IL DI ^ze/zze^ <=^mere ea f^^^:^r/i Non ita certandi cupidus quam propter aniorem. TORINO STAMPERIA GHIRINGIICLLO E COMP. cou permissione. I!\[DICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL SECONDO V0LU8IE. Filosofia ...] La religione. — Osservazioni Jilo so fiche di G. B pag. 97 Pensieri. G » 62 Tutti gli articoli sottosegnati colla lettera G. tanto nel primo , che nel secondo volume di questo Gior- nale sono stati scritti dal Prof. Gaspare Gorresio Membro del Collegio di scienze e lettere nella R. Scienze Morali/ Università, Prof, di letter. nella R. Militare Acca- demia di Torino. Educazione, ^rt. i.* .^^P'j'. S. Battaglione » igS Id. u4rt. 2.° id. . * . » 385 Delle prime costumanze e della prima educazione. F. R » 821 Tribunali correzionali e giustizia munici' pale in Inghilterra » i Della riforma delle prigioni. Avs>. Seve- rino Battaglione » 49 Cenni storici sulle casse di risparmio , e della loro utilità ed unione colle banche agricole ed industriali. Avv, Severino Battaglione » io8 Saggio sul buon governo della mendicità^ degli instituti di beneficenza , e delle carceri, del Conte D. Carlo Ilarione Pe- titti di Roreto Consigliere di Stato ord. di S. M. Avv. Severino Battaglione » 289 Dei primi elementi di economia politica. Libri quattro di Filib. Demarese. m. m. » 5 1 3 Scienze Sociali ED Amministrative Dizionario geografico-storìco-statìstico-coni' Scienze Sociali] rnerciale dedl Stati di S. M. il Re di ED \ A ) Sardesna. compilato per cura del Prof. Amministrative | ^ ™ , t, ^. r^ i. i „ , ^ Gofiredo Casali* D. di belle lett. G. pag. 621 Des progrés de Vlmprimerie en France , et en Italie au 1 6.me siede j et de son in/luence sur la littèrature ecc. Q. Q. » 19 Di una vita inedita di Alessandro VII. scritta dal Cardinale Sforza Pallavicino. Scienze Stor. / S. F . » 1 24 Dell'influenza della religione cristiana so- pra la nostra letteratura. F. L. . » 204 Histoire externe du droit romain d l '«- sage des èlèves en droit ^ par M. L. A. Warnkoenig. Cav. Bon-Gompagni . » 4o8 Paleografia ( •^* o-lcuni recenti studi di Paleografia Fe- ED < nicia fatti in Piemonte. A . . . » i65 Archeologia ( Cenni sulla mitologia. G » 2i3 / Geologia. S » 65 Geologia. — Osservazioni geognostiche ^ e mineralogiche intorno ad alcune valli delle Alpi del Piemonte j del Profess. Scienze J Angelo Sisraonda. G » i3o Naturali \ Esposizione ed esame critico del sistema frenologico considerato ne' suoi principi j nel suo metodo j nella sua teoria e nelle sue conseguenze , del Dott. L. Cerise. A. C, Maffoni M. C. » 4,78 Polemica m. m. . « 29 Dei drammi di Vittore Ugo. G. M. . » 3 Novelle. M, M )) 16 , , Sa^s'io che ebbero diverse relisioni sopra Letteratura . .{ ,. , _, ^ *' ' diverse letterature. F. L » 70 Poesie scelte di T. Moore tradotte da Gio. Flecchia. Jvv. F. C » 83 Letteratura . . i Alla Luna versi di Ag. Cagnoli. C. M. pag. i38 FeuxFoUets, par Leon Menabrea. M. M. m i48 Manfredi Tragedia di Carlo Marenco » iSa Gian Paolo Federico Richter. Y . , » i58 Del seicento e del P. Giuglaris. P. A. P, » 240 Della commedia italiana. G. E. Oh. . » 247 Scene Torinesi di Paolo Gindd. uéi^u. S. Battaglione * . . » 256 Manfredi Tragedia di Carlo Marenco. Tommaseo ......... » 33o Prose ^ e poesie inedite di Italiani viventi G » 342 » 4^7 » 4^* )) 535 » 527 / Promessi Sposi di Aless. Manzoni La luna. Racconto fantastico. X. Y. . Poesie di Giorgio Briano. G. • . . \ Commedie di Angelo BrofFerio. H. A. Paralèlle des langues de l'Europe , et de V Inde, par M. F. G. EichhofFcfoefeMr ès-lettres etc. F. B » 228 Nuova edizione del Dizionario de* sinoni- mi della lingua italiana del Tomma- seo. u4vv. Severino Battaglione . . » 237 Grammaire Egyptienne, ou principes gè- . néraiix de V Ècriture Sacrée Egyptienne appliquèe a la reprèsentation de la lan~ gue parlèe par Champollion le Jeune, publiée sur le manuscrit autographe. F. B M 347 Bibliografia j ^^S^^ scritti di Tommaso Arcidiacono di Spalato^ storico del secolo XIII. G. » 533 Fli OLOGIA . . Biografia E Necrologia Belle Arti . . Cenni sopra Carlo Fea. C. P. . . . » 22 Colonnello Luigi Signoretti .... » 38 Lucia statua di Angelo Bruneri Torinese. Avv. F. Concone m 33 Due nuovi quadri del Prof. Discara . » 35 // Clavicilindro. Ai>v. C. . . . . pag. i^5 Lettera VI. Sulla instabilità della musica. B » 85 Lettera VII' Ricerche sul bello musicale. Belle Arti .. .^ B » 261 Lettera Vili. Episodio sui giudiziì musi- cali. B » 36o Lettera IX. SuW espressione o linguaggio musicale. B » 5oo Letture Popolari " *77 Carlo Andrea Rana — Lettera . . » 179 Visita ad un poeta. X. M » 2^4 Incoraggiamento alle scienze. — Fremii che distribuirà la R. Accademia delle scienze di Torino agli scienziati. Avi'. Varietà^ ) Severino Battaglione » 871 Viaggi scientifici del B. di Huegel. M. C. » 3^6 I Thugy o secreti assassini deW India. R. » 543 Secondo supplimento al Catalogo del i835 del R. Stabilimento Agrario Botanico di Burdin Maggiore e Comp. Y. . » 563 Lettera di Vincenzo Monti a Luigi Rossi » 365 Notizie diverse » ^i, 95, i83, 283, 38o, 568 Annunzi bibliografici 45, 189J 286^ 384, ^7^ 1 SciKNZlì Soi-IAH — Tribunali correzionali , e giustizia lìiiaiicijjale in Inghilterra. 11 biioii senso pratico degli Inglesi rivelasi specialmente in quella giustizia sommaria che castig;i sull' istante , e senza for- malità di processura i semplici delitti , e che è di sì grande utilità nelle vaste città. Le courts of j'eguest , ossiano corti di coscienza , sono tribunali stabiliti per la riscossione dei pic- coli debiti. Sono desse in numero di sei nella città di Lon- dra , e la loro prima instituzione monta sino al regno di Eu- rico ottavo ; ma due statuti creati dal re Giorgio terzo resero molto più vantaggiosa codesta instituzione. Ogni mese in ca- dun quartiere della città vengono scelti due Scabbiui e venti abitanti notabili per fox'mare la Corte di coscienza. Questi cit- tadini-magistrati portano il titolo di Gomniissarj. Allorché essi seggono in tribunale in numero di tre, la loro giurisdizione è limitata alla somma di due lire sterline ; ir.a quando essi sono sette , quella si estende sino a 11. 5. La corte di coscienza tiene le sue sedule ogni mercoledì e venerdì : non \i si veg- gono quasi mai né avvocati , uè procuratori ; le parti ìiliganti presentano esse medesime la loro domanda , o ia loro difesa. I Commissari puonno ordinare il pagamento in una sola volta o mediante mora ; puonno condannare il debitore alla prigione, ma soltanto per aìlrcttanti giorni, quante lire costituiscono 11 debito, a meno che non risulti ad evidenza che il debitore possiede danari, o mobili da lui nascosti per defraudare il cre- ditore ed i giudici. È aperto un registro delle decisioni dtlU corti di coscienza , e da quelle non puossi introdurre appello a verun tribunale superiore. Le spese ascendono ordiuariamenlc a mezza lira per ogni debito non maggiore di ìì. j.\ e montano a 2 11. I circa per un debito da 2 a 5 11. Il tribunale criminale di Londra ( f/ie court of quavter sessioris) conosce tutti gli af- fari che oltrepassano il potere della pulizia , e che dovendo giu- dicarsi per mezzo di giurati, non vestono però la qualità di delitto. Le ricerche e le nozioni ottenute dagli uffiziali di pu- lizia vengono sottomesse a quell'adunanza di probi uomini chia- mata il gran Giurì , il quale decide tosto se havvi luogo a pro- cedere o non. Allorché il Giurì rispose affermativamente con queste parole : a true bill , si fa il processo 5 se all' incontro vien risposto ignoramus, allora l'inquisito è immediatamente posto in libertà. Nella maggior parte delle quistioni ventilate dinanzi a questa corte, non trovansi né avvocati, né causidici; le parti non vogliono punto commettersi alla loro costosissima as- sistenza. Da che l'inquisito comparisce al cospetto de' giudici, l'attore espone le sue ragioni, e posciachè egli ha terminato, alla sua volta l'accusato ottiene di essere ascoltato , e può anche interrogare l' accusatore. In seguito presentansi i testimoni a carico e a discarico , poscia il presidente espone lo stato dei fatti. Se il Giuri dichiara innocente l'accusato, questi vien tosto messo in liberta , se all' incontro è dichiarato colpevole , allora i giudici si consultano , e pronunziano la sentenza. ( Rev. Bcitan. i836). Letteratura — Dei drammi di Vitior Ugo. Articolo Teiizo Maria Tudor *i. Quando la storia accusando Maria d'Inghilterra d'animo cru- dele, si tace d'altre colpe meno insolite al debol sesso : dopo che David Hume si poco indulgente a quelli, che i protestanti chiaman Papisti, accusata avendo d'ostinazione, di bacchetto- neria, di violenza, di malignità, di ferocia, e di tirannici modi questa fiera Cattolica, s'astenne dall' infamarne colla taccia di disonestà i costumi: dopo ciò, dico, che un poeta drammatico volendo dipingere una donna dissoluta, e crudele nella libidine, *I Nel secondo articolo sulla stessa materia ( Distribuzione prima di set tembre), oltre certe piccole mende tipograficbe , che qualunaue lettore «aura neon „ ,., ,,,„, ^„^„^^._ ^^^ ^^^ ^^,^ ^ _ '^^^^Ji^ ^^^^ ^ e a Ugo Cappato con dopp.a p , corsero i seguenti errori più -^ravi. Pag. 5ia. lin. la. non che fogliano dissimulare Pag. 5i3 lin, 14 ,5. 11 debito onore alla gentilezza e ge- uen.sità francese non dimenticò di tributar loro. Ivi lin. 21. Che non saprei invece Ivi lin. 25. Sapientissima fra le antiche assemblee Pag. 5 14. lin. 14. L' impossibilità del suo disegno Ivi lin. 20. 1 difetti f/e//' autore consentiti Pag- 517.. lin. 20. Già questa considerandosi d'averlo vinto CoKEEGCJ non che vogliano dissimulare Il debito onore alla jjcntilezza e ge- nerosità de' Francesi non dimtu- ticò di tributar loro. Che non saprei invero Sapientissima fra le italiche assemblee L' i/nprobabilità del suo disegno 1 difetti dall' autore consentiti Già questa confidandosi d' averlo, vinto e questo considerandosi , per confidandosi è quello fra tutti che più mi dia pena. 4 , trascini sulle scene questa Maria , le strappi tli fronte la sol.i corona di gloria, clie la storia non 1' elibe sfrondala; né ancor pago che questa la mostrasse ai posteri tutta lorda di sangue , la rappresenti a' suoi spettatori imbrattata del più sozzo fango del vizio; siffatta violazione delle storiche tradizioni, abuso tale dei grandi nomi, non so a qual lodevole intento possa venii- attribuito. Era più giusto a parer mio, e più conforme a quella vendetta, che il poeta non men che lo storico hanno diritto di esercitare contro gl'illustri malvagi, spazzando da' nomi loro la polve dei secoli, e costringendoli ad esser illustri malgrado loro; era, dico, più giusto il collocare Maria nella sua vera at- titudine di persecutrice , brandendo la face del fanatismo, pronta ad accendere i roghi, ed esultante frai gemiti delle sue vit- time, che non lo stenderla malgrado suo nel letto della prosti- tuzione, e per la smania d'oscurare il bel nome italiano *i, porle a giacere al fianco un pessimo italiano imaginario, attri- buire a costui tutte le atrocità di Maria, tutte le sventure di quel regno di sangue, e far che un Fabiano Fabiani, nome senza soggetto, regni dal letto della regina tiranno e carnefice dell'Inghilterra: e per ultimo, quasi compiacendosi dell'infelice creazione di quel drudo fantastico, renderlo pretesto di bassi ol- traggi contro la nostra nazione. Per buona sorte i poeti non hanno ufficio di storici fuorché nell'infanzia de' popoli: e ben *i Nella scena 2 , giornata 2 di questo dramma Simon Renard alludendo all' umico costume italiano di porre al numero plurale i nomi tutti di casato, perchè complessivi, dice rispondendo alla regina, che chiamò Fabiani il più fraudolento e infinto uomo del inondo: « Je dis, madame , qu'on voit bien que cet liomme » porte un noni en i » Nella scena settima delia stessa giornata Maria dice : Il Ccstma faute. Itaìien, cela veut dire fourbe ! Napolitain, cela veut dire lache!» E più sotto « Oh .' je devais le savoir d'avance , on ne peut tircr autre chose )j de 1.1 poche d'un Italieu qu'uu stjlet , et de l'ame d'un Itaìien que lì trahi- » soli ! » E più sotto ancora; « Le poison! le poignard! que dis-tu là , Itaìien? » la vengeance traitre, la vengeance honteuse , la vengeancc par dcrrière , la » vengeance corame dans ton pays ! » Nella giornata terza , parte prima, scena nona , la regina dice parlando di Fabiani : « Je veu prouver nioi-mcme au peuple qu'il n'est pas coupable. » Simon Renard risponde ; « Prouvez au peuple qu'il n'est pas Itaìien ! » Cose insoppor- tabili , cose false e gratuitamente asserite , cose non so se più indegne della niiwonr contro cui sono scagliate, che della dignità di colui xhe le ha potute, non dirò pensare , ma immaginare e scrivere. 5 loro sta, se non contenti ad infiorarli, s'arrogano di svisare e adulterare gii anticlii fatti 5 se non paghi di non adularle , si piaeciono di calunniare le tombe. Questa giusta censura che amore del vero e carità di patria mi hanno dettata, valga a dispensarmi dall' aggiugnerne verun altra su questo dramma. Ond' io passando sotto silenzio il rav- viluppato intreccio della giornata prima, n'andrò d'un salto là dove mi si spiega dinanzi largo campo di lodi; cioè alla seconda e terza giornata; non accennando della prima fuorché due cose, che a tutta gloria dell'autore ridondano. L' una si è che Jane non ha il menomo colloquio col suo novello amante Fabiani. Artifizio questo degno d' encomio ; perocché dovendo costui in- spirare avversione, e l'affetto de' spettatori volgersi intero al suo rivale Gilberto, era pericoloso il farlo bello di quell'inte- resse, che la rivelazione di sensi d'amore, quantunque finti (quasiché nel seduttore riesca mirabile l'artifizio della seduzione) suol sempre destare malgrado nostro *i. E d'altronde dovendo Jane, prima che termini il dramma, far ritorno ai suoi prischi amori, e cangiare se non in odio, almeno in dispetto la passeg- gera sua passione per l'indegno Fabiani, riusciva d'effetto pes- simo il farle dire a due personaggi diversi parole d'amore sen- tite. Né l'esempio di Shakespeare nel Romeo e Giulietta, dove Romeo due fanciulle successivamente amoi'eggia, sarebbe stato valevole scusa al poeta francese: che quel sommo, comunque diversamente sentenziasse lo Schlegel, della natura fu figlio, e non dell'arte. L'altra delle due cose si é questa, che Fabiani avendo con baronale impudenza rivelato a Gilberto gelosissimo ed onorato popolano, che Jane é sua druda 5 e mentre questi di ciò si arrabbia e dispera, fattogli leggere il biglietto aiauroso che rice- vette da lei, e eoa ricordargli che esso Gilberto è plebeo, e metto ( non avendo spada al fianco ) a battersi con gentiluomini, insultato al suo dolore: e sfidandolo per ultimo a vendicarsi, essendo partito gettandogli ai piedi per maggior onta la chiave *i Si è questa cred' io la ragione , per cui il personaggio Ai Don Giovanni , malgrado gli osceni suoi vizii , tradotto in tutte le lingue , e raffazzonato in mille guise , piacque e piace pur sempre. 6 della casa di lui ( la teneva Fabiani dalla giovane per servir- sene nelle notturne sue visite), aggiugnendo all'atto parole della più amara derisione: dopo tutto questo non riesce strano il vedere come Gilberto dotato di alto carattere, ed altamente passionato, faccia pensatamente l'orribile risoluzione di votarsi ad una morte certa per ottenere una cerla vendetta. Meglio vien espresso il carattere di un personaggio ponendolo a dirittura in azione, che descrivendolo, o faceudol parlare: quello poi di un ingannatore non può evidentemente dipingersi fuorché facendolo agire, perocché le sue parole non si conciliano veruna fede. Si è perciò che felice mi parve il pensiero del poeta di aprire la seconda giornata con far modulare da Fabiani a' piedi della regina alcune strofe della stessa romanza, che nella giornata prima 1' udimmo cantare sotto le finestre di Jane. Osserverem di passaggio, che leggiadra e voluttuosa è questa canzoncina erotica 5 migliore le cento volte di quella dell'Angelo, nella quale non sarà credo alcuno che riconosca l'autore delle Orientali. Quando poi Fabiani nullamente sospettoso delle scoperte che Maria fece sul conto suo, mentre da lei é pregato dolcemente di ritirarsi , e lasciar entrare la regina là dove non era stato altri fin allora che la femmina, le dice coli' insolente confidenza d'un favorito, Je veux , moi ^ que la femme Jasse attendre la Teine d la porte ^ la risposta che ella gli dà, a mio parere, è sublime. Vous vouleZj vous ! f^ous voulez , vous ! Re- gardez-moìj mj lord! Tu as une j enne et channante téle j Fabiano. Senz'arrestarmi a notare il rapido passaggio dal voi al tu, che è pur non poco significante, quanti pensieri queste brevi parole non racchiudono! Una donna amante che è pur anco regina che sa, 0 almeno forte sospetta di essere tradita nell'a- mor suo , che vede in fronte al suo favorito una cosi impudente tranquillità, che s'ode dir tu (ce miserahle fourbe ^ qui vie parlait d'amour j et me disait tu _, ce matin. Scen. VII), e par- lar col tuono assoluto di un padrone, deve sentirsi risvegliare nel cuore la ricordanza d'esser sovrana, di poter con un muo- ver di ciglio annullar l' opera delle sue mani , distrugger la fortuna di uno sconoscente da lei innalzato, e com'ella già lo trasse dal fango, sommergerlo nel proprio sangue. A vedere 7 se egli è capace di verecondia, di rimorso, le dice due volte in questo dialogo regar ni poignard ni poison. Est-ce que j'ai à me cacber, moi , » à chercher le coin des rues la nuit, et à me faire petite » quànd je roe venge ? Non pardieu , je vcux le grand jonr , » entends-tu, Mylord? le plein midi, le beau soleil , la place » publique, la hache et le billot, la fonie dans la rue, la foulc » aux fenètres , la fonie sur les toits, cent mille tcmoins! Je » veux qu'on ait peur, entends-tu, Mylord? qii'on trouve ìì cela splendide, effroyable et magnifiquCj et qu'on dise : i) c'est une femme qui a été outragée, mais c'est une teine M qui se venge! Le favori si envié , ce beau jeune homme in- » solent que j'ai couvert de velours et de satin, je veux le » voir plié eu deux, effaré et tremblant, à genoux sur un drap » noir, pieds nus, mains liées, bue par le peuple, manie par » le bourreau. Ce con blanc où j'avais mis un collier d'or , » j'y veux mettre une corde. J'ai vu quel etfet ce Fabiani » faisait sur un tróne, je veux voir quel eiFet il fera sur un ?» écbafaud ! » Per ultimo la scena del carnefice, quantunque dopo che si è veduto la regina assegnar Fabiani alla Camera stellata, acciò lo giudichi dei supposti delitti di tradimento e di attentato di regicidio, riesca superflua, mentre la sua mala fine già si conosce inevitabile-, pure è preparata in modo che ne vien naturalmente quasi conseguenza ben dedotta dalle premesse: ed eseguita in teatro a dovere, non può non essere di sommo ef- fetto. Dopo ciò Fabiani più non compai-e: e quando un uomo tutto coperto di un nero velo passa sulla scena per esser con- dotto al supplizio, un tremendo dubbio auge gli spettatori, se quegli sia Fabiani, ovvero Gilberto. Tutto ciò è ben imaginato: perchè l' interesse che desterebbe forse la vista di una qua- lunque vìttima della calunnia (Mylord vien condannato a mor- te, come accennammo, per non veri delitti) nuocerebbe a quell'unico che destar debbono Jane, e Gilberto. Il rinascente amor di Maria pel suo drudo , per cui salvar dalla morte vor- rebbe sagrificare Gilberto in sua vece, mentre il pubblico di 9 nuovo abborre ([Uel favolilo dal momento che teme di vederlo risorgere dalla sua caduta, fa palpitare vie più per la vita del generoso e caro popolano. La prima; parte della terza giornata schiudesi nella torre di Londra con un dialogo oltremodo patetico di Gilberto incar- cerato con Josvia pietoso carceriere, e suo vecchio amico, Gil- berto, quasi uomo stanco per lo grande sforzo fatto per amor di Jane, sente il bisogno di poter credere, quasi a compenso , che ella di ricambio pensi a lui , eh' ella non l'abbia del tutto dimenticato. Da un mese in qua ei la vede tutti i giorni dalla finestra pallida e in vesti di lutto aggirarsi come vagabonda a pie della torre , ov' egli e Fabiano stanno rinchiusi. Per chi vien ella? per Fabiani, o per esso? Questo dubbio fieramente l'affligge. Giosua gli rammenta il palco, su cui fra breve ora deve perdere il capo, e Gilberto così risponde: « Ma morti « Qu'entends-tu par ce mot? Ma mort , c'est que Jane ne « m'aime plus. Du jour où je n'ai plus été aimé, j'ai été mort. « Oh! vraiment mort, Josua ! Ce qui survit de moi depuis « ce temps, ne vaut pas la peine qu'on preudra demain. » E prima di rientrare nella segreta, donde la pietà di Josua l'ho ha tratto per poco, disperatamente egli esclama: « Oh! « mourir sans étre aimé! mourir sans étre pleure! Jane!... « Jane ! , . . Jane !. .. » Commoventissimo è l'amoroso dialogo di Gilberto con Jane nella Se. VII di questa prima parte. E qui mi cade in acconcio il dire , che di tutti gli scrittori drammatici che io conosco , nessuno, tranne Goeth, ve n'ha a parer mio, che la passion d'amore fortemente e naturalmente esprima al pari di Vittor Ugo. Le scene di Didier con Marion de Lorme, quelle di Dona Sol con Emani, quelle di Tisbe e Catarina con Rodolfo, per ultimo le scene erotiche del dramma che abbiamo presentemente sott occhio, ne paiono di ciò che asserimmo altrettante prove luculentissinie. Quando io lessi la prima volta le opere teatrali di questo scrittore, egli mi parve da questo lato invidiabile. E per verità l' aver ringiovanita e rinfrescata una passione dai poeti di tutti i tempi , e di tutti i climi già cotanto logorata , e un merito degno della più alta ammirazione. 10 Non passeremo sotto silenzio, come piena sia di verità, di terrore, e di strepitoso effetto, la scena nona, dove il popol di Londra dagli occulti maneggi dell' ambasciatore spagnuolo sollevato a romore, gridando furiosamente morte a Fabiani , co- stringe per bella forza 1' ancora amante regina a promettergli , per ammansarlo , la testa del favorito , e a segnare la prim'ora di quella notte stessa per termine della sua vita. La rabbia di Maria nel vedersi nella necessità di sacrificare quell'uomo, pur sempre caro , le sue furie contro i signori cbe la circon- dano , perchè pronti a devoversi alla morte per la regina non moverebbero un dito per la salvezza dell'abborrito Fabiani , son cose dipinte come meglio non si poteva. Bella è l' esclama- zione dell' adirata Sovrana a' suoi Lordi : « Vous étes tous » des ladies , et Clinton tout le premier \ » e quella minaccia che vien subito dopo: « Ah ! Clinton, je me souviendrai de » cela, mon ami! » E quaud'ella grida : « A cheval , Mylords, » à cheval. Est-ce que la canaille vous iotimide? Est-ce que » les e'pe'es ont peur des bàtons ? » bellissima è la risposta dello Spagnuolo : « Vous pouvez encore dire la canaille , dans » une heure vous seriez obligée de dire le peuple. » Questa scena è preceduta da una nota che riguarda 1' esecuzione , e prescrive scene mute , e spettacoli macchinali di beli' effetto. Quantunque , come dice Aristotile , le bellezze d'un' opera tea- trale non debbano esser foggiate dal sarto , né , aggiungo io , dal pittore, dall'apparatore, o dal macchinista, invidiabili ciò nondimeno sono da questo lato gli autori francesi , che pos- sono scapriccirsi quanto vogliono nelle decorazioni e nelle com- parse , ed aggiungere al bello della poesia, il lusso dello scenico apparato : né sono costretti a render la scena quasi deserta con grave danno della verosimiglianza , per non esporsi a far ridere la platea delle sgraziate o stupide attitudini delle mal ammae- strate comparse *, le quali bene ammaestrate si veggono tuttodì nelle azioni mimiche aggiunger cotanto all' ornamento , e alla grandiosità dello spettacolo. Termina la prima metà della terza giornata lasciando nell' animo degli spettatori il già accennato dubbio, che per salvare da morte imminente il drudo della regina non abbia a porsi 11 in sua vece Gilberto , il quale già mezzo trafugato per opera di Jane , per un vile intrico di un Maitre Eneas potrebbe esser arrestato , e ravviluppato nel funebre velo , che deve dà capo a piedi coprir la vittima condotta al supplizio. Quest' in- cidente , mentre chiude in un modo altamente drammatico questa prima parte , spande un' orribile incertezza sulla se- conda fin al punto in cui Gilberto si vede comparir salvo e lieto : e al momento in cui 1' uomo ravvolto nel nero velo at- traversa la scena , non è cuore che non palpiti di tema , che sotto quel velo , non già 1' indegno Fabiano , ma 1' infelice Gilberto s' asconda. La prima scena dell' ultima parte è resa terribile dal pas- saggio del corteggio funebre , che precede e segue in solenne attitudine il paziente , che collo sbadacchio in bocca , ed una torcia di cera gialla in mano , strascinando il negro lenzuolo move lentamente al patibolo. Le bandiere mortuarie , il sa- cerdote coperto dei paramenti del di dei morti , i partigia- nieri vestiti di rosso , gli alabardieri colle torce accese , ad ultimo il carnefice colla scure rivalta al viso della vittima , tutto accresce orrore a questo spettacolo. Un officiale ripete tre volte con lenta voce 1' annunzio ferale , che si ode dal sof- fitto prima di veder la lugubre comitiva , si ode di sul palco, al distendersi eh' essa fa sovra la scena ; si ode di sotto , al suo discendere sotto il palco medesimo , il quale rappresenta la parte mezzana della torre. La decorazione bianca e nera , e nera e bianca , distinta da grandi croci nere e bianche o bianche e nere ,• e per ultimo 1' ombra immobile della regina profilata sur una bianca tappezzeria dietro cui ella stassi come leonessa in agguato , tutte queste cose insieme fanno un tutto di mirabile efietto. Bello , ma non più di bellezza macchinale si è quel lampo di terrore e di compassione , che scoppia dal sen di Jane al veder passare colui, ch'essa crede Fabiani. « Le » misérable Fabiani, » grida il carceriere. « Paix, risponde la fanciulla, paix Joshua ! Bien » misérable , mais bien malheu- reux ! » Ah che un forte amore, comunque vinto , lascia, al pari di un grande incendio , orme indelebili in fondo al cuore ! Le parole dell'Ambasciatore spagnuolo, poiché il corteggio dispar- 12 Te: « Est-ce bien là Fabiani ? je le croyais moiiis grand» ride- stano il fier sospetto nato sul finir della parte prima , che Gil- berto e non Fabiani s'asconda sotto il velo infelice. Poi quando compare Maria pallida , cogli occhi fissi soprappensiero , non può meglio rompere il silenzio , che gridando come fa con un sospiro: « Oh ! le pcuple ! » Quand'essa tira la cortina del fondo, ed apre lo spettacolo di Londra illuminata ( spettacolo che un testimonio della rappresentazione ne disse essere stato cosa ma- ravigliosa ), di una città intera , come die' ella , illuminata in- torno ad un patibolo 5 le parole ch'ella dal balcone scaglia contro quella stessa città , son degne veramente della feroce e sanguinaria figlia d'Arrigo IV. « Oh ! ville infame ! ville re- » voltée ! ville maudite ! ville monstrueuse qui trempe sa robe » de féte dans le sang , et qui tient la torce au bourreau! .... » Oh ! l'Angleterre! l'Aagleterre à qui de'truira Londres ! Oh! » que je voudrais pouvoir clianger ces flambeaux enbrandons, )) ces lumières en flammes , et cette ville illuminee en une » ville qui brulé ! » E non è che a stento eh' io resisto alla tentazione di qui trascrivere intera 1' ultima scena , che quantunque conchiusa da felice catastrofe , per la natura degli affetti , e per la forza e contrasto loro, tragica riesce quant' altra mai. Lo spavento onde Jane è subitamente colpita all' udirsi dir ridendo dalla regina , eh' essa ingannò la furente moltitudine, e che Gilberto e non Fabiani è 1' uomo del nero velo, le preghiere di quella accompagnate da lagrime, acciò questa sospenda l'esecuzione, offrendosi di por se medesima sotto quel ferale Involucro : la pietà , poi gli sdegni di Maria , il fero dubbio che in lei sì desta , non sia ella stessa in inganno , e la cosa avvenuta tutt' all'opposto, cioè il suo drudo e non già l'amante di Jane, ve- nir condotto in quel punto al supplizio : i suoi ordini preci- pitosi per ritardare il momento fatale : i palpiti e i timori d' entrambe 5 e per ultimo la campana della torre che accresce co' suoi lugubri rintocchi il loro spavento 5 son cose tutte , che come il lettore altamente commovono , cosi nello spettatore destano un lungo fremito , un' indicibile ansietà. Finalmente a La cloche s'arréte. » i 13 La Kejne « G'est qiie le cortège est sur la place de l'exécution. L'hoiu- ì) me n'aura pas eu le temps d'airi ver. » e E qui un lontano colpo di cannone J Jane « Ciel ! » La Reime (( (1 moute sur l'e'chafaud. » ( Secondo colpo ) « Il s'agenouille. » Jane « G'est horrible I w ( Terzo colpo ) Toutts dciix « Ah ! ... » La Reine « Il n'y ea a plus qu'un de vivant. Dans un instant nous « saiirons lequel. Mon Dieu ! celui qui va entrer faites que ce « soit Fabiano ! » Jane « Mon Dieu ! faites que ce soit Gilbert, ( jE" qui s' apre una cortina nel J ondo ^ e compare Simon Renard ambasciatore di Spagna conducendo per mano Gilberto ). Jane « Gilbert ! > « Et Fabiano ? » « Mort. )) ( E si abbracciano ) La PiEIKE La Reine « Mort ? . . . Mori ! Qui a ose ?.. . » Simon Renak» « Moi. J'ai sauvé la reine, et l'Angleterre. » Abbracciando d' un sol colpo d' occhio i tre drammi esami- nati ( ucll'ordinc della composi/Jone, l'Angelo è l'ultimo, Ma- 14 ria Tudor il penultimo , e Lucrezia il terz'ultimo di tutti i drammi di Vittor Ugo), la prima quistione che si presenta alla mente si è questa , perchè un uomo dotato di sì alta fa- coltà poetica, e cosi maestro, checché si gridi in contrario, del verseggiare , abbia scritto in prosa questi suoi nuovi lavori. Accusarne 1' impazienza della fatica , o la fretta sarebbe far ingiuria grande ad uno scrittore siffatto , ed a tutti in generale i laboriosissimi verseggiatori francesi. Qual sarà dunque il mo- tivo , che trasformò l'autor del Gromwello , dell' Emani , ecc. in uno scrittore di drammi in prosa ? Quanto alla Lucrezia parmi scorgervi una ragion materiale , quella del non potersi l'idurre in versi francesi i molti versetti latini cantati dai frati nella terribile scena del convito. E sospettammo dapprima che la stessa difficoltà incontrasse l'autore nella Maria Tudor, trat- tandosi di dar forma di verso alla proclamazione di Mattile Eneas, mentre il paziente esce della torre : « Celui qui marche » à ma sulte , couvert de ce voile noir, c'est très-haut et très- » puissant seigneur Fabiano Fabiani Corate de Glarabrassil , )) Baron de Dinasmondy » ecc. Ma oltrecchè non crediamo ca- pace quel sommo ingegno di sacrificare la maggior bellezza d' un intero dramma all' amore di alcune tecniche frasi , ci sovvenne ben tosto come pieghevole si mostri nelle sue mani la lingua francese nel Cromwello miracolo di artifiziosa verseg- giatura , dove si comincia dall' esprimere in un verso la data del giorno , del mese e dell'anno , e dove Is gride dei bandi- tori , i testi biblici tradotti , le quistioni teologiche , e le più barbare nomenclature si adattano senza sforzo alle forme dell' emistichio. Neil' Angelo finalmente non trovammo neppur l'om- bra di motivo siffatto. Pensò egli forse che il dialogo acquisti dalla prosa naturalezza maggiore ? Ma già nella prefazione al Cromwello disse tai cose, che lo dimostrano, persuaso di questa verità già da Metastasio pronunciata , che il naturale nell'opere dell'arti deve esser tale nei limiti dell'arti stesse 5 non già acco- starsi di troppo alla realtà, che altrimenti corre rischio di con- fondersi con quella , e il bello ideale andarne perduto. La verità de' sentimenti , la naturalezza dell'espressione, ponno associarisi alla maggior altezza di stile, alla più squisita frase, al verso 15 più nobile ed armonioso : e 1' incanto de' carmi è tale , che da niana prosaica ingenuità può venir riscattato. Qual ragion adun- que, ripeto , fu sì potente nel senno di Vittor Ugo da farlo discendere dall' altezza del verso , a quella che Lord Byrou chiamava /' umile prosa ; a strapparsi egli stesso dal ciine una cosi bella fronda del suo lauro poetico? Spirito forse di novità? Orgoglio di provare come il bello dell' opere sue non risiede ne' panni , bensì nel corpo e nelle viscere di quelle ,• e come spogliate d' ogni esterno ornamento , elleno son pur sempre ricche d'alti sensi , e di caldissimi affetti ? Volle egli forse mo- strare a nudo i suoi pensieri, e come altre volte espose al pubblico i propri! parti vestiti di floride polpe , mostrarli ora scarnati , con ossa , nervi , ed arterie allo scoperto , come la statua dell' Apostolo che fu tratto Della vagina delle membra sue che il viaggiatore contempla dietro il coro del duomo di Milano? Avvisò egli , facendo così , ad esser meglio inteso da tutte le classi di persone ? Ma 1' evidenza del bello e del vero ha forza di farsi sentire anche da quelli che male il comprendono : e se le tragedie italiane dettate nel più alto stile sono efficaci a muovere un'intera moltitudine composta d'ogni generazione di spettatori, i quali tutti,. tranne quelli di poche provincie, par- lano un dialetto dalla lìngua che si scrive assai lontano , quanto più facilmente non intenderà i più sublimi versi francesi l'udi- torio della colta Parigi , e dell' altre non forse men colte fran- cesi città ? Quando mai si dolsero Gorneille , Racine e Voltaire di non esser intesi dal pubblico ? Io non mi darò vanto d' indovinare i segreti motivi del Poeta francese : e lunge da me il supporne di quelli meno onorevoli a un sì chiaro nome. Dirò soltanto che il difetto del verso ne' suoi ultimi tre drammi si è forse , se non la sola , la principal cagione, che altri giudicollì assai men belli de' primi, e si cre- dette vedere nella sua carriera drammatica quel processo retro- grado, che noi davvero scorgere non vi sappiamo. C. M. 16 SLa Ione dei Corvi. Lo Spettro Nero. Il Cuore del Pioppo. L' autore di queste tre novelle che per un modesto sentire di sé, non comune ai di che corrono, coprivasl col velo dell' anonimo , ci annunzia in una breve prefazione intitolata alle gentili leggitrici , ch'egli non aspira che a diradare dalle belle loro pupille le nubi della noja micidiale j e non vorrebbe che gli accigliati sognatori di cose grandi tenessero per troppo facile ed anche frivolo 1' assunto suo. Noi plaudenti a chi gli ozii letterari consacra al procacciamento di quegli onesti sollievi che più lusingano le femminili fantasie , e concordi coli' autore in questo, che il ben novellare non è facil cosa, non la faremo da incontentabili barbassori nel proferir giudizio sopra questo li- briccino , ed accennando le pecche che in esso ci parve di ravvisare , diremo pure dei pregi che il fanno commendevole. Ecco in breve nudata d' ogni fregio episodico la novella prima, o a meglio dire lo scheletro di essa. 11 Conte di Castelgrifo invaghitosi d'una rrvvenente fanciulla, la fa rapire da' suoi scherani , e trasportata nel proprio castello, adopra a vicenda lusinghe e minaccie per indui'la ad appagare le voglie sue libidinose. L' onesta donzella cui la lusinga e la minaccia non valgono a piegare o ad atterrire, risponde col nobile orgoglio della virtù oltraggiata superbi rimproveri e parole di disprezzo, dalle quali fieramente punto il Castellano ne ordina la morte. Commessa ad un bravo l'esecuzione del feroce comando, questi, vinto dalla pietà^ trae notturnamente a scampo la vittima infelice, lasciando credere al signor suo pienamente eseguita la crudele sentenza. Arriva il giorno della giustizia. Amedeo tro- vatore e sposo promesso alla travagliata vergine, ritorna da lon- tane peregrinazioni per condurre all' altare la fidanzata amante. Fatto per ventura consapevole dell' attentato del Conte , ma ignaro che fosse pervenuta a salvamento la diletta sua, ricorre 17 al Duca, da cui rileva il feudo di Castelgrifo, e chiede vendetta. L' empio tirannuzzo viene arrestato e tratto alla presenza del suo Sovrano , il quale scoperte d'altronde alcune macchinazioni dall' iniquo feudatario contro la sua persona praticate , lo dichiara fellone e traditore , gì' impone il bando da' suoi domimi , e spogliatolo del feudo , ne concede V investitura ad Amedeo, al quale presenta al tempo istesso la sposa, premiando così con meritata felicità le virtù d' entrambi. La trama di questa novella o romanzo che si voglia chia- mare è ordita con bella semplicità , e diremo anche con qual- che maestria. L' interesse vi si sviluppa gradatamente, ed alF arrivo d'Amedeo, il lettore è sorpreso da un' ansia veramente affannosa , ed anela vivamente a veder lo scioglimento di quei casi che hanno commosso il suo core. Non aspettato giunge il felice fine dei lacrimosi eventi , e la giusta punizione che col- pisce il criminoso potente , il guiderdone che corona la virtù oppressa, versan nell' animo un balsamo soave , che ti compensa dei palpiti provati nel percorrere la dolorosa istoria. Ti pare insomma di veder 1' ìride consolatrice che sorge dal bujo d'una tempesta nunzia di lieti giorni e d' insperato gaudio. Quanto ai caratteri ci perdoni 1' autore , se quelli appunto che meglio dovrebbero campeggiare nel racconto , ne pajono alquanto zoppicanti, e non troppo maestrevolmente tratteggiati. Due sono i personaggi che più attraggono a sé l'attenzione del lettore ; il Conte e Felicia. In quello io ravviso un ribaldo bensì, ma pennelleggiato in modo che s'egli sia più scemo o più tristo non sai. E mi pare di veder un attore che ti venga dinanzi incaricato d'una parte che non capisce, e di cui non può inve- stirsi. Altro è il linguaggio ed il portamento dell'Innominato e di Rodrigo nei Promessi Sposi, ed un tal paragone che una qualche analogia di posizioni induce per se stessa , fa per avventura mag- giormente scapitare il ritratto del Conte di Castelgrifo. Quanto a Felicia la principal eroina dell'azione, ella compare forse in scena troppo raramente : ma quando essa sostiene l'assalto del suo innamorato persecutore non ne sembra troppo naturale il modo con cui respinge le espressioni del vSiio amore , e ne di- sfida le minacce. L'inerme donzella non ha un accento di prò 18 ghiera, non una lacrima, l'anelo suo petto non manda un solo di quei gridi d.' angoscia che destano la pietà perfin nell'animo dei tiranni e son possenti talora ad ammollirne la volontà, ad attutarne l'ira. E son pur queste l'armi più efficaci e possenti che alla bellezza ha conceduto Iddio. Ma essa invece prorompe di lancio in rampogne altere e disdegnose , sputa morale a ri- bocco , ed intuonando un profetico dics irae dies illa^ pare che quasi lieta si rassegni al suo fato, presaga internamente di futura vendetta. Nelle due seguenti novelle 1' autore ci narra storie pietose del pa-o e commoventi ; sono scene domestiche di tempi cor- renti o vicini a noi, e più semplice ancora e piana n'è l'ordi- tura. Noi tralasciamo di farne il sunto perchè in tal sorta di produzioni, delibato così il sapore della novità, vien diminuito il piacere in chi legge. Solo d' una cosa vorremmo avvertito r autore , ed è ; che quando il novellatore non fa fondamento nella complicazione del nodo e nell' incalzarsi degli eventi per cattivare l'attenzion nostra, allora gli è mestieri, per vestire di più possente incanto la sua narrazione, di farci assistere a tutte le interne rivoluzioni del core , impiegando con diligente accu- ratezza tutte quelle tinte e mezze tinte che meglio tornano a ritrarre le varie gradazioni del pensiero e degli alFetti. Così una pagina di Sterne più ne commove ed attrae che non tutti i volumi delle mille ed una notte. La qual cosa non diremo che abbia interamente omesso l'anonimo nostro , ma stimlam pure incomplete le sue pitture, e troppo spesso ne paiono sfumanti soverchio, anzi che vive. La lìngua usata dall' autore di queste novelle può dirsi in generale di buona lega : flessibile e disinvolto lo stile. Notammo per altro alcune poche locuzioni che ne sembrano peccanti, come p. e. inferocire il carnefice. Quel verbo inferocire in senso attivo , per render feroce, aizzare alla ferocia , crediamo che suonerà male a chi ha sapore di buona lingua 5 alcune altre ne parvero triviali di troppo, ma, lo ripetiamo, esse son poche, e per quelle non può l'autore venir fraudato della debita laude. Ora se per compire all' ufficio di critico noi fummo tratti a spigolare più minutamente, che non divisavamo, quelle mende 19 che fra non poche bellezze si trovano, a ciò ne indusse la per- suasione, che ove l'autore voglia porre diligente cura nell' evi- tarle, potrà darci in avvenire scritti veramente buoni e prege- voli , ai quali toccherà altro fato che non quello che mode- fitauiente egli accenna, cioè di' imprigionare i vezzosi ricci che scherzano sulla limpida fronte delle belle. M. M. oTORIA. JLeTTERARIA — Des progrès de l'Imprimerie en France et en Italie au 16.""' siede, et de son influance sur la Ut- tarature '^ avec les lettres-patentes de Francois 1.