roezonet SISI tratta tr sngnta . » n sa ol 5 - È ì . . i A ’ = . * Mm da vw \ INN AXO ONATIUS { Ju ; (O SAGGIO. SULLA STORIA NATURALE DEL CHIIT DI GIO: IGNAZIO MOLINA SECONDA EDIZIONE ACCRESCIUTA E ARRICCHITA DI UNA NUOVA CARTA GEOGRAFICA E DEL RITRATTO DELL’ AUTORE . », Hic ver assiduum , atque alienis mensibus aestas, »» Bis gravidae pecudes , bis pomis utilis arhos... sg Haec eadem argenti rivos , aerisque metalla n ’» Ostendit venis , atque auro plurima flnrit Virg. Georg. lib. 2. BOLOGNA 1810. i} TIPOGRAFIA DE FRATELLI MASI E COMP, ite n ” ha > A a _pa®: 4 . 2 | pih « RI : * , | d) et , " n da) = pe Ò i " A P i DS si x a —_ tI « $ — P è alc ci I DI) 2 . - % : ì sa, P i = x i È) , " 5 x : n i STI - Li i . A - l A : i è "o 3 { : è » é re ". (4 - F x al “ td k= un a no , - Vas si Ù ni ’ È ' : . P had A le n 1 . i Ò = ALL’ ALTEZZA IMPERIALE DI EUCENIO NAPOLEONE FIGLIO DI NAPOLEONE AUGUSTO ARCICANCELLIERE DELL'IMPERO FRANCESE, VICERÈ D' ITALIA, PRINCIPE DI VENEZIA, DUCA DI FRANCFORT., GIO: IGNAZIO MOLINA, ALTEZZA IMPERIALE If prospetto di una rinomata par- te di quell’ America, che si glorierà sempre di aver dato i natali alla vo- stra Augustissima Genitrice, ambisce per questo titolo, e per tanti altri di presentarsi ai benigni sguardi di V. A. Imperiale. Promotore intelligente di ogni scienza utile, Voi ne favorite con indefessa cura non solo gli stu- dj sublimi, ma anche i più deboli slanci del genio, che possono influire nella instruzione delle Provincie affida- te alla vostra felice amministrazione. Di questo genere è il tenue lavoro, che io ho Vardire d’ umiliare alla va- levole protezione di V. A. Imperia- le, ben sicuro di ottenere | accoglien- za del Pubblico, se Voi degnate di non rigettarne l’ oflerta . Xi) PREFAZIONE IE Saggio sulla Storia naturale del Regno del Chi- li venuto alla luce nell’anno 1782 non era altro che un succinto Compendio delle Osservazioni da me fatte circa gli Esseri appartenenti ai tre Regoi della Natu- ra, che si ritrovano in quel Paese. 1 caratteri distin- tivi degli Oggetti vi sono stati indicati di una maniera troppo concisa per appagare le brame dei dotti Natu- ralisti, ma però sufficiente a trattenere la curiosità di quelle persone, che cercano solamente di avere un’ i- dea delle qualità e produzioni dei Paesi lontani. Que- sto fu l’ unico scopo, che mi proposi nella -composizio- ne di quell’ Opuscolo. Il Chili malgrado i pregj per Xx X( cui la Natura si compiacque di distinguerlo fra tante altre Regioni rinomate, era allora, per così dire, affat- to sconosciuto nell’ Italia. L’ amore, che la Patria na- turalmente inspira, m'indusse a darne qualche idea nel modo, che mi fu possibile di eseguirlo in una distanza così grande dagli oggetti, che dovevano esser rappre= sentati. Fortunatamente in quel tempo mi capitò una parte de’ miei Manuscritti già perduti per la precipita- zione e le peripezie del mio viaggio. Questa parte pu- re in molti luoghi mutilata non mi somministrava 1 ma- teriali necessarj per iscrivere l'Istoria naturale del Pae- se, e di ciò non trascurai di avvertire il Pubblico nel- la Prefazione, dove si trova il paragrafo seguente:,, », Il titolo dell'Opera annunzia ciò che ella è: questo », è un Saggio, una breve Memoria di alcuni degli es- sì seri naturali, che rinchiude il Chili. Le persone in- », telligenti avranno l equità di non esigere da essa » quello, che non si conviene che a una Istoria natu- » rale, la quale 10 non pretendo in verun modo scri= », vere. Un piano si grande, oltre a molte altre circo- », stanze, richiederebbe che gli oggetti fossero presenti gni momento, per sottometterlì 5 » a nuove sperienze, e per formarsene infinite Idee, », per consultarli ad o », che non possono aversi nella loro assenza.,, Alcuni Naturalisti tuttavia, non attendendo a questo ragione= Xx )( vole avvertimento, vi avrebbero voluto trovar quello, che io non promisi, e nemmeno era in istato di pro- mettere. Alcuni altri hanno perfino dubitato della esi- stenza degli Animali, che io descrivo, pel frivolo mo- tivo che un Viaggiatore, il quale scorse una piccola parte del Paese, non gl’ incontrò nel suo efimero viag. gio, come se il Chili fosse un Parco, o un Serraglio, dove gli animali rinchiusi devono presentarsi a piace- re di quelli che lo scorrono, e non un vasto Regno, che si stende per lo spazio di 1260 miglia geografiche. Benchè cotesto dubbio sia per se stesso iInsussisteute, imulladimeno 10 ho procurato di rispondervi citando in conferma della mia asserzione gli Autori, che prima di me ne hanno parlato. Il successo altronde incerto del mio primo lavoro, e le spese dell’ edizione superiori alle mie forze mi co- strinsero ad abbreviarne le descrizioni, e a sopprimere molte cose meritevoli di essere rapportate. Nulladiman- co quel piccolo Ristretto, ad onta delle sue imperfe- zioni, ebbe un incontro, che io non avrei osato spe- rare. Tutte le Nazioni colte dell’ Europa lo vollero tradotto nelle loro lingue. L’ edizione originale fu ben presto smaltita. Parecchi dilettanti di storia naturale, che non potevano più provvedersene, s’accordarono a farne una ristampa, e mi significarono il desiderio che * Xv) avevan di arricchirla di un’ appendice, se io fossi in grado di somministrar loro 1 materiali necessary. Dopo varie riffessioni finalmente m'indussi a rifonderlo del iutto, e a inserir nei rispettivi luoghi quelle osservazio- ni, che pei motivi sopraccennati aveva prima tralascia- to. Questo posterior lavoro viene ora presentato agli amatori delle produzioni naturali non senza speranza di ottener da loro un'accoglienza proporzionale a quel- la, che ottenne il primo. Nel ricomporlo ho seguitato lo stesso metodo, e la stessa divisione in quattro Li- bri. Nel 1.° tratto della situazione e del Clima del Chi- li: Nel 2.° dei Minerali: Nel 3,° dei Vegetabili, e nel 4° degli Animali che vi si propagano. Nella esposizio- ne di tutti questi Esseri ho procurato sempre di pro- cedere gradatamente dai più semplici ai più composti, adoprando quelle divisioni, che mi sono sembrate più confacevoli allo scopo della mia Opera. Essendo stato costretto dalmio Piano a tralasciare la descrizione di un gran numero di Vegetabili pregevo- li da me osservati, perciò sul fine ho composto dei me- desimi e dei già menzionati un saggio della Flora Chi- lese, nel quale essi sono ridotti alle loro Classi, Ordi= ni, e Generi secondo il Sistema del celebre Linneo. Per- suaso poi di far cosa grata ai Filologi vi ho aggiunto un piccol Dizionario dei Vocaboli Chilesi appartenenti Mv alla Storia naturale, La Carta geografica annessa a que- sta nuova Edizione è stata formata secondo le più re- centi Osservazioni astronomiche, Io debbo ultimamente avvertire, che quando discorro di miglia non intendo accennare che le marine, le quali si computano a ses- santa per grado: Così pure qualora fo menzione di piedi, di pollici, ec. intendo di parlare de’ Parigioi. La libbra, di cui mi servo per indicare i pesi, è la co= mune d’ Italia di oncie dodici. id La pl vt di ‘Rag; - PAT BET 7? PI IT Mart ieri 4 MI MORTIIT a Fiere - sn 2 1900) 428 di rai pet < big: #60 a SLI RETTNAI ras 2% ME stero pe alt si | de 3 Gi EM Ape e caga 9 s0ihti i A iopunisi eda gii o iù (MMI 0° ud ca a. 4 panda I Lio "Wi Aes difa e NI di PITTI SE Sl , PADRI ne "bapliily® «Ratti alp gala Ù FI LSKE sn c- Hi PI î * ni “ DI . Fi - Ù |. 5 Leb” e ES Xi) SAGGIO SULLA STORIA NATURALE DEL CHILI. Lisro I. Situazione , meteore , e temperatura del Chili. SUGTE Î Ghili, Regno dell’ America meridionale , giace lungo le coste del mar Pacifico , estendendosi per un tratto di 1200 mi- glia geografiche fra i gradi 24, e 45 di lat. austr. La sua lar- ghezza, che pre smdlevcito dai gr. 304 sino ai 310 di longitu- dine, fissato il primo meridiano all’ Isola del Ferro sulle dose dell’Affrica, ovvero dai gr. 68 fino ai 79, e 3 di longit. occid. dal Meridiano di Parigi, è più o meno ristretta secondo che la gran catena di monti detti 4ndi dai Nazionali, e Cordilliere dagli Europei, la quale lo circonda all’Oriente, si avvicina o si scosta dall’ Oceano medesimo, oppure a parlar con più esattez- za, secondo che il mare stesso si appressa o si ritira da que- sta catena di monti. Fra i gr. 24, e 32 di latitudine esso s° allontana dai detti monti 210 miglia, e fino ai gr. 37, solamente 120; ma poi da questo parallelo sino all’ Arcipelago d’ Ancud detto anche di Chiloe, 0 sia sino al gr. 41, si scosta da 300 miglia . Ora ri- ducendo queste distanze a un termine medio , si può dire che tutta la sua estesa superficie, compresavi anche la Cordilliera, non abbraccia più di 378, o00 miglia quadrate . Questo Paese condinà all’ UOccdente col suddetto mar Pacifi- co, a Settentrione col Perù , all’ Oriente col Treuman , col Cujo, e colla Patagonia, e a mezzodì colla Magellania . La gran Cordilliera, che lo fianche: egia, come detto Lia , 2 I Nat.4 Levante , lo separa ancora interamente o per se stessa, o per 1 suoi rami da tutte queste contrade, servendogli al medesimo tempo di barriera inespugnabile dalla banda di terra, nel men- tre che I’ Oceano lo difende da Ponente . Le poche strade , che dalle menzionate limitrofe Provincie vi conducono » sono talmente strette e pericolose , che appe- na vi può passare un uomo a cavallo. Siffatte strade non si inan- tengono nemmeno aperte, se non durante la state, a cagione della gran neve, che vi cade nelle altre stagioni. Stimasi me- no intrattabile quella, che dalla Capitale del Chili conduce al Cujo : questa strada, che regolarmente non si fa in meno di otto giorni, è fiancheggiata in gran parte dalle profondissime balze, che formano i fiumi CRille e Mendoza, e da altissimi monti tagliati a perpendicolo . L’ angusto sentiere , che resta tra questi precipizj, è così aspro e malagevole , che i viaggian- ti si veggono costretti in molti luoghi a smontare da’ muli, che sono le uniche cavalcature, che vi possono adoperarsi , e a proseguire il cammino a piedi. E raro l’anno, che non pre- cipiti qualche bestia da soma in alcuno dei detti fiumi. Questi dirapi però non accompagnano per tutto quella strada : vi si trovano di tratto in tratto alcune pianure amene, dove allog- giano 1 viandanti. Gl° Ircki, quando soggiogarono il Cujo, e le Provincie boreali del Chili, vi fecero costruire parecchie ca- se per comodo de’ loro Uffiziali, alle quali già in parte diroc- cate gli Spagnuoli hanno aggiunto alcune altre per uso dei Corrieri . I Geografi danno a questo Regno una estensione molto maggiore di quella che noi gli assegniamo, comprendendo den- tro ai suoi limiti anche il Cujo, la Patagonia, e la Magellania. Ma queste Regioni, oltre alla separazione fattane dalla Natura, ne sono del tutto differenti così nella temperatura, come nelle produzioni naturali. I loro abitanti originarj si distinguono al- tresì dai Chilesi non meno per le fattezze che per i costumi e i linguaggi. Benchè la montagna primaria delle Andi sia il ter- mine naturale del Chili verso 1’ Oriente, io tuttavia compren- do entro i suoi confini non solamente le valli occidentali della medesima montagna, che senza contraddizione gli appartengo» no, ma anche le orientali, perchè da tempo immemorabile so- no state occupate e abitate dai Chilesi. ZI fan] lummit: | Il Chili aveva già il nome , che porta oggigierno , molto prima che gli Europei vi arrivassero. Le duole , che dal Chili australe passarono a popolare l Arcipelago di Ancud, la cui trasmigrazione è anteriore di parecchi secoli a quest” Epoca, per conservare la memoria della Madre-patria, lo nominarono Chi/- hue, cioè distretto o Provincia del Chili. I Peruani stessi, al- lorchè informarono gli Spagnuoli della esistenza di questo Re- gno, non lo indicarono con diverso nome . Tutti i Chilesi così i liberi come i soggiogati chiamano la loro patria Chili-mapu È vale a dire Regione del Ghili, e la loro lingua Chili-dugu, cioè lingua del Chili . Per altro non è verisimile » che una nazio- ne , la quale dà finora alle Città Spagnuole il nome dei Ino- ghi, ove furono fabbricate , abbia voluto adottare così univer- salmente un nome generale non sanzionato da’ suoi antenati per denominare il proprio paese. Ci sembra pertanto poco fon- data | opinione di quelli, che pretendono, che gli Spagnuoli abbiano comunicato a tutto il Regno il nome del primo distret- to o del primo fiume, che vi scoprirono. Gli originarj del pae- se pronunciano sempre questo nome come se fosse scritto Cili: gli Spagnuoli scrivono Chile, e proferiscono Cile. Quindi gl’ Îta- liani trovandolo seritto con Il’ 4 pronunciano Chili uniforman- dosi alla loro ortografia . Gli Autori, che descrivono le diverse Provincie, onde è composta l'America, adducono molte etimologie del nome Chki- lî, tutte le quali a dire il vero o sono cscluiamente false , o si fondano sopra frivole congetture. I Chilesi pretendono con assai più verisimiglianza , Ne esso derivi dalla voce Ci/i, che ripetono spesso. certi uccelli del genere dei Tordi, i quali vi si trovano in gran numero . Potè ben darsi infatti , che le prime orde d° ud ani, che vi passarono a stabilirsi, pigliassero qual- che felice augurio da questo vocabolo pronunziato da un uc- cello per dacia il paese, che volevano occupare . Si sa bene il caso, che facevano le nazioni antiche del canto e del volo degli uccelli per regolarsi nella condotta de’ loro affari. 6. IT. Tutta questa Regione s1 divide naturalmente secondo la sua lunghezza in tre parti principali, cioè in A/to-Chili, in 4) Basso-Chili, e nelle Isole, che trovansi nel suo mare . L’Alto- Chili è compreso dentro lo spazio, che vi occupa la vasta ca- tena delle Andi. Questa enorme montagna stimata la più alta e la più lunga del nostro Globo, la cui elevazione sta a quel- la delle Alpi almeno come 7 a 4, secondo il celebre Bar. di Humboldt, traversa da settentrione a mezzogiorno tutta l'Ame- rica, giacchè pare fuor di dubbio che i monti dell’ America settentrionale non sieno che una continuazione della medesi- ma catena ora visibile nell’ Istmo di Panamà , ora occulta nel Golfo messicano, e poi risorta nella Florida, e negli Stati-Uni- ti sotto il nome di monti A//egany . ,) Nella massa, nell’ esten- sione, e nell’ elevazione delle montagne del Nuovo-Mondo , 29. = come ben dice Bryant Edwards Hist. des Col. Brit., ha ma- 99: se Nifestato il Creatore specialmente la sua Onnipotenza . Nel s, continente dell'America meridionale questi monti stimati di sy un’ altezza doppia di quelli dell’antico mondo che si riguar- » dano come i più elevati, sono coperti sotto l’Equatore me- sg desimo di eterne nevi. ,, Questa Montagna nella parte, che spetta al Ghili, ha 120 miglia di larghezza , ed è composta di tre catene quasi paral- lele : quella del centro supera alquanto le collaterali in altez- za , le falde delle quali sono più ripide verso l'occidente che verso l’oriente , come si osserva in tutte le montagne , i cui fianchi se da una parte sono scoscesi, dall’ altra si presentano più facili a salire. Benchè tutti questi monti sieno in generale di una celeva- zione smisurata, tuttavia nella catena di mezzo si osservano al- cune vette , che superano notabilmente in altezza tutte le al- tre. Tali sono il Manfla a gr. 28 45'; il Tupungato a gr. 33, 10'; il Decapitato a gr. 35.; il Blanquillo a gr. 35 ,4'; il Longavi a gr. 35 , 30'; il Chillàn a gr. 36; il Corcobado 0 gibboso a gr. 4I , 12". To non ebbi 1’ opportunità di misurare la colossale eminen- za di questi monti. 1 nazionali pretendono, che essi s’ innal- zino più di 20000 piedi sul livello del mare , e a dire il vero la loro mole non contraddice questo sentimento . 'L° elevazione del Decapitato si è trovata, secondo il Giornale di Madrid, eguale a quella del famoso Chimboraso, come per congettura io l’aveva accennato nella prima edizione di quest’ opera . La sua sommità, per quanto apparisce alla vista, è terminata da una piattaforma quadrata . Ogni lato della quale può avere da cinque a sei miglia di estensione . È assai probabile , che una eruzione vulcanica ne abbia troncata la cima s la quale se sus- sistesse, ne formerebbe forse il monte più alto delia terra. Pre- tesero alcuni di essere arrivati sino a questa spianata, e d’ aver- vi trovato un gran lago, onde per condotti sotterranei tragga origine il copioso fiume Mau/e, che sorge dalle sue radici . clio vi sia un lago nel sito, ove oe era il cratere del supposto Vulcano , non è inverisimile ; ma che essi abbiano potuto ar- rivare salvi ad una sì enorme altezza, non pare possibile a motivo della minor pressione dell’ aria, che vi deve essere, e delle angosce ed emorragie, che ne derivano, come provò il valoroso Humboldt nel tentativo che fece per salire sino alla vetta del Chimboraso. Sembra che non sia dato all’ uomo l’ in- nalzarsi molto al di là delle tre miglia perpendicolari . La forma di queste notabili eminenze fa sospettare, che esse siano state in altri tempi Vulcani in attività . A questi Vul- cani già estinti sono succeduti altri nella stessa catena Chile- se, i quali benchè lontani almeno 150 miglia dal mare ardono tuttora con gran veemenza. 1 loro nomi sono stati presi .dai Paesi, dirimpetto ai quali si trovano situati N. S. nell’ ordine seguente ; Copiapò, Coquimbo , Ligua , Peteroa, Chillàn, Antoco, Notuco , Nulli-hueco , Villaricca , Valdivia, Osorno , Huanauca, Keciucavi, Huailleca, S. Clemente. Secondo 1’ ingegnoso Conte di Buffon i monti più alti del globo non debbono trovarsi, che presso 1’ Equatore. Ma a que- sto suo assioma favorito i Geologi con ragione non hanno vo- luto aderire. In fatti le Andi, eccettuata quella parte che cir- conda il Quito, sono più basse dentro i Tropici che fuori dei medesimi. Innoltratesi poi nella Zona temperata australe van- no grado a grado innalzandosi sino allo stretto magellanmico , dove avendone vedute le ultime cime il celebre Naturalista Commerson non dubitò di chiamare fawupizieres 0 mucchi di Talpe a confronto delle stesse i monti più elevati del Vecchio Continente . Le tre accennate catene andine sono di tratto in tratto congiunte fra di loro da rami trasversali, negl’ intervalli de’ quali si estendono bellissime pianure o vallate abbondanti di vigorosi pascoli, e di fiumicelli d’ acqua cristallina, le quali nonostante la loro ubertà sono abbandonate sino a’ gr. 34. di lat. Le più australi vengono abitate dalle nazioni patagoniche libere dei Ciquillani , Pehuenci » Puelci, e Huillici. Noi pro- 6 )( cureremo di esporre nel libro secondo la costituzione fisica di questi monti. ® S. IV. Il Basso-Chili, ossia la banda di terra situata fra le Andi, e l'Oceano Pacifico, è quella parte, alla quale si dà d’ordinario il nome di CHili, e di cui specialmente si deve intendere la maggior parte delle cose, che diremo di questo Regno per es- serue la porzione la più coltivata di tutte le altre . Essa si di- vide naturalmente in molte valli amene formate dai rami de” monti, che spiccandosi dalla Cordilliera vanno ad unirsi ver- so la costa con un’altra catena di montagne parallele alle An- di e formate anticamente dal mare . Questa banda di terra si suddivide politicamente in duc parti, cioè nel paese, che abitano gli Spagnuoli, e in quello che posseggono tuttora gl’ Indigeni, le quali con espressione più concisa possiamo chiamar Chili Spagnuolo, e Chili Arauca- no dal nome delle due nazioni, che vi predominano. | Il primo compreso tra i gradi 24 e 37 incirca di lat. austr. è stato suddiviso in sedici Provincie , le quali principiando da settentrione sono le seguenti, Copiapò, Coquimbo , Quillota , Aconcagua , Melipilla, Santiago, Rancagua, Colciagua , Curi- cò, Maule, Cauquenes , Chillàn, Itata, Puciacay, Rere, e Laxa. Queste Provincie sono state assai mal compartite , per- chè alcune si estendono dal mare sino alle Andi, mentre le altre non occupano che la metà di questo spazio , trovandosi situate ora verso quelia montagna, ora verso le costiere sola- mente. Ve ne sono ancora alcune, che hanno un’ estensione sei o sette volte più grande di quella , che è stata assegnata alle altre. Questo spazio di terreno era. anticamente abitato dai po- poli chiamati Copiapini, Coquimbani, Quillotani, Mapocini , Promaucai , Curi, Cauqui, e Penconi, dei quali non riman- gono che pochissimi avanzi sparsi fra i loro conquistatori. Il paese occupato dagl’ Indigeni, ovvero il Chili arauca- no, coniprende le contrade, che giacciono tra il fiume Biobio e 1 Arcipelago di Chiloe fra i gr. 36 ,44', e 41 ,20' di lat. austr, Questi Nazionali si dividono in tre popoli detti Araucani, Cun- chi, e Huwillici, o Gyllici. Gli Araucani abitano non le sterili roccie del Chili, come dice il Paw, ma le feracissime terre situate tra i fiumi Bioblo, e Callacalla , o Valdivia, vale a di- 7) re/tra.i gr. 36, 44, e 39, 50, le quali si estendono lungo il mare 186 miglia, e sono le più piane, le più amene, e le più bené innaffiate di tutto il Regno. La loro larghezza presa dalle spiagge marittime sino alle falde occidentali della Cordil- liera importa 300 miglia incirca. .Ma essendosi uniti nel XVI secolo i Puelci, che abitano quella montagna , alla confedera- zione araucana , la suddetta larghezza monta al presente a 420 miglia. Così i loro possedimenti attuali non hanno meno di 78, 1920 miglia quadrate . Gli Araucani dividono questa estensione di paese, secondo la sua lunghezza, in quattro Utfan-mapu , o Principati paral- leli, e quasi egualmente larghi, ai quali danno i nomi di Lae- quen-mapu , cioè paese marittimo; Lelvun-mapu, paese piano; Inapire-mapu , paese subandino; e Pire-mapu , paese andino 0 nevoso. Ogni Uffan-mapu vien poi suddiviso in cinque Provin- cie, e ogni Provincia in move Contee . La nazione o Tribù de’ Cunchi si estende lungo il mare tra il fiume Valdivia, e l’ Arcipelago di Chiloe . Il loro nome derivato dalla voce Cuzco che significa grappolo, corrisponde assai bene alla loro propagazione. I Huillici dimorano parte nelle pianure situate all’ Oriente dei Cunchi, dai quali vengo- no divisi per una linea immaginari», e parte in quel tratto del- le Andi, che si prolunga dal detto fiume Valdivia sino ai con- fini australi del Chili. Si nominano Zwi/lici, che vuol dire uo- mini del Sud, perchè sono i più australi di tutti i Chilesi del Continente. Queste due Tribù sono bellicose, e alleate degli Araucani , ai quali hanno prestato importanti servizj nelle guer- re contro gli Spagnuoli . S. V. La terza parte, che assegnammo al Regno del Chili, com- prende , come abbiamo detto , le isole che s’ incontrano nel suo mare. Alcune di queste Isole si scostano poce dal litto- rale ; le altre ne sono più fontane. Tra le prime si contano a gr. 20 , 30' Mugillon, Totoral, e Paxari poco estese e finora deserte, ma suscettibili di qualche coltura: Quiriguina sull’ in- gresso del Porto della Concezione , eTa/ca o Santa Maria, am- bedue similmente piccole , fertili, e possedute da due bene- stanti della medesima Città della Concezione : Mocka a gr. 38, 30' di 70 miglia di circonferenza, isola bellissima, in altri tem- II pi ben popolata e coltivata , ora deserta : 1° Arcipelago di Chi- Loe , il quale unitamente a quello dei Cloni , che n° è una di- pendenza , contiene ottantadue isole abitate per la maggior parte dagli Spagnuoli e dagl’ Indigeni tra i gr. 41 ,50', e 45. ; la più grande detta Gio 3 su è: OSE il nome a iuito Arcipelago , si estende in lunghezza 150 miglia , ed ha per Capitale Castro. "Tutte le Isole di questo Arcipelago da poco tempo in quà sono state messe sotto la giurisdizione del Vi- cerè del Perù a motivo della loro separazione dalla sede del Capitano generale del Chili. Tra le seconde si pongono le due Isole dette di Gio: Fer- nandes dal nome del loro primo possessore a gr. 33,42’, la prima delle quali nominata Masafuera per esserne un poco più lontana dal Continente , non è altro che un gran monte ele- vato suli’ Oceano, bene arborato, e abbondante di copiosi ru= scelli d° acqua Anlce , ma di dale accesso . La seconda det- ta di Terra in distanza di 330 miglia dalle Coste Chilesi, si estende in lunghezza da quattro in cinque leghe con larghezza molto irregolare . Sin dalla metà del secolo passato essa è sta- ta occupata da una Colonia spagnuola. Milord Anson, che vi si fermò colla sua squadra nel 1741 parlando nell’ Istoria del suo viaggio della bellezza «i questa Isola dice ,, che i monti sg vi formano un gran numero di valli non meno deliziose di », quelle, che si dipingono nei Romanzi : che vi sono dei si- s9 ti, dove I’ ombra e I’ odore ammirabile , che provengono dai », boschi vicini, 1° altezza delle rupi che pajono come sospese sì in aria, e la quantità delle cascate trasparenti » che veg- o) gonsi da tutte le bande, formano un soggiorno il più dilet- ,, tevole che forse possa essere sopra tutta la superficie della s, terra, e che certamente la semplice natura vi sorpassa nel- snle sue prodazioni tutte le finzioni della più felice imma s; nazione. ,4 Sotto meridiani più distanti benchè nel medesimo mare si trovano le piccole Isole di St. Ambrogio e di $. felice, e quel. la di Pasqua celebre per la quantità di statue, che i suoi “Di tatori hanno innalzato in varj luoghi o per adornare la loro patria, ‘oppure per venerarle come Dei tutelari o Indigeti. Le due prime altrimenti nominate Terra di Davis finora deserte sotto i gr. 27 di lat. austr. distano 170 leghe dalle Coste del Chili. L'Isola di Pasqua è situata a gr. 27 ,11' della suddetta latitudine, e 111°, 59' di long. occid. da Parigi, e i suoi abi- ste le) 9) tanti non sorpassano il numero di 2000 . Le statue, di cui ab- biamo fatta menzione , si trovano sparse in tutta l'Isola in gran copia , e di varie grandezze , essendovene alcune della statura umana, ed altre id 15 in 16 piedi di altezza. Sem- brano alla vista e al tatto di materia Vulcanica; ma siccome sono tutte di un pezzo, e l'Isola non ha cave di pietre sì smisurate, pare quindi probabile, che esse sieno formate con qualche particolar cemento , il quale seccandosi abbia preso il colore e la consistenza del sasso. L° Ammiraglio ollandese Ro- , gewin, che fu il primo ad approdarvi dice, che queste statue sono eseguite secondo le regole dell’ arte. La medesima Isola è stata in seguito visitata dal Cap. Filippo Gonzales nel 1770, dal celebre Cook nel 1774, e dallo sfortunato la Perouse nel 1786, i quali tutti sono d’ accordo coll’ Ollandese intorno al numero e grandezza delle suddette statue . ga dP II basso-Chili è un piano inclinato verso il mare, e forse non è aliro che un prolungamento della base occidentale del- la montagna delle Andi. Perciò esso riceve quasi tutte le acque, che provengono dall’ immensa neve, che annualmente cade sn questi monti, nel mentre che le contrade orientali ne sono inolto scarse . Muse acque o scorrono sulla superficie della ter- ra, o feltrandosi pe’ condotti sotterranei, come per altret- tanti sifoni naturali, vanno a formare le cristalline sorgenti pe- renni, intermittenti, e periodiche, che si trovano in grande abbondanza nelle pianure, nelle colline, ed anche sulle cime dei monti più alti della parte marittima del paese . I fiumi piccoli, che scendono dalla Gordilliera, o che si formano da queste sorgenti, sono innumerabili. I grandi poi 3 che solamente hanno origine in quella montagna, sono 123 , quarantadne dei quali mettono foce immediatamente nel ma- Te, e vi portano le acque di tutti gli altrì. Quantunque il cor- so di questi fiumi, stante la suelitaza del paese , sia assai cor- to, contuttociò se ne veggono alcuni navigabili da vascelli di linea almeno sino alla metà : tali sono il Maze nella Provin- cia di questo nome, il Biobio che ha più di due miglia di lar- ghezza, il Cauzén, il Toltèn, il Valdivia nelle terre araucane, il Chaicin, il Rio-bueno tra 1 Cunchi, e = Sinfondo , che sboc- ca nell’ Arcipelago di Chiloe . Il celebre M. de la Metherie nel- 2 X 10) la sua ingegnosa Teoria della terra dice, che le Cordilliere non tramandano verso il Mar Pacifico che alcuni filetti d’ acqua ; ima Jo non saprei dire come possano chiamarsi filetti d’ acqua dei fiumi navigabili più copiosi dei maggiori fiumi della Fran- cia, e anche dello stesso Po s quali sono quelli che si nominato , seppure quel rinomato Filosoto non abbia voluto chiamarli così in paragone dei fiumi delle Amazzoni, e della Plata, che quella montagna getta verso l’ Oriente. Taluno an- che ha voluto aggiungere , li questi fiumi sebbene sieno esu- beranti di giorno, si seccano affatto di notte: questo è un fe- nomeno tanto astruso , che noi, che abbiamo veduto di giorno e di notte i medesimi fiumi, non l'abbiamo giammai osservato. Tutti questi fiumi Arndini fanno un angolo presso a poco ret- to colle montagne dalle quali scaturiscono , e perciò sono molto rapidi dalle ilo sorgenti fino ai monti marittimi, i quali col ribattere il loro corso in varie maniere ne Ae la veloci- tà .I loro alvei abbandonati alla natura sono per lo più di una larghezza sproporzionata , ed hanno il foado comunemente sas- soso, e le sponde assai basse. I paesani se ne prevalgono; van- taggiosal mente divertendone con facilità le acque in diversi ca- Sa che vanno a portare l’ allegrezza e la fecondità a tutte le campagne in mancanza dell’acqua piovana. Siccome essi di- ventano più grossi nel tempo appunto che più se ne abbiso- gua, che è nella state, a cagione della gian neve, che allora si squaglia nella I dilliera, così nòn è da. temersi che venga» no a mancare per la copia d acqua , che se n*estrae . Le gran piene incominciano ordinariamente sul fine di Set- tembre , e e durano fino a tutto Febbrajo 9 benchè non sempre. sieno uniformi ) perchè in alcuni fiumi si accrescono di molto la mattina, e in altri a mezzodì o verso sera, il che senza dubbio proviene dalla rispettiva situazione delle loro sorgenti nelle falde di quei monti esposte differentemente ai raggi so- lari. Queste finmane tuttochè copiosissime , avendo i letti assai larghi, non allagano i terreni adiacenti, ma riescono spesse vol- te fatali alla vita di parecchi paesani, che con troppo ardimen- to si arrischiano a guazzarie a cavallo . Sebbene tutte queste acque provengano dalle nevi liquefatte , sono però sanissime ed eccellenti a bere, nè cagionano alle persone che ne fanno uso frequente la malattia del gozzo ; sicchè sembra falsa 1’ opi- nione di coloro, che attribuiscono alle acque nevose questa ma» ligna proprietà . (°-° ee rt) Il Coleti nel suo Dizionario Americano alla voce Chili dà una precisa idea della quantità e qualità di questi fiumi colle parole seguenti ,, I fiumi poi che bagnano e fecondano mara- >, Vigliosamente il paese tutto dalla parte occidentale , sono be limi , e tutti scendono dalla catena delle Andi, ed han- ss no il corso da Levante a Ponente, scaricandosi nel mar Pa- »3 Cifico. L’amenità delle loro rive coperte di begli alberi, che 5) mai non perdono il verde , e la delicatezza e frigi idezza del- s9 le loro cristalline sorgenti fanno un paese il più delizioso ss del Mondo. ,; QI) < pd ni Questo Regno ha pure i suoi laghi, ma non tanti quanti vorrebbe il Pi) che fa dell’ America tutta una palude . Que- sti laghi sono parte di acqua dolce e parte di acqua salata. I primi sono situati nelle contrade mediterranee del paese . I più rinomati per la loro estensione sono il Pudahuel, 1° Aculew, il Taguatagua , il Laoquen, e il Nahuelhuapi. I tre primi si trovano nel Chili Spagnuolo , e gli ultimi, che sono i più gran- mi di, nel paese araucano. Il Taguatagua G sparso d’Isole gal- leggianti. Il Laoguen nominato dagl i Spagnuoli Lago di Villa- ricca , ha 72 miglia di circuito , e nel suo centro abbraccia una bella collina, che s' erge a guisa di un cono. Il Nakwell huapi situato in mezzo alle Andi gira ben 80 miglia, ed ha parimen- te nei centro un’ isoletta coperta di begli alberi. Ambidue que- sti Laghi, forse crateri vulcanici in altri tempi, formano due eran ui . Dal primo sorge quello di To/zèr, che sbocca nell’ Oceano Pacifico, e dal se “nb quello che porta lo stesso no- me del lago, e va a *terminare nel Mare Patagonico verso lo Stretto Magellanico H laghi salati, o piuttosto Estuarj, Bucalemo, Cahuil e Boyeruca si trovano nelle maremme spagnuole fra i gr. 33 , 30°, e 34 ,50'. Essi soi:to assai vasti, e oltre all” esquisito pesce che forniscono , si cuoprono ogni anno sulle rive di eccellente sal marino , del quale si potrebbero caricare molti vascelli. Le Provincie settentrionali, ed anche le Andi abbondano di sor- genti del medesimo sale . Le imboccature dei preaccennati fiumi navigabili sommi- nistrano comodi Porti, ove crescendo la popolazione se ne fa- rà uso per estendere il commercio esterno . Ma oltre questi }( 12 )( Porti fluviali il littorale Chilese ne contiene molti altri capaci di ricevere con ogni sicurezza qualunque sorta di bastimenti . I più frequentati per ora sono quelli di Coquimbo , di Valpa- raiso , di Talcaguano o della Concezione, e di Valdivia. Gli altri, che sorpassano il numero di trenta , benchè egualmente buoni, sono tuttora abbandonati . S. VII. to vorrei dare a’ miei leggitori un ragguaglio istruttivo sulle qualità di quella parte del mar Pacifico , che bagna le spiagge Chilesi; ma fe mie osservazioni circa questo importan- te obbietto erano ancora immature quando mi vidi costretto ad abbandonare il paese. Dironne soltanto quel poco, che mi fu permesso di notare. Questo mare annualmente si ritira dal- le coste, di maniera che quel littorale di montuoso che era da prima, va diventando piano . Io non credo già, cone pen- sano alcuni, che le acque marine si diminuiscano, perchè so- no persuaso, che quello che esse perdono per 1° evaporazione o pel consumo, che ne fanno i corpi organici, venga ripara- to sufficientemente dall’ acqua, che ogni anno si forma per mezzo della combinazione dell’idrogeno con I’ ossigeno nell’At- mosfera o nelle concavità della terra. Laonde io sarei piutto- sto d’ opinione, che il mar Pacifico ubbidendo al moto da Orien- te in Occidente impressogli dai venti A/iseé, o dalla rotazione più veloce del Globo terrestre, abbandoni a poco a poco le co- ste occidentali dell’ America , e occupi le terre orientali dell’ Asia. Infatti tutto quel littorale asiatico si vede frastagliato dall’ urto delle onde, e diviso in una infinità d’isole, che nessu- no potrà negare essere parti staccate dal medesimo continente. Oitre alle cause generali preindicate del ritiramento del mare dalle spiagge Chilesi, vi può concorrerne ua’ altra, che dovrà forse riputarsi più efficace: questa è il perenne ammas- so d’ interrimenti lasciativi dal gran numero di fiumi, che vi sboccano . L° effetto di questé cause non è per tutto eguale : avvi de’ luoghi, ove il mare non si ritira annualmente che uno o due pollici; in altri retrocede da un mezzo piede, sopratut- to nelle spiagge adiacenti alie foci dei fiumi. Le rive abban- donate veggonsi nel primo anno coperte di arena volatile , nel secondo producono alcune erbette e nel terzo si vestono total. mente di verdura . Il littorale perciò di questo Regno consiste (13 )( per la maggior parte in una pianura larga da tre in quattro miglia So tra ul mare, e de montagne marittime , COTE. Le falde occidentali di questa catena già bagnata dal ma- re, essendo per lo più composte di strati schistosi poco coe- renti, sono tutte scavate, e serbano ancora i vestigj dello shat- timento delle onde, le quali vi hanno formate molte grotte curiose compartite in varie camere tappezzate di conchiglie , @ abbastanza grandi ed alte da poter dare ricovero a parecchie fa- miglie in caso di bisogno . In distanza di 400 passi dall’ imboc- dui del fiume Maule a mano sinistra s° erge sulla riva del mare all’ altezza di 75 piedi incirca un masso di marmo bian- castro tutto di un pezzo isolato lungo E. O. da 224 piedi, e largo da 54, cui + Paesani hanno imposto il nome di Chiesa : infatti ne ha tutta l'apparenza, essendo interiormente scavato a volta sino al terzo della sua to ed avendo tre por- te proporzionalmente alte e larghe fatte a semicircolo, una nel- la facciata occidentale per dove s° inoltra il mare a cui è do- vuto questo lavoro, e due laterali opposte per le quali sortono le onde ribattute dal fondo, e si entra in tempo di riflusso . Questo edifizio naturale, che fino alla metà è tuttora bagnato dal mare, serve di opportuno domicilio ad un gran numero di leoni e di lupi marini, che vi si ritirano volentieri, e coi lo- ro continni e nojosi urli fanno risuonar quella vasta concavità. Nelle maremme della Provincia di Rarncagia si trova un altro macigno di mole non molto inferiore, similmente scavato e Ii- bero già dal mare. Quegli abitanti, che lo chiamavano infin d’ allora Chiesa del Rosario, volevano dedicario al culto divi- no. Peraltro tutta quella catena parallela a Andi, che di- cemmo estendersi sulle coste marittime, e per la sua indole secondaria e per le impronte, benchè poco visibili di testacei che contiene, mostra di essere un prodotto antico delle acque marine . Anzi io credo, che tutto il Basso-Chili non abbia al- tra origine. Le montagne Andine sebbene di tutta altra costituzione , presentano ancora molte caverne o concavità degne d’ osserva- zione, la esistenza delle quali non deve atei se non che a1 buroni, ai terremoti, e all’ esplosioni vulcaniche. Lo stes- so fenomeno , che si osserva i pruni g ciorni di Marzo, e di Set- 14 )( tembre sul monte Me/sabert nel Cantone di Glaris, si ri dI i l i i Na pete giornalmente in uno dei monti Andini situato presso il Vulca- no di Longaoi. I raggi solari introducendosi prima di compa- rire sulle alte cime per un fenestrone ovale, che trovasi in questo monte , offrono il più bel colpo d’occhio che possa mai vedersi. Il fiume //endoza prima di sortir dalle Andi passa sotto un ponte di gesso fatto dalla corrosione delle sue onde, il quale è ornato di un gran numero di bellissime stalattiti . Questo semplice lavoro dell’ acque , di cui i viaggiatori conta- no tante meraviglie, è stato decorato del glorioso nome di Pon- te dell’ Inca. si Un altra proprietà non però esclusiva del mare Chilese è di comparire qualche volta di notte tempo tutto luminoso , I Fisici non vanno d’ accordo sulla causa producitrice di tal fe- nomeno : alcuni attribuiscono all’ elettricità questa fosforescen- za; altri alla gran copia di vermi fosforici, che nuotano nel mare ; altri finalmente alla putrefazione vischiosa de’ medesimi vermi, e di altri animali che vi muojono , la quale messa in moto dalle onde alterate si rende visibile con quello splendore proprio delle sostanze marine putrefatte . Sebbene io propenda per questa ultima opinione fondata su qualche esperienza , non negherò tuttavia, che vi possano concorrere ‘le altre cause, massime quando la fosforescenza arriva al suo colmo . SI Il fenomeno marino più sorprendente però è quello delle maree, ossia del flusso e riflusso giornaliero del mare . Dopo il gran Newton tutti i filosofi s° accordano a non ammetterne altra causa fuorchè 1 attrazione simultanea, che il Sole e la Luna vi sembrano esercitare, di maniera che sarebbe riputata una temerità imperdonabile il permettersi qualche dubbio sulla loro esclusiva influenza. Tuttavia vi sono delle anomalie tanto notabili, e frequenti nel corso di questo fenomeno, che non sarebbe impossibile, che un sistema tanto decantato avesse un giorno la medesima sorte, che hanno incontrato molti altri si- stemi umani malgrado il corredo scientifico de’ laboriosi calcoli, che lo sostengono. Non pochi osservatori intelligenti guidati dalla propria esperienza cominciano già ad esitare, e a cercare qualche altra causa più immediata, la quale O per se, 0 secon- data dalla Luna possa conciliare le innumerabili aberrazioni , che occorrono nel moto periodico dei diversi mari. Non sono da disprezzarsi le osservazioni contrarie alla Teoria dell’ attrazione lunisolare fatte dal Sig. Baussard negli anni 1796 e 97 sulle maree dell’ Oceano Atlantico, come neppure le io Co opinioni del celebre Bei nandim de St. Pierre Qualunque però possa essere la futura sorte di questi Si- stemi , e la vera causa di un fenomeno tanto ammirabile , esso si mostra non meno attivo sulle Coste Chilesi, che negli altri mari di vasta estensiohe . La marca vi monta presso le Qua- drature sette piedi incirca, e quasi il doppio nelle sisigie lu- nari. Il suo effetto viene spesso modificato dai venti, e dalle correnti, le quali ivi portano S. N., e sono talmente forti, che i bastimenti FR dal Chili a Lima capitale del Perù vi arrivano in 15 giorni senza muover le vele, laddove nel ritor- no impiegano due mesi e qualche volta più, qualora sieno con- trariati dalle tempeste, le quali di là dal Tropico sono ben for- midabili specialmente 1° inverno in quell’ Oceano detto Pacifi- co. Allora vi regnano interpolatamente 1 venti del Settentrio- ne, del Poca e dell’ Austro, o Mezzogiorno, e durante il loro contrasto mettono in iscompiglio le pacifiche onde di quel vasto mare . QUI, I Tifoni, e le Trombe marine ascendenti, e descendenti, spettacoli terribili per li naviganti, o sia che proveugano dal conflitto dei venti, o dall’ cana della materia elettri- ca, 0 da eruzioni Vulefiche submarine, come pretendono mol- ti Naturalisti, sebbene siano comuni nelle acque occidentali del Mar Pacifico, ovvero tra le Isole asiatiche, non si sono vedute finora in quella parte del medesimo Oceano, che bagna le coste occidentali dell’ America . Gli Uragani , ossia quei tur- bini impetuosi, che di quando in quando fanno orribili stragi nelle Isole del Golfo messicano , vi sono parimente sconosciut La Declinazione, o variazione dell’ ago o vi era, 4o anni sono, fra i 10 e gli 11 gradi all’ Est, e 1’ inclinazio- ne verso il Polo antartico , a proporzione della Aia dei luo- ghi dal medesimo Polo, tra i gr. 46 e 55’. Non mi sono note (16 X{ le mutazioni di tali fenomeni veramente incomprensibili, che possano esser sopravenute in questo spazio di tempo. Mi sem- bra però che la Declinazione, almeno in questi due secoli, vi sia stata sempre orientale. Le bande senza declinazione osser- vate nell’ Oceano Pacifico sono troppo variabili, pere hè pos- siamo farne gran conto . L’ altezza del Barometro vi si soste- neva, come in Europa, tra i 20 e i 29 pollici. Vb.4017 Tutti gli Autori stranieri, che parlano del Chili, vanno d’ accordo nel lodare la bellezza del suo Cielo, la piacevolez- za e salubrità del suo Glima, la fecondità e ricchezza del suo terreno , e la perfetta somiglianza, che trovasi fra il medesimo e l’ Europa australe . (1) ll Cielo infatti sgombro quasi tutto l’anno di nuvole e di vapori vi mantiene il suo bell” Azzurro, e permette alle stelle di brillare con tutto il loro nativo splen- dore . Oltre le costell: azioni zodiacali, e le altre che levansi dentro il suo orizzonte, vi si veggono passar sopra o dappres- so, mediante la rotazione della terra, le brillanti steile di pri- ma grandezza Procion, Fomahant, il cuor dell’ Idra, Rigel, Sirio , il piede diritto del Centauro, Acarnar , e Canopo . Que- ste due ultime sono invisibili per 1° Europa . Gli Astronomi moderni contano 71 Costellazioni nell’ Emi- sfero australe. Fra quei popoli è rinomata al pari del carro, oppure Orsa maggiore, quella che i Navigatori Spagnuoli chia- mano il Cruzero, perchè rappresenta assai bene la figura di una Croce. Essa è composta di quattro stelle principali, le qua- li da alcuni Astronomi vengono aggregate alla costellazione del Centauro , ma gli altri ne fanno una fotine diversa. La stella del piede, che sembra doppia, è di prima grandezza 3 o di seconda come vogliono altri, e s’ avvicina più al Polo, dal quale non - lontana che 28°,32', 7". Quella della cima ne dista 34°, 31', 6". Passato il circolo polare si osservano due gran macchie sui nel colore alla via lattea . La più grande si sco- CEI CERTI COSENZA - CesTEt® TEPRIZIANITE RMS FIANO SENTITA ATI GODI O TIRO CES OO TINTI PI CI SIENA) (1) Acosta Ist. nat. dell’ India lib. 3..cap., 2% Wood vovage à la mer du Sud. v. Chili. Frezier voy. tom. 1. 0. (eicolu, Ullva viag. tom. 3. l. 2. cap. 5. Robertson Istor. d'America . tom. 4. L. Raynal Hist. Phil. des Etabl, Eur. lib. 8. chap. 2. ear sta dal Polo 19°, 37', 50”, e la più piccola 15°, 09', 26". Ol tre queste se ne veggono sparse quà e lì alcune altre di mi- nor estensione. In esse non si erano scoperte stelle di veruna sorta , fuorchè una piccola della quinta grandezza poco lonta- na dalla macchia minore, la quale viene stimata I° ultima di quell’ Emisfero. La sua distanza dal Polo antartico è di 11°, 3',7". Nonostante io credo, che attesa la perfezione , a cui sono arrivati gl’ istrumenti astronomici, se ne scoprirà un gran numero non meno verso quel Polo, che in quelle macchie , come ai nostri giorni si sono scoperte nella via lattea. SD Le aurore polari, che il Sig. de Mairan attribuiva all’ at- mosfera solare, il famoso Americano Franklin all’ elettricità , ed altri all’ idrogeno , o alla riflessione del Sole , si credevano non ha guari soltanto proprie dell’ Emisfero settentrionale, onde ve- nivano chiamate generalmente Aurore boreali. Ma essendone state osservate molte anche verso il. Polo antartico dal celebre Cook, e da altri navigatori istruiti, queste a differenza delle altre hanno avuto il nome di Axrore australi . Nel Chili, co- me negli altri paesi poco lontani dai Tropici, se ne veggono di rado . Nel 1040. ne comparve una di grandissima estensio- ne, la quale, per quanto dicono gli Storici di quel tempo , si osservò tutte le notti dal principio di Febbrajo sino alla fine di Aprile, che sono i mesi appunto, nei quali le vide il Cook nel suo secondo viaggio verso il Poio australe. Nel secolo pas- sato ne comparvero quattro, delle quali non ho la relazione circostanziata . Gli abitanti dell’ Arcipelago di Chiloe asserisco- no, che questo fenomeno si mostra spesso nelle loro Isole, lo che non è inverisimile, perchè quella estremità del Chili ha il Polo più elevato di quelio che 1° abbiano le rimanenti Pro- vincie . Co Essendo il Chili situato nell’ opposta Zona temperata au- strale, le quattro stagioni dell’ anno vi arrivano parimente in tempi opposti a questi, in cui succedono in Europa , e quan- tunque il passaggio dal freddo al caldo vi sia poco sensibile, le medesime però sono ben caratterizzate . La primavera, co- ò —_)(13 )( me è noto a quelli che hanno qualche tintura di Geografia , vi principia a’ 22 di Settembre , l’ Estate in Dicembre, |’ Autun- no in Marzo, e il Verno in Giugno. Dal principio della Primavera sino alla metà dell’Autunno il Cielo è sempre sereno in tutto il Regno, maggiormente tra i gradi 24 e 30 di latitudine, essendovi Haro anno in cul ca- da qualche leggiera pioggia in questo tempo. Nelle Isole di Chiloe però , SAT la gran quantità di boschi, che ingombra- no quel terreno, piove anche di state con frequenza . Le piog- gie principiano nel continente dalla metà d’Aprile sino a tut- to Agosto. Nelle Provincie boreali, quali sono il Coquimbo, e il Copiapò, esse sono molto scarse. In quelle di mezzo suol piovere tre o quattro giorni di seguito , i quali vengono alter- nati da quindici o venti sereni. Queste pioggie sono tranguil- le senza tempeste di grandine o tuoni, le quali neppur di sta- te si fanno sentire ne’ paesi situati fuor delle Andi, benchè in quella montagna e nel vicino mare se ne formino di quando in quando alcune, che secondo i venti predominanti sono por- tate via o a Settentrione , o verso Il mezzo-giorno . Quindi si vede, che la materia elettrica, cagione probabilissima di tali fenomeni , o attirata dalla gran copia di metalli, che racchiu- donsi in quelle terre, come vedremo in seguito, o dissipata da qualche altra causa a noi ignota, non ha I’ opportunità di con- densarsi sufficientemente in quella atmosfera per produrvi i ter- ribili temporali, che cagiona altrove con tanto danno delle cam- pagne e dei viventi , S. XVI. La neve non è caduta finora nelle contrade marittime; in quelle che si avvicinano alla Cordilliera ne suol venire un poco di cinque in cinque anni, e talvolta passa più tempo senza che vi sì vegga. Questa neve o si squaglia a misura che va cadendo, o al più “dura sul terreno una sola giornata. Sulla Cordilliera però dal mese di Aprile sino a quello di Novembre ne piomba una sì gran quantità, che vi si conserva perpetuamente , e rende impraticabile s come abbiamo già detto, la maggior parte dell’ anno il passaggio per questa montagna . Le sue Talfissime vette compariscono sempre bianche, e formano una prospettiva ma- ravigliosa . Gli abitanti del paese, che non hanno nè possono avere delle ghiacciaje o conserve , fan venire la neve a schie- (19 )( na di muli dalle falde più vicine di questi monti per rinfre- scare le loro bevande o per fare de’ sorbetti, de’ quali si fa un gran consumo durante la stagione calda. Ma di questo be- nefizio non godono che le città mediterranee ; le marittime es- sendo troppo lontane dalle Andi, non possono procurarsi que- sta sorta di refrigerio, il quale tuttavia non è assolutamente necessario per loro, essendovi il caldo assai più moderato di quello che sia nei paesi interiori. S. XVII. Alcuni di quei che nel verno s° attentano a passare que- sta montagna, colti da qualche improvvisa burrasca, vi soglio- no restar gelati, come accadde ai primi Spagnuoli , che vi ar- rivarono sotto la condotta di Almagro . Quindi certi Autori sen- za specificare i luoghi, dicono assolutamente, che nel Chili muojono gli uomini di freddo, e tacciano questo paese di som- mamente rigido in virtù del paralogismo tanto usato ai nostri tempi di concludere dal particolare al generale. Il freddo nel- le parti del Chili situate fuori della Cordilliera è talmente be- nigno, che il termometro di M. de Reaumur rare volte ivi scen- de al termine della congelazione. Nessun fiume o ruscello in tutto quel tratto di paese si è mai ghiacciato. Nel mese di Agosto si veggono alcune brine , specialmente nel Chili medi- terraneo , le quali cagionano la mattina un po’ di freddo ; que- sto freddo, che è il più considerabile che vi si senta, cessa un’ ora 0 due dopo il levar del Sole; nel resto della giornata si gode di una temperie simile a quella della Primavera . Non saprei indagare il motivo, che indusse I’ Ab. Sauri a dire nei suoi Elementi di Fisica, che nelle pianure di questo Regno il freddo è per modo insopportabile, che quegli abitanti si veg- gono costretti d'inverno ad abbandonare le loro case, e a ri- fugiarsi come gl’infelici abitatori delle regioni polari in certe tane. Questo è un aneddoto non meno ignorato da quelli che vi sono stati, che destituito d’ ogni sorta di verisimiglianza stante la situazione geografica del paese. Un freddo di tanta attività neppur si sperimenta nelle Valli delle Andi , sebbene siano attorniate sempre dalla neve. I Nomadi, che vi dimora- no anche d’inverno sotto le tende dicono, che vi sentono po- co il freddo . Questo non potrà parere incredibile se non a quel- li, che non hanno veruna idea della stupenda altezza di quei X 20 \( monti, i quali a guisa di mnri impenetrabili trattengono da ogni banda il corso dei venti, e impediscono la evaporazione causa primaria del raffreddamento dei corpi. ,, Nelle più alte regioni delle Andi, dice il Baron d’ Humboldt, non è il fred- do giammai molto intenso, tuttochè sensibilissimo in grazia forse della somma rarezza dell’ aria. Presso la cima del Chim- boraso additava il termometro solamente un grado e otto mi- nuti sotto lo zero. Sul Vulcano di Antisana all’ altezza di 2773 tese (323 tese più alto della cima di Mont-blane) all’ DID ra ombra era la temperatura di 19 gradi .... Alcune Città vi 29 29 DI DI 29 29 so SONO piantate tanto alto quanto il Pico di Teneriffe . La fat» 5» toria di Antisana è a 4rîo metri .,, 6. XVII. Ciò nonostante l opinione concernente I’ eccessivo freddo delle regioni australi dell’ America è per modo stabilita, mal- grado la renitenza del C. di Buffon , che sarebbe temerità il voler contrastarla. Ma mi sia lecito almeno di proporre alcuni dubbj circa un fatto sì universalmente ammesso . Il Gommodor Byron promotore di questo sentimento nel medesimo tempo, che paragona nel suo viaggio intorno.al Mondo la temperatu- ra dell’ estate magellanica col clima d’ Inghilterra a mezzo in- verno, ci dà un ragguaglio ico |nziato? della bellezza e fe- condità di quelle terre; dei fiori che vi crescono non inferio- ri, come egli dice, nè per la varietà e lustro dei loro colori, nè per i srati odori ch esalano , a quelli che si coltivano nei Folio Europei; degli alberi così grandi e superbi, che cre- de che non possano vedersi di più Bella elevazione, e di una grossezza tale che la circonferenza del loro tronco è di più di ventiquattro piedi; degli alberi del pepe, e di Winter, che vi sono assai comuni; finalmente della quantità innumerabile di pappagalli, e di altri begli uccelli, che frequentano quelle selve . Questa esposizione è vera e conforme a tutto ciò, che rac- contano molti altri viaggiatori di quella contrada. Ma una sì ridente e sì esuberante vegetazione può stare mai con un fred- do sì eccessivo? I pap pagalli, uccelli amantissimi del caldo, pos- sono mai soggiornare volentieri sotto un clima condannato ad un perpetuo o Imperciocchè se la state vi è così rigida da paragonarsi col cuore del verno d’ Inghilterra , quale idea si dee 2: )( mai formare delle invernate magellaniche ? La cannella Win- teriana non solamente si trova in abbondanza nelle rive borea- li dello Stretto, ma anche nell’ Isola del Fuoco, come asseri- sce il Cap. Cook nel suo secondo Viaggio . Contuttociò quest'al- bero che vi vegeta prodigiosamente a Cielo scoperto, non può reggere all’inverno d’inghilterra , dove è stato trasportato, se non mediante il calore artifiziale delle stufe . I mari, che circondano e attraversano quelle deserte re- gioni, benchè ricevano una gran quantità d’ acqua dolce , non si sono mai ghiacciati. I vascelli Europei, che ritornano dall’ Oceano Pacifico , voltano d° ordinario il Capo di /orr in tem- po d’ inverno. Io navigai nel mese di Giugno 1768 nei mede- simi mari sino alla latitudine di 61 gradi senza avervi trovato il menomo indizio di congelazione, e il freddo, che vi si sen- tiva, non era più intenso di quello che si suol provare qui n Bologna durante |’ inverno, quantunque per quel Glima cor- resse allora la medesima stagione . Le Isoie di ghiaccio ondeg- giante , che sogliono incontrarsi di state in quei mari, vi ven- gono portate per mezzo dei venti australi dalle regioni antar- tiche. I Francesi, che nel 1761 si erano stabiliti alle isole Ma- laine situate presso lo Stretto Magellanico, affermano, che l’in- verno che vi passarono non fu punto rigoroso, e clie la ne- ve non vi venne mai in quantità da coprire le fibbie delle scar- pe. Il Cap. Cook osservò ancora, che il termometro indicava di rado nel mar Pacifico il punto della congelazione, finchè non si fu arrivato ai gr. 60 e più verso il Polo australe, nel mentre clie si teneva a questo punto dai gr. 54 nei mari Atlan- tico e Indiano. Da tutto ciò si può inferire, che quel Clima non si differenzia nella temperatura dall’ analogo europeo, e che ridotto il paese a coltura forse ne diventerebbe migliore a cagione de’ gran ripari, che gli forniscono i monti circon- vicini delle Andi. CNIT. Siccome le stagioni nel Chili, secondo quello che abbia- mo detto, hanno il loro corso in mesi diversi da quelli, in cui succedono nell’ Europa, così le correnti deli’ atinosfera vi han- no ancora delle proprietà contrarie. I venti del Nord, e del Nord-ovest vi portano immancabilmente le pioggie, e quelli del Sud, e del Sud-ovest al contrario dissipano le nuvole . I (22 ( Nazionali si prevalgono con successo di questa specie di baro- metro naturale per conoscere i prossimi cangiamenti dell’ atmo- sfera, e regolarsi nei loro affari. Le qualità fisiche di questi venti sono pure nell’ Emisfero australe reciprocamente opposte a quelle, che essi hanno nell’ Emisfero settentrionale . Il ven- to del Nord con i suoi collaterali, attraversando la Zona tor- rida per arrivare a quelle parti, è caldo ed umido a cagione de’ gran vapori, di cui si carica nel suo passaggio fra i due Tropici. Nel Tucuman e nel Cujo, dove esso si nomina Sor- da, è più soffocante che non è il Sirocco, che regna in Ita- lia. Entrando però nel Chili, siccome passa per le nevose vet- te delle Audi, vi si spoglia delle sue cattive qualità , e rima- ne con un grado moderato e piacevole di calore . Il vento del Sud con gli altri, che soffiano da quella ban- da, venendovi immediatamente dal Polo antartico, è fresco e secco . Questo vento, che per lo più declina al Sud-ovest, do- mina nel Chili tutto il tempo, che il Sole trovasi nell’ Emi- sfero australe , il quale col rarefar la sottoposta atmosfera di- viene forse una delle principali cagioni del suo costante corso verso l’ Equatore, obbligandolo ad occupar quei luoghi meno resistenti secondo le leggi idrostatiche dei fluidi per conservar- vi l’ equilibrio. Non essendo contrariato dai venti piovosi , che alternativamente regnano con esso nel verno, scaccia allora dal Cielo Chilese verso le Andi tutti i vapori, che potevano con- densandosi risolversi in pioggia, e vi mantiene la perenne scar- sezza d’ acqua piovana, che abbiamo indicato . Le nuvole, che si formano coi suddetti vapori attirati e raccolti sulle Andi, innoltratesi peri luoghi più bassi di quel- Ja montagna passano all’ Oriente, ove imbattendosi in quelle che vi arrivano dall’ Oceano Atlantico, mediante il fuoco elet- trico, che comunicansi a vicenda, si disciolgono in pioggie di- rottissime accompagnate da furiosi tuoni, come ben osservò il celebre Franklin (exper. sur l’Elect.) Così nel mentre che l’at- mosfera Chilese conserva il suo bell’ azzurro, e gode della mag- gior serenità, il Tucumàn, il Gujo, e gli altri paesi cisandini, che soltanto ne sono discosti per mezzo della Cordilliera, ven- gono innondati dalle più copiose acque, e molestati dalle più orribili tempeste . Tutto il contrario avviene nell’ inverno : que- sta stagione è serenissima per le sovraccennate Provincie, e piovosa pel Chili. La montagna colossale delle Andi vi produ- ce il medesimo effetto , che si osserva in quella di Gates si= )(23 )( Ì tuata nella Penisola occidentale dell’ India, la quale dà alter- natamente la state, e 1° inverno alle coste vicine di Malabar, e di Coromandel; tanta è 1’ efficacia, che hanno le montagne per modificar la costituzione fisica dei paesi . Il vento del Sud però non domina nelle Provincie Chilesi tutto il giorno colla medesima energia; questa si rallenta a mi- sura che il Sole s° approssima al Zenit, e non ripiglia il suo vigore, che verso le tre o quattro ore pomeridiane . Circa il mezzodì, quando esso è assai languido, si leva dal mare un venticello fresco, il quale dura presso a poco due ore. 1 Na- zionali lo chiamano Verticello delle dodici, o V orologio de’ Contadini, perchè esso serve loro di regola per sapere l’ ora del mezzogiorno . Siccome il medesimo zefiretto torna a spirar verso la mezza notte , così è da credere, che abbia origine dal- le maree . Col calar del Sole cala anche la forza del vento australe. I vapori che rimangono sparsi e invisibili nell’ atmosfera , o che vi si formano di nuovo, si concentrano allora, e si convertono in rugiada, la quale è copiosissima nelle notti di Primavera , di State, e di Autunno in tutto il Regno, e ricompensa ab- bondantemente la mancanza di pioggie, cfie in queste stagioni si sperimenta: quindi ne avviene che la campagna sempre lus- sureggia , e la vegetazione non perde niente del suo vigore . Benchè allora I’ aria per motivo del gran sereno sia carica di umidità essa non è perniciosa, i contadini, e i viandanti per lo più dormono a cielo scoperto per godere del fresco senza ri- sentirne incomodo alcuno . La rugiada è nociva quando pro- viene dalle paludi, o dalle acque stagnanti, delle quali quel paese attesa la sua declività è affatto libero. Questi stessi va- pori levandosi in maggior copia dal mare producono sulle co- ste in tempo d’autunno alcune nebbie, le quali non durano | ordinariamente che sino a due o tre ore innanzi al mezzo giorno. S. XX. Alla regolare alternativa di questi venti periodici deve il Chili la piacevole temperatura di cui gode nelle stagioni cal- de, che non poteva aspettarsi dalla sna situazione vicina alla Zona torrida, e nel tempo appunto, che la terra s’ accosta più di un milione di leghe al Sole. A rinfrescarvi maggiormente l’ aria si uniscono anche le solite maree, gl’innumerabili fiumi 24 X( allora esuberanti che innaffiano il terreno, e certa aura soave, che scende dalle nevose Andi molto differente dai venti orien= tali, 1 quali trattenuti da quelle enormi eminenze non arriva- no a farvisi sentire. Il calore mercè questi refrigeri naturali viè talmente moderato, che quando si sta all’ ombra non pro- voca mai il sudore . Gli abitanti delle contrade marittime si vestono della stessa maniera di state, che d’ inverno. “Nelle valli mediterranee , ove il caldo si fa maggiormente sentire , il mercurio suol montare nel termometro Reaumuriano a 25 gra- di all’ aria aperta s sicchè la temperatura media vi si può ripu- tare a 13 gradi. Le notti estive sono deliziose in tutto il pae- Ciò non ostante questo calore sì piacevole cospirando col sotterraneo, che vi sembra più forte che altrove, è sufficiente per condurre a perfetta maturità tutti i frutti’ anche quelli, che vengono soltanto sotto la Zona torrida . Le regioni confi- nanti all’ Oriente col Chili, essendo prive della maggior parte di tali a genti. rinfrescanti, soffrono nel medesimo tempo un ca- lore afannoso , e a dispetto delle leggi graduali promulsate dal Sig. Paw niente inferiore a quello SO si fa sentire nelle con- trade del vecchio Continente situate sotto i medesimi paralle- li. Ma la natura si compiace di trasgredire le leggi, che fan- nosi senza consultare il locale dei paesi, a cui si vogliono im- porre . Tutto ciò che ho riferito fin quì, e che sono per dire, vien confermato dall’ elegante Scrittore Inglese degli stabili- menti europei in Ancliap il quale nel i TL. part, Sei 0ap. 12. dice ,, Verso il mezzodì del Perù sta immediatamente si- sg tuato il Chili, il quale estendesi come una lunga, e stretta so striscia dietro le Coste del mare detto del Sud. Quivi l’aria 9, è notabilmente chiara e serena, e il tempo vi è presso che so S©mpre costante per tre parti dell’anno, piovendovi assai po- s, co durante tal pèrio: lo. In contraccambio della pioggia una sg benigna rugiada ogni notte, e li copiosi ruscelli, che ven- », gono somministr ati dalle vicine Andi , rendono E la pia- (9, DUra, € fanno che pre oduca a frumento , vino, olio, so e frutti quanto il numero degli abitanti, il quale è piccolo 99 aSsal E e la loro MOLE Le la quale non è che mediocre, può s» far che ne venga coltivato. Se il Governo si mostrasse un 39 PO più favorevole ; e volesse dar coraggio alla industria, e 9 vi fosse maggior pop ;olazione , difficilmente veruna altra parte ss del mondo potrebbe stare a competenza con coc desta . Poichè sì nel tempo stesso, ch’ essa gode un’ aria sanissima, ed è ri- (25 )( s scaldata da un calore , il quale in verun modo non è affan- ,; noso , vi crescono molti frutti di quei, che non sogliono ve- ,s nire che fra li Tropici, nè spontaneamente mai, che sotto >> la Zona Torrida . Nel piano Iussureggia codesto paese di quan- ,» to può esser necessario e dilettevole , e verso i monti è quan- 3, to possa dirsi ricco di vene d° oro, ar gento, rame , piombo, sy ferro e mercurio . Quelle d’ oro sono È più lavorate ) ed in sy Vero evvi appena un ruscello nel paese , nelle di cui arene s, non trovisi in poca o molta quantità dell’ oro . ,, S. XXI. La semplice e sincera esposizione, che abbiamo fatta del- le benefiche qualità dell’ atmosfera Chilese , indica sufficiente- mente qual debba essere la sua influenza sopra la salute degli abitanti. Non vi è stata finora conosciuta, per quanto sappia- MO , alcuna sorta di peste ; il, vajuolo però viene significato da quei popoli sotto questo nome. Questa micidial malattia intro- dottavi dagli Spagnuoli si fa sentire qualche volta nelle pro- vineie boreali del Regno, e allora gli abitanti delle Provincie opposte obbligano i passeggieri a farvi la quarantena, come si pratica in Europa in tempo di peste. Quindi è che quella par- te del Chili si è conservata tuttora esente da questo contagio, e quelli che vi menano tutta la loro vita muojono senza aver- lo sperimentato . Ciò prova evidentemente, che esso non è in- nato, come vorrebbero alcuni, nella costituzione umana: la sua introduzione in Europa non oltrepassa I° ottavo secolo dell'Era volgare. I medici Greci e Romani anteriori a questa epoca non ne ivo punto menzione . Si crede comunemente , che sieno stati gli Arabi o Saraceni quelli, che abbiano fatto nel tempo delle loro conquiste questo funesto dono all’ Occidente, dove ha portato e porta via, stante la sua non interrotta continua- zione, più gente di quella che abbiano distrutta le più famose pesti, di cui fanno menzione le storie. Gli Araucani, che so- no peranco liberi da tal malore, allorchè sanno che alcuno di loro ne sia infettato per aver avuto commercio con gli Spa- gnuoli, preferendo la salute pubblica al ben particolare, lo bru- ciano dentro la propria casa con frecce infuocate . Siffatte pre- cauzioni hanno arrestato questo contagio dentro i termini pre- detti. Un medico Chilese dell’ Ordine di S. Gio: di Dio nomi- nato Fr. Mattia Verdugo fu il primo ad introdurvi la inocula- 4 205] zione nell’anno 1768, la quale ha avuto in seguito un gran successo . Si dice, che per superior comando vi sia stata porta- ta anche la vaccinazione, dalla quale si sperano le più felici conseguenze . Le febbri terzane e quartane sono parimente sconosciute nel Chili, e gli abitanti de’ Regni circonvicini ben consapevo- li di questa prerogativa, quando non possono liberarsene colle medicine usuali, si portano ad abitare in questo paese , dove fra poco colla mutazion dell’ aria restano perfettamente guariti. Nella state però e nell’ autunno sogliono sentirsi in certi anni alcune febbri ardenti, specialmente fra la gente di campagna, le quali vengono accompagnate da una specie di delirio . 1 Na- zionali le chiamano CAhavo-lonco , cioè malattia della testa, e le curano con var} specifici del Regno vegetabile, che loro sono stati insegnati dall’ esperienza . S. XXI. STIA ita Il morbo venereo, aveva fatto poco progresso nelle Terre, che abitano gli Spagnuoli; ma sento a dire, che vi si è di già propagato non meno che nell’ Europa. E più raro assai fra gli Araucani, i quali non hanno nella loro lingua un vocabolo pro- prio per significarlo : questo è un indizio certo, che esso non vi è stato introdotto , che dopo l’ Epoca delle conquiste spa- gnuole . L’ opinione circa l’origine americana , che comunemen- te si dà a questa schifosa malattia, comincia a perdere il cre- dito . Alcuni medici europei per iscaricare le proprie nazioni dalla infame taccia di averla eccitata in Europa, ne adossaro- no volentieri gli Americani, credendoli poco capaci di confu- tar la loro asserzione . Gli altri medici senza ulterior esame se- guirono la loro autorità come si usava in quel tempo; ma le cose sisono cambiate al presente; l’antorità vale poco o nien- te qualora non sia fondata nell’ esperienza o nella ragione. I dotti moderni trovando insufficienti le prove di tal genealogia, cominciano a dubitarne, e a cercar di quà dell’ Oceano la cau- sa primordiale di quella lue, la quale, a dire il vero, non pare difficile a rintracciare . Ce ne ha dati già bastanti indizj per iscoprirla il cel. Pressavin nel suo eccellente Trattato sul- le affezioni sifilitiche . Il Naturalista Forster, che scorse il mar Pacifico coll’ ardito Cook, ebbe il coraggio ancora di opporsi alla radicata opinione, e in una delle sue istruttive Dissertazio- X 27 )( 6. XXIIL mi fisiche inserite nel V. tomo del secondo viaggio di quel fa- moso Navigatore sostiene con forti prove la insussistenza della propagazione americana di quel male. Il suo esempio si va di- latando insensibilmente, e pochi sono ormai i dotti, che sieno di diverso parere . (a) Il commercio senza dubbio arreca infiniti vantag ggl alle Na- zioni, che lo praticano con intelligenza ; ma fra questi vantaggi si frammischiano non pochi mali, come pr in tutte le isti- tuzioni umane . Non si può negare, che esso non sia il veico- lo dei vizj e dei morbi stranieri, che infettano i paesi com- mercianti. Per mezzo di iui si è introdotta nel Porti orientali dell’ America la stravagante pestilenza detta Ma/ di Siam, Vo- mito nero y € lebbre gialla. Il P. Labat, che si trovava alla Martinica nel principio del secolo scorso , racconta nel suo Viag- gio alle Isole dell’ America, che una nave procedente dal Re- no di Siam in Asia la portò al Brasile, di dove sotto il no- me di Mal di Siam si era sparsa nelle Antille . Lo stesso as- sicura Feuiliée tom. 3. pag. 156, il quale nomina Ori/lama il vascello appestato, e aggiunge che esso perì con tutta la sua gente nel ritorno in i Da quelle Isole è passata ai Por- ti degli Stati-Uniti, ed anche in Europa. Le Coste del mar Pacifico ne sono tuttora esenti. E assai singolare 1° indole di questa epidemia : : ella pare non amare, che i Porti. L°aria ma- rittima è la sua aria vitale ; i luoghi mediterranei non la com- portano . Stabilità da lungo tempo n) porto di Vera-Croce non si è estesa sino al Messico, malgrado il continuo commercio , che si fa senza veruna precauzione fra l’ una e l’altra Città . Pisa non le diede albergo nel suo circondario, nel mentre che Livorno quasi suburbano n°era infettato . (a) ;) Je persiste donc à croire , que les Navigateurs anciens ou mo- dernes , qui ont découvert les iles de la mer du” Sud, y ont apporté la maladie vénérienne : Je pense néanmoins avec quelques savans , que cer- te cruelle maladie n’a pas été pour nous une suite de la découverte du ‘nouveuu Continent de l’Amérique ; où il paratt , quelle était FAGORIe avant que les Navigateurs l y den: > tandis que sa généalozie semble lui donner une existence plus ancienne en Europe . . Les Amé- ricains ont peu de chose à mettre en compensation du terrible fléau de la petite vérole qu'il nous deivent , et qui a fatt chez cux tant de ra- 33 VUGES. 3, Muilet-Mureau voyage de la Pervuse tom, 4. pag. 31. X 28 )( 6. XXIV. Ta rachitide, che da tre secoli in quà inerudelisce contro i fanciulli in quasi tutta 1’ Europa, non è arrivata finora nep- pur essa a quelle parti, onde sono pochi gli storpiati, che vi si veggono . ,, Gli Americani sono generalmente ben fatti, 3, dice Raynal Istor. fil. I. 11. c. 18. Appena se ne vede qual. », cuno afflitto dalle deformità cotanto comuni negli altri cli- sì mi; hanno tutti generalmente un'estrema flessibilità nelle so loro membra . ,, Alcuni Autori trasandando le cause più ov- vie, e più naturali di questa prerogativa, hanno voluto piut- tosto per renderne ragione incolpar le madri americane della inumanità di uccidere i propri figliuoli, qualora nascono disfor- mati, come facevano gli antichi Spartani. Ma sì fatta imputa- zione , almeno nel Chili, è del tutto insussistente . I Missiona- ri, che dimorarono molti anni tra i Chilesi pagani, non potero- no mai scoprirne la minima traccia. Le eruzioni cutanee sono pure rarissime fra quei popoli; la lebbra non vi è conosciuta nemmen di nome . M. de la Con- damine aveva già osservato, durante il suo soggiorno in quei aest, che i cani, e i gatti non andavano soggetti alla rabbia nell’ America meridionale, come lo erano nella settentrionale : questo è un altro fenomeno da aggiungere a tanti altri, che sconcertano tutti i sistemi finora inventati per ispiegare l’ ori- gine della idrofobia. Le medesime pretese cause eccitanti si trovano in tutteddue le Americhe , energiche nell’ una, e inef- ficaci nell’ altra . L’etiologia di questa sorta di tossico animale rimarrà , per quanto pare, lungo tempo occulta . CRAY, 4 La umanità non per tanto, benchè esente da questi pochi malori, che coll’ andar de’ tempi vi si renderanno forse aache comuni, è esposta in questo paese non meno, che nel resto del nostro Globo, al nuineroso stuolo delle altre malattie, che affliggono i discendenti d’ Adamo . Nulladimeno quando si sta lontano dai disordini vi si gode anche una lunga vita: se ne contano molti non solo fra gl’ Indigeni, che vivono frugalmen- te, ma ancora tra i discendenti degli Europei, che hanno ol. )( 29 )( trepassato il centesimo anno della loro età .(«) Il Paw e i suoi seguaci avrebbero ben voluto raccorciare la vita degli Ameri- cani, ma a loro dispetto gli Stati-Uniti, il Messico, il Perù, il Tucumàn, e il Chili hanno veduto ai nostri tempi, come si raccoglie dagli avvisi pubblici, parecchi individui arrivar sani e vigorosi all’età di circa 120 anni. L’aria dell'America , secondo le ultime osservazioni eudiemetriche fatte in tutte le sue zo- ne , contiene la medesima quantità proporzionale di ossigeno , che si trova in quella delle altre parti della Terra. Il Baron d° Humboldt ne ritrovò qualche cosa di meno sulle alte cime delle Andi nel Quito, il che per analogia deve succedere in tutte le montagne di notabile elevazione . Gi RAI: Da tutto ciò che abbiamo detto circa la temperatura del Chili, si potrebbe inferire , che la popolazione corrispondesse ai vantaggi della sua situazione : ma è succeduto tutto l’ oppo- sto sino a questi ultimi tempi. Due cause morali fra tante al- tre di minor rilievo vi hanno contrariata l'energia delle canse fisiche. La prima si è la guerra, che dal principio dcila con- quista si è continuata con pochi intervalli di pace sino ai no- stri dì tra gli Araucani e gli Spagnuoli, la quale ha assorbito innumerabil gente dall’ una e dall’ altra. parte. La seconda e forse ta principale è lo svantaggio, a cui quel Paese è stato soggetto riguardo al commercio, che è per così dire il padre della popolazione. I Chilesi fino alla metà del secolo passato non aveano avuta comunicazione diretta con l’ Europa, nè po- tevano mandar le loro produzioni altrove fuorchè al Perù . Co- sì tutti 1 generi importati, ed esportati passavano per le mani dei mercanti Peruani, i quali per conseguenza godevano di tut- il profitto . La industria stante questo pernicioso sistema lan- guiva affatto, e la popolazione, che ne dipende, veniva sein- pre meno. Ma adesso che il commercio si fa direttamente coi bastimenti europei, i quali vi vanno tutti gli anni, questo fe- fara CT Co cn Li-_@ec@-@-@@ (a) ;; Aucune maladie n° est particulicre à ce Pays; mais il en est 33 une, qui y est assez commune (le siphilisme ) et que je n’ ose nomme r; 25 Ceux qui sont assez heureux pour s'en garantir, parviennent à une age 33 tres-uvancé ; il y a à la Conception plusicurs centenaires. 3; Voy. de la Perouse Tom. 2. pag. 70. )( 30 X( lice Regno comincia a popolarsi grandemente , e ad innalzarsi a quel grado d’importanza, a cui lo destinano i suoi naturali van- taggi . Le Città si accrescono , i borghi si moltiplicano, i porti si rimettono , le possessioni troppo vaste si dividono in predj mediocri, e le campagne prima trascurate si coltivano con pre- mura, e si riempiono di gente . La popolazione favorita dappertutto non teme nè 1 disastri destruttori delle sue fatiche, nè i nemici interni o esterni , che possano disturbarle . Il paese fra le doti preaccennate ha an- che quella di esser libero affatto. da bestie nocive. Non vi s° incontrano nè tigri, nè lupi, nè orsi, nè vipere , nè altri ser- penti, 0 animali velenosi che possano incutere timore . Le. po- che Da che vi si veggono sono di quella specie innocente, che in Italia chiamano discie angiole . Nei boschi più folti del- le montagne si trovavano alcuni di quegli animali, che gli Spa- gnuoli nominano abusivamente leoni, totalmente diversi per la statura, e per la ferocità dai leoni africani, i quali assaltava- no qualche volta le bestie domestiche ; che pascolano in quel- le boscaglie. I Contadini ne hanno distrutta quasi interamente la specie; dopo mille ricerche io non potei vederne altro, che uno preso dai medesimi contadini. Siccome essi fuggono db tut- ti i luoghi frequentati dagli uomini, così io credo, che si sia- no ritirati al di là delle Cordilliere verso le Terre. magellani- che. Onde si può stare e dormire senza sollecitudine alcuna in qualunque sito della campagna e dei boschi . ta) Questa do- te del Chili di non albergar tali bestie diviene più ammirabi- le È qualora si rifletta, che le regioni confinanti ne vanno as- sai infestate. Può darsi che la gran catena delle Andi siccome estremamente ripida e sempre mai coperta di neve impedisca loro l’entrata. Può accadere ancora, che la benignità del cli- ma sia loro contraria, perchè questi animali amano per la mag» gior parte i paesi caldi. [= kcieCo- lei -==lesmi@=>-G in seen ninni =] (a) 3) Non vi sono bestie velenose, e quantunque nei campi e nei ho- 33 Schi si veggano alcune biscie , le loro morsicature non sono nocive . 33 Non si trovano nemmeno animali salvatici feroci, che possano far pau- o» ra; cosicchè questo. Paese impiega tutta la sua fertilità , e benefica 3; natura in rendere agli abitanti tutto ciò che possono desiderare per la 33 Vita senza incomodo ulcuno . ;; Uiloa viag. Tom. 3. L. 2. cup. 3. sl 31 X +: $. XXVII. Li To non Si ici esporre lo stato presente delle Provincie Chi- lesi con minor nota di pazialità ec maggior precisione di quel- lo, che ha fatto il cel. Raynal nella sua storia filosofica lib. 8 cap. 5, della quale perciò mi sia permesso d’ inserire anche quì il seguente estratto fedelmente tradotto . ,, Questi uomini (4 so Ghilesi) Sani e robusti ‘vivono per la maggior parte sopra »9 delle piantagioni sparse, e coltivano colle Toro proprie mani s, un terreno più o meno vasto. Essi sono incoraggiti a questi 3* lodevoli lavori da un Cielo sempre puro, e sempre sereno; », da un clima il più aggradevolmente temperato dei due Emi- na sferi ; sopra tutto da în suolo, la cui fertilità sorprende tut- so ti i viaggiatori. Sopra questa felice terra le ,raccolte di vi- sy o di frumento, di olio, sebbene assai negligentemente pre- si parate, sono quadruple di quelle, che noi ‘oliena con s, tutta la nostra attività, e tutti i nostri lumi. Nessuno dei o frutti dell’ Europa vi ha degenerato . Molti dei nostri anima- so li si sono perfezionati, e i cavalli in particolare hanno acqui- so Stato una velocità, e una fierezza, che non hanno giammai » avuto gli Andaluzi; dai quali discendono . La natura ha por- », tato più oltre ancora i suoi favori; ella ha fornito altresì pro- », digamente questa regione di un eccellente rame, che è im- 3 piegato utilmente nell’ antico e nel nuovo mondo ;. ella le s, ha dato dell’ oro . ,, i 6. XXVII. Abbiamo esposto fin quì i principali pregj, di cui la Na- tura si è compiaciuta di corredar il clima chilese . Questi pre- g] però non sono totalmente esenti da ogni incomodo ; niente si trova del tutto perfetto in questo globo sullunare . Il Ghili in mezzo alla sua invidiabile prosperità è di quando in quando disturbato dal funesto flagello dei Terremoti. La sua ricchezza stessa n° è la causa. Il suo terreno soprabbonda di solfo, e di minerali d’ ogni sorta. I copiosi solfuri, che nelle sue visce- re si (mica venendo bagnati dopo la siccità ‘estiva dalle acque pluviali dell’autunno, fermentano, e si accendono . L’ac- qua VI si decompone snai 3 |’ ossigeno si unisce al solfo e forma l’ acido solforico ; 1° idrogeno divenuto libero scap- pa con gran fracasso sconquassando il terreno soprastante, lin X 32 )( cendio e lo scuotimento si propagano di mano in mano ; tutto si mette in convulsione, si formano dei nuovi fluidi elastici ; col loro concorso si aumenta lo sconcerto ; la terra trema, o sì spacca in profonde caverne, onde nascono i Vulcani a pro- porzione della maggiore o minor quantità degli agenti, che vi concorrono , o promuovono l’ effervescenza . I Filosofi hanno sempre tentato d’ indagare le canse di questi terribili fenomeni. I Babilonesi, astrologi per inclinazio- ne, gli attribuivano agli astri; i Greci ai venti; i Romani all’ acqua : questi s’ accostavano più. al vero. Le opinioni poi dei moderni s’aggirano tutte sull’attività dei fuochi sotterranei , sul- la dilatazione dell’ aria e dell’ acqua, sulla produzione dei fluidi elastici, e sull’ elettricità ; ma la presenza di questa ultima sem- bra piuttosto un° effetto, che una causa delle commozioni ter- restri. Si sa che l’ acqua gettata sulle materie ardenti produ- ce un’ elettricità fortissima; non negherò tuttavolta, che essa non ravvivi l’ esplosione già principiata . Altri hanno voluto incolpare i soli Vulcani della produ- zione dei Terremoti; ma i Vulcani del pari che i Terremoti provengono dalla cagione medesima , cioè dalla sotterranea ef- fervescenza dei materiali combustibili, che devono trovarsi in gran copia fra gli strati interiori del Globo . Qualora lo sfogo di questa effervescenza , che d° ordinario succede per l’apertura dei Vulcani, viene per qualche accidente impedito, le scosse ricominciano con furore come accade spesso nei paesi sottopo- sti alle violenze del Vesuvio e dell’ Etna. E una felicità per una regione l’ avere in vece di uno molti Vulcani, perchè ot- turandosi lo spiraglio di qualcuno di essi, seguita lo sfogo ad avere il suo corso per le aperture degli altri, giacchè pare che vi sia qualche comunicazione. fra i monti ardenti di un medesimo paese . Il Chili, stante 1’ abbondanza d° ingredienti abili ad eccitar le fermentazioni sotterranee che contiene nel suo seno, sarebbe un paese inabitabile, se la provida natura non avesse aperto nella sua montagna quindici Vulcani attual- mente in attività , quali oltre questo inestimabile benefizio non gli arrecano verun fastidio , perchè le loro eruzioni si limita- no dentro i monti, che li sostentano . Qualche volta si spiccano da quella montagna dei globi di fuoco di tre o quattro pollici apparenti di diametro, i quali 0 sia che vengano lanciati dai crateri vulcanici, o si formino in quell’ atmosfera, vanno a precipitarsi con fragore nel mare, 0 X 33 )( si disfanno nell’aria; nessuno è caduto finora dentro terra, on- de non si è potuto osservare di qual materia siano composti, o se appartengano a quella specie di pietre dette mezeoriche , che si suppongono cadute dall’aria. Questi globi d’ ordinario non si veggono, che verso la metà dell’ autunno, e precedono per lo più i terremoti, che incominciano a sentirsi in quella %; stagione insieme colle piogge . S. XXIX. Dall’arrivo degli Spagnuoli in quà, cioè nello spazio di 263 anni, non si sono sentiti nel Chili, che cinque terremoti grandi. Il primo nel 1550 rovesciò alcuni borghi nelle contra- de australi. Il secondo nel 1647 ai 13 Maggio rovinò molti edi- fiz) nella Capitale. Il terzo nel 1657 a’ 15 Marzo ne distrusse una gran parte. It quarto nel 1730 agli 8 Luglio spinse il ma- re contro la Città della Concezione, e ne atterrò tatti gli edi- fizj. Il quinto nel 1751 a’ 24 Maggio sconguassò affatto la me- desima Città, e rivoltandovi sopra il mare la seppellì sotto la sabbia e i rottami. Questo gran terremoto venne annunziato da alcuni piccoli tremuoti nelle notti precedenti , e specialmente da uno sentitosi un quarto d° ora innanzi, così ancora da un globo di fuoco , che scorse verso Ponente con una specie di fi- schio. La grande scossa principiò a mezza notte incirca, e du- rò più di un minuto; ma la terra traballò quasi continuamen- te sino all’aurora. Avanti il terremoto il Cielo era chiaro dap- pertutto , ma immediatamente dopo si coprì di dense nuvole, che arrecarono una pioggia assidua di otto giorni. Passata la pioggia tornarono i terremoti leggieri , 1 quali seguitarono poi un mese intero con l’intervallo di 15 o 20 minuti. Non si seppe , che in tutto il Regno fosse perita alcuna persona a ri- serva di sette invalide , che furono ingojate dal mare nella som- mersa Città della Concezione. La mortalità nei precedenti ter- remoti, i quali vennero anche di notte, fu parimente di poca o niuna considerazione. La direzione di tutte queste scosse è stata sempre dal Sud al Nord , cioè relativa alle correnti marine, che vi seguono il medesimo rombo. Quindi è probabile assai, che il mare vi ab- bia molta parte. Il danno, che arrecarono alla Città della Con- cezione i due accennati terremoti, non sarebbe stato gran co- sa, se le acque marine agitate forse da qualche interna esplo- ‘ }(S4 X sione vulcanica non si fossero rivoltate sopra gli edifizj già va- cillanti. Laonde verisimilmente ne avviene, che i Paesi situa- ti all'Oriente delle Andi non vadano soggetti, che poco onul- la a questo infortunio. Nulladimeno le due Provincie Chilesi Copiapò e Coquimbo, benchè marittime e abbondanti di mi- nerali, ne sono anche libere. Si presume comunemente, che il loro terreno sia interiormente intersecato da vaste caverne , perchè in alcune di quelle campagne si ode qualche volta una specie di romore sotterraneo, come se vi corressero di sotto delle acque o dei venti. Queste caverne, la cui esistenza non è improbabile, servono forse di contrammina per impedire i progressi delle intestine convulsioni, a cui soggiacciono le con- trade limitrofe, e per dare uno sfogo ai materiali accesi nelle proprie viscere . I tremuoti leggieri si fanno sentire nelle altre Provincie chilesi tre o quattro volte 1° anno. Queste -scosse , che prima forse erano di pulsazione, ed esplosione, come ragionevolmen- te si può congetturare dall’ apertura di tanti monti ignivomi, ora non sono che d’oscillazione, ovvero orizzontali; la facilità, che vi trovano , di sfogarsi ne rallenta la violenza. Perciò i terremoti in questo Regno non sono tanto improvvisi quanto lo sono in alcuni dei paesi soggetti a questa sventura ; imperoc- chè principiando debolmente, ed essendo sempre preceduti da un rombo assai sensibile, che pare un effetto dell’aria diver- samente agitata, avvertiscono con qualche intervallo di tempo del loro arrivo , e lasciano agli abitanti lo spazio sufficiente per iscappare dai loro tetti e salvarsi. I Nazionali per mettere in sicuro le loro persone, hanno fabbricato le città adattate a tutti gli eventi, che possono ri- sultare da tal calamità : perciò le strade sono ‘larghe di manie- ra che crollando gli edifizj dall’ una, e dall’ altra banda non vengono ad incrociarsi, e lasciano in mezzo un sito bastante- mente libero per quegli che vi si rifugiano . Le Case inoltre hanno cortili e giardini spaziosi ; ove gli abitanti possono sen- za pericolo ricoverarsi. I benestanti tengono preparate in que- sti giardini delle baracche assai pulite dove vanno a dormire tutte le volte, che si credono minacciati da qualche forte scos- sa. Mediante queste sagge precauzioni i Chilesi si stimano si- » (35 )( curi tanto più, che finora il terreno non si è subissato in ve- run luogo del basso-Chili, quantunque alcune delle scosse so- vraccennate sieno state assai gagliarde, il che parimente deesi attribuire alle contrammine praticatevi dalla natura nelle mon- tagne andine, ove trovansi per la maggior parte 1 serbato], che contengono gli agenti fisici delle intestine fermentazioni, che agitano quella parte del Globo. Nb.0.000 Alcuni pretendono, che dallo stato dell’ atmosfera si pos- sa con sicurezza presagire il prossimo arrivo di un terremoto . Io non nego la possibiltà, ma confesso ingenuamente, che aven- do impiegata tutta l’ attenzione , di cui son capace, nel com- binare i diversi aspetti che presenta 1’ atmosfera, allorchè la terra si scuote, non ho potuto mai inferirne un indizio analo- go , che nella occorrenza non si trovasse fallace . Essendo io nato, e allevato nel Chili, ho veduto tremarvi la terra così in tempo di pioggia, come in tempo di serenità, quando spirava il vento, e quando l’ aria era tranquilla. Sebbene queste scos- se non vi succedano d’ ordinario che verso la metà dell’ autun- no, o nel verno, tuttavia se ne sono esperimentate alcune an- che di state. I Globi stessi ignei non sono stati sempre segui- ti da scuotimenti . La medesima instabilità nell’ operare di questa terribile causa mi accadde di dover osservare nella funesta crisi, che atterrì Bologna nel 1781. Questa famosa Città , albergo gradi- dito delle Scienze, e delle Belle-Arti, dentro alla quale ho la grata sorte di soggiornare placidamente dopo tante vicende da me scorse di terre e di mari, si trovò allora sottoposta al pari del Chili agl’ insulti dei Terremoti. Le scosse furono precedu- te quì, come succede colà, da una siccità di più di due mesi, e da un’ abbondante pioggia, che sopravenne quattro giorni innanzi. Tuttavolta questo spaventoso fenomeno in tale circo- stanza si presentò, per quanto potei osservare , differente non poco da quello del Chili. I terremoti chilesi, anche i più pic- coli, sono per così dire generali per tutto il Regno; sono an- che di maggior durata , si propagano orizzontalmente , e ven- gono preceduti, come abbiamo detto, da un rugghio assai sen- sibile : laddove questi di Bologna si dilatavano poco, erano istantanei, e per lo più esplosivi, onde io credo che la loro PA X 36 X( mina fosse ristretta, e non molto profonda; anzi secondo le storie di questa medesima Città pare , che ci sia un periodo di circa 100 anni, perchè essa si riempia a segno da poter ri- produrre siffatti orribili effetti. M 37 E BoR0 TEIL Minerali del Chili. ui Ii Calor centrale del globo terrestre, la cui esistenza non pare ormai che possa rivocarsi in dubbio, ne sostiene quell’am- mirabil fecondità, che promuove con perenne successione lo sviluppo degli esseri organici, e con perpetuo circolo la forma- zione dei minerali. Se a questo nativo calore si unisce quello, che proviene dalla effervescenza delle interne materie combu- stibili, la fertilità, qualora non si oppongano altre cause , s’ac- cresce in ragione della loro abbondanza . L° Italia massime nel- le sue contrade meridionali riscaldate dai fuochi vesuviani, go- de talmente di questo doppio benefizio , che senza contraddizio- ne è chiamata il Giardino dell’ Europa. Il Chili, che per la sua situazione geografica , per la benignità del suo clima, per la sua forma lunga, e stretta, per le sue produzioni, e pel ge- nio de’ suoi abitanti si rassomiglia più d°’ ogni altra regione all’Italia, onde da alcuni vien detto /talia Antertica, partecipa similmente di questo vantaggio con gl’incomodi, che ne deriva- no, giacchè i beni, e i mali nascono a vicenda gli uni dagli al- tri in questo nostro globo terrestre . Il suo terreno, come si è detto, soprabbonda non meno di quello d’Italia di sostanze in- fiammabili, le quali accendendosi mutuamente promuovono nel medesimo tempo col loro calore le produzioni degli esseri or- ganici, dei terremoti, e dei Vulcani. 