LIBRARY OF THE UNIVERSITY OF ILLINOIS 2 FROM TH. LIBRARY OF || GNE ANTONIO CAVAGNA 3bI]| SANGVTANI DI GVALDANA Hi IAZ*LADAP! B'REGIARDO f PURCHA SED 1921 Digitized by the Internet Archive in 2011 with funding from University of Illinois Urbana-Champaign http://www.archive.org/details/storiadelpioistid0Ocane SRMOLESICÀ DEL PIO ISTITUTO DI S. CORONA DI MILANO. BE C ANE'TITA Archivista dell' Ospedale Maggiore. DEROARAICA DEL PIO ISTITUTO DI S. CORONA DI MILANO. A SPESE ED A PROFITTO DEL PIO ISTITUTO DI S. CORONA PER DELIBERAZIONE 5 FEBBRAJO 1883 DEL CONSIGLIO OSPITALIERO. ew SCI MILANO, TIPOGRAFIA L. F. COGLIATI, Via Pantano, Num. 26. 1885. CU e NE | e SII Sini A f “ ( / / O AN o) IL PIO ISTITUTO DI S. CORONA DI MILANO. Una storia completa dell'Istituto di S. Corona non fu peranco scritta, se si eccettui la relazione pubblicata dall’egregio dott. Angelo Bossi, negli Annali Universali di Medicina dell’ aprile 1871. Se noi abbiamo potuto accingerci a pubblicarla, lo dobbiamo in parte anche al compianto Presidente, comm. Luigi Agostino Casati, il quale, in mezzo alle gravi occupazioni pubbliche e private, trovò il tempo di raccogliere, nell’ intendimento di farne poi una pubblicazione, diverse notizie relative a quell’ Istituto, togliendole dall’ordinazioni del Capi- tolo di S. Corona. La raccolta lasciataci da lui alla sua morte, alcune nostre memorie storiche e ulteriori ri- cerche fatte da noi nei mastri di contabilità dell’ Isti- tuto e negli atti d'archivio ci facilitarono il lavoro, il quale, per riuscire meno nojoso e più facile, ha bisogno 905450 602 di essere diviso in varie parti a beneficio della chia- rezza necessaria. Così, premessi alcuni cenni sull’origine dell’ Istituto e sulle varie sue case di residenza, diremo delle rappresentanze che si,sono succedute al governo dell'Istituto. Capitoli speciali informeranno sul servizio medico- chirurgico, sul servizio farmaceutico e sui regolamenti fatti per designare le persone aventi diritto alla bene- ficenza e i requisiti necessarii per conseguirla. Chiu- deranno il lavoro alcuni cenni sullo stato finanziario dell’ Istituto. INNAM —- ORIGINE DELL'ISTITUTO E CASE DI RESIDENZA. Pare che l’origine della assistenza dei malati a do- micilio non risalga in Milano al di là della metà del secolo duodecimo, ché per la prima volta la trovammo accennata in un documento del 1168 riguardante l’Ospe- dale del Broglio, che, come è noto, fu poi aggregato nel 1458 all'Ospedale Maggiore. Non possediamo docu- menti, nè altre dimostrazioni atte a farci ritenere che da allora l'assistenza dei malati a domicilio abbia con- tinuato ad essere esercitata. Può darsi che sia stata anche abbandonata dopochè Ia reggenza di quell’ Ospe- dale fu, come avvenne degli altri, affidata a corpora- zioni monastiche; le quali, duole il dirlo, anzichè aver di mira la prosperità ed il regolare andamento del Luogo Pio, preferivano di curare il loro materiale benessere, non preoccupandosi punto del danno provenibile ai po- veri. Fu già ripetuto varie volte che gli eccessi da parte di quelle corporazioni arrivarono ad un punto che la 2a er Santa Sede dovette intervenire per sottrarne dalle loro mani l’amministrazione e la direzione. Che l'assistenza dei malati a domicilio possa aver sofferto una interru- zione e fors'anco una sospensione, lo proverebbe il bi- sogno che sì è sentito di fondare un Luogo Pio speciale coll’ Istituto di S. Corona nel 1497. Frate Stefano da Seregno dell’ ordine dei Predica- tori, associatisi in quell’anno Francesco Mantegazza, Roberto Quarterio e Cristoforo Remenulfo, costituì una Confraternita che intitolò di S. Corona, in onore della corona di spine di Nostro Signore. Era una associazione puramente spirituale, simile a tutte le confraternite, in- tesa a dare una regula et modo de vivere a seculari catolicamente per evitare le ofese de Dio et augu- mentare gratia et fare gran profito observando quelo che in epsa se contiene (1). Nel successivo anno 1498 Frate Stefano e Roberto Quartieri partirono da Milano, ed imbarcatisi a Venezia, (1) Quando uno doveva essere ammesso nella Confraternita di S. Corona, si radunavano tutti i confratelli ed assistevano alla Messa, dopo la quale il Sacerdote, rivoltosi verso gli adunati, diceva: Venga chi deve essere ricevuto. Allora il Direttore pre- sentava il novizio, che, inginocchiatosi, rispondeva: Son qui chia- mato da Dio. — Che cerchi? chiedeva il Sacerdote. Chiedo essere accolto nella Confraternita di S. Corona, rispondeva il novizio. Il Sacerdote, fatta una breve esortazione, soggiungeva: Poichè ti muti in una creatura novella, vuoi sottometterti al semplice giogo di Gesù Cristo Nostro Signore coll’obbedire a casti con- sigli? Ed il novizio: Voglio. Allora il Sacerdote gli poneva la stola bianca sulla spalla destra, allacciandogliela sotto la sini- stra, dicendo: Ricevi la stola della giocondità e della letizia. Indi gli poneva la corona di spine sul capo con queste parole : E sopra il capo la corona della bellezza. Succedeva il canto del — Ode reoaronsi per divozione a Gerusalemme. Rimasero in Milano gli altri confratelli col loro confessore Frate Gregorio Spanzotta. Nel 1499 si fecero inscrivere nella Confraternita Battista Refrigerio, Francesco Perlasca, Gerolamo Con- falonieri, Gian Matteo Cusani, Ambrogio Visconti e Gian Antonio Lecchi. Tutti d'accordo i confratelli sta- bilirono di erogare alcune elemosine colla distribuzione settimanale a 72 poveri della città (12 per ognuna delle 6 porte), di quattro pani e due boccali di vino per cia- scuno, purchè fossero realmente poveri e di quelli che non vanno cercando. Quest’ ultimo requisito tendente Veni Creator etc., ed altre preghiere, dopo le quali il Sacerdote abbracciava e baciava il novizio, e lo stesso facevano tutti gli astanti, incominciando dai superiori, recitando le parole: La pace a te ed a quelli di buona volontà. Ritornato il novizio davanti al Sacerdote, sì inginocchiava di nuovo e veniva asperso con acqua benedetta, mentre si recitavano preghiere alternativamente dal Sacerdote e dagli astanti. Infine il Sacerdote, fatta una breve spiegazione sulle cerimonie adoperate, ed una esortazione sugli obblighi del novizio, scendeva dall'altare dicendo: IZ nostro ajuto nel nome del Signore, e tutti rispondevano: Che fece il cielo e la terra. Compiuto l’anno di prova, secondo la regola, o prima, a giudizio del Padre Confessore, del Conservatore e degli anziani, se il novizio era disposto a vivere secondo la regola, si stabiliva un giorno in cui si radunavano i confratelli ed assistevano alla Messa. Finita questa, il Sacerdote, voltosi al popolo, diceva: Venga chi deve promettere la stabilità, e il novizio si presentava, e in- ginocchiatosi, rispondeva: Accogli, o Signore, benignamente il tuo servo; e poi: Proferirò i miei voti al Signore in presenza di tutto il suo popolo, e ciò detto il Sacerdote aspergevalo di acqua benedetta. Gli esponeva quindi a quali obblighi andava incontro, come li doveva compire, e l’ interrogava se era presto a vivere ed obbedire secondo la regola e le consuetudini della confraternita, Se il novizio acconsentiva doveva prendere con E AV, ad escludere dalla beneficenza gli assolutamente mise- rabili o quelli che della povertà fanno mestiere, lo ve- dremo sempre richiesto anche in appresso. Nè esso va interpretato nel senso di una restrizione della carità perché abbondavano allora i monasteri ed i ricoveri, nei quali si facevano le elemosine e si ricoveravano quelli che assolutamente mancassero di qualunque mezzo di sussistenza e di assistenza. La Confraternita di S. Corona e nei suoi primordii, ed anche per il seguito, destinò i soccorsi a quelli che, pur essendo poveri, specialmente se gravati di numerosa famiglia, potevano però essere assistiti nelle case loro, perchè non assolutamente mi- ambe le mani la destra del Sacerdote e fare la seguente -pro- messa: Nel nome del Nostro Signor Gesù Cristo e della Beata Vergine Maria e del Beato Padre Domenico, mi sottopongo all’obbedienza del Padre Confessore, del signor Conservatore e loro successori della Confraternita di S. Corona in remissione de’ miei peccati, promettendo di vivere castamente secondo il mio stato fino alla morte, che il Signore nella sua misericordia mi conceda felice; cui il Sacerdote: E ti conceda la vita eterna, poi tutti gli astanti recitavano in coro: Chi in te cominciò la buona opera, la compia fino alla fine, ma invoca la miseri— cordia del Signore che ti conservi in questa buona volontà. Il novizio allora, sollevando le mani, doveva dire: Accoglimi, 0 Si- gnore, secondo la tua parola e vincerò, e non sarò confuso nella mia aspettazione, ajutami e sarò salvo. Seguivano diverse preghiere, dopo le quali il Sacerdote, benedetta la croce cilicina e la corona oratoria, gliela indossava. Se il professando era am- mogliato seguiva eziandio la benedizione e la tradizione dell'a- nello; se libero, la benedizione e la vestizione del cingolo. Dopo diverse preci presentavansi al novizio le insegne benedette, mentre recitavasi l’ XI del Vangelo di San Matteo, ed infine veniva dal Cancelliere inscritto fra i professi ed asperso con acqua benedetta dal Sacerdote (Da un codice latino in pergamena esistente nel- l'Archivio Ospitaliero). | SR] — serabili, e perchè capaci di procurarsi col lavoro gli ordinari mezzi di sussistenza. La distribuzione di quelle elemosine fu presto ab- bandonata, perchè i confratelli si avvidero che un tal modo di beneficare era esercitato da altri Luoghi Pil, e che quindi sarebbe stato più conveniente, più utile e più proficuo l'assistere i poveri malati a domicilio. Quindi vennero nella saggia risoluzione di aprire una spezieria per la distribuzione a favore di malati poveri delle medicine ordinate da medici eletti dai confratelli, uno per poria. Per rendere poi stabile questo provvido modo di beneficare, nel 1512, dietro proposta di Fran- cesco Mantegazza, fu convenuto: che ciascuno dei con- fratelli facesse dono alla compagnia di ‘tanti beni stabili quanti ne fossero abbisognati per costituire una rendita eguale all’annuale elemosina che veniva fatta per la Farmacia. È questa l'origine del Pio Istituto di S. Co- rona, il quale con lettera Ducale 6 febb. 1497 fu rico- nosciuto quale corpo morale e nel 1499 gli fu accordata anche la facoltà di acquistare e possedere stabili. La Confraternita fu poi approvata e confermata dall’Arci- vescovo con privilegio 1.° marzo 1505. Premessi questi brevi cenni sull'origine dell'Istituto, faremo conoscere le varie case che lo accolsero e nelle quali fu esercitata la beneficenza dall'origine fino a quando nel 1786 fu aggregato all'Ospedale Maggiore. Sorta la Confraternita, era necessario un locale ove radunarsi ed a tale scopo fu dai confratelli comperata una casa posta dietro la Chiesa di S. Sepolcro, alla quale, perchè piccola, fu poco dopo aggiunta un’altra attigua comperata da un certo Battista Manzo per RTAO O L. 640 soddisfatte in quanto a L. 300 con un pre- stito fatto dal Monastero di S. Maria delle Grazie. Più tardi altre due case furono aggregate, vendute alla confraternita da Nicolò e Pietro Agostino da Cortesello, canonici della Chiesa di S. Sepolcro. Erano tutte ca- supole abitate da donne di mala vita, come si desume da una cronaca di S. Corona dell’epoca, nella quale sta scritto: Zi quali tuti lochi sono poso la suprascripta giesa (S. Sepolcro) et li habitava porci et putane con gran vergogna. Nelle accennate case che, come si è visto, erano situate nella parte posteriore della Chiesa di S. Sepolcro e precisamente ove sorge la Biblioteca Ambrosiana, fu- rono eseguiti alcuni miglioramenti per renderle atte all'esercizio della beneficenza. È in questi locali e pre- cisamente in quello che serviva di Oratorio del Luogo Pio, che il celebre Bernardino Luini dipinse il Cristo incoronato della corona di spine colli dodici Deputati di S. Corona. Quest'opera tanto insigne, che si osserva tuttora in quel locale, ora compenetrato nella Biblioteca Ambro- siana, venne in un registro autografo dell’epoca così indicata : « Notta come la bona memoria del q.® Bernardino » Ghilio sin a di 25 7bre 1521, se acordo a dar prin- » cipio a far depengere in l'oratorio di S. Corona il » Xto incoronato della corona de spini con li dodici » Deputati de la Corona che forno come qui apresso » se descriveranno et ditto Ghilio pago de soy da- » nari. » « 1521] a dì 25 septembre: Magistro Bernardino de » Lovino pictore se accordato a pingere il Xto con li » 12 compagni in lo Oratorio et comenzo a lavorare a » di 12 octobre et l’opera fu finita a dì 22 marzo 1522, » vero che non lavoro se no opere 38 e uno suo gio- » vano opere ll et altra le dicte opere li teneva mis- » sale mòlta a li bisogno et anche sempre haveva ono » garzone che il serviva le fu dato per sua mercede » computato tutti li colori L. 115, soldi 9 et la dicta » spexa la pagho Bernardino Ghilio de sua spontanea » volontà. » Di questo Bernardino Ghilio, che fu un solerte deputato dell'Istituto di S. Corona, daremo un cenno biografico in appresso. L'istituzione ebbe in poco tempo tale uno sviluppo in causa delle eredità, dei legati e delle elemosine da richiedere un locale di residenza più vasto e più confacente alle esigenze maggiori. Per provvedere a questa necessità, con istrom. 20 7bre 1577, rog.° Am- brogio Spanzotta, il Luogo Pio acquistava da Alessandro, Ambrogio e Camillo Rho una casa in Porta Ticinese, Parrocchia di S. Sebastiano, così descritta : « Nominative de sedimine uno sito in porta ticinense » parrocchia Sancti Sebastiani Mediolani, quod est cum » suis hedefitiis, cameris, salis, curiis, porticibus, virida- » rlo, canepis, stallis, portis tribus, putheis, necessarii » et aliis suis locis juribus, etc., cui toto sedimini co- » heret ab una parte platea Sancti Sepulcri et alia » parte Monacorum Sancti Ambrosii Majoris Mediolani, » et in parte d. Hercoli Fontane, ab alia heredum » q.® Spect. Domini Francisci de Ello, et ab. alia in » parte bona et domus Sancti Sebastiani et in parte » mediante accessio. » ar = Questa casa fu riadattata e migliorata l’anno 1578 (1). Dalle registrazioni al mastro di contabilità dell'Istituto e dalla entità della spesa incontrata per le opere in L. 3850 circa, pare che non vi siano stati introdotti cambiamenti sostanziali o radicali. Anzi siamo indetti a credere che le opere di adattamento si siano limitate alla erezione di un locale per l'oratorio e di un locale ampio per la Farmacia e relativi servizii, occupando per questa una parte del giardino della detta casa, nel quale sorgeva prima della demolizione fatta recentemente dall’egregio dott. Palletta, divenutone il proprietario, un porticato con prospettive a basso rilievo di buona fattura, opera di Tolomeo Rinaldi (2), con colonne ha- sate su piedestalli, sui quali si leggevano otto inscrizioni pubblicate ed illustrate l’anno 1788 dall’Abate Cister- ciense Pompeo Casati. Le inscrizioni ricordavano una cappella e un edificio con orto annessovi, fatti costruire da un Gerolamo Rabbia e non accennano ad elargizioni che questo Gerolamo, né altri della famiglia Rabbia possano aver fatte al Luogo Pio di S. Corona di locali per la residenza. Probabilmente è da ascrivere alla pre- senza di quelle iscrizioni il fatto dell’avere e il Torre nel suo ritratto di Milano, e il Lattuada attribuito ad un Giovanni Francesco Rabbia la donazione del locale. E bensì vero che un Ambrogio Rabbia nel 1506 (3), donava al Luogo Pio di S. Corona alcune attività e =-iocr——=ctoo (1) Mastro S. Corona 1578. (2) Mastro S. Corona 1595, fogl. 236. 3) Istrom. 31 agosto 1506 in pergamena, nell'Archivio del- l’Istituto di S. Corona. Si — specialmente alcuni beni a S. Maria al Bosco coll’oner di diversi legati annui a favore di altri Luoghi Pii, ma non risulta che egli abbia imposto l'obbligo di conver- tire le attività donate nell'acquisto di uno stabile per la residenza di S. Corona. Di Giovanni Francesco Rabbia non si riscontrò alcuna traccia, chè egli non figura nem- meno nell’ elenco dei benefattori dell'Istituto. D'altra parte i locali della vecchia e della nuova residenza fu- rono tutti acquistati dal Luogo Pio, come abbiamo veduto. Mal non ci apponiamo ritenendo che le iscrizioni succitate possano avere fatto parte di una casa di pro- prietà di Gerolamo Rabbia che anticamente sorgeva forse nelle vicinanze della casa Rho, e probabilmente ove esisteva il porticato succennato verso il coro di S. Sebastiano e dove era il cosidetto giardino di S. Corona. Nasce per altro il dubbio che la casa di Gerolamo Rabbia abbia formato parte della casa venduta al Luogo Pio di S. Corona dai Rho nel 1577. Quantunque non si sia potuto accertare la cosa con prove irrefragabili, si è però rinvenuto un. istrom.° 5 Luglio 1520, rogato Freganeschi, dal quale risulta che Gerolamo Rabbia ebbe a vendere a Giovanni Filippo e Giovanni Paolo fratelli Roma, una casa situata in Porta Ticinese sotto la Par- rocchia di S. Sebastiano così descritta : « De sedimine uno sito in P. T. P. S. Sebastiani » Mediolani cui toto sedimini coheret ab una parte strata » et platea Sancti Sepulcri, ab alia illorum de Ello in » parte et in parte /ospz/: puthei, ab alia parte haeredes » q.® Dni De Brone in parte et in parte quoddam ac- » cessum sen streciolum inter ecclesiam Sancti Sebha- » stiani, etc., etc. » = e La identità di queste coerenze con quelle della casa Rho lascerebbe supporre che i Roma siano i datori dei Rho. Formata questa convinzione vien naturale la con- seguenza che la casa Rabbia sia stata atterrata nell’oc- casione dell'adattamento della casa Rho e che in tale ‘ occasione le inscrizioni siano state ricollocate in opera a base delle colonne che costituivano la facciata, della quale parlammo. Il modo col quale sì trovavano in opera quelle iscrizioni, ossia applicate ad un basamento di cotto qualunque, che rivelava un ripiego al bisogno che sembra siasi sentito di alzare le colonne stesse ed il fatto che nelle registrazioni contabili di S. Corona alla partita — Miglioramenti fatti alla casa Rho = tro- vammo registrata soltanto la spesa della loro ricolloca- zione in opera nel giardino della detta casa, convali- derebbero pienamente la nostra opinione (1). Si è già detto che la casa Rho, che è bene designarla siccome la seconda casa di residenza del Luogo Pio, fu adattata circoscrivendo le opere alla costruzione di un Oratorio e di un ampio locale per la Farmacia. Ora da indagini che abbiamo fatte ci sarebbe emerso che nel 1581 (2) Pietro ed Aurelio Lovino eseguirono nella detta casa Rho, e più specialmente nell’Oratorio, alcune pitture. Trattandosi di un lavoro abbastanza importante, sia per la entità della spesa che fu incontrata in L. 649, cifra rilevante in relazione ai tempi, sia perla persona degli artisti ci sembra opportuno e conveniente il ri- (1) Mastro 1581 al 1585, pag. 250. (2) Mastro 1578 al 1581, pag. 385 e 395. le portare testualmente le registrazioni dei Mastri di con- tabilità del Luogo Pio. 1581. « Spese generali devono dare L. 649 in cre- » dito a Pietro e fratelli Lovini per la sua mercede di » havere pincto nell’Oratorio dei magnifici sig. Deputati » di questo Pio Loco li ritrati delli signori Deputati vec- » chi quali herano pinceti nell’Oratorio vecchio nella casa » dove si faceva la Spezieria vecchia di S. Corona con » altre pincture (1). 1581. « Pietro, Aurelio fratelli di Lovini » pinctori denno dare addi 15 agosto . L. 59 — » in credito alla Cassa conti a loro a bon conto » della pinctura farano nell’Oratoriodei signori » Deputati. » 7 bre in credito a cassa a loro bon arde e . . . 118 — »i Zi Sbre come sopra. . . . ..» 177 » 11 xbre » » ee a; Pd IST eo » vlt ne ARTO L. 649 — 1581. « Havere (dai suddetti) a di ultimo dicembre » 649 in debito in questo a spese generali dovuti a loro » per ordinatione del Ven.° Capitolo di questo Pio Loco » per sua mercede di haver pincto nell’Oratorio delli » magnifici sig.i Deputati gli retrati delli sig.' Deputati » vecchi quali herano pincti nell’Oratorio vecchio den- (1) Mastro 1578 al 1581, pag. 385. (a) » tro della casa dove si faceva la Spezieria vecchia di » S. Corona computa altre pincture L. 649. » Rimane quindi stabilito in primo luogo che una volta restaurata la casa Rho, la residenza di S. Corona vi fu trasferita dalla casa vecchia posteriore alla Chiesa di San Sepolcro, affittata e poi venduta il 5 feb- brajo 1584, ai Padri Oblati di S. Ambrogio per L. 16,000; in secondo luogo che nell’Oratorio costruito nella casa Rho, vennero dai fratelli Aurelio e Pietro Lovini ese- guiti i ritratti dei vecchi Deputati quali erano dipinti nell’Oratorio vecchio, non che altri lavori. Dall’importo che è stato pagato a quegli artisti in L. 649 viene facile l’induzione che i lavori siano stati di una non lieve importanza, se si considera che Bernardino Luini per L. 115 dipinse tutta una parete nell’Oratorio vecchio di S. Corona. Diffatti il Torre nel suo ritratto di Milano accenna che in qualunque stanza della casa di S. Corona che si fosse visitata si sareb- bero trovati i dipinti a fresco di Bernardino Luini rap- presentanti favole ovidiane ed istorie sacre. Convien dire che il Torre, che scrisse nel 1714, abbia veduti quei dipinti e che la loro manomissione sia quindi av- venuta posteriormente a quell'epoca, e probabilmente allorchè la casa fu ceduta a livello nel 1788, come ve- dremo. . Colle premesse abbiamo sufficientemente dimostrato che i lavori ai quali accenna il Torre sono opera dei detti Aurelio e Pietro fratelli Lovini e non del Ber- nardino Luini, il quale non figura nemmeno nei mastri di contabilità ed era già morto quando fu acquistata la casa Rho nel 1577. Eri Li Eseguirono pitture in questa casa Paolo Camillo Landriano detto 27 duch:no, autore di un quadro per l’altarino dell'Oratorio, e Drago Cornelio, autore di la- vori nella Sala del Capitolo (1). Le pitture, meno qualche frammento che fu rac- colto, conservato e fatto restaurare dall'attuale proprie- tario della casa il cav. dott. Marco Palletta, pare che siano state prima coperte da un'imbiancatura qualunque e poi manomesse nella occasione che la maggior parte dell'Oratorio fu demolita per dare alla casa, che aveva cessato di essere residenza di S. Corona, un’altra de- stinazione. V'ha anche chi crede che le pitture siano state raccolte e vendute all’estero da un sig. Carisio al quale nel 1788 furono cedute a livello le case in discorso. Nel 1661 il Capitolo acquistava un'altra casa da certi Ello, contigua alla casa Rho, per fabbricarvi una Chiesa per il Luogo Pio di S. Corona, giusta la dispo- sizione testamentaria di Francesco Passera. Era già stato redatto il disegno dall'ing. Gerolamo Quadri, ma poi l’opera non venne eseguita forse perchè troppo forte la spesa in confronto dei mezzi disponibili. In conse- guenza di che la casa fu affittata, poi atterrata e ri- fabbricata nel 1778 sopra disegno dell'ing. Gerolamo Fontana, conservandole però la destinazione ad uso di abitazioni private. È evidente dunque che il Pio Istituto di S. Corona prima che venisse aggregato all’Ospedale ebbe la sua residenza in due case distinte, e cioè nelle case poste- (1) Mastro 1600 e 1601. SPVON E riori alla Chiesa di S. Sepolcro fino al 1581, e nella casa Rho, sulla piazza di S. Sepolcro verso la via Val- petrosa, fino al 1786, quando il Luogo Pio venne aggregato all'Ospedale Maggiore. La seconda casa di residenza, colla casa Ello rifabbricata, fu ceduta a li- vello nel 1788 al suddetto Carisio, dal quale passò poi al cav. dott. Marco Palletta, che recentemente la ri- fabbricò. | RAPPRESENTANZE SUCCEDUTESI AL GOVERNO DELLA ISTITUZIONE. Dalle lettere Arcivescovili, colle quali nel 1505 fu approvata la Confraternita, rileviamo che fin dalla at- tivazione della Farmacia eravi un Conservatore ossia Presidente della Confraternita. Un registro dell’epoca ci fa conoscere le varie cariche in esercizio nel 1510: un Conservatore, un Consigliere, due Seniori, un Te- soriere, un Visitatore degli infermi, ed un Sacrista, tutti scelti fra i 12 confratelli. Nel 1512 vi sì aggiunse un Maestro dei novizii, e nel 1516 anche un Commen- tario che viene definito nel seguente modo = Zoe te- nire tuti li cunti della compagnia, = e che quindi corrispondeva al nostro Ragioniere. Finchè la Confra- ternita ebbe sostanze limitate e finchè si attenne alle sue origini di riunione a fine spirituale, le cariche sud- dette continuarono a esistere, ma poi, e non tardò UO molto, cessarono quelle di Maestro dei novizii, di Sa- grista e di Commentario, supplendosi alle due ultime con personale stipendiato, e non avendo più ragione di es- sere la prima, dacchè la Confraternita si era trasformata in un’opera pia completamente laica, retta da un Ca- pitolo costituito da 12 Deputati a vita, eletti da quelli che si trovavano in carica (1). Nel 1587 (@), essendosi riconosciuta troppo gravosa la carica di Conservatore peri molti affari che giornalmente doveva disimpegnare, si stabilì di limitare ad un solo anno tale carica, eleg- gendosi invece un Vice-Uonservatore in ogni anno, da essere poi nominato Conservatore nell’anno seguente. La nomina del Conservatore seguiva coll’intervento dei 12 Deputati costituenti il Capitolo ed alla presenza del Confessore della Confraternita al quale il Conservatore cessante consegnava le chiavi. Invocato lo Spirito Santo, come era costume, si passava alla nomina a voti se- greti. Originariamente il Conservatore durava in carica due anni. Questa rappresentanza ha incontrato la stessa sorte dei Capitoli e cioè fu abolita per Decreto Governativo 15 luglio 1784. Intanto però, e finchè fosse diversa- mente provveduto, la amministrazione e la direzione dell’Istituto furono esercitate dai Deputati cessanti mar- chese Teodoro Giorgio Triulzio, e conte Luigi Marliani. Col 1.° gennajo 1785, la gestione di quest’ Istituto (1) Alla morte dei Deputati si facevano celebrare tre uflicii da morto nella cappella della Corona nella Chiesa delle Grazie (Ordinazione Capitolare 4 gennaio 1555). (2) Ordinazione Capitolare 4 gennaio 1587. Elo: a coll’aggregatovi Luogo Pio dei poveri infermi di S. Sim- pliciano, fu assunta dal conte Francesco Pertusati col titolo di Regio Amministratore stabile. Poco tempo dopo, e cioè nell’ aprile 1786, il Go- verno, confermando al nob. D. Pietro Moscati la dire- zione dell'Ospedale Maggiore, gli affidava anche quella del Pio Istituto di S. Corona. Segnò questa determi- nazione un primo passo verso l'aggregazione di quel- l’Istituto all'Ospedale Maggiore, aggregazione che non tardò molto a verificarsi, giacchè con istrom.° 2 mag-. gio 1786, l'Amministratore regio, conte Vimercati, conferiva quell’ufficio alla Rappresentanza ospitaliera costituita dai nobili Francesco Alciati e D. Giuseppe Vajlati, e ciò per effetto della aggregazione ordinata dal Governo. Ma anche la Amministrazione regia, dovette poi lasciare il posto ai Capitoli in causa della loro ripri- stinazione, avvenuta con Decreto Sovrano 20 genna- jo 1791. Dopo la aggregazione dell'Istituto di S. Corona all'Ospedale Maggiore parrebbe naturale il ritenere che l’Istituto stesso avesse dovuto passare alla dipendenza del ripristinato Capitolo dell'Ospedale, ma non così an- darono le cose, perchè a reggere quell’Istituto furono richiamate le persone che costituivano il soppresso Ca- pitolo di S. Corona, invalidando così la aggregazione all'Ospedale e staccando dall’ Istituto di S. Corona il Luogo Pio di S. Simpliciano. Ritornarono quindi in ca- rica il Marchese Teodoro Giorgio Triulzi nella sua qua- lità di Conservatore e i Deputati conte Carlo Archinto Panigarola Visconti, conte D. Giacomo Durini, conte D. Lorenzo Salazar, conte D. Antonio Besozzi, mar- MOON chese Francesco Pertusati, i quali poi nominarono a completare il numero di dodici il conte Giberto Bor- romeo Arese, il marchese D. Carlo Arconato, marchese D. Lodovico Busca e conte D. Abbondio della Torre di Rezzonico. Siccome poi le case di residenza dell'Istituto erano state vendute, così colla ripristinazione del Capitolo fu determinato che la Farmaeia e le riunioni dei Medici di S. Corona continuassero ad aver luogo nei locali dell'Ospedale Maggiore. Fu poi dichiarato nel Giu- gno 1791 dal Sovrano che l’Istituto di S. Corona non dovesse essere separato di luogo dall’Ospedale, nè dalla sua Farmacia. Soppressi di nuovo i Capitoli nel 1796, il Luogo Pio di S. Corona fu riaggregato all'Ospedale, per il quale fu nominato una Rappresentanza collegiale, costituita da cinque cittadini, retribuiti con annue L. 2500, nomi- nati dalla Rappresentanza Municipale, e approvati dal Commissario generale del Direttorio esecutivo della Re- pubblica Francese, nelle persone di: Giuseppe Baletti, parroco di S. Eustorgio. Carlo Andrea Reale, avvocato. Antonio Strigelli, avvocato. Bignami Francesco, 2ngegnere. Stagnoli Giulio, proprietario. Tre anni dopo il numero degli amministratori fu au- mentato da cinque a sette, dichiarandoli gratuiti. Nel 18053 la Direzione medica fu concentrata nel detto Corpo amministrativo, aggiungendo a questo come membro un medico, allora scelto nella persona del dott. Antonio Crespi. — Qu Al Corpo amministrativo venne surrogata nel 1807 una Congregazione di Carità, costituita da dieci probi e distinti cittadini, la quale fu preposta alla ammini- strazione degli Ospedali, Orfanotrofii, Conservatorii d’e- sposti ed Istituti elemosinieri, facendone per tal modo un sol gruppo. Ma questo sistema non continuò molti anni, chè le persone componenti la Congregazione col rallentare di zelo e di buona volontà fecero decidere la introduzione prima di un Commissario governativo, poi nel 1819 lo scioglimento formale della Congrega- zione colla contemporanea nomina di un amministra- tore e direttore stabili e stipendiati. Le cose procedettero così finchè, per effetto della legge 3 agosto 1862 sulle Opere Pie, la gestione del patrimonio e la erogazione della beneficenza furono affidate al Consiglio degli Isti- tuti Ospitalieri, costituito da nove cittadini attualmente nelle persone dei signori: Borromeo conte cav. Emilio, Pressdente. De Capitani d’Arsago nob. D. cav. Alberto, V. Preszd. Brini ing. cav. Giuseppe, Consigliere. Palletta dott. fis. cav. Marco » Bussi avv. cav. Alessandro » Barbò nob. ing. Lodovico » Casati nob. Rinaldo » Porro dott. cav. prof. Edoardo » N*SIN: » Ora, dopo avere accennato alle varie vicende alle quali andò soggetta la Rappresentanza dell'Istituto, ci pare opportuno di aggiungere un cenno speciale bio- grafico dei fondatori di quest'opera pia, che ha incon- > Ser trato tanto favore, non chè di additare quelle persone che furono chiamate a comporre il Capitolo fino alla seconda abolizione. Sarà questo un tributo di ricono- scenza ben meritato da persone che con abnegazione e sacrificii anche pecuniarii contribuirono all’erezione e al successivo sviluppo del Luogo Pio. È naturale che sia data la precedenza al frate Ste- fano da Seregno, siccome quegli che con fermezza instancabile insistette perchè la Confraternita si costi- tuisse e si consolidasse. Di lui e dei primi confratelli possiamo dare notizie attendibili, avendole desunte dal più volte citato Registro autografo di Memorie, dal quale le riportiamo testualmente perchè interessanti e curiose. FRATE STEFANO DA SEREGNO. « Fra Stefano, desideroso della salute delle anime, fece una regula et modo de vivere a seculari cattoli- camente per fare gran profitto observando quello che in essa si contene. Et per dare principio alla executione di tal cosa si tolse a fitto per gli infrascripti una ha- bitazione presso la giesa di San Sepulcro, et altri lochi, li quali tutti habitava porci et male donne con gran vergogna. Et per lo suprascripto padre Stefano se di- spose alla observantia di tale regula domino Francesco Mantegazo di età maturo, domino Roberto de Guarteri di età juvanile alias cortesano, et domino Christophoro delli Remenolfi di età virile, et tutti di nobile sangue. Li quali tolseno loro al livello di locchi et principiarono PARTA la observantia di tale regula come fratelli; et se no- minò il locho Confraternita di Sancta Corona (1). » Fra Stefano fu quello che dete la regula a la Con- fraternita di tanta perfetione che pocho se li poteria aggiungere perchè su il principio si astento a meter la Compagnia a la observantia di quella per essere doi o tre volte roto la Compagnia, lui disse che questa regula a ogni modo aria la observantia sua si bene se desse observare in capo del mondo ed al fine del mondo; ma non è stato tanto perchè in pocho spazio di tempo la se principiò mediante il suo mezo. Così se perseverato ; lui fu quello fece dare a la Compagnia lire 300 quando se comenzo a tore le case del locho. Era homo doto, di gran carità e santimonia, e a mi me dito da una dona religiosa che da poi la sua morte lei haverlo visto acanto a lei a l’ofitio tuto glorioxo, un altra à dito quando lui mori li parsi vedere che lui andava in pa- radiso et fu gran cauxa del principio del monastero di San Lazaro. Et il giorno avante morise tutti li com- pagni andarno a visitarlo per essere in grande e ori- bile infermità, in la quale sempre stete molto paziente e morì, non richiedeva salvo se pregasse per la salute dell'anima sua e non per lo corpo, e disse alli compagni questi formali parole con gran faticha — Gaudeo videre vos et obsecro ut permaneatis in dilectione Jhesu Chri- sti — et la note seguente Respirò. — Tutti li compagni andarono a le exequie e lo vistono mettere in la fossa. Lui fu quelloin cauxa di fare fare la sepultura nostra (1) Registro autografo, pag. 7. EST et perdite molte cosse a diversi de li compagni, le quali sono venute vere et a una per una e così di altri e per la cità molto era famoso (1). » Don FRANCESCO MANTEGAZZA. « D.r Francesco Mantegazo intro et dete principio ala observanza di la regula di la Confraternita di S. Co- rona in mese. ...... 1497 et era di etta de anni circha 5% et di nobile sangue. Pasò di questa vita pre- sente adì 23 zugno 1521 et ha sempre perseverato con grandissimo fervore et he hauto homo de grandissima carità verso el proximo et ali poveri may era lento a subvenirli in le Ihoro necessitate. Così ha dato grande sucorso ala Spiziaria nostra dela Corona et al Mona- sterio de S.° Lazaro de le sue facultate molto ampla- mente, et al vivere suo era molto parco anze austero per modo che non tanto he hauto bono a luy ma an- chora molto exemplario ala Compagnia et a tuti quelli che il cogniseveno et molto lungho saria il dire de le sue bone opere che luy faceva et in la sua infirmità qual fu molto longha et dispiacevolla sempre fu con grandissima pacientia et bona exértatione ali altri. » Questo Mantegazza donò alla Confraternita nel 1508 un livello di L. 25,16 sopra una casa in Milano, via San Pietro alla Vigna, nel 1504 Ducati 100 all'anno, nel 1505 L. 1200 per una volta, nel 1515 L. 1000 ed un livello di L. 20 annue. (1) Registro autografo, pag. 201, MOR RoBERTO DE BoxacoRrsI DETTO DE QUARTERIO. «< D.° Roberto di Quarti intrò et dete principio ala observantia et regula di la Confraternita di Santa Co- rona in mese. ..... 1497 di ettà de ani circha 33 et era citadino lodesano et milanese. Pasò di questa vita presente a dì 10 marzo 1526. La infirmità fu de Scarentia qualle li vene a di 9 suprascripto etla sua morte fu con grande patientia et devotione et fece il suo testamento tradato per Marino Agnello da Castello Franco nel qualle legò L. 1000 ogni anno a la Com- pagnia. » Nel 1508 il Quartieri donò in vita alla Compagnia un livello di L. 195, ed una rendita di L. 410, sopra un mutuo; nel 1509 due livelli, uno di L. 40, l’altro di L. 20, e in morte, con testamento 9 marzo 1526, legò L. 100 annue. CRISTOFORO REMENOLFI. « Di età circha 42 intrò et dete principio ala, ob- servantia et regula di la Confraternita di S. Corona in mense... .. 1497. Die primo januarii 1505 de con- sentimento de tuta la Confraternita excepto domino Francesco Perlascha quale non era in la Citate fu excluso de dita Confraternita per non perseverare in li ordini et regula de epsa et di questo ni fu amonito più e più volte prima che se venesse a la dicta exclu- sione per modo che a modo antea non si abya più a domandare sia de la confraternita di S. Corona ne an- — 2) — che usa da alcuni soi privilegi. In questo tempo era .Confessore di la ditta Confraternita Domino fra Mateo da Belano et Conservatore D. Francesco Mantegazzo. » Benché sia stato espulso dalla Compagnia il Reme- nulfo donava nel marzo 1405 L. 600 da essere pagate alla morte di Elisabetta Visconti, che pare fosse sua moglie. PERLASCA FRANCESCO. « Intrò et fu al principio de la observanza et re- gula de la Confraternita de Santa Corona in anno 1497 de mense . .... et è Citadino di Como et de Milano di ettà circha ani 82. Pasò di questa vita presente a dì 12 di septembre 1507 in parmesana essendo Podestà a Cornili et fu morto da certa quantità de vilani et nota che non faceva residentia in la Compagnia in dire l’Ofitio et altre devotione, salvo che compariva 3 0 4 volte l’ano nelo oratorio a Milano. » Pare che il Perlasca non abbia fatta alcuna elar- gizione alla Confraternita, chè il suo nome non figura fra gli oblatori. DE BALDUINI GIOVANNI ANTONIO DA LECCO. « Intrò in la Compagnia de la Confraternita di S. Corona et fece professione in ano 1498 et è di ettà de anni circha a 40 et gentiluomo. Pasò di questa vita a dì 24 agosto 1524, essendo luy in villa per paura de la peste et ha sempre bene solicitato a venire ala Compagnia et lassato per il suo testamento a la Com- pagnia L. 200. » CONFALONIERI GEROLAMO. « Intrò in la Compagnia de la Confraternita de S. Corona in ano 1498 et fece professione et era de etta de anni circha 44 di nobile sangue. » Non ci è noto l’anno della sua morte, nè ch’ egli abbia beneficato la Compagnia; noi sappiamo però ch'egli visse fino a tarda età. FRA GREGORIO SPANZOTTA. « Pigliò la cura spirituale de la Compagnia et Con- fraternita di S. Corona a dì... . 