*='', en date du 17 janvier i538, qui instituent le premier imprimeur rojal pour le grec; par G. A. Grapelet, imprimeur, — Paris , chez Grapelet^ i8i:itì. Il signor Grapelet è uno dei pochi tipografi e libra] che al dì d' oggi onorano ancora la propria professione , per quell'a- more alle lettere , e quella dottrina che anticamente erano più comuni fra i sostegni della tipografia. I suoi lavori k-tterarj sono pregevoli del paro quanto il raro ingegno e 1' accurata attenzione eh' egli reca nel materiale esercizio dell'arte sua. A lui soa dovute importanti ricerche bibliografiche , e ristampe di molte opere rare e di gran momento. il libro che annunziamo contiene un rapido sguardo sullo stato della tipografia ali' epoca di Francesco primo. Egli è ve- ramente con un senso di gioia che la mente si ritrae a quei primi tempi della tipografia , allorché questa invenzione , ac- colta come dono di Dio , trovava ovunque buona accoglienza e protezione 5 quando dotte persone assumevano il grave carco di dirigerla , ove lo stampatore era in pari tempo un liHterato, e sovente un distinto filologo 5 quando infine la specclazione mercantile non forniva la base, ma era il risultamenlo delle i«ipr«s« letterarie. 20 La staaipa progrediva con intelligenza e con metodo. Da principio ella pose nelle mani degli studiosi gramatiche gre- che, che venerabili professori sì celebri per scienza, per fama, e per infortunio , come Teodoro Gaza di Tessalonica , Costan- tino Lascaris di Bisanzio, Demetrio Calcondilo d'Atene, non ebbero a schifo di comporre pei loro numerosi scolari. Dione Paravisino di Milano pubblica la prima gramatica greca del Lascaris nel 1476. La prima impressione, i primi tipi romani e greci d' Aldo Manuzio a Venezia nel' 1494? servono a mol- tiplicare gli esemplari di questi rudimenti greci corretti, am- pliati e più adatti ai bisogni degli studj Quindi tutta la serie degli autori greci si manifesta al mondo letterario. I principi d'Italia gareggiano fra loro di benivoglicnza e di generosità onde onorare e inanimire i dotti , eccitare il gusto delle belle lettere , ed ajutarne al progresso. I duchi di Ferrara , di Milano , di Firenze , il re Alfonso a Napoli fon- dano 0 restaurano accademie , loro assegnano ricche dotazioni, ìnstituiscono cattedre di letteratura greca e latina, e chiamano ad occuparle uomini i più dotti e i più illuminati 5 in quel mentre gli Aldi a Venezia prosieguono e ampliano la sfera della loro difficile e gloriosa carriera. Il capo di questa famiglia, Aldo seniore , giugne a creare un' accademia intera di letterati , e dei più illustri personaggi , i quali contribuiscono alle fatiche della sua officina tipografica, e gli impartiscono liberale pro- tezione. A Roma un ricco mercatante , Aug. Chigi , gareggia coi Medici per liberalità e per amore delle lettere greche , e delle arti. Egli fonda a totali sue spese una stamperia , e ne affida la direzione a un greco di nazione , Zuc. Calliergi di Creta. Le edizioni di Pindaro e di Teocrito , degne d' ammi- razione per la loro correzione , per la bellezza della stampa , e corredate di note dello stesso tipografo , rendono ben degna testimonianza dello squisito gusto del protettore , della scienza e dell' ingegno dello stampatore. I sommi pontefici del secolo XVI pressoché tutti si mostra- rono protettori illuminati delle lettere , ed a gran possa largheg- giarono di favori per V incremento della tipografia. Anche in Francia quest' arte novella trovò appoggio presso 21 i capi della nazione. Gradevole spettacolo egli è in vero la bella gara con cui i papi ed i re contendevano a chi meglio favorisse quell'arte nascente. Francesco primo, cui sovente vien contestato il titolo datogli di protettore delle lettere , pare abbia più volte impartiti i suoi favori alla stampa. E pare veramente eh' egli nutrisse un istante l'idea di soffocarla nel suo nascere. Un despotico instinto destava in lui a prima giunta una qual- che ripugnanza contro quel mirabile trovato , che gettava r eguaglianza fra i cultori della scienza , come addentellato di più ampie innovazioni. Ma le sue intenzioni a questo riguardo non furono mai messe ad esecuzione ; e colla stessa versatilità che si manifestò in molte occasioni nel suo carattere , egli tosto obbliò le sue prevenzioni ; ed il prepotente suo amore per le lettere ebbe il sopravvento sui primi ostili divisamenti. Le lettere patenti trovate dal signor Grapelet in una raccolta di varii documenti conservati nella biblioteca Mazarina , provano incon- trastabilmente che Francesco primo volle assumere sopra di sé il progresso^ 4ella stampa in Francia , instituendo un tipografo reale per la Hngua greca. Costui fu Corrado Neobar , cui ac- cordò un privilegio di due e di cinque anni per le sue edizioni, oltre a un'annua pensione di cento scudi d' oro all' impronta del sole. Poco stante il medesimo re nominò pur anco un ti- pografo reale per onorare la lingua francese. Lettere-patenti del 12 aprile i543 conferiscono questo titolo a Dionigi Janot. Noi invitiamo quelli che cercano nella origine delle arti e nelle passate loro vicende la definizione del mandato che dalla Provvidenza hanno quaggiù , a leggere attentamente il libro del signor Crapelet , persuasi che dalla copia di dottrina che acchiude, dalla venustà dello stile in cui fu scritto, trarranno utile e diletto. 22 JdIOGRAFI/V — Cenni sopra Carlo Fé a. Le opere scritte dall'Avvocato Carlo Fea versano circa la maggior parte dello scibile umano: predilesse però gli studi fi- lologici, archeologici e legali; degli studi naeramente filosofici non era digiuno , ma in tal caso egli comparisce soltanto come dotto editore , come nell' opera del Casalasco Fallctti da lui postillata nella seconda edizione. Tacerei volentieri delle sue opere politiche: era il Fea troppo tenace del suo proposito e delle sue abitudini per potere scor- gere nelle cose de' moderni strada alcuna di miglioramento. Trasportato d' entusiasmo per Roma e pel governo che da tanti secoli la regge , imprendeva a spiegare in nuovo senso la di- vina Commedia ed attribuendo a Dante idee semiprofetiche, lo rappresentava come validissimo predicatore dell' autorità ponti- ficia nelle cose temporali di RoLoa non solo, ma di tutta Ita- lia : di ciò espose poche idee in suo discorso accademico ap- petto a quel tanto che notato aveva ne' suoi fogli volanti , e che con maggior suo agio proponevasi di comunicare al pubblico. Sopra le stesse basi compose egli mi discorso nel quale po- sava i principii di una nuova storia Romana. Pensava il Fea che l'antica potenza di Roma fosse da considerarsi non solo come preludio allo spirituale potere de' secoli posteriori , ma che i Re, la Repubblica e l'Impero non dovessero tenersi che quali mezzi d'incremento e di conservazione per quindi stabilire nel mondo l'ecclesiastico temporale potere : conchiudeVà dicendo clic non solo moralmente, ma anche fisicamente la Roma d'og- gidì doveasi stimare più felice, più bella, più potente di quella Roma in cui vivevano i Scipioni. Questa proposta gli valse un amaro rimbrotto per parte dei redattori dell'Antologia Fio- rentina. Fa però d' uopo osservare che ciò scriveva il Fea nella sua tarda età di prtissochè 80 anni, e che^ direi quasi senza sua saputa , vi era spinto da altri. 23 Ma la fama del Fea a buon dritto riposa grandissima nelle sue opere aixheologicbe. Egli dedito per natura allo studio ed alla più profonda e sottile critica ebbe la ventura di giungere a Roma in quel tempo appunto in cui per opera di Piranesì , di Winckelmann , di Mengs , di Visconti , di Mari ui *i, quali già celebri per classicbe opere , quali allora già di matura età , di profonde cognizioni forniti ed a lui legati di stretta amici- zia, risox'gevano gli studii dell' anticbità e delle arti. Aveva il Winckelmann nella sua immortale istoria per il primo riunito in modo cbiaro ed evidente la filosofia coli' antiquaria : egli aveya descritte le varie epocbe dell'arte con quella lucida mente che tanto ammirasi in Buffon , ma 1' edizione ne era riuscita scorretta , inesatte le citazioni soprattutto quelle degli scrittori greci; oltre di ciò molti materiali mancavano al Winckelmann; i grandiosi scavi ed il Museo Pio-Clementino, opera die può dirsi tutta dell'immortale Pio Sesto, i tanti viaggi fatti nella seconda metà dello scorso secolo, e le tante parziali illustrazioni olle in quell'epoca si scrissero circa moltissimi monumenti, que- ste cose tutte ebbero luogo dopo della sua grande istoria. Mo- riva il Winckelmann e ristampavaiisene gli scritti in Francia ed a Milano, ma gli editori fidando ciecamente nell'originale in- vece di emendarne gli errori pareva anzi che adottandoli li vo- lessero autenticare. Di tutto ciò ragiona ampiamente il Fea nella prefazione che pose in fronte alla sua nuova edizjone; per suo elogio basti il dire cbe questa divenne il testo ricercato nelle posteriori ristampe, e che se il Winckelmann aveva nella sua prima edizione palesata la potenza del suo genio, devesi al Fea che egli ora si mostri ricco di tanta e sì varia erudizione. Im- mane fu veramente la fatica del nostro traduttore , ma gran- dissimo onore glie ne venne, ed in Jal modo in fresca età pose le prime basi di quell' alta fama alla quale elevossi in se- guito. All' edizione del Winckelmann egli aggiunse una larga Si dottissima dissertazione sulle rovine di Roma , opera ricer- *! Vivevano allora oltre i tre mentovati Italiani , in Roma, pure l'Amaduzzi, il Cuncellieri , il Cardinal Borgia, il Cardinal Valenti e molli aliri eruditissimi «oggetti. Da pochi anni mancava il VVinckchiiann morto a Tiiis!-; vu:l 1768, 24 catissìina da quanti si applicano a studiare la topografia della eterna città. In questa egli parlò di quasi tutti i monumenti romani , non già contento di ripetere cose note, ma ricercando ne' particolari archivi e negli scrittori del medio evo , egli di tali edifizii tessè un' istoria che potrebbesi chiamare compiuta, tante essendo le notizie che dà delle loro varie e moltiplici vi- cende soprattutto ne' bassi secoli. Frattanto egli arricchiva di nuove note una seconda edizione delle opere del celebre Mengs , ed a lui veniva addossata la stampa del volume che il letterato consigliere Bianconi aveva steso sopra gii antichi circhi come porta il frontispizio , ma realmente sopra quello che è al castello di Capo di Bove tra il i." ed il 2.° miglio della Via Appia. Questo era stato dal Fa- bretti creduto fatto dal Gallieno, il Fea vi sostenne l'opinione volgare che lo dice opera di Caracalla ; posteriori scoperte ci dimostrax'ono quindi essere stato questo Circo edificato dall'Im- peratore Massenzio ad onore del suo figlio Romolo. Venne quindi il Fea in lettera scritta dal Tambroni molti anni dopo censu- rato per non avere allora conosciuto il Circo che nella vicina Bo- ville , tuttora lascia scorgere ruderi vastissimi : ma a vero dire non troppo fondate devono stiraax'si codeste critiche, avendo il Fea ignorato ciò che a nessuno di quei tempi era cognito. Datosi poscia intieramente agli studii topografici romani , pubblicò il 1.° volnme della sua Miscellanea , nella quale oltre varie monografie radunò le così dette Memorie che degli scavi fatti in Roma à loro tempo avevano avuta notizia varii illustri artisti come il Vacca , l'Aldovrandi ed il Bartoli. Quest' opera giacque poscia non proseguita , tuttavia radunava il Fea len- tamente materiali per formare un i." volume , ma ciò gli fu impedito dalla morte ; gli scritti suoi però ordinati dal suo ni- pote Antonio Fea viddero la luce quattro mesi sono , 4^ anni dopo la pubblicazione del primo tomo *i. Tralascio varie opere rustiche e di storia universale, dalle quali non ripeteva il Fea onore alcuno , considerandosene solo *i Questo volume è adornato io front* del ritratto somigliantissimo del no- itro autore. 25 come traduttore od editgre , ma fu in questo spazio di tempo eh' egli cominciò i suoi diletti studi topografici nelle •vicinanze di Roma, e gli estese quindi a quasi tutta la superficie della campagna romana. Mi sia permesso riunire insieme gli scritti suoi che spaziano circa questo punto , e de' quali sarebbe de- siderio de' dotti che se ne stampasse una raccolta, tanto sono essi ricchi di peregrine notizie non solo ricavate dagli antichi autori, ma l'invenute negli archivi romani e delle varie comu- nità. Molte descrizioni avevansi dell'antico Lazio , come quella cominciata dal Corradini e proseguita dal P. Volpi , quella del Kirckero ed altre parziali, erano però tutte scritte in epoca in cui non si conosceva, e non si voleva conoscere la critica , si ri- petevano i passi de' classici senza nemmeno prendersi fastidio di verificarli sui libri, e ciò che è peggio, quasi tutte codeste de- scrizioni erano compilate in Roma da persone che sedute a ta- volino parlavano di topografia, di monumenti, di storia di quei paesi che non avevano visto mai. Unica eccezione fornivano i due luminari della scienza Holstenio e Fabretti morti da lungo tempo , e negli ultimi anni il Chaupy. Ma il Fea, benché ri- stretto di fortuna , portandosi in que' siti la descrizione dei quali egli voleva stendere , vi soggiornava lungo tempo , e ad ogni minima notizia di scavi operati e di scoperte fattevi vi ri- tornava , non fidandosi di relazione alcuna , e tutto volendo esaminare di persona. Lavori classici sono quelli da lui scritti allora ed in poi sopra Genzano , sopra le rovine dell' antica Gabi , che furono poscia particolarmente illustrate da Ennio Quirino Visconti , sopra gli scavi fatti nelle vicinanze di Ardea presso Torre S.Lorenzo, dov' era l'antico borgo di Aphrody- sium e tempio di Venere, come pure di tutta la superficie dell' antico agro Ardeatino. Principalmente si estese sopra le magni- che rovine di Ostia e di Fiumicino , e sopra 1' istoria di que- sti due luoghi già emporii ricchissimi di Roma. Parlò pure in tempi posteriori del Porto di Anzio e del modo di ristabilirlo. Molte di queste cose egli stampava a nome proprio , ed altre andavano sotto il nome del Cav. Giambattista Rasi Console generale di S. M. il Re di Sardegna in Roma : era insorta tra questi ed il sig. Ingegnere Linotte una questione circa questi 26 tre antichi porti, e fu sostenuta da ambe le parti con ijiokì scritti , era il Rasi ajutato dal Fea, e per la parte architetto- nica veniva fornito di disegni dal nostro Gav. Luigi Canina da Gasale. Sosteneva il Rasi potersi e doversi ristabilire questi an- tichi porti nel loro primo essere , onde far rivivere il commer- cio di Roma , nella qual cosa se egli dava prova di cittadino amante della sua patria , non compariva però egualmente pro- fondo economista, troppo essendo mutato il sistema commer- ciale a' tempi nostri , cosicché per ravvivarlo basti aprir uii porto o dirigere una strada 5 così rispondeva il Linotte. Tale questione portò con sé di dover parlare del modo di migliorare la navigazione del Tevere , discussione celebre per moltissime opere degli Idraulici degli ultimi secoli ; circa questo punto molte cose scriveva il Rasi , ed altre a proprio nome stampa - vane il Fea. Altro però non si ottenne che 1' apertura della nuova strada di Porto ossia di Fiumicino , e maggior cura nel mantenere sgombra dalle arene la foce del Tevere alla dritta , detta di Fiumicino. Altre opere sue toporafiche ricercatissime sono quelle scritte circa Tivoli in occasione de' terribili danni causati dall'Amene nel 1826: in questo scritto produsse molti documenti inediti, estendendosi a parlare anche di Subiaco. Aggiunse a ciò un suo progetto per frenare il troppo impeto del fiume , progetto lo- dato dalla Commissione Idraulica, ma non creduto sufficiente, essendosi poi ora messo in opera quello dell' Ingegnere Cle- mente Folchi. A ciò si deve aggiungere quanto scrisse circa gli acquedotti antichi e moderni , non solo per la parte istorica , ma anche per la fisica e 1' idraulica. Era egli mosso principal- mente dall' amore caldissimo che portava alla città di Roma , onde desiderando che sempre più venissero migliorate le acque potabili, propose al Governo di riportare in città l'acqua Mar- cia , e sotto la sua direzione si apri uno scavo alle terme Dio- clcziane per rinvenire un' acqua corrente che di colà trapassa. Né ancora contento a ciò , apri di proprio danaro una escava- zione presso il Velabro , nella quale gli venne fatto di trovare r antica acqua detta di Mercurio , ma infelicemente il livello troppo basso Io costrinse a desistere dall' impresa. 27 Aveva egli sin dal 1790 nella prefazione alla sua Miscellanea avvertilo le tante mende che ancora trovavansi negli scritti di molti antichi e soprattutto di Vitruvio, Virgilio, Stazio ed Ora- zio, air edizione di quest' ultimo egli pose mano con ogni di- ligenza , consultando tutti i manuscritti di Roma , e siccome Orazio che tanto parla di Roma e del suo agro , era stato com- mentato sin allora da persone che circa tali cose non avevano fatto studio alcuno speciale^ egli principalmente a ciò si volse, e diedeci una edizione lodatissima da tutti i filologi , e che gran fama acquistogli nelle riputate scuole di Germania. I due più celebri edifizii di Roma furono dal Fea con gran- dissima cura illustrati ; più volte scrisse circa il Panteon , in- stando onde il Governo facesse atterrare le meschine case che ne ingombrano i fianchi , e benché il voto suo non sortisse in- tiero effetto, pure ottenne che lo stupendo pronao venisse li- berato dalle immondezze che lo deformavano, fu aperto accanto alla sua diritta uno scavo recinto dimostrante 1' antica forma del basameiìto, e sgombrata la piazza dai casolari in legno che toglievano la veduta del nobilissimo tempio. Gli scavi operati negli ultimi anni della dominazione francese nell' arena del Co- losseo e neir antica Basilica del Foro Trajano diedero al Fea materia di nuovi scritti , ne' quali sempre più spiccarono il suo amore per la conservazione degli antichi monumenti , la sua dottrina e la sua somma probità. Moltissimi opuscoli scrisse sopra tanti oggetti che di lui vol- garmente dicevasi in Roma, non v' esser sasso che dal Fea non fosse studiato ed illustrato. Egli non aveva perciò abbandonata la scienza legale , e molte cose scrisse in favore della suprema potestà dell' ecclesiastico governo. Autore di più di 100 opere non deve il Fea essere giudicato severamente da ognuna di esse. Il suo nome vivrà eterno sinché vi saranno cultori delle ro- mane antichità. Il Fea era nato in Pigna, provincia di Oneglia , il 4 di giu- gno 1753, e mori in Roma il 17 marzo i836, era egli basso di statura, ma di fattezze svelte, cosicché sino all'estrema vec- chiezza potè adempiere a quanto richiedeva l'ufficio suo di Com- missario delle antichità. Non volle onori , e di tal temperanza 28 diede un bel saggio allorché avendo voluto Pio VII conferirgli la dignità di Monsignore, risposegli che non sarebbe stato de- cente il vedere una persona in tale abito ravvolgersi tra il fango ed i rottami degli scavi. Acclamato socio da moltissme accademie , mai non si fece conoscere per tale ne' frontispizi de' suoi scritti. Era il suo aspetto come di uomo burbero e rozzo , ma cordialissimo verso tutti quanti sapeva che colti- vassero studi d' antichità o di belle arti , ai quali , benché fosse di troppo modica fortuna fornito, ampiamente donava i più costosi suoi scritti. La sua probità ed il suo zelo nell' adempiere 1' ufficio suo erano tali che saranno forse eguagliati da altri , superati da nessuno 5 in tanti cangiamenti politici , e fra tanti nemici personali suscitatigli dalle opere sue tal- volta un poco acri e pungenti , nessuno cessò mai di portare alla sua virtù il più profondo rispetto , ed allorché il nuovo Commissario delle antichità Pietro Ercole Visconti ne parlò meno onorificamente , sorse contro di lui da tutta Roma una voce d' indegnazione e di spregio. Lui vivente , ne fu collocato il busto in Roma nella sala de' Congressi dell' Istituto di cor- rispondenza archeologica , onore non dato che a Thorwaldsen. Il Cav. Bunsen ne lesse un elogio stampato quindi negli an- nali dell' Istituto , elogio veritiero e di amico ad amico , di uomo dotto ad uomo dottissimo. Una notizia scritta dal Coppi fu stampata in occasione de' suoi funerali. Il Coppi nativo di Chieri , e continuatore degli Annali d' Italia, socio della Accademia Romana d'Archeologia si applica specialmente alla illustrazione de' siti già occupati da famose antiche città , ed ora ridotti deserti , che trovansi nell' agro romano : di parecchi ne scrisse dotte illustrazioni che tro- vansi negli atti dell' anzidetta Accademia. Lasciò il Fea un nipote dilato fraterno, di nome Antonio, il quale pure dà opera agli studi archeologici. Unitosi coli' ar- chitetto Angelini intraprese la pubblicazione de' monumenti che trovansi lungo la Via Appia , e la Latina. Recentemente diede alla luce la pianta topografica del Foro Romano , che deve es- sere seguita dalle parziali stampe degli cdifizii che lo circou- dano. C. P. 29 Polemica Ite superbi e miseri cristiani Consuriiando 1' un l'altro , e non vi caglia Che il sepolcro di Cristo è in man dei cani. Petrar. — Trionf. A chi considerasse quanto magro sia il novero delle verità così terse e lampeggianti da venire senza contrasto dall'univer- sale degli uomini consentite : quanta sia la mole delle cose che r umana intelligenza di secolo in secolo assiduamente operosa, invano s' affanna a conoscere e spiegare : come oscuro 1' abisso in cui si profonda il pensiero dell' uomo per trovare un argo- mento, un'idea che tratti in luce valgano a rischiarare l'in- certa via, ed esserp guida a futuri progressi; a colui non tanta recherebbe maraviglia l' infermità delle menti umane , quanta l'esclusiva ed imperturbata fidanza che ciascun di noi nel pro- prio giudizio ripone , e V accanito contendere per far preva- lere le proprie sulle altrui sentenze, Qual è quella verità così assoluta per se slessa , che sopra nessuno de' suoi lati possa protendersi l'ombra del dubbio? Dov'è l'errore, che sotto nessuno de' suoi aspetti possa vestire le apparenze del vero , ed abbagliare lo sguardo di chi per quella parte il contempla ? E fra le cose che per vere tene- vano gli avi nostri , quante non sono che assurde riputiam noi ? Fra quelle che abbiamo per inconcusse, quante non ebbero nome un giorno o di fole o di menzogne ? Eppure sempre au- dace e securo in se stesso 1' uomo si sceglie un cammino e si avvia per quello alla scoperta del vero : ed a quanti il circon- dano, grida, seguite me e troveremo il vero : poi tutto che gli vien fatto di veder nella sua via ci lo predica per vero : e se havvi chi dal suo dire dissenta , scaltri a lui chinata la cervice non àlee amen , allora ei s'adonta, dà taccia altrui di menzo- gnero e caparbio, e grida: raca. Ma havvi pure fra tante scom- poste tendenze un secreto nesso comune: in tutte (juelle forze pugnanti fra loro havvi uno stesso impulso che dovrebbe a co- 30 mun fine dirigerle: in tanta divergenza di vie una è la mela a cui 8Ì corre: e sono l'amore, il bisogno , il conseguimento della ve- rità. Perchè dunque le incessanti pugne , e le stolte ire ? Fu- nesta istoria le antiche guerre dei sapienti ed i frutti loro ne insegna : ma invano. La trista esperienza dei fatali dissidii non pare che sia per noi maestra bastantemente autorevole di mi- gliori consigli. Queste considerazioni sopra un mal germe che infetta il va- sto campo dell'intellettuale attività, ora noi, scendendo a più umile sfera , ai giornali le applicheremo. Già il Subalpino fin dall' apparire della prima sua distribu- zione veniva da un giornale meritamente reputato d'altronde, designato quale apostolo del falso , e settario di nocevoli dot- trine. Ora in quest' ultimo fascicolo di settembre vediamo rin- novata r accusa , cui una fiera stizza condisce d'acri e d'amaro sentenze. Se abbietta credessimo quell' ira , che contro noi si destò , se vile lo scopo di chi sorse alla lotta , noi non oppor- remmo che silenzio e disprezzo : ma la gonfia ed acerba pa- rola suona pur anco carità di patria, ed amore al progresso dei buoni studi e della civiltà, onde noi, che vogliSm crederla sincera, ci ascriviamo a debito il farvi sopra alcun commento. Solo non seguiremo il nostro avversario , laddove corrivo so- verchio ei fa dell'ingiuria argomento. Imperocché l'imprecante contumelia è tal arma che riposa nel fango , e chi s' abbassa a raccoglierla per ferire altrui, lorda se stesso ad un tempo, e bruttamente si deturpa. La prima querela che a noi vien mossa si è per essere stalo Loke chiamato sensista in un articolo di filosofia inserito da un pregiato nostro collaboratore nella prima distribuzione del Subalpino. Per questo noi veniamo tacciati cV imporre tristi nona a buone cose e buone persone ; e poiché Loke oltreché dai sensi traeva l'origine delle nostre idee dalla riflessione, cioè dall' atto con cui V anima si rivolge sopra se stessa e le sue ope- razioni, vorrebbesi che rlflessionista noi lo chiamassimo anzi- ché sensista. Noi potremmo con qualche fondamento addurre a giustifica- zione dell' usato vocabolo , che ]a riflessione sopraccennata ^ 51 esercitandosi sopra idee procurate dai sensi , più apposita rie- sce la voce sensista a designare quel sistema delle origini , che non qualunque altra ; ma schivi d' avvolgersi nei dedalici laherinti d' una steril dialettica , noteremo soltanto come l' im- pugnata designazione sia ornai dall' uso universale consacrata , e che al Subalpino, dando a quella parola il valor suo con- venzionale , non può venir lode, né biasimo di sorta , e meno ancora toccar l'accusa d'imporre tristi nomi a buone cose e buone persone. Che se con questo ci si volesse apporre a peccato 1' avere taluni di noi in filosofia opinioni contraddicenti alle teorie Lo- kiane , noi non sapremmo conciliare la vantata tendenza al pro- gresso con quella tirannia che comprime gì' intelletti per ri- durli a camminare in una data via , e gravando d' egual giogo tutte le menti , annienta persino la sacra libertà del pensiero. Ma ingiusto riputeremmo noi l'arrestarci a quel sospetto ; pe- rocché non havvi ingegno colto ed aperto che non vegga quanti mali traggasi dietro 1' intollerante domiuio d'una dottrina qual- siasi , e come per simil fatto già venisse di tanto sangue mac- chiata la terra europea ed in miserrimi casi travolta. Lo stesso autore dell' articolo che ne porge argomento al pre- sente discorso , pare che rendesse alla libertà del pensare un giusto omaggio , quando inseriva negli Annali il proemio che l'egregio Giuseppe Ferari fa precedere al VI volume delle opere tutte di Vico. Leggonsi in esso le seguenti parole: — « egli (Vico) riponeva 1' umanità nelle idee di Platone , e la filosofia di Lo- ke degradava il pensiero fino alla sensazione 5 la storia già trascurata da Cartesio era il campo della sua grandezza , e ve- deva difìondersi quell' epicureismo essenzialmente antistorico ecc. ecc. » — Al quale proemio malgrado tali sentenze ei non restava dal tributare orrevole e meritato encomio senza tema di venir perciò accusato d'oltraggiare la memoria d'un grande uomo, gridando così, come a noi rinfaccia , Lohe sensista pa- dre del sensualismo , avolo del niatei'iaUsmo e bisavolo delU ateismo. La seconda taccia che al Subalpino vien data si è di mo- strarsi vago di cose disutili ed infetto d' idealismo. 32 Che disutili siea le cose nel nostro Giornale discorse , non crediaiu noi , che vidimo con crescente benignità accolte le no- stre fatiche -, bensì alla calda brama di giovare ( e qui intendo parlar unicamente per conto mio ) non corrisponderà 1' effica- cia dei mezzi : ma anche 1' obolo del povero ha il suo valore nel tributo che si paga alla patria , ed a toglierne il conforto di generose speranze non sarà valevole un rimbrotto più che assennato crudele. Alla vaga accusa d' essere noi infetti d'idea- lismo risponderemo eh' egli è uffizio d'ogni giornale , che non sia ad una special scienza consecrato, il dare in iscorcio il risultato delle altrui meditazioni sopra ogni ramo dello scibile umano ; e certo ove taluno badasse al poco che per noi fu scritto circa le discipline della filosofia speculativa, noi credia- mo che non larghezza , ma di quelle difetto sarebbe anzi per avvisare nel Subalpino. — « L' identità tra le dottrine insinuate nel primo articolo di quel Giornale e certe altre dottrine che ben si sa , feriva an- che lo sguardo men curante di perscrutare le capillari differenze di queste dotte inezie j intorno alle quali non sarebbe prezzo dell'opera lo spender parole se sotto a quelle vanità nulla si avvolgesse di peggio. Intanto però se parlando delle une ab- biam potuto credere che fosse a un bel dipresso come parlare delle altre , non era nostra la colpa. » Noi confesseremo che una forte maraviglia ci scosse nel leg- gere queste parole , perchè avendo dichiarato uell' introduzione premessa al primo fascicolo , che gli scritti Jilosofici ai quali 'verrà dato luogo nel nostro giornale , siano essi consacrati a recar qualche luce nelle agitate controversie j sia che versino neir esame delle opere altrui , saranno dettati da uno spirito di puro eclettismo j ne parve strano che per l'assonanza di poche sentenze in quell'articolo contenute con alcune che ad un iu- tiero corpo di dottrine appartengono , ovvero per un qualche parallelismo di metodo , altri inferisse del costituirci noi cam- pioni di quelle dottrine o seguaci di una setta. Chi non sa che fra due sistemi d' opposta tendenza può essere comune il punto della mossa, e che .un cgual metodo può riuscire ad opposti risulta men li ? iitj No. qu.udi sliinjanio di protestare contro quell'apparenza di vassal];,gyio che vorrebbesi dare al nostro Giornale, fern.i come siamo nel non declinar mai ogni carco che potranne ve- nir dato per le dottrine che esplicitamente professeremo , ed alieni dal rifuggire quandunque sia sotto il manto altrui per quanto egli possa essere venerato al volgo e largo di sicuro asilo. Dopo il sinqui detto ne pare superQuo 1' estenderci suU' o- peretta citata dagli Annali , della quale, come di molte altre, se tacquimo fin ora , possono i lettori argomentare che potenti ragioni ne consigliano il silenzio. Né la gloria di Komagnosi abbisogna che noi scendiamo in campo a farcene propugnatori contro chi follemente s'attenta di offuscarla. L'Italia che sì a lungo ne ammirava e l'alto ingegno eie sublimi virtù, onorasi di quel gran nome, cui verrà tributato un culto di gratitudine e rispetto, sinché una scintilla del saero amor di patria co- verà nei cori Italiani. Queste osservazioni credemmo dover fare allo scritto inserito negli Annali sopra il Subalpino, e confidiamo d'averle emesse scevre da quel fiele che soglion stillare in ogni controversia le misere passioni letterate. E qui facciam punto , e taceremo d'ora innanzi; perchè ove ad opposte mire sian velo le dotte ciance, interminabile fora pur sempre il procace garrito; se non: meglio risponderanno i versi che posimo ad epigrafe del pre- sente articolo. M. M. Belle Arti — Luc» A. — S.'ali/n di Angj:lo Bruneri Pic/noìitese. L'Italia possiede un ingegno d'una tempra e d'un raiallire distinto fra i molti scrittori d'Italia ed anco oltramontani. Qu*'- sto ingegno è Alessandro Manzoni. Egli allorché si;ouava vocr per l'Italia che fosse morta la novità in poesia scriveva i suoi Inni ; questi eran pochi ma tali, che chi scuU' cosa sia la vera 5i ispirazione deve coafessare , dir egli molte e belle eosc in po- che strofe, mentre vediamo molti Poeti anche in fama dir poco con molte parole. Una innovazione stava per farsi nella letteratura drammatica a distruzione d' antichi pregiudizi , e a fondazione di altra scuola : Manzoni scriveva l'Adelchi e il Car- magnola : l'Italia non solamente difettava, ma mancava del tutto di Romanzi ; e i Promessi Sposi mettevano a Walter Scott il de- siderio d'esserne stato l' autore. Da questo Romanzo, che sarà sempre un capo lavoro dal lato dell'arte e della morale , il sig. Angelo Brunei'i traeva argomento d'una squisita opera , che ora adorna il suo studio. Il valentissimo artista volle presentarci la Lucia di Manzoni, allorché trovavasi nel castello dell'Innomi- nato. Essa è in attitudine di persona atterrita e supplicante , ma per cui comincia a splendere qualche raggio di conforto e di speranza: nel momento cioè che avanzatosi nella sua camera r Innominato la conforta a non temere , dicendole non volerle fare alcun male. — La statua ha il ginocchio piegato a terra , le mani avanzate in atto di domandare pietà; il capo è leggia- dro, svelto, e tutto spirante grazia e soave mestizia, e così è tutto il corpo mirabilmente bello e regolare ; ma lo scultore nello stesso tempo che volle darci nella sua Lucia una vaghis- sima fanciulla, non si dimentica della condizione e della pa- tria di essa. La fece bella e gentile, ma contadina e Lombarda; di forme pienotte anzi che no , e informata di quella bellezza maestosa propria , al dire di Manzoni medesimo , delle sue compatrlotte. Qualche persona soverchio schizzinosa potrà forse imputare all' artista di non aver troppo scrupolosamente seguita V istoria e il carattere della Lucia , allorché fece nuda alcuna parte del corpo di essa sì religiosa e modesta : ma chi non sa che la valentia dell'artista si spiega massimamente nel nudo, e non vorrà perdonargli quella , direi quasi , necessaria mancanza di storica verità? Quando del rimanente tóon mancano nelle opere dei sommi acconci esempi , onde giustificarlo. Le dimensioni della statua sono di una statura e forme na- turali 5 nel che saggiamente operò l'artista, perchè trattandosi aÈ di persona direi quasi a tutti nota ( quale si è la Lucia di li 55 Manzoni ), e a cui già da molti anni ogni gentil persona ha posto amore col darcela di statura del tutto naturale , fé' sì che a noi pare averla avanti gli occhi viva e spirante , e nel ve- derla mesta e tremante per la sua libertà non tanto , quanto per la sua purezza , e nell' atto di mover preghiera al prepo- tente, che vediam poscia pentito, sembra quasi che dobbìani anche noi unirsi alla innocente fanciulla , e dolerci e prcgHre con lei. Se la passione che agita il cuore dell' uomo, se il succe- dersi del timore e della speranza , se l' incanto della bellezza e della virtù può esprimersi dallo scalpello , questo ha fatto Angelo Bruneri ; e dalla sua Lucia traspira non solo un egregio artista , ma ben anche un giovane di generoso e delicato sen- tire : un giovane pieno il petto d'entusiasmo e di poesia, e a cui mentre lavorava , sorridevano veramente le muse ispiratrici. Se un ammiratore dell' arte passando a caso sulla passeggiata che tende da Porta Nuova a Porta di Po , vedrà scritto Studio di Scultura , chiederà se ivi abita Angelo Bruneri , e gli verrà risposto di si: entri allora dall'artista, lo troverà modesto e gentile, pieno d'amore per l'arte sua: amerà ed ammirerà l'opera e l'autore: io son certo che partirà soddisfattissimo dallo studio. *=3 Così fossero coronate da degno premio le fa- tiche del Bruneri , e il suo modello di creta si tramutasse in una statua di fino marmo Carrarese per opera di qualche ge- neroso , a cui non fosse uscito di mente che l'Italia è la culla e l'emporio delle arti , e che non si possono impiegar meglio le ricchezze che nelle cose veramente belle e sublimi. Avv. F. Concone. Due nuovi Quadri del Professore Biscarra. Il Piemonte, che posto all'estremo di questa bella penisola ne fu da tempi antichissimi 1' antemurale e il guardiano , ed ^tjLChe ( e cosi non fosse mai slato ! ) la prima e più esposta 50 vitliiua ilelle slrai)icre incursioni, fu l'ultimo a sciMidere ncll' arringo delle scienze e dtUc arti , ma entratovi una volta pu- gnò con nobilissime armi , e se badiamo ai tempi presenti non pochi degli uomini insigni cbe mantengono viva la gloria ita- liana , è germe del Piemonte , e in esso ba ricevuta colla na- scita r educazione. Pure quanto alle arti del disegno pare cbe anche oggigiorno il Piemonte non abbia ancora toccato quell' apice di perfezione, che si sarebbe potuto desiderare da una nazione così ingegnosa e cosi atta a piegarsi ad ogni genere di nobile disciplina. — Tuttavia esso già vanta ai di nostri molti egregi artisti , e se le cose proseguono a camminare sulla mede- sima via, dobbiamo nutrire fondate speranze sull'avanzamento e sulla feconda prosperità delle arti Piemontesi. — 11 signor Giambattista Biscarra , Primario Professore di Pittura in questa Pi. Accademia, si è del bel numero uno di quei valenti e bene- meriti , onde abbiamo arra e pegno di sempre più felici de- stini per le sorgenti arti di questo suolo a nessun altro se- condo. — Gliiamato esso nel Piemonte sua patria all'alto grido della sua fama , non volle già esso addormirsi sugli allori colti in Roma e in altre città d' Italia , ma mentre attendeva con indefessa cura a informare di retti principi i propri allievi , e a spronargli con nobile sollecitudine in sul cammino dell'onore e della gloria , dava mano ad insigni e grandiosi lavori , i quali fruttasser per esso riputazione altissima , e per gli altri gene- rosi sensi di una lodevole emulazione. — Ultimi fra le opere condotte a fine dal Professore Biscarra vengono ora due Qua- dri-, uno di argomento antico e tolto dalla Greca Istoria: l'altro ricavato dalla storia dei bassi tempi , e che versa sopra un tratto della vita di uno dei nostri Principi. Kappresenta il primo la Tebana Timoclea condotta innanzi al conquistatore Alessandro onde subirne il giudizio. Narrano gli storici che ne! sacco di Tebe sofferto da essa per ordine del figliuolo di Filippo , un Trace brutale dopo aver violata la no- bile Timoclea nella persona e nella casa , ingordo di preda , domandasse se mai ella avesse nascosto oro ed argento ; e che la donna dicendogli di sì , e d'averne sepolto in un suo pozzo, colà s' avviasse il Trace , e venisse dalla Tebana precipitato 57 dentro e morto , invece di trovarvi le mal augurate ricchezze. — Ora condotta Timoclea nel cospetto di Alessandro, gli disse: io sono sorella di Teogene , che combattendo contro Filippo per la libertà della Grecia fu ucciso alla battaglia di Cheronea, nella quale ei comandava. — Ammiiando quindi Alessandro il magnanimo ardimento della donna e perdonandole la vendetta da lei giustamente compiuta sopra il violatore del proprio onore, la i-endcsse alla sua famiglia ed alla libertà. Questo quadro va adorno di un gruppo di figure di statura naturale , e vi spiccano precipuamente le due figure di Ales- sandro e di Timoclea : quello è seduto sul trono e composto in atto di amabile maestà, e par che ascolti con interesse quanto dalla donna gli viene narrato: questa è in piedi accompagnata dai guerrieri del conquistatore , e a quanto pare francheggiata e difesa nei suoi discorsi da un uomo posto in sul lembo del quadro , e il quale nei suoi modi oltremodo espressivi e ca- ratteristici sembra tutto inteso a dir sua ragione con un guer- riero che tenta contrastargli il potersi avanzare e liberamente parlare. - — L' attitudine della Tebana è quale si conveniva a donna sì forte : alla e svolta della persona , atteggiato il capo a franchezza e coraggio : cinto il petto di una specie di usbergo, quale dicesi che a quei tempi da qualcuna fi'a le donne si pra- ticasse. Il secondo quadro ci mostra Umberto II. di Savoja allorché venne creato Cavaliere avanti la sua partenza per la terra santa: che questo Principe facesse veramente parte della famosa spe- dizione che ad istigazione dell' Eremita Piero , e sotto gli or- dini di Goffredo Buglione fu decretata in Clermont , è questa r opinione della maggior parte degli storici , benché altri come Papirio Massonio lo neghino costantemente. La ragione addotta da questi ultimi non è di poco peso. Gli annali di quei tempi facendo menzione degli Eroi che pugnarono per il sepolcro di Cristo non fanno menzione di Umberto: quando il suo grado e la sua nascita non dovevano certamente dimenticarsi da que- gli annalisti , i quali di persone di molto minor conto tenner spesso parola , e ne narraron le gesta. — Però Guichenon e seco lui la maggior pai-te ( come dissi ) degli storici stanno pel 58 sì , e s' appoggjauo essi ad autentici documenti , dai quali con- sta che Umberto avanti di partire fece molte donazioni prin- cipalmente ai monasteri!, e di altre cose dispose, solite a pra- ticarsi da chi a lungo e periglioso viaggio si avventura. — Chec- ché di ciò ne sia, ne basti il dire che il Blscarra seguendo l'opinione conforme all'intento suo ha fatto un bello e gran- dioso quadro del suo Umberto IL — Le figure onde questo è composto sono più piccole che quelle del quadro sovra accen- nato , ma questo è ugualmente animato e mostra la maestria e la rara intelligenza dell' artista. — Gli argomenti tolti dai mezzi tempi sono oggidì del gusto , come si suol^dire , domi- nante , e il Biscarra , saggiamente operando , pensò di riuscir più accetto agli amanti dell' arte se alla grandezza del soggetto e alla perfezione del pennello suo nell' impadronirsene univa pur anche la docilità a piegarsi a quel genere cui pare che il secolo maggiormente propenda. — Cosi l' Italia che fu per due volte la culla dell'arti *i, non dà pur anco perduto il suo onore ai tempi nostri : né ultimi sono i Piemontesi a coronarlo di eletti doni e di liete speranze : fra i quali il Biscarra me- rita lode grandissima perché oltre di essere valentissimo artista , è anche uomo di alto e generoso sentire. *i Si è opinione di molti egregi storici e antiquarj fra i quali il Micali che 1« arti fossero portato dagli Etruschi nella Grecia. Avv. F. Concone, JNecrologia Un nostro concittadino ^ il Colonnello Luigi Signoretti » uf- fiziale della Legion d'Onore, e Cav. di S. Luigi, moriva a Metz il 31 agosto del corrente anno. Ei fu uno di quelli , per cui fra gli stranieri rifulse 1' onore del nome italiano ; onde stimiamo debito nostro il render un tributo d' omaggio alla memoria delle sue virtù : il che meglio non potr^oimo fare che pubblicando la breve allocuzione , 39 colla quale uu prede commilitone ed amico suo , il generale d'Artiglieria Peìletier , esprimeva il suo dolore nel toglier con- gedo dall' esanime spoglia , che un numeroso corteo di militari e di cittadini d' ogni condizione e d' ogni grado accompagnava air ultimo asilo. » Ancora un prode che noi chiudiamo in tomba ! Nato in una terra che diede alla Francia tanti e tali soldati, che con or- goglio essa collocava a fianco de' suoi , Signoretti cominciò a sedici anni la sua carriera militare , e dalla 2.