STUDI ALGOLOGICI STUDI ALGOLOGICI SAGGIO DI RICERCHE BIOLOGIA DELLE ALGHE ANTONINO BORZI Prof, dì Botanica nklla R. Università di Messina FASCICOLO I. CON IX TAVOLE. MESSINA GAETANO CAPRA E C." EDITORI JIDCCCLXXXIII. Messina — Tipografia del Foro. PREFAZIONE. XtAccoLGO nelle seguenti pagine i risultamenti di ricerche algologiche, alle quali ho atteso in questi ultimi anni di mia dimora in Messina. Iniziate nei difficili momenti della fondazione di un Labo- ratorio presso la Università, questo lavoro non avrebbe preso che assai più modeste proporzioni, se gli sperimentati benefici del mio soggiorno in una stazione marittima , come questa , tanto favorevole a indagini si fatte, non avessero tuttodì cresciuto in me vaghezza di seguitare in questa maniera di studi, traendone conforto grandissimo e incoraggia- mento a perseverare nelle intraprese ricerche. Ebbi poscia, — e ta- lora con gravi sacrifici — di che avvantaggiarmi quanto a materiali mezzi di indagine. Sicché, quasi senza avvedermene, trovo oggi, dopo quattro anni di continuato lavoro, aumentata la mole dei miei studi, ed ultimato, con esito soddisfacente, lo esame di parecchie quistioni, che mi si erano spesso affacciate nel corso delle mie ricerche. Questa ragione e, più che mai, il proponimento che mi son fatto di attendere a nuovi studi, se non altro a complemento di quelli già iniziati, mi danno la speranza di aggiungere, a questo primo, altri fascicoli che verranno alla luce, quanto più presto mi sarà possibile. Per quello che spetta l'ordine e l'indole della materia presa a trattare, non mi resta che poco da dire. Allo stato presente delle nostre cognizioni lo studio delle Alghe offre interesse grandissimo sotto qualsiasi punto di vista esso venga fatto. E questo bisogno di indagini, comunque non ugualmente intenso, può ritenersi generale di qualunque forma si tratti: dapertutto il campo dell'Algologia presenta lacune VI PREFAZIONE più 0 meno vaste da colmare, nuove conquiste da aggiungere ai do- mini delia scienza. In tal guisa il mio libro sarebbe destinato ad accogliere svariati argomenti dedotti dalla Storia Naturale delle Alghe, e di preferenza relativi allo sviluppo ed alla Morfologia delle Cloro- ficee, senza seguire in questo un ordine determinato quanto alla trat- tazione delle quistioni prese in esame. Le indagini, delle quali riferirò, potranno, io credo, riuscire an- che di qualche utile alla determinazione del valore sistematico di talune forme poco note, al pari di qualsiasi ricerca intesa alla cono- scenza dello sviluppo di esseri come questi, dei quali è parola, cosi morfologicamente semplici. Quivi, per quel singolarissimo contrasto che esiste fra la vita e la organizzazione, la morfologica entità del- l'organismo non puossi abbracciare che attraverso le fasi diverse, che ne compongono la esistenza. Sgraziatamente le nostre conoscenze sulla vita di tali esseri sono ancora molto imperfette: quel poco che ci è noto, non rappresenta che un insieme di sparsi frammenti staccati dalla storia filogenetica dell'intiero gruppo. Allo avvenire della Scienza è servato di rintracciare e coordinare le fila di questa intrigatissima trama. I risultamenti delle ricerche, di cui è oggetto questo lavoro, saranno quindi piccolo ma utile contributo alla conoscenza di tali or- ganismi considerati anche dal punto di vista sistematico. E questo dunque 1' indirizzo seguito nel mio libro. Quanto alla scelta del materiale debbo alla Flora delle acque dolci e marine di Sicilia il più valido aiuto. E però questi studi, comunque estesi a po- chi gruppi di Alghe, basteranno anche a darci una idea, per quanto imperfetta, delle ricchezze algologiche di questo paese. Mi sarebbe in- vero parso far cosa utile il premettere a queste pagine alcune conside- razioni statistiche intorno alle Alghe siciliane. Questo lavoro , specie per quel che spetta alle forme terrestri , non è stato finora oggetto di particolare studio: le esplorazioni botaniche in Sicilia non sono state quasi mai rivolte a questo fine ed immensi tesori rimangono tuttora ignoti. Le mie ricerche stesse, da questo lato riguardate, sono troppo manchevoli. Nonostante parrai di qualche interesse lo apprendere dalle pagine seguenti i nomi di parecchie forme interamente nuove, od an- che, non ancora rinvenute dentro i confini della Flora italiana, senza dire di altre, non poche, comuni al continente e che la Sicilia altresì possiede. E tutto questo dovrà certo incoraggiarci a far più o meglio, se queste ricerche non rispondono che troppo imperfettamente o male, al fine che mi son proposto. Messina, 3 Settembre 1882. A. BoRzi. CHLOROPHYCEAE, STUDI ALGOLOGICI ULVA Linu. I -lA sessualità delle Ulvacee è stata argomento di parecchie pubblicazioni. Ad J. E. Areschoug (1) dobbiamo il primo cenno intorno a si fatto importante processo. Secondo questo botanico, le zoospore deWEnleromorpha compressa L. sono suscettive di copulazione: la sessualità avrebbe quivi piena applicazione nella forma la più ele- mentare. I dubbi mossi da Janczewski e Rostafinski (2) sulla verità del fatto accennato, inducevano l'illustre algologo svedese a nuovi studi, i quali, pienamente confermando le precedenti conclusioni, ri- stabilivano su basi più salde il principio della sessualità delle Ulvacee (3). Sebbene ad Areschoug non fosse sfuggito di osservare la neces- sità che intervenga la conjugazione dei due germi sessuali mobili per lo sviluppo ulteriore della pianta, rimaneva tuttora da indagare, nelle sue più minute particolarità , la germinazione delle zigospore e di estendere le nostre conoscenze sino alla genesi delle nuove frondi. In un lavoro , pregevole per molti riguardi , testé pubblicato dal Prof. J. Reinke (4), troviamo colmata questa lacuna, specie per (1) Observationes Phycolofjicae IL de Urospora mirabili, Aresch et de Chloro- zoosporanmi copulatione , negli Nova aeta reg. soc. se. upsal. , ser. Ili, voi. IX, con 2 Tav. (2) Observations sur quelques Algues possèdant des Zoospores dimorphes , nelle Mém. de l'accad. de Cherb. 1874, T. XIX. (3) De copulatone Microzoosporaruni Enteroniorphae compressae L. nel Bo- tanisha Notiser, N. 5, 1876, pa„-. 129-136. (4) Ueber Monostroma bullosum imd Tetrasporn lubrica Krj. negli Pring- sheim's Jahrb. fi'tr loiss. Botan., XI. ^. BoRzi. studi AÌQologici_. fase. 1. 2 4 STUDI ALGOLOGICI ' quello che riguarda il Monostroma bullosum, forma diversa della precedente e d'acqua dolce. Le osservazioni di questo botanico sono di grande importanza, poiché ci porgono bastevole lume sull'intiero processo di sviluppo sessuale di quest' altra Ulvacea. La copulazione delle zoospore è stata altresì osservata in una altra specie del genere Enteromorpha — la E. dathrata — dal Dott. Arnold Dodel (5); ma le ricerche di questo botanico si riferi- scono soltanto alla conjugazione delle spore mobili, restandoci tuttora ignote le ulteriori fasi dello sviluppo sessuale di tale alga. Quanto al genere Ulva inteso nel senso Thuretiano (6), eccetto che per qualche forma già indicata ed appartenente all' antico genere Enteromorpha (Linn.) rimane tuttora insoluta la quistione. Dobbiamo bensì al Thuret molte ed importanti notizie biologiche relative aW'Ulva Lacluca (Linn.) Le Jolis (7). Il cenno del Thuret e gli eleganti disegni che lo accompagnano ci lasciano il sospetto che l' illustre Autore non sia stato bastevolraente fortunato nella ricerca dell'ufficio fisiologico delle zoospore, e perciò abbia attribuito a zoospore provviste di quattro ciglia (indicate da lui col nome di macrozoospore) la funzione di riprodu- zione in via agamica. A quello esperto osservatore non poteva di certo passare inosservato il fatto della costante sterilità delle zoospore a due ciglia (microzoospore), senza intravedere il vero ufficio di queste. Tal dubbio ci è chiaramente manifestato dalle seguenti parole , colle quali il Dottor Bornet, testimone alle osservazioni del Thuret, con- chiude il breve cenno esplicativo alle citate ricerche intorno sWlIlva Lacluca : " Quant aux zoospores à deux cils, il nous a toujours été im- " possibles d'en obtenir la germination. Le plus souvent ils se dé- " composent au bout de quelques jours: mais parfois on obtient un " trés-petit nombre de germinations. D'où proviennent-eiles? C'est " ce que nous n'avons jamais pu déterminer avec certitude. Nous " ignorons si elles sortent de macrozoospores accidentellement mélés (5) Nei Sitzunffsb. der Vers. der Naturf. etc. Mùnchen, 1877. (6) Note sur la synonijmie des Ulva Lactuca et latissima L. p. 13 nelle Mèm. de la soc. des Se. nat. de Clierbourg, 1854, Tav. II, p. 29. (7) Etiides Phycologiques pubblicati dal D."' E. Bornet, Paria 1878, pag. 6-9. Tav. II-III. ULVA à " aux microzoospores , de quelques-uns de ces zoosporos bi-ciliés tav r " exceptionnellement gros , corame on en trouve cà et là parrai les " microzoospores ordinaires , ou bien enfili de la copulatioa de deux " microzoospores. ,, Astrazion fatta da tali considerazioni , per quanto bastevoli a giustificare il nostro vivissimo interesse di tentare nuove indagini, la enunciata quistione va considerata come un problema di generale importanza, la cui soluzione potrebbe servire ad illuminarci intorno ad alcuni fatti in apparenza contradittori , relativi alla storia dello sviluppo sessuale delle Ulvacee. Intendo fare allusione ad un recente lavoro del Dott. E. Bornet (8), nel quale é descritto lo sviluppo di una forma marina del genere Monostroma — il M. WiUrochu Born. — procedente esclusivamente da zoospore agamiche bicigliate, laddove identico processo evolutivo è stato osservato dal Reinke presso il ili. bullosum, e soltanto quivi avente come punto di partenza germi derivati dalla copulazione di due zoospore. Cosi, mentre in una specie dello stesso genere l'atto sessuale si manifesta come essenziale ed esclu- siva condizione per la riproduzione, nell' altra, siflatta condizione non é di alcun valore e manca addirittura. Per tale considerazione la ses- sualità àeWUlva Laciuca, studiata nei suoi rapporti colle conoscenze finora acquisite su tale argomento , estesa alle altre Ulvacee , parmi possa meritare tutta la nostra attenzione. Le mie ricerche si riferiscono all' Ulva Lactuca L. (9). La fronda di quest' alga, come è noto, si espande in ampio corpo fogliaceo, mem- branoso, lucido, d'un verde gajo, a contorno talora intiero, a volte variamente frastagliato e diviso in seni o lobi tondeggianti, o fenditure (8) Ed. Bornet et G. Thuret, Notes Algologiques , 2" fase, Paris 1880, pag. 176-178, Tav. XLV. (9) Una diligentissima rassegna sistematica delle forme marine spettanti a questo genere leggasi a pagina 33 e seg. del noto libro di Le Jolis {Liste des Algues marines de Cherbourg, Paris, 1880). Attenendomi a questo lavoro, la pianta da me esaminata corrisponde precisamente alla specie indicata col nome di Ulva Lactuca (Linn.). Nelle mie ricerche ebbi parecchie volte tra mano alcune delle nu- merose varietà riferite dal Le .Jolis a siffatta forma. 1 risultati ottenuti sono stati sempre gli stessi. 4 STUDI ALGOLOGICI tav. I. più 0 meno profonde , non di rado allungato in forma di nastro di larghezza assai variabile. Per mezzo della base assottigliata a mo' di stipite e di consistenza quasi cartilaginea, la pianta si attacca agli scogli sommersi, ai sassi dei bassifondi, formandovi densi ed eleganti cespuglietti lungo la costa , i quali spesso scomposti e travolti dal ripercuotere delle onde si staccano e disperdonsi per lungo tratto nuotanti sul ciglio bagnato dall' alta marea. Quanto alla struttura della fronda, nulla saprei aggiungere ai preziosi dettagli contenuti nei classici Elucles Phycologiques del Thu- ret (10). Noterò soltanto brevemente come essa sia formata da un doppio strato di cellule poligonali, immerse in una ganga mucilagi- nosa, trasparente, la quale è però solo visibile lungo i margini, sotto forma di tenue contorno jalino , che completamente cinge il corpo della pianta. Del resto le cellule stanno strettamente addossate, com- primendosi mutuamente colle contigue nella direzione della superficie, divenendo perciò lateralmente poliedriche, mentre il loro vertice libero sollevasi un po' rigonfiato e tondeggiante sul livello della fronda. I due strati onde il tallo é di ordinario formato, aderiscono quasi perfettamente tra di loro, o tutto al più interponesi fra essi una sot- tile lamella mucilaginosa dovuta alla sostanza fondamentale dentro cui, come dissi, stanno immersi gli elementi della fronda. Pi'ogredendo però verso la base , siffatta lamella accrescesi gradatamente sempre più in spessore, restando i due strati infine separati da un notevole intervallo del tutto scolorato. In questa regione la consistenza della fronda è cartilaginea ed aumenta sempre più in durezza verso il punto di aderenza. L' analisi microscopica ci rivela essere codesto ampio intervallo costituito da innumerevoli fibre jaline conglutinate insieme dalla mucilagine fondamentale della fronda, formando un tutto assai consistente. Dette fibre corrispondono poi in fatto ai lati interni delle cellule, già considerevolmente allungati e protesi in giù verso la base della fronda. Come è noto dalle osservazioni del Thuret (11), le zoospore hanno origine per .successiva divisione del contenuto di ogni cellula in 4-16 (10) Loc. cit. ni) Loc. cit. e Redi, sur les zoosp. des Ah/ues, negli Ann. de Scienc. nat., 1851. ULVA O pai-ti. Questo fenomeno manifestasi negli elementi di qualsiasi fronda, tav i qualunque sia l' età ed il volume della medesima , spesso a partire dalla regione apicaie o periferica del tallo; di rado procede dalla regione interna della fronda verso i margini. La uscita delle zoospore ha luogo attraverso un' apertura circolare praticata nella parete cel- lulare. Le cellule già vuotate dalle zoospore, costituiscono delle regioni aventi l'apparenza di una sottile pellicola trasparente, la quale scio- gliesi lentamente nell' acqua. Favorevoli condizioni evidentemente influiscono perché il feno- meno abbia luogo. In specie pare che il calorico vi eserciti una deci- siva azione. In gennaio, essendo la temperatura ambiente compresa fra 7° e 9°, ho notato formarsi le zoospore in iscarsissima copia, laddove nei mesi seguenti, mantenendosi la temperatura esterna a circa 15° C, il fenomeno effettuavasi con grande frequenza e le frondi in pochi giorni scioglievansi in miriadi di zoospore. Su questo proposito é degno di considerazione il fatto dell' assoluta difficoltà di promuovere emissione di zoospore presso frondi in apparenza sviluppate e vegete, ma, esposte ad una temperatura ambiente di 34° a 36° C, come talora avviene in Messina nelle giornate più calde dell' està. E quindi possibile arguire che la formazione delle zoospore si attui dentro determinati estremi di calorico, e che YopUmum di siffatta scala termometrica corrisponde alla media temperatura giornaliera delle stagioni di mezzo. Per questa ragione, in Messina, il fenomeno mi è parso frequentissimo nella pri- mavera ed in autunno. Le zoospore , esaminate nel momento della loro uscita , sono di Pig. 7. forma tipicamente ovale ; la loro estremità anteriore si assottiglia in un rostro di sostanza omogenea ed jalino, mentre l'estremità opposta é tonda , ottusa ; raramente termina in una brevissima punta. Quivi Fig 2. scorgesi sotto forti ingrandimenti un piccolo corpo sferoide a mo' di nucleo, che il cloruro di zinco jodato tinge in violetto. Detto nucleo amilaceo è sovente investito e mascherato dalla clorofilla fondamentale del corpo della zoospora. Notasi altresì verso la periferia del polo posteriore una piccola macchietta od ocello tondo od oblungo, colorato in rosso più 0 meno intenso, i cui contorni, sovente mascherati dalla materia clorofiilacea. non risaltano con perfetta distinzione. Il rostro é di lunghezza assai 6 STUDI ALGOLOGICI tav I variabile ; talora brevissimo , a volte lungo o lunghissimo , tanto da Fig. 3-4. superare una o una volta e mezza la regione posteriore del corpo della zoospora, alterando la forma ovale fondamentale di questa e trasfor- mandola in quella di un cuneo o di una clave. Alla estremità del rostro si legano due delicatissimi cigli, la cui lunghezza è sempre in relazione con quella del rostro stesso. Questo numero è costante ; giammai ho rinvenuto zoospore con numero maggiore di ciglia, a meno che non si fosse trattato di zoospore a copulazione compiuta. Nelle zoospore molto allungate le ciglia superano circa due volte l'intiero corpo della zoospora stessa; in quelle ovali lo ugua- gliano. Le zoospore sono assai variabili nelle dimensioni secondo che de- rivano da divisione del contenuto in 4 oppure in 8, od anco in 16 parti. Ciononostante è ovvia la distinzione di esse in macrozoospore ed in micro- zoospore, stantechè siffatte differenze di volume non hanno di certo alcun significato funzionale diverso, né a tali variazioni di grandezza corris- pondono altre, relative al numero delle ciglia, onde ciascuna zoospora è provvista. Evidentemente il Thuret, descrivendo delle gi'osse zoospore con quattro ciglia , distinguendole col nome di macrozoospore dalle comuni più piccole e munite di due ciglia , è stato ti'atto in errore dalle zigospore mobili. Lo stesso dicasi di Areschoug, scopritore della copulazione delle zoospore presso l' Enteromorpha compressa e di Rostanfiski e di Janczewski, i quali hanno pure essi perfettamente seguito l'opinione del Thuret. In ogni modo le dimensioni in larghezza delle più piccole oscillano fra i 3 e 5 micr. e quelle delle più grandi non superano gli 8 micr. Fig. 5-6 Fra mezzo a miriadi di zoospore ebbi ripetutamente l'occasione di osservare di quelle, sebbene rarissime, aventi una conformazione affatto mostruosa. Presso alcune l' estremità posteriore si era allun- gata in punta esilissima quasi in forma di mucrone , terminando questo all' apice in una piccola raassula sferoide di sostanza in ap- parenza mucilaginosa e scolorata; a volte detta massa appariva posta immediatamente in contatto al polo posteriore della zoospora. Nota- vansi altresì delie spore mobili provviste di un solo ciglio e 1' altro trasformato in una analoga massula globosa, o questa stava in-serita alla estremità di uno dei due cigli divenuto più corto dell'ordinario. ULVA 7 Siffatto particolarità trovano identico riscontro in zoospore di altre tav. i. alghe (1). Come sulla emissione, cosi anche sull' intensità del moto il calorico potrà di certo esercitare non lieve influenza, ritardando ovvero acce- lerando i movimenti delle zoospore. La luce stessa, come è stato benissimo notato dal Thuret , influisce sulle zoospore dirigendole verso i punti pili illuminati. Nei vasi di vetro e di porcellana, di cui mi servivo per le ricerche sull" Ulva Lactuca , le zoospore emesse in grande quantità, riunivansi sulle pareti più prossime alla finestra del laboratorio, formando sui margini del liquido uno spesso strato d'un verde intenso. Più tardi costituivano quei caratteristici aggruppamenti, che sono stati descritti dai Thuret. Allo scopo di accertarmi della durata del movimento solevo introdurre una certa quantità di zoospore in una piccola camera umida, esaminandole a varie riprese. Cosi ho potuto rilevare che una gran parte di zoospore, emesse verso le 1 1 del mattino , erano suscettive di continuare il loro moto lino alle ore antimeridiane del giorno successivo ; a volte il movi- mento cessava al sopraggiungere della notte. Il calorico, come dianzi notai, esercita una notevole influenza sulla intensità del moto; esso agisce egualmente sulla durata dello stesso, imperocché riducendo artificialmenle la temperatura ambiente a circa 7" C. le zoospore muovonsi assai lentamente ed il moto cessa ben presto. Fra 4° e 0" C. non ha più luogo movimento, ed intatte, colle ciglia protese, le zoospore rimangono come irrigidite. Ho notato altresì che zoospore siffatte possono riprendere la loro attività se poco dopo la temperatura si elevi di alcuni gradi ; mentre persistendo ancora pochi minuti di più le medesime condizioni ambienti di prima, il ritorno a vita attiva non era più possibile. Elevando del pari la temperatura ol- tre 40° C. le zoospore cessano di vivere, disorganizzandosi lentamente. I limiti termici, entro cui le zoospore àeWUlva Lactuca possono adem- piere la loro funzione, sono approssimativamente 1*8° ed il 36° C, e tali condizioni di calorico corrispondono precisamente a quelle , a cui esse trovansi normalmente esposte in natura. (1) Veggansi p. es. le figure 7, 6, e, e d, f, g, della Tav. 1 della Memoria del sig. WiLLE : Om Svaermecellerne og deres Copulation hos Trentepohlia , nel Botanisha notiser, 1878, pag. 165. o STUDI ALGOLOGICI tav. I. Appena emesse, le zoospore possiedono la facoltà di accoppiarsi. Questo fatto non influisce per nulla sulla intensità del moto ; im- perocché due zoospore coniugate e fuse in un corpo solo muovonsi colla stessa vivacità di prima. Quanto alla durata del moto, par che il seguito accoppiamento agisca abbreviando il normale periodo del moto stesso. ^'s- 7. La coniugazione ha luogo per fusione laterale del corpo delle due zoospore venute in contatto, precisamente nel modo stesso come è stato descritto dal Dodel per i germi sessuati della Ulothrix zonata ed in particolare come osservasi presso il Monostroma bullosum e nelV Enie- romorpha clathrata, secondo é stato riferito dal Reinke e dal Dodel. Esaminando delle zoospore di fresco liberate dalle loro cellule madri e riunite in grande copia dentro una stessa gocciola, si osserva pro- nunziatissima in esse la tendenza di accostarsi a due a due, toccandosi mutuamente colle regioni rostrali; si direbbe quasi che le si cercano reciprocamente. Talora seguito 1' urto, vivacemente si allontanano se- guendo differenti direzioni, balzando e rivoltolandosi parecchie volte su sé medesime. Non di rado restano impigliate coi cigli agitandosi e dibattendosi, quasi tentando ogni sforzo per liberarsi : ma spesso ciò non riesce, e prima congiunte per mezzo dei cigli, vengono poi in contatto colle estremità rostrali. Allora comincia la fusione delle due zoospore in un corpo solo. Ciò avviene in brevissimo tempo ; d'ordinario bastano Fig 8-12 5 minuti perchè si compia l'intero processo di Copulazione. Congiunti insieme i rostri, le due zoospore pigliano a poco a poco una posizione convergente a mo' di V; il vertice di tale figure corrisponde al comune punto di contatto dei due germi. Intanto la copulazione procede oltre a partire dai rostri e a grado a grado i lati interni vengono ad ac- costarsi e si fondono insieme, e cosi di seguito la fusione si estemle e completasi pervenuta alla estremità posteriore del corpo delle zoo- spore. In tal modo deriva una zigospora agilissima e somigliante per- i-'ig 13 fettamente ad una semplice zoospora. Dei due germi coniugati non rimane più alcuna traccia esteriore, all' infuori dei 4 cigli, i quali del resto non si rendono visibili se non quando il movimento della zigo- spora è divenuto lentissimo e sta per cessare afi'atto. Esaminando allora attentamente il contenuto, vi si scorgono due nuclei amilacei e due ULVA y ocelli appartenenti ciascheduno ai singoli germi coniugati. Il rostro è trasparente e pare abbia una struttura del tutto omogenea. Questi caratteri bastano agevolmente a distinguere le zigospore dalle semplici zoospore, anche quando non si sia stati de visu testimoni dell' avvenuta copulazione. È intanto importante il notare , come soltanto una picciolissima parte di zoospore riescano ad accoppiarsi ; le più, rimaste sterili e per- venute in istato inerte , lentamente si disfanno e scompaiono. Questa circostanza non ò sfuggita alle osservazioni del Thuret , e , come ho notato , essa porgeva allo illustre algologo argomento di intravedere la sessualità dell'Ulva Lacluca. La sterilità di un grande numero di zoospore potrebbe evidentemente dipendere da due condizioni : da materiali difficoltà perché lo avvici- namento ed il contatto dei due germi abbia luogo ; oppure dalla pre- ponderanza di zoospore virtualmente e fisiologicamente differenziate in gonoplasti dell' uno dei due sessi. Quest' ultima circostanza non parmi di molto improbabile. Si collochino dentro una piccola gocciola di acqua un grande nu- mero di zoospore, preservandola dalla evaporazione allo interno di una camera umida. A capo di due giorni osserveremo che la copulazione si è compiuta fra pochissimi germi ; i più sono quasi totalmente scomparsi od in via d'inoltrato deperimento. Evidentemente in siffatte condizioni non sapremmo scorgere materiali ostacoli intesi a impedire la coniu- gazione delle zoospore, le quali a miriadi si muovono in un mezzo cosi limitato, provviste come sono di parti molli e facili per il reciproco appulso, tali le ciglia ed il rostro. D' altronde 1' eccessivo predominio di plasmidì dell' un sesso è provvidenziale disposizione a sicurtà e garentigia della funzione sessuale, anzi è que.sta una legge che regola la distribuzione dei sessi presso le Piante tutte. Mi parrebbe quindi congruo il ritenere che tra le zoospore della Ulva Lacluca esistano delle differenze fisio- logiche, mentre una differenziazione morfologica non rinviensi punto manifesta. Le stesse diversità di volume e di forma, dianzi accennate, non hanno alcun significato, potendo la coniugazione effettuarsi senza distinzione fra zoospore qualsiasi la loro dimensione e forma. La dif- ferenziazione sessuale, tanto profondamente accentuata dal punto di vista fisiologico presso l'Ulva Lacluca, parmi un primo indizio a A. BoKzl, Studi Algologici, fase. J. 3 Tav. I IO STUDI ALGOLOGICI maggiori complicazioni, un primo passo al pieno conseguimento della legge della divisione del lavoro vitale, una prerogativa a petto ad altri, non pochi organismi dove la sessualità é nella maniera la più elementare accennata dalla fusione di mobili plasmidì morfologicamente identici , i quali altresì servono alla riproduzione agamica. Quivi la coniugazione avrebbe tutta l'apparenza di un accidentale fenomeno di fusione di parti da per sé libere, normalmente dotate della funzione moltiplicativa, alla quale esse, distinte o insieme congiunte , inevitabilmente adem- piono. Il vero significato biologico di simili fenomeni ci è stato per la prima volta rivelato dal Pringsheim colla classica memoria sulla copulazione delle zoospore della Panclorina Morum (13) ; essi ci spie- gano con quali mezzi e per quali vie si sia nei primordi della organiz- zazione stabilita la sessualità nelle piante. Sembrami altresì che tal fatto abbia un significato distintivo per la specie di cui è parola, in confronto agli altri congeneri rappresentanti, dove non èvvi la meno- ma traccia dì sessualità, e le zoospore, aventi l'ufficio sessuale presso l'Ulva Lacluca, servono esclusivamente alla moltiplicazione agamica (p. e. Monostroma Wiltrockii, Born.), oppure senza venire meno a siffatto ufficio, hanno acquisito la proprietà dì coniugarsi {Monostroma buUosum, secondo Reinke). Secondo il Rostafinski e Janczewski (14), le macrozoospore deìVUlva Enteromorpha (Enlo-Oìnorpha compressa) sarebbero negativamente eliotropiche. Posto che col nome di macrozoospore sì debba qui intendere le zoospore coniugate, ossìa le zigospore, siccome io credo con tutta sicurezza, resterebbe a provare se egualmente comportansi le zigospore dell' Ulva Lactuca. Ho già detto che le zoospore , emesse in grande copia da frondì collocate in un ampio recipiente di cristallo e ripieno di freschissima acqua marina, riunivansi in grande masse alla superficie del liquido, sulle pareti del vaso le più esposte alla luce. Dopo alcuni giorni, al- lontanati dalla vaschetta i residui delle frondi e rinnovata 1' acqua , la colorazione verde , prodotta da sifTatti accumulamenti di zoospore , (13) Ueber Paarung von Sclvuoàrmsporen, die morpholor/ische Grundform der Zeugwig im Pflanzenreiche nei Monatsberichte der kgr. Akad. der Wissensch. zu Berlin, ott. 1869. (14) Mem. cit. ULVA 11 persisteva tuttora, ma notevolmente scemata in intensità ed estensione t*v i e nei giorni seguenti quasi no scompariva ogni traccia. Evidentemente siffatto fenomeno era dovuto alla disorganizzazione di un numero stra- grande di germi rimasti sterili per mancata copulazione. Esaminando diligentemente le pareti del recipiente, vi si scorgevano appiccicate un grande numero di zigospore e distribuite senza alcuna regola , tanto nelle regioni 4e più esposte alla luce, quanto sul lato opposto, mentre non poche giacevano deposte nel fondo. Perchè meglio decisive fossero le mie sperienze e più spiccata risultasse l'influenza della luce sul moto dei germi sessuali, credetti profìcuo ricorrere ad altri metodi di ricerca. Scelta una piccola capsula di vetro a pareti sottilissime in modo da potere essere direttamente sottoposta ad una diligente analisi microsco- pica, vi furono disseminate un grande numero di zoospore non copulate dentro a bastevole copia di acqua. Nello stesso tempo chiudevo erme- ticamente la vaschetta dentro un astuccio di spesso cartone annerito, praticandovi lateralmente una piccola apertura onde permettere lo accesso ai raggi luminosi. In tal guisa le differenze tra il lato positivo e quello negativo del recipiente erano divenute più spiccate. Così di- sposta la esperienza , le zoospore si sono nei primi giorni accumulate sulle pareti corrispondenti all' apertura, formandovi uno strato inten- samente colorato in verde ; la quale colorazione scompariva del tutto a capo d' una settimana. Allora, allontanata la fodera ed esaminate di- ligentemente le pareti del vaso, vi si scorgeva una grande quantità di zigospore in via di sviluppo, disseminate ora nel fondo, ora sulle pareti abbuiate; relativamente poche giacevano presso l'apertura, confuse fra mezzo l'informe detrito derivato dalla decomposizione dei germi non copulati. Ho ritentato nei giorni successivi analoghe esperienze, dispo- nendo però sempre le cose in modo che le differenze fra il lato illu- minato e quello meno influenzato dalla luce riuscissero in massimo grado pronunciate, ed i risultati sono stati sempre identici ai precedenti. Così rimane chiaramente provato che i germi sessuali dell' Ulva Lactuca, da principio squisitamente sensibili ali' azione positiva della luce , divengono , a copulazione compiuta , negativamente eliotro- pi ci , sfuggendo i punti più lischiarati ; circostanza, la quale nelle naturali condizioni determina il loro appulso ad un solido e opaco substrato e ci rende ragione della costante presenza delle frondi di 12 STODI ALGOLOGICI T.iv. ì Ulva sulla superficie immensa degli scogli , sul fondo sassoso della piaga, dapertutto in contatto ad un mezzo opaco. Pervenute in istato di riposo, le zigospore sono tosto pronte a riprodurre nuovi individui. Ciò accade in una maniera ben differente da quella stata descritta dal Tliuret. Fig 15-ic. Scomparsi i cigli, ogni cellula tende insensibilmente-ad accrescere il proprio volume ; a capo di due o tre giorni le zigospore presentano una grandezza il doppio o triplo maggiore della primitiva. Intanto si sono coperte di una sottile , ma distinta parete , assumendo a poco a poco una forma ovale sempre più pronunziata. Allo interno si os- servano tuttora immutati i due nuclei amilacei, spesso un po' mascherati dalla clorofilla , e lateralmente a questi , i due ocelli rossastri ; tanto gli uni che gli altri stanno situati verso la metà superiore del corpo della zigospora germinante : siffatta regione corrisponde ai poli posteriori delle due zoospore coniugate. La opposta estremità, la quale è un po' ristrettita, presentasi affatto priva di contenuto clorofillaceo e ripie- na di una sostanza assai refringente. La condensazione della materia verde é maggiore sulle pareti laterali superiori, in modo che nel mezzo resta visibile e scoperto un ampio spazio scolorato, il quale slargasi sempre più in liasso e si confonde col contenuto della estremità infe- riore del corpo della zigospora. Kig. 17. L' aumento in volume del germe continua nei giorni successivi. In questo momento in esso si distinguono nettamente due regioni : r una apicale, corrispondente ai poli posteriori delle due zoospore co- pulate, provvista di un contenuto clorofillaceo parietale, ed includente i nuclei e gli ocelli ; 1' altra basale affatto scolorata e ristrettita in appendice corta e trasparente. Kig 18 In uno stadio avanzato cotesta differenziazione apparisce più marcata ; la regione superiore , accresciutasi ancor più in volume , conservando sempre la stessa forma di prima, e la medesima disposizione nel con- tenuto clorofillaceo , ha perduto ogni traccia di ocelli e di nuclei , e un solo corpo amilaceo soltanto spicca sul suo interno addossato verso la parete ; la regione basale si è ancor maggiormente allungata con- formandosi distintamente in una sorta di piede. Lo sviluppo in lunghezza di quest' appendice continuasi per certo tempo. Nel corso di 10 giorni OLVA 13 circa la zigospora assume la forma rappresentata dalla fig. 18. In tale tav. i stadio il diametro della regione superiore importa da 15 a 18 micr. Secondo il Thuret (15), le zigospore pervenute in questo stadio, si svolgono direttamente a poco a poco in nuove frondi. Nelle mie colture invece lo sviluppo loro ó stato ben differente, passando per tutte quelle fasi le quali sono state descritte dal Reinke (16) nella germinazione delle zigospore del Monostroma bullosum. La cavità della zigospora, finora indivisa , si scinde tosto in due fìb is- porzioni ; la divisione ha soltanto luogo nella regione superiore ; l' ap- pendice basale rimane in perfetta continuità colla cellula inferiore derivata da siffatto processo. La cellula superiore prende tosto la forma di una calotta. I due elementi contengono un grosso nucleo amilaceo; la clorofilla é addensata contro le pareti superiori lasciando scoperto il centro. Le cellule si accrescono intanto in volume, la superiore diviene a poco a poco quasi globoide ; la membrana spicca distinta dalla esterna parete e pare che ambe le cellule si trovino involte da un comune invoglio gelatinoso trasparente, i cui contorni in basso si restringono e poi si confondono con quelli del sostegno. La cellula superiore é dotata di rapidissimo incremento; in breve tempo essa s'ingrandisce, prendendo poi 1' aspetto di una piccola vescica. Quivi la clorofilla non occupa che circa una terza parte dell'intiera cavità cellulare, costituendo una sorta di fascia concava parietale sotto il vertice della cellula ; il resto osservasi ripieno di limpidissima linfa. Presso la cellula superiore è marcatissima la tendenza di prolun- garsi alla base in una nuova appendice in forma di rizina, e tosto essa cellula prende una configurazione piriforme. Cotesta produzione mani- festasi dapprima in forma di corta sporgenza papilloide trasparente ; accrescesi poi rapidamente in lunghezza, ed in ultimo si foggia in fibra cilindroide assottigliata all'estremità e perfettamente jalina. Cotesto processo è seguito dal completo isolamento delle due cel- lule. Ciò avviene tosto per lenta dissoluzione delle pareti della cellula madre; e se questa è in qualche guisa ritardata, la cellula superiore rimane alcun tempo obbliquamente addossata sul vertice dell' altra , (15) Etudes Phi/cologiques, pag. 9. (16) Meni. cit. 14 STUDI ALGOLOGICI tav I. rivolgendo verso lo esterno la propria appendice basale. Seguita la Fig- 20. liquefazione della esterna parete, i due elementi restano accollati l'uno accanto all'altro senza alcun ordine apparente, come se si trattasse di due corpi separati sin dalla origine, i quali, per caso, sieno poi venuti in contatto. La loro indipendenza é perfettissima e pare che rappresentino due germi distinti provenienti da due diverse zoospore. Cotesto fasi si compiono in tempo brevissimo ; ordinariamente basta una giornata perché la scissione del germe primitivo abbia luogo e completamente si attui il processo descritto. Colla stessa rapidità pure continuasi lo sviluppo successivo. Allora intervengono nuove scissioni Kig. 21. trasversali, seguite poi dalla stessa forma d' incremento , da identica produzione di un' appendice rizoidea alla base dei nuovi elementi e dallo isolamento di questi. Cosi nascono un certo numero di piantine di Ulva Lacluca, ridotte alla forma la più semplice, cioè monocellulari, dove i futuri elementi costituitivi delle fronde adulte, — lo stipite ed il lembo — trovansi di già nettamente differenziati ed abbozzati. Non di rado il successivo sviluppo della zigospora procede per vie differenti. Appena compiuta la scissione della regione superiore del germe, già prolungato alla base in fibra, la cellula del vertice s' ingrandisce e tosto dividesi longitudinalmente, generando due nuovi elementi, i quali, ora subiscono lo sviluppo sopra descritto, ora per reiterate nuove divisioni, tanto trasversali come longitudinali, si trasformano in un piccolo cumulo di elementi distinti, vescicoliformi e protesi alla base in rizina. La rapidità colla quale siffatto sviluppo si compie, potrebbe facilmente indurci in errore quanto alla origine dei detti cumuli e al significato dei singoli elementi che li costituiscono ; i quali parrebbe fossero derivati da altrettante zigospore germinanti e distinte, svoltesi sopra una superfi- cie assai limitata. Questa considerazione può, a mio credere, giustificare la dianzi citata asserzione, poco esatta, del Thuret. Del resto tal fenomeno può con ogni verosimiglianza essere paragonato ad un processo di ripro- duzione in via agamica, avendo esso tutti i caratteri di una vera germi- nazione della quale troviamo perfettissimo riscontro nella germinazione delle zigospore del Monoslroma bullosum. Secondo Bornet (17) iden- tico modo di germinazione osservaci pure nello sviluppo primordiale de! (17) Mem. cit. ULVA 15 Monoslronia WiUrochii , in questo caso però la cellula iniziale è una t*v. i. semplice zoospora non copulata. In ogni modo è importante il fatto che presso la Ulva Lacluca dalla germinazione delle zigospore hanno origine, per via agamica, un certo numero di piantine monocellulari. Lo sviluppo ulteriore di queste non presenta alcun che di notevole : 1''ìk 22. le due parti costituenti le future frondi esistono già rappresentati dall'appendice basale e dalla sommità slargata del germe, ricca di clo- rofilla, contenente un nucleo protoplasmatico, ed un corpuscolo discoide di sostanza amilacea. 11 primo s' attacca al substrato, talora dilatandosi un po' alla base, e costitui-sce l' iniziale sostegno della pianta. La re- gione opposta invece si svolge prima per reiterate divisioni trasversali in un cortissimo filo di struttura confervacea, il quale poi, per soprag- giunte longitudinali scissioni, si sdoppia. In tal modo iniziata la futura fronda, mediante ulteriori partizioni essa si completa. Allora interviene un nuovo processo di moltiplicazione , onde la fronda rimane definiti- vamente costituita da due sti-ati di cellule ; qualche volta anche da uno strato soltanto, e l' incremento ha luogo semplicemente nel senso della superfìcie. Quest' ultimo non è caso raro, di modo che, se vera- mente lo essere il tallo formato da uno strato di cellule, sarà, secondo Wittrock (18), il solo carattere distintivo del genere Monoslroma , avrei dalle mie osservazioni un argomento di più per convenii'e col Thuret, ritenendo come criterio assolutamente differenziale di questo genere la completa gelifìcazione delle pareti cellulari, e lo aprirsi de- gli zoosporangi per completa dissoluzione della membrana loro, qualora le ulteriori ricerche biologiche non aggiungeranno nuovi dati per la più esatta intelligenza delle forme spettanti a questi due gruppi. (18) Forsok till en monographi ofver Aìgslar/tet Monoslroma, p. 10 e 12. 16 ' STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Fig. 1. — Alcune zoospore di forma normale \"f-)' » 2-4. — Forme differenti di zoospore (-t— )• » 5-6. — Zoospore di costituzione anomala (— j— )• / 720 \ » 7-12. — Fasi graduali di copulazione delle zoospore ^-^J» > 13. — Zigospore (^). (720 \ — j— J. » 15-17 . — Successivo sviluppo delle zigospore. Neil' interno della zigospora si osservano tuttora i due ocelli e i due nuclei amilacei : è appena / 7*^0 \ accennata la formazione dell' appendice basale ^-^J- > 18. — Stadi inoltrati di germinazione delle zigospore : sono scomparsi i nuclei e gli ocelli: l'appendice basale si è maggiormente protesa (—;—)» (7^0 \ /'720\ > 22. — stadi iniziali di costituzione delle giovani piante ^^^-^» LEPTOSIRA, gen. nov. Fila articulata, subdichotome ramosa, in pulvinulos exiguos amcene virides , aggregata. Ramuli ad apicem sensim attenuata, alii reptantes et appendice radiciformi destituti, alii erecto-adscendentes , ultimi erecto-patuli , breves v. brevissimi. Articuli ovato vel elliptico-cylindra- cei; contento viride, effuso, loculo achroo centrali notato et granulis minutis amylaceis farcto ; membrana tenui, firma, hyalina, homogenea. Cellulfe vegetativ£e vix in- tumescentes et in zoosporangiis trasmutatge. Zoospora^ minim^e, 20-60 etiam plurima in quoque zoosporangio, contenti divisione simultanea ort«, per cellulfB matricalis membranam poro laterali apertam , una cum vesicula communi hyalina includente erumpentes et vesicula ipsa post partum celeriter dilatata et evanescente, libere exa- minantes, ciliis binis et ocello laterali rubro preedit^. Pro- pagatio aut sexualis hypnosporis zoosporis polo postico copulatis derivatis, aut agamica e zoosporis primum substrato adfixis et quiescentibus et denique , repetita divisione, in couidia 2-4-8 protococcoidea trasmutatis. . Hypnosporarum evolutio ignota. L. nicdician». n. sp. Cfr. eh. gen. Diam. celi, veget. ad 20 niicr. ; zoosp. 0,5-2 micr. crassa. Hypn. lat. 10 micr. Habitat in siagnis circa Linguaglossa (Sicilice) ubi detex. beat. G. De' Medici, febr. 1880. Nel febbraio del 1880 il sig. Giorgio De' Medici mi comunicava tav ii dai dintorni di Linguaglossa ( grossa borgata alle falde dell' Etna ) alcune alghe d' acqua dolce e fra le quali in abbondanza dei saggi A. BoEzi, studi algologici, fase. 1. ■ 3 18 STUDI ALGOLOGICI tav II di Clilamydomonas tingens A. Br. del tutto freschi ed in istato di rigogliosa vegetazione. Il vaso contenente quest' alga , veniva tosto collocato presso la finestra del Laboratorio coli' aggiunta di un po' d'acqua. Dopo circa una settimana era cessato lo sviluppo vegetativo delle cellule, e gran parte di esse giacevano immobili sulle pareti del recipiente o deposte nel fondo e trasformate in zigospore. Cosi rima- nevano tutta la primavera e la state seguente, durante il qual tempo, sopraffatte da copiosa vegetazione di Nostochinee e di Diafomacee il loro ulteriore sviluppo rimaneva dapprima inceppato, indi veniva completa- mente meno. Nel settembre , quando io ebbi la occasione di esaminare siffatte produzioni, le pareti del vaso apparivano intieramente rivestite da uno spesso strato di mucilagine giallastro-azzurrognola, fra mezzo alla quale, collo ajuto di una piccola lente, si scorgevano alcuni pun- tini verdi per lo più isolati e rari. I quali esaminati poi al micro- scopio, si rilevavano costituiti da gracili filamenti confervacei ramificati, di struttura presso a poco come quelle di una Trenlepohlia, ma affatto verdi. Ben tosto mi accorsi trattarsi di un organismo tutt' ora ignoto agli algologi, lo sviluppo del quale io potei seguire poi per alcun tempo, pervenendo a questi risultati che ora riferirò. Il generico appellativo di Leptosira allude alla delicatezza dei fila- menti di cotesta piantina ed alla tenuità delle pareti cellulari ; caratteri questi, i quali a priori bastano sufficientemente a distinguere tale alga dagli affini generi. Fig. 1. La Lepi. Mediciana forma dei densi cespuglietti, i quali si distinguo- no appena coll'ajuto di una lente sotto forma di puntini verdastri. Ogni cespuglietto è costituito da un sistema di ramificazioni piuttosto delicate, corte e frequenti. Alcuni i^amuli strisciano sul substrato senza pren- dere alcuna direzione definita e senza dar luogo ad appendici radicifonni, come è il caso di qualche genere affine ; altri tendono a sollevarsi emettendo ripetute e cortissime ramificazioni, un po' assottigliate verso r alto, dirette in su ed aperte. Per quanto intrigato e confuso risulti il piccolo cespuglietto costituito da cosi fatti filamenti, attentamente esaminato, vi si scorge nelle parti che lo compongono una certa regola, specie nel modo di divisione loro, talché i diversi ramuli, rispetto alla forma delle loro ulteriori divisioni, possono benissimo esser considerati come dicotomici. Se non che a volte intervengono delle produzioni LEPTOSIRA 19 laterali , quasi avventizie , le quali alterano le normali condizioni di tav. n. ramificazione. Le cellule componenti i diversi ramuli sono in origine brevemente cilindriclie o leggiermente ristrettite alle due estremità, come osservasi in quelle della regione apicale dei filamenti. Ma in corso di vegetazione esse si slargano alquanto, sovente anche per pressioni subite, divengono quasi irregolari. Le più piccole misurano una larghezza di 10 micr., le più grandi 20 micr. In ogni caso le pareti loro sono sottili, ed anche molto in confronto allo spessore delle membrane cellulari dell' affine genere Trentcpohlia : esse presentano una trasparenza quasi vitrea ed una perfetta omogeneità nella struttura. Anche presso le membrane degli zoosporangi cotesto ultime condizioni restano invariate. Del resto, trattate colla soluzione di cloruro di zinco jodato, danno la caratteri- stica reazione della cellulosa. Le giovani cellule sono ricche di contenuto clorofillaceo differen- ziato in massa pressoché omogenea o tutto al più sparsa qua e là di minutissimi granuli amilacei, i quali divengono più frequenti nelle cellule adulte prima che si sieno trasformate in zoosporangi. Nel centro poi delle cellule, massime in quelle più giovani, la clorofilla è scarsissima e lascia visibile uno spazio circolare quasi trasparente : ivi i reagenti rivelano situato un grosso nucleo protoplasmatico globoide. Le fre- quenti granulazioni clorofiUacee delle cellule adulte tendono a distri- buirsi omogeneamente in tutta la cavità cellulare ; il loro numero si accresce poi, e rapidamente i granuli invadono tutta quanta la cavità cellulare. Essi sono manifestamente di natura amilacea e costituiscono un'abbondante provvigione di materiale nutritizio, del quale si è ri- fornita la cellula nello accingersi al compimento di un nuovo lavoro fisiologico. Cotesto accumulamento di amido precorre infatti ed è indizio della pronta trasformazione delle cellule si fatte in zoosporangi. Tutte le cellule indistintamente possono cambiatasi in zoosporangi; a cominciare dagli elementi più vecchi, da quelli, cioè, situati verso la base dei fili, cotesta metamorfosi gradatamente procede verso le cellule apicali. Influendo favorevoli condizioni, il fenomeno compiesi con grande rapidità. Cosi come vedesi non esistono delle cellule speciali di determi- nata regione destinate a divenire degli elementi generatori di zoospore. Né cellule cosi fatte vanno poi distinte per condizioni particolari di forma 20 STUDI ALGOLO GIGI Tav. II. e di dimensioni ; il che costituisce per la Lept. Medieiana una capitale differenza a petto a' generi Microihamnion, AeroUaste e Trentepohlia in qualche guisa affini. ig. \, z.z-.z" Primo indizio della imminente formazione delle zoospore è la completa dissoluzione dei granuli clorofiliacei: il contenuto dello zoospo- rangio prende allora un aspetto più omogeneo, sempre però finamente granelloso ; del nucleo non esiste allora più alcuna traccia visibile. Più tardi tutta la massa cellulare simultaneamente assume un' apparenza schiumosa, essendo comparse nel suo interno numerose areole picco- lissime e chiare, le une serrate contro le altre, aventi un contorno poliedrico. Tali areole non sono che solide masse protoplasmatiche rappresentanti le zoospore in via di formazione. Poco dopo esse arro- tondansi e la differenziazione può dirsi compiuta. In questo momento lo sporangio prende una sfumatura rossastra per via degli ocelli delle singole zoospore, le quali nettamente traspariscono attraverso la mem- brana dello zoosporangio. L' intiero processo di formazione delle zoospore compiesi con molta rapidità : dal primo differenziamento del contenuto alla completa costi- tuzione delle zoospore bastano 6 ore. Normalmente tutto il lavoro di gestazione ha luogo di notte, e i germi sono messi in libertà nelle prime ore del mattino. Il numero delle zoospore generate in ciascuna cellula varia da 20 a 60, il che dipende dalle differenti dimensioni dello zoosporangio, anziché dal volume stesso delle zoospore. Fig. s-3. Perché abbia luogo la uscita delle zoospore, la parete della cellula madre apresi per piccolo tratto circolarmente da un lato e vi rimane praticato un angusto foro a mo' di boccuccia di sufficiente calibro per il passaggio dei germi. Questi affluiscono verso l'apertura quasi for- zandola, in modo che la corrispondente membrana è costretta a sol- levarsi un po' al di fuori. Intanto si agitano vivamente e sempre più accalcansi presso l'orificio. La uscita loro comincia tosto, ma la com- pleta liberazione e ritardata dalla presenza di un ampio sacco traspa- rente che involge tutte le zoospore di uno stesso zoosporangio. Siffatta tunica, penetrata attraverso l'orifizio si svolge a poco a poco al di fuori trascinando con sé le zoospore e sempre più ampliandosi a misura che lo afflusso delle zoospore verso la sua regione esteriore diventa LEPTOSIRA 21 più granfio. Infine, compiutasi la emissione delle zoospore, essa resta per tav ii. brevissimo tempo attaccata all' apertura dello zoosporangio includendo le zoospore, le quali si agitano con grande vivacità aggirandosi e ri- voltolandosi in tutti i versi quasi cercassero una via di scampo. Sia per azione del liquido ambiente, sia per altra causa, il comune invi- luppo subisce una lenta e generale liquefazione e par che passivamente soggiaccia agli sforzi che fanno le zoospore per liberarsi, determinando quasi lo sviluppo di un'interna forza agente ugualmente su tutti i punti del lato interiore della sua parete. In tal guisa il sacco sempre più si rigonfia, e raggiunto infine un volume circa 5 volte maggiore del primitivo, immantinente sparisce senza restarne più alcuna traccia, come farebbe una bolla di sapone percossa da un corpo solido. La completa liberazione delle zoospore si compie in meno di un F'« ^-s. minuto. Allora esse si spargono verso i punti più illuminati dotate come sono di agilissimo movimento. Sono piccolissime, tutto al più lunghe 2, 5 micr., ovali o bislungo-ovali ed assottigliate in rostro più o meno lungo ed jalino all'estremità anteriore, a cui si attaccano due cigli esilissimi. Il polo posteriore finisce pur esso in punta cortissima di sostanza tra- sparente. Del resto contengono scarsa clorofilla di un colorito verde pallido e lateralmente é visibile un minutissimo ocello rossastro: la estrema loro piccolezza non rende possibile uno studio più attento del contenuto. Notevoli differenze di volume e di forma non se ne osservano. Il moto dura tutto al più una mezza giornata, durante il quale alcune si copulano, altre seguitano a muoversi, e infine, pervenute in istato di riposo, si svolgono agamicamente in nuovi germi. La copulazione ha luogo in una maniera ben differente dall'ordi- Fig. is-i; nario e che parmi faccia una eccezione alla comune regola. Essa ef- fettuasi per le estremità posteriori del corpo, non già per mezzo dei poli anteriori. A tal' uopo il corpo della zoospora termina posteriormente in corta appendice jalina — sorta di organo di appiglio per lo adempi- mento della funzione sessuale. — Ed é cotesta una disposizione veramente singolare, sebbene pare a prima giunta incongrua, esigendo essa che due zoospore da copularsi si muovano l'una in senso contrario dell'altra: il che dimostrerebbe assurda la influenza positiva della luce sul movi- mento delle zoospore in generale. Comunque sia, le due zoospore pervenute 22 STUDI ALGOLOGICI tav. II. in contatto colle estremità posteriori del corpo, gradatamente si fondono insieme senza che cessi il moto, il quale diviene necessariamente molto irregolare e variabilissimo nella direzione, manifestandosi quasi a tratti angolosi presso a poco a zig-zag. Poco dopo, in meno di 5 minuti , la fusione è compiuta, e i due germi si sono trasformati in una zigospora brevemente ellissoide ad estremità appuntite e trasparenti. Indi cessa il moto ; gli ocelli continuano ad essere visibili per qualche tempo ; le estremità a poco a poco si arrotondano mentre cresce il volume della zoospora. A capo di quattro giorni deriva dalla zigospora una cellula ovale 0 sferoide a parete spessa, ripiena di grosse granulazioni verdi frammiste a minute gocciole d' olio. Esse sono delle vere ipnospore ibernanti , il cui sviluppo successivo mi é rimasto del tutto ignoto. Avendole conservate in ambiente umido tutto lo inverno, la più parte assumevano una leggera sfumatura in rosso, ma non mi fu possibile di ottenerne la germinazione ; essendo scarsissimo il materiale di cui disponevo, non potei insistere sulle precedenti ricerche. Fig. 6-8. Quanto alle altre zoospore non copulate, lo sviluppo é ben differente. Nelle mie colture esse si sono prima fissate per mezzo dei cigli alle pareti del recipiente, restando affatto immobili. Probabilmente questo è il caso norm.ale. Cosi situate , s'ingrandiscono lentamente mentre rimangono definitivamente attaccate al substrato , mediante differenziazione della regione rostrale loro in un cortissimo sostegno dilatato in basso. In- tanto prendono a poco a poco la forma di un fuso. In questo stadio grandissima è la rassomiglianza di cellule si fatte con quelle di un Characiuni o di un Hydrocytium, come facilmente si rileva metten- do a riscontro le mie figure con quelle del Braun (1) relativamente a questi due generi. È degno però di menzione il fatto che, durante la germinazione, l'ocello parietale, onde ciascuna zoospora é provvista, non sparisce, ma resta visibile anche a sviluppo compiuto del germe, conservando la medesima posizione primitiva. Nello stesso tempo verso la parte centrale della cellula scorgesi un ampio spazio circolare sco- lorato identico a quello che vedemmo nelle ordinarie cellule vege- tative dei filamenti e, come in questo caso, i reagenti rendono in (1) Algariim unicellularium genera nova et minus cognita. Lipsiae 1855, tav. II, III e V. LEPTOSIRA ' 23 (|uellii regione palese un grosso nucleo protoplasmatico. Il resto della tav u cellula è ripiena di minutissimi e numerosi granuli clorofiUacei. Lo sviluppo ulteriore delle zoospore germinanti procede nel modo fì»-' i"-ii identico a quello di una cellula di Characium. Dapprima scompariscono tanto il nucleo come l'ocello ed il contenuto prende un aspetto piii omo- geneo; indi questo si divide trasversalmente in due porzioni, le quali tosto si dififerenziano in altrettante cellule distinte; oppure appena seguita una prima partizione trasversale, manifestasene una terza, di rado poi una quarta o quinta sempre nella stessa direzione. Cosi la cellula madre trasformasi successivamente in una corta serie di 3, 4, 5 elementi, di cui i due estremi presentano una forma piramidato-triangolare, i me- diani sono invece cilindrico-schiacciati. Questi subiscono tosto una nuova divisione in senso perpendicolare alla precedente, vale a dire in dire- zione longitudinale; cosi nascono da uno stesso elemento iniziale 4, 6, 8 cellule, le quali a poco a poco arrotondano i loro spigoli e divengono sferoidi. La divisione del contenuto di una medesima zoospora non procede oltre. Cotesto modo di formazione cellulare, come vedesi, in nulla differisce da quello di una cellula dì Characium. Nella fig. 10 ho rappresentato i casi più comuni, tralasciando di indicare tanto gli altri meno frequenti, come il progressivo comportarsi del contenuto durante la divisione: intorno a ciò si potrebbero benissimo consultare le fig. 10-13 della Tav. Ili della citata opera di A. Braun. Le nuove cellule rimangono alcun tempo incluse dentro le pareti della cellula madre; intanto questa lentamente si disfà, in modo che esse riescono completamente ad isolarsi e si disperdono sul substrato. Tali fì? 12 cellule hanno tutta 1' apparenza di elementi protococcacei : sono glo- boidi e cinti da una sottile ma distinta parete ; il contenuto è finamente granelloso e verde , e nel mezzo scorgesi un' ampia vacuola chiara e un nucleo protoplasmatico. Ignoro se esse sieno suscettive di .svolgersi ulteriormente in nuovi elementi della stessa forma e del medesimo valoi'e. Nelle mie ricerche essi elementi si sono direttamente trasformati in fili ramificati e serpeggianti sul substrato, iniziando cosi nuovi cespuglietti. La germinazione presenta questo di particolare, che la cellula, mentre Fig is-h. si accresce in volume, si sforma in tal guisa da prendere un contorno irregolarmente sinuoso, a lobi disuguali e profondi, di cui ciascheduno diviene subito la cellula iniziale di un ramulo. La formazione dei ramuli 24 STUDI ALGOLOGICI tav II è quindi molto precoce. Le tramezze dei giovani articoli sono verso queir epoca assai sottili e quasi indistinte ; nell' interno loro la clo- rofilla si accumula densamente alle pareti lasciando nel mezzo scoperto un ampio ed irregolare spazio a mo' di vacuola. Dallo esposto cenno risultano evidenti le affinità della Leplosira Mediciana coi generi Microthamnion Nàg. , Pilinia Ktz. , Chloro- tylium Ktz., Gongrosira Ktz., Acrohlaste Reinsch, Trentepohlia Mart. Le nostre conoscenze sulla organizzazione e sullo sviluppo della più parte di tali forme presentano tuttora lacune assai vaste e numerose per cui diffidi cosa sarebbe una minuta rassegna delle differenze che vi corrono. Stando alle indicazioni che possiamo dedurre dagli autori i Microthamnion sarebbero pur esse piantine presso a poco ramificate collo stesso ordine della Leplosira , con zoosporangi terminali ben differenziati, anche per dimensioni, dalle cellule vegetative. Presso a poco lo stesso osservasi nel genere Acrohlasle e nelle specie del ge- nere Trentepohlia, salvo che in quest'ultimo caso le cellule genera- trici delle zoospore possono trovarsi in differenti regioni del filamento. D'altra parte presso le Trentepohlia stesse, la ramificazione non è punto normalmente dicotomica , e le cellule contengono abbondan- tissimo eraatocromo. Quanto al genere Pilinia pochissimo o nulla ci è noto per poterne precisare tutte le differenze; in ogni modo, quel- r alga si distingue dalla pianta nostra per la presenza di appendici callose alla base dei cespuglietti onde questi aderiscono al substrato , pel modo di ramificazione irregolare e rara, e per la stazione marina, almeno stando ai caratteri indicati dal Kiitzing. Più evidenti sono le differenze tra la Leplosira ed il genere Chlorotylium specialmente per la struttura tutt' affatto particolare dei filamenti di quest' ultima pianta, che le danno un aspetto un po' vicino alle false ramificazioni della mia Hormotila mueigena. Non é poi possibile stabilire dei con- fronti colle Gongrosira ; questo genere, come .poi dimostrerò, non ha ragione di esistere, stante che esso rappresenta degli stadi ibernanti di Vaucheria e di Cladophora ; in ogni modo, qualora anche ciò non fosse, vi corrono non poche e capitali differenze. In generale poi tutte cotesto forme accennate presentano di comune questo carattere : i filamenti, più o mono abbondantemente ramificati LEPTOSIRA 25 spesso con onliiio dicotomico , sono costituiti di articoli contenenti un t*v. ii solo nucleo protoplasmatico e della clorofilla omogeneamente diffusa senza essere differenziata in masse parietali. Ciò basta per dimostrare che tali piante non hanno da una parte nulla che fare colle Clodophora, colle quali , seguendo gli Autori , anderebbero tutte collocate in uno stesso gruppo; dall'altra parte differeutissime sono dagli Ulothrix, Sti- geoclonium, Chaelophora ecc. ove le cellule, riunite in filamenti irre- golarmente ramificati o no, contengono, oltre al nucleo protoplasmatico, un grosso corpuscolo amilaceo e la clorofilla vi è distribuita in masse parietali; la moltiplicazione compiesi per microzoospore e macrozoospore ed anche sessualmente per zoogonidì. Nelle Cladophora la presenza di articoli polinucleati é a priori un carattere di una grande impor- tanza difl'erenzialo, onde parnii inutile qualsiasi confronto. Sicché io non esiterei punto a proporre la costituzione di un nuovo gruppo destinato ad abbracciare tanto il nuovo genere Leptosira, quanto le Trentepohlia, gli Acroblasle, i Clilorotijlium, i Microthamnion e, con riserva, anche le Pilinia. La importanza sistematica di tal gruppo, che indicherò col nome di Cliroolepidacece, i caratteri essenziali che lo distinguono dalle altre Confervoidee Isogame , le sue affinità , si comprenderanno facilmente gettando uno sguardo al seguente pro- spetto : C0NFERV01DE.E IsoG-^M-E, Falkbg. auct. [ Corpo vegetante costituito da un solo Articoli multi- \ ^^^^^^^^ semplice 0 ramificato . . . Fani. I. Siphonace.e nucleati • . J ,..,.„,,_ ( Corpo vegetante costituito da molti articoli Fani. II. Sipho.nocladiace.b riunite in tallo fogliaceo. Moltiplicazione per microzoospore sovente sessuate . Fam. III. Ulvace/E ■ con clorofilla riunita in masse Cellule uninu- ) | parietali. Cellule madri delle zoospore non differenti dalle I connesse ] vegetative Fam. IV. Ulothrichiace.b in serie fi-< Fili semplici Subfam. I. Ulothrichie.k k. J Fili ramificati terminati in pelo Subfam. U. Ch.etophore.b mento.se J "^ con clorofilla diffusa. Cellule madri delle zoospore diverse dalle vegetative .... Fam. V. Chroolepidace.e A. BoKz), studi Algologici, fase. 1. oleate 26 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. Fig. 1. — Porzione di un cespuglietto di Leptosira Mediciana; le cellule inferiori sono in diverso grado di riproduzione; ;:, z' progressiva trasfor- mazione del contenuto in zoospore ; z", zoosporangi vuoti ('-^ì. » 2-3. — Uscita delle zoospore (id.) » 4. — Zoospore libere di cui alcune più grandi (id.). » 5. — Alcune zoospore fortemente ingrandite (— p-)- » 6-S. — Fasi graduali di germinazione delle zoospore agamiche ( — j — ). » 9. — Ulteriore sviluppo delle precedenti prima della divisione del con- tenuto (id.). » 10-1 i. — Divisione compiuta del corpo della zoospora germinante (id.). » 12. — Celluleprotococcoideederivatedalprecedenteprocessodidivisione(id.). » 13-14. — Germinazione e trasformazione delle cellule protococcoidee in fili (id.). » 15-16. — Copulazione delle zoospore e formazione delle zigospore (id.). » 17. — Sviluppo delle zigospore (id.). » 18. — Ipnospore (id.). CTENOCLADUS, gen. nov. Fila articulata , ramosissima , in caespitnlos late confluentes densissime aggregata et stratum pulvinato- spongiosum constitueutia. Rami repetito-unilateraliter ramellosa, ad apices crebri, mii-pauciarticulati et hinc eleganter circinnato-cymosi. Articuli vegetativi cylin- dracei diametro gequales vel 4— 2plo longiores, ad ge- niculam leviter constricti, contento granuloso viride, effuso, globulo amylaceo et membrana crassa aut cras- siuscula, firma, tenuiter et concentrice stratificata. Propagatio agamica macro- et microzoosporis. Ra- mellorum apicalium articuli, denique magis elongati aut unilateraliter producti et membrana tenuiore cincti, in macrozoosporangia mutati. Macrozoospora^ contenti di- visione repetito-binaria generata, 8-16-32, raro 4 vel plurte in singulo zoospoi'angio, pariate matricali postea ad apicem v. lateraliter ostiolo poriformi aperta, libere examiuantes, ovatee vel ovato-elipsoideae , polo antico hyalino ciliis binis vibratoriis instructee, globulo amy- laceo centrali , loculo achroo et ocello rubro parietali prìeditfe. Articuli omnes, vegetatione peracta, in statum palmelloideum transeuntes ; ex quo hypotballum filis longissimis, complicato-ramosis , articulis , modo valde elongatis et membrana tenui, vitrea cinctis, modo ab- breviatis , intumescentibus et microzoosporangiorum vices agentibus, constitutum generatur. Microzoosporìe contenti divisione succedanea repetita ovtse, 4-8-16 in quaque cellula, membrana matricali mox deliquescente, liberatfB et vivide examiuantes, macrozoosporis minores sed ceterum similes. 28 STUDI ALGOLOGICI Propagatio sexualis zoogonidiorum laterali copula- tione. ArticLiIi vegetativi valde aucti et in zoogonangia permagna, perennantia (more hypnosporarum), globosa V. ovata aut elipsoidea, membrana crassissima, lamellosa, stratificata cincta et stepe extus in callo calcariformi producta, trasmutati. Zoogonidia contenti divisione si- multanea generata, 30-60 etiara plura, demum, cellula matricali lateraliter v. ad apicem soluta, libere erum- pentia, minima, ovato-elipsoidea vel -oblonga, ciliis binis, ocello laterali rubro, prasdita. Zygosporarum evolutio adliuc ignota. et. cii*ciiiiiatiis> n. sp. Art. veget. lat. 10-15 micr.; macroz. 5-7 micr. latas ; niicroz. 2-3 micr. lata; zoogoiiang. diaiu. usque ad 80 micr. cum membr. ; zoogonid. ad 3. micr. crassa. Habitat in stagtiis submarinis ap. Messina (Sicilia}) saxa et Salicornia; Obionis , Ruppi;e et aliarum plantarum submersas partes late obducens. Legi Aut. ISSI. tav. Ili e IV La pianta presa a tipo di questo nuovo genere , veniva da me raccolta in Messina nel fondo di alcune pozze d'acqua stagnante lungo la spiaggia. Essa cresceva copiosa sugli steli disseccati di parecchie piante erbacee, specie sui fusti della Salicornia herbacca, àaìVObione portulacoides, invadendone d'ordinario le regioni più vicine al fondo melmoso della palude, talora anche le radici stesse semiscoperte e gia- centi a fior di terra ; a volte pure la si scorgeva sui piccoli ciottoli e su' frammenti di conchiglie che si trovavano sparse sul terreno inondato. Sopra si fatto substrato essa prendeva tutta 1' apparenza di una crosta di molle consistenza, spessa circa un mill., di un bel verde a superficie quasi verrucosa. Cotesta sorta di fronda, esaminata an- che con un debole ingrandimento, appariva costituita da numerosi ed eleganti cespuglietti elevantisi dal sul)strato toccandosi lateralmente e confluendo insieme in un tutto continuo di notevole compattezza. Quanto poi alla struttura, la pianta presentava caratteri cosi esclusi- vamente particolari e talmente differenti da quelli che distinguono le altre Cloroficee finora note, da restare a priori convinti che essa avreb- be dovuto riferirsi ad un tipo generico affatto nuovo. Indicherò questo nuovo genere col nome di Clcnodadus (1) per allusione alla disposizione (1) Da Krsls, Sfòs, pettine ; xKxÌkjì , ov , ramo. CTENOCLADOS 29 unilaterale dei filamenti ramiformi onde la pianta si compone. La ten- tav. ih e iv denza spirale della sommità dei ramuli sarà poi acconciamente espressa dallo appellativo specifico di circinnahis. Studiata nelle condizioni vegetative normali , quale si rinviene costantemente nell' autunno, questa pianta si presenta costituita da un sistema di filamenti diffusi e serpeggianti sul substrato , da' quali si eleva un grande numero di rami dividentisi indefinitamente sempre verso una stessa direzione. Ambo questi sistemi vanno considerati se- paratamente, in quanto che diverso è il loro ufficio, come pure diflerente é la forma loro. Il primo sistema di filamenti onde la pianta si adagia sul substrato, presenta uno sviluppo diverso secondo la estensione della superficie su cui detti filamenti crescono , a seconda degli ostacoli incontrati nello sviluppo. Ebbi spesso occasione di riscontrare degli individui cresciuti quasi isolati sopra piccoli ciottoli o su frammenti di conchiglie ; vi si scorgeva in essi un insieme di fili ramificati scorrenti verso diff'erenti direzioni, i cui ramuli, unilaterali, incontravansi qua e là soprapponen- dovisi e costituendo una sorta di rete a maglie assai irregolari. Altre volte, specie seguendo lo sviluppo di macrozoospore germinate in grandi cumoli sopra una superficie limitatissima, lo aspetto e la estensione dei filamenti erano diff'erenti; essi trovavansi accalcati e confusi gli uni sugli altri dando tosto origine a ramuli aerei. Ho talora infine riscontrato qualche macrozoospora svolgersi in contatto ai fili di un grosso Oeclo- goniwn. Quivi i giovani filamenti, anziché elevarsi direttamente verso r alto, si accrescevano seguendo la lunghezza del filo, avviluppandolo con numerose ramificazioni in modo da costituire un intrigatissimo gomitolo. Ma fatta astrazione di questi ultimi casi, del tutto speciali, i cespuglietti di Ct. circinnahis si attaccano al substrato per mezzo di un sistema di filamenti serpeggianti e diff'usi e lo sviluppo di tali fili è d' ordinario poderoso. Normalmente essi non si stendono in linea retta ; tendono invece ad incurvarsi verso un lato e così pure tutte le successive ramificazioni, di qualunque specie esse siano, seguono la stessa tendenza. La ragione di ciò, come ora vedremo, risiede nello incremento intercalare ed unilaterale che subiscono più o meno pronunciatamente tutte le cellule. Lo incurvamento è spesso marcatissimo, specie quando 30 STUDI ALGOLOGICI tav. ih e IV considerevole è la lunghezza dei fili e dei rami che ne dipendono. Esso manifestasi in forma di arco, il quale si svolge regolarmente verso una data direzione ; presso si fatti filamenti sono rare le sinuosità o le brusche interruzioni. Le cellule che costituiscono i fili hanno tipicamente una forma cilindrica a diametro longitudinale più o meno raccorciato. A volte appariscono presso a poco egualmente lunghe che larghe, oppure anche due volte più lunghe che larghe. Eccezionalmente si osservano cellule considerevolmente estese in lunghezza, interposte qua e là alle normali. Il contorno interno di ogni cellula descrive una curva continua a svi- luppo quasi circolare, ovale od ellissoide, in modo che la tramezza, che si interpone tra due cellule contigue, si presenta sotto forma di una lamella biconcava trasversale più o meno spessa. In generale la larghezza ordinaria degli articoli vegetativi varia da 10 a 15 micr.; la lunghezza loro media é compresa fra 12 e 18 micr. eccezionalmente la lunghezza importa da 20 a 32 micr. Lo spessore delle pareti cellulari è più tosto considerevole, in modo che nello interno della sostanza della membrana hanno luogo quei fenomeni ottici , conosciuti col nome di striature e di stratificazioni risaltanti con particolare distinzione nelle pareti molto inspessite. Nella sostanza della membrana vi distinguiamo tre regioni : 1' una interna , mediocremente spessa, molto refringente, finamente striata, i cui con- torni tondeggianti staccano distintissimi e danno alla cavità quella forma ovale od ellisoide che abbiamo notato. La soluzione alcoolica di jodio non rende a questo strato alcuna colorazione. La regione intermedia è di un' estrema tenuità e sotto forti ingrandimenti , facendo uso p. e. dell'obbiettivo ad immersione n. 9 di Hartnack, assume l'apparenza di una sottilissima laminetta grigiastra che riveste completamente la esterna superficie dello strato interno. La regione esteriore presenta uno spes- sore relativamente notevole ed importa presso a poco i -g- dell'intiera membrana. Essa prende tutti i caratteri di una vera cuticola, e par che serva di cemento alle cellule onde la serie si compone. I contorni esterni di detto strato sono nettamente indicati da una linea scura, leggermente sinuosa lungo i fianchi del filo ; le strozzature corrispondono ai punti di connessione delle cellule e sono più marcate lungo uno dei lati del filamento. Tale strato é fortemente refringente, d' un bianco brillante CTENOCLADCS 31 e traversato da sottilissime strie : esso si frammette fra' setti trasversali tav. ih <■ iv in forma di continua lamella, in modo che ogni articolo rimane da ogni lato cinto dallo strato cuticolare , od almeno tale n' é l' apparenza. La tintura di jodio rende a cotesta regione un colorito debolmente azzurro ; mentre collocati i fili dentro a potassa caustica bollente detto strato completamente si discioglie e la serie si scinde nei singoli ele- menti onde si compone. Trattando invece i filamenti con acido solforico concentrato, oppure colla soluzione cupro-ammoniacale, non manifestasi alcuna notevole alterazione ; il che dimostra grandissima 1' analogia fra siffatto strato e la sostanza intercellulare dei tessuti delle piante superiori. Il contenuto delle cellule componenti cotesto sistema di fili è del protoplasma associato ad abbondante clorofilla. Originariamente i granuli si presentano minuti, fittissimi ed omogeneamente distribuiti nell'interno della cavità cellulare. Vi si scorge altresi un grosso nucleo amilaceo a contorni marcatissimi , situato verso il centro. Allontanando la clo- rofilla mediante lo impiego di alcool a 70°, é facile accertarci della presenza di un vero nucleo protoplasmatico. Esso è più piccolo del nucleo amilaceo e sta situato lateralmente a questo ; è di forma presso a poco sferica e talora include un piccolo nucleolo assai refringente. Le fre- quenti granulazioni protoplasmatiche rendono sovente invisibile il nucleo; in ogni modo, ricorrendo agli ordinarli mezzi di colorazione, la ricerca rimane molto agevole. Si fatte cellule normalmente rappresentano degli elementi puramente vegetativi e non danno giammai luogo a formazione di zoospore; in- vecchiano ben presto coprendosi di una parete molto spessa ; il contenuto si riempie di frequenti granuli, alcuni dei quali verdi, altri scolorati a mo' di amido od olio, mentre scompare del tutto il nucleo amilaceo. In cotesto stadio cessano di svolgersi ulteriormente e persistono in condizioni di vita latente per subire più tardi un nuovo modo di sviluppo, oppure anche lentamente si disfanno e spariscono. Dal descritto sistema di filamenti a grado a grado si passa a quello delle ramificazioni aeree colla continuata e progressiva produzione di un indefinito ordine di rami. Questi pure prendono una direzione cur- vilinea, rivolgendo il lato concavo verso una stessa direzione corri- spondente a quella medesima seguita dal filamento di ordine precedente. 32 STUDI ALGOLOGICI tav III e IV Tutti gli elementi possiedono la facoltà di dare origine a laterali rami- ficazioni; ma d'ordinario i rami, dipendenti dai filamenti più vecchi, sono relativamente scarsi ; indi divengono più frequenti e sempre più abbondanti, mentre diminuiscono in lunghezza. La formazione dei ramuli ha luogo in una maniera che é del tutto caratteristica a questo genere. Nei primordi cotesto fenomeno é soltanto indicato dal leggero sollevarsi verso lo esterno di una delle due pareti longitudinali della cellula, assumendo essa parete una certa convessità, la quale si rende poi sempre più pronunziata. In tal guisa si abbozza un'emergenza laterale papilloide, dal cui continuato sviluppo in lun- ghezza deriva in pochissimo tempo un ramulo perfetto. Vanno però distinti due casi diversi di formazione ; ora la cellula iniziale di una ramificazione é egualmente lunga che larga, ora è maggiore la sua lunghezza. Nel primo caso tutta quanta la parete longitudinale si sol- leva e costituisce la base del nuovo ramulo, nel secondo, detto ramo svolgesi per laterale germinazione della regione superiore della cellula, in modo che il sollevamento della parete manifestasi immediatamente al di sotto del setto trasversale che separa la cellula, di cui é parola, dalla contigua , e ciò solo per piccolo tratto o per una porzione di superficie corrispondente alla larghezza del futuro ramulo. Cosi ab- bozzata la formazione di un ramo , essa completasi per continuato sviluppo in lunghezza dell' elemento iniziale. Questo però raramente acquista una perfetta indipendenza dalla cellula madre, in quanto che in esso il primo setto trasversale ordinariamente formasi ad una certa distanza dalla cellula da cui esso dipende, sicché la cavità di questa continuasi allo esterno per costituire la base della nuova ramifica- zione. L' incremento di questa procede in via regolare per reiterate partizioni trasversali seguite da proporzionato sviluppo in lunghezza. Indi succedonsi nuovi ramuli , e a questi poi degli altri ed indefinita- mente moltissimi, seguendo la stessa legge di sviluppo descritto; dal- l' insieme deriva un regolare e compatto cespuglietto. Tutti i ramuli, qualunque sia l'ordine loro di nascita, si rivolgono verso l'alto formando un angolo di 40°-50° colla ramificazione di ordine precedente e sono presso a poco tra di loro eguali in larghezza. È degno però della massima considerazione il fatto, che essi ramuli, per quanto numerosi in una stessa colonia , tutti si svolgono verso una stessa e costante direzione ; nessuna eccezione òvvi a siffatta regola. Cotesta CTENOCLADUS 33 particolarità trova analogo riscontro in qualche Melanoficea di acqua dolce del genere Pleurocladia A. Br. Il numero dei rainuli generati é d' ordinario grandissimo, in quanto che ogni cellula è suscettiva di sviluppo laterale ; ma in fatto essi sono pili copiosi verso la sommità. Comunque sia, se si riflette al modo e all'ordine come le ramificazioni si svolgono, e' è possibile a priori renderci ragione della regolare ed elegante costituzione dei cespuglietti di et. circinnaius. Anzi, per una singolare concomitanza, riscontriamo attuato nelle singole parti, onde questa pianta si compone, con grandis- sima analogia, quello stesso processo di ramificazione simpodiale descrit- to recentemente dai morfologi per la teorica intelljgenza della cima scorpioide. La rassomiglianza è davvero grandissima, e ciascun ramulo di Ctenodadus, svolgendosi costantemente verso uno stesso lato, dando poi origine colla stessa legge ad un indefinito ordine di altre ramifi- cazioni, dà a poco a poco luogo alla formazione di un complicatissimo insieme di filamenti a sviluppo scorpioide. Un intiero cespuglietto po- trebbesi benissimo paragonare ad un' enorme cima scorpioide ripetu- tamente ed estremamente composta. Lo appellativo specifico di questa pianta parmi per questo bene appropriato. La particolarità dianzi notata, che i singoli rami tendono, durante il loro sviluppo, a curvarsi più o meno sensibilmente ad arco, determina una leggera tendenza spirale nei diversi membri componenti 1' orga- nismo. Cotesto fatto é di grande vantaggio alla pianta, in quanto che rende agevole il successivo suo ampliamento, mentre toglie ogni ostacolo al libero sviluppo dei ramuli. Comunque lievissima si fatta tendenza, é però bastevole al conseguimento di tal fine. Lo incurvamento dipende dallo essere ogni cellula della serie , nessuna esclusa , virtualmente suscettiva di svolgersi verso una stessa direzione laterale. E sebbene non tutti gli elementi si allungano in rami, tuttavia presso la più gran parte di essi il fenomeno rimane solamente accennato dallo unila- terale sollevamento della parete o tutto al più ridotto alla semplice produzione di una cortissima emergenza unicellulare. Sicché per tutta quanta la lunghezza di uno stesso filamento esiste una regione laterale capace di maggior sviluppo e corrispondente al lato donde emergono i ramuli, alla cui attività è necessariamente dovuta la incurvazione del filo verso il lato opposto. A- BoRzi, studi algologìcì, fase. 1. S 34 STUDI ALGOLOGICI tav. Ili e IV. L'accrescimento dei ramuli è generale, vale a dire non limitato a regioni determinate del filamento , in quanto che tutte le cellule , indistintamente si moltiplicano per continuate partizioni trasversali. Soltanto a vegetazione inoltrata l'attività moltiplicativa manifestasi più marcata nei ramuli di recente formazione, e ciò fin tanto che questi non Si trasformino in zoosporangi. Allora interviene nella vita dell'or- ganismo una nuova fase di sviluppo, la quale va studiata nei suoi minuti particolari. Lo stadio riproduttivo é caratterizzato dalla produzione di germi mobili 0 meglio di zoospore, delle quali alcune sono suscettive di svi- luppo agamico, altri comportansi da veri plasmidi sessuati. Distinguerò questi ultimi col nome di zoogonidi. Zoospore e zoogonidi rappresentano una definitiva condizione di sviluppo che la pianta raggiunge appena cessato lo incremento vege- tativo. Questo avviene normalmente alla fine dell' autunno. Allora le cellule apicali dei ramuli si trasformano in zoosporangi, e di li a poco r intiera colonia si dissolve, passando per nuove e complicate fasi di esistenza, donde poi si compie il ritorno alla forma primitiva. Rivolgendo per ora la nostra attenzione alla riproduzione agamica, occorre anzitutto distinguere due sorta di germi che intervengono per lo adempimento di si fatta funzione. Ambo sono delle zoospore bicigliate, ma differenti tra di loro quanto alla origine, alla forma e alle dimen- sioni. Indicherò le une, più grandi e prodotte alla fine del periodo di vegetazione normale all' interno di cellule particolari della sommità de' ramuli, col nome di macrozoospore ; le altre più piccole, generate dentro cellule vegetative pervenute allo stadio palmellaceo, si diranno microzoospore. Fig. 2-3. Verso la fine dell'autunno, eccezionalmente anche più tardi o prima, gli articoli degli estremi rami apicali divengono cellule madri gene- ratrici di macrozoospore, ossia macrozoosporangi. A tal' uopo ogni cellula vegetativa si stende ed accrescesi lateralmente nel modo stesso descritto per la formazione dei ramuli normali di vegetazione e costituisce una emergenza pronunziatissima, la quale, raggiunta una certa lunghezza, spesso considerevole, trasformasi tosto in un semplice zoosporangio uni- loculare; oppure continuando ad allungarsi nella stessa direzione laterale CTENOCLADUS 35 primitiva dà origine ad un corto ramulo diviso trasversai n:ien te in due tav hi e iv 0 tre articoli, i quali divengono pure essi altrettanti macrozoosporangi. Come i ramuli di ultima generazione, cosi anche quelli di penultima, possono dar luogo alla produzione di macrozoospore dentro cellule particolari ; ed in quesf ultimo caso soltanto quegli elementi i quali non si sono svolti in rami di vegetazione. In tutti i casi i macrozoosporangi differiscono dalle ordinarie cellule vegetative principalmente per il maggiore sviluppo loro in lunghezza, potendo alle volte raggiungere un diametro longitudinale persino 12 volte maggiore di quello trasversale. In generale essi sono delle cavità cilindriche assai allungate , larghe presso a poco quanto gli articoli vegetativi ed aventi la stessa origine dei ramuli di vegetazione. Per quest'ultima circostanza, se si forriiano dei macrozoosporangi da articoli piuttosto lunghi od almeno più lunghi che larghi, a sviluppo compiuto, la intiera cellula generatrice delle macrozoospore apparirà costituita da due parti, cioè, dall'articolo originario e da una laterale emergenza subapicale dello stesso , formanti 1' una e l' altra un' unica cavità. Cosi pure possono osservarsi altre differenze relative alla struttura e alla disposizione de' macrozoosporangi, le quali pienamente corrispon- dono a quelle che notammo studiando la genesi e la costituzione dei ramuli. Del resto volendo classificare siffatti organi rispetto alla origine, alla posizione ed alla conformazione loro, ne distingueremo di tre sorta; 1° macrozoosporangi laterali, indipendenti dagli elementi del ramulo di cui sono laterale produzione, essendosi la loro cavità segregata da quella della cellula madre mediante una parete trasversale ; 2° macro- zoosporangi laterali, la cui cavità è continua con quella della cellula madre generatrice, e ciò per mancata formazione di una tramezza di cellulosa; 3° macrozoosporangi interni, dovuti a totale metamorfosi di una cellula vegetativa qualunque, non accompagnata da formazione di una laterale emergenza. Gli zoosporangi si distinguono altresì dagli articoli vegetativi per la relativa sottigliezza delle pareti loro ; laonde mancain queste ogni traccia di strie e sono di una trasparenza quasi vitrea. Il contenuto prende poi un aspetto del tutto particolare : la clorofilla non trovasi differenziata in granuli, ma costituisce allo in- terno della cavità cellulare una massa omogeneamente distribuita , o tutto al più scorgonsi rarissimi corpuscoli. In tale stadio spicca 36 STUDI ALGOLOGICI Tav III e IV. distintissimo il nucleo amilaceo e lateralmente a questo, indicato da una piccola areola scolorata, vedasi pure sovente il nucleo protopla- smatico appartenente alla cellula. ■"''f- *- La formazione delle macrozoospore comincia di notte e si compie il mattino seguente di buon' ora. I germi derivano per successiva di- visione del contenuto in 8, 16, .32 parti. Tali differenze nel numero delle macrozoospore, svoltesi in una stessa cellula madre, dipendono dalle variabili dimensioni di questa. Per queste ragioni mi è occorso anche di osservare la formazione di 4 macrozoospore in cellule ecce- zionalmente piccole. La divisione del contenuto si effettua regolarmente e con una certa rapidità. D'ordinario le prime scissioni avvengono in direzione trasversale, 1' ultima nel senso della lunghezza. Possono tut- tavia aver luogo divisioni del contenuto con regolare alternanza, e questo in ispecial guisa quando i macrozoosporangi sono corti e rela- tivamente grossi: caso in fatto rarissimo. A formazione compiuta, i germi Fig sm. prendono una disposizione biseriale all'interno della cellula generatrice. I macrozoosporangi maturi si aprono per un piccolo foro circolare, il quale, per la differente disposizione di esse cellule, praticasi ora all'apice, ora lungo le pareti longitudinali a siiniglianza delle Cla- dophora. La uscita delle macrozoospore nella stagione autunnale comincia verso le 8 del mattino, essendo la temperatura ambiente di circa 12° C, e si protrae normalmente tino alle 11 ant. Un tempo nuvoloso, come pure un abbassamento rapido di alcuni gradi di temperatura, può bensì ritardarla. A 4° C. cessa completamente la emissione dei germi mobili, né può essere ulteriormente riattivata. Fig. 2 ». 4. La uscita delle macrozoospore dà luogo ad un fenomeno di una grande importanza per la fisiologia del protoplasma e del quale troviamo pieno riscontro nella emissione delle grosse spore mobili degli Oeclo- gonium. Il poro, onde apronsi i macrozoosporangi del Ct. circinnatus, presenta da principio un diametro assai piccolo relativamente alla gras- sezza del corpo delle macrozoospore, le quali sono già pronte a disse- minarsi nel liquido ambiente. L'egresso di queste non è quindi possibile senza qualche fatica. A tal uopo la prima macrozoospora, pervenuta di contro all'orificio, vi penetra col rostro e spingesi in avanti ten- tando ogni .sforzo per superare l'angusto adito. Il corpo del germe. CTENOCLADUS 37 estremamente contrattile, procede oltre quasi nulla si opponesse alla t*v ni e iv. uscita, restringendosi e strozzandosi a misura che avanza ed urta contro le pareU dell'angusta apertura. Finalmente l'ostacolo è vinto e la ma- crozoospora rapidamente guadagna il liquido circostante. Ben tosto una seconda macrozoospora tenta la stessa via coi medesimi sforzi e con egual successo ; indi una terza e cosi di seguito tutte quante stanno incluse nello stesso macrozoosporangio. Nelle condizioni normali l'intiera evacuazione effettuasi in meno di due minuti. A volte però quando trattasi di zoosporangi a sviluppo precoce , determinato specialmente dallo stato particolare delle colture, qualche raacrozoospora non riesce ad abbandonare la propria cellula madre e rimane sovente incagliata dentro l'apertura; il che impedisce alle altre, tuttora contenute nello interno del macrozoosporangio, di guadagnare la uscita. Generalmente a misura che uno zoosporangio si vuota , l'orifizio Fig. ì *. s'ingrandisce e la liberazione de' germi ha luogo senza tanta difficoltà. Ciò è dovuto ad una lenta e sempre crescente liquefazione che subisce la regione della parete ove praticasi 1' apertura ; sicché i vecchi ma- crozoosporangi, già perfettamente vuoti, si presentano costantemente mancanti della sommità a mo' di una manica aperta. Non si osserva alcuna regola quanto all'ordine col quale si vuo- tano le cellule madri delle macrozoospore. Spesso però pare che la emissione cominci dai macrozoosporangi apicali e gradatamente proceda verso quelli interni. Le macrozoospore , esaminate libere e vaganti per 1' acqua am- pig. r.. biente, non presentano alcuna traccia delle difficoltà subite durante la uscita, le quali provano con somma evidenza la estrema contrattibilità del corpo dei protoplasmi nudi. Noi troveremo identico riscontro di tal fenomeno nelle zoospore dell' Hormotila mucigena moventisi in un mezzo più denso dell'orduiario. Es.se macrozoospore sono tipicamente ovali, a volte anche presso a poco ellissoidi. La metà anteriore del loro corpo è perfettamente jalina, trasparentissima e vi si attaccano due esilissimi cigli ; il resto è ripieno di una massa granulosa clorofillacea obbliquamente disposta in modo da lasciar visibile uno spazio chiaro laterale a rao' di vacuola. Non ho potuto verificare se veramente trat- tisi di una vacuola pulsante. Fra mezzo alla clorofilla si nasconde un nucleo amilaceo rotondo talora a contorni ben distinti. Vi si scorgono 38 STUDI ALGOLOGICI altresì qua e là intorno al vacuo laterale pochi granuli di grandezza differente e lucidi, verosimilmente dovuti a sostanza mucilaginosa. Esiste pure distintissimo un piccolo ocello rosso addossato alla parete verso la regione mediana del corpo della macrozoospora. La lunghezza mas- sima del germe importa circa 9 micr., mentre la larghezza varia da 5 a 7 micr. Del resto non esistono apprezzabili differenze di volume. Le macrozoospore si muovono circa 12 ore con grande vivacità, accumulandosi verso i punti più esposti alla luce : esse sono perciò positivamente eliotropiche come la più parte delle zoospore. La ger- minazione comincia appena cessato il moto. Ho potuto agevolmente seguirne lo sviluppo per quasi due mesi. Siffatta vegetazione, confron- tata con quella dei germi cresciuti all'aperto, mi è parsa assai lenta: i fili derivati dalle macrozoospore germinanti nei miei acquari non avevano raggiunto che una lunghezza circa 20 volte maggiore del diametro trasversale. Ho attribuito si fatto ritardo alla presenza di un'ameba terrestre che si era copiosamente svolta a spese delle mie colture, che poi finiva col distruggere, l'ig 5. Nei primi stadi di germinazione la macrozoospora si copre di una sottilissima e trasparente membrana mentre diviene a poco a poco globoide. La clorofilla assume una situazione parietale ben marcata ; il nucleo amilaceo spicca distintissimo. Ben tosto aumenta il volume del germe senza che si manifesti il più lieve cambiamento nella forma di esso, e scompare ogni traccia dell'ocello. A capo di una settimana, essendo la macrozoospora germinante ancor più cresciuta in dimen- sioni , si manifesta in questa la tendenza di svolgersi in filamento. Cotesto modo di sviluppo procede poi regolarmente e ne deriva un filo di struttura confervacea, diviso in articoli mediante pareti trasversali. Presso ogni cellula la cavità è ripiena di abbondante clorofilla, la quale si accumula in masse distinte contro le pareti, quasi come osservasi nelle cellule di un Sligeoclonium. Vi si scorge altresì un nucleo ami- laceo ben marcato. Le membrane cellulari sono sottilissime, ma s'in- spessiscono in corso di sviluppo. Nelle mie colture, i filamenti derivati dalla germinazione delle macrozoospore, durante lo allungamento, si sono conservati semplici , dando luogo a irregolari dilatazioni seguite da cangiamento nella direzione primitiva. Esaminando però più tardi analoghe germinazioni compiutesi all'aperto, acquistavo la certezza CTENOCLADUS 39 che (la tali germi avessero poi origine nuovi e normali cespuglietti di tw ih e iv. CI. circinnatm. Il modo come ciò effettuasi si comprende facilmente. Compiuta la evacuazione dei macrozoosporangi , assicurata cosi in via agamica la conservazione dell' organismo , la pianta subentra in una nuova fase di esistenza , la quale distingue il periodo di vegeta- zione invernale. Per questo riguardo il Ct. circinnalus non si com- porta differentemente da un grande numero di altre Corfervoidee. Allora le cellule , le quali non hanno preso parte alla su descritta moltipli- cazione, si svolgono seguendo due vie diverse : alcune rimangono tem- porariamente in condizioni vegetative e si cambiano in elementi pro- tococcoidei suscettivi di uno sviluppo complicatissimo ; altre a poco a poco s' ingrandiscono e si trasformano in grossi zoogonangi ibernanti. In tutti i casi cotesta nuova fase di sviluppo é contradistinta dalla completa dissoluzione dei fili. Influendo favorevoli condizioni, specie in tempo di prolungata e copiosa pioggia il fenomeno compiesi con grande rapidità. Presso ogni cellula allora manifestasi marcati.ssima la tendenza d' individualizzarsi in elemento a sé perfettamente distinto. In conse- guenza la sostanza delle pareti cellulari, o, forse con più verosimiglianza, lo strato cuticolare perde tutta quanta la primitiva coesione, si sfascia e cade, mentre il contenuto, vestitosi di una propria membrana, si rior- ganizza in una nuova cellula completa. È codesto un vero processo d' innovazione o di ringiovanimento, come suol dirsi, il quale ricorda moltissimo il costituirsi del contenuto tutto di una cellula di Oeclogo- niuìn in grossa zoospora. Le cellule derivate da si fatto processo si isolano prestissimo, e l'intiero cespuglietto si trasforma in un irregolare cumolo di elementi protococcoidei, i quali non conservano alcuna traccia della primitiva loro disposizione. Prendendo primieramente in esame quegli elementi derivati da Fig. 7 cosi fatto processo i quali restano alcun tempo in condizioni vegetative, va anzitutto notato come spesso alla dissoluzione delle vecchie pareti cellulari preceda il pronto dividersi trasversalmente del contenuto in due nuovi elementi. Questi crescendo ed arrotondandosi, forzano la membrana materna, la quale si dilata o si spezza e poi lentamente sciogliesi in massa gelatinosa amorfa. La quantità di si fatta sostanza é soggetta a variare probabilmente secondo le condizioni ambienti e 40 STUDI ALGOLOGICI tav. Ili e IV. secondo lo spessore della vecchia membrana. Per questo le cellule possono rinvenirsi ora affatto nude e libere, ora avvolte da spessa e copiosa gelatina. In tale stadio la pianta riveste qualche volta tutti i caratteri delia Hormospora mutabilis Bréb., ma soltanto per brevis- simo tempo in quanto che intervengono ulteriori divisioni nelle sin- Fife'. 