1498 e questo per l’absentia di D. fra Stefano da Seregno quale andò in Hyerusalem; et etiam ala cura de le done di San La- zaro soto il titulo di Santa Catelina da Siena. Pasò di questa vita a dì ...... 1500 et vene in suo loco fra Stefano da Seregno quale tornò da Hyerusalem. Et per lo dito d. fra Gregorio, tanto che lui stette a la cura de la Confraternita et per suo mezo et persua- sione, la Confraternita diceva ogni matina lofitio di la Madona et anche alicotiens poso il disnare et se fece lordine de la limoxina se faceva per la cità del pane et vino et più per suo ordine et persuasione el ajuto fu principiato la Spiziaria per li poveri con Medici et medecine et molto teneno solecitato la Confraternita in farli perseverare a l’ofitio et ale alimoxine et co- stumato vivere et orare. » Ep SPANZOTTA AMBROGIO. « Intrò in la. Compagnia de la Confraternita di Santa Corona del anno 1498 et era de ettà de anni 40 et era citadino milanexe et notaro. Pasò di questa vita presente a dì 25 di magio 1500 et lasso alla Confra- ternita L. SO de intrata ogni anno et le dete an- che L. 3053 et fu sempre observante de la regula et continuo a lofitio quale se dice et fece vivendo de molta elemoxina in comune et separatim et fu sepolto a Santa Maria delle Gratie et fuit homo pius et castus. » REFRIGERIO BATTISTA. « Citadino bolognese, intrò in la Compagnia de la Confraternita di Santa Corona et ad la observantia di questa a dì... .. 1498. Pasò di questa vita presente a di ...... 1500 et fu homo observante de la re- gula et molto doto e catolicho et devoto, et quando fu ala morte sua diceva ali compagni — miseremini mei, miseremini mei saltem, vos amici mei. » Cusano MATTEO. « Fiolo del quondam domino Giovanni, intrò ala ob- servantia de la Compagnia et Confraternita de Santa Coronata di... ... 1499 di ettà de anni 33, cita- dino milanexe et de nobile sangue. » Non si conosce l'epoca della sua morte. Legò alla Confraternita un livello di L. 33,17 assentato sopra una sua casa. de = SY — VISCONTI GIOVANNI AMBROGIO. « Intrò in la Compagnia di la Confraternita di SACoronagafdia eno 1499 di ettà de anni 34 et citadino milanexe. Pasò di questa vita presente a di 6 xbre 1539 in la vigilia di S. Ambroxio, in la notte seguente circha a hore 4, et era di etade de anni 75 vel circha, fu sepolto ne la sepoltura de la Confrater- nita ad S. Maria de le Gratie, era homo di prudentia et consiglio, sobrio, humile, mansueto, modesto nel vi- vere, amator de boni costumi, et de homini religiosi et de le divine scripture, parlava volontera et molto amatore de poveri. Solicito et zeloso de la Confraternita sive del pio locho de S. Corona, la più parte del suo tempo la occupava nel ditto locho et tandem per de- mostrar con fatti el sviscerato amor suo che portava alla ditta sua Confraternita l’ha fatta -herede universale de li soi beni temporali, la qual heredità fu molto ho- norevole, et morse stando conservator de ditta Con- fraternita et pati assai nela sua infirmità et molto patiente, et volse essendo propinquo al transito suo che li fusse legiuto el passio de Nostro Signore Jesu Christo et era in bon sentimento et così perseverò fino al suo felice fine. » OLGIATI GIOVANNI AGOSTINO. « Intrò in la Compagnia de la Confraternita de S. Corona a di...aprile 1500 de ettà de ani circha 54 et è citadino milanexe. Pasò di questa vita presente = Saia di ...... 1502 et fu sepulto in la sepultura de la Confraternita a Santa Maria de le Gratie et fu molto observante di la regula de la Confraternita quelo tempo che lui scampo et staseva sano perchè era molto in- fermo di gotta et molto patiente in la sua infermità. Et lasò ala Confraternita per dare ai poveri secondo l’ordine de dita Confraternita L. 50 ogni ano et haveva mugliere, ma solum una fiola maritata in D. Giovan. Francesco Roza et la morte sua fu che li caschò la goza. » VARESINO LUIGI. « Fece profesione in la regula et Compagnia de la Confraternita de Santa Corona a dì 24 de zugno 1501, ma era intrato in la Compagnia di qualchi mexi avanti et fu receputo da domino fra Stefano da Seregno, primo confesatore de dita Confraternita et quelo di medemo se fece la profesione di domino Giov. Agustino da OI- già, benchè de gran tempo inante era in dita Compagnia et li benedì una corona et una cruce et li deti una reliquia quale si porta adoso, et era di ettà de anni 36 vel circha et de nobile sangue milanese. Pasò da questa vita presente a dì 24 de zugno 1516 et fu sepulto in la Capella de la Confraternita chè in Santa Maria de le Gratie et lassò per testamento L. 600 a la Confra- ternita et de qualchi ani inanze haveva ancora donato seu facto vendita de uno livello de L. 30 ogni anno da essere tuti consumati a li poveri del nostro Signore Jesu Christo, et tuto il tempo qualle he stato in la Confraternita ha sempre bene perseverato et con grande 9 ) 0A devotione et caritate, ne may perdonò a faticha che fusse a benefitio de la dieta Confraternita. Non obstante che havesse de molte altre imprexe per la caxa sua, hera però sempre pronto ale opere pie. Come he ala fabricha del Domo, all’Ospital grande (1), a la cura de le done de S. Lazaro et de le cosse assay altre in be- nefitio de la cità de Milano; Et così bene se diportò in la sua infermitate et con grandissima pacientia et per demostrare lamore et fede verso la Confraternita lano presente a di 10 mazo della Pentecoste il fece uno scripto de sua mano et sotto scripto de molti de la Confraternita che il obligava tuti li soy beni ad ogni richiesta che li farla quello che se ritrovava con- servatore de ogni quantita de dinari o in presto o in dono al benefitio de li poveri et. per cauxa del dicto Messer Francesco Mantegaza conservatore li fece dare anzi la morte sua schudi 20 del solle che sono L. 122,10 et nota che il se infirmò a di 8 de zugno. » Nel 1512 donò alcuni altri piccoli livelli. GIUSSANO BERNARDINO. « Intrò in la Compagnia de la Confraternita in ano 1502 essendo Confesore d. fra Stefano da Seregno de ettà de ani circa 50 et abitava a Giusano. Pasò di questar Wta sagdigl cc. 1502, et fu sepulto a Santa Maria de le Gratie nella sepultura de la Confraternita et lasò herede dita Confraternita con certi legati in (1) Fu Deputato del Capitolo dell’ Ospedale negli anni 1508 eplols; SORA modo che si ha hauto da fare asay, tandem e ne vene a sentire di neto in utile de dita Confraternita per la somma de L.11 mila et qualcosa de più et per questo se miso nel numero de dita Confraternita et in la se- pultura depsa quanto che lui non fazese mai profes- sione et pocha residentia ma è vero scampò pocho in dita Compagnia. » MeLEGHE GIovaAN PIETRO. « Intrò in la Compagnia di la Confraternita di Santa Corona a di 13 magio 1502 et fece la profesione sua a di dito 13 magio essendo pater confesore D. Fra Ste- fano da Seregno et era de etta de anni 28 et nobile sangue. » Legò alla Confraternita un annualità fissa di L. 50. BeEscAPÈ GUALTERIO. «Intrò in la Compagnia di la Confraternita di Santa Corona a dì. .... 1503 receputo da il Rev.° D. Fra Inofrio da Parma prior a Santa Maria de le Gratie et fece la sua profesione a dì. .... 1508, e nota che per risposta de certe parole dite per lo dito domino Gualterio il patre disse che era uno fiore nasciuto inanze tempo; era de ettà de ani circha 34, de nobile sangue; quando lui intrò era patre confesore D. fra Domenico da Milano, ma a la profesione fu poi receputo dal su- prascripto priore: le parole dite furno che D. lo Prior disi nela receptione sua che al tempo se farla la pro- fessione sua et D. Gualterio dissi che era parato di farla fin alora et per questo il prior dissi era uno fioro SERIA nato in anze tempo. Pasò de questa vita presente a dì 14 novembre 1508 prima condito testamento di sua mano dove instituisse herede universale la Confrater- nita, con caricho che ogni cosa si venda et distribuischa amore Dey, ma prima satisfato chi de’ habere et resti- tuire per uno 4, se sì trovasse avere tolto aliquid in- debitamente et si riserva ducati 500 per uso di la Speziaria, et etiam se de’ fare una certa devotione ad honorem dil glorioso Sancto Hyeronimo et altre cosse como più amplamente in quelo si contene nel testamento quale è apreso a uno notaro che si domanda domino Martino Scaravazzo et anche è in caxa, fece una morte da uno fidele Christiano sempre con il nome di Jesu et Maria in bocha usque ad ultimum. Et vixit pije, so- brye et caste, stando abstrato da le cure seculare prima de la sua morte circha ad anni dui ad un zardino fora de la terra con uno divoto et doto religioso che si do- mandava P. Jacomo di fare da Vigiuto che li insegnava la dotrina evangelicha, il quale ancora lui pasò di questa vita in lano presente credo in questo marzo dove am- bidui per gratia de la divina Misericordia tengho siensi in la felize patria et rogo ut rogent pro me. » Da Prato LUIGI. « Fece professione in la Compagnia de la Confrater- nita di Santa Corona a dì 15 febbrajo 1505 esendo padre confessore D. Fra Petro da Dertona ed era di ettà circha ani 34 et de nobile sangue et intrò in dita Confraternita a dì 3 gennajo 1504. » Non è conosciuta la data della sua morte. Son. e VIMERCATI GIULIO. « Fece profesione nela Compagnia di S. Corona a di 22 luyo 1506 in festo Sancte Marye Magdalene in martedì, et fu benedeto per D. Fra Mateo da Belano nostro patre confesore con il zento et la corona et la crose et le altre ceremonie oportune et è de etta dani circha a 42 et di nobile sangue citadino milanexe. Pasò de la presente vita uno lunedì de nocte venendo il mar- tedì che fu a di 10 frebraro 1511 et fu portato el suo corpo a S. Marcho per voluntate di li soy fratelli et prima haveva fatto il suo testamento tradato per M. Bo- niforto Gira et lasso a la Compagnia L. 4000 con ca- richo di pagare L. 60 l’ano a uno Sacerdote che dicesse messa a una certa giesia de Cassina di Gatti. » GHILIO BERNARDINO. « Fece profesione in la Compagnia de la Confra- ternita de Sancta Corona a dì 23 marzo 1507 in domi- nica da matina et fu benedeto per D. Fra Paulo da Caravazo nostro confesatore et seli detti la croce, la corona et lo cinto benedeti, et de ettà circha ad ani 50, citadino milanexe et mercadante de drapo de setta et de nobile sangue. Fece il suo quieto transito in l’anno 1539 a dì 14 de ottobre in la notte seguente circha hore 8 et fu sepulto nela sepultura de la Confraternita in Santa Maria de le Gratie, era de’ seniori et consigliario de ditta Confraternita, era de grandissimo ingenio na- turale, resoluto in li soi consiglii. Arguiva, increpava, EQ QE, exhortava senza respetto humano li erranti et maxime circha le cose pie; fu molto tempo lochotenente impe- rial a l'hospital (1); vixitava, recomendava li poveri; era amatore de la semplice verità, — nè mai perdo- nava a fatigha per solecitar li lochi pii. Faceva elemo- xine de importanza secrettamente et frequentamente. In questo specialiter el suo patre confessor molto lo co- mendava, etiam di una conscientia lucida, et el ditto confessore dixe post mortem del ditto Ghelio: che gli pareva havere confessato uno santo religioso, era or- nato de molte altre vertude le qual a narrarle tutte esset longum opus. Tacero anduncha per più laude a Dio et sua perchè era homo raro ne la città di Mi- lano. » CITTADINI PAOLO. « Fece profesione in la Compagnia de la Confrater- nita di Sancta Corona a di 23 magio 1507 in domenica da matina e fu benedeto per il R.° D.° Fra Paulo da Caravazo nostro confesatore et se li detti la croce, la corona et il cinto benedetti, è di etta circha in anni 36 di nobile sangue, doctore de legie civille. Sè partito da Milano a dì 29 augusto 1511 per andare a Roma et la passò de la presente vita a di. .... 1529. » Il Cittadini nominò erede delle sue sostanze il Pio Istituto di Santa Corona. (1) Fu Luogotenente imperiale nell’Ospedale Maggiore dal- l’anno 1528 al 15388. Lo peg MEDA BATTISTA. « Merchadante da lanna, homo de ettà de anni 60 vel circha; intrò in la Compagnia a di 6 zenaro 1516 eta dì 6 zenaro 1517 fece la sua professione. Hè pas- sato de la presente vita a di 20 decembre 1520 et haveva bene perseverato et dato un livello de L. 380 lanno qualli pagava M. Bernardino Borro, oltre a molte altre hono- revolle elemoxine qualle haveva facto ala Compagnia. » Sac. Pietro DE CALCHO. « Prevosto de S. Maria de la Schalla, hè entrato in la Compagnia adi primo novembre 1517, ma non may fece la professione perchè el non perseverava. » RAVENA GIOVANNI BATTISTA. « Hè intrato in la Compagnia adì primo aprille 1520 et hera de etta de anni 32 vel circha et ai 25 marzo 1521 fece la sua professione. Nota che adi . ... . de augusto 1521 per paura dele guerre il sè partito da Milano et adì 2 zugno 1522 vene nova che l'era ve- stito da frato nel locho Calmadunesi apresso a Fiorenza nominato Don Johan Pietro. » CARPANO BERNARDO. « Merchadante homo di anni 65 vel circha, intrò in la Compagnia adi 25 zugno 1521. Hè passato di la pre- sente vita adi 20 dicembre 1521. » SME CHIOZA FRANCESCO. « Medico fixicho de ettate de anni 40 vel circha, hè intrato in la Compagnia adì 14 zenaro 1526 e adì 13 de magio 1527 ha facto la sua professione presente tuta la Compagnia salvo M. Hieronimo Confalonero per il qual per vegieza non posseva andare. Fu homo molto pietoso circha al curare li infermi, solicitissimo per amore de Dio et solicito alla Compagnia. » . Mocna FRANCESCO. « Merchadante de lanna de etta de anni 40 vel circha, hè intrato in la Compagnia adi 11 aprille 1526 et adi 13 de magio 1527 ha facto la sua professione presente tuta la Compagnia salvo M. Hieronimo Con- falonero che per vegieza non posseva andare. Poichè fu viduo et privo de la sua consorte acceso de mayor desyderio de servire al Signor Iddio, fecessi Sacerdote l'anno 1536 et fu molto sollicito al servitio del loco et fervente nel oratorio exhortava opportune, et importune li confratelli ad esser assidui et caldi ad continuar ne le opere bone, et era como sperone a guidare inanzi li altri, de modo che in questo perseverò sin al fine, et la morte sua fu in uno di de venerdì alli 16 dicembre 1547 et ben potè dir quello scrisse S. Paolo: « Fidem servavi, cur- sum consumavi, in reliquo reposita est mihi corona etc. » BESCAPE CRISTOFORO. « (rentilhomo di ettà de ani 45 vel circha he in- trato in la Compagnia adì 8 zugno 1526 et adì 13 > dll maggio 1527 fece la sua professione, presente tuta la Compagnia salvo M. Hieronimo Confalonero qual per vegieza non posseva andare. Passò da questa vita adi 10 magio 1535 in lunedi circa alle 20 hore. » RAINOLDI GIOVANNI GIACOMO. « Merchadante de seda de etta de anni 35 vel circha, adi 3 marzo 1527 hè intrato in la Compagnia et fece pro- fesione presente tuta la Compagnia et il Rev. P. Frate Vincenzo Seneze Confessore adì 7. gennaro 1532. Morse in sabbato alli 27 de novembre circa hore 22 del 1563. » ALFIERI ASCANIO. « Gientilhomo di ettà circha ad ani 36, intrò in la Compagnia adì 9 zugno 1527 et fece professione pre- sente tutta la Compagnia et lo Rev. P. frate Vincenzio Senexe Confessore adì 7 gennajo 1532. Pasò de Ila pre- sente vita adì 13 novembre 1544. » RAINOLDI FRANCESCO. « Merchadante de setta di etta de anni 25 vel circha, hè entrato in la Compagnia ai 9 zugno 1527 et feze pro- fessione presente tutta la Compagnia et lo Rev. P. Frate Vincentio Senexe adì 7 gennaro 15832. Passò all'altra vita il di 18 d’aprille 1578 in giovedì a mezogiorno. » ALFIERI GALEAZZO. « Fu recevuto in la Compagnia adì 24 zugno 1527, gientilhomo et di ettà de anni 86 vel circha et feza TO FOR professione adì 7 gennaro 1582. Morse et rese lo spi- rito al Signor alli 28 de giulio 1544 nel far del giorno. Fu homo mansueto, affabile, officioso, inclinato alla pietà et sollicito et frequente al oratorio nel principio quando cominciò entrar in questo sancto luogo, ma poi fu im- pedito dala infirmità dela gotta dela qual fu patien- tissimo. Credo che habbi il regno de’cieli quale el Signor ha promisso a quelli fanno la sua volontà. » VISCONTI FRANCESCO. « Medico di età de anni . .. è intrato in la Com- pagnia adì . ..... et feze la professione adi 7 ge- naro 1532. De l’anno 1534 adì 11 zugno mancò de la presente vita. » LANDRIANO FRANCESCO. « Nobile de età de anni 68 vel circa, è intrato in la Compagnia de S. Corona adi 11 julio in dominica 1535 et fu receputo per mane del Rev. patre fra Fran- cesco da Somma dell’ordine dei Predicatori et fece la professione adi 14 dicembre 1559 in mane del patre confessor M. Fra Jeronimo da Merà. Passò de questa vita alli 5 de decembre lanno 1547 et rese lanima al Signor Iddio, fu homo benefattor del loco et in vita sua fece larghissime donationi come appare per li istru- menti sopra ciò fatti. Era devotissimo et dedito alla oratione et perseverava assiduo all'oratorio se non tanto quanto la infirmità dela podagra lo impediva. » Moe OLOCATI ALESSANDRO. « Fu fatto professo in la Confraternita del Pio Lo- cho de S. Corona. Era de etade de anni 42 vel circha, per el Rev. Patre frate Jeronimo da Merate presente la Compagnia alli 14 de decembre 1539. Però la sua ammissione fu fatta sino del anno 1534. Passò di questa vita la notte de S. Catherina alle hore cinque di notte, cioè alli 25 novembre 1568. Fu homo molto utile a questo loco et morse essendo Conservatore. » CANDIANI FILIPPO. « Fu receputo ne la Confraternita de S. Corona pre- sente la Compagnia per il Rev. Patre frate Jeronimo da Merate confessor de la detta Confraternita alli 14 de decembre 1539. Era di etade de anni 48 vel circha. Item el prefato M. D. Filippo fece la sua professione in mane del Rev. Padre frate Jeronimo da Mera suo confessor adi 15 augusto 1540. Passò dela presente vitta che fu in domenica alle ore 5 de la notte che fu alli 14 maggio 1564 et lassò alla Compagnia una casa posta in contrata di Armorè con conditione chel suo herede la possi liberare per L. 5000 con termine de anni 5. » Rocca GALEAZZO. « Fu receputo nela Confraternita del pio loco de Santa Corona. Era di etade de anni 47 vel circha et fu receputo per il Rev. patre confessor D. fra Jeronimo ye da Merà adì 5 augusto et adì primo zugno 1544 fece la professione in mano del Rev. Frate Hieronimo no- stro confesore de la Confraternita presente tutta la Com- pagnia, reservato el Mag. Mes. Galeazzo Alphere che non potè intervenire per essere infirmo. Passò a meglior vita dominica 4 del mese di marzo 1571 che nostro Signore Dio li doni gloria eterna, et ha lassato una casa a la Compagnia con conditione che certi soi heredi possano redimerla per precio de lire 6]m dopo finito lo usufrutto dessa lasciato alla sua consorte durando sua vita, et mentre è vissuto è stato molto elemosinevole et utile ai poveri. » STEFANO BREBIA. « Fu receputo nela Confraternita del Pio loco de S. Corona per el Rev. confessor Patre fra Hieronimo da Mera et era de anni 38 vel circha et adî primo zugno 1544 fece la sua professione in mane del pref.” Patre Hieronimo presente tutta la Compagnia reservato el Ma- gnifico Mes. Galeazzo Alphere quale non li puotè in- travenire per essere infirmo. Et la morte sua fu alli 24 de zugno 1554. » CITTADINI LUIGI. « Fu admesso nela Confraternita de S. Corona per il Rev. fra Hieronimo da Merato confessore de la Com- pagnia el giorno . . ... Era de anni 46 in circha et adi 2 novembre fece la sua professione in mano del Rev. frate Francesco da Soma in locho del frate Hieronimo per ritrovarse infirmo et morse alli 14 ottobre 1559. » — 45 MeLzI LUIGI. « Mercante, è entrato in la Compagnia presenti tutti li confratelli excepto Francesco Landriano, infermo al- hora per la gotta; alli 17 genaro 1546 et fu receputo per man del Rev. Fra Hieronimo essendo de anni 38. nio Morì nel settembre 1577. » FAGNANO LANCILLOTTO. « Gentilhomo, fu recevuto ne la Confraternita de Sancta Corona presente la Compagnia et il Rev. Padre confessor nostro fra Hieronimo da Mera, era de età de anni 53 vel circha. Addì 26 dicembre 1547 fece la sua professione presente el detto padre fra Hieronimo suo confessor et la Compagnia, salvo il Magnif. Fran- cesco Landriano et il Rev. Padre Francisco Mogno quali de pocho avanti erano morti. Rese l’anima sua al Signor Idio alli 2 de marzo, cioè il primo Venere de marzo del anno 1565 la notte alle 5 hore o circa venendo il sabbato; è morto da vero catholico cristiano confesso e con tutti li ordini della santa Chiesa et in vita per il tempo è stato in questa Confraternita di S. Corona ha sempre dato bono odor de se, ha continuato el ora- torio, et alli giorni de li capitoli, salvo quando per l’in- fermità dela gotta alla qual era soggietto non poteva venire, è stato un lungo tempo luogotenente nell’ho- spital grande de Milano (1), elemosinario et di vita (1) Fu Luogotenente dell'Ospedale dal 1547 al 1564. LA esemplare, al qual nostro Signor Idio concedi per soa clemenza l'eterna felicità come di certo si tiene haurà fatto consyderata la bona vita e morte sua. » TAVERNA OTTAVIANO. « Fu admesso in la Confraternita de S. Corona per il Rev. Padre Frate Hieronimo da Merate confesore dela Compagnia presenti tuti gli confratelli, reservato il Ma- gnifico Galeazzo Rocca quale si trovò esser absente per esser mandato per il Rev. Senato a Siena. Era di ettà de anni 57. E alli 14 di aprille del 1554 morse et rese al Signor Iddio il Spirito suo lassando herede universal la Confraternita di S. Corona. Era homo de integrità, et de bonissima vita, di vera dottrina, versato longo tempo nelli study de philosophia et theologia et molte altre facultà, ma la precipua sua cura era circa la in- telligentia dela sacra scrittura seguendo quel detto : « Scrutamini scripturas, et Beati qui in lege Domini meditabuntur die ac nocte, » hebbe gratia dal Signor Dio de star poco tempore infermo, perchè mettendosse al letto una giobbia se ne morse il sabbato mattina seguente, oldita prima la messa qual se li disse in ca- mera preso il Santissimo Sacramento de l’altare, la ex- trema ontione, et havuta la raccomandatione del anima e legendo la passione del Signore il Sacerdote, spirò quella beata anima tanto quietamente che quelli vi erano presenti non se ne avideno, poi poso la d.* morte si è inteso dele molte elimosine secrete facea et altre san- tissime opere de le qual hora se ne gode in paradiso a honore e gloria del nostro Signore Jesu Christo. » No ES ANNONI ANDREA. « Fu admesso nela Confraternita de Sancta Corona per el Rev. M. Patre Hieronimo da Mera confessor de la Compagnia e presenti tutti li Confratelli salvo el M. Filippo Candiano qual sì trovò esser absente. Et alli 16 d'aprile del 1551 fece la sua professione in mano del pref.° M. Fra Hieronimo Merà presente tutta la com- pagnia. Alli ... . agosto 1565 passo a meglior vita come si crede di sicuro per esser stato homo devotis- simo, frequente al oratorio et in tutto dato all’opere pie, specialmente alle elemosine quel ha fatto vivendo, così a questo Pio Luogo come ad infiniti poveri de Milano, vendendo la magior et meglior parte de le so- stantie sue, sempre havendo in bocca il detto del Psal- mista : « Dispersit, dedit pauperibus, » de modo che de la semente che giettato in terra se ne gode in cielo per gratia e misericordia del suo benignissimo Fattor qual vive ne’ secoli de li secoli. » Coll’Annoni hanno termine le biografie lasciate scritte dai Confratelli nel libro delle memorie. Noi compiremo la serie dei Deputati col seguente prospetto ordinato alfabeticamente. maligne COGNOME E NOME Adda (D°’) March. Febo Adda (D’) March. Giovanni Paolo . . . Aliprandi C.° Gaspare Anguissola C.° Carlo Anguissola C.° Francesco Arese C.° Lodovico Arese Ci Marco ANTONIONE se siente Aresio C.8 Giovanni Francesco Archinti C.8 Carlo Arconati C.° Galeazzo Arconati 0.8 Carlo Arconati Gerolamo Arconati C.° Giuseppe e; ia) e. Le)" eee a; 0 (to Arconati C.° Giuseppe BarbogG:caPaetro nation BAEZIZIA RO CHO TAM O BarziziaGerolamorti:n.:-(.0 Ret Belgiojoso Balbiano C.° Alberico . . . . Besozzi :G.A NONO o n Bolognino C.*° Ferdinando Besozzi GS ATCOdOLOMEnt 0 n Borromeo Arese C.* Giberto | Brebbia Carlo Antonio PATERNITÀ Benedetto Erasmo Giov. Ambrogio legista e fisico ‘ Giulio Dionigi Giulio Bartolomeo Marc'Antonio Filippo Giuseppe Antonio ajice, doi cene e/ (ee Sile Cav. Carlo 35; RIA i o È Di C.° Luigi a Barnabò 41 è Baldassare 58 Marce’ Antonio 42 FTA RS ARI 65 APRE TI SEDARE 35 C.8 Carlo 43 C.° Frane. Agostino 42 Alfonso DI q.® Gerolamo 53 DATA LL'AMMISSIONE OD ELEZIONE DATA DELLA MORTE OSSERVAZIONI ) aprile 1750 dicembre 1577 febbrajo 1585 agosto 1704 settembre 1739 febbrajo 1648 gennajo 1620 dicembre 1568 gennajo 1773 gennajo 1758 e. 1791 > aprile 1657 marzo 1686 3 luglio 1728 dicembre 1579 licembre 1616 dicembre 1624 dicembre 1636 | dicembre 1650 dicembre 1679 maggio 1776 dicembre 1710 giugno 1665 Me. 1/01 settembre 1581 | SAZIOZOTA 21 novembre 1585, 6 agosto 1611 23 aprile 1650 31 ottobre 1630 23 dicembre 1589 31 maggio 1804 allego 00 Le, cells gelo ® 000 00000 è 0000000000 ei (e ei». 0. #6 0 ca ell‘: g'e 0,8: (SUpoi ie. io ce a 29 settembre 1624 22 aprile 1636 29 novembre 1640 | 3 luglio 1675 21 giugno 1693 23 giugno 1814 seselilo 8 maggio 1672 13 luglio 1599 Dei 60 Decurioni - Giudice delle Vittovaglie. Tritavo del suddetto, mercante e tesoriere dei mercanti. Altro dei 12 di Provisione. Conservatore degli ordini e dei 60 Decurioni - Giudice delle strade. Fu Governatore di Como e dei 60 Decurioni. Senatore. Abbate dei mercanti. Dei 60 Decurioni - Spagna. Grande di Senatore. Nell’Aprile 1673 si fece Cappuc- cino, | Padre e figlio. i Dei 60 Decurioni. Dei 60 Decurioni. | Coperse la carica di Conservatore. 4 CES ETÀ COGNOME E NOME PATERNITÀ (UL = MISSION a Brivio*March- Ippolito 20: (MAT. Carlo Maria 64 BuscadMarch Carlo n Lodovico — Busca March-Wltodoyicog. tte Erasmo 57 ! Busca March=sLodovicor. tot e ee March. Carlo = Busca MarchAEodoyico Re ne March. Carlo Ant. = Busca March: Lodovico iii. Li 54 Busca March. Pietro Francesco... . . Bronzio (?) 44 Bussetti-March.#Carlo n al — Caccia Dominione (feudat. di Sillavengo) Filippo 98 | Caccia DomiMoni Me Giovanni Filippo 35 | Caccia Ottavio (Questore). . ... .. .. Camillo 4l : Cagnola Cesare, dei feudat. di Granozzo Scipione 53, i Cajmo:(C*uGerolamo ga sal ae e Bartolomeo 34 Cajmo Giovanni Battista. it. A 37 | Cajmo Gavi: Agostnot ico Gaspare 38, Caldarino ‘Giovanm Battista. >. 56 È Caprai Francesco i. e sli IO E _ È Castel San Pietro Ortensio ....... Agostino 54 | Casatt«C.*aGerolamo ue. «ce C.* Carlo _ ; Castiglione C.* Ferdinando, dei feuda- | ......... | larutdi Garlasco o ao C.° Ottavio _ Castiglione C.* Giovanni Francesco . . C.° Pompeo _ Castiglioni C.° Ferdinando . . .... IRR ERE 35 Castiglioni Hrancescosk: n ie Pompeo 50 Castiglioni (C.°BRrancesco | LEM Pompeo 35 Castiglioni Pompeo. i ie Francesco 45 Castiglioni CS Pompeo Ri o I OI OO DATA LL AMMISSIONE OD ELEZIONE DATA DELLA MORTE PEA OSSERVAZIONI dicembre 1661 ) agosto 1765 O aprile 1673 maggio 1726 701 1099 giugno 1555 | agosto 1729 dicembre 1630 febbrajo 1585 ) maggio 1672 gennajo 1641 ettembre 1650 9 aprile 1605 dicembre 1636 febbrajo 1568 agosto 1693 . giugno 1587 settembre 1737 7 luglio 1710 | marzo 1742 dicembre 1653 dicembre 1630 i maggio 1672 i maggio 1656 ettembre 1717 | | 14 maggio 1665 2 dicembre 1780 4 agosto 1606 dicembre 1567 eli ‘elato” (ei erfonrere 23 gennajo 1648 4 agosto 1600 9 agosto 1658 5 marzo 1666 19 maggio 1638 5 novembre 1653 17 marzo 1587 28 luglio 1604 21 gennajo 1775 spiega ego @. e ce) e. a 21 aprile 1777 i 13 luglio 1655 10 maggio 1656 ee eu e) 0/00: Se Dei 60. Decurioni. | Rinunciò nel 1773. Dei 60 Decurioni. Dei 60 Decurioni. Gentiluomo pavese e dei Maestri dell’ Entrate Ducali. Rinunciò. nel 174... Morì di sgozza alla sprovvista nel med.° loco pio in tempo che li Deputati si congregavano. Morì di sgozza cascatele appena uscito dal Pio loco di S.* Co- rona mentre andava per sentir Messa alla Madonna di S. Celso. Cavaliere di S.Jago, dei 60 Decu- rioni, Governatore di Vercelli. Dei 60 Decurioni. Dei 12 di Provisione. Procedono dalla linea dei feuda- tarii. di Garlasco. SM | | ETÀ. COGNOME E NOME PATERNITÀ |A EPQ DELL’AM MISSION Castiglioni C.° Ottavio . ......... March. Manfrino 40) Cattaneo MarcHAntonio +00 e Sigismondo 35 |) Cavenago C.° Cesare (dei conti di Trezzo) Ferrante 40 | Cavenago C.° Lodovico. . . . .....- Giovanni Luca 60 | Crivelli Antonio 8-02 CA OI — | Crivelli March. Tiberio ........- March. Enea — | Crivelli March. Enea. 0. March. Tiberio 42 | Croce Giacomo, feudatario di Magnago Odoardo 40%; CrOcCLOROALdO LEA MT Giuseppe 35, CUSADICGIOVANDISA CRA e Matteo 45 } | De Capitani C.* Giovanni Battista ... | 00 = Della Croce Giuseppe ........ Barnabò eri | Della ‘Riviera (CSf*Ercolet. & 00.000) RI — i Della Riviera C.**Giuseppe > 0. Ut OO n | Della Torre di Rezzonico Don Abbondio |. ........ — | Duenan= Giovanni. i rete e IE 42 | DuenaniCavf0ttavio #2 c EOS) ARS CREDE 57 4 Duenani Pao fl 0 RENEE 55 | D'UrimiNC:MGIECOMOrE EE C.* Carlo — i Kapnani Giacomogiet 0-0 Je e Giovanni Battista 40 ì Fagnani Giovanni Battista. ....... Giacomo 454 HapnaniSKederlicogsget 0° Sit Giacomo — | Ferrario Giovanni Battista. ....... Franc. Bernardo | DO AE Figliodoni C.° Dionigi . ... +06 Danese AD Eigliodoni C.*. di Santa Corona e i Padri di Santa Maria delle Grazie, ne fu determinato il trasporto in altro luogo: e in se- guito a ciò, con istromento 10 febbrajo di quello stesso anno, fu convenuta una permuta, in forza della quale alla quarta cappella a destra di chi entra, venne sosti- tuita la cappella a sinistra, prossima all'altare maggiore, sopra i tre scalini che vi conducono, e dopo quella della Madonna miracolosa, con facoltà di trasportarvi l’ancona del Tiziano, raffigurante Nostro Signore coronato di spine. Il trasporto ebbe luogo colla spesa di L. 309,6.6 per altrettante pagate ad Angelo Cajmo falegname, ad Andrea Fiandrino maestro di muro e a Giovanni Lon- goni doratore (1). Nel 1652 furono aperte inutili trat- tative per cedere quest’ancona a S. M. Cattolica, la quale, da parte sua, era disposta a dare due mila doppie. L'ancona però non si sottrasse alle rapine dei fran- cesì, i quali, verso la metà del giugno 1796, la stac- carono dal luogo suo, dove ne fu collocata una copia, che nel 1329, dietro assenso dell’Amministrazione Ospi- taliera fu trasportata in un’altra cappella. Quale sia questa non indicano mai gli atti relativi al trasporto; ma da una visita fatta da noi nella Chiesa è risultato che anche la copia non vi ha più luogo. Nella detta Chiesa di Santa Maria delle Grazie il Capitolo faceva solennizzare il 7 maggio di ogni anno la festa cosidetta di Santa Corona, con indulgenza ple- naria e colla spesa annua di L. 24. (1) Mastro di S. Corona dal 1664 al 1681 a pag. 328. AE SERVIZIO MEDICO-CHIRURGICO. Fino da quando nel 1499 i Confratelli di Santa Co- rona deliberarono di sostituire alla elemosina di pane e vino la distribuzione dei medicinali, furono eletti nu- mero sei medici e cioè uno per ciascuna delle sei porte della città. Fu poi riconosciuto che non bastava l’opera dei me- dici, ma che occorreva anche quella di un chirurgo; e a questa necessità provvidero nominando con ordinazione 11 gennajo 1543 e col salario annuo di L. 40 imperiali il chirurgo Bernardo Cattaneo. Ci mancano documenti per poter dire come abbia funzionato il servizio dei medici nei primordii dell’isti- tuzione. Un primo regolamento venne tracciato in una ordinazione capitolare del dì 1° gennajo 1551, dalla quale noi rileviamo che i Deputati, dopo di avere con- siderato che i medici si erano fatti negligenti nell'opera loro di visitare gli infermi, forse in causa della scarsa retribuzione loro assegnata, determinarono ch'essi do- vessero fermarsi ogni giorno in casa propria fino al suonare del cazzpanone grosso del Duomo, aspettando li poveri e le orine, vedute le quali, dovevano prestarsi alla visita dell’ammalato con carità, scrivendo i rimedii che gli potevano occorrere, e visitandolo almeno tre volte nel corso della malattia, e cioè, una volta avanti la prima medicina, ovvero Zé sr0p?, un'altra volta avanti — 65 — la seconda medicina, e un'ultima volta dopo Ie medicine. Le visite dovevano essere maggiori, quando il bisogno lo avesse richiesto o quando si trattasse di infermità gravi e di lunga evoluzione, come le quartane, le idro- piste, ecc. Il medico fu poi autorizzato in caso d'urgenza ed eccezionale a prescrivere le medicine anche in di- fetto della fede di povertà. Contemporaneamente il Ca- pitolo aumentava i salarii, portandoli: per il medico di Porta Vercellina dalle L.25 annue a L. 35, per quello di Porta Romana dalle L. 30 alle -L. 40, per quello di Porta Comasina dalle L. 40 alle L. 50, per quello di Porta Nuova dalle I. 20 alle L. 30, per quello di Porta Ticinese dalle L.40 alle L. 60, ritenuto in L. 40 quello assegnato al medico di Porta Orientale. Così la spesa per onorarii ai medici venne a som- mare aL. 255; e, pur riportandoci a quei tempi, queste retribuzioni ci sembrano molto meschine. Se nella or- dinazione capitolare non si fosse accennato alla negli- genza dei medici, saremmo spinti a credere che l'assegno fosse soltanto una ricognizione per un servizio volon- teroso e ispirato alla carità, non una retribuzione ade- guata ai servizii ch'eran chiamati a prestare. Forse però quelle retribuzioni hanno dovuto essere limitate in relazione al numero delle visite che i medici eran costretti a fare ed alle rendite che si avevano, rendite che nel 1550 erano rappresentate dalla somma di sole L. 8991, soldi 10 e denari 3 (1). (1) Vedi Mastro di S. Corona 155], — 660 — Che cosa sia avvenuto dal 1555 al 1569, non siamo in grado di poterlo dire, poichè ci mancano le delibe- razioni capitolari di questi anni stessi. Ai primi del 1570 si è fatto sentire di nuovo il bi- sogno di un miglioramento nella condizione dei medici, sempre però allo scopo di poter pretendere un migliore servizio nelle visite agli infermi. Ai medici di Porta Ticinese, di Porta Comasina e di Porta Orientale fu assegnato lo stipendio annuo di L. 200 cadauno, coll’ob- bligazione di fare entro l’anno cento visite ciascuno. Al medico di Porta Romana vennero assegnate 150 lire coll’obbligo di 75 visite, e ai medici di Porta Nuova e Porta Vercellina 125 lire con numero 62 visite; pro- messa una ulteriore retribuzione nel caso di maggiori visite e una proporzionata deduzione dal salario, quando le visite fossero risultate in numero minore di quello stabilito. La spesa complessiva venne perciò a aumentare dalle L. 255 alle L. 1000, salvo la spesa per la retri- buzione delle visite in più. i A controllare le 500 visite d'obbligo si consegnavano a ciascun medico cento dollettini col sigillo di Santa Corona. Su questi do/lettini il medico scriveva, oltre al giorno della sua visita, nome, cognome e domicilio del malato. Quando fossero occorse delle visite duplicate ad uno istesso infermo, dovevasi da questi, o da chi per lui, chiedere al prete visitatore della sua porta un dollettino speciale con due sigilli di Santa Corona. Qui è da no- tare il fatto che le visite duplicate furono avute quasi un'eccezione, mentre nei tempi addietro erasi ammesso LR che le visite potessero essere fin’anche tre. Convien cre- dere che si fosse assai facili nello spedire infermi al- l'Ospedale e che perciò si sia trovato opportuno il venire ad una restrizione nel numero delle visite. Le 500 visite prescritte da farsi nella città e nei borghi, da non con- fondersi coi CC. SS., nel 1570 aumentarono di oltre 1006 visite, che, con deliberazione 4 gennaio 1571, furono retribuite in ragione di soldi 7 e danari 6 ciascuna, in tutto L. 377,5. Il numero totale delle visite (1506) sembra a noi esiguo per rispetto ad una popolazione di circa 180,000 abitanti. Ne verrebbe di conseguenza o che in quei tempi fossero pochi i miserabili, o che si ammettessero al beneficio dell'istituzione con assai parsimonia. -Il Capitolo dovè preferire quest’ultimo modo di ri- compensare i medici dell’opera loro, perchè, retribuiti con salario fisso, erano facili a trascurare i malati di Santa Corona per la clientela privata. Trent'anni dopo, e precisamente nel 1599, il numero delle visite mediche raggiunse un considerevole aumento, essendosene fatte: 1382 dal medico di Porta Orientale. lio32 » » Romana. 2214 » » Ticinese. 1730 » » Vercellina. 2070 » » Comasina. S17 » » Nuova. 