6. IL Si è disputato lungo tempo circa le specie delle sostanze minerali, che concorrono naturalmente all’ accensione, e alla sussistenza dei Vulcani. Chi ne ha incolpato una, chi un’al- tra, chi ne ha nominato due, o tre insieme. Tutte le materie infiammabili mi sembrano capaci di entrare in questa catego- X( 38 )( ria. L’antracite, il carbon fossile, la piombaggine con gli al- tri fosfuri, il solfo, le piriti s le sostanze metaliiche, i legni fos- sili, 1 bitumi, le torbe vi hanno, 0 possono avere più, 0 me- no parte secondo le località. I (mid: gazosi, che ne provengo- 10, possono anche ravvivare , e sostenere la infiammagione, e forse concorrere alla formazione di varj prodotti iui la cui origine è tuttora incerta. Alcuni adottano , come costitu- tivo essenziale della permanenza dei vulcani in attività , l’ in- fluenza delle acque marine, e pongono tra i princip], o assio- mi della fisica vulcanica la too poca lontananza dal mare , ma questo assioma, come tanti altri creduti infallibili dai oa list1, si è trovato da poco in quà affatto insussistente . In fat- ti parecchi de’ Vulcani Chilesi attualmente ardenti sono disco- sti dalle spiagge marittime 300 miglia almeno. Tutti questi Vulcani si trovano nei monti primitivi, cioè nella catena di mez- zo delle Andi, onde non tutte le materie sopranominate pos- sono fomentare la loro incandescenza interna. Se ne incontra- no però tutte nella vicinanza dei loro crateri, ove se non in- fluiscono immediatamente nella infiammagione centrale possono concorrerne alla propagazione esterna . SIL To non ebbi l'opportunità di osservare dappresso le forze, e le deposizioni di tutti i Vulcani Chilesi, ma dalla ispezione, e analisi de’ loro prodotti , che mi furono presentati , ho ve- duto, che essi differiscono poco da quelli , che si raccolgono presso i Vulcani Europei . Le pomici, i tripoli , le pozzolane , le scorie , i tufi, i vetri, e sciorli distinti in anfigeni, anfiboli, pirosseni, le ceneri vulcaniche con tutte le loro varietà mi par- vero presso a poco della stessa natura . Fra le pietre poi com- patte, o porose gettate da quei Vulcani riconobbi le lave argil- lo-ferruginose o basaltiche , le resini-formi o a base di pechstein, le ludico. le petroselciose , le granitiche, e in maggior nu- mero le porfiretiche . L’ossatura delle alte Cordilliere , come io l’ avea indicato, e ultimamente 1° ha confermato il Baron d’ Humboldt, è quasi tutta di porfido, non di granito, come si credeva comunemente : quest ultimo si trova con più abbon- danza nelle montagne esteriori, e nelle loro ramificazioni. Quin- di avviene che le lave a base di porfido s’incontrino più spes- so alle falde di quei vulcani. n Za GI UO =__ AN S. IV. Siccome i monti ignivomi giacciono per lo più nel centro delle Andi, dove non abitano che le orde vagabonde de’ Chi- lesi barbari, così abbiamo poche notizie delle loro eruzioni . Quei popoli considerano questi fenomeni colla medesima indif- ferenza, che le nazioni colte guardano i temporali ordinarj di fulmini, e di tuoni. Le istorie parlano soltanto della terribile eruzione del Vulcano di Villaricca succeduta nel Mese di Feb- brajo del 1640, nel tempo appunto che si vedeva la grande Aurora australe, di cui abbiamo fatta menzione nel libro pre- cedente. Lo scoppio fu così orribile, che il monte si spaccò dall’ alto al basso in due parti, e gettò delle pietre , e delle ceneri infuocate in tanta quantità che le acque ridondanti dei due fiumi vicini Al/ipen, e Toltèén coprirono una vasta esten- sione di paese con gran danno, e spavento degli abitanti . Il fetore contratto dalle acque, a motivo delle materie precipita- tevi, soffocò tuttii pesci, che vi dimoravano , e le rendè lun- go tempo inabili a beersi. I E divenuta famosa ai nostri tempi 1’ eruzione del Vulcano di Peteroa per essersi sentito il fracasso in una gran parte del Regno. Questo antico Vulcano nel 1762 ai 3 di Decembre si fece un nuovo cratere spaccando, come quello di Villaricca, in due parti un monte contiguo. Le ceneri, e le lave eruttate riem- pirono le Valli adiacenti e ingrossarono per due giorni le acque del fiume Tingiririca. Un pezzo di monte precipitàndo sul gran fiume Lontuè, ne fermò il corso per lo spazio di parecchi gior- ni, e le acque stagnanti, avendovi formato un vasto lago, si aprirono in fine violentemente il passaggio, e innondarono le campagne circonvicine. Il Cielo si coprì di spaventose. nuvole fino al giorno seguente . Fu cosa degna da notare, che una convulsione cotanto strepitosa non fosse stata seguita da una scossa generale in quelle Provincie; forse 1 monti intermedj impedirono i progressi della commozione incominciata. Il P. Feuillée insigne botanico , e astronomo fa menzione nel suo Giornale di una. pioggia di sabbia veduta cadere nel suo tempo in quella parte delle montagne Andine, che giace tra i Vulcani di Chillan, e di Antoco. Questa sabbia senza dub- bio non poteva essere altro, che una massa di scorie sminuz- zate durante il bollimento di uno di quei Vulcani, e lanciate (40 )( in aria da qualche violenta esplosione. Alla medesima causa si devono attribuire le nuvole infuocate, e scintillanti, che i Con- tadini del territorio spagnuolo, asseriscono di vedere esten- dersi di quando in quando per lungo tratto sull’ atmosfera di quei monti, e minacciare |’ ultimo esterminio ai loro campi. S. V. Fra i compensi più o meno valutabili, che presentano ad un Paese i fuochi sotterranei, in vece de’ pregiudicj, che so- gliono arrecarvi, non si deve trascurare quello delle acque ter- mali, e minerali, da cui la medicina può ritrarre notabile pro- fitto in certe infermità. Il Chili come Paese Vulcanico abbon- da da per tutto di queste acque , e specialmente la Cordillie- ra. Gli Araucani conoscendo bene i vantaggi, che le medesime procacciano alla umanità, ne hanno incaricato il loro Dio be- nefico Mexlèr, al quale perciò danno il soprannome di Gern- covunco , cioè Genio o Signore delle acque minerali. Lo sco- po di questo piccolo Compendio non mi permette di presenta-. re quì un circonstanziato ragguaglio delle località, e proprietà fisiche, e chimiche di tutte queste sorgenti : vi vorrebbe un grosso volume per darne una notizia sufficiente ad appagare i desiderj de’ dotti chimici analizzatori del nostro tempo. Mi restringerò per tanto a esporre in generale le qualità, e ingredienti che comunemente vi predominano. Queste acque si sogliono dividere, secondo il carattere che prendono nel lo- ro passaggio, in fredde, in calde o termali, in semplici, e in composte. Il Chili ne ha di tutte queste qualità, e specialmen- te delle composte, le quali possono collocarsi sotto quattro clas- si, cioè le so/forose o epatiche, le gazose o acidule , le fer- ruginose, o marziali, e le saline. Le chiamo composte perchè oltre il principio dominante ne contengono degli altri secon» darj, che rendono la loro analisi complicata, e difficile ; così nelle acque solforose si trovano spesso i solfuri alcalini, e i sol- furi di ferro, e questi uniti al gaz idrogeno solforato ; nelle gazose oltre il gaz acido carbonico che è il più comune, si può incontrar anche il gaz idrogeno, che le rende infiammabili; nel. le marziali il carbonato, o il solfato di ferro; e nelle saline va- rie specie di sali, ed.altri ingredienti . Ci sono alcune analisi di parecchie di queste acque fat- te nei tempi, in cui le affinità chimiche appena cominciavano 41 )( a distinguersi. Quindi vi si notano var] errori intorno alla coe- sistenza di certe sostanze, che si escludono mutuamente . Il muriato di calce non può stare nella medesima acqua coi sol- fati di soda, o di magnesia; nè i solfati di calce, di magne- sia, di ferro ammettono i carbonati di soda; come neppure li vogliono i muriati di magnesia o di ferro . Questi sbagli sono provenuti dalla poca cognizione, che si aveva allora della co- stituzione chimica dei corpi. S. VI. I Bagni minerali più frequentati del Chili sono quelli di Peldehue, e di Cauquèn. I primi, che ritrovansi sulla cima di uno dei monti esteriori delle Andi situato a tramontana della Capitale , consistono in due considerabili sorgenti distanti fra loro 80. piedi incirca, una delle quali è calda di maniera , che essendo la temperatura del monte, onde sgorga, a 8. gradi so- pra il termine della congelazione , il mercurio nel termometro di Reaumur vi monta a 60. gradi, l’altra al contrario è allora a 4 gradi sotto il medesimo termine. Le acque di queste due sorgenti unite artifizialmente in un canale formano un Bagno tiepido a benefizio degli ammalati. La calda è saponacea al tat- to, e schiuma presso a poco come il sapone, il che proviene dall’ alcali minerale, che vi è come principio dominante, e che vi si combina con 1’ albumina sostanza poco fa osservata da pri- ma nell’acque minerali della Porretta nell’ agro bolognese dai valenti Fisici Gio: Castiglioni, Giacomo Naldi, Paolo Verati, Pier-Filippo Zanelli, e Antonio Bacchetti, e di poi nelle ac- que di Plombieres in Francia dal celebre Vauquelin. Questo egregio Chimico attribuisce 1’ origine di questa materia alla pu- trefazione di animali sotterrati intorno alla sorgente di quelle acque; ma una cosa passeggiera, qual è la dissoluzione de? cor- pi animali, non può essere causa di un effetto permanente; poichè da 200. anni in quà l’ albumina sotto altri nomi è sta- ta sempre osservata nelle acque di Pe/delue, e della Porretta. Quindi in una memoria letta nell’ Accademia di questo Istituto delle Scienze m°azzardai ad attribuirne la causa alla decompo- sizione annuale delle piante criptogame , che tappezzano i con- dotti sotterranei per dove passano le suddette acque. Molte di queste piante rendono all’ analisi, come è noto, dei prodotti animali. La mia opinione non fu disapprovata da quei dotti }(42 )( Accademici. Riguardo poi al calore di questa sorgente sì può congetturare con molta probabilità, che esso proceda da qual- che grande ammasso di piriti, che si trovino nella effervescen- za della decomposizione spontanea dalla banda del monte per dove passa quell’ acqua. La sorgente fredda è solfuro-ferrugi- nosa , onde nel congiungersi con la calda alcalina depone del solfato di soda, o sia Sa/e di Glauber. La sua notabile frigi- dezza deve provenire dal passaggio, che fa per quei monti vub canici, dove abbonda l’ammoniaca muriatata o mischiata nella terra, o in efflorescenza nelle fessure delle rupi . I Bagni di Cauquèn sono situati nelle Valli della stessa Cordilliera presso la sorgente del fiume Caciapod/, ai quali per essere il luogo molto ameno, e dilettevole, si conducono fra l’anno nelle belle stagioni varie brigate di liete persone parte per loro diporto, e parte per riacquistare la sanità perduta. Le sorgenti di questi bagni sono molte, e tutte di diversa qua- lità così per la temperatura, come per le materie onde sono impregnate. Ve ne ha delle caldissime, e delle intensamente fredde: alcune sono gazose, come quelle di Pisa, altre solforo- se, epatiche, altre ferruginose, o idrosolforate , ed altre sali- ne. La sorgente principale è solforosa alcalina, come oltre il suo odore lo indicano abbastanza i solfuri alcalini, e i fiori gialligni di solfo, che vi si formano intorno. Il suo’ calore è nella temperatura media dell’ atmosfera di 55. a 58 gradi. I monti confinanti sono quasi tutti impastati d’ ogni sorta di mi- nerali. Le foglie de’ salci; che vi crescono in quantità, si cuo- prono durante la state d'una specie di manna della grossezza di un grano di pepe. Il solfato di magnesia si ricava in gran copia da tre fontane, che ritrovansi sulla strada, che condu- ce dal Chili al Cujo. Un viaggiatore poco pratico lo aveva no- minato solfato di soda, o Sal di Glauber; ma la sua configura- zione sola poteva averlo disingannato. S. VII. Il Fondo del terreno Chilese è composto di due grossis- simi strati primar], che io chiamerò strato marino, e strato an- dino. Il marino è formato dai sedimenti, che vi lasciò il Ma- re, allorquando ne copriva la superficie antica: questo non si trova, che ad una gran profondità. L’Andino che ne forma la superficie attuale, consiste nella deposizione delle particole ete- 43 )( rogenee, che i venti, le nevi, i fiumi, e Je rugiade staccando annualmente dalle falde della Cordilliera, le spargono per tutto il Paese, e ne accrescono la terrestre profondità . La catena de’ monti littorali composta quasi unicamente di prodotti ma- rini vi contribuisce ancora la sua parte con la degradazione sen- sibile della sua corteccia esteriore. Dalla convenevole mistura di tutti questi principj, rinvi- goriti dalle benigne influenze dell’ atmosfera , risulta ' ammi- rabile fecondità di quel terreno tanto preconizzata dagli stra- nieri, la quale s’ accresce in ragione della distanza dal mare. Le terre della parte marittima sono ordinariamente meno ferti- li di quelle della parte mediterranea, e queste stimansi anche inferiori a quelle, che sono situate tra le Andi, perchè i vege- tabili, e gli animali vi diventano più robusti, che nel rimanen- te del Regno. I Selvaggi Andini, nomadi di professione, non seminano cosa veruna nelle vaste valli, che abitano, onde non possiamo conoscere con certezza i gradi della loro fertilità. I principj sunnominati vi si trovano arricchiti in maggior copia di quegli ingrassi che provengono dalla decomposizione delle materie silioamiche polverizzate col decorso del tempo: si sa per esperienza quanto siano valevoli queste a promuovere la fe- condità delle terre. Il divario che si osserva in quanto alla facoltà preduttiva tra la parte marittima, e la mediterranea, deriva dalle pecu- liari qualità dell’ uno e dell’ altro terreno . La terra del litto- rale Chilese analoga a questa del territorio grasso del Contado bolognese è Comunemente di un bruno rossigno, friabile, morbi- da, più argillosa, o marnosa che selciosa , frammischiata di selci bianche, e bruniccie, di solfuri di ferro, di madrepore, ed al- tre produzioni marine. Quella della parte mediterranea, e quel- la delle valli andine, sono di un nero giallognolo, porose , fria- bili, benespesso ghiajose, e più Lod di ‘particole sel- ciose, che argillose. Tali qualità non solamente si presentano nel primo 20 to superficiale, o sia nella terra franca, ma an- cora sino ad una profondità considerabile per quanto potei os- servare nei crepacci fattivi dai Torrenti. L'uso dei concimi è tuttora ignoto nel Chili. I paesani credonsi autorizzati dalla sperienza a non adottare un tal me- todo, giudicandolo anzi nocivo, o almeno superfluo al loro cam- pi e allegano per pruova |° SAR fecondità del circonda- rio della Capitale, il quale essendo stato seminato annualmente 44 )( prima dagl’ Indigeni, che vi erano in gran numero; e poi dagli Spagnuoli per lo spazio di 257 anni senza il rinforzo degl’ in- grassamenti artifiziali, non ha dato sino ad ora alcun indizio di degenerazione, o decadenza nei suoi prodotti. Quindi forse av- viene, che il terreno Chilese non sia infestato dai vermi di- struggitori delle biade in erba, i quali mediante la fermenta- zione, e putrefazione del letame probabilmente si moltiplicano più del solito . E 6. VIII. Gli Autori, che fanno menzione della fertilità del Chili variano molto nell’ accennare il prodotto delle terre di. code- sto Regno. Il viaggiatore M. Frezier dice che fruttano sessan- ta, ed ottanta per uno. (a). Il celebre matematico Ulloa scrive, che l’anno non si crede regolare ,. quando la raccolta del gra- no non rende più di cento per uno , il che viene confermato dall’ Ab. Raynal (2). M. Sanson d’ Abbeville afferma, che le Pro- vincie settentrionali producono sovente 300 per uno (c). M. de la Perouse finalmente, per tacer degli altri, arrivato al Porto della Concezione ai 24 Feb. 1786. assicura , che il terreno di quel distretto, creduto uno de’ meno fecondi del Chili, rende 60 per semente. (d) Io sono ben lontano dal censurare la veracità dei rispet- tabili Autori, che affermano questo, i quali per la maggior par- te sono anche testimonj oculari, ed esenti dalla taccia di par- zialità, tanto più che in questo Paese sogliono di quando in quando occorrere dei prodigj in tal genere; ma parlando in generale dico , che sebbene al mio tempo certe. possessioni nel. le Contrade mediterranee abbiano renduto 120, e parecchie 150, ed anche 160 per uno, come si racconta esser succeduto in altri tempi nella Sicilia, e nell’ Affrica, tuttavia questa esu- berante fruttificazione non è comune. La raccolta ordinaria nel- CRIS FPIESTIO SEI RZ SO) CRE CAI I (a) Frezier voy. Tom. 1 pag. 132, € 203. (b) Ulloa viag. Tom. 3 part. 2 l. 2 cap. 5 Raynal liv. 8 pag. 316. (c) Geogr. v. Chili. (d) 3; IL n’est point dans l’Univers de terrain plus fertile que celui de s» Cette partie du Chili: le bled y rapporte soiwante pour un; la vigne pro» 33 duit avec la méme abondance ; les campagnes sont. couvertes de trou- s) peaux innombrables, qui sans aucun soin y multiplient au de là de tou- ss te expression. voy. Tom. 2 pag. 70. (45 )( le terre mediterranee è di 60, o di 70. e nelle marittime di 40 a 50 per uno, il qual prodotto è più stabile nelle Provin- cie situate tra i gradi 24, e 34, dove i campi si adacquano ar- tifizialmente, che nelle Provincie australi, nelle quali 1 colti- vatori si contentano dell’ innaffiamento proveniente dalle nottur- ne rugiade, ancorchè abbiano l’ acqua dei fiumi alla loro di- sposizione . Io non nego, che la somma assegnata non possa montare a qualche cosa di più, se si voglia mettere in conto la quantità di grano, che si perde nel tempo della raccolta. I Contadini hanno la biasimevole usanza di non mietere il fru- mento , se non quando principia per troppa maturità a sgra- narsi da se stesso, onde risulta, che una gran porzione resta sul terreno, parte della quale serve di alimento agli uccelli , e parte tornandò a nascere suol rendere senza aggiungervi altra semenza una raccolta fion inferiore a quella dell’anno antece- dente. Bisogna però osservare, che essendo la popolazione in ragione inversa, o inferiore alla vastità del terreno coltivabile, i novali sono frequenti, onde la virtù produttiva ha il tempo di riacquistare il primo vigore, se questo dipende unicamente dalla qualità della terra. Coll’ andar del tempo le braccia la- vorative si moltiplicheranno, la estensione delle possessioni si diminuirà , e i terreni annualmente coltivati si ridurranno alla sorte di quelli dell’odierna Sicilia, qualora la causa incognita, che sostiene da tanti anni la esuberanza presente, non conti- nui a favorirla . La natura del terreno , e il prodotto copioso e costante delle raccolte fanno, che l’uso de? libri agronomici vi sia tra- scurato , o del tutto sconosciuto . Nulladimeno 1° introduzione delle opere universalmente stimate in tal genere sarebbe di una utilità grandissima così per correggere gli abusi che possono influire nella degradazione delle terre, come per introdurvi al- tre coltivazioni egualmente proficùe . L’° Europa pullula di trat- tati, che più o meno bene maneggiano questo argomento . Ma fra tutti quanti si sono pubblicati dentro, e fuori d’ Italia nes- suno, a parer mio ,-sarebbe più adattato alla condizione delle terre Chilesi di quello , che ultimamente ha composto e fatto stampare a Venezia in tre volumi sotto il modesto titolo di Elementi di Agricoltura il chiarissimo Cav. Filippo Re Pub. Professore di Agronomia in questa Università di Bologna. Que- sto Autore già celebre Botanico, e versatissimo nella teoria, e pratica di tutte quelle facoltà, che influiscono nella sua pro- X 46 )( fessione , vi ha sviluppato con singolar criterio, chiarezza , e precisione tutto quello che può desiderarsi in tal materia. Non sarebbero meno utili per quei Paesi i suoi trattati sul Giardi- naggio, e sulle malattie delle piante , i quali sono scritti con somma eleganza, ed intelligenza dell’ assunto. L° ultimo spe- cialmente è degno di ogni lode per essere l’ unico finora, che abbia compreso con metodo sistematico ben inteso tutti i ma- lori, che possono sopravvenire ai Vegetabili, e i rimedj valevo- li a guarirli, o a preservarli dalla infezione . 6. DE La stessa costituzione esterna di terreno, che abbiamo ac- cennato trovarsi nelle pianure del Chili, s° incontra presso a poco nelle falde delle sue. montagne. Lè marittime ele medi- terranee , non meno che le Andine fino al termine della neve, sono per lo più rivestite di grossi strati di terra adattata alla coltura, tanto più che molte delle medesime hanno fin verso le loro cime delle sorgenti copiose d’ acqua, onde s’ irrighe- rebbero facilmente i seminati, che vi potrebbero farsi. Ma io non consiglierei mai di coltivarle a grano ; perchè col tempo resterebbero spogliate dagli strati terrestri e ridotte a non mo- strare altro, che le rupi sterili, di cui internamente sono com- poste, come è succeduto quì nella montagna bolognese con gran danno dei possidenti malaccorti, i quali, tagliati i Boschi che ne sostenevano la terra, vollero seminarvi del formento . I burroni, portata via in poco tempo la crosta di terreno ve- getabile che vi era, palesarono la vanità della loro specolazio- ne. Siffatti luoghi pendenti devono destinarsi alle Viti , agli Ulivi, e ad altri alberi di analoga utilità. Quest4 coltura par- ticolarmente dovrebbe praticarsi nelle Montagne «delle Provin- cie boreali di Copiapò, e di Coquimbo , dove questi alberi col- le loro emanazioni richiamerebbero le piogge, che vi sono as- sal scarse . La struttura interna di tutte queste montagne è relativa alla situazione, in cui le medesime si trovano collocate ..I Mon- ti della Catena marittima, che si avvicinano più al mare, mo- strano in generale un’ origine non molto antica. Essi sono com- posti di strati alternamente calcarei, argillosi, e arenarj, im- pastati di produzioni marine: fra questi pure s’ incontrano al- cune colline formate interamente di solfato specolare di calce, X 47 ) sopratutto verso l’ imboccatura del fiume Maule, ed altre pre- ne di eccellente carbon fossile, delle quali fanno menzione l'illustre Fezillée, e il viaggiatore frezier. Il celebre Ulloa ci lasciò una descrizione circostanziata di varie colline da lui os- servate nel littorale del Porto della Concezione , le quali sono interamente composte di conchiglie nel loro stato naturale . To ne osservai delle altre simili sulle coste della Provincia di Mau- le, la cui elevazione era di più di 200 piedi sul livello del mare . Ma ciò che mi parve più da notarsi fu, che ognuna di esse non conteneva se non testacei del medesimo genere, cioè o mitoli, o came, o pettini, o altri generi separatamente . Ra- ro era il colle dove si trovassero mescolate le specie. Quindi si vede, che molti testacei si radunano in famiglie numerose fel fondo del mare, donde i flutti agitati li cacciano tutti in- sieme in un medesimo luogo. Questi colli sono coperti al più di un piede di terra. I contadini n’ estraggono con facilità le conchiglie, e bruciandole ne fanno una calce eccellente . Qual sia l’epoca della loro espulsione non è facile ad indagare ; es- sa certamente è anteriore all’ arrivo degli Europei a quelle par- ti. Lo stato però di conservazione perfetta, in cui si trovano, non mostra un’ antichità notabile. (Se CRE I monti della medesima catena, che s’ internano nel pae- se, s’ innalzano di mano in mano, e presentano una tessitura più perfetta. Le rocce calcaree divenute più compatte vi si sono trasformate in bei marmi di tutte le tinte immaginabili, 1 quali quando vi fioriranno le belle arti, saranno caratterizza- ti con nomi appropriati alla loro indole, e alla varietà de’ lo- ro colori. Queste rocce si presentano sovente sormontate , 0 intraversate da Drecce di varia mistura , da spati diversamen- te coloriti, e da fosfati di calce . Le pietre argillose acquista- tavi maggior durezza , si sono convertite in pietre. cornee , in trappi, in schisti secondar), e le arenarie in coti, in quarzi , in neopetre, o porfidi di seconda formazione. Fra gli strati di tutte queste rocce si osservano delle vene di Gneiss, o grani- to stratificato , di porfido primitivo, di petroselce , di felspato, di mica, di serpentino , di talco, di amianti, di pudinghi, e di altri aggregati silicei, o magnesiani, molti de’ quali benchè dai Geologi sieno stati assegnati ai monti primitivi, la natu- N48 )( ra tuttavia, che ama bene spesso di emanciparsi dalle loro leggi e di collocare le sue produzioni dove le pare e piace, li ha disseminati in questi monti di seconda formazione . Le miniere metalliche cominciano già a comparire quì nelle loro viscere ; il ferro, il rame , l’ oro, ed altri metalli meno ricer- cati vi s' incontrano in copia sufficiente da contentare i Me- tallurgisti. Gli strati di tutti questi monti sono inclinati verso il Settentrione sotto un angolo di 30 a 4o gradi a seconda del- le correnti marine, che vi s’ indirizzano . Gt Ma i siti, dove i metalli soggiornano più volentieri, sono i monti, che fiancheggiano la gran catena delle Andi, e i rami che di tratto in tratto se ne spiccano, e vanno ad unirsi ai monti marittimi. Quivi la natura si è compiaciuta di ostenta- re in tutto il vigore la sua potenza generativa : gli effetti, che ne derivano, vi hanno tutta la perfezione possibile . Le miniere di ogni sorta di metalli vi sono copiosissime. I graniti a gran masse, i Gneiss a strati, i Petroselci antichi, i porfidi, i dia- spri, iquarzi in massa, e cristallizzati, i basalti, i trappi, le rocce schistose micacee, gli schisti parimenti micacei, le horn- blende , i serpentini , le smettiti, e le pietre calcaree granite vi sì presentano in tutto il possibil grado di finezza . Questi mon- ti sono come gli antemurali delle Andi : i loro strati non sono orizzontali, nè così visibili come quelli de’ monti marittimi ; ora s’ innalzano verticalmente , ora si curvano in differenti ma- niere . Questa struttura, e 1° indole delle loro parti costitutive assegnano ai medesimi un posto tra i monti primitivi, o alme- no tra quelli di transizione. In effetto essi sono addossati alla catena esteriore delle Andi, e ne formano come il piedestallo. Gli avanzi de’ corpi marini vi s° incontrano rare volte, e sola- mente nella superficie in uno stato appena discernevole. Ver- so la cima però del gran monte Decapitato, che come abbia- mo detto si è trovato secondo le ultime osservazioni eguale in altezza perpendicolare al famoso Chimboraso . si sono scoperte delle patelle, de’ buccini, de’ turbini, ed altre conchiglie evi- dentemente marine parte petrificate, e parte calciuate. L° Ul- loa ne aveva già osservate delle conchiglie similmente petre- fatte sulle falde della stessa montagna andina nel Perù all’ al- tezza di 2337 tese sul livello del mare, e Humboldt a 4200 X 49 X( metri sullo stesso livello. La deposizione di tai corpi marini sembra indicare, che dopo la formazione , o cristallizzazione di questa montagna anteriore certamente alla esistenza degli es- seri organici, le acque tornarono a coprirla per qualche tem- po. Abbiano già esposto altrove la nostra opinione corroborata dalle osservazioni del Cel. Humboldt, e da qualche privata esperienza sulla struttura delta medesima montagna , che sup- poniamo essere non granitica, come quella delle altre monta- gne primitive, ma per lo più porfiretica. Il tempo verificherà, o modificherà la generalità di quest’ asserzione . SAIL To non ho fatto fin quì, che indicare in generale le par- ti costitutive delle montagne Chilesi per quanto mi fu possi- bile di osservarle. I mineralogisti, che avranno in seguito mag- giore opportunità di quella, che io ho avuto, per esaminarle, ne specificheranno accuratamente le località , le corrisponden- ze, e la natura de’ loro componenti. Per ora mi limiterò , se- condo il mio piano, a esporre in breve quei prodotti minerali, che sono più conosciuti e più valutati nel paese, i quali di- viderò per maggior chiarezza nei quattro ordini volgari, cioè in terre e pietre, in sali, in bitumi, e in metalli, procedendo sempre dai più semplici ai più composti, del qual metodo mi servirò comunemente anche nell’ esposizione degli Esseri appar- tenenti agli altri due Regni della natura il Vegetabile, e l’Ani. male, come resta avvertito nella Prefazione. 6. XIII Il Chili nella sua vasta estensione è fornito delle cinque terre primitive conoscinte dai Chimici sotto i nomi di terra alluminosa, calcarea, magnesiaca, selciosa, e baritica , e pro- babilmente delle altre quattro o cinque scoperte in questi ulti- mi tempi. Tutte queste terre però non vi si trovano mai pu- re in verun luogo , che io sappia, ma sempre in istato di com- binazione fra se stesse, o con altri corpi minerali, come snc- cede nel resto del nostro globo . L’allumina, o sia la terra dell’ allume specialmente vi s’ incontra in abbondanza meschiata con differenti terre semplici, cioè nello stato di Argilla. Non vi è Provincia alcuna del Regno, che non ne contenga delle 7 )( 50 X( copiose cave di qualità più o meno perfetta. I terreni vulca- nici sopratutto ne presentano degli strati assai forti, la' cui pos- sanza passa sovente i 200 piedi di profondità. L'origine di que- ste argille è un problema diflicile a risolvere: ma tuttavia ri- ffettendo alla situazione , al colore, e agli elementi loro, si può congetturare con molta ‘probabilità , che esse provengano dalla decomposizione delle lave schistose, e basaltiche per un lavo- ro chimico della natura , la quale ama spesso di comporre, € decomporre a vicenda i corpi più duri. In tal caso il ferro, che entra come ingrediente secondario nella formazione delle ardesie e de’ blù s deve sparire, o decomporsi in tale me- tamorfosi. Queste argille hanno tutte le buone qualità , che si richiedono, ed io le credo anche adattate a farne crogiuoli, ed altri vasi chimici, perchè sono assai refrattarie, e sostengono la più violenta azione del fuoco senza screpolare o fendersi . Della medesima dote godono anche molte delle argille comuni, o grigie, che adoprano i pentolai per farne le stoviglie da cu- cina . La Ceramica , o sia l’ arte del vasellajo , deve rimonta- re, per quanto mi sembra, ad una grande antichità nel Chili, poichè nello scavare una petraja ne’ monti della Provincia di Arauco si trovò in fondo a quei macigni un’ urna di terra cot- ta di notabile grandezza . - Fra tutte queste argille però non mi occorse di osservare se non che quattro specie , o varietà degne di particolare in- dividuazione. La prima denominata da me Argilla buccherina è una sorta di terra bolare, che ricavasi nella Provincia di Saz- tiago , assai fina, leggiere, odorosa, di color bruno punteggiato di giallo, e che al pari degli altri boli si discioglie nella boc- ca, e impastriccia la lingua . Le Monache della Capitale fanno con questa terra bicchieri, caraffe, chicchere , e varie altre sorta di vasellame dilicato, cui danno al di fuori una leggie- re vernice, sopra la quale dipingono poi fiorami, o uccelli a oro, o ad altri colori. L° acqua posta in tali vasi vi contrae un sapore, e un odore gradito, il quale verosimilmente pro- viene da qualche principio intimamente combinato colla stessa terra. Questi vasi si trasportano in quantità al Perù, ed an- che in Ispagna, dove sono molto pregiati col nome di Brcca- Bucecheri deli° America meridionale. Le Donne Pernane co- stumano di mangiarne i frammenti come le Mogolesi mangiano il vasellame di Patna. Il P. Labat nel tom. 7 do suo viaggio alle Isole dell'America fa menzione di questi buccheri , e dell’ o= (51) dore aromatico e molto piacevole, come egli dice, che comu- nicano ai liquori contenuti. I medesimi sono stati anche cele- brati in versi eleganti dalla famosa Poetessa Messicana Suor di Sant? Agnese. La seconda, che può chiamarsi Argilla Maulica dal nome della Provincia dove si trova, è una terra bianca quanto la neve , lubrica, aspersa di punti risplendenti micacei, e di un grano finissimo . S’ incontra d’ ordinario sulle rive de’ fiumi in istrati, che s’ internano molto in terra, e che da lontano han- no tutta |’ apparenza di un terreno coperto di neve. La sua lubricità è tale, che non si può mettervi sopra i {piedi senza sdrucciolare, o cadere . Esposta all’ azione degli acidi non fa effervescenza alcuna, e nel fuoco lungi dal perder niente del- la sua lucente bianchezza vi acquista anzi un poco di traspa- renza. Le sue qualità estrinseche mi avevano fatto credere a prima giunta, che quest’ argilla fosse una specie di smezzife, o di terra fullonica, ma ella non è laminosa, si lascia facil- mente lavorare, ritiene la forma ricevuta, e benchè saponacea al tatto, non fa schiuma sbattuta nell’ acqua, nè ha le altre proprietà , che caratterizzano le litomarghe, o terre smettitiche, delle quali vi è ancora un gran numero di varietà. Questi mo- tivi m° indussero a sospettare, ch’ella fosse piuttosto una ter- ra da porcellana analoga al Kao/iz chinese, o sia al Feld-spa- to argilliforme del Cel. Hauy, sebbene non si accordi in tutte le sue proprietà. Tuttavia sì potrebbe farne un saggio impa- standola col Pefunzè, o feld-spato laminare biancastro, che tro- vasi nella medesima Provincia. Io non ebbi 1’ opportunità nè di tentarne la sperienza, nè di analizzar questa sostanza per iscoprirne la natura. Potrebbe taluno attribuirne 1’ origine alla decomposizione del talco sfeazite, ma la sua duttilità s° oppone a questa idea. La terza specie è 1° Argilla subdola così detta, perchè il sito dove si trova, che d’ ordinario è nelle maremme, è una voragine pericolosissima per gli animali. I Gavalli, che vi si affondano , se non vengono prontamente tratti fuora per mez- zo di un pajo di buoi, vi periscono: gli uomini pure, che han- no la disgrazia di precipitarvi, non possono sortirne senza l’a- Juto di parecchie persone. Quest’ argilla è nera, acquitrinosa, viscosissima, composta di molecole grossolane indeterminate . Le sue cave hanno quindici, o venti piedi di circonferenza , ed un fondo immenso . Il Wallerio e il Linneo parlano di un” }( 52 )( argilla analoga, che trovasi in Isvezia, sotto la denominazione di Argilla tumescens; ma ella è differente da questa non me- no nel colore, che in alcune delle sue proprietà . L° Argilla Chilese è un poco alcalina , si conserva nello stesso stato in tutd te le stagioni, e sempre si vede coperta della più ridente ver- dura, la quale alletta gli animali ad appressarvisi; laddove la Svedese ha qualche cosa di acido, si gonfia in certi tempi più del solito, ed è naturalmente sterile . La quarta specie finalmente si è il Rovo, o sia 1° Argilla Rovia, di cui quei popoli si servono per fare un eccellente ne- ro da impiegare nelle tinture delle loro lane . Questo colore è preferito dal P. Feuillée, e da M. Frezier al più bel nero, che si possa fare in Europa. L’ argilla rovia è fina, uerissima, un oco bituminosa, e glutinosa, e si trova in quasi tutti i bo= schi. I Legni in essa tuffati acquistano in poco tempo una spe- cie di vernice nera brillante e indelebile. Il buon color nero però non si estrae da questa terra se non dopo averla fatta bol- lire insieme colle foglie, o scorze della Coriaria Ruscifolia, della Panke tinctoria, o della Gunnera scabra. 6. XIV. Oltre le terre calcaree, o crete dette dall’ Hauy calci car- bonate spongosa , e polverulenta, e in altri tempi agarico mi- nerale, latte di Luna, e farina fossile, si trovano nelle Valli Andine due varietà , che io chiamai terre calcaree, o crete Vul» caniche, perchè tutte le apparenze mostrano, ch’ esse proven- gono dalla calcinazione de’ marmi bianchi primitivi, che fian- cheggiano i crateri de’ Vulcani estinti, presso i quali si rin- contrano. La loro crosta superficiale di fatti è abbrostolita, e ancorchè le medesime facciano un poco di effervescenza con gli acidi, e formino con essi dei piccoli cristalli irregolari, non hanno però le qualità caustiche della calce comune, e neppu- re le riacquistano essendo bruciate. I Nazionali per questo mo- tivo non le impiegano se non per imbiancare le loro case. La prima di queste due varietà, che si cava nelle montagne di Colciagua e di Maule è di un bianco perfetto, e si riduce in polvere impalpabile ; 1° altra che adoperasi nel C7il/àn, tiran- do di sua natura al giallo, diventa col tempo e coll’ uso più pallida. Nei medesimi luoghi si trovano in istato di semicalcina= } 53 X( zione delle vaste cave di gesso friabile, composto di particelle piccolissime indeterminate, e di un bel bianco , che tira un tantino all’ azzurro. Questa specie di solfato di calce, che dai nazionali vien detto Gesso Vulcanico dal sito, dove s° incontra, deve senz’ altro la sua origine alle calci precedenti impregnate dall’acido solforico proveniente dalla decomposizione delle pi- riti, che concorsero all’incendio dei Vulcani estinti, intorno ai quali si scava. I Pekwenci delle Andi ne portano in gran quan= tità da vendere in una fiera che fanno tutti gli anni nella Pro- vincia di Maule, gli abitanti della quale benchè abbiano nei loro monti del gesso comune , del romboidale, e dello striato, lo adoprano volentieri in tutti i lavori; ma specialmente per imbiancare le muraglie delle loro case , alle quali con la sua leggiere tinta di turchino dà una sorta di bianco di Re. Ben- chè si possa mettere in opera tal quale viene dalla cava, i mu- ratori nondimeno costumano di sottoporlo prima a una lieve calcinazione . G XV. Il Chili ha pochi luoghi veramente sabbiosi, o coperti a tal segno di sabbia, che non producano niente, e questi sono di piccola estensione . I fiumi nulladimeno essendo tutti sassosi portano arene il gran copia, e di tutte quelle specie, che di- stinguono i naturalisti. Sulle loro rive, ed anche sul lido del mare si ritrova tra le altre in quantità l’ arena micacea nera Virginiana del Wodward; questa sabbia , che quegli abitanti usano in vece di polverino, è fina e pesante a cagion del fer- ro che contiene . To ne vidi una volta, verso 1’ imboccatura del fiume Rapel, la riva del mare tutta coperta sino all’ altezza di quattro in cinque pollici per lo spazio di un quarto di miglio. I vicini si affrettarono a riempirne parecchi sacchi temendo che il mare non tornasse a portarla via, come in fatti suc- cesse il giorno seguente, nel quale appena se ne trovò qualche vestigio. Nei medesimi luoghi se ne vede un? altra specie di polverino di color cilestro non tanto abbondante come la pri- ma , € perciò più stimata da quegli abitanti. Si crede comune- mente, che ambedue queste polveri provengano dalla tritura- zione dei solfati di ferro e di rame, o che quest’ ultima sia un turchino di Prussia nativo; ma io non mi trovai in istato di verificare, o di confutare coll’ analisi queste opinioni . Pres- X 54) so Talca capitale del Maule si estrae da una piccola collina una specie di sabbia, che pare un prodotto vulcanico, o per dir meglio, una sorta di pozzolana : essa è di un color rosso bruno, e un poco più attenuata di quella di Pozzuoli. I gra- nelli, onde è composta, contengono delle parti terrose , e fer- ruginose mezzo calcinate . I terrazzani se ne servono per into- nacare le mura delle loro case prima di darvi il bianco, alle quali si attacca fortemente senza calcina, e non essendo sog- getta a screpolare, riceve a meraviglia l’ imbiancatura . 6. XVI. Quantunque gli Ossidi metallici, ovvero le ocre, apparten- gano alla classe dei metalli, dei quali si parlerà in seguito, ho creduto tuttavia conveniente di farne quì menzione, così per- chè si pongono comunemente nel numero delle Terre, come per- chè la natura se ne serve frequentemente nella formazione del- la maggior parte delle pietre. Il terreno chilese essendo ab- bondante d’ ogni sorta di metalli, come appresso si vedrà, ab- bonda conseguentemente di tutte le specie di Ocre, che deri- vano dalla loro ossigenazione. Le ocre gialle, le verdi, le bru- ne, le turchine, e le rosse vi si trovano in diversi luoghi : in questi ultimi tempi si è scoperta anche una specie di ocra bi- gia di ferro assai rara nel Regno minerale. Le ocre rosse si distinguono in due varietà ben note a quei nazionali, i quali ne fanno uso frequente nella fabbrica del loro vasellame . La prima detta Colo è di un rosso pallido ; 1° altra assai più fina chiamata Quenciu è di un color più acceso e più vivo di quel- lo del Cinabro, come afferma Milord Anson, che ne scoprì una gran quantità nelle montagne dell’ Isola di Gio: Fernandes . Sic- come questa terra metallica ha presso a poco la medesima gra- vità specifica, e l’ apparenza del minio, perciò alcuni non du- bitarono di denominarla minio naturale, credendo che i fuochi ° sotterranei potessero ben formarlo, come si fa il minio artifi- ziale col calcinar violentemente qualche miniera di piombo, il che non è affatto improbabile. E più verisimile però che essa non sia altro, che un ossido di ferro molto attenuato. Io ame- rei di aggiugnere alla esposizione di ciascuna delle sostanze da me osservate la sua analisi chimica; ma bisogna riflettere, che in quei paesi, poco popolati a proporzione della loro vasta esten- sione, non è così facile, come in Europa, di aver sempre a (55 )( mano tutte le opportunità, che si richiedono per intraprende- re delle buone analisi, e queste qualora non sono ben fatte lungi dal concorrere ai progressi della scienza, v° introducono anzi la confusione. Le terre atramentarie impregnate dagli ossidi, e dai sol- fati di ferro decomposti e precipitati da qualche sostanza ve- getabile astringente, sono ancora comuni nelle falde delle col- line ferruginose , dove si presentano sotto quattro diversi colo- ri, cioè il giallo, il rosso, il grigio, e il nero. Io credo , se non in’ inganno, ch’ esse corrispondano perfettamente al m2ysi, alla ca/lcite, al sory, e alla me/anteria di Plinio. 1 monti rami- gnosi offrono ancora molte varietà di verderame , di ossido di rame rosso, bruno rossigno, azzurro , e ferruginoso in istato terreo. La calamina comune e la lamellosa si trovano nel me- desimo stato in gran masse nei monti di Alcoraya , e in altri luogi delle Provincie boreali. Non vorrei, che vi fosse cono- sciuta la calce nativa d’arsenico , la quale s° incontra sopra l’ar- senico nativo in S. felice luogo abbondantissimo di minerali . Questa specie portata dal Chili al Museo di Madrid è assai rara. I Naturalisti Europei confondono spesso il Perù col Chili, attribuendo al primo quello, che non è proprio che del secon- o. Questi due Regni sono bensì confinanti, ma essendo situna- ti sotto differenti Zone si diversificano affatto nella temperatu- ra, e nella maggior parte delle loro produzioni. Quindi avvie- ne, che si dl nni Sabbia verde del Perù il muriato polverulen- to di rame, che M. Dombei ebbe in dono da un abitante di Copiapò città del Chili, il quale gli disse di averlo trovato nei confini dell’ uno e dell’ altro Regno . Il muriato di rame, co- me vedremo in seguito, s° incontra sotto varie forme in molte parti del Chili, e finora pare che questa curiosa combinazione sia soltanto peculiare di questo Regno . La predetta sabbia mu- riatata, ch’ è d’ un bel verde di smeraldo, gettata nella fiam- ma la fa comparire verde, e turchina senza che questi due co- lori si confondano, con sorpresa e piacere di quelli, che li guardano . Secondo I° analisi fatta da La-Rochefoucault essa eontiene 56 X( Rame e, 5a Ac. muriat. O, 10 Ossigeno © 11 Acqua O, 12 Sabbia LORIPAO DI: Ac. carb. e ferro o, 1 Perdita Os 3 S. XVII. Trattando della situazione, e struttura delle montagne chi- lesi noi abbiamo già data un’ idea in generale delle rocce o pietre, che ne formano la costituzione interna, ora daremo quì una breve notizia di alcune di queste pietre, che richiedono per quanto ci sembra, una descrizione più individuale o per la loro giacitura, o per l’ uso che ne fanno quegli abitanti. Nelle pianure vicine alla Città di Coquimbo si trovano, dopo tre , 0 quattro piedi di terra lavorativa, da cinque sino ad otto strati di marmo testaceo biancastro, granuloso, e spar- so di conchiglie più o meno intiere , il quale somiglia molto alla lumachella dei Marmorarj Italiani. Gli strati, che si esten- dono in lunghezza più di tre miglia, hanno di grossezza due piedi in circa, e sono alternativamente tramezzati da altri leg- gieri strati di rena. Le conchiglie, che colla loro decomposi- zione lo formano, si trovano per lo più viventi nel mar vici no; ma ve ne sono molte di quelle, che sono incognite, o che s° incontrano solamente nei mari asiatici. Tal pietra diventa più fina, e più compatta in ragione diretta della profondità. Quella del primo strato è grossolana e friabile, e non serve ad altro che a farne calcina. Le seguenti benchè più sode ce- dono con poca difficoltà al ferro, di cui servonsi 1 paesani per tagliarle e ritirarle dalla cava; ma negli edifizj, dove vengo- no impiegate, acquistano una sufficiente durezza . Della stessa natura, sebbene di formazione più antica, è un marmo cenerino, che si cava da una collina situata nei sob- borghi della Capitale del Regno . Questo marmo, nel quale non si vede vestigio alcuno di produzioni marine, è dapprima tal- mente tenero, che si lascia tagliare e lavorare come la pietra ollare , ina esposto che sia per qualche tempo alle inflnenze dell’ aria, vi diventa duro, come gli altri marmi . La Cattedra- le della stessa Città, e la Chiesa dei Domenicani sono state X 57 X tutte intere costrutte di questo marmo . L’Architetto di quest’ ul- tima ne fece per capriccio ancora gli altari, il pergamo, e tut- te le altre cose appartenenti alla medesima Chiesa. Nelle opo- re di minor volume s’ impiega con buon effetto un bel marmo gialligno macchiato di nero, bruno, e verde, che si estrae dai Monti situati presso S. Ferdinando Capitale della Provincia di Colciagua. La natura in questo genere come in tutti gli altri si compiace di variar con qualche scherzo le sue produzioni . Le Cordilliere del Copiapò, e le maremme del Maule ci pre- sentano due monti interamente composti di marmo polizonite , o sia listato a fasce di differenti colori, i quali ora dimezzano i medesimi strati, ora li tingono tutti intieri: i colori più ap- parenti vi sono il nero, il giallo , il bianco , e il rosso. Le fal- de scoperte di questi monti formano un bel colpo d’ occhio . L’ arte di lavorare e polire il marmo non era ignota agli an- tichi Chilesi. Se ne trovano dei vasi ben formati ne? loro se- polcri. Gli alabastri si trovano anche in gran copia nelle grot- te delle montagne Andine. Gli abitanti della Città di S. Gio- vanni fanno le vetriate alle finestre delle loro Chiese con una specie di selenite tratta da queste montagne . 6. XVIM. Gli spati sono i compagni inseparabili dalle miniere me- talliche , e servono ai minatori di guide certe per caratterizza- re i minerali scoperti. Quindi è che quasi tutte le loro varie- tà classificate sono bastantemente conosciute in questo paese; ma oltre queste se ne trovano moltissime altre, che meritereb- bero d° essere esaminate dai Minerologi moderni. Ve ne sono di forme e di colori assai variati. Se 1’ eccellente Mineralogia del cel. Haiy fosse sortita in quel tempo mi sarebbe stata una scorta inestimabile per riconoscervi le specie, ch'egli descrive, e per aggiungervi molte altre diverse , che probabilmente in tan- ta abbondanza vi debbono incontrarsi. Nondimeno la struttura non comune di due varietà di questi spati fece che io le os- servassi con più attenzione; queste sono lo Spato romboidale a piani convessi, che trovasi ora nel Museo di Madrid, il qua- le mi pare che possa rapportarsi alla calce carbonata lentico- lare dell’ Haùy, e lo Spato detto dai minatori Dente di porco chiamato dal medesimo Hay Calce carbonata metastatica. Que- sto spato si presenta nelle miniere d’ oro di Quil/oza vergato O )( 58 )( in mille maniere di sottili filetti dello stesso metallo , i quali intralciandosi vi formano delle belle dendriti. Nel medesimo Museo di Madrid si vede anche un curioso spato magnesiaco trovato sull’ argilla nelle miniere di Cerro dlanco monte del Chili richissimo di minerali. Gli Spati ffvori o fusibili provenienti dalla calce /uazata non sono meno comuni dei calcarei nelle miniere Chilesi . Essi formano per la maggior parte le ganghe de’ filoni di argento, di rame, e di piombo , e qualche volta si trovano anche in compagnia coll’ oro, col mercurio, e col ferro. Se ne incontra- no di varie figure e di colori diversi. I fluori rossi, violetti, turchini, verdi, gialli vengono chiamati da quei lapidarj, co- me altrove, rubini, amatiste , zaffiri, smeraldi, e topazi falsi, perchè avendone il colore, non hanno la consistenza delle ve- re gemme. La barite o spato pesante in massa o cristallizzato si trova parimente in molte miniere del Chili, ma specialmen- ie in Vetanegra, nel Cerro blanco, e in. Pampalarga. Io ho qualche idea di avervi osservato anche la stronziana., ma non posso assicurarlo per non averne fatta I’ analisi. Questa sostan- za non era allora conosciuta dai naturalisti . I celebre Feuillée fa menzione nel tom. 2 pag. 531 del suo Giornale delle pietre crocifere, che porta il Fiumicello F/a- rasuete nella Diocesi della Concezione , le quali, come egli di- ce, rappresentano perfettamente la figura della croce non solo nella superficie esterna, ma anche nell’interna.In fatti queste pietre, che vi si trovano in gran numero , s’ accostano a quel- le che i Francesi chiamano Macles, e il Werner Granatiti ; ma se ne differenziano nella base, la quale è di figura irrego- lare, di color biancastro, e di natura marnosa, per quanto allo- ra mi parve : la faccia improntata è d’ordinario ovale, e la cro- ce vi è formata dall’incontro del grande e del piccolo diame- tro, che si tagliano ad angoli retti nel centro. Essa è di un vi- vo color di sangue e di sostanza granatina . CDI: I monti metalliferi, o per dir meglio, quasi tutti i monti di questo Regno, poichè tutti più o meno contengono dei mi- nerali, rinchiudono molte varietà di Quarzi cristallizzati, e in massa o amorfi; io vi ho osservato de’rossi, de’ gialli, de? ver- di, de’ turchini, de’ violetti, e d’altri colori misti, onde pro- )( 59 )( vengono quelle, che vi si chiamano pietre , 0 gemme occiden- dali I quarzi violetti cristallizzati in prismi piramidati esaedri formano le amatiste più o meno fine secondo l’ intensità del lo- ro colore, e la convenevole inistura del turchino e del violet- to. Se ne trovano in varj luoghi del Chili; ma specialmente ‘nelle miniere di Copiapò , e in una valle non molto lontana dalla Città di Talca capitale del Max/e. Quivi una piccola col- # è quasi tutta composta di queste pietre di un bel violet+ , le quali si trovano parte attaccate a una specie di quarzo ga che loro serve di prima o di matrice, e parte spiccate ‘e ravvolte nella sabbia : la finezza e la dita delle medesime crescono in ragione della loro distanza dalla superficie ., ed io ‘sono persuaso , che più addentro della terra se ne troverebbe- ro delle perfette. Alcune che si cavarono da un buco di un pie- de di altezza erano interamente e vivamente colorite , e taglia- vano il vetro sino a sei o sette volte senza mai spuntarsi.. Se ne vedevano eziandio alcune altre, che avevano l’acqua stessa de’ Diamanti , le quali forse erano foriere d°’ altre pietre pre- ziose più stimabili. Dalla cima della medesima collina si sono estratti dei superbi grup pi di un piede incirca di altezza tutti incastrati della stessa pietra. È comune opinione , che il colore di questa e di altre pietre congeneri provenga dai vapori me- tallici, ma essendo questo colore fugace per modo che sparisce affatto nel fuoco, pare che debba avere un’altra origine, tan- to più che esso non è superficiale . Ma fra tutte le specie di quarzo cristallizzato quella che abbonda più nei monti Chilesi, come in tutto il Globo terre- stre, è il quarzo Jalino limpido detto comunemente cristallo di monte o di rocca . Esso si presenta per tutto di maggiore o mi nor mole in quelle rupi, e specialmente nelle Audi dove si sono trovati dei torsi di sei in sette piedi di altezza, i quali erano destinati a farne delle colonne per gli altari d° una Chie- sa. Dalle medesime montagne si estrae anche il quarzo jalino avventurinato, o sia l’ avventurina di color verdastro a riflessi ‘ora gialli, ora argentini, del quale si fanno varj ornamenti di gusto . Lo stesso cristallo di monte cambiando di forma forni- sce i calcedonj, le corniole, i sardonici , gli onici, i crisopra- si, e le altre specie di agate, le quali non sono rare in quel. le montagne. } 60 )( 6. XX. Dall’ abbondanza delle pietre quarzose o silicee, che for- fano la maggior parte dell’ eminenze del Paese, proviene che le arene dei fiumi, che ne discendono, sieno per lo più di na- tura quarzosa ; quindi ne viene, che le loro acque corrano sem- pre limpide e cristalline. Dallo stesso principio ancora deriva, che le petrificazioni vi siano comuni, seppure questo requisito è necessario. ll precitato Feuillée nel tom. 1 pag. 329 del suo giornale descrive minutamente lo stato selcioso, in cui si tro= vavano: le radici dei salci piantati sul margine di un fiumicel- lo del territorio della Concezione . Il salce del Chili va sogget- to più di qualunque altro albero a questa metamorfosi, quan- do la sua vegetazione comincia a declinare: io ne trovai in molti luoghi quarzificate le radici immerse, nell’ acqua. La più arte de? Naturalisti attribuisce questo effetto alla sostituzione , che si fa delle particelle selciose in vece della sostanza vege- tabile decomposta . Questa spiegazione è plausibile quando sì tratta di legni bagnati continuamente dall’ acqua; ma essa rie- sce insufficiente qualora si vuol rendere ragione del cangiamen- to de’ corpi, che si trovano petrefatti nei luoghi asciutti, o ir- rigati soltanto dalle piogge temporanee . Tale è il fenomeno che si osserva nella cima di una collina poco discosta dal Por- to di Valparaiso, dove si disotterrarono , essendo io presente, Var) pezzi di travi squadrate parte tutti impietriti , e. parte in- tatti sino ad un terzo della loro lunghezza , che era presso a poco di otto piedi. Vi si scorgevano chiaramente i tagli dell’ ascia europea, onde tai legni cominciarono a impietrire molto dopo l’ arrivo degli Spagnuoli. Il-terreno della Collina , ch° è sabbioso, rinchiudeva ancora una gran quantità di schegge si- milmente petriticate . Il cereo peruviano, attesa fa sua tessitu- ra succosa e poco consistente, sembra meno adattato a impre- gnarsi del preteso liquido lapidifico ; tuttavia se ne incontrano nelle balze di quei monti alcuni pezzi interamente agatizzati con tutte le loro spine. Ora se a questi fatti s° aggiunge la trasmutazione meravigliosa delle conchiglie e d°’ altri prodotti animali in pietra, la spiegazione che se: ne dà in quella ipote» si sembra assai vacillante. Quindi io crederei piuttosto con l’in- gegnoso Patrin, che questi fenomeni provengano da qualche operazion chimica non ancora svelata della natura . X 61 )( 6. XXI. Dopo i cristalli di rocca fanno anche bella figura in quei monti le pietruzze cristallizzate conosciute altre volte sotto la denominazione confusa di scorilî o scorli, le quali con ragio- ne sono state contraddistinte con nomi proprj e collocate sot- to diverse specie dal famoso Hay. Io ne aveva osservato va- rie sorte, ma conformandomi all’uso corrente d° allora , le avea stimate soltanto varietà della medesima specie. Nel catalogo de’ minerali trasmessi dal Chili al Gabinetto di Madrid si tro- vano nominati lo scorlo nero striato, il fibroso, il fibroso ne- ro divergente, il verde di prato, il capillar divergente, e lo stellare . Il primo, se non m’inganno, pare che corrisponda al- la Turmalina nera dell’ Haùy; gli altri sembrano appartenere alle Z-oliti del Werner nominate e classificate diversamente dal medesimo Haiy, delle quali si trova anche gran diversità in quelle montagne. Circa poi alle vere gemme so che, anni sono, si trovò nel Coquimbo un bellissimo smeraldo, e nella Provincia di Santia- go un topazio di grandezza ragguardevole. Le donne Araucane si pregiano assai di avere ne’ loro giojelli una pietra verde det- ta Zanca, la quale sembra una sottospecie del vero smeraldo. I fiumi sogliono portare di quando in quando fra le sabbie al- cuni piccoli rubini, zaffiri, ed altre pietre di valore, indicando che nelle montagne per dove corrono vi sieno gemme di mag- gior prezzo: ma l’ indolenza di quegli abitanti trascura al pari “di molti altri rami di commercio questo ancora, che potrebbe divenire di somma importanza. Io non dubito punto, che le montagne Chilesi, attesa la loro fisica costituzione, non abbia- no delle ricchezze considerabili anche in questa classe, sicco- me abbondanti degl’ ingredienti che concorrono alla loro pro- duzione; ma i ripostigli, dove la natura è solita nascondere i suoi effetti più preziosi, lungi dall’ essere stati indagati da oc- chi intelligenti, non sono stati neppur calcati da uman piede. I Mineralogisti, che potranno col tempo scorrere quel Regno, vi troveranno abbondante messe di.cristallizzazioni d’ogni ge- nere, le quali io non potei classificare con la chiarezza che esi- ge l’alto srado, a cui siè elevata ai nostri giorni la cristallo- grafia, essendo allora privo della scorta de’ Bergman, de’ Ro- mé de Lisle, degli Haùy, e di tanti altri moderni cristallogra= }( 62 ){ fi, fra 1 quali merita un luogo distinto l’ egregio Dott. Pelle- grino Salvigni pubblico Professor di Chimica in questa R. Uni- versità per la precisione e chiarezza, con cui ha sviluppato tut- to ciò che appartiene alla cognizione scientifica de’ cristalli nel- la lezione seconda de’ suoi pregevoli elementi di Chimica ap- plicata alla Medicina e alle arti, che tutti i Dotti bramano di vederli terminati . 6: XXI Il viaggiatore Frezier, che scorse una buona parte del Chi- li, nomina fra i suoi prodotti minerali il lapislazzoli , che dice trovarsi a poca distanza da Copiapò ; e a roo leghe all’ Est del- la Concezione. In fatti vr s'incontra ora in massa, ora in pez> zi rotolati, fra i graniti e i gneiss decomposti ; esso sembra di perfetta qualità, ma finora, che io sappia, non se ne fa alcun uso. Le falde dei monti, che fiancheggiano la strada, che con- duce per le Cordilliere al Cujo, oltre i bei diaspri variegati di diversi colori, che si presentano nell’eminenze, contengono an- cora verso la base dei superbi porfidi rossi e verdi di pasta più fina di quella degli altri porfidi comuni nelle Andi. Nelle campagne del distretto di Rauquer nella Provincia di Maule si scoprì a due piedi di profondità una vasta cava d’ un porfido bruno verdiccio con macchie nere di Ornblenda, la quale si ramifica in varj filoni orizzontali, di cui per anco ignorasi e l’ estensione , e l’altezza. Questa pietra vi sta dispo- sta a strati di due piedi incirca di larghezza, e di tre o quat- tro oncie di grossezza, le quali misure sono sempre uniformi nel medesimo strato. Benchè la serie di tali lastre si trovi in- terrotta di tratto in tratto o per via di spaccatura, o perchè qualche corpo eterogeneo s° attraversa, ciò non ostante se ne possono avere di otto, ed anche di più piedi di lunghezza . La superficie di queste lastre è talmente liscia e polita, che i pit- tori se ne servono per macinare i loro colori senza farle aggiu- stare dagli scarpellini. Come poi si sieno ammonticchiate que- ste pietre in quel preciso luogo , e per qual forza di meccani- smo abbiano ricevuta una forma sì regolare e contraria alla co- mune giacitura e costituzione de’ porfidi, io non saprei facil- mente spiegare. Perciò io credo che questa specie debba col- locarsi tra le porfiroidi scissili, che il celebre M. Delametherie con ottimo criterio ha stabilito separandole dai veri porfidi. In X 63 )( fatti i cristalli di feldspato vi sono in piccolissimo numero, è la loro pasta sembra di wake. Il terreno della Campagna adia- cente parte è sabbioso , e parte argilloso e marnoso , e fra la- stra e lastra non si trova che della sabbia quarzosa e spatosa. GX XI. si Ho detto di sopra, chei graniti formano il nucleo di quei rami delle Andi, i quali spiccandosi dalla loro catena primaria dividono il Chili mediterraneo in valli più o meno estese . Io ne aveva notato molte varietà interessanti; ma quella parte del mio manuscritto , che ne trattava individualmente, non è arri- vata alle mie mani. Questo genere di pietre aggregate vi ab- bonda più di quelli delle altre primitive, come pure i mate- riali, clie principalmente lo formano, cioè il feldspato e la mica. Il primo non solo si trova disseminato, ma anche in cri- stalli isolati, o decomposto in masse considerabili di color più o meno bianco appiè degli stessi monti, donde coll’ andar de? tempi si caverà per fabbricarne delle buone porcellane. La mi- ca del pari è copiosa in tutti quei fossili nello stato di aggre- gazione , e s’ incontra anche isolata in una vasta cava situata nelle colline, che fiancheggiano il fiume Jfaza, onde con un poco di attenzione si estraggono delle lamine di più di un pie- de di grandezza, di colore ora perfettamente limpido , ora brina- te di macchie irregolari gialle, rosse, verdi, e turchine . I Na- zienali si servono delle prime, come i Russi, per farne i ve- tri alle loro finestre in vece di quelle di vetro, e delle se- conde ne fabbricano fiori artifiziali da ornare i loro altari, do- ve col loro splendore fanno un bell’effetto. In altre cave sin- contra anche la mica di color d’ Argento, o d’oro detta vol- garmente argento, ovvero oro di gatto, della quale non si fa sinora verun uso nel Paese. Gli antichi Chilesi forniti di deboli istrumenti lavoravano ancora bene 1 graniti, i porfidi, i basalti, ed altre pietre du- re, e ne facevano de’ vasi, e certe ruote traforate nel centro , di cinque in sei pollici di diametro, e di uno o due di gros- sezza , delle quali se ne trova un gran numero in quelle pia- nure, ed anche nei Monti. Non si sa il loro vero uso; si cre- de. comunemente, che quei popoli se ne servivano in vece di clava, o mazza, inserendovi nel buco un bastone. I Fanciulli le adoprano al presente per far girare le loro carriuole , X 04 )( S. XXIV. Riguardo poi alle pietre vulcaniche noi ne abbiamo data, secondo il nostro piano, una breve idea nel mentre che trat- tavamo dei Monti ignivomi del paese, ora non ci resta altro da aggiungere, che qualche osservazione di poca importan- tanza, che abbiamo fatto sulle medesime. I basalti, i trappi 200) il peperino, il Klingstein o pietra sonora , l’ ossidia- s la pietra da paragone, ed altre credute fuse dai Vulcani, si pe nel Chili non solo nei monti Vulcanici, ma anche in quelli che non sembrano aver sofferto veruna specie di con- flagrazione . Questo fenomeno , non raro in altre parti del glo- bo, favorisce sempre più l’ opinione de’ Nettunisti. Nelle Iso- le del grande Arcipelago di Chiloe, e fra i monti Andini si presenta il Basalte qualche volta in colonne prismatiche come ne’ monti Euganei e Irlandesi assai lontano dai Vulcani estin- ti o ardenti. Della Pietra sonora si trova un gran masso iso- lato di color cenerino oscuro verso 1’ imboccatura del Fiume Ra- pel , cui i contadini danno il nome di Campana; ho sentito a dire, che anche fra gli Araucani se ne osserva un altro simile detto da quel popolo #hinpincura, cioè pietra sonante . Qual sia | origine s 0 la natura di questa pietra non è per anco de- ciso fra i mineralogisti, da’ quali ora è annoverata fra i mine- rali di rame, ora stimata un trappo, o un petroselce vulcani- co. Io la crederei piuttosto un’ ardesia poco compatta, e fora- ta di molte cavità interne : la sua tessitura in fatti è scaglio- sa, e la frattura concoide . c kat. Ho procurato fin quì di dare una notizia succinta delle 08- servazioni, che potei fare quaranta anni fa su i corpi, che formano la struttura terrea del Chili; ma siccome queste osser- vazioni furono fatte da me secondo i principj del Wallerio, e del Linneo, ch? erano allora i soli in voga, così io non dubito punto, che i Minerologi moderni forniti come sono delle mol- teplici cognizioni, che somministra la nuova Chimica, se caso mai arrivano a quel Paesi, non trovino molte cose a corregge- re, o a cambiare. Comunque ciò possa essere, io avrò sempre il piacere di essere stato il primo ad indicar loro se non la ve- (65 )( ra natura, almeno la località di quelle produzioni. Con quest’ avvertenza io continuerò a parlare delle sostanze comprese sot- to i tre ordini, che rimangono dei quattro , nei quali ho di- viso le produzioni appartenenti al Regno minerale , cioè i Sali, 1 ditumi , e i metalli. 6. XXVI. I Chilesi hanno in abbondanza tre varietà di muriato di soda, o sia di sal comune o da cucina : queste sono il Sal ma- rino , il Sal fontano, e il Sal fossile, o Salgemma. Il sal ma- rino, attesa la costante serenità del climi per tre stagioni dell’ anno , si può fare e si fa ogni volta che si voglia in tutte le spiagge marittime; ina senza aver la briga di condur 1° acqua del mare in fosse ‘adattate , come si pratica altrove , si trova bell’ e fatto ne’ vasti Estuarj o Laghi di Bucalemo, di Boye- «Tuca , e ‘di Viciuquen, dove ogni anno se ne iii spon- o In tanta copia, che potrebbero caricarsene Giolti vascelli. I Nazionali ne adoprano in proporzione piccolissima parte, il resto viene liquefatto dalle piogge vernali. Il Copia- pò e il Coquimbo sono le Provincie Chilesi, che hanno in mag- gior. numero delle fontane salate, e nella prima di queste Pro- vincie si trova anche un fiume, cui la notabile salsedine ha dato il nome di Sc/ado. Questo come tutti gli altri gran fiu- mi Chilesi, sgorga dalle Cordilliere , e sì scarica a dirittura nel mar Pacifico portandovi un copioso volume di acque limpidis- sime , le quali concentrate dalla natura danno da 15 a 18. gra- di al pesa-liquore secondo le stagioni dell’ anno. Il Sale, che formasi spontaneamente nelle sue rive, è eccellente, e adopra- si qual viene dal Fiume, essendo privo quasi ao di sal marino a base terrosa, e degli altri sali eterogenei, che d’ ordinario trovansi uniti al Sale comune. Delle stesse qualità partecipa il Sal fontano, che portano a vendere i Pelwenci nel. le loro fiere annuali, le dali fanno, come detto abbiamo, nel- le Provincie meridionali. Quei montanari estraggono questo sa- le da parecchi rivi assai grossi, che discendendo dai monti An- dini si diramano per quelle valli, dove essi abitano, e si cri- stallizzano in un sale puro e bianco quanto la neve. Queste sorgenti, e molte altre che scaturiscono da quella montagna » mostrano chiaramente, che vi debbono essere copiosi ammassi È di sal fossile . Di Lat in quella parte della medesima monta- 9 s )( 66 )( gna, che appartiene alle suddette Provincie di Copiapò e di Coquimbo, si trovano due o tre monti composti, coine quello di Cardona in Ispagna, di strati di Salgemma diafano cristal- lizzato in bei cubi di color rosso, giallo, turchino , o bianco, e di una durezza pressochè uguale a quella dei macigni. Que- sti strati sono per lo più contigui , ma tratto dato vengono tramezzati da strisce di argilla s 0 di gesso. I vicini ne ini no de’ massi da piantare ue’ loro campi , affinchè il bestiame leccandoli, come fa spesso, si conservi libero dall’ epizoozia ; ; questo preservativo on ottimameste, ed io lo credo il più Opportuno , che possa adoprarsi per ottenere un tal effetto . Doude poi venga rant’ abbondanza di Sal fossile in quei luo- chi, e in altri fel nostro globo , è tuttora incerto fra i Geo- logi; chi lo vorrebbe bimato dui ioidi elastici; chi amerebbe piuttosto di crederlo depositato dal mare, allorquando sl riti- rava dall’eminenze attualmente scoperte. Quanto è a me, seb- bene non creda improbabile la prima opinione, e anzi io sia persuaso , che giornalmente se ne formi qualche copia, tutta- via attesa la solidità e la vastità delle masse, che se ne tro- vano, propenderei più volentieri pel secondo sentimento . S. XXVII. E terreni delle Provincie boreali, meno esposti alle. piog- ge degli altri, forniscono colla medesima abbondanza il natro, e i solfati di magnesia , e di soda. Di questo ultimo special- mente si veggono coperti molti tratti di Paese , e per quanto ho osservato in America e in Europa , mi pare che dopo il muriato di soda esso sia il più copioso, che s° incontri. nella natura . Il crlebre P/a//as ne trovò gran quantità per ogni do- ve nelle Provincie della Russia asiatica, ed io I’ ho veduto in tatti i distretti dell’ agro bolognese. I principali ingredienti , che lo formano cioè la soda , e l’acido solforico proveniente dalla decomposizione delle piriti, si rinvengono da per tutto, o vengono somministrati dal!’ aria, come sostiene con molta prob abilità riguardo a tutti i sali ol valoroso Sig. Patrin, il quale per olii anni osservò la natura nei suoi più intimi ri- postigli. M. Frezier, viaggiatore istruito , assicura d’ aver tro- vato comunemente il nitrato di potassa, o sia il Salnitro, all’ altezza d’ un dito nelle Valli del Chili; ed in vero vi è assai erdinario d’ incontrarlo ora cristallizzato a base di potassa, ora I 67 in efflorescenza a base calcarea sulle rupi, il che non deve re- car meraviglia , poichè la natura si mostra in tutti i paesi tem- perati prodiga di questa produzione. Le Indie Orientali, il Pe- rus la Spagna, l’ Italia meridionale ne somministrano sponta- neamente in quantità. Il gran mineralogista Fortis, la cui me- moria mi sarà sempre cara pei contrassegni di stima, e di ami- cizia con cui mi onorava, ha renduta celebre la a na- turale della Modfeta , ch° egli scopri nel 1783 nel Regno di Napoli. Gli Orefici del Chili si servono di una bella sorta di borace , la quale non so se la ritraggano. da quei monti andi- ni, o la ricevano dal Perù, dove le miniere di Riquintipa, e di Escapa offrono questo sale in abbondanza, come ce ne ac- certa il Chiar. Sig. Chaptal nella sua eccellente Chimica appli. cata alle Arti. Il solfato d’allumina , ossia il Sale conosciuto sotto il no- me di Allume, non si trova guari se non se nelle terre vul- canizzate, le quali ne producono più o meno a proporzione del- lo stato in cui si trovano . Quindi è che questo sale favorito da tutte le richieste circostanze si forma copiosamente nei la- boratorj non mai oziosi della natura stabiliti presso i Vulcani ardenti, o estinti della Cordilliera, ora in efflorescenze confu- se, ora in filamenti bianchi cristallini. Di questo allume si fa qualche uso nel Paese, ma quello, di cui si servono più fre- quentemente i Tintori, si estrae da una lava argillacea friabi- le di color bianco pallido analoga a quella della Tolfa nell’Agro romano, alla quale i nazionali anno il nome di Polcura , cioè a dire, Pie amara. Le Andi ne contengono vaste cave di questa sostanza. Nei crateri di quei Vulcani si trova anche sublimato il muriato di Ammoniaca o sal ammoniaco in mas- se granulose, o cristallizzato in varie maniere. Quando venne alla luce la prima edizione di questo Saggio sulla storia natu- rale del Chili, parecchi Naturalisti di grido credettero, che io per errore avessi nominato Sal ammoniaco qualche altro pro- dotto vulcanico, perchè allora si riputava presso che impossi- bile la sua formazione nei Crateri de’ Vulcani; ma quest ta mia asserzione, come tante altre parimente criticate , sl è di poi verificata appieno, essendosi trovato in abbondanza il vero sal ammoniaco nel Vesuvio, e nella Solfatara di Pozzuoli. I Chi- mici in quel tempo non avevano ravvisata la facilità, che la natura ha di formare in qualunque luogo 1° alcali volatile per mezzo de’ suoi due principj costituenti 1 azoto, e i idrogeno, )( 68 )( e di combinarlo coll’ acido marino per formarne il muriato d’am= moniaca + 6. XXVIII. T medesimi siti vulcanici Andini somministrano anche in copia non mediocre i bitumi comuni, cioè la nafta, il petro- leo , il pisasfalto, e la pece minerale : di quest’altima i Pehuen- ci, e 1 Puelci esitano parecchi quintali nelle loro fiere annua- li. Come tutte queste specie di bitume mi sono sembrate con- simili pel colore, e per le proprietà a queste che si conoscono in Europa, così non ho creduto conveniente di farne una par- ticolar descrizione. Una persona intelligente m° assicurò d’ave- re osservato de’ massi di Gagate nelle colline dello stato arau- cano. Checchenesia io non dubito, che fra i prodotti chiles non possa numerarsi anche questo, postochè ve ne sono gl’ in- gredienti necessari] . Ho fatta già menzione sul principio di que- sto libro delle ricche cave di carbon fossile, che s° incontrano presso la Concezione; ma oltre queste io credo, che quel Re- gno ne fornirebbe molte altre se fossero ricercate, perchè in quasi tutte le contrade, dove io sono stato, mi occorse d° os- serware indizj non equivoci della sua esistenza . sg Nelle alte montagne della Gordilliera, dice M. Frezier, 5, a 40 leghe dal Porto di Gopiapò verso 1’ E. S. E., sl trova- sy no le miniere del più bel solfo, che possa vedersi : si cava », puro affatto da una vena di circa due piedi di larghezza, e » senza che sia bisogno di purificarlo si vende nel Porto a tre s, piastre il quintale, di dove poi si trasporta a Lima . .,, Il medesimo viaggiatore parla di altre cave di solfo situate nelle Valli abitate dai Puelci. Questi ammassi di materia sulfurea non sono i soli, che si trovino in quella montagna; quasi tut- ti quegli, che vi sono entrati ne hanuo osservato delle vene cousiderabili specialmente presso i Vulcani. Quindi bisogna di- stinguere due specie di solfo; l’ uno primitivo di cui non si sa Vaorisimente glo prodotto o gettato dai fuochi Vulcanici. Il primo di color giallo verdiccio mostra d’ordinario nella sua tes- situra de’ piccoli cristalli ottaedri, o piramidali: il secondo di color più sbiadato si presenta in masse confuse, o stalattitifor- mi tutte bucherate, o cellulari. }( 69 )( CX: La natura ha- voluto aggiungere agli altri pregj valutabili di cui ha fornito il Chili nell’ esterna sua superficie anche il vantaggio di possedere nelle sue viscere in gran copia i metal- li, onde il resto del Globo va più o meno provveduto . Se que- gli abitanti non lasciandosi abbagliare dal lusinghiero splendo- re di questo dono di secondaria utilità si contentassero di pro- fittarne colla mira di sostenere, e promuovere le vere e solide ricchezze, che presenta loro l’ammirabile ubertà del terreno , si troverebbero in uno stato assai più florido di quello che go- dono al presente. Ma abbandonata in gran parte la coltura del- le terre, e la estrazione de’ minerali più utili, s° applicarono sin dal principio de’ loro stabilimenti a forare i monti per ri- tirarne unicamente i metalli meno necessarj , l'oro e I’ argen- to. Quindi ne avviene che gli Autori, che parlano delle pro- duzioni di questo regno occupati tutti nel descrivere le ricche miniere, che vi sono di questi due metalli, appena fanno men- zione di qualcheduno degli altri minerali, che s’ incontrano nel suo seno. Quelli che più ne hanno trattato, sono M. Sanson d’Abbeville, 1’ Istorico Ovalle, e M. Frezier. Il primo nella sua carta geografica del Chili indica i monti, dove si trovano le miniere di Stagno, di Piombo, di Mercurio, di Rame , d’Ar- gento , e d’ Oro. L’ Ovalle fa menzione degli stessi metalli, i quali erano i soli, che fossero conosciuti nel suo tempo . Fre- zier, uomo d'istruzione non volgare, nel primo tomo del suo viaggio annovera più specificatamente fra i fossili Chilesi lo Sta- gno , il Piombo, il Ferro, il Rame, il Mercurio, l’Argento, e l’ Oro coll’ indicazione precisa de’ luoghi, dove si sono scoper- ti, una gran parte de’ quali egli visitò in persona. Il Gover- no spagnuolo ultimamente diede | incombenza al Governatori delle Provincie americane di mandare al Real Gabinetto di Ma- drid tutte quelle produzioni naturali, che stimassero degne di attenzione nei loro rispettivi Dipartimenti. Questi vi hanno tra- smessi quei capi, che parvero .loro più vistosi. Con quest’ oc- casione ne venne dal Chili una quantità considerabile di mine- rali, molti de’ quali si trovano descritti ne’ tomi 1v e vi degli Annali di Scienze naturali compilati dal Cel. Cavanilles, e im- pressi a Madrid nella reale stamperia . Ho creduto necessario di darne quì appiè della pagina un estratto fedele in conferma X 70) di quanto sono per dire intorno ai metalli, che trovansi nelle differenti Provincie di quel Regno, coll’ individuazione de’ si- ti dove s’ incontrano , o coll’ espressione generale di miniere Ghilesi, quando i nomi de’ luoghi non sono specificati. (a) CIA. L° Analisi orictognostica perfezionata dai lumi, che som- ministra la Chimica moderna, ha scoperto, e va scoprendo tut- tora molte sostanze metalliche incognite fino ai nostri tempi di SRIIRZZITO ZZZ) Tp RC IRNNINE SEI EST COTTE SEE (a) Oro nativo disseminato nel Quarzo = Rancagua . Oro nativo in porfido argilloso decomposto con malachite fibrosa == Co- piupò . Oro nativo in quarzo grigio, gialligno , rossiccio, bigiastro = Copiapò . Oro nativo in quarzo con malachite fibrosa, pirite di rame, e selenite = Talca. Argento nativo con arsenico nativo = Copiapò . Argento corneo intimamente combinato con rame muriatico in massa di color giallo verdiccio con piccoli cristalli di Argento corneo puro = Min. Chil. Argeuto corneo intimamente unito con ranie, e piombo = Min. Chil. Argento corneo con malachite, azzurro di rame , rame color di tegola, sopraccaricato di ferro == Uspallata . Argento corneo con argento nativo, muriato di rame, galena, e quarzo = Min. Chil. Cinabro con pirite di rame, galena comune, e ocra di ferro = Punitaqui. Cinabro chiaro = Punitaqui , Copiapò . Mercurio nativo = Cerro blanco . Rame nativo con rame rosso, malachite, e spato calcareo Rancagua ; e in altre pasti dello stesso Regno con rame rosso, rame vitreo, muriato di rame, malachite, e quarzo. Rame nativo in piccoli grani con rame rosso in massa, e malachite = Min. Chil. Rame vitreo con malachite, rame color di tegola, ocra di ferro, quar- zo = Remolini. Rame vitreo con malachite, e scorlo capillar divergente 2 Min. Chil. Rame vitreo con muriato di rame = Min. Chil, Rame vitreo con rame rosso follicolare ; ib. Rame rosso Dellissimo follicolare; ib. Fame color di tezola terreo, e indurito combinato con acido muriatico; ib. Rame color di tegola con rame vitreo, malachite, muriato di rame, e quarzo ; Remolini , e altrove con malachite. Rame bianco con malachite , e pirite di rame in quarzo; Cerro bianco, presso la miniera di Mercurio . Rame biauco con rame vitreo ; passaggio insensibile dall’ una all’ altra di queste due combinazioni. Famiglia molto rava nel Regno minerale = Mi. 'Chil. Rame turchino radiato in grandi, e bellissimi cristalli ; ib. Name azzurro radiato con malachite fibrosa, e rame grigio = Petorca. 71) - modo che oggidi la somma de’ metalli avverati ascende al nu- mero di ventritrè, o ventiquattro . Se ne discorre di parecchi altri ultimamente scoperti; ma è da temer, che la moda o la brama di farsi nome nov si affretti a spacciare per sostanze nuove quelle, che realmente non sono, che modificazioni de? minerali già conosciuti. Comunque ciò sia, cotesti nuovi me- talli si presentano per lo più in piccola dose, onde finora non sembrano potere arrecarci grande utilità. E probabile, che i medesimi si trovino anche nel Chili, stante la costituzione me- tallifica del Paese. AH” epoca della mia partenza non vi erano RESI AI — RENI CEI Rame azzurro con malachite fibrosa , e verde-rame — Clieco. Rame azzurro con rame grigio, malachite fibrosa, rame olivastro, o co- lor d’ oliva, verderamne ferruginoso , galena, arseniato di piombo, spato ba- ritico, e quarzo = Cerro blanco . Rane grigio con rame turchino radiato, e rame nero = Min. Chil. Rame grigio con rame turchino radiato, rame nero, rame olivastro, rame ferruginoso terreo, galena, arseniato di piombo terreo, spato baritico , e ZZINIIP COR GERE + LASILARE ION ASTAINA DOO ITZI SIR ©) CNOSTZENZI O ZURZTZES SNC quarzo = Cerro blanco . Rae epatico = Min. Chil. Rame nero in diversi srati assai interessanti — JIZin. Chil. Rame nero con pirite di rame, e amatista sopra una specie di Waka penetrata dalla pirite di rame 22 Cacyuyo. Rame nero con rame grigio, azzurro di rame, rame olivastro, verde rame ferruginoso, galena = Cerro blanco. Malachite fibrosa , ( specie rara ) con rame color di tegola, ocra di fer= ro fosca, quarzo pingue. Cerro-blanco, Rincon, Remolini, e quivi anche con muriato di rame. Malachite fibrosa con azzurro di rame radiato, verderame, ocra di fer- ro, quarzo pingue = Checo. Malachite fibrosa con ferro grigio squamoso, e quarzo pingue = Nantoco. Malachite fibrosa con azzurro di rame radiato, rame grigio, rame oliva- stro, verderame ferruginoso, galena, arseniato di piowbo, spato Daritico, quar- zo = Cerro blanco. Malachite fibrosa con rame nativo, rame rosso, rame vitreo , spato cal- careo , e quarzo = Rancaqua , e in altri luoghi del Chili. Malachuite fibrosa con azzurro di rame radiato, e rame grigio = Petorca. Malachite compatta con rame color di tegola = Remolini. Malachite compatta con amatista in argilla indonia = Cerro blanco. Rame turchino idrofano di bel color cilestro stalattitico = Min. Chil. Arseniato di rame in piccoli cristalli = Me. Chil. Verderame ferruginoso con rame grigio, antimonio, e rame nero == JIZin. Chil. s Verderame con malachite fibrosa, e rame azzurro radiato — Chec o. Verderame ferraginoso terreo (specie molto rara ) con rame grigio, ra- me nero, malachite, ocra fosca di ferro, e quarzo == Min. Chil. Verderame ferruginoso scoriforme con rame olivastro, rane grigio, az= zunro di rame, galena, arseniata di piombo, spato baritico, e quarzo = Cer= ro blanco . 72) conosciute, che le triviali varietà de? metalli comuni. I mina-. tori vi trascuravano tutto ciò che non poteva al parer loro ap- portare un gran lucro. Nulladimeno essi sapevano distinguere, oltre i metalli malleabili, molti di quelli che allora si diceva- no semimetalli ; ma usando per lo più nell’ indicarli di deno- minazioni erronee. Il bismuto, che vi si trova in varie parti, era riputato una varietà imperfetta di stagno o di piombo, il manganese una terra minerale, il cobalto nna specie di ganga, o sal-banda mineralizzata. Pare che quest’ultimo metallo non sia raré nel Chili; io ne ho vedute in varie parti 1° eftlorescen- TRAE AD ROSE TTZZI € VT LOAD CI DIRT ETNA RICO Pirite di rame assai comune; si trova accompagnata colle altre specie di rame specialmente col rame grigio, col rame nero, colla malachite , coll’ az- zurro di rame, col verderame, col rame color di tegola, colla pitite comune, coll’ocra di ferro, col ferro spatico , e colla galena = Cerro blanco, Cacguyo. Pirite di rame, che passa al rame nero = Min. Chil. Muriato di rame s’ incontra abbondantemente nel Chili: 1°. Accompagnato col rame color di tegola, coll’ocra fosca di ferro, colla malachite, coll’ argento corneo, col ferro magnetico , collo scorlo co- mune fibroso, col gesso, col quarzo == Memolini. 2°, Col rame color di tegola, e il quarzo = Min. Chil. 3°. Col rame color di tegola, e l’amatista in terra gialla = Min. Chil. 4°. Col rame rosso, vitreo, e amatista = presso Soledad. 5°. Colla pirite arsenicale, rame olivastro, arseniato di ferro, ferre grigio compatto; e Selenite==S. Felice. 6°. Coll’ ocra di ferro, e amatista = Copiapò. 7°. Col rame color di tegola, e lo spato baritico = Pampalarga. Ferro magnetico in massa con rame muriatico = Memolni . Ferro specolare = Min. Chil. Ferro micaceo con ferro grigio, e rosso squamoso, ferro grigio compatto, malachite e quarzo = S. Pietro. Ferro micaceo con ferro grigio e rosso compatto, malachite, e quarzo — Nantoco . î Ferro micaceo, di cui s' ignorano i compagni = Lincon. Ferro rosso scaglioso , 0 Lisenvalim ( specie rara ) con ispato magnesiaco sopra argilla = Rincon. Ferro rosso scaglioso con manganese = Min. Chil. Ferro rosso scaglioso con ocra di ferro rosso, e grigio = Remolini. Ferro rosso scaglioso con ferro micaceo, ferro grigio scaglioso , ferro gri- gio compatto, malachite, e quarzo = S. Pietro. Ferro rosso compatto con ferro grigio compatto, ferro micaceo, malachi- te, e quarzo — /Vantoco. Ferro grigio con ocra di ferro grigio, e verderame = Agua amarilla Ferro grigio compatto con ferro rosso, ferito bigio scaglioso, malachite © quarzo =S. Pietro. Ferro grigio compatto con malachite, e quarzo = Rosario. Ferro argilloso = Uspallata. Arseniato di Ferro ahbondante con pirite arsenicale , rame olivastro, mu- riato di rame, ferro grigio compatto, e selenite =S. Zelice. i PA X 73 ze color di fior di persico. Nel Perù si trova accompagnato col ferro grigio compatto in matrice calcarea , e nel Messico col Kupfernikel secondo i già citati Annali di Scienze naturali del Cavanilles, Tom. vi. pag. 104, e 106. Quindi si vede che que- sto minerale non è una sostanza propria soltanto dell’ Europa come si pretende . 