8. gole cellule ripetute con regolare alternanza secondo le tre direzioni dello spazio. Ne derivano cosi dei gruppi di elementi sferoidi, raccolti dentro mucilagine più o meno copiosa e somigliantissimi a colonie di una Palmella o di una Gloeocystis. Talora in corso di sviluppo la gelatina lentamente diffluisce e si discioglie in massa liquida ; oppure cessa la produzione ulteriore di si fatta sostanza. Co.si le cellule restano perfettamente isolate. Ciò precorre lo avvicinarsi di una nuova fase di sviluppo della quale si dirà ora. Fig 9. Durante il descritto stadio palmellaceo il contenuto delle singole cellule è ripieno di minute e fittissime granulazioni distribuite omoge- neamente. La parete, essendo sottilissima e trasparente, par che manchi addirittura. Cosi pure il considerevole condensamento della massa clo- rotìllacea rende quasi invisibile il nucleo amilaceo. Il volume delle cellule è variabile secondo la età, in quanto che gli elementi di più recente formazione appariscono più piccoli dei primitivi. Lo sviluppo che subiscono si fatte colonie é di una estrema com- plicazione. I risultati dedotti dalle mie numerose osservazioni contengono parecchie lacune, le quali io spero di poter colmare nello avvenire. Riferirò per ora solamente tutto ciò che parmi di meglio accertato. Nelle condizioni sopraccennate le colonie sono suscettive di svol- gersi agamicamente mediante microzoospore. Alcune cellule soltanto danno luogo direttamente a cotesto modo di moltiplicazione ; altre, più tardi, dopo essersi trasformate in tìli. kìk i4-in. Le microzoospore nascono per successiva divisione del contenuto delle singole cellule in 4, 8, 16 parti. Co.me nel caso della formazione delle macrozoospore, la divisione comincia di notte e compiesi la mat- tina seguente. Allora sciogliesi lentamente l'ambiente gelatina e le microzoospore si spargono nell'acqua. Esse sono più piccole delle ma- crozoospore, del resto vi rassomigliano completamente quanto alla forma ed alla struttura. Muovonsi con grande vivacità rivolgendosi verso i punti più esposti alla luce. Il moto dura in media una mezza giornata; CTENOCLADUS 41 indi cessa ed i germi si trasformano in esili fili. Nelle colture non Tav in e w ho potuto bastevolmente seguire lo sviluppo di cotesti filamenti; ho bensì notato che nei primi stadi della germinazione il corpo della mi- crozoospora s'ingrandisce pochissimo; la clorofilla prende una posizione parietale, mentre scompare ogni traccia di ocello. Indi il germe si allunga irregolarmente. Gli articoli si tramezzano a distanze assai variabili e le cellule che ne risultano ora si slai-gano irregolarmente, ora appari- scono ristrettite in vari punti. Non ho potuto assicurarmi se tali fili si svolgano poi in rami , né mi è riuscito di rilevarne lo ulteriore sviluppo. Credo però probabilissimo che essi diano origine a questa seconda forma di sviluppo che ora descriverò. Mentre continua la produzione delle microzoospore, le altre cellule, Fig. io. estranee a cotesto processo , si svolgono seguendo un' altra diff'erente via. Presso tali elementi cessa alloi'a la produzione della esterna gela- tina ; la parete, comunque sottile, spicca distinta; i granuli clorofillacei si sono completamente disciolti, e la sostanza verde si trova ammassata densamente contro le pareti ; nell' interno della cavità si osserva un ampio vacuo scolorato, irregolare. Le dimensioni di cotesto cellule sono variabili, siccome pure variabili sono quelle degli elementi che da esse direttamente derivano. Per progressiva germinazione, segue da si fatte cellule la costituzione di un poderoso sistema di filamenti. Lo sviluppo, Fig 11-12. specie nei primordi, è irregolarissimo tanto per la direzione che pren- dono i filamenti, come per la forma e per le dimensioni delle cellule che questi compongono. Sonvi di quelli che si ramificano di buon'ora, altri si conservano semplici per lungo tratto, serpeggiando e difì'onden- dosi variamente sinuosi sul substrato. Quanto alle cellule, talune si estendono notevolmente in larghezza, prendendo una forma cilindrica pressoché regolare, oppure qua e là si restringono , mentre d' altra parte considerevolmente si dilatano ; altre si presentano più corte 0 cortissime a contorno in mille guise variabile. Qualche volta la connes- sione di più articoli consecutivi é indicata da profonde .strozzature; in altri casi sembra che la unione di più cellule si compia obliquamente per la regione sottoapicale. Siffatto complesso di filamenti si complica coir aggiunta indefinita di numerosi ordini di ramuli. Per via della grande irregolarità degli elementi e per la estrema compattezza del com- plesso che ne risulta, riesce assai difficile lo indagare quale legge regoli A. BoRzi. Studi algologici, fase. 1. 7 42 STUDI ALGOLOGICI tav III e IV. la disposizione e l'ordine di nascita dei rami. Non ostante, se non mi sono ingannato, parrai di potere asserire che tutte le ramificazioni si dispongano unilateralmente secondo il modo normale e caratteristico della forma macrozoosporifera. I ramuli però si succedono con grande frequenza e crescono diritti, ed addossati gli uni sugli altri, costituendo un densissimo complesso di apparenza quasi ifica. L'analogia non è poi del tutto lontana, stante la particolare forma degli articoli e lo special modo di struttura loro. Le cellule sono infatti poverissime di contenuto clorofillaceo e sovente, quando si presentano estremamente allungate, la sostanza verde si riduce ad una minutissima fascia parietale, spesso in forma d'anello, racchiudente un piccolo nucleo amilaceo. La parete è poi sottilissima e di una trasparenza quasi vitrea. In sostanza, la strut- tura concorda perfettamente con quella delle cellule di Ulolhrix, anche nelle più lievi modificazioni che potrebbero manifestarsi. Questo fatto é veramente singolare, in quanto che le due piante, considerate in altre condizioni della loro esistenza non presentano poi che scarsissimi punti di contatto. E per altro necessario di notare come si fatto sistema di filamenti non rappresenti poi che una forma transitoria di sviluppo, paragonabile ad una sorta d' ipotallo, dal quale, per una serie di ulteriori modifica- Fig 11-12, i. zioni, la pianta ritorna alle condizioni definitive di vegetazione. Coteste metamorfosi sono preannunziate dalla formazione più regolare di articoli corti, abbondanti di materia verde, e a pareti più spesse, mentre gli altri a poco a poco si vuotano del proprio contenuto e restano in forma di esili elementi ifoidei. Tali articoli, dapprima sparsi e rari, indi più frequenti e disposti in serie, s'ingrandiscono a grado a grado prendendo a sviluppo compiuto una forma ovale od ellissoide. La loro membrana s'inspessisce moltissimo e si presenta concentricamente striata : la tin- tura di jodio le rende una debole colorazione violetta. Il contenuto è ripieno di abbondanti e grossi granuli clorofillacei, fra i quali spiccano molti grossi corpuscoli di sostanza amilacea. Tali cellule sono congiunte l'una dopo l'altra in serie moniliforme. Il volume loro è uguale a quello delle cellule vegetative normali. Durante le accennate modificazioni, gli esili ed irregolari filamenti, direttamente derivati dalla germinazione delle cellule a sviluppo di Palmella, non si svolgono altrimenti, mentre i nuovi fili, a cellule più CTENOCLADUS 43 grosse, gradatamente ripristinano la originaria forma cespugliosa. Ma tav m e iv sovente le condizioni ambienti oppongono un ostacolo a cotesto regolare svolgimento , e le serie moniliformi su descritte ritornano allo stadio Fig is. palmellacco precedente. Conseguentemente la membrana cellulare si scioglie in gelatina, e il contenuto si divide successivamente in 4, 8, 16 parti , le quali divengono altrettante cellule , oppure anche delle microzoospore. Tutto ciò fa si che lo stadio di Palmella persista lun- gamente e prova con quanta efficacia influisca l'esterno ambiente sulle condizioni di sviluppo dell'organismo. Un certo numero di cellule cosif- fatte mostrano però di resistere a cotesto sfavorevoli influenze, e pro- tette dalla solida e spessa parete rimangono disperse sul substrato, impassibili ed isolate tutto lo inverno per svolgersi poi nella primavera seguente, oppure, sopraff'atte dalla secchezza, si conservano immutate tutta la state. Ignoro lo sviluppo ulteriore di sifl'atti elementi; proba- bilmente essi si svolgeranno in nuove colonie palmelloidee. Rimane in ultimo da rivolgere la nostra attenzione allo sviluppo sessuale del Ci. circiwialus. Dianzi notavo come non tutti gli articoli vegetativi soggiacciano alla fine dell' autunno a quel processo di divisione e moltiplicazione cellulare onde hanno origine delle colonie a sviluppo palmellaceo; un certo numero, rimasti afi'atto esclusi da cotesto svolgimento, si trasfor- mano in zoogonangi. Come i precedenti, quest' ultimi, pare, debbano la loro origine ad uno speciale processo di ringiovanimento di cui é sede il proprio contenuto. Per questo la parete loro si sfalda e staccasi e l'interno della cellula si riorganizza in un elemento generatore di germi sessuati. La nuova cellula, rivestita di una propria membrana, a grado a grado s' accresce in volume. La resistenza che oppone la parete della cellula madre, la quale d'ordinario non si scioglie ma persiste in forma di tenace inviluppo, determina una certa disuguaglianza nello incremento del giovine zoogonangio , epperò lo sviluppo di questo talora sembra laterale rispetto al filamento primitivo, a volte longitudinale. Nel primo caso la cellula in via di formazione si svolge , ampliandosi , verso un lato, restando colla opposta estremità inclusa, quasi incapsulata, dentro la parete materna ; la quale inceppandone parzialmente il libero svi- luppo, fa si che il zoogonangio assuma una configurazione piriforme. Fi?. IH. 44 STUDI ALGOLOGICI l'ig IH e IV. Nell'ultimo caso lo incremento è più omogeneo, il zoogonangio prende una forma ovale od ellissoide e della parete della cellula madre non rimane che qualche traccia alle due estremità del nuovo organo. ^"'s i''. I zoogonangi, maturando, inspessiscono considerevolmente la propria parete. Ma di rado si fatto spessimento è uguale ed omogeneo per tutta la estenzione della parete; sovente invece formasi all'esterno della membrana un grosso corpo calloso in forma di sperone, spesso molto sviluppato e dal quale troviamo identico riscontro nelle grosse cellule ibernanti dei generi Kentrosphaera Borzi , Scotinosphaera Klebs, e Phyllobmm Klebs. La presenza di cosiffatta appendice presso cellule, come queste, destinate a soggiacere lungamente allo stato latente ed appartenenti a cosi disparati organismi, pone in rilievo una circo- stanza il cui valore biologico non dovrà certo essere di lieve entità. La intima costituzione del contenuto dei zoogonangi maturi del et. circinnalus presenta ancora non minore analogia con quella delle cellule ibernanti dei ricordati organismi. Da principio tutta la cavità è ripiena di minuti, numerosissimi e fitti granuli clorofiUacei omoge- neamente distribuiti ; marcatissimo è il nucleo amilaceo, sovente un po' spostato dal centro. Indi le granulazioni divengono più grosse, disu- guali, frequentissime; parecchie manifestano con somma evidenza la loro natura amilacea. Il nucleo d' amido è intieramente scomparso. D'allora in poi aumenta considerevolmente la provvigione di sostanza amilacea ; vi si aggiungono pure delle grosse gocciole di grasso. Cosi co- stituiti, i zoogonangi soggiacciono impassibili alle sfavorevoli condizioni dell'ambiente e rimangono tutto lo inverno dispersi e confusi fra mezzo alle altre cellule a sviluppo palmellaceo. Il loro volume, spesso consi- derevole, basta a priori a distinguerli da cotesti elementi. Ve ne sono di quelli molto grossi misuranti un diametro di 70 micr. ; altri più piccoli larghi fino a 25 raicr. Lo spessore della parete importa da 6 ad 8 micr. Kig. 18. Secondo le mie osservazioni, é rai'o il caso che i zoogonangi, senza passare allo stato di vita latente , si svolgano direttamente in germi. Ciò dovrebbe effettuarsi in via normale, se il sopraggiungere dell' in- verno probabilmente non esercitasse delle sfavorevoli influenze sullo sviluppo di quegli organi. Lo stadio ibernante dura normalmente due 0 tre mesi. Può tuttavia cotesto periodo essere abbreviato da eccezionali FiK. IO. CTENOCLADUS 45 condizioni ambienti; e specie un moderato aumento di temperatura seguito da abbondante umidità può determinare il precoce sviluppo dei zoogonangi, come ebl)i ad assicurarmi mediante prolungate culture. Primo indizio della imminente produzione dei zoogonidi è la totale scomparsa delle interne e numerose granulazioni amilacee. La clorofilla allora si accumula a poco a poco sulle pareti, diSerenziandosi in masse di mediocre estensione, distinte ed a contorni definiti. Cotesto fenomeno è paragonabile a quello stesso processo di condensazione in nastri pa- rietali a direzione raggiante che subisce la sostanza verde delle grosse cellule ibernanti di Phyllobium dimorplmm (2) e Kentrosphaera du- rante lo fasi che precorrono il ritorno a vita attiva di essi elementi. Poco dopo il contenuto soggiace a nuovi cambiamenti : le masse clo- rofillacee si sciolgono lentamente in minuti granuli; questi si accostano gli uni verso gli altri, e si confondono in unica massa finamente gra- nellosa pressoché omogenea. Nel tempo stesso la spessa parete par che tenda a subire una lenta e totale liquefazione ; spariscono le stratifi- cazioni dianzi tanto marcate, e la sostanza della membrana assume una struttura più omogenea ed un certo grado di trasparenza che dirò quasi vitrea. Intanto nel seno del contenuto si accentuano più profonde mo- dificazioni, il risultato delle quali è la formazione di numerose porzioni poliedriche densamente serrate le une contro le altre ed occupanti tutto quanto il lume della cellula. La comparsa di tali masse è simul- tanea e rende all' intiero contenuto cellulare un aspetto schiumoso. Ben tosto esse si arrotondano e si differenziano in altrettanti germi in forma di zoospore. La uscita loro si effettua per completa soluzione della regione apicale della membrana, non già di tutta la parete, sic- come potrebbesi a priori arguire dalla considerazione dei dianzi ac- cennati cambiamenti subiti dalla membrana durante siffatto processo. La dissoluzione parziale della parete del zoogonangio é pressoché Fig. 20. instantanea, in modo che rapidamente effettuasi la sua intiera evacuazio- ne. I germi sono agilissimi ed hanno la identica costituzione e quasi lo stesso volume delle microzoospore. Sovente però assumono una forma più allungata; del resto sono pur' essi provvisti di due esilissimi cigli, (2) G. Klebs, Beitràge zur Kenntniss der niederer Algenformen, nella Bot. Zeit., 1881, p. 272. 46 STUDI ALGOLOGICI tav. Ili e IV di un ocello rosso parietale , di un nucleo amilaceo e di una vacuola laterale. Il significato sessuale attribuito a cotesti germi è a priori dimostrato dalla sterilità del più grande numero di essi, onde, pervenuti dopo poche ore in riposo, anziché svolgersi regolarmente a simiglianza delle zoospore, a poco a poco si sformano e poi sparisce ogni traccia loro. Ciò osservasi segnatamente quando nelle colture non si dispone che di una piccola quantità di zoogonangi maturi e la emissione dei germi si effettua in tempi differenti. Allora risalta evidentissima questa circo- stanza di grande valore fisiologico, che i zoogonangi generati da uno stesso zoogonangio non sono suscettivi di reciproca copulazione ; la fecondazione é soltanto possibile tra germi provenienti da differenti cellule (3). Non potendo disporre di bastevole materiale, le mie ricerche sulla sessualità del Ci. circinnaius sono in gran parte manchevoli. Nei pochi casi, nei quali mi è riuscito di osservare la copulazione dei zoogonidì, non potei seguire a lungo lo sviluppo delle zigospore; sicché ignoro per quali vie e in qual modo si compia il ritorno alla forma primitiva. La copulazione ha luogo per graduale fusione del corpo dei due germi venuti in contatto mediante le regioni antere -rostrali e pro- cede oltre poi gradatamente pe' lati , in modo che in meno di due minuti i due zoogonidì si trasformano in una semplice zigospora. Questa é provvista di quattro ciglia , di due ocelli laterali e di due nuclei amilacei. Le vacuolo parietali dei singoli germi si sono fuse insieme durante la conjugazione e costituiscono un' unica vacuola centrale. Il moto delle zigospore dura mezza giornata od anche meno. Per mancanza Fig. 21. (3) Seguendo una distinzione proposta dal Delfino (Ann. scient. ed ind., XIV. p. 571) ho voluto indicare col nome di zoogonidi i mobili plasmidi sessuati del Cte- nocladus. Attenendomi al medesimo criterio, avrei dovuto altresì servirmi della stessa espressione per designare le cellule sessuali dell'Ulva Lactuca e della Leptosira Me- diciana. Tuttavia per la considerazione ohe presso tali piante la sessualità non ma- nifestasi collo intervento di germi assolutamente od esclusivamente servienti a tale ufficio, ho creduto allora conveniente di giovarmi della originaria e generale espres- sione di zoospore sessuate che il Pringsheim già introduceva nella Scienza, comunque si fatto appellativo non mi sia parso bene appropriato. Le nostre conoscenze sulla vita degli organismi inferiori sono tuttora troppo imperfette per ritenere che vi sieno dei vocaboli rigorosamente propri per un' esatta definizione delle proprietà inerenti a taluni organi appartenenti a tali esseri. CTENOCLADUS 47 di bastevole materiale non ho potuto instituire delle esperienze rela- tav. hi e iv tive all'azione della luce su tali germi. Nei pochi casi da me osservati, cessato il movimento, le zigospore rimanevano deposte sul fondo del recipiente , coprendosi di una sottile parete e assumendo una forma sferoide senza che il contenuto subisse alcun cambiamento. Dalle ricerche precedenti rimane in qualche guisa dimostrato in qual modo proceda lo sviluppo del Ct. circinnatus dall' autunno alla primavera dell'anno seguente. Resterebbe soltanto da esaminare sotto qual forma si compie la conservazione dell'organismo durante la sta- gione secca e specie nella estate, e per quali vie rendesi possibile il ritorno a quelle condizioni di vita attiva che distinguono il periodo di vegetazione autunnale di si fatta pianta. Intorno a tale argomento mi resta poco da dire. Al cessare delle copiose pioggie primaverili, cui la pianta deve tanto rigoglio di vegetazione , segue un lungo periodo di sospensione dell' attività vitale dell' organismo , provocato tanto dalla secchezza , come dalle mutate condizioni della temperatura ambiente. Visitando so- vente al sopraggiungere di cotesto periodo e più tardi la località ove nei mesi precedenti avevo rinvenuto l' alga la piena vegetazione, mi riusciva di determinare le principali modalità di cotesto processo. Sia o no com- piuta la metamorfosi della forma palmellacea in cespuglietti a sviluppo vegetativo normale, oppure esista la pianta in queste ultime condizioni soltanto, il disseccamento riduce l'organismo o le sue parti in tale stato di rigidezza da renderlo fragilissimo sotto la più lieve pressione. Per la seguita insolazione, la clorofilla si trasforma in una sostanza rossastra d'aspetto oleoso, la quale riunita in grandi gocciole, si condensa nella cavità cellulare. Le pareti assumono una lucentezza più spiccata. Da tali modificazioni non sono esclusi quei zoogonangi i quali non hanno potuto a tempo compiere il loro sviluppo. Durante siffatto periodo i delicatissimi fili a elementi allungati, esili e scarsi di contenuto cloro- fillaceo, derivati dalla forma palmellacea, spiegano una grande impor- tanza per la conservazione dell'organismo. Serpeggianti sul substrato, confusi spesso ed immersi totalmente nel fondo fangoso della palude , insinuati fra le screpolature degli steli putrescenti , costituiscono un sistema di filamenti, quasi ipofleodici, destinato a preservare la pianta Tav. Ili e IV 48 STUDI ALGOLOGICI dalla forte e continuata insolazione a cui troTasi esposta durante la state. In tal guisa le corte e grosse cellule a parete spessa e ricche di prov- vigione amilacea, che hanno origine da si fatto sistema, nella più parte dei casi resistono inalterate alle sfavorevoli influenze esterne e ripren- dono neir autunno il loro normale sviluppo. Tali cellule , le quali poi durante la secchezza si isolano con tanta facilità, si possono benissimo considerare come dei vari organi estivanti. Protette dalle accidentalità del substrato , le altre parti della pianta possono anche sopportare la insolazione ; ma ciò avviene in via eccezionale, stante che si fatte con- dizioni di distribuzione non sono che in maniera casuale soddisfatte dalle dette parti; sicché queste, durante il periodo estivo, ordinariamente periscono. Ciò non ostante, se gli effetti della insolazione non abbiano lungamente agito sulla pianta, puossi anche artificialmente ravvivarne r attività temporariamente sospesa. Cosi a me occorreva di provocare formazione di macrozoospore in fili da due settimane esposti al dissec- camento ed ai raggi diretti del sole. Le cellule presentavano tutti i caratteri suaccennati, ma rimesse in nuove condizioni di umidità ed al riparo della insolazione, il contenuto riprendeva a poco a poco la ori- ginaria costituzione e senza gran fatto ingrandirsi davano origine a macrozoospore. Dirò in ultimo qualcosa intorno alle affinità ed alla sistematica posizione di questo nuovo genere. Volendo seguire tra' più recenti algologici il Kirchner (4) ed il Falkenberg (5) saremmo costretti a collocare il genere Ctenoclaclus colle Cladopìiora in uno stesso gruppo e più propriamente accanto ai Chlorotylium , alle Pilinia, ecc. Dianzi accennavo quanto imperfetto fosse un cosi fatto sistema, il quale riposa sopra criteri di nessuna entità morfologica. Una. ricostituzione veramente razionale di questo natura- lissimo ordine delle Confervoidee Isogame, cui tutti cotesti indicati or- ganismi si riferiscono, esigerebbe la separazione delle Cladophora da una parte, le quali collegate ai Microdictyon Dcne., alle Chaetomorpha Ktz., alle Anadyomene Lmx., ai Siphonocladus Schmitz. e alle Valonia (4) Krijptogamcn-Flora von Schlesien: - Algen, bearb. von D.'' 0. Kirchmer. Breslau, 1878. (5) Dio Algen ini weitesten Sinne, nel Schenk's Lehrb., II, p. 259-261, CTENOCLADUS 49 Ginauni, secondo il giutlizio dello Schmitz (6) rappresenterebbero la tav, m r, iv piccola famiglia delie Sifonocladiacee, mentre dall'altro lato la pre- senza od assenza di un nucleo amilaceo, lo fisiche proprietà della pa- rete cellulare , la distribuzione del contenuto clorofillaceo ed il modo di moltiplicazione, ci fornirebbero altri e più saldi criteri per la distri- buzione dei restanti generi a cellule unicleate nelle due distinte famiglie delle Chroolepidacee e delle Ulotrichiacee. Essendo carattere distintivo di quest'ultimo gruppo la presenza di un nucleo amilaceo nell'interno dei singoli elementi, la distribuzione parietale della clorofilla, la ten- denza alla gelificazione delle raembi^ane cellulari e la riproduzione per macrozoospore e microzoospore , talora queste ultime differenziate in zoogonidì, il nostro Clenocladus vi si lega per talune sue morfologi- che proprietà. Ma non potremmo a rigor di logica ritenerlo come parte integrante di tal famiglia, imperocché vi si oppongono le fisiche pro- prietà delle pareti delle cellule, il modo d'incremento dei fili e la dif- ferenziazione di elementi speciali in zoosporangi e zoogonangi : la con- densazione della materia verde in masse definite sulle pareti osservasi soltanto temporariam^nte nel Clenocladus. Per tali differenze cotesto genere si accosterebbe invece molto più alle Croolepidacee , in modo che a me pare, possa benissimo considerarsi come il tipo il più elevato di questa famiglia. (6) F. Schmitz, Ueber die vielhernigen Zellen der Siphonocladiaceen, Halle, 1879. A. BoRZi, studi algologicij fase. 1. 50 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III E IV. Fig. 1. — Porzione di un cespuglietto a sviluppo vegetativo (^ —r-) • > 2. — Estremità di un filamento in istato di moltiplicazione per macro- zoospore; A, macrozoosporangio vuoto; w, macrozoospore mature; «, uscita delle macrozoospore {^— _)• » 3-4. — Genesi ed emissione delle macrozoospore (^— y- » 5. — Macrozoospore isolate (id). » 6. — Diversi casi di germinazione delle macrozoospore (id.). > 7. — Dissoluzione dei fili in elementi palmelloidei (id.). > 8-9. — Sviluppo ulteriore delle cellule precedenti (id.). ì> 10. — Germinazione delle cellule palmelloidee (id.). » 1 1-12. — Filamenti ipofleodici derivati dalle precedenti germinazioni ; i, cellule estivanti isolate od in serie (— j— }• » 13. — Ritorno delle cellule estivanti allo stato di Palmella (—;-}• » 14. — Formazione delle microzoospore (id.). » 15. — Microzoospore isolate (id.). > 16. — Zoogonangio in via di formazione (id). » 17. — Zoogonangio maturo (id). » 18. — Zoogonangio in istato ibernante (id.). » 19-20. — Sviluppo ed emissione dei zoogonidi (id ), > 21. — Copulazione dei zoogonidi (id.). CLADOPHORA, Ktz. Delle numerose forme di cosi disparato valore sistematico onde si tav. v. compone 1' antico genere Conferva, parecchie rimangono tuttora mal definite e di dubbia autonomia. Fra queste vanno principalmente ricor- date quelle poche che il Kiitzing (1) riuniva sotto la generica denomi- nazione di Rhizoclonium, come altresì un piccolo avanzo di specie, le quali sono fino ad oggi sfuggite ad ogni tentativo di sistematica coor- dinazione e che costituiscono l' odierno genere Conferva Link. Ricor- rendo ai lumi che la storia biologica potrà apprestarci sarà facile il dimostrare come esse forme rappresentino degli stadi di sviluppo di altri noti organismi, ed anche possibile il precisare a quali specie si riferi- scono , segnatamente per quello che spetta il genere Rhizoclonium. Quanto alle vere Coìiferva , la dimostrazione , comunque possibile in tesi generale , non è tanto agevole ridotta a termini cosi ristretti , poiché quel generico appellativo allude a forme d'ignota moltiplicazione, costituite tutte da filamenti semplici e liberi, a cellule con contenuto clo- rofiUaceo e pareti solide non deliquescenti. Questi caratteri, troppo man- chevoli e generali, ci lasciano non solo qualche sospetto, confermato poi in parte dalla esperienza, sull'autonomia di tali organismi, ma rendono possibile la supposizione che a sviluppo compiuto essi rappresentino delle forme le più disparate. Sicché del sistematico valore delle specie che oggi compongono il genere Conferva potrebbe quasi dirsi ciò che é oggi dimostrato circa all' entità di quelle forme già conosciute coi nomi di ProtocoGcus, Palmella, ecc. Comunque sia, nella generalità dei casi (1) Phycol. gener., p. 261. 52 STUDI ALGOLOGICI tav. V. a me noti , cosi il genere Conferva , come costantemente il genere Rhizocloniuni sono legati da intimi rapporti alle specie del genere Cladophora ; e ciò è possibile il dimostrare seguendo , come io ho fatto, a grado a grado mediante una serie di ricerche, il progressivo passaggio dall'uno all'altro tipo. Tutti sanno con quanta potenza di adattabilità le specie del ge- nere Cladophora seguano e si accommodino alle variabili condizioni dell'ambiente. Nonostante, la smania di coniare forme nuove ha sovente sviato r attenzione dell' algologo da quei moderati criteri comprensivi che sono una naturale conseguenza di tal fatto. E' sarebbe per questo necessario uno studio diligente della misura e del modo come procedono ed attuansi tali modificazioni in uno stesso tipo. Si fatto esame in particolar guisa gioverebbe poi a farci rilevare tutta la importanza di talune profonde variazioni per le quali sono derivate delle forme cosi sostanzialmente diverse dal tipo normale da assumere tutti i caratteri di autonomi gruppi generici, i quali, cosi fino ad oggi considerati, hanno ricevuto i nomi di Conferva e di Rhizoclonium. Nello stesso modo riusciremo a porre in rilievo non meno evidenti attinenze del genere Cladophora con alcune specie di Gongrosira. Le ricerche, delle quali esporrò adesso i risultati, riguardano pre- cisamente si fatta quistione. Trattando della struttura delie cellule di Rhizoclonium e delle progressive modificazioni effettuatesi nel passaggio al tipo di sviluppo definitivo, avremo occasione di rivolgere qualche considerazione sul significato degli articoli multinucleati caratteristici del genere Cladophora , restando cosi pienamente giustificata tutta la importanza morfologica di questo genere che i lavori del Mohl e dello Schmitz rendevano meritevolmente classico nella storia della morfologia della cellula. Rhizoclonium Studiando lo sviluppo delle forme del genere Rhizoclonium dovrà anzitutto esser rivolta la nostra attenzione alia struttura degli articoli onde si compongono i lunghissimi ed esili filamenti caratteristici di questo genere, seguendo progressivamente le successive modificazioni che il contenuto dei singoli elementi subisce durante il passaggio allo e L A D 0 P II 0 R A 5.S stadio (li Cladopìlora. Per mezzo di cotesto metodo di ricerca non riescirà difficile il renderci piena contezza di quelle graduali ed intime trasformazioni, le quali si sono a poco a poco attuate per il finale conseguimento di quei caratteri che distinguono la forma definitiva. In tal modo ci troveremo agevolmente avviati alla chiara intelligenza del significato di quei particolari morfologici fenomeni , relativamente complessi, onde sono sede gli articoli del genere Cladophora. La quale quistione non è soltanto di capitale importanza per la sistematica ubi- cazione delle Sifonocladiacee , ma interessa altresì sommamente la morfologia della cellula in generale. Separate dal Kiitzing dallo interminabile caos di forme com- ponenti il vecchio genere Conferva, le specie del preteso genere Rhizoclonium si distinguono pei loro filamenti lunghissimi, provvisti qua e là di corti ramuli laterali, assottigliati all'estremità e aventi la forma di brevissime appendici a mo' di rizine. Quanto alla moltiplica- zione nulla di positivo ci è dato finora di attingei'e tanto alle indi- cazioni del Kiitzing stesso, come a quelle del Rabenhorst (2) : veri organi di riproduzione non sono stati fino ad oggi osservati presso tali organismi. Nelle mie ricerche su questo genere ebbi la occasione di procu- rarmi parecchie delle specie che vi si riferiscono ; ma qui soltanto farò cenno di due sole forme le quali sono state preferibilmente og- getto delle mie indagini , vale a dire il R. hierogli/phicum Ktz., ed il R. pannosum Ktz., ambedue frequentissime nei dintorni di Messina. Gli esemplari destinati alle ricerche venivano collocati dentro piccoli acquari e conservati freschi lungo tempo nel laboratorio. Per la piena riuscita delle colture mi fu spesso necessario di servirmi di piccole vaschette di cristallo, dove l'acqua veniva di continuo alimentata e rinnovata da un ampio e ben arieggiato serbatojo posto a una certa distanza e collocato un po' in alto. A controllo dei risultati delle col- ture, solevo contemporaneamente esaminare a varie riprese, durante tutto l'anno, dei saggi provenienti costantemente da una stessa lo- calità. Il Rh. hieroglyphicmn è stato argomento delle mie prime ricerche. Tav. V. (2) Flora eiiropaea Algarum ariuae dulcis et sitbmazinae, Lipsiae 1804-68, III, p. 329. 54 STUDI AL GOLOGICI T4V V. Quest' alga cresceva copiosa in vasche destinate alla irrigazione di agrumeti , formandovi alla superficie dell' acqua delle intrigatissime masse filamentose di un bel verde. I fili pi'esentavano qua e là dei corti rametti laterali, talora semplici, a volte suddivisi all'apice in un rudimento di nuovi ramuli di secondo ordine. In tutti i casi le ramificazioni finivano in punta ed erano, specie in siff'atta regione, scarsissime in contenuto clorofillaceo. Esaminando isolatamente dei fili essi apparivano qua é là piegati ed angolosi, corrispondendo coteste deviazioni ai punti d' inserzione dei ramuli. Uno studio diligente del contenuto cellulare è anzitutto necessario per comprendere tutta la importanza di quelle graduali modificazioni che si sono in seguito attuate e definitivamente stabiliti a compiuto sviluppo vegetativo. A tal' uopo io solevo scolorare le cellule mediante soggiorno prolungato in alcool a circa 70°. Con maggior vantaggio son talora riuscito ad evitare la benché menoma perturbazione della massa protoplasmatica impiegando dell'alcool ancor più diluito, sosti- tuendovi poi di quello di maggior forza. Ho altresì adoperato collo stesso effetto una soluzione concentrata di acido picrico; i saggi veni- vano quindi immersi e lavati in alcool debolissimo. Con tali mezzi il protoplasma delle cellule, indurito, conservava intatta la sua normale disposizione, rendendosi nel tempo stesso penetrabile alle diverse solu- zioni coloranti, il cui impiego era poi necessario per uno studio più particolare del contenuto. Pig- I Allontanata la sostanza verde da una cellula di Rhizoclonium , scorgiamo la cavità occupata da una ganga protoplasmatica divisa in ramuli o pseudopodi di varia estensione ed ampiezza, sovente ristret- titi in fili, rivolti verso tutte le direzioni ed affluenti qua e là insieme per costituire una rete a maglie diversamente ampie ed irregolari. Questa par che si adagi sulla parete ed emetta parecchi pseudopodi a nio' di esili filamenti, i quali, dopo avere attraversata tutta la cavità cellulare, si riuniscono alla opposta parete. Fra mezzo a cotesta rete protoplasmatica parietale vedonsi dei nuclei amilacei, mediocremente grossi, globoidi, compressi, in numero di G a 10, disposti con qualche regolarità in due serie longitudinali alterne. Gonfiati per azione della potassa, la loro forma risulta più distinta. Essi sono delle piccole masse protoplasmatiche sferiche rivestite da una tunica solida amilacea. Nelle CLADOIMIORA cellule vive tali nuclei trovansi coinvolti dalla sostanza verde e si può '''*v v allora agevolmente seguire le loro graduali fasi di moltiplicazione. Ciò ha luogo per trasversale bipartizione : la tunica amilacea di ciascun corpuscolo si scinde torno torno nel mezzo e le due masse , appena separate, si riorganizzano in due nuovi nuclei amilacei. Mediante l'im- piego di alcool riesce talora possibile di fissare i graduali stadi di cotesto processo. Sotto tale forma soltanto si rinviene 1' amido negli elementi vegetativi del Rhizodonium considerati in pieno sviluppo. Scorgonsi bensi altre minutissime granulazioni, ma dovute a sostanza mucilaginosa od oleosa. Tuttavia passando le cellule in uno stadio di riposo, anche temporaneo e brevissimo, la cavità cellulare si riempie di corpuscoli amilacei, spesso in tal copia da occupare tutta la parete. Nelle cellule ordinarie non troppo lunghe, anzi normalmente '•'ìk i- presso a poco egualmente lunghe che larghe , immediatamente al di sotto della rete pratoplasmatica , scorgasi un solo vero nucleo, cinto da una tunica tenuissima di plasma, il quale non di rado si collega alla rete periferica mediante qualche sottile pseudopodio. Ma non tutti gli articoli di uno stesso filo presentano le medesime dimensioni in lunghezza : parecchi possiedono una lunghezza doppia dei prece- denti , ed in questo caso nel loro interno si osservano due nuclei. Eccezionalmente havvi degli articoli ancora più lungi e quivi esistono quattro nuclei situati in serie longitudinale ad eguali distanze. Qua- lunque sia del resto il caso , il nucleo ha forma sferica od ovale e misura un diametro di 1,5-2,5 micr. ; la sua sostanza é omogenea e di notevole refringenza. Senza l'ajuto di speciali reagenti la ricerca dei nuclei rimane assai difiìcile. Nelle cellule in condizioni normali di vegetazione e provviste di clorofilla, il nucleo é perfettamente invisibile ; in quelle decolorate i nuclei si scorgono sotto forma di piccole masse solide sferoidi od ovali di refringenza diversa da quella del protoplasma fondamentale. In tal caso è facile scambiarli coi nuclei amilacei. — Tenendo immerse per poche ore (ordinariamente una mezza giornata) delle cellule si fatte dentro una soluzione di carminio all'allume, i nuclei assumono una tinta rosea più intensa delle altre parti del contenuto. — Moderando la colorazione dell'intiera cellula mediante r aggiunta di qualche gocciola di una soluzione alcoolica di acido 56 STUDI ALGOLOGICI tav, V. ossalico, riesce sovente possibile di limitare l'azione del colore ai soli nuclei. Le identiche condizioni di struttura si riscontrano anche presso un'altra specie d'acqua salsa, probabilmente il Rli. pannosum. Gli articoli binucleati mi sono invece qui parsi un po' più frequenti di quelli ad un solo nucleo ; non tanto rari altresì quelli a quattro nuclei. Lo sviluppo e la struttura dei ramuli laterali non differisce ezian- dio in ambo queste forme. Negli esemplari da me studiati, frequenti scorgevansi si fatte appendici , ma possono le condizioni ambienti limitarne lo sviluppo in una stessa forma , ed anche completamente arrestarlo. Ma di ciò si dirà meglio poi. Esse sono generate nella stessa guisa come le normali ramificazioni di una Cladophora, vale a dire, per laterale germinazione di una cellula qualunque della serie. Nel R. lìieroghjphicum lo sviluppo dei ramuli è assai agevole a se- guirsi sin dalle prime differenziazioni. I saggi conservati in alcool e con questo mezzo decolorati mi fornivano eccellente materiale per siffatte ricerche. La genesi di un ramulo non è in alcuna guisa in rapporto alla divisione del nucleo della cellula cui detto ramo appartiene : 1' uno e l'altro processo si compie in tempi diversi e normalmente la laterale germinazione dell'articolo precede la divisione longitudinale del cor- rispondente nucleo. Ma può anche questa venir meno e l' appendice generato resterà breve e privo di nucleo. Lo stesso dicasi per il caso in cui l'articolo generatore di un ramulo sia 2- o 4nucleato. Il dia- metro del ramo in formazione eguaglia quello del filamento principale da cui esso dipende, in modo che se il relativo articolo generatore è uninucleato, quindi corto, tutta la parete longitudinale interamente si solleverà conformandosi a poco a poco in conica emergenza per costituire la nuova appendice. Se invece tale aiiicolo é il doppio od il quadruplo più lungo che largo, il che avviene quando vi si conten- gono 2 0 4 nuclei, il sollevamento sarà parziale ed il ramulo pren- derà tutti i caratteri di una laterale germinazione della regione superiore o inferiore della cellula. In ogni caso 1' articolo e la sua appendice laterale formeranno una cavità unica, continua, come si osserva nei primordi della formazione dei ramuli delle Cladophora. Abbozzata cosi in forma di laterale emergenza la formazione di un CLADOPHORA 57 ramulo, lo sviluppo di questo procede- oltre per continuato incre- mento apicale. La durata di tale accrescimento é limitatissima, ma può esserlo di molto se 1' accennata formazione non è seguita tosto dalla divisione longitudinale del nucleo dell' articolo corrispondente. Il ramulo non riceve quindi alcun nucleo ; il che influisce sul suo sviluppo ulteriore. Questo infatti cessa prestissimo, quasi che la man- canza del nucleo determinasse una sorta di esaurimento delie attitu- dini del protoplasma. In tali condizioni il nuovo rarnulo prende la forma di una breve appendice laterale rizoidea assottigliata all'apice, poverissima di contenuto clorofillaceo, il quale sembra^ sciolto in abbon- dante linfa e contiene scarsi nuclei amilacei. Più tardi esso ramo vuotasi interaraerite del proprio contenuto. Nel caso però che la for- mazione delle laterali appendici è .seguita dalla divisione del nucleo della relativa cellula, l'allungamento non cessa tanto presto: il nu- cleo del ramulo comportasi allora come quello degli articoli del fila.- mento primario e ne deriva una serie di 2, 3, pochi articoli uni- o bi- nucleati. L' incremento non va oltre, e il ramulo, comunque più valido che nel caso precedente, resta sempre in condizioni rudimentali ; il contenuto delle cellule apicali è scarsissimo di clorofilla e tutta la serie par che finisca a mo' di pelo jalino. A sviluppo compiuto i ramuli divergono quasi ad angolo retto dal filo primario , e da questo eccezionalmente si separano mediante una tramezza di cellulosa, mentre quasi sempre la loro base è in perfetta continuità colla cavità dell' articolo corrispondente , tanto che si tratti di ramuli uniarticolati, quanto di ramuli a 2 o 3 articoli. In tal guisa hanno origine le ordinarie ramificazioni caratteristi- che dei Rhizoclonium. Esse non sono quindi che delle appendici semplicissime, dei veri ramuli di prim'ordine rimasti allo stato rudi- mentale. In via eccezionale si osservano delle ramificazioni più com- plesse, le quali sono costituite da un ramulo 2-4 articolato, cui si inserisce una corta e nuova appendice di second' ordine. Le cellule estreme di ambo queste proiluzioni sono assottigliate all'apice e pove- rissime 0 interamente prive di contenuto clorofillaceo. Nei primi saggi esaminati , la formazione di laterali appendici assumeva uno sviluppo mediocre e queste scorgevansi situate a varie distanze, alternandosi lungo i fianchi del filo. Talora fra due ramuli A. BoEZÌ, Studi algologici, fase. 1 9 58 STUDI ALGOLOGICI consecutivi vi si frapponeva un lunghissimo intervallo. In una forma che raccoglievo al Salice (villaggio presso Messina) nell'autunno del 1880, cotesta condizione trovavasi estremamente esagerata e la forma- zione dei ramuli appariva perfettamente soppressa. Tale forma cresceva copiosa sulle ruote di un mulino ad acqua , donde i fili pendevano a mo' di lunghi ed eleganti festoni. Cosi mancanti come erano di rami, davano all'alga tutti i caratteri di una vera Conferva; e con tutta probabilità potevasi ritenerla identica alla Conferva amcena Ktz. Detti fili , molli , delicati , diritti raggiungevano una notevole lun- ghezza estendendosi talora anche fino a 40 era. Comunque normal- mente semplici, alcuni palesavano una debole tendenza a dare origine a laterali appendici , le quali , situate a grandissime distanze , rima- nevano appena indicate da cortissimo sollevamento conico laterale di (jualche articolo. Come nella forma precedente , vi si scoi^gevano cellule corte ad un sol nucleo alternantisi con articoli il doppio più lunghi e provvisti di due nuclei. Del resto tanto la clorofilla, come il protoplasma presentavano le identiche condizioni di struttura e di disposizione. Poteva tuttavia sorgere il sospetto che ambo le forme fossero due cose ben diS"erenti l'una dall'altra. Debbo a questo propo- sito notare come la forma a fili semplici fosse stata esclusivamente rac- colta sulle ruote dei mulini ; staccata dal ripercuotere della corrente, essa rinvenivasi altresì sulle pietre e sul terreno circostante. Quivi nei fili appariva più manifesta la tendenza a svolgersi in ramuli corti, rudimentali, e in pozze e serbatoi alimentati dall' acqua proveniente dal mulino la pianta assumeva tutti i caratteri del Rii. hiet^ogly- phicum. Così come vedesi, per influenza del mezzo ambiente la tendenza alla formazione di laterali ramificazioni può presso una stessa forma di Rhizodonium manifestarsi assai debolmente od anche del tutto mancare, riducendosi cosi l'organismo allo stato di Conferva. Per tal ragione parmi probabile che una parte delle forme riferite, anche recentemente , a quest' ultimo genere sieno delle riduzioni allo stato semplice di Rhizodonium. Ciò credo almeno fuor di dubbio per la Conferva bombycina kg. e la C. utriculosa Kutz. La struttura di tali piante non è diff'erente da quella di un Rhizodonium : gli articoli sono sovente binucleati e qualche volta essi tendono a svolgersi in CLADOPIIORA 59 raniuli, spocio nelle colture, mentre sovente i fili persistono sempli- cissimi nelle condizioni ambienti normali. L'incremento dei filamenti di tutte le forme finora indicate é generale ed effettuasi per reiterate partizioni trasversali del contenuto degli articoli. Tipicamente ogni articolo possiede un nucleo : esso rappresenta una cellula completa nelle sue condizioni normali. Tale cellula è di forma cilindrica a diametro longitudinale presso a poco uguagliante quello trasversale. Si fatto elemento prima di dividersi si estende un po' nel senso longitudinale , mentre il nucleo scindesi trasversalmente in due parti, le quali a poco a poco s'individualizzano in due nuclei distinti. Intanto, continuando l' incremento in volume del contenuto, le due porzioni nucleari si allontanano sempre più tra di loro per occupare definitivamente il centro dei due nuovi elementi. Allora effettuasi la completa separazione del contenuto in due distinte ed uguali cavità mediante un setto trasversale di cellulosa. La prima apparizione di questo è indicata da un tenuissimo cercine di sostanza scolorata e refringente, il quale dalla periferia del corpo protoplasma- tico s'avanza, sempre più inspessendosi, verso l'interno fino a dimezzarlo interamente. La struttura del tutto particolare del contenuto rende impossibile una diligente rassegna di tutti quegli intimi fenomeni , i quali han sede nel nucleo e nell' ambiente protoplasma e precorrono ed accompagnano il suaccennato processo di divisione. In ogni modo riesce sempre facile il rilevare come il su detto processo di moltipli- cazione cellulare si componga di due distinte ed indipendenti opera- zioni ; runa è la divisione del preesistente nucleo seguita contempora- neamente da proporzionato incremento in volume dell'ambiente massa protoplasmatica ; 1" altra è la formazione di un setto mediocre di cellulosa destinato a delimitare nettamente i confini dei due nuovi elementi. In tal guisa la moltiplicazione delle cellule di un Rhizoclo- nium non segue norme differenti da quelle che caratterizzano il pro- cesso di formazione per scissione delle cellule di tutte le altre piante. Può soltanto avvenire che le indicate operazioni non abbiano piena effettuazione ed il processo di divisione cellulare rimanga solo accennato dalla scissione del nucleo ; la massa protoplasmatica si accresce allora il doppio di volume e riceve due nuclei distinti ; la parete segue lo ingrandirsi del contenuto, ed a processo compiuto, traccia i limiti di TU' V 60 STUDIALGOLOGICI Tdv. V una cavità perfettamente continua e doppia in lunghezza della origi- naria. Una separazione del contenuto non avviene giammai ; per mancata formazione di un setto di cellulosa le masse protoplasmatiche delle due cellule, la cui individualizzazione é indicata dalla divisione del nucleo e dal seguito proporzionato aumento in volume dell' am- biente plasma, sono rimaste confuse in una sola. Sicché morfologica- mente considerato ogni articolo binucleato di Rhizoclonium sarebbe il risultato della fusione di due cellule consecutive incomplete, f's- -■ Gli articoli quatrinucleati hanno la stessa origine di quelli a due nuclei. La mancanza quindi di formazione di una tramezza di cellu- losa è un fatto il quale si può ripetere anche nella scissione di arti- coli binucleati. Anzi, considerando quanto sieno frequenti tanto gli articoli a due come quelli a quattro nuclei in uno stesso filamento , possiamo ritenere che sia carattere delle cellule di Rhizoclonium la tendenza di restare indivise da trasversali tramezze di cellulosa , in modo che , non influendo in nulla cotesta circostanza sulle attitudini del nucleo, il processo di moltiplicazione cellulare riducesi allora alla semplice e preliminare operazione della divisione del nucleo medesimo. Si fatta tendenza manifestasi però con una certa periodicità limitata , onde mentre non poche cellule seguitano a moltiplicarsi nella maniera normale, altre si cambiano in articoli 2- o 4 nucleati soltanto. Cotesta tendenza é altresì manifesta , comunque debolmente pronunziata , in alcune Conferva : cosi nel C. bombycina per tal ragione relativa- mente non scarsi sono gli articoli binucleati , più rari nella C. vesi- culosa. Lungamente coltivati in acquari , i fili di Rhizoclonium riman- gono immutati : lo sviluppo è facile a seguirsi allo aperto sul loro naturale substrato. Soltanto una sola volta mi accadde di rinvenire nelle mie colture dei fili in via di ulteriori e profonde trasforma- zioni. Essi eransi a poco a poco svolti in normali filamenti di Clado- phora. Esporrò i particolari di questo processo. Nei casi da me osservati il passaggio alla forma Cladophora è seguito dopo trascorso un certo periodo d' ibernazione , indicato da cessazione di ulteriore incremento vegetativo e da copioso accumula- mento di sostanza amilacea nell'interno degli articoli. Nella fig. 8 della Tav. 1 che accompagna il noto lavoro dello Schmitz sulle cellule Tav. V. CLADOPHORA 61 multiuucleato delle Sifonocladiacee (3) é rappresentato un ai-ticolo di Cladophora allo stato ibernante , i cui caratteri rispondono precisa- mente a quelli delle ricordate cellule di Rhizodoniuin pervenute in eguali condizioni, salvocchò il numero dei nuclei è d'ordinario minore; del resto quivi sono puro allineati in serie semplice lungo l'asse longitudinale dell'articolo. I corpuscoli amilacei sono frequentissimi , discoidi od angolosi per mutue pressioni subite e di dimensioni le piiì differenti ; investiti dalla sostanza verde, costituiscono uno strato con- tinuo che riveste da ogni dove la parete. Fra mezzo ad essi si scor- gono pure delle gocciole d'olio, alcune anche piuttosto grandi. Primo indizio della trasformazione dei fili in filamenti di Claclo- pliora è la dissoluzione quasi completa del materiale nutrilizio accu- mulato negli articoli, cui segue un aumento graduale in lunghezza di questi. Divengono allora frequenti gli articoli il quadruplo o l'ottuplo più lunghi che larghi e ne derivano delle serie diritte, lunghissime e delicate. Tosto aumenta pure il diametro trasversale degli articoli, al quale segue anche un proporzionato incremento in lunghezza dei medesimi. Cotesto sviluppo procede oltre indefinitamente. Intanto qua e là lungo i fili, alla sommità degli articoli, accennasi, colla forma- zione di coniche emergenze, alla costituzione di laterali ramificazioni, le quali a poco a poco raggiungono pieno sviluppo. E tanto per il modo come derivano e si completano tali rami, quanto per la intima struttura degli articoli, la pianta già presenta^tutti i caratteri di una Cladophora. È importante di seguire durante tali fasi le graduali modifica- Fig 3. zioni avvenute nello interno delle singole cellule di Rhizoclonium dallo stadio loro primitivo fino a quello di Cladopora. Uno esame diligentissimo del comportarsi del nucleo nel corso di cotesto processo non è senza interesse per la chiara intelligenza del significato mor- fologico delle cellule multinucleate delle Cladophora. I fili di Rhizo- clonium , dei quali abbiamo fin qui seguito le graduali trasformazioni, erano originariamente costituiti da cellule normali ad un sol nucleo. Per mancata formazione di un setto trasversale vedemmo tali ele- menti , appena avvenuta la divisione trasversale del relativo nucleo , (3) Beobachtungen ùber die vielhernigen Zellen der Siphonocladiaceen ; Halle 1879. 62 STUDI ALGOLOGICI acquistare una lunghezza doppia della primitiva, restando cosi le due nuove cellule non separate da una solida tramezza e le singole masse protoplasmatiche confuse in una sola. É in tal modo derivato un ar- ticolo a cavità binucleata. Osservammo pure come talora in corso di vegetazione possa presso tali filamenti ripristinarsi la normale forma di divisione e moltiplicazione cellulare, seguendo immediatamente alla scissione del nucleo la formazione di una tramezza di cellulosa. Ma sì fatta tendenza manifestasi più tardi assai debolmente , sicché ne derivano delle serie continue di articoli ora binucleati ora quatrinu- cleati, e raramente compiesi il ritorno alle condizioni di struttura primitiva. Finché la pianta persiste allo stato di Rhizoclonium noi vediamo quindi in essa appena indicata la tendenza di accrescersi mediante un processo di moltiplicazione cellulare del tutto incompleto; ma più tardi cotesta proprietà diviene più marcata e a grado a grado l'organismo assume i caratteri di Cladophora. Cosi derivano articoli estremamente lunghi a 8 , 16 , 32 nuclei ; e poiché la scissione di questi non é sempre simultanea, cotesto numero è soggetto a variare. Finché intervengono tali divisioni trasversali , i nuclei rimangono allineati in unica serie lungo l'asse mediano dell' articolo ; questo sol- tanto si estende in lunghezza. Il succedersi di scissioni longitudinali aumenta ben tosto proporzionatamente la grossezza dei fili. Allora i nuclei assumono una disposizione biseriale. Alternandosi poi succes- sivamente cotesto due forme di divisione, il numero dei nuclei sensi- bilmente si accresce, mentre pure aumenta il volume dei relativi articoli. In tal guisa compiesi il passaggio alla struttura caratteristica del genere Cladophora. Il signor Schimtz (4) studiando la struttura delle cellule dei generi Conferva e Rhizoclonium, poneva in rilievo cosi fatti intimi rapporti morfologici onde gli elementi di tali forme si legano alle Cla- dophora ed alle Sifonocladiacee in generale. Secondo l'egregio Autore dalle più piccole forme di Conferva a cellule uninucleate, alle più cospicue con articoli liinucleati , sino alle Cladophora a filamenti scarsamente ramificati, si passa gradatamente per intermediario dei (4) Untersuchwngen i'tber die ZeUherne der Thallopìiyten : nei Sitzungsbe- richten der niederrheinisc/ien Gesellscliaft fnr Natur- iind Heilhunde zn Bonn, 4 agosto 1879, p. 7 e 8. CLADOPHORA 63 Rhizocloniitm. Sicché con ragione quel botanico proponevasi di inda- r. gare tutta la entità sistematica di quei generi. Le esposte mie ricerche colmano tale lacuna, conducendoci per altra via alla chiara intelligenza di cotesto intime armonie morfologiche, mentre definiscono una qui- stione di non lieve interesse tassinomico. Ma ciò non basta : se noi riflettiamo per quali intime modificazioni del contenuto cellulare di una Conferva o di un Rhizoclonium si sono gradatamente e succes- sivamente attuati e fissati quei caratteri anatomici particolari alle Cladophora, le nostre ricerche potranno porgerci qualche po' di luce intorno al significato morfologico degli articoli multinucleati delle Sifonocladiacee. Ed il signor Schmitz rivolgeva su tale argomento parecchie serie considerazioni (5), venendo alla conclusione che ogni articolo rappresentasse una vera e perfetta cellula eccezionalmente includente molti nuclei. La esistenza di elementi istologici cosi fatti veniva di poi accertata presso altre piante o parti di queste, renden- dosi su tale quistione chiari i nomi dello stesso Schmitz (6), del Maupas (7), del Treub (8), dell'Elfving (9), dello Strasburger (10), dello Johow (11), del Guignard (12) e dell' Hegelmaier (13), senza dire di parecchi altri, i quali estendevano eguali ricerche alle cellule animali. Cosi veniva scosso dalle sue basi il vecchio dogma di morfologia cel- lulare, secondo il quale la presenza di un sol nucleo, contenuto dentro unica e continua massa protoplasraatica, bastasse ad individualizzare (5) Meta. cit. p. 45. {&) Mem. cit. a pag. prec. (7) Sur (luelques protorganismes animaux et végètaux multinucléés, nei Compi. Rend. t. LXXXIX, 1879 p. 250. (8) Note sur la pluralité des noi/aux dans quelques cellules, negli Ardi. néerl. t. XV, 1879. (9) Studien ùher die Pollenkòrner der Angiospermen , nella Jenahche Zeit- schrift. t. Xlll, 1879. (10) Einige Bemerkungen ùber vielkernige Zellen etc, nella Bot. Zeit, 1880, p. 845, Tav. XII. (11) Unterstich. iiber die Zellkerne in der Secretbehalt. und Parenchgmzell. etc. Bonn 1880. (12) Bulletin de la Società botamque de France, 1880. (13) Ueber am mehrhermigen Zellen aufgebaute Dicotyledonen^Keimtràger, nella Bot. Zeit 1880, p. 497. 64 STUDIALGOLOGICI tav. V. un elemento istologico perfetto. La esistenza di cellule inultinucleate è oramai ritenuta come cosa di fatto. Sicché ammessa la possibilità che vi sieno elementi istologici provvisti di più nuclei, avremmo come condizione capitale determinante la individualità di una cellula, la continuità della massa protoplasraatica, e meglio ancora la presenza di un esterno inviluppo di cellulosa destinato a tracciare i limiti di questa. Si fatto concetto ci forzerebbe a dare in tal quistione una mas- sima importanza alla membrana cellulare, in quantoché nel nostro caso é l'assenza di solidi setti di cellulosa che determina la continuità della sopra detta massa protoplasmatica ; il che è di certo inesatto. La ne- cessità d'indagare la morfologica natura di elementi cosi in apparenza eccezionalmente costituiti, è già stata recentemente avvertita da pa- recchi botanici. Fra questi principalmente il signor M. Treub descri- vendo la struttura delle cellule laticifere di talune Angiosperme, presso le quali egli scopriva un grande numero di nuclei , ebbe ad opinare che tali elementi risultassero della fusione di cellule normali uninucleate e mancanti di membrana. Il generalizzare un po' più co- testo principio, lo estenderlo alla interpretazione del valore morfolo- gico degli articoli multinucleati della Sifonocladiacee, non è guari diffìcile e senza ricorrere a delle ipotesi , la semplice considerazione dei fatti su descritti ci permette a ritenere i detti articoli egualmente costituiti da fusioni di elementi istologici nudi ed involti tutti dentro un comune inviluppo di cellulosa. Questa conclusione troverebbe poi pieno appoggio in casi di ano- mala struttura da me osservati negli articoli di Cladophora fracta Ktz. Tratterebbesi della formazione di interni setti di cellulosa gene- rati nella cavità di uno stesso articolo. Il caso è nuovo e parmi degno di menzione. i'"ig ■» Da parecchi mesi conservavo in un piccolo acquario dei cespu- glietti di Cladophora fracta Ktz. Durante lo inverno lo accrescimento dei fili cessava e gli articoli, considerevolmente ingranditi, arronton- dati e involti da una membrana molto spessa, rinvenivansi allo stato di ibernazione. La continuità delia serie appariva profondamente alte- rata, assumendo essi articoli sovente una disposizione a zig-zag. Il con- tenuto presentavasi ricchissimo di sostanza verde ed abbondantemente ripieno di granuli amilacei. In eguale stato di ibernazione rinveni- CI, ADOPIIORA 65 valisi altresì giovani fili derivati dalla germinazione di zoospore. tav v Studiando siffatto materiale , mi avvidi della presenza di alcuni arti- coli aventi la cavità scomposta in loggette. Nel caso più semplice no- tavasi una tramezza di cellulosa, la quale, partendosi dalla esterna parete, descrivendo un arco, separava dalla intiera cavità, un piccolo ^'«- *• ' segmento della forma di una calotta sferica , come non di rado si osserva nei grossi articoli di \ina Valonia. Lo spessore di detta tra- mezza era alquanto inferiore a quello della membrana dello intiero articolo. Una volta sola mi occorse di osservare due segmenti siffatti ed egualmente costituiti in uno stesso articolo. In alcuni casi la base della calotta svolgevasi al di fuori sotto forma di corta emergenza, suscettiva più tardi di dare origine ad un corto ramulo, nello stesso modo come é stato descritto dallo Schmitz per la Valonia ufricularis Ktz. (14). In un solo caso, da me iìgurato nella Tav. V, tale appendice '''=■ ''• presentava una conformazione molto singolare : essa appariva , cioè , costituita da una doppia serie di cellule , a pareti molto spesse , riunite in un tutto continuo, come presso a poco la sottile lacinia della fronda di un Monosiroìna. Ricorrendo ai soliti mezzi di deco- lorazione era facile accertarsi tanto nei primi casi , come in questo ultimo, della presenza di un solo nucleo all'interno di ciascuna loggia. Sicché ogni nuova cavità, essendo limitata da pareti di cellulosa, avea assunto tutti i caratteri di una cellula perfetta. Questi fatti ci porgono ancor più chiaramente una riprova dello enunciato principio , nello stesso modo come teratologiche proprietà , manifestantisi in organi di piante superiori, sono spesso una eloquente dimostrazione di talune recondite morfologiche condizioni di essi organi. D'altra parte, la produzione degli indicati setti di cellulosa è la espres- sione di un ritorno alle tipiche condizioni originarie, le quali avrebbero dovuto essere le normali, se durante la esistenza dell'organismo non si fosse, passando per graduali tentativi, stabilita in' maniera definitiva una marcata indipendenza fra il processo di divisione nucleare e la spartizione del relativo contenuto mediante una solida lamella. Le descritte anomalie dei fili di Cladophora, specie la segmentazione del contenuto per produzione di tramezze arcuate, partentisi dalle pareti (14) Veggasi a tal proposito la figura 2 della citata memoria del signor Schmitz (vielkern. Zeli. d. Siphonocl. Halle 1879.) A- BoBzì, Studi olgologicij fase. 1. IO 66 STUDI ALGOLOGICI laterali, trova perfettissimo riscontro nei generi Valonia e Sipliono- cladus; ma quivi il fenomeno riveste tutti i caratteri di un fatto normale, a dedurlo dalla frequenza, colla quale si manifesta. Gli Algologi, usi a considerare il corjìo di una Valonia, come costituito da una sola cellula, si sono di molto affaticati per rendersi conto della origine e del significato di coteste interne produzioni cellulosiche. Grazie alle ricerche su ricordate dello Schmitz , colle quali viene dimostrata la presenza di molti nuclei all'interno degli otricelli di Valonia, ed ap- poggiati alle ragioni di analogia, in questo caso evidentissime, calzanti, la quistione parmi completamente risoluta: le interne formazioni di cellulosa non sarebbero che vere pareti limitanti una cellula perfetta. Nelle Valonia e meglio ancora nel genere Siphonodaclus, la segmenta- zione del contenuto avrebbe quindi il significato di una moltiplicazione compiutasi nella forma e nei modi ordinari per divisione del nucleo seguita da interposizione di una tramezza di cellulosa. La cavità restante, estranea a cotesto processo, conterrebbe degli elementi potenzialmente indicati dai soli nuclei, o meglio con altre parole, sarebbe costituita da cellule il cui processo di moltiplicazione si è arrestato allo iniziale fenomeno della divisione nucleare. In tal modo, morfologicamente con- siderate, le Cladophora (come altresì gli affini generi Chaetomorpha, Microdiclyon, Pilhophora ecc. ecc.) potrebbero considerarsi come vere colonie concatenate a regolare sviluppo di Valonia. Tutto ciò poi prova ancor meglio che il gruppo delie Sifonocla- diacee, tal quale è stato stabilito dallo Schmitz, vien delineato da ca- ratteri essenzialmente razionali e mal si addirebbe qualsiasi altra si- steniatica combinazione, la quale si allontanasse dai criterii scelti da quel Botanico. (15) GONGROSIRA Delle specie riferite a questo genere alcune vanno considerate come stadii di sviluppo di Vaucheria come deducesi da un bellissimo (15) Non e qui il luogo di esaminare se la morfologica interpretazione da me data degli articoli multinucleati delle Sifonocladiacee possa essere ammessa come principio generale in tutti gli analoghi casi in cui una continua ed unica massa protoplasmatica presenti nel suo interno più nuclei. Per le cellule laticifere delle CLADOPIIORA 67 lavoro del signor E. Stahl (10), le cui conclusioni io ebbi la opportu- nità di confermare pienamente lo inverno decorso qui in Messina. Ma di questo nulla dirò ; mi piace soltanto di rivolgere alcune consi- derazioni sopra altri rapporti da me posti in rilievo, tra Cladophora e talune forme di Gongrosira. Sulle pareti di un vasto serbatoio destinato alla irrigazione di agrumeti , raccoglievo dei cespuglìetti di Cladophora glomerata in condizioni normali di vegetazione. Quivi la pianta cresceva in copia grandissima e spesso' bisognando di rinnovare il mio materiale da studio ricorrevo a tal fonte per rifornirmene. L'anno scorso la pianta scom- pariva dalla stessa località e le pareti apparivano ricoperte da uno spesso strato di sostanza verdognolo-nerastra , molle al tatto e quasi grumosa. Esaminando al microscopio siffatta produzione , fra mezzo a differentissime Alghe, la più parte Croococcacee e Desmidiacee, riscon- travansi dei folti cespuglìetti di filamenti verdi irregolarmente affa- stellati sul substrato. Le cellule, molto grosse, quasi sferoidi, cinte da una membrana assai spessa e concentricamente stratificata, davano alla pianta i caratteri di una Gongrosira, probabilmente della G. pygmaea piante superiori tale principio può avere piena applicazione, specie dopo le recen- tissime ricerciie del signor E. Sclimidt {Bot. Zeit. 1882, N. 27-28). Quanto agli altri casi, tanto le ragioni di analogia, come semplici considerazioni di morfologia comparata ci porgono lumi bastevoli per ritenere che non vi sieno delle eccezioni, e che lo stesso significato abbiano altri difterenti istologici elementi , provvisti di molti nuclei. Uno dei più belli esempi di tal genere ci offre il sospensorio dello embrione di talune Leguminose, il quale, secondo le ricerche di Hegelmaier ( Bot. Zeit. 1880 N. 29-30) e di Guignard {Bull, de la Soc. Bot. de France. 1880), sa- rebbe una vera cellula plurinucleata. Ma se gettiamo uno sguardo alle belle figure ed alle descrizioni contenute in un recente esteso lavoro generale dello stesso si- gnor Guignard sulla Embriogenià delle Leguminose {Ann. des Selene, natur. 1" sér., toni. XII, p. 1-160, tav. I-VIII) e stabiliamo dei confronti fra le diverse condizioni morfologiche del sospensorio delle difterenti Leguminose , riscontriamo chiarissima la dimostrazione, che l'elemento multinucleato del sospensorio dello embrione di una Vida è omologamente costituito come il sospensorio multicellulare di un Cicer o di una Ononis, e che soltanto la multinuclearità del primo è dovuta alla mancata forma- zione di lamelle di cellulosa, che avrebbe dovuto seguire alla divisione dei nuclei , come è avvenuto nei sospensori! di questi ultimi generi. La stessa dimostrazione è pure possibile quanto alle fibre lìoemichc a molti nuclei delle piante'superiori. (16) Ueber die Ruhezitstànde der Vaucheì'ia geminata, nella Bot. Zeit. 1879, N. 9. 68 STUDI ALGOLOGICI tav. V. Ktz. (17). Oltre ai detti cespuglietti, dispersi sul substrato iiotavasi un buon numero di filamenti, spesso semplici, corti e costituiti da pochi elementi, oppure ridotti ad una sola cellula. Tale forma, come ho potuto poi rilevare por mezzo di assidue ricer- che, ha origine dalla germinazione di zoospore di Cladophora fracta. Come d'ordinario, tali germi, appena cessato il moto, svolgono, in contatto al substrato, una lunga appendice ialina, assottigliata in basso, in forma di rizina. L'estremità opposta aumenta sensibilmente di volume, assumendo a poco a poco un contorno sferoide e conservandosi ricca di contenuto clorofillaceo. Poscia, anziché continuare a svolgersi diretta- mente in esile filamento ad elementi cilindroidi, come è il caso nor- male, dà luogo a una serie di articoli sferoidi od ellittici, poco nume- rosi, grossi e cinti da una parete molto spessa. Indi formansi dei ra- muli cortissimi, cui succedono dei nuovi rametti. Le cellule conservano sempre la stessa forma e presso a poco le medesime dimensioni. Tutte contengono abbondante sostanza verde, e dei granuli di amido. 11 dia- metro massimo di elementi si fatti varia da' 20 a' 30 micr. La struttura del contenuto non è diversa da quella di un articolo di Cladophora, sal- vocché vi si osserva ordinariamente un sol nucleo, raramente 2, situati nel centro. Nello insieme la rassomiglianza con un piccolo cespuglietto di Gongrosira pygmaea è grandissima. L'ulteriore sviluppo della pianta conferma d'altra parte tale giudizio. Di fatti è noto come talune cellule componenti i fili ramificati di questa specie di Gongrosira, sieno su- scettive di trasformarsi in zoosporangi. Ordinariamente quelle apicali subiscono si fatta metamorfosi (18) e si distinguono a prima giunta da quelle sottoposte per le maggiori loro dimenzioni. Negli esemplari esa- minati mi accadde qualche volta di osservare si fatta forma di molti- plicazione, ma non potei rilevarne tutti i pr.rticolari per mancanza di sufficiente materiale da studio. Prima della formazione delle zoospore il contenuto delle cellule assume una trasparenza maggioro di prima ; la copiosa provvigione amilacea si scioglie a poco a poco, e la cavità appare ripiena di una massa di plasma di un bel verde intenso e di aspetto finamente granel- loso. La genesi delle zoospore si compie nel modo stesso caratteristico (17) Phycol. gener., p. 283, N. 3, T. 17, fig. 6-8. (18) V. Rabenhokst, op. cit. pag. 302, voi. Ili, fig. 110, g. CLADOPIIORA 69 aliti Cladophom. Soltanto il numero dei germi generati è inferiore, contandosene in una stessa cellula da 10 a IC. Anche quanto alla forma, le zoospore non differiscono da quelle normali di Cladophora; cosi pure rispetto alla costituzione loro, salvo che sono più piccole. 11 corpo di tali germi è ovale od elissoide ; vi si osserva un nucleo amilaceo ed un ocello rossastro laterale ; la regione rostrale rap- presenta circa una terza parte del volume della intiera zoospora e costantemente si inseriscono alla estremità due delicatissime ciglia. La uscita della zoospore compiesi attraverso una apertura circolare, piut- tosto augusta, praticata traverso la parete. Poste in libertà, esse va- gano alcun tempo per l'acqua, dirigendosi ai punti più esposti alla luce ; si arrestano quindi sul margine del liquido, e quivi germinano. E' sarebbe stato interessante il seguire per mezzo di copioso ma- teriale e di ripetute osservazioni lo sviluppo di tali germi: io non ho potuto farlo , ma , se non m' inganno , dalla germinazione di si fatte zoospore , mi è parso potessero avere origine fili di Cladophora ad articoli uninucleati. Fatta astrazione di ciò, tale fenomeno puossi direttamente osservare nello sviluppo di normali fili della forma riferibile alla Gongrosira pygmaea rimasti allo stato vegetativo. Ciò si effettua sotto l'influenza di favorevoli condizioni. Gli articoli allora si allungano , ricevono due nuclei e poi man mano assumono quella morfologica costituzione che è caratteristica delle Cladophora. Ignoro se eguali rapporti di sviluppo esistano tra altre forme di Gongrosira e quest'ultimo genere: le mie ricerche, a tale uopo instituite, non sono state seguite da felice successo, non avendo potuto qui in Mes- sina, procurarmi bastevole materiale. Del resto comunque poche, tali in- dagini ci porgono argomento ad esternare qualche dubbio intorno alla sistematica autonomia del genere Gongrosira. Ho però la speranza che altri , più fortunato di me , possa riuscire a risolvere del tutto tale quistione. In ogni modo le esposte ricerche provano che le nostre cono- scenze intorno alla Biologia delle Cladophora non sono tuttora com- piutamente del dominio della scienza, e che campo vastissimo a nuove indagini si offre all'Algologo, nonostante che tal gruppo di organismi, da lungo tempo noti, sia grandemente diffuso nelle nostre acque, tanto marine che terrestri. Tav, V. "^0 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V. Fig. 1. — Cladophora fracta Ktz. Fili allo stato di RMzoclonium con articoli uni- e binucleati (^— }• * ~-5 — Successive trasformazioni dei precedenti durante il passaggio alla forma definitiva \~]~)' » 4. — Cladophora glomerata Ktz. Fili allo stato ibernante con articoli a tra- mezze secondarie (a), arcuate, anormali (-j-)- » 5. — Laterale produzione di un ramulo multicellulare dai precedenti arti- coli \'^)' PHYSOCYTIUM, gen. nov. Cellulas globoscìì, ovatee vel elipsoide^, contento chloropliyllaceo, globulo-amylaceo, vacuolis contractilì- bus binis, ocello rubro laterali et ciliis lateralibus duo- bus antice insertis, 2-4-8-16-32, raro solitarite, intra inte- gumentum comnmne, vesiculiforme, amplum, hyalinura, vivide agitata, et familias globosas, stipite filiformi, te- nuissimo, longo, achroo substrato adfixas, constituentes; deinde , in statura quiescentem transeuntes et stratum late et indefinite effusum, palmelloideum efficientes, ge- latina amorfa involutae. Multiplicatio agamica, aut raicrozoosporis e stadio palmellaceo progredientibus, cellulis pra3cedentibus si- railibus, sed magnitudinis variis et saepe ocello carenti- bus ; aut macrozoosporis 1-2 in quaque zygospora, ocello laterali rubro constanter instructis et caeterum priori- bus conformibus, ex quibus novas famialias gignuntur. Propagatio sexualis zoogonidiis 2-4-8 intra singulam cellulara palmelloideam, contenti iterata divisione bina- ria, Ortis, macrozoosporis subconformibus, deinde, copu- latione peracta, in zygosporis tranquillis liibernantibus, abeuntibus ; copulatio transversa. Divisio vegetativa repetite binaria, ad tres dimen- sioues alternans. P. coufervicol». n. sp. Celi. veg. diam. 4-12 micr., microzoosp. ad 8-12 micr. lat. ; maci"ozoosp. diam. 10-16 micr.; zygosp. ad 12-18 micr. crass. Habitat in aquario Horl. Pubi, messanensis (Sicilice), filis ffidogonii, Spirogyraj deciminaì, Cladophoraj glomeratae gregarie insidens. Inv. lui. 1880. 72 STUDIALGOLOGICI tav. vi Nella state del 1880 rivolgevo la mia attenzione a talune produ- zioni filamentose verdastre, le quali scorgevaiisi galleggianti e raccolte in enormi masse, qua e là alla superfìcie delle acque di una piccola vasca del giardino pubblico di Messina. Tali fili erano in gran parte dovuti ad una specie di (Eclogonium, alla Cladophora glomerata ed alla Spirogyra decimina , cui rinvenivansì associate in grandissima copia delle formazioni unicellulari verdi, lo studio delle quali mi por- geva l'occasione di stabilire il nuovo genere Physocytiuìn. Il Ph. Gonfermcola è l'unica specie finora nota di questo nuovo gruppo. All' epoca delle mie prime ricerche la pianta costituiva delle colonie di una struttura singolarissima, viventi quasi in forma paras- sitica sul corpo dei connati organismi , attaccandovisi mediante un particolare esile sostegno. Il proposto appellativo specifico allude ap- punto a cotesta particolarità. Descriverò lo sviluppo del Ph. confervicola, secondo l'ordine che ho seguito nelle mie ricerche , le quali sono state seguitate per una annata intiera qui in Messina. Fif-T ?. Ogni colonia è costituita da tre elementi: 1° da 4, 8, 16, 32 cellule, raramente da due, oppure una sola cellula; 2° da un'ampia capsula ge- latinosa, sferoide, a pareti sottilissime, gonfiata a mo" di vescica, tra- sparentissima ed includente le cellule ; 3° da un sostegno jalino in forma di sottilissimo filamento, mediante il quale l'organismo si attacca al substrato. Comunque in generale variabili in numero, le cellule componenti le colonie sono il più delle volte da 4 a 16 e costituiscono un insieme di forma globoide. Esse hanno tutta la struttura degli individui mo- nocellulari di una Volvocinea : la rassomiglianza con le cellule di un Clilamydomonas è in qualche guisa perfettissima. La forma loro varia da quella sferica alla ellissoide. La estremità anteriore é lievemente ristretta, indicata da un'ampia vacuola scolorata, a cui s'inseriscono due sottilissimi cigli. 11 resto è ripieno di abbondante clorofilla, difi'e- renziata in fittissimi granuli. La parete , per via della sua estrema sottigliezza, non risulta disfinta. Nell'interno si scorge un grosso corpu- scolo sferoide, amilaceo, o meglio, una sferetta cava di sostanza amila- cea. Un po' al di sotto a questa notansi distintissime due piccole vacuolo P li Y S 0 e Y T I U M 73 pulsanti, a contorni circolari, i cui moti di sistole e diastole si ripetono tav. vi. con regolare intermittenza, ad intervalli approssimativi di 1'. L,ateral- mente alle vacuolo si osserva un piccolo ocello rossastro, che le gra- nulazioni frequenti del contenuto non rendono sempre di facile rilievo. La vescica , nella quale sono involte le cellule, è perfettamente sferica ; soltanto un po' depressa al punto d' inserzione del sostegno. Verosimilmente essa è costituita da gelatina molto attenuata e diluita, massime nell'interno, a dedurlo dall'agilità colla quale si muovono le cellule. Salo verso l'esterno par che la sua consistenza sia cresciuta differenziandosi in sottilissima e trasparente parete. Manca del tutto ogni traccia di strie e la struttura dell'inviluppo è perfettamente omo- genea. Il volume di cosi fatte vesciche varia secondo il numero delle cellule, che vi stanno incluse: nelle colonie le piìi grandi il diametro dell' integumento importa circa SO micr. ; presso quelle costituite da una sola cellula, il diametro é invece in media di 30 micr. Il sostegno si direbbe a prima giunta formato da un solo filamento ; ma in fatto, esso risulta dalla fusione di due esili e distinti fili, come è facile accertarsene, esaminandone attentamente la struttura. Essi partonsi dalla parete della vescica e precisamente dal centro di quel leggiero infossamento, praticato nella medesima e del quale già dianzi feci cenno. In tale regione essi mantengonsi costantemente liberi; indi, dopo essersi alquanto ritorti l'uno sull'altro, avviene la completa loro fusione. Ciò nonostante il diametro del sostegno è di una estrema sotti- gliezza; e vuoi per questa ragione, vuoi per la somma trasparenza dei detti fili, il sostegno medesimo sovente si sottrae ad ogni osservazione, che non sia molto accurata, specie facendo uso di mediocri ingrandi- menti. Un organo di tal fatta non potrebbe quindi presentare alcuna consistenza; tuttavia, se si considera alla piccolezza delle colonie, alla diminuzione di peso, che il corpo di esse subisce immenso nell' acqua, si comprenderà facilmente come esso possa acconciamente funzionare da sostegno. Cosi come vedesi, la pianta di cui é parola riveste una organiz- zazione ben singolare. Nelle condizioni in cui io 1' ho riscontrato nei luglio del 1880, le cellule, incluse nel su descritto inviluppo, agitavansi ver-so tutte le direzioni, rivoltolandosi ed aggirandosi torno torno qua- si cercassero una via di scampo. Ma cotesto stadio, come ho potuto A. Bo]BZÌ, Siudl algulogicij fase. 1 U 74 studialCtOlogici tav. vi. assicurarmi, è di una durata assai breve; ben tosto cessa siffatta vege- tazione di mobili individui, e la pianta passa in stato di riposo, durante il quale si compiono ulteriori e complicate fasi di sviluppo prima che abbia luogo il ritorno alle primitive condizioni di esistenza. Fig. 2 a. Sopraggiunto questo momento, la vescica includente le cellule di una data colonia tende insensibilmente ad ingrandirsi, come se la in- terna tensione normale, avente azione su tutti i punti della parete, si fosse di già accresciuta. Questo fatto porta con sé Io scoppio quasi istantaneo della vescica, il quale é talmente rapido, che si può para- gonare a quello di una bolla di sapone, che si frange urtando contro un corpo solido. In tal guisa la colonia si scioglie tutto ad un tratto; dello inviluppo non rimane che per poco tempo qualche lievissima traccia ; i tili di sostegno . quasi si fossero rammolliti, ritraggonsi ed infine spariscono. Divenute libere, le cellule vagano alcun tempo nell'acqua, quasi in traccia di un nuovo punto di appiglio , che facilmente incontrano nella naturale stazione loro, tali i fili di Conferva od altri organismi. Nel mio piccolo acquario parecchie si erano appiccicate ai filamenti di una Spirogyra ; alcune persino aderivano al corpo di una grossa Pinnu- laria ed immote venivano da questa trasportate per il liquido ambiente. Moltissime invece giacevano immobili e raccolte in densi cumoli sulle pareti del recipiente le più esposte alla luce. Il moto è evidentemente influenzato dalla luce , ed in questo si comportano non diversamente dalle zoospore ; la durata varia dalle 12 alle 24 ore. Durante il movi- mento, specie se questo si protrae lungamente, una gran parte delle Fig 3 m. cellule tende a coprirsi di un tenuissimo integumento gelatinoso , trasparente, il quale poi, pervenuto il germe in stato di riposo, diffe- renziasi ancor più distintamente in forma di ampia tunica. Intanto il movimento diviene più lento , indi la cellula attaccata al substrato mediante i cigli, oppure affatto libera, resta perfettamente immobile, e protetta dal proprio inviluppo gelatinoso, dividesi per successive par- tizioni trasversali alternantisi secondo le tre divisioni dello spazio : cosi a poco a poco trasformasi in un piccolo cumulo di elementi egual- mente disposti ed aventi lo stesso sviluppo che quelli di una Palmella. Dopo circa un mese il corpo delle Conferve vegetanti nel mio piccolo acquario , le pareti ed il fondo del recipiente , apparivano ricoperti P II Y S 0 e Y T I U M 75 da copiosa vegetazione di siffatte colonie, le quali erano visibili anche T" vi ad occhio mulo sotto forma di irregolari grumi di sostanza gelatinosa verdastra, grossi tutto al più quanto la testa di uno spillo. La origi- naria forma di sviluppo era oramai perfettamente scomparsa. Lo studio di tali colonie e del loro ulteriore incremento è stato oggetto di parecchi mesi di ricerche, i risultati delle quali riferirò qui brevemente. Pigliando anzitutto in esame la struttura di una colonia pai- ''''&• ^• mellacea adulta, scorgiamo questa costituita da elementi globoidi od ovali, di rado ellittici, ordinariamente avvicinati a gruppi di 2, 4 op- pure 8 all' interno di trasparentissima ed amorfa gelatina. I contorni di ogni cellula spiccano distinti, comunque sottilissima ed inconspicua ne sia la parete. Altresì distinto risalta il nucleo amilaceo , il quale nelle cellule sferoidali è situato esattamante nel centro , nelle altre , ovali od ellissoidi, è un po' più spostato ed avvicinato ad uno dei poli. Il contenuto è ricco di materia clorofiUacea, differenziata in fittissimi granuli. Lateralmente infine scorgesi una ampia vacuola trasparente. Sicché in complesso tali cellule rivestono tutti i caratteri degli ele- menti di una Palmella e di altri organismi affini. La mucilagine , che investe le cellule, è abbondante , mollissima, omogenea, salvo in rari casi, dove sembra differenziata in ampia e di- stinta tunica globoide attorno le cellule; ma tale differenziazione non è giammai cosi marcata, come è il caso nel genere Gloeocysfis. La moltiplicazione vegetativa delle cellule effettuasi nella maniera ordinaria e caratteristica al genere Palmella, cioè per successiva tras- versale divisione del contenuto. Durante il quale processo la parete della cellula madre pare che si sciolga e ridotta in sostanza gelatinosa, in- vesta i giovani elementi. Tutte le divisioni si effettuano nello stesso modo e sempre egualmente comportasi la parete della cellula madre; i piani di scissione si alternano però secondo le tre direzioni dello spazio. In tal guisa e per indefinito ripetersi del medesimo processo, ha luogo con grande rapidità l'accrescimento in volume di una data colonia a sviluppo palmclhiceo. Esaminando gli elementi di una stessa famiglia adulta pervenuta in stato di inoltrato sviluppo, scorgiam.o una grande variabilità nelle dimensioni loro. Ve ne hanno dei piccolissimi, che rag- giungono persino 2 micr. nel massimo loro diametro, altri più grandi 76 STUDI ALGO LOGICI aventi fino a 12 micr. di larghezza, mentre gli uni agli altri si legano fra di loro per graduali passaggi. Questo dipende dal fatto che le cellule di ultima generazione tendono a divenire sempre più piccole in confronto agli elementi prima generati , e principalmente dalla circo- stanza che , appena iniziata la divisione di una data cellula e prima che questa siasi del tutto compiuta, ne succede tosto un'altra, in modo che in uno stesso elemento par che abbia luogo una vera divisione simultanea; fatto questo frequente nelle cellule delle Palmellacee , il quale fece dire , che gli elementi di tali piante fossero suscettivi di dividersi simultaneamente in 4 nuove cellule figlie (1). Un' altra con- siderazione spiega siffatta estrema variabilità nelle dimensioni delle cellule di una stessa colonia, ed è che non tutti gli elementi seguitano a scindersi con regolare intermittenza. Un certo aumento di volume segue bensì appena avvenuta la divisione di una data cellula; però tale aumento, il quale dovrebbe ricondurre le cellule figlie alle dimen- sioni medesime della cellula madre, è in fatto lievissimo. Tali sono i caratteri delle colonie esaminate nelle condizioni ordi- narie di sviluppo vegetativo, ed in tal guisa si etfettua i! loro amplia- mento. Occorre adesso rivolgere la nostra attenzione al loro ulteriore incremento. Ciò efiettuasi per mezzo di zoospore. Il momento opportuno per assistere a questo fenomeno é, come di ordinario, anche presso il Phìjsocylhim,-\\ mattino, e più precisamente dalle prime ore della giornata fino a mezzogiorno. Cosi avviene che le cellule, formatesi la notte, cambiansi il mattino seguente direttamente in zoospore. Ogni zoospora è la immediata trasformazione di una cellula vegetativa preesistente, sia questa di recente formazione, o sia essa da più lungo tempo constituita. Influendo favorevoli condizioni ambienti , codesta trasformazione compiesi con grande rapidità e per intiero una colonia, per quanto voluminosa, si discioglie durante le prime ore del mattino in miriadi di germi mobili. La liberazione di questi esige che la gelatina fondamentale cada in deliquescenza. Venendo meno siffatta condizione, non è più possibile in alcuna guisa la dispersipne delle spore mobili. Nelle mie culture, essendosi talora avverato questo caso, solevo premere il copri-oggetti, in modo da schiacciare e disfare la mucilagine (1) \V. Hofmeister: I>ie Lelire von der Pflanzenzelle, Leipzig 1867, pag. 101. PHYSOCYTIUM 77 fondamentale della colonia ; cosi mi è riuscito spesso di riattivare tiv. vi. la scarsa emissione di zoospore. Che cosa avvenga della parete della cellula madre durante il lavoro di gestazione delle zoospore, può arguirsi dalla forma del movimento di queste, esaminate nei pochi istanti che precedono la completa loro liberazione e dispersione. Esse allora si agitano alquanto rivoltolandosi e girando su se stesse , balzando di continuo , ijuasi che il loro moto fosse circoscritto dentro uno spazio circolare limitatissimo. Tale spazio poi , a iledurlo dai detti moti, par che tenda sempre più ad ingrandirsi, finché apertasi da un lato una via di scampo, la lii)erazione delle zoospore si effettua rapidamente. Da Fig, 3, n. tali considerazioni deducesi chiaramente, che la membrana della cellula madre, la quale a mala pena distinguesi nei primordi della differen- ziazione del contenuto in zoospora sotto forma di sottile straterello trasparente di sostanza mucilaginosa, si distende a poco a poco più tardi, ampliandosi e trasformandosi in ampio sacco, il quale sempre più atte- nuato, lacerasi infine da una parte, difiluisce, e completamente scompare. Le differenze di volume, che si osservano nelle cellule vegetative, trovano perfetto riscontro nelle zoospore, in quanto che queste, come si disse, non sono che diretta trasformazione delle prime. E però avrem- mo da distinguere zoospore piccole, mediocri e grandi; differenze, le quali non sono di alcuna importanza , poiché non corrispondono ad attitudini fisiologiche diverse. Tutte le zoospore infatti non presentano quasi alcun che di diverso, quanto alla struttura, dalle cellule compo- nenti le colonie primitive, e tutte egualmente sono suscettive dello stesso modo di sviluppo. Si muovono per mezzo di due ciglia, contengono un nucleo amilaceo, due vacuolo pulsanti, spesso confuse in unico vacuo ; soltanto mancano costantemente di ocello. Come le prime, esse muovonsi vivacemente palesandosi eliotropiche in senso positivo. Pervenute in ripo- so, svolgonsi in nuove colonie di struttura pelmelloidea, cingendosi prima di una tunica mucilaginosa trasparente ; indi, nel modo sopra descritto, si trasformano successivamente in uno strato di elementi, i quali persi- stono indefinitamente coinvolti dentro amorfa massa gelatinosa. L'ac- crescimento di questi in seguito procede oltre egualmente per reiterate divisioni vegetative ; indi nuove zoospore generansi. Sicché le colonie vanno continuamente ampliandosi e rinnovandosi per via agamica. Ho seguito lo sviluppo di cotesta forma dall'estate del 1880 fino 78 STUDI ALGOLO GIGI tav. vi. alla primavera dell'anno successivo. Durante tutto questo tempo le co- lonie si sono svolte nella maniera sopra descritta; però al sopraggiun- gere dell'inverno la potenza loro moltiplicativa mi è parsa si fosse di gran lunga affievolita. In questo tempo ho osservato rarissime le zoo- spore e solo nelle giornate più miti, nelle quali il termometro del Laboratorio accennava ad una temperatura ambiente di 14° C. Rare altresì erano le cellule che seguitavano a svolgersi per reiterate scissioni. Nel corso della stagione fredda ed in giornate più rigide le colonie cade- vano in istato di perfetto letargo. In tale stadio nello interno delle cellule scorgevasi accumulata copiosa provvigione di sostanza amilacea Fig. y. differenziata in fitti granuli globoidi. In qualche caso attorno alle cellule notavasi uno spesso e quasi solido inviluppo biancastro costituito da finissime lamelle, come l'involucro di un grosso CliroococGus. Ignoro lo sviluppo ulteriore di siffatte germi ibernanti. Probabilmente per azione di favorevoli condizioni ambienti essi si svolgono poi in nuovi elementi palmellacei. Al sopraggiungere della primavera, comunque attivissimo fosse lo sviluppo delle colonie, tanto per divisione vegetativa, quanto per zoo- spore, talune cellule accennavano a importanti cambiamenti , i quali , divenendo sempre più marcati, davano a concepire il sospetto che già «intervenisse nella vita dell'organismo una nuova fase di sviluppo. Tali modificazioni hanno per scopo la produzione di germi ses- suali. Le indicate cellule si distinguono di buon'ora dalle altre per la forma loro esattamente sferica ; lo sviluppo vegetativo é cessato, non avendo più luogo ulteriori divisioni, né formazione di zoospore. Il con- tenuto di tali cellule prende un aspetto più omogeneo. Nel centro spicca distintissimo un grosso nucleo amilaceo, centrale. Le granulazioni ren- dono invisibile la vacuola laterale. La parete è ben marcata e la mucilagine ambiente , considerevolmente diluita, è infine scomparsa. In tal modo le cellule sono divenute perfettamente libere e rappresen- tano dei veri elementi protococcacei. Cosi fatta trasformazione è da principio ristretta a pochi elementi ; indi un maggior numei'o subisce identica metamorfosi, restandone perù sempre una buona parte in con- dizioni di sviluppo agamico. Sicché mentre alcune cellule assumono caratteri sessuali, altre seguitano a rappresentare dei germi di molti- plicazione agamica. PIIYSOCYTIUM 79 Tali cellule possono benissimo meritare il nome di zoogonangi tav vi essendo destinate a produrre nel loro seno dei germi sessuali mobili, ossia zoogonidi. Questi nascono per successiva divisione del contenuto della cellula madre, nello stesso modo come nuovi elementi vegetativi derivano da altri preesistenti. La sola differenza, che corre fra la genesi di zoospore e quella dei zoogonidì è questa, che le prime sono diretta trasformazione di cellule vegetative già esistenti; questi ultimi invece nascono dalla divisione di determinate cellule ; sicché , se la differen- ziazione in zoogonangi non avesse luogo e questi fossero identici alle cellule vegetative, potremmo dire che i zoogonidii sono elementi di 2", 3* od anche 4^ generazione prodotti da date cellule madri. A volte il contenuto tutto si scinde in due porzioni soltanto, le quali divengono Pig- s altrettanti gonidii; talora alla prima succede una seconda divisione od anche una terza, raramente una quarta, in modo che successivamente il contenuto si svolge in 4, 8 di rado 16 zoogonidii. Le divisioni av- vengono in direzione alternante. Nei primordi della formazione dei zoo- gonidii il nucleo amilaceo scomparisce completamente, quasi riassorbito, e la clorofilla assume una struttura più omogenea. Le divisioni si ri- petono con grande rapidità, e appena compiute, le diverse porzioni del contenuto si differenziano in masse ovoidi , ricevono un nucleo ami- laceo, un ocello rossastro visibile dallo esterno ; spiccano altresì distinte le vacuole pulsanti ed il rostro: la differenziazione può dirsi compiuta. Nel tempo stesso la parete del zoogonangio subisce una lenta liquefa- zione; i suoi contorni sono estremamente attenuati, di una trasparenza vitrea e i zoogonidii sembrano immersi in una sostanza liquida come acqua. La deliquescenza della parete procede oltre, fin tanto che non diviene completa ; allora i microgonidii liberamente si spandono nel liquido ambiente, dotati come sono di agilissimo movimento. Posti in confronto colle zoospore , i microgonidii non presentano Fig. r,, notevoli differenze. D'ordinario il loro diametro trasversale varia da 6-8 micr. ; sono costantemente di forma ovale, col l'estremità anteriore tra- sparente ed assottigliata in forma di rostro , a cui si inseriscono due esilissimi cigli. Vi si scorge distinto un nucleo amilaceo ed inferior- mente a questo un ampio spazio scolorato, pulsante; lateralmente pochi granuli grigiastri ed un ocello minutissimo rossastro. Il moto dei zoogonidii dura in media 6 ore e la luce vi esercita 80 STUDI ALGOLOGICI tav. vi. una evidente influenza nel senso positivo. Le loro proprietà sessuali si deducono a priori dalla facilità colla quale la più gran parte di essi, ridotti allo stato di riposo ed isolati, si deformano e disfanno. Esami- nandoli raccolti in massa dentro una piccola gocciola di acqua, scorgesi in essi manifesta la tendenza di avvicinarsi a due a due , quasi a vicenda si cercassero; spesso incontransi coi rostri, si urtano e bal- zando e rivoltolandosi, separansi; a volte rimangono appiccicati insieme. Fig. 6. In questo caso avviene la loro copulazione. Tal fenomeno si compie in meno di due minuti ed ha luogo, come di ordinario, per mezzo delle estremità anteriori. La fusione procede a grado a grado , etf infine dalle due masse deriva un corpo sferoide, moventesi per mezzo di quattro ciglia , contenente due nuclei amilacei , due ocelli e nel mezzo un' ampia area scolorala. La zigospora muovesi ancora qualche tempo, indi il moto diviene a grado a grado più lento, ed infine, ridotta affatto' immobile, deponesi nel fondo del recipiente. P's ■'• Le zigospore in via di sviluppo presentano una parete distintissima la quale va sempre più inspessendosi. Anche il volume cresce gradata- mente; spariscono man mano gli ocelli e i due nuclei amilacei, il con- tenuto prende un aspetto granelloso; di vacuole non resta più alcuna traccia. Le zigospore mature sono delle cellule sferoidi misuranti un diametro di 12-18 micr. , a parete più tosto spessa; il contenuto abbonda di granuli amilacei ; vi si scorgono pure delle gocciole di sostanza oleosa. Neil' insieme la cavità cellulare prende un colorito rossastro più o meno inten.so, dovuto a semplice chimica trasforma- zione della clorofilla. Generate in primavera, le zigospore persistono inalterate e di- sperse nel fondo del recipiente, tutta la state. La loro colorazione diviene sempre più intensa. Allora sono suscettive di sopportare la secchezza. Egualmente si comportano collocate dentro neve fondente ed esposte direttamente al sole nelle ore più calde delle giornate di estate. Influendo però lungamente tali estremi di calorico esse peri- scono. A ravvivarne le dormienti facoltà germinative è necessaria una temperatura media di 25° C. ed abbondante umidità. Le zigospore si sono spontaneamente svolte nel mio acquario verso i primi di agosto. L'acqua veniva rinnovala tutti i giorni con beneficio grandissimo di una Spircgyra che si era considerevolmente sviluppata durante la coltura. PHYSOCYTIUM ^^ La germinaziono delle zigospore presenta qualcosa di analogo colio sviluppo delle zoospore della Pandorina Morum, in quanto che il ritorno dell'organismo alle condizioni originarie compiesi per inter- mediario di inacrozoospore. Indizio sicuro dell'incipiente germinazione è la lenta trasformazione che subisce in pura clorofilla la sostanza colorante rossastra del contenuto ; sicché le cellule a poco a poco ri- prendono il primitivo colorito verde. Contemporaneamente sciolgonsi i granuli di amido accumulati nella cavità cellulare e il contenuto assume una struttura più omogenea. Bentosto tutto il plasma si or- ganizza in una grossa macrozoospora, in cui il nucleo amilaceo, le vacuole pulsanti e l'ocello si rendono visiljili dal di fuori essendo tra- sparentissima la membrana. A volte nascono due sole macrozoospore. In ambo i casi i nuovi germi stanno racchiusi dentro una particolare tunica di trasparente e tenuissima gelatina, la quale si scioglie da un lato durante la uscita delle macrozoospore. Intanto la parete della zigospora irregolarmente rompesi; i germi, forzato il proprio invi- luppo, si spandono nell'acqua ambiente, restando le vuote membrane disseminate sul substrato e visibili per qualche tempo , aperte da un lato, da cui sporge a mo' di calzare la disciolta tunica. Non tutto il contenuto però di una stessa zigospora viene impiegato nella forma- zione di una o di due macrozoospore ; rimane invece inadoperata una piccolissima porzione di protoplasma, la quale, compiuta la emissione dei germi e ridotta in forma di tondo corpuscolo di sostanza molle re- fringente e scolorata, persiste nel fondo della vuota zigospora, oppure vien trascinata via dalla raacrozoospora e si disperde nell'acqua. La tintura jodata dà a cotesti corpuscoli una colorazione brunastra ; trat- tasi quindi di tenui residui di protoplasma (epiplasma) rimasto inattivo nella genesi delle raacrozoospore, il che osservasi anche nella germi- nazione delle zoospore di qualche Volvocinea. Le raacrozoospore somigliano moltissimo alle microzoospore : la sola differenza che vi corre è questa, che le prime derivano da germi fecondati e servono a completare il ciclo di esistenza dell' organismo. Del resto identica n'è la forma e la costituzione. Nelle dimensioni stesse non si osserva alcuna differenza costante, e poiché variabile è il volume delle zigospore, ugualmente differenti risultano in grandezza le macrozoospore. Il moto è vivacissimo e diretto verso i punti più A. BoEzl, Studi aìgologici, fase. 1. 