1954 dal medico sopra numerario. In tutto N. 11199 visite, delle quali 512 gratuite in corrispettivo del soldo fisso e 10687 pagate in L. 5945, SOR geo Ai sei medici e al chirurgo fu aggiunto nel 1578 (1) un secondo chirurgo coll’obbligo di risiedere, come i medici, ogni mattina nel Luogo Pio per ricevere gli ordini per le visite da fare, e di curare ogni sorta di malattia chirurgica, esclusi il male francese e le piaghe incurabili; nonchè numero sei barbieri o chirurghi mi- nori, destinandone uno per ogni porta della città, con obbligo a tutti di tenere appesa fuori della bottega una tavola coll’ iscrizione « Barbiere di Santa Corona. » Questi ultimi dovevano prestarsi ogni volta fossero ri- chiesti, rendere conto de’ singoli casi, dopo la prima visita al chirurghi, e mantenere le Cizzasangue o san- guisughe a loro spese (2). Sia i chirurghi che i barbieri nel curare i poveri infermi dovevano avere di mira più il timore ed amore di Dio che quale si voglia sorte di guadagno. Le con- siderazioni che determinarono questa nuova sistemazione, le rileviamo dalle premesse della deliberazione capito- lare che riportiamo. «Havendo li molto magnifici Deputati del venerando » Luogo Pio di S. Corona molte volte avvertito il man- » camento che quest'opera sua patisce, non havendo i » poveri infermi di questa città havuto fin quì cura » di chirurgia, che stando nelle case loro, senza l'Ho- » spitale li soccorresse hanno con molto suo dolore sop- » portato in finadesso questo desiderio suo, sperando pur » che da qualche parte il Signore li dovesse, come suole, » all'improvviso provvedere el aggiutto conveniente per (1) Deliberazione capitolare 25 febbrajo 1578. (2) Deliberazione capitolare 19 febbrajo 1637. a igor » poter una volta eseguire questo disegno suo; Hora » provando essi che troppo gran pena è l’andar con » questo desiderio più innanzi, vinti da una ferma spe- » ranza che Iddio sia per favorire l'impresa, pieni della » gloria sua, d'amore e di christiana compassione, si » sono risoluti di procedere per questo principio de dui » chirurghi per tutta la città, et sei barberi buoni uno » per porta etc. » Dal fatto che nell'attribuire ai chirurghi l'obbligo di risiedere nella casa del Luogo Pio ogni mattina, si accenna ad un’eguale residenza che si faceva dai me- dici, dobbiamo ritenere che sia stato abbandonato il si- stema che il medico dovesse attendere in casa sua le orine degli infermi, e che in quest'epoca abbia avuto principio la residenza medico-chirurgica nei locali del Luogo Pio. Un anno dopo furono assegnati ai due chirurghi L. 150 annue per ciascuno; al barbiere di Porta Co- masina 15 scudi d'oro, a guello di Porta Romana 13 scudi, a quello di Porta Ticinese 12 scudi, a quello di Porta Nuova scudi 6 e a ciascuno dei due di Porta Orientale e Porta Ver celli na 10 scudi. Nel 1589 (1) fu portato a L.150 il salario dei barbieri di Porta Romana e di Porta Orientale, e a L. 100 quello dei barbieri di Porta Nuova e Porta Vercellina. Perciò il servizio chirurgico veniva a costare L. 952, le quali aumentarono nello stesso anno a L. 1032 in causa del maggior assegno accordato ai due chirurghi (1) Deliberazione capitolare 14 dicembre 1589. — 70 — in L. 200 cadauno, coll’obbligo di fare ciascuno 100 vi- site e colla retribuzione di soldi 5 per ogni visita che avessero fatta in più delle prescritte. Il servizio medico-chirurgico fu dunque completato con quattordici funzionarii, fra i quali però avevano la preminenza i medici, che a quei tempi, in cui la chi- rurgia era ancora bambina, erano considerati come aventi una dignità e una dottrina di gran lunga superiori a quelle dei chirurghi. Ciò è anche provato dal fatto che i chirurghi non erano ammessi nel Collegio dei fisici. Ed era tale la considerazione in cui erano tenuti i me- dici che il Capitolo di Santa Corona credette necessario di fare nel mille e cinquecento settantanove una norma speciale per la loro elezione (1); deliberando che in caso di vacanza di un posto di medico d’orina (così chiamavansi a titolo d’ onore per l’ osservazione delle orine, dei segni degli ammalati, recati dal messo richie- dente la visita e sui quali avevano l'abitudine di giudi- care della gravezza della malattia) non potessero essere ammessi fra gli aspiranti se non quei medici che ap- partenessero allo stimatissimo Collegio dei fisici; e che, fatta la lista degli aspiranti, si assumessero su ciascuno di essi le necessarie informazioni, specialmente presso medici provetti, scegliendo poi tre o quattro nomi di quelli sui quali eransi avute le migliori informazioni per scriverli sopra biglietti che venivano posti entro di un'urna. Nel giorno stabilito per la nomina, radunatosi il (1) Deliberazione capitolare 2 luglio 1579. P*% rovedii yi Capitolo, e udita la Messa dello Spirito Santo, il Con- servatore, alla presenza di tutti i Deputati, estraeva della predett'urna uno dei tre o quattro biglietti; e quegli, il cui nome era portato in sul biglietto, era trascelto a coprire il posto di medico nell'Istituto. A questo modo la nomina era dovuta alla sorte; ma più tardi, cioè nel 1588, per ragioni che è assai facile intendere, fu deliberato che le nomine avvenissero per ballottaggio. Il salario complessivo dei medici stabilito nel 1570 fu aumentato nel 1582 (1) di L. 400, distribuibili fra loro, recando in tal modo a L. 1400 la spesa totale per il servizio medico. Ma il Capitolo non deve aver raccolto tutti quei frutti che sì riprometteva dalle riforme introdotte nel servizio e dal miglioramento della condizione dei me- dici, se nel luglio dell’anno mille e cinquecento novan- tatre dovette ricorrere alla misura estrema di rigore, ingiungendo a cinque medici di Santa Corona, Annibale Carpani, Nicolao Castiglioni, Cristoforo Castiglioni, Ales- sandro Calvi e. Claudio Quadri, di astenersi dal servizio del Luogo Pio, e se dopo qualche giorno credette op- portuno nominare in luogo degli espulsi altri cinque medici. Questa misura ci è sembrata tanto grave da giusti- ficare il desiderio di aver notizia, s'era possibile, delle ragioni che la determinarono. L'atto di destituzione tace a questo proposito, ma apprendiamo da una deliberazione posteriore del giorno (1) Deliberazione capitolare 18 gennajo 1582. RTP 22 agosto 1593 che quei cinque medici furono licen- ziati non per altro che per onor di Dio, per èl ser- vizio deî poveri e per scarico della coscienza. dei Deputati. Se non chè a noi sembra che queste frasi, anzichè essere buone ragioni, nascondano una straordinaria ne- gligenza da parte dei medici, quando pure non trattisi di cose ancor più gravi. I destituiti ricorsero al Senato, lamentandosi che il Capitolo li avesse privati del loro ufficio, quantunque esso fosse stabile, e perciò non potessero essere licen- ziati senza una legittima causa, tanto più in vista del fatto che uno di essi serviva il Luogo Pio già da trenta anni, e gli altri tutti non meno di dieci. Il Capitolo di Santa Corona, invitato a fare le sue dichiarazioni, rispose che la petizione dei medici non meritava d'esser presa in considerazione dall’eccellen- tissimo Senato, e che se il Capitolo li aveva rimossi, lo aveva fatto per giusti e sani motivi, come i Depu- tuti avevano dichiarato sotto vincolo di giuramento, e che, così operando, il Capitolo ubbidiva solo ai dettami della propria coscienza e al benessere dei poveri. I medici replicarono, ma il Capitolo si mantenne fermo nelia sua deliberazione, fino a che il Senato or- dinava che la rimozione di quei medici dovesse sortire il suo effetto. La insistenza, colla quale i medici dimessi avevano cercato di far constare che il loro ufficio era stabile, indusse il Capitolo a determinare che la durata del ser- vizio dei medici fosse temporanea e limitata ad un triennio, riserbandosi al Capitolo la facoltà di confer- mae marli alla scadenza, oppure, allorchè ciò era opportuno, di licenziarli anche durante il primo triennio (1). Notiamo en passant come in questa deliberazione ca- pitolare occorra perla prima volta il nome di Condotta medica : « Ordinatum fuit conductionem phisicorum, etc. » Più tardi dissesi anche: « Phisicorum conducto- PUM. > Prima però, e cioè nell'agosto 1593, il salario del medici era stato portato a L. 1000 imperiali per ciascuno, senza alcun compenso per le visite e il servizio della città e sobborghi e colla condizione di essere in arbitrio del Capitolo il dimetterli senza obbligo di addurre i motivi. Il salario delle L. 1000 cessò subito dopo nel 1594, essendosi fatto ritorno all'antico onorario ed al paga- mento delle visite, per le quali nel susseguente dicem- bre fu stabilito la mercede in soldi dieci. Sia per le eventuali supplenze ai sei medici, sia per il maggiore bisogno di personale, nel mille e cinquecento novanta sette (2) venne eletto un medico sopranumerario colla mercede in relazione al tempo del suo servizio tanto per le visite, quanto per il soldo fisso. Dal 1597 fino al 1609 nulla avvenne che meriti di essere ricordato. Nel 1610, in luglio, i Deputati, udite le querimonie frequentemente fatte da molti malati per la negligenza dei barbieri nell’accorrere alle chiamate e nel medicare qui medelam adhibeat ipsis paupere- Deliberazione capitolare 4 agosto 1504. Deliberazione capitolare presa il 7 settembre del 1597, PSA no bus in flebotomotando seu salassando, et cucurbitu- las, vulgo ventosas, ac sanguisugas vulgo cicciasan- gue, ecc., e riconosciuta la tenuità della loro mercede, motivo per cui forse si erano fatti negligenti, decreta- rono un nuovo correspettivo e cioè soldi 6 per ogni salasso, soldi 7,6 per ogni applicazione di sanguisughe e soldi 5 per ogni ventosa (1) tenuta come in passato a carico dei barbieri la spesa dell'acquisto delle sangui- sughe, le quali cominciarono ad essere a carico del- l’Istituto soltanto dall'aprile 1835 @). Questi correspet- tivi venivano pagati dietro presentazione di segni rilasciati dai poveri. Siccome poi nel 1648 il Capitolo si era accorto che alcuni barbieri comperavano dai po- veri i segni, così prescrisse che il pagamento dovesse seguire contro la prestazione del giuramento se cioè rano state eseguite le operazioni registrate. Fu questo un atto di sfiducia ben meritato. Nel 1614 fu aggregato al servizio sanitario un Li- totomo detto anche Norsino al quale era affidato l’in- carico di ridurre le aperture e di eseguire l'operazione della pietra, risiedendo in ogni mattina nella casa del L.P. nell'ora medesima dei medici e dei chirurghi. L’ag- giunta di questo nuovo personale non deve aver avuto luogo molto tempo prima della accennata epoca in quanto che in una istanza riportata nella deliberazione capi- tolare 80 gennaio 1614 il Norsino Cesare Stabile accenna che egli aveva medicati diversi poveri che non po- levano orinare per difetto di carnosità nella verga (1) Deliberazione cap. 9 luglio 1610. (2) Protocollo numero 6785, 743, n ed aveva atutati molti altri per causa degli inte- stini caduti al basso, ma che non gli era ancora stato assegnato un correspettivo. Colla accennata delibera- zione il Capitolo gli fissava il salario annuo di L. 50 per le prestazioni non richiedenti taglio e L. 9 per ogni operazione di taglio per causa di pietra o caduta di intestini. Qualche anno dopo (nel 1622) gli fu rammen- tato l'obbligo di fare la residenza nel Luogo Pio ogni mattina nell'ora dei chirurghi. Il Norsino era un empirico proveniente da Norcia. Pare che la litotomia fosse una specialità nella famiglia Stabile, la quale da padre in figlio servì il L. P. di S. Co- rona per parecchi anni. Però altre famiglie di Norcia eseguivano le operazioni di castrazione e della pietra (1). (1) Anticamente gli adulti affetti dalla pietra si abbandona- vano come incurabili. Nel 1535 Mariano Santo fece conoscere un metodo che per la quantità degli istrumenti che occorrevano fu detto Grande apparecchio. Il Mariano lo imparò da Giovanni de Romanis suo maestro ; il quale prima di morire lo insegnò ad Ottaviano da Villa che viaggiando in Francia lo fece noto a Culot nella di cui famiglia, come un segreto, passò ai suoi discendenti finchè alcuni chirurghi francesi, praticati dei fori nella soffitta della stanza di operazione di Culot, lo impararono e lo divulga- rono. Franco tentò di introdurre qualche variazione nel metodo, ma dissuase i chirurghi a tentare la replica. Nel 1697 un frate Giacomo eremita, uomo umano e piuttosto fortunato operatore, andò a Parigi vantando un suo nuovo metodo di operare la cistotomia, ma i chirurghi francesi che prima l'avevano lodato mossi dall’invidia lo biasimarono altamente per cui il buon frate dovette fuggire da Parigi. Pare che Rau operasse con buon successo col metodo corretto del frate Giacomo, ma egli morì senza far conoscere il suo segreto colla maledizione dell’uma- nità languente. A Checelden era riserbato l'onore di tracciare per il primo la via e la descrizione anatomica e le leggi onde Per ottenere che i chirurghi non limitassero i loro servizii alla sola residenza nel Luogo Pio in ogni mattina, come pretendevano, il Capitolo con deliberazione 5 mag- gio 1622 aumentò il loro salario a L. 300 per ciascuno con che però dovessero portarsi anche alle case dei malati, ogniqualvolta fossero richiesti, dividendosi la città fra di loro. Frasi introdotto l'abuso che i chirurghi si facessero assistere da giovani non laureati e che ad essi special- mente si affidassero per le visite alla residenza e per le operazioni. È naturale che da ciò dovessero scatu- rire varii inconvenienti per la poca scienza e la nes- suna pratica dei giovani impiegati. Il Capitolo trovò quindi provvido nel 1633 di prescrivere che nessuno il quale non fosse laureato e togato potesse prestare l’opera sua in servizio dei poveri. Sempre nel nobile intento che i poveri infermi fos- sero curati dai medici con carità, diligenza e puntua- lità il Capitolo prescrisse nel 1639: che i medici dovessero trovarsi nel Pio Luogo ogni mattina tra il campanone piccolo ed il grosso del Duomo ed ivi fermarsi almeno per lo spazio di mezz'ora per udire i bisogni dei poveri con carità ed amorevolezza e per provvedervi; che non dovessero udire gli infermi nè curarli eseguire a perfezione l'operazione della cistotomia. Ora la chi- rurgia anche in questa. parte ha fatto progressi notevoli. Questi cenni li abbiamo tolti dall’elaborato dell’egregio chi rurgo Giuseppe Ferrario allorchè nel 1530 concorse ad un posto nell’Ospedale. È merito di lui se il metodo di Maureau per estrarre a pietra fu reso sicuro. — TT. nelle loro case, nè in altro luogo, ma solo nel Luogo Pio ed alle case dei poveri conforme il bisogno, eccetto però in qualche straordinario accidente nel quale caso la carità richiedeva che in ogni luogo ed in ogni ora si provvedesse. In causa della diminuzione delle rendite prodotta dalla calamità dei tempi, il Capitolo, credendo che i medici servissero il Luogo Pio più per carità ed onore che per interesse, si indusse nel 1642 a ridurre il cor- respettivo delle loro visite dai soldi 10 fin qui corri- sposti per ciascuna visita a soldi 7,6.I medici non la pensarono come il Capitolo allorchè inoltrarono un me- moriale dimostrando che il numero delle visite state fatte nel 1642 era risultato minore in confronto degli anni passati di quasi 5000, che in conseguenza di ciò si erano risparmiati medicinali, e che finalmente il ri- sparmio era proceduto da straordinaria loro industria e vigilanza non mancando per questo di carità verso 1 poveri. Chiesero quindi che fosse conservato il cor- respettivo dei soldi 10 per visita. Il Capitolo, mentre teneva fermo nella riduzione per il futuro, deliberava di soddisfare le visite del 1642 nella vecchia misura di soldi 10. Le dichiarazioni fatte dai medici ci lasciano - l'impressione che si abusasse nel fare le visite, se con un po di vigilanza da parte loro si è potuto ottenere una diminuzione nel loro numero. Dunque la delibe- razione ha avuto un buon risultato. La riduzione non deve essere stata attuata perchè subito dopo furono corrisposti ancora i soldi 10. Sulla deliberazione del Capitolo non troviamo a ridire quando consideriamo che in quest'epoca si fu in procinto di far cessare la TRO beneficenza tanto le forze del L. Pio erano stremate. Ma di questo stato finanziario sì disastroso parleremo in appresso. Qui ci basta di averne fatto cenno a giu- stificazione dell'operato del Capitolo, il quale dovette poi anche, avendo persistito le miserevoli condizioni finanziarie, cessare nel 1673 dal donare ai medici che lasciavano il servizio una collana d'oro del valore di scudi 40 come era stato praticato negli anni addietro. Anche il Litotomo o Norcino ha fatto desiderare una osservanza più conscienziosa dei regolamenti, come ce lo dimostra la ordinazione capitolare 17 agosto 1645 che riportiamo testualmente : « Havendo il signor Conservatore ricordato nel Ca- » pitolo l'inosservanza dall’ordinatione concernente il » carico del Norsino, che serve a questo loco quale se » ben disponga che se gli paghino lire 9 per ciascuna » operatione da castrare et levare la pietra solamente » et soldi 12 e mezzo per le legature de’ figliuolini, » soldi 20 per le semplici e soldi 25 per le doppie, ad » ogni modo è introdotto abuso che se gli pagano per » operatione oltre le suddette due il levar le cataratte » da gli occhi, il provvedere alle carnosità, et il ta- » gliare, et che niuna differenza si fa dalle legature » dei figliuoli a quella dei grandi, ma solo si fa men- » tione de ligature doppie, per ciascuna delle quali si » pagano soldi 22, 6 et di semplici che si pagano soldi » 17,6 si compiacque il Capitolo pregare li signori De- » putati Magiolino e Porro acciò prese alcune infor- mationi riferissero. » Hoggi, udita la loro relatione, ordina il Capitolo che circa il pagamento delle due operationi di ca- b-A x LE (o » strare e levar la pietra, quelle se gli paghino lire 9 » per caduna. Circa a levar le cataratte, introdurre li » intestini, et tagliare rimette il Capitolo all’arbitrio » delli due signori Provinciali della speziaria per tempo » più vecchi, quali secondo li casi correnti conoscano » se il Norsino sarà nel caso che queste fatture meri- » tino la ricognitione che meritano le dette due altre » operazioni, in riguardo alla di lui faticha ed alla lun- ‘ » ghezza della cura et diano li ordini che le parerà » convenire. Circa poi le legature, si levi l'abuso e si » persista nell’ordinato, cioè che il Norsino specifichi » se de'figliuolini pei quali habbi soldi 12, 6 per cadauno, » e le semplici per grandi col pagamento de L. 1 e le » doppie de soldi 25. » Negli anni 1671 e 1768 il Capitolo fu nuovamente costretto a richiamare i medici e i chirurghi alla os- servanza degli ordini con minaccia di misure rigorose. Ad un barbiere che chiuse la bottega colla intenzione di servire gli infermi in casa venne ordinato nel 1670 di doverla riaprire. Nel 1776 fu sospeso dal servizio un barbiere perchè un suo garzone nell'eseguire un salasso aveva punta una arteria. Fu riammesso, ma coll’obbligo di rimborsare l’infermo del danno recatogli. I barbieri firmavano in bianco le ricette che poi ve- nivano scritte dai loro garzoni di bottega con evidente pericolo di errori nella esposizione delle dosi e con grave danno dei poveri infermi e quindi il Capitolo nel 1675 prescrisse che dovessero essere tutte scritte dai barbieri, ai quali nel 1746 fu anche ordinato di non prescrivere medicamenti oltre il bisogno di due giorni per evitare gli abusi e gli sperperi. RU Come abbiamo accennato poc'anzi, il servizio dei me- dici era triennale, con facoltà al Capitolo di licenziarli anche prima della scadenza del triennio. Questo ter- mine parve al Capitolo troppo lungo per essere sicuri di poter ottenere dai medici quella diligenza e puntua- lità nel disimpegno dei loro doveri che esso desiderava. Quindi, dopo di avere determinato che i concorrenti al posto di medico di S. Corona dovessero essere oriundi della città e ducato di Milano ed essersi esercitati nel- l’arte del medicare almeno per lo spazio di cinque anni, limitava nel 1693 il termine della condotta ad un solo anno, terminato il quale si intendeva finita la loro con- dotta, con dichiarazione però che essi potevano aspi- rare alla conferma per un altro anno mediante la pre- sentazione di un memoriale. Va da sé che il Capitolo con questo sistema escludeva dalla conferma i medici che durante l’anno non si fossero prestati con zelo e con carità. Questa disposizione era già stata poco prima applicata ai barbieri ed al Norsino. Questo nuovo si- stema deve aver apportato un gran miglioramento nel servizio se qualche anno dopo e cioè nel 1709 il medico di Porta Comasina ebbe a fare in un sol giorno due- cento visitelli (1) sicché il Capitolo stesso trovò di do- verlo fare ajutare. Era sì vivo nel Capitolo il sentimento che il ser- (1) Riportiamo il tenore della deliberazione 5 settembre 1709: « Rapresentatosi dal sig, C. Giov. Battista Landriano l’absurdo insorge per la quantità d’ammalati sono in P. Comasina et Porta Vercellina essendosi fatte dal medico di P. Comasina più di vi- site ducento în un giorno per il che riuscendo impossibile ad un huomo solo asistere a poveri con carità etc. etc. » — 81 — vizio medico procedesse con regolarità e nel miglior modo possibile, che nel 1695 dovendo addivenire alla nomina di uno dei chirurghi fece pratiche attivissime per trovare persona di maggior perfezione e pratica e nel scegliere Alfonso Rinaldi veneziano fu largo nel- l’accogliere le sue pretese portando il salario a L. 2200 imperiali. Non occorre avvertire che questo salario non era sistematico, ma personale per il Rinaldi, il quale cessò nel 1698 e non fu surrogato, avendo continuato per un podi tempo un solo chirurgo. Tale aumento di salario fu accordato mentre persistevano le tristi con- dizioni finanziarie del L. P. per le quali nel successivo anno si dovettero licenziare i medici, eccedenti i sei, provvisoriamente assunti. Le premure del Capitolo non si fermarono qui, ché con ordinazione del marzo e del maggio 1724 pre- scrisse che i medici e i chirurghi da eleggersi doves- sero essere esercenti per un decennio almeno, e non impiegati nell'Ospedale di Milano e che i barbieri aves- sero tenuta aperta la bottega per anni 5. Nel 1751 il salario dei chirurghi fu aumentato di L. 100 e quello dei barbieri di L. 50 per animarli ad un migliore servizio. Qualche anno dopo i chirurghi chiesero un ulteriore aumento appoggiando la loro istanza al maggior numero dei poveri accorrenti a Santa Corona, alla assistenza ai parti laboriosi, a fre- quenti operazioni d’amputazioni, paracentesi, rotture, lussazioni, ed altre operazioni con visite quotidiane di- stanti l'una dall'altra. Il Capitolo, avendo riconosciuto che diffatti le fatiche dei chirurghi erano divenute maggiori, con deliberazione 27 luglio 1763 accordava G PS O EE loro un ulteriore aumento di L. 100 recando così il salario a L. 500. La rappresentanza del L. P. aveva un bel da fare per raggiungere nell'’andamento dei servizii quella per- fezione che sì riprometteva ed alla quale mirava sempre. Gli abusi, gli inconvenienti erano all'ordine del giorno. Nel 1766 il Capitolo venne a sapere che i medici face- vano le visite un giorno ad una parte della porta della città loro assegnata, e il seguente all'altra, venendo così ritardate alcune visite con evidente danno dei malati e che i medici abbandonavano le visite ai so- stituti creando confusioni tali per cui alle volte taluno dei poveri rimaneva senza visita, mentre altri venivano visitati da due o tre medici in un sol giorno. A far cessare tali disordini il 23 settembre 1766 il Capitolo chiamò i medici e li invitò alla osservanza scrupolosa degli ordini con minaccia di punizioni severe in caso di inosservanza. Ad onta di questo richiamo energico l'abuso delle visite alternate deve aver continuato se più tardi lo vediamo ancora invalso. Nel successivo anno fu ordinato ai medici che non replicassero le ricette senza vedere il malato, dovendo la ricetta servire per una sol volta, e che i malati cronici non sanabili fossero visitati una volta ogni 15 .giorni. Le circostanze dei tempi avevano raddoppiato il numero delle persone che per le loro particolari an- gustie erano costrette a ricorrere al beneficio di Santa Corona, dal che derivava la necessità dell’assistenza continua del medico sopranumerario ai sei originaria» mente stabiliti e di altri sostituti. Per provvedere dun- Q9 en 0) que ai nuovi bisogni il Capitolo nel 1763 venne nella determinazione di eleggere al principio d'ogni anno tre medici interinali sostituti, i quali l’anno seguente fu- rono dichiarati fissi. Im questa occasione il Capitolo prescrisse che i medici fissi, i sopranumerari e i so- stituti dovessero fare le visite nel giorno in cui erano richieste e prima delle ore 24, ritenuto però che nei casi straordinarii fossero obbligati a fare la visita an- che fuori dei loro riparti in qualunque ora anche di notte. Furono contemporaneamente obbligati i chirurghi ad eseguire tutte le operazioni di chirurgia maggiore e cioè assistere alle donne partorienti, curare le aper- ture difficili, fare le operazioni delle dudoncelle e fare il taglio della pietra, le quali operazioni dovevano es- sere fatte previo consulto cogli altri chirurghi. Con questa disposizione pare che si sia voluto sottrarre al litotomo (1) Norsino la esecuzione della operazione della pietra demandandola ai chirurghi i quali dovevano es- sere richiesti dallo stesso litotomo. Il Capitolo poi avendo tenuto conto dell’ aumento dei malati e delle nuove incombenze ch’eransi addossate ai due chirurghi, venne nella risoluzione di eleggerne un terzo col salario annuo di L.300, assegnandone due a ciascuna delle sei porte della città, Fu inoltre ordinato chei barbieri non si facessero supplire dai loro giovani di bottega, se non . dopo che fossero stati regolarmente ammessi dal Ca- pitolo ed esperimentati nella esecuzione del salasso. I (1) Per sottrarre le operazioni di litotomia al chirurgo Nor- smo o litotomo furono fatti nell’ Ospedale speciali regolamenti in data ottobre 1779 e 17 febbraio 1780, e Re barbieri dovevano fare da sè stessi tutte le operazioni di chirurgia minore e non ingerirsi nelle operazioni spettanti alla chirurgia maggiore, se non nel caso in cui non si potesse valersi dell’opera del chirurgo. In causa di queste nuove determinazioni il Capitolo dovette accogliere favorevolmente la domanda che era stata fatta dai barbieri per un aumento dei loro cor- rispettivi, determinando che dal principio del 1769 in avanti l'applicazione delle sanguisughe fosse retribuita in soldi 10 e che per ogni salasso fossero loro corri- sposti soldi 7,6. Finalmente per rendere giustizia a chi esattamente osservasse gli ordini antichi e moderni istituiti per il maggior bene dei malati contro le querele talora ingiuste dei poveri, e provvedere, qualora fossero sus- sistenti, fu stabilito che, al sopraggiungere di una que- rela, il Conservatore o il Deputato di settimana dovesse assumere segrete informazioni e provvedere. Fin qui i regolamenti, le disposizioni di servizio e la determinazione degli onorarii furono fatti dal Capi- tolo di S. Corona senza alcun intervento dell'Autorità governativa, la quale cominciò ad occuparsi di questo Luogo Pio soltanto nel 1767 quando Maria Teresa, af? fine di correggere gli abusi che per l’umana fra- gilità col lungo andare degli anni si fossero per avventura introdotti nella Duona e retta amministra- zione del patrimonio dei poveri, decretava che fosse eseguita da una speciale Commissione una visita a tutti i Luoghi Pii dello Stato. Per la visita del Luogo Pio di S. Corona furono destinati il conte Ferdinando Ca- sati e D. Luigi Petazzi. La visita fu minuziosa ed estesa PR gra a tutti i servizii ed ebbe per risultato l’invio al Capi- tolo di S. Corona di un progetto di regolamento inteso a migliorare la distribuzione del personale medico e gli onorarii. Nel progetto non si variava il numero dei me- dici in servizio, ritenendo i sei fissi e i tre sopranume- rarii colla denominazione di fissi e sopranumerarii o di primarii e secondari, ma si lasciava aperto l’adito a. portarli a sette per ogni categoria, assegnandone due per ognuna delle sette porte della città, ritenuta la Porta Tosa per separata dalla Romana e dalla Orientale. Altrettanti potevano essere i chirurghi. In questo caso ai primi sette medici assegnava lo stipendio di L. 4000, ai secondi di L. 2000, lasciato indeterminato l’onorario dei chirurghi. I primi sette medici avevano l'obbligo di assistere i malati al di quà de: ponti del Naviglio, ed i secondi quelli al di fuori, non intendendosi con questa frase quelli al di là delle mura attuali. Veniva ‘iconfermato il dovere dei medici di fare almeno tre visite per infermo. Il Capitolo nel rimandare il progetto premetteva che due soli motivi potevano far nascere il pensiero di in- novare i regolamenti in corso: il miglior servizio dei poveri ed il maggior vantaggio di economia. Premesso che il servizio medico era disimpegnato da nove medici dei più celebri della città (1) col pagamento di soldi 10 per cadauna visita, metodo esperimentato il migliore (1) Si trovavano in servizio i dott.! Giovanni Schiera, Taverna Pietro, Moriggia Giov. Battista, Bonacina Antonio, Caprotti Igna- zio, Stropazocchi Pietro, Mangiarotti Gaspare, Paganini Giuseppe, Corneglio Pietro. Logge ogniqualvolta si tentò di pagarli con salario annuo, avvertiva che l'importo totale pagato per le visite, de- sunto dall’adequato di molti anni, fu di L.32794,7,5. — Il Capitolo faceva osservare che bastavano i tre chi- rurghi maggiori e i nove chirurghi minori che si tro- vavano in servizio, non essendo frequenti i casì di operazioni di alta chirurgia e limitandosi la loro opera all'assistenza dei parti difficili. Il Capitolo metteva inoltre in evidenza la maggior spesa che derivava al Luogo Pio coll’abbandonare il sistema del pagamento per ogni visita e colla introduzione di un salario fisso. Col sistema che era in corso la spesa ammontava a L. 32794,7,0, mentre il nuovo progetto richiedeva per il servizio medico una spesa di L. 42 mila. Quindi il Capitolo non esitava a dichiararsi contrario al progetto, escludendo anche la parte riguardante la chirurgia, per la quale era pre- veduta una spesa di L. 12731, 16,11 mentre si spendevano soltanto L. 11522, 1,5. Malgrado le coscienziose osservazioni del Capitolo, il nuovo regolamento venne comunicato ed imposto con rescritto 19 settembre 1774 dell'imperatrice Maria Te- resa (1). Nel governo era così assoluto il proposito di innovare perchè il Capitolo potesse avere la soddisfa- zione di veder accolte le proprie considerazioni. Di quel regolamento faremo conoscere le parti più importanti sul servizio medico-chirurgico, riservandoci (1) Alla interpellanza fatta dal Governo se per effetto del regolamento del 1774 si era ottenuto un miglior servizio, il Ca- pitolo rispose che l'esito non corrispose interamente ai desiderii del Luogo Pio. or di dire a suo luogo degli altri servizii contemplati nel- l’istesso regolamento. Il salario dei medici fissi, che si trovavano in servizio nel 1772, fu stabilito in L. 3300, abbandonato il sistema di pagare a parte le visite; e questa fu una innova- zione radicale. Il cambiamento nel modo di retribuire i medici recò danno anche all'Ospedale perchè più fa- cilmente vi si inviarono i malati. Quando si pagavano le visite, l'Ospedale curò in un anno 350 mila bocche, col sistema nuovo invece ne curò ben 550 mila. Gli onorarii dovettero essere stabiliti in così larga misura per te- nerli in relazione a quanto i medici percepivano prima per il correspettivo fisso e per le visite. Il numero dei medici fu portato a dodici corrispon- denti ai dodici quartieri della città e cioè sei seniori e sei juniori, col soldo ai primi di L. 3000 annue, ed ai secondi di L. 2000, oltre a L. 100 per il servizio di residenza così per gli uni come per gli altri. Veniva anche ammessa una retribuzione annua di L. 180 a quat- tro medici sopranumerarii dell'Ospedale Maggiore per l’incarico di prestare la loro opera di supplenza nel caso di lunga malattia o di morte dei medici di S. Corona, ren- dendo così possibile la soppressione dei medici sostituti. I chirurghi maggiori, da tre che erano, furono re- cati a sei, col salario annuo di L. 900, oltre dodici chi- rurghi minori o barbieri, col soldo di L. 600, tolte le retribuzioni speciali per le operazioni e richiesti da tutti indistintamente gli studii di litotomia. Ad ogni medico ordinario venne assegnato un quar- tiere della città, la quale in seguito a questa delibera- zione venne divisa in sel riparti, e ciascun quartiere LORI alla sua volta in due parti eguali, e cioè una interna, l’altra esterna ed al di là dei ponti fino alle mura, de- stinandosi la parte interna ai medici seniori, e la parte esterna ai medici juniori. In ciascun quartiere poi do- veva avere dimora uno almeno dei medici. Fu anche prescritto che, nelle malattie gravi, le vi- site mediche avessero luogo ogni giorno almeno nel principio della malattia, sostituendo questo metodo al- l'antica pratica, o per meglio dire all’abuso, di fare le visite un giorno sì, e l’altro no. Per conoscere i bisogni dei malati, i medici, in ognuno dei sei quartieri della città, dovevano stabilire un luogo fisso e risiedervi per lo spazio di un'ora e in un giorno della settimana diverso l'uno dall'altro. Fu conservata la residenza giornaliera medico-chi- rurgica colla destinazione di sei medici, uno per ogni quartiere, tre seniori e tre juniori, alternandosi il ser- vizio bimestralmente fra i dodici medici cui venivano aggiunti due chirurghi con egual servizio. L'opera dei sopranumerarii dell'Ospedale fu circoscritta alle sole vi- site a domicilio, esclusa quindi la residenza. I chirurghi maggiori in numero di sei vennero di- stribuiti uno per quartiere della città, coll’ obbligo di prestare l’opera loro per qualunque malattia di chirurgia maggiore. I dodici chirurghi minori furono distribuiti due per ogni quartiere coll’ obbligo di fermarvi il do- micilio, e di intervenire alla residenza giornaliera. Ai medici ed ai chirurghi fu inoltre addossato 1’ ob- bligo di assistere i malati nelle carceri dei rispettivi quartieri, nell’ergastolo e nella Casa di correzione; ma quest'obbligo cessava nel 1792, allorchè il Governo no- minò medici e chirurghi speciali a proprio carico. ga pa In un congresso generale mensile o bimestrale i medici dovevano indicare la quantità delle malattie più requenti coi rimedii trovati più efficaci, prendendo nel- l’istessa occasione i concerti utili per il miglior servizio del Luogo Pio. Per aspirare al posto di medico furono richiesti questi requisiti: aver lodevolmente servito nell’Ospedale Maggiore in qualità di medico ordinario o sopranume- rario almeno per quattro anni, — avere 10 anni di lau- rea e 36 di età, fatta eccezione per ì medici astanti dell'Ospedale per i quali bastavano 9 anni di laurea e 32 di età, equiparati a questi ultimi anche ìi medici or- dinarii dell'Ospedale che avessero il merito di una peregrinazione medica in paesi ultramontani per un biennio almeno. Non poteva essere eletto alcuno per sa/to in. me- dico seniore, ma solamente in medico juniore, dovendo la promozione dei juniori alla classe dei seniori aver luogo per anzianità di servizio, fatta però eccezione in favore dei medici che avessero servito l'Ospedale per un decennio nella qualità di medici ordinarii, e per i professori medici dell’Università di Pavia dopo un de- cennio di servizio, e ben inteso che i medici eletti per S. Corona non potevano. continuare a servire l'Ospedale. Per essere eletto chirurgo maggiore occorreva l’età d'anni 28, la licenza chirurgica nell'Università di Pavia, aver appartenuto per otto anni all’Ospedale Maggiore quale alunno di chirurgia ed essere ben versato nella esecuzione delle operazioni di chirurgia maggiore, di litotomia e di oculistica. Dacchè i medici di S. Corona dovevano provenire SERGIO) fiati dall’Ospedale, sì credette necessario di additare le norme per l'ammissione nell’Ospedale stesso. Ogni concorrente doveva essere approvato per la libera pratica, nonchè subire tre distinti esami di fisica, d’anatomia e delle diverse parti della medicina; esami che dovevano farsi dal Direttorio della facoltà medica senza alcun aggravio dei concorrenti. Con questo nuovo regolamento la spesa per onorarii ai medici e ai chirurghi venne a riuscire distribuita come segue: N. 6 medici seniori a L. 38100 compreso l'emolum. di L. 100 per la resid. L. 13600, —,— . » 6 medici juniori con L. 2100 com- preso il detto emolumento . . » 12600, —, — » 4 medici sopranum. a L. 180 cad. » 720,—,— » 6 chirurghi maggiori con L. 900 » 5400, —,— » 12 chirurghi minori con L. 600 . » 7200,—,— L. 44520, —, — Quest’ importo in confronto della spesa sostenuta nel 1773 per l’ egual titolo in L. 48763, 3,6 e cioè: Soldo ai medici . . L. 1464,18, 6 Visite mediche N. 69474 » 34737, 10, — Medici sopranumerarii » ‘330, —,— Ai barbieri per soldo » 1400, —,— Agli stessi per operazioni » 8056, 15, — Ai chirurghi . . . » 1500,—-,— Ai litotomi N. 2... » 1274,—,— L. 48763, 3, 6 L. 43760, 3, 6 Cl da uni risparmio di. ia, 0.0 46 O e Poiché nel nuovo piano speciali ed energiche dispo- sizioni provvedevano nel caso in cui un funzionario avesse servito male, si ommise la pratica di confermarli annualmente mediante il ballottaggio. Nel 1776 fu ordinato che la residenza fosse quoti- diana in una sala del Luogo Pio da farsi tanto dai medici seniori, juniori e sopranumerarii, quanto da tutti i chirurghi. Essendosi per tal guisa aggravati di un maggior lavoro i medici ed i chirurghi si pensò anche ad aumentare di L. 50 annue il loro salario, e di L. 20 quello dei sopranumerarii. Nel determinare questo im- porto si ebbe in considerazione che i funzionarii veni- vano sollevati dall'obbligo di udire i poveri nella propria casa un giorno fisso della settimana per lo spazio di un'ora come aveva determinato il piano vigente. Per assicurare poi il loro intervento alla residenza fu applicata la puntatura colla trattenuta di soldi 40 al giorno da detrarsi dal salario annuo per le assenze non giustificate. Il soldo dei chirurghi minori o barbieri fu aumen- tato dalle L. 600 alle L. 700. In seguito ad osservazioni fatte dal Capitolo di Santa Corona al Governo sul piano succitato, con sovrano re- scritto 3 gennajo 1778 di Maria Teresa, fu trasmesso un nuovo piano regolamentare. Accenneremo alle va- riazioni più importanti che abbiamo riscontrate fra que- sto regolamento e quello del 1774. Il numero dei medici ‘fissi, seniori e juniori, non fu variato, mentre fu aumentato l’ onorario dei seniori dalle L. 3100 alle L. 3200. Il correspettivo dei quattro medici sopranumerarii oone dell'Ospedale chiamati alle supplenze fu ritenuto in L. 200, ammettendo così l'aumento che era stato fatto nel 1776 delle L. 20. Il numero dei chirurghi maggiori da sei fu portato a sette, tenuto fermo il soldo in L. 900 peri primi sei e assegnate sole L. 800 al settimo, il quale non doveva avere altra incombenza che