più dei Principi da Carrara, com- unque instituiti eredi dai loro antecessori, chiesero ed ottennero la conferma della loro successione nella signoria dal Maggiore Consiglio. Dall' altra parte Jaco- po giurò, come narra la stessa carta, di governare, di- fendere e proteggere la Città ed il Distretto di Padova, conservarli in pace, e fare tutto ciò che gli veniva com- messo; dopo il qual giuramento i sapienti Belcario e Manfredo de' Manfredi , Dottori delle Leggi, Paolo da Teolo, Jacopo degli Alvarotti, Antonio de Lio, Pietro da Campagnola , Schinella de' Dotti e Domenico degli Ag- grapati giudici, per incarico avuto dal Consiglio decre- tarono: che Jacopo dovesse onorare i buoni cittadini, punire i delinquenti, procurare l'abbondanza dei vive- ri, avere come figli i Dottori e gli Scolari ; eleggesse di tempo in tempo buoni e fedeli Podestà in Padova ; li de- ponesse, se credea ; stabilisse il loro salario, la loro fa- — 194 — miglia ; esigesse le rendite del Comune ; le spendesse a suo piacimento; nominasse gli Anziani, i Gastaldi, gli altri Ufficiali, i Podestà delle Ville, i Capitani dei luoghi forti ; li destituisse al bisogno ; avesse la facoltà di per- mettere o vietare le tornate dei Consigli e le Adunanze publicbe ; potesse avere un' abitazione onorifica presso il palazzo publico, od altrove, a spese del Comune ; per- cepisse 12,000 lire all'anno di salario; tenesse quel numero di Giudici , berrovieri , domicelli , cavallieri e fanti che volesse, a spese del Comune, pei' servigio pro- prio e publico, nonché per difesa di sé, della Città e del Distretto. III. Sebbene Jacopo avesse avuto il diritto di eleggere il Podestà e di mutarlo, nondimeno rispettò quello eh' era in carica quando fu creato Signore. E quantunque egli, e i Carraresi che gli successero , avessero avuto la fa- coltà di mutare le Leggi della Republica, pure le man- tennero e le osservarono, alterandone pochissime. On- de non cangiarono la costituzione politica del Comune, conservarono i Podestà, il Consiglio Maggiore, compo- sto di 1000 cittadini, e il minore di 60, gli Anziani e le altre Magistrature; le mantennero nelle primitive in- combenze ; e, meno del Podestà e della sua famiglia, ne lasciarono la elezione al Consiglio Maggiore. Di tutto ciò è manifesta prova il Codice statutario, detto Carra- rese, perchè fu compilato l'anno ^562, durante la si- gnoria di Francesco I. da Carrara, nel quale trovansi moltissime Leggi che sono nel Codice republicano, com- pilato l'anno 1276, in cui Padova reggevasi a popolo. - 192 — Questi due Codici statularj membranacei originali in foglio, di caratteri grandi e nitidissimi, si conservano nel nostro Archivio civico. Il Carrarese, scritto da Gio- vanni Lyebenberch Alemanno, copista elegante, ma scor- retto, componesi di carte 341 , ed ha la scrittura in mol- te pagine illanguidita, ma leggibile. Anche per ciò esige- rebbe la stampa, prima che i suoi caratteri sfuggissero del tutto. Questo Codice inedito, come l'altro republi- cano del 4 276, eh' è unica copia, servì ai Governo di Padova fino alla caduta dei Principi da Carrara ; e po- scia fino al \ 420, in cui si compilò il Codice detto Ri- formato ^ per comando di Venezia, a cui Padova era soggetta. In questo intervallo di Dominio Veneto, cioè dal \ 405 al i 420, vi furono aggiunte nel principio cin- que Lettere del Doge Tomaso Mocenigo. In una del 15 Febrajo 1414, a preghiera degli Ambasciatori Padova- ni Pietro de'Scrovegni e Benedetto de' Dottori, Venezia accordò certo dazio, oltre ai quattromila ducati annui assegnati per istipendiare i più famosi Dottori, e per mantenere in isplendore lo Studio in Padova ; e permi- se il ristabilimento dei quattro Riformatori dello stesso, cittadini Padovani, affinchè dettassero le discipline ne- cessarie al suo buono andamento, e proponessero ogni anno, avanti Maggio, quelli dei menzionati Dottori che ritenessero più distinti. Lo stesso Codice è diviso in cinque Libri, ed ogni Libro in varie Rubriche. Non principia colla prima Ru- brica, ma colla seconda, che tratta della elezione del Podestà, del suo salario, del suo giuramento, di quello de' suoi Giudici e militi. Innanzi di questa Rubrica se- conda stanno alcuni fogli in bianco, di cui taluno rap- — 193- presenta ancora le traccio di caratteri che furono ra- schiati 0 lavati. Da ciò argomento che la prima Rubri- ca mancante fosse contenuta in questi fogli, trattasse della giurisdizione dei Signori da Carrara, e siasi can- cellata, in odio dei medesimi, dopo che Padova si arre- se alla Republica veneta. La terza, la quarta e la quin- ta Rubrica discorrono della giurisdizione dei Podestà e delle loro famiglie, delle loro incombenze, dei loro doveri e del loro sindacato. — Accennerò solo alcune Leggi di queste Rubriche, che non sono comprese nel Codice republicano, o che modificano le Leggi di que- sto, tacendo le altre anteriori al 4276, e comuni ad am- bedue, giacché ne feci parola nel ricordato Opuscolo. IV. Per lo Statuto del 4 520 il Podestà dovea condurre in Padova cinque Giudici, cinque militi, dodici servi, sessanta berrovieri vestiti uniformemente, dodici ca- valli, e dodici tra scudieri e cocchieri. Dei Giudici uno era il Vicario del Podestà , che presiedeva all' Officio del sigillo per rendere giustizia, ed interveniva, se vo- leva il Podestà, alle Adunanze dei Consigli. Un altro Giudice presiedeva all'Officio delle vittuarie e dei lavo- ri publici. 11 terzo all' Officio dell'aquila, per esigere le multe, le rendite del Comune, e per assistere agl'incan- ti. Il quarto dirigeva l'Officio interiore dei malefizj, che aveva giurisdizione sui Quartieri di Ponte- Altinate e di Ponte-Molino, e sulle Ville soggette al Vicario o Po- destà di Piove e dell'Isola di Camponogara, ed al Pode- stà di Bassano e Cittadella. U quinto soprintendeva al- l'OfQcio esteriore dei malelìzj, che aveva giurisdizione sui Quartieri del Duomo e delle Torricelle, e sulle Ville soggette ai Podestà di Pernumia, Este, Arquà, Teolo , Monlagnana e Monselice. Imperciocché la Città e tutto il Distretto erano divisi in Quartieri. Quello di Ponte- Altinate estendevasi -fuori di Padova tra il fiume che dall' antico porto di Fistomba conduce a Cbioggia , ed ii fiume che dagli Ognisanti va ad Oriago; il secondo di Ponte-iMolino tra questo fiume e la strada che da Porta-Savonarola si dirige a Vicenza ; il terzo di Tor- ricelle tra questa strada ed il fiume che dal Bassanello va a Monselice; ed il quarto del Duomo tra questo fiu- me e r altro anzidetto , conducente a Chioggia . Dei militi uno assisteva il Giudice del Podestà all' Officio delle vlttuarie; un altro sorvegliava giorno e notte le guardie e i custodi della Città; un terzo presiedeva co- gli Ufficiali detti Soprastanti alle fabriche dei ponti, de- gli argini e degli edifiz], che facevansi a spese del Co- mune nella Città e nelle Ville. Gli altri due aveano l'in- carico d'impedire l'uso delle armi vietate, di far arre- stare i malfattori e baruffanti, di accompagnare nelle puliliche mostre il Podestà, di eseguire quanto egli a [or» imponeva. Il Podestà poi veniva multato di 200 lire, se non iscambiava questi suoi Giudici e militi ne- gli accennati Offiej ed incarichi ad ogni trimestre. V. Al mantenimento di sé e di tutti i componenti la sua famiglia, per la stessa Legge del 1520, il Podestà rice- veva dal Comune 1000 lire al mese, né poteva preten- dere altri compensi per la Legge del 1287; si eccettui -195 — il giusto prezzo dei cavalli che avesse perduto in guer- ra, ed il prezzo di lire otto al giorno quando marciava coir esercito, e di quattro lire al giorno ove fosse an- dato in una cavalcata, o fosse spedito come Ambascia- tore ; si eccettui il prezzo di quattro lire per giorno a quel suo Giudice o milite che fosse mandato alla guer- ra, e di 40 soldi quando era spedito in una cavalcata od ambasceria; e si eccettui, per Legge del 1509, il prezzo di 12 grossi al giorno al suo Giudice o milite addetto all'Officio delle vittovaglie, che fosse andato fuori della Citta per servigio publico. La stessa Legge del 1287 dannava il Podestà a tOOO lire di pena, s'egli od alcuno de' suoi permetteva che fossero accresciuti gli stipendj mensili e giornalieri su mentovati -,8 dannava alla multa di lire 300 quell'Anzia- no che aveva acconsentito o proposto cotale aumento. Anche i Podestà Carraresi, i loro Giudici e militi prestavano il giuramento nel primo giorno della Pode- steria al cospetto del Consiglio Maggiore. Il Podestà giurava di rendere giustizia a tutti, di farla rendere da' suoi Giudici, di osservare le Leggi del Comune e del Principe, di tenere il suo Governo subordinato a que- sto. Dopo lui giuravano i Giudici e i militi di fare giu- stizia secondo gli Statuti di Padova, e nel silenzio di questi secondo il Diritto comune e le buone consuetu- dini della Città; di non intromettersi nelle questioni che a loro non competevano; di non ricevere dono alcuno per disimpegnare le proprie incombenze ; di consiglia- re rettamente il Podestà ; di osservare e far osservare gli Statuti; e di sostenere fedelmente l'officio assegnato a ciascuno dal Podestà medesimo (Legge del t320). VI. Il Podestà non poteva far decisioni intorno ad ar- gomenti straordinari od importanti senz'avere ottenuto il consenso degli Anziani o dei Consigli. Nelle ballotta- zioni che faceva cogli Anziani non avea che un voto, come ognuno di questi (Legge del i29l). Gli era vie- tato di fare proposizioni al Consiglio Maggiore, sei Consiglieri non erano almeno ì 00 ; eccettua quelle che per ispeciali Statuti ne chiedevano un numero mag- giore (Legge del 1539). In una sola Adunanza del Con- siglio non poteva esporre pii!i di quattro proposizioni (Legge del i294), contro le quali ninno poteva insor- gere a parlare senz' averne ottenuta la licenza da lui , o da chi lo rappresentava. Ove differenti fossero risul- tate le consulte degli arringatori intorno ad una pro- posizione, egli doveva subordinarle tutte alla delibera- zione del Consiglio, dando ad ogni Consigliere una pal- lottola, che poneva nella cavità rossa dei bossolo se acconsentiva, e nella verde se disapprovava. Un Consi- gliere che fosse entrato nel Consiglio dopo che il Pode- stà od il suo rappresentante era surto per fare una pro- posta, dovea pagare un aquilino (1) di multa; e dieci soldi, ove fosse partito dalla sala del Consiglio senza tornarvi prima che il Consiglio fosse terminato (Legge del 4276). Conviene poi dire che T interessamento dei cittadini per la puhlica amministrazione siasi attiepidito col tempo, giacché per ottenere il numero legittimo dei (1) Vedi sul valore del medesimo il Verci, Delle monete di Pa- dova. Bologna 1783, pag. 8, nota 17. e 18. — 197 — Consiglieri fu loro accordato dalla Legge del 1558 di l'arsi sostituire da altri cittadini idonei. Nei primi tre giorni del suo reggimento ed ogni bi- mestre, o più presto, il Podestà proponeva al Consiglio come impedire l' esportazione delle vittovaglie dal Pa- dovano, e come farle abbondare in Padova (Legge del- l'anno 1286). Ogni bimestre, per la Legge del 4 508, avea a suggerirgli i provedimenti che riteneva più utili intorno agli argini, ai ponti, ai canali e ai fiumi. Dovea anche ogni bimestre, o prima o dopo, leggere al Con- sigHo i nomi degh Inquisitori della Marca Trevisana e dei loro Ufficiali residenti in Padova, e additare i mezzi opportuni a coadiuvarli, e a mandare ad effetto le Co- stituzioni pontificie ed imperiaH, e le Leggi del Comu- ne, tendenti ad estirpare le eresie (Legge del 4 297). Ogni trimestre, o prima o dopo, avea l' incarico di pro- porre il mezzo di alleviare le spese del Comune (Legge del 1550). Avea inoltre speciale obbligo di conciliare le discordie fra i cittadini, e di relegare all' uopo i re- nitenti alle Ville del Padovano, o fuori dello stesso (Leg- del 4 286) ; di non intervenire né egli, né alcuno di sua famiglia, ai funerali di chiunque non era Cavalliere, Giu- dice o Nobile, 0 agli sponsali di chi non apparteneva ad una famiglia cavalleresca (Legge del 4 506) ; di non far torturare veruno, se non alla presenza almeno di due Notaj dei Consoli di giustizia, di due Anziani, e di un Comandatore (Legge del 4 290) ; e, oltre a ciò, non po- teva ricevere doni, né mercanteggiare, ne mutuare, né percuotere alcuno: divieti che doveano osservare anche i Podestà republicani. — 198- VII. Finito il loro reggimento, anche i Podestà Carraresi erano sottoposti al Sindacato. La Legge del 4516 pre- scrisse che cinque fossero i Sindaci, uno Giudice, due della Comunanza e due delle Fraglie, maggiori di 50 anni. Eleggevansi nel Consiglio il primo giorno in cui il Podestà nuovo assumeva il governo, ed escludevansi le persone indicale per sospette dal vecchio Podestà che dovea soggiacere al Sindacato. Gli eletti Sindaci nei pri- mi quattro giorni accoglievano dai cittadini i reclami contro il Podestà o contro alcuno della sua famiglia, che presentati una volta non potevansi più ritirare; nei secondi quattro giorni assumevano le testimonianze e le prove ; e nei due seguenti pronunciavano le senten- ze. Sia che fossero fatti reclami o no, doveano giudicare se la Podesteria fosse stata bene o male sostenuta ; di che aveano ad udire almeno venti testimonj, fra cui 40 Giudici e 40 Notaj. Potevano, avanti di pronunciare i loro giudizj, udire il parere di persone sapienti, meno di quelle additate per sospette dal Podestà. L'Avvocato pel Comune era tenuto di assisterli continuamente, e di dar loro i libri e le scritture necessarie ad illumi- narli. Nò il Podestà poteva scolparsi in persona avanti di loro, ma col mezzo di un Procuratore, né appellarsi dalle loro sentenze. Ove fosse parlilo innanzi dello sta- bilito termine, non poteva pretendere né lo stipendio, né cosa veruna dal Comune. Queste norme, riguardanti il Sindacato del Podestà , furono mantenute sino all'anno 1559, in cui si coman- dò che il Principe potesse aggiungervi o tórvi ciò che — 199 — voleva. Onde nel 4 598 Francesco li. da Carrara or- dinò che la famiglia del Podestà dovesse sottostare al Sindacato ogni semestre, avvegnaché il Podestà venisse confermato per più lungo tempo. Vili. Imperciocché, come esposi nell' Opuscolo mentovato, s'introdusse nell'anno 4 294 la pratica di far durare le Podesterie un semestre soltanto. Questa si mantenne anche nell'epoca Carrarese; ma allora molti Podestà furono confermati dai Principi più volte : ciò che non accadde sì spesso da prima. Rizzardo Conte Samboni- facio, ad esempio, durò quattordici semestri, dal Maggio 1375 al Maggio 4 582. Allora non principiavano neanco le Podesterie, come nell'epoca republicana, da giorni fìssi, ma varj, senza regola veruna, a volontà del Prin- cipe; eccettua dal 4 558 al 4 573, nel qual periodo mol- te cominciarono dal 4 ." di Marzo e dal 4 ." di Setterab. Sicché essendo stati pochi i Podestà che governarono per un solo semestre, e molti quelli che si mantennero per tempo più lungo, ne contiamo soli 78 nell' accen- nato periodo di 87 anni. Di questi furono 2 Venezia- ni, 7 Fiorentini, 4 Bolognesi, 6 Veronesi, 5 Trevisani, e gli altri tolti da Ascoli , Bergamo , Brescia , Cesena , Cremona, Feltre, Lucca, Mantova, Milano, Modena, Parma, Perugia, Pesaro, Reggio e Siena, con le quali Città ebbero corrispondenza amichevole i Principi che li elessero. Dei Podestà Veneziani furono di poi Dogi Marco Cornaro, Marino Fallerò e Giovanni (iradeni- go. Dei Veronesi Guglielmo della Scala divenne poscia effimero Principe di Verona. Tutti d'illustre prosapia. — 200 - si distinsero per valorose gesta , o per sapienza delle Leggi e della publica amministrazione. Fu tra essi Al- tiniero degli Azzoni Trevigiano, nemico acerrimo di Cangrande della Scaia , che mentre questi stringeva Padova colle sue milizie, uscito d'improviso dalla Cit- tà co' Padovani iM2 Luglio 1520, piombò con tanto impeto sulle medesime, che ne fece grande macello, ne fugò il rimanente, e ne condusse prigioniero lo stesso loro Capitano Simone Filippo ; onde meritò che la sua statua fosse publicamente esposta nel palazzo publico. Alcuni giorni dopo questo fatto glorioso terminava Al- tiniero la sua Podesteria. Al contrario ebbe un luttuo- so tìne quella di Napoleone Beccadelli Bolognese. Gu- glielmo Dente nel ^7 Settembre 1525 era stato ucciso per opera di Ubertino da Carrara e di Rizzardo da Lendinara. Dannati al bando gli uccisori dal Podestà, pochi dì appresso tornarono con uomini armati; ed assalito il palazzo publico, tagliarono a pezzi senza mi- sericordia i cortigiani del Beccadelli, e scannarono lui, che dopo essersi gettato dalle finestre sulla piazza, vi giaceva boccheggiante. Neil' esporre la Serie, che segue, dei Podestà Carra- resi credo anco qui di dover passare in silenzio i mol- tissimi errori dei Cronisti, perchè i Documenti, che cito in prova, valgono a confutarli senza eccezione, e per- chè altrimenti avrei troppo a che fare. Basti dire che Bernardo degli Ervari si trova nelle Cronache cognomi- nato de ArvariSj de Honariis, de Irvariis, de Cruriis, de Menari, de Fruariis, ec. -M^OC^a- 201 -^ Podesierie seinesirali da giorni varj. -OOOOO- -ocooc- 1318-1519. Marco GRADENIGO Veneziano, dal 1." Dicembre 1318 al 31 Genajo circa del 1520j Bertolino de ìVuceto Parmigiano e Bernardo da Cre- mona Vicarj ; Gualdino Parmigiano Assessore i^). (i) Documenti 4318, di Dicembre {Archiv. ciò. Diplom. N.' 1889-6583) : « In primis quatuor mensìbus potestarie nobilis viri domìni Marcii de Gradenìgo de Venetìis Padue potestatis.» — Docum. 1319, 20 Aprile (ivi, N.° 3524) : «Ad discum vitualium coram discreto et sapienti viro domino Gualdino de Parma iudice et assessore nobilis viri domini Marchi Gradonici de Venetiìs honorabilis padue potestatis. » — Doc. 1319, 26 Aprile (ivi, Num. 6632): « Coram sapienti viro domino Bertolino de Noceto de Parma iudice et Vica- rio nobilis viri domini Marchi Gradonico de Veneciis pote- statis Padue.» — Docum. 1319, 4 Novembre (Verci, Marca Trevis.j Num. 934): «Presente nobili viro domino Marche Gradonico de Veneciis Padue honorabili Potestate et facto partito per discretum et sapientem virum dominum Bernar dum de Cremona iudicem et Vicharium dicti domini Pote- statis. » — Il Verci nel su citato Documento N.** 934 ci of- fre l'Atto di dedizione dei Padovani ad Enrico Conte di Go- rizia e Vicario del Re Federico d'Austria. Fra i patti si leg- ge quello, che il Conte non potesse scegliere il Podestà, se non fra i tre proposti dai Padovani; ed il patto, che il Gra- 13 ono 1320. ALTINIERO DEGLI AZZONI Trevisano, dal 51 Genajo a lutto Luglio 1320 (1). — NIGRE- SOLO DEGLI ANSOLDl Cremonese, Dottore delie Leggi, dal 2 Agosto 1320 a tutto Aprile 1321 (2). 1321. GERARDO DALMA ELA di Treviso, dal 1.'^ di Maggio per rm anno (3). denigo rimanesse fino al termine del suo reggimento. Neil» Procura che segue al ]y.° 935 aggiungesi, che la Podesteria del Gradenigo finirebbe nel Dicembre \Z\Q. Però nella Cro- naca Muratoriana del Tomo Vili. Rerum. Italie. :> e. 434-432, abbiamo ch'egli durò in carica fino a pochi giorni dopo l'Epi- fania del d320, e che il successore di lui, Altiniero degli Az- zoni, giurò nel 31 Genajo -1320. 1 Cortusj invece affermano (Murat. Rerum Italie. Tomo XII., e. 819-820) che il Grade- nigo era ancora Podestà nel 43 Giugno 4320. Pertanto giu- dico ch'egli abbia finito la sua Podesteria nel 34 Genajo, o qualche giorno prima. (4) Doc. 4320, 28 Luglio {Areh. civ. Dipi. IV.° 5733): «In regimine domini Altiuerii de Azonibus de Tervisio Padue potestatis tempore "Vicarie domini Ulrici de Walsse capita- nai Stirie et Yicarii generalis civitatis Padue prò regia ma- jestate. « Sulla durata di questa Podesteria vedi la Cronaca Muratoriana, Tomo VIII. Rer. Ital, e. 434-433. (2) Doc. 4320, 29 Agosto {Àrch. civ. Dipi. l\um. 6733): « Tempore regiminis domini Nigrexoli de Ansoldis doctoris legum de Cremona Padue potestatis. » — Docum. 4324, 27 Aprile (ivi, Numeri 5352. 6364): « Tempore domini Nigrexoli de Ansoldis potestatis Padue. » Vedi la Cronaca Muratoria- na {Rer. Ital. Tomo Vili., e. 433-434. (3) Doc. 4324, 29 Maggio {Àrdi. civ. Dipi. IV." 6744) : « In regimine nobilis militis domini Gerard! Dalmaele de Tarvixio — 203 — 1322. TEBALDO DA CASTELINUOVO Perugi- no, dal 1.° di Maggio 1322 al 29 Giugno 1323; Ar- manino de Persico Cremonese, Dottore delle Leggi, Vicario (1). Padue potestatis... — Dee. 1322, 26 Febrajo (ivi, Corotia, IV," -1242 e. Id2): "In potestaria domini Gerardi Dalmaella de Trivixio.» — Sebbene la Cfonaca Muratoriana {Rerum Ital Tomo Vili., e 434), dopo avere esposto che il Dalmaela cominciò nel V di Maggio, e durò fino a tutto Ottobre 132i, lasci desiderare il Podestà dal Novemb. 4324 al Magg. 4322, pure ritengo che lo stesso Dalmaela abbia continuato anche per questo semestre. Di ciò mi assicura il Documento su ci- tato, che lo afferma in carica nel 26 Febrajo 4322, e mi as- sicura la Cronaca ms. del Museo civico, N." 856, IX., che lo fa principiare dal Maggio 4324, e senza nota di vacanza gli fa succedere nel V di Maggio 4322 Tebaldo da Castelnuovo. (4) Doc. 4322, 43 Maggio {Arch. civ. Dipi Num. 5789): «In potestaria nobilis et potentis militis domini Tebaldi de Castronovo Comitatus Peruxie.« - Doc. 4323, 30 Giugno (ivi, Numeri 5635-5638): «In potestaria nobilis militis do- mini Tebaldi de Castronovo.» — Doc. 4323, 30 Luglio (ivi, Num. 5239) : «In regimine nobilis militis domini Thebaldi de Castronovo de Peruxio Padue potestatis. « — La Cronaca Muratoriana (Tomo VIII. Rer. Ital., e. 435-436) narra che Tebaldo durò dal 4.» di Maggio 4322 al 29 Giugno 4323, e che nel Luglio seguente fu Podestà Armanino suo Vicario, poiché Altiniero non potè assumere la sua seconda Podeste- ria che nel 4.° di Agosto seguente. A ciò si oppongono i Do- cumenti su citati, che fanno Podestà sino a tutto Luglio lo stesso Tebaldo. Ma contro questi Documenti insorgono gli altri ai Numeri 5447. 5505. 5922, e. 27. 34. 33 dello stesso Archivio, che nei giorni 42. 23 ec. di Luglio 4323 nominano - 204 - 1523. ARMANINO DE PERSICO Cremonese, Dollore delle Leggi, per tutto Luglio 1325 (-1). — AL- TINIERO DEGLI AZZONI Trevisano, dal 1.' di Ago- sto 1323 al 1.° di Marzo 132^1; INicolino de Dosino Cremonese, Vicario (2). Podestà l'Armanino. Dai medesimi appare anche il cogno- me di lui, che altrimenti sarebbesi ignorato, ed apparisce che era Dottore delle Leggi. A conciliare queste contradi- zioni bisogna avvertire che il Podestà vecchio non poteva per Legge abbandonare la carica se non quando l'assumeva il successore; che allora i Padovani obbedivano al Re Fede- rico d'Austria; e ch'egli od i suoi \'icarj non potevano eleg- gere il Podestà se non fra i tre proposti dai Padovani, come sovr' accennai. Onde se Tebaldo dovette partire nel 29 Giu- gno, e se Altiniero non potè assumere la Podesteria che nel i." di Agosto, ne viene che i Padovani di loro arbitrio, per non rimanere fratanto senza Podestà, abbiano conferita la Podesteria al Vicario Armanino. Deduco da ciò, che i Notaj, i quali non riputavano legale questa nomina, continuarono a far menzione nei loro Rogiti della Podesteria di Tebaldo fino alla venuta di Altiniero ; e quelli che non aveano questo scru- polo nominarono nei proprj il Podestà Armanino surrogato, e taquero il Podestà Tebaldo, perchè era assente. (i) Vedi la nota superiore. Nel su citato Documento, al Num. 5922, e. 3i, si legge: «Nobilis et potens vir dominus Maninus de Persico legum doctor Padue potestas. « E a e. 33: «Domini Manini de Persico de Cremona Padue potestatis.» (2) Doc. 4323, » — E certo che la Cronaca del Tomo Vili. Rer. Ital., e. 438, più veri- tiera delle altre, e perciò da me seguita, fu in questa Pode- steria manomessa. Non è credibile che il suo autore abbia scritto essere venuto il Bon acorso in Padova nel Giovedì primo di Maggio, ed essere partito nel Venerdì seguente colla sua famiglia molto onorato , perchè sostenne la Pode- steria con publico soddisfacimento. Onde appoggiati ai Do- cumenti su citati, al primo della nota seguente, e alla Cro- naca Muratoriana del Tomo IV. Antiq. Itah, riterremo che Tebaldo sia successo al Bonacorso fra il 43 ed il 24 Novem- bre 4326, cioè nella metà circa dello stesso mese. (4) Docum. 4326, 24 Novembre {Jrchiv. civ. Corona, Nu- meri 4345-4346) : «In potestaria domini Teb aldi de Castro- novo potestatis Padue. » — Doc. 4327, 28 Genajo (ivi, Dipl.j Num. 6487) : « Coram prudenti viro domino Nichola de Fa- briano indice et assessore domini potestatis Padue ad offi- cium unicorni deputato tempore nobilis viri domini The- baldi de Castronovo de Perusio Padue honorabilis potestà^ tis. t, — Docum. 4327, 8 Marzo (ivi , Num. 3070) : « Coram discreto et sapienti domino Nicolino de Cremona iudice et vicario domini Tebaldi de Castronovo de Perusio nobilis mi- litis honorabilis potestatis Padue. « — Doc. 4327, 44 Mag- gio (ivi , Num. 6432) :« Tempore regiminis domini Tebaldi de Castronovo de Perusio Padue potestatis. » — Intorno al principio di questa Podesteria parlai sopra: intorno alla tìne — 208 — 1527. PASINO DE' GRIFFI Bresciano, dal 12 Maggio a tutto Ottobre 1527; Pietro degli Allegri Vicario (A). — GERARDO MOROSINI Veneziano , dal 1. ' di Novembre 1527 alla metà circa di Luglio 1528(2). variano le Cronache : le più vogliono che Tebaldo sia stato Podestà fino a tutto Aprile 4327, Giovanni de' Griffi dal A." al 42 Maggio, e Pasino de' Griffi suo nipote dal 42 Maggio a tutto Ottobre, perchè Giovanni inalatosi rinunciò alla ca- rica. Anche la Cronaca Muratoriana del Tomo YIII. Reìtim Ital.j e. 439j afferma che Giovanni venuto in Padova e ma- latosi, tenne breve tempo la Podesteria, e che la cesse a Pa- sino, il quale rimase in sua vece fino al 4." di Novembre, in cui partì. Ma il Documento su citato, N." 6432, nomina anco- ra Podestà il Tebaldo neir44 Maggio. Onde fa d'uopo crede- re che sebbene Giovanni sia venuto in Padova, pure, caduto malato, abbia continuato il Tebaldo a sostenere la Podeste- ria fino al 42 Maggio, in cui la prese Pasino. Forse Giovan- ni, giunto in Padova, prestò il giuramento, e per questo le Cronache lo registrarono come Podestà nei primi giorni del Maggio. (4) Doc. 4327, 46 Maggio (Àrch. civ. Cor. Num. 4242) : « Tempore regiminis nobilis viri domini Paxini de Griffis de Brixia Padue honorabilis potestatis. i> — Doc. 4327, 44 Set- tembre (ivi, Dipl.j Numeri 4240-4244): « Discretus et sa- piens vir dominus Petrus de Alegris index et vicarius nobi- lis viri domini Paxini de Griffis de Brixia honorabilis pote- statis Padue. « — Questi due ultimi Documenti portano la fir- ma dello stesso Vicario. — Vedi la nota superiore. (2) Doc. 4328,26 Aprile (Jrchiv. civ. Dipi, Tinnì. B893): «Tempore regiminis domini Gerardi Mauricini de Veneciis — 209 — 1328. GRIFFO DE VILLANDRES Tedesco, dal 6 di Agosto al 3 Settembre 1328 (1). — PIETRO DE' Padue potestatis. » — Doc. 1338, 3 Novembre (ivi, Instrum. Not, N.» 480) : «Co- ram sapienti viro domino Johanne de Lavazola indice et vi- cario nobilis viri domini Marini Faletro de Veneciis hono- rabilis potestatis Padue. « — Doc. -1339, Febrajo (ivi, Cod, Stat. Cnrrar.j, e. 44. 48): «Potestate domino Marino Fale- tro de Veneciis.»» — Del principio di questa Podesteria par- lai sopra; del fine vedi i medesimi Cortusj a e. 898, e la Cronaca del Museo civico, N." 856. IX. — 220 — Bresciano, e Pregadio, Assessori {i}; PIETRO BA- DOARO Veneziano, dal 1.° di Settembre 1559 per sei mesi (2). 15flO-15?tl. GIOVANNI SANUDO Veneziano, dal l.°di Marzo 15U0 per sei mesij Alberto dalla Slupa Bolognese, Vicario (3). — PIETRO ZENO Veneziano, (-1) Dee. i339j Aprile, ed il Maggio [Àrchiv. civ. Dipi. N.o 7039): «Per nobilem et potentem virum dominum Zani- num Contarini de Veneciis Padue honorabilem potestatem sub examine discreti et sapientis viri domini Guilielmi de Urianis de Brixia eius iudicis et assessoris .... de mandato sapientis viri domini Pregadei iudicis. et assessoris nobilis viri domini Zanini Contarino de Veneciis potestatis Padue. « — Docum. -1339, Giugno (ivi, Cod. Stat. Carrar.j e. 53): « Potestate nobili viro domino Johanne Contarenno de "Ve- netiis. — Vedi i Cortusj (Rer. Ital Tomo XII. e. 898), e la Cronaca Muratoriana del Museo civico, N.° 856. IX. (2) Doc. 1340, 48 Genajo {Àrch. civ. Dipi. Num. 7086): «In regimine nobilis viri domini Petri Badoarii de Veneciis honorabilis potestatis civitjatis Padue . « — Vedi i Cortusj {Rer. Ital. Tomo XIL e 903), e la Cronaca del Museo civi- co. N.o 856. IX. (3) Doc. d340, 12 Marzo {Àrdi. civ. Instr. Not. N." 190): "In presentia discreti et sapientis viri dom. Alberti a Stupa de Bononia vicarii generalis nob. viri dom. Johannis Senuti de Veneciis Padue honorabilis potestatis.» — Docum. 1340, 31 Agosto (ivi, Num. 196) : « Coram sapienti viro domino Al- berto a Stupa indice et vicario nobilis viri domini Johannis Senudi de Veneciis Padue honorabilis potestatis ». — Vedi i Cortusj {Rer. Ital Tomo XII. e. 903), e la Cronaca del Mu- seo civico, IV." 866. IX. " 221 — dal i.° di Settembre 15?t0 al k Marzo Ì5tt2; Matteo da Castelsampielro Bolognese, Vicario (i). iS'ta. GIOVAMI GRADENIGO Veneziano, dal k di Marzo 1312 a tutto Agosto 1513; Filippo de' Megliorati Reggiano, e Lomo de' Candolfini Rimine- se, Vicarj ; Leonardo de' Centoni e Luca de'Borga- lelli Parmigiani, Assessori (2). (4) Dee. iSU, 3 Genajo (Àrdi. civ. Dipi. N." 7459) : «Co- rani nobili viro domino Petro Zeno de Veneciis civitatis Pa- due potestate. » — Dee. 4344, 7 Febrajo (ivi, Num. 7472): «r Coram nobili et potenti viro domino Petro Zeno de Vene- ciis civitatis Padue honorabili potestate domino Matheo de Castro Saiicti Petri de Bononia eiusdem domini potestatis Vicario generali." — Doc. 4344, 30 Agosto (ivi, N." 6646): «Ego Matheus vicarius domini Petri Zeno potestatis Padue me subscripsi in millesimo tercentesimo quadragesimo primo die Jovis penultimo Augusti, « — Docum. 4342, 26 Febrajo (ivi, N.^ 7236) : « Tempore tercii regiminis potestarie domini Petri Zeni de Veneciis Padue potestatis. » — Essendo state le Podesterie semestrali, la prima dello Zeno cominciò dal 4.° di Settembre 4340, la seconda dal 4." di Marzo 4344, la terza dal 4." di Settembre 4344. Dunque il citato Documento del 26 Febrajo 4342 fu scritto nella terza Podesteria, come reca lo stesso. — Vedi anche sulla durata della medesima i Cortusj {Ker. Ital. Tomo XII. e. 904-907). (2) Doc. 4342, 22 Aprile {Jrch. civ. Corona, N.° 2767): «Discretus et sapiens vir dominus Leonardus de Centoni- bus de Parma index et assessor nobìlis viri domini Johannis Gradenigo de Venetiis Padue honorabilis potestatis. » — Do- cum. 4342, 30 Aprile (ivi, N." 4440, e. 44): «In presentia discreti et sapientis viri domini Phiiipi de Melioratis de Re- 222 13^*3. PIETRO ZENO Veneziano, dal 1.° di Set- tembre per tredici mesi; Lomo de' Candolfmi Ri- minese, e Matteo da Castelsampielro Bolognese, Vi- carj (4). gio iudicis et Vicarii nobilis et potentis viri domini Johan- nis Gradinici de Venetiis Padue potestatis.» — Dee. 4342, 17 Giugno (ivi, Dipì.j N.o7218): «Corani discreto et sa- pienti viro domino Lucha de Borgarellis de Parma indice et assessore nobilis et potentis viri domini Joannis Gradonico de Veneciis civitatis Padue honorabilis potestatis. » — Do- cum4343, 4.' di Febrajo (ivi, Instrum. Not. 1V.° 213): «Co- rani discreto et sapienti viro domino Lucha de Bolgarellis de Parma iudice et assessore nobilis et potentis viri domini Johannis de Gradonico de Venetiis Padue honorabilis pote^ statis. V — Questo Documento è firmato dal medesimo Asses- sore. — Docum. 4343, 31 Maggio (ivi. Dipi. N.'^ 7347): « Sapiens vir dominus Lomo de Gandolfinis de Arimino iu- dex et vìcarius nobilis viri domini Johannis Gradonico de Venetiis Padue honorabilis potestatis.» Anche questo Docu- mento é firmato dal Vicario, di cui fa parola. Vedi i Cortusj {Rei: Itili Tomo XII. e, 907). (4) Docum. 4343, 24 Novembre [Archiv. civ. Dipìom. Nu- meri 7205-7206): «Coram discreto et sapienti viro domino Lomo de Candulfinis de Arimino iudice et vicario nobilis viri domini Petri de Zeho de Veneciis civitatis Padue hono- rabilis potestatis ac vices ipsius domini potestatis gerente ad officium sigilli. » — Doc. 4344, prima del 9 Giugno [Mu- seo civ., Doc. Cari: N." XXVII.): «Coram discrepto et sa- pienti viro domino Matheo da Castro sancii Petri de Bono- nia iudice et vicario nobilis viri domini Petri Zeni de Ve- neciis Padue potestatis.'» — Lo Zeno assunse la Podesteria nel 4." di Settembre 4343. Eletto poco dopo dai Veneziani a — 223 — 15?tfl. BERNARDO GIUSTINIANO Veneziano, dal l.'^' di Ottobre 15^U per un anno; Louio de' Candol- fini Riminese, Vicario (1). iùkìi. GUIDO DE' CARDINALI da Pesaro Vice- Podestà dal 1." di Ottobre 1545 per cinque mesi (2), loro Capitano di mare contro i Turchi, partì di Padova, e ritenne, per consenso del principe Ubertino da Carrara, il titolo di Podestà. Lui assente governò la città Lomo de'Can- dolflni Riminese suo \icario fino a tutto Ottobre 4344. Cosi affermano i Cortusj {Ret\ Hai. Tomo XII. e. 944-9Ì4), e la Cronaca del Museo civico, N." 856. IX. Il Documento poi su citato, 24 Novembre -1343, con la formula vices ipsius do- mini potesUitis gerente^ ci addita che in quel giorno la par- tenza dello Zeno era già avvenuta. (1) Doc. i345, 6 Luglio {Archiv. civ. Dipi. Num. 7426) : «Coram discreto et sapienti viro domino Lomo de Candol- finis de Arimino indice et vicharìo generali nobilis et poten- tis viri domini Bernardi Justiniano de Veneciis Padue hono- rabilis potestatis. » Vedi i Cortusj (Renim Italie. Tomo XII. e. 916), e la Cronaca del Museo civico, N.° 856. IX. (2) Docum. 1346, senza giorno e mese (Àrch, civ. Dipi. Num. 7333): «Per nobilem virum dominum Guidonem de Gardinalibus de Pesaro Padue \ice potestatem prò magni- fico domino domino nostro domino Jacobo de Carraria capi- taneo et domino generali civitatis Padue et districtus. » — Pietro Canale Veneziano era stato eletto a successore del Giustiniano da Jacopo da Carrara: ma fu eletto contempo- raneamente dai Veneziani a loro Capitano dì mare, e mar- ciò contro Zadra senz'aver potuto nemmeno venire in Pado- va. Onde il da Carrara creò Vice-Podestà il Vicario di lui Guido de' Cardinali. Ciò affermano i Cortusj {Rer. Ital. To- mo XII. e. 916), e la Cronaca del Museo civico, N." 856. IX. — 22/4 — 1546. GIOVANNI DANDOLO Veneziano, dal 1.° di Marzo 4546 per un anno; Guido de' Cardinali da Pesaro, Vicario (1). • 1547. ANDREASIO MOROSINI Veneziano, dal 1." di Marzo 1547 fino a Giugno o Luglio 1548; Guido de' Cardinali da Pesaro, Vicario (2). Poscia lo stesso (4) Doc. 4346, 47 Marzo {Jrch. civ. Dipi Num. 7464): « Discretus et sapiens vir dominus Guido de Cardinalìbus de Pesauro iudex et vicarius nobilis viri domìni Johannis Dan- dullo de Veneciis civitatis Padue potestatis. « — Doc. 4347 Febrajo (ivi, Cod. Stai. Carrar. e. 60): «Potestate domino Johanne Dandulo de Venetìis.u Yedi la Cronaca del Museo civico, TV." 856. IX. (2) Doc. 4347, 5 Novembre {Ardi. civ. S. Agostino j Maz- zo I. pergam. Num. 44): «Discretus et sapiens vir dominus Guido de Cardinalìbus de Pensauro iudex et vicarius nobi- lis viri domini Andreaxii Maurocenì de Venetiis honorabilìs potestatis Padue. » — Docum. 4348, 5 Maggio (ivi, Inslrum. Not. N.° 244) : «■ In presentia nobilis et potentis viri domini Andreaxii Mauroceno de Veneciis Padue honorabilìs potesta- tis.» — Narrano i Cortusj {Rer. Itaì. Tomo XII. e. 922-927), con la Cronaca del Museo civico, N." 856. IX., che Andrea- sio cominciò nel 4." di Marzo 4347; che nel terzo suo reg- gimento, il mese di Luglio o dì Giugno 4348, morì di peste ; la quale propagatasi dall'Oriente in Venezia, e poscia in al- tre parti d' Europa ed in Padova, qui estìnse un terzo della popolazione; che, morto Andreasìo, gli fu sostituito il suo figlio, che poco appresso dovette soccombere egualmente dì peste. Ritenendo vero l'esposto, dobbiamo anco ritenere che la Podesteria fu poscia sostenuta dal Vicario Guido de' Car- dinali, come portano i Documenti della nota che segue. Guido de' Cardinali Vice-Podestà fino al l.°di Set- tembre 13^85 Giovanni Alana Reggiano, suo Vice- gerente (1). 13?l8. PIETRO BADOARO Veneziano, dal l."* di Settembre 13^8 per un anno; Guido de' Cardinali da Pesaro, Vicario (2). Ì^k9. GIOVAMI CONTARIM Veneziano, dal i° di Settembre 13U9 per sei mesi (3). 13S0. MAFFEO CONTARINI Veneziano, dal l.°di Marzo 1350 per sei mesi (4). — MARINO FALIERO Veneziano, dal i .° di Settembre 1350 per un anno; (i) Docum. 4348, il Agosto {Jrchiv. civ. Inslrum. Not. N." E firmato dallo stesso Vica- rio. — Docum. 4351, 6 e 6 Dicembre (ivi, Instnim. Not. N.°263): «Nobilis et potens vir dominus Johannes Foscari de Venecìis civis Padue honorabilis potestas ac eciam sa- piens vir dominus Rolandus de Brachis de Mutina legum doctor et vicarius. » — Doc. 4352, 26 Luglio (ivi. Eremita- ni, Tomo 48. e. 34); « Discretus et sapiens vir dominus Leo- nardus de Centonibus de Parma iudex et assessor nobilis viri domini Johannis Foscaro de Venetiis Padue honorabilis potestatis. » — Docum. 4362, 42 e 29 Ottobre (ivi, Diplom. _ 227 ISSS-lSb^t.OGNIBElNE DE' GIUDICI Mantovano, Vice-Podestà dal 1.° di Marzo 1533 per sei mesi; Gio- vanni de Tisolino da Portogriiaro e Leonardo Cen- tone de' Centoni Parmigiano^ Assessori ('l). — PIETRO BADOARO Veneziano, dal primo di Settembre 4553 per diciotlo mesi, poco più; Bartolomeo da Rimini ed Ambrogio de' Farisei Parmigiano, Vicarj ; Leonardo de' Centoni Parmigiano, e Iacopino de' Tacoli Reg- giano, Assessori (2). N.' 77B9, 7762): «Coram discreto et sapienti viro domino Ambroxio de Fariseis de Parma legum doctore indice et vi- cario nobilis viri domini Johannis Foscliari de Veneciis Pa- due honorabilis potestatis.» L'Assessore Ricciardi risulta dalla pag. i, del Tomo I. Vitttiarie dello stesso Archivio ci- vico. Vedi la Cronaca Muratoi-iana del Tomo IV. Antiq. Itah (i) Docirm. 4353, 9 Maggio {Arch. civ. Dipi. N." B272): « Coram discreto et sapienti viro domino Johanne de Thi- solino de Portogruaro indice et assessore domini Omneboni de Judicibus de Mantua civitatis Padue honorabilis vice-po- testatis.» — Doc. 4353, 4." di Luglio (ivi, Cor., N." 2738): "Coram sapienti et discreto viro domino Leonardo Centone de Centonibus de Parma indice et assessore domini vice po- testatis Padue. — Vi è firmato lo stesso Leonardo. Vedi la Cronaca del Museo civico, N.° 740. IV., e la Cronaca Murato- riana del Tomo IV, Antiq. Ital, in cui per errore sta scritto l'anno 4352 invece del 4353. (2) Doc. 4354, 40 Giugno {Ardi. civ. Dipi Num. 7790): » Coram sapienti viro domino Bartholomeo de Arimino in- dite et vicario nobilis et potentis viri domini Petri Badoerii de Veneciis honorabilis potestalis Padue. — Docum. 4355, — 228 — 1353. MAFFEO CONTARINI Veneziano, dal 6 di Marzo circa 1355 per sei mesi; Giovanni de'Taloni d'Imola, Assessore (^).— MARCO CORMRO Vene- ziano, dal 1.° di Settembre 1555 per un anno (2), 6 Marzo (ivi, Sigillo j, Tomo I. e, 5) : « Corani sap, viro dom. Ambroxio de Farixeis de Parma vie. nob. viri dom. Patri Ba- duarii de Yenetiis civ. Pad. honorabilis potestatis.» L'Asses- sore Centoni risulta dalia e. 27 del Tomo I. fittuarie^ e l'al- tro Tacoli dalla e. 28 dello stesso Volume conservato nell'Ar- chivio civico. Vedi i Corto sj {Rer. /ta/. Tomo XII, e. 939), e la Cronaca Mm-atoriana del Tomo IV. Àntiq. Ital.j in cui è da correggersi l'anno 4352 in 1353, e l'anno 4354 in 4365. (4) Il Documento 6 Marzo 4355, riferito nella nota supe- riore, vuole a Podestà in quel giorno Pietro Badoaro. La Cronaca e i Cortusj su citati fanno durare invece la Pode- steria di lui a tutto Febrajo 4365 soltanto. Piiì, i Cortusj non parlano del successore Maffeo Contarini, ma fanno prin- cipiare la Podesteria del Cornaro dal i° di Settembre 4365 {Rer. Ital. Tomo XII. e. 947). Dunque la Podesteria del Con- tarini non può essere stata che dal Marzo al Settemb. 4355, come vogliono infatti le Cronache del Museo civico, quella Muratoriana del Tomo IV. Àntiq. Ital., e l' Orsato ne' suoi Reggimenti. E noi pertanto diremo che il Contarini princi- piò nel 6 Marzo circa, e finì coU'Agosto 4355. Il suo Asses- sore poi Giovanni de' Taloni risulta dal Doc. 4355, 43 Apri- le , che leggesi a pag. 3 del Tomo I. Sigillo presso l'Archi- vio civico. (2) Docum. 4355, senza giorno -e mese [Arch. civ. Dipi. Num. 7768): «e Per nobilem et potentem militem dominum Marcum Cornarum de Veneciis Padue honorabilem potesta- tem. » — Doc. 4366, 26 Marzo (ivi, Instrum. Not. N." 308): » Per nobilem et potentem militem dominum Marchum Cor- — 229 — 1356. MARINO MOROSINI Veneziano, dal 1.° di Settembre per 5 mesi ; Gabrio de' Centoni Parmigiano, Assessore (1). 1557. 1358. 1559. 1360. GIOVANNI DE' MAN- FREDI Reggiano, dal 1.° di Febrajo 1357 a tutto Ago- sto 1361 ; Ambrogio de' Farisei, Dottore delle Leggi, Vicario; Giovanni da Sanmicliiele Parmigiano, Ja- copino de' Tacoli Reggiano, e Gerardo de Gazo Cre- monese, Assessori (2). nerio de Veneciis civitatis Padue honorabilem potestatem. » Vedi i Cortusj {Rer. Ital. Tomo XII. e. 947), e la Cronaca Muratoriana del Tomo IV. Àntiq. Ital. (4) Dee. 4356, l." di Dicembre {Arch. civ. Dipi. N." 786i) : «Coram discreto et sapienti viro domino Gabrio de Cento- nibus de Parma iudice et assessore nobilis viri domini Ma- rini Mauroceno de Veneciis civitatis Padue "honorabilis po- testatis. » — Intorno alia durata di questa Podesteria vedi i Cortusj {Rer. Ital. Tomo XII. e. 950), e la Cronaca Mura- toriana del Tomo IV. Antiq. Ital. (2) Doc. 4357, 28 Luglio {Arch. civ. Dipi. N.' 7864-7862) : « Potestate nobili milite domino Johanne de Manfredis de Regio autoritate discreti et sapientis viri domini Ambroxii de Farixeis legum doctoris Vicarii domini potestatis Padue.» Vi si vede la firma dello stesso Vicario. — Doc. 4368, 2 Giu- gno (ivi, Instrum. Not. N.° 324) : « Ambrosio de Fariseis de Parma legum doctore iudice et vicario nobilis et potentis militis domini Johannis de Manfredis de Regio honorabilis potestatis civitatis Padue. « — Docum. 4369, 49 Dicembre, e 4360, 26 Genajo (ivi. Dipi. Num. 8006): «Coram sapienti viro domino Johanne a sancto Michaele de Parma iudice et - 230 — 1364, GIOVANNI SALGARDO Felli ino, Vice-Po- destà dal 1.° di Settembre 1561 per nove mesi (1). 1562. GUELFO DE' GERARDINI Fiorentino, dal l."di Giugno 1562 a tutto Novemb. 1565: Giovanni Salgardo Feltrino, Vicario; Jacopino de' Tacoli Reg- giano, e Casono de' Guasconi Pavese, Assessori (2). assessore nobilis mìlitis domini Johannis de Manfredi» de Regio civitatis Padue potestatis honorabilis.« — Doc. i360, d4 Ottobre (ivi N.'' 8045): «Ambroxio de Farixeis de Par- ma legum doctore Vicario nobilis militis domini Johannis de Manfredis de Regio civitatis Padue honorabilis potesta- tis. » L'Assessore de'Tacoli apparisce dalla e. 4. del Tomo I. Vittuarie 3 e. l'Assessore de Gazo dalla e. B. del Tomo \. Àquila dell'Archivio civico. I Cortusj affermano {Rer. Ita!. Tomo Xn. e. 950) che principiò nel 4." dì Febrajo 4357, e la Cronaca Muratoriana del Tomo IV. Àntiq. hai asserisce che durò per 9 reggimenti, cioè quattro anni e mezzo. Se- condo la stessa, avrebbe perciò finito col Luglio 4364. Ma siccome vigeva ancora il costume di principiare le Podeste- rie dal 4." di Marzo e dal 4." di Settembre, così sono d'av- viso che si debba aggiungere un altro mese, e che il Man- fredi abbia finito coll'Agosto 4364. (4) Docum. dell'anno 4362 {Arch. civ. Cod. Stat. Carrai: e. 346): «Vice potestate Padue sapienti viro domino Johanne Salgardo de Feltre legum doctore. « La Cronaca Murato- riana del Tomo IV. Àntiq. Itaì. asserisce che questo Vice- Podestà durò nove mesi. Computandoli dal 4." di Settembre per la ragione avvertita nella nota superiore, egli deve ave- re finito col Maggio 4362. (2) Doc. 4363, 30 Giugno {Àrch. civ. Dipi. Num. 8449): « Discretus et sapiens vir dominus Johannes Salgardus de — 23i — 1363. GlOVAISNl SALGARDO FelU-ino, Vice Po- destà dal 1.° di Dicembre 1563 a lutto Agosto Ì56h : Antonio da Cividale di Belluno, e Iacopino de'Ta- coli Reggiano, Assessori (1). I Feltro legum doctor index et vicarius generali» nobilis mi- litls domini Guelfi de Gerardinis de Florentia civitatis Pa- due honorabilis potestatis . » Questo Documento è firmato dallo stesso "N'icario. L'Assessore de'Tacoli risulta dalla e. 39 Tomo II. Fittuariej e l'Assessore de' Guasconi dalla e. 29 dello stesso Volume, ch'esiste nell'Archivio civico. Questa Po- desteria, secondo la Cronaca Muratoriana del Tomo lY.Jn- tiq. Itaì.j durò per tre reggimenti, cioè un anno e mezzo. Dunque, per ciò che ho detto nelle due note superiori, devesL contare questo periodo dal 'l." di Giugno 4362 a tutto No- vembre 4363. (4) Doc. 4364, 8 Aprile [Àrch.civ. Corona, N.« 3378): « Corani discreto et sapienti viro domino Antonio- de Civi- dado Belluni iudice et assessore discreti et sapientis viri domini Johannis Salgardi honorabilis Vice potestatis civi- tatis Padue ad officium maleficiorum extra deputato ae vi- ces gerente discreti et sapientis viri domini Jacopini de Taculis de Regio iudicis et assessoris dicti domini Vice po- testatis Padue. « — Docum. 4364, 22 Maggio (ivi, Diplom. Num. 8496): «< Retulit . .. Azo quondam Romei de centrata BronduUi preco comunis Padue se hodie de commissione do- mini Vice potestatis Padue.« — La Cronaca Muratoriana del Tomo IV. Antiq. Ila!., la più esatta per questi anni, pone dopo del Podestà Gerardini il Vice-Podestà Salgardo, ma fa durare questo tre mesi soltanto, cioè per tutto Febrajo 4364, attesoché il Gerardini terminò col Novembre 4363, come so- vra enunciai. I nostri Documenti su riferiti lo nominano in- vece ancora nell'Aprile e nel Maggio 4364. Dunque è chiaro — 232 — ì'óGk. 1365. 1366. 1367. SIMONE DE' LUPI Parmigiano, dal giorno primo di Settembre 136^1 a tutto Febrajo 1368; Giovanni Salgardo Feltrino, Vi- cario; Vittore de Dojono da Cividale di Belluno As- sessore ('t). 1568. ONOFRIO DE' ROSSI Fiorentino, dal 1." che fu corso un errore nel N." III. di quella Cronaca, ch'io non esito di correggere nell'altro IX., perchè l'errore è fa- cile dall'uno all'altro di questi numeri, e perchè questa cor- rezione si attaglia al sistema osservato in questi anni di far cominciare le Podesterie dal 4." di Marzo e dal i." di Set- tembre, mentre, se fosse successa un'alterazione, sarebbe stata avvertita dalla stessa Cronaca, come fa per le Podeste- rie degli anni seguenti. (i) Doc. 4364, U Dicembre {Àrch. civ. Dipi N." 8224): «Per discretum et sapientem virum dominum Vitorem de Doiono de Cividado Belunensi iudicem et assessorem nobilis militis domini Simionis de Lupis. » — Doc. 4366, 7 Settem- bre (ivi, Cod. Stat. Carrar: e, 332) : » Discretus et sapiens vir dominus Johannes Salgardus de Feltro judex ac vica- rius nobilis militis domini Symonis de Lupis de Parma civi- tatis Padue potestatis.» — Doc. 4367, 26 Ottobre (ivi. Dipi. ]V.° 8360) : « Discretus et sapiens vir dominus Johannes Sal- gardus de Feltro legum doctor vicarius nobilis et potentis militis domini Simonis de Lupis honorabilis potestatis civi- tatis Padue.» — La Cronaca Muratoriana del Tomo lY. Àn- tiq. Ital. fa durare questa Podesteria per sette reggimenti, cioè per tre anni e mezzo. Onde risulta, che avendo finito il Vice-Podestà Salgardo col mese di Agosto 4364, il Podestà de' Lnpi durò dal 4." di Settemb. 4364 a tutto Febr.4368. I - 233 — di Marzo 1368 per un anno; Giovanni Salgardo Fel- trino, Vicario (1). 15G9. ANSEDISIO DE' LONGIANO Bolognese, dal d.° di Marzo 1369 per un anno; Antonio da Ci- vidale Assessore e Vicario (2). (1) Dee. d368, 18 Aprile {Jrchiv. civ. Dipi. Num. 8386): «Discretus et sapiens vir dominus Johannes Salgardus de Feltro legum doctor vicarius nobilis militis domini Honofrii de Rubeis de Florentia civitatis Padue honorabilis potesta- tis.» — Doc. 4368, 13 Maggio (ivi, IV." 8389): «IVobilis mi- les dominus Honoffrius de Rubeis de Florentia civitatis Pa- due honorabilis potestas.w È firmato dallo stesso Podestà. — Doc. 4368, 25 Ottobre (ivi, N.° 8228): «Corani discrepto et sapienti viro domino Johanne Salgardo de Feltro legum do- ctore vicario nobilis militis domini Honofrii de Rubeis de Florentia civitatis Padue honorabilis potestatis.» — Questa Podesteria fu ommessa dalla Cronaca Muratoriana del To- mo IV. Antiq. Hai., la più esatta per questi tempi. Ma è in- dubitabile che Onofrio de' Rossi, secondo i Documenti su ri- feriti, governava nel 48 Aprile e nel ':5 Ottobre 4368. Dal- l'uno all'altro di questi giorni abbiamo oltre un semestre. Il suo antecessore Lupi finì col Febrajo dello stesso anno. Era costume di far cominciare le Podesterie dal primo gior- no di Marzo e dal primo di Settembre. Dunque il Rossi prin- cipiò col primo di Marzo 4368; e postoché era in carica il 25 di Ottobre, così è evidente che, scorso un semestre, fu riconfermato per un altro. (2) Fa testimonianza di questa Podesteria la Cronaca Mu- ratoriana del Tomo lY. Antiq. Hai. L'Assessore Antonio è provato dal Documento 4 Ottobre 4369, che leggesi a e. 7 del Tomo III. Sigiììo dell'Archivio civico. 1 45 — 234 — 1370. SCOLAGIO DE' CAVALCANTI Fiorenlino, dal 1." di Marzo per i8 mesi; Nicolò de' Rabala, Dottore delle Leggi, Vicario; Bartolomeo da Reggio Assessore ('i). 1571. 1572. FEDERIGO DE LAVELLONGO Bresciano, dal l.°di Settembre 1571 per 2 anni; An- tonio de' Cecclii Piemontese, Dottore delle Leggi, Vica- rio ; Benedetto de Astlerio Piemontese, Assessore (2). (-1) Docum. 1370, 22 Agosto {Archiv. civ. Instrum. Not. N.° 426) : « Coram nobili et potente milite domino Scolayo de Chavalcantibus de Florentia civitatis Padue honorabili potestate et discrepto et sapienti viro domino Nicolao de Rabata legum doctore ipsius domini potestatis Vicario. « — Doc. 437 Rizzardo Conte Sambonifacio, 1375-1381, 1390-1391. Guglielmo della Scala, lAOl. L'Academìa, già raccoltasi prima d'ora in Seduta priva- ta, elesse Soci StraordinarJ i signori Andrea Prof. Gloria. Ab. Prof. Lodovico Simonetti, Ab. Prof. Leandro Tal andini; e Socio corrispondente il sig. Augusto Warmont. Tornata III. del giorno 22 Maggio 1859. Il Socio Straordinario Prof. Raffaele Molin riferì : Della Collezione dei pesci fossili di monte Bolca, conservati nel Gabinetto della I. R. Università di Padova. -»^>®@«" Seconda Lettura. — Della trombosi dei vasi. — Del Dolt. Vittore dal Canton. (Estratto) Jj Autore essendo venuto nell' intendimento di far conoscere agi' Italiani T Opera del Prof. Enri- co Bamberger sulle malalie del cuore e delle arte- rie, con un'accurata traduzione, fatta publica in Padova nel corrente an. ì 859, vi fece seguito con un'Appendice di osservazioni proprie, attinte alle Scuole Cliniche di Padova e di Vienna, in cui trat- tò per primo della trombosi dei vasi (coagulazio- ne del sangue nel sistema circolatore), valendosi di quei medesimi fatti e considerazioni esposte a questa Academia nella Memoria di cui offriamo r Estrallo, essendo stata ormai per intero publi- cata nell' Opera anzidetta. 47 - 218 — Accenna pertanto alla storia, all'origine, alle cause della coagulazione del sangue dentro a' vasi arteriosi e venosi, appellandola in quelli più par- ticolarmente col nome di trombo, ed in questi con quell'altro di embolo. Oppone che i noti processi di endocardite, di arterite, di flebite sieno condizioni della trombosi in generale, ritenendo con Virciiow^ e Briike, che r intima causa della coagulazione del sangue risie- da nel turbamento del processo nutritivo dei vasi, il quale nella loro tonaca intima e media è mante- nuto dal sangue che scorre dentro di essi. Fra le cagioni più frequenti della trombosi rico- nosce gli ostacoli fraposti al circolo del sangue, ed il restringimento del lume dei vasi, da cui ral- lentamento, indi ristagno, e poi coagulo del san- gue in direzione contraria alla sua corrente. Ri- corda casi di trombosi pur flebite epidemica, o vo- glia dire endemica, in causa di salassi, osservata talvolta negli Spedali , e dall'A. per due volte in questo di Padova. Da codesta infiammazione ritiene derivare il disordine molecolare della tonaca più interna, la sua ineguaglianza, e quindi il trombo. Nel caso di pus compreso nel coagulo, invece che ritenere quello occasione di questo, facendolo derivare, col più degli Autori, da flebile suppurati- va, l'Autore non ammette né suppurazione, né fle- bite, ma invece un processo che ha principio con un coagulo sanguigno, e più lardi si ammollisce; - 219 — cosicché il pus dipenda da mutanienli inerenti al coagulo, e non dalla parete venosa. Anzi nei casi di contemporanea flebite egli conchiude: questa per lo più essere secondaria all' ammollimento del coagulo; e questo, non che prodotto, potere più pre- sto suscitare la infianìmazione del vaso, il suo opa- camento, e l' addensamento delle tuniche. Gli esempi d' infiammazioni metastatiche, di fe- bri puerperali, sembrano all'Autore dipendere da codesti ammollimenti del trombo, per cui slaccan- dosi air estremità di esso delle particelle, vengono poi in balia dell'onda sanguigna a depositarsi lon- tane dall'origine, e quivi destano altretanti pro- cessi, conservanti il carattere medesimo, p. e. pu- trido , cancrenoso dell'embolo allorché staccavasi dal trombo primitivo. Il trombo può giungere a grandi dimensioni, fino ad un pollice, e chiudere l'intero lume di un vaso, p. e, dell'arteria polmo- nare, inducendo l'asfissia; e dalle vene può l'em- bolo passare nelle arterie, ove talvolta diventa nu- cleo di nuovo trombo. Appartenendo l' embolo più specialmente al si- stema arterioso, vi può essere determinato da una endocardite, da vegetazioni fibrinose delle valvule, da ateromi dell'aorta, da aneurismi, da ulcera- menti delle valvule semilunari, da trombi che ser- vono a chiudere nel bambino il canale del Botal- lo, da calcoli venosi, carcinoma delle vene, vermi, p. e. r echinococo, trasportali nella circolazione. — 220 — Dalla maggiore ampiezza del lume del vase ollu- ralo, e dalla sua più o meno completa obliterazione si misura l'importanza dell'embolo, il quale anche per l'indole e per la sua forma può suscitare conse- guenze diverse (iperemia collaterale, edema, essu- dalo, cianosi, idrope, ammollimento, ipertrofia, can- crena, emiplegia, epilessia). Mantenendosi esso a lungo andare, si organizza in un tessuto connessivo. La risoluzione del trombo succede per un pro- cesso di ammollimento, di calcinazione, di degene- razione grassosa ; nei quali casi le particelle portate in circolazione vengono eliminate ; o giunte ai ca- pillari, succede la metastasi e la piemia. Della qual voce l'Autore si fa a precisare il suo valore, desu- mendolo dagli odierni progressi fatti dal microsco- pio e dalla Chimica. Vera miscela di globuli mar- ciosi nel sangue, siccome accenna questo vocabolo, non esiste, almeno per quanto apparisce ai sensi ; cosicché la piemia conseguente a flebite purulenta, secondo il Virchow, non è marcia introdottasi nel sangue, ma sono particelle di scomponimento d'un qualche trombo ammollito ; né la febre lenta capar- bia con brividi, renitente alle dosi di chinino, non sarà un sintonia sicuro di piemia. Che se si voglia ritenere assorbita la marcia dall'esterno col mezzo dei vasi linfatici (conchiude l'Autore), noi sappia- mo che 0 non giunge alla gianduia più prossima; 0 se vi riesce, non passa oltre, essendo i vasi di un calibro assai minore del diametro del globulo — 221 — maicioso. L'elemenlo chimico incognito, inducenle lo stato conosciuto sotto il nome di piemia, potrà dipendere dall'umore del globulo marcioso stesso, che introdotto nelP organismo irriti ed infiammi le parti che tocca, provocando F ascesso e la morte. L'assorbimento del globulo marcioso necrosato, del- la cancrena, produce Vicoremia. Avversa T antica credenza, che la cancrena senile dipenda da impe- dimento al corso del sangue arterioso, quindi per embolo o trombo. Le endocarditi , nelle affezioni acute dei giovani, le vegetazioni valvulari, e si- mili, possono benissimo occasionare degli emboli, dai quali seguitarne le conseguenze che più sopra furono riferite. I sintomi della trombosi sono quelli della ipere- mia degli organi interni, che predominano al capo e ai polmoni. Palpitazione gagliarda del cuore, pul- sazione abnorme delle arterie esterne, dolori va- riabilissimi, febre, delirio, coma, sopore, vomito, sudore parziale, nevralgie, dipendenti queste ulti- me da pressione dei nervi dei vasi obliterati. Segue l'Autore accennando alle conseguenze degli embo- li, le quali distingue con Virchove in funzionali ed anatomiche. Alle quali prime appartengono la morte improvisa per asfissia, apoplessia, rottura del cuore, la mania acuta, l'amaurosi, l'angina cor- dis, la paraplegia, le febri intermittenti; alle se- conde appartengono invece la necrosi, gli ammolli- menti, le infiammazioni estese, i focolaj emorragici — 222 - nei diversi visceri, la cancrena parziale o circo- scrilla, e simili. Il trattamento della trombosi è generalmente in- certo, e molto vario, a seconda delle circostanze ; né l'Autore conosce mezzi capaci di sciogliere di- rettamente il coagulo, e ritornare allo stato fisiolo- gico il vase ch'era otturato Mezzi antiflogistici, evacuanti locali o generali, bagno freddo, frizioni di unguento napolitano e d'idrojodato di potassa con la glicerina, l'uso della ergotina, dell'opio, del cloroformio, i chinacei, sono rimedj tutti utilissi- mi, purché regolati giusta la varietà dei fenomeni ed il criterio del Medico. L'Autore raccomanda quanta maggiore diligenza é possibile nelle indagini sul cadavere, per isco- prire nei vasi questa recondita cagione dei più svariati fenomeni; perchè questo studio speciale, altra volta incolto, è diventato oggidì un campo ubertosissirao di utili cognizioni, che promette scoperte di maggiore rilevanza. Dopo il quale avviso dell'Autore ne giovi ricor- dare i lavori che precedettero codeste sue annota- zioni, desunte da Opere alemanne di maggior peso, e dalla sua propria osservazione clinica ; quali so- no quelli di Lavirotte (1), di Klinger (2), di Paget, (-1) Nuovo segno diagnostico delle concrezioni fibrinose del cuore. — (2) SulV otturamento dell'arteria polmona- re per coaguli fibrinosi. _ 223 — e di altri molti, compresovi il già citato Virchow, e ci persuaderemo che l' argomento è di un inter- esse attuale. Senza però far torto ai grandi mezai odierni di osservazione, ed ai nomi che per essi s' illustrarono, con tanto profitto delFAnatomia pa- tologica e della Clinica, dovremmo pur coufesssre non essere stato di minore interesse per gP Italiani fino dal secolo scorso, quando pensiamo, fra gli al- tri, al merito di quell'illustre e coltissimo scrittore, che fu Giuseppe Pasta di Bergamo, il quale scrive- va Tanno 1786 quel suo libro: De sanguine et de sanguineis concretionihus per Anatomen inda- gatis, et prò causis morborum hahitis, Observa- tiones medicae (1) ; libro che non vorremmo del tutto dimenticato nella Storia e nella Bibliografia della trombosi. (i) Bergamo 1786, presso Locateilo. (R/) -««è^e»^ Tornata IV. del giorno 26 Giugno 1859. Sopra il glaucoma curalo colla iridectomia del Gràeffe. — Parte I. di una Memoria del Socio Ordinario Doti. Giambattista Mattioli. (Estratto) MJ Autore, dopo di avere definito, a tenore del progresso della scienza degli occhi, il vocabolo glaucoma, e tracciati con la maggiore possibile esattezza tutti i fenomeni dei varj stadj della raala- tia, sia acuta, sia cronica ; dopo toccate le cause, tanto disponenti che occasionali, che ne favorisco- no lo sviluppo ; ed enumerate tutte le alterazioni or- ganiche che hanno luogo durante il suo decorso ne' diversi suoi periodi; passa a parlare della cau- sa prossima del morbo, e con le prove alla mano dell'osservazione e della esperienza difende con la comune degli Ottalmojatri, avere il glaucoma la co- roidea per sede primitiva, ed esserne la essenza una coroideite acuta o cronica, e meglio anco- ra una vera flebite coroidale. La serie degli argomenti (egli dice) che appog- giano questo fatto clinico è così numerosa da de- stare non lieve meraviglia come alcuni osino anco- ra muovervi sopra qualche dubio. Ricorda i prin- cipali, che sono : — 225 — W La struttura della coroidea, formata esclusi- vamente da un intreccio di vasi venoso-arteriosi, uniti insieme mercè un lasso tessuto cellulare, con prevalenza del sistema venoso. 2.*' I sintomi del glaucoma, quali: a) i vasi va- ricosi del tessuto sotto-congiuntivale, i quali non sono che la espressione della fleboidesi della coroi- dea ; 6) gli assalti nevralgici, che tormentano cosi orribilmente i glaucomatosi, dipendenti dalla flebi-- te coroidale diffusa al legamento e ai processi ci- gliari, al seno venoso dell'Arnold, e quindi la tur- gidezza delle vene della coroidea, che irrita, sti- ri^ e preme sui nervi cigliari, causa dei fieri do- lori ; e) per la stessa compressione esercitata dalle * vene coroidali, turgenti di sangue, vengono tolte la nutrizione e la innervazione all' iride , che si sco- lora, diventa sottile, con midriasi papillare più o meno palese, a seconda del grado di pressione en- doculare; d) il colore verde-affumicato o verde- mare del fondo dell'occhio, derivante dalla dimi- nuzione 0 cessazione della secrezione del pigmento coroidale, le quali hanno luogo per il lavorio flogi- stico delle vene, come lo scopre il Patalogo nelle se- zioni cadaveriche, e il Clinico coU'ajuto dell'ottal- moscopio negli occhi glaucomatosi ; e) la durezza sempre crescente del globo dell' occhio per l' au- mento dell'ingorgo flebitico, con rottura di un qualche tronco coroidale, con trasudamenti di sie- ro, di linfa, pus, ec. ; /) la perdita variamente grave - 226 — della vista per paralisi della retina, proveniente dalla stessa fonte. 3.° Le cause occasionali e le condizioni diatesi- che, sotto la cui influenza si sviluppa il glaucoma, che appare di frequente nelle donne o prima o su- bito dopo l' età critica, già soggette a lente flebiti dell'utero; negli uomini dediti al vino e ai liquo- ri; negli eraorroidarj che condussero vita sedenta- ria, abusando dell'organo della vista specialmente di notte ; negl' individui in genere di temperamento sanguigno-collerico e d'abito venoso per eminenza, che soffersero di ambliopia amaurotica per con- gestione venosa della coroidea, che furono trava- gliati da flebiti addominali, da arlero-flebili artri- tiche, da migliari, da febri periodiche con disor- dini al sistema della vena-porta, ec. 4.° Il tribunale dell'Anatomia patologica, dal quale si apprende come gli esiti della infiammazio- ne intraoculare glaucomatosa possono mancare in tutte le altre parti dell'occhio, fuorché alla co- roidea, in qualunque caso si pratichi la sezione, e in qualunque periodo del morbo. 5." L' Ottalmoscopia, che ci svela i primi feno- meni anatomici della coroideite glaucomatosa, i quali consistono nel turgore dei vasi venosi coroi- dali e dei coronar) , nella pulsazione dell' arteria centrale della retina, e, per poco che progredisca l'ingorgo venoso e la malatia, nell'appianamento ed infossamento della papilla ottica. — 227 — Olire a ciò, osserva il Mattioli che alcuni carat- teri essenziali del glaucoma, riposti nella facilità alla recidiva senza il concorso di cause corrispon- denti, in un certo grado di periodicità delle sue recrudescenze e remissioni, nonché nella somma difficoltà e quasi impossibilità di arrestare il suo cammino e d' impedirne gli esiti fatali alla fun- zione degli occhi, trovano una spiegazione negl'in- concussi principi della Medicina Italiana, procla- mati dall'immortale Tommasini nella sua bella ed interessante Lezione sopra V ang ioidesi venosa, 0 fieboidesi tanto attiva che passiva, eh' egli si compiace di brevemente riferire a prova novella del primitivo processo flebilico iperstenico della coroidea nella malalia in questione. Qualunque siasi l'origine della angioidesi (così il Tommasini in fine della sua Memoria), gli effetti del turgore dei vasi, in quanto è tale, si riducono tutti, immediatamente considerati , ad una com- pressione (e su questa basò il De-Gràeffe la indica- zione della sua nuova operazione), la quale quan- to è indifferente o di poco momento nell' intestino retto, nella schneideriana od in una gamba, allre- tanto è pericolosa e spesso fatale ove succeda al cervello, nelle vene che serpeggiano lungo il mi- dollo spinale, in quelle del nervo ottico, del pol- mone^ e simili. Tutti i fenomeni della fieboidesi, compresi fra un grado lievissimo di minore atti- vità nervosa o di penosa sensazione, fino alla coni- — 228 — pietà paralisi, ai dolori i più atroci, alla più vio- lenta convulsione, alla cecità perfetta, possono di- pendere dalla morbosa compressione esercitata dai vasi gonfi di sangue ; e le infinite loro differenze nascono dal luogo in cui accade la congestione , dal tempo che dura, dal grado di distensione delle vene, dalla infiammazione che può risvegliare per la violenta e lunga distrazione delle loro pareti, ed in fine per la non difficile ed ovvia rottura delle vene stesse, eh' è quanto dire per l'emorragia. Ciò posto (continua l'Autore), se noi Oculisti trasportiamo il concetto del turgore venoso alla co- roidea negli occhi glaucomatosi, si vedrà che fino dai primordi del morbo ^ sia acuto, sia cronico, esso è la causa della pressione endoculare, la quale aumenta la consistenza del bulbo, e porta la para- lisi della retina, colla facoltà visiva più o meno di- minuita ed alterata. Per buona sorte questi primi effetti della interna compressione non sono accom- pagnati da lesioni patologiche incurabili, e con una terapia antiflogistico-evacuante, che modifichi anche le condizioni diatesiche generali che non di rado li alimentano, si arriva ad ottenere un mi- glioramento, e qualche volta eziandio un'apparente guarigione, in onta delle somme difficoltà che in- contriamo in generale nella cura di tutte le affe- zioni venose. Dice apparente, perchè ben presto tornano in campo i sintomi tutti della pressione glaucomatosa, con un apparato sempre più grave -229 — del processo congeslivo, il quale, sìa che passi a vera flogosi nel tessuto coroidale e si propaghi alle altre membrane, sia che l'infiammazione si susciti in queste per l' interna tensione, dà per ul- timo risultalo lo scompaginamento dell'occhio, con effusioni di siero, di linfa, di pus, di sangue, con durezza del globo pressoché lapidea, ed abolizione completa della vista. > Sebbene questa compressione intraoculare, di- pendente da uno stato congestivo od infiammatorio delle vene della coroidea, studiata attentamente dal De-Gràeffe, lo abbia messo sulla via dell' utile suo ritrovalo, pure molto tempo prima di lui celebri Ottalmojatri avevano riconosciuta la vera essenza del glaucoma. Connstalt, per esempio, lo riteneva proveniente da morboso diffondimento dei vasi della coroidea; e Chelius alla dilatazione di que- sti vi aggiungeva un incendio infiammatorio nelle membrane dell' occhio. Il grande Ammon sostene- va che il glaucoma era prodotto da un'apoplessia della coroidea e dell'arteria centrale della relina, con uno stato flogistico della coroidea slessa. War- nutz non poteva spiegare altrimenti la malatia in discorso, che quale una conseguenza d' un proces- so d'iperemia delle vene coroidali, che si palesava quando attiva, quando passiva, con infiammazione diffusa alla retina, gialloidea, iride, ec. Rigler, Fla- rer, e cento altri, esternarono la stessa opinione. Anzi il Cappelletti di Trieste andò più oltre di — 230 — tulli, osservando che la compressione inlerna, falla dal lurgore delle vene coroidali, e successiva flo- gosi di queste e dei tessuti tutti dell'occhio, era la causa prossima dei sintomi anatomico-funzionali di tal morbo. A lode del vero peraltro, il Gràeffe, da quel som- mo osservatore ch'egli è, seppe pel primo appro- fittare dell'uso dell' ottalmoscopio, pochi anni pri- ma inventato, il quale gli fece toccare con mano nel- l'uomo vivente le vene coroidali turgide, serpenti- ne, gozzute, varicose negli occhi glaucomatosi ; che gli svelò i primi effetti della interna pressione nel- l'appianamento ed infossamento della papilla otti- ca, nonché nella pulsazione dell' arteria centrale della retina. Sia nel glaucoma acuto, che nel cronico, la com- pressione endoculare non manca mai ; colla diffe- renza , che nel primo può in poche ore, in pochi giorni ingenerare tali alterazioni e tali guasti alla retina e alle altre parti del bulbo da renderle in- compatìbili colla integrità della vista ; mentre nel cronico ricorrendo la detta compressione a periodi anche lunghi^ in minor grado e con minore vio- lenza, la relina può, cessato o diminuito lo stato congestivo coroidale, riprendere più o meno com- pletamente la sua funzione. — Il fenomeno quindi della compressione, quantunque secondario all'au- menlala massa sanguigna, e alle secrezioni che da questa provengono, ma però pe'suoi effetti causa -231 - prima di tanti malanni , è quello a cui il Gràeffe diresse ogni suo sforzo terapeutico. Già egli, al pari degli altri Oculisti a luì ante- riori, aveva esperita P inefficacia dei mezzi medi- ci; i quali se ottengono pel povero ammalato una qualche tregua, nessuno fu trovato capace di com- battere decisamente la malatia, e meno ancora di impedire le sinistre conseguenze della compressio- ne intraoculare. Parimenti il De-Gràeffe avea più volte tentato la paracentesi della cornea , proposta da Wardrop , e raccomandala dagli inglesi Machenzie, Maddel- more, ed altri, colla idea che nel glaucoma una soverchia quantità di umore aqueo comprimesse •^la retina. Questa operazione, per verità, mitiga i dolori, rischiara la vista ; ma i vantaggi non sono che momentanei : l'umor aqueo in uno o due giorni si riproduce, e tornano in campo gli effetti dell'in- terna pressione. 10 tacio poi dell' estrazione della lente, del suo sminuzzamento, della estrazione del vitreo per la via della sclerotica e coroidea, consigliale dasl' In- glesi, perchè operazioni susseguite sempre da gravi emorragie , da flebiti coroidali o irido-coroidali , con chiusura della pupilla, suppurazioni interne estesissime, ec. 11 De Gràeffe, onde conseguire lo scopo di una slabile diminuzione della tensione intraoculare nei casi di glaucoma, pensò alla esportazione di una — 232 — falda d' iride, a ciò incoraggialo da una serie di esperimenti fatti sopra animali, e di osservazioni cliniche in varie malalie, nelle quali l'irideclomia recava per necessaria conseguenza la delta diminu- zione. I primi suoi tentativi fallirono tutti , perchè (com'egli dice) non aveva ancora una guida dei casi da operarsi, né del processo operativo. Incominciò a fissare la sua attenzione sopra i casi acuti, e a sperare solo sulla fine del 1856 di avere sciolto il grande problema della guarigione del glaucoma, quando vide che gli effetti temporarj della opera- zione perdevano sempre più il carattere di remis- sioni naturali. Oltre alla scelta del glaucoma acuto, nel quale ottenne i migliori risultamenli, vi deve, sebbene egli nou lo dica, avere contribuito il cambiamento del metodo operativo. Ammette il De Gràeffe come condizione, sine qua non, per la buona riuscita, il taglio della iride rasente al legamento cigliare. E perche ciò? Perchè in questo punto i vasi iridiani sono di più grosso calibro, in diretta comunica- zione co' i coroidali, e danno per certo uscita di sangue. Quindi non solo coli' iridectomia si dimi- nuisce in modo durevole il contenuto nella cavità oculare, ma si cava direttamente sangue dalla co- roidea. Ecco che se l'epistassi, giusta il Tommasini nella suaccennata lezione, guarisce la cefalea con- gestiva, se la protorragia molte affezioni venose ad- dominali, il salasso della iride migliorerà e sanerà — 277 — il glaucoma congeslivo-infiammatorio, che ancora non abbia disorganizzato la relina, ed alterati gli umori dell'occhio. All'apertura dell'anno scolastico 1856-57, fatto cerio il Gràeffe della utilità del suo ritrovalo, lo publicò a' suoi alunni, e sottopos.e al giudizio de' suoi Colleglli i suoi operati dell'anno innanzi. Con- tinuando a ripetere l'operazione nei nuovi arrivali, si convinse sempre più della sua importanza, a segno che mandò all' Istituto di Francia una Nota in proposito, corredata da fatti clinici, e che a vo- ce comunicò anche al Congresso Ottalmologico di Bruxelles. Gli Oculisti di tutte le nazioni accetta- rono tale scoperta con vero entusiasmo, e con se- gni non dubj di riconoscenza. Ritornali in patria, si misero all' opera ; e molti di essi diedero alla luce i felici loro risultati, a conferma dell'utilità della iridectomia nella cura del glaucoma. Come era a prevedersi, gli Alemanni si mostra- rono i più caldi fautori di questa nuova operazio- ne ; gì' Inglesi i più forti oppositori ; i Francesi e gl'Italiani in genere sin qui non si occuparono che dei nudi falli, riservandosi le spiegazioni e le conclusioni dopo di avere verificala la stabilità della guarigione nei loro operati. E fra gì' Italia- ni (1) mi gode l'animo nel ricordare che lo Spe- (4) Cita i soli Oculisti che publicarono colle stampe i ri- sultati dell' iridectomia del Gràeffe. 