6. XXXI. I Monti d’Alcoraya nel Coquimbo contengono, come si è Ucci —l->e-i-@-»@®<-i Ocra grigia di ferro ( rara ) con ferro grigio scaglioso, e verderame = Agua amarilla . Ocra grigia di ferro con ocra rossa di ferro, ferro rosso squamoso , muria- to di rame, rame color di tegola, malachite, e quarzo = Remolini . Ocra rossa di ferro ( specie rara ) con ferro rosso scaglioso , e ocra gri- gia di ferro = Remolini . Piombo bianco, carbonato di piombo = Min. Clul. Piombo bianco ( specie alquanto rara ) con galena comune, galena com- patta , pirite di rame, verderame, ocra di ferro , e quarzo = s. Pietro. Piombo bianco con galena comune, e quarzo = s. Antonio. Piombo giallo terreo; arseniato di piombo = Min. Chil. Piombo verde ( specie rara ) con verderame, spato calcareo in quarzo = s. Pietro. Arseniato di piombo in istato terreo color di paglia con galena comune, piombo bianco, rame grigio, malachite fibrosa, rame azzurro radiato, rame color di tegola, verderame ferruginoso, spato baritico, e quarzo = Cerro blanco. Galena comune con rame grigio, e malachite fibrosa = Carmine . Galena comune con galena compatta, piombo bianco, pirite ramignosa, verderame , ocra di ferro, e quarzo=s. Pietro . Galena comune con piombo bianco, e quarzo = s. Antonio. Galena compatta , ( specie alquanto rara ) con piombo bianco , pirite di rame , e quarzo. s. Pietro. Ultimamente sono arrivate in Ispagna dal Chili molte altre varietà di ga- lene con altir minerali. Ann. di Sc. nat. Calamina comune con calamina follicolare, e ocra di ferro = A/coraya. Antimonio grigio compatto con ferro micaceo = Min. Clul. Antimonio grigio compatto con antimonio grigio radiato, e quarzo = Min. Chil. i Manganese con ferro scaglioso = Min. Chil. Arsenico nativo color di tegola = Min, Chil. Arsenico nativo con calce nativa d' arsenico — s. Felice. Arsenico nativo con argento nativo = Copiapò. Arsenico rosso = Min. Chil. Pirite arsenicale con arseniato abbondante di ferro, rame color di tego- da, muriato di rame, e selenite = s. Felice. Calce nativa d’ arsenico ( rara ) — s. Felice. Mispickel ferro combinato coll’ arsenico = Min. Chil. IO 74 )( detto, varie cave di ossido di Zinco, o sia calamina ora lamel- losa, ora compatta per lo più accompagnate coll’ ocra di ferro. Le blende grigie , e gialle si trovano anche nelle miniere d’Ar- gento. Un Ottonajo della Città della Concezione adoprava una specie di ottone naturale, che ricavava da una collina situata nella Provincia di Hui/guilemu sul fiame Lara. Questa curiosa combinazione vi si trova in pezzi di differenti grandezze ade- renti ad una pietra argillosa frangibile di colore ora giallogno- lo, ora verde bruno. Siffatta operazione pare che debba attri- buirsi ai fuochi sotterranei, i quali trovativi il rame, e la blen- da, o la calanzina nel medesimo sito, abbiano sublimato, e fis- sato quest’ossido per via di cementazione naturale nel rame. Pli- nio nel libro 34 cap. 2 della sua storia naturale parla sotto il nome di Auricalco delle miniere di quest’ ottone trovate nelle Alpi, nella Francia, ed anche in Ispagna, aggiungendo che erano state di poca durata. In fatti esse non formano nè filo- nì, nè strati, nè consistono in altro, che in pezzi sparsi quà e là nella specie di matrice dove si trovano. Quando io feci menzione nel mio saggio di quest’ ottone Chilese , non si co- noscevano distintamente per anche, se non m’ inganno , nè la miniera di calamina e rame di Perefta in Toscana, nè quella di Loktefskoi nella Siberia, nè il Messingerz o miniera d’ ottone de’ Mineralogisti Tedeschi. Questi min: rali, che mediante la fusione rendono un vero ottone, si chiamano comunemente ag- regazioni, o mescolanze. Può darsi che sia di questa natura il fossile della Lara; ina io non posso persuaderni, che il fuo- co di un Ottonajo sia sufficiente a convertirlo in ottone . - XXXII. Il Chili è fornito ancora competentemente di manganese . Questo minerale vi s'incontra ora lamellare nelle miniere di ferro, ora dendritico, o radiato sui gueiss o altre rocce , ora in masse di qualche estensione . L’ Antimonio parimenti non vi è scarso. Da gran tempo se ne faceva uso in quel paese specialmente dagli Orefici, e dai Medici, I solfuri d’ antimo- nio, ovvero ll’ Antimonio grigio compatto, e il radiato 0 aci- colare vi si trovano sul quarzo in compagnia del ferro micaceo ; in altri luoghi si presenta eziandio |’ antimonio idrosolforato in aghi divergenti rosseggianti . | . Più abbondante d’ assai, anzi di troppo, vi è I’ Arseni- }(75 co compagno incomodo di quasi tutti i filoni metallici : esso specialmente investe ora come mineralizzatore ; ora come ag- gregato parassitico i minerali d’argento , di rame, di ferro , di stagno , e di cobalto, fra i quali si mostra o nativo, o in ista- to d’ ossido polveroso sotto tutte le forme conosciute. Le va- vietà più comuni vi sono l’Arsenico nativo color di tegola ora in massa friabile, ora mammelloso . Il medesimo si trova colla sua calce nativa nei monti di s. Felice, e coll’ argento nativo nel Copiapò . Questa calce nativa di arsenico viene riputata co- me specie rara dai Chimici di Madrid. Negli stessi monti di s. Felice s'incontra in abbondanza la pirite arsenicale in com- pagnia del rame color di tegola, il muriato di rame, I’ arsenia- to di ferro, e la selenite, ed in altre parti si osserva anche l’ arsenico bianco ossidato . L° arsenico solforato rosso, o sia il risigallo, o realgar , e il giallo detto Orpimento , si presentano spesso nei Crateri de’ Vulcani, e in molte di quelle miniere . S. XXXIII. D. Raimondo della Quadra mineralogista spagnuolo citato dal Cavanilles dice, che lo Stagno si trova ancora nelle Pro- vincie americane ; io non so se sotto questo nome generale com- renda anche il Chili. Frezier ne mette le miniere intorno al- la Capitale del Copiapò, e in un distretto del Coquimbo no- mato Lampangue . Presso le foci del Fiume Guasco si trova un monte dove questo metallo, per quanto mi hanno detto, s’in- contra accompagnato col rame in istrati, o in pezzi informi staccati. Forse per questo motivo non fu creduto degno di es- ser mandato in Ispagna con gli altri minerali, fra i quali non si trova menzionato . I Galderai del Paese se ne servono per istagnare 1 vasi di rame. 6. XXXIV. I minerali di Piombo sono molto più comuni, e più gene- rali nel Chili di quelli dello Stagno. Le miniere de’ monti di san Pietro, sant’ Antonio, e del Carmine presentano il solfuro di piombo, o la galena comune accompagnata ora col rame gri- gio e colla malachite fibrosa, ora colla pirite ramignosa, col verderame , coll’ ossido di ferro, e col quarzo. Nel suddetto monte s. Pietro si trova la galena compatta, specie alquanto )( 76 rara, insieme colla pirite di rame sul quarzo . Il Giornale di Madrid fa menzione di molte altre specie di Galena portate dal Chili con altri minerali. Il carbonato di piombo, ovvero il piom- bo bianco comune s’ incontra in varie parti del Regno; ma ne monti di sant’ Antonio se ne truova in compagnia delle galene comune , e compatta, e della pirite di rame, un’altra specie sti- mata poco ordinaria a cagione forse della sua cristallizzazione . Si reputa parimenti come specie rara il Piombo verde, che ri- trovasi in s. Pietro insieme col verderame, e lo spato calcareo cinto da una salbanda di quarzo. Può darsi che questo sia il medesimo , o poco differente dal piombo fosfatato dell’ Haùy, o un piombo mineralizzato dall’ acido fosforico, come pure può essere un molibdato il piombo giallo, che vien numerato fra i minerali rimessi a Madrid dal Chili. L’arseniato di piombo , 0 sia il piombo mineralizzato dall’ arsenico di color di paglia, si presenta nelle miniere di Cerro dlanco in istato calciforme ac- compagnato con var] altri minerali, e specialmente colla mala- chite fibrosa , coll’ azzurro radiato di rane, e collo spato bari- tico fra il quarzo. I Chilesi prima dell’ arrivo degli Europei sa- pevano già distinguere con nomi proprj il Piombo, e lo Sta- gno; il primo era detto da loro Laquir, e il secondo Thitki, voce che esprime assai bene nel prouunziarla lo scricchiolare che fa lo stagno quando si piega. GI’ Inglesi forse per esprime- re il medesimo suono , chiamano questo metallo Tir. S. XXXV. M. Paw attento sempre nelle sue ricerche americane a de- gradare e screditar l'America, dopo avere asserito, che in tut- ta l’ estensione di quel Continente vi era pochissimo ferro, e questo infinitamente inferiore a quello, che produce il vecchio Continente, per modo che non se ne potrebbero far neppur de’ chiodi, sbandisce con un tratto di penna tutto il ferro dal Chili, anto che non vi è assolutamente alcuna miniera di questo metallo. Ma a dispetto dell’ anatema del Sig. Paw il Continente americano abbonda, come il resto del Globo, di miniere di ferro di tutte le qualità richieste. Al ferro del Ca- nadà M. Dantic dà il secondo grado di perfezione dopo quello di Stiria, che viene stimato il più perfetto, che si conosca. Il territorio degli Stati Uniti rinchiude copiosissime miniere di questo metallo. Tutte le altre Provincie. americane ne vanno M 77) parimente fornite. Ma gli Spagnuoli, che ne possiedono la mag- gior parte, non permettono lo scavo, per potervi smerciare con più vantaggio il ferro di Spagna. Riguardo al Ghili, il Sig. Paw, che ui spesso il Frezier, potrebbe essersene accorto, se avesse voluto, che egli fa menzione delle miniere chilesi di questo minerale in molti luoghi della relazione del suo viag» gio; ma tale ravvedimento non conveniva al suo disegno . La Natura in vero sembra essersi mostrata in quel paese più prodiga di questo utilissimo metallo, che di qualunque al- tro. Tutti i fiumi, come abbiamo accennato altrove, depongo- no più o meno nelle loro rive della sabbia ferruginosa magne- tica, la quale non può venir altrimenti, che di corrosione delle miniere di ferro esistenti nei monti per dove quelle ac- que passano , 0 hanno le loro sorgenti. Questa sabbia suol es sere più copiosa sulle rive di que’ fiumi, che portano pagliet- te d’ oro. Il Coguimbo, il Copiapò, V Aconcagua, il Maule, il Huilquilemu sono le Provincie del Chili spagnuolo, che con- tengono le più ricche miniere di ferro. Lo stato araucano n°è ancora abbondantemente provveduto. Il ferro di tutte queste miniere, mediante il saggio che se n°è fatto, si è trovato per lo più d’ eccellente qualità. Un benestante del Coquimbo in tempo, che questo metallo era assai caro per motivo della guer- ra colla Gran- Bretagna, si arrischiò a scavarne segretamente parecchi quintali, i impiegò poi con ottima riuscita negli ar- nesi delle sue Possessioni A I distretti più celebri per la quantità e varietà d’ogni ge- nere-di metalli, e specialmente del ferro, che rinchiudono, vi sono i Remolini, Acqua-amarilla, il Rosario, e Uspallata. Il ferro vi si presenta sotto diversi stati, e aspetti: trovasene del magnetico, dello specolare , del micaceo, del grigio compatto, e scaglioso , del rosso parimenti compatto, e squamoso, deli’ar- gilloso, dell’ arsenicale, dell’ Ocraceo di color ora grigio , ora rosso. Gli smerigli, ' ematiti stalattitiche, i solfuri di ferro 0 piriti, quivi ed altrove s’ incontrano in gran numero, e parti- colarmente sull’ alto monte detto Campana della Provincia di Quillota, dove abbondano anche quelle, che volgarmente si di- cono pietre dell’ /rcea, di forma cubica . Il monte di st. Agne- se verso le sorgenti del fiume Lara è rimarchevole, come di- ce Frezier, per la quantità di calamita, di cui è quasi intie- ramente composto. Io ne vidi un altro monte presso 1 imboc=- catura del fiume Maule egualmente ricco di questo minerale ; 78) ja sua struttura esterna era in parte schistosa, e in parte are- nacea . Il Gabinetto di Madrid contiene de’ pezzi superbi di tutte queste specie di ferro d° origine Chilese.. Se vogliamo por mente agli indizj che ci somministra la lingua nativa del paese, pare che possiamo inferirne senza no- ta di temerità , che il ferro vi era conosciuto prima della sco- perta dell’ America . Nei primi Dizionarj di quell’ idioma pub- blicati poco dopo l° ingresso degli Spagnuoli, questo metallo vi è nominato paril, e la sua miniera parilhue. Che quegli abi- tanti poi sapessero lavorarlo, e farne uso, è un dubbio, che resterà indeciso, finchè ivi non se ne trovi qualche arnese di antichità non equivoca, tanto più che gli Autori di quei tem- pi vanno d’ accordo nel negarlo. Nulladimeno negli stessi Di- zionarj si osserva il verbo ryzhan lavorare il ferro, Rythave il fabbro , chyquel arma d’ acciajo . L° origine di questi vocaboli, che sono proprj non traslati, dà molto da pensare, e rende la questigne assai problematica. Potrebbe ben supporsi tuttavia, che quegl’Indigeni sforniti dell’ arte di ridurre il ferro mine- ralizzato , avessero incontrato presso i Vulcani, o altrove qual- che porzione di ferro nativo, benchè tuttora ne sia controver- sa l’esistenza, e se ne fossero serviti per farne alcuni utensili o altri lavori, i quali avessero data 1’ occasione di formare que?” vocaboli. Il rinomato chimiéo Proust ha ritrovato, che il ferro nativo di America contiene una quantità notabile di Nickel, e che perciò è duttile quanto il miglior ferro lavorato . 6. XXXVI. Le miniere di rame sembrano per ora più estese e più co- piose nel Chili di quelle degli altri metalli, perchè da lungo tempo quegli abitanti si sono applicati a cercarle a motivo del gran profitto, che ne ricavano. Esse s’ incontrano dai confini del Perù sino all’ estremità dell’Arcipelago di Chiloe, o per dir meglio fino allo stretto magellanico. L° alto, e il basso Chili ne sono egualmente provveduti, sopra tutto verso Settentrione. Il metallo per lo più si trova incastrato in varie sorta d’argil- le, come nella Siberia, e qualche volta in tanta copia, che su- pera di molto in quantità le materie eterogenee , che lo accom- pagnano. Non è cosa rara il trovarne de’ pezzi puri di parec- chie libbre. Frezier racconta , che al suo tempo si erano sca- vate delle masse di rame puro di più di cento quintali da due 79 )( montagne delie Cordiiinere lontane cento leghe dalla Corcezio= ne, e un pezzo di quaranta quintali dal vicino monte Payern celebre per la quantità di minerali, che contiene ci suo sce- no. Queste miniere si dirigono per lo più dal nord al sud se- guendo il corso delle inontagne , che hanno la medesima dire- zione. Le loro salbande sono ordinariamente composte di schi- sti argillosi, o d’ una specie di porfido tenero, e qualche vol- ta di pietre quarzose, cornee, e calcaree. La più parte si e- stende sulle falde delle mon itagne; le altre si ritrovano nelte valli, o al piede delle colline. I minatori del paese, appoggian- dosi alle loro esperienze , affermano, che le terre di queste, e delle altre miniere sono creazrici, cioè che hanno la virtù di generare continuamente i metalli, nel che non vanno lontani dall’opinione del Sig. Patrin, e di altri celebri mineralogisti . D. Autonio Ulloa parlando nel suo viaggio del rame del Chili in generale, gli dà il secondo luogo dopo quello di Corinto , che con ragione stimasi un metallo fattizio. L° Inglese autore del Gazzettiere americano lo preferisce assolatamente a tutti gli altri fin’ ora conosciuti. Questo rame trovasi d’ ordinario io coll’ oro, onde i Francesi, che nel principio del secolo passato fecero in quelle parti un traffico considerabile , procurarono di acquistarne tutto quello che poterono per ritrarne poi quel pre- zioso metallo. Le proporzioni, con cui si trovano unite que- ste due sostanze metalliche, quando si combinano ins ieme , sono molto varie. I saggiatori del paese affermavano , che vi era del rame , che conteneva da un decimo fino ad un terzo d’ oro, ma che in tale stato era libero affatto dai mineralizza- tori. -_ Il rame nativo ora in massa, ora in belle cristallizzazioni è assai comune in tutte quelle miniere. Ma quello, che più vi abbonda, è il rame vitreo, o sia il rame minei alizzam soltanto dal solfo, del quale in qualche parte e nominatamente nel mon- te situato all’ occidente della Città di Talca, n° è impregnato sì leggiermente, che posto sulle brace se ne libera con facili tà, e li malleabile. Di tal natura seinbra , che siano le famose miniere del Payer, dalle quali si ricavarono quei pez- zi enormi di rame puro, di cui abbiamo fatta menzione di so- pra. Queste miniere sono al presente abbandonate , perchè i Pilo padroni di quel distretto, non vogliono più TEMO, ne lo scavo. Riferiscono le storie di quel tempo, che questo rame era di così bel colore, che pareva un similoro, dominan- X( 80 X{ dovi comunemente più l’ oro, che lo stesso rame, e ch’era co- sì facile a poterlo estrarre, che bastava far fuoco a piede di quei sassi , che n’erano impregnati. Vi è senza dubbio dell’ esa- gerazione in questo racconto, ma nel fondo vi può essere mol- to di vero. Pochi anni sono si scoprì un’ altra miniera simile nelle Cordilliere della Provincia di Curicò, dove le particelle d’oro si mostravano visibili sul rame, Gli abitanti si servivano di questa combinazione sotto il nome di «aocventurina per farne smaniglie, anelli, e varie altre bagatelle curiose. Si diceva, che l’ oro vi fosse per metà, ma io non potei verificarlo pel mez- zo del saggio. Si sono ritrovate anche delle miniere di rame , le quali nel fondo terminavano in miniere d° oro . Quantunque le miniere di tutte le specie eonosciute di ra- me, vi sieno, per dir così, innumerabili, i minatori tuttavia, avendo onde farne scelta, non lavorano guari se non quelle, che dal solo zolfo vengono mineralizzate, perchè stimano trop- po faticose le altre più eterogenee. I proprietarj ancora s’ a- stengono dall’intraprendere lo scavo di qualunque miniera, do. ve non si compromettono di ricavare dall’ estratto minerale la metà almeno di rame purgato , e netto per ogni quintale. Ciò non ostante nelle Provincie di Copiapò, Goquimbo , e Aconca- gua se ne trovano molti lavori in attività. 6. XXXVII. I minatori, quando vogliono procedere alla depurazione del rame, separano prima più che sia possibile il vero mine- rale dalle terre, o pietre accidentali, o sia dalle porzioni di ganga, ed anche dalle parti povere di metallo, e dopo averlo ridotto in piccoli pezzi con pesanti mazze di legno, lo metto- no in un forno già riscaldato fra varj strati di legna alternati- vamente sottopostevi., e che vengono accese vivamente da due gran mantici mossi da un canale di acqua. Questo forno , la di cui capacità è arbitraria, è fabbricato di una argilla refratta- ria, ma il suo pavimento declinante in una proporzionata fos- sa è combaciato di un cemento di gesso, e di ossa calcinate, e polverizzate. La volta è guernita di un buon numero di bu- chi per la sortita del fumo, ed ha nella sommità un’ apertu- ra, che si schiude e serra, per via della quale gettansi le le- gna bisognevoli, e il minerale nel forno, e si sta anche osser- vando lo stato della fusione . Un foro poi alquanto declive fat- Bi )( to all’ altezza del pavimento conduce per un canaletto nel sot- toposto bacino il rame liquefatto . La 72etallina che proviene da questa prima torrefazione , si raffina poi in-un fornello non differente da quelli, che si usano per questo effetto in Euro- pa. Non so qual sia il prodotto attuale di queste miniere ; es- so 4o anni sono era assai considerabile . S. XXXVIII. Oltre le specie di rame di facile estrazione finora accenna- te, il Chili ne possiede molte altre di carattere diverso per le lo- ro associazioni, 0 combinazioni, delle quali s° ammirano de’ pezzi curiosissimi nel Gabinetto di Storia naturale di Madrid. Tali so- no il rame nativo sotto diverse forme, il rame vitreo, il cilestro idrofano , l’azzurro , il rosso, il bianco, il grigio, l’epatico , il nero, il rame color d'oliva, e di tegola, tutti notabili per le loro composizioni, e aggregazioni . Vi si trovano parimente mol- te sorta di ossido azzurro di rame, di verderame, di piriti rami- gnose , e di malachiti-fibrose , e compatte. Questo carbonato stalattitico di rame s’ incontra in molti luoghi del Chili, dove col suo bel colore di smeraldo, e le sue zone di tinta più chia- ra campeggia fra gli altri minerali; se ne vedono qualche vol- ta de’ pezzi assai considerabili. Io sospetto, che il rame bian- co trovato presso la miniera di mercurio nel Cerro blanco pos- sa essere un amalgama naturale di questi dune metalli, quan- tunque siffatta combinazione non sia peranche conosciuta in Mineralogia. E vero che il rame si unisce difficilmente col mer- curio, ma forse coll’ intermedio di qualche acido potrebbe la natura facilitare questa unione. Checchenesia 1° analisi sola po- trà dileguare questo sospetto verisimilmente immaginario . & XXXIX: La produzione però, di cui il Chili può con ragione van- tarsi in questo genere, è quella del muriato di rame, o sia del rame combinato coll’ acido del sal marino. Tal prodotto, come ho detto altrove, pare finora proprio soltanto di questo Regno; può darsi tuttavia, che il Perù, attesa la contiguità de’ due paesi, ne vada similmente fornito . Nel Chili s° incontra in molti luoghi, o per dir meglio, in quasi tatte le miniere di rame . Il cel. Chimico Proust ne ha fatto 1° analisi, e vi ha trovato To Rame La ft Calle e a toi Acido mur. = =. - - - - 10 Ossigeno concreto - - - - - - 145 Ossido rosso di ferro - - - - - 2 Solfato di calce con un poco di sabbia 4 Acqua + = - - - - = - - - 12 == 100 Quindi si vede, che questo muriato è alquanto differente dal- la sabbia verde detta del Perù. Il Sig. Cristiano Herrgen mi- neralogista Tedesco residente a Madrid ne ha fatta la descri- zione seguente conforme al metodo di Werner. ,, color verde 9 di smeraldo con varj gradi d° intensità , verde prato, verde ») prato fosco, verde d’ oliva, verde nericcio . S° incontra ge- s,3 neralmente in massa, qualche volta capillare , radiato, di- », Vergente, stellato, o cristallizzato, ora in prismi romboidali sa quattro lati taglienti, ora iu prismi troncati parimenti a sg quattro lati, ora in tavole piccole per lo più rotondate, qual- 9) che volta a sei lati. I piani laterali de’ prismi striati longi- 9, tudinalmente. Gristalli piccoli; lustro in massa rilucente, ne? so Cristalli assai lucido, vetroso . Tessitura in massa, e nei cri- », stalli follicolare . Durezza poca. Rasura verde violetta. Gra- 99 Vità 44300. Al cannello dà subito l'odore di acido muria- sg tico. Fiamma verde turchiniccia mentre dura l’ acido : si ri- sy duce allora il metallo facilmente. Giacitura Remolini , Sole- o dad ec. Compagni: quarzo , gesso follicolare , scorlo fibroso , sg TAMEe rosso, VItreo, rosso di tegola, malachitico, cilestro idro- ss fano , argento corneo, ossido giallo di ferro , ferro magneti- 39: CO, EC Ga L’ ossido giallo di Cu presenta delle belle n sg in queste miniere . Prost lo chiama idrato di ferro ; spo- s» gliato che sia di un 8° di acqua per 2, colla quale è combina- 99 to, esso passa all’ ossido rosso di ferro. Non è ancor deciso, », se l'acido muriatico abbia operato sul rame in istato metal- 55 lico , o mineralizzatà . Il muriato di rame si presenta ancora in massa nei Aerzo- fini colorito di verde chiaro di montagna, d’ aspetto terroso sec- co, e mescolato con una moltitudine innumerabile di scorlì fi- brosi divergenti in gruppi, e in stelle; il color nero, e la fi- gura sllaò di questi scorli produce un bel contrasto sopra il fondo verde del rame. Nel medesimo sito si trova anche me- scolato col ferro magnetico, al quale comunica una tinta di (©) ® verde rame, e con più abbondanza sul ferro rosso, onde vie- X 83 ne a formarsi un composto d’ ossido di rame, e d° ossido ros- so di ferro. Il medesimo muriato nelle miniere di sanza Ro- sa penetra il quarzo pingue , e lo tinge di un Del color verde smeraldo. Nei contorni di Copiapò forma una massa di color verde turchiniccio screziata di piccoli cristalli di color verde prato . In Vetanegra miniera di Pampa larga si presenta in massa di color grigio nericcio in compagnia del manganese sul- lo spato pesante, che gli serve di matrice . In s. Melice si tro- va in forma stalattitica di bel color turchino cilestro col gesso follicolare, o lamelloso in matrice argillosa, ed in altri luoghi della stessa montagna colla pirite arsenicale , 1° arsèniato di fer- ro, il ferro grigio, e la selenite, o solfato di calce. S. XL. Un altro prodotto delle montagne Chilesi posto comune- mente tra i minerali di rame è la Turchina.. La provincia di Copiapò deve il suo nome all’ abbondanza di questa pietra, che trovasi nei suoi monti, uno de’ quali vien nominato segnata- mente da Sanson d’ Abbeville nella citata carta geografica Monte delle Turchine. Questo fossile ha sofferto strane peripezie : da rima fu annoverato tra le pietre preziose ; indi fra i denti me- tallizzati, di poi tra gli ossidi di rame; l’analisi finalmente di Bouillon-Lagrange Pha rimosso dalla famiglia del rame, e l’ha collocato fra i fosfati di calce coloriti dal ferro. I minatori del Chili distinguono fra le specie di rame già menzionate un’altra, alla quale danno il nome di fiamme Canz- panile, perchè d° ordinario si destina a farne delle Campane . Questo è un metallo di color cenericcio , e intrattabile di mo- do che a dispetto di qualunque torrefazione, che gli si faccia subire, non acquista mai il grado sufficiente di malleabilità per impiegarlo in altri lavori. Si crede comunemente , ch’ esso sia un bronzo naturale. Quindi i fonditori, qualora ne fanno uso, vi aggiungono pochissimo stagno, e i loro getti riescono per- fettamente. Pochi anni sono per la via di Livorno arrivarono quì parecchie libbre di questa specie al Sig. Cesare Landi fon- ditore di questa Città, il quale dubitando della buona quali tà del metallo a motivo del colore, non ardiva di adoperar- lo; ma informato da me della sua indole, scemò la dose solita dello stagno, e ne fece le campane della Cattedrale d’ Imola , le quali riuscirono a meraviglia. Si dirà forse, che la immal- } 84 ( feabilità di tal composto potrebbe venir dalla quantità deli’ar- senico, o del ferro, che vi fossero uniti; ma l’ arsenico svani- sce colla torrefazione, e il ferro, se fosse in quantità , rende- rebbe la fusione assai più difficile , il che non succede . Io fe- ci menzione ‘di questo minerale nel mio saggio sulla storia na- turale del Chili dopo avere avvertito nella Prefazione, che io non pretendeva scrivere la storia naturale di quel paese, ma soltanto dare un indizio de’ suoi prodotti , affinchè servisse di guida a quelli che avessero maggiore opportunità di osservarli. La possibilità, anzi l’ esistenza del bronzo naturale , si è veri- ficata anche in Europa. Le miniere di Cornouailles in Inghil- terra ne hanno dato da pochi anni in quà de’ saggi innegabi- li. Ma quello che conferma vieppiù la realtà di questa sponta- nea combinazione Inglese o Chilese , è 1° analisi che ne ha fatto il celebre Klaproth , il cui risultato riferito dall’ egregio Chaptal nel tom. II pag. 244 della sua utilissima chimica ap- plicata alle arti è il seguente Solfo - - - - - 295 Stagno - - - - 34 Rame -— — = — + 36 Ferro - - - <- - 2 : Perdita 3 = iI00 Il medesimo Klaproth ritrovò nel Glockenersz, o minerale da campane de’ Tedeschi, lo stagno meschiato col rame per mo- do che nella fusione si otteneva un metallo simile a quello, con cui si fanno le campane. Sicchè io non aveva detto una cosa inverisimile accennando, che potrebbe darsi questa com- binazione nella natura . 6. XLI. Ciò non ostante M. Brongniart mostra di dubitare dell’ e- sistenza di questa combinazione, circa la quale esso ha pure il diritto di opinar ciò che gli aggrada, tanto più che io non ho detto d’ averne fatta 1’ analisi; ma egli trascura un poco i do- veri dell’ urbanità aggiungendo , che siccome io ho descritto molti animali, che appresso non vi si sono trovati, così potreb- be esserne lo stesso de’ minerali. Quando io trattai degli ani- (85 )( mali esistenti nel Chili, non credei necessario il caricar di cita- zioni il mio opuscolo ; le circostanze esigono ora un altro me- todo; io nominerò a suo luogo gli into che prima di me ne hanno parlato per contentar, seppur egli è possibile quelli che opinano come il Sig. Bronguiart ilnioi i miei leggitori mi per- metteranno di anticipar qui one riflessioni , chie mi vengono suggerite da una imputazione tanto mal fondata. Il Chili è un Regno, che si estende in lunghezza 1260 miglia, e 350 alme- no in larghezza . Il suo le sitalo è occupato per la maggior par- te dalla vasta catena delle Cordilliere, e dalla serie doppia o tripla de’ monti marittimi. Gli animali, di cui io parlo, Dra- mosi di sottrarsi alle persecuzioni degli abitanti, abitano per lo più dentro di queste montagne, e specialmente nelle vallate delle Andi, dove o rimangono sempre, o non sortono che du- rante la stagion delle nevi. I Viaggiatori, che vi arrivano o non si scostano dai porti, dove non è da pretendersi, che gli animali selvatici vadano a cercarli, o scorrono rapidamente una parte del paese, come fecero a un dipresso i Botanici , che vi furono mandati dopo la mia partenza a osservare i Vegetabili . Questi Signori stanchi dalle fatiche sofferte nel Perù arrivaro- no soltanto fino alla Concezione viaggiando sempre per le strade battute, come sono stato informato da persone sicure, che si trovavano allora nel paese. Il solo M. Dombey passò il Biodio, e si avanzò al di là lo spazio di qualche miglio. Entro questi limiti essi osservarono molte piante nuove, e arricchirono la Scienza di parecchi gei ieri, de’ quali ci hanno date eccellenti descrizioni . Quindi si conchiude , che poco più di un terzo del basso Chili è stato da loro osservato. Ve ne rimangono ancora da visitare lo Stato araucano , le Provincie de’ Curnchi, dei HMuil- lici, il vasto Arcipelago di Chiloe, e la montagna intiera del- le Cordilliere, la quale colle sue valii comprende la metà del Chili. Uno degl’ Individui di questo viaggio così ristretto , e nondimeno il più esteso che si sia fatto dai “Natura listi nel Chi- li, è forse I’ unico che può citare il Bronguniart in favor della sua opinione . È molto probabile s che gli nima selvatici non abbiano avuto la curiosità di trovarsi A loro passaggio . Alie- vati nelle selve sogliono essere naturalmeute rustici, e schiva. no quanto possono la gente, e il romore , il quale non poteva a meno di non farsi da’ Sigg. Botanici, e dalla loro Compagnia. La faticosa esecuzione dell’ importante incombenza, di cui era- no incaricati, non poteva inoltre permetter loro di trattenersi (86 X nella ricerca, e nell'esame di piccoli animaluzzi , quali sono per la maggior parte quelli, che da me sono stati menzionati. Molti fra essi non s’ incontrano altrimenti se non nelle Provin- cie più australi del Regno, le quali appunto sono quelle, che sono state trasandate : tali sono le varie specie di donnole, i pudu, le volpi di diverso colore ec. Tra il gran numero di forestieri d’ ogni condizione , che hanno in questi tempi per- corsa l’Italia intiera, nessuno sicuramente potrà dire d’ aver veduto neppure il terzo degli animali italici, che descrive V'Al- drobandi. Io stesso ne ho traversata una gran parte senza in- contrarvi altro che due, o tre de’ suddetti animali, sebbene procurassi di cercarli. Nulladimeno quei Viaggiatori, ed io sa- remmo bene ingiusti, ed irragionevoli , se volessimo perciò du- bitare della veracità di quel benemerito Autore. Ora l’Italia è quasi il doppio minore del Chili, e la sua superficie non è tan- to ingombrata di boschi, e di montagne . Per conoscere le bestie selvagge di un vasto paese vi vuo- le Ia permanenza di molti anni col disegno premeditato di cer- carle nelle boscaglie e nei nascondigli, dove amano di occul- tarsi; è necessaria altresì la cooperazione di molte persone parte salariate, e parte addette per g genio a questo studio ; bisogna an cora inior marsi delle stagioni in cui sogliono comparire s poichè esse non sono come gli alberi, che de ‘bbano trovarsi sempre nel medesimo luogo , e in tutti i tempi dell’ anno. M. Sonnini mi onora spesso del titolo di Viaggiatore. Io non ho fatto verun vias- gio al Chili: lo farei bensì volentieri . Io ebbi la sorte , o piutto- sto la disgrazia di esservi nato, come spesse volte ΰ accennai nel mio Saggio, nè perciò mi pento, 0 mi vergogno di essere americano . Il genio mi portò fin dai più Li anni a osser- varne le produzioni, e particolarmente gli animali , de’ quali mentre dimorai nel paese feci tutte le ricerche possibili SU complesso di circostanze note a tutto il mondo , mi costrinse a interrompere le mie osservazioni, e i portarmi in Italia, dove ho procurato di far conoscere la mia Patria, della quale ci era pochissima notizia, prevalendomi a questo fine di una parte de? miei manuscritti, che un accidente inopinato fece capitare alle mie mani. Io esposi con tutta la sincerità possibile le co- se più notabili , che per lo spazio di molti anni vi aveva os- servato, ma di una maniera concisa , e quale mi Liaglieo gli abbozzi ancora immaturi delle mie memorie . Non avre mai creduto, che un viaggio efimero , incompleto , e fatto con x 87 )( altre mire, potesse mettere in compromesso anche gli oggetti delle mie lunghe ricerche. Un altro Critico con dialettica più strana non vorrebbe, che si accordasse la grazia di esistere alle specie di quadrupe- di da me descritte, perchè non si veggono gl’ individui delle medesime nel Paraguay; la natura però che per un decreto antecedente aveva destinato a tutti i viventi i climi, che do- vevano abitare secondo la loro complessione, non ha creduto necessario d° obbligar le specie esistenti nel Chili paese tempe- rato a mandar deputati al fervido Paraguay per ottenere il Bre- vetto o la patente di esistenza. Un Chilese in virtù del mede- simo raziocinio potrebbe anche dubitare della realtà de’ qua- drupedi dimoranti nel Paraguay, perchè tra la quantità che vi si numera di essi, appenase ne troverà uno 0 due nel Chi- li, che siano della medesima specie. Ma lasciati da banda co- testi paralogismi torniamo ai nostri minerali . SXLIL Tl Mercurio, altrimenti detto Argento vivo, non meno ri- cercato per l’ estrazion dell’ Oro e dell’ Argento, che pe’ varj usi della vita umana, non è scarso nel Chili. Vi si trova co- me nelle altre parti del globo o nativo , o sotto la forma di solfuro, cioè di cinabro . Le miniere più conosciute sono quel- le di Copiapò, di Coquimbo , e di Quillota. La sua matrice or- dinaria è una marna ferruginosa. A Punitaqui s° incontra il cinabro epatico in compagnia del mercurio nativo, della pirite ramignosa, della galena comune, e dell’ ossido di ferro, ed in altri siti del medesimo distretto si trova anche il cinabro chia- ro. Cerro blanco ne possiede la miniera più abbondante, ma nè da questa, nè dalle altre è permesso di estrarlo a motivo di un real decreto ,.il quale obbliga i minatori a servirsi del Mercurio, che vi è portato dalla famosa miniera di Guarcave- lica nel Perù. Per questa ragione non vi si conoscono finora tutte le specie, che presenta altrove questo curioso metallo. La Natura ha confinate le miniere d’ Argento del N. Mon- do nelle montagne delle Andi, o nelle loro ramificazioni . Le Provincie orientali di quel continente dall’ Isola del Fuoco si. no al Groenland, per quanto io mi sappia, ne vanno intera- mente sprovvedute. Si disse essersene trovata qualche quantità negli Stati uniti; ma cià sarà stato nei monti A//egany posti 88 I all’ Occidente di quella Repubblica, i quali sono una continua- zione delle Andi. Siffatte miniere sembra che amino di starsi tra la solitudine, e i rigori del freddo. Il Chili marittimo non ha dato finora alcun indizio di possederle ne’ suoi monti. Quel- le che si sono scoperte in questo Regno si trovano per lo più fra le balze della Cordilliera, o in qualcheduna delle sue ap- pendici esteriori. La loro incomoda situazione congiunta coll’ imcredibile fatica, che richiede la depurazione di' questo me- tallo fa che tali miniere a dispetto della loro invitante ric- chezza, restino abbandonate per la maggior parte , giacchè di tante che accidentalmente si sono scoperte, appena si lavora a tre o quattro. Ma se mai la popolazione si accrescesse in quelle parti, allora crescendo i bisogni della vita, 1° industria sormonterebbe questo importuno ostacolo, e i posteri forse più attivi e meno ammolliti dall’ abbondanza entreranno al posses- so di quelle ricchezze, che ora la natura riserva ai loro sforzi. Benchè tutte le Provincie confinanti colle Andi possano annoverare fra i loro naturali prodotti il possedimento di tali miniere, quelle però di Santiago, di Aconcagua, di Coquimbo, e di Copiapò ne sono più doviziosamente provvedate . Il mine- rale più comune vi è l’ argento corneo , o sia |’ argento com- binato coll’ acido muriatico . In alcune di quelle miniere esso sì presenta in compagnia dell’ argento nativo, del muriato di rame , della galena, e del quarzo; in altre si trova intimamen- te combinato col rame muriatico in massa di color giallo ver- diccio, dal quale spuntano piccoli cristalli di argento corneo puro, ed in altre finalmente unito col rame e col piombo . Il solfuro d’argento, oppure 1’ argento vitreo, vi è ancora abbon- dante. Nel 1767 un Contadino trovò alle falde dei monti di Copiapò un pezzo di minerale d’ argento di questa specie di color verde, il quale in diversi saggi fatti con tutta l’ accura- tezza necessaria rendè costantemente più di tre quarti di ar- gento puro . I Copiapini al tempo della nostra partenza adopra- vano tutte le diligenze possibili per rintracciare il luogo di do- ve quel minerale si era spiccato . L’ argento nativo s'incontra in tutte queste miniere sotto varie e curiose forme ora filifor- me, capillare, lamelloso , reticolato, ora cristallizzato in cubi, in octaedri, o in gruppi filiciformi. Ma le miniere di questa preziosa sostanza più stimate da’ nazionali , a cagione della loro ricchezza , sono le nere così ap- pellate, perchè la loro matrice è una pietra schistosa nera, 0 )( 89 )( di un bruno carico . I minatori guidati dall’esperienza tosto che s'imbattono in un monte composto di questa pietra lo caratte- rizzano col nome di miniera d’ argento, e a dire il vero, non falla giammai questo ‘oro assioma metallurgico. Sebbene tutte le miniere accompagnate da questa salbanda convengano nel co- lore esterno , tuttavia 1’ esperto minatore ne distingue di varie sorte. Tali sono quelle che chiamansi regri/lo , rossicler , e piom- bo ronco . Il minerale rzegrillo somiglia assai alla scoria del ferro, e non dà alla vista verun indizio del metallo, che rinchiude . Io credo, ch’ esso non sia altro che il mineral decomposto d’ar- gento rosso, ovvero dell’ argento combinato col solfo e 1° anti- monio , non coll’ arsenico e il ferro, come alcuni hanno prete- so. Il Rossicler è lo stesso argento rosso , che trovasi spesso insieme col precedente, e per gradi passa a vestirne l’apparen- za. Questo minerale bagnato e stropicciato, diventa rosso, € quantunque non mostri niente al di fuori, rende una gran quan- tità d’ argento stimato più fino di quello di tutti gli altri. Il piombo ronco è la galena argentifera , la quale grattata che sia lascia veder distintamente l’argento; o piuttosto è un minera- le d’ argento, che contiene poco piombo. Questo viene stima- to il più ricco di tutti, e non essendo mineralizzato che dal solfo rende mediante la fusione 1’ argento assai puro . S. XLII. Tutti questi minerali si ritrovano nella miniera di Uspalla- ta, la quale è la più vasta e la più ricca di quante si sono mai scoperte e si lavorano nel Chili. Ella è situata sui monti orien- tali di quella parte della Cordilliera, che appartiene alla Pro- vincia di Aconcagua. Nella loro forma ed altezza questi mon- ‘ti, che principiano da quella banda la scalinata delle Andi, si rassomigliano molto a quel tratto dell’ Apennino, che giace tra ‘Bologna e Firenze; con questo divario però , che tali monti so- no affatto sterili, e pel gran freddo che vi regna non produ- cono quasi altro, che la Nactylis glomerata del Linneo . So- pra la loro cima si estende verso l’occidente una pianura lar- ga sei miglia e lunga più di cencinquanta, chiamata Uspalla- ta, dalla quale ha tratto il nome la miniera. Questa pianura bagnata da un bel finmicello, e intersecata da varie boscaglie, è temperata e fertile assai: essa serve di base ad un altra pia- nura situata più in alto detta paramillo sopra di cni s° ergono 12 )( 90 )( sì altamente 1 monti Andini del primo ordine, che si veggono sin dalle pianure di s. Luigi della Punta in distanza di 360 miglia . Le vette di questo enorme giogo , che richiede una in- tera giornata estiva di continuo cammino per valicarlo , sono rivestite di massi neri d’ argilla impietrita , nella quale veggon- si incastrati molti sassi rotondi , lisci, e simili affatto a quelli che sogliono rotolare i fiumi. Il trasporto e la situazione di ta- le argilla e di tai sassi in un luogo sì elevato presentano uno di quei fenomeni, di cui i Geologi daranno varie spiegazio- ni, le quali però non appagheranno mai una mente libera dal- le manie sistematiche. I Vulcanisti vorranno ricorrere a qual- che esplosione vulcanica; ma in tutti quei contorni non appa- risce alcun indizio della strage de’ Vulcani . Comunque si sia , questa digressione mi è sembrata neces- saria per dare ai miei leggitori una idea delle adiacenze di una miniera , che col tempo potrebbe diventare una delle più famo- se dell’America . La miniera Uspallatese dunque si distende sul- le falde dei monti orientali della pianura inferiore di Uspallata dal grado 33 di latitudine, e si prolunga dirittamente a Setten- trione, senza che nessuno sappia dove vada a terminare. Coloro che I’ hanno seguita sino a novanta miglia, dicono ch’essa pro- segue sempre più avanti colla medesima abbondanza. Quindi è che molti credono, che arrivi sino al Potosì, oppure che que- sta sia una prolungazione di quella rinomata miniera peruviana. Il filon capitale è costantemente largo nove piedi, ma dall’ una e dall’ altra banda getta un gran numero di vene , le quali suddividendosi in infinite altre, si spargono per tutti quei monti, che vi sono attorno. La matrice di natura argillosa e diversamente colorita, lo divide in cinque parti parallele, ma disuguali. Quella del centro, essendo larga due pollici sola» mente , è nera, benchè comparisca bianchiccia per la gran co- ia di metallo che contiene, onde dai minatori vien chiama- ta la Guida; le due che le stanno accanto, nominate Pinzerie, sono brune ; le altre due esterne dette Brosse hanno un color grigiastro. Quantunque questo filone sia orizzontalmente diste- so, s° interna però a tal segno in terra, che alcune delle bu- che scavate nel 1766. sino a 300 piedi di profondità non da- vano verun indizio di degenerazione; anzi il minerale diventa- va sempre più ricco a misura che s’allontanava dalla superficie, Fattosi a Lima il saggio di questo minerale, i Saggiatori più periti del Potosì dichiararono, che la guida rendeva per N gr) Cassone più di 200 marchi di argento puro; che le pinterie meschiate colla guida ne davano 50; e che la Brossa ne for- niva 14. I Metallurgisti Americani chiamano Cussore la quan- tità di minerale, che un minatore può estrarre in una giorna- ta, la quale d’ordinario pesa 5o quintali. Ora riducendo i mar- chi al prezzo corrente delle miniere, il Cassone di guida ren- de 1600 scudi romani, quello delle Pinterie meschiate 400, e quel della Brossa 112. Un tal prodotto non è punto inferiore a quello della celebrata’ miniera del Potosì. La Uspallatana fu scoperta nel 1638, e benchè fossero allora assai forti gl’ indiz] della sua ricchezza, si lasciò tuttavia di lavorarla per mancan- za di denaro, o di operai; ma nel 1762 fatti venire dal Perù due bravi ed esperti minatori, gli abitanti della Città di Men- doza non molto lontana da Uspallata si misero sotto la loro di- rezione a scavarla, e ne ritraevano gran protitto. S. XLIV. I Chilesi avanti l’arrivo degli Europei separavano 1° argen- to dal minerale colla semplice applicazione del fuoco, quando era mineralizzato soltanto dal solfo; ma quando lo trovavano ostinato, o impregnato da altre sostanze, lo riponevano in certi fornelli collocati o scavati sulle cime delle colline, acciocchè il venti- lar continuo dell’ aria ravvivasse il fuoco , e facesse le veci dei mantici, macchine che conoscevano bene sotto il nome di Pimzo- hue, ma che non adoperavano in tali circostanze per risparmiar- si la fatica. Anche ai giorni nostri quei contadini si valgono di questo facile artifizio , e buona parte dell’ argento , che gira nel commercio del paese , proviene da queste fusioni private. Gli es- perti e ricchi minatori però usano un metodo tutto differente, il quale consiste nelle seguenti manipolazioni . Ridotto prima in polvere il minerale in un mulino simile a quello da pestarvi il gesso, lo passano per istaccio di fil di ferro, e disteso sopra cuoi di bue lo mescolano con sale, mer- curio, e fango ben putrefatto , versandovi sopra dell’ acqua. Quin- di per lo spazio di otto giorni lo battono, lo calpestano, e due volte almeno in 24 ore lo volgono e rivolgono diligentemente, affinchè il mercurio s° incorpori meglio col metallo. Preparato co- sì il minerale Jo mettono dentro una specie di truogolo fatto di pietra , dove disciogliendosi per mezzo dell’ acqua che vi si ver- sa, la terra e la sabbia vanno per un foro a scolare in un ba- )( 92 )( cino sottoposto, e l'argento amalgamato col mercurio rimane nel fondo. Raccolto questo amalgama lo lavano e rilavano parecchie volte, e postolo in un sacco di tela consistente lo comprimono fortemente per far sortir il mercurio, che non è incorporato coll’ argento. Essendo il metallo in questo stato di amalgamazione duttile come una pasta, gli Operai allora gli danno a loro ca- priccio quella forma che vogliono, servendosi di var] modelli pertugiati nel fondo, acciocchè 1’ argento vivo non bene unito possa scolarne. Ciò fatto lo levano dal modello, e posatolo so- pra un gran vaso o recipiente pieno d’acqua lo cuoprono con un capitelio, e vi fanno intorno un fuoco vivissimo . Il mercurio mediante il calore si svapora, ma non si perde, perchè incon- trando il capitello cade nell’ acqua, ove si condensa di nuovo, e l’ argento rimane solido e brillante, benchè talora misto con un poco di piombo, dal quale poi si ripurga per mezzo della Coppella . 6. XLV. Le miniere dell’ oro, dello stesso modo che quelle dell’ ar- gento, non si trovano nelle contrade dell’ America orientale . Es- se soggiornano volentieri nelle Provincie occidentali di quel va- sto continente, .e seguono comunemente il corso delle Cordillie- re e delle loro appendici . Il Brasile non deve eccettuarsi da que- sta osservazione ; le sue ricche miniere d’oro, poste tutte all’ occidente, giacciono nelle falde delle ramificazioni delle Andi, che separano quella Provincia dal Regno del Perù. Lo stesso si deve dire della massa d’oro nativo pesante 28 libbre parigine trovata nel 1804, come scrive il Dott. Mitchill celebre chimi- co americano, nei Monti della Carolina settentrionale, i quali appartengono ancora al ramo delle Andi, che passando sotto il Golfo messicano risorge negli Stati Uniti, e ne costeggia le fron- tiere occidentali . L'oro non cerca il freddo come l’ argento; esso ama 1 Cli- mi temperati; non so che se ne sia incontrata alcuna miniera fra i dirupi della Cordilliera. Tutte quelle , che si sono scoperte nel Chili, si trovano fra le falde di questa montagna e le coste del mar Pacifico. Questo metallo vi è talmente disseminato, che mon vi ha, per così dire, un monte o un colle-in tutta la sua estensione subd-andina, dove non si trovi in maggiore o in minore quantità; perfino fra la polvere delle pianure, e più spesso fra ){ 93 la sabbia dei fiumi e dei torrenti incontrasi in piccoli grani, o in pagliette di diversa. mole, le quali quando eccedono il vo- lume ordinario si chiamano Pepite. Frezier ne parla diffusamente nelle pagine 144, 195, 232, e 299 del suo viaggio al Mar del sud, nel quale fa anche menzione di aleune di queste i di otto, o dieci marchi d’ oro puro trovate in distanza di 12 le- ghe all’ Est del Porto della Concezione . Di questa specie e ori- gine è il grosso pezzo d’oro nativo, che i Commissar] del Go- verno francese trasportarono a Parigi con altri Capi inestimabi- li del Museo dell’ Instituto delle Scienze di Bologna . Questo ce- , lebre stabilimento, che fa sommo onore al gusto dei Bolognesi, si va ora rimettendo dalle perdite sofferte mediante l’attività e industria dell’ attuale Professore di Storia naturale in questa Università Ab. Camillo Ranzani, il quale s’applica con intelli- genza a coordinare ed accrescere le produzioni minerali e zoolo- giche appartenenti alla sua classe. L’ Autore Inglese del Gazzettiere Americano , il Baffier, il Pluche , ed altri Scrittori. Francesi e Inglesi asseriscono, che l'oro del Chili è il più puro e il più pregevole, che si sia mai scoperto . Di fatti si trova essere per l’ordinario di 2 e sino di 23 carati e mezzo, il quale per eccellenza vien chiamato Oro Capote. Nelle Provincie australi situate fra il fiume £io- bio, e Vl Arcipelago di Chiloe si erano scoperte molte miniere di un oro stimato superiore nella finezza.a tutto quello, che si ricava nel rimanente del Regno, dalle quali gli Spagnuoli ri- traevano somme immense, e per questo motivo avevano aper- ta una Zecca a Valdivia, e un’ altra a Osorno. Ma gli Araucani dopo avere scacciati gli Spagnuoli con più fatti d'armi da quel le contrade, hanno chiuse affatto queste miniere, proibendo a chicchessia sotto pena della vita di riaprirle ; perchè quel po- polo guerriero è ben lontano da fare il conto che noi facciamo di questo idolo tanto venerato dall’ avarizia, ed in oltre teme di solleticar con questo incentivo l’ambizione dei confinanti. Le più considerabili miniere d’oro, che si lavorano nel Gluli Spagnuolo, sono quelie di Copiapò, Guasco , Coquimbo , Petorca, Ligua, Tiltil, Putaendo , Carèn , Alhuè , Rancagua , Maule E Gioie -patagua , e Rere, le quali ad eccezione delle ul- time cinque, che sono di recente scavamento, hanno reso sem- pre dacchè questo Regno fu conquistato dalla Spagna un pro- dotto costante e considerabile. Alcune però delle miniere di questo genere ingannano i Minatori, mostrandosi sul bel prin- (94 cipio fecondissime di metallo, e poscia tutto ad un tratto man- cano, o continuano scarsamente. Tale specie di miniera ridu- lante viene chiamata dolson dagli Orittologi del Paese; questo nome si dà parimente all’ espansioni per lo più circolari, e alle ricchissime vene ammucchiate, che di quando in quando si tro- vano nelle miniere medesime. Alcune altre rimanendo innon- date da sotterranee sorgenti, vengono abbandonate dai mina- tori, i quali per averne altre in pronto da lavorare , non si danno la pena di estrarre o divertir le acque dalle prime. Que- sto improvviso accidente avvenne anni sono alla famosa mi- niera di Pe/dehue vicina alla Capitale del Regno . Rendeva gior- nalmente per quanto asserivano i minatori, che per lo più so- no iperbolici, da tremila scudi d’oro; ma per quante diligen- ze si facessero, non potendosi liberarla dalle acque , che sgor- gavano da tutte le bande, fu affatto dismessa . 6. XLVI. La matrice dell’ oro è variabile, e si può dire con ragione, che non si trova alcuna specie di terra, di pietra, o di metallo eccetto il gesso , che non serva a questa preziosa materia di la- boratorio o di adattato ricettacolo ; da per tutto si vede lu- meggiare o in granelli, o in fogliuzze, o in ischerzi curiosis- simi della natura, o in masse irregolari, che tagliar si posso- no ancora col bulino. La più comune matrice però è una spe- cie di pietra argillacea rossa e fragile, o un porfido decompo- sto. Sono eziandio molto diverse le sa/bande, o sieno le scor- ze pietrose, che accompagnano i filoni, le quali da’ metallur- gisti nazionali vengono appellate Casse ; alcune sono quarzose, altre spatose, ed altre dominate dai selci ordinarj , dagli spati baritici , e dalle rocce di corno . I filoni capitali si spandono in differenti venule ricchissime , o s’internano quasi verticalmen- te sin dentro a profondità spaventose , e allora l’ esperto mina- natore è costretto a seguirli con immense fatiche, e precauzio- ni sempre necessarie in siffatte imprese . Alcuni però se ne tro- vano che costeggiano orizzontalmente una montagna a pochi piedi di fondo . La loro direzione è altresì molto incostante, ma per lo più affettano di volgersi da Mezzodì a Settentrione . Questo metallo viene estratto dalle mine in due maniere o spezzando con picconi di ferro i sassi, che ne sono impregnati, o fracassandoli colla polvere da cannone . Le infrante pietre me- )( 95 X talliche si riducono poi in polvere in un molino denominato 7ra- pice : il meccanismo di questo molino è così semplice, come quel- lo che si pratica in Italia per macinarvi le olive da olio. Due macine ne formano la costruzione, una giacente , e l’ altra ver- ticalmente girante. La giacente, che ha nel suo giro spalmato un incavo di diciotto pollici di profondità atto a ritenervi il mi- nerale, è di sei piedi incirca di diametro. Sta nel suo centro un foro, per cui passa un cilindro verticale piantato in una sot- toposta ruota armata di catini, contro dei quali urtando I° ac- qua di un canale la fa girare. La macina, che volta vertical- mente sopra la giacente, ha nel mezzo un asse orizzontale fit- to nel cilindro, che la sostiene alquanto dalla base, e la fa ro- tolare franca sopra il minerale da macinarsi.Il suo diametro or- dinario è di quattro piedi incirca, e la sua grossezza di dieci in quindici pollici. Alorchè il minerale è alquanto schiacciato vi gettano so- pra una proporzionata quantità di mercurio, che tosto si mesce con l’ oro; ma perchè venga meglio stemprato e sciolto , vi con= ducono dall’ adiacente canale un filetto d’ acqua, la quale serve ancora a gettarne fuori le particole terree, e farle passare per un buco in certe pozzette ,che chiamano maritate . L° oro an- cora misto al mercurio per la sua gravità specifica precipita al fondo prendendo la forma di globetti biancastri e morbidi; ma l’azione poi del fuoco dissipa il mercurio, e rende all’ oro il suo brillante color giallo e la naturale sua durezza. In questo molino si sogliono macinare ogni giorno da due mila e cinque- cento libbre di minerale. $. XLVII, Il lavoro di queste miniere, chiamate mine in pietra, è pieno di dispendio e di fatica, e richiede molti istrumenti e molta gente, ma al medesimo tempo apporta un’ utilità più gran- de e più costante di quella, che arrecano le miniere dette di Lavadero, perchè si cava l’ oro lavando la sabbia dei fiumi e dei ruscelli. Questo viene praticato per lo più da tutti quelli, le di cui facoltà non sono sufficienti a supplire alle spese dello scavamento . Costoro vi s° impiegano in questa maniera : rac= colta la sabbia, o la terra carica di molecole o di pagliuzze d’oro la pongono in una specie di navetta di corno denomina- ta porugna . Sottopongono questa all’acqua cadente di un ru )( 96 )( scello , agitandola continuamente, affinchè la sabbia sormontan- do l’ orlo della navetta scappi, e lasci nel fondo come più pe- sante l’ oro purgato , e frammisto solamente ad una certa ter- ra nera ferruginosa . Per ripurgarlo dalla medesima lo versano in un gran piatto di legno avente in mezzo una concavità di quattro in cinque linee di altezza. Colla mano girano questo piatto posto a galleggiare dentro un tino pieno di acqua , e dan- dogli di tratto in tratto delle scosse, fanno sbalzar fuori la ter- ra nera, e rimane al fondo della concavità 1’ oro lucente divi- so in particelle di differenti figure , le quali non abbisognano di ulterior pulimento . Questo metodo di lavar 1’ oro non sembra molto economi- c0, perchè con sì fatte operazioni non può fare a meno di non perdersi moltissime particelle metalliche, che per la loro picco- lezza verranno trasportate dall’ acqua. Pare dunque che sareb- be più acconcio adoperarvi il mercurio, ovvero fare questi lava- menti sopra piani inclinati guerniti di ben distese pelli di mon. tone per raccogliervi tutto |’ oro, come viene praticato in altre parti. Malgrado però i difetti della usitata manipolazione, il pro- iitto vi è considerabile, e tal volta esorbitante, quando occor- re d’imbattersi in qualcheduna di quelle pepite, di cui abbia- mo fatta menzione . Ma per l’ordinario questo prezioso metal- lo vien raccolto o in polvere, o in pagliuzze, o in piccoli gra- nelli. Quindi riposto dentro a preparate borse fatte degli scroti dei montoni, nel modo stesso che si costumava al tempo di Plinio, vien portato a vendere nelle Città, dove è ricercato e più sti- mato dell’ oro che cavasi dalle Mine, perchè essendo comune- mente di un colore più vivo, oltrepassa ancora benespesso i 23 carati. La terra impregnata di questo oro appare per lo più ros- siccia , ed è distesa in istrati di pochi piedi di profondità . Es- sa s'incontra d’ ordinario su i letti attuali de’ fiumi, ma qual- che volta anche ne’ campi bagnati forse dai medesimi in altri tempi. Un certo Tisnado, volendo anni sono condurre un ri- gagnolo d’acqua in una sua possessione situata nelle pianure dell’ Mwil/qui-lemu trovò con sua sorpresa nel canale, che sca- vava per questo effetto, una vena d’oro in polvere, che gli fruttò una gran somma di scudi senza fatica alcuna. Lo stesso accadde ad un altro chiamato Basso volendo seminar del grano in uno de’ solchi, che si lasciava dietro l’aratro. Questi esem- pi però sono molto rari. i nazionali chiamano Mante questa specie di miniere accidentali, le quali sono di poca estensio- MX 97 I ne. Esse senza dubbio provengono dalle deposizioni delle ac- que correnti, le quali corredendo le falde de’ monti superiori auriferi, e staccandone la terra insieme colle molecole fram- miste d’oro, le abbandonano poi per istrada a misura che il loro corso si rallenta .° ae, Siccome il Perù, dove si è scoperta la Platina , o sia l’oro bianco, è contiguo al Chili, io perciò mi era lusingato di po- terla anche scoprire in questo Regno; ma a dispetto delle più diligenti ricerche non mi riuscì di rintracciarne alcun vestigio. I minatori del paese chiamano oro dianco un metallo, che ca- vasi da due miniere particolari; ma questo metallo non mi par- ve altro, che un oro reso bianchiccio dall’ argerito, a cui tro- vasi unito; può darsi ch°esso sia l’ elettro di Plinio, cioè l’oro combinato con un quinto d’ argento , oppure 1° oro di Nagyag o tellurio aurifero e plombifero dell’ Hauy. Dopo che sono in Italia ho saputo che presso un monte di Copiapò appellato Capote, già famoso per l’ eccellente oro che produce ; si è ri- trovata una vena di un metallo bianco refrattario e affatto sco- nosciuto ai minatori, il quale potrebbe ben esser la platina. Il fu Arcivescovo di questa Città ebbe anche da quel Regno un pezzo di un altro metallo nuovo, che si sospettava parimente esser della medesima specie; ma io non ho potuto finora esa- minarlo . SG. XLVII. Il lavoro delle miniere, come di sopra abbiamo insinuato, è pieno d° infinite difficoltà. Non si penetra nelle viscere del- la terra senza molti pericoli per gli Operai, e senza grandi spese per gl’intraprenditori. L’aria stagnante di quei cupi sot- terranei va più o meno infettata da malefici vapori appellati ora mofette , ora fuochi. selvatici. Vi vuole un gran numero d’ istrumenti per iscavare, per trasportar fuori, e per polveriz- zare il minerale : si richtede una immensa quantità di legname per sostenere quelle volte crollanti a misura, che si va innol- trando: queste complicate operazioni non si fanno con poche braccia, e i numerosi Operai che vi s’ impiegano, devono es- sere ben salariati e ben nutriti. In oltre non si ss se il pro- dotto, che si spera di ricavare, sia per compensare le molti- plicate spese, che si è costretto a fare. Questa incertezza sola basterebbe a trattenere tutti gli uomini dall’ impegnarsi in av- 1ò )(f98-){: venture di questa sorta, se_il lusmehegate prospetto di una, prossima opulenza non producesse osti affascinamento simile a quello che cagiona il grosso giuoco . AMM orzione però della. ione delle miniere, che il paese preseliia da per tutto, so- no pochi i Chilesi, che s’ inducono a lavorarvi . Quelli che vogliono intraprendere. lo scavamento dia qual- che vena, chiedono il permesso al Governo, «il quale non si nega ad alcuno. Vi si spedisce ‘allora un Deputato , sotto la cui. odi e direzione viene divisa la miniera in tre parti , .che chiamansi Stache , ognuna. delle quali contiene 240 piedi di lun-. ghezza , e 123 :di larghezza . La prima parte tocca al.Principe, in di cui nonîe poi si vende;. la seconda al padrone del Luo- go; e la terza allo Scopritore della miniera medesima . JI Pro- prietar] sogliono occultare più che possono quelle vene , che vengono scoperte nelle loro possessioni, a motivo del gran dan- no che reca alla coltura dei campi la numerosa gente «Chesyi concorre. Saputasi la scoperta di una ubertosa vena concorro- no da ogni banda i paesani parte per. -lavorarvi, e parte a con- durvi ogni sorta di provvigioni , che sanno potervisi esitare con gran vantaggio . Quindi facendovisi a poco a poco una conti- nua. fiera, si vanno costruendo abitazioni, e un borgo si forma di una stabile popolazione. Allora il Governo vi ca noli a pre- siedere un Giudice chiamato A/calde di mina; e un tal impie- go per essere assai lucroso , viene sovente conferito allo stesso Prefetto della Provincia , il quale: poi vi deputa un Subalterno. I minatori chilesi sono per lo più bastantemente istruiti nella pratica della metallurgia, ed anche della Docimasia.. Essi sanno ben ricercare le miniere, farne i saggi, scavarle. nelle situazioni più vantaggiose » formarvi delle galerie ben intese , puntellarle .con sicurezza, distinguere i filoni. di vero corso dai ribelli, cercare i mezzi oppor ua di rinovarvi Varia per. ga rantirsi dai perniciosi effetti dell” esalazioni sotterranee , costrui- re dei Molini e dei fornelli acconci alla depurazione di me- talli, e in somma scegliere i fondenti a ciò necessarj. Tutto que- sto però viene da essi praticato senza verun sodo. principio e senza quelle cognizioni, che somministra la teoria di queste uti- lissime Scienze . Solamente Ja esperienza e ti abitudine servono loro di guida e di maestre . La gente impiegata nelle miniere si divide in tre classi, cioè in cavatori, fonditori , e apiri: questi ultimi sono quelli, che trasportano fuori il minerale scavato e i'materiali inutili , ) 99 ) Queste tre Classi formano nel Chili } ordine detto Metallurgi- co, i cui individui sono generalmente arditi s intraprendenti, e prodighi all’ eccesso ; avendo tutto giorno i ricchi metalli fra le mani si avvezzano a disprezzarli, e gli scialacquano con pro- fusione incredibile , specialmente. nel giuoco, al quale destina- no tutto il tempo; che non impiegano nel lavoro : il perdere in una notte mille, o due mila scudi chiamano bagattella, ri- petendo sovente per giustificare la loro condotta il proverbio inventato da loro: i monti non dimandano conti . La loro pro- digalità è giunta a tal segno, ‘che quando s’ accorgono , che al- cuno del loro corpo procura colla sobrietà risparmiarsi qualche cosa, mettono in opera tutti i-mezzi possibili. per sedurlo , e farlo spendere, affinchè. sì spogli, come essi dicono, di un vi- zio tanto disonorevole alla nobil professione metallurgica s.qual'è l’avarizia . Quindi avviene, che i minatori per la maggior parte muojono fra gli stenti, e la alto ne. Geri ft si Vivandieri, e gli Avventurieri di tutte le professioni sono crelbio s che go- dono di tutto il profitto delle miniere . < Pai è » . r PA }( 100 ){ LIB Betica Vesetabili del Chili. | S. I [ mineralogisti qualora trattano degli indizj siche caratte- rizzano le miniere, dicono che i terreni minerali o .sono affat- to sterili, o non producono se non che scarsi vegetabili , e que. sti scolorati e languidi a cagione dei nocivi vapori, che conti- uuamente vi regnano. Questa osservazione è in generale poco esatta, mentre come ben .nota M. Macquer Diz. v. Mines, sì trovano delle terre fertilissime' e delle piante in ottimo stato sopra le miniere metalliche anche vicine alla superficie. Di fat- to il terreno chilese benchè ripieno di minerali, come abbia- mo veduto, presenta da pertutto una vegetazione la più vigo- rosa e la più abbondante . Le pianure, le valli, e quasi tutte le eminenze si veggono. rivestite di bellissimi alberi, che per lo più non perdono mai il verde delle loro foglie , e quei ter- reni ubertosi si ricuoprono alle rispettive stagioni d’ innumera- bili piante annuali. Il P. Feuillée dotto Minimo, non Gesuita, come viene chiamato per inavvertenza nel nuovo Dizionario di Storia naturale, descrive solamente le più rimarchevoli delle produzioni vegetabili, che crescono in. quelle maremme ; per- chè , come egli avverte, non si scostò mai dai circondarj dei Porti. Le sue descrizioni sono veraci, e interamente conformi agli oggetti, che ci presenta . Io non ho potuto rilevare il me. nomo sbaglio in tutto ciò che questo valentuomo ce ne dice . È bensì da ammirare la diligenza , che egli adoperava nelle sue limitate esenrsioni. Non vi è alcuna pia: na degna di attenzio- ne , che sia scappata alle sue ricerche . Non contento lella de- scrizione dei caratteri e della situazione di ciascun vegetabile, egli s’ informava accuratamente del nome, che portava nel pae- se, e degli usi, a cui veniva applicato . Tutte queste piante però sono state descritte da lui secondo il metodo di Tourne- fort, il quale allora era seguito da quasi tutti i Botanici, \{ rot )( To procurai.il primo di ridurre, per quanto mi fu possi- bile, queste piante ed altre da me osservate nell’ interiore del Regno al Sistema Linneano . Le medesime in seguito sono sta» te con più comodo esaminate e classificate dai valenti Botani» ci D. Ippolito Ruiz e D. Giuseppe Pavon , mandativi dalla Spa- gna, nella magnifica Opera intitolata Flora del Perù e del Chi- Zi, i quali mi hanno fatto 1’ onore di nominar col mio cogno- me uno dei Generi compresi nella suddetta Opera. Le nostre descrizioni tuttavia differiscono in varj punti, il che -proviene dalla incerta e variabile nomenclatura, che si dà nel paese ai medesimi vegetabili . Tutte le.piante indigene hanno nella lingua chilese un no- me proprio caratteristico. Dopo 1° ingresso degli Spagnuoli que- sti nomi genuini sono stati confusi, alterati, e applicati a di- versi vegetabili per qualche lieve somiglianza nelle foglie o nei fiori; molte ancora tra le medesime piante hanno ricevute de- nominazioni spagnuole : onde succede spesso, che i Contadini massime i Settentrionali ignoranti. per la maggior parte della lingua nativa del paese le accennano ai Forestieri sotto deno- minazicni erronee : questi prestandovi intiera fede descrivo- noesattamente l'albero o la pianta presente, ma sotto un no- me- volgare falso . Le discordanze, che sovente si osservano nel- le descrizioni dei Viaggiatori naturalisti, derivano per lo più da tale sorgente. Il celebre Jacquin per evitare questo intoppo non si.curò d° indagare i nomi nazionali delle piante, ch’ egli descrisse nell’ America . Sì fatto arbitrio però produce ancora molti inconvenienti: i posteri mancanti dell’ indizio, che somministrano i veri nomi patr], trovano con molta difficoltà e fatica.i vegetabili designa- ti soltanto con vòdcaboli stranieri. Sarebbe da desiderarsi, che tutti i Naturalisti seguissero 1 esempio dell’ immortale Buffon e di M. d’Aublet, i quali religiosamente hanno conservato i no- mi indigeni degli Esseri esotici, che descrivevano accomodan- doli quando era duopo alla terminazione delle lingue Enropee. Nulladimeno questo metodo tanto ragionevole non piace ai Ri- formatori. I nomi generici aubleziani benchè facili a proferirsi, si vanno cambiando a poco a poco in altre denominazioni assai più dure sotto il pretesto della Ioro origine barbara, dalla qua- le non. vanno esenti per la maggibr parte i vocaboli sostituiti. | La cognizione intima, che io debbo avere della lingua del #0 paese natlo, e il soggiorno di molti anni, mi resero facile X 102 )( la distinzione individuale delle produzioni vegetabili, che vi al- lignano. Non nego però , che nelle descrizioni che io ne feci, non possano essermi scappati alcuni errori originati dalla irre- flessione giovanile, o dali’ averle osservate quando 1’ efflorescen- za era.troppo avanzata. Io tuttavia le descrissi. con tutta -1° at- tenzione possibile secondo i caratteri; che le medesime allora mi presentarono . Credo conveniente di tornare a esporle in que- sta seconda edizione, affinchè i Botanici, che di mano in mano vi capiteranno , possano distinguerle da quelle, che sotto 1 me- desimi nomi vengono caratterizzate diversamente dai Botanici di Madrid . Ve n’ aggiungerò anche parecchie altre, che'aveva tra- lasciato per restringere la mole del mio primo Saggio ; di tutte le quali conserverò le stesse denominazioni da'me adoprate nel mentre che le osservava, senza omettere quelle che da altri Botanici sono state loro posteriormente imposte, il che pure praticherò riguardo agli Esseri del Regnò animale. Siccome però il numero dei vegetabili.; che sono per de- scrivere, è assai ristretto, non ho creduto a proposito di assog- gettarli ad una classificazione sistematica , la quale produrreb- be della confusione invece della chiarezza, che deve ricercarsi in un Compendio. Li dividerò.per tanto, secondo il metodo vol- gare, come feci nella prima edizione , in Erbe, Arboscelli x ed Alberi. Questa divisione , ‘sebbene triviale e niefite filosofica , avrà il vantaggio di essere meglio intesa dalla ‘maggior : parte . de” miei leggitori. Gli studiosi della botanica scientifica. ne tro- veranno alla fine il catalogo disposto secondo il sistema linnea- no. Io avrei ridotto. più’ volentieri tutte queste piante alle fa- miglie stabilite dal profondo botanico-Jussieu, se avessi potu- to fare sul luogo le sottili osservazioni, che richiede il ‘suo me- todo il più naturale di tutti; ma nel tempo-che ‘cominciai ad osservarle , esso non era conosciuto, 0 era appena indicato . S. II. La natura accomedandosi, per dir così , alla divisione gea- grafica del Globo terrestre, ha assegnato d’ ordinario a «ciascu- na pianta le Zone, che deve abitare . Quindi è che le specie vegetabili, che comunemente si trovano nella Zona temperata boreale , s° incontrano per lo più nélla Zona corrispondente au- strale. Questa. economia però sembra estendersi soltanto alle produzioni erbacee. Gli alberi boscherecci differiscono a tal ses }( 103: )( gnovnelle.due suddette Zone analoghe, che fra il gran nume- ro dei medesimi che produce il Chili, appena si trova il Ci- presso , che possa collocarsi con quello, che nasce in Europa, sotto la stessa specie. Tutto 1° opposto succede riguardo all’er- be. Le specie di malve, di mente-, di melisse, di teucrj , di piantaggini, di rumicisdi trifogli, di mediche, di ranuncoli; di geran], di solani, di camomilie, di ombellifere , di gramigne, di carici, di erbe. palnstri, di criptogame, ec. che allignano nell’ Italia, si veggono anche nel Chili . Molte. ancora di quel- le, che coltivansi ‘negli Orti.-di Europa, crescono spontanea mente in quei campi: tali sono l’ appio ortense, il finocchio , il napo, la senape, il cardone, i piselli, i lupini, il pomo d’o- ro, il capsico o pepe d’ India, la patata, il topinambour, l’al- chechenchi , la visniaga, ec. Nelle Provincie situate fra i gra- di 24 e 33. allignano ottimamente le piante dei tropici, come la canna di zucchere, la musa; la batata, il pepino 0 solazo scabro , il cotone, la gialappa, il mecioacan , la cirimoja o an- nona » le passiflore o granadiglie , le lucume , ed altre men con- siderabili . i si Ae aa Nelle contrade australi, e massime nelle falde e nelle val- li delle Cordilliere, crescono più vigorosi tutti i Vegetabili , che sono stati trovati impiccoliti nello Stretto magellanico e nell’ Isola del Fuoco. Tali sono i nuovi generi Mriarzm , Baca, Tapeinia , Donatia, Patagonula , Drapetes, Azorella, Enar- gea, o Callixene, Philesia, Nassauvia, Hamadryas con più di quaranta specie appartenenti ad altri generi, delle quali dare- mo le deffinizioni specifiche nel promesso Catalogo . Tutte que- ste piante sono state già descritte da varj autori, e specialmen- te dal ch. Wildenow, onde non occorre che io ne dia una de- scrizione particolare: farò soltanto quì menzione della Nassau via , piccola pianta a fiori composti e a foglie imbricate, la qua- le.traspira un soavissimo odore, e dell’Azz/ea cespitosa, detta Bolax dal Commerson , chamitis trifurcata dal Gaertner, e gorm- mier dai Francesi, perchè trasuda dalle sue sementi una so- stanza gommo-resinosa: questa curiosa pianta ombellifera cresce in forma di cespite assai folto ; i suoi fusti vanno rivestiti di piccole foglie terminate in tre lobi . ._I Fiori e gli Ortaggi, che si coltivano nei Giardini dome- stici e negli Orti di Europa , si coltivano parimente con ottimo successo nel Chili, dove finora non hanno mostrato il menomo segno di degenerazione . Tra i fiori Europei si vanno anche in- } 104 ){ troducendo in quei giardini i fiori indigeni, i quali perla fra- granza e per la bellezza non sono indegni della loro compagnia . Merita qualche attenzione in questo numero la Congona a mo- tivo della sua struttura e dell’odore assai grato che tramanda, la quale non pare che sia peranche conosciuta nei Giardini d’ Eu- ropa. Questa è una pianta succosa , alta un piede incirca, rive- stita di foglie assai piccole ora opposte, ora verticillate, e di fiori parimente piccoli approssimati senza petali e senza calice, e for- niti soltanto di due stami, e di un ovario o germe ovale a stim- ma sessile, i quali producono delle piccole -bache monosperme o con un sol seme; il suo fusto a prima vista rassomiglia al pollone dello sparago. Gli Autori della Flora del Perù e del Chili ne han- no fatto un genere particolare col nome di Peperomia per l’ af- finità, che questa pianta sembra avere con quella del Pepe , e vi hanno aggregate 24 specie . Esso appartiene alla seconda clas> se del Linneo, cioè alla Diandria-monoginia : il suò carattere differenziale è una spata cortissima ovale e caduca; uno spadi- ce cilindrico coperto di fiori agglomerati senza. calice e corol- la, e collocati sopra piccole scaglie ; due stami inseriti sotto un ovario ovale a stimma séssile: un frutto bacciforme secco mo- nospermo . Circa poi le altre piante annuali indigene del paese, che siamo per esporre , noi le considereremo sotto quattro aspet- ti, cioè come piante alimentarie, medicinali, tintorie., e notabi- li per la loro fruttificazione o per la loro bellezza. I 6. 1H. Tra le piante alimentarie native nomineremo in primo luo- go il frumento, il quale sebbene comunemente si creda d’ ori- gine europea, nondimeno ci sono delle ragioni non dispregevo- Hi da dubitatne, almeno rapporto alla specie più comune, che vi si semina. I Chilesi prima dell’ arrivo degli Spagnuoli colti- vavano oltre il formentone altre quattro specie di grani cereali detti da loro Magn, Tuca, Huegen, e Cacilla, coi quali faceva- no il loro pane nominato Coque. Il Magu, per quanto mi fu detto, è una specie di segala, la Tuca un orzo, e il Huegen una spelta. Io non potei osservare queste tre piante, perchè la loro coltura è quasi del tutto trascurata, e soltanto si pratica in alcuni cantoni delle Provincie Australi. Il frumento , che ades- so generalmente si coltiva, vien chiamato Caci/la dai naziona- li 0 per qualche analogia, o perchè veramente sia il loro antico }( 105 )( Cacilla. Esso è mutico o senza reste , il grano n° è bianco , e il culmo forte per modo, che non mai si riversa. Gli abitanti perciò di Massachusset negli Stati Uniti hanno procurato, come afferma il Coltivatore americano, d’ introdurlo nella parte Set- tentrionale della loro Provincia, dove il frumento Europeo rie- sce assai male. Ma sentiamo intorno a questa specie o varietà di grano il Cel. Matematico U//oa autore oculare, ed esente come forestiere dal sospetto di parzialità , il quale don 5. lib. 2. cap. 5. pag. 312. del suo viaggio ne parla in questo modo. sy In un Orto situato nel luogo Metro Morro sulla riva del ma- sg re poco lontano dal Porto della Concezione , fra varie piante sy di frumento nate spontaneamente, ve n° era una , la quale non », avendo che un sol ‘gambo o stelo proveniente dalla terra, get- 3) tava poi dai nodi del medesimo molti rami carichi di 34 spi- »» ghe lunghe da due sino a tre pollici ben granite. Il padro- sg ne del sito vedendomi di stupor sorpreso, mi disse che non ss vi era niente da meravigliarsi, poichè quantunque nei semi- ») nati non s° incontrassero steli di frumento cotanto fecondi, sy ve n° erano tuttavia molti, che producevano cinque o sei spi- ss ghe laterali. Gon questa avvertenza mi portai ad osservarli , s, © ne trovai tanti di questa fatta, che non mi faceva più me- s, raviglia la pianta del Morro siccome nata in terreno più col- , tivato e spesso irrigato 30 Questo frumento s’ accosta per la fecondità al Grano di Smirna o del grappo, con questa diffe- renza però , che la sua superfetazione non succede nella spiga, ma nella protuberanza de’suoi nodi. Qualche pianta consimile a quel- la del Morro diede forse origine alla nuova, che anni sono si sparse in Europa per mezzo “delle gazzette, tr essersi scoperto nelle Cordilliere del Chili un albero , che produceva del frumen- to. Questa specie si semina comunemente nel mese di Luglio, e si miete sulia fine di Dicembre . Nelle Provincie settentrio- ‘nali del Regno se ne vede un? altra varietà senza reste , la quale potrebbe fe essere di origine Europea , come lo è indi a l’ orzo, che vi si ci per biada delle bestie. La vena, Avena sativa Vitn., fa introdotta in Europa da Milord Anson, il quale la trovò nell’ Isola di Gio: Fernandes: s'incontra salvatica in molti luoghi del Ghili, dove finora non se ne fa verun uso.In Europa è subentrata in luogo della ve- na, che prima si coltivava , a motivo della qualità superiore del suo grano . Se ne distinguono tre varietà, la bianca, la nera, e la unilaterale . 14 )( 100 )( 5°. li Maiz Zea mays Linn. è quel grano, che vien detto volgarmente formentone e Gran-turco a cagione della sua pan- nocchia, la quale parve ad alcuni, che rappresentasse la testa di un Turco rivestita del tarbante. Siffatto nome immaginario fece credere a molti, che questo grano fosse venuto in Italia da qualche contrada del Levante. Ma ora non vi è agricolto- re istruito , il quale non sappia che esso è unicamente origi- nario dell’ America, di dove poi si è propagato in tutte le al- tre parti del nostro Globo con gran vantaggio dei paesi, che possono coltivarlo . Di fatti dopo la sua introduzione, come ben riflette 1’ antore dell’opera intitolata l’Amico degli uomini, non si è sentita mai in Europa alcuna di quelle orrende carestie , di cui fanno menzione le Storie. Il filantropo e dotto Ameri- ricano Conte di Rumford dopo molte esperienze ha trovato , che questo grano è assai più nutritivo del riso. La sua frutti- ficazione è ancora sorprendente; un sol granello ne produce fi- no a settecento, e nel suo paese natio più di mille . Niente vi è da rigettare in questa pianta: il torso stesso della pan- nocchia si è convertito in pane nel Veneziano. Le ceneri ren- dono gran quantità di potassa. ,, Non avvi, come ben dice il »» valente agroromo Cav. Re, nelle praterie, vegetabile che con- ss tenga tanti principj alimentarj, e che piaccia più al bestia- sy me, quanto il frumentone, il quale ingrassa i buoi, ed. au- », menta molto il latte alle Vacche. ,, Questo era il grano usua- le in tutta 1’ America, quando vi arrivò Colombo . Gli Ameri- cani gli davano diversi nomi secondo la diversità delle loro lin- gue . Il nome Maiz, divenuto ormai comune non solo nell’Ame- rica, ma anche in Europa, deriva dall’ idioma degl’ Isolani del Golfo messicano. I Chilesi lo chiamano /Aza, e affermano di averlo posseduto sin dal loro primitivo stabilimento nel paese. La lunga coltura vi ha prodotto molte varietà, fra le quali si distinguono specialmente il cujumpe-hua , 0 formentone nero, il quely-hua formentone rosso ; il pijima formentone variegato ; il callquintu formentone bianco , e nero; il gy//il formentone da farina; il meallehua formentone bianchiccio . Tutte queste va- rietà riescono a meraviglia nel Chili, producendo d° ordinario tre o quattro pannocchie ben grandi, e perfettamente granite. I Chilesi usano molto questo grano, facendone diverse vi» vande, tra le quali stimano assai una, che chiamano Uminta; questa si fa coi grani del formentone ancora freschi e teneri macinandoli fra due sassi liscj, come preparano il Cacao i Gioc». \( 107 )( colattieri . La pasta latticinosa, che ne proviene , condita con butirro, sale, o zucchero, secondo il gusto di ciascuno , si ri- parte in tanti pezzetti, i quali ravvolti fra due delle foglie più tenere che rivestono la pannocchia, e legati in un pacchetto, si cuocono in acqua bollente . Colla medesima pasta si fanno anche le casse de’ pasticci, e varie sorta di biscottini. Quan- do però il Maiz è maturo lo serbano per sostentarsi nell’ inver- no di due maniere , perchè o gli danno una leggiera cottura , e allora lo nominano ciuechoca o cunarquenz o lo lasciano co- sì crudo; col primo dopo averlo pestato fanno delle minestre , e coll’altro una sorta di birra assai gustosa : lo mettono anche in farina, ma prima di macinarlo costumano di abbrustolarlo in un bagno di sabbia . Per questo oggetto adoprano più volen- tieri un’ altra specie, o varietà di formentone detto Curakza , cioè formentone da pietra , il quale ancorchè in tutte le sue parti sia più piccolo, pure collo screpolar che fa nel bagno di sabbia, acquista un volume due volte più grande dell’altro , e rende una farina più bianca e più leggiere . Con questa farina stemperata con zucchero o mele in acqua fresca o calda si fan- no le bevande, che chiamansi U/po e Chedcan , le quali presso gli Araucani e i Contadini si usano in vece di Cafè la matti- na e la sera. Di questa sorta di maiz si potrebbe farne una specie distinta nel genere Zea , perchè le sue foglie sono lie- vemente denticulate. Il Conte di Rumford nelle sue utilissime dissertazioni addita molte altre maniere di mettere in uso il formentone praticate da tempo immemorabile nell’America Set- tentrionale . 4°. La Quinua, Chenopodium Quinoa, è una specie di Che- nopodio , che cresce da tre in quattro piedi, qualora viene col. tivata : fa le foglie grandi romboidali simiate, leggiermente dentate, di un verde carico , e i fiori stamignosi disposti in lun- ghe spighe, le quali si caricano di sementi piccole nere roto- late in ispirale, che perciò sembrano lenticolari. Ve ne ha una varietà detta Dauhe dai Chilesi, la quale produce le foglie ce- nerine e le semenze bianche. Colla semente nera quegli abi- tanti fanno una bevanda stomacale e piacevole , e colla bianca, che nel cuocerla si disteude a guisa di un picciol verme , pre- parano una saporosa minestra, e mangiano ancora le foglie cot- te come quelle degli Spinaci. Io crederei, che macinandola se ne potesse ricavare una farina assai bianca. 5°. Il pomo di terra, conosciuto in Italia sotto il nome 108 )( equivoco di Parata , e Cor America Spagnuola sotto quello di Papa, sì chiama Pogni nella lingua Chilese . Il Linneo avendo- lo posto sotto il genere So/aro , lo distinse da’ suoi congeneri col nome specifico di So/ano tubo . Questa denominazione è divenuta ormai ambigua, poichè si è trovata nel Perù un’ al- tra specie di Solano, la cui radice è similmente tuberosa, on- de bisogna ommetterla per evitare la confusione. Perciò io lo chiamerò volentieri, secondo la bella idea di M. Dutour, So- lano Parmentier in onore dell’ illustre Chimico M. Parmentier, il quale con moltiplicate esperienze ha fatto vedere il sommo vantaggio , che questa pianta può arrecare alla umanità, e per mezzo de’ suoi scritti ne ha propagata la coltura in tutta l’Eu- ropa. M. di Bomare, che ne parla ancora vantaggiosamente con molti altri Scrittori Economici e Medici, asserisce nel suo Dizionario di Storia Naturale, che questo vegetabile è origi- nario del Chili. Di fatti tutte le sue campagne ne «producono spontaneamente una gran quantità , e di varie specie distinte dai Nazionali coi nomi di Mala, chaucha, pogni, alhue-po- gni, ec. le quali siccome salvatiche portano de’ tuberi piccoli. La specie Pogni però, che è il vero pomo di terra o sia pata- ta, ridotta già da molti secoli alla coltura, li produce assai grossi, e si è divisa in molte varietà ormai costanti, fra le qua- ii merita qualche attenzione quella, che dai paesani vien de- nominata Cari, i cui tubercoli sono cilindrici, ed hanno cin- que 0 sei pollici di lunghezza , e due incirca di grossezza ; es- si sono più sodi e più dolci di quelli della patata ordinaria, on- de comunemente si mangiano arrostiti . Questa varietà o piut- tosto specie , porta i fiori bianchi con varie glandole gialle in- serite tra gli stami. Per tanto io non credo improbabile l’ori- gine assegnata al pomo di terra, tanto più ch’ esso non si tro- va spontaneo , per quanto mi è noto, in altra parte dell’Ame- rica. Dal Chili, secondo la tradizione del paese, fu portata al Perù, e quindi alla Terra ferma, al Messico , e alla Virginia, di dove in seguito fu introdotta nell’ Irlanda da Sir Walter Ra- leis. Dall’ Irlanda poi passò in Francia, in Germania, e nelle altre parti dell’ Europa. Pare, che la natura abbia destinato con ispezialità questa pianta al nutrimento dell’ uomo, e » degli animali, che gli sona più utili, Essa s° accomoda a tutti i Climi e ad ogni A di terreni, ove si moltiplica per mezzo dei suoi tuberi » de’ suoi gambi, delle sue foglie, e de’ suoi semi; le vicissitudini dell” )( 109 )( atmosfera non le arrecano verun nocumento . Il suo frutto, che consiste specialmente nella radice, non teme le stragi della grandine: abbandonato sotterra resiste al gelo, e al primo te- pore della Primavera ripullula con più vigore. M. Sageret ado- prandone soltanto le sementi ne ha ottenuto più di 300 varie- tà. Si è scoperto, che la seminagione è molto efficace per im- pedirne la degenerazione , e accrescerne il volume e la qualità. Il Dott. Pearson della Soc. R. di Londra, e uno dei pri- mi Chimici d’Inghilterra, dopo molte esperienze fatte sulle par- ti costitutive della patata, conchiude , che la sua farina in egual quantità non è meno nutritiva di quella del frumento , e che per conseguenza è mal fondata l’opinione di quelli, che sostengono il contrario . Ella è parimente sana , e se ne consiglia l’ uso in molte malattie, e particolarmente contro le affezioni scorbuti- che, che sogliono fare strage nelle navigazioni di lungo corso. Per questo effetto si riduce in biscotto , il quale non viene attac- cato dai vermi, come succede a quello, che si fa colla farina di frumento. Gli abitanti dell’ Irlanda, dell’Alsazia, e della Lorena si sostentano per lo più di questa radice, e pure sono robu- stissimi e assai fecondi. Laonde conchiude il sovraccennato Parmentier, che di tutte le produzioni delle due Indie questa è quella, di cui l Europa deve più benedirne 1° acquisto . Lo stesso benemerito Autore nel bell’ articolo inserito nel nuovo Dizionario di Storia naturale espone i pregj, le varietà , la col- tura , la raccolta, il prodotto, la conservazione , l’uso , la cot- tura, la panificazione con mistura o senza dei tuberi di questa utilissima pianta, ed in unaltro opuscolo la maniera facile di estrarne la fecola o sia 1’ amido , il quale impastato colla pol- pa dei medesimi tuberi cotti forma il pane schietto di patata, e si adopera in parecchi altri usi della vita umana. I Chilesi prima dell’ arrivo degli Spagnuoli non solo si nu- trivano di questa radice tuberosa, ma anche di molte altre egualmente sane, che produce il paese in abbondanza, fra le quali meritano qualche considerazione 1° Oca, il Lalue, | IMlmu , e il Ligtu. 60°. L° Oca, oxalis tuberosa. Nel Perù cresce una pianta co- nosciuta sotto il medesimo nome, ma non avendola io veduta, non saprei dire se sia o no della stessa specie. L’ Oca chilese rassomiglia nella forma e nella fruttificazione all’Alleluja o aceto- sella gialla; fa le foglie parimente ternate e acide, ma le sue fegliole sono ovali, e la sua radice getta, come quella del po- sro X( mo di terra, sei o sette tubercoli lunghi tre o quattro pollici , e ricoperti di una pellicola sottile, liscia, e verdigna; questi tubercoli, che sono internamente bianchi, teneri, e di un sa- pore tra il dolce e Y acido, si mangiano cotti, e servono an- che alla riproduzione della pianta, la quale non si coltiva fuor- chè nelle Provincie australi. 7°. Il Lahue, Ferraria Lahue, è una pianta uniloba della fa- miglia delle /ridee, e della Classe Monadelfia rivestita di foglie ensiformi undulate , fra le quali s’ innalza un gambo o scapo por- tante un fior violetto internamente variegato, composto di sei petali, tre esterni grandi e tre interni piccoli, dal cui centro spuntano tre stami riuniti alla base e abbraccianti lo stilo, il quale si divide in tre stigmi, e proviene da un ovario inferio- re parimente trigono o a tre lati. Il frutto è una capsula bis- lunga trigona trivalve e polisperma . Il numero zre ripetuto tan- te volte fa che il volgo chiami Fior della Trinità questa pianta, e in particolare un’altra specie congenere più bella , origina- ria del Messico detta Tigridia da M. Jussieu , la quale si colti- va ne’ giardini del Chili. Il La/lze cresce spontaneamente ne? luoghi secchi, dove fa un bulbo ovato tunicato , il quale si man- gia arrostito o cotto, ed anche crudo dai ragazzi. E di mezzo sapore tra la nocciuola e la castagna. I majali lo cercano con avidità, e s’ingrassano assai presto qualora vengono condotti al prati, dove esso abbonda. 8°. L’Illmu, Sisyrinchium Ilmu, è della stessa classe e della stessa famiglia del “precedente , dal quale differisce pei caratteri proprj del suo genere, pei suo fusto ramoso e rive- stito di foglie ensiformi nervose, e da suoi congeneri per la co- rolla, icui petali di color parimente violetto sono ripiegati ver- so il peziolo . Îì tubercolo di questa pianta cotto somministra un alimento sano e aggradevole secondo il Feuillée . 9°. Il Ligtu, A/stroemeria Listu, della famiglia dei Narcissi, produce un gambo alto un piede colle foglie appuntate a gui- sa di lancia e abbraccianti il tronco, il quale si divide verso l’ estremità in molti rami terminati da un gran fiore un poco irregolare di un bel color rosso, e simile per la forma a quel- lo dell’ amarilli o del giglio. Si trova abbondantemente nei luo- ghi sabbionicci e nelle macchie . I Paesani colla radice tubero- sa di questa pianta fanno una farina bianca, leggiera, nutriti- va, e di grato sapore, onde si suol dare in minestra agli am= malati. Nei medesimi luoghi si trova anche l’Alstroemeria pel= \(rri )( legrina stimabile per la bellezza dei suoi fiori. 10°. Il P. Feuillée fa menzione di una pianta ombellifera parimente tuberosa, che si raccoglie in quelle campagne intor- no ai cespugli, la radice della quale si divide in un gran nu. mero di tubercoli-tunghi sei pollici, grossi tre, di color giallo, e di un gusto assai piacevole, come attesta il medesimo Feuil- iée . Parrebbe, che questa pianta, attesa 1° indole della sua ra- dice, dovesse aggregarsi alle pastinache; ma la sua fruttifica- zione esige, che sia posta nel genere degli Eraclei, onde io l’ ho denominata Meracleum tuberosum . Per la forma delle foglie s° ac- costa anche più allo sfondilio , che alla pastinaca. Il Giornale italiano N. 287, dietro i Giornali d° Oltremon- te, ci diede la nuova di essersi scoperta nel Chili una pianta chiamata con nome tartaro Arakatscha, la cui radice sparti» ta in molti rami forniva un alimento leggiero , farinaceo, dige- ribile, non viscoso o flattuoso, come le patate, e convertibile in pane e in acquavite . IL nome solo mi fece subito dubitare, anzi credere falsa 1° origine di tal pianta. I vocaboli tratti dal- la lingua chilese sono tutti facili a pronunciare, perchè d’ ordi- nario ogni consonante è accompagnata dalla sua vocale , e ge- neralmente i nomi proprj degli esseri naturali vi sono dissillabi . Gli avvisi posteriori la fanno originaria del Perù; ma anche la lingua di quel paese non ammette siffatte denominazioni scizi= che; quindi è verisimile, che 1 origine non meno che l’esi- stenza di tal pianta, sieno favolose . 11°. Il terreno Chilese, come si è detto altrove, produce da se stesso molte piante ortensi; gli abitanti da tempo imme= morabile ne coltivano alcune , di cui le principali sono i pisel- li alvis , i ceci calva , varie sorte di Fagioli degu/, il pepe d’In- dia o capsico ihapi, molte specie di zucche a fior bianco , e a fior giallo . Le prime dette Auada si distinguono in dolci 0 com- mestibili, e in amare. Tra queste ultime è degna di partico» lar menzione la gran Zucca da sidro così chiamata , perchè i nazionali, dopo averla profumata usano farvi fermentare den- tro il loro sidro . Essa è di mole rotonda, e di capacità sì enor- me , che contiene più di so pinte di liquore . Se ne servono anche in luogo di paniera, e per quest’ oggetto la tagliano cir- colarmente ad angoli entranti e salienti, acciocchè il coperchio e il fondo essendo addentellati s° incastrino uno con l’ altro , € s1 serrino perfettamente. Si rendono anche più sicure per mezzo di una cerniera, e di un lucchetto. Acosta fa menzio» rta )( ne di queste smisurate Zucche nel lib. 4. cap. 19 della sua Sto- ria naturale. La Zucca gialla distinta dalla bianca col nome di Penca , si suddivide in due specie , cioè la comune già cono- sciuta in Europa, e la mammellata; questa nei fiori e nelle foglie si rassomiglia all’ altra; ma il suo frutto essendo sempre sferoidale , è terminato da una gran mammella o cupola riton- da, che s’ innalza dal centro, ed ha la polpa soda e dolce, on- de dai paesani si mangia per lo più arrostita . 12°. La natura mostrandosi sempre liberale verso questo pae- se vi aveva sostituito in vece dell’ Ulivo, che poi vi hanno in- trodotto con buon successo gli Spagnuoli , il Madi pianta sati- va annuale, dalle sementi della quale si cava per espressione o per semplice cuocitura un olio dolce, chiaro, e di buon gusto . so Si fa (dice il Feuillée Tomo 3 pag. 39 ) un olio ammirabile s, con le sementi di questa pianta in tutto il Regno del Chili. o) I nazionali se ne servono non solamente per mitigare 1 do- so lori ungendo con esso le parti ammalate, ma ancora per con- sg dire le loro vivande, e anche per bruciare . Io lo trovai più 9» dolce, e di un gusto più aggradevole , che la più parte dei so nostri olj d’ oliva,,. Questa pianta s’ innalza nei terreni ben coltivati da quattro in cinque piedi. Il suo fusto assai lamoso va rivestito di foglie alterne lineari appuntate vellose, lunghe più di quattro pollici, attaccate per un piccol peziolo, e di color ver- de chiaro. I fiori, che nascono sessili nell’ estremità de’ rami, sono radiati, gialli, e i semi stanno rinchiusi in una boccia quasi sferica di otto o dieci linee di diametro : essi sono con- vessi da una banda, lunghi da quattro in cinque linee , ricoperti di una pellicola sottile, e oleosi al tattc e al gusto . Il Madi forma un genere, chiamato da me Madia, nella singenesia superflua del Linneo, e nella famiglia delle corimbi- fere del Jussieu, il cui carattere è un calice comune composto di otto o più fogliole esterne, e di parecchi rudimenti di fo- gliole interne: un ricettacolo nudo portante nel suo disco mol- ti fiori ermafroditi a cinque denti, e alla sua circonferenza var] semiflosculi femminei per lo più tridentati e fertili : i semi sen- za pappo, mezzo coperti dalle fogliole calicine. Se ne trovano due specie la madia sazica, e la madia salvatica detta me/losa, o viscosa, oppure m2adi-vilcun in lingua chilese. Questa diffe- risce dalla sativa pel suo fusto notabilmente viscoso, per le sue foglie lanceolate, sparse, e semi-amplessicauli, e per i suoi fio- ri peduncolati. S° incontra abbondantemente in tutte le cam» \ 113 )( pagne . Qualcuno 1’ aveva messa tra i crisantemi, ma i suoi caratteri vi s° oppongono. Dopo 1° introduzione degli Ulivi si è dimessa affatto nelle Provincie settentrionali la coltivazione del Madi, non perchè l’olio che se ne ritira sia inferiore a quello dell’ Ulivo, ma per evitare la fatica di seminarlo tutti gli anni. I Chilesi bo- reali perciò non conoscono più questa pianta. Alcuni botanici non avendola trovata nei loro campi, hanno dubitato della sna esistenza a dispetto dell’ autorevole testimonianza del Fenillée, il quale Ia descrive esattamente, e fa, come abbiamo veduto , grandi elogi dell’ olio che ne proviene . Oca/le Autore del Se- colo xvir. nella storia del Chili stampata a Roma nel 1644 ne fa ancora menziorie, e attribuisce alla moltiplicazione degli Uli- vi 1’ abbandono, che cominciava già nel suo tempo a introdursi intorno alla Capitale della sua cultura. Nelle Provincie austra- li situate fra i gradi 35 e 45 si coltiva però tuttora, ma in po- ca quantità, perchè quegli abitanti adoprano poco olio nei lo- ro cibi, e quasi niente nei loro lumi, essendovi 1’ uso di ser- virsi di candele in tutte Ie occorrenze. Io ne aveva parecchie piante nel mio orto per nutrire colle loro sementi gli uccelli , che teneva in gabbia, i quali le preferivano a qualunque altra sorta di grani. Dopo che sono in Italia ho ‘procurato in varie occasioni di farne venire i semi per introdurne in questo con- tado privo assolutamente d° olio la c&ttura; ma attesa la gran lontananza non ho potuto ottenerne, che un piccol pacchetto sì mal condizionato, che nessuna delle sementi coltivate con somma premura in Roma, in Imola, e nel Giardino pubblico di questa Città di Bologna, ha potuto germogliare. Queste sementi essendo sommamente oleose divengono con facilità rancide , on- de bisognerebbe usar di molte precauzioni per farle arrivar quà intatte . 