* campagna d'Ita- lia sino all'ultimo combattimento del 181 5, egli non lasciò mai il grande esercito. )) Luogotenente a Marenco e ad Austerlitz , capitano a Jena , assistette ad Eilau e Wagram , e fece la campagna di Russia in qualità di capo di battaglione 5 egli ricevette la croce d' uf- fiziale della Legion d' Onore a Galosck , ove alla testa del suo battaglione occupò un ridotto accanitamente disputato dai Russi sotto gli occhi del generale Maison , che rese al suo valore un solenne omaggio 5 ma ei si fu nel 18145 allorché Napoleone non aveva attorno di sé che un pugno di prodi per difender la Francia, che Signoretti trovandosi in più elevata condizione diede della sua fermezza e de' suoi talenti le più belle prove. Imperocché egli aveva il comando dell' undecimo reggimento d' infanteria leggiera , più numeroso di quello che molte di- visioni in allora non fossero. )) L'i I febbraio i8i4 ei fu incaricato della difesa di Nugent, e sostenne durante ventiquattr' ore lo sforzo dell'esercito nemico 5 due volte ei ritolse la posizione principale , dando ai suoi soldati r esempio del sangue freddo , e del più intrepido ardimento. » Il 24 febbrajo 1814 attaccò sulla fronte di Montereau, alla testa di dueceat' uomini , un giogo che due mila soldati difen- devano , e con focosa carica s' impadronì della posizione : là ei trovavasi sotto gli ordini del bravo generale Duhesme , il quale dichiarò essersi egli acquistato tutta la sua estimazione ed il suo affetto. » Que' fatti d'armi succedevano a vista dell'Imperatore; Si- 40 gnoretti , uffiziale della Legion d'Onore, propoeto a colonnello uell'ctà d'anni trentacinque, aveva davanti a sé il più bello avvenire. Venne la ristorazione , e rimosse dalle file dell'esercito l'esperto capitano , il prode soldato. Degna opera sarebbe stata pei governo di luglio il distinguere e collocare T uomo mo- desto che tenevasi all'oscuro in mezzo alle pretese ed ai raggiri che assalivano il nuovo potere. » Chiamalo dal voto de' suoi concittadini adottivi all'onore di comandare una legione della Guardia Nazionale , ei fece prova che nulla aveva perduto della sua capacità e dell' antico vigore, ed in un tempo di politiche scissioni ebbe modo dì essere da tutti altrettanto amato quanto eslimato : e chi avrebbe negato amore a quell' uomo che portava nel cuore la bontà e la schiet- tezza , che i tratti del suo volto rivelavano : quell' uomo che sempre dimenticava se stesso per consacrarsi ai suoi amici , ed a chiunque si volgesse a lui nei dolori dell' infortunio ! Egli che per 1' estrema delicatezza dell' animo suo non volle mai chieder nulla di quanto eragli a tanti titoli dovuto, non esi- tava luai nel presentare al potere le più calde sollicitazioni ogniqualvolta trattavasi di un vecchio soldato da soccorrere ^ di una vecchia o -di un orfano. y, Queir uomo così pieno di forza e di caldezza di cuore ne fu tolto in pochi giorni da un morbo che trasse da quella forza stessa la sua funesta attività. Ei vide venir la morte colla fer- taezza dell' uomo giusto e senza rimproveri : fra i più crudeli patimenti ei fece con calma le ultime sue disposizioni, solo tranquillo in mezzo agli amici suoi che il suo destino addolorava. » Eppure quante cause di amar la vita, di cui gioiva con pie- nezza, ed abbelliva colla benevoglienza che spandeva fra de- noti amici , che 1' alto suo carattere e la generosa sua abnega- zione ammiravano : gli orfani cui serviva di padre ( nobile ere- dità raccolta da un uomo dabbene), cinque .fratelli fra loro vincolati dal reciproco amore, rispettabile famiglia, esempio d' ereditarie virtù , e di cui non ebbe il conforto di vedere un solo dei membri presso al suo letto di morte. «Addio, Signorelti, caro e venerato amico, addio, esempio di virtù militari e private; la tua memoria vivrà eterna nei nostri cuori. >» 41 JNoTiziE Diverse Arti Economiche — Animali domestici. Novelle razze di mon- toni. — Il sig. Graux, affittajuolo a Mauchamp (Aisue), os- stirvò all'epoca del tosare la sua mandra nel 1828, un agnello maschio , la cui tonditura gli parve offrire un carattere diverso. La sua lana era lucente come la seta. Il sig. Graux lo separò dagli altri, lo fece accoppiare con pecore scelte, e col tempo egli ottenne una piccola greggia, die oggidì monta quasi a 200 capi dello stesso carattere del padre. Si possono dagli altri distin- guere cotesti montoni per il pelo, il quale al suo nascere, co- prendo la testa e le gambe dell'animale, sventola continuamente, e presenta una lana morbida qual seta, e lucida. Per ciò che spetta alla forma, e al carcame degli animali, essi non son punto differenti dai cosi detti Merini: la loro statura si è tra la razza grande, ed i montoni di Naz. Egli è grandemente a desiderarsi che questa razza di montoni, superiore a quella della Gran-Bretagna, si diffonda in Francia, e ci liberi cosi dal tributo che paghiamo allo straniero per aver lane a pettine di cui siam privi, e che la stessa Inghilterra è costretta di far venire iu parte dalla Nuova-Olanda. Il sig. Seydoux, che dirige lo stabilimento di filatoio e di tessitura di lane pettinate del sig. Paturle Lupin, ci dà gli indizi seguenti: codeste lane hanno UQ tipo affatto particolare , che le classifica oltre ogni similitu- dine 5 esse sono specialmente adatte per il pettine, poiché hanno u\\ nervo straordinario, e perchè ancora si arricciano molto meglio che non le lane di Parigi. Queste pregevoli qualità al- l'incontro le rendono meno proprie a farne pannilani, e feltri. Desse sono risplendenti come le lane inglesi , e hanno la mor- bidezza di quelle di Sassonia. Producono una certa tal quale bianchezza d' argento luccicante , a cui nessuna altra qualità di lane della Francia può arrivare. La filatura n' è mollo più age- vole, per la ragione che le fila stanno distese per tutta la loro lunghezza. Il filo si riduce molto più liscio, e le corde fatte 42 con queste lane hanno una forzì^ straordinaria che permette- rebbe di far tessuti alla meccanica, od anco di farne assai più col mezzo della tessitura a mano , se codesta qualità di lana potrà aumentarsi. ( Soc. cent, d' agr. i836). Fisiologia — ^'^§g^ deW organizzazione degli esseri. — Nella sua teoria deìVy4ntagonismo organico j fenomeno a cui attribuisce tutti i movimenti vitali di composizione e di scomposizione, il sig. Virey pone per principio che il più semplice tessuto cel- lulare primordiale abbisogna, per funzionare, di un qualunque eccitamento che gli imprima una specie di contrattività e di espansione alternate, sufficienti ad assorbire le materie alimen- tarie, e a rigettarne il superfluo. L' embrione animale o vegetale vien risguardato dall' autore siccome prodotto dalla riunione di due mollecole di proprietà opposte ; nomata 1' una parenchima- tosa d'origine materna, l'altra neri'osa, proveniente dal maschio. Nel feto animale i due elementi antagonisti sono la carena ner- vosa del cordone rachidico, e L'apparato vascolare, ossia il cuore colla reticella arteriale. Egli crede che questi due elementi pos- sono venir paragonati ai poli nella pila Voltaica. Un altro anta- gonismo, specialmente negli animali vertebrali, si produrrebbe, giusta il suo avviso, tra il polo positivo ossia superiore, formato dell'asse cerebro-spinale cogli apparecchi dei sensi, della vita esteriore, o di relazione, e^l polo negativo o inferiore, compo- sto di tutto l'apparato l'iscerale ossia di nutrizione, sotto la de- pendenza del sistema nervoso ganglionare trisplancnico , e com- presivi gli òrgani riproduttori. Di là seguirebbe antagonismo tra l'encefalo e lo stomaco ossia le parti genitali, tra le parti esterne e le interne, tra gli organi superiori e quelli inferiori. Egli afferma esistervi simile disposizione nei vegetali: i Coljlédonés sovrattutto sono formati di due parti più o meno equilibrate, e il collo della radice si è il nodo intermediario tra il gambo ascendente e la barbicella discendente. Si ritrovano due poli opposti perfino nelle due superficie delle foglie, nelle quali la superficie assorbente è rivolta verso la terra, e quella esalante rivolgesi al sole. Le gemme fiorenti elevansi verso la regiono superiore, e i germogli della radice spingonsi verso le parli in- 43 feriori. Infine il polo positivo del vegetale contiene specialmente le sue parti maschie, ossia gli stami, ed il polo negativo le parti femmine. ( Philos. de 1' hist. nat. — in-8.° i835). Leggi della riproduzione degli esseri. — Lo stesso autore con- sidera, negli esseri organizzati, l'organo maschio qual depositario dell'elemento eccitatore nervoso, che egli paragona ancora al polo positivo di una pila 5 e pone per base che la fecondazione non risulta punto, come venne finora creduto, dal mescolamento dei semi, ma si bene dalla reciproca saturazione di opposti elementi. Egli si sforza di provare che gli organi sessuali degli animali e dei vegetali hanno la stessa origine, le stesse dispo- sizioni , e per fino una composizione chimica analoga 5 e dimo- stra che la riproduzione, negli esseri i più semplici, altro non è che la nutrizione continuata 5 che i rampolli di una piapta, il frammento d'un polipo, il braccio di una stella di mare, sono unicamente un uovo sviluppato , o un seme sbocciato ; perchè il loro sistema nervoso sendo sparso in tutta la massa, ogni mollecola raffigura come un centro glandulare, suscettivo di forza vitale, e che rappresenta tutto l'individuo: ma a mi- sura che il sistema nervoso acquista maggior unità, e si avvicina sempre più al centro, come addiviene nei più perfetti animali, allora diminuisce la moltiplicità dei germogli; e diffatti vedesi minor fecondità negli esseri più innoltrati nella serie ascenden- tale della composizione organica. Il sig. Virey esamina quindi la struttura dell'uovo, del grano, e delle loro annesse particelle; egli dimostra che nelle uova de' vivipari e degli ovipari, co- desta struttura diversifica secondo i mezzi d' alimentarsi di cui sono naturalmente provveduti. Egli osserva insomma i feti in tutte le loro trasformazioni, e si arresta alla loro nascita ( Virey, ibid. ). Danimarca. — Condizioni per ottenere il diritto di cittadinanza. — Non basta in questo stato di esser maggiorenne per esser citta- dino: nessuno può godere di questo diritto, se non fu prima munito della Cresima ; e gì' individui di qualsivoglia religione , purché ne sappiano il catechismo, sono ammessi alla Cresima, e il catechismo politico delle leggi fondamentali del paese, e 44 oltracciò è d'uopo eh' ei sappia leggere, scrivere, e conteg- giare: iu una parola tutto che viene insegnato nelle pubbli- che scuole elementari. Così in Danimarca la Confermazione è in pari tempo un atto religioso e politico. Se, all'epoca sta- bilita per riceverla, dai sedici ai diciott' anni , il giovane non si sente abbastanza istrutto, gli viene accoi'dato un ritardo; se è troppo ignorante, le autorità fanno indagare se ciò pro- viene da incapacità del garzone, o da incuria dei parenti col non inviarlo a scuola. Se poi la sua ignoranza procede da in- capacità j la cosa vien sottomessa al giudizio di un tribunale superiore, il quale decide se debbasi a quel tale accordare o rifiu- tare la Confermazione,- ed è sempre rifiutata allorché l'individuo è conosciuto per affatto idiota , e da quel punto egli soggiace a per- petua tutela. Se la sua ignoranza proviene piuttosto dalla negli- gerfea dei propri parenti, questi sono puniti con una ammenda, e si concede al giovane un periodo di tempo per abilitarsi. Mineralogia : — Cera fossile — Il Dottor Meyer inviò , non ha guari, all'Accademia delle Scienze di Parigi alcune mostre del minerale conosciuto sotto il nome di Ozocerite, ovvero cera fossile, rinvenuto in Moldavia, alle falde dei monti Carpazi, presso il villaggio di Stanitz, nel distretto di Pakan ; ove si trova in masse considerevoli coperte da uno strato di argilla lavagna mista a bitume, che appartiene alla formazione secon- daria. Parecchi pezzi erano del peso dalle 80 alle 100 libbre ^ e contenevano ragguardevole quantità d'ai-gento nativo. Poco lungi dal luogo di dove si estrae questa cera fossile, si rinven- nero alcune croste assai larghe di succino brunastro; ciò che diede a credere al sig. Meyer che codesto fossile possa forse essere ambra gialla , la quale sarebbe stata turbata nella sua formazione. La tessitura di questo fossile varia d'assai; alcune volte la sua spezzatura è fibrosa , altre fiate è sotto forma di foglie, ed anche di aghi; allora egli è purissimo e trasparente ai bordi : egli fonde a gradi \o° , e spande un odore bitumi- noso. Non si è ancora potuto giugnere a purificare questo fossile. Lavato a replicate acque, egli presenta una tinta giallo-carica, e in questo stato si adopera per farne candele. 45 ANNUJNZJ DI BIBLIOGRAFI 4 LIBRI ITALIANI LIBRI FRANCESI Bibliografia critica delle antiche reciproche corrispondenze poli- tiche, ecclesiastiche, scientifiche, letterarie, artistiche dell' Italia colla Russia , colla Polonia ed altre parti settentrionali, il tutto raccolto ed illustrato con brevi cenni biografici degli autori me- no conosciuti, da Sebastiano Ciampi, corrispondente attuale di scienze, lettere ecc. della Commissione dell' Istruzione pubblica del regno di Polonia. »i=a Firenze, per Leopoldo ^l~ leprini e Gioanni Mazzoni, — Distrib. ni in-S." a 2 colonne , di pag. ■148 [ke-my) . . 2. 50 Della lettura nel doppio aspetto dell' utilità e del piacere. Per l'apertura della pubblica biblio- teca maceratese , discorso reci- tato dal bibliotecario Francesco Tonini. Maria Borghetti ai 12 del -l 836. = Macerata , pei tipi di Alessandro Mancini. — In-S." di pag. 32. Costumi de' secoli xiii , xiv e xv, ricavati dai piiì autentici mo- numenti di pittura e scultura, con un testo storico e descrittivo di Camillo Bonnard. Prima tra- duzione ital. di C. ZardeUi.=» Milano, dalla tipogr. e calcogr. di Ranieri Fan/ani. — Fase, xxvii in-4.° di pag. ]2. Con A tavole in nero , . 3. — Colle ta%'ole colorate , senz'oro 4. — Colle tavole lumeggiate d'oro 6, — Mémoires de JohnHampden; histoiie de la politique de son teins et de celle de son parti, par lord iVf/gent (trad. pari/. TI. J.), pré- cédés d'une introduction histo- rique par M. De-Sal\>andy. •— 2. voi. in-8. Prixi i5 fr. Paris, cbez Arthus Bertrand. Critique de la raison pure; par Eni. Kant, traduit de rallemaml sur la 7.*édition par C. J. Tissot. — ^ voi. in-8.'^ Prix: 7 fr. A Paris , chez Ladrange. Eléments de droit public et ad- luinistratif , ou Exposition mé- thodique des principes de droit public et positif, avec l'indica- tion des lois à l'appui, suivis d'un appendice contenaut le texte des priucipales lois de droit pu- blic; par 31. Foucart avocat, prolesseur à la faculté de l'oi- tiers. Voi. iu-12, prix 12 fr. A Paris, chez Videcocq. Maìnuel du banquier, contenant les tables ou coniptes faits pour Ics changes des priucipales places de l'Europe etc, par P. Ichon. In-8.°, prix 5 fr. A Bordeaux, chez l'auteur. Le Maf.heur du riche , et le Bon- heur du pauvre , roinau tic mojurs , par M. Casimir Bon- jour. In-B.", prix 7 fr. Paris, Duniont. Le Chemin le plus court , par Al- phonse Karr. Voi. 2 in-8.° , prix i5 fr. Paris, chez Gosselin. 46 LIBRI ITALIANI LIBRI FBAI^CESI Le opere del pittore e plasticatore Gaudenzio Ferrari , disegnate ed incise da Silvestro Pianazzi , dirette e descritte da Gaudenzio Bordiga. = M.ì\nno, coi tipi di Paolo Andrea Molina , iS35. — Fase, m in-4 , di pag. 8, e 4 tavole a contorno .... 5. — Nuovi Elementi di Fisiologia del barone Richerand profess. alla facoltà medica di Parigi ecc. Undecima ediz. riveduta, cor- retta ed aumentata dall'autore e da Bérard seniore, profess. di fisiologia alla facoltà medica di Parigi ecc. Tradotta e cor- redata di annotazioni da Paolo dclV Acqua, dott. ecc. e mem- bro della facoltà medico-chirur- gico-farmaceutica presso l'uni- versità di Pavia. - Pavia, libre- ria della Minerva di Luigi Lan- doni , i835. - Fase. V. in-S." di pag. 128 11. I'. 56 Paradisea Classica , ecc. Voi. X. Opere scelte di Nicolò Mac- cliiavelli , con note filologiche di Bernardo Bellini, professore di storia universale e di filolo- gia latina nel liceo di Cremona. Edizione stereotipica. - Cremona dalla stereotipia Bellini, i835. Yol. III. in- 16 di p. 240. 11. i.3o Raccolta delle Poesie giocose del dott. Antonio Guadagnali di Arezzo , con aggiunte e corre- zioni fattevi dall'autore. - Italia 1 835. Due volumi in-32 di pag. itìo, 204. - Firenze, dalla ti- pografia della Speranza 11, 2. 80 Simboli: nuove melodie italiane di Samuele Biava. - Milano, dalla tipograiia di Vincenzo Ferrario, i836. -Iu-i6 di pag. 20. L'Aborhage , roman maritime , par M, Jules Lecomtc. Voi. 2 in-8.'', prix i5 fr. Paris, chez Souverain. Invasions des Sarrasins en France et de France en Savoie , en Pié- mont et dans la Suisse, pen- dant les 8.% 9.* et IO.'' siècles, d'après les auteurs chrétiens et mahométans , par M. Reinaud de rinstitut. In-8.'* de 22 feuil. prix 7 fr. 5o cent. Paris, chez Dondey-Dupré. Mémoires sur l'expédition des ré- fugiés polonais en Suisse et en Savoie, dans les année^ i833, i834, par N. A. Kubalski etc. , précédés d'un avant-propos con- tenant un coup d'oeil general sur la situation actuelle de l'Eu- rope , par M. A. Julien de Pa- ris etc. — Paris i836 , chez Merklin llb. édit., rue des Beaux- Arts , N. 1 1 . Un Tol. in-8.° , pages xx-398. HisToiRE des sociétés de tempé- rance des États-Unis d'Ainéri- que, avec quelques détails sur celles de l'Angleterre , de la Suède et autres contrées , par R. Baird. In-S." , prix 2 fr. 5o e. Paris , chez Hachette. Examen de la philosophie de Ba- con, où l'on traite diiTérentes questions de philosophie ration- nelle , ouvrage posthume du comte Joseph de Maistre. Voi. 2 in-8.", prix 12 fr. Paris, chez Poussielque Rusand. Bagnes, prisons et criminels, par M. Appert. Paris i836, chez Guibert , quai Voltaire , N. 2 1 bis. Voi. 3 , in-8.'" 47 LIBRI INGLESI LIBHI TEDESCHI The most striking events. ( Acci- denti i più segnalati dì una campagna di dodici mesi con Znmalacarregui in Ispagna), di C. F. Henningen. — 2vol. in-S." Parigi. Lectures on the nervous system, (Lezioni sovra il sistema nervoso). In-8.°, Parigi. The mascarenha. ( I Mascareni , leg- genda de'portoghesi nell'India). ■ — 3 voi. in-S.", Parigi. Narrative of a journey. (Relazione di un viaggio nel paese di Zoolu nel mezzodì dell' Africa ) , del capitano Alien F. Gardiner. — In-S.", Londra. The chinese a general. (Descrizione generale della China e de' suol abitanti), di /. F. Davis. — 2 voi. in-8.°, Londra. Robertson's new-magazine. (Gior- nale letterario inglese, che si piiùbiica il primo giorno di ca- dun mese). Gr. in-8.° Prezzo d'associazione all'estero annue lire H. — Parigi, all' ufficio, contrada del Bouloy, nam. 1. Narrative of a jodrney. (Relazione di un viaggio da Lima al Para), del luogotenente IF. Smyth, e M. F. Lowe. — In-8.», Parigi. The HisTORY oF Herodotus, etc. (Traduzione d'Erodoto in lingua inglese, con prolegomeni e note), di Aless. Negris. — Edimburgo, 1835, 2 voi. in-8.° The Loseley's manuscripts etc. ( I manoscritti di Loseley), da /. Kempe. — Londra, ■1835, in-8.° History of Rome. (Storia di Roma), tradotta dal tedesco, del signor Schlosser , dal sig. Finden. — Londra, 1835, 2 voi. in-4 2, co« rami. Uebeb nationautaet der sprachew. (Della nazionalità delle lingue), di Rautenbach. Darmstadt, 1835, in-8.". — Saggio sopra l'origine delle lingue antiche e moderne dell'Asia e dell'Europa , sovra le loro affinità ecc. ChRONOLOGIE der GRIECHISCHEN UNO BOEMiscHEN KUivsTLER. (Cronologia degli artisti greci e romani sino al fine del quinto secolo dell'era volgare), del sig. De-Eartsch. — Vienna, i835, In-foglio. BuCHERKtfNDE DER KIRCHENGESCHICHTE. (Bibliografia della storia eccle- siastica), di H. Beckaus-Mar- bourg. — Elwert, 1836, 3 voi. in-8." Die PHYsroLOGiE . . . (La fisiologia considerata come scienza speri- mentale ) , di jP. Burdach. — . Leipsic, 1835, 5 voi. in-8." Philologisch-theologische Ausle- gung der Bergpredigt etc. Ham- bourg plesso Perthes , i835 (XXII et 532 p. grand in-8. ) Das Pandektenrecht aus dea Reclit- sbuchern Justinian's , iiach den Eifordernissen einer zwecknias- sigen Gesetzgebimg dargestellt etc. Vie\ àotl. P. L.Kritz ^ voi. i. A Meissen presso Klinkicht , i835. Grundsatze des orthodoxen Juden- thuius ; del sig. A. Th. Hart- mann; Rostock, presso OEberg, i835. Die Oeffentlichkeit des Strafver- falirens. Di L. H. De Jagemann Heidelberg, presso Mohr , i835. Lehrbuch der inaterielleii Politik ; di Carlo Rotteck : a Stuttgart , presso Hallberger, i834. 48 LIBRI INGLESI LIBRI TEDESCHI ElEMENTS OF BEDSIDB MEDECINK Ctc. (Elementi di medicina clinica e di patologia generale)^ per /. S. Tkorbiirn.— \n-S.° Prezzo 1 4 scellini. — Parigi. Pratical observations etc. (Osser- vazioni pratiche sovra le malat- tie del cnore ) , per John Mar- sìial, — ln-8.°, Parigi. Dl5SERTATIONS ON ETHICAL PHIIOSO- PHY. (Dissertazione snlla filosofia inorale), di /. Mackinlosh, con lina prefazione del rever.° fV. TFhewel. — In-8.°, Parigi. Tue annual biography and obituary. (Biografia e necrologia annuale). Voi. XX per \ 83). — 6 voi. in-8.° Parigi. Narrative of voyage round the World. (Relazione di un viaggio attorno al mondo) di T. B. Wil- son. — In-S.", Parigi. A HisTORY OF BRiTiSH FisiiEs. (Storia dei pesci d'Inghilterra), di IF. Yarrell. — In-S." con «stampe in legno. Londra, '1835. L'opera sarà composta di \6 fascicoli. A TREATISEON THEPREVENTION. (Trat- tato sui mezzi di prevenire e di guarire le malattie pulmonari), di Robert Little. — In-S.", Parigi. On THE MEANS OF COMPARINO CtC. (Sovra i mezzi di confrontare i rispettivi vantaggi delle varie linee di strade ferrate, e dell' impiego delle macchine loco- motrici), di /. M']Vell.~ln-S.° Parigi. HaNDBUCH DEB ENTWICKELUNOS GES- CHiCHTE. (Manuale della storia dello svilnppamenlo dell''uomo, con un sunto comparativo sullo sviluppo dei mammiferi e degli uccelli), del dott. G. F'alentin. — In-8.°, -1835, Berlino. Jahrbucher BER ARTZLicHEN. (Annali della riunione dei medici a Mo- naco).— In-S.", Monaco, iSSS. Primo anno. Die ehdfunde. (Geografia univer- sale ) , di C. Ritter. Tom. in e iv, Asia. — - In-8.", Berlino, 1834. Geschichte der skythen. (Storia dei Sciti e degli Alemanni sino ai dì nostri), di ffalting. — In-B." con islampe e carte. Berlino , '1835, tom. I. Amtlicher bericht. (Ragguaglio of- ficiale sovra la riunione dei na- turalisti e medici tedeschi a Stoccarda, in settem. ■1834), dei sig. C. Df-Kielmeyer e G. Fae- jer. — 111-4.°, Stuttgard, 1835. Chirurgische hupfer tafeln. ( Rac- colta di stampe di chirurgia per il maggior incremento della chi- rurgia pratica), del dott. Frorip. — In-4.°, Veiinar, 1836. Queste stampe giungono già a 338. Caditna è accompagnata di un testo spiegatii/o. Geschichtliche tjnd statistische. ( Notizie statistiche e storiche delle università negli stati prus- ■ siani), di fF. Dieterici. — ln-8.° ! Berlino, •IBSG. STAMPERIA GHIRINGHELLO E COMP. con permissione. 49 Scienze Sociali — Legislazione Cr*«iinale Della riforma delle prigioni. Mentre la ragione e la filosofia dirigendo e dilatando il sen- timento di benevolenza che distingue V umana famiglia , rie- scirono a renderlo fecondo di ottimi risultati non solamente tra nazione e nazione , ma eziandio fra i diversi ordini della società e fra gì' individui stessi con influire possentemente sulla restaurazione dei codici penali: mentre Beccaria, Filangeri , Blacstone , Rossi , Berenger , il Duca di Broglio ed il Conte di Sellon adoperarono a vicenda il genio , la dottrina e l'eloquenza per accomodare a' costumi divenuti più miti, leggi più pie che sempre in quella via li mantenessero : mentre la coscienza , r equità e la filantropia de' magistrati vanno ncll' applicazione delle pene mitigando la soverchia asperità di leggi non ancor derogate e fatte per altri tempi e per altri bisogni : mentre tulli questi passi or più or meno veloci 1' opinione e la pra- tica facevano verso 1' umanità e la civiltà, venne quasi univer- salmente accolto quell'onesto discernimento che la maggior parte dei delitti reputa piuttosto come effetti della cieca e su- bita passione, dell'umana fragilità e della prepotenza delle cir- costanze in cui r uomo è posto talvolta , che come parti quasi nccessarii della/ natura corrotta , o conseguenze di una invete- rata premcdilazione, di una satanica perversità. Nello stesso tempo e per gli stessi impulsi prevalse pur anche la convinzione che né lo spirito della vendetta, né quello d' incutere il patimento ed il dolore presieder debbano all' applicazione delle pene , ma bensì l'emendazione del reo e l'allontanamento dai delitti. Gomecìiè queste benefiche dottrine già s' impadronissero del cuore da' popoli , de' magistrati , e de' legislatori , e già venisse ogni giorno più gagliardameute combattuta la giustizia della 4 50 pena di morte , tuttavia per lunghi anni ancora le prigioni ri- masero abbandonate all' arbitrio dei carcerieri , 1' unico scopo fu di prevenire le evasioni , e tutta 1' ispezione si limitò alla sicurezza materiale del carcere. Vai'ie poterono essere le cagioni di questo ritardo nelle scienze sociali : forse la maggior frequenza della pena di morte e dei Bagni , sceverando la società dai malfattori , rendeva meno im- portanti e meno osservate le quistioni lelative alla carcei'a- zioncj forse una sorte che non si teme ed a cui non si va esposto , ne faceva obbliare i mali, o non svegliava che una languida pietà 5 forse ancora, come pensa V esimio professore Kossi , perchè il fiore della società non vedendo nella giustizia criminale che un mezzo per contenere quella classe di citta- dini , che volentieri egli chiama bordaglia , conchiudeva taci- tamente tra sé senza neppur darsene conto , che la giustizia penale qualunque ne fossero i principi! e le forme era indiffe- rente per lui. Qualunque sia stata di queste cagioni , certo è però che per molto tempo ancora 1' ordine e 1' obbedienza nelle carceri fu- ron mantenuti col timore delle minacce , dei castighi corpo- rali, delle segrete, e delle catene. In tutto il resto poi si lasciava il carcerato padrone del suo tempo e delle sue azioni , purché non eccedessero i limiti generalmente prescritti , nò più oltre si prendeva pensiero né della sua sorte, né della sua moralità. Frattanto allorché il carcere venne consideralo come una transazione delle altre pene più atroci , e di quella principal- mente di morte , il numero dei caxxerati veniva crescendo a dismisura , ed ogni specie di prigione rigurgitava di sciagurati, i;he stipativi senza distinzione veruna , ed abbandonati a loro stessi ed al fermento di tante agglomerate corruzioni , giacevansi nel lezzo di una immoralità turpe e contagiosa. Ella si fu la filantropia e soprattutto la filantropia religiosa, sempre sollecita a penetrare nei recessi più oscuri per esercirvi la sua influenza , quella che prima si accorse di questi mali , e vi portò l'imedio cercando di migliorare la sorte dei carcerati, non solamente fintanto clic rimanessero prigioni , ma auche allorquando riacquistassero la libertà. 51 L' autorità poi non tardò mollo anch' essa ad avvedersi che la forza brutale era insufficiente a frenare 1' impeto di tanta corruzione 5 e lo spaventevole aspetto di queste moltitudini per- verse ognora crescenti , e clic per la maggior parte , spirato il termine del carcere , si riversavano nella popolazione , ingenerò un fremito che divenne ben tosto mi utile ammaestramento. Egli fu per questa successione d' idee e di emergenze , che lo stato delle prigioni destò 1' interesse di tutte le società, di- venne l'oggetto di una scienza , e fu considerato come un ramo essenziale dell' economia pubblica. Tralasciando di fare altre celebri menzioni, quegli che più di recente e con maggior ampiezza vi applicò l' animo si è il sig. Lucas , ispettore generale delle prigioni in Francia , eru- dito scrittore e sapiente giureconsulto. Intorno a questo inte- ressante argomento egli già pubblicò due ottimi scritti , 1' uno sopra il sistema penitenziario in Europa e negli Stati-Uniti , e r altro che intitolò: Teoria deW imprigionamento. Egli è di questa più recexite sua opera che compendierenio le principali vedute, e vi aggiungeremo alcune osservazioni che in noi si sono sviluppate dalla lettura di un articolo sulla stessa materia inserto nella Bibliothèque Universelle de Genève. Opportuno egli è quindi anzi tutto a sapersi, che se nello sviluppo del sistema penitenziario il sig. Lucas trovava ancora alcun che di vago e d'imperfetto, ciò proveniva dacché quel solo dettato non poteva e non doveva abbracciare tutte le ca- tegorie dei ditenuti. Era difatti , come egli stesso sci'ive, più per simpatia che per convinzione che l'opinione andava inva- ghita del sistema penitenziario , come di una parola magica che conteneva se non ancora la definizione precisa, almeno l'ur- gente bisogno della riforma. A quanto perciò egli stesso aveva osservato mancare a quel sistema , vi sopperì colla seconda sua opera sulla Teoria dell' imprigionamento. Ma questa teoria ei non la trattiene soltanto entro le mas- sime più superficiali e ristrette , ma invece la fa risalire alle più alle sue relazioni , e le dà 1 più grandi sviluppi. Difatli hi grande scienza del perfezionameulu morale deli' umanità cbc 52 dalle obbligazioni sociali si estende sino alle virtù private , non ha soltanto per fondamento la giustizia di repressione , ma prima ancora ha quello della giustìzia di heneficenza e di -previdenza. Né altrimenti può essere , poiché la giustizia di repressione si occupa unicamente di reprimere e punire i delitti allorché già sono commessi, quando invece le altre due giustizie si occupano a prevenirli o a diminuirli. Insegnando dunque questi principii che il sig. Lucas ha ri- dotto a scienza , egli non li considera soltanto dal lato penale ed afflittivo , ma li solleva a quelle parti più nobili che ten- dono a purgar la società dalle pene e dai delitti. Per giudicare se r autore sia pari a tanta missione , basterebbe sentire que- ste eloquenti parole : « Il tempo è giunto , egli esclama , in » cui la giustizia umana per la moralità del suo esercizio , per )) la legittimità del suo impero deve lavarsi innanzi a Dio ed » innanzi agli uomini dal terribile rimprovero di accrescere » piuttosto che di scemare le contaminazioni del delitto. Le )) leggi di tutti i tempi, di tutte le nazioni nelle loro pene » temporarie o perpetue, indulgenti o sanguinarie, ispirate dal » genio di un Bracone , o da quello di un Howard , hanno » voluto distrurre , intimorire o correggere i colpevoli, ma cor- » romperli giammai. » Nello scopo di far meglio sentire 1' importanza della scienza e della riforma delle prigioni , e di dimostrare quanto possente istromento di moralità o d' immoralità possano essere e dive- nire i carcerati , il sig. Lucas procede al novero di essi nella sola Francia, e trova che in meno di i8 anni il loro numero ascende ad un milione. Ciò posto , ei grida , quali tenibili con- seguenze possono succedere in una società che manda ogni anno 56\m. individui alla scuola delle prigioni , e che la scuola delle prigioni restituisce pressoché per intiero alla società? Se dunque si domanda quale sia l'oggetto di questa scienza cosi importante , cosi nuova , si può rispondere che essa in- tende a prevenire tre cose : le evasioni ; la corruzione reci- proca de' di tenuti ; e le recidive. I due primi di questi oggetti si riferiscono indistintamente ad ogni sorla d'imprigionamento anche in via di semplice i)re- 53 venzlone ; ma il terzo scopo poi , cioè quello di impedire le recidive, non concerne che l' imprigionamento dopo la sentenza. Rivolto lo sguardo a quest' ultima specie d' imprigionamento si scorge ben tosto ch'essa comprende due distinte categorie, che richieggono due distinti metodi di disciplina. L' una si è quella dei condannati a Lreve cattività , e per questi non po- tendosi adoperare i mezzi educativi e di rigenerazione onde opporsi alle recidive , non v' ha altra strada che quella dell' intimidazione. L' altra poi si è quella dei condannati a lunga prigionia , e per questi si può sperare di ottenerne l'emenda- zione coir istruzione , coli' educazione , col lavoro , con tutte le abitudini morali a cui si possono sottomettere. Premesse queste considerazioni, ogni sorta d'imprigionamento si riduce a tre classi. Esso difatti od è preventivo , o repressivo ^ o penitenziario. 11 libro del sig. Lucas ragiona per ora soltanto delle due prime specie di prigionia. La prigionia preventiva , egli dice , può soltanto avere due oggetti, quello d' impedire le evasioni, e quello di evitare la scambievole corruzione. Ad essa perciò non possono applicarsi i metodi repressivi e penitenziarii , per- chè ancor non si sa se i ditenuti per misura preventiva siano meritevoli ed abbiano bisogno di quei due più efficaci rime- dil. Quindi ne viene che questa sorta di ditenuti deve trattarsi con tutti quei riguardi che li distingua da coloro che già su- birono la condanna. La prigionia invece lepressiva e penitenziaria si applica egual- mente agli inquisiti già condannati , come a quelli che sono ancora sotto processo , ma 1' una e 1' altra però hanno per og- getto comune d' impedire le recidive. Forse da una classificazione cosi tronca e distinta potrebbe taluno dubitare che il principio dell' intimidazione debba sol- tanto applicarsi al sistema repressivo , e non al penitenziario. IMa noi invece siamo d' avviso che anche a quest' ultimo debba estendersi l' intimidazione , perchè se il timore è un mezzo an- cor esso di ovviare le recidive, e di correggere e di emendare, non si vede il perchè esso debba escludersi dal sistema peni- tenziario. Bisognerà soltanto temperare per esso i gradi dell'iu- 54 timìdazìone , e tener sempre lontano dalla coodanua Io spinto della vendetta, L' incoerenza clie a taluni parve di scorgere nella classifica- zione adottata dal sig. Lucas applicando esclusivamente al si- slenia repressivo il principio d' intimidazione , fece ad essi de- siderare un' altra classificazione , la quale comprendesse da prima sotto il governo penitenziario ogni specie d' imprigiona- mento anteriore alla condanna , e poscia avesse assegnato a ciascuna categoria di ditenuti od il metodo repressivo o quello di semplice educazione , siccome meglio a ciascuna si fosse tro- vato conveniente. Ma la soverchia esclusività che si appone alle teorie del sig, Lucas, sembra che possa ancora presentare dal lato pratico maggiori inconvenienti , imperciocché se a qualch' una classe di ditenuti si niega il metodo penitenziario, e soltanto essa si sottopone al repressivo, allora si corre il rischio che quest'ul- timo metodo invada il primo , e quindi che {prigioni ritornino soggetti a tutta la brutalità dei carcerieri. Infatti questo metodo rigoroso ed assoluto offre pur troppo maggiori attrattive per l'am- ministrazione ed il governo delle case di punizione. Sarebbe quindi a paventarsi che 1' intimidazione , di cui per troppo largo pensare si vorrebbe far esente una classe di ditenuli già condannati , soverchiasse invece a poco a poco 1' elemento rige- neratore che deve sempre presiedere nelle teorie penali ed allo stesso metodo repressivo. lo non vorrei che quest' opinione di admettere generalmente il principio dell'intimidazione nelle penalità si calunniasse come disumana , vieta e retrograda. Non si vuole assolutamente escluso il timore perchè mezzo sicuro ed efficace di rigenerazione, ma nel tempo stesso affinchè non si cangi in barbarie si vuole che sia sempre subordinato al sistema penitenziario , predominato da esso e da esso corretto. Siffatta opinione poi tuttoché forse spiacevole a certe utopie più soavi, non ha per fondamento soltanto quell'antico adagio: Odorimi ppccare mali forniidine poenac. ma la vera ragione la si trova, secondo noi, nell'elemento dell' 55 espiazione , che in sostanza è la base delF intimidazione , e ne costituisce la moralità. Indipendentemente dal dogma religioso che ne formarono i culti d'ogni tempo, il pi'incipio dell' espiazione è ingenito nella natura umana , poiché 1' uomo percosso dalle miserie si per- suade naturalmente nel suo segreto di averle meritate e di do- verle soffrire , e questa persuasione facendogliele sopportare con maggior fortezza , lo conforta colla speranza che passato quel tempo di prova, possano sorgere ancoi'a per lui giorni più vir- tuosi , più tranquilli e senza rimorso. Colui che soffre la sven- tura e la pena anche inflitta ingiustamente con rassegnazione, eleva il proprio animo e lo rende migliore ,• ed ella è persino cosa assai frequente in chi sconta una pena non meritata , il credere di sopportarla giustamente per altre colpe. Così avviene che alle male azioni si associa sempre come per istinto un mal presagio , e che chi le commette meriti un castigo , una sventura , è sentimento di universale giustizia. Che se nulla- meno taluno volesse disconfessare queste verità , questi do- vrebbe arrestarsi a meditare l'incanto che si prova alla lettura delle Mie prigioni di Pellico , anche colà dove l' illustre pri- gioniere assiepa il suo petto di conforti semplicemente morali, senza ancora ricorrere agli ascetici. Se dunque 1' espiazione è un bisogno , una legge dell'umana coscienza , il principio della punizione che mai si può scompa- gnare dall' idea del dolore , sarà sempre necessario sinché non più ignorata o respinta una più generale distribuzione del la- voro e di mezzi per procacciarsi la sussistenza , non farà ces- sare lo stimolo del bisogno mal consigliero , sintantoché le più abbiette classi del popolo non impareranno da una fraterna educazione a moderare le proprie passioni, a soffrire, ad amare. Ed ella è cosa degna di osservazione che in quei paesi dove r istruzione ha fatto maggiori progressi , ed i costumi me- glio dirozzati, e più accomunati divennero i mezzi di sussi- stenza, quivi se da un canto gli uomini si asieugono dalle uc- cisioni e dalle rapine, e' pare dall'altro che corrano all'estre- mo opposto e rivolto contro di se stessi l'impeto delle passioni, più frequenti si trovino le tristi o solitarie ipocoadne, ie ma- 56 jùe , i suiciflj. Ben gli è vero che por recare rimedio a questa nuova specie d'infelici, conviene clie l'educazione non sia sol- tanto morale nel senso limitato in cni comunemente vien tolta questa parola , ma si sollevi ad essere religiosa. Conciossiacliè il principio della probità naturale farà bensì clic l'uomo rispetti V esistenza e la proprietà de' suoi simili , ma non basterà per fargli rispettare se stesso , per convincerlo eh' egli non è il solo rd assoluto padrone di tutto ciò che v' ha in lui. Ci verrà perdonato questo apparente traviamento dal propo- stoci tema, ove si rifletta che quanto sinora dicemmo, giova eziandio a provare che tutto il risultato a cui potrebbe aspi- rare il sistema penitenziario senza intimidazione, sarebbe quello (Iella probità al cospetto della legge. E vei-amente quando il condannato restituito alla società più non ricada negli stessi delitti , e più non sia pericoloso per gli altri , alloi-a tutto è conseguito per lui. Laddove ben altro ancora dovrebbe cercare il legislatore , vogliam dire il miglioramento e la rigenerazione interna del ditenuto. Tale appunto si è lo scopo più nobile e più bello della scienza di diminuire i delitti, della conserva- zione cioè , e del progresso dell' ordine sociale. Alla giustizia pertanto che previene , superiore alla giustizia che reprime, deggiono anzi tutto esser rivolte le cure del fi- losofo e dell' economista , e far sì che 1' eserciido ne venga il- luminato ed inculcato nel governo colla previdenza e nella so- cietà colla carità. Ella è frattanto questa scienza che è chiamata a denunciare alla pubblica ragione due pregiudizli che sinora 1' opinione e persino i codici stessi hanno consacfato. Essi consistono nella confusione delle varie moralità delittuose. I. E quindi insegnamento rilevantissimo de' più recenti cri- minalisti , che più. grave debba essere il tratt.imento nel car- cere , e più grave la pena per quei delinquenti che commet- tendo delitti in apparenza leggieri a vece che vengono soltanto puniti con misure correzionali. Questa sorte di colpevoli si cre- dono comunemente i meno perversi ed i meno dannosi alla società, e per contro sono in sobtanza i più profondamente cor- rotti ed inclinali, al delitto , quelli in cui si trovano più osti- 57 nate e maggiori le disposizioni a consumarlo , quelli infine che più di frequente commettono le recidive. In questa classe , tu trovi il mariuolo ed il truffatore , che nella scelta delle va- rie maniere di vivere nella società si appiglia a quella del furto come la migliore , perchè sa di possedere 1' arte di ri- cavarne tutti i vantaggi , e nel tempo stesso ha tutta la scal- trezza per scemarne i pericoli. Vedete questa razza di colpevoli pullulare nelle popolazioni delle grandi città, dove la maggior copia dei prodotti della civiltà sviluppa ed invita necessaria- mente l'esercizio del loro infame mestiere, ed attribuitene in gran parte la cagione alle misure soltanto correzionali con cui sono puniti. All' incontro più mite dovrebbe essere il trattamento nel car- cere per quei delinquenti che sono condannati a pene più se- vere, perchè il maggior numero di questi esce dalle popolazioni agricole e più semplici, tranne coloro che vi ci sono rigettati dal riflusso delle recidive. Questa classe di sciaurati che le più frequenti volte male operarono non già spinti da un maggior grado di perversità , ma per minor scaltrezza nell' eseguire il delitto , racchiude in sostanza una moralità assai meno conta- minata che quella di altri condannati a minor pena. II. Oltre a queste v' ha un' altra imperfezione legislativa e disciplinaria rispetto ai condannati a più lunghe detenzioni ed anche alla prigionia perpetua. Fra questi esiste una quasi op- posta diversità di origine nella carriera del delitto , e due sorta ben distinte di moralità che il legislatore ha voluto confondere ed il giudice concorre a riunire. Sono questi da un canto gli eroi e per cosi dire ì veterani , r aristocrazia , del delitto ([uelli che hanno salita successiva- mente per tutti i gradi V infame scala delle scelleratezze , e dall' altro canto si trovan quelli che non avevano mai prima trasgredito le leggi, né la probità stessa; uomini che furono atrocemente colpevoli , ma per xin giorno solo , per un solo istante , uno di quegli istanti che devastano e squassano il cuore umano , e la ragione si fa naufraga nel sangue. Questi infelici anche sotto qucst' orrida macchia , quando la lor pas- sione è soddisfatta ed il rimorso sottentra al delirio , ricompa- 58 riscono onesti e pentiti , e ripigliano le innocue abitudini della lor vita anteriore. L' esperienza ha confermato la verità di queste osservazioni , ed oggimai tutti vanno persuasi di quanto non è gran tempo sembrava ancora un paradosso ; cioè che sarebbe miglior par- tito lo incominciare la riforma penitenziaria dai rei di omicidio, che non dai colpevoli di semplici reità correzionali. La conclusione pertanto che da questi riflessi ne trae il sig. Lucas si è , che 1 imprigionamento repressivo dovrebbe gover- nare tutti i condannati a detenzioni non eccedenti il biennio , e poscia il sistema penitenziario dovrebbe accogliere tutti i di- tenuti , la di cui prigionia non oltrepassasse questo termine. Tali sono le generali vedute della teoria sulle prigioni. Scen- dendo alle applicazioni, siccome 1' imprigionamento repressivo non esige che due cose 5 prevenire le evasioni , e prevenii-e la corruzione reciproca ,• così per ottenere il primo intento oltre alla materiale sicurezza del carcere , si additano li mezzi se- guenti : la disciplina interna 5 la solitudine diiiotte^ il silenzio di giorno, ostacolo alle trame ; il lavoro , rimedio contro la noja e contro i traviamenti dell' immaginazione. Quanto ai mezzi di prevenire la corruzione scambievole, eccoli: i.