quella di curare le malattie degli occhi. Non fu introdotta alcuna variazione nel nu- mero e nello stipendio dei chirurghi minori, ma furono istituiti due chirurghi sopranumerarii coll’annuo stipen- dio di L. 250 per ciascuno coll’incarico di supplire ai chirurghi maggiori. Fu confermato l'obbligo nei medici e nei chirurghi maggiori e minori di intervenire giornalmente alla re- sidenza e fu richiamato in vigore ed esteso ai chirurghi l'obbligo imposto ai medici nel piano de] 1774 di fissar un luogo senza aggravio del Luogo Pio, dove almeno per lo spazio di un’ora in una giornata fissa della set- timana, ma in tempo diverso da quello della residenza potessero udire i malati del loro quartiere. Per queste udienze fi fissato il sabbato, tre ore prima della resi- denza nei mesi d’estate e due nei mesi d'inverno. La puntatura per le assenze fu resa normale e fis- satala penalità per le visite a domicilio non fatte e per l'obbligo di udire in ogni settimana i poveri in L. 10 al giorno per i medici seniori, in L. 6 per i juniori, in L. 4 per i chirurghi maggiori e minori, limitata a sole L. 4 per i medici, e a L° 2,10 peri chirurghi che fossero mancati alla residenza. L'importo delle tratte- nute per le visite non fatte doveva andare:a vantaggio del Luogo Pio, ad eccezione di una quarta parte che TORI doveva essere ripartita fra i poveri che non fossero stati assistiti. L'importo della puntatura per mancanza alla residenza era diviso per metà fra il Luogo Pio e il medico supplente. Questo modo di riparto non deve aver avuto un'esecuzione pratica forse per le compli- cate registrazioni di contabilità che richiedeva. D'altra parte abbiamo rilevato dai mastri di contabilità che le puntature furono pochissime. Pare che a questo risul- tato abbia contribuito la misura delle trattenute. AI chirurgo oculista, che era il settimo dei chirur- ghi, fu addossato l'obbligo di curare i poveri nella re- sidenza giornaliera al (Luogo Pio, e due volte nella settimana a casa sua. Per le malattie poi di cura più difficile e delicata, come le cataratte e le oftalmie in- veterate, fu destinata nell’Ospedale Maggiore una stanza con 14 o 16 letti, coll’obbligo al chirurgo di inviarvi i poveri sì della città che dello Stato che abbisognassero di una cura speciale, e di dare istruzioni pratiche sul trattamento delle dette malattie agli allievi così medici che chirurghi. Il congresso dei medici e dei chirurghi, che nel piano antecedente si era liberi di tenere mensile o bimestrale, venne dichiarato mensile coll’obbligo di stendere una relazione sui risultati dell’ adunanza da rassegnare in duplicato al Capitolo e al Direttorio della facoltà medica. Una innovazione importantissima è quella che ri- guarda il diritto ad un trattamento di pensione accon- sentito ai funzionarii, i quali in passato lasciavano il servizio senza alcun assegno di riposo, se si eccettui qualche raro caso in via di mero favore a carico dei loro successori e non del Luogo Pio. I medici seniori — Ut dopo di avere servito lodevolmente il Luogo Pio, e che si fossero resì incapaci per abituali malattie o per altra cagione potevano essere collocati a riposo coll’assegno aunuo di L. 1200, senza alcun riguardo agli anni di servizio prestato. Questo favore fu esteso anche a’ me- dici juniori coll’assegno di L. 900 annue, ma colla con- dizione d'aver servito per dodici anni. Per i chirurghi maggiori l'assegno fu ritenuto in L. 700 annue, colla condizione di un servizio dodicennale. Occorreva che il collocamento a riposo fosse approvato dall'Autorità governativa. | L'onorario dei medici juniori, che in questo piano fu conservato nella misura stabilita dal precedente, fu nel 1780 aumentato di L. 100 per la quotidiana resi- denza portandolo così a L. 2200. Nel 1786, allorquando il Pio Istituto di S. Corona fu aggregato all'Ospedale Maggiore, e vi si trasportava col 1° dicembre anche la residenza, divenne necessario modificare i regolamenti. Così ai succitati due piani re- golamentari ne fu sostituito un terzo in data 9 novembre 1787, nel quale domina il concetto che l'Ospedale Mag- giore e il Pio Istituto di S. Corona debbono formare un unico Istituto. Nell’accennare le principali disposizioni di quel piano procureremo per quanto è possibile di confrontarlo cogli antecedenti. I medici furono divisi in due classi, medici interni e medici esterni, abbandonata quindi la denominazione di medici seniori e medici juniori. Furono aboliti i me- dici sopranumerari dell'Ospedale incaricati delle sup- plenze e i chirurghi sopranumerari di Santa Corona, ERO essendosi sostituito in caso di bisogno di personale il sistema di assumerne uno colla diaria di L. 3. Fu am- messo il passaggio dei medici secondarii dell'Ospedale alla classe dei medici esterni di Santa Corona, di que- sti alla classe dei medici interni colla ulteriore pro- mozione a medico primario dell'Ospedale. Questo modo di promozione si è discostato totalmente da quello por- tato dai piani abbandonati. Là i medici di S. Corona provenivano dall’Ospedale, ma non potevano rientrarvi. Qui la carriera fu resa assai più larga ed assai più attraente. Per essere ammessi nella classe dei medici secon- darii dell'Ospedale bisognava aver dato buon conto della capacità e diligenza propria, nonchè aver fre- quentato l'Ospedale, coperta l’astanteria e dati saggi anche pubblici dei proprii studi. L'onorario dei medici interni fu ridotto dalle L. 3200, già assegnato ai medici seniori, a L. 1900 e quello dei medici esterni dalle L. 2200, assegnato ai medici ju- niori, a L. 1800. La riduzione degli onorari fu possibile dopochè i medici furono esonerati dal servizio della residenza quotidiana. I chirurghi maggiori furono ridotti da 7 a 6, ab- bandonato il settimo che aveva, giusta il piano del 1773, la cura della malattia degli occhi. Furono aboliti i 12 chirurghi minori ai quali fu- rono sostituiti 12 vice-chirurghi laureati in chirurgia nella KR. Università di Pavia. Questa disposizione segnò l'abolizione dei barbieri i quali eseguivano le operazioni di bassa chirurgia per mera pratica e non per scienza, — 0 Per dare un premio proporzionato alla diligenza, alla capacità ed allo zelo fu stabilita anche per i chi- rurghi di S. Corona una scala di promozione. I vice- chirurghi dell'Ospedale e di S. Corona potevano venire promossi alla classe dei chirurghi maggiori, questi alla classe dei chirurghi primari dell’ Ospedale. Per entrare poi nella classe dei vice-chirurghi di S. Corona occorreva di aver date prove di capacità e diligenza, aver frequentato l'Ospedale, e aver coperto l’impiego di caporale od ajutante od essere stato me- dico astante. I caporali costituivano nell’Ospedale una classe speciale inferiore ai vice-chirurghi, ma supe- riore agli ajutanti. L'onorario dei chirurghi maggiori e dei vice-chi- rurghi, sostituiti ai chirurghi minori o barbieri, fu conservato nella misura stabilita dal piano abolito in L. 900 per i primi e in L. 700 per i secondi. Per non ledere i diritti acquisiti dai medici seniori e juniori che si trovavano in servizio assistiti dal soldo maggiore stabilito dal piano antecedente, fu loro con- servata a reintegro la differenza fra il soldo vecchio e il nuovo. Con questa sistemazione il servizio di residenza fu sostanzialmente trasformato coll’essere stato affidato a due medici secondarii dell'Ospedale da scegliersi per turno semestrale dai 10 medici costituenti quella classe di funzionarii e coll’esonerarne di conseguenza i me- dici di S. Corona. I due medici di turno dovevano 0 prima o dopo l’ora della residenza visitare i pellagrosi, i rognosi, i cronici dell'Ospedale, l'uno nel comparto uomini, l’altro nel comparto donne. La cura delle ma- FAI 053 Paga lattie degli occhi alla residenza di S. Corona fu accol- lata al chirurgo maggiore della Senavra. La puntatura venne abolita essendosi sostituito l’ob- bligo al medico e chirurgo assente di farsi supplire da un soggetto capace, ed essendosi stabilite discipline severe per i ritardatarii all'orario di servizio e per i negligenti. Nessuna disposizione fu introdotta in questo piano circa le giubilazioni dei funzionarii e l'obbligo della residenza da parte dei chirurghi e quindi da questo lato dobbiamo ritenere che abbiano continuato ad aver vigore le disposizioni del piano 1778 tanto più che non furono derogate. Con questo piano fu creata una reciprocità fra 1 medici e chirurghi dell'Ospedale e quelli di S. Corona favorita dalla avvenuta aggregazione di quest’ultima al primo. Un'altra sistemazione fu data al servizio sanitario nel 1790 col noto piano del dott. De Battisti (1) il quale (1) Su questo piano De Battisti, che fu dai più giudicato fa- vorevolmente, il medico primario dell'Ospedale Antonio Pedetti fece apprezzamenti che crediamo opportuno far conoscere a titolo di curiosità. Egli scrisse che il signor De Battisti, quando da Vienna venne in Italia ad organizzare l'Ospedale di Milano, non ricordò che il carattere delle nazioni non è in tutte della medesima tem- pra. Se ne accorse col tempo nell’esercizio pratico, ma tardi e infruttuosamente poichè non ebbe poi il coraggio virtuoso di semplificare e correggere la sua legislazione e preferì di vederla in moltissime parti inosservata e negletta. Secondo lui il De Battisti fu in buona fede, tanto che coi doveri del Direttore si era caricato di obblighi infiniti che egli medesimo non ha poi mai disimpegnato nella loro totalità. Si ne / a 0 —— in parte è tuttora in vigore trasfuso in istruzioni e regolamenti e che andò in attività col 1.° novembre del detto anno. I medici furono conservati nel numero di 12, di- visi in due classi colla vecchia denominazione di se- niori e juniori, col soldo ai primi di L. 2500 ed ai se- condi di L. 1800. Anche qui ai medici non fu imposto l'obbligo della residenza, ma dovevano mandare, come in passato, ogni mattina all'Ospedale a prendere la nota delle visite da farsì in quel giorno nel quartiere loro assegnato. Le visite dovevano farsi nello stesso giorno in cui erano richieste, facendo precedere le nuove a quelle di mag- gior necessità. Furono assolutamente proibiti i 72tornell cioè la replica delle ricette senza vedere il malato, non che il rilascio di molte ricette in una volta sola. I malati pericolosi dovevano venire visitati una volta ed anche due al giorno, secondo l’ indole della malattia. In quanto agli altri infermi il numero delle visite da farsi direbbe che avesse immaginato e espresso nel suo piano disci- plinare la Repubblica di Platone, o il medico perfetto di Morgagni, più per dimostrare quale dovrebbe essere metafisicamente, che non per credere che sotto la umana condizione potesse verifi- carsi praticamente. Secondo il Pedetti fu gran ventura dello Spedale e gran beneficio di Dio il non essersi mai realizzato il barbaro e fatale progetto di dividere le infermerie secondo le specie diverse di malattie. Oltre la impossibilità di classificarle all’atto dell’accet- tazione, se questo fosse stato eseguito, non c’era mezzo più ef- ficace e più pronto per appestare tutta la casa e per espandere delle incalcolabili conseguenze. Il Pedetti non si manifestò del parere di richiamare in vi- gore il piano De Battisti, come si sarebbe voluto nel 1812, Salito (0 gps era rimesso al criterio del medico. Ai malati che si fossero trovati assenti da casa loro, il medico poteva sospendere la cura. Il servizio di residenza medica della durata di due ore fu affidata a due medici sopranumerari dell’Ospe- dale per turno trimestrale. I medici sopranumerari sostituirono i medici secon- dari del piano 1787 coll’obbligo di supplire ai medici di S. Corona. Il numero dei chirurghi maggiori e dei vice-chi- rurghi non fu variato in confronto al precedente piano, ma fu dichiarato che tre di Joro, cioè un chirurgo maggiore, e due vice-chirurghi per turno bimestrale dovessero fare la residenza nel Luogo Pio medicando e prescrivendo. I vice-chirurghi, che erano per lo più i primi ad essere chiamati nelle istantanee occorrenze, dovevano risiedere nel quartiere ed aver bottega aperta colla so- lita insegna di S. Corona. Non potevano eseguire ope- razioni senza la prescrizione del medico o del chirurgo maggiore, salvo ì casi urgenti nei quali potevano operare. Fu loro proibito di far salassare i poveri da praticanti che non fossero stati approvati dalla R. Delegazione medico-chirurgica. Le promozioni avvenivano per anzianità nel caso di merito eguale, accordata la preferenza a quelli che avessero pubblicato qualche opera o avessero intrapresa qualche peregrinazione medica almeno per un biennio. I medici ordinarii dell'Ospedale venivano promossi alla classe dei medici juniori di Santa Corona e questi alla classe dei seniori. I vice chirurghi dell’ Ospedale pas- — 100 — savano per promozione alla classe dei chirurghi mag- giori di S. Corona e questi alla classe dei chirurghi maggiori dell'Ospedale. In quanto alla ammissione dei medici e dei chirurghi furono ripetute le disposizioni del piano antecedente. Però nel 1803 fu dichiarato dal Governo che per essere promossi al grado di chirurgo minore di S. Corona bisognava aver prima appartenuto alla classe dei chirurghi aiutanti dell'Ospedale. La scala di promozione in questo piano fu alterata, nel senso che i medici ordinarii dell'Ospedale Maggiore furono ritenuti di grado inferiore ai medici seniori e juniori di S. Corona, mentre per effetto del piano an- tecedente questi ultimi passavano a medici primarii del- l'Ospedale. Fu prescritto che fosse tenuta mensilmente una sessione coll’intervento dei funzionarii di S. Corona per discutere scientificamente sulle malattie curate e do- minanti. Anche in questo regolamento fu stabilito che in caso di assenza di alcun medico questi dovesse pagare il supplente. La pianta organica fu costituita così : N: ‘6 medici seniori. . .. . con L. 2500 DO. ca MUDIOTI sg E ASI » 6 chirurghi maggiori . . » » 1500 n.2 vice-chirurghi.. >. (uo » a i00 Mentre i medici juniori di S. Corona furono retri- buiti con L. 1800, ai medici ordinarii dell'Ospedale corrispondenti ai primarii attuali, furono assegnate sole annue L. 1500. — 101 — Nel 1798 il Governo prescrisse che anche i vice- chirurghi di S. Corona, ai quali nel 1792 erasi accre- sciuto l’onorario dalle L.700 alle L. 800, fossero chi- rurghi maggiori. Nel febbraio 1804 un nuovo regolamento (1) con- fermò la pianta morale di S. Corona che era in corso colle relative denominazioni e classi, e prescrisse che l'avanzamento da una classe all'altra fosse fatta per ordine di anzianità e che i medici dell'Ospedale po- tessero passare ai posti di S. Corona e viceversa. I medici sopranumerarii dell'Ospedale del piano De Battisti furono sostituiti da medici supplementarii, ai quali fu addossato fra gli altri l'obbligo della sup- plenza ai medici di S. Corona, e della residenza, disim- pegnando il relativo servizio in due per turno. Fu inoltre imposto loro il dovere di prestarsi alle visite di un quartiere di S. Corona. I medici supplementarii di se- conda classe, che costituivano il primo grado di ser- vizio nell’Ospedale, per essere ammessi dovevano subire un esame che poteva essere fatto soltanto dai medici che oltre la riportata laurea fossero stati abilitati alla libera pratica e avessero assistito con assiduità e con lode alle cure mediche nell’Ospedale. L'avanzamento successivo avveniva per anzianità. Riscontrammo una novità nella facoltà data nei casi (1) Nel 1809 il Prefetto del dipartimento d'Olona partecipava che era intenzione del Ministro dell'Interno di sostituire all’in- forme piano vigente per il servizio medico quello ben ordinato del signor De Battisti (1790) che con ottimo successo area giù funzionato nell’ Ospedale. — 102 — gravi e ambigui di promuovere e far eseguire un con- sulto fra il medico curante ed altro medico dell'Istituto. Nel resto furono confermate le disposizioni del piano precedente. Fu rimessa in vigore la puntatura per le assenze alle visite coll’essere stata prescritta la deduzione pro- porzionale del salario, a meno che il medico avesse preferita la perdita di altrettanti giorni della vacanza. Un piano disciplinare per l'istruzione e promozione dei chirurghi nell’Ospedale Maggiore ne fa conoscere che i chirurghi ajutanti, i quali, come abbiamo visto, potevano passare al posto di vice-chirurghi di S. Co- rona, erano obbligati a frequentare le scuole di ana- tomia e di chirurgia nell’Ospedale compatibilmente col disimpegno dei loro doveri e che alla fine dell’anno scolastico venivano esaminati sulla angiologia, sulla mia- logia, sulle ferite, sul modo di siringare, sull’arte d’o- stetricia, sulle malattie veneree e sui principali fonda- menti della chirurgia forense. Non venivano promossi a vice-chirurghi dell'Ospedale o di S. Corona se non nel caso in cui avessero dato prove della loro idoneità. Un altro regolamento fu compilato, dopo sentiti il Consigliere di stato Sanfermo, l'Ispettore generale di pubblica beneficenza, il Direttore medico D.r Strambio e il Consiglio di beneficenza, il 2 dicembre 1812 sem- pre però limitatamente al servizio medico, per cui fu ritenuto in vigore il piano De Battisti del 1790 nelle parti in cui non veniva derogato. Qui, per rispetto agli onorari ed alle classi dei me- dici, è avvenuto il contrario di ciò che si è verificato nei piani precedenti, nei quali i medici di S. Corona — 1059 — furono ritenuti, almeno in quanto all’onorario, superiori a quelli dell'Ospedale Maggiore. I medici di S. Corona furono conservati come negli antecedenti piani nel numero di dodici divisi in due classi, medici ordinarii di prima classe e medici ordi- narii di seconda classe, colla abolizione delle denomi- nazioni di medici seniori e juniori. Il soldo fu applicato in L. 1300 ai primi e in L. 1200 ai secondi, À_ quelli dell'Ospedale, pur divisi in due classi, il soldo fu deter- minato in L. 2000 per la prima classe e in L. 1500 per la seconda. I medici di prima classe dello Spedale venivano scelti per ordine di anzianità fra quelli di seconda classe dell'Ospedale e questi fra quelli di prima classe di Santa Corona, i quali venivano scelti fra quelli di seconda classe e questi ira i supplementarii dell’ Ospedale (1). Questi ultimi poi venivano tolti dai migliori assistenti, i quali per essere nominati dovevano aver ottenuta la laurea dottorale, aver fatti gli esami di libera pratica, aver compito un periodo di quattro anni di pratica e aver superati lodevolmente gli esami da quattro medici (1) L'egregio professore comm. Verga, nella sua qualità di Direttore dell'Ospedale, avvertiva nel 1863 che l’ordine di pro- gressione incominciato nell’Ospedale col Regolamento Strambio del 1812 e mantenuto in vigore colla pianta morale del 1855, venne sempre e non senza ragione avversato dalla gioventù che aspira a carriera rapida e brillante e che egli in una solenne occasione non ha mancato di dichiarare che quel sistema aveva per effetto inevitabile di dare all'Ospedale dei funzionarii spos- sati dall'età e dalle fatiche e male atti a sostenerne il decoro e la fama. — 104 — di prima classe dell'Ospedale presieduti dal direttore. Fu così ammessa una superiorità di grado nei medici dell'Ospedale e quindi la promozione dei medici di S. Corona al posto di medico dell'Ospedale. I supplementarii dell'Ospedale furono, come nei piani antecedenti, obbligati al servizio di S. Corona per le supplenze e per la residenza. Fu confermata la puntatura per le mancanze al servizio. Il piano De Battisti del 1790 per il servizio chirur- gico ed il piano medico del 1812 colle relative piante continuarono a funzionare, finchè nel 1343 la Delega- zione Provinciale faceva osservare alla cessata Direzione la necessità di aumentare il numero del personale sa- nitario in relazione al maggior numero dei poveri ac- correnti al beneficio di S. Corona. Non devesi credere che la Direzione non avesse già prima riconosciuto il bisogno di una riforma. Fino dal 1834 aveva formu- late proposte concrete per rimediarvi, ma l'Autorità allora non credette di accoglierle in pendenza di una generale sistemazione che voleva fare dei Luoghi Pili. Invitata dalla Delegazione provinciale, la Direzione prese la palla al balzo e associatosi il medico provin- ciale dottor A. Vandoni, col quale tenne varie sedute, rassegnava con sollecitudine le proposte per una nuova pianta. Ai dodici medici di prima e seconda classe, di cui nel piano del 1812, propose di sostituire sedici medici or- dinarii senza divisione di classi e coll’onorario eguale per tutti in L. 1379,531 corrispondenti al soldo che percepivano i medici ordinarii di seconda classe e di — 105 — addossare le supplenze come in passato ai medici so- pranumerarii dell'Ospedale. Ai sei chirurghi ordinarii del piano De Battisti e ai dodici vice-chirurghi, già retribuiti i primi con L. 1528, S1 e i secondi con L. 705, 76, la Direzione pro- pose di sostituire sedici chirurghi con L. 900 annue. Il numero dei medici e dei chirurghi fu recato a se- dici perchè anche in pendenza di una nuova pianta la Direzione era stata costretta di dividere la città in sedici quartieri in luogo dei dodici, stante l'aumento della popolazione. Su questo progetto la Delegazione provinciale faceva osservare alla Direzione Ospitaliera che era d'accordo sul bisogno di un aumento di personale in S. Corona, ma che le pareva sufficiente l’aggiunta di due individui in luogo dei quattro proposti. La Direzione, che nel formu- lare le sue proposte molto giudiziosamente erasi asso- ciata il medico provinciale, anzichè accogliere le os- servazioni della Delegazione provinciale, ritornò sulle sue proposte, modificandole coll’aumento del numero dei chirurghi e concretandole così: N. 1 medico ordinario di I classe con L. 1494, 25 » 6 medici ordinarii di.Il » Ri TSI » $ medici supplementarii . . » » 1379,31 Mignlemedico assistente © ...°., »/ » 1379,81 N. 16 medici. N*M6rchirursbi&primarii 0... con IL 132331 niblioavice-ehinurghi, to i... a» 0700,76 N. 22 chirurghi, — 106 — La Direzione nel ritornare sulle sue proposte avver- tivala Delegazione provinciale che fin dal 1774 erano stati proposti 14 medici perchè richiesti dal servizio, e che essi furono ridotti a 12 da Maria Teresa; e che da quell'epoca erano corsi molti anni con un aumento nella popolazione milanese di un terzo. Dalle statistiche recentemente pubblicate nel Medzo- lanum, rileviamo che la popolazione di Milano che nel 1774 era di 128987 individui, nel 1843 salì a 153587 con un aumento di 24600 individui. L'aumento non raggiunge il terzo, ma è pur sempre ingente. La Dire- zione accennava inoltre al fatto che invocava il bene- ficio di S. Corona in causa dell’incarimento dei generi, degli alloggi e dei cresciuti bisogni una classe di persone che se ne era fino allora astenuta. Se fin d'allora sì addus- sero questi argomenti, che cosa dovremmo dir noi oggi? Il progetto di pianta fu trasmesso dalla Delegazione provinciale ai Dicasteri superiori, i quali non furono tanto solleciti nel pronunciarsi in merito. Intanto avvennero diserzioni dal servizio dei migliori medici e chirurghi per la mancata sistemazione, per la scarsa retribuzione e per le promozioni sospese. Gli sconvolgimenti politici del 1848, furono causa che si smarrissero le carte alle- gate al progetto della Direzione e che si indugiasse più del bisogno. Le proposte ritornarono alla Direzione nel settembre 1348, e il direttore Buffini, influente presso il Governo, ne approfittò per introdurvi nuove variazioni. I medici da 16 portò a 13 dividendoli in tre classi: N. 6 medici ordinarii di I classe con L. 1494, 25 » S medici » » Il » o » 4 medici supplementarii . . » » 804,60 — 107 — I chirurghi da 22 portò a 24, cioè 6 chirurghi or- dinarii con L. 1323,31 e 18 vice-chirurghi con L. 705,76. Le proposte del direttore Buffini furono approvate in via provvisoria dalla Delegazione provinciale nello stesso mese di settembre del 1843, con richiamo in quanto al modo di regolare il servizio al piano De Battisti del 1790. La sistemazione definitiva non giunse che nel giu- gno 1849. La pianta morale subì una ulteriore modi- ficazione e cioè i 18 medici furono divisi in tre classi: Ordinarii di I classe con L. 1494,75 » » II » » » Lomo: all » » II » » » 304, 60 Per i chirurghi non fu operata alcuna variazione. Soppressi nella pianta morale dell'Ospedale del 1849 i medici supplementarii, fu il servizio della residenza medica di S. Corona affidato a due medici assistenti dell'Ospedale, chiamati per turno ed in ordine di an- zianità. È questa l'unica variazione che sia stata intro- dotta in confronto del piano regolamentare De Battisti che era in vigore tuttora. Una nuova pianta con successive variazioni, sia nel numero dei funzionari, sia nella determinazione degli onorarii, fu approvata dalla Luogotenenza austriaca il 20 gennajo 1855. I medici da 18 furono portati a 19, per la crea- zione di un nuovo quartiere della città, e si conserva- rono le classi della pianta del 1849, ma si aumentarono gli onorarii da L. 1494,25 a L. 1600 per la I classe, — 108 — da L. 1379,31 a L. 1400 per la II classe, e da L. 804, 60 a L. 1200 per la IH classe. Anche il numero dei chi- rurghi fu portato a 19, colla creazione di una sola classe con L. 1200, e colla abolizione dei vice-chirurghi. Le supplenze al personale chirurgico furono affidate ai chirurghi ajutanti di II classe ed ai chirurghi assi- stenti dell'Ospedale. Questa pianta morale non ha potuto essere attivata che nel dicembre 1855 per il personale medico e nel febbrajo 1856 per il chirurgico. L'attivazione di que- st ultima parte dovette soffrire un maggior ritardo in causa del passaggio dei soppressi vice-chirurghi a chi- rurghi ordinarii e delle pratiche che occorsero per va- gliare i titoli degli aspiranti. In questa occasione furono compilate nuove istru- zioni per i medici e per i chirurghi, pubblicate nel 1856. Le disposizioni riguardanti i medici nulla offrono che meriti di essere accennato, essendo una riproduzione quasi testuale di quelle recate dal piano De Battisti. Non può dirsi lo stesso per rispetto ai chirurghi or- dinarii, ai quali fu imposto il dovere di eseguire i sa- lassi e qualsiasi operazione chirurgica, e di prestare servizio in due per turno mensile alla residenza. Queste nuove disposizioni furono reclamate dalla soppressione dei vice-chirurghi. La residenza medica fu caricata ai medici aggiunti dell’Ospedale, e, in caso di bisogno di supplenze, ai me- dici assistenti. Furono inoltre determinate le norme per gli esami dei medici e chirurghi dell’ Ospedale e di S. Corona. Dovevano subire un esame gli aspiranti ai posti di me- — 109 — dico aggiunto, di chirurgo ajutante, di chirurgo aggiunto nello Spedale e di chirurgo ordinario in S. Corona. Gli impieghi di medico e di chirurgo ordinario del- l'Ospedale, e di medico di S. Corona si conferivano senza esame. I posti di medico e di chirurgo assistente dell’Ospe- dale si conferivano per concorso, ma senza esame. Per concorrervi occorreva un intervento semestrale nelle infermerie mediche per i medici, e nelle infermerie chi- rurgiche per i chirurghi. | Mentre le istruzioni succitate rimasero invariate, la pianta morale del 1355 subì nel 1861 un'ulteriore mo- dificazione essendo stati gli onorarii tramutati dalle lire austriache in altrettante lire italiane. Delle varie ambulanze per malattie speciali che sl vennero mano mano istituendo dal 1847 in poi, diremo in appresso, premendoci di completare le informazioni sull'andamento del servizio sanitario a domicilio. Le istruzioni del 1856 e la pianta morale del 1861, funzionavano tuttora quando nel dicembre 18683 il Con- siglio degli Istituti Ospitalieri assunse, a termine della legge 3 agosto 1863, l'amministrazione e la direzione dell'Ospedale e delle Cause pie annesse. Il Consiglio diede subito opera per rivedere i rego- lamenti e per proporre quelle riforme che avesse cre- dute utili e necessarie, in relazione anche al nuovo ordine di cose. Nel proporre un nuovo regolamento per il servizio sanitario di S. Corona, il Consiglio trovò conveniente di scostarsi totalmente dai piani regolamentari antecedenti, coll’applicare al detto Pio Istituto le condotte medico- -—- 110 — chirurgiche con una sola classe di funzionarii e col rendere indipendente la carriera ospitaliera da quella di S. Corona, ma collo stabilire la dipendenza di que- st'ultima dalla prima. La concentrazione del servizio di S. Corona fu ri- tenuta consentanea allo spirito dell’Istituto, conforme alla pratica dei migliori paesi ed economica, permettendo la riduzione del personale da 38 a 28. L'indipendenza della carriera ospitaliera da quella di S. Corona fu con- sigliata dalla considerazione che l'Ospedale doveva es- sere piuttosto officina operosa, indefessa di studio e di intelligenza, e S. Corona un campo di buona pratica precedentemente acquistata. Far dipendere invece in modo esclusivo la carriera di S. Corona da quella del- l'Ospedale, per guisa che nessuno potesse diventare medico-chirurgo condotto se non dopo di aver passato alcuni anni nel primo, offriva non -dubbii vantaggi ai due Istituti, dacchè mentre a S. Corona era così data guarentigia di possedere esercenti cresciuti ad una estesa e moltiforme pratica, all'Ospedale assicurava meglio il concorso degli studiosi. Questi sono presso a poco i concetti che fece do- minare il chiaro prof. Lamberto Parravicini, allora membro del Consiglio Ospitaliero, nella sua relazione accompagnatoria della nuova sistemazione. La pianta morale e il regolamento furono approvati dalla Deputazione Provinciale nel febbraio 1865. Come si è già detto il numero dei medici chirurghi condotti fu limitato a 283 coll’onorario di L. 1400 aumentabile di L. 200 dopo il primo decennio di servizio. In conseguenza di questa nuova sistemazione i quar- — lll — tieri della città che prima erano 19 furono aumentati a 24, colla applicazione ad ogni quartiere di un medico- chirurgo condotto che doveva disimpegnare il servizio medico-chirurgico ed ostetrico nel quartiere assegna- togli e nel quale doveva abitare. Il servizio di residenza medica e chirurgica e le supplenze nel servizio di quartiere venivano demandate ai quattro medici e chirurghi di S. Corona di nomina più recente, ai quali non era affidato un quartiere sta- bile, chiamati a supplire questi ultimi i medici chirurghi ajutanti dell'Ospedale. Gli impieghi di medico-chirurgo condotto furono esclusivamente riservati a coloro che avessero fatto un tirocinio medico-chirurgico nell’Ospedale. Il concorso pubblico non era a farsi che nel caso in cui mancassero aspiranti fra i funzionari dell'Ospedale. Nessuno poteva essere nominato medico condotto se non avesse compiuto almeno un biennio nel servizio medico, ed un altro nel servizio chirurgico dell’Ospe- dale e se non avesse presentato un attestato di aver frequentato per un anno la clinica ostetrica. I medici-chirurghi condotti, a 65 anni compiuti, do- vevano ritirarsi dal servizio e domandare il collocamento a riposo. Anche in questo regolamento fu ammessa nei medici- chirurghi condotti la facoltà di provocare i consulti e di suggerire un consulente di loro fiducia. La istituzione delle condotte medico-chirurgiche fece sì che dovessero essere collocati a riposo i medici e chirurghi di S. Corona mancanti dell'uno o dell’altro dei diplomi di medicina, di chirurgia e di ostetricia. — 112 — Nel regolamento fu poi contemplato il caso in cui un medico-chirurgo condotto non avesse voluto assu- mere il servizio di bassa chirurgia col destinare in via provvisoria un flebotomo con L. 200 annue. Quest’as- segno poteva essere conseguito dai medici-chirurghi condotti che si fossero prestati anche al servizio di bassa chirurgia. Il numero delle visite fatte a domicilio dai medici- chirurghi condotti dal 1.° maggio 1865 (giorno in cui entrò in aitività la nuova sistemazione) alla fine del- l'anno fu di 81056 e quindi una media giornaliera per ciascun funzionario di circa 13 visite. Nel 1871 fu compilato un nuovo regolamento colla relativa pianta morale, la quale non differenziava dalla precedente se non nell'aver divisi i 28 medici-chi- rurghi in due classi e cioè 24 medici-chirurghi condotti e 4 medici residenti e supplenti ai suddetti. L'onorario e il numero dei quartieri non subirono alcuna varia- zione. Fu ammesso che il conferimento dei posti di medico- chirurgo condotto avesse luogo dietro pubblico concorso ed esame; e per concorrervi fu anche qui richiesta la prestazione di un servizio stabile di quattro anni nel- l'Ospedale e la frequenza per un anno della clinica di ostetricia. Del resto nessun’altra variazione importante in con- fronto della precedente sistemazione. Finalmente un ultimo regolamento con pianta mo- rale annessa fu compilato e pubblicato nel 1874. Ma non ci dà nessuna modificazione per rispetto al numero ed all’onorario dei medici ed alla divisione dei quar- — 113 — tieri della città. Soltanto il periodo di servizio nell’Ospe- dale richiesto per concorrere ai posti di medico-chirurgo condotto fu protratto a sei anni. Un anno dopo la pianta morale fu di nuovo modi- ficata riducendo a 24 i medici-chirurghi condotti e au- mentando l’onorario dalle L. 1400 alle L. 1600, divisa la città in 20 quartieri. Sia il regolamento del 1874, sia la pianta morale del 1875 sono tuttora in vigore. Ora diremo delle varie ambulanze delle malattie speciali. L'ambulanza podojatrica, attivata nel 1847 e allora disimpegnata gratuitamente dal chirurgo Anselmo Bri- ziano in ogni domenica, è la più antica. Questa ambu- lanza si rese stabile nel 1859 coll’assegno annuo a favore del detto chirurgo di fiorini 300. In questa oc- casione fu stabilito che il chirurgo pedicure dovesse provvedere alla cura speciale delle unghie incarnate, dei calli semplici e suppurati, delle verruche, delle dita accavallate per cattiva calzatura, delle unghie esube- ranti con metodi proprii che non erano quelli ordinarii della chirurgia, in ogni giovedì e domenica nella resi- denza di S. Corona, estendendo dietro richiesta dei curanti i suoi servizii anche nelle infermerie dell’ O- spedale. Nella pianta morale e nel regolamento del 1865 questa ambulanza fu confermata, assegnato al pedicure per il servizio di S. Corona il correspettivo di L. 300, il quale nel 1871 fu aumentato a L. 500 e nel 1874 a L. 300 coll’aggiunta di un assistente coll’emolumento di L. 400. — lld4d — Nel 1854 in questa ambulanza ebbero luogo le se- guenti operazioni : N. 1528 estirpazioni di calli semplici. » 200 estirpazioni di calli suppurati. » $$ estirpazioni di verruche alle mani ed ai piedi. » 40 unghie incarnate (1). Nel 1874 le operazioni salirono a 7741 @). Nel 1881 le visite furono 3163. Il confronto fra i risultamenti del 1854 e quelli del 1874 ci dà un'idea dello sviluppo considerevole di questa ambulanza e della sua utilità. Ora è disimpe- gnata dal podojatro egregio dottor Pompeo Briziano, figlio del dottor Anselmo che per primo ebbe ad eser- citarla. Le visite avvengono ogni giorno dalle ore 12 meri- diane, alla 1 1/2 pomeridiana. Una seconda ambulanza fu attivata col 1° gen- najo 1356 per la cura delle malattie degli occhi per disposizione del benefattore Vergobbio Beltramoli e con rendite provenienti da questa fondazione. L'ambulanza fu confermata nel regolamento del 1865, ma non fu determinato uno speciale emolumento per il medico spe- (1) Rendiconto della beneficenza del 1854. (2) Rendiconto del 1874 dell’egregio dott. Zucchi medico capo. — ll5 — cialista perchè si ritenne che. dovesse essere disimpe- gnata: dall’oculista addetto all'Ospedale per la fondazione Vergobbio. i Siccome però i mezzi di quest'ultima erano appena sufficienti per tener aperta la specialità nell’ Ospe- dale, così nel 1866 (1) fu nominato un oculista per S. Corona collo stipendio di L. 600, aumentato colla pianta del 1871 a L. 1200, ed elevato nel 1375 a L. 1400. Nel 1857 i malati curati in questa ambulanza rag- giunsero il numero di 2218 con una media giornaliera di sei malati. Nel 1874, i malati curati furono 3016 e le visite 34300. Nel quinquennio dal 1877 al 1881 i malati furono 16558, con una media annuale di 3811. Le visite fatte nello stesso periodo furono 146,000 con una media minima di SO visite giornaliere. Le opera- zioni più importanti praticate nel quinquennio succitato sommarono a 484. Attualmente questa ambulanza, la più frequentata di tutte, è disimpegnata dallo specialista egregio dot- tor Francesco De-Magri e da un assistente, ammesso nella pianta morale del 1371 e conservato nella suc- cessiva del 1575, coll’ emolumento di L. 400 oltre lo stipendio che percepisce dall’Ospedale per altre incum- benze. Le visite vengono eseguite in ogni giorno dalle ore 12 meridiane alla 1 1/2 pomeridiana. Il Consiglio Ospitaliero allorchè propose nel 1865 (1) Atti in Prot. al N. 9343 del 66. — 116 — il regolamento sanitario, confermò le accennate due am- bulanze aggiungendone altre due: e cioè 1’ ambulanza dentistica e l'ambulanza sifiliatrica (1). La prima fu aperta il 1° giugno 1865, la seconda il 1° novembre detto anno. Per il disimpegno dell’ambulanza dentistica fu nella pianta morale del 1865 introdotto un chirurgo dentista collo stipendio di L. 300, che nel 1871 fu aumentato a L. 500 e nel 1875 a L. 600. Nel 1879 fu applicato anche a questa ambulanza un assistente coll’emolumento di L. 400. Nei sette mesi del 1865 corsi dal 1° giugno, si pre- sentarono a questa ambulanza 470 individui. Nel 1874 le visite furono 2894 con una accorrenza mensile di malati in media di 241,15 e giornaliera di 8. Nel 1880 aumentarono a 5510 e nel 13881 a 6013, cifre rispet- tabili, tanto più se confrontate coi risultamenti dei sette mesi del 1865. Questo servizio che non si limita alla estrazione dei denti, ma che si estende alla loro conservazione, è di- simpegnato dall’egregio