13.° Il sopracitato Ova//e nel lib. 1. capo 2 della sua sto- ria parla altresì di una pianta, che nasce nella Valle di Larz- pa distante nove miglia da Santiago capitale del Chili, la qua- le in tempo di state si cuopre di sal marino in vece della man- na , che trasuda da alcuni alberi. Questa pianta si rassomiglia al basilico comune non solo nelle foglie, ma anchîe nei caratte- ri generici; non ha però nè l’ odore, nè il gusto dei basilici ; questo è salmastro, e l*odore è erbaceo . 1° illustre Naturali sta M. Rosc esita a riconoscerla per un ocimo, perchè non ha la fragranza delle sue congeneri: ma quanti generi non ci sono 19 \( 114 )( mai in Botanica, i quali comprendono specie inodore insieme, e odorose? Basterà citare i generi Dianthus , Heliotropium, Nar- cissus, Reseda, Datura: anzi quest’ ultimo rinchiude il Flori- pondio odorosissimo , e lo Stramonio fetidissimo. Comunque si sia, io ho denominata quest’ erba Ocizzo salino . Essa è molto ramosa, e s° eleva una spanna incirca da terra : i globetti sali- ni spuntano da tutte le parti della pianta, e rassomigliano nel lustro, e nella forma alle stille della rugiada . I paesani li rac- colgono subito che col calore hanno acquistato qualche consi- stenza , e se ne servono in luogo del sal comune , di cui han- no tutte le proprietà. La quantità, che se ne ricava da ogni pianta è variabile a proporzione della sua ramificazione , e del- lo stato dell’ atmosfera: qualcuna ne ha dato una mezz’ oncia incirca. Il Fenomeno, che presenta quest’ erba, è difficile a spiegarsi ; il terreno dove essa cresce per quanto s’assicura, poi- chè io non potei visitarlo, non è salmastro, ed è lontano dal- le coste marittime almeno sessanta miglia; nessuno degli altri vegetabili, che vi nascono insieme, ha la medesima proprietà. Quindi se si vuole darne una spiegazione probabile bisognerà ricorrere alla particolare organizzazione della pianta, e al con- corso dei fluidi elastici, i quali pare che abbiano gran parte nel- la formazione dei sali . 14.° Il Quelghen, Fragraria Chilensis, è il Gliahuen, fragra- ria silvestris. Queste fragrarie sono ambidue indigene del Paese. La prima coltivata colà da molti secoli produce la Fruzi/la o fragola del Chili famosa per la sua grossezza, e per le altre sue eccellenti qualità. M. Frezier la trasportò dal Chili proprio, non dall’ Arcipelago di Chiloe, in Francia l’anno 1712, di dove poi si è propagata nel resto dell’ Europa: quindi non deve de- nominarsi fragraria Chiloense, come per isbaglio fece il Lin- neo, ma chilese se si vuole indicare la sua vera origine. Se ne contano tre varietà distinte dal colore dei frutti : la dianca, la gialla, e la rossa. Le due prime non sono peranco cono- sciute in Europa; la rossa ha perduto nella sua trasmigrazione qualche cosa del vivo colore e della fragranza , che distinguo- no il suo frutto nel paese natìo . Si legge nell’Enciclopedia me- todica, che questa fragola acquista in Francia un volume di due pollici di diametro : quest’ asserzione mi pare un poco esa- serata, perchè nel suo clima nativo non oltrepassa mai la gros- sezza di un piccolo uovo di gallina, come affermano il Frezier e 1’ Ulloa. Il suo volùme ordinario eguaglia. quello della noce X 115 )( comune. Questa varietà si è trovata dioica in Europa; ma nel Chili io la incontrai sempre ermafrodita. Può darsi, che la tra- slazione abbia prodotto questo sconcerto, o che fra le perfette ermafrodite si trovino, come nelle Licnidi, alcune piante dioi- che, una delle quali forse per accidente fu trasportata da Fre- zier. Non occorre, che io mi trattenga nella descrizione bota- nica di questa specie ormai conosciuta da quasi tutti i giardi- nieri. I Nazionali stimano più delle altre varietà le gialle a ca- gione del loro sapore più dilicato . Il celebre Naturalista Pallas trovò anche delle fragole di color giallo , ch’ egli chiama super- be e grossissime-nella Provincia d° Isetfk , e nella parte meri- dionale dell’ Oral appartenenti alla Russia asiatica (tom. 3. pag. 357.) Il Gliahuen o sia la fragola salvatica, non mi par- ve differente da quella che si trova nei boschi d°’ Italia se non nel sapore, il quale attesa la benignità del clima è più dolce, onde comunemente si mangia senza zucchero. S° incontra in abbondanza al piede della Cordilliera e nelle Provincie australi. 15°. La Cuchugna è un diminutivo del cocomero o angu- ria comune, come il Dudaiz: lo è della specie del mellone. Tut- to è picciolo in questa varietà, i rami, le foglie, i fiori sono stati delineati in compendio dalla natura. Il suo frutto, che è di singolar dolcezza, non eccede quello del melocotogno , e le sue sementi sono un poco più grandi, o «È duo quelle del- le mele. Questa varietà è propria del Chili, come l’addita il suo nome. La piccolezza delle sue proporzioni non somministra un carattere sufficiente per costituirne una specie. Tra le nu- merose fatte di angurie, che vi si coltivano , fra le quali si annovera anche quella detta di Pistoja, se ne osservano due che potrebbero forse riputarsi parimente originarie del paese , perchè non so che si conoscano altrove : queste sono la pelata, e la vernale. La prima, che riesce di gusto eccellente, è rive- stita di una pellicola sottile invece del guscio, onde è assai fra- gile ; I° interno viene occupato da una polpa rossa tenera e su- gosa. La vernale così detta, perchè si mangia nel verno, ha la polpa gialla, e non si matura, a guisa delle sorbole, che fra la paglia. L'origine delle angurie o cocomeri è tuttora incerta. Garcilasso autor di poco posteriore alla scoperta dell’ America pretende , che esse furono trovate per la prima volta nella Gia- imaica dagli Spagnuoli. Altri le credono originarie delle Indie Orientali, e note in Italia sin dal tempo di Plinio. Da ‘quanto abbiamo detto finora si raccoglie, che i Chile- }( 116 )( st prima dell’ arrivo degli Europei non erano stati, come ta- Juni hanno preteso degli Americani in generale , così qaltrat- tati dalla natura, che scarseggiassero delle cose più necessarie alla loro sussistenza. Senza parlare per ora degli alimenti, che essi rigavavano dagli Animali, il Regno vegetabile, come ab- biamo veduto, forniva loro del pane nelle patate e in cinque specie di grani cereali; del vino nel mays, nella quinua, e in molte altre sorta di arbusti e di alberi, che descriverémo do- po; delle minestre nei piselli, ceci, fagioli, zucche, e radici di diverse fatte ; dell’ olio nel madi ; del sale nell’ ocimo sali- no; del pepe nei capsici; delle frutte nelle fragole , nei coco- meri, e in varie specie di coccole o bache arboree, ‘che saran poscia nominate. 6. IV. I Vegetabili, soprattutto gli Erbacei, formano finora il Ca- pitale. della Farmacia degli indigeni Chilesi. I loro Medici chia- mati secondo i loro diversi metodi di curare Machi, Ampive , e Vileu , sono periti Erbolai, e possiedono per tradizione il se- greto di un gran numero di semplici adattati ad ogni sorta di malattie , coi quali fanno tutto giorno delle cure sorprendenti. Quantunque essi o per avversione alla nazione conquistatrice , o perl’ ambizione di farsi ricercare, procurino di occultare ciò che sanno circa quest’ oggetto, tuttavia indotti dall’ amicizia hanno palesate sinora le virtù medicinali di molti alberi, e di più di dugento erbe , delle quali gli abitanti di schiatta spa- gnuola massime nelle campagne fanno uso con buon successo , e ne hanno anche formato un ramo di commercio coi Regni confinanti e con l’ Europa. Queste piante sono state descritte in un libro intitolato non so per qual ragione 1° Ebreo, nel qua- le si espongono ancora le loro virtù, e la maniera di applicarle. Nella liugua chilese tutti i vegetabili impiegati nella medicina si chiamano con nome generale Lalzer, cioè rimedj o istru- menti contro la morte: perciò molte delle piante menzionate dal Feuillée hanno questa terminazione. JIl Giornale di quel dotto Religioso espone con somma accuratezza e ottime figure la maggior parte dei semplici, che vengono adoperati dai na- zionali nelle loro infermità . Io mi restringerò a parlare quì sol- tanto delle piante seguenti erbacee , le cui virtù sono più de» cantate . rr? X 1°. Il Guilno, o piuttosto Huilno, Bromus catharticus, Lin. è una specie di gramigna palustre, il cui fusto 0 culmo cinto alla base di foglie simili a quelle del frumento , e lunghe da tre in quattro piedi, si eleva quasi in altezza d’ un uomo , € por- ta una pannocchia divisa in molte spighe a foggia degli altri bromi con grani poco diversi nel colore e nella grossezza da quelli dell’ orzo, i quali rinchiudono una farina molto bianca , che forse potrebbe impiegarsi nella panificazione . La sua radi- ce è assai grossa, carnosa, coperta di scaglie nericce , di co- lor verde gialligno internamente, e di un gusto assai piccante: questa radice secondo il Feuillée è uno dei migliori purganti, che si conoscano . Per ottenere un tal ‘effetto, se ne mette in infusione durante la notte una quantità proporzionata all’ età di colui, che deve prenderla; la mattina seguente bollita che sia questa infusione si prende ben calda, e si aspetta tranquil- lamente nel letto l’esito , che si desidera. Essa all’ opposto de- gli altri purganti non ha niente di ributtante o disgustevole . 2°. Il Cachan-lahuen nominato cachenlahuen dal Feuillée con ortografia francese, Chironia Chilensis, Wild. Questa pian- ta, che io aveva posto col Linneo nel genere delle Genziane , è stata posteriormente aggregata alle Chkironie . Essa somiglia molto alla Centaurea minore sua congenere nell’ abito e nelle proprietà, ma se ne distingue pel suo fusto ritondo, pei suoi rami quasi orizzontali, perle sue foglie fornite di una sola ner- vatura, e per altre differenze meno apparenti . Il suo nome si- gnifica in lingua Chilese rimedio contro il male di punta , pel quale infatti è valorosissima : si stima innoltre emmenagoga, ri- solutiva , sudorifica, antelmintica, e per eccellenza febbrifuga . In Italia si è sperimentata utile contro la itterizia, e le eru- zioni cutanee o scabbiose. Lo stesso effetto produce anche la Chironia centaurio, o centaurea minore d’ Europa, ma in mag- ior dose. M M. de Bougainville e Duclos, durante il loro viag- gio alle Maluine, come afferma il Pernetty, trovarono l° in- fusione fredda della Chironia Chilese utilissima contro il mal di gola. Può ben darsi, che questa d’ Europa apporti il mede- simo sollievo . 3°. La Viravira, Gnaphalium Viravira, è una specie di stecade o tignamica molto aromatica, la quale s’ accosta di ma- niera al Gnafalio odoratissimo del Capo di Buona-Speranza , che potrebbe esserne stimata una varietà; ma se ne distingue per le sue foglie che sono spatolate, e non mucronate ; il suo odo- (118 )( re è il medesimo. Questa pianta , che ama come tutti i gna- falj i luoghi secchi, è eccellente contro le febbri intermittenti: presa in bevanda teiforme fa sudar copiosamente , onde i pae- sani se ne servono per liberarsi dai raffreddori e dalle costipa- zioni. Le sue foglie sono talmente lanuginose , che pajono al- la vista e al tatto coperte di bambagia : i fiori di color d’ oro tramandano anch’ essi un gratissimo odore. Tournefort l’aveva messa tra gli Elicrisi, ma i suoi caratteri non permettono di separarla dal genere de’ Grafalj . 4°. Il Payco , Chenopodium Payco . Questa pianta passa in- sensibilmente dal genere dell’ Erniarie a quello dei Chenopodj, di modo che il calice de’ suoi fiori ora si trova partito , ora di- viso in cinque fogliole ; perciò dapprima io 1’ aveva messo tra le Erniarie ; ma le sue foglie seghettate e laciniate quasi come quelle del Chenopodio multifido, m° obbligano a collocarla im- mediatamente dopo questa specie Bonariense . Il Payco produce molti gambi succosi rivestiti di piccole foglie, e deboli in gui- sa che di rado s’ innalzano un poco da terra. Tutta la pianta è di un color verde tenero, e tramanda un odore forte di ce- dro putrefatto : la sua decozione è efficace contro i mali dello stomaco e le indigestioni, e giova assai nella plenrisia . 5°. Il Gnancu-laluen, Linurn aquilinum , cioè erba medi» cinale dell’ aquila , ezamilla degli Spagnuoli, nasce per lo più nelle falde delle colline e dei monti; la sua radice è vivace e assai lunga ; fa molti fusti ramosi colle foglie alterne lanciola- te, e piccole, i suoi fiori sono grandi gialli divisi in cinque etali, e vanno attaccati due a due ad un pedoncolo comune: il lor pistillo diviene una capsula membranosa pentagona , co- me quella degli altri Lini suoi congeneri, la quale contiene varie semenze piccole. I nazionali si prevalgono con buon esito di questa pianta nelle febbri, ed anche nelle altre. malattie , per le quali adoprano la Viravira . 3 6°. Il Tabacco. Il Chili produce spontaneamente parecchie specie di tabacco, le quali si propagano a tal segno, che in alcuni distretti cuoprono i campi destinati alla coltura del fru- mento, come fa la mercorella o la scabiosa in Europa. Se ne distinguono fra queste il tabacco /ongifforo , V angustifolio , il terriere, e il comune . Il tabacco longifloro, o di fiori lunghi , Nicotiana longiffora, porta le foglie alterne, cuneate alla ba- se, bislunghe, acuminate con i fiori solitarj cinque o sei volte più lunghi del calice. L° Angustifolio, Nicotiana angustifolia, )( 119 )( ha le foglie inferiori lanciolate strette, le superiori lineari e acute; la pannocchia diffusa ; i fiori piccolissimi , i fusti filifor- mi glutinosi veliosi ramosi verso la cima, € alti un piede e mez- zo. Il terriere o sia tabacco del paese, Nicotiana minima, è più piccolo del precedente, dal quale si distingue per le sue foglie ovali e piccole quanto quelle del dittamo cretico ; que- sto tabacco si coltiva nella Provincia di Maule, dove si vende, come le granaglie, per quarteruole e per corbe : esso è più ga- gliardo del tabacco ordinario. Il comune detto dai nazionali pùthem , Nicotiana tabacum, è il tabacco a larghe foglie, che comunemente si coltiva in Europa, e nelle altre parti del vec- chio continente, dove fu trasportato dal Messico . Esso era co- nosciuto e coltivato in tutta 1° America innanzi l’ arrivo degli Europei . Nel Chili si trova salvatico, e coltivato. Questo ulti- mo vi acquista la perfezione desiderabile, e non cede in nien- te a quello del Perù, e della Virginia. Gli antichi Chilesi lo prendevano in fumo, e in polvere detto da loro afhen-pùthem. Se ne servivano anche in vece d’ incenso nelle cerimonie reli- giose, come usano tuttora gli Araucani. Le proprietà medici- nali o nocive del tabacco si trovano indicate in tutti i libri terapeutici. Non si può pensare alla fortuna di questa pianta lurida e narcotica senza ritlettere sul capriccio degli uomini ; nessun vegetabile, per utile che possa essere, ha avuto mai un incontro sì universale. Essa si è estesa con una rapidità incre- dibile dall’ America sino al Giappone, ed ha formato per tutto uno de’ più cospicui rami della Finanza . Ha eziandio il vantag- gio di accomodarsi a tutti i Climi, qualora non siano estrema- mente rigidi. Il povero Lappone, privo per la sua situazione di sì fatta coltura, lavora tutto l’anno, affine di procurarsi da- gli esteri questo farmaco divenuto ormai quasi di prima neces- sità pel genere umano. 7. Il Quinchamalin, Quinchamala Chilensis gen. nov. Wild. Il nome di questa pianta, che vuol dire succedaneo o eguale alla lancetta , esprime la sua energia medicinale. I paesani quan- do cadono d’ alto, o altrimenti si fracassano , ne bevono subito il sugo tirato per espressione o per decozione , affine di risol- vere ed espellere il sangue rappreso o stravasato, ed anche di saldare la ferita ricevuta; 1’ effetto, come essi affermano fondati su replicate esperienze, segue costantemente . Quest? erba , 0 piuttosto suffrutice, giacchè la sua radice è perenne e il suo fusto duro , si rassomiglia al tesio, e s’ innalza poco meno di \( 120 X( un piede : le sue foglie sono alterne lineari intere , e i suoi fiori corimbosi di color giallo : essi sono composti di un calice quin- quefido , d’ una corolla parimente quinquefida , di cinque sta- mi, e d’un germe ovale sormontato da uno stilo, e qualche volta da tre, il suo frutto è una capsula triloculare polisper- ma. Il Frezier e il Feuillée fanno menzione di questa pianta, e de’ suoi effetti salutari . i GEA I Chilesi da tempo immemorabile sanno molto bene profit- tare della gran quantità di piante tintorie , che produce il pae- se, cosicchè senza il concorso degl’ingredienti forestieri danno alle lane col loro sugo, corroborato da alcuni mordenti sempli- ci, ogni sorta di colori vivaci durevoli, e che possono soffrire molte volte la pruova del.sapone e del ranno senza scolorarsi , come assicura per propria esperienza il prelodato Frezier. Io ho veduto dei panni da letto fatti da loro, i cui colori ch’era- no il giallo , il rosso, il verde, e il turchino , dopo un eonti- nuo uso di trent’ anni, non davano ancora verun indizio di de- cadenza . Nelle provincie australi si ricava il color turchino da una pianta, 1 cul caratteri non mi sono noti ; nel territorio Arau- cano, come pure fra gli Spagnuoli , si fa coll’ indaco stempe- rato in una porzione d’ orina fermentata o putrefatta , nella quale s° immerge la stoffa o filo, che si vuol tingere; e vi si lascia in infusione qualche tempo : questa semplice manipola- zione somministra una tinta stabile e durevole ; 1’ alcali volati- le, che si sviluppa dalla fermentazione putrida dell’ orina, ser- ve di veicolo e di mordente alle particole coloranti dell’ indaco. Il color rosso si estrae dalla radice di una specie di rob- bia detta relbun, Audia Chilensis, la quale cresce ne’ luoghi sabbiosi intorno agli arbusti. Questa pianta produce i fusti pres- sochè rotondi procumbenti colle foglie ovali aculeate biancastre, e situate quattro a quattro lungo il tronco come quelle della cruciata . Fa i fiori monopetali divisi in quattro parti di color bianco: sono rinchiusi i suoi semi in due bacche rosse ovali, che si toccano nel mezzo come quelle della robbia europea. La sua radice, che è rossa al pari di quella dell’ 4z4/4, si profon- da assai in terra, e getta intorno una infinità di fibre. Ogni anno vien raccolta dai Contadini e venduta ai tintori, i quali V ra: )( n’ estraggono il colore dello stesso modo che si pratica in Eu- ropa. Il medesimo color rosso si ricava anche dalle radici del Cocoll, e della Pocole, piante, che io non ebbi l’opportunità di trovare in istato da poterle caratterizzare . La Contrayerba, Milleria Contrayerba, Wild., bollita nell’ac- qua comune fornisce un bel color giallo. Questa pianta della fa- miglia delle corimbifere , che s’ innalza tre piedi incirca , va mu- nita di numerosi rami opposti rivestiti di foglie bislunghe lan- ciolate seghettate trinervi sussessili, di color verde glauco., e parimenti opposte. I fiori di color giallo spuntano in gran nu- mero nell’ estremità de’ rami. Essi, come abbiamo indicato, so- no composti, e consistono in tre o cinque flosculi ermafroditi quinquefidi, in un semiflosculo femmineo denticulato, e in un ca- lice diviso in tre parti col ricettacolo e le sementi nude . Il no- me contrayerba, che è spagnuolo, significa erba contro il ve- leno, perchè oltre la sua proprietà tintoria si reputa utile in varie malattie, e vermifuga in sommo grado . I Chilesi ricava- no anche il color giallo dai fiori di un’ altra pianta singenesica detta Poquil,la quale è stata descritta dal Feuillée sotto il no- me di Santolinoides linariefolio flore aureo . Le scorze di varj alberi, che indicheremo in seguito, som- ministrano il color verde . Il violetto vien tratto dai fiori e dal- le coccole di parecchi arboscelli, e dal Culle, oxalis Rosea Wild. specie di acetosella, che getta all’ intorno molti rami forniti di foglie ternate cuori-formi a rovescio, come quelle dell’ Oxalis corniculata , in mezzo ai quali si elevano due o tre scapi o gam- bi floriferi bipedali divisi verso la cima in due o più ramoscel- ll portanti ciascuno un fiore di color porporino . Questi gambi sono di un acido assai grato, onde vengono colti con piacere dai fanciulli. Di tutta la pianta pestata si formano dei pastelli , i quali dopo essere stati seccati al Sole si vendono ai Tintori. Il genere owvalis, o sia delle acetoselle, comprende nel Chili moltis- sime specie a fiori gialli e a fiori rossi. Fra le prime si rendo- no notabili Vl oralis magellanica con le foglie carnose, 1° omalis tuberosa, di cui abbiamo già parlato, l’oralis megalorhiza con grossissime radici, che trovasi anche nel Perù , l’ oxalis crena- ta coi fiori intaccati, l’oxalis virgosa del Coquimbo. Quest? al- lelluja, che getta un gran numero di verghe alte da cinque piedi, grosse come un dito, tenere, e di un’ acidità piacevole, non produce altre foglie che le radicali, ie quali sono ternate cuneiformi: i fiori sono assai grandi, emarginati, e disposti 10 X{ 122 )( quasi in corimbo sull’ estremità dei fusti. AI sopraggiungere delle pioggie autunnali spunta per le cam- pagne una pianticella appellata erba da rosolio , la quale sic- come appartiene ad un genere nuovo, così mi piacque di dar- Je il nome di Sassia tintoria in onore di un mio amico chia- mato Giuseppe Sassi dilettante di Storia naturale. Questa pic- cola pianta tra le foglie radicali ovate produce uno scapo alto due pollici, portante tre o quattro fiorellini quadripetali di un bel colore di porpora, i quali vengono adoperati dagli Acqua- vitai per dare il colore e |’ odore a una sorta di rosolio , che chiamano porporino . Un solo di questi fiori, benchè non mag- giori di quelli dell’ Adonide autunnale, basta per colorire, in virtù della prodigiosa divisibilità della materia, cinque o sei libbre di liquore : appena che vi è stato infuso, comincia a tra- mandare un’ infinità di particelle coloranti, che a vista d’ oc- chio si spargono per tutta la massa del fluido , e in meno di cinque minuti la tingono perfettamente . GI’ Intagliatori , gli Eba- nisti, e i Tintori ancora se ne servono per ombreggiare i loro lavori, ed io porto opinione, che questo piccol fiore, median- te le convenienti preparazioni, potrebbe contribuire molto al- le tinture delle lane e del cotone, a cui il sugo semplicemente spremuto comunica un bel colore , che difficilmente si stacca . Del genere medesimo è un?’ altra piccola pianta, che nasce in gran copia nel principio d'Autunno, e fa un sol fiore simile a quello della Sassia tintoria, ma di color d° oro, il quale dà un gran risalto alla nascente verdura. I Chilesi chiamano questo fiorellino Rim o fior della pernice, perchè questo uccello n° è assai ghiotto, ed hanno dato il suo nome ai due mesi d° Apri- le, e di Maggio, nei quali esso comparisce, appellandoli Urer- rimu, e Inan-rimu , cioè primo e secondo Rimu . Molti sono i vegetabili, di cui i nazionali si prevalgono per tingere in nero: adoprano però fra questi più volentieri la Gunnera scabra , e il Panke tintorio. Queste due piante palu- stri e vivaci si rassomigliano a tal segno, che facilmente si pi» glia luna per l’altra, qualora non si osserva con somma pre- mura la loro tenuissima fruttificazione, la quale e per la situa- zione, e per la forma sembra affatto la medesima : 1° abito , la frondescenza , e le proprietà non presentano differenza alcuna sensibile, di modo che in qualunque altro sistema , fuorchè nel sessuale, queste due piante sarebbero riputate congeneri.Quin- di si vede, che i metodi botanici non limitati ad un sol carate M 123 )( tere s’accostano più all’andamento della natura. I Chilesi stes- si attenendosi all’ abito e alle proprietà identiche, che le me- desime presentano, hanno dato a tutte due il nome di panque, o panke; soltanto a motivo della lunghezza de’ loro scapi di- stinguono luna dall’ altra, chiamando Parque-nalca il panke tintorio , e pampanpanque la Gunnera . Nulladimeno queste due piante, secondo il sistema linneano, si distinguono non solo nel genere, ma anche nella Classe : la Gunnera è della Ginandria- diandria, e il panque-nalca è dell’ Enneandria monogynia. La pri- ma ama le provincie marittime , e la seconda le sudandine , ben- chè qualche volta si trovino insieme ne’ luoghi acquitrinosi di ambedue queste regioni. Come il Feuillée non potè osservare la fruttificazione di queste piante , non si può sapere precisa- mente qual delle due abbia indicato sotto il nome di Panke anapodophylli folio : dapprima io aveva creduto, ch'egli avesse descritto il Panke-nalca ; ma riflettendo meglio sul complesso della sua descrizione, mi pare ch?’ egli indichi piuttosto il Pam- pan-Panke , o sia la Gunnera scabra , poichè gli assegna uno scapo corto, e una radice lunga e diritta, il che non convie- ne al Nalca, che ha il tronco florifero assai più lungo delle fo- glie, e la radice serpeggiante. Io mi persuado ancora, che la Gunnera plicata dello stretto Magellanico, o la Misandra di Jussieu, sia il Na/ca impiccolito dal Clima, non una Gunne- ra; tanto più che io ne osservai qualche individuo dioico an- che nel Chili. Comunque si sia , 10 intesi nel mio primo saggio di descri- vere solamente il Panke-nalca , così perchè la sua fruttificazione mi era perfettamente conosciuta, cone perchè della Gunnera scabra ne aveva qualche dubbio intorno ai suoi caratteri generi- ci, i quali sono stati ora bene schiariti dai bravi botanici di Ma- drid . Il Panke-nalca dunque deve, per quanto mi pare, for- mare un genere nuovo, secondo il sistema sessuale, nell’ En- neandria monogynia dopo l’Anacardium. I suoi fiori situati in gran numero sopra un amento assai lungo e meno ramoso di quello delle Gunnere, sono di una piccolezza estrema . Goll’aju- to di buone lenti io credei di distinguervi un calice quadrifi- do, una corolla campanulata parimente quadrifida, per lo più nove stami, qualche volta quattro o sei, uno stilo filiforme , e una capsula bivalve monosperma . Questa pianta è forse una delle più utili alle arti, che produca il Chili. Alcuni la chia- mano dardana Chilese per la somiglianza delle sue foglie a quel }( 124 )( ie della bardana, ma la sua fruttificazione, come abbiamo ve- duto , è totalmente diversa. La sua radice è grossa almeno quat- tro pollici È screpolata, nera di fuori, banc di dentro, e si e- stende intorno e in giù per lungo tratto. Le foglie, che ne spuntano piantate su deli lunghi picciuoli , sono fatte a venta- glio, aspre , cinquenervose, seghettate, di color verde chiaro di sopra, cenerine di sotto, un po’ lanuginose, ed hanno due in tre piedi di diametro. In mezzo a queste foglie radicali s° in- nalza un solo gambo alto da cinque piedi, grosso tre pollici incirca, rivestito di una corteccia scabrosa , aculeata, filamento- sa, e sfornita di foglie, fuorchè nella cima, ove ne caccia fuo- ri tre o quattro assai più piccole delle radicali : accanto al me- desimo sorge un gran grappolo conico , che porta, come si è detto , i fiori e i semi. Il sugo , che proviene dalla sua radi- ce, non solamente è appropriato alla tintura delle lane, ma ser- ve ancora per iscrivere, perchè posto al Sole diventa in poco tempo di un color perfettamente nero, ed ha una certa visco- sità, che lo rende indelebile. La medesima radice pestata s’im- piega vantaggiosamente a conciare le pelli, ma nel pestarla esa> la un odore sì forte s che non vi si può resistere più d’ una mezz’ ora . I calzolai la preferiscono quando è secca a qualun- que altro legno per le forme da scarpe, che riescono ben fat- te e di lunga durata. La polpa del gambo è bianca tenera su- gosa rinfrescante, e di un gusto sido assai grato , 1 paesani amano di mangiarla in tempo di estate . I medesimi effetti si ottengono dalla Gunnera scabra, ma in un grado molto più debole . Nei luoghi umidi e sabbiosi nasce un altra specie di que- sta pianta detta Parque Dinacio, Panke accaulis, la quale fa una radice napiforme , grossa come il braccio, acidetta, dol- ce, e molto stimata dagli abitanti: questa specie non produce gambo alcuno; soltanto getta fuori un ciuffo di piccole foglie simili a quelle della precedente, fra le quali si forma un grap- polo carico di fiorellini. analoghi ai sovradescritti; la sua radice però non fornisce che poco o niente di tinta. Il Ch. Wilde- now ha aggregato con molta ragione a questo genere il L/au- .panke a:inplissimo sonchifolio del Feuillée, denominandolo Panke Sonchifolia . I Chilesi avevano già prevenuto dandogli il no- me che porta, il quale significa Panque liscio . La radice di questa pianta si divide in due o tre tubercoli fibrosi rinchiu- denti una sostanza di un bel bianco, la quale veduta sotto la (125 )( lente pare composta di corpuscoli brillanti simili ad altrettanti piccoli Soli. Questi corpuscoli sono intersecati di tratto in trat- to da linee rette di color di rame, le quali presentano un tes- suto ammirabile, come asserisce il Feuillée , sul corpo della ra- dice. Quindi sorge un fusto alto da tre piedi, guernito di fo- glie sparse amplessicauli liriformi reticolate dentellate lunghe un piede incirca, e terminato da un grappolo di fiori rossi as- sai più grandi di quelli degli altri Panqui. Questi fiori alla ba- se del grappolo sono composti di sei petali, e verso la cima di quattro : le divisioni dei calici e il numero degli stami cor- rispondono al numero dei petali. Io non potei osservare i se- mi. ma dalla forma del germe congetturai, che potessero es- sere analoghi a quelli del Nalca . Il Z/aupante non ama i luo- ghi paludosi; esso s’ incontra più frequentemente sulle monta- gne delle Provincie australi. 1 nazionali si servono del sugo di questa pianta nelle affezioni emorroidali, e la fanno anche en- trare nella tintura in nero. Tale è il L/Iaupanke, che Feuillée ed io abbiamo osservato. Cavanilles ha stabilito il suo genere l'’rancoa sopra una pianta acaule trovata nei porti di Talcahua- no e di Coquimbo sotto il medesimo nome di L/aupante, de- rivato forse dalla confusa nomenclatura , di cui abbiamo parla- to di sopra. I caratteri e l’abito di questa Francoa mi sembra- no molto diversi da quelli, che presenta la nostra pianta, co- me ognuno può accertarsi confrontando la descrizione e la fi- gura, che Feuillée ce ne ha lasciato nel Tom. 1. pag. 742. fig. XXXI del suo Giornale . 6. VI. Dopo aver trattato nel miglior modo che abbiamo potuto delle principali erbe alimentarie, medicinali, e utili alle arti, che produce il Chili, ne faremo conoscere, come abbiamo pro- messo , alcune di quelle che non partecipando per ora dei me- desimi vantaggi, possono tuttavia meritarsi qualche riguardo o per la loro fruttificazione non comune, o per la loro struttura specifica . Di questo carattere sono le seguenti. 1.° L’Acrostico a fogliole ternate, Acrosticum trifoliatum . Le frondi di questa pianta criptogama s’ innalzano fino a cin- que piedi sopra uno stipite nericcio solcato. Esse sono lancio- late, alternamente peunate colle pennoline o foliole ternate. Sloanne la nomina anche fra le piante della Giamaica . }( 126 )( 2.° L’Acrostico tartareo, Acrosticum tartareum, così nomi- nato non so per qual motivo dal Cavanilles, s° eleva più di due piedi colle frondi bipinnate, le pinnule primarie sessili alterne, le secondarie parimenti alterne confluenti, e bianche sul dorso. Io lo credo poco differente dall’ Acrostico calomelano del Lin- neo , che cresce similmente nella Giamaica . 3. L’Asplenio a tre lobi, Asplenium trilobum Gav., ha le frondi crenate divise in tre parti o lobi, cuneiformi, e pianta- te sopra un peziolo lungo da cinque pollici, esse sono più pic- cole del peziolo, e vanno coperte di fruttificazioni numerose , le quali maturandosi riempiono il dorso della foglia presso a poco come quelle degli Acrostici. 4. Il Polipodio cenerino, Polypodium cinereum Cav., getta un tronco alto cinque piedi, e grosso un pollice, dalla cui ci- ma spuntano le frondi, le quali hanno più di tre piedi di lun- ghezza, e sono due volte pennate colle pinnule lanciuolate al- terne peziolate , e le fogliole pinnatifide bianche sul dorso e d’un bel verde sulla parte opposta. La fruttificazione è solitaria in ciascuna delle lacinie, e consiste in punti ferruginosi non più grossi della testa d’ uno spillo. Si fanno dei bastoni assai belli col suo tronco. 5. IH Polipodio trilobo Polypodium trilobum, Cav. ha le frondi profondamente divise in tre lobi lanciolato seghettati , l’ intermedio dei quali è assai maggiore de’ laterali, e in esso si osservano le fruttificazioni solitarie. I monti boscosi del Chili abbondano di molte specie così di questo, come degli altri ge- neri di Felci, che sono conosciuti in Europa : ma siccome que- ste non mi presentarono cose degne di special rimarco, perciò non mi tratterrò a descriverle. Fra i polipodj io vi aveva os- servato le quattro specie o varietà del polipodio Caluguala, che si era acquistato qualche fama nella medicina, cioè il rostrazo, il longifolio, il crassifolio , e il policarpo , circa la fruttificazio- ne de’ quali or dubito, se tutti veramente appartengano al ge- nere polipodio, o alcuni fra essi debbano collocarsi sotto il gene- re moderno Tectaria; il nome Calaguala mi pare d’origine chi- lese: ca/la in quella lingua significa arbusto , e guala o huala anitra. Lo stesso dubbio ho intorno al Pil/la-dilcum .,-0 sia al bel Polipodio, che Feuillée descrive nel Tom. 2. del suo giorna- le pag. 753. fig. 40. il quale si trova in molti luoghi del Chili, 6.° L’Imenofillo rosso, Hymenophyllum cruentum: questa bella felce, che forma un genere nuovo dopo il polipodio , s° in- M 127 )( nalza fino a tre piedi gettando tre o quattro frondi assai gran- di ovato-lanciolate crenate, e tinte di un rosso rimarchevole . Le sue fruttificazioni consistono in punti marginali distinti , composti di un tegumento superficiale di due valve parallele alla fronda piantato sopra un piccinolo cortissimo . .° Cencro spinoso, Cercrus spinifex , pianta graminacea fornita di un culmo ramoso, alto circa due piedi, rivestito di foglie cordato-lanceolate vaginanti e pelose. La sua fruttificazio- ne riunita sopra una spica terminale a rachi, o schiena flessuo- sa, è composta di un calice comune intiero duro spinoso con- tenente due calici parziali a due glume ovato-acuminate , i qua- li rinchiudono due fiori uno maschile, e l’altro ermafrodito . La corolla parimente di due glume disuguali, e maggiori del calice parziale, porta i filamenti capillari sormontati da antere sagittate col germe ovato , lo stilo filiforme a due stimmi piu- mosi divergenti, e il seme similmente ovato nel fior ermafro- dito. Pare, che questa specie debba appartenere ad un altro genere o classe : D. Luigi Nee l’ osservò ancora in Longavi di- stretto del Chili. 8.° L’Agrostis tenace, Agrostis tenacissima, pianta della stes- sa famiglia corredata di molti culmi sottili rigidi glabri bipe- dali provenienti dalla medesima radice, di foglie lineari lunghe rigide, e di una panicola ristretta filiforme portante dei fiori lineari colle valvole parallele. I Nazionali adoprano i culmi di questa gramigna in vece dei vinchi per legar le siepi e per far- ne delle paniere . 9.° Il Coyròn, Dactylis cespitosa; questa curiosa e peren- ne specie di gramigna forma dei cespugli folti di due o tre pie- di di diametro , i quali rendono sterili 1 terreni, dove si pro- pagano . Le sue radici si profondano molto in terra, e butta- no fuori una gran quastità di trouchi tortuosi, onde spuntano le foglie graminacee lunghe da venti pollici, e i culmi alti di quattro in cinque piedi: questi culmi duri e angolosi portano una spiga ovata ristretta, e imbriciata intorno da un gran nu- mero di spighette sessili e ruvide. Gli uccelli, che amano di fare 1 nidi in terra, vi depongono volentieri le loro uova . I culmi essendo resistenti e pieghevoli si possono adoperare a far- ne sporte e paniere. I Signori Bougainville, e Forster incon- trarono anche questa pianta nelle Isole situate intorno allo Stret- to Magellanico, e il primo ne loda ii gusto zuccheroso, e dice ehe vien preferita dalle bestie alle altre pasture. (128 X( La Stipa variegata, Stipa bicolor , pieghevole anche RS è è morbo soltanto pel colore misto di verde e gialligno delle sue foglie . Ti..H Viaii detto featina dagli Spagnuoli , produce dei culmi consistenti alti da cinque in sei piedi, e di un giallo chiaro nello stato di maturità. Se ne fanno ottime stuoje . I miei manuscritti , che patirono assai nel tragitto , non ml for- niscono i caratteri sufficienti per RO il genere nella famiglia delle graminacee , alla quale questa pianta certamente appartiene . Il Coleu, nome generale, che comprende varie specie di canne sode appartenenti al genere Arundo del Linneo, e proprie dei boschi del Chili. Tutte queste canne hanno, come i bambouc, la scorza liscia durissima , di color giallognolo, ma interiormente vanno ripiene d° una sostanza. filamentosa meno dura e quasi spugnosa . Le loro foglie sono gramignose strette, e per lo più non si vedono che su i ramoscelli , nei quali si divide la cima, perchè vanno cadendo a misura che gl’ inter- nodi si slungano. Se ne distinguono finora tre sorte il Augi, la Kila, e il Culiu, o canna Valdiviana. Il Rugi, Arundo Ru- gi, è grosso quanto la canna Europea, e si eleva da venticin- que a pren piedi con gl’ internodi distanti. La Kila, Arundo Kila, ha i nodi du ai solo un piede, ma è più ha due o tre volte, e più grossa del Rugi . La canna valdiviana ’ così detta perchè nasce nel circondario di quella piazza, fa i nodi vicini gli uni agli altri, ed è più sottile delle precedenti. I pae- sani si servono del Rugi per far gabbie e siepi, ed anche in vece d’ assi ne’ tetti delle loro case , conservandosi questa can» na incorrotta, purchè non vada esposta lungo tempo alla umi- dità. La Kila fornisce gli Araucani e gli Spagnuoli di aste per le loro lance, e la 950 Valdiviana di giannette, che sono stimate, e si trasportano anche in Europa . Benchè questa spe- cie di vegetabili non possano mettersi nella categoria delle pian- te erbacee, io tuttavia ne ho fatto quì menzione per non se- pararle dalla loro famiglia naturale . Sulle rive dei Hu e dei laghi crescono in abbondanza la canna a spazzole, Arundo phragmitis, le tife, i scirpi, i cipe- ri, gli spargan], e i giunchi di tutte le specie che si trovano in Italia, e nei campi le medesime sorte di piante graminacee . che quì vediamo, come dianzi si è accennato . Il Baron d’ Hum- boldt asserisce di non aver trovato nell’ America meridionale . }( 129 )( spontaneamente allignante neppure uno dei Vegetabili indigeni dell’ Europa : questo però si deve intendere di quella parte del- I’ America meridionale, che giace fra i Tropici, della quale egli soltanto parla, poichè non s’ avanzò al di là del decimo grado di lat. australe. Tutto il contrario succede sotto la Zona tem- perata di quella parte, come abbiamo insinuato altrove per no- stra propria osservazione, e per quella dell’ esperto Botanico Feuillée, il quale dice tom. 3. pag. 56.,, Io trovai nelle mon- » tagne, che sono all’ Est della Gittà della Concezione, un gran », numero delle piante, che abbiamo in Europa: tutto non è »»3 nuovo in questo Nuovo mondo .,,. 13°. L’Amarilli macchiata, AmaryIlis maculata, Herit. fo- glie lineari; scapo macchiato di punti neri; spata uniflora, bi- folia; corolla campaniforme peduncolata di bel color rosso scre- ziato interiormente di giallognolo . 14°. L’Amarilli coccinea, Amaryllis Chilensis, Herit. L'He- ritier ha dato a questa specie un nome triviale, che non può distinguerla dalle altre Amarilli, che in gran numero produce il Chili; onde sarebbe forse più conveniente di chiamarla Ama- rilli coccinea dal vivo color rosso puro, che la rende ragguar- devole fra le altre sue congeneri. Essa s’ eleva poco più di un piede da terra, dove è guernita di foglie lineari, che quasi pareggiano il fusto : d’ ordinario produce un solo fiore pedun- colato lungo due pollici, di rado ne porta due; lo stilo e gli stami stessi sono anche rossi colle anterc gialle ; la spata è bi- folia come nella precedente . 15°, L’Amarilli a due colori, Amaryilis bicolor; il suo sca- po compresso, ancipite o affilato ai due lati, alto da due pie- di, e cinto alla base di molte foglie canalicolate ottuse , porta quattro fiori rossi di fuori, gialli di dentro, tubulati, slargati in cima sino a venti linee di diametro, e divisi in sei lobi ri- tondati; qualche volta si trova il giallo interno spruzzato di ros- so. Questa pianta fa bella comparsa fra le macchie, dove co- munemente s'incontra insieme colle altre specie sopraindicate. 16°. II Gil o amancay , Memanthus causticus, nasce nei luo- ghi acquitrinosi con foglie carnose bislunghe ottuse, fra le quali s eleva all’ altezza di cinque o sei pollici uno scapo fistoloso por- tante due o tre fiori assai grandi di un vivo color di sangue . Jl sugo, che tramanda questa pianta qualora viene spezzata, è talmente acre mordace e volatile, che fa lagrimar gli occhi, I Chilesi nominano generalmente Gil tutte le liliacee , aggiungen= a }( 130 )( dovi qualche epiteto per distinguerne le specie , nel che per ac- cidente imitano gl’ Italiani, che le chiamano Gigli. 17°. Il Thekel, Strumaria Chilensis, getta da una radice fibrosa molte foglie lunghe due piedi strette appuntate lisce , d’ win bel verde; tra le quali sorge un fusto diritto sugoso alto da cinque o sei piedi, guernito di tre o quattro foglie più pic- cole amplessicauli e alterne. I fiori corimbosi sono composti di tre gran petali bianchi alternati con altri tre assai più piccoli a punte rosse. Il frutto è una capsula triangolare di tre cel- le. Questa pianta ha tutta l’apparenza di un’ A/buca; ma il suo germe inferiore, e il suo stilo strumoso m°hanno obbligato ad aggregarla alle straumarie. La sua infusione fredda si stima pur- gativa e diuretica. 18°. L’Illcu, Cyanella Illcu, ha la radice rivestita d° infi- nite fibre capillari: il-suo fusto alto due piedi incirca, coperto di foglie lanciolate semiamplessicauli e nervosissime , si divide dalla metà in su in molti rami suddivisi in altri più piccoli, 0 piuttosto peduncoli lunghi sparsi, ognuno dei quali porta un fiore d’ un bel color violetto o turchino carico. Questo fiore è composto di sei petali ovali, aperti a stella, accompagnati da sei stami parimente turchini colle antere gialle. Quando que- sti petali cominciano ad avvizzire si ripiegano, e avviluppan- dosi insieme formano una figura simile ad una colonna torsa fo- rata a giorno. Questa pianta fa un bell’effetto tra le altre er- be della campagna, e figurerebbe assai bene in qualunque giar- dino per la forma e il colore dei suoi fiori, i quali hanno un pollice in circa di grandezza . L’ Illcu è stato messo da alcuni fra gli Anterici, ma io I’ ho stimato piuttosto una Cyanella . 19°. Il Guilli, o huilli, Hyacinthus Chilensis;z questo bel iacinto, che di primavera profuma le campagne del Chili , do- ve nasce in gran copia, s’ alza poco più di quattro pollici da un bulbo coronato di piccole foglie ovali: i fiori di color bian- co spruzzato di una leggiera tinta di turchino , e divisi in sei parti appuntate, vengono sei o sette insieme a guisa di om- brella sulla cima dello scapo. La sua fruttificazione del resto è analoga a quella del giacinto comune . 20°. Il Tapyd, Ga/azia Narcissoides Wild., pianta ancora di bell’apparenza, ehe trovasi eziandio nelle contrade . magel- laniche, dove fu osservata dallo sfortunato Botanico Commer- son : essa ha l’ abito affatto del narcisso, ma i suoi caratteri ge- nerici, come ben osserva il Ch. Wildenow, la ripongono tra le 131 ){ Galassie, non fra i Sisirinchj, come voleva il Cavanilles. Fa la radice fibrosa, e il fusto rotondo corredato alla base di foglie lineari ensiformi amplessicanli. I fiori, che spuntano da una spa- ta bivalve in numero di tre o quattro, sono infundibuliformi penduli, e comunemente di color bianco . Se ne trova una va- rietà, che porta i fiori dentro e fuori rigati longitudinalmente di porporino assai vivo con piacere di quelli che la riguardano. Sebbene questa pianta sia di mediocre altezza, tuttavia nel Chili, come è naturale, acquista una mole doppia di quella del- la magellanica . 21°. Il Nuil, Neotzia diuretica, Wild., della famiglia del- le Orchidee, produce otto o dieci tuberi cilindrici lunghi quat- tro o cinque pollici, di un gusto dolcigno e piccante , dai quali s' erge il fusto cinto alla base di foglie lineari lunghe otto o nove pollici, e verso la cima di brattee continenti i fiori di co- lor bianco , e disposti per un sol verso. Questi fiori analoghi a quelli delle Orchidi sono composti di cinque petali superiori ripiegati, e d’ un labbro o petalo inferiore bislungo ottuso, e pendente . Gli abitanti si servono della infusione di questa pian- ta nelle ritenzioni d’orina e contro i calcoli . 22°. Il Gavilu grandifloro, Cymbidium luteum Wild., del- la stessa famiglia, ma di genere diverso, poichè ha tutti i ca- ratteri dei Cimbidj. La sua radice come nelle precedenti con- siste. in molti tuberi cilindrici. Le foglie radicali sono bislun- ghe acute: il fusto s° innalza due piedi: i fiori sono gialli ter- minali, e assai più grandi di quelli dell’ EZeborine, ai quali si rassomigliano molto; il labbro o petalo inferiore è più corto dei petali superiori. Se ne distingue una varietà corredata di fo- glie nervose, e di fiori bianchi col petalo inferiore giallo: que- sta s’ eleva un piede più dell’ altra . 23°. Il Piquichen, Cymbidium virescens Wild.; radice come le precedenti; fusto diritto alto tre piedi; foglie radicali lancio- late ; spiga stretta; petali esteriori lanciolati acuti verdi rigati di rosso; i due interiori bislunghi ottusi bianchi; labbro pen- dente solcato ovato bianco, orlato di verde; frutto triloculare; semi piccolissimi . 24°. L’Aretusa barbata, Arethusa biplumata Wild., radice tuberosa ; fusto alto più di un piede, munito tratto tratto di piccole foglie membranacee ; foglie radicali vaginanti subula- te; spata, o piuttosto brattea assai grande; fior terminale solita- rio quasi sessile; germe inferiore piriforme ; corolla pentapeta- la irregolare variegata di bianco e di verde; i tre petali supe- riori disuguali, I’ intermedio galeato incurvo, i laterali più lun- ghi ascendenti pelosi: i due interiori ovali, e grandi quanto !’ intermedio. Questa pianta, assai notabile tra le Orchidee, si trova del pari che una gran parte di quelle che crescono nel Chili, presso lo Stretto Magellanico. Io non potei accertarmi del suo vero nome Chilese . I suoi caratteri essenziali corrispon- dono esattamente a quelli delle altre Aretuse, come dall’ esa- me d’un esemplare secco aveva bene inferito il profondo Botani- co Wildenow . 25°. L’Aristolochia vaginata, Aristolochia vaginans, Ruiz : fusti filiformi procumbenti ; foglie reniformi macchiate; fiori pe- losi di color purpureo scuro ; caselle. storte : odor tetro nau- sS€0SO . 26°. LAristolochia fetida, Aristolochia caudata. R. gam- bo volubile peloso; foglie cordiformi; fiori solitarj caudati, va- riegati, fetidissimi. 27°. Il Chaul, Calceolaria integrifoglia, Wild., stelo ra- moso tripedale; foglie opposte sessili ovate lanciolate seghetta- te rugose; fiori gialli in cima mascherati col labbro inferiore ventricoso gonfio ; casella rotondata biloculare; sementi piccole nericce. 1 fanciulli chilesi si divertono con questi fiori facen- doli crepare sulla fronte. Gli Spagnuoli, che nominano questa pianta Arghenita per la figura del sno fiore, ne hanno portato in Europa le radici come uno specifico contro il mal d’ orina, ma l’effetto è stato variabile . Nel paese si stimano le foglie vulnerarie. Oltre questa specie si trovano anche nel Chili le Calceolarie Fothergillii, plantaginea, e nana . 38°. La Graziola Chilese, Mimulus luteus, Wild., fusto articolato ramoso strisciante radicante fistoloso quadripedale ; foglie opposte semiamplessicauli subrotondo-ovate nervose se- ghettate glabre ; calice pentagono cinquedentato; corolle gran- di personate gialle screziate internamente di rosso ; semi minu- tissimi. Cresce sulle rive dei ruscelli. Si stima rinfrescante, e si mangia in insalata o nella minestra . Dagli Spagnuoli vien chiamata Graziola del Chili; ma ella appartiene al genere Mi; mulus . 20°. La Tupa, Lobelia Tupa, Wild., fusto alto cinque o sci piedi pentagono ruvido fistoloso ; foglie lanciolate acute denticolate vellose nervose assai grandi rossigne; fiori in ispi» ga monopetali irregolari ricurvati, di color rosso di sangue, 133 bipollicari; caselle infere a tre logge, polisperme . Il sugo lat- ticinoso di questa pianta è riputato un gran veleno: malgrado la bella apparenza de’ suoi fiori, essa ha del resto un colorito ributtante , e un odore nauseoso . Non alligna guari che sulle coste marittime . 30°. Il Raponzolo tricolore, PAyteuma tricolor , tronco di- ritto velloso bipedale ; foglie alterne semiamplessicanli sinuate bislunghe tomentose; fiori ascellari peduncolati irregolari iubu- losi, più grandi di quelli della Tupa; tubo lungo turchino ; lembo di color rosso vivo diviso in cinque lobi emarginati; il superiore, molto più grande, contraddistinto da una larga mac- chia gialla strisciata di rosso : casella triloculare infera . Questa specie di raponzolo può figurar bene in qualunque Giardino . Il Feuillée lo diffinisce: Rapuntii facie, foliis sinuatis , flore amplissimo sanguineo, et striato. Tom. 2. pag. 729. fig. 21. 31°. La Viola quadripetala, Viola tetrapetala, gambo al- to tre pollici : foglie lanciolate peduncolate vellose crenate : fio- ri gialli rigati di rosso, irregolari; pedoncoli lunghi otto polli- ci; caselle triangolari trivalvi: semi ovoidi. Oltre questa spe- cie se ne trovano altre due, cioè la grandiflora acaule , Viola magellanica Wild., con le foglie reniformi crenate irsute , ei fiori assai grandi gialli screziati di rossigno , e la Viola caule- scente a foglie d’ origano seghettate, coi fiori purpurei penta- petali sostenuti da lunghi pedoncoli, e con caselle simili a quel- le delle congeneri; il suo fusto legnoso s’ innalza da due pie- di. Tutte queste viole hanno pochissimo odore : non ostante gli Speziali del paese si servono dell’ultima negli stessi usi , che si adoprano le viole odorose d’ Europa . 52°. La Doca, Mesembryanthemum Chilense , fusto lungo due piedi nodoso sugoso , disteso per terra; foglie triangolari opposte amplessicauli carnose; fiori grandi d’ un bel violetto ; frutto grosso, un pollice giallognolo , diviso in otto celle conti- nenti una sostanza acquosa dolce piacevole al gusto ; semi len- ticolari neri. I fanciulli amano assai siffato frutto . Questa pian- ta si rassomiglia molto al Mesembriantemo o Ficoide edule del Capo, e forse non è altro che una varietà del medesimo. Cre- sce nelle rive sabbiose del mar Chilese , 33°. Il Curi, detto Ortiga cavallina dagli Spagnuoli, Loasa acanthifolia Wild., tronco grosso più d’uu pollice, alto da sei piedi , fistoloso nodoso ramoso ; foglie pennatifide opposte , lun- ghe un piede, fornite di pezioli triunciali abbraccianti il trone } 134 )( co; fiori ascellari e terminali di eolor vivo aranciato , calice persistente cinquepartito ; corolla composta di cinque gran pe- tali ovoidi concavi spesso riflettuti, e di cinque scaglie interne bislunghe conniventi più corte dei petali, terminate da due fi- ‘letti; stami numerosi gialli aderenti in numero di cinque ad ogni petalo; ovario inferiore ovale sormontato da uno stilo di- ritto a stimma semplice; casella bislunga piriforme uniloculare trivalve. Tutte le parti di questa pianta sono. coperte di peli sottili acuti più pungenti di quelli delle ortiche ordinarie. La scorza fibrosa del gambo potrebbe somministrar del filo assai bianco e forte da farne ottime tele. Il Ch. M. de Lamark met- te il genere Loasa nell’ Icosandria, ma la situazione degli sta- mi, almeno nella specie Chilese , mi sembra richiedere, che si aggreghi alla Poliandria, come hanno fatto Linneo , e Wil- dono. : i Il Vilu, Lysimachia myrtifolia, Feu. gambo alto un gui. Do alterne approssimate sessili ovato-lanciolate con- sistenti; fiori ascellari peduncolati rotati bianchi rigati di linee rosse , lunghi un pollice : casella bislunga polisperma supera . Credesi utile contro le malattie degli occhi. Se ne conosce una varietà con le foglie simili a quelle del bossolo , e le caselle più rotonde , chiamata- perciò da Feuillée Lysimachia buxifolia. Tutte due hanno bella apparenza . 35°. L’° Innil, Oenothera hyssopifolia, fusto alto due pie- di velloso ; foglie ME lanciolate denticolate; fiore unico ter- minale violetto s di più d’ un pollice di diametro 3 calice qua- drifido tubuloso; corolla quadripetala undulata sul lembo, supe- ra; otto stami dello stesso colore: casella ottoloculare . 36°. Il Mithon, Oerothera Salicifolia, fusto alto tre pie- di; foglie lineari bislanghe seghettate ; fiori ascellari gialli, ca- lice, corolla, e stami come nella precedente : casella cilindri- ca quadriloculare infera. Si stima vulneraria . 37°. L’Onagra odorosa, Oerothera odorata , Wild., tronco suffruticoso velloso , alto poco più d’ un piede; foglie quasi ses- sili lineari-lanciolate undulate glauche; fiori gialli odorosi più grandi di quelli delle precedenti. Questa onagra, oppure oeno- tera, s° incontra anche nello stretto Magellanico : 38°. L’ Onagra goccia di sangue, Oerothera guttata , scapo di due o tre pollici : foglie radicali numerose ovato-oblonghe denticolate ; fior grande g siallo, petali ottusi , sopra uno dei qua- li si vede una macchia soia stillante in giù di color vivo di sangue . 39°. La Tutuca, Tutuca chilensis gen. nov. Dec. monog. , fusto pedale fistoloso : foglie alterne semiamplessicauli spatola- te; fiori terminali e ascellari‘pedoncolati porporini di sci linee di diametro , calice infero diviso in due parti acute pennate ; corolla quinquepartita calcarata: stami dieci gialli, antere di- ritte, pistillo semplice, sprone corto ricurvo, capsula polisper- ma . I nazionali si servono del tronco vuoto di questa pianta per farne flauti o pifferi, ai quali nella loro lingua danno il medesimo nome . 6. VIL Le piante chilesi erbacee finora descritte sono quelle, che ci sono sembrate degne di qualche menzione. Ora continuando il nostro metodo passeremo a dare una succinta notizia di al- cuni dei molti arboscelli, che produce quel paese, e comincie- remo da quelli, che diconsi scandenti o volubili, i quali par- tecipano della debolezza dell’ Erbe , e della consistenza degli ar- busti eretti: a questa categoria appartengono i seguenti . 1°. I Voqui cirrosi, Mutisia gen. nov. Cav. Di questo ge- nere appartenente alla" Singenesia superflua si conoscono nel Chi- li sel specie scandenti e una diritta. La r.fra le scandenti Mu- tisia Ilicifolia, ha le foglie cordiformi amplessicauli dentate, e spinose come quelle dell’ acquifolio. La 2. Muzisia runcinata, W . fa le foglie intaccate o lacere indietro, scorrenti e tormentose disotto ; le scaglie calicine richinate; i raggi della corolla tri- dentati. La 3. Muzisia sinuata , W. fornita di foglie lineari si- nuato-dentate decorrenti; e di scaglie calicine patule mucrona- te. La 4. Mutisia sagittata, W. con le foglie saettato-lanciola- te intatte feltrate di sotto; il fusto alato dentato; e le scaglie calicine riflettute. La 5. Mutisia decurrens, Cav. rivestita di foglie lanceolate intatte scorrenti lisce. La 6. Mutisia inffexa, W. con le foglie lineari sessili, il bordo rivolto; le scaglie calicine richinate. La 7. Mutisia linearifolia, W. col fusto diritto ; le foglie lineari mucronate approssimate senza viticcio , a guisa di quelle delle Protee. Tutte queste piante fanno l’ornamento dei boschi, dove .si trovano, col vivo verde delle loro foglie, e i loro fiori ora porporini, ora variegati di bianco e di rosso. Ven- gono comprese sotto il genere Muzisia stabilito in onore del celebre botanico di Terra ferma Muzis, al quale la scienza è debitrice di molte scoperte interessanti circa i vegetabili di quel- la parte dell’ America. } 136 )( 2.° La Salsilla, A/stroemeria Salsilla W. fusto volubile spi- rale terminato da un involucro tetrafilo; foglie alterne pezio- late lanciolate nervose acuminate tripollicari; fiori sorgenti dal- 1’ invoglio peduncolati ombellati, divisi ora in sei parti, ora in sei petali disuguali, gli esteriori rossi, gl’ interiori più piccoli verdigni; casella infera triloculare polisperma. Si è formato un genere particolare di questa pianta detto Lomzarea in memoria del laborioso M. di Bomare; ma le differenze, che la separano dalle Alstroemerie, non mi sembrano molto essenziali. 1 nazio- nali si servono della sua radice in vece della Salsapariglia. 3.° La Salsa, Merreria verticillata, tronco volubile serpeg- giante ramoso, vestito tratto tratto di sei, ovvero otto foglie verticillate lineari lanciolate nervose quadripollicari, e di quat- tro aculei alla base delle foglie ; fiori terminali peduncolati; co- rolla divisa in sei parti, infera, di color gialligno ; stami sei le- siniformi; ovario, stilo, stimma triquetri; capsula triangolare alata trivalve triloculare : semi due o tre in ciascuna loggia . Gli abitanti si servono ancora della sua radice in luogo di que! la della salsapariglia, e le attribuiscono le medesime virtù . I Botanici di Madrid, che pretendono aver formato il genere Her- reria sulla Salsa del Feuillée, dicono ch’essa si chiama in lingua Chilese Quila . Io credo che per l’ abuso sopraccennato dei no- mi, essi hanno preso il guilo o quilu pianta comune e simil- mente sarmentosa per la Salsa feuilleana, la quale mi parve una specie di smi/ace congenere della salsapariglia, e per tale l’ a- veva descritta nelle mie memorie sotto il nome di Smilax ver- ticillata; le sue proprietà in fatti sembrano comprovare questa fratellanza. Ciò non ostante -temendo d°’ essermi ingannato ho adottato i loro caratteri generici, iquali sono alquanto diversi da quelli, che attribuisce Feuillée alla sua Sa/se, e mi sem- brano più proprj del guilo. 4.° L° Ellera del Chili, Urceolaria Chilensis gen. nov. Dian- dr. monogyn. Feuillée; fusto scandente sarmentoso, abbraccian- te gli alberi per mezzo di piccole radici a guisa dell’ Ellera d° Eu- ropa: foglie opposte ovali peziolate carnose sugose , lunghe più d’un pollice, di un bel verde : fiori terminali peduncolati gran- di, di color rosso sanguineo : calice diviso in cinque parti acu- te ; corolla panciuta a cinque lobi: due lunghi stami sporgenti fuori della corolla: Ovario aderente ; stilo cortissimo : coccola quadriloculare, quadrisperma . 5.° Il Pepoi, Mitraria coccinea. Cav. gen, nov. Didyn. ang. N 137 )( fusto scandente pieghevole : foglie ovato-acute seghettate , op- poste o terne: fiori ascellari solitarj sesquipollicari rossi : calice doppio cinquepartito ; corolla tubolosa gonfia cinquepartita ; stami quattro didinamici; germe libero ovato; stilo subulato; bac- ca succosa con molti semi. Questa pianta si trova nelle Isole di Chiloe, e nelle contrade Chilesi vicine. Quegli Isolani si servono dei suoi vimini per connettere insieme le assi de’ loro piccoli battelli . 6°. Il Coghil, Lardizabala biternata, R. fusto ramoso vo- lubile scandente ; foglie alterne peziolate , biternate, o due vol- te divise in tre; fogliole uvato-acute intiere ; fiori poligami dioi- ci formanti grappoli ascellari verso I’ estremità dei rami , e pen- denti ; calice colorito di rosso assai vivo , bipollicare infero , di- viso in sei foglie aperte ovali ineguali; corolla composta di sei petali lanciolati acuti, opposti alle fogliole del calice , più cor- ti e più stretti delle medesime, detti dai Botanici della spedi- zione peruana reztarj, ma da me stimati veri petali : fior ma- schio provveduto d’un perno o corpo staminifero centrale por- tante sei antere biloculari: fior ermafrodito in diversa pianta fornito di sei filamenti anteriferi, e di germi tre o più senza stili, producenti tre o più bacche grosse tripollicari piene di polpa con molte sementi. I Boschi Chilesi producono altre due specie di questo bel genere , cioè il Nipu, e il Copiù. il primo, Lardizabala triternata , fa le foglie tre volte ternate, o divise in tre fogliole ovali. Il secondo, Lardizabala ternata, le porta semplicemente divise in tre foliole parimente ovali. Questo è il Bochi liliaceo , amplissimoque flore chramesino di Feuillée . Queste specie si suddividono in parecchie varietà costanti , di tut- te le quali io aveva formato ne’ miei Mss. il genere Cogilia, voce assai più dolce di quella di Lardizabala, prendendola dal no- me della specie più comune; ma quest’ ultima denominazione ha la prerogativa di essere stata prima stampata . Tutte queste piante producono una sorta di cetriuoli cilindrici, lunghi tre pollici, grossi uno, ripieni di una sostanza bianca sugosa zuc- cherosa, grata al gusto , e molto stimata dagli abitanti . 7°. Il Pelpel, LVolichos funarius, fusto legnoso volubile scandente : foglie alterne ternate colle fogliole ovali acuminate lisce : fiori ascellari pedonculati porporini racemosi:legume di- ritto tripollicare , fornito di polpa dolce. Questo dolico monta su serpeggiando per gli alberi, senza però attaccarvisi; giunto alla cima passa ad un altro albero vicino , o scende perpendi- 19 MX 138 X( colarmente, e poi torna a salire e a scendere, il che replica tante volte, che intrecciandosi seco stesso, o con gli altri fru- tici scandenti, viene a formare una certa confusione di corde pen- denti in tutti isensi, € rappresentanti agli occhi l’ aspetto me- desimo , che offre 1’ ammanimento di un vascello., Cresce d’ or- dinario nei “boschi umidi delle provincie australi del Chili. Si rassomiglia assai al Dolico altissimo della Martinica di modo che può riputarsi come una varietà del medesimo . Il sarmento essendo più flessibile e tenace del vinco, è utilissimo per varie cose ; tanto più che se ne possono avere di cento o dugento brac- cia in lunghezza , perchè questa specie non si abbarbica in terra come fanno molte delle piante sarmentose della Zona Torrida. Se ne trova di tutte le grossezze che si vogliono. I Contadini co- stumano di abbrustolirlo leggermente prima di metterlo in ope- ra così per levargli la corteccia, come per renderlo più pieghe- vole ; e se ne servono per far paniere, e per legare le palizzate e le siepi, ove resiste alle influenze dell’aria per molti anni. Alcuni hanno tentato anche con buon successo di farne gome- ne pei bastimenti, le quali riescono più durevoli di quelle di canape . Agli stessi usi s’ adoprano con egual riuscita i sarmenti del- le Lardizabale già descritte, e di molte altre piante volubili, che allignano in quei boschi, comprese dai nazionali sotto il nome generale di Vogri. Fra esse se ne incontrano parecchie adattate a fare dei gabinetti e spalliere nei giardini così per la graziosa struttura delle loro foglie sempre verdi, come per la bellezza dei loro fiori, alcuni dei quali imitano in grandezza e forma i Tulipani, i ranuncoli, e i gigli, di cui io non ebbi l’ agio di esaminar completamente la fruttificazione. 8°. Il Caracollo, Phaseolus Caracalla, Lin. è coltivato nei giardini del Chili, dove il suo fusto acquista la grossezza d’un braccio, e si eleva serpeggiando ad una grande altezza di mo- do che se ne formano de?’ bei porticali. Si dice che si trova in- digeno nelle vallate Andine del Copiapò; ma io lo credo ori- ginario soltanto del Perù . 9°. Il Voqui tigrato, Lapageria rosea gen. nov. 6-andria 1-gynia. Questo bell’arboscello , che cresce spontaneamente nei boschi del Chili, s’ attortiglia intorno agli alberi, i quali ab- bellisce con le sue foglie laurine ovato-lanciolate sempre verdi, e i suoi fiori assai grandi di color vivo di rosa picchiettato di bianco . Questi fiori sono composti di sei petali, tre esterni e )( 139 )( tre interni più larghi : il loro frutto è una bacca superiore con- tenente parecchi semi di color nericcio . Come questa leggiadra ianta forma da se un nuovo genere, perciò gli Autori della Flora del Perù e del Chili 1° hanno contraddistinta col cogno- me di S. M.l’Imperatrice dei Francesi e Regina d’Italia, egre- gia coltivatrice e fautrice della Storia naturale , e specialmen- te della Botanica . 10°. Alcuni anni prima della mia partenza un contadino es- sendosi internato nelle valli deserte della Cordilliera contigue alla Provincia di Maule in cerca d’ un cavallo smarrito , trovò una pianta di moscadello nero incognito fino a quel tempo nel paese . Invaghito della bellezza e della fragranza de’ suoi grap- poli, ch’ erano allora in perfetta maturità, ne portò alcuni tral- ci, i quali riuscirono bene nel suo Orto: quindi si cominciò a propagarla nelle provincie confinanti, dove se ne faceva otti- mo vino. Siccome quelle Valli non sono mai state abitate dall’ uomo, anzi nemmen praticate , e il moscadello nero non si tro- vava in veruna parte del Chili, così ho motivo di dubitare, se questa vite sia di origine Europea o Chilese , tanto. più che questo utilissimo arbusto non è straniero ali’ America, poichè avanti l’ arrivo degli Europei cresceva in gran copia nell’Ame- rica Settentrionale. Esso. è d° altronde diverso dai moscadello nero d’ Europa per le sue foglie più frastagliate , e per la for- ma de’.suoi grappoli, che sono perfettamente conici con gli acini o granelli così fitti, che non se ne può spiccare uno sen- za schiacciare tutti quelli che vi sono d’ attorno . 6. VEL Gli arboscelli diritti Chilesi si possono dividere in. cespu- gli e frutici, come si ‘presentano nelle altre parti del globo . I cespugli o sia gli arboscelli bassi saranno indicati nei primi numeri . 1°. L’Uthiu, Loranthus Utiu , arbusto parassitico radicante fra i rami degli alberi, come il visco quercino : tronco ramoso tripedale : foglie piccole opposte lanciolate quasi sessili di un bel verde; fiori peduncolati ascellari; calice piccolissimo ; co- rolla bianca supera quadripetala; stami quattro ; bacca corona- ta di quattro piccole punte, piena di sugo porporino dolce, po- lisperma. Si crede febbrifago . Feuillée lo chiama Mizigu, e lo colloca fra i mirti, a quali si accosta per la forma del frutto . )( 140 )( 2°. ll Quenthal, Viscum Chilense, suffrutice egualmente parassitico coi rami opposti , le foglie ovato-lanciolate coriacee, i fiori ascellari solitar), e le bacche disperme . Gli abitanti fan- no del buon vischio coi frutti di queste due piante . 3°. Guegued, o Hnehued s Hippomanica insana’, gen. nov. Dec. monog., fusto bipedale angoloso ramoso ; foglie comune- mente opposte bipollicari lanciolate dentellate di color cenerino : fiori racemosi giallognoli : calice quinquepartito : corolla penta- petala; stami dieci lesiniformi; germe aderente collo stilo corto : frutto ; coccola ombilicata di color rosso bruno; semi piccoli . Il sugo spremuto da tutte le parti di questa pianta è viscoso, gialligno, e un poco dolce. Quando gli animali e soprattutto i cavalli la mangiano per isbaglio diventano furiosi; quindi dai paesani spagnuoli viene chiamata metonimicamente Erba Zoca, cioè a dire, erba matta, e dai Chilesi nativi Auehued, che si- gnifica lo stesso. L° unico rimedio per guarire i cavalli, che ne abbiano mangiato, si è di farli riscaldare correndo, onde per via di molto sudore si venga a dissipare la malignità di quel succhio : altrimenti s° incontrerebbe il pericolo di perderli . 4°. La Gesnera, Gesneria Chilensis, fusto nodoso tripeda- le; rami opposti; foglie opposte lanciolate dentate nervose qua- si sessili : fiori irregolari racemosi, bianchi spruzzati di turchi» no al di fuori, gialli macchiati di rosso al di dentro : tubo screziato internamente di azzurro : casella infera biloculare . La scorza di questo bell’ arboscello infusa o bollita nell’ acqua co- mune , è stimata eccellente contro i mali venerei. 5°. Guaycuru , Plegorhiza stringens, Wild. gen. nov. g-an- dria 1-gyn., gambo semipedale legnoso, diviso verso la cima in molti ramoscelli rivestiti di piccole foglie ovali sostenute da brevissimi picciuoli : foglie radicali circondanti il gambo più grandi, e similmente ovali e intatte :-fiori terminali pedunco- lati di colore erbaceo corimbosi, senza calice: corolla monope- tala campaniforme intiera; stami nove brevissimi; germe libe- ro, Orbicolato; stilo cortissimo : casella bislunga un poco com- pressa; seme unico bislungo , di rado due. Questo arbusto sì trova solamente nelle Provincie settentrionali del Chili. Il Pernetty, che lo incontrò anche nei contorni di Bueros-ayres, dice che esso, soprattutto la sua radice, è uno dei più valo- rosi astringenti della Botanica, essendo di più eccellente per disseccare, e guarire prontamente le ulceri e le scrofole, e per fermare la dissenterìa , il che s’ accorda perfettamente colla M r4r )( giornaliera sperienza , che ne fanno i Chilesi. Pern. voy. tom, 1. pag. 318. Queste proprietà mi mossero ‘a nominarlo P/egorhiza, cioè radice per le piaghe . Il nome Guaycuru proviene dalla lingua del Paraguay. 6°. La Condalia parvifolia, Condalia microphylia , gen. nov. 5-and. 1-gynia Cav., fasto spinoso tripedale : foglie picco- le alterne ovate quasi sessili: fiori ascellari peduncolati; corol- la nulla ; calice quinquefido infero ; stami cinque con antere gial- le ovate; germe ovato ; stilo lesiniforme; frutto, drupa ovata di poca polpa uniloculare; noce assai dura . 7°. L’Offinanseggia , Hoffmanseggia falcaria, gen. noo. dec. monog. Gav., gambo per lo più giacente ramoso; foglie al- terne stipulate bipennate ; fogliole ovate intiere glauche ; fiori racemosi terminali gialli spruzzati di rosso: calice persistente cinque-partito ; corolla quinque-petala ineguale ; stami dieci in- seriti nel calice: germe sessile lineare polispermo . Questo ge- nere s’ accosta alle Parkinsonie, e Poinciane . 8°. L’Enargea , Callixene, Juss. Enargea marginata, Wild. gen. noo. 6-andria 1-gyn., tronco bipedale ramoso : foglie al. terne sessili ellittiche acute intatte ; fiori terminali solitarj , pe- duucoli rossigni, senza calice; corolla divisa in sei parti o pe- tali eguali glandulosi alla base ; stami sei: ovario superiore a stimma trigono : frutto, bacca triloculare polisperma . Questo picciolo arbusto, che cresce anche nelle Terre magellaniche , ha un bell’ aspetto, onde si è meritato il nome di Callixene . 9°. La Filesia a foglie di bossolo , Philesia duxifolia, Wild. gen. nov. ejusd. Class., arboscello Chilese e magellanico più bello e più grande del precedente, coi rami alterni flessuosi eretti stipulati alla base, e le foglie parimente alterne picciuo- late lineari-ellittiche intatte, di un bel verde ; i suoi fiori sono terminali peduncolati campaniformi di color bianco rossigno , lunghi un pollice e mezzo, e composti di sei petali, i tre in- terni de’ quali sono il doppio più lunghi degli esterni : stami sei; germe libero ; stilo a stimma trilobo : frutto, bacca trigo- na polisperma . Questa pianta fu detta da Commerson Philesia, cioè amabile , per |’ eleganza della sua figura . 10°. La Soda di Coquimbo , Salsola Coquimbana , fusto ra- moso legnoso giacente; foglie piccolissime cilindriche carnose : fiori ascellari e terminali fascicolati sessili; calici succosi dia- fani. Su quelle coste si trova anche la soda erbacea, la quale non mi parve diversa dalla Sa/sola Kali di Europa . Vi cresco- 142 ){ no parimente alcune specie di Salicornie, che non ebbi 1° op- portunità di esaminare a piacimento . uo. d . I Cacti divisi in Gerei, e Fichi indiani formano un ge» nere di piante singolarissime originarie soltanto dell’ Asca : Ora diritti altissimi, ora serpeggianti , ora globosi, o articola- to-proliferi , provveduti di spine in vece di foglie, piantati su piccole radici quasi superficiali, pieni di succo, e amanti de’ siti più sterili, non si sa veramente in qual serie doverli col- locare . Il Chili, oltre il Cereo peruano, il Cacto Tuna, e il Melocacto , possiede il Quisco , o Cereo macrocarpo, e il Co- quimbano . Il primo solcato da sei o sette angoli, produce un frutto peloso, grosso quanto una melarancia , ripieno di una polpa dolce amata dai fanciulli. I suoi tronchi sono un poco re- sinosi, onde i Contadini se ne servono , qualora sono secchi , in vece di fiaccole nelle loro processioni. Esso si eleva ad una grande altezza , e d’ ordinario ama le costiere più aride . Il ce- reo coquimbano, più angoloso, produce le spine centrali per modo lunghe ed elastiche, che le donne del paese se ne pre- valgono in luogo di ferri da calzette . Io ho avuto il piacere di veder questo cacto coltivato sotto il nome da me imposto- gli in questo Giardino pubblico ‘divenuto ormai uno dei più copiosi dell’ Europa mediante le sollecite cure del valoroso Pre- fessor di Botanica Giosuè Scannagatta, il quale con somma in- telligenza ed industria non cessa di Ao ogni giorno di nuove produzioni. vegetabili. Le spine però non arrivano quì, come è ben da credere, ad acquistar la lunghezza, che han- no nel loro paese natio. La pianta priva d6UE influenze del suo clima e ristretta nei vasi, dove si tiene, non può svilup- ar tutta la sua energia naturale . . Il Huevil], Solanum Huevil, Leprosum, Cav., fusto le- gnoso Le giallisno, indi hiameastro, sparso di spinule ros- signe : foglie pezioiate alterne bislunghe sinuate tripollicari bian- che di sotto. Peduncoli terminali liloni: corolla grande rivol- ta in su di color turchino chiaro; antere gialle; bacca gialla, grossa quanto una ciriegia . Questo Solano si rende riguarde- vole per la simmetria de’ suoi rami disposti a foggia di ombrel- la, e per la varietà dei colori bianco, rosso, giallo , turchino, e Sarde s che piacevolmente tingono alcune delle sue parti. \ X 143 X( °. Il Solano lanuginoso, Solanum Eleagnifolium, Cuo., Caule fruticoso vellutato ramosissimo: foglie lanciolate ottuse la- nuginose , aculeate di sotto, alterne, tripollicari : fiori racemo- si turchini: bacche gialle. Questa pianta forma un cespuglio di due piedi di diametro, che pare tutto bianco a cagione “del colore inferiore delle sue foglie, e de’ suoi rami. 4°. II Melarancio di dura, Solanum macrocarpon , Wild., fusto legnoso alto sei piedi, ramoso verso la cima: foglie gran- di peziolate alterne cordiformi sinuate lanuginose : ‘peduncoli ascellari quiuqueflori: corolla grande divisa in cinque parti acu- te di color violetto di fuori, e bianco di dentro : bacca della grossezza e colore d’ una melarancia, di cui ha parimente il sapore come afferma Feuillée , il quale nomina la pianta, Sola- num amplissimo, anguloso , hirsutoque folio , fructu aureo ma- ximo : Questo bel Solano si crede originario del Quito, ma ora si è fatto comune nel Chili . 5°. Il Pepino, Solanum Scabrum, Lam. muricatum, Wild., gambo prima radicante , poi ascendente , fruticoso, muricato ; foglie peziolate lanciolate intiere lanuginose semipedali: pedun- coli multiflori : fiori bianchi .col (gullo violetto : bacca conica lunga da cinque a sei pollici rigata di rosso, contenente una polpa gialligna simile a quella del mellone , a cui si rassomi- glia i Lu gusto , secondo Feuillée., e si mangia dello stes- so modo . Si coltiva nelle Provincie Settentrionali del Chili. Questo paese produce molte altre specie di Solani fruticosi ed erbacei di struttura non comune , che tralasciamo per brevità. 6°. Il Palo-negro, Meladendron Chilense; arboscello alto sei in sette piedi di forma conica: fusto e rami rivestiti di corteccia nera: foglie lineari imbricate di color verde oscuro : fiori bian- chi terminali di grato odore: calice quinquepartito : corolla pa- rimente divisa in cinque parti eguali e ondeggiate. Io non so- no ben certo del resto della sua fruttificazione : per. gl’ indizj che rimangono nei miei manuscritti pare, che esso debba col- locarsi nella Pentandria monogynia. Cresce sulle rive. sabbiono- se del mare, e d’ ordinario getta dalla cima due rami florife- Di: che fanno una figura assai vaga. 7°. La Cedrina, Verbena citriodora, Cav., friphylla, Wild., Zappania Citriodora, Scop., Aloysia citrodora, Ort. Questo sia zioso arboscello da poco tempo in quà si è fatto comune in Europa : esso non era conosciuto nel Chili, di dove qui asì tut- ti lo fanno originario , innanzi alla mia partenza: perciò io cre- X 144 )( do, che il sno terreno nativo debba trovarsi in qualche valla- ta delle Cordilliere. Indotto da questa supposizione persuasi quì ad alcuni di piantarlo in terra, dove si è conservato bene mal- grado il rigore dell’ inverno : pérde allora il fusto, ma nella Primavera ripullula con maggior forza. Gavanilles racconta ne” suoi Annali d’ Istoria naturate, ch’ essendo calato a Madrid nel 1802 il mercurio del termometro R. a nove gradi sotto il gelo perirono nel R. Giardino i lentischi e i lauri, e che solo restarono vive le radici di questo arboscello, del Carobolo, e di alcune mimose, il che vieppiù prova la sua origine andina. Il nome triviale Citriodora mi pare più espressivo di quello di Trifilla o trifolia, perchè bene spesso si trovano, im.vece di tre, quattro foglie insieme intorno ai rami. Questa pianta non solo è stimabile pel grato odore delle sue foglie e de’ suoi fio- Ti, ma ancora pei var] usi a cui si comincia a destinare: i Cre- denzieri ne fanno siroppi, pastiglie, rosolj, ed altre bevande assai gradite. Il bravo Prof. di Bot. sunnominato n’ ha ottenu- ta in questo Giardino una varietà, le cui foglie tramandano odore di menta . 6°. Il Gulèn, Psoralea glandulosa Lin., tronco alto da set- te in otto piedi, ed anche arboreo qualche volta nel suo pae- se natio: toglie alterne peziolate ternate; fogliole lanciolate acuminate intiere viscose, di un bel verde: fiori papilionacei racemosi ascellari e terminali, di color rosso chiaro : frutto , lesume monospermo o di un sol seme. Il Ch. Wildenow gli dà un caule suffruticoso , il che deve verificarsi sotto il rigido cli- ma della Germania; anche quì in Bologna, dove è coltivato non solo nel pubblico Orto botanico, ma anche nei privati giar- dini degli egregj cultori di Flora sigg. Marcellino Sibaud , Clau- dio Ferrari, e Pietro Zanelli, perde i fusti nel verno, ma sul comparire della Primavera risorge dalle radici con gran vigore. Questo arboscello s° incontra da per tutto nel Chili; si dice, che cresca anche nel Perù, ma non so se sia della medesima specie . Esso vien riputato come una panacea universale dagli Araucani, e dai Contadini del Chili spagnuolo , i quali se ne servono in tutte le loro malattie, e non di rado con buon suc- cesso. Le sue foglie aromatiche prese in bevanda teiforme si sono sperimentate in questa Città eccellenti nelle indigestioni, nelle coliche, e nelle indisposizioni verminose e cutanee : io credo, che se si raccogliessero avanti la loro maturità , come si fa nella China con quelle del Tè, sarebbero più grate al pa- = (145 )( lato : ammaccate fresche o secche e poste su le ferite le rimar- . ginano in poco tempo, come attesta Frezier per propria espe- rienza. Se ne trova un’ altra specie detta Culèr giallo dal co- lore delle sue foglie, le quali sono ternate come quelle del precedente , ma talmente tenere crespe e conglobate , che rag- gruppandosi tutte insieme nella cima formano una sorta di glo- bo pesante, che fa ricurvare i rami. Io non vidi che due o tre piante di questa specie, o piuttosto varietà . 9°. Il piccol Cipresso , Fabiana cypressina FI. Per., fusto alto da quattro in cinque piedi; rami convergenti in cono: fo- glie piccolissime squamiformi concave imbricate : fiori solitar] all’estremità de’ rami, di color bianco violaceo ; calice piccolo cinquedentato infero persistente ; corolla imbutiforme col tubo lunghissimo e il lembo ripiegato: stami cinque filiformi inseri- ti nella base del tubo, ineguali; antere didime ; germe ovato; stilo filiforme a stima emarginato; casella biloculare bivalve , polisperma . Questo curioso arboscello per la figura e il colore verde scuro delle sue foglie ha tutto 1’ aspetto di un piccol cipresso, onde volgarmente vien chiamato con tal nome. Io lo trovai sempre nelle rive sabbiose de’ fiumi. Può darsi , che il Meladendron sopraccennato sia dello stesso genere , sebbene ab- bia le foglie e i fiori diversi. 10°. L’Alhue-lahuen, Phyfoxis sideritifolia, gen. nov. Di- dyn.gymn., tronco fruticoso quinquepedale; rami opposti: foglie sessili lanciolate ottuse dentellate scabre similmente opposte , poco distanti: fiori verticillati cilestri; calice quinquefido; lab- bro sùperiore corto smarginato; labbro inferiore tripartito; la- cinie esteriori pennate: semi quattro gimnospermi . Tutte le parti di questo arbusto sono impregnate d’ un acido talmerite ener- gico, che s’ accosta a quello dell’ aceto concentrato, ed indi è derivato il suo nome chilese, che significa pianta diabolica . 11°. Il Palqui, Cestrum Parqui L’Her., W. Cauli numero- si lunghi da sei piedi ramosi verso la cima fragili tubercolosi cinerei: foglie alterne peziolate angusto-lanciolate intatte glabre quadripolticari: panicole terminali bratteate multiflore ; fiori sussessili imbutiformi di color giallo chiaro: bacca ovale succo- sa di color violetto , polisperma. Le sue foglie tramandano lo stesso odor nauseoso di quelle del sambuco ; si riputano vele- nose per le bestie ; i Chilesi nulladimeno ne bevono il succo con esito felice nelle febbri ardenti. Oltre questa specie, ch’ è la più comune, se ne trovano nel paese altre due, cioè il Cestro i) )( 146 ){ diurno, e il notturno , le quali si differenziano tra loro per la forma delle foglie e pel colore de’ fiori; questi in tutte le tre a spirano i notte un odore assai grato . . Il Licio odoroso, Lycium Boerhaviefolium Wild., ar- Lsu spinoso fornito di foglie ovate, e di fiori tubulosi fra- grantissimi. S° incontra nella Provincia di Santiago verso le Gor- dilliere ; pare una varietà del Licio peruano, dal quale non si distingue , che pel colore de’ suoi fiori che sono bianchiye per la situazione delle ‘n che spuntano anche dai rami. 13°. Il Maju, Cassia stipulacea Wild., fusto di cinque. in sei piedi: foglie pennate accompagnate da grandi stipule ova- te ; fogliole ovato-lanciolate appuntate sussessili sesquipollicari compartite in otto coppie: fiori ascellari gialli pentapetali soste- nuti da peduncoli multiflori lunghi quattro in cinque pollici ; legumi (0) piuttosto lomenti mucronati contenenti sei semi ne- ri compressi. Il legno di quest’ arboscello è gialliguo, e assai re- sistente, onde viene adoprato in var) usi. 14°. Il Thilco, Thilcum tinctorium Gee: nov. Dec. monog. fusto diritto alto da sei in sette piedi: foglie sus MOST sparse lanciolate dentellate vellose; fiori peduncolati terminali pendo- li, di bel color violetto : di. supero quinquefido rosso; corolla pentape tala; filamenti dieci rossi sporgenti circa un pollice fuo- ri del calice; germe ovale: casella cilindrica piena di molti se- mi aderenti ad un ricettacolo lungo quanto il frutto. Questo elegante arboscello cresce d° ordinario sul IRITRIRO de’ ruscelli; 1 nazionali se ne servono nella tintura in nero. Io aveva sta- bilito il preaccennato genere 7hilcum AG pù propria in» spezione della pianta, e sull’autorità di Feuillée, che parimente la osservò viva, il quale nel Tom.3 del suo Giornale la descrive accuratamente , e le assegna un calice quinquefido, una corole la 5-pcetala, dieci stami lunghi issimi, e un frutto quale da me è stato descritto. Ora vedo, clie se n° è fatta una specie del ge- nere fuclsia sotto il nome di i. macrostema:; ma i ca- ratteri essenziali del genere Fucksia sono un calice quadrifido, una corolla 4-petala, ‘otto stami, e una bacca quarumiocuare , i quali sono ben diversi nel Thilco. In altri luoghi del paese io aveva veduto un altro arboscello simile per l’ abito , e pel colore de’ fiori al vero Thilco; ma credendolo una varietà, tra- scurai di esaminarlo dappresso , sperando di rivederlo in altra occasione. Può darsi , che questo appartenga al genere Fachsia, e che sia la specie descritta dagli altri Botanici, sotto il nome specifico Coccinca . (147 )( 15°. Il Guajacan o Guajaco, Guajacum officinale, si trova nel territorio della Capitale del Chili, dove non s° innalza in albero come nella Zona-Torrida, ma resta nello stato di arbo- scello ; il suo tronco tuttavia s’ ingrossa in modo che se ne fan- no bocce di due 0 tre pollici di diametro ,. le quali per la lo- ro durezza e peso sono eccellenti. Le foglie pennate bislungo- lanciolate di un verde allegro , e i fiori pentapetali d’ un bel turchino fanno riguardevoie questo Vegetale americano riputa- to nno de’ più sicuri ed efficaci antivenerei dopo il mercurio. 16°. Non si sa di certo, se le Rose di giardino sieno in- digene nel Paese, o introdottevi dall’ Europa; la loro origine rimane problematica , poichè ,, esse, come ben osserva Frezier, sì vengono naturalmente nelle Colline senza essere state pian- s ‘tate, e la specie più frequente che vi cresce, osa centi- so folia, vi è o meno spinosa che in Francia, o affatto senza sy Spine . ,, Voy..tom. r. pag. 155. Nella Capitale del Regno se ne fa una quantità considerabile di conserva, la quale si smercia nel Perù, dove è molto stimata. «0 17°. Il Crotone tricuspidato, Crotor lanceolatum, Wild., fusto quinquepedale : foglie alterne peziolate bislungo-lanciola- te trinervose ciliate : fiori ascellari spicati peduncolati di color pallido : petali o piuttosto foglie calicine interne tridentate . Il succo delle sue foglie rende un color turchino durevole. A que- sto genere riformato dal Ch. Jussieu si deve aggregare 1’ arbo- scello seguente, del quale io aveva fatto il genere Co/liguaja, perchè i snoi caratteri non si adattavano per la maggior parte a quelli, che il Linneo assegna al suo genere Crofor . 18°. Il Colliguay , Croton Colliguay, Caule ramoso di sci o sette piedi: foglie opposte sussessili lanciolate dentellate uni- nervose carnose liscie perenni: fiori spicati ascellari e terminali sussessili pallidi; calici quadrifidi; stami otto ; stili tre: casella triloculare elastica: semi tre della grossezza di un pisello. La radice di questo frutice bruciata tramanda un odore grato di Rosa. I tronchi teneri e le foglie contengono un latte vischio- so, che si crede velenoso . 19°. L’arboscello dell’ incenso, Thuraria Chilensis gen. noo. Dec. digyn. sy fusto ramoso quadripedale ; foglie alterne pe- ziolate ovali intatte rigide : fiori terminali peduncolati : calice tubulato a cinque punte appena visibili; corolla imbutiforme ondeggiata gialligna più grande del calice : stami dieci filifor- mi brevi; antere didime; ovario bilobo libero : stili due seta- } 1483 X( cel: casella biloculare, disperma. $’incontra nelle valli an- dine delle Provincie di Copiapò e di Coquimbo. Durante la state l’ incenso suda da per se abbondantemente dalle fessure della corteccia, formando de’ piccoli globetti o lagrime, che vanno adunandosi lungo i rami, onde poi viene raccolto, al- lorchè cominciano a cadere le foglie . Queste lagrime sono du- re, di color giallo biancastro , trasparenti, brillanti nella loro frattura, d’ un gusto amaro , e d’un odore aromatico simile in tutto a quello dell’incenso di Levante. Nelle colline adiacenti al Porto di Valparaiso si trova ancora una specie di Girasole di consistenza legnosa, dal quale scola similmente una sostanza resinosa , che serve in vece dell’ incenso comune . 20°. Il Chequen, Eugenia chequen , tronco alto quattro o cinque piedi, ramosissimo : foglie opposte sessili ovate intatte nervose pollicari : fiori terminali corimbosi, composti di un ca- lice quadripartito supero, di quattro petali ritondati bianchi , e di numerosi stami: frutto , bacca rotonda disperma nera . Quest’ arbusto ha 1° aspetto di un mirto, onde viene chiamato mirto bianco dai nazionali a cagione del color chiaro delle sue foglie. Si crede rimedio ottimo per gli occhi. 