° Separazione ben intesa dei sessi, delle età e delle mora- lità , alle quali separazioni noi aggiungiamo quella delle con- dizioni sociali. 2.° Solitudine di notte. 3.° Solitudine di giorno od il silenzio assoluto fra i detenuti riuniti. Questo mezzo però portato alT eccesso ha prodotto ben tristi effetti , e lion è guari in Francia si è rappresentato al governo le funeste conseguenze, soprattutto le frenesie ed ogni sorta di aljerrazione mentale e di disperazione che trae seco r isolamento dei caicerati. 4.° Il lavoro concesso però in gran parte all' arbitrio del di- tenuto. 5." Finalmente 1' esercizio delle pratiche religiose. Riguardo ai carcerati per debiti il loro regime vorrebbe esser intieramente diverso , e tutte le misure dovrebbero soltanto li- mitarsi ad evitare le evasioni. 59 Dopo aver discorso suli' imprigionamento preventivo, si passa a ragionare sopra quello repressivo. Oltre alli due fini sopra additati , esso , come già si avverti , intende a quello d' impe- dire le recidive. Il solo mezzo che ne sappia suggerire il sig. Lucas si è pur quello di sopra ammesso dell' intimidazione. Ma tutta la diffi- coltà consiste nella scelta dei mezzi con cui si possa impiegare r intimidazione. Questi mezzi non possono più certamente essere né le bat- titure , né i ceppi , uè i castighi corporali. Anche in ciò i pro- gressi della civiltà hanno introdotto un cangiamento. Nei secoli di mezzo , quando V uomo era non solamente ridotto nel suo morale alla schiavitù , ma llsicamente anche parlando la sua vita era più dura, più aspra, una barbara necessità voleva pur troppo che divenendo egli colpevole , si sottoponesse ad uno slato ancora più penoso, più miserabile. Oggi giorno invece che gli uomini godono di un miglior essere tanto fisico che morale , essi souo abbastanza punibili da questo più nobile lato , senza che si incrudelisca contro la loro fisica esistenza. Quindi r isolamento di giorno e di notte , il silenzio che la- scia r imprigionato senza scuola per imparare il vizio , come senza cattedra per insegnarlo, un tenore di vita temperante, ordinata , solitaria , silenziosa che formi appunto il più sensi- bile contrapposto col precedente genere di vita , per cui il di- tenuto traviò, ecco i mezzi morali che agiscono sopra l'animo suo , e castigandolo possono renderlo migliore. Spetta poi alla disciplina di fare in modo che la pratica di questi varj mezzi si ottenga anche occorrendo coli' impiego della forza, coattivamente. Cosi il lavoro sarà variamente imposto e distribuito in guisa però che sia sempre lontano e dalla pubblica umiliazione , e dall'attrattiva di un passatempo 5 esso sarà anche senza mer- cede, oppure il di tenuto potrà soltanto goderne dopo avere scontata la pena. Indi il silenzio ora sarà continuo , ora tollerati i brevi col- loquii, ora la solitudine più frequente, ed or meno 5 ora im- poste anche le astinenze; e le trasgressioni sempre coli' alterno uso di queste pene severamente punite. 60 Vietato finalmente potrà essere qualunque insegnamento , tranne quello della lettura. Austero consiglio: ma si badi clie qui si annoverano i mezzi di repressione. Del resto se nelle prigioni si ammettesse l'insegnamento delle scienze, e soprat- tutto delle artlLelle^ allora il carcere non sarebbe più un luogo di punizione , ma si trasformerebbe in un asilo di quiete ed anclie in un luogo di piacere. Invece pare che ogni ricreazione dovrebbe essere limitata all'esercizio indispensabile per la salute. Il servizio religioso poi dovrà sempre essere di stretta obbli- gazione. Tali sono i mezzi che il slg. Lucas concede al sistema re- pressivo , ed egli li crede e spera capaci di ottenere con essi quella sufficiente intimidazione che può far evitare le recidive. Tali vogliamo pur anche crederli noi in tesi generale , seb- bene nelle particolari applicazioni la pratica dovesse forse an- cor pigliar norma e consiglio dai tempi e dai luoghi , mentre il risultato di queste teorie non sarebbe forse lo stesso dove r istruzione già fosse diffusa sino alle ultime classi della so- cietà, e la civiltà adulta e matura 5 come colà dove per contro l'una e l'altra fossero ancora nell' infanzia, o nel primo loro avviamento. Ad ogni modo ecco i principj , i mezzi ed i fini della scienza ddV imprigionamento , che il sig. Lucas se non ha creata, ha per certo con sommo ingegno illustrata , e ne darà il compi- mento facendo di pubblica ragione la terza parte del suo la- voro , quella cioè che abbraccia V imprigionamento peniLenziario , che sinora non ha ancor pubblicato. Nessuno frattanto vorrà ri- vocar in dubbio 1' importanza complessiva , e le vedute gene- rose , ed 1 beneflzli immensi che dallo studio di questa scienza possono derivare per 1' umanità. Trattasi non di meno che di purgare la società dai delitti , disarmarla dal tristo obbligo di infligere pene , togliere dal suo seno 1 delinquenti , o dimi- nuirne il numero , restituirglieli poscia almeno emendati ed onesti, e temperarne le punizioni in guisa, che queste si con- vertano in loro vantaggio ed in bene di tutta la sociale fa- miglia. Questa scienza dunque mentre gioverà a stampare nei cuori 61 di tutti 1 legislatori, magistrati, officiali, cittadini qucìVoportet misereri , che una volta si leggeva scritto sulle porte delle pri- gioni di Firenze , non sveglìerà soltanto una commiserazione debole e stolta , ma prudente , ma saggia non disgiunta dal pen- siero della pubblica e privata sicurezza , dal bisogno della so- ciale ed individuale moralità. Già molti nomi illustri concorsero a somministrare i loro pensamenti profondi per 1' edifizio filantropico che il sig. Lucas volle erigere. A destare questi possenti interessi dopo il celebre Howard , vennero in Fi'ancia Beaumont e Toqueville , in In- ghilterra Grawford , in Prussia Julius, e più vicino e conosciuto da noi il ginevrino conte di Sellon. Ma chi alla profondità delle meditazioni , alla forza dei ra- gionamenti , all' esperienza ed ai sentimenti del cuore, potè ag- giungere e vi aggiunse 1' autoiità dell' esperienza , si fu il sig. Lucas che ispettore generale delle prigioni di Francia quivi non solamente , ma in molte altre partì d' Europa e di America , visitò questi recinti di dolore. E non sono molti anni visitò pur anche le prigioni di Torino , sulle quali ebbe a dire di averle trovate con tutti i germi della riforma e di un buon sistema. Opinione onorevole che molli fatti giustificano , fra cui noi non accenneremo che quello sanitario 5 mercè del quale invece che nel 1818 nelle sole carceri di Torino sopra 49 1 carcerati ne morivano Sa percento, cioè uno sopra 95 nel 1829 poi oltre- ché il numero dei carcerati era già diminuito sino a 3j4 > il numero dei morti era ridotto alli 9 per cento , cioè ad uno sopra 4i- Se di conserva a questi progressi fisici vanno crescendo i progressi morali , lo stato delle prigioni e dei prigionieri in Pie- monte , come tante altre istituzioni d' Italia desteranno ne' fo- restieri più invidia , più rispetto , che pietà o dispregio. S. B.. 62 Scienze Morali — • Pensieri. Chi nega , che la spezie umana dappoi in qua , che ebbe suo principio sulla terra, e si succedono le une alle altre le generazioni non abbia fatto cose grandi, e stupende od è un ignorante, che nulla sa né vede, od è un maligno, clic tutto calunnia, e condanna; od è uno scettico, che ogni cosa oppugna e rifiuta. Sciagurati tutti , che non sanno , o disdegnano far loro propria la gloria dell' umanità , ond' essi puro fan parte , e rinunziando a quella nobile alterezza , che loro ne verrebbe , inaridiscono uno de' più bei fonti delle splendide , e generose azioni. Le nobili piante della ragione, e della libertà, scrive l'Herder, hanno prodotto frutti maravigliosi, sebbene molti rami sel- vaggi abbiano sovente distesa la loro ombra sopra i figliuoli della terra. Ei parrebbe appena credibile , se la storia noi con- fermasse, che la ragione umana abbia potuto cotanto innalzarsi da scoprire non solamente , ma da imitare eziandio la divi- nità che crea , e che conserva. L'uomo ha indagato, e discoperto l'unità, l'ordine, e la bellezza nel caos degli esseri , che i scusi gli hauno manife- stato. In mezzo alla varietà e mutabilità degli effetti ha colto le leggi che li governano, ponderate le forze ond'ei muovono. Dai particolari s'è sollevato all'universale, dal molteplice all' uno, dal contingente e relativo al necessario ed assoluto, dal mutabile e fuggevole all' immutabile ed eterno. La libertà anch' essa ha nobilitata 1' umana schiatta per gli splendidi effetti, che produsse co' suoi odj , e colle sue simpa- tie , co' suoi rifiuti , e co' suoi intendimenti , colle sue lotte , e co' suoi conquisti. Sublime dote dell' uomo , la libertà è il maggior dono , che Iddio facesse alla sua creatura prediletta ; ella gli die signoria sopra l'universo, ed assomigliò alla di- vina r umana natura. 65 Gentil frutto della libertà e della ragione T amore , motor primo dell'umana sensibilità, ha scaldato colle pure sue liam- me , sospinto co' suoi desideri , rallegrato colle sue gioie gli uomini. Socio dell'intelligenza ha contribuito cogli ardenti suoi palpiti , quanto quella co' suoi alti concetti , all' educazione dell'umanità. L'intelligenza e T amore, dice il Gousin , sono le due grandi forme della vita umana. L' iD^magiuazione , questa facoltà cosi operosa e feconda , ed insieme cosi moltiforme e misteriosa , al cui impero nes- suno può sottrarsi, quale sorgente di maravigliosi effetti non è ella stata sia negl'individui, che ne' popoli! dal mondo sensi- bile che la circonda, risalendo all'ideale, ella ha creato tutte le arti ministre di gentile diletto, ritraendo quaggiù le cele- sti, e ricreatrlci forme del hello 5 ha sparso fiori sulle gioje de- gli uomini , lagrime sulle loro sventure , balsamo sui loro do- lori , speranze in mezzo ai gemiti delle loro angosce. Da lei son derivate tutte quelle misteriose finzioni , e tradizioni mitiche, tesori di nazionali reminiscenze , di credenze e di costumi , le quali tanto potere esercitarono sulle menti de' popoli e li go- vernarono per lungo corso di secoli. Alcuna volta nel volger delle età parve oscurata 1' umana ra- gione ; abbandonate le vie diritte del vero, si dilungò dal suo scopo,- la libertà adoperò malamente 1' efficacia della sua pos- sanza; l'immaginazione produsse sogni, ed illusioni mostruose, di cui bene spesso la frode altrui abusò crudelmente ; ma que- gli errori stessi furono scuola d'esperienza, e guida alla verità. « Una sola e medesima umanità s\ manifesta quaggiù sotto di- verse apparenze in tutte quelle cose, le quali alcune nazioni sulla terra hanno perfezionato, e che alcune altre hanno con arti false travisato. » La religione antichissima delle miaane tradizioni, esercizio ad un tempo dell'intelligenza e del cuore, guidando la ragione a più perfetta conoscenza dell'Essere infinito e degli eterni ed immutabili pdncipj di verità , di bontà , di bellezza che da quello derivano, dirizzando verso lui l'amore ed il culto degli uomini , prò-, -ticndo loro siccome modello la perfezione della Divinità , e confortandoli di liete speranze ha dato alle loro 64 facoltà, ai loro desiderj l'avviamento, e lo scopo il più nobile ed il più puro. L' uomo è portato naturalmente a concepire ed immaginare qualche cosa d'invisibile al di là del visibile : i popoli ezian- dio più incolti sono pur pervenuti a questo segno di cono- scenza intellettuale. Ma quand' egli attraverso le fonne e le manifestazioni dell'assoluto intravide al di là del finito l'Essere infinito; scoperse la base eterna del vero a cui tutto si lega , e si rivolse a quella, allora toccò egli veramente la suprema al- tezza della ragione trascendente. Qualunque possa essere stato il principio , e la causa dell' avviamento dell* umanità alla sua perfezione, o l'opera diretta d' una potenza superiore , come inclina a credere Herder , o la virtù propria delle umane facoltà, il progresso incominciò , crebbe via via mediante l'opera successiva delle generazioni per- petuata colla tradizione , e l' efficacia di sommi ingegni , i quali anteposero a più pronti e quieti diletti, a più soavi commozioni il faticoso agitarsi, il penoso intento, l'ansia attività e i diffi- cili godimenti della vita iutelleltuale. Sebbene già condotto molt' oltre prosegue tutt' ora la lunga sua carriera , ora la- sciando di so visibili segni, ora maturando a più tajde età il fecondo suo germe; perocché è legge quaggiù, che tutto tenda al perfezionamento : né è da credere , che tutto il tesoro delle umane facoltà sia stato già scoperto ed esaurito. " Foiose noi sarà quaggiù mai intieramente ; essendoché, dice l'Herder, l'uma- nità è come un fiore, il quale sbattuto in su questa teri'a da cru- deli tempeste, soffocato da aliti maligni, contaminato sovente di sangue, ha bisogno per dischiudersi in tutta la sua bellezza d'altro giardino, che il terrestre. Con tutto ciò l'umauilà non può essere quaggiù, sebbene talvolta cosi appaja, né retrograda, né stazionaria. In mezzo agli errori, ai rivolgimenti, alle rovi:. e ella progredisce e compie nel suo corso gli occulti e sublimi disegni della Provvidenza. Seguitare 1' andamento di questo pro- gresso, considerarne le cause, le leggi, e gli accidenti, atte- nendosi sempre ai fatti siccome base d'ogni ragionamento, è fare la filosofia della storia dell' umanità. 11 secolo si va maturando all' intraprendimcnlo di si grand' 65 opra. Le cognizioni filosoCclie s' accrescono , e si distendono ampiamente. L'Oriente, antichissima culla dell' umanità , è ora aperto all' indagazione dei dotti ; tuttodì si vanno discoprendo monumenti , studiando le lingue , le tradizioni , le dottrine , i costumi , la storia fisica , e politica degli antichissimi popoli orientali, le migrazioni di genti, e di dottrine dall'oriente all' occidente. Un ingegno pari a quello del Vico, o dell'Herder, meditando 1' efficacia che ebbero sull' andamento progressivo delle spezie umana i due principali elementi dell' educazione dell'umanità, le facoltà dello spirito, e la natura esterna, al primo de' quali s' attenne principalmeale il Vico , al secondo r Herder , potrebbe coi sussidi novellamente procacciati por mano ad un' altra opera di scienza nuova , o di filosofia della storia dell' umanità. G. Scienze Naturali — Geologìa. Negli antecedenti fascicoli di questo Giornale si è parlato di due rivoluzioni geologiche che lasciarono di loro grandi traccie nel suolo del paese nostro. Per compiere l'intrapreso assunto rimane a discorrere di quelle accadute durante la formazione dei terreni terziarii, le quali non furono né minori ^ né meno importanti delle prime : i fatti che lo comprovano guidano eziandio a scoprire le cagioni per cui siffatti terreni non sono dapertutto gli stessi , ma cambiano di natura , e racchiudono fossili diversi secondo i luoghi e le profondità. I geologi attri- buiscono queste cose a tre sollevamenti succeduti nel tempo di questa formazione, ciascun de' quali essendo stato causa di essen- ziali variazioni nel suolo e nelle altre condizioni fisiche , gli es- seri organizzati che vivevano in una data epoca, non si trova- rono più conformati per rimanere in quelle che sopravrennero. Il terreno terziario è composto di ciottoli, ghiaja, sabbia e di argilla variamente tinta. Tutte queste sostanze sono dispo- ste a strati paralelli ora inclinati , edora orizzontali secondo li- 5 66 località e 1' epoca loro di formazione. Uu sugo lapidiscente , per lo più calcare, bene spesso ha agglutinato queste materie, le quali in tal caso presentano roccie tenaci e resistenti, alle quali si danno nomi diversi secondo la grossezza e la natura delle parti componenti. In questi strati, che costituiscono la parte essenziale della formazione, sono t-alvolta frapposti ban- chi o strati di gesso e di calcare compatto. Nel Piemonte se ne osservano in più siti , e dove la vicinanza ai luoghi abi- tati, e la facilità del trasporto il consente, si estraggono e sul luogo istesso si sottopongono alle solite ignee operazioni , per cosi renderle atte alla fabbricazione , ed agli altri usi a cui nelle arti si adoprano. Cominciò a deporsi il terreno terziario subito dopo la for- mazione cretacea 5 e questa circostanza invita a credere ch'essa ne debba essere dapertutto coperta , il che è ben lontano dal vero essendovi moltissimi siti, ove la creta se ne giace scoperta d' ogni posteriore sedimento , ciocché al credere nostro , eh' è appoggiato a numerosissime osservazioni , nasce dall' essere essa stata elevata fuori delle acque quando successe il sollevamento del sistema Pireneo-Appennino 5 ma questa non è Tunica causa da cui si debba ripetere questa nudità della creta , essendovi più e più fatti, i quali provano nel miglior modo possibile che essa è dovuta all' impetuosità e gagliardia , con cui fu urtato il globo nostro nei tre sollevamenti accaduti posteriormente all'accennato , e pei quali le falde di sostanze disgregate e poco coerenti vennero rigettate e disperse. Anche le grandi cor- renti o fiumane che si vogliano dire , ebbero la loro parte in questi trasporti di terreno , ma qualunque sia stata 1' azione loro, certo è che fu piccolissima in confronto di quella che i fatti fanno supporre opera dei sollevamenti. I fossili sepolti nelle varie falde di questa formazione servi- rono a dividerla in tre serie, e di tutte le divisioni che si sono fatte della corteccia del globo, nessuna, a mio credere, presenta tanta naturalezza , quanta si ravvisa in questa. Perocché oltre all' essere le tre serie suddette distinte per la disparità di molti dei loro fossili , la soprammentovata partizione si accorda an- clie coi tre sollevamenti , che abbiamo detto essere accaduti 67 durante il deposito dei terreni terziarii , la parte più antica si chiama terreno terziario inferiore, perchè collocata sotto tutte le altre. Essa, come si disse , succedette alla creta e cessò di formarsi quando appari il sistema di monti chiamato Sardo- Corso , il quale si suppone essersi sollevato a quest' epoca. I fatti che confermano quest' opinione sono quivi meglio dispie- gati che in ogni altro luogo del nostro paese , nel quale proba- bilmente tutti i segni che rimasero di quella formazione, furono annullati o cambiati dalle rivoluzioni successive , le quali sta- bilirono le cose nello stato in cui le osserviamo presentemente. I fossili pertanto di questa parte della corteccia terrestre sono le reliquie di quegli esseri organizzati che popolavano i monti formatisi nelle anteriori rivoluzioni , ed il mare che li circon- dava. E quando si faccia di questi il paragoiie con quegli che sopravvennero, si riconoscerà che le condizioni fisiche dopo questo sollevamento persistevano presso a poso nello stato di pri- ma, cosicché non solo si ravvisa una grande rc.sscmiglianza ne* generi, ma vi furono ben anche molti animali che a quella rovina sopravvissero , eie cui spoglie si ritrovano nei sedimenti di età più moderna. Di qui le difficoltà che vi sono ialvolta per distinguere questa serie da quelle posteriori, e quando si hanno pochi fossili e per soprappiù male conservati , la distinzione riesce quasi impossibile ; laonde se è utile cosa il tener conto delle dislocazioni degli strati, in simili casi diventa indispen- sabile , imperocché chi è esercitato a simili osservazioni ne può trarre utilissime conseguenze, le quali poi se avvenga che possano essere fondate su qualche avanzo di corpi organici , allora si arriva a risultamenti pressoché sicuri e certi. E la cosa è tal- mente dimostrata che mai non accadrà di collocare colle se- rie terziarie falde p. e. dislogate nel senso del sistema Pire- naico-Appennino, quantunque prive di fossili, sapendosi mercè le ricerche e gli studii de' più distinti geologi , che i terreni in tal guisa disposti non sono mai più moderni della creta su- periore. Oltre a questi segnalati vantaggi, moltissimi altri se ne possono ancora trarre di non poco giovamento al progredi- mento della scienza quando le osèervazioni sieno fatte con es.tt- tez2a e maestria. 68 Il sollevamento dei monti del sistema Sardo-Corso non mancò di cagionare molta confusione in tutta la natura. Succedette a questo una perfetta e lunghissima calma , che fu favorevole allo sviluppo ed alla riproduzione degli esseri organizzati , come lo testifica la prodigiosa quantità che delle loro spoglie si trova nei sedimenti posteiiori , chiamati a diffei'enza dei primi, ter- reni terziarii medj : e questo nome è loro molto adattato , ricordandoci la loro posizione che in generale è tra gli infe- riori e quelli più moderni detti superiori; e se talvolta questa nomenclatura pare erronea , perchè mancano ìe due accennate serie, e la media trovasi tutta sola, e su terreni molto antichi, non ce ne dobbiamo sgomentare e tanto meno tacciare d'im- proprio questo modo di dire , il quale ci rammenta un fatto esattissimo, quale è quello della loro formazione, che fu né prima, né dopo dei summentovati terreni; ma bensì preci- samente tra di essi. Gli stessi fossili , che ci palesano la calma succeduta allo scompiglio , in cui gli elementi si trovarono pel sollevamento del sistema Sardo-Corso , ci guidano più innanzi , e ci fanno arguire molto verosimilmente , quale fosse lo stato delle con- dizioni fisiche dopo questa rivoluzione. Nesruno per certo vi ha che sia talmente estraneo alle scienze naturali per ignorare che ciascuna regione , secondo la sua posizione e la sua elevazione, è stanza d' animali e di piante molto diverse. Ora i fossili che tuttodì si dissotterrano nelle falde dei colli Torinesi sono per la maggior parte di generi esclusivi ai mari dei tropici , e qui non si può dire eh' essi sieno stati di colà trasportati , poiché hanno uno stato di conservazione che afferma avere essi vìs- suto , dove ora sono sepolti j ma la ragione si è che a quei tempi il Piemonte godeva dì un clima assai più caldo, che non è presentemente. Queste ragioni cosi generali non appa- gheranno forse la curiosità di tutti , ma taluni vorranno ancora sapere come avvenga , che gli stessi terreni , per essere in un paese od in un altro , racchiudono ordinariamente spoglie or- ganiche di specie diverse. Un tale fatto che pare molto imba- razzante, non lo è affatto quando sia preso nel suo verso, anzi allora sempre maggiormente comprova le stesse verità, l solle- 69 vamenti Don furoDO già fenomeni locali , eh' abbiano cambiato 0 modificato una piccola porzione del globo 5 ma ebbero ad ogni volta una estensione vastissima, e sotto tutte le latitudini alzarono nuove isole , ne fecero avvallare di cjuelle già d§ lungo tempo esistenti : cambiarono qua e là la profondità del mare , e dove prima era profondissimo lo restò meno, se pure il fondo non uscì dalle acoue. Giaiili avvenimenti ripetutisi più. volte , divisero appoco appoco la terra in tante porzioni , dove si ave- vano tanti climi , quanti erano esse , e queste col tempo ven- nero poi popolate di animali e di vegetabili , i quali erano di conformazione adattata al luogo in cui dovevano rimanere. Non vediamo noi un' immensa diversità tra gli animali e i vegetabili della Nuova Olanda e quelli dell'Europa , e tra questi come sono diversi quelli che ne abitano il Nord ovvero il Sud? Ora per rendere più chiaro quanto è detto , supponiamo una grande rivoluzione che sommerga e distrugga tutto il mondo conosciuto. 1 posteri che verranno ad esaminare le novelle falde non trove- ranno essi a un dipresso quelle stesse anomalie , che noi rico- nosciamo negli strali della terra , che sono ora oggetto delle nostre osservazioni ; e per tutto questo sarà raen vero che tutto ciò che d' organico troveranno non abbia vissuto contempora- neamente, e che una sola e medesima rivoluzione non 1' abbia distrutto 0 sepolto ? Di questi sedimenti ve ne sono dei marini e del lacustri, e sì gli uni che gli altri esistono nel Piemonte, ma più ab- bondanti e comuni quelli, che questi. Ai primi appartengono i sedimenti del colle diSuperga, e tutti quelli che alla sinistra ed alla destra di esso si estendono , ritenendo il nome di colli Torinesi ; parecchi ss ne conoscono nella valle del Tanaro piuttosto scarseggianti di fossili, ma quei pochi che si sono trovati, e la direzione delle loro dislogazioui accertano essere essi della serie terziaria media. Egli è ancora in questa stessa valle che esistono depositi medj lacustri. A Bagnasco ve ne sono dei molto importaati per la lignite che racchiudono , e non credo di sbagliarmi pronosticando fin d' ora , che un giorno o r altro quel combustibile diventerà oggetto di utili speculazioni per l'industria patria, la quale pur troppo per difetto di com- 70 bustiàiil* comincia a decadere in molte delle sue importanti parti. Un altro di questi depositi da ben lungo tempo conosciuto è a Cadibona presso Savona. Da esso si ritira con vantaggio cospicuo r accennato combustibile, nel quale di quando in quando s'incontrano fossili : e tra questi si scoprono mandi- bole ed altre ossa del pachiderme , cbe il sig. Cuvier nominò Antracoterio animale, ora non più esistente, ma piuttosto co- mune iu quei tempi. Rimane la questione, se questi due depositi siansi formati in laghi ovvero allo sbocco di qualche gran fiume sul mare. La soluzione non è cosa cosi facile , tuttavia avendo io visitato ambe le località , mi credo di dover palesare quanto i fatti su tale particolare raccolti mi fanno opinare. Il terreno lacu- stro di Bagnasco è in una specie di bacino chiuso da una parte da monti antichissimi , coronati di banchi d' una bellissima poddinga, dall'altra va confinarsi coi terreni evidentemente ma- rini , anzi in certi luoghi s' innoltra talmente in questi che non troppo facilmente si possono segnarne i veri limiti. E que- ste ragioni sono quelle che mi fanno propendere a credere che un gran fiume gli abbia portati nel mare, che ne riceveva le acque della poddinga, non saprei in altro modo rendermi ra- gione, se non supponendo che i ciottoli e i massi di cui è com- posta sieno quivi stati radunati in occasione di grandi e forti tempeste, e poscia solidamente legati insieme da un principio pietrificante che le acque correnti toglievano ai monti calcari circonvicini ; ben diversa è 1' origine del terreno di Cadibona. Quando l'osservai mi venne il pensiero ch'esso sia il deposito di un lago d' acqua dolce, il quale era incavato in mezzo a monti del sistema Pireneo-Appennino. Le varie materie che lo riempirono, ora convertite quali in arenarie, quali in pod- dinga e quali in lignite ed altre tuttora allo stato di argilla , di sabbia, e di ghiaja, sono state tolte dalle acque, che sco- lavano verso il basso giù giù per !e pendici dei monti, ed ar- rivatevi per la conformazione del luogo abbandonarono secondo la gravità specifica gran parte di quei principi ^^^ ^^^^ porta- vano. Ciò si è continuato per un tempo da noi incalcolabile , e !ae seguirono i diversi strati più o meno grossi, feeondo che 71 questa loro formazione è stata più spesso o più di rado inter- rotta da rovinose pioggie, le quali menarono al basso i grandi massi ivi esistenti, i materiali delle poddinglie , e la maggior parte delle piante, che di poi furono cambiate nelle ligniti. Tutte queste diverse falde da bel principio presero sicuramente la posizione orizzontale , e la causa che in seguito gli mosse e gli collocò pressoché verticali, noi la vediamo nel sollevamento delle Alpi occidentali , nel quale sistema sono dislocati pres- soché tutti quei monti ; e per le rotture che in tal occasione si fecero negl'argini, le acque discesero nelle regioni sottoposte, e lasciarono così allo scoperto un terreno , che fa fede come fossero le cose in que' remotissimi tempi. Mentre che le acque deponevano gli accennati sedimenti , quelle forze per noi tuttora enigmatiche ed oscure che tanti sconcerti avevano già cagionato, di bel nuovo animandosi, alza- rono qua e colà giogaje di monti , le quali dove toccarono e dove non toccarono, lasciarono traccie di loro sul globo nostro per la gagliardia con cui l'urtarono. Chi mai può descrivere lo stato d' allora ? oppure ricordare con verosimiglianza 1' aspetto eh' aveva questa immensa mole di materia tutta sconcertata e sossopra? In vero io non credo che vi sia geologo da tanto; e quando penso alle innumerevoli novità , ai fenomeni così svariati che tutto in una volta nascono in occasione di terre- moti, o d'eruzioni vulcaniche, allora maggiormente comprendo r impossibilità di farsi una precisa e giusta idea degli antichi avvenimenti. In questa rivoluzione sebbene siansi formati in più luoghi giogaje di monti , egli è però singolare e curioso il vedere eh' essi non s' allontanarono dalla direzione del N. 36. E., al S. 26. O; l'avere tenuta una direzione costante non è più particolare a questo sistema de' monti detto delle Alpi occi- dentali , di quel che fosse stato a quelli eh' erano sin qui suc- ceduti , ma quel che più deve maravigliare , sono i molti e svariati fenomeni che ne seguirono. Non la finirei cosi presto se gli volessi tutti enumerare , ma poiché conosco di non potere soddisfare a tanto, non voglio pei'ò nemmeno tralasciare di dirne quel poco che comporta la natura dello scritto , e fra questo 72 fo scielta di quello , che io giudico di maggiore importanza a chi s' occupa della geologia ; la maggior parte di quelle modi- ficazioni che si notano nelle roccia e ne' monti provengono dall' essere essi stati attraversati dalla materia fusa , che nei sollevamenti posteriori alla loro consolidazione venne spinta in alto dalle parti più interne del gloho ove essa risiedeva. Di fatto chiunque voglia per poco contemplare la natura nelle sue odierne operazioni, si convincerà come essa costantemente adopera a modificare e cambiare i suoi primi lavori. Non altri- menti è succeduto nei sollevamenti ; e noi 1' abbiamo in più maniere provato. Ora per viemmaggiormente corroborare le cose dette, se pure n'hanno d'uopo, noi proponiamo d'osservare nei monti dove esiston filoni metallici o di altra sostanza , come le roccie ivi son modificate. Allora s'acquistei'à la certezza che vi è stata reazione tra la materia del monte e quella del filone, ed il risultamento è stato un prodotto particolare di- sposto in una data direzione , ed il quale non suole occupare un grande spazio. Ma perchè ciò si compisse, fu certamente necessario che la materia fosse liquida, e questa liquidità nello stato attuale della scienza bisogna attribuirla alla sostanza a- sceudente dall' interno della terra , la quale potè così liquefare uua porzione della materia solida che 1' attorniava , e metterla in circostanza favorevole, perchè le diverse affinità ed attrazioni fisiche potessero operare secondo le leggi stabilite. Oltre a que- sti gravi cambiamenti chimici che ne seguirono per la pene- trazione di sostanze liquefatte in quelle già consolidate , o se sì vuole dire nell' incontro di due sollevamenti, uno antico ed uno che si formava, altri ne successero, i quali sebbene tutti fisici , tuttavia non cessano di essere molto importanti per le conseguenze che in seguito ne derivarono. Tra i principali fe- nomeni di tale natura si deve annoverare la maggiore elevazione acquistata da quei monti, che si trovavano sul passaggio della materia che doveva uscire , e siccome questo avveniva in forza d' una gagliarda spinta, non è dunque maraviglia che gli strati di questi monti abbiano in simili occasioni cambiato sensibil- mente di direzione e d' inclinazione , quando però erano di sostauiie stratificate, come neppure ci deve sembrare strano che 73 taluni siansi in vari sensi rotti e fessurati. Nel nostro paese abbiamo molti di questi monti , i quali debbono la loro attuale altezza e molte delle loro rotture e fessure a spinte ricevute in vari sollevamenti; il monte Bianco, il monte Viso, il monte Rosa ecc. sono tutti di questo numero , e diffatti essi sono attraversati da filoni composti di varie sostanze i quali giacciono alineati in varie direzioni. Gli esseri organizzati non comparirono sulla terra immedia- tamente dopo i sollevamenti , ma vi volle un tempo assai lungo prima che vi potessero vivere per 1' elevata temperatura che acquistò il globo. Il continuo irradiamento , ed altre cause che qui è inutile dichiarare, potendo parere opinioni non ancora abbastanza mature , avendolo infine condotto in quelle condizio- ni tutte opportune e favorevoli a molte maniere di essi , non tardarono a svilupparsi per ogni dove con organizzazione adat- tata al luogo in cui dovevano rimanersi. Quegli che sono succe- duti all'avvenimento delle Alpi occidentali conservavano molta analogia con quelli che poco addietro eransi perduti , e tal Cosa si comprova facilmente mettendone in confronto le spoglie sparse nelle due ultime serie terziarie. Il paese nostro è oppor- tunissimo a questi studj , imperocché in varie delle sue parti tali sorta di terreni sono abbondantissimi. Chi è curioso di queste maraviglie meglio che altrove può osservarle nei colli dell' Astigiana , composti pressoché di sabbie e argille della se- rie terziaria superiore , nelle quali si sono trovate bellissime spoglie di pachidermi, di ruminanti, di rettili, di carnivori, di cetacei ecc. , ed un' infinità di conchiglie univalvi , e bi- valvi , delle quali alcune vivono tuttora o nel Mediterraneo o nell'Oceano , altre invece sono intieramente perdute , e sap- piamo avere esse esistito per causa degli avanzi che ci restano. I terreni terziarii superiori , ossia quelli che si formarono dopo il sollevamento delle Alpi occidentali sono ricchissimi di queste spoglie. Questa abbondanza che non si osserva in quelli delle serie sottogiacenti deriva , a mio credere , da un com- plesso di circostanze, il quale ne' primi tempi anziché ajutare e favorire la vita , le era contrario. La terra secca in quelle epoche era poca , e quella poca sottoposta a una temperatura 74 eccessiva , ed attorniata da uu' atmosfera sopraccarica d' acido carbonico. la simili condizioni pochissimi sono gli animali che possano vivere , e vi vollero tutti i sollevamenti i quali cambiando e ricambiando la faccia del globo , alla fine l'acco- modarono in modo tale , perchè ogni maniera di generazioni organizzate vi potesse prosperare. Lo stato del globo tale quale noi l'osserviamo , a giudizio dei geologi gli fu dato dall' ultimo sollevamento detto delle yélpi Orientali ossia dall' uscita di più propagini di monti tutti di- retti dall'E. i;4 N. E. all' O. 1/4 S. O. In questo avvenimento gran parte di quanto esisteva è stato distrutto , e restarono a secco tutti quei luoghi ove esiste il terreno terziario superiore, il quale componeva il fondo del mare ovvero di estesissimi la- ghi. Il terreno alluviale , cioè quei sedimenti terrosi , sabbiosi , ghiajosi e di ciottoli che formano la crosta del globo nostro, è eziandio di quest' epoca. Io ne avviso la cagione in quelle portentose cori'enti, che in simile occasione si sono generate per la quasi istantanea liquefazione delle nevi e dei ghiaccia) di cui dovevano essere coronati i monti dei sistemi anteriori. E sebbene sappia che distinti geologi gli derivono da altre cause, nulladimeno non posso acconsentire a mutare d' opinione ; im- perocché tutti i fatti da me fin qui osservati invece d' allon- tanarmene , sempre più me la confermarono. E per non troppo diffondermi, giacché sou ito senza avvedermene troppo lungi di quanto a bel principio m'era proposto, mi contento ora di ci- tare quelle località , che si difficile e ritroso mi rendono a ri- nunziare alla dichiarata opinione. I colli ed i piani alti che da noi si chiamano Serre e Vaude, non che i materiali della no- stra bella e fertile pianura , e quelli che coprono il dorso dei monti e il fondo di molte valli sono di terreno alluviale , il quale, quando sia attentamente esaminato, ci scuopre che le va- rie sostanze sono state rottolate , e certo per buon tratto di strada, perchè taluni diventarono minuti granelli e granellìni che si depositarono tra il polverio risultante dall' attrito vicen- devole di esse sostanze. Chiunque esamina , come noi abbiamo esaminato queste alluvioni, ci pare impossibile, che non trovi 75 adattata e soddisfacente la spiegazione , che ne diamo , alla cui credenza invita ancora la conformazione complessiva di quella parte del suolo , la quale veduta da un' altura si dipinge come il letto d'un vastissimo fiume, sul quale si solcarono tanti alvei decrescenti a misura che le venivano mancanti le acque per alimentarlo. Da questi strati si dissotterrano talvolta spoglie ben conser- vate di pachidermi e di ruminanti, le quali non furono fran- tumate, e così disperse, forse perchè restarono tosto coperte di limo 5 o perchè qualche grande masso le difese dall' urto e dall' attrito di quanto vagava per le acque. Nelle pianure del Tanaro e del Po in Piemonte se ne sono trovate delle bellis- sime, che ora sono riposte e conservate nel Museo della Regia Università di Torino. Anche le breccie ossee le opino di que- st' epoca , ma per ora tralascio di parlarne , avendo già tra- passato di gran lunga , non so come , i confini che m' era prefisso in mente quando presi la penna , e ciò ho fatto cou istile secco , e digiuno d' ogni leggiadria, perlocchè non è im- possibile che ne venga da molti biasimato , ed io non saprei contraddirlo: ma se arrivai al mio scopo di spingere al rintrac- ciamento della verità, la quale come dicea Seneca : Omnibus patet j nondum est occupata : qui ante nos fuerunt , non Do- mini , sed duces sunt ; multum ex illa etiam futuris relictum est; io me ne terrò contentissimo. 