dott. Alberto Coulliaux. La direzione dell’ambulanza sifiliatrica , istituita nel 1865, ad onta del rifiuto del Comune di Milano di concorrere alla relativa spesa, fu allora affidata ad un siflografo collo stipendio di L. 500 che fu aumentato nel 1868 a L. 600, nel 1871 a L. 1200, e nel 1875 a L. 1400, coll’applicazione di un ajutante coll'emolumento (1) Fin dal 1863 la cessata direzione dell’ Ospedale aveva proposta la apertura di questa ambulanza. le di L. 400. Ne è titolare l’ egregio dott. Achille Fran- cesco Turati. Nei due mesi corsi dal 1° settembre alla fine di di- cembre 1865, approfittarono di questa ambulanza 900 persone. Durante il quinquennio dal 1377 al 1881, diede i seguenti risultati: | ANNO MO A OSSERVAZIONI INSCRITTI FATTE 1877 —— 11,001 Nel 1880 e 1881 non sono comprese le per- 1878 1620 12.307 sone malate di metrite ; | chesipresentano sprov- v viste del libretto e che 1879 1485 12,556 purvengono curate sen- za stendere le cedole e 1880 1594 11,155 |che farebbero aumen- | tare i malati quasi del 1881 1505 11,471 |doppio. Anche questa ambulanza funziona tutti i giorni dalle ore 12 meridiane ad un'ora 1/2 pomeridiana. Altre tre ambulanze furono iniziate da medici vo- lonterosi e benemeriti, che si prestano gratuitamente. La prima, per le malattie della gola, aperta il 1° settembre 1376, e tenuta dall’egregio dottor cava- liere Carlo Labus, nei giorni di lunedì, martedì, mer- coledì, venerdì e sabbato dalle ore 10 alle ore ll an- timeridiane. — 18 — Lo specchietto che segue ci darà un'idea della sua importanza ed utilità: ANNO I VISAE OPERAZIONI INSCRITTI FATTE | 1876 64 SALA 1 1877 419 2638 33 1878 491 3070 28 1879 526 3531 44 1880 608 3258 53 1881 867 3600 60 La seconda ambulanza fu aperta nel 1878 per le malattie ostetriche ginecologiche per iniziativa del dot- tor Chiarleoni. Ora però non funziona più. La terza per le malattie delle orecchie fu aperta per iniziativa dell’egregio dottor Restellini nel set- tembre 1830, e funziona mercè l’opera gratuita di lui in tutti i giorni dalle ore 10 alle 11 antimeridiane, ad eccezione del giovedì e della domenica. Per l'impianto dell’occorrente armamentario furono donate dal defunto Presidente conte Casati L. 500. Recentemente il duca Raimondo Visconti legò all'Ospedale per questa istitu- zione L.30 mila. Nel 1881 furono eseguite 4594 visite. In tutti i tempi il personale medico-chirurgico di S. Corona fu fatto segno a censure ed a recrimina- zioni. Se ne è forza il constatare che le prestazioni me- diche qualche volta lasciano desiderio di maggiore amo- revolezza e di carità, ne sconforta come non sempre è professata al medico di S. Corona quella stima e quel — 119 — rispetto ai quali avrebbe diritto dai poveri che assiste. Da indagini minuziose ed accurate abbiamo potuto for- marci la convinzione che furono più frequenti i casi di medici maltrattati dai poveri, che quelli nei quali il torto può essere fatto risalire ai primi, tanto più in questi ultimi tempi, e dopochè cessarono i vice-chirurghi. Quando si accenna al servizio medico di S. Corona e agli scandali che vi possono avvenire si esagera sempre e sì lascia credere che i fatti siano più gravi di quello che non sono realmente. Mentre possiamo assicurare che la Rappresentanza Ospitaliera fu sempre rigida verso i medici e i chirur- ghi negligenti e poco caritatevoli, siamo ben lungi dal disconoscere che il compito loro è arduo, scabroso e faticoso e che difficili sono i loro rapporti coi poveri. Convinti, come siamo, di questo, nell’accennare ad alcuni fatti e scandali avvenuti, daremo la precedenza a quelli che dimostrano come i medici incontrano nell'esercizio dei loro doveri ostacoli enormi. Conviene essere giusti e riconoscere che anche il medico migliore può trovarsi nell’esercizio delle sue funzioni in circostanze spiacevoli. Un diverbio vivace fra il medico di S. Corona ed una malata, che ad ogni costo voleva che le fosse ore dinato un salasso secondo lei necessario, finì colle scuse da parte della malata al medico (Atti in Protocollo al N. 2863 del 47). Un tale proferisce delle insolenze all'indirizzo del medico di S. Corona, ma poi riconosce il suo torto e gli domanda scusa (Atti in Protocollo al N. 4214 del 47). L'ordinazione di olio e cera e polentine di linosa, da applicare ad una piaga è causa che la malata, rite- — 120 — nendosi per ciò obbligata a letto per parecchi giorni dà nelle bizze e si sfoga coll’indirizzare al medico in- solenze e minaccie (Atti in Protocollo al N. 4175 del 47). Un chirurgo perchè non si presta a fare un salasso nel braccio designato dalla malata è insolentito (Atti in Protocollo al N. 1205 del 48). i Una malata che con facilità e senza un imperioso bisogno incomodava il medico di S. Corona, gli usa mali trattamenti perchè si permise di raccomandarle con modi urbani di essere un po’ più parca nel domandare il me- dico. La donna ha dovuto essere richiamata all'ordine dalla Rappresentanza Ospitaliera (Atti in Protocollo al N. 192 del 49). Un medico è trattato male dal marito di una malata di carcinoma per aver limitati i medicinali stante lo stato grave della malattia, mentre il marito misurava la necessità e l'urgenza di continui ed eroici rimedii dalle sofferenze della paziente (Atti in Protocollo al N. 1604 del 51). L'ordinazione di salassi creduti necessarii dal medico ad una malata, suscita verso di lui ingiurie, villanie ed insulti da parte del di lei marito (Atti in Protocollo al N. 419 del 32). -. Il rifiuto da parte del medico di S. Corona di in- viare all'Ospedale una malata grave in pericolo di vita, è causa che le donne del vicinato si avventino contro il medico e lo coprano d’insolenze d’ogni genere e fra queste « che i medici dell'Ospedale sono tutti gin- » gini, che se la malata fosse una pzvella V’attestato » per il trasporto dell'Ospedale sarebbe stato subito con- » cesso, » (Atti in Protocollo al N. 1281 del 52). — 21. —- Un medico, distinto e premuroso, è insultato perchè ordinò ad una malata un salasso che la famiglia non voleva che fosse eseguito (Atti in Prot. al N. 4742 del 53). Un medico, obbligato nel 1854, a notificare due casì di cholera verificatisi nella casa in via S. Cristina N.2199, è investito a calci e orribilmente maltrattato dagli in- quilini di quella casa. Seguirono arresti da parte del. l'autorità politica, e gli inquilini furono per qualche tempo privati del beneficio di S. Corona (Atti in Pro- tocollo al N. 5474 del 54). Fra una tempesta di imprecazioni le più umilianti è licenziato da una malata il medico perchè tenta di negarle la cura avendo, contrariamente ai regolamenti, chiamato un medico privato (Atti in Protocollo al N. 5885 del 61). Nel 1863 una famiglia fu privata dal beneficio di S. Corona per basse ingiurie lanciate al medico ed al prete visitatore (Atti in Protocollo al N. 4623 del 63). Così avvenne l’anno seguente per rispetto ad un tale che insolentì il personale di S. Corona. Un altro ha dovuto essere redarguito dalla Questura e privato del beneficio di S. Corona, perchè si permise con modi vi- rulenti e minacciosi di censurare il servizio degl’ispet- tori che sì erano riservati di assumere informazioni sul conto delle di lui condizioni economiche, non parendo loro meritevole del beneficio (Atti in Protocollo al N. 2657 del 64). Altri gua], altre sospensioni del beneficio, e scuse da parte dei malati ebbero luogo negli anni successivi, ma tralasciamo di riferirli per non annojare. È del resto dalle donne che partono sempre le la» gnanze e gli scandali, Ora diremo delle censure a carico del servizio e dei medici. L'amministratore Bellani, uomo energico e di tempra forte, scriveva nel 1822 al Direttore medico in questi termini: « Non possiamo ignorare che sul servizio di S. Co- » rona vi sono sussurri e clamori; si dice che gli am- » malati vengono trascurati, che ben di raro o non mai » anche in casì assai gravi si replichi la visita nel giorno, » che le visite si fanno assai tardi, e quando i poveri ma- » lati non sono più in tempo a mandar a prendere i me- » dicinali, che si facciano visite in fretta in fretta, senza » quelle interpellazioni intorno ai sintomi che sono pur » tanto necessarie, che si facciano visite stando în corte, » che salassi anche urgenti si fanno dopo molto tempo » dalla ordinazione, che si usino modi aspri e duri (1). Il Direttore medico riscontrava che alcuni medici facevano dalle 23 alle 30 visite in un giorno e non si lamentavano, nè cercavano sussidii e i malati erano contenti del loro operato. Egli però non poteva negare d’aver dovuto rilevare che alcuni medici usavano modi inurbani coi poveri, ma che era anche persuaso che vi erano poveri indiscreti ed assolutamente di cattivo carattere, mai contenti e in confronto dei quali biso- gnava alzare bene è piedi, come egli scrisse (2). Nel 1826 un medico di S. Corona, invece di visitare i malati alle loro case, obbligava i congiunti a recarsi alla residenza dove prescriveva medicinali senza vedere (1) Atti in Protocollo al N. 3272 del 182 (2) Atti in Protocollo al N. 3396 del 182: — 1259 — il malato (1). Più tardi nel 1880 l'’Ispettore di S. Co- rona riferiva che era invalsa l'opinione che le visite giornaliere fossero di dovere nei soli casi di malattia grave, che qualche medico incominciava il giro in ora troppo avanzata, altri eseguiva le visite con eccessiva fretta, e che tutti dimenticavano l'ispezione dei cada- veri dei malati ch’essi avevano curati. Soggiungeva poi che la causa principale dei malcontenti, tanto pregiu- dizievoli al buon nome dell'Istituto, era da ascrivere ai modi aspri dei vice-chirurghi. Dovette per altro confes- sare che per quanta premura il medico ed il chirurgo impieghi nell’assistere i poveri malati, non potrà a meno di sentire qualche volta dei rimproveri dalle persone inso- lenti ed indiscrete delle quali non era scarso il numero (). La abituale tardanza alle visite del quartiere pro- curò ad un medico la sospensione di tre settimane dal servizio (Atti di Protocollo al N. 4 del 21, P. R.). Un chirurgo-maggiore fu sospeso per due mesi dalle funzioni per essere incorso in varie mancanze per difetti di cura a malati e perchè senza carità. Un vice-chirurgo fu redarguito per un diverbio vi- vace che ebbe con una famiglia verso la quale lasciossi trasportare ad ingiurie, dicendo alla malata: La rîver:- sco, signora miserabile (Atti in Prot. al N. 4226 del 38). Un medico supplementario fu severamente rimpro- verato perchè trascurava i malati o li visitava una sol volta (Atti in Protocollo al N. 3096 del 34). ,À Un medico è invitato ad usare maggior dolcezza (1) Atti in Protocollo riservato. (2) Atti in Protocollo al N. 2654 del 30. — 124 — ed' affabilità di modi verso i poveri (Atti in Protocollo N. 4303 del 34). Ad un medico per le sue negligenze abituali, per la sua poca carità verso i poveri e per la pretesa che aveva che i malati si facessero visitare alla sua casa e per la riprovevole abitudine di visitare i malati fermandosi in corte, fu varie volte intercettata la carriera. Un vice-chirurgo abituale all’ubbriachezza e richie- dente verso i poveri fin a pretendere che gli pagassero da bere fu varie volte redarguito e castigato (Atti in rotocollo al N. 10 del 35. P. R.). Un medico è severamente redarguito dalla superio- rità per la sua nessuna sollecitudine nell’accorrere alla chiamata dei malati, e per la facilità colla quale pro- digava olii, siroppi ed altri rimedii ambiti dai malati onde premunirsi contro i reclami sul suo servizio (1837). Un chirurgo è richiamato all'ordine per essersi ri- fiutato di eseguire un salasso ordinato dal medico (Atti in Protocollo al N, 1676 del 53). Del resto nelle posizioni personali dei vice-chirurghi si riscontrano frequenti richiami per modi aspri ed inur- bani usati verso i malati. L’asprezza era una loro pre- rogativa. Si vede che il servizio di S. Corona funzionò sem- pre colle stesse imperfezioni e cogli stessi difetti. Ep- però facciamo voti perchè i medici di S. Corona abbiano a portare anche nella casa dei. poveri quei conforti mo- rali che non sono senza effetto sullo stato del malato. Chiuderemo questa parte del nostro lavoro con un prospetto delle visite state fatte dai medici di S. Co- rona nel 1580, e ad intervalli decennali fino al 1774, — 125 — epoca in cui al correspettivo delle visite fu surrogato il salario fisso. Sarebbe stato nostro desiderio di com- pletare quel prospetto fino ai giorni nostri, ma trovammo l'impossibilità nella mancanza degli elementi, sia negli atti d'ufficio, sia nelle registrazioni contabili e nei con- suntivi. Lasceremo quindi una lacuna e daremo in un secondo prospetto le risultanze delle visite per l'epoca dal 1865 al 1890, limitatamente a quelle fatte a domicilio. PROSPETTO delle visite fatte dai medici di S. Corona in più delle 500 gratis dal 1580 al 1774 ad intervalli decennali. ANNO NUMERO ANNO 11 NUMERO DELLE VISITE DELLE VISITE o Zio o a 1590 10,315 1700 11,031 1600 10,371 1710 24.465 1610 13,298 1720 19,279 1620 14,929 1730 24,707 1630 (1) 3,556 1740 | 30,178 1640 10,840 1750 40,216 1650 17,094 1760 50,279 1660 11,703 1770 61,647 1670 8,090 1774 77,115 1680 15,450 (1) Le visite riuscirono in numero così scarso in causa della peste. — 126 — NUMERO delle visite fatte dai medici e chirurghi condotti ai malati curati a domicilio. ANNO NUMERO ANNO NUMERO DELLE VISITE | DELLE VISITE 1865 81,036 1375 72,510 1866. 106,075 1874 | 71,905 1367 90,277 1875 65,034 1868 87,099 1376 62,516 1869 85,061 1877 63,423 1870 85,369 1873 63,011 1371 74,982 187900 67,146 1872 71,818 133008 76,665 Nel 1881 le visite a domicilio furono 74,600. — La media giornaliera per ogni medico di quartiere fu di 10 visite. Ad ogni malato furono fatte in media tre vi- site. Le maggiori visite giornaliere furono fatte dal me- dico del XII quartiere (Corso Garibaldi) avendo raggiunta una media di N. 18 visite, e ascese tante scale quante corrispondono a sei piani al giorno. Il medico del IX quartiere (Corso Genova) non ha raggiunto il nu- mero delle visite del XII quartiere, ma giornalmente salì nove piani, essendovi in questo quartiere case tutte di recente costruzione e altissime. In considerazione di questo fatto nell'ottobre 1882 fu assegnato a questo quartiere un personale sussidiario. —- 127 — SERVIZIO FARMACEUTICO. Una bottega modesta di farmacia, aperta nel locale di residenza di quest’Istituto a S. Sepolcro (1) nel 1499, provvedeva alla somministrazione dei medicinali al li- mitato numero di poveri ammessi al beneficio. Un solo speziale nella persona di Bertino da Busto disimpegnava il servizio. Con lettere ducali in data 10 aprile 1515, fu ac- cordato al Luogo Pio l'esenzione dal dazio sugli articoli di farmacia fino alla concorrenza della somma di L. 100, la quale subì in varie epoche un sensibile aumento. Allo speziale, che era obbligato di risiedere giorno e notte, furono aggiunti nel 1523 due ajutanti col sa- lario mensile di L. 10 al primo, aumentato nel 1569 aelisilinieralNsecondo di L. ‘7. Nel 1549, fu eletto uno speziale per un triennio col salario mensile di scudi 1 1/2 per il primo anno, di scudi 2 per il secondo, e di scudi 2 1/2 per il terzo. La spezieria era stata autorizzata nel 1573 a vender contro pagamento i medicinali a qualunque persona estra- (1) Sulla porta di questa bottega leggevasi questa iscrizione : CHRISTO REDENTORI SANCT_E CORONZ SACRO NOMINE DICTA SOCIETAS HIC PAUPERIBUS MAXIME Q. AGRATANTIBUS OPPORTUNA SUBSIDIA LIBERALITER ELARGITUR MDXL. — 128 — nea ed agli impiegati del Luogo Pio, ma nel 1581, allo scopo di togliere i disordini che ne derivavano, il Capitolo dovette revocare tale facoltà. La pratica della vendita dei medicinali fu abusivamente introdotta di nuovo più tardi, ma poi fatta cessare dal Capitolo nel 1677, e nel 1738, limitata nel 1682 a favore dei Deputati e dei funzionarii del Luogo Pio, ai quali però non potevano essere fatte somministrazioni superiori alle L. 50 (1). Perchè il servizio fosse più pronto fu imposto an- che agli ajutanti di spezieria l'obbligo di risiedere giorno e notte col maestro di spezieria nei locali del Luogo Pio, col diritto al vitto in refettorio, ma colla deduzione di tanta parte del loro salario. Quando nel ì590 fu eletto un nuovo maestro di bottega, il salario mensile fu elevato a scudi 7 pari a L. 42. Due anni dopo quello de’giovani di spezieria fu aumentato a L. 30 al mese e più tardi nel 1595 lo fu anche quello del maestro di bottega in L. 60 mensili. Le deliberazioni capitolari non ci danno alcuna no- zione sulla funzione della bottega di spezieria e sulla preparazione dei medicinali fino al 1639, se si eccettui la preparazione della triacca per la quale si fecero speciali deliberazioni negli anni 1602 e 1626. Nei primi anni della attivazione della bottega non devono essere occorse discipline speciali, dacchè la he- neficenza si esercitava su scala ristretta e dacchè gli accorrenti al beneficio erano limitati di numero. D’al- tra parte si era facili a dare ordini verbali. Ma in (1) Deliberaz. capitolare 8 gennajo 1682. — 129 — progresso di tempo quando le eredità ed i legati creb- bero favore alla Causa Pia e resero possibile un al- largamento sensibile della beneficenza, quell’officina non poteva più funzionare senza discipline che la regolas- sero. Fu appunto per queste considerazioni che nel mag- gio 1659 furono formulati alcuni quesiti sull'andamento di quella officina e sottoposti all'esame di un consesso costituito da alcuni medici, dal maestro di bottega e dal Capitolo. Ventilatosi se era espediente che nella spezieria di S. Corona si osservassero gli avvertimenti speciali stam- pati dal dottor Lodovico Settala e qual antidotario si dovesse seguire in detta spezieria, fu deciso di osser- vare l'antidotario bergamasco cogli avvertimenti dati dal Settala. Fu anche discusso se conveniva conservare 1 su- ghi per fare i siroppi condensandoli, e a questo propo- sito venne deciso di tralasciare di usare sughi condensati. Fu inoltre ammesso di usare nei siroppi rosati lo zuccaro mezzano sotto bianco e nei siroppi semplici il bianco, e nei mieli solutivi per clisteri il miele comune bianco, usando quello di Spagna soltanto per bocca. Lo zuccaro fu pagato nel 1636 soldi 20 la libbra, la manna soldi 24, 6, la senna soldi 44, la cassia soldi 45 e il rabarbaro soldi 40 l’oncia. Tre anni dopo per il bisogno di due mesi furono acquistati i seguenti generi: N. 4 ballini di zuccaro bianco per . . L. 1500 Libbre 500 zuccaro mezzano . . . . » 450 i » 60 amandole comuni... . . » 29 » DOXtrementma naro UL QI » gogcoraugiallaze Ain le are SR O — 1590 — Libbre, (4° mastice i . Li e lo ni 20 ughetta. i. 0a AO » 2 scialappa i To ni #00 1cassiani Li Lie Perego Olle 6 miele di Spagna di libbre 25 cad. ail. 200% 0 e Rea Quasi tutti questi generi furono comperati a respiro chè il Capitolo si trovò senza mezzi di cassa. Un anno dopo, nel 1640, il Capitolo portò le sue considerazioni sulla farmacopea speciale dell'Istituto e decise di levare alcuni medicinali come superflui e di sostituirne altri perchè utili e necessarii. Alla classe elettuarîi fu aggiunto il confetto d’Al- chermes — ai s2r0pp?, i siroppi rosati aurei, di ibisco simplicis, di althea, di papavero rosso — alle polverz, quelle ad epilepsiam — alle p2/0/e, le pillole lucis mi- noris — ai sughi, quello d'agresto condensato — agli empiastri, emplastrum de ginestra ed emplastrum di- sopilativuam — agli 0/7, oleum de ligno santo, extrac- tum de ligno santo, oleum de matricaria — agli un- guenti, arthanit — alle gomme, gumme gotte — ai grassi, adipis uman® (grasso umano) — ai cerotti, cerotti pro renibus Calestan — alle conserve, conserve florum sambuci, zuccari rosati solutivi — alle acque, acque rosarum albarum, acque artemisia. La farmacopea ha dovuto essere di nuovo riveduta nel 1647, in causa che era corsa la voce che i medi- ‘ cinali ehe vi si preparavano non erano troppo efficaci. Anche nell’uso degli zuccari fu nel 1651 introdotta una novità richiesta dall'economia nelle spese per lo — Bl sbilancio del Luogo Pio e cioè la sostituzione dello zuc- caro mezzano al fino nei casi in cui non fosse di danno al poveri infermi. Nell’ istesso anno fu anche racco- mandato ai medici di prescrivere decozioni in luogo dei siroppi. I provvedimenti non si fermarono qui, nel 1681 fu- rono soppresse le morsellate diacodion ed i giuleppi, comecchè medicamenti di lusso, riservato però l’uso nei casi di malattie asmatiche e punture, e fu dato l'ordine ai chirurghi ed ai barbieri, più facili ad essere compiacenti nel rilasciare ricette, di limitarle al bisogno di due soli giorni, per impedire le vendite di unguenti che si facevano dai poveri. Anche queste prescrizioni non bastarono a migliorare le dissestate condizioni eco- nomiche del Luogo Pio. Qualche anno dopo furono necessarii provvedimenti più potenti e più energici. L'azione benefica del Luogo Pio, lasciata nei suoi pri- mordii senza limiti e senza restrizioni, si allargò così da rendere arduo e difficile il compito di contenerla. Tuttavia il Capitolo, piuttosto che lasciar cadere in ro- vina una istituzione che aveva ben corrisposto alla aspettativa dei fondatori ed ai bisogni dei poveri, sì induceva a malincuore a prescrivere di quando in quando limitazioni di medicinali, riduzioni di personale ed eco- nomie. Proibite di nuovo nel 1697 le morse/late, il Capitolo ricordava ai medici di essere parchi nel ri- cettare medicamenti superfiui come lo zuccaro rosato, i giuleppi ed altre conserve, raccomandava loro di esclu- dere totalmente le purghe volontarie, facilmente e con troppa compiacenza acconsentite — e riduceva il per- sonale di spezieria, licenziando i giovani farmacisti ec- cedenti il numero di quattro. — 132 — Un'ulteriore revisione della farmacopea ebbe luogo nel 1711, sempre nell’ intendimento di limitare le spese per medicinali, le quali erano aumentate fuori di mi- sura. S' immagini il lettore che venivano consumate gior- nalmente brente tre e quindi brente 1095 all'anno di decozione refrigerante per l'abuso che erasi introdotto di darla con fiaschi e pestoni a chicchessia! Sia per limitarne il consumo, sia perchè i medici la ritenevano poi anche nociva alla salute somministrandola ai sani attesa la difficoltà del digerirla a stomaco pieno, colla facilità di favorire le febbri terzane, fu ordinato nel 1719 al maestro di spezieria di circoscrivere il consumo a due brente al giorno. Perchè il siroppo rosato potesse essere fatto con rose fresche furono queste coltivate in via di esperi- mento in un fondo di ragione del Pio Istituto alla Rizzarda nei CC. SS. di Milano (1758). Nel 1741Ì fu estesa al maestro di spezieria la di- sposizione che egli dovesse, come i medici, essere ri- confermato in ogni anno. In questa occasione il salario di lui che era di L. 1500, così determinato nel 1679, fu elevato a L. 1700 con che però dovesse pagare il fitto della casa destinatagli per abitazione vicino ai lo- cali del Luogo Pio. Fu inoltre istituito il posto di vice- maestro col salario di L. 2 al giorno, aumentato di annue L. 100 nel 1769. Ai giovani di spezieria fu as- segnato l’onorario di soldi 80 al mese. Quando nel 1771 il Capitolo propose un nuovo re- golamento, il quale, come abbiamo visto, fu approvato da Maria Teresa nel 1774, fu anche ventilato il par- tito se conveniva istituire nei varii quartieri della città delle farmacie succursali per la somministrazione dei medicinali ai poveri, o affidare questo servizio a spe- ziali della città. Allora fu deciso di lasciar sussistere la sola spezieria di S. Corona, la quale, trovandosi nel centro della città (Piazza S. Sepolcro), era comoda per tutti. La attivazione di sette farmacie speciali alimen- tate dalla farmacia del Luogo Pio, una per ogni porta della città, fu esclusa per la moltiplicità del necessario personale, per il fitio dei locali e perchè dai conti fatti occorreva una spesa maggiore e forte in confronto di quella che si sosteneva per questo servizio. La desti- nazione di spezierie pubbliche della città fu messa da parte perchè, anche senza temere della buona qualità dei medicinali, occorreva troppo lavoro per controllare il servizio e perchè i medicinali che si vendevano alle botteghe pubbliche costavano il doppio di quelli della spezieria del Luogo Pio. Il progetto di attivare farmacie succursali nei varii centri della città torna in discussione nel 1842 dietro iniziativa del Governo, il quale si prefiggeva con ciò di far ragione ai poveri che si lamentavano del troppo perditempo che occorreva per avere i medicinali. La Direzione, allora interpellata, mise in evidenza la inop- portunità di prevalersi delle farmacie della città, sia perchè facevano uso di una farmacopea diversa da quella dello Spedale, sia perchè potevano più facilmente introdursi abusi, mentre era difficile il sorvegliarle. La Direzione lasciava inoltre trapelare che una mag- giore spesa sarebbe stata inevitabile e che rimaneva poi sempre il dubbio che i rimedii potessero essere sem- pre di buona qualità. In quanto alle farmacie succursali — 154 — emanazioni di quella dell'Ospedale, si pronunciava pure contraria per la maggior spesa di personale e di locali che sarebbero occorsi e per l'imbarazzo del trasporto dei medicinali dall’Ospedale alle farmacie figliali. Epperò nel caso che il Governo avesse insistito per la attiva- zione di queste farmacie figliali, la Direzione proponeva la loro limitazione a tre, la prima sul corso di Porta Nuova, la seconda presso la Madonna del Castello e la terza al Carrobbio (1), In quella occasione alcuni far- macisti della città presentarono un progetto perchè fosse affidato ad essi il servizio delle farmacie succur- sali, ma la Direzione, col voto dei medici e chirurghi di S. Corona, lo respinse per le ragioni suesposte. Si pensò perfino alla istituzione di due farmacie figliali nelle Pie Case d’Industria e di Ricovero di S. Marco e a S. Vincenzo in Prato; a questo scopo erano anche stati fatti i progetti di adattamento dei locali, ma le relative pratiche furono abbandonate. Abbiamo esposti i pareri concordi dei medici e della Direzione sulla inopportunità di affidare ai farmacisti della città il servizio delle farmacie figliali. L’argo- mento è troppo importante perchè anche noi non sen- tiamo il bisogno di soggiungere qualche nostra consi- derazione. Siamo ben lontani dal mettere in dubbio l'onestà dei farmacisti della città e dal credere che il loro vivo desiderio di assumere il servizio di S. Corona non sia inspirato ad un sentimento filantropico e ca- ritatevole; ma non possiamo ammettere che i proprie- tari di pubbliche farmacie possano essere disposti a (1) Atti della Direzione N. 6 del 1842 P. R. e 483 del 43. — 155 — somministrare i medicinali ad un prezzo anche appena uguale a quello della farmacia dell’ Ospedale condotta in via economica. Noi dubitiamo poi anche che i farmacisti della città, che si assumessero un tale servizio, possano essere così solleciti nello spedire le ricette da rendere meno sen- sibile il perditempo ai poveri richiedenti. Nel rendiconto della Beneficenza Ospitaliera per il 1852 dell’egregio prof. Verga leggiamo queste testuali parole a proposito delle farmacie succursali: « Se una farmacia centrale ha molti difetti, l im- » pianto di spezierie figliali, come anche l'appalto che » fosse per farsi ai farmacisti della città, non offre la » sicurezza di un servizio nè più regolare nè più pronto, » perchè non potrebbe essere egualmente sorvegliato e » controllato e importerebbe certamente una spesa enorme » in nessuna corrispondenza coll’utile che ne potrebbe » venire al povero situato nei lontani quartieri per » l’abbreviamento della strada. » Altre proposte per farmacie succursali pervennero nel 1561 ma furono respinte per le suesposte ragioni. Nel 1379 farmacisti del Circondario esterno si offrirono di fornire i medicinali ai poveri ivi sussidiati da S. Corona per il legato Campana e per l’arbitrario e revocabile assegno fatto dal Consiglio Ospitaliero ai CC. SS., ma, dietro il parere di una Commissione, costituita da per- sone competenti in materia e che fece tesoro delle ragioni precedentemente addotte dalla Direzione del- l'Ospedale e dai medici, respinse la domanda. L'argomento è tuttavia allo studio. Ben lontani dal dichiararci contrarii alla attivazione di altre farmacie — 1396 — succursali simili a quella aperta nel 1879 in Porta Nuova nel locale dell’ Ospedale Ciceri, dove sì spediscono an- nualmente 31830 ricette, non possiamo per altro non preoccuparci dei mezzi che mancano per introdurre in questo servizio i vagheggiati miglioramenti. Coll’aggregazione avvenuta nel 1786 del Luogo Pio di S. Corona all'Ospedale, la spezieria ha cessato di fun- zionare a sè e fu compenetrata col 1° gennaio 1787 in quella dell'Ospedale. Sembrandoci inutile l’occuparci delle varie sistemazioni alle quali andò soggetta dal 1737 in poi quella officina e delle disposizioni che fu neces- sario dare per impedire abusi, diremo soltanto che nel 1863 le spese per medicinali raggiunsero la somma di L. 68410, 60 e che nel successivo anno per effetto della vigile sorveglianza di uno speciale ufficio ispettorale, attivato dal Consiglio Ospitaliero, quella spesa discese a L. 46139, 583 con un risparmio sui risultamenti del 1863 di L. 22271,07, il quale non è nemmeno in propor- zione del minor numero dei malati curati in S. Corona nel 1864, come risulta dal seguente prospetto : 1863 curati. 0. .:. N. 78596 malati 1864 » n È » 66318 » Nel 1864 in meno . N. 12278 —» Ora il servizio di Santa Corona nei locali della far- macia dell'Ospedale procede in ogni giorno dalla mat- tina alla sera col mezzo di numero quattro funzionarii, sussidiati in caso di bisogno da altro personale della stessa farmacia. Per rendere poi meno incomodo ai po- veri di Porta Nuova e di Porta Garibaldi il procurarsi le medicine, col 1° Juglio 1879 fu aperta una succur- — 157 — sale nei locali dell’Ospedale Ciceri in Porta Nuova dove giornalmente dalla mattina all’Ave Maria della sera due speziali distribuiscono le medicine. Il prospetto che presentiamo delle spese incontrate per medicinali dal 1785 al 1881 e delle prescrizioni spedite dal 1352 al 1881 dà un’idea dell'importanza di questo servizio, il quale, se dovesse essere disimpegnato da una farmacia indipendente e autonoma, richiede» rebbe sicuramente una spesa maggiore e forse duplicata. ANNO SOMMA EROGATA ANNO ‘SOMMA EROGATA IN MEDICINALI IN MEDICINALI 1785 | È: 57703199 | 1794 | È 60000—,— 1786 44960,12,— || 1795 70000,— — 1787 ATATO,—,— || 1796 | 90000,—— 1788 50000,—,— || 1797 | 11615119, 6 1789 55785,—,— || 1798 70000,—,— 1790 50000,—,— || 1799 | = 77249,1,7 1791 ® 60000,—,— || 1800 (6)| = 7783919— 1792 60000,—,— | 1801 | 65235, 7— 1793 60000, —,— || 1802 69725,18,11 (1) Nella cifra della spesa sostenuta per i medicinali negli anni 1785 e 1786 non è compreso l'importo dei salarii del per- sonale di Farmacia, mentre dal 1787 in avanti è computato per metà a carico dell'Ospedale e per l’altra metà a earico del Luogo Pio di S. Corona. (2) Dal 1791 al 1796 la cifra per la spesa in medicinali venne esposta in via approssimativa. (3) Dal 1800 al 1859 la quota a carico di S. Corona della spesa della Farmacia fu calcolata in via approssimativa come dai Bilanci. — 1398 — ‘SOMMA EROGATA SOMMA EROGATA ANNO ANNO IN MEDICINALI IN MEDICINALI mil. aus. a 1805 L. 70214, 6, 1328 L. 33848,79,— 1304 66532,10,— 1829 33782,87, 4 1805 07992 1830 29535,09, 3 1806 66962,10,— 1851 29715,22, 7 1807 sn 68402,10,— 1882 27405,81, 1 1808 L. 52081,56, 4 1855 20452,27, 1 1809 39393,07,— 1834 27007,57, 9 1810 44201,18,— 1835 30350,38, 9 1311 39817,44,— 1896 29486,47, 3 1812 23305,27,— 1897 39495,60, 9 1813 22393,86,— 1838 42448,50, 4 1814 13290,72,— 1839 41843,76, 6 1815 19584,17,— 1840 49285,94, 1 1816 29752,91,— 1841 54852, 15, — ISL7 29230,60,— 1342 40470,02,— 1818 22259,604,— 1843 34293,65,— 1319 15825,69,— 1844 88171,25,— 1820 16124,90,— 1845 326040,40,— 1821 16091,52,— 1846 452597,99,— 1322 24049, —,— 1847 50937,59, — 1823 23981,45,— 1348 48081,80,— 1324 di 30122,90,— 1349 60808,78,— 1825 33267,13,— 1850 60564,96,— 1326 39104,98,— 1851 48709,59,— 1327 41492,50,— ‘opepodso qqop 09010 è £/; tp o euo109 ‘SIP corteo è “/, tp euorseI efpou mSos vroeusie e] 10d esods elop cuorzaedti e] Queste UT GS8I Tea (1) ESILE | FOFOCCS I8SI|***"*| SF'65656 TL8I || SINTST| LOFTOGS TOSI OTPEST | OS'OLELS 088L|| °°" "| 88°G0gze 0ZST || GLL'GEG| ST°0S8FS 098T Gr0'ES8 | OTFIGY 6L8T | 96681 | TI'S68IS | 6981 || LFIFSG 08819F7 "I (1) 6SSI Î 024013 | T6°GFL97 8L8I || OLE‘LST| E9T6LES 981 || OCOFOT| ITLFLSL 9691 > || GIT'68I| SFFISS7 LL81 || LFO8GI | 08‘4L898 4981 || GOTICI 8FFGS00 LS8T | EgseLI| cesserse OLI || TLL'OBB| TEC6198 098I || COSTS | O0SSIO OGST Ill gooSFsT| ea'socze GL8T || ISTTS| 86814 GO8T || LEFILTI GPFELES GGSI FOGLI | ET99LSE FL8I || *"* | ES6S197 TOSI || CLG°CGT| 6927099 ESSI SE E00:09LES EL81 || FEL'EER| 09°01789 S98I || "©" *| 6109699 EGSI i 6G9SGEE MT GLST || LOSIELE PIGPICOT cool eni 08'EF90S "T ESSI SHOICAN STHOICTAN STHOIANN ° | INOIZIVOSAUA TIVNIOICHN INOIZIVOSAMA TIVNIOIA(HN INOIZIMOSIMA TIVNIOITHIN aan TELO RENI CA RR ono ar OI Sin OLO AMI CIS — 140 — ESERCIZIO DELLA BENEFICENZA. Non esiste un atto di fondazione dal quale rilevare il modo col quale al suo nascere questa istituzione doveva funzionare. Come abbiamo visto, sòrta per inizia- tiva di pochi e generosi cittadini e in proporzioni mo- destissime perchè limitati erano i mezzi, pareva desti- nata, come tante altre, a languire quantunque ne fosse umanitario il concetto e inspirato a sentimenti nobili e filantropici. Se ha potuto consolidarsi, farsi forte e superare crisi disastrose nel decimosettimo secolo, egli è perchè i membri della Corporazione non si lascia- rono mai sopraffare dallo scoraggiamento e furono per- tinaci nei loro propositi e perchè la istituzione incontrò tanto favore e fu sempre sorretta fino alla fine del XVIII secolo dalla carità cittadina. Nella mancanza di una fondiaria per cercare di for- marci in qualche modo un criterio del come sì eser- citasse quella beneficenza, abbiamo voluto consultare il Privilegio di Lodovico Maria Sforza del 21 agosto 1499 col quale la istituzione fu eretta in corpo morale, non ‘he le lettere arcivescovili colle quali fu riconosciuto il Luogo Pio; ma siamo rimasti delusi perchè tacciono affatto su tale riguardo. Il Gilini, che scrisse nel 1508 sull’Ospedale Mag- — ldl — giore e sulle varie Cause Pie della città, parla del Luogo Pio di Santa Corona in questi termini : « De la Compagnia de Sancta Corona. De medici et » medicine provede gratuitamente a poveri la Compa- » gnia de Sancta Corona: havendo questo subsidio pre- » parato a chi e cognosciuto essere in bisogno senza » forma de ajuto. » i Però da un registro dell’epoca lasciato dai Confra- telli fondatori rileviamo che l’opera pia era destinata a favore dei malati di Milano. Riportiamo testual- mente la registrazione. « 1512 a di 7 marzo. Per il sp. D. Francesco » Mantegazza Conservatore insieme con. li infrascriti » Compagni cioè D. Aloysio Varexino, D. Jo. Matheo » da Cuxano, D. Jo. Petro Meleghino, D. Jo. Antonio » da Lecho, D. Hieronimo Confaronero, D. Joh. Ambrog. » Vischonti, D. Bernardino Ghilio et D. Aloysio da Prato. » Inspirati dal Spirito Santo a confermatione et stabi- » limento de la spiziaria dedicata alla sublevatione de » li poveri infirmi de Milano. Per la dieta Compagnia » nuncupata Confraternita di S. Corona, zioè, che quelli » compagni li quali daxevano elimoxina ogni anno per » mantenere dicta speziaria, nunc dieno tanti beni im- » mobili che renda quella medema intrata, quanto lhoro » daxevano ogni anno, e tanto più quanto saranno da » Dio inspirati et adiutati, et questo si exeguisca una » volta da qui alla festa di S. Corona proxima sotto il » titulo di la quale sono congregati et fabregato detta » speziaria. » Naturalmente quando la istituzione fu iniziata i Corpi Santi, come esistono ora, non potevano parteci- — 1422 — parvi, dacchè la costruzione delle mura attuali cominciò soltanto nel 1546. La città aveva allora i suoi borghi che si estendevano dalla cerchia del Naviglio alle mura suddette. Così ci rimasero le denominazioni di Borgo 5. Croce, Borgo di Cittadella, Borgo della Fontana, Borgo Spesso, Borghetto, ecc. (1). i Pare dunque che la beneficenza non si limitasse alla sola città chiusa nel cerchio del Naviglio, ma si esten- desse anche ai borghi contigui, che ora formano parte della città entro la cerchia delle mura attuali, come (1) I borghi di Milano furono abbruciati e pressochè distrutti nel 1516 come l'abbiamo rilevato dal seguente racconto scritto in un registro del 1575 esistente nell'Archivio del Luogo Pio di Santa Corona. Facciamo questa pubblicazione quantunque il Guic- ciardini abbia accennato a questo fatto nella sua Storia d’Italia a pag. 1350 (volume terzo, edizione Sonzogno). « Notta como nel anno 1516 il giorno de S. Ambrosio al »neme fu bruxati li borghi de la città de. Milano per la venuta » de lo Imperatore qual vene apresso con grosso exercito alla città » per prenderla et in essa città l'era lo exercito de Francesi et lo » exercito de Venetiani con lo sig. Andrea Gritta del quale ne era » principale et fu ditto che de consiglio del ditto Gritta fu che se » bruxasse detti borghi et lo Imperatore con il suo exercito per » dubito como fu ditto de tradimento o fosse per altra cosa, se » retirò et se ne ritornò a caxa, et quello giorno medemo de » S. Ambrosio le monache de S. Lazaro per timore che se bruxasse » il suo monastero vensino dentro da Milano in processione con » denante un Crucifisso et lacrimando andavano cantando le letanie;, » quale comoveveno a gran pietà a vederle et andorno a iogiar al » luoco de S. Corona apresso a la Rosa et