48 — 278 — rino a Torino, il Quaglino a Milano, il Quadri a Na- poli, il Magni a Firenze, il Ponti a Parma, il Se- condi a Pavia, il Mattioli a Padova, resero di pu- blica ragione varj casi di non dubia riuscita di questa nuova operazione, intrapresa per la cura radicale di una malatia giudicata per lo passato insanabile. -0»»«0"e«^o*- Tornata V. del dì 17 Luglio 1859. Sui funerali anticipati di Carlo V. — Del Socio Ordinario Prof. Giuseppe De Leva. (Estratto) ' Jr acendo continuazione a precedenti Letture aca- demiclie sullo stesso soggetto, il nostro Socio tolse questa volta ad esaminare con la critica storica consueta i correnti racconti e i nuovi criterj , ai quali s' ebbe ricorso recentemente per oppugnare la verità di un atto il più strano che fosse mai ve- nuto in mente d' uomo, e risguarda ai funerali an- ticipati che Carlo V. si fece pria di morire cele- brare nel monastero di Giusto, a sette millia dalla città di Plasencia, ove scarico alla fine dell'impor- tabile peso di tante corone, erasi egli ritirato per finire i suoi giorni in seno ai Padri Gerolamiti. Descrive Talloggio quivi all'uopo costrutto e l'ad- dobbo, se non commisurato allo splendore del Mo- narca , certo non corrispondente alle austerità di quel romitaggio e di quella vita claustrale. La scar- sezza di notizie storidie, e la rovina di codesto chiostro con l'annesso imperiale soggiorno, ren- dono quanto più interessante, tanto più difficile la illustrazione critica di questi dettagli . Però scor- - 280 - rendo l'Autore documenti numerosi ed autentici, non ha guari publicati , ed altri che rimasero an- cora inedili , i quali si possono esaminare presso gli Archivi di Spagna, Belgio, Germania, Italia, non ebbe difficoltà di chiarire questa parte stori- ca ben singolare della vita di Carlo. Il principale di questi documenti è il manoscritto di Don To- maso Gonzalez, Canonico di Plasencia, intitolato: Relacion historica docwnentada del retiro e- stancia y muerte del Emperador Carlos Quin- to en el monastero de Fw-sfo^ venduto da suo fra- tello Don Manuele, Archivista di Simancas, al Go- verno francese nel 1 844 per la somma di quattro- mila franchi. Questo manoscritto fu, per così dire, integrato da Gachard , Direttore dell'Archivio di Bruxelles, mediante una raccolta che sotto il tito- lo di Retraite et mort de Charles Quint au mo- nastère de Yiiste, contiene nel primo volume 237 documenti copiati a Simancas, e nel secondo la relazione della vita religiosa di Carlo V. a Giusto, trovata sei anni fa negli Archivj della Corte feu- dale del Brabante, scritta da un Monaco anonimo del convento stesso, il quale si trovava quivi avanti la sua venuta, e vi rimase dopo la sua morte, e ne seguì le spoglie all' Escuriale quando vi furono trasportate nel 1 574. — Lasciati quindi da una parte i racconti più circostanziati in proposito, perchè non appieno comprovali, l'Autore, ferman- dosi al punto storico impreso a risciiiarare , fa ri- — 281 — cerca se vero sia che queste esequie si celebrasse- ro, e che Carlo V. vi assistesse in persona. Lo che essendo creduto dai più, fu pur negato dal Cano- nico di Plasencia Don Tomaso Gonzalez , e da Mi- guel con maggiore certezza dopo vedute le lettere di coloro che appartenevano al séguito imperiale a Giusto, publicale da Gachard; delle quali nessuna, avente anche la data 31 Agosto e ì° Settembre di quell'anno 1 558, fa menzione di cotesto avveni- mento. Ma il racconto di quei funerali riconosce tuttavia per sua fonte primitiva quel frate Gerola- mita, autore del citato manoscritto che fu trovato da Bakhuizen, la cui autorità di testimonio ocula- re è raffermata eziandio dalle ingenue parole con che descrive l'emozione profondamente sentita, in- sieme cogli altri Frati del suo convento, al vedere che un uomo voleva in certo modo sepellirsi vivo, facendosi fare le esequie avanti di morire. Osserva però l'Autore, che in questa storia, confermata an- che da un altro Gerolamita non meno autorevole per le notizie che poteva raccogliere dai testimoni oculari del fatto. Fra Giuseppe de Siguenca (Vo- lume III. della Storia del suo Ordine, dell'an- no 1605), e da altri scrittori vissuti in epoca vi- cina, appare il mal vezzo degli antichi di applicare nel campo dei fatti il crescit eundo delle ragioni reloriche, per cui imporla fermarsi alla sostanza dell' atto, ma non ai particolari della cerimonia o finti 0 svisati. Se vogliasi imputare all'onore dei ~ 282 - Monaci cronisti una così strana finzione, sembra piuttosto all'Autore che il sentimento d'onore li avrebbe consigliati ad occultare il fatto, qualora per la molta dottrina teologica e dei Cànoni che possedevano non avessero potuto ignorare il De- creto del Concilio tenuto a Tolosa nel 1327, che dichiarò atto di colpevole superstizione le esequie anticipate, e proibì ad ogni Prete o Monaco di ce- lebrare, sotto pena di scomunica ; per cui i fune- rali di Carlo diventavano per loro un bruito testi- monio di fratesca arrendevolezza. L'argomento desunto dal silenzio delle lettere di Giusto sopraccennate, onde infirmare la fede del racconto, dimostrando per esse anche falsa la data assegnata all'avvenimento, è soggetto comballuto dall'Autore, che considera come la falsa indicazio- ne di una data sia cosa ben diversa dalla invenzione di un fatto, e come la esattezza cronologica non sia pregio di che si curassero i Monaci cronisti, e in generale gli storici del secolo XVI. Ne adduce de- gli esempi desunti dalla Storia del medesimo Carlo. Qual meraviglia, egli dice, se i funerali fossero stali anticipali di alcuni giorni? E avverte che dal 18 sino al 28 Agosto non abbiamo alcuna lettera di Giusto; onde se mai in questo intervallo di tem- po avesse avuto luogo l'avvenimento, il silenzio di coloro che scrissero in sulla fine di Agosto e al principio di Settembre può ammettere la ragione, che dal giorno dei funerali era trascorso per essi — 283 — un tempo troppo lungo per poterli supporre in con- nessione di causa con la malatia dell'Imperatore, che forma F argomento della loro corrispondenza. L'Autore non intende tuttavia dissimulare a sé stesso le difficoltà ricorrenti nella questione consi- derata sotto questo punto di veduta ; ma risolven- dole colla supposizione di un errore involontario di data, buoni e gravi motivi adduce per far cre- dere il fatto in ordine alle possibilità fisiche. Tra i quali era lo stato allora infermo della mente di Carlo, nipote di Massimiliano e figlio di Giovanna la folle, per cagione facilmente eredi- tata dall' uno e dalP altra. Di quello l'Autore rac- conta abbastanza; e per tutto, il disegno che con- cepì di diventare Papa e Santo regnante Papa Giu- lio IL, allora in pericolo di vita ; la idea mauinco- nica che in lui predominava di portar seco contì- nuamente una cassa di legno con entro la bara, il coltrone e tutto il necessario pe' i funerali, e di volgerle più volte la parola; di questa il sopra- nome pervenutole dalla posterità ne è sufficiente caparra. Da tutto ciò derivava il germe di quella idea stranamente lugubre, sulla quale si fissò lo spirito di Carlo. Ch' ei vi fosse inoltre da natura predisposto lo dice Gasparo Contarini nella sua Relazione dell' anno 1525; e l'Autore ravvisa il primo sintomo in quel fastidio del Mondo, che lo prese nel 1 535 reduce dalla splendida impresa di Tunisi, sul fiore degli anni padrone di questa Italia, — 284 — cinto da tante corone, allora che ognuno lo avreb- be riputato il più fortunato degli uomini, il più potente e glorioso dei Principi. Per cui concepita ch'ebbe la idea di ritirarsi in un convento, ne con- fidò il segreto più tardi a Don Francesco de Bor- gia, Marchese di Lonibay, poi Duca ereditario di Gandia, e in fine terzo Generale dell'Ordine dei Gesuiti. Lo confidò poi ad altri, compresa la Re- gina Isabella, la quale se non fosse morta prima di poter compiere un suo voto, avrebbe del pari chiusa la vita in un convento di Monache. Questo disegno travagliò ostinatamente per circa venti an- ni l'animo dell'Imperatore, da assumere ognora più il carattere di una idea fissa in ragione degli ostacoli che si fraponevano all'attuazione sua. L'Au- tore riporta alcuni Atti ulteriori di codesta vita, che ne riflettono la melanconica tinta, prevalen- do ognora il principio religioso fino a turbarne la mente per un peifseveranle dominio di quelle imagini tetre e vivacissime di morte, in cui da lun- go tempo era immerso il suo pensiero; cosicché i funerali fossero divenuti una frequente occasione di appagare codesta inclinazione, da potersi dire quasi altretante feste della vita claustrale di Car- lo ; ed all' ultima e strana determinazione venisse egli vie maggiormente indotto dopo avere celebra- lo per più giorni consecutivi i funerali dei geni- tori e di sua moglie. Che se a tante predisposizioni ereditarie e morali si aggiunga la gracile e malsana -- 285 — complessione di Carlo ; il tardo sviluppo del corpo e della mente ; le sofferte convulsioni epilettiche nella prima età, fino a perdere la coscienza di sé e le apparenze della vita ; i sofferti dolori di testa , che l'obbligarono a tagliarsi Tanno 1 529 la pesante zazzera ; T avere patito da poi di asma e di emor- roidi, e a trenl'anni di gotta; l'avere cangiata l'abi- tudine degli esercizi ginnastici e cavallereschi in quell'altra dei lavori sedentari, pressoché esclusivi della politica ; si troverà facile la ragione, per cui insieme col corpo venisse a logorarsi anche la men- te di lui, e tra le sofferenze dell'animo invecchiasse egli precocemente. Narrando della vita privata nel monastero di Giusto, l'Autore, a scaturirne altre cagioni occa- sionali, lungi dal rappresentarci Carlo inoperoso, adduce le prove della sua operosità nel tenersi in- formato delle condizioni politiche degli Stati ce- duti, nel consigliare i figli Filippo II. e Giovanna, 0 la sorella sua Reggente di Portogallo , nel cono- scere e dirigere gli affari publici più importanti, e l'azienda stessa finanziaria ; le quali abitudini do- veano ulteriormente contribuire a pregiudicarne il vigore fisico e la serenità dell'intelletto. Arrogi altre abituali intemperanze nei piaceri della carne e della tavola, essendo stato riconosciuto anche dai Veneti Ambasciatori come inclinatissimo a procac- ciarseli dovunque con donne di grande ed anche di piccola condizione ; e a non osservare nei cibi — 286 — ritegno di sorta, persistendo sino all' ultimo gior- no nella intemperanza; incapace affatto di domina- re i pravi appetiti del suo stomaco, ed inetto per conformazione originaria di mandibole, come alla buona pronuncia, così alla masticazione perfetta dt'i cibi. Né le ammonizioni del Confessore, ne i salutari consigli dei medici valsero a rilrarlo da tale ghiottoneria, che di abitudine erasi tramutata in un bisogno: onde Carlo si era ridotto a non po- ter mai stare digiuno un solo istante, dispensato persino da Papa Giulio III. da quest' obbligo nei giorni che riceveva il Sacramento Eucaristico. Da ultimo nel dare spiegazione del caso stranissimo dell'esequie anticipate TAutore aggiunge le esacer- bazionì degl'insulti gottosi patite da Carlo, ed il patema morale per l'avvenuta morte della sua ama- la sorella Eleonora ; nella quale occasione ebbe egli a dire: mia sorella era maggiore di me di soli 15 mesi, e prima che scorra questo tempo io sa- rò prohahiimente con lei. Non ne passò neanco la metà, e il melanconico presentimento s'era av- verato il 21 Settemb. 1 558 ! Qual meraviglia (con- chìude argomentando opportunamente 1' Autore ) che questo presentimento, in una mente infermità da tanti travagli e dall'abituale superstizione, in- ducesse la idea di prepararsi alla vicina sua fine, facendosi celebrare anticipatamente le esequie? (R/) ■«I&©«9»- ' ì — 287 — ToBNATA VI. straordinaria del di 2'j Luglio 1859. A tenore dell'Articolo X. § i. dello Statuto Academìco, estratti a sorte in giro dalle 4 Glassi i nomi degli Acade- mici che dovranno leggere nell'anno prossimo i 859-1 860, sortirono nell' ordine seguente : -1." OrSOLATO. 7° MlNICH. 2." Cittadella Giovanni. 8.° Trbvisan. 3." Festier. 9." Santini. 4.° TuRAZZA. 40.° VlSIANI. 5." Ragazzini, 4i.° Mugna. 6.° Argenti. 42.° Trbttenero. Dopo ciò l'Adunanza elesse il nuovo Presidente pel pros- simo biennio academico 4869-60 e 4860-61 (Art. Vili. § 42. dello Statuto), e fu eletto il Prof. Raffaele Cav. Mi - NicH. L'attuale Presidente, pel tenore del successivo § 43 , diventa Vice-Presidente durante il biennio. Furono eletti Direttori delle quattro Classi pel prossimo anno academico i Socj seguenti : Classe di Scienze fisiche, De Visiani. Classe di Scienze mediche, Festler. Classe di Scienze matematiche, Trettknero. Classe di Scienze morali e Letteratura, De Leva. A tenore in fine dell'Art. X. § 9. furono nominati Revi- sori dei Conti, per la gestione dell'anno che sta per cessare, i Socj Bellavitis e Turazza. In quest'Adunanza l'Academia promosse il Socio Straor- dinario Gloria Prof. Andrea a Socio Ordinario della Classe di Scienze morali e Letteratura. Indi elesse a Socj Corrispondenti i signori Osmo Dott. Marco di Padova, e Luzzati Dott. Isacco di Trieste. Il Presidente sciolse l'Adunanza, dichiarando incomin- ciate le consuete ferie academiche. b — 289 — mhimm bibliografico Cibrt manicati in irono all' ^caìr? mia durante il 0wonìro SiÉmestw ìfd 1 859. DONI DEGLI AUTORI. TITOLO Abknstein Dott. Giuseppe (Redattore). — La Gazzetta generale di Economia agraria della I. R. Società Agronomica di Vienna. I numeri 11. 12. 14. usque 24. Bembo Co. Pier-Luigi. — Delle Istituzioni di beneficenza nella Città e Provincia di Venezia, 1859. Gaspari Cav. Luigi Luciano. — I Prestiti di Stato. Conside- razioni. — Il Ripristinamento del Porto-Franco in Venezia. — Fisiologia degli errori politici moderni. GiORiA Andrea. — Degl' illustri Italiani che avanti la Domina zioiie Carrarese furono Podestà in Padova. — Intorno alla donazione di Opilione al Monastero di S. Giustina. — Intorno ad un Placito di Enrico III. (IV.) , tenuto in Pa- dova il 31 Dicembre 1091. — Intorno ai Diplomi dei Principi da Carrara. Discussioni paleografiche. — Sulle Epistole della Republica di Padova e dei Princìpi da Carrara raffrontate con quelle di altri Comuni e Principi Italiani. I.Pataille e A. Huguet. — Annales de la propriété industriel- le, artisfique et littéraire. N.° 3. Maj 1856, e N." 12. Décembre 1858. Ldzzati Dott. I. — Lettere Tergestine sul cholera. — Istoria di una portite diffusa con ematemesi e melena. — Trieste, ed il suo clima. Osservazioni topografico-me- diche. — Della frequenza della tisi in Trieste. — 290 — NOMI DEGLI AUTORI, TITOLI. MoLiN Prof. Raffaele. — Sulle reliquie di un Pachyodon dis- sotterrate a Libano, due ore a Nord-Est di Belluno. Vienna 1859. — Prospectus Helminthum, quae in parte secunda Prodro- mi Faunae Helmintologicae Venetae. Vienna 1859. Obsolato Giuseppe. — Notizie storiche e Lettere di Antonio Canova sopra il Bassorilievo collocato nella chieset- ta dello Spedale di Padova. Fasqdaligo Nob. Dott. Giuseppe. — Compendio storico della Città e Diocesi di Padova. Fase. L II. III. IV. V. VL PiETRUCci Napoleone. — Biografia degli Artisti padovani . Pa- dova 1859. SiccA Angelo. — La Comedia di Dante Allighieri (Purgatorio). Strambio Gaetano. — Gazzetta Medica Italiana (Lombardia). I numeri 14. 15. 16. 17. usque 23. CORPI SCIENTIFICI. TITOLO DELLE OPERE. Firenze (Regia Academla Economico- Agraria dei Georgofili). — Rendiconti. Dispense III. e IV. Milano (Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti). — Atti, Voi. L Fascicoli XIIL e XIV. Mosca (Società Imperiale dei Naturalisti). — Bollettino. An- no 1858, N.° IV. Venezia (I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti). — Atti, Voi. VII. Parte II. Vienna (I. R. Società Geografica). — Comunicazioni (Redattore Cons. Foetterle Frane. 1857, Fascicolo II. — 1858, Fascicoli I. IL III. — 1859, Fase. L — ( L R. Istituto Geologico). — Annali 1858, N.° 4. Ottobre, Novembre, Dicembre. — (L R. Società Agronomica). — Atti. Terza Serie. — Voi. VIIL Anno 1858. ^>^^&&o- DELLE MATERIE CONTENUTE NEL FASCICOLO XVI. (Voi. VII.) ANNO ACADEMICO d 838-1 859. Bniiato. — Ragionamento intorno al Carnae epico di Monsi- gnore Antonio Nodari (anno 1816), che porta per titolo: Durissima Christianorum servitus ab Algerina barbarie vindicata (Treviso 1842) pag. 157 Dal Cantou. — Della trombosi dei vasi n 261 Do Leva* — Sui funerali anticipati di Carlo V » 279 Olofia. — Intorno ai Podestà di Padova durante la Domina- zione Carrarese n 185 Helloi*. — I foraggi concentrati ed i concimi chimici in rap- porto alle nostre condizioni agricole '> 121 llattiolì. — Sopra il glaucoma curato colla Iridectomia del Graffe » 224 jflollu. — Della Collezione dei pesci fossili di monte Bolca , conservati nel Gabinetto della I. R. Università di Padova. » 261 (Qui correggasi Terrore tipografico di numerazione delle pagine, foglio 17, che invece del numero 217 al 32 incl. dev'essere dal 261 al 276 incl.) 0«iiuo. — Ricerche e Considerazioni ulteriori sull' attuale malati'a dei bachi » ivi APPENDICE Personale Academico a tutto il secondo Semestre 1858-1859. » v Nuove aggregazioni all'Academia pag. 260 e 287 Socj estratti per le Letture dell'anno academico 1859-1860. pag. ivi Cariche nuove per Panno suddetto, » ivi Opere pervenute in dono aU'Academia . . ; » 289 -»♦»>»• !ffi-0«< XVII. RUTA PERIilM DEI lAVORI DELIA L R. ACADEMIA DI SClEiXZE, LETTERE ED ARTI m PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolaxo^ Membro Ordinario della Sezione di Medicina. C«iiiieòtre ptitiio e àecouòo bei iSSO.'lSGO. VOL.UÌME VIIB. ,.l-iS>' PADOVA > co TORCHJ DI G. B. RANDI IIN DITTA ANGELO SICCA 1860 'X il DEI LAVORI DELIA I. R. ACADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI m PADOVA. Redattore Gidseppb OrsolatOj Membro Ordinario della Sezione di Medicina. Gttwtcùttc ptiiuo e becouòo Sef Ì859.4860. TOL.1IÌ1I1: \^iii. ^^:\^,^^^ PADOVA co' TORCHJ DI G. B. RANDI IN DITTA ANGELO SICCA 1860 > I. R. ACADENIA Di SCIENZE, liETTERE ED ARTI l!V PADOVA PROSPETTO DELLE ADUNANZE E LETTURE PER l'anno academico i 859 -60. 1859. 18 Dicembre Dott. O asolato. 1860. 22 Genajo Co. Cittadella «io. — 19 Febrajo Dott. Festler. 4 Marzo Prof. Tusrazza. 18 detto Prof. Ragazzini. — 1 Aprile Dott. Apgeuti. — 22 detto Prof, niinich. — 20 Maggio Cav. Trcvisan, — 24 Giugno Prof. Santini. — 22 Luglio f rof. Visiaui. ( Dott. ]Mng;na. Lettori sopranumerarj < I Prof. Trettenoro. 1." Le Sedute ordinarie si tengono a un'ora dopo mezzogior- no, e sempre in Domenica. 2° È desiderio che i signori Socj Straordinarj e Corrispon- denti leggano una qualche volta fra l' anno. A destinare la gior- nata basterà un cenno alla Presidenza. 3.° I cultori delle Scienze, delle Lettere, delle Arti, che amas- sero comunicare un qualche lavoro, faranno cosa grata all'Aca- (lemia. La Presidenza, avvertita che sia, insinuerà la persona a! Direttore della Sezione, cui potrà appartenere l' argomento del lavoro medesimo; quindi determinerà il giorno per la lettura. 4.° Una Rivista periodica trimestrale publica ì la- vori dell' Academia; un esemplare è offerto, subito dopo la stam- pa, agli Ordinar] , agli Straordinarj e ai Corrispondenti domi- ciliati in Padova. Si ricorda ai lettori di Memorie nelle Sedute destinate nell'anno, che il ms. dev'essere deposto sul tavolo della Presidenza insieme all'Estratto, appena finita lettura, af- finchè la Redazione della Rivista non abbia a ritardarne la publicazione. — "■^s@e^«- PERSONALE ACADENICO A TUTTO IL PRIMO SEMESTRE DEL 1859-60. CONSIGLIO AGADEMICO mi^ICH Prof. €av. RilFF^tELIi. IHIJOIVA Dott. GlAIHBATTlSTit. HDtRttori ìfi Qejiom. De Visianì Prof. Roberto (Scienze fisiche). Vcstler Dott. frenccsco Saverio (Scienze mediche). Trettenero Dott. Virgilio (Scienze matematiche). De Leva Prof. Giaseppe (Scienze morali e Let- teratura). llenin Ah, Prof. €av. Lodovico. Cavalli Conte Ferdinando. 3lrc^bista « iGibltotwano. Orsolato Dott. Giuseppe. !3lmmim?trot(Jr« €ameu (Dnoraria. Argenti Dott. Francesco. — 6 — iinmbri dDrtrinarj (p^rman^ntt n^l numero J>i 28). (Pfoise 5eQe Scieute ^aicfte. De Visiani suddetto. De Zigno Bar. Achille. * IVIenin suddetto. TrcTÌsan Cav. TìCtore. Rasazzini Prof. Francesco. l&Laftàc Sefìe Scieviie lueSicfte. Arsenti suddetto. Bcnvenisti Do4t. IMoisè. €oIet(i Dott. Ferdinando. Festler suddetto. niugna suddetto. Orsolato suddetto. niatfioli Dott. Giambattista. ^labbe SeLlc TTÌaateiMaticfte. Bcllavitis Prof. Giusto, niinicli suddetto. Santini Prof. Commendatore Giovanni, Trettenero suddetto. , Turazza Prof. Domenico. (itaiie^eu'c Jcieu'te luotaii e J^Uetatuta, Agostini Al». Prof. Stefano. Bouato Ali. Prof. Modesto. Cavalli suddetto. Cittadella-Vigrodarzere S. E. Conte Andrea. Ciltadelia Co. Cav. Giovanni. Gloria Prof. Andrea. "^gfìxe^atì veiiìfenti in paìrooa. a) (Pome o-a^o- Della rottura spontanea del cuore^ o Car- dioressi. — Memoria del Socio Ordina- rio Dott. Giuseppe Orsolato. (Estratto) Jj Autore, riferendosi ad altra Memoria sopra que- sto argomento, inserita nel Voi. VII. degli Atti di quest'Academia (anno d824;), nella quale l'illustre medico Gio. M. Zecchinelli , persuaso darsi rotture primitive spontanee del cuore , maravigliava che il celebre Antonio Testa , nell' Opera sulle malatie di questo viscere , mettesse in dubio la possibilità di tali rotture , ed in cotale maniera come se le negas- se, laddove il viscere non fosse stato guasto da ulce- ramento, od infermato da processo infiammatorio, prende ad esaminare quale fondamento pratico aves- sero così l'una come l'altra delle due opposte sen- tenze , e riferisce non poche altre contradizioni de- gli autori di maggior nome intorno a questa specie di lesioni; contradizioni che svelano la incertezza sussistente delle dottrine pratiche. Fa poi osservare come in generale si abbia attribuita una importanza primaria ad un fatto patologico secondario, ultimo — 28 — nella scala dei processi di scomponimento dei nostri tessuti, come il nome abbastanza lo indica, per cui fa d'uopo collocarlo nel posto che gli appartiene nella Nosologia filosofica. Fu in vero tanto più facile ai Pa- tologi arrestarsi alla parte più saliente, la quale da- va ragione dello spegnersi di una vita, quanto fu in moltissimi casi per loro difficile risalire alle cagioni e ai processi che prepararono quest' esito, sia che a molti abbiano fallito i mezzi di osservazione, sia che lesioni dipendenti da mali pregressi siano passate di leggieri ignorate od inavvertite dopo la morte , ov- vero siano rimaste confuse fra i guasti del cadavere. Se si consideri che altri visceri cavi dell' umano organismo , proveduti di pareti muscolari , quantun- que locati più inferiormente del cuore nella serie della importanza vitale, e meno complicati, soltanto sotto certe condizioni di morbosi processi soggia- eiono a rotture, cesserà, nonché la meraviglia, il du- bio che il cuore eziandio , nell' incessante esercizio delle sue funzioni, influenzato com'è dall'avvicendar- si frequente dei molteplici affetti dell'animo, ed im- pressionabile ad ogni sofferenza del corpo, anche per lievi mutamenti e condizioni morbose a lui spe- ciali, possa rompersi in modo da lasciar credere a taluno che a codesto avvenimento non abbiano pre- ceduto cagioni remote od occasionali. Un esame fisiologico delle sue funzioni, e del tem- po e modo e meccanismo con cui esse si compiono, -29- guida l'Autore a stabilire che nel momento della con- trazione ventricolare sta il maggiore pericolo delle rotture delle pareti, dei muscoli papillari, del seno, fissandone il sito più che altri vulnerabile. Così la ubicazione del cuore rispetto agli altri visceri rende ragione dello spezzarsi in alcuni periodi più che in altri; come per lo stesso principio la sua giacitura troppo da presso alle pareti ossee del petto può dar ragione, secondo l'Autore, della formazione di quei processi parziali susseguiti da essudato, che sovente s'incontrano nella superficie del viscere, e che da taluni furono generalmente considerati indizj soltan- to di condizioni organico-dinamiche, più che locali e circoscritte. Due casi di questo genere sono riferiti dall'Auto- re, interessanti così per le specialità che li accompa- gnarono, come per la rara possibilità di raccogliere le minute notizie che ad essi riferisconsi con quella fedeltà che si addimanda. Sono essi narrati nel modo seguente. «Nel mese dì Febrajo di quest'anno (d859) un Lorenzin Domenico, detto Beccare di Megianiga, di anni 65, sensale da vino, spertissimo saggiatore di questo, come di bevande alcooliche , venuto qui in Padova, mentre attendeva a' fatti suoi in un Caffè, d'un tratto fu aggredito da fenomeni mortali, per cui vani riuscirono gli apprestati soccorsi, onde poco ap- presso fu trasferito cadavere nello Spedale. Fatta di- — 30- ligente ricerca di nolizie intorno alle precedenze, venni a sapere, alcun tempo dopo, come da qualche anno fosse stato soggetto a malalie infiammatorie e a disuria; e com'egli per abitudine donnajuolo, aves- se soventi volte contratta la sifilide. In tutto lo scorso inverno, travagliato da febri terzanarie, congiunte a batticuore e dolore al precordio, non poteva decom- bere sul lato sinistro per la esacerbazione dolorosa al cuore. Avea per soprasello ronzio d'orecchi, diffi- coltà di respiro, tosse, e senso di fascia stringente la inferior parte del petto. Cinque giorni prima del suo trapasso, durante un viaggio a piedi verso una Ter- ra poche millia dalla sua lontana, dopo essersi avvi- nazzato, fu sorpreso da lipotimia sulla strada; e qui cadde, e vi rimase per circa due ore fuor de' sensi, veduto stringersi automaticamente la mano destra alla regione del cuore, quasi condotto a moderare per sì fatta pressione la molesta sensazione quivi percepita. Assistito pietosamente proseguì la via, ma ricadde poco appresso : per lo che sopra un ruo- tabile fu trasferito sul domestico letto ; e qui lagna- vasi di dolore al cuore, principale cagione, onde né stare, né decombere potesse. I soccorsi medici gli vennero tosto apprestati (due salassi, purgazioni e pozioni nitrale); riposò cinque giorni, a capo dei quali si era fatto tradurre a Padova, d'onde non dovea più ripatriare. Notai che de' suoi congiunti nessuno era mancato di morte repentina. — 31 — Il cadavere, dopo 48 ore sezionato, non presenta- va esteriore indizio di lesioni, sì bene appariva la robusta e buona conformazione dell'individuo. Note- vole sopratutto fu la condizione aleromatosa progres- siva e diffusa nell' aorta e nei vasi maggiori, parti- colarmente nelle arterie cerebrali ; l'opacamento del- la pia meninge facile a distrarsi dal sottoposto tessu- to, la iperemia polmonare. — Il sacco del pericardio si presentò voluminoso per un contenuto maggiore assai del consueto, consistente in molto siero, ed uno strato di denso e bruno cruore, in mezzo al quale Irovavasi come sepellito il cuore, facile però ad iso- larsi per versamento di un filo d' aqua da breve al- tezza. Nel parete anteriore del sinistro ventricolo, verso la linea del setto, era una lacerazione verticale, lunga tre linee esternamente , maggiore se guardala dal di dentro, a margini ineguali, comunicante colla cavità ventricolare sinistra, da cui guardala compren- deva lo spessore muscolare per la estensione come di un soldo, di figura concava, o meglio coniforme, sen- za traccia di precedente processo esulcerativo, senza manifesta ipertrofia, ma più presto in assottigliamen- to per atrofia del parete del cuore sinistro, con dila- tazione modica della cavità e minore consistenza delle sue carni sotto l'esplorazione delle dita, oltre ad un parziale abbrunimento di esse. Gli orifizj e le orec- chiette trovaronsi in istato normale ; le valvole suffi- cienti ; le inserzioni dei muscoli papillari stracciate. — 32 — Nel basso- ventre 5 tranne una iperemia del fegato e della milza , nulla eravi da rimarcare. La cagione occasionale della morte fu senza verun dubio attri- buita alla lacerazione spontanea del cuore , ed alla effusione del sangue nel sacco del pericardio. Il pezzo morboso fu consegnato, come esemplare unico di questo genere, presso il Gabinetto patologi- co nello Spedale (O. Come avviene più sovente in casi di questa sorte, in cui si desiste da ogni ulteriore indagine quando si può offrire una manifesta ragione della morte ; così, attenendomi alle sole alterazioni presentate da que- sto cadavere, avrei potuto lasciarmi trarre in ingan- no dal fatto ultimo, per cui avvenne la subitanea morte, e non risalire alla sua causa mediata, da cui ebbe origine il processo che infralì il vigore e la re- sistenza delle pareti del cuore, onde avvenne che al- la occasione di aumentarsi contra esse F impeto della colonna sanguigna cedendo facilmente si stracciasse- ro le loro fibre in un punto meno resistente. Ed ecco qui un fatto che avrebbe potuto facilmente essere prodotto in appoggio di rotture spontanee isolate da qualunque alterazione del cuore. Fra le ingenue informazioni attinte dai famigliari, meritano attenzione l'indole flogistica e pervicace delle malatie abituali, nonché la specifica di quelle, (1) Esiste fra i preparati al progr. n." 227 del Gabinetto sudd." — 33 — altre i cui effetti non è rado che si estendano al cen- tro circolatorio, inducendo una particolare fragilità delle sue pareti. Le febri sofferte per tutto il verno passalo, congiunte a batticuore e dolore dei precor- dj , la penosa decombenza sul lato sinistro , la diffi- coltà di respiro con tosse e stringimento alla parte inferiore del petto, sono fenomeni indubj e sufficienti a svelare la natura flogistica di un processo invaden- te co' vasi la porzione muscolare del cuore , da cui la scemata consistenza per regressione adiposa, e la propensione dopo un certo tempo a lacerarsi. Fu pri- mo indizio di quest'esito fatale la caduta che fece l'individuo in uno stato sincopale che durò così lun- go tempo; né credo appormi al falso pensando che questo accidente sopravenuto ad un lungo cammino, e dopo avere abusato del vino, nella maggiore agita- zione circolatoria sia stalo determinato dalla lacera- zione dei muscoli papillari destinati a governare l'uf- ficio delle valvule nell'opporsi ch'esse fanno all'ori- fizio venoso, per costringere l'onda sanguigna ad en- trare nelle vie arteriose ; il quale ufficio, allorché riesca insufficiente , forza é che il sangue contenuto nel ventricolo si opponga in parte al fluido soprave- gnenle dai polmoni, finché non venga tutto smaltito pel forame arterioso; e sospendendosi la funzione respirativa , avvenga 1' asfissia , fino almeno che col- l'affrenarsi del moto circolatorio succeda in casi più fortunati un modo di compensazione e di ordine. Il — 34 — pronto sollievo procacciato dalle sanguigne evacua- zioni può avere differito un imminente pericolo; ap- pena però il circolo accrebbe di vigore e celerità pel movimento della persona, non so dirvi se dell'animo, si produsse in altro sito un'altra lacerazione di fibre: ma quivi per la effusione che avvenne dell'onda san- guigna fu più pronto e più deciso quell'esito che da più lune minacciava alla vita, come la spada di Da- mocle, dell' infelice soggetto di questa storia. Più palese tuttavia rileveremo il decorso di una minacciosa infiammazione del cuore dalle alterazioni rinvenute in persona notissima, la cui storia importa qui d'essere registrala, com'è conosciuta ad alcuni distinti Medici di questa città, e da me testimonio di fatto e prosettore già da parecchi anni registrata. \ La sera del dì 27 Dicembre 4 849 il Barone Giu- seppe Sardagna , dimorante in Padova, dopo un'ap- plicazione sedentaria fu d'un tratto sorpreso da do- lore alla regione del cuore, a cui apportò stretta- mente la mano, né andò guari che gli si aggiunse ambascia del respiro , lipotimia , e pochi minuti ap- presso, in onta ai più pronti soccorsi, era già estin- to. Sofferente per abitudine di emorroidi , dispnea , tosse, avea superata , pochi anni prima , una infiam- mazione bronco-polmonare; ed avrebbe da ultimo pre- sentato bisogno di un salasso, che per consiglio me- dico gli sarebbe stato praticalo, se trascinalo da una cieca abitudine non avesse opposto un ostinato rifiuto. — 35 — Avea cangiate le consuetudini di una vita seden- taria per le ufficiature con quella affacendata nella amministrazione di tenimenti agricoli, per cui si era fatto indifferente al disagio e alla fatica del lungo cammino, fosse pure nella stagione del maggiore esti- vo calore. Pingue e breve della persona, avea Tabito di corpo che si suole contrasegnare per apoplettico. In un Autore di Opera recentissima, il sig. Bam- berger, leggo « che la completa adesione del peri- cardio al cuore renda impossibile la rottura comple- ta delle sue pareti. » Sotto un tale aspetto è doppia- mente interessante la storia di questo fatto, di cui riferisco i risultamenti cadaverici. Nella sezione si trovò una litiasi diffusa a tutte le arterie, per modo che alcune squame ossiformi ar- rivavano ad una linea di spessore ; la piegatura sigo- neidea delle carotidi, l'arteria basilare, le polmonari invase da processo ateromatoso progressivo. I pol- moni congesti di sangue ed enfisematosi , la mucosa bronchiale arrossata ipertrofica. Il sacco del pericar- dio, cinto da molta pinguedine al di fuori, aderiva colla opposta faccia dovunque al cuore per mezzo di cellulare. In corrispondenza delle cavità sinistre fra le maglie cellulari di questa nuova formazione, poste fra Tesocardio ed il pericardio, si trovavano dei gru- mi sanguigni per effusione di circa sei oncie di san- gue uscito da una lacerazione di mezzo pollice, av- venuta alla metà del parete esterno del ventricolo — 36- sinistro, congiunta a decoloramento con ammollimen- to considerevole della sostanza muscolare, e deposili di una materia giallo-sporca tra le fibre. L'esocardio era sollevato, ed anch'esso perforato in corrispon- denza all'apertura ventricolare. Le cavità del ven- tricolo e dell'auricola sinistra erano vuote di sangue, aventi le dimensioni ordinarie ; le destre invece era- no in uno stato d'ipertrofia eccentrica, con dilatazio- ne dell' orificio auricolo-ventricolare. Molta pingue- dine cingeva il cuore anche al di sotto del pericar- dio, litiache e pressoché insufficienti erano le val- vule aortiche e le due arterie coronarie, la sinistra delle quali si era fatta quasi impervia per l'avanzato processo di litiasi. In tutta la superficie interna del sistema arterioso sovrabbondava la colesterina, de- posta qua e là in saccolini , a cui aderivano piccoli grumi di sangue. Nel basso-ventre nulla eravi d'im- portante a notarsi. In questo fatto, olire il perforamento della sostan- za muscolare del parete sinistro, le alterazioni pato- logiche sono di tale entità da rendere più meravi- gliosa, nonché la morte, la continuazione della vita, e l'esercizio abituale delle sue funzioni. Dopo il pri- mo insulto doloroso al cuore , indizio per me della incominciata lacerazione, la vita durò ancora per cir- ca 20 minuti prima di estinguersi; il che manifesta- mente devesi attribuire alla protezione esercitata dal pericardio aderente alle carni del cuore , che ne ri- — 37 - tardò 5 ma non ne impedì il compiuto perforamento con effusione di sangue. A questa maniera un pro- cesso patologico controperò agli esiti mortali di un secondario processo morboso. Cosicché si debba con- chiudere, in contrario del citato Bamberger e di al- tri Patologhì, per la possibilità delle rotture sponta- nee complete del cuore anche allorquando vi ade- risca viziosamente il pericardio. In tutti e due questi fatti merita ancora attenzio- ne la contemporanea esistenza di alterazioni delle arterie cerebrali in uno, delle coronarie nell'altro; il coloramento parziale più intenso delle carni del cuore nel primo, il decoloramento con interposizione di materia giallo-sporca nel secondo. » L'Autore, dopo narrate queste sue osservazióni, a ■^meglio convincere che senza l'attualità di un proces- so morboso primitivo, ovvero trascorso ad esiti che abbiano alterato immediatamente o mediatamente le funzioni del circolo e del cuore , e senza gì' impeti violentissimi a tergo , o gli ostacoli insuperabili a fronte, per cui né tessuti , né funzioni valgano a re- sistere, questo viscere, il cuore, non si é veduto mai spezzarsi, toglie ad esaminare accuratamente i fatti più importanti, riferiti nelle Opere di Morgagni, di Pietro Marchetti , di Portai e di Baillie , di Zecchi- nelli, di Morandjdi Haller, Conradi, Frank, Ashbur- ner, Naumann, Muramsen, Pinella, Riguardi, Chra- stina, Zannini , Trevisan , e molti altri, compresovi - 38 — quello riportalo da ultimo nella Gazette des Hòpi- taux del Dott. Boys de Loury, per discendere in fine alle seguenti conehiusioni. 1 ." Che la rottura del cuore, o cardioressia, sic- come ultimo effetto di processi morbosi che la pre- cedettero e favorirono , non debba avere posto nella classificazione nosografica appoggiala ai principi di una filosofia sperimentale. 2.^ Che la infiammazione (endocardite e miocar- dite, acuta, lenta ed esulcerativa) vi contribuisca in modo principale se prolunghisi per certo periodo dì tempo , siccome quella da cui traggono origine altri processi patologici riscontrali con più frequenza da- gli autori. Tali sono: rammollimento delle sue car- ni, l'assottigliamento, la ipertrofia, se anche con- giunta a dilatazione delle cavità ; gì' induramenti , compresi quelli per deposito di materia ateromatosa sotto l'endocardia, e carcinomatosa sotto l' esocardia, 0 di linfa plastica fra gì' interstizi delle fibre musco- lari; gli stringimenti degli orifizi e dei tubi arterio- si principali, le incrostazioni e vegetazioni con in- sufficienza delle valvule, la cui frequenza può spie- gare il prevalente numero di rotture del ventricolo sinistro; le raccolte di pinguedine cignenti il cuore, ma più la degenerazione pinguedinosa. 3." Che i fenomeni del dolore precordiale , della dispnea, ambascia, tosse, palpitazioni, vertigini, de- gli svenimenti e sincopi , delle anomalie del polso. — 39 — sono cosi coinuni alle cardiopatie, e tanto varianti (li grado e di associazione fra loro, o con altri sinto- mi secondar] , da non potersi esclusivamente attri- buire una importanza semiologica per la cardioressi ; alla quale perchè fu contrastato un posto nosologico, venne anco disconosciuto un gruppo speciale di feno- meni. Il dolore, ad esempio, dipende da mediata tras- missione al cervello, per la via del nervo pneumo- gastrico, delle varie impressioni derivanti dalle affe- zioni morbose del cuore, le quali possono essere sen- tite più 0 meno vivaci^ più o meno pronte, a seconda del sito dei ventricoli o delle pertinenze loro minac- ciate di rottura ; a seconda cioè che codesto sito sia più 0 meno vicino alle diramazioni ultime del nervo vago, che più si accostano ai ganglj cardiaci, non già quanto maggiore sia la entità morbosa od il perìcolo di una imminente rottura. Come del dolore si può dire altrettanto degli altri sintomi. 4.'' Le rotture del setto interposto ai ventricoli, quelle del tramezzo che chiude il foro ovale , quelle dei muscoli papillari , se anche non ammettono per- dita di sangue nel pericardio, possono essere istan- taneamente letali, come quelle delle pareli da cui si effonde sangue. La impedita respirazione per circolo arrestato o difficoltato, e la urgente soffocazione, so- no cagioni di morte più o meno sollecita. Anche la rottura delle colonne carnose fu veduta cagione di soffocazione. Mancando negli Autori fatti sufficienti a — 40 — stabilire i sintomi delle rotture dei tendini valvolari, che , secondo Bouillaud, consistono necessariamente in disordini cireolatori, dai sintomi riferiti nella pri- ma delle osservazioni dell'Autore è possibile indurre quali appartenessero alla rottura di codesti muscoli, avvenuti qualche tempo innanzi della mortale lesione del cuore ; e ciò tanto meglio, in quanto havvì molta analogia tra di essa ed un fatto riportato da Corvisart. 5." Codeste rotture , come quelle dei seni , delle orecchiette e dei vasi maggiori appena sortiti dal cuore, per la rapidità degli effetti mortali hanno una importanza medico-legale quando occorra stabilire la cagione da cui provennero, ed escludere per conse- guenza la colpa. Sarà dunque da avvertire che lesio- ni traumatiche di poco momento possono apportare la rottura allora solo che vi precedettero le mento- vate alterazioni del tessuto del cuore. Da ciò la im- portanza di valutare la individualità del ferito nel giudizio. 6.° Metodo curativo non si può chiamar tale, se vogliasi riferire alle rotture , per le quali potrà in- vece valere un trattamento preservativo, quando fe- nomeni di affezioni cardiache presentino fondato ti- more di questo esito. Contro ai processi flogistici mi- nacciosi di questo viscere , facili ad essere svisati o negati, importa dirigere per tempo l'attenzione j e, dopo una cura attiva, il metodo di Valsalva, per dir- lo in generale , la quiete dell' animo e del corpo , le -41 — fredde imbrocazioni esterne ai preeordj , V astinenza dal coito, dalle bevande spiritose, dalla crapula, pos- sono impedire, od almeno differire, l'esito temuto. 7" Bisogna distinguere le rotture del cuore trau- matiche, quali da cadute, urti, commozioni, rimbalzi, colpi, ferite, ulceri penetranti, da quelle per isforzi violenti di circolo e respiro , dietro corse , accessi d' ira , posizione e movimento della persona vizioso , esagerato ; finalmente da quelle altre così dette spon- tanee^ di cui è parola, le quali potendo accadere du- rante il riposo, riconoscono sempre una precedenza morbosa, escludendo, per ciò che fu detto, le spon- tanee primitive. 8.° La pronta morte non procede da anemia, per- chè non basterebbe a determinarla il versamento di qualche libra o meno di sangue, come nel secondo caso riferito dall'Autore, nel sacco del pericardio, ma invece dalla rapida pressione che questa raccolta esercita sul cuore, insufficiente da prima a sommini- strare nuova onda alla circolazione arteriosa, indi a muoversi ulteriormente per fungere il dilicato suo ufficio. 9." L'assottigliamento delle pareti cardiache, co- me il loro ammollimento, se anche manchi la dege- nerazione pinguedinosa, non è sempre condizione fondamentale delle rotture del cuore, più facili tal- ora a succedere laddove la fibra muscolare , più in- spessita e rigida del naturale per ipertrofia, diventa — 42 — per ciò friabile, e facile a spezzarsi ad ogni sforzo esageralo. Da ciò la ragione di rottura osservata in località diverse ^ e la discrepanza degli Autori sulla loro frequenza più in uno che in un altro sito. I0.° La condizione morbosa istrumentale del cuo- re si associa a degenerazione generale adiposa dei piccoli vasi, in particolare dei cerebrali, per cui av- viene talvolta lacerazione di questi prima che av- vengala rottura di quello; d'onde le apoplessie cere- brali 0 di altri visceri, che richiamano a sé la prin- cipale attenzione, ed isfugge frattanto di leggieri ogni mutamento dell'organo circolatorio dianzi mi- naccioso alla sua integrità. -90009- ■c^t^oo- Tornata II. del giorno 22 Genajo 1860. Sulla riduzione a forma intera di ogni funzione razionale di qualsivoglia ra- dice di data equazione algebrica. — Memoria del Prof. S. R. Minich. Il Socio Ordinario Prof. Minich offre alcune ap- plicazioni dell' uso dei moltiplicatori a coefficienti indeterminati, per ridurre a forma intera ogni fun- zione razionale d' una radice di data equazione al- gebrica, e porge il sunto di questa Nota, che qui s'inserisce insieme col compendìo di quella già presentata nella Sessione 7 Febrajo 1858 (sul me- todo di Gauss , che ha per oggetto una simile ri- duzione) , ed annunziata nel Voi. VI. Fase. XIII. pag. 60 di questa Rivista periodica. Nel Commentario che esposi intorno al metodo del Gauss, onde ridurre intera ogni funzione razio- nale di qualsivoglia radice d' una equazione alge- brica, non si conteneva alcun cenno dell' uso evi- dente che si può fare di moltiplicatori a coefficienti indeterminati per la soluzione di simile quesito. Ora applicando quest'ultimo procedimento alla ri- duzione a forma intera della funzione che ha per _ 44 — numeratore l'unità, e per divisore la derivala del primo membro della data equazione di grado n, ottenni per risultato il rapporto d'un determinan- te a quello che, formato colle somme delle potenze delle radici, equivale al quadrato del prodotto del- le differenze fra le radici della data equazione al- gebrica. E siccome il numeratore di questa frazio- ne si deduce dal denominatore, mutandovi le som- me che costituiscono gli elementi dell' ultima co- lonna, oppure dell'ultima fila, nelle potenze di grado 0, 1, 2, .... n — 1 della quantità princi- pale X ; si trova altresì che l'espressione medesima e i valori di altre n — ì funzioni, che hanno per comune denominatore la derivala del primo mem- bro della data equazione, possono simultaneamen- te dedursi dalla soluzione di n equazioni di primo grado. Questi risultati, che possono servire alla ridu- zione a forma intera d'ogni funzione simile d'una quantità, i cui valori sieno le radici diseguali fra loro d' una data equazione algebrica , vengono di- mostrali nella Nota II., a cui si premette la Nota I. sul metodo di Gauss, tralasciandone per brevità le applicazioni numeriche. E facile rilevare come si adoprino all' uopo i coefficienti indeterminati, os- servando che questo metodo consiste nello stabili- re una identità fra il primo membro della data equazione moltiplicato per opportuno fattore, ed - 45 - aggiunlo al nimieratore della frazione da ridursi^ e il denominatore di questa funzione moltiplicalo del pari per un fattore a coefficienti indeterminati. Im- perocché attribuito alla quantità principale x un valore che sia radice della data equazione, se ne ritrae l'eguaglianza della frazione proposta con upa funzione intera della radice medesima. Se al nume- ratore della frazione a ridursi venga sostituito il residuo della sua divisione pel primo membro del- la data equazione algebrica di grado n, detto q il grado del denominatore della proposta frazione , basterà nella identità dianzi mentovata assegnare ai rispettivi fattori di questo denominatore e del primo membro della data equazione i gradi n — i, q — 4, per avere tanti coefficienti da determinarsi, quante sono le equazioni di primo grado, che pro- vengono dal paragone dei singoli termini. Né i va- lori di que' coefficienti potrebbero divenire infini- ti, se non qualora il denominatore della frazione da ridursi si annulli col primo membro della data equazione, cioè abbia con esso un comune diviso- re da escludersi. Quindi si raccoglie che v' ha sem- pre un fattore, per cui moltiplicata qualsivoglia funzione intera e razionale d'una radice di data equazione algebrica, può ridursi ad una quantità nota indipendente da questa radice; lo che sommi- nistra un mezzo di eliminare una incognita fra due proposte equazioni algebriche. -46 — I. Del metodo di Gauss^ onde ridurre ogni funzio- ne razionale di una radice di data equa- , zione algebrica a forma intera di grado inferiore alla data equazione. E manifesto e ben noto, che ogni funzione razio- " naie d'una data equazione del grado n può ridursi ad una funzione intera di grado inferiore, sempre- cliè la data equazione sia priva di quelle radici che rendessero nullo il denominatore della funzio- ne proposta. Sia infatti questa funzione razionale — — -, F(x)=zO una equazione algebrica, e X W il massimo comune divisore delle funzioni -^^ (x) , F(x) F(x). Posto = f{x)^ e dette x^, ac,, . . . Xn—ì X (^) le radici dell'equazione di grado qualunque n (1) f{x) = 0, sarà evidentemente 4 W ~ 4 (a^o) 4' (^.) ^ (^2) •••4' (^n-\) ' Ora \/. (ae„) \^ (x^) . . . \|. (ac„_i) è una funzione sim- metrica delle radici dell'equazione (1), e si può quindi esprimere pe' i coefficienti di questa equa- - 47 — ^ zione. Cosi pure 4 {^J -^ (^c,) ■■ -^^ (^n—i) è fun- zione simmetrica delle radici della equazione f(x) X X. ed è quindi esprimibile sotto forma intera pe' i coefficienti della (j ) e per ac„. Conseguentemente (p(x^) trovasi ridotta ad una funzione intera di ae„ , la quale divisa, se sia d'uopo, per f(ocJ^ ver- rà surrogata dal residuo ad essa equivalente, e di grado inferiore ad n. Invece di questo mezzo delle funzioni simme- triche, venne suggerito dal celebre Gauss nell'arti- colo 1 ì .° della Memoria sul modo di calcolare colla maggiore approssimazione i valori degli integrali definiti ( che leggesi nel Voi. XIX. degli Atti della Società di Gottinga) un procedimento da preferirsi allorché i coefficienti delle funzioni (p^ -^^ f sie- no numerici , che consiste nella ricerca del massi- mo comune divisore tra le due funzioni ^j,, f, onde ridurre —- a forma intera, ed in un' altra serie di divisioni sempre più facili , per cui — si rende inferiore al grado di f(x) = 0. Porgeremo nella presente Nota un' ovvia dimostrazione di questo metodo del Gauss, senza ricorrere alla considera- -48 — ziohe d' una terza serie di funzioni da lui adope- rata; ed avvertendo alcune speciali abbreviazioni che possono talora aver luogo nella seconda serie di operazioni , accenneremo P applicazione dello stesso metodo, onde ridurre la data frazione ad altra più semplice. Rappresentiamo colle seguenti eguaglianze la de- terminazione dei quozienti e dei residui successivi, che risultano dalla ricerca del massimo comune di- visore tra ^{x) /(oc), introducendo le costanti A^, ?\.,,...A„, allo scopo di agevolare il calcolo dei coefficienti (2) x„4(x) = /(x)Q^(x) + l?„(x), K,R^(x)=:.RXx)Q,(x)-hRA^)v ■hm Pm-.{x)=:Rm-. (x) Q,n (x) + R n. • F(x) Siccome f(x) =z — — non può avere un divisore comune con x {^) •> sarà infine /?„ una quantità co- stante. Quindi ponendo nelle (2) x=:x^^ e desi- gnando per brevità con Qp-^ Rp i corrispondenti valori di Qp (x) , Rp (ac), avremo dal dividere cia- scuna di quelle equazioni per f{x„)^ assumendo — 49 — le equazioni pel cui mezzo assegnati l'uno dopo P altro i valori di P^ , P, , . . . P„ , si ha poscia dall' ultima delle (3) l'eguaglianza 1 P (5) TT-,— ^, merce la quale -—— , e conseguentemente -— ^ , è ridotta una funzione intera di x . o Per rendere il grado della funzione — inferio- re ad n, cioè a quello della (1), in luogo di ese- guire il prodotto di (p per P^, e poscia intrapren- dere la divisione per f, il Gauss ha indicato una serie di divisioni di mano in mano più facili , ac- cennate dalle equazioni seguenti, in cui ogni divi- sore Ra (x) rappresenta quel residuo delle prece- denti divisioni (2), che sale al più alto grado non superiore al grado del dividendo r,- , (x). (6) cp(x) = f(ac)7„(x)^-rX^), r,(x)=zR.^{x)q^(x)^r,{x), r,(x) = R,^(x)q^(x)-\-r[(x), n -,{x)~Ra^ (x) (/A (x) + r, (x) ; 4 — 50 - cosicché rh (^c) verrà infine a ridursi inferiore nel grado ad /?„ _ , (ac). Dalla somma di queste egua- glianze divise per ^j, (ac) , ove si ponga xz=ix^^ e si accenni del pari con qp il valore corrisponden- te di 9;,(ac), si raccoglie a cagione delle (3) (4) (7) ^ = ,,P.,+,.P..+ ...+ ,.P«a'^, cioè la riduzione richiesta di — a forma intera di grado inferiore ad n. Imperocché Rm è quan- tità nota indipendente da a?^; e se denotiamo col- l'iniziale cjr, premessa ad una funzione, il grado della medesima, è chiaro (2) (4) essere gr.P«.=gr.(?,g,...QK,-, gr. f(xj = gr.Q^Q,... Q^. + gr. /?«,• _ ^ , d^nde (8) gr. Fa . =r gr. f (oc J — gr. i?«._i ; e poiché (6) gr. qi — gr. r,_ . — gr. /?„ . , e per la condizione premessa alle (6) gr./?a,-i>gr.ri_,, ne V i ene gr. qi < gr. /?a^ i — ^^gr. /?« . , e conseguentemente (9) gr. 7. P^. < gr. f (acj — gr. i?«, . Siccome poi gr. r,,t(3C,0 essendo per le sopradette ragioni il grado di w in- feriore a n, ma non alla differenza dei gradi di f, I^m—ì' Se il richiesto denominatore t, fosse il quoziente della divisione di f(x) per la funzione intera (7) (11) a cui si riduce — -, e che diremo 5, è palese che , denotato con h {x) il residuo della predella divisione, dalla eguaglianza f{x) = l{x)Ux)-\rK[x) — 55- si avrebbe, per x = ac„, -—2- = ~ S (ae J , (P (XA 5t (« ) e conseguentemente — ^-^ = — ° . In tal caso il grado di k, inferiore a qiidlo di S, sa- rebbe inferiore ad n almeno di due unità ; e poiché gr. ^ (ocj = gr./(xj — gr. 5 (ocj , gì'. S (xj > gr. f{xj — gr. Rm^i , il grado di ^ non potrebb' essere minore a quello di Rm-i- Se il proposto denominatore ^ fosse uno dei re- sidui delle divisioni (2), basta adoperare queste divisioni fino a quella inclusivamente a cui spetta il residuo prefisso Ri (x), per avere analogamente alla (5) Indi stabilite le equazioni (6), finché si giunga ad un residuo Vg tale che sia gr. r^(a;)»-1 ^e^x'>^—^-\-e^xn—^-\-...-\- e„_i , per ricavare dalla identità (17) le n -f (/ — 1 equa- zioni che si richieggono onde ottenere i valori delle costami indeterminate Cj 5 Ca — Cy—i 5 Sj, e^.-.e^—i ed h. E siccome con / (ae), -^ (x) déesi annullare /i, basterà mandare a zero il numeratore dell'espres- sione di /i. per ottenere la risultante dall' elimina- -60 — zione di x fra le (18), ovvero più senipUcemente si porrà nella (17) (p=z/i=rO; e quinci sostituite nella identità da verificarsi (20) f{x) a (x) .— 4, (x) t(x) r= 0 le espressioni (J8) (119) , si avranno n -\- q — ì del 1 .° grado; fra cui eliminando e, , c^ , . . . Cq—^ , e,, e^..'. e7i_i, si troverà la risultante richiesta col mandare a zero il determinante, che ha per ele- menti i coefficienti delle suddette n-f q — ì equa- zioni. Così pern = 2, qa= 2, avremo dall'identità (20) «a^ — ^^tto + ^.c, — fe.e, = 0, e quindi per risultante 0 , «2 5 — ^2 ; cioè la nota formula Ponendo invece n =: 3, 9 = 2, si avrà dalla (20) «,^ — ^ittoH-ftoCx — ^e, =0, «s^rt +a,c, — 636, — 6,e,:=0, a,c, -^b,e, = 0, ^-61 — e in conseguenza la risultante 0 , a^, 0, —h, j il cui sviluppo ha per espressione («.^— ^.«o) ((«A— «.^.)^+ «é(^>- Wh Supponendo invece n = 5, g = 3, sì avrebbe per risultante della eliminazione fra due equazioni complete del 3.° grado «2^0 ^a^o? «x? ^«9 "o5 — ^o 0 , a,, — Ò3, a^, —K 0 ,0, 0, «3, — b, Lo sviluppo di sì fatti determinanti si rende più spedito coir eseguirlo da prima rapporto agli ele- menti della 1/ colonna, poscia rapporto ai deter- minanti di 2." ordine formati cogli elementi ^ delle colonne 2.^ e^^/; e così di seguito. Veniamo infine ad esprimere sotto, forma intera. di arado inferiore ad n la frazione 7- — ■ , che ha ^ f i^o) — 62 — per denominatore la derivala dal 1 ." membro di una data equazione (1) di grado n priva di radici eguali, essendo ac„ una qualunque delle sue radici. Supponendo per brevità n =: 4 , cioè e quindi f (x) = 4 tto x' + 3 a, x' -I- 2 a^ X -f a. , giacche la medesima analisi vale per n qualunque, assumeremo (p = h costante indeterminata, e por- remo nella (17) a(x)=z4x' -}-c,x 4- C3, T (x) z=x" -\- e^x^-j- e^x -\- e^^ di modo che verranno assegnali i valori dì h, e dei coefficienti indeterminati di o-, t delle equazioni (21) a,+ aoC. =:4a„e,, 2a^-\- a, e, -\r à^ c,= 3a, e, -f 4a„ e, , 3a,-\- a, c,+ a. c,= 2a, e,+ 3a, e,-\- 4a„ e, , 4a4+a3C,-f-a3C,= «36.+ 2a,e,+ 80,63, a,c,+ «3C,= «36,+ 20363,. a^ c= + /i = a^ 63 . Per agevolarne la soluzione introduciamo le som- me delle potenze delle radici , denotando in gene- rale con Sni la somma delle potenze di grado m della data equazione, ed avremo per assegnare s, , s^ , S3 , ec. le note eguaglianze — 63 — a„ s, + a, s, + 2 «3 = 0 , a^s. -t- a, s, -j- a. s, -h 3 «3 = 0 , ec. Indi giovandoci delle quantità ausiliarie ^, , ^25 |"5 , ec. , che supponiamo determinate dalle equa- zioni seguenti, (22) a„^, + «,=:0, «0I2 + «,£: + «.= 0, ec. troveremo in conseguenza dal sommare una qual- unque equazione del sistema anteriore colle equa- zioni che la precedono rispettivamente moltipli- cate per ^,5 |, , £3 , ec, «oS. + a.^O, «0 «3 + «i^^ + 2 a, ^, + 3 «3 =: 0 , ec. ; e dal sottrarre queste nuove equazioni dalle rispet- tive equazioni (22) moltiplicate pel grado della da- ta equazione (1), cioè per 4, dedurremo ancora 4a„^, + 3a, — «oS, = 0, 4 a„ £. -I- 3 a, ^, -f- 2 a. — tto S2 = 0 5 ^«o^5 + 3a,^ + 2a.^,-|-a3 — aoS3==0, ec. Conseguentemente soniniatfdo dascuna equazione del sislenia (21) colle ;precedenti rispettivamente moltiplicale per 1",, l'j, l",, ec, né ritrarremo i valori di Cj, c^, coefficienti della funzione t, e poscia le equazioni determinanti i coefficienti di r e la quantità /i, cioè da prima e, :=■ Sj, e, -f- Sj , e successivamente s, 65 -}- «3 e, + s^ e. + «5 = 0 5 Da quest' ultimo sistema di eguaglianze, posto per brevità So s, s, 5, s, «3 >=A, S. S3 s. ricaviamo ÌK\8, ^ ^ CS^«aS3;^ e,== — -^N «,8.S,^, ^^~X^ «i«5«4^ ' s.s-;«3 e^ — t; i^^-^i^i, (•) A S3 S^ Ss / -65 — e conseguentemente t(x)— — { \ \ X x" x" come pure _ 1 J S,S3 53SJ _ M «i«2«3^ ^ ' «««S^iSsl ^ i S2«3S4«5 00 s sj ( 0 s„s,s. Si avrebbe quindi So«x «2 «3 , , 1 JS.S^ 5, S, \ 0, s„, s„ X + s„ s„ ac' -f- s, X + s^j e siccome dall'eguaglianza (17), postovi (p = /i, 4rr:/V, si deduce per 3c=:x^ 1 __ T (ac) — 66 - si otterrà infine per x eguale ad una radice della data equazione ^(ac) = 0 s^s^s.s, ] is,s,s^s. '2 "5 "4 ì X X^ X^ ^ \S^S^SsS6 Il denominatore di questa formula esprime, co- m'è ben nolo, il quadrato del prodotto delle difle- renze tra le radici della data equazione; e poiché f (x J equivale al prodotto di «^ per le differenze tra X e ciascun'altra di quelle radici, si avrà dalla (23) (x^—x,) (x^—x,) {x,—x,){x~x,y{x^—x,)\x,—x,y So «. «^ «5> S. «2 «5 «'. s^s.s.s, ì X^X^^Xo Osservando che il numeratore della espressione (23) si desume dal denominatore col mutare i ter- mini dell'ultima fila (o dell'ultima colonna) nelle quantità ì , x, x% x\ si comprende che l'espres- sione suddetta potrà dedursi colla determinazione di altre formule dalla risoluzione d'un sistema di equazioni di 1 .° grado, come siamo per dimostrare in generale, mercè la seguente analisi. Sia la data equazione f(x) = a^ x« + rt, x«-i -{- a^ x"-2 + ... -\- an = 0, — er- esi ponga (24) ^^ -^P' Esponendo nel modo che segue le equazioni deter- minanti le somme 5„, s,, s^ ec. delle potenze di grado 0, 1,2, ec, delle radici di quella equazione a„s, + «,Sr + «2«o = (^ — 2)a2, «o *« + "i *«-! + • • • + "n— 1 5, + «« ^o — ^ ' ' «o*2n— 2 +«1 S2n— 3+- ^-Wn— 1 Sn— 1 -[-«« «n— 2 =0 ; è palese che sommando insieme n -f- (/ successive equazioni di questo sistema rispettivamente mol- tiplicate per le potenze n -\- q — 1, n -{- q — 2, ... 1 , 0 di X, e divise per f(x), supponendo x radice della data equazione, e q suscettibile dei valori 0, 1, 2, 3, ec, si otterrà la eguaglianza Quindi attribuendo a n — 1, avremo il sistema delle n equazioni — «8 — S^F„_i -I- S,F,j_2 -f- ... + Sr_l^n-r + - + «n-l^o=^ •) S, Fn-Ì + S,Fn-^ + ...+ Sr i^n_r + - + «n F„= ^ , s^Fn—ì + s^Fn-a -\r'"+8r+\Fn-r + - + .s„4,iF^=ac% + S2„_2F^=r:X'^-l, mercè la cui soluzione., ponendo per brevità — il , Sn—l Sn ... 5;-|-^ ... S2n—2 e il determinante, che da questo risulta mutando- vi gli elementi della colonna r"'""^ in 1 , x ^ ac% . ..ac"— 1, cioè [ «o «. ..ì .. Sji — \ \ «I s. %• Jb ^n j - $ \ S>l 1 Sfi ... oew— 1 ..S2n— 2 ; si ricava (25) Fm— J n ' e quindi, posto r n (24), • «0 *n r(«^) " n ' che corrisponde alla (23) per n 4. -69- Avendosi poi dalla (24) sommata colle equazio- ni, che ne provengono pe' i valori decrescenti di p fino a p =^0 , rispettivamente moltiplicate per ^, , f{x) trovasi infine, atteso il valore di Fp = -^ (25), e il modo di deduzione della $w_p dalla II , a XP {ri) ° — Sn^ì Sn... S2n— p-2S2n_p^l"- S2n_2 »?"— * 0 0... i ^, ... ^p 0 Siccome ogni funzione simile d' una quantità x, determinata dalla equazione f(3c)=0, si esprime per la teoria Lagrangiana sotto la forma d'una fra- zione che ha per denominatore /'(x), le formule (25) (26) (27) servono a ridurre quella espres- sione ad una forma intera inferiore di grado alla data equazione. >«9000- -COOOO- Seconda Lettura. — Del Sale comune (Clo- ruro di Sodio) nei terreni agrarj. — Del Socio Straordinario Dottore Anto- nio Keller. Uno dei primi voti di chi voglia col perfezio- namento agrario la prosperità del paese, dev'essere questo per certo : che un' ampia agevolezza nel prezzo del sale secondi ve- ramente le viste benefiche della natura, - la quale con tanta larghezza lo prodigava nei mari. — Prof. Borio. I. N. elio scritto suU' allevamento del bestiame io faceva una digressione sulla pellagra, accennando ad una causa di quest' affezione , non avvertita da altri. Tal causa la riponeva nella presenza di alcune sostanze minerali nel sorgo-turco, non omogenee all'organismo umano, ciò nullameno assimilabili, e nella scarsezza o deficienza di diverse , come della potassa , della soda , dello zolfo , del fosforo , del ferro , indispensabili al no- stro benessere. Parecchi Medici illustri, fra i quali ci- terò il eh. Dott. Lusanna, in cui le doti del cuore non la cedono per nulla a quelle della mente , le fecero buon viso (I). (1) Vedi Annali universali di Medicina, Milano 18H9, fasci- colo di Ottobre e Novembre. — 71 — Nel lavoro sul terreno agrario, parlando della po- tassa e della soda , dissi che le piante ne contengono in maggiore o minor copia ; eh' esse mai sempre ne abbisognano^ or più, or meno, a seconda dello stadio di vegetazione in cui si trovano; che per la presenza della potassa e della soda si favorisce nei vegetabili la formazione di acidi , e s' impedisce quella degli alca- loidi; mentre, mancando nel suolo potassa e soda, le piante vegetano meschine e malaticcie , incapaci di re- sistere ad influenze cosmo-telluriche. Nella memoria ch'ebbi l'onore di leggere al vostro cospetto il giorno 3 Aprile ^859 andai più oltre. Vi asseriva che per la potassa e per la soda i germi di molte muffe non trovano letto opportuno alla loro moltiplicazione; che per queste due sostanze i pomi di terra e le viti in certe località rimasero forse illese da quei malanni, i quali in tante altre ne distrussero e ne distruggono i prodotti. Né di quest' asserzione mi pen- to. Scorrendo le Opere di Berti Pichat trovai in esse detto: « Merita speciale attenzione lo studio della po- » tassa e della soda, perchè certe generali malatie, che » invadono or l' una or l' altra specie di piante, ora i » pomi di terra, ora le barbabietole, ora la vite, ec. , » potrebbero esservi predisposte da deficienza di que- » sti alcali. » E Pabst ci assicura che il sale comune impedisce lo sviluppo di alcune malatie nei vegetabili. Per tutti questi motivi , e per quanto dissi in altre circostanze sul sale , non poteva non destare la mia curiosità un lavoro del eh. Dott. Gabelli , allievo del- l' ultimo dei tre insigni Arduini, maestri tutti in que- - 72 — sta Università ai Governi e ai popoli. II lavoro è intito- lato: Della coltivazione dei terreni usando il sa/^, che è il comune, cioè cloruro di sodio (4). Eccone il riassunto. « Ispirazione di sostituire al gesso il sale nella col- tivazione dei prati artificiali, tenuti a spagna e a trifo- glio , colla mira di dare a queste piante un nutrimen- to atto a ridurle salubri , ed incapaci a determinare nel bestiame la timpanite, come forse la determinano i foraggi che furono ingessati. » Ma come ? Salando il letame , e col calcolo, con deduzioni dalle pratiche seguite lungo il fiume Liven- za, coir esame intrapreso sugli effetti degl' ingrassi sal- si applicati alle viti, ai gelsi, ai bozzoli, ai carciofi, co' risultati che danno le spagne in tutti i dintorni di Ve- nezia, la quantità necessaria sarebbe stata di libre me- triche H. 6. di sale per ogni metro cubo di letame, essendo nei suoi dintorni 4 i metri cubi di letame che d'ordinario si spargono per ciascuna pertica censuaria in un terreno da coltivarsi a biada. Senonchè, invece di rivolgersi a questa pratica, il Gabelli credette opportuno spargere, li 50 Aprile 1859, sopra 1 50 metri quadrati di trifoglio libre metriche 3 di sale nero, acquistato per buoi. Il terreno era argil- loso , tenacissimo , con poca pendenza , ed il trifoglio rado, intristito, tendente al giallo. Ai 15 Giugno da questa superficie ottenne in fieno 95 libre metriche, mentre da altri 1 50 metri , sui quali non ebbe a spar- gere del sale, ne otteneva soltanto libre 57 , ossia 58 (i) Vedi Gazzella uffiziah di Venezia 4859, N.° 190. 192.202. ec. — 73 - libre in meno. Quindi calcolato il fieno a lire 5 il cen- to, con 60 centesimi di spesa pel sale nero, che costa centesimi ^2 la libra metrica, aveva un utile depurato di lire 0.54. Per la siccità persistente, per la natura del terreno, più tardi non si ebbe ad osservare differenza. Sopra altri 4 50 metri quadrati di prato stabile, in terreno sabbioso, sparse pure, li 50 Aprile \ 859, 5 li- bre metriche di sale; e qui, ad onta della siccità, in tre tagli, eseguiti li 29 Maggio, li 20 Luglio e dopo, vi ebbe, a suo credere, un aumento di 40 libre di fieno , ossia un utile di lire 0. 60. Attendeva intanto i risul- tati di una sperienza sul granone con una libra metri- ca di di sale per ogni 50 metri di superficie. Il Gabelli ammette incompleti i suoi esperimenti, e vorrebbe venissero ripetuti da diligenti agronomi in cli- mi diversi ed in circostanze diverse. Intanto si lusinga che i vantaggi del sale si estendano oltre un anno, don- de maggiore il lucro che ne deriverebbe ; e deduce la lusinga dall'utile che si ha cogl' ingrassi salsi negli an- ni successivi. Né vuol egli sospettare che il sale possa agire a guisa di semplice eccitante , capace d'indurre le piante ad estrarre dal suolo maggiore quantità di sostanze alimentari, per cui il terreno si smungerebbe con maggiore sollecitudine; anzi, senz'appoggiarsi per quest'asserzione alla Chimica, cui fa un ingiusto e non meritato complimento, trae partito per la sua dichiara- aione da quanto gli offre il terreno lungo il Noncello, la Meduna, il Livenza, il Sile, confortandosi in uno nel fatto, che gli animali si cibano con singolare avidità delle spagne, dei trifogli, delle stesse canne di granone, — Ih — delle paglie, delle stoppie còlte in terre coltivate con ingrassi salsi. Egli è per ciò che, avendosi a togliere la causa della timpanite, piuttosto che salare il fieno, vorrebbe salati direttamente i terreni chiamati a darcelo, sopratutto se tenuti ad erba-spagna o a trifoglio, dalle quali piante si ha lo sviluppo di quella malatia, e secondo Gabelli, ma a torlo, per l'ingessamento (i). Il Gabelli non sa se il sale possa convenire ai cereali , ma spera. Dall'esposto facile al Gabelli il calcolare i van- taggi alle finanze degli Stati, l'utilità per tutta l'umani- tà ! Già per le sue sperienze sopra 550 metri quadra- ti si apporterebbe nel Veneto all' Erario un utile an- nuo di austriache lire H.258.70^ , ed agli agricoltori un utile di lire 49.486.440. Di piìi, si aumenterebbero i prati artificiali, con essi s'aumenterebbe il bestiame, e col bestiame si avrebbero sviluppo di forze , carni , latte, lana, sego, cuoj, preparati di latte, ec. Ecco il Gabelli adunque intento a consigliare che la vendita del sale sia fatta a modico prezzo, massime pe'i primi tempi, e senza disagi quanto all' acquisto. Ecco il Gabelli pronto a suggerire ai possidenti di ripetere pel sale quanto fece il Rev. Paroco Zumpic- chia in Friuli, e quanto fatto aveva prima Franklin in America col gesso ; ambo i quali lo sparsero apposita- mente sovra appezzamenti di prati in modo, che pel primo si leggesse sull'erba meglio sviluppata la parola gesso, per Franklin le parole c'est platré. ii) Si ammala l'uomo abusando anche elei pane. — 75 — Ecco il Gabelli infervorato nel proporre l'apertura di Scuole agrarie, usando poca gentilezza verso la Scuola agraria di Padova (4). Vorrebbe in ogni Capo-luogo di Provincia un poderetto di 520 pertiche censuarie, con tre case coloniche ed una dominicale. In tal modo si recherebbe vantaggio allo Stato e alla nazione, s'influi- rebbe sulla publica tranquillità e sul benessere del- l'indigente. Intenzione mia ora è quella di esporvi quanto la storia e' insegna rispetto all' impiego del sale comune nei terreni agrarj,e quanto la scienza oggidì esige, per- chè il sale comune riesca efficace in qualità di ammen- damento : nozioni non del tutto calcolate dal Dott. Ga- belli. Egli non si è espresso molto in favore della Scuo- la agraria di Padova: altri ne saranno giudici. Scien- ze, Autorità scientifiche e principj di umanità si col- legheranno peraltro nell' invocare una riduzione nel prezzo del sale comune. Voi, generosi e cortesi mai sempre verso quelli che qui leggono, generosi e cortesi verso di me altre volte, non lo sarete meno in questa circostanza. (1) Vedi Gazzetta uffiziale di Venezia t8S9, N."190.492. 202. ec. II. Berti Pichat, la Maison rustique, il Bollettino delle scienze agricole dicono come Plinio raccontasse l'uso che gli Assirj facevano da secoli del sale, cospergendo- ne il suolo intorno ai palmizj, ossia agli alberi delle palme ; così pure che i Chinesi ab antico con piccola dose di sale comune rendono i loro campi e giardini ubertosissimi. In Berti Pichat Ieggesi,cl}e con parziali esperimen- ti Io stesso Bacone, e di poi il Browurigg, il Waston, il Cartwright, il Davy, il Sinclair, il Jobnston, ilDaore, ed altri, riconfermarono l' utilità del sale comune per fertilizzare; mentre l'impiego dei residui delle sode, e di altri provenienti dalle salinaje, ne porge in In- ghilterra, in Francia, in Alemagna e Baviera continua conferma. L'esempio di florido successo in moderne risaje del Ravignano , il profitto che ritraesi sulle coste della Normandia e della Brettagna, ove impiegasi qua- le ingrasso la sabbia recata dal mare, e ne fanno am- pia fede le sperienze del generale Moncel in un teni- mento, dispensano da ulteriori argomentazioni. Secondo la Maison rustiqne, in qualche cantone del Litorale si semina contemporaneamente la saisola soda ed il frumento in terreni salsi che vanno soggetti alle inondazioni marine. Se sopragiungono delle pioggie, la vince il frumento ; altrimenti la saisola soda. Gli effetti del varech^ del goemon, e delle loro ceneri^ si spiegano pel sale che quelle masse contengono nel rapporto di — 77 — 4-2 per cento. In Provenza si spargeva del sale ai piedi dell'olivo, quando quello era esente d'imposta. Il giar- diniere Hill lava le spalliere d' alberi da frutto con sale; anzi nella dose di 2-4 oncia per un gallone, o per 244 polliciquadrati di aqua.I pomi si rendono più robusti e più feraci con piccola quantità di sale, che si sparge a qualche distanza intorno ai tronchi. Il giardiniere Beck di Curile lo impiegava per le piante bulbose, spargendolo sul seme nel quantitativo di 4 dan. per ogni piede quadr, ; e Hogg lo impiegava specialmente per li giacinti. Gli ortolani di Dieppe e di altri porti della Normandia vanno in cerca delle sala- moje di aringhe per ispargerle di continuo sui legu- mi, che si distinguono per bellezza, succosità e sapore. Vuole il sig. Gabelli una nuova coltivazione di aspara- gi? Il sig. Giulio Lachaume, architetto dei giardini a Westchester (America del Sud) , spediva a Strasburgo i seguenti dettagli in proposito. « Avendo veduto l'asparago crescere sulle rive del » mare allo stato selvaggio, sulla sabbia pura, coperta » da' 4 6 o 4 8 centimetri di alghe e giunchi, in un pae- » se ove d' inverno abbiamo da 4 8 a 20 gradi di fred- » do, e d'estate da 56 a 40° di caldo, ed arrivare ad » una splendida vegetazione, giacché i piedi misurava- » no in primavera da due a tre centimetri di diame- » tro,ho trapiantato questo asparago nel mio giardino; » ma affidato alla coltivazione ordinaria, questa pian- » ta vegetava e degenerava, a quanto me ne assicurai, » per difetto di aqua salsa. Cosi per rimediare a tale » inconveniente, piantando un quadrato intero col me- - 78 - t) todo francese, aggiunsi alla terra una quantità di sa- » le e di sabbia. Di più, il secondo anno aggiunsi al » terreno così preparato uno strato di sabbia da 5 a 5 » centimetri di altezza, con tre strati di sale: l'uno il » mese di Marzo, l'altro il mese di Luglio, il terzo in » Ottobre. »> 1) Questo sale proveniva in parte dalla salamoja, » avendo servito a salare i merluzzi e la carne. Con » questo processo ottenni continuamente i più belli » asparagi della Contea, che avevano un gusto deli- » cato, senza Gbre, e di una grossezza notevole. Non a mi restava altro che imitare il letto naturale con- )) dotto dal mare, i giunchi e le alghe. Scelsi la segatu- » ra di legno, assai preferibile alla paglia, che faceva » piegare gli asparagi, « È il N.° 42 del Mutuo Soccor- «0, Milano ^ 857, che comunica questa lettera ai pratici. Le marze da innesto , che si spediscono lontano, immerse nell'aqua salata, si conservano per molto tem- po ; e quando non si avesse usato questa precauzione, per avere ritratto partito da altre pratiche, per una im- mersione nell'aqua salata, esse gettano radici con mag- giore facilità. Il sale serve a distruggere i muschi. Nel Febrajo del 1 857 il signor C. Stocks spargeva ^00 funti di sale sopra 4 rute quadrate (!) di un pra- to infestato dalle code cavalline a segno che il lìeno non poteva essere somministrato alle vacche. L'esi- to superò l'aspettativa. Col primo taglio d'erba, ch'era (1) Il funto di Berlino corrisponde a chi!. 0,4677, e la ruta o pertica quadr. a metri quadr. 14,18. — 79 — rigogliosissimo , si trovavano sole A 0 code cavalline, ed il bestiame appetiva il foraggio. Al terminare del mese di Agosto le vacche fnrono sciolte al pascolo. Esse spianarono il prato, né vi si vedeva traccia di quella pianta malsana, anzi dannosa al bestiame. M. Era. Rousseau già se ne serviva contro le lu- mache, e nel Manuale del Coltivatore di Franchi, stam- pato nel \ 857, si publicò il seguente Articoletto : « Una » sera, in cui sia l'aria abbastanza impregnata d'umi- I) dita, per fare uscire le lumache e i lumaconi, getta- » te del sale sul terreno ; l' indomani voi troverete sul » suolo, sopra il quale avete gettato il sale, che di tut- » te le lumache e di tutti i lumaconi, che vi saranno » venuti, neppure uno ve ne sarà sfuggito : le lumache » parranno arrostite come da fuoco violento, ed i lu- » maconi saranno seccati in fondo alla loro conchi- » glia. » Lo impiegano contro l'altica degli ortaggi o pulce di terra. Certi millepiedi, che si svolgono dai letti caldi, si distruggono con un pugno di sale. La scienza non rimase colle mani alla cintola in argomento sì grave, e, secondo il medesimo Franchi, la grande fecondità che alle contrade propinque al ma- re deriva per le momentanee inondazioni fu senza du- bio quella che ha indotto gli agronomi a fare qualche sperimento con questo minerale. Sikler sino dal \ 79 1 btleneva risultati mirabili con- cimando con 7 a < 4 ettolitri di sale per ciascun ettaro rape coltivate in campi spossati. Cartwright nel 1804 raccoglieva prodotti straordinarj in pomi di terra unen- do al sale del sego. Effetti quasi estuali a quelli orzo. — 80 — Lecoq, dopo di avere allevato alcuni semi sul co- tone, immergendoli nell'aqua salata e nell'aqua sem- plice, dopo di avere sperimentato il sale sopra un me- tro quadrato di superficie coltivata a prato, e sopra un altro di superficie coperta d'avena, nel i 852 prese degli spazj di terreno ; li divise in 8 ari; sopra ciascu- no di essi, meno che sugli ultimi due, versò al finire di Aprile del sale in rapporti determinati, e vi seminò er- ba-spagna, orzo e frumento. Ari i.°Dose del sale lib. i. 1/2. Erba-spagna lib.87.Orzo 3o. Frumento „ i3i. „ 29 1/2. „ 102. „ 33. „ 62. ,, 35. 48. „ 48- 85. „ 28. >5 85. „ 3i. Si scorge dal quadro, che quanto all'erba medica si ebbe il massimo effetto con libre 5, o chil. \. \f2 ài sa- le; e quanto all'orzo e al frumento con libre 6,0 chil. 3. Secondo il medesimo Lecoq, la dose più produtti- va pe' i pomi di terra sarebbe pure di chil. 3 per cia- scun aro, da sotterrarsi al momento della rincalzatu- ra ; e pel lino di chil. 2. 30. L'effetto generale del sale, secondo lui, tenderebbe ad aumentare il sapore e la forza nutritiva tanto nei foraggi del bestiame, che nelle piante mangereccie de- stinate per l'uomo. Né Lecoq ha torto. In Inghilterra da certi pascoli posti su terre naturalmente salate si produce carne di castrato tanto ricercata, che Vendesi 2." •ti 3. 3." li 5. 4° 5' 6. 5.' ■'5 9- 6.° tt 12. 7-° •ì^ 00. 8." %i 00. — 84 - ad un terzo o a metà di più della comune. La Dalma- zia offre pur essa, sotto questo aspetto delle differenze considerevoli. E nelle piante leguminose si sviluppereb- bero notabilmente le foglie. A Kuhlmann i prati naturali diedero nel 4 845 (an- no piovoso) senza ingrasso, chil. 5608 di 1.