21°. Il Chili produce molte specie di mirti per lo più di grato odore, i quali parte restano nello stato di arboscelli, e arte si elevano all’ altezza di veri alberi. Fra i primi sono da notarsi il Mirto comune, il quale si distingue dall’ Europeo nel- la grandezza ch’è quasi doppia, e nei fiori che sono senza in- volucro ; e 1° Ugni, Myrtus Ugni, arbusto quadripedale coi ra- mi opposti, le foglie similmente opposte ed ovali, i fiori su- peri pentapetali peduncolati bianchi, e le bacche ora rotonde ’ ora ovali di color rosso, coronate di quattro o cinque punte . Queste bacche, un poco più grosse di una prugnola, sono di un grazioso odore aromatico, che si sente in distanza di più di cento passi. Il Pernetty, che ne mangiò nelle Isole Malouine , dove parimente cresce questo arboscello, ne loda sommamente la fragranza, il gusto dilicato, e l’uso che se ne fa nei liquo- ri sotto il nome di Lucef-musqué. I Chilesi fanno con queste coccole un vino piacevole stomacale, che eccita l’ appetito, e che dai forestieri è preferito a? migliori moscatelli. Questo li- quore sta molto a fermentare, ma posato che sia diventa chia- ro , brillante, e di una fragranza soavissima, come attesta Her- rera nella Dec. 9. lib. g. delle Ist. delle Indie. Tra i Mirti ar- borei si rendono osservabili il Mirto Pimenta già conosciuto (149 ){ dai Botanici, il Mirto massimo di quaranta in cinquanta piedi, . e il Mirto Luma . I due primi osservati da Milord Anson , si trovano nell’ Isola di Gio: Fernandes, e in qualche bosco del Continente Chilese . La Luma, Myrtus Luma, che cresce do- po il grado 35 sino ai confini australi del Chili, e forse più oltre, si eleva all’altezza di trenta a quaranta piedi. Le sue fo- glie sono bipollicari sussessili opposte e ritondate , i fiori soli- tarj bianchi: le sue bacche simili per la figura a quelle degli altri mirti, ne hanno un volume doppio o triplo . I Nazionali fanno anche colle bacche del medesimo un vino gustoso e sto- macale; ma quello che rende questo mirto prezioso è il suo le- gno , il quale è il più adattato che si conosca per la manifat- tura delle carrozze, e perciò se ne imbarca tutti gli anni una gran quantità per il Perù. S. X. I Naturalisti già da qualche tempo avevano osservato , che I’ Emisfero australe del nostro Globo era più doviziosamente for- nito di specie diverse d° alberi di quello che lo sia l’ Emisfero opposto . Infatti nelle poche Provincie , che io aveva scorso del Chili, ne aveva notate novantasette tra specie e varietà costanti, e credo che avrei accresciuto di molto questo numero, se mi fos- se stato possibile di visitarne una maggior parte. Fra tutte que- ste specie o sia per la benignità del Clima, o per l’ intrinseca loro indole, o per qualche altra cagione a me ignota , tredici so- lamente si spogliano delle foglie nel verno. Nelle Valli Andine situate al sud della Capitale crescono in abbondanza i Cipressi, e varie sorte di Pini, e di Cedri distinti in Cedri bianchi odo- rosi, in cedri rossi detti A/erzi, e in freuli . Tutti questi albe- ri nati al piede di quegli altissimi monti. ingrossati dal tem- o, e avidi di presentar le loro cime alla benefica influenza della luce solare, vi s° elevano ad un’ altezza sorprendente, ed acquistano una corpulenza sì enorme, che gli abitanti delle Iso- le dell’ Arcipelago di Chiloe sogliono cavare da uno solo di es- sì settecento in ottocento assi lunghe venti piedi. Preferiscono per questo effetto gli Alerzi o cedri rossi, i quali essendo più teneri, e di fibre più diritte, cedono facilmente ai cunei , di cui sì servono per ispaccarli. Ciò non ostante queste assi , del- le quali ogni anno si mandano molte migliaja al Perù, sono incorruttibili nell’ acqua a cagione di una specie di resina, di 150 )( . cui sono impregnate. Quando mi partii dal Paese osservai , do- po il primo mese di navigazione , che 1’ acqua portata in bot- ti fatte del legno di questo cedro rosso, benchè fosse divenuta del color medesimo del legno, non si era guastata, mentre che quella delle altre botti costrutte d’ altri legni, che trovavan- si nello stesso sito, si era corrotta per ben tre volte. Le par- ti estrattive del legno non avevano comunicato a quest’ acqua altro che il colore ; il suo gusto era eccellente , e pareva at- tinta recentemente dalla fontana . Essendo in vicinanza del Tro- pico pregai il Capitano della nave a voler lasciarne 1° ultima botte, che restava pel passaggio della Zona torrida, affine di provare , se la suddetta acqua reggeva, senza corrompersi, all’ec- cessivo calore , che vi si suol patire : ma la mia supplica non fu esaudita. Questa esperienza meriterebbe di essere continua- ta da qualche altro navigante, che partisse dal Chili, o dal Perù : il risultato potrebbe essere ntilissimo alla navigazione , nella quale si soffre molto a motivo delle alterazioni successi- ve dell’ acqua. Colle assi del Cedro bianco odoroso si fabbricano casse ec- cellenti da riporvi dentro la biancheria e i panni, ai quali co- municano un grato odore, e un preservativo sicuro contro le tarme . I Reu/ì si adoprano nelle travature degli edifizj, e in altri lavori, che richiedono eleganza e stabilità. To non potei osservare la fruttificazione di tutti questi Cedri Chilesi, onde non saprei dire se essi siano diversi, 0 del medesimo genere di quelli della Zona 'Torrida, Lo stesso devo asserire d’ un gran nu- mero di altri alberi del Paese da me veduti di passaggio, e in tempi non adattati a esaminarne la infloresconza. Riguardo poi a quelli, che potei osservare convenevolmente , io li dividerò , come ho fatto cogli arboscelli, in alberi di mediocre statura, e in alberi di alto fusto. I primi si riducono ai seguenti. 1°. L’Embotrio bipennato, Embothriun: ferrugineum, Cav. Tronco alto dodici piedi; foglie alterne hipennate sesquipedali: fogliole lanciolate dentate tomentose : fiori racemosi ; pendunco- li biflori: calice appena visibile : corolla divisa in quattro peta- li spatolati concavi anteriferi, di color gialligno di fuori, € ros- so di dentro; frutto, follicolo bislungo polispermo; semi alati. Cresce nelle Isole di Chiloe, e nelle contrade opposte . Nelle medesime si trova anche 1 Embotrio coccineo, assai. più bello del precedente, fornito di foglie bislungo-ovate mucronate, e di fiori parimente racemosi terminali di color rosso vivo. (15: )( 2°. Il Palquin Budleja globosa Wild., fusto grosso quanto un braccio, alto nove in dieci piedi, ramoso : foglie opposte amplessicauli lanciolato-acuminate crenulate lanate di sotto se- mipedali : fiori opposti gialli peduncolati raccolti in globi di un pollice incirca di diametro ; calice quadrifido ; corolla quadrifi- da infera; casella solcata biloculare polisperma . Nasce nei luo- ghi umidi: è stimato vulnerario . 3°. Il Gevuin o Gevun, Geowina avellana, Quadria FI. Per. gen. nov. 4-andria monog. tronco alto diciotto in venti piedi , assai ramoso ; foglie pennate, non Dbipennate, come è scritto da un botanico, alterne, composte di quattro o cinque coppie di fogliole cordato-ovali inegualmente dentate opposte peziolate, terminate da una impari : fiori racemosi geminati ascellari bian- chi senza calice: corolla divisa in quattro petali spatolati, uno diritto, e tre ricurvati; stami quattro corti aderenti ai petali; germe supero globoso peloso : stilo filiforme curvo : frutto, dru- pa ovale monosperma . Molti de’ suoi fiori rimangono sterili : le antere bene spesso sono sostenute da filamenti ineguali per paja prolungati su i petali; questa struttura non rara mi aveva in- dotto a farne un genere, e collocarlo nella Didinamia angiosper- mia. Siffatta trasposizione non è più necessaria, dappoichè i generi della Didinamia sono stati restituiti con saggio avvedi- mento da celebri Botanici alla Tetrandria, alla quale natural- mente appartengono . Così. vengono a schivarsi i dubbj, che fre- quentemente occorrono sulla parità o disparità degli stami. Nel mio primo saggio impresso a Bologna nel 1782, non 88, come dicono gli Autori della Flora del Perù e del Chili, io aveva no- minato questo genere Geozina dalla voce Geozin, 0 Gevun, con cui dagl’ indigeni Chilesi viene indicato quest’ albero. Il nome Neou s che gli danno Feuillée e i Botanici di Madrid, è un vo- cabolo corrotto dai Contadini del Territorio spagnuolo. Poste- riormente questo medesimo genere è stato denominato Quadria, il qual nome non so se sia da preferirsi alla denominazione ori- ginaria non aspra, che da tempo immemorabile porta quest’ al- bero nel suo paese natio . Il suo legno è duro e pieghevole , on- de viene adoperato a farne i cerchj delle botti. Gli spagnuoli chiamano avellana il suo frutto. Infatti esso si rassomiglia nel gusto, e nella grandezza alla nocciuola d’ Europa, se non che n° è più rotondo, e il suo guscio prima verde, indi giallo, e pol nero non è legnoso, ma coriaceo, e di natura astringente. La sua mandorla si mangia come la nocelia, se ne cava dell'olio, YX 152 X e se ne fanno delle confetture eccellenti. I 4°. L’ Itiu, Lonicera corymbosa Lin., W. Fusto ramoso di dodici o quattordici piedi; foglie opposte sussessili, ovato-acu- te carnose, di un bel verde : fiori corimbosi terminali di color di sangue; calice supero quadrifido ; corolla tubulata , partita in quattro lacinie spatolate : filamenti quattro gialli; stilo più lungo degli stami parimente giallo : frutto, drupa monosperma , simale nel colore e nella grossezza ad un n nucleo durissi- mo. Quest’ albero ha in qualche maniera 1’ aspetto del Capri- foglio, ma la sua fruttificazione è ben diversa da quella delle Tonicere, fra le quali è stato messo dal Linneo, e dagli altri botanici, ed ove frattanto che sia ben osservato, io lo lascio . I aziondli fanno un grand’ uso del suo legno nella tintura in nero. Il Feuillée lo denomina Periclymenum foliis acutis , flo- ribus profunde dissectis, vulgo Itiu,tom. 1. p. 760. fig. 45. La sua descrizione si conforma assai colla mia . 5°. Il Floripondio, Datura arborea Lin., tronco elevato pres- so a poco come quello del precedente, ramoso verso la cima: foglie ammucchiate peziolate ovato-lanciolate intatte lanuginose ottopollicari : : fiori ascellari peduncolati, pendoli, lunghi da set- te in otto pollici, larghi sei nel lembo, di color bianco sfumato al di fuori di Geni e striato internamente di giallo : calice tuboloso angoloso bilobo ; corolla tubulata a cinque punte ripie- gate : stami e pistillo analoghi a quelli delle altre Dature: frut- to, casella ovata liscia triloculare polisperma, di due pollici di diametro . Il Cavanilles, che gli assegnà una capsula spinosa, parla senz’altro di qualche specie peruana . Il frutto del Flori- pondio Chilese è affatto privo di spine. Se ne distinguono due varietà a motivo dell’odore più o meno soave, che spirano spe- cialmente di notte, cioè il comune, e quello detto Ambra. Il Feuillée parlando di quest’ albero nel Tomo sopraccennato pag. 762. dice,, Noi non abbiamo in Europa alcun albero eguale in so bellezza al Floripondio. Quando i suoi fiori sono aperti sol loro odore sorpassa tutti quelli dei nostri fiori, e uno di que- ss Sti alberi basta in un Giardino per imbalsamarlo interamen- », te. Io ho veduto molti di questi alberi nel Regno del Chi- ss li, I paesani si servono delle foglie del Floripondio per pro- muovere la suppurazione de? limoni. e mitigarne il dolore. 6°. Il Maytèn ) Celastrus Maytenus Wi dal, tronco alto da venti a trenta piedi: rami pendoli formanti una bella testa : foglie per lo più opposte sussessili ovato-lanciolate dentellate , 3?) Y( 153 )( di un verde brillante: fiori piccolissimi sessili ammucchiati in- torno ai rami novelli, di color rossigno. Io aveva formato di quest’ albero il genere Mayfenus nella Diandria monoginia, per- chè in tutti i suoi fiori, che come ho detto , sono di una pic- colezza estrema, non aveva potuto distinguere altro che due stami visibili. I Botanici di Madrid, coll’ajuto forse di miglio- ri lenti, ve ne hanno scoperto altri tre, e 1’ hanno messo sot- to il genere Celastrus della Pentandria monoginia. Checchene- sia., il Mayten, che si mantiene sempre verde, ha 1° aspetto del Giuggiolo; il suo legno è duro; di colore aranciato brinato di rosso e di verde. Gli animali bovini sono così avidi delle sue foglie, che abbandonano qualunque altro pascolo, allorchè loro si presentano, e ne avrebbero già distrutta affatto la specie, se le siepi, oi dirupi non mettessero in sicuro i piccoli arboscel- li dalla loro voracità . 7°. La Tara, Tara tinctoria gen. nov. 5-andria 1-gyn.; tron- co ramoso spinoso di tredici o quattordici piedi di altezza : fo- glie opposte bipennate senza impari : fogliole parimente oppo- ste sessili ovali nervose intatte spinose alla base : fiori racemo- si ascellari penduncolati giallognoli ; calice diviso in cinque par- ti, linferiore delle quali più grande delle altre è concava e dentellata; corolla pentapetala infera ; stami biancastri ; an- tere rosse : frutto, legume quadripollicare polposo , contenente otto o nove semi compressi. Genere-analogo all’ Humboldtia di Willdenow, o Batschia dell’ illustre Vahl, la cui memoria mi sarà sempre cara pei sommi contrassegni di stima, che ricevei dal medesimo. I Tintori Chilesi si servono de’ gusci di quest? al- bero nella tintura in nero : se ne fa anche del buono inchio- stro da scrivere aggiungendovi un poco d’allume , come per pro- pria sperienza assicura Feuillée, il quale lo trovò nel Perù; nel Chili s° incontra nelle colline del circondario di Valparaiso . 8°. La Puya, Puja suberosa; gen. noo. 6-andr. 1-gyn. Questa curiosa pianta, che rassembra assai nelle foglie alla Bro- melia ananas, getta dalla radice tre o quattro mostruosi zoc- chi della grossezza di un uomo, i quali non hanno di lunghez- za che due piedi incirca, e vanno rivestiti di larghe scaglie spugnose incastrate, o embriciate le une nelle altre . In mezzo a questi zocchi spuntano le foglie lunghe da quattro piedi or- late di spine uncinate, tra le quali s° eleva un fusto rotondo di dieci in undici piedi di altezza , e di tre pollici di diame- tro, ricoperto di una corteccia legnosa, ma interiormente ri- 20 (154 ){ pieno di una sostanza biancastra di consistenza un poco più so- da di quella del sughero usuale : questo fusto è munito tratto tratto di piccole fogliuzze sessili, o piuttosto squame alterne . La sua cima si divide in varj ramoscelli, i quali coprendosi di foglie assai più piccole delle radicali, e di fiori gialli lunghi quattro pollici, vengono a unirsi in forma di una gran pirami- de . Questi fiori sono composti alternatamente di tre petali gran- di ricurvati, e di tre piccoli coperti da una lanugine bianca- stra, di sei stami accompagnati alla base di squame nettarife- re, e sormontati da antere bislunghe incombenti, e di un ova- rio libero triangolare prolungato a foggia di stilo con due o tre stimmi . Il frutto è una casella trigona triloculare trivalve po- lisperma . I fiori quando sono appassiti, si rivolgono spiralmen- te. Se i tre petali esteriori si vogliano prendere per un cali- ce , allora questo sarebbe un genere intermedio tra la if cairnia, e la Pourretia degli Autori della Flora del Perù e del Chili, o piuttosto si potrebbe stimare una specie del primo ge- nere. Anzi io avrei creduto , ch’ essi avessero avuto in mira nello stabilire i caratteri della loro Pourrezia la Puya , se non nominassero erbe le quattro specie da loro osservate, nella qual categoria questa non può entrare, essendo, come abbiam ve- duto , fornita di un tronco legnoso perenne di dieci piedi al- meno di altezza. Pare che Feuillée, sempre attento nelle sue osservazioni, abbia esaminato questa pianta in una stagione avanzata. Egli suppone, che i zocchi mostruosi sieno i residui de’ fusti guerniti dei vestigj delle antiche foglie, il che non è ben esatto : questi zocchi sono produzioni sterili soprannume- rarie ; la tessitura delle loro scaglie è fungosa , e assai diversa da quella delle foglie; queste come pure i fusti nascono im- mediatamente dalla radice . Gli abitanti adoprano giornalmente la sostanza interna del tronco della Puya negli stessi usi, a cui si destina in Europa la scorza del sughero . Gli Araucani si ser- vono delle spine in vece di ami. I fanciulli ricercano con avi- dità il mele copioso , che s’ incontra nei nettarj. Le Provincie araucane producono altre tre o quattro specie di questo gene- re, le quali, per quanto dicono, rendono in maggior copia del mele di cui si servono quei nazionali . o°. Il Huignal, Amyris polygama Gav.,W., tronco tortuo- so ramoso coi rami inferiori peudoli, di dodici piedi di altezza: foglie sparse sussessili ovato-lanciotate intatte brillanti: fiori ra- cemosi ascellari di color bianco gialligno : calice emisferico ; co- }( 155 )( rolla quadripetala: stami otto ineguali; germe globoso; stilo corto a stimma tetragono: drupa, o piuttosto bacca drupacea grossa quanto un grano di pepe. Quest’ albero è bene spesso poligamo mostrandosi ora fornito di fiori maschili , ora di fe- minei soprannumerar] : se ne trovano anche molti con cinque petali, e dieci stami. I nazionali cavano dalle sue bacche un vino di gran forza e di buon gusto. Non si deve confondere coll’ Hrigan, albero parimente del Chili, ma specie o varietà dello Schinus Molle, dalle cui bacche si estrae anche un liquor vinoso piacevole. Questi due alberi presentano presso a poco il medesimo aspetto, onde facilmente si prende l’uno per l’altro . ro°. Il Lithi, Laurus caustica, tronco alto venticinque in trenta piedi nodoso ramoso nella cima: foglie alterne approssi- mate perenni sussessili ovali rugose intatte sesquipollicari, di color verde tetro: fiori ascellari ammucchiati sessili pallidi ; co- rolla quadripartita; stami 4, 5, 6; stilo cortissimo : drupa sec- ca, disperma. Gli effluvi, che esalano da quest’ albero , mas- sime di state, cagionano delle gonfiezze, e delle pustole acri nelle parti scoperte del corpo di coloro, che si fermano sotto la sua ombra. Questo effetto, che in se non è mortifero , si rende molto variabile secondo le diverse complessioni, giacchè alcuni ne risentono poco danno , altri nulla, e altri vi sono co- sì disposti, che col solo passarvi sotto, come si pretende, ne rimangono colpiti. Il Mayten sopradescritto è riputato il suo antidoto. Benchè il suo legno sia pregno di un sugo verdogno- lo viscido egualmente caustico , ciò non ostante gli abitanti usando certe precauzioni, lo tagliano per servirsene nella co- struzione degli edifizj, e dei mobili domestici, perchè seccato che sia depone il malefico sugo, e acquista un bel colore ros- so venato di macchie gialle e brune. ,, Il Lithi, dice Feuillée, », è un albero propissimo per la costruzione delle navi ; si ta- » glia con molta facilità, quando è verde, e diviene a misura s, che si secca, di una durezza che lo rende simile all’ acciajo; ss st bagna allora nell’ acqua, e ne diventa anche più duro. I > bastimenti, che ne verrebbero costrutti, sarebbero incorrut- so tibili. I naturali del paese si servono del suo legno per am- sì mobigliar le loro Case: esso è bianco quando si taglia; ma 3) Seccandosi diventa di un bel rosso. ., Io avrei messo volentieri quest’ albero sotto il genere A4zs, al quale pare rapportarsi er le sue proprietà, ma la mancanza del calice, e la sempli- cità dello stilo mi hanno distornato dal farlo . X( 156 )( 11°. Il Clon, presso gli Spagnuoli Maqui, Aristotelia Ma- equi, L’Her. Willd. ger. nov. 12-andria 1-gyn., albero alto die. ci 0 dodici piedi: tronco ramoso tubercoloso fragile; foglie op- poste peziolate sempre verdi ovate nitide segliettate venose su- gose tripollicari: fiori terminali ed ascellari racemosi pedunco- lati bianchi; peduncoli 3-4-flori ; calice quinquepartito velloso ; corolla pentapetala; stami quindici; germe supero trigono; sti- lo trifido ; stimmi tre : bacca globosa triloculare , per lo più disperma , della grossezza di un pisello , di color porporino ca- rico ed assai dolce : gli abitanti le mangiano con piacere, e ne ricavano un liquore gustoso. Se ne trova una varietà, che pro- duce le bacche bianche. HI sugo delle foglie d’° ambidue è un buon rimedio contro la schinanzia procedente da riscaldamento. 12°. Il Melarancio salvatico , Citrus Chilensis, fusto dirit- to di circa venti piedi di altezza; rami ascendenti muniti di poche spine assai corte : foglie sparse sussessili ovato-lanciolate nude brillanti: fiori piccoli bianchi di poco odore: frutti gros- si quanto una nocella . Questo albero s’ incontra in alcuni bo- schi del Chili; io lo trovai sul margine di un ruscello poche miglia discosto da Valparaiso : il suo legno è giallognolo , e as- sai stimato per la sua consistenza . Gli Spagnuoli lo chiamano Narangillo; i Chilesi indigeni gli danno un altro nome, di cui al presente non mi ricordo . 13°. Il Deu, Coriaria ruscifolia Willd., albero dioico di 24 piedi di altezza : fusto ramoso grosso quanto un uomo; foglie cordato-ovate acute nervose sesquipollicari sessili opposte su i ramoscelli, ternate su i rami: fiori ascellari racemosi piccoli verdognoli: calici quinquepartiti glandulosi ; corolla nulla ; stami dieci; stili cinque, e qualche volia meno , nei fiori feminei . caselle quattro o cinque monosperme. I Chilesi si servono an- che della corteccia di quest’ albero nella tintura in vero. 14°. Il Fico di piccol frutto, Carica microcarpa, Willd., tronco inerme ramoso di otto o nove piedi di altezza: foglie trilobate col lobo intermedio tripartito; fiori corimbosi bianca- stri; calice maschile, e corolla picciolissimi , divisi -in cinque parti; calice femineo maggiore quinquedentato ; corolla penta- etala; ovario fornito di cinque stimmi: frutto angoloso nereg- giante della grossezza di una ciriegia con molti semi. 15°. In un bosco poco lontano dalle foci del fiume Mazle io trovai un albero di altezza presso a poco eguale a quella del precedente , rivestito nella cima di foglie pendenti simili nella X 157 X{ forma e nel colore alle foglie della Musa, ma di dimensioni più piccole . La stagione dei fiori era passata, onde non potei di- stinguere a qual classe si appartenesse. Fra le foglie inferiori soltanto pendevano quattro o cinque grappoli lunghi più di una spanna, gli acini de’ quali pel colore e per la mole imitavano quelli dell’uva comune nera. Un paesano, che mi accompagna- va, mi disse, che quest’ albero di cui non sapeva bene il no- me, e specialmente il suo frutto erano riputati velenosi; nul- ladimeno ne assaggiai un acino, e lo trovai in sommo grado astringente. Io lo denominai Ampelomusa per la somiglianza, che il medesimo ha coi due vegetabili conosciuti la musa, e la vite. SEXI, I monti e i terreni boscosi del Chili producono una gran quantità di superbi alberi di alto fusto; io ne vidi molti nelle mie escursioni per il Paese, ma di pochi ebbi 1° opportunità di esaminarne a dovere la fruttificazione . Vi abbondano special- mente le specie appartenenti o analoghe alla numerosa fami- glia dei Lauri, le queli tutte, come ben riflette Frezier , so- no per lo più aromatiche , e si mantengono sempre verdi in tutte le stagioni dell’anno. Tali sono il Peuzzo , il Bo/do, il Queule, il Lile, il Temo , il Ligne, il Boighe, il Bollèn, la Pethra, la Patagua, la Huillipatagua , il Theihue, il Pellin , il Quillay , le Lucume , ec. con tutte le loro numerose varie- tà. Io non descriverò quì sotto se non quelli fra questi albe- ri, i cui caratteri mi sono ben noti . 1°. Il Peumo, Laurus Peumus, FI. Per., tronco alto da cin- quanta a sessanta piedi diritto rivestito di corteccia assai gros- sa : foglie alterne peziolate ovato-lanciolate carnose perenni lu- cide odorose ; fiori sparsi solitarj sussessili bianchi : calice picco- lo caduco e talvolta nullo; corolla, o calice se si vuole , divisa in sei parti; stami sei, qualche volta più ; stilo semplice : drupa monosperma . Si osservano molte varietà, o piuttosto specie di quest’ albero : alcune di esse hanno le foglie quasi rotonde , al- tre ovate, ed altre lanciolate. Variano anche nelle parti della fruttificazione, trovandosene con calice o senza, con sei, otto, o anche più stami. I frutti ancora differiscono nella figura, e ; nel colore; imperciocchè ve ne sono dei rossi e dei bianchi , ora bislunghi, ora ovali, ora mammosi ne’ diversi alberi. Tut- X 158 )( te queste anomalie sono state sufficienti in Europa per istabi- lire nuovi generi : obbligato dalle medesime io aveva formato il genere Peumus, il quale forse non sarebbe da rigettare , se si volesse stare puntualmente al sistema sessuale , nel quale il genere Laurus è vago e mal determinato, poichè non ve n° è alcuna specie, che non differisca dalle altre sue pretese conge- neri nel carattere primario del sistema, ch’ è il numero degli stami; onde dal Ch. Jussieu si vorrebbe diviso. Ciò non ostan- te io lio voluto seguire il parere degli Autori della Flora Chi- lese, i quali hanno messo quest’ albero fra i lauri. I frutti del Peumo sono grossi quanto una giuggiola,, e contengono una so- stanza butirracea di grato sapore intorno al nocciolo . I nazio- nali se ne cibano con piacere dopo averli cotti in acqua tepi- da. La sua scorza si adopera nella concia delle pelli, e le sue ceneri nelle saponerie . Il suo legno riesce bene in ogni sorta di costruzioni . 2°. Il Boldo, Bo/dus Chilensis ,- 6-andria , 1-gyn.;albero sempre verde odoroso, di ventisei piedi incirca di altezza : fo- glie opposte lanciolate susesssili ruvide vellose intatte quadri- pollicari : fiori terminali racemosi bianchi; calice a sei lobi al- lungati; corolla di sei petali più corti del calice; stami sei; antere laterali; germe conico: stimma sessile : drupa ovoide monosperma . Tale è il Boldo , che Feuillée ed io osservammo nel Chili. Gli Autori della Flora Peruana e Chilese descrivo- no un altro Boldo, del quale hanno fatto il genere Ruizia nel la Dioecia Icosandria. Essi gli assegnano un calice quinquefido, una corolla pentapetala in ambidue i sessi, da 46 stami, da due a nove germi, con altrettante drupe. Può darsi, che quì sia intravenuta la trasposizione de’ nomi, di cui abbiamo dato un cenno altrove, o che fra i numerosi individui chiamati Bo/di per la loro somiglianza nelle foglie e nei frutti, ve ne siano al- cuni dioici, come succede in molti generi ermafroditi, In fatti io ne osservai alcuni, che mi sembrarono differire alquanto nell? abito, ma essendo passato il tempo della loro florescenza, non mi fermai a esaminarli. I medesimi Botanici aggiungono, che le corolle del loro Boldo hanno qualche volta sei o sette peta- li, e bene spesso da tre a cinque germi. Io aveva messo da prima quest’ albero sotto il mio genere Peumzs, ma essendo stato aggregato ai Lauri l'albero, che porta questo none, vi ho sostituito il genere Bo/dus, per collocarvi il Boldo da Feuil- lée e da me osservato, il quale a cagione del suo calice e }( 159 )( delle sue foglie opposte non può aver luogo fra i Lauri. Que- sto genere sarà rigettato , o ammesso a misura delle osservazio- ni, che in avvenire si ripeteranno sul luogo . La sostanza bu- tirracea, che investe il nocciolo del Boldo, essendo dolce, è ama- ta dai nazionali: del nocciolo stesso , che è molto duro, si fan- no belle corone . 3°. Il Queule o Keule, Keu/ia Chilensis; Gomortega FI. Per. 1o-andria, 1-gyn. Albero sempre verde, più grande e più bel- lo dei due precedenti: tronco diritto, corredato verso la cima di rami ascendenti: foglie alterne peziolate ovali seghettate fra- granti quinquepollicari: fiori ascellari sparsi biancastri: corolla eptapetala : stami dieci, o più; antere bislunghe laterali; ger- me piccolo ovato libero; stilo lesiniforme solcato; stimmi tre : drupa ovale carnosa di bel color giallo, della grossezza di una noce. La corolla di natura coriacea si potrebbe prendere, come io l’ aveva presa, per un calice doppio composto di quattro pez- zi esterni uniti alla base, e di tre interni sciolti. Gli stami va- riano da dieci fino a- venti, come pure gli stili, dei quali si tro- vano qualche volta due o tre in alcuni fiori: il nocciolo è co- munemente uniloculare, di rado biloculare o triloculare . Io ave- va nominato prima questo genere Lucuma dal nome d’ uno de- gli alberi, che vi sono compresi, il quale volgarmente viene appellato così per una certa somiglianza, che esso ha colla Lu- cuma coltivata, o sia del Perù; ma per evitar l’ equivoco lo cam- biai in quello di Kex/ia preso dal nome dell’ albero sopra de- scritto. Le specie o alberi da me riferiti a questo genere sono oltre il Quexle proprio, la Lucuma suddetta, la Bellotta, e il Chagnar, i quali benchè meritino una particolar descrizione , tuttavia io li tralascio per non allungar di troppo questa terza parte del mio saggio . Il Queule supera nella bellezza tutti i ve- getabili finora menzionati : il contrasto del color giallo de’ suoi numerosi frutti col verde brillante delle foglie fa un bellissimo effetto. Il suo legno è consistente, onde viene adoperato negli Edifiz]. 4°. Il Temo, Temus moschata gen. nov. Polyand. 2-gyn. Albero aromatico sempre verde di. settanta in ottanta piedi di altezza : foglie alterne peziolate ovali intatte lucenti bipollicari, spiranti I’ odor della noce moscada : fiori peduncolati terminali odorosi , di colore ora bianco rossigno, ora giallo secondo le va- rietà : calice trifido; corolla composta di dodici fino a 18 peta- li lineari assai lunghi : più di venti stami setacei corti: antere )( 160 )( globose: germe doppio ovato: stili per lo più due a stimmi sem- plici : bacca infera dicocca : semi arillati. Il frutto di quest’ al- bero si rassomiglia molto a quello del Caffè, e forse potrebbe adoperarsi in sua vece. La scorza del suo tronco è gialligna, e il legno di color grigio, ma di una gran durezza, e perciò adat- tato a qualunque sorta di lavoro. Se ne trovano tre o quattro varietà, o piuttosto specie . i 5°. Il Boyghe, canelo presso gli Spagnuoli, intera aro- matica Willd.; Drymis Lam.; Polyand. 4-gyn. Albero sempre verde di quaranta piedi incirca di altezza : tronco diritto rive- stito di due scorze, l’ esterna brunastra, l’interna odorosa di color bianco sporco: rami opposti quattro a quattro formanti una bella testa : foglie alterne sussessiti lanciolate venose carno- se intatte quadripollicari, d’ un verde allegro : fiori terminali e ascellari aggregati bianchi: calice trilobo; corolla divisa in cin- que o più petali, polistema, tetragina: bacche tre o quattro ovoidi di color turchiniccio.,, Si potrebbe adoperar, dice Feuil- so lée, la scorza del Boyghe nei medesimi usi, che noi ado- so periamo la cannella; il suo gusto non è differente, ed ella so ha quasi il medesimo colore quando è secca ,, tom. 3. pag. 11. Questa è la vera corteccia Winterana delle Spezierie assai di- versa dalla Cannella bianca, colla quale è stata spesso confusa. Si chiama Winterana dal nome di Winter, il quale la scoprì nello stretto Magellanico. Nel Chili si trova in quasi tutti i bo- schi. I Nazionali non se ne curano, e soltanto adoprano il suo legno nella costruzione delle loro Case. Se questo prezioso al- bero fosse coltivato, il gusto della sua scorza. sarebbe più gra- to, e si spoglierebbe di un poco di fortezza, che deriva dal dif- fetto di coltura. Gli Araucani tengono il Boyghe per un al- bero sacro ; quindi è che ne portano sempre un ramo in mano in tutte le loro cerimonie religiose, e così pure quando fanno la pace lo presentano in segno di amicizia, come nel vecchio Continente si praticava coll’ olivo . 6°. Il Pellin, Rodle presso gli Spagnuoli, Pellinia Chilen= sisy Eucryphia cordifolia, Gav. Polyand. polygyn. Graud’ albe- ro sempre verde di cento e più piedi di altezza; tronco assai grosso diritto ramoso verso la cima : foglie opposte cordato-lan- ciolate crenate sussessili coriacee, ferruginose di sotto : fiori a- scellari grandi rossi solitarj peduncolati: calice composto di cin- que fogliole piccole ovali e persistenti; corolla divisa in ciuque petali coperti avanti lo svituppo di un cappuccio caduco: sta- X 161 )( mi in gran numero inseriti nel ricettacolo: ovario superiore ova- le striato sormontato da circa dodici stili a stimma semplice : frutto, casella comune ovale legnosa solcata, aperta quando si matura, dalla base alla cima in cinque divisioni, contenente altrettante capsule parziali uniloculari, quanti sono gli stili, se- mi numerosi \ovali acuti terminati da un’ ala e attaccati alla su- tura. Il legno di questo prezioso albero è rosso fortissimo e quasi incorruttibile. Si chiama comunemente Quercia del Chi- li a motivo della sua consistenza. Sopra i suoi rami si trova una escrescenza tenera chiamata dilzen, di color bianco, forata da molti buchi di un rosso vivo contenenti un liquor melloso ama- to dai Contadini. Io non ebbi tempo da fare le ricerche neces- sarie per accertarmi della sua natura. Così non saprei dire, se la medesima provenga dalla puntura di qualche insetto, o ap- partenga alla famiglia de’ fonghi. 7°. La Patagua, Crinodendron Patagua; gen. nov.; Mona- delp. decandria. Albero sempre verde di cinquanta in sessanta piedi di altezza; foglie opposte peziolate lanciolate seghettate: fiori peduncolati sparsi bianchi*senza calice; corolla campani- forme divisa in sei petali col lembo dilatato ; filamenti dieci uni- ti in tubo alla base, antere ovate; germe angoloso ovato; sti- lo subulato; stimma trifido : Casella trigona triloculare trisper- ma, Il legno di quest’ albero s’ ingrossa qualche volta di ma- niera che quattro uomini appena possono abbracciarlo : esso è bianco e facile da lavorare come quello del pioppo; se ne fan- no delle assi, ‘che si conservano bene nei luoghi liberi dalle piogge. I suoi fiori pendenti simili in qualche modo, benchè più piccoli nella forma nel colore e nell’ odore a quelli del gi- glio, onde è derivato il nome di Crizodendron , gli danno un grazioso aspetto . Gli Spagnuoli stabiliti nel Chili confondono sotto il nome di Pazagua due alberi distinti nella fruttificazio- ne, ma assai somiglianti nell’ abito esterno, quali sono la Pa- tagua ; o Patahua propria, della quale abbiamo parlato , e il Rithu . (1) Gli Autori della Flora Peruano-Chilese hanno fatto di quest’ ultimo il loro genere Tricuspidaria nella Dodecandria monoginia , al quale assegnano un calice cinquedentato , cinque o sei petali tricuspidati o di tre punte, un nettario angolare , da quindici a venti stami, un germe trigono, e una capsula STASI CRERTAZA VIOLE [-—@c’oa©c@@-@ 5 -< la quale è sempre dolce , di figura conica, leggermente ombilicata, di color aranciato tanto di fuori che di dentro, e di grandezza inferiore a quella delle altre. L’ albero non dif- ferisce specificamente dal cotogno volgare. Le Persiche, di cui se ne annoverano molte sorte, soglio- no venire tanto grosse segnatamente nella Capitale del Regno; che se ne veggono parecchie di sedici oncie di peso. Tra le duracine s’ apprezzano assai per la grandezza e pel sapore quel- le, che chiamansi a/bercighe, le quali hanno la. polpa di un bianco rossigno, e il nocciolo interamente rosso; il loro albe- ro è bifero, come il fico, poichè dopo aver i nel mese di Gennajo le persiche grosse, produce sul fine d'Aprile altre pic- cole simili per la PS alle mandorle dette perciò Almendruche, le quali sono di un gusto dilicato. I meli, 1 ciriegi, i prugni, e i peri sogliono produrre ancora due volte l’ anno, ma i secondi frutti arrivano di rado a maturarsi perfettamente. ,, Gli alberi sy fruttiferi portati dall’ Europa , dice Frezier, riescono in que- », te contrade perfettamente bene ; il clima è sì fertile, quan- 3, do la terra è bagnata, che i frutti vi vengono tutto 1° anno. sg Jo ho sovente veduto nel medesimo ‘melo ciò che -si vede sì quì negli agrumi, voglio dire, frutti di tutte I’ età , in fio- so re , legati, delle mele formate acerbe e mature tutto insie- s, me. tom. 1. pag. 207. ,, I Paesani vi fanno un commercio di qualche importanza colle frutte secche, e specialmente col. le ciriegie e le persiche ; queste ultime le seccano al sole di due maniere o tutte intiere col nocciolo dopo averle sbucciate, o tagliate circolarmente in fette sottiti, colle quali formano poi dei rotoli a guisa di quelli, che si fanno colle foglie del tabacco . I Limoui, le lime , i cedri, le pampelmuse , i melaranci , che vi si trovano di varie specie brusche e-dolci, si conservano dappertutto piantati in terra al discoperto , e vegetano e frut- Xi71 )( tano grandemente come tutti gli altri alberi del paese. Colti- vansi inoltre certi limoncini rotondi della grossezza di una no- ce soprammodo acidi nominati Zizoni sottili., i quali per quan- to mi sembra, differiscono poco dai piccoli limoni della China. Il loro albero fa le foglie piccole più simili a quelle de’ mela- ranci ‘che a quelle dei limoni, e s’ innalza più degli altri agru- mi. Questi limoncini tutti interi conditi in zucchero sono sti- mati, e il lor sugo è un rinfrescante maraviglioso contro le febbri ardenti. Gli Olivi riescono eccellentemente nel Ghili , ma soprattutto nel Coquimbo , e nelle adiacenze della Capita- le, dove se ne trovano molti, che hanno tre piedi di diame- tro, e un’altezza proporzionata : quindi alcuni congetturano , ma senza fondamento, ch’essi siano originarj del paese. L’epo- ca dell’ introduzione dei Castagni non passa i cinquanta anni; ciò non ostante essi si sono moltiplicati fuor di modo in quel- le montagne . I nespoli, i sorbi, i lazzaruoli, e i giuggioli so- no gli unici alberi da frutto europei, che non vi sono peran- che stati trasportati . (1) (1) L'esistenza della pianta nutritiva Arakatscha da me riputata favo- losa nel $. II n. 10. di questo Libro, si è verificata. Il Sig. C. Sprengels , che l’ha ottenuta dal Perù, la coltiva nella Germania, benchè la creda di molto inferiore alla patata. Quindi il suo nome peruano deve essere Aracacha , o Aracacia scritto all’ italiana. ) 172 )( LI B R0-° EN Animali del Chili. SUE Il Regno animale, generalmente parlando, mon è tanto ricco di specie nel Chili quanto nelle altre contrade dell’ Ame- rica. La classe de’ Rettili vi è assal scarsa, e quella dei Mam- miferi contiene SP de trenta otto specie indigene ben avvera- te. I Vermi, gl’ Insetti, i Pesci, e gli Uccelli vi abbondafio maggiormente di specie e d° individui. Nulladimeno io sono di parere, per quanto vado osservando, che gl’ Insetti terrestri sieno più numerosi in Italia di quel che siano in quel Re- gno ; laddove i Zoofiti, i Molluschi, e gli altri vermi marini vi sono assai più moltiplicati e diversificati : Le spiagge si ve- dono coperte di Alcionj , di Litofiti, di Ceratofiti, e di Co- ralline di varie sorte, che vi getta il mare, fra i quali si os- servano la Spugna venzilabra , 7 Alcionio asbestino, la Cellepo- ra pumicosa , la Flustra tubercolata , la Cellularia zulipifera , la Sertularia opercolata, la Tubularia pericello, la Pennatula mirabile, la Corallina palmata , la Gorgonia violacea, la Tu- bipora musica, la Millepora erosa, la Madrepora sinuosa, e la frigia, ec. già note ai moderni Zoologi, come pure le seguenti. Le Actinie, o anemoni di mare , le Meduse , le Nereidi, le Anfitriti, le Anfinomi, le Afroditi, le Serpule, le Stelle marine o Asterie , le Oloturie, gli Echini o ricci marini di va- rie specie abbondano su quelle coste. Fra le Oloturie si ren- de notabile 1’ Oloturia o vescicaja reticulata chiamata da alcu- ni Galera, e da altri Ortica marina pel bruciore insopportabi- le, che cagiona essendo toccata. Ella ha la forma e quasi il vo- Tina di una vescica di bue piena d’aria, ma di sotto è corre- data di un gran numero di gambe, o piuttosto tentacoli ramo- si e intrecciati gli uni con gli altri, in mezzo ai quali sta sl- tuata la bocca di fisura molto deforme e armata di cinque den- ti. Questi tentacoli o tentoni sono vagamente coloriti di rosso, )(173) di violetto, e di turchino. La pelle, onde è composta la ve- scica , è cristallina, e sembra formata di fibre longitudinali e trasversali, nelle quali si osserva una sorta di movimento pe . ristaltico ;. il suo dorso è ornato di una membrana in forma di cresta e colorita come i tentacoli, la quale si stende dall’ una punta all’ altra, e serve di vela all’ animale . La vescica pare alla vista: vuota a riserva di una delle sne estremità, ove si vede un poco d’acqua chiara, che un diaframma membranoso non lascia spandersi nel resto della concavità è Quest’ acqua vi s’ introduce per alcuni pori quasi impercettibili : l° organo re- spiratorio sembra situato nelle ramificazioni del diaframma. Gli escrementi, per quanto pare, non hanno altro esito che quel- lo della bocca. Il canale alimentario vi è appena visibile . IL mare quando è agitato, ne getta. parecchie su quel littorale , dove Feuillée le osservò, e ne fece la descrizione nel primo Tomo del suo Giornale . I Pescatori nazionali distinguono gli Echini o ricci in va- rie specie : i più particolari sono i ricci bianchi e i neri. I bianchi s’ accostano assai pel numero degli ambulacri e per la forma de’ loro tubercoli all’ Echino edule: essi sono globosi, di tre pollici di diametro , colla crosta e le spine bianche af- fatto, non violette, nel che si differenziano dall’Echino comu- ne. Il loro ovario di color giallognolo diviso in cinque lin- guette o grappoli, è molto saporoso . I ricci neri, £chinus nigerrimits Feuil., sono di figura sferoidale, più grandi de’bian- chi, ed hanno le spine lunghissime di color nero., come pure i nicchi e le uova. La loro bocca è.situata di sotto come nel- le altre specie; gli ambulacri sono cinque solamente come neli? Echino Cidaris. I paesani, che li chiamano Ricci del Diavolo , non usano mangiarli. Fra le altre specie si trovano anche |’ Echi- no stellato.a spine inferiori capillari, e lo Spatango o £ckino lacunoso fornito di cinque ambulacri appianati sul dorso, e di altri cinque sporgenti intorno alla bocca . I Piuri sono rimarchevoli nella famiglia degli Acefali nu- di per la loro figura, e per la maniera con cui s’ alloggiano . Questi viventi, degni appena di tal nome , sono formati come una pera di un pollice incirca di diametro , o per dir meglio, non sono altro che un sacchetto conico carnoso, interiormente pieno di acqua salsugginosa , di color rosso con due corte trom- be nella sommità, una delle quali fa le veci di bocca, e l’al- tra di ano, a un dipresso come nelle Tetie. In mezzo a que- 174 )( ste due trombe si veggono due puntellini neri rilacenti, che prob abilmente saranno gli occhi. Del resto io non potei sco- prirvi nè altri organi, nè viscere alcune distinte dalla carnosi- t), che ne forma tutta la corporatura , la quale di fuori è li- scia, e di dentro coperta di mammelle, nelle quali forse risiedo- no le branchie e-lo stomaco dell'animale. Esso ciò non ostan- te è assal i sensibile, e toccato che sia o tratto fuori del suo abituro, caccia con empito per le dune trombe 1° acqua, di cui va ripieno, e che vt s’ introduce per alcuni pori, chie si osser» vano nella superficie esterna . Que sti esseri curiosi abitano in una sorta di. arnia coriacea di varie figure 5 chiusa di fuori e internamente compartita in dieci o più celle, divise le nne dalle altre per mezzo di forti membrane . Ogni individuo ha la sua cella, ove mena una vi- ta solitaria senza comunicazione. alcuna visibile con 'î suoi con- fratelli, e assolutamente privo della libertà di poter sortirne®, benchè non vi sia legato in verun modo . Da questa maniera di vivere isolata s’ inferisce, che questi solitarj sono ermafro- diti della prima sorta, cioè di quelli , che non mostrando al- cun organo esteriore della generazione, senza accoppiamento generano i loro simili, come fanno le bivalve che si fissano al- Te rupi marine « Ma io non saprei dire come si faccia la loro propagazione » la quale attesa la qualità della prigione, in cul si trovano, pare assai difficile da comprendere . Le arnie, che servono loro di domicilio, rassomigliano agli Alcionj , e stanno attaccate agli scogli subacquei, donde poi i flutti le sradicano e le gettano alla riva. I-Nazionali mangiano i Piuri, lessi o arrostiti nel proprio alveare, ed anche ne seccano in gran co- pia per mandarli al Czjo , dove sono ricercati. Il loro gusto, massime quando sono freschi, è buono e consimile a quello delle locuste marine. Di questo genere forse sono le fontane di mare, di cui fa menzione il Xo/be nella descrizione del Capo. Non si deve confondere il Piur coll’ Ascidia Rapa assai comune in quel mare, la quale vien mangiata e preparata del- lo stesso modo da quegli abitanti. L’ animale nudo del Piur è veramente un’ Ascidia, come lo è quello di var] altri testacei. Il suo sacco esterno però è molto diverso da quello dell’ Asci- die proprie: esso non ha le due aperture , che distinguono il sacco analogo di queste, verso l° estremità libera. Questa dif- ferenza e le altre di sopra indicate , m° indussero a formarne un genere nuovo appresso quello dell’ Ascidia sotto il nome di Pyura . PM to }( 175 )( Oltre alla Seppia officinale si ritrovano nel mar Chilese tre altre specie di Seppie assai singolari. La prima è la Sep- pia unguiculata, la quale è di gran mole. ed ha in luogo di succhiatoi le braccia, o siano i due lunghi tentacoli armati di un doppio ordine di artigli o unghie acute simili a quelle del gatto, che si ritirano, come esse , in una sorta di fodero. Que- sta specie è di un gusto dilicato, ma non è molto comune in quel mare , dove fu osservata dal cel. Banek nel primo viag- gio. del Cap. Cook. La seconda è ia Seppia furicata descritta dal Pernetty nel suo viaggio alle Malonine , così detta perchè oltre alla pelle o sacco proprio delle altre seppie , va coperta dalla testa sino alla coda di un’ altra pelle trasparente in for- ma di tonaca. Il suo corpo termina in due alette semicircola- ri, che spuntano dai due lati della coda, come quello della Sep- pia Sepiola. I marinari raccontano delle cose incredibili intor- no alla grandezza e alle forze «Hi queste Seppie, ma le maggio- ri, che vi si sieno pescate, non pesavano più di 150. libbre . La terza è il Pulpo, Sepia Hexrapus, il quale sebbene non ab- bia più di sei gambe -o tentacoli, non lascia perciò di essere una vera seppia, ma di una figura sì bizzarra, chè vedendolo fermo, sembra piuttosto un ramo d’albero infranto, che un ani- male: la sua grossezza non eccede quella del dito indice, ed è lungo un mezzo piede incirca : il suo corpo è diviso in quat- tro o cinque articolazioni, che vanno diminuendo verso la co- da. Quando egli dispiega le ‘sue braccia, che tiene unite ver- so la bocca, si prenderebbero esse per altrettante radici. Que- ste braccia sono armate di succhiatoi, come quelle delle altre seppie, ma quasi invisibili: la testa è informe, assai corta, e va corredata di due antenne o trombe. Questo animale maneggia- to colla mano nuda la intorpidisce per un momento senza fare altro male. Il liguor nero , che esso contiene in una vescichet- ta, al pari delle altre sue congeneri, è eccellente per iscrive- re. Anzi si pretende, che i Chinesi formino il loro inchiostro col liquor che cavano da un Pulpo molto simile a questo . 6. IL I viventi però di questa classe, che più abbondano nel mar Chilese., sono i Testacei. Le sue spiagge presentano una gran varietà di nicchi cacciativi durante il flusso dalle onde agita- te, e molte delle adiacenti colline, come osservammo altrove, )( 176 ne sono interamente composte malgrado la quantità incalcola- bile, che i maremmani raccolgono “tutti gli anni per poi bru- sl e farne calcina; Sono eolà rari i generi delle tre fami- glie, in cui si dividono comunemente i corpi di questo ordi- ne , che non contengano alcune specie incognite , essendovi di più var] generi nuovi, che non sono stati per anche determi nati, e che richiedono più teinpo e più opportunità di quella , che io ebbi, per collocarli nel posto conveniente . In mezzo però a tanta abbondanza vi sono poche quelle Conchiglie, che meritino per la loro bellezza di essere ricercate . Questa pre- rogativa è riservata a quelle, che si propagano sulle coste dell’ Otéane situate fra i Tropici, dove il Sole vibrando più diret- tameute i suoi brillanti raggi le fregia di quei vaghi colori, che fanno le delizie de Conchiliofili. Io non parlerò quì se non di quelle poche specie, che ebbi occasione di ossèrvare su quel littorale , parecchie delle quali, stante la contiguità delle spiagge, si sono anche ritrovate nello Stretto magellanico + Queste per maggior chiarezza le suddividerò, come si i fa comu- nemente, in conchiglie Univalve, Bivalve, e Multivalve. 6. III. I GConchiologisti chiamano Univalve quelle conchiglie , il cui nicchio non è formato che di un sol pezzo . Il Mar Chile- se ne fornisce le uu seguenti da loro per lo più diversa- mente denominate. 1. La Patella stellata, Patella stellata, al. radians, ovale I striata picchiettata di macchie nere stelliformi, di color di madreperla internamente. 2. La Patella dorata, Patella deaurata, ovale gialla rilucente a strie imbricate ; orlo sdentato rugoso; sommità ottusa ; striata al di dentro di argento. 3. La Patella argentata, Patella argentea, al. aurca , ovale fragile semitrasparente bianca color d’ argento raggiata striata; sommità e fondo di un verde dorato . 4. La Patella ondeggiata Patella undulate, al. Plicaria , ovale segna- ta di molte ie ottuse elevate ondeggianti trasversalmente ru- gose. 5. La Patella sinuata, Patella sinuata , al. repanda, ova- le sottile a strie fine ondeggianti gialligsne, coll’ orlo sinuoso di dentro, di color di argento raggiato di bruno. 6. La Patella dipinta, Patella picta, ovale solida variegata di bianco e di verde scuro con i raggi obbliqui ondegcianti or violetti or bianchi. 7. La Patella nodosa, Patella ‘nodulosa; al. Magel- N 27.) lanica, ovale sottile , di color di madreperla internamente con l'orlo nodoso, le strie elevate gialligne, e la sommità acuta . L’ Orecchia marina tessellata, Halyotis tessellata, al. Au- stralis, ovale convessa bianca variegata di turchino e di rosso con le strie intrecciate, e la spira proeminente. 2. La bella Orecchia di mare, Halyotis pulcherrima, rotonda porporina , va- riata di macchie bianche colle strie granulose . Queste due orec- chie marine si ritrovano anche nel mare della nuova Zelanda corrispondente al mare Chilese . La Nerita di Chiloe, Nerize Chiloensis, al. Atrata, di co- lor nero rilucente liscia finamente striata, con le labbra bian- che leggermente solcate, 1’ esteriore addentellato , 1° interiore concavo tubercoloso. Gl’Indigeni dell’ Arcipelago di Chiloe se ne formano delle collane. 2. La Nerita a nove solchi, MNerize novemsulcata , al. Australis , gialligna screziata di verde e di turchino con i giri spirali divisi da nove solchi . Gli Scogli del mar Chilese ricoverano una gran quantità di Elici o Lumache marine, fra le quali si distinguono per la toro bellezza | Avellana quasi triangolare e argentata di den- tro, la Cookiana bianca piramidale, e la Nevia parimente bian- ca strisciata di nero, già descritte dagli Autori . Le lumache terrestri non sono meno abbondanti in quei boschi: esse per lo più differiscono poco o nulla da quelle, che si veggono in Italia. Io non ne vidi altra degna di particolar menzione se non se quella, che descrive il Fenillée sotto il nome di CocZea turbinata. Essa è più grossa di un uovo di gallinaccio , conica scabra solcata longitudinalmente con le spire grigie biancastre, il labbro rilevato di un rosso vivo, il colonnello e il fondo li- scio gialligno ‘e l’ apertura della bocca più alta, che larga: ? animale porta quattro tentacoli, di cui 1 superiori rinchiu- dono gli occhi. Questi caratteri esigono, ch’ essa sia collocata fra i Bulimi sotto la denominazione di Bulimus Feuilleanus . Jo l’avea denominato prima, seguendo il Linneo, elia se pentina , a motivo della scavi scagliosa della sua ii mide . Il Turbine tubercoloso , Turbo tudberculosus, al. corona- É1LS > VUgOSO bianco screziato di versie con ia punta da i gi- ri spirali tubercolosi spinosi, e il colonnello prolungato. 2. Il turbine spinosissimo , Turbo spinosissimus al. O TE ova- le scabroso, non traforato, con i giri coperti di lunghe spi- ne. 3. Il Turbine verde, Turbo viridis, al. granul dir 3 verde carico traforato con la eima rossigna, |’ apertura brillante ce- 20 }( 178 )( leste, il labbro giallo , e le spire tubercolose. Il Troco o trottola punteggiata, Trocus punctatus, al. ra- diatus, piramidale screziato di rosso colle spire distinte da pun- ti eminenti, e l’ umbilico imbutiforme . 2. Il Troco cilestro , Trochus ceruleus, al. Coelatus , imperforato di color cilestro, scaglioso col primo giro della spira spinoso. 3. Il Troco den- tellato, Trocus denticulatus, al. Americanus , gialligno solcato imperforato con i giri striati, e il labbro dentellato . Il Murice spinoso, Murex spinosus, al. Lamellosus , assai grosso varicoso con i tubercoli membranosi spinosi. 2. Il Mu- rice panciuto, Murex ventricosus, al. Magellanicus, caudato umbilicato striato e trasverso, cenerino di fuori, violetto in- ternamente. 3. Il Murice scannellato , Murex canaliculatus, al. Australis , ovale caudato, striato in lungo col labbro sinuoso , e i giri canalicolati. 4. Il Loco, Murex loco, ovale a coda as- sal corta, anteriormente nodoso con l'apertura sdentata presso- chè rotonda. Questo murice è tenuto in gran pregio pel buon gusto della sua carne, la quale è bianca , ma un poco dura: 1 cuochi però hanno trovata la maniera di renderla perfetta- vo tenera, battendola prima di cuocerla con una bacchet- Esso è grosso tre o quattro pollici, e contiene due o tre ui di vero liquor di porpora dentro una vescichetta si- tuata accanto al collo . Il Buccino imbricato, Buccinum imbricatum, al. Monoce- ros, bruno , costole disuguali, guernite di scaglie imbricate : labbro IO, nalii0 armato presso la base di una ‘lunga spina. Il Buccino monacanto , Bwuccinum monacanthon , al. Dona bruno liscio ; labbro diritto levigato, armato al disot- to di una lunga spina. 3. Il Buccino a spina corta Buccinum brachyacanthon , al. Unicornium, grigio; labbro diritto, rugo- so di dentro, armato di sotto d’ una spina corta, 4. Il Bucci- no atre costole, Buccinum tricostatum, al. Troclea, ovale gri- gio con tre costole rilevate bianche , e i solchi striati. 5. Il Buccino fasciato, Brccinum fasciatum , al. Cassidea fasciata, bislungo ovale segnato da cinque fasce tubercolose . La Voluta lineata » Voluta lineata, al. Magellanica, fusi- forme giallognola variegata di linee bianche e brune, labbro allungato . o. La Voluta” bruna, Voluta fusca, al. Spectabilis , di color. Huio gialligno, rigato di bruno cupo; colonnello con tre piegature spirali. Il Cono punteggiato, Conus punctatus , al. Magellunicus, coronato conico gialligno , fregiato di una fascia X 179) punteggiata di bianco e di grigio, con la spira troncata. 2. Il Cono a due fasce, Conus bifasciatus, al. Sponsalis , coronato conico giallo, cinto da due fasce più chiare screziate di bru- no, con la spira convessa, e la base nericcia . 6. IV. Le Conchiglie bivalve, o siano quelle che sono composte di due valve o gusci, non abbondano meno sulle coste del mar Chilese, che le univalve. Le seguenti mi sembrano degne di particolar menzione . Le Ostriche , Ostrea edulis, si trovano in varie parti di quella Costa ; ma le più grandi e di un gusto veramente dili- cato si pescano nelle spiagge di Coquimbo. I Terrazzani ne di- stinguono varie specie, le quali ben considerate altro non sono che varietà, eccettuatane una però che mi parve non differire dall’ Ostrea, o sia Perna Ephippium dell’ India Orientale . I Pettini, tanto quelli che hanno ambedue le valve convesse, co- me quei che le hanno piatte, vi sono ancora assai comuni . Fra i medesimi tuttavia il più notabile è il gran Pettine a strie longitudinali fitte, già noto sotto il nome di Peztine magella- nico, appartenente alla suddivisione di quei, che hanno le val- ve e le orecchie eguali . Il genere dei Mitoli al contrario vi è arricchito di specie pregevoli per la vivacità e varietà dei loro colori. Tali sono . Il Mitolo dorato, Mytulus auratus , di color rosso bruno do- rato brillante, leggerissimo. 2. Il Mitolo rifulgente , Mitulus fulgidus, allungato brillante, di color di aurora coi lati violet- ti, e la sommità slargata. 3. Il Mitolo cilestro, Mytul/us ce- ruleus, azzuro celeste, fasciato circolarmente di strisce porpo- rine col cardine perlato. 4. Il Mitolo bidentato, Mytulus di- dens, striato, variegato di giallo e di grigio, ricurvato con la cerniera bidentata. 5. Il Mitolo rosso, Mytu/us ruber, scabro- so colle valve obblique, anteriormente slargate., e la cerniera prolungata sino al vertice. 6. II Mitolo nero, Myzul/us ater ) solcato scaglioso di color turchino carico , lungo cinque o sel PELicL l’animale è nero, onde non vien mangiato dagli abitan- 7. Il Choro, o Cioro, Mytulus Chorus, al. 205) lungo ca pollici incirca, e largo tre; la epidermide è turchina, ma il nicchio è di un bianco perlato {variegato di violetto : l’animale è bianco gialligno di esquisito sapore. Questa specie 180 abbonda molto intorno all’ Isola Quiri-quina, e nelle spiagge di Arauco . Taluni fra questi mitoli producono delle piccole per- le di poco valore . I fiumi e i laghi nutrono molte specie di quelli, che volgarmente si chiamano Mitoli di acqua dolce, ma che in realtà sono del genere delle Arodontiti; niente di par- ticolare presenta la loro struttura ; il loro gusto è scipito o piut- tosto dispiacevole . I Nazionali le distinguono coi nomi di Do/- lun, Pellu, Utif, ec. Tutte queste specie hanno , in paragone delle marine, un moto progressivo assai veloce, giacchè in un ininuto, come io stesso osservai spesse volte, fanno un piede incirca di cammino . Tra le numerose telline , che si pescano in quel mare, io ne rimarcai due, che mi parvero meritevoli di essere contrad- distinte. Queste sono la Tellina vergata detta Mayco, già no- ta ai Conchiologi, e la Cho/hua da me nominata Tellina al- bida; essa è bislunga di un bianco brillante con numerose strie longitudinali finissime . | La Thaca fra le Came, Cama Thaca, è rimarchevole per la sua grossezza, ch’ eccede i tre pollici di diametro, per la sua figura orbicolare, e pe’ suoi colori variati di bianco, di violetto, e di giallo. La Venere scritta, Venus scripta , al. australis., cordiforme , bianca rilucente con caratteri sparsi bruni, e l’or- lo intiero senza spine, è comune in quelle Coste. Non Vi è meno abbondante |’ arca di Noè; chiocciola brillante e assai stimata dagli amatori, come pure l’Anomia o Terebratula gibba che trovasi fossile in Francia, Terebratula dorsata , Gav., € la Macha, Soler Macha, il cui nicchio lungo sei in sette pol- lici è variegato di bruno, e di cilestro, di figura ovale, e tron- cato anteriormente colla cerniera Dbidentata . Le Chiocciole moltivalve , per quanto potei osservare , com- prendono soltanto tre generi nel mar Chilese, cioè le Foladi , le conche anatifere , e i Balani. Scavansi varie specie di Fola- di o datteri marini dalle rupi di quella Costa, le quali col tem- po si potranno ridurre ai generi Aupicola, Rupellaria, Venus, e Saxicava stabiliti da M. Fleuriau. Le mie osservazioni circa questi viventi, fatte secondo il sistema linneano, non sono suf- ficienti per assegnar loro il posto conveniente in tali generi. I più stimati fra i Datteri Chilesi sono i Comes, che si ritrag- gono dagli scogli dell’Arcipelago di Chiloe ; essi hanno da cin- que in sei pollici di lunghezza, e due incirca di diametro . Pa- re che questa dimensione sia il massimo del loro accrescimen= X 18: ( to. Questi animali, come è noto, vivono rinchiusi nelle cavi tà, che essi si formano o pen un’ azione meccanica, 0 per via di un liquor corrosivo, nei macigni durissimi, che bagnano le acque marine , le quali introducendovisi per un piecol buco ap- portano loro il nutrimento necessario . I Comzes hanno le due valve principali depresse e segnate da strie longitudinali distanti . I Nazionali fanno particolare stima di certi Testacei mol- tivalvi appartenenti al genere de’ Balani, Balanus aduncus, ai quali danno il nome di Becchi di pappagallo per la forma del loro nicchio. Essi abitano da quindici o venti rinchiusi nelle cel- le di una piramide di natura cretacea, ch’ essi medesimi si fab- bricauo , o scavano nelle rupi marine più scoscese, precisamen- sin dove arrivano le schiume delle maree , dalle quali traggo- no i loro alimenti per un foro più largo di quello delle Foladi, che vi è in ogni cellula. La loro conchiglia si compone di due pezzi grandi e di quattro piccoli : 1 due grandi, che sporgono fuori del buco, hanno, come si è detto, la medesima forma del becco del pappagallo. Questi animali sono simili a quelli delle . conche anatifere, delle quali ve n° è gran copia in quelle co- ste, ma se ne distinguono specialmente per la mancanza del tubo, di cui affatto vanno sprovveduti. La loro carne è bianca tenera e di eccellente sapore. Ve ne ha di varie grandezze ; i maggiori però non oltrepassano un pollice di lunghezza . Cava- ti fuori dal mare si mantengono vivi dentro il loro alveare du- rante qualche tempo, allungando di quando in quando il bec- co per respirare, Se ne trova in quel littorale un’altra specie, Balanus Verruca, già descritta dal Martini, il cui nicchio è appianato , e l’ opercolo bivalve.. Soi GI’ Insetti terrestri sono per lo più consimili a questi che si veggono in Italia ; tuttavia ve ne sono parecchi differenti , tra i quali si trovano alcuni, che meritano qualche attenzione. Tale è lo scarafaggio verde listato d’oro, che ama di stare sui melaranci, Scarabaeus citricola, più grande dello scarabeo sol- stiziale, oblongo liscio fornito di uno scudello assai piccolo, e vergato di strisce longitudinali di color d’oro brillante, le qua- li risaltano sul bel verde del resto dell’ elitre . Questa specie può stare fra le Melolonte di Fabrizio . 2. Il Pilme, Platycerus Pilmus, posto prima da me fra i X( 182 )( Lucani a cagione delle sue ‘mandibole saletta: piccolo in- setto nero oblongo , col labbro inferiore nudo , gran distruttore delle piante leguminose , e specialmente dei fagioli in erba . I coltivatori ne hanno già quasi interamente distrutta la specie, usando la precauzione di scuotere le piante, che ne sono infe- state, sopra dei bacini di acqua bollente, ove essi, essendo po- co atti al volo, cascano e si bruciano . La Crisomela dorata, Chkrisomela maulica, ovale, bril- lante, di bel colore d’oro tanto al Sole, che alla ombra, il qua- le si conserva lungo tempo; essa è un poco più grande della mosca ordinaria, e abita per preferenza sulle oimbrelle della Visnaga : le sue antenne sono turchine . I Contadini della Pro- vincia di Maule , ove la medesima si propaga , infilzandone mol- te insieme ne uu delle belle croci ed altre’ galanterie . 4. Il Grillaccio del melo, Phasma Chilensis, lango sei pollici incirca, cilindrico sottile verdiccio tubercoloso aptero, o senza ali, fornito di elitre ed antenne corte, e di gambe assai lun- ghe angolose spinose coi tarsi divisi in cinque articoli . Tutto l’animale, allorchè distende le sue gambe, pare a prima vista un ramo infranto » tanto più ch’ esso ha il colore medesimo dell’ albero , in cui soggiorna » il quale d° ordinario è il melo. Il volgo seguendo l’ antica opinione di attribuire allo spirito maligno tutte le cose, che sembrano mal fatte, lo chiama Ca- vallo del Diavolo. Il Linneo sul principio aveva annoverato sotto il suo genere Gry//us tutte le specie della famiglia delle mantidi, ed io perciò aveva nominato questo animale Grillo o Locusta; in seguito egli ne formò il genere Mantis, al quale esso neppure corrisponde in tutti isuoi caratteri; quindi biso- gna collocarlo tra gli Spettri nel nuovo genere Plasma , col quale perfettamente s° accorda . I grilli; le cicale o © le ca- vallette comuni non si distinguono da queste, che si veggono nei campi deli’ Italia ; il grillo migratorio, che fa tante stragi altrove, non vi è conosciuto, come neppure il grillotalpa . Le Lucciole al contrario simili in tutto a queste, che si osservano intorno alle siepi in Italia, vi sono copiosissime duran- te la state. Passando di notte vicino ad un bosco vidi svolaz- zare fra gli alberi tre grossi insetti, i quali gettavano un lu- me sl grande , che parevano altrettante brace ardenti, e per quel ole potei giudicare, non erano inferiori in grandezza al- le farfalle dette festa di morto. Malgrado tutte le diligenze praticate non mi fu possibile di prendere alcuno di questi fo= 183 )( sfori viventi per osservare di qual genere si fossero , seppur non erano della specie dei Cucuj o Portalanterne . Il genere de’ cimici, che è tanto abbondante di specie in Italia, n° è scarsissimo ‘nel Chili; appena se ne vede qualcheduna delle più triviali in quei boschi. Il-Commercio marittimo vi ha introdot- to il cimice schifoso de?’ letti, il quale si è propagato nelie Pro- vincie boreali del Regno; le contrade australi n° erano tuttora esenti, quando io mi partii dal paese .° S. VI. . Siccome la famiglia delle Eruche vi è estremamente varia- ta, così nella bella stagione si vede comparire dappertutto un prodigioso numero di farfalle , tra le quali si trovano molte pre- gevoli per la varietà dei colori: Esse però non eguagliano nè ciù ricchezza e vivacità di questi, nè nella grandezza le gros- se e belle farfalle, che si propagano nella Zon Torrida. Giò non ostante ve ne ha una della famiglia delle Falerate, alla quale diedi il nome di farfalla pappagallo , Papilio Psiltocas, erchè è variegata di tuttii colori, che si ammirano nelle pen- ne de’ più bei pappagalli . La parte superiore della sua testa è di un bel rosso di cinabro macchiato di giallo; tutto il dor- so è giallo brinato di verde, di rosso, e ni sa le ali superiori sono al di sopra verdi con macchie irregolari gialle e azzurre, e al di sotto di color biondo ; le ani Bino pres- so a poco le medesime tinte, ma più smorte: il ventre è cile- stro punteggiato di bruno e di grigio: le antenne sono porpo- rine; il suo volume non eccede quello del papilione Lodalirio. Avvene un’ altra un poco più grande appellata dai fanciulli co- lombina , Lapilio Leucothea , la quale è tutta di color bianco argentino a riserva delle antenne e dei piedi, che sono neri. Nel tratto di maremma situato tra i fiumi Rapel e Ma- taquito crescono alcuni bachi simili, per quanto i quel- li che li hanno veduti, ai bigatti da seta, i quali fanno su- gli alberi salvatici de’ ul un poco più piccoli di questi, che si raccolgono in Europa, ma ben forniti di una seta eccel- lente : questo. aneddoto non è inverisimile, poichè i boschi del- la Luigiana e dell’ Ohio, paesi analoghi al Chili nell’ Ameri- ca settentrionale, secondo 1’ asserto del cel. Franklin, ne for- niscono spontaneamente in tal quantità, che nel 1771 si ven= derono a Filadelfia 10, 000 libbre di bozzoli tratti dall’ Ohio, X 184 dai quali si ricavò una bellissima seta. Il clima Chilese, stante la sua piacevole e costante temperie, è senza dubbio adattatis- simo alla propagazione di questi preziosi insetti; ma portando- visi dall’ Europa le seterie , i Chilesi non hanno potuto appli- carsi alla loro coltura . ” L° Ab. Pando, sagace osservatore delle produzioni naturali della provincia di Coquimbo , asserisce di avere scoperto, che la gran quantità di pece, che si ricava ogni anno in quella pro- vincia dalla Chi/ca, specie di Coniza , altro non è che un pro- dotto di una piccola eruca o bigatto raso di color vermiglio, di cinque in sei linee di lunghezza : questi curiosi vermicciat- toli, secondo lui, compariscono in gran numero nella primave- ra sui rami della Cki/ca, e vi fabbricano dei piccoli cannellini con una sorta di cera dolce, e bianca quanto la neve, la qua- le a poco a poco diventa gialligna, e in seguito bruna e ama- ra: giunto il tempo della loro metamorfosi essi vi si rinchiu- dono, e si trasformano in una falena giallognola . La stessa ope- razione si attribuisce a certe formiche delle Indie Orientali, dalle quali si pretende che sia formata la lacca sui rami de- gli alberi. Io però crederei piuttosto , che questa pece distilli dal medesimo arbusto intaccato da quei bigatti. Gli abitanti la raccolsono nell’autunno , € facendola prima bollire, ne forma- no poi dei pani per esitarla. Alcuni, per accrescerne il peso, la sogliono meschiare colla resina, che scola da un altro arbo- scello chiamato Pajero dodo, la quale le comunica un color più cupo. I padroni dei bastimenti ne comprano gran quanti- tà per servirsene in vece di catrame , e questo è l’uso ordina- rio, che si fa di una sostanza, a cui forse col tempo si darà un destino più nobile . S. VII. Le Api di varie specie, e particolarmente le mellifiche ab- bondano nelle Provincie australi, e fanno i loro alveari o fiali parte nei buchi degli alberi come nelle provincie settentriona- d’ Europa, e parte sotto terra. La cera, che si consuma nell’ Arcipelago di Chiloe, si ricava da queste pecchie salvatiche. Al contrario vi mancano del tutto, se non m° inganno, le vespe volgari : io almeno non potei vederne alcuna. Non si generano nemmeno i Mosquiti, 1 Maringuini,i Gegenni, nè le altre spe- cie di terribili moscherini, che affliggono gli abitanti dei pae- (©) si caldi. Veggonsi soltanto vicino alle acque stagnanti alcune zanzare di quella specie , che il Linneo chiama Culex ciliaris ; quelle , alle quali i paesani danno tal nome, sono tipule della grande e della piccola specie in nulla differenti da queste che si propagano in Europa. Nella provincia di Colciagua però se ne trova una di mediocre grandezza , Tipula moschifera , la quale spira un odore grato di muschio ; onde le Villane se ne servono per profumare i loro abiti. Tutte le specie di mosche, eccettuata la nojosa Meteorica, nominate dagli Entomologi, vi sono comuni . Le Nigue, oppure i Piqui, Pulex penetrans, si trovano solamente nel territorio della Città di Coquimbo , dove forse sono state introdotte dalle navi, che vi arrivano dal Perù . Pa- re che il Clima non sia loro confacevole, perchè vi sono tal- mente rare, che una persona, che abitò parecchi anni in quel- la Città, mi assicura di non aver sentito dire che di un sol fanciullo , che ne fosse stato pizzicato. Il vocabolo Nigua, d’ori- gine peruano , è nel Chili Spagnuolo un nome generale , che comprende tutte le specie di Zecche, che molestano gli ani- mali, e in particolare i volatili , le quali non sono diverse da queste che si osservano negli animali Europei. Il Tenente Ge- nerale U//oa ignorando l'estensione, che dassi in questo Re- gno a tal voce scrive che le rnigue, nome ch’ egli ristringe a significare i soli Piqui, si generano in tutta quella costa, il che è assolutamente falso . Tutte le formiche, che io vi potei osservare, sono delle medesime specie, che qui vediamo. La famiglia delle Aracnidi o Ragni non vi ha altro di rimarchevole , che il gran Ragno zannuto, Mygale Chilensis, detto prima da me Aranea Scrofa, che abita sotto terra nel Gircondario delia Capitale ; il suo cor- po, che è di color bruno vellutato, eccede in grossezza un uovo di colomba: le sue gambe sono lunghissime grosse e irsute : ha come gli altri ragni, quattro grandi occhi disposti in quadro sulla fronte, e due più piccoli a ciascun lato della testa ; la sua bocca è armata di mandibole nere rilucenti, che sporgono in fuori. Questo Ragno, ad onta della sua corporatura e dell’ apparato delle sue armi, non è punto malefico ; i ragazzi lo prendono per divertimento, e gli cavano le zaune, che il vol- go crede utili contro il male di denti. Può darsi, che esso non sia altro, che una varietà della Migale avicularia delle Antille. Gli Scorpioni, che nella lingua del paese si nominano 4 N 186 )( l'ehuanque, sono a un dipresso della grandezza degli europei, dai quali non si differenziano che neli’ avere sedici denti nei pettivi. Soggiornano per lo più nelle valli dei monti seconda- r] delle Andi : il loro colore ordinario è il bruno carico. Fre- zier scrive di aver veduto degli Scorpioni gialli sotto i sassi del fiume di Coquimbo, ma come ben riflette il Dott. Gruvel tutti gli scorpioni giovani hanno questo colore. Si stimano pri- vi di veleno, perchè sino al presente nessuno di quei, che da essi sono stati punti, ha sentito mai alcun sintomo maligno . Un giovine, che fu pizzicato in tempo di state, essendo io pre- sente, da uno di questi animali, non sentì altro, che un poco di bruciore nel sito della puntura, che divenne rossa per lo spazio di mezz’ ora. Queste accidentali esperienze però non so- no, a dir vero, decisive. 6. VIN. Il Cav. Linneo avea riunito sotto il suo genere Cancer tutte le specie di Granchj e di Gamberi, che erano conosciu- te al suo tempo, ma essendo queste troppo diverse, il Rifor- matore dell’ Entomologia Fabrizio ne forinò sei Generi, i qua- li l’egregio Bosc non credendoli sufficienti a caratterizzare tut- ta questa numerosa famiglia, stimò opportuno di farne nove sotto i nomi di Cancer, Calappa , Ocypoda , Portunus, Maja, Hippa, Albunea, Pagurus, Palinurus, Squilla. Io ne aveva osser- vato e nominato, secondo il metodo linneano, molte specie nel Mar Chilese , le quali, attesa la loro assenza, non posso per ora ridurle indubitatamente a cotesti generi; procurerò tuttavia di approssimarvimi per quanto i caratteri già osservati me lo per. metteranno. Queste specie sono numerose; io non ne farò qui menzione che deile più notabili, quali sono le seguenti . 1. La Talicuna, Cancer Talicuna , ha la scaglia ritondata, più larga dinanzi, convessa intera liscia, di tre in quattro pol- lici di diametro; lé tenaglie dentate; e le quattro antenne corte e ineguali: la coda ne cuopre quasi tutto il ventre. 2. L° Apancora, Cancer Apancora , più grande della preceden- te, ha la crosta ovale interamente dentata, le gambe pelose, la coda lunga e triangolare. 3. La Santolla , Cancer Santolla, più grande ancora di tuttedue le suddette, va rivestita di una crosta orbicolare convessa, di consistenza quasi coriacea, e coper- ta di spine assai lunghe. 4. L’Incoronata, Cancer Coronatus, ha }( 187 il guscio semiovato intero con una escrescenza nel mezzo del- la medesima sostanza fatta a foggia di corona murale; il suo corpo è liscio, ed ha cinque pollici incirca di diametro. 5. Il Ragno di mare, Cancer Setosus, è ricoperto di peli duri, che spuntano non solamente dal ventre e dalle gambe , ma anche dalla stessa corazza, la quale è cordiforme , bernoccoluta senza spine, nel che si diversifica dal Cancro Ragno di Europa; il suo becco è bipartito ricurvato e corredato di alcune setole. Pare, che esso appartenga al genere Inackhus di Fabrizio. 6. Il Ranym, Cancer ranym, al. Xaiva, è emisferico con alcune punte all’ intorno, il suo piccol diametro è di tre pollici incirca: s’ acco- sta assai alle Calappe di Bosc. Tutte queste specie sono ricer- cate dagli abitanti a cagione del loro buon sapore . Si fa anche qualche conto di alcune delle seguenti, che trovansi nelle co- ste medesime. 7. La Calappa tubercolosa, Calappa tubercula- ta, corpo corto, posteriormente più largo; guscio nodoso den- tato; branche addentellate . 6. L° Ocipoda nera, Ocypoda ni- gra , al. heterochelos ; torace quadrato rugoso nero colla bran- ca destra assai più grossa, e internamente dentata . 9. Il Por- tuno armato, Portunus lancifer; torace tubercoloso largo de- presso dentato sugli orli, ristretto di dietro, corredato dinan- zi di una sola spina quadridentata ; gambe anteriori lineari . 10. Il Portuno lobato, Portunus armiger, torace piano con no- ve denti da ciascuna banda, l’ ultimo più grande; rostro divi- so in cinque lobi; branche dentate ai lati. 11.1Il Portuno qua- dridentato, Portunus Defensor; torace piano liscio. con nove dentellature, l’ultima corta : rostro fornito di quattro denti, gli esteriori più lunghi. 12. La Maja pelosa, Maja Ursus; torace ovale peloso; quattro antenne, le esterne setacee, le interne palpiformi: branche sdentate : piedi unguicolati. 13. L’Ip- pa sbrancata, Mippa adactyla, torace allungato ; coda diritta acuta. 14. L° Albanea rugosa, A/bunea scabra ; torace ovale troncato dinanzi dentato d’ intorno, branche addentellate da ambedue 1 lati. I Gamberi abbondano eziandio nel Mare e nelle acque dol- ci del Chili. L’Autore del viaggio dell’ Ammiraglio Anson par- la della grandezza ed esquisitezza de’ Ganimari o grossi gam- beri, che trovansi intorno alle Isole di Gio: Fernandes, i qua- li, come egli afferma, pesano ordinariamente dieci o undici libbre. Le locuste marine, Cancer lommarus, Lin, moltiplica- no ancora eccessivamente nelle acque delle medesime Isole. I }( 188 ){ Pescatori non impiegano altro artifizio per prenderle, che quel- lo di spargere dei pezzi di carne sul lido, e di voltarle sosso- pra con un bastone a misura ch’esse vi accorrono per mangiar- ne. Con questo metodo così semplice si pescano annualmente molte migliaja di questi crostacei, le cui code secche si man- dano al Ghili, dove sono assai ricercate . Varie specie di Gamberi abitano nei fiumi e nei rivi del Ghi- li. I più rimarchevoli sono quelli che si chiamano volgarmente Muratori, Astacus Cementarius, i quali hanno da sette in ot- to pollici di lunghezza; il loro colore è bruno rigato di vene di un rosso vivo, e la carne bianca e più saporosa di quella dei Gamberi marini e degli altri fluviali. Il loro scudo è cilindrico li- scio , il rostro ottuso, le branche un poco acnleate sul margine. Si trovano in gran quantità in tutte quelle acque correnti , nel- le ripe delle quali essi si fabbricano con dell’ argilla una torretta cilindrica alta un piede incirca sopra il terreno, ma continuata in giù di maniera, che 1’ acqua del fiume o rivo vi passa per un canaletto sotterraneo : questa torretta serve loro d’asilo nelle inondazioni. I paesani li prendono con facilità tuffando nell’acqua, dove essi stanziano, una cesta con entrovi un pezzo di carne. Sa. Abbiam detto di sopra, che la Classe dei Rettili è molto scarsa nel Chili: in fatti le Testudini acquatiche, le rane di due specie, i Rospi terrestri e acquatici, le lucertole parimente ter- restri e acquatiche, e le biscie di una sola specie sono tutti i Rettili di questo Regno, tra i quali non vi è alcuno, che sia velenoso. Le Testuggini si dividono in due specie conosciute già dai Naturalisti, cioè la Coriacea, e la Lutaria , clie trovansi nelle Provincie australi. Le Rane sono l’escu/enza, e la tem- poraria. La ranella, Rana arborea ovvero Hyla, vi manca del tutto. I rospi terrestri non differiscono da questi, che veggon- si in Italia depo le piogge, nè si ritrovano se non se nei luo- ghi umidi. Gli acquatici sono di.due specie l’Aruzco, e il Thaul, i quali formano il passaggio fra i ranocchi e i rospi; essi hanno come i ranocchi i piedi palmati, e come i rospi il corpo verrucoso. L’Arunco è un poco più grande della rana temporaria, e quasi dello stesso colore: ha cinque dita nei pie- di posteriori, e quattro negli anteriori. Gli Araucani lo chia- X( 189 )( mano ancora Gerco , vale a dire, Padrone dell’acqua, . perchè dicono, ch’ egli bada alla conservazione e salubrità delle ac- que. Il Thaul è molto minore della rana esculenta, a cui ras- somiglia assai per la forma del corpo; ma la sua pelle è inte- ramente gialla, e verrucosa; ha i piedi conformati come quel. li dell’Arunco, benchè non del tutto uniti da membrane . La Lucerta comune, Lacerta agilis Lin, e la Verde La- certa viridis Lin. si rincontrano, come in Italia, in tutte quelle Campagne. I miei Leggitori informati dell’ opinione op- posta all’ identità degli animali dell’ uno e dell’altro continen- te sostenuta con tanto vigore dal Conte di Buffon , si maravi- glieranno assai di trovar menzionati nella mia opera come esis- tenti nel Chili tanti animali salvatici proprj dell’ Europa . Il fatto nulladimeno è vero, e ogni giorno vien confermato dall’ autorevole testimonianza dei Naturalisti, che hanno visitate le Provincie dell'America meridionale, checchè ne sia della diffi- coltà del passaggio, sopra la quale si fonda l’ipotesi contraria. Oltre le suddette Lucertole se ne trova un’ altra specie più grande detta dagli abitanti Pa//urm, Lacerta Palluma al. Stel- Zio la quale abita nelle campagne del Chili Settentrionale , e specialmente intorno alla Capitale. La sua lunghezza presa dal- la punta del muso sino all’origine della coda è di circa dodici pollici, e la sua grossezza di poco più di tre, la. coda stessa è quasi lunga quauto il corpo : ha la testa triangolare e coperta di piccole scaglie quadrate , il muso allungato ; i meati delle orecchie visibili. Tutta la parte superiore del suo corpo va ri- vestita vagamente di minutissime squame romboidali tinte di verde, di giallo, di turchino, e di nero; la pelle del ventre è liscia di color verde giallo ; i piedi anteriori non meno che i posteriori hanno cinque dita munite di forti unghie: la coda è rotonda e similmente colorita. Abita sotto terra come le Iucer- te comuni, e si ciba dello stesso modo. I Contadini le cavano la pelle per farne delle borse da tenere i quattrini. Nelle acque Chilesi non si è scoperta finora che una spe- cie di Lucerta o Salamandra acquatica . Il Feuillée , che la vi- e in un ruscello presso la Concezione, la chiamò Salamandra acquatica nera. E lunga dalle labbra sino ali’ estremità della coda quattordici pollici, e sette o nove linee : la sua pelle è senza scaglie dilicatamente granulata, e di un color nero che tira alturchino: ha la testa elevata e allungata; gli occhi gran- di gialli colla pupilla turchina, le narici assai aperte e orlate ° ,( 190 )( di un cerchio carnoso , il muso acuto , la bocca ben fessa con due ordini di piccioli denti uncinati, la lingua larga grossa di, color vermiglio , e attaccata di sotto interamente alla gola, la quale ha un gran sacco o gozzo, che si comprime e si gonfia come una vescica; le orecchie le mancano del tutto come alla maggior parte delle lucerte acquajole. Una specie di cresta on- deggiata regna perpendicolarmente lungo il suo dorso dalla fron- te sino all’ estremità della coda : i piedi anteriori sono notabil- mente più corti de’ posteriori, e tutti quattro si dividono in cinque dita all’ opposto della Salamandra acquatica d’ Europa , i cui piedi anteriori sono tetradattili; queste dita sono unite fra loro per mezzo di una membrana, ed hanno in vece di unghie una cartilagine ritondata . La coda, che sul principio è stretta e tonda, si slarga poi verso la punta sino a due polli- ci, e termina in forma di spatola, ma coi contorni ritagliati a foggia di sega. Perciò è che io 1’ avea denominata Sa/eman- dra spatolata. Per la sua struttura s’accosta alla Lucerza Iguana . La biscia Chilese non mi parve differente da quella, che i Naturalisti appellano colubro di Esculapio: il suo corpo è li- stato di bianco e di nero, ed anche di giallo e di grigio fram- mischiato: Le più grandi che io abbia vedute, avevano tre piedi incirca di lunghezza . Siccome queste biscie sono innocen- ti, i fanciulli le prendono per la coda, e aggirandole un poco intorno alla testa per imbriacarle , come essi dicono, le attor- tigliano alle loro braccia. La specie delle vipere vi manca af- fatto : gli Speziali ritraggono quelle , di cui si servono, dal Cujo , o dal Perù. be I Pescatori Chilesi contano settantasei specie di pesci, ch’ essi pretendono avere osservato nel mare adiacente a questo Regno. Comunque siasi però non si può negare, che quella parte dell’ Oceano Pacifico non presenti, stante la sua piacevo- le temperatura, un grato albergo alla immensa moltitudine di specie di pesci, che abitano tra le coste dell’Asia, e dell’Ame- rica. La loro moltiplicazione o sia per la copia di nutrimento che trovasi in quella costa, oppure pel piccol numero rispet- tivo di pescatori, è veramente prodigiosa . I Viaggiatori, che vi sono stati, s’ accordano unanimamente a farne testimonian- za, e fra gli altri lo Schouten, il Frezier, l’ Ammiraglio Anson, }( 1091 )( il Byron, il Carteret. Tutte le baje, i seni, e le imboccature dei fiumi e dei ruscelli formicano , per così dire, di pesci gran- di e piccoli, i quali vi si aggruppano in tal quantità, che in alcuni luoghi si prendono senza il minimo artifizio . Il fiume Cauten , che è largo da trecento pertiche , e profondo da po- ter sostenere Vascelli di linea, si riempie talmente in cer- ti tempi dell’ anno di questi viventi sino a sette leghe dalla sua imboccatura, che gli abitanti schierati nell’ una e nell’ al- tra riva ne pescano una gran quantità infilzandoli con delle canne aguzze di quella specie , che dicemmo chiamarsi Coliz . Lo stesso presso a poco accade nelle foci di tutti gli altri fiu- mi australi. Gli abitanti dell’Arcipelago di Chiloe, ove la pro- pagazione dei pesci eccede quella del rimanente del Ghili, fan- no nelle bocche dei fiumi, ed anche nelle spiagge aperte, de- gli steccati con un uscio verso il mare, che al calar della ma- rea chiudono per mezzo di una corda. Ritirate che sieno le acque, vi rimane un numero sì grande di pesci, che la gente che vi accorre, non essendo d°’ ordinario sufficiente a portarli tutti, lascia andarsene la maggior parte. Il Gado Morkua, detto volgarmente Baccalà, è sì abbon- dante intorno alle Isole di Gio: Fernandes, che vi si sperimenta ciò che si racconta del Banco di Terra-Nuova, cioè che il get- tar l'amo e ritirarlo colla suna preda è tuttuno il che vien con- fermato dall’ Ammiraglio Anson, il quale nel lib. 2. del suo Viaggio al mar del Sud dive ,, le Morue vi sono di una gros- », Sezza prodigiosa, e nella stessa quantità , che sulle coste di sg Terra-Nuova, secondo il parere di molti dei nostri mariua- sy ri, che sono stati a quellà Pesca. ,, Questo pesce, che la natura si compiace di moltiplicare eccessivamente a tal se- gno, che giusta i calcoli fatti ogni femmina contiene nelle sue ovaje 9 344,000 uova, si accosta in grandi stormi nei mesi di Ottobre Novembre e Dicembre alle spiagge di Valparaiso . Quegli abitanti, che prima non ne facevano gran conto, si so- no applicati da pochi anni a questa parte ad una pesca sì im- portante, e ne seccano una gran quantità, seguendo l’esempio di un Francese detto Luison, che fu il primo a stabilirvi que- sto ramo di commercio . Le Acciughe, e le Sardelle non vi sono meno copiose. Il lido in certi tempi dell’ anno se ne vede interamente coperto. Questi pesci, che vi arrivano ancora in branchi prodigiosi, fug- gendo dai Cetacei loro nemici, si spingono troppo alle rive , )( 192 )( donde poi dall’impeto delle onde vengono cacciati sulle arene : quì parte di essi restano pascolo degli uccelli marini, che vi accorrono a torme, e parte presi dai maremmani sono mangia- ti freschi, o posti in salamoja. Circa le Aringhe poi non po- tei accertarmi della loro esistenza in quel Mare. I pescatori di quelle Coste non erano d’ accordo su questo punto; alcuni di- cevano di averne preso un gran numero; altri negavano di aver- le mai vedute. Siccome i Pesci amano generalmente di viaggiare, così non è da maravigliarsi, che vi si “propaghino molte delle specie, che frequentano dé coste dell'Europa. Le Lamprede marine, le Raz- ze torpedine s Follonica , Pastinaca e Claovata ; gli Squali Car- caria, Massimo, Squatina, e Sega, il Lofio ‘pescatore, O pe- scerospo ; lo Storione Beluga o Husone, ed altri siffatti pesci car- tilaginosi detti impropriamente Anfibj dal Linneo, vi sono as- sal comuni. Non vi abbondano meno le Murene Congro, Anguil- la, Elena o Murenofis; il Xifia o Pescespada; i Gadi Merlan- go, è Merluzzo ; le Echeneidi Naucrate e Remora; la Corife- na dorata; il Gobio , 0 Ghiozzo Nero; le Scorpene Porco e Scro- fa; il Zeus Gallo; i Pleuronecti Sogliola, e Piatessa ; gli Spa- ri Aurata, Dentice, Brama, ed Eritrino; i Labri Vecchia, e Macolato; la Sciena cirrosa; gli Scombri Comune, Bonito, Acu- leato, Ductor, e Gladio; i Mulli Surmuleto, e Barbato; le Triglie Volante e Gurnarda ; 1 Salmoni Salar, Fario , o Tro- 30 G, 6. Xf. Io mi era applicato poco prima della mia, partenza a fare delle ricerche particolari sopra i pesci tanto marini, che fla- viali non conosciuti in Europa o propri del Paese. Essendo state interrotte infaustamente le miè osservazioni, io non pos- so presentare quì agli amatori dell’ Ictiologia altro, che una breve descrizione dai pesci seguenti di tal CMattero) che era- no capitati alle mie mani, e per osservare qualche ordine ne pa prima dei marini. . I pesce crestuto, Blennius cristatus, Bloch, lungo un diddl incirca, coperto di piccole scaglie argentine , dinilo di una cresta longitudinale situata fra gli occlii e di alette dor- sali, e anali eguali » e prolungate sino alla coda. 2. Il Pesce cornuto, Blennius cornutus, BI. presso a poco X 193 X( della stessa grandezza e forma del precedente, dal quale si di- stingue per la cresta che è situata sopra gli occhi, e per l’ alet- ta dorsale che è corta. 3. Il pesce fasciato, Chetodon Chilensis, Pomacanthus Lac. , piatto , ovale, lungo un piede, vestito di piccole scaglie, e cer- chiato sopra un fondo color d’oro brillante da bande grigie e nere ben distinte, e larghe otto linee. Queste bande sono cin- que, una nera che dalla nuca passa circolarmente per gli oc- chi; due grigie che circondano il corpo verso il punto dell’ equilibrio, e lo dividono in quattro parti eguali; ed altre due nere e grigie che cingono il manico della coda, il quale è pure di color di argento. Questo bel pesce ha la testa picco» la, il muso allungato e guernito di piccoli denti, il dorso sor- montato interamente da un’ ala spinosa gialla, e la coda fatta in forma di ventaglio e orlata di giallo: la sua carne è di eccel- lente sapore . Desso è l’ Aper marinus aureus maculatus del Feuillée , il quale I’ osservò nel Porto della Concezione . 4. La Jatehue o Corvina, Sparus Corvina, al. Pogonathus , lunga due o tre piedi, e qualche volta cinque: ha la testa pic- cola, il corpo assai largo curvo e ricoperto di grandi squame romboidali ki color di madreperla macchiato di bianco, e la coda biforcata : varie linee brunazze la cingono obbliquamente dal dorso sino al ventre: Le sue alette sono composte di rag- gi, e di spine. La sua carne è bianca consistente e buona da mangiare specialmente fritta. Preparata come quella del tonno forse ne sarebbe migliore: ma la industria nazionale non è an- cora assai avanzata per rivolgersi a queste utili scoperte. 5. Il Robalo o Cuduhua, Esox Chilensis, Lepisosteus Spa- tula Lacep. è quasi cilindrico , lungo quanto la Corvina, e mu- nito di scaglie angolose dorate sul dorso e argentate sotto il ventre : ha le ali tutte molli, ovvero senza lische, la coda tron- cata, e il dorso segnato da una riga turchina orlata di giallo . La sua carne è bianca trasparente sfogliata e di delicato sapo- re. Si stima particolarmente quello che si pesca nelle Coste di Arauco, ove se ne prendono alcuni, che pesano fin ventotto libbre. Gli abitanti delle Isole di Chiloe costumano di seccar- lo al fumo, dopo averlo prima ben nettato e tenuto in acqua marina ventiquattr’ ore affinchè si sali. Quando è ben secco, lo imballano, mettendone cento in ogni balla, la quale si ven- de a ragione di due o tre scudi. Il Robalo così preparato di- Viene più gustoso di tutti i pesci secchi. Gli spagnuoli danno 29 )( 194 )( anche il medesimo nome a una specie di Pleuronette , che si pesca negli stessi mari. 6. Il Tollo, Squalus Fernandinus, UM. è una specie di Pesce cane-dì tre piedi incirca di lunghezza, che frequenta spe- cialmente le Isole di Gio: Fernandes, dove se ne secca una gran quantità. Esso non è rimarchevole nè per la sua carne che è di poco sapore, nè perla sua forma che è simile a quel- la degli altri squali, ma per due spine che ha sul dorso, come lo Squalo Acantia, le quali sono triangolari, ricurvate verso la punta, dure come l’ avorio, lunghe due pollici e mezzo , e Jarghe in ciascun lato da cinque linee. E opinion comune ve- rificata da D. Antonio Ulloa nel suo viaggio al Mar del Sud, che queste spine sieno efficaci contro il dolore di denti. Si tie- ne per poco appoggiata al dente addolorato la punta di una di queste spine, e in capo di mezz’ ora si sente, come si preten- de, cessato il dolore Mentre la spina sta in bocca si osserva, che la parte spugnosa della base si goufia a poco a poco, e di- venta morbida. Ciò non può attribuirsi, come dice 1° Ulloa, al- la saliva, perchè lo smalto della punta appoggiata è durissimo, sicchè non può essere penetrato così abbondantemente se non dell’ umore corrosivo che cagiona il dolore attirato dalla sostan- za interna dell’ osso. 7. Il Pesce gallo, Chimera Callorynchus , messo da Linneo nell’ ordine degli Anfibj nuotanti, ha da due in tre piedi di lunghezza. Il suo corpo è rotondo, più grosso nel mezzo che nelle estremità, e va ricoperto di una pelle turcliniccia senza squame. La sua testa è corredata di una cresta cartilaginosa , che si prolunga cinque o sei linee al di là del labbro superio- re. Ciò gli ha fatto dare il nome di pesce Gallo: gli Araucani lo chiamano Chkalhua Aciahual, che vale lo stesso. Le sue a- lette sono cinque; la dorsale, che principia dietro la nuca e termina nella metà del dorso, è assai grande triangolare, e si appoggia ad una grossa spina lunga cinque pollici, che oltre- passa l’ angolo acuto della medesima ala. Questo è l’unico os- so, che trovasi nel corpo di questo pesce ; tutto il resto è car- tilaginoso. La colonna vertebrale stessa non è che una sorta di cartilagine senza midolla, senza cavità, e senza nervi, come ap- punto quella delle lamprede. Le altre quattro alette sono si- tuate presso le branchie, e sotto l’ ano. Le anali sono gemi- nate , il che è raro fra i pesci. La coda è fatta in forma di falce colla punta ripiegata verso il ventre. I Paesani sogliono X 195 )( mangiar questo pesce più per curiosità che pel suo gusto il quale è scipito, o piuttosto disgradevole. cai Le specie de’ pesci di acqua dolce non sono tanto varia- te nel Chili, quanto quelle dei marini; ma in contraccambio abbondano assai d’ individui. I fiumi, 1 laghi, i ruscelli, e perfino le piccole sorgenti, massime dal grado 34. verso il Po- lo, albergano una quantità incredibile di questi viventi . Le specie più stimate, che vi si trovano, sono le Trote, le Lise o Cefali, i Ciprini detti Pesci re, e i Bagri o Siluri. Le Tro- te, Salmo Fario L. vi sogliono aver sino ad un piede e mezzo di grandezza. Si apprezzano più delle altre per la loro dilicatez- za quelle, che si pescano nel Fiume ftioclaro della Provincia di Maule. Le acque dello stesso fiume somministrano in abbondan- za i Muggini detti uthempe, o Lise, Mugil Chilensis, Diz. ch. egualmente dilicati, i quali si differenziano dai Cefali di Euro- pa nell’ aver soltanto un’ aletta dorsale . Se ne trova un?’ altra specie nel mare di sapore assai inferiore , la quale mi parve poco diversa dell’ Europea. I Pesci-Re si dividono in varie specie. La 1. è il Pesce-Re comune ,° Cyprinus Regius, che si è meritato questo nome per 1’ eccellenza della sua carne: è presso a poco della grandezza dell’ aringa: il suo corpo è cilindrico con le scaglie dorate sul dorso e argentate su i fianchi: ha il muso corto ottuso senza denti, e gli occhi gialli coll’ iride purpurea ; le sue ali sono molli di color gialligno, e la dorsale si stende dalla testa sino alla coda, la quale è bipartita. Questo pesce è sì abbondante non meno nelle acque dolci che nelle marine, dove s° intro- duce per le imboccature dei fiumi, che i pescatori sogliono dar- ne sessanta, ed anche cento per un mezzo paolo . La 2. è il Cauque, Diz. Chil. Cyprinus Caucus , lango un piede e mez- zo, di color di argento, fornito di alcune tuberosità verso le branchie, e di 13 raggi nell’ aletta anale : la sua coda è bifi- da. La 3. è il Malche, ib. Cyprinus Malchus, poco minore del Cauque , di color turchiniccio con l’ aletta anale composta di diciotto raggi, e la coda parimente bifida. La 4. è il Juli, ib. Cyprinus Julus, lungo una spanna, rigato d’ oro e di turchi- no, distinto dagli altri pei dieci raggi dell’ aletta anale, e per la sua coda lobata. 