12 Tav vi Tav vi. 82 STUDI ALGOLOGICI esposti alla luce. D'ordinario esso dura circa sei ore sempre colla mede- sima intensità iniziale; poscia diviene a poco a poco più lento. Allora diffe- renziasi intorno al germe una sottilissima tunica di trasparenza vitrea, la quale tende sempre più a staccarsi dal contorno della macrozoospora, restando soltanto aderente colla regione rostrale. Nel mio acquario la più parte di germi, arrestati nel loro moto dai fili di Spirogyra, vi erano rimasti attaccati ; altri giacevano immobili ed aderenti contro le pareti del recipiente. Nelle condizioni naturali avviene presso a poco lo stesso. La macrozoospora si appiccica al substrato mediante i cigli, i quali, dapprima aperti e divaricati, si avvicinano poi l'un verso Taltro pigliando una direzione quasi parallela. Il moto però non è completamente cessato : il germe , comunque scemata la primitiva vivacità, si dibatte quasi tentasse staccarsi, rivoltandosi e contorcen- dosi sul proprio asse longitudinale. Il che fa si che i cigli si accostino sempre più l'un verso l'altro, la fusione di essi è quindi seguita da un certo grado di torsione. Il moto manifestasi poi a scosse, le quali si ripetono ad intervalli ; questi divengono sempre più rari e distanti ed in ultimo la macrozoospora rimane perfettamente immobile. L'a- derenza al substrato compiesi mediante una sorta di dilatazione di- scoide prodottasi alla base del sostegno ; se i fili restano distinti formansi due di siff'atte dilatazioni, una per ciglio. Talora le macro- zoospore cessano di muoversi senza aver contratto alcun' aderenza per mezzo dei cigli ; questo ho potuto verificare disseminandone parecchie dentro vetrini da oriuolo ripieni d'acqua. A misura che il moto si fa più lento, il germe si affonda allora nel liquido, quasi fosse già divenuto più pesante; in ultimo casca a dirittura nel fondo, ove rimane coi cigli protesi ed aperti manifestando a radi intervalli delle pulsazioni seguite da contorsioni leggere come se si rivoltolasse sulla superfìcie di contatto. I cigli intanto restano inattivi, quasi irrigiditi; le quasi spente facoltà di movimento, parrebbe fossero concentrate nel solo coi'po della macrozoospora; sicché passivamente essi seguono gli spo- stamenti indotti dal moto del germe; cessato poi questo, restano inal- terati nella posizione primitiva. Le macrozoospore del Ph. confercicola ci porgono il primo e- sempio di spore mobili, le quali ridotte allo stato di quiete, non per- dono i cigli, ma questi, abbandonato il pioprio loro ufficio di organi PIIYSOCYTIUM 83 di locomozione , persistono immutati per lo adempimento di un' altra differente funzione, servendo, cioò, da strumenti di sostegno alla pianta in via di sviluppo. Già prima che sia completamente cessato il movimento , il corpo della macrozoospora si cinge di un' inviluppo di trasparente gelatina, il quale ne segue i contorni a partire dal rostro e sempre più stac- casi. In tale stadio il germe rassomiglia in certa guisa alle cosidette macrozoospore dei generi Chlamydomonas e Chlamydococcus. Quivi però lo inviluppo è perforato per dar passaggio ai cigli, mentre nel Plilisoojliiim manca qualsiasi relazione tra i cigli e il corpo del germe e questo resta perfettamente immobile all' interno dello in- dicato inviluppo. Continuando lo sviluppo della macrozoospora, la tunica esterna staccasi sempre più e si rigonfia a mo' di bolla, sepa- randosi anche completamente dalla regione rostrale: la porzione dello inviluppo corrispondente a tal regione è controddistinta da una leggera depressione imbutiforme. Contemporaneamente il corpo della macro- zoospora si divide successivamente in 2, 4, 8, 16 porzioni, le quali di- vengono altrettante cellule vegetative mobili. Cosi il ritorno alla forma originaria può dirsi definitivamente attuato e nuove colonie hanno ben tosto origine, come le precedenti, suscettive dello stesso su de- scritto svolgimento. Sicché a partire dalla zigospora germinante le fasi di esistenza di questo singolare organismo si succedono nel modo se- guente : Zigospora Macrozoospore Colonie pseudoparassitiche a cellule mobili Colonie a sviluppo palmellaceo Microzoospore Zoogonangi Zoogonidi e copulazione Zigospora Tav. vi. l'ig 1 84 STUDIALGOLOGICI tav. vi. Resterebbe adesso da risolvere un'ultima quistione : quali sono le affinità di questo nuovo genere e a quale gruppo delle Protococcoidee ( Coccophìjceae Rabh. ) debba riferirsi ? Le nostre conoscenze sulla vita degli organismi inferiori , sono davvero troppo manchevoli per potere con tutta sicurezza affermare che vi sieno degli esseri intimamente affini al nostro Physocytiurn. Alcuni punti di contatto abbiamo bensì riscontrato confrontando que- sta nuova Alga con qualche Volvocinea. In massima la struttura delle cellule presenta in ambo tali forme una sorprendente identità. Ma questo non ci deve punto meravigliare : anche gli elementi di molte Palmellacee, esaminate sotto la forma di zoospore, non differiscono gran fatto dalle cellule mobili di un Chlamydomonas ; le quali sono poi anche temporariamente suscettive di ridursi allo stato di quiete e assumere tutti i caratteri di una Palmellacea. Sicché il considerare il cenobio di un Volvox, di una Pandorina, ecc. come costituito da una associazione di zoospore, non mi parrebbe del tutto erroneo. Le affinità colle altre Protococcoidee non sarebbero perciò poche. Ma prescin- dendo da ciò, ancor più intime relazioni riscontriamo nella germina- zione delle zigospore tra Volvocinee ed il nostro Pliysocylium dai quali germi hanno origine macrozoospore, come precisamente nella Pan- dorina Morum, secondo le ricerche del Pringsheim (I). Rispetto poi allo sviluppo ulteriore delle macrozoospore e alla genesi di nuove famiglie pseudoparassitiche non sono meno evidenti le affinità del Physocyiium colle Volvocinee. Di modo che se il tipo fondamentale di struttura della nostra pianta e molti tratti del suo sviluppo pre- sentano non poche somiglianze con quelli di qualche Volvocinea, mi parrebbe in qualche guisa giustificato il considerare siffatto organi- smo come una delle forme molto più affini a questa ultima famiglia , anziché alle vere Palmellacee ; con ogni probabilità si tratterebbe di un tipo singolarissimo , molto importante dal lato sistematico , inter- mediario fra questi due ultimi gruppi di Protococcoidee. Ma se non m' inganno al novero di tali forme debbonsi altresì riferire delle (1) Ueber Paarung der Schwàrmsporen, die morph. Grandform d. Zeugimg im Pflanzenreich, nei Monatsber. der Beri. Akad., oct, 1869. P H Y S 0 e Y T I U M 85 specie, le quali sono stato comunemente considerate come parti iute- tav. i. granti di taluni generi di Palmellacee e di Protococcacee. Approfondendo un po' più le nostre conoscenze sulla Biologia dello Protococcoidee , avremo forse da convincerci di ciò; per ora ci basti citare VApyoeistis Brauniana Nag. , colla qual forma il nostro Physocyliuìn confervi- cola presenta non poche analogie. Questa pianta, che io ebbi occasione di osservare alio stato vegeto e nelle condizioni descritte e figurate da Niigeli (1), cresce sul corpo di altre Alghe formandovi delle co- lonie subparassitiche, le quali essenzialmente differiscono da quelle di Physocytium per la mancanza del caratteristico sostegno in forma di filamento. Del resto presso a poco identica n'é la struttura delle cel- lule. Queste sono pure suscettive di ridursi allo stato di quiete, assu- mendo tutti i caratteri morfologici di una Palmella; durante questo stadio alcune cellule si svolgono in zoospore come precisamente nel Ph. confermcola. Ignoro lo sviluppo ulteriore AeW Apiocysiis Brau- niana e per quali vie compiesi il ritorno allo stadio primitivo, nono- stante credo probabilissime le indicate relazioni fra le due piante di cui è parola. (1) Gattungen einzelliger Algen, Zùrich, 1849, Tav. II. A. STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VI. Fig. 1. Colonie subparassitiche procedenti dalla germinazione di macrozoospore ade- renti ad un un filo di Spirogyra decimina \~^)' » 2. Le precedenti a sviluppo compiuto appiccicate ad un filamento di Oedogonium di cui una (a) in via di dissoluzione (id.). » 3. Colonie a sviluppo palmellaceo moltiplicantisi per microzoospore (n), alcune delle quali libere e coperte da una tunica trasparente (m), parecchi elementi di tali colonie sono involti da un inviluppo gelatinoso {t) come quelli di una Gloeocystis (id.). > 4. Zoogonangi maturi (id.). » 5. Formazione ed emissione dei zoogonidì (id.). » 6. Copulazione de' zoogonidì (id.). » 7. Zigospore in diverso grado di maturazione (id.), » 8. Genesi delle macrozoospore dalle zigospore germinanti (id.). » 9. Cellule ibernanti appartenenti alla forma palmelloidea (id.), KENTROSPH^RA, gen. uov. Cellulge globosee aut breviter elipsoide£e, segregato, absque tegumentis, in stratum late efFusum cumulata, sffipe infra colonias Oscillarinearum pluriuiarum sub- parasitice nidulantes, contento chloropliyllaceo viride vel viridi-luteolo, teniiiter granuloso, globulo amylaceo et membrana firma, tenui. Multiplicatio alternans cellularum vegetativarum contenti simultanea et totali divisione, et zoosporis intra cellulas ultimai generationis valde auctas et in zoo- sporangia trasmutatas, eodem modo quani piùores ortis. Zoosporangia perraagna, hibernantia, membrana crassa, firma, per Jodum coerulescente , concentrice stratificata, extus in appendicem callosam, conicam vel cultriformem producta, contento e viride ad rubrum vel luteolum vergente, cblorophylla sa?pe in fascias parietales radian- tes segregata. Zoosporte minimfe, 8— ce in singulo zoo- sporangio, per porum lateralem libere examinantes , ovatse vel elipsoideas , globulo amylaceo et ciliis binis vibratoriis instructa3. Propagatio sexualis adliuc ignota. 1. K. Faccioliiae, n. sp. K. cellulis vegetativis exacte sphajricis ; zoosporangiis maximis, usqiie ad 80 micr. crassis, zoosporas nu- merosissimas, 2-3 micr. latas, includentibus. Habitat ad stillicidia, in aquariis Messance (Sicilia;) plerumque in consortio Lyngbyae Phormidii ci Oscillarise tennis, Comun. ci. D.' L. Facciola, sept. 1880. 2. K. iniuor, n. -sp. K. cellulis vegetativis elipsoideis; zoosporaiigiis 88 STUDI ALGOLOGICI mediocribus, ad 35 micr. latis, zoosporas paucas (8-32) 5-6 micr. crassas, foventibus. Habitat in stagnis submarinis ap. Messanam Algis Phijcochroìna- ceis variis cumsociata. Leg. majo 1881. tav. vii. Debbo la conoscenza di questo nuovo genere alla cortesia del mio amico D/ Luigi Facciola, il quale mi comunicava dei saggi della prima specie fra mezzo ad Alghe da lui raccolte presso il villaggio Bordonaro, ne' dintorni di Messina. In seguito io medesimo ebbi la occasione di rinvenir la stessa forma in grande copia sugli stillicidi di alcuni serbatoi di acqua dentro la città. Essa cresceva ordinariamente coinvolta e nascosta fra le colonie di varie Oscillariacee, il più delle volte associata alla Lynghija Phormidium Kirchn. (Phormicliuni vulgare, auct.). Più tardi F ho rinvenuta altresì dispersa con una certa frequenza fra mezzo ai fili della Oscìllaria tennis, Ag. e tanto nel primo, come in quest'ultimo caso esistevano presso a poco le medesime condizioni di associazione. Com'è noto, i fili della Lyngbija Phormidium densamente si ac- calcano sul substrato, agglutinandosi quasi insieme e formando una sorta di fi'onda membranacea di notevole compattezza. La superficie di si fatto corpo talloideo è estremamente liscia, viscida, e l'acqua, scor- rendo sopra, la depura di qualsiasi estranea incrostazione, conservan- dole l'originario colorito azzurrognolo. I saggi di Lijngb. Phormidium, ricevuti nel settembre del 1880 dal D.'' Facciola , presentavano per- fettamente tali caratteri. Appena pervenutimi , vennero collocati sul fondo di un largo recipiente di porcellana bianchissima, ben distesi e lavati, coprendoli di uno strato d'acqua dello spessore circa di un cen- timetro 0 poco meno. Cosi disposti mi accorsi subito che la superficie della fronda era sparsa qua e colà di rade granulazioni di un verde carico, alcune delle quali giacevano come soprapposte e facili a stac- carsi, altre trovavansi in parte immerse nel corpo della fronda, spor- gendo attraverso una breve fenditura in essa superficialmente praticata. Notavasi altresì in una medesima fronda dei sollevamenti tubercolari, la cui superficie, a volte screpolata, mostrava al di sotto visibili ana- loghe granulazioni verdastre. ÌMediante un esame più accurato rinve- nivo più tardi altre granulosità perfettamente coinvolte dai fili della Lyngbya , poste a differenti gradi di profondità dalla superficie della KENTROSPH.ERA 89 fronda , ora sparso , ora l'accolte in curaoli relativamente grandi ed tav v irregolari. Tale era la disposizione della nuova Protococcacea all'interno delle coionio di Lijnghya Phormidium nei saggi comunicatimi dal Facciola. In quelli provenienti da Messina e da me medesimo raccolti, ho riscon- trato quasi le stesse coudizioni di associazione , sebbene la Lijnghjia quivi si trovasse sostituita da una specie di Oscillarla (probabilmente la 0. lenuis.). In questo secondo caso ho per altro osservato come le granulazioni possano talora rinvenirsi libere nelle aggiacenze della fronda, anche a una certa distanza da questa , epperò suscettive di sviluppo indipendente, come precisamente un Gonidio di un Lichene che si sia allontanato dal tallo dentro cui si annida. Le dette granulazioni, esaminate ai microscopio, apparivano costi- tuite da innumerevoli individui di A'. Facciolaoe in diversi gradi di sviluppo, il quale io potei seguire quasi senza interruzioni por parecchi mesi. Esporrò i risultati delle mie ricerche seguendo l'ordine tenuto in esse. Le grandi cellule zoosporifere della K. Facciolaa; sono visibili anche Fig. i-: mediante un debloissimo ingrandimento, talora pure ad occhio nudo, sotto forma di minutissimi punti verdi, grossi tutto al più 7io ^' ™^'" limetro. Tipicamente sferiche, od ovali, oppure ellittiche, divengono sovente in età avanzata un po' irregolari. La lor parete é fortemente ispessita e par formata da sottilissime laminette concentricamente so- prapposte le une alle altre ; lo spessore varia da 2,5 a 3,5 micr. in media. Ordinariamente qua e là sporgenti verso l'interno osservansi 1-3 •''g ^■ protuberanze cellulosiche di dipendenza della stessa membrana cellulare, di forma spesso conica e, come la parete, finamente stratificate. All'e- sterno poi costantemente la membrana dà luogo ad un grosso corpo calloso, sovente curvo a mo' di sperone, pur esso sottilmente stratifi- cato, il quale, nelle cellule ovoidi od ellittiche, corrisponde ad una delle due estremità pigliando tutta l'apparenza di uà valido, ma breve, so- stegno. Detto corpo non può in fatto esser considerato come tale, non adempiendo esso menomamente l'ufficio di sorreggere la cellula, ma pro- babilmente quello di agire come cuneo attraverso la massa filamentosa compattissima onde si compongono le colonie della Lyngbija. La pai^ete di cosiffatte cellule, trattate colla tintura jodata, non A. BoRzi, studi algologici, fase. 1 13 90 STUDI ALGOLOGICI Av. VII. palesa subito alcun cambiamento; un po' più tardi cominciano gli strati esteriori ad accusare una debole colorazione in violetto, la quale di- viene a poco a poco più intensa e gradatamente estendesi fino agli strati interni, i quali si tingono con maggiore intensità. Occorre per 10 meno un'ora perchè si compia l'intiera reazione. l'is I- La cavità cellulare è ripiena di un protoplasma abbondante di clorofilla differenziata in numerosi cordoni cilindrici , ora dritti , ora leggermente sinuosi, elegantemente disposti a raggio intorno al centro della cellula, dal quale si allontanano un po' lasciandovi scoperta un'a- rea circolare scolorata. Detti cordoni raggiungono la periferia e si adagiano contro la faccia interna della membrana colla lor base circo- lare. Oltre a clorofilla il protoplasma include dei granuli amilacei, in quantità assai variabili, ordinariamente minutissimi, sovente involti e mascherati dalla sostanza dei cordoni clorofiUacei. Il jodio tuttavia ce li palesa senza alcuna difficoltà, specie se le cellule abbiano prima soggiornato parecchie ore in alcool. Sebbene il colorito fondamentale delle cellule sia di un bel verde, tuttavia scorgesi non di rado come esso tenda ad assumere una leg- giera sfumatura in rosso arancio. Per quanto difficilmente puossi a prima giunta rilevare la ragione di cosi fatta colorazione, parrai probabilissimo che essa debbasi attribuire alla presenza di una so- stanza colorante differenziata in tenuissime gocciolette ; verosimil- mente trattasi di Ematocromo, a dedurlo dall'azione dell'acido osmico sopra siffatta sostanza. Presso alcune cellule, dove il colorito rossastro appariva maggiormente spiccato che in altre, più frequenti, la differen- ziazione della materia colorante in gocciolette, risaltava sovente assai di- stinta. Trattate queste stesse cellule con acido cromico , il contenuto scolorasi tosto ; immersa di poi la preparazione in una soluzione ben diluita di acido osmico, la sostanza colorante comparisce allora ridotta in una o poche gocciole di color brunastro più o meno intenso secondo il grado di concentrazione della soluzione. Ogni cellula è dotata di un nucleo, il quale si manifesta chiara- mente coi mezzi ordinari di ricerca. Distintissimo risulta, scolorando da prima la cellula, indi impiegando come mezzo di colorazione una soluzione di carminio all'allume, ovvero del pricrocarminato ammonico. 11 nucleo è situato nel centro della cellula ; i cordoni clorofiUacei , KENTROSPIl.ERA 91 partentisi dalla poi-iforia, raggiungono i suoi margini senza investir- tav. vii nelo ; esso resta perciò in qualche guisa visibile senza il bisogno di reagenti. Tale è la costituzione delle grosse cellule zoosporifere della K. Facciolace. Fisiologicamente considerate esse possono benissimo meri- tare il significato di zoosporangi ibernanti, in quanto che il loro svi- luppo ulteriore esige che esse cellule soggiacciano prima ad un certo periodo di riposo, di durata molto variabile. Durante questo stadio di apparente, provvisoria cessazione delle attività vitali, il contenuto con- serva la primitiva struttura. Trascorso il periodo d'ibernazione , notevoli cambiamenti prean- Fig. 2. nunziano la formazione delle zoospore. Spariscono allora lentamente i cordoni clorofillacei , dissolvendosi a poco a poco in granuli sferoidi i quali tendono a distribuirsi quasi omogeneamente nella cavità cel- lulare : il contenuto piglia allora un aspetto granelloso. Il nucleo in questo stadio risalta con maggior distinzione , indicato da una areola scolorata , centrale , a contorni nettamente definiti. Intanto sono cre- sciuti i corpuscoli di Einatocromo, assumendo la cellula una sfumatura in rosso più intenso. Poco di poi comincia la differenziazione del conte- Fig. i auto in piccolissime e numerose massule sferoidi , ma divenute polie- driche per il reciproco contatto. Del nucleo é scomparsa ogni traccia; la clorofilla non permette d'indagare da vicino i fenomeni di cui esso é sede durante il processo. In ogni modo è possibile la congettura che il nucleo venga dapprima scomposto e riassorbito per ricomparire indi rappresentato dai singoli nuclei delle zoospore. La formazione delle zoospore è simultanea in una medesima cel- lula. Tutto il contenuto viene all'uopo impiegato, rimanendo soltanto come avanzo poche gocciolette di sostanza oleosa rossastra , le quali spesso sono trascinate fuori dalla cavità cellulare dalle zoospore durante la loro uscita e si disperdono nell'acqua ambiente. L'intiero processo di formazione svolgesi in meno di tre ore ; or- dinariamente , accennato verso le prime ore del mattino , si compie poco prima dello 10 a.m. Ciò devesi ritenere in maniera generale, in quanto che talora occorrono delle eccezioni prodotte spesso da cause non di facile rilievo. Le zoospore escono attraverso un'apertura circolare praticata per 92 STUDI ALGO LOGICI tav vii. dissoluzione parziale nella parete della cellula in un punlo qualunque "''s- 5. della stessa. Lo zoosporangio vuotasi in meno di 10 minuti , uscendo le zoospore a poche per volta. In tal guisa mi è riuscito di contarne, presso a poco 300 prodotte in uno stesso zoosporangio. Questo nume- ro può bensì variare secondo la grandezza delle cellule zoosporifere. In media può ritenersi che il numero delle zoospore generato in ogni zoosporangio varia da 1.50 a 400. Le zoospore si muovono con grande agilità nel liquido ambiente ; sono molto piccole, larghe tutto al più 2 micr., ovali od ellittiche e provviste di due esilissimi cigli, che appena risaltano distinti coU'aiuto dei reagenti. La struttura intima delle zoospore é di difficile rilievo , Fig. 6 stante la loro piccolezza. A forti ingrandimenti (1300 diam.) ho potuto bensì notare la presenza di un piccolo nucleo amilaceo interno coinvolto intieramente dalla sostanza verde ; pare che manchino gli ocelli e le vacuolo pulsanti. Tutte le zoospore hanno la stessa forma e pressoché le medesime dimensioni , o tutto al più esistono delle differenze assai lievi, quasi inapprezzabili. Agendo favorevoli condizioni , il moto delle zoospore si continua poco più ili un'ora. Disseminate un buon numero di esse in una pic- cola gocciola d' acqua , molte si erano arrestate sui margini di essa , palesando, sebbene debolmente, un certo grado di sensibilità alla luce. Nelle condizioni naturali le zoospore si arrestano in contatto al tallo della Lyngbtja. Fig. 7. La germinazione loro corapiesi immediatamente, senza che sia necessario un certo periodo di riposo. Durante la germinazione s'ac- crescono insensibilmente di volume, assumendo una forma esattamente sferica. In questo stadio spicca distinta la membrana, e nell'interno, ordinariamente un po' spostato dal centro, scorgesi marcatissimo un nucleo amilaceo sferico. Nelle mie colture, dette cellule, dopo una settimana avevano rag- giunto un diametro di 8 micromillimetri, conservando sempre la pri- mitiva forma sferica. In questo stadio esse costituivano un denso strato d'aspetto protococcaceo, anche visibile ad occhio nudo pel suo colorito verde intenso. Distintissima risaltava la membrana di esse ed avente eguale spessore in tutta la sua estensione. Seguendo lo sviluppo di tali elementi notasi che l'aumento in volume loro è continuo ed omogeneo. KENTROSPH>ERA 93 in modo che le cellule conservano perfettamente la stessa forma sferica originaria. La membrana spicca sempre più distinta coloran- dosi in intenso violetto per azione del jodio. Il contenuto é finamente granuloso, la clorofilla essendo differenziata in minutissimi e frequenti corpuscoli. Il nucleo occupa il centro della cellula, ma investito dalla sostanza verde, non rendesi visibile senza lo impiego di reagenti. La- teralmente invece spicca distintissimo un grosso nucleo amilaceo cavo di forma sferoidale. Raggiunto un diametro di 30 a 40 micr. le cellule si accingono a nuove fasi di sviluppo, le quali vengono preannunziate dalla com- pleta dissoluzione del nucleo amilaceo ; il contenuto prende allora un'apparenza più omogenea e ben tosto simultaneamente si divide in un numero grandissimo di porzioncelle poliedriche mutuamente pre- mentisi colle facce piane. Contemporaneamente la parete cellulare subisce una lenta e totale li(|uefazioue rendendosi gradatamente sem- pre più tenue e trasparente. Intanto le masse protoplasmatiche si arrotondano è si differenziano in piccole cellule sferoidali, le quali restano alcun tempo accalcate in cumoli globosi fin tanto che non sia avvenuta la completa deliquescenza della membrana cellulare. Allora le nuove cellule figlie si disperdono sul substrato. Gli elementi nuovi generati s'ingrandiscono ben tosto a grado a grado, conservando tutti gli stessi caratteri della cellula madre. Spic- catissimo risalta il nucleo amilaceo quasi laterale, distinta é la parete, egualmente n'è costituito il contenuto. Raggiunto presso a poco lo stesso volume della cellula madre, si svolgono nuovamente, mediante identi- co processo di moltiplicazione vegetativa , in altri simili elementi. Questo modo di sviluppo si ripete poi indefinitivameute e ne nascono estesi cumoli di elementi prolococcoidei, i quali possono formarsi tanto all'interno quanto allo esterno delle colonie di Lyngbija , secondo la originaria ubicazione delle cellule iniziali. A volte la presenza di cel- lule vegetative di Kenir. Facciolace all' interno delle compatte co- lonie di Lìjngbìja dipende dal fatto che i fili di quest' ultima alga crescendo ed espandendosi sul substrato, sono venuti in contatto cogli elementi protococcoidei della Kenlrosphcera avviluppandoli e trasci- nandoli con sé. Lo sviluppo vegetativo della K. Facciolace continuasi indefinitamente 94 STUDI AL GO LOGICI tav. vii. secondo il modo sopradescritto. Nelle mie culture, verso la fine della primavera , talune cellule però accennavano ad importanti cambia- menti. La formazione di nuovi elementi vegetativi già effettuavasi con una certa lentezza: parecchie cellule erano rimaste perfettamente inat- tive trasformandosi più tardi a poco a poco in zoosporangi ibernanti. ^'S' 1^ Si fatta trasformazione, iniziata in primavera, si compie ad estate inoltrata. Durante tal processo, il volume delle cellule insensibilmente si accresce ; sovente manifestasi anche un leggiero cambiamento nella forma. Nello stesso tempo aumenta lo spessore della membrana cellulare, mentre da un lato comincia a costituirsi quella speciale sporgenza cellu- losica che è caratteristica degli zoosporangi maturi. L' inspessimento della parete é seguito dalla formazione di stratificazioni, le quali ren- dono alla membrana un' apparenza lamellosa. Il contenuto prende un aspetto più omogeneo, un colorito meno carico e le granulazioni, allon- tanandosi dal centro lasciano visibile, a mo' di ampia areola scolorata, il nucleo nella sua normale posizione. Ben tosto sparisce il nucleo ami- laceo , la clorofilla lentamente si aggrega in fascie radianti parietali ; la trasformazione in grossi zoosporangi ibernanti può dirsi compiuta. Essi reistano dispersi in mezzo agli altri elementi protococcoidei , già pronti a subire analoghi cambiamenti. Lo sviluppo loro segue trascorso il periodo estivo, durante il quale essi soggiacciono immutati alla sec- chezza , assumendo lentamente un colorito rosso più o meno carico. Normalmente e nelle condizioni naturali gli zoosporangi riprendono in autunno le loro attività, e svolgonsi verso quell'epoca in germi mobili secondo il modo .sopra descritto. Eccezionali condizioni dell' ambiente possono tuttavia abbreviare il periodo d'ibernazione, il che succede spesso nelle colture. Ignoro se lo sviluppo ulteriore delia K. Facciolace presenti altre modalità differenti da quelle già esposte. A me è parso che colla pro- duzione di zoosporangi ibernanti si compia il ciclo di esistenza di questo organismo e che il solo mezzo di moltiplicazione che la pianta po.ssieda è quello per via agamica. Del resto .se evvi qualche lacuna da colmare n' è l'iservato il giudizio allo avvenire della scienza. Non appena ultimate le ricerche sulla precedente specie , mi si porse la occasione di rinvenire una seconda forma spettante pur essa l-V'. 14. K E N T R 0 S P II .E R A 95 allo stesso genere, la quale cresceva copiosamente associata alla Oscil- tav. vii la)'ia limosa in una palude presso la spiaggia di Messina. Ho voluto indicarla col nome di A', minor per la sua relativa piccolezza in con- fronto alla K. Facciolace. Le più grosse cellule zoospowfere della K. minor sono ellissoidi e raggiungono appena 35 micr. in lunghezza su 10-12 micr. di larghezza. La membrana è spessa tutto al più 1,8-2 micr.; essa è finamente stra- tificata, manca degli interni processi conici di cellulosa descritti nella precedente specie ; l'esterna callosità è invoce pronunziatissima, lunga persino 8 micr. su 3, 5 di larghezza, diritta e posta all'estreiiiità della cellula. La tintura di jodio rende alla membrana una debole colora- zione azzurrognola. 11 contenuto è ripieno di minutissime granulazioni verdastre associate ad una sostanza giallastra. In mezzo scorgasi un grosso nucleo protoplasraatico ; manca invece ogni traccia di globulo amilaceo , né la clorofilla si rinviene differenziata in nastri raggianti parietali, com'era il caso della specie precedente. Le zoospore della K. minor derivano per simultanea divisione del contenuto in 8-32 parti, le quali, a processo compiuto, vengono messe in libertà attraverso un foro praticato nella parete dello zoosporangio. 11 numero diverso delle zoospore dipende dalla grandezza differente dei zoosporangi. Esse sono ovali od ellis.soidi, d'un verde pallido, un po' più grandi di quelle della precedente specie, misurando da 4 a 6 micr. in lunghezza ; muovonsi per mezzo di due cigli e contengono un nucleo amilaceo. Del resto non esiste alcuna traccia di ocelli, né facile riesce accertarsi della presenza di vacuole pulsanti. Come le zoospore della A'. Facciolace, osse si svolgono soltanto agamicamente. Cessato il mo- vimento, si rivestono di una membrana più spessa e senza punto sfor- marsi gradatamente aumentano di volume ; ingrandisce parimenti e rendesi più distintoli nucleo amilaceo; il contenuto diviene più densa- mente granelloso. Raggiunta una lunghezza di 12-22 micr., per simul- tanea divisione, hanno origine 4-12 nuovi elementi, i quali a poco a poco rivestono tutti i caratteri della cellula madre. La parete di questa intanto si discioglie e le nuove cellule rimangono libere. Ben tosto esse tornano a moltiplicarsi nella stessa maniera precedente e questo pro- cesso si ripete poi indefinitamente. In ultimo, come nel caso della K. Facciolaoi, comincia la trasformazione di tali elementi in zoosporangi 96 STUDIALGOLOGICI e l'organismo perviene a quella fase, che è stata il punto di partenza dei fenomeni descritti. Non dirò altro dello sviluppo di tale specie ; quQsto poco ci basta per comprendere quali intime omologie legano ambo le forme. Sicché il genere Kentrospluvra rimane nettamente delineato da costanti ca- ratteri, i quali sono sufficienti a giustificarne la sua sistematica entità. Ammettendo colla più parte degli Algologi la distinzione delle Pro- tococcoidee a cellule vegetative immobili in Protococcacee e Palmellacee, secondo che la pianta moltiplicasi per soli germi mobili o per semplice divisione vegetativa alternantesi colla produzione di zoospore, il genere Kentrosphdra troverebbe un posto naturalissimo tra quest' ultima fa- miglia. Da tutti i fin qui noti rappresentanti di tale gruppo esso diffe- rirebbe per l'assenza di integumenti gelatinosi, per il particolar modo di divisione cellulare e per la pronunciata differenziazione delle cellule madri delle zoospore. Le specie di Kenlrosphcera anderebbero poi con- trodistinte da singolarissime condizioni biologiche, poiché, come si disse, esse crescono normalmente associate e disperse fra mezzo alle colonie di varie Oscillariacee. Ivi annidansi presso a poco come un Chlorochy- iriuìn, Mn Endosphcera ecc., nel corpo di una Lemna , di un PotU' mogelon : ma talvolta scioltesi le colonie ambienti, esse spargonsi libere sul substratum passando per le fasi di un autonomo sviluppo. Se questo modo di esistenza non riveste veramente tutti i caratteri di una vera simbiosi, parai i però un fatto degno di considerazione, il cui significato ci potrebbe ricondurre a possibili apprezzamenti sulla primitiva forma di quelle stabili associazioni tra Alghe ed altri organismi, le quali da pochi anni in qua hanno meritato tutta l'attenzione dei botanici. Sicché esaminate da questo punto di vista, le specie di Kenirospìiwra pre- sentano qualche lontana analogia coi Chlorocltìjb-ium, Phyllobium, colle Endospluvra e Scotinosphcera, forme di Protococcacee endofitiche le quali sono state tanto egregiamente illustrate dal Klelis (I). L'ana- logia è poi maggiore se si tien conto della forma e della costituzione dei zoosporangi. Sovente infatti presso le cellule zoosporifere di tali generi la clorofilla è differenziata in cordoni parietali ed esiste parimenti allo (1) Beitràge zur Kenntniss niederer Algenformen, nella Bot. Zeit. 1881, gine 249-336, tav. III-IV. KENTROSPU.KRA 97 esterno alla parete una valida appendice di cellulosa. La rassomiglianza di una cellula di Scolinospluvva paradoxa cogli zoosporangi ibernanti di KentrosphcBra è in particolare grandissima. Se non che tutte co- teste forme , moltiplicandosi per sole zoospore , sono state dal Klebs riferite alle Protococcacee. La nostra conoscenza sulla vita della Cloro- fìcee unicellulari sono però tuttora molto imperfette ; senza tema di esagerare può dirsi che una gran parte dei gruppi che vi si riferiscono sono del tutto provvisori. Segnatamente, io credo, le Pi'otococcacee e le Palmellacee sono destinate ad esser fuse in un solo gruppo. Esclu- dendo in fatti dalle Protococcacee un buon numero di forme che, dopo le recenti indagini, vanno ritenute quali stadi di sviluppo di Confer- voidee, ben pochi generi rimangono, i quali esaminati attraverso le diverse fasi di loro esistenza non presentino delle manifestissime identità con forme già considerate come autonomi tipi di Palmellacee. Citerò per ora a mo' di esempio i Pediaslrum, gli Scenedesmus, gli Ophio- cytium, organismi tutti, i quali, secondo le mie osservazioni, sono su- scettivi di ridursi allo stato di Palmella. Lo stesso dicasi di altre Protococcacee, tali i Characium e gli Hijdrocylium stando alle ri- cerche del Reinhardt (1). Sicché é a prevedersi che il numero delle vere Protococcacee diverrà sempre più limitato e che non sarà lontano il tempo di poter proporre la fusione delle due cennate famiglie in un solo gruppo , restando quella denominazione tutto al più ad indi- care stadi di fruttificazione di Cloroficee unicellulari o di differenti altre Alghe. (1) Protoc. der Sectionssitz. der V. Vers. ntss. Natiirf. und Aerzte in War- schau, 1876. Tvv VIL A. BoKzi, SlinH algulogicij fase. 1. 98 STUDI ALGO LOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA VII. KENTROSPH.ERA FACCIOLA^, Bzi. Fig. 1. — Zoosporangio ibernante (."^j- » 2. — Lo stesso in istato di vita attiva (id.). » 5. — Zoosporangio vuoto per mostrare le interne sporgenze coniche della parete cellulare, (id.). ti 4-5. — Genesi ed emissioni delle zoospore \\')' » 6. — Zoospore isolate molto ingrandite \,"y~j' » 7-9 — Stadi graduali di germinazione delle zoospore (."^y* » 10. — Una cellula protococcoidea derivata dalla germinazione delle zoospore, moltiplicantesi per simultanea divisione del contenuto, dando origine a nuovi elementi protocoeooidei (id.). » 11-12. — Successivi stadi di svolgimento di questi ultimi (id.). » 13. — Due elementi protococcoidei trasformati in zoosporangi (id.). Kentrospilera minor, Bzi. Fig. 14. — Zoosporangio (■^). » 15. — Il medesimo svolgentesi in zoospore (id.). » 16-19. — Successivi stadi di sviluppo delle zoospore in via di germinazione (id.). HORMOTILA, gen. nov. Cellula vegetativa spli^ric», ovatte, elipsoid^ aut raro oblonga?, contento chiorophyllaceo, granuloso, ab- sque globulo amylaceo , 2-4-8-16 intra integumentum gelatinosum, amplura, plus minus firmum, sa?pe concen- trice lamellosum , more Gloeocystidis , in familias glo- bosas aggregatas et stratum late efFusurn viride-coerule- scens constituentes. Cellularum divisio ad tres directiones, demum, stadio vegetativo peracto , ad duas vel ssepe ad unicam di- rectioneni. Zoosporangia , istlimo gelatinoso , solido , acliroo , magis minus evoluto interposito, in series moniliformes, simplices , aut subdichotome ramosas conjuncta , cel- lulis vegetativis 2-5plo majora , ovata , in collum plus minus elougatum attenuata , membrana crassa cincta. Zoospora 8-plura?, in singula cellula matricali, contenti simultanea divisione ortas, minuta, ovales aut ovato- oblongas, antice in rostrura hyalinum protractaj, ciliis vibratoriis binis et ocello rubro laterali pra^ditre, per porum lateralem libere examinantes, sine foecundatione germinantes. Multiplicatio sexualis nulla vel ignota. H. mnciseua, n. sp. — Diatn. celi. veg. 4-12 micr. ; zoosporangia usque ad 30 micr. crassa ; zoospora 1-2,5 micr. late et 3-5 micr. longse. Habitat in rupibus humidis, ad fontium parietes prope Salice circa. Messanam (Sicilia^). Oct. ISSO. Questa nuova Palmellacea veniva da me raccolta a pochi chilometri tav. vin e i dal Salice nell'autunno del ISSO. Essa cresceva copiosa sulle umide 100 STUDI ALGOLOGICI pareti di mi acquidotto scavato nella viva roccia e destinato alla irri- gazione di agrumeti , coprendone la superfìcie di uno spesso strato di gelatina verdastra-azzurrognola , analoga alle produzioni mucilaginose di molte Cianoficee. Grazie alla liberalità del mio congiunto sig. Giu- seppe Giorgianni, proprietario della località ove rinvenivo la connata Alga, mi è stato possibile non solo di procurarmi bastevole materiale da studio a varie riprese e in epoche differenti , ma altresì di prov- vedere alla conservazione ed alla maggiore diffusione di quell'organismo cosi raro. Ad un primo esame al microscopio la pianta presenta tutti i ca- ratteri di una Gloeocijslis ; anzi per parecchio tempo io la ritenni qualcosa di affine alla Gì. vesiculosa. In cotesto stadio le cellule stanno aggregate in estese colonie mediante produzione di abbondante muci- lagine differenziata in tegumenti. Lo ampliamento delle colonie è in- definito e compiesi per continuata bipartizione degli elementi, alternandosi i piani di scissione secondo le tre direzioni dello spazio. Più tardi in- terviene nella vita dell' organismo una seconda fase di sviluppo con- traddistinta dalla produzione di cellule zoosporifere disposte in serie lineari moniliformi, le quali si elevano dal substrato componendo degli eleganti cespuglietti a mo' di una piccola Confervoidea. E in questo momento che distintissime risaltano le differenze generiche di questa nuova Palmellacea e che una marcata linea di separazione è possibile di stabilire tra tale alga e le affini Hauckia Bzi, Dimorphococcus A. Br., ecc. Il nome di Hormotila accenna appunto a cotesta condi- zione caratteristica di sviluppo (1). Kig I-:? Esaminata durante lo stadio vegetativo V Hormotila niuciff enei, comtì dicevo, riveste l'apparenza di una Glceocystis. Variabilissima è però la consistenza degli integumenti onde sono avviluppate le cellule, in guisa che assumendo essi qualche volta una notevole fluidità, spariscono le loro ordinarie concentriche stratificazioni, confluiscono insieme in unica massa gelatinosa quasi amorfa e la intiera colonia prende tutti i ca- ratteri di una Palmella. Talora invece gli stessi inviluppi divengono solidi differenziandosi in validi sostegni inspessiti anularmente come quelli che sono caratteristici al genere Urococcus. Questa considerazione (1) Da ''OpixoS, ov, monile; T/Xai, uìy , bruscolo. IIORMOTILA 101 dimostra (lu.aiito sieiio iiuloterminati i limiti che separano queste ed altre formo generiche i cui caratteri differenziali risiedono sempli- cemente nelle svariate condizioni fisiche degli integumenti gelatinosi delle cellule di si fatti organismi , mentre pone in rilievo tutta la importanza di ogni ricerca biologica intesa ad illustrare la vita di esseri come questi di cui è parola, cosi relativamente semplici dal lato morfologico. Ma fatta astrazione di ciò e considerate nelle condizioni le più ordinarie, le cellule vegetative ieW Hormolila mucigona costitui- scono delle colonie spesso molto voluminose , le quali si stendono sul substrato formandovi una spessa crosta gelatinosa. La tipica lor forma è la sferoide; essa è però soggetta a frequenti variazioni, la più parte delle quali dipendono dalla direzione seguita dai piani di scissione du- rante la moltiplicazione. Per questa ragione accanto a cellule ovali si riscontrano frequentemente degli elementi ellissoidi od anche bislunghi, Kig. 34 e questi a volte più 0 meno assottigliati alle due estremità assumendo la forma di bastoncino 0 divenendo quasi aghiformi. Tutte cotesto forme si collegano insieme mediante graduali passaggi. In tal modo troviamo neir H. mucigcna pienissimo riscontro di un fenomeno recentemente osservato dal Richter (2) nella Glosocysiis vesiculosa e rupeslris. Va- riabilissime sono altresì le dimensioni delle cellule dell'i?, mucigena: le maggiori raggiungono persino 12 micr. nel massimo loro diametro, le più piccole circa 4 micr. Cotesta diversità dipende dal fatto che la divisione di ogni cellula non è seguita che da lievissimo incremento in volume dei nuovi elementi derivati. Questi vanno sempre più impicciolendosi. Per rimediare allo inconveniente che deriverebbe da cotesta circostanza av- viene spesso che i piani di scissione non si alternano regolarmente per parecchie generazioni ed una medesima cellula si divide per un numero indefinito di volte sempre secondo una stessa direzione. In questo caso le cellule tendono a restringere il loro diametro trasversale assumendo una forma allungata. Il contenuto delle cellule è della clorofilla variamente distribuita ed in diverso grado di abbondanza secondo la età e le condizioni di- verse di vegetazione delle colonie. Il più delle volte essa trovasi dif- ferenziata in radi granuli di differente volume situati senza alcuna (2) P. Richter, Zum Formenkreis voii Glceoc>/slis, neWa. Edwi(/ìa, 1880, n. 10. 102 STUDI ALGOLOGICI Tav. Vili F. IX regolaritii all'interno della cellula. Il colorito di tali granulazioni è di un verde molto pallido e sovente all'interno di esse spicca un corpu- scolo tondo amilaceo ; vi si frammettono pure talora delle gocciolette d'olio. Laddove i granuli di sostanza verde si conservano minutissimi, tutto il lume della cellula assume una colorazione più intensa e quasi omogenea , salvo nel centro ove scorgesi una piccola area circolare scolorata ripiena di un protoplasma molto refringente. Tale regione verosimilmente rappresenta il nucleo proprio alla cellula. Nelle cellule allungate la colorazione verde del contenuto é ancor più intensa e più Fig. 4. omogenea, i granuli clorofillacei non sono visibili ed il nucleo occupa una posizione laterale. Altre variazioni nella distribuzione della sostanza verde, come poi si dirà, si manifestano al momento della metamorfosi delle cellule in zoosporangi. Come dissi, le cellule si moltiplicano per successive bipartizioni, alternandosi i piani di divisione secondo le tre direzioni dello spazio. Cotesto processo non ha però sempre luogo con regolare intermittenza, e a volte vengono seguite per parecchie volte due sole direzioni, talora anche una soltanto, tornando poi di nuovo gli elementi a moltiplicarsi nella primitiva maniera. Principalmente lo avvicinarsi dello stadio frut- tifero fa si che lo ampliamento delle colonie si effettui secondo questi due ultimi modi. Nulla dirò quanto alla formazione degli inviluppi mucilaginosi onde sono cinte le cellule dell'//, mucigena durante lo stadio di cui è adesso parola : essi hanno origine invariabilmente nel modo stesso come os- servasi nei generi Gloeocysiis, Gloeocapsa, ecc. Ogni cellula nell' atto di scindersi si cinge di un proprio tegumento mucilaginoso, il quale persiste e lentamente distendesi intorno ai nuovi elementi di cui essa cellula è tosto inizio ; e questi alla lor volta si coprono di un nuovo tegumento gelatinoso , formandosi in tal guisa una serie di inviluppi di ordine diverso, secondo l'ordine di nascita delle cellule, alcuni dei quali parziali, cingenti una singula cellula, altri generali abbraccianti gruppi di 2, 4, 8, più elementi. Ogni integumento è di forma sferoide e segue esattamente i contorni delle cellule quando la divisione cellulare ha luogo regolarmente per piani di scissione alternantisi secondo le tre direzioni, e se la normale consistenza molle della massa gelatinosa, costituente l' inviluppo , non ha subito alcun profondo cangiamento. IIORMOTILA 103 Venendo meno alcuna di si fatte condizioni e segnatamente se le cellule i'av vni e i assumono per parecchie generazioni la tendenza di scindersi secondo una medesima direzione, gli involucri si allungano allontanando sen- sibilmente le cellule tra di loro. Questo normalmente osservasi verso la fine del periodo vegetativo e precorre ed é indizio della imminente trasformazione degli elementi in zoosporangi. Essendo variabile la con- sistenza degli integumenti, altresì variabilissimo lo stato di irabizione delle lamelle, differentissimo è pure il grado di evidenza col quale spiccano le concentriche stratificazioni degli inviluppi medesimi. Nelle figure 1-3 della Tav. Vili sono state rappresentate si fatte differenti condizioni di organizzazione dei tegumenti. Venendo a dire del secondo stadio, è necessario anzi tutto di notare come esso rappresenti una condizione definitiva di esistenza dell'orga- nismo, durante la quale le cellule cessano di svolgersi vegetativamente e a poco a poco si trasformano in elementi generatori di zoospore. D' ordinario le cellule poco prima di raggiungere si fatto stadio soggiacciono ad un processo di sviluppo ben differente da quello so- praddescritto, il cui risultato è una marcatissiraa differenziazione mor- fologica degli elementi costituenti le colonie. Esaminata durante questa nuova fase, VHormotila mucigena forma dei microscopici cespuglietti di ramuscoli aventi grandissima rassomiglianza coi filamenti di una piccola Confervoidea. Essi sono in fatto costituiti da cellule, disposte in Fig. 7. ? e i serie e collegate insieme per intermediario di una sorta di braccio gelatinoso più o meno sviluppato in lunghezza. Gli articoli sono tipi- camente globoidi , ma sovente quelli più interni , per mutue pressioni subite, divengono presso a poco poliedrici. 11 volume di tali cellule supera circa 3-5 volte quello degli elementi vegetativi ; ma d' ordinario esse scemano di grandezza gradatamente progredendo verso l'apice di ogni ramuscolo. Nello stesso ordine aumenta in lunghezza l'istmo gelatinoso che si frappone fra due articoli consecutivi. In tal guisa quelli estremi appariscono separati da un notevole intervallo, mentre gì' interni si toc- cano intimamente senza interposizione tfi veruna produzione gelatinosa. In tutti i casi i diversi ramuscoli assumono la costituzione di vere serie moniliformi. La disposizione e la direzione che seguono tali serie allo in- terno dei cespuglietti non é di facile rilievo, stante la grande compattezza 104 STUDI ALGOLOGICl Vili E IX di questi ; soltanto verso la periferia scorgesi come i ramuscoli ten- dano a sollevarsi dal substrato rivolgendosi verso i punti più esposti alla luce, dividendosi con ordine che parrebbe il dicotomico, come quello che procede da elementi che si moltiplicano per continuata bipartizione. Non si formano però che pochi ordini di ramificazioni la cui direzione è influenzata dalia luce. Il passaggio dalla forma vegetativa a questo secondo stadio, che si dirà riproduttivo, è normalmente preannunziato dalla lenta dissolu- i- 5 e 9- zione degli integumenti gelatinosi involgenti le cellule. Queste restano in ultimo perfettamente nude e disperdonsi sul substrato a mo' di elementi protococcoidei. Tutte le cellule vegetative , qualunque sia la forma e le dimensioni loro, sono suscettive di tale sviluppo. Spesso lo appressarsi di questa nuova fase é indicato dalla formazione di inte- gumenti assai tenui, facili a diffluire e a sciogliersi. Se le cellule non isolansi immediatamente, rimangono coinvolte dentro una ganga di tra- sparentissima ed amorfa gelatina. A volte persiste alcun tempo attorno ad esse qualche traccia de' vecchi tegumenti , specie quando questi presentano una certa consistenza verso lo esterno ; allora la liberazione delle cellule segue mediante parziale rottura degli invogli come se avvenisse una sorta di deiscenza. Fig. 9. Tali cellule, divenute in questa guisa libere, sono destinate a dare origine alle sopraddescritte serie moniliformi. Esse distinguonsi molto facilmente dagli elementi vegetativi non soltanto per la mancanza di inviluppi , ma sopra tutto perchè cinte da una membrana un po' più spessa e ben distinta. La clorofilla é inoltre raccolta in dense masse parietali , restando cosi scoperto nel mezzo un ampio spazio circolare trasparente. Il volume di tali cellule è molto variabile, mentre la forma loro è spesso quella sferica. La trasformazione di cosi fatti elementi in serie moniliformi com- piesi in due modi : P ogni cellula si cinge di un tenue inviluppo ge- latinoso, il quale tosto si estende lateralmente e svolgesi in un lungo braccio gelatinoso ; 2° la cellula persistendo sempre priva di qualsiasi inviluppo, si divide immediatamente in due nuovi elementi i quali ri- mangono separati per interposizione di un corto istmo mucilaginoso. Nel primo caso il contenuto si segrega in minuti e disuguali granuli clorofìllacei, i quali si staccano dalla parete e vanno a distribuirsi quasi IIORMOTILA 105 oiuogoiioaiueiite nella cavità cellulare. Contcmporaiiearaente la mem- brana svolge al di fuori da un solo lato, di rado dalle due estremità, una grossa appendice cilindroide di sostanza gelatinosa, la quale sem- pre più si allunga, sovente curvandosi, fino a raggiungere una note- vole estensione. Indi il contenuto si scinde iu due distinti elementi , i quali rimangono connessi insieme per intermediario di un nuovo braccio gelatinoso, sovente molto valido. Cosi procede oltre la costitu- zione di nuovi articoli. Alternandosi i piani di divisione secondo due o tre direzioni ne derivano delle serie più o meno ramificate. Il secondo modo di genesi mi é parso più frequente. In tal caso una data cellula si divide trasversalmente in due eguali metà, le quali persistono alcun tempo accostate l'una contro l'altra colle facce piane. Distinta e nettamente definita risalta la lor forma semisferica ; poi tendono a poco a poco a divenire rotonde e a scostarsi. In questo momento scorgesi interposto fra i due nuovi elementi una sorta di manubrio od istmo di sostanza gelatinosa, il quale sempre più si allunga allontanando a grado a grado le due cellule. A sviluppo compiuto queste prendono una forma esattamente sferoidale e restano congiunte da un valido cordone di consistente gelatina. Cosi disposti , tali elementi se- guitano a svolgersi nella stessa maniera precedente e per nuove par- tizioni trasversali derivano tosto quattro cellule situate in serie lineare, le quali si connettono a due a due mediante un braccio di solida uiu- cilagine. La serie si accresce poi rapidamente, aumentandosi il numero degli articoli per continuata partizione trasversale. In tal guisa hanno origine delle serie moniliformi semplici. Essendo variabile la lunghezza e la direzione dei bracci gelatinosi e spesso non simultanea la divisione delle cellule , cosi pure variabile ed irregolare risulta la direzione e la forma che pigliano le serie. Spesso accade che qualche cellula della serie cessi di dividersi se- condo la direzione seguita fin' allora e che si scinda nel senso perpen- dicolare. Cosi ha origine un ramo, il quale si può allungare o dividersi novellamente in altre ramificazioni seguendo il processo sopradescritto. In tutti i casi, fra le cellule interponesi il solito processo di solida ge- latina. Tutti i ramuli, che possono prodursi eventualmente, sembrano disposti dicotomicamente; ciò naturalmente dipende dal particolar modo di divisione delle cellule. Essi sono però molto disuguali, irregolarissinii A. BoRzi, Sludt al:jùlugici, fase. 1. 15 106 STUDI ALGOLOGICI e dalla forma e dal modo di connessione degli articoli riesce facile assicurarsi come siffatte serie non abbiano nulla che fare coi filamenti di una Conferva comunque a volte ne sia grandissima l'analogia. I descritti cespuglietti possono benissimo esser considerati come vere colonie di elementi generatori di zoospore, connessi insieme in serie lineari mediante produzione di consistente gelatina, godendo ogni ele- mento di una perfetta autonomia. La luce allontanando i ramuscoli dalla direzione loro normale, curvando le serie, rende alle colonie una struttura un po' più complessa. Lo accrescimento di tal sorta di colonie è limitato dalla trasfor- mazione delle cellule in zoosporangi. Spesso accade che mentre gli articoli di una coroncina si dividono, interviene si fatta metamorfosi ; però dei due elementi derivati dalla scissione di un dato articolo uno cessa di dividersi ulteriormente e tosto cambiasi in zoosporangio , mentre l'altro conserva la facoltà di scindersi nuovamente. Le due cellule figlie, che da quest'ultimo hanno origine, ripetono indi lo stesso modo di sviluppo e cosi di seguito le altre coppie di cellule generate, fintantoché non sia giunto il momento della completa tra- sformazione di tutti gli elementi della serio in zoosporangi. Notisi però che, durante questa maniera di formazione e d'incremento delle coroncine, le cellule che conservano la facoltà di moltiplicarsi vege- tativamente per semplici partizioni sono quelle della regione apicale dei ramuscoli. In tal modo la genesi dei zoosporangi va considerata come centrifuga ed ogni serie parrebbe fosse dotata d'incremento apicale nello stesso come accrescesi un ifo, o le serie cellulari di talune alghe superiori. La intiera trasformazione di una coroncina in serie di zoo- sporangi compiesi ad epoca indeterminata della vita di una colonia a sviluppo di Glceocìjstis. Non ho potuto a tal proposito determinare se lo avvicinarsi dell'autunno o di altra stagione, o lo influire di condizioni ambienti diverse dalle normali, possa esercitare qualche azione su tal fenomeno. 11 certo è che ambo le rammentate forme persistono e si rivengono contemporaneamente in tutte le stagioni dell'anno sul sub- strato. La copiosa produzione di gelatina costituisce per le colonie un valido mezzo di preservazione e di difesa contro esterne sfavorevoli influenze. Un ultimo modo di formazione delle colonie zoosporangifere è quello IIORMOTILA 107 che efTettuasi senza che si manifestino profondi camhiamenti nello stato e nella forma di ag-gregazione delle cellule componenti le colonie ve- getative. Questo è perù uu caso molto raro e può , io credo , esser provocato da brusche variazioni ambienti. Le cellule allora persistono incluse nel loro spesso inviluppo gelatinoso; alcune di esse si trasformano dirottamente in zoosporangi ; altre tendono a scindersi una o poche volte secondo una medesima direzione, oppure cambiano subito dire- zione, senza spogliarsi del comune inviluppo mucilaginoso e quindi subiscono Ja medesima trasformazione. Da ciò derivano delle colonie zoosporangifere non aventi alcuna forma determinata e formanti dei complessi assai intrigati ed irregolari, i quali qualche volta si rinvengono dispersi in mezzo alla gelatina delle colonie vegetative. Si fatte for- mazioni mancano del caratteristico manubrio gelatinoso e i zoosporangi stanno raccolti a gruppi di 4 o di 2 dentro più strati di consistente Fig. u mucilagine di cui alcuni parziali interni, altri esteriori. La trasformazione delle cellule in zoosporangi comincia , come dissi , dalle regioni interne delle coroncine e gradatamente procede verso gli articoli dell' apice. Le cellule, durante questo processo, a grado a grado s' ingrandiscono mentre la parete insensibilmente s* ispessisce ; il contenuto diviene a poco a poco finamente granelloso, distribuendosi con una certa omogeneità nella cavità cellulare. A completo sviluppo gli zoosporangi sono per lo più ovati od ovato-sferici, da due a cinque volte più grandi delle cellule vegetative, di rado un po' più piccoli. I bracci di gelatina, che servono a connetterli in serie, appariscono un po' più raccorciati per via dell'aumento di volume subito dalle cellule durante le metamorfosi loro in zoosporangi. In conseguenza di ciò, gli zoosporangi più grossi mancano di cosi fatta produzione gelatinosa o tutto al più questa è ridotta a minime proporzioni. Dall' ordine di genesi dei zoosporangi dipende il fatto che, esaminando ad una data epoca delle colonie zoosporangifere, vi si scorgano cellule generatrici di zoospore in differenti gradi di maturazione e quindi aventi variabilissime dimen- sioni: i più grossi zoosporangi si troveranno costantemente nello interno; anzi quivi, soggetti a mutue pressioni durante il loro incremento, essi talora appariscono schiacciati da più lati. Le zoospore si formano per simultanea divisione del contenuto di 108 STUDI ALGOLOGICI tav. Vili E IX, ogni zoosporangio in 8-16-32-64 parti. Questa diversità di numero dipende dalla variabile grandezza dei zoosporangi ; i più piccoli danno origine a sole 8 zoospore, i più grossi a 64 ed anche più. Prima della Fig 12 completa differenziazione del contennto in germi mobili, la parete della cellula madre comincia a crescere da un lato sollevandosi a poco a poco in forma di papilla. Il contenuto medesimo prende una strut- tura più finamente granulosa ed un colorito tendente al giallastro. Le zoospore nascenti sono indicate da minutissime areole più pallide, fittissime e poliedriche. Durante lo sviluppo dei germi 1' emergenza laterale si solleva sempre più, assottigliandosi continuamente la parete corrispondente a quella regione e si differenzia a poco a poco in una sorta di collo. Compiuto lo sviluppo delle zoospore, il contenuto prende una co- lorazione rossastra dovuta agli ocelli delle zoospore, i quali spiccano attraverso le pareti delia cellula madre. I germi .sembrano immersi in un liquido trasparentissimo. Il loro moto comincia nello interno dello zoosporangio e si versano a poco a poco nella regione del collo ; questo tosto si discioglie all'apice, formandosi una sorta di manica che le zoo- spore attraversano immantinente rendendosi cosi libere. p>s- 13. Le zoospore sono piccolissime e di una estrema delicatezza. La loro struttura non è quindi di facile rilievo. Sono ovato-bislunghe od ovali,, assottigliate in rostro, spesso lungo, jalino nella estremità anteriore, un po' ottuse posteriormente. Neil' interno scorgonsi pochi granuli d' un verde pallido e lateralmente un ocello rossigno. Per mezzo dei reagenti rendonsi visibili due esilissime ciglia eguaglianti in lunghezza presso a poco il corpo della zoospora. Esaminate nell' acqua, le zoospore muo- vonsi con grande vivacità dirigendosi verso i punti più rischiarati. Im- pedite sovente nel loro moto dalla gelatina delle colonie vegetative si arrestano prestissimo. Se la densità della mucilagine ambiente non è molto grande esse muovonsi ancora alcun tempo lentamente dando luogo a un fenomeno già accennato a proposito delle raacrozoospore del C(e- nodadus circinnalus, il quale prova ancor meglio essere il corpo dei protoplasmi nudi, massime delle zoospore, estremamente contrattile. In Ki- u. tali condizioni in fatti le zoospore dell' Hormolìla mucigena si spingono innanzi contraendo ripetutamente il loro corpo, sformandolo profonda- mente per ripigliar tosto la primitiva configurazione. Il germe par che nORMOTILA 100 faccia degli enormi sforzi por superare gli ostacoli ambienti e mediante sidatto moto ameboide sovente esso rendesi perfettamente libero dalla gelatina ambiente. D'ordinario il moto dura circa Gore; prodotte verso le prime ore della giornata, le zoospore passano allo stato di quiete poco prima di mezzogiorno. Malgrado le più accurate ricerche non ho potuto verificare se esse adempiano ad altra funzione all' infuori di quella di germi di moltiplicazione agamica. Pervenute in riposo, germinano trasforman- dosi tosto in piccole cellule sferoidi. La germinazione presenta questo di caratteristico, che il rostro sparisce e tutto il corpo del germe, da bislungo che era, i sformarsi, contraendosi lentamente, in una piccola massa globosa a contorni distinti. Per qualche tempo rimane visibile neir interno l'ocello rossigno ed un piccolo granulo amilaceo. Gli altri corpuscoli clorofìllacei, già esistenti nel corpo della zoospora, verosimil- mente vengono disciolti durante la germinazione. Tali cellule s'ingran- discono poi insensibilmente, aumentando proporzionatamente nel tempo stesso Io spessore della membrana. Lo sviluppo poi continua non in- terrotto per alcun tempo seguendo per due vie differenti: ora in fatti hanno origine colonie vegetative a sviluppo di Glceocystis, ora diret- tamente sole colonie zoosporangifere. 11 primo è probabilmente il caso normale. Le cellule derivate dalla germinazione delle zoospore divengono allora molto grandi, cingendosi di una membrana assai spessa e differenziata in istrati concentrici. I granuli cloroflilacei stanno accumulati in maggior copia contro le pareti. Ben tosto il contenuto successivamente si scinde in 2, 4, 8 cellule , mentre la parete diffluisce in mucilagine trasformandosi in una serie di inviluppi parziali involti dentro un comune invoglio. Cosi generasi una piccola famiglia a sviluppo di Gloeocystis, il cui ampliamento pro- cede poi rapidamente secondo i modi sopra descritti. Il secondo caso trovasi rappresentato nella fìg. 20 della tav. IX. Probabilmente trattasi di un fenomeno accidentale avendolo io riscon- trato poche volte. In tal caso le cellule non s'ingrandiscono gran fatto e rimaste piccole si dividono tosto trasformandosi in corte coroncine. Queste non sono poi suscettive di raggiungere uno sviluppo completo, come ho potuto verificare, il che conferma la mia supposizione quanto alla poca o veruna importanza di questa forma di sviluppo. T>v Vili r, I 110 STUDI ALGOLOGICI Poco mi resta da dire intorno alla posizione sistematica ed alle affinità del genere Hormotila. Evidentemente trattasi di una nuova Palmellacea. Adottando gli aggruppamenti proposti dal Kirchner (3) quest' Alga anderebbe collocata fra le Palmellaceae SlipUatae. E di certo, nelle condizioni presenti della Sistematica delle Alghe inferiori, nessun' altra posizione, sembra, le possa convenire, sebbene quel gruppo, parmi, includa qualche volta degli elementi assai eterogenei (4). Co- munque sia, evidenti affinità legano V Hormotila aWHauckia insularis Bzi (5). Questa pianta forma delle colonie vegetative aventi la strut- tura di una Glceocystis , i cui elementi si compongono più tardi in serie, trasformandosi in zoosporangi. La disposizione ed il modo di deiscenza di questi , la forma ed il modo di sviluppo delle zoospore , costituiscono le sole differenze capitali fra questi due generi. Del resto il contenuto cellulare presenta in ambedue questi generi delle grandi (3) Op. cit., pag. 105. (4) Citerò a mo" di esempio il Dicti/osphaerium Ehrenhergianum Nàg. (Gat- tung. cinzell. Algen, Ziirich 1849, p. 72-74, Tav. Il, E.). Con ogni probabilità questa pianta è molto più affine al Physocijtium confervicola , da me descritto nelle pre- cedenti pagine, anzicliè ad altre lorrae del riferito grappo. La formazione di tenui stipiti, filiformi, gelatinosi, che vi è caratteristica, non basta che ad indicarci al- cune prossime analogie che corrono tra le forme di cui è parola. Tutte coleste pecularietà, determinanti l'associazione di individui unicellulari e la costituzione loro in colonie, hanno, siccome io credo, un' importanza ben secondaria nella deter- minazione del valore tassinomico di date forme spettanti alle Palmellacee, mentre è indispensabile in simili casi di rivolgere con preferenza la nostra atttenzione alla struttura intima delle cellule e allo sviluppo cui queste vanno soggette. La produ- zione di esterni invogli gelatinosi è un fenomeno frequentissimo in esseri come questi, dove tutta la esistenza si compendia nell' attività propria all' unico elemento istologico onde si compone l'organismo, e rappresenta una speciale forma di adat- tamento alle condizioni ambienti, una provvida disposizione di resistenza dell'indi- viduo contro gli svantaggi del suo isolamento e dell' estrema piccolezza del suo corpo. Sgraziatamente lo sviluppo del Bictyospliaerium Ehrenbergiamim, e' è finora in gran parte ignoto. Quanto alle cellule ò possibile per altro affermare essere esse Intimamente costituite come quelle di una Volvocinea, almeno a dedurle dalla di- .stribuzione della sostanza verde, dalla presenza di un grosso nucleo amilaceo e di vacuolo pulsanti nel loro interno. (5) A. BoRZÌ, llauchia insularis, nuova Palmellacea dell'Isola di Favignana, nel Nuovo Giornale botanico italiano, voi. XII, 1880, n. 4. IIORUIOTILA ni rassomiglianze. Forse alcuni altri punti di contatto esistono fra la r^v vm , IlormoUla ed il Dimorpliococcus lunatus A. Br. od altre forme di Palrnellaceo a cellule fruttifero soiTctte da stipiti gelatinosi consistenti. Il Mischococcus Gonfervicola Nag., che io già indicavo molto intimo aìVIIauckia, non ha nulla di affine né con questa pianta nò colla stessa Ilormolila ; probabilmente trattasi di un organismo da cancel- larsi dal novero delle Palmellacee, come poi dirò rappresentando esso lo stadio di sviluppo di qualche Confervoidea. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Vili E IX. Piff, i, — Porzione di una colonia a sviluppo di Glceoci/stis ; gì' integumenti possiedono la ordinaria consistenza gelatinosa ; nell'interno delle cellu- le la clorofilla è differenziata in granuli, di cui alcuni sono manifesta- mente amilacei (-^). , 2. — La precedente ad integumenti molto consistenti, anularmente inspessiti e differenziati in grossi stipiti a mo' di Urococcus (id). » 3. — Piccola colonia vegetativa ad integumenti parziali sciolti, con cellule elissoidi (id.). » j, Cellule vegetative assai allungate , divenute libere per completa soluzione degli integumenti e moltiplicantisi per longitudinali divi- sioni (id.). » 5. — Le medesime dividentisi trasversalmente (id.). » 6. — Diversi gradi di trasformazione delle cellule vegetative in colonie zoosporangifcre : la differenziazione dello inviluppo in stipiti suole, nel caso indicato, precedere la divisione del contenuto della relativa cellula (id.). 112 STUDI ALGOLOGICI Fif). 7. — Giovine colonia zoosporangifera derivata dal precedente processo (-55^). » 8. — Colonia zoosporangifera adulta, a sviluppo non ancora perfettamente compiuto (id.). » 9. — Cellule vegetative sferoidali , libere , prive d" inviluppi destinate e trasformarsi in colonie zoosporangifere (id.). » io. — Le medesime in via di sviluppo ; in ciascuna cellula la differenzia- zione degl" inviluppi in stipite gelatinoso segue appena compiuta la divisione del contenuto della cellula stessa (id.). » 11. — Due zoosporangi contigui appartenenti alla regione più vecchia di una colonia fruttifera (id.). » 12. — Porzione di una colonia zoosporangifera a cellule in diverso grado di riproduzione per zoospore (id.). » 13. — Zoospore libere molto ingrandite (~). » 14. — Le precedenti dodati di moto lentissimo, ameboide (id.). ^> 13. — Primi stadi di germinazione delle zoospore { j. » 10-18. — Stadi successivi di germinazione dello precedenti ; in una ilelle fi- gure , le zoospore impedite di allontanarsi dalle cellule madri loi'o . si sono svolte in prossimità di queste (id.). » 19. — Stadio di sviluppo definitivo delle zoospore germinanti ; dagli ele- menti rappresentati nella figura, avranno origine nuove colonie a sviluppo di Glceoci/stis (id.). > 20. — Colonie zoosporangifere in corso di formazione, derivate direttamente dalla germinazione di zoospore (id.). AGGIUNTE Jr ARECCHiE difficoltà incontrate nella esecuzione delle Tavole hanno di gran lunga ritardato la pubblicazione di questo primo fascicolo, rendendo inevitabili talune imperfezioni, nonostante il grave dispendio subito. Durante questo tempo trascorso mi si è presentata di quando in quando l'occasione di ritoi'nare sulla traccia delle precedenti ricerche, di controllarne i risultati con nuove indagini, riempendo qua e là qual- che lacuna rimasta nei primi miei studi. Limitando quindi la mole del lavoro alle poche pagine che precedono, parmi conveniente di riferire qui in ultimo questi nuovi risultati, i quali completano in gran parte le esposte cognizioni sulla Biologia di alcune forme studiate. Riferendomi primieramente a quanto dissi intorno alla sessualità della Ulva Lacluca, le nuove ricerche confermano pienamente i prece- denti studi. Nell'Ulva Grevillei Le Jo]., che ebbi occasione di studiare nello scorso anno da materiale raccolto sulle coste della vicina Calabria, le zoospore si comportano da veri plasmidi sessuati , mancando asso- lutamente della facoltà di svolgersi in via agamica : la copulazione è quindi anche in questo caso una condizione esclusivamente indispen- sabile alla conservazione dell' organismo. Lo stesso non potrebbe dirsi quanto allo sviluppo di una forma, che con molta probabilità va ritenuta A. BoRzr, Studi aìgoìogicij fase. 1. 16 114 AGGIUNTE afRnissima od identica alla U. crispata del Bertoloni ( Amoen. Hai. p. 83). Quivi una gran parte di zoospore si accoppiano e trasformansi in zigospore , le quali germinano tosto come gli omonimi germi della U. Lactuca; le altre, rimaste infeconde, conservano la facoltà di svol- gersi, trasformandosi direttamente in brevissime serie ifiche, aderenti alla roccia colla base conformata a mo' di rizina e costituite da un semplice ordine di cellule. Nelle mie culture dalla germinazione di cotesta sorta di zoospore non si sono formate che piante esili , dotate di uno sviluppo in apparenza stentato, lentissimo, aventi una costitu- zione ben differente e semplicissime in confronto alle giovani piantine della medesima specie , ottenute nelle medesime condizioni di cultura e nello stesso tempo dalle zigospore germinanti. In questo caso nei primi stadi della germinazione, accresciutosi il volume del germe, dif- ferenziatasi la base in rizina, seguiva tosto la lenta e graduale disso- luzione del corpo germinante in cellule distinte, suscettive di autonomo sviluppo a mo' di gemme staccate dal corpo materno. Seguendo le me- desime leggi indicate trattando dello svolgimento dei germi sessuati dell'?/. Lachica, siffatte cellule davano origine nel corso di circa due mesi a giovani piantine aventi una costituzione del tutto normale. La conclusione, che potremmo trarre da cotesto ricerche, baste- ranno probabilmente a porre in rilievo tutta l' importanza della ses- sualità , di fronte alla moltiplicazione agamica presso il genere Ulva. Non sarà forse inverosimile ammettere come in quelle specie, dove la differenziazione sessuale non si è punto manifestata in maniei'a assoluta ed esclusiva dal lato fisiologico e i germi mobili sono altresì suscettivi, per mancata copulazione, di svolgersi in via agaraica , quest'ultima forma di moltiplicazione rappresenti una condizione impossibile alla conservazione dell' organismo attraverso un grande numero di gene- razioni , rendendosi indispensabile in tal caso che lo sviluppo venga rinnovato per via sessuale e quasi rinvigorito dalla fusione di due distinti plasmidi. Gettando poi uno sguardo alle forme differenti, rappresentanti la piccola famiglia delle Ulvacee, considerate dal punto di vista del loro sviluppo, giusta le cognizioni finora acquisite, riesce agevole classificarle in tre gruppi secondo il modo e la forma di moltiplicazione lor propria. Avremo cioè : AGGIUNTE 115 1° Specie a sviluppo esclusivamente agamico : Monoslroma Wil- (rockii, Boni. 2° Specie a sviluppo sessuale ed agamico contemporaneo : Ulva crispata, Bert. 3° Specie a sviluppo esclusivamente sessuale: Monoslroma bullo- sum Ktz, Enteromorpha compressa L., E. dathrala L., Ulva Lacluca L., U. Grevillei Le Jol. In tutti i casi indicati i plasmidi , tanto agaraici come sessuati , sono identici nella forma e nelle dimensioni loro. Le sole differenze si riferiscono alle loro proprietà fisiologiche. Tali considerazioni pos- sono gettare molta luce allo importante problema della sessualità , indicandoci per quali modi e per quali vie si sia essa gradualmente e progressivamente stabilita nel corso della evoluzione organica. Durante la stampa di questo fascicolo mi si porgeva la occasione di rinvenire una seconda forma del genere Ctenocladus e di studiarne lo sviluppo. Essa cresceva copiosa sulle mura di un vecchio acquidotto nelle vicinanze della città, preferendo le screpolature e tutte le parti della parete prive d' intonaco. Le osservazioni estese a questa nuova specie completano in gran parte le esposte notizie sul genere Cteno- cladus, epperò, parrai, valga la pena spendere qualche parola sui ri- sultati di tali ricerche. Distinguerò questa nuova specie col nome di Ci. fasdgialus per allusione alla caratteristica disposizione delle estreme ramificazioni dei filamenti macrozoosporiferi. L'alga si estende a mo' di crosta sottile a superficie finamente verrucosa , colorata in un bel verde intenso e di notevole compattezza. Questa è poi d'ordinario accresciuta da un leg- giero deposito calcareo dovuto all' acqua fluente dalle pareti sovrapposte. Lo spessore mas.simo di tali incrostazioni non supera i 2 mm. Esse sono costituite da un sistema di filamenti delicati, irregolari, diffusi e ser- peggianti sul substrato , tramezzati tratto tratto a grandi e disuguali distanze. Si fatte cellule contengono da principio scarsa clorofilla, rac- colta in unica fascia parietale, situata verso il mezzo ed includente un grosso e distinto nucleo amilaceo ; indi vuotansi e costituiscono delle serie perfettamente scolorate a mo' degli ifi di un fungo. L' analogia è 116 AGGIUNTE grandissima stante la delicatezza e trasparenza delie membrane cel- lulari. Cotesto sistema di filamenti presenta in origine ramificazioni assai scarse e prodotte in apparenza senza alcuna norma ; indi le divisioni divengono a grado a grado più frequenti ; intanto i fili si allontanano a poco a poco dal substrato e i ramuli tendono a disporsi unilateral- mente per assumere infine una direzione verticale. Ogni cellula dà allora origine ad un nuovo ramo, e tutti i ramuli, inseriti sopra uno stesso lato del filamento di ordine precedente, si rivolgono all' insù crescendo ritti ed accalcati densamente gli uni sugli altri per raggiungere la stessa altezza. Ne derivano in tal modo folti ed estesi cespuglietti coi rami copiosi e regolarmente fastigiati. Le cellule stesse di questa ultima re- gione rivestono caratteri del tutto particolari ; esse sono divenute a poco a poco più corte, superando raramente la lunghezza loro del doppio il diametro trasversale. Contengono abbondante clorofilla, la quale occupa interamente la cavità, differenziandosi in granulazioni frequenti, fra le quali spicca un grosso corpuscolo amilaceo, quasi globoide. I contorni delle cellule assumono sempre più una certa regolarità ed una forma determinata; le strozzature, indicanti i punti di connessione di articoli contigui, a poco a poco si rendono meno marcate, a misura che ci si accosta alla estrema regione della fronda. Quivi infine gli articoli ap- pariscono cilindrici. La trasformazione delle cellule apicali in macrosporangi mette un termine all' aumento vegetativo della fronda. Le macrozoospore nasco- no per successiva divisione del contenuto dei zoosporangi e ne deri- vano d' ordinario 8 da ogni cellula siffatta. L' uscita delle macrozoo- spore ha luogo prontamente per completa dissoluzione della regione apicale dello zoosporangio. I germi rassomigliano moltissimo a quelli del Ci. circinnatus, salvo che sono un po' più piccoli. Del resto su- biscono pure le medesime fasi di sviluppo. Compiuta la evacuazione dei raacrozoosporangi, i filamenti danno luogo ad un nuovo modo di svolgimento. I ramuli seguitano ad allun- garsi, producendo articoli sempre più corti. Questi assumono a poco a poco una forma globosa e costituiscono delle serie moniliformi. Tali cellule inspessiscono a grado a grado la loro parete, si riempiono di grosse e fitte granulazioni clorofillacee e l'una dopo l'altra, secondo AGGIUNTE 117 roi'dine loro di nascita, si staccano e si sperdono sul substrato. In tal modo hanno origine dei cumoli di elementi protococcoidei. Si fatta trasformazione si estende rapidamente a tutti gli elementi di una fronda e solamente i filamenti primordiali ipofleodici , scarsi di cloro- filla, delicati, ad articoli lunghissimi vi sono esclusi; i quali bentosto si disfanno. Lo sviluppo ulteriore di tali elementi segue però per due vie diffe- renti: alcuni persistono inalterati lungo tempo allo stato di zoosporangi; altri si scindono successivamente in 2, 4, 6, 8 ecc. parti , le quali di- vengono altrettante cellule protococcoidee contenenti un plasma cloro- fiUaceo , densamente granelloso, provvisto di nucleo amilaceo e cinto da una membrana di mediocre spessore. Tali elementi divengono ben presto cellule generatrici di microzoospore suscettive di dar luogo ad infinite generazioni di nuovi elementi protococcoidei, oppure, influendo favorevoli condizioni, svolgonsi in delicati filamenti, rinnovando cosi le frondi per via agamica. Uno stadio palmellaceo contraddistinto da no- tevole gelificazione delle membrane cellulari , siccome abbiamo notato nel Ct. circinnalus , manca a questa seconda specie. Del resto ambo le forme convengono perfettamente nei loro caratteri fondamentali relativi allo sviluppo ed alla organizzazione. Un po' più piccoli appari- scono i germi mobili del CI. fasiigialus, confrontati con quelli della precedente specie. Lo stesso dicasi dei zoosporangi. I microzoosporangi stessi di questa ultima specie sono costantemente solitari all'apice dei ramuli , mentre questi nascono diritti , comunque tutti situati lungo uno stesso lato del filamento d' ordine precedente. Tali sono le principali differenze che corrono tra le due specie descritte, le quali possonsi brevemente riassumere colle frasi seguenti: Ct. cibcinnatus , Bzì — Ramelluli apicales eleganter circinnato-cymosi. Macroz. lat. ad 7 micr. ; microz. 2-3 micr. crassae. In star/nis submarinis Siciliae (Messana;). Ct. fastigiatus, Bzì — Ramuli et ramelluli apicales erecti, striati, fastigiato- aggregati. Macroz. et micr. pauUo minores. In aquis dulcibus, praeciptce copiose ad parietes vetusti aquaeductus, apud Messana (Siciliae). INDICE DEL PRIMO FASCICOLO PREFAZIONE Chlorophyce/e ; Ulva, L. (Tav. I) Leptosira, n. gen. (Tav. II) Ctenocladus, n. gen. (Tav. Ili e IV) Cladophora, Ktz. (Tav. V) Physocytium, n. gen. (Tav. VI) Kentrosphaera, n. gen. (Tav. VII) ... Hormotila, n. gen. (Tav. VIII e IX) Aggiunte 1 .. 17 .. 27 .. 51 .. 71 .. 87 .. 99 .. 113 ABorzi.Stuili Al^ol»^ici. Tavl. r: f 5. f> ^V/ ~^* f \ì/^ \ /""^^ u .^ 10. r^ ^-)<é /^- 12. ^H ^-^- 13. ,^ ^ ? 14. 15 s ^ @' \\. 16. 17. 2a 16 2,0. ,4nct. ad nàt del. Lit LcmF.Berlùi mk LACTUCA ;\,|-i i-:i otudi Ali5olo(5ici. Tav.ìl. \ 'u /^ <^ T »' i) ~i ^ , 12 15 #1 10 14 15 > V <ùì> '^ 16 ^ ./-# xSP-^ 17 # id .4//'/ lui Rul dei e ('itf/'uni incise l'TDSIRA MElHCI.WA.Borzi A.Bora. Studi Aiuolo Aci Tavm Jit/i. ad TI a/. deL Lti.L atte, Bfrlùi CTENOCLADUS CIRCINNATUS Borz 'ZI A.Borzi.Studi Al^ologici. TavIV Aiutadnat.dcL hit. L aue. Berlin. CTENOCLADUS CIRCINNATUS Borzi. ^A^orzi Studi Alj^oloijici TavV ♦ * l'irì del pt jculps. ^ • riADOPHoKA.Kiz. lit Biiliinig fW-} ^(l 11 RAPI ^> /V.Borzi Sludi Al<^olo<^ici Tav\a H 9- M I u ri ## J»^ JL ,9 # * f« © \) m (©3 ^^ ^ ^ * 9 i^^i^ ^^ A, 1,1 ,1,1 mi I ,lrL e. (nilritni ì/rrmc vsncìTini ('()xr['HVic()i,.\, Lit Muasi MsL- 'A.Borzi Studi Al.^oK'ii .An/^>^ :^v 'J ^ ® ,*^ 10 11 15 ^'M mw^ 12 ^0 13 16 17 f. ^ a 16 19 Allei ;ii/ n.il ilrl. I ' (ÌìèIi'ÌJIII iiicis)- Fio 1.13 KE.\'TR0SP1UER.A F.\(riOL.A:\t àorzi - Fi§.14/i'J k'. MINOR Boni. tè •••• ♦• A_BoT-2^?!ii!