li steteno alchuni giorni » sin che fu dato luoco al rumore et poi ritornorno al monasterio » qual per gratia et bontà de Dio lo trovorno ilexo et alora ditte » monache erano il numero . ... et al presente che siamo nel » anno 1575 se ritroveno 118 et tutte nobille et molte de le prime » caxe de Milano che Dio ne sia laudato. » — 14839 - abbiamo occasione di rilevarlo dal mastro di contabilità del 1582, laddove sono esposte le spese fatte per me- dicinali e per le visite eseguite dai medici. Riferiamo testualmente le relative registrazioni : MastRO 1582. Spese generali al presente anno devono dare a di 24 dicembre L. 1396, 11 in credito a cassa contati alli magnifici signori phisici per la cura fatta a poveri in- fermi della città et borghi di Milano quali venghano a Sancta Corona per li medicamenti et questi per tutto l’anno presente finirà a di detto, come appare. MastRO 1583. Spese generali al presente anno devono dare a di 24 dicembre L. 1425 in credito a cassa contati all’in- frascritti phisici per la sua provvigione de tutto il pre- sente anno per la cura fatta a poveri infermi di questa città et soî Borghi, etc. Da questo è facile ritenere che i borghi della città possano essere i CC. SS., tanto più che le riportate re- gistrazioni riguardano anni posteriori alla costruzione delle mura attuali; ma noi osiamo manifestare il dub- bio che si tratti dei borghi esistenti al di quà delle mura suddette. Diffatti da una grida pubblicata il 27 giugno 1571 per la notificazione delle biade, legumi, ecc., sì accenna agli abitanti della Città di Milano, suoi Borghi e CC. SS. Anche il Torre, nel suo ritratto di — 144 — Milano, afferma che la denominazione di borghi fu con- servata fino ai suoi giorni a quella parte della città racchiusa fra la cerchia del Naviglio e le mura attuali (1). Mentre ci troviamo nella assoluta impossibilità di far conoscere i requisiti che furono in origine richiesti, sia per constatare la povertà, sia per designare le per- sone chiamate a fruire del beneficio, sappiamo che erano contemplate soltanto le persone povere che non anda- ‘vano questuando, che parecchie corporazioni religiose godevano di quel beneficio nei primi anni della attiva- zione di questa Causa Pia, e che per ragione di man- canza di mezzi fu loro tolto, ma poi concesso di nuovo nel 1583. Oltre alla somministrazione di medicine si facevano assegni arbitrarii di doti e di sussidi per fabbrica di monasteri e di chiese. I primi furono sospesi nel 1580 e i secondi continuarono bensì per qualche tempo, ma poi furono fatti cessare come vedremo. Molto opportunamente il Capitolo in tempi di cala- mità, pur troppo frequenti negli scorsi secoli, oltre alle medicine distribuiva elemosine in danaro. Nel marzo del 1586, che fu un anno disgraziatissimo, il Capitolo assegnava ad ogni povero infermo soldi 15, e persistendo la carestia, nel dicembre del detto anno fissava L. 600 per ogni settimana e per sette mesi da distribuirsi in elemosina da speciali delegati delle sei porte della città. Con questo provvedimento caritatevole e giudizioso il Capitolo sì proponeva di sfamare i poveri piuttosto che curarli malati per mancato nutrimento. A questo (1) Torre, pag. 7. — 145 — modo di beneficare il Capitolo ha dovuto ricorrere anche nel 1591 nei mesi di marzo, aprile e maggio colla somma di scudi 500 per .ogni mese, stante la carestia ancor più forte di quella del 1587. Venne inoltre in soccorso dei monasteri poveri duplicando per la calamità dei tempi la solita elemosina che faceva lor In quello stesso anno furono elargiti scudi 50 per la fabbrica del monastero delle Cappuccine dietro in- tercessione dell'Arcivescovo. Per la prima volta nel 1586 troviamo ammessi alla somministrazione dei medicinali i* carcerati della Mala- stalla, del Pretorio, del Capitanato e della Torretta di Porta Romana, secondo le prescrizioni dei medici che li curavano e dietro il rilascio del certificato di povertà da parte dei Protettori; e nel 1592 il beneficio fu esteso ai poveri di S. Giovanni sul Muro, anch’ essi per il solo godimento dei medicinali e nel 1594 all'Ospedale dei mendicanti estensivamente al servizio medico. L'aver limitato ai poveri di S. Giovanni sul Muro il beneficio ai soli medicinali lascia supporre che alla cura medica prov- vedessero altre istituzioni. Sappiamo per altro che questa parrocchia era provveduta di uno speciale Luogo Pio. Una elemosina abbastanza considerevole è quella che fu assegnata nel 1593 in L. 3000 ai Cappuccini per la costruzione di un nuovo monastero che inten- devano erigere in Milano, e aumentata nel 1597 di altre L. 3000. Queste prodigalità lasciano i' impressione che sì di- scostasse troppo dal concetto originario della istituzione, pur considerato ed ammesso che i Deputati potessero ritenersi liberi ed arbitri di erogare i mezzi da loro — 146 — stessi forniti come meglio fosse loro piaciuto. Però anche lo stesso Capitolo si accorse più tardi che quelle elargizioni si allontanavano dalla fondiaria, come diremo in seguito. Finora non abbiamo mai rilevato dalle deliberazioni capitolari che i Corpi Santi di Milano al di là delle mura attuali partecipassero a questa beneficenza. Sol- tanto in una ordinazione capitolare del 1593 riguar- dante il licenziamento di alcuni medici leggemmo queste testuali parole : « Sì come è cosa chiara che il bon governo dei » Luoghi Pii principalmente procede da la libera autorità » che tengono li loro Priori et Deputati di ammettere » et rimovere li ministri et stipendiati loro da qua- » lunque qualità et grado si sieno, così anche non vi » è dubio che quando detta auctorità fosse levata, ri- » stretta o limitata essi Luoghi con danno irreparabile » de poveri anderebbero in estrema rovina. Questa as- » soluta potestà non mai interrotta sin dala creatione » del Pio Luogo di S. Corona ha causato non solo la » manutenzione sua, ma di più lo ha arrichito delle fa- » cultà de’ proprii Deputati, con li quali hora si fano » curare da sei medici cioè uno per cadauna porta di » questa Cità et dano le cose necessarie alla salute dei » poveri infermi dela Cità, Borghi e Corpî Santi. » (1) Ad onta che nella surriportata deliberazione si sia fatta la distinzione fra gli infermi della città, borghi e Corpi Santi, nel mastro di contabilità trovammo an- cora nel 1593 la dizione Mz/ano e suoi borghi. Ed in (1) Deliberaz. cap. 22 agosto 1593. — 147 — tutti i modi, i Corpi Santi o borghi al di là delle mura se anche godettero del beneficio, il Capitolo, come ve- dremo in seguito, ebbe loro ad assegnare alcuni limiti. Intanto in una deliberazione del Capitolo del 1579, colla quale si determinarono alcune modalità per la ele- zione dei medici si accennava « che la principale inten- zione del Loco Pio di S. Corona era il far curare i poveri infermi della città ale case loro (1). Può darsi che fin qui i CC. SS. abbiano partecipato soltanto al beneficio dei medicinali. Contrariamente a questa dichiarazione dobbiamo però accennare che qualche anno dopo, e cioè nel 1606 @), dovendosi ripartire la Porta Ticinese fra due medici, ad uno di essi veniva assegnata tutta la parrocchia di S. Lo- renzo di fuora (del Naviglio), e tutta la parrocchia di S. Gottardo e Corpi Santi all’altro e che nel 1619 (3) s'è fatta un’eguale ripartizione per la Porta Comasina, assegnando ad uno i poveri domiciliati dal Ponte del Naviglio che va da S. Marco alla Piazza del Castello sin tutto il Borgo degli Ortolani e all’altro dal Ponte di dentro. Stante la riconosciuta povertà delle monache di S. Maria Maddalena furono loro concessi nel 1594 i me- dicinali e contemporaneamente esteso il beneficio ad altri tre monasteri ai quali era stato tolto poco tempo prima. Una terza carestia verificatasi nel 1597 fece deci- (1) Deliberaz. capitolare 8 luglio 1579. (2) Deliberaz. capitolare 2 aprile 1606. (3) Deliberaz. capitolare 7 giugno 1691. — 148 — dere il Capitolo a richiamare le disposizioni che erano state date in altre simili circostanze e quindi fissava nel febbrajo di quell’anno la distribuzione di una ele- mosina di scudi 100 da farsi in ogni settimana ai po- veri fino a nuovo ordine. Il Capitolo, sempre benefico, fu inesorabile verso i malati di mal francese, negando loro nel 1594 e nel 1654 una cura regolare, salvo le purghe, le quali furono poi riconosciute inutili dai medici. Questa misura sì rigo- rosa, giustificata solo dalle massime del tempo e dallo spirito religioso predominante, fu adottata mentre con- temporaneamente si estese il favore dei medicinali ad altri monasteri. Nel 1659 i medici fecero sentire il bisogno che vi sarebbe stato di somministrare i medicinali ai malati di mal francese, ma il Capitolo deliberò di tener fermo nel rifiuto, ammettendo soltanto che potessero essere accordati i siroppi e le polveri perchè comuni agli altri malati. Più tardi nel 1659 fu autorizzata la sommini- strazione dell’opportuno medicamento ai poveri infetti di quel male senza loro colpa (1). Dal registro intitolato Acta pro Loco Pio S. Co- rone anno 1600, che già abbiamo avuto occasione di accennare, rileviamo che nel 1600 fruivano dei me- (1) Il rimedio speciale per la cura dei malati di mal fran- cese consisteva allora in tre rimedi. Legno santo, salsapariglia e china, coi quali si formavano decotti, polveri ed elettuarii, con preferenza del decotto chiamato dai medici medicamento regio. Per la cura dei malati nei quali il male fosse radicato, si faceva uso dell'argento vivo in primavera od in autunno, come sì pra- ticava per il decotto: L'argento si dava con songia di porco con — 149 — dicinali di. S. Corona i seguenti monasteri e corpi morali. In Porta Orientale: Il monastero della Stella » di S. Marcellina » di S. Prassede » del Deposito » dei Cappuccini. In Porta Romana: Il monastero di S. Antonino » di S. Sofia » della Maddalena » di S. Giovanni in Conca » di S. Antonio Poveri della Malastalla » delle carceri dette del Podestà. altri ingredienti e in modo da formarsi un urto — il quale ve- niva preparato coi dettami di questa ricetta. R. Pinguidinis Gal onz. III Axungiee porcine onz. VIII Ol. liliorum ab. Ol. Laurini — an. onz. II Argenti vivi s. a purgat. et extinceti onz. VII Pul. Thuris masticis mirrhe amoniaci striacis salvie stechard litergilii ceruse an. onz. 5, m. f. ung. 5. a. Per maggiori informazioni veggasi l’opera: Scriptores de morbo gallico. — 150 — In Porta Ticinese: Il monastero di S. Alessandro in Zebedia » del Crocefisso » di S. Maria Valle » di S. Caterina. In Porta Vorcellina: Il monastero di S. Valeria » delle Vergini spagnuole » di S. Michele al Dosso » dei Cappuccini » del Bocchetto » dei Crociferi » di S. Maria Segreta. In Porta Comasina: Il monastero dei frati della Fontana » di S. Cristina. In Porta Nuova: Il monastero di S. Barbara » di S. Lucia » delle orfane di S. Caterina » di S. Caterina in Brera » del Soccorso » di S. Martino » di S. Spirito. In tutto 350 monasteri. A qualcuno di loro e ad altri che non godevano dei medicinali, il Capitolo corrispon- deva nei giorni di Natale e di Pasqua a chi ducati 2 e a chi 3, erogando per ogni volta ducati 46. Non ci ha fatto senso il numero di questi monasteri, nè la larghezza usata verso di loro dal Capitolo, in con- — bl siderazione della loro povertà. I tempi correvano loro propizii. Però il Capitolo se fu facile verso di loro non fu indulgente quando, essendosi accorto che essi abu- savano del beneficio richiedendo una quantità esorbi- tante di zuccaro, fece cancellare questo genere dai me- dicinali, con proibizione assoluta al maestro di spezieria di fare ulteriori somministrazioni. E questa disposizione fu data quantunque i mezzi in quest'epoca non faces- sero difetto, come lo dimostrano le annotazioni che ab- biamo raccolte dal succitato registro del 1600. La rendita erogabile in quell’anno fu di L. 67442, 4,11 Le spese fatte furono per la spezieria de To 3015223 Persafsalanioto 00 >» 14774, 6, D Per elemosine . . . » 2247,17,— Per rilascio di carcerati » 350, 4, Per altre spese . . » 10985, 4, 1 INEtutoreee et 5555918, 9 58539, 13779 ea‘ eee eee — ar o ili? css consunpavanzo du 6 0... Li 8902,11,2 L’anno seguente le rendite aumentarono a lire 75863, 19,6, ma l’avanzo fu di sole L. 6365, 6, essen- dosi sorpassate di qualche centinajo le spese della far- macia ed essendosi spese L. 5752 per la tappezzeria dell'Oratorio. L'aumento progressivo della spesa per medicinali e la diminuzione dell’avanzo di rendita verificatasi nel 1601 fecero riflettere al Capitolo che la intenzione dei De- putati fondatori era di sovvenire i poveri infermi di — 152 — medici e medicine, con altre pie elemosine e di redi- mere i poveri carcerati per causa di debiti ed anche criminali, eccettuati i titoli infami ed atroci, e non di venire in soccorso a fabbricerie ed a monasteri, per fabbriche o riparazioni. Deliberava quindi di non più accordare questi ultimi sussidii, restringendo la benefi- cenza ai poveri contemplati dalla originaria instituzione. Questa deliberazione per quanto” esplicita lasciò però aperto l’adito ad accordarne altri, ogni qualvolta il Ca- pitolo fosse stato unanime nel deliberare. — L'eccezione fu subito fatta nell’anno successivo coll’aver accordato una elemosina ai padri della Rosa per la loro chiesa, che fu dichiarata benemerita del Luogo Pio, e alle mo- nache del Crocefisso. Ai monasteri partecipanti al beneficio dei medicinali nel 1600, furono aggiunti i frati minori riformati di S. Francesco, collocati nel monastero di S. Maria del Giardino, le monache di S. Agostino e Pietro martire in Porta Ticinese, limitatamente per un anno, ed il mo- nastero del Lentasio; nel 1619 i frati di S. Maria della Pace, i frati del Paradiso e dei Servi e di S. Anna, in Borgo di Porta Comasina, e gli oblati di S. Sepol- cro, quest'ultimi però contro pagamento, — nel 1620 le figlie raccolte da Veronica Calcaterra in una sua casa in P. O. P. S. Stefano di fuori, e nel 1625 le Vergini del collegio di S. Filippo Neri, fuori di Porta Tosa. Una quarta crisi annonaria, accompagnata da un freddo intenso, si è verificata l’anno 1608. Anche questa volta il Capitolo non lasciò senza un soccorso i poveri, disponendo della somma di L. 6000 per quattro mesi finituri colla fine del maggio e cioè L. 1500 in ogni mese da distribuirsi col mezzo dei cosidetti segnz. Per lo stesso titolo nel 1619 fissava una elemosina di L. 3000 da distribuirsi ai poveri in tanti segnz da soldi 10 de- nari 6 per ciascuno. La tenerezza del Capitolo per i monasteri non arrivò al punto da tollerare che continuassero a partecipare al beneficio quelli che avessero acquistato beni o rendite proprie e che quindi avessero cessato di essere poveri. — Così nel 1626 fece cancellare dai beneficati i mo- nasteri di S. Maria Maddalena in P. Romana, di S. Ma- ria del Lentasio pure in Porta Romana, di S. Agostino e di S. Pietro Martire in Porta Lodovica, di S. Maria Valle in Porta Ticinese, di S. Lucia, delle Vergini spa- gnuole in Porta Vercellina, i chierici regolari della Croce tanè, i Somaschi e i carcerati in Porta Romana. Que- sta disposizione fu l’anno seguente derogata colla riam- missione al beneficio dei succennati monasteri, ad ecce- zione delle monache di S. Maria Valle. Una restrizione del beneficio fu nuovamente ordinata per misura di economia nel 1629, ma derogata di nuovo nel 1631, essendo cessate le cause che la determinarono. Mentre abbiamo veduto che la parte suburbana sotto la parrocchia di S. Gottardo in Porta Ticinese e il Borgo degli Ortolani godevano della cura medica e dei medici- nali a carico di S. Corona, troviamo nella ordinazione capitolare 30 luglio 1626 una restrizione del beneficio quando si tratti dei poveri abitanti sotto le parrocchie di S. Pietro in Sala, in Porta Vercellina e di Ronchetto nei CC. SS. di Porta Ticinese. Nel riportare testual- mente la deliberazione manifestiamo l'opinione che si sia voluto circoscrivere la beneficenza alla parte del — l54 — sobborgo immediatamente al di fuori delle mura, esclu- dendo così i poveri domiciliati sotto quelle parrocchie ma al di là della detta cerchia. « Displicuit Ven. Capitulo intellexisse contra insti- » tutum et ordines hujus Pii Loci disponentes medici- nalia nomine Sancta Corone erogari debere pauperibus eegrotis degentibus intra Corpora Sanctorum Medio- lani tantum, erogata etiam fuisse habitantibus extra corpora sanctorum. Idque contigisse ea ratione quod in extrema parte nonnullarum portarum hujus civi- tatis extent aliquee parochie que se extendunt ultra fines corporum sanctorum ut puta parochie S. Petri in Sala Portae Vercelline, S. Petri Ronchetti Portae Ticinensis et hujusmodi dicti Curati istarum parochia- rum eque habitantibus extra ac intra corpora sancto- rum fidem paupertatis faciunt sine discrimine, an pauperes eegroti in corporibus sanctis vel extra de- gant..... Capitulum statuit monendos esse Reve- rendos Curatos hujusmodi parocchiarum et per litte- ras ut in posterum in attestatione paupertatis quas conficient pro medicinalibus a S. Corona habendis exprimant an: pauper intra vel extra corpora sancto- rum habitat (1). » % A % % % % “ 2A A % > A A % > 2 RA < 2 % % % % DA x x 4 (1) Spiacque al venerando Capitolo l’avere inteso che contra- riamente a quanto era stabilito nelle costituzioni e negli ordini di questo Luogo Pio, secondo i quali le medicine si debbono distri- buire a nome della Santa Corona soltanto ai poveri infermi de- genti nei Corpi Santi di Milano, siansi anche concesse agli abitanti oltre la cerchia dei Corpi Santi; e ciò essere accaduto perchè in sui confini di alcune porte di questa città, vhanno varie par- rocchie la cui giurisdizione si estende oltre la cerchia dei Corpi — 155 — Anche qui dobbiamo mettere in rilievo che si ac- cenna soltanto ai medicinali e non alla cura medica e che la intenzione del Capitolo è sempre stata di esclu- dere la parte rurale dei CC. SS. Nel 1633 il Capitolo ordinava al farmacista di aste- nersi dal fornire i medicinali ai poveri della parrocchia della S. Trinità in Porta Comasina in causa di scritti infamanti di quel Curato a carico del Capitolo stesso. Lo stato disastroso al quale era ridotto il patrimonio del Luogo Pio nella seconda metà del decimo settimo secolo, consigliò al Capitolo riforme di servizio, ridu- zioni dei beneficati ed altri provvedimenti. Tutti questi rimedii li desumeremo dalla Ord. Cap. 9 febb. 1648, che riproduciamo perchè ci pare molto interessante e perchè ci dà un'idea dello squallore dei tempi. « Il Loco Pio di S. Corona, eretto nella città di » Milano con /e facoltà dei diversi cittadini, ha per » istituto ed uso di provvedere a’ poveri infermi della » medesima città e suo? Corpî Santi dei medicinali ne- » cessarii, de’ medici, chirurghi e barbieri per curarli » et de sacerdoti per consolarli sovvenirli con elemosine Santi, come, ad esempio, la parrocchia di San Pietro in Sala di Porta Vercellina e quella di S. Pietro ai Ronchetti di Porta Ti- cinese; e perchè i parrochi di simili parrocchie danno la fede di miserabilità a quelli che a tutta ragione sono abitanti dentro e fuori la cerchia dei Corpi Santi, senza curarsi se i poveri infermi abbiano loro dimora dentro o fuori la stessa . . . . Stabilì adunque il Capitolo che si avessero ad esortare, anche per lettere, i Reve- rendi Curati di simili parrocchie affinchè per l'avvenire espongano nelle fedi di miserabilità che occorrono per i medicinali di Santa Corona, se il povero sia abitante dentro o fuori la cerchia dei Corpi Santi, = DA Sile et invigilare se sono compitamente curati et serviti, suole anco somministrare li medicamenti a poveri mo- nasteri della città tanto di huomini come di donne, soccorrere li carcerati con danari massime in atto della loro liberatione, suffragare con messe quotidiane l'anime dei defunti, maritare povere zitelle honorate et esercitare altre opere pie. » Li effetti di quel loco consistono in beni stabili, redditi camerali, censi con le città e terre dello Stato, livelli e simili. » Ha continuato l’opera in ogni parte compita per molto tempo con le sole entrate sin quando le comuni miserie di questo Stato causate da eccessivi alloggi, contribuzioni et spese dipendenti hanno fatto sì che buona parte dei stabili sono rimasti deserti ed abban- donati da massari eshausti et desperati, et altra parte non produce tanto che basti per le predette gravezze. Li redditi camerali vengono trattenuti da certo tempo in quà in bona parte come viene anco impedita la scossa d’una mercede annua di L. 600 fatta al Loco Pio, invece dell’esentione dei datii sulle droghe che per esso si dispensano. Dalle comuni è impossibile ri- scotere li censi dovuti, et ogni diligenza è vana per il miserabile stato loro. A livellarii conviene compen- sare la rata de’ carichi e soprasedere il resto per l’im- potenza loro. Et ogni sorte di credito si va facendo inesigibile. » Queste miserie hanno causato necessaria diminu- tione delle opere pie suddette. Inde » Si sono levate a 19 monasteri anco di mendicanti et a poveri carcerati le medicine, ciò che portava de spesa ogni anno per verisimile L. 6000. 4 % RA % s-] DA » Alli altri poveri si sono riformati li medicamenti, con isparagnare diverse cose di più valore benchè giovevoli. » Sono cessate l’elemosine di denari solite farsi alli infermi nei loro bisogni, et a carcerati nell’atto della loro liberazione. » Cessa la distributione delle doti a povere figlie ogni anno nella somma di L. 3000. » Resta sminuito il suffragio di messe a defunti e devesi compire a messe d'obbligo per circa L. 5000. « E pure non ostante le sudette reduttioni il Loco Pio per continuare nel rimanente dell’opera è stato necessitato dall'anno 1632 sino per tutto il 1659, alie- nare capitali nella somma di L. 186,773 oltre diversi debiti de quali si trova gravato in somma maggiore di L. 24 mila. » Restando tuttavia l'azienda del loco sbilanciata a segno che se continuano queste calamità sard neces- sarto chiuder la spezieria, licentiare li ministri e » por fine a questo Loco Pio con tanto danno dei » poverelli et del pubblico. » Il quadro non può essere nè più miserando, nè più triste. Le angustie continuarono anche qualche anno dopo, per modo che nel 1642 il Capitolo (1), delibe- rava di fare appello ai parroci della città, perchè an- dassero guardinghi nel rilasciare le fedi di povertà, rammentando loro che i poveri fuori dei Corpi Santi benchè nelle parrocchie della città, li forastieri come conzatetti, facchini, ciabatlini, mercanti, ed altri che (1) Ord. cap. 13 febb. 1642. — 158 — hanno permanente habitatione în questa città et le donne di mala qualità non potevano goder del be- neficio. Nella circolare, diramata ai soli parroci della città, fu prescritto di rilasciare la fede di povertà soltanto a persone che o per informazioni certe, o per conoscenza personale, fossero veramente 24serabili, intendendosi per tali quelle che erano molto cariche di figlioli, che non avevano esercizio molto utile, che erano vecchi abbandonati dai suoi. La circolare non tenne conto della esclusione dei poveri fuori dei Corpi Santi benchè nelle parrocchie della città (1). Queste ultime esclusioni furono ripetute e rese più larghe nel 1645 nei doveri del maestro di casa che equivaleva ad un economo ispettore. « Non admetta all’elemosina di medicina solo poveri » miserabili della città e Corpi Santi di Milano e now » altri, benchè in parrocchie dei Corpi Santi, ma » abitanti fuora di essi, et che siano molto carichi » de figli, che non abbino esercitio molto utile, che » siano vecchi abbandonati da suoi o simili, escludendo » ll servitori et serve mentre sono in casa de patroni, » li forastieri senza famiglia, facchini, conzatetti, offi- » ciali, fanti, meretrici et habitanti in casa di mere- » trici pubbliche, et le persone che hanno qualche cosa » da impegnare purchè vi sia speranza che fra qualche » tempo possano riscuoterla, ecc. » (2) Le miserevoli condizioni finanziarie del Luogo Pio (1) Ord. cap. 15 maggio 1642. (2) Ord. cap. 17 agosto 1845. — 159 — arrivarono nel 1649 al punto di non aver più alcun danaro in cassa. Il Capitolo non sapeva più a qual par- tito appigliarsi. Occorreva la compera dei medicinali e mancavano i mezzi. Per buona sorte intervennero sov= venzioni anche ad un tasso minimo, che in caso diverso si sarebbe dovuto sospendere fin le provviste. Non tra- scurò il Capitolo eccitamenti ai parroci delle parroc- chie dei CC. SS., perchè non rilasciassero la fede di povertà ai forensi che per goder del beneficio dei me- dicinali si fossero ricoverati in casa d’alcuno dei CO. SS. Contemporaneamente furono negati, stante l'estrema mi- seria del Luogo Pio, i medicinali agli infermi carcerati del Vicario di Giustizia che li aveva domandati, e fu deciso che dovessero essere inviati all'Ospedale i poveri privi di servitù e di sussidio necessari alle loro indi- sposizioni ed alle occorrenti cure. Appena le finanze cominciarono a migliorare, il Ca- pitolo accondiscese, limitatamente però fino alla con- correnza della somma di L. 150, alle istanze del Senato e del Capitano di Giustizia, perchè fossero accordati i medicinali a quei carcerati (1650). In quest'epoca e sempre nell’intendimento di mode- rare gli abusi, furono fatte considerazioni serie sulla convenienza e sulla opportunità di far compilare un elenco dei poveri partecipanti al beneficio, esonerandoli così dall’esibire la fede di povertà. L'elenco era stato incominciato da parte dei funzionarii specialmente in- caricati di visitare ogni porta della città, ma poi fu sospeso per gli inconvenienti serii che si verificarono. Sarebbe comodissimo ed utilissimo un catasto dei po- veri in una città come Milano, ma la compilazione e — 160 — la successiva manutenzione richiederebbero troppo per- sonale e cure troppo assidue per la facilità colla quale possono avvenire delle variazioni nelle condizioni di fa- miglia. La limitazione della cerchia dei CC. SS., che dal Capitolo si sarebbe voluto circoscrivere alla sola parte civile dei sobborghi e CC. SS., con esclusione della parte rurale, ha naturalmente suscitato delle proteste da parte degli interessati. Al Curato di S. Pietro in Sala, che reclamava per ottenere la riammissione dei suoi poveri, ai quali era stato sospeso il beneficio dei medicinali, il Capitolo nel 1682 rispondeva che i medici di S. Corona non cu- ravano nei CC. SS. di Porta Vercellina, e che in tutti i modi la sospensione dei medicinali era stata causata dagli inconvenienti scoperti nella produzione di fedi rilasciate dai parroci dei CC. SS. a persone che non vi abitavano. Reclamò due anni dopo anche il Parroco della. SS. Trinità nel Borgo degli Ortolani dove pure i medici di S. Corona non facevano visite, sulla avvenuta so- spensione dei medicinali. Questa volta il reclamo ebbe un esito felice, chè il Capitolo deliberava che il medico di S. Corona, il quale si era esedito caritatevolmente e di sua spontanea volontà (1), dovesse accorrere ogni volta fosse richiesto anche fuori di questa porta, e che fosse messo in corso il beneficio dei medicinali agli abitanti nel dorgo della SS. Trinità detto delli Or- (1) Dunque non era nei doveri dei medici di visitare malati dei CC. SS. — 161 — tolani, limitatamente però a quelli che abitavano nel continente e dentro detto Borgo, ed esclusi quindi gli abitanti delle Cascine fuori del continente dell’abitato di detto Borgo. Il favore fu esteso anche agli abitanti del Borgo di Porta Vercellina sino all’osteria della Maddalena inclusivamente. Questa deliberazione lascia supporre che i CC. SS. di Milano partecipassero prima di quest'epoca con mag- gior larghezza al beneficio di S. Corona e che ciò sia avvenuto sarebbe anche comprovato dalla dichia- razione fatta dal Capitolo di S. Corona al Governo nella occasione che domandò nel 1615 l'esenzione dei dazii, nel senso che il Luogo Pio provvedeva della cur medica e dei medicinali i poveri della città e fuori per due miglia. Forse il Capitolo ha un po’ esagerato per ottenere lo scopo, ma intanto anche nel decreto del 1617 col quale fu accordata l'esenzione dei dazii, è detto che il Luogo Pio di S. Corona provvedeva allora agli infermi della città di Milano e dei suoi Corpi Santi. A poco a poco, e come succede sempre, gli abusi si fecero strada; i monasteri che erano stati esclusi dalla porta vi entrarono dalla finestra, i poveri dei CO. SS. limitati alla parte civile suburbana. si estesero al di là dei confini segnati dal Capitolo e così si produsse un tale sconcerto nelle finanze del Luogo Pio da indurre il Capitolo nel 1697 ad ordinare che fosse tolto il be- neficio dei medicinali a tuiti li borghi ed altri poveri abitanti fuori delle mura di Milano e a tutti i mo- nasteri eccettuati quelli dei PP. Cappuccini di Porta Orientale e di P. Vercellina, delle madri Cappuccine di S. Prassede, di S. Barbara, delle Ochette e della ll — l62 — Madonna degli Angioli. Limitò la somministrazione dei medicinali ai soli poveri della città. La deliberazione è preceduta da alcune premesse che crediamo opportuno di riportare. 1697, £2 agosto. « Propostosi dal signor conte Conservatore che ri- » flettendo alle strettezze alle quali si trovava la cassa » dei contanti haveva per accertare la cagione da che » procedesse questo ordinato un diligente stato delle » rendite et carichi del Locho Pio, e riconosciutosi in » questo uno sbilancio di somma considerabile et esor- » bitante dall'entrata all’uscita che poteva portare col » trato di breve tempo il total esterminio del Locho, » onde esaminate le cause si è ritrovato procedere dalla » novamente introduta distributione dei medicamenti a » borghi fuora delle mura di questa città, a monasteri » ed altri particolari, come pure del grande consumo » dei medicamenti che servivano più al diletto del senso » che al beneficio della salute, e però a fine di repa- » rare a tal disordine e rimettere le cose nel stato di » poter continuare la somministrazione dei medicinali » a poveri di questa città per li quali veramente fu » istituito questo Locho Pio, ecc. ecc. » Noi siamo inclinati a credere che i borghi al di là delle mura attuali, che nei secoli scorsi piuttosto che borghi potevansi considerare casolari isolati, abbiano partecipato al beneficio di S. Corona, non perchè la istituzione originaria li avesse nemmeno potuti con- templare, ma perchè trovarono aperta la via prima — 163 — dagli abusi, poi dalla consuetudine e in fine dalla con- fusione che si faceva nella distinzione dei borghi al di quà e al di là delle mura; tanto più che allora i CO. SS. non avevano una amministrazione a sè. Le restrizioni mano mano ordinate, le contraddizioni che si riscon- trano nelle varie disposizioni riguardanti i CC. SS., con- fermerebbero il nostro assunto. La restrizione ordinata dal Capitolo diede ottimi risultati. WeSvisite fatte nel 1696. in: . . N. di'20578 SEeseRogmeMRio0goRa ee, © 0, a 11052 con una diminuzione di visite. . . . N. 8946 L'importo speso in medicinali nel lO ei. 420083,19,..9 si ridusse nel 1699 a. . . ... » 24560, —,— consumi risparmio di. . . 3, .°. cL. 17443,19,:9 L'essere stato circoscritto il beneficio ai soli poveri della città, naturalmente ha fatto sì che coi monasteri rimanessero esclusi anche i carcerati. Come altra volta, anche in questa occasione il Senato interpose nel 1705 i suoi autorevoli ufficii presso il Capitolo di S. Corona perchè fossero riammessi al beneficio i carcerati del Capitano di giustizia. Il Capitolo non decampò dalla precedente deliberazione di massima, ma, volendo far cosa grata al Senato, assegnava per una volta la somma di L. 200 a titolo elemosina colla quale i prigionieri potessero provvedere i medicinali di cui abbisognassero. Farà senso il sapere che dal 1705 al 1715 i poveri — 164 — prigionieri furono lasciati senza medicinali. Al Governo bastava di provvedere alloro mantenimento se sani, non preoccupandosi punto di essi nelle loro malattie. È or- ribile a dirsi che poveri disgraziati siano lasciati lan- guire senza un provvedimento. Lo stesso Senato lo di- chiarò in un suo memoriale al Capitolo di S. Corona: acciò attesi li gravi patimenti a quali soggiaciono li poveri carcerati infermi milanesi nel regio ufficio e pretorio di questa città per non havere li oppor- luni medicamenti per mancanza dei quali 0 mise- rabilmente periscono 0 pure si rendono incurabile. Il Capitolo avrebbe voluto riammetterli al beneficio di S. Corona, ma il timore di suscitare le pretese dei monasteri, di allontanarsi dalla originaria sua desti nazione, di ritornare ad un passato funesto col com- promettere le finanze del Luogo Pio già troppo scon- certate, lo trattennero. Impietosito però dallo stato miserevole di quei poveri disgraziati e del quadro fatto dal Senato, il Capitolo fece del proprio un assegno a titolo elemosina per una volta. I poveri dei CC. SS. di Milano furono più fortunati dei carcerati, chè una mano benefica venne in loro soccorso. Vogliamo accennare al legato disposto a loro favore dal fu Francesco Campana col testamento 31 maggio 1655. Riservandoci di completare le informazioni sull’eser- cizio della beneficenza dal 1715 fino ai giorni nostri, daremo qui un cenno sull’origine del legato Campana. Col citato testamento egli riservò l'usufrutto alla propria moglie e istituì erede il nipote materno Carlo Francesco Lomazzo con vincolo fedecommissario a favore — 165 — del figlio maschio legittimo e dopo di lui dei figli pri- mogeniti in infinito e in caso di morte a favore del figlio primogenito dell'erede senza figli maschi del se- condogenito coi figli di lui primogeniti in infinito. Di- sponeva che nel caso di morte del secondo suo erede e dei detti primogeniti senza figli maschi, succedessero per metà, e a titolo di sostituzione, l'Ospedale Maggiore di Milano e il Luogo Pio di S. Corona col carico a quest'ultimo di distribuire l’annua rendita fino in per- petuo a beneficio dei poveri infermi che st trovavano neî CC. SS. di Milano, salvo una parte che fu dal testamento riservata ad alcuni suoi parenti. Il Campana morì l’anno 1695, — la moglie di lui Gerolama Lomazzo, l'anno 1705, — il nipote ed erede Carlo Francesco Lomazzo l’anno 1710, lasciando un'unica figlia di nome Francesca Marianna. Non avendo dunque lasciati figli maschi si è verificata la sostituzione a favore dei sud- detti due Luoghi Pii. Nel 1714 si addivenne fra questi ultimi e la figlia ed erede del Carlo Francesco Lomazzo ad una transazione, nel senso che la sostanza venisse divisa in tre parti eguali fra la Francesca Marianna Lomazzo e i detti Luoghi Pii. Procedutosi nel 1719 alla divisione della sostanza, furono assegnate al Luogo Pio di S. Corona diverse attività per un importo di L. 137,939. Avvenuta così la consegna della sostanza, il Capitolo, prima di dare le disposizioni per l'adempimento del- l'onere imposto dal benefico testatore, volle udire di- versi teologi sul modo di darvi esecuzione, e dietro il loro parere trovò conveniente e preferibile la sommi- nistrazione dei medicinali ai poveri dei CC. SS. Questo modo di eseguire la volontà del testatore non poteva essere più giudiziosa, dopochè i CC. SS. erano stati dal Luogo Pio di S. Corona privati di quel beneficio. La somministrazione dei medicinali ha cominciato colle ca- lende del gennaio 1723. Anche durante l'aggregazione del comune dei CC. SS. alla città dal 1797 al febbraio 1816 (decreto 30 frimale anno V e patente 12 febbraio 1316) la som- ministrazione dei medicinali non si estese al di là del- l'importo del legato Campana. Anzi andò soggetta a qualche periodica sospensione in causa dell’essersi ec- ceduto su larga scala nell’esaurimento delle rendite di- sponibili. Ora che i CC. SS. sono di nuovo aggregati alla città non possiamo non augurare che un qualche benefico e ricco cittadino destini i suoi averi all’incre- mento della Causa Pia Campana, le di cui rendite sono insufficienti a provvedere per tutto l’anno ai medicinali occorrenti a quei poveri. Attualmente la somministrazione viene fatta su pre- scrizioni rilasciate da medici estranei al Luogo Pio di S. Corona e stipendiati dal Comune fino alla concor- renza della somma annua di L. 2755,12 aumentata in forza della deliberazione 17 gennaio 1878 del Consiglio Ospitaliero di annue L. 6000 in via provvisorza e di affatto libera beneficenza e sotto le riserve di diritto. Le disposizioni restrittive del 1697, delle quali ab- biamo detto più addietro, perdettero presto di impor- tanza e di valore coll’avere accordati i medicinali nel 1700 ad una monaca del Crocefisso, nel 1705 alle Ter- ziarie di S. Francesco ed al monastero di S. Caterina delle orfane. Però nel 1708 fu negato al monastero di —- 167 — S. Lucia. Nel 1751 il beneficio di S. Corona fu esteso a persone che prima erano escluse. Le indicheremo come le abbiamo rilevate dalla relativa ordinazione ca- pitolare. « Li garzoni delli macellari, quando però siano mi- » lanesi e giustifichino con la solita fede che siano » poveri. « Li anziani delle porte constando della loro povertà. «Li vetturini e giovani dei medesimi. « Li muratori e zavatini quando siino milanesi e consti della loro povertà. « Per li fanti ed altri consimili debbano secondo il » già ordinato essere esclusi con la loro famiglia. » Dal 1715 in avanti le ammissioni al beneficio a fa- vore di monasteri si succedono troppo frequenti perchè sia il caso di accennarle. Il loro numero aumentò così che il Capitolo fu costretto di dover applicare alla far- macia un personale sussidiario. Abbiamo osservato, che, quando si dovevano privare i monasteri del beneficio dei medicinali, lo si faceva solennemente coll’ intervento del Capitolo e con deli- berazioni regolari, e che si preferivano le ordinazioni verbali allorché si trattava di riammetterli. A poco a poco, da eccezioni in eccezioni, e da ri- suardi a riguardi, il Capitolo