196 Il Bagre o Luvyr, ib. Silurus, al. Pimelodes Chilensis ; ha la pelle liscia senza scaglie, bruna sui fianchi, biancastra sotto il ventre, e rassomiglia assai per la figura ai Girini, o larve de’ ranocchi; la sua testa è troppo grossa relativamente al corpo, il quale è lungo al più undici pollici : il suo muso è ottuso, e va fornito di quattro cirri o peli, e la sua coda lanciolata. La puntura della spina, che trovasi nella sua ala dorsale, non è velenosa, come dicesi essere quella dei Bagri, che crescono fra i Tropici. La sua carne è gialliccia, e una del- ie più dilicate che possano darsi tra i pesci. Se ne ritrova nel mare un altra specie o piuttosto una varietà di color nero, al- la quale l’ equipaggio del Lord Anson diede il nome di Spaz- zacammino . Le Anguille non si propagano che nei fiumi delle contra- de Araucane, nei quali ve ne ha una gran quantità: gli abi- tanti le pescano con una specie di paniera, che mettono con- tro la corrente dell’ acqua. Nel fiame To/tén, che traversa il medesimo paese, si trova un pesciolino nominato Puje, il qua- le è talmente diafano, per quanto assicurano quelli che 1’ han- no osservato, che mettendone parecchi insieme l’uno sopra l’al- tro, si veggono attraverso distintamente gli oggetti, che si pon- gono di sotto. Se una tal proprietà non è esagerata, questo pesciuolo potrebbe ben servire a svelare i segreti della dige- stione e il corso degli umori. I Nazionali assicurano, che in certi laghi del Chili si tro- va uno smisurato pesce o drago, a cui danno il nome di Ghy- ryvilu, cioè a dire Vulpangue o Volpe-biscia, il quale, al dir di loro, è antropofago, e perciò si astengono dal bagnarsi nell’ acqua di quei laghi. Essi però non. sono d° accordo sulla figu- ra; che pretendono di attribuirgli: ora lo fanno lungo come un. serpente colla testa di Volpe, ed ora quasi circolare come un cuojo vaccino disteso. Se così fosse, verrebbe ad essere una spe- cie di Manta, o di razza mostruosa; ma è ben da credere, che un tal vivente non goda altra esistenza che quella della Idra Lernea, o del mostro nottambolo immaginato, pochi anni so- no, da un paesano Chilese per liberarsi da un incomodo Vici- no, e descritto in quasi tutti i fogli pubblici di Europa come realmente esistente in un lago del Chili. }{ 197 )( SS La Classe degli Uccelli dopo quella degl’ insetti è la più proveduta di specie fra gli animali Chilesi. Le specie terrestri e acquatiche finora conosciute arrivano a dugento trentacinque. Il genere solo dei Lari contiene ventisei, o ventisette specie differenti, e ve ne ha molti altri generi, che gli sono poco in- feriori di numero. Il Cielo di quel littorale si vede spesso oscu- rato dai prodigiosi stormi di uccelli, che vi si radunano per dare la caccia ai pesci, che si accostano alla riva, o che but- ta fuori il mare. Il Cap. Cook nel suo terzo viaggio intorno al Globo avea già osservato , che le specie degli uccelli al di là del quarto parallelo dell’ Emisfero australe erano molto più nu- merose, che nella medesima latitudine dell’ Emisfero settentrio- nale . La vasta montagna della Cordilliera è, per così dire, il Se- minario degli uccelli terrestri e fluviali, dove essi in gran par- te si ritirano in primavera per attendere con più sicurezza al- la propagazione. Quindi al primo arrivar delle nuove nevi ri- tornano alle pianure e al monti marittimi accompagnati da una infinita discendenza . Al soggiorno , che essi fanno su quella montagna sempre coperta di neve, attribuir si deve la differen- za di colori, che si vede in molti individui della medesima spe- cie. Io vi ho veduti uccelli affatto bianchi di tutte le specie diversamente colorite . I viventi di questa classe non sono tutti differenti da que- sti, che propagansi in Italia, come vorrebbero quelli, che cre- dono impossibile il passaggio degli animali selvaggi dal Vecchio Continente all'America meridionale contro 1’ evidenza dei fatti. Tra gli uccelli specialmente si trovano molti, che in nulla si distinguono dai loro congeneri europei. Tali sono le folaghe , gli smerghi, i pivieri, le beccaccie , i beccaccini, le gallinelle, i falconi, i nibbi, gli astori, i gheppi, gli uccelli notturni, i corvi, i colombi torquati, le tortorelle, 1 tordi, i merli, i pic- chi, le rondinelle, le pernici, le galline domestiche , ec. Oltre questi uccelli identici o analoghi agli europei, di cui non è d’ uopo che io mi trattenga a farne la descrizione , il Chili ne ha molti altri, che meritano una particolar menzione; ma per non eccedere i limiti, che m° impone la natura di que- sto compendio , mi ristringerò a descrivere soltanto i più sin- ){ 198 ){ golari, dividendoli in tre ordini, cioè in Palmipedi, in Gralle, e in Fissipedi . I Palmipedi, come è noto , sono quelli che han- no le dita unite insieme per mezzo di una membrana , e sog- giornano nel mare o nei laghi, ove si nutrono di pesci e d° in- setti acquatici: tali sono i seguenti . 6. XIV. 1. L’Anitra Reale, Anas Regia, Frez. è più grossa dell’ anitra domestica; ha la testa bruna ornata di una cresta rossa pendente sulla fronte, e il collo di una collana di belle piume bianche : le piume superiori delle ali, e quelle del dorso sono turchine variate di rosso, e tutta la parte inferiore biancastra. La sua carne è molto stimata . 2. L’Anitra speronata, Anas picta, Lath. il maschio ha la testa, il collo, il ventre, e le coperture delle ali bianche, il dor- so cenerino rigato trasversalmente di nero, le penne delle ali e della coda, il becco, e i piedi neri, la piegatura delle ali ar- mata di uno sprone ottuso osseo. La femmina è grigia, e pro- duce sei uova: è poco minore dell’ anitra reale, e di sapore e- gualmente buono. Alcuni la ripongono fra le Oche, ma essa non ha i caratteri, che distinguono queste dalle Anitre, cioè il becco semicilindrico un poco ottuso unguicolato, gonfia alla base , coperto da una epidermide, e seghettato col pezzo supe- rior convesso, e l’inferiore piatto, il corpo più grosso, e le gam- be situate più in alto. Le seguenti partecipano di queste pro- prietà . 3. La Coscoroba, Anas Coscoroba, Diz. Chil. è commen- dabile tra le Oche non meno per la sua grandezza che per la facilità, con cui si addomestica, affezionandosi per modo a quel- li che le danno da mangiare, che li seguita da per tutto. Ella è interamente bianca a riserva dei piedi e del becco che sono ross, e degli occhi che sembrano affatto neri. Il Cage, Anas hybris, Diz. Chil. è anche una sorta d° Oca, che abita i mari delle Isole di Chiloe, e intorno allo stretto di Maire, dove l’osservò il Cook, la quale non è rimar- chevole per altro se non per la totale differenza di colore , che passa fra il maschio e la femmina. Il primo è rivestito di bian- chissime penne, ed ha il becco e 1 piedi gialli. La femmina è tutta nera a riserva di qualche filetto sottilissimo bianco che orla l'estremità di alcune delle sue penne alari; il suo becco )( 199 )( e i suoi piedi sono rossi. In vista di tale diversità ho dato a uesta specie l’epiteto d’kydris, o sia mulata, come provenien- e da un bianco e da una negra. Tutteddue sono. della gran- dezza dell’ Oca domestica, ma hanno il collo più corto, e le ali e la coda più lunghe. Malgrado un divario sì grande di co- lore questi due indivisibili compagni si amano teneramente, nè mai si adunano in branchi con gli altri uccelli della loro spe- cie. Ogni coppia si porta al mare da sè sola in cerca del vit- to, e giunto il tempo della covatura si ritira in quelle rive, dove la femmina viene a scaricarsi di sei, ovvero otto uova bianche in un buco scavato nella sabbia. 5. L’Oca dispari, Anas dispar ; il maschio di questa spe- cie si diversifica ancora notabilmente nel colore dalla sua fem- mina. Questa ha la testa cenerina, il collo grigio, il dorso bru- no, il ventre nero, le grandi penne delle ali brune, il becco, e 1 piedi gialligni . Il maschio è affatto bianco, ed ha il becco nero e i piedi gialli. Potrebbe darsi che essa non fosse che una varietà della precedente, ma oltre che questa Oca è più piccola, cerca ancora di soggiornare in luoghi separati . 6. La grand’ Oca rigata , Anas magellanica , Lath. è più grossa dell’ Oca comune, ed ha il collo di color rosso porpori- no, il dorso e il petto rigati di nero sopra un fondo bigio , il ventre similmente strisciato sopra un fondo biancastro , le pen- ne superiori delle ali bianche, la coda nera, e i piedi gialli. 7. Il Cigno testa nera, Anas Melancorypha, Bougainv. è a un dipresso della grandezza del Cigno Europeo, a cui rassem- bra di molto per la forma e pel gibbo del becco, ma si di- stingue pel colore delle piume, che cuoprono lasua testa fino alla metà del collo, le quali sono di un bel nero vellutato, men- tre tutte le altre sono di un bianco rilucente: i suoi piedi so- no di color di carne. In quei laghi e fiumi si trova anche il bel Cigno bianco d’ Europa, nella struttura del quale non po- tel ravvisar la menoma differenza. Questo mutolo cantor dei Poeti, vi produce sei piccoli, che non abbandona mai nel ni- do, e quando va a procacciarsi il vitto, se li reca tutti sul dorso. | 8. Il Thage, Pelecanus Thagus, Diz. Chil., chiamato da- gli Spagnuoli Alcatraz, è una specie di Onocrotalo o di Pelli. cano , di color bruno, notabile per la enormità del suo gozzo. il suo corpo non è più grosso di quello dei gallinacci, ma il suo collo è lungo un piede, e le gambe hanno ventidue polli- X 200 Y{ ci di altezza; la testa è abbastanza grossa per sostenere vin bec»- co di circa un piede di lunghezza , e di cinque pollici di gros- sezza nella sua base : i due battenti di questo becco sono ri- tagliati a foggia di sega, e incurvati verso la punta. Ciò di- stingue specialmente questo Pellicano d’ America dall’ orienta-. le, il quale ha il becco tagliente bensì, ma intero nei suoi con- torni. Il battente inferiore è composto al solito di due pezzi congiunti nella punta, i quali sono pieghevoli ed elastici , e spandendosi nella base vi lasciano un’apertura, che conduce al gozzo : questo gozzo, che è un prolungamento della pelle del- la mascella inferiore e di quella del collo, è composto di una membrana carnosa, capace di una prodigiosa estensione, € ri- coperta di una piuma corta fina e di color grigio . Qualora siffat- to gozzo è vuoto appena si vede, ma quando l’uccello lo ha riempiuto di abbondante pascolo, è cosa sorprendente il vedere la quantità di pesci parte interi e parte spezzati, che vi porta per cibare i propri figliuoli, i quali per l’ordinario non sono più di cinque. La natura sempre attenta ad accomodare i mezzi ai fini, lo fornì di due grandi ali di nove piedi di estensione cor- redate di lunghe penne, senza l’ajuto delle quali non potrebbe sostenere un peso sì enorme: la sua coda però è assai corta e ri- tondata, e i piedi hanno quattro dita unite dinanzi da una forte membrana. Il Thage è un uccello malinconico e pigro: abita per lo più sulle rupi marine, ove fabbrica il suo nido, nel quale depone quattro o cinque uova. I Naturali del paese adoperano il suo gozzo ben conciato per tenervi il tabacco da fumare, ed anche per farne dei fanali, o lanterne, perchè essendo ben disteso è così trasparente come la carta. To ho veduto di que- sti fanali di un piede e mezzo di altezza fatti colla pelle di un solo di questi sacchi o gozzi. Le penne delle sue ali sono migliori di quelle delle Oche e de’ Cigni per iscrivere . 9. Il Pellicano tubercolato, Pelecanus Carunculatus Lath. lungo due piedi tre pollici, nero di sopra, bianco di sotto , cinto di una striscia bianca sulla copertura delle ali : ha la testa compressa nuda rossa caroncolata sui fianchi, e le orbite de- gli occhi colorite di un bel turchino, e sormontate da un tu- bercolo rosso. Si vede qualche volta sulle coste del Chili : il suo soggiorno ordinario è intorno alle Isole degli Stati e del Fuoco, dove vive in società. 10. Il Pellicano crestuto, Pelecanus cristatus , Lath., po- co minore del precedente di color verde brillante , ornato di N 201 )( un bel pennacchio composto di lunghe penne nericcie penden- ti sul dorso ; le sue ali sono ornate di porporino cupo; il ven. tre, il beteo, e i piedi neri, e la coda di un verde oscuro. Abita sulle rupi marine dello Stato Araucano. ir. Il Pellicano eritrocefalo , Pelecanus magellanicus Lath., è della stessa grandezza , e presso a pouco dello stesso colore del Pellicano caruncolato, ma i lati della sua testa, sebbene nudi, e rossi, non sono corredati nè delle caroncole, nè delle tuberosità, che distinguono il primo . Il suo corpo è nero di sopra , € bianco di sotto . Ha il becco, e i piedi neri , Si vede A sulle Coste del Ghili. . II Quetbu, o Uccel bambino massimo, Aptenodytes maxima, patagonica Lath. Y Chilesi chiamano Uccelli bambini er la loso maniera vacillante di camminare i Pinguini, che abitano sulle loro coste, i quali si differenziano dar Pinguini , o Alche dei mari settentrionali in diversi caratteri, e special- mente nell’ avere ai piedi quattro dita tutte davanti riunite da una membrana . IÎ Linneo gli aveva messi sotto il suo genere Diomedea. Gli Ornitologi moderni ne hanno formato il genere Aptenodytes, sotto il quale si comprendono molte specie, tut- te proprie dei mari australi. Questi curiosi uccelli, che sono presso a poco della grandezza delle anitre domestiche , hanno in vece delle ali da membrane , o notatol pendenti coperti al di sopra di piccole piume, che sembrano a prima vista sca- glie, i quali servono loro per nuotare, non già per ergersi a volo. Siccome sono podicipedi, cioè a dire, hanno i piedi si- tuati vicino all’ ano, così camminano sempre diritti colla testa elevata, piegandola ora alla destra, ora alla sinistra per con- servare l’ equilibrio nella loro stazione pressochè verticale, co- me ben osserva intorno alla struttura di tali bipedi 1° illustre Professor Germano Azzoguidi ne’ suoi spiritosi Discorsi di Ana- tomia comparata . Benchè siano eccellenti notatori, tuttavia quando il mare è in fortuna non possono resistere all’ impeto delle onde; quindi avviene, che d’inverno se ne trovano mol- ti affogati, e gettati dal mare sulle rive. 1 viaggiatori lodane la loro carne, ma io non lho mai assaggiata, nè so che al- cuno la mangi nel Chili. La loro pelle è grossa quasi come quella del porco, e siccome è rivestita di una morbida lanu- gine, le paesane ne fanno dei manicotti . Depongono le loro uova nella sabbia fra i cespugli, o sotto le rupi s le quali so- no di color bianco spruzzato di macchie nericcie, e gialligne , 20 )( 202 e un poco più grosse di quelle delle anitre, ma in piccol nu- mero. ll più grosso di questi Uccelli è quello, che abbiamo no- minato di sopra . Esso ha quattro piedi incirca di lunghezza, e pesa più di 32 libbre. Il sno becco, lungo quattro pollici e mezzo, è nero superiormente, e gialligno alla punta: la testa, i collo, la gola sono di color bruno carico; il dorso è cenerino, come pure le coperture delle ali, le penne delle quali hanno dei riflessi turchinicci. Una linea gialla orlata di nero contor- na di sotto gli occhi. Il suo ventre è bianco, e i piedi neri. Soggiorna volentieri intorno alle Isole dell’ Arcipelago di Chi- loe , e verso lo stretto Magellanico . 13. Il Quethu testa Turchina, Aptenodytes cranocephala ; Papua Lath.è lungo due piedi; ha la testa e il collo di colo- re azzurro con una macchia bianca semicircolare alla cima del- la testa; il dorso e la coda sono neri; il petto e il ventre bian- chi: le penne delle ali variano dal nero al grigio e al bianco: il becco e i piedi sono rossicci, e l’ iride gialla. Si trova nei mari d’Arauco e nelle Maluine . 14. Il Quethu Saltellante, Aptenodytes saltatrix ; Chryso- come Lath. lango un piede e mezzo; nero di sopra, bianco brillante di sotto; becco rosso ; occhi sormontati da una linea bianca gialliccia; testa coronata da due piccoli ciuffi di peli gialligni; cammina saltellando, onde gli è derivato il nome ; abi- ta negli stessi luoghi . 15. Il Quethu fasciato, Apterodytes precincta; Magella- nica Lath. più grosso del precedente, e presso a poco dello stesso colore : becco nero ; mandibola inferiore troncata: occhi soprassegnati da una striscia bianca: petto bianco cinto da una banda nera: dimora nel Chili australe e nello stretto Magella- nico . i 16. ID Quethu lanuginoso, Aprfenodytes Chiloensis, Diz. Chil. è grande quanto l’ anitra domestica; ha le alette quasi nude, e il corpo rivestito di una piuma folta lunga e di color cenerognolo , arricciata e morbida che pare lana. Gli abitan- ti dell’ Arcipelago di Chiloe , ove se ne trova un gran numero, filano questa piuma, e ne fanno dei panni da letto assai sti- mati . 17. il Quethu comune, Aptenodytes Chilensis Lath., sì rin- contra in tutta la costa del Chili, e si accosta più degli altri verso il Tropico; è grande quanto il precedente, ma ha il col- lo più lungo, la testa più compressa , e il becco più sottile de- gli altri suoi congeneri ; le piume, come pure le penne delle ali, sono grige variegate di turchino : quelle del petto e del ventre sono bianche. Si distingue ancora dalle altre Apteno- diti nella forma dei suoi piedi, i quali non hanno che tre di- ta col rudimento del quarto, e perciò da prima 10 l'aveva mes- so trà le Diomedee seguendo il Linneo, il quale sembra avervi aggregato le Aptenoditi da lui conosciute, come dianzi si è ac- cennato . Dr Gli uccelli seguenti occupano il luogo di mezzo tra i Pal- mipedi e i Fissipedi: le loro dita sono generalmente unite da membrane dimezzate . Hanno le gambe più o meno spogliate di penne, ed assai lunghe, onde vengono denominati Gra//e o Piedilunghi. I loro colli e i loro becchi sono parimente pro- lungati; vivono di pesci e di verini in siti umidi e paludosi. 1. Il Fiammingo, Phoericopterus Chilensis , Oval. Stor., è uno dei più begli uccelli, che si veggano nelle acque dolci del Chili non solo per la sua grandezza, che pei vivo color di fuo- co delle, piume, che gli cuoprono il dorso e la parte superiore delle ali: questo bel colore campeggia mirabilmente sul bian- co brillante del resto delle sue penne. La sua altezza dalla punta del becco sino all’estremità delle unghie è di cinque pie- di; ma il suo corpo per sè stesso non occupa che la quinta parte di questa dimensione : la sua testa è piccola bislunga e fornita di una specie di cimiero : gli occhi pure sono assai pic- coli, ma vivi: il becco è dentellato, curvo verso la punta, lun- go da cinque poici, e ricoperto da una pellicola rossa : i pie- di hanno quattro dita per ciascheduno, tre palmate dinanzi, e uno libero di dietro: la coda è corta e tonda:le sue ali, pro- porzionate alla mole del corpo, hanno le. penne maestre affat- to bianche, e non nere, come sono quelle del Becharx, o Fiam- mingo delle altre parti dell’ America, il quale si trova -anche in qualche lago del Chili, ma non mai in sua compagnia . Si dice, che questi uccelli quando sono piccoli sieno di color gri- gio, ma io che ne ho veduti dei grandi e dei piccoli gli Lo trovati tutti a un dipresso dello stesso colore, meno vivo in verità nei giovani. Si dice ancora, che uno di loro si ponga in sentinella mentre gli altri vanno cercando il nutrimento , ma confesso, che questa particolarità è sfuggita alle mie osser- 204 )( vaziogi. È ben vero però che essi stanno sempre all’ erta , e che difficilmente si presentano a tiro di schioppo. Siccome que- sti uccelli sono un pò troppo alti di gambe per poter comoda- mente covare le loro uova , così costruiscono il loro nido di fango alto un piede e mezzo sul livello dell’ acqua, dandogli la forma di un cono troncato : nella cima di questo cono} che è scavata a foggia di scodella , dopongono due uova bianche sopra un letticciuolo di morbide piume . Quando le covano po- sano 1 piedi in terra, e appoggiano il groppone sut nido tenen- do il corpo diritto in maniera tale, che sembrano esservisi po- sti a sedere. Gli Araucani fanno particolare stima delle belle penne di questi uccelli, e se ne servono poi per adornare i lo- ro cimieri, e le loro lance. 2. Il Pilla, Tantalus Pillus, Diz. Chil., è una specie d’/bi di color bianco inferiormente e nero di sopra, che abita nei fiumi e nei laghi. Fra tutti gli uccelli acquatici questo è con- siderabile per "Ta sproporzionata altezza delle sue gambe , che sono lunghe due piedi ed otto pollici, comprese le cosce, per- ciò i Nazionali danno il soprannome di /7//x a quelli tra loro, che hanno questa parte del corpo eccessiva. Le medesime gam- be sono poi ignude fin sopra il ginocchio. Il corpo però non corrisponde alla sua base, essendo meno grosso di quello dell’ Oca: il collo ha due piedi incirca di lunghezza, e un piccol gozzo sguernito di piume : la testa è mediocre , il becco grosso convesso appuntato lungo quattro pollici, e ignudo sino alla fronte : i piedi sono tetradattili , © divisi in quattro dita, tre delle quali nella loro base si congiungono per mezzo di una bre- ve membrana. La coda è corta e intera come quella della mag- gior parte degli uccelli acquajuoli. Gli Spagiuoli lo chiamano Ci- cogna Chic, ma esso pei caratteri menzionati è assai diffe- rente dalle Cicogne. Io non l’ ho veduto mai posarsi sugli al- beri, nè su i luoghi alti. Egli dimora sempre ne’ pantani ne” laghi ed in altri un umidi, ove si sostenta di rettili. Si anni- di fra i giunchi, e fa due uova di color bianco che tira all’ azzurro . 3. L’ Airone testa turchina, Ardea Cyanocephala, ha il collo e le gambe lunghe col dito intermedio dentellato come gli altri volatili del suo genere, € il corpo non maggiore di quello d’ un pollastro. Le piume della sua testa, sopra la qua- le formano un piccol pennacchio, sono di un bei turchino; le penne delle ali nere orlate di bianco. Il resto del corpo è pia- (205 )( cevolmente coperto di piume turchine, cenerine, gialle, bru- ne, e verdi : questo Airone è stato descritto ancora da Feuillée. 4. L’ Airone col pennacchio rosso, Ardea Erythrocephala, Vid., è della medesima grandezza, ma ha il corpo bianco spruz- zato di macchie cenerine, e la testa ornata di un bel pennac- chio rosso, che gli casca sul dorso. 5. L’ Airone biancastro , Ardea Galatea, è di color di lat- te col becco giallo luago quattro pollici, e le gambe cremesi- ne: queste gambe come pure il collo hanno due piedi e sette pollici di altezza. Feuillée, che vide questo bell’ airone nella Baia di Coquimbo , gli dà l’epiteto di ammirabile. 6. L’ Airone bianco, Ardea alba, Ligthula Diz. Chil., è totalmente di color bianco di neve , e porta sulla testa un bel ciuffo dello stesso colore: il becco e le gambe sono di un gri- gio oscuro. La Sgarza, Ardea Cinerea, e la Garzetta, Ardea garzetta , visono ancora comuni: questa ultima arriva sino al- le Isole Maluine , dove la vide Bougainville. I Chitesi chiama- no in generale 7%u/a gli Aironi, e ne distinguono le specie con epiteti espressivi delle loro differenze. 7.Il Teghel, Parra Chilensis; Diz. Chil. Oval.; in quasi tutta l'America si trovano certe gallinelle con le ali armate di forti sproni ossei chiamate nel Brasile, dove sono assai comu- ni, Jacane, e nelle altre Provincie con differenti nomi. Que- sta del Chili è a un dipresso grande come una Gazza, ma più alta di gambe: ha la testa nera ornata di un piccolo pennac- chio, il collo il dorso e la parte anteriore delle ali di color violetto, la gola fino alla metà del petto nera, il ventre bian- co, ele penne delle ali come ancora quelle della coda, che so- no assai corte, di un bruno carico: la sua fronte è guernita di una piccola carnosità rossa; gli occhi hanno l’ iride gialligna , e la pupilla bruna: il beceo è conico un poco ricurvato verso la punta, e lungo due pollici incirca: le narici sono bislunghe, e le gambe senza piume fin sopra il ginocchio : i piedi hanno tutte le quattro dita libere e convenienti, non isproporzionate come quelle delle Brasiliane. Gli sproni spuntano non dall’ es- tremità delle ali, come si suppone comunemente, ma dalla pun- ta del gomito, ossia dall’ articolazione del braccio col cubito. Essi sono giallognoli conici di natura ossea, grossi alla base tre linee, e lunghi un mezzo pollice. Trovandosi questo Uccello così ben armato si difende con vigore da tutti gli animali, e li rispinge percuotendoli furiosamente con i suoi pungitoi . }( 206 )( Quantanque abbia le dita ben fesse, non si posa mai su gli al- beri, nè ama di stare nei luoghi elevati, ma sempre soggiorna nelle pianure, dove si nutrica di vermi e d’insetti: nidifica fra le erbe, e fa soltanto tre uova un poco più grandi di quelle delle pernici, e di color fosco variato di nero , le quali sono più saporose di quelie delle galline. Il maschio e la femmina si tengono sempre compagnia, e di rado si veggono a branchi. Quando si accorgono, che qualcheduno va in cerca delle loro uova, si ritirano chetamente più che possono lontano dal nido, appiattandosi fra le erbe, nè si manifestano che a certa distan- za, senza mostrar frattanto inquietudine alcuna; ma allorchè veggono il predatore approssimarsi al lor caro deposito, vi si spingono contro con furia incredibile. Questa proprietà, che gli è comune col Vanello, e la maggior parte de’ caratteri sopra- esposti, mi avevano da prima determinato a porlo nel medesi- mo genere, denominandolo Tringa Chkilensis, ma la piccola car- nosità della sua fronte m° ha obbligato a lasciarlo nel genere Parra, dal quale però si scosta per la modicità delle sue dita. ÌÈ stato osservato, che questi volatili non gridano mai in tem- po di notte, se non quando sentono passar qualche persona : perciò gli Arancani sì servono di essi in tempo di guerra, co- ine di tante sentinelle vigilauti a scuoprire le sorprese dell’ini- mico. Ne’ tempi andati 1 Signori di quelle Città si divertiva no nel dar la caccia a questi uccelli coi falconi addestrati, ma ora gli ammazzano collo schioppo . La lero carne non è infe- riore a quella della beocaccia . SX Gli Ornitologi chiamano Uccelli fissipedi quelli che han- no le dita sciolte, e non unite da membrane. Essi vevono per lo più nelle pianure e nei boschi, e si nutrono di fratti, d’ in- setti, o di carne. Quest’ordine comprende gli uccelli di can- to armonioso e di miglior sapore. Noi li dividiamo in due Se- zioni; la prima contiene gli uccelli di piccol mole, e la secon- da i grandi. In questo paragrafo tratteremo dei primi, e nel seguente dei secondi . 1. Le Pigde, Diz.Chil., 00.) sono i brillanti uccellini co- nosciuti in altri paesi coi nomi di Colibri, Uccelli mosche , Bec- ca-fiori, Mellisughi, Mellivori, ec. Io non credo, che si trovi- no degli uccelli, a cui sieno stati applicati tanti nomi diversi }( 207 )( come a questi; perchè infatti essi sono piccoli capi d’ opera della natura . Il Linneo ne formò un genere a parte sotto il no- me di Trochilus, al quale riferì ventidue specie tutte origina- rie dell’ America . Gli Ornitologi moderni gli hanno suddivisi in due famiglie, cioè in Uccelli mosche , e in Colibri, distin- te per la forma dei loro becchi. Gli uni e gli altri, general- mente parlando, hanno il corpo piccolissimo , il collo corto, la testa proporzionata, gli occhi neri e vivi, il becco grosso co- me uno spillo e lungo quanto il corpicciuolo, la lingua forcu- ta, o piuttosto composta di due fili formanti un tabo, la co- da fornita di dieci penne, che uguagliano in lunghezza il re- sto del corpo, e le ali grandi per modo che le loro penne mae- stre arrivano al terzo, o alla metà della coda . IL colorito poi è diverso secondo le specie, ma in generale è il più bello che immaginar si possa, concorrendovi a formarlo tale non solo lo splendore dell’ oro e delle pietre preziose, ma anche il lu- me di tutte le tinte più allegre e più vivaci delia natura .° Il brio di tali colori si avviva più o meno secondo la diversa ri- flessione della luce, o le differenti positure dell’ occhio, che li riguarda; anzi per una prerogativa speciale esso si conserva nel suo splendore anche dopo la morte dell’ uccelletto , e finchè dura il suo corpicciuolo disseccato. In somma ,, di tatti gli sy esseri animati, come ben dice il Continuatore di Buffon , questo è il più elegante per la forma, e il più brillante per li colori. Le pietre e i metalli politi dalla nostra arte non sono paragonabili con questo giojello della natura: ella lo ha collocato nell’ ordine degli uccelli all’altimo grado della sca- la di grandezza, maxime miranda in minimis. Il suo capo d’ opera è il piccolo Uccello-mosca; ella lo ha ricolmato di tutti i doni, ch’essa non ha fatto che ripartire tra gli altri ,, uccelli, leggerezza, rapidità, prestezza, grazia, e ricchezza 9° d’ abbigliamento , tutto appartiene a questo picciol favorito. Lo Smeraldo, il Rubino, il Topazio brillano sopra i suol a- biti,,. Questi vaghi uccellini si veggono nella bella stagione svolazzare come le farfalle intorno ai fiori, del cui sugo si nu- trono. Rare volte vi si fermano, e benespesso si sostengono per aria come se fossero immobili. Quando volano si sentono ron- zare come certe mosche grosse, che girano su i fiori : il loro canto è una sorta di romorio chiaro e debole proporzionato all organo che lo produce . I maschi si distinguono dalle femmine per lo smalto della testa, il quale è un aranciato sì vivo che 93 99 29 29 99 29 29 (208 Xl fiammeggia come il fuoco. Fanno i loro piceioli nidi sopra gli alberi con pagliuzze guernendoli di morbide piume, e vi de- pongono due sole uova grosse quanto un gramo di cece, di co- lor bianco spruzzato di giallo. Îl maschio e la femmina le co- vano alternativamente . Il principio della state è il tempo, in cui abbadano alla loro propagazione. Quando arriva il verno non si veggono più in quelle campagne. I nazionali tutti d’ac- cordo dicono, che essi rimangono assiderati sopra gli alberi fi- no al ritorno della Primavera . Infatti io ne trovai parecchi nel. le cavità delle rupi, ed in altri siti tramortiti secondo tutte le apparenze. Viaggiando allora con qualche fretta non potei fa- re le sperienze necessarie per accertarmi del loro vero stato. Nè vale il dire, che essi forse erano morti a cagione dell’ ec- cessivo rigore della stagione, o della mancanza del solito vitto, perchè come abbiamo detto altrove , il freddo durante l’ inver- no vi è moderatissimo massime nelle Provincie vicine al ‘fro- pico, dove si trovano dei fiori tutto l’anno, ed ove cionnostan» te succede lo stesso fenomeno . Nel nuovo Dizionario di Storia naturale sì condanna come erroneo ogni racconto di Uccelli assiderati ad onta dell’ autore- vole asserto del Cel. Barrinton, il quale sostiene coi dotti Ac- cademici di Boston, che le rondini dormono tutto il tempo dell inverno. La negativa si fonda sull’ esuberanza di calore, di cui sono dotati gli Uccelli sopra gli altri animali. Io però non cre- do, che la diminuzione del caldo sia la causa di questa affezio- ne letargica. Il Riccio terrestre si assidera egualmente nel Se- negal, dove la temperatura dell’ Inverno è assai più calda di quella della State più ardente dell’ Europa. Non di rado oc- corre , che la Primavera sia più rigida dell’ inverno; e pure gli animali non divengono allora letargici . Nel medesimo Diziona- rio si circonscrive la esistenza dei Colibri un poco più al di là dei Tropici, ma essi non temono di estendersi sino allo Stretto Magellanico e all’ Isola del Fuoco situata a gr. 54. di lat. au- str., dove gli osservò nel 1780 | Ammiraglio Cordova citato dal Baron d’ Humboldt . Questi uccelli, come abbiamo detto, si dividono in due famiglie, cioè in Uccelli-Mosche e in Colibri. i primi hanno il becco diritto, i secondi curvo. Il Chili ha due specie della prima famiglia, e una della seconda. Il primo Uccel-Mosca chi- lese non mi parve diverso dal Trochilo minimo del Linneo: il suo color dominante è un verde brillante, che pare invernicia- )( 209 )( to: la testa e il collo sono di un bruno violetto con riflessi metallici. Questo è il più piccolo degli Uccelli conosciuti ; il suo corpicciuolo vestito delle sue penne non pesa più di tren- ta grani ; al vederlo volare sembra un calabrone. Il secondo, Trochilus cranocephalus, ha la testa turchina indorata, il kol lo e il dorso di un verde similmente dorato e trasparente; il ventre rosso gialligno ; le penne delle ali e della coda azzurre variate di porporino; il suo corpiccitolo è poco più grande di una nocciuola. Il Colibri Chilese, Trockhilus cristatus,è più gros- so dei precedenti, ma assai più piccolo del regolo comune o Forasiepe: il suo becco è curvo : la sua testa è ornata di un piccol ciuffo variegato di porpora e di oro; ha il collo e il dor- so verde; le penne delle ali come pure quelle della coda sono brune picchiettate d’oro; tutta la parte inferiore del suo cor- po è di un colore di aurora cangiante . o. IL:Siù, Fringilla AO Diz. Chil. O0.; gli Spagnuoli nominano questo Uccello Gighero, vale a dire Citdellmo. per- chè rassomiglia un poco nel colore ai cardellini d’ Europa; ma egli è più simile al canarino per la forma , per I’ eleganza, e per la grandezza del corpo : il suo becco è conico diritto acn- to bianco alla base, e nero verso la punta; il maschio ha la testa nera vellutata, il corpo giallo leggermente brinato di ver- de, di giallo, di rosso e di nero, e la coda bruna, di maniera che pare un piccol pappagallo per la vivacità e amica delle sue penne . Quando è giovine ha la gola gialla, ma passati i primi sei mesi del suo crescere, gli cominciano a spuntar sot- to il becco delle piume sottilissime piliformi di color nero, le quali a misura ch’ egli s’avanza in età, gli vanno coprendo la gola, e servono d’indizio certo per sapere 1 suoi anni. Giunto I vecchiaja, che è verso i dieci anni, ha una barba ben fol- ta, che si prolunga sino al petto. La femmina è di color ce- nerognolo con alcune macchie gialle sulle ali, non ha barba nè canta, ma zufola di quando in quando. All'incontro il ma- schio ha un canto molto armonioso, e in certo modo più grato di quello del canarino; alza dolcemente la voce, ora 1’.abbas- sa, ed ora la sostiene lungamente con graziosissimi trilli: can- ta tutto l’anno, e prende alcuna volta a contraffare il canto degli altri uccelli con una grazia singolare . Perciò è molto stimato nel Perù, dove se ne porta annualmente un gran nu- mero dal Chili. : Questi Uccelletti si veggono tutto l’anno nelle montagne =i {ero )( marittime, ma nelle pianure mediterranee non si trovano fuor- chè nel verno, perchè di primavera riternano alle Andi per badare alla propagazione della specie. Costruiscono i loro pic- coli nidi sugli alberi, munendoli di piume e di fine pagliuzze. Siccome essi non fanno che due o tre uova al più per covata, così io sospetto che covino molte volte l’anno, poichè si mol. tiplicano eccessivamente a dispetto della gran quantità, che i paesani ne prendono non meno per conservarli in gabbia, che per mangiarli, essendo la loro carne di dilicato sapore. Posti che sono in gabbia si addomesticano facilmente, e divengono eccellenti zimbelli per la caccia degli altri della loro specie. I ragazzi gli assuefanno ancora a stare in una bacchetta, sopra la quale li portano per le strade : essi vi si avvezzano di ma- niera, che quando la bacchetta loro vien tolta, la cercano in- quieti da pertutto, nè si riposano mai, finchè non l’ hanno trovata. Uno di questi uccelli, che io teneva nella mia stan- za, si era reso dopo un mese così domestico, che datagli la libertà non si dipartiva mai dal mio tavolino, se non per isvo- lazzare d’° intorno in atto di accarezzarmi: ad un mio fischio che soleva fare, egli subito si metteva a cantare, e quando io tornava a casa erano troppo parlanti le finezze , che io riceve- va da quell’ amorosa bestiuola . Qualunque sorta di minuti se- mi è il toro alimento, ma soprattutto quelli della Madia sa- tica, che amano smoderatamente . Mangiano altresì volentieri. l’erba verde, e specialmente le foglie aromatiche della Scandix Chilensis. Io credo, che l’Olioeres di Gommerson , la Mringilla granatina d° Affrica, la Fringilla Iepida o piccol cantor di Gu- ba, la fringilla psittaca della N. Caledonia siano varietà del- la medesima specie, o almeno specie molto vicine al Six. 3. La Diuca, Fringilla Diuca, Diz. Chil., è del medesi- mo genere del Sig, ma di mole un poco più grande, e di co- lor turchino nelle parti superiori del corpo e bianco nelle in- feriori. Il suo canto è delizioso massime sul far del giorno. Vi. ve come le passere intorno alle case e ne ha tutte le proprie- tà. Ve ne ha una varietà spruzzata sul ventre di rosso, la qua- le è più salvatica. A questa specie forse appartiene Îa passera turchina del Congo, il cui canto lodano grandemente il Mero/- la, e il Cavazzi. Può darsi ancora, che gli uccelli della N. Ze- landa, che al dire del Cook, formano un concento melodioso sull’ apparir dell’ Aurora, non sieno differenti dalla Dixca . Dopo il tramontar del sole si lascia veder un altro uccello di (arr )( color turchino cupo un poco più grande di questa, e perciò chiamato Dizcore, il quale mi parve una specie di Caprimnl- go. Dico mi parve, perchè non potei averlo nelle mani per esaminar. bene la sua struttura. Esso schiva quanto mai può l’ aspetto dell’ nomo . 4. Il Thili, o Chili, Turdus Thilius , Diz. Chil., è una specie di tordo, che senibra aver dato , come abbiamo accen- nato altrove, il nome a tutto il Regno . Pare che il Linneo appresso il Feuillée descriva la femmina, denominandola Tur- dus plumbens, il cui colore in vero è cenerino o piuttosto Di- gio; ima il maschio è nero, fuorchè nella parte inferiore dell’ omero, ove ha una gran macchia di un bel giallo: il suo bec- co è diritto acuto, grosso alla base, di color nero grigiastro ; ha la pupilla nera cinta di bruno rossigno , e le gambe rosse con gli artigli armati di unghie nere uncinate . E presso a po- co della grossezza del tordo viscivoro. Se ne trova una varie- tà con alcune delle penne delle ali e della coda orlate di bian- co. Nidifica sugli arboscelli vicini alle acque correnti, fabbri- cando; come la maggior parte degl’individui di questo gene- re, il suo covacciuolo di fango, ove deposita le sue nova, che non sono mai più di tre o quattro . Il suo canto è dolce , ar- monioso, e continuato, ma non si costuma di allevarlo in gab- bia, nè di mangiarlo per certo odore dispiacevole , che esala : perciò non venendo molestato dai Cacciatori, abbonda incre- dibilmente in tutto il paese. 5. Il Curen, Turdus Cureus, Diz.Chil., è un uccello, che tiene il luogo di mezzo tra lo storno e il merlo; ma di manie- ra che più s’ accosta a questo, che a quello. E grande quan- to il tordo musico, ma è più basso di gambe, ha il becco un poco angoloso e curvo verso la punta, e le fauci fornite di alcuni peli, le narici coperte di sopra da una piccola membra- na, le dita disposte come quelle degli altri tordi, la coda lun- ga quattro pollici, e cuneiforme . Tutte le sue penne sono di un nero rilucente; il becco , gli occhi, i piedi,.le unghie, la carne, e in gran parte le ossa sono ancora di color nero. Que- sta proprietà rion gli è privativa . Si trovano in Asia, in Af- frica, ed anche in America certe specie di galline dette Ne- gresse , che partecipano della medesima qualità e costituzione. Anche questo uccello è assai stimato pel suo canto così armo- nioso e continuato, che reca maraviglia come possa sostenerlo tanto col fiato; ama ancora esso d’ imitare il canto degli altri Xara X uccelii, e domesticato impara facilmente a proferir le parole . Si alimenta di grani, di vermi, e di carne; perciò dà la cac- cia ai piccoli uccelli, di cui mangia con piacere il cervello . Malgrado questo suo genio di rapina non ho veduto mai un volatile, che si domestichi con tanta facilità. Preso fra le sel- ve, e posto in gabbia comincia di lì a poco a mangiare , e nel dì vegnente si mostra così allegro e contento della sua sorte che si mette a cantare. Alcuni gli tagliano le ali, e lo lascia- no in libertà nei giardini, ove arrampicandosi su per gli albe- ri vi canta graziosamente . Gl’individui di questa specie vivo- no in società come gli stornelli: ogni giorno si portano in bran- chi a pascolarsi nelle praterie, e la sera tornando al loro alber- go si sentono per l’aria a cantare e scherzare fra di loro pia- cevolmente . Volano quasi circolarmente procurando sempre di occupare il centro del branco. Costruiscono il loro nido con molta arte, formandone la base e i contorni di ramoscelli e di giunchi ben intrecciati, e intonacandolo pulitamente di dentro con della malta, che portano col becco, e colle ugne. Quando l’edifizio ha la grossezza sufficiente lo lisciano ben bene , e lo rivestono internamente di pelame e di terra, acciocchè vi stia- no comodamente i loro figliuoli; le loro uova sono d°’ ordinario tre di un color, che nel bianco azzurreggia. Questo uccello per alcune delle sue proprietà si accosta alle gracchie . 6. La Loyca, Turdus militaris, Lath., è un poco più gros- sa dello Stornello , a cui somiglia per la forma del becco, del- la lingua, dei piedi, ed anche per la maniera di nutrirsi, e perciò io I aveva messa tra gli stornelli chiamandola Sturzus Loyca ; ma ora vedo , che si aggrega comunemente ai tordì, non*so se con bastante ragione . Il maschio è di color grigio. scuro macchiato di bianco a riserva della gola e del petto, che sono di color scarlatto, o piuttosto di fuoco assai vivo: ha le ali lunghe, come pure la coda, la quale è nera e forcuta . La femmina è d’un grigio più chiaro col petto rosso pal- lido. Le sue uova, che sono di color cenerino variato di bru- no e non mai più di tre, le depone nel primo buco che tro- va in terra, ove le lascia senza prendersene molta cura; onde tanto più si scosta dalla famiglia de’ tordi , che s° annidano di- versamente, e piuttosto s’ avvicina a quella delle lodole, fra le quali io l’avrei messa volentieri, se gli altri suoi caratteri si- stematici me lo avessero permesso. La Loyca si alleva bene in gabbia, ed è assai pregiata perla dolcezza ed armonia del suo N e13 ( canto. Quando gode della sua libertà s° alza perpendicolarmen- te in aria cantando insieme colla femmina, e poi scende della stessa maniera : questa abitudine pure 1’ approssima vieppiù al- le lodole, le quali parimente volando amano di cantare . Ella dello stesso modo non si posa mai su gli alberi. Buffon la de- nominò Riga bianca per una striscia di color bianco , che le passa sotto gli occhi, e discende lungo i fianchi , la quale non si trova in tutti gl’ individui. Gli Araucani, che fanno molte osservazioni superstiziose sul canto di questo uccello , amano di aver le belle piume del suo petto per abbellire i loro cimieri. 7. La Thenca, Turdus Thenca, Diz. Chil.; 10 presumo che questo uccello sia una varietà del Tordo poliglotto della Vir- ginia, oppur dell’Orfeo, o Cenzontlatol del Messico, detto per la moltiplicità del suo canto quattrocento lingue. lì suo corpo agguaglia in grossezza quello del tordo comune, ma le sue ali come pur la coda, la quale è intiera e tonda, sono assai più lunghe : ha il becco, gli occhi, e i piedi bruni, e formati co- me quelli degli altri uccelli congeneri : le piume della parte superiore del corpo sono cenerine macchiate di bruno e di bian- co ; le penne delle ali e quelle della coda hanno le estremità bianche; il petto e il ventre sono di un color cenerognolo pal- lido. Costruisce il suo nido negli alberi dandogli la figura di un cilindro di un piede e più di altezza, e guernendolo tutto all’ intorno di spine, ma di dentro lo tappezza accuratamente di lana e di piume per deporvi le sue uova, che sono quattro o cinque di color bianco spruzzato di bruno: sul fianco vi la- scia un ingresso stretto, per dove s’ introduce nel suo alber- go. Non si può dire precisamente qual sia il canto proprio di questo uccello, perchè con una prodigiosa diversità di tuoni lo varia in maniera che quando canta, come fa tutto | anno, pare udirsi non la voce di un solo, ma di migliaja di uccelli diffe- renti adunatisi per fare un concerto. Possiede ancora in grado eminente il talento d’ imitare al naturale tutti i canti degli al- tri volatili, perciò quando li sente a cantare egli subito si vol- e attentamente da quella parte, ce comincia con una grazia indicibile a contraffare la loro voce; onde da alcuni vien chia- mato uccello pantomimo . Riesce ottimamente nell’ imitazione del vero canto, ma quando si sforza a esprimere gli accenti rauci degli Uccelli grossi si rende ridicolo. La sua voce natu- rale in generale è più alta, più variata, e più melodiosa di quella deli’ usignuolo . Essendo di un naturale vivissimo, non 214 )( si ferma quasi mai, ed anche quando canta, va sempre saltel- lando di ramo in ramo. Quindi deriva la difficoltà, che si ha di tenerlo in gabbia, perchè vedendosi ristretto, fra poco tem- po consumato dalla malinconia se ne muore. Parimente alleva- to in casa s’ ammala presto e perisce, qualora non abbia un Orto da potervisi svagare. Mangia d’ ogni cosa, ma in parti- colare gli piacciono le mosche e il sego. Si trova da pertutto, e abita volentieri vicino alle case rurali. Il Tordo musico, e il merlo simili in tutto a questi d’ Europa vi sono ancora co- muni . Dai Viaggiatori si concede agli Uccelli americani bellezza e splendore di abbigliamento, ma si nega la ‘grazia e armonia del canto. Questa opinione è comunemente adottata dai Natu- ralisti. Può darsi che ciò succeda nella zona Torrida, il che tuttavia vien dimostrato insussistente con molti esempj dal Gel. Clavigero; ma nelle Selve della zona temperata australe avvie- ne tutto il contrario. Vi abbondano, come in Europa, gli Uc- celli di canto pregevole. Oltre i sei Cantori aligeri sopradescrit- ti le campagne e i boschi del Chili nutrono un gran numero di Uccelli commendevoli per la melodia delle loro voci, dei qua- il non fo menzione per non oltrepassar di troppo i limiti, che mi prescrive 1° indole di questo ristretto . 8. La Rara, Plytotoma Rara , gen. nov. Vid., è presso a poco della grandezza della quaglia. Ha il becco grosso conico diritto appuntato ritagliato in forma di sega, e lungo nn mez- zo poliice; la lingua corta e ottusa; la pupilla degli occhi bru- na; 1 piedi divisi in quattro dita, tre proporzionate dinanzi , e uno breve indietro; la coda mediocre e ritondata: il suo co- lore è grigio scuro sul dorso, e chiaro sotto il ventre : le pen- ne maestre delle ali, e le prime della coda da ambedue le ban- de hanno le punte nere. Il suo grido è rauco, interrotto, e in certo modo esprimente le sillabe del suo nome. Si ciba di erbe ‘verdi, ma ha la maligna proprietà di non mangiarle se non dopo aver segato presso la radice il gambo della pianta: so- vente per puro passatempo getta a terra una gran quantità di ortaggi, de’ quali non inangia che poche foglie . I Gontadini perciò le fanno una guerra continua, e danno un buon premio ai ragazzi, che trovano le sue uova: queste sono due soltanto di color bianco spruzzato di rosso. Ben consapevole della pro- scrizione fulminata contro la esistenza della sua specie, fa il suo nido negli alberi più folti, e in luoghi ombrosi e poco fre- (215 ){ quentati. Non ostante questa precauzione, la sua razza sì è di- minuita di To e attesa la premura che hanno i paesani di sterminarla, sembra che non possa conservarsi lungo tempo, o che almeno la sua PAORISSSiDO. non lascierà mai di corrispon- dere al suo nome. Da poco tempo in quà si è scoperta un’ al- tra specie di questo genere nell’ Affrica, la quale è stata nomi- nata Phytotoma Cuifsobalito . Finora non se ne conosceva fuor- chè questa da me descritta . g. Il Picchio, detto pivyl in Chilese. Quattro specie si conoscono nel Chili di questo genere. La prima è il Picchio nero, Picus pileatuss un poco più grande del Picchio Marzio d° Europa : è tutto nero fuorchè no capo, dove porta un bel pennacchio di piume rosse. Se ne trova una varietà col pen- nacchio nero e la fronte rossa. Esso non mi parve diverso dal Picchio nero delle Provincie Settentrionali dell’ America . La seconda specie è il Picchio rigato , Picus lineatus, al. li- gnarius, poco minor del tordo cui s ornato ancora di un piccol pennacchio rosso : il suo corpo è listato di bianco e di turchino: ha il becco sì forte, che foracchia non solo gli albe- ri secchi, ma anche i verdi così per cibarsi dei vermi nascosti- vi, come per annidarvisi con i suoi figliuoli, onde viene a di- struggere molti alberi fruttiferi. La terza specie è il Pitiù, Pi cus Pitius, della statura di un colombo, e di color grigio va- riato di bruno carico, e di bianco smorto. I Nazionali pongo- no questo Uccello fra i Picchj, dei quali ha tutti i caratteri; ma la sua maniera di vivere è tutta differente ; Esso non cer- ca il suo vitto sopra gli alberi, nè vi si annida, ma ama di abitar nelle ripe dei fiumi, o sulle pendici dei monti, dove si scava una tana per depositarvi le sue uova, le quali sono quat- tro o cinque. Si sostenuta dei piccoli vermi, che trova fra le fessure delle rupi. La sua carne è molto stimata da quegli abi- tanti. La quarta specie finalmente mi sembrò in tutto simile al Picchio maggiore d° Europa . 10. Il Pappagallo, Oo. Il Chili ha tre specie di questi vo- Jatili; una è permanente, e le altre due sono di passaggio sl Conte de Buffon pretende , che i pappagalli in ambedue i con- tinenti non occupino che una Zona di venticinque gradi dall’ una e dall’altra banda dell’ Equatore. Questi limiti sono trop- po ristretti. Tutte le Provincie del Chili sino ai gradi 45. di lat. austr. servono di grato soggiorno a questi uccelli. Anzi il Commodor Byron li trovò in gran numero nello Stretto Ma- 216 )( gellanico a gr. 51. Il pappagallo permanente, che quei nazio- nali chiamano Thecau, Psittacus Cyanalysios; è poco maggio- re del Colombo ; il suo collo è corredato di un bel collare tur- schino; le piume della testa, delle ali, e della coda sono di color verde macchiato di giallo; quelle del dorso, della gola, e del ventre sono gialle brinete di verde : la sua coda è me- diocre e uguale. I pappagalli di questa specie abbondano in tutto il paese, e arrecano un gran danno alle frutte, e special- mente al grano. Volano in brigate di trenta in quaranta asso- ciati a due a due maschio e femmina: quando scendono verso terra per cibarsi, uno di essi va a posarsi sopra un albero vi- cino per far la guardia, ed avvisare i compagni con replicate strida, se mai loro soprastasse qualche pericolo . Si cangia vi- cendevolmente questa guardia di tempo in tempo, affini ht tut- ti possano mangiare, come si osserva in una specie di uccelli palustri nel Bolognese : Quindi riesce assai difficile al Cacciato- re di poterli sorprendere in tale stato; ma collo stratagemma di tirare in aria un cappello, dietro al quale essi alzati da ter- ra si avventano con una furia incredibile, se ne ammazza col- lo schioppo una quantità g grande . Per mettere in sicuro la lo- ro progenie si annidano nella balze più scoscese, facendovi dei profondi e tortuosi buchi, in fondo ai quali pongono due uova bianche e grosse come que elle di Colomba. Nulladimeno i contadini, che vanno in traccia dei loro figli, calano per una corda da quelle rupi, e gli estraggono con certi uncini fatti a posta : questi piccoli pappagalli sono preziosi a mangiare, e si vendono ancora a buon mercato; ho veduto darne otto per l’in- fima moneta del paese, che vale sei soldi e mezzo. Alcuni ezian- dio gli addomesticano, e ammaestrati imparano ine a parlare. I foro genitori IO rapita questa primaticcia prole, torna- no Do presto a produrne una nuova, come assicurano quelli che cercano questa caccia, ed anche una terza o una quarta, finchè possano condur seco la coppia annuale richiesta dalla na- tura : perciò il loro prodigioso numero non si vede mai smi- nuito a dispetto della gran quantità, che ogni anno sì consuma. I Pappagalli passeggieri sono il Choi e la Jahuilma, Diz. Chit. Io li chiamo passeggieri non già perchè vadano da un al- tro paese al Chili , ma perchè abitando di state nella Cordil- liera, scendono d’ inverno alle campagne. Tutteddue sono della grandezza di una Tortora, e della razza dei parrocchetti. Il primo , che denominerò Psittacus Choreus, ha la parte supe- 217 )( riore del corpo verde, il ventre cenerino, e la coda corta ed eguale: questo parla meglio di tutti gli altri. Il secondo, Psiz- tacus Jahuilma, è tutto verde, tolte le punte delle ali che so- no brune, e porta una coda lunghissima e appuntata . Gl° in- dividui di questa specie sembrano i più fecondi di tutti i pappagalli. Gli stormi, che di essi si veggono nelle pianure si- tuate trai gr. 34 e 45, sono per dir così, immensi, e nessuno che non gli abbia veduti potrà mai formarsene una idea cor- rispondente. Quando fanno i loro varchi in traccia di nuove pasture oscurano il Sole, e assordano col confuso roinorìo del- le loro voci, poichè mentre volano non cessano mai di grida- re. Fortunatamente questi uccelli distruggitori non vi arriva- no se non dopo fatta la raccolta dei frutti, e se ne ritornano prima che gli alberi comincino a germogliare ; altrimenti deva- sterebbero ogni cosa col loro terribile becco: le campagne, ove si posano, rimangono affatto deserte e spogliate perfino delle radici dell’ erbe. Le Valli solitarie della Cordilliera, dove at- tendono alla propagazione della specie senza alcun disturbo , favoriscono la loro eccessiva moltiplicazione. Non si sa quante volte covino all’ anno; ma io porto opinione, che ciò succeda ogni mese a guisa delle colombe, eccettuati quelli del verno ; perchè malgrado la strage, che di loro si fa per quelle cam- pagne, si veggono ritornare sempre più numerosi. I contadini montati sopra veloci cavalli gli assalgono impetuosamente, quan- do stanno in terra, e ne uccidono un gran numero con delle lunghe pertiche, che portano in mano, mentre per la gran moltitudine s’° impediscono 1’ un l’ altro d’ alzarsi prontamente al volo. La loro carne è delicata assai, anzi più tenera e più gustosa di quella degli altri pappagalli. 11. La Tortora. Tre sono anche le specie di tortorelle, che frequentano le campagne del Chili. La prima è la 4ortorella comune d’Europa, Columba Turtur; la seconda; Columba me- lanoptera, ha le ali nere e il resto del corpo piombino . La terza, Columba passerina, Cocotzin presso i Messicani, è gros- sa quanto una passera : il suo colore è bruno più o meno ca- rico sul dorso , e rossigno sul ventre : la sua carne è dilicata : abita soltanto nelle Provincie più settentrionali del Regno. I Colombi torquati, detti volgarmente Favazzi o Colombacci, Co- lumba Palumbus, abbondano talmente in tutto il paese, che ad onta del gran numero, che se ne ammazza dai Contadini, si veggono, coperte da essi le campague a distruzione delle frut= te e delle vigne. 26 (218 )( La Pernice grigia, Tetrao perdix , che secondo Feuillée è più grande di questa d’ Europa, abbonda parimente in tut- to il Regno, ed è di un gusto eccellente , soprattutto nei me- si di Aprile e di Maggio, nei quali diviene assai pingue col mangiare i fiori della Sassia perdicaria. Nelle maremme se ne trova un’ altra specie più piccola, che si accosta pel colore al- la pernice rossa, Tetrao rufus, la quale non è di così buon gusto. Le quaglie sono rare nel Chili settentrionale; nelle Provincie australi abbondano più, e si stendono fino allo stret- to magellanico ; esse poco o nulla si distinguono dalle Euro- pee . Le galline domestiche, che i Chilesi chiamano Ackhaz, so- no anche della medesima specie di queste, che s° allevano in Europa: è tradizione costante, ch° esse vi si trovino da tempo immemorabile ; ciò s° inferisce anche dal nome proprio , che han- no nella lingua del paese, il quale manca a tutti gli altri vo- latili, che vengono da schiatta forestiere . Si sono già rincon- trate salvatiche nella Terra ferma verso il fiume Orinocco. La gallina, il porco, e il cane sembrano destinati a seguire 1’ uo- ino da pertutto. I moderni Viaggiatori Inglesi dicono di averli trovati in quasi tutte le Isole, che hanno scoperto nel mare del Sud . S. XVII. 1. Il Pequèn, Strix cunicularia , Feuillée , è un uccello del genere delle civette degno di attenzione non per altro che per le gran tane , che fa in piana campagna col fine di deposi- tarvi le uova: queste tane sono sì profonde, che Feuillée assi- cura di esservi stato dietro un gran tempo a scavarne una sen- za aver potuto arrivare al fondo . La statura di questo poten- te minatore non supera quella del colombo, ma il suo becco simile a quello dello Sparviere è forte , corto, e adunco: ha le narici assai rilevate, e gli occhi grandi coll’ iride gialla: tutta la parte superiore del suo corpo è di color grigio macchiato di bianco : la gola , il petto, il ventre come ancora la coda, che non oltrepassa in lunghezza le penne delle ali, sono di un bian- co sudicio : ha le coscie rivestite di piume fine, e le gambe corredate di tubercoli, dai quali spuntano dei peli corti: le sue dita' sono forti munite di unghie nere e ricurvate. Il Pe- quèn non ischiva tanto la luce, come gli altri uccelli dello stes- \( 219 )( so genere; d’ ordinario si vede passeggiare colla femmina sua compagna alla bocca della sua tana. Si nutrisce d°’ insetti e di rettili, i cui avanzi caccia in un mucchio ai lati della me- desima tana. Gol suo stridore, che è lugubre e bene spesso interrotto, sembra proferire le sillabe del proprio nome. Le sue uova sono comunemente quattro di colo? bianco punteggia- to di giallo, le quali malgrado la profondità , in cui restano sotterrate, non hanno potuto sfuggire dalle ricerche di un per- tinace osservatore . Il bravo Ornitologo M. Daudin si maravi- glia assai, perchè io non abbia confatata 1’ opinione di Feuil- lée circa la proprietà fossoria del Pequèn, il quale come egli pensa, non deve abitar che tane fatte da altri animali: ma io non poteva onestamente smentirlo circa un fatto certissimo e notorio a tutto il Paese. Questi uccelli sono comunissimi in tutte le campagne del Chili, e sempre abitano in tane simili a quella descritta da Feuillée. Non è verisimile, che essi trovi- no per tutto delle migliaja di tane belle e fatte per ricoverar- visi dentro. Oltreciò i medesimi non sono i soli tra gli uccel- li, che scavino la terra per annidarvisi :i pappagalli, come ab- biamo veduto di sopra, vi fanno dei buchi più complicati, il che nessuno di quelli che sono stati nel Chili può negare. Gli altri uccelli notturni, che veggonsi in Europa , si trovano me- desimamente nel Chili con poca o nessuna differenza ; tali so- no il Gufo Reale descritto da Feuillée sotto il nome di Gufo ocrocinereo , V Assiuolo Strix Otus , 1° Allocco bianco Strix Nyc- tea, la Civetta Stria Ulula, ec. 2. Il Piuquèn, Otis Chilensis, Diz. Chil., è una specie di Otarda più grande dell’ Europea di color bianco colla testa e la parte anteriore delle ali cenerine , e colle prime penne mae- stre nere; la sua coda è corta e contiene diciotto penne bian- che : sulla testa non ha escrescenza alcuna, nemmeno nella go- la : il suo becco è proporzionato e simile per la forma a quel- lo dell’ Otarda : i suoi piedi hanno tre dita dinanzi assai gros- se, e il rudimento di un pollice o sprone di dietro . Questo uccello, che ama di scorrere le pianure in società con altri della sua specie, si ciba di erbe , e non principia a generare, per quanto dicono, se non dopo i due anni della sua età: le sue uova sono sei di color bianco, e più grosse di quelle dell’ Oca . La sua carne è superior nel gusto a quella de’ polli d’ in- dia. Siccome esso si domestica con gran facilità, così alcuni to) cominciano ad allevarlo felicemente nelle loro ville . (220 )( 3. Il Cheuque, o sia lo Struzzo americano, Struthio Rhea Lin., Diz. Chil. Oval., si trova in gran copia nelle Valli an- dine, specialmente intorno al gran lago Nahnelhuapi. Questo struzzo, la cui statura agguaglia bene quella di un uomo, pren- dendola dalla testa sino a’ piedi, ha il collo lungo due piedi otto pollici, la testa piccola rotonda e rivestita di piume, gli occhi neri colle palpebre corredate di ciglia, o peli ciliformi, il becco corto e largo quasi come quello delle anitre, le gam- be lunghe quanto il collo , i piedi forniti di tre dita anteriori ben fesse e di uno iniziato indietro, e la coda composta di pen- ne corte e uguali, che spuntano dall’ uropigio, o sia dal co- drione . Le sue ali, tuttochè abbiano otto piedi di distesa, so- no inabili al volo per la costruzione delle loro penne , le cui barbe non vanno unite le une all’ altre come negli altri uccel- li, ma sono sciolte e ilessibili. Queste penne come pure quel- le del dorso , sono di color cenerino oscuro ; le altre, che cuo- prono il rimanente del corpo, sono biancastre. Alcuni di que- sti uccelli compariscono tutti neri, e altri affatto bianchi, ma questi debbonsi riputare come varietà della loro specie. Il Cheu- que non ha le ali armate di pungiglioni, nè lo sterno calloso come dicesi essere quello dello Struzzo Affricano ; ha bensì al pari di esso la proprietà di divorare indifferentemente quanto gli si presenta davanti, giungendo la sua voracità persino a in- gojare il ferro; ma il suo cibo più gradito sono le mosche, le quali caccia con singolar destrezza; si difende dando dei piedi a quelli, che lo molestano: qualora vnol radunare i suoi figliuo- li li chiama con un fischio simile a quello, che suol. manda- re fuori 1’ uomo. Nelle sue covate, che depone in terra, si tro- vano spesso da quaranta a sessanta uova prodotte non da una femmina sola, come mi vien rimproverato nel Dizionario di sto- ria naturale di aver detto, ma da molte che vi concorrono a depositarle insieme . Questo fatto vien confermato con molte autorità nel secondo Dizionario di Storia naturale, che si stam- pa a Parigi. Queste uova sono di buon gusto e così grandi, che i loro gusci possono contenere due libbre incirca di liquo- re. I nazionali adoprano le sue penne a farne pennacchi, pa- rasoli, spazzole ec. Alcuni pensano, che il Cheyque sia lo stes- so che il Toxjou : io non ho veduto questo ultimo uccello , tut- tavia credo che vi possa essere qualche differenza fra l’ uno e l’altro, se dobbiamo stare alle descrizioni, che se ne fanno. 4. Il Quelui, o Iote, Vultur Iota, Diz. Chil., è molto si» X 221 )( mife all’ avoltoio detto Aura già conosciuto dai Naturalisti, e forse non n’ è altro che una varietà. Egli tuttavia a differenza dell’ Aura ha il becco cenerino colla punta nera, le penne del. le ali brune, e nere tutte le altre: la sua testa è similmente ignuda, e coperta soltanto di una pelle grinza rossiccia , 1° iride come pure le gambe sono di color bruno. Il Quelzi però non acquista questi colori se non a poco a poco. Quando è giova- ne è interamente bianco, e non principia a diventar nero se non dopo qualche tempo che è fuori del nido. La prima mac- chia nera gli spunta sul dorso come un piccol neo , la quale si dilata poi per tutto il corpo. Benchè questo Uccello sia gran- de come un gallinaccio , ed abbia il becco uncinato e forti gli artigli, non attacca mai nessun volatile. Si ciba de’ cadaveri che trova, e de’ rettili che può attrappare : egli è tanto stupi- do e neghittoso, che vien chiamato |’ asino degli Uccelli, Si vede d’ ordinario starsene lungo tempo immobile sulle rupi e su i tetti delle Case colle ali distese per prendere il Sole: non si sente la sua voce se non quando vien molestato o percosso, allora strillando come farebbe un sorcio, rigetta tutto quello che ha mangiato; da tutto il suo corpo tramanda un puzzo as- sai dispiacevole. Conforine alla sua naturale indolenza fa il ni- do senza alcun artifizio fra i dirupi, ed anche in piana terra ammassandovi confusamente delle foglie secche e delle piume, e vi depone due uova di un color bianco affumicato . Non ostan- te la sua balordaggine , egli è posto sotto la salvaguardia della legge nelle Provincie di Terra Ferma pel vantaggio inestimabi- le che arreca a quegli abitanti, col distruggere che fa ogni an- no le numerose nova dei Coccodrilli. 5. Il Tharu, falco Tharus, Diz.Chil., è una specie di Aqui- la, 0 piuttosto di Falcone della grandezza di ua Cappone, as- sai comuae in tutto il Chili, o per dir meglio quasi domestico Il maschio è di color biancastro screziato di nero, ed ha nella testa una sorta di corona composta di piume nere più lunghe nella circonferenza che nel centro: il suo becco fornito della solita cera gialla è nerognolo alla punta, e formato come quel- lo delle aquile comuni: i suoi piedi sono gialli nudi scagliosi colle dita armate di robusti artigli. Le gran penne delie ali e le punte di quelle della coda sono nere. La femmina è un po- co più piccola del maschio contro il consueto della sua famiglia; il suo colore è bigio, e la sua testa va ornata di un piccol ci- miero nero. Questi Uccelli costruiscono il loro nido sugli albe- )( 222 )( ri più alti con bacchette, che dispongono in forma di un cra- ticcio quadrato, sopra il quale ammucchiano una gran quantità di lana, di borra, e di piume’; quivi si sgravano delle loro uo- va, che comunemente si dicono essere quattro o cinque, ma che io le credo molto inferiori di numero. Si alimentano di ogni sorta di animali ed anche di cadaveri recenti non putrefat- ti; ma non danno apertamente la caccia ai volatili come gli al- tri Uccelli di rapina: si rendono prima ad essi familiari, pas- seggiano fra le galline nei campi, e poi da traditori si avven- tano loro addosso, quando, meno ci pensano. Ciò non ostante 1 contadini s° astengono dall’ uccider questi uccelli, perchè di- struggono una gran quantità di vermi e d’ insetti mentre essi lavorano la terra. E un piacere di vederli seguire dappresso in branchi numerosi Ì’ aratro senza paura alcuna del bifolco . Il maschio cammina sempre con un’affettata gravità e con la te- sta elevata; quando gracchia, lo che fa spesse volte, va alzan- do gradatamente il capo, finchè viene a toccar con esso il grop- pone, e così col becco in alto termina la sua nojosa canzone . La femmina è per così dire mutola; io non potei mai udir la sua voce. Ora si sa, che fra gli Uccelli al solo maschio è con- ceduta la facoltà del canto qualunque si sia buono o cattivo. Questa ragione m° indusse a riconoscere per femmina il Tharu bigio compagno inseparabile del biancastro, tuttochè esso fos- se più piccolo di questo. Egli d° altronde è quello, che cova le uova, seppur non si voglia dire che ciò fa, quantunque sia il maschio, ad esempio di quei selvaggi, dei quali si racconta, che si mettono in letto in vece delle loro mogli partorienti . Il Sonnini, che si compiace di rilevar di una maniera poco usa- ta dai letterati onesti 1 supposti sbagli, trova nella descrizione precedente un errore imperdonabile, cioè quello di aver fatta più piccola del maschio la femmina del #haru contro 1° assioma stabilito fra gli Ornitologi, che negli Uccelli da preda le fem- mine sono sempre maggiori dei maschi. Questo succede d° or- dinario; ma la Natura perciò non si è obbligata a sommetter- si nè a questa, nè ad alcuna altra regola generale prescritta dagli uomini; anzi pare che si diletti bene spesso di burlarsi dei loro assiomi e dei loro Sistemi presentando ogni anno qual- che oggetto nuovo , che ne sconcerta 1’ ordine, le combinazioni, e le conseguenze.Il Baron d’Humboldt ha di già dimostrata fal- sa la generalità di tal assioma nella sua bella descrizione del Condoro ; la cui femmina secondo lui sempre è minore del ma- schio, che è il Gorifeo degli Uccelli rapaci . (223 ( 6. Il Calquin, o grande Aquila del Chili, Falco Calquin, Diz. Chil., ha la testa ornata di un cimiero turchino : le pen- ne del collo, del dorso , e delle ali sono di un nero che tira all’azzurro; quelle della coda sono rigate di bruno e di nero: il ventre è bianco spruzzato di bruno; i piedi sono forniti di piume sino alle dita e di fortissimi artigli . Questo feroce uc- cello ha dieci piedi incirca d’invergatura. Ve ne ha un’altra specie più piccola chiamata Grancu dai nazionali, la quale non mi parve diversa dall’ Aquila fulva d’ Europa . Tutteddue abita- no nelle alte montagne, di dove qualche volta calano sino ai monti marittimi. 7. Il Condoro, Vultur gryphus Lin., Sarcoramphus Cuntur, Dumeril ; la parola Condor o piuttosto Cuntur, con cui univer- salmente si nomina questo enorme uccello, deriva dalla lingua Peruviana; i Chilesi lo chiamano Margue : esso è senza con- traddizione il più gran Volatile che sostenga l’aria. Egli vi si. eleva sino ad un’ altezza superiore a quella di Monzt-Blanc e del Pico di Teneriffe, e come ben dice il Bar. di Humboldt, sino ad una elevazione sei volte più grande di quella, nella quale si sostengono le nuvole al di sopra delle nostre pianure: Il Linneo gli dà fin a sedici piedi d° invergatura , e molti altri autori gliene danno davvantaggio; ma i maggiori che io abbia veduti non ne avevano che poco più di quattordici piedi . 1l suo corpo, che supera d° assai in grossezza quello dell’ Aqui- la reale, è rivestito di piume nericce a riserva del dorso, che è tutto bianco. Humboldt sostiene, che le penne tettrici delle ali, non il dorso, sieno quelle che sono bianche. I Condori del Perù avranno ben questa particolarità. Si sa quanto gli uc- celli variano nel colore da un clima all’ altro. Il collo è fre- giato verso il petto di un collare largo un pollice, e composto di piume rilevate parimente bianche ; la sua parte superiore è rugosa e guernita di peli rari grigiastri. La testa è sormonta- ta da una cresta carnosa , che discende un poco sul becco , della quale non feci particolar menzione nel mio primo conciso Com- pendio , perchè credei sufficiente di averla indicata citando ia Definizione del Linneo: Vu/tur (gryphus) caruncula verticali, longitudine capitis ec., nella quale se avessi osservato qualche errore, l’ avrei notato . Gli occhi sono neri coll’ iride di un rosso bruno : il becco è lungo quattro pollici incirca, grosso, adunco, nericcio nella base, e biancastro verso la punta: le penne maestre delle ali hanno comunemente due piedi e nove X 224 )( pollici di lunghezza , e quattro linee di diametro nel tubo; le coscie sono lunghe dieci pollici e otto linee , ma le tibie non hanno che sei pollici, i piedi sono forniti di quattro dita ro- buste : il dito di dietro è lungo due pollici incirca, ed ha una sola articolazione e un artiglio nero di undici linee: quello di mezzo ha tre articolazioni e cinque pollici con dieci linee di lunghezza senza contar l’ artiglio, il quale è curvo biancastro e lungo ventidue linee: gli altri due laterali sono un. poco più corti, e vanno egualmente forniti di vigorosi artigli : la coda è intera un poco cuneiforme, e piccola rispettivamente alla mo- le dell’ uccello . La sua lunghezza dalla punta del becco sino alla coda è di circa quattro piedi, e la sua altezza presa dall’ origine delle ali sino a quella delle dita di tre piedi due pol- lici. Queste misure sono proporzionali alla grandezza del ma- schio di quattordici piedi d’invergatura da me descritto . Quel- le del Baron d’ Hiimboldt sono minori, perchè parla d’ un Gon- doro molto minore del mio . La femmina è inferiore in tutte le sue parti al maschio , e di color bruno : la sua nuca è ornata di un piccol ciuffo compo- sto di peli grigi, che ivi sono più folti che nel resto del collo, non di piume bianche, come nella descrizione Humboldtiana mi vien imputato di avere scritto. E priva della cresta, che distingue il maschio, ed anche del collare bianco, almeno fi- no a certo tempo secondo il Bar. di Humboldt . Questo bravo osservatore dice, che essa non comparisce ornata di questo col- lare che dopo i due anni della sua età. E ben possibile, che Feuillée con gli altri viaggiatori ed io abbiamo vedute soltan- to delle femmine giovani senza il minimo vestigio di siffatto ornamento . Può darsi ancora, che vi siano due razze di que- sti uccelli, come sospetta Humboldt, l'una confinata fra i Tro- pici, e l’altra propria della Zona temperata, le quali si di- stinguano nella varietà dei colori e negli ornamenti. Pare che gl’ individui della razza delle regioni temperate sieno più cor- pulenti a misura che si avanzano verso il Polo, alle quali opi- nioni non si mostra contrario il prelodato Humboldt. Infatti, per quanto mi hanno detto, essi divengono più grossi nelle Cordilliere spettanti all’ Arcipelago di Chiloe, che nelle parti più settentrionali del Chili, dove io feci le mie osservazioni . La femmina osservata dall’ esatto Feuillée nei confini australi del Perù aveva undici piedi e quattro pollici d’invergatura col- le penne secondarie delle ali dello stesso color fosco senza l’or-= N 225 )( lo esteriore bianco accennato da Humboldt . Quindi si vede , che questi volatili accostandosi al Tropico cominciano a variar di grandezza, e di colore. Ammessa dunque come assai proba- bile l’esistenza di queste due razze, non pare ben giusta l’ il- lazione, che io conosca poco il Condoro chilese, perchè non conosco quello del Perù . Aderendo all’ opinione di M. de Buffon io aveva quasi per forza detto, che il Condoro non differiva fuorchè nel colore dal Laemmer geyer degli Svizzeri. Io non aveva veduto mai que- sto Uccello alpino, nè lo conosceva se non per le descrizioni imperfette, che si leggono nei libri d’ Istoria naturale. I prodi- gj, che si raccontano delle sue forze, e il complesso delle sue proprietà insieme coll’ autorità del più celebre de’ Naturalisti m’ avevano indotto in errore. Adesso conosco la gran diffe- renza , che passa fra 1’ uno e l’altro, benchè sieno quasi simi- li nella grandezza . Pertanto le Alpi abbiano il loro Laemmer- Geyer, e le Andi il loro Gondoro, campioni ambedue degni di entrare in lizza, e di contrastar per l’impero dell’ aria. Mi di- spiace assai di aver perduta |’ occasione di conoscere e trattare il Ch. Baron d’ Humboldt, il quale nel mentre che io era in campagna, mi fece l’onore di venire a trovarmi in casa mia nel suo passaggio per Bologna, poichè allora avremmo potuto facil- mente accordarci circa varj punti concernenti 1° Istoria natura- le di quei paesi. Ritornato in città io gli scrissi subito a Mila- no una lettera così per mostrargli la mia gratitudine, come per consultarlo intorno a varj dubbj, che aveva sulla costituzione di quelle montagne; ma, per quanto credo, quella mia lettera non ebbe la sorte di capitare alle sue mani. I Condori s° annidano nelle falde più ripide dei monti sul- le rupi, che sporgono in fuori: pongono due uova più grosse di quelle de’ polli d’ India di color bianco. Il loro cibo ordina- rio si è la carne di quegli animali, che trovano recentemente morti, o che essi medesimi uccidono facendo le veci de’ lupi, i quali mancano nel Chili: assalgono le mandre di pecore e di capre, e spesse volte danno anche la caccia ai vitelli, quando li trovano separati dalle loro madri : allora alcuni di essi si uni- scono insieme., e piombando di volo sopra il vitello che hanno preso di mira, lo circondano colle ali aperte, gli beccan gli occhi, acciocchè non possa fuggire, e lo sbranano in un mo- mento. I Contadini cercano tutti i mezzi possibili per distrug- gere questi veri pirati dell’aria : alcuni di essi distesi carpone 29 )( 220 ){ per terra si cuoprono sotto una pelle fresca di bue. I Condori credendoli bestie morte s’accostano per mangiarne, e allora col- le mani protette da forti guanti coloro gli afferrano per le” gam- be con destrezza ; accorrono subitamente altre persone apposta te a questo fine per sostenerli e ucciderli. Altri però con mi- gliore intendimento costruiscono un piccolo steccato , e vi pon- gono dentro una bestia morta. I Condori, che hanno un per- fetto odorato e una vista perspicacissima s’ avventano subito a divorar quella bestia, della quale si riempiono talmente il ven- tre colla loro naturale ingordigia, che non potendo alzarsi a volo, nè facilitarlo colla carriera per 1° angustia del medesimo steccato, vengono ammazzati con grossi bastoni dagli appiatta- ti Contadini . S. XVII. Trenta otto specie di quadrupedi poppanti esistono senza dubbio nel Chili, come altrove abbiamo detto . In questo nu- mero però non comprendiamo quelli, che dall’ &uropa sono sta- ti colà trasportati; così nemmeno i Porci e i Cani, quantunque 10 sia portato a credere, che questi non sieno di razza Euro- pea, perchè a differenza di tutti quegli animali, che sappiamo essere forestieri, essi hanno nella lingua Chilese un nome pe- culiare . Il P. Acosta medesimo , che scrisse poco dopo la con- quista dell’ America Meridionale, non si arrischiò a decidere sull’ origine dei Porci domestici del Perù . Quelli che trovansi nel Chili si chiamano in quell’idioma Chancho o Ciancio , e so- no della medesima specie, grandezza , e forma degli Europei , ma ordinariamente sono di color bianco differenti in ciò da quelli del Perù che sono neri. Circa poi i Cani io non pretendo già che tutte le razze, che si vanno allevando colà , vi si trovassero avanti 1’ arrivo degli Spagnuoli , ma solo presumo, che prima di questa Epoca vi fossero già conosciuti il piccol barbone detto Qui/tho , e il cane ordinario o comune chiamato Thegua, i quali si sono ri- trovati in tutte le contrade finora scorse sino al Capo di Horn. Questi cani abbajano , come fanno quelli che sono d’ origine Europea, ma non per questo debbonsi riputare avventiz]. L’opi- nione di essere mutoli i cani Americani non è derivata da al- tro che dall’ abuso che fecero quei primi conquistatori dei no- mi degli Esseri del Vecchio-Continente applicandoli capricciosa- )( 227 )( mente e senza verun discernimento ai nuovi oggetti, che si paravan loro davanti con qualche leggiere somiglianza a quel- li che avevano lasciati in Europa. Giunti al Messico vi trova- rono il Techichi animale mutolo simile alquanto al cane nella forma, ma di un genere assai diverso, come fa vedere nella sua erudita Storia “del Messico :il ch. Ab. Clavigero . Questa lie- ve apparenza bastò loro per crederlo e denominarlo un vero Cane, e fra le altre cose straordinarie, che asserirono di ave- re incontrato in America, divolgarono ancora, che i cani di quel Nuovo-Mondo non sapevano abbajare. Questo favoloso rac- conto si è propagato sino ai giorni nostri, e non sono mancati dei Naturalisti, che i° hanno ‘adottato come una vera scoperta. Sul medesimo fondamento si era sparso, che i cani Ruropei ab- bandonati nell’ Isola di Gio: Fernandes in quei tempi deserta, vi avevano perduta la voce, ma gli abitanti, che ora vi si tro- vano, hanno saputo smentire questo curioso aneddoto . L’ abuso della nomenclatura, che continua tuttora, è sta- to perniciosissimo alla storia naturale d’ America: da questo de- rivano i capricciosi sistemi sulla degradazione dei quadrupedi in quell’ immenso continente : quindi piocchape 1 piccoli cer- vi, i piccoli cinghiali, i piccoli orsi, ec., che allegansi ad ap- poggio di tali sistemi, i quali non oi altro di comune col- le specie, a cui si suppongono appartenere, se non quel nome abusivo, che hanno loro imposto alcuni Istorici poco osserva- tori per qualche ingannevole rassomiglianza nella figura . Le specie di poppanti, che possono veramente dirsi le me- desime di queste che vediamo nel Vecchio Continente, sono po- chissime nell’ America Meridionale, e gl’ individui loro o con- servano la medesima statura, o l’hanno accresciuta nella loro suc- cessiva propagazione e lunga dimora sotto di quel benigno cli- “ma. Il Chili non ha altre specie di questa sorta che le Volpi, le Lepri, le Lontre, e i Sorci. Le Volpi sono di tre specie co- me quì in Europa, cioè il Gyry o sia la Volpe comune, Caris Vulpes; la Chilla o la Volpe campestre, Canis Alopex ; il Pai- ne-gyry , ovvero la Volpe turchina Canis Lagopus. Queste di- verse Volpi sono eguali in corporatura a quelle di quest Eni- sfero. Il Feuillée, che vide le comuni presso la Città di Coquim- bo, non trovò in esse alcuna differenza nè per la grandezza, nè pel colore, nè per la maniera di vivere dalle Volpi £uropee. Le Lepri, Lepus timidus, hanno la medesima configurazio- ne e colore delle Europee, ma le superano nella grossezza e 228 X nella bontà della carne . Il Comandante Byron, che ne osser- vò un gran numero sulla Costa patagonica, dice ch’esse erano grosse come i giovani caprioli, che pesavano fino a ventisei libbre inglesi, e che la loro carne era bianca e di un gusto molto aggradevole Nel Chili però non si veggono guari che nelle valli della Gordilliera di Coquimbo, e nelle Campagne adiacenti al fiume Biohio. Le Lontre, Mustella Lutra, simili nella figura e grandezza a queste di Europa abitano nelle acque dolci delle Provincie australi. I gran topi domestici, Mus Rat- és, sono stati introdotti nelle Provincie Settentrionali dai ba- stimenti Europei; nelle meridionali dai gr. 34 non sono anco- ra conosciuti. Jl piccol sorcio, Mus musculus, è comune in tutto il paese; non così la Talpa, Ta/pa Europea, la quale non vi si trova in alcun luogo. Quando dissi, che le specie de’ poppanti Chilesi sono tren- ta otto, intesi di parlare soltanto di quelli, che sono ben co- nosciuti; io sono per altro ben persuaso , che ve ne siano di più: infatti sembra impossibile, che le montagne della Cordil- liera poco o nulla esaminate sinora, non ne contengano altre nuove specie, singolarmente di quelle che per la loro maggior salvatichezza aman di starsene nei luoghi più solitarj . Forse ancora i laghi, le valli, e le boscaglie del basso paese ne rinser- rano parecchie altre, che attendono le diligenti ricerche di un naturalista per darsi a conoscere. La tradizione comune con- viene benissimo con questa mia opinione, ed ho sentito già an- noverarsi più di otto specie affatto nuove scoperte in differen- ti tempi, le quali per non essere state vedute se non da po- che persone ed anche alla sfuggita, non hanno bastante auten- ticità per essere ricevute negli Ordini del Regno Animale . Ta- le è per esempio il Piguchen quadrupede alato, o specie di gran pipistrello, il quale, se la sua esistenza fosse reale, for- merebbe uno degli anelli che uniscono gli uccelli ai poppanti: questo animale, per quanto dicesi, è della grandezza e figura del coniglio domestico : va coperto di un pelame fino di color di cannella : ha il muso appuntato, gli occhi grandi rotondi e luccicanti, le orecchie appena visibili, le ali membranose, le gambe corte pentadattili, la coda sul principio rotonda, e poi larga a guisa di quella dei pesci: fischia come le biscie, e al- zasi a volo come le pernici; abita nelle buche degli alberi , dalle quali non esce se non di notte: non fa male ad alcuno, fuorchè agl’ insetti, dei quali si nutrica. Tale è ancora 1° Ip- )( 229 )( opotamo dei fiumi e laghi dello Stato araucano , differente dall’ Affricano, e simigliante per la statura e per la forma al cavallo terrestre; ma coi piedi palmati come le Foche . L° esi- stenza di questo animale è universalmente creduta in tutto il paese, e vi sono anche delle persone non dispregevoli, che af- fermano di averne veduta la pelle, la quale, al dir di loro, è coperta di un pelo morbido di color simile a quello dei Vitel- li marini . A Ma lasciando questi quadrupedi o incerti, o male osservati a quelli, che possono procurarsi I’ occasione di accertarci del- la loro esisteuza o di meglio esaminarli, passeremo a trattare di que’ poppanti, che ci sono ben noti, i quali divideremo in Cetacei, Palmipedi , l'issipedi, e Cornipedi. Questa divisione , benchè imperfetta, è tuttavia più adattata di qualunque altra a ordinare con chiarezza il piccol numero di quelli, che siamo per presentare ai nostri Leggitori. Comincieremo da’ più infor- mi, i quali sono i Cetacei, animali vastissimi, ma privi delle membra , che adornano gli altri mammiferi. Ge XIX: L’° illustre Conte di Buffon persuaso, come egli era, che nei mari australi non vivessero animali più grandi delle Fo- che , e dei Manati, aveva confinato i Cetacei intorno al Polo ‘artico. Ma i moderni Viaggiatori Wallis, Cook, Pernetty, Du- clos, la Giraudais ec. hanno trovato, che le acque dei mari antartici sono egualmente feconde di tali viventi. Il Cook se- gnatamente parla del gran numero e della prodigiosa grossez- za delle Balene, che s° incontrano tra il Capo d° Horn , e 1° Iso- la degli Stati. GI’ Inglesi e gli Americani degli Stati Uniti da alcuni anni in quà ne fanno una pesca vantaggiosissima . Que- sti Cetacei non si limitano a quei soli paralleli; essi estendo- no le loro scorrerie sino alle Coste del Brasile da questa par- te, e a quelle del Chili dall’ altra. Lo sfortunato Laperonse fu circondato tutta una notte presso il Porto della Concezione da un gran numero di Balene, che gettavano dell’ acqua fin sopra il suo bastimento . To ne contai per approssimazione un branco di 4oo incirca intorno allo sbocco del pescoso Lago di Bucalemo nella Provincia di Rancagua . Feuillée fu accompa- gnato da due di questi animali nel suo tragitto dal Chili al Perù. Lo stesso successe a me , navigando nelle medesime ac- )( 230 )( que, con altri due della specie detta Boops. Pareva che go- dessero di passar sotto il bastimento, ma di quando in quando ci ammorbavano coll’ insoffribile fetore, che n’esalava insieme coll’acqua, che gettano fuori dai tubi o buchi, che hanno sul- la testa. Le Balene australi certamente non sono inferiori in gran- dezza alle settentrionali. I flutti, pochi anni prima della mia partenza , ne gettarono una morta sulle coste dei Cloni, che aveva 96 piedi di lunghezza. In un luogo di quel littorale si vedeva una costola lunga 16 piedi di un’altra balena . Nell’Iso- sa Mocha situata sul lido araucano si trovò morta una Balena franca, Balena Mysticetus, di 120 piedi di lunghezza: questa si distingue dalle altre Balene per le sue mascelle quasi egua- li, e pel suo dorso marmorato di bianco e di nero , e sfornito di notatoi. Gli Arancani chiamano Jere tanto questa Balena quanto i Fiseteri Macrocefalo, e Trumpo , e in generale dan- no il medesimo nome a tutte le Balene di sran corpulenza , che distinguono poi con varj epiteti adattati alla loro forma . Essi sostengono, che dagli escrementi di questi due Fiseteri si forma l’ ambra grigia, che trovasi qualche volta sulle loro co- ste, alla quale danno il nome di mejene, cioè sterco di bale- na. I medesimi chiamano /co/ le piccole balene . Per alcuni indizj che mi diedero i Pescatori di quelle coste, io presumo che vi si trovino ancora oltre le specie menzionate, le Balene glacialis , Physalus, gibbosa, nodosa, Rorqual, e Rostrata; come pure i Fiseteri Microps, e Mular. Riguardo poi ai Delfini, vi sono ben conosciute le quattro specie, in cui comunemente si dividono, cioè la Phocena, il Delphis, VOrca, e il Gladiatore. Questo ultimo suol avere si- no a 29 piedi di lunghezza: il suo corpo è conico: la sua boc-. ca è armata di piccoli denti acuti fissi nelle sue mascelle : ha quattro alette; due pettorali, una caudale, e un’ altra sul dor- so, dalla quale spunta una sorta di sciabola o spada ossea lun- ga tre in quattro piedi, larga alla base diciotto in venti polli- ci, e acuta alla cima. Questo è il più terribile nemico della balena : egli la perseguita, e la percuote per ogni dove. Si cre- de comunemente, che si serva per ciò della sua spada; ma co- me questa è rivestita di una pelle assai dura, essa deve esse- re inabile a ferire . To crederei piuttosto , che per questo effet- ‘to si prevalga de’ suoi denti. Il Popolo gode spesso dello spet- tacolo de’ loro combattimenti e degli sforzi, che fa la balena per ribattere i co!vi dell’ avversario, }( 231 )( Nei Mari araucani si lasciano vedere qualche volta certi animali appellati da quegli abitanti Vacche marine, ma non potei accertarmi, se essi sieno Lamentini o Îiosmari, o se ap- partengano a qualche altro genere. Per le descrizioni confuse, che ne ho ricevute, inclino più a credere, che sieno della spe- cie del Tricheco Manati.T primi Spagnuoli, che si stabilirono nell’ Isola grande di Gio: Fernandes, prendevano gran quanti- tà di tali animali, della cui carne si cibavano volentieri; ma il continuo macello che se ne faceva, gli ha costretti ad ab- bandonare i contorni di quell’ Isola . Si Le Foche comprese nella divisione dei Poppanti palmipedi si rassomigliano ai Cetacei nella forma esterna del loro corpo, che è parimente conico; ma si differenziano nella qualità del- la loro pelle, che va sempre coperta di folto pelo, e nella strut- tura delle membra inservienti al moto progressivo . I Cetacei sono affatto privi d’ogni sorta di pelo, e non si muovono che per mezzo di pinne o notatoi a guisa dei Pesci; ma perchè la gradazione, che tende ad avvicinarli alle Foche , non sia inter- rotta, le loro alette anteriori hanno internamente le medesime parti, che contengono le estremità analoghe degli altri poppan- ti. Il genere delle Foche è più ricco di quello che comunemen- te si pensa. Ogvi anno si presentavano varie specie nuove in quei mari. Quelle però che vi sono più stabili e indigene, per così dire, della Costa chilese, sono le seguenti . I. L’Urigne, Phoca lupina, Dizion. Chil. Frez. pag. 141. Questo animale, che i Francesi e gli Spagnuoli chiamano Lu- po marino , è poco differente nella figura dal Vitello marino d’ Europa. La sua grandezza e il suo colore sono variabili, tro- vandosene di tre, di sei, ed anche di otto piedi di lunghezza, e di colore or bruno, or bigio, ed or biancastro ; io credo che queste differenze provengano soltanto dalla loro rispettiva età; alcuni pensano, che esse siano costanti, ma allora costituireb- bero specie differenti, perchè fra gli animali salvatici sono ra- rissime le varietà. Checchenesia di questa opinione, 1° Urigne da me osservato è uno dei maggiori della sua specie. ll suo corpo, che è assai grosso davanti, va diminuendo come quello dei pesci sino alle gambe posteriori, le quali riunite soito una medesima pelle ne formano la estremità; la sua pelle è dura, - 232 )( e va guernita di due sorta di peli, uno morbido e corto , e 1’ al- tro più ruvido e più lungo : la testa è grossa e piuttosto roton- da, rassomigliandosi a quella di un cane a cni fossero state ta- gliate le orecchie vicino al cranio: in vece di orecchie ha dei buchi marginati, che sono i condotti dell’ organo dell’ udito ; gli occhi sono assai grandi, sferici, e vanno guerniti di soprac- ciglia lunghe, e di alcune ciglia scarse : il naso rassembra assai a quello del vitello : il muso è corto ottuso, e al di sopra for- nito di lunghi mustacchi: le due labbra sono eguali, ma il su- periore è un poco scanalato a foggia di quello del leone : la boc- ca è armata di trentaquattro denti, vale a dire, di dieci inci- sivi sei di sopra e quattro di setto, di quattro canini, e di ven- ti molari: tutti questi denti non sono solidi che verso la pun- ta; la loro base, o sia la parte incastrata negli alveoli, è in- teriormente bucata : la lingua è simile a quella del vitello . Le due gambe anteriori, che possono chiamarsi propriamente no- tatoi, hanno due articolazioni visibili, cioè l’artodia, o sia I’ ar- ticolazione dell’ omero coll’ omoplato , e quella del cubito col carpo: le ossa del metacarpo, come pure le dita, sono cartila- ginose , e vengono rinchiuse, come dentro un guanto, in una forte e dura membrana, che fa le veci delle mani, o dei pie- di anteriori : queste dita iniziate sono quattro per ogni mano, e in ciò distinguesi principalmente 1° Urigne dalle altre specie di foche. Il suo corpo, che va assottigliandosi, come si è det- to, verso l’ estremità, sl spartisce finalmente in due pezzi as- sai corti, che formano i piedi posteriori, 1 quali sono visibil- mente articolati, ed hanno cinque dita disuguali presso a po- co come quelle della mano umana . Una membrana scabrosa unisce queste dita fra di loro dalla prima articolazione sino al- la terza, e quindi dividendosi le contorna infino alla base del- le unghie, oltre alle quali si prolunga anche un poco. In mez- zo a siffatti piedi spunta un pezzo di coda di tre pollici incir- ca di lunghezza . Tanto il maschio che la femmina hanno le parti naturali nella estremità inferiore del ventre, e quando s° accoppiano, lo che d’ ordinario fanno sul finir dell’ E si assiedono so0- pra 1 piedi posteriori, e poi s’ abbracciano colle alette . Le fem- mine si sgravano di primavera , e fanno uno e di rado due fi- .gliuoli: esse sono più belle del maschio, ed hanno il collo più lungo e più svelto. Questi animali al pari di quasi tutti gli al- tri acquatici, hanno fra la pelle e la carne un grassume mol- (233 )( liccio grosso più di cinque dita , il quale facilmente si riduce in olio. Sono anche molto sanguigni , e feriti che sieno, get- tano quantità grande di sangue, che schizza impetuosamente dalle loro vene. Malgrado la strattura svantaggiosa del loro piedi salgono facilmente sulle rupi più alte, dove piace loro di dormire. Il movimento progressivo però del loro corpo è così pesante in terra, che al vederli pajono piuttosto strascinarsi che camminare. Contuttociò sarebbe cosa pericolosa assai l’acco- starsi di troppo ai medesimi, perchè hanno tanta agilità nel muovere a destra e a sinistra il collo che potrebbero coi loro denti terribili tagliar per mezzo un uomo : allorchè veggono passare qualcheduno dappresso , aprono sì fattamente la bocca, che potrebbe entrarvi una palla di un piede di diametro . Stan- do però in mare nuotano con una velocità incredibile , preva- lendosi a questo effetto dei piedi posteriori, che tengono lon- gitudinalmente distesi, e congiunti in maniera che da lontano hanno tutta l’apparenza della coda di un pesce; ma non ama- no di starsene molto tempo sott’ acqua, che anzi spesso cava- no fuori la testa per respirar l’aria libera , e per osservare se vi sia d’ intorno qualche Pinguino , o altro uccello acquatico di cui cibansi volentieri. I grandi Urigni sogliono muggire co- me i tori, o grugnire come i porci; i piccoli belano ora come gli agnelli, ed ora come i vitelli. Questa specie è comunissima in tutte le Coste del Chili, e intorno alle Isole, che trovansi nel suo mare.,,I vitelli ( cioè ss ilupi, marini, dice il Cap. Carteret Voy. Haovok. tom. 1. cap. »3 2., Vi sono sì numerosi, che io credo sincerainente, che se s, in una notte se ne prendessero molte migliaja, uno non se »» ne accorgerebbe il giorno seguente. Noi fummo obbligati di »» ucciderne una gran quantità, perchè costeggiando la riva , yy @ssì correvano continuamente contro di noi, tacendo un ro- s, more spaventevole. Questi animali danno un olio eccellente : 3 1 loro cuori e le loro frattaglie sono buonissimi a mangiare: », essi hanno un sapore , che si accosta a quello del porco , e ss le loro pelli formano le più belle pellicce di questa specie, », che io abbia giammai vedute.,, I Chilesi ne ammazzano an- nualmente una gran quantità, procurando di percuoterli con un bastone nel naso, che è la parte più sensibile, che essi ab- biano. La loro pelle serve a var] usi, ma specialmente per for- more una specie di zattere, con cui poter valicare i fiumi o andare alla pesca in mare : queste Zattere si compongono di do (234 Y( due gran balloni pieni d’aria langhi otto o dieci piedi forma- ti colle suddette pelli ben cucite, e uniti insieme con due o tre traverse di legno. Feuillée le descrive esattamente, e ne dà una buona ficura. Le medesime pelli ben conciate acquista- no una granitura simile a quella del marocchino, e se non so- no così fine s hanno però maggior consistenza, e non si scorti- cano così facilmente. Con esse si fanno delle ‘biiode scarpe, € degli stivali resisteati all’acqua; quando sono ben cuciti. I Con- dini se ne fanno anche degli abiti col pelo voltato in fuori, al quale danno varie tinte, di maniera che questi abiti sembiat no fatti di velluto. A aid si fa col loro pelo un panno som- mamente manevole , e più soave al tatto del velluto medesimo. GI Inglesi si procurano queste pelli dalla N. Zelanda, Isola si- tuata dirimpetto al Chili, dove i Lupi marini o sia gli Urigni sì propagano anche in gran copia. I Choni abitanti del’ Ares pelago di Chiloe estraggono dal grasso di questi animali un buon olio, che portano a wbinidene alle Città: quest’ olio ben purga- to è ottimo perle concie ed anche per bruciare, e siccome con- servasi sempre chiaro, così vien preferito per questi oggetti a quello delle balene . Di ono Ì marinari , che quando è " fresco, e ancor buono perla cucina, ma io non ne ho mai assaggiato . 