76 JjETTERATUIVA — Saggio sull influenza che ebbero diverse, religioni sopra diy^erse letterature. La letteratura delle più antiche nazioni fu mai sempre annessa alla loro religione. L'uomo in quelle prime età rivolgendo at- torno a sé lo sguardo , e rimirando da ogni lato e sopra il suo capo tanti prodigi a sé inesplicabili del cielo e della terra , non potea essere che non ne concepisse T immensa possa di un Nume operatore di quelle meraviglie. Da quello perciò ri- conosceva tutti i grandi avvenimenti che succedevano nella sua nazione. Nelle calamità ne implorava atterrito la clemenza , e nelle felici avventure ne esaltava con impeto di allegrezza la be- neficenza. La religione estendeva ancora la sua forza su tutte le grandi azioni e pubbliche opere , e i sensi e il linguaggio della religione erano quali gli dettava 1' entusiasmo della poesia. Le arti e le scienze trovavansi allora come nel germe implicate in quella poesia religiosa. Laonde il poeta o vate era insieme il sacerdote , il legislatore , lo storico e il filosofo della sua na- zione , e con quel sacro carattere ammaestrava le genti. Gli antichi sacerdoti dell'Oriente, e le memorie che ne rimangono ne rendono testimonianza. Questa verità apparisce pure espressa elegantemente da Orazio , là dove chiama Orfeo sacer inter- presquG Deorum , e poco appresso .... Fuit haec sapientia quondam Publica privatis secernere , sacra profanis Concubitu prohibere vago : dare jura maritis Oppida moliri : leges incidere liguo. Sic honor et nomen divinis vatibus , atque Carminibus venit. Da questo si chiarisce come la religione improntava del suo proprio carattere tutta la letteratura della nazione in cui ella dominava. Non sarà perciò senza utilità né diletto il conside- rare brevemente quale eia stata l'influenza che diverse religioni n ebbero sopra letterature diverse , e come le abbiano segnate del loro proprio marcbio 5 per modo cbe conosciuto il carat- tere di una religione , si potrebbe quasi anticipatamente desi- gnare quale sia stato il carattere della letteratura sotto quella stessa religione. Io verrò gittando solo i semi delle idee cbe poi nei vividi e fecondi animi potranno esplicarsi e crescere am- piamente. Egli non si può rivocare in dubbio cbe la remota orìgine della greca civiltà e delle grecbe istituzioni anticbe si trovi sulla costa dell' Egitto , nelle pianure della Persia , e forse sopra l'alto piano dell'Asia centrale. Ma l'idea dominante dell'Oriente era quella della religione. Leggi , istituzioni , lettere ed arti erano sotto l'imperio di quella. Ma qual era la loro religione? Quelle antichissime genti forse ancora vicine a una tradizione primitiva cbe presumeva riscbiarare la culla del genere umano, esser doveano fort^tnente colpite dalla immagine oscura sì, ma certo grande di un Nume eterno, onnipotente, immutabile; e sopraffatte da questa grande idea , e quasi smarrite considera- vano come un nulla la loro fragile esistenza. Quindi la prima epoca dell' umanità fu il predominio di questa idea dell' asso- luto, dell'immutabile, dell'infinito di quel principio eterno, e del nulla dell' uomo rimpetto a quello. Di questa idea erano improntati i monumenti simbolici e misteriosi della loro reli- gione e le opere delle arti , grandi e smisurate. Le piramidi dell'Egitto, i templi, i monumenti di Babilonia, di Persepoli, e quelli dell' Indostan ne fanno testimonianza. Questo pensiero apparisce a chiare note scolpito in un episodio del gran poe- ma indiano intitolato Bagavalgita, riferito pure dal Cousin nelle sue lezioni di filosofia. Ivi si l'acconta come due grandi eser- citi stavano a fronte 1' uno dell' altro per venire ad una cam- pale giornata ; era quella una guerra civile , epperciò da una parte e dall'altra doveano azzuffarsi per togliersi la vita parenti e concittadini. Un giovane guerriero per nome Ardscuna , cbe era uno de' principali capitani dell'esercito, nell'ora immi- nente di versare tanto sangue di parenti e di amici è compreso da pietà , gli vien meno il coraggio , e confida questa sua ir- resolutezza a Crisna. Or ecco nella risposta di Crisna', che 7S pur era una divinità, la dottrina di quella filosofia o religione. « Invero tu mi sembri puerile con questa tua pietà I che parli d'amici e di parenti? che parli d'uomini? uomini, animali, tronchi o piante sono lo stesso. Una forza perpetua ed eterna ha creato tutte le cose che vedi, le affatica e le rinnova senza posa. Ciò che ora è uomo era jeri pianta o materia inerte; domani tornerà al suo primo stato. Il principio di tutto questo è eterno; tutto il rimanente che monta? nulla. Tu come uomo della Ca- sta o ordine de' guerrieri sei condannato a combattere ; com- batti. Ne nascerà una spaventevole strage : che importa? domani il sole risorgerà sul mondo a rischiarare scene novelle : e il principio eterno sussisterà : fuori di questo tutto è illusione. L' errore fondamentale è di prender per reale ciò che non è se non apparenza. Se dai qualche importanza a queste appa- renze t'inganni, se dai importanza alle tue azioni t'inganni ancora. Il merito dell'azione consiste nell' esser fatta con una profonda indifferenza dell' animo per rispetto al risultamento che ne può sorgere. Conviene che 1' uomo operi senza che si prenda cura dell' effetto che ne può nascere , imperturbato e immobile nell' interno , e con gli occhi di continuo fissi sul principio assoluto , che solo esiste di una vera esistenza. » Ecco adunque il perchè in faccia di questo deismo terribile figurato in que' loro simboli e monumenti strani e giganteschi, la natura umana dovette smarrirsi ; e le arti e le lettere ten- tando talvolta di esprimere quella infinita e assoluta possanza, abbandonarsi ad opere ed a concetti grandi e smisurati. A que- sta idea dominante del grande e smisurato contribuiva pure la natura de' luoghi. Vasti deserti , immense pianure , sterminate catene di montagne e la vastità dell' oceano testimoniavano la immensa possa del Nume , e la picciolezza dell' uomo. Aggiun- gasi a questo il linguaggio orientale di sua natura metaforico , perchè non ancora copioso di termini. Ma il carattere del sublime più chiaramente apparisce nella sacra scrittura. Ivi eziandio le leggi , le istituzioni , le arti erano sotto 1' imperio della religione , essendo mera teocrazia il governo del popolo d' Israello. Rapiti ad ammirare la infinita possa di Dio , a lui riferivano tutti gli avvenimenti che intorjoo a loro succedevano; 79 e slanciandosi le loro menti a quella ineluttabile volontà eterna, creavano spesso il sublime. Tale è la Genesi di Mosè , l' inno sul passaggio del mar rosso o eritreo , e quello del suo testa- mento. Sublime il libro di Giob , e sublimi i Profeti , che nella visione della potenza eterna con grandi commozioni ne vaticinavano il futuro. In tutti predomina quella idea della sterminata possa del Nume , e del nulla dell'uomo e delle umane cose : u Dov' eri tu , dice all' uomo Iddio nel libro di Giobbe, quand' io gittava i fondamenti della terra , e quando gli astri lodavanmi in sul mattino , e giubilavano i figli di Dio ? » Ed Isaia esclama: « cbi colla destra misurò i mari, o i cieli pesò colla palma ? Ecco i popoli riputati sono come una goccia d'acqua. Tutte le genti al cospetto di lui quasi un vacuo e nulla. » E Abacuc; « Stette Iddio, e misurò la terra d'un guardo. Mirò, e distrusse le nazioni : ridotti furono in polvere i monti del secolo. Le montagne ti videro, o Signore, e tremarono, anda- rono a nascondersi nell'Oceano. Il gorgo dell'acque passò: l'a- bisso mandò il suo grido. » In que' tratti è scolpito il sublime orientale. Le lettere dall' Asia e dalle rive del Nilo discendono a sta- bilir la lor sede sulle coste della Grecia. Generate di un pro- gresso le lettere , le arti e le istituzioni greche sono natural- mente progressive. Esse vengono a mano a mano svolgendosi e separandosi dalla religione ; e già più non formano una cosa medesima con quella , ma pur ne ricevono ancora il carattere e il lume. Ritengono ancora una qualche idea del deismo orien- tale rappresentata specialmente in quel fato ineluttabile, ferreo, sempiterno , innanzi a cui tutto cede e frangesi. Onde i primi tragici , Eschilo principalmente nel Prometeo , rappresentan- done in parte quella dottrina orientale , solevano esporre in sulle scene qualche eroe dell' antichità nella lutta col fato , combattuto dalle sventure che evitar non potea. Ma il colmo della virtù era d' esser tetragono a que' colpi inesorabili , di- mostrar l'animo invitto e superiore in certo modo al fato stesso. Qui dunque 1' umanità non più si annichila in faccia a quel principio eterno degli orientali, non più si considera come un nulla , ma attribuisce pure qualche importanza , qualche va- so lore alle sue proprie azioni. Ed ecco nel suolo greco eorge la greca religione , ed accanto al fato , immagine di quel nume orientale , crea mille altre divinità pieghevoli ai bisogni ed al sollievo degli uomini. Il cielo , la terra , il mare sono popolati di numi benefici. Un nume è il sole , che guidando pel cielo il suo carro accompagnato dalle Ore e dalle Stagioni , e prece- duto dall'Aurora ravviva e feconda la natura. La Luna e la Notte sono pur esse consolatrici deità. Le selve , i monti , le valli , i fiumi hanno i loro dei e le loro dee , che favorevoli all'uomo han cura di far germinare la terra, coprir di frutti gli alberi, ondeggiar di messi il suolo, e versare da inesauribil urna le acque ai fonti e ai fiumi. Il mare stesso , 1' oceano non è più un deserto vorticoso e inospitale , ma un mondo di divinità : Nettuno , Teti , le Nereidi , ì Tritoni rendono più giocondi que' gorghi immensi. L'idea della bellezza, della varietà, dell'ele- ganza si diffonde sulla greca religione : e tale è pure il carat- tere della greca letteratura , che traeva dalla religione i suoi colori va^ii , vaghi , e ridenti. Ne sono una vivissima immagine i poemi di Omero : e quel carattere dai poemi di Omero si diffuse non solo ai diversi generi di poesia greca , ma agli sto- rici altresì , ai filosofi ed agli altri scrittori. Le belle arti ani- mandosi dello spirito di quella religione ne improntavano co' più famosi pennelli e scarpelli le immagini divine. Grande è il progresso che si è fatto dall'Oriente nella Grecia. Là tutto è immobile, arti, istituzioni e lettere ravvolte nell' oscuro velo di quella religione col carattere del grande e smi- surato. Qua tutto è mobile , tutto è varietà , vita , grazia nelle arti, lettere e istituzioni. La religione riflette sopra queste, qual iride bella, i suoi vaghi colori. Ma per meglio comprendere questa diflerenza tra 1' Oriente e la Grecia varrommi di una similitudine ingegnosa del Cousin. Immaginate un'antica statua egiziana, p. e. quella della dea Iside o del dio Osirij e di fronte a quella immaginate una statua greca « quella di Mi- nerva o di Venere. Nella prima voi vedete una colossale figura massiccia e rude nell'aspetto, colle braccia in giù distese e ser- rate al corpo, coi piedi giunti insieme, senza alcun atto di mo- vimento o indizio di vita. Ma nell'altra statua tutto il contra- 81 rio apparisce: si scorge cìie qiieìla fronte, quel volto sono ani- mati da un sentimento che non é privo d' affetto verso gli uomini; quell'atteggiamento, quelle braccia, quelle membra tutte ben contornate e sciolte dimostrano una grazia divina , un alito di vita. Ora quella statua gigantesca d'Iside o d' Osiri rappresenta l'idea del genio orientale nella letteratura non men che nelle arti; e la statua di Minerva o di Venere riassume l'idea del genio greco. A questa idea del bello nelle lettere ed. arti greche contribuì pure la natura del luogo. Quelle regioni jmene, irrigate da bei fiumi , svai'iate da colline , da valli e da vaghissimi prospetti , circondate da rive e stretti di mare ispirar potevano alle lor menti immagini gioconde ; e la lor lingua ricca, pieghevole e arnoniosa si arrendeva mirabilmente ad esprimerle. E nota la religione e la letteratura de' Romani. Il mondo greco e romaiìo formano, per modo di dire, un solo mondo : se non che la religione appo i Romani in sembianza più grave , e la grandezza del loro imperio valsero per avventura a dare alla lor letteratura un carattere di una maggiore gravità. Or vogliam noi sapere quale sìa stata la letteratura di alcuni popoli del settentrione, per cagion d'esempio, degli Scandinavi? Osserviamone la loro religione : un complesso di spaventose tra- dizioni , di streghe , di lemuri , di geni del male e di tetre oiubre che funestavano la lor fantasia. Tetra perciò è la tinta della loro letteratura. Le poesie de' poeti Scandinavi , le loro storie favolose ne fanno fede. Si ponga a canto a quella la letteratura degli Arabi , e si conoscerà come quella volut- tuosa religione del lor Maometto abbia pure giovato a quelle deliziose e incantevoli immagini de' loro poeti e romanzieri. Noi non abbiamo vcrun monumento certo dell antica lettera- tura de' Galli o de' loro Druidi, che ne erano i maestri , i sa- cerdoti e ì giudici: ma ne basta sapere, per conoscerne la na- tura , quanto fosse feroce e crudele quella loro religione che si compiaceva di vittime umane : basta sapere che solcano qvie' druidi in certe solennità raccogliersi nell'interno delle loro selve, ed ivi con riti misteriosi costruire di rami e di vinchi simu- lacri di smisurala grandezza al loro dio Eso , empierne le mem- bra tra i rami e vinchi d' uomini vivi , e appiccare il fuoco a 6 82 quella orribile forma del nume; tal che le Gamme stridenti e le orrende grida delle vittime tra le scintille del fuoco e i vor- tici del fumo rendessero un grato concento all' orecchio di quella crudele divinità. I cittadini e qualche volta i fratelli, le mogli e i figliuoli non andavano esenti dalF abbominevole sacrifizio. Chi potrà perciò dubitare che non fosse sparsa di atroci sensi ed immagini quella loro, qual che si fosse, letteratura ? Tras- portiamoci ora col pensiero nelle valli della Scozia tra gli an- tichi Caledonii , udiamo il canto di que' Bardi e del principe de' Bardi Ossian. Quali dolci e vaghe immagini non prestò alla lor poesia quella a noi oscura religione ? Ivi le anime de' con- giunti e degli amici estinti vedeansi errar sulle nubi , e spesso affacciarsi dal seno di una leggiera nuvoletta e sorridere agli amici. Ne sentivan la voce sul fioco sospiro di un' auretta che passava lamentevole^ e talvolta nella tacita notte vedeva un amico dolente scendere sul pallido raggio della luna lo spirito dell' amico, e udialo rispondere in debil suono, o toccare le corde dell'arpa pendente. Erano i valorosi, al partir della vita, in- contrati dai loro padri in lieto e luminoso aspetto, e ricevuti dentro le nubi in un palagio aereo. Queste e cento altre imma- gini dolci e delicate somministrava all' Ossian quella religione de' Caledonii. Gli spiriti del cielo, dei colli, della notte, della tempesta vi fanno pure di sé bella mostra. Che se non si deb- bono nella nostra poesia trasportare quelle fantasie proprie di altra religione, di altro cielo, di altri costumi, non è perciò men gradevole 1' illusione che producono nell' aniirio di chi coir immaginazione si trasporta a que' luoghi , a que' tempi, a quelle credenze. Ora io dovrei ragionare della nostra religione cristiana, vera consolatrice de' cuori, dovrei dimostrare quale sia stata la sua influenza sopra la nostra letteratura , e come l'abbia diversificata dalla letteratui'a de' Greci e de' Romani, e in alcune parti l'abbia resa ancor più sublime e veneranda, come si è ella stessa; ma essendo molto ampio il campo che mi si para innanzi , mi giova per ora di chiudere come il Fer- rarese poeta : All' altro canto vel farò sentire , Se all' altro canto mi verrete a udire. Francesco Lanieri. 83 Poesie tceiie di T. Moore tradoice da Giovanni Plecchia. La conoscenza delle straniere ielterature è ai nostri tempi sì necessaria, che coloro i quali con anticipato giudizio, e mal inteso nazionale orgoglio le sprezzano , non già amanti della patria reputar debbonsi, ma sibbene ostinati settarj di un st- £temd quanto in sé falso, altrettanto nocivo al vero progresso dell' italiana letteratura. — Infatti allorché noi ci studiamo di prender conoscenza delle bellezze, che sfavillano nelle opere degli egregj stranieri, qual' altra cosa facciamo che cercar di arricchire vieppiù il patrimonio delle li;ttere italiane , trapian- tando quale eletto frutto in suolo straniero educato quanto han di bello e di buono le straniere nazioni ? Lo sdegnar di cono- scere i migliori parti di chi nacque al di là delle alpi e del mare si è lo stesso come se volessimo vietare l'uso degli aromi e dei semi cresciuti in un altro continente solo perchè non bevettero l'aria e il sole d'Europa. — Lode quindi si deve ( e non volgar lode ) a tutti quei benemeriti , che coli' uopo di belle ed acconce traduzioni delle migliori opere straniere sanno trasportarci in un mondo novello , rendendoci famigliari le idee e le creazioni più vaghe e più profonde , che misero radice e germogliarono al di là del mari e dei monti. — Ora fra le moderne nazioni che sono più feconde di sublimi tro- vati, di pensatori egregj, d'immaginosi poeti si è certamente r Inghilterra: e invero qual' altra nazione può vantarsi di un genio pari a Sakespeare ? Forse la sola Crocia può mettergli a confronto il suo Omero e 1' Italia il suo Dante. Ai dì no- stri qual altro vate di qualunque nazione poteva e può dirsi pari a Bjron , al sovrano poeta, la cui sfolgorante fantasia si stese con ugual forza a svelare l' abisso il più profondo dell' umano cuore , a cantar le gesta degli eroi come ad aggirarsi fra le inezie dei molli seguaci d' Epicuro e degli scioperoni del 84 trivio? Ora nel novero dei molti illustri poeti, dei quali la mo- derua Inghilterra s'onora, merita un luogo distinto Tommaso Moore, il cantore degli Amori degli Angeli e di Lalla-Rooh -^ del quale annunziamo ora tradotte alcune scelte poesie. Il tra- duttore di queste si è il sig. Giovanni Flecchia, già noto per altre purgate e immaginose poesie originali. Se io dico che que- sta traduzione del Moore è una delle migliori , che abbiano ve- duto la luce in questi giorni in Italia, io son certo che nes- suno vorrà appuntarmi come appassionato e parziale : diflflcil cosa ( e più che qualcun non crede) si è il ben tradurre e spe- cialmente la poesia : quando il dover ir dietro ai voli della bol- lente fantasia in uno straniero poeta, e il farlo sì che senza tradirne 1' intenzione , tragga veramente un vantaggio dal tras- latamento la nostra letteratura , e se ne arricchiscano le posses- sioni , richiede gran forza d' intelletto , cognizione d' entrambe le lingue , e cuore che molto addentro senta nelle più riposte bellezze. Di tutti questi pregi va certamente adorno il signor Giovanni Flecchia : e se togli qualche leggera tinta di monoto- nia che qua e là regna in qualcuna delle annunziate poesie , la sua traduzione può sfuggire alla critica più acuta. I suoi versi sono sì armoniosi e leggiadri, che io credo che nella tradu- zione poco o nulla scapiti , se non avanza 1' originale. Facciasi dunque plauso al traduttore, eh' ^gli è grandemente benemerito dell' Italia. ji{'i>. F. Coiicone. 85 Belle Arti — Lettera vi. SULLA instabilità' DELLA MUSICA. Varium et rnulabile semper. VlRC. A voi parrà tempo d' uscire di chiesa , e d' udire le musiche profane 5 cosicché io sarò costretto a continuare la sinfonia con- ducendovi ai teatri, alle accademie, ai concerti, su per le piazze, pei trivj , e forse anche per le taverne , onde ve ne facciate un' idea compiuta e perfetta 5 nella quale passeggiata talvolta dovrò dirvi: eh! badate bene; anche questa è musica, quan- tunque poco differisca dal guaire dei gatti , o da strepitoso bac- cano. Del resto guardate che la passeggiata sarà lunga 5 poiché la musica avendo ottenuto un passaporto d' ubiquità , o privi- legio di cosmopolizia che vogliate dire , ed essendo perciò cit- tadina di tutto il mondo, saranno innumerevoli i buchi in cui dovremo visitarla. Ma come il bell'autunno ancor ci fa grazia di sue lusinghe, sarei quasi tentato di menarvi tosto lungi dalla città per le campagne a udire i bei concerti de' contadini , e dei pastori ; onde da questa musica semplice e rozza fai'ci scala a quella della città . , , Ma adagio 5 che io non potrei assicu- rarvi di farvi gustare tra i boschi, e lungo i ruscelli le belle Egloghe de' Goridoui, e degli Alcssi accompagnate dalle pive , dalle zampegne , dalle cornamuse , in breve da tutta la bosche- reccia orchestra. Pur troppo, amico , le valli e le selve non risuonano più come una volta ! i pastori non son più poeti , non son più musici ; essi, come crtdo, perdettero tanta abilità dopoché i musici e i poeti diventarono pastori. Però vi sarebbe in cambio un'altra musica da udire in campagna , musica pur seuipllcc , bella, varia, inalterabile, e veramente ferma, siccome fermo é l'istinto che la produce, voglio dire l'armonia del coro pennuto... Che ve ne pare? sarebbe ella degna del vo- stro gentilissimo orecchio, della vostra mente osservatrice? Io vi accerto che udiremmo de' bei trilli, e gorgheggi, e modu- lazioni^ e volatine di gola da disgradarne le Catalani e le Ma- librau , e che saremmo anzi accolti con piacere nel loro gra- tuito teatro, poiché anche gli uccelli ambiscono d'essere ascol- tati, d'essere ammirati nelle loro gare, nelle loro bravate, e vi so dire che amano più questo che il dar nelle ragne , o l'essere arcobuglati dai barbari cacciatori. Ma quale non sarebbe poi la vostra maraviglia, quando in un momento di pausa io vi dicessi all'orecchio: ehi I badate bene anche qui; che questa è musica maestra. Imperocché non è dubbio che noi uomini avendo molte cose imparate dalle bestie, come per cagion di esempio dalla volpe la frode, dal serpente la sottigliezza, dal leone la ferocia, dai cani l'ingordìgia, avrem pur dagli augelli appresa la musica , non dico la stromentale , ma la vocale ; di modo che le rondinelle e i cardellini ci saran stali maestri di melodia, i rossignuoli d'armonia, i merli di contrappunto, e via discorrendo. E come anticamente usavansi contraccambiare le fatiche de' maestri, e d'altra parte dando j et accijjiendo la società si mantiene, e l'amicizia si conserva; noi uomini e sco- lari ci saremo addossati in generale di donar le belve feroci , e malefiche , che sono i turbolenti della repubblica belvlna , ed in particolare in quanto ai pennuti d'insegnare l'articola- zione ai pappagalli. Ma quesito contratto non dovette durar molto, avendo gli uomini mossa guerra anche ai quieti ed innocui animali, incarcerati molti uccelli pei loro sollazzi, e destinatine molti al supplizio delle loro mense. So bene che alcuni non ammetteranno l'esistenza di questa scuola, né di questo contratto siccome non necessario, avendo potuto gli uomini imitare il canto degli uccelli, come s'imitano le altre cose, procurando di migliorare , e direi quasi umanizzare quanto vedevano farsi da loro. Ma per me poi fa lo stesso, sapendo che l'imita- zione è una scuola muta 5 né per altro la natura fu chiamata maestra che per aver tacitamente insegnato agli uomini quanto dovessero a lor vantaggio e diletto operare. Comunque però sia la cosa, allorché gli uomini lasc'.asono I^a '■/era scuola della natura, e uieùer^i a contraiLìre Tun T altro, 87 o ad imìlare il peggio , le arti cominciarono a decadere. Né allrìmenti doveva avvenire alla musica allorché i suoi cultori, trascurato il canto degli augelletti, si volsero ad imitare il rug- gito del leone, 1' urlo del lupo, il brontolio del tuono, il fra- casso dell' artiglieria , facendoli credere più belli , più dolci delle soavi melodie de' boschi , avvezzando la moltitudine ad accorgersi dal rumore della esecuzione d'una sinfonia, come dal tuonare avvedevaiisi gli antichi dell' esistenza di Giove. Per questo reo costume accadono tempi, in cui non si sa più dove stia il buono ed il bello , in cui i figli trovan belio e buono quanto ai padri ed agli avi era paruto cattivo, e disgustoso, e viceversa; accadono tempi in cui le arti s'aggirano in un vor- tice d'incertezza, d'errore, d'instabilità, in cui ogni palato è diversamente soddisfatto, e gli ingegni debbono cucinare su tanti gusti quanti sono i commensali. E questo caos d' incertezza si osserva principalmente nella storia musicale. Infatti ( per non trattenervi più in preamboli ) dall' età pol- lo meno di Palestrina sino a' goriii nostri , il che vuol dire per tre secoli , altro non fece la musica e sacra e profana che di- vagare qua e là incerta ed instabile , cangiando ad ogni età e metodo , e gusto, e tenore, prevalendo sempre il nuovo sulla distruzione del vecchio. Cosi le prime opere musicali del sec. XVII, in cui un Caccini, un Carissimi, un Peri, un LuUi , uu Zarlino avevano abbozzato il nostro melodramma con molto senno e gusto , caddero in un eterno obblio all' apparir dei drammi di Zeno , e poi di Metastasio , su cui i più valenti mae- stri sudavano a prova. Correva allora 1' età aurea per la musica. Vinci , Pergolesi , Porpora , Marcello , Gluck , Hasse con altri cccelleuti erano ricercati per tutta Europa; l'opera in musica aveva toccato il colmo della perfezione, e della gloria. Eppure cinquanta, o sessaut'anni dopo la fama e le opere di costoro erano ecclissate perpetuamente dai Cimarosa, dai Paesiclli, dai Tarchi , da Mozart , dagli Hajdn , e poco dopo da Majer, da Paer, da Generali, da Fioravanti, da Guglielmi. I quali videro i padri nostri, e noi oscurarsi allo splendore de' maestri viventi che trionfarono di loro, e di tutti quelli che per tre secoli avevano guerreggiato ne' campi teatrali. Eccovi toccata di volo 88 la storia di cjuesta musicale incertezza, la quale non ha biso- gno di più lungo e minuto racconto per essere dimostrata. Ella è cosa certa e nota, verità ammessa universalmente. Che se il fatto è chiaro , la causa non lo è egualmente , almeno per tutti 5 pochissimi, cred'io, potranno immaginarsi d' onde tanta instabilità derivi, da qual misterioso fonte queste onde incalzantisi continuamente scaturiscano. Questa incertezza deriverebbe dalla natura medesima della musica, e da circo- stanze che su lei influiscano? Io noi saprei, ma nella mia igno- ranza sarei tentato a domandare se p. e. la musica sia una scienza, od una moda, e non un'arte imitatrice? Imperocché se è scienza, dovendo progredire e far contiaai acquisii, e perfe- zionarsi coir andar de' giorni, la sua instabilità è quasi spiegata, benché il suo fermarsi non ancora si possa prevedere. Se poi è articolo 4^ moda com3 le foggie del vestire, e dell'ornarsi , ella debbe essere naturalmente variabile , valium et inutahile seniper. Che se voi con moìlissimi altri la volete arte bella , arte imitatrice come la pittura e la poesia , io vi domanderò perchè sia così dissiatile dalle altre belle arti , per cui é già fermo e consentito qu:into è buono e bello, quanto debba pia- cere in ogni età, in ogni paese? Io vi domanderò perché in fatto di musica la prcclri-ione del giorno, V opera nuova sia sempre la meglio arrivata, e faccia dimenticare le antecedenti, e le vecchie come abiti logori, 0 scarpe sdruscite? Che qualche periodo d'anni infausti sopraggiunga alla musica come alle altre arti , che siavi per lei anche l'età marinesca , ed ossianesca dopo le quali passi a miglior secolo non vi è meraviglia ; ma che venga continuamente travagliata dalle vertigini, dal capogiro , uè trovi pausa una volta nel consenso d' un bello stabile e vero, in un tipo, in un'idea regolatrice, io non la capisco. Né vi tacerò che alcuni bau voluto spiegare questa incertezza musicale 5 le cui opinioni perchè a me paiono singolari credo pregio dell'opera addarvi qui con qualche mia osservazione ; dopo di che io vi proporrò i miei dubbi ( perchè torno a dirvi che non ne so niente ) e così darò fine alla lelLeia. li Betti- nelli dopo d'avere discorsa l'incertezza della musica, asserisce che allora sarà certo il riaorgiiuenlo di lei ( che egli teneva 89 ancora per morta ) quando sì aura Vequivalente d'una poetica di Aristotile j e d' Orazio _, d'una rettorica di M. Tullio , e di Quintiliano. Quantunque i lamenti del P/ Bettinelli sulla in- stabilità di quest' arte siano giusti, e le sue osservazioni storico- Jilosojiche di qualc'ie peso; nondimeno l'aspettare il risorgimento della musica dall' autorità d' un codice, e dalle regole de' pre- cettori è cosa arrischiata. Se la poesia p. e. nacque, e crebbe, e maturò prima delle poeticlie , e senza i precetti, anzi se le regole dei maestri si modellarono sulle opere dei poeti, perchè la musica avrà bisogno di questo meschino equivalente onde prender fermezza? Se Omero e Dante non aspettarono né Ari- stotile, né Gravina per fare quanto han fatto, perchè do- vranno aspettarli i maestri di musica? Foi'sechè i musici non nascono come i poeti , o non han da imitare come i poeti ? Conceduto che le poetiche abbian guidato qualche verseggiatore, esse non crearono mai poeta. Perciò il rimedio del Bettinelli non otterrebbe effetto. E poi come potè egli asserire che la musica non abbia avuti i suoi precettori? Cosi poco gli erano noti i teorici dell'arte, un Doni, un Galileo, un Mei, un Zarlino, un Rosseau , e molti altri, i quali se non furono né Grazi , uè Quintiliani scrissero però cose siffatte sull'ai'monia , e sul bello musicale, che ove fossero state necessarie, la mu- sica n' avrebbe avuto gran vantaggio. Perciò il rimedio del Bet- tinelli non ottenne eiTelto. Il Mayer, da me altra volta lodato, si fa nel suo Discorso tale domanda : « Se l'espressione musicale è fondata su prin- » cipii stabili , e certi al pari di quella di tutte le arti imi- » tative , d'onde nasce che il gusto in fatto di musica varia » ad ogni età a tal seguo, che quelle stesse composizioni che )> formavano la delizia degli avi nostri , sono divenute insipide » ed insoffribili per noi ?» E vi risponde con una osserva- zione degna del suo sapere, ma non sufficiente a risolvere la difficoltà. Imperocché dice egli che il tipo dell'arte stando più nei cuore, e nell'immaginazione del maestro mentre crea le melodie, che negli oggetti sensibili della natura, come nella pittura, e simili, ne seguita che al compositore richiedesi mag- gior forza di fantasia, e maggiore squisitezza di sentimento m onde crear melodie originali; ed inoltre siccome l'armonia è una maga che affascina ed inganna i sensi 5 così per le accen- nate difficoltà non è maraviglia se poche sieno le cognizioni , in cui brillino i veri pregi dell'arte, ai quali pregi sostituen- dosi continuamente ornamenti falsi , che tosto generano sazietà, egli è gioco forza d' andar sempre in traccia di novità che sol- letichino le orecchie degli uditori. E questo, dico io, è quanto accade più spesso non per le difficoltà dell'arte, ma per il poco senno, e la molta premura de' compositori anche valenti. Im- perocché in quanto all' assoluta difficoltà addotta dal Mayer, io non so se i maestri debbano essere ingegni più trascendenti , ed immaginosi de' poeti e de' pittori , e se quelli intendano a cose che sieno fuori della sfera del vero, del bello, del buono che questi dilettandoci a noi van presentando. E poi tanto i poeti , quanto gli altri artefici abbiano pure i tipi negli oggetti sensibili, ma se nulla ricavano dal ripostiglio della fantasia, se nulla astraggono, stan freschi. Io direi piuttosto che la difficoltà consiste non tanto nel crear melodie, quanto nell' adattarle al soggetto. Infatti quante idee originali non troviam noi ne' mo- derni compositori , le quali per essere fuori di luogo come i delfini nelle selve , e i cignali ne' mari fanno cattiva figura ! Quanti bei motivi originali sono guardati in cagnesco dalle pa- role, dalla scena, dalla situazione drammatica! Vengo ad un tei'zo osservatore. Il Carpani nelle sue lettere sopra Haydn attribuisce F instabilità del gusto musicale alla mancanza d' un vero bello riconosciuto , e canonizzato -per tale nella musica. La ragione che egli assegna è questa : « Nelle altre » arti il piacere intellettuale è maggiore del fisico, e quindi è » toccato alla ragione a fissare questo bello , e la ragione es- » sendo immutabile , lo devono essere pure le sue decisioni , i » suoi teoremi 5 ma nella musica, il cui diletto per ben quat- » tro sesti è fisico , tocca al senso a decidere 5 e primiera- » mente il senso decide con infallibilità del piacevole, ma non )) COSI del bello : poi la stessa sua decisione sul piacevole è » bensì vera pel momento , ma non lo è più pel tratto suc- M cessivo , perchè il senso non prova gli stessi gradi di pia- )) cere nelle successive scosse dello stesso oggetto stimolante... 91 » Ciò posto oserei profferire un'eresia (e non è la prima) » che per altra ha in se molto di vero , ed è che gran parte » del hello nella musica consiste nella novità. » Che cosa tì dissi io fin da principio ? che 1' opera nuova è sempre la me- glio arrivata 5 ed il signor Carpani ve lo conferma , e soggiunge tosto che pure ia musica vi è un bello reale d' armonia j non di melodia, perchè l' archetipo di questa non è ancora Jis salo. Che volete ? anche la musica ha i suoi sensisti. Ma per me che iu musica sono per quattro ed anche cinque sesti spiri- tualista , osservo con piacere , non esservi differenza tra questa e le altre arti ia quanto all'influenza che esercitano sui nostri sensL Se questa differenza esiste , non può trovarsi che nella diversità degli slromenti che ciascuna impiega , dirò meglio nella materia. Imperocché se vuoisi far credere che la musica perchè adopera suoni , e non colori , non. versi , nou linee , non form« debba essere quasi esclusa dal dominio intellettuale, e star fuoruscita ai confini de' sensi , occupandosi a grattar semplicemente 1' orecchio , io domando se i colori , e le forme siena qualche cosa di più nobile , e spirituale dei suoni ; se r udito sia. più materiale dell' orecchio , se sia il senso di ri- fiuto , il plebeo tra i sensi nostri? Che tale possano averlo te- nuto finora alcuni maestri, cantori , ed impresari con somma ingiuria del pubblico non si può negare ,• ma che tale real- mente sia , e tale creato , nessun lo vorrà credere. Inoltre quella ragione infallibile chie ha fissato il bello nelle altre arti, di qual mezzo ha cominciato a servirsi ? dei sensi cred' io ; altrimenti come avrebbe fatto ? Se i colori , e le forme entrano per gli occhi e vanno all' anima per farsi giudicare , quale intoppo trovano nei meati acustici le note musicali , che loro impe- disca di presentarsi al medesimo tribunale , tanto più quando sono accompagnate dai versi? Non dico di più, perchè forse un' altra volta dovrò intrattenermi su questo particolare. Finalmente alcuni credettero che la musica fosse troppo gio- vane , né ancora capace di fermezza. Parve loro la cadetta delle arti , bisognosa preciò di più lungo tempo per maturare e senno e temperamento. E certamente se essi vogliono guardarla da Metastasio in qua non conterebbe che un buon secolo. Ma come 92 la musica aveva dati segni di vita fin dal secolo XVI , pare a me dover essere nata gemella colle altre anziché cadetta , ge- mella dico di tempo non di fortuna. Imperocché allora quasi ogni ingegno essendo rivolto alle lettere, alla erudizione, al di- segno, pochissimi ne restavano alla musica, la quale per colpa de' suoi cultori non pareva fatta per andar di pari passo colle altre sorelle. Egli é ben vero che i musici erano i ben venuti alle corti de' principi 5 ma come vi entravano coi gìocolari , e talvolta coi poeti , per la mala compagnia di quelli , e per le prerogative di questi non potevano accattarsi che gli ultimi favori. Inoltre nessun Ariosto , nessun BonaVroti contava allora la musica, benché alcuni de' suoi cultori superassero la favorita mediocrità di molti verseggiatori, ed eruditi. Ma che? forse fin da' suoi primi anni era destinata alla sventura ! forse era nata sotto maligni influssi!... E questi forse vi avvertono dei dubbi che mi sono nati in capo fin da principio che io meditai questa cicalata sulla in- stabilità della musica. Dunque udite anche la mia , ed abbiate pazienza se oggi son troppo lungo ,• io vi prometto di non e- sporvi che un piccolo nuiiiero di questi dubbj. — La musica nel suo rinascimento non trovò modelli antichi come le lettere, e le arti. Egli é ben vero che trovò delle poetiche , e delle ret- toriche , voglio dire de' trattati latini e greci sull'armonia; ma questi siccome furono e saranno sempre per lei oscurissimi in- dovinelli , cosi non le poterono in modo alcuno giovare. — La musica mette i suoi cultori in circostanze molto diverse da quelle in cui trovansi gli altri artefici. I poeti scrivono in una lingua genei-almente nota a' suoi; i loro versi si leggono, van per le mani di tutti con poca spesa, si traducono in altre lin- gue, i giornali, i maestri, i censori ne parlano, e via discor- rendo. I pittori, e gli scultori espongono le opere loro al guardo e giudizio del pubblico il quale con un po' di vista, e di buon gusto dà un giudizio che non é senz' appello ; poiché que' la- vori 0 di pennello o di scalpello stando continuamente o in pub- blico o in privato esposti il tempo corregge i torti giudizj. Il maestro di musica all'opposto comincia a scrivere in un gergo ignoto alla maggior parte; scritto che ha, la sua opera viene 93 in balia degli esecutori , i quali la espongono al pubblico per qualche giorno. Se l'esecuzione è favorevole al compositore, e corrisponde alla bontà della musica, questa piacerà per qua' gior- ni , e forse per altri in cui verrà richiamata sulle scene ; ma se l'esecuzione gli è sfavorevole, benché qualche dotto s'accorga del pregio dell' opera , la sua musica è nulla. In qualunque caso poi , siccome una composizione musicale non è un libro che si moltiplici sui tavolieii di tutti , né un quadro che si copii su mille stampe , dopo le poche rappresentazioni divenuta un oggetto di archivio teatrale , o buona o cattiva debbe perire. Né mi si dica che pur i lavori musicali acquistano pubblicità colle stampe 5 poiché questo in vece di giovamento loro ar- reca danno ; primo perchè quell' opera è fatta per essere udita non letta, fatta per gli orecchi non per gli occhi; secondo per- chè pochi ne sono i buoni lettori ; terzo perchè divenendo popolare per mezzo di que' smembramenti , storcimenti , tra- visamenti, detti riduzioni, per cui tutta l'illusione di uno spet- tacolo si riduce ad un flauto solo, o ad una scordata chitarra, è impossibile che possa in ogni luogo in ogni tempo andar per le mani di tutti quale fu dal maestro creata , e scritta. — La musica in generale non è libera 5 ella è serva della poesia , o per lo meno indivisibile amica si che quello che 1' una vuole debba pur 1' altra volere, e ciò non per forza ma colla mas- sima e piacevole intelligenza ; ma questo è appunto ciò che di rado accade ,• il poeta scrive quel che vuole , e il maestro fa a modo suo ; e quel che più decide in questa materia si è che il poeta non s'intende di musica , ed il maestro non sa di poesia. Quindi non è maraviglia se quando i poeti erano mu- sici , le cose andassero meglio che ora non vanno. — La musica, voglio dire il melodramma è gettato alla moltitudine (e questa K la sua esposizione o edizione) che ha pagato per udirlo, in un'ora in cui gli accorrenti, vogliono divertirsi, distrarsi dalle serie 0 frivole occupazioni della giornata , che amano durante lo spettacolo celiare, adocchiare, amoreggiare, visitare, rumo- reggiare , onde quel tempo passi più presto e più leggiero. — La musica ma lasciamo così. Ora fate voi il conto di que- sti dubbj, e guardate se dalla mancanza d'antichi modelli, 94 dalie sue circostanze , dalla sua servitù , dalla sua fortuna po- tete dedurre la sua instabilità; io già non ve ne sarò garante, perchè torno a ripetervi che non ne so niente. Ma, direte voi, non sarebbe mai ora venuto il fine di cotesta incertezza ? i moderni non avrebbero eglino coi loro lavori , colla loro auto- rità formato il gusto, stabilito il bello della musica? chi potrà in avvenire far meglio d' un Rossini , d' un Bellini , d' un Ma- jer-beer veri Rafaelli, e Ariosti , e Tullii dell'armonia? Se è cosi io me ne rallegro ; e godo che questi sommi ci abbiano data la vera musica maestra, il vero modello dell' opex-a. Ve- ramente doveva essere riservata al secol nostro già fecondo di tante invenzioni la canonizzazione del gusto musicale. Lode al cielo, che finalmente l'astro benefico spnntò, l'astro che deb- bo per certa e sicura via guidare d'or innanzi la musica nostra! laa. per 1' amore che porto a quest' arte ho paura che i nostri nipoti non siano del nostro parere. Ho paura che la benigna stella da qui a pochi anni non si cangi in cosaeta, od in foco fatuo , {juod dii averruncent ^ poiché a congetturare dal passato, io veggo vario , ed incerto 1' avvenire. I padri nostri udendo le belle melodie d' un Cimarosa , d' un Mayer d' un Paesiello , e di alcuni altri divini maestri avevano pur esclamato : ecco gli astri benefici della musica avvenire ! ma non erano ancor morti , che quegli astri già s' ecclissavano e sparivano per ce- dere il posto ad altri. Splendore , ed ecclissi. Ecco la storia della musica passata e presente 5 ecco forse la profezia della musica futura. Dunque ha ragione il Carpani che il bello mu- sicale sta nella noi^ìtà; e noi non abbiamo altro a fare che attendere continuamente questo bello mutabilissimo dalle opere nuove che gli scolari, e gli imitatori ci van preparando alla cadente luce de' loro capi-scuola. Addio. B. 95 Notizie Diverse Asia: Laos, abitanti — L'Abate PallegoiXj missionario del Tong-King , ba dato alla luce, non ba molto, un ragguaglio molto interessante sovra questa contrada ancor poco nota. Il Laos si è una regione vasta e pressoché tutta montagnosa, ec- cettuate però le sponde del gran fiume Camboge y ove trovansi belle pianure. Tutto il paese è diviso in piccoli regni princi- pali , abitati da tre razze assai differenti d' uomini , che appel- lansi, r una Phoung-khao ( uomo bianco ), 1' altra Phoung-dam (uomo nero), e la terza Phoiing-knis (uomo verde). La prima non usa di screziarsi il corpo, la seconda si dipinge in nero le braccia e le coscie : e la terza si dipinge queste medesime parti del corpo in color verde. Ciò non ostante codesta scre- ziatui'a consiste soltanto nello imprimere sulla carne alcune fi- gure d'orsi, d'elefanti, di tigri od anche di un certo drago fa- voloso. L' origine di questi abitanti è assai oscura, e tanto più difficile a ravvisare, in quanto che non posseggono archivj, né banno istoriografi, ossia, per dir meglio, tutte le loro antiche storie vennero abbellite con simboli meravigliosi e trasformati in favole. Ciò nulla meno la sola ispezione delle due razze ben distinte dipinte e non dipinte che veggonsi nel Laos , può con- vincere che i popoli che conservano V usanza di screziarsi, di- scendono dai Birmani, e che quelle che non si dipingono sono derivate dai Siamesi , i quali pure banno in orrore questo co- stume. Ecco intanto i nomi dei principali Stati che compon- gono il Laos: essi traggono tutti il nome dalla loro capitale: Muang-Com ossia Loùm, Muang-Vieng-Tian , Muang-Louang, Phó-Bang, Muang-Phoneune. Codesti quattro Stati sono abi- tati dalla razza bianca. Tre altri lo sono dalle razze dipinte . cioè: Muang-Phlè, Muang-Nan, Muang-Xeung-Maic. Tutti que- sti Stati son posti a levante di Siam, eccetto quello di Mnang- Phoneune che trovasi al noi'd-est, e Muang-Xeuug-Mai'c il quale guarda esattamente il nord. A torto erasi detto che Vien-Tau fosse la città capitale di tutto il Laos 5 imperocché tutti questi paesi sono indipendenti gli uni dagli altri , ed anzi una parte di essi obbedisce al re di Siam , e 1' altra è soggetta a quello della Gochinchina. Il sig. Langlois, antico missionario del Tong- King, nelle sue note di cui arricchì il ragguaglio del Pallegoix, dice che la voce muang la quale nella lingua di Laos significa regno o città, suona lo stesso che il vocabolo ananii to me/zong, il quale in questa stessa lingua serve per denominare i popoli che abitano le montagne poste a ponente e settentrione del Tong-King , risguardati dai Tong-Kinesi quali popoli barbari. Così la voce menong che nel linguaggio di Anam si è un ter- mine di disprezzo e corrisponde presso noi al vocabolo sel- vaggio, ha nell'idioma di Laos un significato onorevole. Non bisogna poi confondere i Menongi con altre orde affatto selva- tiche chiamate iJfoi' : questi ultimi abitano le montagne che se- parano la Gochinchina dal Gamboge ; essi sono neri e molto meno inciviliti che noi sono i Menongi. Parecchie delle loro orde sono persino antropofaghe ; al contrailo i Menongi hanno il medesimo coloi'e che i Tong-Kinesi : i lox'o costumi sono dolci; essi sono semplici, sinceri, buoni e ospitali verso gli straniex'i , se si eccettuano i loro nemici, verso i quali eglino sono assai vendicativi. (Bull. Soc, Geog. i83G). STAMPEKIA GHIRINGIIELLO E COMP. con pennissioue. 