ritornò agli abusi fatti cessare nel 1697. Nel 1759 cominciò coll’acconsentire che ai prigio- nieri della nuova casa di correzione potessero essere somministrati tanti medicinali fino alla concorrenza di annue L. 200. Nel 1767 il Capitolo trova di inoltrare un ricorso al Governo per ottenere la grazia che il Pio x — 1683 — Istituto di S. Corona fosse rzfenuto per vero Ospedale e come tale facoltizzato a fare compere e vendite come in addietro e abilitato a fare due acquisti di stabili e a continuare nel possesso dei beni, ecc. ecc. Il Capitolo credette di dover invocare il favore sovrano per sot- trarsi nel caso di eredità al pagamento della Pragma- tica con deroga al $ col/egiis ed alle nuove costituzioni. Il Governo, o meglio l'imperatrice Maria Teresa, nell’accogliere con decreto 1l maggio 1767 il ricorso del Capitolo e nel dispensarlo dal pagamento delle tasse che erano dovute per i suddetti due acquisti, ne ap- profittò subito per accollare al Luogo Pio di S. Corona l'obbligo di somministrare da quell'epoca in avanti i medicinali a tutti i carcerati, tanto nei due ufficii cri- minali del Capitano di giustizia e del Podestà, quanto ai detenuti della Torretta di P. Romana e nella casa di correzione. Quest'obbligo parve troppo oneroso al Capitolo il quale tre anni dopo tentò invano di sottrarsi a questa somministrazione, asserendo che essendo stato l’obbligo imposto quale correspettivo della autorizzazione data ad accettare la eredità, non era un titolo sufficiente per caricare il Luogo Pio di S. Corona di un tal peso, mentre anche agli altri Ospedali era stata accordata una simile autorizzazione. Non ci saremmo mai immaginati che anche in queste somministrazioni potessero verificarsi degli abusi. L’Am- ministrazione Ospitaliera si era accorta che le richieste maggiori erano fatte per l’olio e l'aceto. Aperse un’in- chiesta e rilevò che quei generi, anzichè ad uso me- dicinale servivano per preparare l'insalata. Si consu- mavano brente 70 di aceto e libbre 1500 olio di linosa. — 169 — Protestò la Rappresentanza ospitaliera, e per quanto il Governo sostenesse che la insalata funzionava siccome medicinale, perchè teneva lontano lo scorbuto dai de- tenuti, dovette nel 1807 accogliere il richiamo ed eso- nerare il Luogo Pio dal fare ulteriori somministrazioni di quei generi. Parendo anche al Consiglio Ospitaliero troppo gra- voso l’onere imposto da Maria Teresa al Luogo Pio di S. Corona, e applicando anche a questa somministra- zione gli effetti dell'art. 54 dello statuto organico del- l'Ospedale e CC. PP. annesse, che dichiarava esclusi dal beneficio i carcerati, ordinava che venisse fatta cessare a favore di questi la somministrazione dei medicinali. Ma l'Ospedale fu chiamato in giudizio dal Governo contro quella determinazione ed ora la vertenza è argomento di trattative. Fra da aspettarsi che il nuovo peso imposto da Maria Teresa ela ammissione al beneficio dei monasteri por- tassero uno sconcerto nelle finanze del Luogo Pio. Il bilancio del 1766 si era chiuso con una deficienza di L. 2738,15, la quale aumentò a L. 5004,17 nell’anno susseguente. Fortemente impensierito di questo risul- tato poco lusinghiero, il Capitolo, alla istanza che gli fu indirizzata perchè venisse esteso il beneficio dei me- dicinali anche ai condannati dell’ergastolo, rispose che il Luogo Pio di S. Corona, nè per ragione del proprio istituto che dispone doversi impiegare le rendite uni- camente a soccorso dei cittadini poveri ma civili, e che vieta il dispensare medicinali non che a condannati e forestieri, ma neppure a persone di professione in- civile, nè per gli effetti del decreto 11 maggio 1767 Di — 170 — di Maria Teresa, era tenuto a fare la chiesta sommini- strazione. Mentre il Capitolo domandava d'essere esonerato dal somministrare i medicinali ai carcerati dell’ergastolo faceva frequenti riammissioni di monasteri, limitando il beneficio d'anno in anno, ma sempre rinnovandolo e circoscrivendo ad un importo fisso la somministrazione. Quando nel 1786 il Pio Istituto di S. Corona fu aggregato all'Ospedale Maggiore fu pubblicato dal regio Direttore dell'Ospedale l’avviso al pubblico in data 23 no- vembre 1736 che riportiamo: AVVISO AL PUBBLICO. « Essendo stata per sovrano comando riunita la pia fon- dazione di S. Corona allo Spedale Maggiore, il quale ne adem- pirà d’ora in avanti colla maggiore esattezza ed attenzione al buon servizio dei poveri tutti gli obblighi, si avvisa il pubblico che per il primo giorno del prossimo dicembre si cominceranno ad esercitare nello Spedale Maggiore le fun- zioni solite farsi per l’addietro nella Pia Casa di S. Corona, cioè la distribuzione dei medicamenti che sarà fatta dall’of- ficina farmaceutica dello Spedale; l'accettazione delle visite gratuite da farsi in città, e la residenza solita praticarsi quotidianamente a beneficio dei poveri della città, al quale oggetto sono stati ordinati e preparati tutti i comodi neces- sarii nel fabbricato del medesimo Spedale Maggiore. « Affinchè poi possano i poveri essere colla maggiore re- golarità assistiti secondo la mente dei fondatori della Pia Istituzione e le provvide superiori disposizioni del real Go- verno sì dichiarano ora nuovamente al pubblico le seguenti regole dedotte per la maggior parte dalle antiche consuetu- dinì, ed ordinazioni solite praticarsi per l’addietro dalla Pia Istituzione di S. Corona. « I. Ogni mattina al finire del conosciuto segno corale della orazione comincerà nello Spedale in luogo a ciò destinato la — 171 — residenza tanto medica quanto chirurgica a beneficio dei po- veri, la quale durerà per lo spazio di due ore continue, ed i poveri bisognosi di rimedii e non di visite in propria casa riceveranno immediatamente gli opportuni medicamenti e soccorsi dell’arte. « II. Risiederanno pure ogni mattina all’ora suddetta, ed in luogo distinto di facile e pubblico accesso tre sacerdoti visitatori, i quali riceveranno le petizioni dei poveri per le visite gratuite alle loro case e le rimetteranno ai rispettivi medici, semprecchè sia accompagnata dalla fede di povertà sottoscritta dai rispettivi parrochi o promotori dei poveri sulle module stampate, senza il quale requisito non sì ac- cetterà alcuna visita per S. Corona, eccettuatisi casì gravi e di istantanea necessità. La residenza de’ sacerdoti visita- tori che comincerà al principio sempre della così detta ora- zione durerà ogni mattina un’ora dopo il fine di essa, quindi si spediranno immediatamente le visite ai rispettivi medici i quali saranno tenuti mandar a prendere senza dilazione i rispettivi elenchi. « II. Al medesimo segno dell’orazione sarà sempre aperta l'officina farmaceutica dello Spedale, e starà aperta tutto il giorno fino al tramonto del sole a beneficio dei poveri che vi concorreranno; e quando per qualche istantanea necessità i medici e chirurghi di s. Corona dovessero prescrivere al poveri di città qualche medicamento, potranno essi andarlo a prendere colla ricetta firmata, e chiaramente espressa dal medico-chirurgo, a qualunque spezieria della città e sarà carico dello Spedale il rimborsarne alli speziali le spese pur- ché sulla ricetta sia espresso essere la prescrizione stata fatta di notte e quindi non dipendere da negligenza il non averla in opportuno tempo fatta spedire allo Spedale. « IV. Essendo sempre stata in uso una determinata classi- ficazione delle persone suscettibili del beneficio di S. Corona, si dichiara ora a scarico dei sacerdoti visitatori, de’ medici e parrochi, dei promotori, nuovamente la suddetta classifica- zione. Cioè che tutto il popolo inclusivamente ai sgherri, presentini, servitori o livree, dichiarato povero dalli rispet- — 172 — tivi parrochi o promotori deve essere incluso, quando la povertà non sia estrema di modo che per difetto di vitto, di abitazione, di letto, non sia possibile di curare l’ammalato in propria casa. In questi casi non potrà il medico-chirurgo o barbiere prescrivere all’ammalato di andare allo Spedale, ma dovrà informare i rispettivi sacerdoti visitatori, i quali dopo l’oculare ispezione constando dell’estrema povertà con- siglieranno gli ammalati di colà portarsi. « V. Saranno esclusi dal beneficio del Luogo Pio tutti gli guardaportoni, i domestici, imercenarii inservienti a’ loro padroni, che abitano, e vivono, e dormono nelle case loro, e che sono con essi convenzionati del totale loro mantenimento e tutti quelli che per sistema sono a carico de’ loro padroni, come pure gli ufficiali inservienti nelle famiglie senza divisa. « VI. Saranno esclusi tutti i possidenti o in terreni, o in capitali conosciuti, eccettuati i casi di una molto numerosa famiglia, o altre particolari circostanze, che possono ren- derli positivamente poveri, nel quale caso sarà del prudente criterio de’ sacerdoti visitatori l’accordar loro il beneficio. « VII. Saranno esclusi tutti li proprietarii di utili negozii, i quali abbiano bottega aperta, e tengano giovani, ossia la- voranti sotto di loro, eccettuato il caso di numerosa famiglia, che non dovrà essere in generale minore di quattro figli. « VIII. Saranno escluse tutte le persone esercenti pro- fessioni civili o arti liberali, le quali non abbiano quattro figli, o altro conosciuto carico in famiglia, come sarebbe pa- dre e madre vecchi, impotenti e valetudinarii. <« IX. Tutti li forestieri non domiciliati stabilmente e con famiglia in città i quali sieno in locande, osterie o doz- zine, saranno esclusi. « X. Saranno escluse dal beneficio di S. Corona le mo- nache di S. Giuseppe, le ex-monache passate in altro chiostro, o esistenti per città; continueranno tuttavia a godere le due case della Stella ed Ochette, l’ Orfanotrofio di S. Pietro in Gessate, S. Bernardino delle monache, le terziarie di S. Eu- storgio, i padri cappuccini in contemplazione del loro ser- yizio allo Spedale, la casa di correzione e li carcerati, « Milano, 23 novembre 1756. » — 17939 — Nel 1789 per le migliorate condizioni finanziarie del Luogo Pio, il Governo prescrisse che la beneficenza fosse estesa alle monache delle due case regie di S. Or- sola e di S. Michele sul Dosso, esclusi però i rimedii blanditivi, e alle Vergini spagnuole stanzianti nel Cap- puccio ed alle altre persone menzionate nell'avviso al pubblico in data 26 maggio 1789 che trascriviamo : AVVISO. « Sollecito il R. Imperiale Consiglio di Governo di am- pliare il soccorso ai poveri di mano in mano che le annue entrate dei rispettivi pii istituti ne forniscono la capacità e il modo, dopo aver accresciuto sul fondo dell'Istituto elemo- siniere il sussidio a’ poveri anche vergognosi, il manteni- mento di pazzi nella Senavra, duplicato il quantitativo delle doti alle figlie della campagna, e fissato a carico del Luogo Pio Triulzi un numero maggiore di vecchi impotenti, anche con assegno giornale di soldi 12 finchè si faccia luogo d’es- sere ricoverati nel medesimo, ora che da bilanci annuali ri- sulta un costante avanzo, ha determinato di estendere il be- neficio del Pio Istituto di S. Corona, a diverse classi di poveri, che nell’atte dell’aggregazione di esso all'Ospedale non furono per prudenziali misure in allora comprese. « Si deduce quindi a pubblica notizia, che dal giorno primo del prossimo mese di luglio in avanti saranno ammessi alla partecipazione dell’assistenza di S. Corona, tanto per li me- dicinali che dei medici e chirurghi maggiori e minori: « I. Tutte le persone di servizio tanto di livrea, che camerieri, e le così dette cappe nere, ad esclusione però di quelli che abitano e dormono nelle case dei loro padroni e sono con essi convenzionati pel totale loro mantenimento. <« II Gli operai sebbene capi di bottega, quando però siano carichi di numerosa famiglia, che non dovrà in gene- rale essere minore di quattro figli, o che avessero il peso di mantenere padre e madre vecchi, impotenti e valetudinarii. — I74 — « III. Li lavoranti di bottega o altri simili inservienti che, o durante la loro malattia non guadagnassero la mercede, oppure fossero aggravati di numerosa famiglia, come sopra. « IV. Le vedove anche di civile condizione che non hanno sostanze, o capitali fruttiferi, nè assegni o pensioni, ma che vivono col puro lavoro delle loro mani, e molto più se aves- sero figli proprii da mantenere. <« V. Lì proprietarii di utili negozii e tutte le persone possidenti, esercenti professioni civili o arti liberali saranno escluse, eccettuato il caso di numerosa famiglia, od altre par- ticolari circostanze che possano renderle positivamente po- vere, nel qual caso sì dovrà dai rispettivi parrochi e promotori rilevare ne’ loro particolari attestati le speciali circostanze e motivi, per cui possano tali persone meritare il caritate- vole soccorso di S. Corona. « VI. All’effetto però di essere ammesso al beneficio sud- detto, si dovrà da tutte le suddette contemplate persone pre- sentare la fede di povertà sottoscritta dal proprio parroco e promotore ai preti visitatori di S. Corona, i quali secondo la vegliante pratica, dopo la prima visita del medico o chi- rurgo dovranno portarsi alla casa dei petenti a riconoscere e verificare le circostanze esposte e se veramente siano degni di godere del Pio Istituto, in difetto avvisare chi si conviene per l'esclusiva; come pure se per difetto di vitto, d’abita- zione o di letto non fosse possibile di curare l’ammalato in propria casa, nel qual caso dovrà persuaderlo di traspor- tarsi all'Ospedale giusta l'antica pratica. « Milano, 26 maggio 1789. » Altri corpi morali e monasteri furono aggiunti alla coorte già numerosa dei beneficati: nel 1794, la Pia Casa degli incurabili di Abbiategrasso con un assegno annuo di L. 3 mila, ora affrancato; nel 1796 le Orso- line del collegio presso S. Maria alla Porta, con facoltà di servizio dei medici e dei chirurghi e di avere gra- tuitamente i medicinali fino alla concorrenza della somma di L.200; nel 1808 i ricoverati della Pia Casa d’Industria; nel 1810 i religiosi soppressi, decrepiti ed infermi ricoverati nel convento di S. Angelo; nel 1816 i sordo-muti poveri; nel 1819 le figlie raccolte da una Pia Unione nella casa di ritiro in Porta Tosa al N. 129; esteso più tardi il beneficio all’altra casa in via della Guastalla; nel 1821 gli allievi poveri dell’Accademia di ballo presso il teatro della Scala. Nel 1833 furono esclusi dal partecipare al beneficio il carnefice ed il suo aju- tante perchè provvedutidi uno stipendio abbastanza largo. Nel 1848 furono sanzionate dall’ autorità tutoria nuove norme per l'ammissione dei poveri al beneficio di S. Corona. L'art. 1° conferma il concetto che l’Istituto ha per iscopo di soccorrere coll’assistenza di medici, chirurghi e levatrici e colla somministrazione di medicinali e di presidi chirurgici ì poveri che soffrono ripugnanza a presentarsi nello Spedale, o che non possono essere ricoverati nello Spedale perchè provveduti di vo, di abitazione, di letto e di assistenza domestica, o perchè presi da indisposizioni così leggiere da non obbligarli al letto, nè da esigere una cura ospitaliera. Le norme li- mitano il beneficio az soli poveri della città di Milano, esclusi gli abitanti fuori delle mura e ripetono in quanto alle persone ammesse od escluse quanto fu determinato nel surriportato avviso 26 maggio 1789. Fu richiesto che i poveri per essere ammessi al he- neficio producessero, come in passato, la fede di mise- rabilità rilasciata dal parroco e avessero riportato il visto dei sacerdoti visitatori, dei quali parleremo in ap- presso. Nei casi urgenti di malattie gravi e improvvise — 176 — i poveri potevano ottenere di essere visitati in giornata, anche indipendentemente dalla produzione della fede di miserabilità che dovevano però presentare il dì seguente. Fu prescritto che la cura a domicilio fosse conti- nuata fino a compiuta guarigione. La dimissione del malato poteva aver luogo anche prima quando l’infermo vi avesse rinunciato, quando fosse dichiarato immeri- tevole o sprovveduto di cibo, di letto ecc., per cui fosse necessario il suo trasporto all'Ospedale, — quando con- trariamente agli ordini del medico il malato sì trovasse fuori di casa — quando fosse provato che nascostamente il malato fosse assistito da altri medici o avesse preso medicamenti non ordinati dal medico di S. Corona,.e finalmente quando il malato facendosi cronico non avesse più bisogno di cura attiva. Queste norme furono rivedute e ripubblicate, con autorizzazione superiore, nel 1356. Nessuna variazione in confronto delle antecedenti, se si eccettui che furono esclusi dal beneficio i corpi morali, loro membri e ricoverati, salvo quelle temporarie eccezioni che fos- sero superiormente approvate, non che è corpt mi- litari, i finanzieri e le prostitute, salvo che per farse curare abbandonassero la casa ove esercitano dl turpe mestiere. L'esercizio della beneficenza è tuttora regolato dalle suaccennate norme del 1856 e dallo statuto organico del Pio Istituto approvato con decreto reale 2 dicem- bre 1866, nel quale fu sanzionato che esso debba provvedere alla cura medica e chirurgica a domicilio per gli ammalati poveri della città di Milano compresa nel recinto delle mura attuali e che siano « esclusi dal — 177 — » beneficio di S. Corona, i poveri accolti in altri isti- » tuti di beneficenza, i religiosi di qualunque ordine » anche mendicanti, i carcerati anche soltanto per de- » biti, i militari anche in permesso. » Questa disposizione sanzionò l'ordine dato fin dal marzo 1863 dalla rappresentanza amministrativa e di- rettiva per la cessazione della somministrazione dei me- dicinali ai corpi morali e monasteri in relazione ad una disposizione speciale di un nuovo regolamento per il servizio di farmacia approvato nel 1858. Il Consiglio Ospitaliero si preoccupò nei primi mesi della sua gestione delle irregolarità e degli abusi che sì verificavano nel rilascio da parte dei Parroci delle fedi di miserabilità ai poveri richiedenti il beneficio di S. Corona. Già due secoli prima i rappresentanti di que- sto Istituto avevano dovuto riconoscere che le fedi non sempre rappresentavano il vero stato misero della per- sona o della famiglia, alle quali erano rilasciate ed in varie epoche furono anche costretti a rivolgersi ai Par- roci della città interessandoli a far sì che il rilascio delle fedi avvenisse in modo più conforme allo scopo al quale dovevano servire ed agli interessi del Luogo Pio. Il clero parrocchiale, benchè sì studiasse di met- tere tutto l'impegno possibile nel disimpegno di quel difficile incarico, incontrava tuttavia delle gravi difficoltà da superare. Devesi poi conwenire che i Parroci per la moltiplicità delle occupazioni inerenti al loro ufficio non potevano sempre attendere colla necessaria diligenza alla verificazione delle condizioni economiche dei ri- chiedenti le fedi di povertà. A ciò si aggiungano le difficoltà di giustificare i rifiuti che talvolta dovreb- 12 — 178—- bero farsi a richieste inopportune. Ma dato anche che una fede sia stata debitamente rilasciata a chi ne era proprio meritevole, resta pur sempre possibile l’ abuso che la fede venga prestata da un povero all’altro, come con qualche frequenza è avvenuto. Era poi anche in- valso l’ abuso che le fedi venissero rilasciate non dai Parroci, ma dai chierici di sagristia su stampiglie la- sciate in loro custodia e firmate in bianco. Per queste considerazioni il Consiglio, coll’ intervento di una spe- ciale Commissione fu d’ avviso che questo sistema avesse fatto il suo tempo e che sarebbe stato preferi- bile l'impianto di un permanente registro dal quale ri- sultassero le famiglie povere di Milano aventi i requi- siti per l'ammissione al beneficio di S. Corona ed il rilascio annuale a ciascun capo di famiglia di apposito libretto che gli valesse in ogni occasione di sufficiente documento ad ottenere i soccorsi. Ma come già in pas- sato, la compilazione di un registro dei poveri e la suc- cessiva manutenzione fu subito riconosciuta impresa troppo ardua e troppo dispendiosa per il personale che occorreva. Però non fu trascurato, siccome di più fa- cile attuazione, il progetto del rilascio del libretto ai poveri. Così nel 1868, dietro proposta dell'Ispettorato, fu surrogato alla fede di povertà, un libretto rilasciato dall’Ispettorato stesso, e portante le principali disposi» zioni regolamentari. Malgrado della surriportata disposizione dello Sta- tuto organico che toglieva il beneficio di S. Corona ai poveri accolti in altri Istituti di beneficenza, il Consi- glio Ospitaliero nel 1379 assegnava, in via puramente di favore e rivocabile a piacimento, all'Istituto dei Ra- — 179 — chitici la somma annua di L. 1000 in tanti medicinali. Recentemente l’ assegno fu ridotto a L. 500 perchè l’esperienza dimostrò che non venivano esaurite le L. 1000. Coi prospetti che presentiamo facciamo conoscere le spese sostenute dall'Istituto dal 1785 al 1881 per la beneficenza e il numero dei malati curati a domicilio dal 1331 al 1880. SPESE di beneficenza sostenute dal 1785 al 1881 dal Pio Isti- tuto di S. Corona. 1785 |m-1, 195082, 2, 5 || 1802 |wL.165109,18,— 1786 | » 120150, 4,6 || 1803 | » 16228418, 5 1787 | >» 121516, 2,2] 1804 | » 152024, 4,8 1788 | >» 110449,13,6 || 1805 | » 15417813, 3 1789 | >» 116935, 6,8 || 1806 | » 146514,10,10 1790 | » 118576, 9,2 || 1807. [itL. 152333,80° 1791 | >» 134999,11,7| 1808 | » 181045,04 1792 | » 180784—,9|| 1809 | ».111471,— 1793 | >» 131991,2,5 || 1810 | » 116648,18 1794 | >» 133997,15,— || 1811 | » 110827,71 1795 | » 147111,9,7 || 1812 | » 8922891 1796 | » 167418—,5 || 1813 | » 81757,90 1797 | >» 189860,10,6 || 1814 | » 7829974 1798 | » 144672—,6 || 1815 | » 80181,00 1799 | » 148470, 4,1 || 1816 | » 89883,56 1800 | » 152410—, 1°| 1817 | >” 91062,47 | 1801 .| » 148545, 5, 7 || 1818 | » 83194,78 | — 180 — 1819 | i#L. 72335,12 | 1843 | ««L. 87315,735 1820 » 71356,70 || 1844 | » 87034,395 1821 » 7060857 || 1845 » 8508146 1822 » 81999,28 || 1346 » 102078,709 1823 » 82815,14 || 1847 | >» 10860164 1824 |-auL. 86199,63 || 1548 | » 107604931 1825 » 90439,14 | 1849 | » 121401,251 1826 » 96587,46 || 1850 | » 124501,25 3#1827 » 97345,087 || 1851 | » 115134,25 1828 » 88111,566 | 1852 | >» 117458,79 1829 » 87521814 || 1853 | >» 12099468 1830 » 82966,503 || 1854 =» 14017155 1831 » 84178,803 || 18550)» 131161,70 1832 » 82468405 || 1856 | » 144295,74 1833 » 84959,615 || 1837 | » 14907340 1834 » 82703,083 || 1859 | » 133645,85 1835 » 84877,464| 1859 | » 115364,76 1836 » 84007,797 || 1860 | iL. 125748,90 1837 » 94500,535 || 1861 | » 123926,82 1838 » 96652,796 || 1862 » 146217,15 1839 » 95028,179 || 1863 » 148958,50 1840 >» 101471,692 || 1864 » 131857,73 1841 » 107729,176 || 1865 @) » 11970821 1842 » 94867,044 | 1866 | » 113337,52 | (1) Dal 1855 in avanti non è computato l'importo dei medi- cinali somministrati ai poveri dei Corpi Santi per il legato Campana. (2) Nel 1864 cessò la somministraz, dei medicinali ai carcerati. — 181 — 1867 it-T. 120008,61 1875 it.L,, 1868 » 120925,99 1876 » 1869 » 120432,36 1877 » 1870 . >» 120604,42 1878 » 1871 » 124639,51 1879 » 1872 » 122718,22 1880 » 1875 (1)j » 167769, 1881 » 1874 » 166967,69 NUMERO dei malati assistiti a domicilio dal eccettuate le malate curate dalle levatrici. 136248,67 152907,14 155538, 11 158799,05 174670,61 162101,30 200448,08 1831 al 1880, | 1831 N. 16696 1844 | 1832 » 18844 1845 1833 » 15666 1846 1834 » 22547 1847 1835 » 21340 1848 1836 » 20003 1849 1837 » 21009 1850 1838 » 19640 1851 1839 » 21288 1852 1840 » 19080 1853 184 » 20041 1854 1842 » 18224 1855 1848 » 17731 1856 N. 19428, » 16059 » 20061 » 24543 » 21904 » 22033 » 22564 » 23390 » 24041 » 23685 » 27400 » 26557 » 26474 (1) Compreso il concorso alla spesa dei cronici della città di Milano ricoverati nell'’Ospedale Maggiore. — 182 — 1857 N. 26364 1869 i N. 23059 1858 » 25806 1870 » 24586 1359 » 26907 1871 » 22442 1360 » 24396 1872 . » 18067 1861 » 28136 1373 » 20513 1362 — » 27540 1874 » 2096! 1863 » 29994 1875 » 18736 1864 » 29561 1876 » 18584 1365 » 28736 1377 » 18767 1866 » 24856 AREE » 24330 1867 » 23189 1379 » 20609 1865 » 23492 1380 » 21878 L'inscrizione dei malati da curare a domicilio av- viene nei mesi di gennaio, febbraio, novembre e di- cembre dalle 8 alle 9 antim., d'ogni giorno; nei mesi di marzo, aprile, settembre, ottobre dalle ore 7 1/2 alle ore $ 1/2 antim., e nei mesi di maggio, giugno, luglio, agosto dalle ore 7 alle ore 3 ant. Le visite medico- chirurgiche alla residenza hanno luogo coll’orario testè accennato, salvo che è prolungato di una mezz’ ora. — 189 — SORVEGLIANZA AL SERVIZIO. SACERDOTI VISITATORI — ISPETTORATO. Nei primi anni della attivazione di questa Causa Pia la sorveglianza del servizio medico-chirurgico e della distribuzione dei medicinali ha potuto essere ef- ficacemente esercitata dai Confratelli colla destinazione di due di loro per ciascuna delle sei porte della città. Nel 1544 fu creduto opportuno l’ opera ed il sussidio di un sacerdote cappellano, al quale fu assegnata l’an- nua retribuzione di L. 100, coll’obbligo di celebrare la messa quotidiana nella chiesa di S. Sepolcro e di vi- sitare i poveri infermi ammessi al godimento del he- neficio di S. Corona. Non siamo lontani dal credere che le visite di questo cappellano dovessero limitarsi alla sola parte spirituale. Allargatasi la beneficenza e aumentato di molto il numero degli infermi soccorsi, anche le visite da parte dei Deputati devono essersi rese un po’ troppo nume- rose perchè potessero essere sempre eseguite con pun- tualità. Ad alleviare questo peso uno dei Deputati della Corona, Giovanni Andrea Annoni, del quale abbiamo dato una biografia, credette di dover fare una speciale donazione al Pio Istituto per fornire i mezzi di sti- pendiare sei sacerdoti incaricati di visitare quotidiana- mente i poveri infermi, — 184 — L'atto di donazione è in data 9 ottobre 1561 e ne riportiamo testualmente la parte più interessante : « Io Giov. Andrea Annoni tenendomi certo che molto debba piacere all’ omnipotente Dio et che gran- dissima utilità sia alli poveri di questa città di Mi- Tano la elemosina che cottidianamente se gli fa de medicine et altri sussidii per li signori Deputati de S. Corona de Milano, inspirato dal sumo Dio mi è parso pregare li suddetti signori Deputati vogliano esser contenti poi che in la suddetta opera de ellemosina et de adjuto corporale che anco a detti poveri se gli provvedesse de adjuto spirituale ad effetto che l’opera fosse perfettamente compita, et però il desiderio mio saria che per detti signori Deputati presenti et futuri se ellegesse sei buoni sacerdoti, quali havessero qual- che littere et timorati di Dio, che non siano stati pro- fessi de alcuna religione, quali con charità havessero cottidianamente a visitare li poveri infermi che ven- gono per ellemosina alla detta S. Corona, e gli per- suadessero a suportare in pacientia per amor di Dio la loro infirmità et povertà, confortandoli et exortan- doli alla confessione et ricever li santi Sacramenti della Giesa, quali poi habino de riferire a chi sarà deputato a questo effetto il bisogno et necessità de detti poveri azò se fosse necessario se facessero visitare dalli sig. me- dici, et provvederli oltre alle medicine de qualche ele- mosine de denari et detti sacerdoti fossero tenuti ce- lebrare messa ogni giorno et quelli offitii li sarà ordinati per li detti signori Deputati et anco un offitio da morti ogni primo lunedì de ciaschuno mese over il 1° giorno seguente che si troverà essere senza impedimento, etc. » — 185 — L’Annoni donò L. 24,000 per costituire la dota- zione per questi sacerdoti visitatori e dispose che nel caso in cui le rendite di quel capitale non fossero ba- state dovesse il Pio Istituto provvedervi del proprio. La istituzione dell’Annoni deve essere stata subito attuata; ma ci mancano i documenti dai quali rilevare gli onorarii che siano stati allora fissati ai sacerdoti. Ci è però noto che nel 1584 il loro onorario era di I. 200 aumentato poi nel 1586 a L. 350 cadauno, ad eccezione di quello di Porta Vercellina, al quale fu li- mitato a L. 300 trattandosi di una porta poco estesa. Tre di quei sacerdoti dovevano celebrare la messa quo- tidiana all’altare della Corona in S. Sepolcro (1) e tre nella Chiesa di S. Maria delle Grazie. Per la celebra- zione delle messe furono assegnate ai sacerdoti altre annualità di legati a carico del Pio Istituto. Nel 1588 furono pagati ai sacerdoti visitatori scudi re cadauno per la distribuzione di elemosine da loro fatta mediante i segne. Sulla fine di dicembre 1590 fu necessario di ordi- nar loro che non si occupassero in altre officiature o incumbenze dovendo prestare tutta intera la loro opera a vantaggio del Luogo Pio. L’onorario fu aumentato nel 1596 a L. 400 per ciascuno, con che però dovessero attendere scrupolo- samente all'adempimento degli oneri loro imposti. (1) In questa cappella della Corona nella Chiesa di S. Se- polcro furono fatte eseguire dal Pio Istituto n. 9 statue da Andrea Rinaldi per ducati 26 ogni statua e in tutto, compresi ducati 8 pagati a Giovanni Biffi, L. 1288, 4. (Mastro S. Corona 1602, pagina 293). Altre L. 17,2 furono pagate a Giovanni Tanzino per tre stocchi ed una lancia di legno per le dette statue. — 186 — Mentre il Capitolo per il migliore vantaggio dei po- veri aumentava ai sacerdoti visitatori l’onorario, questi si erano fatti negligenti nel visitare gli infermi, tanto che il Capitolo dovette nel 1614 richiamarli alla osser- vanza degli ordini e delle discipline, raccomandando loro di essere zelanti nell’ispirare ai poveri la pazienza. Per regolare il loro servizio furono compilate nel 1645 istruzioni speciali che indicheremo sommariamente. Ciascun cappellano visitatore doveva intervenire ogni giorno a mezza mattina alla sede del Luogo Pio a le- vare le fedi di povertà esebite dai poveri al maestro di casa, e sulle quali quest’ ultimo scriveva il ricapito del malato. Levate le fedi, il prete visitatore visitava il malato ed intanto doveva osservare che nelle case dove si trovavano i malati non stanziassero donne di mala vita, le quali erano bandite da S. Corona. Ri- conosciuta la povertà del malato, il prete scriveva sulla fede la parola — meretur — e la rilasciava al povero che la ritornava all’ ufficio di S. Corona per far con- stare che aveva avuto luogo la visita del prete. Era loro dovere di visitare di quando in quando i poveri infermi esortandoli alla pazienza e interrogandoli' se furono serviti bene, con diligenza e carità dai medici e dai barbieri. Nel 1702 fu applicata anche ai preti visitatori la pratica della loro conferma annuale, come già era stato ordinato per il personale medico. Questi preti, che pur avrebbero dovuto sentire la santità della loro missione, lasciarono frequentemente a desiderare nel disimpegno dei loro doveri, e come già altre volte, anche nel 1702, furono richiamati all’ os- — 187 — servanza dei loro ufficii. Il Capitolo fu inoltre costretto di dover ogni due anni cambiar loro la destinazione delle porte della città. A giustificare la riduzione del loro onorario a L. 150 annue, mentre li abbiamo lasciati coll’onorario di L. 400 cadauno, accenneremo alla dispensa loro accordata dal dir la messa (1). Per effetto del regolamento di S. Corona del 1774, i sacerdoti visitatori hanno dovuto essere dimessi, stante che la loro opera non fu più creduta necessaria, dopochè il servizio da loro disimpegnato veniva contemporanea- mente affidato ai Parroci della città che dovevano an- nualmente eleggere tre di loro per ogni quartiere dei sei nei quali era divisa la città. Protestarono i Parroci su questo nuovo peso che si voleva loro imporre, di- chiarando che le loro occupazioni parrocchiali già gravi non permettevano un di più; e:che l’ incombenza di sacerdote visitatore, oltrechè faticosa, era odiosa per il carattere di censore ed accusatore che dovevasi soste- nere a riguardo dei medici e dei chirurghi. Forti del- l'appoggio del Cardinale Arcivescovo Pozzobonelli, po- terono essere esonerati nel 1775 col richiamo in ser- vizio dei sacerdoti visitatori, stati poco tempo prima licenziati per effetto di sistema. Dacchè i Parroci non poterono prestarsi, i sacerdoti visitatori hanno dovuto essere confermati nel succes- sivo regolamento di S. Corona del 1778, nel quale il loro numero fu aumentato da sei a dodici, coll’onorario al primi sei di L. 160 ed agli altri sei di L. 120. La (1) Ordinazione cap., 23 settembre 1751. — 188 — loro carica fa dichiarata duratura per soli quattro anni, con facoltà di rieleggerli dopo un triennio dalla prima scadenza. Fu confermato in loro l'obbligo di verificare le circostanze di famiglia di coloro che ricorrono al beneficio del Luogo Pio e l’incarico di invigilare sulla condotta dei medici e dei chirurghi e sull’ abuso dei medicinali. Per assicurare poi il miglior servizio dei poveri e per togliere il pericolo che ii timore d’odiosità non ri- traesse alcuno dal denunciare al Capitolo le mancanze dei medici e dei chirurghi fu ordinata la collocazione di una dussola, chiusa con due chiavi diverse, alla porta del Luogo Pio per le denuncie segrete, dove ognuno poteva mettervi qualsivoglia scritto. I sacerdoti visitatori furono lasciati continuare nel numero di sei, quantunque fosse stata data la facoltà di aumertarli a dodici. Però nel 1779 fu eletto un so- pranumerario ai sei per le eventuali supplenze. L’ono- rario fu aumentato nel 1750 dalle L. 150 alle L. 250. Nel 1786 fu loro accordata una gratificazione di L. 60 per le straordinarie fatiche fatte nel 1782, nell’ occa- sione che infierì il morbo catarrale, così detto 71144 russo (Gripp). Il piano De Battisti del 1790 Ii ha rispettati con- servandoli però nel numero di sei, e lasciando conti- nuare il sopranumerario. Ad onta di ciò ì rappresen- tanti dell’ Ospedale non si credettero dispensati dal riferire all'Autorità Governativa che i preti visitatori non esercitavano alcuna vigilanza sul servizio di S. Co- rona, e che la loro opera si riduceva a venire per brevora a vicenda alla mattina alla residenza del Luogo — 189 - Pio per inscrivere ciecamente nelle liste dei medici i malati nuovi, e che perciò si credevano nel dovere di proporre la loro abolizione colla fine del 1796, deman- dando le loro incumbenze a due impiegati (i). I tempi correvano troppo burrascosi perchè il Go- verno avesse ad occuparsi di una tale riforma. Quindi i visitatori continuarono, ma troviamo che nel 1815 (@) il loro servizio era ridotto alla massima confusione per l'impotenza d'alcuni e per la negligenza di altri. Due anni dopo il direttore Strambio scrisse che egli li con- siderava presso che inutili, raltandosi di preti gene- ralmente di pochissima abilità e troppo occupati nei piccoli guadagni ecclesiastici. Secondo lui era più utile l'opera di un apposito Ispettore di S. Corona (8). Dopo dichiarazioni sì esplicite e convinzioni sì ra- dicate si dovrebbe ritenere che la istituzione avesse final- mente cessato di esistere. Invece avvenne il contrario, ché i preti continuarono a prestare un servizio imper- fetto e di quando in quando censurato dai superiori. Finché nel 1550 la direzione ospitaliera scriveva alla superiorità (4), che il servizio di S. Corona presentava delle imperfezioni ed una di esse quella di esserne af- fidata tutta la sorveglianza anche nella parte sanitaria ai sacerdoti visitatori, i quali, non essendo dell’arte, non potevano essere in grado di emettere giudizii bene ap- poggiati allorquando si fosse trattato di tecnica verifi- (1) Atti in protocollo al N. 299 del 1796, (2) Atti in protocollo al N. 2396 del 1815. (3) Atti in protocollo al N. 1705 del 1817. (4) Rapp. 10 gennaio 1830 al N. 5255 del 30. — 190 — cazione. Soggiungeva poi che qualche richiamo era stato inoltrato intorno al servizio di S. Corona, che, quantun- que ne fossero esagerati i particolari, nullameno da ciò emergeva l'ottima disposizione di istituire un Ispettore cui fosse affidata la generale sorveglianza. La superio- rità accolse bensì la creazione di quel posto, che fu oc- cupato dal dott. Giacomo Rotondi, medico di S. Corona, ma, quando si fu per determinare il di lui onorario, impressionò la maggior spesa che si doveva incontrare e non valsero i buoni effetti che aveva prodotto per trattenere la superiorità dal decretare la soppressione di quel posto, che ebbe una esistenza breve, ma utile. Intanto i preti visitatori non furono tolti, e il Collegio dei Conservatori, instituito nel 1850, li trovò tuttora in funzione, ma non tardò ad accorgersi che le loro pre- stazioni lasciavano molto a desiderare. Quindi, dopo di avere udito il parere di diversi Par- roci della città, si pronunciò per la loro soppressione. Se allora quest’'autorità, che non può sicuramente es- sere tacciata di avversione al clero, si indusse a pro- porre la loro abolizione, conviene credere che avesse ben forti motivi. La istituzione dei preti visitatori aveva l’intendimento che essi apportassero conforto ai poveri infermi, — fos- sero un mezzo potente di verificazione della realtà dei bisogni del povero, — fossero sorveglianza e control. leria tanto al modo con cui veniva portata la beneficenza, quanto dell'abuso che se ne facesse, — fossero un anello di comunicazione fra gli infelici beneficati e il Luogo Pio che beneficava. Invece tra i poveri infermi era un continuo lamento perchè alcuni fra i ministri del pie- — 191 — tosissimo Istituto adempivano stentatamente e duramente al santo loro incarico o vi mancavano affatto. Vagheggiossi allora la istituzione di Commissioni gra- tuite speciali per ogni parrocchia, reputandosi che l’opera della sorveglianza del servizio a domicilio potesse essere meglio prestata da un personale diretto solo dallo spi- rito di carità, mentre riservavasi la sorveglianza al ser- vizii di residenza ad un personale stipendiato. Furono redatte in questi sensi le norme peri visitatori nel 1856, fissandone due o tre per parrocchia; ma questo nuovo sistema non ha potuto essere attivato, perchè i Parroci, officiati a suggerire le persone alle quali affidare l’in- carico, dichiararono di non averne rinvenute di idonee a quell’ufficio. Giunse il 1858 senza che le pratiche, che furono continuate attivissime, riuscissero ad un buon risultato, per cui, quando sopravvenne, nel 1869, il Con- siglio degl'Istituti Ospitalieri, i sacerdoti visitatori si tro- vavano tuttora in servizio. Il Consiglio non tardò molto ad accorgersi che quei sacerdoti soddisfacevano mala- mente ai loro doveri, che la loro prestazione si limi- tava alla presenza di qualche ora negli ufficii di residenza, che ommettevano le visite: domiciliari e trascuravano ogni e qualunque controlleria. Il servizio procedeva troppo male perchè il Consiglio non approfittasse degli studii che erano già stati fatti per la abolizione dei preti visitatori e non si credesse in dovere di accogliere la proposta presentata nel 1861 dalla direzione dell'Ospedale per l'istituzione di uno spe- ciale ufficio di Ispettorato per il servizio di S. Corona. Quindi con deliberazione 27 dicembre, 1863 instituiva provvisoriamente quell’ufficio destinandovi due ispettori — 192 — e due impiegati coll’incarico di ricevere alla mattina le richieste dei poveri. Cessarono così nel 31 gennajo 1864 i sacerdoti visitatori. Non accenneremo qui le istruzioni che regolano il servizio degli Ispettori, ma diremo che fu loro imposto l'onere di risiedere negli ufficii di S. Corona durante l'orario delle visite alla residenza per esaminare, fir- mare e registrare gli adbisogna di ogni presidio chi- rurgico, e per vegliare che non avvengano abusi di somministrazioni di medicinali e di cinti, ecc. Divisi i quartieri della città fra di loro, dovevano sorvegliare il personale medico-chirurgico tanto nelle visite di resi- denza quanto in quelle a domicilio limitatamente alla loro frequenza e carità verso i malati, non occupandosi mai dei metodi di cura. In un orario vespertino e negli ufficii di S. Corona, gli Ispettori avevano a comunicarsi le informazioni re- ciproche degli eventuali rilievi emersi nelle visite fatte. E altra cura degli Ispettori quella di verificare, allorchè visitano i malati, se essi riuniscono le condizioni per fruire del beneficio di S. Corona, come pure se i me- desimi per le circostanze di abitazione, di assistenza, di malattia e di assoluta indigenza possano o meno es- sere curati a domicilio in luogo d'essere diretti all’Ospe- dale. Recentemente (dicembre 1882) furono compilate nuove istruzioni per gli Ispettori. Olire agli obblighi normali di sorveglianza sul servizio fu loro imposto il dovere di recarsi al domicilio dei malati ai quali dai medici di S. Corona sarà stato rilasciato il biglietto di ammissione nell’Ospedale per riconoscerne le condizioni domestiche e di malattia, con facoltà agli ispettori di — 19 —- inviare all'Ospedale Ciceri o Fate-bene-sorelle, le inferme che per le condizioni di famiglia e di malattia vi po- tessero essere accolte compatibilmente colla disponibilità dei letti. L'ufficio di Ispettorato, confermato stabilmente nel regolamento sanitario del 1865, funziona tuttora diretto dall’egregio dott. Giacomo Mozzoni. LEVATRICI E SERVIZIO OSTETRICO. L'introduzione delle Levatrici nel servizio di S. Co- rona è una istituzione di data non remota. Nel 1791, dietro proposta della direzione medica, assecondata dal Capitolo Ospitaliero, fu dal Governo autorizzata la isti- tuzione di sei posti di levatrici da applicarsi una per ciascuna delle sei porte della città col salario annuo di milanesi L.