2. L'Orso marino: Phoca Ursina; Leske; questa Foca è un poco più grande della precedente, alla quale si rassomiglia in tutto, fuorchè nelle orecchie, che sporgono in fuori quattro A) cinque linee, e nel colore che di sopra è oscuro, € di sotto biancastro: ama di viaggiare, ec trasmigra spesso dui mari au- strali ai settentrionali, onde si vede anche sulle Coste di Kam- tschatka: arriva al mare del Chili sul principio della Primave- ra, € a sulla fine dell’ Autunno . La Foca minima, Phoca pusilla Lin; è un bel diminu- t1vO della loca ursina, 0 il pignieo delle Fochéfi è lunga sette in otto pollici, e va coperta di pelo nero sul dorso, e bianco sul ventre. Siccome questo pelame è riccio e assai lungo, co- sì essa comparisce più grossa di quello ch’ effettivamente è di sua natura. Ella ha ancora le parti esterne dell orecchio visi- bili: abita intorno agli scogli delle Isole di Gio. Fernandes. . Il Porco marino , Phoca porcina, Olio. stor. del Chili, è simile all’ Urigrze nella forma, nel pelo , e nella maniera di vi- vere; ma sì distingue nel muso, che è più lungo e termina a un dipresso come il grugno del porco terrestre, così anche nel- le orecchie, che si: stendono più in fuori, e nelle zampe ante- }(235 )( riori, che hanno cinque dita ben formate, sebben coperte qua- si interamente da una membrana. Questa Foca, che ha tre o quattro piedi di lunghezza, si vede rare volte nelle spiagge Chilesi. Pare che il suo soggiorno ordinario sia tra 1 banchi di neve, che galleggiano nelle acque polari, dove è stata osser- vata da alcuni navigatori. Il nome di Porco marino è stato dato a molti abitanti del mare, ma a nessuno conviene vera- mente se non a questo . 5. Il Lame, Phoca elephantina; Leonina Lin., è di for- ma analoga alle precedenti, benchè poi se ne distingua per al- tri caratteri assai sensibili. Egli è di una corporatura così enor- me, che giugne siuo a ventidue piedi di lunghezza, e quindi- ci di circonferenza presa di sotto al petto. Porta sopra il na- so una cresta o sia tromba glandulosa alta cinque pollici , la quale si prolunga dalla fronte sino al di là della punta del lab- bro superiore : questa forse è un arma difensiva, che gli è sta- ta concessa dalla provida natura per parare i colpi, che in quel- la parte dilicata sono sempre fatali agli altri individui di que- sto genere, ai quali essa per le sue mire incomprensibili non volle accordar questo privilegio . I denti canini della mascella inferiore sporgongli un poco in fuori: questi unitamente alla tromba gli danno la rozza apparenza dell’ Eietante : gli altri denti proporzionali alla sua mole sono simili nel numero. e nel- la forma a quelli dell’ Urigne . I suoi quattro piedi hanno cin- que dita per ciascheduuno ben distinte, e armate di unghie ot- tuse adunche, le quali per metà sono coperte da una mem- brana coriacea ritagliata nei contorni, ma non così stranamente come è rappresentata nella figura del Viaggio di Milord Ansou, dove i piedi di dietro sembrano piuttosto un cavolo aperto, che i piedi di un animale. Gli orecchi pajono a prima vista moz- zati, ma osservandoli bene si veggono alzarsi fra il pelo di quat- tro in cinque linee, ed hanno a un dipresso la forma di quel- li del cane. Tutta la sua pelle è coperta di una sola specie di pelo di color cangiante or sul lionato, or sul bruniccio, ed or sul biancastro , il quale benchè corto è assai folto e morbido . Questa pelle è più grossa di quella dell’ Urigne. La femmina poi è un poco più piccola e sottile del maschio, e non ha clie un leggier vestigio di tromba sul naso. Questo è il mostruoso animale, a cui 1’ Ammiraglio Anson diede impropriamente il nome di Leon marino. Il Linneo, adot- tando questa falsa denominazione , lo chiamò Ploca Leonina , N 236 )( nel che è stato seguito dagli altri Zoo/ogi;” ma un tale epite- to si dee riserbare per un altro animale dello stesso genere, di specie però diversa, che lo merita con più ragione, come appresso vedremo . I Lami abitano specialmente intorno alle Isole di Gio: Fernandes , alle coste di Arauco, all’ Arcipelago di Chiloe, e verso lo Stretto Magellanico . Vivono per lo più in società, e amano di scorrere pel mare durante la state ; al sopraggiugner del verno si ritirano alle spiagge per attendere alla propagazione della loro specie : s’ accoppiano nella guisa medesima che gli Urigni, e producono lo stesso numero di fi- glinoli. Quando soggiornano in terra, cercano i luoghi paludo- st, nei quali si rivolgono e dormono come i porci. Intanto uno di loro salito sopra un luogo eminente sta in guardia, e in caso di qualche sorpresa ne avverte subito i compagni con degli urli orrendi. Questi semianfib] essendo più pingui di tut- ti gli altri del loro genere rendono una maggior quantità d°o- lio: al minimo movimento che fanno, si vede il loro grasso molle ondeggiare sotto la pelle, perciò da alcuni vengono chia- mati Lupi marini da olio. I maschi, che si lasciano traspor- tare sino all’ eccesso dalla passion d’amore , si veggono spesso combattere sino a perdere la vita coi rivali della loro specie a cagione delle femmine. Quindi avviene, che di rado se ne tro- va uno, che non abbia la pelle piena di cicatrici. Si battono con furia incredibile a guisa di cani arrabbiati, e intanto le femmine si tengono in disparte aspettando la fine, pronte pol ad applaudire e seguire il vincitore. Così i più valorosi si for- mano dei numerosi serragli, e accompagnati dalle Sultane tol- te ai più deboli passeggiano trionfanti pel vasto Oceano. 0. Il Leon marino, Phoca Leonina Lin., ha il corpo più agile, più elegante, e meglio modellato di quello di tutte le altre Foche, benchè egualmente conico; il suo pelo di color giallo chiaro è assai corto dalle spalle sino alla coda, ma in- torno al collo e sulla testa è lungo come quello della capra; questa criniera ben sensibile, che lo rende in qualche mo- do simile al leone affricano, gli aggiudica il diritto esclusivo di portare il nome di Leon-marino. I Chilesi antichi, che non aveano idea del Leon comato, lo chiamarono Yhopel Lame, 0 Menulame, cioè a dire, Lame-crinito; la sua testa eziandio ras- somiglia a quella del Leone, e parimente il suo naso, ch’ è largo e schiacciato, ma senza pelo dal mezzo sino all’ estremi- tà: le orecchie sono quasi rotonde, e non si alzano dal cranio {237 )( che sette in otto linee: allegri e vivaci sono i suoi occhi col- la pupilla verdognola : il labbro superiore è fornito di lunghi mustacchi al pari di quello della tigre, e delle altre Foche: la sua bocca è ben fessa e armata di trentaquattro denti bian- chi come l’ avorio, assai grossi e quasi interamente solidi , le cui due parti sono incastrate negli alveoli: i mediocri hanno quattro pollici di lunghezza e diciotto linee di diametro; i ca- nini poi non ispuntano in fuori, come fanno quelli dei Lami: la distribuzione di questi denti non è differente da quella che notammo nell’ Urigre : I piedi anteriori e posteriori sono fatti dello stesso modo, ed hanno il medesimo numero di dita simil- mente palmate che hanno i Lami. La coda è nera rotonda e appena eccede un palmo di lunghezza . La femmina è assai più piccola del maschio, e al pari del- la leonessa affricana non ha chioma: ha parimente due mam- melle, e partorisce un sol figlio, a cui porge il latte con sen- so di vera tenerezza . Il Pernetty scrive, che alle Isole malui- ne si trovano di questi Leoni marini di venticinque piedi di lunghezza, e di diciannove in venti di grossezza; ma i più grandi che io abbia veduti nel mar Chilese non erano lunghi che tredici in quattordici piedi con una grossezza proporziona- ta. Questi animali sono ancora grassissimi, e abbondanti di sangue ; quando vengono feriti si gettano prontamente in ma- re, e a misura che vi s° innoltrano vanno lasciando indietro lunghe striscie di sangue, che ancora da lontano si distinguo- no: allora trovandoli in questo stato i Lami, e gli Urigni si av- ventano loro addosso, e tosto gli sbranano, e se li mangiano. Pel contrario se un Lame, o un Urigne ferito si getta in ma- re, benchè sparga ancor esso quantità di sangue, non vien mai assalito nè mangiato dai Leoni marini, nè da verun altro ani- male di questo genere. Le loro pelli conciate sono ancora sti- mate nelle manifatture di scarpe, e di stivali. 7. Il Chinchimen, Mustela Felina, Dizion. Chil. è un ani- maletto lungo venti pollici incirca dalla punta del muso sino all’ origine della coda, al quale gli Spagnuoli hanno dato il no- me di gatto marino. Diffatti si rassomiglia al gatto terrestre nella testa, negli orecchi appuntati e pelosi, nel muso fornito di lunghi mustacchi, e nella coda grossa e rivestita di folto pe- lo. I piedi d’avanti come pure quei di dietro hanno cinque di- ta palate con artigli forti e ricurvati. Il suo corpo è provve- duto, come quello delle Lontre, di due sorte di pelo di color (238 )( bruno chiaro ; l uno è morbido e corto, l’altro lungo e ruvi- do. Non saprei dire quanti figli produca la femmina ; più di quattro non crederei. Questi se per lo più in ma- re; visi veggono nuotare a due a due in pe erfetta monogamia , e non mai ci truppe, come i Lupi marini: quando però fa buon tempo, amano di starsene sulle rupi a ricrearsi al Sole: allora imaremmani gli acchiappano coi lacci, che distendono per quei luoghi , dove sogliono posarsi. Hanno queste bestiole la fero- cia dei gatti salvatici , e nel modo stesso assalgono quelli che loro s° SRO : il loro gridare è ranco, e somigliante piuttosto al ruggito della tigre. Sul principio io le aveva stimate Lon- tre marine, 0 specie di Saricoviezni, ma i loro costumi e la loro struttura sono differenti. La Saricovienne è timida e as- sal più grande ; ha la coda corta alquanto depressa; le sue. ma- scelle sono ornate di quattro denti incisivi per banda. Il Chin- chimen è feroce, ha la coda rotonda e lunga poco meno del corpo; la sua bocca è fornita di sei denti incisivi diritti e acuti di sopra, di altrettanti più ottusi di sotto, di quattro canini ) e di sedici molari, otto cioè per mascella. Ciò non ostante nei sistemi zoologici, dove il numero dei denti non è considerato, esso può benissimo riputarsi come cougenere della Lontra ma- rina . 1 Fiumi, i Laghi, e le altre acque dolci del Chili, oltre le Lontre comuni, albergano ancora due specie di poppanti palmipedi stimabili per la morbidezza del loro pelame : questi sono il Guillin, o Huillin, e il Coypù , Diz. Chit. Il primo, che io aveva aggregato al Castoro per la conformità della sua dentatura, è luugo dalla punta delle labbra sino all’origine del- la coda tre piedi in circa, e alto due. Ha coperto il corpo di doppio pelo, | uno interno più fino e più morbido di quello del coniglio, l’altro esterno assai più lungo e grossolano: am- bidue sono brunicci sul dorso e biancastri sotto il ventre . Il pelo corto riceve benissimo il colore nero e il turchino, e al- lora sembra veramente un velluto. Se ne fanno dei cappelli, che non la cedono a quelli del vero Castoro. Questo animale ha la testa quasi quadrata, le orecchie corte e rotonde , gli oc- chi piccoli, il muso ottuso, la bocca Serata di quattro” den- ti incisivi due in alto, e da al basso, e di sedici molari ; i quattro piedi divisi in cinque dita, di cui ni anteriori sono or- late da una piccola membrana, e le posteriori interamente pal- mate; la schiena larga, e la coda lunga, depressa, e folta di \{ 239 )( pelo : nelle sue anguinaglie non si trova liquore alcuno analo- go al castorio . Soggiorna nei luoghi i più profoudi dei fiumi e dei laghi, dove sta lungo tempo senza aver bisogno di uscir fuori a respirare, imperciocchè ha il foro ovale dui suore mez- zo aperto, come le foche. Si alimenta’ di pesci e di granchi , i cui escrementi vien poia depor re in un sito determinato sul. la riva, come fanno i gatti. Si veggono i mucchi di questi escrementi intorno a quei fiumi. I fui guidati da que- sta osservazione gli aspettano di notte nel mentre che sortono per iscaricarsene, e in quella posizione gli uccidono . Il Huil- lin è naturalmente feroce e ardito per ada. che corre a ra- pire il pesce dalle nasse in faccia allo stesso pescatore. In que- sta proprietà si distingue dal Castore, del quale si dice che non ama di nutrirsi di pesci. La femmina partorisce due o tre figli, e per quanto io credo non porta più di cinque mesi. Il Sonnini vorrebbe, che questo animale fosse una Lontra; 10 non ci sono contrario , purchè i suoi caratteri generici non si pren- dano dal numero dei denti, non ostante che la sua figura sia ben diversa da quella della Lontra. Il Coypu, Mus Coypus, al. Hydromys Coypus; Ecco un altro animale, che il Sonnini avrebbe anche associato alle Lon- tre, o alle Saricovienni; ma non hanno pensato così gli Au- tori degli Annali del Museo di Storia naturale, i quali ne han- no fafmato un genere con gli stessi caratteri, che io gli asse- gno, e sotto la stessa Ioni , cioè Hydromys., che in greco significa sorcio acquatico. Questi caratteri sono due den- ti incisivi a ciascuna mascella; due mascellari sopra I rango, solcati ai lati, con doppio scavo sopra la loro corona : piedi pentadattili , gli anteriori liberi, 1 posteriori palmati; co- da rotonda e coperta di peli corti. Sotto questo genere essi an- noverano tre specie, cioè il Coypu, il Chkrysogaster , e il Leuco- gaster; tutte tre delle regioni Meridionali del globo, e fornite dei medesimi caratteri generici. Questo fatto vieppiù conferma quello, che accennai altrove, cioè che ogni giorno si vanno verificando le cose, che rapportai nel mio primo Saggio. Il Coypu è della grandezza della Lontra comune, alla quale ras- somiglia assai per la forma e pel colore del pelo » ha gli occhi piuttosto rotondi, il muso bislungo guernito di Riistiochi , le zampe corte, la coda mediocre tonda e pelosa. La sua denta- tura e la forma de’ suoi piedi corrispondono esattamente alla definizione di sopra esposta. Questo animale, benchè destinato __}{ 240 )( a vivere sott'acqua, ciò non pertanto trattolo fuori si addo- mestica assai bene, mangia d’ ogni cosa, e si mostra caro e rè- co noscente a quelli, che se ne prendono cura. La sua voce i uno strillo acuto, che non manifesta se non quando vien mal- trattato. Con un poco di pazienza e d° industria si potrebbe addestrarlo meglio anche delle Lontre alla presa dei pesci. La femmina, per quanto mi fu riferito, si sgrava di ‘cinque o sei figliuoli, che conduce sempre seco , quando va in cerca del vitto, il quale consiste in pesci e in erbe acquatiche, special- imente di quelle che formano il genere Myoschy/os stabilito e denominato così dagli Autori della Flora del Perù e del Ghi- li a riguardo di questo animale. Gli Annali citati di Stor. Nat. del Museo di Parigi dicono, che la pelle del Coypu da pochi anni in quà si è introdotta nel Commercio della pellicceria , di dove i Cappellari si provedono avidamente per impiegarne il pelo nelle loro fabbriche , e che a Parigi in un anno sola:ven- te sì erano consumate sino a venti mila di queste pelli. Sic- come i caratteri generici di questo animale non sono molto di- versi da quelli dd Sorcio , o sia Mus del Linneo, io ne avea fatta una specie così per non moltiplicare tanto i generi senza bisogno, quantunque i suoi piedi di dietro fossero palmati, co- me perchè nel sistema linneano questa differenza è stata ripu- tata di poco valore in molti generi, e segnatamente nel gene- re Cavia, fra le specie del quale, tutte a piedi nudi , si tro- va la Capybara coi piedi posteriori palmati. 01 I Poppanti fissipedi del Chili parte si sostentano di carne, e parte di vegetabili. I carnivori, fra i quali debbonsi anno- verare anche le Volpi, di cui favellammo addietro, si riduco- no a queste specie. 1. Il Chinghe, Vicerra Chinghe , Diz.Chil., Feuil., è uno di quegli animaluezi, che M. di Buffon chiama Mofette a ca- gione dell’ intollerabile puzzo, che tramandano. Questo del Chi- li è della statura di un gatto ordinario, e di colore che nel nero azzurreggia, eccetto za dorso dove ha una striscia di mac- chie ovali bianche, che dalla fronte si stende sino alla coda. Ha la testa piuttosto lunga, gli orecchi larghi e pelosi coll’ eli- ce ripiegata in dentro e ì lobi pendenti come quelli dell’ uo- mo, gli occhi bislunghi coll’ uvea nera, il muso acuto, il lab- 24: )( bro superiore più lungo dell’ inferiore, e la bocca fessa sino ai piccoli angoli degli occhi. Le sue mascelle sono fornite di dodici denti incisivi, sei per banda, di quattro canini aguz= zi, e di sedici mascellari: i denti laterali davanti sono più grandi di quelli di mezzo . Le gambe posteriori sono più al- te delle anteriori: nei quattro piedi ha cinque dita per cia- scheduno munite di ugne lunghe atte a potere scavare il ter- reno, dove egli si forma die profonde tane da rinserrarsi col- la sua progenie. Porta sempre la testa bassa, il dorso curvo come il porco, e la coda ripiegata in alto come lo scojattolo : questa è lunga quanto il suo corpo, e non è men pelosa di quella della Volpe 7 La sua orina non è fetida, come ordinariamente si cre- de ; ha presso a poco il medesimo odor di quella del Cane: il liquor puzzolente, che lancia questo animale contro quelli che lo molestano, è una sorta di olio verdiccio rinserrato in una vescichetta situata presso l’ano, come quella della puzzola. Quando egli si vede assalito, alza prontamente i piedi posterio= ri,e getta contro l’aggressore il pestifero umore , i cui mefitici effluv] si spandono così tosto, che ammorbano in un momen- to tutti i luoghi circonvicini, e si diffondono talvolta a due miglia di distanza, quando il vento soffia da quella parte. Quegli abiti, che di questo maligno unguento restano spruzza- ti, si abbandonano del tutto , o non si portano se non dopo varie e reiterate lavature con ranno forte : le case medesime, che hanno ricevuta la pestifera esalazione, rimangono inabi- tabili per qualche tempo, perchè non si trova veruna sorta di profumo, che possa palliare o dissiparne il fetore. I cani qualora ne ricevono qualche porzione, si cacciano nell’ acqua, si rivoltano nel fango, corrono urlando come arrabbiati per le campagne, e durante intorno a loro la puzza, non mangia» no quasi nulla. Il Chinghe, che ben conosce la potente efficacia di quest’ar- ma singolare datagli dalla natura, non si serve mai nè dei den- ti, nè delle unghie contro i nemici della sua specie, il suo vita lo ice troppo formidabile agli aggressori i più ardi- . Per altro egli è piacevole , e sembra affezionato agli uo- mini, ai quali pare che s° accosti volentieri; entra francamen- te alle case di campagna per mangiarvi | uova, che va cere cando nei pollai; passa intrepidamente in mezzo ai cani, € usa con intera libertà dei privileg] accordatigli dal salvo con- 3I 245 )( dotto, che porta seco, i quali non gli vengono mai disputati da niun vivente. I cani dalla loro parte sì arditi contro ogni sorta di animali, ben lontani dall’ attaccarlo, lo fuggono quan- to possono. Ì contadini medesimi non si arrischiano ad am- mazzarlo neppure collo schioppo, perchè fallando il colpo, o non ferendolo mortalmente , temono di restarne infetti, come successe a Feuillée . Alcuni però troppo audaci vi si accostano piacevolmente , e pigliatolo all’ improvviso per la coda, lo ten- gono sospeso in alto, affinchè stirati i muscoli della vescichet- ta, se ne chiuda l’orificio, e in questo stato 1’ uccidono, ma la loro temerità resta sovente punita con un abbondante spruz- zo. Questo animale però non si prevale del suo puzzolente li- quore, se non nel caso di esser maltrattato da un nemico di specie diversa ; conoscendone perfettamente tutto il veleno , SI astiene dall’ impiegarlo contro i suoi nazionali nelle zuffe o nei contrasti d’ amore, che ha sovente con essi; si contenta allo- ra di adoperare i denti, o le unghie .I riguardi, che esso esi- ge da tutti i viventi, non mi permisero di accostarmi al suo covile, nè d’ informarmi del numero della sua famiglia . Il suo cibo ordinario sono 1 uova, e i volatili, che sa bene attrappa- re con astuzia incredibile. La sua pelle non partecipa punto del pestilenziale odore del serbatojo. I paesani, quando possono averne un numero competente, ne fanno delle coperte da let- to, che stante la bellezza e morbidezza del pelo sono assai sti- mate 'da loro. La specie del Chinghe è distesa per tutta l’Ame- rica, perchè io credo che il Clinche, il Zorrillo, il Maypuri, ec., non siano altro che varietà dello stesso animale. 2. La Cuja, Mustela Cuja , Diz. Chil., è ancora un pic- ciol animale somigliante al Furetto nella grandezza, nella for- ma, nella dentatura, nella disposizione delle dita, e nella ma- niera di vivere: ne differisce per altro negli occhi, che sono neri, e nel muso, che è un poco troncato nell’ estremità : il suo pelame è folto, morbido, e affatto nero : ha la coda lun- ga quanto il corpo, e ben fornita di pelo: si nutrica di sorci, che va continuamente cercando per le campagne: partorisce due volte l’anno quattro o cinque figliuoli. Si trova più co- munemente nel Chili australe, che nel settentrionale . 3. Il Quiqui, Mustela Quiqui., Dizion. Chil.,è una specie di donnola di color bruniccio, e di tredici pollici di lunghezza misurata in linea retta dalla estremità del labbro superiore si- no all’origine della coda. Ha la testa piatta, le orecchie picco- X 243 )( le e tonde, gli occhi affondati, il muso cuneiforme, il naso schiae- ciato con una macchia bianca nel mezzo, la bocca notabilmen-= te fessa, onde da alcuni vien chiamato Anima! rospo. Le sue gambe sono basse, e la coda corta: i piedi sono divisi in cin- que dita lunghe con le unghie adunche. Ventotto sono i suoi denti, dodici incisivi acuti, altrettanti molari , e quattro! cani» ni. Questo animale è di sua natura feroce , e oltremodo colle- rico, quindi è che i paesani danno il soprannome di Quiqgui a tutti coloro, che per poco si lasciano trasportare dalla collera . Qualora è irritato, essendo già di sua natura bruttissimo , diventa un vero inostro ; i suoi occhi s’ infiammano , la bocca si spalanca enormemente, le dita dei piedi anteriori si disten- dono in atto di avventarsi coi terribili artigli di cui vanno ar- mate. Io non credo col Sonnini che possa riputarsi una cari- catura il dire, che in questo stato di collerica convulsione la sua bocca rassembra a quella di un rospo irritato, e le sue di- ta distese a quelle del lucertone verde, quando si trova in si- mile agitazione. Il Quigui, come le altre donnole, si fa delle tane in terra, e si alimenta di sorci,e di altri animaluzzi , che sorprende con somma destrezza . Figlia anche, per quanto cre- do , due volte |’ anno ; e produce presso a poco lo stesso nu- mero di figliuoli che la Cuja: soggiorna più volentieri nei bo- schi delle Provincie australi. 4. L° Istrice, o sia il Porco spino Chilese , si trova nello Andi boreali del paese, ove quelli che vi penetrano, lo soglio- no ammazzare per cavargli la pelle. Io non ho veduto questo animale; ma da quanto mi è stato raccontato rapporto alla sua figura e maniera di vivere, e molto più dalla forma e disposi- zione delle spine, che porta sulla pelle, conghietturo che es- so non sia differente dal Coandu, o sia dall’ Istrice prensile del Brasile . Il Culpen , Caris Culpeus, Diz. Chil., è un cane sal- vatico, 0 piuttosto una gran volpe non differente dalla volpe co- mune se non nella grandezza, nel colore che è più bruno, e nelia coda che è lunga, diritta, e coperta di peli corti sino alla sua estre- mità come quella del cane ordinario. La sua lunghezza dalla pun- ta del muso sino alla base della coda è di poco più di due piedi e I’ altezza presa dalla pianta de’ piedi anteriori sino alla sommi- tà del dorso di ventidue pollici incirca. La forma delle sue orecchie , la situazione de’ snoi occhi, la sua dentatura , e la disposizione delle sue dita corrispondono perfettamente a quel- X 244 )( le della Volpe. Ha la voce debole, ma simile all’ abbajamento del cane . Alloggia sotterra in tane scavate come le altre vol. pi, e si pasce di piccoli animali. Quando vede un uomo s’ incammina tosto verso lui, vi si ferma dinanzi in distanza di cinque in sei passi, lo contempla attentamente, e quando egli non si muova , seguita a guardar- lo un buon pezzo, e poi senza fargli alcun male , si ritira . Io non saprei dire onde provenga una curiosità sì fatta nel Cul- peu; ma posso assicurare, che tutte le volte, che mi avvenne d’ incontrarlo in quei boschi, osservai la medesima cosa. Que- sto per altro è un fatto notorio in tutto il paese, e non vi è alcuno, che se ne prenda timore, quando egli si accosta. Il suo nome, che sembra derivare dalla parola Cu/perz , la quale nel linguaggio Chilese significa delirio 0 pazzia, forse gli è stato imposto per questo suo procedere stolto, che tutto giorno lo espone ai tiri dei cacciatori. Ma ciò che vi è di più singolare si è, che a dispetto del gran numero che se ne ammazza, egli non si diparte punto dal suo sciocco impegno. Gli anima- li trovati nelle Isole deserte si comportano sul principio della stessa maniera , ma la sperienza gl’ induce subito a veder nell’ uomo il loro più mortale inimico. Il Comandante Byron, che vide la prima volta i Cu/pew appressarsi così francamente alla sua gente nell’ Isola di la/k/and, dove ancora si trovano, stimò che fossero tanti assalitori dell’uomo, e come tali ce li descrive nel suo viaggio intorno al Mondo; ma egli fa torto alla loro biz- zarra inclinazione tacciandola di ferocità: essi non sono nè più cattivi, nè più formidabili delle volpi ordinarie : ciò nonostan- te i cani, che osano attaccarli, non riportano vittoria se non a costo di gran fatiche e di spargimento di sangue. I marina- ri Inglesi ne ammazzarono facilmente cinque nello stesso gior- no, e avrebbero potuto ucciderne di più se si fossero avanza- ti sino al centro dell’ Isola. Queste stragi giornaliere fanno, che la loro specie si propaghi poco, benchè non sia meno fe- conda di quella della Volpe . Bongainvilie ne fa anche menzio- ne nella relazione del sno viaggio. Alcuni Naturalisti hanno voluto fare del Gulpeu un Zsazis ; ma 1’ Isatis destinato a di- morare fra i ghiacci del Settentrione non ha che fare nè per la conformazione, nè per la maniera di vivere coll’ antartico Culpeu . 6. La Guigna o Huigna, Felis guigna, Diz. Chil., è un gatto salvatico di bel pelo, che abita nei boschi del Chili; {245 )( rassomiglia nella forma al gatto domestico, ma n° è un poco più grande, ed ha la testa e la coda più grosse. Il suo colore è fulvo piacevolmente variato di macchie nere rotoride di quat- tro 0 cinque linee di diametro, le quali si stendono fin sulla coda : questo animale che forse è una varietà del Margay , stan- te la sua piccolezza non si arrischia a molestar l’ uomo e nemmeno il bestiame. Tutta la sua forza è rivolta contro i vo- latili selvaggi e domestici; qualche volta si accosta alle case rurali per dare il sacco ai pollai. Non mi è noto il numero de? suoi portati, ma suppongo che anche in questo si conformi con gli altri gatti. 7. IL Colocolo, Felis colocolo s Diz. Chil. , questo è anco- ra una specie di Gatto dei boschi del Chili analogo all’ Oceloz del Messico, il quale col suo nome rinuova la memoria del Gran Colocolo promotore e sostegno della libertà degli Arau- cani. Il suo corpo è rivestito di pelo bianco strisciato tratto tratto, come quello delle gatte domestiche, di macchie irre- golari gialle e nere. E° presso a poco della stessa grandezza della Guigna, ma è più salvatico , e di rado esce fuori dalle folte boscaglie, dove ama di rintanarsi. Nulla si sa della sua maniera di vivere, nè del numero de’ suoi parti. E° ben da credere, che in queste cose non sia diverso dalle altre specie della sua famiglia. 8. Il Pagi, Felis Puma, Diz. Chil. UMI., è l’animale, per quanto conghietturo, conoscinto nel Messico col nome di /Miz- #li, e nel Perù con quello di Puma, che si è reso più fami- gliare ai Naturalisti. Gli Spagnuoli lo chiamano Leone, per- chè tranne la giubba, di cui affatto è privo, somiglia assai nella fisura e nel ruggito al Leone affricano, che io ho avuto occasione di veder quì in Europa. Il pelo che cuopre la parte superiore del suo corpo, è cenerino con qualche spruzzo di giallo; questo pelo è più lungo di quello della Tigre special- mente sulla groppa ; quello di sotto il ventre è biancastro. La sua lunghezza misurata dalla punta del naso sino al principio della coda è di cinque piedi incirca, e la sua altezza presa dalle spalle sino all’ estremità delle zampe dinanzi, di venti- sei pollici e mezzo. Ha la testa rotonda come quella del gat- to; le orecchie corte e appuntate; gli occhi grandi coll’ iride gialla e la pupilla bruna; il naso largo e schiacciato; il muso corto ; il labbro superiore intero e fornito di mustacchi; la bocca ben fessa ; la lingua larga e scabrosa; le mascelle forti N 246 { guernite ciascheduna di quattro denti incisivi, di due canini aguzzi, e di sei o più molari; il petto assai largo ; le quattro zampe divise in cinque dita grosse armate di robustissimi arti- gli; e la coda lunga due piedi e un pollice e simile a quella della tigre. Il numero solo delle dita dei piedi posteriori, la- sciando da parte le altre differenze, è un carattere assai sensibile e sufficiente per distinguere specificamente il Pagi dal Leone af- fricano il quale, come è noto, non ha che quattro dita nei piedi di dietro. Tuttavia potrebbe considerarsi come una specie di mez- zo tra quella della tigre , e quella del vero leone. Il suo rug- gito, benchè più debole, non è molto differente, come dissi, da quello del leone affricano : qualora però va in amore fischia orribilmente a guisa di un serpente. La femmina è un poco più piccola del maschio e di un colore sbiadato . Ha due sole mam- melle come la leonessa affricana per quanto potei osservare nella pelle di una di queste femmine morta, poichè non potei ottenere di vederne alcuna viva. Si dice che non produce più d’uno o due figli, che si accoppia sul finir dell’ inverno , e che porta tre mesi. Tale è il leone, che trovasi nel Chili; forse in altre con- trade dell’ America avrà qualche cosa di differente: vengo as- sicurato, che nel Perù abbia il muso più lungo e più acuto. Alcuni hanno voluto confonderlo col Couguar della Guiana . Fo non ho veduto quest’ animale, ma per la descrizione , che se ne fa, mi pare assai diverso dal Pagi e dal Puma . Esporrò quì le notizie , che potei raccogliere dalle testimonianze una- nimi dei cacciatori intorno all’ indole e maniera di vivere di questa fiera Chilese , alle quali ognuno presterà quella fede , che gli sarà più a grado. Il Pagi abita nelle boscaglie più folte, e nelle montagne più scoscese del Chili, di dove poi scende a procacciarsi il vitto facendo strage degli aniimali domestici e specialmente dei Cavalli, la cui carne antepone sempre a quella degli altri qua- drupedi. La maniera di predarli non è meno ingegnosa di quel- la del gatto; si accosta verso di loro colla più fina industria; ora s'appiatta entro alle fosse ; ora si strascina fra i cespugli, ed ora dimenando la coda presentasi loro con finte carezze . Quan- do gli sembra il tempo opportuno, si scaglia con furioso salto addosso a quell’ animale, che ha preso di mira, e afferrando- gli tosto il muso colla zampa sinistra lo scanna in un momen- «o cogli artigli delia destra. Beve prima il sangue, che sgor- X 247 )( ga dalla ferita, indi mangia il carname del petto, e poi stra- scina tutto il resto al bosco più vicino, e lo cuopre con fra- sche e rami d° albero per mangiarselo poi con tutto suo co- modo. Qualora trova per le campagne i cavalli accoppiati co- ie sogliono tenerli legati quei Contadini, vi si spinge addosso per ammazzarne uno , e subito strascinandolo via, va percuo- tendo di tratto in tratto con una zampa il vivo che gli vien dietro, affinchè cogli sforzi e collo sbattersi che fa, gli agevo. li lo strascico di tutte due al bosco. Ma i siti più adattati al- le sue sorprese sono i ruscelli: quivi tenendosi appiattato sopra un albero vicino, sta aspettando gli animali, che vannovi a bere per lanciarsi loro addosso . I cavalli guidati dal naturale istinto sfuggono quei luoghi mi- cidiali, ma quando sono costretti dalla sete ad approssimarvisi , si fermano a fiutar d’intorno per indagare se vi sia qualche cosa da temere. Il più ardito tal volta si accosta prontamente a bere , e trovando l'ingresso libero, invita gli altri con un festivo nitrito a far lo stesso. Le Vacche, approssimandosi loro questo formidabil nemico, si pongono in cerchio intorno ai vitelli, e colle corna voltate verso di lui lo aspettano a piè fermo per trafiggerio a forza di cornate, come è accaduto varie volte. Una consimile industria adoperano le cavalle in difesa della loro prole col volgergli unitamente le schiene per opprimerlo coi calci, ma per lo più qualcuna di loro resta vittima del materno amore . Gli altri animali, che non vengono trattenuti dai figliuoli, cer- cano lo scampo colla fuga . L° asino però conoscendosi inabile al corso , sì mantiene fermo, e si prepara a corrispondere alle finte carezze del leone con i calci, per mezzo dei quali non rare volte lo stramazza per terra, e poi ben presto si mette in salvo. Ma se quello colla naturale sua agilità gli salta sul- la schiena, allora l’ asino o si caccia col dorso impetuosamente per terra, tentando di schiacciarnelo, ovvero corre a stroppic- ciarsi lungo i tronchi degli alberi, tenendo fra le gambe la testa per coprirsi la gola , finchè possa arrivare a sgravarsi da quella nojosa soma . Mercè si fatti ingegnosi raggiri sono po- chi quegli asini, che restano preda di un avversario, al quale soccombono tanti altri più robusti quadrupedi. Non ostante questa sua innata ferocità il Pagi non ha mai avuto 1? ardire di affrontar l’ uomo, benchè venga da lui per ogni dove per- seguitato ; anzi un fanciullo , una donniciuola bastano per far- lo fuggire ‘e abbandonare la preda, I paesani gli danno la cac- ) 248 ){ cia col cani a questo effetto ammaestrati ; esso li fugge quan- to mat può, ma vedendosi raggiunto tenta lo scampo col sali= re velocemente sugli alberi, o col farsi riparo di uu tronco o di una rupe , di dove poi si scaglia furiosamente sopra i cani, facendone sovente un gran macello, finchè sopraggiungendo il cacciatore gli tira un laccio al collo ; allora sentendosi afferra- to rugge terribilmente , e versa delle grosse lagrime, che gli cadono dalle gnance e scorrono sino a terra. Questo aneddoto sembrerà ben strano a quelli, che non concedono alle bestie lo sfogo delle lagrime nelle loro dolorose situazioni. Comunque si sia, la specie del Pagi si rende ogni giorno, come insinuai altrove, più rara nel Chili; io ne scor- st una gran parte senza essermi imbattuto in alcuno di es- si, quantunque m?’internassi nei più folti boschi colla mira d’ incontrarlo. Il maschio, di cui ho fatta la descrizione, era stato preso nelle alte montagne da uno di quei Cacciatori de» stinati a distruggerne la specie pel danno, che arreca al be- stiame. Essi conservano a guisa di trofeo i loro cranj, e rica- vano qualche profitto dalla pelle, colla quale si fanno delle buone scarpe e dei puliti stivali: il grasso è un presentaneo specifico, per quanto dicono, contro la sciatica . 6. XXII Passiamo adesso a descrivere quegli animali fissipedi, che pascendosi di soli vegetabili sono più mansueti, e si rendono per lo più utili all’ uomo. Tutti quelli, che il Chili ha di questo carattere, sono piccoli e si riducono alle specie se- guenti. 1. Il Guanque, Mus cyanus, Diz. Chil.; è un sorcio sca- vatore simile nella grandezza e nella forma a quello che si trova per le campagne, ma ha le orecchie più rotonde, il pe- lo turchino sul dorso e cenerino sul ventre, ed è di un natu- rale timidissimo . Vive dentro una tana orizzontale lunga da dieci piedi; questa serve di sala ad altre quattordici buche o sieno camere situate ordinariamente sette per ogni banda, e lunghe un piede incirca. In queste camerette ripone Ì° anima- le le sue provvigioni per l’ inverno consistenti in certi tuber- coli della grandezza di una noce e di color berrettino . Voglio- no alcuni, che questi sieno una specie di tartufi; il loro gu- sto non disapprova questa idea; ma io crederei piuttosto che )( 249 X( essi sieno radici di qualche pianta tuberosa; per accertarsene converrebbe seminarli, e osservare ciò che ne potesse prove- nire , il che io non ebbi tempo di fare . Benchè questi tuber- coli sieno angolosi il Guanque gli adatta e dispone in manie» ra, che non rimane vacuo interstizio alcuno netle dette came- rette, avendo l’ industria d’ incastrarne gli angoli superiori nei vuoti , che lasciano gl’ inferiori. AI sopravvenire della stagio- ne piovosa, che gl’ impedisce di girare per le campagne in cerca del vitto, comincia a cibarsi dei viveri depositati nelle interiori camerette, come i primi che rinchiuse, e così di ma- no in mano va serbando un economico regolamento non solo nel vitto, ma ancora nella pulizia interna della sua tana , por- tando sempre fuori i gusci di quei tubercoli, che ha mangia- ti. La quantità preparata di queste vettovaglie sembra essere soprabbondante al bisogno della sua famiglia, la quale non con- siste che in esso lui, nella sua consorte, e in sei figliuolini , che vengono alla luce in sul finir dell’ autunno , perchè gli al- tri sei, che produce in primavera, sono già emancipati in que- sto tempo, onde sopraggiunta la nuova raccolta trovasi obbli- gato a sgombrare i suoi granai delle vettovaglie avanzate nell’ inverno per riporvene delle nuove. I Contadini, a cui piaccio- mo eccessivamente questi tubercoli, vanno a saccheggiare sen- za compassione alcuna le tane di queste innocenti famiglie, come fanno i Tungusi con quelle del Sorcio ecoromo della Si- beria, e portando via il frutto delle loro industriose fatiche le lasciano esposte alla rigida stagione senza abituro e senza cibo. 2. La Chinchilla, Mus /ariger, al. Cricetus, Oval. Storia del Chili, Pando ossero. sul Coguimbo, è un’altra sorta di sorcio campestre stimabile assai per la finissima lana, di cui è coperto, se può chiamarsi così un pelame riccio e tanto mor- bido quanto la seta , che producono i ragni dei giardini : esso è di color cenerino, e assai lungo per potersi filare. Questo animaletto ha sei pollici di lunghezza dal naso sino all’ ano, le orecchie piccole e appuntate, il muso corto, i denti come i topi domestici, e la coda mediocremente lunga, e vestita di morbido peluzzo . Abita sotterra nei campi delle Provincie bo- reali del Chili, ed ama assai di stare in compagnia degli altri della sua specie. Si ciba di cipolle di varie piante bulbose , che nascono abbondantemente in quelle parti. Produce due volte I anno cinque o sei figliuoli : è di un naturale così do- cile e mansueto , che preso fra le mani non morde, nè procu= A 22 }( 250 ){ ra di fuggirsene ; anzi sembra che si compiaccia di esser acca- rezzato: se si ripone in grembo vi sta quieto e tranquillo co- me se fosse nel proprio letticciuolo ; questa straordinaria. pla- cidezza però deriva forse piuttosto dalla sua pusillanimità , la quale lo rende estremamente timido. Essendo per se stesso pulitissimo , non vi è dubbio che imbratti gli abiti, o che co- mubichi loro cattivo odore, mentre egli è affatto privo di quella puzza , che tramandano gli altri sorci; onde potrebbe esser benissimo allevato melle case senza molestia e con pochis- sima spesa, la quale poi sarebbe abbondantemente compensata col profitto della sua lana . Gli antichi Peruviani ben più in- dustriosi dei moderni facevano con questa lana delle coperte da letto e delle stoffe pregevoli. Nelle stesse Provincie set- tentrionali si trova un altro piccolo animale di lana fina chia- mato Hardilla, il quale è diversamente descritto da quelli che lo hanno vedute, onde io non avendolo osservato non pos- so determinare a qual genere si appartenga. 3. Il gran topo boschereccio del Maule, o sia la Marmot- ta Chilese, Mus maulinus, al. Arctomys; questo animale, che fu ritrovato per la prima volta nel 1764. vicino a un bosco della Provincia di Manle, è più grande della Marmotta Euro- pea, alla quale somiglia nel colore e nella lunghezza del pelo, ma se ne distingue nella forma delle orecchie, che sono ap- puntate ; nel muso che è allungato; nei mustacchi disposti in quattro ordini ; nei piedi, che hanno cinque dita ciascuno, e nella coda, che è più lunga. e ben coperta di pelo. I suoi denti sono nel numero, e nella disposizione eguali a quelli degli altri sorci. Quei cani, che diedero il. primo assalto a questo gran Topo, stentarono molto ad ucciderlo, sostenendo egli con co- raggio incredibile per più di un’ ora i loro furiosi attacchi . Questo è I unico animale, di cui per essere stato nuo- vamente scoperto, non posso citare alcun autore , che prima di me ne abbia parlato; io 1’ osservai appena ucciso, e ne conservai per qualche tempo la pelle impagliata. Si crede , che il suo soggiorno abituale sia una delle valli impraticabili del- la Cordilliera . Riguardo poi agli altri animali da me descritti ho procurato sempre d’ indicare, come promisi altrove , le o- pere esistenti in Europa che ne parlano, fra le quali mi so- no anche servito dei tre dizionarj impressi della lingua chile- se, e specialmente del più moderno che conservo presso di me , la cui autorità non deve rifiutarsi, perchè nei vocabolari (25: )( comuni si trovano registrate ancora le Fenici, le Idre, e le Sfingi. Bisogna però riflettere, che le Nazioni barbare non hanno mai avuto V interesse o la vanità, che avevano i Gre- ci, di abbellire le loro istorie con siffatti esseri immaginar) , L’uuiformità di cotali testimonianze rende frivola 1’ obbiezione che si fa-, cioè che taluno di quei nazionali interrogato su l’esistenza di certi animali non seppe renderne ragione, per- chè anche in Europa fra tanti miltoni d’abitanti sono pur ben pochi quelli, che abbiano qualche notizia degli animali salva- tici, che soggiornano. nelle loro regioni . 4. Il Degu, Sciurus Degus, al. Myoxus, Diz. Chil. Oval. stor., è una sorta di topo ghiro un poco più grande del topo domestico , o per dir meglio, è una specie intermecdiaria tra 1 ghiri e i sorci: abita sotterra d’ intorno alla Capitale del Re- gno : il suo pelo è biondo scuro, eccetto sul dorso dove SI stende una. croce nericcia , le cui braccia giungono sino al go- miti: la sua coda termina a guisa di quella del ghiratto in un fiocco .di peli lunghi dello stesso colore. Ha la testa corta, le orecchie ritondate, il muso appuntato e guernito di mustacchi, i due denti incisivi superiori cuneiformi e gl’ inferiori appiana» ti, i piedi dinanzi con quattro dita e quelli di dietro con cinque. Queste bestinole vivono in società intorno al cespu- gli, dove formano le loro tane disposte a guisa di piccol borgo con varie strade, che conducono da una tana all’aitra . Si nutrono di radici e di fratti, dei quali fanno un’ abbon- dante provvigione pel verno, poichè stante la benigniià di quel clima, se questa causa è valevole, non vanno già sogget- ti ad assiderarsi come i ghiri. Gli abitanti della Capitale del secol passato si cibavano delle carni di questi animali, come i Romani-usavano di quelle del topo ghiro, ma quelli d’ og- gi giorno hanno dismessa affatto questa usanza . 5. Il Covur, Dasypus, Lin., Diz. Chil.; Ovall. stor., è l’ animale conosciuto dai Naturalisti sotto i nomi di faz e di Armadillo così detto, perchè la parte superiore del suo corpo è armata di una corazza composta di lame scagiiose e di bande intermediarie ossee, che s’ incastrano le une nelle al- tre. Nel Cujo, dove è comunissimo, si chiaina Qrirguinchio o Kirkincio. Ve ne la di differenti grandezze, cioè a dire di sei sino a tredici pollici di lunghezza , e nei paresi situati. tra i Tropici se ne trovano di maggior mole. Rassomiglia di mol- to al porcellino nella figura, nella grassezza che cuopre la sua X 252 )( carne , e nelle setole che rivestono la parie inferiore del suo corpo : la sua testa è scagliosa allungata, ma il muso è corto , e non ha altri denti che i soli molari; ha gli occhi piccoli, le orecchie nude, e la coda lunga come quella del topo, ma più scagliosa . La corazza ossea, onde è coperto il suo corpo came quello della testuggine, si compone per lo più di due scudi l’uno anteriore, e l’ altro posteriore tramezzati di varj cerchj, che entrano gli uni negli altri, o si scostano a piacimento dell’ a- nimale , il quale con questo mezzo si rannicchia , 0 sì slunga , quando vuole. Le femmine sono così feconde , che partoriscono ogni mese, eccettuato l’ inverno, quattro o cinque figli: la lo- ro carne, per quello che affermano coloro che ne fanno uso , è non meno delicata e saporosa di quella dei porcellini di latte . Questi animaletti non si vedono mai nel basso Chili; essi amano di dimorare nelle Valli soleggiate della Cordilliera , 0 nelle campagne situate ali’ Oriente di questa montagna , dove si propagano in quattro specie chiamate Picci, Pelosi, Mulet- ti, e Bole. I Picci, Dusypas quadricinetus; Loricatus Pichiy, Nob. hanno sei pollici di lunghezza e quattro bande ; o cer- chj assai larghi. I Pelosi, Dasypus octocinctus Loric. villosus Nob., sono lunghi otto pollici incirca colla corazza a otto cer- chi coperta di peli sotto e sopra. I Muletti, Dasypus Undecim- cinctus , Loric. hybridus Nob. sono un poco più grandi 9 € vanno cinti da undici bande ossee: chiamansi Muletti a cagio- ne della notabile lunghezza dei loro orecchi. I Covur - Bole ; Dasypus octodecimcinctus, superano tutti gli altri in grandezza, avendo tredici pollici dal muso sino all’ origine della coda, e diciotto fasce ossee . Questi sono i Quirquinci descritti da M. di Buffon. Il loro nome, che significa palla, deriva dal con- globarsi che fanno più degli altri dentro la loro corazza quan- do sono sorpresi dai cacciatori: alcuna volta trovandosi essi sull’ orlo di qualche precipizio rannicchiati così in forma di globo, come fa il riccio campestre, si lasciano cadere giù sen- za il minimo loro danno, e deludono in tal guisa 1° avido Cac- ciatore . Ma questo artifizio non riesce loro di scampo, quan» do si trovano in piena campagna , perchè allora più facilmen- te vengono presi, e mediante una brace di fuoco posta loro sulla corazza si stendono e ritornano all’ordinaria figura . I pri- mi tre essendo inseguiti, scappano frettolosamente dirigendosi sempre in linea retta, perchè la costruzione della corazza non } 253 ( permette loro di rivolgere il corpo con prestezza, e giunti a certa distanza scavano prontamente un buco in terra , e vi si aggrappano coi piedi anteriori così tenacemente, che sarebbe inutile ogni sforzo per istaccarneli, se la industria non avesse suggerito a quei Cacciatori il ritrovato turco di conficcar loro mel deretano la punta di una bacchetta per costringerli ad ar- rendersi, lo che fanno subito . 6. Il Cuy, Lepus minimus: Ovall. stor., è una specie di piccol coniglio, che alcuni malamente confondono col porcel- lino d’ India dal quale si distingue non meno per la forma, che pei caratteri generici. Egli è un poco più grosso del gran sorcio campestre . Ha il corpo di figura quasi conica , le orec- chie piccole pelose e appuntate , il muso lunghetto, la denta- tura del tutto simile a quella della lepre o del coniglio, i pie- di anteriori divisi in cinque dita , 1 posteriori, che sono più lunghi, in quattro, e la coda talmente corta, che alla vista sembra esserne affatto privo. In somma esso è un bel diminu= tivo del Coniglio. Come questo è un animale domestico, così è soggetto a variar di colore ; Perciò se ne trovano de’ bian- chi, de’ neri, de’ grigi, de’ cenerini, e de’ macchiati a diver- se tinte . Il suo pelo è finissimo, ma troppo corto per potersi filare : la sua carne è bianca e delicata assai. La femmina par= torisce quasi tutti i mesi sei o più figliuoli: dissi quasi tutti i mesi, perchè, come ogoun sa, la fecondità cessa d’ ordinario presso gli animali in tempo d°’ inverno. L’ illustre traduttor Francese del mio primo Saggio tralasciò la voce quasi nella sua versione. Quindi Sonnini ebbe occasione di rilevarvi un errore, come egli dice, ben evidente nella prodigiosa fecondi» tà del Cuy. Questa tuttavia, anche senza la restrizione, è molto inferiore a quella del Coniglio, del quale parlando il suo collega e compatriota Bomare dice, Dict. d° Hisi. nat. tom. vi. pag. 239. edit. Suisse. ,, La fécondité du Lapin est encore plus so grande que celle du lievre. On voit les Japines domestiques 3) donner des petits tous les mois, et des portées de quatre, 99 S1x, huit, dix, qu’elles allaitent pendant vingt et un jours, sans s, cesser d’.étre pleines.,, Il Cuy, benchè tanto simile al co- niglio sfugge nulladimeno la di iui compagnia, nè si sono mai veduti questi due animali accoppiarsi insieme. Teme eziandio molto i gatti e i topi, che sono i suoi nemici e distruggitori . Nel Perù si trova un animaletto domestico, che porta questo medesimo nome, ma come io non 1 ho mai veduto, così non X 254 X{ saprei dire se sia di questa medesima specie , o del gene- re dei Cacia, ai quali per abuso in qualche contrada si dà an- che il nome di Cuy , benchè sieno affatto differenti nei carat- teri naturali. Gl’ individui del genere cavia si trovano salvati- ci in quasi tutti i paesi della Zona torrida americana; i Cuy al contrario, stante la loro pusillanimità ,, non possono vivere se non sotto la protezione dell’ uomo : quindi è che in nessu- na Dan si sono incontrati in istato libero . 7. La Viscaccia, Vid. Essendomi prefisso nel mio primo sag- gio Li non dipartirmi dal sistema linneano, io aveva messo. in conseguenza questo animale nel genere delle Lepri, al quale tutti 1 caratteri richiesti da quel” sistema lo rimandano, ad on- ta della lunghezza della coda di cui va fornito. E° un gran difetto dei metodi artifiziali ristretti alla sola considerazione di pochi attributi quello di accoppiare insieme degli Esseri, che secondo il semplice ordine della natura devono essere separati. La Viscaccia secondo i caratteri naturali deve formare un ge- nere a parte tra gli Scojattoli e le Lepri. Ella si rassomiglia alla Lepre nella testa, nelle orecchie, nel muso, nei mustac- chi, mella dentatura , nelle dita, ed anche nella maniera di mangiare, e nel tenersi diritta a sedere; del resto poi s’ acco- sta allo Scojattolo nel colore e nella coda, che è assai lunga, ripiegata in su, e vestita di lungo e ruvido pelo , colla. quale si difende da’ suoi nemici . Tutto 1’ altro pelo del. sno corpo è fino, morbido, e atto benissimo a qualunque sorta di manifat- ture . I Peruani al tempo de’ loro Imperatori gl’ Inchi faceva- no dali belle stoffe con questo pelo. I Chi se ne servono oggigiorno nella fabbrica de’ cappelli. La Viscaccia si propaga come il coniglio , e abita sotterra nelle. Valli andine in certe buche che scava nelle falde dei monti, ed. anche. nelle pia- nure adiacenti. Queste buche, per quanto mi hanno detto quel- li che vi sono stati, hanno in piani, che comunicano tra lo- ro per mezzo di una scala fatta presso a poco a chiocciola ; nel piano d’ abbasso ripone -1’ animale i viveri necessar) ; nel superiore abita egli stesso, nè d’ ordinario va fuori se. non di notte tempo : i col favore delle tenebre batte liberamente la campagna , e tutto quello che vi trova atto al suo cibo . © che vi sia stato lasciato o perduto dai passeggieri, lo raccoglie e porta d’ intorno alla bocca della sua tana. Ta sua carne, chi è bianca e tenera, vien preferita dagli abitanti a quelle del coniglio e della lepre. } 255) DOG Animali cornipedi si chiamano quelli, che portano i piedi armati di una o di due unghie solide come i cavalli, i buoi, le pecore, ec. Il loro vitto dipende interamente dalle produ- zioni del Regno vegetabile. Il Chili non ha altre specie indi- gene di questa fatta se non se le cinque susseguenti . 1. Il Pudu, Capra pudu , Diz. Chil.; Vidaur. stor., è una capra salvatica della grandezza di un capretto di sei mesi, di color bruniccio, e di corna piccole, delle quali va priva la fem- mina. Questo animaletto vien chiamato impropriamente dagli Spagnuoli Verado , cioè capriolo . Egli ha tutti i caratteri ge- nerici delle capre, ed anche la forma esteriore . Si distingue tuttavia dalla capra domestica non solo nel mento sprovveduto di barba, ma anche nelle corna , le quali sono rotonde lisce e dirette obbliquamente all’ infuori . I Pudu calano dalla Cor- dilliera a truppe quando principia la gran neve, e si spargono nelle pianure de'ie Provincie australi. I paesani allora gli ac- chiappano così per cibarsene, come per allevarli nelle loro ca- se. I fanciulli specialmente amano di addimesticarli per loro divertimento , perchè questi animali sono di un naturale doci- Je, e si adattano facilmente a tutte le fantasie dell’allegra gio- ventù . k La Vigogna , il Chili - hueque, e il Guanaco sono specie subalterne del genere de’ Cammelli, a cui appartengono anco- ra l’Alpaca 0 Paco, e la Lama del Perù. Tutti questi anima- li rassomigliano molto al Cammello, eccetto che sono di mi- nor mole e di figura più elegante e meglio contornata. Essi hanno a guisa del Cammello il collo lungo, la testa piccola senza corna , le orecchie mediocri, gli occhi rotondi e gran- di, il muso corto, il labbro superiore più o meno fesso, le gambe più alte di quello che sembra esigere il volu- me del loro corpo, i piedi bipartiti, la coda corta, eil pelo lungo e idoneo ad esser filato. Le loro parti genitali sono si- milmente conformate come quelle del Cammello ; il maschio ha la verga sottile e ricurvata, onde è costretto a dover pisciare alquanto indietro; l’orificio della vuiva nella femmina è troppo stretto; quindi deriva la difficoltà, che provano gl’ individui di questo genere nell’ atto della generazione. La loro struttura iuterna non è nemmeno essa molto diversa; come antmali ru minanti hanno quattro ventricoli: il secondo contiene fra le due N 256 ){ membrane, delle quali è composto , un gran numero di cavi- tà, che pajono destinate a tutt’ altro che a depositarvi dell’ac- qua. Ma mi estenderei di troppo, se volessi proseguire la de- scrizione anatomica delle differenti parti interiori di questi ani= mali; chi desiderasse informarsene appieno legga il P. Feuillée nel Tomo terzo, ossia nel supplemento al suo Giornale pag. 27., il quale colla solita sua accuratezza ne tratta distintamente . I Cammelli Americani somigliano eziandio a quelli dell’ Af- frica e dell’ Asia pel loro naturale , per la loro maniera di vi- vere, e sono egualmente dotati d’ una indole dolce e capace di educazione . Il Paco e la Lama resi domestici servono cao- me i veri Cammelli a portare delle some, chinandosi a guisa di loro per riceverle e per deporle. La conformazione dei loro piedi e la spessezza del loro pelame dispensano dal ferrarli, e dal por loro il basto sul dorso: vanno, è vero, lentamente, ma il loro passo è fermo e sicuro anche per quelle strade più scoscese dei monti, che sono costretti a valicare. Il Chili-hue- gue ancora serviva di somiere ai Chilesi nel medesimo modo ; ma ora che hanno quantità di muli moltiplicati felicemente in quel clima , non si servono più di esso. Tutti questi animali impiegano una buona. parte della notte in rugumare ciò che hanno mangiato il giorno, e quando vogliono dormire ripiega- no i piedi sotto il ventre e si appoggiano sul petto . Fra tanti caratteri di somiglianza col vero Cammello, que- ste specie ne hanno altri proprj che le distinguono. Siccome sono destinate a vivere per lo più fra i ghiacci e le nevi del- le Cordilliere , così la provvida natura ha dato loro, come ai quadrupedì delle terre. polari , abbondanza di grasso fra la pel- le e la carne, e copia prodigiosa di sangue nelle vene a diffe- renza di quegli animali che abitano nelle pianure . Questa esu- beranza di sangue cagiona ad essi un calore capace di resiste re ai più rigidi freddi, e la quantità di grasso. che inviluppa esteriormente la carne , impedisce al. calore di esalarsi. Nei loro ventricoli, come in quello di alcune capre, si formano dei belzuari più o meno fini, dei quali in altri tempi si fece co- me una panacea universale. Hanno la mascella inferiore, co- me quella dei Cammelli, guernita di sei denti incisivi, di due canini, per ogni banda, e di varj molari; ma la superior ma- scella è priva affatto d’ incisivi e di canini, onde sembrerebbe conveniente fare di questi animali un genere diverso e sepa= rato . \( 257 )( Hanno inoltre le orecchie appuntate e meglio fatte di quel- le dei Cammelli , il naso semplice, il collo più diritto e pro- porzionato , il dorso più unito, la coda più bella e più coper- ta di pelo, le gambe più ben formate e più snelle , e il pela- me più lungo, più morbido, e più somigliante alla lana. Il Cammello è un mostro, a dire il vero, paragonato con questi quadrupedi. La loro voce naturale si accosta assai al nitrito del cavallo. Quando vengono irritati non si prevalgono mai de’ piedi o de’ denti per vendicarsi, ma sì bene della saliva , che gettano contro quelli che li molestano. Questa saliva si pretende che sia corrosiva, e che faccia venir delle pustole su quelle membra, che ne sono state spruzzate; ma un tal effet- to è molto incerto. Vanno in amore sul finir della state, e allora si dimagrano e perdono in buona parte il pelo. Prima di arrivare a congiungersi spendono molto tempo in gettar fuo- ri la saliva, in muggire e in girare attorno come tanti furibondi, Le femmine portano cinque o sei mesi, e partoriscono ordinaria- mente un sol figlio. Hanno due sole mammelle ripiene abbondan- temente di latte. Tutte queste specie si sfuggono vicendevol- mente , nè mai si sono vedute meschiarsi insieme. Non saprei prescrivere la durata della loro vita; è probabile, che sia più breve di quella dei Cammelli : fra i Nazionali però vi è opi- nione , che arrivi fino ai trent’ anni; ma il vero si è , che co- minciano a generare dopo il primo triennio del loro vivere. Questi animali insomma sembrano formare nell’ammivabile gra» dazione degli Esseri altrettante specie intermedie , che uinisco= no le capre e i cervi ai cammelli, come lo farà vedere la par- ticolare descrizione di ciascheduno . 2. La Vigogna, Camellus Vicugna, secondo M. di Buffon è il Paco salvatico lasciato nel suo stato di libertà: ma que- sto grand’ uomo è stato male informato in questo punto, come in molti altri concernenti la storia naturale dell’ America. H Paco detto altrimenti A/paca, e la Vigogna sono due animali compresi bensì sotto il medesimo genere , ma di specie diffe- rente, e che non si accoppiano giammai insieme, quantunque soggiornino nelle stesse montagne; mentre è noto che oltre il Paco domestico si ritrova anche i! salvatico in buon numero. La Vigogna ha presso a poco la medesima corporatura della capra, alla quale somiglia molto nella forma del dorso, della groppa, e della coda: si distingue però nel collo lungo venti pollici, nella testa rotonda e senza corna. nelle orecchie pic- 33 X 258 X{ cole ritte e appuntate, nel muso corto e sbarbato , e nelle gambe il doppio più alte. Il suo corpo è coperto di una lana finissima di color di rosa secca , che può ricever benissimo o- gni sorta di tinte artifiziali. I Nativi del paese fabbricano con essa de’ fazzoletti da naso e da collo, delle calzette , de’ guan- ti, de’ cappelli, ec. Questa lana è ben cognita in Europa, € al presente stimata e ricercata non meno della seta, special- mente in Inghilterra, dove entra nella manifattura dei panni sopraffini . It Paco poi è più corpulento della Vigogna , ha il muso più lungo, e la lana meno fina, benchè più lunga . I Peruani banno mandre numerosissime di questi animali, colla Jana dei quali fanno delle stoffe, che pajono di mezza seta; ma nel Chili non vi sono nè doinestici nè salvatici. Le Vigogne abbondano specialmente nella parte della Cor- dilliera spettante alle Provincie di Coquimbo e di Copiapò , ma d’ordinario non soggiornano che nelle vette più ripide di que- sta montagna; nè le nevi nè i ghiacci recan loro alcun dan- no, anzi sembra che ne riportino vantaggio, perchè se vengo- no trasferite alle pianure ben presto dimagrano, si riempiono di una sorta d’ impetigine, e muojono : questo è il motivo , per cui non si è potuto finora trasportarle in Europa. Vanno sempre in truppa,e pascolano insieme per quei dirupi come le capre. Se veggono un uomo, scappano velocemente conducen- dosi innanzi i loro figli. I Cacciatori, che vanno in cerca di esse radunati insieme, procurano di circondare uno di quei mon- ti, dove soggiornano : quindi serrandole a poco a poco le con- ducono tutte ad un luogo stretto, dove essi hanno già tirata una lunga corda guernita di var] stracci pendenti. Le Vigogne, che sono di uu naturale timidissimo, giunte in folla fra le strettezze di questo luogo e atterrite da siffatti spauracchi, si fermano tutte, nè si arrischiano a passar più oltre. In questa situazione vengono sor- prese dai Cacciatori, che ne fanno gran preda. Potrebbero essi in vece di ammazzarle, come fanno senza discrezione alcuna, con- tentarsi di tosarle per averne la lana, e poi rimetterle in li- bertà, acciocchè la loro specie si moltiplicasse davvantaggio Ad onta però di queste stragi esse abbondano in quella montagna, onde io sospetto , che facciano sovente più di un figlio ad o- gni parto. Si estendono anche seguendo le falde della Cordil- liera sino allo Stretto magellanico, dove nel 1766 M. de la Giraudais Comandante della Stella nella spedizione di Bougain- ville ne incontrò due branchi di 300 in 400 capi l'uno. Non )( 259 )( ostante il poco successo dei tentativi finora messi in opera per addomesticar questi preziosi animali, la crescente industria del paese fa sperare, che gli ostacoli veri o immaginarj , che si frappongono , saranno finalmente sormontati. Oltre al princi- pal vantaggio della lana, la carne delle. Vigogne è ottima a mangiarsi, e vien preferita nel sapore a quella del vitello. Ap- plicata tutta recente si stima un buon specifico contro l’ in- fiammazione degli occhi ; questa almeno è l° opinione de’ Con- tadini. Si fa un conto particolare de’ belzuari di queste bestie da quelli, che fanno tuttora gran caso di tal medicamento . 3. Il Chili- hueque, Carmelus Araucanus, Oval. Stor. Diz. Chil. Questo animale propriamente parlando si chiama Hue- ques ma gli Araucani, presso i quali domesticato si trova, co- minciarono dopo l’ arrivo degli Spagnuoli a nominarlo Chili - hueque o Re-hueque , cioè a dire Hueque Chilese , ovvero pu- ro Hueque, per distinguerlo dal montone Europeo , a cui ora danno il medesimo nome per la somiglianza, che passa fra l’ uno e l’altro. Altri pretendono, che ciò fosse per differen- ziarlo. dalla Lama o Gliama del Perù, che poterono vedere per la prima volta nelle armate dei Peruani, allorchè questi soggiogarono la parte settentrionale del Chili. Benchè io sia persuaso, che questi due animali sieno della medesima specie, tuttavia non posso negare, che il Muegue non. abbia dei ca- ratteri bastanti a costituirne una varietà costante. per modo, che potrebbe formarsene anche una specie distinta. La Lama confinata nella zona torrida non si è propagata al di là del Tropico di Capricorno. Il Hueque al contrario si trova sola- mente fra i gradi 36 e 4o di lat. austr. La differenza di abi. tazione fra gli animali indica non di rado la diversità. della specie. Esso d° altronde ha la fronte più curva di quella del- la.Lama,. le orecchie più ovali e. più flosce, le labbra. più grosse e più pendenti, e la. lana più lunga e più morbida. Siffatte differenze però. possono derivare dalla diversa tempera= tura dei C'imi. La sua lunghezza misurata dalle labbra sino all’ origine della coda è di sei piedi incirca, ma il collo. occu- a un terzo di questa dimensione. La sua altezza al sito delle gambe di dietro è di poco più di quattre. piedi. H suo. colore è variabile , trovandosene dei bianchi, de’ neri, dei brunicci, e dei cenerini. Gli antichi Chilesi, come abbiam detto di sopra, si ser vivano di questi animali a guisa di bestie da soma, dirigendo- M 260 YX li nel cammino con una corda infilzata in un foro, che face» vano nella cartilagine delle loro orecchie. Quindi deriva lo sbaglio di que’ Geografi, i quali dicono tuttora , che i monto= ni sono diventati così grandi nel Chili, che si caricano come i muli e s’impiegano al trasporto delle merci. Altri preten- dono che quei Nazionali, avanti le conquiste Spagnuole, si prevalessero di questi quadrupedi per lavorar la terra attac- candoli al loro aratro, che chiamano quethahue, e per verità I’ Ammiraglio Spilberg trovò, che gli abitanti dell’ Isola Mocka se ne servivano a quest’ oggetto . Il Chili-hneque è stimato as- sai dagli Araucani, i quali benchè amino di cibarsi della sua carne, pure non lo ammazzano guari se non per imbandire la mensa a qualche riguardevole forestiere, o in occasione di un sacrifizio solenne. Si vestivano colla sua lana prima della sco- perta dell’ America, ma ora che hanno delle pecore europee in quantità, non la adoperano, se non nella fabbrica delle lo- ro stoife fine, che riescono così belle e così lucide, che sem brano quasi di seta . i 4. Il Guanaco, Camellus Huanacus; Oval. Stor. Chil. Il Conte di Buffon e il Cav. Linneo, ridotto il Paco e la Vigo- gna ad una sola specie, fanno lo stesso rignardo al Guanaco e alla Lama del Perù, pretendendo, che la Lama non sia-altro che il Guanaco privato del suo primiero stato di libertà. Io dubito molto di tale identità specifica, perchè oltre all’ anti- patia , che ha l’ uno verso I’ altro in ordine alla generazione , questi due animali si distinguono anche assai bene per altri caratteri così rilevanti, che non possono derivare unicamente dal preteso cangiamento di stato. La Lama ha il dorso spiana- to e il petto fornito di una -escrescenza , la quale è sempre umettata da una sorta d° olio gialligno. Il Guanaco pel coutra- rio non ha questa escrescenza, ed ha il dorso un poco ricur- vato. La sua statura supera anche quella della Lama. Io ne ho veduti alcuni della grandezza di un cavallo mezzano . La sua lunghezza ordinaria, presa dall’ estremità del muso sino all’ ano, è di sette piedi incirca, e la sua altezza misurata al sito delle gambe dinanzi di quattro piedi e tre pollici. Il suo corpo è coperto di un pelo sufficientemente lungo di color ful- vo sul collo e sul dorso, e biancastro sotto il ventre. Ha la testa rotonda, il muso acuto e nero, le orecchie diritte e si- mili a quelle del cavallo, la coda corta e ripiegata come quel- la del cervo. ll nome di Guanaco o piuttosto Huanaco , con } 261 X cui viene comunemente chiamato, deriva dalla lingua perua» na: i Chilesi nel loro idioma lo chiamano Luar . I Guanachi non amano tanto il freddo, quanto le Vigo gne : al cader delle prime nevi essi abbandonano le Andi, do- ve soggiornano la state, e vengono ad abitare le pianure Chi- lesi duraute V inverno , Procurano di stare. sempre in società, e pascolano divisi in truppe di cento o dugento P una. I Na- zionali danno loro la caccia coi cani, ma ordinariamente non pigliano se non i più giovani, i quali non avendo le gambe abbastanza forti per fuggire vanno restando indietro. Prendono i grandi un galoppo o piuttosto un trotto sì veloce, che un Cavallo correndo a briglia sciolta non potrebbe raggiungerli . Sì fermano di quando in quando a rimirar per un momento i cacciatori , che gl’ inseguiscono, e mandato fuori un gran ni trito simile a quello del Cavallo quando esulta su i verdi pra» ti, si dileguano bentosto con una celerità incredibile. Cionnon- ostante i paesani montati sopra cavalli leggierissimi giungono a prenderli vivi, gettando loro da lontano un laccio alle gam» be . Questo laccio, ch’ essi chiamano Lague, è fatto di una striscia di cuojo luuga cinque o sei piedi; alle cuni estremità attaccano due sassi della grossezza di una palla di tre libbre. Prendono in mano uno di quei sassi, e fan girar ? altro come una frombola iutorno al capo, sinchè abbia acquistato una forza sufficiente ; allora lanciano il colpo contro l’animale, che hanno preso di mira. Costoro sono così destri a maneggiar que» sta specie di frombola, che con essa colpiscono qualunque ani male anche in distanza di cento o più passi. Ma quando vogliono averlo vivo, la lanciano in maniera che la corda venga ad ine contrare solamente le gambe, e le allacci e le stringa colla fore za e col movimento di rotazione dei sassi. Il Pernetty e il cap. Wallis hanno descritto esattamente nei loro viaggi que- sta specie di laccio, e 1° uso che ne fanno gli abitanti dell’ A- inerica meridionale. I Guanachi sono di un naturale decilissimo , si addomesti-» cano facilmente, e si affezionano per modo ai loro padroni che li seguono da per tutto. ,, Ai 27, dice il Com. Byron, quelli 3) che io aveva mandate alla caccia dei guanachi arrivarono a >, prenderne un giovine , che essi condussero a bordo : questo so era il più bell’ animale, che noi avessimo mai veduto: noi s, arrivammo a domesticarlo a segno che veniva a leccarci le 9, Mani presso a poco come un vitello; ma malgrado iutte le N 202 ){ s, nostre cure per nutrirlo, se ne morì in pochi giorni. ,, Voy. Hayk. tom. 1. cap. 2. Un abitante del littorale di Qui//ota aveva una ventina di questi quadrupedìi,i quali ogni mattina andava- no insieme a pascolare, e la sera tornavano da se soli alla lo- ro abitazione . Siccome moltiplicano bene in questo lor nuovo stato, così è da credere, che a questa ora si sia formata de’ medesimi una numerosa mandra. Se gli altri Chilesi seguendo un esempio tanto lodevole , s’ applicassero a domesticare un a- nimale così importante, aggiungerebbero. un nuovo ramo di commercio alle altre produzioni del loro. paese. La carne di questi animali specialmente giovani: è preziosa, e non la cede a quella del vitello : quella però degli adulti è un poco dura, ma salata diventa. eccellente, e vien ricercata dai marinari per servirsene. nelle navigazioni di lungo corso, non. tanto. perchè si conserva meglio di qualunque altra carne, quanto perchè riesce sanissima ; il pelo è anche ottimo per farne dei. cappel- li, e potrebbe impiegarsi anche nelle manifatture dei ciambel- lotti . 5. Il Guemul o Huemul : questo è/1° animale più salvatico e più strano, che abbia il Chili : esso non si lascia vedere se non se fra i dirupi e i balzi della Cordilliera ; di rado scende alle valli più interne di quella montagna; si stima felice il cac- ciatore, che arriva a sorprenderne qualcheduno . ,, Noi vedem- sg mo, dice il Cap. Wallis, in questo luogo, Baia Descordes stretto », magellanico, un animale, che si rassomigliava ad un asino; ,; ma esso aveva il piede forcuto, come in. seguito scoprimmo 5, seguendo le sue orme, ed egli correva non meno veloce- s mente che un Daino. Questo era il primo quadrupede, che 33. noi avessimo veduto nello Stretto , eccetto all’ ingresso, do- » ve noi osservammo i Guanrachi, che non potemmo ottenere ,, in cambio. dai Patagoni. Noi tirammo a questo animale sen- s, za poter colpirlo: egli è. verisimilmente incognito ai. Natura- »9 listi d’ Europa . ,, Voy. ch. 2. Una persona intelligente , che ebbe la fortuna di osservarne uno, morto già da qualche giorno, ma abbastanza conservato per poter ben distinguere tutte le sue parti, con somma sua sorpresa trovò che, eccettuata la forma de’ suoi piedi, esso. non aveva alcun. altro, dei caratteri, che competono agli animali ruminanti. Il suo stomaco , come egli mi assicurò , era semplice. e la sua dentatura simile a quella dell’ asino, al quale si rassomigliava in tutto, fuorchè. nelle orecchie, che erano presso a poco conformate come quelle del X 263 }( cavallo, e nel dorso che non era segnato dalla croce nera dor sale. Il collo e la coda avevano la stessa lunghezza e la stessa forma di crini di quelle dell’asino; onde esso non può appartenere, come pretende il Sonnini, al genere dei Cammelli americani, nel qual caso la lunghezza del collo non sarebbe sfuggita al Wallis. Se le sue unghie fossero solide potrebbe piuttosto riputarsi analo- go all’ Ermione della Tartaria. Taluno forse vorrebbe sospettare, che questo animale non fosse altro che una produzione mos struosa , un asino nato per accidente coi piedi forcuti ; cotale opinione sarebbe ammissibile, se questo fosse l’unico individuo, che si conoscesse di quella specie : ma da tempo iminemo= rabile il /7uemul con quella sua struttura e nome è stato co- nosciuto dagli antichi Chilesi. Quì non occorre dirne altro, se non che la natura, come abbiamo detto altrove , si compiace di quando in quando di trasgredire le pretese leggi naturali stabilite senza il suo pieno consenso ; una delle più solenni di queste leggi è che i poppanti a unghia bipartita o sia i Ru- minanti, devono avere la mascella superiore sfornita di denti incisivi, e quattro stormrachi . II Cammello benchè ruminante ha due denti incisivi nella mascella superiore, e cinque sto- machi . Il Tapir osservato da parecchi bravi anatomici ha quat- tro stomachi come i Ruminanti, checche ne dica M. di Buffon col Chirurgo Mertrud, e sei denti incisivi in ciascuna mascel- la. La Storia naturale esibisce molti esempj di siffatte trasgres- sioni contro i più decantati assiomi e definizioni dei Naturali- sti. Alla specie del genere Sus o del Porco si assegnano denti incisivi superiori e inferiori, e 1’ unghia fessa; ciò non ostante il Porco d’Affrica è privo dei denti incisivi di sopra, e i Por- ci domestici nella Ungheria e nella Svezia hanuo le unghie solide come i cavalli, onde da! Linneo vengono denominati Monungoli. L° Antilope Gnu del Professore Allamand parteci= pa nel medesimo tempo dei segni distintivi del Cavallo , del Toro , e del Cervo: egli si accosta per la criniera e per la coda al Cavallo, per la testa e per le corna al Toro, e pel resto del corpo al Cervo, di maniera che non si sa di certo a qual genere debba applicarsi. Lo stesso imbarazzo si trova nel- la classificazione dei Cavaliere o Secretario , Falco Serpentarius; questo paradosso Uccello affricano ha il collo, la testa, e il becco d’ aquila , e ie gambe lunghe come gli uccelli da riva; onde è stato messo ora fra i Falconi, ora fra le Gralle. Ma l’ animale, che ha sconcertato tutti i sistemi è 1’ Orrtitorinco , X 264 quadrupede straordinario della Nuova Ollanda , fornito in vece di muso di un becco perfettamente simile a quello dell’anitra, piatto e seghettato dello stesso modo, e. provveduto in fondo di due piccoli molari di forma anomala. A. misura che le ri- cerche si moltiplicano nelle terre nuovamente scoperte, si ren- de più manifesta 1’ avversione , che la natura porta contro i li- miti, che vogliamo prescriverle. Ella elude a gara, per così dire , le nostre piccole divisioni.e suddivisioni. Ogni anno sal- ta fuori qualche produzione inopinata, che le confonde e. le roverscia dal fondo. Il Quadro dei progressi delle Scienze del 1806 rammenta parecchi fatti, che offrono dei singolari sbal- zi della natura in zoologia. Quindi il /7uemz/ con i suoi pie- di fessi e la sua dentatura compita non deve decisivamente numerarsi.tra gli Enti di ragione o gl’ Ippogrifi. Nel descriver- lo nel mio primo Saggio, io aveva detto, che egli meritereb- be di esser posto in un genere separato, ma cionnonostante per osservarsi in esso i caratteri primarj assegnati. dal Linneo al suo genere Equus consistenti nel numero e nella disposizione de’ denti , io lo collocava intanto in quel genere, lasciando ad altri, che avessero 1’ opportunità di osservarne var] individui, la cura di stabilirne un genere a parte, che farebbe il passag- gio dalle Pecora. alle Belve . S. XXIV. F Gli Spagnuoli hanno trasportato dall’ Europa al Chili i ca- valli, gli asini, i buoi, le pecore, le capre, varie razze di cani, i gatti, ed anche i gran topi domestici, come abbiamo detto in addietro. Tutti questi animali stranieri costituiti in un clima così confacevole, e in un suolo così abbondante di nutritivi pascoli vi.si sono propagati felicemente. ,, Gli animali 3) del nostro Emisfero , dice il Dott. Roberison parlando del so Chili,non vi moltiplicano solamente, ma vi diventan miglio- so ri. Il bestiame a corno è di grandezza maggiore di quello s» di Spagna. I.suoi Cavalli vincono in bellezza e in vivacità i » famosi dell’ Andalusia, dai quali son derivati. ,, Di fatti i cavalli Chilesi hanno tutto il fuoco, il vigore, la leggierezza, e la beltà che si possan mai desiderare . Quelli delle pianure sono a guisa dei cavalli arabi di mediocre grandezza, ma rie- scono perciò più agili e più adattati ad ogni sorta di eser- cizio . Pel contrario quelli delle razze andire sono assai più grandi, più sedati, e più idonei per le carrozze. X 265 \( i Tanto gli uni che gli altri hanno in generale 1° incolla- tura elegante, la testa piccola e ben modellata, la coda ben erinita e un poco rilevata, il petto ben fatto, la coscia tondeggiata, le gambe asciutte e forti, i piedi sicuri, e le unghie così dure, che non abbisogna guari di ferrarli, il che proviene dalla siccità dei luoghi. nei quali comunemente si allevano. Infatti a riserva di quelli , che si tengono nelle scuderie di Città, tutti gli altri vanno senza ee e_soppor- tano in tal guisa IL eccessive fatiche, a cui sono soggetti ; per- chè non credo , che si trovi un altro Paese, dove. i cavalli sieno trattati con sì poco riguardo. Ciò deriva dall’ abbondan- za, che vi è de’ medesimi, e dalla facilità, con cui si possono acquistare e allevare. Un cavallo ordinario costa comunemente uno scudo, e una cavalla cinque paoli Romani . Il loro nutri- mento consiste nell’ erbe, che trovano nei campi, dove lascian- si pascolare giorno e notte in tutte le stagioni dell’anno. I contadini, che non saprebbero , per dir così, fare un miglio a piedi, tanto è I’ uso che hanno di cavalcare, appena al dal letto corrono a metter la sella;ad uno dei loro cavalli per ser- virsene tutto |’ intero giorno senza fargli prendere in questo intervallo di tempo alcun cibo. È altresì cosa comune presso di loro il fare dei viaggi di trecento o quattrocento miglia montati sopra un medesimo cavallo senza concedergli altro ri- poso , se non quelle poche ore , che essi si fermano per dor- mire. Ma come questi cavalli © sia per la dura maniera, con cui sono allevati, o per la forza dei pascoli, di cui si alimen- tano, sono di una robustezza incredibile, così reggono bene a siffatti strappazzi, e servono ai loro indiscreti padroni sino ad una estrema vecchiaja . Questi quadrupedi non solo si sono moltiplicati felicemen- te in quel tratto di paese, che viene posseduto dagli Spagnno- li, ma molto più ancora fra gli Araucani e gli altri indigeni, che nè hanno numerosissime mandre. I Chilesi distinguono tre razze di cavalli, cioè i Trottanti 0 quelli che vanno di trotto, gli Ambianti 0 Porianti, € e gli Spalleggianti . I Trottanti sono i più comuni e i più stimati dalla gente di campagna, perché sono pieni di vivacità e di robustezza . I Portanti hanno acqui- stato nel Chili un andare così leggiere e soave, che superano in questa dote i loro progenitori ‘andaluzzi secondo il parere del celebre Ulloa ottimo conoscitore dei buoni cavalli di Spa- gna , il quale nel Tom. 3. lib. 2. cap. 5. del suo viaggio ag- le) 34 X 266 )( giunge ,, In questo Regno del Chili è dove pare, che abbiano 9, Origine quei celebri cavalli, e muli ambianti, di cui si è so fatta menzione nella prima parte, ed essendo quelli che si », trovano oggi in tutte le Indie Occidentali procreati dai .pri- s, mi, che vi furono introdotti dalla Spagna , questi del Chili »» hanno acquistato 1° eccellenza di un nuovo passo , col quale 3g sOrpassano non solo tutti gli altri di quell’ America, ma au- s, che questi di Spagua, dai quali derivano. Io non neglierò , so Che i cavalli condottivi nei primitivi tempi non fossero am- 9) bianti per inclinazione o razza, poichè anche oggidì si veg- s gono in Ispagna molti con questa proprietà : ma dirò bensì, »» che avendo avuto colà maggior cura di conservarne ia razza », senza meschiarla con quella dei trottatori, sono incompara- 9» bilmente più perfetti quelli del Chili di questi di Spagna, 2) poichè senza altra industria, che quella della loro propria sy inclinazione camminano tanto velocemente , che trovandosi », Insieme con un altro che corra al loro fianco, non permet» 2) tono, che esso li sorpassi, e il cavalcante vi gode un agio 99 Sì grande che 1° agitazione in. niun modo lo molesta. Sono ;» altresì belli come i più celebrati dell’ Andalusia, di buona so statura, e generosi. Per queste eminenti qualità sono tenu- sg ti in gran pregio da per tutto, e si trasportano a Lima s, come un dono il più degno che possa farsi alle persone 3 più qualificate: altri li ricercano pel loro piacere, e si so- », no di già resi tanto comuni, che arrivano sino al Quito; 3; per questo motivo si è tentato di propagarli 4a tutti quei », Paesi, ma in nessuno di essi acquistano quella perfezio- », ne, che hanno nel Chili. ,, L’andatura di questi caval- li, come ben riflette Ultoa, è loro connaturale . Si veggono i piccoli poledri seguire di portante le loro madri, che vanno di galoppo , senza scostarsene punto : questa andatura accelera- ta e soave nel medesimo tempo consiste, come è noto. nel. la prontezza di levare speditamente in un tempo solo il pie- de davanti, e quello di dietro, e di portare quest’ ultimo di- rimpetto, od anche al di là del piede anteriore del lato op- posto , in vece di portarlo nel luogo, ove erasi posato il pri- mo; ciò rende il moto più dolce, più uniforme, e più spe- dito al doppio di quello dei cavalli ordinar;. Questo equabil imoto vien infaticabilmente conservato anche nei più lunghi viaggi da questa razza di cavalli, qualora però non vengano costretti a cangiarlo , onde a cavalcarsi si rendono più comodi )( 267 )( delle sedie medesime da vettura : essi costano da quindici in venti scudi l’ uno . I cavalli. spalleggianti sono più stimati di tutti gli altri per la bella comparsa , che fanno nel camminare alzando al- ternativamente così bene i piedi davanti, che giungono a toc- care coll’ unghie le staffe . Nascono essi con questa elegante proprietà , la quale poi si vien perfezionando coll’ esercizio del maneggio. I cavalli di questa sorta hanno tutti un gran- dissimo fuoco, e per lo più non sono da moutarsi dalle per- sone, che non sieno bene iniziate nell’ arte del cavalcare . Siccome: sono: molto ricercati, così si vendono cento, dugen- to, e perfino cinquecento scudi l’ uno, a proporzione della loro bellezza e leggiadria nel moto progressivo. I Peruani particolarmente ne comprano molti per se rvigio delle caval- cate pubbliche, che sogliono farsi ogni anno in quelle Città . Si è tentato di trasportarne alcuni in Europa per farne un regalò ad un Sovrano, ma attesa la lunghezza del. viaggio es- si sono tutti periti prima di arrivare al loro destino. Presso gli Araucani e i Pehuenci si trovano dei cavalli, che ballano al camminare con vaga armonia; ma questi sono industriati a farlo , e non provengono come i precedenti da schiatte origi- narie e permanenti . I Chilesi pongono grande attenzione a conservare in tutta la loro purità queste razze, nè permettono mai che | una si mescoli coll’ altra ,. acciocchè non vengano a degenerare. dalle rispettive loro proprietà . Durante |’ inverno ma ilanio la mag- gior parte de’ loro cavalli a pascolare nelle Valli Ardize, do- ve stante la gran quantità di mitritive erbe che. vi Crescono , singrassano a ma”"aviglia, e ritornano iu primavera più vigo- rosì e robusti. Quando domano i poledri, il che fanno Tg nariamente dopo i tre anni della loro età, costumano di reci- dere loro un. poco del muscolo superiore della coda, affinchè essi. non possano più dimenarla . Gli asini o sia perchè vi sono poco impiegati, o sia per la piacevolezza del clima-più necessaria a questi animali che agli altri, hanno acquistato nel Chili una corporatura assal su- periore a “quella dei loro progenitori enropei. Essi hanno co- me gli Onagri di Siria il pelo lustro, la testa alia, il collo gros- so, la groppa ben fatta, e i piedi leggieri. Molti di loro si sono resi salvatici e abitano le Valli della Cordilliera, dove i paesani vanno di tratto in tratto a cacciarli pel solo interesse 263 }{ della pelle. Se ne trovano anche alcuni rivestiti di un pelame così morbido e lungo, che potrebbe benissimo esser filato. I muli, che provengono dall’ accoppiamento di questi animali colle cavalle , riescono eccellenti non meno pel trasporto delle merci, che per le vetture. Ve ne sono anche molti stimabili pel loro passo assai spedito ed uniforme . . C, IV. Il bestiame a corno, che va soggetto più di qualunque altro alle influenze del clima, si è accomodato in tutto alla di- visione naturale del Regno . I buoi marittimi sono più piccoli di quelli che nascono nelle pianure mediterranee; e questi sono inferiori di mole a quelli che si propagano nelle Audi. Il bestiame marittimo però non è piccolo se non relativa- mente a quello delle parti superiori del Chili; esso per altro agguaglia in grandezza i buoi comuni d’ Italia. Le vacche 4x- dine arrivano alla statura dei manzi più ben nutriti, e 1 tori hanno l’ eccesso di volume corrispondente in questo genere al loro sesso. Io ne ho veduti alcuni, che pesavano 1900. libbre. Questo peso per grande che possa parere, è di molto inferiore a quello dei buoi, che si veggono a Filadelfia Capitale della Pensilvania, uno dei quali, secondo i pubblici avvisi, pesava 2037. e un altro 2007. i libbre di sedici oncie 1’ una; ciò fa vedere, che questi animali non si sono impiccoliti, come si pretende , nelle Provincie americane . Nel Chili non si chiudo» no mai nelle stalle, nè hanno altro nutrimento, che gli acci» dentali pascoli delle campagne; eppure non si ravvisa in loro la menoma degradazione nè riguardo alla corporatura, né ris guardo alla forma . Vi sono dei proprietarj assai comodi, che attesa la esten- sione dei loro poderi e la poca o nessuna spesa che vi vuole mantengono parecchie centinaja di bestie bovine . Questi ogni anno sul finir dell’ inverno ne separano da trecento o quattro cento fra manzi e vacche, e riuchiusi in un vasto serraglio ricco di ubertose pasture ve li lasciano impinguare, e poi li fanno ammazzare tutti in un determinato mese. Giunto questo tempo, che suol-essere per lo più circa le feste di Natale, gli armentarj conducono da venti o trenta di questi animali per giorno entro uno steccato a bella posta costruito in una vicina pianura. I Contadini, che attendono con impazienza questo che }{ 269 ){ è per loro il più dilettevole spettacolo, montati sopra i loro cavalli circondano lo steccato, aspettando che vengano mauda- ti fuori ad uno ad uno i rinchiusi animali. Questi fuggendo vengono inseguiti a spron battuto dagli appostati Contadini, i quali stringendo un asta armata nell’ estremità di un ferro ta- gliente fatto a mezza luna cercano di sopraggiugnerli, e con gran destrezza taglian loro coll’adunco ferro i garetti, affinchè stramazzino per terra. A misura che van cadendo, i beccai prontamente gli uccidono, ficcando loro nella nuca la punta di un coltello. Terminata questa specie di caccia raccolgono le uccise bestie, e quindi le strascinano sotto a un gran frascato, dove le macellano speditamente . Separano la carne dal sego , la tagliano in sottili fette, e leggermente salata la distendono all’aria, acciocchè si asciughi bene : quando è secca la imbal- lano, e mandanla a vendere alle miniere e al Perù. L’ uso di questa carne è molto vantaggioso nelle navigazioni, perchè es» sendo poco salata si rende assai più sana di quella che si pre- para in Ollanda e in Inghilterra. Il sego poi che non sì spac- cia nel paese, si vende nel Perù. Del corame si fanno suole da scarpe, di cui la maggior parte va fuori del Regno.I! tem- po della marca e della castratura dei giovenchi somministra ancora ai paesani Chilesi un divertimento non meno ricercato da loro, che le Ferrade descritte dal dotto Jill: lo sono da- gli abitanti della Camargue in Francia. Essi vi concorrono ben montati in gran numero, e vi danno delie prove incredibili del loro coraggio, specialmente quando fra gli animali dome- stici si meschiano, come spesso succede , i tori salvatici disce- si dalla Cordilliera, i quali superano nella ferocità ie fiere stesse . Il bestiame bovino rende ai Chilesi un altro prodotto non meno stimabile dei precedenti: questo è il latte, il quale ha tutte le buone qualità , che si possono desiderare : se ne fan no eccellenti formaggi in tutte le parti del Regno, ma i più stimati sono quelli che si fabbricano in un certo luogo delle maremme del Maule chiamato Chkarnco, i quali nè in grandez= za nè in bontà non la cedono ai formaggi Lodigiani, Se ne fa anche ottimo butirro, il quale ben preparato si conserva lun- gamente nella navigazione, ed è arrivato sino in Italia senza aver sofferto veruna mutazione nel sapore. I buoi Chilesi quantunque non sieno allevati in quello sta- to di soggezione, in cui tengonsi in Europa, tuttavia quando 270 )( vengono applicati al lavoro dopo 1’ età di tre anni riescono così bene e mostrano tanto vigore, che io non vidi mai ado- perarne più di un pajo nella coltura di quei cainpi, i quali per essere stati poco dissodati richieggono in varie parti degli sforzi considerabili. La comodità forse, che vi si ha, di procu- rarsene per poco prezzo quanti se ne vogliano, fa che nou sl tema di faticarli di troppo. Tutti questi buoi lavorano col gio- go alle corna secondo |’ uso di Spagna, contro il parere dei più. bravi agricoltori, che condannano unanimamente siffatta usanza . Siccome gli armenti si lasciano vagare giorno e notte per le campagne e pei boschi, molti di questi animali insal- vatichiti del tutto si sono ritirati, come si è insinuato di so- pra ; alle Valli Andine, dove moltiplicano eccessivamente. Ma nè questi nè gli altri domestici hanno mai avuta la disgrazia di perdere le corna, come spacciano i degradatori dell’ Aineri- ca. Amerebbero bene quei Contadini, che un tal fenomeno si avverasse nei loro armenti, perchè spinti dalla fierezza, che porta seco lo stato di libertà in cui vivono, attaccano sovente colle loro armi terribili i poveri vaccari, e ammazzano anche quantità di cavalli. Si racconta perciò, che un certo benestan- te avendo ritrovato fra i suoi. armenti due giovenchi di sesso diverso senza corna, lo che suole accadere in Europa, ordinò che si. separassero dagli altri, e se ne facesse una razza parti- colare, per vedere se nascessero i loro figli con questo difetto. I due individui mutilati procrearono, per quanto si dice, un giovenco consimile, ma di straordinaria grandezza . Comunque si sia, io non vidi questo accidente , e dubito assai delle sue circostanze . Go XXVI. Le. pecore trasportate dalla Spagna non hanno perduto nulla. o si riguardi la loro statura o la lana, la quale si con- serva lunga, fina, e di una bianchezza singolare. Ogni pecora ne produce annualmente da dieci fino a quindici libbre. La carne dei castrati è di un sapore esquisito, e sovente. sì pre- ferisce a quella dei vitelli. In tutte quelle contrade questo be- stiame si è moltiplicato incredibilmente, e come avviene nei paesi temperati, porta dne volte l anno, e non di rado pro- duce due agnelli per volta. Le pecore vanno sprovvedute di corna come in Inghilterra, e nei paesi meridionali d’ Italia. I ari montoni però ne sono sempre forniti, e molti ne portano quata tro, e qualche volta di più, come pure si vede in alcuni pae- si di Europa. Questi animali si lasciano tutto il giorno vagare per le campagne, e soltanto la notte si rinchiudono in uno steccato scoperto presso le case rurali per preservarli dalle be» stie carnivore . Quelli che sono stati condotti alla Cordiiliera , vi sono diventati più grandi, e producono la lana più lunga e più fina. I Pehuenci abitatori di quella montagna coll’ accop= piamento dei caproni colle pecore hanno formata una razza in termedia, i cui individui riescono più grandi delle pecore co- muni, e sono coperti di un pelo lunghissimo e morbido come quello delle Capre d° Angora . Questa razza si propaga costan= temente ad onta della differenza specifica , che si suppone es- sere fra le pecore e le capre. Si potrebbero fare ottimi ciam- bellotti con questo pelo, che si accosta molto alla lana. Se ne trova di due piedi incirca di lunghezza. Tutte le pecore. che si veggono nel Chili, sono di razza affricana, e provengo- . no da quelle, che il Card. Ximeres fece trasportare dal Ma- rocco in Ispagna . Le capre parimente riescono bene in tutto quel paese, e sì sgravano due volte l’anno di due, di tre, ed anche di quat- tro capretti per volta, perciò sono numerosissime per quelle montagne, malgrado la strage , che se ne fa annualmente, per provvedere di sego e di marocchini non solo il Chili, ma an che ‘il vasto Regno del Perù. S. XXVII. L° Uomo, centro in cui per legge di natura si riflettono tutti gli esseri del nostro Pianeta, gode nel Chili di tutto quel vigore, che può somministrargli la beneficenza di un clima inal- terabile. Una tarda morte viene d’ordinario a terminare la lun- ga carriera de’ suoi giorni, seppur egli rispettando i limiti pre- fissi alla sua costituzione, non si abbandoni alle sregolatezze distruggitrici dell’ economia animale. Di fatti se ne veggono molti prolungare oltre ad un secolo la loro vita. M. de la Pe- rouse, come abbiamo riferito altrove, trovò nella scarsa popo- lazione della Città della Concezione molti centenarj. Negli an- ni scorsi morì nella Capitale del Regno D. Antonio Boza in età di anni cento sei: egli godè sempre una fiorente salute, ed ebbe da due mogli ventotto figliuoli. Ho conosciuto fra i Creol- }( 272 )( Zi medesimi, che M. Pavv vorrebbe anche ridurre a una cor- ta vita, vecchi di 104, di 107, e di r15. anni. Questi esem- pj sono anche più comuni fra gl’ indigeni del paese. I segua- ci di M. Pavv, o quelli che pensano dello stesso modo , si so- no sforzati a degradar gli Americani non solo nella costituzione corporale, ima Can nella morale . Le loro diatribe però al gior- no d’ oggi sono cadute nell’ obblio che meritavano. La rivolu- zione americana ne ha fatto tacere tutti i detrattori. ,, Gli % Scrittori, che hanno parlato degli Americani come di una 3 specie degenerata, hanno seguito le aberrazioni della loro 3) immaginazione, e niente hanno dato alla verità. Se ne trova= 3, NO Li fra di loro alcuni, che hanno estesa la idea di que- 39 sta degradazione sino ‘agli originar] degli Europei. Io oso % dda che i Waskinton, gli Adams, i Franklin , ec. ab- s biano col loro merito confutato questa asserzione di una ma- sy niera abbastanza onorevole per dispensarmi d° entrare in al- yy cuna discussione circa questa materia. Mi sembra ancora, 5, che i medesimi Scrittori non sieno stati più felici nelle lo- sg hT0 Opinioni sul preteso tralignamento degli animali del vec- sg Chio continente trapiantati nell’ America . ,, Viag. de la Pe- rouse tom. 4. pag. 50. Le donne vi sono generalmente feconde : appena si trove» rà un’ altra regione, dove i parti gemelli sieno più frequenti . Un francese detto Lhbòtelier, che vi morì nel 1764 in età mol- to avanzata, lasciò tra figli e nipoti 163 discendenti vivi. Quiu- di è, che questo Regno, libero già in parte da quegli ostaco- li, che direttamente si opponevano all’ incremento de’ suoi abi- tanti, si è cominciato a popolare da cinquauta anni in quà con una rapidità incredibile . Gli abitanti del Chili sono parte indigeni, e parte di schiat- ta Europea o Affricana . Gli originarj d’ Europa sono per lo più di bel sangue, e specialmente le: donne, molte delle quali so- no dotaie di singolar bellezza . Gl’ indigeni Chilesi formano una sola nazione divisa in varie Tribù, e tutti hanno la medesima fisonomia, e la medesima lingua chiamata da loro Chili-dugu , che vuol dire favella Chilese . Questa lingua è dolce, armonio- sa, espressiva , regolare, e copiosissima di termini atti ad e- muuciare non solo le cose fisiche generali e particolari, ma an che le cose morali e astratte. Noi abbiamo dato un ristretto della sua Gramatica alla fine del nostro Saggio sulla Storia Civile del Chili, impresso quì in Bologna l’anno 1787 nella Stamperia di S. Tommaso d° Aquino . 