** taglio, e chil. 2136 di guaime con 200 chil. di sale marino „ 6333 » » 257C con 200 chil. di sale marino, e 200 chil. di sa- le ammoniaco „ 8350 » >■> 2777 con 200 chil. di sale ammon. „ 7665 » j> 1723 Gli esperimenti fatti nel \ 846 (anno di siccità) gli diedero risultati analoghi, ma quantità inferiori. D'onde egli avrebbe dedotto : che il sale marino reca mai sem- pre utile ; che l'utilità sua è maggiore negli anni umi- di, massimamente se gli si aggiunga del sale ammonia- co ; ma migliore del sale marino riesce l' uso del sale ammoniaco. Secondo Girardin, Fauchete Dubreuil (4 846) 360- 400 chil. di sale per ciascun ettaro darebbero la mag- giore quantità di frumento, 400 la maggiore quantità di grano, e 400-SOO chil. la massima quantità di paglia e di grano. Esperimenti col sale furono fatti in Prussia nel \ 855 in 47 stazioni. Lo si applicò a terreni di varia compo- 6 — 82 - sizione e a diverse piante. Ecco i risultati, clie però riman- gono, e lo dissero altri, di poco valore per non avere sotto- messo il terreno ad un'analisi chimica. Senza sale Sale impie- Differenza nel raccolto Piante coltivate. Raccolto per jugero (1) gato per ju- gero in più in meno grani paglia furiti grani pa- glia fanti grani pa- glia funti fanti funii furiti funti Orzo 1528 2920 60 88 560 _ » 224 848 60 28 64 , » 1320 2584 72 88 196 » H04 1260 60 , „_ 92 75 Avena ....... 507 1362 60 30 54 __ » 1120 3616 60 60 616 . Frumento marz. . 428 1448 60 _^_ 184 22 , Segala » . 173 249 70 74 22 . Saraceno S34 1523 60 108 72 1 » 150 616 60 6 40 , » 744 1556 72 _ 212 60 Piselli 456 1884 72 8 204 116 1044 60 , . 152 24 Vezzone 132 1266 60 15 60 . Ravi2zo marz. . . 592 2080 72 24 168 ,^_ Camellina. • : . . 120 740 60 12 64 — — Fieno di prati alti quintali 60 quintali 16 1/2 2 1/2 (1) Il jugero pruss. corrisponde ad ettari 0,5520. La noja della ri- duzione di misure mi fu tolta dall'ottimo Dott. Piccoli, Assistente alle Cattedre di Agraria e di Storia naturale generale, giovane distinto per capacità, e che mi vanto di avere ad amico. Professori ed Assistenti fossero sempre uniti da sentimenti simili a quelli che formano il no- stro vincolo ! 83 III. Per le pratiche in uso da secoli e secoli, per gii esperimenti fatti da uomini di vaglia , qual è l' opinio- ne della scienza sul sale , e quale il modo con cui il sale agisce? Siamo qui d'accordo inlierauienle colla opinione e colle teorie di Gabelli? • Thaer, il padre dell'agricoltura ragionata, ebbe a scrivere: « I saggi fatti col sale comune sopra picco- le estensioni diedero i seguenti risultati. Quando lo si applica al suolo in quantità troppo grande, la vegeta- zione ne è interamente trattenuta ; ma allorquando il sale è stato lavato dalle pioggie, e forse in parte de- composto dall'humus, dà in tutti i seguenti anni mol- ta forza alla vegetazione. Quando se ne sparge una piccola quantità sopra un terreno ricco , produce un effetto sensibilissimo, ma di corta durata. Al contrario quest' effetto è assolutamente nullo quando questa pic- cola quantità di sale è stata sparsa sopra un terreno spossato. » Secondo Cuppari, non tutti gli agricoltori consen- tono nella efficacia e nella utilità del sale da cucina ; sicché da una parte il suo prezzo, e dall' altra la man- canza di regole pratiche ben definite per farne uso. Io trattengono dal ragionarne più lungamente. Secon- do Pareto, l' impiego del sale marino è talmente con- testato, e le sperienze sono così poco d'accordo fra loro, che non possiamo consigliarlo prima che siansi ottenuti dei dati più certi. Secondo Pasi, non bastano - 84 — concimi organici, ma si richiedono concimi minerali: alcuni, perchè sono veri elementi delle piante ; altri , perchè od esercitano un'azione favorevole alla vegeta- zione, o sono veicoli di assimilabilità o di assimilazio- ne. Fra i primi figura il sale comune, purché adopera- to con cautela. Secondo Pabst, ella è cosa certa che per la presenza di un po' di sale nel suolo, ove non vi sia difetto di altri alimenti per le piante, queste riesco- no più forti, più nutritive, più accette al bestiame, e di maggiore effetto. Il sale conserva umido il terreno; ed anche la brina, per la concimazione col sale, non reca danni rilevanti. Secondo Schròder, il cloro del sale marino attira l'ammoniaca, e la fissa, formando mudato di ammoniaca. Boussingault dichiara : « Ninno potrebbe dubitare che i sali a base di potassa e di soda non sieno favorevoli alla vegetazione. Però sembra che i sali di soda e di potassa non debbano entrare se non in debolissima proporzione nel suolo. » Può essere ac- caduto, secondo Boussingault, che Lecoq abbia opera- to sopra un suolo manchevole di principj salini : in tal caso si comprenderebbe facilmente l'effetto favorevole del sale comune introdotto. Nelle parole di Boussingault, riferibili al sig. Le- coq, colle quali il primo attribuisce a questo distinto agronomo quasi a colpa di non avere analizzato il suo- lo prima di passare agli esperimenti, colpa che a Le- coq rinfaccia anche Gasparin, il sig. Dottore Gabelli avrebbe dovuto scorgere cora' era necessario regolarsi nel 4 859 nelle sperienze , una volta che , stando alle sue stesse asserzioni, tutti gli agricoltori od agronomi — 85 — devono offrire all'altare della diva Agricoltura in olocau- sto la loro opera. Per tal modo avrebbe prevenuto il rimprovero a sé medesimo di non aver fatto calcolo dei lavori altrui per giungere a conclusioni più stringenti, più ragiona- te, più utili. Al giorno d'oggi nel 1859 non v'ha gio- vine studioso che abbandoni il piccolo Orto agrario di Padova, ridotto a sole 1 9 pertiche censuarie, senza sa- pere quanto Isidoro Pierre scrisse rapporto al sale marino. Il riassunto della sua lunga, ma importante discussione si lascia ancora riassumere nel modo se- guente; e questo riassunto accenna alla strada che si deve battere in istudj di questa natura, volendo però riuscirvi. 4 ." L'analisi chimica ha dimostrato nei vegetabili la presenza degli elementi del sale marino ; ma la quan- tità ch'essi contengono è poco considerevole relativa- mente alla dose di sale che si raccomanda come in- grasso. Si appoggia qui sulle analisi coscienziose fatte dall' illustre Boussingault. Per citare qualche esempio : i pomi di terra contengono 2 chil. 7 di cloro in 100 di ceneri. le barbabietole cannpestri 5 „ 2 „ il trifoglio - 2 „ 6 „ i fagiuoli 0 „ 1 5, le fave 0 „ 7 „ i grani d'avena 0 „ 5 » la paglia » 4 „ 7 „ 2° La quantità di sale contenuta nelle piante può aumentare ammendando il terreno con questa sostan- — 86 - za. Ciò è dimostrato dalle analisi di Braconnot e di Becquerel fatte sopra frumento ed orzo cresciuti in terre non salate ed in terre salate. 5.°I buoni effetti del sale, ammessi dagli uni, ne- gati dagli altri, non sono fissati ancora in modo incon- testabile ; si esigono nuovi esperimenti. — A tale asser- zione da un lato lo conducono i vantaggi che danno le saline in alcuni luoghi ; la fecondità dei potders nei Paesi-Bassi conquistati sul mare; l'efficacia delle pian- te marine e delle salaraoje, applicate come ingrasso in Francia; la fertilità dell'isola diFoulness, attribuita da Young alla sua sommersione, sarà un secolo, nel mare ; l'utile che, secondo il medesimo apologista del- l'agricoltura italiana, ricavavano in frumento i fermieri di Sandrinhams spargendo sul suolo 6^ 4 chil. di sale per ciascun ettaro ; le sperienze già ricordate di Lecoq, fatte nel A 832 ; quelle di Girardin, Fouchet e Dubreuil, intraprese nel A 846 ; di Kuhlmann nei \ 845-46. Dal- l'altro lato gli inculcano moderazione nell'ammettere come buono quanto taluni vorrebbero diffondere sen- za restrizione le sperienze infelici di Dombasle, di Bra- connot, di Daurier, quelle della Società d' agricoltura della Sarthe (1 81 9 e 4 850), le sue fatte con Lucet (\ 849). Nulla ostante, secondo Pierre, (e si conforti il Gabelli) le dissidenze potrebbero provenire da una questione mal fondata. Converrebbe riflettere che il suolo con- tiene talvolta del sale in quantità sufficiente ; che con una concimazione abbondante in letame al suolo si ap- presta sale pure in sufficienza ; che le aque delle pioggie cedono anch'esse del sale comune in quantità discreta - 87 - al terreno. Abusando quindi nel sale, non si può vede- re alcun effetto in piìi, come non Io si scorge nemme- no col gesso in terreni eccessivamente calcari. Con un eccesso di sale comune si ritarda la germinazione dei grani, e Io si vide co' semi di lojessa e di senape; con un eccesso di sale si uccidono persino gli embrioni di semi ; e Io si sperimentò nel vezzone. 4° Ma quando il sale non nuoce , giova esso in qualità di semplice eccitante , come lo vorrebbero le sperienze di Becquerel fatte sul riso, che vegetava con rigoglio, raggiungendo una maturità anticipata di ^5 giorni, se lo si trattava con sale prima della germina- zione, mentre cestiva e moriva trattato con esso dopo la germogliazione ? 0 sarebbe vera la opinione di Lecoq (nonché quella del celebre Gasparin), che cioè il sale marino stimolerebbe le piante, perchè avessero ad as- sorbire con maggiore avidità l'acido carbonico, del che dubito ? Oppure la sua azione si limiterebbe a fornire ai vegetabili una quantità determinata di soda in luogo della potassa, che sembra necessaria allo sviluppo del- le piante terrestri? Ed allora il sale, che è cloruro di sodio, si convertirebbe forse, a contatto col earbo- nato di calce esistente nel suolo, in carbonato di so- da, o passerebbe esso nelle piante allo stato natu- rale? Tali quesiti, dice Pierre, non sono ancora com- piutamente sciolti. Nulla ostante rimane certo che la azione del sale è nulla o di danno negli anni di siccità ed in terreni asciutti ; favorevole in stagione umida ed in terreni pur umidi ; utile ai terreni che ne sono privi. - 88 — Queste parole trovano conferma in quelle degl' il- lustri Girardin, Malaguti, Gasparin, e Berti Pichat. Secondo Berti Pichat, l'azione efficace del sale sui terreni dipende dalla dose, potendo ritenersi per rego- la generale, che, dove l'economia il consentisse, l'im- piego del sale sui terreni che non ne contengono pro- durrebbe effetti vantaggiosi ; nocivi, per lo contrario, dov' essi ne contengono a sufficienza. Secondo Gaspa- rin : « Quando la dose del sale nel suolo oltrepassa il » 0. 02, esso è improprio alla coltivazione, e mette sol- » tanto piante speciali, cioè la salicornia, l' atriplice, il » tamarisco , la soda , l' inula crithmoides ; ed anche » queste cessano di vivere, se la dose aumenta a 0. 05. » Ma quando i terreni non ne contengono oltre 0. 02, » essi sono eccellenti per le erbe , e fertilissimi in fru- » mento. » Malaguti insegnava nel -1848: « Se una diminuzio- » ne di prezzo rendesse l' impiego del sale marino pra- n ticabile in agricoltura , si dovrebbe aspettare da un » lato eccellenti risultati; ma d'altro lato corrucci ed » inganni, e ciò tutte le volte che si trascurassero gli » insegnamenti di una buona teoria. Da un impiego » moderato si possono trarre vantaggi incontrasta- » bili, che sarebbero da ascriversi alla possibilità in » cui il cloruro di sodio si troverebbe di convertirsi , » per certe condizioni di umidità, di capillarità e di » ariosità del suolo, nonché per la presenza in esso del » carbonato di calce , in carbonato di soda , sostanza » cara ai vegetabili. Ma se il terreno contenesse già del » sale, se mancassero le condizioni per la sua trasfor- -89 — » mazione in carbonato di soda , egli è certo che in- » troducendo in questo terreno la stessa quantità di » sale che avrebbe riuscito altrove, si rischierebbe for- » te di portar danno alla vegetazione. » Qualche anno dopo l'insigne Malaguti confermò an- cora lo stesso , premettendovi però questa volta, che il sale, come dissero Pierre ed altri , può entrare di- rettamente nelle piante, e che quindi egli arriva ad es- sere un eccellente emendamento per una terra che ne contenga poco o niente , e quando le ulteriori circo- stanze sieno tali , eh' esse non si oppongano alla sua azione. Ma il sale , e sempre secondo Malaguti, è un coltello a due tagli ; è un agente che , dato con ecces- so, può divenire un veleno ; è un ingrasso che dev' es- sere impiegato con maggiore prudenza e sagacia di qualsiasi altro. Girardin ripete quasi lo stesso, consigliando, per le ragioni testé ricordate, di non somministrare il sale ai terreni argillosi, né a quelli in cui abbondasse il sale. Calcolando i fatti suesposti , ci disse nulla di nuo- vo il Gabelli? Calcolando bene le asserzioni di differen- ti Chimici, si dovrà avvilire la Chimica, come vorreb- be il Gabelli, quasiché l' applicazione delle scienze alla coltivazione avesse ad essere un'utopia rovinosa? La fisiologia vegetabile non è trattata o maneggiata me- glio dal chimico Malaguti, che dall'agronomo Gabelli ? E sì io ritengo che Malaguti per insegnare la sua Chi- mica agricola non aveva a sua disposizione 520 perti- che censuarie; che Berti Pichat, quantunque dirigesse dai 300 ai 600 ettari , era ed è utile alla società seri- -90 — vendo cose nuove , appoggiate al criterio, dentro una stanza ; che Pietro Arduini con 55 pertiche censuarie, compresivi i fabricati, consegnò alle stampe Memorie diverse di molto valore, le quali si riferiscono a pian- te utili alla tintura, all'economia, all'agricoltura; così pure alcune riferibili alla propagazione e coltivazione del gelso, al modo di preparare la semenza per preser- vare il frumento dal carbone, alla coltivazione del ra- vizzone, della pimpinella, dell'asparago di Faraone, alle proprietà ed usi dei logli. Con 55 pertiche censuarie soltanto lo stesso Ar- duini poteva insegnare la coltivazione della salsola so- da, occuparsi intorno ai modi di perfezionare l'agricol- tura negli Stati della Repablica veneta relativamente all'accrescimento del bestiame, rispondere a lettere che gli si scrivevano circa materie economiche. Con 55 pertiche censuarie soltanto egli lasciava a questa Aca- demia una Memoria intorno ai modi e ai mezzi gene- rali di migliorare l'agricoltura, e sei Trattatelli impor- tanti di argomento economico-agrario , giacché in essi parla dei frumenti e delle segale, dei bromi, e di piante leguminose da foraggio , di piante tigliose , e di quelle atte alla panizzazione in tempi di carestia. Luigi il figlio , se non fosse altro , e lo sappiano finalmente certi spregiatori di quanto è opera italia- na , si meritò un nome giammai perituro colla estra- zione dello zucchero di canna dal sorgo di Cafreria (i). (i) Lo conferma l'erezione d'uno Stabilimento a quell'epoca in Padova per l'estrazione «lello zucchero, a merito, come fu — 91 — Luigi Arduini per soprapiù scrisse diverse Memorie pregiatissime. Contuttociò riterrebbe il Gabelli che da- gli Arduini non abbiano appreso nulla i giovani che pel corso di oltre 60 anni frequentarono le loro lezio- scritto, di sessanta Notabili del Regno d' allora, calcolatori va- lenti in fatto d'economia politica, e zelanti promotori dell' italia- na ricchezza, riunitisi in una Società presieduta dal Cav. Barone Onesti. Lo conferma la coltivazione estesa che dell'eleo di Cafre- ria si faceva. Lo conferma l'elogio che ad Arduini tessevano S. A- il Viceré e S. E. il Minislro dell' Interno di quell'epoca, Marsand, Filippo Re, Mazzucato, ed altri. Lo conferma finalmente la bella Iscrizione (1) dettata in latino dal Prof. SograG, e tradotta dal (1) LUIGI • ARDUINO P . P . DI . AGRARIA CARO . PIÙ . CHE . ALTRI . ALl' KUGANKA . CERBRK IL . QUALE . INSPIRATO . DALLA . PATAVINA . MINERVA SEGUENDO . LE . LUMINOSE . VESTIGIA DELL^ OTTIMO . PADRE PRIMO . DI . TUTTI . E . SOLO CON . FORZA . d'ingegno . VERACEMENTE . ITALIANO DALLE . SEGRETISSIME . LATEBRE . DELLA . NATURA TENTANDO . LA . PROPRIETÀ . DELl' OLCO . CAFRO UN . NOBILISSIMO . ZUCCHERO prodigiosamente n' espresse AKTONIO . SOGRAFI dell'antica . AMICIZIA . CULTORE AMMIRATORE . DELLA . NUOVA . SCOPERTA QUESTO . MONUMENTO FOSE ANNO . MDCCCKI -92 — ni, e gli agricoltori che durante quel tempo lavorarono e videro l'Orto meschino di ^1 4 campi padovani , o di circa 55 pertiche censuarie? Dissi tutto ciò, perchè se i maestri fecero e fanno talvolta del bene «vendo pochi mezzi, certi allievi non solo fanno altrelanto con mez- zi maggiori, possedendo od amministrando delle per- tiche a milliaja. Stupirei quasi del perchè il sig. Gabelli non desideri in ciascun villaggio 520 pertiche a dispo- sizione di chi volesse dedicarsi all'agricoltura. Vi fu chi dall' Istituto Veneto proponeva l' insegnamento agrario in ciascun Ginnasio , e forse anche con pertiche 520. Perchè non consigliare una pertica censuaria almeno per ciascun collegio di ragazze? A questi signori sfug- giva di mente senza dubio il passo di Pascal: Cest sor- tir de l'humanité, que de sortir du milieu. La grandeur de l'àme liumaine consiste à savoir s'y lenir. Barbieri. Luigi Arduini ebbe la sventura di fare la scoperta in patria, e di estrarre lo zucchero dal sorgo di Cafreria. Del sorgo zuccherino si aveano pochi saggi; nondimeno la pianta era sta- ta descritta e battezzata col nome di Sorgkum nigrum in Padova, nell'Orto agrario di sole 55 pertiche censuarie, da suo padre Pietro Arduini. Se il sig. Montigny, Console francese a Shangai, fece molto col diffondere il sorgo zuccherino in Europa e in Africa; se Sicard di Marsiglia si rese benemerito esponendo zuc- chero e melassa e vino ed alcool ed aquavita ed aceto e sidro, estratto il tutto dal sorgo zuccherino, quanto più non se ne rese Luigi, che dava gli stessi risultati trent'enni prima ! Ora dal sor- go si hanno materie coloranti; ma non se le avrebbe procurate anche lo stesso Luigi Arduini, il quale dal Solanum Quinaeae sa- peva estrarre molti colori, come si può ancora vedere dalla collezione di sete tinte esistenti presso l'Orto agrario? — 93 — Non è ch'io non vegga l' inconvenienza di uno Sta- bilimento agrario ridotto a minimi termini in anni, nei quali l'agricoltura occupa quasi il primato presso tutte le nazioni civili : inconvenienza somma, rifletten- do che le Provincie venete, le quali probabilmente più delle altre erano una volta maestre in quanto si riferi- sce a questo ramo vastissimo dello scibile, ora non pos- sono vantarsi nemmeno d' un tratto di terreno desti- nato alla istruzione, da cui si abbia co' fatti a confer- mare le proposte della scienza e di pratiche in uso presso popoli che oggidì ci precedono ; riflettendo che il popolo si diletta forse all' aspetto di fiori, ma gli sta più a cuore il pane; riflettendo che per una istruzione agraria pratica più estesa si tolgono germi di molte malatie nella popolazione campestre ; riflettendo che ai possidenti riuscirebbero meno pesanti le imposte, una volta che il Governo li illuminasse in argomento di agricoltura. Chi v'ha al giorno d'oggi, il quale, per tac- ciare di menzogna o di calunnia Biirger, secondo cui l'agricoltura dell'Italia è lasciata in mano della classe •piii povera ed ignorante, non dandosi i proprietarj fa- cenda alcuna, non convenga pienamente nell'idea di Desiderio Niel : L'agricoltura da penna, l' insegnamento professionale alla classe la più colta, alla minorità dei grandi proprietarj , ai conduttori o possessori di proprie- tà medie ^ ma alla gran massa dei coltivatori l' esempio ed il tornaconto ? Non accordando un podere-modello, si darebbe adito a supporre che si vogliano coprire i molti errori incorsi nelle stime dei fondi fatte pe' i ca- tasti o pel censimento, a danno ora del Governo , ora — 94- delle parti. Feci anch'io dei passi già da molto tempo per un podere-modello, lo rendo qui grazie a quelli che o mi furono guide e consiglieri, od approvarono in ogni punto il mio operato. I progetti però della Banca ter- ritoriale, fatti da Lavergne, giravano il mondo dall'an- no 1848 al A8ÓT. La stessa sorte toccherà forse alla mia proposta. Pertanto sino ad ulteriori cangiamenti ra' è imposto di difendere quanto di rispettabile appar- tiene all'Università. Così 55 pertiche censuarie non fu- rono, né 4 9 pertiche censuarie sono inutili ; e lo sa- rebbero ancor meno, se si obbligasse di prendere parte alla istruzione agraria quel Clero, che in campagna con un piccolo orticello, vicino alla propria abitazione, po- trebbe diffondere in proposito pratiche utilissime. Per tornare al sale, il signor Gabelli, appoggiato ai ricordali lavori, e ad un'analisi chimica semplicissima ed indispensabile del terreno agrario , avrebbe potuto trovare del buono e del cattivo nelle parole di Engel- hardt: poca quantità di sale determina un aumento di fertilità^ molto sale riesce di danno alla produzione ; ed in quelle di Bodin : spargere al giorno d' oggi del sale sul suolo equivarrebbe a volervi seminare dell'oro; men- tre se per una fortunata diminuzione del suo prezzo non^ si potesse realmente che seminare del sale, si raccoglie^ rebbe dell'oro. Gabelli, appoggiato ai suaccennati lavori, e ad una analisi chimica semplicissima ed indispensabile, chec- ché egli ne dica , del terreno agrario , avrebbe potuto giustificare l'opportunità del sale in certi terreni, l'utili- tà in altri, la differenza nella dose che se ne prescrive, - 95 — nonché quella sul modo d' impiegarlo. Anzi quanto a dosi, oltre alle ricordate, Sprengel impiegava 440 e 4 70 funti per ciascun jugero; secondo Pierre, essa va- rierebbe fra i 230 e 2000 chi!.; l' inglese Patullo dareb- be 4 a 5 quint. ; franchi 250-300 chil. per ogni ettaro, avvertendo che si deve spanderlo tosto prima di semi- nare, e dopo il seminamento erpifcare, ossia sparger- lo , come si fa del gesso , sulle piante ; che conviene aspettare un tempo umido , giacché in tempo che si mantenga secco fa piuttosto danno che beneficio. Quin- di consiglia d'impiegarlo in autunno, od al principio della primavera, e di non dovere adoperarlo sui prati di fondo acido, a meno che si spanda in autunno: gene- ralmente poi una mescolanza di sale con cenere è di grande profitto ai prati , ed il letame venga ad inter- valli in ajuto del sale. Anche Pabst la pensa così. E quanto al modo: chi lo mescola colla paglia e colle egestioni ancora dentro la stalla ; chi col letame sul letamajo , ed in natura od in soluzione inaffiandolo, anzi in Inghilterra nel rapporto di 1 : 40 ; chi con qual- che composta; chi con terra, come nell'isola di Mann, ove a 20 carra di terra si uniscono 14 ettolitri di sa- le, per ispargere il tutto sui prati. Girardin, pel già detto a pag. 20, vuole, nel caso che i terreni mancasse- ro di calce, o non fossero stali sottomessi al raarnag- gio, si unisca al sale il doppio in peso di calce, di gesso o di marna calcare, e s'inumidisca il miscuglio; indi Io si copra con terra , lo si lasci 3-4 mesi all'ombra , e si guardi che la massa non dissecchi. II tutto si spargerà in primavera sui campi nel rapporto di 5 quint. per ogni — 96- ettaro. Ora, non saranno soggette a variazione le dosi del Gabelli, che ascenderebbero a chil. 530 di sale per ciascun ettaro sui prati, e a chil. pure 550 per ogni ettaro sul granone, e si potranno aggiungere sempre al letame chil. 4 4.6 per ciascun carro, com' egli ritie- ne , senza consultare il terreno cui lo si deve dare, la pianta per cui è destinato, il letame cui devesi unire? Suppongo di sì , giacché in Agraria , come nelle Mate- matiche, al giorno d'oggi ci vogliono alcuni coefficien- ti , ì quali devono variare a seconda delle varie cir- costanze — Questa supposizione trova appoggio non solo nei due estremi di chil. 250 e 2000 per ogni et- taro datici da Pierre, ma anco nell'enunciato di Ga- sparin. Ammesso vero che il suolo, secondo Gasparin, possa contenere 0. 02 di sale per 4 00, un ettaro di ter- reno coltivabile, in cui esso mancasse del tutto, e che avesse il peso specifico di 2.5, come quello dell'Orto agrario , lavorato alla profondità di 50 centimetri , ne richiederebbe chil. 4 580. Lavorando a maggiore pro- fondità, come p. e. a quella di un metro, ed in un ter- reno, il cui peso specifico ascendesse a 2. 59, a 2. 79, od a 2.82, aumenterebbe la quantità di sale da som- ministrarsi. Il terreno può contenerne , ed il calcolo, premessa un'analisi chimica (I), direbbe quanto fosse da aggiungersi. Guai poi se io mi fossi ingannato, e che dovesse ammettersi esatta l'interpretazione data dal- l'illustre Pareto a pagina 227 della sua pregiatissima Opera, Irrigazione e Bonificazione dei terreni, stampata (1) Vedi qualsiasi Trattato di Chimica elementare. — 97 — in Milano nel 4 855 , all' enunciato di Gasparin , pren- dendo 2 per \ 00, invece di 0. 02 per 4 00! Ciò non può essere. L'aqua marina contiene, secondo Regnault, ap- pena 2.7 per 4 00 di cloruro di sodio. È un errore di tipografia sfuggito al signor Pareto , od al suo distinto traduttore. Nel caso suesposto ci vorrebbero niente al- tro che chil. 458000 di sale per ciascun ettaro. k 98 - IV. Sarà stata dunque inutile la fatica dell' illustre Ga- belli? Tutt' altro! Il sale ha giovato anche a lui. Ecco appagati in parte i desiderj dell' illustre Pierre, il qua- le non poteva terminare meglio la sua lezione sopra questo argomento, che prevenepdo il volo del Gabelli coll'unirsi a quello del sig. Daurier, perchè ir suo Go- verno affidasse ad una o a diverse Commissioni d'uo- mini illuminati, coscienziosi, scelti fra i partigiani e fra gli avversar] del sale, la missione di fare molte e varie sperienze. Uno di più ne ha confermato l'utilità. S' insista presso il colono , perchè lo impieghi nel- la coltivazione delle terre in date circostanze . Si sup- plichi il Governo, perchè lo ceda a prezzo più mite , e no renda più facile 1' acquisto. E come indurre il Go- verno a tanto? Col dirgli: Il sale entra nelC organismo dei grandi e dei tapini. La quantità di sale contenuta nel sangue umano ascende a 50 oppure a 60 centesimi del totale delle sue ceneri, ed in 4 000 parti di sangue Schmidt ne avrebbe trovato 5,06. Il muscolo pettorale d'una donna di 56 anni ne avrebbe dato a Bibra 4-9, e quello d'un uomo di 59 anni 2. 8 in 1000. Bibra nei nervi ne avrebbe riscontrato 2. 45. Il corpo vitreo ne contiene da 4.80 a 7.75; le cartilagini delle coste ^.^7. Sale esiste nel cervello, nel fegato , nella bile , nei muchi delle narici, delle vie aeree e della bocca, nel sudore, nelle orine, nelle feci. È bisogno quindi, reale quello — 99- che spinge il ricco nelle vicinanze di Akra sulle coste d'Oro a cedere uno o due schiavi per un pugno di sale. Era bisogno non meno urgente quella brama che di sale sentiva Mungo Parck ne' suoi viaggi , quando per molto tempo trovavasi soggetto ad un regime vegeta- bile. Offra ora pure il ricco possidente al povero con- tadino o farina di sorgo-turco , o pomi di terra , e gli neghi pochi grani di sale per condirsi quella razione che a guisa di zavorra lo dovrà sostenere in piedi; non perciò natura seconderà l'avaro nelle sue mire, od abbandonerà il contadino. Scarseggieranno, è vero, in questi tutte le escrezioni e secrezioni di sale ; ma il sangue ne conserverà sempre una data quantità. È per tal mezzo che natura, secondo Lehmann e Liebig, pro- vede alla soluzione delle sostanze alburainoidi iiel ven- tricolo, il cui rauco ne contiene 1.46 in 4 000. — La trasformazione dell' amido in zucchero , quella dello zucchero negli altri suoi derivati sarebbe pure opera del sale. La costanza poi della quantità di sale che con- tiene il nostro sangue in qualsiasi evento , per quanto infelice sia il cibo, oltreché misura provida pel già detto, è anche potenza che influisce sull'assorbimento, giacché, al dire di Liebig, pel sale esistente nel sangue i vasi agiscono a guisa di trombe aspiranti, senza chia- vetta o valvola, senza pressione meccanica , senza ca- nali particolari, per lo scolo dei liquidi. Ma si abbondi nell'uso del sale, nò lo si accordi al solo soldato , perchè , qual mezzo di distruzione , lo si vuole forte e pieno di coraggio, per cederlo più tardi in pasto ai cannoni in questi anni di progresso, nei quali — 100 — sì grande è la carità per gli animali, che un lieve loro maltrattamento ci espone a carceri e a multe. Allora nel sale mediatore di alcune funzioni generali, fattore importante in più d'una reazione dell'economia anima- le , fautore della formazione delle cellule , impedendo forse loro di organizzarsi in tessuto , avremo un mez- zo che neutralizzerà le condizioni non favorevoli a^la produzione della carne, con cui si resisterà ai pertur- bamenti portati da cause esterne , s' influirà sullo svi- luppo del sistema muscolare e del grasso, sull'aspetto, sulla vivacità. Per l'uso del sale si diminuiranno tante spese necessarie per la erezione e manutenzione degli Ospedali e di altri pii Stabilimenti , come lo afferme- rebbe r asserzione del Dott. Salve. Secondo luì , il sa- le marino aumenta la fecondità dei maschi e delle fe- mine, duplicando la fonte di nutrizione del feto; anzi il sale ricevuto durante l' allattamento della madre rende il latte più copioso e più nutriente, ed il lattan- te più robusto. Senonchè il sale dev'essere somministrato cogli alimenti, od in natura. Gli alimenti sono vegetabili ed animali. Le piante e gli animali alla fin fine ripetono il sale dal terreno, ed il terreno deve contenerne. Se il terreno ne difettasse, si l'animale che l'uomo dovran- no aumentare la dose del sale in natura. Ora il sale in natura per l'uomo è a prezzo troppo alto ; quello nero pel bestiame è pur caro , né lo si può ovunque avere. Facilitazioni vengano accordate sotto questi aspetti, e si preverranno, lo ripeto, malanni nelle case dei conta- dini, nerbo dello Stato e della società, casta purtroppo -101 — maltrattata; malanni fra i poveri delle città, e forse i casi d'imbecillità nei ricchi e nei nobili sarebbero pili rari. Che se per qualche fatalità fossero anche er- rati i calcoli dal Gabelli fatti sopra 350 metri di super- ficie con libre metriche \ i di sale, ed i suoi castelli di 4 000000 e 4 000000 andassero in aria, non avvilia- moci. Diamo di piglio ad altri argomenti. A noi non ispetta dire con Buffon : L' imposta sul sale è delitto che annichila uno dei beneficj della naturai Ripetere con Colbert: I diritti sul sale devono essere di- minuiti, perchè esso è una derrata necessaria alla vita, sarebbe poco. Fu moderato anche Demesmay quando diceva che la gabella sul sale interessa un oggetto ne- cessario alla salute e alla esistenza del popolo ; ha per effetto d'imporre a questi una privazione notevole e fatale. Esagerata questa gabella , essa è un ostacolo manifesto allo sviluppo della produzione agricola, ed ostruisce in certa guisa la sorgente più ricca della pro- sperità. Uniamoci quindi all'illustre Professore d'Agra- ria di Gratz, al Dott. e Consigliere Francesco Hlubeck. Egli in occasione del 50." anno dalla fondazione della Società Agraria di Vienna, con un uditorio senza du- bio ragguardevole, li -14 Maggio 4 857 tenne un Discor- so relativo ai bisogni dell'agricoltura in Austria; ed ove si trattò d'instare per un abbassamento del prezzo del sale destinato all' allevamento del bestiame, ragio- nò così, dopo di avere parlato dei pregi di questo mi- nerale: « Chiediamo al benefico Creatore di quanto » esiste, perchè abbia depositato tanto sale nel seno » della Terra che ci destinò ad abitazione? La Sapienza — 102 - » delle sue opere ci risponderà: Affinchè la mia crea- » zione sia conservata ; affinchè l'uomo, pietra finale del » mio FIAT, possa pia facilmente nutrirsi nel sudore » della sua froìite , abbia maggiori agi, e migliori la •) sua sorte. I bisogni al pari della boria generano tor- 1) bidi. Chiediamo invece all'uomo di Stato, perchè, a » disi3etto della Sapienza della Creazione, e a dispetto » delle convinzioni del genere umano, abbia reso così » preziosa una roccia tanto diffusa e così facilmente «solubile, ed otterremo in risposta: Tal roccia soddis- » fa ad uno dei bisogni più vivi. Ricco e povero ne » hanno d'uopo. La paghino l'uno e l'altro. Questi so- » no i motivi, per cui si otturano le sorgenti saline, Il o si fanno custodire quelle che resistono alla forza » dei cunei. Senza un tributo l'animale, che di sale va » in traccia, non deve appagare il suo istinto, nò col » sale l'uomo deve troppo condire il suo cibo. " Noi le ripetiamo queste parole, perchè non si trat- ta soltanto del sale, tanto necessario al bestiame nello scopo d'impedire epizoozie, ma del sale di cui abbiso- gna il terreno a vantaggio della vegetazione, e l'uomo a vantaggio proprio. Vi aggiungiamo anzi ancora quel- le dell'illustre Liebig: La piti odiosa , la pia insensata fra tutte le imposte è quella del sale. E Schròdcr non ebbe riguardo alcuno di scrivere: L'imposta sul sale è fra tutte le imposte la pia schifosa, la più, innaturale. Non si tratterebbe che di seguire l'esempio di altre Potenze. Così l' Inghilterra, appoggiata alle sperienze di Cartwright, cede il sale per la coltivazione a basso prezzo, e, se non erro, l' imposta è abolita sino dal ^ 824 i — 103 - la Baviera fino dal <804 lo cede, allo stesso scopo, pei" un prezzo vilissirao-, nell'Annover dal 7 Giugno ^830 il sale industriale ed agricolo è totalmente esente da tassa; in Francia dal 26 Febrajo 1846 si paga il sale generalmente con \0 centesimi al chilogrammo, inve- ce che con 50 ; in Russia se ne vende anche a 2 fran- chi e 92 centesimi il quintale ; in Isvezia ed in Norve- gia si cede a 5 franchi e 70 centesimi; in Portogallo dai 5 ai 6 franchi ; a Napoli la imposta sul sale con- sumato dalle classi ricche è elevata, quella sul sale ne- cessario alle classi povere ed airagricoltura è o tolta del tutto, o vile. Nel Veneto invece, bagnato dalle aque salse dell'Adriatico, il sale raffinato costa franchi 50 per ogni quintale; il sale marino, o comune, franchi 37 e centesimi oO ; il sale nero pel bestiame franchi \2, ed anche 43. Quest'ultimo poi si vende in pochi cen- tri: chi lo vuole dee portarsi qua o là, avere mille bri- ghe per l'acquisto, e poi pagare le spese di trasporto. Abbassando il prezzo, si aumenta il consumo. For- te sarebbe qui la obbiezione dell' illustre Tegaborsky, appoggiata sopra calcoli del marchese Andriffet , che la riduzione di questa gabella non ha alcuna influenza sul consumo, e che per essa il fisco perderebbe di più, che non ne guadagnerebbe il paese. È grave pure l'asser- zione di Gay-Lussac, che la imposta sul sale è la mi- gliore, giacché buona fra le imposte è quella che non si mostra giammai in faccia, che s'interna o s' infiltra inav- vertita nella massa delle popolazioni, che è meglio as- sortita, e che ritorna al Tesoro senza tradurre al pu- blico incanto i mobili di un consumatore poco agiato. - 104 — Diremo prima di tutto : Il sale comune è una mi- niera inesauribile. Dopo l'aria e dopo l'aqua è la so- stanza più diffusa in natura ; meriterebbe il nome di ricchezza non appropriata, giacché il Creatore colla quantità immensa, in cui ce lo diede, volle accennare al bisogno che di esso si ha, all'uso che se ne deve fa- re. Piuttosto che gettare di bel nuovo nel mare il sale marino preparato, che oltrepassa la quantità preventi- vata per quell'anno, lo si ceda al consumo. Poi ripete- remo con Giacomo di Bresson : I monopolj possono essere saggi ed utili quando gravitano sopra un oggetto di fantasia ; ma essi offrono inconvenienti, se applicati a derrate di prima necessità, come il sale, — Diremo con Scialoja : I dazj non dovrebbero riguardare mate- rie atte a far prosperare un'industria importante, e ren- derne impossibile l'uso, con grave detrimento del pu- blico (citando appunto il sale indispensabile nella pa- storizia, nell'agricoltura, nelle salagioni) ; né dovreb- bero cadere sopra oggetti necessarj a tutti, costrin- gendo il più povero a restringerne l'uso, e mettendolo nella dura necessità di tollerare una privazione odio- sa, o d'infrangere la legge del contrabando. — Dire- mo sempre con Scialoja : Ragion vuole che il dazio sia diminuito con mano franca ed ardita, quando cada so- pra certe materie, come il sale, che potrebbero essere adatte a larghi usi, quante volte il prezzo fosse ridot- te al minimo possibile. — Diremo con Demesmay : Nel Portogallo, grazie alla modicità dell'imposta, un abi- tante ne consuma chil. -15.93; e nel Baden, dopo la riduzione dell'imposta a 15 franchi il quintale, il con- — 105 — surao triplicò, e vi si calcola chil. 4 2.60 per ciascun individuo. — Diremo con Chaptal: Ove maggiori sono le franchigie, un individuo ne consuma dai 4 0 ai 20 chil, per ogni anno. — Diremo con Culhbert William Johnson : Sono male informati coloro i quali preten- dono che l'abolizione della tassa sul sale in Inghilter- ra non abbia avuto per frutto un maggiore consumo ; anzi quantità considerevoli se ne impiegano per l'agri- coltura, e, secondo Scialoja , in Inghilterra, appunto dopo l'abolizione del dazio, la consumazione in 40 anni è divenuta sei volte maggiore. Nel secolo scorso le provincia che in Francia pagavano il sale 63 lire al quintale , ne consumavano 9 libre per testa ; e quelle che lo pagavano da 6 a 4 2 lire il quintale, libre 1 8. Quanto a Gay-Lussac, gli rispose Giuseppe Garnier col dirgli: « Non v'ha chi più di me rispetti e veneri il » grande fisico, l'insigne chimico, lo scienziato profon- » do, modesto, sensato, una delle glorie della Francia. •) Ma quanto ad economia publica , l' illustre Membro » dell' Academia delle scienze non ha sufficientemente » studiato la legittimità dei principj di economia na- » zionale da lui stabiliti, nò meditato sulle conseguen- » ze che trasse da quelli. » Ammettiamo pure che per la riduzione del prezzo del sale non vi sieno certi guadagni per l' Erario ; e Scialoja con altri e' insegneranno , che ove lo scemare ed anche l'abolire un dazio dia indirettamente impulso a qualche industria importante, ed amplii quindi la sorgente della ricchezza publica e dell'entrata dell'Era- rio, l'esitare nel riformarlo significa il non aver co- — 106 — raggio di fare il bene. — E s'intende che pel già detto non si ha timore di danno alcuno per l'entrata del- l'Erario, giacché del sale si sraercierebbe una quantità ben più considerevole, la produzione riuscirebbe mag- giore, e quindi ancor essa andrebbe a vantaggio del- l'Erario per le imposte che l'aggravano. Ma sia pure disperato il caso. L'Erario si scorga mi- nacciato nelle sue basi per la diminuzione del prezzo del sale. Scialoja ci dirà : Se la riforma è indispensabile per l'utile della classe più numerosa, e tale da non sofferire indugio, conviene posporre l'interesse tem- porario dell'Erario, il quale può crearsi altre sorgenti di reddito per riempiere il vuoto. E come riempierlo? Potremo farci arditi di pro- porre ripari? Non suggeriremo una gabella sui gelati, come fece ai tempi di Luigi XIV. Chamillard , ormai giudicato dai contemporanei e dai posteri. Invochere- mo piuttosto r appoggio di Colbert e delle Società di temperanza , quello di Giacomo I. d' Inghilterra , e di papa Urbano Vili. Colbert non voleva saperne di di- minuzione d' imposte pe' i vini e per gli alcool, perchè non necessari ; e noi li accuseremo di danno alla uma- nità presente, e causa di gravi malanni per la futura. Le Società di temperanza raccomandano l'aqua. Que- sta supplisce molto bene, e con vantaggio dell'umanità, alle bevande alcooliche, sotto qualsiasi forma si consi- derino. La raccomandazione troverebbe sostegno nel- la Fisiologia e nella Chimica, e si potrebbe riferire con più ragione al vino e alle bevande alcooliche, di cui abusano talvolta i Meridionali , quanto TJebig diceva -107 — della birra ai popoli del Nord : Possiamo dimostrare con esattezza quasi matematica, che la birra non nu- trisce, che non contiene alcun principio atto a trasfor- marsi in sangue, in fibra muscolare, od in altro organo dell'attività vitale. Giacomo I. e papa Urbano Vili, scrissero contro l'uso del tabacco, che, secondo Garnier, conduce al- l'affievolimento delle facoltà intellettuali e morali. Fu pur detto: «Un'imposta anche esagerata sul tabacco, » se avesse per effetto naturale la limitazione del con- » sumo, darebbe in compenso il vantaggio d' impedire » l'abuso di una pianta che, agendo sul cervello, reca 11 effetti funesti alla salute publica, ed influisce a danno 11 delle facoltà intellettuali. Popoli fumatori si rendono 11 sempre più meditativi, fantastici, indolenti, e finisco- 1) no col lasciarsi superare dai loro rivali. Per essere 11 buon coltivatore, intelligente commerciante, abile 11 manifatturiere, per recare co' viaggi a distanze civil- 11 tà e colonizzazione, ci vuole ben altro che ammirare Il a braccia e a gambe incrociate i nuvoloni che si sel- li levano da una pipa lunga ! n — Lavergne asserisce per la Francia: « 200 millioni se ne vanno annualmen- 11 te alla lettera in fumo, avvelenandosi per tal fatto una 11 gran parte della nazione , giacché l' azione deleteria 11 non è forse senza influenza sul rallentamento del la- II voro e della produzione (population). » Papa Urbano Vili, scomunicava i fumatori. Giaco- mo l. temeva già a' suoi tempi che le dame, per tolle- rare il fetore dei loro cicisbei, avrebbero finito col ri- correre allo zigaro; e sconsigliava dal fumare, conve- -108- nendo quasi con quanto si scrisse più tardi, che il fu- mare è un bisogno sempre fittizio, un'abitudine infeli- ce, una passione automatica, mal propria, senza utilità reale per la salute. Ed io aggiungerò : un vizio compa- tibile soltanto quando è imposto, come pur troppo ac- cade, da avvilimento d'animo, da noja, spesso da dis- piaceri e da disperazione. Una diminuzione di consu- mo di questo articolo , limitato al ricco , sarebbe anzi desiderabile, anche per la sentenza di Franklin : Con un vizio di meno si procura l'essenziale per la sussistenza di due individui giovani. L' Erario ancora non vi per- derebbe. Si aumentino quindi le imposte sopra le be- vande alcooliche e sopra il tabacco. L'aumento di ga- bella sul tabacco sarebbe consigliato pure da una con- siderazione finanziaria. Si calcola cioè che in Francia l'imposta sul tabacco nel 1848 pesava sopra ciascun individuo in ragione di fr. 2. 50 ; negli Stati del Papa in ragione di fr. 2. 78 ; in Austria invece di 0. 60. Conchiudo. Gabelli disse poco di nuovo sul sale (anzi siamo lì dove ci lasciava Pareto nel t85Sy, e la diva Agricoltura lo cita al suo tribunale, onde si scolpi del perchè non abbia seguito i suggerimenti di Pierre, e quindi prevenuti i rimproveri di Boussingault e di Gasparin. Il Governo riduca il prezzo del sale comune, e ceda il sale agricolo agli acquirenti senza impicci. Argomenti in favore di questi voti avrei potuto ad- durre ancor molti. Più della poesia italiana e della poesia orientale, la Bibbia me li avrebbe somministrati; ma non voglio abusare altro della vostra tolleranza. Ba- sti l'esposto per convincervi, che volendo ottenere col — 109 — perfezionamento agrario la prosperità del paese, debbo anch'io soscrivermi alla opinione del Borio: Un'ampia agevolezza nel prezzo del sale secondi veramente le vi- ste benefiche detta natura, la quale con tanta larghezza lo prodigava nei mari. Terza Lettura. — Sulla degenerazione len- dinosa del cuore, il più delle volte non disgiunta da insufficienza della valvii- la mitrale. — Del Dott. Vittore Dal CàNTON. JL rattando della degenerazione tendinosa del cuo- re è mio assunto di provare come dai fenomeni, che ne risultano in vita ed in morte, si possa stabilire che il più delle volte non vada essa disgiunta dalla insufficienza della valvula mitrale. La degenerazione tendinosa del cuore (e noi ac- cenniamo a quella del ventricolo sinistro, perchè ra- ra assai, 0 di nessuna importanza quella del destro) è indubiamente, rispetto al Clinico, un argomento di difficile soluzione. Però dacché uomini versati in tal ramo di studj e la mia clinica esperienza mi offerse- ro certi esempj, m' è giuocoforza conchiudere, che i criterj per raggiungere una tal diagnosi sono bensì ancora pochi ed incerti ; ma questo , anziché dalla loro mancanza , dipende più presto dalla poca briga che molti si danno di studiare diligentemente i casi a vero scopo clinico. Io farò precedere in breve qual- che caso che mi toccò d'osservare, a scorta è guida del mio assunto. — 111 — Storia I. — L. H. tessitore in seta, d'anni 47, ro- busto, sofferse nella sua gioventù qualche epistassi e capogiro. Erano i primi giorni d'Aprile che am- malava per dispnea, con senso di ardore e di pressio- ne al petto, palpitazione di cuore, stordimenti, e ten- denza al deliquio. In sul principio di tali insulti se- guivano i movimenti esagerati del corpo, cessando col riposo e colla tranquillità dello spirito; iq ap- presso si rendevano più frequenti ; e, come se per mano traesse un peso di poche libre, si facevano più veementi, e la palpitazione di cuore si portava sino al deliquio. Nel Novembre volle riparare alla sua malconcia salute nello Spedale, e da qui nel 26 del- lo stesso mese trasferito alla Clinica del Prof. Skoda in Vienna, con edema alle mani e ai piedi, lividore alla cute. La congiuntiva degli occhi intensamente incet- tata, gonfia. Alcune vene della porzione inferiore del naso varicosamente dilatate, cianotiche le labra. Le vpne del collo poco dilatate, con manifesta ondula- zione, non sincrona col polso delle arterie radiali. In ispazioso torace, breve e frequente la respirazione, debole il movimento del diafragma. Solo concesso il sedere sul dorso, vietata la giacitura supina, o sui fianchi. Molesta avea la tosse , con isputi sanguigno- spumosi, difficili, in forma di piccoli grumi, e per dieci giorni della quantità di due a tre oncie circa ogni 24 ore. S' indebolirono lo spirito e le forze, si rese dolente il capo e vertiginoso. Poco elevata la — 112 — temperatura animale, scarsa la traspirazione cuta- nea , poco appetito , lingua impaniata , sete inestin- guibile. Colla percussione al manubrio dello sterno si aveva una risonanza piena e chiara, che alla inser- zione della terza costa sinistra collo sterno si ren- deva ottusa, e sempre più sino alla fossetta dello stomaco. Quivi si faceva perfettamente vuota, poi chiara, piena e timpanitica fino a due pollici sopra l'ombelico. Al costato sinistro, lungo la linea della papilla mammaria, l'ottusità della risonanza incomin- ciava alla quarta costa, giungeva alla quinta e sesta, passando oltre per due pollici verso l'ascella, per poi ritornarsene descrivendo una linea obliqua, ter- minante nel punto di contatto colla linea paraster- nale. A destra anteriormente la risonanza ottusa si aveva dalla quarta alla sesta costa. Nelle altre re- gioni essa era pressoché normale; solo in corrispon- denza ai lobi inferiori d' ambo i polmoni era ottusa e vuota, specialmente a destra lungo la linea ascel- lare. L'impulso del cuore, da principio occulto, nel terzo giorno si fece palese al quinto spazio interco- stale sinistro, lungo la linea mammaria , durante la sistole, provocando un leggiero rialzo. Mediante Vascoltazione si udivano in ambo i pol- moni dei forti rantoli , a bolle più o meno grandi , non consonanti. Al cuore, attesi i robusti rantoli ac- cennati, nel principio si distingueva soltanto l'accen- tuazione del secondo suono dell'arteria polmonare; -113 — più lardi si udivano i suoni normali dell'aorta e del ventricolo destro, nonché la poca chiarezza del pri- mo, e l'ottusità del secondo suono del ventricolo si- nistro. Il polso delle arterie radiali oltremodo pic- colo, ma non frequente. L' addome teso, alvo libero, di materie giallo-scure, piuttosto fluide, e commiste a sangue. Orina rosso-scura, acida, sedimentosa e scarsa, priva di albumina, d'un peso specifico di i 02 8 gradi, secondo la scala di Baumè. Nel terzo giorno di Clinica insorse una pleurite destra estesa. Nel quarto l'ammalato aveva una leggera tinta itterica, la quale negli ultimi di sua vita assunse il massimo grado di intensità. In questi estremi le feci si resero pretta- mente sanguigne, ebbe vomiti di sangue (emateme- si) con aumento dell'edema; e dopo otto giorni di continuo sopore moriva, essendosi la risonanza ottu- sa alla metà superiore del cuore scemata. Si opinava trattarsi di degenerazione tendinosa diffusa del- la sostanza muscolare del ventricolo sinistro del cuore, con emoptoe, ematemesì, ed emorragia in- testinale. Aperto il cadavere, si trovò sottile la teca cra- niale, le meningi inaffiate di siero giallognolo , e la dura-madre rilassata, floscia. Pupille dilatate, la con- giuntiva degli occhi d'un colore giallo-carico. La so- stanza del cervello abbastanza compatta e dura ; nei ventricoli cerebrali contenevasi circa due dramme di siero giallognolo. La cavità della bocca ripiena d'un 8 -114- fluido denso, simile alla cioccolata disciolta. Nella trachea e nei bronchi muco sanguinolento. L'apice dei polmoni aderente alla parete toracica in modo da formare in ambo le pleure un sacco circoscritto e chiuso ; il destro pieno di 4 libre circa di siero ros- signo, circa una libra nel sinistro. Il destro rivesti- to internamente da una massa scolorata di coaguli. I lobi polmonari superiori edematosi^ con grosse mac- chie 0 chiazze lendinose alla superficie. Il lobo infe- riore del polmone destro pressoché tutto gangrena- to; il suo medio infiltrato di sangue coagulato scuro. Il cuore teneva delle aderenze col pericardio parte recenti, in parte formate da un tessuto fibroide con echimosi. Ipertrofico il ventricolo e il seno destro; quest' ultimo stirato in alto per aderenze colla pare- te toracica. Il ventricolo sini^ro compreso nella sua metà inferiore da degenerazione lendinosa , partico- larmente al suo apice ; la valvola mitrale leggermen- te ingrossata; il resto dell'endocardio normale. Il lume dei vasi maggiori occupato da coaguli rosso- scuri. Il fegato di volume quasi normale, con una superficie acinosa, era avvolto in una grossa mem- brana d' uno spessore di tre linee circa ; addensata la sua sostanza, dura, resistente, granulata, subendo già un'incipiente degenerazione grassosa. La sua ci- stifellea piena di bile densa ed oscura. Compatta e grande la milza, dura, rivestita da soda ed ispessita capsula. Lo stomaco e gl'intestini dilatati da gas, e ^M5 — ripieni d' un fluido sanguinolento. La mucosa dello stomaco_, particolarmente nel suo fondo, era tumida, con molte echimosi migliariformi. Al piloro, nella parte più interna del suo anello, eravi un'ulcera della grandezza di un pezzo da cinque centesimi , ovale, a margini acuti, e nel suo mezzo una neo-for- mazione di tessuto cellulare imbevuta di sangue, lun- ga un pollice e mezzo. La mucosa dell' intestino te- nue e crasso echimosata , particolarmente sulla por- zione inferiore dell'ileo; arrossata altrove per imbi- bizione, tumefatta, edematosa. Le glandule mesente- riche tumide, ed infiltrate d'una materia tubercolo- sa. Ingranditi i reni, il destro più del sinistro. La loro sostanza corticale facilmente lacerabile, mentre il rimanente della sostanza era dura e resistente. Nella corticale del destro racchiudevasi una cisti grossa come un pisello, e piena di un fluido gelati- noso. La loro superficie irregolare e bernoccoluta, ambidue poveri di sangue. La vescica orinaria con- tratta, con pareti ipertrofiche, contenente quattro oncie d'orina giallo-torbida. Storia IL — Un secondo esemplare mi venne of- ferto da certa Maria B., d'anni 40, locandiera di pro- fessione. La sua gioventù non fu amareggiata da gra- vi affezioni. Quando un giorno còlta da subitaneo dolore di capo, con istordimento, dopo 24 ore tro- vava notabile debolezza nel suo braccio sinistro, tanto da non poter più portare la mano all'occipite. — 116- In breve ricorse il medesimo fenomeno all'arto infe- riore corrispondente 5 da non potersi più reggere in piedi. Si chiuse l'occhio sinistro; i muscoli frontale sinistro e corrugatore del sopraciglio ricusavano il loro ufficio ; dilatata la pupilla sinistra, balbuziente, stentata la deglutizione, ec. Esaminati colla percussione ì polmoni, nulla offri- vano di abnorme. Il cuore aumentato particolarmente in larghezza, coll'apice batteva debolmente al setti- mo spazio intercostale sinistro, in vicinanza della li- nea parasternale. Applicando lo stetoscopio al torace, nei polmoni si udivano rantoli chiari, a bolle inegua- li specialmente nel destro. Difficoltata la respirazio- ne, e senso di oppressione al petto. I suoni del cuore deboli , ma netti , eccettuato il primo del ventricolo sinistro (cioè il sistolico) , che aveva il carattere di soffio. Nel quarto, quinto e settimo spazio intercostale sinistro osservavasi un leggero impulso cardiaco (non raro sintoma di pericardite) , però poco sensibile al tatto. Il polso dava 66 battute per ogni minuto d.**, non isocrono co' movimenti del cuore , e l' impulso della radiale tanto più debole e piccolo si faceva , quanto più lunghe le contrazioni del cuore. Le pare- ti addominali tese , con manifesta fluttuazione ; ede- matosa la parte paralitica. In progresso si rese infe- dele la memoria, scarsa e pallida l' orina , che ana- lizzata chimicamente offriva i caratteri di un' orina anemica, con aumento di sali orinosi; s'accrebbe il — 147 — catarro bronchiale, con isputi viscidi, e striati di san- gue. A destra del torace ed inferiormente la risonan- za si fece timpanitica, a sinistra ottusa e vuota, con resistenza maggiore della parete toracica, e mancan- za del rumore vescicolare {essudato pleuritico). Più e più intermittenti si resero i movimenti del cuore, restando sempre costante una maggiore ottusità alla percussione nel suo diametro trasversale. Caduta in sopore , la paziente moriva , emettendo rantoli tra- cheali i più sonori. NaWautopsia si rinvennero povere di sangue le meningi, ed inafiìate di siero. Il seno longitudinale pressoché vuoto di sangue, e piccola raccolta siero- sa nel sacco aracnoidale sinistro, con impiccioliraento delle sue circonvoluzioni. Ammollimento del corpo striato destro , prégno di un umore simile al latte , con tramezzi di tessuto congiuntivo. La mucosa del- la trachea tapezzata da un fluido rosso-scuro e spu- moso. Le vene jugulari dilatate, piene di un sangue fluido. Nello spazio sinistro del torace contenevasi 4 libre circa di siero rosso -giallognolo. Gli apici pol- monari aderenti alle pareti toraciche, essendosi resa la pleura grossa quanto una robusta pseudo-membra- na. I lobi superiori d'ambo i polmoni edematosi ; com- presso inferiormente il polmone sinistro ; i suoi bron- chj velati da un muco denso, viscido, sanguigno. Il lobo inferiore del destro invece con edemi parziali contornati da una infiltrazione rosso-scura. Il peri- -118 — cardio disteso conteneva circa tre oncie di siero ros- signo. Il cuore aumentato del doppio in volume; il ventricolo destro dilatato; il sinistro pressoché nor- male nella sua cavità, aveva assottigliate irregolar- mente le pareli , in qualche punto dello spessore di un foglio di carta. Nel mezzo del suo esocardio una chiazza lendinosa e bianca, larga quanto un franco. Il sètto dei ventricoli e V apice del cuore quasi per intero convertiti in un bianco tessuto fìbroide, a strie bene ordinate, e fissate dentro il poco tessuto carnoso del cuore stesso, non andando illeso né l'en- docardio corrispondente, né la valvula mitrale, parti- colarmente ne' suoi fili lendinosi. Il ventricolo destro stesso mostrava persino traccie di degenerazione len- dinosa; dilatato il seno destro. Nel ventricolo sini- stro si rinvenne un coagulo molle di sangue nera- stro, e così nel ventricolo ed atrio destro, più molle ancora ed edematoso. Dalla cavità addominale fluiro- no dieci libre di siero; il fegato molto voluminoso, del colore della noce moscata, e resistente al taglio. La cistifellea riempita d'una bile chiaro-giallognola. Piccola la milza, e dura al tatto. Lo stomaco disteso da gaz ; la sua mucosa colorata in grigio, e mammel- lonata a guisa d'una gianduia. Tutto il resto del tra- mite intestinale edematoso e pallido. I reni di volu- me normale, con calici e pelvi alquanto dilatati. La vescica orinaria ingrandita, e contenente mezza libra circa d'orina torbida e sedimentosa. — iìd — Stobia III. — Un terzo caso lo vidi in un condut- tore di Posta, Luigi F. 5 di anni 52. Egli sofferse febri intermittenti, contusione al fianco sinistro per caduta che guariva. In seguito ad un infreddamento insorse dolore lancinante allo scrobicolo del cuore, con oppressione di respiro, e n'ebbe rapido allevia- mento da una emissione generale sanguigna. In bre- ve soffrì nuovo dolore all'ipocondrio destro, dove gli furono applicate con vantaggio le sanguisughe. Se- nonchè ricorrendo i dolori più fieri di prima, l' ede- ma alle piante, e più tardi la tumefazione dell'addo- me, si recò alla Clinica, offerendo un aspetto itteri- co, con temperatura animale aumentata, fisionomia atteggiata all'ansietà, torace spazioso, fluttuante l'ad- dome, e tumefatte per edema le piante. Rare e scarse le secrezioni, mancante l'appetito. L'orina di colore rancialo, d'un peso specifico maggiore del normale, ricca di molti sali, con poca quantità di albume. Con la percussione la risonanza a destra e anterior- mente del torace era normale ; a sinistra ottusa , e , per dir breve, tracciava un cuore molto voluminoso in lunghezza e larghezza. Posteriormente del torace a destra ed inferiormente era ottusa e vuota, con aumento di resistenza della parete toracica. Aumen- tata in lunghezza la milza. L'impulso del cuore ap- pena percettibile sotto il margine della quinta costa sinistra , lungo la linea mammaria. Al dorso , per quanto si estendeva l'ottusità a destra, si udivano — 120 — rantoli, ed un rumore respiratorio indistinto; nel resto rantoli a bolle ineguali. I suoni del cuore poco distinti , particolarmente quelli del ventricolo sini- stro , non seguili però da rumore alcuno. Il polso ora di d 00 e più battute per ogni minuto primo, ora di 60 e meno , piccolo assai e cedevole. Breve fu il decorso del morbo , e la morte segni con sintomi di paralisi del cuore. Necroscopia. Cadavere con suggellazioni di mor- te ; poco iperemico il cervello. Le vie bronchiali fit- tamente iniettate, e coperte da uno strato di muco. 11 polmone destro edematoso ; il suo apice aderente alla parete toracica ; inferiormente compresso da un essudato pleuritico sieroso circostante. Il sinistro in- gorgato di sangue. Nel pericardio due oncie di sie- ro; l'apice del cuore aderente a questo per mezzo di un leggero strato di tessuto congiuntivo. Ogni segmento di questo centro vascolare, ipertrofico con dilatazione. Dilatata oltremodo la porzione inferiore del ventricolo sinistro, con assottigliamento di pare- ti, e rivestito internamente quasi per intero da un bianco e lendinoso tapeto, il quale tagliato in dire- zione delle fibre dei muscoli papillari , e ridotto in tante lamelle quanti i tagli, potevasi scorgere come profonda n'era in qualche punto la sua degenerazione lendinosa. La valvula mitrale poco irrigidita ed in- grossata. Dilatata l'arteria polmonare, nonché il cono arterioso destro. Il fegato simile in colore alla noce — 121 — moscata , resistente *al taglio , e poco ingrandito. La milza tre volte il suo volume, vestita da grossa e robusta capsula; la sua sostanza friabile, e di colore rosso-scuro. Lo stomaco e gì' intestini distesi da gaz ; il primo con erosioni emorragiche, ed intonacato da una mucosità viscida e sanguinolenta. Duri ed ipe- remici i reni , tumefatti i corpuscoli del Malpighi. Nella vescica orinaria eravi poca orina sanguinolenta. Storia IV. — Un quarta caso l'ebbi ad osservare nel mese di Settembre p. p. in un certo Antonio De Paoli, cacciatore d'anni 36, che ardimentoso, non ba- dando a fatica , superava ogni dirupo , ogni frana , ogni rapida scoscesa de' monti, pur di guadagnare la preda. Ma assalito da dolori reumatici vaghi, con pal- pitazione di cuore , non poteva più reggere a sì du- re fatiche. Più tardi ammalava di forte dolore al co- stalo destro con febre; per cui chiamato io alla cura, dai sintomi fisici caratteristici scorgeva in corso una pleurite destra estesa con essudato. In seguito al ventricolo sinistro si fece sentire di quando in quan- do un rumore sistolico più o meno forte, ineguale, od in quella vece un suono accompagnato da rumore di soffietto. Risonanza ottusa eslesa oltre i diametri normali del cuore. Polso di 80, 90 battute per ogni minuto, con massima difficoltà di respiro. Due giorni prima di morire mancarono interamente i rumori ài cuore. Accordatami la dissezione del cadavere , tro- vai il sacco della pleura destra tutto riempiuto d'un — 122 — essudato purulento , commisto 5 l'ranimenti pseudo- membranosi. Il polmone destro compresso ai lati del- la colonna vertebrale e superiormente, pallido, privo d'aria e di sangue; il sinistro invece iperemicó ed edematoso. Il cuore aumentato ne' suoi diametri, par- ticolarmente ipertrofico il ventricolo destro. 11 ven- tricolo sinistro in una incipiente degenerazione len- dinosa, limitata ai soli muscoli papillari interni, e particolarmente a quelli della valvula mitrale, senza che quest' ultima subisse nessuna degenerazione. In- granditi i reni ed ipereraici; il sinistro con infarto emorragico. Gl'intestini e lo stomaco distesi da gaz. Che la degenerazione lendinosa del cuore possa avere per risultato Y insufficienza della valvula mi- trale non è difficile il concepirlo, quando si pensi come facili e per prime cadano in preda a tale meta- morfosi le trabeccole, i muscoli papillari del ventri- colo sinistro, l'endocardio della valvula , nonché i fili tendinosi che fissano e regolano i suoi movimenti. L'esperienza e' insegna che nello stato normale il san- gue in un dato tempo percorre la grande e piccola circolazione, dove un globulo sanguigno, onde percor- rere tutto l'organismo, abbisognerà di quel dato spa- zio di tempo che utilizzerà un secondo, un terzo glo- bulo, ec. Diversamente corre la facenda in certe ano- malie che necessariamente ritardano la circolazione, più in certi che in altri punti dell'organismo. A mo' d'esempio, nella legatura di un'arteria, nella forma- — 1 23 — zione degli emboli nella trombosi (come diceva in al- tra mia Memoria dell' anno scorso) il sangue durerà un tempo maggiore per arrivare a quella parte che direttamente all' arteria lesa conduce ; cioè il tempo che occorre per attraversare la via della circolazione collaterale. Un altro esempio manifesto lo abbiamo nella oblite- razione congenita dell'aorta, in cui potei a mio bel- l'agio constatTire più volte in un orefice di 45 anni, come il sangue ritardasse di qualche minuto secondo per passare dal cuore all'estremità inferiori, doven- do percorrere una via collaterale molto estesa (i). Quando si tratti poi di una insufficienza valvulare del cuore, allora si avrà una perturbazione della cir- colazione del cuore, e quindi un rallentamento della circolazione in generale. Nella insufficienza della valvula mitrale porzione del sangue raccoltosi nel ventricolo sinistro durante la diastole del cuore, in parte nell'aorta al momento della sistole, e parte nel seno sinistro ; dimodoché se grande la resistenza dell'aorta, come lo è nel suo stato normale, maggiore la copia del sangue nel seno sini- stro. Nei momenti successivi il sangue non potrà ar- restarsi in quest' ultimo , ma si disperderà dentro le ("1) La descrizione dettagliata di questo caso trovasi neir Appendice delia mia traduzione del Trattato delle malatie del cuore e dei vasi del Prof. Bamberger. — 1 24 — vene polmonari, dalle quali, perchè prive di valvole, si spingerà nei vasi capillari dei polmoni, da qui nelle arterie polmonari , fino alle valvule del tronco dell'arteria polmonare, per aumentare poi di più nel seno destro. E come maggiore non dovrà essere così la tensione di questo sistema vascolare venoso, e po- co alimentata quella del sistema dell' aorta ? E più ancora se vi si aggiunga la degenerazione tendino- sa del ventricolo sinistro , mancando in tal guisa la forza principale, stante di mezzo al ceppo vascolare, voglio dire l' energica contrazione del ventricolo si- nistro ? Certo non ad altra causa dobbiamo attribuire le 66 battute di polso per minuto primo, non isocro- ne, ma più tarde , a quelle del cuore, notate nel se- condo caso clinico sopra descritto : d' onde gP infarti emorragici ai polmoni, V ematem^si, l' echimosi del- l' ileo nel primo ; la dilatazione dell' arteria polmo- nare e l'ascite del terzo (posteriore quest'ultimo al- l'edema degli arti inferiori, avendo incominciato l'af- fezione dal cuore e dai polmoni, mentre se dal fega- to l'ascite avrebbe preceduto l'edema). Da che la gra- nulazione e la degenerazione grassosa del fegato nel primo, la dilatazione delle vene jugulari, l'ipertrofia e l'iperemia del fegato nel secondo, l'iperemia dei re- ni con albuminaria nel terzo e nel quarto, se non che dalla grande tensione del sistema venoso in generale? Varj sono i vizj cardiaci che possono essere com- pensati da una maggiore e più energica contrazione -^125 — di questo o quel ventricolo del cuore, a secónda della sede del vizio , se in questa o quella cavità del cuo- re, se in questa o quella valvula ; ma nella degene- razione lendinosa estesa del ventricolo sinistro cade ogni speranza di compensazione. Si avrà stasi nella circolazione polmonare, stasi nella grande cir- colazione venosa, con affezione del ventricolo destro, r iperemia degli organi addominali, le stasi sul si- stema della vena-porta, e quindi le erosioni emorra- giche dello stomaco, l'ematemesi, ec, condizioni pa- tologiche più sopra da noi riscontrate. Le malatie del cuore non si riducono soltanto a recar mali effetti sulla circolazione , ma ne apporta- no anco sul sistema nervoso, p. e. sul cervello, alla midolla allungata e spinale , particolarmente poi sul nervo vago, che danno ragione delle sofferenze do- lorose ai precordi, come appunto nei nostri casi, che riterrei dipendenti da stiramenti e compressioni dei nervi per la degenerazione lendinosa del cuore. La diagnosi della degenerazione lendinosa del cuore, sempre di massima difficoltà, non puossi sta- bilire che per esclusione. E considerando il primo ca- so, fatta osservazione allo stato dei polmoni, non era difficile riconoscere ambidue i lobi polmonari inferio- ri compresi da un infarto emorragico, non confondibi- le co' sintomi d'una tubercolosi e d'una pneumonite. La risonanza ottusa alle regioni cardiache, estesa oltre i confini normali, in uno alla mancanza dell'im- - 126 — polso cardiaco, avrebbe deposto per un grande essu- dato pericardico ; ma la posteriore sopravenienza del- l'impulso all'apice del cuore la escludeva. L'ottusità alla base del cuore non era effetto d' una dilatazione del cono arterioso destro, perchè mancanti i sintomi relativi, come l'impulso sistolico alla base del cuore (indizio fisico il più caratteristico), ed il notabile mutamento delle vene del collo. Non la smodata di- latazione del seno destro, avendosi l'incompleto riem- pimento delle vene del collo. L' aneurisma dell' aorta veniva escluso dalla man- canza dell'impulso sistolico e del tumore «alla sede dell'aorta. Non si poteva imaginare il carcinoma, od una massa tubercolosa estesa dentro il mediastino , tale da pro- durre una sì estesa ottusità ed ostacolo alla circolazio- ne, senza che non si fosse intromesso fra il pericardio ed il cuore, dando fra loro delle adesioni; ed in questo caso non s'avrebbe avuto più l'impulso all'apice del cuore, manifestatosi nel nostro primo caso clinico. Uu recente essudato mediastinale non ispiegava abbastanza i turbamenti della circolazione, né si po- teva ammetterlo senza dolore. Per la esistenza di un essudato pleuritico saccate si opponeva la mancanza del rientramento degli spa- zj intercostali, il modo della respirazione, ec. Il secondo suono del ventricolo sinistro ottuso, ed il primo poco percettibile, né chiaro (in altri casi ac- -127 — compagnato o supplito da rumore , come nel quarto fatto ultimamente narrato), con quanto sopra si nota- va, era ritenuto il morbo probabilmente una parali- si parziale del cuore sinistro per avvenuta degene- razione lendinosa. La necroscopia confermò la verità di quello che in vita era ancora un razionale sospet- to; e fatto calcolo sulla condizione della mitrale, sul- la natura del ventricolo sinistro , e sulla resistenza presentata dall'aorta, si può dedurre che in ogni si- stole del cuore non venisse sospinta nelle arterie che una terza parte circa del sangue contenutosi nel ven- tricolo sinistro, mantenendosi completa e forzata la contrazione del ventricolo destro, quindi la sua iper- trofia; debole quella del sinistro, e favorita la dila- tazione. Si dovrà credere inoltre che la miocardite incominciasse nell'Aprile colla insorgenza dei pri- mi sintomi morbosi, non polendosi supporre, se pure si accetti l'opinione di alcuni autori, che la degene- razione tendinosa fosse spontanea. Esemplari di degenerazione tendinosa del cuore sinistro, con dilatazioni aneurismatiche, troviamo nel Museo patologico di Vienna. In quello di Berlino nel 4 858 ne osservai due casi: uno particolarmente di degenerazione tendinosa estesa a lutto il ventrico- lo sinistro, con dilatazione ed assottigliamento delle sue pareli, tale da esserne all'apice del cuore traspa- renti , mollo liscie al tatto , con insufficienza della mitrale , nonché ipertrofia e dilatazione del ventri- — 128 — colo Jeslro, Il secondo era un accidentale ritrovato cadaverico in soggetto eminentemente sifilitico, solo i muscoli papillari del ventricolo sinistro in dege- nerazione tendinosa, mentre il resto delle carni ave- va subito una degenerazione grassosa. Altri cinque li vidi nel Museo patologico di Praga : due con dila- tazione aneurismatica anteriore del ventricolo sini- stro, con assottigliamento delle sue pareti , pari ad un foglio di carta; negli altri tre la degenerazione comprendeva gli strati più interni del ventricolo, dove riusciva particolare, come strie di tessuto con- giuntivo recente, le une colle altre incrocicchiantesi, producessero V insufficienza della valvula mitrale. Gli strati più esterni avevano subito la degenerazione grassosa. Questo ventricolo era pochissimo dilatato. Io terminerò col notare, che l'affezione in discor- so non è punto da confondersi colla degenerazione lendinosa circoscritta del ventricolo sinistro, conse- guente alcune volte ai vizj dell'aorta, come il Pro- fessore di Medicina clinica di Berlino Dott. Traube pure mi riferiva di avere osservato particolarmente nella stenosi delle valvule aortiche. E qui mi cade a proposito un caso osservato nel i858, in sul finire dell' anno scolastico nella Clinica 'del Prof. Opolzer, in soggetto -robusto di quarant' anni, con sintomi di insufficienza e lieve stenosi delle valvule aortiche , che dopo dieci giorni veniva rapito improvisamente alle nostre osservazioni. Nella dissezione si trovò: -129- iperemia del cervello, e dilatazione dei ventricoli ce- rebrali con poche dramme di siero ; cuore ipertrofi- co, particolarmente il ventricolo sinistro ; degenera- zione tendinosa della porzione superiore sinistra del septum ventriculorum^ nonché porzione del conus arteriosus aorticiis: iperemizzati i muscoli papillari del ventricolo sinistro, che sotto al microscopio pre- sentavano qualche fibrilla di tessuto congiuntivo, mentre gli strati muscolari più esterni erano attac- cati da incipiente degenerazione grassosa ; le valvole aortiche rigide, ingrossate per ateromi; l'apertura dell'arteria carotide sinistra ristretta dal processo ateromatoso ; illesa la valvula mitrale. Stando le cose così, come i fatti dimostrano, chiara riesce la diffe- renza di queste due affezioni , nonché la diversità nei loro effetti e sintomi. Nella degenerazione tendinosa diffusa del ventri- colo sinistro vediamo la sua paralisi, con assottiglia- mento di pareti ed inceppamento della circolazione del cuore intero; nell'altra l'ipertrofia costante del ventricolo sinistro, suo aumento di contrazione , e forza impellente il sangue nell'aorta, senza, o con lie- ve ingombro della piccola circolazione polmonare. In quella l' intensità maggiore del rumore sistolico in corrispondenza alla valvula mitrale; in questa al- la inserzione delle valvule semilunari aortiche. Mi chiamerò ben fortunato, se questi cenni potran- no eccitare ne' miei Colleghi quella emulazione di 9 — «30- ricerca e di studio intorno ad un'affezione ancora bambina, che appartiene alla Clinica. Finita questa Lettura, il Presidente comunica agli Aca- demici una Lettera di S. E. Conte Andbea Cittadella -Vi- GODaEzERKj Socìo Ooorarìo, per cui egli riassume la qualità di Socio Ordinario, a senso delia Deliberazione academica 49 Luglio 4857. L'Adunanza accoglie con sensi di esultanza tale annun- zio, che le ridona la operosità di uno de' suoi Membri più benemeriti, e statuisce che questa onorevole testimonianza sia registrata nel Processo Verbale delle Tornate, e publi- cata nella Rivista dell'Academia. Dopo di che la Seduta è levata. — Veggasi il Fascicolo XIL pag. 458 di questa Rivista. i — oo-(>oo--C<-0«o- Tornata III. del giorno 19 Febrajo 1860. Prima Lettura. - — Inforno alla classificazio- ne delle malalie giusta principi fisiolo- gici nello stato morboso. — De! Socio Ordinario Francesco Saverio Festler. Altra volta, illustri Colleghi, ebbi l'onore d'in- trattenervi intorno ad una mia classificazione delle malatie giusta la sede e le essenziali differenze del- le loro condizioni patologiche ; e fu ciò circa otto anni fa , allorché con un mio Quadro nosoloijico statistico, piiblicalo neH848(i), io veniva a farvi conoscere quella mia classificazione , ed insieme i miei risultamenti clinici dei tre anni successivi a tal epoca. In sì fatta occasione però non trattai il tema dei principi fisiologici che mi servivano d'appoggio (4) Nel 1868 si riprodusse una seconda edizione di tale Quadro con alcune emendazioni relative alla precisione analilicn delle divisioni e suddivisioni dei morbi. In questa occasione poi s' introdussero delle altre nella classificazio- ne che in calce si unisce- / — 132 — all'uopo, e solo mi contentai di esporre i fatti cli- nici dietro i medesimi nelle mie illustrazioni che vi aggiunsi. Progredii intanto nell'analisi dello stato morbo- so , ed acquistai così una maggiore penetrazione anche a tale riguardo. Stimai dunque non inutile di ribadire quel tema, ed anzi di trattarlo espres- samente, per dimostrarvi il mio coordinamento scientifico rispetto alle essenziali differenze di se- de e di natura delle condizioni patogeniche rela- tive alle molliplici specie morbose. Preferisco per la mia esposizione il metodo sin- tetico allo scopo della brevità, e spero così di sde- bitarmi senza gravitare di troppo la vostra sempre cortese e benigna attenzione. Come conseguenza legittima dei già a Voi noti miei studj conciliativi riguardo alle oppugnanti dottrine mediche italiane, io riduco i miei pj'inci- pj fisiologici di classificazione delle malatie a due soltanto di fondamentali , e li rinchiudo nelle se- guenti due tesi generali. I. Le condizioni patologiche delle singole for- me morbose o specie delle malatie sono sempre affezioni organico-dinamiche di eccitamento vita- le del solido vivo; e ciò perchè sempremai vengo- no prodotte dalle impressioni od immediate o me- diate delle potenze nocive occasionali, e perchè così si risolvono in azioni morbose patogeniche, e — 133 — quindi in cause prossime delle forme morbose in generale. IL Per converso le diatesi, tanto nel senso di- namico dei vitalisti, quanto nel senso organico de- gli umoristi, sono sempre per loro natura fisiolo- giche , e solo acquistano un potere patogenico al- lorché vengono poste in reazione dalle condizioni patologiche erette in azioni morbose: egli è allora che reagiscono come attitudine