-250 e coll’obbligo di dimorare nel quar- tiere loro assegnato. Era loro dovere di prestarsi, sì di giorno che di notte, alle chiamate delle partorienti vi- sitandole ed assistendole con tutta la attenzione e la carità, mediante soltanto la produzione della fede di po- vertà col 7meretur del sacerdote visitatore. Dopo il parto dovevano visitare le puerpere per i primi tre giorni, facendo maggiori visite in caso di bisogno. Il salario non fu variato se non colla pianta sani- taria del 1855 nella quale fu stabilito in austr. L. 240, ramutato poi nel 1861 in altrettante lire italiane e 15 — 194 — così conservato nelle piante morali del 1865, 1871, 1874 e aumentato a L. 300 in quella del 1875. Nel regolamento sanitario del 1871, allo scopo preci- puo di alleviare il soverchio lavoro dei medici assistenti alla scuola d’ostetricia, i quali venivano frequentemente chiamati ad assistere poveri di S. Corona, fu istituito un posto di ostetrico consulente coll’annua retribuzione di L. 1400, tenuto fermo nei medici-chirurghi di S. Co- rona l’obbligo di prestarsi ad ogni chiamata di parto- riente. L'esperienza dimostrò che l'istituzione, come era stata fatta, non corrispondeva esattamente allo scopo. Il titolo stesso di consulente contribuì a renderlo meno efficace. Consulente è quegli che dà consigli, ma non già quello che direttamente cura. Così il consulente non ve- niva chiamato, se non dopochè il curante medico-condotto avesse creduto necessario il suo intervento. Siccome poi il concetto che dominava allorchè si istituì quel posto, era quello che le poveri gestanti di S. Corona potes- sero essere assistite da un ostetrico pratico nel caso di parti difficili, così nel 1876 il Consiglio Ospitaliero pro- pose, e la superiorità sanzionò, la surrogazione al con- sulente ostetrico di due specialisti ostetrici collo sti- pendio di L. 1600 ciascuno, modificando le istruzioni che erano state fatte per il consulente ostetrico nel senso che essi potessero essere chiamati direttamente dalle levatrici. — 1959 — PATRIMONIO, RENDITE E SPESE. Abbiamo già accennato che fin dall’ origine della isti- tuzione i confratelli della Corona si obbligarono a cedere al Luogo Pio tanti beni immobili quanti ne abbisogna- vano per costituire la rendita occorribile per mante- nere la farmacia. Ci mancano i registri dai quali ri- levare le prime elemosine annuali state fatte dai con- fratelli. Però dai mastri di contabilità abbiamo rilevato che nel 1514 raggiunsero la somma di L. 518. Il patrimonio cominciò a costituirsi nel 1500. Il primo dei confratelli che vi contribuì fu Ambrogio Spanzotta, il quale con test. 23 maggio detto anno legò alla Con- fraternita annue L. 80, sopra tutti i suoi beni. Nello stesso giorno offerse L. 358,10. Fu subito seguito dal conte Sigismondo Mandello, con un legato annuale di L. 60, da Pietro Agostino da Sellanuova con una obla- zione di L. 112,10. Due anni dopo Agostino d’Albiate offriva L. 160, in aumento di oltre L. 60 annue offerte prima. Francesco da Triulzio legò nel 1500 ducati 500. Nel 1502 la Confraternita fu chiamata erede dal confratello Bernardino Giussano e da Caterina della Chiesa. Tre anni dopo il Luogo Pio ereditò da Giovanni Oggionni una possessione in territorio di Liscate di pertiche 250, non che diversi livelli. Lo favorirono con legati e donazioni nel 1503 Gabriele Fontana, nel 1504 — 1960 — Agostino Olgiati, Francesco Mantegazza, nel 1505 Cri- stoforo Remenulfo e di nuovo Francesco Mantegazza, nel 1506 Ambrogio Rabbia e Michele da Ferno, nel 1508 Giovanni Oggioni, Gualterio Bescapè, nel 1510 Andrea Malabarba, nel 1512 Agostino Zavatero, Luigi Vare- sino, nel 1522 Bernardino Ghillio, Francesco Galli, Am- brogio Castano, nel 1526 Roberto Quarterio. AI 1° gennajo 1514la Confraternita aveva una ren- dita di L.3183,12,11, non tenuto conto delle case che servivano di residenza del Luogo Pio, e che rappresen- tavano un valore infruttifero di circa L. 8000. L'importo del patrimonio avrebbe potuto essere di maggiore con- sistenza se alcune attività provenienti da legati e da donazioni non avessero dovuto essere realizzate per man- tenere la farmacia. Ora l'importo suddetto di - . . L. 8183,12,11 fu aumentato nel detto anno 1514, dalle seguenti attività: Livelli ‘attivi. <.<... Lb-1010,=- AO See o OSE Eredità in liquidazione » 142, 9,11 Contributo dei confra- belli Ere Mib Elem OSIO IntromtifdiversitiM e o Via Idem in conto capitale » 200,—,— L; 2119, 811 Ly; 2119007200 rr T_TTTiEITITPP - e così l’attività venne a risultare di. L. 5303, 1,10 — 197 — Attività come retro L. 5308, 1,10 Colla quale furono sostenute le se- guenti passività: Wupelbpassivi ... .L. 60,10,— Spese di amministraz. . » 75, 3, 2 Spesegilifculto i. 24 eco o@passiyi a 60, Elemosine a’ poveri. . » 235, 3,— Elemosine a’ conventi. » 70, — Spese diverse . . . » 70, 3,— Salarii ai farmacisti . » 1483,—,— Medicinali ed utensili. » 529, 2, 8 JES1492, NIETO 1492, 710 Lasciando così al 51 dicembre 1514 una disponibilità ‘attiva di. . ... L. 8811,—,— la quale al 1° gennaio 1550 ascese a L. 12799,14, $, rendita che fu erogata in sole L. 7393, —, 4 per i pesi ‘ e le spese, lasciando un avanzo di L. 3406, 14. Le mag- giori spese sono rappresentate dalle elemosine ai po- veri sani in L. 1562, 11 e dalle droghe medicinali in L. 2496,14,1, e dalle elemosine ai poveri infermi in L. 1004, 2, 6. Un mezzo secolo dopo, e cioè nel 1600, le rendite si moltiplicarono circa sei volte poi- chegdafg@oge es. gi LL 1270 QIINEROTO) © Ae AE PEA (5): CORSIA di piu die, cis cr e Tui 63064; 4,10 — 1989 — Quest'ultimo risultato ci manifesta quale incremento abbia subito il patrimonio e quanto favore abbia incon- trato la istituzione. Le cifre che entrano a costituire quella rendita sono quasi tutte positive e stabili, salvo qualche miglia]o di lire proveniente da eredità liquidate. Gli stabili vi figurano per un annuo ricavo di L. 44900. Fa riscontro a quella rendita di L. 75863, 19, 6 una uscita di L. 69498, 13,3 con un conseguente avanzo di L. 6365, 6, e con un consumo di medicinali per un im- porto di L. 30437 Nel 1613 la rendita fu minore di quella del 1600, essendo risultata di L. 70974, 16, ma ad onta di ciò si ebbe un avanzo di L. 5095, 10, 10, dopo di avere spese: Per medicinali ed attrezzi di farmacia L. 31398, 2, 2 » elemosine a partorienti . . . . » 132,—,— » elemosine a' poveri infermi. . . » 1474 O » presidii chirurgici. . °° >. +50 » 'Salassive ventose: 0A SMI ZI >gsalarioNalMoreimo E een » 288,—,— » stipendii al personale di dna » 2002, 2, » stipendio fisso a 6 barbieri. . . » 900,—,-— » » at0gmedici Reed » » a 2 chirurghi. . . . » 300,—,— » visite pagate ai medici . . . » 6515,—,— » stipendio all'economo o maestro — Casa. e e » stipendio ai chie e e ZIO 08 » spese inerenti al patrimonio . . » AS 3 L. 65979, 5, 2 — 199 — Le condizioni finanziarie peggiorarono nel 1628, che fu un anno disgraziato in causa di una gravissima ca- restia. I conduttori degli stabili non poterono pagare che degli acconti e varii di essi fallirono, per cui la rendita per questo titolo che avrebbe dovuto essere di L. 55867, 4,8 fu di sole L. 22758, 17, 8. Meno male che le erogazioni avessero potuto essere di conformità ridotte e limitate, ma la miseria che dominava fu più esigente che non lo spirito di economia e quindi fu inevitabile un disavanzo straordinario e quale non si era mai verificato. La rendita presumibile che doveva essere di li- iicin/z200 49 lesi sole» 0 Li 44157,16, 1 lekksposefiuronofdi i 0. n.» 7/86, 8,11 per cui il disavanzo raggiunse la rag- Smardevolofertra di... .., . L.83718,12,10 la quale ha dovuto essere colmata col ricavo della ven- dita di alcuni titoli del Banco di S. Ambrogio. Un secolo dopo, nel 1723, la rendita aumentò sì, ma non come ci saremmo aspettato, in quanto che es- sendo stata di L. S4269, 10, 2 ci dà un aumento su quella del 1628 di sole L. 7008, 7, 1, il quale è dovuto in gran parte alla compenetrazione della rendita della eredità Campana, che, come abbiamo veduto, aveva una destinazione speciale a favore dei CC. SS. di Milano. L'aumento di rendita non fu sufficiente per far fronte alle maggiori spese che si dovettero incontrare, essen- doché l’uscita superò l’entrata di L. 23052, 1, 11, vuoto che fu riempito con danari provenienti dalle eredità Caponago e Visconti. — 200 — La rendita migliorò nel 1740, essendo salita a L. 107439, 14,6, ma ad onta di ciò le spese furono anche in quell’anno superiori di L. 11669,16,5. Un ulteriore aumento nella rendita si verificò nel 1753 in L. 1539834, 4, 3 che fu erogata in sole L. 119874, 16, 7 lasciando così una disponibilità di L. 19059, 8, S. L'avanzo di rendita fu minore nel 1764. Con una disponibilità di L. 169745, 18 si spesero L. 158842, per cui avanzarono L. 10903, 18, cifra questa che tro- viamo di poco diminuita nel 1776 nel qual anno l’at- tività fu di L. 216058, 12, 3, costituita da fitti di ;ter- reni e case in quanto a L. 163124, 10, 1; da livelli, censi e redditi per L. 16835, 2,9 e da interessi attivi per L. 29369, 6, 8, rappresentato il rimanente da altre attività di minor conto. I pesi e le spese raggiunsero in quell'anno la somma di L. 204944, 5,8 erogata per L. 66397, 1,4 in soddisfacimento dei salariati, per L. 46271, 6, 7 in medicinali, e per L. 21820, 18,2 in carichi regii e per altre spese. L’avanzo di rendita FURCOSI Also CPI Nel 1786, durante il qual anno la gestione fu tenuta in parte dall’Amministratore Regio di S. Corona ed in parte dall’Amministrazione dell'Ospedale, si ebbe una rendita di L. 288792, 16 ed una uscita di L. 211984, 15, 3, nella quale figurano i salarii per L. 71139, 17, 6, i me- dicinali per L. 49016, 17, le imposte per L. 24423, 18, 2, le spese diverse per L. 16194, 1, 3. L'avanzo fu dunque di L. 7780 787 diminuì a L. 65150, 13, 11 aumentando di nuovo nel 1738 a L. 75938, 14, 1 e ridu- cendosi a circa la metà nel 1789 in L. 33132, 1, 6. Colla aggregazione all’ Ospedale il Pio Istivuio di — 201 — S. Corona ha potuto conseguire una diminuzione nelle spese e più specialmente nell’ importo dei salarii, il quale da L. ‘71133, 17, 6, erogato nel 1786, discese: nel 1787 a L. 63834, 7, 2 con un risparmio di L. 7299, 10, 4 e nell'importo delle spese diverse che dalle L. 16194, 1, 2 del 1786 diminuirono a L. 10566, 9,5 nel 1787. Que- ste minori spese resero possibile nel 1787 di essere un po’ più larghi e facili nella applicazione della benefi- cenza con una spesa per medicinali di L. 57681, 15 superiore a quella sostenuta nel 1786 in » 49016, 17 di L. 8664, 18 La diminuzione nelle spese per salarii e nelle spese diverse persiste anche negli anni successivi finchè nel 1798 si ebbe anche un avanzo di rendita di L.38161,2,10 che scomparve nel 1799 per lasciar luogo ad una de- ficienza di L. 3788, 19, 2, la quale aumentò a L. 7599, 12 nel 1800, ad onta che le spese diverse siano state di sole L. 334 e che la rubrica salarii sia discesa a L. 61074, —, 1. Lo stato finanziario del Luogo Pio migliorò nel 1808 essendosi chiuso il bilancio con un avanzo di italiane cioe Tagged ee i e, 0 1 26128056: 4 ESP eee e 0) 1 21997922 liornamorlexzsuddette.. cossa. Li ‘443018404 Questo risultato sì soddisfacente fu conseguito anche dopo di avere sorpassato nelle spese di beneficenza l'importo degli anni precedenti. Furono fortunate an» Ù — 202 — che le risultanze dei bilanci 1809 e 1811, ma disgra- ziate quelle dei bilanci 1310 e 1812 con un disavanzo rispettivo di L. 37068, 63 e di L. 21864, 94, 4. La- © sciati i bilanci dal 18193 al 1829 diremo che si veri- ficarono avanzi di rendita in tutti gli anni dal 1836 fino al 1374 come dal prospetto che presentiamo. 1836 | au L. 2530,78 || 1856] #* L. 12228,18 1837 » 68195,14 | 1857 » = 10067,45 1838 » = 70199,22 || 1858 » = 15940,43 1899.) |» 82831,77 |-1859| # L25976007 1840 » = 67673,12 || 1860 » 35582, 65 1841 » = 62849,37 || 1861 » i SZOZTONOT 1842 » = 76888,62 || 1862 » 20390, 61 1843 » © 94445,31 || 1863 » 6868, 23 1844 » = 91504,05 || 1864 » 42008,47 1845 » = 90270,87 || 1865 > 05159%0 1846 » = 79164,40 || 1866 » 62082,13 1847 » . 68437,20 || 1867 » = 50815,68 1848 » = 54475,29 || 1868 » = 53029,55 1849 » 63485,61 || 1869 » = 48819,19 1850 | » 40336,84 | 1870 >» 66891,53| |1851,|° (»53368,87 | 1871]. ». ‘85813470 18520 (> (69954.11 ||1872:| (vo 465222301, 1858 |\ (<>. ‘60045151878. > (Mi2ioga, TAR: 1874] > ‘10255427 |1855| =» 55764,06 — 2039 — Gli avanzi più ragguardevoli si sono verificati du- rante il periodo dal 1337 al 1552. Ma a questo fortunato risultato dei bilanci di S. Corona fanno riscontro enormi deficienze a carico dell'Ospedale, le quali sarebbero state certamente minori, se il Luogo Pio di S. Corona non avesse aggravato le condizioni dell'Ospedale col lasciare a di lui carico una parte della spesa della cura e del mantenimento dei cronici di Milano, come diremo in appresso. L'importo degli avanzi verificatisi anteriormente al 1821 fu passato all’ Ospedale a titolo di mutuo e con decorrenza di interesse. Dalla detta epoca in poi gli avanzi di rendita furono fatti figurare siccome un con- tributo del Luogo Pio di S. Corona all'Ospedale a dimi- nuzione delle deficienze enormi di lui in riguardo dei maggiori pesi che derivarono all'Ospedale dalla aggre- gazione del Luogo Pio di S. Corona. Questo nuovo modo di erogazione degli avanzi di rendita, mentre non fu né capriccioso, nè arbitrario, fu anche ammesso dallo Statuto organico dell'Ospedale e Luoghi Pii Uniti approvato con decreto reale 2 dicem- bre 1866. Già quando il Governo aggregò il Luogo Pio di S. Corona all'Ospedale, trovò giusto e ragionevole che questo ultimo, anzichè soffrire alcun danno, dovesse avere qualche vantaggio e comodo. D'altra parte il comune di Milano, dall'epoca in cui nel 1812 furono posti a carico dei comuni mittenti i cronici fino ai giorni nostri, ha continuato a corrispondere all’ Ospe- dale una diaria inferiore di molto a quella dei comuni foresi, appoggiando la diversità di trattamento al fatto che i poveri di Milano, anche se cronici, avevano il — 204 — diritto di farsi curare a domicilio a carico del Luogo Pio di S. Corona. Dunque fin da quando l'Ospedale cominciò a trovarsi danneggiato in causa della minor diaria corrisposta dal Municipio di Milano per i suoi cronici, si doveva senz'altro e per un alto principio di equità far figurare nei bilanci dell'Ospedale da una parte la perdita alla quale doveva sottostare per la differenza fra la diaria dei cronici milanesi e quella dei foresì per rispetto ai cronici di Milano, dall'altra parte il contributo del Luogo Pio di S. Corona, che non li .curava, nè li provvedeva di medicinali, come sarebbe stato di suo istituto, se si fossero fermati al rispettivo domicilio, e che quindi veniva a conseguire un risparmio di spesa a tutto danno dell'Ospedale. Se così fosse stato operato, il Luogo Pio di S. Corona non avrebbe avuto certamente avanzi di rendita, tanto più che questi negli anni anteriori al 18386, 0 mancarono, o furono di poca o nessuna entità. Sarebbe stato nostro desiderio di isti- tuire un conto delle perdite incontrate dall’Ospedale in causa della minor diaria corrisposta dal comune di Milano per i suoi cronici dal 1312 in poi, ma ci è mancato il tempo e il materiale occorrente. Però siamo stati in caso di redigerlo per l'epoca dal 1845 in poi. Premettiamo che allorquando nel 1826 fu deter- minata in austriache L. 1,05 la diaria per i cronici a carico dei comuni foresi, non si fu sicuramente larghi verso l'Ospedale, se si considera che il costo giornaliero di un malato fu in quell’anno di austriache L. 1,15. Questa sproporzione fra la misura delle pensioni e il vero costo giornaliero di un malato, si riscontra anche negli anni successivi e anche quando furono acconsentiti aumenti. Così nel 1858 la misura della diaria per i cronici foresi fu determinata in L. 1,33, mentre il costo giornaliero di un malato era di L. 1,35, e nel 1867 fu au- mentata a L. 1,60 contro il costo di un malato di L. 1,63. Oggi la diaria è di L. 1, 66, mentre il costo di un ma- lato, secondo l’ultimo consuntivo (13381) fu di L. 1, 89. Dal conto che abbiamo istituito ci è risultato che l'Ospedale, in causa della minor diaria pagata dal co- mune di Milano dal 1845 al 1874 per i suoi cronici, nella sola ragione di cent. 79 dal 1845 al 1858, di JL.1,02 dal 13858 al 1866, di L. 1,23 dal 1866 al 1876, e di L. 1,33 dal 1876 in poi in luogo della maggior diaria fissata per ì comuni foresi, ebbe a rimanere in disimborso della rispettabile somma di L. 994504, 74 Gli avanzi passati da S. Corona all’O- spedale dal 1845 al 1874 ascesero a » 1161280, 59 per cui l'Ospedale avrebbe E un It, ee Me Roo So il quale mercè la coat apposizione della perdita avuta dall’Ospedale per l’egual titolo e per gli anni dal 1875 al 1880 non compensata dal Luogo Pio di S. Corona pergducrogdiafimezzi int i, 0 113319,98 enesagidursica te, 0 LL 5845587 cifra che si convertirebbe in un meno percetto dall’Ospe- dale qualora il conto si facesse risalire al 1812. È poi anche a rimarcare che il Luogo Pio di S. Co- rona in passato non ha mai corrisposto alcuna somma a titolo affitto dei locali da lui occupati nell’Ospedale — 2060 — per le ambulanze, affitto che soltanto da pochi anni viene conteggiato. Si aggiunga che al servizio di bian- cheria occorrente alle ambulanze stesse provvede l’Ospe- dale senza che: il Luogo Pio di S. Corona dia alcun compenso, e che altri cespiti di spesa vengono sostenuti dall’Ospedale. Prima di chiudere questa parte del nostro lavoro sentiamo il bisogno di fare qualche considerazione sulle rendite disponibili del Pio Istituto e sulle spese occor- ribili per farlo funzionare portando la nostra attenzione sul preventivo 1883. I redditi patrimoniali vi sono calcolati nell'importo di... cc ee e costituiti per L. 157721 dai fitti di ter- reni e case della estensione censuaria di pertiche 18465, 15, 4 coll’ estimo di scudi 152948, 1,5, e per L. 158,143 da censi e rendite perpetue e per il rimanente da li- velli, interessi attivi, legati, proventi, ecc. Gli oneri patrimoniali sono va- lutati nella somma di. . . . L. 13174 Le imposte sono preventivatein » 66622 e cioè imp. sui terreni L. 43797,88 imp. ricchezza mobile » 20929,90 tassa fabbricati .. . » 669,98 tassa manomorta eta: CIO6r92 lassetdiverse seo 21140 L. 66621,13 arrotondate come soprain L. 66622. A riportarsi . .. L.' 79796 L. 325487 — 207 — Sdaportano <.< |. L. Le spese d’amministrazione e di conservazione del patrimonio le tro- viamo esposte nella somma di . » Le spese di beneficenza, cioè salarii al personale sanitario, pen- sioni, lumi e combustibili, medici- nali, presidii chirurgici, riparazioni ai locali di residenza, sono calco- Jatefmnellamporto di ic...» già comprese L. 39600 per il con- corso del Luogo Pio di S. Corona alla spesa dei cronici di Milano. Per spese straordinarie, per opere edilizie e nuove costruzioni e per fondo di riserva . . . >» Per medicinali gratuiti ai poveri del circondario esterno e al Pio Istituto dei Rachitici, én via di mero favore revocabile a piaci- IMGDVO è ta Ce e) Per la provvista di istrumenti pergledamobulanze . yi. a» ©» E quindi una spesa comples- SARE eee UL, 79796 317609 204137 10561 333208 che in confronto della rendita ci dà una deficienza di . Quando consideriamo che nel 1878 la rendita fu soltanto di L. 258130, 10. e che ora è aumentata a — 208 — L. 325487, non possiamo non rendere omaggio all’ini-- ziativa del defunto presidente conte Luigi Agostino Casati, il quale, studiosissimo di quanto si atteneva al patrimonio dell'Istituto, avvertendo all’esiguità dei red- - diti del vasto tenimento di Oriano, iniziò e condusse a termine, mercé il concorso del Consiglio Ospitaliero e della Superiorità, con un risultato splendido, la vendita del tenimento stesso, impiegandone il ricavo, che su- però di molto le perizie tecniche, in rendita dello Stato (1). Contemporaneamente furono estinti coi denari ricavati dalla vendita del Lazzaretto i mutui che il Luogo Pio di S. Corona professava verso l'Ospedale, per modo che con queste giudiziose operazioni e col- l’impiego pure in rendita dello Stato anche dell’ im- porto dei capitali restituiti dall’Ospedale si raggiunse un miglioramento sensibile nei cespiti di rendita del- l’Istituto, Ma ad onta di ciò noi ora ci troviamo in presenza di una deficienza che non è forte, ma che può farsi tale, qualora non sopravvengano nuove risorse o venissero introdotti nuovi servizii. Una scossa anche leggiera può tornare fatale all'Istituto. Impressionati da uno stato finanziario sì poco lu- singhiero e impari ai bisogni reclamati dalle riforme dei servizii e dalle esigenze sociali e scientifiche, ci auguriamo che la carità cittadina, che è mancata a questa beneficenza da circa un secolo, scriva ancora il nome dell'Istituto di S. Corona nelle elargizioni e negli atti di ultima volontà e riviva così potente, così larga (1) L’ importo peritale in L. 384871, 19 fu superato per un importo di L, 180961, 39 essendosi conseguite L. 565832, 58. —- 200 — e così benefica da acconsentire maggiori spese e mag- giori erogazioni di beneficenza. Certo è che nella nostra città non si è ancora spento quel nobile ardore di ca- rità e filantropia per cui essa ha ottenuto fin dai più antichi tempi ben meritato nome di città benefica. Possa anche oggi, che le condizioni sociali sono mutate, mostrarsi appieno la carità dei Milanesi, soccorrendo a quest'Istituto, che attraverso a quattro secoli seppe piegare le sue discipline alle necessità mutevoli dei tempi, senza mancare mai al concetto illuminato di ca- rità che lo dettava ai nostri padri. es l4 RE NIDIEC E. Non ci è parso opportuno l’aver parlato di questa Causa Pia senza rendere un tributo di riconoscenza ai benefattori che contribuirono a farla prosperare; e perciò faremo seguire ai cenni storici un indice dei loro nomi. sìa SÎ GIOR | CES COGNOME E NOME PATERNITÀ |®-S5 | 88 #8 | 0-S$ Es | ESS Albuzzg Rabitti SNO OR IF 1599 Aldi Sac. Giovanni Battista, | Parroco della Chiesa Par- Fratelli Bar rocchiale di S. Giulio in |} mei Barlassina ohio ioloinco 1594 Aldi Pietro Francesco . . . 1625 | Aliprandi Giovanni Paolo . q.® Corinto 1040 Ambrosino Pietro Martire. | q.!" Costantino e Ri Annone Giov. Andrea, De- | puiatogdie SA. Coroma ro eee ezio) AmmonegGrovanni Camillo Sete. i. INLESONIMEE Anolfa Torriani Marchesa Doroteaqg.® Giovanni Vin- | cenzo ved. del benefattore | DEexddalMarch- Ambrogio (Rata. i 16178 Appiani Sac. Cristoforo . . | q.* Bernardino | 1561 Appiani Cristoforo . . . . . q.® Cav. Franc. | 1628 do È (AS) Arluno Nob. Dottor Fisico Giovanni Francesco . . Balduini Giov. Antonio di Lecco, Deputato di Santa Corona Baravalli Catterina..... Bareggio Antonio de Nazari marit. con Angela Ajroldi Baruffi Giov. Antonio, Far- macista del Luogo Pio di S. Corona. Morì di peste l’ultimo luglio del 1524. Bellingeri Ortensio, Notajo di Milano, Vice Tesoriere del Luogo Piodi S. Corona Bellino Sac. Michele, Cano- nico Ordinario della Me- tropolitana di Milano . . Berga Claudio, marito di Veronica Vimercati . . . Bescapé Gualterio, Depu- tato di S. Corona Bianchi Giov. Antonio . . . Bonacorsi Roberto Bonfanti Bernardo . . . . . Bono Giov. Domenico . . Brebbia Carl Antonio. Te- soriere gener. dello Stato di Milano, Deputato di STECOLONA Re Roo Brugno Giov. Donato Brugo Giov. Andrea . . © ‘elia oe Ue Cajmo Sac. Gabriele . Cajmi Marc Antonio, Giure- consulto Collegiato Caldarino Giovanni Battista, Deputato del Luogo Pio Campana Francesco .. .. | Candiani Filippo, Tesoriere ducalets. eng Candiani Margarita vedova q.® Giov. Pietro q.® Ambrogio q.® Mario q.® Michele q.e Giacomo q.® G. Battista q.® Giovanni q.® Gerolamo q.® Giacomo q.® Marc’ Antonio q.® Michele q.® Orazio Co Giov. Angelo ‘q.® Giov. Stefano e elite Mo) file: natio code di Giov, Amber, Caracio . . Oa Matteo 1651 1622 1577 — 213 — Caponago Dott. Fisico Giov. Ambr., Medico di Santa | Corna: a RR. Carati Cassandra vedova di Belleto Corti ts... Carcano Giov. Ambrogio . Carpani Gabriele ...... Casati Gerolamo ...... Castano Giov. Ambrogio Castiglioni Dott. Fis. Giov. Batista dae È Castelsampietro Ortensio . Castrucci Margarita mari- tata con Gerolamo Cal- lense, Avvocato Fiscale . CattancoMAnnatf. Cavenago Nob. Lodovico Cavezali Battista Chiesa Catterina ...... Cipolla Gerolamo... ... Codebò Giovanni Battista, marito di Catterina Bur- CDA inn Confalonieri Gerolamo . . . Corona Visconti Marta Corte Ottaviano figlio della suddetta Carati Cassandra Crivelli Angela moglie. di Cristoforo Cerri ...°.. Crivelli Camilla vedova di Giov. Andrea Campirago Curti Giov. Battista . . Cusani Giov. Matteo . . . . Campagnani Sacerd. Cesare, Maestro di casa del Luogo Pio di S. Corona D'Adda Marchese Ambrogio De Angeli Giov. Pietro . De Capitani Vimercati Bona Maria, moglie in prime nozze di Pietro Francesco Mario ed in seconde nozze di Carlo Prandoni . ... q.® Giov. Paolo q.® Antonio q.® Cristoforo q.® Nicola q.® Giov. Mario q-®* Antonio q.® Lodovico q.® Giov. Luca q.® Antonio q.® Tomaso q.® Giov. Stefano q.® Cesare © 000080 000 q.® Belleto | q.® Giov. Franc. q.® G. Battista q. Francesco q.® Gaspare 1504 1634 1640 | Clo Une De Capitani d’Arzago Cat- tanea, moglie di Alessan- dro Beccaria Del Campo Francesco . . . De Lemi Dionigi di Desio. Delfinoni Giorgio... ... Dell'Acqua Sac. Alessandro, Canonico decano diS. Am- brogio di Milano. . ... Della Porta Cesare, Sindaco diS.iCoronatataRt.,s Della Porta Stefano e A- gnese Corsini, conjugi . De Magnis Ortensia . . . Dugnani Ottavio, Cav. di S. Maurizio e Lazzaro. . Ello Giov. Stefano . .... Ello Pietro Paolo Negroni. Enriquez Giovanni Ermosile Dante Fagnani Giov. Ambrogio al secolo e Costanzo in re- ligione, Cappuccino . Feliciano Sac. Carlo Antonio Ferno Michele ....... Ferrario Francesco detto il Macnocfess@a tte Ferrario Nob. Giov. Paolo . Fochetti Giovanni, Regio Coadjutore nel Magistrato straordinario di Milano . Fontana Gabriele CONA rio ERO Gamboloita Paolo Antonio, Dottore in chirurgia. . . Garzino Giov. Giacomo . Ghilio Giov. Antonio. . . . Ghilio Bernardino, Deputato di S. Corona P:fi0:0:e: co. Nol conto q.® Marc Antonio q-® Ercole q.® Giov. Pietro q.® Benedetto e 000 0 0 0 0 0 q-® Gerolamo q.® Tomaso q.® Gerolamo q.® Giacomo q® Francesco q.® G. Battista q.® Alessandro q.® Ugone q.® Nicolino q® Andrea q.® Gaspare q.® Pietro Paolo q.® Giov. Ambr. q.® Ambrogio 1650 1506 : 1516 Ghiringhelli Francesca ve- dova di Baldassare Spezia Girardino Sac. Gerardo . . Giussani Bernardino, Depu- tato di S. Corona .... Giussani dott. fisico Giov. Batt., Deput. di S. Corona Grimoldi Giulio Cesare . . Guasco Marc Antonio Guasconi Clara maritata con Ambrogio Rossi . .... Homazzo Parisio Luganese Landriani Nob. Francesco, Deputato di S. Corona . Landriani Princivale . . . Landriano Giov. Pietro, Se- gretario nel Senato . TocatWAMTonIo e HenghiPAntonio. ei o Longone (Giov. Carlo, No- {aio di. Milano ....,.. Luini Silvia ved. di Carlo ROSSI e Magenta Rusca Cecilia . . Magistris Battista ...... Magni Ortensia vedova del Dott. Fisico Giov. Figini Malabarba Andrea ..... Mandello Sigismondo . . . Mantegazza Nob. Francesco, Deputato di S. Corona . Mantica Sac. Bartolomeo, Archivista del Luogo Pio AIESTACOFONA,. «2 Marchesonio Benedetto . Marliani Giov. Battista, Ca- | nonico della Chiesa di | S. Giorgio in Palazzo di | NDLANORE ee | Meda Battista, Deputato di SECOLONAr capo ef cv (e) cel ei (ele. e\o q.® Giov. Giac. q.® Cesare q.® Giov. Pietro q.® Filippo q.® Giov. Franc. q.-® Francesco q.® Francesco q.® Eustachio q.® Galeazzo Mar. e 0) 0 0 000 MOI SOR RIO RORE M0) 1642 1561 1502 SEE | DIGSI 1590 | . 1612 1646 1564 1546 1556 1584 .. | 1626 | 1653 | 1650 1717 1647 1582 1534 .. | 1650 SEA 1499 1504 | uo .. | 1596 | 1612 |. Di — 216 — Medici Giov. Antonio . ..|q.-® Giov. Franc. Melegari Giov. Pietro . ... q.® Giacomo Melzi Marchesa Lodovica, marit. con Lodovico Mo- neta in prime nozze ed in seconde nozze col Mar- chese Francesco Corio ed in terze nozze col Mar- chese Camillo Lampu- SRO NI I Merato Lodovico . . . ... q.® Antonio Mezzabarba Isidoro. . . . . q.® Ottavio Moneta Lodovico, Deputato | q.-® D. Collegiato DES A COrona beato G. Battista Morona Maddalena Re RR Morone Alessandro... .. q.® Ferno Oggioni Giovanni. ..... q.® Zenone Oldoni Catterina vedova del Dottor Fisico Francesco Nidastosks e enti q.® Dionigi Olgiati Giov. Agostino, De- putatosdicSà Corona, GL en Papis tlhomaso, Re q.® Adriano Paradiso Iii eee VOI E Passera Francesco, Com- missario Gener. del Du- cato di Milano . ..... q.® Giorgio Pietrasanta Maddalena detta deltEeechi a... q.® Stefano Pirovano Bianca vedova di Andrea Sormanni .... q.® Tomaso Porro Angiola Mesi Li. q.® Grazia Maria Porro Giov: Paolo et... q.® Benedetto Pozzi lsapella nana q.® Ferrante Preda, Susana e nto Prestino Cesare... .... q.® Tullio Pusterla Pietro Martire. | Rabbia Ambrogio. ..... qé® Antonio Radaelli Abbate D. Giulio, Monaco Cassinense . ..| ....-./.. Radaelli Giuseppe . . . .. Legato di L. 150 1576 1525 1565 1619 1524 1665 1583 1800 1653 1636 1588 1646 1599 1506 1645 sa Remenulfo Cristoforo .. . Rocca Galeazzo, Deputato ESM COrLONA eee nt. Rossi Benesperando, Sin. daco e Procuratore del Luogo Pio di S. Corona . Rossi Frate Nicolò dell’Or- dine degli Umiliati... . Rossi Scolastica. +... +. Sansoni Gerolamo . .... Santagostino Barbara ve- dova di Francesco Ber- nardino Albertini Scalvetti Giuseppe SCAUZIEBrIOIdANe e ae ce Scotti Giov. Giacomo Scotti Conte Giov. Battista, Deputato di S. Corona . Seroni Sac. Gerolamo . . Simonetta Franc. Bernar- dino, Vescovo di Perugia Sirtori Carlo Francesco di OGPIONOre Sola Francesca marit. Ca- vezgleteee nt Solari Aurelia, moglie del benefattore Dugnani Ot- TENDO 0 6 AS RE Spanzotta Giov. Ambrogio, Deputato di S. Corona, Notaio . . Taverna Ottaviano Tettamanzi Nicolò . .... Tremanico Giov. Pietro . . Trezzi Anna Maria d'Uboldo Turati Giov. Battista. . Turati Giov. Giacomo . Varena Giacomo Filippo. . Varesino Luigi, Deputato di | Sa Corona, ego) ‘elpieg:0’ \9d ®. 0; co el ‘o, sea è) e. = 0 q.® Bernardino q-* Luigi q.®® Giov. Antonio” vsg'egio: [eLe' e, ‘el te, (0. eTrerl'e.fie: o rielge, ‘e ie © 000000 0.0 m q.® Vincenzo q.® Simone q.® Gerolamo 1505 Sa Vegezzi Giov. Pietro 7 Verga Sac. Carlo Giuseppe . Vimercati Giacomo. . .. . Vimercati Giulio, Deputato AIBS.ACOLONA ME Visconti Catterina ..... Visconti Galeazzo... ... Visconti Boniforti ..... Visconti Marchese Galeazzo Mariae ste eee ca Visconti Gerolamo al secolo e in religione Frate Cle- mente Cappuccino . . . . Visconti Giovanni Ambro- gio, Deputato di S. Co- FOLNALOA Ret Vismara Francesco, Notajo CORVO id Zanajugia Giov. Giacomo . Zarate Olassio Francesco, Arcidiacono della Chiesa di S. Maria della Scala di Milano, figlio del Go- vernatore D. Pietro . . Zavatero Agostino . .... ® 0 0 0 0 0 0 0. le) gie: le! Le Cia Cel die ite id ®i (e ‘ee e; le) ei le: (fo q.® Nicolo q.® March.Cesare TINDICE. Amministratore regio - Sostituito ai Capitoli nel 1784 Pag. Amministratori stipendiati - Rappresent. collegiale nel 1796 » Amministratori gratuiti - Rappresent. collegiale nel 1799 » Amministratore stipendiato ed unico nel 1819. . . » Ambulanza delle malattie speciali . . . . +... » Biografie dei fondatori della Pia Istituzione . . . . >» Barbienifi=#Cenni:sul loro servizio... /.% . 0.0. » enettcenzaf=iCenm storici i n a Benefattori - Elenco . . Lo Casa di residenza del Pio if a tutto il 1786 fo: Capitolo di S. Corona - Cenni storici. . . e » » Soppressione nel 1784 de » » Ripristinazione nel 17901. . » » » Soppressione nel 1796 . . » » » ‘ Elenco dei Deputati o Confr doll » Congregazione di Carità - Sostituita ai Capitoli nel 1807 » Consiglio degli Istituti Ospitalieri nel 1863... . » Confratelli di S. Corona - Elenco alfabetico . . . . » Cappella dei Confratelli nella Chiesa di S. Maria delle Grazie » Chirurghi - Vedi Medici. Deputati fondatori della Pia Istituzione - Biografie. . >» Deputati del Pio Istituto di S. Corona - Elenco alfabetico » Dmretoressipendiato nel'ISIOn. ei. e» Elenco. dei Deputati del Pio Istituto -. ... .°0. . » Esercizio della beneficenza - Cenni storici. . . . >» Fondazione del Luogo Pio . . . ea i i Fondatori della Pia Istituzione - Boario TM SESIEOA » Ferrato o Ferrario Gaudenzio, pittore - Lavori nella Chiesa digsfeariatdelle Grazie Co. 0. + #0» Hanmaciag-CenMU Storici ee RR DE Luini Bernardino, pittore - Lavori eseguiti nell’Oratorio Pag. 12 Luini o Lovini fratelli, pittori - Loro lavori nell'Oratorio » 17 Landriano Paolo Camillo, pittore - detto il Duchino - Di- pinse un quadro per l’altarino dell'Oratorio —. . » 19 Levatrici - Cenni storici. . . DB E) Ispettorato - Ufficio - Cenni informativi MI Maria (S.) delle Grazie — Chiesa in Milano - COREA dei Confratelli di S. Corona . . DIO Medici e Chirurghi - Cenni storici del 1499 al 1882 ni 64 a 126 Origine del Pio Istituto . . . e L Patrizii Deputati del Luogo Pio a ‘tutto sI IT91 . lc SAAS Piante morali per il Personale sanitario dal 1774 a 1875 p. S6 a 119 Persone chiamate al beneficio di S. Corona - Cenni infor- To SIVORI E DL) Preti visitatori - CESTI JO RMS e Patrimonio, rendite e spese. . . ° » 195 Rappresentanze succedutesi al governo dell Istituto - - Cenni SCORICVMSTO » 20 Rappresentanza collegiale costituita da cinque Ca sti pendant 1 RAR ZIO Regolamento Said 19 seioalno Im . aL RA DRG, » » 8 gennajo 17768%. 00 Eee » » 1790*DeBattisti eee » » febbrajo. 180440... Renee 0 » » 2. dicembre 1812... Re » » 1865; 1871.e 1874. RR Rendite e spese - Cenni informativi . 06: > 195 Stefano da Seregno - Padre - Fondatore del Pio Istituto » è) Sepoltura dei Confratelli di S, Corona nella Chiesa di S. Ma- FIR: GO GPAZion Pri SI A AI » 60 Servizio medico-chirurgo - Cenni storici . . . D. ‘64 a 126 Sistemazioni avvenute dal 1774 al 1875. . . p. 86 a 113 Servizio farmaceutico - notizie storiche . . - . .. » 127 Sacerdoti visitatori - Vedi Preti. Servizio ostetrico - Cenni storici . . 21 DNA Tiziano Vecellio, pittore - Dipinse nella Chiesa di S S. Ma- ria delle Grazie l’ancona della cappella dei Confratelli di S. Corona =. SRO Vecellio Tiziano - Vedi Tiziano. "SANRIO TALLA IVERSITY OF ILLINOIS-URBA