^ AMolU^y Tav.VlII m fti ^ '^:t*' 'O" Avctad nai Jel aORMOTlLAMUtlGEMjoni, "^ nSehald lil ^f- SBiihma, ^- il # A.Borzì.SUiài Algolo^^ici 13 »?> & <# 14 -SV ^ ^ 16 17 20 ■i^ Alici', ai nal-dtl - Th Sehnkl. Ul HORMOTILAMUCIGEMJorzi. E. Biihn'nsf Messina -^^IC STUDI A L G O L O G I C I STUDI ALGOLOGICI SAGGIO DI RICERCHE SDLLA BIOLOGIA DELLE ALGHE ANTONINO BORZi Professore ordinario di Botanica nella R. Università E Direttore dell'Orto Botanico di Palermo FASCICOLO II TAV. X-XXXI PALERMO ALBERTO REBER LIBRERIA CARLO CLAUSEN MDGGGXCV »■ h. 'f^; Padova 1894, Tip. del Seminario. ED. BORNET e N. PRINGSHEIM CON AMMIRAZIONE E OSSEQUIO PROFONDO L'AUTORE AL LETTORE JMel 1883 veniva alla luce il primo fascicolo di questo libro. Era mio desiderio che la continuazione seguisse regolar- mente, senza interruzioni ; ma difScoltà di vario genere rende- vano inevitabile un lungo indugio, talché, sebbene la stampa del presente fascicolo fosse già stata iniziata sin dal 1886, soltanto oggi m'è possibile rendere compiutamente di pubblica ragione il mio lavoro. Della qualcosa non ho a dolermi, perchè, se non ad altro, il lungo ritardo è valso a render più maturi alcuni giudizi e ad accrescere la sperienza, che non è mai troppa in fatto d'indagini scientifiche. Durante questo tempo sono com- parse parecchie pubblicazioni, le quali hanno certamente eserci- tato una benevola influenza suU' indirizzo dei miei studi. Ricordo principalmente i lavori dello Schmitz sui cromatofori delle Alghe, quelli del Dangeard sullo sviluppo di alcune Cloroficee inferiori, gli altri più recenti del Reinke, del Mobius etc. In questi ultimi anni poi la bibliografia algologica si è arricchita di un'opera eminente- mente utile, la Sylloge algaruni del De Toni, la quale, come vasto e minuzioso inventario descrittivo di tutto ciò che concerne la si- stematica delle Alghe porge allo studioso valevole appoggio di sicuri raffronti. Tralascerò dal citare altri scritti d' indole meno generale comparsi durante la stampa di questo secondo fascicolo ; di al- cuni, aventi attinenza coi miei studi è stato fatto cenno quando se ne è presentato il bisogno ; forse altri, di recentissima data sono stati trasandati e chiedo di ciò venia al lettore. Mi resta in ultimo da ringraziare molti egregi cultori di Algologia per la benevolente cooperazione di cui mi sono stati pro- dighi e con grato animo ricordo specialmente i nomi dei Signori D.' E. BoRXET, D.' G. B. De Toni, D/ G. Lìgerheim, D,' Otto NoRDSTEDT per non dire di altri dei quali ebbi al bisogno largo sussidio di consigli e di materiale. 'D' Palermo, gennaio 1895. A. BoRzì INDICE DKL SECONDO FASCICOLO Miscliococcus Niig. {Tav. X) mi» 191 Chlorothecium Borzi (Tav. XI) ^ ,-0 Oharaciopsis gen. nov. (Tav. XIV) ^^ ,-. Botpydiopsis gen. nov. (Tav. XH, Xfir) , jgg Bumilleria gen. nov. (Tav. XVT, XVI[) , jg3 Prasiola Ag. (Tav. XVIII, XIX, XX) ,^ 203 Protoderma Ktz. (Tav. XXI, XXII, XXIII, XXIV) » 2-15 Entoderma Lagerli. (Tav. XV) ^ ^cji Chloroelonium nov. gen. (Tav. XXV, XXVI) » 3Q3 Pleurotharanion nov. gen. (Tar. XXVII, XXVIII) ^ 319 Cliretopeltis Bei'tli. (Tav. XXIX, XXX) , ^ 339 Gl.eotila Ktz. (Tav. XXXI) , 2h7 Note aggiuntive ^ ^^r MISCHOCOCCUS , Nag. (char. auct.) Cellulpe globosse v. ovat?e, membrana exili, hyalina, Itevi, 1-4 chromatophoros includentes. Divisio cellularis repetite binaria : cellules filiales , divisione peracta , e cellula matricali versus apicem aut lateraliter soluta , protusse, in ipso cellulcB matricalis ore retentre ibique germinantes, stipite communi plus minus evoluto, ge- latinoso, suffultse. Divisio cellularum primum ad duas direct iones al- ternans et propter cellulas filiales oblique et quaterna- tim unico strato dispositas, stipite communi brevissimo, crasso, deliquescente, basi conjunctas, colonias pulvini- formes, initio solidas, retate provecta, muco diffluescente, intus cavas et irregulariter vesicato-saccatas plerumque substrato adhserentes, efficientes ; denum divisio ipsa ad unicam directionem et cellulae filiales 2-4seriatim ad apicem stipitis communis valde elongati, firmi, in pseudo- ramulo lateraliter excurrentis, conjunctee, colonias, sive esespites eleganter dichotome dendroideo-ramosos com- ponentes. Multiplicatio agamica zoosporis cilio unico, ocello laterali punctiformi, achroo, prseditis, 2-4 in singula cellula matricali ortis et per porum amplum lateralem vel terminalem libere examinantibus. Multiplicatio sexualis gametis zoosporis omnino con- formibus, 1-2 in singula cellula generatis, copulationis ope in zygosporas transmutatis. Le nostre conoscenze intorno al genere Mischococcus si rife- tav. x. riscono soltanto a pochi dettagli morfologici intorno alla forma A. BoBzì, Studi Algologiei 17 122 STUDI ALGOLOGICI T*v. X. busculoide sotto la quale ordinariamente si rinviene l' unica specie di detto genere, il M. confervicola. Tali indicazioni sono contenute nella nota opera algologica del Nàgeii (1). Del resto tutto ciò che riguarda lo svolgimento di quest'Alga resta ancora un desideratum della scienza. Anche talune particolarità morfologiche vanno meglio studiate e rettificate, e dal confronto con altre forme di Cloroficee dedotto e definitivamente stabilito il relativo valore sistematico del genere Mischococcus. Tutto ciò è stato argomento di particolari ricerche istituite su materiale vivo raccolto in vari punti della Sicilia e altrove sul Continente italiano , e di cui i risultati for- mano oggetto delle seguenti pagine. Le fasi di svolgimento del ilf/sc/iOCOCC?-(5 con/^cri;z'co/a Nàg. com- prendono due periodi distinti caratterizzati da altrettante forme di- verse che le coionie presentano quanto al modo di aggregazione degli elementi ed allo sviluppo loro. In ogni caso la vita dell'organismo è legata a un suljstrato, spesso organico, vivente cui la pianta aderisce in ogni tempo per produzione di consistente gelatina con- formata in stipite più 0 meno allungato, oppure depresso o calliforme, come poi si vedrà. Oltre a varie Conferva, Vaucheria, QSdogonmm , Cladophora, su cui le colonie di M. confervicola sogliono crescere tenacemente appiccicate, vanno ricordati i fusti, j picciuoli e le foglie di Mar- silea, Salvinia, Myriophyllum, Potamogeton, e d' altre piante Va- scolari d' acqua dolce. Qualunque sia la fase di sviluppo sotto la quale vien conside- rata quest'Alga, le sue cellule presentano sempre la medesima e identica struttura, variino pure le dimensioni e sia in qualche guisa anche la forma alquanto differente. Ogni cellula possiede una membrana sottile, trasparente, liscia e che i reagenti rivelano di natura cellulosica ; anzi spesso basta la semphce azione della tintura alcoolica di jodio per comunicarle una bellissima tinta turchina. (1) C. Naegeli , Gattung. einzellig. Algen. Ziirich. 1849 p. 80-82. MISCHOCOCCUS 123 Tonio torno alla parete stanno addossate 2-4 placche clorofiUar tav. x. ceo, nel caso più semplice, una soia. I contorni di esse rimangono con nettezza delineati il più delle volte ricorrendo a forti ingran- dimenti, ma meglio se le cellule si trattano con acqua leggermente jodata 0 col liquido del Kleinenberg. Il numero dei cromatofori Taria secondo la grandezza delie cellule. Importante è il fatto, già segnalato dal Niigeli (2), che i cromatofori mancano di pirenoide. In mezzo al limpido protoplasma fanno spicco pochi granuli lu- cidi, amorfi, di natura indeterminata; il judio non accenna por nulla a presenza di sostanza amilacea e se deposito di materiale nutritizio d' indole ternaria ha luogo nel contenuto cellulare , esso effettuasi sotto forma di minutissime gocciole oleose, e ciò segnata- mente in quegli elementi destinati alla conservazione' dell' organismo e pervenuti allo stato di vita latente. Sicché in complesso le cellule di Mischococcus ripetono una struttura che fondamentalmente con- corda con quella dei generi Conferva Lagerh., Chlorotliele Bzì, Bumilleria Bzì, Sciadium A. Br., Characiopsis Bzi, ecc. Esaminando il genere Chlorolhecium Bzi , avremo occasione di rilevare iden- tiche armonie. Ogni cellula di Mischococcus è provvista di nucleo, che il liquido del Kleinenberg rapprende e condensa rendendo assai distinti i suoi contorni. Esso occupa una posizione spesso esattamente centrale e sembra sostenuto alle pareti della cellula mediante ligamenti pro- toplasmatici. Del resto ogni altra particolarità morfologica sfugge alla di- retta osservazione per via dello esiguo volume degli elementi. Uno stadio di sviluppo che finora è sfuggito all'attenzione del- l' algologo è quello in cui 1' alga cousta di elementi protococcoidei riuniti a gruppi tetradici e formanti nello insieme delle colonie ade- renti per esteso tratto col substrato. Questa fase precede ordinaria- mente la forma dendroidea sotto la quale, come dissi, si conosce ed è stato descritto il Mischococcus confervicola. Riesce facile rilevare i (2) ; das Chlorophyllblàschen wurde nocb nicht beobachtet (Nae- GELI, op. cit., pag. 81). 124 STUDI ALGOLOGICI tav. X. rapporti che corrono tra le due forme mediante ripetute colture avvalendosi delle note camere umide del Van Tieghem alquanto modificate secondo il bisogno. Come mezzo di riprova mi son gio- vato di culture in proporzioni più vaste dentro acquari associandovi dei 'fili di Vaucheria e di Cladophora. Lo stadio protococcoideo è contraddistinto anzitutto da elementi 2 volte 0 poco più grandi di quelli normali alla forma dendroidea ; di più, essi sono ovali o ellittico-ovali e stanno appiccicati al substrato mediante la parte più slargata che funge però benissimo da base in opposizione alla regione superiore apicale, più stretta. La diS'erenza tra la base e l' apice spicca altresì maggiormente considerando la distribuzione particolare dei cromatofori. Questi infatti lasciano uno spazio del tutto trasparente sotto l'apice che pare occupato da lim- pidissima linfa; la parete stessa di detta regione apicale sembra più attenuata. Siff"atte cellule si moltiplicano in via vegetativa per indefinita partizione longitudinale con piani di scissione che si aUernano solo secondo due direzioni dello spazio; derivano cosi rapidamente delle colonie di elementi distribuiti sopra unico strato sulla superficie della pianta cui l'Alga aderisce. Si può seguire agevolmente tutte le particolarità di detto sviluppo a partire da un solo elemento iniziale fino alla costituzione di una colonia assai complessa. Tale elemento aderisce ordinariamente con molta tenacità al corpo p. e. 'di una Vaucheria, per mezzo di un breve cercine di materia gelatinosa estremamente translucida. Le due successive divisioni longitudinali si seguono con grande rapidità a tal segno da render possibile il sospetto che si tratti di una vera moltiplicazione tetradica simultanea. Le quattro cellule figliali si delineano tosto nettamente all'interno della membrana della propria cellula madre assai trasparente com' è. Evidentemente la loro lar- ghezza importa la metà del diametro trasversale della cellula madre, epperò il lor volume rappresenta la quarta parte di quello dello elemento originario. Ma ben presto esse crescono per raggiungere le dimensioni della cellula iniziale ; segnatamente la parte basale loro è quella che deve subire un accrescimento relativamente si- gnificante, mentre l'altezza di essi elementi non presenta alcuna MISCHOCOCCUS 125 differenza rispetto a quella della cellula madre. Allora la parete di t»v. x. questa si scioglie all' apice. Essendo essa in questa regione, come notammo, assai esile, la dissoluzione ha luogo rapidamente ; non così nel restante contorno ; anzi quivi scorgiamo nella membrana la tendenza a fondersi in gelatina alquanto consistente, opponendo cosi una certa resistenza alla pressione esercitata dalle cellule figliali- in via di crescenza. La forma di accrescimento e le condizioni am- bienti sono tali da provocare una dislocazione forzata dei nuovi elementi dalla lor sede verso 1' alto ; cosicché essi lentamente sci- volano al di fuori senza potersi interamente liberare dalla membrana della cellula madre. Questa allora , trasformata in una sorta di callo gelatinoso assai corto, rimane a costituire alla base della gio- vane colonia un vero e tenace sostegno per cui ([uesf ultima aderisce al substrato. La sostanza onde è formato det'o sostegno è di una estrema tenuità e trasparenza ; il jodio non le rende alcuna colo- razione ; debolmente si colora sotto l'azione del verde di metile. Tale materia ha però la tendenza a gonfiarsi rapidamente. Gii elementi adulti di una colonia così formata ripetono la stessa forma e le medesime dimensioni della cellula iniziale. Visto di profilo un gruppo tetradico siffatto vi si nota nelle sin- gole cellule squisitissima la tendenza a divergere dal loro comune punto d'inserzione in modo che ciascuna di esse assume una posizione obbliqua, essendo 1' apice di essi elementi rivolto al di fuori ; cosi che la normale passante per il centro geometrico dell' intiera colonia non risulta affatto parallela all'asse mediano longitudinale di ogni cel- lula, come avverrebbe nel caso che queste fossero collocate in posizione perpendicolare al substrato. In complesso, supponendo che per i detti assi passassero dei piani fino a raggiungere il centro della comune base d'inserzione ne deriverebbe una figura di piramide rovesciata a 4 faccie laterali, il cui vertice corrisponderebbe al detto centro della base medesima. Più esattamente detta figura rappresenta un segmento di sfera a base quadrata. Questa considerazione è utilissima per renderci conto a priori della particolare conformazione che assumono a sviluppo inoltrato le colonie sottoposte a continuato e indefinito crescimento della maniera sopradescritta. A tal'uopo è necessario rivolgei'e la nostra attenzione a colonie 126 STUDI ALGOLOGICI tav. X. il cui sviluppo compiesi fin dai primordi e seguita sempre, in ma- niera indefinita, in un mezzo scevro d' ostacoli , come p. e. , alla superficie dell' acqua , giammai quindi sopra un substrato solido di adesione. Questo caso non sarà forse normale, ma ho potuto ripe- tutamente verificarlo nei miei acquari , dove una enorme quantità di germi delle iniziali colonie, vaganti nell' acqua, anziché soffermarsi e stabilirsi sulle pareti del vaso ò sul corpo della specie di Vaucheria messa a coltura in quei recipienti, erano rimasti galleggianti sul livello dell' acqua formandovi una tenuissima pellicola verdiccia. In tali condizioni, da giovani colonie tetradiche di Mischococcus erano derivate successivamente delle associazioni di 16, 64, 256, 1024, 4096 ecc. elementi. Possedendo intanto ogni generazione la tendenza a spostarsi dal proprio substrato sollevandosi sul livello di questo, cosi come abbiamo già visto nella costituzione di gruppi tetradici isolati, ogni generazione di recente origine si era soprapposta a quella d' ordine precedente mediante produzione di nuova copia di materia gelatinosa. Esaminando attentamente le particolarità di tale accrescimento si rileva come mentre cresce la superficie di quel segmento di sfera, aumenta il suo raggio. Però durante tale sviluppo, 1' asse longitu- dinale mediano di ogni elemento figliale tende a divergere dalla normale passante per il centro dell' area d' inserzione della colo- nia d'ordine precedente; i4 che fa sì che la superficie d'inserzione degli elementi dell'intiera colonia assuma una curvatura più pronun- ziata. Durante lo accrescimento ulteriore della colonia ripetonsi le medesime e identiche condizioni di spostamento e di disposizione degli elementi di successiva formazione ; l'angolo di divergenza di ogni cellu- la dalla tangente alla sua base d' inserzione, resta quasi pressocchè dello stesso valore di prima ; la curvatura esagerasi invece maggiormente, e ne deriva tosto una superficie esattamente semisferica su cui stan- no allineate in unico strato le diverse cellule componenti la colonia. In corso di sviluppo, continuando l'aumento in superficie di così fatta colonia non seguito da proporzionale accrescimento in lun- ghezza del relativo raggio di curvatura, i margini della colonia tendono a incontrarsi per costituire in ultimo una vera sfera cava di regolarità pressoché geometrica. MISCHOCOCCUS 127 Il descritto processo noa risponde a mere interpretazioni teo- tav. x. riche ; esso è pienamente giustificato della diretta osservazione dei fatti. Nelle mie colture ho visto frequenti delle colonie aventi siffatta origine : esse avevano la forma di sfere, misuranti persino 50-70 ix. La gelatina che serviva di cemento alle cellule costituiva uno strato periferico abbastanza consistente ; del resto il centro scorgevasi ri- pieno d' aria. La costituzione di identiche colonie galleggianti alla superficie dell' acqua ignoro se abbia luogo spontaneamente in natura. Ho però spesso rinvenuto degli aramassi sferoidi di cellule di Mischo- coccits aderenti al corpo di Vaucheria , (Edogonium ecc. nelle paludi di Ortora, ma aventi un'origine diversa. Secondo le mie osservazioni le prime fasi di svolgimento di siffatte colonie si com- piono in contatto ad un substrato organico, vivente, p. e. frequente- mente sul corpo di una Vaucheria. Se la superficie di contatto è relativamente molto estesa le colonie vi costituiscono degli aggrup- pamenti semisferici, dei veri cuscinetti. Normalmente, aumentando il volume della colonia, cotesto cuscinetto finisce col cingere torno torno, in tutta la sua spessezza, un filo di Vaucheria. Quando il substrato offre una superficie di sviluppo assai limitata l'adesione delle colonie è temporanea; però nulla osta perchè in corso di sviluppo, restando in parte appiccicate al detto substrato, si organizzino in colonie più o meno sferoidi. Fra mezzo ai fili di Vaucheria mi è occorso di frequente os- servare di tali cumuli di cellule di Mischococcus , che parevan quasi vi si trovassero, li a caso dispersi. Siffatte colonie costituivano delle masse sferoidi aventi persino un diametro di 5 mill., assai molli, di un color verdiccio, paragonabili a veri otricelli delicatis- simi ripieni di una materia gelatinosa estremamente diffluente, quasi liquida e del tutto trasparente. Verso la periferia tale so- stanza appariva alquanto consistente servendo di cemento ai vari elementi della colonia. In complesso, lo sviluppo vegetativo delle colonie palmelliformi di Mischococcus porge occasione di rilevare una maniei-a di svol- gimento molto singolare, e segnatamente come per mezzo di un pro- cesso reiterato di divisione alternantesi secondo due sole direzioni 128 STUDI ALGOLOGICI tav X. clello spazio sia possibile la formazione di aggregazioni di forma esattamente sferica. Il caso non credo trovi finora riscontro in al- cun altro organismo. Nelle condizioni poco favorevoli a cui l' Alga trovasi d'ordinario esposta nelle colture, lo sviluppo vegetativo delle colonie si arresta prima che le associazioni abbiano raggiunto dimensioni notevoli. Allora r ulteriore svolgimento effettuasi per mezzo di zoospore. Per quanto io sappia, zoospore presso il genere Mischococcus non sono state finora osservate e descritte da alcuno. 11 Nageli (3) e il Rabenhorst (4) accennano solo alla presenza di tali germi de- rivanti dagli elementi della forma dendroide , ma nulla ci dicono intorno ai caratteri particolari di essi. Secondo le mie osservazioni, le cellule delle colonie su descritte, compiuto il loro svolgimento vegetativo, diventano dei zoosporangi: cosi in via agamica conipiesi per mezzo di germi mobili la diffu- sione della colonia medesima a grandi distanze. Gli zoosporangi non sono differenti dalle cellule vegetative quan- to alle dimensioni e alla forma loro. Da ogni zoosporangio prendono origine 2-4 zoospore , oppure di rado una soltanto , le quali vengono immediatamente messe in libertà per dissoluzione della cellula madre nella regione apicale Nei primordi, le zoospore, guadagnata 1' apertura, rimangono alcun tempo attaccate ai margini di questa, dibattendosi, agitandosi, rivol- tandosi in tutti i sensi, quasi trovassero un ostacolo ad allontanarsi. Ciò induce a credere che i germi, al momento della loro uscita, trovinsi coinvolti da una certa quantità di rauco differenziato in vessichetta o sacco come osservasi in moltissime Alghe ; ma la tenuità e il grado di trasparenza di questa sostanza è tale da sfuggirne la presenza alla diretta osservazione; né meno l'impiego degli ordinari reagenti porge in questo caso utili risultamenti. ■ Le zoospore , esaminate libere nell' acqua ambiente , sono delle (3) ; Schwàrmzellen von den Stieien sich ablòsend, naeh dera Schwàrmen sich festsetzend (Op. cit., pag. 80). (4) Fior. eur. Alg. etc, p. 54. MISCHOCOCCUS 129 piccole massicelle protoplasinatiche di forma ovoide provviste nella tav. x. estremità anteriore, rostrale, eh' è d'ordinario assai corta e traspa- rente, d'un esilissimo ciglio. Questo importa 2-3 volte la lunghezza dell'intiero corpo del germe e durante il movimento giace proteso in avanti. Ogni zoospora possiede sovente 2 cromatofori parietali distinti oppure uno sólo; il restante protoplasma apparisce traspa- rente e sparso qua e là di minutissime granulazioni opache. Nulla accenna alla presenza di un ocello rossigno; esiste bensì lateralmente, un po' al di sopra della regione rostrale , un piccolo corpo a con- torni distinti, disciforme, d'un colorito nericcio e che in vista della sua costante presenza in tutte le zoospore esaminate ed alla sua posizione, parmi possa indicarsi come un vero ocello, così come scorgesi nelle zoospore della Bumilleria e di poche altre Alghe affini. Il diametro lungitudinale delle zoospore varia da 2 a 6 micr. ; tuttavia nessuna ragione fisiologica o morfologica, giustifica la di- stinzione di esse in micro- e macrozoospore. Come nella più parte dei casi, la luce esercita una energica azione direttiva sul moto delle zoospore. Il fototactismo positivo di queste si manifesta con molta evidenza collo accumularsi di essi germi sulle pareti degli acquari direttamente esposte alla luce. Il moto delle zoospore cessa normalmente dopo un quarto d'ora circa e comincia tosto la germinazione. Naturalmente durante questa fase il corpo di germe, perduto il ciglio, si cinge d' un' esile mem- brana ; si accresce a grado a grado e così trasformasi per costituire r elemento iniziale di nuove associazioni protococcoidee. • r Seguendo lo sviluppo dell' organismo attraverso questa medesima fase si nota a un certo tempo la tendenza nei singoli elementi delle colonie a scindersi nella direzione perpendicolare al proprio asse lungiludinale (jìarallela al substrato). Per via di questo cambiamento nella direzione primitiva dei piani di divisione e mediante nuove successive modificazioni, nascono delle colonie d' aspetto dendroide, quali sono state descritte come caratteristiche del genere Mischo- coccus. Ordinariamente ogni associazione di tal sorta procede dalla ger- minazione di zoospore; qualche volta anche direttamente i singoli A. BoRz'i, Sludi Algologici 18 130 STUDI ALGOLOGICI tav. X. elementi vegetativi delle colonie si trasformano in cespuglietti den- droidi ; ma quest' ultimo caso sembra piuttosto raro. Ho seguito in tutte le sue particolarità il graduale svolgimento di una colonia siffatta a partire dall' elemento proprio iniziale. Le mie osservazioni confermano in gran parte tutto ciò che in via d' induzione è stato dal Naegeli supposto per spiegare la origine e lo accrescimento di ogni cespuglietto di Mischococcus. Fermata la nostra attenzione sopra una zoospora germinante, si nota anzitutto come la sua adesione al subsfrato si stabilisca me- diante una sorta di callo gelatinoso abbastanza consistente, spesso cortissimo, di forma cilindrica, un po' dilatato in basso. Il grado di consistenza di detta produzione cresce sempre piii e col tempo vi si rendono manifeste delle striature e stratificazioni concen- triche. Conservando la sua forma primitiva sferica, la cellula si divide tosto trasversalmente in due elementi figliali, i quali immediala- mente si arrotondano e lentamente si spingono in alto abbandonando la parete della cellula madre. Questa all' uopo si scioglie all' apice. A volte r elemento iniziale non subisce alcuna divisione e intera- mente, per semplice innovazione, si cambia in unica cellula figliale. In altri casi per due successive divisioni, di cui la prima trasversale, r altra longitudinale, prende origine un gruppo di 4 elementi i quali pur essi tendono ad abbandonare la parete della cellula madre, e .scivolando attraverso 1' apertura apicale della stessa, si dispongono in serie al di sopra di questa. Qualunque sia il numero delle cèllule figlie, esse restano connesse suir orlo dell' apertura donde sono venute fuori mediante un grosso stipite di trasparente gelatina. Questo cresce a poco a poco in altezza allontanando sempre più e sovente considerevolmente dalla loro sede primitiva le cellule figliali medesime. In tutti i casi esse rimangono connesse in serie lineare semplice sorrette dal detto stipite. La connessione ha luogo per interposizione di un istmo di gelatina, molto diluita dapprima e che sempre più si assoda. Cotesto braccio gelatinoso è breve, talora anzi brevissimo o ridotto talmente in dimensioni in modo che le cellule si trovano in immediato contatto tra di loro. MISCHOCOCCUS 131 Per lo ampliamento successivo della colonia, ogni cellula torna tav. x. a dividersi nel senso trasversale e i due elementi figliali tendono tosto ad abbandonare la membrana della propria cellula madre e scivolano al di fuori. Se non che la dissoluzione della parete di questa non può effettuarsi in alto come prima, che solo negli ele- menti apicali; sicché le due cellule figlie, derivanti da questi ultimi, si dispongono subito in serie al di sopra dei medesimi sorrette dalla solita formazione gelatinosa stipitiforme che sempre più si allunga e consolidasi. Nelle cellule sotto-apicali la' dissoluzione della mem- brana non può efi"ettuarsi all'apice, poiché su questo s'inserisce immediatamente il grosso braccio gelatinoso che congiunge le due cellule madri tra di loro, né all' opposta estremità per la presenza del comune stipite. La dissoluzione quindi ha luogo lateralmente in un punto qualunque, a destra o a sinistra, oppure delia regione anteriore o posteriore ; più specialmente la membrana si scioglie in un punto posto immediatamente al di sotto dell' apice. Le due nuove cellule figliah appariscono tosto allineate F una dopo l'altra nella medesima direzione , portate dal proprio comune stipite gelati- ■ noso, che assume perciò una posizione divergente dallo stipite pri- mitivo. In queste condizioni il cespuglietto vedesi costituito da un primo ordine di ramificazioni ; si hanno in ispecie due ramuli : ognuno di essi termina al suo apice con due elementi disposti in serie nella direzione dell'asse longitudinale del ramulo medesimo. Uno dei due ramuli, quello terminale, é posto nella continuazione dello . stipite primitivo; l'altro, sottoposto, vi si parte da questo in posizione divergente. Lo sviluppo ulteriore segue nella stessa maniera e a grado a grado complicasi la successione dei ramuli, ampliasi il cespuglietto. Il nu- mero dei ramuli laterali corrisponde all' età relativa dei singoli elementi. L'azione eliotropica nel senso positivo della luce "fa sì che r angolo di divergenza di ogni ramulo da quello di ordine precedente divenga più o meno ottuso o acuto. Tanto le membrane degli elementi materni, quanto gli stipiti si consolidano sempre più in corso di età. In complesso, durante la formazione di un cespuglietto dendroide 132 STUDI ALGOLOGICI tav. X. di Mischococcus la direzione dei piani di scissione delle cellule ri- mane invariabilmente sempre la stessa. Non ne derivano delle colonie seriali semplici per la speciale costituzione di stipiti gelatinosi nel modo come abbiamo visto; hanno luogo bensì per questa ragione delle deviazioni particolari in modo che ne nascono delle ramificazioni. Queste sono paragonabili ai pseudoramuli di molte Cianoficee (p. e. Tohjpothrix, ecc.). Si formerebbero delle serie semplici qualora ogni elemento non si dividesse ma solamente , per via d' innovazione, si trasformasse interamente in un nuovo elemento figliale. Questo caso è però assai raro e si riscontra solo nei primordi della costituzione di un cespugl ietto. Anche la divisione di ogni cellula in 4 cellule figliali è pure un fenomeno non tanto frequente. In ogni modo , avA^enendo ciò , ac- crescesi la complicazione della colonia (5). Da quanto precede si scorge come il Nàgeli , ammettendo che la divisione delle cellule si compia secondo una medesima direzione, ha con esattezza determinato il valore morfologico e il modo e l'ordine di sviluppo dei ramuU onde si comjjongono gli eleganti cespuglietti di quest' alga. Anche lo stesso Nàgeli ha saputo benis- simo rendersi conto della struttura delle ramificazioni, sebbene non in tutte le figure della sua opera è con pari precisione indicata siffatta particolarità. Infatti, secondo quello che si è detto, i rami, qualunque sia l'ordine loro, sono costituiti da una parte basale, affatto vuota, che risponde alla cavità della cellula madre di quegli elementi da cui risultano i singoli pseudoramuli, e da una porzione solida, più stretta, formante lo stipite sul quale s' inseriscono queste ultime cellule. Giammai fra le differenti ramificazioni si osservano quei rapporti di continuità quali sono stati rappresentati nella fi- gura 2 dell'Opera del Nàgeli. Anche non è sempre esatta la indica- zione data da questo Autore che le diverse coppie di ramuli si partano dallo stesso livello alla sommità del ramulo di ordine precedente. Per ammettere ciò occorrerebbe che le due cellule generatrici dei (5) In qualche caso questa particolarità sembra alquanto frequente; così nella varietà bigeminus descritta e figurata dal Nàgeli ( op. cit. , pag. 82, Tav. II , D , fig. 2). MISCHOCOCCUS 133 ramuli medesimi prendessero origine per scissione longitudinale ; t»v. x. oppure per assumere una tale posizione verticillata sarebbe d'uopo che esse, una volta differenziate, sul)issero delle complicate disloca- zioni , mentre il l'atto dimostra che , tosto avvenuta la divisione orizzontale della rispettiva cellula madre , lentamente scivolano al di fuori senza cambiar di posizione. Le due cellule sono, come ab- biamo visto, legate tra di loro da un istmo gelatinoso, il quale anche se breve o brevissimo, basta sempre a stabilire un certo stacco fra di esse ed è sufficiente, per azione eliotropica della luce, a de- terminare un certo spostamento nei due elementi, ma di tal grado sempre da indurre questi ad assumere una posizione obbliqua, giam- mai una giacitura orizzontale. L'esame della figura 2 della citala opera del Nilgeli ci porge infine occasione di notare come le cellule componenti le colonie ar- busculoidi di Mischococcus sieno qualche volta suscettive di scindersi longitudinalmente formando, alla sommità degli stipiti, dei gruppi tetradici dentro un comune inviluppo gelatinoso. Non essendo stata questa forma di sviluppo da me giammai osservata, debbo ritenere che lo stadio figurato dal Nàgeli risponda ad una condizione del tutto particolare od affatto anormale. Cosi pure giudico come forma anomala quella da me solo una volta osservata in esemplari di Mischococcus raccolti nelle vasche dell'orto botanico di Roma, in cui le cellule di una colonia den- droide, per dissoluzione degli stipiti gelatinosi, apparivano disposte in serie moniliformi , un po' distanti fra di loro a mo' di Hormo- spora. Quando si esamina attentamente una colonia cosi fatta , attra- verso il descritto sviluppo , si nota anzitutto negli elementi della ultima generazione la tendenza a rimpicciohrsi. Se 1' amphamento seguitasse lungo tempo in maniera indefinita l' impicciolimento della cellula supererebbe i limiti della possibile conservazione delle colonie. Fortunatamente l'ulteriore sviluppo dendroide si arresta colla pro- duzione di zoospore. Ogni cellula allora si trasforma direttamente in un zoosporangio. Ciò avviene subito senza che sia il fenomeno 134 STUDI ALGOLOGICI tav. X. preannunziato da alcuna fase preparatoria. Solamente si nota nelle cellule pronte a svolgersi in zoospore un certo marcato distacco tra la membrana e il contenuto. Questo immediatamente si organizza in una zoospora; molto di rado, e ciò in cellule relativamente piìi grandi, si formano due zoospore. Le' zoospore escono per una larga apertura circolare praticata attraverso la membrana della propria cellula madre. In breve tempo tutti gli elementi di una colonia dendroide si ' svolgono in germi mobili ; allora sciolgonsi lentamente gli stipiti gelatinosi, e delle colonie medesime non rimane più alcuna traccia visibile. In tale circostanza notasi come 1' ordine di soluzione dei diversi ramuli è quello medesimo delia loro età : così, prima spari- scono quelli di ultima formazione, indi successivamente gli altri che seguono. Il sostegno basale della colonia sovente persiste alcun tempo a posto, quasi inalterato. Tutto ciò dipende dal diverso grado di consistenza della gelatina e quindi dall'età diversa dei singoli ramuli, essendo tale materia suscettiva di consolidarsi vieppiù col tempo. Le zoospore sono perfettamente identiche a quelle provenienti dalle colonie pàlmelliformi, sebbene ordinariamente più piccole: do- tate, al solito, di fototactismo positivo si accumulano su tutti i punti del substrato più esposti alla luQe. Le ricerche istituite all'uopo di accertarmi del modo ordinario di svolgimento di siifatti germi mi davano anzitutto per risultato la sicurezza che essi cooperino direttamente alla moltiplicazione delle descritte colonie dendroidi. Infatti, pervenuta in contatto, p. e., ad un filo di Yaucheria e cessato il moto, ogni zoospora, senza punto ingrandirsi , e dopo avere assunta una forma esattamente sferica , svolgesi in maniera da dar luogo alla costituzione di un nuovo ce- spuglietto. Se non che , a dedurlo dalle colture , cotesto mezzo di riproduzione non sembra bastevole a corservare 1" organismo in una maniera duratura : già , le colonie di seconda generazione ap- pariscono dotate di uno sviluppo lento ; le cellule sono molto im- picciolite ; gli stipiti scorgonsi alquanto raccorciti. Si può quindi ritenere che tale forma di moltiplicazione non basti a rinvigorire r organismo e che una nuova fase sia necessaria che intervenga ad assicurarne meglio la conservazione. MISCHOCOCCUS 135 La possibilità che siffatto modo di svolgimento si arresti per tiv. x dar luogo a una nuova fase di sviluppo è dimostrata dalla cir- costanza che talune zoospore, cessato il moto, anziché svolgersi re- golarmente in nuove colonie dendroidi , lentamente periscono e si disorganizzano. Questo fatto da me pareccliie volte notato nelle colture in camere umide, non convalidato dalla diretta osservazione di fenomeni di copulazione, parvemi nel 1883 (epoca alla quale ri- montano le mie prime ricerche sulla biologia di quest'Alga) doversi attribuire all'azione di parassiti. Nel "corso dell'inverno del 1887 acquistavo però la certezza che siffatta disorganizzazione delle zoo- spore di Mischococcus dipendesse da una speciale differenziazione fisiologica dei germi medesimi. Infatti, per quanto non differenti per, dimensione, per forma ed in tutte le condizioni loro morfologiche dalle zoospore normali a sviluppo agamico , alcuni di questi germi rivestono i caratteri di vere cellule sessuali o gamete. Due sole volte mi è occorso di sor- prendere le prime fasi della funzione sessuale ; ma sgraziatamente non ho potuto seguire interamente tutte le particolarità graduali del • fenomeno. A quanto pare la copulazione ha luogo tanto lateralmente per la regione rostrale, quanto per un punto qualunque della su- perfìcie del corpo del germe. I cigli rimangono immutati durante la copulazione; così ho potuto qualche volta sorprendere dei germi con 2 cigli inseriti assai irregolarmente. Quello però che parmi sicuro è che le zigospore germinino immediatamente in contatto a un substrato opaco, non avendo giammai osservato svolgimento di colonie a sviluppo dendroide sulle pareti rischiarate degli acquari, bensì sul fondo e sulla Conferva messa a vegetare nell' acqua del recipiente. È d'uopo quindi ammettere che le zigospore sieno dotate di fototactismo negativo; il che è confermato da ragioni di analogia. Importante è il fatto, che ho potuto ripetutamente verificare, che dalla germinazione delle zigospore proceda direttamente lo sviluppo di una colonia palmelloide. Sicché la fase sessuale avrebbe r ufficio di ricondurre 1' organismo alle sue primitive condizioni di sviluppo. Le particolarità della germinazione delle zigospore non presentano nulla di notevole e degno di menzione. Soltanto durante la prima 136 STUDI ALGOLOGICI tav. X. fase scorgesi come il germe, conservando la primitiva forma sferica, si accresca insensibilmente restando tenacemente attaccato al sub- strato ; indi il contenuto si scinde nella maniera e nella forma sud- descritta per dar luogo a una colonia palmelliforme. Riassumendo i precedenti risultati , il completo sviluppo di un individuo di Mischococcus confervicola Nàg. puossi schematicamente rappresentare nel modo seguente : Zigospore colonie palmelliformi (raacro)zoospoi'e divisione vegetativa! I. Fase agmnica colonie a sviluppo dendroideo gamete (micro)zoospore , li. Fase sessuale l copulazione Zigospore M I S e H 0 e 0 e e U S 137 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA X. Fùj. 1. » s. » 4. » 5. » 6. » 7. » 8. » 9. » 10. » il. Incipiente formazione di colonie' tetradiche palniellifornii : cellule viste di profilo. Le medesime colonie esaminate dalla superficie. ■ Piccola colonia palmelliformo vista dalla superficie. • La stessa colonia esaminata di profilo e svolgentesi per zoospore. • Grande colonia palmelliforme, libera, a sviluppo per zoospore. ■ Stadi diversi di sviluppo di colonie dendroidee. Formazione di zoospore procedenti dagli elementi delle colonie den- droidee. • Zoospore libere. • Zoospore in germinazione. Zoogamete in via di copulazione. Zigospore germinanti. Ingr. = eoo diam. A BoRzi, Sludi Aìf/ologici CHLOROTHECIUM Borzì in Martel , Coìitribuz. alla conosc. dell'Algol, rom. , nell'Ann. dell' Islit. bolan. di Roma, I, fase. 2, p. 183 (1885). Cellulse vegetativa primum segregatae, obovales v. obovato-oblongse , basi stipiti disciformi dilatato, more Characiorum substrato adfìxse; merabrana tenui, hy alina; contento chlorophyllaceo amoene viride , chromatopho- ris 2-4 parietalibus, disciformibus, pyrenoide destitutis. Divisio cellularis raro ad unicam, plerumque ad duas v. ad tres directiones plus minus regulariter alternans : cellulcTe fìliales globosae, 16-32-64, etc, gelatina communi amorpha, achroa involutee, et intra cellulam matricalem valde ampliatam dein medio transverse scissam, colonias palmelliformes efficientes , mox in zoosporangia trans- mutatcB. Zoosporse 2-4, aut 1, in quoque zoosporangio, cilio unico , ocello rubro laterali et chromatophoro singulo parietali instructre, absque copulatione germinantes et novas cellulas characiiformes ferentes, vel omnino im- mutatse, conjugationis ope, in hypnosporas tranquillas transeuntes. Nel sopracitato lavoro del sig. Martel ebbi di già occasione di dare una succinta descrizione di questo nuovo genere accennando anche alle sue affinità. AH' epoca però in cui per la prima volta veniva diretta la mia attenzione allo studio di questa importante Cioroficea mi erano sconosciute varie altre forme di Sciadiacee, né il materiale posto a mia disposizione era bastevole a ricerche più estese, anche allo scopo di assicurarmi maggiormente dell' esattezza 140 STUDI ALGOLOGICI dei risultati delle prime indagini. Nell'agosto del 1886 misi ofifriva la favorevole occasione di rinvenire la stessa forma di alga sugli steli sommersi di varie piante acquatiche e segnatamente di Pota- mogeton natans erborizzando sulle «ponde del fiume Ciane presso Siracusa. Ond' è che adesso con maggior sicurezza mi è dato di poter porgere delle indicazioni alquanto particolareggiate sulla mor- fologia e sullo sviluppo di questo nuovo rappresentante delle Scia- diacee. Come presso il Mischococcus confervicola Nag. (') Io sviluppo del Chlorolhecium PiroUce, comprende due differenti periodi, caratte- rizzati da altrettante particolari forme degli elementi costituenti r organismo. .Però a voler prescindere da tale considerazione in qualsiasi momento della sua esistenza venga studiata l' alga , le cellule presentano perfetta identità nella struttura loro fondamen- tale. Cosi è che in tutti i casi la parete di esse apparisce sottile , trasparente, liscia, ma ben distinta dal contenuto. Per azione della semplice tintura alcoolica di jodio assume una colorazione turchi- niccia alquanto pronunciata. Sulla superficie interna della membrana stanno addossate 2-4 placche clorofillacee indicate da contorni hen netti e di un bel color verde. Ogni placca ha la forma di un dischetto a perimetro al- quanto irregolare qualche volta un po' più inspessito verso il cen- tro , del resto pei'fettamente omogeneo nella sua massa ; mediante l'impiego di reattivi ci si assicura della completa assenza di pirenoidi. Il numero dei cromatofori in ogni cellula può ridursi ad uno sol- tanto , oppure superare quello normale di 4 : ciò dipende dalle di- mensioni e dalla età delle cellule. Il protoplasma ambiente ha piuttosto l'aspetto di una linfa lim- pidissima , in mezzo alla quale spiccano minutissime ed irregolari granulazioni solide, opache, dotate ordinariamente di moto browniano. (') Vedi Malpighia, voi. II, faac. IV, 1888 e pag. 121 e seg. di questi Studi. CHLOROTHECIUM HI Esse resistono all'azione di alcuni acidi minerali; si conservano del tutto scolorate trattate col joduro potassico, col cloruro di zinco jodato ecc. (Questi ultimi reagenti mettono in rilievo la presenza di un piccolo nucleo di forma lenticolare, che sostenuto il più delle volte da sottili cordoncini protoplasmatici scorgesi situato verso il centro della cellula. Fatto degno di nota è che ogni cellula manca della più esigua traccia di provvigione amilacea; la sostanza ternaria sembra venga depositata sotto forma di olio a dedurlo dalle minutissime gocciolette che copiose si osservano nelle cellule a sviluppo sospeso o esposte a forte insolazione. In questo secondo caso la materia grassa si coaduna in una ò poche masse occupanti gran parte della cavità cellulare. Tutte le fasi di svolgimento dell' alga si compiono in contatto tav. xi al substrato il quale per lo più consiste nella superficie sommersa ''"'s ' di varie piante d' acqua dolce, spesso Fanerogame ; talora anche giovano di appulso a quest' organismo il fusto e le foglie di Mar- silea e gli stessi fili di una qualche Chcetoviorpha. L'adesione al substrato ha luogo mediante un cortissimo soste- gno che si dilata in basso a nio' di disco intiero o lievemente cre- nellato, costituito di una materia gelatinosa, solida, cui la tintura di jodio comunica una leggerissima sfumatura in turchino. A tarda età lo stipite presenta sottilissime striature concentriche visibili sotto forti ingrandimenti. Notasi pure, a somiglianza dei sostegni degli Ophiocyiium , dei nascenti fili di Conferva honibycina kg. ecc.. come al momento in cui stabiliscesi 1' adesione tra 1' alga ed il suo substrato, dai margini del disco venga segregata una materia rosso- brunastra, resistente all' azione di reagenti e avente i caratteri di ossido ferrico. In uno stadio iniziale della vita di questo organismo scorgiamo le cellule isolate, qua e là sparse sul substrato e costituenti, ognuna da per se, un'individualità perfetta, cosi come avviene negli Ophio- cyliutn. nei Characium, etc. Ogni elemento ha una forma obovale più 0 meno allungata, in modo che allora grandissima è la rasso- miglianza dei diversi individui con le cellule dei Characium. Non 142 STUDI ALGOLOGICI Tav XI. credo perciò improbabile che questo organismo sia finora intera- raente sfuggito all' attenzione degli algologi e quindi si trovi forse descritto sotto questo generico appellativo , sebbene nessuna delle forme rappresentate nella classica opera di A. Braun ('), vi corri- sponda esattamente. In questo stadio assai distinta spicca la forma dei singoli cro- matofori in ciascuna cellula ; il loro numero varia da 2 a 8 secondo le dimensioni degli elementi medesimi e, si nota con molta evidenza come ogni placca clorofiUacea derivi dalla spartizione trasversale di altra preesistente ; cosi a grado a grado il numero dei cromato- fori cresce da 2 a 4, a 8. Ogni cellula si restringe alquanto verso la base e quindi bru- scamente si dilata in una sorta di dischetto. Le dimensioni, delle cellule, misurate al momento in cui comin- ciano le prime divisioni del contenuto, variano : quanto alla lun- ghezza da 14 a 40 m- ; circa alla larghezza di 10-18 |tx. La membrana, dapprima abbastanza tenue, assume in corso di sviluppo un certo spessore per quanto esiguo, ed una notevole ri- gidità. Nonostante, sotto forti ingrandimenti, essa manifestasi del tutto omogenea. La tintura di jodio colora più intensamente la sua re- gione superficiale. Gii elementi, appena raggiunte le indicate normali dimensioni, si dividono per dar luogo a colonie di un aspetto quanto mai ca- ratteristico. Allo avvicinarsi di questa fase, scorgesi subito il coc-te- nuto scomposto, per reiterate divisioni trasversali, successivamente in 2-4-8-16 elementi di forma globoide. Le prime divisioni avvengono per un certo tempo nella direzione trasversale e ne nasce cosi una semplice serie di 2, 4, 8 cellule allineate all'interno dell'elemento primordiale. In questo momento .sembra che la mem- brana della cellula madre si differenzi in due strati distinti ; uno esterno solido, rigido ed incapace di estendersi, di ampliarsi ; l'altro interno che rapidamente si scioglie in molle e trasparente gelatina. Mentre le cellule figliali, per seguite e continuate bipartizioni, au- mentano di numero, lo strato esterno della parete cellulare, forzato (') De Algis unicell. etc, Berolini, 1855. CHLOROTHECICM 143 dal cresciuto volume del contenuto , si rompe sollecitamente verso tav. x\. l'apice nella direzione trasversale, e ne deriva una sorta di oper- culo, precisamente come osservasi nelle cellule degli Ophiocytium : se non che questo non si distacca ed isolasi completamente , ma vien tosto sospinto in alto dallo strato interno della membrana, il quale, appena avvenuta la deiscenza, si distende formando una sorta di sacco trasparente dentro cui rimangono inclusi gli elementi fi- gliali. Tanto r operculo , quanto il restante lembo posteriore della membrana della cellula madre restano tenacemente aderenti al con- torno di detto inviluppo nei punti originari d' adesione. Con altre parole si potrebbe dire : mentre il contenuto si scinde successiva- mente in 2, 4, 8, 16, ecc. parti, formasi intorno a queste un inviluppo gelatinoso, dentro cui essi elementi restano inclusi; crescendo il volume di detto integumento a misura che seguita la moltiplica- zione di siffatti elementi, la parete della cellula madre, forzata ne- cessariamente dall' aumentato volume del contenuto, è costretta a scindersi e si apre verso V apice mediante una sorta di operculo. Cotesto processo di moltiplicazione cellulare ha per oggetto la costituzione di colonie palmelliformi, di forma e di dimensioni varia- bili, le quali per tutto il tempo della loro esistenza rimangono ade- renti al substrato nella sede primitiva. Le cellule si moltiplicano rapidamente restando sempre coinvolte dentro il descritto sacco gelatinoso. Questo conserva indefinitamente la sua primitiva trasparenza e prende più tosto 1' aspetto di una ganga mucosa diffluentissima a contorno definito, cui la tintura di jodio non conferisce alcuna apprezzabile colorazione. Le cellule sono suscettive dì dividersi secondo le ire dii-ezioni dello spazio ; però i piani di scissione non si alternano con regolare successione. Ond'è che talora ne nascono delle serie cellulari sem- plici o multiple del tutto od in parte, oppure degli ammassi globoidi più 0 meno regolari. Le colonie non riiggiungono giammai delle dimensioni tali da rendersi visibili ad occhio nudo. Qualche volta misurano una lun- ghezza minima di 50 ix. Le dimenzioni ordinarie oscillano fra' 70 e 100 IX. 144 STUDI ALGOLOGICI tav. XI Compiato lo sviluppo vegetativo delle colonie, le singole cellule Fig- 7-8 divengono direttamente degli zoosporangi senza punto subire alcuna alterazione nella forma loro primitiva. Notasi bensì qualche volta un lieve aumento in volume , specialmente in quelle cellule desti- nate a generare 4 zoospore. Le zoospore svolgonsi a 2-4 in ogni cellula ; raramente si forma una sola zoospora. Nelle cellule destinate a fungere da zoosporangi si nota di buo- n'ora nel contenuto la tendenza ad allontanarsi alquanto dalle pareti e di concentrarsi in unica massa sferoide a contorni ben distinti , la quale d'ordinario si spartisce trasversalmente e dà origine a due simili masse, oppure la divisione seguita fino a costituirsi a spese del contenuto di unico elemento quattro analoghe massicelle. Queste, rappresentano altrettante zoospore di cui spiccano ormai gli ocelli colorati in rossigno pii!i o meno sbiadito. Mentre il contenuto delle cellule vegetative si organizza in zoospore , comincia lentamente a diluirsi la gelatina ambiente ; la parete degli zoosporangi si scioglie pur essa parzialmente da un lato e ne deriva un' apertura di grandezza sufficiente per il pas- saggio dei germi. L'uscita di questi ha luogo rapidamente, e tosto le zoospore si disperdono nel liquido ambiente. Talora per la in- completa dissoluzione della gelatina circostante, i germi, nella loro uscita, rimangono temporaneamente impigliati dentro l'inviluppo co- mune delle colonie ; e quivi agitansi contraendosi e deformando il loro corpo a mo' di un' ameba fin tanto che riescono a superare r ostacolo ambiente. Le zoospore, esaminate libere, hanno l'apparenza di piccole mas- sicelle ovoidi con la regione rostrale trasparente e lievemente spor- gente. All'apice di questa osservasi un solo ciglio tenuissimo di cui la lunghezza importa circa una volta e mezzo quella dell' intiero corpo della zoospora. Al di sotto del rostro scorgesi un minutissimo ocello rossiccio e poche granulazioni lucide, irregolari ; avvi poi un ampio cromatoforo parietale che segue il contorno convesso della opposta estremità. * ». ,* .''»■''■* *Ì..* ' "^^ V Cin.OROTIIECIUM 'V'*' " ^^^ t^ * ' '' •* « ♦-■-■.•« ' . r •_- ' T-VV^ ••** St3iiz-»• essendo molto piccola, le zoospore escono ad una per volta; anzi per poter esse guadagnare il liquido ambiente sono costrette, penetrando dentro il foro , a deformarsi , contrarsi , spingendosi con forza verso r esterno, favorite dalla estrema c^ntrattibilità del loro corpo, parti- colarità che ci rammenta la uscita delle zoospore di Clenodadus cvxinnatus. Mentre comincia 1' uscita si avverte un tenuissimo comune invi- luppo gelatinoso trasparente che cinge e segue, attraverso l'apertura, la massa delle zoospore sciamanti e, tosto che esso guadagna il liquido ambiente, rapidamente scoppia e permette cosi ai germi di diffondersi liberamente. Il moto delle zoospore protraesi fino alle prime ore del mattino; allora esse manifestano una tendenza positivamente eliotropica e si diffondono sulle pareti più rischiarate del recipiente. Esaminate libera- mente esse sono dei corpi ovali od ovali-bislunghi, somiglianti in tutto alle zoospore di Botrydimn, Bumillena, Conferva ecc. Constano di una massa di plasma scevra interamente di granulazioni e quindi d'ap- parenza omogenea. Non ho potuto distinguere se possiedano delle vacuolo pulsanti. Mancano certamente di una parete propria per "quanto sottilissima; i reagenti disidratanti v'imprimono delle forti contrazioni seguite da profonde alterazioni nella forma senza accen- nare a modificazioni, anche lievissime, sullo strato periferico. E il caso di poter dire che le zoospore di Bolrijdiopsis sieno delle vere masse di protoplasma nude; la estrema pieghevolezza e contrattibilità del loro corpo , di cui si hanno evidenti prove prima ancora che esse abban- donino lo zoosporangio, senza dire dei moti ameboidi ai quali danno luogo appena messe in libertà , sono dei caratteri che facilmente le distinguono dalle zoospore delle altre Cloi-ofìcee. Sono pi'ive di ocello pig. s. e di qualsiasi altro corpo che ne faccia le veci. Contengono costan- temente due clorofori disciformi lenticolari, posti 1' uno di faccia al- l' altro poco al disotto dell' estremità anteriore. Questa si protende a modo di rostro, a cui attaccasi un ciglio esilissimo lungo quanto il corpo della zoospora medesima o poco di più. Al di là dei cromatofori. 176 STUDI ALGOLOGICI il corpo del germe si estende per notevole tratto e finisce in punta ot- tusa, tondeggiante. Le dimensioni delle zoospore variano poco : in generale oscillano fra gli 8 e i 12 micr. ; la più grande parte di esse misura in media un diametro longitudinale di 10 microm. La presenza di un solo ciglio posto sull'estremità anteriore, im- prime al moto delle zoospore un carattere del tutto speciale, per cui, al primo scorgerle in movimento, si nota qualcosa di differente ri- spetto alle zoospore delle altre Cloroficee. Il moto infatti apparisce più tranquillo, meno sussultorio, regolarissimo ; e ciò dipende dal fatto che il ciglio durante la translazione muovesi in uno stesso piano, senza che il corpo del germe si rivoltoli descrivendo una linea elicoidale attorno al proprio asse longitudinale, come si osserva nelle zoospore 2-niolticigliate. Fig. 9. In nessun' Alga, come in questa, i germi mobili presentano tanto squisita la tendenza a trasformare il moto cigliare in quello ameboide. Questa particolarità osservasi in tutti i casi in cui la zoospora mo- ventesi, incontra nell'ambiente liquido un ostacolo. Normalmente però il movimento ameboide comincia quando cessa quello cigliare. 11 fenomeno si può osservare agevolmente raccogliendo delle zoo- spore dentro una gocciola d'acqua. Esse spandonsi vivacemente verso i margini di questa. Alcune si dibattono, deformandosi in mille guise, impedite dalla mancanza di liquido a proseguire oltre alla gocciola e dopo incessanti sforzi , o riescono a guadagnare nuovamente il li- quido e vi si diffondono tosto ripigliando la primitiva forma , oppure restano allo stato di ameba sugli orli della goccioletta. Quivi si muovono per incessanti e irregolari dilatazioni del loro corpo seguite da contrazioni, mostrando assai spiccata la tendenza di spingersi oltre ai confini della gocciola strisciando sulla superficie nuda e levigata del porta-oggetti. Nulla di più somigliante essi germi presentano in questo stadio colle mixamebe dei Mixomiceti. Durante il moto, il ciglio resta intatto a posto. Qualche volta pare che di que- sto organo la zoospora tenda a giovarsi come una sorta di leva per Fig. 9. muoversi in avanti. Ma questo debolissimo sostegno non giova a nulla e si piega e curvasi e spesso all'apice si dilata aderendo al vetrino, mentre il corpo del germe si deforma incessantemente e si formano BOTRYDIOI'SIS 177 qua e là delle sinuosità più o meno pronunciate, a volte anche talmente tav xn-xiit. profonde da dar luogo a strette emergenze che si partono dal contorno a mo' di veri jìseudopodi. Mentre seguitano i moti ameboidi, sparisce ogni traccia del ci- Pig 9 glio. Questo non si distacca, ma insensibilmente accorciasi fino a con- fondersi del tutto colla sostanza del rostro. Non ostante la mancanza del ciglio, seguita il corpo della zoo- spora ad agitarsi sul substrato in ogni verso, contraendosi e quindi dilatandosi, a mo' di una vera ameba. La scomparsa del ciglio segna però l'ultima fase dell" attività lo- comotrice del germe: in fatti da quel momento in poi il moto diviene sempre più lento e dopo circa 1-2 minuti, lungo il contorno del corpo della zoospora, non si nota più alcuna deformazione e tutto il germe ormai apparisce in istato di perfetta immobilità. Il passaggio dallo stato di attività a quello di riposo dà luogo Kig io. ai seguenti importanti fenomeni : 1." Riduzione del corpo del germe alla forma sferoide con dimi- nuzione di volume di circa ~ del primitivo. 2° Insensibile dislocazione delle due placche clorofillacee dalla periferia verso l' interno. Notevole è senza dubbio la particolarità che, mentre il corpo del germe cessa i suoi movimenti, par che subisca una forte contrazione in tutte le direzioni assumendo una forma i-egolarmente sferica. Para- gonato ora il volume di esso con quello primitivo si scorge una spic- cata riduzione; il che ci induce a credere che, mentre il corpo della zoospora passa allo stato di inerzia debba perdere una parte dell'ac- qua contenuta in seno alla sua massa protoplasmatica, venendo così meno la originaria pastosità : condizione tanto necessaria allo adem- pimento della funzione locomotrice. Mentre il corpo della zoospora prende una forma rotonda i due Fig- io. cromatofori appariscono alquanto spostati dalla periferia, quasi si fosse maggiormente inspessito lo strato periferico del protoplasma fondamen- tale. Avvenga ciò effettivamente per vera dislocazione dei cromatofori dalla lor sede primitiva o per aumentato spessore del plasma periferico, il fenomeno prelude sempre la costituzione di una membrana cellulare. Nei primi momenti dell'avvenuta stasi della zoospora detto strato pro- A. BoBzl. Studi Algologici 24 178 STUDI ALGOLOGICI toplasniatico non differisce sensibilmente dal plasma fondamentale e la sostanza, onde ne è costituito, sembra del tutto identica a quella della restante massa del germe: il reattivo Milloii non accenna ad alcuna, per quanto insensibile, differenza. Dopo qualche ora però comincia lo stesso reattivo a indicarci una lievissima diversità ; così comincia la formazione della membrana cellulare. Fig. 11. D'allora in poi la germinazione delle zoospore procede regolar- mente per progressivo aumento in volume del corpo senza che la forma venga giammai alterata. In tal modo nel corso di qualche set- timana derivano degli individui vegetativi figliali identici in tutto ai precedenti e suscettivi di trasformarsi in nuovi zoosporangi. Durante la germinazione non si formano amido ne delle sostanze ternarie analoghe; tutto al più delle grosse gocciole di una materia in apparenza olaginosa compariscono all' interno delle cellule. Ho os- servato però questo fatto solo nelle colture. Trattando siffatti elementi coir alcool tale sostanza sparisce immediatamente. Fig- 3' Un'altra forma di riproduzione agamica particolare alla B. arhiza è quella che ha luogo per i-eiterata e successiva bipartizione del con- tenuto cellulare in un numero variabile (4-32) di porzioncelle che di- vengono altrettanti individui distinti. Trattasi in sostanza ili un vero processo di moltiplicazione vegetativa; gli elementi (conidi), che ne deri- vano, assumono subito una forma sferica e rapidamente si accrescono in volume mentre lentamente si discioglie la parete della loro cellula madre. Assunti i gonidi tutti i caratteri di veri individui vegetativi, essi sono suscettivi immediatamente di svolgersi per zoospore, oppure di scindersi e dare origine a nuovi individui per semplice bipartizione; le quali l'orme di sviluppo persistono poi contemporaneamente sullo stesso substrato e ripetonsi in maniera indefinita rimanendo immutate le condizioni d'umido ambienti. Al sopraggiungere però della prima- vera cotesto modo di svolgimento si arresta e, come ho potuto notare nello aprile del 1887 e quindi in quello del 1888, ogni individuo di B. arhiza passa allo stato di riposo rivestendo i caratteri d'ipnospora 0 di cistide. Fig, 1». La formazione delle cistidi è preannunziata dalla comparsa di BOTRYDIOPSIS 179 piccole e frequenti gocciole oleose rossastre che sempi-e più aumen- tano in volume, confluendo parecchie insieme; i contorni dei croma- tofori rimangono allora interamente mascherati. Nel tempo stesso la parete cellulare progressivamente s'inspessisce e diventa in apparenza rigida e opaca ; vi si distinguono nella sua massa finissime striature concentriche. Le cistidi persistono lungo tempo immutate e sono jierciò dei veri organi ibernanti. Se ne può provocare la germinazione esponendole ad adeguate condizioni d" umido. Ciò mi è riuscito in maniera completa, dopo vari tentativi, nel maggio del 1889. Lo sviluppo si compie in generale nella maniera medesima dei zoospoi'angi , ai quali intieramente somigliano al momento della ger- minazione. Ho seguito lo svolgimento servendomi di pezzetti di carbone ani- male come substrato di coltura. A queir epoca le cistidi non presentavano piìi alcuna traccia di ^"'S- i5-i6. quelle gocciole oleose dianzi notate. I cromatofori apparivano distinti, ma più piccoli dell'ordinario, e stavano irregolarmente confusi in tutto il plasma ambiente. Quest'apparente disposizione era dovuta allo essersi il contenuto scompartito in un grande numero di massicelle e ciò in una maniera che sembrava siuiultanea, come abbiamo notato nella forma- zione delle zoospore. Dette particelle avevano assunto a poco a poco un contorno circolare, il che distintamente si rilevava esaminando r intiei'a massa nella sua regione periferica, ilentre assumono detta forma tendono ad allontanarsi alquanto dalla parete, sicché al di sotto di questa rimane uno spazio affatto scolorato formante tutt' all' intorno una sorta d' areola continua. Contemporaneamente si nota il primo accenno della costituzione di un breve collo per inspessimento par- ziale della membrana , seguito in quella regione da insensibile solle- vamento della stessa. Nel punto dove ciò avviene si pratica poco dopo un' apertura circolare che serve di uscita alle suddette masse. Queste rappresentano delle gamete mobili ed escono dalla propria cellula madre nella maniera identica delle zoospore , raccolte, cioè, dentro un comune sacco gelatinoso, il quale, a misura che i germi si spandono al di fuori, si attenua sempre piìi e poi disciogliesi. Al- 180 STUDI ALGOLOGICI V. xii-xiii lora le zoogamete si disperdono rapidamente nell'acqua ambiente con tendenza positivamente eliotropica. Il numero delle zoogamete contenute in uno stesso zoogametan- gio varia secondo le dimensioni di questo ; in generale si contano da 30 a 50 0 poco più zoogamete. Kig. 16. Esse sono alquanto più piccole delle zoospore , alle quali poi so- migliano per la forma ovale od ellittica. Del resto presentano delle notevoli differenze morfologiche quanto alla costituzione ed al numero delle ciglia. Costantemente possiedono un solo cromatoforo laterale, di cui i lembi sono spesso resi indistinti dalla presenza di minutissime granulazioni opache, sparse nel circostante protoplasma. Detto croma- toforo ha la forma di una placca a contorno pressocchè circolare e manca di pirenoide. All'estremità rostrale notansi due esilissimi cigli lunghi circa il doppio del corpo della zoogameta medesima o poco meno. Della presenza di un ocello pare non esista alcuna traccia vi- sibile: tuttavia, in mezzo alle granulosità sparse nella regione jalina del protoplasma, notasi costantemente un piccolo corpo lucido posto un po' al di sopra della inserzione dei cigli. Io credo che tale for- mazione possa avere il significato di un vero ocello a somiglianza di quanto segue nella Bumilleria sicula. Kig. 17. La copulazione delle gamete si compie nella maniera ordinaria. Spesso r atto copulativo si effettua fra due soli germi venuti in con- ^'^- '8. tatto colla regione rostrale ; ho notato altresì delle fusioni di 3 o 4 zoogamete in unico corpo , ma ciò piuttosto raramente. Durante la copulazione i germi si dispongono in posizione divergente a V. A processo compiuto, ne deriva una zigospora mobile a 4 ciglia e 2 cro- matofori parietali ordinariamente situati l' uno di faccia all' altro. Così rimane limitato nel centro uno spazio circolare scolorato. Il moto delle zigospore si arresta pochi minuti dopo compiuta la copulazione , mentre quello delle zoogamete non copulate si protrae per oltre un' ora. Alla fine cessa ed è seguito dalla immediata disor- ganizzazione del corpo del germe stes.so. Il descritto sviluppo delle cistidi offre talora qualche variante, quando venga seguito sulla naturale stazione dell'Alga. Ivi ho riscon- trato delle cistidi in via di sviluppo durante una bella mattinata del mese di marzo. La materia rossa non era punto scomparsa, ma invece HOTRYDIOI'SIS 181 appariva disciolta costituendo una sorta di linfa, che, diffondendosi in tav. xii-xnr tutta la massa del plotoplasma, conferiva a esso una colorazione rossa- stra, alquanto meno intensa di prima. Le zoogamete medesime conser- vavano questa stessa colorazione, la quale rimaneva anche inalterata presso le giovani zigospore. Avendo inconti-ato numerose difficoltà per prolungare la coltura delle zigospore sui pezzetti di carbone e non potendo seguirne 1' ul- teriore sviluppo in quelle condizioni , mi son giovato di quest' ultimo materiale, e durante il mese di marzo potei tener dietro a tutte le fasi di maturazione delle zigospore. Cessato il moto, il 'germe si riveste di una membrana che diviene P'?- if- sempre più distinta e spessa, mentre assume una forma perfettamente sferica. In seguito, gradatamente cresce il suo v(dume, fino a raggiun- gere le stesse dimensioni delle cellule vegetative. A maturità le zigospore possiedono una parete rigida e spessa sino a 2 /-t, costituita da sottili laminette concentriche che si sfaldano prontamente sotto una forte pressione. Detta jDarete si colora debol- mente in azzurro per azione del cloruro di zinco jodato. 11 contenuto apparisce intensamente colorato in rosso per la presenza di numerose gocciole di una materia di tal colore. 11 modo come queste compari- scono fa vedere che esse debbano la loro origine a un processo di reintegrazione della sostanza oleosa, già esistente nelle cistidi, e che poi si era sciolta in linfa diffondendosi in seno al protoplasma fon- damentale. Le gocciole si scorgono da principio minutissime ed in piccol numero; man mano che le zigospore divengono mature, esse crescono di numero e di volume e finiscono col riempire tutta la ca- vità cellulare. Della materia clorofillacea non resta allora alcuna trac- cia visibile. Potendo disporre di bastevole materiale ho voluto tentare qualche Pig- so. ricerca intorno alla costituzione del contenuto nelle zigospore mature e specialmente allo scopo di orientarmi circa la posizione del nucleo. Gli espedienti dei quali ho già fatto cenno, impiegati per riuscire a far risaltare il nucleo all' interno delle cellule vegetative non .sono intieramente applicabili alle zigospore, le cui pareti, spesse, impediscono la pronta diffusione delle materie coloranti. Ho usato con maggior vantaggio della Ematossilina delKleinenberg, il carminio al borace 182 STUDI ALGOLOGICI xii-xiii. lasciando soggiornare un po' più a lungo la cellula nella soluzione ^'° ' dell'acido picrico. La colorazione dei nuclei, quando riesce, dimostra che le zigospore mature possiedono due nuclei posti l'uno a brevissima distanza dall' altro, anzi, il più delle volte, accostati e in immediato contatto tra di loro. Questa circostanza è significantissima e trova riscontro nelle zi- gospore di alcune Conjugate (Spirogyra, etc), le quali, allo stato di maturità, secondo le osservazioni di Overton (3) e di Klebahn (4), possie- dono due nuclei distinti. Dal che si arguisce che l'atto copulativo, che si compie tra due gamete mobili o no, non è sempre accompagnato dalla immediata fusione dei nuclei propri agli elementi sessuati, la quale può seguire più tardi, anche durante le fasi iniziative del processo germi- nativo. Sicché in tali casi è necessario ammettere che la copulazione delle due gamete mobili in unico elemento, non rappresenti che una fase di preparazione al processo di fecondazione : stabilito il contatto e la continuità materiale fra i corpi dei due elementi sessuali, non è una condizione del tutto indispensabile che immediatamente segua la ma- teriale fusione delle due masse nucleari , cioè la fecondazione , come si osserva presso alcune Fanerogame, dove fra la impollinazione e la fecondazione decorre spesso un intervallo di tempo piuttosto lungo. Fig. 21. Scarse notizie possiedo intorno alla germinazione delle zigos^iore. È certo che esse non germinano immediatamente, a sviluppo compiuto, anche esposte a condizioni adeguate di umido e di temperatura am- biente. Pare anzi sicuro che il loro svolgimento esiga che trascorra un certo periodo e che sieno esse suscettive di sopportare impunemente la lunga siccità dei mesi estivi sulla loro naturale stazione. Questa si era completamente disseccata al sopraggiungere della estate e le mie ricerche sono state interrotte dalle ferie universitarie. Tornato in Sicilia verso la prima metà di novembre, ripigliavo lo studio della Botnjcliopsis arhiza; però le piogge autunnali avevano rapidamente provocato lo sviluppo dell' alga, tanto che, all' epoca della mie ricerche, essa rinvenivasi allo stato vegetativo. Una sola volta (3) C. E. Overton, Uebcr den Conjugationsvorrjang bei Spirogyra , nei Bericht. der deusch. boi. Gesellsch., Voi. VI, pag. 68-7?, tav. IV, 1888. (4) Klebahn, Ueber die Zygosporen einiger Conjugaten, ibid. pag., 160-166, Tav. VII, 1888. BOTRYDIOPSIS 183 ho notato un gruppo di elementi cinto da uno spesso inviluppo gelati- tav xii-xiii noso in via di dissoluzione, quale si trova rappresentato nella figura '^ " citata a margine. Esso gruppo parmi rappresenti una zigospora in via di sviluppo; per cui si potrebbe arguire che dalla germinazione di detti organi proceda la formazione di nuovi individui di Bolry- diopsis. Tanto in questi, come in tutti quegli altri esistenti a quella epoca nella località da me esplorata, i cromatofori apparivano distinti, mancando ogni traccia di materia olaginosa rossastra. Dal che si de- duce che detto contenuto sparisca al momento della germinazione. Lo schema seguente riassume i stadi di sviluppo su esposti Individui vegetativi zoospore gonidi ipnospore zoogamete copulazione zigospore zoospore Individui vegetativi Venendo a dire del valore sistematico del genere Bodrydiopsis non si può prescindere da talune considerazioni comparative od estese ad altri gruppi affini. Epperò formando alcuni di questi oggetto par- ticolare di studio nelle pagine seguenti sarà bene rimandare il lettore a quello che poi sarà ivi detto. 184 STUDIAI.GOLOGICI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA Xn. Firi. i. — Due individui allo stato vegetativo. » 2. — Cellule vegetative trattate coirEBiatossiliiia di Kleineiiberg; >j, nucleo. » 3. — Un individuo allo stato di moltiplicazione vegetativa per gonidi. » 4. — Genesi delle zoospore. » 5-7. — Zoosporangi durante la emissione delle zoospore. » 8. — Stadio ultimo della figura precedente e zoospore libere. » 9. — Zoospore a moti ameboidi. » 10. — Germinazione delle zoospore. » 11. — Giovani individui derivati dalla germinazione delle zoospore. TAVOLA XIII. Fir/. 12. — Ipnospore allo stato di riposo. » 13-14. — Stadi graduali di sviluppo delle precedenti. » 15. — Zoogarnetangio durante la emissione delle zoogamete. » 16. — Stadio ultimo della figura precedente e zoogamete libere. » 17. — Casi di copulazione delle zoogamete. » 18. — Copulazione di zoogamete a 3, a 4. » 19. — Sviluppo delle zigospore fino allo stato di maturazione. » 20. — Zigospore mature trattate col borato carniinico. » 21. — Zigospora in germinazione. Ingr. == 600 diam. BUiMILLERIA, gen. nov. Hormotheca mihi, in Martel: Conlr. alla conosc. dell'Algol, ro- mana, nell'Ann, dell' IsiU. boi. di Roma, I, fase. 2° (1885). Thallus microscopicus , monocellularis e cellulis o- blongo- vel elliptico-cvlindraceis, 4-8 utroque polo arcte coujunctis et familias v. series lineares, continuas, sim- plices efformantibus , constitutus ; cytioplasmate subho- mogeneo , hyalino ; chi-omatophoris 4-8 , raro binis , pa- rietalibus, disciformibus, absque pyrenoidibus et nucleo unico vel nucleis duobus in singula cellula ; contento amylaceo nullo. Multiplicatio agamica zoosporis cilio unico instructis et gonidiis immobilibus ; sexualis zoogametis ciliis binis donatis. Divisio vegetativa repetite binaria secus unam di- rectionem ; membrana matricalis, medio transverse scissa- persistens eseque segmenta mox amota, apices vegetati, varum serierum, instar integumenti calyptrseformis, de- nique arcte cingentia. Zoosporse ovatse vel ovato-oblongse, antice in rostruoi hyalinum protractpe, cilio unico, chromatoplioris binis, ocello laterali, punctiformi, achroo et vacuola pulsatili unica, instructae, 2-4, raro solitariae in singula cellula vegetativa, denique, membrana transverse rupta, libere erumpentes. Gronidia 4-8, raro 16, in omni elemento vegetativo, bipartitione succedanea secus unam directiouem vel ad duas directiones, orta, globosa v. breviter ovalia, c?e- terum cellulis vegetativis omnino conformia, mox ger- minantia et novas series vegetativas ferentia aut in hypnosporas transmutata. A. BoRzl, studi Algolagici 25 186 STUDIAI.GOLOQICI Hynosporae globosre aut subg-lobosse, membrana cras- siuscula, lievi, contento olaginoso rubro, germinationis tempore in 2-4-8 zoogametas elabeseente. Zoogametse zoosporis conformes sed rainores, ciliis binis chromato- phoroque unico prseditse, copulationis ope in zygosporas evolutse. Zygosporse gonidiis omnino similes, tarde germi- nantes (?) et novas l'amilias vegetativas ferentes. B. sicula n. sp. Celi, veget. diani. 15-18 f/.; zoosp. 8-10-12 v 6-8 f-A ; zoogam. long. 5-6 f^; zygosp. diam. 14-17 fx. Habitat in solo lido argillaceo, ad ìnpas lorrenlis Floripolami, prope Milazzo (Sicilia). Legi febr. 1879 et autumn. 1884. Le mie prime conoscenze su quest'Alga rimontano al febbraio del 1879. Esaminando delle Oscillarle raccolte lungo le sponde del torrente Floripotamo , nel fondo limaccioso di alcune pozze d' acqua piovana, la mia attenzione veniva casualmente rivolta a talune cellule verdi, cilindriche riunite in brevi filamenti, la più parte di esse in in via di sviluppo. Rimasi allora colpito dalla particolare maniera di aprirsi degli elementi zoosporiferi, e più che mai della singolare forma delle zoospore e dei moti di reptazione cui queste davan luogo alla maniera di mixamebe. 11 materiale, che era a mia disposizione, non potei conservare a lungo allo stato fresco a causa di una gita di parecchie settimane intrapresa, verso quel tempo, in altre parti di Sicilia. Restava però sempre vivo in me il desiderio di ulteriori inda- gini, le quali soltanto alcuni anni dopo potei compiere, trovandomi a villeggiatura in una mia campagna a poca distanza della ricordata località. Questa singolare Clorificea ha per me un interesse personale si- gnificantissimo: i pochi dati raccolti a quell'epoca, quasi in maniera casuale, sullo sviluppo di essa, mi porgevano la occasione d' iniziarmi a studi più estesi sulla biologia delle Alghe verdi, e come lieto au- gurio credetti allora intitolarla dal nome di egregia persona amica, passionata quanto modesta cultrice dell' amahilis scientia e alla quale mi legano ricordi di viva gratitudine. B U M I L L E R I A 187 Gli individui vegetativi di questa nuova Clorofìcea crescono sul tav. xvi suolo umido argilloso della località sopraccennata, spesso associati ai filamenti della Oscillarla nigra Ag. ; raramente si osservano frammisti ai fili di Uloihrix flaccida Ktz. Vegetano sparpagliati e dispersi sul substrato senza formare dei plessi estesi e di forma, determinata. Lad- dove sono frequenti il terreno riveste un colorito verdognolo. Ogni individuo riveste i caratteri di una vera cellula distinta e di Kg. i. forma bislunga od ovale-bislunga. Di rado tali cellule crescono isolate; normalmente 4 o 8 elementi scorgonsi adesi per le estremità opposte in modo da formare una serie continua, a mo' di breve filamento. La costituzione di si fatte colonie è caratteristica al genere di cui si parla e contraddistingue la fase vegetativa. Occorre anzitutto orientarci sui caratteri generali morfologici dei singoli elementi astrazion fatta della maniera colla quale questi si as- sociano tra di loro. Essi sono, come si disse, cilindrici, alquanto schiacciati alle due estremità opposte e misurano un diametro trasversale che varia dai 15 ai 18 fx. La parete è mediocremente sottile in tutto il suo percorso e trasparente; nulla di notevole rilevasi dal lato chimico. 11 plasma fon- damentale si presenta pur esso diafano e di un aspetto quasi omogeneo. Notansi delle granulazioni solide ed opache, che restano indifferenti all'azione della tintura di jodio e del cloruro di zinco jodato. Il reat- tivo di Millon conferisce ad alcune di esse una tinta rosea, mentre, altre, per azione dell'acido osmico, si tingono in scuro intenso. Nessuna traccia di amido si scorge a quell'epoca e la materia ternaria piglia più tardi 1' aspetto di gocciole d' olio, come si deduce dall'azione del- l'acido osmico. Il sistema dei cromatofori è rappresentato da un numero deter- minato di placche clorofiUacee alquanto ampie, a contorno quasi po- ligonale e che si adagiano contro il contorno delle pareti seguendone la convessità. Appariscono lievemente ispessite nel centro e prive aff"atto di pirenoide come facilmente si deduce tanto mediante l'impiego del jodio, quanto trattati coi reattivi picrinati. Il numero dei croma- tofori importa sovente 8, ma nelle cellule più corte se ne contano 188 STUDI ALGOLOGICI tav. XVI. solamente 4. Si può facilmente seguire le graduali fasi di bipartizione, '" cui soggiacciono, durante lo sviluppo e l'incremento delle cellule; il quale processo ci ricorda quanto abbiamo precedentemente notato a proposito delia moltiplicazione dei cromatofori (pag. 173) della Boiry- diopsis arliiza. Della esistenza di un nucleo non è agevole assicurarsi senza l' im- piego di reattivi appropriati. In certe cellule si scorge bensì talvolta una sorta di areola più chiara, a contorni circolari, posta nel mezzo della cavità cellulare stessa e avente l'apparenza di una vacuola. Trattasi però in fatto di un vero nucleo. Esso colorasi rapidamente sotto Fazione del carminio al borace. Buone colorazioni si ottengono altresì facendo uso della Ematossilina del Kleinenberg. Occorre, al so- lito, che le cellule sieno prima tenute alcuni minuti dentro la solu- zione dell' acido picrico solforato e poi lavate con alcool assoluto fino a che sia sparita ogni traccia dell'altro reagente. I cromatofori ri- mangono allora interamente scolorati e prontamente si ottiene l' azione dei reattivi coloranti. Con questo procedimento risaltano distinti i contorni di un nu- cleo centrale di forma sferico-depressa. Esso il più delle volte apparisce coinvolto da speciale indumento protoplasmatico , da cui si partono esili ramuli verso la periferia del corpo cellulare formando una sorta di tendini per cui il nucleo stesso sembra attaccarsi alla parete. Non di rado i reagenti coloranti rivelano la presenza di due nuclei, .specialmente nelle cellule più lunghe. Essi giacciono a breve distanza l'uno dall'altro e sovente uno dei due vedesi alquanto più piccolo. Questa particolarità non credo sia senza importanza quando si con- sidera come la pianta, di cui ci occupiamo, presenti strette affinità co' Bolì'i/dhmi dove il tallo risulta da un enorme corpo celluliforme a cavità continua includente molti nuclei. Fig. 2. Ogni individuo si moltiplica per reiterate divisioni trasversali. Allo stato vegetativo nessun cambiamento nella direzione dei piani di scis- sione si osserva e questa ha luogo sempre nel medesimo senso , per cui gli elementi figliali assumono una disposizione seriale. Ordinaria- mente il numero delle bipartizioni è limitato e ne nascono tutto al più 8 cellule. BUMILLERIA 189 Durante la divisione la parete della cellula madre non si scioglie, t*v. xvi ma soltanto si spezza nella direzione trasversale in due porzioni per- '^' ' rettamente uguali le quali rimangono a posto. Mentre gli elementi figliali si accrescono per le due estremità opposte e la loro forma diviene cilìndrica, detti frammenti vengono rimossi e allontanati re- stando sempre soprapposti alle due estremità della serie, che rivestono, conformati a mo' di cuffia. Le cellule, mentre si accrescono, urtansi coi poli opposti, i quali si appiattiscono alquanto; e nel tempo stesso gli elementi, mediante tali regioni, contraggono tra di loro aderenza a tal segno, che l'insieme di essi riveste l'aspetto di un breve e continuo filamento. L'adesione però è di un grado minimo, cosicché basta una lieve pressione perchè le cellule qua e là si separino e specialmente quando le pareti loro si sono in corso d' età vieppiù consolidate e ispessite. Questa maniera di incremento si può ripetere parecchie volte e ne derivano delle serie assai estese in lunghezza, dei falsi filamenti confervoidi, come quelli che si trovano rappresentati nella figura ci- tata a margine. Un esame attento mette in rilievo la vera origine di Fig. 2. siff"atte formazioni, tanto più poi che in processo di tempo avvengono delle dislocazioni parziali in una stessa serie onde ne rimane distrutta la originaria continuità. In due maniere distinte compiensi lo svolgimento agamico delle descritte colonie vegetative: L" Per gonidi immobili ; 2." Per zoospore. I gonidi derivano per reiterata bipartizione trasversale del con- Kig. 3-i tenuto cellulare come se si trattasse di un semplice processo di mol- tiplicazione vegetativa: gli elementi figliali, anziccliè restare connessi in serie ed assumere una forma cilindrica, rimangono affatto liberi e prendono un contorno circolare , a mo' di veri elementi protococ- coidei. La parete, della cellula madre, al solito, si scinde trasversal- mente in due parti, che acquistano una perfetta indipendenza e si separano a mo' di segmenti calittriformi. Per regola generale la scis- sione si compie secondo una medesima direzione e si arresta appena costituiti 4 od 8 elementi; però si danno casi di formazione di un 190 STUDI ALG0L06ICI V. XVI. maggior numero di gonidi, come pure di bipartizioni nella direzione ''^' '"'■ longitudinale appena iniziate le prime scissioni trasversali. In ogni modo gli elementi che ne derivano hanno sempre la me- desima forma fondamentale e le stesse dimensioni ; sono delle cellule in complesso sferiche, salvo le due ultime terminali che si potrebbero dire ovali sferiche. Qualche volta le mediane, esaminate libere, offrono traccia delle lievi pressioni subite nel senso trasversale scorgendosi insensibilmente schiacciate ai poli opposti. Quanto ai caratteri morfologici del resto i gonidi non differiscono essenzialmente dalle cellule vegetative. Possiedono una parete distinta che i reattivi jodici palesano costituita di pura cellulosa. Gli stessi reagenti non accennano nel contenuto a presenza di materia ami- lacea; si notano bensì dei corpuscoli di natura albuminoide e delle minutissime gocciole di materia grassa. Ogni gonidio possiede ordina- riamente una coppia di cromatofori, posti l'uno di fronte all'altro, in v\g. G. posizione alquanto obbliqua. Talora nei gonidi più piccoli sembra esi- stere un solo cromatoforo che sta adagiato sulla faccia interna delle pareti seguendone il contorno per gran tratto. Anche in questi casi i cromatofori mancano di pirenoide. I margini di essi appariscono il più delle volte sinuosi a lati disuguali e variamente tondeggianti. Fìg. 7. I gonidi sono organi incapaci di sopportare la secchezza e sola- mente suscettivi d'immediato sviluppo; il che facilmente s'intuisce non essendo essi che solo per la forma differenti dagli elementi d' in- dole vegetativa. Come tali servono a dare inizio a nuove colonie seriali nella maniera e della forma suddescritta. Però non tutti si comportano in tal guisa come risulta dalle mie colture, poiché mentre parecchi di essi si scindono trasversalmente e gh elementi figliali si dispongono in una nuova generazione di famiglie, altri seguitano a bi- partirsi reiteratamente dando luogo a nuovi gruppi di elementi pro- tococcoidei. La divisione segue in maniera indeterminata tanto secondo due, quanto secondo tutte e tre le direzioni dello spazio. Le cellule figliali, a sviluppo compiuto, rivestono i caratteri dei gonidi originari, salvo che tendono a divenir sempre più piccole. Non so se tale cir- costanza debba esser considerata come normale. Per mezzo delle col- ture non ho potuto a.ssicurarmi delle ulteriori destinazioni di siffatti elementi aventi un diametro una terza parte inferiore a quello dei go- nidi normali. BUMILLERIA 191 La moltiplicazione pei* zoospore è un fenomeno molto più fre- tav. xvi. quente di quello che non sia lo sviluppo per gonidi e regolarmente '«■•■■ si manifesta nelle prime ore dei mattino. Le cellule madri non su- biscono alcun' alterazione nella forma primitiva e nelle dimensioni. Quanto al modo di dividersi si comportano come al momento delia formazione dei gonidi. Normalmente da ogni elemento prendono ori- gine due 0 quattro zoospore; di rado una sola; ciò ha luogo presso cellule madri assai più corte dell'ordinario. In tutti i casi sembra che il contenuto subisca una certa contrazione, e assai più distinti si manifestano allora i contorni delle pareti cellulari. Nello stesso tempo il plasma fondamentale apparisce del tutto scevro di corpi e granula- zioni opache quasi che la materia immagazzinata fosse stata usufruita a prò' dei germi nascenti. I contorni dei cromatofori risaltano netti in tutto il loro percorso. hnmediatamente compiesi la uscita dei germi. A tal' uopo la mem- Tav xvii. brana della cellula madre si apre mediante un taglio trasversale pra- '''®' '"• ticato all' incirca verso la sua regione di mezzo. I due lembi non si separano e allontanansi subito ; ma tosto si accenna una certa diva- ricazione di essi, una vera fenditura, attraverso la quale penetrano una dopo l'altra le zoospore, racchiuse, come sono, dentro un comune inviluppo di trasparente gelatina. Allora par che le zoospore tendano a sforzare 1' apertura e ad aprirsi un varco di traverso all' ambiente sacco. Questo man mano si distende e s'ingrandisce, mentre i due segmenti della parete della cellula madre ognora più si allontanano, ed infine quasi bruscamente si separano, si discostano, avviene la rot- tura dell'inviluppo cingente le zoospore e queste immediatamente si spandono nel liquido circostante. Quando si segue fin dai suoi primi istanti il processo di evacua- pig. 13. zione degli zoosporangi si nota assai precocemente essere le zoospore dotate della facoltà di contrarsi e deformarsi all'interno della propria cellula madre. Dentro questa esse si dislocano scivolando lentamente su se stesse e strisciando contro le pareti. Appena la membrana si rompe lateralmente, essendo tuttora assai angusta l'apertura, esse penetrano attraverso questa , contraendosi fortemente a mo' di vere 192 STUDI ALGOLOGICI amebe. E di fatti questa apparenza assumono tosto che guadagnano il liquido circostante ed il loro moto venga impedito da un ostacolo qua- lunque. Stante la sua esilità riesce difficile verificare la presenza del ciglio di cui sono provviste. Hanno allora i caratteri di piccole masse di denso e omogeneo plasma; di una parete propria pare non esista alcuno accenno; si osservano due distinte placche clorofiUacee parietali situate verso una estremità, 1' una di contro all'altra. Verso la op- posta estremità esiste un corpuscolo solido, lucido a contorni circolari. Di più, in vicinanza di questa stessa regione, vedesi distinto uno spazio assai trasparente di cui il perimetro si ingrandisce e restringesi a intervalli regolari e brevissimi di tempo, e che ha tutti i caratteri di una vacuola pulsante. Il contorno cambia incessantemente di forma ; talora par che si pronunci da un lato una forte eraei'genza; altre volte tutto il corpo, di già contratto in massa sferoide, accenna ad esten- dersi verso una stessa direzione. Cotesto ad altre variate deformazioni seguono con grande rapidità finché il germe non riesce a superare r ostacolo, tale p. e., un certo grado di secchezza del substrato. Nel- l'acqua essi corpi invece instantaneamente prendono una forma ovale od ovale-bislunga misurando una lunghezza che varia dagli 8 a' 12 //. Una delle due estremità apparisce lievemente assottigliata in punta jalina cui si attacca un lungo ed esile ciglio. Esso è il più delle volte, durante il moto, esteso in avanti e si agita, a quanto pare, nelle di- rezioni di uno stesso piano. La tintura di jodio ed il cloruro di zinco jodato deformano alquanto il contorno delle zoospore senza mettere in evidenza il più lieve accenno di uno strato membranoso periferico. Il che induce ad ammettere che si tratti di vere masse plasmatiche nude. L'ocello è rappresentato dal piccolo corpuscolo lucido solido posto poco al di sotto della regione rostrale e che abbiamo dianzi notato. Anche in questa stessa parte, un po' più verso il centro, si vede una piccola vacuola pulsante. Il moto delle zoospore dura tutto al più un paio d'ore. Prima di cessare esso tende a trasformarsi in quello ameboide. Infine il corpo dei germi si contrae , prende una forma esattamente sferica e resta immobile. I primi stadi di germinazione delle zoospore non presentano nulla di notevole. Il cloruro di zinco jodato ci permette di seguire il gra- BUMILLERIA 193 duale individualizzarsi della membrana cellulare; ci accerta della com- tav. xvii. pietà assenza di materia amilacea anche in questa fase. Nascono bensì delle gocciole minutissime di materia grassa, le quali poi, a germi- nazione inoltrata, spariscono completamente. I germi s'ingrandiscono man mano fino a raggiungere le dimensioni dei gonidi normali, dai quali tosto prendono origine nuove colonie seriali identiche a quelle sopra descritte. Neil' autunno del 1.S84, durante la villeggiatura, io potei istituire nuove indagini sullo sviluppo di quest' alga, specialmente relative alla fase sessuale, le quali furono poi completate nell'anno successivo su materiale da coltura portato da campagna. Tali l'icerche provano come al sopraggiungere della stagione secca pig. i6. i gonidi sieno suscettivi di passare allo stato di vita latente. Essi for- mano sul terreno e sulla stazione propria all'Alga uno strato rossiccio delicatissimo costituito da un grande numero di elementi protococcoidei, esattamente sferici. Il più delle volte questi si scorgono liberi o appena ravvicinati in amorfi cumoli. Talora affettano una disposizione seriale e si scorgono ancora immutati i lembi calittriformi della originaria parete della cellula madre. Diff"eriscono anzitutto dai gonidi normali per il contenuto rossastro, ripieno di abbondante gocciole di materia olaginosa. La parete, per quanto egualmente spessa in tutto il suo percorso, apparisce più distinta: si direbbe insensibilmente più ispessita. E facile dimostrare come tali modificazioni dipendano dalla sic- cità e dalla forte e prolungata insolazione cui soggiacciono i gonidi dalla primavera all'autunno. In certe regioni della stessa località non così esposte a quelle condizioni, ho riscontrato dei gonidi aff'atto verdi e in istato di sviluppo vegetativo normale. Ridotti alle condizioni d' ipnospore, i gonidi sono capaci di resi- P's ''''• stere al secco oltre al periodo loro ordinario, tanto che nelle mie colture essi si sono svolti circa un anno e mezzo dopo che erano stati raccolti e conservati al secco. Durante lo sviluppo resta inalterata la materia rossastra che con- tengono; solo questa si scompone in gocciolette più minute, più serrate e tutta la cavità prende un aspetto più regolarmente omogeneo. Più A. BoRzl, Studi Algologici 26 194 STUDI ALGOLOGICI tardi il contenuto apparisce diviso in un numero definito di parti : spesso 4, di rado 2, oppure 8, le quali dapprima poliedriche, a poco poco poi si arrotondano e acquistano il carattere di germi mobili. Questi lasciano subito la cavità alla maniera delle zoospore; cioè, la membrana si rompe trasversalmente, per il mezzo, in due segmenti. I germi veggonsi tosto coinvolti da un comune inviluppo di traspa- rente gelatina , déntro il quale essi si dibattono , si agitano alcun tempo; indi l'inviluppo, sempre più attenuato e diluito, si discioglie e i germi si spargono liberi nell' acqua ambiente. Essi somigliano a prima vista alle zoospore ma ne sono circa la metà più piccoli. Si muovono vivacemente rivolgendosi verso le re- gioni più esposte alla luce , mediante due esilissirai cigli , lunghi un po' più del loro corpo. Possiedono un sol cromatoforo , di cui i con- torni restano alquanto oscuri a causa delle numerose gocciolette di materia colorante sparse nel circostante plasma. Lateralmente alla regione rostrale si nota un minutissimo ocello rossigno. Il moto di detti germi dura all' incirca un paio d' ore ; durante il qual tempo la più grande parte di esse si copulano. L' atto copu- lativo si compie assai rapidamente. Spesso bastano 5 minuti. Ordina- riamente la copulazione ha luogo tra due zoogamete soltanto ; ma non rari sono i casi di conjugazione di gruppi di 3, 4, 5 germi. Fra le diverse zoogamete all' atto della copulazione non si distinguono differenze di sorta. Qualunque sia il numero di esse, il contatto si stabilisce in origine mediante le estremità rostrali , poi tutte le re- stanti parti del corpo si fondono insieme progressivamente, rimanendo soltanto liberi i cigli. Infine sparisce ogni traccia delle diverse zoogamete e ne deriva una zigospora mobile a 4, 6, 8, 10 ciglia, di forma per- fettamente sferica. Cessato il movimento, le zigospore divengono a poco a poco degli elementi sferici corrispondenti in tutti i loro caratteri morfologici esterni ai gonidi ordinari o meglio alle ipnospore. Conservano una tinta rossastra e .una membrana distinta. La materia colorante tende però in corso di maturazione a segregarsi in gocciole più grosse e la parete assume lentamente una sfumatura brunastra per quanto rimanga immutato il suo spessore. Nelle mie colture ho potuto verificare che, sebbene le zigospore HUMII, LERIA 195 appariscano mature circa una settimana dopo che sia avvenuta la tav. xvii. copulazione, tuttavia esse restano inalterate molti mesi nel fondo del ^'^' "^' recipiente. La germinazione, da me osservala alla fine del marzo del 1885, ha per scopo di dare direttamente inizio a nuove colonie seriali nei modi propri ai gonidi. A compimento delle esposte ricerche piacemi ricordare come il pas- f'S- i5- saggio alla fase ibernante compiasi anche talora direttamente mediante le stesse cellule delle colonie seriali. Esse assumono i caratteri di ci- stidi isolandosi anzitutto e rivestendosi immediatamente di una mem- brana alquanto piìi spessa dell' ordinario. Questa conserva le medesime proprietà chimiche primitive, però in tutto il suo percorso si notano delle minute e rade asprosità ben apprezzabili sotto un mediocre in- grandimento. La cavità cellulare apparisce occupata da copiose goc- ciole di materia grassa, sparse irregolarmente e di dimensioni variabili, assai fitte e serrate. 