dinamica specifica e come organismo specifico, rendendo cosi qualita- tive le forme morbose , le quali solo erano quanti- tative per le condizioni patologiche medesime. Il Dinamista in teoria medica ritiene sempre il senso fisiologico delle diatesi, e quindi si circoscri- ve intieramente dentro il dominio della prima di tali due tesi : vede perciò soltanto il più ed il me- no delle azioni e reazioni morbose ; giudica che le quantità dinamiche relative rappresentino Pentita delle impressioni patogeniche delle potenze nocive occasionali, e l'entità insieme delle condizioni dia- tesiche, che a quella si unisce accessoriamente; e quindi conchiude, che le specificità di queste con- dizioni in certo qual modo non costituiscano una parte integrante calcolabile nella diagnosi e nella cura dello stato morboso. Al contrario, il Medico organico, l'umorista in teoria medica, trascura in qualche maniera il lato fisiologico delle diatesi, e tutto invece si concentra — 134 — intorno alle qualità manifeste ed occulte possibili delle loro condizioni patogeniche ; vede in queste indeclinabilmente le cause prossime delle forme morbose; non distingue nelle medesime le genera- lità dalle specialità; e quindi concliiude, che la quantità dell'eccitamento morboso in teoria diven- ga una qualità di eccitamento e di riproduzione nella realtà dei fatti clinici. Un Medico sì fatto si circoscrive allora entro il dominio della seconda mia tesi, e quindi erige il fattore patogenico ac- cessorio in fattore patogenico principale , speran- do molto dai progressi della Chimica organica per fortificare queste sue vedute , eh' egli giudica con- formi al vero. Tali progressi sono, per verità, oggidì luminosi e veramente scientifici , per modo che si potrebbe essere sedotti ad attribuir loro nella patogenesi un valor superiore a quello ch'essi realmente hanno e possono avere. A mio credere però, per quanto avvantaggino la scienza medica , rimarranno sem- pre tali da non poter fare sopra i medesimi sicuro assegnamento per una scientifica classificazione del- le malalie. Anzi, dietro i ricordati miei principi in proposito, ardirei fin anche di affermare, che per quanto progredisca quella scienza ausiliaria della Medicina, la classificazione delle malatie avrà sem- pre bisogno di appoggiarsi principalmente al di- namismo vitale. E dietro questa mia conclusione -135- appunto io verrò qui ad esporvi ragionatamente la mia, nella quale ho procurato di sviluppare le di- visioni e suddivisioni in modo da dimostrarvi co- me in ogni specie morbosa il fattore principale sia il dinamico patologico, ed il fattore accessorio in- vece sia l'organico diatesico. Ne' miei scritti , che vi lessi altre volle , ho già dimostrato come le condizioni patologiche delle malatie sieno in ultima analisi l' effetto delle im- pressioni, quando immediate e quando mediate, delle diverse potenze nocive, o cause occasionali, le quali eccitano nel solido vivo gli atti vitali ab- normi, ch'io chiamo azioni morbose. Mi fa d'uo- po adunque di farvi conoscere quali affezioni od azioni morbose distintamente derivino dalle im- pressioni immediate e mediate delle potenze noci- ve occasionali. * Le impressioni immediate sul solido vivo danno origine alle affezioni morbose locali, le quali sono ancora organico-dinamiche ed irritative, ed in sen- so relativo anche adìatesiche. Sono esse organico-dinamiche, perchè le impres- sioni che le eccitano , anche quando si mostrano sotto forma semplicemente dinamica , come nella irritazione e nello spasmo, mutano sempre lo stato organico della fibra, risultando ciò dalh sua con- trazione clonica nelle forme irritative, e dalla con- trazione tonica di essa nelle forme spasmodiche. — 136 - Contemplando nel caso l' azione diretta od im- mediata delle potenze nocive sul solido vivo , egli torna evidente che le affezioni in discorso non pos- sono per sé essere altro che locali , comunque la reazione diatesica, che destano, tenta a diffonderle o ad universalizzarle. Sono poi irritative, perchè una semplice azione morbosa locale, di qualunque natura sia la impressione patogenica all'uopo, sem- pre implica un margine fisiologico sufficiente per una valida reazione diatesica; e questo fatto dimo- stra che possono convertirsi in irritazione anche quando la loro natura spasmodica tenda a soppri- mere la funzione organica nella parte affetta. Ta- li affezioni sono infine relativamente adiatesiche , mentre le impressioni immediate da esse prodotte non introducono nel sangue alcun materiale estra- neo alla sua composizione: perciò la diatesi dei malati non si mula intrinsecamente , e quindi essa reagisce solo dinamicamente, cioè fisiologicamente, sulle azioni morbose da quelle destate. Debbo tut- tavia osservare in proposito , che sovente queste azioni morbose, quando si stabiliscano in qualòhe esleso apparato secernente, possono eziandio deter- minare accessoriamente una ritenzione di materiali eliminabili da quel!' umore , e quindi occasionare una intrìnseca sua mutazione , e mediante questo fatto produrre un' affezione diatesica : lo che però avvenendo, cessa allora la medesima dal rimanere — 137 — locale, ed invece assume lulte le caratteristiche delle affezioni organico-dinamiche universali, del- le quali vedremo in appresso la patogenesi. Io adunque ritengo le affezioni organico-dina- miche locali, che dimostrai dipendenti più dalle condizioni patologiche, che dalle diatesi individua- li, siccome appartenenti ad una classe propria, la quale è la prima della mia classificazione fisiolo- gica delle malatie. Crederei anche perciò chiamar- le idiopatie, cioè affezioni per sé, o non dipendenti essenzialmente dalle condizioni diatesiche dei ma- lati ; e ciò farei anche per distinguerle dalle affe- zioni dell'altra classe che ammetto, le quali io chia- mo simpatie , mentre in esse dominano morbosa- mente tanto le condizioni patologiche , quanto le mutate condizioni diatesiche , siccome dimostrerò in seguito. Ritenuta pertanto la denominazione di idiopatie per tutte le affezioni locali della prima classe, mi è forza a loro riguardo di osservare che non tutte le specie morbose relative tengono egualmente il loro processo morboso circoscritto alle località im- mediatamente impressionate dalle potenze nocive occasionali: anzi vi ha una serie distinta di esse, nella quale le condizioni patologiche loro, le im- pressioni patogeniche , non ne danno , per così di- re, segno alcuno di sé nelle località primitivamen- te e propriamente affette da quelle. Di più riflet- — il as- terò, che una tal serie di idiopatie suolsi verifica- re facilmente nei casi delle spasmodie, le quali ten- dono a sopprimere delle funzioni prossime, ed in- vece ad esaltare per mezzo del consenso vitale del- le funzioni remote. La quale circostanza poi non autorizza, a mio avviso, ad escluderle dalla classe in discorso, ma solo obbliga ad accoglierle in un ordine distinto della medesima. Io adunque separo le idiopatie^in due ordini, e chiamo semplici od es- senziali quelle del primo, e composte o meglio antagonistiche quelle dell' ordine secondo. Almeno finche si tratti di idiopatie semplici, le loro impressioni palogeniche cadono immediata- mente sotto i nostri sensi, per cui ci è dato di cal- colarle direttamente per quello che sono, mentre sogliono essere accompagnate da segni tìsici, i qua- li valgono a farle rettamente diagnosticare. Appren- diamo allora che tali impressioni immediale posso- no presentarsi, quando come semplicemente dina- miche, cioè alteranti sensibilmente soltanto l'azio- ne normale, come nella irritazione semplice e nella irritazione spasmodica ; quando invece come dina- mico-meccaniche, siccome nelle contusioni, ferite, ec. ; e quando infine come dinamico-chimiche, sic- come nelle ustioni, cauterizzazioni, ec. Ora queste differenze essenziali separano fra loro le idiopatie semplici, di cui parlo, nei tre generi di dinamiche^ dinam ico - meccaniche , e dinamico - chimiche : — 139- quelle del primo coesislono d' ordinano col loro agente nocivo occasionale, come nel morbo pelico- lare , nella scabbia , nel gastrismo , ec. ; quelle poi degli ultimi due generi, rappresentando delle reali lesioni del solido vivo, si presentano invece quali impressioni superstiti alPazione di un sì fatto agen- te nocivo, siccome dimostrano le specie ricordate. Quanto alle idiopatie antagonistiche, od alle af- fezioni del secondo ordine, non ci vengono offerti dai fatti tali tre differenze essenziali delle impres- sioni iranìcdiate, mentrechè queste anzi di solito ci si danno a conoscere soltanto come dinamiche, e precisamente piuttosto spasmodiche, anziché irri- tative semplici. Per istabilire adunque i loro ge- neri dovetti ricorrere ad altra fonte di differenze essenziali, la quale rinvenni, giusta la loro natu- ra, nel processo irritativo antagonistico che sì fatte affezioni vengono ad offerire. E qui trovai cinque differenti generi, che sono: quello del semplice an- tagonismo dinamico, come nel tetano, sia trauma- tico , sia reumatico , ec. ; quello delle angioidesi semplici, siccome nelle congestioni, stasi , emor- mesi, ec; quello delle ipersecrezioni irritative, come nella corizza, nel catarro, nella diarrea reu- matica, ec. ; quello delle emorragie antagonistiche, come nell'epistassi, nell'emoftoe, ec; e quello del- le flogosi antagonistiche , siccome la risipola , la blefarite, P irite, ec — 140 — E importante ancora nella diagnosi delle singo- le specie morbose di saper precisare se la potenza nociva agente nel produrre la sua impressione pa- togenica provenga o dagli agenti dell'esterna natu- ra, ovvero si presenti quale un'azione nociva, ov- vero quale un prodotto nocivo dell'interna natura dei malati. Per provedere^adunque a questa perfe- zione diagnostica ho diviso ogni genere del primo ordine delle idiopatie in due subordinati sottoge- neri , giusta tale diversa provenienza della causa occasionale , e a ciascuno dei medesimi finalmente ho soggiunte le specie e le varietà a seconda della mia analisi. Avrei poi desiderato di fare un'analo- ga distinzione riguardo alle idiopatie antagonisti- che; ma confesso ingenuamente che fino ad ora non sono ancora riuscito ne' miei tentativi. Quindi rispetto a tali idiopatie mi dovetti contentare di registrarne le specie sotto i cinque loro generi di- rettamente. Stabilita così tutta la prima classe delle affezioni sull'analisi dei fatti relativi alle impressioni imme- diate delle potenze nocive occasionali, passo tosto a stabilire le divisioni e suddivisioni della classe seconda delle affezioni, le quali, come accennai di sopra, io chiamo simpatie, e le quali, mentre sono dette dagli Autori di Patologia malatie universa- li o costituzionali, vengono invece prodotte dalle impressioni patogeniche mediate. — 141 — Riguardo alla patogenesi loro mi è d' uopo in- nanzi tulio di osservare che questa, per opera del- le impressioni derivale dalle potenze nocive occa- sionali, non può seguire senza che s'intrometta un fatto particolare dell'organismo, il quale si presti, per così dire, all'uffizio di porta -impressione, ed il quale per ciò appunto le renda mediate. Ora un tal fatto mediatore delle potenze nocive occasionali , e quindi portatore delle loro impres- sioni palogeniche, si è, voglia o non voglia, un'af- fezione o primitiva o secondaria del sangue. Ed invero tale umore ha la sua propria individualità; e questa , sebbene sia generica quando la si consi- deri in tutti gP individui , pure rimane rigorosa- mente specifica allorché la si contempli in ogni singolo individuo vìvente che la alberga. Come tale nello slato normale dell'organismo viene conserva- ta, almeno entro dati confini, dalle ordinarie azioni e reazioni organiche; e ciò sebbene quell'umore si muli continuamenle nella sua quantità e qualità a cagione dei materiali riproduttivi che in esso en- trano, sia pel diretto assorbimento dall'esterno, sia per r indiretto assorbimento, detto anche riassor- bimento , il quale ha luogo sovra i prodotti delle secrezioni ordinarie. Esso poi perde una sì fatta sua individualità ; e ciò per buona sorte spesse fiale soltanto temporariamente ogniqualvolta le potenze nocive occasionali per produrre le loro impressioni -142- palogeniche mediate inlroducono appunto nella sua costituzione fisico-chimico- vitale dei materiali estra- nei a questa : segua poi ciò od in via diretta, come nei casi di venefizj ; oppure in via indiretta, come nelle febri, nelF itterizia, ec. Per qualsiasi delle due indicate vie pertanto si venga a stabilire un'affezione del sangue, cambia essa tosto i rapporti eccitativi e riproduttivi di questo umore rispetto al solido che lo contiene , e quindi l'organismo dell'individuo vivente cambia insieme le sue condizioni materiali diatesiche, e le sue attitudini reagenti sulle azioni destate dalle potenze nocive occasionali. Che se queste potenze riescono insieme morbosamente eccitative e ripro- duttive, non possono esse fare a meno di non pro- durre appunto delle affezioni diatesiche apparte- nenti a questa seconda classe della mia classifica- zione, come mi accingo a dimostrarvi. Prima però ch'io proceda nello sviluppo delle divisioni e suddivisioni di questa seconda classe mi è d' uopo precisare di più le affezioni del san- gue contemplate; e ciò collo scopo di ridurle ad alcuni termini generali, i quali comprendano tutte le specialità loro sotto certi rapporti anatomici co- muni , non valendo la Chimica organica , almeno per ora, a fornirci di un mezzo opportuno per far- lo, come già fin da principio ho in proposilo os- servato. E qui tosto enunzierò che tali specialità - i 43 - delle affezioni del sangue vengono a risolversi in due sole generalità , le quali possono esprimersi co' nomi di arteriosità e di venosità , compren- denti dall' un lato tutte le specie relative che stan- no al disopra dell'arteriosità normale dell'indivi- duo, e dall'altro lato tutte quelle altre invece che stanno al di sotto di una sì fatta arteriosità. Sicco- me poi sono diatesiche le affezioni riferibili a que- ste due generalità ; e siccome le diatesi, come con- dizioni organiche, sono qualitative, mentre come attitudini riescono solamente quantitative; così è dato anche di esprimere quei due stati generali op» posti co' nomi di iperstenia e di ipostenia speci- fiche, quando isolatamente s'intendano nominare le affezioni diatesiche; e si dovrà invece servirsi dei nomi composti di eccitativo-iperstenici e di eccitativo-ipostenici , o meglio di sopraeccitati- vo-iperstenici e di contro -sopr aeccitativo -ipo- stenici allorquando s' intenda significare delle for- me morbose relative, le quali abbiano avuto origi- ne per mezzo di potenze nocive occasionali clie operarono per impressioni patogeniche mediale, e che produssero perciò delle condizioni patologiche corrispondenti. Non mi occorre di sviluppare maggiormente questa mia tesi, avendola ormai dimostrata ne' miei scritti anteriori, di cui una gran parte ho avuto r onore di leggervi. Soggiungerò quindi soltanto , — 144 — che gli agenti eccitativi mediati, cioè quelli che agiscono per mezzo del sangue , vengono sempre a produrre due distinti effetti, i quali sono: l'uno riferibile alla riproduzione di questo umore, e col suo mezzo relativo alla riproduzione del solido vi- vo ; e P altro riferibile soltanto all' eccitamento di questo solido. Ora questi due effetti , a mio crede- re, devono sempre contemplarsi separatamente, tanto in Patologia , quanto in Farmacologia ; e ciò perchè il primo è semplicemente in rapporto con l'attitudine diatesica, la quale per sé sola non può mettersi in atto ; mentre il secondo invece trovasi anzi in rapporto composto diretto con quest' atto del solido vivo, e per la sua natura dinamica in- chiede appunto le impressioni eccitative, a fine di poter- fornire insieme all'eccitamento quantitativo i fenomeni delle attitudini qualitative insite in tale solido medesimo. Nell'esercizio della Medicina pra- tica poi si Ila continuamente occasione di verifica- re tale separazione degli effetti riproduttivi ed ec- citativi degli agenti terapeutici, e tale applicazione alla cura delle malalie. Anzi la terapia in generale consiste nel combattere le condizioni patologiche quando di preferenza co' mezzi eccitativi, e quando invece di preferenza co' mezzi riproduttivi ; men- tre nel saper usare all' uopo il conveniente tempe- ramento sta appunto il magistero del Medico ra- zionale. — as- sono infatti in qualche maniera opposte fra loro le specifiche arteriosità e venosilà del sangue, so- pratutto allorché si considerino dal lato dinamico, il quale , rispetto alle medesime , non può offrire che delle differenze di grado. Nella cura delle af- fezioni relative poi, siccome queste sono di eccita- mento abnorme, ed insieme di abnorme riproduzio- ne, importa mai sempre di badare se il primo od il secondo fattore sia quello che si mostri più bi- sognoso di correzione, e se quindi si abbia ad agi- re di preferenza co' mezzi eccitativi appropriati al- l'esaltato 0 depresso eccitamento, oppure co' mezzi riproduttivi specifici indicati dalle condizioni dia- tesiche. In una febre intermittente , p. e. , in una sincope, bastano spesso i soli mezzi eccitativi con- venienti al caso. Nelle flogosi importa agire ad un tempo e sull'eccitamento e sulla riproduzione; e spesso anzi è anche necessario di prescegliere dei mezzi riproduttivi specifici, giusta la diatesi domi- nante nei malati. Nei morbi poi , in cui la diatesi prevale alla forma, cioè la riproduzione viziata al- l'abnorme eccitamento, come sono la sifilide costi- tuzionale, la scrofola, lo scorbuto, ec, si hanno da preferire gli antidiatesici agli antieccitativi , seb- bene qui pure, secondo i casi che si presentano, sieno da temperarsi i mezzi a tenore del prevalen- te fattore patogenico all'istante delle prescrizioni terapeutiche. io — 146 — Ma tornando al mio assunto, vengo qui ad affer- mare die le esposte differenze generali delle affe- zioni diatesiche in discorso servono appunto a di- videre la seconda classe, che le comprende, in due separali ordini , i quali io denomino : P uno delle arteriosità accresciute, che altrimenti chiamo an- che affezioni sopraeccitativo-ipersteniche: e l'al- tro delle arteriosità depresse o delle venosità ac- cresciute^ le quali ciiiamo altresì affezioni contro- sopraeccitativo-iposteniche. Timi e due questi ordini di affezioni hanno origine col mezzo d'im- pressioni mediate delle potenze nocive occasionali; ma quelle del primo ordine, che tutte sono febrili, hanno un'origine mediata particolare, che importa svolgere prima di passare alle loro suddivisioni in generi e sottogeneri. Nella mia Memoria intitolata : Fisiologia della fehre ne' suoi tipi, nelle sue composizioni e com- plicazioni, e ne' suoi rapporti genetici con gli altri morbi (Padova 1857), io dimostrai la diffe- renza genetica tra la febre sintomatica e la febre essenziale, facendo conoscere ch'è sempre un'azio- ne morbosa locale, un' idiopatia antagonistica, quel- la che si presenta come fattore pirogenico ; e che questo fattore è sempre una irritazione flogistica nella prima, mentrechè esso si risolve in una irri- tazione spasmodica nei casi della seconda. Quando pertanto una idiopatia di quest' ultima specie si — 147 — stabilisca nelP apparalo perspiratorio cutaneo, e sia abbastanza estesa ed energica per destare una valida reazione diatesica, essa viene allora per gui- sa ad influire su tale funzione da determinare una infezione reumatica del sangue, e da produrre quin- di un'emile reumatica, una condizione flogistica, un'arteriosità accresciuta di quell'umore, la quale si presti come causa prossima della reazione dia- tesica febrile. Il diverso grado dell' idiopatia piro- genica, rispetto all' attitudine reattiva diatesica, e la diversa disposizione antagonistica degli altri ap- parati organici, nonché dei singoli organi per ri- sentire gli effetti riproduttivi di quest'attitudine messa in atto dalla stessa idiopatia, sono per me le condizioni per determinare le differenze della for- ma febrile riguardo al loro tipo effimerino, inter- mittente, remittente e continuo; e riguardo ancora alla loro composizione, sia irritativo-secreliva, co- me nelle febri catarrale, gastrica, biliosa, ec. ; sia irritativo -flogistica, come nelle infiammazioni in- terne , le quali a cagione di questo processo flogi- stico localizzato possono congiungersi eziandio per soprasello alla febre sintomatica , e quindi presen- tarsi quali casi febrili sopracomposti. In conseguenza di queste mie vedute patogeni- che sulla febre io erigo Temile reumatica semplice in causa prossima delle affezioni appartenenti al primo genere dell'ordine in discorso. Calcolando — 148 — poi le differenze essenziali or ora ricordale; le quali , rispetto alle febri semplici , risguardano il loro tipo ; e le quali, rispetto alle febri composte , risguardano altresì quando il processo secretivo antagonistico, quando invece il processo flogistico localizzato ; vengo per esse a suddividere questo primo genere in tre sottogeneri, e ne ascrivo le fe- bri semplici al primo, le febri composte degli au- tori al secondo , e le infiammazioni simpatiche o diatesiche al terzo sottogenere. L'accresciuta arleriosità. Penule reumatica, pro- dottasi nell'esposto modo, siccome non esclude che co' mezzi terapeutici si possa determinare una con- veniente venosità, la quale valga per gradi a cor- reggerla, e a ridurla all' arteriosità normale; così essa non esclude che possa anche coesistere con una data specie di venosità patologica , la quale sia atta a modificarla, e a farla servire co' suoi ac- cessori di causa prossima a forme febrili partico- lari più 0 meno complicate. Ora queste venosità collaterali, le quali ben presto si vedranno appog- giare per sé sole le affezioni del secondo ordine di questa classe, sono qui invece tali circostanze pa- togeniche accessorie da offrirmi il mezzo ad am- mettere altri cinque generi distinti nell' ordine di cui faccio parola. Essendo adunque l' emite reumatica semplice la causa prossima del primo genere dell'ordine, sta- — 149 — bilisco remile reuQiatico-alcoolica siccome causa prossima del secondo genere, e ne attribuisco al medesimo, quale specie dimostrativa, la tremofre- nesi acuta, ossia il delirium tremens potatorum febrile. La mia estesa pratica in questo nostro Spe- dale mi ha insegnato ch'esiste una tremofrenesi acuta, e quindi febrile, ed una cronica o lenta, la quale è apiretica; e che nell'una giovano i salassi moderati , coli' uso interno del tartaro stibiato a pili 0 men alta dose, mentre nell'altro giova in- vece l' opio a dosi più 0 men generose. Da questi diversi fatti poi venni a conchiudere , essere l' in- fezione alcoolica del sangue una specifica tossie- mia, una venosità particolare , la quale dev' essere combattuta da tal mezzo sopraeccitante, che valga ad erigere almeno temporariamente 1' arteriosità esausta dagli abusi degli spiritosi. Che se poi sot- to un tale stato di tossiemia vi concorra un'occa- sione capace di ordire un' emite reumatica febrile, allora questa emite si rende reumatico-alcoolica, e si presenta la febre congiunta ad una flebite cere- bro-spinale, cui sono dovuti i tremori degli arti ed il delirio particolare che presentano sì fatti in- fermi. E queste condizioni patologiche dimostrano da sé come allora debba giovare il metodo antiflo- gìstico ricordato poc' anzi. Il terzo genere delle affezioni in discorso viene da me appoggiato all'emite reumatico-miasmatica, -150 — e comprende quali specie tutte le febri perniciose comilate. Le cattive arie delle paludi e delle ma- reuinie, le quali occasionano queste febri, sono quelle della notte dopo il tramonto del sole, quan- do gl'individui, esposti prima ai grandi calori estivi del giorno, vengono poscia a subire inipro- visamente la duplice influenza del notevole abbas- samento di temperatura atmosferica e della inala- zione del miasma palustre sospeso nell'aria. L'ima di queste due potenze nocive viene allora a deter- minare la infezione reumatica febrile ; e l'altra nel tempo medesimo produce direttamente la infezione miasmatica, che ne determina la perniciosa venosilà specifica accessoria , e che ne modifica quindi pe- ricolosamente l' abituale arteriosità reagente. A^- giungansi poi le particolari disposizioni morbose dei singoli organi od apparati organici nei malati, e tosto si comprenderà come tali febri sieno nella forma loro composte e complicate ; e come quindi vengano in iscena quei dati sintomi pericolosi , i quali hanno ad esse fatto attribuire la caratteristi- ca di comitale. Le specie relative sono : la sopo- rosa, Papopletica, la paraplegiaca, la emoftoica, la pneumonica, la pleuritica, la cardialgica, la sinco- pale, la emetica, la colerica, la sudatoria, l'algida, ec. ec. ; nelle quali mi sarebbe facile dimostrarvi la duplice condizione patologica, se per abbrevia- re la mia lettura non mi fossi risolto di esporvi — 1 51 - che soltanto gli argomenti necessari a svolgere il mìo tema. Al quarto genere dell'ordine in discorso io rife- risco tutte le specie febrili che sono mantenute dal- Pemite reumatico - putrida, o tifoidea nostrale. La quale loro condizione patologica composta viene prodotta del pari da una duplice infezione ; cioè dalla reumatica, la quale può precedere, può se- guire e può essere contemporanea all'altra ch'è ve- nosa, e che deriva dalla inalazione di effluvi putri- di, come in tutte le febri tifoidee nostrali, tanto sporadiche, quanto epidemiche. A loro riguardo poi mi è d' uopo osservare che gli effluvi putridi per la infezione tifica possono derivare ora dallo esterno dei maiali , come nelle febri nosocomiali , carcerarie , navali , ec. ; ed ora invece dal loro in- terno, e precisamente dai prodotti abnormi delle secrezioni, come nella dotienteritide , nella gan- grena , nella febre tifoidea sporadica, ec. E questa diversa derivazione di tali efflnvj mi fece appunto suddividere il genere in due sottogeneri, per dino- tare P origine diversa delle specie relative che ho ricordate. Nel quinto genere io raccolgo tutte le forme fe- brili esantematiche , cui attribuisco la causa pros- sima dell'emite reumatico-esantematica o contagio- sa indigena, essendo esse d'ordinario occasionate da un principio siti generis, prodotto e disseminato — 152- dall' organismo ammalato di morbo esantematico simile , e reso ormai indigeno fra noi dopo la sua introduzione dall'estero nei secoli remoti. E poi noto che un sì fatto principio nel suo appigliarsi all' individuo sano non è atto per sé solo ad ecci- tare la forma febrile , che deve dare per prodotto l'esantema ; e che anzi per questo fatto i pratici as- segnarono a tali morbi uno stadio di delitescenza 0 di occultamento del contagio ; stadio che può durare , secondo essi , più giorni e piìi settimane , e, secondo me, anche più mesi e più anni, come ben tosto dimostrerò. Certo è intanto dalla espe- rienza, che si rende necessaria nei sani una dispo- sizione per contrarlo , o meglio per dargli svilup- po, mentrechè anche mancando tale disposizione nell'individuo, questi può nullameno accoglierlo, per trasmetterlo in chi quella tuttavia esiste. Così consta pure dalla esperienza , che d' ordinario si perde la stessa disposizione allorquando si abbia una volta superata la specie della malatia esante- matica, la quale produsse un sì fatto principio spe- cifico. Di più torna ancora notorio dalla esperien- za, che quando concorrano negl'individui sani e l' infezione contagiosa , e la disposizione per darle sviluppo, sempremai è inoltre necessaria una favo- revole costituzione atmosferica , la quale favorisca un sì fatto sviluppo ; mentre si osserva che singo- larmente le epidemie in proposito non avvengono — 153 — indifferenleiuenle in tutte le stagioni dell'anno, né in tutte le annate che si susseguitane ; e che anco- ra quando hanno luogo, esse si svolgono in una data stagione, si accrescono in un'altra, e si miti- gano, nonché spariscono in una terza. Del resto, parlandosi all'uopo di favorevoli costituzioni at- mosferiche, non può intendersi che la influenza reumatica dell'aria circumambiente , recata a date qualità nocive specìfiche. Lo che tutto concorren- do, deesi venire alla conclusione, che in ogni mor- bo esantematico avvenga in primo luogo l' infezio- ne contagiosa specifica, la quale risguarda la sola diatesi , perchè non altro produce che lo stadio di occultamento del contagio ; e che poscia in secondo luogo per le comuni influenze atmosferiche si ef- fettui P infezione reumatica necessaria per la febre eruttiva od espellente il contagio stesso , la quale d'ordinario cessa appena consumata la eruzione esantematica. Laonde gli esantemi sono morbi a doppia infezione del sangue ; e questa infezione dall' una parte deprime direttamente l' arteriosità normale degl'individui, per ridurre il loro sangue alla venosità specifica del contagio; e dall'altra parte invece essa riabilita indirettamente una tale arteriosità , per fornire a loro il mezzo di espelle- re il contagio. E qui può sorgere la questione per sapere se la febre eruttiva espella o meno tutto il principio con- --154 - tagioso dall' organismo dei singoli ammalati ; o se questo organismo ritenga una parte di quello, e la emetta in séguito a riprese quasi continuamente, in modo che serva, per così dire, di perenne fonte d'infezione sotto le favorevoli condizioni atmosfe- riche ed individuali al suo sviluppo. Quando per- tanto si consideri che i casi sporadici degli esan- temi sogliono, per la massima parte almeno, pre- sentarsi spontanei , e che questi casi spesse volte si mantengono tali per mesi ed anni, sembrerebbe allora che si dovesse ammettere l'ultima parte del- la tesi; cioè clie gl'infermi anche dopo la ottenuta guarigione ritengano la facoltà di espellere il con- tagio. Che se questa conclusione fosse conforme alla verità, si spiegherebbe facilmente come abbia- no origine i casi spontanei , i quali altrimenti re- stano inesplicabili, a meno che non si ammetta la ipotesi poco fondata, che il contagio, sebbene d'or- dinario sia il prodotto di una data malalia, pure talvolta possa essere l'effetto di altre eventuali com- binazioni. Del rimanente potrebbe anche in altra maniera avvenire che il principio contagioso indigeno si trovasse continuamente diffuso negl'individui del civile consorzio, e che il medesimo soltanto attenda le favorevoli costituzioni atmosferiche pel suo svi- luppo. In questa ipotesi allora si renderebbe facile ragione della durata diversa dello stadio di delile- — 155 - scenza, e di più si spiegherebbe il perchè delie ri»- comparse epidemiche di si fatti morbi soltanto do- po trascorsi più mesi e più anni. Ciò valga per tutti quei morbi esantematici che derivano da un principio contagioso manifestamen-, te derivato dalP esterno dell' organismo di coloro che per esso ammalano, e che sono da questo prin- cipio preventivamente condizionati per mez20 del- lo stadio di delitescenza, come nel vajuolo, nel ya- juoloide, nel morbillo, nella scarlattina, quali spe- cie di questo genere. Senonchè io vi riferisco anche la migliare, la varicella, il ravaglione, la rosolia e l'orticaria, che sono specie le quali non sembrano derivare decisamente da un principio contagioso estrinseco all' organismo dei sani, né essere prece- duto nella loro eruzione esantematica da uno sta- dio manifesto di delitescenza ; anzi apparisce che ogni malato di tal fatta produca un principio irri- tante sui generis, il quale riassorbito, venga poscia di nuovo espulso sotto la febre eruttiva. Per que- ste ultime specie adunque parmi essere richiesta una alquanto diversa interpretazione, onde tenerle subordinate in questo genere ; ed io la porgo nella seguente argomentazione. La migliare, circa ti-ent'anni fa, dai Medici del Padovano era solo conosciuta dai libri di Medicina pratica , mentre soltanto per caso qualcuno la co- nosceva dietro esperienza propria. Dal canto mio — 156 — confesso che prima del 1 834 non Favea mai vedu- ta in questo nostro Spedale, né mai avea sentito ve ne fossero dei casi. Sapeva però che da qualche anno si era propagata dal Veronese al Vicentino, e che tendeva ad invadere la nostra Provincia. In sé- guito essa si diffuse a segno , che dal 1 838 in poi si ebbero parecchie epidemie, e che al presente può dirsi dominante fra noi , come prima dominava in Verona ed in Vicenza, Sappiamo ancora , che già s'inoltrò nelle altre Provincie della Venezia. Da questi fatti mi sembrerebbe adunque di dover in- ferire che la migliare derivi del pari da un princi- pio contagioso estrinseco agi' individui che ne am- malano, ma che questo principio abbia appunto di proprio il bisogno di una elaborazione preventiva, onde poter servire alla produzione dell'esantema dopo il suo riassorbimento. Analogamente poi io penso che avvengano i fatti riguardo alla varicella, al ravaglione, alla rosolia e alPurlicaria. Del resto, dietro queste vedute , io divido il genere delle af- fezioni in discorso in due sottogeneri , i quali de- nomino l' uno della infezione esantematica im- mediata, e l'altro della infezione esantematica mediata^ comprendendo nel i.° i vajuoli, il mor- billo e la scarlattina ; e nel 2." invece la migliare, la varicella, il ravaglione, la rosolia e P urticaria. Da ultimo riconobbi un sesto genere di affezio- ni ad accresciuta arteriosità specifica , e questo io — 157 — denomino dalla emite reumatico-contagiosa eso- tica 0 pestilenziale. Vi riferisco poi le tre specie di pesti forestiere , conosciute sotto i nomi di pe- ste orientale o huhonica , di peste occidentale o fehre gialla (V America, e di peste dclVIndostan 0 cholera-morbus indiano. Le prime due sono ve- ramente febrili, e perciò non possono non apparte- nere all'ordine in discorso. Quanto poi alla terza, potrebbe sembrare dubioso il suo novero con le al- tre, per essere la medesima, almeno nel primo suo stadio detto algido, manifestamente priva di rea- zione febrile. A suo riguardo però mi è forza di osservare che la febre senz'altro si presenta nel se- condo suo stadio, e che anzi questa febre, ove non si risolva prontamente a guisa della effinierina, tenda decisamente ad assumere la forma della ti- foidea, la quale la assimila alle altre due specie di febri pestilenziali. Del rimanente la circostanza che il cholera-mor- bus non è febrile nel primo suo stadio, non è, a mio avviso , di un valor tale da doverlo escludere dal- l' ordine di cui si parla. In caso contrario sarebbe lo stesso che dire, non appartenere alle febri esan- tematiche lo stadio di delitescenza dei morbi esan- tematici, perchè nemmeno in questo si mostra an- cora la reazione febrile. Forse qui mi si farà os- servare, che nella delitescenza dei contagi esante- matici non vi hanno mai dei fenomeni morbosi -158 — molto apprezzabili, menlrecliè nello stadio algido del cholera vi si producono dei gravissimi, e spes- so tali da troncare la vita degl'infermi prima an- cora che possa aver luogo lo stadio di reazione o di febre. E qui replicherei: che se i contagi (iegli esantemi febrili fossero così potenti, come lo è quello del cholera ^ si avrebbero allora anche nei medesimi dei fenomeni gravissimi, mentre tende- rebbero anch'essi, come l' ultimo, ad esaurire l'ar- teriosità del sangue per produrre una flebostasi. D'altronde tanto dall'una, quanto dall'altra parte, per l'insorgenza della febre viene richiesta l'infe- zione reumatica del sangue, perchè come emite reumatica possa esistere la causa prossima della reazione febrile ; che se quindi nel cholera dal con- tagio viene talmente depressa la diatesi da non con- cedere l'ordimento di quella causa prossima, e per- ciò di questa reazione, egli torna, a mio credere, evidente che questa circostanza non può escludere tal morbo dall'ordine, mentre più di sovente ha luogo essa reazione. Esaurite in sì fatta guisa tutte le divisioni e sud- divisioni delle affezioni quantitative e qualitati- ve ad arteriosità morbosa accresciuta, mi rimane ora di stabilire quelle delle affezioni quantitative e qualitative ad arteriosità morbosa depressa sotto il livello del normale; cioè quelle a morbosa veno- sità specifica accresciuta, mentre che questa con- — 159 — dizione morbosa , come indicai di sopra , corri- sponde all'altra. Questo secondo ordine di affezioni ha per carat- teristica propria P apiressia , o la mancanza della febre; e ciò appunto per la ragione delPaccresciu- ta venosità, la quale per sua natura deprime Par- teriosità, come già lo dimostrai riguardo allo sta- dio algido del cholera. Può nondimeno, anche ri- spetto alle medesime affezioni, talvolta accidental- mente associarsi l'emite reumatica febrile,come nel caso ricordato della tossiemia alcoolica, e quindi comporle ; ma allora esse non appartengono più a quest' ordine, sì bene al precedente. L' analisi delle specie relative mi fece conoscere una triplice origine loro, a seconda della differente maniera di agire delle potenze nocive occasionali, che vanno a produrre la loro rispettiva venosità accresciuta od arleriosità depressa. In una serie in- fatti tali potenze introducono direttamente nel san- gue, per mezzo dell'assorbimento, un dato mate- riale nocivo, il quale lo snatura, e lo rende quali- tativamente inetto all' uffizio di stimolo vitale in- terno, come nei venefizj rapidi e lenti. In una se- conda serie quelle potenze nocive, in luogo d'in- trodurre direttamente nel sangue un dato materiale nocivo, si limitano invece a sconcertare in qualche modo la funzione dell'ematosi, e quindi a produrre una quantità inferiore al bisogno dell'economia — 160 — animale, come nelle asfissie, nella cianosi, nella clo- rosi, ec. In una terza serie infine le stesse potenze nocive si rendono in qualche guisa operose già fino dal concepimento dell'individuo, dando luogo ad una viziatura originaria dell' ematosi, e quindi ad un viziato rapporto ereditario fra Parleriosità e la venosità nel medesimo, per modo che si presenti una difettosa reazione diatesica lungo la vita extrauteri- na dell' individuo stesso , ed una serie di prodotti riproduttivi abnormi, corrispondenti ad una sì fat- ta reazione difettosa, come nella scrofola, nella ra- chitide, ec. Io adunque, dietro tali tre differenze essenziali generiche nella genesi delle specie relative a que- sto secondo ordine delle affezioni diatesiche , mi sono determinato a separarle in tre generi, ed in- sieme a distinguere le loro condizioni patogeniche essenziali co' nomi di tossiemie, di anemie e di cacoemie. Le tossiemie sono le affezioni più evidenti di quest'ordine, ed insieme le più affini a quelle del- l'ordine precedente, sopratutto se si confrontino le specie loro con le specie dell'ultimo genere di que- sto, e particolarmente col cholera indiana, il qua- le , coni' è noto , fu da taluno considerato siccome una maniera particolare di tossiemia. E per ve- rità, allorché isolatamente si consideri lo stadio algido di questo morbo pestilenziale , e si ponga — 161 — mente alla grande potenza nociva deleteria del suo principio contagioso, esso senz'altro si disegna quale un venefizio , ed il volgo ignorante quasi in ogni epidemia lo giudicò per tale. Considerandolo però nel modo esposto di sopra, il medesimo cessa dall'essere una semplice tossiemia particolare, e si costituisce invece quale una specie di febre pesti- lenziale a condizioni patologiche proprie. Anche il delirium tremens apiretico è una specie di tos- siemia, una specifica venosità prodotta dall'abituale abuso delle bevande spiritose , le quali alla lunga esauriscono l' arteriosità del sangue, fanno preva- lere le qualità venose in esso, e quindi determi- nano quelle fleboidesi encefalo-spinali , da cui de- rivano compressioni ed irritazicni dei centri ner- vosi, e per questi effetti ultimi i tremori ed il de- lirio particolare. Ma allorquando questo stato pato- logico si congiunga con una emite reumatica, allo- ra il medesimo cangia natura , e diviene quindi una specie morbosa dell'ordine precedente, la qua- le anzi, per le sue caratteristiche proprie , diviene il sostegno del secondo genere di tal ordine, come dimostrai qui sopra. Le tossiemie sono adunque semplici affezioni primitive del sangue, le quali vengono prodotte dalle potenze nocive occasionali allorché per mez- zo dell'assorbimento introducono nel sangue stes- so un materiale deleterio indecomposto , mercè il U — 162 — quale, secondo la dose ed il grado della sua azio- ne, viene o rapidamente oppure lentamente esaurita l'arteriosità organica, cioè la facoltà reagente del- l'organismo. E dietro queste mie vedute in propo- silo suddivido questo genere in due sottogeneri, ritenendo nel primo tutte le specie delle tossie- oiie rapide o violenti , come sono i venefizj pro- priamente detti ; e raccogliendo nel secondo sotto- genere le specie lente o subdole , come sono i tre- mori alcoolici, la paresi mercuriale, la colica sa- turnina, la sifilide costituzionale, ec. Le anemie, come secondo genere dell'ordine, hanno origine, giusta l'esposto di sopra, non già in via immediata, come le tossiemie, sì bene in via mediata ; cioè per mezzo di uno sconcerto fun- zionale, il quale o direttamente o indirettamente influisca la ematosi, scemandola sensibilmente ne' suoi prodotti di reazione organica, nella sua arte- riosità. Io, per una sì fatta origine, chiamai fun- zionali le anemie in discorso , e ne distinsi quat- tro soltogeneri, a seconda della funzione lesa più influente nella produzione delle specie relative. Nel primo sottogenere, che chiamo delle anemie ner- vose, io collocai la lipotìmia, la sincope, ec. ; nel secondo , che qualifico col nome di respiratorie , ho raccolto le asfissie, l' asma , ec. ; nel terzo , che dico ematopoj etiche- dinamiche ed organiche, an- noverai dall'un lato la clorosi, e dall'altro la eia- — 1 63 — nosi; e nel quarto, che denomino chilopojetiche ho distribuito come specie P inanizione per digiu ni protratti, la cachessia propriamente detta, l'it terizia, il diabete zuccherino, la pellagra, lo scor 5 buto, ec. Da ultimo le cacoemie ereditarie, delle quali di sopra ho indicala T origine , offrono delle specifi- che renosità fisiologiche , che si pronunciano con abito morboso particolare, da cui si desume quasi a prima vista la depressa arteriosità reagente , ed insieme la viziatura venosa della riproduzione or- ganica. Tale è poi la natura organico-dinamica del loro abito morboso in causa di queste condizioni patologiche da rendere, per così dire, patologiche le stesse impressioni ordinarie degli agenti eccita- tivi normali della vita. Che se poi questi agenti esterni trasmodano alquanto nella loro azione, o effettivamente operino come potenze nocive occa- sionali , allora si producono delle azioni morbose di una efficacia proporzionatamente maggiore, e quindi delle reazioni diatesiche tali da ravvisare l'indole cacoemica specifica, più che il grado del- l'attitudine reagente salutare. Del rimanente, per la loro fonte originaria comune, la quale si è il concepimento, non ho a loro riguardo riconosciuti dei sottogeneri; e quindi ne registrai le specie re- lative direttamente sotto il genere ritenuto. Sono queste specie la scrofola, la rachitide, la gotta con -164 — tutte le sue varietà, le impetigini diverse, lo scir- ro ed il cancro , il fungo eraatodes e midollare, la tubercolosi, ec. ec. Ho esaurita così la mia classificazione delle ma- latie giusta i miei principi fisiologici dello stato morboso. Se in essa poi non ho ritenuta una clas- se a parte pe' i vizj strumentali , ed un' altra per le differenti diatesi ipersteniche ed iposteniclie , ciò io feci per la ragione, che tanto gli uni, quan- to le altre, non costituiscono per me delle malatie propriamente dette , ma soltanto uno solo dei fat- tori patogenici delle medesime: ed anzi soltanto il loro fattore accessorio. Come tale quindi ho già contemplati sì gli uni che le altre al loro posto ; Ile mi parve necessario considerarle a parte in un lavoro che direttamente non riferivasi alle loro condizioni. Spero pertanto di avere nondimeno esaurito il mio tema ; e riguardo a quanto ho esposto vi ag- giungo qui un mio Quadro di classificazione, per- chè nel medesimo possiate con la vostra propria ispezione assicurarvi dei principi fisiologici che unicamente furono da me all'uopo seguili. Forse vi troverete alcun che da dire intorno al collocamen- to di alcune specie ; ma mi prenderò la libertà di farvi osservare in prevenzione, che per ora la mia analisi non mi permise ancora di fare tutto il me- glio possibile in proposito, e che d'altronde non à IBOSO. ^icmversali, costltuziona! K ORI jgipatie controsopraeccìtativo osità accresciute specifiche, r I V. B. Siccome i vizj strumentali, e le iiscono che un solo fattore patogenico lizione patologica; così le loro abnor ì Classi a parte. Per quelle che sono i tanto nella prima, quanto nella secon< 'fi r:L\SSlFICAZIO>E DELLE MALATIE GII STA PRINCIPJ FISIOLOGICI DELLO STATO :\IOrxROSO. • GLASSE I. IlJloi'ATiE. - Mnlalie oriranico-dinamiche locali, irrilalive. adialesiche. ORDIXE ir. Idiopalìe antagoQÌstiche. GEIVERE I. Dinamiche M:m|ilici. GKÌNKUt; II. Emormcticlic svini ilici. CF..\i;iii'; 111. Ipcraccrctivc. CR^RnK IV. Eiiiurragiclip. GE^KItl-: V. lrriisli«U'l1ogistìclK>. TrUao trsnmatico. rrumatico. KrtlMDpiia. El'ikuU r«»raiialr. lint'imatica. Itteriimo. l|>i>condriait. ^IiImcodU. Mnnia. Amni». CrrtinUiDO. Iiliolùmo. Fniormr»! M BrolTfrìa. Anfioidni : h) crrotlcfl, b) t|iinnlF. r) |iwlmoaale, (/) ronlliica, r) *|ilriiica, f) rpalica. Kiiiorroldl. Coiig»>Ìonc uln-iaa. Corita. f^utnrrn. l'iitiblninio. l'olifolt». I)iiirr«a rriimoUca. Puliurìp : n) iipn«mnillca, h) rcuiDOllca. Edmin. Aitile. Iilruiiirofc, Kdema tiri polmoni. Idro peri card io. Anninrco. Epl'laul. Emo n or. KinalemptL Kntnturip. SIciuuturìh. Mriitini«ili)nr «icnrio. Entrrn1rragidpulinQiiolc(opoplc».poImonalf). Eniopio, llUipoln. FlniiaHinoldro. FlrihiDunp. Foruncolo. IMcrJiritr rnimalica, UlUliiiia rfUrtiMica. Irilc reumnlkn. Mriijnpitr Irnla. Stornatile leni*. Glutiiip Unta. F.piilitr lento. hlmilc Ipittti. AniÌ|:rfritr lenta. (Iforìte Irnln. Meirltf Irnla. l'iitìXt Iratn. IHnraltritc Icuta. Simpatìe. GLASSE li. Malatie oraanico-diiiamiclie universali, rostituziouali, diatesiche. oimiMC I. Simpatie sopraecciUlivo-ipcrsIcniclio, mi .nrlcriosiL'i .nccrcsciule , sia isolate, si.i congiiinle .1 vcnosil;\ specificlu". Frbr^ rdlio^riiifl. Fibrt intrrniiUriilr : S.rTTOr.,.MM:l. ) flj .|.KHÌdi«n«. Frbri ,..npli.i \ A WMiia. ' I r) qiinrlnna, re. f Ftbrc remittente, o qiiulldlnnn coiiUniiatd. \ Fobrc coiitiiiufl, n quniii contlnciitr. Sortot \rtLr li ( *"'''""'" reiimnlica, o reumniolgica. t?„i"_: ''' ', i^„- . } Febee cnlarrjilc, o reHnnillco«enUrroK', ' - ' 1 rcbre cfl^tricn, o pnlilileiinu'A. cwi'<-. ^ |..^(^j.^. ,,ni,„„^ „ policollcii. Mritin',;ile eil nrniiulte frbrik. Fncrf.ailr f.'l.rilc. Mirine »piiinl<-. » rachlolcltc Mirile. Iinrin^llc, o liflclielte febrile. Bronchite febrile. Piicninanile Tebrile. PIctirile, o plciiropnciimaiilte rebrilo. Pei knrdite. tiil rtocardile frbiile. Endocardite febrile. Oorilite, o iniocnnllte febrile. Aortite, od nrtcrllc febrile. Senile febrile. l-'lebìle, o llegmaiin nlbii-dolen» felirlle. Portile febrile. htniile. od (iniigdnlile febrile. Guarite febrile. Duodenite febrile. Knlerite febrile. i'.-.iti.i.U.- febrile. l-.|uitii.- i>TT«r.K,1KltK If. Per infeiiuflc inlrìn» SiiTTOr.E.ÌEHK I. Per iiifedonretlrinti iiiiincdiuto. SOTTOCnf-KE II. Per iiifcxiiHtr r*irinieca J1 I GEMERE VI. Uinil*- rcumalico-coiitagio- u cs'ilica. } DclEriuni tremen» poldlurinn febrile. / Ft'bi'c pernirlosa cefiilicn, nru «oporuio, ori npoplrltiea. Pebre pernicloHu loriielrii (pncnmonirn , pleiirltirn, rinoftoieii, lpi>»tiit)en). Fcbre peniIrio>ii cnrdiiien, ora li poti mine a, OHI >inrop»le. Fcbre pernieioin gn»lrocnIcrÌcn(dÌDrrultn, cmetlcn, cnlerìcii, ec). ^ Febrc pcniiciuio lleboitntlcn od algida. Tifo peteceliiale. Tifit nosocomiale, cnrcerarlo, CQ»tren*e,ec, Tifo per infezione nccldentiili- (nccroiuupl- co, citininro, ee.). Fi-bre tifoideo i;aMrÌcu o dotiiienterlcu. Febre tlfniden per infetione purulenta. Febrc tifiildea per infeslunc ^ongreiiotn. Febre tifoidea pellugroin. Febre etica. Vajnoln iirnbo templlce, I Vainolo (raiigrcnoiu o tlfoldev. ^ajuoloide. ' Morbillo. Se ur latti nu. ' Milinre. I \ariceUa. It«v,i(rll..ne. > l1o.olia. l rtìeiirio, ' l'ette arirntnle o bubmiirn. I l'e»te orriitentale, o febrr f(\n\\ii d America. Pc»te dell' Induttan, o Cliolcra mot bui in- diano. fi) Tutte le tpteit di uU Sottogenere del Genere, menire lono prodotte per mnto della emile reumitica delb febre nteniialr, I* qoalc emìle »i loeitliiM, po«»oiio per quetlo fatto o centro di ntxita irrÌLifiaac.di nuoia rrradii/ione e di nuora inf'fione reumatica, dipende ole, carne la reafionr traamatica dei ChirurKhì. da rfuetla e.aiiu ae<^e«M>ris; poiMno. dico, aiM^ curai alla frbre aiatomalicai e quindi convertirai in tpecie composte o lOTracoinpoite. OUPINK 11. Siiiipalie conli'osoiiraoccitalivo-iiHìslenìcho, aiiorìosili\ tlt^iircssc o venosìLì nccresciutc siietiìlìche, formnnlì cundiziuiii morbose per si>, Mlnertdi pti\ 1\-eipienll : 11) arM-nlcMe, M meieni'liile corrnaUu, e) Idrocliinloo uvid». Ve^'etiitt ìAti a-eiiiicntl: b) iitritpliui, 0 ili ^cllndo))lUl ; r) aiiluuiun, u di gUiiiiulumu ; li) vlvtitlno, 0 di delitti; f ) liiiiroceruKlno,ti dt bnccho ilei Innro ceinioi f) (leoiiillnn. 11 di aeonttn hn|icllo ; ij) »li'liiiiieeo, 0 dellu noce \oiiilcii Aniiiinll pili iVeipientl : II) nioran di vipera, />) hioran di enne rnbbloiu. AlrooleiiiliiM, 0 ti emxrl mrr.'iiridi. niollbiUn.u'i.it.., .. rnllni sMliiniimi, ee. , Sllltoeinis o ^tllli.l>; co^tiliKioiii.le. I Eniuri'nulon. Mpolliulncn. I Hlncopiilu. Aiiiin ed ortnpnen. Aallaale auniiciitlve : (() per iippicviimeiilo, II) per iiiine^niiieiKo, A|iiiiui per iininuiiiiKii ili iii'ln ntiiiuifuvlGa, Apnea per orlo liTeapli'iibllI. UUpnen per una oitldu di cnrlionlo. I Ciurmi. I ClniiDnl oonfteiilln, I T'IeliuHtiiiiI pidiiionale. t liuiiilxliiiH' ]ier ill^litiio pi'OtrnUn. . t^iiebojiiiiii eli[|[i|iii|iilli;ii. I Itlerlilii. I niiibete Kiicelierliiu. ' Ulnlivlo liiiipldu. Scorbuto. l'cllngra. Scrnfuln. Ilucblllilv. I PudaKi'i <"l "l'trltlilu. liiipi'tlKlnl vnrio. Heirrii 0 cunci'u, inKo eniiitndu v mldollart. I Meleiin. Morbo iiiziirro, n di AdlnionV TdbercoloMi, ti i is 'a SoTTOItKnKlkK 1. Roplde o>ÌoU'iitl(«oncIlij). Soi'..>t;nK II. Lente 0 tiibdole. 8orToiii.imK I. ÌNertoie ed riiiurrii|;k'lie SiiTTDornKnK li. Ile.J-hutoile ed iipnolcbe. S^■^rollK^»;^R IH. rioillopiilellebe. HoTTWtr.w.nr. IV. CtiilopoletleliL'. GEINEHE 111. Cnroeiiifc ercilil.iri.'. N. B. Siccome i vixj •trumeatali, o lo diat«ai ipeciiicbe (lolatomcote contidoratc, non co- atitoiiconu cba on aolo fattore poiogenico, o t\ue%ìit anche ncceiaorìo, eticndono principale la condi/ioiie patologica: coti le loro nbnormilii non puiiono in (luentn clatxficoziono formare d«llt ClaMi a patte. l'cr i]uelle che «uno eiae vennero gib cnlcolato, per cui figurano nel Qua- dro tanto nelb prìiru, (juanKi nella aeeonda Claiae che ai itabilironu. — 165 — presumo dì aver toccato F apogeo del perfeziona- mento, il quale in alcuna guisa potrà soltanto es- sere raggiunto allorché i miei Colleghi volonterosi si associeranno all'opera mia. -OO^'OO-OXXKXy- Seconda Lettura. — Relazione sulPlstitiito dei Cretini, fondato stilP Abendberg dal Dott. Giiggenbùhl, delf opera del Dott. Scontetteng. — Del Dott. Achille Tosini. i nell'Aprile dell'anno decorso il Dott. Scoutetten, Capo dell'Ospitale militare di Metz, nel visitare que- sto Giardino botanico lasciava in dono al Professore che ne tiene il governo un suo opuscolo, puLlicato nel i857, ed intitolato Une visite à VAhendberg. Ottenutolo in lettura, lo trovai tanto interessante, tanto degno della comune attenzione, che sapendolo posseduto da pochi, decisi di darne relazione a que- st'Academia , aggiungendo del mio poche parole su quello stesso argomento. Nel presentarvi questo tenue lavoro, o Signori, m'è inoltre di conforto l' incontrare di tal maniera il giusto desiderio manifestato dal chiarissimo nostro attuale Presidente. Nell'erudito e pregiato suo Di- scorso, letto in occasione dell'apertura di queste Sessioni academiche, dimostrando egli. come molte volte tornino più vantaggiose e proficue delle stesse letture di Memorie originali le semplici relazioni di interessanti lavori o di utili e recenti scoperte, esor- tava gli Academici ad un tal genere di studj. Questa sua raccomandazione singolarmente agli alunni voi- — 167 — geva 5 ben conoscendo come questi esercizj possano ad essi formare scala per ascendere a lavori più diffi- cili e di maggiore importanza. E tema dell'opuscolo del Dott. Scoutetten e di questa breve mia Memoria una classe sventurata del genere umano, colpita da una delle più terribili in- fermità che trae talora fin dalla nascila, o che tal- ora incontra sul mattin della vita ^ la privazione, cioè, del bene dello intelletto^ principale, per non dire unico distintivo deiruorao dalle altre classi de- gli animali. Chi difatti potrà descrivere la sensazio- ne di ribrezzo e di pietà che desta la vista di un cretino ? Quel capo or piccolissimo, ora stragrande e disarmonico, quella fronte depressa e fuggente, quel- la faccia irregolare, quelli occhi da strabismo presi e convulsi, quel naso schiacciato e larghissimo, quelle labra ingrossate, fra cui s'inoltra protuberante e pen- zolone la lingua , non possono che ingenerare una dolorosa e spiacevole sensazione. Inoltre a tali im- perfezioni s'aggiunga talvolta la debolezza o man- canza della vista , dell' udito e della loquela, una inerzia muscolare, e l' impossibilità d'eseguire qual- siasi movimento. Questi esseri sventurati, come se avessero la coscienza del ribrezzo che inspirano, cercano di sottrarsi all'altrui sguardo, nascondendosi nei luoghi più oscuri ; e preferiscono quasi la convi- venza co' bruti, ai quali sembra ch'eglino stessi sap- piano di rassomigliare più che all'uomo. — 168 — Ma il senso di ribrezzo inspirato dalla vista dì questi infelici deve tosto cedere a quello della pietà, ed il cuore dell'uomo, che risponde ad un tale sen- timento, non può restare indifferente a si miserando spettacolo ; ed impiegando quei mezzi che la Provi- denza gli offre, dee cercar di rialzare l'avvilita crea- tura a quel grado che Dio le assegnò. E a lode del- l'umanità vediamo difatti e Commissioni mediche incaricate a studiare di tale infermità le eause e i fenonemi, e a proporne le cure, ed erigersi Stabili- menti a raccogliere gli affetti, dei quali basti porta- re ad esempio, quale insuperabile modello, quello fondato sull'Abendberg dal Dott. Guggenbiihl, con tanta cura e diligenza descritto dal prelodato Dott. Scoutetten, Comincia il Dott. Scoutetten il suo lavoro col tri- butare al Dott. Guggenbiihl meritati elogi per la in- stituzione di quello Stabilimento , e col lodare il suo coraggio, le sue cure, i suoi avvedimenti, che meri- tarono a quello Stabilimento l'ammirazione del 3Ion. do intero. Descrive poscia la posizione salutare ed amena in cui esso sta eretto, e la bene ideata distri- buzione dei fabricati che lo compongono. Manifesta l'alta meraviglia da cui fu compreso quando internandosi in questo Stabilimento , in luo- go di trovare , com'egli si attendeva, degli esseri informi dalla faccia schiacciata, dalla testa allungata, dal collo gonfio pel gozzo, dallo sguardo stupido, dal- — 1 «9 — r insensato sorriso , inconlrossi invece in giovanetti che ben pochi segni fisici e quasi nessuna traccia in- tellettuale presentavano di quella infermità che fin dal loro nascere avevano seco portata. Narra i saggi portentosi che sotto la guida del Prof. Guggenbiihl essi gli offersero nella musica, nell' aritmetica, nella geografia, nella scrittura, nelle lingue; e dopo gli esercizj intellettuali parla dei ginnastici, e come non minore meraviglia in lui abbia destata la somma agi- lità de' molti fra quei miseri ricovrati. Espone come i mezzi, pe' i quali il Dott. Guggen- biihl arriva a rialzare questi infelici dalla degrada- zione fisica e morale in cui sono immersi, s'appog- giano tutti sulla differenza ch'esiste fra il cretino e Vidiota. Il cretino, secondo il Dott. Guggenbiihl, è un essere completo, il cui sviluppo fisico è arrestato da quelle condizioni morbose , nelle quali è nato e vive. In esso la vita morale ed intellettuale è para- lizzata da' suoi organi fisici , che sono senza forza e mancano di elasticità. L'idiota è un essere incom- pleto, nel quale una o più parti del cervello manca- no, o non sono che allo stato rudimentale. In esso lo sviluppo fisico delle forze non é in rapporto colla fievolezza della sua intelligenza. Data così la defini- zione dell'uno e dell'altro, dimostra come, stabilita bene questa distinzione, l'educazione fisica e morale ne derivi naturalmente ; come nell' idiota lo svilup- po fisico non reclami che poche cure, e qualche volta — 170 — 4 nessuna, bastando solo reprimere gli appetiti voraci e i gusti depravati ; come invece per lo contrario nei cretini sia necessario rivolgersi agli organi fisici.^ svi- lupparli, e sottrarli alle cause deprimenti, che han- no indotto e mantengono la malatia. Narra cerne il Dott. Guggenbùhl, guidato dal san- to pensiero, che individui della nostra specie, nostri fratelli degenerati, debbano meritare tutte le nostre cure e reclamare il nostro ajuto, siasi deciso di con- sacrare a quest'infelici il suo tempo, la sua vita. In- traprese a tal uopo molti viaggi nelle differenti valli della Svizzera, dove abbondano i cretini, e di più fissata la sua dimora in una valle del Cantone di Gla- ris, colà esercitando la Medicina, studiando il Creti- nismo, e i mezzi per guarirlo, in meno di due anni acquistò la certezza, che questa triste malatia sia cu- rabile, e che si possa giungere allo scopo più facil- mente di quello che generalmente si speri. Esposti i mezzi da lui impiegati per giungere al suo fine, e gli ostacoli che l'ignoranza e l'invidia gli opposero , racconta come , superati questi, egli sia riuscito a fondare a sue spese quello Stabilimen- to, e come, basato sulla osservazione di De Saussure, (che nei villaggi situati a mille e duecento metri so- pra il livello del mare questa infermità non s'incon- tra più) ad una tale altezza ei lo abbia piantato sul monte Abendberg, e come là, isolato dal Mondo, egli abbia cominciata l'opera sua, e la prosegua da quin- — 171 - dici anni con una pazienza, con un'abnegazione sen- za esempio, e maggiore d'ogni lode. Nella Igiene e nella Medicina sono appoggiali i mezzi di cui si serve per combattere le lesioni fisi- che de' suoi allievi, e questi mezzi variano necessa- riamente secondo la gravità delle stesse. L'aria pu- ra, l'aqua fresca limpida sufficientemente jodata, la moderala esposizione ai raggi del sole , i passeggi a piedi ed in vettura per quelli che non banno la forza di camminare, il nutrimento sano ed abbondante, co- minciando col latte di capra pe' i bambini , e termi- nando cogli alimenti solidi, carni arrostile e vino adaquato , costituiscono i mezzi igienici. I farmachi poi variano secondo le individuali indicazioni, e quin- di nella tendenza alle affezioni del sistema linfalico- glandulare i principali sono le preparazioni jodate e fosforiche ; nelle vascolari invece le ferruginose. Oltre a questi mezzi , il Doli. Guggenbiibl sotto- mette per notti intiere la testa dei bambini , ed an- che tutto il corpo, air azione elettrica moderata, ma continuata, dell'apparecchio galvanico, e da tale ap- plicazione ritrasse i più soddisfacenti risultati. Egli osserva, che se il cranio d'un cretino è troppo volu- minoso , questo , dietro una tal cura , si arresta nel suo sviluppo , e sembra attendere che le altre parti dell' organismo abbiano acquistato il loro volume normale, per continuare a crescere; se esso all'in- contro è troppo piccolo, accelera il suo sviluppo. Os- — 172- servò ancora dei casi, in cui il cervello si è ingros- sato pili di quattro centimetri in un solo anno. L'applicazione della dottrina di Gali, che il Dott. Gnggenbiihl ha cercato di fare al cranio dei cretini e degl' idioti , non gli ha fornito deduzioni giuste e soddisfacenti. Si poteva , a mio credere , prevedere questo risultato, perchè lo stato patologico di quelli organi deve necessariamente alterare la loro condi- zione normale , e le conseguenze che la Frenologia può dedurne. Una osservazione invece molto impor- tante si è, che in questi la vòlta palatina, in luogo di presentare una piena curva, come si riscontra nello stato normale , ha una forma tendente all' ovale ; la quale conformazione si deve attribuire all'atrofia del- la base del cervello. Tale osservazione, secondo il mio avviso, riesce molto interessante in fatto di Medicina legale , perchè qual nuovo dato diagnostico può es- sere di sommo ajuto nell'apprezzare lo stato intellet- tuale dei soggetti sottoposti ai nostri esami, e qual- che volta offerire forse l'unico indizio che valga a sottrarli a pene gravi pe' fatti di cui non possano averne piena e chiara coscienza. Allorquando la costituzione del fanciullo è miglio- rata sotto l'influenza degli agenti igienici e terapeu- tici, comincia l'educazione intellettuale, e la prima cura è quella di rilevare ed accrescere la forza della intelligenza, degl' istinti e dei sentimenti morali. E uopo infatti esercitare gli organi ch'esistono, perchè -173- in qualche modo suppliscano a quelli che mancano; ed arrivare, con un esercizio continuato, a sviluppa- re le facoltà giunte soltanto allo stato rudimentale. La prima difficoltà da vincersi è quella di far pro- nunziare dei suoni articolati; il che non si giunge ad ottenere che in séguito ad esercizj per lungo tem- po continuati e nojosi. Il Dott. Guggenbiihl fa loro conoscere da poi i caratteri fisici degli oggetti più comuni, il loro valore e i loro usi ; ed allorquando uno di questi poveri fanciulli arriva a comprendere ciò che gli s' insegna , manifesta V estrema sua gioja con un riso brutale, e con tali contorsioni bizzarre, che a stento qualche volta vengono represse. Ben più difficile ancora si è il destare in loro sen- timenti affettuosi: questi sfortunati sono bensì rico- noscenti verso quelli che hanno cura di essi ; ma fra loro non si amano, ed hanno inoltre una tendenza iliolto pronunciata ad adirarsi pel più leggero motivo. Allorquando i primi segni dello svegliarsi dell' in- telligenza si manifestano, il Dott. Guggenbùhl si sfor- za d'inspirar loro sentimenti religiosi colla preghie- ra, colla spiegazione della creazione del Mondo e de- gli oggetti naturali, che si riferiscono sempre a Dio e alla sua potenza infinita. I sentimenti pii penetra- no assai nello spirito dei cretini, e si veggono sovente pregare con grande fervore. La difficoltà più seria è di distrarre l' attenzione degli allievi dalle idee comuni, perchè essi non ascoi- -174 — tano che i loro istinti: si abbandonano a preoccupa- zioni individuali, d' onde non si tolgono che con pe- na; ed.i mezzi impiegali dal Dolt. Guggenbiihl per superare questa difficoltà sono veramente ingegnosi: essi hanno per principale scopo di ottenere il silen- zio, e di fermare Tattenzione su ciò che loro vuol dimostrare e far apprendere. Ne porterò qualcuno ad esempio. Durante il giorno si percuote un tamburo chinese, il suono fragoroso del quale assordando il timpano, fa cessare le conversazioni, ed incute un senso di stupore. Il Professore sceglie questo momento per incominciare la preghiera ; ed allora, sia per ob- bedienza, sia per imitazione, tutti i fanciulli ascol- tano la voce del loro maestro. Per la sera il Profes- sore ricorse ad un'altra idea ingegnosa, allo scopo di fissare l'attenzione de' suoi ragazzi. Egli riunisce in una sala non rischiarata gli allievi capaci di ricevere le prime nozioni di lettura, e sopra nna tavola nera, situata al fondo di questa sala, egli traccia improvi- samente, col mezzo d'un lapis di fosforo, una lettera dell'alfabeto: la luce viva colpisce i fanciulli, e li ob- bliga ad occuparsi di quello che loro appare dinanzi. Ma questa educazione fisica e morale non si avan- za che a passi lenti, e soltanto dopo cinque o sei an- ni la costituzione fisica si cangia, le facoltà intellet- tuali si raffermano, l' istruzione acquista una solidi- tà, e così gli sforzi d'un solo uomo trasformano in cittadini utili alla società e alla patria degl' indivi- -•175- diii che non doveano esserle che di peso, ed oggelto di ribrezzo. E qui è dovere di far conoscere come il Dott. Gug- genbiihl sia secondalo da qualche anno nella fdanl To- pica opera sua dalle Suore di Carità , e di tributare a queste donne veramente virtuose quelli elogi , dei quali la loro pietà e la loro pazienza le rendono ben meritevoli. Chiude l'Autore l'interessante suo opuscolo col di- mostrare come tante cure , coronate da sì luminosi successi, non abbiano potuto restare ignote per lun- go tempo, e parla delle publicazioni scritte in tutte le lingue d'Europa, che fecero risuonare dovunque il nome del Dott. Guggenbiihl ; nome che suona caro ai contemporanei, e che sarà venerato dai posteri al pari di quello d'un san Vincenzo de Paola. Parla del concorso all'Abendberg dei più celebri medici d'Ita- lia , d'Allemagna, d' Inghilterra, d'America; di filo- sofi, di filantropi, di personaggi della più alta condi- zione, non esclusi i Regnanti. Parla degli onori che i principali Corpi scientifici tributarono a quest'uo- mo tanto benemerito dell'umanità, sia per questa, che per instiluzioni in altri Stati di simili Stabilimenti, alle quali l'esempio di quello del Dott. Guggenbùhl diede origine e spinta. La Commissione di Dotti, instituita nel 1850 dal Re di Sardegna per lo studio del cretinismo, ha ve- rificato che questo è quasi sempre accompagnato da — 176 — una viziata costituzione organica del cranio, e dalla mancanza di ogni energia muscolare. Le osservazioni poi fatte sopra il cadavere di alcuni cretini dimostra- no che presso questi esseri imperfetti la materia ce- rebrale è in più piccola quantità che presso gli altri uomini. Tali osservazioni analomo-patologiche non devono intiepidire però il fervore di chi accinger si volesse alla cura e alla educazione intellettuale di questi infelici. E primieramente, per quanto riguar- da la fisica loro condizione, basati sull'idea di Puc- cinotti, da altri celebri autori constatata, che il Cre- tinismo sia l'apogeo delle affezioni rachitico-scrofo- lose, una cura ragionata e costante, diretta contro tali infermità, varrà nella generalità dei casi, come il fatto chiaramente lo dimostra , a correggere , se non a vincere intieramente , la viziatura diatesica. Per quanto riguarda poi la deficienza della sostanza cerebrale, se per legge fisiologica una parte quanto più s'esercita, tanto più si sviluppa, ne viene che ogni sforzo dovrà essere diretto all'esercizio delle facoltà intellettuali. Che se lo svolgimento più o meno com- pleto di questo nei cretini presenta delle gravi dif- ficoltà, i luminosi risultati ottenuti all'Abendberg dal Dott. Guggenbùhl devono convincere, che anche que- sto supremo scopo puossi ottenere , quando in chi si accinge a tal opera concorrano vera scienza ed in- stancabile filantropia. ir — TtOS^atiii. " Tornata IV. del domo 4 Marzo 1860. Uun modo di fare profitto del flusso e riflusso del mare, col trarne un lavo- ro continuo. — NOTA del Socio Ordi- nario Prof. Domenico Turazza. 1." \},nt\ moto continuo del mare, che diciamo fusso e riflusso^ lia in sé una forza motrice, della quale può farsene profitto obbligandola a mettere in movimento una macchina qualunque a ciò op- portunamente disposta, e traendone quindi un de- terminato lavoro. Senonchè il moto slesso essendo ora più ed ora meno celere , e per qualche tempo anche pressoché nullo, é troppo irregolare per pre- starsi da sé a quella regolarità di azione eh' è as- solutamente richiesta da un qualunque meccanis- mo, ed é mestieri di trovar modo con cui poter trarre da quel movimento un lavoro continuo ed il meno irregolare possibile ; senza di che non si potrebbe certamente pensare alla sua applicazione ad una macchina con qualche speranza dì esito for- tunato. Fra i metodi suggeriti a quest' uopo sem- bra meritare la preferenza quello, intorno al quale 12 - 178 — ho pensato oggi, o doltissimi Colleglli, d'intratte- nervi, e che venne a me proposto da persona che per ciò appunto ricorse a me per consiglio, ma della quale duolmi aver dimenticato il nome. Que- sto io ho voluto dire per non volermi appropriare un merito che non è mio, e che io non saprei nem- meno con quanti altri ancora dovrei dividere. Quel- lo che qui ho intrapreso è la discussione scienti- fica del metodo stesso : io ho, in una parola, assog- gettato questo metodo, a me suggerito solo all' in- digrosso , al calcolo , procacciando di mettere in chiaro il suo principio fondamentale, il modo di usarne, e di rintracciare le condizioni che si ri- chieggono per una buona applicazione del metodo stesso, allo scopo di cavarne la massima utilità j ed è questa discussione appunto che io sottopongo oggi al vostro giudizio. ^2° S'imaginino due recipienti di aqua comuni- canti fra loro mediante un'apertura di dimensioni abbastanza piccole in confronto dell'area dei reci- pienti stessi, e si supponga che in uno di questi re- cipienti il livello dell'aqua sia più elevato che nel- l'altro, per cui l'aqua fluirà da quello in questo, compiendo un lavoro dipendente dalla quantità di aqua che ad ogni istante si versa dall'uno nell'al- tro vaso, e dalla differenza di livello dell'aqua nei due recipienti nell'istante che si considera. Ma col fluire dell'aqua dall' un recipiente nell'altro, -179- vuotandosi il primo e riempiendosi il secondo , la quantità di aqiia che si versa nei successivi istan- ti, e la differenza di livello dell' aqua nei due re- cipienti vanno successivamente diminuendo, e con esse cala pure il lavoro ; e tutto si ridurrebbe a zero dopo un tempo più o meno lungo, secondochè sono più 0 meno ampli i recipienti stessi, e più piccola 0 più grande la sezione della luce di ero- gazione. Ma se, prima che questo avvenisse, si avesse mezzo di poter rimettere l'aqua fluita nel primo recipiente, e di vuotar quella entrata nel secondo, si continuerebbe a mantenere nell'aqua dei due recipienti una differenza di livello, e si avrebbe quindi un efflusso ed un lavoro continuo. Ora un tal mezzo ci è appunto somministrato dal fenomeno del flusso e riflusso , potendosi per esso far sì che l'aqua del mare, quando giunge alla sua massima altezza , entri a rimettere P aqua fluida nel bacino superiore , e valendosi della bassa ma- rea per vuotare quella che nel fratempo è entrata a riempiere P inferiore. Ed eècovi appunto il prin- cipio fondamentale del metodo , intorno al quale voglio tenervi discorso ; ed ecco il modo con cui ci possiamo valere del flusso e riflusso del mare , allo scopo di ricavarne un efflusso continuo di aqua, e quindi anche un lavoro continuo. 3.° Per mettere in atto un tale concetto si pro- cederà così. In contiguità di un mare soggetto a -i80- flusso e riflusso si apparecchieranno due bacini, quanto più ampli e tanto meglio, divisi fra loro mediante una diga, e separati pure con altre dighe dal mare. Nella diga che divide i due bacini si aprirà la luce di comunicazione fra i bacini stes- si, alla quale dovrà essere applicalo quell'organo idraulico che verrà giudicato il più opportuno , e che sarà ordinato a raccogliere il lavoro sommi- nistrato dall' aqua fluente. Nelle dighe poi che se- parano i bacini dal mare si praticheranno delle ampie aperture, munite di opportune porte da po- tersi aprire e chiudere a volontà, onde potere, quando occorra, mettere in comunicazione i baci- ni col mare, od isolarli dal mare stesso. Le dette aperture saranno molto ampie , acciocché il riem- piersi e il vuotarsi dei recipienti succeda nel più breve tempo possibile. Questo farà ancor sì, che durante la comunicazione dei bacini col mare le variazioni di livello di questo si ripetano presso- ché nella stessa misura in quelli : il che ci sarà per tornare utilissimo; imperocché essendo le variazio- ni di livello dovute alla marea lentissime in sul principio e verso il termine, e massime nella metà del periodo, si potrà tenere aperte le comunicazio- ni dei bacini col mare per un tempo più o meno lungo , secondo l' area dei bacini stessi , ed inter- romperle allora soltanto che le variazioni di livello dell' aqua del mare si faranno maggiori di quelle — 181 - dell' aqua stessa iielf interno dei bacini , e ciò con profitto non lieve. 4." A meno che non si possa disporre di bacini enormemente estesi, usando luce d' efflusso di se- zione costante il lavoro non può necessariamente essere regolare, non potendosi mantenere costante la differenza di livello dell' aqua nei due bacini ; nella maggior parte dei casi sarà quindi necessario di munire la bocca d' efflusso di un opportuno re- golatore, il quale , restringendo la luce quando la differenza di livello è massima, ed allargandola al- lora che la detta differenza è minima, moderi l'ef- flusso dell'aqua così da mantenere un lavoro assai prossimamente costante : il che , come è noto , si può facilmente ottenere , almeno allora che le va- riazioni di livello non fossero troppo grandi. Que- sto regolatore poi potrà essere posto in movimento dalla stessa macchina, e ciò mediante congegni no- tissimi e facilissimi. 5.