97 Filosofia — La Rsli^ione Ossvivuzioni Jìlosofiche di G. B. * L'Uomo! Essere prodigioso sulla terra, la mente di cui è l'espressione del presente e dell'avvenire, il cui cuore è la rivelazioqe di due mondi , 1' uomo è il gran mistero della natura ! Schiavo nel senso, libero nell'intelligenza, osò talvolta prostituire la libertà dello spirito alla schiavitù della materia, e, creato per il fine supremo della ragione, fa meraviglia e dolore che tanto s'affaticasse a conoscere le cose esteriori, e tutto ciò che circonda l'uomo, e s\ poco ciò che è l'uomo, ciò che ei può divenire, ciò che può fare di bello e di grande. Tutto occupato nel vano del suo desiderio, studiando l'universo l'uomo obliò se stesso, E gran cognizione è l' uomo , solo ed unico obietto delle cognizioni, necessario principio della scienza , elemento immutahile della natura. Ed ha in sé una cognizione , cogni- zione di gran cosa, di tutte le cose la più necessaria, e a sa- persi utilissima, sola nella vita sorgente di quelle ineffabili con- solazioni che stillano balsamo sulle piaghe del cuore lacerato dal presentimento medesimo della gloria. Un Dio abita in noi; un movimento religioso ci viene dalla coscienza , e il cuore umano palpita. La religione, questa fiamma divina, che arde " Nel pubblicare le seguenti osservazioni 6losorictjc che ci vennero gcatilinente dall'autore comunicate, ci facciamo un dovere di dargli una pubblica testimo- nianza del molto pregio in cui teniamo il core , o 1' ingegno che a lui delta- rono queste pagine. E ciò tanto più ne giota , cLc ravvisiamo in esse alcune sentenze contrarie ad opinioni già da noi manifestate , ed alcune proposizioni che per se stesse , o per le remote conseguenze loro offendono alquanto il nostro giudizio. Siccome di queste noi terremo forse un qualche giorno ragionaaicnto , se non con pari eleganza , almeno con egual candore di fini , speriamo che que- sta previa dichiarazione varrà in tal taso ad allonlanare da noi ogni »ospetto di superbo, o d'illaudabile intento. M. M. liei fondo delle anime pure , come posa una goccia di rugiada entro il calice di un fiore, n'investe del sacro suo fuoco, e lontana n'addita una speranza, quella speranza che è l'ansia continua del desiderio. L'uomo non opera, o non dee operare in vista della terra, né il calcolo, ma la coscienza esser dee la regola alle sue azioni, e mira il cielo: non è quaggiù «ib e ' la filosofia può pervenire alla soluzione dei gravi probletìii che riguardano l'essenza dell'uomo, e i fini dell'umanità. E vero che usano gli uomini a far centro di se medesimi in tutti i loro voti , e a poco a poco chiudendo 1' orecchio ad ogni voce più santa di pietà e di giustizia, fanno della virtù lo strumento del supremo vilissimo fine loro, l'interesse. Ma gli errori degli uomini formano una serie nei fatti dell'umana imbecillità, e non costituiscono le leggi generali della natura. Molti però che fecero dell'errore un fatto irremeabile della natura , fondando unicamente le loro teorie sull' incostanza delle generazioni , diedero nelle più strane insieme e più malvagie conseguenze. L' amore dei preconcetti sisl'emi , la troppa vaghezza di nuovi ritrovati fondati su teorie puramente astratte , e il vezzo di /sostituire l'ipotesi allo studio severo dei fatti positivi, portarono molti ingegni a snaturare l'indole del vero, e del sarcasmo, e della favola fare la storia delle nazioni. Quindi ragionarono essi, e ragionarono male. Le dottrine irreligiose che poi si vi- • dero correre l'Europa, portarono funesti disinganni nell'ordine intellettuale e sociale, sicché la religione e la filosofia, cui da principio una secreta colleganza apparentava ed univa fra loro, si bandirono addosso la croce, a gravissimo danno dell'uma- nità, finché l'eccesso stesso del male fu precipuo motore del bene. Una dottrina tutta fondata sulle astrattezze della ra- gione, o tutta sul senso, sopra cose prive di realtà appli- cando gli oggetti sensibili , e sopra cose spirituali gli oggetti materiali , doveva produrre un troppo funesto risultamento. Porre un falso principio, e trarne quindi le conseguenze fu l'imperfezione di questa vecchia falsata filosofia. Cosi la piena dell'errore sovrastò alla verità della dottrina, si calpestarono i più sacri doveri della morale, si parlò male dell'uomo , e di Dio. Ma ai secoli sovrasUmo i secoli, e all'età che viviamo , sia 99 conforto pei buoni il vedere le mentì bramose di verità più e più infervorarsi nello studio d'una ben ragionata filosofia, sic- ché sia gloria della Italia l'aver felicemente conteso tra le na- zioni come nelle difficili scienze della natura , così nello studio della religione, che è tutta la filosofia dell'uomo. Partendo dai fatti della natura umana, e seguendo l'osser- vazione dei medesimi , si viene allo scoprimento delle leggi che li governano. E se per formare un giusto e severo giudizio, è duopo governare la ragione secondo La realtà , e la realtà secondo la ragione , introdurre U impero dei fatti nelV ordine intellettuale j e quello delle intelligenze nell'ordine sociale^ una mente guidata da un saggio eccletticismo non potrà non avere la persuasione , essere la religione in intima relazione coll'essere umano, col bene individuale e sociale. — Dio ha fatto le intel- ligenze per conoscerlo, ed alle intelligenze parla nel suo silenzio la voce dell' universo. Chi intese questa voce e non ha la co- scienza di Dio? Che cosa è l'uomo, e T universo che lo cir- conda? — Io penso, e il mio pensiero mi rivela una facoltà capace di pensare, libera come libero è lo spirito che la pro- duce, non soggetta alla legge universale dei corpi, perchè priva di parti e di forme, nello spazio e nel tempo non è com- presa. E l'idea congenita dell'essere universale, la forma dell' intelligenza, l'elemento della ragione, riverbero in noi di quella suprema ragione che essa presuppone, e dee necessa- riamente presupporre , se lo spirito non . procede dalla mate- ria, e se la tnateria non costituisce per sé il fondo dell' essere umano, che é l'intelligenza. E se é vero, che la privazione del senso porta seco la privazione totale delle sensazioni, per- chè lo spirito nel suo stato di perfezione non ha più bisogno né di organi per sentire, né di sentire per giudicare,- é pur vero che il principio delle sensazioni dee assolutamente ripe- tersi da quel principio che ci fa vivere, che è l'essenza di tutto r uomo spirituale , perché capace di tutte quelle mentali operazioni, che formano la proprietà esclusiva dell'animo, e che il senso per sé non ha potuto produrre giammai. E quando animato dallo spirito sente e giudica, non potrà giudicare con altra legge da quella con cui giudica lo spirito; che non è il 100 senso , ma lo spinto che giudica , e può giudicare con altra legge da quella con cui le sensazioni sono all'ani me trasmesse, cioè indipendentemente da tutte le molteplici combinazioni della materia. Né adunque, perchè il maggiore o minore sviluppo dell' intelligenza possa dipendere dalla maggiore, o minore imper- fezione delle forme, la facoltà intellettuale dovrassi ripetere dall' organizzazione: la sua origine è superiore all' ordine fisico della creazione, è un tutto spirituale che non ha certamente servito ad Epicuro nella strana combinazione di quegli atomi semoventi negli eterni spazi del vuoto. I sensisti, da che il senso ci tras- mette le sensazioni, confondendo l'effetto colla causa, e ponendo per principio ciò che non è, che mera conseguenza, credettero di persuadere, la materia avere in sé la causa delle operazioni intellettuali, sicché la varia disposizione degli organi dia tutta la spiegazione dell' uomo. Pure la materia non sente; essa pa- tisce: è la parte spirituale che agisce su di essa, la quale ci of- fre tutt' altro risultamento di una macchina, e di un bruto che agisce ed opera per impulso, e per un istinto puramente mac- chinale. Giudicare delle cose, comporre e scomporre le idee , la forza di astrarre , sono tutti effetti di una potenza, che è il vi- vere dell'uomo razionale. Nihil est in intellectu quod prius non fucrit in sensu nisi ipse intellectus ^ diceva bene Leibnitz; havvi dunque in noi quel primo germe di perfcltihilitd che dee es- sere sbocciato col tempo , quell' elemento primitivo dell' essere pensante, che spetta all'educazione ed all'osservazione di svi- luppare, l'avevamo in noi questa intelligenza dal momento che abbiamo cominciato ad essere, prima che il senso servisse all'ap- plicazione della medesima , ed alla formazione del raziocinio. Se dunque quell'/^Ae intellectiis , o meglio, l'idea generale dell' essere, fu prima nel senso, avrà ben tutt' altra causa che il senso, né mai si potrà colla materia spiegare lo spirito, senza o materializzare lo spirito, o spiritualizzare la materia. E una causa universale, l'essere costitutivo della creazione, Dio, e la ragione che ci rischiara , e l'anima che ci vivifica, è in noi lo spi- rito di Dio. — Ma senza il Dio del suo essere il [freddo ma- terialista diventa il più bel meccanismo a vedere!!!.. Io penso , e come il pensiero presuppone una facoltà suscet- 101 libile di cjuesta modificazione anteriore all'azione di pensare, così mi poi'ge l'idea generale dell'essere non meno capace di produrre l'azione, che le varie modificazioni della medesima, e che dà un' infinita dilatazione all' elemento delle idee , neces^ sario principio della scienza. L' imperfezione dell' organica no- stra costituzione ci toglie di avere la cognizione di questo prin- cipio ; ma la causa che opera il suo sviluppo , è il mondo. Il me non va senza contraddizione disgiunto dal fuori del me , e se la cognizione del me porta seco la cognizione del non me, che è la natura , mi darà insieme la nozione della causalità del me, e del fuori di me. Dio. Le cose che formano 1' insieme di questo tutto , contingenti e deperibili, non si danno per sé l'esistenza; la creazione fu dunque necessaria perchè esistessero, e tanto necessaria che bisognerebbe farne un fatto mitologico almeno, se il fatto non fosse reale, per ispiegar l'uomo e la natura. In un mondo , dove tutto è soggetto ed oggetto , ogni fatto di ragione, o meglio, ogni cosa che la ragione ci presenti osservabile nella semplice forma della realtà, vuole, e suppone l'intrinseca ragione dei fatti, la verità, la realtà delle cose, la natura obiettiva ad un tempo, e subiettiva, come l'idea dell'attività e della creazione, vuole e suppone una potenza at- tiva, indipendente, creatrice, senza la quale diverrebbe la crea- zione una mera concezione della mente , se pur tolta 1' idea dell' essere supcriore col mondo delle realtà, non sfumerebbe il regno delle astrazioni. Havvi dunque un princìpio che dona l'esistenza, senza mai esaurirla a se stesso, perchè in sé esi- stente è per sé di sua esistenza la causa. E il caso sarà il pa- dre della creazione? Può essere, se il principio incommensura- bile della natura , se quella ragione che, diffondendo un raggio animatore nelle spesse tenebre del caos , diede una forma reale e sensibile al nulla , se la potenza che le correnti della vita fé' circolare per la natura , è il caso. Questo caso allora sarà il Dio che io predico 5 però vi è Dio. Il negarlo sarebbe negare il nostro essere; in esso viviamo, ci moviamo in esso, e siamo per esso. Quindi gli Atei predicando non esservi Dio, confessa- vano nello stesso tempo , e credevano a Dio , come credevano alla loro esistenza. L'ateismo è una contraddizione di se stesso : 102 uii' aderma/.ione negativa racchiude l'idea di essere, la grande idea dell' eiFetto e della causa, di Dio tutto intero, lide» cioè ilei creato, e del creatore, dell'uomo, della natura, di Dio, che sono le tre sorgenti inesauribili del pensiero , i tre feno- meni elementari della coscienza , inseparabili elementi della realtà, l'uu dei quali è l'irrefragabile prova dell'altro. Gon- ciossiachè ógni uomo che si conosce, conosca la natura e Dio, e credendo alla propria esistenza, creda al mondo ed a Dio, ed ogni sua parola, ogni suo atto, sia un atto di fede, che dall'al- tare della creazione innalza a Dio. La più orribile bestemmia della divinità è una concessione sacrilega di Dio. Appare come la creazione costituisca una necessaria univer- sale relazione delle cose create a Dio,- poiché non può 1' uomo aver la coscienza né di sé , né delle cose fuori di sé , se non considera insieme quell' ordine superiore, da cui dipende l'or- dine inferiore della creazione. Questa relazione universale, che forma come il vincolo del cielo e della terra, spiegò nel mondo la religione, però ch'io dico religione la secreta colleganza del- l'effetto colla causa, l'unione del contingente, e del necessa- rio, la relazione intrinseca del molteplice all'uno, l'unità che si risolve nelle tre grandi idee della scienza, l'idea dell'essere univei'sale , 1' essere universale dell'idea, e 1' applicazione del- l'idea generale dell'essere, uomo, natura, e Dio. Neil' animo, come nella natura abbiamo 1' indelebile impronta di questo fatto , sicché un cantico continuo d' amore si leva dal fondo dei cuori all'autore dell' esistenza, e le tacite maraviglie della natura esalansi in suoni pieni d' armonia , e narrano ai secoli la gloria di colui eh' era , è e sarà nell' immensità del suo essere. E questa la devozione della creatura , tipo dell' obbe- dienza politica e sociale , che spiegandosi in altrettanti atti esterni di pietà religiosa, costituisce il culto, interprete fedele della ragione e del cuore , e secreto motore della civiltà dei popoli. Si scorge come la religione poggi tutta sull' ordine im- menso della ci'eazione ; pure 1' uomo talvolta nulla si scuote alle grandi vicissitudini , nelle quali la provvidenza si rivela. Un eterno prodigio cessa d' essere prodigio , e V uomo cessa di credere -, cessando di credere , cessa di esistere. La fede è il 103 germe della morale nostra esistenza , e chi più non crede , ne- gando la provvidenza , è prossimo a negare se stesso. Ecco il scetticismo, il quale ha l'orgoglio per fonte, e il mondo all' orgoglio è un libro chiuso. L' essere religioso è 1' essere politico delle nazioni , perchè 1' essere religioso è 1' essere universale , che crea e che prov- vede, causa elementare dell'ordine, che è per tutto e in tutto, perchè è il tutto costituente delle parti e delle contingenze , e tale impero esercita sulla parte morale ed intellettuale degli uomini , qual n' usa nel regno materiale e fisico della natura. E desso l'anima delle nazioni, perchè è l'anima dell' uomo 5 ond' è la religione il fondamento della morale e della legisla- zione. — La ragione universale , eh' è la ragione dei popoli , che forma il consentimento del genere umano, è infallibile su questo principio ; tutto doversi fare con onestà e secondo l or- dine. E r ordine scolpito nel cuore umano a norma delle a- zioni , su d' una gara reciproca stabilito di uffizi , dell' uomo verso Dio, dell' uomo verso i suoi simili, dell'uomo a sé stes- so. L' animo rifugge dal male per sentimento d' un' interna giustizia emanata da quest'ordine costituente un costume, fon- dato nel tacito consenso degli uomini. Che altro è mai que- st' ordine , se non è la religione naturale , che la mano di Dio stampò coir idea di sé nel cuore dei mortali. Se alla stipula- zione d' un contrattò , ed allo stabilimento d' una costituzione l'idea presiede dell' ordine; non può non efser utile il consi- glio , il . fine òttimo , equo il patto e lodevole il trattato , come al bene dell' universale diretti. Sono molti i fini , che dirigo- no le umane azioni, e il proprio interesse n' è l'ultimo; pure r amore soverchio di sé fa nel mondo una funesta inversione di quest' ordine , e 1' uomo si vede insidiare al suo simile per un titolo mercenario. A cotesta inquietudine soccorre la re- ligione. Essa sola c'insegna la vita non esser lotta d'interessi, ma scala di diritti e doveri reciproci, vicendevole permuta- mento d' amarezze e di dolcezze , gara d' amore , una procella di sventure , attraverso alla quale fulgidissimo rifulge il giorno beante dell' immortalità. 1 reggitori dei popoli proposero le leggi come diretlameute 104 emanate da uu Nume, e loro persuasero la religione senza in- ventarla. Gonosceano bene essere la medesima base inconcussa dell' economia politica e civile j collocarono perciò gli antichi la culla di Licurgo e di Giove vicine ; e gì' Imperatori Romani univano il sacerdozio alla potestà degli eserciti e del tribunato dicendosi Pontefici Massimi, a significare il felice accordo della religione e della politica. A render più sicura la disciplina con- veniva interessar la moralità degli uomini , loro ispirando la persuasione della divinità. Privi di questa persuasione, tali che sono tristi per consuetudine , osserveranno le leggi , o finge- ranno d' osservarle per sottrarsi alle pene dei trasgressori 5 ma scevri da timore , nulla di più santo sulla terra, nulla saravvì di più grande , che la malvagità loro rispetti , e che non de- turpi una mano sacrilega tinta del sangue de' suoi fratelli. Le leggi umane senza religione non fanno dei buoni , ma degli ipocriti ; uè si mantiene società , né prospera uno stato privo di religiose credenze. Nulla v'ha di grande sulla terra, che ciò che é stabilito nell' ordine marale ed intellettuale*, e nelle idee dell' ordine materiale non havvi stabilità senza i principj dell' ordine morale. I principj quando sono veri, dominano le in- telligenze , e per conseguenza le volontà. La religione però ch'è tutto r ordine morale signoreggia le intelligenze , tempera le volontà, e si da funesti dissidj rassicura le famiglie, e gli stati da rivoluzioni. 11 talento è un fantasma senza un carattere, ed il nemico dell' ordine , se 1' idea universale di Dio noi regge nella vìa difficile della rettitudine. E un popolo privo di spe- ranze religiose è privo della suprema ragion civile, che lo man- tiene, e vicino a dissolversi. Quindi le massime propagate per la filosofia, ma bugiarda filosofia, portarono talvolta al suici- dio, agli assassinj , agli attentati politici, e mostrarono, che r uomo senza religione è un animale, che non sente la sua li- bertà, se non quaudo sbrana e divora. L'irreligione ha l'orgoglio per principio , dura nei rivolgimenti sociali, ed il suo fine è la rovina delle repubbliche. La religione fa gli uomini sociali, e perfezionando la società li rende civilizzati. Se ti suggerisce la pietà per un misero tuo simile , e come di ucciderlo , così ti vieta di non curare la tua 105 conserta2Ìone , se ti fa avverso avvizio, e alla virtù ti conforta, ti muove ad amare , ed a fare agli altri ciò che vorrestu ti fosse fatto 3 ciò tutto è per unire gli uomini e formare la so- cietà , e formata perfezionarla con una progressiva civilizzazio- ne , cosicché r uomo non possa essere sociale senza essere reli- gioso, ed essendo religioso debba essere necessariamente sociale. Numa ridusse nelle obbedienze civili un popolo ferocissimo colla religione ; onde temevano i Romani più assai di rompere il giuramento, che disobbedire le leggi. — La religione vuole il culto, e r osservanza del culto è cagione della grandezza delle repubbliche , e il progresso della civiltà è in ordine al grado di culto stabilito. Ove niun culto o cerimonia, non v'ha ve- stigio di società, ove maggior culto sino all'estrema supersti- zione , ivi società più colte , leggi più estese , ma anche più arbitrarie, come presso gli Egiziani, ì Messicani, i Bramini. Le cerimonie operano molto sulla massa più numerosa della società , la quale crede al senso più che allo spirito , e legano gì' individui in un senso comune , spingendoli ad osservare le leggi della giustizia interna, le leggi razionali, che sono il prin- cipio delle leggi civili. Si provi questo fatto confrontando l'au- mento delle arti col grado della più o men complicata religione. Romolo non oltrepassò il diritto di natura , Numa il diritto delle genti. Servo Tullio compose il gius civile, e la religione acquistò tutto il suo apparato di cerimonie e di superstizione. Quindi il gius Papiriano , ed allora si stabilì un culto pubblico, e la società si trovò costituita in governo civile. Si pareggino ora le società presenti colle antiche troveremo il grado di civiltà essere nelle nostre maggiore, perchè noi abbiamo reli- gione più perfetta *i con maestoso apparato di riti , con un culto tutto simboli e misteri , ma senza superstizione. La religione accrebbe nell' uomo il sentimento di sociahilitd, ed opera la perfezione sociale , perfezione più o men progressiva , secondo- che più o men perfetta è la religione , e più o men progres- siva è la perfetta religione degli uomini. I Paragonata la nostra religione alle religioni pagane , non si deve dire che « più perfetta , ma eh' è vera, e la soia Tera , perchè rirelata da Dio all'uomo. 106 Religione ! chi non crede la tacita natura che ti predica , crederà il cuore che ti rivela ! parla il cuore , e la sua voce è la voce d' un infinito numero di viventi , che si lacera 1' esi- stenza per sottrarsi a quel male, che viene dalla smania sover- chia del hene. Un gran bisogno ha scritto la mano di Dio nel cuore dei mortali , è il bisogno di Dio. Circoscritto nella sua esi- stenza, infinito ne' suoi voti , l'uomo è quasi un Dio diseredato , che si sovvien dei Cieli , e la sua ricordanza coli' immensità de' suoi deslderj gli è da lungi presaga della futura grandezza. Schiavo sulla terra geme tra i ferri di sua prigione , e gli bolle in petto animo di libertà : un aspirar continuo alla feli- cità è il tormento maggiore d' un cuore deluso e sempre in- felice , vuole amare , e ciò che ama è fragile. Avida sempre del nuovo e del meglio, quest'infinita capacità del desiderio si slancierebbe oltre i limiti della creazione A questo bisogno universale soccorre una potenza^ che dirige gli umani destini , e tutto vince, tutto si assoggetta, anche la forza soverchiatrice delle società, e fa tremare chi la conculca. E il sentimento religioso, il più forte degli umani affetti , essere divino, che spinge quel cuore che tutte non abbia impietrite le emozioni ad atti gene- rosi nella società, e formando da questa valle di pianto, dove gli uomini abbandonano gli uomini, delle relazioni al di la del mondo, lo regge sull' ali del desiderio e dell'amore fin là, ove un bene perfetto lo compenserà dell' essere stato giusto , e ■ il martire della vita coronerà 1' alloro della gloria. Ed è questo sentimento , che la consuetudine indurre , né la forza potè sof- focare giammai, che portò la religione sopra la terra. E la sua influenza, che non è un costume, ma legge universale, non soggetta alla restrizione degli umani statuti , prova come la religione non sia opera degli uomini, ma all'uomo connaturale, ed in intima relazione coi fini dell'umanità. Havvi degli istanti nella vita, che questo sentimento si fa più vivamente sentire. Havvi dei secreti, che le menti volgari non possono né com- prendere, né sentire; degli uomini condannati all'oblio edalla miseria , cui la singolarità è spregio e la grandezza delitto , sembrano maledire la provvidenza. Sorge allora quest' essere divino e benefico, e mossi gli animi a religione, loi'o inspira 107 quella costanza, senza la quale non hanno pace le coscienze, e le nazioni grandezza , rendendoci maggiori della propria de- bolezza, e dell'altrui prepotenza. La sciagura è scala al cielo. La religione scese dal cielo in terra a infiorarne di care spe- ranze la vita, e non v'ha un giorno mai, che dell'umana di- sperazione sorger non faccia il pensiero di Dio un' immortale speranza. Ch'egli è dolce a un'anima desolata senza un cuore, un sol cuore almeno che 1' ami, ove la piena riversi di quel dolore che l'opprime, ch'egli è dolce nel sacro recesso d'un tempio, quivi dove tace il tumulto delle passioni, e l'eco dei mondani non ripercote le solitarie pareti, sposare i suoi lamenti all'ara benefica della religione, invocando un nume propizio agli esseri sventurati , confidare a Dio ciò che gli uomini non sanno, e stemprati in lagrime di pietà volgergli il prego puris- simo della sventura! e Dio non è sordo all'infelice. Una gioja secreta discenderà nel fondo del suo cuore , inondandolo di quelle consolazioni , che formano il continuo salmo d'amore dei beali. Ecco l' uomo e la sua religione. — Se la filosofia più cre- dendo la ragione , che l'entusiasmo non avesse tropp' oltre va- gato nel mondo aereo delle astrazioni, ma fermata sull' uni- verso avesse maggiormente pensato e sugli oggetti esistenti, e sopra il subjetto medesimo delle cognizioni che è l'uomo, meno increduli avrebbero lacerato il mistico velo della religione , e meno turbamenti sociali e polìtici rivolgimenti conterebbero ne- gli annali delle nazioni. Così avrebbe il filosofo veduto, chela ove più pesa la barbarie , e più lurida miseria rode le viscere della terra , a più chiari segni si rivelano i fini altissimi della provvidenza, e che ove stridono più furiosi gli aquiloni, v'aleg- gia anche più soave uno zeffiro di paradiso. 108 S<]iEivzE Sociali e Amministrative. Cenni storici sulle Casse di Bisparinio _, e della loro utilità ^ ed unione colle Banche agricole ed Industriali. Ricordevoli della promessa che abbiam fatta in uno de' precedenti numeri di questo Giornale , noi si facciamo a dare alcuni ragguagli sulle casse di risparmio , considerandole sotto i varii loro rapporti. Partendo dal punto storico i nostri lettori già sanno cLe si credeva generalmente che 1' istituzione delle casse di risparmio ripetesse la sua origine dall'Inghilterra: e questa non solamente era l'opinione del volgo, ma quella pur anco delle persone Istrutte. Dall'Inghilterra difatti ci era venuta la conoscenza delle casse di risparmio quali ora noi le vediamo costituite, e senza la popolarità ed il perfezionamento che colà ricevettero, ci sa- rebbero forse ancora ignote. Fu quindi soltanto il sig. Alfonso di Candolle il primo che in una sua recentissima memoria cercò di rivendicare la glo- ria della loro origine alla Svizzera sua patria. Stando dunque alle ricerche di questo scrittore il nascimento delle casse di risparmio avrebbe avuto luogo nella Svizzera, e la prima sarebbe stata quella ch'egli scoperse fondata in Berna sino dall'anno 178^5 e così undici anni avanti che sorgesse la prima cassa inglese. Ignoto rimase il nome del suo fondatore. Modesto cittadino egli volle lasciarne tutta la gloria alla sua patria , che già aveva tanti titoli all' ammirazione delle altre nazioni. Ben è vero che questa prima cassa elvetica non era stata aperta col nome di cassa di risparmio , ma bensì con quello di cassa de' domestici:, ed ove si consideri che in quell'epoca spe- cialmente, ed in un paese come la Svizzera i domestici non do- vevano essere molto numerosi, sì comprenderà di leggieri che le operazioni di quella cassa non dovevano essere molto estese- 109 Ciò nulla meno sulle tracce di q^uesta , un' altra seconda cassa venne cinque anni dopo ( 1792) fondata in Basilea, alla quale però venivano eziandio ammessi i depositi di qualunque altro individuo ancorché non fosse famiglio. r Prima però ancora del 1789 un'altra già ve ne esisteva in Gi- nevra, ma ancor meno analoga alle odierne casse di risparmio j e eebbene queste tre più antiche casse non fossero neppure fra di loro propriamente le stesse, egli non è però men vero che presentano tutte un germe , uno sviluppo , ed uno scopo con- forme a qudlle delle vigenti casse di risparmio. Se volentieri non si dovesse perdonare al sig. di CandoUe quella predilezione eh' egli in simili ricerche accorda alla sua terra natale , ben gli si potrebbe osservare che quando ,'si voglia tener conto delle lontane analogie, anche in altri paesi e nel- r Italia soprattutto si ritrova da remotissimo tempo il tipo delle casse di risparmio. Lo possono attestare le corporazioni così potenti delle arti di Firenze, quelle di Genova, e di Napoli; e non ultime a fare la stessa testimonianza sarebbero le compa- gnie degli artisti di Torino. *i. Sarebbe difatti impossibil cosa non che un errore lo immagi- nare che queste associazioni sussistessero senza avere per prin- cipale oggetto i mutui sussidii de' suoi membri, e senza che negli antichi loro statuti si trovasse per legge espressa V obbligo di formare un deposito proporzionato alle forze di ciascun confra- tello, che dovesse servire a sollievo dei confratelli invalidi, o caduti nella miseiùa. *i. Sino dal XVI secolo troviamo in Napoli sintomi non equivoci dello spi- rito di associazione. Nelle regie Prammatiche del i558 si leggono queste indi- cazioni : Sociftà di assicurazione tanto pei casi di naufragio , prede ed altre fortune di mare, guanto pe^ rischi e pericoli per terra — Esistevano pur anche i Monti Jì-umeiUari, la compagnia i/i sicurezza marittima approvata sino dal l'jSi, quella del Corallo del 1790, e finalmente le cosi dette Colonne di assicura- zione vinaria , olearia , v.suviana. Non mancano neppure gli esempi patrii. Citeremo soltanto quello dell' Z7/iio/ie Pio-tipograjica eretta in Torino sino dal 1788, dove si trova stabilito il de- posito di un soldo da farsi da ciascun individuo per ciascheduna settimana, ed il soccorso di 5o soldi per settimana in caso di malattìa. — Questi sussidi! ia progresso si aumentarono. 110 Ma continuando a parlare delle cTfcsse di risparmio fondate nella Svizzera, diremo dietra alle iadagini dello stesso sig. di Candolle^ che esse non tardarono lungo tempo a propagarsi in tutti i cantoni di quella repubblica, cosicché dal i8o5 sino al giorno d' oggi undici regolari casse di risparmio nella più fio- rente loro attività già vi si trovano stabilito ; fra cui quella re- cente del cantone Ticino aperta soltanto in dicembre i833. La trascuratezza e 1' ingiustizia talvolta con cui si studiano le istituzioni di alcune meno potenti o meno felici nazioni , trasse dall' amore di patria del sig. Candolle questa eloquente esclamazione che dovrebbe eccheggiare in tutti i cuori italiani. — « Si scorre la Svizzera per vederne i laghi, le montagne, le » cascate, come si viaggia in Italia per vedere i monumenti » delle belle arti. Ma poi va in questi due paesi troppo so- » venti dimenticato che vi esistono altresì delle istituzioni degne » di essere esaminate , non fosse che per il carattere della loro » originalità. » Passando alla storia delle casse di risparmio in Inghilterra , giusto è di confessare , eh' egli è quivi dove ricevettero maggior regolarità ed ingrandimento a segno che divennero il modello di quelle che poscia quasi ovunque si fondarono. Egualmente ingiusto sarebbe tacere che i primi a fondare queste istituzioni in Inghilterra furono le donne e gli ecclesia- stici: le donne rivolgendo a questo genere di beneficenza quel senso di compassione e di sagrifizio di cui la natura le ha più largamente dotate 5 gli ecclesiastici consacrandovi quello zelo e quella carità che la religione ed il proprio stato loro insegna dovunque. Cosi una donna, la signora Vakefield, fa la fondatrice della prima cassa inglese nel 1792, e nell' amministrarla vi venne poscia secondata da un rispettabile proprietario il sig. Sperling. Questa cassa era da principio soltanto destinata per le donne ed i fanciulli poveri , ma dopo la signora Powell ne prese nel i8o4 la direzione, e veggendo prosperati i suoi sforzi , la cangiò in una cassa di risparmio aperta per ogui classe di persone. In seguito il reverendo signor Giuseppe Smith nel 1799 fondò a Wendover una cassa di risparmio col titolo di Società Ili per r incoraggiamento della prudenza e dell' industria. Ingegnoso si è il metodo adoperato da questo zelante ecclesiastico. Egli compose un Prospetto, e la fece circolare nella sua parrocchia. Vi annunziava che avrebbe ricevuto ogni domenica, pendente la bella stagione , i piccioli risparmi de' lavoratori , obbligan- dosi in fine dell'anno a restituirli coll'aumento del terzo. Per diffondere poi questo Prospetto ei lo fece copiare dai giovani scolari, e stanziò in loro capo il tenue prodotto che loro aveva assegnato per questo lavoro. Non è mestieri soggiungere che ad un benefiziò così generoso sopperivano le volontarie largizioni de' più ricchi e caritatevoli parrocchiani. Il bell'esempio fu di lì a poco seguitato nella Scozia, e quivi anche per cura di altri ecclesiastici si fondarono due casse di risparmio negli anni 1807, e 1810. Già nel 1808 un' altra ne era stata instituita in Bath a fa- vore -dei domestici per opera di Isabella Douglas , e nel 1 8 1 3 la società di Edimburgo coli' intento di estirpare la mendicità lina ne fondò di più estesa portata , che ebbe un grandissimo successo. Così se nella Scozia più non si troverebbe oggidì quella povertà e quella rozzezza selvaggia che con sì parlanti colori ci viene dipinta da Walter-Scott, vi sì troverebbe però ancora quello spirito fermo , prudente , calcolatore che tanto favoreg- gia questo genere d'istituzioni. Prova ne sia, l'averne il Dottor Baird, fatto stabilir quattro in quattro distinti sobborghi col titolo di succursali. Nella stessa città di Bath poi che già aveva veduto prospe- rare la cassa de' domestici, si eresse nel 181 5 una vera cassa di risparmio accessibile a tutti , e tale fu la perfezione de' suoi statuti che ben tosto meritò la più grande confidenza del pub- blico. Londra ebbe allora finalmente anche la sua cassa di rispar- mio, fondata nel 1816 da una società di benefattori sotto la presidenza del signor Tommaso Baring. Quindi le casse di ri- sparmio cominciarono a moltiplicarsi a segno che il 12 luglio i8iy il parlamento dovette intervenire onde dar loro una re- gola certa ed autorevole. Così sul fine di questo stesso anno nella sola Inghilterra e nel principato di Galles già si conta- 112 vano »oi casse di risparmio, e da quell'anno poi insiuo a noi il loro numero si è ancora prodigiosamente accresciuto. Avuto riguardo all' attività fiaucese, ed alla facoltà di que- sta nazione , non diremo di far propria ogni altrui scoperta , ma bensì di fare tutti gli esperimenti su di qualunque nuova molla sociale ed amministrativa che venga trovata , quella delle casse di risparmio tardò alquanto in Francia a venir messa alla prova. Quindi la prima che si vide in Francia fu quella fondata in Parigi il i5 novembre i8i8 mercè l'opera del signor Beniamino Delessert, che avendo meditato sui regolamenti delle casse di risparmio fondate in Londra, li comunicò alla compagnia delle assicurazioni marittime che ne fece redigere gli statuti , stati po- scia il 29 luglio 1818 approvati dal Governo. Questa compa- gnia presieduta dal Duca Kochefoucaud-Liaucourt ne rimase quindi la direttrice. Ma dato appena e ricevuto l'impulso, più non cessarono in Francia le casse di risparmio dal fare i più rapidi progressi : e questi sono in gran parte dovuti allo zelo ed alle fatiche^ dello stesso sig. Delessert , il quale sia per le interessanti rela- zioni, che per le proposizioni che presentò alla Camera dei Deputati , procacciò alla Francia quella legge che ora regola questa istituzione, e che avrà forse il vanto di far ancora aprire, come colà si spera , una cassa di risparmio in ciascun circon- dario, quantunque il loro numero al primo d'ottobre i835 già salisse a cento quarantasette. Ad imitazione frattanto della Svizzera , dell' Inghilterra ^ e della Francia , molti altri stati d' Europa , ed anche fuori d' Europa si affrettarono d' introdurre le casse di risparmio. La Sassonia, le città libere dell' AUemagna, gli Stati-Uniti, il Belgio, la Svezia , e la Norvegia non solamente le adottarono, ma colla più nobil gara le favoreggiarono , ed il vantaggio delle popo- lazioni premiò i loro sforzi generosi. Notarono alcuni che lo stabilimento delle casse di risparmio ebbe l'iniziativa nei paesi protestanti, ma se ciò è vero, si deve però tosto convenire che 1' esempio filantropico non indu- giò poscia gran fatto a metter anche radici nei paesi cattolici. Ptrj non solamente in Francia, ma anche in Italia ebbero 115 accoglletiza e favort;, Sarebbe qui troppo luuyo farne 11 novero di tutte, e diremo soltanto che havvene In Napoli, cbe una floridissima ve n'ha in Toscana, e clie in Lombardia, oltre a quella centralo di Milano ve n' hanno sette altre figliali. Recen- temente poi ancora una se ne apri in Roma *i. Torino già ne conta una sino dal ìS-a'J , testé ampliata colla notlficanza del 9 ^bre i83(J. Questa e quelle fondate in Clam- berl, in Novara ed in Alessandria provano sufficienlemeule , che In Piemonte lo spirito di beneficenza e di associazione non è aiFatto sconosciuto , né inattivo. Qualora dal punto di vista storico si voglia risalire a con- siderare le casse di. risparmio dal lato morale, si vede in un tratto la loro immensa utilità. Dopo le dimostrazioni teoi-lche € pratiche, che sono oggimai a notìzia di chiunque, sarebbe soverchio aggiunger nuove pa- role per confermare una verità già tanto conosciuta. Basti pertanto riferir quelle che il sig. conte Roy pronunciò nel suo rapporto alla Camera del Pari — « Nessuna Istituzione, » egli dice, merita la benevolenza, e dicasi pure il favore della » nazione, e del Sovrano, quanto quelle che tendono a chia- » mare le classi inferiori al lavoro ed all'economia, a procurarsi » de' proventi , ed a crearsi delle sostanze per la vecchiezza. » — Non v' ha dubbio difaili che colui il quale da questa isti- tuzione è invitato a fare nn risparmio sui propril guadagni , e che è poi certo di ritrovarlo nei giorni del bisogno , quegli che viene cosi avvezzato alla previdenza, ad una, direni quasi, attività morale, questi coutralterrà l'abitudine del lavoro, e l'amore dell'ordine, e mentre più non resterà adescato dalle attrattive dello scialacquamento, sarà nello stesso tempo riscat- tato dalla necessità, o disingannato dalla speranza di trovare nella carità pubblica un riparo alla miseria, cesserà dal pol- trire ueir ignavia, e quando il delitto venisse a tentarlo saprà resistere al perfido invito. *i È coniolante l'avvertire che la sola cassa di Firenze al 3i dicembre i83'(, e dopo «oli cinque anni di-esistenza, aveva già di utile uelto fiorini i6,75G,a6, per nna qual somma non msncò poi 1' impiego in aumeuto della sicssa Cd^^i^. 