1 cromatofori, per quanto si può dedurre dallo stato di opacità del contenuto sembrano contratti, a contorni più irregolari e quel che è più, si scorge come essi abbiano subito una dislocazione dalle pareti e giacciono ormai travolti dentro la sostanza del conte- nuto senza alcuna norma occupando le regioni centrali. Lo sviluppo di dette forme di cistidi è statp da me casualmente osservato una sola volta. Durante la germinazione, il contenuto ri- piglia a poco a poco i primitivi caratteri particolari agli elementi di vegetazione; intatte rimangono le asprosità della membrana e questa si fende immediatamente nella direzione trasversale come nel caso della formazione delle zoospore. Il prodotto infatti della divisione del contenuto sono dei germi mobili, in numero di 8 nel caso da me no- tato. Essi apparivano più piccole delle zoospore ordinarie e mi è parso includessero un sol cromatoforo a somiglianza delle zoogomete. Non ho potuto scorgervi i cigli, ma a dedurlo dalla forma del moto, mi è parso si dovessero tali germi assimilare alle zoogamete. Probabilmente è da ritenersi che qualsiasi elemento vegetativo di quest'Alga, passato allo stadio ibernante, assuma l'ufficio di ricondurre l'organismo alla fase sessuale, in modo che la descritta forma di cistidi potrà, alla pari delle precedenti provenienti da gonidi, concorrere an- che alla produzione di germi sessuali. 196 STUDI ALGO LOGICI Culla scorta delle precedenti indicazioni rimane ora facile com- pendiare in uno schema lo sviluppo della Bumilleria sicula: Colonie seriali zoospore Icigliate gonidi immobili ipnospore zoogamete copulazione zigospore Colonie seriali Il valore sistematico del genere precedente è di facile rilievo quando ci fermiamo a talune considerazioni comparative coi generi Bolrydimn e Botrydiopsis. Le magistrali ricerche dei signori Rostafìnski e Woronin (1) ci hanno interamente rivelato il ciclo di sviluppo del Botrydium gra- nulatum. La vita di quest'Alga offre numerosi punti di contatto colle fasi che contradistinguono la esistenza dei due precedenti generi. La moltiplicazione agamica si compie, contemporaneamente o in tempi di- versi, per mezzo di gonidi e di zoospore. Da ambo queste forme di germi prendono origine nuovi individui vegetativi. Le zoospore pos- siedono un solo ciglio e due placche cromatoforiche laterali. La ras- somiglianza di essi germi con quelli di Bumilleria e Botrydiopsis è tale da restarne colpiti. L' assenza di un ocello rossigno , notata da Rostafìnski e Woronin nelle zoospore di Bolnjdiiim granulaium , trova perfetto riscontro nelle zoospore della Botrydiopsis arkiza. Del resto, questo è un carattere di secondaria importanza. Di mag- (1) Nella Bot. Zeit., 1877, p. 649. BUMILLERIA 197 gior rilievo invece è il fatto come presso tutti e tre i generi ricor- dati dallo sviluppo ulteriore (sospeso più o meno temporariamente da ragioni climatiche) procedano delle generazioni di zoogamete, conformi alle zoospore, ma ordinariamente più piccole, fornite di due ciglia, e includenti un sol cromatoforo. Il risultato della conjugazione ò una zi- gospora capace di rinnovare altre generazioni d'individui vegetativi. Un esame comparativo della organizzazione degli elementi vege- tativi dei tre generi di cui è parola ci porge la occasione di rilevare presso a poco eguali armonie. Presso tutti le cellule possiedono la identica costituzione morfologica; si notano dei cromatofori disciformi privi di pirenoide e la materia ternaria si deposita sotto forma di olio. Degna di considerazione è però la circostanza che mentre nei generi Botrydiopsis e Bumilleria le cellule sono provviste di un solo nucleo od eccezionalmente di due nuclei, i grossi elementi di Bolry- dium granulaluin includono un grande numero di nuclei. Questa particolarità non attenua, a mio parere, le relazioni sistematiche esi- stenti fra' tre generi di cui è parola ; dà invece valore al concetto che il Bolrydium rappresenti un gruppo di forme più elevate per organizzazione e di tal grado che nel corpo vegetativo troviamo di già una differenziazione in due sistemi distinti , almeno dal punto di vista biologico, l'uno l'adiciforme , di sostegno, l'altro aereo. Questo criterio, come io credo, assume un valore significante quando si voglia graduare le differenze morfologiche dei singoli generi dentro i confini di uno stesso gruppo e può far meritare al Bolrydium granulalwin un posto a se quale tipo di una tribù distinta ; nella stessa guisa come dovrà esser fatto per gli altri due generi. In tutti i casi, la perfetta concordanza nello sviluppo loro, la identica struttura delle zoospore e delle cellule sessuate, e la comune presenza di cromatofori privi di pirenoidi, sarà il carattere distintivo di questa famiglia che possiamo dire delle Botridiacee. Argomento ad altre considerazioni di sistematica comparata ci porgono le specie del genere Conferva e i generi delle Sciadiacee. E noto come presso le specie del genere Conferva (2) ed almeno (2) G. Lagerheim, Zar Entwickelungsgeschichte einigcr Confervaceen, nei Ber. d. deutsch. hot. Ges., V, fase. 8, 1887. 198 STUDI ALGOLOGICI nella C. lomhycina Ktz. le cellule possiedano dei cromatofori disci- formi destituiti di pirenoide. Di materia amilacea non esiste alcuna traccia nel contento e la sostanza ternaria si deposita in forma di olio. Le zoospore sono simili nella struttura e nella forma a quelle di Bo- trydiopsis arhiza e delle altre Botridiacee ; astrazion fatta dal numero variabile dei cromatofori che possiedono e della presenza di un ocello rossigno in nulla poi differiscono. Anche dal punto di vista dei moti di contrazione cui danno luogo al momento dell' uscita o in contatto ad un ostacolo qualunque, la identità è perfetta (3). Quanto alle Sciadiacee, non meno evidenti risaltano le rassomi- glianze di organizzazione delle cellule vegetative e dei germi mobili e di cui ci siamo già estesamente occupati altrove. Tuttavia non bisogna dimenticare come anche dentro gli angusti confini di questa naturalissima Famiglia abbiamo riconosciuto delle forme ad elementi plurinucleati, tali gli Opliiocylium ; anzi non tutte le specie di questo genere possiedono cellule così costituite, e tale ca- rattere apparisce a volte come esclusiva prerogativa degli stessi in- dividui di una medesima specie i più sviluppati in lunghezza; cosi è nell'O. majus Nàg. Le forme a sifoncini molto corti hanno 1 o 2 nuclei. In generale estremamente variabile è il numero dei nuclei anche nei diversi individui di una medesima specie. Tali considera- zioni attenuano sempre più il valore sistematico dell'accennato carat- tere almeno quanto alle forme appartenenti al gruppo delle Confervali. In complesso tali confronti chiaramente dimostrano che tanto presso le Conferva e le Sciadiacee , quanto nelle Botridiacee esista uno stesso piano di organizzazione delle cellule, delle zoospore e delle zoogamete; è pure notevole il fatto che la materia amilacea manca al contenuto cellulare e come sostituto vi scorgiamo delle gocciole di sostanza grassa. Epperò come espressione di tali armonie morfologiche e fisiologiche, siff'atti generi e i gruppi sistematici che ne risultano, io non credo siano in alcuna guisa separabili e congruo apparisce il raccoglierli in unico plesso che si dirà delle Conferoales assegnandovi i seguenti caratteri : (3) Veggansi alla fine di questo libro le Note di addenda e corrigenda. BUMILLERIA 199 Cohors CONFERVALES. Algce mono- aul pluricellulares; celluke chromafophoros distindos i-pluros pyrenoide deslitutos includentes; contento amylaceo nullo. Zoosporce cilio unico prcedilcv. Fam. I. Sciadiaceee mihi. Thallus basi plus mimis longe stipitiformi producta substrato adnatus, unicellularis v. monosiphonideus (in Ophiocytio) et plus minus elongatus, cavitate continua nucleos pluros includente. Zoogaraetse (ubi cognita) cilio unico. MiscHococcus , Nag. Peroniella, Gobi. Characiopsis , Borzì. Chlorothecium , Borzì. Ophiocytidm , Rabh. Fam. II. Oonfervacese mihi. Thallus multicellularis, filamentosus, simplex, primum substrato adfìxus, deinde libere natans. Zoogametse cilio unico (?). Conferva Lagerh. (Lk. ex p.) Fam. III. Botrydiaceae , mihi. Thallus monocellularis aut articulo unico sat magno, cavitate con- tinua cellulam simulante, nucleos pluros includente, constans, liberus aut basi in radiculas hyalinas productus et terra insidens. Zoogaraetse ciliis binis. Tribus I. Bumilleriecv mihi. Cellula; oblongo-ellipticM, 4-8-16 utroque polo arctse connexae scriemque simplicem constituentes. BOMILLERIA, Borzi. 200 STUDI ALGOLOGICI Tribus IL Boirydiopsidece mihi. Cellulae sph»riiB, liber», segregai». BoTRYDiopsis, Borzì. Tribus III. Botrydiecc mihi. Thallus pyriforme-intumescens, basi in appendices radicitormes productus. BOTRYDIDM, Rost. et "VVoi". Ad ulteriore schiarimento fieli' esposto schema è d'uopo aggiun- gere che il genere Miorospora, nel senso del Lagerheim, si allontana dalie vere Conferva per la costituzione dei cromatofori, essendo essi, quantunque privi di pirenoidi , conformati a nastro in talune specie (M. Willeana Lagb., e il/, slagnoruin Thr.) oppure in ampia placca a numerose perforazioni (C fioccosa Thr.) (4) e capaci di produrre materia amilacea. Di più, le zoospore possiedono costantemente 2 o 4 ciglia. In conseguenza, a me sembra che il genere Microspora sia piuttosto da collocarsi in un gruppo distinto dalle Confervales essen- done le sue affinità coi generi accennati evidentemente assai lontane. Ma di ciò avrò occasione di occuparmi un po' particolarmente alla fine di questo fascicolo. (4) Seguendo tale criterio parrai giustificata la costituzione di un genere distinto che intitolerò Dictyothele includente l'unica specie nota: la Microspora fioccosa Thr. BOMILLERIA 201 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA XVI. Fig. 1. — Una colonia seriale. » 2. — La medesima in via d' accrescimento per divisione vegetativa. » 3. — Formazione dei gonidi. » 4. — Altro caso di formazione dei gonidi. » 5. — Ulteriore sviluppo dei gonidi. » 6. — Gonidi molto rimpiccioliti in seguito a reiterate divisioni. » 7. — Germinazione dei gonidi ; stati incipienti di sviluppo di nuove co- lonie seriali. » 8. — Primi stadi della formazione delle zoospore. » 9. — Ulteriore fase della figura precedente. TAVOLA XVII. Fig. 10. — Stadi ultimi della formazione delle zoospore. » il. — Zoospore libere ed in movimento. » 12. — Zoospore a conformazione anomala. » 13. — Zoospore mnventisi alla guisa di amebe. » 14. — Primi stadi di germinazione delle zoospore. » 15. — Articoli vegetativi allo stadio di cistidi, di cui uno (a destra) svol- gentesi in zoogamete. (?) » 16. — Ipnospore ibernanti provenienti da' gonidi della figura 5. » 17. — Svilùijpo delle ipnospore e formazione delle zoogamete. » 18. — Zoogamete libere ed in movimento. » 19-20. — Casi di copulazione delle zoogamete. » 21. — Ulteriori fasi di copulazione delle zoogaraete e formazione delle zigospore. » 22. — Stadi incipienti di svolgimento delle zigospore e di formazione delle colonie seriali della fig. 1. N. B. — Tutte le figure sono ingrandite 250 volte circa, salvo la fig. 13 dove le zoospore sono rappresentate sotto un ingrandimento di circa 600 diametri. Con p è stalo indicato il resi- duo calìtlriforme della parete delle cellule madri. A. BoRZÌ, Studi Algologici 27 PRASIOLA, Ag., (char. auct.). Lepra, Lepraria, Byssus, Lichen, Tre niella, vet. Auct. (ex parte) ; Conferva, Dillw., Bril. Conf., tab. 7, i809 (ex parte); Oscillatoria, Lyngb., Hydr. Dan., p. 95, 1819 (ex parte); Prasiola, Ag., Sp. Alg., p. 416, i82l; Jessen, Pras. Monogr., 1848. Rabh., fi. eur. Alg., Ili, p. 308, 1865; Lagerst., Om algsliiglel Prasiola, Upsala, 1869; T. G. Agardh, Till Algernes Syslemal., VI, Ulv., Lund, 1882, p. 174; De Toni, Syll. Alg., I, 140, 1889; Imhaedser, in Flora, III, 1889. Lynybya, Ag., Sysl., p. 73, 1824 (ex parte); Ulva, Ag., SysL, p. 188, i824 (ex parte); Protococcus, Ag., Sysl., p. 13, i824 (ex parte) ; Ktz., Sp., p. 19G, 1845, (ex parte); Rabh., FI. eur. Alg., Ili, p. 56, 1865, (ex parte); De Toni, Syll, 699, 1889, (ex parte). Pleurococciis, Menegh., Mon. NosL, p. 30, 1842 (ex parte}; Kabh., FI. eur. Alg., Ili, 24, 1865, (ex parte); De Toni, Syll, I, p, 687, (ex parte). Hormidium, Ktz., Pltyc. gcn. , p. 244, 1843; De Toni, Syll, I, p. 156, 1889. Scliizogonium , Ktz., P/iyc. gcn., p. 245, 1843; Rabh., FI. eur. Alg., III, p. 368, 1865; De Toni, Syll, I, p. 153, 1889. Rhizoclonium, Ktz., Pìiyc. gen., p. 260, 1843 (ex parte); Tripotiiallus , Hook, et Harw., Alg. anlarct. el Nov. Zel, Voi. II, p. 500, t. 194, fig. 1, 1845. Ulothrix, Ktz., Sp., p. 350, i849 (ex parte); Rabh., FI. eur. Alg.. HI, p. 365, 1865, (ex parte). 204 STUDI ALGO LOGICI Palmódictyon, Ktz., Spec, p. 234, i849 (ex parte); Cystococcus, Naeg., Gali. einz. Alg., p. 85, tab. Ili, E, 1849; Hseniatococcus, A. H. Hassall, Hist. of Ihe Bril. Frestlnc, p. 333, 1852 (ex parte); Chlorococcuni, Rabh., Fior. eur. Alg., Ili, p. 57, 1865 fax parte). La storia del genere Prasiola, della sua posizione sistematica, delle relazioni di esso ad altre forme di Alghe verdi, ci richiama ad una serie d'importanti lavori comparsi in varie epoche. I più riflet- tono lo sviluppo, e prevalente troviamo in essi il concetto che molte forme inferiori di Alghe monocellulari si colleghino, in maniera gene- tica, alle specie di Prasiola per intermediario di forme confervoidee, note coi nomi di Hormidium e Schizogonium. Ad avvalorare questa opinione gli Autori si sono fondati sul fatto della frequente coesistenza delle diverse forme sulla medesima stazione, e sono stati raccolti, descritti e figurati un buon numero di casi intesi a chiarire e a illustrare siffatti rapporti. Questo è il criterio cui tro- viamo ispirati i lavori e le deduzioni di J. Meyen (1), F. Unger (2), Kùtzing (3), Jessen (4), Braxton Hickx (5), P. Reinsch (6), Fr. Gay (7), (I) J. Meten, Veber die Priesteley' sche grùne Materie, wie uber die Meta- morphose des Proto coccus viridi s in Priestley a botrijoides und Ulva terr estris , nella Linncea, II, 1827. (?) F. Unger, Die Lebengeschichte der Ulva terr estris, Roth.; nei Nov. Act. Ac. Cces. Leop. Nat. citr., XVI, 1833. (3) Ki'iTziNG, Phijc. gener. pag. 107, tab. III, fig. VII, 1, 2, 3 e Die Umwandj- lung niederer Algenformcn in hóhere, Harlem, 1841. (4) Jessen, Prasiolce generis algarum Monographia, Kiel, 1848. (5) Br. Hicks, On the Diamorphosis of Lyngbya, nel Quart. Journ. of mi- crosc. Selene., 1861. (6) P. Reinsch, Ueber die genetischen Zusammenhang von Hormidium, Schi- zogonium und Prasiola, nella Bot. Zeit., 377-379, 1867. (7) Fr. Gay, Sur les Ulothr ix aériens, nel Bull, de la Soc. bot. de Fr., XXXV, 1888. P R A S I O I, A 205 De Wildeman (8), A. Hansgirg (9) e di altri. Soltanto recentemente t*v, xviii. XIX 0 XX questa grave quistione è stata trattata in via sperimentale dal Dottor L. Imhàuser (10). Le ricerche di questo botanico non lasciano più alcun dubbio sulla necessità di estendei'e i limiti del genere Pì-asiola, inclu- dendovi tutte quelle forme già note coi nomi di Hormidmm e Schi- zogoniuni essendo queste ultime dei semplici stadi metagenetici di varie Prasiola; il che può essere praticamente dimostrato mediante colture. Il lavoro deirimhauser lascia però tuttora impregiudicato un lato importante della quistione, quello, cioè, dei possibili rapporti genetici delle stesse specie di Prasiola con altre forme di Alghe unicellulari terrestri. Già parecchi autori hanno sostenuto l'opinione che il Pleu- rococcus vulgaris Menegh. rappresenti una fase di svolgimento di qualche forma di Hormidiuvi o Schizogonium. Lo stesso Imhàuser, ricercando le affinità delle Prasiolacee e istituendo dei confronti colle Palmellacee e segnatamente col genere Pleurococcus , ha dovuto co- statare intime rassomiglianze con queste ultime forme e tali da far credere che esistesse quasi completa identità fra una colonia di Pleu- rococcus e le frondi di Prasiola crispa, astrazion fatta da differenze di grandezza. L'interesse che presenta la soluzione di questo quesito è senza dubbio ben significante, se si considera come troppo vaghe sieno le attuali nostre cognizioni intorno al valore morfologico del genere Pleurococcus , e quanto lungamente sia stata discussa la quistione dell'autonomia delle forme descritte sotto questo nome. Anzitutto ri- mangono ancora assai indeterminati i caratteri di questo genere, fon- dati, come sono, esclusivamente sulla maniera di aggregazione degli elementi in colonie di forma tabulare o cubica e moltiplicantisi per (8) De Wildeman, Note sur deux espèces terreslres du genre Ulothrix nei Bull, de la Soc. royal de Bot. de Belgique, Tom. XXX, 1* p. Idem, Note sur V Ulothrix crenulata Ktz.; ibid. XXVI, 2» p. (9) A. Hansgirg, Ueber die aérophytischen Arten der Gattung Hormidium. Ktz., Schizog onium Ktz. imd Hormiscia (Fr.) Aresch. {Ulothrix Ktz.) nella Flora, pag. 259-266, 1888, n. 17. (10) L. Imhaeuser, Entwickelimgsgeschichte und Formcnkreis von Prasiola, nella Flora, 1889. n. 3. 206 STUDI ALGOLOGICI Av. XVIII, succedanea bipartizione che si alterna secondo le tre direzioni dello XIX e XX spazio. Secondo alcuni autori, tutti gli elementi figliali, a qualunque generazione appartengano, persistono indefinitamente allo stato vege- tativo incapaci di riprodursi per mezzo di germi mobili (11). Altri invece attribuiscono alle cellule di Pleurococcus la facoltà di generare zoospore (12). Prescindendo da tali contraddizioni, la definizione più generalmente accettata del genere Pleurococcus è suscettiva di addirsi a forme mo- nocellulari di origine la più disparata, a moltiplicazione per zoospore temporaneamente sospesa. Sicché senza la scorta di criteri più sicuri rimangono sempre i confini di questo gruppo molto vaghi ed indeter- minati; e tali criteri sono appunto quelli che potrebbero esser forniti dalla costituzione delle cellule e della maniera di svolgimento. In tal modo non solo resterebbero meglio chiarite le aflSnità dei Pleurococcus alle Prasiola, ma sopratutto eliminati molti dubbi relativi all'auto- nomia di tale forme. Tale è lo scopo che mi son proposto in una serie d' indagini, i risultamenti delle quali formano argomento delle seguenti pagine. II. A voler procedere con maggior sicurezza nelle ricerche, di cui è parola, occorre anzitutto formarsi un concetto preciso dei caratteri particolari alle forme generalmente descritte col nome di Pleurococcus. Dal tempo in cui il Meneghini (13) costituiva il genere Pleuro- coccus assumendone come tipo una forma molto comune , il P. vul- garis , ad oggi le opere descrittive annoverano varie specie, sia per inclusione di forme prima ascritte ad altri generi , sia per scoperta di nuove. Estesi i limiti primitivi, il genere Pleurococcus rimane ai (11) G. Klebs, Ueber die Organisation einiger Flagellaten-Gruppe ud ihre Beziehungen ìu Algen und Infusorien, nelle Unters. aiis dem bot. Inst. zu Tii- bingeiì, I, 342. (12) Cfr. le diagnosi contenute nelle opere di Rabenhorst {FI. eia: aìg. Ili, 24) di De Toni Syll., I, pag. 690), etc. (13) G. Meneghini, Monogr. Nost., p. 30. P R A S I O L A 207 nostri giorni un'informe accozzaglia di specie assai disparate nei loro tav. xviii, caratteri fondamentali morfologici, differenti per origine e per sviluppo pur si voglia analoghe in talune esterne peculiarità. Un esame accu- rato di tutte quelle forme riferite da molti autori al genere Pleuro- coccus e come tali pubblicate o distribuite in erbari non è cosa facile; però valgano alcuni esempi da me raccolti a prova di tal fatto. * * * Il Meneghini, quantunque definisca per il primo il genere Pleii- rococcus, si è trovato di contro a parecchie difficoltà nella identifica- zione di altre forme. Cosi, egli indica nel suo proprio erbario col nome di Pleurococcus ulcoi'des e PI. julianus delle forme di Croococcacee probabilmente appartenenti al genere Gkvocapsa. Un saggio autentico dello stesso Meneghini, raccolto alle Terme Euganee, portante la de- nominazione di Pleurococcus vulgaìds, è altresì riferibile alle stesse Croococcacee. Nell'erbario di Meneghini si osservano degli esemplari di specie appartenenti al genere Gloeocapsa o simili delle Cianoficee, indicate dal Nàgeli coi nomi di Pleurococcus versicolor Nàg. e PI. clernio- chrous Nàg. * * * Il Pleurococcus angulosus Menegh. (Nost., 37, n. 5, tab. IV, fi- gura 5), distribuito negli exsiccala di Rabenhorst sotto il n. 327, è certamente una forma di Chroococcus a cellule vistose. A meno che non vi sia uno sbaglio nella determinazione, le cellule non possiedono un cloroforo verde, ne tanto più questo è «elegantemente reticolato» come asserisce il De Toni (14). Questo egregio algologo riunisce sotto la stessa denominazione di P. angulosus la Chlorosplui'ra endophyia Klebs {l. V. p. 343), pianta effettivamente diversa e di cui le affinità, appunto per la forma dei clorofori e la maniera di accrescimento delle (14) Syll., I, 691. 208 STUDI ALGOLOGICI "^^X""- cellule, dovrebbero, a parer mio esser ricercate assai lungi dai Pleu- rococciis, forse fra i generi delle Siphonadadtales endofitiche {E)i- dosphcera, Phyllohiiiin, Chlorochylrium, etc). * * I saggi di Pleurococcus roseus Rabh., pubblicati dal Rabenhorst nelle sue decadi sotto il n. 445 (sub Prolococco), contengono esemplari del preteso P rotococeus Wirnmeri Hilse; sono delle enormi cellule a contenuto di un bel rosso cerasino e con parete assai spessa e stra- tificata quali si rinvengono nell'esemplare n. 1031 contenuto nelle stesse decadi. La descrizione che dà il Rabenhorst (15) del suo P. roseus non ha nulla che fare coi saggi citati, né colle indicazioni date dal Meneghini (16) perchè le cellule dovrebbero essere estremamente piccole, tutto al più 2 o 3 ^x. A quanto mi sembra, l'errore trae da ciò che il Rabenhorst, per una strana svista, ha scambiato per vere cellule, le minutissime gocciolette di materia colorante d'aspetto oleoso di cui è corapenetrato il contenuto dei grossi elementi di Protococciis Wtmmeri. Questi, sotto una certa pressione esercitata dal copri-oggetti, facilmente si rompono e la sostanza medesima vien fuori e si sparge nel liquido ambiente in forma di numerosi corpi sferoidi, ora liberi, ora appaiati: e, come in questi casi avviene, esse gocciole manifestano un rapido movimento Browniano , tant' è che il Rabenhorst osserva nel cartellino che accompagna il saggio: « N.B. Die Zellen zeigen in Wasser eine àusserst lebhaft Molecularbewegung ». Di questo fatto ci si può assicurare anche negli esemplari disseccati. « Ciò che dagli autori intendesi ^er Pleurococcus miniatus Nag. (17) è un Alga verde a cellule variabili per dimensioni , sferiche , ma di ordinario alquanto poligone per mutue pressioni subite. Esse conten- (15) Fior. eur. alg. Ili, p. (16) Nost. mon. p. 14, N. 4, Tal. I, flg. 4 a, b. (17) Naegelt, Gatt. einzell. Alg., Zùrich, 1849, p. 65, Tab. IV, fig. 1. PKASIOLA 209 gono I-pochi cromatofori parietali, discifonni, sprovvisti di pirenoidi, tav. xviii, di cui il contorno rimane mascherato dalla presenza di un ematocroma più o meno abbondante. Tali particolarità sono di facile rilievo stu- diando la pianta sul vivo, ma con un po' di cura le si possono rico- noscere anche negli esemplari disseccati, di che ho potuto assicurarmi esaminando i saggi distribuiti nelle decadi di Rabenhorst sotto i nu- meri 31 , 368 e 1777 e quelli contenuti nelle exsiccala di Wittrock e Nordstedt ai numeri 334 e 335. Nelle serre di alcuni giardini di Firenze , ove io già osservavo viva quest'alga, le cellule, oltre a dividersi e moltiplicarsi semplice- mente in via vegetativa , davano luogo a formazione di zoospore, le più isolandosi e assumendo un contorno circolare. In tale stadio l'alga rivestiva tutti i caratteri del Proiococcus caldariorum Magnus, pub- blicato nelle exsiccata di Rabenhorst ai numeri 2465 a, b e 2466 e in quelli di Wittrock e Nordstedt ai numeri 238 e 454. Di più, vi si notavano quasi sempre associati dei cespuglietti di Tenlrepohlia lage- nifera Wille e delle frondi di Hansgirgia flabélUgera De Toni; il che è anche confermato dai saggi da erbario. La osservazione diretta prova poi che gli elementi monocellulari del preteso Pleurococcus miniatus derivino da dissoluzione dei fili di quest'ultime forme di Croolepidacee; la struttura di essi elementi ne è del tutto identica; epperó s'è indotti con ogni certezza a considerare il detto PI. miniatus come una forma metagenetica di alcune Cloolepidacee. Non è qui luogo insistere come la più parte delle specie dei generi Tenlrepohlia e simili delle Croo- lepidacee offrano di comune cotesto stadio protococcoideo ; ho potuto ripetutamente verificarlo a Vallombrosa nella Tenlrepohlia umhrina, ed a Messina in una specie indeterminata a fili esilissimi. Secondo le stazioni, i gonidi protococcoidei derivati per dissoluzione degli articoli e per corrispondente gelificazione delle membrane, possono o non, con- tenere dell'ematocroma; la presenza di pochi cromatofori privi di pi- renoidi all'interno delle dette cellule svelerà sempre, senza dubbio, la origine sospetta di tali elementi per quanto apparentemente essi rive- stano i caratteri di produzioni affatto autonome. Debbo in ultimo avvertire come il Klebs (mem. cit., pag. 333), attribuisca ai cromatofori di Pleurococcus miniatus un cromatoforo provvisto di pirenoide. Ciò non risponde alle mie osservazioni ; è pro- A. BoRZi, Studi Algologici 28 210 STUDI ALGOLOGICI babile che si tratti di un errore di determinazione. Anche lo stesso Pleurococcus mdgaris , per seguita insolazione, può assumere una colorazione rossastra, di che ho potuto spesso accertarmi in esemplari raccolti sui muri di una serra in Messina. Di più, frequente è nelle stufe un'Ulotrichiacea : la Uloihrix flaccida Ktz. ; i suoi gonidi pro- tococcoidei formano sui vasi, sulle pareti e sui vetri uno strato ros- siccio ed hanno tutti i caratteri esteriori del Pleurococcus miniatus. Però la presenza di un cromatoforo parietale provvisto di pirenoide, per quanto le gocciole di ematocroma ne occultino i contorni, basta a chiarire la vera origine di tali formazioni. * * Col nome di Pleurococcus leciorum Trev. troviamo distribuito nelle Decadi di Rabenhorst (sub Protococco} al numero 347, un saggio di Alga unicellulare di cui i caratteri esterni corrispondono grossolanamente a quelli indicati come propri al Pleur. vulgaris ; le cellule includono una ampia placca crorofillacea parietale provvista di pirenoide. Non è così, quanto ai saggi pubblicati collo stesso nome nello Erbario Criltogamico italiano Ser. 1, al num. 901 ; quivi le cellule vedonsi munite di un grosso cromatoforo centrale laciniato-stellato; con difficoltà scorgonsi le traccio di un pirenoide. Gli esemplari freschi, che io conosco, dello stesso P. lec- toì-uìn Trev., possiedono degli elementi del tutto identici, quanto alla struttura, a quelli di varie forme di Uloihrix ; anzi, le mie ricerche m'inducono a credere che lo stesso preteso PI. tectortun non sia altro che una semplice fase metagenetica della Ulothrix flaccida o simili. * * * Anche le cellule di Pleurococcus aureo-viridis Rabh. possiedono una struttura perfettamente identica a quella degli elementi della pre- cedente forma; vi si nota un ampio cromatoforo parietale provvisto di pirenoide. Secondo le stazioni e lo stato di sviluppo, quest'alga accenna ad assumere un colorito rossastro, lo credo di non errare considerando il P. aureo-viridis come una forma di sviluppo di specie di Stigeoclo- nium, Entoderma, Pi^oloderma, ecc. come meglio sarà detto poi. Forse la stessa considerazione è da farsi quanto al cosi detto Pleurococcus mucosus Rabh. PRASIOLA 211 * * * Del PleuroGOCCUs vulgarìs Menegh. ho avuto la opiiortunità di tav. xviii, esaminare ben 25 esemplari autentici del compianto Meneghini per cortesia del Prof. CarueJ. I saggi sono quasi tutti accompagnati da osservazioni e figure di pugno dello stesso Autore e provengono da varie parti delia Toscana e del Veneto. Le cellule, per quanto è pos- sibile giudicarlo dal secco , offrono una struttura ben differente da quella che abbiamo rilevato nelle precedenti specie ; costantemente possiedono un cromatoforo centrale di forma laciniato-stellata inclu- dente un pirenoide nel suo mezzo ; varia il numero e la disposizione delle lacinie; a volte se ne contano 4 o 5, talora più. La parete pre- senta un margine di mediocre spessore, ma variabile anche nei di- versi individui di differenti saggi indicati dal Meneghini col nome di P. vulgaris. Le dimensioni non offrono nulla di significante ; su per giù il diametro importa 4-8 fx. 1 medesimi caratteri si riscon- trano negli esemplari distribuiti in altri erbari collo stesso nome e segnatamente sotto i numeri 246, 448 e 449 della collezione dei si- gnori Wittrock e Nordstedt , e sotto il numero 661 dell' Erbario crittogamico italiano, Ser. II. Lo stesso dicasi del saggio distribuito col nome di Prolococcus coni7nunis Ktz. nelle Decadi di Ribenhorst al numero 11. * * * Salvo lievi differenze di spessore nella membrana, le cellule del Pleurococcus pachydermus Lagh. presentano una struttura identica a quella della precedente specie^ come ce ne assicura il saggio auten- tico distribuito dai signori Wittrock e Nordstedt al numero 447. Forse lo stesso deve dirsi del Pleurococcus disseclus Nàg. stando alle indicazioni degli autori e alle figure contenute nell' opera di Nà- geli (Tav. IV, E, fig. 3) ove la forma stellata del cromatoforo appa- risce nettamente delineata. 212 STUDI ALGOLOGICI * * * In complesso, il genere Pleurococcus, quale è ammesso e delimi- tato dagli autori, è una svariata accozzaglia di forme assai disparate nella struttura dei loro elementi e di differente valore sistematico. Escludendo tutte quelle pretese specie evidentemente a contenuto fi- cocromaceo ammesse dal Meneghini , dal Rabenhorst , dal Nageli o da altri (p. e. Pleurococcus ulvoides Menegh. ! in hb. Mus. FI.! P. julianus Menegh. ib. ! P. dermochrous Nàg. in hb. Menegh.! P. glo- meralus Menegh. ib. ! P. roseus Rabh.! P. perszcmws Rabh. ! P. ro- seo-persicinus Rabh.! P. coerulescens A. Br. ! P. bituminosus Trev. P. crepidinus Rabh.) ed attenendoci alle specie considerate nella piìi recente opera di Algografia universale, cioè la Sylloge del De Toni, dobbiamo distribuire le forme note al momento in cui scriviamo nei quattro gruppi seguenti : I. Specie a cellule provviste di un cromatoforo parietale clatrato- laciniato : PI. angulosus Menegh. (sec. De Toni). II. Specie a cellule includenti I-pochi cromatofori parietali disci- formi privi di pirenoide: PI. miniatus Nàg.! PI. rufescens Brèb. (incl. Protococcus caldariorum Magnus !). III. Specie a cellule provviste di un cromatoforo parietale in forma di lamina includente un pirenoide a indumento amilaceo : PI. ieclorum Trev. ! (part.), P. aureo-viridis, Rabh., PI. mucosus, Rabh., PI. lale- ritius WoUe (?). IV. Specie a cellule fornite di un cromatoforo centrale, laciniato- stellato includente un pirenoide: PI. vidgaris Menegh.!, PI. pacliider- mus Lagh. !, PI. disseclus Nàg., PI. crenulatus Hansg. (?) III. Le precedenti considerazioni facilitano la soluzione del quesito proposto: le forme appartenenti ai gruppi I, II, III, sono evidente- mente affatto estranee al genere Pleurococcus , di cui i caratteri tipici troviamo compendiati nei saggi autentici del fondatore di detto PRASIOLA 213 genere, pubblicati sotto il nome di PI. vulgaris. Questa specie fonda- mentale possiede come caratteri costanti delle cellule a cromatofori centrali laciniato-stellati , provvisti di pirenoide del tipo identico a quelli degli elementi di Prasiola, Schizogonium e Hormidium ed è probabilmente per un errore di determinazione che il Gay (18) asse- risce che « les vrais Pleurococcus ont une structure cellulaire dif- ferente » e che il PI. vulgaris « possedè dans chaque cellule un chloroleucite en plaque parietale ». Definito il genere Pleurococcus, messe in rilievo i suoi fondamen- tali caratteri sarà agevole ricercare quali rapporti leghino le sue forme alle Prasiola. Il metodo d' indagini da me seguito è stato, come al solito, quello di sperimentali prove di coltura avvalendomi da principio del mate- riale-raccolto sulle pareti umide di una vecchia fontana presso Monte Catini in Toscana. Poi mi sono giovato di materiale fresco proveniente da altre località e principalmente attinto ai gonidi verdi protococcoidei di vari Licheni. Dei risultaraenti di questo ultimo genere d' indagini sarà fatta speciale menzione altrove, essendo questo un argomento di grave interesse per la biologia dei Licheni. Come substrato di coltura mi son giovato di piccole tavolette di pomice prima sterilizzate dentro stufe ad alta temperatura. Le tavo- lette venivano conservate in ambiente umido e di tanto in tanto innaf- fiate con acqua comune di fonte nella quale era stata disciolta una tenue quantità di un sale ammoniacale (nitrato d' ammonio). Uno sguardo alla costituzione degli elementi e delle colonie di Pleurococcus vulgaris è anzitutto necessario. Ogni cellula è raro che si riscontri separata ; spesso si hanno ^'8- •■ delle associazioni di 2-4-8-16-32 elementi quali sono state descritte e figurate dagli Autori. Possiedono una propria ma sottilissima parete, che il cloruro di zinco jodato colora in violetto intenso, e paiono im- mersi in una ganga di spessa gelatina. Questa è però in apparenza una esterna differenziazione della medesima membrana, cui lo stesso reattivo conferisce una tinta azzurrastra molto sbiadita. Quando si (18) Meni, cit., pag. 73. 214 STUDI ALGOLOGICI esercitano delle pressioni in modo da dar luogo a una forzata disas- sociazione delle cellule , gli elementi separati trascinano con se dei frammenti di detta materia, che assume l'aspetto di un secondo ed esterno rivestimento, a rao' di cappuccio, di cui sono inviluppati par- zialmente gli elementi medesimi. Lo spessore di siffatta produzione è molto variabile. Quando le cellule naturalmente si isolano la ganga gelatinosa fondamentale tende a svanire ; ma durante la costituzione loro in nuove colonie torna a comparire, ed è chiaro che essa pro- ceda dagli strati esteriori della membrana ed ha 1' ufficio di tenere adesi gli elementi delle colonie. P'g' 1- E raro il caso che la forma stellata dei cromatofori risalti distinta senza l' impiego di acqua iodata per via della ordinai'ia presenza di granulazioni solide contenute nel protoplasma delle cellule. Ricorrendo a tale espediente notiamo un grosso corpo clorofillaceo situato nel mezzo della cavità diviso irregolarmente in 5-7 lacinie o grossi cordoni a sezione circolare, che terminano in contatto alle pareti cellulari colla estremità alquanto dilatata. Nessun dubbio lascia la posizione centrale di detti cromatofori. Nella parte mediana di essi notiamo un grosso pirenoide sferico o ellissoide, specie quando si impiega l'acqua jodata. P'8 ^- 1 pirenoidi dei cromatofori del Pleurococcus vulgaris Menegh. , . porgono con sorprendente chiarezza la prova della natura cristallina di tali produzioni. Di già senza 1' impiego di reattivi si può notare come la forma di essi è quella di un esagono o pentagono regolare. L'indumento amilaceo, di cui sono rivestiti, segue perfettamente sif- fatto contorno. Meglio che la soluzione dell' acido picrico , il cloruro aurico serve a mettere in rilievo tale particolarità. Il reattivo allon- tana r indumento amilaceo ; tutto il contenuto cellulare prende una tinta brunastra e una struttura finamente granulosa dentro cui spicca distinto il pirenoide a mo' di corpo poliedrico, omogeneo, denso e lu- cido. Per mezzo di tale espediente occorre a volte di scorgere allo interno di un medesimo rivestimento amilaceo due distinti pirenoidi aventi la stessa forma e la medesima regolarità geometrica. Un piccolissimo nucleo esiste di forma lenticolare ed è situato nel centro della cellula presso il pirenoide; i suoi contorni risaltano di- stinti impiegando la soluzione di ematossilina. PRASIOLA 215 Il D."" Klebs (19), a proposito della struttura degli elementi di Pleurococcus vidgaris Menegh. fa rilevare come essi sieno privi di materia amilacea e che come prodotto del transustanziamento osservasi dell' olio. 'Questo argomento è degno del massimo interesse. Cominciamo a considerare le cellule in pieno sviluppo vegetativo. In tale stadio spiccano' distinte le lacinie del cromatoforo ; fra le quali par si aduni un plasma del tutto omogeneo, jalino, a mo' di limpida linfa. La tintura alcoolica di jodio, se estremamente diluita, conferma tali condizioni. Coli' impiego di detto reagente il contorno del pirenoide assume un colorito quasi azzurro; esso diviene maggiormente netto e si può agevolmente rilevare come la forma di tale organo si ac- costi a quella di un esagono o di un pentagono regolarissimo. La reazione dimostra la presenza di un indumento amilaceo alla periferia del pirenoide, e la osservazione fatta sotto forti ingrandimenti prova che si tratti di un rivestimento estremamente esiguo, continuo e omo- geneo nella sua massa. Del resto né meno gli altri reagenti jodici mettono in rilievo differenti particolarità di struttura ed escludono in maniera positiva la congettura che in altre regioni della stessa cellula e segnatamente dentro il corpo del cromatoforo, possa trovarsi dell' amido. Se le cellule si considerano in condizione di sviluppo ritardato, come p. e., durante prolungate colture in acquari, si rilevano degli importanti cambiamenti nel loro contenuto. Questo apparisce finamente granuloso ; le granulazioni sono assai frequenti ed irregolari nella loro distribuzione tanto da nascondere i contorni dei cromatofori'; hanno la forma di corpuscoli tondeggianti costituiti da una materia densa e opaca. Esse restano indifferenti sotto l'azione dei reattivi jodici; spa- riscono trattate coli' idrato potassico. Però la soluzione dell' acido osmieo conferisce ad essi una tinta nera brunastra ben marcata. 11 che mette in evidenza che in fatto trattisi di gocciole di materia oleosa precisamente come è stato indicato dal Klebs. Perchè la rea- zione riesca è d' uopo che l'acido osmieo agisca sul preparato per un paio d' ore almeno. Le dette gocciole occupano da principio i vacui (19) Mem. cit., 333. 216 STUDI ALGOLOGICI lasciati scoperti dai lembi del cromatoforo donde poi si spandono in tutto il resto della cavità cellulare. La diretta osservazione prova che i cromatofori sono precisamente gli organi di elaborazione di tale so- stanza, e che essa prende origine in seno al corpo clorofillaceo nello stesso modo come i granuli d' amido di cui non è che un semplice sostituto. Non ostante tali condizioni, non si può in maniera assoluta affer- mare che gli elementi di Pleurococcus manchino di materia amilacea. Già notammo come i pirenoidi possiedano un tenue inviluppo amilaceo. Nelle cellule a sviluppo ritardato, dove copiosa è la produzione della sostanza grassa , cotesto indumento apparisce notevolmente inspessito e a tal segno che l' intiero pirenoide occupa ormai poco più di una terza parte dell' intiera cavità cellulare. Anche in tal caso il contorno poligonale si conserva inalterato e sembra costituito da un denso cu- mulo di granulazioni opache che a prima vista non si direbbero di- verse dalie altre di natura oleosa ; i reattivi jodici però chiariscono che effettivamente tale materia rappresenta dell' amido : essa colorasi tosto in azzurro, ma la tinta, poco minuti dopo l'impiego del reattivo, si cangia in un bruno carico. Notevole è la circostanza, come la produzione della materia ami- Iacea, di cui è punto di partenza il pirenoide, può in elementi vecchi e allo stato di vita latente, assumere un'importanza maggiore, ond'è che in quei casi, non di rado scorgonsi dei granuli staccarsi dal con- torno del pirenoide e confondersi colla massa oleosa fondamentale del contenuto. Presso tali cellule si può dire normale la presenza di un grosso nucleo centrale formato da fine granulazioni amilacee, che si confondono con quelle di natura oleosa. IV. Fig. I. La moltiplicazione vegetativa delle colonie ha luogo per reiterate bipartizioni dirette senza alcuna norma costante, secondo una, due, tre direzioni dello spazio. Contemporaneamente segue la disassocia- zione degli elementi e nuove colonie si formano e si accrescono. Ta- lora sembra essere in prevalenza la bipartizione nelle direzioni della PRASIOLA 217 superficie, o, mentre alcune cellule si sono divise per parecchie volte """^Tv^^vv in tal modo, altre seguitano alcun tempo a scindersi secondo una nuova e terza direzione. Alle volte la bipartizione sembra aver luogo secondo una sola direzione: cosi si ha raccenno alla formazione di fili, ma questa forma di divisione cambia tosto e derivano dei plessi mem- braniformi di pochi elementi o tabulari o cubici. Nelle mie colture e nelle indagini dirette, istituite su materiale _ K,g, a-4. vivo proveniente dalla scorza di alcuni alberi, insieme a tali modalità di formazione e di ampliamento delle colonie ne ho notate al ti e degne di menzione, poiché dimostrano la possibilitii di ulteriori sostanziali tra- sformazioni e mettono in chiaro delle armonie genetiche fra il Pleuro- coccus vulgaris Menegh. e le forme di Hormidimn e Sdiizogonium. É molto facile concepire come persistendo l'ampliamento delle colonie in una sola direzione, seguendo, cioè, la divisione reiterata- mente in uno stesso senso, si avranno delle disposizioni seriali, delle vere formazioni filamentose, quali sono state descritte come caratteri» stiche del genere Hormidium. Questi casi sono stati da me frequen- temente notati. ]jQ cellule, durante tale fase, non perdono affatto i caratteri fondamentali primitivi ; il modo di associazione determina in esse prevalente la forma cilindrica più o meno compressa ai due poli opposti; persiste la comune ganga gelatinosa, ciie in questo caso riveste ancor meglio 1' apparenza di una comune e continua guaina gelatinosa. Nessuna modificazione si nota nella struttura del contenuto e segnatamente del cromatoforo. Nelle mie culture, ho ottenuto delle serie siffatte costituite da un centinaio di articoli circa. Alcuni fili, anziché persistere semplici, .davano luogo a qualche breve ramificazione laterale per divisione lon- gitudinale di un elemento qualunque. Normalmente detti rami arresta- vano ben presto il loro sviluppo longitudinale restando l-o bicellulari ; divenuti assai esili, perduto il contenuto clorofillaceo, gli articoli, al- quanto allungati, assumevano l'aspetto di vere rizine. La presenza di tali formazioni assicura sempre più della identità di siffatti filamenti con quelli di talune forme di Ilornu'dium. Esse sono anzi considerate come carattere costante dell'//, radicans (20); si riscontrano altresì in quasi tutte le specie del genere Prasiola. (20) Cfr. G.\Y, mem. cit., p. 67. A. BORZi, Studi Algologici 29 218 STUDI A LGO LOGICI Altri fili nelle mie colture accennavano a restar corti e a ra- Fig. 2-4. mi Scarsi irregolarmente specialmente verso la base. Però anche in questo caso solo pochi rami accennavano ad un accrescimento piii rapido. Tal fatto non attenua la identità della forma di cui discor- riamo cogli Hormidium. Di fatti, secondo il sig. De Wildeman (21) Pig 3 presso VH. parielinuìu èvvi luogo a formazione di veri ramuli, iden- tici a quelli che si osservano nell'off, rivulare derivanti dalla bifor- cazione del ramo principale quando T alga cresca in località umida e se ne facciano delle colture in acqua. La tendenza a costituire delle serie semplici non è un fatto co- stante nelle colture ; anche nel caso in cui i fili raggiungono una notevole lunghezza, a lungo andare, gli elementi subiscono delle divi- sioni longitudinali. Cosi nascono dei veri nastri formati dalia fusione collaterale di due semplici fili, ovvero meglio da doppia serie di ele- menti. L' insieme che ne risulta offre tutti i caratteri di uno Schi- zogonium. Però nelle mie colture ho notato che assai fugacemente questa forma persiste allo stato puro ; spesso forma delle transizioni par- ziali alle condizioni di Hormidium, ora qua e là vedesi complicata la costituzione dei filamenti coU'aggiunta di nuove serie longitudinali. È impossibile segnalare tutte le varianti rilevate. Esse provano che dalla forma a fili uniseriali a quelli multiseriali vi sono tutti gli stati di passaggio possibili, tanto in filamenti diversi, quanto nel medesimo filamento. Nulla di diverso ci porge lo esame del materiale vivo raccolto in differenti stazioni. Fig. 4. Fra le modificazioni ulteriori segnalate tanto nelle colture, quanto presso quest' ultimo materiale, èvvi quella per cui le colonie accennano a costituirsi in piccoli plessi laminiformi a perimetro ora continuo, ora qua e là protratto in brevi e irregolari lacinie terminanti in unica serie di cellule. Presso tali frondi ho notato frequente la genesi di appendici radiciforrai jaline. Questo fatto è di massimo valore per istabilire la identità delle formazioni di cui è parola con frondi inci- (21) E. De Wildeman, Note sur deux espéces terrestres du genre Ulothrix; nel Bull, de la So e. roy. de Bot. de Belgique, 1886, Tom. XV, 1* parte. PRASIOI, A 219 pienti di Prasiola, al quale stato gii elementi ili Pleurococcus fanno tw. xviii passaggio non sempre per intermediario delle forme filamentose sud- Kig i-i. descritte, ma anche direttamente, e veramente io non saprei quali differenze esistano fra una giovane fi'onda di Praniola e una colonia di molti elementi di Pleurococcus situati in plesso continuo e frondi- forme — caso assai frequente laddove la dissoluzione delle cellule non si compie immediatamente. Tale circostanza, come si disse, è stata anche segnalata dal signor Imhàuser (22). Questo egregio botanico ha creduto però ravvisarvi una certa differenza nella tendenza, particolare alle frondi di quasi tutte le specie di Prasiola, di formare lacune in- tercellulari e delle appendici radiciformi. Le quali particolarità non sono certamente di cosi grande valoi'e, perchè, anche come è dimo- strato dalle ricerche dello stesso signor Imhàuser, pon tutte le forme di Prasiola possiedono delle areolazioni e delle rizine. Tuttavia, rife- rendomi alle mie osservazioni e colture, debbo far notare che pur in colonie normali di Pleurococcus vulgaris tali formazioni non sono rare e sono state da me raccolti e figurati diversi casi istruttivi relativi a tali particolarità. Notiamo infatti che la disassociazione degli elementi delle colonie di Pleurococcus si compie normalmente per- arrotondamento parziale di alcuni di essi ; ne deriva un vero meato intercellulare che segna il punto di partenza della disassociazione delia colonia. Talora cotesto lacune persistono alcun tempo, s' ingrandiscono anzi per seguita mol- tiplicazione degli elementi circostanti; l'ampliamento sempre crescente porta con se alla fine la dissoluzione della colonia stessa. E precisa- mente in questo modo che nascono le areolazioni nei talli di Prasiola e si compie la dissoluzione degli elementi che li costituiscono. Quanto alle appendici radicimorfe, esse non sono rare tanto nelle Fig s-i- forme orraidioidi e schizogonoidi , quanto in quelle che di buon'ora assumono una disposizione frondiforme; anzi ho notato, come anche in colonie ridotte persino a 2, 4 o 8 cellule possano aver luogo tali for- mazioni. Allora una cellula vedesi protratta al di fuori , assottigliata e conformata in tenue e breve filamento jalino. Il che chiaramente dimostra accennata la tendenza negli elementi a generare delle rizine. (22) Mem. cil., p. 54. 220 STUDI AI, GO LOGICI Messe in chiaro per via sperimentale le intime relazioni genetiche del Pleurococcus vulgaris Menegh. alle forme di Hormidium, Schi- zogonium e Prasiola si sarebbe forzatamente indotti ad ammettere che la disassociazione delle frondi di Prasiola in elementi di Pleurococcus rappresentasse una forma di moltiplicazione, anzi la sola finora cono- sciuta. Le ricerche del signor Imhauser provano appunto che la sola maniera di riproduzione delle Prasiola consiste mediante il concorso di cellule pleurococcoidi ; le mie osservazioni, di più, precisano che siffatti elementi sono dei veri Pleurococcus nel senso Meneghiano. La semplice obbiezione che queste ultime forme possano rinvenirsi non sempre associate a frondi di Prasiola o Schizogónium o Hormidium in alcune stazioni, nulla toglie di verosimile a tale principio. La espe- rienza prova che, presso molte alghe verdi, alcune forme di sviluppo sieno capaci di conservarsi e perpetuarsi a lungo in via agamica per scissiparità, finché non intervenga o un atto copulativo od altre con- dizioni non determinino un ritorno alle primitive condizioni. Ora, ciò che ordinariamente s'intende per vera riproduzione presso le Prasiola, gli Schizogónium , gli Hormidium, e i Pleurococcus non è che un semplice processo di scissiparità, onde le famiglie si scompongono in parti simili, pur si voglia costituite da una, da 2-4 o poche cellule che fungono r ufficio di propagoli. Si sa nulla se queste piante sieno su- scettive di svolgersi in altra guisa, se esistono dei germi differenziati dagli elementi vegetativi. Per questo riguardo, le alghe di cui di- scorriamo, vuoisi, sieno un raro esempio di forme dove non si cono- scono zoospore e dove, ritiensi, che la moltiplicazione vegetativa per bipartizione sostituisca e s' imponga a qualsiasi altra forma di ripro- duzione. Venendo al caso del Pleurococcus rvlgaris, gli Autori sono d'ac- cordo nello ammettere che le cellule abbiano perduto la facoltà di generare zoospore : la formazione di nuovi elementi ha luogo per l'RASIOI, A 221 reiteralo processo di bipartizione; ogni elemento è capace di inci- '•'*/ .^^viu. starsi (23). Per dimostrare quanto sieno fallaci tali indicazioni bisogna lun- gamente seguire lo sviluppo di quell'Alga, tanto mediante particolari colture, quanto sulla sua naturale stazione. Tali esperienze e osserva- zioni provano iiifatto che tuttora ignota ci resta una importante pa- gina della storia dello sviluppo di essa e un indizio di ciò si ha a priori nel fatto che molti lichenologi hanno ottenuto delie zoospore dalla coltura prolungata di gonidi pleurococcacei di vari Licheni. Ma di questo sarà meglio detto poi. Per ora m'interessa richiamare l'at- tenzione del lettore sui risultati di ulteriori mie ricerche sullo sviluppo del Pletirococcus vulgaris. Torniamo a considerare le cc^lonie di Pleurococcus in via di svi- lup[io per continuato processo di bipartizione degli elementi. Ciò che in tale fase distingue le associazioni è una grande in- stabilità : non appena una cellula si è scissa e si è iniziata la co- stituzione di una famiglia, gli elementi figliali tendono a separarsi individualmente o a gruppi; oppure, accennata la disassociazione, nuove bipartizioni intervengono ; però prima che la famiglia rag- giunga una complicazione maggiore, gli elementi si separano singo- larmente o in gruppi tetradici o di un numero superiore di cellule. La disassociazione avviene per arrotondamento crescente degli ele- menti posti in contatto, e destinati a separarsi. Lo strato di comune gelatina, che s'interpone fra di loro, si scioglie e la separazione diviene allora completa. Detto strato esercita un'importante ufficio nel deter- minare l'adesione temporanea degli elementi; è bene rivolgere la nostra attenzione ai particolari di tale formazione seguendone la ge- nesi fin dai primordi. ("23) Questi caratteri distinguono la famiglia delle Pleurococcacee , secondo Klebs (1. e. 232 e seg.) e Dangeard (Recherches sur les alyues infcrieures, negli Ann. des Se. Nat., Botaniqtie, Sèr. VII, Tom. VII, pag. 165). La entità di alcuni generi ascritti da questi egregi botanici a tale famiglia è cosi dubbia che si è in- dotti ad ammettere come i caratteri indicati non si confaccino che al solo Pleuro- coccus vulgaris. Il sig. Dangeard v'include altresì alle pretese Pleurococcacee il Nephrocytiuin Agardhianum Ktz ; ma basta gettare uno sguardo alle figure 49-50 della Tav. Xll, per coneludere quanto poco assegnamento si possa fare su quelle indicazioni ; nò meno confortante è il cenno illustrativo che ce ne dà 1" autore. Fig. 5. 222 STUDI ALGOLOGICI Le prime fasi di divisione di una cellula sono indicate dalla spar- tizione del cromatoforo che vi è contenuto: è difficile risalire a' par- ticolari iniziali, stante la esiguità degli elementi. Fra i due cromatofori figliali scorgesi interposta una sottilissima lamella cellulosica del tutto omogenea. In corso di tempo questa guadagna in ispessore. Allora il cloruro di zinco jodato palesa una colorazione intensa ai due margini, alquanto più sbiadita nel centro. Crescendo il grado d' ispessimento della lamella la regione mediana resta poco influenzata dall' azione del reattivo; però vi si nota ora, in mezzo ad essa, una sottilissima linea che tende sempre più a rendere netti i contorni delle due por- zioni di membrana spettante alle singole cellule filiali. Questa linea, vista in cellule isolate, rappresenta uno strato cuticulare della mem- brana, molto esile ma distinto. Da ciò facilmente si arguisce che la lamella, che si interpone fra le cellule di una colonia, è in massima parte dovuta a differenziazione dello strato mediano della membrana cellulare, differenziazione che assume i caratteri di una incipiente ge- lificazicme. Questo strato rimane immutato durante la disassociazione e la immediata cuticularizzazione della superficie determina la sepa- razione degli elementi. Ki^,, 5. Lo spessore dello strato di cui si parla è diverso secondo l'am- biente in cui è vissuta 1' alga. In colture fatte nell'acqua d' ordinario le cellule possiedono maggiormente sviluppata tale regione e sono assai evidenti i suoi caratteri di gelatina. Ma l'età sopratutto influisce a scemare la quantità di detta materia, e con ciò anche diminuisce lo spessore dell'intiera parete. Quando ciò avviene, l'associazione degli elementi presenta minore stabilità e più squisita scorgesi in essi la ten- denza a pigliare una forma sferoide, restando immediatamente liberi ; così ne derivano dei cumoli irregolari di aspetto polveroso. Tali modificazioni non sono accidentali; esse preannunziano il passaggio ad una fase importantissima di sviluppo, di cui i caratteri formano il distintivo delle specie note coi nomi di Prolococcus viridis Ag. e Cyslococcus humicola Nàg. (di alcuni Erbari) e simili. Fig. u-9. La bibliografia algologica è ricca di dati e di osservazioni com- provanti come negli autori si sia in varie epoche affacciato il sospetto che le forme di Prolococcus fossero intimamente legate da rapporti genetici ai Pleurococcus. È notevole questo passo che leggiamo nel- P R A S I O L A 223 l'opera di Rabenliorst (24) a proposito delle relazioni del Protococcus viridia, Ag. al Pleurococcus viilgaris Menagli. : « fieri potest, ut Pleu- rococci vulgaris status prò rationi loci natalis siccioris sit ». Non ricorderò le ricerche del Baranetsky (25), né le osservazioni dell' Hansgirg (26). Tutto ciò che dagli autori è stato scritto su tale argomento non può avere però che un valore congetturale, poiché certamente sotto il nome di Protocoocus viridis Ag. si sono comprese delle forme aventi una importanza sistematica assai disparata: bastava che un'Alga monocellulare presentasse delle cellule sferiche, verdi, libere o raccolte in cumoli senza lo intermediario di produzioni gela- tinose e che il contenuto di essi elementi, per via di reiterate divi- sioni, desse luogo a zoospore, perchè quell'Alga ricevesse il nome di Prolococcus viridis. Il colorito del contenuto, Io .spessore della mem- brana, il diametro delle cellule ed altre peculiarità d'ordine secondario, sono state poi prese come base per la costituzione di varie specie distinte. Sicché presentemente il genere Protococcus rappresenta una informe accozzaglia di forme quanto più eterogenee si possa immaginare e non parmi esagerato lo asserire che non vi sia gruppo di alghe verdi che non abbia dato il suo contingente di forme al genere Pì^olococcus. Ma questo non interessa al caso nostro : occorre piuttosto soffermarsi al Pr. viridis e precisarne anzitutto i caratteri morfologici. Come tipo dell'alga descritta dall'Agardh (27) col nome di Pro- pig. e-o tococcus viridis dobbiamo assumere una formazione monocellulare assai difiFusa nelle stesse località comuni al Pleurococcus vulgaris. Le sue cellule sono per lo più libere, ma talora formano delle famiglie raccolte dentro un sottile inviluppo gelatinoso che a mo' di lembo si stacca dalla membrana. Questa è mediocremente stretta e sotto l'azione del cloruro di zinco jodato si colora tutta in violetto. II contenuto pre- senta la stessa struttura fondamentale delle cellule di Pleurococcus vidga)-is: évvi, cioè, un grosso cromatoforo stellato, centrale, prov- visto nel suo mezzo di pirenoide. Notisi però che non sempre i con- torni di (letto oi'gano risaltano distinti a causa delle copiose granu- (24) Op. cii., Ili, pag. 56. (25) In Bull, de la Soc. des Se. de St. Petersbourg, 1872. (26) A. Hansgirg, Algol, und phys. Studien, Prag, 1886. (27) Syst. Alg., p. 13. 224 STODI ALGOLOGICI lazioni di materia oleacea che riempiono la cavità cellulare. Cotesto Kig. c-9. abbondante deposito della materia nutritizia è naturalmente legato al fatto che gli elementi rappresentano ormai degli organi di riprodu- zione. Le gocciolette di materia grassa danno un aspetto granuloso al contenuto, una maggiore opacità, tanto che non soltanto rimane mascherata la forma del cromatoforo, ma sovejite non scorgesi nem- meno il pirenoide. Epperò non può meravigliare se parecchi autori hanno attribuito alle cellule di Pr. viridis una struttura ben diffe- rente e particolarmente della materia cloroflllacea diffusa nella cavità cellulare oppure segregata in granuli parietali (28). Tali sono i caratteri vegetativi propri al Prolococcus viridis kg. come facilmente possiamo assicurarcene dallo esame di molti saggi autentici di vari autori contenuti negli erbari. E da notarsi però che la identificazione del P)\ viridis col Cyslococcus humicola Nàg. (29) non può essere in alcuna guisa giustificabile poiché stando al concetto fondamentale che guidava il Nàgeli nella costituzione del genere Cy- slococcus, le cellule di quest'alga possiedono una struttura ben diffe- rente da quelle del Pr. viridis; vi si scorge, cioè, all'interno di esse un' ampia placca cloroflllacea parietale , come esattamente apparisce dalle figure dello stesso autore (30). Però è molto possibile il caso (28) Lo Strasburger (Das bot. Pract., Jena, 1884, p. 350, fig. 121) descri- vendo la struttura degli elementi di Prolococcus viridis attribuisce al contenuto cellulare parecchi distinti cromatofori parietali generatori di granuli amilacei. Ciò evidentemente non concorda colle mie osservazioni. La fondamentale struttura delle cellule di quest'Alga è, come si è detto, precisamente quella medesima ohe abbiamo rilevato a proposito degli elementi di Pleurococcus : la forma stellata, ripeto, e la posizione centrale del cromatoforo non risaltano però a prima vista distinte a causa delle numerose granulazioni oleose e amilacee del contenuto. Quest' ultime pren- dono la loro origine dal pirenoide. Per tal ragione anche di quest' organo sembra non vi sia alcuna traccia. Tuttavia se ne possono rilevare i contorni coli' impiego del joduro di potassio. Lo Strasburger consiglia 1' uso di questo reagente per far risaltare i contorni del nucleo : le mie ricerche però non confermano la utilità di tale procedimento, il quale soltanto giova, nel caso del Prolococcus, a rendere vi- sibile il pirenoide fra la copiosa massa di granulazioni del contenuto. É probabile che lo Strasburger abbia avuto in esame un'alga differente da quella di cui si parla, altrimenti non sarebbero spiegabili tali contraddizioni. (29) De Toni, Syll. alg., I, p. 700. (30) Op. cit., p. 85. tav. Ili, C. P R A S I 0 L A 225 che in taluni erbari col nome di Cìist. humicola si trovi indicato il tav. xvui. ^ XIX B XX. Pr. viridis, Ag. Kig. i-«. Le cellule di Pleurococcus passano facilmente allo stato di Pro- (ococcus viridis modificando un po' la loro forma; in una parola esse si arrotondano di buon'ora e isolansi per deficienza di quel tenue strato gelatinoso che, nelle condizioni A*egetative ordinarie, serve a stabilire un intimo nesso fra i diversi membri della colonia. Questa particola- rità caratterizza la nuova fase, alla quale poi l'organismo accede per gradi insensibili. In principio, cioè, si hanno delle trasformazioni par- ziali di alcune colonie; poi tutti gli elementi delle famiglie cessano di rigenerare nuovi strati di materia gelatinosa e immediatamente si arrotondano. Allora la gelatina fondamentale lentamente si scioglie e le cellule restano libere. In questo fenomeno si osservano due moda- lità distinte, le quali si trovano rappresentate nelle figure qui da presso indicate. Nel primo caso le cellule filiali vengono messe in libertà prima P'g- ^-^■ che abbiano raggiunto il volume normale. Una singolare disposizione si manifesta a quell' epoca, per cui 1' insieme degli elementi prende la forma di una teca che si apre da un lato per agevolare la emis- sione dei germi contenuti nel suo interno. 11 contorno gelatinoso, al punto indicato per l'uscita delle cellule si solleva formando una spor- genza conica, un vero collo, che raggiunta una certa lunghezza, si disfà lentamente e così gli elementi, a poco a poco sospinti dallo aumen- tato volume della gelatina interna, guadagnano il liquido ambiente. Nel secondo caso, le cellule pervenute non completamente a svi- luppo definitivo, restano riunite insieme fin tanto che non si disciolga la gelatina ambiente. Questa lentamente difiiuisce tenendole tempora- riamente raccolte in densi cumoli globoidi. Nulla osta a considerare i descritti elementi protococciformi di Pleurococcus vulgaris come vere cellule riproduttive difi"erenziate o gonidi. La loro forma , il loro stato d' isolamento e più che mai la struttura della parete di esse, basta subito a farle riconoscere come differenti da quelle vegetative. Esse però pare non abbiano acquisito questa proprietà che a gradi , poiché normalmente conservano per alcun tempo la facoltà di moltiplicarsi vegetativamente dando origine a parecchie generazioni di nuovi gonidi. A. BoBZi, studi Algotogici 30 226 STUDI ALGOL OGrCI XIX ?xx' Indice caratteristico dell'ufficio di questi è la riproduzione per mezzo Fig. 10-16. di zoospore. Il fenomeno è stato ripetutamente descritto dagli autori. Io non m' intratterrò sui minuti particolari. Le zoospore nascono a 8-16-32 più in ogni cellula per bipartizione succedanea del contenuto. Sono messe in libertà per dissoluzione par- ziale della parete della propria cellula madre. Durante l'uscita appa- riscono racchiuse dentro un comune inviluppo gelatinoso trasparente. Sono ovali , od ovali bislunghe ; possiedono due ciglia ed un ocello rossigno. Il cromatoforo è della solita forma tipica stellato-laciniata ; ma le lacinie appariscono cortissime, disuguali e senza l'impiego di forti ingrandimenti non sarebbe possibile distinguerne la precisa di- sposizione. Però durante la germinazione delle zoospore la forma di esso rendesi sempre più distinta sotto gli ingrandimenti ordinari di 300 diametri. Fig. 15-16 Nelle mie colture prolungate di zoospore ho notato costantemente che i germi, appena pervenuti allo stato di quiete , assumevano un contorno circolare: appariva distinta la membrana cellulare e la forma del cromatoforo ed il pirenoide; cresciuti alquanto di volume, alcuni immediatamente davano origine a nuove zoospore; altri più tardi, dopo aver raggiunto un volume maggiore. Il numero delle zoospore generate era variabile secondo le dimensioni degli elementi generatori. Altre cellule, derivate dalla germinazione delle zoospore, svolge- vansi in colonie tipiche di Pleurococcus vulgaris. E cosi iniziavasi uno svolgimento capace di rinnovare altre generazioni di forme ve- getative identiche a quelle che sono state prese come punto di par- tenza delle nostre indagini. VII. Dopo moltissime ed inutili ricerche mi veniva fatto nell" inverno del 1889, di scojìrire lo stadio sessuale delle forme di cui ci occupiamo e ciò quasi in via accidentale. A scopo d'insegnamento io avevo rac- colto a quell'epoca sulle vecchie muraglie che fiancheggiano il tor- rente Portalegni, in vicinanza dell'Orto botanico, dei pezzi di calcinaccio ricoperti letteralmente da un denso strato di materia verdiccia dovuta PRASIOhA 227 esclusivamente a colonie di Pleurococcus in via di sviluppo vegetativo e allo stato riproduttivo sotto forma di Protococcits vh-idis. Il ma- teriale veniva tosto collocato in una vaschetta onde provocare la e- missione di germi mobili. Cosi accadeva che la mattina del giorno susseguente questi apparivano in grande copia dispersi sulle pareti del recipiente esposte alla luce. Le osservazioni che allora potei fare e quelle ulteriori mi davano la occasione di rilevare importanti fatti che completano la biologia del genere Prasiola. Oltre a numerose generazioni di germi agamici mobili, cui gli elementi protococcoidei danno luogo, svolgonsi delle gamete bicigliate. Le cellule madri non sono in nulla differenti da quelle zoosporifere. Le zoogamete stesse nascono per succedanea bipartizione del contenuto e da una sola cellula, secondo la grandezza di questa, vengono fuori 2-4-16, zoogamete. Anche rispetto alla maniera colla quale esse sono messe in libertà si comportano come le stesse zoospore. Esaminate li- bere nell'acqua vi si notano delle differenze. Alcune sono dei corpi sfei-oidi od ovali , assottigliati verso un estremo, in una sorta di rostro jalino, cui si attaccano due esilissimi cigli. Possiedono una sostanza fondamentale avente l'aspetto di omo- genea gelatina e da un lato scorgesi un piccolo corpo clorofìllaceo interamente coinvolto dal plasma e di cui i contorni restano assai confusi. Neil' insieme tali germi rivestono i caratteri esterni di zoo- spore ma di un colorito alquanto piìi sbiadito, cui d'altra parte somi- gliano per la forma del movimento. Pare però che manchino di un ocello, sebbene lateralmente alla regione rostrale vi si distingua qual- che granulo lucido che potrebbe riguardarsi come analoga formazione. In complesso, essi sono di una delicatezza estrema; di una parete sembra non esista alcuna traccia; èvvi bensì un tenuissimo ectoplasma appena apprezzabile durante i fenomeni di disorganizzazione cui soggiacciono e dei quali si dirà poi. Altri germi hanno più spiccate rassomiglianze colle zoospore , tanto per la costituzione e la forma, quanto per le dimensioni. La maniera colla quale arabo queste due forme di germi mobili si comportano 1' una verso l' altra non lascia alcun dubbio sul loro significato sessuale. Essi possiedono dei caratteri di sessualità cosi ma- nifesti quali è possibile soltanto rinvenire eccezionalmente in poche 228 STUDI ALGOLOGICI . xviu. altre Cloroficee inferiori e d' ordinario in altre Alghe di gruppi su- Fig. 5. periori. I germi della prima specie sono veri anterozoidi, gli ultimi delle oosfere mobili. La fecondazione compiesi nella maniera seguente : r. 25-26 Oosfere e anterozoidi liberamente vaganti nell'acqua vengono in contatto mediante le proprie estremità rostrali. L'appulso è istantaneo come se fossero agitati da reciproca forza d' attrazione. Avvenuta la fusione dei rostri, i due germi si dibattono alquanto; ma ben tosto cessa ogni movimento per parte dell' anterozoide e 1' oosfera continua vivamente il suo moto di translazione trascinando con se il corpo ormai inerte dell'elemento maschile. Come chiaramente deducesi da osserva- zioni dirette su casi di copulazione avvenuti fra germi a moto impedito da accidentali ostacoli ambienti, gli anterozoidi perdono i propri or- gani di locomozione appena stabilito il contatto coll'elemento femmineo. Questi ultimi casi sono favorevolissimi per studiare in tutte le sue particolarità il processo fecondativo. Appena questo iniziasi, vedesi in maniera distinta scemare a grado a grado il volume dell' anterozoide mentre corrispondentemente aumenta quello dell'oosfera. Infine dell'e- lemento maschile non resta alcuna traccia o tutto al più notasi una minutissima emergenza a mo' di papilla jalina che si stacca dall'apice del rostro dell'oosfera. Il processo si compie in meno di 5 minuti, durante il quale con sorprendente chiarezza si scorge come la sostanza, onde è costituito il corpo dell' anterozoide, penetri e si faccia strada lungo un' esigua apertura praticata attraverso l' estremità rostrale dell'oosfera, e si diffonda e mescoli alla massa del plasma femmineo. All' interno di questo si nota in quell' istante lo spostarsi delle poche granulazioni lucide contenute nel corpo dei due germi. 11 fenomeno decorre in maniera che pare essere la sostanza dell'elemento maschile incessantemente e rapidamente assorbita dall' elemento femmineo. Compiuto il processo, l'oosfera fecondata seguita il suo movimento provvista coni' è di propri cigli a mo' di una vera zoospora. L'ocello resta sempre visibile. Di li a poco il germe passa allo stato di riposo e riveste i caratteri di uovo. 27-28. Nelle sue prime fasi di sviluppo, l'uovo si cinge di una propria e distinta membrana di puro cellulosio. Se lo assorbimento dell'eie- P R A S I 0 L A 229 mento maschile non è avvenuto in maniera completa e persiste ancora a fecondazione compiuta una traccia del suo corpo sul contorno del- l' uovo , la parete cinge anche questa regione e provvisoriamente tal fatto determina una certa irregolarità nella forma originaria dell'uovo. Però a sviluppo inoltrato detta forma si avvicina a quella sferoide per progressivo arrotondamento del germe. Intanto la parete s'ispessisce di più a grado a grado, e diviene in ultimo assai consistente, liscia al di fuori, ma costituita di finissime stratificazioni nel suo interno. Nei primi istanti della maturazione dell' uovo notiamo in esso Pie- -"J- due distinti corpi clorofillacei a contorno h'evemente sinuoso, a bre- vissima distanza l'uno dall' altro. Si scorge manifestamente all'interno di ciascun di essi un pirenoide. Più tardi non si nota che un solo cro- matoforo a pirenoide più distinto. Parrebbe certo che durante la ma- turazione dell' uovo i singoli cromatofori dei due germi conjugati si fondano in unico; il pirenoide dell'una, mentre ciò avviene, si discioglie e sparisce. Sarebbe stato pure utile dimostrare se la conjugazione è seguita da immediata fusione dei due nuclei, se ciò effettuasi più tardi come avviene nei cromatofori e nelle zigospore della Botrydiopsis arhiza e di molte Conjugate. Ma stante la difficoltà di poter colorire il con- tenuto degli uovi non ho potuto risolvere tale quistione. Mentre gli uovi maturano si osserva in essi copiosa secrezione di una materia oleosa in forma di gocciole distinte, che poi finiscono col riempire tutta la cavità cellulare. Esse gocciole ora restano sco- lorate, ora assumono un colorito rossastro; il che può dipendere dalle condizioni di luce o d' insolazione cui restano esposti gli uovi nella loro stazione. L'acido osmico conferisce a tali corpi una tinta nericcia. La parete par che tenda a pigliare una tinta più scura quasi bruniccia. Di amido non esiste anche in questo stadio la benché minima traccia. Poco mi resta a dire della germinazione degli uovi maturi. Essi Fig. 30-31 si comportano precisamente come le cistidi ed esigono un certo grado di umidità perchè si svolgano. Durante la germinazione sparisce a poco a poco ogni accenno della materia oleosa e il contenuto assume una viva colorazione verdastra. La membrana tende a divenir sempre più sottile per dissoluzione degli strati esterni; spariscono pure allora 230 STUDI ALGOLOGICI tav. xviii, le tracce delle primitive striature concentriche. Infine il contenuto XIX e XX. '^ si differenzia in zoosporangio e i germi vaganti servono così d' inizio a nuove generazioni vegetative identiche a quelle sopradescritte. Vili. A completamento delle su esposte ricerche rammenterò che tanto la forma vegetativa pleurococcoide, quanto gli stessi gonidi sono ca- paci d' incistarsi e passare allo stato di riposo. Ho studiato lungamente lo sviluppo delle cistidi zoosporifere che rinvenivo copiose sopra le mura umide ideila fonte di Co//ort?^o presso Montecatini. Esse formavano uno strato di apparenza membranosa e avente un colorito rossastro. Le cistidi differiscono dagli elementi normali in via di sviluppo perchè provviste di una membrana molto spessa e finamente stratifi- cata. In generale possiedono un volume maggiore e si riscontrano ora isolate, ora a coppie od a gruppi tetradici. Il colorito rossastro è dovuto a numerose gocciole di ematocroma. Durante la germinazione queste spariscono lentamente del tutto o in parte. In quest' ultimo caso le zoospore, che ne derivano, offrono traccio di detta sostanza, la quale poi completamente svanisce nel corso della germinazione. IX. Le colture prolungate in acqua e conservate allo stato puro, il meglio possibile, vengono a lungo andare invase da copiosa vegeta- zione di Raphidiuni polymorphum, Fres. Per molto tempo le mie cure sono state rivolte a ricercare la origine di detta forma, e ogni tentativo sarebbe stato vano senza il concorso di un' accidentale cir- costanza. Dentro una gocciola di aequa sospesa ad un copri-oggetti, capo- volto e adattato agli orli di un anello di vetro fungente da camera umida, io aveva collocato un piccolissimo numero di elementi proto- coccoidei, i più alio stato incipiente di svolgimento per zoospore. Un PRASIOLA 231 giorno dopo, esaminando la preparazione, mi accadeva di assistere alla completa evacuazione degli zoosporangi e si notava, insieme a parecchi germi liberi e vaganti nell'acqua, alcuni dotati di un modo vertiginoso, irregolari, conformati grossolanamente a V a gambe più o meno di- varicate. Dette formazioni risultavano dalla fusione di due zoospore avvenuta per le due regioni apposte al rostro; le due estremità ro- strali erano rimaste libere e vi si scorgevano attaccate ad ognuna di essa due cigli. La restante parte includeva due cromatofori incomple- tamente separati; vedevansi lateralmente ai rostri gli ocelli rossigni. In complesso tali formazioni non lasciavano alcun dubbio che si trat- tasse di zoospore appaiate in modo anomalo, e la diretta osservazione confermava che tali fusioni non fossero poi che mere anomalie. Esse si manifestano di già all'interno degli zoosporangi prima che avvenga la evacuazione e notasi come talora non tutte le zoospore escano da uno stesso zoosporangio libere e distinte, ma frammiste a queste si scorgono delle coppie costituite da due germi fusi nella maniera sud- detta. Il fatto va attribuito probabilmente a precoce evacuazione della cellula madre, a emissione compiutasi prima che la divisione del con- tenuto abbia raggiunto il suo limite estremo. Tali forme aberranti di zoospore sono suscettive di uno sviluppo particolare e che segue in maniera ben differente da quella propria alle zoospore normali. Le mie colture escludono ogni dubbio su tal fatto. Dette coppie germinano rivestendosi tosto di una sottile parete di cel- lulosa e assumendo a poco a poco la forma di un fuso o pivi precisa- mente tutti i caratteri di una cellula di Raphtdium. La quale forma poi persiste e si riproduce in modo indefinito nella maniera caratteri- stica a tali forme di Alghe. Il passaggio a tale stadio è seguito da lieve modificazione nella forma del cromatoforo; il quale, senza perdere la primitiva posizione centrale, rimane a contorno indiviso e riveste l'aspetto di un mas- siccio cordone clorofillaceo centrale, un po' assottigliato alle due estre- mità e disposto nel senso della lunghezza della cellula. 11 pirenoide non è a prima giunta visibile e occorre all'uopo l'impiego della soluzione alcoolica dell'acido picrico. Esso è molto piccolo, privo d'indumento amilaceo e giace nascosto nella regione mediana del cromatoforo. Gli elementi di Raphidium si moltiplicano solo in via vegetativa 232 STUDI ALGOLOGICI per reiterato processo di bipartizione longitudinale. Negli acquari questa forma persiste in maniera illimitata; ogni studio è stato da me rivolto alla ricerca di ulteriori fasi di sviluppo e sempre con risultato nega- tivo. Conservo da oltre tre anni in laboratorio delle vaschette delle quali mi son servito nelle precedenti colture e dove il fondo è lette- ralmente ricoperto da copiosa vegetazione di Raphidiuni quasi allo stato puro e di rigoglioso sviluppo in via vegetativa. Tutto ciò che si conosce intorno allo sviluppo delle forme di Ra- pliidium è ben scarsa cosa. Queste alghe non possiedono altro modo di riproduzione che quella su indicata. Le deduzioni che si potrebbero trarre dalle esposte ricerche indurrebbero perciò ad ammettere che esse sieno degli stati anamorfici di altre alghe già note, cioè, delle vere forme aberranti, dovute a fusioni congenite di zoospore, le quali forme poi sono da per se capaci di perpetuarsi e conservarsi illimi- tatamente per via di scissiparità. In appoggio a tali conclusioni debbo fin d'ora ricordare come queste forme aberranti possono egualmente prendere origine da specie di alghe aventi un disparato valore sistematico , tali Sligeoclonium , Ulothrix, Chloroclonium, Clenodadus; il risultato è sempre lo stesso, cioè, degli elementi aventi tutti i caratteri di un Raphidium. X. Colla scorta delle precedenti indagini è agevole procedere alla ricerca delle affinità sistematiche del genere Prasiola. Anzitutto inte- ressa il sapere se tali forme di Alghe sieno degli organismi unicel- lulari o piuttosto multicellulari. Tale quistione non è stata ancora trattata in maniera particolare, nemmeno dallo stesso Imhauser, sebbene le ricerche di questo botanico implicitamente conducono ad accettare un' interpretazione ben diffe- rente da quella generalmente seguita dagli algografi. E difatti, dal punto di vista morfologico, anzicchè riferirci alla costituzione delle frondi di un' Ulva e di un Monoslroma, apparisce meglio conveniente soffermarci a considerare delle specie del genere Telraspora. Presso queste alghe il tallo tubuloso o vesciculoso è in P R A S I 0 L A 233 fatto una vistosa colonia di individui monocellulari faccolti in plesso unico per copiosa secrezione di materia gelatinosa interposta fra le cellule. Ciò che presso tali associazioni serve a tenere insieme gli ele- menti, non sono che gli strati esteriori delle pareti loro, i quali hanno perduto la originaria natura cellulosica e si sono trasformati in abbon- dante e fluida gelatina. Lo stesso deve dirsi delle cellule di Prasiola. Ivi, come abbiamo rilevato e come meglio risulta dalle indagini del D.'' luihiiuser, iden- tica metamorfosi ha luogo allo esterno delle membrane, derivandone così una soi'ta di lamella intracellulare in forma di consistente gela- tina che serve a tenere adesi gli elementi. Questa considerazione attenua sempre più le pretese affinità delle Prasiola colle Ulvacee, alla quale famiglia esse Alghe sono state rife- rite da Meneghini e Agardli a Rabenhorst e De Toni. Ma, come giu- stamente è stato osservato dall' Imhiiuser, non trattasi clie di mere superficiali analogie. Se differente interpretazione si dovesse dare della costituzione di una fronda di una Prasiola, saremmo costretti a considerare le co- lonie di un Pleurococcus vulgaris come altrettanti veri talli multi- cellulari o di pochi elementi, poiché la maniera di associazione e di adesione delle cellule ne è interamente identica. Sicché congruo appa- risce il ritenere il genere P)xisiola rappresentato da forme, che, se- condo le diverse condizioni di svolgimento , offrono delle associazioni di elementi in piccoli plessi tabulari o cubici (Pleurococcus), oppure in serie quasi regolari lunghissime, semplici (Hormidium) o doppie (Scliizogonium) , od anche in ampie espansioni laminiformi (Prasiola vet. auct.). La maniera di accrescimento di tali plessi è quindi assai differente da quella caratteristica ad ogni corpo multicellulare nello stretto senso della parola. Le Ulvacee sarebbero per questa ragione assai lontane per posizione sistematica dalle forme di cui discorriamo. Non essendo nemmeno possibile dare una diversa interpretazione morfologica delle serie semplici proprie allo stadio ormidioide e ritenerle quali veri filamenti, né conseguentemente logico il considerare le forme di Sclii- zogonium e di Prasiola come il risultato della laterale fusione delle dette serie ormidioidi , rimane pure fuor di proposito ogni raffronto A. BoRzi, studi Algolngici 31 234 STUDI ALOOLOGICI sistematico col genere Proioderma, dóve, come meglio sarà detto piìi oltre, le espansioni taliiformi hanno una origine che interamente ci richiama alle frondi delle Coleochetacee, Phycopellis, Hansgirgia ecc. Non oso affermare che il genere Prasiola sia il solo e unico rappresentante della famiglia delle Prasiolacee, di cui la istituzione è strettamente necessaria. La Schizomeris Leihleinii Ktz., che l'Imhàuser riferisce alle Prasiolacee, è una pianta molto sospetta; è difficile for- marsene un concetto colla scorta delle poche e incomplete indicazioni contenute nelle opere algografiche. Sotto questo nome conosco però un'Alga allo stato secco, conservata nel mio erbario privalo e favo- ritami dal Rev. Fr. Wolle senza indicazione di località. Essa non ha per nulla i caratteri di una Prasiola, né tanto più di uno Schizogo- nium. Costituisce dei lunghi filamenti di struttura confervacea ; gli articoli sono semplici, monocellulari alla base, ma poi in alto, a poco a poco, appariscono sdoppiati, quadruplicati, ecc. nel senso longitudi- nale e trasversale e ne derivano dei plessi multicellulari, cilindracei, compatti, paragonabili a quelli caratteristici alle Ulvacee. Allo stato secco riesce difficile orientarsi sulla struttura dei cromatofori ; è pro- babile che essi sieno parietali. In qualche caso mi è parso che ogni cellula contenesse parecchi pirenoidi e nella sua struttura offrisse vicine rassomiglianze cogli articoli delle Chwtoìnorpha. Sicuramente i cromatofori segregano della materia amilacea. In ogni modo, se l'Alga favoritami dal sig. Wolle è la Schizomeris Leibleinii, essa non ha nulla che fare colle Prasiolacee e forse le sue affinità sono da ricer- carsi fra Ulvacee. Evidenti affinità presentano le Prasiola con talune Palmellacee marine riferite al genere Palmophyllum , tanto rispetto alla costitu- zione delle frondi, quanto per la forma dei cromatofori. Dette specie formano sugli scogli delle vere espansioni fogliacee, a lembo sinuoso tondeggiante, costituite da miriadi di cellule globoidi od ellittiche, immerse dentro una comune ganga gelatinosa. Queste possiedono, a somiglianza degli elementi di Prasiola, un cromatoforo centrale quasi sferico , ma lievemente depresso da un lato e provvisto di un picco- lissimo pirenoide nel suo mezzo. Allo stato secco non è possibile ri- levare altri particolari relativi alla costituzione del contenuto cellulare. In ogni modo la posizione centrale del cromatoforo non lascia dei PRASIOLA 235 (iubbi anche negli esemplari disseccati (31), e di ciò fa testimonianza pure lo stesso Solimi tz (32), il quale, a proposito del cromatoforo del Pulmophyllum flabellalum Ktz., P. crassum Rahb.), scrive che esso « die Gestalt eiiiei: Kugel annimmt, die nur an einer Seite eine kleine flaciie Auskehlung besitzt ». Ciò non ostante il gen. Palmophyllum merita la pena che fosse studiato ancor meglio sul vivo, onde farne vieppiù risaltare le sue affinità colle Prasiola e ricercar in quali rap- porti esso stia specialmente con talune specie marine di quest'ultimo genere. Allo stato presente delle nostre cognizioni possiamo soltanto in via congetturale affermare che le specie di PalmophìjUum sostitui- scano e rappresentino nei nostri mari meridionali le specie di Prasiola proprie dei mari artici, a meno che fra le une e le altre non vi fosse nna completa identità fondamentale. Tali ind.igini potrebbero anche servire a chiarire meglio la posizione sistematica di varie altre forme assai dubbie conosciute col nome di Palmella oceanica Crouan , P. medilerranea Ktz., P. adriatica Ktz., ecc. Tenuto riguardo alla costituzione del tallo e alla forma stellato- laciniato del cromatoforo, come pure alla_ posizione centrale di questo e alla presenza di un pirenoìde, il Porpliyridium cruenlurn Ktz. appa- risce non interamente alieno alla famiglia delle Prasiolacee. Tuttavia altre considerazioni, e specialmente la grande rassomiglianza che pre- sentano le cellule di quest'alga cogli elementi dei Goniolrichum, delle Bangia ecc. indurrebbero ad accettare una differente ubicazione siste- matica. Io non ardisco pronunziarmi in maniera sicura sulla conve- nienza di collocare il gen. Porphyridium fra le Prasiolacee ; mancano tuttora dati certi relativi allo sviluppo di quest'alga e quello che ci è finora noto riguarda la moltiplicazione vegetativa degli elementi. Le stesse mie ricerche, seguite per molti e in condizioni assai favorevoli, hanno sortito dei risultainenti affatto negativi. Debbo però ricordare che dapertutto in Sicilia ho riscontrato quest'alga sempre nelle stesse località proprie al Pleurococcus vidgaris e sovente associata a questa forma. Comunque sia, parmi interamente inverosimile ciò che l'Hans- girg (32) scrive dello sviluppo del Porphyridium cruenlurn : certe (31) HoHENACKER, exsicc. II. 455. I (32) F. ScH.MiTZ, Die Chromatophoren der Algen, Bonn, 1882, p. 17. (33) Hansgirg, algol, und phys. Stud., Prag 1886. 