° A facilitare la condotta pratica dell'operazio- ne converrà collocare opportunamente degli idro- metri tanto nelP interno dei bacini quanto nel ma- re, così da potere essere facihuente scorti da quelli a cui viene affidato il maneggio pratico della ope- razione medesima. I detti idrometri serviranno a mostrare quando il livello dell' aqua o nell' uno o nell'altro dei due bacini eguaglia quello dell'aqua del mare, nonché a confrontare le variazioni di li- -182 — vello nel bacino chiuso con quelle che hanno luo- go nel bacino in comunicazione col mare. Se le aree dei due bacini sono eguali , gli idrometri che servono a quest' ultimo scopo saranno graduati egualmente ; se no, bisognerà graduarli così che le divisioni dell'uno stieno a quelle dell'altro nel rap- porto inverso delle loro sezioni. Ecco poi il metodo, secondo il quale dev'essere condotta l'operazione. Diremo per semplicità A il bacino superiore, e B r inferiore; e supporremo anche uguali le aree dei due bacini ; perchè, se questo non fosse, sareb- be assai facile di vedere quali modificazioni con- verrebbe recare all'enunciato delle seguenti rego- le. In principio si chiuderà la comunicazione fra i due bacini, e nella bassa marea si ridurrà il livello dell'aqua nel bacino B al punto il più basso ; dopo di che si chiuderà la comunicazione del bacino B col mare, e nell'alta marea aprendo la comunica- zione di A col mare, si condurrà l'aqua di que- st'ultimo alla massima altezza della marea nel giorno in cui si darà principio al movimento. La operazione principierà all'istante del colmo, nel quale si aprirà la bocca di efflusso dell'aqua dal bacino superiore nell'inferiore, e si metterà in moto la macchina. Dall' istante del colmo si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a tan- to che sull' idrometro del bacino B si scorgerà che gli alzamenti dell'aqua nel bacino stesso, p. e. di — ass- ire in tre o di sei in sei minuti, secondo la vastità dei bacini, sono eguali agli sbassamenli sull'idro- metro di ^ ; e neir istante in cui questo avviene si Ghinderà la comunicazione di A col mare , fa- cendo succedere P efflusso a bacini chiusi fino a che, elevandosi l'aqua in B, e sbassandosi il livello del mare, si vedrà che i due livelli sono eguali; nel quale istante si aprirà la comunicazione di B col mare, e si terrà aperta fino a che si scorgerà che gli sbassamenli dell' aqua sulP idrometro in A per tre 0 sei minuti sono eguali agli alzamenti sul- l'idrometro in B;e nell'istante in cui questo av- viene si chiuderà la comunicazione di B col mare, e si lascierà succedere 1' efflusso a bacini chiusi fino a tanto che l'aqua nel bacino A si sarà ridotta a livello dell'aqua del mare, la quale nel fratempo si sarà andata mano mano elevando. A questo istan- te si aprirà la comunicazione di A col mare, tenen- dola aperta fino a tanto che , passato il colmo , si ripeta l' eguaglianza nelle variazioni di livello in principio accennata. Dall'istante di un colmo a quello del colmo successivo, cioè 12 ore, si avrà quello che diremo un periodo. Il primo periodo non è mai il normale, perchè nello stesso l'originaria differenza di livello al prin- cipio dell'operazione è tutta l'altezza della marea; il che non si ripete più in tutti i periodi successi- vi, ma dopo il secondo o terzo periodo se ne sta- — 184 — bilisce imo di normale, il quale non soffre clic quelle variazioni che sono naturalmente portate dalle variazioni della stessa marea. 6.' Neir assoggettare al calcolo il metodo ora esposto distingueremo i due casi, ne' quali cioè la bocca di efflusso è costante, e quello in cui essa è munita di regolatore ordinato così da mantenere costante il lavoro. Tanto nell'uno quanto nell'altro caso supporremo eguali le aree dei due bacini, e le indicheremo con J, valutandole in metri quadrati; diremo S l'area della bocca di efflusso moltiplicata per queir opportuno coefficiente di riduzione che compete al caso che si considera , e valutata pure in metri quadrati. Diremo rispettivamente x ed y le altezze dell'aqua nei bacini J e B alla fine del tempo t;, computate dal punto di massima depres- sione, valutale in metri ; conteremo il tempo t dal- l' istante del colmo, e prenderemo per unità di tem- po l' ora. Supponiamo finalmente che (I) . z=f(t) rappresenti la legge con cui varia il livello del ma- se, essendo z l'altezza dell'aqua del mare alla fine del tempo t contata dal punto di massima depres- sione. In ogni caso i valori di z si potranno avere per intervalli di tempo abbastanza piccoli dalle di- rette osservazioni sul luogo ove si sono stabiliti i bacini, e si potranno disporre in una tavola per tutti gl'istanti di un intero periodo. Così ho fatto — 185 — negli esempi che recherò per le variazioni corri- spondenti alla marea della laguna di Venezia, gio- vandomi di quanto viene riportato dal chiarissimo Commendatore Paleocapa nel suo opuscolo intito- lato Esame delle opinioni di Benedetto Castelli e di Alfonso Borelli sulle lagune di Venezia , aggiuntavi un'Appendice sulla riapertura del Businello. Contando t in ore dall'istante del colmo, l'an- damento della marea nella laguna di Venezia è as- sai prossimamente rappresentato in medio dalla (II) sz=0,87-f-0,145.f — 0,1384sen{f.60°j. 7.° Caso I. S costante essendo ^\/¥^- K^py la quantità di aqua che in un secondo si versa dal bacino A nel bacino B, se poniamo sarà (IV) dx:=z — a. \/x^y- d t (V) dy=:oc. \/^~jf . dt . Quando sia in comunicazione col mare A^ si porrà nella (V) in luogo di x il suo valore dato dalla (I), e si avrà y ; se invece sarà B in comuni- cazione col mare, si porrà f{t) in luogo di y nel- la (IV), e dalla stessa si avrà x. Se i due bacini sono isolati, contando il tempo t dall'istante in — 186 — cui si è tolta qualunque comunicazione coi mare , e delti a e 6 i valori di x e di y all'istante mede- simo, sarà f- f. Il confronto poi fra i valori di x ed y così calco- lati, e i valori di z dati dalla (I) ci somministre- rà l'istante in cui devesi aprire la comunicazione col mare o del bacino A, o di B. Per avere l' istan- te in cui dev'essere tolta la comunicazione col ma- re dell'uno o dell'altro dei due bacini basterà con- frontare i valori 0 di -- » 0 di — ^ con quelli di -- , dt dt ^ dt e la comunicazione dovrà essere tolta allora che i primi diventeranno eguali ai secondi. Per quanto spetta al calcolo del lavoro che si compie dall'aqua fluente alla fine del tempo t, e durante un secondo, questo sarà evidentemente 1 000. S. [/T^. (x — y) ^ valutandolo in chilogrammetri, oppure ÌOOO.S.{/^.{x-'yY 75 se lo valutiamo in cavalli-vapore. Che se poniamo in luogo di S, A ed X sarà cavalli-vapore 0,003704. «. J(x — ;/)- . — 187- 8.° Se anche fosse nota f(t) sotto forma algebri- ca, ancora la soluzione incontrerebbe sempre una grande difficoltà nella integrazione delle equazioni (IV) e (V), la quale in ogni caso non si potrebbe avere che per serie ; e la difficoltà sarebbe insor- montabile qualora f(t) non si potesse esprimere algebricamente ; ma praticamente la soluzione rie- sce sempre assai facile , per poco che sieno ampj i bacini, e piccola S: il che sempre succede in tutti i casi, ne' quali sia possibile l'applicazione del metodo esposto. Riducasi f(t) in tavola per intervalli di tempo abbastanza piccoli, p. e. di sei in sei minuti pri- mi ; lo che corrisponde ad un valore di d t, eguale ad un decimo ; poi partendo dai valori noti di oc ed ij , si calcolino le equazioni (IV) e (V) come se appartenessero alla classe delle differenze finite; si calcolino cioè le Ax = oc. \/x—y • A t Ay = oc.]/JZJ-^t usando per :ic o per y i valori della tavola, secon- / docile è aperto A oppure B , e sì avrà o la dimi- nuzione di X, 0 l'aumento di y , che dovrà essere 0 tolto od aggiunto al loro valore precedente ; poi con questo nuovo valore si calcolerà la variazione successiva, e così via via. L'istante con cui i livelli coincidono con quello del mare si avrà confron- -188 — landò i valori di x o di ly così calcolali con quelli della lavola. Finalmente si calcoleranno i valori di X — 1/ ai varj istanti del tempo, i quali sosliluiti nella (VII) daranno il corrispondente lavoro. 9." Per dare un'idea concreta dell'andamento del problema nel caso ora contemplato, cioè quan- do avvenga P efflusso a bocca costante , ho calco- lato Ire casi , di cui soggiungo qui i risultamentì , supponendo che la marea sia quella della nostra laguna, ed il periodo ridotto ormai regolare. I.° oc=:0,ì Condizione dei livelli all' istante del colmo : Livello nel bacino A . . . 0"',87, id. id. £ ... 0, 35. A partire dall' istante del colmo si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a j '' j 2', nel quale istante sarà : Livello nel bacino v4 . . . 0,828, id. id. B . . . 0,442. A Vì^'sì chiuderà la comunicazione di A col mare, e si farà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a 2'" 42', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0, 7^6^ id. id. B . . . 0,521. A 2" 42' si aprirà la comunicazione di B col mare, ed a 6" sarà : Livello nel bacino A . . . 0^ 52, id. id. B . . . 0,00. — 189 — Si continuerà a tenere aperta la comunicazione di B col mare fino a 7^ 3', nel quale istante avremo : Livello nel bacino yi . . . 0,43'J, id. id. B . . . 0,029. A 7^ 3' s' interromperà la comunicazione di B col mare, e si farà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a S"" 39', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0^ 34, id. id. B . . . 0,12. A S*" 39' si aprirà la comunicazione di A col mare, e a 12", cioè al termine del periodo, ritorneranno; Livello nel bacino A . . . 0,87, id. id. B . . . 0,35. Per 2 bacini di 125 pertiche censuarie ciascu- no, il lavoro medio sarebbe assai prossimamente> 14 cavalli- vapore j ma questo lavoro varierebbe fra i limiti di circa 20 cavalli a S'' ed a 1 1", e di 5 cavalli soltanto a 2'' 35' e a S*" 35', con un rappor- to fra il lavoro massimo e minimo eguale a 4,08. 10.° Caso n. a =z 0,02 16. Condizioni di livello all'istante del colmo; Livello nel bacino A . . . 0^ 87, id. id. 5 ... 0,10. A partire dall'istante del colmo si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a 0*" 30', nel quale istante sarà ; Livello nel bacino ^ . . . 0, 867, id. id. B . . . 0,109. — 190- A O*" 30' si chiuderà la comunicazione di A col mare , e si lascierà succedere l' efflusso a bacini chiusi fino a 4'', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,805, id. id. B . . . 0,j7j. A ■4'' si si aprirà la comunicazione di B col mare, e a G*" avremo : Livello nel bacino A . . . 0,798, id. id. B . . . 0,000. Si continuerà a tenere aperto B fino a 6'' 30', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,759, id. id. B . . . 0,003. A &" 30' s'interromperà la comunicazione di B col mare, e si farà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a 1 0*", in cui avremo : Livello nel bacino A . . . 0,700, id. id. JS . . . 0,066. A 10*" si aprirà la comunicazione di A col mare, e alla fine del periodo, cioè a 1 2% ritorneranno : Livello nel bacino A . . . 0.^ 87, id. id. B ... 0,10. Per due bacini dell'area di 125 pertiche censuarie ciascuno si avrebbe un lavoro medio di 6 cavalli- , vapore, e il lavoro varierebbe fra i limili 6, 79 e 4,88, con un rapporto fra il massimo e il minimo eguale a 1 , 39. — 191 — 11.° Caso III. «_-ooj. Condizione dei livelli all'istante del colmo ; Livello nel bacino A . . . 0 870 id- id. 5 . . . 0,053. Si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a 0''24', nel quale istante sarà: Livello nel bacino A . . . o 8683 id- id. B . . . 0,0566. A 0'-24'si chiuderà la comunicazione di A col mare, e si lascierà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a 4" 25', in cui sarà : Livello nel bacino J . . . 0,8330 id- id. B . . . 0,0918. A 4" 25' si aprirà la comunicazione di B col mare e a e*" sarà: ' Livello nel bacino ^ . , . Ò 82 id. id. B . . . 0,00. Si continuerà a tenere aperta la comunicazione di B col mare fino a 7" 24', nel quale istante avremo : Livello nel bacino ^ . . . 0,8110 ^^- i^- B . . ^ 0,0017. A 7 24' s'interromperà ja comunicazione di B colmare, e si farà succedere P efflusso a bacini chiusi fino a 10^24', nel quale istante sarà: Livello nel bacino A . . . 0,7757, ^. , ^^- id. B . . . 0,0369. Finalmente a 10^24' si aprirà la comunicazione -192- di A col mare, e alla fine del periodo, a 12% ri- torneranno : Livello nel bacino A . . . 0,870, id. id. B . . . 0,053. Per due bacini della superficie di 125 pertiche censuarie ciascuno il lavoro medio sarebbe di ca- valli-vapore 3,25, ed i limifi massimo e minimo sarebbero 3, 44 e 2, 94 ; il rapporto poi fra il la- voro massimo e il minimo sarebbe 1,16. 1 2." Dalle formule generali e dagli esempj ora discussi rilevasi facilmente : a) Che le successioni dei livelli si ripetono le slesse per un medesimo valore di a, cioè per un medesimo rapporto fi^a l'area della luce di efflusso e la superficie dei bacini. 6) Che quindi i lavori variano nello stesso rap- porto in tutti i casi, nei quali « abbia lo stesso valore. e) Che le differenze di livello variano tanto meno, quanto è più piccola oc; e che quindi il la- voro tende a regolarizzarsi sempre più , quanto a diventa più piccolo, cioè quanto più grande diventa l'area dei bacini in confronto della luce di efflusso. d) Che per ottenere un sufficiente lavoro , ed abbastanza regolare , occorrono bacini di grandis- sima estensione. Per esempio , volendo lavoro che varj come nell'ultimo esempio, variazioni queste abbastanza tollerabili , per avere un lavoro di 1 0 -193- cavalli -vapore occorrerebbero due bacini della estensione di pertiche censuarie 385 circa ciascu- no ; estensione che dovrà certamente sembrare ec- cessiva per così piccolo lavoro. Ora passiamo a trattare del caso in cui adottisi un regolatore ordinato così da mantenere costante il lavoro. 1 3." Essendo d Q la quantità di aqua fluita nel- r elemento dt del tempo, S l'area della luce alla fine del tempo t, il lavoro compiuto nel tempo d t sarà: 1000S. |/2^.(ac— j)°-. tU. Se quindi si voglia che un tale lavoro resti costan- te, bisognerà che sia 1000. S. y/^i. (x — yf'. = ÌOOO C , essendo C una costante. Dunque il regolatore do- vrà essere così ordinato da rendere ad ogni istante : (Vili) S= _^ ,. Se quindi poniamo per semplicità di scrittura: - (IX) /S^^, sarà in tal caso : * (X) dx:=z , X — y (XI) du=z . x — y -19/f - Quando l'uno o l'altro dei due bacini sia in comu- nicazione col mare, allora si tratteranno le (IX) e (X) come abbiamo detto al § 8.° di trattare le (IV) e (V). Pel tempo , durante il quale i bacini stan- no chiusi, computando t, dall'istante della loro se- parazione dal mare, e detti «eòi valori originar) di oc ed y, le superiori daranno: x^ - ^ ' a-j.h—\/{(a — hy—4lè.t,] y^ 2 14." La legge, secondo cui si succedono le diffe- renze di livello per entro ai due recipienti, e quin- di pure la legge , secondo la quale devesi far va- riare l'apertura della luce di efflusso, dipende uni- camente dal valore di 6 , cioè dal rapporto fra il valore del lavoro che si vuole ottenere, e la esten- sione dei bacini ; ed è la stessa per uno stesso va- lore di |3. Qui però è da osservare, che vi ha un li- mite nel valore di ^ , al di sotto del quale è im- possibile ottenere un efflusso continuo ; imperoc- ché in tal caso le variazioni di livello nei bacini aumentando al diminuire delle differenze di livel- lo, per la maggior copia dell'aqua che deve fluire, se col tempo si giunge ad avere tali differenze di livello, che le variazioni di livello nei bacini supe- rino le variazioni njassime della marea, non è più — 1195 — possibile di progredire oltre senza die dopo un cerio tempo i livelli nei due bacini si facciano eguali, dovendosi aumentare indefinitamente la boc- ca di efflusso. Un tal limite dipende evidentemen- le dal valore delle variazioni massime della marea nel luogo ove si vuole applicare il sistema. Per esempio, nel caso delle variazioni massime che si riscontrano nella laguna di Venezia i due livelli si equilibrerebbero, se fosse possibile di aprire la lu- ce della bocca di efflusso fino a comprendere tutta la parete di separazione dei due bacini, verso i 0" dopo il colmo per un valore di S = 0, 05 ; e biso- gnerebbe già sospendere l'operazione a ^26', do- po l'istante del colmo, per un valore di /3=:0 ì Ho detto die questo succederebbe, se si potesse spingere l'apertura della luce fino ad essere uguale a tutta l'area ddla parete di separazione dei due bacini; ma questo evidentemente non è possibile e quanto abbiamo detto torna solo alla condusio- ne, che in tali casi non è possibile l'impiego di un regolatore. L'osservazione precedente limita l'utilità dd regolatore, non potendosi nemmeno col suo usodis- pensarsi dall'impiego di grandissimi bacini, ed esso non potendo servire che a regolare il lavoro dentro limiti ragionevoli, ma nulla più. 15.» Per norma ho calcolato qui pure due casi, 1 quali mostreranno assai facilmente la verità delle — 196- osservazioni superiori. Le variazioni della marea sono quelle che competono alla laguna di Venezia, Caso I. /3 = 0,02. Condizioni di livello air istante del colmo : Livello nel bacino -4 . . . 0,870, id. id. B . . . 0,187. Si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a C" 36', nel quale istante sarà: Livello nel bacino ^ . . . 0,864, id. id. B . . . 0,200. A 0'' 36' s' interromperà la comunicazione di A col mare , e si lascierà succedere V efflusso a bacini chiusi fino a 3'' 28', nel quale istante sarà; , Livello nel bacino A . . . 0,762, id. id. B . . . 0,302. A 3'' 28' si aprirà la comunicazione di B col ma- re, e a 6*' sarà: Livello nel bacino ^ . . . 0, 68, id. id. B . . . 0,00. Si continuerà a tenere aperta la comunicazione di B col mare fino a 6*" 36', al quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,662, id. id. B . . . 0,006. A 6" 36' si chiuderà la comunicazione di B col ma- re, e si lascierà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a O*" 26', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,558, id. id. B . . . 0,109. — )97 — A 9'' 26' si aprirà la comunicazione di A col ma- re, e a 12'', cioè al termine del periodo, ritorne- ranno : Livello nel bacino A . . . 0,870, id. id. B . . . 0,187. La massima differenza di livello avrà luogo sensi- bilmente a 5' 24', e a 1 1" 24' dopo T istante del colmo, e sarà : 0'",69. La minima succederà sensibilmente a 3^ 28', e a 9"" 28' dopo il colmo, e sarà : O", 45 . Il rapporto quindi fra la massima e la minima area della luce di efflusso sarà: 3,6. • Un tale rapporto sarebbe già forse eccessivo. Se si volesse un lavoro costante di i 0 cavalli- vapore converrebbe usare di bacini della estensio- ne di \ 35 pertiche censuarie ciascuno, e le apertu- re della luce di efflusso sarebbero : Massima = 1,8590"-^i- Minima := 0,5 155. 16.° Lavoro più opportunamente distribuito si avrebbe nel Caso n. B = 0^0\. Condizioni di livello all' istante del colmo : Livello nel bacino A . . . 0,87, id. id. B . . . 0,08. -198- Si terrà aperta la comunicazione di A col mare fino a 0'' 24', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,868, id. id. B . . . 0,083. A 0'' 24' s' interromperà la comunicazione di A col mare, e si lascierà succedere l'efflusso a bacini chiusi fino a 4'' 1 1 ', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,816, id. id. B . . . 0,135. A 4*" 11 ' si aprirà la comunicazione di B col mare e a 6'' avremo : Livello nel bacino ^ . . . 0,795, id. id. B . . . 0,000. Si continuerà a* lasciare aperta la comunicazione di B col mare fino a 6'' 24', nel quale istante sarà : Livello nel bacino A . . . 0,793, id. id. B . . . 0,002. A 6'' 24' s' interromperà la comunicazione di B col mare, e si farà succedere l'^efflusso a bacini chiusi fino a 1 0'' 11 ', in cui sarà : Livello nel bacino ^ . . . 0, 742, id. id. . B . . . 0,054. A 10'' 11 'si aprirà la comunicazione di A col ma- re, e a 12*', cioè al termine del periodo, torneranno.- Livello nel bacino A . . . 0^ 87, id. id. B . . . 0,08. — i 99 — La massima differenza di livello avrà luogo sensi - bilmenle a 5'' 36' e a 1 1'' 36', e sarà : La minima succederà a 4*"n' e a 10'' 11'^ e sarà : 0^685. Il rapporto fra la luce massima e minima sarà ; 1,16. Rapporto questo assai proprio. Se si volesse un lavoro costante di 10 cavalli- vapore converrebbe usare di bacini della estensio- ne di 272 pertiche censuarie ciascuno, e le aper- ture della luce sarebbero: Massima =0,5963'"'' Minima =0,5138. '17. ° Richiamando alla memoria quanto si è os- servato al § 12. , si scorge ora manifestamente la utilità del regolatore ; imperocché, per esempio, in quest'ultimo caso con 272 pertiche censuarie per' ciascun bacino si avrebbe lo stesso effetto che si ottiene da 385 pertiche censuarie pure per ciascun bacino, quando non si adottasse Fuso del regola- tore, e si volesse lavoro abbastanza regolare. Dunque l'uso del regolatore restringe la esten- sione dei bacini , ma non però tanto quanto si po- trebbe credere ad una prima ispezione . Ancora usando dello stesso resta sempre dimostrato il bi- sogno di aree di bacini grandissime, e forze spro- porzionate al lavoro che se ne può ottenere, al- - 200 - uieno pel caso di maree non molto grandi, come, per esempio, quelle della laguna di Venezia. Se dunque i bacini non esistessero naturalmen- te, e si dovesse passare alla loro costruzione , egli è evidente che non sarebbe prezzo dell'opera il farlo; ma se si trovassero in contiguità del mare naturalmente di questi bacini, come succede non infrequentemente, e che non grandi lavori di ridu- zione bastassero a metterli nelle condizioni richie- ste, allora il metodo discusso potrebbe utilmente servire ; ed in ogni caso sarà sempre da adottarsi r uso del regolatore , per trarre dai bacini stessi il massimo vantaggio. Gli esempj ultimamente di- scussi potranno in ogni caso porgere una norma abbastanza approssimata per giudicare del lavoro che si può trarre da determinati bacini, e dei li- miti fra i quali converrà restringere l'uso del re- golatore. -«OOOO- -CO^OO- Seconda Lettura. — Della politica dei Far- nesi ai tempi di Carlo V. -^ Del Socio Ordinario Prof. Giuseppe De Leva. {Estratto) r er recar nuova luce sulla polilica dei Farnesi a' tempi di Carlo V. l'Autore tolse a soggetto prin- cipale il convegno di Busseto del 22 Giugno 1 543. Le trattative che in esso ebbero luogo fra Paolo III. e Carlo V, per la cessione del Ducato di Milano ad Ottavio Farnese, comechè affermate da Gio. Batt. Adriano, dal Giovio e dal Vandral, dopo i dubj le- vati dal Pallavicino nella sua Storia del Concilio Tridentino, non si potevano avere in conto di un fatto pienamente certificato. Lo stesso Ranke nella sua Storia dei Papi sì contenne a discorrerne nei limiti di una semplice probabilità. Ma questa pro- babilità crebbe nell'Autore a certezza storica quan- do nell'Archivio di Simancas in Ispagna gli venne fatto di trovare in un quaderno di Atti relativi al Convegno di Busseto, e particolarmente in un do- cumento che porta per titolo = Papel simile de la escriptura que dieron aS. M. sobre lo de Mi- lan quando lo quiso dar al Nielo del Papa. =z — 202 - Le prove di quanto Fra Paolo Sarpi, sia riguardo alle trattative medesime, che alle cagioni per cui non sortirono verun effetto, avea preannunciato. Or qui l'Autore si mise all'opra d'illustrare sì fatta importantissima scrittura ; poscia parlò del conte- gno di Paolo III. nella circostanza della guerra smalcaldica, sincerandone i rapidi mutamenti nella indagine delle cagioni e nell'esame dei documen- ti. Per ultimo si fece a dimostrare a quali strani disegni si lasciasse andare la politica dei Farne- si quando s'avvide che solo l'amicizia di Cesare avrebbe potuto giovarla, e qùal conto si debba fare della proposta comunicata dall'Ambasciatore Im- periale Don Diego de Mendozajdi proclamare Car- lo y. a successore di Paolo sul trono pontificio. Conchiuse l'Autore con un giudizio su Pao- lo III., considerato unicamente siccome principe temporale d'Italia a' tempi di Carlo V. -a0—C^«o^> co^oo- *14 Terza Lettura. — Sopra l'attuale malatia delle uve. — Del Socio Straordinario An- tonio Prof. Keller. (Estratto) v/ffre argomento alla presente lettura un Articolo in- serito mW Amico del cow^admo, Giornale agrario che si stampa a Milano sotto la direzione dell'illustre Can- toni, e che si legge anzi sotto il titolo La vigna se ne va nel primo numero, in data del 15 Genajo, corrente anno. Tre sono i mezzi proposti in quell'Articolo per salvarla: le aspersioni con polvere di zolfo ; il taglio presso terra dei vecchj gambi; ed un'abbondante con- cimazione fatta colle opportune sostanze. Il Dott. Keller nel terzo e nel secondo dei mezzi in- dicati trova il massimo dei premj alle sue fatiche, aven- dosi egli in diverse circostanze chiaramente e decisa- mente espresso in que' sensi ; e ne cita i punti che vi si riferiscono. Passa indi a parlare dello zolfo, e del mezzo con cui si potrebbe sostituirlo, nel modo seguente. =: Eccomi al 5.° mezzo proposto, mezzo che mi scon- forta. Lo zolfo è lo specifico cui dobbiamo affidarci. Go- verni, Academie, Cittadini, Agricoltori suggeriscono zolfo. Zolfo si raccomanda persino dai pergami. La solforazione -219 — è l'unica àncora di salvezza. Accettate questa nozione qua- si dogma. Lo zolfo gioverà. E impossibile che tanti e tanti s'ingannino, ed ingannino altrui. Ai Governi e alle Aca- demie non la si fa con tanta facilità. Ma a Voi il decidere se io possa soscrivermi ad una opinione ormai quasi uni- versale circa r azione o la virtù attribuita esclusivamente allo zolfo contro il fungo delle uve, dopo quanto publicai in diverse circostanze intorno a questa peste delle viti. Nello zolfo ridotto allo stato di polvere o di fiori non può ammettersi un'azione chimica. 11 eh. Prof. Ragazzini in una Memoria letta or ora lo convaliderebbe colle se- guenti parole : « Che la virivi dello zolfo sia chimica , noi »lo dubitiamo, perchè l'esperienza ha mostrato che lo zol- li fo sotto l'azione degli agenti esterni non contrae combi- » nazione con essi alla temperatura consueta dell'aria; né «vale a distruggere la crittogama, come stimava il Fi- «guier; né fu ravvisato mai il suo assorbimento, sia per le «radici, sia pe' meati delle foglie; né si hanno dati da ri- » ferirsi alla sua virtù interna. Che se talvolta il vino delle • viti solforate emana l'odore dell'acido idrosteno solfora- »to, ciò devesi, secondo l'esperienza del Selmi, a quello «zolfo aderente all'uva, che nella pigiatura mescolandosi al «mosto, ingenera quel gas durante la fermentazione, non »a zolfo che si trovi nella compagine del frutto. « — Dal Rapporto generale della Commissione della Reale Acade- mia de' Georgofili , compilato dal Prof. Adolfo Doti. Tar- gioni-Tozzetli, si rileva che il sig. Giorgini non ha sapulo vedere nelle viti la traccia dello zolfo assorbito, siccome — 220 — il sig. Grinielli avrebbe preteso. — Indi : « Né allo slato » di zolfo , né allo stato di solfuro alcalino si sono trovale «dal Bechi nell' interno delle viti le materie usate dal sig. • Torelli; né fra le ceneri delle piante stesse si è nemme- »no trovalo un eccesso qualunque di altra combinazione • solforata che potesse accusare l'assorbimento dello zolfo »o del solfuro, in qualunque modo questo fosse avvenu- "to.» Ed io aggiungo : qualora gli effetti dello zolfo si vo- lessero attribuire ad azione chimica , Abano co' suoi din- torni sarebbe esente dalla nialatia delle uve per le aque termali solforose che vanta. Neil' impiego dello zolfo si tratta di un rimedio che agisce in via meccanica ; collo zolfo si ricopre l'acino, e per esso lo si sottrae alla visita di ospiti tanto infesti, non- ché alla diffusione di quei funghi che di lui si sono im- possessali. Ragazzini ci dice che l'effetto dello zolfo è tanto meno incerto, quanto più tenue ne è la sua polve- re. Anzi fabbricaronsi apposite stanze di sublimazione, on- de averla estremamenle divisa, e s' imaginarono apparec- chi per conoscerne la tenuità relativa. Chancel a questo scopo suggerisce una campana della capacità di 25 centi- metri cubici, graduata in 100 divisioni. Introdottivi cin- que grammi di zolfo , poscia riempiuta d' etere solforico, si agita fortemente : e lascialo sedimentare verticalmente, si osserva il volume occupato dallo zolfo. Mentre il più fino ottenuto per sublimazione segna 98", il sublimalo di commercio ne indica appena fl5° o hi '. li sig. Fleres, Vi- ce-console austriaco a Messina . suggerisce pure lo zolfo O') 2 perfettamente polverizzato. Targloni-Tozzetti e' insegna , che quand'anco venisse dimostrato che lo zolfo in parte ahiieno passi a tal modo di essere (il che dalla Chimica e dai fatti è dichiarato impossibile alla temperatura con- sueta dell'aria , come fu detto sopra ) da potere di certo operare chimicamente sopra la muffa o sopra la vite, la meccanica azione non potrebbe eliminarsi del lutto , poi- ché in grandissima parte almeno lo zolfo rimane come polvere insoluta ed inerte là dove si sparge. — Ho detto altre volte : grappoli coperti, sia dalle loro foglie, sia fra i rami degli alberi , sia sopra un suolo asciutto 5 grappoli chiusi entro globi di carta , dentro vasi , o co' loro ceppi denlro invetriate, rimasero esenti dalla muffa. La coltiva- zione medesima delle viti mantenendole bassissime, co' tral- ci in una superfìcie orizzontale, 0 sostenendo questi anche a forza di pali bassi in forma di piramidi 0 di coni, pur- ché in terreni non umidi, ed i lavacri coU'aqua comune impedivano la diffusione e talvolta lo sviluppo della muf- fa. La cenere, là calce, la magnesia, applicate ai grappoli, giovarono pure a taluno. Se ora offrissi una polvere economica , da applicarsi come lo zolfo, non avrei recato un utile ai possidenti , non avrei diminuito gl'imbarazzi all'Erario, non avrei sommi- nistrato pane a qualche infelice , incapace di procurarse- lo , col prepararla , non volendo il coltivatore assumersi questa briga? Se la mia polvere avesse il peso specifico eguale quasi a (juello dello zolfo : se essa si fissasse ai grappoli come lo zolfo: se le pioggie non la portassero 99',» *^' A' ^^ via, come portano via lo zolfo j se, a seconda del modo di prepararla, potessi supporre che alcuni suoi componenti , fra i quali parie del terriccio, avessero ad essere assor- biti dal frutto, dalle foglie e dai tralci ; ammesso che que- sti organi, sovra i quali la polvere cade, fossero incaricati dell'assorbimento e della elaborazione di certe sostanze, e non della semplice eliminazione di quanto alla pianta è inutile; avrei fatto male a raccomandarla in via di espe- rimento , una volta che il suo acquisto costa zero ; ch'essa è tanto tenue quanto lo zolfo , senza bisogno di ricorrere a stanze speciali per prepararla , e ad apparecchi parti- colari per determinarne la tenuità : e che si riduce ad una massa impiegala già altre volte, ma non nel modo che sa- rò per indicare. Ad avvalorare la mia proposta valga il sapere che non mi trovo per nulla in opposizione colle seguenti paro- le dette altre volte dall' illustre Cantoni : « Provato final- )) mente che la parte primieramente alterata dalle condi- » zioni che danno origine a\V Oidio, sia la parte aerea delle » viti, e più propriamente le parti verdi, con maggior per- » suasione e fiducia ricorreremo ai mezzi che hanno una » decisa influenza sopra di esse, preservandole da quel- »> la influenza finora ignota , che ne impedisce le funzioni >) di respirazione, n K noto come talvolta le vili, lungo certe strade, era- no esenti dalla muffa. Il sig. Sante Zoli di Forlì anzi as- serisce francamente, che le vili situate sul ciglio de' cam- pi , lungo le vie postali , per il polverio che s' inalza col — 223 — continuo passaggio di vetture e di carri , sono coperte di polvere, ma esenti dalla muffa : mentre a poca distanza e neir interno dei campi le viti si scorgono còlte dal malo- re. Al sig. Zoli sta bene quest'asserzione, poiché egli, ap- poggiato a quanto gli riusciva, oltre alla somministrazione di polvere di strada e di ceneri di legna alle radici delle viti, consiglia anche l'aspersione dei grappoli con 6 on- cie metriche abbondanti di polvere di strada sospesa den- tro un chilogi'ammo di aqua. Zoli nel somministrare la polvere di strada , polvere di calce e ceneri di legna alle radici della vite, ritiene di dare ad esse anche potassa e calce. Ha ragione. Zoli neir aspergere i grappoli colla sua aspersione li difende dagU assalti della muffa. E impossibile dargli torto. Se non che a questo proposilo egli mi permetterà una osservazione. A lui, è vero, è riuscito il suo rimedio esterno ; ma non potrebbe verificarsi a seconda della pol- vere di strada impiegata per quel lavacro quanto io diceva accadere col latte di calce ? (Vedi 11 bianco dei grappoli.) a 11 latte di calce, di applicazione non tanto difficile, ») adoperato in molti luoghi sopra le viti, ma con altro ;) scopo, e perciò dal villico non con troppa ripugnanza » adottato, fu messo pure in opera nel nostro Stabilimento^ » e qual mezzo parzialmente preservativo , ed in via tem- » poraria, lo si vede superare gli altri rimedj. 11 suo uso » è pure più ragionevole : coli' investire i grani li preser- » va dagli agenti esterni, cedendo facilmente con iscrepo- » lature all'aumentarsi del grano. Ma atto a distruggere il )ì fungo non si mostrò ; e siccome talvolta cade , cosi è fa- » cile la nuova comparsa del micelo, od il rivivere di quelli n che vi si trovarono sotto, bastando talvolta le stesse fen- ») dilure a mantenerne alcuni. » Per evitare questo inconveniente non si potrebbe adot- tare lo spolveramento con una polvere, come ho detto, di nessun costo, analoga quasi alla sua, purché ripetuto spes- se fiate, come l' insolforazione ? A questo mezzo non si oppone per nulla il dubio mos- so da taluno , che cioè esso non troverebbe appoggio nel fatto di avere veduto, contro l'asserzione dello Zoli, af- fetti i grappoli dalia muffa lungo diverse strade , ad onta della polvere che si solleva a nubi. Ricordo soltanto, che la muffa si presenta durante o dopo giorni nei quali ab- bondava la nebbia, o l'aria atmosferica era carica di vapore aqueo. La muffa si diffonde intanto, e quella polvere, che presso di noi ordinariamente s' inalza d'estate , durante la siccità, a malatia dei grappoli già avanzata , e che prima di quelle giornate umide, cosi fatali, avrebbe giovato, rie- sce più tardi indifferente. Peccato non essere tanti Eoli, e non avere i venti a propria disposizione, o non poter vantare sempre , col sollevare dei venti in istanti oppor- tuni, la sorte toccata al sig. Zoli e a' suoi vicini, forse per condizioni clima tologiche particolari ! Ecco a che si riduce il mezzo eh' io propongo, affin- chè lo si esperimenti. A Voi il merito di averlo diffuso, se buono : a me forse il ridicolo di taluno : ma il conforto sempre, anche nel caso di cattivo esito, d' avere cercato. — 99r; _ 0t^ 0^ %J — — senza far torto a' mìei principj sulla malatia delle uve, la difesa dei grappoli contro la loro peste in una polvere semplicissima , tenue quanto quella dello zolfo , a disposi- zione di ciascuno, di nessun prezzo, e forse più attiva del- lo zolfo, qualora le si volesse attribuire una virtù chimica. Si prenda della terra dei campi , la si ponga dentro tini, vi si versi sopra dell'aqua, e si agiti bene il tutto. Al cessare quasi del movimento vorticoso si passi l'aqua tor- bida in un altro tino. Qui si formerà un deposito. Allonta- nata l' aqua quasi limpida , il deposito verrà asciugato al fuoco , o d' estate al sole, profittando p. e. del selciato di un' aja , ed indi ridotto in polvere. La polvere ottenuta senza certa fatica si spanderà sui grappoli o sui racemi colle mani, o con iscattole, o con soffietti, o con pennelli, o con ispazzette, tre volte almeno ; cioè : appena ingrossa- te le gemme, durante la fioritura, e quando gli acini ab- biano raggiunto la grossezza d'un seme di melgone. Della dispendiosa operazione collo zolfo asserisce T illustre Can- toni eh' essa è senza effetto , se il vento e la pioggia lo portano via ; e che conviene, anzi bisogna rinovarla appe- na si mostri l' opportunità, profittando di giornate serene, calde, e senza vento. Fleres insiste del pari perchè si com- batta la crittogama con nuove e ripetute aspersioni, non bastando le tre che consiglia , delle quali la prima si do- vrebbe praticare quando i getti abbiano due o tre pollici di lunghezza. Secondo lui, le ore più opportune alla solfo- razione sono le mattutine, e più quando le piante sono co- perte di rugiada , perchè allora lo zolfo si fissa in modo , — 226 — che il vento non pub più trasportarlo. Egli anzi vorrebbe che nelle piantagioni estese un individuo precedesse co- loro che solforano, affinchè provedulo di un vaso d'aqua e di una spazzola desse una spruzzata ad ogni pianta. Insi- sto quindi anch' io per le ripetute applicazioni della pol- vere dei campi , e raccomando che le aspersioni sieno eseguite secondo i suggerimenti del Cantoni e del Fleres, indotto a ciò da un argomento che deve convincere : lo zolfo costa. In Sicilia 1000 piante di vite esigono per le tre insolfature libre toscane 80 o chil. 56.14 di zolfo, che colla macinatura e colla mano d'opera di due uomini per l'aspersione valgono lire toscane 15. Secondo l'illu- stre Targioni-Tozzetti lo zolfo consumato complessivamente nei varj paesi in tutte le aspersioni sarebbe stalo di 10 , di 60 , e anco di 70 chil. per ettaro di vigna. Il chil. di zolfo lo fa ascendere al valore di cent. !iO, ed un indivi- duo può in una giornata inzolfare le piante di una vigna di 1000 a 1200 (probabilmente di 3000 a 3200) metri di superficie , e quelle di un ettaro in tre (?) giorni . Ove occorressero per un ettaro 70 chil. di zolfo e tre giornate di lavoro, la spesa sarebbe già di franchi 34. Presso noi lo zolfo vale anche cent. 60 il chil. ; spesa quindi che sa- rebbe di qualche entità. Di niun valore sono invece l'ar- gilla e la calce avute dai nostri terreni con un metodo il quale ricorderebbe la così detta levigazione , suggerita da distinti Agronomi per determinare alcune proprietà fisi- che, quindi il valore delle superficie agrarie, rr: BULLETTINO BIBLIOGRÀFICO BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Clbrt manlrati tn irono ali' ^caìfemia durante U ferie t nel 1/ Semestre ìrell'anno 1859-60. AUTORI. TITOLO DELLE OPERE. A.RKNSTKIN Giuseppe. — AUgeraeine Land-und Forstwirth- schaflicheZeitung. Wieni859.— La continuazio- ne fino al N.° 36. 37 incl., e N.° 1. dell'an. 1860. BisoHOFF Doti. Th. L. W. — Ueber Johannes Miiller. Mo- naco i858. Cbntomo Dott. Luigi. — Delle cause generali remote ed in- time dei mali nervosi. Lettera IV. 1859. CoDEMo Cav. Giovanni. — L'Istitutore. Giornale. — Con- tinuazione, anno XI. CosTARDi Ab. Gio. Battista. — Elogio dell' Ab. Carlo Mi- chele de rÈpée. Dal Cakton Dott, Vittore. — Manuale sulle malatie del cuore e delle arterie del Prof. Enrico Bamberger. (Traduzione con Annotazioni ed Appendice.) Festier Dott. Francesco Saverio. — Sullo stato attuale del- la scienza medica nelle Provincie Venete. -1859. Francesconi Felice. — Studj linguistici per via di esempi paralleli in 24 lingue. Praga i860. Lb JoLis M. Auguste. — Examen des espéces confondues sous le noni de Laminaria digitata Auct. MoMK Prof. Raffaele. — Nuovi Myzeiraintha raccolti ed esaminati. 1859- — 229 — AUTORI. TITOLO DELLE OPERE. MotTN Prof. Raffaet,e. — Cephalocotylea e Neniatoidea rac- colti ed illustrati nel 4859. — Monografia del genere Spiroptera. Vienna 1860. — Sulla metamorfosi regressiva di alcuni vermi ro- tondi. Ibid. — Un altro cenno sulla dentatura dei Pachyodon Ga- tulli. Ibid. — Sopra un verme intestinale del retto d' una ran- nocchia. Nota. Pasqdaugo Nob. Dott. Giuseppe. — Compendio storico della Città e Diocesi di Padova. Continuazione. Prantl Prof. Carl. — Ueber geschichtlichen Vorstufen der neueren Rechtsphilosophie . Monaco i858. Samtini Prof. Giovanni. — Posizioni medie di 2706 stelle peH.°Gena]"o4860, distribuite nella zona com- presa fra iO" e 42° 30' di declinazione austra- le j dedotte dalle osservazioni fatte negli an- ni l856-f>7-58 nell'I. R. Osservatorio di Padova. Sicca Angelo. — La Comedia di Dante Allighieri conforme la più chiara lezione. — Voi. III. Paradiso . Saggio delle note, del commento storico, e Con- futazione al Crepuscolo e al eh. sig. Bonaffons intorno ad alcune varianti. Strambio Dott. Gaetano. — Gazzetta Medica Italianu-Lom- barda. Tomo IV. fino al N.° 52. dell'an.4859. Trissino Conte Francesco. — La Divina Comedia di Dante Allighieri illustrata. Voi. 3. Vicenza 4857. — Versi. Voi. I. — Vita di santa Savina Trissino. — Vita di Stefano Madonetta. - 230 — DONATORI. TITOLO. JDkrlino (Academia Reale delle Scienze). — Monatsbericht. Luglio, Agosto, Novembre, Dicembre 1858. Cherbourg (Società Imperiale delle Scienze naturali) — Me- morie. Tomo V. 1867. FiRE.\zB. — (Academia Economico-Agraria dei Georgofili). — Rendiconti delle Adunanze. Dispense V. VI. VII. Vili. LipSTA (Società Reale delle Scienze Sassone). - Die Sage von Naia und Damayanti. 1857. — (detta) Rapporti delia Glasse filosofico -storica. II. III. 1888,11. <1859. — (detta) Rapporti della Classe matematico-fisica. II. III. 1858. — Fechner-psichophysisches Grundgesetz. — (detta) Hankel-elektrische Untersuchungen IV. Abhandl. — Hofmeister-Phanerogamen. — ( Società del Principe Imblonowski ). Dott. Wi- skemann. DieAntike Landwirthschaft -1859. Madbid (Società di Statistica), — Noraenclàtor de los Pue- blos de-Espagna 1858. — (detta) Censo de la Poblacion de Espagna de d857. Milano (Società degli Editori del Politecnico) > — Repertorio mensile di studj applicati alla prosperità e col- tura sociale. 1860. Monaco (Academia Reale delle Scienze). — Abhandiungen der Philosoph-philologischen Classe. Voi. Vili. Parte III. 1858. Mosca (Società Imperiale dei Naturalisti). — Bollettino. Nu- meri I. II. III. 1859. — 231 — DONATORI. TITOLO. Philadelphia (Academia delle Scienze naturali). — Conli- nuazione degli Atti. Pietroburgo (Società Imperiale Geografica -Russa). — Pro- cesso Verbale dell'Assemblea generale del dì i Febrajo 1859. — (detta). — Gli Atti (ih lingua ì'ussa)- Voìiiiae dell'anno 4858. Venezia (I. R. Istituto dì Scienze, Lettere ed Arti). — Me- morie- Voi. Vili. 1859. Vtbnna (Collegio Medico della Facoltà). — Rapporti annuì. — (I. R. Istituto Geologico). — lahrbuch — Ge- najo, Febrajo, Marzo, Luglio, Agosto, Settem- bre 1859. — (I. R. Academia delle Scienze). — Sitzungsbe- richte Phìlosophisch-hìstorìsche Classe. An- no 1858. Aprile, Maggio, Giugno, Luglio. — (detta^ Archìv fur Runde òsterreichischer Ges- chichts-Kuellen. Voi. XIX. e XX. Washington (Smìthsonìan Institutìon). — Annual Report of the Board of Regentz, for the year 1857. — (detta) Contributìons to Knowledge. -1858. Vo- lume X. — (detta). Defence of Doct. Gould by the Scientific Conncil of the Dubley observatory. Albany 1858. Seconda edizione. — (detta). Reply to the Statement of the Trusteef of the Dubley Observatory by Benj Apthorp GoùlJ. Ir. — (detta). The Dubley Observatory. — An Address to the Citizens of Albany. — Albany 1858. Pag. 14. Un. 2. rincorare leggi aggravare. DELLE MATERIE CONTENUTE NEL FASCICOLO XVII. (Voi. Vili.) ANNO AGADEMICO dSoO-ISGO. DISCORSO del Presidente Prof. Minicfa pag. 9 Ikvgcntl. — Relazione statistico-sanitaria e necrologica del Comune di Padova per gli anni 1858-59, ed Osservazioni sulla pellagra, dedotte dal numero dei pellagrosi defunti dal 1848 al 1859 inclusive » 217 Dal Canton. — Sulla degenerazione lendinosa del cuore, il più delle volte non disgiunta da insufficienza della valvula mitrale, i » 110 De Leva* — Della politica dei Farnesi ai tempi di Carlo V. » 201 Fcsller. — Intorno alla classificazione delle malatie giusta principi fisiologici nello stato morboso » 131 Keller. — Del Sale comune (Cloruro di Sodio) nei terreni agrarj. » 70 Sopra l'attuale malatia delle uve » 218 IMinìeh. — Sulla riduzione a forma intera di ogni funzione ra- zionale di qualsivoglia radice di data equazione algebrica.» 43 Opsolato. — Della rottura del cuore, o Cardioressi. ...» 27 Ragazzini. — Ricerche ed Osservazioni sulla malatia del- l'uva negli anni 1858-59 » 203 Tosiiii. — Relazione dell'Opera del Dott. Scoutetten sull'Isti- tuto dei Cretini , fondato suU'Abendberg del Dott. Gug- genbùhl » 166 'ffiirazza. — D'un modo di fare profitto del flusso e riflusso del mare, col trarne un lavoro continuo » 177 APPENDICE Personale Acaderaico a tutto il primo Semestre 1859-1860. » 5 Libri pervenuti in dono all'Academia nel detto 1.° Semestre. » 227 XVIII. «MMHH DEI lAVORI DELIA h R. ACADEMIA DI SCIEiVZE, LETTERE ED ARTI IiV PADOVA. Redattore Gidsbppb Orsolato ^lenibro Ordinario della Sezione di Medicina. '' otititeatte tettio e quarto aef 4859-4860. VOL-UiUE Vili. DEI LAVORI DEllA L R. ACADEMIA DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI IN PADOVA. Redattore Giuseppe Orsolato, Membro Ordinario della Sezione di Medicina, Ctimcbtie tetsjo e c^uatto òcf 1859-4860. volatimi: Tiii. •'-i'^- 'i^« ^- PADOVA co' TORCHJ DI G. B. RANDI E COMP. 1860 PERSOIVALE ACADEMICO A TUTTO IL SECONDO SEMESTRE DEL 1859-60. COi\SIGLIO ACADEMKIO MINICH Prof. Cav. RAFFAELE. Ve ce-y^ioeói Dente. MUGNA Dott. GIAMBATTISTA. Direttori ìfì ^efiont. De Visiani Prof. Roberto (Scienze fisiche). Festler Dott. Frane. Saverio (Scien- ze mediche). Trettenero Prof. Virgilio (Scienze matematicJie). De Leva Prof. Giuseppe (Scienze morali e Letteratura). ^e$vetavi perpetui. Menili Ab. Prof. Cav. Lodovico. Cavalli Conte Ferdinando. 3lrrl)bista e iBibiìoUcatio. Orsolato Dott. Giuseppe. ^tmmitttstratore Cassiere (JDnorarto. Argenti Dott. Francesco. itHembri (Drìrtnarf (permanenti nel numero ìri 28). (Si'aìte òeue ócientc |iiiclte. De Visiani suddetto. De Zigno Bar. Achille. Menin suddetto. Trevisan Cav. Vittore. Ragazzini Prof. Francesco. Slabie òeffe Jcicu^e uteòicfte. Argenti suddetto. Benvenisti Dott. Moisè. Colletti Dott. Ferdinando. Festler suddetto. Mattioli Dott. Giambattista. Mugna suddetto. Orsolato suddetto. cLasse Sette TlXjateiuaticftc. Bellavitis Prof. Giusto. Minich suddetto. Santini Prof. Commendatore Giov. Trettenero suddetto. Turazza Prof. Domenico. c-taòi6"()6ue Jcicwie motau e J^itezatuia. Agostini Ab. Prof. Stefano. Bonato Ab. Prof Modesto. Cavalli suddetto. Cittadella-Vigodarzere S. E. Co. An- drea. Cittadella Co. Cav. Giovanni. Gloria Prof. Andrea. 236 - ^Sl^teQùù teBÌÌfentì in paìioua. a) Come tToci, Onorati. Fini Bar. Cav. Girolamo. Manfredini Mons. Federico, Vesco- vo di Padova. b) (Some Jocj ouieuti. Catullo Prof. Cav. Tommaso. 0 ctonie ooci óttaotììiuati Bernati Prof. Antonio. Bucchia Prof. Gustavo. Canal Ab. Prof. Pietro. Cerato Dott. Carlo. Fabris Mons. Can. Antonmaria. Keller Dott. Antonio. Luzzato Prof. Samuele. Molin Prof. Raffaele. Rivato Ab. Prof. Antonio. Sagredo Co. Agostino. Serafini Dott. Giuseppe. Simonetti Mons. Can. Prof. Lodo- vico. Talandini Ab. Prof. Leandro. <^l) (Some Joci (?or.tiipoM()cutt. Basso Dott. Luigi. Berti Dott. Jacopo. Brugnolo Prof. Giuseppe. Brusoni Dott. Jacopo. Calegari Dott. Pietro. Dalla Torre Prof. Lelio. Dallusclieck Prof. Giuseppe Ant. Fabeni Prof. Vincenzo. Faccio Domenico. Fanzago Dott. Luigi. Fava Prof Giambattista. Foscarini Dott. Jacopo. Osimo Dott. Marco. Podrecca Dott. Giuseppe-Leonida. Salomoni Prof Filippo. Tosini Dott. Achille. Tolomei Prof Gian-Paolo. Vanzetti Prof. Tito. Zacco Kob. Teodoro. (SLfuuui. Chiereghin Dott. Giuseppe (della Classe medica). Cittadella Vigodarzere Co. Giorgio (della Classe letteraria). Bidello. Smiderle Pietro. Inserviente. Facchinetti Luigi. -o«3®©s*— Prima Adunanza del secondo Semestre. ^«sse^o Tornati VI. — 1.^ Aprile 1860. Il Socio Ordinario Francesco Dott. Argemti continua la lettura della Relazione Statistico-Sanitaria e Necrologica del Co- mune di Padova pegli anni i 858-59. Osservazioni sulla pel- lagra dedotte dal numero dei pellagrosi defunti dall'anno •1848 al 4859 inclusivo (i). (Estratto) Jj Autore, neHa qualità di medico pratico ed Asses- sore Municipale preposto alla sezione sanitaria, continua- va la serie delle sue osservazioni ed annotazioni anche pel biennio 1858-S9 (2). Avvertita la notevole diminuzione della popolazione , causata dalla emigrazione di tanta gioventù, dalla chiusu- ra di alcuni Istituti di pubblico insegnamento, dalla man- (l)Di questa Memoria letta dall'Autore in parte all'Adunanza Academica nel giorno 48 Marzo p. p.^ indicata nel Fase. XVII. della presente Rivista, e pubblicata per intero nel Voi. VII. dei Nuovi Saggi dell' Academia, riproduciamo qui l'Estratto inserito nella Gazzetta Medica Italiana delle Provincie Venete. (2) V. Rivista periodica dei lavori delV Academia di Scien- ze, Lettere ed Arti di Padova. Voi. VI. 1867-58, l." Semestre, pag. 425. — 238 — canza di forestieri trattenuti dalle attuali politiche circo- stanze, accennava non essere stata ad essa corrispondente la mortalità, che invece presentava una cifra maggiore dell'anno precedente, e che somma a più di 2270 indivi- dui per anno, cioè il 5,92 per dOO sulla popolazione cal- colata a 58 mille abitanti per l'intiero Comune. Causa di questa egli mostrava il freddo verno di tutti e due gli anni, e l'eccessivo calore della state 4 859. Vit- time principali ne furono i bambini ed i vecchi. Infatti nel 4858 moriron 4001 infanti, 44 per 400 sul totale dei decessi, e nel 4 859, infanti 4081, il 47 per 100. — Nel biennio quelli che 'decessero nel primo anno di età furono 1628, i quali ragguagliati sulla cifra dei nati 4543, danno 57,55 per 100, più di 4/5. — I casi di longevità si notarono più numerosi in città che nella campagna , ed una monaca raggiungeva persino l'età di 94 anni e 4 me- si.— Di poco conto riuscì la differenza della mortalità in riguardo al sesso, maggiore però pel maschile. Analizzando poscia altre cause imputabili della morta- lità, faceva avvertenza alle frequenti denunzie che si pre- sentano della morte non solo di neonati ma di fanciulli a più anni, i quali non ebbero l'assistenza del medico. « Questo disordine, egli diceva, che s'incontra nelle famiglie dei po- veri, verrebbe direttamente a deporre contro la solerzia dei Medici-condotti per essi instituiti, se non constasse di- pendere dalla noncuranza dei genitori, i quali poco o nulla credono poter giovare il Medico alle malattie dei bambi- ni; dall'abusivo esercizio delle mammane, che, riconosciu- te incapaci all'assistenza degli adulti, si credono capacis- sime a diagnosticare e medicare le malattie degl'infanti; da quell'arbitrario esercizio , per cui ritenendosi nona — 239 — sufficienza esperti i Medici in queste supposte specialità morbose, ognuno invece si attribuisce una scienza infusa, una pratica prodigiosa , che finisce colla morte di tante creature. La censura dell' Uffizio di sanità, che riconosce l'abuso quando è già fatta una vittima, poco A'ale. Convie- ve in precedenza apprendere ed inculcare alla classe del popolo il danno dei pregiudizi, le conseguenze della igno- ranza, il bisogno eguale che ha l' organismo di un piccolo bimbo, come quello di un adulto quando ammala, di esse- re dal Medico assistito; e che i Medici -condotti pei po- veri, appositamente destinati, ben volentieri, piutloslochè firmare un ultimo Atto per la regolarità burocratica, pro- verebbero compiacenza di aver prodigata all'infermo la propria assistenza, e forse con utilità. Lo sradicare però di tali inconvenienti è difficile, per- chè non è sempre la trascuranza e l' indolenza quella che li promuove., ma l'interesse del guadagno e la sordida speculazione. Con qual altro nome si potrà chiamare l'eser- cizio di chi , sorpassando le proprie attribuzioni , a non dire cognizioni, cimenta in una cura l'altrui esistenza; l'esercizio dei ciarlatani che transitano negoziando farma- chi utili a loro e nulli agli uomini dabbene che li acqui- stano ; 0 che lasciando il proprio mestiere , per esempio del sarte, s'introducono, divenuti Esculapj , nelle fami- glie : 0 che piantano stabile cattedra di clinica medica con dispensatorio farmaceutico , nulla curando la censura , le minacce, la punizione che meriterebbero ? I barattieri co- noscono r arte ; e fatta la legge , sorge l' inganno. Non si può credere che oggidì in un pubblico albergo della Cit- tà, e ciò da moltissimi anni, si eserciti la Medicina estesa a tutte le possibili forme morbose con ispudorato smercio -240 — di rimedj buoni per tulli i mali, con esposizione di tanti disgraziati che affluiscono alla ragnaja, richiamali da una bene organizzata nominanza , per ascollare l' oracolo ed aspettare il prodigio ! Ma le accorte femmine medichesse conoscono che dietro al simulacro profetavano le Pitones- se, e che un diploma di doctissimus vir dà valore anche alle larve ; e loro non manca chi per esse si abbassa ad estendere una ricetta enigmatica e convenzionale, e chi si presta a confezionare la misteriosa medicina, che di- venta illecito mezzo di lucrativa parlecipanza. » (i). La mortalità in queste due annate, ridotta ad una cifra più moderala colla sottrazione dei bambini morti e prove- nienti in ispecialità dalla Casa centrale degli Esposti pella provincia e della campagna, apparisce più in armonia col- le risultanze dei morbi dominanti avutisi nello slesso pe- riodo. Attendendo l'Autore alle relazioni dei Medici-con- dotti delle parrochie interne ed esterne, ed alle peculiari sue osservazioni pratiche , dichiara essere state le malat- tie in non istraordinaria quantità, subordinate all'anda- mento delle stagioni , ed agli abusi riferibili ai prodotti del suolo. Fra questi accennava gli eterogenei e mal sani provenienti dalle uve guaste per la crittogama, dai vini fatturati od altre sostituzioni, che introdotti uell' organi- smo si mutano in elementi poco favorevoli ad una buona as- similazione e probabilmente cagioni d' infermità. Tratteggiate in un gruppo, illustrando cosi i prospetti necroscopici annessi, le malattie dominanti secondo le va- rie epoche dell'anno, fatta parola delle esantematiche, e comunicabili, per le quali riferivasi a quanto avea esposto nella relazione del d857 (2), avvertilo non essersi pre- (ì) Brano storico. (2) Loc. cit. - 241 — sentalo morbo alcuno epidemico od epizootico straordina- rio, si arrestava a descrivere un caso occorso di mostruo- sa polisarcia adiposa^ detta dall' egregio dott. Bosio ele- fantiasi generale^ e dal quale rilevava la storica infor- mazione che segue : « Antonia Tomasini De Castello di Cervarese , nata in condizione civile da sani genitori , trasse una gracile co- stituzione di corpo con temperamento sanguigno. Svilup- pata a i3 anni, continuò regolarmente ne' suoi periodi fino ai 20, in cui preso marito, rimaneva incinta. Ebbe tre fi- gli, e li perdette in tenera età ; per la quale sventura so- prafatta da acerbo dolore, le si turbarono le funzioni degli organi digerenti, nonché il sistema uterino, per cui ora mancava della mestruazione, ora aveala scarsa, ed ora sem- brava una menorragia. Soggetta a ricorrenti bronchitidi , ne soffriva a quest'epoca una gravissima , che le lasciò della dispnea. Toccava già 37 anni, ed in mezzo a tante cause di de- perimento rimarcavasi in essa malaticcia e gracile un no- tevole aumento della circonferenza del ventre per grassoso prodotto, che per quattro anni limitavasi a quella regione. Raggiunti i 40 anni , insorsero gravi sintomi di metrite con gastro-subenterite, che traltavasi con energico meto- do antiflogistico ; pure aumentava la secrezione adiposa, e prolungavasi alle coscie e alle gambe. Sofferente per ce- falalgia gravativa, dispnea, ambascia precordiale, stitichez- za ostinata, incontinenza di orina, e difficoltà nel muover- si, era necessario che di frequente ricorresse alle sottra- zioni sanguigne,'qual mezzo unico che a lei ristabiliva le funzioni circolo- respiratorie impedite. Così travagliata nel- la salute, a 43 anni rimasta vedova, trasportava dalla città — 242- (li Este il suo domicilio a Padova; e dopio sei anni, avve- gnaché deforme ed inferma^ delerrainavasi a seconde nozze. Le cure maritali non alleviarono il suo slato; ricadde ammalata per bronchitide; ed assistita dal Dolt. Bosio, questi ebbe occasione di osservare le proporzioni della crescente polisarcia, che durava da io anni. Era il capo di un volume poco superiore all'ordinario, rotonda la fac- cia, il collo cresceva del doppio, il petto e le mammelle, relativamente al resto, erano poco aumentate, la destra però più della sinistra. Le braccia e le avambraccìa assai grosse facevano curioso contrasto con le mani alquanto piccole. Il ventre, di sorprendente volume, pareva un otre, ed offriva al latto una resistenza pastosa, con disseminati alcuni corpi grandi come noci, duri, isolati, interni alla cavità addominale ; la sua temperatura era bassa e disag- gradevole. Questo gran ventre piegavasi a seconda delle movenze e della giacitura del corpo; e se la persona era seduta, le coscie mal reggevano a sostenerlo, e discendeva a falda giù dalle ginocchia. Il volume della pinguedine era favoloso dalla regione delle anche ai malleoli de' pie- di, per cui in corrispondenza ai glutei pareano discendere due grandi appendici cadenti e mobili ; a larghe falde era disposta lungo le coscie al terzo superiore ed inferiore ; e questa pinguedine discendeva alle gambe, terminando alla noce del piede cosi immediatamente , come se vi fosse un cingolo che stringesse attorno i malleoli, simulando l'ef- fetto di una calzatura alla turca, da cui sporgevano i pie- di di normale grandezza e forma. 11 ventre all'ombelico presentava una retrazione infun- dibuliforme, capace di nascondere il pugno della mano chiusa ; alla regione ipogastrica i tegumenti erano coperti - 2^3 - di rossore risipelàceo eritematoso , che prolungavasi alle genitali ; così anche alle gambe , pel ferie distendimento della pelle, apparivano trailo trailo risipole vescicolari. Facendo scorrere un nastro circolarmente dai lombi al- l'ombelico, la misura periferica risultò di metlri 2 e 2 cen- timetri; circondato il braccio a metà, segnava 0,50 ; la coscia nel suo mezzo 0,75; la gamba al terzo inferiore O5 52 centimetri. Era a prevedersi in questo stato di cose il nessun gio- vamento attendibile dall'arte medica. Per opinione di varj Dottori si usò e ripetè l' idrojodato di potassa fino alla do- se di gr. 55 al giorno; ma le frequenti recidive infiamma- torie dei bronchi ^ dell'utero, e la necessità di agire con altri mezzi, ne sospesero più volte la continuazione. Gli stessi presidi meccanici per sostenere il ventre a nulla riuscirono; l'ammalata si ridusse quasi immobile, e per alzarla quando era seduta occorreva l'azione simultanea di due persone che la aiutassero. Sopravenne più tardi la febbre con interessamento flogistico all'encefalo, che le recava veglia, inquietudine, moli convulsivi, visioni spa- ventevoli, impedita giacitura sul lato sinistro per le soffe- renze cardiache. Parte di questi sintomi però mitigarono negli ultimi mesi ; le funzioni del tubo intestinale si era- no ricomposte; cessava l'incontinenza delle orine, e ritor- navale un placido sonno, che non godeva da 20 anni: ciò che non avea sosta era quel prodotto regressivo adiposo, che la rendeva sempre più mostruosa. Una grave conge- stione cerebrale troncava rapidamente quella vita di do- lori nel di 18 Dicembre d859, all'età di 56 anni. Io visitai la salma di questa signora , e restai maravi- gliato dell' eccessivo volume che presentava. E un fatto — 2Zt4 - che quattro uomini con fatica valsero a deporla dal letto ; che si dovettero atterrare gli stipiti della porta della stan- za perchè potesse passarvi ; che fu necessaria la composi- zione di apposito carro per tradurla al cimitero, non es- sendo sufficientemente ampio lo sportello della carrozza comunale ; e che otto uomini occorsero, per trasportarla colla hara verso la chiesa. Nel Dizionario delle scienze mediche, è ricordato come il più rimarchevole esempio di obesità, quello d'una don- na, di cui erasi fatto il ritri^tto in gesso, e che avea cinque piedi ed un pollice parigini di altezza, e 5, 2 di circonfe- renza. La Tomasini, alta pur essa cinque piedi circa , era ancora più mostruosamente deforme nella periferia, supe- rando 6 piedi padovani. Sarebbe opinione di alcuno che in qualche circostanza le sottrazioni sanguigne ripetute pos- sano promuovere la degenerazione adiposa, e favorire la obesità ; si vorrebbe anzi che, dietro questo principio , si fosse introdotta la pratica veterinaria di salassare spesso i bovi, le vacche, i vitelli destinati ad uso di viltuaria, e che voglionsi impinguare. Non tanto per convalidare co- desta dottrina, ma semplicemente per registrare il fatto, io ricorderò che questa signora, quantunque di costituzio- na gracile primitiva , per essere soggetta a malattie flogi- stiche, abbisognò di frequenti salassi, oltre le metrorragie occorse, e che non per questo si arrestò la formazione del grasso; per cui, senz'ammettere decisamente un rapporto conseguente di causa ed effetto, havvi grande probabilità che il ripetuto dissanguare, collegato ad altre cause , e la speciale disposizione di lei alla degenerazione delle so- stanze proteiniche, possano essere concorsi alla metamor- fosi adiposa che si è effettuata. — 245 - Soffermavasi in seguilo a lungo sulla Pellagra , sicco- me quella che parrebbe recare grande sciagura nell'agro padovano, e collo scopo di rilevarne possibilmente l'im- portanza. Premessi alcuni cenni storici sull'epoca in cui osservaronsi i primi casi dell'endemico morbo fra i malati tradotti allo spedale civile di S. Francesco (j 777), av- vertiva che solo nel i789 il eh. Medico padovano Fran- cesco Fanzago ebbe il merito di riconoscere la pellagra ed in seguito illustrarla con dotte memorie, che servirono di guida ai suoi colleghi per istudiarla, e di stimolo alle auto- rità ed ai ricchi proprietarj di occuparsi sull'argomento. Esponeva quindi succintamente in quali luoghi ed in qual gi'ado si trovasse allora la malattia, e ciò per isti- tuire un confronto collo stato attuale della stessa, e mo- strava le difficoltà di arrivarvi, non volendo offrire delle cifre che rappresentino piuttosto una poesia numerica che una realtà. Avrebbe egli infatti fondato motivo di ritenere che le relazioni dei Medici -condotti, comunicate alle R. Delegazioni, e che poi servono a formulare i quadri sta- tistici generali, non sieno sempre del tutto esalte , per le difficoltà di redigerle : perchè i medici non hanno tempo e costanza di eseguire gli elenchi dietro visite regolari a domicilio, perchè i malati o ignari del proprio stato, o trascurati e paurosi, ommettono e rifuggono dall'appale- sarsi, perchè anche se i registri annuali fossero coscien- ziosi, colla ripetizione dei recidivi si va inavvertitamente moltiplicando il numero dei pellagrosi per più anni de- nunziati, senza poi far cenno di quelli che ricoverano allo Spedale ed ivi muojono ; ragioni tutte che rendono poco attendibili le cifre finali delle relative Tabelle statistiche. Fatto conoscere con qualche esempio i difetti delle mede- sime, che quantunque contemplino negli alti dicasteri il -246- solo scopo della curiosità non diretta ad alcun umanitario provedìrnento, pure, dovendole continuare, leclamerebberò una riforma ; dichiarato non poter delle medesime appro- fittare, sapendo che la pellagra aggrava i poveri villici obligati a ricorrere allo Spedale , e che per la sua indole maligna li riduce in gran parte alla sepoltura, si prefisse di cercare elementi d'insegnamento dalla statistica dei pellagrosi nel libro dei morti. Affinchè le risultanze desi- derate avessero a riuscire non del tutto inconcludenti , si accingeva allo spoglio dei pellagrosi defunti nel Comune di Padova nel periodo di 12 anni, dal 1 848 al J 859 inclusivi. In oltre a 24 mille certificati morluarj rilevava la to- talità di 1959 ch'erano stali pellagrosi ; — distribuiti per ogni anno del dodicennio, il meno fu nel i 848 (66), il più nel i 854-55-56 (226. 354. 246); distribuiti per mese, i più funesti furono il Maggio, Giugno a Luglio. — 1852 pellagrosi morirono alio Spedale, 127 a domicilio e di que- sti, 420 nei casolari di campagna, 5 nella Casa di Rico- vero, 2 nella R. Casa di Forza, 1 nel Pio Luogo degli Esposti, ed uno a domicilio in città, ove accidentalmente moriva, ed era un villico stradajuolo. La condizione loro, segnata in apposita Tabella, risul- terebbe di 4 852 villici, e 107 di mestieri diversi. Non tutti questi defunti pellagrosi appartenevano per domicilio alla Città e al Comune esterno di Padova ; dispo- sti quindi in separati Prospetti , secondo il loro paese di dimora e provenienza, apparivano essere designali 78 appartenenti alla Città, 442 )) al Comune esterno di Padova, 687 provenienti dal Distretto di Padova, 564 » dagli altri Distretti della Provincia, 188 )) dalle Provincie limitrofe. — 247 — Illustrava questi gruppi con varie riflessioni, mostran- do l'importanza numerica relativa alla frequenza della pel- lagra nei singoli paesi, e quindi l'attendibilità ad essa at- tribuibile, e con dettaglio decifrava nei detti Prospetti ne- croscopici il numero con cui i pellagrosi vi furono in que- sto periodo rappresentati. Così riusciva ad appagare con precisione la curiosità statistica e ponevasi sulla via di dettare cifre proporzionali, più miti di quelle esagerate che rappresentansi nei Prospetti annuali riassuntivi della pellagra. Dalle indagini sul sesso dei pellagrosi defunti non ot- tenne differenza calcolabile di proclività di uno in con- fronto dell'altro, mentre, esaminando gli elenchi dei pella- grosi viventi, verificherebbesi questa a carico delle donne. Il risultamento diverso lo spiegava dal comparire negli elenchi registrate le donne più numero di volte, siccome quelle che attaccate più giovani, vi vengono per più anni denunziate, mentre nel protocollo dei morti vi comparisco- no una volta soltanto , e cessa quindi il vero motivo della apparente differenza. Anche in riguardo aWetà non risultavagli speciale pre- dilezione del morbo ; registrava un pellagroso morto a 5 anni, ed una vecchia di 94 ; 40 erano della S."" decina, al- trettanti in quella degli 80 anni ; e benché quegli infelici travagliati dalla malattia a lungo decorso in mezzo agli stenti, alle privazioni, alla miseria, pure raggiunsero un'et^ avanzata e lìgurano in grandissimo numero nelle dicine dei 50, 60, 70 anni. Lamentava l'abitudine di alcuni medici di annotare pu- ramente mancato per pellagra in 2.