114 La altro benefizio morale meno Torse osservalo , ma però non meno importante, viene con queste parole rappresentato da quei caldi filantropi di Firenze. — « Il sussidio fatto per » mezzo della cassa di risparmio al povero che si vuol sov- » venire sarà più rispettato e ricevuto a seconda del biso- » gno . . . Piglierà agli ocelli delle persone soccorse un certo tal » qual sembiante di proprietà che risparmierà qualche rossore » ai bisognosi occulti e verecondi ,• e nei bisognosi avviliti dal » sentimento di non aver nulla, rialzerà quel coraggio e quella » dignità morale che è il principio della interna rigenerazio- » ne, e che non può sussistere senza la coscienza di posse- » der qualche cosa. Esso piglierà ancora il sembiante di un « capitale che si riproduce » Questa potenza morale che può acquistare la limosina, fa » al povero un maggior bene di quello che possa fargliene il » suo materiale soccorso. » Risultali cosi soddisfacenti sono dovunque confermati dall' esperienza, la quale ha mostrato che fra i mezzi di diminuire il pauperismo, le casse di risparmio sono ì più efficaci. Sotto il rapporto politico poi le casse di risparmio fruttano pur auco un gran bene. In effetto per esse si aumenta il numero degli individui più direttamente interessati al mantenimento dell'ordine pubblico, imperocché colui che possiede una quan- tunque piccola rendita che gli preme di conservare, è il primo a paventare le conseguenze delle rivoluzioni e dell'anarchia , perchè è il primo che riceverebbe danno dai fallimenti , dalle deficenze dell' erario , dal saccheggio de' fondachi. Due esempi si adducono in prova di questo fatto. Il primo si è il contegno della guardia nazionale di Parigi , composta massimamente di piccioli capitalisti. Il secondo viene offerto dalla stabile tranquil- lità dell'Inghilterra e dell'Olanda, dove le grandi masse della popolazione nulla posseggono in benifondi, e tengono tutto il loro patrimonio in tenui capitali, e nelle rendite. Dal lato legislativo, non appena l'istituzione delle casse di risparmio prese incremento, che dovette trarre a sé la solleci- tudine del Governo. Dove però cominciarono a reggersi con leggi dello stato si fu nell' Inghilterra, (jàindi la legislazione che vi 115 venne applicata fu pressoché dappeilulto ricevuta, con quelle modificazioui però che le circostanze locali parvero suggerire. Così in Francia 1' ultima legge generale, che dopo varie altre speciali ordinanze si pubblicò per sottoporre a sanzioni unifor- mi le casse di risparmio, si è quella del 5 giugno i83j. Se- condo 11 suo disposto le casse possono fondarsi tanto dai corpi morali , come dalle società private. La loro durata è libera. I depositi non possono eccedere li 3[m. franchi, né essere minori di un franco. La legge inglese si riservò espressamente la facoltà sia di rifiutare un deposito, come di restituirlo se già accettalo. Lo stesso si pratica nell'amministrazione delle casse di Francia, sebbene la legge taccia su questo particolare. In Inghilterra le donne, i fanciulli, ed i minori sono am- messi ad avere delle cedole sulle casse di risparmio. Soltanto a riguardo di queste persone circa i depositi ed i rimborsi sono prescritte alcune discipline tanto in Inghilterra, come in Fran- cia neir interesse della pubblica morale. In Toscana la legislazione non ha ancor pres^ iniziativa in questo importante ramo di pubblica economia. Esso viene sol- tanto regolato dal manifesto costitutivo della società fondatrice della cassa di risparmio ^ e dal relativo regolamento approvato dal Gran Duca. La società è composta di cento soci fra i più cospicui cit- tadini di Firenze, fra cui vent' una donna, delle quali sei prin- cipesse. La somma esposta dai socj per la dote della cassa si è di 6[m. fiorini. L' interesse che si corrisponde ai deponenti è fissato come in Francia al /^ per cento. Ma assai meglio che in Francia viene preveduto il caso dello scioglimento della cassa e della società', egli non vi è premesso , che per l'effetto di cir- costanze m>aggiori , e non mai della libera volontà dei jiocj. In Piemonte neppure è sinora sancita alcuna legge dello Stivto sopra le casse di risparmio. I particolari regolamenti emanati dalle città stesse che ne hanno fondate, sono ancora le vsole leggi che le reggono. Lo scioglimento di esse rimane facoltativo alle città medesime. L'interesse è pur anche stabilito al 4 P*^^' *^' Nell'ordinamento della cassa di Torino ampliata colla già citala notificanza del <> ^bre i8d6, si osserva una disposi/ioifè 110 pia generosa , che In quella di Firenze, la questa si paga il li- bretto che vien rilasciato al prestatore, eolie gli serve di titolo personale , in quella si rilascia gratuitamente. Fra le altre limi- tazioni necessarie e ben pensate , non si potrebbe egualmente locar quella che ammette soltanto gli abitanti di Torino, e del stio territorio a far depositi nella cassa di risparmio , se però questa troppo municipale provvidenza non racchiudesse il tacito consiglio alle altre città di fondare anch'esse delle simili casse, e non facesse lo stesso invito ai generosi di riunire una società con questo scopo. Del resto ottima provvisione si è quella dell' aver stabilito l'impiego a moltiplico, per modo che anche sugli interessi non esatti, e per ogni cinquina di lire torna a decor- rere lo stesso benefizio del per \ cento. Da queste poche osservazioni si conosce che in Italia, e spe- cialmente in Piemonte le casse di risparmio non hanno ancora ricevuta tutta quella estensione e popolarità, di cui abbisognano per essere profittevoli all'universale, e che sinora sono ancora piutt(?sto un'agenzia municipale a guisa di semplice esperimento, che una istituzione nazionale, compresa dal pubblico, genera- lizzata e sussidiata dalla potestà superiore. Il dare maggiori ragguagli sulla legislazione delle casse di risparmio, che già divenne in qualche contrada alquanto com- plicata, ci trarrebbe fuori dei limili di questo Giornale: perciò speriamo che i nostri lettori vorranno perdonarci il laconismo, con cui per ora 1' abbiamo trascorsa. Non ci resta più che a parlare delle casse di risparmio sotto il rapporto della loro opportunità pratica e locale, poiché i loro progressi ed i loro vantaggi potranno bensì essere veri in astratto o presso qualche nazione ; ma saranno poi esse egualmente op- portune intatti i paesi, convenevoli alle abitudini ed agli inte- ressi locali, riuscibili dappertutto insomma? Ecco il problema che agli occhi di taluni non può ancora risolversi affermativamente. Quanto a noi già vedemmo provato coli' autorità dei fatti che questa istituzione con prospero successo pose radice in pa- recchi stati d'Italia, e che in Piemonte pur anche può alli- gnare e portar frutti preziosi. Sarebbe soltanto da desiderarsi che il loro numero si mol- 117 liplicasse, e che il loro piano venisse formato sopra basi più larghe , e poscia spiegato con tutta ij[uella , direm cjuasi , evan- gelica semplicità, che si trova nelle istruzioni annesse al rego- lamento della cassa di Firenze. Al fanciullo , e al debole si deve spezzare quel pane che loro si vuol dare per nutrimento. Del resto il credito dello stato salito a un grado, a cui pochi altri stati pervengono, osi mantengono pervenuti, prova che in Piemonte molta e gagliarda è la pubblica confidenza, e questa, come ognun sa, è la prima base delle casse di risparmio, ove di- scenda eziandio, come non può dubitarsi, nelle private relazioni. Quanto ai mezzi materiali nessuno farà al Piemonte il torlo di credere che in esso siano insufficienti per lo incremento delle casse di risparmio, quando veggiamo che prosperano in Scozia e nella Svizzera, paesi assai meno ubertosi del nostro. Ad onta di ciò, e ad onta anche che non si possa dissimu- lare che lo spirito di associazione sfavilla pur anco in Piemonte, come lo attestano molte società ed imprese per assicurazioni , e per opere di pubblica utilità, pure certuni credono tuttavia che le casse di risparmio non possano ancor farvi un felice riuscimento. Le difficoltà che si mettono innanzi sono le stesse che più o meno s'incontrarono dappertutto, e che più o meno dapper- tutto si superarono. O difatti si parla della difficoltà di trovare persone che vo- gliano , o che volendolo abbiano capitali da impiegare nelle casse di risparmio , ed allora convien ripetere che bisogna avere miglior speranza nella generosità, e nella carità del pubblico, quando massime tutto ci porta a credere che non mancano in sostanza i fondamenti per averla, Una Tolta aperto e conosciuto che sia questo nuovo campo di beneficare l'umanità, sarà una grande ingiustizia il supporre che il governo , ed i cittadini più agiati non gareggino a percorrerlo. Ora che si sa di quanti buoni frutti sia fecondo , il governo sarebbe sicuramente il primo a venire in soccorso delle casse di risparmio, con accordar loro ancorché temporariamente quelle più urgenti sovvenzioni, che sarebbero necessarie per il primo loro attivameuto. 118 L' esempio del governo non tarda mai ad essere seguìtq dai buoni cittadini, e bentosto le volontarie sottoscrizioni, o per una somma determinata , o per uiia annuale sovvenzione verrebbero in sostegno delle casse di risparmio. Così in Firenze, come già si è narrato, si trovarono ben tosto cento individui die fecero alla cassa di risparmio una dote di 60 fiorini per ciascuno. Egli è poi universalmente riconosciuto che nelle casse di risparmio troverebbero un sicuro collocamento i capitali di ri- serva che molti padri di famiglia a motivo di preveggeuza so- gliono conservare improduttivi. Partendo inoltre dal principio che la base di questa istitu- zione è di mera beneficenza , e non di commerciale speculazione , siccome già si è detto essere accaduto in altri paesi , dove la prima spinta a questa istituzione si diede dalle donne, e dagli ecclesiastici , cosi noi crediamo che in Piemonte non si farebbe un inutile appello alla sensibilità, ed alla carità che animano in eminente grado, ed il gentil sesso, ed il clero. Le facoltà non solamente morali, ma quelle pecuniarie eziandio che l'uno e l'altro posseggono, non sarebbero sicuramente lente a con- tribuire alla" fondazione delle casse di risparmio. Indipendentemente da questi, esse potrebbero ancora aspirare ad ottenere altri mezzi di dotazione. 1.° I diversi istituti di beneficenza secondando il vero loro scopo potrebbero a quest' ufficio erogare una parte dei proprii fondi, specialmente ove questi fossero abbondanti. A ciò do- vrebbero tanto più disporsi, se si riflettesse che in ultima analisi le casse di risparmio procurano una vera economia a tutti gli altri stabilimenti di beneficenza, agli ospizi, alle congregazioni di carità, e persino alle case di punizione. Quindi è che quanto esse da un canto verserebbero nelle casse di risparmio, fra non m.olto il ricupererebbero indirettamente dall'altra, facendo ces- sare molte esigenze che nell' attuale mancanza delle casse di previdenza aggravano gli altri stabilimenti. 2.° Alla dotazione delle casse di risparmio potrebbero senza disagio di chicchessia concorrere pur anche le comunità coi redditi comunali soprav\'anzati all'annua necessaria uscita. Men- 119 tre così i nmiiiclpii potrebbero avvantaggiare per se stessi que- sti maggiori fondi, procaccierebbero eziandio un maggior van- taggio ai loro amministrati , e si eviterebbe in tal guisa il pe- ricolo non insolito che tali fondi vengano dissipati in spese inu- tili, od anche senza che neppure appaia in quali. 3." Rianimata con questa nuova istituzione la pubblica bene- ficenza , ad essa si rivolgerebbero i legati, e le donazioni pie di preferenza forse agli antichi istituti, perchè molti già li cre- dono per vetustà inerti o degenerati. Così naturale è questo mezzo di dotazione per le casse di risparmio, che la legge di Francia le ammette con apposito articolo a ricevere siffatte liberalità* Esistono dunque in realtà i mezzi per dotare le casse di ri- sparmio , ma non vi mancano forse che due sole cose: l'una di dare movimento, ed una confacente direzione ai capitali inoperosi che giacciono in varii altri stabilimenti, non che ai loro redditi superflui: l'altra di rendere più famigliari e più spiegati all'intelligenza popolare i benefizi, le cautele, le pra- tiche di questa istituzione. Del resto siamo persuasi che assieme a tutti i mezzi che sinora abbiamo discorsi accorrerebbero pur anche come in Firenze ì capitalisti, che per via di azioni create con cedole sul debito pubblico, e con ipoteca sopra immobili costituirebbero alle casse di risparmio quella dotazione , che sarebbe di permanente salva guardia per gV interessi d' ognuno. La stessa facilità poi che con queste casse si apre ad un infinito numero di persone d'impiegare le loro piccole economie che di- versamente non troverebbero impiego attivando la circolazione del denaro, sarebbe altresì un mezzo per agevolarne l'esercizio. E qui ispirerà forse coraggio ai più increduli l'avvertire che alla fin fine non è poi subito necessario di aver alla mano forti somme in contante per intraprenderne l'esercizio, ma che ba- stano probabilmente in sul principio i depositi che verrebbero fatti , per soddisfare i primi sconti. Laonde chi voglia ben ponderare queste circostanze che non sono certamente chimeriche, verrà persuaso che molte delle difilcoltà che si fanno tuttavia alla moltiplicazione delle casse di risparmio, poggiano sopra ipotesi fallaci. 120 Cos\ se taKirio volesse imcnaginuré ciò clie dillicilmenlc può accadere, uì'- mai in alcun luogo accadde, vale a dire che tulio ad uu tratto si chiegga la restituzione di tutti i depositi, allora a costui si dovrebbe osservare che le casse di risparmio , sia coi fondi disponibili di cui sarebbero sin dalla prima loro fon- dazione dotate, sia col proprio credito, sia colla rappresenta- '/ione e valore dei henifondi a prò di esse ipotecati dagli azio- nisti , non verrebbero mal meno alle richieste. Qui ancora non finiscono le obbiezioni , ed ancora si pone in campo la difficoltà dello impiegare nuovamente le somme che verrebbero depositate nelle casse , onde cavarne quel pro- fitto che intanto si dovrebbe corrispondere a titolo d' interesse ai deponenti. Ma anche qui l'opera del Governo sarebbe la prima a mo- strarsi generosa. Egli dlfattl potrebbe facilitare a prò delle casse di rispai'mio grirapieghi sul debito pubblico. Egli inoltre, quando avessero un' amministrazione capace, potrebbe preferirle nell'af- fidar loro la esecuzione di qualche opera pubblica o l'esercizio di qualche pubblico appalto. In Firenze quest' ostacolo fu tolto incontanente. Il Gran Duca provvide generosamente al rinvesti- niento sull'erario della prima dote di fiorini 6^m. e poscia con- cesse che fossero parimenti rinvestiti i primi 24|m. fiorini che venissero depositati nella cassa. Per altra parte la stessa apertura delle casse in varii luoghi dello stato presenterebbe uu nuovo sfogo all' impiego del da- naro , e così le stesse casse di risparmio gioverebbero a dimi- nuire appunto quelle difficoltà che oggidì si lamentano. Non mancherebbero finalmente gli speculatori in ogni genere di commercio, che per l'andamento delle loro particolari specu- lazioni ricorrerebbero alle casse di risparmio, da cui potrebbero mediante cautela e pagamento dell' interesse ottenere capitali. Havvi ancora un altro partito per rendere le casse di rispar- mio pili utili , e meno imbarazzate dei depositi che già avessero ritirati. Questo partito sarebbe quello di consolidare in se medesime un' altra analoga istituzinne , quella cioè delle Casse agricole ed industriali. 121 Appena operata questa fusione si vedrebbero, ne slam certi, le casse di risparmio crescere di forza ogni giorno , ed acqui- stare nuovi elementi di sussistenza e di prosperità. Allora in fatti di semplicemente passive che prima erano le casse di risparmio, diverrebbero pur anco attive. Mentre fareb- bero r incasso dei risparmi , distribuirebbero prestiti destinati a migliorare 1' industria agricola e manufattrice. La loro entrata come la loro uscita sarebbe egualmente provveduta, aperta la facilità dei reimpieghi , accresciuta la circolazione del danaro e r attività delle classi lavoratrici, trovato in somma nella re- ciproca azione delle due accoppiate istituzioni un nuovo pegno della loro stabilità e del loro successo. Perciò in Francia ed in altri luoghi già si veggono delle casse di risparmio annestate ai Monti di pietà, e ad altri simili isti- tuti di beneficenza. Noi non ignoriamo che il progetto di una simile unione es- sendo stato nel i83i proposto alla società di Firenze, esso non piacque alla commissione nominata per esaminarlo. Ma ciò nulla meno si sentirono da quei dissidenti tutte le forti ragioni per adottarlo, e la commissione allora se ne astenne unica- mente per la religiosa delicatezza di non alterare le casse di risparmio dalla primitiva loro natura di pura beneficenza sot- toponendole a rischievoli innovazioni *i. Lodevole certamente era allora l'intenzione dei commessai-ii fiorentini, ma noi pen- siamo che quando questa stessa quistione venisse dibattuta in Piemonte le locali circostanze di esso farebbero prevalere i reali vantaggi che si trarrebbe dall' annestamento delle casse di ri- sparmio colle Banche agricole, alle troppo scrupolose circospc- zioni. In questa sorta di cose ben si può dire che è meglio una infedele feconda che una fedele sterile. Inutile poi sarebbe lo enumerare tutti i vantaggi delle banche agricole e d'industria, che ora ad esempio dei Monti frumen- tari di Napoli versano i loro beneficii nella Germania. Si prenda soltanto ad interrogare quel piccolo proprietario , quei fittajuolo , quel padre dì famiglia che non ha scorte per *i. Vedi Aatologia di Firenze fase, di marzo i83a , pag. 48 e scg. 122 coltivare le tcri-e che per qualche infortunio dovette far distratto de' bestiami , e delle masserizie, e talora delle sementi stesse, che non può pagare i lavoratori , che deve trovare una dote per la figlia a cui è uscito un onesto partito, che infine per il sostegno della famiglia vorrebbe conservare nel seno di essa quel figlio che viene chiamato a lasciare 1' aratro per la sciabola 5 e questi individui tutti risponderanno unanimi che nelle Banche agricole troverebbero i fondi necessari per sopperire a siffatti bisogni senza dover ricorrere a contratti rovinosi , a vendite con riscatto, all'ingordigia degli usurai, alle dispendiose caTÌl- lazioni del foro. E cosi quante fortune, quante moralità si conserverebbero illese, quante migliorie succederebbero ne' poderi, qual aumento di prodotti si otterrebbe specialmente a profitto delle piccole proprietà, delle classi più laboriose, e più indigenti? Non potrebbero esse dirsi salvate da quelle sozze arpie che nei villaggi soprattutto stanno cogli artigli aperti per divorarne le sudate sostanze ? Tali sarebbero i principali risultati che a favore dell'industria e del piccolo commercio presenterebbe l'esecuzione di un pro- getto tendente a riunire in una sola istituzione le casse di ri- spàrmio, e le bancìie agricole e d' industria. Ove poi seguitando queste vedute loro si volesse ancor dare una più stabile estensione , in ciascun mandamento gioverebbe fondare uno di questi stabilimenti che poi dipendesse da una direzione centrale in ogni provincia. Chiamate così le casse di i-isparmio e di soccorso peli' agri* coltura e pell'industria al doppio uffizio di queste due istituzioni, diventerebbero bentosto come una banca locale sopra cui ver- rebbero collocati con vantaggio le economie delle classi povere e lavoratrici, e da cui nel tempo medesimo queste potrebbero ricevere quei sussidii che fossero necessarii alla miglior coltura dei terreni, all'aumento della pastorizia, del commercio e delle manifatture. Egregio uffizio della legislazione e del fisco sarebbe poi fi- nalmente quello di ridurre alla più possibile semplicità, al mi- nore dispendio , alla speditezza maggiore tutte quelle pratiche 123 e formalità che sono , o si conoscessero sufficienti per caute- lare neir universale interesse le operazioni di queste casse com- binate. L'esempio della Germania è troppo bello per non essere citato. Quivi le operazioni delle banclie agricole sono esenti da tutte le formalità inseparabili dai prestiti con ipoteca, e le let- tere ipotecarie con essa contratte si negoziano in commercio come i migliori effetti , o come le iscrizioni di rendita sul Governo. Egli è neir intima convinzione di tutti questi risultamenti , che noi non possiamo a meno di conchiudere che o l'amor di patria ci fece stranamente travedere, o le supposizioni delle quali si creano altrettante difficoltà alla moltiplicazione in Piemonte delle casse di risparmio ed agricole , piuttosto che veri ed in- superabili ostacoli , sono nudi sospetti ingiuriosi a quel senti- mento di beneficenza , di ordine , di fratellanza che riscalda pur anco i piemontesi petti 5 sono pretesti che oltraggiano i mezzi reali di pubblica e di privata ricchezza , di cui la Prov- videnza ci ha forniti. Siamo con tutto ciò ben lontani dal negare che la fonda- zione , la diffusione e 1' esercizio di questa combinata istitu- zione non trovino da principio delle difficoltà; ma qual è quell' istituzione per quanto poi utile sia stata , che non abbia in sulle prime avute le sue contraddizioni ed i suoi nemici ? Basta talvolta un primo sforzo , un primo esempio, uno slan- cio dato alla beneficenza ed alla carità, e diciamolo pur anche air ambizione , basta un impulso dato opportunamente dal Go- verno, o da qualche savio potente per schiacciare quella bieca diffidenza, quell'isolamento di persone e d'interessi, che è ve- leno così micidiale d' ogni bella e magnanima impresa. Possano frattanto questi nostri pensieri raccolti e gittati cosi alla rinfusa sopra una materia che esige tanta esattezza e pro- fondità di calcoli e lumi tanto maggiori dei nostri , sgomberare la via dalle preconcette opinioni, aguzzare l'emulazione negli indifferenti , infondere una fiducia civile nei cuori meticolosi , persuadere insomma coloro che più possono , dell' opportunità delle Casse di risparmio ed agricole in Piemonte ed in tutti quei stati d'Italia ove non sonò ancor introdotte, o poco esteso ne hanno V esercizio! S. B. 124 SciEJNZE Storiche — Di una vita inedita di Alessandro VII scritta dal Cardinale Sforza Pallavicino. Fin dagli studii suoi giovanili il Marchese Sforza Pallavicino aveva conseguito tanta fama d' ingegno e di dottrina , che Fa- bio Chigi Sanese , giovane il quale alla nobiltà del casato univa bellissimo ingegno e grande amore delle lettere, recandosi a Roma non ad altri che a lui cercò di essere accomandato. Pertanto quei due valorosi giovani contrassero la prima cono- scenza in Roma 5 e gli animi loro si trovarono così concordi neir amore del vero e del buono , che da quel punto ebbe ori- gine la loro amicizia, la quale solo flnì colla vita. Sforza, iu allora Principe dell'Accademia degli Umoristi, vi ascrisse an- che il Chigi , richiamandolo cosi alle muse latine dal gio- vane Sanese con felice successo già coltivate. Lo introdusse pure nella grazia di Urbano Vili , il cui favore Sforza godeva per antica divozione di famiglia, e per la indole sua studiosa e gen- tile. Quindi trasse principio la fortuna del Chigi , che a mano a mano lo condusse alla porpora ed al triregno. Intanto il Pal- lavicino abbracciata la vita chiericale ebbe varie prelature , e fu prima Governatore a Jesi, quindi ad Orvieto , di là a Ca- merino \ d' onde contro 1' aspettazione di tutti passò a vita più tranquilla ed a coltivare i suoi diletti studii nella Compagnia di Gesù. In questo mezzo il Chigi progredì nella sua carriera , e fu Vicelegato a Ferrara , Inquisitore a Malta , Nunzio a Colonia , Nunzio straordinario a Munster per conciliare la pace tra l'Im- peratore , il Re di Spagna e quel di Francia , Segretario di Stato, Vescovo d'Imola, all'ultimo Cardinale. Passato di vita il Pontefice , il Cardinale Chigi entrò anch' esso in conclave , ed oltre il suo credere ne uscì Papa col nome di Alessandro VII. A lui Cardinale il Padre Sforza aveva dedicato il Tomo 1. delle sue djsputazioui in prirnani secundce Divi Thoince \ dal cui 125 proemio possiamo argomentare quanta fosse la loro famigliarità, dicendovi il Pallavicino : « Equìdem si ahsque te dies invito » mihi aliquis elahehatiir ^ illuni vitce non adnumeraham , quasi » anima caruissem. •» NuUaraeno , quantunque in privata for- tuna amicissimi, lo Sforza recatosi con molti a prestare omag- gio al nuovo PonteGce non osò farsegli apertamente inanzi , e si tenne tra gli altri confuso. Ma il Chigi , nel quale l'altezza dello stato non mutò l'animo, scorgendolo tra la folla a sé il chiamava , e gli diceva che d'allora in poi avrebbe 3vuto me- stiero de' suoi consigli. Grato a tale dimostrazione il Pallavicino si affrettò di compiere la seconda edizione della sua storia del Concilio di Trento , e la intitolò ad Alessandro VII. Questi memore degli antichi benefizii, e perchè alla porpora ne venisse onore , poco stante lo promosse al Cardinalato con espresso comando di accettarlo, dacché l'Instituto e la modestia del Pal- lavicino rifuggivano da sì gran dignità ; e d' allora in poi ninna cosa di qualche momento Alessandro VII deliberava senza con- sultarne il lido amico. Questi brevi cenni intorno all' amicizia di que' due perso- naggi stimai opportuno di preporre , perché mi parve che al tempo stesso avrei narrata 1' origine e le cagioni della vita di Alessandro VII scritta dal Card. Pallavicino , ed insieme di- mostrato che nessuno poteva narrarla più accuratamente di lui, come egli stesso osserva nel proemio dell' opera. E scritta dif- fusamente, divisa in sei libri, condotta fino all'anno i65g. E verosimile che la morte non abbia conceduto all' Autore di condurla a termine. Lodare questo lavoro uscito dalla penna di uno dei più chiari autori del suo secolo , sarebbe opera perduta. Bensì mi giova xli avvertire alcuni sbagli commessi dall' Oudin nella vita del Cardinale Sforza Pallavicino , ove dice : « Scripsit etiam ita- » lice viLam Jlcxandri VII diligenti s siine scriptam , sed » rudi minerva, cum ad suum privatum commodum et ad reco- » lendam iucundissimi temporis memoriam eo commentano uti » vellet : ignarus aliquando /ore ut ille plagiariorum astu et » invìdorum calumniis /cede corruplus magno cum amanuensium » lucro evulgaretur. » Dalle quali parole s'inferirebbe primie- 126 ramente, che questa vita non fosse scritta dal Pallavicino con proposito di porla in luce : in secondo luogo, che sia stata ma- lamente straziata dai plagiarli e dagl' invidiosi. Ma la falsità della prima di queste asserzioni si scorge ad evidenza da tutto il proemio dell'opera, il quale soggiungeremo come per saggio. Del pari priva di fondamento è la seconda, intorno alle inter- polazioni colle quali Oudin afferma essere questa vita a bello studio stata corrotta dagli amanuensi ; che in due codici con- frontati , se bene , come vedremo , non trascritti dal medesimo esemplare , si trova bensì diversità di ortografìa e corruzione di parole causata da negligenza o da ignoranza degli amanuensi, ma non corruzione di senso , od interpolazione di periodi. Con tutto ciò uno scritto tanto importante alla storia ed alla letteratura italiana si giacque finora inedito. Sulla speranza di fare cosa grata agli amatori delle patrie lettere ho col chiaris- simo Cav. Carlo Bandì di Vesme , membro della Deputazione sopra gli Studii di Storia Patria, deliberato di farla di publica ragione. Il testo verrà emendato col confronto di due codici. Il primo esistente nella Reale Biblioteca della Università di Torino , pressoché contemporaneo, copiato con assai correzione, è re- gistrato nel Tomo II, pag. 4^5 del catalogo dei manoscritti. E probabile sia trascritto dall' autografo , come quello che fu con molti altri codici recato di Roma da A. Bencini , già bi- bliotecario della R. Università. Il secondo ci venne fornito dalla cortesia del Marchese Ludovico Pallavicino-Mossi dell' illustre casato dell' Autore. Questo è copia del codice posseduto dal Marchese Valenti di Mantova , ^ quantunque di buon testo è scorretto per negligenza dell' amanuense. 127 VITA DI PAPA ALESSANDRO VII PRIMA CARDINAL FABIO CHIGI DESCRITTA DAL PADRE SFORZA PALLAVICINO DELLA COMPAGNIA DI GESÙ POI FATTO CARDINALE DAL SUDDETTO PONTEFICE, PROEMIO » E opinione di molti che non si debba scrìver istoria se » non delle cose antiche , intorno alle quali la speranza o la )) paura, 1' amore o l'odio verso le persone commemorate non » abbian luogo, né possano infoscar la verità, eh' è l'anima ■n di tali componimenti. A me persuadono la contraria sentenza ») due potissime ragioni. » La prima è eh' assai maggior impedimento possono recare » al pieno racconto del vero 1' ignoranza e 1' errore intorno a' » successi lontani , che i rispetti e gli affetti intorno a' pre- » senti : e per l'altro lato le medesime istorie de' successi lon- » tani conviene che finalmente si traggano da quel barlume » che ne resta nelle memorie scritte quando essi erano presenti. » La seconda ragione si è, che bene ancora sopra 1' antico » possono molti e gagliardi essere gì' incitamenti a mentire , )) ma non già i ritegni come sopra il moderno. GÌ' incita- » menti sono spesso 1' affetto buono o reo verso le famiglie, le » città, le nazioni; e se non altro una tal vaghezza dimostrarsi » consapevole d'arcani e d'ingrandire gli avvenimenti per fare » sé stesso ammirabile e dilettevole ne' racconti. All' incontro » il ritegno appena può esser altro che un religioso amore >) della veracità , il quale siccome non ha gran forza se non in 0) alcune menti più dilicate , cosi poco vale ad assicurare uni- » versalmente i lettori. Ma dall' altra parte fortissimo riteni- » mento hanno anco gli animi communali dal contaminar di men- » zogne le relazioni de' successi recenti , potendo temere innu- » merabili testimonii che gli smentiscano , e mutino loro la » gloria in vergogna. Ed a confermazione di ciò veggiamo come 128 » l'istorie più inverisìmiU e che più sanno del favoloso sono » quelle che hanno per tema i secoli più remoti. Onde ac- » conciamente Plutarco nel principio delle sue Vite paragona » gì' istorici delle più vetuste cose a' dipintori delle terre lon- » tane ed incognite , i quali si fanno lecito di figurarvi mari , >) monti e fiumi di capriccio, senza veruna cura del vero. » Questa mia generale opinione, e molte ragioni speciali mi ì) hanno consigliato a scriver la Vita di Alessandro VII, as- » sunto in questi giorni al Pontefìcato 5 quando io per avven- )) tura più che qualsivoglia altro ho i necessarii fornimenti per » così fatto lavoro , cioè le sicure ed intime informazioni. Im- » perocché mi è toccato in sorte d' aver con questo Principe » nella sua fortuna minore una singolare corrispondenza d'af- » fetto , di communicazione or con la lingua or con la penna, » per lo spazio già di trent'anni, sì che appena io credo che » mi sia rimasa occulta veruna parte non solo delle sue opere . » ma del suo cuore ; e ritenendo egli nella nuova grandezza » r animo antico non ha ricusato di commetter anco in fu- » turo alla mia fede quei secreti , la cui notizia faccia mestiero » per quest' impresa. » Né può esser pericolo che o 1' appetito di lusingare o il » risguardo di non offender il vivente mio Principe m' induca )) ad alterare od a tacere il vero : primieramente , pei'chè mi » sono incontrato in un argomento , dove non può, secondo il » proverbio , la verità partorir malevolenza 5 non essendo già » per molti secoli addietro asceso a regnar nel Vaticano ve- )) run altro con maggior suffragio di tutta la preterita vita , » e con maggior applauso degli Elettori di Roma e del Cristia- » nesimo ; talché s' egli per l'avvenire del tutto non degenera » da sé stesso , 1' unico mio rischio nel raccontare il vero sa- n rebbe il cader in sospetto d' adulatore alla remota e non in- » formata posterità, quando non fossero per assicurarmi di » questa nota 1' uniforme linguaggio col quale io confido che » parleranno di lui altri narratori, e la considerazione appunto, )> che avendo io scritto in un'età la quale sarà stata spettat- » trice de' medesimi fatti , troppo sarei stato folle nel fingere V con certezza d'infamia e senza speranza di fede. Secondaria- 129 » mente , il Principe del quale io icrivo è di tale iucljua- » sione , che il più efficace mezzo di perdere la sua grazia sa- li rebbe la menzogna , come aborrita da lui sì forte sin da 5» fanciullo , che dal suo parlare sono state quasi bandite le » voci superlative e le amplificazioni , per qualche affinità che M hanno con lei. » Posto ciò, essendo io dedicato nella vita religiosa ad impie- » garmi in servigio di Dio ed in edificazione degli uomini, » massimamente con la penna , e secondo lo speciale instituto » del mio Ordine , e secondo qualche particolare abilità che mi M hanno acquistata i miei preteriti studii : mi son avvisalo che » molto possa conferire una tal opera a questo fine. Ciascun sa » quanto giovi all'edificazione del Cristianesimo il sapersi che » chi è adorato per suprema dignità sia venerabile per suprema » virtù, e che il più prossimo a Cristo nel grado gli sìa vicino » ancora nell'imitazione. Oltre a ciò dipendendo dalla bontà del » Sommo Sacerdote , quasi dalla propizia influenza del primo » mobile , tutto il ben della Chiesa , ed essendo agli uomini » il buon esempio recente il più profittevole d' ogni altro mae- » stro : ne segue che la vita palesata al mondo d'un Papa ot- » timo giovi per diuturno tempo a sommo prò* della Chiesa , » cagionando una lunga serie di Papi buoni. Ma oltre a que- » sti rispetti io voglio discoprirne con libertà un altro non » meno efficace, il quale però non potrebbe esplicarsi da chi » scrivesse le azioni di un Principe vivente che non fosse si- » mile al nostro. Mi sono ricordato che le fatele misteriose » e' insegnano come la medesima Dea della Sapienza fu bi- » sognosa di contemplar la sua effigie nel fido specchio d' un » fonte per non deformarla. Ho considerato adunque che veg- » gendo Alessandro VII tutte le sue azioni successivament« » narrate , rimirerà ogni dì l' iraagine de' suoi costumi in uno * specchio intellettuale, laddove il materiale per contemplarvi » quella del suo sembiante già son diciott' anni si è da lui T» disusato; e saprà che di lui avviene ciò che Seneca, autor* •» a lui famigliarissimo, raccomanda per ottimo presidio al man- » t«DÌmento della virtù , cioè d' operar sempre come iu teatro. Spirilo Fossati. 