273 )( La carnagione di questo popolo è comunemente di un bruno rossiccio, il quale pare che non gli sia connaturale , per- chè nelle persone, che non si espongono spesso all’ aria e al Sole, è decisivamente bianco. Gli abitanti della Provin- cia di Boroa situata nel centro dello Stato araucano a gr. 39 di lat. austr., sono per lo più bianchi e rossi, hanno gli occhi azzurri e i capelli biondi, come quelli degli Europei che nascono in mezzo alla zona temperata settentrionale . Que- sto effetto forse proviene dalla costituzione fisica di quella Pro- vincia , la quale è circondata da alti monti, e irrigata dal gran fiume Cauten. Le fattezze di tutta la nazione in generale sono regolari, ed anche belle in molti. Rido fra me stesso quan- do leggo in certi Scrittori moderni riputati diligenti osservato- ri, che tutti gli Americani hanno un medesimo aspetto, e che quando se ne abbia veduto uno, si possa dire di averli veduti tutti. Cotesti Autori si lasciarono troppo sedurre da certe va- ghe apparenze di simiglianza procedenti per lo più dal colori- to, le quali svaniscono tosto che si confrontano gl° individui d’ una nazione con quelli d’ un’altra. Un Chilese non si diffe- renzia meno da un Peruano; che un Italiano da un Tedesco, Jo pure ho veduto dei Paraguajesi, dei Cujani, e dei Magella- nici, i quali tutti hanno dei lineamenti peculiari, che li di- stinguono notabilmente gli uni dagli altri. I Chilesi in generale hanno poca barba come gli abitanti dell’ India Orientale, dai quali io sono persuaso che essi discen- dano; ma sembra, che non ne abbiano punto, perchè costu- mano di strapparsela con delle mollette , che portano sempre seco. Si servono auche per questo effetto di una specie di cal- ce, che ricavano dalle conchiglie abbrustolate. Si credono po- co puliti, quando hanno .il volto ingombrato di peli. Ciò non ostante ho veduto fra di loro alcuni barbati al pari degli Spa- gnuoli, 1 quali o per negligenza , o perchè la loro complessio- ne il richiedeva, erano più forniti di questo distintivo del ses- so maschile. I peli che annunciano la pubertà, spuntano in loro più copiosamente di quelli della barba. La scarsezza di questa non è seguita dalla diminuzione delle forze, nè da verun? altra debolezza. Sono quegl’ indigeni robustissimi, e qualora si danno al lavoro sopportano ogni fatica con vigore e cosianza : perciò vengono preferiti agli altri operai in tutte quelle fac- cende, che richieggono sforzi straordinarj. Di questi banno dato esempj luminosissimi nella guerra quasi continua, che hanno sostenuto contro gli Spagnuoli. 35 R 274 To ho parlato fin quì di quei Chilesi, che hanno conser- vato il loro sangue puro ed esente da ogni mescolanza con quello delle Nazioni straniere. M. Rollin Chirurgo della spe- dizione de la Perouse fa una descrizione prosopografica un po- co diversa dalla mia di quelli, ch’ egli chiama indigeni del Chi- li, da lui veduti nel circondario del Porto della Concezione . I pretesi Nazionali però , ch’ egli descrive, non sono altro che una razza imbastardita e infettata dal sangue dei Negri e dei Mulatti, coi quali essi si sono meschiati . I Chilesi genuini, cioè quelli che abitano nella pianura al di là del fiume BioZìo, hanno la medesima statura degli Euro- pei, ma gli abitanti delle montagne Andine sono generalmente di una statura più elevata : anzi i0 credo, che questi e non al- tri sieno i famosi Patagoni, su dei quali si è parlato tanto in Europa. Milord Anson era del mio sentimento . La descrizione che fanno di questi Titani antartici i moderni Viaggiatori By- ron, Wallis, Carteret, Bougainville, Duclos, e de la Girau- dais, che ultimamente gli hanno veduti, corrisponde benissi- mo al carattere degli accennati montanari. Ma ciò che dà al- la mia opinione un certo grado d’ evidenza si è, che il loro linguaggio non è diverso dal Chilese, lo che si deduce dalle parole patagoniche citate dagli stessi viaggiatori. E ormai co- sa certa, che l’ idioma Chilese non si estende oltre ai limiti da me assegnati al Chili. Noto anche di più, che fra le cita- te parole patagoniche vi si trovano dei vocaboli spagnuoli, i quali non possono essere stati appresi se non da una nazione confinante con le Colonie Spagnuole. Non ho potuto riuvenire qual sia la etimologia della parola Patagone; essa certamente non è Chilese. Noi li chiamiamo in quella lingua Pwelci, va» le a dire Orientali, perchè veramente essi si trovano all’Orien= te delle rimanenti Provincie del Chili. Questi popoli sono al pari degli altri viventi, che si pro- pagano nella Cordilliera , di una corporatura superiore alla co- mune . La loro statura ordinaria è di cinque piedi e otto o nove poliici; i più grandi, {parlo di quelli che io ho vedu- ti) non oltrepassano i sei piedi e tre pollici. Ciò poi che li fa comparire più giganteschi di quello che effettivamente so- no, si è la forte ossatura e la grossezza delle loro membra, le quali non pertanto sono proporzionate all’ altezza de’ loro corpi, alla riserva delle. mani e dei piedi, che sembrano più piccoli di quello, che potrebbe esigere una rigorosa simmetria. 275 X( La loro figura non è disaggradevole : hanno il volto piut- tosto rotondo, il naso alquanto largo , gli occhi vivi, i den- ti bianchissimi, i capelli neri, e alcuni si lasciano crescere sul labbro superiore i mustacchi. La loro carnagione è più ab- bronzata di quella dei Chilesi marittimi, il che proviene dal- le inclemenze dell’ aria, a cui si espongono nelle continue scor- rerie, che fanno per le campagne situate fra il fiume della Plata e lo Stretto magellanico dove s’ incontrano qualche vol. ta i loro sepolcri. L° Ollandese Guglielmo Schouten , scopri- tore dello Stretto di Maire e del Capo d° Horn, ne trovò pa- recchi nell’ anno 1615 presso il Porto desiderato, dai quali disotterrò, come egli assicura nella relazione del suo viaggio pag. 15, degli Scheletri, le cui ossa avevano da dieci in un- dici piedi di lunghezza, con i cravj sì grandi che i suoi ma- rinari li mettevano sulle loro teste in vece di Elmi. Cotesto racconto , sebbene fuor di modo iperbolico , conferma in qual- che maniera ciò che gli altri viaggiatori più moderati hanno scritto circa la straordinaria statura di questo popolo. E cosa ben singolare, dice l’elegante Buffon, che gli uomini più grandi si trovino verso il Polo antartico, e i più piccoli verso |’ Ar- tico . Il vestito di quelli che dimorano nelle Valli Occidentali della Cordilliera, è tutto tessuto di lana; ma gli abitanti delle Valli Orientali si veston di pelli di Huanaco e di altri animali salvatici. Alcuni portano anche il poncio o gabbano all’ arau- cana, ch’ è un mantello bislungo di lana fatto come una pia- neta col suo buco in mezzo per passarvi la testa. I Puelci a- bitatori delle Andi Chilesi anstrali portano sul capo certi cap- pelli fatti di pelle adorni di penne vistose, e si dipingono il corpo con var] colori, come facevano gli antichi Britanni. Le donne poi, che sono anche di statura considerabile, si vesto- no della medesima maniera che gli uomini, ma in vece di bra che portano dinanzi una specie di grembiule. Tutti questi popoli Arzdini abitano sotto tende di pelle, che trasportano da un luogo all’ altro seguendo la ubertà dei pascoli per alimentare il loro bestiame . Sono divisi in molte Orde , le quali hanno un capo denominato Ulmren, o Gulmern . La loro religione è la stessa di quella degli altri Chilesi paga- ni, e così la loro lingua, come abbiamo detto; ma gli Orien- tali hanno la pronunzia un poco gutturale. Cavalcano sopra delle selle fatte a guisa dei basti da mulo, Le staffe sono di Ma76 X legno , ie briglie dì corame col morso di legno , le redini di striscie di cuojo intrecciate come i cordoni a piombino , e gli speroni sono parimente di legno . Ad onta di questi dei arnesi, essi sono eccellenti nell’arte del cavalcare . Vanno qua- si sempre di galoppo conducendo seco molti cani, i quali so- no ammaestrati a tener fermi per le redini i cavalli, quando essi smontano . Gli orientali hanno dei cavalli di mediocre sta- tura o sia perchè li domano presto, o perchè non li lasciano mai riposare . Quantunque questi montanari abbiano del bestiame in quantità per potersene cibare, ciò non ostante amano più la carne degli auimali salvatici, e per ciò sono molti inclinati al- la caccia, e scorrono a questo fine la maggior parte dell’anno non solo le vallate della Cordilliera, ma ancora le pianure che sì stendono lungo il mare Magellanico , dove sono stati incon- trati da parecchi Navigatori a Le armi, di cui si servono in queste partite di caccia, sono i Zaqui, che abbiamo già de- scritti; adoperano anche i medesimi nelle loro guerre: con quest’ arma sola ammazzarono da quaranta Spagnuoli in una “zuffo, che ebbero con loro nel 1767 presso S. Luigi della Punta. Incoraggiti dai successi vanno attaccando di tratto in tratto le Carovane , che da Buenos-ayres passano al Chili, e s° inoltrano ancora a saccheggiare i poderi degli abitanti di quella Gittà . Il mio Saggio sull: Storia Civile del Chili di so- pra accennato dà un’ ea suificiente del carattere e cosiumi di questi abitatori delle Andi hilesi , come pure della indole e delle guerre dei celebri Araucani, i quali con eroico coraggio hanno conservata intatta la loro libertà sino ai nostri giorni, e formano tuttora una specie di Repubblica confederata nel Chi- li australe . FINE. X 277 FLORA SELECTA REGNI CHILENSIS JUXTA SYSTEMA LINNEANUM. CLASSIS I. MONANDRIA- MONOGYNIA. Alari Bifforum: fol. approximatis connatis acerosis; flor. binis, sub- sessilibus. Wild. CLASSIS II. DIANDRIA- MONOGYNIA. Veronica Decussara ; racemis axillar. pancifloris; fol. ellipticis perenn. in- tegerrimis; caule fruticoso ; Wild. Hebe magellanica ; Juss. Urceolaria, gen. nov. Cal. 5 - partitus; cor. nrceolata, 5-loba; bacca sicca 4-locularis; 4- sperma. An Sarmienta Floro Peruviano ? 1. U. Chilensis; fol. oppos. ovatis carnosis, Fewill. tom. 3. Verbena triphylla j 4- andra ; flor. paviculatis; fol. ternis; caule fruticoso : L’ Herit.: Verbena citrodora, Cav ; Aloysia citrodora, Ort. Zappania Sc» Gratiola Chilensis; fol. ovato-lanceolatis , serratis; Feuill. Grativla peruvia- na, Persoon. 1. Baea coerulea; acanlis; fol. ovatis petiolatis integerrimis; scapo bifloro : . B. magellanica, Lam. 2. B. puntata; caulescens; pedune. multifloris cymosis, fol. ovato-oblongis duplicato-serratis ; lor. Peruo. 3. B. violacea ; caule fiuticuso; fol. oppositis ovatis dentatis ; flor. termin. corymbosis ; Caov- Ic. 4. B. triandra ; fol. inciso-pinnatifidis; flor. triandris; Cav. id: caulis fruti- cosus . 1. Calceolaria p/antaginea ; acaulis; fol. ovatis serratis hirsutis; scapis 1. floris; Smith.; C. bifora; Lam. 2. € Corymbosa ; fol. radice. ovatis cordatisque , petiolatis crenatis; caul. semiamplexi caulibus. F/. Per. : cor. lutea variegata . 3. C. parralia ; fol. oblongo-ovatis tomevtosis deniatis ; superioribus conna- tis. radic. petiolatis ; capitulis romentosis; Cao. 4. C. Montana; fol. radical. spatbulatis: Cae. ic. 5. C. Forhergilli; fol. spathul. integerrimis; pedunc. scapiform, unifloris. Ait. Wild. 6. GC. Flexuosa ; fol. cordatis crenatis; peduric. multifloris umbellatis £%, Per. 9. C. inflexa ; caule levi scandente; fol. ovat. acutis crenulatis; pedunc. inflexis 3-9-floris, 7‘. per. 278 X( 8. C. Deflexa ; fol. ovato-lanceol. serrulatis ; flor. term. corymbosis; pedic. 4-9 - floris nutantibus ; Fl. per. 9. C. Dentata; viscosa; fol. ovatis argutè bidentatis; Fl. per.; amara fere ut cortex peruvianus . 10. C. Zntegrifolia ; fol. lanceol. bidentatis; petiol. connatis alatis; pedunc. dichotomis multifloris; W/d. C. rugosa PI. per. 11. C. Sessilis; fol. lanceol. serratis, semiamplex. rugosis canescentibus; Pi. per. 12. C. A/ba; fol. lineari-denticulatis; for. racemoso-paniculatis; Flor. per.; suffruticosa , resinosa , odore rorismarini ; habitu pini . 13. C. Anomala ; cor. labio infer. explanato, apice crenato ; Cao. I. Ancistrum /ucidumj pedane. scapiformibus; spicis ovatis ; foliol. oblongis integerr. acutis subfasciculatis. Ait Keo. 2. A. Magellanicuni ; foliol. ovato-inciso- pinnatitidis ; spica capitato- glo- bosa. Lam. H. ctiam in Chile. Margyrocarpus, gen. nov. j calix 4-5 - partitas; cor. 0; stigma. peltatum; Diupa 1- sperma. F/. per.j Persoon , post Ancistrum . 1. M. Setosus; caul. procumbentibus; fol. pinnatis. Zl. per.; suffrutex ; fructus margaritis similes. D. DIGYNITA: Peperomia; gen. nov.; cal. 0; stigm. punctam 1-2 in apice germinis. Cor. o. FI. per. 1. P. Scutelloefolia ; fol. peltatis scutellaeformibus. Fl. per. CLAS. III. TRIANDRIA- MONOGYNIA. 1. Valeriana carnosa; flor. triandris ; fol. oval. dentatis carnosis glaucis . Smith. Ic. 2. V. Cornucopie ; flor. diandris ringentibus ; fol. ovatis sessilibus. Kniph. 3. V. Hialinorhiza; fol. radic. subrot. crenatis; caulio. pinnato - fido - den- tatis; panic. termin. F/. per.; Radix tuberosa . Gladiolus bifforus ; cor. erectee limbo campan.; scapo bifloro ; fol. linearibus + Thumberg. Dis. _ ] Morea magellanica ; caul. ancipiti folioso ; fol. distich. falcatis ; flor. termina. solitario. Wild. ; tapeinia Juss. H. in Clule . Cenchius spinzfex; culmo ramoso; fol. brev. cordato - lanceolatis; involuc. integerr. echinato. Cup. Zc. TR DIGYNIA. Agrostis tenacissima; panic. contracta filiformi ; flor. linear. ; valv. paralle- lis, Cuw. Ic.; Radix dura carspitosa culmis plurimis . 1. Melica violacea; panic. subspicata secunda; cor. violac. ciliatis; Cal valv. exter. argentea apice denticulata. Cav. 20. 2. M. /axiflora; panic. ramis divaric. capill. multi-floris; cor. altera cilia- ta. Cav. ib. Alopecurus antarcticus; spica ovata, glum. hirsutis; cor. aristatis. Zuhl. Dactylis caespitosa; panic. ovata coarctata undique spiculis imbricata. Forst. Wild. Grum. alt. humance » (279 )( Festuca magellanica ; panic. secunda stricta , spiculis violaceo - fuscis arista- tis subsexfloris ; fol. radic. setaceis; Zam. H. Chil. Bromus carhartirus; panic. pat. erecta sabsimplici, spicul. lato - lanceol. striat. scabris, aristis brev. rectis Fewill.; Vahl. Aristida pallens; panic. pauciflora; pedic. alternis bifloris approximatìs; aristis capill. longissimis. Cav. Zc. Stipa bicolor ; aristis nudis, sem. ovato; oblongis stipitatis, stipite tomento- so. Vahl. ; Cav. Ic. I. Avena sativa; paniculata ; cal. dispermis ; sem. laevibus altero aristato; Hort. Cliff.; Wim. 2. A. Redolens; fol. involutis; glum. 3-floris, flosc. later. masc. aristatis marg. pilosis. Vahl. 1. Arando Augi; cal. bifloris; fol. subulatis glabris. I. 2. A. Quila ; cal. trifloris; fol. ensiform. serrulatis. IM. 3. A. Valdiviana ; cal. trifloris; fol. subul. pubesc.; internodiis approxima» tis. M. TR. TRIGYNIA. Donatia gen. nov. ; cal- 3- phyllus; cor. polypetala; caps. 3 - locul. infera . Wild.; Persoon. 1. D. Fascicularis ; caul. csespitosis; fol. lanceolato-obtusis imbricatis; Poly- carpon magellanicum Lin. suppl. CLAS. IV. TETRANDRIA- MONOGYNIA . 1. Embothriam coccineum ; fol. ellipticis integerr. ; racemo termin. coarcta- to. Wuld. E. emarginatum FI. per. 2. E. Lanceolatum ; fol. lanceolato-linear. integerimis. 7. per. 3. E. Obliquum ; fol. ovat. serratis glabris; pet. apice obliquis; 4. per.; Frutex biorgyalis ; pedicelli villosi . 4. E. Ferrugineum ; fol. bipinnatis; pinnulis dentatis tomentosis. Cav. Ze. Gevuina, gen. nov.j cal. 0.j cor. 4- petala j pet. apice concavis, tribas revolutis ; stam. cavis. petalorum insidentia; Drupa t- sperma. Post precedens. 1. G. Avellana ; fol. pinnatis; racem. longis simplicibus. Quadria heterophyl- la FI. per.; Arbor sexorgyalis. Rubia Chilensis; fol. annuis quaternis; pedane. axill. solitariis unifloris; cauie lavi. Wd. Buddleia g/obosa ; fol. lanceol. acum. crenatis subtus tomentoso-albis ; capi- tulis glob. oppos. pedunculatis . Zamark . 1. Plantago patagonica ; fol. lanceolato - linear. integer. lanato - pilosis ; sca- po tereti hirsuto; spic. cylind.; stam. tub. cor. non superantibus. Jucg. ic. H. in Chile. 2. P. Barbata ; fol. oblongo - lanceolatis subdentatis basi barbatis; spica globosa 4-flora. Wild. 3. P. Hispidula ; acaulis; fol. linear. integ.; scapis longis: spica longa . Fi. per. 1. Accena erifida ; caul. erectis; foliol. cuneiform. trifidis; spicis globosis. FI. per. )( 280 \( 2. A. Argentea ; caule repente ; fol. ovato-oblongis; spic. globosis. 7. per. culgò Proquin: planta medicinalis, Feuill. 3. A. Pinnatifida; scap. erectis; foliol. obovat. pinnatif. spicis longis inter- ruptis. FL. per. Oldelandia uniffora ; caule repente; pedune. later. simplicibus ; fractib.. hi- spidis; fol. subovat. acutis. Zin. Fl. per. Drapetes gen. nov. cal. o. cor. infandibal.; limbo 4- fido ; recept. pedicella- ta, barbata ; sem. 1. tectum; Pers. post Seruthiolam . 1. D. Muscoides ; fol. decussatim oppositis ovaro obtusisj Pers. Dorstenia brasiliensis ; scap. tadicatis ; fol. cordato-ovalibus obtusis crenula- tis; recept. orbicul. Lum. ZH. in Chile. TETR-DIGYNIA. Nerteria , gen. nov. ; cor. infundib. 4 - fida supera; bacca 2 -locul. Wild. Gomozia Liu. Post Hypecoum . 2. N. Depressa; fol. oppos. orbiculato - cordatis integerrimis. Wild. CLAS. V. PENTANDRIA -MONOGYNIA. Heliotropium pinnatum ; fol. pinnatis. Val. Symb. 1. Myosotis corymbosa; sem. loeevihus ; fol. linear. acutis: caul. divaricatis; Ao corymbosis; FI. per. 2. M. gracilis; sem. echinatis ; fol. linear.; flor. later. laxe spicatis secun- dis. FI. per. i. Lithospermum tinctorium; sem rugosis; cor. calyc. superantib.; fol. li- neari - lanceol ; flor. later. solitariis. £%. per. 2. L. muricatun; sem. muricatis; cor. calycem squante ; fol. lanceolato - linearib. F/. per. Cynoglossum alatum ; fol. lanceol. decurr. venosis; canle anguloso - alate C. decurrens Il. per.; sem. echinata aristis glochidibus Patagonula gen. nov.; cor. rotata; styl. dichotomus ; cal. fructifer maximus. Post Cordiam . 1. P. Serrata ; fol. oblongo-lanceolatis, superiorib. serratis. Cordia patago- nula Wild. Aldea gen. nov. ; cor. campannlata ; styl. bifidus ; caps. 1 - locul., 2 - valvis, 2- sperma cal. 5 - partito involuta. Fl. per. Cenitalia longe exserta ; affin. Phacelice . I. À, pinnata ; fol. pinnatis, super. simplicibus. £7. per. Hydrophyllum tomentosum ; tomentoso - lanuginosum ; fol. pinnatis. H. ma- gellanicum , Lam. Lysimachia myrtifolra; pedune. unifioris ; fol. altern. ovato-lanceol. sessil. approximatis: Zewi//. Avagallis alternifolta ; tol. oblongo - ovatis alternis ; flor. axill. longe pedun- culatis. Cav. Ze. Adhibetur in gonorhea. Fabiana gen. nov. cor. intundib.; limbo plicato. revolato , tubo longiss. ; stam. inaequalia, stigm. emarginatum ; caps. 2 - loc. 2 - valvis. ZL. per. Post Mirabilem . 1, F. Cypressina ; fol. imbricatis minimis. . imbricata FI. per. ; Frutex alt. hum, resinosus cupressum formà referens . 281 )( Nierembergia gen. nov.; cor. subhypocr. tubo longissimo; fauce coarctata plicata ; stam. ingequalia superne adpressa ; stigm. 3-lobum ; caps. 2-loc. 2-valvis. Post proecedent. FI. per. 1. N. repens; caul. procamb.; fol. petiol. oval. villosis subverticillatis Planta pusilla herbacca FI. per. 1. Convolvulus dissectus pednie. unifloris; fol. profundissime 5 - partitis, lacin. linear. media productiore . Cuv. Zc. 2. C. Zasiantus ; for. solitariis; fol. palmato -laciniatis tomevtosis ; laci- nia media ampliore pinnatifida. Cuo. /c. 1. Thlox linearis; fol. alternis linear. ; flor. termin. confertis. Cup. Zo. 2. Ph. biflora ; pubescens ; fol. lineari - lanceolatis, inferiorib. oppositis ; pedune. axill. geminis. Z%. per. Navarretia, gen. nov. Cor. infundib. ; stigm. bifidum ; caps. membranacea 1-loc. 2- valvis. F/ per. post Bomplandiam. r. N. involucrata ; fol. pinnaro - multifidis. //. per. Campanuala Chilensis ; caps. 2-locul. apice dehiscentibus ; fol. linearib. den- ticulatis ; C. filiformis FI. per. Fhyteuma tricolor; fol. semiamplex. oblongis sinuatis tomentosis; flor. spar- sis pedunculatis. £'euzll. Selliera , gen. nov.; cal. super. 5-partitns ; cor. irregul. tubo 5-partito; germ. conicum ovatum;.styl. incurvus ; stig. globos. truncatum.; bacca conico- ovata calice coronata. Cao. post Goodeniam . 1. S. radicans; caule prostrato radicante; fol. spathulatis, Cav. /c. Planta herbucea . 1. Lobelia tupa ; fol. lanceol. integerrimis; racemo spicato. Wild. Feuill. 2. L cordigera ; fol. ovat. acutis subamplex. villosis denticulatis, pedunce. axill. solitariis. Cao. /c. Cor. pulchré coccinea . 3. L decurrens; fol. ovato-lanc. Dbiserratis decarrentibus. Cav. 10. 4 L. mucronaia ; fol. sparsis sessilib. ovato - oblongis serrul. mucronatis, villosis glaucis. Cav. ic. Cor. coccinea reffexa obs. Lobelia a cl. Persoon, et ab aliis ad Monud. referuntur. Lonicera corymbosa; coryinbis termin.; fol. ovat. acutis. Zin. Periclymenum Feuill. toravthus 4-andr. Fi. per.? Obs. ad tetrandriam hoc planta pertinere videtur, atque udeo genus novum constituit , quod Tia a no- mine vernaculo a me dictum fuit ,cujus caracter essent. est: cal. sup. 4-fidus; cor. tubulosa 4 partita; drupa 1locul. 1-sperma; post sco= losanthum. Datura arborea ; pericarpiis inermibus nutantibus, caule arboreo. Miller, Feuilt. Brugmantia candida Persoon. I. Nicotiana longiflfora ; fol. altern. inferne cuneatis, oblongis; flor. solita- riis. Cao. 2. N. angustifolia ; fol. lane. , superi linear. acatis; panic. diffusa; cor. angustiss., limbo plicato. Fi. per. 3. N. minima; fol. sessil. ovatis ; flor. obtusis. M. Atropa plysaloides s caul. berbaceo 5 fol. sinuato-angulatis 3. cal. clausis acu- tangulis. Feul. Wild. I. Solanam crespum ; caul. inermi frotic.; fol ovat. snbeordatisque undalato- crispis acumin. ; flor. corymbosis. 7/. per. Frutex subrriorgyalis ama- rissimus; cor. vivlucea ; bucca albo-iutescens: decoctio utilis in. feb» inffam. 2. S. leprosum ; caul. erecto fructic ; fol. oblongis sinuatis subtas incanis; 36 X 282 ednne. solitar. 2-floris; Cao. vulsò Huevil ? 3. S. chenopodioides; caul. inermi subherb.; fol. ovato- oblong. sinuatis sub= hirsutis. Fewill., Zam. . Sì Macrocarpon, caul. fruticoso; fol. cordatis sinuato-angulatis; pedunc. later. 5-floris. S. amplis. angul. hirsutoq. folio fructu aureo maximo. Foeuilli 8. quitoense Lam. 5. S. quercifolium; caul inermi subherb. angul. flexuoso scabro ; fol. pin- natitid. ; racem. cyinosis Feusll. 6. S. runcinatum; caul. berb. procumb. anguloso; fol. laciniato-pinnatifi dis corym. term. dichotomis. /. per. 7. S. pinnatum ; caul. inermi herb. sulcato fol. pinnatis; flor. corymbosis. Cav. Ic. 8. S. Parmentieri; caul. inermi herb. ; fol. interruptè pinuatis integer. S&S. tuberosum. Lin. o. S. muricatum ; caul. subinermi suffruticoso radicante; turionibus muri= catis; fol. oblongo-lanceol. integris. Feuill. Ait.; vulgo Pepino. to. S. eleagnifolium; caul. frutic. ; petiolis foliisque lanceol. inferné to» mentosis subacanl. ; racem. later. 7//d. r. Cestrum nocturnum ; filam. dentatis ; pedunc. subracem. folio aqualibus. L’' Her. 2. C. palqui; fol. lanceol. acntis; ram. florifer. paniculatis; pedunc. co- rymboso-racemosis. Parqui Fenill. ; C. virgatum FI. per. 3. C. diurnum 3 filam. edentati»; laciniis cor. subrot. reflexis; fol. lanceo= latis. Z’ H rit. stirp. Lycium Boerhaviafolium ; fol. ovat. integer. acutis glaucis; flor. panicula= tis. Willd I. Escallonia rubra ; fol. ovato-oblongis acum. serratis; pedunc. 2 - 7- floris; pet. spathul. Stereoay/on rubrum Fl. per. 2. E. revoluta ; fol. obov- dentic. revolutis; racem. thyrsoideis; pet. linea- ri spathulatis. Pers. 3. E. pulcerulenta; fol. oblongo - ellipt. serrulatis; pedunc. racem. spicatis; pet. obovatis. 7. per. 4. E. serrata ; fol. serratis subretusis subtus aveniis. Sneich. 3 Cor. 0. stam. recepî. inser Myoschilos gen. nov. ; cai. 5-phyllus coloratus ; ta; stigim. 2-3- fidum; drupa i-sperma calice coronata; nux I-locularis. Fl. per. post A!lzateam. 1. M. oblonga ; fol. oblongis acumin. repandis ; flor. spicatis, Z per. ; dru- pa utropurpurca : folta infusa pro sena adhibentur. Achras lucuma; flor. solitariis; fol. oblongo-ovailss pomis mammosis: FL per. ; arbor sempervirens. Condalia gen. nov. ; cal. urceolatus 5-fidus persistens; cor. 0.j discus giane dalosus ; stylus 1.; drupa ovata, nuce i-sperma. Z. per. Genus. zizy= pho calde affine. 1. C. microphylla; spinis term. et azill.; fol. ovat. subsessilibus. Car. Ze. Frutex 4-pedalis . Celastras maytenus; inermis; ramis dependentib. ; fol. fanceolatis serratis ; pedune. congestis unifloria . Wild, Arbor sempervirens; caps. luteo - cro= ceg.2-3- loc. ; sein. arilio rabro anvolura È Tara gen. nov. ; cal. 5-partitus lobo infer, concavo denticalaro; cor. 5-peta- ja; legua. depressua pulposum; seni lenticulan Gen. affine LQuin bob CIA AR \ 283 ( 1, T. tinctoria; fol. oppositis bipinnatis; flor. racem. axillaribus pedun- culatis. Feusll. 1. Ribes puncratuni inerme; racem. pendul. brevib.; fol. 3-lobis serratis subtus punetatis, F{. per. Bacca rubra punctata . 2. R. glandulosum inerme; racem. brevib. ; fol. cordat. 3-lobis duplicato» - sevratis rugosis. F/. per. Frutex 2-orgyalis glandulosus . 1. Viola magni - flora; acaalis; fol. ovat. crenatis subtus maculatis . 7. magellanica Willd.; Flos. amplus luteus variegatus, 2. V. maculata ; caulescens ; fol. ovat. crenatis subtas maculatis; pedune. axill. solitar. foliis longioribus. Cav. Ze. 3. V. rubelia; fruticosa ; fol. ovato-acutis oblong. punet. serratis; pedunc. solit. axill. foliis subae qualibus. Cuv. Ze. cor. ruvella . 4. V. capillarisz frutic.; fol. ovaco-acutis serratis; pedunc. axill. solit. fo- liis longioribus. Car. ib. Chironia Clulensis; fol. lanceolatis aveniis; caul. dichotomo corymbaso ; calycinis lacin. adpressis. 7//d. Erythrea Chitensis. Pers. vulgo Cachan= fahwen . Quinchamala gen. nov; cal. inferus 5-dentatus; cor. tubulosa supera ; anth. sessiles; sem. 1. Wild. Affinis Thesio . i. Q. Chilensis; fol. altera. linear. acutis integerrimis; flor. corymbosis . suffrutex vulnerarius M. P. DIGYNIA. s, Chenopodium Quinoa ; fol. triangulari - ovatis obsolete dentatis, juniorib. pulver.; race. confertis petiolo brevioribus. Wild. 2, Ch. payco; ram. procumb.; fol. multifidis denticulatis; flor. axill. sese silibus; Pern. Affine Ch. muttifido . Salsola coquimbana ; fruticosa; caul. succulentis diaphanis. 4. Cuscuta corymbasa; pedune. corymb.j cor. ovatis 4-tidis 4-andris fance nu- dis ; stigm. capitatis. F/. per. Eryngium rostratum; fol. caulin, pinnatis, radical, pelymorphis; involue. insequal.; capit. apice rostratis. Cav, Ze. 1, Hydrocotyle triffora ; fol. reniform. crenatis; pedane. trifloris , £Y. per. 2. w citriodora; fol. reniform. 7-9-sinuatis crenatis hirsutis; umbel. parva multifora., Fl per. Folia fricata edorem citri exhalant.- i. Azorella crassifolia 3 casspitosa, fol. imbric. crassis glab. avatis apice re- flexis ; umbella multiflora. Cav. Ze. : Planta resinosa. 2. A. chamitis; coespitosa, fol. congestis vaginant. integerr. basi setosis ; flor. solitar. Chamitis integrifolia Gaerin.; Planta resinosa , 3. A. trifurcata coespitosa, fol. trifidis; petiolis nudis, Yah/. Ch. trifurcata, Gacertn., Hyirocotyle gummifera Lam. 4. A. spinosa ; fol. cuneiform. trifidis spi nosis, F/. per. - Mulinum gen. n00.; umbella simplex; involuc. polypl.; fruci. ovatus pro» fande sulcatus, angul. rotundis ; pet. lut esc. ; cal, denticalatus, Person, 1. M. spinosum ; frutic., foi. 5- partitis, Jacin. lanceol, acum. petiolis basi caul. vaginaut. Selinum Cao. e, Heracleum tuberosuni ; fol. pinnatis, foliol. a eptenis ; flor-radiatis. Weill. Scandix Chilensis; foliol. iategris ovato » fan ceolatis. A, Gynopleura lineacifolia ; fol, sublinear. sessil. ciliatis villosis; cal. infundibul. Cav. Malesherbia Fi. per X 284 X( P. PENTAGYNIA. Linum aquilinum ; fol. altern. lanceol. ; pedane. bifloris. M. Crassula moschata ; caul. herb. procamb.; fol. connatis oblong. acutis, pe- dune. axill. unifloris, flor. 4-andris. Wild. HEXANDRIA - MONOGYNIA. 1. Bromelia sphacelata, fol. ensiform. acnutiss. ciliato-aculeatis, spic. axill. covico-truncatis ; bract. medio sphacelatis. 77. per. Petala purpurea . 2. B. dicolor, fol. ensiform. ciliato-aculeatis , flor. aggregato-conicis, bracteis oblongis. 7. per. Petala carulea . Puya gen. nov. cal. o., petala 6 insequalia, tribus majoribus fornicatis, caps: 3-locularis polysperma . Post proeced. 1. P. Chilensis, fol. serrato-aculeatis; caudicibus sterilibus caule m florife- rum cingentibus. I. Pitcairnia courctauta ; spica composita ; fol. ensiform. aculeatis ; cor. luteis ad basim macula purpurea 7. per. Hoemanthus causticus; fol. oblong. obtusis carnosis ; umbel. 2-3-flora involuc. longiori . I. Strumaria Chilensis ; fol. linearibus ; flor. altera. majorib. ; struma libera. JI. I. Amarvllis flammea ; spatha i-flora; cor. laciniis reflexiss genit. brev. erectis. Cav. 2. A. maculata, spatha uniflora diphylla lineari, flor. pedunc., genit. de- clinatis. !° Mer. i 3. A. tinearifolia, spatha 1-2-flora subbifolia, flor. pedunculatis, fol. li- nearibus. 4. Chilensis, V Herit. 4. A. bicolor, spatha 6-12-flora, cor. subcampan. nectar. bicornibus. F/. per. Phalangium carulewm , fol. ensiform., panic. longiss., flor. patentibus cseru- (cis. A.eper Conanthera gen. nov., cor. supera, petala 6. reflexa , anrherse in conum acurum coalitae, caps. 3-loc. 3-valvis, sem. plura subrotunda. Post Xan- thorlieam. Fl. per. 1. C. difolia; pedunc. bifloris. fol. 2. radical. linear. ensiformibus. ZF. per. Lapageria gen. nov. ; cor. 60-petala basi 3-gona ; petala 3. interiora latiora subungniculata; antherse erecize; sriem. clavatun; bacca super. r-locularis, polysperma ; sem. recept. triplici aflfixa. /. per. Post Convaltlariam. 1. L. rosea; fol. ovato-lanceolatis 5-nerviis . //. per. Planta fruticosa scandens ;. cor. magna rosea , aut roseo - punicea intus puncts albis distincta . Lusuriaga gen. nov., cor. infera 6-petala ; pet. 3. exteriora angustiora ; filam- recept. inserta ; ant©h. erectae «agitiatae; stigin. 3-angul.; bacca. 3-locul.; sem. bina. Post praced. Fl. per. 1. L. radicans ; fol. lanceolatis obliquis. F/. per. Petala et genit. albido- lutesc. puncris et lineis rubris variegata . Callixene gen. nov., cor. 6-petala , petalis altern. basi. biglandtalosis ; filam. basi latiora ; antu. versatiles ; stigm. 3-gonum ; bacca sup. 3 - locul. po- lvsperma: Post proeced. 1. © margiziata , soffrutticosa, fl. ellipt. acutis integer. Enargea mar- ginaia . Willd. Hub. Magel. et Chile . X 285 )( Philesia gen. nov. ; cor. 6-petala, pet. 3. inter. longiora; filamenta basi connata ; ant. long. versatiles; stigm. 3-lobum; bacca subtrigona po- lysperma. Wild. post prac. 1. Ph. bewifolia ; fruticosa ; fol. altern. petiol. lineari-ellipticis. Hub. Magell. et Chile. Cor. campanulata magna sesquiunc. revoluta ; ram. flexuosis. Herreria gen. nov.; cor. infera 6- partita ; stigm. 3 -gonuin; caps. triquetro, alata 3-loc. 3-valvis; sem. marg. membrau. cinceta . Post proec. 1. H. stellata ; caul. voiub. aculeato; fol. radiatis linear. ensiform. 7. per. ; cor. lutescens. odura. Hyacinthus Chdensis; fol. radical. ensiform: scapo breviorib.; cor. campanif. corymb sextidis. 2. flores odorutissimi. I. Alstroemeria pellegrina j; caul. erecto assurgente : fol. lineari - lanceolatis contoitis; flor. 2-6; petalis exter. obcordatis acuunnatis. £. per. 2. A. ligtu; caul. erecto; fol. spathulato-oblongis; pedune. winbell. in- volucro longiorib. ; cor. bilabiata. Fl. per. Furina ev radice eduritur. 3. A. revoluta ; caul. erecto; fol. lanceolatis ; pet. reflexis interior. nino» ribus. £/. per. Petalo purpurea intus lutea punctis purpureis. varie= gaca . 4. A. versicolor; caul. erecto, fol. lanceolato-linear. umbel. 2-3 flora; pet. intern. angustiorib., infimo breviore latiore. 1. per. Petala lutea macul. purpurcets. 5. A. homanta; caal. erecto; fol. lineari-lanceolatis ciliatis; umbella sub- sexradiata; pedane. 2-floris; pet. exter. serratis. l. per. Pec. san- guinei coloris lineis luteis variegata ; variat pet luteis, purpur. lutco variegatis. 6. A. salsilla; caul. volub.; fol. lanceol. acuminatis; umbel. ramosa ; pe- dune. involuc. longiorib. bracteatis laxis. /. per. Pet. cuneiform. vio- lac. maculata . 1. funcus magellanicus; calmo nudo 1 floro ; fol. planiuse. angustiss. culmo longioribus-; flor. lateral. Lam. H. in Chile. Rostkovia spliarocarpa ; Desvairi 2. |. grandiflorus; culm. uudo I-floro , fol. teretib.; foliol. calyc. linear. longissimis; flor. termin. unico Lin. supp. Forster. Marsippospermum calyculatum ; Deso. H. in Chile , et Mug. 1. Berberis zlicifolia ; racem. sitmplic. corymb. ; fol. obovat. coriaceis spino- so-dentatis. W70/d. 2. B. microphylla; pedane. 3-floris; fol. obovat. integerr. sub muciona- tis; spinis triturcis. Forse. 3. B. tomentosa; pedune. ternis 3-floris, inzequalib.; fol. oval. dentato- spivosis mucronatisque . Z7. per. Bacca 2-3 sperma . 4. B. empetrifolia ; fol. linear. angustis; flor. solit. Juss. Zam. 5. B. inermis; foliis ramisque inermib.; flor. solit. Suss. Boldus gen. nov. ; cal. 5-lobus; cor. 6- petala cal. brevior; ant@_ later, gerin. conicum ; stigm. sessile ; drupa ovoid. 1-sperma . Posse. Caulophyl lum.. 1. B. Chilensis; fol. oppos. lanceol. subsessilib. villosis integris; flor. ter. min racemosis. Peuill. Arbor sempero. aromatica . Lorantbus lhererophyllus ; flor. racem. L-andris ; pedie. 3-floris ; bractea ova» ta scabra ; fol. polymorphis. Fl. per. j cor. alba purpur. 37 } 286 )( H. TRIGYNIA. Melanthium pumilum; fol. lanceol. basi barbatis; caul. subtrifloro; pet. sessilib. 77/4. CL. VIII. OCTANDRIA - MONOGYNIA. I. Tropeolum ciliatum ; fol. peltatis palmatis sexlobis; stipulis bracteolis- que ciliatis; petalis integerr. calye. sub-2equantibus. /. per 2. T. polyphyllum; caul. prostrato; petiol. elong. altern. polyphyllis ; fol. digitato-5-10-phyllis. Cav. Ze. T. Ocnothera mo/lissima ; fol. lanceol. undol. tomentosis. Dil. Pecala pri- mo flava , dein purpurea . 2. O. tenella; fol. lineari-obovatis; caps. cylind. curvatis. 4. per. Peta- Lu purpurea . 3. O. odorata ; fol. lineari-lanceol. subdent. undulatis; caul. villoso suf- fruticoso. Tcg. obs. 4. 0. lyssopifolia ; fol. altern. lanceol. denticulatis ; flore unico termi- nali. cor. violacea ; caps. oblonga . Feuill. i 9. O. salicifolia ; tol. linear: oblongis serrulatis. Feuill. cor. lutea . 6. O. guttata ; fol. radical. ovato-oblongis denticulatis. M. cor. magna lutca ; petalum inferius macula sanguincea defluente insigne . 7.0. tenwfolia ; fol. infer. oblongis, super. linearib.; caps. cylind. re- ctiss F/. per. cor. purpurea . 8. O. acaulis ; fol. pinnatifidis; Jacinia termin. majore denticulata . Fl. per.; corolla alba . 9. O. subulata ; fol. subulatis; caps. clavatis 4-gonis superne alatis. 4. per.; Pet. bifida purpurea . Epilobium denticutatum ; fol. sublanceol. denticulatis, infer. oppositis; pet. equal. bifidis #. per. suffrutex; petala rosea . 1. {Fuchsia coccinea j pedunc. £- floris axill.; cor. convoluta; fol. ternis lanceolatis. Wilid.; corolla violacea. Frutex pulcher. 2. F. macrostemma; pedane. axill. 1-floris ; fol. ternis ovat. subsinnato» dentatis; petal. patentib. obovatis. Z. per. cor. coerulea. Frutex iti- dem pulcher. An Thilcum g. n.? 3. F. rosea; fol. fasciculatis insequal. alternisque lanceol. integerrimis. Fi. per. Flores rosei. Frutex pulcher. Thilcum gen. nov. cal. super. 5-fidus; cor. 5-petala; filamenta 10 longissi. ma; germen ovale; bacca sicca subcylindr.; semina plura subrotunda. Post praced. I. Th. tincrorium ; fol. subsessil. sparsis lanceol. denticul. villosis; flor. pe- dunculatis pendulis. Fewili. cor. violacea. Frutex elegans. 4 Amyris polygama ; caale arboreo; fol. simpl. sparsis lauceolato-ovatis inte» gerrimis. Cav. Ic. Hoc arbor raro est polygama ; petalu albo-iutea . Fr. drupa grani piper. magnitud. nigra . Chlora sessilis; flor. acaulibus; fol. ovatis. Zin. Feuill. Willd. Sassia gen. nov.j cal. 4-phyllus; cor. 4-petala; caps. 2-loc. 2-sperma . P068 proeced. 1. S. cinctoria ; fol. ovatis; scapo multifloro. I. herba . 287 2, S. perdicaria, fol. cordatis ; scapo unifloro . M. herba. O. DIGYNIA. 1. Weinmannia trichosperma ; fol. impari-pinnatis; petiolo communi alato ; artic. g-angul ; racem. axill. Cav. Ze. 2. W. paniculata; fol. simplic. lanceolatis serratis ; flor. paniculatis, Cas. Ic. Arboresc. ; flores aliqui 5-petali 3-gyni. O. TETRAGYNIA. Francoa gen. nov.; cal. 4-partitus persistens; cor. 4-petala ; styl. o.; stigm. plana ; caps. 4 basi connatae carinatoe; sem. numer. suture carine affi= xa. Cav. 1. F. appendiculara ; acaulis; fol. cordat. ovatis obtuse angulosis; pet. ap- pendicul. Cuv. Zc. 6. Pitavia gen. nov.; cal. 4-phyllus; pet. 4. sessilia;; stamina inaqualia; core pus glandolosum sub germ.; drupa 4. Galvezia Fl. per. 1. P. punctata; fol. lanceol. serratis punctato pellucidis. G. punctata; Fl. per. Arbor fol. aromaticis , vulgò Pitau. CL. IX. ENNEANDRIA- MONOGYNIA , 3. Laurns peumus; fol. alternis petiolatis, ovato -lanceol. coriac. perenn. integerr. ; flor. hexanilris; drup. oliveeform.; Variac. fol. flor. et fruct. Arbor aromatica. Il. per. 2. L. cuustica ; fol. oval. rugosis perenn.; flor. 4-fidis. Arbor cencnosa s . lign. pulchre cenosum. Willd. Feuill. Panke gen. nov.; cal. 4-fidus ; cor. campan. 4-fida; caps. 2-valv. 1-sperma. Post Anacardium . 1. P. tinctoria ; fol. 5-lobis petiolatis; caul. erecio. W.ld. 2. P. acaulis ; racemo sessili; radice napiformi. M. 3. P. sonchifolia ; fol. lyratis amplexicaulibus . Vi//d. Plegorbiza ger. nov.; cal. 0.; cor. I-petala; caps. Ii-loc. I-sperma. Post proced. 1. P. astringens; fol. radic. petiol. oval. integris ; rameis sessili. ovatis. Willd. CL. X. DECANDRIA- MONOGYNIA. Cassia stipnlacea ; fol. suboctojugis ovato-lanceolatis ; glandule inter infe- riora ; stipulis ovat. maximis. Att. na Hoffmanseggia; gen. noo. cal. 5-part. persistens; pet. 5. ungnic. patentia; super. latius basi glandal.; filam. piloso-gland.; stigim. clavaium; leg. lineare compressum polyspermum. Cav. Post Corsaipiniam. 1. H. falcaria ; caule sutfrutic. decumb. ; fol. bipinn. pianulis ovat. glau= cis. Cao. Io. 2. Ul. trifoliata ; subacaulis; petiol. radic. 3-foliatis ; fol. pinnatis. Car. 28. Zuccagaia gen. nov.j cal. persistens d-partitus ; petala 5 - ovata, superius X( 288 )( concavum; filam. inferne pilosa ;. stigma infandib. ; legum. subovatum compress. i-loc. 1-spermum. Cuo. post preeced. I. Z. puncrata; fol. pinnatis, pinnal. ellipt. altern. punctis glutinosis ; flor. racem. terinalib. Cav. /c. Guajacum officinale ; foliol. bijugis obtusis. Wild. Keulia gen nov. cor. 6-petala ; stam. triplici serie gradatim minora ; gland. 2. ad Dbasim sing. filam. ; stigm. 2-3; drupa t-loc.; vux dariss. 2-3 loc. ; nuclei compressi. Gonsortega Fl. per.; Adenostemum Pcerson. Post Gaertneram. 1. K. Chilensis; fol. oblongo-lanceolatis nitidis: vulgo Keule: Arbor sem- pero.s fol. resinosa ; fructus sapidi; lign. ponderosum venis pulcherr. variegutum. A. nitidum Peerson. Hippomanica gen. nov. cal. 5- part.;, cor. 5.- petala ; filam. sabulata ; germi adhaeren:; styl. brevi»; bacca umbilicata 3-4-spertma. Post Limoniam. I. H. insana ; fol. oppos. lanceol. denticul. carnosis ;. flor. raceinusis: 0u/go hue- hued ; quedqued Feuill. Tutuca gen. nov. cal. 2-partito-pinnatifidus ; cor. 5-partita calcarata: caps. polysperma: post Kal/miam . I. V. fistulosa ; fol. altern. semiamplex. spathulatis ; flor. term. et axillari- bus. Fcwuill. Andromeda myrsinitis ; fol. minutis ovato-lanceol. serrat. sparsis; pedunc. solit. axill. unifloris. Zam. t. Arbutas mucronatu ; caul. fratic.; fol. altern. ovatis serrat. mucronatis 5 peduoc. axill. 1-floris. Lam. 2. A. pumila; caul. diffusis; fol. altern. distic. oblong. integerr. flor. later» solit. Lin. suppl. DP. DIGLI A Thuraria gen. nov. ; cal. tubulatus 5-fidus; cor. 1-petala ;; anth. didymae s. ovar. bilobum ; styl. 2.5 caps. 2.3 loc. 2-sperma ; post: Royenam . 1. Th. coquimbana ; fol. altern. petiol. oval. integris, rigidi»; flor. termin. pedunculatis. Frutex M. Saxifraga viscosa ; fol. congestis viscoso-pubescent. ; inferior. 3-fidis; super. simplic. ; flor. subbinis subsessilib. S. magellunica , Persoon. D. PENTAGYNIA. 1, Oxalis carnosa; scap. 1-floris ; foliol. subrot. emarg. carnosis. 0. magel= lanica Forst. 2- O. megalorhiza ; acaulis ; scapo umbellif. fol. breviore ; flor. erectis ; fol. ternatis obcordatis; radice crassa multiplicite. W//4. 3. O. cirgosa ; scap. longiss. multifloris ;. fol. radic. ternatis ; foliol. cunei- form. emarginatis. I. 4» O. rosea; caul. erecto ; foliol. obverse cordatis; pedunc. divisis race- mosis. Fewill. Jacquin, 5. O crenata;.caul. erecto; fol. obverse cordatis; pedunc. umbellifer., petalis crenatis. Fewill. Jacq. 6, O. tuberosa; caul. ramoso umbellifero ; foliol. ovatis; radice tubero= sa. M, an \ 289 \{ Lychnis graminea ; fol. linear. gramineis ; petalis apice bifidis. L. magella- nica Lam. GL, XI. DODECANDRIA - MONOGYNIA. Talinum monandrum ; fol. spathulato - lanceolatis ; flor. spicatis secundìs . Fi. per. Tricuspidaria gen. nov. ; cal. 5-dentatus; petala 5 tricuspidata ; nect. annu- lare decagonum ; stam. 15 inter nectar. et germen; anth. 2. perforata caps. 3-loc. 3-valvis, valvulis septiferis; sem. pauca. /. per. Tricuspis Peerson post Ginoriam , vulgo Rithu . 1, T. dependens ; fol. ovatis oblongisque serratis. ZY. per. arb. semper. 4= orgyal , lignum utile » D. TRIGYNIA. Aristotelia ger. n00.; cal. sabcampan. 5-fidus; petala 5 basi calyc. insiden- tia; anth. apice biforata; filam. brev. versus basim infixa; bacca, pos tius drupa 3-loc. 2-3-sperma ; stam. 13. Post D:cumariam . I. A. maqui ; fol. ovat. serratis ; flor. racemosis. 4. glandulosa Fl. per.; fructus sapidi. Arb. sempervir.; vulgo Clon et Maqui . CL. XII. ICOSANDRIA- MONOGYNIA. Gactus coquimbanus ; erectus , longus ; 10. angularis , angul. obtusis ; spinis ceotralib. longiss. rectis IM. Eugenia chequen ; fol. oppos. sessil. ovatis integris venosis ; flor. terminalib. plurimis. Feuill. 1. Myrtus ugni; flor. terminal. axillaribusque solitariis, fol. subcord. carno= sis. Pernetty. 2. M. /uma; pedune. axill. trichotomis ».fol. sub-orbiculatis, caul. arbo- reo. M. 3. M. maxima ; pedunc. multifloris; fol. altern. ovato-acuminatis. Anson. Arb. 50-60 ped. I: 9-GYNIA: Mesembryanthemum Chilense; fol. triquetris semi-amplex. carnosis; caul procumbentib. M. Flor. purpurci , vulgò Doca . I. POLYGCINIA. 1. Rubus radicans ; caul. frntic. prostrato , flagel. radicantibus ; fol. ternat. villosis ; flor. solitariis. Cuv. Zc. Bacca viridis gratissima. 2. R. geoides ; caul. berb.; fol. simplic. ternatisque obtusis serrat. nudis; foliolo impari maximo. Smirk. Fragraria Chilensis cal. fract. erecto ; fol. crenato-serratis, utrimque pube- scentibus. Zrhr 30 )( 290 )( 1. Geum involucratum ; fol. pinnatis, extiimo rotund. crenato; flor. solìt. involucratis. Peers. 2, G. magellanicum; fol. pinnatis, extimo maximo lobato, inferior. mie nimis, scapo elongato. Peers. Inv. etiam in Chile . CLASS. XII. POLYANDRIA - MONOGYNIA. Azara gen: noe. ; cal. 4-5-6-partitas; cor. 0.; nec. fila plura capillaria; styl. subulatus. stigm. obtusunm ; bacca t1-loc. polysperma; recept. triplex per parietes pericarpii discurrens. £. per. ;j post Abatiam . I. A. integrifolia ; fol. gemin. integerr., maori obovato ; flor. spicatis pen- dulis. f{. per. Arbor 3-orgyal. fragrans; fol. amara. 2. À. dentata ; fol. gemin. dentatis; mapori elliptico; flor. umbellatis. 7. per. , .frutex , I. Loasa acanthifolia ; fol. oppos. pinnatifidis, super. sessilibus; cal. reflexo+ petal. apice bidentatis. Zam. 2, L. votubilis ; caul. volubili; fol. bipinnatifidis, laciniis angust. obtusis. Juss. P.-DIGYNIA. Temus gen. nov. cal. 3-fidus; cor. 12-18 petala ; stam. numerosa ; anth. glo- bosa; germ 2-adnata; bacca 2-sperma : sem. arillata. Post Pooniam . t. T. moscata ; fol. altern. ovalib. integ. nitidis; flor. pedunc. terminalib. M. Arbor aromutica sempervirens, P,- TETRAGYNIA. Wintera aromatica ; pedunc. axillar. aggregatis subtrifloris; flor. 4 - gyuis. Willd. Drymis Winteri Lin. suppl. Arbor communis in sylvis Chilens, vulgo Boyghe , 40 ped. altitudinis > P.-POLYGYNIA. Pellinia gen. noo.; cal. persistens laciniis 5. ovatis: cor. 5 - petala tecta ca- Iyptra decidua; fruct. imoltif. multicaps. ; caps. cymbiformes pendula ; semina basi alata. Post Dilleniam , Lucriphia Cav. I. P. cordifolia ; caul. arboreo ; fol. oppos. cordato-ovatis; flor. axill. solita= riis. E. cordifolia Cav. Arbor excelsa ; lignuim rubescens instar quercini solidum ; vulgò Pellin , aut Robur Chilense . 1. Caltha sagirtatà ; acaulis ; fol, sagittatis, anriculis sursum inflexis. Car. ic 2. C. appendiculata ; fol, 3-lobis biappendiculatis; Car. id. CLASS, XIV. DIDYNAMIA-GYMNOSPERMIA. Teucrinm heferophylum; fratie. ; fol. ovato - oblongis integris, et 3 - lobis; flor. axill. solitariis; Cav. ic. j cor rubro, alvoque varia. Phytoxis gen. nor. ; cal. G-lidus; cor. riogens; lab. super. breve emargina= X 201 )( tum; infer. 3-partitum.; laciniis exter. pinnatifidis ; stam. intra tubum. Post Sideritim. M. I. Ph. acidissima; caul. frutic. ; fol. lanceol. denticul. sessilib.; flor. infer. subverticillatis. Feuil/.; vulgo A4lhue-!ahuen; frutex 6-pedalis, ram. op- postris; cor. duute caerulea . _ Gardoquia multiffora; fol. ovat. serratis ; pedunc. multifloris. /. per. ; Planta 2-ulnaris odore pulegii - Ì Rizoa gen. nov. ; cal. tubulosus striatus 5-dentatus, dentibus 2equalibus ; cor. longe tubulosa bilabiata, lab. sequalib., super. 3-tdo , infer. 2-fido ; stam. inclusa cor. basi inserta; ant@h. ovatae; stigm. 2 setacea diverg ; sem. ovata. Cav. ; post praced. l . 1, R. ovatifolia ; fol. ovatis serratis; flor. panic. axill. Cav. ic. Herba flore rosco. 1. Stachys coccinea ; verticil. 6-floris ; fol. ovatis cordatis crenatis; petiolis dilatatis. 7//d. 2. S. sericea; fol. sublin. sericeis sessilibus. Cao. cor. rubra . Ocymum salinum ; fol. ovatis glabris; caul. geniculato . Mn. D. ANGIOSPERMIA. Gesneria Chilensis; fol. oppos. lanceol. dentatis venosis subsessilib.; flor. ra- cemosis. Feuill. Frutex 3-pedalis purgat. 1. Erinus Zychuideus ; fol. oblong. dentatis; limbi lacin. emarginatis. Fewill. £. peruvianus. Willd. 2. E corymbosus ; flor. spicatis; fol. cordato-triangul. serratis. /. per. Verbena Peers. Schizanthus, gen. nov. ; cor. irreg.; lab. super. 5-fido , infer. 3-partito ; fi- lam. 2 sterilia; caps. 2-locul. Peers. Fl. per. Post Scrophulariam . I. Sc. pinnatus ; fol. interrnpte pinnatis. F/. per. Herba ; cor. violaceo-ca- rulea . Autores Fi per. et Chil. hoc. genus ad Diandriam reculerunt ; clar. Peerson in hac classe reponendum putavie . Hemimeris incisifolia ; fol. ovat. acutis inciso-serratis. Pcers. Pianta 1-2 - pedalis , Mimuolus luteus; fol. sobrotundo-ovatis nervosis, infer. petiolatis ; caul. re- pente. Willd. Columnea ovuta; caul. repente , et scandente ; fol. ovatis crenatis, superne hispidulis, inferne subtomentosis, Cap. ic. cor. coccinea pilis candidis hirta. Salpiglossis gen. nov. ; cal. 5-angular. 5-fidus; cor. infandibuliformis; radi- mevrum stam. quinti inter stam. longiora; styl. lingulatus utrinque den- ticulo notatus; stigm. truncatumi caps. 2-loc. 2-valvis. ZL per, post ca- noecium. Nomen a pistillo tubaformi . 1, 5. sinuata ; fol. lanceol, sinuato-dentatis. Fl per. 2. bipedalis ; cor. sanguinca . Ourisia gen. nov. ; cal. 5-lobatus inaequalis ; cor. campanulata fauce am- pliata, limbo S-lobo subeequali; stigm. capitatum; caps. 2-loc. 2-valvis polysperma ; valvulis dissepim. oppositis. Juss. 1. 0. glabra ; fol. oval. petiol. crenato-serratis ; caulinis amplexic.; pedunc. elongatis., Chelune Ruelloides Willd. 2. 0. villosa; fol. radic. cordato-ovatis crenatis; flor. laxe panic. Dichro- ma coccinea. Cav. ; cor. violaceo — rubra , herba . ){ 292 ){( Eccremocarpus scaber ; fol. bijugis pinnatis cyrrhiferis ; foliol. oblique cord. serratis. Fl. per. Planta scandens. Mitraria, gen. nov ; cal. duplex, exter. mitraeformis insequaliter fissus, in ter. 5-partitus; cor. tubuloso-ventricosa 2-labiata, lab. super. bifiduam, infer. trifidum ; stam. exserta ; bacca sueculenta. 1 - loc. ; semina numer. nidulantia. Cav. Peers. post. Tripinariam . 1. M. coccinea ; fol. ovato-acutis serratis ; flor. axillar. Cao. ic. Planta fru- tic. scandens. ;.fol. oppos. aut ternis; flor. magni rubri. Ruellia dulcis ; fol. ovat. integerr. petiolo subbrevioribus; pedunc. azxill. I-floris. Cav. ic. CLASS. XV. TETRADYNAMIA-SILICULOSM. Cakile filiformis ; fol. interrupte pinnatis lyratis hirtis; foliolo termin. sub- rot. dentato ; caule glabro filiformi ramoso fastigiato. W//d. Draba coespitosa ; caul. foliosis villosis; fol. lanceol. integris distantibus; silic. oblongis non intortis. D. magellanica. Lam. Folia in coespitem expansa . Thlaspi corymbosuni ; fol. radic. integerr.; caulin. semiamplex.; flor. corym bosis ; silic. oblongis. Th. magellanicum ; Commers. T.-SILIQUOSA. Sisymbrinum grandiflorum ; siliq. filiform. leevibus ; fol. pinnatis ; foliol. re- niform. ciliatis. S. glaciale Forst. Brassica antarctica ; fol. pinnatifidis, lacin. lanceol. serratis . £. Muagella- nica Juss. CLASS. XVI. MONADELPHIA - DIANDRIA. Forstera muscifolia ; caule ramoso coespitato; flor. solit. termin. sessili . Peers. Phyllacne uliginosa Lin. suppl. Planta pulchra parva, muscum. fructiferum referens . MONAD-TRIANDERIA. Ferraria Zahue; fol. ensiform. undulatis; bulbo ovato tunicato. F7. per. Galaxia narcissoides; caul. erecto ; fol. lineari-ensiform. ; spactha 2-valvi sub- quadriflora ; flor. cernuis. Wil/d. MONAD-PENTANDRIA. Passiflora pinnatifolia; fol. 3-lobis, lobis lanceol. serratis, medio productio- re. Cav. ic. Cor. rosco-carulea , fauce cincta corona filamentosa . MONAD-DECANDERIA. Geranium sessilifolium; acaule: pedune. 1-floris radical. ; fol. reniform. s-lobis, lob. 3-fidis. Car. Diss. 4. )( 293 )( Crinodendron gen. nov. cal. o. cor. 6-petala campan. styl. 1. Cap. 1-1oc, 3-sperma 3-gona apice elastice dehiscens. Post Aitoniam . 1, C. putagua ; fol. oppos. petiol. lanceolatis serratis; flor. pedunc, spar- sis. M. MONAD-POLYANDRIA. 1. Sida heterophylla ; caul. herb.; fol. radic. ovato-sinuatis; canlin. 3-parti- tis; lob. incisis dentatis intermedio longiore . Cuv. ic. ; Cor carrulea. 2. S. rhombifolia ; fol. lanceol. rbomboid. serratis; axillis subbispinosis + Lin.; frurex 4-pedalis; cor. alba ; fruct. g-capsulares . 3. S. ertifolra; caul. frutic.; fol. cord. lobatis, lob. acum. serratis. Cav. ic. Folia magna ; flor. magni rosei. 1. Cristaria g/aucophylla ; caul. prostrato ; ram. alternis ascend.; fol. loba- to incisis tomentosis; Cav. ic. Petala carnea , ungquib. villosis . a. C. beronicoefotia ; fol. subvord. inciso-crenatis; flor. racemosis. Mala- coider Feuill . Malva renetta ; tol. 3-lobis crenatis; flor. ternis axillar. subsessilibus. Cas, Cur. diluté coerulea . CLASS. XVII. DIADELPHIA-OCTANDRIA. Monina linearifolia ; fol linear. subsessilibus; spicis inferne nudis; drupis lgevibus. 7 per. Herba. Polygala gnidiordes; flor. cristatis; racem. terminalib. panciforis ; can]. fru- tic. ramos. dill'usis.; fol. linear. obtusis. #/ld. Flor. parvi virescentes. DIAD-DECANDERIA. 1. Phaseolus palZlar; caul. volub; legum. pendulis cylird. torulosis. I. 2. Ph. asellus ; foliol subsagittatis ; sem. globosis. 4. Dolichos furnariusj; volubilis frutesc.; legum. pendulis torosis pentaspermis; toliol. oval. glabris. 47 Latbyrus sagitratus; pedane. longis multifloris, stipulis latis cordato-sagitta- tis; cirrbis 2-phyllis. £ Magellanicus. Lam. Hedysarum muricatum. ; caulescens decumbens; fol pinnatis; foliol. obovatis emarg. bispidi:; racem. termin., lomentis muricatis. Wil/d.: fol. impari abrupre pinnata ; cor. flava . Psoralca glundulosa ; fol ternatis ; foliol. ovato-lanceol. acuminatis; petiol. scabiis; racem. axill. Willd. Frutex 7-8 pedalis viscoso-aromaticus ; vulgo Culèn . CLASS. XVIIT. POLYADELPHIA-ICOSANDRIA Citrus Chetensis; fol. sessilibus acuminatis . M. H. in sy/ors Chilensibus, 39 } 204 ) CLASS. XIX. SVNGENESIA AEQUALIS. Moschifera gen. nov.; cal. 6-phyllus: recept. planum paleaceum ; sem. exter. pappo brevi plumoso coronata; centralia nuda. Pose RZhagadiolum . Moscharia FI. per. Forsk. nominaverut jam aliud genus Moschariam. 1. M. pinnatifida ; fol. amplexicaul. pinnatis, lacio. profunde laciniatis. £/. per. : herba odore moschi. Triptilion gen. noo.; cal. imbricatus, squamis exter. subsquarrosis ; corollula 2-labiatoe, labio super. 3-dentato , infer. integro revoluto; recept. villo= sum; pappus plumalis tribus. 2. per. post praced, 1. T. spinosum ; fol. radic. pinnatifidiss caulin laciniato- dentatis spinosis. flor. coryimbosis. #7. per. T. laciniatum W.lld, Herba vulgo Semperviva ob flores albos persistentes. Carthamus /inearifolius ; fol- linear. integerr. glabris; caule unifloro. GC. Ma gellanicus Lam. à Cacalia candicans; fol. radic. inferioribusque ovalib. petiolat. crenatis, sum. mis sessil. ellipt. integerrimis. Val. symb. Cephalophora gen. nov.; cal. polyphyllus reflexus ; recept. nudum hemisphaer.; pappus paleaceus polyphyllus. Cao. ic. Post Hayneam. G. affine chry- socome . 1. C. glauca ; fol. oblongo-ovatis; caulin. linear. glaucis; pedune. incras= satis. Cuo. ib. Cor. lutea . Santolina tinctoria ; pedunc. 1-floris; fol. linear. integerr. striatis. 44. $-SUPERFLUA. 1. Gnaphalium lycopodium ; caul. lignoso ramosiss.; ram. apic. tomento den- so stellaeformi rerminatis. Commers. 2. Gn. viracira ; herbaceum; tol. decurr. spathul. utrinque tomentosis. 47. Planta odoratiss. viscosa . i. Baccharis ascendens; fol. ovat. acum. profunde dentato-serratis; caul. ascendente, Juss. 2. B. cuneifolia ; glabra ; fol. minimis cuneiform. obsolete 5-dentatis; flor. solit. subtermin. 2. Magellanica Lam. 3. B. bryoides ; fol. linear. confertis ; ramulis flore sessili terminatis. Zam. 4. B. cupressiformis ; fruticosa glabra; fol. minutis obovatis carinatis qua- drifar. imbricatis ; flore solit. terminali. Zam. 5. B. reticulata; caui aphyl. 3-20ono alato, alis venoso-reticulatis ; flor. congestis acerv. approximatis. ZF. per. Fruter genisto 3-dentata similis. 6. B. ivaefolia ; fol. lance. dentato-serratis. Willd. Feuill. Frutex. orgyal ; flor. albi umbellati ; vulgo Chilca . Coniza punctuta ; fruticosa ; fol. linear. acum. imprésso punctatis; pedunc. longiss. termino. unifloris. Wild. Pedunc. semipedales ;$ papp. rufescens. Madia gen. nov. ; cal. duplex ; exter. 8-10-phyIl. sequalis, interiore longior; interior polyphyllus.; recept. nudum; pappus o. Post Conyzam,. 1. M. sativa; fol. lineari-lanceolatis petiolatis. IM. 1. M. mellosa; fol. semiamplex. lanceoi. viscosis. M.piscosa Cav. varie= tas est mellosoe . Tussilago trifurcara ; scapo I-floro bracteato ; flore radiato erecto; fol. spa» thul. 3-turcatis glabris. Wild. )( 295 ){ 1. Mutisia Zlicifolia ; fol. simplie. cirrhosis cordat. amplexic. spinoso-denta- tis. Willa Frutex scandéns. è 2. M. sinuata; Caul. flexuoso ; fol. sublinear. sinuat. glabris decurrenti bus Cav. ic. Fr. scand. 3. M. hastata ; caul. alato frutic. scandente ; fol. hastatis subtus lanatis. Cuv. ib. M. sagittata Wild, . M. decurrens; fol. simplic. cirrhosis lanceol. integerr. decurr. glabris, Cao. ib. Er. sc. 5. M inffexa; fol. simp. cirrbosis linear. sessil. margine involutis ; calic. sqnamis reflexis. Cuv. Wild. Caulis scan. flexuosus. 6. M. linearifolia ; fol. simp. mucron. linear. adpressis; caule erecto fru- ticoso. Willd. Cav. 1. Perdicinm purpureum ; caul. subnudo r-floro; fol. pinnatifidis nudis cal. aqualibus. Vuh/; pappus sessil. plumosus . 2. P. eiltosumi; caul. subnudo i1-floro villoso ; fol. runcinat. ciliatis. P. ma- ellanicum . Vahl. 3. P. bracteatum ; cavl. folioso I-floro; fol. lineari-Janceol. apice serratis etiolatis ; flor. multibracteatis. P. Chilense Willd. a. P. lactucoides; caul. simpl. polyphyllo unifloro ; fol. lanceol. integer- rimis. Vahl. 5. P. recurvatum ; caul. suffrut. ; fol. lineari-lanc. spinuloso-ciliatis ; ramis 1-floris. Vahl. Tagetes minuta; fol. pinnatis; foliol. lanceol. serratis, termin. subdecur.; pedune. multifi. squamosis. W/d. Amellus diffusus; caul. frutic. ramosiss. ; fol. obovato-lanceol. altern. sub- tus-tomentosis. W7//d. Galinsogea parviflora; fol. ovatis triplinerviis serratis. £7. per. Pascalia ger. nov. ; cal. imbricatus ; recept. paleaceum; pappus marg. den- tatus; sem. diupacea . Ort. Post. praced. 1. P. glauca; fol. infer. lato-lanc., super. lineari-lanceolatis; flor. solitariis . Ort. caul. sesquipedalis; flos luteus in apice rasnorum . Tessaria gen. nov.; cal. ovatus imbricatus, squam. scariosis superne radian- tibus ; corollula hbermaph. unica in centro magna profande bifida ; recept. conic. villosom; pappus villosus. £. per. G. affine Conysa . 1, T. dentata; fol. oblongis dentatisi corymb. termin. 4. per. Frutex. ca- nescens. 2. T. integrifolia ; fol. oblongo-obovatis integris, corymbis terminalibus, Fi. per. Frutex. ut proc. , canescens semper florens. Chaetanthera gen. n00.; cal. polyphyllus ciliatus; coroll. radii linear. 3-den- tatoe; lacinia ad incisuram tenuiss. bifida spirali; antherse disci inferne setis Io. ; recept. nudum planum; pappus pilosus. 4. per. Post Rhan= terium . I. Chr ciliata ; fol. Janceol. ciliatis. F/. per. Herba . 2. Ch. serrata ; fol. lineari-lanceol. serratis carinatis. 7%. per. Herba, S-FRUSTRANEA. Helianthus thurifer; caul. frat.; fol. lineari-lanceolatis viscoso-resinosis. HM. X 296 ){( S-NECESSARIA. Milleria contrayerba ; fol. subpetiol. lanceol. mucronato-serratis; ‘flor. fasci- culatis. Weltd. Vermifuga FI. per. Soliva gen. nov cal. 7-phyllns; folioi. margine imbricatis, 3-exter. majori- bus; recept. minimum subvillosum; sem. compressa aculeis 2, styloque rigido coronata... Post Melampodium. FI. per. 1. S. sessilis; fol. pinnatis; folio. multitidis ; flor. sessilibus. Fl. per. Herba communis prope Urbem Conceptionem . Calendula nudicaulis; fol. cuneiform. apice dentatis, scapo nudo i-floro. Aster nudicaulis. Lam. Molina gen. nov. cal. hermaph. campan. imbricatus: fam. ovatus imbricatus; sem. herm. 0; pappus pilosus villis flexuosis: fam. obovata ; pappus pi- losus; recept. convex. nudum punctatum . ZF. per. Hoc genus meo no- mine a Bor. Matrit. distinctum continet 18 species fruticosas foliis coriaceis nitidis praditas, quurum proecipuoe apud Chilenses sunt: I. M. concava; fol. cuneiform. concavis snpe: ne dentatis ; flor. corynbosis. Fl. per. ; subscandens ; folirs color niger conficitur . 2. M. oblongifolia ; fol. oblongis integerr.; corymbis terminalibus. 7. per, 3. M. Zinearis ; fol. linearibus dentatis integerr.; flor. subcoryimbosis. 7. per. Frutex resinosus . &. M. viscosa ; fol. lanceol. dentato-serratis; corymb. terminalibus. F/ per. S-SEGRLGATA. Nasauvia gen. nov.; flor. fasciculati in capit. squamis interjectis ; cal. 4-5-flo- rus duplex; inter. 5-pbyllus, ext. 3-phylius ; coro. rubulosae subbila- Diatoe ; recept. nudum ; pappus 4-5-setus caducus. Comm. Post Sphoe- tantum . 1. N. suaveolens ; fol. cuneato-vblongis serratis imbricatis; flor. squamis a- cutis obvallatis. Wi//d. Boopis gen. nov. ; Cal. 1-phyllus multipartitus, multifiorus; cor. rubulosze ; recept. paleaceum ; sem. calye proprio involuta, dentib. ejusd. persi- stent. coronata. Juss. Pose. Rolandram . 1. B. balsamitafolia ; fol. cuneato-lanceol. profunde serratis. Willd. Scabio- sa sympoganthera FI. per. Planta bipedalis . Calycera gen. nov.; calyce. d-dentatus; cal. comm. polyphyllns; cor. tabulo- see masculoe et hermaph.; recept. paleaceum; seu. nuda. Cuor. Post praced. 1. C. herbarea ; fol. lineari-lanceol. pinnatofido-dentatis. Cup. ic. Flos glo- bosus utt receptaculum . CLASS. XX. GYNANDRIA-DIANDRIA. Neottia diuretica ; labello oblongo cbtnsiusenlo; scapo vagin.; bract. flor. subaequal ; pet. exter. reflexis; spica secunda ; fol. linearibus. Willd., Feuill. , vulgo Null. Aretbusa bdiplumuta ; scap. vagin.; spatha cucullata; pet. 2 infer. elongatis, super. latere Dbarbatis. Wild. )( 397 )( Cymbidinm luteum ; fol. radic. oblong. acutis; scapo erecto simpl. panciflo» ro; label. ablovgo obtuso. petalis breviore W2//d.; Fceuill., vulgo Gavi= lu, flos amplus luteus . 2. C. virescerss ; fol. radic. lanceol. ;.scapo erecto simplici; spica coarcta- ta ;-pet. 3. exter. lanc. acutis, binis inter. oblong. obtusis; label. ovat. obtus. elevato-sulcato. Wild. Feuill. , vulgo Piquichen. 1. Gunnera. plicata ; fol. reniform. crenatis scap. fructifer. altioribus ; scapo petiolisque laevibus. Val/. Misandra Juss. 2. G_ scabra; fol. lobatis; scapo foliis breviore petiolisque mauricatis. Vahl. G. Chilensis Lam . G-HLIXANDRIA. 1. Aristolochia vaginans ; fol. reniform. maculatis; cor. hirtis. obscure pur- pureis; caul. tiliform. prostratis; caps. contortis. F. per. Planta fati- dissima + 2. A. variegata ; fol. cordatis; caul. volub. hirto ; flor. solitariis caudatis variegatis. F/. per. CLASS. XXI. MONOECIA-TRIANDRIA . Zea curagua ; fol. subserratis ; sem. subretundis. I. 1. Carex atrata ; spic. androg. oblong. longe pedunculatis; caps. compres lenticol. Zam. C. Magellanica. Willd. 2. €. trifida; culmo 3-quetro ; spic. sup. masc., infer. faem.; cal. trunc» 3-fidis. Car. ic. M-TETRANDRIA. Urtica Chilensis; fol. subrotundis crenatis. An varietas Urtica Bonar. Com- O 2 MV mers.? M. M-HEXANDERIA. Cocos Chilensis; inermis; frond. pinnatis ; foliol. complicatis ensiform.; spad. fere quaternis. 47. vulgo Lilla . M-ICOSANDRIA. Thiga gen. nov.; masc. cal. multifidus; cor. 0; nect. squamis 3.; stam. 7-14 biglandulesa . Fam cal. et cor. nt in mare; nect. squamis plurimis; pi- stilla numerosa. sem. pilosa. Pavonia FI. per. 1. Th. Chilensis ; tol. altern. subsess. ovaro-lanc. carnosis integerr. nitidis ; fior. sparsis snbsessilibus. Arbor pul/cherrima , vulgo Thihue , SCMper= virens lauri facie fragruntissima j lign. optim, adific. M. 40 ){ 298 MX M-POLYANDRIA. Quillaja gen: nov. ; Masc. cal. 4-phyllas; cor. o. stam. 12. Faem. cal. et cor. ut in mare .; styli 4: caps. 4-loc. subquadrata ; sem. solitaria. Post prae- ced, Il. 1. Q. saponaria ; fol. altern. ovato-oblongis serratis, pedanc. axillaribns: vulgo Quillay , Arbor procera sempervirens; cortex suponis vice adhi= betur . Fagns anrarctica ; fol. ovat. obtusis glabris duplicato-deutatis marg. nudis, Willd. H. in insulis Chiloensibus . Betula antarctica ; fol. sabrorundo-ellipticis crenatis rigidis glabris aveniis. Willd. H. cum pracedente. Ml -MONADELPAHIA. 1. Croton. Zanceolatum ; fol. oblongo-lanceol. glabris integer. petiolatis ; ra- cem. axill. pedunculatis; pet. apice dentatis. Wu/d. C. tricuspidatum Lam. 2. Colliguay ; fol. oppos. subsess. lanceol. obtusis denticulatis uninerviis carnosis scabris ; caul. frutic. ramoso M. Rad:x usta Yosam olet; frutex orgyal. sempervirens. Cucurbita siceraria ; fol. angulato-sublobatis tomentosis; pom. glabris maxi- mis. An C. lagenaria varietas ? M. o, C. manemeata; fol. multipartitis; pom. sphoeroid. mammosis. M. do CLASS. XXII. DIOECIA-TRIANDRIA. Empetrum rubrum , procumbens; ramul. pubesc.; fol. oblong. marg. revolue tis supra scabriusculis. W/d. Bacca ruvra + D-TETRANDRIA. Viseum Chilense ; fol. ovato-lanceol. enerviis; flor. axill. solit.; bacca di- sperma. ll. D-PENTANDRIA. Decostea gen. nov.; Masc. cal. 5-dentatus; cor. 5-petala. Foem. cal. 5-den- tatus: cor. 0.; styli 3.; Drupa I-sperma cal. stylisque coronata. £%. per. Post Canarium . i I. D. scandens; fol. cordatis basi dentato-spinosis. FI. per. Frutea volubilis. Aegotoxicon gen. nov.; Masc. cal. daplex, exter. globosus, inter. 5-phyl- lus deciduus; cor. o-petala ; nect. squamis 5. obcordatis. Fiem. cal. et cor. ut in mare; stylus I. bifidus; drupa t-sperma. Aextox:con Fl. per. Post preced . I. Ae. punctatum; fol. oblong. subtus punetatis. Fl. per, Arbor procera sente pervirens ; drupe capris toxicon cfficax. X 299 X{ D-DECANDRIA. Carica microcarpa ; fol. 3-5-lobis, lobo intermedio 3-lobo ; flor. masc. co- rywbosis. Wil/d. Fructus magnitudine cerasi. 3. Schinus molle; fol: pinnatis; foliol. serratis impari mediocri petiolato . Varietas schini molle. M 2. Sch. huigan ; fol. pinnatis; foliol. subdentatis, impari brevissimo , sub- sessili. AI. Coriaria ruscifolia ; fol. cordato-ovatis acutis sessilibus multinerviis. WiUd. Feuill., vulgo Deu. Frutex tinctorius * D-ICOSANDRIA. Ruizia gen. nov. s Masc. cal. campanul. 5-fidus; petala 5 calyci inserta re- flexa; nect. o.; stam. fere 40. glandulosa. Faem. flor. matris; nect. squa- mae 5 subsagittatoe; germ. 2-4; styl. 0.; Drupoe ovales acuminatae. 4. per. Post Citrosma. Peumus Persoon. 1, R. fragrans ; fol. ovato-oblong. punctato-papillosis; racem. brev. pelluci- dis. FI. per. Arbor aromatica. *- D-POLYANDRIA. Hamadryas gen. nov. ; Masc. cal. 5-6-phyllus; cor. 10-12-petala : stam. plu- rina . Foem. cal. et cor. ut in mare; germina numerosa. Wild. Post Cliffortiam . 1. H. erilobuta ; fol. radic. cordatis 3-lobis, lobis inciso-pinnatifidis lanugi- nosis; canle nudo lanato 4-5-foro, Zum. Planta pulcra facie ranun= culi . D-MONADELFIA. Araucaria gen. nov. 3 Masc. ament. imbricatum ; cal. squama. sublignosa; cor. o.; ant©àÌ t0-12 in squama connate. Foem. ament. strobiliforme ; cal. squama lanceolata coriacea 2-flora ; cor. o. styl. 0.; stigma bivalve; nux coriacea cuneiformis apice alata. Genus prov. Pino. i. A. imbricata; fol. octonis imbricatis ovato lanceol. mucronatis perennan- tibus. Par. Dyss. Dombeya Chilensis Lam. Pinus araucana M.; vulgo Pchuen; Arbor pulcherrima, facie Pini picea, 150-pedalis. Fructus ut castuneo edules. CLASS. XXIII. POLYGAMIA-MONOECIA. Acacia Caven ; spinis stipul. patentibus ; fol. bipinnatis; spicis globosis ver- ticill. sessilibuss I. Arbor 6-orgyal. Ac. farnesiana valde affinis , fior. luteis fragrantissimis; leguin. reciis torulosis pulposis; ligno duriss, subnigro pulchre venato . X{ 300 )( P-DIOECIA. Cogylia gen. nov. ; Herm. cal. 0; cor. 5-petala, tria exter. latiora ; nect. 6- phyllum; stam, 6; gerim. 3-6; styl. o.; bacca 3-6 sexlocul. polyspermoe. Masc. cal. 0.; cor. 6-petala., pet. 3 exter. latiora;. nect. 6-phyllum; filam. columpare ; anth. 6. sessiles. ZLardizabala Ft. per. Post Cissampelon. I, C. ternata ; fol. ternatis; foliol. subovalibus. 27. Frutex volubilis. 2. C. biternata; fol. biternatis; foliol. oblong., lateralibus basi inocquali- bus. Z. biternata FI. per. 3. C. triternata; fol. triternatis; foliol. ovatis. LZ. triternata FI. per. Plan- ta fruticosa volubiles scandentes, quarum fructus sunt dulces et. gra- tl saporis. Smegmaria gen. nov. ; Herm. Fam. cal. 5-fidus ; cor. 5-petala; nect. discus stelliformis; stam. 10, quorum 5-nectario, 5 recept. inserta.; pist. 5., capsulse 5 stellato I-loc. 2-valves polyspermoe ; sem. alata. Masc. cal. cor. nect. filamenta ut in herm. fiemineo ; antb. fertiles; styl. 5. Sme gmadermos. Fl. per. Post Richeriam . I. S. emarginata ; fol. ovato-oblong. dentatis, integrisque emarginatis. 77. per.: Arbor 20-uln. , frondosissima , sempervirens; vulgo Cullay. Lydxa gen. nov. Herm. cal. 5-fidus; cor. 5-petala ;. nect. o; Stam. 16-20 calyci inserta; pistil. 5; caps. 5 stellato. uniloc. superne dehiscentes polyspermae ; sem. alata. Masc. cal. cor. et stam. hermaph. Kageneckia. TI. per. Post proeced. I. L. yday ; fol. oblong. obtuse serralatis. X. oblonga Fl. per. Arbor sem= pervirens 30-ped. vulgò Lyday. CLASS. XXIV. CRYPTOGAMIA-FILICES i. Acrostichum trifoliatum ; frond. pinnatis; foliol. ternatis lanceolatis. Lin. Cav. Willa. 2. A. tartareum ; frond. pinnatis ; pinna]. alternis, secnndar. oblong. obtu- sis, tegum. transversim striato. Cav. HMemionitis dealbuta Wuld. Nomen triv. tartareum Cav. non videtur satis aptum , quia haec planta non abundat prae ceteris Acrost. pulvere arcte cohaerenti . 1. Polypodium trilobum ; frond. profunde tripartitis; lobis lanceol. serrul. intermedio longiore , soris solitariis. Swartz fil.; Cao. 2. P. cinereum caulese.; frond. Dipinn.; foliol. pinnatif. subtus cinereis; fractif. solitariis. Cao. Asplenium trilobum; fronde triloba crenata lobo medio productiore stipite triplo breviore. Willd. Davallia pinnata; frond. pinnatis; pinn. altern. linearib. cren., stipit. tri- quetris. Swartz Fil. 1, Hymenophyllum cruentum; frond. ovato-lane. crenatis rubris. Swartz Eil.; Cao. 2. H. dichotomum; frond. bipinn. ; pinnul. dichot. , foliol. decurrent. li near. spinulosis. Cav. W. 3. H. dentatum ; fron. triplicato-pino. ; pinnul. lineari-capillaceis remote dent.; soris strobiliform.; indus. patulis. W. . H. pectinatum ; frond. lanceol. pinn.; pinnul. prof. incisis, Cup. X 3or )( 5. H. fuciforme ; frond. tripin.; pinn. altern. longiss.; pinnul. lin. sube» marg. ; stipit. alatis. Swartz Fil.; Cav. Azolla squamosa ; fol. imbricatis adpressis; 4 magellanica. Willd. Lycopodium Clulense: fol. bifariis distinetis subfalc.; altera. carinatis; caul. eiecto distiche ramoso; spic. sessil. tetrag. Wild. FINE 4i X{ 302 ){ CATALOGO Di alcuni termini Chilesi appartenenti all Istoria Naturale . Pai : Alhue. Gen. Nugmapu. Huenu. Mapu. Huaglen. Pal. Ritho. Cajupal. Kylaritho (a). Meliritho . Rypy-Epeu. Anty. Kyjen . oli Uynelve. Cheruvoe . Lajanty. Laikyjen. Chunky]en . Pyrkyjen. Pelon. Aipin. Ajarkyn. Ale. Clenanty . Ydanthipanty . Tavanty . Then » Thipanty . Ao 5 Ycean. Hualug. Puquen . Anchy . Uyne.. ID Spirito maligno. Genio . L’ Universo Il Cielo. La Terra. Le Stelle. Costellazione , Idem . Le Plejadi. Ortone . La Croce del Sud . La Via Lattea. Il Sole. La Luna. I Pianeti . Venere è Cometa è» LEclisse solare .» Lclisse lunare . Novilunio + Plenilunio » La Luce. Luce del Sole . delle Stelle . della Luna. faggio solare . L’ £quinozio. IL Solstizio . Il Tempo. L Anno. La primavera. La state. L'autunno. L'inverno. {l giorno. L' aurora, Cllauyn. Lihuen . Ragianty. Thavuja . Gallanty. Gvvanty. Di ” i Ragipum. Llaganty. Picum . Puelple. Hyilli. Conanty . Tue . i Co. Cryv. Kythal. Picu. Thomu. Mau. Vainu. Chihuai . Mylu. Dio. Pire. Pilin. Pellad . Pide . Lolma . Relmu. Cabuin . Thalca. Huehuin. Pujel. Huilyv . Huirca . Meulen. L'alba. La mattina. Mezzogiorno » Dopo pranzo . La sera. Crepuscoli di sera . Za notte, Mezza notte, L'ora. Settentsione » Levante Sud o mezzogiorno + Ponente . Terra » Acqua . Aria è Fuoco . Veato + Nube . Pioggia . Pioggia minuta . Nebbia . Rugiada, Manna, . Neve, Gelo . Ghiaccio + Grandine . Brina. Arco baleno + Parelto . Tuono + Fulmine , Scintilla fulm , Lampo È Nubi rosse . Turbine . ie__—r—_—___mk-—_h_--rr-&> pmi _rPr Js-@i@-@s@c-@@m’iss’’@ iui munari fa) L’ y si pronuncia come l’ ypsilon degli antichi Greci , 0 come lu francese: il ch, si deve proferi come il cia, ce, ci, italiano. Cuguma. Dehuin. Pidcun + Nyjy. Li cguea « Thipaco Arkyn. Huapi . Ailin. Nontuhue. Leuvu. Rylon. Thaighen . Uyfco . Mallin. Ryganco. Laco . Magin. Thavu-leuvu . Liun + Ren . Reuma . Auna . Voche . Mahuida . Huincul . Rulu . Ivyn, ivun. Alca. Domo. Chegen . Toquinche . Lepyn. Fipa. Kyga. Che . Huenthu. Malghen. Chao . Nuque . Nuquentu. Vythai. Papai Votym . Nahue. Huiltheu . Huegni. Hueche + X 303 X( Burrasca . Fulcano . ident. Terremoto. Mare . Flusso . Riflusso. Isola . Secca » Porto . Fiume » Ruscello + lontana . Sorgente . Lago. Stagno . Acqua morta . Fiumana . Confluente . Cuscata +. Onda . idem » Onda del mure. Onda di fiume . Monte . Collina . Valle . Animali . Maschio . Femmina . Gente. Nazione . Tribù . Fomiglia . Cognome . Uomo . Maschio + Donna . Padre . Madre o Matrigna . Babbo . MHaumma . Fisliuolo » Figliuola . Bambino. Fanciullo. Giovine è Ragazza . Vergine . Figliuoli in generale . Pegni. Lamgen » Kygne . Cure . Pignom » Gapi. Lantu » Lampe . Quidugen . Vucha. Vuchapra . Umen . Them. Cuje . Cudepra . Haichov . Mylo 2 Entncudan . Athai. Tigiri. Cajunthoi . Iloche . Pylli . Am. Lihue . Anca. Thilque + Ilo. Calil . Voro . Lonco . Legleg . Mylio Menu. Chape . Thyren. Age. Thol . Ge. Gedin . Tapylge. mi Curalge Ju Pilaun . Thavuyn. Melvyn + Yn. Thaga . Queuyn . Edym, Fratello. Sorella + Genielli Moglie , Marito. Concubina. Fedovo, Vedova . Celibe . Vecchio . Vecchio celibe. Decrepito 3 Attempato . Vecchio . Vecchia celibe. Impotente, Donna sterile, Lunuco, LErmafrodito , Nano . Gigante . Antropofago . Anima , idem , Spirito . Corpo , Pelle, Carne gen, Carne umana, le Ossa . ‘esta + Cranio , Cervello . Capelli ° Treccia , Capelli bianchi, Volto . Fronte . Occhi . Sopracigliu . Palpebre . Ciglia + Pupilla + ÎNaso , Orecchio . Guance . le Labbra. Bocca » Mascelle » Lingua Gengive , Bosu. Chelge. Huavun . Ylga. Quethe . Pajom. Vel . Thopel . Rycu. Moju. Que. Pue. Putha . Vydo. Vari, Cadi , Lipasg. Lira. Chonou . Cuvy. Chaoy] £ Huili. Pynun Cudan» Nydo ° Foto . Pullae.. Luca, Chag. Tutuca, Namuo è Rencoi . Jaima . Molvyn» llu. Vuyn. Pinque è Piny. Pava. Cadal. Lecante - Puanca. Jhuin. Tumu. Melitumu. Clen. Mytag a Legi. Cal. Gynyn a Idym. (304 )( Denti . Incisivi . Canini. Mascellari . Mento . Barba . Collo +. Cervice . Petto. Mammelle. Stomaco . Ventre . Addomine . Ombilico . Dorso. Costola . Omero . Spalla . Braccio. Mano . Dito . Unghia . Penis . Testicoli . Natiche . l’ Ano . Coscie . Ginocchio . Gamba . Tibia . Piede . Calcagno . Vena . Sangue . Latte . Nervo . Cuore . Polmone . Fegato . eni. Milza . Intestini . Grasso. Zampa . Quadrupede . Coda . Corna . Cuoio. Lana. Uccelli . idem è Collma . Mypu. Lypi. Pichun , Caniu, Perquin. Rerym. Pithon . i Dagne. Curam. Huinol. Vila. Vilcun. Poco . Glinqui . Chalgua . IMa Pylomen . Nerym . Pithar. Ythen . Lepin. Dille . Pyllu. Iali. Kychi . Dullin . Lalyg . Gaquel . Yoi. Nape. Coinau.o Piru . Dyllui. Callhue . Lemu. Culven . Kepu . Alibnen + Rython . Calla. Gytan +» Volil. Malun . Mamyll. Gemamyill. Mallel. Len . Cholov . Rog . Chojy » Uccelli di nido . Ala. Penna . Piuma + Pennacchio . idem + Creta . Becco + Nido + Uovo . Rettili. Biscia . Lucerta . Rospo. Rand, Pesce . Squama . Insetti è Pulce. Pidocchio è Lendine . Formica . Cicala . Mosca « Zanzara . Farfalla » Ape. Ragno. Conchiglie . Gamberi è Granchj + Crostacei. Vermi. Lombrichi . Vegetabili + Bosco . Selva. . Orto + Albero . Arboscello è Frutice . «Erba + Radice. Tronco . Legno . IVodi. Cuor del legno . . Libro. Scorza è Ramo » Germoglio » Capi. Cunco . Ritha. Cujal E Puylli. Tu, ? Rag. Rapa. Chidan. Malla. Livevra. Malo. Chodeura . Curipuylli. Carycura . Calvyenra Cujvin . PeR : Ilicara. Queypu 3 Kythalcura . Lil. Malin. Lican. Lilpu. Lanca. Ida . Glimen . Pinono . Pilolcura . Chadi. Lilcochadi . Fuelcnra. Alhaoecnra, Ype ù Copahue . Pagnil 3 Mogelighen N Thithi . Laquir. }{ 309 ){ Culmo. Foglia . Fiore. Idem . Frutto. > Frutto legato . Sugo . Seme . Semenze . IVocciolo » Guscio . Buccello . Grappolo . Spina + Curbone . Minerali . Terra . Argilla. Argilla fina . Melma . C, Cio Gcsso . Marina . Ocrea gialla . Ocrea nera , Oc. verde. Oc. turchiaa . Sabbia . Pietra. Marmo . i Diuspro gf Selce . Granito. Porfido A Quarzo . Cistallo . Gemma + Cote . Schisto . Pomice. Tufo. Sule. Salgemma . Allume. Vitriolo. Pesce. Solfo . Metalli. Mercurio . Stagno . Piombo . | | Panil. Pajen. Lighen. Milla. Millantu. Cara. Lov. Malal. Linco. * Ferr , Rame, Argento . Ora, Mina d' oro . Città > Borgo. Fortezza . Lsercito +» TERMINI NUMERALI DELLA LINGUA Quigne. Epu. Kyla. Meli. Qaechu. Caja. Relghe. Pura. Ailla. Mari. Mariquigne. Mariepu. Marikyla. Marimeli, ec. Epu mari, Kylamari. Melimari, ec. Pataca . Epupataca, ec. Huaranca . Epuhuaranca, ec. Unen . Unelela . Quignentu a Quignelelu. Quignegentu . Quignegelu , Epulelu. Epugentu.. Epugelu. Epuntu, ec. CARDINALI + ORDINALI » Primo , diem, id, id. id. id. Secondo . idem . id de X 306 )( DISTRIBUTIVI. Callique . a uno a uno. Mollquigne . idem . Epuque . a due a due. Mollepu, ec. idem . INDETERMINATI. Quignelque . Alcuni . Epulque . Due incirca . Tre incirca + Kylalque, ec. Quignemita +. id. Epuchi, Due volte . Epumel, ec. id. AstRATTI. Quignegen . Unità . Epugen . Dualita , Kylagen, ec. Versi NUM. Quignen. Essere uno è AVVERBIALI. Quignelcan . Adunare + Epun ec. Esser due . SUIS s Una volta. | Quignelan . Non essere uno . uignemel . i Epulan. Non esser due ec. FINE. Trinità () Omissioni , pags 16. : {:) JI poeta Dante, che morì nel 1321, cioè più di un ‘ secolo innanzi ai Viaggi intrapresi dagli Europei verso l’ Equa- tore, fa menzione della Costellazione della Croce australe nei versi seguenti, che trovansi nel Canto I. del Purgatorio. ss 1 mi volsi a man destra, e posi mente 33 AI? altro Polo, e vidi quattro stelle », Non viste mai, fuor ch°alla prima gente. so Goder parea ’1 Ciel di lor fiammelle . 3° O Settentrional vedovo sito, o Poi che privato se’ di mirar quelle . Pag. 37. (1) Il nome d°’ Italia, per quanto si può congetturare, non pare derivar nè dal favoloso Re Italo, nè dalla gran quantità di buoi, come si pretende, ma dalla parola greca Aizhalia, che significa terra bruciata. I Greci stabiliti dopo la guerra di Troja nella parte più anstrale di questa. bella porzione dell’ Europa , trovandovi dapertutto vestigj dei fuochi Vulcanici, le diedero probabilmente il nome, che avevano dato per lo stesso motivo a parecchie Isole chiamandole Aithalie. I Joni, dai quali per la maggior parte essi discendevano , cambiavano spesso :l #4 aspirato nel semplice #, onde in vece di Aithalia poterono ben proferire Aitalia, e quindi /talia. E altresì osservabile, che questo nome fu da principio, secondo Aristo- tile e Antioco di Siracusa, proprio soltanto di quel tratto di Paese, che comprende le Provincie meridionali ‘tutte Valcani= che del Regno di Napoli, di dove poi si propagò a poco a po- co a tuita la Penisola. 15 112 114 120 103 ivi 201 230 240 302 ivi 303 304 309 ivi Errori 5bb “Jared Daunhe:-- 0. ai JRMOSO: FOREST ) sd Do LQuiriguine? Scovcazron d EE D; a E Biohia SP xt Piet — - 7 A = 38 ha D = { ‘ (e) du © N73 doll | ESE r (RA P ). È e | qpiogazione dei (4 zu ||| Cham ( ( 5 È b7] È. CAPITALE DEL REGNO c. ALE DIPRONVINITA ul sal ©. B0RGO 0 TERRA , i Zortizza, | o Villaggio F. Fiumr Jal P. Porto . L.Lugo ll araona i «Vi. Vilcuno Hi 1. Jyota 45\ Li ” pil n pena LA 7 il, di Favigi> PSrnaa pireenote set usi DCEER eri rstrissitoraoali TRE TTSRO ; È EcAriaiana ; : ei ee t37 Cetra cato tatitona serene