° o 5." stadio^ senza alcuna illustrazione diagnostica, ragione per cui mancava- — 248 — gli il mezzo di comporre un Prospetto significativo delle principali patologiche alterazioni a carico dei varj organi e sistemi 5 quale avrebbesi potuto raccogliere da d959 casi. Stando alle dette relazioni di morte, risultavagli che 789 erano diagnosticati per pellagra senz'altro, 642 mostravano la lesione principale agli organi ce- rebro-spinali, 276 ai visceri del basso-ventre, 426 agli organi toracici, 53 mancarono per marasrao, 405 l'Autore raccoglievali in una stessa sezione di malattie varie, comprendendo alcune affezioni cutanee croniche, processi gangrenosi e can- cerosi , febri acute , alcune complicazioni di miliare e di cholera-morbus. Fra le lesioni cerebro-spinali accennava separatamente le alienazioni mentali, che sommavano a 529 sovra 642, ed avvertiva il pendio a questa forma morbosa delle don- ne (491) in confronto degli uomini (4 58), e quelle in età più giovanile di questi. Qualche cosa diceva sulla durata del morbo e sulla sua ereditarietà di cui mostravasi propugnatore , lasciando da parte le questioni eziologiche e patologiche , siccome ar- gomenti trattati diffusamente e scientificamente da molti de' suoi colleghi, e da tanti distinti ingegni d' Italia e delle altre nazioni e non compresi nel suo assunto. Né credette della circostanza il diffondersi sui metodi curativi e far- maceutici, i quali alla lor volta vennero proposti, secon- dando le varie vedute patogenetiche e le forme nosologi- che individuali ; ragioni per cui si preconizzarono gli an- tiscorbutici, i solventi, gli antispasmodici, i roboranti; gli l — 249 — antiflogistici, il salasso ripetuto, la cura del latte, la cura balneare, il cloro liquido, ed altri mezzi che non manca- rono a quando a quando di confortare con un felice risul- tamenlo. Bensì occupavasi della profilassi, di quel corredo di igienici suggerimenti che tendono a prevenire lo sviluppo della pellagra, ad arrestarla nel suo esordio, a cancellarla dal numero delle miserie umane. « Se la Medicina, egli diceva , non si fosse arricchita di un mezzo preservativo dal vajuolo, non sarebbero punto sufficienti i tanti volumi scritti sull'argomento, i tanti dettati pratici suggeriti per curarlo, e continuerebbe il contagio colla sua fatale influen- za ad ammalare e mietere innumerevoli vittime. Per arre- stare il ilagello della endemia pellagrosa non abbisogna un principio da inocularsi, non antidoti farmaceutici neutraliz- zanti ; occorre un metodo profilatico, un cambiamento igie- nico-agrario, che tolga i poveri contadini a quella serie di circostanze, dal cui insieme dipende la malattia. Che se ad alcuno il riflesso della ereditarietà del morbo, e di una quasi discrasia pellagrosa, facesse credere inesalo questo confronto, non mi sarebbe difficile coll'argomentazione dei fatti, forse anche da alcuno di Voi esperili, il provare i vantaggi ottenuti in qualche incipiente pellagroso e nella sua figliuolanza, quando gli si cambiarono le condizioni economiche, e cessarono le nocive influenze. La vista umanitaria di migliorare la classe agricola ma- nifestossi subito che si sospettò essere la pellagra imme- diata conseguenza della miseria, della prava alimentazione, del lavoro preponderante. Fino dal d 81 5 il nostro eh. Prof. Francesco Fanzago proponeva che dai Parochi, dai Medici, dai Chirurghi, dai capi- di -famiglia si denunciassero alle 46 — 250- Deputazioni Comunali gl'incipienti pellagrosi, e s'instì- tuisse una Cassa comunale o cantonale, che affidala alle Congregazioni di carità e da esse amministrata, servisse per soccorrere i coloni pellagrosi. Egualmente, a più vali- do tentativo di quest'opera, pieno di amore pei villici am- malati sorgeva con uno zelo veramente apostolico il Lene- merito Chirurgo Giacomo Zamhelli, che spettatore nel Friulano della gravità del morbo, pubblicava nel d 856 alcune Osservazioni morali igienicìte agrarie^ dettale ad uso del Clero, dei possidenti e delle donne bennate, ten- denti a promuovere le Confraternite della carità e le Com- missioni igienico-edilizie-agrarie, destinale non solo a pre- stare il beneficio, che si traduce in pane od in moneta, od in altro materiale soccorso, ma ben anche con ammaestra- menti e consigli. All'attivazione di queste pratiche potrebbe giovare fra noi la lodevole Società d'incoraggiamento, intenta per sua instituzione a migliorare la coltura dei campi, premiando gli sforzi agricoli e le morali qualità dei coloni col pro- muovere le Società di mutuo soccorso, dirette al sollievo dei pellagrosi veramente poveri , e col diffondere alcune norme istruttive di pubblica e privata igiene sul modo dell'alimentazione, sulla costruzione e tenuta dei casolari, ec. : provedimenli preliminari ad ottenere la cessazione della pellagra. E bensì vero che la perversità dei tempi contrasta e rende difficile l'operare di misure profilatiche. Voglia il destino che ci sorridano circoslanze più propizie; che sia dato al possidente usufruire dei proprj prodotti ; che, tolto alle strettezze dell'oggi, possa egli allargare la mano pel bene di ehi suda tanto e a suo costo per procu- rarglieli. Proclive per naturale sentimento di umanità alle — 251 — pie e filantropiche associazioni, interessato a migliorare la condizione de' suoi possedimenti^ convinto che il benefica- re i pellagrosi sarà uno dei migliori mezzi per ristorare l'agricoltura, egli avrà la soddisfazione di ottenere ciò che la Medicina non può né colle sue teorie, né co' suoi medi- camenti. Per ultimo , siccome di avvenimento che fece prova di quella caritatevole compassione di che sa essere prodiga questa popolazione per sollevare l'altrui sventura, l'Auto- re accennava all'improviso arrivo nel 26 Giugno 1859 di molte centinaia di soldati feriti, che tradotti dai campi di Solferino e ricoverati nella maestosa Basilica di S. Giu- stina e nella Caserma di S. Antonio, tramutate sull'istante in ospedali suppletori, P^r la vigile cura del locale Muni- cipio, si ebbero le più zelanti , utili a disinteressate pre- stazioni del personale sanitario dal medesimo invitalo. « E quantunque, egli aggiunge, qualche vile detrattore calun- niasse sulle Gazzette tedesche la pietà e le cure prodi- gate, egli è innegabile che la stessa Autorità militare non lasciò né modo , né occasione , onde testificare la propria ammirazione e riconoscenza per quanto da ognuno con in- defessa abnegazione erasi adempiuto ». -ooo*»- -ec^^^- Seconda Lettura. — Sui mulini che esistevano anticamente nelle lagune di Venezia. — Nota storica del Socio Straordinario Co. Agostino Sagredo. i oichè il collega Tiirazza coi principi incontrover- tibili della scienza trovò una soda teorica sulla quale fondare il modo di rendere proficuo, mediante la conti- nuità, il moto alterno del flusso e riflusso del mare per dar vita ai mulini (i); reputo non inutile il raccogliere in brevi accenti le memorie che restano intorno ai mu- lini anticamente esistenti nelle lagune di Venezia. Le mie parole, povere e tarde, segno dell' antica e sincera gratitudine che professo a questa illustre Academia per lo avermi ascritto da lunghi anni fra i suoi Soci, con- fido che verranno accolte con indulgenza. Ella è in vero bella poesia , e fu tenuta come fosse storia vera, quella che dice: la Venezia terrestre essen- do superba per città splendide e opulente, ricca per territori onusti di messi e di greggi, e ab antico, sotto l'impero di Roma, la Venezia marittima, che forniva comodi e capaci porli a' commerci di Aquileia, di Pa- dova, di Aitino, fosse ne' tempi istessi squallido alber- go a poveri pescatori e salinieri. Quando gli stranieri cominciarono la gran vendella e diuturna della patita dominazione sullo scassinato impero di Roma, o quan- do, cacciandosi e ricacciandosi fra loro, altri più selva- (i) Vedi net Voi. Vili. Fase. XVII. di questa Rivista, p. 477. — 25i^ - tichi capitarono a satloUarsi delle nostre ricchezze, pri- ma che le altre regioni Italiclie, invasero sempre la Ve- nezia, chiave d' Italia. La poesia narra che gli abitanti della Venezia terrestre, fuggendo dalle crudeltà dei ne- mici, ripararono nella marittima, recandovisi dai mag- giorenti le istituzioni romane , dal sacerdozio le santi- monie della religione. E le madri venete sentirono li- bero uscire dal petto il respiro se, fuggite su disagiato cammino, la prole tenerella, che a serbare incolume dal- la schiavitù barbarica stringevano fra le braccia trepi- danti, potevano adagiarla sur un letticciuolo di alghe marine nelle meschine capanne dei pescatori e dei sa- linieri, conteste di giunchi e cannucce, coperte di stop- pie, fondale su terreno incerto ed aquitrinoso. Ma la storia non è punto poesia, e la storia per irre- fragabili prove di documenti, di monumenti, di tradi- zioni, di logica ha dimostrato che i fuggitivi della Ve- nezia terrestre trovarono nella marittima luti' altro che squallore e miseria, e ab antico e sotto l'impero di Ro- ma vi erano in questa civiltà e dovizie , leggi e costu- manze civili, navigli che sfidavano il mare. Se talune delle parti che la componevano erano povere, povertà al certo era anche in talune parti delle terre che gli esuli volontari lasciavano. I fuggenti trovarono amiche accoglienze dai fratelli marittimi; e si consociarono in- sieme e formarono uno stato, che ebbe vita propria e autonomia lunghissima, e fu noverato fra i potenti del mondo. Il quale stato, nelle dure condizioni che opprimeva- no r Italia, naturalmente si volse al mare, ed era ormai adulto, potente, conquistatore, senza che del continente — 255 — italiauo possedesse che scarsi lembi Qniltiaii al mare. Territorio breve era questo, ma erano ampie le isole della consociazione, né lo slato poteva prestare le ab- bondanze necessarie a' suoi cittadini sempre crescenti in numero e ricchezza. Finché nella Venezia terrestre durarono le signorie straniere, succedentesi l'una all'altra, senza che nessuno potesse cosi stabilirsi da fondere 1 vincitori coi vinti , quantunque gli isolani stringessero patti coi dominatori delle contrade vicine, da pari a pari, e senza ombra al- cuna di vassallaggio, non potevano fare assegnamento sicuro per ottenerne le necessarie abbondanze. Né lo hanno potuto quando parve, scoccasse l'ora della riscos- sa, e sulle rocche delle città italiane sventolò il vessillo di liberici, e il comune primigenio e nazionale in tutta la penisola, recuperò intera, o quasi intera la propria autonomia. Non fu una mano valida che unisse i no- stri comuni a formare una patria vera e temibile; ogni comune e il suo breve territorio parve patria ai citta- dini, che tennero come nemici i cittadini del comune vicino. Quindi le guerre fratricide, e nelle guerre non solo la sospensione d'ogni traffico, ma anche la barbara legge delle rappresaglie, la quale nella notte del tempo di mezzo era porlo integrante del diritto internazionale. Ai veneziani però non potevano mancare le grasce, perchè signori dell'Adriatico, polente sovra ogni mare, andavano a cercare in terre lontane quello che la ma- terna negava loro. Se di granaglie non difettavano, di- fettavano di mulini per macinarle. Gli è vero che dai lembi del continente italiano, o che possedevano, o che cingevano le lagune ed erano posseduti da altri, sfocia- — 256 - vano allora liberamente nelle lagune i fiumi della Italia superiore: pure, quand'anche si avesse putulo edificare mulini allo sbocco dei fiumi, non sarebbero siali sicuri dalle offese nemiche. Per le quali cose, e per quanto la povertà della meccanica a que' tempi lo concedeva , i Veneziani pensarono a sopperire al bisogno di mulini collo usufrultuare il moto alterno della marea, cresciuto dal libero corso dei fiumi nelle lagune. Scrittori valenti ed eruditi parlano dei mulini nelle lagune mossi dalla marea : Bernardo Trevisano nel suo Trattato della laguna^ Girolamo Zanetti nel libro Sulla origine di alcune arti presso i Feneziani, Tom- maso Temanza nella Illustrazione di una pianta an- tica di Venezia; ne reca documenti Flamminio Cornaro nelle Deche delle cinese venete. Più a lungo se ne di- scorre da Giambattista Gallicioli nel Capo VOI. del pri- mo libro delle Memorie venete sacre e profane, e me- glio che da tutti da Filiasi al capo LXII. Voi. III. Dei Veneti primi e secondi^ edizione di Padova. Questi scrittori trassero dagli Archivi Veneti i docu- menti per provare quanto hanno detto sui mulini nelle lagune. Vuoisi qui ricordare un codice che ne contiene i principali, ed è quello conosciuto col nome di Codice del Piovecjo o Godex Puhlicoram. Contiene le leggi e le sentenze della Magistratura veneta detta del Piovego (corruzione del latino puhlicus).) la quale fu creala nel d252 per sostituirla ai procuratori istituiti fino dal se- colo IX. quando il doge Agnello Partecipazio col tras- ferire in Rialto il sesj'io del Governo mal sicuro in Malamocco, fu il fondatore vero della città di Venezia. La magistratura del Piovego conservò le facoltà de' suoi — 257 — predecessori per quello spetta alla formazione mate- riale della città e al governo delle aque circostanti , o le crebbe col dover vigilare su tulio quello era d'in- teresse o altro vantaggio del piovego o pubblico. Nel suo Codice raccolse documenti antichissimi, ed è libro non solo importante pegli storici, ma anche pegli idrau- lici, largamente parlandovìsi delle bonificazioni. Fu scoperto alla metà del secolo presente, e per caso, dal Teinanza, che lo accenna nella citata illustrazione, e lo ricopiò di sua mano. Che Pantografo si conservi non credo; ne conosco tre apografi, quello del Temanza e due altri, esistenti nell'archivio dei Frari, nella biblio- teca Marciana, nella biblioteca del sommo e diligentis- simo raccoglitore e illuslratore di cose veneziane , Em- manuele Cicogna. L'antichità dei mulini nelle lacune si conosce dalla donazione fatta dal doge Agnello Partecipazio col figlio e collei*a Giovanni alla badia di S. Ilario. Si costituisce libera da ogni aggravio (petione) iam de nostris mol- lenariis quam de piscatoribus et colunis ubique exi- stentibus. Nell'anno 982^ a' di lì Dicembre, il doge Tribuno Memmo donò a Giovanni Morosini e ai Monaci Benedet- tini l'isola, detta allora dei cipressi^ dove innalzarono la badia e la chiesa splendida di S. Giorgio maggiore, posta a rincontro della Piazza di S. Marco, mutata poi in porto-franco, e al presente fortezza dominatrice della città. Questa donazione fu più volte pubblicata ; io nel riferirne un passo mi tengo alla lezione del Cicogna, che la stampò nella Dispensa XV. delle sue Inscrizioni Ve- neziane. Egli la ricopiava dal libro Foeta dell' archi- — 258 — vio dei Frari, che sebbene sia copia, è più attendibile di altre copie , come quella che esisteva nell' archivio segreto della Repubblica. Vi si dice dal Doge Meninio col suo consiglio all' ab. Morosini co' suoi monaci. « Concedimus alque offerìmus »Deo omnipotenli et in islo monasterio, prò comune j) omnium voluntate , illuni totuni locum juxta vinea » quae tu dedisli in praefato monasterio, quae fuit Do- )) minico fratri tuo, ubi fuit molìnus, jus nostri palacii, » cum tolis pelris quae ibi rejacere videnturjubi tu aqui- » uiolus debeas facere, sicut antea fuit ad opus in vestro » monasterio perpetualiler manendo. Ita ut nullum pu- )) blicum servitium mollenarii habilanlibus in ipso quara » in duobus aquimolis positos in rivo businiaco (giusta » il Gallicioli, quel tratto di canal grande che scende da )) S. Benedetto a S. Marco) quos tu dedisti in ipso dicto » monasterio, aliquando facere debeant, nisi tantum vi- » gilias per vices suas ad nostrum palacium secundum » eorum consueludinem ». In questo passo, oltre al rilevarsi l'antichilà dei mu- lini nelle lagune, si conferma quello dissi in un mio lavoro sulle consorterie dell'arte edificativa in Venezia, che la istituzione romana dei collegi di operai si conser- vò anche nelle invasioni barbariche. I mugnai formava- no una consorteria numerosa se per vices suas erano chiamati a formare la guardia notturna del palazzo du- cale confidata alli artigiani, cioè al popolo, e non a sol- datesche. Si rileva che i mulini erano tenuti importanti se nella donazione si dà l'obbligo all'abate di riedificare quello ch'era distrutto. — 259 — Si rileva che vi erano mulini pubblici, nell'uno e nell'altro documento nominandosi nostri i mugnai, e il mulino donato all'abate Morosini era jus nostri palacii, e fu donalo omnium voluntate, cioè col consentimento universale, il Governo essendo allora democratico e la signoria dello stato riposta nel popolo universo. Ora dirò sulla forma dei mulini, attenendomi al Fi- liasì. Vi erano mulini sparsi nelle lagune; ve ne erano nel- le isole, che, unite insieme, formarono la città, a S, Da- niele, a S. Benedetto, a S. Luca, in Canareggio ec. Ve ne aveano di due sorta, mobili e stabili, e quantunque non si conosca positivamente come fossero mossi dal flusso e riflusso, pure i documenti ci porgono buoni dati per argomentarlo. Al Filiasi sfuggì, che sfociando liberamente i fiumi nelle lagune, la cadente delle acque dolci non avrà avu- ta poca parte come motrice, e spezialmente per i mulini mobili ch'erano posti sovra barche grandi e piatte, dette sandoni (sandones), e quindi si potevano condurre e volgere dove le correnti erano più forti, come suolsi dei mulini mobili sui fiumi. I mulini slabili li vediamo chiamali indifferentemente mulini, molendini, aqiiimoli^ sedilia; sebbene ragio- nevolmenle deva intendersi per aguimoh" la parte acquea del mulino, e per sedilia le macchine. Il Filiasi reputa che volendosi innalzare un mulino stabile si scegliesse uno spazio vasto di velma o padule , e sulla parte alla e soda o rassodata e innalzata si edificasse la casa per il fflugnajo e l'edifizio del mulino. Con argini, pensa, che si cingesse il basso fondo del padule per formarne un — 260 — bacino, detto lago, sul quale contrassero le acque ma- rine e ne uscissero^ per aperture praticate nell'argine di cinta. Le acque che venivano dalla laguna viva, cioè dai canali profondi, nel bacino, erano costrette in ca- nali laterizi a precipitare sulle ruote del mulino, e que- ste erano dette formae. Pratiche povere perchè povera la scienza, e i mulini saranno stati sempre in moto spe- zialmente nei tempi di scarsità delle maree, cui allude quel proverbio veneto : sette otto e nove Vaqua no se move, vinti vintiim e vintidò Vaqua no va ne su ne zo, proverbio ch'ebbe il vanto di esercitare la divi- na mente di Galileo nei dolori della sua cecità e nel duro esilio di Arcetri. E questo pensiero facilmente gli venne rammentando fra quelle ambasce i giorni felici passati in questa illustre città, la quale se non avesse abbandonata, le unghie dei suoi potenti ed efferati ed ignoranti nemici non avrebbero potuto ghermirlo per farne strazio miserando. Noto alcune delle citazioni del Filiasi e del Gallicioli che convalidano l'opinione testé espressa. Una carta del 1177 ha: Praeterea illa sedilia moleridinorum quae posita est in canaliclo et fandamentum quae (sic) est in Luprio. Fundamentiim vale argine o cinta ; i mulini erano nell' isola Cannareggio e la cinta del bacino nell'isola opposila di Luprio, ora S. Giacomo dell'Orio. In una sentenza del H50 leggiamo: Goncedunt ut possint colligere aquas et j ungere suos aggeres ad servandain aquam communis Muriani ad facendum molendinum. Nel 1078 si legge: super toto aquimolo molendini positi in palude juxta Campo Alto^ in qua palude -26i — hahet forniam unum ad eodem mulino pertinen- te (sic). In una donazione alla badìa dì S. Cipriano di Murano del il 24 si trova: Unum molendinum positum in Muriana cum duahus rodis et cum toto suo lacu. cum introitu et exitu, atque junctorium et jagla- tionem. Secondo le più assennale opinioni, junctorium vale un approdo sporgente, quello in Venezia si dice pontale, jaglatio un canale che serve di scolo pegli usi domestici, da cui la voce venula gatolo. La ultima memoria che abbiamo dei mulini nelle la- gune è del ^440, e ce la porge Marco Cornaro nel suo Trattato sulla laguna, inedito, del quale possedo an- ch'io una copia contemporanea. Il Cornaro, scrivendo come parlava, dice: a i mulini de Muran e Mazorbo che » masena (macinano) in aqua salsa et i so laghi che son » seradi con arzeri (argini) et legnami atorno atorno. ■-) Me ha dito M. Jacomo Malipiero fio de M. Francesco, » et M. Marco Morexini fio de M. Silvestro , che i diti » mulini sono soi (suoi) eie. » Il Filiasi opina che i mulini nelle lagune fossero abo- liti quando il Governo Veneto venne alla determinazio- ne di allontanare tulli i fiumi dalle lagune per serbarle incolumi, e fu prescritta legge severissima contro tutto che facesse ostacolo al libero corso delle acque, e le ar- ginature dei bacini che fornivano acqua al mulino, era- no al certo inciampo grave. Ma per quanto io so , nes- suna prescrizione speciale esiste che abolisca i mulini, e osservo che quand'anche tale abolizione si compren- desse nella legge generale del mantenere perpetuamente sgombere le lagune collo allontanarne i fiumi, questa — 262 — legge fu indetta sotto al reggimento del Doge Francesco Foscari, che durò dal d423 al 1457, e sotto quel reg- ginienlo la Repubblica era già signora di quasi tutta la Venezia. Io sarei d'avviso che i mulini mossi dalla ma- rea cadessero in dissuetudine da se soli, quando la Re- pubblica, venuta meno la sua potenza niaritlima, trova- tasi a fronte della potenza ottomana, osteggiata del con- tinuo a tergo dei principati italiani suoi vicini, i quali aveano iugojate le franchigie dei comuni, fu costretta dalla somma ragione politica della sua salvezza ad al- largare i suoi possessi sul continente italiano. Divenuta signora del corso dei fiumi italiani , nella povertà della scienza d'allora, i mulini mossi dalla marea non poteva- no reggere al paragone di quelli mossi dalla corrente dei fiumi, e quelli dovettero cedere a questi, e furono abbandonati interamente. Nelle lagune non rimase intentata la prova dei mu- lini a vento. Bartolammeo Verde, avendone veduti nei suoi viaggi, nel 1332, volle edificarne nell'isola di S. Cristoforo della Pace, e l'esito infelice li fece smettere: di nuovo si tentò la prova nello inizio del secolo pre- sente, e si collocarono sulla Motta di S. Antonio ^ così chiamata dal prossimo convento di S. Antonio di Vien- na, e che è la estrema punta angolare della città, che si leva sul piano circostante sendo formata dai cumuli se- colari delle macerie della città stessa. Chi, pur troppo, è ormai vecchio, rammenta ancora le torricelle dei mu- lini a vento, distrutti quando Napoleone I. recatosi a Venezia, a un tratto si accorse mancarvi vasto e ameno passeggio pubblico confortato di alberi e verzure, e ad un tratto, con quel suo occhio di lince, vide il luogo — 263 — opportuno per collocarvelo. E con quella volontà po- lente, ma sempre solennemente esplicita , ordinò la im- mediata distruzione di un Seminario^ tre conventi, quat- tro chiese, e al presente la Motta di S. Antonio è la collina dei giardini pubblici. Nessuno fu che lamen- tasse la perdita dei mulini, che neppur la seconda volta ottennero esito felice per la incostanza e varietà dei venti, 0 forse perchè non erano bene collocati. Ai giorni nostri la scienza opera prodigi inescogita- bili nei tempi antichi e quello ancora di risuscitare co- se morte da secoli, e nel ridonare loro la vita , non come erano nella vita prima, ma porge ad esse una vi- ta interamente nuova e conforme a' suoi progressi. Di uno di questi miracoli abbiamo splendido esempio nelle lagune di Venezia. Non lunge da Burano esisteva un'iso- la detta Jmmiana, e le acque marine l' hanno tanto cor- rosa da obbligare i suoi abitanti ad abbandonarla, e caddero distrutte a poco a poco, case, chiese^ conventi, e fu ridotta a vasto padule, sul qitale le acque corre- vano liberamente. Nelle lagune esistevano saline, le quali non esistono più, e poiché furono abbandonate le saline, industria dei primi abitanti della Venezia marit- tima , fonte di ricchezza per la consociazione si com- perava sale nella Sicilia e nel reame di Napoli. Ora l'isola d'Ammiana è risorta, abitata, vi è una modesta chiesuola, e il padule circondato da argini, è sodato _, è ridotto a vaste produttive saline. La scienza non potrebbe forse operare anche il mira- colo di far risorgere i mulini mossi dalla marea con si- stemi di esito sicuro ? Non è punto illogico il pensarlo dopo quanto espose il collega Turazza, e si avrebbero imilini ben diversi da quelli dei quali ho tenuto parola. Sarebbe invero desiderabile che ciò avvenisse nelle con- dizioni presenti del paese, flagellalo anche da continue siccità, e che difetta dì macine per malcaute operazioni, che tolgono utili navigazioni, rendono inerti alcuni opi- fizj mossi dalle acque fluviatili a noi vicine, altri impo- veriscono, né si sa per quanto tempo. La scienza trovò un motore e motore potentissimo nel fumo dell' acqua , inutile per tanti secoli. Ma per la scarsità del combu- stibile, il caro che ne è la conseguenza, la non grande abbondanza di capitali che è fra noi , un solo stabili- mento di mulini a vapore esiste nella Venezia, né isve- gliò i capitalisti ad emularlo. Le acque dei fiumi, quelle del mare sono motrici gratuite e lo usufrutluarle è ren- dere omaggio alla Provvidenza^ che quelle acque largi- va, e alla mente umana largiva la potenza di renderle argomento per sopperire ai bisogni del paese e procac- ciare anche coli' interesse materiale la sua desiderata prosperità. Nella presente tornata l'Alunno Achille Dott. Tosini, avendo adempiuto agli obblighi del Regolamento ^ venne ammesso a So- cio corrispondente. -o>»»o-&o«co- Tornata VII. del giorno 22 Aprile 1860. Il Socio Ordinario Presidente S. R. Minich legge la pri- ma parie d'un Saggio sulle varianti della Gerusa- lemme liberata di Torquato Tasso. Vedi la Tornala seguente. Tornata VIII. del giorno 20 Maggio 1860. Il Socio Ordinario Presidente S. R. Minich legge la con- ti niiazione del Saggio sulle varianti della Gerusa- lemme liberata di Torquato Tasso. Dì questo Saggio si porge frattanto l'Estratto. Ragione e s>tinto dell'Opera* Un dottissimo e benemerito illustratore di tutto ciò che concerne l'Opere e la vita di Torquato Tasso, l'Abate Pierantonio Serassi, nel Libro III. della Vita ch'ei scrisse di quel sommo Poeta, pubblicata la prima volta in Roma nel i785, dopo di aver descritto alcune delle più antiche edizioni della Gerusalemme liberata, già da lui accennate nell'accuratissimo Catalogo delle edizioni di quel Poema, che trovasi annesso alla Vita suddetta, e si estende dal primo saggio del Canto IV. pubblicato da Cristoforo Za- bata in una Scelta di Rime di diversi eccellenti Poeti (Genova i579 in -IS."), e dalla prima, edizione di ÌA Canti intrapresa da Celio Malaspina (Venezia, co' tipi di Domenico Cavalcalupo i580, in 4.") sino alla cospicua impressione uscita in Parigi presso Didot seniore (Ì78-4, 17 — 266- in 4."* con figure ) ; ebbe a conchiutlere colla seguente proposta (Vita del Tasso. Bergamo, Localelli, d790. T. IL pag. §8). Tuttavia per l'accurato riseontro ch'io ho fatto così di questa (la stampa di Mantova per Francesco Osanna d584, in -4,"), come d'altre stampe che vengo- no riputate le migliori, ho veduto che luna ha qual- che pregio sovra delValtra, ma è poi manchevole di alcune finezze che neìVallra s' incontrano ; cosicché si può dire, che di tante edizioni che abbiamo di questo sovrano Poema, nessuna ce ne sia peranco, la quale si possa chiamare veramente compiuta e perfetta. Onde farebbe cosa molto utile, e degna di grandissimo plauso, chi colVajuto de'' manoscritti che tuttavia sussistono^ e. col riscontro delle stampe più emendate e pregevoli, si mettesse aW impresa di ridurre quest'opera alla sua vera e genuina lezione, al che, se piacerà a Dio di concedermi vita ed ozio sufficiente^ io non son alieno di por mano quando che sia. Pochi anni appresso un manoscritto postumo del Se- rassi, contenente la lezione da lui divisata del testo della Gerusalemme liberata, era dal Bodoni adoprato a model- lare la sua splendida edizione (Parma 1794, in fogl. gr., in foglio mezzano e in 4." gr.), e l'autorevole nome del Serassi procacciava ad essa tale estimazione, che laddove le precedenti edizioni solevano attenersi alla stampa Geno- vese del 1590, molle delle posteriori preferirono l'ecclet- tismo del testo Bodoniano. Se non che nelT accettarlo al- cuni de' più sagaci editori v'introdussero non poche ri- forme. Cosi nella ristampa fatta in Milano dalla Società t - 267 - tipografica de' Classici Italiani (i 823, in 8.°), il preclaro filologo sig. G. Gherardini trovò necessario od opportuno in ben quaranta luoghi l' emendare o rimulare la lezione Bodoniana ; e queste modificazioni per la massima parte vennero accolte dal valentissimo L. Carrer, colla giunta di qualche altro mutamento, nelP edizione della Gerusa- lemme liberata che forma il Voi. VI. Classe X. della Bi- blioteca classica Italiana pubblicata in Venezia co' tipi del Gondoliere (^840). Così pure nell'edizione Lemon- nier (Firenze -1850) non fu possibile seguire general- mente il testo Bodoniano senza sostituirvi in molti passi la lezione della stampa Mantovana (-1584 in 4.°), siccome appare da una Tavola di varianti inserita alla fine del Volume. Di più, mentre usciva in Milano 1' edizione del Gherardini, il dottissimo D. Celestino Cavedoni espone- va molte notevoli osservazioni sopra alcune varie lezioni della Gerusalemme liberata ( Memorie di religione , di morale e di letteratura. Modena Tom. IV. Fase' 10°, -12°. Tom. VI. Fase. iQ"), per cui col soccorso di nuovi o non abbastanza esplorali codici, e delle stampe più accredita- te, era ridotto a miglior lezione taluno de' passi tuttora imperfetti, e si dimostrava il bisogno di ritoccare in più luoghi il testo dell'edizione Bodoniana. Pressoché nel tempo medesimo per consiglio e cura di quel savio ed eruditissimo Nestore dell'Italiana letteratura, che fu FAb. Michele Colombo, si pubblicava dal Molini in Firenze (1824 in 8." gr.) la Gerusalemme liberata secondo il le- sto della classica stampa di Mantova (1584), emendato, ov'era d'uopo, in più luoghi col riscontro d'altre riputate edizioni, che furono principalmente la Bodoniana (1794), e la 2.* di Parma (d581 in 4.°) accreditata presso gli — 268-- eruditi, benché sovente la sua lezione non sia preferibile a quella d'altre meno apprezzate edizioni. Se il testo Bodoniano tratto dal manoscritto postumo del Serassi non soddisfece all'aspettazione, e non ottenne compiutamente l'adesione degli intendenti, valse almeno a fissare il principio dell'eccletlismo (purché temperato) proposto dal Serassi, cioè che l'ottima lezione della Ge- rusalemme, nello stato in cui fu lasciato il Poema dal som- mo e sventurato suo Autore, non si possa conseguire da una sola delle più riputate primitive edizioni, ma conven- ga in parecchi luoghi attingerla a più d' una di quelle fonti, giovandosi dei migliori manoscritti tuttora esistenti. Infatti gli abili critici, che accettarono solo in parte le varianti del testo Bodoniano, lo modificarono o corressero, ov'era mestieri, col riscontro d'altre pregiate edizioni, ed anco il giudiziosissimo Ab. Colombo, riproducendo nella edizione del Molini (Firenze 1824), il testo della stampa Mantovana (1584), siccome dotato della maggior per- fezione relativa, trovò pure necessario di emendarlo in varj luoghi col mezzo di altre dodici stampe da lui cita- te, cosicché sebbene nella lettera, che forma parte della prefazione alla suddetta stampa di Firenze , egli non as- senta né al testo Bodoniano, né ad altro testo ammanito in simile ecclettica guisa ; mostrò tuttavia di riconoscere col fatto l'utilità e la necessità del principio suggerito dal Serassi. Ad ogni modo é conciliabile questo principio colla giusta preferenza conceduta dal Colombo alla stampa Man- tovana, purché nell'applicarlo si stabilisca di assumere» fondamento il testo di quella stampa tanto pregevole, salvo di ridurlo all'ottima lezione , ove lo esiga la sana critica, colla scotta di altre antiche edizioni , e di auto- — 269- revoli jnanoscrilti . Vero è che il Colombo riguardava siccome sbagli d'impressione que' passi, ne' quali la stam» pa Mantovana avea bisogno di correzione o mutamiEnto: ma appunto in simili passi, la cui inesattezza pub del pari procedere da' copisti, e in quelli ove sia d'uopo ricondurre la frase alla sua schietta originaria espressione è riposta l'impresa di restituire il testo della Gerusalemme liberata all'ottima sua lezione, la quale oggiraai si può in gran parte raccogliere dalle sagaci ricerche e dalle discussioni de' dotti critici testé mentovati. Conviene infatti distin- guere nelle numerose e moltiplici varianti offerte da' ma- noscritti, e dalle antiche impressioni di quel Poema, i cangiamenti di composizione da quelli di forma, che spet- tano ad alcune frasi o concetti, od a particolari locuzioni. Intorno alle varianti di composizione non potrebbe più sussistere controversia fra gli eruditi, conciossiachè la rinomata stampa di Mantova ebbe a sua norma il mano- scritto di quel Scipione Gonzaga che, per l'assidua corri- spondenza epistolare, e l'intima relazione d'amicizia col Tasso, era più ch'altri in grado di conoscere i progres- sivi mutamenti recati dall'Autore alla composizione del Poema; e nelle posteriori edizioni più non si scorge per questo riguardo veruna innovazione, se non nel modo, on- de viene espresso il cartello di sfida che Argante indirizza a' cavalieri Cristiani nel Canto VI., parendo a primo tratto che l'altra sua forma fosse richiesta dall' intendimento ma- nifesl^to in un passo della lettera di Torquato al Gonzaga che porta il n.° 6'J nella Raccolta delle lettere del Tasso cronologicamente ordinata dal eh. sig. Guasti (Firenze , Lemonnier 1852, T. I. pag. 152). Ma ponendo mente al- l'intero passo suddetto, ed a' cangiamenti recati dal Tasso b — 270 — non solo a' motivi della disfida, ma ancora agli eventi di quella tenzone , si può rilevare che nella finale riduzione di tutto ^episodio conviene mantenere la primitiva espres- sione dello scopo di quella prova guerresca. Quanto le varianti di forma cioè di frase o di locuzione , oltre alle correzioni già introdotte dallo slesso Ab. Colombo, o che si dovrebbero ancora inserire nel lesto della stampa Man- tovana, secondo le avvertenze del Cavedoni, ed ovunque una miglior lezione fosse additata da autorevoli stampe e manoscritti ; vuoisi notare che il Tasso dichiarò tal- volta nelle sue lettere di piegarsi contra il suo compia- cimento alle ingiunzioni di taluno de' revisori del Poema, e neir eseguirvi le nuove riforme adoperò in più luoghi la lima su frasi e concetti, che poi giudicò spediente re- stituire alla primordiale lor forma ; di che fa fede la sles- sa impressione Mantovana, a cagion d'esempio, nella ri- produzione della Stanza 29 del Canto XII. sotto il pri- miero suo aspetto. Per queste ragioni giova, ed è neces- sario ripristinare in qualche passo l'originario pensiero e la sua nativa espressione , e possono a tal uopo esibire un utile ufficio le più antiche edizioni, cioè quella di soli d4 Canti intrapresa da Celio Malaspina (Venezia, Caval- calupo ì 580, in 4.°), troppo negletta a cagione delle gravi e numerose sue mende tipografiche, ma notevole ed impor- tante per l'intrinseco pregio della primigenia espressione, e per alcune luminose varianti non avvertite; come pure le due stampe simultaneamente procacciale da Angelo In- gegneri (1 581 . Casalmaggiore, presso Antonio Canacci ed Erasmo Viotti^ in 8.° gr. — Parma, Viotti, in 12."), le quali valsero ad indicare la correzione di alcuni errori per lungo tempo radicati nelle posteriori edizioni. ■ — 271 - Desideroso di investigare que' passi della Gerusalemme liberata che possono tuttora richiedere una migliore o più corretta lezione, e quelli sulla cui modificazione sus- siste qualche incertezza o disparità di avviso fra gli stu- diosi, l'autore del presente lavoro rivolse in particolare l'attenzione e la cura alle dianzi accennate edizioni prin- cipi , e fece uno spoglio abbastanza accurato delle loro varianti, ponendo a riscontro le più notabili fra queste colle corrispondenti lezioni che si trovano nelle stampe più accreditate, e nelle antiche edizioni fino alla Genovese del 1590. Ricercò inoltre nella vita e fra le lettere del Tasso l'origine e le ragioni delle principali varianti di composizione e di frase, registrate più o meno completa- mente nell'indice annesso alla terza edizione Malaspina (Venezia 1582 in 4.", appresso Grazioso Perchacino), nella raccolta delle Stanze rifiutate dal Poeta che leggesi esposta alla fine sì della stampa Mantovana (1584) che della Genovese (1590), come pure nelle collezioni di varianti compilate dall'Alfani, dal Mauro (P. Bonifazio Collina), (Opere di T. Tasso. — - Venezia , C. Buonarrigo 1722, T. I. — S. Monti 1735, in 4/), e da Girolamo Ba- ruffaci, ed inserite dal Bottari nell'edizione delle Opere del Tasso citata dalla Crusca (Firenze, Tartini e Franchi 1724 in 4." gr.). Quindi esaminate e raccolte le essen- ziali correzioni del lesto che risultano dalle dotte ricer- che del Cavedoni, e dalle sagaci osservazioni per cui il Gherardini rettificava non poche inesattezze della edi- zione Bodoniana, e il Colombo emendava le imperfezioni della stampa di Mantova ; e paragonate fra loro le varie lezioni delle antiche stampe più riputate, dovunque la Mantovana (1584), la Genovese (1590), e la Bodoniana - 272 — (1 794) furono già ritoccate, o possono ulteriormente ri- dursi a miglior lezione, giunse l'autore delle presenti in- dagini a desumerne una rivista delle principali lezioni ornai emendate, e la proposta d'altre correzioni del testo comprovate dalla iestimonianza di antiche slampe, e di qualche autorevole manoscritto , onde ridurre ad ottima lezione il testo della Gerusalemme liberata. Però de' ma- noscritti, e di taluna di dette stampe, non avendo finora potuto ottenere contezza che per altrui relazione, egli non può riguardare compiuto il lavoro da lui offerto, e gli diede pertanto il semplice titolo di Saggio, quantunque ne' confini che gli sono assegnati esso non sia di breve estensione per l'indole delle intraprese ricerche riguar- danti non solo le varie lezioni più notabili, e quelle che sembrano degne di preferenza , ma altresì le cagioni che diedero origine a sì numerose varianti, ed impedirono che il grande ed infelice Poeta, col porre 1' ultima mano alla sua Gerusalemme liberata, la riducesse alla più perfetta lezione. Havvi tra la vita e le produzioni dell'ingegno d'uno Scrittore quell'intimo nodo e rapporto, per cui lo studio delle sue opere ritrae nuova luce dalla storia della sua vita, come divenne troppo manifesto negli infortunj del Tasso, onde pur derivarono le infauste sorti in cui fu travolto il Poema, sottoposto dapprima alle sofistiche op- posizioni di alcuni revisori, poscia immaturamente pub- blicato contro il volere o senza il concorso del suo Auto- re, e bentosto fatto argomento di critiche esorbitanti, e segno alle acerbe ed ingiuste censure d'invidi detrattori, infine negletto e quasi riprovato dall'Autore medesimo, allorché, trascorso il lungo periodo delle sventure da lui sofferte, e ricovrata la libertà, rifece il suo lavoro sopra — 273 — più vasta e meno splendida tela, col trasformarlo nel nuo- vo Poema della Gerusalemme conquistatale travagliò l'ab- battuto spirito a scemare le native bellezze di quella pri- ma creazione , e si propose di farla obbliare , ma invano, perocché il genio l'avea prodotta immortale. Per queste ragioni nella parte istorica del Saggio, di cui si tratta, vengono esposte, a guisa d'introduzione, alcu- ne notizie e considerazioni spettanti al lungamente medita- lo componimento , alla non opportuna revisione , ed alla prematura e imperfetta pubblicazione del Poema, lasciato in balia degli editori, parecchi de' quali erano mossi da sola cupidigia di lucro. Né si ommise di aggiungere qual- che cenno intorno alle vicende che generarono l'abban- dono del Poema, e da ultimo la sua rifusione, in seguito alle infelici peregrinazioni, ed alla deplorabile reclusione del Poeta nello spedale di sant'Anna in Ferrara. L'altra parte essenzialmente analitica di questo Saggio, oltre di comprendere l' enumerazione e l'esame delle varianti di composizione che s'incontrano nelle stampe anteriori a quella di Mantova (1 584) , od esistevano in alcuno dei primi manoscritti della Gerusalemme liberata, offre un paragone delle antiche edizioni sino alla Genovese (1 590), e ne considera i principali pregi e difetti riguardo alla integrità e correzione del loro testo, ed all'autenticità ed importanza delle varie lezioni. In seguito stabiliti alcuni principi ^^^^ ^ prestare una guida abbastanza cauta e si- cura nelle ambiguità dell'impresa di ricondurre, ove sia tuttora necessario e possibile, alla miglior lezione il testo di quel Poema ; si espone la serie de' luoghi più rilevanti ne' quali, per opera degli encomiati critici furono emen- dati gli errori e le imperfezioni delle stampe più accre- *i7 — 27/» — ditate ; ed infine raccogliendo alcune spiche in un cam- po già mietuto, si aggiunge la proposta delle varianti da adottarsi in altri passi , la cui lezione attende tuttavia correzione, e col soccorso delle prime edizioni di sopra citate (Venezia 1580, in 4." — Casalmaggiore, in 8." gr., e Parma,, in 12.° 1581) vuol essére richiamata al più con- veniente ed efficace suo primitivo concetto. Indicato il motivo e lo scopo di questo lavoro , passia- mo ad accennare brevemente i fatti, di cui si ragiona nel- la parte prima ^ ossia nella storica introduzione, e a por- gere un compendio degli oggetti discussi nell'altra parte del Saggio. Il divisamente d' un Poema sulla prima Crociata sorse nella mente del Tasso fin dal 1562, allorché nello Studio di Padova si dedicava alla filosofia, e dieciottenne avea già composto e pubblicato il Rinaldo che dedicava al Cardinale Luigi d' Este. Trasferitosi nell'anno susseguente air Università di Bologna , vi intraprendeva , secondo il Serassi , quel primo abbozzo della Gerusalemme dedicalo a Guidubaldo della Rovere Duca d'Urbino, che ristretto a i 1 6 ottave , ed a' primi tre Canti si contiene nel Codice Vaticano Urbinate n.° 908, e fu inserito dal Bottari nella sua edizione delle Opere del Tasso ( Firenze , Tartini e Franchi d724, in 4." gr.). Non poche di quelle ottave furono poscia, se non integralmente, almeno in parte com- prese nella composizione della Gerusalemme liberala: ed è mirabile che sin dagli anni più giovanili abbia saputo il Poeta ideare il progetto, e inventare parecchi elevati concelti ed eloquenti espressioni della sua sublime Epo- pea. Ma la riduzione e lo svolgimento del Poema nella — 275 — presente sua forma si può dire che incominciasse quando verso la fine del i 565 Torquato si condusse alla Corte di Ferrara in qualità di gentiluomo a' servigi del Cardinale Luigi d'Este fratello del Duca Alfonso II., e siccome il Poema ebbe compimento nella primavera del 1 575. il pe- riodo a cui si estese la sua composizione è da riguardarsi di circa nove anni, cioè poco minore dell'intervallo in cui furono composti i UO Canti della prima edizione del Furioso di Lodovico Ariosto (1505-1 516). In quel pe- riodo della vita di Torquato nulla avvenne che ne turbas- se la tranquilla operosità, se non il viaggio in Francia, da lui intrapreso al seguito del Cardinale Luigi sul declinare del 1 570 (Serassi, Fila del Tasso, Bergamo 1 590, T. I. pag. 1 75), ove rimase, durante l'anno 1571, ed ebbe oc- casione di raccogliere le osservazioni da lui espresse nella celebre sua lettera al conte Ercole Contrari. Reduce dal soggiorno di Parigi nel Gennajo del 1572, dopo di avere abbandonato il servizio di quel Cardinale, divenne genti- luomo di camera presso il Duca Alfonso IL, il quale poscia nel Gennajo del 1574 gli conferiva la Cattedra di Geome- tria e della Sfera nella Università di Ferrara coll'annuo stipendio di poco più che cinquantadue scudi romani, ma coli' obbligo di leggere ne' soli giorni festivi. Fu nell'oc- casione del suo collocamento a' servigi del Duca, che il Tasso al principio del 1573 compose in men di due mesi V Aminta Egloga pastorale, o Favola boschereccia, rappre- sentata con grande plauso in Ferrara nella primavera del- l'anno medesimo. Questo soavissimo componimento per la semplice ed elegante venustà della condotta, dello sti- le, e degli ornamenti appropriati al suo genere, si distin- gue in un modo così spiccato dalla splendida magnificenza — 276 - della Gerusalemme liberata , che è degno d' ammirazione come sia stato creato dal medesimo Autore nel tempo in cui la sua mente era occupata dal pensiero di compiere il lungo e meditato lavoro del maggiore Poema. In quell'a- zione boschereccia il Tasso rappresentò se medesimo in Tirsi compagno d'Aminta, e nel saggio Elpino il Pigna se- gretario del Duca. E verisimile che in Batto pastore accen- nasse a Battista Guarino, ma si potrebbe dubitare che Mopso raffigurasse Sperone Speroni , siccome ha pensato il Serassi, attesoché il Poeta in questi due versi dell'At- to I. (Scena 2.') Mopso che intende il parlar degli augelli, E la virtìi dell' erbe e delle fonti. , lo descrive qual medico o indagatore degli arcani della natura, ed egli accettò lo Speroni fra i revisori del Gof- fredo, e mostrò in piìi d'una delle sue lettere che nutriva fiducia di non avergli dato motivo di risentimento o que- rela (Lettere di T. Tasso disposte ed illustrate da C. Guasti. Tom, I. n.'' 66^ pag. 166, 167). Il sagacissi- mo Fontanini nel dotto suo Libro, VJminta difeso^ non acconsente alla opinione già riferita anco dal Menagio, che sotto il nome di Mopso abbia il Tasso voluto inten- dere lo Speroni, e crede invece che vi fosse ritratto il Pigna, aggiungendo la congettura che questi sia slato pure raffigurato nella Gerusalemme liberata sotto le spo- glie di Alete. Ma non sembra verisimile siffatta allusione di biasimo verso il Pigna , poiché il Tasso avea sempre cercato di procacciarsi il favore di quel ministro, di cui fu troppo facile lodatore nell' istituire un paragone fra le rime del Pigna e il Canzoniere del Petrarca ; oltre di che conviene avvertire che il personaggio di Alete era già — 277 — stato descritto in analoga guisa anco nel primo abbozzo del Poema che il Tasso avea composto innanzi alla sua venuta in Ferrara. Ravvisato il Pigna in Elpino, deesi argomentare che Lucrezia Bendidei , già lodata dal Tasso in alcuna delle sue rime, venga accennata in Licori. Più notevole e meno avvertita è la simiglianza di Silvia colla Sofronia del Poema, all' infuori del sentimento religioso estraneo al soggetto d'una favola pastorale, ed è noto che secondo il comune avviso credesi rappresentata in Sofro- nia Madama Leonora sorella minore di Alfonso. Ma per cuoprire d'onesto e non penetrabile velo l'allusione adom- brata in un quadro così seducente, e per non essere so- spettato in Aminta, come fu in Olindo, avrà posto il Poeta ogni cura onde rendersi manifesto nella persona di Tirsi. Oltre il mirabile lavoro àeWJminta compose il Tasso in quel tempo l'abbozzo di una Tragedia, cui diede il nome di Galealto Re di Norvegia^ e che più tardi rifece col titolo di Torrismondo Re de' Goti. Anco prima dell'epoca qui indicata la composizione del maggior Poema venne sovente interrotta dalle copiose Rime , di cui fu il Tasso finissimo artefice e liberale donatore , ma nondimeno sa- rebbesi compiuta alla metà del 1574, se la solennità del- l'arrivo in Venezia di Enrico lU. Re di Francia , cui Al- fonso IL suo congiunto si recò ad incontrare accompagnato da molti gentiluomini, fra i quali eravi il Tasso, e cui poscia accolse per due giorni in Ferrara sulla fine del Luglio 'J57-4; e se una lunga indisposizione febbrile, da cui fu il Tasso travagliato nel rimanente di quell' anno e nel verno successivo, non avessero impedito al Poeta di compiere il suo lavoro innanzi alla primavera dell' anno seguente d575. Di questo felice termiue egli dava Pan- — 278 — nunzio al Cardinale Gio. Girolamo Albano amico di suo padre ;, e suo protettore, con lettera del 6 Aprile d57S, ed esprimeva la speranza di poter col consiglio di alcuni giudiziosi ed intendenti dare il Poema alla stampa nel Settembre di quell'anno medesimo. Molli furono i letterali de' quali il Tasso interrogò l'opinione., ed attese il consiglio, intorno alla forma e composizione del suo Poema, non meno per sentimento di modestia che per desiderio di perfezione. Ma i giudiziosi ed intendenti consiglieri, di cui egli facea motto nella predetta sua lettera, esser doveano in particolare cinque ragguardevoli personaggi dimoranti in Roma, consultati a quest'uopo per consentimento del Tasso, e per cura del principale di loro che fu Scipione Gonzaga, di poi Cardina- le, intrinseco amico del Poeta, e già suo compagno di studj e di letterarj trattenimenti nell' Università e nell'Accade- mia degli Eterei di Padova, al quale erano stati spediti a tal fine i primi Canti del Poema sin dal Febbrajo dell' an- no stesso d575. Gli altri quattro Commissari della revi- sione furono Pietro Angelio da Barga dianzi professore di eloquenza e di filosofia morale in Pisa^ Autore di due Poemi latini, l'uno della Caccia, l'altro intitolato la Si- riade^ intorno alle imprese de' Crociati in Terra santa ; Flaminio de' Nobili Teologo., Filosofo e Grecista; Silvio Antoniano già Professore d'eloquenza nell'Archiginnasio romano, uomo d'una vita esemplare e dedita agli esercizj di pietà, per lo che fu poscia da Clemente Vili, creato Car- dinale ; in fine il vecchio Sperone Speroni autore della Tragedia la Ganace, e de' Dialoghi. Da varj passi delle lettere del Tasso che si riferiscono a siffatta disamina del Poema, e sono comprese tra i numeri ì 9, 90 della Rac- — 279 — colta di dette lettere cronologicamente ordinate per cura del Guasti, deesi argomentare che il Poeta si assoggettas- se a quella revisione pel desiderio di purgare un compo- nimento, il cui soggetto era religioso, da lutto ciò che potesse offendere i principi della fede e della morale, e pel timore che , ove poi si trovasse motivo di grave cen- sura, fosse vietata la pubblicazione o riprovata la lettura del suo libro. Sembra però che i Revisori non compren- dessero giustamente un simile intento, e reputassero conve- niente l'estendere il loro ufficio a' principi dell'Arte, men- tre taluno lo esercitava con un rigore non applicabile ad un'opera poetica; imperocché proferirono sentenza su tutto ciò che appartiene all'orditura e al contesto d'un grande Poema, composizione, caratteri, episodi, locuzione, Concetti, ornamenti ; insomma non lasciarono alcuna delle sue parti immune da osservazioni e da censure. A dir vero il Gon- zaga e il Nobili procedettero in quell'esame con più tem- perato giudizio, e trovarono il Poeta arrendevole e grato a non pochi de' loro avvisi e suggerimenti. Anco l'Ange- lio, ossia il Bargeo, benché prevenuto da idee preconcet- te, siccome autore del Poema latino la Siri ade , intorno al medesimo soggetto della liberazione di Gerusalemme, non fu sindacatore indiscreto, e porse talvolta utili ed apprezzate avvertenze. Ma l'Anloniano spinse lo scrupolo morale della censura ad un segno, che non potea conci- liarsi coir indole d'un lavoro poetico, e che parve perciò esorbitante ed incomportabile al Poeta, il quale in molti passi delle sue lettere poetiche a Luca Scalabrino suo mediatore presso i Commissari , ed allo stesso Gonzaga, sulla cui discrezione ed amicizia egli avea ragione di confidare, ne mosse più volle vive rimostranze e querele. - 280 - Cosi pure si dolse frequentemente delle soverchie op- posizioni dello Speroni, il quale non senza nocumento della sua fama mostrò in quella occasione una singolarità d'opinioni letterarie, ed uno spirito tenacemente sofistico, cosicché il Tasso dopo lunghe discussioni immaginò che ne fosse cagione un sentimento poco propizio verso l'Au- tore non meno che al Poema. Se non che lo Speroni non s'appagava neppnr di Virgilio, e scrisse a sua scusa, che interrogato dal Cardinale Farnese, se veramente egli vo- lesse arder 1' Eneide , abbia risposto , che cercava le ra- gioni per cui Virgilio medesimo avea voluto che il suo Poema fosse dato alle fiamme. Era lo Speroni d'avviso che l'azione d'una Epopea esser dovesse non solo una, ma di uno di numero e non di specie ; e pretendeva di compro- vare questa sua esagerata opinione coll'esempio d' Omero. D'altra parte l'Antoniano chiedeva che fossero esclusi dal Poema del Tasso gli amori e gì' incanti, cosicché se aves- se potuto adottarsi una tale proposta , era per riceverne qualche apparenza di ragione la ridicola accusa avventata di poi dall'Infarinato, che la Gerusalemme liberala fosse comparabile ad un edificio lungo, stretto, meschino e rab- berciato, e quasi ad un dormentorio di frati. Parecchie difficoltà ed eccezioni furono mosse al Poeta da' Commis- sari della revisione intorno alla connessione ed opportu- nità degli episodj. Si giudicò inverisimile quello dell'u- scita d'Erminia, troppo lusinghiero e lascivo l'altro d'Ar- mida, e si voleva proscritto l'episodio di Sofronia siccome troppo vago ed intempestivo, e non bene connesso coll'a- zione principale, e perchè la sua soluzione era per mac- china, cioè si traeva dall'inaspettata apparizione d'un ente straordinario. Di più contraddicendo nel fallo alle sofisti- l — 281 — che dottrine dello Speroni suH'unità dell'azione d'un solo, venne espressa l'opinione che fosse attribuita nel Poema una soverchia e quasi esclusiva ingerenza al supremo duce Goffredo. Infine portarono i Revisori sentenza che fosse il Poema troppo fiorilo ed ornato, e che vi prevalesse oltre misura il meraviglioso. Fu lunga e nojosa cura, ma non difficile impresa pel Tasso il risolvere simiglianti obbiezioni, e sceverare fra queste alcune proficue correzioni ed avvertenze, di cui tenne il debito conto, e si professò riconoscente. A ribat- tere i singolari pensamenti dell'Autore della Canace intor- no all' unità del Poema epico, egli si valse dell' autorità d'Aristotele e dell'esempio di Omero dallo stesso Spero- ni invocato, e dimostrò che nel poema eroico l' unità può esser di molti, purché questi convengano insieme in qual- che unità, che di tal guisa diviene piìi perfetta. Per difen- dere gl'incanti ricorse alla testimonianza di Guglielmo Tirio, e di alcun altro cronista contemporaneo, e per sal- vare gli amori dall'eccidio, ond'erano minacciati, addusse a discolpa la consuetudine e la ragione poetica : e poiché venne in soccorso l'avvertenza di Flaminio de' Nobili, che quegli amori erano infelici , specialmente per questo mo- tivo furono tollerati. Ma siccome il Nobili soggiungeva che gli amori si poteano scusare per la qualità de' tempi, il Poeta dichiarò d'essere in grado di provare coll'autori- tà d'Aristotile e di Platone , e con validi raziocini , che l'amore è materia altrettanto eroica quanto la guerra (Lettera allo Sealabrino 9 Aprile 1576, n.'^ 62 dell'edi- zione Le Mounier). Nell'episodio d'Erminia introdusse qualche opportuno mutamento, e ritoccò in alcun tratto 1' altro episodio d'Armida , ma gli tornava incomportabile 48 — 282 — l'abbandonare e sopprimere il pietoso racconto d'Olindo e Sofronia; e qui aveva un conforto non aspettalo dallo Speroni che si mostrava discorde dall'opinione degli altri colleghi. Parve per un istante rassegnato a condannare quel soave episodio, ma poi dichiarò al Gonzaga di con- servarlo, perchè voleva indulgere genio et principi. Da questo cenno il buon Serassi che pur ravvisava in Sofronia il ritratto di Madama Leonora minor sorella del Duca Alfonso II. , argomentò che questi pigliasse ma- raviglioso piacere cVuna sì viva e naturale dipintila ra, sebbene non fosse mestieri di interpretare quel prin- cipi nel genere mascolino, tanto più che il Poeta avea cura di scrivere al Gonzaga; ma di questo non parli Vostra Signoria con essi cosi alla libera. L' obbiezione de' censori^ che fosse soverchio l' intervento di Goffredo nel- l'azione, non era fondala nel vero, e ad ogni modo si polca rimuovere colla prova de' grandi modelli lasciati da Omero nell'Odissea, e da Virgilio. Circa alla notata profusione degli ornamenti , il Poeta a giuslificarne la convenienza adduceva le qualità essenziali dell' Epopea , il carattere della moderna poesia , l' indole della lingua da lui ado- prata, la tempra del metro, e 1' uso della rima, cioè tutte quelle ragioni che gli furono di poi confermate con lette- ra del Luglio d576 da Lionardo Salviati, che più tardi si fece detrattore sì ingiusto ed acerbo. A scemare il ma- raviglioso, furono esclusi dal Poema alcuni passi fantastici 0 romanzeschi, e in particolare la descrizione riguardante la spada di Sveno che dovea ritornare tersa e lucente, al- lorché fosse brandita da quel campione a cui s'aspettava il vendicare la morie di Sveno sull'uccisore Solimano. Del rimanente il Poeta fu sempre sollecito a correggere -283- queMuoghi^ ove il concetto pareva audace o seducente. Così avendo scritto dapprima (Canto II. St. 52) nell'epi- sodio di Sofronia Son ambo stretti al palo stesso, e volto E tergo a tergo: oh fosse volto a volto! mutava in questa guisa il pensiero dell'ultimo verso Son ambo stretti al palo stesso, e volto E il tergo al tergo, e il volto ascoso al volto., e rispondeva ai Gonzaga in una lettera del 4 Ottobre 1575 (n.° 48) rincirazio molto Fostra Signoria delVavver- timento sovra quelle parole dell'episodio di Sofronia — oh fosse volto a volto! — che cerio quelle parole non convengono in persona di grave poeta, quale dev'esser Vepico principalmente in materia sì fatta. Fu pur contento di mutare la stanza 73 del Canto VI., ove troppo si attribuiva ad amore sopra la libertà del vo- lere, e consentì a qualche altra riforma suggerita dall'An- loniano, ma chiese in altra lettera al Gonzaga del 14 Giugno 1576 (n." 77), che si perdonasse la vita a que' due versi (C. VI. St. 92) Gode Amor eh' è presente, e fra sé ride, Come allor già eh' avvolse in gonna Alcide. E però verisimile che taluno de' Revisori volesse proscri- vere una immagine si gentile e tutta spirante greca ele- ganza, solo perchè rendeva a suo avviso troppo lirico e fiorito lo stile. Né fu ritroso il Poeta a ritoccare la frase, ovunque poteva ridursi a più efficace espressione o forma più acconcia, e di simili riduzioni, ch'egli solca chiamare concieri, si mostrò grato in particolar modo all'amico suo Scipione Gonzaga, scrivendogli in una lettera del 1.' Ot- tobre d575 (n.° 47). E poi che son tornato a parlar — 2^4 — de' suoi avvertimenti, non mi stancherò di tornare a dirle ciò che per Valtra mia le scrissi; ch'io quanto più li rileggo, tanto maggiormente ne rimango sod- disfatto, e maggiori conosco esser da una parte il giudizio, la diligenza e V amorevolezza di Vostra Si- gnoria, da Valtra gli obblighi miei, e la fortuna del mio poema: e come che di molti, anzi de la più par- te de' suoi concieri mi compiaccia^ di quel rimango soddisfattissimo: — Non mori già che sue virtuli ac- colse ec. — E non posso, quando il leggo, non rider- mi e burlarmi di me stesso, che penai tutta una sera per accomodare que' due versi, e gli mutai in cento modi; e pur non mi sovvenne questo così buono e così naturale. Giova aver riferito questo brano per di- mostrare la gentilezza dell' animo di Torquato , e la sua abnegazione in questa briga della revisione del suo Poe- ma. Imperocché il conciero da lui tanto encomiato consi- ste in una semplice trasposizione delle parole, ond'era formata la primitiva composizione di que' due versi, qua- le si legge nella stampa Cavalcalupo Non mori già, che in quel gran punto accolse Sue virtù tutte, e in guardia al cor le mise, e sebbene col racconciamento, che si scorge nella comune lezione, sia tolto il cozzo delle medesime consonanti al principio del secondo verso ; è da notarsi che la frase non venne intera nelle parole — in quel gran punto — che n' erano una parte cosi efficace. E degno altresì d'es- ser notato, che nella stessa lettera al Gonzaga dianzi ci- tata, il Tasso avea presentito due censure de' critici, l'una soverchiamente a£2:ravata dal celebre Galilei nelle sue Considerazioni, riguardante qualche difetto di fusione — 285 — nello siile, l'altra posta innanzi dal Salviati, sopra alcune durezze di suono prodotte dal concorso delle consonanti e de le vocali d'una stessa natura. Confessa il Poeta d'usar troppo spesso il parlar disgiunto ; cioè quello che si lega più tosto per V unione e dependenza de' sensi, che per copula o altra congiunzione di parole, e soggiunge che questo modo ha molte volte sembianza di virtù, ed è talora virtù apportatrice di grandez- za: ma l'errore consiste nella frequenza. Prega po- scia il Gonzaga di avvertire, ov'era d' uopo, alla dolcezza del numero e a quella de' suoni , per la cui asperità , o nojosa cadenza non poteano tornar gradevoli alcuni versi come nel Canto IX. St. 27 Fra que' che segno dier d' ardir più franco e nel Canto XII. St. 82 v. 7, e St. 87 v. 4 0 non men che la man luci spietate, — Drudo di donna e donna a Dio rubella. — i quali furono poi racconciati nella ordinaria lor forma. Non meno notevole è la lettera al Gonzaga 22 Mag- gio i570 (n." 75), ove il Tasso ristrinse alcuni degli ar- gomenti più validi contro le sopraddette obbiezioni a lui mosse intorno alio stile ed agli ornamenti , agli amori ed agli incanti, all'unità dell'azione ed all'opportunità degli episodj, osservando che per introdurre la narrazione dei sei anni precedenti l' assedio di Gerusalemme , sarebbe stato mestieri rimuovere l'episodio di Sofronia, proponen- do poi altre mutazioni per rendere più verisimile quello della fuga d' Erminia , e confessando quanto allo stile d' essere slato troppo frequente ne' contrapposti, ne gli scherzi delle parole^ ne le allusioni^ ed in altre figure di parole le quali non sono proprie de la nar- — 286 — razione, e molto meno de la narrazione magnifica ed eroica. De' quali trascorsi egli si proponeva di fare ammendare parca quasi che volesse premunirsi dal biasimo racchiuso poscia in un motto del Boileau, che non distin- guendo l'oro massiccio dal lieve orpello, chiamò clinquant Io stile del Tasso. Per questa lettera e per altre posteriori si comprende che dopo un anno l'affare della revisione non era più maturo che ne' primi mesi, e perciò sebbene il Tasso, conosciuti gli appunti de' revisori , argomentasse che il suo Poema non fosse per soggiacere a riprovazione 0 divieto, volle gratificarsi gli animi loro col ritrarre dal contesto una morale significazione conveniente al sogget- to, e ne compose in brevissimo tempo e con mirabile pro- va d'ingegno l'Allegoria, a cui egli non avea rivolto il pensiero se non quando il componimento era già condotto oltre il suo mezzo , siccome accenna nella lettera al Gon- zaga 15 Giugno 1576 (n.° 79). L'epistola susseguente del 23 Giugno, che fu l'ultima di quelle scritte al Gon- zaga intorno al soggetto della revisione, contiene questo passo : Ho fatto ancora alcuni concieri pertinenti allo stile 0 per legar il parlare troppo sciolto o per ri- mover alcun soverchio ornamento o per schivar al- cun modo di dire forse troppo audace e non del tutto puro. Ma in questa parte non m'' avanza poco che fare e sarà necessario che rimetta qualche cosa a la seconda edizione. Ed infatti v^so la fine di quell' anno 1576 il Tasso non era ancora in grado di pubblicare il suo Poema onde prevenire una clandestina impressione, che altri tentava intraprenderne, e ch'egli potè quella volta impedire., mercè il patrocinio del Duca Alfonso, per cui furono indotti altri principi ad intimarne il divieto. A — 287 — qilesto proposito si adduce dal Serassi (Fila del Tasso^ Tom. I. Lib. II. pag. 269) un decreto del Senato di Ge- nova 11 Dicembre 1576 ed una circolare del Cardinale di S. Sisto al Governatore di Perugia cosi concepita: Illustre e molto Rev. Signore come fratello — Es- sendo stata rubata al Tasso servitore del Sig. Duca di Ferrara una opera composta da lui^e non ad altro effetto che per (stamparla contra la volontà sua, poi- ché non è anco ridotta a perfezione; V. S. proibirà alli stampatovi di costi che non la debbano stampa- re, ed ai librari di non poterla vendere^ in evento che già fusse stampata^ facendo potiere da banda e conservare tutte le copie che vi fissero d' essa^ ec- cetto una, la quale manderà subito in mano del pre- fato Sig. Buca : e se per sorte ne fusse stata dispen- sata alcuna , ordinarà che sia restituita e riposta fra Valtre, dandone poi avviso, che cosi è mente di Sua Beatitudine : e stia sana. Di Roma li FUI di Decembre 1676. Quindi è palese che il Tasso non avea posto l'ultima mano alla correzione del Poema, quando incominciarono a conturbare il suo animo, e a funestare la sua vita gl'infausti eventi, e le segrete cagioni che lo astrinsero a fuggire da Ferrara nel Luglio del 1377, e ritornatovi nella primavera del ^578, ad esularne bento- sto di nuovo, finché sventuratamente ricondottosi in quel- la città nel Febbrajo del 1 579 venne rinchiuso indi a poco nello spedale di Sant'Anna. Per tutto il lungo e doloroso periodo delle sue peregrinazioni e della sua prigionia, che non cessò prima del Luglio 1586, non gli fu più dato di ritoccare e condurre a maggior perfezione il suo Poema ; e ben si può dire che questo sia stato abbandonalo dal- — 288 — rAutore , allorché nella primavera del 1587, col nuovo titolo della Gerusalemme conquistata, egli si accingeva ad intraprenderne la ricomposizione o la riforma. Senza contendere che siffatta revisione abhia recato al Poema il giovamento di qualche conciero o particolare mutazione, si può ragionevolmente asserire che il van- taggio indi derivato non fu sufficiente compenso de' due gravi nocumenti che ne provennero, pel soverchio ritardo interposto alla compiuta correzione ed alla stampa della Gerusalemme liberala, e per avere infirmato nell' animo del Poeta il sentimento dell'eccellenza del suo lavoro, e raffermato alcuni dubbj da lui nutriti sull' opportunità di allargare la narrazione e renderla più conforme alla sto- ria col rimuovere od attenuare gli episodj. Per questo riguardo i revisori, contro il volere e l'ufficio loio, prepa- rarono le infauste sorti a cui soggiacque il Poema, e coo- perarono a produrre l'effetto delle posteriori controversie e dell'altre cagioni, per cui il Tasso si indusse a riforma- re il componimento, anziché porvi l' ultima mano, ovvero ridurlo all'ottima sua lezione. Alle dilazioni della revisio- ne onde fu ritardata l'impressione del Poema s'aggiunse l'ostacolo insuperabile d' una pubblica calamità. Era scop- piata la peste in Venezia nella primavera del 1676, e non avea cessato di imperversare nel corso di quell' anno propagandosi in altri luoghi. Impedito ne' suoi disegni dal nuovo disastro, il Tasso, che avea dapprima sperato di af- fidare alla stampa l'Epopea del Goffredo sin dal Settembre del 1575, si confortava degli indugi frapposti da' revisori nella speranza di procacciare al suo lavoro la maggior perfezione, e di avere ben presto un'occasione propizia di pubblicarlo. Ma frattanto sul declinare del J576 comin- - 289 — ciarono ad apparire gli indizj delle luttuose cagioni, da cui ebbero origine le peregrinazioni del Tasso, e poscia la sua prigionia nelle stanze di Sant'Anna in Ferrara. Intorno a siffatte cause furono addotte varie opinioni e notizie dagli scrittori, e insorse, non sono molti anni, una viva discussione tra il chiarissimo professore G, Rosini e l'erudito signor marchese Gaetano Capponi. L'opinione adottata dal Rosini (Saggio sugli amori di Torquato Tasso, e sulle cause della sua prigionia. Pisa, Capur- ro i832), fu quella molto diffusa e divenuta popolare, che il motivo della carcerazione del Tasso sia stato l'amo- re di lui per la principessa Eleonora minor sorella del Duca, ma lo scrillore di quel Saggio volle altresì stabili- re che il Tasso fosse stato costretto dal Duca Alfonso a fingersi pazzo in pena di aver composto versi lascivi per madama Leonora, e queste idee del Rosini furono dal dot- to bibliotecario di Modena D. Celestino Cavedoni aperta- mente impugnale. Poscia il Marchese Capponi in un pri- mo annuncio (1857), e in altri scritti della polemica da lui sostenuta col Rosini si propose di provare (Saggio sulla causa finora ignota delle sventure di Torquato Tasso. Firenze, Pezzati 4840-46), che la radice mal- augurata di tanto infortunio sia stato il trattato di nuova servitù con la Corte di Toscana, per cui il Tasso s'era recato in Roma verso la fine del 1575. Ciascuna delle due sopraddette spiegazioni ha il difetto di escludere ogni al- tra, e perciò diviene incompleta ed insufficiente, benché contenga probabilmente alcuna parte di vero. Del rimanen- te la prima di queste opinioni era già stata insinuata con prudente riserva nella Vita del Tasso procurata dal Man- so, ove, a provare che fu motivo principale della sciagura — 290 — l'amore, si adduce un brano di lettera del Tasso a Fran- cesco Maria della Rovere Duca d'Urbino (Opere di T. Tasso. Firenze 'J724, presso Tartini e Franchi. T. I. — Fita^ p. xxxv), lasciando pur qualche dubbio se l'og- getto di quell'amore, invece di madama Eleonora, fosse la Sanvitale Conlessa di Scandiano, od una terza Leono- ra ; della quale ambiguità si valse ingegnosamente il Gol- doni neir intrecciare il nodo d'una rappresentazione che ha per soggetto e per titolo Tonjuato Tasso. All'altro avviso proposto dal Capponi s'era già accostato il Se- rassi (Fita del Tasso^ T. I. Lib. II. pag. 4 32), avverten- do che lo stesso Poeta avea confessato in una lettera a Fabio Gonzaga, che il principio e la cagione della sua in- felicità fu la sua andata a Roma nell'anno santo (J575). Ma né il Manso né il Serassi pensarono , che da una sola cagione sieno derivate le sventure del Tasso, poiché cia- scuno di que' biografi le ascrive in parte anco alle perfide trame de' suoi avversar), al timore delle insidie loro, ed alla profonda melanconia onde fu conturbato l'animo del Poeta. Il Serassi ammise altresì ch'egli fosse combattuto da amore (Fita del Tasso, T. I. pag. 250), ma soltanto per Eleonora Sanvitale sposa del Conte di Scandiano, ve- nuta appena nel 4 576 alla Corte di Ferrara, e lodata dal Tasso in alcune sue rime, il quale avea pure nella stessa occasione celebrato l' avvenenza della Contessa di Sala di lei matrigna. Altri scrittori e in particolare il Giacomazzi (Dialofjhi sopra gli amori, la prigionia, le malattie ed il genio di Torquato 7'a.sso. Brescia 4 827), e lo stesso Marchese Capponi, non disconoscendo l'influenza esercitata da una occulta passione amorosa negli infortu- ni del Tasso , hanno opinato ch'egli nutrisse amore per — 291 - Lucrezia Duchessa d' Urbino altra sorella d'Alfonso ; ma le prove che ne vengono addotte non sembrano convincen- ti, anzi vi si opporrebbero alcuni contrarj indizj. Simile opinione trovasi pure additata ne' cenni storici riguar- danti le principesse Lucrezia e Leonora d' Este , che si leggono nell'opera eruditissima del Conte P. Litta sulle famiglie celebri Italiane: ma forse il chiarissimo scrittore meglio s'appose ove fu d'avviso che il Tasso amasse Leo- nora, e che Lucrezia fosse invaghita del Tasso. A dir ve- ro non ammettendo le agitazioni dell'amore sarebbe diffi- cile, e quasi impossibile, render ragione di alcuni fatti, e neppure assegnare una causa probabile del tentativo di passare a' servigi della casa Medicea , indicalo dal Tasso come il principio della sua infelicità ; giacché non si sa- prebbe altramente comprendere , perchè bramasse abban- donare la Corte di Ferrara nel tempo, in cui, per la vici- na pubblicazione del suo Poema, gli tornava più che mai utile ed onorevole il dimorarvi ; nò perchè quel trattato sia stato da lui sospeso, e infine troncato colla delibera- zione di rimanere per sempre colà donde avea prima de- siderato ansiosamente di allontanarsi. Né si potrebbe in altra guisa spiegare il reiterato suo ritorno in Ferrara contro ogni consiglio dell' umana prudenza^ a fronte delle persecuzioni e delle insidie macchinate dagl' invidi corti- giani, e malgrado il timore , o piuttosto la certezza , di aver perduto il favore del Duca. Imperocché sebbene ri- conducendosi in Ferrara dopo la prima sua fuga egli po- tesse nutrir lusinga di ricovrare i manoscritti del suo Poema e d'altre sue rime, avea pure dovuto accertarsi in quell'occasione che ogni speranza di riaverli era stata vana. Pertanto è comune sentenza più o meno apertamente — 292 — professala , che alle sventure del Tasso abbia , almeno in parie, contribuito un occulto affetto: raa se non havvi dissenso che sull' oggetto di questo amore , sembra per molti indizj e per alcuni documenti verisimile avviso, che la donna da lui amata fosse la principessa Eleonora , senza mestieri di prestar fede a tutte le tradizioni di rac- conti anzichenò romanzeschi. S'arroge che quantunque alcuni accidenti dell'episodio di Sofronia pajano imitati dalla novella 6.a ( Giornata V.) del Decamerone di G. Boccaccio , rimane pur evidente la novità e la parvenza del disegno e del colorito nella figura principale, che giu- stamente e generalmente si crede tolta dal vero, e rap- presentante la stessa Eleonora. Forse l'intento si chiara- mente espresso dal Poeta nel suddetto episodio potrebbe trovarsi celato ad arie anco nell'Aminta, seppure la simi- glianza di sopra avvertita del carattere di Silvia con quello di Sofronia non sia fallace od accidentale ; atteso- ché sebbene egli abbia creduto opportuno di manifestarsi nella persona di Tirsi qual era negli anni suoi più giova- nili , potea nondimeno Aminta , di cui Tirsi è compagno, significare il Poeta richiamalo dal senno maturo a più no- bile affetto. Ma prescindendo da simile congeltura, che se fosse fondala su base meno incerta non offrirebbe che la conferma di ciò che traspare dalla descrizione di Sofronia ed Olindo ; altri indizj assai rilevanti sorgono dalla coin- cidenza, che non sembra fortuita, di alcuni notevoli even- ti, cioè la lunga malattia di languore per cui alfine si spense la vita di Madama Eleonora nel Febbrajo del i 58i, dopoché il Tasso venne rinchiuso nella sua carcere , e l'allargamento e la mitigazione di questa prigionia quando Eleonora era prossima a morie, od appena spirala. — 293 — Non" è scopo del presente Saggio discalere le cagioni, onde ebbero origine le sventure di Torquato, e però que- sto argomento non v' è toccato che brevemente e per in- cidenza; né si potrebbe senza nuovi documenti rimuo- verne ogni dubbiezza e conoscere appieno il vero, che solo in parte è concesso di raccogliere dalle lettere del Tasso a noi pervenute, nelle quali non sono infrequenti le reticenze e le soppressioni, o lacune di varj passi, e viene altresì dichiarato che non si debbono affidare ad una lettera i più riposti pensieri, leggendosi neirepistola a Scipione Gonzaga li Gennajo '1577 (n." 92): E que- sta risoluzioìie (di fermarsi perpetuamente a' servigi del Duca di Ferrara) è stata non meno necessaria che vo- lontaria : che certo io non solo non doveva, ma non poteva far altraìuente; ma non ogni cosa si può scrivere. Ad ogni modo dalle sue lettere stesse, e segna- tamente da quella ch'egli chiama orazione al Duca d'Ur- bino (n," 109), e dall'altra a Scipione Gonzaga (u.° i25), che si intitola Discorso sopra varj accidenti della sua vita, si scorge la successione ed il viluppo delle molti- plici cause più o meno dirette e gravi, che concorsero a generare gì' infortuni del Tasso: cioè dapprima il trattato colla Corte Medicea, poscia il trafugamento delle sue car- te, di cui venne denuncialo ogni segreto, le ostili macchi- nazioni e i mali uftìcj degli avversar) e principalmente del Montecalino nuovo segretario del Duca Alfonso, quin- di l'agitazione destatasi nell'animo del Poeta, onde poi si aggravarono in lui i sospetti dell'altrui persecuzioni, e sorse il timore d'essere avvelenato, e d'essere stato accu- sato di miscredenza ; cosicché giunse a tale concitazione da scagliare un coltello dietro ad un servitore nelle stanze — 29/* — della Duchessa d'Urbino, la sera del Ì7 Giugno 1377. Sostenuto per breve tempo in arresto , e di poi condotto dal Duca nella sua villa di Belriguardo , preferì di ri- dursi nel Convento di S. Francesco di Ferrara, ma sopraf- fatto da' sospetti e dal turbamento del suo animo si risol- se alla prima sua fuga. Reduce nell'Aprile dell' anno se- guente non potè sopportare la privazione de' suoi mano- scritti, e il modo di vita che gli era imposto alieno da ogni esercizio dell' ingegno, e partì di nuovo senza com- miato da Ferrara. Infine tornatovi la seconda volta nel- l'occasione delle terze nozze del Duca Alfonso, dietro la promessa incautamente datagli dal Cardinale Albano, che vi sarebbe onorevolmente accoltole trovandosi invece ne- gletto e quasi respìnto, si lasciò trasportare a parole di sdegno e d'offesa verso il Duca, le quali, a lui riferite, fu- rono, per confessione del Tasso medesimo, l'immediata cagione del suo imprigionamento nello spedale di San- t'Anna. A tutte le sopraddette cagioni s'aggiungeva ed era commista una occulta passione amorosa, di cui dianzi accennammo gl'indizj e le prove, e che sembra doversi annoverare fra le cause più gravi di sue sventure: ma di questa non si trovano che poche e fuggevoli traccio nelle lettere finor conosciute, e si potrebbe dire che venga espressa da un eloquente silenzio. Solo nella lettera al Gonzaga (Maggio ')579,n. 'J24), che forma quasi la continuazione dell'altra epistola (n." 125) già citata, si contiene questo notevole passo: E sono sicuro, che se colei, che cosi poco a la mia amorevolezza ha cor- risposto, in tale stato ed in tale afflizione mi vedes- se^ avrebbe alcuna compassione di me. Frattanto Eleo- nora ammalava di lenta malattia mortale, e mentre era — 295 — già vicina a passare a miglior vita, Torquato ignorava an- cora la gravità dello stato di lei , e scriveva al celebre oralor sacro P. Francesco Panigarola ( Lettere del Tasso raccolte e ordinate da C, Guasti, n. ' 143), questa affet- tuosa espressione del suo rammarico, chiusa dalla reticen- za d'un riposto peusiero : Se madama Leonora miglio- rerà, come mi giova di credere, e come molto desi- dero, Vostra Paternità molto reverenda le baci umi- lissimamente le mani in mio nome, facendole sapere che m'è molto incresciuto del suo male, il quale non ho pianto in versi, non so per qual tacita ripugnan- za del mio genio. La povertà^ che il Tasso ebbe puri.comune con Omero e con Dante, non fece che esacerbare ^le inquietudini del suo animo , e i travagli da lui sofferti nelle sue peregri- nazioni. Principale motivo della sua reclusione , e della prolungata sua detenzione nello spedale di Sant'Anna, parve ad un dottissimo scrittore ed autorevole biografo la necessità di curare l'infelice Poeta dall'umore melan- colico ond'era travagliato : ma la prigionia non potea che rendere più gravi le infermità, di cui apparvero allora i primi vestigi, e che divenute alfine insanabili arrestarono il volo di quell'altissimo ingegno, e ne troncarono imma- turamente la vita. Durante il lungo intervallo della sua reclusione, egli non cessò d' invocare la sua restituzione alla libertà come l'unico rimedio od alleviamento de' mali da lui sofferti; e le molte lettere ch'egli scrisse in quel periodo di tempo stringono il cuore di compassione , e sono piene de' suoi lamenti e delle fervide istanze da lui rivolte, non che al Duca di Ferrara, ma ad altri principi, ed a' potentati più eccelsi, alle città stesse di Napoli e di — 296 — Bergamo, ed a molti autorevoli personaggi suoi protettori ed amici , per ottenere la sua liberazione , che alfine gli fu concessa il 5 Luglio del i 586, colla mediazione di Vincenzo Gonzaga principe di Mantova. Talvolta per la coscienza che i falli da lui commessi fossero stali abba- stanza espiati , e non dovessero subire la punizione di una più lunga prigionia, prendea la difesa di sue ragioni con onesta e dignitosa alterezza, e si lasciava sfuggire qualche espressione di sdegno che distruggeva 1' effetto delle assidue preghiere ed intercessioni. Così in una lette- ra al Cardinale Albano, 23 Maggio 'J581 (n/^ 162), egli protesta che non doveva esser custodito o tenuto prigio- ne, né come forsennato, né come colpevole; e per pro- vare di non avere «smarrito il senno, invoca il testimonio delle sue azioni e de' più recenti suoi scritti , ricordando l'esempio di Sofocle « che da' figliuoli impedito di gover- nare le facoltà ch'egli s'aveva acquistate , lesse a' giudici l'Edipo Coloneo, tragedia ch'egli aveva fatto ultimamen- te, per la quale fu sapientissimo giudicalo ». Della cre- duta pazzia del Tasso corsero allora le voci per tutta Italia, e furono accolte presso gli stranieri dallo storico de Thou ne' cenni d'encomio ch'egli fece del Tasso [Jac. AugustiThuani Historiariim sui temporis^ Lib. cxiii), e da Michele Montaigne (Essais, Liv. II, Ch. 12), il quale nel Novembre del 1580 avea veduto il Poeta nella sua cella, e adducendo l'esempio del meraviglioso ingegno del Tasso, ebbe a scrivere: J'eu plus de despit encores que de cotnpassion de le veoir a Ferrare en si piteux estat, survivant à soij mesme, mecoqnoissant et soi et ses oiivrages^les quds sans son sceu.et toutesfois à sa veue, on a mis en lumière incorrigez et infor- — 297 — mes. Altri più slranamenle pensarono, che il Tasso fosse costretto a simulare una apparente pazzia per evitare piìi grave castigo. A dir vero di tale pazzia reale o fittizia non si saprebbe trovare alcuna prova fondata e convincente: bensì all'opposto dagli scritti di lui , tuttoché spettanti air epoca infausta della sua reclusione, si appalesa inalte- rato quel vigore di raziocinio, e quella copia di dottrina e nobiltà di sentenze e di locuzione, che tanto risplende in ognuna delle sue produzioni. Gli scritti da lui allora com- posti sono troppo estesi e frequenti, per dover essere ri- guardati qual frutto di alcuni lucidi intervalli: anzi cogli studi ed esercizi delle lettere egli confortava nella sua solitudine le infermità del corpo e le afflizioni delFanimo. Sarebbe poi chimerico immaginare, che per quelle vicende fosse più che mai affinata la sua mente e fatta quasi su- periore a se stessa, poiché invece ne furono affievolite le facoltà e tarpate l'ali al suo genio, il quale diede ancor prova del suo potere in alcuni brani de' quattro Canti in- trodotti nella Gerusalemme , e in molti sublimi tratti delle sette Giornate del Mondo creato ; ma più non produsse un lavoro da compararsi al Goffredo e all' A min- ta. Solo conviene riconoscere negli atti di quel periodo più sventurato della sua vita una estrema concitazione di fantasia , che pur traspare da varj passi di alcune delle sue lettere di quell' epoca , e che fu inevitabile effetto delle cause poc'anzi descritte, onde fu commosso e turba- to l'animo di lui troppo per natura accessibile a lusin- ghiere affezioni, e proclive ad ingenuità ed a fidanza: im- perocché non è dato di possedere senza pericolo una fer- vida immaginazione ed un eminente intelletto. Di tale esaltazione della sua fantasia rimasero pure le traccie 49 — ^98 — nella credenza del Poeta di conversare con uno spirito superiore , in quella guisa che si narra del genio fami- gliare di Socrate, e come viene dichiaralo dalla testimo- nianza dell'amico di lui Giamhattista Manso, nella vita del Tasso scritta per sua cura, ove si descrive in una episto- la un colloquio avuto fra loro su questo soggetto, e l'estasi a cui venne il Poeta rapito nel suo pensiero, la quale, ben- ché si comprenda ch'era prodotta dalla immaginazione vi- vamente eccitata, qon lascia però di destare nell'animo del lettore una viva impressione. Parte di quella epistola tro- vasi pur riportata dall'illustre 3Iuratori nel suo Trattato della forza dell'umana fantasia (Capitolo IX.). A' mali recati dalla prigionia si aggiunse l'estremo danno d'una specie di interdizione, per cui fu il Tasso spoglialo della proprietà del suo maggiore Poema, il cui manoscritto gli era stato già trattenuto fin dall'epoca della sua prima dipartita da Ferrara. iNulla o poco gli valse l'aver impetralo o il bramare di conseguire il privilegio della stampa presso molti slati Italiani ed anco stranieri; poiché, venutogli meno il patrocinio del suo signore, fu invece concesso di eseguirne l'impressione e lo spaccio a chiunque avea potuto, ad arte od a caso, rinvenire una copia di quel componimento. Non hawi forse in tutta la storia letteraria esempio più solenne ed istruttivo , della necessità ed utilità di proteggere con savj ed efficaci provvedimenti la proprietà letteraria, ovvero il diritto d'autore, che questo dell'arbitraria pubblicazione e del mercimonio che si fece di sì cospicuo lavoro, con grave detrimento dell'Autore e della sua opera. Già nell'anno medesimo 1 579, in cui avvenne la carcerazione del Tas- so, era stato inserito il Canto IV. del suo Goffredo alla - 299- fine della Parte II. d'una scella di rime di diversi eccel- lenli Poeti, pubblicata in Genova per Cristoforo Zabata (in 'i2.