236 STUDI AI,G0 1. OGICI deduzioni hanno per lo meno del fantastico quando non sono sussi- diate dalla sperienza; esse ci sviano dalla diritta via a scapito del pro- gresso della scienza. La considerazione dei cromatofori di altre forme di alghe, già riferite alle Protococcoidee, potrebbe ofifrirci materia di ulteriori con- fronti colle Prasiolacee; ma le attuali nostre conoscenze sono a questo proposito assai manchevoli, né il materiale da erbario basta a chia- rire ogni dubbio che ci lasciano le diagnosi degli Autori. Cosi è che in via di congettura rammenterò come talune spe- cie, descritte sotto il nome di Teiraspora, offrono strette rassomi- glianze colle Prnsiola: la organizzazione delle colonie ne è la stessa, salvo lievi differenze relative alla consistenza e quantità della gelatina intracellulare. Occorrerebbe, per decidere in maniera deffinitiva la qui- stione, chiarire se eguali rassomiglianze esistano nelle intime partico- larità di struttura del contenuto cellulare: il materiale da erbario, che ho potuto consultare, non mi ha permesso un giudizio più sicuro. Spero nell'avvenire di poter fare uno studio più approfondito di tale quistione. Nel definire la famiglia delle Prasiolacee e ricercarne le affinità come criterio di massimo valoi'e sistematico mi sono avvalso di quello dedotto dalla costituzione delle colonie e della struttura del contenuto cellulare e segnatamente del cromatoforo. Certamente dai nostri con- fronti non avrebbero dovuto essere escluse varie altre considerazioni d'indole biologica, per quanto l'importanza sistematica di siffatto cri- terio panni di molto soggettiva. Tuttavia non si può passare sotto silenzio la maniera particolare colla quale compiesi il processo fecon- dativo delle Prasiola. Presso le forme che abbiamo giudicato stret- tamente affini a questo genere tale fase ci è interamente ignota fino a questo momento. La differenziazione degli elementi sessuati in oosfera e in anterozoide, di cui esiste un primo evidente accenno nelle forme di cui ci occupiamo, ci richiamano alquanto lungi dalle Prasiolacee e particolarmente alla famiglia delle Clamidomonadacee delle Volvocales. Quivi talvolta anche nella costituzione dei cromatofori ravvisiamo strette analogie con quanto abbiamo segnalato presso i corpi clorofillacei delle nostre Prasiola. La rassomiglianza è però maggiore riferendoci al modo come compiesi l'atto copulativo in alcune specie di Chlamydo- monas. Se ulteriori studi per alti'o chiarissero che non tutte le specie P R A S I 0 I. A 237 di Prasìola e dei generi da noi considerati come affini possiedano delle gamete differenziate , le deduzioni nostre troverebbero sempre valido appoggio nel fatto che la eterogamia non è certo un carattere generale a tutte le forme dello stesso genere Chlamydomonas , essendo la maggior parte delle specie isogamiche, vale a dire provviste di germi sessuali omomorfì e suscettivi di copulazione. La famiglia delle Prasiolacee rimane in ogni modo un gruppo eminentemente naturale da collocarsi fra le Prolococcoidales di cui i caratteri essenziali sono i seguenti : « Alghe verdi, terrestri o marine, unicellulari a elementi riuniti strettamente in colonie laminiformi, fogliacee o seriali (confervoidee) di estensione variabile; cellule contenenti un grosso cromatoforo cen- trale, sovente laciiiiato-stellato, provvisto di pirenoide. Divisione cel- lulare prevalente secondo una o due direzioni dello spazio, di rado secondo tutte e tre le direzioni. Riproduzione agamica per gonidi protococcoidei e zoospore bicigliate. Moltiplicazione sessuale per ga- mete mobili bicigliate quasi disformi; durante la conjugazione le ga- mete mascoline perdono le ciglia ». Le Prasiolacee sono delle Alghe estremamente multiformi proprie dei climi boreali e temperati. Esse forniscono i gonidi verdi protococ- coidei alla più grande parte dei Licheni Eteromeri, alle quali piante associate raggiungono i climi meridionali. XI. CONCE USIONI. Le ricerche su esposte porgono occasione di stabilire in maniera positiva i seguenti fatti : 1.° Le forme descritte dagli Autori coi nomi di Schizogonimn e Hormidium rappresentano degli stadi 'di svolgimento delle specie di Prasìola. A conferma di questo fatto occorre richiamarci alle recenti esperienze di coltura del signor D."^ Imhàuser , il primo che in via 238 STCDIALGOLOGICI pratica è riuscito a dare una prova positiva di tali genetiche rela- zioni, già supposte possibili dai vecchi algologi. 2." Per via di un estremo grado di semplificazione e riduzione le frondi fogliacee e conferviformi delle specie di Prasiola passano allo stato di Pleiirococcus vulgaris IMenegh., isolandosi singolarmente od in gruppi gemini, tetradici, o in plessi cubici, tavolari di 8-16-32 elementi. 3.° Lo stadio di Pleurococcus precedente rappresenta una maniera particolare di riproduzione agamica delle specie di Prasiola, una vera frammentazione e dissoluzione in propagoli immobili. 4.° La fase precedente è suscettiva di conservarsi e persistere per tempo indeterminato, secondo le condizioni della stazione, rinnovandosi per reiterato processo di bipartizione vegetativa e per mezzo di varie e indefinite generazioni di zoospore bicigliate. 5.° Le diverse generazioni degli elementi zoosporiferi rivestono in tutto i caratteri delle forme conosciute col nome di Protococcus viridis Ag. 6." Dalla forma protococcoidea possono procedere generazioni di zoogamete bicigliate, differenziate. Li contatto all'elemento femmineo e durante la copulazione le zoogamete mascoline perdono i cigli. 7.° Gli elementi caratteristici dello stadio pleurococcaceo e pro- tococcaceo sono capaci di sospendere temporaneamente il proprio e normale sviluppo e dar luogo a cistidi. 8.° Da fusioni congenite di zoospore derivano delle forme aber- ranti, aventi i caratteri di Raphidium che si conservano e persistono per tempo illimitato col favore di particolari condizioni ambienti, rin- novandosi per scissiparità. Tali conclusioni portate sul campo della sistematica permettono di dare al genere Prasiola un assetto ben differente da quello con- sentito ordinariamente dagli autori. Ed invero mentre da una parte riconosciamo la necessità d' includere nei suoi confini i generi Hor- rnidium e ScMizogonium, seguendo 1' esempio deli'Imliàuser, dall' al- tra conveniente appai'isce associarvi molte di quelle forme note agli algologi coi nomi di Pleurococcus vulgaris e Prolococcus viridis. Tali nomi hanno perduto il primitivo loro significato sistematico e in nessuna guisa potrebbe essere giustificata la conservazione di essi P R A S I 0 L A 239 a meno clie non vi si attribuisca un valore del tutto convenzionale, puramente biologico. Una quistione però rimane da l'isolvere, se, cioè, effettivamente solivi (lei casi o delle forme, escluse quelle che abbiamo riconosciuto legate da genetici rapporti alle Pi-asiola, alle quali condizionatamente potrebbero benissimo convenire le denominazioni generiche di Pleuro- coccus e Prolococcus restando ancora essi nomi a rappi'esentare dei gruppi caratteristici delle Cioroficee unicellulari. A tale argomento si riferiscono anche in parte le ricerche pre- cedenti. Abbiamo rilevato infatti come, interamente attenendoci alla delimitazione del genere Plewococcus, quale è proposta nella Sylloge del De Toni, quel gruppo rimanga, al momento in cui scriviamo, qual- cosa di immensamente eterogeneo: quasi tutte le forme descritte come specie distinte non sono che stadi monocellulari di sviluppo di altre forme già conosciute sotto denominazioni diverse. Esse presentano una organizzazione cellulare differente e assai diversa da quella caratteri- stica alla specie fondamentale, tipica, del genere, cioè il Pleurococcus vulgaris Menegh., la quale poi, secondo le esposte indagini, è un sem- plice stato evolutivo delle specie di Pt^asiola. E chiaro quindi che il genere Pleiwococcvs non ha più ragione di essere conservato nei libri descrittivi nel suo primitivo significato e va certamente abolito. Le medesime considerazioni sono applicabili al genere Prolococcus. Io non ho bisogno a questo proposito di riferirmi alla opinione di molti algologi, né specialmente di ricordare i nomi di Cienkowski, Dodel-Port, Reinard, Wille, Lagerheim e tanti altri botanici che colle loro ricerche hanno efficacemente contribuito ad approfondire sempre piìi il concetto che le forme di Prolococcus non fossero poi in fatto che semplici stadi moltiplicativi di altre Alghe spesso di disparato valore sistematico. Ho detto altrove che a f;ir di una data Alga un Prolococcus , è stata agevol cosa : bastava che quell' alga presentasse delle cellule sferiche segregate o in cumuli amorfi e che momentaneamente detti elementi dessero origine a zoospore, perchè si avesse la sicurezza di riscontrare in essa un rappresentante del genere Prolococcus , e date poi certe condizioni di colorito, di dimensioni, di spessore della membrana, etc. l'alga diveniva tosto un Prolococcus viridis, un P. caldariorum, un 240 STUDI ALGOLOGICr P. Wimmeri, un P. glomeralus , etc. Cosi è surto il genere Pì-oIo- coccus , se ne sono accresciuti i suoi limiti, è aumentato di mole ed oggi esso rimane a l'appresentare una informe accozzaglia di specie le più disparate. Lo stesso Protoccccus vìridis non ci offre meno edi- ficante spettacolo. Questa pianta divenuta classica nelle scuole per la sua pretesa semplicità organica, ci è stata diversamente rappresentata nelle sue minime particolarità di struttura; ora, secondo alcuni, le sue cellule contengono molti corpi clorofillacei parietali, altre volte, si è detto, che la materia verde compenetri e si diffonda omogeneamente dentro la massa del plasma ; altri vi hanno attribuito un unico clo- roforo aperto da un lato. Riguardo alla natura del contenuto cellulare le indicazioni degli autori non sono meno discordi e talora c'inducono a credere all'esistenza di copiose granulazioni amilacee; alle volte, vuoisi, non esista che pura materia oleosa segregata in gocciole. Maggiore è la confusione negli erbarii, dove spesso sotto lo stesso nome scorgiamo riuniti esemplari di alghe le piìi diverse e che di comune hanno sol- tanto lo essere gli elementi sferoidi e verdi. Le mie indagini provano come la forma assunta dal vecchio Agardli a tipo del genere Prolococcus offra in tutti i minuti parti- colari della sua organizzazione perfetta identità con quanto contrad- distingue la struttura degli elementi di Prasiola; a tali alghe essa è legata da progressive fasi di svolgimento , le quali sono state di già ritenute dagli autori come alti-ettante forme distinte e autonome e de- scritte coi nomi di Pleurococcus vulgaris, Hot^micliuni, Scliizogonium. Tale forma è il Prolococcus viridis. Cosi pure molte altre pretese specie dello stesso genere Prolococcus i-appresentano indubbiamente degli stati metagenetici unicellulari di Alghe superiori già note. Dette forme, anche qualora non fossero legate da genetiche relazioni ad altre Cloroficee, sono in tutti i casi estranee al genere Prolococcus, essendo le cellule di esse organizzate in maniera differente dagli elementi pro- prii e caratteristici alla specie fondamentale e tipica del genere, cioè il P. inridis Ag. Per tali considerazioni io ritengo che anche il genere Prolococcus debba cessare di l'appresentare un gruppo sistematicamente distinto e autonomo delle Cloroficee ; esso non può avere che solamente un va- lore biologico quando si voglia con quel nome distinguere degli stadi monocellulari di riproduzione per germi mobili di altre Alghe verdi. P R A S I 0 I, A 2-11 Null'altro aggiungerò a giustificare la estesa sinonimia del genere Prasiola da me adottata. Aboliti i generi Schizogonium, Hormtdnim, Pleurococcus e Proiococcus cadono da se tutte le altre denomina- zioni sinonimo relative a tali gruppi. Di più, riferisco alle stesse Pra- siola il genere Tripothallus di Hooker; l'unica specie descritta e figurata da questo botanico (34) è, a parer mio, una forma di svolgi- mento della Prasiola furfuracea Ktz., dove le frondi appariscono soggette a più o meno completa gelificazione, tanto che le cellule si trovano immerse in un'abbondante ganga gelatinosa; essendo rimaste i|ua e là intatte le lacune intracellulari, tutto il tallo ha preso una struttura che lo farebbe identificare a quello di un Palmodictyon ; ond'è che nell'opera del Kùtzing (35) il Tripothallus anastomosans figura appunto sotto il nome di Palinodie iy or), Hookerii (36). Per le altre specie di Palmodiclyon non si può dir lo stesso. Il P. viride Ktz. è certamente lo stato di sviluppo di un' Hormiscia, forse dell' Hor- miscia zonata Ktz.; mentre del P. ì^ufescens Ktz. nulla si sa di certo e resterebbe il dubbio se si tratti di una Cloroficea o piuttosto essa sia qualcosa di diverso. (34) Crypt. antarct., II, p. 500, t. 194, f. 1. (35) Spec, p. 234. (36) Veggaai anche quanto è stato scritto a proposito del genere Tripo- thallus pure dal sig. Hansgikg {Edioigia, 1889). A. BOBzl. Studi AtgoWgicl 242 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. TAVOLA XVIII Fig. 1. — Colonia allo stato dì Pleurococcus vulgaris,yi.eneg\i. \-r-)- » 2. — Elementi di Pleurococcus vulgaris, Menegh. a sviluppo inci- piente seriale (Eormidium) (id.). > 3. — Ulteriori stadi della precedente figura mostranti dei passaggi alle forme di Horrnidium e di Schizogonium (id.). > 4. — Stadi successivi delle forme precedenti alle condizioni di Pra- siola (id.). TAVOLA XIX Fig. 5. — Alcuni elementi molto ingranditi; a, parete cellulare; 6, strati medi della membrana gelatiniflcati ; e, strato esteriore della /750\ stessa (— j— )• » 6. — Colonie di Pleurococcus in via di sviluppo per gonidi proto- coociformi; la figura mostra il passaggio allo stato di Protococ- cus vulgaris, Ag. (-^)- > 7-9. — Fasi successive di svolgimento vegetativo dei gonidi (id.). » 10, — Fasi iniziali della genesi delle zoospore (id.). » ii. — Zoosporangi maturi (id.). » 12-13. — Casi di zoosporangi durante la emissione delle zoospore e zoo- spore libere (id.). > 14. — Zoospore molto ingrandite ( -^j — ). » 15. — Le stesse durante le prime fasi della germinazione (id.). » 16. — Giovani gonidi derivati dalla germinazione delle zoospore (-r-K » 17. — Casi di fusioni congenite anomale di zoospore (id.). PRASIOLA 243 Fig. 18. — Incipiente l'ormazione di elementi in forma di Raphidium deri- vanti dallo sviluppo di zoospore della figura precedente (id.). TAVOLA XX /400\ Fig. 19-20. — Zoogametaugi mascolini (-y-^- » 21-22. — Zoogamete mascoline libere (id.)- > 23. — Stadi di disorganizzazione delle zoogamete precedenti non con- jugate (id.). > 24. — Zoogamete femminee e libere (id.). > 25. — Stadi graduali di eonjugazione (id.). /1200\ » 26. — I medesimi molto ingranditi ( — i— /• » 27-28. — Sviluppo delle zigospore (-r-)- » 29. — Zigospore mature (id.). » 30, — Sviluppo delle zigospore (id.). > 31. — Stadi germinativi delle zoospore derivate dallo svolgimento delle zigospore (id.). • > 32. — Cistidi (id.). > 33. — Sviluppo delle cistidi (id.). , 34, _ Gonidi procedenti dalla germinazione delle zoospore della fi- gura precedente (id.). PROTODERMA, Ktz. Protoderma, Ktz., in Zmnfea, XVII, p. 94, 1843 ; Rxbk., Fior. enr. Alg., Ili, p. 307, 1865; De Toni. SylL, I, p. 146-147, 1889. Microhaloa, Ktz., Phyc. gen., p. 169, 1843 (ex parte;. Limnodictyon, Ktz., Tab. phyc, I, t. 25, 1845; Rabh., FI. eur. Alg., Ili, p. 61, 1865. Palmogloea, Ktz., Phyc. germ., p, 153, 1845 (ex parte). Physodictyon, Ktz., Sp. Alg., p. 482, 1849; Rabh., Fior. eur. Alg., Ili, p. 312, 1865; De Toni, SylL, l, p. 149-150, 1889. Botryococcus, Ktz., Sp. Alg., p. 892, 1849. Hydrodictyi sp., Bus., mss. (teste De Toni). Cystococcus, Rabh., Crypt.' FI. v. Sachs., p. 137, 1863 (ex parte). Pleurococcus, Rabh., FI. eur. Alg., Ili, p. 24, 1865 (ex parte)- Chlorococcum, Rabenh. FI. eur. Alg., Ili, p. 57, 1865 (ex parte). , genus Faniiliae Ulvacearum, Reinsch., Contr. ad Alg., p. 76, t. IV, 1875. Gongrosirse sp., Reinsch., /. e, p. 75, tab. V, 1875. Chroolepidis sp , Reinsch., l. e, p. 72, tab. VI, fig. 4, 1875. Protococcus, Kirchn,, Alg.Schles. p. 103, 1878 (ex partej; De Toni, SylL, I, p. 699, 1889 (ex parte). Nephrocytium, Naeg. Oait. cinz. Alg. p, 79, tab. Ili, C, 1849; De Toni, Syll. I, p- 662, 1889. li genere Protoderma Ktz. riveste un' importanza particolarissima, sopratutto dal lato della sua sistematica posizione. Dell' unica specie ad esso spettante, il P. viride Ktz., già il Rabenhorst (1), molti anni addietro, scriveva: « Es ist ein sehr problematisches Pflanzchen ». (1) L. Rabenhorst, Crypt. Fior. v. Sachsen, I, p, 240. 246 STUDI ALGOLOGICI Il problema appunto consiste nella ricerca della maniera colla quale quest' Alga com pie il suo ciclo ordinario di sviluppo nelle stazioni proprie ad essa e dei caratteri morfologici che contraddistinguono i suoi elementi costitutivi. Di tutto ciò mancano ancor oggi dati sicuri. Le recenti osservazioni dell' Hansgirg (2) non hanno che molto poco contribuito ad accrescere le prime nostre conoscenze, anzi esse inclu- dono delle erronee interpretazioni, come poi meglio si vedrà. Le ricer- che delle quali riferirò, alquanto più estese, io credo sieno bastevoli a mettere in rilievo tutta la importanza sistematica del genere Proto- derma, a definirlo in maniera più completa e a chiarirne le affinità. Il Protoderma viride è un'Alga assai difi"usa negli stagni, nelle paludi ed in qualunque serbatoio d'acqua dolce, ove cresce normal- mente dispersa sui fusti e sulle foglie delle piante aquatiche; investe altresì i sassi, il terreno e qualunque altro corpo sommerso. Essa sop- porta facilmente le variabili condizioni della stazione e può vivere anche sul suolo scoperto purché non manchi una certa umidità. Ad oggetto di studio mi son giovato del materiale raccolto nelle vasche dell'orto botanico di Palermo e che particolarmente in grande copia cresceva su tutte le parti sommerse di alcune Nymphcea e della Valltsneria. Detto materiale mi si è potuto conservare fresco per oltre due anni dentro opportuni recipienti di vetro, di cui l'acqua veniva di tanto in tanto rinnovata. Gli acquari si sono fortunatamente man- tenuti abbastanza scevri di estranea vegetazione ; se si eccettua una specie di Oedogonium, di cui i fili si potevano benissimo allontanare, una forma di Chroococcus a cellule minutissime, qualche Diatomacea e una specie di Cosmariuìn, nessun' altra forma di alga vi si osservava dentro le vaschette. Queste medesime forme, per natura propria, non potevano in nulla dar luogo a confusioni nella ricerca delle fasi di svolgimento del Protoderma viride. Dopo circa un anno, al ritorno della villeggiatura autunnale, ho notato nei miei acquari copioso svi- luppo di Raphidinm polipnorphum e di Scenedesmus quadricau- (2) A. HanSjIRG, Phìjx. u. algnl. StjuL, Prag, 1887, png. 133-135. PROTODERMA 247 da; ma tosto mi potei assicurare chela in troduzione di queste Alghe tav. xxi-xxi fosse dovuta a svolgimento particolare dello stesso Proloderma, come poi meglio si vedrà. Fu all' uopo necessario ricorrere a nuovi espedienti di coltura, rispondenti a metodi più rigorosi onde i risultainenti non lasciassero dei dubbi; di che sarà detto altrove. Come punto di partenza delle nostre considerazioni bisogna rife- rirsi a quello stadio di sviluppo definitivo, normale, contraddistinto dalla costituzione di filamenti ramificati di tipo ulotrichiaceo. Questa forma è molto imperfettamente nota agli autori. Le descrizioni ripor- tate anche dallo stesso Hansgirg (3) riflettono ad uno stadio immedia- tamente successivo, quello, cioè, in cui comincia la dissoluzione degli articoli in elementi protococcoidei. Una figura alquanto precisa di tale forma rinviensi nella Tav. IV del noto lavoro del sig. P. Reinsch (4); l'alga rappresentata porta la semplice indicazione di Ulvacearum gen. nov. La identità è perfetta e non trattasi di una mera analogia, come è stato sospettato da Hansgirg. Non saprei con certezza asserire se altri, oltre il Reinsch, abbiano avuto conoscenza della medesima forma. Sarei inclinato a credere che altre forme descritte e figurate dallo stesso Reinsch (5) sotto il nome di Chroolepus sp. e di Gongrosnm sp. sieno altresì da considerarsi come identiche all'Alga di cui discor- riamo 0 tutto al più non sono che degli stadi giovanili di svolgimento della medesima. Checché ne sia, nelle condizioni cui alludesi, l'alga costituisce delle Fig. i. espansioni talliformi di una struttura quanto mai caratteristica : si tratta di una serie di filamenti disposti in unica e continua superficie con direzione raggiante da un centro comune. Essi scorrono serpeggianti sul substrato conservandovisi fortemente adesi in tutta la loro estensione e spesso contraendo delle aderenze laterali, specie nelle parti più adulte della fronda, per il seguito accrescimento in diametro dei corrispondenti articoli. Neil' insieme il tallo, a svolgimento inoltrato, piglia una con- figurazione ellissoide; le diverse successioni di ramuli si dispongono in serie anticliniche incidenti in direzione normale sul contorno della ellissi. Si distinguono ordinariamente 4 fili principali partentisi in senso (3) Op. ai. pag. 134. (4) P. Reinsch, Contr. ad Alg. et Fung. Lipsia 1875, pag. 76, tab. IV. (5) Op. ci/., pag. 72 e 75, tab. V e IV, lig. -i. 248 STUDI ALGOLOGICI raggiante da un comune punto centrale, i quali successivamente e ri- petutamente si bipartiscono; i diversi ordini di rami si dispongono sempre nella medesima direzione raggiante. Così ne deriva una costi- tuzione che trova quasi identico riscontro nelle frondi delle specie di ColeochcBte. Altrove vedremo che tale identità è meglio confermata dalla forma e dal modo di accrescimento dei fili. Tale è in generale la forma tipica originaria delle frondi quando esse nascono libere e isolate sul substrato. Il più delle volte invece, per isvolgimento irregolare dei germi iniziali e per la seguita confluenza di parecchie frondi svoltesi sopra uno spazio alquanto ristretto, deri- vano dei plessi talliformi relativamente molto estesi a contorno piiì 0 meno irregolare. Altre varianti di struttura procedono da sviluppo anormale delle cellule iniziali, come poi estesamente si dirà altrove. In tutti i casi i filamenti sono formati da articoli ordinariamente bislunghi 0 bislungo-cilindrici, di rado ellissoidi ; sicché i fili stessi ri- sultano continui, almeno nelle prime loro origini. Gli articoli terminali dei ramuli appariscono insensibilmente attenuati verso 1' apice e quasi conici e il più delle volte molto estesi in lunghezza. Lo spessore degli articoli varia dai 3 ai 7 p.., mentre la lunghezza può raggiungere un maximum- di 20 w. Per la struttura, le cellule potremmo dirle di tipo ulotrichiaceo. Possiedono una parete distinta, e mediocremente sottile; col tempo essa diventa vieppiù spessa, mentre i suoi strati esterni si trasformano in materia gelatinosa. In tal guisa stabiliscasi una completa adesione tra i diversi articoli collaterali dei differenti ramuli contigui. L'apparato cromatoforico è rappresentato da un'ampia placca clorofillacea a contorni alquanto irregolari, la quale sta addossata da un lato della parete, occupando una parte soltanto dei singoli articoli. Nella regione mediana di ogni cromatoforo si nota un distinto pire- noide a indumento amilaceo; eccezionalmente vi sono due pirenoidi collocati a breve distanza l'uno dall'altro, di cui uno è d'ordinario più piccolo. Quest'ultimo caso è indizio di ritardata divisione cellulare : il pirenoide più piccolo è di formazione posteriore all'altro. I cromatofori sono sede di copiosa formazione di materia amilacea: i minutissimi granuli d'amido si presentano fitti e serrati assai di buon'ora e finiscono, aumentando di numero e di volume, col riempire PROTODERMA 2-10 gran parte della cavità cellulare; allora il contenuto investo 1 aspetto tav. xxi-xx; di una massa granulosa continua di un verde pallido. Tuttavia in processo di sviluppo e date particolari condizioni ambienti, la mate- ria ternaria può assumere i caratteri di sostanza grassa, hi quale si presenta sotto forma di minutissime goccie lucide. Nuli' altro di notevole presentano gli articoli vegetativi. Un nu- cleo è solamente visibile coli' impiego di reattivi coloranti. Esso è col locato nella regione mediana di ogni cellula ; più spesso pare sorretto da una sorta di istmo proto[)las;matico interposto trasversalmente nel mezzo della cavità cellulare nella maniera stossa come si osserva nelle Ulothrir. II. Dalle descritte condizioni vegetative gli individui di Protoderma viride passano immediatamente alla fase riproduttiva. Ciò ha luogo in due modi : 1." Per isolamento dei singoli articoli e seguita loro trasforma- zione in elementi protococcoidei; 2.° Per mezzo di zoospore. La prima maniera di riproduzione è per regola generale diretta- mente inefficace a indurre il ritorno degli individui alle coudizioni primitive e sembra all'uopo indispensabile la produzione di germi ses- suati. Tuttavia la genesi di elementi immobili ha un significato bio- logico ben importante: quello, cioè, di cooperare alla diffusione del- l' organismo su vasta scala nelle condizioni molto variabili della sta- zione. Eccezionalmente od almeno di rado, come risulta dalle mie os- servazioni, dalla forma protococcoidea prendono origine nuove gene- razioni di talli a filamenti raggianti senza il concorso di zoospore e di elementi sessuali. In tutti i casi le cellule conservano la primitiva costituzione fon- damentale; le peculiari differenze riflettono la forma esteriore. La dissoluzione degli articoli in elementi protococcoidei comincia pig. dalle regioni più adulte delle frondi, quindi dal centro di ogni espan- sione tallina. Spesso ciò ha luogo molto precocemente; epperò rimane di buon'ora assai alterata la originaria e regolare d' sposizione dei A. BORZl. Sludi Aìiolojiri M 250 STUDI ALGOLOGICI rainuli. A tal uopo gli articoli s' ingrandiscono insensibilmente e a poco a poco prendono una forma sferica. La parete tende lentamente a gelificarsi. Allora intervengono delle partizioni secondo una o due di- rezioni e anche secondo tre piani. Gli elementi filiali assumono ben tosto un contorno circolare, spesso alquanto deformato e divenuto quasi poligonale per le mutue pressioni subite dalle cellule stesse. Cotesto processo di moltiplicazione si ripete e si estende poi man mano agli articoli successivi e in ultimo il tallo si trasforma in una sorta di cuscinetto alquanto convesso nel mezzo e quivi formato da più strati di cellule dalla cui periferia sporgono le sommità dei ramuli. Gli elementi centrali stanno alquanto fitti e serrati fra di loro e mostrano una costituzione parenchimatosa; la originaria struttura confervoide è soltanto apprezzabile verso l'estremo contorno di ogni cuscinetto. Le descrizioni che gli autori danno del P. viride si riferiscono precisamente a questo stadio di svolgimento e non è da meravigliarsi se la particolare maniera di associazione che presentano allora gli elementi, abbia fatto ritenere possibile un ravvicinamento dell' Alga alle specie dei generi Ulva, Enteromorpha, Prasiola ecc. Ma eviden- temente non trattasi che di semplici rapporti superficiali di valore insi- gnificantissimo dal punto di vista sistematico, come poi meglio si dirà. La stessa forma di sviluppo è stata descritta dal sig. Hansgirg; però questo egregio Algologo non è stato abbastanza fortunato nella ricerca delle ulteriori fasi di svolgimento dell'alga. La dissoluzione del tallo in elementi o conidì protococcoidei pro- cede rapidamente e tutti gli articoli perdono tosto i primitivi carat- teri. Come regola generale predomina la bipartizione secondo due successive direzioni e ne nascono dei talli di una struttura paren- chimatica e disciformi; però di tanto in tanto intervengono delle di- visioni secondo una terza direzione e manifestasi uno sdoppiamento. Questo d'ordinario comincia dalla regione centrale di ogni fronda. A misura che nuove suddivisioni si ripetono, segue una parziale dissolu- zione del tallo in frammenti costituiti da uno o parecchi o molti ele- menti. A posto non rimangono sovente che le porzioni estreme delle frondi anch'esse in via di sviluppo per conidì protococcoidei. Cessa quindi ogni traccia della originaria disposizione e qua e là sul substrato nascono delle irregolari colonie di cellule a mo' di Pleurococcus o Pro- PROTODERMA 251 iococcus, di grandezza variabile. Spesso esse cellule formano dei gruppi tetradici distinti, o più o meno ravvicinati tra loro; alle volte sono riunite in espansioni tabulari o frondifoi'mi di piccola estensione, oppure scorgonsi libere. In altri casi èwi luogo a formazioni di cumoli più o meno irregolari. Ho motivo di credere che tali forme di associazioni sono già da Fig. un pezzo note agli autori. Così è che riferendomi alle descrizioni e alle figure date parrai non si possa dubitare .'^ulla identità del preteso Protococcus botryoides Kirchn. {Chlorococcum botryoides Rabh.)con colonie di tali elementi e particolarmente in quei casi in cui esse cellule formano delle dense ed irregolari agglomerazioni. Allo stato vegetativo, laddove gli elementi di tale forma vedonsi soggetti a ra- pido processo di bipartizione adunandosi in plessi tabulari o cubici, le associazioni acquistano tutti i caratteri del Pleurococcus aureo-vi- ridis Rabh. La colorazione giallastra che gli autori attribuiscono al contenuto cellulare di tale pretesa specie è una particolarità del tutto insignificante e che dipende dalle speciali condizioni di luce alle quali può essersi trovata esposta l'alga sulla sua naturale stazione. Quando le colonie assumono uno sviluppo considerevole e risul- tano costituite da elementi fitti, serrati, immersi dentro una traspa- rente ganga gelatinosa, ne derivano enormi plessi a contorno quasi definito sporgente qua e là in veri lobi. Ho riscontrato frequenti tali formazioni sulle pareti degli acquari immediatamente nelle regioni ove giungeva il livello dell'acqua, o un poco al di sopra. Del resto colti- vando delle colonie sulle pareti esposte a continua e copiosa evapora- zione, esse assumono tali caratteri, i quali poi interamente corrispon- dono a quelli che, secondo gli autori, contraddistinguono il genere Botryococcus. lo non oso in maniera assoluta afi'ermare che il Bo- tryococcus Braunii sia una forma esclusivamente riferibile agli stati monocellulari di Protoderma viride : è molto probabile che anche altre Cloroficee, tali gli Stigeoclonium e le Chmiophora possano dar luogo a formazioni identiche. Una notevole instabilità degli elementi a restare raccolti in colo- ^ig. nie più 0 meno voluminose determina sovente una dispersione di esse cellule in piccoli gruppi che restano galleggianti in seno alla massa 252 STUDI ALGOLOGICI xxi-xxiv- acquea. Ordinariamente quando ciò avviene, gli elementi veggonsi con- Fig. 9. siderevolmente rimpiccioliti e raggiungenti un diametro di 2-3 a.; stanno riuniti a 2-4-8 e formanti delle piccole famiglie. Non rimane alcun dubbio che tale forma sia già nota agli autori ; essa trovasi descritta col nome di Microhaloa protogenita Bias. {Chlorococcum protogenitum Rabh.) ed è frequente in acque tranquille, poco aerate, abbondanti di materie organiche. Date queste condizioni essa si svi- luppa in cosi grande copia da conferire' all' acqua una tinta verda- stra spesso intensa. L'estrema minutezza degli elementi fa si che filtrando l'acqua questa seguita a conservare il suo colorito, poiché le cellule attraversano facilmente la carta da filtro. Adoperando come mezzo per filtrare un frammento di pietra di Siracusa (6), si ot- tiene la perfetta decolorazione del liquido. Di questo espediente mi sono avvalso per istituire delle colture e determinare in modo sicuro le relazioni della forma di cui discorriamo col Protodeì^ma viride. Lo stesso dicasi del Chlorococcum infusionum Menegh. Questa forma si riscontra frequente nelle colture fatte in piena acqua; lo spessore maggiore della gelatina ambiente e la tenuità di essa deter- mina una leggiera variante nella costituzione delle colonie, e le cellule assumono una forma sferica più accentuata. Tuttavia questi caratteri, io credo, possano in taluni casi convenire anche a colonie monocellu- lari di altre Cloroficee e specialmente degli stessi St/geoclonium, Chce- tophora, ecc. Fig. 11. Un ravvicinamento molto più evidente permettono le colonie pro- tococciformi di Protoderma viride col Limnodictyon Roemerianum Ktz. Un confronto è possibile al momento in cui s' è compiuta la tras- formazione degli articoli costituenti i fili tallini in elementi sferici protococcoidei. Questi divengono poliedrici per le mutue pressioni .su- bite e danno luogo a plessi pulviniformi aventi una struttura ap- parentemente parenchimatosa. La identità di siffatte colonie colle as- sociazioni descritte come caratteristiche del Limnodictyon Rceme- rianutn non lascia alcun dubbio. (6) Sorta di tufo calcareo bianchissimo, leggiero, compatto, adoperato in Sicilia frequentemente come pietra d'ornamento nelle costruzioni. Di questa roccia mi sono avvalso spesso nelle mie colture presentando essa molti van- taii'g'i per la coltivazione di alghe terrestri, come sarà detto poi. PROTODERMA ~53 In qualche caso nascono delle colonie globose di una struttura tav. xxi-xx quanto mai singolare. Sono delle vere sfere cave ripiene d' aria. Esse ^.^ ^^.u rinvengonsi da principio alla superficie dell'acqua perfettamente li- bere e galleggianti; più tardi cadono al fondo e si separano in fram- menti. Ho lungamente rivolta la mia attenzione a tali formazioni che presentano un interesse significantissimo quanto alla costituzione loro, al modo di origine e dal punto di vista biologico. Sifi'atte colonie hanno origine da cellule isolate. Queste assumono fìk- 12 una forma perfettamente sferica e si bipartiscono successivamente in 2, 4, 8 elementi filiali, che, a sviluppo compiuto, ripetono la stessa for- ma sferica, conservando tutte lo stesso volume. La parete della cellula madre persiste all' intorno sotto forma di un inviluppo diafano e ai- quanto resistente. Delle 8 cellule, 4 soltanto tornano a bipartirsi e ne deriva un gruppo di 12 elementi esattamente globosi ed in tutto identici tra di loro. Essi tendono a porsi in contatto coli' inviluppo esterno mentre stanno vicendevolmente adesi tra loro. Per potere avverarsi questa condizione è necessario che si dispongano a tre a tre ed alternativa- mente in quattro piani successivi. Soltanto i tre elementi dei due poli opposti restano in perfetto contatto tra loro, mentre gli altri inter- medi, per poter lambire il contorno dell'inviluppo, s'allontanano al- quanto e così ne deriva uno spazio regolare nel mezzo della colonia limitato dalle dette 12 cellule. Oltre alle dette colonie ve ne sono di quelle che contano 4, 6, 8 persino 20 elementi tutti disposti sopra una superficie matematica- mente sferica. Ciò è facile a dimostrarsi, e io sono pervenuto a per- suadermi di tal fatto considerando le diverse cifre successive di quella serie e specialmente i numeri 6, 12, 20 che certo non rappresentano il risultamento di un regolare ed eguale processo di continuata bipar- tizione della cellula iniziale. In questo caso la serie avrebbe dovuto essere espressa coi numeri 2, 4, 8, 16, 32.... come avviene nella ordi- naria costituzione delle colonie globoidi di altre forme unicellulari, p. e. Glceocystis, Palmella ecc. L'attenta considerazione di questo caso porta alla conclusione che durante l'ampliamento della colonia la bipartizione degli elementi non 254 STUDI ALGOLOGICl xxi-xxiv segue simultaneamente e regolarmente: alcune cellule persistono in- ;. 12-14. divise e così nascono dei gruppi di 6, di 12 e di 20 cellule. Durante la divisione la membrana della cellula non subisce alcuna sostanziale alterazione ; solamente essa s'ingrandisce costituendo un continuo inviluppo trasparente sul cui contorno interno si scorgono adattati gli elementi filiali toccantisi a vicenda tra loro senza che rimanga veruna interruzione sulla superficie. Di più, esse cellule fi- liali si presentano perfettamente identiche in grandezza e di forma sferica. Date da una parte tali condizioni, e considerando dall'altra che il numero degli elementi di ogni colonia è costantemente determinato, importando esso 4, 6, 8, 12, 20, agevolmente si riconosce che i centri delle singole cellule filiali corrispondano ai vertici di un poliedro regolare, e più particolarmente ai vertici di un tetraedro regolare, di un cubo, di un ottaedro regolare, di un dodecaedro regolare e di un icosaedro, essendo queste sole le figure inscrivibili in una sfera. Si avrebbero cioè: 1. Nel caso del tetraedro regolare . . 4 cellule (4 vertici). 2. Nel caso dell'ottaedro regolare. . . 6 cellule (6 vertici). 3. Nel caso del cubo 8 cellule (8 vertici). 4. Nel caso dell'icosaedro regolare . . 12 cellule (12 vertici). 5. Nel caso del dodecaedro regolare . 20 cellule (20 vertici). Verificandosi siffatte condizioni, le cellule, nel disporsi in contatto colla superficie interna del comune inviluppo gelatinoso, debbono al- lontanarsi sempre più dal centro della colonia derivandone ivi un meato più o meno ampio secondo il numero crescente degli elementi associati. È naturale quindi che durante le successive bipartizioni le cel- lule filiali dovranno subire tali riduzioni in volume od accrescersi a tal misura da stabilirsi alla fine tra il proprio raggio (o volume) e quello dell' inviluppo circoscrivente esterno dei rapporti matematica- mente determinati e costanti senza i quali non sarebbe possibile rag- giungere le descritte condizioni di regolarità. Vale la pena esprimere in cifre coteste relazioni che si verificano nelle successive generazioni di elementi che compongono le cnlonie. Indicando con r il raggio PROTODERMA 2o5 delle cellule filiali e ricercandone il valore rispetto al raggio = 1 tav. xxi-xx dello inviluppo circoscrivente, avremo le seguenti cifre; rig. la-u 2 1) Pel caso (li colonie di 4 elementi: ?-=r = = 0,4494900 9. -1/6 2) Pel caso di colonie ili 6 elementi: r— =^=0,4142136 1+1/2 3) Pel caso dì colonie di 8 elementi: r= ==0,3660272 1+1/3 4) Pel caso di colonie di 12 elementi : r = = 0, 344576,') l + |/5 + t/5- '^ 2 5) Pel caso di colonie di 20 elementi: r = =:: z^ = 0,2629840 2+1/3(1-4-1/5) Una disposizione così regolare non potrebbe effettuarsi con un nu- mero differente di elementi filiali o se mai ciò avvenisse, l'insieme non assumerebbe i caratteri geometrici di una sfera. Ho potuto assi- curarmi sperimentalmente che con un numero differente di sfere esat- tamente eguali e regolarissime non sarebbe mai possibile costituire un plesso di elementi allineati sopra una superficie pur essa esatta- mente sferica e limitanti al centro uno spazio vuoto; ne deriverebbe piuttosto un insieme di figura che si accosterebbe a quella di un ellissoide. Il caso di cui ci occupiamo, porge argomento a singolari appli- cazioni e deduzioni generali del dominio di quelle leggi che regolano l'architettura della organizzazione. Stabilita la fondamentale struttura di una colonia secondo le precedenti norme, segue un lento e progressivo aumento in volume. A tal uopo gli elementi subiscono delle reiterate e quasi simultanee bipartizioni secondo le due direzioni della superficie ; lo spazio interno si allarga allora sempre più, mentre estendesi maggiormente il con- torno, senza che si manifesti alcun' apparente alterazione nella forma primitiva. In tal guisa le colonie possono raggiungere un diametro perfino di ^/^ o i/g di millimetro. Trasportate dall'acqua, esse si di- sperdono fra gli steli delle piante aquatiche e le accidentalità della stazione, ove ben tosto, per seguite nuove bipartizioni, lentamente si disfanno e si trasformano in amorfi cumoli di elementi protococcoidei. 2ÒC> STUDI ALGOLOGICI Fermando un momento la nostra attenzione su tali colonie è fa- cile riconoscere in esse i caratteri che, secondo gli autori contraddi- stinguono il genere Physodictyon. Di quest'alga, che dicesi raccolta (7) sui sassi e sarmenti sommersi in Istria e nella Penisola, da Biasoletto, da Meneghini e da Rabenhorst, è molto dubbia la posizione sistema- tica attribuitale dagli autori. Secondo le descrizioni e le figure del Kutzing (8) il tallo avrebbe una forma vesicolare e sarebbe formato da cellule poligone riunite densamente in modo da formare un corpo cavo continuo; le cellule dovrebbero contenere un cromatoforo ampio parietale. Per quanto a decider meglio la quistione sarebbe utile un esame degli esemplari autentici di quest'alga, io credo però che le indicazioni diagnostiche sieno abbastanza chiare per poter supporre che il Physodictyon graniforme non sia altra cosa che una forma di svolgimento del tipo suddescritto del Protoderma viride. Forse le stesse considerazioni sarebbero da estendersi ad un" altra alga che trovo descritta nella Sylloge del De Toni (1, p. 675) sotto il nome di Botryococcus giganteus Reinsch ; non potrei però insistere su tale ravvicinamento per mancanza di dati sicuri intorno alla or- ganizzazione di quell'alga. Nei casi passati in rassegna la dissoluzione delle frondi di Pro- toderma in articoli monocellulari non è seguita da copiosa gelifica- zione delle membrane; sicché le associazioni che ne prendono origine, non presentano una grande coerenza e facilmente gli elementi si se- parano, rimangono distinti o formano dei cumuli irregolari di esten- sione indeterminata; oppure tutt'al più ne nascono delle piccole fa- miglie che si disperdono in seno all'acqua o restano aderenti alle di- verse accidentalità della stazione. Oltre a tali forme, che io ho rin- venuto tutte iielle mie colture, occorre ricordarne altre contraddistinte anzi tutto per copioso sviluppo d' inviluppi gelatinosi, per cui le asso- ciazioni che ne derivano, assumono i caratteri di vere formazioni del tipo palmellaceo. Siffatta maniera di disassociazione comincia pure in questo caso dalla regione interna delle frondi e procede man mano verso la pe- (1) De Toni, Syll., I, p. 150. (S) KùTZiNG, Tal. Phyc. VI, t. 44. P R 0 T 0 D E R M A 257 riferia. A processo compiuto sparisce ogni traccia della primitiva co- tav. xxi-xxi stituzione ed orientazione dei filamenti tallini. La bipartizione degli elementi seguendo con molta irregolarità e Fig- 2i-22- senza norma determinate ne derivano dei cumoli irregolarissimi aventi tutti i caratteri di Palmella. Essi constano di una ganga gelatinosa fon- damentale per lo più amorfa e trasparente; alle volte indistintamente differenziata in zone concentriche torno torno ai gruppi di elementi di recente formazione. Verso la periferia la gelatina assume un con- torno ben definito a causa della sua maggiore consistenza in quella regione. Le cellule presentano una maniera differente di distribuzione: ora si trovano situate a quasi eguali distanze, ora formano dei gruppi tetradici distinti nel modo caratteristico alle Te()-aspora. La divisione degli elementi può seguire in taluni casi secondo due sole direzioni in modo da derivarne delle espansioni talliformi rego- larissime. Esse sono però delle formazioni assai fugaci essendo in mag- gior prevalenza il processo di bipartizione secondo le tre direzioni dello spazio. La forma fondamentale degli elementi viene profondamente alte- rata durante il descritto passaggio allo stadio palraellaceo. Essi diven- gono sferoidi e crescono anche notevolmente di volume; almeno nei primordi. In corso però di sviluppo notasi squisitissima la tendenza nei singoli elementi a divenire sempre piìi piccoli, passando per gradi insensibili da un maximum di diametro di 20 a. a un minim,um. di 2 a. Il che dimostra che il processo di scissiparità a poco a poco ^Jg- 30-3i- conduce l'organismo a uno stato di esaurimento, di lenta inanizione della propria potenza incrementale e conservativa rendendosi perciò eflBcacemente necessario l'intervento di una nuova forma di riprodu- zione che ne rinvigorisca le affievolite facoltà. Questa considerazione ci dà a priori argomento per sospettare del valore sistematico di ta- lune forme a sviluppo assai semplice, tali, p. e., gli Scenedesìnus, i Raphidium, i Nephocìjiium, gli Stichococcus e simili di cui la esi- stenza si compendia iu un continuo e indefinito processo di biparti- zione cellulare. É molto difficile nella scorta degli exsiccata e tanto più colFa- juto delle descrizioni e delle figure il precisare quali forme note col nome di Palmella sieno riferibili al tipo di cui parliamo. Si sa come A. BoRzi, %tuAc Algologia. 31 258 STUDI ALGOLOGICI . xxi-xxiv. il nome di Palmella sia stato molto vagamente impiegato per dino- tare delle forme unicellulari di Alghe verdi ad elementi raccolti den- tro una comune matrice gelatinosa amorfa. Si è dato molto peso a taluni caratteri esteriori di nessuna importanza morfologica per iscom- porre quel gruppo in un grande numero di specie, accrescendo la con- fusione e creando mille imbarazzi all'algologo sistematico. Tutte le indagini algologiche di questi ultimi anni hanno condotto alla con- clusione che un grande numero di Alghe verdi, appartenenti anche a gruppi superiori, possiedono un comune stadio palmellaceo. Accettando questo principio, il quale risponde in massima alle mie convinzioni, è bene richiamare la nostra attenzione a talune modificazioni che si ri- feriscono a siffatta forma di sviluppo nel caso di cui ci occupiamo. Oltre alla sempre crescente riduzione in volume che gli elementi descritti presentano attraverso le numerose generazioni che si succe- dono, degne di nota sono le variazioni relative alla forma. Sotto questo riguardo le dette associazioni palmellacee vanno distinte in quelle a cellule esattamente sferiche, e in altre a elementi ellissoidi o bislun- ghi. Questa ultima forma deriva dalla precedente e se ne possono se- guire tutti i graduali passaggi. Si fermi infatti la nostra attenzione ad una cellula qualunque, originaria, di forma sferoide; avvenuta una bipartizione mediana, i suoi segmenti filiali assumono una forma se- misferica; l'accrescimento ulteriore, cui essi vanno soggetti, non è uguale ed omogeneo. Detti segmenti rimangono accostati mediante la rispettiva faccia piana; il qual lato rappresenta una regione dotata di meno attività incrementale; maggiormente invece questa accentuasi verso due punti opposti e le due parti, senza gran fatto accrescersi trasversalmente, si estendono in modo da pigliare una forma ellittica lievemente depressa dal lato corrispondente alle faccie originarie di comune contatto dei due elementi. Tali condizioni sono soggette a lievi varianti, per cui, senza che la forma fondamentale ellissoide degli elementi venga alterata, la de- pressione laterale può accentuarsi in gradi diversi ed anche sparire affatto; cosi è che mentre le cellule, alle volte, assumono una confi- gurazione quasi reniforme, altre volte esse divengono perfettamente ellittiche o ellittico-bislunghe, oppure anche bislunghe. Nel caso di elementi reniformi abbiamo delle formazioni note affli autori sotto i PROTODERMA 259 nomi di Ncphrocijtium Agardluanum e Nephrocytium Ndgelii. Di questa identità non rimane alcun dubbio, come meglio veilremo in altro luogo. Essendo certo che altre forme di Alghe terrestri, oltre al /Vo- toderma, possiedano pure uno stadio di Palmella e che detta fase divenga altresì il punto di partenza a colonie formate da elementi reniformi, il valore sistematico del genere Nephrocijtium diventa sempre più insignificante. Durante i cangiamenti descritti nulla vien mutato nella costitu- zione fondamentale degli elementi. Avvenuta la dissoluzione delle frondi in articoli monocellulari, il cromatoforo persiste in forma di placca parietale aperta da un solo lato; pigliando le cellule una forma sfe- roide e isolandosi tosto, la placca clorofillacea si estende maggiormente e tende a cingere la cavità cellulare; i margini di essa si accostano sempre più e poiché non giungono a toccarsi completamente, ne deriva uno spazio circolare scolorato che si disegna nettamente e forma quella caratteristica areola laterale, già notata dagli autori in tutte le forme unicellulari delle Alghe verdi e specialmente nelle cellule di Palmella, Tetraspora, Glococystis, Cysiococcus ecc Le stesse condizioni si avve- rano nel caso in cui le cellule sono bislunghe o reniformi. Maggiore ampliamento della placca cromatoforica porta con se la completa obliterazione di detta areola: caso frequente in tutte quelle cellule che, durante lo sviluppo, si sono trovate esposto a condizioni poco vantaggiose di luce. Il pirenoide conserva la sua primitiva posizione esattamente centrale; opperò esso vedesi collocato di faccia all'areola. Durante il processo di moltiplicazione vegetativa i piani di sezione si dispongono in modo da passare per il mezzo del pirenoide e del prospiciente vacuo scolorato. Però, mentre questo si scinde in due parti perfettamente uguali, il pirenoide scomparisce e un nuovo pi- renoide si forma verso la regione centrale dei singoli segmenti cro- matoforici. Io credo di potere con argomenti sicuri affermare questa genesi per innovazione dei pirenoidi. Giammai essi soggiacciono ad un processo di bipartizione, come è stato asserito dallo Schmitz, al- meno nei casi di cui parliamo. I cromatofori sono sede di abbondante permazione di materia ami- lacea, che si presenta in granuli minutissimi, serrati, e che conferi- scono al contenuto una tinta più sbiadita, un aspetto granuloso. A 260 STUDI ALGOLOGICI xxi-xxiv. volte la materia ternaria piglia i caratteri di olio o di sostanza grassa e ne nascono dei piccoli corpuscoli lucidi, refringenti che riempiono tutta la cavità cellulare. 111. La fase evolutiva della quale ci siamo occupati, ha il significato di un vero processo di riproduzione per via agamica col concorso di germi unicellulari immobili o conidi; nel tempo stesso essa rappre- senta una maniera particolare d'incremento vegetativo. Questo doppio e simultaneo scopo funzionale risponde all'indole propria dei vege- tali di cui è parola. Associate le due forme d'incremento in unica, sono suscettive di persistere e rinnovarsi indefinitamente fino al so- praggiungere di condizioni favorevoli al ritorno dell' organismo allo stato originario. Così è che siffatta fase acquista sovente apparente- mente una perfetta indipendenza fra il novero delle fasi onde com- pendiasi l'intero ciclo di evoluzione della nostra Alga, nel modo stesso come vedemmo studiando lo sviluppo delle Pì-asiola per le forme di svolgimento note coi nomi di Pleurococcus vulgaris e Pro- tococcus viridis. Non sarà mai abbastanza lo insistere su questa fa- coltà che possiede la più grande parte delle Tallofite inferiori onde un dato stadio di sviluppa è suscettivo di perpetuarsi, quasi in ma- niera indefinita, in modo che, attraverso le numerose generazioni che incessantemente si ripetono, rimane smarrita la traccia delle naturali relazioni delle varie fasi caratteristiche della vita dell'organismo. Cotesto processo di conservazione e rinnovazione si compie con- stantemente col concorso dell' agamogenesi ; l'intervento di un atto sessuale serve a porre un limite alla successione delle numerose ge- nerazioni di forme a sviluppo agamico, completa lo svolgimento del- l'individuo riconducendolo alla sua forma normale primitiva. I van- taggi e il valore fisiologico della sessualità sono perciò evidenti in confronto a quelli dell' agamogenesi. Istruttivo è per questo riguardo un esame particolareggiato dello sviluppo ulteriore del descritto stadio protococcoideo o di Palmella del nostro Protoderma. PROTODERMA 201 Qualunque sia la forma delle colonie, le loro dimensioni, lo stato tav. xxi-xx di consistenza e la copia della gelatina ambiente, l'ampliamento ha luogo per semplice bipartizione vegetativa secondo le norme dianzi stabilite. Durante questo processo, influendovi particolari condizioni non sempre facili a precisare, possono le diverse generazioni acqui- stare immediatamente o in tempi diversi, una completa indipendenza, isolarsi, o separarsi a gruppi di varia estensione, così come abbiamo altrove indicato. Di comune poi tutte quante le cellule costituenti le associazioni possiedono la facoltà di svolgersi per zoospore. Il tempo, il modo e le condizioni con cui ciò avviene, offrono notevoli varianti Però, nella forma riferita al tipo di Protoeoccus protogenitus non mi è riu- scito giammai di osservare zoospore quando l'alga veniva esaminata allo stato di colonie galleggianti in piena acqua. Sotto questa forma la pianta si era copiosamente sviluppata in una piccola vasca del- l' Orto botanico conferendo all'acqua stessa un intenso colorito verda- stro. Fatte delle colture pure su piccoli frammenti di pietra di Sira- cusa notavo immediatamente la produzione di zoospore. Le cellule madri di detti germi apparivano insensibilmente ingrandite; le colonie avevano perduta la caratteristica instabilità e sul substrato scorge- vausi degli irregolari cumoli alla maniera del Protoeoccus botrijoides- Presso le altre forme la produzione delle zoospore ha luogo im- mediatamente e basta cambiare e rinnovare il liquido delle colture perchè tosto le cellule si dissolvano in germi mobili. Questa però non è la regola generale. Un grande numero di colture fatte con metodi differenti prova che certe condizioni fisiologiche sieno all'uopo ne- cessarie, e segnatamente l'età e il grado di maturazione degli indi- vidui dovranno esercitare una grande influenza sul fenomeno di cui si parla, senza però che sia esclusa la possibilità che agenti esteriori inducano un acceleramento od anche un ritardo. Ammessi i dati precedenti e considerata la grande variabilità che presentano le associazioni quanto a struttura, forma e volume degli elementi costituitivi si comprenderà facilmente come il processo di riproduzione per zoospore dovrà ofi"rire talune differenze. Costante- mente però notiamo che le cellule madri delle zoospore sono del tutto identiche a quelle vegetative. 11 numero dei germi prodotti per ogni Fig. 15. 262 STUDI ALGOLOGICI cellula varia da 1 a 32 passando per la serie 2, 4, 8, 12, 16, 24, 32. Molto raro é il caso di un numero maggiore di germi. Essi nascono per reiterata bipartizione che si alterna secondo due o, per lo più, se- condo le tre direzioni dello spazio. Le varianti riflettono le dimensioni dei germi mobili e il loro modo di uscita dalle proprie cellule madri. Del resto una maggiore costanza presenta la loro forma, e soprattutto la struttura loro fonda- mentale. Nelle forme a sviluppo palmellaceo, se la produzione delle zoo- spore comincia assai di buon'ora e prima che le cellule abbiano per via di ripetuta partizione vegetativa successivamente ridotto il proprio volume, le zoospore uguagliano in dimensioni quasi la propria cellula madre; esse non sono che l'immediato prodotto di un processo d'in- novazione cellulare o tutto al più derivano da una semplice ed unica partizione trasversale mediana di detta cellula. La divisione del me- desimo elemento può però continuare ancora per altri gradi, in modo da derivarne dei gruppi di 4, 8, 12, 16 ecc. cellule filiali: così le zoospore da un maximum di diametro longitudinale di 30 a. passano successivamente a quello di 24, 20, 16, 12, 8, 4, 2 micromillimetri. In tali casi, durante la uscita delle zoospore, la gelatina ambiente lentamente si discioglie: cosi pure nello stesso tempo e modo la mem- brana della cellula madre, e a processo finito non resta più alcuna traccia della medesima. Questa maniera di emissione delle zoospore è nota agli autori come caratteristica delle forme descritte coi nomi di Tetraspora, (9) Palmella, Glceocystis e simili. Per le forme a sviluppo meno copioso di integumenti gelatinosi 0 a cellule segregate, variabili sono pure le dimensioni delle zoospore, ma non certo dentro limiti così estesi, potendo esse misurare una lun- ghezza che oscilla fra 8 e 4 micromillimetri; raramente si notano dimensioni maggiori. In tali casi la parete dei zoosporangi si discio- glie da un solo lato, formandosi un'apertura più o meno ampia at- traverso la quale passano i germi. (9) Cfi'. J. Reinke: Veber M (3 nostro ma bnllosum Thr. nnd Tetra- spora lulii'ica Ktz., negli Jahrbi'clt. far iciss. Dotan. di N. Pringsheim Voi. XI. p. 531 e seg., Tab. XXVII. PROTODERMA 263 Le zoospore hanno una forma tipicamente ovale, che può lieve- mente modificarsi in quella ovale -ellissoide o bislunga. Alla parte as- sottigliata, funzionante da rostro, si attaccano due esili ciglia. Al- quanto al disotto a tale regione e un po' lateralmente si nota un piccolo ocello rossigno che i forti ingrandimenti mettono facilmente in rilievo. Il cromatoforo ha la stessa disposizione e la medesima forma che nelle cellule vegetative; distinta è quindi la presenza della nota areola scolorata laterale, cui di faccia risponde un piccolo pire- noide a indumento amilaceo. Presso le zoospore a dimensioni più vi- stose si scorge la traccia di una delicatissima membrana a mo' di tras- parente velo e che resta indifferente all'azione della tintura di jodio e degli altri reattivi jodici. Verso la regione opposta al rostro essa membrana apparisce insensibilmente inspessita e alquanto staccata dal contorno. Nella regione del rostro notasi eguale inspessimento e gli obbiettivi a immersione (10) indicano in quel punto la presenza di due esigue perforazioni che servono di passaggio alle ciglia. La mem- brana quindi avrebbe l'apparenza di un tenuissimo inviluppo gelati- noso che si adagia sul contorno della zoospora senza staccarsene gran fatto com'è il caso delle cellule mobili di molte Volvocinee. Le stesse zoospore danno l'occasione di rilevare la presenza di un sistema di vacuolo pulsanti che dovrebbe essere assai complicato, e di cui, stante le numerose difficoltà incontrate non ho potuto completamente met- tere in evidenza ogni minuta particolarità. A quanto pare, esiste un ampio serbatoio acquifero centrale, di cui i contorni circolari, non su- biscono alcuna variazione di posizione. Un po' al disotto del medesimo veggonsi due vacuole poste in posizione obbliqua; l'una più avvici- nata al contorno di detto serbatojo, da cui rimane separata per mezzo di un tenue setto; l'altra alquanto discosta e collocata in prossimità del rostro e della suddetta vacuola. Le due vacuole cambiano conti- nuamente di volume; crescendo, confluiscono insieme in unica, la quale poi sembra scomparire tosto, confondendosi col serbatojo centrale. Mentre ciò avviene, comincia a comparii'e la vacuola inferiore; indi la seconda più vicina al serbatojo. Cosi il fenomeno descritto si ripete di (10) All'uopo mi son giovato dell'obbiettivo apocromatico della casa Zeiss di Jena, ad immersione omogenea 2,0 mm. e ap. uum. 1,30.' 264 STUDI ALGOLOGICI . sx-xxiv nuovo. Riferendoci alle descri/ioni date dal Klebs (11) relative al si- stema delle vacuole pulsanti delle Euglene, avremmo nel caso nostro una maggiore semplificazione del sistema stesso: le vacuole pulsanti di terz' ordine che, in parecchie, presso questi organismi formano una sorta di corona intorno all'unica vacuola di second' ordine, sa- rebbero, nelle zoospore di Proioderma, ridotte ad unica. Sarebbe uti- lissimo che studi ulteriori chiarissero meglio queste rassomiglianze, mentre troppo scarse sono le odierne nostre conoscenze sulla intima struttura delle zoospore. Seguendo lo sviluppo delle zoospore pervenute in istato di riposo, abbiamo due casi da distinguere: nell'uno i germi ci si rivelano in maniera assoluta impotenti a ripristinare direttamente nuove gene- razioni di frondi del tipo normale di Pro/oc?erma, nell'altro essi mo- strano una certa tendenza a ricondurre l'organismo alle condizioni ori- ginarie. Quest'ultima condizione, per quanto formi piuttosto una ecce- zione alla regola generale, ha un significato ben importante: è la e.'-pressione di un incipiente difl'erenziamento fisiologico acquisito dai germi allo scopo di provvedere alla conservazione degli individui per via sessuale. Fig. 15-17. Riferendoci per ora al primo caso, dirò che in tutte le mie col- ture, possibilmente pure, di sole zoospore, i germi si sono sviluppati in nuovi elementi di tipo protococcaceo o di Palmella derivandone Kg. 28-29. immediatamente nuove associazioni simili alle precedenti. Le coltiva- zioni di zoospore di seconda generazione confermano il medesimo ri- sultato. Ho potuto estendere le mie indagini fino a colonie di terza generazione raccogliendo ed isolando i relativi germi e sottoponendoli a coltura su fi^ammenti di pietra di Siracusa, sopra uno strato di ar- gilla fresca e dentro gocciole d' acqua previamente sterilizzata. La osservazione dei fatti rilevati dà il seguente risultato : A misura che aumenta il numero delle generazioni delle zoospore, scema negli individui la facoltà di svolgersi in via vegetativa per sem- plice bipartizione; le colonie divengono sempre più piccole ed infine, dalla germinazione delle zoospore di ultima generazione prendono di- lli) G. Klebs : Ucber die Gryaiihctinn ciuiger Flagellaten-Gruppen etc. nelle Vnters. aìix (lem hot.Insf. cw Tiibiiìijen I, pag. 246. PROTODERMA 265 rettamente origine nuovi elementi zoosporiferi. Così tende ad essere interamente soppressa la fase vegetativa nel modo come vedemmo a proposito dello sviluppo dei conidi protococciformi di Prasiola. Cotesto affievolimento della potenza incrementale degli individui si accentua maggiormente col divenire gli elementi sempre più piccoli; e nono- stante le esigue dimensioni essi svolgonsi immediatamente in zoospo- re. Ogni cellula dà origine allora a 2, a 4, di rado a 8 germi mobili ; qualche volta tutto il contenuto si organizza in unica zoospora. Istruttivi sono a questo proposito i casi di sviluppo delle forme .spettanti al tipo di Palmella. Ivi le zoospore, appena pervenute allo stato di riposo, si coprono di un ampio inviluppo gelatinoso, traspa- rente, dentro il quale, dalla divisione del corpo del germe stesso, pren- dono origine dei gruppi di 2 o 4 elementi, di rado 8 o più e questi immediatamente assumono i caratteri di zoospore. Si scioglie allora parzialmente il comune integumento e le zoospore si disperdono nel- r acqua. Poscia esse tornano a germinare nella maniera precedente ; ne nascono però dei gruppi di sole due cellule; molto frequenti sono invece delle cellule isolate che, cinte dal caratteristico integumento, si trasformano subito in unica zoospora. Rare sono le associazioni di 4 cellule soltanto. Cotesto associazioni di pochi elementi raccolti in un comune inviluppo di gelatina più o meno consistente, acquistano inte- ramente ì caratteri delle note specie di Nephrocytium nei casi in cui gli elementi stessi presentano una forma bislunga più o meno depressa da un lato. Io credo sicuro siffatto ravvicinamento, tanto più che lo alternarsi dello sviluppo per zoospore con quello vegetativo per sem- plice bipartizione è confermato dalle osservazioni di Archer (12). Le ricerche del Sig. Dangeard (13) sullo svolgimento del Nephrocytium (12) CIV. De Toni, Sylloge, I, pag. 662. (13) P. A. Dangeard: Recherches sur les Algues inférieures, uegli Ann. d. Se. nat. (Bot.) VII Sér. Voi. VII, pag. 159, PI. .YII, flg. 49-50. Oltre allo essere incomplete le ricerche del Sig. Dangeard, non contengono niente di nuovo. L'A. si diffonde in dettagli di nessun valore relativi all'incremento vegetativo delle colonie. Egli cita l'opera di Nàgeli la quale certamente include pregevolissime notizie su quell'alga e delle ligure molto precise. Il Nàgeli (Gatt. eins. p. 79, Tab. Ili C) attribuisce la formazione delle caratteristiche colonie di JV. Acjardhianwn ad un processo di bipartizione cellulare che si compie A. BoBzU studi Algologici 35 266 STUDI ALGOLOGICI Agardhianum sono del tutto imperfette. Debbo insistere su tale iden- tità facendo rilevare come a torto il Nàgeli abbia attribuito alle colonie di quest' Alga un accrescimento per divisioni che si seguitano secondo una medesima direzione dello spazio. Se così fosse, le cellule per pi- gliare quella caratteristica disposizione a gruppi ellissoidi dovrebbero subire un certo dislocamento. Il che facilmente avviene essendo, come si disse, gli elementi soggetti a disuguale accrescimento e questo li- mitato da un solo lato e ai due poli opposti in modo che l'elemento stesso è costretto a incurvarsi lievemente dando luogo ad un leggiero spostamento verso una parte. Tuttavia l'ampliamento successivo di co- Ionie di 2, 4, 16 cellule dimostra che i piani di scissione delle cel- lule si dispongono secondo due direzioni alterne, passando sempre per secondo una sola direzione dello spazio e soltanto per un lento dislocameuto gli elementi si distribuiscono in gruppi ellissoidi. Le ricerche del Dangeard lasciano impregiudicata tale questione. Egli ci enumera i diversi giorni della settimana nei quali si era compita sotto i suoi occhi la divisione di questa e di quell'altra cellula di una data colonia. Né meno superficiali sono le notizie relative alla costituzione degli elementi. Tutto ciò che apprendiamo dal lavoro del sig. Dangeard, è che le cellule hanno un protoplasma « très granuleux et beaucoup d'amidon en granules » e che esiste al centro di esse una sorta di corpuscolo sferico per lui di natura dubbia. Trentasette anni prima che il sig. Dangeard esponesse i risultati delle sue ricerche sul Nephroctjlium Agardhianum, il Nàgeli scriveva intorno al con- tenuto cellulare di quest' .\lga: «der Inhalt der jiingern Zellen ist homogen > und schwacli gelbgrun, nachher ist derselbe intensiver grùn, zuletzt dun- »kelgruu und kornig; die Korner sind Amylon,Jod fàrbt den Inhalt dunkel- »blau. An den convexen Seite der Zelle liegt ein Chlorophyllblasehen, an der » concaven Seite ein farbloser Ranni; beide sind nur zu sehen, so lange der » Inhalt homogen bleibt, und werden unsichtbar, sobald die Amylumkornchen »auftreten; zuerst verschwindet der hohle Raum. ». Dopo ciò è inutile ogni comento; dirò solo che è singolare il fatto come mentre il sig. Dangeard da uua parte indica le cellule di Nephrocytium come «oblongues róniformes » dall'altra le fig. 49-50 del suo lavoro non riproducono fedelmente questo ca- rattere che è pur di tanta importanza per distinguere la forma di cui par- liamo: si direbbe che l'A. abbia esaminato una cosa ben differente dal detto Nephrocytmm Agardhianum e ci manca ogni indizio per giudicare del valore della sua comunicazione contenendo essa vaghe e superficiali indicazioni. PROTODERMA •267 l'asse maggiore, longitudinale, dei singoli elementi; e ciò contraria- tav. xxiv. mente all'opinione del Nagel i (14). IV. A proposito dello svolgimento agamico del Protoderma viride ^'k- ^s. debbo ricordare una seconda forma di organi di riproduzione singo- larissimi per struttura e che, per quanto io sappia, non sono ancora stati osservati in altre Alghe e che chiameremo asteroconidi. Essi sono delle cellule aventi una parete relativamente esile, trasparente e un contorno non perfettamente circolare, piuttosto subquadrangolare, ma ad angoli molto ottusi. Hanno la stessa struttura delle cellule vegeta- tive; misurano un diametro di 6-8 a. Si scorgono costantemente isolati e del tutto circonfusi dalla massa acquea; accennano a essere dotati di un lentissimo moto di translazione in ogni direzione. Ho rivolto lunga- mente la mia attenzione a simili produzioni di cui, per quanto io sap- pia, non esiste alcun riscontro in altri gruppi di alghe. Il moto non è certo di carattere ameboide, poiché il corpo semo- vente manca di qualsiasi appoggio solido, né è seguito da deformazio- ni. Nemmeno trattasi di movimento d'indole molecolare per via della forma colla quale esplicasi. Lento ma distinto, esso non può parago- narsi col moto delle zoospore per la regolarità con cui manifestasi. Durante la translazione il corpo non subisce rivoluzioni o torsioni intorno al proprio asse, ma tranquillamente ed egualmente si protrae in ogni verso finché non vi si frappongono degli ostacoli. Tutti gli espedienti microchimici impiegati all' uopo di assicurarmi con quali mezzi compiasi la locomozione, sono riusciti poco soddisfacenti. L'acido picrico solforato, la soluzione dell' acido osmico danno risultamenti negativi, e tanto più l'alcool, la tintura di jodio, ecc. In pochi casi coir impiego di una soluzione assai allungata di cloruro aurico mi occorreva di notare le traccio di esilissimi filamenti jalini estrema- mente lunghi e posti tutti all' intorno delle dette cellule e formanti una sorta di aureola. Il reattivo permetteva di scorgere soltanto le regioni inferiori di sifi'atte appendici, non così le estreme terminazioni (14) Vedi la nota precedente. 268 STUDI ALGOLOGICI non ostante che l'osservazione venisse fatta con obbiettivi apocroma- tici a immersione omogenea. Tuttavia è possibile la congettura che detti filamenti sieno di una notevole estensione ed estremamente at- tenuati agli apici considerando la maniera come tali cellule si compor- tano verso altri corpi eventualmente moventisi in vicinanza di esse. Questa particolarità è di un grandissimo valore. Anzitutto è da notare che se una cellula di cui è parola, nel tejnpo che si muove, trovasi in prossimità di un ostacolo, prima che il suo corpo vi giunga in contatto subisce una brusca scossa sussultoria come se fra il medesimo e il detto ostacolo si interponesse qualcosa di dipendenza dalia cellula stessa, ma incapace per la sua consistenza e per il colorito ad esser distinta dal nostro occhio. La stessa scossa ha luogo quando a una certa distanza dal corpo cellulare si muova un infusorio o meglio il filo di qualche Oscillarla. Cotesta distanza è relativamente notevole poiché importa una lunghezza 8-10 volte maggiore del diametro della cellula. Da ciò siamo indotti a credere che all'intorno degli elementi di cui è parola, esista una corona di sottilissimi e trasparenti fili, o piut- tosto un'ampia aureola di una materia estremamente trasparente. Forse trattasi di una disposizione intesa a equilibrare il peso specifico di questa stessa forma di elementi riproduttori in modo da potersi diffondere al disotto del livello dell'acqua in quelle regioni ove il mezzo non subisce alcuna perturbazione per influenze esteriori. Nessun dubbio rimane intorno alle relazioni genetiche di tal for- ma di conidi coir Alga di cui ci occupiamo. La perfetta identità di costituzione del contenuto cellulare ci darebbe qualche indizio di tali rapporti. La diretta osservazione conferma poi pienamente il fatto che detti organi prendano immediata origine da associazioni del tipo palmellaceo. Ho potuto al microscopio seguire le particolarità del pro- cesso di formazione, il quale compiesi in una maniera aS'atto sem- plice. 11 contenuto degli elementi destinati a trasformarsi in astero- conidi si contrae debolmente, tende a staccarsi dalle pareti ; indi len- tamente si sposta verso un lato mentre la membrana cellulare par- zialmente si discioglie; cosi pure contemporaneamente diffluisce la gelatina ambiente. Cosi le masse conidiali vengono messe in libertà e si disperdono alla superficie dell'acqua. PROTODERMA 269 Coltivati dentro gocciole sospese alla faccia inferiore di un copri- oggetti gli asteroconidi germinano prontamente seguendo due vie. Gli uni, perdute le appendici jaline del contorno, si trasformano in gruppi tetradici di elementi sferoidi, i quali restano immersi dentro un comune inviluppo di amorfa gelatina. Non ho potuto seguire 1' ul- Fig. 37. tenore sviluppo di tali germi; ma è probabile che dette associazioni sieno i piimi stadi di evoluzione di colonie piij estese del tipo di Palmella. Gli altri conidi, senza subire alcuna divisione, pigliano una forma sferoide, ellittica od ovale: la membrana s'inspessisce, diviene Fig. 36. distinta e scorgesi cinta da un numero variabile di appendici acicu- lari esilissime. Elementi siffatti, ritenuti da me in origine come ci- stidi, sono il punto di partenza di una serie di ben importanti trasfor- mazioni legate a particolari condizioni di nutrizione o dell'ambiente e delle quali ci occuperemo minutamente più tardi. Una seconda forma di svolgimento dei talli disciformi di P. vi- ride è quella diretta per zoospore; però essa non rappresenta una condizione indispensabile per la esistenza degli individui. Ho notato infatti non di rado compiersi lo sviluppo delle frondi e.sclusiyamente per dissoluzione degli elementi costitutivi dei fili nella maniera dianzi descritta. Ambo i modi di moltiplicazione peraltro sovente si associano € vengono attuati nel medesimo tempo; sicché mentre alcuni articoli, affatto immutati, rivestono i caratteri di zoosporangi, altri mostrano d'isolarsi assumendo un contorno circolare. Alle volte questi ultimi immediatamente si svolgono in zoospore e ciò anche prima che av- venga il completo loro isolamento, dando cosi luogo alla genesi di una seconda forma di zoosporangi che dagli altri si distinguono per la forma sferoidale e le dimensioni maggiori. Questi casi potrebbero benissimo giustificare la distinzione delle cellule madri delle zoospore in macro- e microzoosporangi. Dalle prime infatti, che in nessuna guisa si diversificano dagli articoli vegetativi normali, prendono origine una o due zoospore solamente alquanto piiì grandi di quelle prodotte all'interno degli altri zoosporangi. In questi ultimi il numero dei germi generati è ordinariamente mag- 270 STUDI ALGOLOGICI giore. Nulla toglie di verosimile alle nostre deduzioni il considerare i microzoosporangi come elementi capaci di isolarsi dalla fronda e rinnovarsi indipendentemente e indefinitamente col concorso del pro- prio prodotto 0 per via di scissiparità. La fase protococcoidea sopra descritta sarebbe perciò rappresentata da una serie infinita di gene- razioni di elementi zoosporiferi e, secondo quello che si dirà, essi germi dovrebbero o potrebbero condizionatamente assumere l'ufficio sessuale. Tale interpretazione ravvicina maggiormente 1' Alga di cui parliamo, alle Ulotrichiacee dove, come è noto, le raacrozoospore adempiono soltanto la funzione di riproduzione agamica, mentre per lo svolgi- mento sessuale si rendono necessarie le microzoospore, alle quali non manca però la facoltà di svolgersi e rinnovarsi senza il concorso di un atto copulativo. Accettando la proposta distinzione dei germi mobili del Proto- dertna viride in macro- e microzoospore, non possiamo in maniera assoluta fondarci sulle differenze di volume che i germi stessi pre- sentano, dappoiché, come vedemmo, parecchi casi ci sono noti (p. e. presso le associazioni del tipo di Palmella) dove le zoospore rive- stono delle dimensioni ragguardevoli senza però assumere l'ufficio di rigenerare direttamente nuovi talli frcndiformi. Epperò come criterio differenziale potranno valere coteste attitudini diverse fisiologiche. Tuttavia è da notare che anche siffatta restrizione tende a mancare talvolta di valore assoluto, poiché, come poi diremo, i germi mobili, provenienti da forme a sviluppo protococcoideo, accennano in qualche caso a dar luogo alla formazione di filamenti. Questa tendenza é già indizio di una differenziazione sessuale in grado incipiente, sicché le così dette microzoospore condizionatamente acquistano la funzione di prov- vedere alla moltiplicazione sessuale dell'Alga; perciò resterebbe sem- pre dal lato funzionale giustificata la distinzione dei germi mobili di Pì^oioderìna in macrozoospore e microzoospore. Nulla di notevole presenta la formazione delle macrozoospore. D' ordinario esse nascono all' interno degli articoli appartenenti alle regioni interne, centrali, delle frondi, giammai in quelli periferici. Per ogni cellula se ne formano 1 o 2, come si disse, e vengono messe in libertà per dissoluzione parziale della parete della cellula madre. Ne deriva verso la parte superiore di questa un'apertura cir- PROTODERMA 271 colare per cui passano tosto i germi. Non ho potuto accertarmi del- l' esistenza d' un sacco gelatinoso involgente le nascenti zoospore. E.saminate libere, le macrozoospore appariscono perfettamente or- ganizzate come le microzoospore dianzi descritte e misurano un dia- metro longitudinale di 6 a 8 y..; po.ssiedono 2 ciglia, ed un esiguo ocello rossiccio laterale. Si nota un piccolo cromatoforo della forma ordinaria provvisto di pirenoide. Lo sviluppo di nuove frondi iniziali tanto col concorso di macro- zoospore che di microzoospore segue secondo norme costanti e regolari. L'elemento iniziale prende insensibilmente una forma sferica al- quanto depressa e raggiunta una certa grandezza, si divide trasver- salmente. I due segmenti si accrescono tosto e tendono a poco a poco a divenire oblunghi restando momentaneamente accostati in direzione parallela od appena divergenti l'uno rispetto all'altro. Poi tornano a spartirsi con un setto mediano nella direzione perpendicolare alla maggiore lunghezza. I quattro elementi derivati rappresentano i pri- mi accenni di altrettanti filamenti, i quali si accrescono indipendente- mente restando avvicinati tra di loro in un punto di comune che rispon- de al centro della futura fronda. L'accrescimento segue subito secondo due opposte direzioni ed essendo i quattro segmenti iniziali situati a croce, ciascun fìlauiento è costretto a piegarsi ed incurvarsi pigliando una posizione divergente dal centro, o meglio, ciascun giovine filo si foggia a F e si dispongono tutti in modo che i vertici coincidano col centro e l'apertura guardi la periferia della nascente fronda. In- tanto si manifesta una nuova bipartizione mediana trasversale e così il giovine tallo vedesi tosto costituito da 4 coppie fondamentali di filamenti in via di rapido allungamento e che divergono l'una dal- l'altra quasi ad angolo retto. Seguitando l'accrescimento, nascono varie generazioni di ramuli laterali. Essendo i piani di scissione re- golarmente alterne secondo due sole direzioni, la fronda continua a svolgersi ad ampliarsi sopra un medesimo piano. Le nuove e succes- sive ramificazioni costituiscono una regolarissima dicotomia; ma però i diff'erenti ordini di rami si dispongono verso un solo lato, quello, cioè, spettante alla concavità del V iniziale, in modo che detto spazio a poco a poco rimane occupato dalle varie generazioni di ramuli ed in ultimo il tallo completa la sua forma orbicolare. 272 STUDI ALGOLOGICI Lo esame di un grande numero di frondi di differenti età e in vario stato di sviluppo e d' incremento dimostra la possibilità di al- cune eccezioni a siffatta regola. Del resto trattasi di varianti di un valore insignificantissimo e delle quali non merita la pena occuparsi. Si comprende poi come le norme indicate non hanno un significato del tutto generale e come in frondi molto estese in superficie la strut- tura fondamentale possa presentare qua e là una certa irregolarità mancando ogni indizio per poter dedurre come esse frondi si siano in origine costituite. VI. Sin dai primi tentativi di coltura notavo presso alcune micro- zoospore, già pervenute allo stato di riposo, la tendenza a svolgersi in brevi fili e quindi, dopo avvenute poche divisioni, a dar luogo a incipienti frondi. Eguali accenni di nascenti talli sono stati frequen- temente osservati dentro acquari destinati a coltivazioni pure di for- me a sviluppo protococcoideo. Durante le lunghe e varie ricerche sul- l'alga di cui parlasi, riuscivo a convincermi che tali forme non fossero suscettive di ulteriore svolgimento. Qualche volta mi accadde di no- tare come lo sviluppo immediatamente si arrestasse alla produzione di ramuli di 2° ordine, che rimanevano costituiti da un solo articolo, il quale ben tosto, cresciuto di volume, preso un contorno circolare, assumeva i caratteri di zoosporangio. Dopo varie prove infruttuose di coltura nella primavera del 1889 casualmente mi veniva fatto di osservare delle microzoospore in va- ri stadi di copulazione . Esse provenivano da colonie del tipo di Palmella ad elementi molto voluminosi e di forma globosa. Da ogni cellula, per reiterate e rapide bipartizioni subite, si era costituito un denso cumulo formato da circa una ventina di germi mobili, verosi- milmente 32. Divenuti liberi per dissoluzione della gelatina ambiente, i medesimi germi venivano a due a due in contatto per le estremità rostrali e poscia interamente cupulati, prendevano origine delle zigo- spore. Tali osservazioni provano che il Protoderma è suscettivo di svi- luppo sessuale. Agenti ne sono le stesse microzoospore, naturalmente PROTODERMA ■Ciò impotenti a ricondurre direttamente l'organismo alla forma originaria senza l'intermediario di un atto copulativo. E di fatti, come prodotto della germinazione delle zigospore, otteniamo costantemente dei talli normali. Le colture allo stato puro poi porgono evidente conferma del fatto che, mancando la copulazione, i germi danno origine a frondi rudimentali o restano allo stato di elementi protococcoidei. E certa- mente di non lieve interesse l' osservare, come i germi sessuati, mor- fologicamente considerati, non differiscano dalle microzoospore. Però si nota che la facoltà di copularsi possiedono solamente quelle microzoospo- re che provengono da una eccessiva bipartizione delle corrispondenti cel- lule madri; in conseguenza il corpo di esse offre delle esigue dimen- sioni. Potremmo quindi tale carattere considerarlo come in qualche guisa distintivo morfologico delle zoogamete, ma certo non in maniera as- soluta. Meglio conviene il dire che un atto copulativo interviene nel- la vita dell'Alga, di cui ci occupiamo, ad un'epoca quando l'accre- scimento vegetativo si è spinto oltre ad un limite di massimo indicato dalla sempre crescente diminuzione di volume delle varie genera- zioni di elementi. Ammesso ciò, è facile il comprendere come la fase sessuale rappresenti il complemento del normale ciclo d'esistenza del- l' organismo. VII. Poco mi resta da dire dei mezzi intesi ad assicurare la conser- vazione degli individui sottoposti a condizioni sfavorevoli di sviluppo. A tale scopo giovano le cistidi. Esse sono delle cellule vegetative isolate provenienti dallo stadio protococcoideo, a sviluppo sospeso e cinte da una consistente membra- na. Secondo che detti elementi derivano da colonie del tipo di Pal- mella 0 di Proiococcus, la parete offre lievi differenze di spessore. Del resto il contenuto cellulare abbonda di materia oleosa : le gocciole si presentano ora piccole, fitte e regolarmente distribuite; ora notansi poche gocciole di varia dimensione- Qualche volta la sostanza oleosa assume una tinta rossastra, specialmente nel caso in cui le cistidi si son trovate esposte a forte insolazione ; allora tutte le gocciole con- fluiscono in unica o poche di maggiori dimensioni. A. BOEZI, Studi Algologici 36 274 STUDI ALGOLOGICI Nelle forme del tipo di Nep/woci/iium le cistidi lianiid uua forma ovale od ellissoide a parete spesso alquanto finamente stratificata. In tutti i casi la parete cellulare ofi're le proprietà di una con- sistente gelatina che resta quasi indifferente all'azione dei reattivi jodici, mentre si colora coli' impiego del verde di metile. Durante la germinazione la parete si distende, diffluisce lentamen- te, si rendono visibili le stratificazioni concentriche e ne deriva un inviluppo gelatinoso più o meno ampio secondo lo spessore iniziale della membrana, mentre il contenuto si organizza in elementi vege- tativi od in microzoospore. Nel corso della germinazione la provvi- gione di materia oleosa lentamente viene consumata, oppure soltanto una parte di essa; la scomparsa totale avviene durante le successive fasi di svolgimento, a misura che nuove generazioni di elementi ve- getativi 0 di microzoospore si ripetono. Vili, Lo sviluppo descritto si compie in condizioni ambienti le più fa- vorevoli, vale a dire, in seno ad un mezzo acqueo, ben aerato e ricco di principii minerali. Nei miei acquari l'acqua veniva rinnovata per continuato afflusso di una corrente che proveniva da ampio serbatojo collocato al di fuori del laboratorio. Dei particolari espedienti adope- rati per mantenere scevre le colture o almeno in gran parte lontane da estranea vegetazione, sarà detto altrove. Per ora mi basta notare che abbandonando a se stesse le colture in modo da rendere possi- bile il sopravvento o uno sviluppo poderoso di germi organici, den- tro gli acquari, specie di Bacteri, lo svolgimento si allontana dalle vie normali dando luogo a una successione di forme di cui vanno ram- mentate alcune. Ho descritto a pag. 267 degli elementi riproduttivi dotati di un lentissimo moto di traslazione in seno alla massa acquea ambiente, cioè degli asteroconidi. Si disse come detti corpi fossero provvisti di un' ampia aureola di esilissimi ed indistinti fili e fu osservato come dalle dette cellule provenissero associazioni protococcoidee, oppure dei cor- pi unicellulari a parete rivestita da una corona di validi aculei. Que- st'ultimo caso ha luogo in via eccezionale e par che esiga il favore PROTODERMA ^'O di particolari condizioni organiche ambienti. Detti elementi si depon- gono nel fondo degli acquari restando dispersi e coinvolti fra la massa di svariate forme di schizomiceti. Esse pigliano una forma ellissoide od ovale; la parete è distinta se non spessa; il contenuto offre le stesse condizioni di struttura degli elementi normali di Protoderma. Gli aculei sono frequenti, ispessiti alla base, si stendono diritti e sem- pre più assottigliandosi in modo che l' estremo apice rendesi invisibile senza l'aiuto dei reagenti e specialmente del verde di metile. In tale stato siffatte cellule acquistano i caratteri di un'alga descritta dagli algologi forse col nome di Trochiscia aciculifera Hansg. (15). Io credo molto probabile siffatto ravvicinamento tanto più che questa come le altre forme riferite al detto genere lasciano molti dubbi cir- ca al loro valore sistematico. Lasciando per ora impregiudicata tale quistione noterò solo come dette cellule sieno capaci di sviluppo im- mediato per via di scissiparità; in tal modo nascono delle generazioni di 2 0 4 elementi identici a quelli iniziali. La divisione ha luogo me- diante un piano obbliquo e secondo una o solo due direzioni delio spazio ; mentre le cellule filiali acquistano i caratteri della cellula ma- terna, la parete di questa interamente si gelatinifica e scompare. Osservando un grande numero di individui appartenenti alle di- verse generazioni, si nota che la accennata identità non è completa per quello che spetta al numero ed alla distribuzione degli aculei. Difatti presso alcune cellule si contano fino a 15 appendici aculei- formi tutte all' ingiro in sol piano; in altre se ne distingue un mini- mo di 7, 0 5 eccezionalmente. Alle volte tali produzioni veggonsi si- tuate ad eguali distanze, talora invece esse occupano le regioni polari lasciando scoperta la parte equatoriale. Quest'ultime forme rispondono esattamente a quelle descritte e figurate dal Lagerheim (16) col nome di Oocystis ciliata e di Oocystis ciliata, ,3 amphitricha (IT). I saggi (15) Le cellule di quest'Alga sono descritte e figurate dal Reiusch (Ber. d. deutsch. hot. Ges. IV, fase. 6) come « subglobosis»; però il De Toni {Syll. I, 695) soggiunge clie possono essere anche « ovatfe » . (16) G. Lagerheim: Bidrag UH Ednnedomen om Stockhobnstraktens Pe- diastréer, Protococeacéer och Palmellacéer , Stockholm. 1882, Tab. Ili, tig. 33-37. (17) idem. Bidrag UH sveriges Alg/lora, Stockholm, 1883, tab. 2.5-26. 276 STUDI ALGO LOGICI di quest'ultima alga distribuiti sotto il n. 724 nella collezione dei sigg. Wittrock e Nordstedt, non lasciano alcun dubbio su tale identità. Ammesse tale transizioni, le due forme descritte rappresentano la stessa cosa e si rimane indecisi se indicarle col nome di Trochiscia oppure con quello di Oocyslis. Per noi questo è indifferente. Mi piace però il rilevare che se l'alga del signor Lagerheim fosse davvero un' Ooct/sits, dovrebbero le sue cellule offrire per caratteristica fondamen- tale parecchi o pochi cromatofori disciformi provvisti di un pirenoide nudo (18) com'è il caso deìV Ooci/siis Naegeln A. Br. ; il che non si osserva giammai neìV Ooci/stis ciliata e nella sua varietà. Nei miei acquari le forme descritte non si sono conservate a lungo ; però continuando le colture nelle medesime condizioni di prima, qual- che mese dopo il fondo del recipiente compariva ricoperto da uno strato densissimo di materia intensamente colorata in verde e che il microscopio chiariva formata da enorme copia di colonie di Scene- desmus quadricaudu Turp. associate a sparsi elementi protococcoi- dei di Proioderma viride. Per parecchi giorni la mia attenzione veniva rivolta agli ele- menti di Scenedesinus, alla loro struttura e ad alcune notevoli va- rianti che essi offrivano. Il risultato di tali indagini è il seguente. 1) Le cellule di Scenedesmus possiedono un cromatoforo che a mo' di ampia placca parietale cinge quasi interamente la cavità delle cellule stesse. Esso è provvisto nel suo centro di un distinto pirenoide a indumento amilaceo. In tutta la superfìcie il cromatoforo stesso è suscettivo di generare dei minuti granuli d'amido onde l'intiero con- tenuto piglia un aspetto granelloso. Tali caratteri completamente rispondono a quelli che sono parti- (18) Il genere OoajsUs, prendendovi come tipo la 0. Ndgeìii, è forse uno fra i poclii, delle Protococcoidali, meno sospetti. Ho avuto l'occasione di stu- diare fugacemente lo sviluppo di quest' ultima specie. Di notevole evvi uno stadio protococcoideo di cui gli elemeuti si moltiplicano vegetativamente e per zoospore. I cromatofori sono forniti di un pirenoide nudo che si scorge a prima vista difficilmente tanto che lo Sclimitz {Die Chroinatophoren der Algeri, p, 41) annovera quest'alga tra quelle a cromatofori senza pirenoidi. È agevole assicurarsi dell'errore ricorrendo ad una soluzione alcoolica di acido picrico. PROTODERMA -'77 colati alla struttura degli elementi protococcoidei di Pt^otoderma vi- ride e della sedicente Trochischia aciculifera od OocysHs ciliata. 2) La forma delle cellule di Scencdesmus è tipicamente quella ovale od ellissoide: per le pressioni subite nel senso longitudinale le pareti di comune contatto hanno assunto un percorso rettilineo; di sposizione certamente dovuta alla particolare maniera d'origine degli elementi filiali. 3) Le appendici aculeiformi presentano una estrema variabilità tanto per numero e per distribuzione, quanto per lunghezza e tenuità. Frequenti sono gli individui forniti di 4 lunghi aculei limitati alle due cellule esterne nella maniera come è stata generalmente figurata « descritta questa specie e a cui essa deve il suo nome. Accanto a tale forme se ne rinvengono di quelle dove gli aculei si presentano o isolati 0 a coppie su tutti quanti gli elementi della coionia. Una serie di varietà dello Scenedesmus quadricauda Brèb. sono state de- scritte dagli Autori (19) prendendo a base sifi'atte e ancora altre va- rianti e che io posso assicurare di aver tutte rinvenute nelle mie ■colture. Esse offrivano sovente i più variati stadi di transizione dal- l'una all'altra forma. E superfluo dare una minuta descrizione. I casi più cospicui sono stati rappresentati nella fig. 39-40 della Tav. XXIV. Degne di nota sono quelle forme ad aculei ridotti a mo' di corte pro- minenze 0 dentini i quali s'inseriscono a coppie sui poli opposti di -ogni cellula. Il signor Lagerheim (20) ha descritto e figurata sotto il nome specifico di Scenedesmus denticulatus una forma identica a questa da me osservata. Lo stesso egregio Algologo ha pure dato la diagnosi descrittiva e rappresentata come specie distinta sotto il nome di S. Hystrix (21) un'altra forma ad aculei brevi e frequenti e che somiglia moltissimo a quella forma da me riportata nella tavola XXIV alla fig. 40. Forse anche meglio quest'ultima forma risponde a quella figurata e descritta dal Reinsch (22) col nome di Scen. acu- leolatus. (19) Cfr. De Toni Syll. Alg. I, p. 566. (20) G. Lagerheim, Bìdrag. (ili. Kànnedomen otn etc. p. 61, tab. II, lìg. 13-17. (2!) L. e. p. 62, Tab. II, lìg. 18. (22) P. Reinsch: Conti-, ad Alg. Cap. B. S. nel Linn. Journ. Voi. XVI, p. 238, Tab. VI, lìg. 1-2. 278 STUDI ALGOLOGICI Nel complesso tutte queste particolarità ci fanno pensare alla pos- sibilità che lo Se. quaclricav.da, con tutte le sue forme, rappresenti una nuova condizione di sviluppo della pretesa Oocijstis ciliata cui gli elementi sono identici per intima struttura e che, come presso quella forma, essi mostrano costante la tendenza alla produzione di appendici aculeiformi. Perchè tale somiglianza divenisse perfetta, bi- sognerebbe ammettere che il processo moltiplicativo delle cellule su- bisse qualche modificazione, non tanto circa alla direzione dei piani di scissione, quanto nel tempo in cui il processo si compie. Io credo perciò, confortato dalla osservazione diretta di taluni, per quanto rari, casi, di potere affermare che le associazioni tetradiche Scenedesmus procedano geneticamente dagli individui della descritta Oocystia : la struttura fondamentale non ne differisce gran fatto e noi vedemmo pure come tanto per la forma degli elementi, quanto per la distribu- zione e per il numero delle appendici aculeiformi, evvi in ambo le forme una completa corrispondenza. Anche nella Oocijslis ditata la divisione del contenuto ha luogo per bipartizione : ne nascono 2, o 4 elementi filiali che resterebbero distribuiti sopra una stessa superficie se non esistesse in essi la tendenza a isolarsi pigliando un contorno tondeggiante. In ciò solo può rinvenirsi una differenza capitale tra le forme di cui discorriamo ; la quale circostanza è peraltro di cosi lieve momento dal punto di vista morfologico che senza altro ci permette anche in via induttiva di concludere che esiste una completa relazione genetica tra gli individui isolati di Oocystis e quelli associati in gruppi tetradici di Scenedesmus. Del resto a confermare pienamente questo giudizio occorre rivol- gere la nostra attenzione alle ulteriori trasformazioni che quest'ultima forma subisce al variare delle condizioni di coltura. I recipienti dentro i quali si notavano le descritte forme, sono stati per circa tre mesi conservati nelle medesime condizioni di prima, e riparati solamente dalla polvere per mezzo di una lastra di vetro; di tanto in tanto veniva aggiunta un po' d'acqua per preservare dal dis- seccamento le colonie dell'alga giacenti sulle pareti intanto che il li- vello del liquido s'abbassava per la seguita evaporazione. Non ostante le sfavorevoli condizioni di aeramento ed il copioso sviluppo di varie forme di Bacteri e di Flagellati la vegetazione si è conservata rigo- PROTODERMA 279 gliosa senza che nulla accennasse a ulteriori trasformazioni, restando così in apparenza giustificata la comune opinione che lo sviluppo di questa forma di Cloroficea non si allontana dagli angusti confini di un processo di semplice moltiplicazione vegetativa. Io sono fermamente convinto che casi simili di svolgimento in organismi così semplici non sieno possibili, l'estando sempre da ricercarsi una fase veramente mol- tiplicativa, mentre quella che si conosce presso gli Scenedesmus è sol- tanto un processo di bipartizione cellulare. È il caso identico delle Frastola di cui ci siamo già estesamente occupati, come degli Sticho- coccus, dei Raphidiutn e di forme simili. Non sarà mai superfluo lo insistere su questo principio, che, secondo me, è la base della dottrina del polimorfismo delle alghe verdi (e anche di altre Tallofite inferiori, p. e. Schizofiti), il principio, vale a dire, che talune fasi di svolgimen- to, date particolari condizioni ambienti, sono suscettive di perpetuarsi e conservarsi indefinitamente per via agamica o per semplice processo di scissiparità. Con una certa sicurezza si può affermare che un am- biente povero di principii minerali o esauriti per qualsivoglia ragione chimica, ricco perciò di materie organiche, è un ostacolo alla regolare successione delle varie fasi che caratterizzano la normale esistenza di una data forma. L' immenso potere di adattamento che simili organis- mi possiedono, ci spiega il perchè le nuove generazioni si conservano tenacemente e ci si svelano mediante caratteri propri ed una certa apparente indipendenza. Avrò occasione di trattare altrove estesamente questa tesi; per ora mi basti dire che i dati esperimentali esposti mi autorizzano ad includere tra il novero di stadi sifi'atti, che chiamerò anamorflcij anche il genere Scenedesmus. E facile rendersi conto delle particolari condizioni che determinano il passaggio a questa forma sottoponendo le colture ad uno speciale trattamento in modo da restituire all'ambiente i principi minerali di cui manca o meglio di spogliarlo più che sia possibile dalle materie organiche delle quali abbonda. Il tentativo è difficile e non si riesce che dopo ripetute prove e solo in via approssimativa e nel caso in cui si può disporre di copioso materiale. Gli espedienti di cui mi sono avvalso, consistevano nel sottoporre a reiterate lavature il materiale descritto .sopra un sottilissimo filtro, impiegando all'uopo dell'acqua di fonte pur essa alla sua volta già filtrata. Indi le colture venivano 280 STUDI ALGOLOGICI fatte dentro acquari alimentati da una corrente continua di acqua normale di fonte, la quale perveniva dentro i recipienti dopo essersi depurata passando attraverso un filtro di carbone. Tale metodo quan- tunque non privo d'inconvenienti e mancante di quel rigore sperimen- tale richiesto, aveva tuttavia il vantaggio di assicurare alle colture eccellenti condizioni di aeramento e un mezzo alquanto pii!i scevro di materie organiche. Gli effetti di siffatto cambiamento nelle condizioni ambienti si ma- nifestano ben presto sulle colonie di Scenedesmus colla tendenza, che gl'individui acquistano, appena avvenuta la bipartizione, a prendere dei contorni più tondeggianti ; il che è il primo accenno ad una sepa- razione completa. Nel tempo stesso notasi quasi bruscamente cessare la produzione di appendici aculeiformi e se talune colonie conservano ancora la tendenza a dar luogo a siffatti organi, questi appariscono più radi e molto corti. Pochi individui nelle mie colture ho visto persistere tenacemente nelle condizioni di prima; il che potrebbe be- nissimo spiegarci come una conseguenza del fatto che le colture non si trovassero completamente depurate da materie organiche. Dalle ulteriori osservazioni acquistavo la certezza che la fase de- scritta riconduca l'organismo allo stato protococcoideo. Cessa infatti la costituzione delle colonie caratteristiche; gli elementi si spartiscono anche nel senso trasversale e tosto si separano completamente pigliando una forma perfettamente sferica E ovvio aggiungere che detti elementi nulla offrono di particolare che valga a distinguerli da quelli di Pro- toderma. Essi sono suscettivi di sviluppo per microzoospore nel modo stesso come abbiamo detto a pag. 2G0 e seg. : il che ci assicura meglio di tali relazioni. Al novero delle forme occasionali di sviluppo del Protoderma vi- ride, dobbiamo ancora riferire degli elementi rafidiformi che per pa- recchi mesi ho osservati in grande copia associati alle descritte colo- nie di Scenedesmus in taluni recipienti destinati alle mie colture. Sif- fatte cellula rispondono completamente nei loro caratteri all'alga de- scritta ripetutamente dagli autori col nome di Raphidium poljmor- phum. La origine di questa forma, come ho già avvertito a proposito dello sviluppo del genere Prasiola, va ricercata studiando la genesi P R 0 T 0 D E R M A 2S 1 (Ielle microzoospore. Queste, com'è noto, si svolgono all'iaterno dello proprie cellule madri per reiterata bipartizione del contenuto. Alle volte accade che il processo si arresti alle penultime divisioni, e la separazione completa delle masse destinate ad assumere i caralteiù di zoospore non avviene mai: ciò nonostante i due corpi, cos'i rimasti riu- niti, si muniscono di ciglia, di rostro e di ocello e abbandonano rapi- damente lo zoosporangio. Visti liberi nell'acqua, tali germi si scam- bierebbero con coppie di zoospore in via di copulazione; però la fu- sione parrebbe fosse avvenuta per la estremità opposta al rostro, re- stando i due corpi in una posizione obbliqua in modo da imitare un V pili 0 meno divaricato; alle volte pure si nota una disposizione in di- rezione rettilinea. All'apice dei due rostri liberi si contano due ciglia e più al di sotto un ocello rossigno. Dette coppie possiedono un cro- matoforo di comune che percorre da un lato l'intiero corpo sino a raggiungere la base dei singoli rostri ; si nota nel centro un pire- noide oppure due situati a eguali distanza. Eccezionalmente ho notato la presenza di due distinti cromatofoi'i corrispondenti al corpo dei sin- goli germi fusi, oppure un semplice cloroforo fortemente strozzato verso la metà. Nelle mie colture ho visto costantemente come dallo sviluppo di dette coppie di zoospore procedano degli elementi di Raphidium nel modo come si disse trattando del genere Prasiola (p. 231). Non ho bisogno di dare minuti ragguagli intorno ai caratteri propri a questa forma e intorno alla maniera di riproduzione vegetativa. Noterò so- lamente che la struttura fondamentale degli elementi ci dà a priori un sicuro indizio sulla origine degli elementi di cui parliamo. .\ dif- ferenza delle cellule rafìdiformi di Pì-asiola dove evvi uu cloroforo centrale solido, quivi scorgesi una placca clorofillacea distintamente pa- rietale provvista nel suo mezzo di un pirenoide. Talora detta placca offre un contorno continuo; talora invece notasi una lieve strozzatura laterale nel mezzo oppure a dirittura essa apparisce in questo punto divisa completamente dando luogo a due distinte placche. Del pire- noide esistono sovente evidenti tracce ; esso è unico, molto piccolo e sembra il più delle volte che manchi del caratteristico indumento amilaceo. La moltiplicazione degli elementi rafìdiformi si compie con un'e- A BOBzl, Studi Algologiei 37 '^«o STUDI ALGOLOGICI strema rapidità nella maniera stessa come avviene presso le forme di Scenedesmus. Gli elementi filiali mostrano squisitissima la tendenza a rimanere connessi in famiglie o più precisamente in fascetti. La forma incurvata o sigmoide di essi fa si che il contatto si stabilisca per piccolissimo tratto della superficie e le associazioni divengano fu- gaci e irregolari. Esse danno luogo a tutte quelle disposizioni che sono dagli Autori descritte o figurate come caratteristiche non solo del Raphidiu7n polymorphum, ma altresì proprie alle forme prese come tipo del genere Selenastrum (23). Allo stato presente delle mie ricerche nulla saprei dire intorno alle possibili ulteriori evoluzioni delle cellule rafidiformi. Notevole è il fatto che lo sviluppo di tale forma diventa sempre più rigoglioso in un ambiente ricco di materie organiche dove brulicano miriadi di forme di Bacterì, Flagellati ecc. Tutte le indicazioni di habitat ri- ferite dagli Autori confermano tale circostanza. Epperò potremmo dire che nel caso dei Rhaphidium abbiamo delle forme somiglianti agli Sce- nedesmus di cui la esistenza è condizionata ad un ambiente esausto di principii minerali, ricco di materie organiche. Si potrebbe perciò con fondamento sicuro arguire che, rifornito il mezzo di sufficienti materiali inorganici, possa la detta forma dar luogo a nuove evoluzioni ricondu- centi l'organismo alle primitive normali condizioni. Comunque sia, il caso del quale ci occupiamo porge ancora una splendida prova dell' illimitato potere di adattamento delle Alghe inferiori alle così mutabili condizioni dell'ambiente: trattasi di un adattamento a ragioni chimiche le quali ci si rivelano con profonde alterazioni nella forma esteriore del corpo; il che fa naturalmente pensare alla possibilità che eguali modificazioni ven- gano indotte nella forma della nutrizione. Dati perciò tali fatti, si affaccia spesso al pensiero il sospetto che gli organismi di cui parliamo, pos- (23) Veggansi su questo proposito: P. Reinsch: Algeull. v. Frank, p. 64. tab. IV, flg. 2,3. G. Lagerheim: 1. e. Tab. IH, flg. 27-30. se i Selenastrum fossero effettivamente delle forme autonome, bastano le esposte considerazioni per convincersi che esse debbano essere riunite ai Raphidium. Nulla potrei a questo proposito dire del preteso affine gen. Actinaslrum Lagerli. [l. e. p. 70, tab. Ili, iìg. 25,26). P R 0 T 0 D i; R M A ?83 sano condizionatamente attingere i próprii materiali nutritizi da un substrato organico e clie il processo della nutrizione si compisse alla maniera di molti Funghi. All'avvenire della fisiologia spetta la solu- zione di questa importante quistione. IX La posizione sistematica dei genere Protoderma rimane sufficiente- mente chiarita dalle precedenti ricerche. Di quest' alga è stato finora agli algologi noto uno stato transitorio di svolgimento, quello, cioè, in cui gli elementi, perduta la primitiva orientazione in serie, appa- riscono coadunati in cuscinetti parenchimatoidei ; cosi è che nelle opere descrittive troviamo indicato il tallo come « crustaceus, inde- terminatus, substrato arcte adhaerens, e cellulis angulato-rotundatis, irregulariter ordinatis, arcte connexis conipositus (24)». Per tali par- ticolarità il gen. Proioderma è stato riferito alle Ulvacee. Il De Toni (25) sembra di avere meglio che altri intuita la vera struttura delle frondi di quest'Alga, ond'è che nella diagnosi generica della Sylloge troviamo precisamente indicata la circostanza che il tallo ri- sulta da filamenti ramificati, raggianti e lateralmente fusi tra di loro. Nonostante tali caratteri, il De Toni segue l'opinione comune degli Algografi, includendo la nostra alga fra le Ulvacee. Evidentemente tale sistematica ubicazione è inammissibile: le Ul- vacee sono contraddistinte da una costituzione ben difi'erente della loro fronda, risultato di una moltiplicazione degli elementi e di un accre- scimento generale che trova soltanto riscontro in corpi fogliacei pa- renchimatosi. Ivi non trattasi di frondi nate dalla fusione e coalizione laterale di veri filamenti da per se originariamente liberi. Quest' ul- timo è il caso preciso del Proioderma viride; quivi abbiamo dei falsi corpi tallini quali si osservano nelle Coleochetacee. Un confronto del Protoderma viride con queste ultime Alghe, possibile sotto certi rapporti, è incompatibilissimo da un altro punto di vista stante la maniera differente di riproduzione e la diversa for- (24) Rabenhorst, fi. eur. alg. ete, III, p. 307. (25) Sijlloge Ali/arum, I, p. 147. 284 STUDI ALGOLOGICI ma e struttura dei germi mobili. Non occorre insistere sulla inoppor- tunità di siffatto ravvicinamento essendo evidente la grande superio- rità delle Coleochetacee. La particolare costituzione del tallo permetterebbe a priori di stabi- lire qualche raffronto con una pianta descritta dal Berthold (26), sotto il nome di Chaeiopeltis orbicularis ed a torto da molti algografì collocata fra le Croolepidacee. Come chiaramente deducesi dalle indi- cazioni del chiarissimo Autore ed io stesso avrò occasione di dire, le frondi di Chaetopellis orbicularis offrono una struttura che fondamen- talmente non differisce da quella del nostro Protoderma : la coalizione dei filamenti è più intima, l'accrescimento è più regolare in modo che ne derivano dei talli di una configurazione più regolarmente discifor- me. Però gli articoli non sono identicamente costituiti come quelli di Protoderma; essi hanno, cioè, un cromatoforo centrale a mo' di stella provvisto di un pirenoide a indumento amilifero. Secondo me, i rap- porti che legano il Protoderma viride alla Chaetopeltis orbicularis, sono tutto affatto superficiali, come meglio si vedrà in altro luogo. Accennando alle affinità del genere Protoderma ad altre Cloroficee, non potrei tacere di alcune relazioni di esso coi generi marini VI- velia Crouan e (27) Pringsheimia Reinke (28). Il genere Ulvella, fondato dai fratelli Crouan, ha per tipo una piccola Cloroficea a talli evidentemente disciformi e che rammentano perfettamente quelli della Chaetopeltis orbicularis. La disposizione degli elementi vi è la medesima e si può con sicurezza arguire, anche dalla sola ispezione della figura (29), com'essi sieno disposti in serie raggianti accrescentisi per regolare processo di dicotomia. Mi sono soprattutto convinto di ciò esaminando degli esemplari viventi di ques- t'alga raccolti, alcuni anni fa, sui ciottoli sommersi dei laghi marini di Ganzirri presso Messina. Per mancanza di sufficiente materiale non (26) G. Berthold: Untersuchimgen uber die Verzioeigunfi einiger Susswas- seralgen. Nei Nova Act. d. Leop. Car. Ah. Voi. XL, p. 169 e seg. con 4 tav. (1878). (27) Notice sur quelq. nouv. algues ìnarin., negli .4nn. d. Scienc. sèr. IV, tom. XII, p. 288. (28) J. Reinke Alias deulscher Meeresalgen, p. 33, Tav. XXV, Berlin, ISSO (29) 1. e. Tab. XXII tig. 25-28. PROTODERMA 285 potei allora istituire più estese ricerche. Poco perciò potrei dire in- torno allo sviluppo di quest'alga. Certo mi sembra che il modo di co- stituzione iniziale delle frondi non è tale da rendere possibile un rav- vicinamento colle Ulvacee; i primi accenni della formazione dei talli di queste sono assai ben differenti, come può dedursi dalle indagini del Bornet e di altri (30). Gli individui da me esaminati presentavano una fronda verso il centro distromatica nella maniera come è stata descritta dai signori Crouan e da Hansgirg (31). Il contenuto cellu- lare appariva costituito nel modo stesso come abbiamo notato a pro- posito del Pr-otoderma ; vi si scorgeva per ogni cellula un'ampia placca clorofillacea parietale, provvista di pirenoide amilifero. Mi accadde una sola volta di osservare delle grosse cellule intumescenti nel centro della fronda e in via di segmentazione; alcune apparivano vuote e colla pa- rete rotta da una larga fenditura. Vidi delle zoospore libere e vaganti nell'acqua, ma non potei sorprenderle al momento della uscita degli zoosporangi. Mi fu possibile peraltro il costatare la presenza di due ciglia e di un ocello rossigno. Quello però che parmi degno di nota è che gli zoosporangi sogliono distinguersi assai di buon'ora dagli ele- menti vegetativi per maggiore ampiezza e per la forma tondeggiante che assumono, in modo da sporgere fortemente dalla superficie del tallo. Tale particolarità non è stata segnalata dall' Hansgirg. Sulla base di tali indicazioni riesce facile il dire che cosa siste- maticamente rappresenti il genere Pringsheimia stabilito di recente dal Reinke. Le stupende figure che adornano l'opera del chiarissimo algologo di Kiel, non lasciano il menomo dubbio sulla identità gene- rica della Pringsheimia scutata colla Ulvella Lens dei fratelli Crou- an: non occorrono minuti confronti per convincersi di ciò. Solamente la pianta del Reinke sembra esser contraddistinta da una fronda per- fettamente nionostromatica, e questo basta per considerarla come spe- cificamente diversa dall'Alga descritta dai signori Crouan. È ovvio il dire come i supposti rapporti del genere Ulvella coi Phyllactidium non hanno una base sicura. Anzitutto occorrerebbe sape- re che copa veramente il Kùtzing abbia voluto indicare sotto quell'ap- pellativo 0 meglio col nome di PhyUactidium arundinaceum ; che (30). V. p. 1 e seg. di questi Studi. (31) H. Hansgirg: Ahol. tt. phijs. Slxd. p. 131-133. 286 STUDI ALGOLOGICI se è esatto quanto il De Toni (32) afferma sulle relazioni di questa alga col genere Phycopeltis Millard, avremmo un argomento di piìi in nostro favore per considerare le Ulvella di un valore sistematico assai disparato rispetto al PhyllacticUun arundinaceum o forme si- mili; ma di ciò sarà meglio dirlo nello Studio seguente. Avrei infine da rammentare un altro genere di Alghe verdi col quale il nostro Protoderma potrebbe sembrare affine; il Dermato- phyton che il Peter (33) stabiliva prendendo come tipo un'alga vi- vente in forma endobiotica sul guscio delle Tartarughe terrestri. Al momento in cui scrivo, non potrei dare alcun giudizio che riferen- domi alle indicazioni di quel chiarissimo Autore, secondo le quali par- rebbe certo che l'accrescimento del tallo si compisse alla maniera ca- ratteristica alle Ulvacee; quello che si sa intorno all' organizzazione del contenuto cellulare, è cosi scarsa cosa da non potersi nemmeno con sicurezza affermare se quest' Alga debba esser riferita alle dette Ulvacee od alle Croolepidacee, e se delie affinità presenti col genere Tricophilus Van Bosse (34), col quale pare ofi'ra qualche rassomi- glianza circa al caratteristico endobiotismo. Concludendo, il genere Protoderma è uno dei meglio caratteriz- zati fra le Ulothrichiales. Esso forma parte integrante di questo grup- po per la struttura delle cellule provviste di un cromatoforo parietale laminiforme, a pirenoide amilifero, e per la costituzione delle zoospore. I filamenti di Protoderma crescono adagiati e aderenti al substrato per tutta la loro lunghezza; ramificati abbondantemente per ripetuta dicotomia e coesi fra loro lateralmente, ne deriva un plesso frondifor- me d'apparenza quasi parenchimatosa, specie nelle regioni centrali là dove la coalizione dei rami è più completa e più si accostano le cel- lule alla forma isodiametrica per successivo incremento e nuove par- tizioni subite. Più evidente perciò risalta la costituzione fondamentale verso la regione periferica di dette frondi dove la coesione dei fila- menti non è cosi intima e gli articoli sono più lunghi. (32) Op. cil. p. 15. (33) Veber eine auf Thieren schmarotzende Alge, nelle 69. Versamm. deutsch. Naturf. n. Aerzl., 21 Sept. 1886. (34) Weber van Bosse: Elude sur les Aìgues parasites des Paresseux nei yalurJi. Verh. V, I. PROTODERMA . 287 Al genere Protoderma si avvicina il genere Ulvella Crouan (incl. Pringsheimia Reinke) che ne differisce solamente per una maggiore regolarità e omogeneità nella costituzione delle frondi. Cosicché il Pro- toderma viride si può, secondo io credo, assumere come tipo di un gruppo naturalissimo e ben distinto delle Ulothrichiales includente, oltre al genere Protoderma, definito e limitato nel senso da me indicato, anche il genere suddetto Ulvella. 288 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. TAVOLA XXI Fi(j. 1. — Giovine fronda. » 2. — La precedente a sviluppo per macrozoospore. » 3-6. — ;Stadi successivi di formazione delle frondi 'per germinazione delle macrozoospore. » 7. — Fronda rudimentale proveniente dalla germinazione di micro- zoospore non copulate: gli articoli di due ramuli si sono trasfor- mati precocemente in microzoosporangi. » 8. — Porzione di una fronda adulta di cui la regione interna è in via di svolgimento in conidi protococcoidei; alcuni di questi svolgonsi in microzoospore. Ingr. = 300 diam. TAVOLA XXII Fig. 9, — Piccole colonie galleggianti di conidi protococcoidei {Prolococcus protogenilus auct.). » 10. — Colonia a sviluppo tabulare, come elementi involti da gelatina (tipo di Palmella); a, asteroconidio. » H. — Colonia a sviluppo tabulare a mo' di Limnodictyon Roemeria- nicm Ktz., svolgentesi per microzoospore. s i2. — Associazione globoide di conidi protococcoidei. » 13, — Colonia a mo' di sfera cava procedente dalla precedente asso- ciazione. » 14, — Frammento di una colonia derivante da dissoluzione delle colonie della p^ecedente figura. » 15. — Cumoli irregolari di conidi protococcoidei svolgentisi per micro- zoospore. PROTODERMA 289 Fig. 16. — Gonidi di 2* generazione derivati dalla germinazione delle micro- zoospore della flg. precedente. » 17. — Microzoosporangi provenienti dalle colture dei conidi della tigura precedente. » iS-19, — Fusioni congenite di microzoospore e relativi passaggi allo stato di Raphidium. Ingr. = 300 diam. TAVOLA XXIII Fig. 20. — Fronda normale a svolgimento incipiente del tipo di Palmella. » 21. — Porzione della medesima di cui alcuni elementi sono in via di sviluppo per microzoospore. » 22. — Stadio avanzato delle frondi rappresentate nelle flg. 20-21 ; gli elementi sono immersi dentro copiosa gelatina e si moltiplicano per microzoospore. » 23. — Alcune cellule della figura precedente Isvolgentisi per microzoo- spore, fungenti queste di zoogamete. » 24. — Stadi diversi di copulazione delle zoogamete. » 25-26. — Fasi successive di germinazione delle zigospore. » 27. — Microzoospore libere provenienti dalle colonie rappresentate nella fig. 22. » 28. Sviluppo delle precedenti in microzoospore di seconda generazione. » 29. Svolgimento vegetativo delle microzoospore della fig. 27: ne deri- vano delle colonie di Nephrocy lium Agardhianum. » 30. — Altra forma di colonia del tipo di Palmella a cellule sferoidi piccole. » 31. — Porzione di una colonia palmellacea a cellule piccole del tipo di Nephrocytium e relative microzoospore. Ingr. = 300 diam. TAVOLA XXIV Fig. 32. — Cistidi. » 33. — Germinazione delle cistidi a svolgimento del tipo di Palmella. > 34. — Germinazione di cistidi secondo il tipo di Protococcus. A. BoBzl Studi A/'jologlci 3g 290 STUDI ALGOLOGICI Fifj. 33. — Astei'oconidi provenienti dalle colonie rappresentate nella flg. 10 Tav. XXII. » 36. — Asteroconidi allo stato di riposo; a,m forma di Trochiscia ao culifera; b, in forma di Oocystis ciliata Lagerli. » 37. — Individui della flg. precedente in via di sviluppo vegetativo. » 38. — Diverse forme degli individui rappresentati nella flg. 36, a. » 39-40. — Diverse forme di colonie tetradiche del tipo Soenedesmus. » 41-45. — Stadi successivi di evoluzione delle colonie precedenti durante le colture. » 46. Fase ultima di sviluppo dei precedenti elementi per microzoospore. Ingr. = 300 diam. ENTODERMA Lagerh. Entonema, Reinsch, Contr. ad Alg. el Fimg. p. 3-7, Tab. I-XII, (ex parte; 1875. Entocladia Reinke, Zioei par. Alg., in Bot. Zeitung. 1879. p. 476. Entoderma Lagerh, Bidrag UH &verigcs Algflora, p. 74, 1883. Reinkia, BoRZÌ mss. et in De-Toni Prospect. 1889. Epicladia, Reinke, Atlas deutsch. Meeresalg, p. 31, tab. XXIV, 1889. ?Zygomitus, BoRN. et Flah., in Bull. Soc. bot. frang., Tom. XXXVI, 1889. lo non so, se le forme delle quali è argomento questo studio, con- venga meglio il comprenderle sotto la generica denominazione di En- ioderma seguita dai più, oppure riferirle al genere Entonema, già stabilito dal Reinsch (1). Interessa però per la storia di dette forme il sapere come il Reinsch prendesse a tipo del suo genere delle Alghe marine viventi simbioticamente fra le membrane cellulari e dentro gli spazi intracellulari di varie altre Alghe. Delle diverse specie ascritte a questo gruppo e figurate dall' .autore, parecchie rappresentano delle for- me endobiotiche od epifitiche del genere Ectocarpus (2). Per mezzo di adequati raffronti si potrà forse determinare in qual grado queste ultime (1) P. Reinsch, Contrib. ad Alg. et Fung., p. 3-7, tab. I-XII. (2) È noto come molte specie di Ectocarpus si associno frequentemente ad altre forme superiori di .\lglie marine invadendone le pareti in tutta la spes- sezza coi loro filamenti serpeggianti ed irregolarmente ramitìcati. Mentre presso alcune specie questa particolarità sembra un fatto per lo meno accidentale, in altre (p. e.Ect. reptans Crouan, E. invcsticns Hauck etc.) apparisce una condi- zione del tutto normale; il che attenua sempre più il valoTfe del genere Ento- nema stabilito dal Reinsch. 292 STUDI ALGOLOGICI differiscano da altre forme già note, se pure non sieno da riferirsi ad- dirittura al sottogenere Herponcma, oppure da considerarsi quali stati di svolgimento di altre note Ectocarpee e simili (3). Altre specie invece appariscono ben differenti, e tenendo conto delle indicazioni dell'Autore e più che mai dei disegni annessi, rimane certo che il Reinsch abbia altresì incluso nel suo genere Enlonema delle forme di disparatissimo valore sistematico in confronto alle precedenti. Questa convinzione si acquista gettando uno sguardo alle fig. 1 « e 6, e 2 a, è, e e 6? della Tav. XI e flg. 2 a,b e e della Tav. XII, dove veggonsi rappresentate delle Confervoidee, endo- oepifitiche, a filamenti irregolarmente ramificati e di cui alcune cellule appariscono fungenti da zoosporangi nella maniera propria alle vere Cloroficee. Precisamente tali forme sono state indicate dal Reinsch col nome di E. Pt/cnomonce (4), E. subcorticale (forma) e E. hete- romorphum. Molto probabilmente al novero di tali forme vanno an- che riferite quelle rappresentate nella Tav. Ili, IIP fig. 2 e V, sebbene figurate allo stato sterile. Non discuterò il valore specifico di cosififatte forme mancando un fondamento sicuro nelle indicazioni del chiarissimo Autore. Quello che più tosto mi preme di rilevare è che nell'insieme esse costituiscono un distinto tipo generico riferibile alle Cloroficee rappresentato da forme dal tipo ulotrichiaceo a filamenti ramificati e viventi endobioticamente od in forma epifitica sul corpo di varie altre alghe maggiori. Così definito il genere Enlonema del Reinsch, non resta eliminato il dubbio che già al Kutzing fossero note quelle forme e che talune di esse sieno state descritte da quell'eminente algologo sotto il nome di Periphlegmadum (5). Questa opinione, sostenuta dall' Hansgirg (6), è contraddetta da altri pei quali il genere Periphlegmatium rappre- senterebbe, tutto al più, degli stadi germinativi di alcune P'eoficee (7). (3) Ad avvalorare sempre più questa mia veduta si noti che di poche forme riferite dal Reinsch al suo genere si trovano rappresentate nelle tavole della citata opera le frutfciflcazioni, onde resterebbe il dubbio che alcune di esse sieno dei veri Ectocarpus, oppure dei semplici filamenti sterili di altri generi di Melanoricee. (4) Meglio E. Pì/cnoco»ìce. (5) Phyc. yen. pag. 273, Tab. VII, flg. 3. (6) In Flora, n. 33. (7) WiLLE, in yiit'oi. P//aii:cnfa>n. di Engliìr et F'RANrr., ;>ag. 10! (1890). ENTODERMA 293 La incertezza delle indicazioni da una parte, e le ragioni di prio- rità dall'altra, consigliano di sostituire a siffatta denominazione, come alle altre note e di più recente data {Entocladia Reiiike, Reinhia Ilorz'Olo appellativo di Entodet^ma proposto dal Lagerheim nel 1883 (8). Seguendo tale opinione esporrò nelle pagine seguenti i risultamenti di varie ricerche sullo svolgimento di qualche forma spettante al genere Entodenna e segnatamente dell' £■. viride, che è la specie più diffusa. Tale argomento non parmi privo d'importanza stante le manchevoli cognizioni che si hanno in proposito: la bibliografia relativa non con- tiene che assai scarse notizie e non sufficientemente chiarite riman- gono le affinità di questo genere (9). L' Enlodei-ma viiide \a segnalato come una Cloroficea delle più diffuse della flora marina. Si rinviene abbondantemente in tutte le stagioni dell'anno e ad ogni epoca compie regolarmente il suo sviluppo «enza che esso venga modificato da ragioni di temperatura o di stazione. Cresce, com'è noto, sul corpo di moltissime alghe; tanto le Floridee e le Feoficee, quanto le Cloroflcee dalle dimensioni più vistose, for- mano l'ordinario substrato di essa mostrando un grande potere di adattamento alle diverse condizioni fisiche del substrato stesso. Così, laddove le membrane dell'Alga che le serve da matrice, offrono una ■consistenza assai debole, quasi a dirittura gelatinosa, i filamenti di Enioderma si diffondono in tutte le direzioni, penetrano all'interno di essa matrice, seguendo d'ordinario la via delle pareti stesse e gli spazi intracellulari e schivando costantemente il corpo plasmatico delle ■cellule. Questa circostanza è caratteristica altresì di tutte le altre forme di Cloroficee endobiotiche, p. e. Ochlochceie, Bolbocoleon, Acrochtele e non manca di avere il suo particolare significato fisiologico. Altre volte i fili di Entoderma non si allontanano dalla superficie del sub- strato su cui si estendono in ogni verso, serpeggianti e formando fre- quenti anastomosi. In tali condizioni si riscontrano molto spesso sulle Cladophora, Chcetomorpha. Ulva, Bryopsis ecc. 11 vario potere di adattabilità dell'Alga alle differenti condizioni (8) G. Lagerheim, Bidrag till sveriges Algflora, p. 74, 1883. (9) Cfr. J. Reinke, in Bot. Zeif., 1879, pag. 476; A. Hansgirg, 1. e; N. Wille, ■Om en ny entophyt. AVj. pag. 3, tab. I. 294 STUDI ALGOLOGICI del substrato è meglio confermato dalla circostanza che i filamenti di essa possono egualmente crescere e diffondersi sopra corpi di natura affatto minerale. A tal proposito V Eni ode r ma viride si comporta come varie altre alghe per/brand. Le valve calcaree di molte conchiglie marine offrono infatti spesso alla superficie una debole colorazione verdastra dovuta a una complicata anastomosi di fili repenti di Ento- derma, di cui talune ramificazioni penetrano dentro la materia della valva, formando fino ad una certa profondità una irregolare reticola- zione; di che ci si può agevolmente as-iicurare mediante il miscuglio macerante del Pérényi secondo le indicazioni del Bornet e Flahault (IO). Io non saprei con certezza affermare se il caso da me segnalato non trovi alcun riscontro nella letteratura algologica. Qualche indizio di analoghi filamenti perforanti e che in moltissime particolarità ram- mentano il nostro Endoderma, non manca nel citato lavoro di questi due ultimi botanici. Se le indicazioni dei chiari Autori intorno al Zy- gomilus reticulatus fossero più complete, potremmo con maggior si- curtà mettere in rilievo la grande somiglianza di quest'Alga collo stesso Endoderma, imperocché la estrema irregolarità dei filamenti e le fre- quenti coalizioni che subiscono, non escludono il dubbio che le forma- zioni pareuchiraatose descritte e figurate dai signori Bornet e P''lahault nel Zygomiius possano pure prendere talora origine nella pianta di cui ci occupiamo. Più sicuri confronti possiamo invece stabilire con un'alga descritta di recente dal Reinke (11) col nome di Epicladia Frustrce. Il chiarissimo Autore è pure della opinione che la sua pianta sia molto affine all' Entoderma viride ed io credo che le differenze indicate sieno di un valore troppo esiguo per non riconoscervi una completa identità. L'Eni, viride non manca a'ia flora algologica delle acque dolci, imperocché VE. gracile De Toni, rinvenuto dall' Hansgirg (12) sulla Cladophora fracla negli stagni presso Praga e da questo algologo descritta come specie distinta sotto il nome di Entocladia gracilis (10) Bornet et Fla.ha.ult, sur quelqw.s plantes vivant dam le te.it calcaira des Mollusques, nel Bull. d. l. Sjc. bot. d. France, Tom. XXXVI, 1883. (11) J. Reinke, Atlas dcut.schar Mneresalyen, Berlin 1889, pay. 31, Tav. 24, fiff. 4-9. (li) III Flora, 1838, n. 3, Tab. XII, li;,'. 6-1.5. ENTODERM A 295 non è che tutto al più una varietà locale insignificantissima dell'Alga di cui discorriamo. Io stesso ho raccolto questa stessa forma sulla Cla- dophorn glomeraia e sopra una Chtvlomorpha d'acqua dolce nei din- Mvni di Messina e nell'acquario dell'Orto botanico. Dentro i limiti di un'area di diffusione così viista. V Ent. viride conserva inalterati i suoi caratteri fondamentali, cioè, il tallo consta di filamenti dal tipo ulotrichiaceo, irregolarmente ramificati, di cui ogni articolo, senza subire la benché minima trasformazione, può as- sumere la funzione riproduttiva. Gli Autori hanno diffusamente descritto IWlga allo stadio vegeta- tivo. Aggiungerò solo qualche nuovo piccolo dettaglio morfologico. I filamenti di Enioderma crescono serpeggianti e tenacemente adesi a! substrato. Si può con tutta certezza stabilire che l'adesione ha luogo per intermediario di una tenuissima secrezione gelatinosa almeno quando trattasi di talli epifitici. A quanto pare sono gli strati este- riori delle membrane cellulari che si sciolgono in gelatina, la quale sovente costituisce una sorta di gelatina mediocremente spessa. In in- dividui crescenti sopra i filamenti di una ChcBtomorpha di acqua dolce ho notato come detta guaina sia rivestita da uno spesso indu- mento di materia ferruginosa alla maniera degli stipiti delle Chara- ciopsis, dei Characium e di altre Alghe verdi (13), cosi come può dedursi in seguito a trattamento col cianuro di ferro potas<^ico o col solfo-cianato potassico. Nel modo di ramificazione i filamenti seguono norme assai varia- bili. Nelle forme epifitiche i ramuli giacciono sempre sopra un mede- simo piano e vi si stendono alla maniera dei fili di Profoderma man- tenendosi costantemente adesi al substrato. Laddove i ramuli pene ■ trano attraverso le membrane cellulari di alcune grosse alghe, la di- rezione di essi è variabilissima, cioè, essa è determinata da quella stessa delle membrane medesime, che vengono attraversate nel vario loro percorso senza che avvenga alcuna deviazione. Non rimane alcun dubbio sulla circostanza che il contenuto protoplasmatico attivo del- l'organismo che serve all'Alga di appoggio, costituisca un veicolo af fatto sfavorevole alla diffusione dei filamenti. (13) V. a iing. 156 ili questi .S'ttdi. 29() STUDI ALGOLOGICI I ramiili si formano lungo i lati delle cellule ora isolati ora a coppie senza alcun ordina. Anche senza alcun ordine segue la ulteriore di- visione dei ramuli già formati. Variabilissimo è pure il grado di fre- quenza delle ramificazioni. In generale predomina nei fili l'accresci- mento apicale e gli articoli terminali veggonsi esili e conici. Qua e là però intervengono delle divisioni intercalari con piani di scissione ri- volti in differenti direzioni •■ cosi le frondi raggiungono un'estrema complicazione. Nascendo piìi ramuli in uno spazio molto ristretto ne derivano delle formazioni pseudoparenchimatose, almeno parzialmente, per coalizione longitudinale di filamenti di differente ordine. Casi di questo genere sono stati segnalati frequentemente : la forma descritta dal Reinke col nome di Epicladia Frustrce ne porge un esempio. Molto variabile è la lunghezza delle cellule considerate anche in uno stesso ramulo: secondo le condizioni di vegetazione, il diametro- longitudinale può raggiungere un massimo di 40 micr. Sopra un mi- nimo di 6 micr. Varia altresì la larghezza da 2 a 10 micr. La costi- tuzione di specie fondate sul criterio esclusivo delle dimensioni degli elementi non ha alcuna base sicura: cosi è che l'Eni. Wiltrocki Wille e Y Ent. gracile Hansg sono forme di nessun valore sistematico. In tutti i particolari più minuti di struttura le cellule di Enio- derma viride non differiscono menomamente da quelle di Protoderma. L'unico cromatoforo contenuto nei singoli articoli è parimenti in forma di un'ampia placca parietale aperta longitudinalmante da un lato, a margini irregolarmente sinuosi o dentellati. Verso il mezzo si distingue per ordinario un pirenoide a indumento amilifero, e lateralmente a que- sto, verso il centro della cellula, un esiguo nucleo. Intorno allo sviluppo dell'in/, viride le mie ricerche confermano ed in gran parte completano le osservazioni di Hansgirg (14). Esso segue in generale nella maniera caratteristica alle Ulothrix. Dirò anzitutto della moltiplicazione agamica. Essa effettuasi in due modi; cioè per zoospore (macrozoospore) e per conidi protococcoidei. Col nome di zoospore vanno indicati dei germi prodotti in numero (14) l. e. ENTODEKMA 297 relativamente piccolo all'interno dei singoli articoli vegetativi e foraili costantemente di 4 ciglia. Questa forma di riproduzione non è stata osservata dall'Hansgirg, essa esiste anche presso le forme di acqua dolce. È da notare peraltro la circostanza che non tutti gli individui sembrano capaci di svolgersi per mezzo di germi di tal sorta,- anzi parrebbe generale il fatto che soltanto alcuni di essi producano esclu- sivamente delle zoospore e che parecchie generazioni di dette forme si ripetano prima che prendano origine dello nuove a sviluppo ses- suale. I rapporti esistenti tra le due maniere di generazione sono stati da me posti chiaramente in rilievo mediante una serie di lunghe ricer- che. I risultati, come si vedrà, sono molto istruttivi dal punto di vista fisiologico. Le cellule vegetative, senza subire alcun apparente cambiamento nella forma esteriore, divengono degli zoosporangi.il contenuto si di- vide in 2, raramente in 4 parti, oppure resta affatto indiviso, ma si organizza tosto in unica massa, come nei caso della formazione delle (macro)zoosporo della llormiscia zonata giusta le ricerche di Dodel- Forta (15). Ne derivano immediatamente altrettante zoospore. La pa- rete della cellula madre si scioglie lentamente da un lato, e i germi vengono messi in libertà. A quanto pare essi mancano di un comune inviluppo gelatinoso, od almeno esso è così tenue e trasparente da sfuggire alla osservazione. Le zoospore sono di forma ovale, con un rostro jalino più o meno corto; possiedono un ocello rossiccio, 4 ciglia delicatissime, e un am- pio cromatoforo parietale aperto sul lato prospiciente al rostro; di- stinto risalta il pirenoide. Misurano una lunghezza di 7-10 a. sopra una larghezza di 4-8 u-. Il moto rapidissimo, vorticoso delle zoospore dura tutto al più un' ora ; si arresta quando le zoospore stesse sono pervenute in contatto ad un substrato solido. Nei miei acquari ne ho raccolte numerose allo stato d'inerzia e in via di svolgimento anche sulle stesse pareti del recipiente. Un confronto fra la maniera di sviluppo di queste ultime con quella delle altre germinanti in contatto al corpo di una Clado- plìora è molto istruttivo. (15) Nei Pringsueim's Jnhrb. f. icis-x. Boi. Bd. X, p. 417-550, con 8 lav. A Bonzi- S/Mdi Ahjoloyici 39 298 STUDI ALGOLOGICI Dai primi germi deriva un filamento ad articoli molto lunghi e gracili, a scarse ramificazioni laterali. In complesso gli individui, così generati, presentano un abito ben differente da quelli normali crescenti sul corpo delle Cladophora; somigliano tanto strettamente ad indi- vidui di Chloroclonium elongatum che lungamente mi è rimasto qual- che dubbio sul valore sistematico di quest'ultima forma. Per quanto lo sviluppo vegetativo non fosse di gran lunga rigoglioso, ho notato come essi individui fossero suscettivi di svolgersi per nuovi germi mo- bili e segnatamente per mezzo di piccole zoospore del tipo di quelle che, secondo me, contraddistinguono la fase sessuale dell'Alga di cui si tratta. Le mie osservazioni si sono arrestate a questa seconda fase; non potrei quindi con certezza affermare che l'Alga sia anche suscettiva di svolgimento indipendente dal particolare substrato che l'è proprio. Tutta- via quelle poche ricerche darebbero qualche indizio di queste possibilità. Germinando le zoospore in contatto al corpo, p.e., di una Clado- pìiora, Chcviomorpha e simili, ne deriva in breve un esile filamento tratto tratto septato, qua e là ramificato nel modo come dianzi si disse. Sonvi però due casi da notare : o il giovine filamento resta fin da principio adagiato sulla superficie esterna delle pareti cellulari della sottoposta alga, senza mai allontanarvisi; oppure penetra di buon'ora nello spessore di queste. E impossibile il precisare quali condizioni determinano queste due maniere differenti di comportarsi dei germi, imperocché sonvi dei casi in cui il fatto sembra del tutto indipendente dalle proprietà fisiche delle pareti medesime. Né è possibile rinvenire delle differenze esteriori fra zoospore penetranti e quelle di cui lo svol- gimento si compie alla superficie. Differenze si notano soltanto al mo- mento in cui comincia la germinazione. Di fatti, le zoospore destinate a penetrare attraverso lo spessore della membrana cellulare, venute in contatto con quest'ultima mediante la estremità rostrale, danno luogo alla formazione di una sorta di sperone ialino piìi o meno va- lido, il quale serve ad affìggere e ad aprire una via al germe attra- verso gli strati cellulosici della membrana, organo del quale esiste fre- quente riscontro in tutte le zoospore germinanti di molte altre Cloro- ficee endobiotiche. Detta formazione procede direttamente da trasfor- mazione del rostro della zoospora: non contiene perciò traccia di clo- rofilla ed è formata di una sostanza pari a consistente gelatina. E N T 0 D E R M A 299 Un'altra forma di riproduzione agamica è quella per dissoluzione degli articoli in elementi protococcoidei. Stando alle mie osservazioni, questa maniera di sviluppo è meno frequente della prima. Il processo comincia dalle regioni interno di ogni tallo; mano mano la trasfor- mazione procede verso gli apici dei ramuli. Quando ciò avviene, gli articoli soggiacciono a divisioni che si ripetono secondo differenti di- rezioni; gli elementi filiali assumono ben tosto una forma pressoché sferica. Cosi nascono dei cumoli irregolari che frequentemente si os- servano dispersi sul corpo delle Oladophora, ecc. al posto di prima occupato da talli filamentosi di E. viride, oppure annidati dentro lo spessore dalle membrane, provocandovi in quest'ultimo caso delle irre- golari escrescenze. Seguitando i detti cumoli ad aumentare di mole, gli strati esteriori della membrana che li racchiude, si lacerano e dis- solvonsi. È molto probabile che da siffatte cellule isolate proceda diretta- mente la costituzione di nuove frondi vegetative. Ho osservato taluni casi d'incipiente germinazione di detti elementi in contatto al corpo (li una Cladophora. Molto spesso essi conidi si traformano in cistidi oppure in zoogametangi. Ho raccolto dalle cistidi sul fondo dei reci- pienti contenenti la Cladophora ; ne ho notato pure sul corpo di que- st'ultima alga fra mezzo ai sopraddescritti cumoli. Esse cistidi non pre- sentano nulla di caratteristico che una parete mediocremente spessa e rigida ed un contenuto ricco di granulazioni amilacee. Le cistidi si comportano come le cellule vegetative; dalla germi- nazione di esse procedono, cioè, direttamente nuove frondi, oppure danno luogo a zoogamete. Oltre alle sopraddescritte zoospore a 4 ciglia si osservano dei germi mobili a due ciglia, in generale alquanto più piccoli dei precedenti. Dagli Autori e segnatamente dall' Hansgirg (16) che, se non erro, è stato il primo ad indicarli e a descriverli in maniera precisa, è stata a quest' ultima forma di zoospore attribuito il solo ed esclusivo ufficio di provvedere alla riproduzione agamica dell'organismo. Ma ciò non è infatti esatto. A questo riguardo V Ent. viride si comporta come moltissime altre alghe e Tallofite in genere, dove le cellule sessuali (16) l. e. 300 STUDI ALGOLOGICI conservano la facoltà di svolgersi senza la necessità di un atto copu- lativo. E di fatti se noi seguiamo lo svolgimento di detti germi rile- veremo le seguenti importanti particolarità. Sia che provengano da cistidi o da conidi protococcoidei, sia che si formino all'interno degli articoli vegetativi, affatto immutati, le zoogamete hanno identica forma e la stessa costituzione: sono ovali, con un breve rostro ialino, a cui si attaccano due esili ciglia; vi si distingue un ocello rossigno e il cromatoforo è provvisto di un di- stinto pirenoide a indumento amilaceo. Le dimensioni in lunghezza variano da 2 a 4 y..; sono perciò d'ordinario alquanto pili piccole delle zoospore. In generale le zoogamete vengono generate in numero di 8 0 16 all'interno delle relative cellule madri e vengono messe in li- bertà nella stessa maniera come le zoospore. Le zoogamete si raccolgono in grande quantità sulle pareti del recipiente dal lato più esposto alla luce. Trasportate in una gocciola d' acqua alcune, arrestato il movimento, germinano immediatamente e si svolgono in esili filamenti i quali qualche volta presentano trac- eie di ramificazioni. Identici filamenti si osservano sul corpo delle Cladophora contenute negl'acquari e limitati alla sola superficie. In tali casi lo sviluppo dell'alga pare si arresti prestissimo e le cellule si osservano in atto a dar luogo ad una nuova generazione di germi mobili prima che le ramificazioni abbiano raggiunto la normale esten- sione e complicazione. Tale circostanza è messa meglio in evidenza dal confronto dello volgimento degli altri germi vaganti nella stessa gocciola di liquido e pervenuti a copulazione. Questa si effettua nei modi ordinari per le estremità rostrali. La zigospora che ne deriva, germina tosto: casi di zigospore ibernanti non sono stati mai da me osservati. La germinazione di dette zigospore segue in contatto al corpo di una Cladophora nella maniera stessa delle zoospore e pren- dono origine delle piantine poderosamente sviluppate, ad abbondanti ramuli, e suscettive di svolgimento completo pari a quello di cui ci siamo occupati. Da tali fatti resterebbe in maniera evidente confermato il prin- cipio che la riproduzione sessuale ofl're il vantaggio di rinnovare l'or- ganismo, rinvigorirlo, ricondurre le fasi di sua esistenza a perfetta in- tegrità. ENTODERMA 301 Tenendo conto dei dati suesposti lo sviluppo dell' En(. viride pré- ■senta le maggiori analogie con quello della llormiscia zonata (17). Anche presso questa pianta infatti i germi agamici hanno i caratteri di zoospore a 4 ciglia e le zoogamete a 2 ciglia sono suscettive di svi- lupparsi senza la necessità di un atto copulativo. Se l'alga nostra non fosse ramificata, avremmo una perfetta identità, poiché egualmente identica costituzione possiedono le cellule. Se noi comprendessimo nei nostri confronti altre Ulotrichiacee, troveremmo da estendere e gra- duare cotesto analogie; ma di ciò si dirà meglio nello studio che segue. (17) ClV. DODEL, l. e. 302 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XV. Fig. 1. — Piccole frondi annidanti dentro le pareti cellulari di una Cladophora. » 2-3. — Le medesime svolgentisi per zoogamete (microzoospore): z, zooga- mete libere. » 4. — Porzione di una fronda a sviluppo per zoospore (macrozoospore). » 5. — Porzione di una fronda a sviluppo per conidi protococcoidei. » 6. — Questi ultimi svolgentisi in zoogamete. » 7. — Stadi di copulazione delle zoogamete. » 8-10. — Diversi stadi di germinazione delle zoospore. 360 Ingr. — CHLOROCLONIUM gen. nov. Thallus endophyticus in nonnullarum algarum muco vi- gens, e filamentis alterne v. irregulariter ramosis, articu- latis, constitutus; ramuli divaricati vel patentes, vegetatione terminali prsediti; articuli vegetativi plus rainus elongato- cylindracei, chromatophoro parietali, laminseformi, margine irregulariter sinuoso- vel laciniato-substellato et pyrenoide centrali amylifero ìnstructo. Ramulorum cellulse terminales, subimmutatse, in zoosporangia evolutfe et zoosporas 4-8, raro 2, cytioplasmatis divisione succedanea, foventes ; zoospo- rse ovales, ciliis binis ocelloque laterale rubro praeditse, motu sedato, mox germinantes et novos thallos ferentes. Filamen- torum cellulse steriles,modo membrana sat crassa, firma, cin- ctse et in hypnosporas (cystides) transmutat£e, modo in statum monocellularem transeuntes et gonidia immobilia, globosa, se- gregata, aut familias protococciforraes v. palmelloideas etFor- mantes. Gonidiorum generationes indefinitse, cytioplasmatis divisione repetite binaria ad tres directiones alternante zoo- sporarumque ope sese augentes. Zoosporse 4-8-16-32 intra gonidia ultimse generationis ortse, interdum zoogametis fun- gentes et post copulationem in z3'gosporas evolut». Zygospo- rarum evolutio adhuc ignota. 1. Chi. elongatum n. sp. — C. filamentis late diffusis, ramis pa- tentibus v. divaricatis valde elongatis, articulis diametro 2-4-pIo, raro 304 STUDI ALGOLOGICI pluries, longioribus, ad 8-12 p. crassis; zoosporangiis solitariis v. bi- pauciseriatis ad apices ramulorum. Hai), in gelatina Porphyridii cruenti, Palmogloeae sp. et Phoeococci Clementi, in Sicilia pr. Messanam et in Etruria circa Montecatini. 2. Chi. gloeophilum n, sp. — C. filamentis late difFusis, ramulis^ sparsis, longissimis, gracillimis ; articulis diametro 4-8-plo longio- ribus, ad 4-5 p. crassis; zoosporangiis multiseriatis ad apices ramu- lorum. Hab. iti muco Tetrasporse lubricse in Zafferia prope Mes^ sanam. 3. Chi. parvulum n. sp. — C. filamentis csespitoso-congestis, raraulis patentibus, brevissimis, articulis diametro 2-3-plo longioribus, ad 4 a. latis,- zoosporangiis multiseriatis ad apices ramulorum. Hab. intra vaginam Rivulariae sp. et Phoeococci Cle- menti ad balnea Montecatini (liltrurise). I. La necessità di costituire il nuovo genere Chloroclonium veniva da me riconosciuta in occasione allo studio di alcune forme di Ulo- trichiacee a filamenti ramificati irregolarmente alla pari del genere precedente. Ma mentre nel caso delle forme di Entoclerma tutti gli articoli vegetativi indifi"erentemente sono suscettivi di assumere l'uf- ficio di zoosporangi, presso le specie del genere Chloroclonium no- tasi una marcata difi"erenza tra la regione vegetante della fronda e quella destinata alla riproduzione. Tuttavia, biologicamente conside- rato, il nuovo genere rimane intimamente collegato al precedente. E di fatto, le forme che vi spettano, sono anzitutto contraddistinte da uno speciale endofitismo e del quale vai la pena spender qualche parola. L'endobiosi del Chloroclonium elongatum consiste in ciò, che i filamenti di quest'Alga crescono costantemente immersi dentro le pro- duzioni gelatinoso di talune altre Alghe. In tali condizioni ho rinve- nuto questa specie per la prima volta associata al Porphi/ridium cnientu/n; più tardi mi veniva fatto di trovarla fra mezzo a colonie CHLOROCLONIUM 305 di Phoeococcus Clementi ed all'interno della gelatina di una specie di Palmogloea. In tutti i casi i filamenti si stendono considerevolmente in lun- ghezza provvisti di articoli molto lunghi e gracili e continui. Il più delle volte gli articoli misurano una lunghezza 10 volte maggiore della larghezza. Hanno una parete sottilissima e trasparente; il conte- nuto è parimente diafano e d'apparenza acquosa, salvo la parte oc- cupata dal cromatoforo. Questo è al solito situato alla periferia del corpo protoplasmatico, e non riveste che una piccola parte laterale dello stesso a mo' di placca. 11 contorno di questa si presenta irre- golarmente lobato. I lobi divengono lunghi ed angusti nella direzione longitudinale della cellula; pili corti e larghi in quella laterale. In complesso i cromatofori avrebbero una forma stellata, a lacinie ir- regolari, di cui la lunghezza sta in relazione coli' asse incrementale della cellula. Questo tipo di forma è assai diffuso fra le Ulotrichiacee e raggiunge il suo più perfetto sviluppo, non solo presso questo ge- nere, ma altresì nei generi ChcBtophora, Stigeocìonium e simili. Ogni cromatoforo è provvisto nel suo centro di un pirenoide ad indumento amilaceo; qualche volta di 2-4 pirenoidi situati quasi ad eguale distanza. Ogni pirenoide presenta un contorno che si di- rebbe pentagonale o di esagono; il rivestimento di materia amilacea tende a rendere meno evidente siffatta forma, che però in tutti casi risalta quando si tratta la cellula col liquido del Kleinenberg. I caratteri subcristallini del pirenoide parrebbero confermati da siffatte osservazio- ni, le quali certo avvaloravano vieppiù l'opinione dello Schimper (1). I pirenoidi dei cromatofori di Chi. elongatum porgono inoltre la più evidente conferma del fatto riferito da questo egregio botanico circa all'origine di detti organi per seguito processo d'innovazione. Ho vo- luto approfondire siffatta quistione col raccogliere in proposito alcuni dati offrendo 1' Alga, di cui discorriamo, opportunissimo materiale di ricerca. Come rilevasi infatti dalla figura citata, nell'atto in cui un cromatoforo cresce d'ampiezza in corrispondenza al sempre crescen- te volume della cellula, aumenta altresì il numero dei pirenoidi. L'u- nico pirenoide originario persiste nel centro; l'accrescimento del cro- 1) Negli Jahrb. f. wiss. Bot. di N. Pringsheim, XVr, fas. 1, 2. A. Bonzi Stu6.i AUjologici 306 STUDI ALGOLOGICI raatoforo, seguendo per due opposte direzioni, cioè, nel senso della lunghezza della cellula, i nuovi pirenoidi si formano al di là dal cen- tro, presso a poco nei punti mediani delle due porzioni, inferiore e superiore, del cromatoforo. Cosi possono prendere origine in uno stesso cromatoforo e in tempi diversi, da uno sino a 4 nuovi pire - noidi, che si osservano in generale allineati in serie e situati quasi ad eguali intervalli. I pirenoidi maggiormente distanti dal centro sono quelli di più recente formazione; inoltre le loro differenze di età ci sono indicate dal differente loro volume, in quanto che quelli più gio- vani e nascenti sono molto piccoli e soltanto visibili mercè l'impiego dell'acqua jodata o delia soluzione alcoolica di acido picrico. Non resta perciò alcun dubbio che i pirenoidi traggano la loro origine per ef- fetto di un vero processo di neoformazione. Casi di bipartizione, quali sono stati descritti in altre Alghe dallo Schmitz (2), non si osservano giammai. La moltiplicazione dei pirenoidi precede sempre la biparti- zione del cromatoforo; compiuta la quale, il pirenoide rimane a for- mar parte integrale di una qualunque delle due porzioni nuove del cromatoforo. Ho creduto utile insistere su tali particolarità giovando esse a get- tare un po' più di luce sopra una questione tuttora degna di studio. La formazione di laterali ramificazioni non presenta nulla di anor- male: essa segue con ordine alterno verso tutte le direzioni come nel caso dell' Eniodénna viride. I ramuli sono di differente lunghezza e poco diversi tra di loro. S'inseriscono qualche volta al filamento d'or- dine precedente mediante un articolo di cui la cavità continuasi in parte con quella della cellula dalla quale provengono, nel modo così come vedesi nei ramuli di Microlhamnion Kiietzingianum Nàg. Quanto allo sviluppo del Chloroclonium elongaiuin poco mi re- sta da dire poiché esso non differisce gran fatto da quello caratteri- stico alle altre Ulotrichiacee. Più precisamente detta Alga si compor- ta pressoché nella stessa guisa come gli Entoderma, i Ctenocladus (3) e i Chlorotylium (4). In particolare il ciclo evolutivo si compendia 2) Die Chroìna(02)horen der Algen, Bonn 1882. 3) Vedi a pag. 156 di questi Studi. 4) Reinke, in Bot. Zeit. 187f>, pag. 470 in nota. CHLOKOCLONIUM 307 in due grandi periodi. Nel primo l"alga persiste allo stato confervoi- tav. xxv- deo; i raniuli si accrescono regolarmente nella maniera suddescritta e, compiuto l'accrescimento vegetativo, nuovi individui hanno origine col concorso di zoospore (macrozoospore). Le generazioni di detti in- dividui si succedono indefinitamente. La seconda forma di sviluppo è caratterizzata da una differente maniera di svolgimento vegetativo, secondo la quale gli articoli ces- sano di accrescersi in ramuli, varia la direzione primitiva dei piani di scissione delle cellule e queste, isolate, vanno a costituire delle as- sociazioni del tipo di Protococcus, Palmella ecc. Questa forma evolu- tiva tende a perpetuarsi e a conservarsi indefìnitivaraente per scissi- parità e col concorso di germi mobili. Questi ultimi possono assu- mere l'ufficio di zoogamete, in modo che la fase di cui discorriamo, ha un significato fisiologico ben importante: essa rappresenta uno sta- dio sessuale e giova a rinnovare e ricondurre l'organismo alle con- dizioni di sviluppo primitive. Dette fasi si succedono con regolare alternanza. Ciascuna di esse può conservarsi e ripetersi indefinitamente, oppure può seguire una temporanea sospensione di sviluppo influendo particolari condizioni ambienti. In quest'ultimo caso è affidata ad organi ibernanti partico- lari la conservazione dell'organismo. IL Nel genere Cliloroclonium, cessando l'allungamento dei ramuli, le cellule terminali di questi assumono l'ufficio di zoosporangi: evvi quindi una completa differenza del corpo vegetante in parti destinate alla riproduzione da quelle che giovano al lavoro nutritizio. Nel Chi. elongalum le due ultime cellule terminali, o quella ul- tima soltanto, divengono cellule madri degli zoosporangi. Sovente que- sti procedono dalla completa trasformazione di uno stesso ramulo; in quest'ultimo caso il ramulo consta di uno o di due articoli solamente. Nel Chi. parviclum alla formazione degli zoosporangi prendono parte più di 2 cellule di uno stesso ramulo. In qualsiasi caso la formazione degli zoosporangi comincia dagli SOS STUDI ALGOLOGICI articoli del sommo apice dei filamenti. Dette cellule direttamente, op- pure per avvenuta segmentazione transversale, divengono cellule ma- dri di zoospore. Tale processo non è seguito da alcun cambiamento nella forma; soltanto in confronto agli articoli vegetativi dette cel- lule presentano minore lunghezza. Gli articoli vegetativi rimasti sterili, si allungano alquanto, il pro- toplasma sparisce e poi anche a poco a poco vien meno ogni traccia di cromatoforo; in ultimo vuotansi completamente e costituiscono un si- stema di filamenti jalini delicatissimi e variamente serpeggianti sul substrato. Nel Chi. parvulum, essendo ì\ tallo ridotto ad esigue proporzioni, pochi sono relativamente gli articoli rimasti allo stato sterile. Gli zoosporangi maturi presentano una parete esile ma distinta. Per via della grande copia di granulazioni protoplasmatiche il con- tenuto apparisce costituito da una sostanza finamente granellosa e verde. Il pirenoide scompare al momento della formazione delle zoo- spore. Allora il contenuto, per reiterate segmentazioni trasversali, si divide in 2, più spesso, 4 od 8 parti, che divengono altrettante zoo- spore. Qualche volta hanno altresì luogo delle bipartizioni longitudi- nali, ed in questo caso lo zoosporangio presenta una forma ovale od ellittica ed un diametro trasversale maggiore di quello degli arti- coli vegetativi. Normalmente gli zoosporangi si aprono da un lato, per dissolu- zione parziale della parete, al momento della uscita delle zoospore; rare volte, in caso di zoosporangi esattamente terminali, la deiscenza ha luogo all'apice. Di un tegumento comune gelatinoso involgente le zoospore di uno stesso zoosporangio manca ogni traccia ed i germi escono alla spicciolata e si spandono nel liquido ambiente con moto rapidissimo. Essi sono ovali, con rostro jalino, breve; possedono due ciglia ed un minutissimo ocello rossigno laterale. In corrispondenza al rostro, più da presso al centro, si nota uno spazio circolare jalino che potrebbe avere il significato di vacuola pulsante. Il cromatoforo conserva nelle zoospore la sua ordinaria posizione laterale e cinge la parete prospiciente all' estremità rostrale protraendosi alquanto lungo i lati in mo' da pigliare una forma profondamente concava. I suoi mar- gini presentano accenni di minuti e irregolari lobetti. CHLOROCLONIUM o09 La germinazione delle zoospore non presenta nulla di notevole; essa ha luogo prontamente in acqua comune di fonte e dentro camere umide. Istruttive sono le colture di zoospore in un medium costituito da pro- duzioni gelatinose di altre alghe. A tal uopo mi sono avvalso del sub- strato offerto da una specie di Palmogloea. Di questa Desmidiacea io avevo raccolto nell'inverno del 1886 molti saggi su rupi umide e muscose dei dintorni di Messina. Siffatto materiale, dopo esaminato, venne conservato in laboratorio sotto campane di vetro e favorito da opportune condizioni d'umido, era rimasto per parecchie settimane allo stato di rigogliosa vegetazione: allora mi parve del caso spandervi al di sopra dell'acqua contenente una buona quantità di zoospore 'di Chi. elongatuni. La prova è stata seguita da risultati assai soddisfa- centi: in capo a una settimana i germi si erano svolti in lunghi fila- menti tratto tratto ramificati e del tipo di quelli particolari alla spe- cie di cui ci occupiamo. Sgraziatamente le mie ricerche non poterono essere seguite a lungo a causa del cessato sviluppo della Palmogloea e l'avvenuta dissoluzione della gelatina ambiente. Le colture in grande, in acquari, permettono di concludere che gli individui del tipo confervoideo provenienti dalla germinazione di zoospore sono suscettivi di svolgersi ancora per mezzo di germi mo- bili identici a quelli già descritti, rinnovandosi in tal guisa l'intiero sviluppo e ripetendosi questo probabilmente per parecchie generazioni fintanto che esso non viene interrotto da sfavorevoli condizioni am- bienti. 11 che ci è annunziato dalla formazione di cistidi. Quanto alle cistidi è da notare come tali organi provengano da cellule particolari dei filamenti vegetativi, le quali si scorgono ora isolate od a coppie, ora in parecchie formanti delle serie non inter- rotte. Detti elementi assumono caratteri propri quanto a maniera di formazione e struttura e quanto a svolgimento e sono per molti ri- guardi paragonabili ad identiche formazioni già descritte e figurate da me in altra parte di questi Studi a proposito dello sviluppo dello Cienocladus circinnalus (5). Le cellule destinate a trasformarsi in cistidi si distinguono di buon'ora dagli articoli vegetativi perchè, mentre questi seguitano ad (5) 7. pag. 42, tav. IV, (ìg. 11-12, i. 310 STUDI ALGOLOGICI allungarsi per divenire cilindrici, quelle cessano d' accrescersi in lun- ghezza, assumono a poco a poco una forma ovale ©sferoide, s'ingran- discono a grado a grado, cingendosi di una membrana molto spessa e stratificata concentricamente. Le cistidi mature si isolano dai filamenti vegetativi e passano allo stato ibernante. La germinazione di esse segue molto tardi ed è sotto questa for- ma di sviluppo che principalmente il Chi. elongatum si conserva du- rante il lungo periodo della stagione estiva sotto il clima di ^Messina. Durante la germinazione le cistidi si comportano come elementi dal tipo di Palmella; più propriamente esse danno origine a zoospore (microzoospore) nel modo che poi si dirà. Un'altra forma di sviluppo, che va annoverata a canto a questa or' ora descritta per cistidi, è quella rappresentata dalle figure 12 e 13 della tavola XXVL In questo caso i filamenti stessi sembrano diretta- mente fungenti da cistidi senza previa trasformazione degli articoli relativi. Questi vedonsi tutto al più provvisti di una parete alquanto più spessa dell'ordinario, e sono alquanto più corti. Del resto dette formazioni, anche nei casi rarissimi in cui i caratteri esteriori potreb- bero farle assimilare alle precedenti cistidi, durante la germinazione si comportano in una maniera del tutto particolare, in quanto che da esse prendono costantemente origine dei filamenti vegetativi normali ed individui del tipo confervoideo. III. La dissoluzione degli articoli vegetativi in elementi protococcoidei è una forma di svolgimento procedente quasi di pari passo a quella suddescritta ; ma non tutti gli individui mostransi idonei a percorrere questa nuova via di evoluzione. Presso altri invece, mentre gli articoli apicali dei ramuli svolgonsi in zoospore, quelli interni si scindono rei- teratamente e rapidamente in elementi sferoidi, che tosto isolansi per costituire dei cumoli irregolari dal tipo di Protococcus. In tal guisa riesce agevole il determinare in maniera positiva i rapporti di ambe- due le fasi evolutive in cui si compendia l'esistenza di un individuo di Chlor. elongatum. e H L 0 R 0 e L 0 N I U 51 311 Nou ho bisogno d'insistere sulle particolarità di siffatto processo : il fenomeno trova pieno riscontro in moltissime altre Alghe. Dirò bre- vemente come tutte le differenti forme caratteristiche di questa seconda fase e riscontrate nel corso delle mie ricerche spettano ai due tipi di- stinti di Palmella e di Protococcus, secondo lo stato di aggrega- zione degli elementi e la quantità di gelatina che serve a riunir-li. Al tipo di Palmella vanno riferite tutte quelle forme monocellu- lari che provengono da elementi a sviluppo temporaneamente sospeso. Contraddistingue, com'è noto, siffatte forme il grado notevole d'ispes- simento delia membrana cellulare. Questa, durante la germinazione, si distende; i suoi strati divengono piii distinti e ne deriva un ampio inviluppo di consistenza gelatinosa per lo più trasparente. Secondo il grado di appariscenza delle stratificazioni e la copia della gelatina le associazioni pigliano i caratteri delle forme descritte coi nomi di Pal- mella, Tetraspot^a, Gloeocystis ecc. Generalmente questo tipo tende a conservarsi per numero indeterminato di generazioni. Da filamenti a sviluppo normale non interrotto prendono origine delle forme caratterizzate da minore instabilità delle associazioni e che nei libri descrittivi potrebbero essere ricercate sotto i nomi di Pro- tococcus, Botri/ococcus, Cijstococcus, Pleuroconcus e simili, mancando presso tutte queste forme degli strati di copiosa gelatina cingente le cellule. Durante la fase di cui ci occupiamo meritano anzitutto particolare attenzione la forma e la struttura delle cellule, e la maniera di svol- gimento che esse seguono. Naturalmente gli elementi isolantisi tendono ad assumere una forma sferoide, la quale può modificarsi secondo il grado delle pressioni laterali subite, o rimanere inalterata se le cel- lule, per lo interporsi di uno spesso strato di gelatina o per altre cause, rimangono perfettamente distinte. Precisamente questi due casi estremi, legati da infinite transizioni, si osservano presso tutte le forme a svi- luppo monocellulare di Chi. elongalum. Notasi altresì, ma raramente, la tendenza ad assumere le cellule, completamente isolate, una forma bislunga e questa a persistere alcun tempo; in tali casi gli elementi possedono uno spesso inviluppo gelatinoso. Il cromatoforo conserva sempre i suoi caratteri fondamentali; la sua forma, essendo influenzata da quella della cellula cui appartiene, 312 STUDI ALGOLOGICI esso apparisce a mo' di ampio sacco che riveste e segue il contorno della cavità cellulare restando aperto da un solo lato. L'apertura for- mata dai margini è più o meno ampia e presenta degli orli sinuosi, rappresentando le sinuosità gli accenni di minute lobulazioni quali poi meglio sviluppate le osserviamo lungo i margini dei cromatofori degli articoli cilindrici della forma a sviluppo confervoideo. L'apertura stessa può alle volte restringersi a tal segno da scomparire interamente. V questo proposito sono degne di nota le relazioni esistenti fra le di- mensioni del cromatoforo e il grado d' intensità della luce ambiente. Ho ripetutamente rivolto la mia attenzione a tale argomento anche in occasione allo studio di parecchie altre alghe, ed i dati raccolti all'uopo proverebbero come i cromatofori di cellule esposte all'azione prolungata della luce diretta sogliono restringere il loro perimetro, il quale viceversa cresce di estensione sotto la influenza di debolissima luce. Le scabrosità del substrato, e le variabili accidentalità di esso, influiscono necessariamente sul grado d'intensità luminosa alla quale dovranno trovarsi esposti i diversi individui di una medesima specie e nulla di più istruttivo per rendersi conto di tale azione delle cellule di Chi. elongalum dove, per conseguenza del descritto endobiotismo, gli individui trovansi direttamente sottratti all'influenza della luce. Allo stato monocellulare gli individui di Chi. elongalum molti- plicansi per via di scissiparità e per mezzo di germi mobili. Ambo i due processi possono seguire con regolare alternanza succedendosi così senza interruzione generazioni di individui a sviluppo vegetativo a generazioni con sviluppo per zoospore. Ma ciò non costituisce la re- gola generale, mentre il caso più frequente è che indeterminato sia il numero delle generazioni a svolgimento vegetativo come del pari indeterminato quello per germi mobili e che presso certi individui la semplice bipartizione vegetativa rappresenti la sola maniera di svol- gimento normale che detti individui possiedono, mentre presso altri tale forma evolutiva par manchi afi'atto e la moltiplicazione sembra compiersi esclusivamente per mezzo di zoospore. Le colture pure di quest'alga e l'osservazione prolungata ci permettono di rintracciare in maniera evidente l'intimo nesso che lega ambo quei due processi di sviluppo. Sulla quale circostanza non è mai troppo l'insistere con- siderando come i rapporti esistenti fra quelle due forme di svolgi- CIILOROCLONIUM 3!3 mento sieno stati fino ad oggi ritenuti come caratteristica di alcuni importanti gruppi delle Protococcoidee. Durante il processo di bipartizione vegetativa notasi in generale come, a lungo andare, gli individui delle ultime generazioni tendano ad assumere a grado a grado delle dimensioni più esigue. Questo fatto trova perfetto riscontro in altri casi di cui ci siamo già occupati nelle pagine precedenti, e pu^ spiegarsi come effetto di un'attività incre- mentale che man mano tende ad affievolirsi ; il che mi convince sem- pre più che il processo di moltiplicazione scissipara sia molto sfavo- revole alla conservazione della specie. Tuttavia è da segnalare nel caso particolare della nostra Alga, come nel corso di generazioni di elementi che vanno sempre più rimpicciolendosi, possono taluni indi- vidui riacquistare le primitive maggiori dimensioni. E difficile però il precisare le ragioni di questo fatto; probabilmente trattasi di indivi- duali variazioni. L'accennato processo di divisione segue mediante segmentazioni in tutte le direzioni dèlio spazio, d'onde la costituzione di colonie varia- mente conformate, ora in forma di cumoli irregolari, ora globoidi o cubiche ecc. Le zoospore provengono da elementi vegetativi affatto immutati e per divisione del contenuto dei medesimi in 4-8-16-32 parti. Il nu- mero delle zoospore generate da una stessa cellula è ordinariamente in relazione colle dimensioni di essa cellula, tanto che da elementi molto piccoli possono alle volte prendere origine 2 zoospore soltan- to. Tuttavia i germi stessi presentano un' estrema variabilità nelle dimensioni loro, potendo essi misurare da 2 fino a 8 micr. di larghezza e 3 fino a 12 micr. in lunghezza. Variabile è altresì la forma da quella ovale, con rostro brevissimo ed ottuso, a quella bislunga o di fuso eoa rostro gracile e aguzzo. Del resto i germi stessi somigliano comple- tamente a quelli appartenenti alla forma a sviluppo confervoideo sopra descritta. Al momento in cui le zoospore raggiungono il loro completo svi- luppo, gli strati esterni delle pareti delle relative cellule madri tendono a sciogliersi: è una soluzione totale che si arresta però agli strati più interni; e ciò in qualunque caso, sia pur lo spessore delle pareti di grado minimo od anche ragguardevole. Conseguentemente gli elementi A. Bopzi Studi Mgologici 4t 314 STUDI ALGOLOGICI incistati, essendo provveduti di una membrana molto spessa, questa, durante la uscita delle zoospore, si gonfia e stendesi in modo da for- mare all'intorno della cellula un ampio inviluppo trasparente, il più delle volte stratificato in direzione concentrica. Per via di tali dispo- sizioni le pareti delle cellule zoosporifere s'assottigliano considerevol- mente; infine si sciogliono da un lato per dar passaggio ai germi. Questi, nell'atto in cui lasciano la cavità dello zoosporangio, veggonsi involti dentro un comune sacco gelatinoso che infine abbandonano e spandonsi nell'acqua. Il valore fisiologico dei descritti germi è diverso, senza che alcuna dififerenza di forma, di struttura ecc. si noti in essi. Molti germinano immediatamente e danno origine a nuove generazioni di elementi a sviluppo vegetativo dal tipo di Pleurococcus. Palmella ecc.; altri germinando servono d'inizio ad associazioni a svolgimento per zoospore dal tipo di Proiococcus; parecchi infine accennano a fenomeni di co- pulazione che si completano colla costituzione di una zigospora iber- nante. In tutti i casi i germi mostransi capaci di sviluppo ulteriore. Il che ci permette di concludere che anche in questo caso del genere Chloroclonium non esiste una vera difi"erenziazione sessuale; l'adem- pimento di così importante funzione è affidato a germi mobili d' in- dole agamica capaci forse, sotto date condizioni, di copularsi. Sullo sviluppo ulteriore delle zigospore nulla potrei dire. Questi organi, cinti da una membrana spessa, rigida, liscia sono certo suscet- tivi di sopportare le sfavorévoli condizioni dell' ambiente. Esposti a prolungata secchezza resistono inalterati ; la cavità si riempie di fitte gocciole oleose, che per eff"etto di forte insolazione prendono una tinta rossastra. A somiglianza di quanto è stato osservato in altre alghe, è possibile la supposizione che, germinando, le zigospore riconducano l'organismo allo stato primitivo confervoideo. Sicché questa seconda fase a svolgimento monocellulare del Chi. elongatum avrebbe alla fine un limite determinato dall'atto copulativo delle zoospore. In tal guisa l'intiero ciclo evolutivo di quest'alga potrebbe rias- sumersi nel seguente schema : CHLOROCLONIUM Stato a sviluppo confervoideo 315 (macro)zoospore Stato monocellulare a svolgimento indefinito vegetativo (micro)zoospore copulazione zigospore Stato a sviluppo confervoideo IV. A compimento delle precedenti notizie debbo in ultimo rammen- tare alcuni casi di sviluppo anomalo segnalati nel corso delle mie ricerche. Avendo avuto a mia disposizione abbondante materiale io potei istituire numerose colture e per molto tempo seguirne lo sviluppo. Nell'inverno del 1889 in alcuni acquari osservavo associati alle for- me di sviluppo sopraddescritte degli elementi riferibili ai noti Raphi- dium. Per mezzo di adequate ricerche mi riuscì allora agevole il de- terminare in quali rapporti stessero dette cellule col nostro Chi. elon- gatum. Il materiale di coltura era in prevalenza costituito da ele- menti a sviluppo palmellaceo, parecchi svolgentisi per zoospore. Se- guendo queste in tutti i particolari di formazione, esaminandole al mo- mento della uscita e quindi libere nell'acqua, si notavano frequentis- simi casi di fusioni congenite identiche a quelle che abbiamo descritto trattando dello sviluppo anomalo di Proloderma, Prasiola ecc. Per mezzo di tubetti di vetro aguzzati in punta capillare ad una estremità mi veniva fatto di raccogliere una buona quantità di siffatte forma- zioni e coltivarle per parecchi giorni sul copri oggetti di una camera umida. Insieme ad esse erano state portate via delle zoospore normali : 316 STUDI ALGOLOGICI i risultati delle colture non potevano essere di più istruttivi, restando cosi provato che mentre le zoospore isolate svolgevansi in elementi normali protococcoidei, le altre, fuse anormalmente per mezzo delle estremità contrarostrali, davano origine soltanto a cellule di Raphidium. Quanto allo sviluppo ulteriore di quest'ultima forma nulla saprei dire, essendo state le mie ricerche del tutto infruttuose. Il genere Chloroclonium include probabilmente delle forme già note agli autori molto imperfettamente. Allo stato sterile difatti non è possibile distinguere queste dagli Entoderma, pur esse forme en- dofitiche, a fili ramificati e costituiti secondo il tipo di Chloroclonium. Non saprei quindi con certezza precisare se taluna tra le forme di Clo- roficee descritte dal Reinsch col nome di Entonema , o dal Kiit- zing sotto la denominazione di Peripklegmaiium , siano da collo- carsi fra' Chloroclonium. È difficile pur dire se l'endobiosi sia una caratteristica di tutte le specie riferibili al nuovo genere Chloroclo- nium, vista la possibilità di poter coltivare quest'alga sulle pareti umide di un acquario. L'endobiosi potendo rappresentare una condizione di esistenza facoltativa, uno stato precario, opportuno, utile anzi, in date circostanze, non sarebbe impossibile che questa facoltà mancasse a talu- ni individui. Se così fosse, mi nascerebbe il dubbio che il Chloroty- liuni coriaceum, descritto e divulgato dallo Zeller nelle Decadi Ra- benhorstiane sotto il n. 1989 dovesse riferirsi al genere Chloroclonium. Non insisto su questo ravvicinamento poiché, anche colla scorta dei saggio autentico citato, riesce difficile il raccapezzarsi sul valore del- l'Alga dello Zeller. Al genere Chloroclonium vanno peraltro con certezza riferite al- cune forme oltre al descritto Chi. clongalum e che ho rinvenute co- stantemente simbiotiche : sono il Chi. gloeophilum e il Chi. parvulum. Dai caratteri esposti risulta come esse forme possano benissimo essere considerate come specie distinte. CHLOROCLONIUM 317 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA XXV. Cìdoroclonium eloìigatum Bzì. Firj. 1. — Porzione di un tallo allo stato vegetativo. > 5, — II medesimo allo stato zoosporifero. » 3. — Sommità di un tallo con zoosporangi in via di evacuazione. » 4. — Stadi successivi di germinazione delle zoospore provenienti dagli zoosporangi delle figure precedenti. » 5. — Filamenti sterili con cistidi solitarie. » 0. — I medesimi con cistidi a serie. » '7-8. — Germinazione delle cistidi. » 9, _ Ulteriore sviluppo delle cistidi e formazione di (micro)zoospore. , iO-ll. — Germinazione delle (micro)7,opspore e costituzione di elementi a sviluppo protococcoideo e palmellaceo. TAVOLA XXVL Cìdoroclonium elonriatmn Bzì. Fig. 12-13. — Filamenti vegetativi incistati ed in via di germinazione. » 14-15. — Due cellule di filamenti della figura precedente in via di germi- nazione, molto ingrandite. » 16. — Filamenti a incipiente sviluppo monocellulare. » 17'20.— Casi vari di svolgimento di cellule dello stadio palmellaceo; le zoospore presentano delle fusioni anomale. > 21'23. — Germinazione delle zoospore della precedente figura e incipienti stadi di formazione di individui a mo' di Rhaphidium. > 24. — Individui perfetti di Rhaphidium. 318 STUDI ALGOLOGICI Chloroclonium parvulum Bzi. Fig. 25. — Un individuo allo stato fruttifero. NB. Tutte le figure sono ingrandite 400 volte, salvo le 14% 17*, 18% 19% 20% 21% 22% 23% 24* che sono rappresentate sotto un ingrandimento di 60O diametri e quella 15* che è ingrandita 900 volte. PLEUROTHAMNION nov. gen D^ Thallus e filamentis articulatis, crebre ramosis, sajpe calce induratis et in caespitulos densissimos, pulviniformes aggregatis, constitutus. Articuli vegetativi omnes ramigeri, vetustiores ovales vel elliptici, juniores magis elongati, cy- lindracei, chromatophoro unico, ampio parietali, toto ambitu in lacinulas vel lobulos valde inaequales, irregulariter partito et pyrenoide amylifero instructo, Ramali primarii decum- bentes ; secundarii adscendentes vel erecti et, modo iterum iterumque ramellis ab eodem articulo geminis opposite ex- crescentibus decompositi, modo alterne distiche ramulosi, raro in ramulos unilaterales exeuntes ; ultimi omnes ex articulo singulo sursum egredientes et regulariter secundatim dispo- siti. Zoosporangia ovalia, obovalia, vel ellipsoidea ex arti- culorum vegetativorum omnium repetita bipartitione trans- versa etiamque longitudinali, procedentia. Zoosporse 4-8 in quoque zoosporangio, ovales, rostro brevi, ciliis binis, ocello rubro laterali prseditse. Evolutio thalli centrifugalis ; ramulorum vegetatio api- calis, definita; articuli vegetativi, setate provecta, repetita bipartitione ad tres directiones alternante, in statum pal- melloideum transeuntes. Status sexualis ignotus. P. papuasicum, n. sp. Art. veg. diara. long. 10-25 u.. Art. veg. crass. 6-8 u.. Zoosporang. lat. 10-15; Zoosp. crass. 