°): ma questo saggio era alto piuttosto a pro- muovere che a soddisfare l'universale curiosità, e perciò non potea nuocere all' intera edizione del Poema. Fu nel- l'anno susseguente che si vide per la prima volta uscire in luce l'Epopea di Torquato Tasso, quantunque sotto forma imperfetta, giacché costituita di soli i4 Canti, mancandovi l'undecirao, il decimolerzo, e gli ultimi quat- tro che succedono al Canto XVI., il quale non vi appare compiuto. L'edizione venne intrapresa in Venezia co' tipi di Domenico Cavalcalupo (in 4.°), per opera di Celio Ma- laspina, che in una dedicatoria 7 Agosto 1580 al senato- re Giovanni Donato accenna di aver trovato que' Canti mentre era in Firenze al servigio del Gran Duca France- sco de' Medici, e si scusa di essere stato quasi astretto a dare alle stampe un'opera non sua ne intera, per le in- cessanti ed urgenti istanze de' virtuosi e di alcuni signori e patroni suoi. Dapprima in una lettera a Scipione Gon- zaga (Settembre 1 580^ n.'^ j 36) il Tasso mostravasi igna- ro di quella clandestina impressione scrivendo: tanto più volontieri vedrò stampati i dodici primi canti, che non vedrei tutto il poema, quanto mi pare che abbiano minor bisogno di /una, e siano meno sog- getti ad opposizione. Ma bentosto ebbe contezza di tale imperfetta pubblicazione, e scrisse al Gonzaga il J.*^ di Ottobre 1580 (n." 'i58): Fidi questi giorni passati alcuni canti del mio poema stampati in Finegia usciti da le mani del serenissimo di Fiorenza, del che mi dolsi con quella serenissima Republica, e con Fostra Signoria illustrissima, quanto doveva: e tanto — 300 — mi doglio parimente di quei principi (juanto è il tor- to^ che mi pare cìCesn m'abbiano fatto. Frattanto An- gelo Insfearneri, che nel verno del 4 579 avea potuto in sole sei notti trascrivere la copia d'un esemplare del Poema emendato di mano dello stesso Autore, ne procurò simul- laneamente due impressioni, Y una in Casalraaggiore ap- presso Antonio Canacci ed Erasmo Viotti, 1581 in 8." gr., l'altra in Tarma co' tipi d'Erasmo Viotti in 4 2."; ambedue cogli argomenti d'Orazio Ariosto pronipote del sommo Lo- dovico. Nella prefazione agl'intendenti lettori l'Ingegneri dichiara a sua giustificazione, che non potè maturare con più lungo indugio i preparativi della stampa da lui intra- presa^ dopo di aver veduto la difeltuosa e scorretta edi- zione del Maiaspina, pel vivo desiderio di riparare il tor- lo cosi recato all'onore di quell'insigne Poema. Se non che il Tas^o non £a mai lieto di simili impressioni e ri- stampe eseguite contro il suo volere, o senza la sua ap- provazione, e scriveva a Federico Bonaventura (n." 145): Presuppongo che Vostra Signoria sappia che H mio poema sia stato stampato una volta, e e' ora si ri- stampi in pi) luoghi con mio danno non picciolo^ ma con dolore ed afflizione maggiore de V animo mio. Io ho domandati i privilegi di alcuni stati , né mi è data risposta a proposito, e mi pare quasi d'a- ver perduti) quello che H serenissimo (jran Duca di Toscana m'avea concesso. Scriveva poscia al Cardinale Albano (n,° 154): Ho voluto avisare Vostra Signoria Illustrissima de la mia buona intenzione, acciochè non abbia occasione alcuna d' abandonarmi , e di mancarmi de le promesse : ed io particolarmente molto la prego che voglia far opera co H signor duca — 301 — mio signore, che si stampi il poema e le rime mie..., e che si stampino con i privilegi de l'Imperatore, e de gli stati sottoposti a l'Imperio, così in Germania come in Italia, cosi del Re e cf altri principi come di Republiche; e che qiielV utile che se ne trarrà, molto 0 poco che sia, mi si doni, acciò ch'io abbia onde provedere a le mie necessità estreme. E in altra lettera già citala (n.° 162) aggiungeva: Mille scudi avrei cavato dal mio Poema, se le due volte eh' è stato stampato fosse stato stampato da me; ed il si- gnor duca di Ferrara ha consentito che si stampi, 0 non ha saputo provederci volendoci provedere; e tni tien prigione come matto, e non mi facendo dare se non le cose necessarissime. Ma sebbene potesse sem- brare esaudito, almeno in parte, il volo del Poeta, mercè la replicata impressione che si fece della Gerusalemme in Ferrara nell'anno stesso loSi per opera di Febo Bon- nà, prima co'tipi di Vittorio Baldini (in 4.°), e poco stante con quelli degli eredi di Francesco de' Rossi; e quantunque in ambedue quelle stampe leggasi il Poema nella forma comunemente accettata, all' infuori di poche varianti, e di non poche inesattezze; conviene pur rico- noscere che nessun alleviamento ne provenne all'indigen- za dell'Autore, e qualche detrimento ne fu recato alla insigne sua opera nella fallace lezione di varj passi, svi- sati per imperizia o per negligenza. Le cure adoprate dal Bonnà nel procacciare la nuova edizione della Gerusalemme furono da lui specialmente rivolle a magnificare il credilo della impressione per lui intrapresa, onde conseguirne il maggiore spaccio e trarne vantaggio. Dal manoscritto del Poema abbandonato dal — 302 — Tasso nella prima sua fuga, e passato in mano del mar- chese Cornelio Benlivoglio Generale dell'armi ducali, po- teva il Bonnà attingere un esemplare completo e molto pregevole, se non del tutto emendato , senza bisogno di ricorrere come si crede (Serassi, Fita del Tasso^ T. II. Lib. III. pag. 55) alle postille ossia alle varianti e corre- zioni tipografiche del testo inserite dal Cavaliere Giam- battista Guarino in una copia della prima stampa del Ca- valcalupo (Venezia 1580), alla quale si trovano pure an- nessi i manoscritti delle stanze ond'erano manchevoli que' quattordici Canti, e che da un Alessandro discendente del Guarino passò, sulla metà del secolo decimottavo, alla Bi- blioteca Marciana di Venezia,, ove tuttora si conserva. Ottenne il Bonnà dal Tasso una tacita tolleranza od ade- sione, promettendogli di farlo partecipe del lucro che da quella edizione si sarebbe ritratto, come si pare da una lettera (24 Luglio 1581) dell'ambasciatore toscano Ora- zio Capponi a Belisario Vinta segretario del Granduca Francesco de' Medici , colla quale si indirizzava una pre- ghiera del Tasso, onde fosse vietato in Toscana lo spaccio delle stampe già uscite del suo Poema , fuorché di quelle procurate dal Bonnà nello slato di Ferrara. Lo scaltri- mento di presentare il Poema nella dedicatoria 24 Giu- gno i581 al Duca Alfonso II. per nome del sicj. Tor- quato induceva a far credere che il Bonnà ne avesse ot- tenuto il concorso e l'approvazione : ma il raggiro fu ma- nifesto, quando infine egli giunse a mancare alla data fede di mettere a parte T Autore de' guadagni raccolti dall'edizione, come si scorge da questo passo d'una let- tera di Torquato a Biagio Bernardi (1.° Ottobre 1583, n." 258) in cui da Febo Apollo il pensiero si volge a .-. 303 — Febo Bonnà editore del Voema : N è si maravigli s'io prendo tempo a rispondere, perciochè Febo m'é mol- to avaro; il quale avendo fatto queWarte di stam- pare e di vendere i libri miei, eh' io pensava già di fare, se ne sta in Parigi fra dame e cavalieri , e si dà bello e buon tempo ; né mi fa parte alcuna de' danari che se ne ritraggono, come m'avea promesso per sua poliza. Ma il guasto di non poche lezioni, tra- smesso in parte a molle stampe posteriori ed anco recen- ti, accennerebbe che l'edizione intrapresa dal Bonnà non fu riveduta né approvata dal Poeta ; se ciò non fosse ab- bastanza provato da una lettera del Tasso (n.° -141) a Guido Coccapani fattor generale del Duca , della quale non sarà inopportuno ne discaro l'addurre interi i due brani seguenti. Oggi messer Febo m' ha detto che Vo- stra Signoria desidera gli argomenti del mio poema da me. 0 gli desidera per lo mio poema, o per ve- dere com' io gli facessi: se per lo mio poema; quan- do egli potrà con mia soddisfazione essere stampa- to, allora anche si dovrà procurare elisegli abbia quegli aiuti d'argomenti^ e quegli ornamenti che so- gliono avere gli altri poemi : che s' io ora facessi i suoi argomenti^ farebbon gli altri argomento^ ch'io consentissi eh' egli di nuovo fosse stampato ; a la qual cosa in alcun modo non consento: E più sotto: Ma se Vostra Signoria desidera di' io faccia gli ar- gomenti per veder coni' io sapessi fare argomenti^ io son molto contento di fargli a l'Ariosto o al libro del signor Erasmo Valvasone, ed a qual più parerà a Vostra Signoria ; perchè dal mio modo di fare ar- gomenti^ non tanto quest'arte quanto la cortesia sia — 304 — imparata dal signore Orazio Ariosto, gentiluomo di molto spìrito, ma nondimeno giovine che non si do- vrebbe sdegnare cW io., come cortigiano se non pra- tico, almeno dopo tanti anni non inesperto, gli inse- gnassi alcuna cosa della cortesia: la quale io non voglio (come Guglielmo Borsiere insegnò a dipin- gerla al genovese) che sia dipinta ne' camerini del signor duca, o ne le logge di Marmiruolo, o ne la galeria del signor Ferrante • ma ben vorrei che fosse impressa negli animi non sol del signor Orazio, ma di tutti coloro a' quali io porto affezione. Certo è che r impressione del Poema procurata dal Bonnà co' tipi di Vittorio Baldini rimase priva degli argomenti , e che nella ristampa eseguita bentosto in Ferrara presso gli eredi di Francesco de' Bossi furono introdotti gli argo- menti d'Orazio Ariosto, che aveano già corredato le due edizioni procacciate dall'Ingegneri (1581 Casalmaggiore in 8.°gr., e Parma in 12.°). Simultaneamente con lettera di dedica 28 Giugno 1581 al veneto patrizio Giovanni Donato, ne usciva in Venezia co' tipi di Grazioso Per- chacino una nuova edizione per cura di quel Celio Mala- spina, che avea pubblicato la prima volta il Poema in soli quattordici Canti , e vi fu inserita l' allegoria eh' era già stata composta dal Tasso medesimo, e che trovasi pure annessa alla fine della prefata stampa Ferrarese del Bal- dini. Poco appresso nell'anno stesso 1581 davasi di nuovo alle stampe la Gerusalemme liberata in Parma presso Erasmo Viotto (in 4.°), e il tipografo annunciava in una lettera a' lettori, che un dotto spirito, il quale per avviso del Serassi sarebbe stato il conte Pomponio ToreUi, erasi giovalo delle precedenti impressioni per ridurre la nuova — 305 — stampa alla lezione eh' egli stimava più conveniente , co- sicché ora lasciò i nuovi versi e tolse i vecchi, ed ora vi pose questi e quelli. Le annotazioni, secondo la con- geltura del P. Ireneo Affò espressa in una lellera al Se- rassi e adoltala dal Serassi medesimo (Vita del Tasso, T. IL Lib. IIL pag. 36), sono dovute a Bonaventura An- geli esule ferrarese, autore de' Commentar] del Po stam- pali in Padova per Lorenzo Pasquali 1 378 , ne' quali è denominalo Bonaventura Arcangeli, come pure della de- scrizione del fiume Parma (eh' è quasi un'istoria della città) impressa in Parma da Erasmo Viotto nel 1 390. Indi a non molto una nuova edizione del Poema (per lui la terza) l'u eseguita dal Malaspina in Venezia nel 'J582 co' tipi del Perchacino (in 4.°), in cui trovasi riprodotta la stessa precedente dedicatoria a Giovanni Donato, ma colla data del 15 Aprile 1582, e furono postergate alcu- ne esatte lezioni sì della prima che della seconda edizione del Malaspina (Venezia, Cavalcalupo \ 380 — Perchacino 1581), per seguire altre lezioni meno accettevoli, e ta- lora erronee, delle stampe ferraresi del Bonnà, e della se- conda impressione di Parma (in 4. ). Non è d'uopo qui mentovare tutte l'altre edizioni del Poema uscite nel ^ 581 , e negli anni successivi, sino a quella di Genova (1390, in 4.'), la cui lezione fu poi accolta nel maggior numero delle posteriori impressioni, finché prevalse dopo il 1794 il testo introdotto nelle stampe Bodoniane secondo le mo- diticazioiii proposte dal Serassi. L'enumerazione delle edizioni che precedettero la Genovese (1590) viene espo- sta nella seconda parte di questo saggio , ed è tratta dal- l'accurato catalogo che diede il Serassi nella sua Vita del Tasso delle numerose edizioni del Goffredo sino in- *^9 — 306 — elusivamente alla splendida stampa del Didot seniore (Parigi 1784, in 4." con tignre) commessa dal Conte di Provenza che fa poi Re Luigi XVIII. Viene altresì isti- tuito un paragone de' più notevoli pregi e difetti riguardo alla lezione delle principali fra quelle antiche impressioni, che sono le tre edizioni Malaspina (Venezia -1580, 1581, 1582, in 4/'), le due deiringegneri (') 581, Casalmag- giore, in 8." gr. o in 4.° picc. , e Parma in 12.''), le due del Bonnà (Ferrara 1581, in 4.'), la seconda di Parma in 4.° (1581), la stampa di Blanlova ( per Francesco Osanna 1584, in 4.°), ed infine quella di Genova (appresso Giro- lamo Bartoli 1590, in 4. colle ligure di Bernardo Ca- stello), prescindendo dalle rimanenti antiche impressioni che si attennero all'una o all'altra di quelle testé mento- vate. Basti l'aver notato che veruna delle molte edizioni intraprese, durante la vita del Poeta, si potrebbe riguar- dare come autentica , non essendo stala da lui riveduta riè approvata. Deesi però riconoscere che l'impressione del Poema eseguita in Mantova nel 1584 co' tipi dell'O- sanna (in 4.°), e replicata nell'anno stesso co' medesimi torchi (in i2.°), offre la più probabile e accreditata le- zione, essendone il testo conforme ad un esemplare tra- scritto da Scipione Gonzaga, il quale avea spiato ad uno ad uno tutti i pensieri deirAutore, come notava l'Osanna nella lettera di dedica a D. Ferrante Gonzaga. Parve bensì che il Poeta assentisse agli apprestamenti dell'edi- zione ideata dal pittore Bernardo Castello, allorché que- sti guidato da una commendatizia del P. Angelo Grillo si recò a visitare il Tasso nelle sue stanze di Sant'Anna in Ferrara, e gli presentò i disegni delle figure onde voleasi ornare la nuova edizione Genovese. Ma la stampa divisala — 307 — non fu condotta ad esecuzione che nel 1590, quando il Tasso, anziché rivolgere ad essa alcuna cura od assumerne la revisione, era intento a compiere la riforma del Poema nella Gerusalemme conquistala. Qnesto Poema fu dato alle stampe in Roma nel 1594 (presso Guglielmo Faccioni in 4."), sotto gli auspici del Cardinale Cinzio Aldobran- dini , e coH'assistenza di quell' Angelo Ingegneri , che avea procurato la prima stampa completa della Gerusa- lemme liberata, e che pubblicò più tardi la prima edizio- ne intera delle sette giornate del Mondo creato, ultimo Poema del Tasso (Viterbo 1607, appresso Girolamo Di- scepolo in 8.") , contro il volere dello stesso Cardinale Aldobraudini , a cui l'Autore, morendo, ne avea lascialo l'originale manoscritto. Mentre gli editori del Goffredo, salve ben rare ecce- 7Àonì.j manomettevano quel Poema come se fosse una pre- da, e contendeano fra loro non meno di presunzione che di cupidigia nell' esaltare il pregio del testo nuovamente esibilo e nel discreditare le altrui edizioni, si muoveva una ignobile guerra al Poema , per deprimerne l'Autore, alla quale diede piuttosto occasione che motivo un Dia- logo intitolalo il Garafa, ovvero dell'epica Poesia, di Ca- millo Pellegrino canonico di Capua , pubblicato nel No- vembre del 1 584 per cura di Scipione Ammirato (Firen- ze, Sermartelli, in 8."). In quel Dialogo prendendosi a discutere le qualità essenziali dell'Epopea, non si dubita- va di anteporre per tale riguardo la Gerusalemme del Tasso al Furioso dell'Ariosto, e questa fu la poca favilla», onde s'accese e divampò lungamente la fiamma delle inop- portune controversie allora agitate, sulla questione &eì primato fra i due grandi Poemi, per cui dopo la Divina — 308 - Commedia maggiormente si onora l' Italiana letteratura. A dir vero l'indole essenzialmente diversa de' due Poemi, l'uno eroico, l'altro romanzesco, non concede un paragone per cui si possa giudicare quale prevalga di pregio, ma nondimeno tale questione, appunto perchè non poteasi ob- biettivamente risolvere, non cessò di riprodursi in altri tem- pi, e il Metastasi©, ch'ebbe a trattarne in una sua lettera, non potè deciderla che secondo l'inclinazione del suo genio, conchiudendo che avrebbe bramato di comporre un Poema conforme alla Gerusalemme, anziché simigliante al Fu- rioso. Appena era uscito in luce il Dialogo di Camillo Pellegrino, se ne fece oppugnatore Lionardo Salviali,non tanto per ascrivere la palma al Furioso dell'Ariosto, quanto per censurare e deprimere la Gerusalemme di Torquato Tasso . e l'Arnadigi di Bernardo Tasso padre di Torquato . non vergognandosi di dichiarare la Geru- salemme inferiore all'Orlando innamorato del Bojardo e benanco al Morgante del Pulci. Volendo però celare il suo nome, ed accrescere riputazione ed autorità alla critica da lui ammanita, la presentò all'Accademia della Crusca sor- ta nel J 582 dal seno dell'Accademia Fiorentina , e non ancora regolarmente costituita , a cui egli era stato am- messo nell'anno susseguente prendendovi il nome di In- farinato; e tuttoché nella censura da lui intrapresa non avesse a collaboratore che il segretario Bastiano de' Rossi (l'Inferigno), e pochi altri aderenti o fautori fra i socj della stessa Accademia, pubblicò quel suo scritto alla fine del Febbraio 1685 col titolo: Decjli Accademici della Crusca Difesa dell'Orlando Furioso delV Ariosto con- tro il Dialogo deWepica poesia di Camillo Pellegri- no. Stacciata prima. (Firenze, per Domenico Manzani - 309 - in 8.°), e così fece credere a' contemporanei ed a' posteri, che l'intera Accademia si fosse unita nel riprovare l'E- popea del Tasso. Poteva il Salviati sostenere la prefe- renza del Poema Ariostesco in modo subbieltivo esaltan- done la facondia ed il colorito, ed avrebbe altresì potuto con utilità delle lettere, cbe di poi si corruppero ed aberrarono nelle esagerazioni e negli orpelli del seicen- to, notare nella Gerusalemme alcuni difetti od imperfe- zioni accidentali di stile e di concetto, per prevenire il pericolo d' una falsa imitazione , senza però detrarre agli alti suoi pregi e senza negare a quel Poema il dovuto onore. Ma la presunta difesa mirava invece ad offendere, ed era una concerie d'ine;iuste ed esorbitanti censure, che aveano il gravissimo torto d'essere rivolte contro ad un uomo famoso pel suo genio, e degno di pietà per le sven- ture ond'era oppresso, poiché ritenuto qual prigioniero trovavasi affranto il corpo dalle infermità, e prostrato lo spirilo dalle afflizioni. La risposta prodotta dal Tasso, piuttosto per onorare la memoria di suo padre che per difendere se stesso, era compiuta da lui nell'Aprile, e venne pubblicata col titolo di Apologia^ verso la fine del Luglio di quell'anno d 583 (Ferrara presso Giulio Ce- sare Cagnacini), insieme col Dialogo del Pellegrino, colle chiose degli Accademici della Crusca , con alcune lettere del Tasso, fra cui è memorabile quella eh' egli scrisse ad Orazio Ariosto in lode del gran Lodovico (n.° 94), e in- fine con un parere del sig. Francesco Patrizio, e colle di- fese del Furioso fatte dal sig. Orazio Ariosto. Quanto ef- ficace pel valore delle ragioni la difesa del Tasso fu no- bile per la mitezza e la dignità della forma, cosicché po- trebbe proporsi ad esempio di longanimità e di temperanza — 310 — nelle polemiche lelLerarle. Essa pose in maggior rilievo l'acerbità e l' inconvenienza de' commenti del Salviali, il quale slimò necessario di addurne a sua giustificazione un motivo od un pretesto, facendo dichiarare da Bastiano de' Rossi in una lettera uscita nel Maggio del lo85, che la censura della Gerusalemme era stato un risarcimento od una punizione delT offesa che si pretendeva recata dal Tasso alla Casa Medici ed a' Fiorentini, per alcune frasi di una orazione contenuta in un Dialogo da lui scritto nel ì 580 col titolo il Gonzaga, ovvero del piacere onesto^ ed altresì pel malvolere da lui dimostrato, tralasciando di far menzione de' monumenti di Firenze nella lettera , che egli avea scritto al Contrari (n.° 14), sul paragone tra la Francia e l'Italia. Ma è ben evidente, che quelle frasi non erano offensive, essendo attribuite, secondo la storica verisimiglianza, a Vincenzo Martelli fuoruscito Fiorentino, e combattute e corrette da alcune opposte sentenze del- l'altro oratore, ch'era il padre del Tasso medesimo; né poteva il Poeta mentovare nella lèttera citata i più cospicui monumenti di Firenze, non avendo allora peranco veduto quella città , eh' egli mostrò sempre di tenere in grande stima, ed ove fu nobilmente accollo ed onorato. Potè dunque il Tasso validamente ribattere con dignitosa ri- sposta l'accusa avventala dall'Inferigno; e sebbene 0- razio Urbani ambasciatore di Toscana in Ferrara, all'ap- parire in luce del Dialogo del piacere onesto^ avesse creduto opportuno di darne ragguaglio con lettera 4 Apri- le J58o al Granduca Francesco de' Medici, come vi si contenessero a parole molto impertinenti e velenose della serenissima sua Casa n ; dee parere strano che il Galluzzi nella storia del Granducato di Toscana (T. II. Lib. IV. C. X.) — 311 — abbia ribadito una sì sofistica incolpazione. Del rimanente il Tasso non prese altra parte alle controversie sul Poe- ma, se non per ribattere il parere del Palrizj, e per ris- pondere nel suo Discorso delle differenze poetiche alle giù- diziose osservazioni di Orazio Ariosto, ancorché il Salviali naandasse fuori in Firenze nel Settembre del 1585 una stizzosa e disdicevole risposta, cioè rinfarhmto primo, all'Apologia del Tasso. Successe allora nell'Ottobre di quell'anno una replica del Pellegrino, il quale dichiaran- do di mantener la sua tesi per solo amore di verità, non per affezione di parte, giacché non avea conoscenza alcu- na del Tasso, adoperò tuttavia con modi temperati e cor- tesi verso il Salviati e i suoi aderenti , e venne indi a poco da lui proposto qual socio degli Accademici della Crusca. Dopo tale riconciliazione una risposta a questa re- plica del Pellegrino fu scritta dal Salviati con maggiore riserbo, e da lui pubblicata coi titolo di Infarinato se- condo (Firenze, Padovani i588), quando passò a' servigi del Duca Alfonso II. di Ferrara sulle raccomandazioni del Montecatino e di Giambattista Guarini: se non che rimase colà breve tempo, e tornato a Firenze nel ^589 cessava di vivere nel Luglio di quell' anno medesimo. Tra gli scrittori che presero in quell'incontro la difesa del Poe- ma, conviene annoverare a titolo d'onore Giulio Ottonelli, che ne fu dispettosamente proverbiato con alcune Consi- derazioni di Carlo Fioretti da Vernio, che sono pur fat- tura del Salviati (Firenze, Padovani 1586), Orazio Lam- bardelli, Don Nicolò degli Oddi, Giulio Guastavino eru- dilo annotatore del Poema, e Malatesta Porta, che a con- fuTare le scritture del Salviati compose il Dialogo inti- telato II Rossi (Rimini, Simbeni J589). Solo un Or- — 312 — landò Pescetli volle seguir le vestigia dell' Infarinalo e dell'Inferigno producendo alcune chiose date alle stam- pe nel 'J690 a difesa dell'Infarinalo primo contro il Guastavino, che non fece risentimento di quelle goffe e indiscrete critiche, se non in una breve digressione alla pag. 7 de' suoi Discorsi ed annotazioni sopra la Gerusa- lemme liberata (Pavia, presso gli eredi di Girolamo Bar- toli 1592). Ma non fu del pari moderato e longanime Paolo Beni autore d' una comparazione tra Omero, Vir- gilio e il Tasso (Padova, Pasquali 1607, Discorsi VII. — Martini ì 61 2, Discorsi X), allorché più tardi nel Cavalcan- ti (?adova^ Boìzeila ì 61 A) ebbe a rintuzzare l'arroganza del Pescellij che senza il consentimento dell'Accademia del- la Crusca avea preso a confutare in dispettosi modi lo scritto del Beni intitolato Ariticriisca^ cioè il paragone tra l'antica e la moderna favella Italiana, in cui esaltando il Petrarca non si pregiava a dovere la lingua del trecento, e si cen- surava il Boccaccio, Bastino questi cenni intorno ad una contesa letteraria in cui parve che l'Aristarco della Ge- rusalemme aspirasse a conseguire la fama di Erostrato, ma non intervenne collegialmente l' Accademia della Crusca, come a;ià avvertirono il Fontanini e il Serassi, e fu recen- temente comprovato dal Guasti nell'erudito suo Discorso premesso al Tomo IV. delle Lettere del Tasso (Firenze, le Monnier 1852). Un pieno ragguaglio di quelle contro- versie può leggersi nell'Aminta difeso ed illustrato del Fontanini, nella Vita del Tasso scritta dal Serassi, nella Istoria della volgar Poesia del Crescimbeni, e in parecchi trattati dell' Italiana Letteratura . Ci asteniamo dall' in- dagare i motivi dell'acre ed ingiusta censura dettata dal Salviati , il quale nel 1576 avea stretto col Tasso ami- — 313 — chevole relazione epislolare, e lodato la favola, gli orna- menti, il disegno e lo stile del Goffredo. Fa tanto più deplorabile, e degno di perpetuo silenzio questo perverti- mento d' opinione , che il Salviati era uomo dì non co- mune dottrina, ed assai benemerito del Toscano ed Ita- lico idioma, di cui compose gli Avvertimenti ^ e diede opera ad ampliare il vocabolario, che s'crvviò da quel- l'epoca alla sua maggior perfezione. In alcune edizioni delle Opere complete del Tasso (Firenze, 1724 Tomi V, VI — Venezia d 722-42 To- mi II, III) trovansi raccolte le discussioni allora insorte intorno al Goffredo^ ma più non vengono che di raro con- sultate, poiché le accuse avventate contro il Poema sono la massima parte fallaci ed insopportabili, e la difesa è di- venuta superflua. Solo uno scritto appartenente all'epoca stessa, ed al genere delle stacciate e delle infarinature^ sopravvisse all' obblio generale, attesoché fu dato in luce qual lavoro del Galilei, e tale fu creduto dal Serassi, che lo rinvenne in un codice di miscellanee d' una pub- blica biblioteca di Roma, e ne trasse copia con animo di non commetterlo alla stampa senza contrapporvi una piena confutazione. Dopo la morte del Serassi, la detta co- pia venne con altri suoi manoscritti in proprietà del Duca di Ceri, e fu impressa in Roma nel 1 793 col titolo di • Considerazioni al Tasso di Galileo Galilei.^ le quali fu- rono poi riprodotte nel Voi. XIII delle Opere del Ga- lilei stampate in Milano nel d8H dalla società tipogra- fica de' classici Italiani, e nella recente edizione comple- ta delle Opere stesse (Firenze d 842-56, Tomo XV.) L' editore di Roma lodò quelle pagine, e solo confessò non esser lodevole il modo beffardo usalo nella censura : ma 20 — 3^4 — il preclaro Giambatlista Venturi giudicò conveniente aste-- nersi dall' inserire quel lavoro nella sua pregevole edizio- ne delle Memorie inedite o disperse del Galilei (Modena, Vincenzi d818) dichiarando con cauta riserva: una ta- le invettiva mi seìnhra cosi mordace, così lontana dal buon senso^ che ho creduto di provveder merjlio alla riputazione del suo Jutore omettendola. Ebbe altresì il Venturi a notare (T, I pag. 9), che il Galileo necessitato a dire il suo parere sopra i due Poemi dell' A- rìoslo e del Tasso rispondeva parergli più hello il Tas- so, ma piacergli più V Ariosto (Opere diG. Galilei, Pa- dova 1744 T. I. Vita raccontata dal Viviani pag. 73), e che ben altra moderazione ed altro miglior senso fu pur dimostrato dal Galileo in una lettera a Francesco Rinuc- cini (19 Maggio 1640) su' motivi per cui egli anteponeva il Furioso alla Gerusalemme liberata. Ora questa lettera e il passo dianzi additato della Vita del Galilei scritta dal Vi- viani, indurrebbero nell'opinione che le Considerazioni attribuite al Galilei non siano del gran Linceo. Imperocché il lavoro da lui stesso accennato nella lettera al Rinuc- cini. e nel racconto della sua vita fatto dal Viviani, non era che una raccolta di osservazioni e paralleli sopra mol- tissimi tratti fra loro comparabili de' due Poemi : ed inve- ce le Considerazioni si estendono ad un numero notabil- mente maggiore di passi della Gerusalemme^ che non * hanno verun rapporto col Furioso ; cosicché sopra non meno di 230 postille, se ne trovano appena 76 ove si isti- tuisca un paragone coH'Ariosto, o se ne faccia menzione. Oltre di ciò, quantunque ne' sopraddetti documenti si ten- ga talvolta dal Galilei la Gerusalemme in troppo minor conto del Furioso, egli non poteva averla in dispregio, poiché ginn- — 315 — se a dire parenjli più bello il Tasso^ e in una lettera a Paolo Gualdo (16 Agosto 1614) scriveva: Il Comento del sig. Beni (della Gerusalemme liberata) viene aspet- tato ansiosamente da tatti (jli erudili (Opere del Ga^ lilei, Padova i744 T. II p. o45). All'opposto le Gonsi'-i derazioni sono un libello, ove il Tasso viene ingiuriato con appellativi e qualificazioni che non si potrebbero ri- petere senza rossore, e le sue sentenze e locuzioni sono sovente biasimale come se fossero del più inetto poetastro ; e sebbene in alcuni luoghi, il cui numero ginnge appe- na a' 18, si conceda al Poeta qualche parola di lode, e chia- ro che si fa ad arte per ostentare imparzialità, e per rende- re più pungente e grave la satira. Conviene altresì notare che il manoscritto di quelle Considerazioni trovato di nuovo nella Barberiniana di Roma dal chiar. Prof L. M. Rezzi Academico Linceo onorario, che n' era prefetto, non è di mano del Galilei, né porta alcun nome d'autore. Potrebbesi inoltre avvertire che le predette Considera- zioni s'accordano colle idee e coi sentimenti del Salviati, e neir acerbità dell' offesa corrispondono alle postille on- d' egli s' era prefisso di chiosare e riprovare il Poema. Più volte trovasi ripetuta nell' Infarinato primo la promessa di pubblicare il Goffredo colle annotazioni e po- stille degli Accademici a riprensione di quell'Epopea: per lo che scriveva il Salviati: avvedrassi (il Tasso) quanto sia stata piccola e scarsa V arra dell' abburattamen- to che dalla Crusca nella Difesa dell'Ariosto gli si diede a' mesi passati: e terminava con questa minaccia: Ma stamper annosi le postille e quivi che abbiate in tutto il pien vostro ci sforzeremo a tutto nostro po- tere. Erano dunque già preparali i materiali di simili — 316 — annotazioni: ed infatti nella biblioteca Palatina di Firenze esiste un esemplare della Gerusalemme (edizione del Bon- nà, Ferrara 1581) postillato di mano dell'Inferigno sino al Canto XVII, di cui fa menzione il eh. Guasti nella nota 60 del Discorso da lui premesso al Tomo IV delle Lette- re del Tasso (Firenze 1852-5), e importerebbe esamina- re l'analogia colle stesse Considerazioni. Che poi le mil- lantate postille non sieno apparse alla luce è forse dovuto air accorgimento dello stesso Salviati, che avrà temuto il pericolo di collocare accanto alle bellezze del testo gli ol- traggi delle sue chiose. Ora le Considerazioni attribuite al Galilei hanno molti caratteri delle postille annunciate dal Salviati. Lo stile. è sulV andare di Carlo Fioretti^ od almeno sembra inspirato dallo stesso Salviati, ed una simile impronta hanno le vivezze e i motti pungenti. Ma la misura delle contumelie v' ha raggiunto il suo colmo, cosicché per questo riguardo si troverebbe avverata la pro- messa dell' Infarinato di usare ogni sforzo, affinchè il Tas- so avesse tutto il suo pieno. Gli argomenti delle censure non differiscono da quelli della Stacciala e dell'Infarinato primo, se non per una maggiore specificazione, e per qual- che novità piuttosto di forma che di pensiero. Solo in po- chi luoghi sembra che v' abbia modificazione o dimenti- canza di ciò ch'era stato notato in quelle scritture, ma tuttavia non havvi contraddizione. Scorgevisi pure la ma- lizia adoprata nell'Infarinato primo, allorché dopo di ave- re asserito nella considerazione alla Stanza 30 del Can- to I lo stile (della Gerusalemme ) esser quasi sempre languido e sforzato e male espressivo^ si prosegue a dire : sì che per maggior brevità andremo più tosto notando tfue' luoghi dove V autore ha del buono^ che \ — 317 — pur ce ne sono alcuni; nella sentenza poi rare volte avviene che quest^uomo metta cosa ottona, pur anche quelle poche non si tralascieranno : volendosi con que- st' arte simulare di aver tralasciato la censura di molti luoghi riprensibili, e di non aver passato sotto silenzio i passi migliori. Quindi comprendesì il motivo della lode scaltramente concessa ad alcuni tratti (non più di 18), ne' quali l'approvazione è talora soverchiata dagli appuri- ti, e si trasmula pur anco in un biasimo generale, co- me nella annotazione alle Stanze 62, 63, 64 del C. XIV" ove pregiandosi quelle ottave si dice che se in un al- tro sariano degne di lode^ in questo autore sono de- gne di stupore. Di più, le sconcezze medesime, che il Salviati pretese di trovare in alcune frasi od immagini del Poema, sono ripetute nelle Considerazioni e ne rendono scurrile e vieppiù spiacevole la lettura. Direbbesi quasi che quelle Considerazioni siano in tutto od in parte le po- stille apparecchiale dal Salviati, o da lui commesse a ta- luno de' suoi partigiani; ed invero si manifestano dettate dall'accanimento di chi perfidia in una ingiusta aggres- sione. Ma chiunque esser ne possa l' autore, basti 1' aver di sopra arguito che non sieno del Galilei, poiché né cor- rispondono ad un paragone tra il Furioso e la Gerusalem- me, né ben s' altemprano alle opinioni da lui professale. Il valente bibliotecario della Corsiniana di Roma Ab. Lui- gi Maria Rezzi, mosse il primo dubbio contro la creden- za che ne sia autore il Galilei (Alti dell'Accademia Pon- tificia dei nuovi Lincei Anno V, Sessione 28 dicem- bre d851 p. 118): e il Guasti nella nota 81 del Discor- so dianzi citato, che ha per titolo la Crusca e il Tasso (Let- tere di T. Tasso — Firenze, Le Monnier 1854 T. IV — 318 — p. xxxvii) nel riferire quel dubbio soggiunse : Forse un qiorno si potrà provare con migliori ragioni che Galileo Galilei non le ha scritte. D'altra parte l'opposta tesi fa propugnata dall' eruditissimo Prof. E. Alberi diret- tore della recente edizione Fiorentina dell'Opere di G. Ga- lilei (i 842-56 T. XV )^ ed altre analoghe osservazioni potrebbonsi aggiungere alle ragioni da lui addotte. Ma ci sembrano tuttavia prevalenti le contrarie ragioni dianzi accennate, per poter asserire ad onore non meno del Gali- leo che del Tasso, non esservi convincente motivo di cre- dere dettate dal Galilei le Considerazioni stampale sotto il suo nome. Sembra che le censure, tuttoché disdicevoli e falla- ci, balestrate dal Salviati a nome degli Accademici della Crusca contro la Gerusalemme liberata, abbiano infausta- mente contribuito a confermare il Tasso nella risoluzione di dar nuova forma al Poema, quando il Goffredo avea già destato l'universale ammirazione, e solo poleasi desi- derare che ne fosse stabilito 1' autentico testo riveduto dall'Autore medesimo, e da lui ridotto alla più perfetta lezione. Nondimeno per molti passi delle sue lettere si ri- leva, ch'egli avea divisato di recare nuove mutazioni al Poema sin dall'epoca della revisione : anzi nel punto stesso in cui era per uscire in Firenze la Stacciata prima, egli scriveva a Curzio Ardizio il 25 Febbrajo 1585 (n.° 343): ma non muto la deliberazione di mutare alcune par- ti del mio Poema, se mi sarà conceduto; e d' innalzare e di accrescerlo di quattro libri, e d' alcun centinajo di stanze^ che sarà giunto ne' libri i quali si leggo- no: ma l'opera è lunga, e io sono assai stanco. Più particolarmente egli esprimeva i suoi intendimenti intor- — 319 — no alla riforma del Poema in una lettera a Lorenzo Mal- piglio (n. 532) scritta poco prima della sua ultima par- tenza da Ferrara (Luglio Ì586), con questa raccomanda- zione di mantenere il secreto sul suo disegno : Ma io scrivo a Vostra Signoria queste cose con molta fede; onde la prego, che non voglia che siano divolgate, perchè sarebbe quasi un rimovere il velo da la sce- na, e un far cader le cortine molto prima ch'esca il prologo. Vana precauzione! giacché nell'anno medesimo venne indiscretamente data alla stampa quella sua lettera, e rivelato il divisamente del Poeta. E manifesto pe' de- scritti avvenimenti che varii motivi cospiravano a indur- lo nella determinazione di rifare il Poema, cioè non solo le obbiezioni de'revisori e le critiche quantunque esorbi- tanti de' censori e degli avversar], ma i dubbii concepiti ed espressi dall'Autore medesimo che furono poi raccolti e riprodotti da' critici ; inoltre il desiderio di cancellarne alcune rimembranze o traccie del passato, e di procurarsi un nuovo Mecenate ; infine 1' eccessivo timore che troppo di sue dolcezze vi avesse versato il lusinghiero Parnaso, come egli accenna in una lettera al Conte Alfonso Turco (3 Ottobre 'i583 n,° 259) ove deplora che il suo canto fosse stato assimiglialo a quello d' una sirena. Perciò nel- r invocazione del rinnovato Poema (Gerusalemme conqui- stata C, J St. 3) si proponeva di renderne più puri e se- veri i concetti e gli ornamenti, ed immune d'ogni menda la locuzione, e di lar obbliare la primitiva Epopea, di cui già risuonava altamente la fama, secondo la confessione ivi es- pressa. Fu veramente singolare e doloroso spettacolo quella lotta del genio che tenlava un supremo sforzo contro le av- versità ond'era quasi prostralo, per distruggere e ricompor- — 320 - re l'opera insigne da lui slesso creata ; e fu questo l'estre- mo danno sofferto dal Poema, a cui dopo le sterili con- tese della revisione , l'avara incursione degli editori, e l'indegna guerra mossa da' detrattori , non rimaneva che l'infortunio d'essere abbandonato dal medesimo Autore. Cosi le numerose varianti che s' incontrano ne' diversi esemplari del testo della Gerusalemme liberata, e di cui si comprende 1' origine pel modo già narrato, onde avven- ne la revisione e la pubblicazione del Poema, possono of- frire tuttora soggetto di lungo studio e di discussione, ovun- que la comune lezione può sembrare insufficiente, ed esse- re redintegrata colla scorta delle prime edizioni e degli antichi manoscritti. Imperocché non sarebbe concesso ri- condurre all'ottima lezione molti passi controversi della Gerusalemme liberata^ mercè la semplice norma dei luoghi corrispondenti della conquistata^ come si avrà cu- ra di provare con ovvie ragioni, e col fatto di non pochi riscontri nell' altra Parte di questo Saggio, della quale si è già dapprima indicato qual sia l' oggetto analitico o cri- tico. Per lo che nel compendio della seconda Parte si farà cenno delle principali varianti sì di composizione che di forma o locuzione, istituendo a questo riguardo un para- gone tra le più notevoli antiche edizioni, e proponendo alcuni criteri onde ristabilire, ove sia necessario, la na- tiva espressione del testo. Al quale intendimento, dopo di aver ricordato le più rilevanti correzioni dovute a' sa- gaci critici già mentovati, verrà infine esibita qual saggio una scelta di alcuni passi che sembrano tuttora richiedere più giusta ed efficace lezione. Pag. 284 linea penultima celebre — leggasi supposto I Seconda Lettura. — Relazione deW Astronomo Piazzi Smith intorno alla spedizione sul Picco di Teneri ffa. — Del Socio Ordinario Prof. Giovanni Gom. Santini. {Estratto) iiewlon nella celebre sua Opera (Optice; Laiisannae (1740 p. 80), lamentando la confusione apportata nei tele- scopi ^^1 Iremito dell'atmosfera alla superficie della terra, esterna il parere, che l'unico rimedio a togliere questo in- conveniente sarebbe il trasportarsi a fare le osservazioni in un'aria pura , serena e tranquilla , quale forse si potrà rinvenire alla sommità delle più alte montagne al di sopra delle nuvole. Il sig. Piazzi-Smilh Prof. nell'Osservatorio di Edimburgo, il quale aveva alcuni anni addietro assistito alla nuova misura dell'Arco di Meridiano già eseguita da la-Caille nel secolo precedente, colpito dal magnifico aspet- to del Picco di Teneriffa, ebbe la felice idea di far prova del suggerimento dato da Neuton, e di verificare quali vantaggi ne potrebbero risultare nelle osservazioni Astro- nomiche col trasportare quei mezzi, che si possono ora otte- nere nell'odierno stato di perfezionamento nella meccanica pratica, e nell'ottica alla sommità di quel celebre monte, il quale è fra i pili elevali del globo terrestre. Nel 1862 ne presentò il progetto in Edimburgo all'Ufficio dei visi- tatori sotto la Presidenza di Lord-Rulherford, e tre anni più tardi lo riprodusse all'associazione Brittannica, il qua- le, trovandosi, conforme alle idee concepite sullo slesso 20* — 322 - argomento dal Cav. Stephenson alla vista delle Cordelliere nell'America meridionale, ottenne l'approvazione ed il pa- trocìnio di quel nobile signore, che gli fece l'offerta del suo Yacht Titania per fare il viaggio al Picco di Teneriffa. Fu soltanto nel 4 856, che il progetto potè essere messo in esecuzione dalla generosità dell'Ammiragliato, il quale approvò le spese presunte in lire sterline 600, lasciando alla dottrina dell'Autore il piano delle osservazioni da farsi in quella spedizione, la quale intrapresa al termi- ne di una guerra celebre per un argomento di tanto in- teresse per l'Astronomia e per la Fisica, riuscì opporlu- nissima a mettere in chiara luce nel mondo civilizzato l'alto interesse, che il Governo della Gran-Brettagna e gli uomini colti di quella insigne nazione ripongono nel pro- muovere ogni sorla di umani sludj. Furono invitati per ordine dell'Ammiragliato gli Astro- nomi ed i Fisici più distinti a suggerire quegli esperimenti che fossero riputati in questa circostanza più opportuni e più a desiderarsi per il progresso dell'Astronomia e della Fisica ; al quale invito corrisposero alacremente, sia col- l'esporre i loro desiderj dal lato scientifico, sia col porre a disposizione del slg. Smith gli apparati di Ottica e di Fisica più conducenti allo scopo della spedizione. In tal guisa per il concorso degli Scienziati più illustri della Gran- Brettagna egli si vide instantaneamente fornito dei mi- gliori cannocchiali e telescopj , che si abbiano ai nostri giorni, e di un corredo completo di apparati di Fisica re- lativi alle osservazioni meteorologiche ed ottiche, che non si potrebbero ottenere in altri luoghi, se non con mollo dispendio di tempo e di denaro. Per ultimo il sig. Roberto Slephenson prestò il suo Yacht Titania di 140 - 323 - lonnellale con l'equipaggio di 140 uomini, e di tutto l'oc- corrente per il viaggio, fermata e ritorno, fino al fine de- gli esperimenti. L'opera di cui vi ho accennato il titolo, fu destinata a rendere di pubblico diritto i risultamenti di questa importante spedizione, in attenzione, che possano venire in seguito pubblicati i dettagli originali di tutte le numerose ricerche ed osservazioni fatte dalla sorpren- dente attività e dottrina del sig. Piazzi-Smith ; venne essa dalla generosità dell'Ammiragliato diramata alle illustri persone e stabilimenti della colta Europa, fra i quali quel- l'illustre consesso ebbe la bontà di comprendere eziandio il nostro Osservatorio. Comunque difficile sia il presentare un estratto di un'o- pera di tale natura, scritta in una lingua a me poco fami- liare, ho creduto tuttavia che non fosse per dispiacervi di darvene una succinta relazione, che vi prego di accogliere come tributo di gratitudine alla benevolenza dell'Ammi- ragliato, e di onore all'interessamento, col quale quella il- lustre nazione promuove in ogni maniera il progresso del- l'umano consorzio. Essa si compone di un volume in foglio di 577 pagine, diviso in Vili Capitoli, di una nitidissima edizione, ornato da XI bellissime tavole esplicative dei varj argomenti del rapporto, estratte dalla grande Collezione delle tavole fo- tografiche e preceduta da un frontespizio, nella cui vi- gnetta si rappresenta una mappa stereografica del Picco di Teneriffa, e del suo gran cratere. CapitoiìO I. Introduzione. In questo primo Capitolo, dopo di avere riferito l'ori- gine dell'opera, e le generali predisposizioni sopra accen- - 324 — naie, vengono riferite tre rimarchevoli Lettere di Airy, di Herschel^e del Colonnello James al Secretario dell'Am- miraglìato, nelle quali si leggono con sommo piacere le questioni, che più da vicino interessano la Fisica, e l'Astro- nomia, alla soluzione delle quali possono riuscire di som- mo vantaggio le osservazioni sopra il livello del mare. Brevemente riferiremo i punti principali sui quali verto- no questi documenti , perchè da essi rendesi palese V im- portanza, e r indole delle ricerche, alle quali sono rivolte le osservazioni dell'Autore. I. Lettera del sig. Airij Direttore deW Osservatorio di Greenwich. — Osservando giustamente questo celebre astronomo non doversi caricare il sig. Smith di un piano di ricerche minutamente determinato, ma doversi lasciare libero campo alle sue cognizioni, ed alla sua sagacità per quelle osservazioni , che sono più compatibili colle circo- stanze, e colla brevità del tempo, e raccomandando di in- dagare, quanto in generale le osservazioni astronomiche potrebbero avvantaggiarsi coll'allontanamento della dannosa influenza esercitata sopra di esse da circa una terza parte della bassa atmosfera che sta a livello del mare, esprime specificatamente il desiderio di rivolgere l'attenzione alle seguenti ricerche. 1 .° Se in un'aria rara e tranquilla, in cui sia insensi- bile la luce diffusa nelle vicinanze del globo solare, si possa tentare di acquistar qualche notizia intorno alle prominenze rosse osservate nelle circostanze degli ecch'ssi totali di sole, le quali sembrano ad esso connesse, tentan- do di osservarle direttamente, quando non è ecclissato. 2." Riuscirebbero di molla importanza accurate osser- vazioni intorno alla luce zodiacale per tutte le ore della — 325 — notte, e specialmente intorno alla mezzanotte. Alcune os- servazioni recentemente pubblicate hanno indotto alcuni a supporre che la materia formante la luce zodiacale non circondi il sole, ma piuttosto la terra ; lo che potrebbe ve- nire definitivamente stabilito dalle osservazioni fatte sul Picco di Teneriffa. o.° E per se stesso argomento molto importante l' in- dagine delle apparenze delle stelle doppie, e delle nebu- lose; più particolarmente di quelle del disco lunare, dei pianeti e loro satelliti. Si deve desiderare intorno a que- sti argomenti , che le osservazioni vengano disposte in modo da dimostrare piuttosto quello che si potrà ottene- re, che abbandonarsi ad una laboriosa serie di osservazioni non conciliabile colla ristrettezza del tempo. 4.° Intorno agli argomenti di Ottica è a desiderarsi, che vengano istituite nelle diverse parti del cielo delle misure relative alla polarizzazione della luce, ed alla po- sizione del piano di polarizzazione, e confrontate con si- mili osservazioni fatte ai piedi della montagna. 5.° E parimente desiderabile che vengano osservate a varie altezze del sole le linee di Fraunhofer nello spettro prismatico a diverse parli del cielo, e confrontate con si- mili osservazioni fatte ai piedi della montagna. 6.° Sarebbe utile potere determinare l'intensità ma- gnetica orizzontale del magnetismo terrestre con osserva- zioni fatte alla sommità, ed alle falde del monte, nel caso però che il magnetismo della montagna non fosse per al- terarne il valore. 7.° Sono pure da raccomandarsi in varj tempi , ed a varie altezze le osservazioni comparative della temperatu- ra, irradiazione, umidità ed elettricità. — 326 — 8." Si potrà approfittare della residenza sul monte per esaminare se questo si presti favorevolmente per determi- narne l'attrazione con osservazioni zenitali dal settentrio- ne al mezzodì. Ove la sua giacitura non permettesse que- sto genere di osservazioni, potrebbero riuscire nella dire- zione da levante a ponente mediante uno stromento dei passaggi, purché fosse possibile attraversarlo mediante una comunicazione galvanica. 9.° Se il tenore generale delle osservazioni, che il Prof. Smith fosse per intraprendere, lo conducesse a sta- bilire, che potesse in seguito derivare un vantaggio alla Astronomia dallo stabilirvi un Osservatorio permanente ad una grande elevazione , si dovrebbe esaminare se per ciò nel suo complesso la montagna si presti favorevolmen- te, e quale ne sarebbe la località più vantaggiosa. A questi suggerimenti il sig. Airy in un proscritto ad- dizionale raccomanda le seguenti osservazioni; a) Altezza e durata del crepuscolo. 6) Depressione dell'orizzonte del mare. c) Della rifrazione orizzontale. d) Della irradiazione solare. II. Lettera del sig. Herschell. — Il sig. flerschell con- cordando in molti punti col sig. Airy più particolarmente raccomanda le osservazioni dei seguenti punti di Fisica meteorologica ed ottica. ì° Una serie di osservazioni actinometriche fatte si- multaneamente alla sommità del monte, alla metà ed a li- vello del mare verrebbero raccomandate coll'actinomelro da esso descritto nel 1 849 dirette a determinare la pro- porzione del calore solare assorbito dall'atmosfera fra due dati simili di elevazione. Sarebbero molto preziose le os- - 327 — servazioni falle quando il sole è verticale ; le serie dovreb- bero essere estese ad ogni sua altezza sopra l'orizzonte. 2.° E ritenuto che ad una certa posizione al di sotto della sommità del Picco esistono delle caverne nel fianco del monte, nelle quali (sebbene siano sotto il limite cor- rispondente alla perpetua neve) il termometro si mantie- ne sempre sotto la temperatura corrispondente al punto di congelazione. Il fallo verrà esaminato e verranno ram- mentate le concomitanti circostanze. 3." Raccomanda il sig. Herschel di determinare con osservazioni comparative fatte con uno slesso cannocchiale in Inghilterra, ad Orotava, ed a diverse elevazioni sul monte, quale grado di vantaggio in via ottica si ottenga coirascendere in una atmosfera pura e tranquilla, lascian- do alla sua perizia la scelta degli oggetti di confronto, cosi pure (come il sig. Airy) raccomanda le osservazioni delle linee nello speltro prismatico , delle macchie solari delle protuberanze rosse, della polarizzazione della lu- ce, ec. 4.° Essendo il sig. Smith un esperto fotografo, racco- manda di ottenere impressioni di tutto ciò, che sarà per presentarsi a lui degno di memoria, in ispecialilà del gran Dragone^ albero di Orotava, che si suppone essere il più vecchio del mondo, veduto da diverse parti, prendendo inoltre esatte misure del suo circuito a diverse altezze dal suolo, e notandole sull'albero stesso. Le osservazioni della rifrazione Astronomica mediante una stella, che (come a. di Andromeda) passasse per il zenit del Picco, della rifrazione laterale rammentala da Humboldt, della temperatura delle acque marine alla su- perficie, e fino a 'IO piedi di profondità, vengono pure — 328-- rammentate, e raccomandate (in quanto fossero possibili) dal chiarissimo laminare dell' Inghilterra , onore e gloria deir età nostra. III. Lettera del sig. Colonnello James. — In questa lettera il sig. James lodando (come è ben di dovere) l'ade- sione del governo ad una intrapresa di tanta utilità per il progresso delle scienze fisiche, raccomanda in modo speciale quelle serie di osservazioni che tendono a deter- minare la grandezza e la media densità della terra, appro- fittando dell'immenso vantaggio attendibile dalla grande elevazione, regolarità e massa del Picco di Teneriffa in una tanto importante ricerca tendente a stabilire su base ampia ed inconcussa il valore dell'unità principale, che serve alla misura della distanza , grandezza e media den- sità dei corpi celesti ; e tanto più sarebbero per riuscire gradite queste ricerche, in quanto si potrebbe sperare, che riuscissero di controlleria e di perfezionamento alle deduzioni da esso in quei giorni ottenute da una misura di un arco di meridiano nel Regno Unito, e da ricerche con accuratezza instituite ad Arthur-Seal presso di Edim- burgo intorno alla media densità della terra coU'attrazio- ne sul filo a piombo di una massa minore di quella del Picco circa 5000 volte in numeri rotondi. Accennando che il governo possiede ampj mezzi per riuscire nell'intento, sì di instrumenti geodetici e suppel- lettili, come anco di esercitali ed abili osservatori, con- clude doversi rivolgere le osservazioni ai seguenti scopi : i.° Ad assicurare la differenza fra l'ampiezza geome- trica ed astronomica di un arco del meridiano condotto attraverso il Picco, da cui si possa dedurre le media den- sità della terra. — 329 — ^.° La differenza nel tempo dell' oscillazione di un pendolo situato alla sommità del monte ed a livello del mare, dalla quale pure si può dedurre la media densità della terra- 5.° Alla struttura geologica del Picco, e la sua gra- vità specifica. 4.° Alle osservazioni meteorologiche a diverse altezze nei venti periodici verso Tequalore, e nella loro corrente superiore. IV. Consigli della Regia Società di Londra. — Il rapporto della Commissione della Società Asti'onomica dì Londra instituita in questa occasione composta dei chia- rissimi suoi membri Powell , Main e Corrington , racco- manda al sig. Smith, come desiderabile (in quanto lo po- tessero permettere gli oggetti che più specialmente si è proposto in questa sua spedizione), il potere rivolgere la sua attenzione ai seguenti argomenti ; i° Le praticabilità di rendere visibile le prominenze rosse ai margini del sole. 2." Le osservazioni sul disco solare in generale, in- cludendovi le facelle verso i bordi, e l'allegata diminu- zione di luce verso le estremità del disco. 3.° Osservazioni sui dischi dei pianeti , e particolar- mente di Venere in riguardo alla sua irradiazione, alla sua atmosfera, al possibile suo satellite, e macchie colla vista dì determinare la sua rotazione. 4.° Le osservazioni delle stelle doppie, e nebulose colla vista di far prova di un'atmosfera pura, rivolgendosi particolarmente ad Antares e suo compagno, avvicinandosi alle occulazioni. 3.° La rifrazione solare riguardo alla teoria di Themson. 21 — 330 — 6." La determinazione della costante della rifrazione atmosferica mediante l'osservazione delle distanze delle stelle circompolari. 7." L'osservazione della luce zodiacale in relazione alle recenti teorie. 8." Osservazioni per verificare le annotazioni di Hum- boldt intorno alla oscillazione laterale delle stelle presso l'orizzonte, e sulla scintillazione in generale. 9." Tentativi per determinare la polarizzazione della luce degli asteroidi e dei deboli pianeti, iO." Osservazioni delle linee fisse dello spettro so- lare. a." Osservazioni meteorologiche ordinarie, special- mente dell'umidità determinata direttamente coli' igrome- tro di Danieli. 12.° Irradiazione superficiale di varie sostanze, ed in- tensità dell'irradiazione solare. 4 3.° Determinazione dell'altezza del Picco mediante il barometro, e della più bassa linea della neve nei diversi lati del monte. d4." Distribuzione e limite della vegetazione nella montagna. La Società Astronomica nel proporre questa lunga se- rie di argomenti non desidera doversi intendere di appli- care a tutti un eguale grado d'importanza, ma semplice- mente doversi riguardare come suggerimenti subordinati agli oggetti principali della spedizione, sebbene essa pensi che i più essenziali siano i numeri 1,5, 7, dO, 42; pro- ponendosi il n." 6. soltanto nell' ipotesi che il Professore fosse nel caso d'intraprendere la serie delle osservazioni richieste per quella ricerca. - 331 — A questa nota di argomenti suggeriti dal consiglio aca- demico tengono dietro alcune ovvie raccomandazioni in- torno al modo di predisporre le osservazioni meteorologi- che, ed alcune avvertenze, che, potendo servire a deter- minare più particolarmente i desiderj della Società intorno ad alcune questioni di Ottica, credo opportuno di riferir- ne la traduzione testuale. a) « Siccome alcune delle linee fisse dello spettro sem- )) hrano dovere la loro esistenza aH'assorhimento della luce » fatto dall'atmosfera terrestre , sarebbe interessante di » paragonare le linee vedute nella stazione superiore della » montagna, quando il sole è basso con quelle vedute al ») mezzogiorno, e con quelle in simili circostanze vedute )) ad una piccola elevazione sopra il livello del mare ; » maggiore riuscirebbe in queste ricerche l'interesse, )) se si potessero ottenere impressioni fotografiche delle » linee. » h) e Alcune osservazioni sembrano dimostrare, essere » l'atmosfera fino ad una certa estensione opaca per rap- » porlo ai raggi solari più rìfrangibili, per modo che sem- » bra verisimile, che lo spettro solare dalla parte dei rag- » gi più rifrangibili acquisti maggiore estensione alla som- t) mità della montagna, che ai piedi della medesima. Que- » sto punto potrà essere facilmente deciso formando uno » spettro puro con un apparato di quarzo , e ricevendolo )) in una lastra di vetro colorata di uranio , o di qualche » altra sostanza possedente una simile proprietà. » e) « Potranno essere fatte delle osservazioni intorno » alla polarità della luce del ciclo chiaro, quale vedesi >ì alla sommità della montagna, specialmente riguardo alla » determinazione dei punti neutri, se ne esistono. » — 332 — L'Autore termina il primo Capitolo colla descrizione del modo con cui la (spedizione ottenne la sua piena e completa esecuzione, che non sarà inutile di riepilogare. Partita la spedizione sul Yacht Titania ai 2-4 di Giugno del d856 da Cowes, giunsero felicemente a S. Croce di Teneriffa agli 8 di Luglio, ed ai 24 detto ascesero la montagna con la maggior parte degli stromenti , ed occu- pata la prima stazione a Guajara alla circonferenza del gran cratere alla elevazione di 8903 piedi ingl. (27i o^^S) sopra il livello del mare vi si stabilirono, rimanendovi fino ai i 9 di Agosto. Ai 20 di Agosto si trasportarono ad una stazione più elevata, delta Altavista ad una eleva- zione di piedi 10702 (ossia metri 3261,9) sopra il li- vello del mare, situata a lato del Picco, o cono centrale posto ad una elevazione di i 2) 98 piedi (o metri 37d7,9). Occuparono questa seconda stazione fino ai d9 Settembre, nel qual giorno discesero di nuovo a S. Croce, preparan- dosi pel ritorno in Inghilterra , per dove partirono sul Yacht Titania ai 26 di Settembre, e pervennero a Sout- hampton ai d4 Ottobre dopo un'assenza di Ho giorni, dei quali ne passarono 65 nelle accennate stazioni , ove furono disposti gli stromenti astronomici e fisici per le osservazioni formanti lo scopo della spedizione. I principali risultamenti numerici sono contenuti in i 0 Volumi manoscritti aventi i seguenti titoli ; Voi. L Giornale astronomico e fisico. Voi. IL Giornale meteorologico montano. Voi. III. Riduzione dei precedenti. Voi. IV. Giornale meteorologico a livello del mare. Voi. V. Riduzione del precedente. Voi. VI. Dilucidazioni intorno al Giornale astronomico. — 333 — Voi. VII. Risultameuti e conclusioni astronoralche. Voi. Vili. Bisultamenti e conclusioni fisiche e meteo- rologiche. Voi. IX. Risullamenti e conclusioni geologiche, bot- taniche, ec. Voi. X. Fotografie. Questi Volumi sono stati consegnati all'Amrarragliato, e verranno pubblicati successivamente nelle transazioni filosofiche , ed intanto il presente Volume rappresenta i Volumi 7, 85 9 con liberalità pubblicato a spese dell'Am- miragliato con l'intervento della Società astronomica, e dell'Astronomo reale sig. Cav. Airy. Si pone fine al I. Capitolo con tributare la dovuta lode al 2.° piloto GuHelmo Corke, ed al carpentiere Guliel- mo Neale, i quali lo accompagnarono nella montagna ren- dendogli utilissimi servigi nelle osservazioni meteorologi- che, e nella riparazione delle macchine, ed ai sigg. Fran- cesco Aguillar, ed L. Hamilton, abili ingegneri apparte- nenti agli Ufficj spagnuoli, che somministrarono larga co- pia di osservazioni sulle maree inserite come contribuzio- ne spagnuola. Capitolo II. Miglioramenti apportati alla visione astronomica nelle elevazioni. i.° Visione, e sua nitidezza. Una delle più importanti questioni era la ricerca del miglioramento ottenuto nella visione degli oggetti col salire in un'atmosfera più rara e più pura nelle più alte elevazioni. Queste importanti que- stioni vennero prestamente, e con ottimo successo risolute alle due sopra accennate stazioni di Guajara e di Alta- — 33A - vista. Col telescopio di Sheepshank (I), mediante il qua- le in Edimburgo non poteansi vedere stelle oltre la iO." grandezza, né potevasi distinguere anche nelle più pro- pizie circostanze la compagna di « della Lira , a Guajara si vedevano benissimo le stelle più minute fino alla 14/ gr.'; distinguevasi in ogni elevazione la compagna di a della Lira, a fronte dello splendore di quella stella. Le immagini delle stelle erano nettamente definite ; con in- grandimento 150 apparivano circondate dai loro regolari anelli dovuti alla diffrazione, lo che faceva un singolare contrasto colle loro immagini sfigurale ed irregolari in Edimburgo. Le più minute stelle doppie erano separate e chiaramente visibili, e provocavano alla misura delle di- stanze anche minime, mediante i micrometri filari. Simili meravigliosi risullamenti vengono dall'Autore an- nunziati dietro osservazioni fatte alla 2." stazione di Alta- vista con un cannocchiale acromatico di Pattinson avente pollici 7. 7 di apertura, col quale vedevansi benissimo se- parate le più minute stelle doppie aventi la distanza di 4", ed anche di 0",5, come i di Ariete, A del Cigno; B, G di Andromeda. In quella elevala stazione la precisione delle immagini estendevasi a tutto il cielo , di che fanno fede (oltre le osservazioni sulle stelle doppie) quelle instituite intorno a Saturno per diverse mattine , mentre sorgeva sull'orizzonte, 0 trovavasi a piccole elevazioni. « La sottile )i divisione dell' anello esterno (egli dice), la trasparenza » dell' anello oscuro erano abbondantemente manifeste ; (1) Sembra che questo telescopio sia un acromatico di piedi 5. 4/2 di distanza focale lascialo in eredità con molti altri preziosi slromenti alla Società astronomica, come rilevasi dai suoi Atti. — 335 - » ma la generale perfezione dell' immagine, come anco del n lembo del globo , mi colpi al più alto grado ; giacché » anche con un ingrandimento oOO io non poteva imma- » ginarmi cosa alcuna di più chiaro alle sue estremità. » Osserva però l'Autore, che nella montagna il sole è raramente bene definito, e che la sua eccessiva irradiazio- ne sembra disturbare l'aria in modo, che spesso l'agitazio- ne nella regione occidentale continua lungo tempo dopo il tramonto, succedendo poi solitamente tranquilla le notte. L'Autore attribuisce l' aumentata potenza visiva , e la perfezione delle immagini in parte alla diminuita densità dell'atmosfera; ma ne ripone la ragione principale nella sorprendente siccità dell' aria , e nella quasi totale man- canza della rugiada, la quale tosto che si forma anche nel minimo grado, depone negli obj citivi un piccolo strato di umidità, che toglie alle immagini la nitidezza e la preci- sione. Nota , che l' aridità nelle superiori elevazioni è un fatto costante, riconosciuto da Saussurre, da Welsh e da altri , e quindi si potranno in simili circostanze sempre ottenere buoni risultamenti. A Teneriffa la siccità atmosfe- rica può essere assicurata durante tutta l'estate ad una ele- vazione di 5000 piedi; ma nell'autunno e nell'inverno dovrebbesi ascendere alla superiore stazione di 4 2000 piedi sopra il mare, 2.° Osservazioni durante il giorno. Furono tentate a Guajara osservazioni di stelle anche di giorno ; ma i ri- sultamenti intorno alla loro visibilità non furono migliori di quelli di Edimburgo. Il loro poco successo, per opinione dell'Autore, deve attribuirsi a ciò che in Edimburgo il cannocchiale era in una cam.era oscura, ed osservavasi per una piccola apertura, mentre qui doveva farsi l'osserva- — 336 — zione all'aperto cielo in un'atmosfera fortemente illumina- ta dalla irradiazione solare ; vero essendo che se per una parte essa diviene più trasparente nelle grandi elevazioni, per l'altra cresce in maggiore ragione lo splendore solare, a cui le molte riflessioni de' suoi raggi per le molecole natanti aumentano grandemente l' intualità. 3.° Inspezioni ad occhio nudo. Alla stazione di Gua- jara le stelle si manifestano brillanti , e fanno apparire la volta celeste risplendente con gloria ; la via lattea e la luce zodiacale, sopratutto alla mattina, presentano una ma- gnifica scena. Giove molto alto dopo mezza notte era in sommo grado splendente; l'Autore non potè giammai ve- derne i satelliti ad occhio nudo, anche ascondendo con un pezzetto di lava la vista del pianeta. Coprendo allo stesso modo la parte illuminata della luna, rendevasi visibile la luce secondaria nella sua parte oscura anche dopo il pri- mo quarto; nelle vicinanze del novilunio, mentre la luna presentasi come un piccolo segmento, l' illuminazione del- la parte oscura era tale, che agendo nell' occhio per irra- diazione dava alle sue corna l' apparenza di uno smussa- mento non naturale, e presentava l' idea di essere visibil- mente più vicina delle stelle. Quanto alle stelle cadenti, sebbene mancasse un'apparizione rimarchevole per nume- ro e splendore, apparivano in modo assurdo vicine, ed avendo una luce rossa rassomigliavano a scintille fuggenti per l'aria. Le stelle nella montagna splendevano in modo sorpren- dente con luce tranquilla, e planetaria, in guisa che a pri- ma vista furono credute prive di scintillazione, sebbene poi si convincesse l'Autore esserne dotate ; ma in grado molto minore, che nelle basse regioni. — 337 — A° Qualità deW atmosfera. Termina il II. Capitolo col riferire alcune osservazioni intorno alle qualità astrono- miche dell'atmosfera distribuite in due classi, ch'ei chiama immediate o particolari^ e generali, riponendo nella pri- ma classe i venti^ le nebbie ; nella seconda le nuvole di- stanti^ il vapore^ ed altre imparità aeree. Il vento è un terribile ostacolo per le osservazioni nel- le montagne. Al Picco di Teneriffa fino presso all'altezza dei venti alisei, le nuvole sono da esso furiosamente agi- tate ; ma al di sopra di questa altezza, continuando tutta- via nella stessa direzione N. E., diminuisce continuamente in forza finché raggiunge uno strato neutro per passare alla direzione S. W-, che sembra conservare costantemen- te; almeno durante la stagione estiva, alla quale si limi- tarono le osservazioni. L' altezza di questo strato neutro sembrò mollo variabile, risultando qualche volta al di sotto, più spesso sopra 9000 piedi. Quindi a Guajara eb- bero più spesso il vento N. E. di quello che il S. W- ; es- sendo però questa stazione molto prossima allo stato neu- tro, né l'uno , né l'altro spirò con molta forza ad eccezio- ne di una volta, in cui una mattina il vento N. E. si pre- sentò con una celerità di 20 a 30 miglia per ora. Questa variabilità nella direzione del vento venne evi- tata nella stazione ad Alta-vista alla elevazione di 10702, ove la sua forza era minore e quasi costante nella dire- zione S. W. Tanto a Guajara che ad Alta-vista si trova- rono al di sopra delle nuvole, le quali generalmente non ascendevano ad altezza maggiore di 4500 piedi, e sem- bravano agitarsi in distanza al di sotto in istrani modi. Una importante qualità dell'atmosfera in quelle alte ele- vazioni che contrariava le osservazioni delle stelle in — 338- tempo di giorno , e rendeva talvolta confusa verso l' orto 0 l'occaso la vista del sole, erano certi strali di vapore polveroso (dust-haze) che non seppe l'Autore bene defi- nire donde procedesse, o come si formasse, il quale sem- brava spesso disporsi in istrati definiti e separati, di cui descrive i cattivi effetti nelle osservazioni. Capitolo III. Osservazioni astronomiche. i.° Stelle doppie. Annunzia l'Autore di avere osservato le più difficili stelle doppie per porre in piena luce i van- taggi delle stazioni elevate , come sopra si è accennato ; non per instituire osservazioni sulla loro natura, e sui lo- ro movimenti. In prova degl'immensi vantaggi ottenuti dalle alte elevazioni, riferisce di avere con sorprendente facilità riconosciuto la duplicità di Antares, che sfuggì allo stesso Struve in Russia con i suoi potenti stromenti. Il Giornale su questo argomento deve contenere molte im- portanti annotazioni sui cambiamenti di grandezza, di di- stanza e di colore rimarcati nel confronto fatto con os- servazioni a basse stazioni. 2.' Lima e pianetti. La luna fu osservata a Guajara col telescopio di Sheepshank con minori ingrandimenti ; ma la ristrettezza del tempo , e la speranza di poterne ritrarre con più forti ingrandimenti le varie sue accidentalità su- perficiali, quando fosse montato il grande equatoriale di Patlinson, fece dilazionarne le fotografie, contentandosi di ammirarne lo splendore nei suoi monti, anelli e crateri. In Settembre fu trasportato il detto equatoriale ad Alta- vista ; altre circostanze avversarono le osservazioni intor- no alla luna, poiché T ultimo quarto, che sarebbe stato — S39 - opportuno, combinava con la precoce partenza; nel 4." quarto la vista ne era impedita da alte giogaje di lava, dietro le quali troppo presto andava a nascondersi. Ciò non pertanto, alcune poche volte potè venire osservata con ingrandimenti d60 e 500. Aggiunge l'Autore, che se quei geologi versanti nel dubbio, che le cavità circolari osservate nella luna possano essere crateri vulcanici, aves- sero potuto osservarle e confrontarle con le asperità, e con le apparenze tutte presentate dai crateri di Teneriffa, avrebbero dovuto riconoscere non attendibili i loro dub- bj ; presenta un magnifico disegno della vista di Autolieo fatto con ingrandimento 260 nel breve tempo, in cui essa era visibile fra il principio dell'oscurità notturna ed il mo- mento in cui ascondevasi a ponente dietro le rocce del monte. Se avverse circostanze impedirono molte osserva- zioni sulla Luna, più favorevoli risultarono quelle intorno a Giove, il quale fu diligentemente osservato e disegnato con ingrandimento di 360 ad Alta-vista con l'equatoriale. Tanto a Guajara, che ad Alta-vista, sorprendente era la nitidezza e precisione della immagine ; singolare l'aspetto delle sue fasce intermiste di parti luminose, e scanalature variabili e mobili per modo da presentare le forme di nubi vaganti agitate da venti regolari simili a quelle che al Picco di Teneriffa agitavano le nuvole ad essi sotto- stanti. Saturno fu pure osservato, e due volte fotograficamente disegnato ; presentava in modo soddisfacente e distinto la divisione esteriore degli anelli ; ma essendo troppo basso, e prossimo all'orizzonte, non si poterono fare ulteriori dise- gni, e notare altri particolari desiderabili per togliere i dubbj e le discrepanze sussistenti tutl'ora in questo argo- — 340 — mento fra astronomi riputatissimi. L'Autore annunzia, che il suo disegno (non pubblicato fra le tavole unite al rap- porto) convenendo in gran parte coi disegni del sig. de la Hue, inclina in alcune parti maggiormente a quelli del Ca- pitano Jacob, come p. e. 1." la divisione principale non è perfettamente nera, ma della tinta dell'anello oscuro ; 2/' la sottile divisione non è accompagnata da una striscia chia- ra ; 3.° le parti oscure del globo non si presentano in zo- ne esattamente definite; A° l'ombra del globo sull'anello è in modo rimarchevole esattamente definita. 3.° Prominenze rosse osservate negli ecclissi totali. Fra le ricerche raccomandate al sig. Smith, era di inda- gare, se in quelle sublimi elevazioni si potessero rilevare tracce di quelle protuberanze rosse osservate in questi ultimi tempi intorno al globo solare durante la sua totale oscurazione. Nel presente rapporto è annunziato, che nel volume I. del Giornale astronomico, ai 9 Settembre sono riferiti i particolari di un fenomeno , che potrebbe essere una di queste protuberanze , sebbene il suo aspetto fosse incerto nelle estremità ; altri tentativi riuscirono infrut- tuosi, lo che deve attribuirsi alle circostanze atmosferi- che, e principalmente a quel vapore polveroso che abbia- mo detto formarsi in distanza sopra le nuvole in tempo dei venti alisei spiranti da N. E. Crede l'Autore che si dovrebbero ricercare in altre stagioni, e forse in eleva- zioni anche maggiori del Teneriffa. 4,° Fotografia solare e polarizzazione. Tutte le os- servazioni solari soggiacevano all' inconveniente di essere fatte all'aria libera con esposizione diretta ai raggi solari, per difendersi dai quali venivano inviluppati in un sacco nero la testa dell'osservatore, e l'oculare del cannocchiale. I — 341 — Sorgevano da ciò grandissime difficoltà derivanti dall'ec- cessiva for/a riscaldatrice dei raggi solari unita alla po- tente irradiazione della montagna. L'oculare veniva si po- tentemente riscaldato da non potersi toccare, ed il sacco acquistava un sì forte calore da irritare l'occhio per il va- pore formatosi internamente. In virtù di queste avverse circostanze^ che potranno in altra occasione venire modificate, le osservazioni intorno al Sole riuscirono peggio, che in qualunque altro oggetto celeste. A ciò vuoisi aggiungere che nel d856, non pre- sentò particolarità di macchie, o di altre accidentalità me- ritevoli dì qualche attenzione. Se si eccettui un'apparen- za di tessuto setaceo (silk-marking) nel d 5 di Settembre. Di una tale apparenza sarebbe riuscito infruttuoso ten- tarne un delineamento a mano libera ; si tentò di riuscirvi colla fotografia ; ma né meno per questa parte riuscivasi per le seguenti ragioni: i.° il calore riscaldando l'appara- to unito all'oculare, veniva questo appannato dai vapori ; 2,° per l'oscillazione del cannocchiale ; d.