3-5 a. 320 STUDI ALGOLt)GICI Hab. ad crania humana insepuUa. in solo humido Insule^ Woodlark (Papuasia). Leg. Dr. L. Loria. Intorno a questo nuovo genere ebbi di già occasione di spendere qualche parola trattando di alcune nuove alghe di Papuasia (1) rac- colte su crani umani dissepolti appartenenti alla collezione del Museo antropologico di Roma. Un cenno particolareggiato sulla organizza- zione e sullo sviluppo della specie presa come tipo di detto genere parmi ora opportuno, sia perchè ciò trovo meglio conforme all'indole di questi Studi, sia perchè le esposte notizie sui generi, Protoderma, Entoderma e simili ci permettono di stabilire estesi raffronti siste- matici. Di più, le mie ricerche sul genere Pleurothamnion si sono di molto approfondite in seguito a quella pubblicazione per effetto di un prolungato soggiorno dei pezzi ossei suddetti in acqua. In tali con- dizioni l'Alga si è potuta conservare non solo vegeta ma svolgersi rapidamente ed in tale copia da invadere interamente le pareti degli acquari e la superfìcie tutta del substrato. Ciò seguiva nel mese di dicembre del 91 e nel gennaio dell'anno in corso. L'Alga, di cui è parola, veniva per la prima volta osservata sulla superfìcie di alcuni pezzi craniali e di un mascellare, alla quale essa conferiva una tinta verdiccia. Occorreva che la osservazione venisse fatta trattando prima il materiale con acido acetico, trovandosi i fila- menti dell'Alga immersi in una sorta di ganga di carbonato calcareo formante un tenue indumento sulla superfìcie dei pezzi ossei. Accen- nai altrove alla probabile origine chimica di detto prodotto minerale e credetti perciò giustificabile l'opinione che quest'alga fosse d'aggiun- gersi al novero di quelle cosiddette perforanti e delle quali si sono re- centemente occupati i signori Bornet e Flahault (2). Io sono oggi in grado di confermare in parte tale giudizio, aggiungendo soltanto che il Pleurothamnion papuasicum è suscettivo altresì di crescere in un mezzo scevro di materiale calcareo, e liberamente svolgersi e compiere il suo sviluppo sulle pareti di recipienti di vetro esposti all'umido In tali condizioni detta Alga mi porgeva occasione di estese ricerche, le quali formano appunto argomento di questo studio. (1) V. Nuova Noiaìisia 1892. PLEUROTHAMNION 321 I. Nelle condizioni su accennate il PLpapuasicum è visibilissimo ad tav. xxvii occhio nudo formando sul substrato degli esigui pulvinuli dal con- Fig- terno tondeggiante e dal colorito intensamente verde, misuranti fino ad 1 millimetro e mezzo di diametro. Ogni cuscinetto consta di un fitto plesso di filamenti ramificati secondo norme determinate: le ra- mificazioni sono frequenti, basti dire che da ogni cellula prendono origine nel tempo stesso uno o due ramuli. L'accrescimento comples- sivo dei singoli talli è evidentemente centrifugo; quello dei fili e delle rispettive ramificazioni, terminale; per accrescimento intercalare passano i filamenti alla fase riproduttiva; tuttavia l'ordine di svolgimento se- gue sempre nella direzione centrifuga. Rivolgendo la nostra attenzione a talli di diiferenti età, e cresciuti in diverse condizioni, agevolmente si riesce a formarsi un concetto della loro struttura. Vi distinguiamo in generale un sistema di fila- menti primari derivati immediatamente dalla germinazione delle spore e che si stendono serpeggianti per piccolo tratto sul substrato, accre- scendosi per le due opposte estremità. Dai singoli articoli prendono tosto origine delle ramificazioni secondarie che si dispongono lungo i due lati dei fili precedenti crescendo come questi adesi e repenti sulla superficie del substrato. Ordinariamente ogni articolo dà luogo, per germinazione bilaterale, a due rami secondari, i quali, partendosi sia in direzione opposta, sia alquanto alternamente, assumono una posizione distica che ricorda moltissimo quella delle prime ramificazioni di uà Calliihamnion. I nuovi rami che si succedono, tendono a disporsi pa- rimenti col medesimo ordine distico e così pure nella stessa guisa le ulteriori ramificazioni. Se non che, a sviluppo inoltrato, cessa intera- mente la formazione di rami distici e le ramificazioni piìi recenti veg- gonsi tosto rivolte tutte verso una medesima direzione; la quale dispo- sizione unilaterale rimane poi definitivamente come caratteristica delle ultime fasi di accrescimento vegetativo dei filamenti. Naturalmente a partire dalle prime generazioni i rami tendono a staccarsi dal sub- strato; così è che a sviluppo compiuto l'insieme delle frondi assume la forma di un cuscinetto dal contorno tondeggiante. A. BOEZl StuU AtrjOlOglCi il 322 STUDI ALGOLOGICI Al momento della sua formazione ogni raraulo si presenta a mo' di emergenza laterale della cellula cui appartiene; la cavità di detta cellula continuasi con quella dell'articolo basale di detto ramulo:uua separazione avviene a tarda età, al momento della genesi degli zoo- sporangi. Gli articoli variano di lunghezza: tipicamente cilindrici, divengono più tardi ellissoidei od ovali: la forma tipica si conserva tuttavia in quelli appartenenti a' rami di più recente formazione, i quali pure si presentano maggiormente estesi in lunghezza. Il diametro trasversale degli articoli varia da 6 a 8 micr. Ogni articolo contiene un ampio cromatoforo, il quale a mo' di sottile placca, cinge da un solo lato la cavità cellulare. La sua forma è sempre in rapporto con quella degli articoli. Laddove questi sono brevi e di tipo isodiametrico, il perimetro dei cromatofori piglia una configurazione circolare; crescendo la lunghezza degli articoli stessi, aumenta nella stessa misura e direzione la estensione delle placche cromatoforiche. In tutti i casi però resta inalterata la struttura origi- naria: cosi è che il contorno apparisce costantemente scompartito in lobi 0 lacinie di varia estensione e ampiezza, alle volte anche semplice- mente accennate da lievi e irregolari sinuosità. In generale dette lacinie sono vieppiù sviluppate nella direzione del maggiore asse del croma- toforo. Non di rado esse fondonsi parzialmente dando luogo a per- forazioni. Ogni cromatoforo contiene un vistoso pirenoide a indumento ami- lifero. La materia amilacea è limitata soltanto a questa regione della cellula mentre il contenuto non no presenta tracce e, a quanto pare, la sostanza ternaria assume i caratteri di olio o grasso, cosi come vedemmo nelle Prasiola. Nuli' altro di notevole presentano le cellule allo stato vegetativo. La loro parete è piuttosto sottile e liscia e dà le caratteristiche rea- zioni del cellulosio. Dallo stato vegetativo, testé esaminato, il Pleurothamnion papaia- sicuni passa a quello riproduttivo appena le frondi abbiano raggiun- to un diametro di '/^ a 1 e i/o mill. Allora le cellule danno luogo a formazione di zoosporangi. Il processo di trasformazione comincia dalle regioni più vecchie del tallo e procede regolarmente verso la sommità PLEUROTHAMNION ■ 323 dei ramuli; segue, cioè, collo stesso ordine centrifugo col quale si tav. xxvii compie l'accrescimento vegetativo. Nel genere Chloroclonium notammo come ogni zoosporangio prò- Fig. i venga dalla segmentazione di dati elementi vegetativi, quelli, cioè, posti al sommo apice dei ramuli. Presso il genere Pleurothamnion invece tutte le cellule del tallo indistintamente sono capaci di generare degli zoosporangi, coli' ordine indicato; ma anche questi formansi in seguito ad un processo di segmentazione che subiscono gli elementi vegeta- tivi. La segmentazione avviene prima nella direzione trasversale in modo che ogni articolo, secondo la sua lunghezza, rimane scompartito in 2 oppure in 4 articoli filiali relativamente brevi o tutto al più di forma isodiametrica; indi questi ultimi tornano a bipartirsi nella di- rezione longitudinale ed i segmenti separati divengono tosto cellule madri delle zoospore. Questo processo formativo può però arrestarsi alla prima fase, in modo che gli zoosporangi procedono da una prima ed unica segmentazione trasversale degli articoli vegetativi. Sono ap- punto le cellule vegetative delle estreme terminazioni rameali che cosi si comportano. In qualunque caso le cellule madri delle zoospore acquistano i ca- ratteri di zoosporangi in seguito ad uno sviluppo ulteriore. Esse cre- scono a grado a grado di volume ; originariamente di forma quadrata o cubica, divengono a poco a poco sferoidi, ovali od ellittiche: l'accresci- mento è disuguale, più pronunciato verso una parte la quale risponde al lato di deiscenza. Così, fortemente esse emergono col contorno loro convesso sul profilo dei ramuli dapprima continuo; questi divengono torulosi, irregolarmente curvi e contorti e l' insieme della fronda perde interamente la primitiva caratteristica regolarità nella disposizione delle sue parti. A maturità gli zoosporangi si aprono all'apice per dar passaggio alle zoospore. Queste provengono da bipartizione reiterata del conte- nuto secondo tre direzioni. Ne derivano 8 zoospore normalmente, di rado 12 o 16. Al momento dell'uscita scorgiamo i germi stessi rac- chiusi dentro un comune sacco gelatinoso, trasparente che rapidamente si scioglie. Le zoospore si muovono vivacemente nel liquido circostante; il Fjg. moto può durare mezza giornata al più. Sono ovali, con rostro breve, 324 • STUDI ALGOLOGICI Lxviii. a cui s'inseriscono due esili ciglia; notasi lateralmente un ocello ros- signo; misurano una lunghezza di 3-5 a. ,_ Ho seguito lo sviluppo ulteriore delle zoospore dentro camere umi- de. Esse germinano immediatamente nella maniera ordinaria e danno origine a nuovi talli identici a quelli suddescritti. II. Nei miei acquari, come dissi, il Pleurolhamnion si era, nel corso di alcuni mesi, considerevolmente sviluppato ricoprendo ogni parte di uno spesso grumo mucoso, verdastro. I talli normali, già frequenti alla fine dell'autunno, nel principio, cioè, delle mio ricerche, erano quasi totalmente scomparsi più tardi ; la vegetazione di quelli veniva sosti- tuita da straordinario sviluppo di colonie dal tipo di Palmella pigliando queste un enorme sopravvento. i2_ Crescendo la nostra alga associata a frequenti cespuglietti dell'ele- gante Stigeoclonium plumosutn Ktz., restava il dubbio che tali for- mazioni potessero avere origine da quest'ultima Alga. Le colture in grande, mancando perciò d'efficacia per la soluzione di tale quistione, rivolsi ogni studio al materiale proveniente dalla germinazione delle zoospore, già descritte, ormai raccolto sulle pareti di piccoli acquari di vetro. Nel corso di tre mesi le colture erano notevolmente progre- dite e le pareti dei recipienti apparivano ricoperte da una densa pa- tina verdastra, in mezzo alla quale spiccavano, come punti distinti, dalla tinta verde intensa, dei cespuglietti normali di Pleurothamnion. La mia attenzione veniva rivolta precisamente a quest'ultimo materiale: l'osservazione di più mesi mi porgeva argomento di rilevare come an- che quest' Alga possieda uno stadio di svolgimento monocellulare pari alle forme precedentemente studiate. Essa fase procede da dissoluzione degli articoli vegetativi, previa bipartizione dei medesimi. La detta di- visione segue allo stesso modo come se si trattasse della formazione di zoosporangi. Gli elementi nelPatto di separarsi hanno una forma sferoide^ ovale od ellissoide; il loro diametro è superiore ordinaria- mente a quello diagli articoli vegetativi da cui essi prendono origine; maggiormente spessa n'è pure la parete e questa si distende e costi- tuisce, durante lo sviluppo ulteriore degli elementi medesimi, i carat- P L E U R 0 T H A M N I 0 N o2u teristici integumenti gelatinosi onde le associazioni prendono, secondo tav. xxvir i casi, la forma di Palmella, o di Gloeci/stis e simili. Il passaggio allo stato monocellulare non è seguito da alcuna va- pig. u riazione nella struttura dei singoli elementi; il cromatoforo presenta più distinta la sua forma originaria radiato-stellata e conserva sem- pre la sua posizione laterale; se non che più frequenti appariscono le granulazioni oleose. L'ulteriore svolgimento di tale forma si compie tanto per zoospore Fig. 13 come in via vegetativa: ambo questi due processi qualche volta s'al- ternano regolarmente; altre volte invece par che predomini or l'una or l'altra forma. Indeterminato è in tutti i casi il numero delle ge- nerazioni. La divisione vegetativa ha luogo generalmente nella direzione delle tre dimensioni, ma non sempre regolarmente si alternano i piani di scissione. Gli elementi delle diverse generazioni conservano quasi sem- pre la tipica forma sferica; di rado tendono ad assumere un contorno ellissoide. Quando ciò avviene evvi d'ordinario. negli elementi la ten- denza a formare delle piccole colonie distinte dal tipo di Nephrocij- tium. Il diametro delle cellule varia da un maximum di 25 f^ ad un minimum di 4 u ed in generale notasi una certa riduzione di volume nel corso delle differenti generazioni. Le stesse considerazioni valgono per le zoospore. Queste hanno la Fig. ; medesima forma di quelle provenienti dai talli normali sopra descrit- ti, ma variabili sono le loro dimensioni da un ìnaximum di 20 u. in lunghezza ad un minimum di 3 a. Nascono per divisione del contenuto cellulare in 2, 4, 8, 16, 32 parti e vengono messe in libertà per dis- soluzione quasi totale delle pareti delle proprie cellule madri. Fra le numerose varianti i-elative a numero, disposizione ecc., che le colonie a sviluppo per germi mobili presentano, è degna di menzione la forma rappresentata nella figura citata a margine. Le zoospore .sono relati- vamente molto grandi, di forma ovale od ovale-bislunga; dopo aver vagato per l'acqua poche ore, si arrestano, cingonsi di un sottile in- viluppo trasparente, indi si bipartiscono in direzione obbliqua: ne deriva una piccola colonia di due elementi i quali immediatamente divengono altrettante zoospore. Talora la colonia risulta da quattro cellule. In ogni modo lo stadio di riposo dei germi è di brevissima 326 STUDI ALGOLOCtICI XVIII. durata e le piccole colonie temporanee che ne derivano rimangono unite da un tenue inviluppo gelatinoso trasparentissirao. • Le maggiori dimensioni di germi provenienti da dette associazioni rendevano agevole uno studio alquanto particolareggiato sulle interne condizioni di struttura delle zoospore. Per consiglio del chiar. Prof. Caglio volli anzitutto esperimentare l'azione di alcune sostanze medicamentose sul moto delle zoospore. Il cloridrato di cocaina e di chinina e il solfato di stricnina sciolti in acqua in proporzioni le piiì es'gue, persino all' 1 per %j, arrestano più 0 meno rapidamente il movimento dei germi (3); lo stesso avviene in seguito a trattamento con una soluzione al '/^ per %o di idrato di cloralio. Nessun' alterazione segue nell'intima organizzazione del corpo delle zoospore. Le ciglia rimangono distese quasi fossero irrigidite ed anche visibili senza l'impiego di reattivi coloranti. Distinta apparisce una tenuissima membranella trasparente che segue il contorno del corpo. Verso la sommità rostrale detta membrana presenta la traccia di due perforazioni che servono di passaggio ai cigli ; in questo stesso punto la membrana medesima presenta un maggiore ispessimento. Notevole è la circostanza che le zoospore, così trattate, possono facilmente co- lorirsi mediante il verde di metile e l'eosina. Questi reattivi mettono in rilievo in maniera evidentissima la descritta membrana e le per- forazioni cigliari. Si notano altresì le due vacuole pulsanti situate alla base del rostro. 7. Ignoro per quale via l'Alga ritorni alle primitive condizioni di sviluppo, né saprei precisare se i descritti germi sieno suscettivi di svolgimento sessuale come in altri casi già considerati. Certamente anche in mancanza di zigospore ibernanti anche le cellule isolate possono adempiere l'ufficio di conservare l'organismo al sopraggiun- gere di condizioni sfavorevoli; divengono, cioè, delle cistidi. Queste sono perfettamente sferiche e cinte di una membrana molto spessa e resistente; la cavità è ripiena di gocciole oleose, brillanti; a tarda età le cistidi assumono una tinta rosso-mattone per la presenza di una (3) Uno studio più esteso di tali azioni formerà quanto prima oggetto di particolare pubblicazione. PLEUROTHAMNION 327 materia colorante che parrebbe uua modificazione delle precedenti goc- tav. xxvn- ciole. Lo cistidi germinano come gli elementi vegetativi ; il più delle volte esse danno origine a zoospore. Fig. le III. Intorno alla posizione sistematica del genere Pleurotliamnion poco mi resta da dire. Le sue affinità coi generi Protoderma, Enioderma, Chloroclonium e Ctenocladus sono evidentissime. Identica ne è infatti la organizzazione degli articoli vegetativi, come pure identica la ma- niera di sviluppo. L'indole delia ramificazione ci permette però di graduare le differenze generiche, collocando quest'alga presso gli Cte- nocladus per via della disposizione unilaterale dei ramuli. Da questo stesso genere il Pleurothamnion papuasicum però si allontana al- quanto essendo tutti gli elementi vegetativi suscettivi di trasformarsi in zoosporangi, né questi giammai procedono da svolgimento di de- terminate cellule dall'apice dei ramuli. Per tale considerazione la nostra alga si comporta in certa qual guisa come gli Entoderma per quanto qui non esiste una vera diff"erenza nella forma esteriore tra elementi vegetativi e zoosporiferi. Non resta parimenti alcun dubbio che i sud- detti generi, inclusivi anche i Chlorotylium, formino parte integrante di un unico gruppo sistematico riferibile alle Ulotrichiacee; ma di ciò sarà detto meglio ad altro luogo. 328 STUDI ALGOLOGICI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA XXVII p(g^ ;. _ Porzione di un lilamcnte vegetativo mostrante la organizzazione degli articoli vegetativi (-j— )• , 2-6. — Stadi successivi di sviluppa di talli procedenti da germinazione /500\ delle zoospore ( -p^- ., /50(i\ » 7. — Tallo giovanile \-y)- . /500\ » 8-0. — Casi diversi di formazione degli zoosporangi y-r-)' » 10. — Zoosporangi maturi e uscita delle zoospore (^y- TAVOLA XXVIII /500\ Fi(). IL — Talli a sviluppo monocellulare ( -ì— )• » 1-3. — Ulteriori stadi di svolgimento della forma precedente. » 13-15. — Casi diversi di sviluppo per zoospore l^-f-)- » 10. — Cistidi (^)- » 17. — Sviluppo delle cistidi (-;—)• ,. • ,-. /IOOOn » 18. — Zoospore molto ingrandite i— p- )• CH^TOPELTIS Berth. (eh. auct.) Bertholdia, Lagerh. in Nuova Notarisia, 1890, p. 225. (non SCHMITZ). Com'è noto, il genere Chcetopeltis veniva per la prima volta sta- bilito dal Berthold (1), assumendovi come tipo una piccola Clorofic ea a talli disciformi, aderenti al substrato per la faccia inferiore, dall'; a- spetto di una Coleochceie, e provvisti, come le specie di quest' ultimo genere, di lunghe e delicatissime setole jaline. L' egregio Autore dava di quell'Alga una succinta descrizione accennando nel tempo stesso ad alcune particolarità relative allo sviluppo di essa; in tutto delle notizie molto imperfette lasciando largo campo alle discussioni. Cosi è che 1' Hansgirg (2) ebbe a dubitare del valore sistematico di questo genere mettendo in rilievo la rassomiglianza dei talli con frondi d' individui agamici di Coleochcete scutata. Per questa ragione il genere Chcetopeltis figura nella Sylloge del De Toni (3) fra le Coleochetacee per quanto il chiaro Autore ne sospettasse dubbia sif- fatta posizione sistematica. Ad accrescere le incertezze compariva nel 18SS un lavoro del Signor Mobius riflettente lo sviluppo di una pretesa nuova specie dello stesso genere: la Chcetopeltis minor. Quest'alga, secondo i dati esposti dal chiarissimo Autore, differisce dalla specie Bertholdiana per le minori dimensioni della fronda, e soprattutto perchè priva delle appendici setoliformi già rinvenute dal Berthold nella sua specie e (1) G. Berthold, Unters. vb. die Yerzìceig. einig. Sussicass., p. 53, Tab. V, flg. 6-14. (2> Cfr. Flora, 1888, p. 219. (3) Cfr. 1, p. 7 et 11. U) Nei Ber. ci. deuisch. boi. Ges., Voi. VI, 1888, p. 242, tav. XII. A. BoFZl studi Al'jologici 330 STUDI ALGOLOGICI prese come una delle caratteristiche fondamentali del genere. Que- st'ultima particolarità, secondo il Mòbius, non escluderebbe siffatto rav- vicinamento dappoiché quel carattere fondasi sopra una erronea osser- vazione del Berthold, giacché quei fili, giusta una comunicazione epi- stolare di quest'ultimo, non rappresenterebbero che delle casuali forma- zioni del tutto estranee alla fronda, o meglio dei filamenti di Lepto- thrix. Per tale considerazione il Móbius credette che meglio convenisse collocare il genere Chcelopeliis fra le Croolepidacee accanto alle Phycopeltis, ai Phyllaclidium, e simili, in confronto ad altra siste- matica ubicazione. Ammesso quindi che le frondi di Chcf-iopeltis fossero sfornite delle su mentovate setole jaline, restava da ricercare fino a qual punto que- st'Alga differisse dai Chromopellis Reinsch, e dagli stessi Phyllacti- dium e Phycopeltìs. Comunque sia, la nuova definizione del genere Chcelopeliis veniva integralmente accettata dal Wille (5) ; e visto che quella denominazione ormai mal conveniva etimologicamente all'Alga del Berthold, il Lagerheim (6) tosto proponeva che si mutasse in Schmitzia il nome di un nuovo genere di Floridee, di recente sta- bilito dallo Schmitz (7) ed intitolato Bertholdia, riservando questo nome per la Clicctopeliis orbicularis. Dopo tutto questo, sembra fuor di proposito ogni discussione, tanto più che le ricerche del Mòbius, per quanto riflettano una sola specie del genere Chcetopellis, o Bertholdia, come si voglia, parrebbe aves- sero ormai maggiormente approfondite le nostre conoscenze intorno a tali Alghe. In fatto però non è cosi, e la fortunata opportunità che mi si è presentata, non è guari, di poter studiare ex vivo e lunga- mente seguire lo sviluppo della stessa Chcntopeltis orbicularis, mi ha fatto acquistare la convinzione che quanto ci è noto intorno al genere ChcBtopeliis, è veramente ben poca cosa. L'alga che io riferisco a tale specie, veniva ripetutamente raccolta (5) V. Engler; Prantl: Naturi. Pflnnzeufam. 103 (Algen). (6) Nella Nv/)va Notarisia, Ottobre 1890, p. 22.5. (7) Systematisclie Uebcrsicht der bisher bekannten Galtimgen der Florideen, nella Flora, 5 fase. 1889. CH^TOPELTIS 331 da me nel padule di Orlora sulla Lemna minor, sulle foglie som- merse di Iris Pseuclo-acorus ed altre piante aquatiche, ove cresceva in grande copia associata a molte altre alghe verdi, tra cui Proto- derma, Aphanochcete repens, ColeochcBfe irregularis e scutata. Una certa rassomiglianza delle sue frondi coi talli di quest'ultima specie segnatamente la presenza di setole epitalline mi avevano in sulle prime indotto il sospetto che quelle espanzioni verdi, disciformi rappresen- tassero delle frondi sterili di una Coleochceie. Più tardi, casualmen- te , mi veniva fatto di osservare dei talli in via di sviluppo per germi mobili. D'allora in poi io rivolgeva in particolar guisa la mia attenzione a quest'alga e rimosso il primo dubbio circa alla sua iden- tificazione colla Coleochceie scutata, mi rimaneva il sospetto che essa potesse essere qual cosa di diverso dal Chcetopeltis orbicularis Berth., sospetto avvalorato dalle citate ricerche del Mòbius e specialmente dalle indicazioni relative alla mancanza di appendici epitalline. Tutti gli esemplari da me esaminati essendo costantemente forniti di simili produzioni, rivolsi anzitutto ogni studio alla ricerca di queste, deter- minandone l'origine, e le relazioni col tallo. Degli espedienti di cui mi son valso all' uopo sarà detto poi ; per ora mi basti notare che ac- certata in maniera positiva la presenza di esse produzioni quali or- gani propri al tallo e caratteristici della specie di cui è parola, cre- detti utile rivolgermi direttamente al Prof. G. Berthold in Gottinga, sottoponendo al di lui esame qualche esemplare di quell'Alga, e l'e- greg' Uomo ebbe tosto la cortesia di assicurarmi che l'alga da me rac- colta fosse perfettamente identica alla sua Chcetopellis. E tale con- vinzione io acquistavo ancor meglio confrontando i miei saggi colle figure della importante opera dal Prof. Berthold. Studiando la organizzazione e Io sviluppo della Chcetopeltis or- bicularis ho richiamato in maniera speciale la mia attenzione alla struttura delle cellule e dei cromatofori, e particolarmente alla costitu- zione delle setole epitalline, mettendo a riscontro le mie osservazioni con quelle del Mobius, essendo questi utili elementi per chiarire meglio la posizione sistematica di quel genere e determinarne i caratteri in via definitiva. Seguendo lo sviluppo vedremo come questo non difi"erisca gran fatto da quello proprio a molte forme già studiate nelle pagine pre- 332 STUDI ALGOLOGICI cedenti e i dati raccolti potranno formare argomento di alcune appli- cazioni di valore sistematico. I. La ChcetopeKts orbicitlarts consta di un tallo espanso, merabra- niforme, parenchimatoideo, a contorno circolare, il cui diametro su- pera qualche volta il millimetro. Cosi come esattamente è stato in- dicato dal Berthold, l'accrescimento di dette frondi è centrifugo e segue per reiterato processo di bipartizione radiale e tangenziale di 4 elementi iniziali situati in croce sopra uno stesso piano e disposti co- me i quadranti di un circolo. Non insisterò sulle particolarità di detto accrescimento, trovando esso perfetto riscontro in molti altri consimili casi di frondi espanse e circolari del tipo coleochetaceo. Ricorderò soltanto come la regolarità nella disposizione iniziale degli elementi viene il più delle volte alterata, ad incremento inoltrato, dall i inter- posizione di lamelle soprannumerarie, da arresti di sviluppo e da va- rie molteplici altre cause; sicché il contorno delle frondi presentasi talora lobato; altre volte vi hanno talli a disuguale crescimento pe- riferico e la decorrenza dicotomica dalle serie cellulari presenta qua e là delle irregolari interruzioni. Tutti questi casi ed altri consimili osservansi sovente in frondi molto avanzate in età, dalle dimenzioni le più vistose. Viste di profilo, le frondi offrono una forma piano-convessa ; il grado di convessità è lievissimo. In tutti i casi però constano di un solo strato di cellule, e mentre gli elementi della periferia appariscono alquanto depressi, quelli centrali invece presentano un perimetro al- l'incirca quadrato. Essi possiedono una parete di mediocre spessore, trasparente, di cui gli strati esterni sembrano differenziati in una sorta di tenuissima gelatina che assume chiaramente i caratteri di una sot- tile lamella intracellulare. Questa segue il contorno esterno delle cel- lule e sulla superficie superiore del tallo forma uno strato alquanto spesso, consistente e continuo a mo' di cuticola, mentre sulle pareti inferiori rimane sottilissima, amorfa e trasparente e giova a tenere fortemente adese le frondi al substrato. E chiaro il significato morfologico di detta materia intracellulare: CH^TOPBLTIS 333 essa rappresenta una produzione esterna delle membrane cellulari; ■questo prodotto che acquista i caratteri di trasparente gelatina e che assume proporzioni ragguardevoli nei generi Minroihamnion, Chce- tophora, Drapanantia. etc., serve a tenere adesi gli elementi della fronda o determina la compattezza e omogeneità di questa. Il genere Nordstedtia affinissimo alla nostra Chcetopeltis orbìcularis ci porge del resto argomento di chiarir meglio la origine di quella materia es- sendo questa in esso copiosa e tenuissima. É quanto mai interessante la struttura del contenuto cellulare. A prima giunta la cavità si direbbe occupata da fitte granulazioni ver- <3i, fra le quali spiccano qua e là delle gocciole di una materia gri- giastra opaca; in mezzo notasi un grosso pirenoide i cui contorni rimangono mascherati dalle abbondanti granulosità. Un attento esame •del contenuto di elementi giovanili dà ragione di sifiFatta struttura. Ogui cellula di fatto possiede un solo cromatoforo, molto grosso e perfettamente centrale: esso è diviso in numerose lacinie parteatisi ■da un centro comune in direzione raggiante, e che raggiungono le pareti dopo essersi in qualche punto anastomosate e scompartite anche in nuovi lobi specialmente in prossimità delle pareti. Fra gli angusti ■e irregolari interstizi lasciati scoperti dalle dette lacinie si alloga un plasma ricco di granulazioni e di goccioline che avrebbero l'aspetto di una sostanza gelatinosa. Talora alcune di queste, ordinariamente poche, s'accrescono considerevolmente di volume e si soprappongono ai lembi del cromatoforo rendendone confusi i contorni. Il pirenoide occupa la regione centrale di ogni cromatoforo: esso presenta un vo- lume relativamente notevole ed un contorno che si direbbe oscura- mente poligonale. L' indumento amilaceo, di cui è rivestito, offre uno spessore mediocre e si vede formato da fittissime granulazioni ami- lacee. A quanto pare, all' infuori della regione periferica del pirenoide, le cellule non contengono tracce di amido; probabilmente la sostanza ternaria è rappresentata da quelle gocciolette di materia d' apparenza gelatinosa che abbiamo già ricordato. Tuttavia più tardi le cellule stesse veggonsi ripiene da gocciole oleose; specialmente ciò osservasi negli elementi fungenti da zoosporangi e da cistidi. Una particolarità del tutto caratteristica all'alga di cui discorriamo 334 STUDI ALGOLOGICI è la formazione di setole epitalline, nella maniera stessa come presso a poco si osserva nelle Coleochetacee, e negli Herposteiron. nelle Aphanochcete e simili. Però le setole delle frondi di Chcetopellis vanno considerate come delle appendici di natura assai differente, come di- versa n'è la loro struttura; forse per tale considerazione il confronto di detti organi colie setole delle Dicranochcete e delle Glceochceie non sarebbe del tutto inopportuno. E di fatto esse sono vere produzioni gelatinose degli strati mediani delle membrane cellulari. Le si vedono impiantate verticalmente sulla superficie delle frondi ed emergenti dallo spesso strato, quasi cuticulare, delle pareti esterne delle cellule. Hanno la forma di lunghissimi filamenti, estremamente delicati e tras- parenti; sono costituite di una materia del tutto omogenea e non presentano interruzioni di sorta, né la traccia di una interna cavità, così alla base come in alto. Durante tutto il loro percor-so si assotti- gliano insensibilmente dal basso verso l'alto passando da un maximum di 2 [J: ad un minimum di '/j u. in diametro. La loro lunghezza im- porta persino 50 volte più che quella degli elementi cui appartengono. Stante siffatti caratteri riesce a prima giunta difficile il distin- guere nettamente tali produzioni; anzi, al primo vederle, sorge spon- taneo il sospetto che esse fossero di un' indole afi'atto estranea alla pianta, e facilmente saremmo indotti a ritenerle quali fili di Leptotri- chiacee e simili infestanti le frondi. A risolvere completamente tale quistione giovano i reattivi e i vari espedienti microchimici, i quali in singoiar maniera mettono in rilievo le più minute particolarità di struttura. Specialmente le soluzioni coloranti di anilina facilitano di molto siffatto studio. Stupende colorazioni si ottengono colla fuchsina di Ehriich (8). Le setole si tingono rapidamente al pari delle mem- brane cellulari e mostrano di essere costituite per intiero di una so- stanza del tutto identica a quella propria di queste ultime; del resto nessuna traccia di articolazioni interne. Tanto meglio di ciò ci si assi- cura trattando il materiale coli' alcool e coi relattivi jodici. Io non credo perciò che si possa dubitare sulla natura di detti organi. (8j Questa soluzione è stata proposta da Ehriich [Zeitsclu-ift far cliiiische Medifdn, Voi, II, p. 307.) per colorare il bacillo della tubercolosi ; per la colo- razione degli integumenti gelatinosi di molte Alghe essa è d'un effetto rapido e sicurissimo. CH^TOPELTIS 335 Quanto alle relazioni delle descritte setole colle cellule della fronda non esistono norme costanti. Ora esse rispondono per posizione al ver- tice di ogni elemento e vi si scorgono ivi isolate, o a due a due partentisi da un comune punto, ora le si vedono alquanto spostate. Vi hanno altresì delle cellule che ne mancano e sono per lo più quelle marginali. In ogni modo il numero delle setole per ogni fronda è spesso ragguardevole e sovente supera quello degli elementi stessi che compongono la fronda medesima. 11 caso di setole solitarie situate sul centro di ogni cellula mi è parso però molto frequente. La presenza delle descritte appendici è, come vedesi, una par- ticolarità della quale non è possibile il dubitare. Sarebbe davvero un errore molto grossolano il confondere queste con fili di Leptothrix, i quali constano sempre di una serie di articoli racchiusi dentro una guai- na delicatissima. Le articolazioni, indistinguibili sotto la diretta osserva- zione, divengono evidentissime, anche senza l'impiego dei noti reattivi coloranti, ricorrendo semplicemente alla tintura di jodio. L'errore è sempre evitabile anche nei frequenti casi in cui le frondi vedonsi in- festate da fili di Leplothrix. L'impiego di reattivi é allora indispen- sabile per distinguere gli uni dalle altre. Io non so se il Prof. Berthold abbia ricorso a tali espedienti; di ciò egli non fa cenno nel suo lavoro: è possibile che la sua comuni- cazione posteriore al Mòbius non sia del tutto esatta ; che se cosi fosse, egli non avrebbe riconosciuta una perfetta identità tra la sua alga ed i saggi da me inviatigli. La contraddizione potrà benissimo essere spiegata dalla frequente presenza di fili leptotrichiacei sulla fronda della Chcetopeltis. In questo medesimo errore pare sia caduto lo stesso Mòbius circa alla sua Chcetopeltis minor. Ho letto attentamente la sua memoria e mi sono sempre più convinto che le osservazioni di quel chiarissimo botanico contengano qualche lacuna. Merita particolare considerazione la descrizione che egli dà del contenuto cellulare della Chcetopeltis minor. A pag. 243, infatti leggesi: «Der Inhalt scheint gleichmàssig grùn gefàrbt zu sein und làsst » einen grossen hellen Kern, oder in Zellen, die in Begriff sind, sich » zu theiien, deren zwei erkennen. Aber schon in lebenden Zustand » lasst sich an manchen Zellen unterscheiden, dass das Chlorophyll an 336 STUDI ALGOLOGICI » mehrere flaclie, unregelmàssig bregrenzte Chroraatophoren gebun- » den ist; besonders deutlich wird dies da, wo dieselbeii sich von der » Aussenwand auf die seitlichen Wand zurùckgezogen haben. Der » meist in der Mitte liegenden Kern mùssen wir als den eigentlichen » Nucleus der Zelle ansehen. IMit Hsematein-Ammoniak und Nigrosin » wird der innere Theil dieses Kernes gefarbt, wiihrend eine àusser& » hellere glànzende Zone immer ungefàrbt bleibt. Mit Safranin, Pikro- » carmin und àhnlicher Kernfàrbenmitteln erhielt ich dagegen kéine- » charakteristischen Tinlctionen. Bei Zusatz von lod zeigt sich, ahnlich » wie bei den sogenannten Amylumkernen, Stàrke an der Peripherie » des Kernes angehauft. In den Chromatophoren, in denen ich keine- » Pyrenoide nachweisen konnte, werden durch lod ebenfalls Starke- » kórnchen sichtbar. Ausser jenem grossen heiien Kern konnte ich » ein Anderes als Nucleus zudeutendes Gebilde in den Zellen nicht » wahrgenommen werden. » Ammessi tali dati, ci è permesso il dubitare che l'egregio Autor© non abbia molto esattamente interpretato la struttura delle cellule della sua Chcetopeltis e che quello che per lui avrebbe il significato- di un vero nucleo, non fosse altro che il pirenoide, avente una posi- zione centrale, e che le varie placche clorofillacee, le quali, giusta la sua opinione, rappresentano altrettanti cromatofori parietali distinti, fossero le terminazioni delle lacinie dell'unico cromatoforo raggianti dal centro della cellula. Avvalora sempre piìi questo sospetto l' esame- delia fig. 9 cui si riferisce l'Autore, e non meno la considerazione dei cromatofori della nostra Chcetopeltis orbicularis, dove non di rado i lobi del corpo clorofilaceo, in contatto alle pareti, si dilatano consi- derevolmente restando connessi al pezzo centrale mediante esili tracce debolmente colorate in verde. Tutto ciò trova la sua ragione nella influenza che la luce spiega sullo sviluppo dei corpi clorofiUici: è na- turale che le regioni dal cromatoforo meglio esposte alla luce debbono presentare uno sviluppo maggiore di quelle che si trovano sottratte alle influenze di questo agente. Il Mòbius asserisce che la Chcetopeltis minor manchi di appen- dici a mo'di setole, ma che di frequente egli vi ha riscontrato sulle frondi dei fili di Leptothrix. Le prove che egli dà di tale circostanza essendo assai vaghe, io non insisterò sulla possibilità che egli sia stato tratto in errore 'da superficiali rassomiglianze. CH^TOI'ELTIS 337 II. Le osservazioni del Berthold sullo sviluppo della Chcetopeltis con- tav. tengono varie lacune. Questo egregio botanico ha soltanto osservato la riproduzione dei talli per via agamica col concorso di zoospore a 4 ciglia ; ha descritto la formazione di detti germi e il loro svolgi- mento. Sulle quali particolarità io non insisterò altrimenti, le mie os- servazioni essendo conformi a quelle del Berthold. Mi preme piuttosto precisare una particolarità di capitale impor- tanza, ed è ciie, tenendo conto della maniera di sviluppo, occorre di- stinguere due sorta di frondi: le une a svolgimento agamico per mezzo di zoospore, le altre eminentemente sessuali svolgentisi per zoogamete. Le due forme di talli costituiscono delle individualità distinte^ La Fig. conservazione illimitata degli individui è affidata a zigospore ibernanti : prodotto della copulazione di germi mobili sessuali. Le zoospore sono impotenti a conservare a lungo l'organismo: le indefinite generazioni d' individui che da detti germi traggono origine cedono costantemente il posto ad altre d' indole sessuale. Gli individui agamici sono frequenti durante l'inverno: ne ho seguito regolarmente lo sviluppo sui talli di Lenina minor sino alla metà di Marzo. Il contenuto delle cellule si divide successivamente in 2,4,8 parti che divengono altrettante zoospore. La parete della cellula madre si fende in alto e i germi divengono tosto liberi. Essi sono provvisoriamente racchiusi dentro un comune inviluppo gelatinoso, che si scioglie di buon' ora. Le zoospore sono ovali, con rostro breve, ialino, cui si attaccano 4 esili cigli; hanno un ocello rossigno ed un cromatoforo conformato come quello delle cellule vegetative. Il moto di esse dura circa due ore ; cessato il quale, i germi si svolgono in nuovi talli, e ciò nella maniera come è stato descritto dal Berthold. Lo sviluppo di individui sessuali comincia in primavera, e questi procedono dalla germinazione di zoospore. Essi sono identici in tutto a quelli agamici precedentemente descritti: nessuna differenza quanto al numero delle appendici epitalline e a volume. Le prime fasi di sviluppo decorrono pure nella stessa guisa. Qualunque sia la esten- A. Bovz\. StuM Aìgologlcl. ** 338 STUDI ALGOLOGICI zione del tallo, le cellule centrali si dividono in 4,8, raramente in 16 parti, che prendono a poco a poco una forma tondeggiante. Ben tosto la parete si apre sul lato esterno a mo' di larga fenditura e i germi, racchiusi dentro un comune sacco gelatinoso sporgono dall'aper- tura, cui rimangono pochi istanti appiccicati dibattendosi dentro il pro- prio inviluppo. Questo però non tarda a disfarsi ed essi disperdonsi rapidamente nel liquido ambiente. Detti germi somigliano moltissimo alle zoospore per la forma e strut- tura. In complesso però appariscono più piccoli potendo misurare una lunghezza che varia da 5-8 u. Possiedono costantemente due ciglia uguaglianti la doppia lunghezza del corpo. Il moto dura tutto al più mezz'ora, durame il quale la più parte dei germi si copulano a due a due, lateralmente, per mezzo delle e- stremità rostrali. Ne deriva immediatamente una zigospora mobile, che potrebbe facilmente scambiarsi con una zoospora. Passate allo stato di riposo, le zigospore prendono una forma sfe- roide, si cingono di sottile e distinta parete, aumentano a grado a grado di volume. A capo di tre settimane il germe è pervenuto a completo sviluppo; il suo volume si è quadruplicato sino a raggiungere un dia- metro di 20 ;J: La parete ormai vedesi alquanto ispessita e liscia; il contenuto ricco di gocciole gelatinose. L'ulteriore sviluppo delle zigospore veniva da me osservato ad autunno inoltrato. Il materiale proveniva dagli acquari, dei quali mi ero valso nelle prime ricerche. I germi erano piuttosto in grande numero e giacevano sulle pareti e sul fondo degli acquari-Durante l'estate gli acquari erano stati vuotati dell'acqua e conservati in una stanza umida e scarsamente illuminata dopo essere stati protetti dalla polvere (9j. Sottoposte più tardi le colture a una corrente continua (9) Con questo semplicissimo mezzo mi è riuscito spesso conservare a lungo colture di Alghe Verdi. Quando non si è in grado d'istituire delle colture pure o si ha la certezza che una data alga di cui si è seguito lo sviluppo, possa incontrare un ostacolo a svolgersi ulteriormente nella copiosa e rapida vegeta- zione di altre forme che con essa vivono, e sopra tutto allorché si hanno in- dizii che detta alga abbia chiuso il periodo di esistenza colla formazione di orga- ni d'ibernazione, di cistidi, il miglior mezzo per assicurarne la conservazione è quello di sottrarvi l'acqua dall'ambiente in cui ess.i vive ed esporre l'alga CII.ETOPELTIS 339 d'acqua di fonte, a capo di un mese mi veniva fatto di osservare la più parte delle zigospore in via di germinazione. Questa si compie come se si trattasse di semplici zoospore. Il germe sulle prime au- menta alquanto di volume fino a raggiungere un diametro di 25-28 a., visto di profilo si presenta alquanto depresso e con un contorno presso- ché ellissoide. La parete intanto tende a gonfiarsi prendendola sua sostanza l'a- spetto di una gelatina consistente, la quale serve a tenere adeso il germe al substrato. Allora il germe stesso si comincia a bipartire: ne derivano tosto 4 segmenti disposti secondo i quadranti di una sfera, i quali naturalmente rappresentano gli elementi iniziali della fronda. L'ulteriore sviluppo dei talli non offre nulla di notevole; esso compiesi nella stessa maniera come è stato descritto dal Berthold e dallo stesso Mòbius quanto alle Chaetopellis minor. in. La prolungata coltura di talli di Chaetopeltis orhicularis prova che quest'alga possiede una seconda maniera di svolgimento, non an- cora segnalata da altri. Trattasi della dissoluzione delle frondi in ele- menti distinti, dal tipo di Palmella e simili, capaci di persistere inde- finitamente e conservarsi per via agamogenetica. Detto sviluppo trae da frondi normali: le pareti cellulari si sciol- gono lentamente, diffluendo in una sorta di gelatina trasparente; il stessa a moderate coudizioni di luce. La prolungata azione della luce diretta esei'cita molte volte degli effetti deleteri sui germi delle Alglie quando essi si trovino in un mezzo umido od abbandonati sul fondo di recipienti destinati alla coltura. Ciò probabilmente lia luogo non tanto per via di azioni cliimiche o fisiche che la luce stessa spiega sul protoplasma delle cellule, o più parti- colarmente sulla clorofilla, ma più tosto per effetto della vegetazione di altri organismi, la quale diventa ognor più rigogliosa in presenza di quell' agente che da per se ha tanta influenza sui processi vitali. Con questo non vuoisi negare che le cistidi e simili organi ibernanti non sieno suscettivi di resistere air azione diretta di eccessiva radiazione, in quanto che le colture pure danno piena ragione di tale attitudine, come si è detto ad altro luogo a proposito di varie altre Alghe. 340 STUDI ALGOLOGICI contenuto si organizza in cellula distinta dal contorno circolare; i singoli elementi divengono così liberi. Ordinariamente, mentre comin- cia siffatta dissoluzione, le singole cellule hanno subito le prime di- visioni. Le quali seguono rapidamente in tutte le direzioni; ne deri- vano tosto dei cumoli, sovente regolari, pulviniformi ; in quanto che il processo s'inizia sempre dal centro delle frondi. Il più delle volte anzi la dissoluzione medesima sembra si arresti in prossimità ai mar- gini dei talli, in maniera che le estreme cellule vi parrebbero escluse e queste lungamente persistono al loro posto. Le diverse generazioni di elementi che da siffatto sviluppo pro- cedono assumono due forme differenti; alcune svolgonsi in via vege- tativa per semplice bipartizione ; altre ripetono la loro origine da zoo- spore. E le due maniere possono vicendevolmente alternarsi, oppure ognuna distintamente e indefiuitivamente conservarsi. La forma sfe- roidea dei singoli elementi rimane sempre inalterata, come del pari la intima organizzazione, mentre varia la maniei'a di associazione e variano pure le dimensioni. È degno di considerazione il fatto come il passaggio a questa se- conda forma di sviluppo, la quale tanto profondamente sembra diffe- rire da quella normale precedentemente descritta, non induce alcuna sostanziale variazione nella costituzione dei singoli elementi. A questo proposito la Chaetopeltis orbicularis porge la più istruttiva confer- ma del principio da me spesse volte accennato circa alla costanza dei caratteri dedotti dallo studio della cellula presso le Alghe verdi. Nel caso particolare di detta Alga, avendo le cellule una forma sferoide, il cromatoforo presenta una grande regolarità, conservando sempre la sua posizione originaria centrale ed un contorno scompartito in profonde lacinie dirette nel senso radiale verso la periferia del corpo protoplasmatico, Il numero delle lacinie medesime è sempre in rela- zione col volume della cellula crescendo esse alla pari che questo: cosi in cellule molto grandi misuranti un diametro di 32 y.. quali si trovano rappresentate nelle figure citate a margine. II cromatoforo ha una forma veramente elegante; vi si contano numerose lacinie radiali a mo' di cordoncini che vanno a finire, colla loro estremità alquanto dilatate, di contro alla parete. Ancorché il cromatoforo non si trovi menomamente spostato dal centro della cellula si nota in esso la ten- CH^ETOPELTIS 34 1 deiiza ad orientarsi verso un lato della cellula, stessa, precisamente come nel caso di cromatofori laminiformi parietali; così è che su quella parte della parete meno influenzata dalla luce non pervengono le estremità delle lacinie del cromatoforo; rimaste esse brevi e di- vergendo alquanto tra di loro, ne deriva su quel lato uno spazio af- fatto scolorato a mo' di vacuola. Il pirenoide allogato nel centro della cellula conserva la sua ori- ginaria struttura; il suo contorno scorgesi lievemente angoloso, reso distinto dalla presenza di fitte granulazioni amilacee. La bipartizione delle cellule segue secondo due maniere: ora essa è simultanea in tutto il percorso dei piani di scissione; ora comincia da un lato della cellula ed il piano secante guadagna tosto l'oppo- sto lato. Questo secondo caso, piuttosto non raro, è istruttivo per la dimostrazione del fatto come non sempre la genesi dei pirenoidi pro- ceda da neoformazione, ma che in qualche caso nuovi pirenoidi pren- . Frons filamentosa, ramosa, rami ad apices aut lateraliter ia setam hyalinara abeuntes. Tribus l."" Chaetopelteae Filamenta dicbotome ramosa; ramuli uni-articulati ; appendice se- tiformi, basi hasd vaginata et inarticulata, instructi ; cellulis chroma- tophoro centrali, laciiiiato-stellato prajditis, 1. Chsetopeltis Berth. Ramuli lateraliter simul concreti et frondem explanatam,' discoideam, substrato adnatam, efficientes. 2. Nordstedtia mihi (Aphanochretis sp. Hansg.). Ramuli muco copioso achroo obvoluti et thallum globosum, libere natantem, coasti- tuentes. Tribus 2.* Acrochsetese. Filamenta alterne ramosa; ramuli pauci-multiarticulati, setula hya- lina basi vagiuata, simplice, instructi, cellulis chroraatophoro ampio, laminaeformi, donatis. Ochlochaete Tbwait. (16) (Aph anocha;te Hansg. ex p. non Al. Brau. Achrocbeete Pringsh. Bulbocoleon Pringsh. (15) Geiiei'i da escludersi dalla famijilia delle Ulvacee sono. Schizomeris Ktz. (Cfr. \k 234). Prasiola Ag. (Cfr. p. 201 e scg.) Protoderma Ktz. (Cfr. p. 245). Ulvella Crouan (Cfr. p. 284). Pringsheimia Reinke (Cfr. n. 284). Dermatophyton Peter (Cfr. 286). (16) Non credo che sia attondibile l'opinione del Falkenberg [Dw Meeres- 350 STUDI ALGOLOGICI Tribus 3.* Cheetophoreae Filamenta, ramosa alterne ramuli ad apices aut lateraliter in pi- lum longum, hj'alinum, articulatum basi band vaginatuni abeuntes; cellulis cbromatophoro parietali, lamina^formi toto ambitu laciniato lacerato, 2— I pyrenoidibus instructo, donatis. (17). Aloiìii des Golfes von Neapel p. 233) circa alle relazioni della Phueophila FIo- rìdearion di Hauck col genere Ochlochcete et ThWaites. Conosco quella pianta da esemplari ricevuti dal compianto autore e per averla io stesso poi raccolta a Messina. Anche àe\V Ochlocìuete Histrix Thwait. ho visto dei saggi, od almeno io credo identilieare con tale specie un'alga molto somigliante a quella con tal nome figurata dall' Haiìwey(P/7!/c. brit., tab. 22G) e parecchie volte da me osser- vata nei laghetti marini di Ganzirri presso il Faro di Messina. I filamenti for- mano delle estese placche, a contorno irregolare, su tutti i corpi sommersi ; ta- lora ne derivano dei cuscinetti distinti o qua e là confluenti insieme. Ogni cellula contiene un ampio cromatoforo parietale con parecchi pirenoidi e dìi insezione ad una lunga setola jalina dal tipo coleochetaceo. Le zoospore nascono in numero di 8-16 in ciascuna cellula; esse sono ovali, ed hanno 2 ciglia ed un ocello rossigno. Non so altro dello sviluppo di questa pianta; ma tutto ciò hasta per assicurarci come non possa accettarsi l'opinione di Pringsheim (Beitràge ziir Morph. d. Meìres-Aljeìi'p.Q) circa l'iilentità della Odil. Histrix con la Colcocli'Vfe piulvinata. Kìam&co pure al genere Ochlocluete V Apilianocìuetc repens del Berthold ( Uniers. iih. die Verziceifj einig. Siissioass. t. 4 fig. 2-5 V sulla fede dei disegni del chiarissimo Autore. (17) Ho studiato con particolare interesse la struttura dei cromatofori della Drapanaudia piumosa Kiitz. Anzitutto è da notarsi come tra le cellule de' rami principali e quelle dei ramoscelli laterali corre una certa differenza. Quelle sono molto i)iù lunghe e alquanto più larghe. I cromatofori risaltano presso queste ultime nella forma loro tipica. Essi hanno i caratteri di una placca parietale a contorno molto irregolare e più precisamente scompartito in un numero va- riabile di anguste lacinie di ditlerentc lunghezza. Laddove la placca è conti- nua e cinge a mo' di anello trasversale la cavità della cellula, le dette laci- nie veggonsi rivolte nella direzione longitudinale dell'articolo adagiandosi sulle relative pareti con percorso parallello. In tali condizioni talvolta stabilisconsi per piccol tratto, tra due contigue lacinie, delle ailerenze in modo da derivarne qua e là delle anguste perforazioni. Nel caso in cui la placca circonda solo parzialmente 1' articolo, i lembi prospicienti e che non si toccano, presentano dei corti e irregolari lobi; del resto il cromatoforo offre i medesimi caratteri dei precedenti. CII^TOPELTIS 351 Herposteiron Niig. (A ph a n o e h » t e A.' Rr. ; C h te t o n e m a Novak ) Stigeoclonium Ktz. (18) (Endocloniura Szytn.) In complesso i cromatofori di quest'Alga sarebbero dello ampie placclie a contorno profondamente laciniato-stellato. Le lacinie confluiscono alla baso, cosicciiò nel centro la sostanza del cromatopiro apparisco continua. Le lacinie sono strette e disuiruali: la loro estensione è in relazione colla forma d' incre- mento della cellula. Essondo in prevalenza l'accrescimento longitudinale, è ap- punto in questa direzione che i segmenti del cromatoforo prendono maggior sviluppo. Il cromatoforo ò sede di copiosa formazione di materia amilacen. I gi-a- nuli d'amido si scorgono allineati in serie dentro la sostanza delle lacinie e irregolarmente sparsi nella porzione centrale. Frammisti ai granuli scorgiamo dei pirenoidi. Il numero di questi varia da 4 a 7 ed evidentemente si nota come essi prendano origine per conseguenza di un vero processo di neoforraa- y.ione. Si può agevolmente costatare la loro comparsa al momento in cui in- comincia la bipartizione del cromatoforo e durante lo sviluppo di questo. La scissione del corpo clorofillaceo avviene per la regione mediana; i due segmenti separati contengono alcuni pirenoidi giìi preesistenti. L'accrescimento di essi segmenti segue per la periferia e vediamo allora allungarsi le lacinie e cosi completarsi la forma del cromatoforo. 1 nuovi pirenoidi compariscono sulle re- gioni di recente formazione, cosicché quelli più giovani si scorgono costante- mente verso i limiti estremi del cromatoforo. Questa regola non presenta eccezioni. I cromatofori dei rami laterali offrono la medesima struttura di quelli descritti: essi sono però in tutte le loro parti meno sviluppati; assai più corte appariscono le lacinie e alquanto più larghe, in modo da derivarne delle placche a contorno quasi continuo. Ma ciò naturalmente dipende dalla forma e dalle dimensioni degli elementi che contengono i detti cromatofori: del resto i ca- ratteri fondamentali rimangono Invariati. (18) Non so veramente se vi sieno suflicienti ragioni per conservare il genere Endocloninm. Conosco benissimo una forma che vi appartiene, YEnd. polyiyìoì'phum che il Franke già studiava sotto la mia direzione a Messina nei 1882. Se l'endobiotismo fosse un carattere bastevole per giustificare la co- stituzione di quel genere, nulla di più logico per abolirlo, in quantochè l'en- dobiosi, descritta prima del Szymanski e poi dal Francke, non costituisce una speciale condizione morfologica per le forme che ne sono dotate. Questa fa- coltà in sostanza non rappresenta che uno stato precario facoltativo, una mera accidentalità che non ò poi del tutto frequente. Difatti gli individui di Endocl. polymnrplmm viventi allo interno delle frondi di Lemna sono molto rari in confronto di quelli che crescono alla superficie di queste, come molto più nu- 352 STUDI ALGOLOGICI Draparnaudia Bory. Cheetophora Schrank, Phoeophila Hauck. merosi sono quelli die s'incontrano liberi su qualunque piccola ricciJentaliti\ (Iella palude, su qualsiasi corpo sommerso. Ad assegnare un nome a tali indi- vidui non ci troveremmo punto imbarazzati.- essi rispondono ai nomi di Sli- gcoclonium variabile Nag., 5. seiJyenvm Ktz. ecc. Perchè da uno Stigeoclonium si passi ad un Endnclonium, la via è facile, spedita: la diretta osservazione lo conferma. Data una zoospora di Stigeoclonium liberamente vagante alla super- fìcie di uno stagno e posto che essa incontri la fronda di una Leuina, il germe guadagnerà tosto i margini e favorito dalla inclinazione di questi si avanzerà; il moto diverrà sempre più lento; la zoospora è costretta a strisciare contro la superficie della fronda ove la più lieve diseguaglianza aumenta gli ostacoli, accresce gli sforzi che la zoospora deve fare per spingersi innanzi. Cosi è che quasi inevitabilmente gli orli prominenti dalle aperture stomatiche arrestano il germe e quivi esso impigliato, si dibatte, si agita e fluisce poi col trovare una stabile dimora all'interno della cavità dello stoma, ove s' inizia lo sviluppo del germe e, secondo le qualità di questo, ora prendono origine dei talli nor- mali, ora esso passa alla stato monocellulare. Per questa via dunque si stabi- lisce l'endobiotismo degli Stigeoclonium comd la diretta osservazione lo prova, e così pure colle medesime modalità potrebbero assumere forma endobiotica altre Cloroflcce favorite da condizioni speciali di ìiabitat.'E mi sia permesso a questo proposito di ricordare lo stesso Protoderma viride come risulta da mie recenti indagini. Rammenterò pure come per mezzo di ap[)ropriate colture si riesce benissimo a determinare la forma e la origine di tutti questi casi d'endofltismo. Le zoospore delle .\lghe essendo dotate di eliotropismo positivo si spandono alla superficie dell'acqua in acquari a pareti opache; l'impiego di tali recipienti agevola tal genere di ricerche quando ci si giovi come substrato di frondi di Lemna. In vaschette di vetro quindi esposte da ogni lato all'infiuenza della luce, difficilmente si riesce a ottenere de' casi d'eudoiitismo in via artificiale. Il genere Endo:lonium non può, per tali consiilerazioni, ritenersi distinto d.'d genere Stigeoclonium-, molte forme locali di quest'ultimo possono divenire endofltiche, tanto più che quasi tutte le specie e Stigeoclonium sono epiflti- che, 0 possono tali divenire per condizioni di stazione. Una diligente rassegna di tutti questi casi, colla scorta di ricerche speri- mentali, sarebbe davvero utilissima, anche allo scopo di determinare in quali possibili rapporti si trovino talune forme monocellulari eminentemente endc- biotiche [Eiidosphaera, Clorosphaera, Phyllobium ecc.) cogli stadi unicellulari normali di varie Cloroficee superiori a endoiìtismo facoltativo o accidentale. CH^.TOPELTIS 353 Fa7n. IL Cfciiocladiaccte. Frons filamentosa, ramosa ; ramuli ad apices haud piliferi ; cellulis chromatophoro parietali, laminfeformi, irregulariter laciniato-stellato, pyrenoide unico instructo, prfeditis. Tribus ].' Protodermeae. Ramuli lateraliter plus minus simul concreti et thallura expansum substrato adnatum efRcientes. Protoderma Ktz. Ulvella Crouan (Pringsheimia Reinke). Tribus 2.^ Entodermeae Ramuli alterni liberi [Endobiece). Entoderma Lagher. (E pi ci a dia Reinke). Cellula3 omnes fructi- ferse; macrozoosporse ciliis 4. Chloroclonium mihi. Ramulorum cellul£e terminales solum fructi- feras; macrozoosporse ciliis 2. Tribus 3." Ctenocladieee. Ramuli liberi, secundatim dispositi v. saltem juniores,opposite distici. Chlorotylium Ktz. Cellulae omnes fructiferse ; macrozoosporse ciliis 4. Ctenocladus mihi. Cellulae apicales in zoosporangia transmutataa ; macrozoosporK ciliis 2. Pleurothamnion mihi. Ramuli opposite distici saltem juniores; cel- lulae omnes denique in zoosporangia evolutae ; raacrozoosporc-e ciliis 2. Fam. IV. Ulotliricliiaceìe. Frons filamentosa, simplex; cellulis chromatophoro parietali, lami- naeformi, margine integro, pyrenoide centrali, unico, instructo. A. BoRzl. sitici! Atoologicl. io 354 STUDI ALGOLOGICI Hormiscia Fi'ies ex p. Filamenta ad apices obtusa; macrozoosporte ciliis 4. Ulothrix Kutz. ex p. Filamenta ad apices obtusa; macrozoosporee ciliis 2. Uronema Laglir. Filamenta ad apices mucronata ; raacrozoosporae ciliis 4. CH^TOPELTIS 355 SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA XXIX Fig. 1. — Fronda adulta (11 contenuto cellulare non è stato indicato) (—r-) » 2. — Porzione di una fronda a sviluppo incipiente per macrozoospore ( — — ) » 3. — Porzione della stessa vista di proiilo per mostrare la inserzione delle setole (—r-) > 4. — Una fronda adulta vista di profilo, (^j— ) » 3. — Fronda adulta in via di sviluppo per zoogamete (-r-) » 0. — Zoogamete libere (-r-) 400\ 7. — Casi di copulazione di zoogamete. (— p ) TAVOLA XXX » 8. — Zigospora matura aderente al corpo di una Vauchena, vista di „ 400 pronlo ^j— » 9-12. — Stadi successivi di sviluppo delle zigospore (-7-) » 13-io. — Diverse forme di colonie a sviluppo palmellaceo provenienti da frondi normali a svolgimento vegetativo. » 16-17. — Cellule distinte della precedente forma molto ingrandite ed in via di bipart'zione. (— r- ) » 18. — Cistide falline, (i^) » 19-20. — Zoospore incistate e sviluppo di esse, (^j— ) NB. Nella maggior parte delle ligure le setole sono state incompletamente rappresentate. GLGEOTILA Knz. (eh. auct.) Le nostre conoscenze intorno al genere Gloeotila sono troppo va- ghe, manchevolissime. Le diagnosi del Kiitzing (1), riportate poi dal Rabenhorst (2) e dal De Toni (3), fanno pensare alla possibilità che sotto quel nome sieno state confuse delle forme di disparatissim i va- lore sistematico di cui parecchie persino riferibili alle Cianoficee. Riferendoci peraltro alle sommarie indicazioni descrittive e alle figu- re degli Autori si acquista la convinzione che talune specie non sieno effettivamente altro che delie vere Ulothrix a filamenti delicatissimi esili; di che si è per lo meno certi per le forme note coi nomi di G. protogenita, G. pallida e G, mucosa. Le indicate differenze di volume degli articoli vegetativi sono di cos'i lieve momento che non vale davvero la pena il discutere del valore di detti nomi. Interessa invece moltissimo il precisar meglio cotesto relazioni fra Gloeotila e Ulothrix e determinare i caratteri che potrebbero al caso giovare e distinguere ambo questi due gruppi generici. Com'è noto, una delimitazione del genere Ulothrix nel senso dei vecchi algologi, è del tutto inammissibile ; molte specie vi sono affatto estranee; tali p. e. Ulothrix radicans Ktz., U. varia Ktz., U. pa- rietina, Ktz., U. delicatula Rabh., U. crassiuscula Ktz. ecc., tutte riferibili al genere Prasiola. Altre specie, caratterizzate anzitutto dalle dimensioni più vistose e da una stazione eminentemente acquatica, hanno per tipo fondamentale la Ulothrix zonata, specie divenuta or- 1) Fhiic. gcn. p. 245 e Spec. alg. p. 363. (2) FI. evr. alg. aqu. etc. Ili, p. 319. (3) Sgìloge Algarvm I, pag. 173. 358 STUDI A L G 0 L 0 G I e I mai classica dopo le belle ricerche del Dodel (4). Ed è appunto che colla scorta di tali dati necessaria si rende la limitazione di un terzo gruppo di forme aventi per principali rappresentanti la U. flaccida Ktz. e la U. nilens Menegh. E di fatti presso la U. zonata Ktz., U. ihermatmm Wartm. (5), U. slagnorwn Ktz., U. inmqualis Ktz. (Rabh. Alg. n. 1073!) V. ienuis Ktz. (Rabh. Alg. n. 1539!) ecc. (G), oltre al relativo maggiore spessore delle pareti cellulari notausi come organi di riproduzione delle (macro) zoospore a 4 ciglia, nate solita- rie nei singoli articoli, il che non si osserva presso 1' Ul. flaccida e simili, ove le membrane degli articoli sono alquanto esili e delicate e le zoospore possiedono costantemente due ciglia soltanto. A parte quindi varie altre considerazioni di sviluppo e di habitat, evvi conve- nienti ragioni per proporre la costituzione dei due gruppi Honniscia e JJlothrix riferendo a quest'ultimo integralmente la JJ. flaccida colle sue numerose varietà locali (7). Sistemato cosi l'antico genere Ulotìirix, resta ancora qualche lacuna da colmare: talune forme si di- stinguono per una maggiore delicatezza dei filamenti, non superando questi un maximum di diametro trasversale di 4 o tutto al più 5 micromillimetri; le pareti cellulari appariscono estremamente sottili e molto più quelle trasversali; la cavità è occupata da un ampio cro- matoforo parietale privo affatto di pirenoide. Appunto tali forme io ritengo sieno quelle cui meglio convengono le indicazioni degli Au- tori relative al genere Qlccotila, il quale perciò può considerarsi come abbastanza nettamente definito. Certo, il precisarne i limiti è cosa difficile stante la deficienza di materiale di confronto e le manchevoli (4) Nei Jaìirb. far iciss. Bot. di Pringsheim, X, p. 417-550 con 8 tav. (5) Secondo me a torto il Wille (Om Hvillercellcr hos Conferva p. 23) rife- risce questa specie, di cui un esemplare trovasi divulgato nelle Decadi Raben- horstiane sotto il n.655, al genere Conferva; essa va lùuttosto inclusa nel ge- nere Morrniscia. (6) La U. tennis del n. 1539, b delle Alghe Rab^nhorstiane è cosa ben dif- ferente dell' omonimo saggio del n. 1539; forse trattasi di una Conferva. (7) Poche Clorotìcee come la U. flaccida godono di un'area geograrica così vasta: in nessuna parte del mondo essa manca: è una specie eminentemen- te cosmopolita dotata di immenso potere di adattamento ed estremamente variabile. G L (E 0 T I L A. 359 indicazioni diagaosticlie. In ogni modo sottraendo dal genere Ulothrix tutte quelle forme aventi i caratteri suaccennati e cosi squisitamente contraddistinte da articoli a cromatofori privi di pirenoidi, il genere Glceotila acquista importanza sistematica. Valgono intanto ad avvalorare questa mia opinione i seguenti dati dedotti da particolari ricerche sullo sviluppo e sulla organizzazione di una specie qualunque di questo genere. Riferirò detta specie alla G- mucosa Ktz. dando a questo nome un significato alquanto vasto per includervi delle denominazioni sinonime (8). I. La Glceotila mucosa è un'alga frequentissima in luoghi acquitri- tav. xxxr. nosi, nel fondo degli stagni o sparsa tra fili galleggianti di varie Con- ferve: talora anche sul suolo umidiccio, sui muri vecchi, sui tetti, sui rottami di fabbrica. Si accompagna colle Prasiola, col Porphyridium pig. 1-3. crncndan, con la Ulothrix flaccida, colle Oscillaria e simili in luo- ghi inquinati da materie organiche. Squisitissimo é il suo potere di adattamento alle mutabili condizioni del substrato, comportandosi in CIÒ come tutte le altre forme egualmente cosmopolite e tanfo ab- bondantemente diÉFuse. Per questo riguardo esiste un perfetto paral- lelismo tra lo svolgimento della Glceotila mucosa e quello della Ulo- thrix flaccida (9). (8) Come sinonimi della Glceotila mucom sono pi-obabilmente da accettarsi: G. prolorjenita Ktz. G. ìnjalina Ktz. G. pallida Ktz. Uloihri.r stibtilissima, Ul. tencrrima Ktz. (ex p.) U. flaccida var. minnr Hansg. etc. Di altre denomina- zioni sinonimiche sarà detto poi. (9) Lo sviluppo della Ulolhrix /faccida porg'eva argomento al sio-nor H\ns- GiRG (Algologiscìie vnd pìtysiolorjisch. Studien, Prag. 1886) ad estese conside- razioni sulla dotti-ina del polimorfismo delle Alghe. Mancando le ricerche di quell'egregio Algologo di una baso sperimentale veramente rigorosa, le sue deduzioni appariscono per lo meno ipotetiche; molti fatti da lui ammessi mancano di verosimiglianza. Ad un opposto eccesso di esagerazione vediamo ispirato un recente lavoro del signore P. Gay {Recherches sur le developpjemeni et sto- la classif. de r/uelrpics Algues Verfes, p. 77.) riflettente lo svolgimento della stessa Ulothrix flaccida. Secondo questo Algologo, detta specie va anno- oCO STUDI ALGOLOGICI tav. XXXI. Trattando dello sviluppo di detta Alga è perciò necessario tener conto di tutte coteste differenti condizioni di habilat. Distingueremo Fig. 1-3. in particolare gli individui cresciuti in un ambiente bea aerato, in acque mosse e limpide, da quelli viventi sul suolo umidiccio o sul fondo melmoso di pozze d'acqua stagnanti. Coteste due diverse condi- zioni possono agevolmente attuarsi mediante particolari espedienti di coltura; e di questi appunto mi sono avvalso nelle mie ricerche. Coltivando dei fili dei (? Hjijcosa in acquari ove l'acqua veniva di continuo rinnovata mediante opportune disposizioni di tubuli di im- missione e di efflusso (10), la vegetazione apparisce quaato mai rigo- gliosa e corapiesi in condizioni le piià favorevoli. I delicatissimi fila- menti si estendono rapidamente in lunghezza conservando sempre lo stesso diametro trasversale. Essi constano di articoli cilindrici larghi 3,5-4 a. e spesso altrettanto lunghi quanto lo sono in larghezza, talora un po' più ed anche il doppio; su di che non si possono stabilire norme costanti. Alle volte degl'intieri fili presentano articoli brevi; talora altri fili offrono degli articoli alquanto più allungati. Si notano pure dei filamenti con articoli misti ora lunghi, ora tratto tratto corti. Le quali particolarità attenuano senza dubbio le pretese differenze tra diverse forme di questo genere descritte dal Kiitzing come specie distinte. Gli articoli sono lievemente contratti alle due estremità in modo che un intiero filamento ai punti di corrispondenza dei setti trasversi presenta lievissime strozzature. Queste, come vedremo, divengono più verata fra le Pleuroooccaeee; il suo sviluppo ò semplicissimo e si comiiie sol- tanto per frammentazione del tallo in articoli monocelkilarì cilindrici; l'Au- tore non ha riscontrato giammai germi mobili, né altra maniera di svolgi- mento; così la Ulothrix flaccida è divenuta per il Sig. Gay uno Stichococcus /laccidus. Come tali deduzioni debbano essere interpretate, è chiaro. So il Si- gnor Gay avesse coltivato gli articoli isolati del suo Sticho-^occus ftuccidus sotto una corrente di acqua ci)ntinna in un ambiente ben arieggiato e se avesse seguito lo svolgimento in condizioni meno svantaggiose, si sarebbe convinto che tutto ciò che egli ha osservato, non rappresenta che un esiguo frammento della vita di quell'Alga. (10) Vedi il mio lavoro Dei metodi di coltura delle Clrrofieee terrestri in Kotarisia, 1891 p. 12.57. GLCEOTILA 361 pronunciate laddove i fili crescono sul terreno ed in acque tranquille tav. xxxi. e stagnanti. Tali differenze sono sovente evidentissime quando si esa- minano dei filamenti sparsi sul fondo di un acquario e si confrontano con quelli cresciuti alla superficie dello stesso recipiente. Le pareti dei singoli articoli sono estremamente tenui. e traspa- renti, specialmente quelle trasversali. Ogni articolo contiene un solo cromatoforo piuttosto ampio, che ne cinge il contorno nella direzione trasversale. Sovente l'ampiezza del cromatoforo è tale da circondare per intiero il lume della cellula, che apparisce perciò quasi omoge- neamente compenetrato dalla sostanza verde; onde il Kiitzing accen- nando ai caratteri del contenuto cellulare delle specie di Glceolila notava un aendochromate initio effuso homogeneoi). I reattivi jodici la soluzione alcoolica dell'acido picrico dimostrano inoltre completa assenza di pirenoide, il che ci permette di distinguf-re facilmente i fili di questa specie da quelli egualmente tenui di qualche Ulothrijc. Nelle condizioni ambienti accennate, i fili si accrescono con molta rapidità e ne derivano dei densi fiocchi verdastri delicatissimi che in poche settimane invadono gli acquari. La moltiplicazione si compie regolarmente ora per frammentazione dei singoli fili ia porzioni piut- tosto lunghe, ora per mezzo di germi mobili, ora in ultimo col con- corso di gonidi immobili protococcoidei. La frammentazione ha luogo quando i fili hanno raggiunto una pjg j.j considerevole lunghezza. Essi si rompono tratto tratto e prendono ori- gine altrettanti nuovi fili, i quali tosto rapidamente ed indipendente- mente si accrescono. Questo fenomeno osservasi parimente nella Ulo- ihrix flaccida, specie nelle forme acquatiche della medesima. Esso, come vedremo, esagerasi, maggiormente in tutti quegli individui cre- sciuti in deficienti condizioni d' umido, ed a tal segno da cessare com- pletamente ogni connessione tra diversi articoli di uno stesso filo; da ciò le forme descritte coi nomi di Stichococcus e Allogonium. La formazione delle zoospore segue nelle medesime precedenti pj^ ^ condizioni di vegetazione. Il fenomeno mi è parso relativamente raro, ma i dati raccolti sono sufficienti per chiarire questa importante fase di sviluppo. Nel corso delle mie ricerche notavo come alcuni fili, dopo due mesi di prolungate colture, presentavano degli articoli assai più corti A. BOEzl. stnAi Algoloiicf. 47 362 STUDI ALGOLOGICI tav. XXXI. dell'ordinario e la cavità di essi quasi interamente occupata dal cro- matoforo. Nell'insieme detti fili offrivano una colorazione verde più intensa. Immediatamente da essi prendevano origine delle zoospore e queste venivano messe in libertà per quasi completa dissoluzione delle pareti delle relative cellule madri. La dissoluzione cominciava da un lato: i germi liberati vedevansi agitarsi alquanto in vicinanza dalla propria cellula generatrice come se si trovassero impigliati in una sorta di tenuissimo muco trasparente. Pochi istanti di poi si sparpa- gliavano nel liquido ambiente. Dei fili non restava qua e là che qual- che traccia indicata da frammenti di pareti affatto vuote e circon- fusi da amorfa sostanza gelatinosa capace solamente di essere messa in rilievo dal verde di metile acetico. In complesso la formazione delle zoospore è preceduta da rapida moltiplicazione degli articoli vegetativi; questi, rimasti brevi, diven- gono direttamente cellule madri di unica zoospora. Detto processo trova pieno riscontro nella genesi delle zoospore presso la Ulolhrix flaccida (11). Fig. 4, Le zoospore sono ovali, con rostro breve, jalino, a cui si inseri- scono due esili ciglia; hanno un piccolissimo ocello rossigno; misurano da 3-4 a. in lunghezza sopra 2,5-3 u. di larghezza. Dotate di foto- tactismo positivo si arrestano sulle pareti più esposte alla luce ove germinano immediatamente. Esse sono evidentemente degli organi di riproduzione agamica; in nessun caso potei verificare indizi di copula- zione. Germinando essi germi danno rapidamente origine a nuovi fi- lamenti. La descritta maniera di sviluppo si completa colla formazione di gonidi immobili. Questi nascono per completa separazione degli arti- coli vegetativi seguita da arrotondamento dei medesimi. Gli elementi sferoidali che ne derivano, seguitano indi a scindersi con piani più (11) Nella V. flaccida la moltiplicazione per zoospoi'e osservasi anche presso le l'orme terrestri e sorprende come detto fenomeno sia interamente sfuggito all'attenzione del Sig. Gay. Sotto il clima di Messina, nelle giornate nniiile e piovose dell'inverno accade frequentemente di raccogliere dei lìli svolgen- tisi solamente per detti germi. Sono riuscito spesso a ottenere zoospore da lili raccolti su tegoli, sulle pareti di vasi da fiori, su muri ecc. conservandoli in acqua per alcune settimane; l'acqua veniva quasi ogni giorno rinnovata. ' G L OE 0 T I L A 363 o meno regolarmente alternantisi secondo le tre direzioni dello spazio. IMancando gli elementi all'esterno di produzioni gelatinose, essi riman- gono o liberi del tutto, o tutto al più formano delie piccole associa- zioni globoidi assai instabili. Nel corso delle numerose generazioni che si succedono, i conidi mostrano una grande variabilità nelle dimen- sioni ; la forma rimano costantemente quella sferica originaria ; così il diametro può variare da un 'minimum di 1,5 y.. ad un marimum di 10 a. In generale si nota un crescente rimpicciolimento nel corso delle generazioni e 'lo svolgimento ha luogo con rapidità veramente straordinaria, tanto che nonostante che nei miei acquari l'acqua ve- nisse continuamente rinnovata, questa accusava a capo di due mesi un'intensa colorazione verdastra. Non essendo riuscito a determinare in qual manièra compiasi il passaggio alla forma normale a filamenti, credetti opportuno sottoporre il materiale che era a mia disposizione, a un trattamento diverso da quello finora seguito. Venne sospesa l'immissione di nuova acqua negli acquari e questi furono abbandonati a se stessi per parecchie settimane. II. Per effetto delle nuove condizioni di coltura gli acquari si riem- pivano d'una enorme quantità di germi inquinanti; infusorii, flagel- lati, bacteri ecc. L'alga persisteva allo stato primitivo tanto nella forma di filamenti quanto in quella protococcoidea. Nel corso di una setti- mana manifestavasi in alcuni fili la tendenza a scindersi in piccoli frammenti di poche cellule e più tardi tal fenomeno diveniva gene- rale a tutti i filamenti. In seguito cessava quasi del tutto la costitu- zione di fili e gli articoli, ormai completamente isolati, vedevansi di- sposti in serie rade ed irregolari. Sotto questa forma, l'Alga rive- stiva fedelmente i caratteri di uno Stichococcus. Non ho bisogno d'insistere sui particolari di struttura delle cellule spettanti a questa forma; s'intende che anche in questo stadio nessun cambiamento si era verificato nella intima costituzione degli elementi. Evidentemente cotesta nuova maniera di svolgimento è in relazione colle particolari condizioni ambienti il quale elemento è certo di un grandissimo valore 364 STUDI ALGOLOGICI tav. XXXI. nello studio dei fenonerai di polimorfismo delle Alghe inferiori. A questo proposito occorre che io mi richiami a quanto altrove ho detto ri- spetto a certe fasi di sviluppo che entrano nella esistenza di talune forme come un vero facoltativo adattamento. Lo stadio sticoccccoide, come appunto ebbi occasione di dire in altro mio lavoro (12), va pre- cisamente considerato come tale; nella Glceotila mucosa infatti, mu- tate le condizioni di coltura, impedita la rapida alterazione dell'acqua per copioso sviluppo di germi organici inquinanti, manca affatto lo stadio sticococcoide. Nulla di più istruttivo per determinare i rapporti di quest'ultima forma con la precedente a svolgimento noi'male che eseguire delle colture alla gelatina. Il metodo delle colture alla gelatina di alghe verdi è stato, com' è noto, non è guari proposto dal signor Beyeriiick (13). I risultati dei primi saggi intrapresi dall'Autore sono certamente importanti perla fisiologia di quegli organismi, ma sopratutto essi interessano moltis- simo la quistione del polimorfismo. Detto metodo ci dà una prova ri- gorosamente sperimentale del fatto, già da me parecchie volte accen- nato nelle pagine precedenti di questi Studi, che molte forme infe- riori di Cloroficee terrestri possiedano un illimitato potere d'adatta- mento alle mutabili condizioni dell'ambiente, potendo esse persino crescere in un substrato di natura organica purché non faccia difetto adeguata umidità. Il sig. Beyerinck notava come preparando della ge- latina al 10"/) in acqua da pozzo senza l'aggiunta di altro materiale nutritizio, venivasi a costituire un substrato molto povero di azoto as- similabile e di fosfati in maniera da rendere le colture esenti quasi completamente da Bacteri incapaci di sciogliere la gelatina. Ed ap- punto di tale substrato egli si avvaleva per la coltura di alcune al- ghe. Seguendo io stesso il metodo del Beyerinck ho trovato anzitutto una grande difficoltà ad ottenere delle colture affatto scevre di Ba- cteri ; trasportati questi inevitabilmente insieme agli elementi dell'alga essi si sviluppano più o meno rapidamente secondo la temperatura ambiente. Ad una temperatura inferiore a 13° C. lo sviluppo è len- (12) Stadi aiiamovfioi di alcune alglvi verdi, nel Btd/. della Sociefà holanim ilaliana, luglio 1890. (13) V. Botanìsche Zeit. 1890. GLCEOTILA 365 tissimo; nullo affatto, al di sotto di 10° C. Noa cosi se la temperatura tav. xxxi. levasi al disopra di 20°; allora per effetto della vegetazione dei ba- cteri la gelatina rapidamente si scioglie; le chiazze di dissoluzione, corrispondenti ai vari centri di sviluppo, confluiscono nel corso di una giornata in unica area larga quanto è la lastra sulla quale si sono fatte le colture. Facendo tesoro di tali dati disponevo le mie colture in modo da mettere in rilievo le possibili differenti maniere di azione del substrato sulla vegetazione degli elementi della Gloeotila mucosa. La gelatina destinata alle colture veniva preparata secondo i pro- cedimenti usati in Oacterologia e con tutte le più opportune precau- zioni di disinfezione e sterilizzazione. Come solvente di 8 parti di ge- latina mi sono giovato di 100 parti di acqua di fonte. Nel corso delie sperienze credetti utile aggiungere alla emulsione 10 parti di una de- cozione molto concentrata di fimo cavallino diminuendo in proporzione la quantità d'acqua. Le colture sono state fatte tanto su lastre quanto in tubi di vetro ed esposte ad una temperatura di 12°-15'' C. Disseminati alcuni fili normali di G. mucosa su tale substrato, lo sviluppo si arrestava quasi istantaneamente; nel corso di una settimana si notava però una completa disarticolazione dei detti filamenti; gli articoli, oramai distinti, avevano assunto una forma bislungo-ellipsoide per pronunziato arrotondamento dei due poli opposti e sotto questa forma seguitavano ad accrescersi mediante partizione transversale. A capo d'un mese l'alga aveva raggiunto uno sviluppo piìi poderoso e si erano formati qua e là sulla superficie della gelatina delle chiazze verdastre piuttosto vistose, corrispondenti ai punti ove l'alga era stata disseminata. Dette aree avevano una forma pressoché circolare. Ivi la gelatina appariva completamente fluidificata e gli elementi vedevansi nuotare in un liquido torbidiccio. A quanto pare la dissoluzione della gelatina si era effettuata sotto la influenza della vegetazione dell'alga, in quantochè se non mancavano degli elementi di Bacteri aerobi, que- sti, erano veramente in tanto scarsa copia da non potere esercitare alcun' azione dissolvente cosi cospicua. Aumentando la quantità di materia organica coli' aggiunta di 10 parti di una decozione molto concentrata di fimo cavallino, le nuove colture, istituite col materiale proveniente dalle precedenti si sono 366 STUDI ALGOLOGICI Tav. XXXI. conservate e accresciute per parecchi giorni senza dar luogo a nulla di notevole. L'alga aveva intieramente perduto i caratteri d'un or- ganismo molticellulare; ridotto alla forma di Stichococcus, le sue cel- lule presentavano una grande variabilità nelle dimensioni; parecchie misuravano persino un diametro trasversale di 1,5 y., altre un maxi- mum di 6 ij.. di larghezza. Estremamente variabili apparivano altresì le cellule quanto a lunghezza. Presso alcune la bipartizione si era effettuata assai precocemente, prima, cioè, che l'elemento avesse rag- giunto adeguate proporzioni di lunghezza. Questo raccorciamento di- veniva una tendenza generale a colture inoltrate, fintanto che le cel- lule assumevano in ultimo una forma brevemente ellittica, ovale e persino sferica. Notavansi pure delle varianti nella direzione dei piani di scissione delle cellule, cosicché alle divisioni trasversali vedevansi seguire altresì delle partizioni longitudinali. Dopo tre mesi di prolungate colture la gelatina veniva invasa co- piosamente da batteri e l'intiera superficie si trasformava in una mas^a di liquido torbidiccio in mezzo a cui trasparivano le aree occupate dalle colonie di Stichococcus. Questo repentino sviluppo di germi inqui- nanti vaattribuito alle mutate condizioni di temperatura ambiente, es- sendosi questa elevata fino a 20° C. col sopraggiungere della prima- vera. In seguito a ciò credetti quasi inutile il continuare le mie indagini temendo che la infezione del substrato non sarebbe stata una condizione favorevole all'ulteriore sviluppo dell'Alga; ma dovetti tosto convincermi del contrario. L'inquinamento infatti del substraluin eser- cita un'azione molto spiccata s\i\\& ceWxxXe ài Stichococcus ; queste di- vengono a poco a poco sferoidi e la moltiplicazione di esse compiesi ormai per partizioni che si alternano irregolarmente secondo le tre direzioni dello spazio. A volere identificare tale nuova forma di svol- gimento con alcune delle specie di Protococcoidee già note non è cosa diffìcile, e io credo di non ingannarmi indicandola col nome di Micro- halea 'prologeniia IMas. Questa forma, com'è noto, è frequente nelle colture di alghe fatte in acquari poco arieggiati e in un ambiente ricco di materie organiche. Contraddistinta soltanto dalla piccolezza dei suoi elementi che si vedono raccolti in gruppi di varia estensione, essa può benissimo prendere origine da differenti forme di Cloroficee su- periori ridotte allo stato protococcoideo, cosi come abbiamo visto trat- 0 L (E 0 T I L A 367 tando dello sviluppo del Protoderma viride (14), purché influiscano tav. xxxi. particolari condizioni organiche del substrato. Ho tenuto lungamente dietro allo sviluppo di detta forma sia di- rettamente sulla gelatina, sia disseminando il materiale sul fondo di piccoli acquari. L'acqua presso questi ultimi veniva rinnovata di tanto di tanto; e nonostante siffatta precauzione lo stato d'inquinamento dell'acqua persisteva invariato, favorito dalla temperatura ambiente. In seguito, questi stessi acquari venivano completamente abbandonati a se stessi, e soltanto a rari intervalli vi aggiungevo un pò d'acqua per riparare alla perdita avvenuta per effetto della evaporazione. La forma monocellulare ottenuta dalle colture alla gelatina si è conservata quasi del tutto inalterata fino al sopraggiungere della state. Le colture venivano però frequentemente rinnovate a misura che pro- grediva la fluidificazione del substrato. Nel corso delle mie ricerche ho notato una grande variabilità nelle dimensioni degli elementi del- l'alga; se ne contavano di quelli aventi un diametro persino di 25 a. A questi ultimi ho rivolto lungamente la mia attenzione. Essi pren- devano origine da elementi normalmente piccoli. Senza mutar di forma, questi vedevansi insensibilmente divenir più grandi e in proporzione crescere, per bipartizione, il numero dei cromatofori. Raggiunto il volume definitivo, dentro la cellula si contava un grande numero di placche clorofìllacee di forma lenticolare disposte sulle pareti. Detti ele- menti offrivano perciò una grande rassomiglianza con quelli di Bolry- diopsis 0 meglio di Polijchloris amcebicola (lo). Le quali particola- rità farebbero pensare che in tale statosi fosse l'organizzazione delle cellule di Glceolila alquanto modificata onde ogni elemento non in- clude ormai che parecchi o molti cromatofori anziché uno solo. Io non conosco davvero fra le Cloroficee inferiori casi di questa indole e sono convinto che se qualcosa di costante esiste presso questi organismi cosi eminentemente polimorfi considerati nel loro svolgimento, se evvi, dico, qualcosa d'immutabile, ciò risiede nel numero e nella costitu- zione fondamentale dei cromatofori. E di fatti anche nel caso della (14) V. pag. 252 di questi Studi. (15) Alga papuasica da me recentemente descritta nella Nuova Notarisia apr. 1892. Fig. 8-13. 368 STUDI ALGOLOGICI tav.xxxi. Gloeotila mucosa siffatti elementi molto vistosi e provvisti di nu- merosi cromatofori, intimamente indagati, non ismentiscono cotesto principio generale. Potendo disporre di sufficiente materiale ho trat- tate dette cellule prima col liquido del Kleinenberg, e dopo decolo- rate mediante l'alcool, furono sottoposte all'azione dell' Ematossilina. 1 risultati di cotesto procedimento mettevano in rilievo la presenza di molti nuclei corrispondenti al numero delle placche clorofillacee. È quindi d'ammettersi che l'aumento in volume delle descritte cel- lule è seguito da bipartizione del nucleo originario, bipartizione che procede di pari passo a quella dei cromatofori. Più tardi intorno ad ogni nucleo si costituisce un elemento distinto e cosi prendono simulta- neamente origine tante cellule filiali quanti sono i nuclei tutte di eguale dimensione, perfettamente sferiche, misuranti un diametro di 2-4 a. e provviste ognuna di un solo cromatoforo. Siffatto processo di formazione cellulare non si allontana quindi dalla regola ordinaria e trova per- fetto riscontro nella genesi, in apparenza simultanea, delle zoospore delle Chitridiacee, delle Saprolegn iacee ecc. 11 materiale conservato negli acquari mi porgeva occasione di costatare i medesimi fatti; ho notato frequentissima la presenza dei descritti elementi a molti cromatofori, alcuni persino misuranti un dia- metro di 40 a.; indi questi vedevansi dissolversi simultaneamente e dar luogo ad un denso cumulo di piccole cellule normali. Abbandonate le colture per tutta la state e riprese le osservazioni alla fine dell'autunno, scorgevo negli acquari pressoché le stesse con- dizioni di prima; le cellule di cui si parla, presentavano notevoli diffe- renze di volume; ve ne erano di quelle piccole a pochi cromatofori; altre molto grandi contenenti persino un centinajo di cromatofori e le une e le altre disperse in mezzo a piccoli elementi normali iso- lati 0 raccolti in famiglie sferoidi od irregolari. Di più, notavansi ma- nifesti accenni di un cambiamento nella forma di sviluppo finora se- guito dall'alga e specialmente era ciò da osservarsi in piccoli elementi forniti di pochi cromatofori, I quali, anziché scindersi in cellule di- stinte apparivano trasformati in corpi irregolarmente ramificati. Il nu- mero dei rami parea corrispondesse a quello dei cromatofori dell'ele- mento iniziale. Era quindi d' arguire che le dette cellule, anziché sciogliersi in elementi distinti, germinassero direttamente e che i rami GL (BOTI LA 369 procedessero dallo sviluppo di singoli elementi rimasti associati. Ogni tav. xxxi ramulo, cosi generato, ha il valore di un filamento normale di Glceo- 1ila\ e difatti allungandosi la ramificazione ne derivano tosto delle serie semplici, rivolte verso tutte le direzioni e costituite d' articoli del tipo gi;l descritto. Se il ritorno alla forma primitiva possa anche aver luogo mediante germinazione delle cellule isolate, non saprei con sicurezza aff'ermarlo ; le mie ricerche si sono arrestate a questo punto. In ogni modo tutto ciò che si è detto, dimostra come il ciclo evolutivo della Gh^otila •mucosa non presenta alcuna lacuna. III. Le esposte esperienze di coltura provano come la Ghvotila mu- cosa sia suscettiva di vivere sopra un substrato ricco di sostanze or- ganiche e che le possibili alterazioni chimiche provocato da agenti zimogeni sul substrato medesimo non arrestano il processo evolutivo ; modificano soltanto la forma degli elementi costituitivi forse in se- guito alle mutate condizioni di nutrizione (16). Cotesta adattabilità (16) Oolture alla gelatina di Ulnthrix flaccida riescono benissimo; l'alba passa facilmente allo stato di S/ichococciis e a quello iirotococcaceo. Esposto il materiale di cultura ad una corrente d'acqua continua le cellule passano allo stato normale di tilameuti i quali si moltiplicano poi per zoospore. Tutto ciò dimostra la inattendibilità delle osservazioni del Gay (?. e.) circa lo svi- luppo di detta specie di Vlothrix. Colonie di Scenedcsmus ohliquus coltivate sulla gelatina preparata coli' ag- giunta di una certa quantità di decotto concentrato di (imo cavallino riman- gono immutate: trasportate in acqua e coltivate sotto una corrente continua, le cellule si separano, divengono sferoidi e si moltiplicano alla maniera di un PLeurococcus. Prolungando le colture si ottengono anche zoospore. Agli stessi ri- sultati si perviene quando si fa gorgoliare nel fondo di acquari contenuti co- piosa vegetazione di Scenedesmus, dell'ossigeno. Ho coltivato in gelatina il Plen- rococcus vulgaris; l'emulsione era stata preparata coU'aggiunta del lOV^, di urina. La divisione delle cellule avveniva lentamente e gli elementi liliali rimanevano aggruppati in plessi tabulari o cubici di maggiore estensione di quello clie si osserva ordinariamente in natura. Curiosi sono i risultati di colture di una specie di Euglena. Gli individui A. BoEzl si-udl Algologicl III pag. 936-930. (3) N. Klebahn. Zur Kritik einiger Alycngctttungen, nei Pringsh. Jahrb. fr. iciss. Boi. XXV, 2° fase, 278 e seg. 378 NOTE AGGIUNTIVE Pag. 350. Nel riassumere i caratteri che distinguono le Chetoforee dalle Acrochetee e Chetopeltee, fu omessa la indicazione che le appendici setoliformi possono essere anche semplici. Mi aÉfretto a fare questa correzione per chiarire un equivoco cui potrebbe dar luogo la mia affermazione. E difatti tanto il genere Herposteiron Naeg., quanto il genere Phoeophila possiedono delle setole semplici e non provviste di guaina basilare in modo che la lor natura rameale risalta distin- ta; su questo criterio appunto mi son fondato per riunire i detti ge- neri agli Siigeoclonium, C/uplophora etc. -■ \za\ 'c>-»- >a 13 Auft rifJ rtf'f fJel . Lif. Saitifisolitj . Tnj-inn CIILOHOTHECII'M PIROTTAE, Borzi A.Borzi. Studi Al^ologici. »^' Tav. XII ^^^ Autt ad. nat- del. LU. SalussoiXa. Topino BOTRÌDIOPSIS ARHIZA , Borzì A. Borzi. Studi Algologie! Tav. XIII 12 15 18 >&l ai 21 A UL-t ad Ttfd. r/e/. Lif. Sa/iisso/ùt . Tof'tuo BOTRmiOPSIS ARHIZA, Borzi k.BQV7,ì . Studi Al^ologici , Tav. XIV Auct ari naf. rlel. La. Saliisso/ùf . Topino CHAMCIOPSIS MINUTA. Bcrzi (Fig,H2) - C.GIBBAJopzi (Fig.l3-15) A.Borzi- Studi Micologici. Tav XV >^_ ri Z(J Firn T^/ C^' (sr^- Auct. ad nai del . Lit. Salussolia, Topino ENTONEMA SUBCORTICALE, Reinsch A Borzi. Sturfi Al^otO'^.ici Tav. XVJ 1'' Pi 0 O 0 :.s^w> -fo^-if. «^/ /liti, dd BUMILLERIA, Borzf i HORMOTHECA Borzi ) li/. ì'ùicouU PaleinLO. fecuroaa ùtA . A.Boi'zi. Studi A\àpìo(i^m. Tav.XVII 4^-i W0^ ~t 10 ^ V ^ 4" 11 12 13 0 Ì%,, 1^ ■,m ^ •*^ ^•y?! éSI 0?ì5 IG A;^, i V-G?' 14 15 [te m »«5.. •*?^> .ftf 21 22 17 -^' 18 -•JC #/• ^ ;l 19 ?&■ .--•«^-; 20 i^/wf/. ai/ ruU. elei BUMILLERIA, Borzi HORMOTHECA Borziì rc^roau ìua. lù. Viiconti Fa/ermo. A.Borzi. Studi Aljolo^ici. Tav. XVJIl t '"*f:^y iV) v^^-. f^. ■^u,^- Jf// ?ÌfeSì r :^*--_ n ^''-, ■^'v .■> V.. /ìmf. ad. ntU. del PRASIULA, Aó. PecaroOo. iùA. 7i/. ViAcontì Palermo. A.Borzi. Siudi Aljoio^ici. Tav.XlX 6.. 'r^€^ ..e ,;^-iO ^ 'iS^j e^*^. v-.,'.. ^':" .^r.-.'^ ^ "^r^* ^.'."^ ,^X^ ,-- ì ■£ " JS^., V-:-.» ■ ì) V, t. ,y 12 .f!^ '-x^ ii*r 13 li lA- 15 16 ^- • fr &" .^ \. \7 18 /?at^. cui nat. del PMSIOLA, Aj. lù. Vùiconli. Palermo. fecaiotta lùA A Borzi. Studi A!^o Tav. XX 19 f: '^y- 20 — ^ Q •Ke; 27 WoJ! -J !;•*/ 0 (y i^f' 31 30 ^. ^^, (p# //«<■/ <«5 ' # '/ 15 19 •m^i "^ ^^•!^^-..-S>;^^-^ Si^'Hia-^ i^ '-^-i' A *?. «?«5 •a ><3> 17 x*>6^' I w<^ «// //*■//', r/p/. Xii*. Sff///.s.s{>//// . Tfìft tt PROTODEBMA VIRIDE Kutz ABorzì, Studi Al^ologici. Tav. XXIII ?6 tf If' s i ■?;S& 'oL'->- 27 Ifi ■ mm 29 Auct Ufi ffot. r/eì . Lit. Snlu-ssolia . 7'o7-ijio PROTODERMA VIRIDE, Kutz A Borzi . Studi Algologici . Tav. XXIV 35 36 38 A iifd nrl nai. cJeJ . Lit. Sahi,sso7ta . 7oT'hto PROTODKRMA VIRIDE, Kutz A.Doi'zi. ;^iudi Algolo3,ici. .luci ad riiU. (lei CHLOROCLONIUM Borzi ///. \'ivittuti Pa/<-riii(>. /v.Borzi. oiudi AÌ3olo3,iC]. Aucl. luI ntti . iM CHLOROCLONIUM Borzi /// ì'i'itoitU Pdh'rriio. Tav.XXVii .vi , t K\ i?-f 1^ é^ -luft. (lU imi. cM PLtliROTHAMNlO.N PAPI.'ASICU.M //f. ìi'yronti ì'o/t'r:ito A. L'I :!. .;'tndi Alt5olo- O ^ '-0 9 Auci. ad /(Ut. iM GLOEOTILA Kutz. /// / 'ÌÀCoìiU J'ah'rnio. y STUDI ALGOLOGICI o; SAGGIO DI RICERCHE BIOLOGIA DELLE ALGHE ANTONINO BORZÌ Pkof di Botanica nella R. Università di Messina Fase. I con IX tavole MESSINA GAETANO CAPRA E C.° EDITORI 1883. l'ai; ^^'; ' " 4 Clndopnori^ j.piocysf"' i^:^??'.'^' / ' f>^ 'fa Itjssiiijt, in^bnti 63prH t 8." itort. IN CORSO DI STAMPA Prof. Antonino Boezì: Studi Algologici - secondo fascicolo, con xi tavole. Contribuzioni alla Biologia delle Chitridiacee - Opusc. in -8' con 3 tavole. RECENTI PUBBLICAZIONI Avv. (ìliusEPPE Carnazza-Ra:metta : Studio sul Diritto Penale dei Romani - un voi. in-lG" di pagi- ne xxii-252 L. 3 50. 4* Avv. Lodovico FuLCI, Deputato ai Parlamento: L'Evoluzione nel Diritto Penale. La forza irresistibile - un voi. in-lG" di pag". 300, Lire 3. Prof. NicoLAUs Kleinenberg: Carlo Darwin e l'opera sua - un voi. in-S" picc. Lire L Prezzo del presente fascicolo : Lire 25. u ieri. -^<^0 STUDI ALGOLOaiCI SAGGIO DI RICERCHE BIOLOGIA DELLE ALGHE ANTONINO BORZI Phofiìssoiik OiiuiNAKio iJi Botanica nella R. Università K DlUETTOUE ULLl' OuTO BOTANICO DI PALERMO Fase. Il Tav. X-XXXI PALERMO ALBERTO REBER LIBRERIA CARLO CLAUSEN MDGGGXGV. -©<®f<;^ ^K r?*" PALERMO - LIBRERIA CARLO CLADSEN DI A. REBER - PALERMO Pubblicazioni dello stesso Autore Studi algologìci Fasc, I, in 4. di pag. VlII-120 con 9 tav., 1883 L. 25 Sommario: Chlorophyceae: Vìva L. (Tav. I) — Lejdosira gen. nov. (Tav. II) — Cienodailvfi gen. nov. (Tav. III-IV) — Chladoiìhora Kutz. (Tav. V) — Pliìjsocijtium (Tav. VI) — Kviìtrosphacra gen. nov. (Tav. VII) — . Hormotila gen. nov. (Tav. VIII) — Ag- giunte. — — F.\sc. Ili ed ultimo e. 5 tavole, costerà » 15 (in corso di stampa) Contribuzioni alla Biologia vegetale. Fasc. I. in-8 gr. di pag. 192 e. 6 tav. in litogr. 1894 » 12 Sommario: Nicotra L., Contribuzione alla biologia Fiorale del ge- nere " Euphorbia „. Borzl A., Cristalloidi nucleari di " Convolvolus „. Paratore E., Gynerium argenteum H. e B., con 1 tav. Pktone A., Le liane del genere " Solandra „ con 3 tav. Ross K., Sugli acarodomazì di alcune Ampelidee con 1 tav. Lanza D., Note di biologia fiorale, con 1 tav. Bm-zi A., Contribuzioni alla biologia del frutto : I. Apparati d'aerazione dei pericarpi — II. Apparati adesivi dei frutti di alcune piante murarie. — Note alla biologia delle .\erofile della regione insulare me- diterranea. — — Fasg. II. (m corso di stampa). PALERMO - LIBRERIA CARLO CLAUSEN DI A. REBER - PALERMO LOJACONO POJERO (M), Flora Sicula o descrizione delle piante vascolari spontanee o indigenote in Sicilia, Voi. I. Parte I. Polvpetaiae-Tlialamiflorae , con 20 tavole in litograf. , in-4 di pag. XIV-234, 1889 L. 30 — Voi. I. Parte II. Polypetalae-Calyciliorae, con 18 tav. in li- togr., in-4 di pag. XVI-3Ì2, 1891 » 35 — Sulla morfologia dei legumi del genere «Medicago» con 3 tavole in l'itogr. in-4. di pag. 27, 1891 » Ci TODARO (A.), Hortus Botanicus Panormitanus, sive plantae novac vel criticae qnae in horto botanico panormit. coluntur de- scriptac et iconibus illustr., Pai. 1S76-9Ì, in-fol. V^ol. I. (12 fase.) Voi. II. (9 Jasc.) » 205 — Relazione sulla cultura dei cotoni in Italia seguita da una Monografia del genere «Gossypium » in-8 di pag. 287 con atlante in foglio di 12 tav. cromolito2;r. 1877-78 » 50 INZENGA (Gius.), Funghi siciliani cent. 1" con 8 tav. cromo- litogr., in-4. di pag. 89, 1869 . ., » 10 — Cent. 2^ con 10 tav. cromolitogr., in-4. di pag. 79, 1879 » 10 PENZIG (O), Studi botanici sugli agrumi e sulle piante affini in-8. di pag. 590 e 1 atlante in foglio di 58 tavole in litogr., 1887 » 30 DODERLEIN (Pietro Prof.), Manuale ittiologico del Mediterraneo, ossia sinossi metodica delle varie specie di pesci riscontrate sin qui nel Mediterraneo e in particolare nei mari di Sicilia, fase. I. Bibliografia ittiologica, in-8. di pag. VIII-67, 1881 » 8 — Fase. II. Epibranehi, Elasmobranchi, in-8. di pag. 1 17, 1881 » 10 — Fase. III. Elasmobrancbi, Bonap. (contin.) Batoidei,, in-8. di pag. 139, 1885 » 10 — Fase. IV. Teleostei Acantotterigi Perciformi, in-3. di pag. 188, 1890 » 10 — Fase. V. (fine) Teleostei Acantotterigi Perciformi , in-8. di pag. 320, 1891 » 10 GEMMELLARO (Gaot. Gìorg. Prof.), La Fauna dei calcari con fusulina della valle del fiume Sosio nella provincia di Palermo, fase. I. II. in-4. di pag. 182 e 19 tavole con ap- pendice di pag. 26 e 4 tavole, 1887-1889 » 57 — I crostacei dei calcari con fusilina della valle del fiume Sosio nella provincia di Palermo in Sicilia con 5 tavole litogr., iri-4. di pag. 40, 1890 » 10 i3