° per le rapide oscillazioni dell'aria, le immagini non erano bene definite. Cercando con ripetuti tentativi di ovviare a questi incon- venienti, si pervenne (dice l'Autore) all'innatteso risulta- mento, che il fuoco chimico dei raggi nel telescopio era più lungo di 5 pollici del foco dei raggi visivi, la quale singolarità è accompagnata da alcune riflessioni , che po- tendo interessare i nostri fotografi , stimo di far loro cosa grata col riferirle letteralmente tradotte. « Questa circostanza sembra stabilire la questione, che ))i raggi producenti la pittura fotografica non siano i lu- » minosi, e se possano, o no darci un' idea di ciò, che ve- » diamo colTocchio. Il nero effetto fotografico del giallo — 342 ~ .) brillante è ben noto : ed una simile diversità, ed anche » maggiore in riguardo alla possibilità di ottenere buone » fotografie solari, mi si presentò spesso a Teneriffa, spe- » cialmente nei luoghi bassi , facendo paesaggi fotografici )) nel collodio. Era questa una distante serie montuosa, ve- » devasi con la più esatta definizione di innumerevoli det- » tagli intorno ai suoi fianchi ; i cespugli, i dirupi, le fosse » erano in essa distinti, ed anche ad occhio prominenti; ») tuttavia nelle fotografie niente altro appariva contro il » cielo oltre il debole, sebbene ben definito contorno della » montagna ; come se in luogo del sole radiante sul raon- ote, egli fosse dall'altra parte gettandone la sommità nel- » l'ombra. In una parola, l'effetto aereo era intensamente » esagerato nel mezzo chimico con ciaschedun incremento » di distanza ed illuminazione. Per ultimo si presentò un » tall'esempio nella facilità, con la quale si ottenne nel » crepuscolo una buona immagine fotografica della Luna , )) mentre in tempo di giorno nessuna impressione se ne » potè ottenere, sebbene ad occhio nudo rìsplendesse chia- » ra sull'azzurra volta del cielo. » « Dopo avere incontrati tali indubitabili casi di diffe- )! renza fra le immagini actiniche ed ottiche , nessuna fo- » lografia può essere ammessa come prova decisiva di un » cerio punto suggerito per ricerca dalla Società astrono- » mica intorno allo splendore del Sole al centro , ed ai •) bordi. Ma, o formando l'immagine del Sole sopra uno I) schermaglio, o guardandola direttamente ad occhio nudo ') nella mia mente non vi ha il più piccolo dubbio, che al » centro sia molto più risplendente che ai bordi. Il centro )ì pertanto risulta più bianco, gialli essendo i contorni; » ma non è soltanto per questa ragione, che si ritengono - 343 — n i contorni meno radianti, poiché la differenza é qualche » cosa maggiore di quello che si possa spiegare colla va- )) riazione del colore. Il seguente esperimento può essere )) riguardato come concludente. Avendo applicato alFequa- •) toriale di Pattinson l' oculare a riflettore trasparente , e » chiuso il campo con un impedimento avente un piccolo » foro di 3' in diametro, trovai che si poteva osservare » perfettamente hene il Sole ai contorni senza alcun ve- » tro colorato , trasportandovi il foro dell'impedimento; )) ma non si poteva impunemente permettere ad esso di » passare pel centro del globo solare in grazia del suo » forte splendore.» « Questo risultamento conferma (io credo) i risultamenti ») di ciaschedun osservatore, a riserva di uno, il sig. Ara- )) go. Egli pervenne alla sua unica vista mediante un fo- li tometro fondato sul suo polariscopio , stromento, di cui n l'uso erami richiesto dalla Società astronomica, e che ')-non potei trovare molto soddisfacente. » « Il polariscopio dal suo ingegnoso inventore era disposto » in modo da applicarsi all'estremità dell'oculare di un » cannocchiale, e raddoppiando l'immagine di un oggetto » luminoso nel campo, colorarlo in modo complementare, » se contenesse luce polarizzata in grado sensibile; il sig. » Arago stabili essere questo il caso dei pianeti e delle co- » mele, non già delle stelle fisse. Dal sig. Airy, Rev. Powell » e Cooke di York venni provveduto di varie sostanze po- » larizzanli opportune per essere adattate in una simile I) disposizione; ma né nei pianeti, né nei satelliti veduti ad >j occhio nudo, col cercatore o coll'equaloriale di Pattinson ») ho potuto ottenere il più debole indizio di colori com- » plemeutari. I pianeti in questione non erano certamente — 3A4 - » disposti favorevolmente per l'angolo polarizzante della >i luce solare riflessa da essi e prima che la Luna giunges- » se a questa parte della sua orbita, la stagione estiva era » passata, e le nostre osservazioni giunte al loro fine. » 5.'^ Nascere e tramontare del Sole. Questo genere di osservazioni mancò interamente , perchè per la presenza dei venti regolari la vista del mare fu sempre coperta da uno strato di nuvole ascendente ad un'altezza, che varia- va fra i 3000 ed i 5000 piedi, e la depressione di questo strato nuvoloso variava fra i" 5' ed 4° dd', mentre a Gua- jara la depressione dell'estremo confine del mare era 1"^ 30' circa ; e rendeva impossibili le osservazioni all'orizzonte. 6° Durata del Crepuscolo. Le osservazioni intorno alla durata del crepuscolo riuscirono più esattamente di quan- to potevasi attendere. A Guajara potevasi osservare tanto il crepuscolo vespertino, che il mattutino; ad Alta-vista era visibile soltanto il mattutino, essendo impedito il ve- spertino dalle rocce della montagna ; l' incertezza nelle ul- time tracce della luce crepuscolare non si estendeva oltre due minuti in più od in meno, eccettuato il caso, in cui queste venissero a mescolarsi colla luce zodiacale. A Guajara la durata del crepuscolo mattutino per un medio di 5 osservazioni fu di i'' 8'; l'epoca intermedia cadendo al 3i di Luglio. La durata del crepuscolo vespertino pel giorno 50 Lu- glio per un medio di 1 3 osservazioni cadenti in Luglio ed Agosto fu di -i" 19'. Ad Alta-vista pel medio di due osservazioni del 22 Agosto ed 8 di Luglio fu di d*" 2'. E osservabile a Guajara la differenza della durata fra il crepuscolo mattutino ed il vespertino. L'Autore ritiene do- — 345 — versi attribuire in parte alla forte differenza d' intensità della luce zodiacale, la quale alla sera dopo il tramonto del sole era appena distinguibile, mentre alla mattina, es- sendo molto brillante, riusciva difficile l'afferrare le prime tracce dell'aurora. 7° Luce zodiacale. Molto interessanti riescono le os- servazioni della luce zodiacale , la quale a Guajara potè osservarsi tanto alla sera che alla mattina, e ad A Ita-vista soltanto alla sera in virtù del sopra notato impedimento. Crediamo opportuno di riferire il riassunto delle sue os- servazioni, tanto più che l'Autore era stato invitato a far- le in ordine alle recenti teorie. Verso la plaga occidentale a Guajara il suo splendore era appena sensibile ; però sen- za dubbio riconoscibile ; slimavasi uguale alla quarta parte di quello della via lattea. Per un medio di tre osserva- zioni instituite ai d8 e 30 Luglio, e 48 Agosto, corri- spondente al 4 Agosto a S*" T. M., si ottennero ì seguenti risultamenti : Distanza del vertice dall'orizzonte lungo il suo asse rrr SO"* Distanza del vertice dal sole =: 71 Inclinazione all'orizzonte 1=3 3 i AR. del vertice =13' 26'; Declinazione. = — -IO. L'errore probabile di queste misure difficili a prendersi viene stimalo entro i limiti -f; 6° ; si può assumere il pia- no della luce coincidente all' incirca col piano dell' ec- clittica. Invece dalla parte orientale pel medio delle osserva- zioni instituite ai 31 Luglio, 2, 8, i2 Agosto corrispon- dente al 5 Agosto a 46*" T. M. si ebbero i seguenti ri- sultamenti; 22 -346 — Splendore della luce zodiacale, doppio di quello della via lattea : Distanza del vertice dall'orizzonte lungo l'asse rrr 62° dal sole i=: 76 Inclinazione dell'asse all'orizzonte =75 Larghezza alla base r=^ 2-4 Posizione del vertice; AB = 3" 48'; declinaz/ = -f 2i. Ad Alta-vista, per il giorno 5 Settembre a i 6^ T. M. (die- tro le osservazioni dei giorni 2, 5, 7 Settembre) si otten- nero i seguenti risultamenti: Splendore della luce zodiacale , triplo di quello della via lattea: Distanza del vertice dall'orizzonte lungo l'asse. =: 63'* dal sole rz: 84 Inclinazione dell'asse all'orizzonte m 79 Larghezza alla base z= 27 Posizione del vertice ; AR. zr: S*" 20'; deci.' .=+17 Essendo l'angolo dell'ecclittica coU'orizzonte . r:r 78. La stima della intensità della luce zodiacale si riferisce alla parte più splendente situata fra 20*^ e 30° al disotto del vertice, ove riscontrasi un piccolo spazio rotondo con- vesso all'esterno, in cui sembransi incontrare la via lat- tea e la luce zodiacale. In rapporto alle asserzioni talvolta allegate, che la luce zodiacale sia stata veduta anche nella mezza notte ^ l'Au- tore assicura di non averne mai riscontrata alcuna traccia, e crede doversi ritenere, essere ciò consentaneo alle distan- ze osservate del suo vertice dal sole. Nelle ore vespertine non potè giammai riconoscerne alcuna traccia dopo 9 ore - 347 — pomeridiane, e nelle ore mattutine, nelle quali ha maggiore estensione e maggiore splendore, non prima di un'ora do- po mezza notte. L'Autore osservò pure un fenomeno singolare ai ì 8 Agosto, il quale presentava le forme di una luce zodiacale lunare molto debole, precedente il sorgere della Luna di circa i d'ora, avente l'altezza di 30° e la larghezza alla hase di 12°, terminato in un arco ellittico piatto. Questo cono luminoso era inclinato all'orizzonte di circa 90°, men- tre l'ecclittica lo era di circa 38°; una tale apparenza non poteva dipendere che da locali condizioni atmosferiche di- pendenti dall'aurora lunare. In generale veniva ritenuto dai primi osservatori della luce zodiacale, che un tale fenomeno fosse dovuto ad una atmosfera circondante il sole, di forma lenticolare, a noi visibile in certe epoche dell'anno sotto l'aspetto di un fuso di luce debole inclinato all'orizzonte, il cui asse ritrovan- dosi prossimamente nel piano dell'ecclittica, o più esatta- mente nel piano dell'equatore solare, sembrasse dimostra- re che essa dovesse essere molto compressa ai poli per ef- fetto della rotazione solare. In vero per quanto ingegnosa possa comparire una tale spiegazione, non sembra ammis- sibile , giacché una sì fatta ellitticità non apparisce com- binabile con le leggi dinamiche, e d'altronde il complesso delle dimensioni osservate sembra dimostrarla eccentrica al sole stesso. Il sig. Herschell nell'insigne sua Opera (^Outlines of Astronomy^ n.° 897) ne spiega molto lucidamente le ap- parenze, riguardando il sole come una nebulosa, intorno alla quale esista immensa copia di quei corpuscoli minu- tissimi e separati, circolanti intorno ad esso in una zona — 348 — delerminala nello spazio, in cui entri la terra in date epo- che, e dia luogo ai fenomeni della luce zodiacale, non che a quelli dei bolidi, delle stelle cadenti, e delle pioggia meteoriche; nella quale ipotesi le prese dimensioni ser- vono ad assegnare la posizione della zona, in cui è distri- buita la materia cosmica costituente la nebulosità esisten- te intorno al nostro Sole, e le osservazioni delle stelle ca- denti, e dei bolidi, che si vanno ora facendo in Agosto e Novembre condurranno alla cognizione della zona , in cui vanno vagando intorno al Sole i corpi più compatti, che sembrano circolare intorno ad esso come i minuti Aste- roidi fra Marte e Giove. Faremo per ultimo cenno, che al- cuni scrittori (tra i quali notasi dall'Autore un'Opera molto estesa ornata di numerosi disegni del si§. Jones a noi non pervenuta United States lopan expedition)^ ri- corrono per la spiegazione dei fenomeni in questione ad un lara:o anello di materia nebulosa con interstizio vacuo fra esso ed il Sole. Da questa opinione dissente il signor Piazzi Smith, asserendo, che nelle più favorevoli circo- stanze a Guajara, e più ancora ad Alta-vista le osserva- zioni non gli hanno dato alcun indizio di questo spazio va- cuo, crescendo anzi (come da lutti fu generalmente osser- valo) lo splendore della luce zodiacale dal vertice fino alla sua base, e dall'esterno all'interno verso l'asse. 8.° Rifrazione laterale. Riferisce il sig. Humboldt nella celebre sua Opera (Cosmos. Parte III. p. IH) che in tutte le sue ascensioni montanistiche una sola volta gli accadde di osservare un fenomeno ottico singolare ai 22 Giugno 1 799 sul declivio del Picco di Teneriffa a Malpays in una elevazione sopra il mare di circa d0700 piedi (oZ^G") avanti il nascere del Sole: u vedeva egli ad occhio nudo — 349 — » le stelle basse in un meraviglioso moviroenlo oscillalo- » rio; come punti luminosi salivano in alto, si muovevano » lateralmente, e ricadevano alla precedente loro posizio- *) ne. Il fenomeno durò 7 o 8 minuti, e cessò lungo tempo » avanti il sorgere del Sole sul mare. Questo movimento » era visibile sul mare in un cannocchiale , né vi è alcun «dubbio, che non fossero stelle quelle che si movevano. » Apparteneva egli alla tanto contrastala rifrazione late- »rale? ovvero somministra egli una qualche analogia ai » movimenti laterali ed ondulatori del Sole nascente , per » quanto piccoli risultino nelle misure, essendo ingrandito >j presso l'orizzonte ogni movimento apparente ? Quasi mez- » zo secolo dopo, precisamente nello stesso luogo a Mal- li pais, fu osservato lo stesso molo oscillatorio nelle stelle » da un osservatore mollo attento ed intelligente, il Prin- » cipe Adalberto di Prussia , parimente tanto ad occhio ^1 nudo, che col cannocchiale. Io ho trovato questa esser» » vazione nel suo taccuino ; egli ve l'aveva inserita nel » suo ritorno dal fiume delle Amazoni senza avere avuto )) alcuna conoscenza, che io avessi veduto alcun che di si- » mile. Essendo pertanto il Picco di Teneriffa a noi molto » vicino, frequentemente visitalo per ispedizioni scientifi- » che poco avanti il levar del Sole da viaggiatori provve- » duti di slromenti, si può sperare che l'invito da me qui » rinnovato per l'osservazione delle oscillazioni stellari j) non sarà posto in dimenticanza. » Il sig. Smith afferma intorno a questa ricerca, che tan- to a Guajara col cannocchiale di Shecpshank, quanto ad Alla-vista coli' equatoriale di Pattinson non trovò tracce di simili oscillazioni nelle osservazioni di Saturno e delle stelle , ed è di parere poco potersi attendere in situazioni 1 — 350 — così elevate quelle alterazioni alle ordinarie rifrazioni, che risultano da grandi cause naturali e da improvise varia- zioni di temperatura. Aggiunge poi in fine, che nella sua prima visita fatta in tempo di giorno a ice caverne (lo- calità che egli ritiene per la stazione accennata dal sig. Humboldt col nome fllalpais) fu richiamata la sua attenzio- ne dal sig. Carpeiiter a dei furai apparenti di aria calda non lungi al di fuori, che storcevano gli scogli nella dire- zione E. N. E. ; potè poi in seguito con visite posteriori stabilire che quella località doveva essere il passaggio d un'azione vulcanica, e doversi ritenere il fenomeno unica- mente dovuto a circostanze locali , che sensibilmente ne diminuiscono l' importanza. Capitolo IV. Osservazioni fisiche. 1." Irradiazione solare viediante termometri. Servi- rono a questa ricerca due termometri con bulbo nero, aventi i loro bulbi racchiusi in campane di vetro munite di siringhe per estrarne l'aria. 1 termometri venivano col- locati sopra una mensola, uno presso l'altro, restando cia- scheduno nella sua cassettina. Uno di essi era destinato alla misura della irradiazione; l'altro della temperatura. La mensola era disposta per modo, che i raggi solari potesse- ro essere ricevuti ad angolo retto sul bulbo per l'irradia- zione. Ogni precauzione prende vasi per difenderli dal- l'azione del vento, e perché mentre uno era esposto alla irradiazione, l'altro ne fosse protetto, e solo l'aria libera- mente circolasse intorno al bulbo. Ecco i risultamcnti di queste osservazioni per determi- nare il massimo dell'irradiazione solare, ossia l'eccesso fra — 351 — il termometro opposto al sole, ed il termometro esposto al- l'ombra, ove (levasi avvertire, che la quantità indicata per X rimane alquanto indecisa potendo cadere fra 10° e 50° e dipende da ciò, che in grazia della forte irradiazione il mercurio ascendeva per tutta l'estensione del cannello ed anche versavasi in una superiore vaschetta terminante il cannello stesso. I gradi dell'irradiazione sono della scala di Fahrenehit, e tale è anco la temperetura dell'aria ; . . _ . Irradiazione. J Temperat. a) A Gua]ara, medio fra 7 i osserv. dal 1 ^all 0 Agosto — i i 4^ 9 + - x | 60 9 fc) Ad Orotava, 27 Agosto. :- 99, 8 + ' a; I 78' '^ e) AdAlta-visla, medio di ' 2 osservazioni =127, 6+ a; | 49,3. 2.° Irradiazione col sole neirorizzonte e sotto Voriz- zonte. A Guajara l'irradiazione notturna per un medio di due osservazioni a 2'' dopo mezzanotte si trovò — _ d d ° 4 essendo la temperatura == 52" Far.; al levare del sole' ai 2 Agosto = — 4'',0 con una temperatura r=5d°,2; al tramonto, la irradiazione rr -f 'I2°,0 con una tempera- tura r=:59°,8 per medio di due osservazioni fatte al d-8 di Agosto. L'Autore osserva potersi facilmente comprendere, che l'irradiazione solare della giornata si accumuli per modo da riscaldare l'aria, e dare un risultamento positivo al tra- monto ; ma è molto da rimarcarsi un risultamento negati- vo al sorgere del sole sull'orizzonte. Termina l'articolo delle irradiazioni solari con un'am- pia tavola delle irradiazioni, e temperature osservale alle diverse ore dei giorni 1 e 2 Agosto che tralasciamo ri- — 352 — ferire; ma trovasi opporlano di far menzione della se- guente importante conseguenza ch'egli deduce dal con- fronto delle osservazioni fatte in diversi giorni, giusta la quale si deve concludere, che i giorni della più alta ra- diazione sono quelli della minima temperatura e vicever- sa ; e questa differenza si rimarca in modo sensibile nei giorni, nei quali non vi è una visibile perturbazione di venti 0 di nuvole. Egli attribuisce la causa di un tale fe- nomeno alla presenza di quel vapore atmosferico tanto pregiudicievole alla distinta visione, di cui si è sopra par- lato, il quale diminuisce la luce diretta, ed aumenta la luce generale, agendo in fatti riguardo alla luce, come le mi- sure mostrano accadere pella radiazione e pella tempera- tura in virtù del calore. Riferisce in fine un tentativo fatto per ottenere l' irradiazione solare mediante gli acli- nometri di Herschell e di Airy, che non riuscirono, come speravasi, per imperfezioni di costruzione; ciò non per- tanto il confronto tra i risullamenti ottenuti con quelli dati dal termometro nel giorno 8 Agosto è soddisfacente. 2.° Irradiazione lunare. Non sono descritti in questa delicata ricerca gli apparali dei quali si è servito, riman- dando ai volumi tult'ora inedili. Riferisce di essersi ser- vito di un termo-moltiplicatore ottenuto in grazioso im- prestito dal sig. Gassiot, il quale apparisce essere analogo a quello del sig. Melloni. Eccoirisultamenti medj delle sue osservazioni instiluite a Guajara: Nella sera 15 Agosto essendo la Luna in pleni- lunio si instiluivano delle serie col cono rivolto alla Lu- na, e col cono della batteria rivolto a 20° in asimut al- l'oriente della Luna, facendo in ciascheduna 3 letture dell' ago. — 353 — Ottenevasi dal medio di i 0 serie concordanti in istretli limiti, essendo la Luna alla 42'^', per effetto della radiazione +0°, 56. Paragonando in simil guisa i risultamenti otte- nuti col cono rivolto alla Luna, ed a 20° all'occi- dente per il medio di 12 serie +0-) 25. Parimente nel giorno i6 Agosto, essendo la Luna alta 49° gradi sopra l'orizzonte, ed un giorno dopo il plenilunio, si ottenne per medio di d2 serie la irradiazione lunare =0? ^^^ Dei quali risultamenti il medio aritmetico é m: 0,42 per la Luna alta 45"" sopra l'orizzonte; ed avendo riguardo al peso delle osservazioni =::-|-05o7 Far. equivalente a 0"" 16 di Reaumur. Deve certamente sorprendere, che II globo lunare non circondato da atmosfera di sensibile densità, esposto alla libera irradiazione dei raggi solari ^ per la quale si può congetturare , che sia per acquistare una temperatura di gran lunga superiore a quella dell'acqua bollente [Outlìnes of Astronniìf § 452), non sia valevole a produrre alla superficie terrestre, sì fortemente illuminata nel plenilunio, alcun grado di calore sensibile ai più squisiti termometri, quando anche la sua luce venga raccolta nel foco dei maggiori specchi di riflessione. Sono quindi di una grande importanza le osservazioni del sig. Smith fatte in quella elevazione, e vengono anche nella tenuità del loro valore a confermare Li congettura del sig. Herschell, il quale at- tribuisce ja mancanza di un sensibile calore nei raggi lu- nari all'assorbimento totale che ne viene fatto nell' attra- versare gli strati della nostra atmosfera per mantenere il vapore acqueo allo stato di fluido aeriforme; alla quale — 354 — circostanza egli rilieue doversi attribuire la tendenza alla serenità nelle vicinanze del plenilunio in preferenza a quan- to viene osservato nel corso delle altre fasi; frìtto meteo- rologico generalmente osservalo , e conforme ai registri delle pioggie, raccolti per un diuturno periodo, ed ordi- nati in riguardo alle fasi lunari, d." Linee fsse nello spettro prismatico. Sono a tutti ben note le celebri osservazioni fatte da Fraunhofer nello spettro della luce solare prodotto dalla sua decomposizio- ne col mezzo di un prisma , nei cui colori trovansi delle linee fisse a luoghi determinati e costanti, dalla posizione stabile delle quali ottenne un metodo facilissimo e sicuro per determinare gl'indici di rifrazione e di dispersione delle diverse specie di vetri adoperati nella contrazione dei cannocchiali, ch'egli seppe condurre a quell'alto grado di perfezione, che rese tanto celebre il suo Instituto mec- canico ed ottico in Monaco, e quelli in seguito fondati die- tro le sue imperiture tracce. La composizione dello spet- tro prismatico in relazione alle accennate linee risulta di- versa secondo la diversa sorgente, da cui derivasi la luce. Nello spettro solare si riscontrano nelle principali grada- zioni dei colori delle linee più marcate, alcune oscure, altre luminose, ch'egli designò colle lettere ^, a, S, G, D, £, 6, con molte altre più sottili e difficili a vedersi, tutte situate a date posizioni, varianti soltanto colla natu- ra del mez^zo refringente, alla cui densità era subordinata la loro posizione ; ma nella luce prodotta dalla candela , dalla elettricità , dalla Luna , dalla fiamma dei gas accen- dibili, da diverse stelle, si riscontrano pure linee fisse, ma situate a diverse posizioni. Una tale singolare compo- sizione dello spettro induce alla ricerca delle cause da cui — 355 — provengono si fatte differenze. Di somma importanza riu- scire dovevano esatte osservazioni instituite in diverse circostanze, in diverse altezze di Sole ed in diverse ele- vazioni sopra il livello del mare. A questo fine speciale furono dirette le osservazioni dello spettro solare dal sig. Smith fatte non già colla vista di determinare la posizio- ne delle singole linee^ ma di analizzare le variazioni della fisica sua composizione in circostanze disparatissime. Non si possono riferire con precisione e chiarezza i ri- sultamenlj delle copiose sue osservazioni senza la inspe- zione delle figure nitidissime rappresentanti la composi- zione dello spettro. Noi dovremo quindi contentarci di ri- riferire, che la posizione delle sopra nominate linee prin- cipali di Fraunhofer fu riscontrala esatlamente come nel disegno di questo distinto ottico e fisico; ma che in genera- le gli altri ammassi di linee e gradazione di colori erano diversi e variabili alle varie altezze del Sole; più mar- cati in generale nelle alle elevazioni, che a livello del mare. L'Autore osservò e delineò lo speltro solare dalle più alte elevazioni del Sole sopra l'orizzonte fino al suo tra- monto a 91" di distanza zenitale, lo confrontò collo spet- tro derivante dalla luce del cielo, e da quella della luna. Trovò marcate analogie fra lo spettro solare e quello del' la luce zenitale del cielo con alcune differenze nella posi- zione di alcune linee. Lo spettro lunare non si presentava sotto felici circostanze, ed ebbe inoltre a lamentare la in- sufficienza dello specchio per la riflessione dei raggi vio- letti. 4." Osservazioni col magnetometro. Il magnetometro per misurare la forza orizzontale del magnetismo terrestre. — 356 — ch'erasi per Taridità sconcertalo nel viaggio, potè essere facilmente riparato, e si pose in oscillazione alle stazioni di Orotava, Guajara ed Alta-vista. Facevasi oscillare per un angolo, che nel mezzo della serie era =45°. Il tem- po di ogni oscillazione risultante dal medio di 50 serie risultò come segue: Ad Orotava all'altezza di 25 piedi so- pra il mare, in tempo siderale. . . ::rr37",73 A Guajara all'altezza di 8903 piedi. . =38, 04 Ad Alta-vista all'altezza di 1 0702 p.' =38, 45. 5.° Osservazioni col polarimetro. Per esplorare lo stato della polarizzazione della luce nelle diverse regioni del cielo, si fece uso di un polarimetro immaginalo dal sig. Airy, di cui crediamo bene riferire la descrizione, non essendo ( a mia notizia ) inserita in alcuno dei nostri Giornali. « Lo stromenlo consiste in un tubo principale girevole » intorno al proprio asse, la cui posizione angolare rap- » porto al Sole, quando è rivolto ad una direzione qualun- » que, è determinata dall' ombra di una sbarra proiettata » in un semicircolo gradualo. Questo semicircolo è mon- )) tato sul tubo in un collarino^ intorno al quale può gira- » re ed esservi fissalo a volontà. La luce del cielo, che si » introduce nel tubo, cade sopra un fascetto (bundle) di )) lamine vitree riflettenti appoggiate alla parte inferiore M del tubo sopra un asse trasverso portato da due assi la- » teralmente sporgenti. Quest'asse permette che l'inclina- )) zione delle lastre vitree, rapporto alla luce incidente nel )) tubo, possa variare a piacere, ed è con esso congiunto )) un meccanismo, mediante il quale un oculare munito di — 357 — » un prisma di Nicol e di una lamina di spalo calcare, è «sempre condotto nella direzione della luce riflessa; de- » gli archi graduati sono uniti lateralmente per la lettura )) degli angoli d' incidenza e di riflessione. » « Ora con questo apparato, quando il suo oculare è ad >) angolo di completa polarizzazione, la polarizzazione pro- » dotta dalle lamine vitree si manifesta necessariamente , »e si presentano i corrispondenti anelli colorati; ma ad » angoli di una imperfetta polarizzazione, tale che la loro » diminuzione pel coefficiente delle vibrazioni eteree in )) un piano sia uguale alla diminuzione atmosferica del « coefficiente delle vibrazioni nel piano trasverso , spari- » scono tutte le tracce di polarizzazione. Naturalmente » fuori di questi angoli, compariscono gli anelli comple- « mentari dovuti alla polarizzazione della luce atmosferica » e del cielo azurrino. » . « In conseguenza il metodo pratico di osservare era di » partire da una media posizione dell' oculare , che dasse » una grande intensità di polarizzazione derivante dalla » riflessione delle lamine vitree , e di far lentamente di- » minuire l'angolo fra l'incidenza e la riflessione finché » giungesse esattamente il punto di evanescenza degli » anelli , o del passaggio da una serie all' altra ; essendo >ì notata la lettura, aperto di nuovo l'angolo, e passato il )> punto della massima polarizzazione delle lamine vitree, » procedere lentamente, finché giungesse il punto di eva- nnescenza dall'altra parte. Allora fattasi la lettura degli » archi graduali , la semisomma delle distanze angolari >• corrispondenti ai due punti di evanescenza veniva regi- )) strala colla denominazione: intensità inversa della pola- ri rizzazione celeste. » — 358- Con questo stromento il sig. Smith fece molte osserva- zioni a Guajara, ad Alla-vista, e di ritorno ad Edimbur- go. Sebbene le condizioni riguardanti la polarizzazione della luce siano molto dipendenti dal fumo e dai vapori atmosferici, tuttavia si può inferirne , che riguardando il Sole come polo di un gran circolo della sfera celeste, massimo sia il grado di polarizzazione a piccole declina- zioni da questo circolo , e che vengono confermati i due punti neutri in vicinanza del Sole, e quello ad esso oppo- sto già additati da Arago, Brewster e Babinet. Capitolo V. Osservazioni meteorologiche. Numerose osservazioni meteorologiche furono fatte nel breve periodo di questa spedizione, tanto a livello del mare, che a Guajara e ad Alta-vista, delle quali in questo Capitolo sono riferiti i risultamenli ottenuti dalla loro di- scussione in altrettanti quadri molto opportunamente di- sposti. In un breve estratto non è possibile di entrare in troppi particolari intorno al contenuto in questo interes- sante Capitolo; perciò dovremo contentarci di pochi e bre- vi cenni. 'l." Fariazioni orarie. Ad oggetto di potere traspor- tare le osservazioni isolate fatte nel corso della giornata ad una stessa epoca fissa, od alla media altezza di un gior- no dato furono con diligenza fatte le osservazioni a tutte le ore del giorno per tre giorni a livello del mare sul Yacht Titania, per due giorni a Guajara, e parimente per due giorni ad Alta-vista, tanto pel barometro che pel ter- mometro, e della depressione della temperatura corrispon- dente alla formazione della rugiada , i risultamenti delle quali sono raccolti nelle Tavole 1, e II. - 359 — Dal loro esame trae l'Autore le seguenti conseguenze: i . ' Il barometro a livello del mare mostra due regolari, ed uguali fluttuazioni (ikles);ma nella montagna apparisce una tendenza a perdere la minima altezza dopo mezzo giorno^ e la massima della sera, ed a mostrare nel corso delle 24 ore un' onda irregolarmente situata , avendo in Guajara il suo massimo a S"" antimeridiane, ed il suo mi- nimo a do*" pomeridiane. 2/ I medii diurni a livello del mare, a Guajara e ad AUa-vista abbracciano nella prima stazione quasi tutti i tre mesi, nella seconda dal 16 Luglio al 1." di Agosto; nell'ultimo dal 21 Agosto al 6 di Settembre. Il barometro è marcato in pollici inglesi ridotto alla temperatura di o2° del termometro di Fahrenheit. Ai quadri medj dei risultamenti delle osservazioni dei massimi e minimi loro valori, perle osservazioni risguar- danti il barometro, termometro, punto di rugiada, dire- zione dei venti e loro celerilà, tengono dietro le ricerche intorno all'altezza delle stazioni, e diversi punti del monte determinate mediante le osservate altezze barometriche, facendo uso della formula di La Place coi precetti , e co- stanti desunti sulle Tavole di Baily. Le altezze delle stazioni furono dedotte tanto colla ridu- zione delle osservazioni mediante l'applicazione delle varia- zioni orarie, quanto col confronto dei medj delle osservazio- ni contemporanee fatte a livello del mare ed alle stazioni nel monte. Si trovarono in tal guisa i risultamenti seguenti; A Guajara, dalle osservazioni orarie del 4° Agosto Elev. = 8845,-45 p.' Dai medj delle osservazioni dal 24 Luglio al 4 7 Agosto »=z8905.— — 360 — Ad Alta-vista, dalle osservazioni orarie del 2d di Agosto Elev. d0707,08p.' Dai medj diurni dal 2i Agosto al d7 Settembre . . . .> Ì0691,i6. Per Alta-vista , in riguardo a circostanze sfavorevoli del giorno i4 Agosto, egli adotta il numero d0702 rife- rito da bel principio e riportalo eziandio alla misura me- trica. 3.* Discesa ed ascesa meteorologica sul monte. Non vogliamo trascurare di far menzione di una serie di os- servazioni meteorologiche intorno alla temperatura atmo- sferica, punto di rugiada, stato del cielo, direzione e ve- locità del vento fatte in occasione di una discesa da Alta- vista ad Orolava nel 25 Agosto, e risalita nel 50 dello stesso mese per trasportarvi il grande equatoriale. Per eseguire le accennate osservazioni a diverse eleva- zioni, si collocarono gli stromenti adoperati sulla monta- gna in una specie di Osservatorio portatile , od alta cas- setta legata sopra una mula in posizione tale da pendere prossimamente in direzione verticale ; e mentre che nu- merosi fori sopra, sotto, ad ai lati procuravano una libera circolazione dell' aria, era la cassetta esteriormente rico- perta di foglie lucide di stagnola per difenderla dall' in- fluenza dell'irradiazione solare. La mula fermavasi ovun- que «lovevansi fare le osservazioni, ed i risultamenti go- devano di quella stessa fiducia, come fossero fatti in un osservatorio slabile. Essi erano affetti dalle variazioni ora- rie, per eliminare le quali si adoperavano tavole a doppia entrata dedotte dalle osservazioni orarie già preventiva- mente dedotte dalle osservazioni fatte sul Yacht a S. Cro- ce, a Guafara, e ad Alta-vista superiormente accennate. — 361 ~ 1 risultameoti di questa discesa ed ascesa sono riferiti in due Prospetti numerici, trasportati anche in disegno in due tavole riferite infine del volume per facilitare le interpolazioni^ dalla inspezione delle quali l'Autore trae le seguenti conseguenze, che confermano punti interessanti di meteorologia già conosciuti : i.* Una rimarchevole conferma della scoperta fatta dal sig. Welsh nelle sue ascese aereostatiche di una gran- de interruzione, 0 dicasi piuttosto anomala deviazione della legge del decremento del calore in rapporto alle altezze ad una elevazione di poche migliaja di piedi sopra il li- vello del mare. La ragione di una tale anomalia sembra al tempo stesso indicata ; poiché essa non ha luogo ad un pas- saggio da un vento ad un altro, né da qualche interruzio- ne di pendenza nella montagna, ma dal livello dello strato occupato dalle nuvole. Questa è la sola circostanza degna di osservazione concomitante l'accennata deviazione , la quale può essere in parte dipendente dalla riflessione del calore operata dalla brillante superficie superiore dello strato nuvoloso, ed in parte (come opina lo stesso Welsh) derivata dalla conversione dei vapori in istrato nebuloso. Per ambedue queste cause il risultamento finale risulta lo stesso ; cioè ad una moderata elevazione al di sopra delle nuvole, la temperatura dell'aria non risulta così bassa, quale dovrebbe essere dietro la legge di una sua pro- gressiva diminuzione. 2.^ Il 2.° risultamento è una ulteriore conferma delle conclusioni di Green e Sabine intorno alla siccità atmosfe- rica sopra lo strato nuvoloso dedotta dagli apparati di Da- nieli. Dal livello del mare fino alla regione delle nuvole (circa 3000 piedi) piccola è la depressione della terapera- 23 - 362 — lura per la formazione della rugiada; lo che più eviden- temente si appalesa nell'ascesa del giorno 30 Agosto, giac- che nella discesa del 2o Agosto la presenza di nuvole e densi vapori alla sommità del Picco fecero apparire una ra- pida diminuzione anche a iOOOO piedi. 3," Degno pure di osservazione è Talternarsi alle va- rie elevazioni delle correnti dei venti l'estensione degli strati neutri , e della posizione degli strati nuvolosi e ne- bulosi. Capitolo VI. Geologia. Dopo di avere con lode rammentati i lavori di Vidal , Buch, Barker, Webb, Berthelot, Lopez, e di altri, che si occuparono della generale topografia del Picco di Teneriffa con esatte mappe rappresentanti l'andamento del monte e la figura del suo gran cratere, passa a discutere le opi- nioni dei geologi intorno alle somiglianze dei caratteri ri- scontrati fra i coni ed i crateri esistenti alla sommità dei vulcani celebri nelle storie di Teneriffa, Vesuvio e Som- ma, concludendo per una perfetta analogia fra loro, e fa- cendo dipendere le dissomiglianze dalla circostanza, che il Picco di Teneriffa fu già un vulcano in piena attività eruttante ceneri e lave , avendo ora percorso la sua car- riera avanti la comparsa della vita civilizzata ed istorica fra gli uomini , mentre gli altri sono sotto i nostri occhi in piena attività, avviandosi essi pure alla formazione dei coni di cenere, che dovranno un giorno colmare i loro ar- denti crateri. i° Il gran cratere; il cono centrale. Il gran cratere alla elevazione di 7000 piedi sopra il livello del mare con - 363 — un diametro di 8 miglia^ fu riconosciuto di origine vulca- nica da Cordier, ed in seguito incluso dal sig. de Buch fra i crateri di sollevamento. Il monte Guajara formante la prima stazione della spedizione è il punto culminante del- le pareti di questo cratere. Tosto che si ascende dal basso e si entra nella sua vasta pianura, ti'ovasi il suolo abon- dantemente consperso di pietra pomice ocracea con visi- bili marche di torrenti di lava occupanti da tutte le parti la detta pianura, e vanno verso il centro elevandosi^ for- mando il cono centrale che costituisce il vulcano di Tene- riffa. Alle varie elevazioni di questo gran cono si scor- gono altri crateri, fra i quali Chajorra (la cui ultima eru- zione fu nel d798), giace all'altezza di 8000 piedi, aven- do un diametro di | di miglio con una profondità di 500 piedi ; Montana Bianco all'altezza di 9000 piedi , non ha cratere aperto, ma presenta una vasta bocca di pomice gialla intarsiata di torrenti di lava glutinosa rossa; il co- no centrale alla elevazione di d2200 piedi forma il gran cratere di Rambletta^ il cui diametro è poco meno di un miglio. L'Autore descrive minutamente gli accidenti geologici del suolo, che nei manoscritti non pubblicati apparisce che siano accompagnati da molte ed interessanti fotogra- fie. Alla intelligenza di quanto ei riferisce, come risulta- menti delle copiose sue osservazioni, giova sommamente una rappresentazione del monte a becco di uccello magnifi- camente eseguita, nella quale sono riferiti i punti di stazio- ne, i crateri, i numerosi accidenti geologici con l'indicazio- ne ai lati delle longitudini e latitudini di minuto in minuto. 3.° Caverna del ghiaccio. Questa sotterranea caver- na, intorno alla quale venivano da Herschell domandate — 364 - notizie circostanziale, giace fra rotte correnti di lava nera alla elevazione di H045 piedi. Ad essa si ha accesso per una piccola apertura nel suo letto ^ dalla quale conviene abbassarsi mediante una fune lunga circa 20 piedi ; il suo interno è conformalo a volta bastantemente liscia con va- rie screpolature; le sue dimensioni sono all' incirca 70 piedi verso ponente ; 50 verso N. E., 30 verso S. E. Fu ritenuta rimarchevole per conservarvisi costantemente la neve ed il ghiaccio; la quale circostanza, dietro parere dell'Autore, non deve recare meraviglia, perchè il suo tetto di puro scoglio la difende dalla irradiazione solare, la quale è la più forte sorgente del calore opportuno allo scioglimento delle nevi, ed è d'altronde in vicinanza alla linea della neve perpetua. Quando fu visitata in Settem- bre^ il fondo era pantanoso per lo scioglimento di parte del ghiaccio, e vi si notava un miscuglio di neve, grandi- ne e ghiaccio. L'Autore, dietro l'esame delle correnti di lava che gli stanno d' intorno, le quali appariscono ivi come arrestate e consolidate, dietro la sua interna configurazione e dispo- sizione degli strati, è d'avviso che la sua primitiva forma- zione sia dovuta ad un centro particolare di azione, che abbia dato origine allo sviluppo di grande copia di fluidi aeriformi, i quali spingendo e sollevando verso 1' esterno srli strati terrestri siansi incontrati con le correnti di lava discendenti dal Ramleta, ed ivi arrestate e consolidate pel successivo raffreddamento, dato adito alla evasione dei gas, abbiano prodotto la caverna in discorso, della quale ven- gono presentate nel testo le sezioni orizzontale e verticale. 4.° Azione deW acqua e del ghiaccio. Salendo il monte, l'Autore rimarcò un grande burrone con altre mi- — 365 — nori solcature per il declivio, i quali accidenti non con- cordavano colle rigide lave nere e colle stratificazioni scanalate, che scoi'gevansi intorno. Dietro la descrizione del generale loro andamento, si può fare la questione, co- me siano stati formati questi burroni e solcature, e ritiene che siansi formati in virtù dei nubifragi di acqua, fre- quenti in quella posizione, e particolarmente pel grande diluvio accaduto ai 6 Novembre 4 829, di cui la popola- zione parlava ancora con sorpresa e spavento. 5.° Situazione per le osservazioni deW attrazione del monte. Intorno alla domanda fatta dalla R. Società astronomica, se cioè il Teneriffa si potesse prestare alle osservazioni dell'attrazione sulla direzione del filo a piom- bo , si ritiene dall'Autore mal atto a questo oggetto per essere una costruzione irregolare , probabilmente caver- noso nel suo interno; crederebbe essere più conveniente nella direzione dal N. al S. , che dall' E. all'O.; ma non consiglierebbe ad intraprendere per questo scopo alcuna operazione preliminare , che riuscirebbe costosa e di in- certo esito. 6.° Teorie vulcaniche. Questo articolo è dedicato a lamentare, che negli autori inglesi più slimati di Geologia non si riscontrino idee esatte intorno alle teorie dei solleva- menti vulcanici, e che la teoria del De-Buch sia stata male interpretata e male rappresentata, mancando una tradu- zione inglese di questo celebre geologo alemanno. Dopo di avere riportato varj esempj delle contraddizioni, o male interpretazioni, che s'incontrano nelle opere di Liell , Poulet, Scrope e di altri, passa ad esporre le definizioni in senso geologico dei termini elevazione ed eruzione ado- perati nelle teorie vulcaniche, e partendo da queste defi- — 366- nizioiii collimanli alle teorie di Buch, dimostra, dietro la descrizione dei varj caratteri e della varia disposizione sì interna che esterna dei crateri e delle lave, che il grande cratere del Picco di Teneriffa torreggiante nel suo più alto punto all'altezza di 8900 piedi sopra il livello del mare deve riporsi fra i crateri di elevazione submarina. Capitolo VII. Botanica. Dracoena draco. Essendo stata la Botanica delle Canarie ampiamente descritta da molti scrittori , singolarmente da Barker, Weeb e Berthelot, previene l'Autore di avere poche cose da aggiungere su questo argomento. Noi pertanto noi se- guiremo ne' suoi confronti in proposito della vegetazione con altre isole e località situate in latitudini e climi di- versi, contentandoci di riferire alcune sue annotazioni in- torno al Dracoena draco di Teneriffa, che venivano rac- comandate da Herschell. E questa una pianta così rimarchevole al Teneriffa e nelle isole africane in una zona d' intensa siccità con mo- derato calore, esistente fra i tropici e le temperate latitu- " La Francia in vero non ha ancora mosso tal passo, e «l'esecuzione della felice idea di Newton di una specola )) montana rimane ancora ai concittadini di Newton. » Sia a me permesso di aggiungere, che Ottone Struve, sostenitore della rinomanza e gloria paterna nel più gran- de stabilimento eretto da pochi anni appresso Pietroburgo al culto dell'Astronomia, rapito dal complesso e dall'im- portanza dei risultameuti ottenuti dalla spedizione inglese sul Picco di Teneriffa, dei quali vi ho dato una sì incora- pietà notizia, propose a S. M. l'Imperatore delle- Russie di erigere un Osservatorio permanente sul monte Ararat presso Tiflis, e che con inaudita sollecitudine quelPE. Mo- narca ne approvò la massima, assegnando 5000 lire ster- line perla fabbrica, e 2500 per l'acquisto degli stromen- ti. La fabbrica ne è di gik cominciata, ed è destinato pel novello Osservatorio il sig. Oblomikowsky, dal cui zelo ed attività la Scienza ritrarrà i più utili risultamenli, e nuovo lustro la presente nostra età. (3Iontly Notices of the Royal Àstronomkal Society. Voi. XX. p. 238-39). Tornata IX. del giorno 24 Giugno 1860. Il Socio Ordinario Prof. Virgilio Trettenero offre al- cune notizie Intorno alVEclisse che avrà luogo il giorno 18 Luglio prossimo, e si riserva d'infor- mare l'Academia in altra tornata intorno alle osser- vazioni che verranno fatte dagli Astronomi e dai Fi- sici, che, movendo da diverse regioni devono recarsi in buon numero ad osservare il fenomeno. • -ooooc- Seconda Lettura. — DelV influenza del cuore sulla economia umana, provata dalla fisiologia speri- mentale e dalle osservazioni di fisiologia patolo- gica e di medicina clinica. — Del Dott. Vittore Dal Cantok. (Estratto) L'Autore in questa sua prima lettura dimostrò come nel feto le malattie del cuore colpiscano più il segmento destro che il sinistro, stabilendo la causa nella prevalenza d'azione che ha in lui il cuore destro, piultostochè il si- nistro, e come queste influiscano nocivamente sul fegato ; facendosi con ciò strada a dimostrare in altra lettura, co- — 375 — me nell'adulto invece , le affezioni colpiscano più di fre- quente il segmento sinistro, che il destro del cuore, e quindi l'influenza di queste sul resto della economia uma- na (i). (I) Il sunto di questa Memoria verrà pubblicato in un altro Volume di questa Rivista allorché sarà essa stata comunicata per intero all'Academia. Raccoltasi l'Academia in Sessione privata elesse i signori : BuccHiA Prof. Gustavo Socio straordinario, ;• Trissino Go. Feancbsco Socio corrispondente, Chtereghin Dott. Giuseppe, ( ., > Alunni. Citta DELLA-ViGODARZERB Co, Giorgio) -»<»»^ -OOOOO- Tornata X. Del giorno 22 Luglio 1860. Il Socio Ordinario Professore Roberto De Visiani legge la Descrizione di due nuove piante dell'Orto Botanico di Padova (^). {Estratto) X regredendo l'Autore nell'assuntosi ufficio di pubbli- care negli Atti di questa Academia le descrizioni di quelle piante o rare o del tutto nuove che crescono nel Giardino botanico di Padova , di cui è Prefetto, che reputa meri- tevoli di essere meglio chiarite, nella presente Memoria Egli ne scelse due, le quali coltivansi nei Giardini per ornamento, ma vi corrono sotto nomi non veri, apparte- nendo esse a specie ben differenti, e nell'Orto botanico medesimo si coltiverebbero ancora sotto erronea denomi- nazione, se lo studio ed i mezzi non venissero quivi diretti a correggere di codeste inesattezze. Sono due qualità di Veroniche venute dall'emisfero australe e forse dalla nuo- va Zelanda. L'una va pei giardini col nome erralo di Ve- ronica salìcifolia^ la quale può essere nominala e definita così : Veronica linariaefolia Vis; recens. uU. pi. i858 pa- gina 4, Tab. I. (1) Questa Memoria viene stampata per intero nel Voi. VII, P. II. dei Nuovi Saggi dell'I. R. Academia. — 377- u V. fruticosa ramosissima, glabra ramulis lerelibus, foliis semiamplexicaulis decussalis linearibus, acutiuscu- lis integerrimis palentibus, costalis basi Irinerviis, sublus inconspicue punctatis , venosisque racerais axillaribus la- xiuscula multifloris folio duplo longioribus divergenlibus, bracteis linearibus axi pedìcellisque puberulis, calycls glabriusculi quadripartiti segmenlis lanceolatis, obtusis, coroUae tubo adpressis triploque brevioribus, margine membranaceis, corolla hypocraterimorpba, tubo deorsum gibbosulo ; genitalibus exsertis, capsula ovali-obtusa com- presso-turgida, calyce vix duplo longiore, stylo longissi- mo persistente, n Sijn. V. salicifolia vera Hort. nec Forst. « FJoret Majo, Junio. FI. albi vix violaceo suffusi levis- sime odori. » « Colitur.sub dicto nomine in horlis, ornamenti gratia. Patria ignota. » Obs. Gulta sub falso nomine V. salicifoliae Forst. quae longe differì foliis triplo latioribus lanceolatis^ racemis densifloris., capsula ovato-globosa aliisque. « Expl. icon. II. a) folium ex dorso visum , ut nervi conspiciantur, 6) flos, e) calyx, d) corolla, e) fructum cum pedicello et bractea. » % L'altra specie di Veronica, presso a poco della mede- sima altezza della precedente, ha fiori purpurei se appena sbocciati, poi sbiadiscono e biancheggiano così che il grap- polo presenti due colori differenti , da cui l'Autore la no- minò : 24 — 378 — Veronica versicolor Vis. ree. alt. pi. pag. 4, Tab. II. .< V. fruticosa, glabra, ramis teretibus, foHis sessilibus decussatìs coriaceis integris , patuHs subtus costatis ave- niis, racemis axillaribus floriferis abbreviatis compactis , folio subaequalibus, frueliferis elongatis laxiusculis, bra- cteis Hnearibus axi pedunculiusque puberulis, calycis gla- bri quadripartiti, segtnentis ovalo-laneeolalis acutis, corol- lae tubo ventricoso adpressis duploque brevioribus, corolla hypocraterimorpha , geuitalibus exsertis, capsula ellipti- co-oblonga compressa calycem duplo excedente, stylo lon- gissimo persistente. » Syn. F. variegata Hokt. « FI. non variegati sed a purpureo in album vergentes, ideoque versicolores. FI. Majo, Junio. » Obs. {( Affinis F. salicifoliae Forst. Frodr. pag. 3. DC. — Prodr. X. pag. 459, quae lamen differt ramis supe- rioribus compressis, foliis, fere duplo latioribus lactius virentibus, racemis longioribus rarioribus, nec oblongis thyrsoideis, densius glanduloso-pubescentibus, bracteis pedicello fiorifero duplo brevioribus, floribus quocumque tempore albis nec primo purpureis, demum decoloratis ai- bis, aliisque. An hybrida ? » « Expl. icon. I. a) flos, b) calyx, e) corolla, d) fructus cum pedicello et bractea. » A farne più evidente l'accurata descrizione presentò l'Autore il disegno a colori, che venne fedelmente copiato ed inserito nel Volume VII. P. II. dei Nuovi Saygi con- temporaneamente pubblicato da quest'Academia. R. Seconda Lettura. — Cenni anatomici intorno ad alcune parti del collo. — Del Professore G. Paolo Vlacovic. {Estratto) yjiive TAulore di questa Memoria un succinto estratto di più esteso lavoro, che forma parte di una serie di sva- riati studj morfologici da lungo tempo intrapresi, i quali promette che verranno successivamente alla luce: studj fra loro in apparenza slegati, ma che in parte fanno se- guito ad altra Memoria già pubblicata, ed in parte tro- vansi connessi almeno rispetto agl'intendimenti generali della scienza. Dichiara quindi l'Autore che laddove l'ar- gomento sembrava comportarlo, non ebbe riguardo dì uscire dai limiti della esposizione grafica pnra_, per di- scutere qualche punto di dottrina. Richiamare i fatti tra loro affini; salire dai particolari più complessi ai gene- rali più semplici, che gli abbracciano nell'estensione della realtà ; riassumerli in astratto, formulando quei principi e quelle idee che divengano poscia i cardini di sane e fertili dottrine: ecco la meta alla quale deve essere diretta ogni scientifica indagine. II fatto ignudo, se può appagare una momentanea curiosità , resta però muto e sterile quando - 380 - non venga fecondato dall'opera del pensiero, che forme- rà pur sempre la più invidiabile lia le umane preroga- tive. Ciò premesso, l'Autore continua del seguente modo: » Primachè dall'Albino si fossero pubblicale quelle opere magistrali, in cui egli venne esponendo ed effigiando tutta per intero la miologia, lo Sterno-cleido-mastoideo consi- deravasi come costituito da un solo ed unico individuo muscolare. L' Albino avendo riguardo alla presenza di un interstizio, talvolta considerevole, che scorgesi all'estre- mità inferiore fra la porzione sternale e clavicolare di quel muscolo, e si estende non di rado ad una buona metà della sua lunghezza, ne fece due muscoli distinti, lo sterno-mastoideo^eàiì cleido-mastoideo. Il suo esempio però rinvenne pochi seguaci. Egli è ben vero che l'anatomia comparata offriva fre- quenti esempj , che militavano del tutto in favore della innovazione introdotta dal grande anatomico di Leyden: ma, rispetto all'antropolomia, questi riscontri perdevano assai del loro valore, per essere rimasto vano ogni tentati- vo di compiere nettamente la separazione di quei due fasci al di là della lacuna triangolare poc'anzi accennata: l'ap- parente eguaglianza nell'azione e negli usi, lasciava desti- tuita inoltre tale distinzione di quel fondamento fisiologi- co, che pur sarebbe bastalo a procurarle generale acco- glienza. Accintomi ad investigare quale fra queste due maniere di vedere fosse più consentanea alla realtà, trovai che né all'una né all'altra poteva aggiudicarsi la palma. E in ve- ro, nelle indagini a tal fine istituite, mi venne fallo di rinvenire che il muscolo sternocleido-mastoideo, anziché v - 381 — di due, sì compone di tre porzioni , che possono denomi- narsi sternale, clavicolare superficiale^ e clavicolare profonda ; o, se meglio piacesse avere riguardo a tutte due le inserzioni di ciascuna, sterno-mastoidea . cleido-oc- cipitale e cleido-mastoidea (1). (i) La porzione sterno -luastoiilea sì fissa — coll'estremità toracica, sullo sterno; coll'estremità cefalica , suU'apofisi e sul- l'aia raastoidea. La porzione elenio-occipitale si attacca — col- l'estremità staminale, alla clavicola ; coll'estremità cefalica, alla linea semicircolare superiore (L. nucale — Henle) dell'occipitale, rispondendo con esattezza bastevole ad un segmento della stessa. La porzione cleido-mastoidea si figge — coll'estremità stamina- le alla clavicola; coll'estremità cefalica, alla punta ed alla peri- feria facciale (anteriore) dell' apofisi raastoidea. — Egli è dun- que erroneo che la prima di queste tre porzioni occupi, colla sua estremità cefalica, tutta la linea d'inserzione temporo-occipita- le ; e che la seconda, recandosi verso il capo, si celi tutta affatto sotto alla prima, mentre invece si appone semplicemente alla sua periferia posteriore (nucale). Alcuni pochi fascetli soltanto della porzione cleido-oecipitale, deviando leggermente dalla direzione seguita dai loro vicini, s'annettono strettamente ai più prossimi della sternale contermine : e questa alla sua volta alquanti ne invia, che geltansi sulla superficie dell'altra. — Quanto alla por- zione cleido-mastoidea, essa è di figura triangolare, ed ha l'estre- mità più larga all'inserzione sulla clavicola, ov'è per lo più co- perta onninamente dai fasci cleido-occipitali. Nell'ascendere ver- so il cranio, essa va costeggiando la faccia profonda della por- zione sternale, con cui s'incrocia ad angolo acuto; e vi aderisce anzi alcun poco, verso il margine anteriore, in vicinanza del punto d'attacco mastoideo: talvolta però la rinvenni sciolta si- no alla One. Essa è dunque tutt' altra cosa della porzione cla- vicolare, o del muscolo cleido-mastoideo, descritti sinora dagli autori. L' undecime i)aio dei nervi craniali, la traversa nel mag- gior numero de' caBi- — 382 - Per quanto sembri appena credibile che questo fatto sia sfuggito fio ora airaltenzione degli anatomici, ciò per altro non è né meno vero, uè meno reale. Ed è special- mente il gruppo dei fasci clavicolari , considerati fino ad oggi come un sol tutto, che io trovai fesso invece in due porzioni distinte; l'una delle quali, quella cioè che io vorrei chiamata ckido-mastoidea , resta non di rado co- perta affatto dall'insieme dei fasci cleido-occipitali e ster- no-mastoidei. Questa circostanza, e le forme varianti assai frequenti, furono probabilmente le cause per le quali gli anatomici andarono errati nelle loro osservazioni . Per questa ragione medesima, ho ricordate ed illustrate tutte le varianti delle quali ho potuto raccogliere notizia, sia per mia propria, sia per altrui esperienza ; facendo nota- re, come la molteplicità delle medesime derivi special- mente dal diverso grado di sviluppo delle porzioni cleido- occipitale e sterno-mastoidea; la prima delle quali mo- strasi alcune volte tanto debole, che può sembrare man- cante : anzi talora essa è del tutto assente, allargandosi in compenso l'inserzione cefalica de' fasci sternali. Ho annes- se alla descrizione alcune figure, che reputai non super- fluo sussidio a più sicura intelligenza del testo. Vi si tro- veranno inoltre posti sott'occhio i dati principali che sul- le divisioni, sugli attacchi, e sugli usi di questo muscolo ho potuto estrarre da un gran numero di autori, comin- ciando da Galeno in poi. Nell'addossarmi il tedio di simili confronti, ebbi di mira non già il far pompa di una ben fa- cile erudizione, ma bensì di mostrare con nuovo esempio, come nelle cose, in apparenza anche più semplici ed ovvie_, non sempre riesca sì facile il cogliere giustamente nel se- gno; poiché l'arte dell'osservare è arte che richiede atten- — 383 — zione e perspicacia ben maggiore di quanto sembra essere da taluni creduto. Non ommisi inoltre d'istituire un para- gone fra questo individuo muscolare ed altri muscoli del- l'umano organismo, notando alcune nuove analogie nella disposizione delle masse muscolari collocale in diverse regioni del tronco ; analogie che, per il fatto da me posto in luce, rendonsi meglio palesi. Alcuni richiami zooiomi- ci mostrano in fine, come in questa parte della miologia, la somiglianza fra '1 tipo umano e quello di molti mammì- feri rendasi più manifesta, in seguito alla disposizione anatomica da me annunziala. Passai dopo di ciò ad esaminare gli effetti risultanti dall'azione del muscolo intero, e delle singole sue porzio- ni. Esistendo sopra questo argomento qualche controver- sia, stimai opportuno d'investigare più davvicino le con- dizioni statiche delle articolazioni, che da quel muscolo possono venir messe in azione. Mi feci a studiare attenta- mente in ispecialità le articolazioni atloido-occipitali ed atloido-assoidee ; presi in esame la forma delle superficie articolari, cercai di riconoscerne approssimativamente il tipo geometrico, di determinare il raggio della loro curva- tura, di assegnare la sede fissa o mutabile degli assi di ro- tazione, e di scoprire in fine la forma, la direzione e l'am- piezza dei movimenti. Queste ricerche sulla parte fon- damentale del meccanismo di quelle articolazioni non rie- scirono sterili affatto; avendo potuto porgere alcuni nuovi particolari non ispogli di qualche importanza. Fattomi po- scia allo studio dei muscoli e dei legamenti di quelle giunture, ebbi il conforto che anche da questo lato le mie indagini non sortissero vuote di profitto. Cosi mi venne fatto di stabilire, tra le altre cose, che nelle rota- — 384- zioni fra l'atlante e Tepislrofeo, la prima vertebra soggia- ce non solo ad un trasferimento verticale di salita e di- scesa,ma che contemporaneamente ha luogo fra quelle due vertebre un movimento d'inclinazione laterale, che viene compensata però da un' inclinazione laterale in senso op- posto fra il capo e l'atlante. Questo movimento è dunque ben più complicato di quanto si è creduto, anche allor- quando si ebbe a paragonarlo a quello di una vite, come non ha guari si fece. Esso è regolato non solo dalla forma delle superficie articolari, ma sì anche dalla disposizione dei mezzi legamentosi. Così con manifesto vantaggio per la libertà dei movimenti, viene a correggersi utilmente una tal quale disposizione disadatta dei legamenti. Alcuni cioè de' più robusti fra quelli, gli occipito-odoìitoidei (le- gamenti alari),, scostandosi notevolmente dalla direzione dei raggi vettori, limiterebbero grandemente, senza que- sto sagace congegno, l'ampiezza del rivolgimento, oppo- nendo invincibile ostacolo alle forze traenti. Questa disposi- zione però, che sembra a prima giunta si disacconcia, giova tuttavia grandemente alla slabilità della congiunzione e, fortunatamente, all'incolumità pure dell'organismo. Giac- ché se quei legamenti, partendo dalla punta del dente del- la seconda vertebra per dirigersi all'inserzione occipitale, si tenessero paralleli al perno della rotazione, col prolen- dervisi a foggia d'un cilindro legamentoso (come sembre- rebbe forse più opportuno); bene si scorge quanto più age- volmente potrebbero accader*e le dislocazioni del processo odontoideo. Questo immergendosi allora nel midollo spina- le, e profondamente squarciandolo, cagionerebbe di un su- bilo quegli effetti funestissimi, ad ogni buon medico noti. — (L'ordinamento dei legamenti fra Voccipitale, Vallante -385 — e Vepistrofeo venne considerato, sinora, come del t utlo di- verso dal modo secondo il quale si offrono architettate le giunture fra le altre vertebre. Valendomi però d'alcune analogie già conosciute, e che spiccano ancor meglio quan- do si richiamino parecchi fatti posti in chiaro dall' osteo- genesi, mi farò a dimostrare, come la disposizione ana- tomica dei medesimi lasci scorgere molte somiglianze con quella che è propria delle congiunzioni fra gli altri pezzi ossei della colonna vertebrale; potersi quindi ris- guardare, tale ordinamento, come risultante da una modi- ficazione speciale del tipo ordinario, sulle cui tracce sem- brano ordinati quei vincoli fibrosi; modificazione coman- data , dirò così , dall' uftìzijo e dalle condizioni peculiari delle parti che concorrono a formare quelle articolazioni). Ma per non interrompere con troppa lunga digressione il filo del mio principale soggetto, ho creduto più convenien- te il concentrare tutto che si riferisce alle accennate diar- trosi in un lavoro separato, che terrà dietro al presente. Ho potuto però trarne profitto ben tosto per mostrare, come alla segregazione anatomica dei tre fasci che costi- tuiscono lo sterno-cleido-mastoideo, corrispondano altresì alcune differenze negli effetti delle loro trazioni. Sorgeva quindi spontaneo il quesito, se quelle tre por- zioni dovessero considerarsi come un muscolo solo , o se non fosse più opportuno invece il farne due o tre muscoli distinti. I criteri su cui si fondano le ripartizioni della miologia sistematica sono tuttora oscillanti, e talvolta per- sino contradditori ; i principi sui quali si basa il metodo seguito nell'asseguare i caratteri onde s'impronta l'indi- vidualità dei muscoli, si direbbero piuttosto sottintesi ed applicati per tacila convenzione fra' diversi autori, anzi- - 38(5 — che esplicitamente dichiarati. Non istimai superfluo del tutto l'entrare in una discussione alquanto diffusa sull'ar- gomento, indicando inoltre se e quale importanza fosse da attribuire a tali circoscrizioni delle masse contrattili. Va- lendomene nel caso concreto, dichiarai che, avuto riguar- do alla facile separabilità della nuova porzione cleido-ma- stoidea (separabilità dovuta alla presenza di un involucro perimisico distinto), avrebbe essa meritato che si risguar- dasse come un muscolo autonomo ed a parte: questo giu- dizio viene sorretto da alcune differenze negli effetti del- l'azione , da un buon numero di riscontri comparativi, ed altresì forse dall'esperienza patologica. Per quanto si riferisce, cioè, da molti chirurghi, la condizione -morbosa nel torcicollo consiste di spesso in una contrattura iso- lata, quando del fascio sternale , quando del fascio clavi- colare; per cui resterebbe provato esistere fra questi una certa indipendenza. Egli è ben vero che il nostro fascio cleido-mastoideo non rappresenta che un brano di quello che dagli autori viene desiarnato con tal nome- Ma dacché codesto brano è più distinto dal fascio sternale di quello non ne sia il fa- scio clavi-nccipitule^ ed è inoltre nettamente segregato anche rispetto all'ultimo, non ripugna l'ammettere per esso pure la possibilità d' una contrattura isolata. Reso avver- tito il clinico di queste differenze, non ommetterà in se- guito d' indagare, se all'affezione del fascio sternale, anche allorquando apparisce isolata, non si associ forse quella del fascio cleido-occipitale ; e se, nelle affezioni dei fasci clavicolari, trovinsi sofferenti entrambi, o l'uno o l'altro soltanto. Quanto alle altre due porzioni, queste potrebbero serbarsi unite, specificandole col nome fin qui usalo; — 387 — quantunque parecchi alti'ibuti sembrino conferire anche aJ esse la dignilà dì due muscoli diversi. Ma, sia per evitare ogni rimpasto non assolutamente necessario nella nomen- clatura , sia perchè non si creda che a suggerire questa piccola innovazione mi muova, più che altro, il solletico di vedermene ricordalo autore, non insisterò nel propu- gnarla, rimettendo al giudizio di anatomici più autorevoli il decidere in proposito. Credei pure degna di nota la seguente particolarità della fascia colli che avvolge lo sterno-cleido-mastoideo, tra- sandata, per quanto io sappia, dagli autori che ne scrisse- ro. La lamina posteriore di quella specie di guaina, entro alla quale esso giace rinchiuso, s'allontana inferiormente dal congiuntivo lamellare sottoposto per tenersi addossa- ta al muscolo, ed accompagnarlo quindi sino alla clavi- cola- ove pure s'attacca. Questa sua divergenza dalle par- ti soggiacenti dà origine ad un intervallo, in cui trova ricetto uno strato abbondante di congiuntivo adiposo, in- sieme a quella vena considerevole, che stabilisce una congiunzione anastomotica fra la jiigulare esterna e la jugidare anteriore ( V. mediana colli — Theile ) . — La conoscenza di questo fatto parmi di qualche importan- za, potendo influire nel regolare i metodi e i processi ope- rativi diretti a vincere i torcimenti viziati del collo. Essendosi testé mosso dubbio se l'undecimo pajo sommi- nistri realmente qualche ramo allo sterno-cleido-mastoideo, non trascurai di rivolgere l' investigazione anche su questo particolare ; e mi convinsi essersi negato a torto che l' inner- vazione di quel muscolo compiasi per la via (]e\Vaccessorio. Colsi poi quest'occasione ad innestare al presente la- voro alcune osservazioni sopra qualche muscolo anomalo — 388 — che incontrasi nelle vicinanze dello sterno-cleido-mastoi- deo, e sopra taluna delle parti situate nelle sue adiacen- ze. Fra i cenni che ho registrali sulle medesime, piacerai rammentare quelli concernenti il nervo laringeo inferio- re: cenni che svolgono le cause per le quali è pressumibi- le che gli restasse assegnato un punto d'origine sì remoto dalla laringe. Chiesi cioè a me stesso, per quali influenze potesse accadere che., per recarsi alla sua destinazione, questo nervo descrivesse quasi un circolo vizioso, contrad- dicendo perciò ad una legge che sembra cosi naturale e conforme ad una sensata economia, e per cui dovrebbesi ritenere qual norma, che ogni organo abbia a ritrarre i suoi rami vascolari e nervei dai tronchi più prossimi, e per la via possibilmente più breve. Parvemi che di questa irregolarità ci potesse rendere ragione l'embriogenià. E per vero, i rapporti topografici esistenti fra il cuore e la la- ringe nei primi sladj embrionali, sono ben diversi da quel- li che ineontransi più tardi nel feto o nell'adulto. Havvi un'epoca, in fatti, nella quale il cuore e la laringe giaciono l'uno all'altra affatto vicini. Intantochè il pajo anter. (ri- spetto all'embrione — super, rispetto all'adulto) degli ar- chi aortici tocca la base del cranio, il pajo poster, (infer.) giace allora all'altezza della laringe; ed è presumibile che il nervo vago gli si trovi, quando che sia, dinanzi. Baste- rebbe quindi che il ricorrente, staccandosi dal X. pajo per recarsi alla periferia posteriore della laringe, passasse (com'è probabile) di sotto all'arco ultimamente accennato, affinchè avessero a sorgerne le conseguenze che sto per riferire. Il tronco arterioso, nella sua discesa, verrebbe ben tosto a trovarsi collocato a cavalliere sul ramo laringeo ; e l'arco aortico, spingendosi verso il torace , lo trascine- — 389 — rebbe seco inevitabilmente; onde ne seguirebbe di neces- sità che quel nervo venisse a soggiacere ad un propor- zionato allungamento. Che anche il punto d'origine del laringeo rinvengasi poscia nel torace, ciò potrebbe essere o la conseguenza d' una fusione successiva fra il ramo ed il tronco sino al nuovo luogo d'origine, od essere invece, come stimo più verisimile, un semplice effetto del con- temporaneo allungarsi del vago medesimo (l). Le cause di questa origine sì rimota del laringeo, rientrerebbero cosi nella categoria di quelle, colle quali si spiega la prove- nienza tanto lontana del nervo frenico, e delle arterie e vene spermatiche interne. — Farmi che, da analoghe condi- zioni topografiche dell' embrione, possa derivarsi pure il lungo cammino del vago slesso, che solo tra i nervi craniali si distribuisce agli organi del torace e dell'addome. Crede- rei non ingannarmi inoltre manifestando l'opinione, che non dissimili considerazioni possano valere per le origini non meno rimote dei nervi splancnici, e dei rami cardiaci del simpatico. Cosi parimente, nel mutamento successivo di al- cune relazioni topografiche, vorrei riposta la cagione del corso alquanto bizzarro del facciale, e della corda del timpano, nel tragitto di questa dal settimo pajo al linguale del trigemino. Non tralasciai d'instituire anche qui delle ricerche zootomiche. Quantunque non m'attendessi di rinvenire (i) La rapida scomparsa dell'arco arterioso destro, appaiato originariamente a quello che più tardi diviene l'arco aortico dell'adulto, ci renderebbe ragione dell' assiraetria laterale fra il ricorrente destro e sinistro ; assinietria che, nel sistema nervoso della vita animale, non ha altri esempj. — 390 - alcun fatto che tornasse d'appoggio all'ipotesi da me formulala rispetto al ricorrente , pensai nondimeno che avrei potuto abbattermi, all'opposto, in qualche caso il quale valesse a metterne in dubbio la verità , o a dimo- strarla fors'anche del tutto erronea e falsa. Esaminai alcu- ne specie di uccelli, di rettili, e d' anfibj, scegliendo per tal guisa qualche rappresentante da tutte le classi in cui quel nervo si trova ; ma non rinvenni alcun fatto che con- traddicesse alla spiegazione da me offerta. Non riescirà privo d' interesse agli anatomici, in questo incontro, l'annunzio della presenza d'un ingrossamento ganglionico^ intercalato nel vago degli uccelli verso l'e- stremità superiore della sua porzione toracica; ganglio che, ricordando quello offerto nel luogo medesimo dal va- go dei sauriani, dei coccodrilli ec. , richiama una volta di più le strane somiglianze che, malgrado l'enorme differenza nell'abito esteriore, si ravvisano tuttavia fra certi organi e sistemi degli animali spettanti alle due rispettive classi; tantoché le affinità fra loro esistenti possono dirsi mag- giori di quelle che passano fra gli uccelli ed i poppanti. La notizia di questa intumescenza gangliare gioverà pure, se non m'inganno, a fornirci qualche spiegazione di alcuni fenomeni relativi alla fisiologia del vago mede- simo. Intendo qui accennare al fatto, che quegli stimoli medesimi i quali, applicati al vago d'altri animali, sono cagione che restino aboliti i movimenti del cuore, non palesano si viva efficacia negli uccelli. Tale diversità negli effetti non é per avventura senza legame colla presenza del ganglio. Di alcuni esperimenti, da me già istituiti , che tornano in appoggio dell'accennala congettura, sarà reso conto in altra occasione. _ 391 — Trovai inoltre in alcuni uccelli una piccola ghiandola vascolare^ situata in vicinanza al cuore, sulla struttura della quale ho già fatta qualche indagine. Giace la medesima subito sotto alla gh. tireoidea, e da questa relazione potrà designarsi frattanto col nome di^^. ipotireoidea ^ da non iscambiarsi però con l'altra ghian- dola analogamente collocata talora in quei dintorni, e da- gli anatomici già conosciuta. Niente saprei avanzare con fondamento sulla sua importanza morfologica, né sulla sua funzione. Potrebbe la stessa non esser altro che un rima- suglio di qualche blastema embrionale, o una frazione al- quanto modificata della massa ghiandolare del collo. Noterò inoltre, che in alcuni serpenti , i quali ebbi campo sinora di esaminare, ho rinvenuta un'altra ghian- doletta vascolare , situata dietro Y angolo della mascella inferiore, ed attigua alla carotide comune — ghiandoletta che non trovo ricordata da nessuno degli autori che ho potuto avere sott' occhio. La si direbbe, a prima giunta, una ghiandoletta linfatica; ma ogni giudizio sulla mede- sima sarebbe per ora intempestivo. NB. I rapporti di giacitura, indicati nelle ultime sette linee della pag. 388, devono interpretarsi riferendoli alla posizione eretta del- l'adulto. — 392 — Lettura finita, vengono estratti a sorte in giro dalie quattro Classi i nomi degli Academici che dovranno leggere nell'anno prossimo 4860-61, a tenore dell'Art. X. § 4 dello Statuto aca- demico, e sortirono nell'ordine seguente: Doti. Mattioli per la tornata di Decembre. Prof. Beilavitis di Gennaio. Prof. Ab. Agostini. Ab. Agostini. \ De ZiGNO. ) ^ .... di Febbraio. Cav. - - ' ' Dott. MuGNA i.^ di Marzo. Prof. Gloria 2.-' detto. Cav. Trevisan. ì ^ ^ > 4.^ di Aprile. Uott. LoLETTI. S Prof. BoNATO. .2.^ detto. Dott. Benvenisti di Maggio. Co. CiTTADELLA-ViGODARZERE . . di GiugUO. Prof. De Leva di Luglio. Il Consiglio Academieo in una successiva adunanza straordi- naria del giorno 9 Agosto elesse il sig Gianibatisla Sandri al- Pufficio di Bidello in luogo del rinunziante sig. Pietro Smiderle. Il Presidente sciolse PAdunanza, dichiarando incominciate le consuete ferie academiche. 'i BITLLETTINO BIBLIOGBAFICO OKÌ Clbri mancati tn irono a{i"J^.caìfem^a ìrurante ti swon^o ^mtstve M 1 860. DONI DEGLI AUTORI. TITOLO. vJiTTADELLA LriGi-NAFOLEONE (li FciTara. — Memofie storiche- monumentali- artistiche del Tempio di S. Fran- cesco di Ferrara. i860. David Dalk Ovvbn. — First Report of a Geological reconnois- sance of tiie northern coiinties of Arkansas niad .iJ.^; • ; iu\r du^ng the years 1857 and 1858. Ellero Pietro. — Della pena capitale. Venezia 1858. Hall. James. ì — Report on the Geological survey of the State Whitnay J. D. } of Jowa. Voi. 2 (Geology Paleontology). Haven H. Charles. — Views on the Vine Growing resources of St. Louis and adjacent counties of Missouri. St. Louis 1858. MoRPURGo Emilio. — Il Proletariato e le Società di mutuo soc- corso. Studio sociale. Padova 21 Dicemli. 1859. PoDRBCcA Dott. Giuseppe Leonida Socio Corrispondente. — Dona Sei Opuscoli di pubblicazioni in occasione di Noz- ze Rebustelio-Podrecca seguite in Padova: — 1." Intorno Io speciale sistema della schiavitù pres- so i Romani. Memoria di Giuseppe Ab. Furlanctto. — ^-^ Intorno ad Asconio Pediano. Memoria del sud." — 3° Ricordi del Padre alla Figlia. — 4° Versi latino-italiani dell'Ab. Giambatista Te- stolin. — 6." Sulla necessità degli scoli e del loro vantaggio in Agricoltura. Memoria di Giuseppe Lorigiola. — 6." Estratto dalTHistoria di Gio. Francesco Buzza- carini padovano dal 1492 al 1520. 25 — 394 — DONO DEGLI AUTORI. TITOLO. Trissino Co. Fkakcksco Socio Corrispondente. — Dona cinque lettere manoscritte dell' illustriss. sig. Co. Tom- maso Gnoli Cavaliere e Commendatore ec. fedel- mente trascritte dall'originale dallo stesso. RoNALDs Francis, Esq. — Descrìptions de quelques Instruments météorologiques et magnétiques. Paris -1855, Voi. 2. ''"' ^■''" ScHULTZ (fratelli) Bipontini). — Commentationes botanicae i859. a CORPI SCIENTIFICI. TITOLO DELLE OPERE. Bkrlino ( Academia Reale delle Scienze). — Abhandlungen, a. i854. — (detto) _ _ a. 4868. r ' _ (detto) Monatsbericht 1859. Filadelfia (Academia delle Scienze naturali). — Procedings of the Academy of naturai sciences of Philadelphia •1859. S. Louis (Academia delle Scienze). — The transactions . 1858- 1859. Milano (Academia fisio-medico -statistica). — Atti per l'anno 1868-59 (Dispense 2, 3, 4, n. XIV, Voi. IV. — Ateneo. — Atti dell'Ateneo , già Academia fisico- medico-statistica. Nuova Serie. Voi. I. Anno XV. 1860. — (Istituto Lombardo Reale). — Atti. Voi. I. Fase. 15, !' «f.tl'-'rr 16, 17, 18, 19, 20 1859. Voi. II. Fase. 1, 2, 3. Mosca (Società Imperiale dei Naturalisti). — Bulletin. Anne 1859. N. 1. 1860. FiBTHOBURGo (Società Imperiale Geografica di Russia). — Compte- rendu pour Panne 1858. — Extraits des publi- eations de la Societé. 1859. — 395 — COKPI SCIENTIFICI. TITOLO DELLE OPERE. Pisa (Università di). — Iscrizioni e Cai*me a Francesco Pucci- notti quando lesse il suo addio il 16 Aprile 1860. PoLLiccHiA (Società Naturale renana). — lahrcsbericht der Pol- lichia eines naturwissenschaftlichen Vereins der Rheinpflanz. Neustadt 48159. Washington (Instituto Smithsoniano). — Report of the Superin- tendent of the ConstSurvey sbowing the progress of the survey. N. 4857. — (detto) Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian institution. N. 4858. Vienna (I. R, Istituto Geologico). — lahrbuch (Ottobre, Novem- bre, Decembre 1859). — I. R. Società Geografica). — Mittheilungen. An. 3.° 4859. Fase. 3.° \\. I TiT .imvnT'ruaa njioa IJU iiH'Ji'J 4-t'J !iq'»)i ìauank (o — ■ 8 9(iJ y ili f ".8 .aA .fi;t'„!iin!briJJiI/i — .(fioti.n-f oO (? DELLE MATERIE CONTENUTE NEL FASCICOLO XVIII. (Voi. Tlll.) ANNO ACADEMICO i 859-1 860. Arsenti. — Relazione statistico-sanitaria e necrologica del Comune di Padova per gli anni 1858-59, ed Osservazioni sulla pellagra, dedotte dal numero dei pellagrosi defunti dal 1848 al 1859 inclusive » 237 mlnich. — Intorno alle varianti della Gerusalemme liberata di T. Tasso )> 2655 Santini. — Relazione dell'Astronomo Piazzi Smith intorno alla spedizione sul Picco di Teneriffa » 321 HttgreAo, — Sui mulini che esistevano anticamente nelle lagune di Venezia , . . . » 253 Trettcnero. — Intorno alP Eclisse di Luglio 1860. ...» 374 De Visiani. — Descrizione di due nuove piante dell'Orto Botanico di Padova » 376 Vlacovic. — Cenni anatomici intorno ad alcune parti del collo )) 379 APPENDICE Personale Academico a tutto il secondo Semestre 1859-60. » 3 Libri pervenuti in dono alPAcademia nel detto 2." Semestre. » 393 Aggregazione di nuovi socj ed alunni » 375