9 Scienze ÌNaturALI — Geologìk - Ossetvazionì geognostiche e mineralogiche intorno ad alcune valli delle alpi del Pie- monte, del professore di mineralogia Angelo Sis monda. Torino dalla Stamperia Reale. La storia fisica della terra occupò universalmente sin dalle più remote età 1' umano pensiero , e fu soggetto d' antichissime osservazioni e credenze. Gli eventi che a quella apparten- gono , come offersero ampia materia alle tradizioni de' popoli , varie secondo la condizione di questi, e la natura, e le qualità de' paesi che abitavano, cosi apersero pure lai-go campo alle investigazioni della scienza esploratrice dell' andamento della creazione. Rivolgendo lo sguardo attorno sulla terra , adden- trandosi nelle sue viscere l'uomo vide dappertutto manifesti segni di rovinose violenze , che la conquassarono 5 scoperse indizi! di grandi mutazioni avvenute , vicende assidue di di- struzione , e di riproduzione ; e comechè paresse dover es- sere il suo intento vinto dalla difficoltà dell' impresa , volle pur nondimeno ricercarne il come , e il quando , e diradare per quanto ci poteva l' oscurità , entro cui erano ravvolti i grandi avvenimenti fisici della terra, ove ei nacque. Lunga e soverchia opera sarebbe il riferire qui le diverse opinioni, con- getture, ed ipotesi che nacquero a mano a mano intorno allo stato primitivo della terra , agli orribili sconvolgimenti, che le impressero orme cosi profonde , al ridursi che ella fece a tanta ineguaglianza di piani , di montagne , di rialti , ed a COSI maravigliosa varietà d' esseri organici ; che via via gli uni dopo gli altri la vennero ricoprendo, secondochè le forze or- ganiche della natura, eccitate dal Creatore davano loro forma evita nell'ordine e nella successione, che richiedevano le na- turali loro proprietà, e lo stato fisico delle cose. La differenza dei sistemi , l' incertitudine , e la stranezza delle opinioni in fatto di geologia derivò in alcuna parte dalla malagevolezza della materia 5 ma soprattutto dalle scarse, ed inesatte osserva- 131 z,ioni,, dalla vaghezza di nuovi, ed inaiidili il trovali , dal uou essersi nel dedurre prlucipii generali abbastanza posto mente ai fatti, i quali in ogni scienza, ma più nelle più ardue vogllonsi sopra ogni altra cosa considerare , acciocché la scienza non venga oscurata dalla caligine di contrari pareri. Dentro le viscere della terra, ne' suoi graniti, ne' suoi marmi, nella sabbia, nell'ar- gilla conveuiva ricercare i documenti della storia fisica della terra. Le qualità degli strati che la ricoprono, la loro giacitura, l'ordine della loro soprapposizìone nelle pianure , e ne' monti, la natura degli esseri organici animali e vegetali , che dentro essi si racchiudono , la loro diversità da strati a strati , questi e cotali altri indizii che oflre il gran libro della teri-a, dovevano guidar^ i geologi a determinare con qualche certezza i fatti principali della storia fisica del globo, i suoi periodi di rivol- gimenti , e di quiete , e le rovine colossali di quella protogea , ditoni sussistono così chiari monumenti. Dappoiché i geologi si misero per la via delle osservazioni , raccolsero fatti da ogni parte, e chiesero soccorso ai loro studi dalle diverse scienze naturali, la geologia che prima altro non era, al dire del sig. D'Arago, che una collezione di strane ipotesi, ottenne luogo tra le scienze esatte, pose principii, e dedusse risultati non imme- ritevoli d'attenzione e di fede. E la teoria de' sollevamenti fu corroborata da valide prove , e stabilita con non mediocre probabilità 1' antichità relativa delle differenti catene di monta- gne europee, comparata a quella della formazione dei diversi terreni di sedimento ; e scoperta e determinala la somiglianza d'andamento delle montagne contemporanee, e furono compro- vate le mutazioni cagionate nella condizion fisica della terra dalle successive rivoluzioni che la travagliarono, colla testimo- nianza della diversa natura degli esseri organici, che dentro ai dilFcrenti suoi strati si ritrovano. Gli studi geologici vanno frat- tanto sempre più oltre progredendo per la via non fallace delle osservazioni, le quali, superati a mano a mano con mai\ivigliosa perseveranza gli ostacoli, si distendono a luoghi finora raen conosciuti, si moltiplicano, si raffrontano per dcdui-ne risultati generali, che sieno come slabile base alla certezza, ed all'ac- •rescimento della scicuza. Forse verrà tempo in cui dalla coni- 152 page della corteccia terrestre in ogni sua parte svolta e ricer- cata, emergerà per quanto la difficoltà dell'opera il comporta, chiara ed ordinata la storia fisica della terra, come dagli avanzi de' monumenti, opera degli uomini, s'intende con ogni studio a chiarire la storia primitiva dell'umanità, che sopra cumuli di rovine lasciò impressi i vestigi delle passate sue condizioni e vicissitudini. E sommamente commendevole è questo comune sforzo e con- senso degli studi geologici ed archeologici così efficacemente a' nostri di coltivati, e non alieno dalla loro natura il rispon- dersi degli uni agli altri: che degli studi geologici potrà alcuna volta l'archeologia nelle sue ricerche giovarsi a meglio e più addentro comprendere le memorie cosmologiche, che tauK parte occupano nelle tradizioni de' popoli , e a trarne il vero senso di sotto al velame de' simboli, e delle allegorie che il più delle volte lo nasconde ; e spesso avverrà che la stox'ia degli eventi fi- sici conferirà non poco ad illustrare la storia degli eventi umani , i quali sono sovente con quelli strettamente collegati. Molti chiari ingegni contribuirono recentemente cogli studi, e coll'opere loro all' incremento della scienza geologica , e il Cuvier che ri- volte le profonde sue indagini agli sparsi avanzi d' una natura organica spenta , meditò sopra quelli i rivolgimenti fisici della t«rra, che originarono nuove generazioni d'esseri, ne ricompose in gran parte , e ne riprodusse le antiche forme con universale « maraviglia di tant' opra d'ingegno, e il Brougniart, e il Blu- 1 caud, e il Gordier , e 1' Hutton , e l'Hyell, e il Playfer, e il dottissimo ed infaticabile sig. Elia di Beaumont , de' cui studi e lavori ogni di s'accresce la scienza. A questi nomi illustri, onde s'onora la Francia, l'Inghilterra, e l'Alemagna, noi non dubiteremo d'aggiungere quello d'un egregio nostro compaesano ed amico il sig. Angelo Sismonda, professore di mineralogia, il quale preso di grande amore per la scienza che egli professa , e quella applicando siccome potente sussidio alle cose geologiche, con dotte ed assidue elucubrazioni , e con frequenti viaggi per valli, e per monti, coopera a gara coi valenti geologi d'oltr'alpe, e dolile mare all' accrescimento della scienza geologica. Frutto d' una sua receute peregrinazione fatta in compagnia del sig. 155 di Beaumont aj^i'averso alcune valli delle alpi del Piemonte ; sono le osservazioni che noi qui annunziamo. Sopra questo medesimo tema sci'ive pure il sig. di Beaumont : ma il suo lavoro si diversifica da quello del sig. Sismonda, in quanto che il primo s'attenne più particolarmente alla parte teorica fon- data sull' osservazione, laddove il secondo ehbe per iscopo prin- cipale r esatta esposizione dei fatti : non omettendo per altro di render ragione d'essi, dove cadeva opportuno il farlo. Attraversata in tutta la sua lunghezza la valle d'Aosta, i due geologi si condussero al passaggio del piccolo s. Bernardo 5 varcato questo monte, e discesi al borgo di s. Maurizio si dirizzarono quindi al colle di Reme nella valle dell' Isera: percorsa questa: valle, e quella, di Reme, di Cogno, e Val-Pellina , pervennero alla valle del Gran s. Bernardo , dove si terminò la loro pe- regrinazione. Nessuno degli indizi che potevano condurli alla conoscenza de' teri-eni di tutto quel tratto di paese trascorso , e de' rivolgimenti cui andarono essi sottoposti, sfuggi loro inos- servato. Dal fondo delle valli salirono su pei dorsi de* monti , che le chiudono sino alle loro cime, ricercando dappertutto i fessi de' monti, i burroni, le frane, le quali danno opportu- nità di osservare la natura degli strati gli uni agli altri ad- dossati, di notarne l'andamento e le diverse inclinazioni. Dove i fianchi rovinosi e dirupati delle montagne impedivano loro la salita, raccolsero, ed esaminarono i ciottoli svelti da quelle alture inaccessibili , e portati al basso dalle fiumane alpestri ^ per giudicare da quelli della qualità delle roccie , cui non po- tevano esaminare più dappresso. Noi addurremo qui in brieve compendio i risultati delle osservazioni del sig. Sismonda , quali egli li notò in una carta geologica annessa alla sua scrittura. I terreni che si incontrano lungo la valle di Aosta, spettano a quelli, che i geologi appellano di sollevamento, primitivo, giurassico , ed alluviale ( diluvium ). La Diorite roccia di sol- levamento si mostra sulle porte della città d'Ivrea, ed in vari siti della valle sorge di mezzo ai terreni stratificati la serpen- tina. Lo gneiss terreno primitivo si trova poco distante dalla città d'Ivrea, e continua quasi senza interruzione rimarchevole fino alle vicinanze di Veires , dove si nasconde sotto la for- 154 Trazione giurassica, cui la forza dell' urto noa fu abbastanza gagliarda per disperdere. Il terreno giurassico occupa la più gran parte di tutto lo spazio compreso tra le valli soprammen- tovate. Stando alle divisioni più generalmente ammesse dai geo- logi , il terreno giurassico della valle d' Aosta appartiene alla parte detta giurassica superiore. Le roccle di questo terreno ia complesso sono : arenaria ( grès ), scisti , e calcarei. Esse si al- ternano insieme senza mantenere per altro una costante rego- larità, dimodoché or le une, or le altre a vicenda compajono. Questi sedimenti mostrano d' essere stati urtali, e smossi più volte ; dal che si deriva la cagione dei frequenti cambiamenti delle loro inclinazioni, e di quelle altre anomalie di posizione che iu essi si osservano. Il terx'eno d' alluvione, sotto il qual nome 1' Autore comprende i sedimenti lasciati indietro dalle acque nell'epoca, in cui la terra ricevette la presente sua con- figurazione, si distende per una striscia, che da S. Vincent va fino ad Arise. Il monte del piccolo s. Bernardo non offre al geologo copiosa materia d'osservazione; non vi si incontrano che poche varietà di roccie del terieno giurassico superiore. Delle stesse roccia si compongono pur anche i monti circostanti al borgo di s. Maurizio, in uno de' quali si trovarono rottami impressi di belle forme di piante. 1 molti pezzi scantonati di roccie del terreno primitivo tro- vati dal sig. Sisraonda nel letto della Thuile, la quale raccoglie le acque del ghiacciaio ^MJfor5 , e nell'alveo d'un torrente che dai monti, a cui si varca per le gole, che han nome di col da Mont, e cól dii Lac , discende poco distante da s. Foy nella valle dell' Isera, l'indussero a giudicare con molta verosimi- glianza che sulle cime di que' monti, da cui debbono essere stati divelti que' frammenti di roccie, v'abbia una ellisoide di terreno primitivo scoperto, la quale ha il suo più grande asse presso a poco dal N. al S. ; nella qual linea comprendonsi le creste de' monti sopra mmentovati , ed il ghiacciaio Jiuìtors. La medesima congettura gli occorse di dover fare rispetto ad al- cune cime di monti che fiancheggiano la valle di Reme, in fondo alla quale gli vennero veduti grossi massi rotolali di 135 terreno primitivo , indizio del trovarsi sopra le cime d' alcuni monti , end' è chiusa quella valle , nudo della formazione giu- rassica, e scoperto quel terreno. Dal frequente , ed ineguale ristringersi , ed allargarsi delle catene di monti che chiudono la valle di Cogno , dagli spessi suoi torcimenti , dalle varie rotture e ripiegature osservate nella stratificazione del suolo, dalle roccie di questo essenzialmente modificate nella loro composizione, giudicò il signor Sismonda turbati da due dislocamenti i monti, e il piano della valle di Cogno. Le varie modificazioni prodotte da que' dislocamenti nelle roccie della valle potrebbero far credere a prima vista trovarsi in essa più terreni ; laddove ricercando più addentrò (Quattro soli se ne discoprono : quel di sollevamento , il primi- tivo, il giurassico, e l'alluviale. Il terreno di sollevamento che è qui una serpentina verdescura sorge per un picciolo tratto nelle vicinanze di Cogno. Il terreno primitivo comincia a tro- varsi poco prima di J^ielle, e si continua fin oltre il piccolo luogo di Pìnet. In varii siti per altro frapposti a questi due punti il terreno primitivo è nascosto sotto al giurassico. 11 ter- reno giurassico coperto allo sbocco della valle dal terreno al- luviale incomincia ad apparire oltrepassato il piccolo paese di S. Le'ger. Alcune falde di questa formazione si protendono fina al di là di f^ielie soprapposte allo gneiss. 11 terreno alluviale, depositi terrosi con dentrovi ciottoli , e massi incorporati rico- prono le chine de'monti situati allo sbocco della valle verso Aosta. 1 monti che corrono lungo Val Pellina si compongono di tre sorta di terreni: primitivo, giurassico, ed alluviale. Il ter- reno primitivo comincia a mostrarsi sotto il villaggio di Val Pellina, dove per lo sporgimento di un contraforte della catena principale la valle si divide in due rami^ l'insieme del terreno primitivo di questa valle rappresenta la figura d' un ellisoide. Il terreno alluviale copre il dorso delle montagne giurassiche poste allo sbocco della valle , ricche di copiosa vegetazione. Ha quindi principio l'apparizione del terreno giurassico, che si protende su pei monti della valle fino al Chalet du Piiy posto all'estremità superiore di Val Pellina. Quivi s'apre la valle del Gran s. Bernardo. 136 « i monti di questa valle, scrive il signor Sismonda» «ono alquanto variati nella loro composizione , motivo per cui ap- pariscono numerose varietà di roccie^ le quali però mi parvero appartenenti a due sole formazioni, che sono la primitiva eia giurassica. — Bene sovente questi due terreni compajono, e scora- pajono a vicenda , onde conviene credere che il suolo sia stato inegualmente urtato, e alzato, non potendosi attribuire alla forza delle acque la denudazione fatta qua e là del terreno giu- rassico. » IS^e' fianchi de' monti prima d' Etrouhles cominciasi a disco- prire il terreno primitivo, il quale indi a poco si nasconde sotto falde giurassiche, né più ricompare che oltrepassato quel paese d'onde poscia si propaga fino nel Vallese. L'ossatura del monte del Gran s. Bernardo è di terreno primitivo, in istrati molto disordinati con sopravi qua e là masse considerevoli di terreno giurassico, cui la forza del sussulto non fu abbastanza efficace a rimuovere. Sotto il villaggio di Lìd il terreno giurassico in- vestì tutti i monti, ed il primitivo non ricompare che al pas- saggio della galleria situata a poca distanza da S. Barthelemi nel Vallese. Neir esporre queste brevi notizie noi non abbiamo fatto altro che descrivere secondo i suoi scompartimenti la carta geologica tracciata dal signor Sismonda , astenendoci per amor di bre- vità dall'indicare tutte quelle particolarità geologiche, che l'au- tore registrò nella sua pi-egevole scritta. Quel poco, che ne ab- biam detto , potrà forse gradire anche a coloro tra' nostri let*» tori, che non sentono molto addentro nella geologia. Quelli, che più dì proposito applicano a questa scienza il loro ingegno non istieno contenti a questi nostri brevi cenni, ma leggano da capo a fondo le osservazioni , che noi facendo il debito nostro, abbiam loro annunziato. Svolgendo la scritta del signor Sismonda ne occorse di doverci dolere , che egli tutto intento all' esame dei terreni abbia omesso di toccare alcuna cosa della giacitura, dell'andamento, e di tutte quelle altre particolarità geografiche delle valli da lui percorse , che potevano riuscire di qualche utile alla geografia fisica. Trovammo qua e là nello scritto del signor Sismonda alcune inesattezze di locuzione , le quali se 137 macchiano ogni scrittura, molto più viziano le opere, che ra- gionano di cose scientificlie, cui principalmente s'addice l'esat- tezza , e la precisione. Per lo che vorremmo noi, che maggiore opera si ponesse nello studio della propria lingua da coloro che coltivano le scienze. Egli per caso d' esempio adopera il voca- bolo principii a significare sostanze 5 a pag. 20, princìpii ema- nati dalle profondità terrestri : il che non ci par detto con molta proprietà ed esattezza ; benché ve n' abbia esempi in alcuni scrittori di cose scientifiche : usa il vocabolo intaccato per al- terato, mutato; a pag. 20, le piriti del forro appena vengono in contatto degli agenti atmosferici , ne sono profondamente in- taccate : parlando del principio d'una valle, ora intende per esso il sito, dove ella sbocca; ora il luogo, dond'ella partendo incomincia a dichinarsi : il che genera spesso confusione nelle indicazioni geografiche. Da queste ed altre simili inavvertenze desideriamo di veder purgati in avvenire gli scritti dell'esìmio professore ed amico, affinchè al pregio di bella e peregrina scienza s'accoppi in essi quello d'uno scrivere più eletto, e più pre- ciso. Terminiamo esortando il sig. Sismonda a pubblicare sopra altre regioni del nostro bel paese nuove geologiche osservazioni, che frutteranno a lui degna lode, ai cultori della scienza uti» lità , e diletto. G. 138 LEtTEBATURA — Alla. Luna versi di Agostino Gagnoli. Parma, tipografia Fiaccadori, i836. La natura mai non invecchia ; e sempre giovine del pari è la poesia della natura : e quando alcuno de' suoi fonti dal con- tinuo attignervi di mille poeti par disseccato , sorge in qual èecolo 0 sotto qual clima che siasi un potente ingegno che da quella sorgente inesauribile sempre novelle e fresche sa far sca- turire le acque. Ai giorni nostri nell' ultimo agonizzare della mitologia , che pur fu lungo , molti sognarono una grande e mal riempibil lacuna nella poesia avvenire. Compatisco ad alcuni sommi *i , che ne lamentarono la caduta , e intuonarono Su quella quasi un funebre canto: perocché delle cose che furono nella giovinezza, e poscia per lungo tempo soggetto degli stu- dir nostri , duole altamente veder la ruina ; e non è certo senza Una ragione che la sapienza degli antichi italiani la parola stu- dium fece sinonima d'amore. Così gli ultimi saggi del pagane- simo videro con orrore e pietà cader d' ogni parte quell'antico edifizio , al quale si appoggiava la loro qual che si fosse fi- losofia. Così Gibbon cristiano, pure innamorato dell' incompo- sta macchina del politeismo dagl' indefessi studii sovr' essa , ne manifestava perfin negli scritti uno strano desiderio. Ma la mitologia , perchè conservasse fino all' età presente un' apparenza di vita , non è per questo che non fosse già morta assai prima- Era morta dacché si spensero affatto le credenze religiose , sulle quali è fondata, benché la forza dell'abitudine e delle reminiscenze , come lungo oscillare di ben pulsata campana , desse alle sue finzioni quell' attrattiva che esercita su persona desta la memoria d' un bel sogno testé fatto. Era morta e sepolta da lunga stagione quando 1' era felice *i Vedi l'epitalamio di Vincenzo Monti, che incomincia Audace scuola bo- real ecc. 139 del risorgimento la tlisotterrò dalle rovine Larbariche, quando gli esuli della Grecia ricoverati in Italia la portarono nella terra del lor rifugio , come i posteri loro a' di nostri portarono seco in esiglio il freddo cenere degli avi. E gli occhi de' nostri pa- dri , che dopo un sonno di più secoli si riaprivano alla luce delle lettere , delle scienze e dell' arti , la videro colla mera- viglia che desta la scoperta d' un tesoro nascosto , e bella della venerazione dovuta all'antichità. Era (mi si perdoni Timagine) paralìtica a' tempi d'Augusto, quando in petto a' Romani che da' Greci 1' avean tolta a pre- stito , o dirò meglio ad essi da conquistatori rapita , destar non poteva quel divoto entusiasmo che una religione avita può sola far nascere 5 quando labbri credenti avean cessato di predicarla a creduli orecchi , e derisa in segreto da que' me- desimi che ne infioravano i loro scritti , avea perduta quell' efficacia che dà alle cose narrate un mutuo consenso di fede. Quindi a Virgilio pseudo sacerdote delle divinità mitologiche, vien meno, cred' io , quando s'interna ne' lor misteri quel re- ligioso affetto, quella, dirò così, unzione di che sparge le sue mitiche nanazioui il buon Omero, verace e devoto sacerdote di quelle. Quando alla mitologia morta, come dissi, tanto tempo prima mancò perfin la grandezza del nome , quell'ombra potente che alle cose grandi sorvive ancor lunga pezza dopo la loro caduta ; il vuoto eh' ella minacciava lasciare nella poesia futura , quella gran lacuna tanto vaticinata e temuta, non comparve in ef- fetto , e la ragione si è questa, che le menti s'erano già prima avvezze al meditare , e in luogo della mitologia col corredo delle sue fantastiche imagini allettatrici de' sensi, venne a porsi la psicologia con tutti i reconditi tesori dell' anima. Molti ed illustri esempii di questa felice metamorfosi mi sarebbe agevole addurre tolti dalla nostra e dalle straniere letterature : ma sic- come alcuni versi alla Luna formano il soggetto di quest' arti- colo , dalla luna stessa io trarrò unicamente l'esempio. Dacché questo fido satellite s'aggira variabile intorno alla terra, dac- ché uomini vigilanti e meditabondi , e dotati di un delicato sentire la van contemplando , d' innumerevoli poesie la luna 140 fu tema : pur questo tema non è paranco esaurito ,"" e fa tut-. tavia presentemente le delizie di alcuni nobili ingegni. Usi gli antichi poeti a tutto vestire d' imagini , a parlare alla fantasia più che all' intelletto ed al cuore , immedesimando colla figlia di Latona 11 dolce astro della notte, di tutti gli at- tributi di quella Dea l'arricchirono, ed apersero cosi alla poe- sia un vasto campo di allusioni. Così Niso , mentre sta per li- berare dall' arco la freccia , che doveva infìggersi nel tergo del Kutulo Salmone , rivolti gli occhi alla Luna , prega quella di- vinità cacciatrice , quella custode delle selve a dirigere al fis- sato scopo il suo strale : Ocyus adducto torquens bastile lacerto , Suspiciens altam Lunam, et sic voce prceatur. Tu Dea , tu praesens nostro succurrc labori Astrorum decus, et nemorum Latonia custos. Hunc sine ine turbare globum, et rege tela per auras *i. Cosi Enea visitante l'inferno, all'approssimarsi d'Ecate, che colla Luna stessa e con Diana soleva scambiarsi; cioè al tramontare che fa la Luna per dar luogo alla luce del sole, sente tremare il suolo , e ode 1' ululato de' cani, che precedon la Dea : Ecce autcm primi sub lumina solis et ortus Sub pedibus niugire solum , et juga ccepta moveri Sylvarum , visseque canes ululare per umbram , Adventante Dea *2. Pei moderni poeti la Luna non è più la triforme Dea de- gli antichi. Ella perdette il suo carro guidato da cavalle o da *l Eheid Lib. IX. Dall' episodio Virgiliano di Eurialo e Niso trasse Ariosto il suo non men bello di Cloridano e Medoro (Fur. Canto XVIII ) , nel quale è notabile 1' accorgimento di scegliere frai Mori Maomettani di religione , e per- ciò avvezzi a prestar culto alla luna, questi due personaggi, affinchè l'invocazione alla luna , cbe pur imitò dal latino , posta in bocca dell' un d' essi , non fossa irragionevole e strana. *2 Ekeio. Lib. IV. All'identità della Luna con Ecate allude Dante nell'In- ferno canto X, dove Farinata predicendo al Poeta l' esiglio a cui doveva esser condannato prima cbe cinquanta lune fosser corse , dice : Ma non cinquanta volte fìa raccesa La faccia de la donna che qui regge , . . Che tu saprai quanto qucll' arte pesa. 141 cerTe : il latrato de' cani più non annunzia il suo arrivo , e quei tanti suoi predicati , che Foscolo raccolse in una famosa orazione, più non le convengono. Ma non per questo sarà mai detto, che il vero sia micidiale all'ispirazione poetica, e che la Luna spogliata di tutte coteste mitiche dovizie , altro più non rimanga agli occhi d'affettuoso contemplatore, che un corpo opaco che splende di una luce riflessa. E d'una luce as- sai più pallida e riflessa , che non risplenda in cielo , ella ri- splenderehbe ne' moderni versi , ove dalle mitologiche allusioni derivasse pur tuttavia ogni poetico lume, ove i cantori presenti non disperando di vestirla di una luce propria, e non men vi- va, le loro ispirazioni ad una fonte inesausta non attignessero: questa è la contemplazione della natura. Prova di quanto asserimmo finora siano i versi alla Luna del sig. Agostino Gagnoli , i quali senza il sussidio delle gre- che tradizioni , pur appajono ricchi di poesia pittrice ed affet- tuosa : perocché contemplando lo spettacolo d'una notte tran- quilla da mesto e placido raggio di Luna illuminata , rien- trava egli dentro di sé , e le voci del cuore e dell' anima a quella vista commossa attentamente ascoltava , siccome uomo che dal cuore e dall'anima coli' esterna natura posti a con- tatto , vuol far uscire poetiche scintille. Da questa doppia con- templazione e della natura e di se stesso, emergea poi una poesia , che Maroucelli con un vocabolo più espressivo che ben sonante, direbbe, cor-mentale. Ne sien prova i seguenti versi, che scelti qua e là noi citiamo per tutto elogio , confidando più che nella maestria nostra a farne conoscere le bellezze , nel buon gusto de' lettori a discernerle. Come tu sorgi, di pallor dipingi I nativi miei poggi, e quanto guardi Di tacita mestizia si ricopre. Tutto veggendo sconsolalo il mondo Proveggo al mio dolor 5 indi sul nudo Suolo mi getto , e gli occhi, che di pianto Rugiadosi si fanno , io mando in giro Per l'Etra, e te, placida Dea, pur seguo 142 Fra la nube die velati la faccia , E che, da lei sciogliendoti, saluti , Mentre un orlo le fai di schietto argento. Poe aere prendi , e squallida ritorna La nube , che solinga erra , e si perde. Tal io m'attristo, e dico: se de' verdi Anni così r illusion mi lascia , Andrò perduto. AUor che la pupilla Al natio fonte io giro, E sull'onda tranquilla Passar lenta ti miro , Ricordo il dì che a queste limpid' acque Venne Lide a specchiarsi , e più mi placciuc. E con sospir rammento, Che a te gli occhi volgea , E r animo contento Sul volto a lei splendea -, E s' era bella al paragon d' ognuna , Tu ancor più bella la rendevi , o Luna. I seguenti mi parvero segnati d' un' impronta Foscoliana. Stan sulla terra altissimi silenzii , E per r interminabile quiete Corre della mia fiera alma il tumulto. Nel dolce sonno di natura io solo In pianto veglio ? e queste cran le notti Che sperai nella bella alba di vita ? Ah ! che allegrezza di tranquilla sera Ove amor più eloquente ne {livella In cor per sempre ho morta. A me la speme Fu come astro fallace , che nel cielo Lascia dopo di sé lucida riga. Che neir azzurro tacita si perde. Pur un alletto , una speranza è forte 143 Necessitade , ed io la sento; e chieggo ^ Alto gridando disperatamente Una gioja , ma invano; che natura Al dolor non provvede , e meco piango Di nostra infelicissima famiglia. Ma tu , o Luna , mi giovi , e benedico Alla dolcezza di tua luce queta Che di pace ragiona e di memorie Al giovinetto infortunato , e splende A sua casa paterna. Un altro canto alla Luna , e questo inedito , ne comunicò cortesemente il eh. autore; e noi credendo far cosa grata ai lettori, ci facciam lecito di qui pubblicarlo. Alla Luna *. Oh come entra solinga Per le tacite vie del firmamento La luna, e par che tinga La nuvoletta di pallido argento ! Oh come in terra dal suo queto albore Sparge una mesta voluttà d' amore ! O de' cieli seconda E prima della sera meraviglia, Regina vereconda Alla bella degli astri aurea famiglia. Passi nell'alma che di te non tace, La tua santa dolcezza, e la tua pace. In su la notte bruna Hanno le stelle poca luce e stanca : Ma la candida luna L' immensità dell' universo imbianca : Mostra la terra, come pria distinta, E in più mite color tutta dipinta. * Imitazione da Her^cy. 144 Pura pura discende Melanconica luce alla collina , E giù leve si stende Alla valletta per l'erbosa china, Le foreste rischiara erme e segrete, E argenta le marine onde quiete. Per entro le serene D' un bellissimo aprii notti tranquille Chi non guarda a Selene ? È il paradiso di mortai pupille, O ne segni un sentier di mezzo ai prati, O ne guidi ne' boschi amoreggiati. Sempre dolce soccorre Al peregrin che su la poppa canta , Mentre impavido corre • Di volubile mar onda cotanta, E pietoso ripensa il suol natio ,• Ove disse alla sua vergine addio. Oh ! piena di contento Età mia prima, quando solo in riva Stetti d' oceano , e lento Vidi il flutto che al monte si moriva ! Ivan l'acque perdute in lontananza, E degli astri si fean specchio alla danza. Dell' etra tuttoquanto Ingemmava il zaffiro , e senza velo Lenta la luna intanto Per la muta salia vòlta del cielo, E vagheggiarsi più che mai ridente Amava nell' azzurra onda lucente. Ganzon , alma seduta Troverai sulla berica pendice *i , Che d' un inno saluta La notturna d' amore ispiratrice : Dille che bella come luna, e onesta E colei che la mia vita fa mesta. '"i Jacopo Cabiìine». 145 A giustificare il paragone che da noi si fece tra la mitolo- gica e la psicologica poesia , niente a parer nostro è più ac- concio del confronto che può istituire il lettore frali' ode safjfica tradotta dal greco , e gli altri versi tutti originali di questa breve raccolta. La prima abbonda d' imagini. L'eburneo trono, le vergini stelle, il candido cocchio, i bianchi cavalli, e si- mili luoghi comuni della greca poesia son tutti colori sensibili, fatti (mi si passi la frase) per materializzare il peusitìro. Ora s' ascolti il Gagnoli : Mestizia alla sventura iSai che si fa dolcezza : Ferma, e la tua tristezza Tutta mi versa in cor. Tu non n»' ascolti , ornai Tramonti , e dir mi sembri Co' moribondi ral , Gli' io pur tramonterò. Ah! tjual tu adesso, in breve Tramonterà mia stella, Tu sorgerai più bella , Io più non sorgerò. Questo può dirsi uno spiritualizzar la materia. Quale dei due sia il più nobile, il vero fine della poesia , lascio giudi- carne al lettore. Non dissimuleremo per altro che il pensiero di paragonar la morte dell' uomo al tramonto degli astri , è Catulliano: e chi noi sa? ma dalla nuova e gentil forma dell' incastonatura, questa gemma antica acquista novello splendore. Lodando l'impasto dello stile e del verso, l'amore dell' arie c'ingiunge di annotare al Ch. Autore quelle poche cose che ne parvero mende , e oftesero il nostro gusto, il quale però non presumiamo della benché menoma autorità rivestito. A pag. 5 leggiamo i seguenti versi : Nella mano dimentica Tu r arpa le inargenta . E tosto udrai che all' aerw Un' .Trmonia lamenta. IO 146 Questo verbo lamentare non appai- bene se sia attivo n neu- tro , se regga il sostantivo armonia , o ne venga retto. Coraun- ane sia di ciò, V armonia che lamenta all' aere j o che vien lamentata , ne pajono locuzioni oscure e viziose *i. L' ultima stanza della canzone inedita dice cosi : Canzon , alma seduta Troverai sulla berica pendice , Che d.' un inno saluta La notturna d' amore ispiratrice. Le voci alma, anima, spirito, allor soltanto dovrebbero im- piegarsi a significar tutto l'uomo, quando all'uomo stesso dar si vuole un qualche attributo che dell' anima sia proprio e particolare. Così a lodar taluno di gentilezza, spirto gentile, ad accusarlo di codardia, alma codai'da, a rampognarlo d'ava- ilzia, anima avara il chiamiamo; perchè la gentilezza , la co- dardia, l'avarizia, all'anima appartengonsi , e non al corpo. Non così dell' azion del sedere che è cosa tutta del corpo, né r anima v' ha parte se non col muovere ed atteggiare i membri in forza dell' impero che eserce su quelli. Nelle nostre ingenue osservazioni possa 1' autore scorgere un pegno della stima che abbiamo di lui concepita, e ricordarsi che il biasimo fra certi limiti costretto è quell'aromato che preserva la lode dalla nau- sea , e dal puzzo dell' adulazione. Ci gode r animo nello intendere dal signor Cagnoli medesi- mo , eh' egli ad un nuovo e più importante genere di poesia si accinge a consecrar le sue veglie. E se i nostri conforti hanno qualche efficacia presso di lui , noi lo esortiamo a mettei-si a- lacremente sul quantunque arduo sentiero , aiisiosi quali siam noi di segnare con altri scritti simili a questo ogni beli' orma che nella sua nuova carriera egli sia per istampare. *i Non è qui fuor di luogo I' osservare come sia divenuto «m vezzo de' mo- derni scrittori italinni , principalmente de' poeti , il far neutri que' verbi die dovrebbero esser neutri passivi. C. Hf. 147 Trascriviamo qui una lettera di Cesare Arici al nostro Au- tore, la quale crediamo non indegna de' lettori , sia per esser questa un documento di amorevolezza esemplare fra letterati , e di rara modestia d' uom letterato , sia per alcune cose nota- bili che ne par contenere. Lkttera di Cesare Arici ad Agostino Cagnoli-Reggio. Mio preg.° Signore Bre&cia i8 ghn i834. Dopo molta aggirata di viaggi e di villeggiatura con la mia famiglia, sono tornato in città, e trovo con altre lettere in casa la veneratissima vostra scrittami sino dagli ultimi di 8bre : alla quale, sebben tardi, rispondo oggi. Scusimi appo voi , preg." signore, l'assenza di città, e mi sciolga dal sospetto di scor- tesìa e di poca creanza. Dalle care espressioni vostre argomento molta e specchiata gentilezza, e tenendomi per meritato tutto ciò che tiene a be- nevolenza e comune attenzione a'baoui sludi, rimandovi indietro tutto quello che io non merito, né meriterò giammai* l'eccel- lenza di scrittore. Questa gloria non V lio amata quando erami tra i possibili di conseguirla: orane ho persa la speranza e la voglia fin anco : e mi basta il compiacere qualche volta a me stesso , scrivendo alia mia maniera , che non è affatto più della età che viviamo. Questi inni supposti tradotti dal testo di Bachilide ( slimo che v' intendiate di quelli ) , li scrissi più per istudio che j)«;r ispirazione , e per tener dietro ai modi di un celebrato mio collega dell'istituto italiano: Dionigi Strocchì. Sonosi allora stampati in Brescia; ma né io, né altri li possiede. La scuola romantica ne ha acquistati gli esemplari , ed ha fatto quello che giudiziosamente era solito fare nel suo compleanno 1' egregio Puliiiano di Marziale : furono tutti Wuciati. A ogni modo ai 148 pensa in Padova a un'edizione coinplela delle cos«w mie, nella quale vorrò si comprendano anco quelle greclie contrattazioni, < (] io allora ve ne manderò una copia. Se mai qualche cosa io valgo qui nel mio paese, ricorda- tevi dell'attenzione mia, e della servitù che intera vi profe- risco, ed amate L'Afr.'»° V.'" S." Cesare Arici Feux foUets — Par Leon Menabrea (*). Già sta per gocciolarne sul capo, o lettori prestantissimi, l'anno trentesimo settimo di quel secolo decimonono che al suo apparire proclamò il regno della realtà, e stranamente si battezzava dandosi nome di secolo positivo. Il nuovo nome fece fortuna , perchè i nomi stanno alle cose come la maschera al volto del bipede umano, ed il volgo credendo che quel nome valesse a designar cose nuove, plaudì e sperò, come l'imberbe giovane sogna felicità , e giura amore al dominò incognito, cui una bionda perrucca, ed un viso di cera copre il crine bian- castro e la faccia aggrinzata. Portentoso fu il prestigio di quel nome, attalchè chiunque volle vestirsi agli occhi altrui di sa- pienza, o mercar pregio di assennato, o esercitare sull'opinione degli uomini una qualche influenza , predicò se stesso per alta- mente positivo. E le scienze , e le lettere , e le arti , e la mo- rale perfino, tutto soggiacque al prepotente dominio dell' invalso andazzo, ed il valor positivo, o l'utile materiale fu la pietra di paragone che servì a giudicare ogni cosa, ogni disciplina , (*) Sì vendono [irckso i lil»iai Bocca e Reycend. 149 ogni azione. Cosi la sentenza del disperante Bruto, che nel sot- trarsi eoa volontaria morte allo spettacolo della patria caduta, esclamava : o virtù , non sei tu dunque che un nome vano ! quella malaugurata sentenza vediamo oggi salita in onore , e ripetuta da tanti che pur non son Bruti. In tal condizione di cose con qual fronte mi farò io ad in- trattenervi, o lettori umanissimi, di un libro che porta per titolo Fuochi fatui? E non è già ch'io creda che l'infido ba- gliore di certe labili meteore abbia perduto presso i riveriti signori contemporanei 1' incanto antico 5 ma dire tondo tondo questi son fuochi fatui , e consigliare di correrci dietro , e pro- mettere ad un tempo che non sarà per fallire 1' idolato torna- conto, ella è impresa da spaventare il più ardimentoso fra i campioni della periodica letteratura. Eppure ove piaccia al cortese lettore di librare nel suo senno il candido consiglio che a lui sto per dare , fors' egli avviserà che paradosso ei non è quanto a prima giunta sembrare potrebbe. E polche r utile è pur sempre la corda che egli è mestieri far vibrare, qualunque sia il tuono della musica che si suona, chi fia che nieghi emergere in fatti un' utilità positiva dall' alto per cui si fugge ad un danno sovrastante ? Ora se come addi- viene talvolta si può cambiare una realtà che stomaca, ed ac- cora con una qualche finzione che lusinga e conforta , forse il cambio non sarà tutto di guadagno? Una tal considerazione dovrebbe scemare l'altero disdegno di molli , che avvoltolati sino agli occhi nelle misere bisogne del mondo positivo , non sanno patire che chi trova in esse amarezza o fastidio rifuggasi a cercare un compenso di dolce fra gli effimeri fantasmi del mondo ideale. Egli è pur bello quel mondo ideale che ciascuno può fare a piacimento irradialo da eterna aurora , dove si spazia libero e felice senza inciampo di dogane o polizie , ove le rose non ascondono maligne spine, e .l'ottimismo può regnare asso- luto senza che il mal genio della realtà opponga a' suoi desi- deri r Irrcvocabil V^eto, lo amo il mondo ideale, ed amo i fuo- chi fatui del slg. Menabrea , che son vaghe creazioni di uua lecouda e calda fantasia ; e più gli amo pensando a molti fuochi cjie non son fatui purtroppo, come le cruzioal di quel \esuviu 150 che minaccia talora la bella Partenope , 1 nefandi incendi che disertan la misera Spagna, quei tonanti fuochi di fila, di bat- taglione, e di divisione per cui la terra si copre di cadaveri. Cinque sono le novelle, o racconti che sotto il modesto titolo ci presenta l'autore, dei quali comechè scritti sotto l'impero d'una diversa inspirazione, noi non ci faremo a giudicare col- lettivamente. — Diremo soltanto alcuna cosa sopra il primo e l'ultimo di essi, a ciò consigliati non da ìnstituito paragone coi rimanenti , ma dal sembrarne che 1' indole dello scrittore maggiormente in quelli si riveli, ed apparisca*, e tralascieremo anche di dare ai lettori il sunto degli eventi nei medesimi descritti, perchè gran parte della vita e dell'interesse che spi- rano sta nei colori di che li vestiva l'autore, ed il portare lo scalpello anatomico nei parti dell'immaginazione, è forse il peg- gior modo di farli conoscere. La novella prima porta per titolo 1' Organo di s. Giorgio : una chiesa gotica che l'autore fedelmente dipinge, il magico effetto di una soave armonia sopra un' immensa folla accorrente al tempio, un qualche rapido sguardo sull'età cui si riferisce l'azione, ne costituiscono le parte descrittiva. In essa il signor Menabrea fece prova di molta maestria nel tentar di risuscitare in noi le impressioni che dovean produrre sugli animi una for- ma di culto altramente solenne , ed il suono nuovo in allora di un maraviglioso stromento, che esercita tuttora sugli incalliti sensi nostri un sì possente incanto. E quando a notte buia egli introduce il giovane protagonista del suo racconto in quella chiesa spintovi da affetti e speranze terrene, il mistico terrore che invade il suo core in tumulto fra tanto silenzio ed oscurità, in mezzo alle larve che un' immaginazione fortemente scossa , e le credenze del tempo gli presentano, quel terrore vago ed indefinito si comunica a chi legge, ed è principalmente in queste pagine che riverbera assai vivo il potente genio di Ofinan. Alla parte drammatica porge argomento una creatura bella, misteriosa, infelice, per cui ardono d' amore un dabben gio- vane, ed un tristo uomo. La pura e fantastica passione dell'uno in lotta con quella dell'altro, brutale per lo scopo, scellerata pel carattere di chi la nutre, dà luogo a scene fra le quali Taf- 151 fetto e l'azione progrecllscono vivi e concitati del paro. L'atro- cità della catastrofe con cui termina la narrazione viea diminuita dallo scampo schiuso alla candida coppia dei travagliati amanti, che un perverso rivale tentò indarno, e con danno proprio di sacrificare al satanico suo talento. Foi'se male non s'apporrebbe chi volendo indicare la fonte di alcune inspirazioni in questa novella consegnate , designasse alcuni capitoli del romanzo di Victor Hugo, intitolato Notra Dame de Paris , e qualcuno fra i Coiitcs fanLasqiies di Ofnian 5 ma è giusto il dire , che se alcune rare volte l'imitazione s'appalesa, di plagio pure nou v' ha orma. ^ Un'altra musa agitava l'autore quando egli scrisse l'ultimo de' suoi racconti che vien sotto il nome di Coclite, ed è l'Iro- nia: quella che dettava a Lord Byron T incomparabile suo Don Juan , e che vorremmo chiamare la musa per eccellenza del secol nostro: quella. che allorquando l'onesta indignazione stanca di fulminare impotenti anatemi sui vizi, e sulle stranezze degli uomini si tace , a lei sotteutra per riprovarli coli' amaro suo ghigno, e li assale col mordente sarcasmo. L' orditura di questa novella è pressoché un nulla; lo scriltore non si propose di esporci un' accozzamento di casi stretti in nodo, per poscia pre- sentarcene lo sviluppo e Io scioglimento. Egli s' avventura iu alcune vicende con un mariuolo di scolaruccìo orbo d' un oc- chio , d'onde il nome di Coclite, e procedendo senza scopo prefisso, toglie dal menomo incidente occasione per entrare in ogni soggetto, ed andare, come dice il buon Passeronl Alla brigata rivedendo il pelo. Quindi la narrazione è sovente interrotta ora da una discus- sione che egli stabilisce col lettore, ora da riflessioni filosofiche suggeritegli dalle cose , il cui nome trovasi come per caso sotto la sua penna , ed ora da un arguto motteggio con che iri-ide le umane follie. Arduo sentiero imprese a battere l' autore , perchè egli è difficile, visto la copia di transizioni che un tal genere di com- ponimenti richiede , il trovarne sempre delle spont:iaee e felici, 152 e rlove esse putaiio alquanto del lambiccato, o non siano uiae- strevolmente condotte, il lettore facilmente si stanca e infasti- disce. Il quale scoglio fu per lo più felicemente sfuggito dal sig. Meuabrea , e se talvolta accade che per un troppo lungo divagare dal soggetto non riesca subito a chi legge di racapezzare il filo delle prime idee, molti pregi di sostanza e di forma lar- gamente ricomprano quel leggiero difetto. Forse potrà chiederci taluno a qual genere di letteratura appartengano questi racconti, o di quale scuola si mostri di- scepolo l'autore; e noi, guardando al complesso del libro, volen- tieri risponderemo, di nessuna. Li assiomi dei diversi sistemi, i precetti delle varie scuole che insegnano il comporre , trattan- dosi di lavori d' immaginazione , sono indigesta pastura , buona a ruminare per chi non avendo in sé alcuna favilla del fuoco sacro, vuol pure intromettersi fra i sacerdoti delle muse. Ma quegli cui un raggio della fiamma celeste feconda l'anima e. la mente, colui prenda consiglio da se stesso, perchè qualunque volta vorrassi imporre al genio il giogo dei sistemi , e delle scuole , ei produrrà pur sempre reffetto d' uno spegnitoio calato sui divampanti stami di una splendida face. 1)1 CARLO MARENGO Questa Tragedia felicemente rappresentata per la prima volta l'anno scorso sulle scene del teatro d'Angennes, vicu d'essere pubblicata colle stampe onde fare di sé il secondo e decisivo sperimento. Per ora noi astenendoci dal dissertare sul merito del poema , stimiamo di far cosa grata ai nostri lettori coll'of- 153 ferir loro due composizioni liriche che in essa ban luogo e che nella rappresentazione furono omesse. La prima è romanza cantata da uno dei Trovatori di Man- fredi , la seconda è un coro di guerrieri Siciliani. 1. De' Saracen ricovero , A tue profane mura Giunse , o Luceria , il Principe Nei di della sventura. Con pochi amici profugo, Dalla sua reggia in bando, Avea del padre il brando Per tutta eredità. « O d' Ismael progenie , » Di Federico il figlio » A te tae vien per gì' ispidi » Sentier del mesto esiglio » (Gridò), fuggendo un perfido » Rigor d' avversa sorte, » E cerca alle tue porte M Asilo e fedeltà. Palpila il cor d' ogni Arabo Al riverito nome. Splendea la luna. Eì slacciasi L' elmo , e le bionde chiome Diffuse all' aura ondeggiano. Dal gentil volto un raggio Spira , che chiede omaggio , Che ravvisar lo fa. « Le porte al Prence schiudansì. » Ahi , n' ha le chiavi un fello ! » Sotto la soglia scorrere » Mira un uniìl ruscello. 154 » Le auguste membra credere » Non temi a varco indegno ? » Osa. Dal limo al regno » Altri salito è già. » Ei dal destrier lanciatosi. Già si prostrava al suolo. » Come il figliuol dell' aquila , » Cui sol s' addice il volo , » Quasi un osceno rettile » Strisciar vedrem pel clivo, » E dal fangoso rivo » Al trono ei salirà ? » Di mille urtanti all' impeto Discardinate, e infrante Le gravi porte cadono All' esule davante. In faccia a lui già piegasi Ogni ginocchio altero. Già del conteso impero Coglie r eredità. 2. coito Pugliesi all' armi ! Dal Calabro adusto Al duro Apruzio sorgete, sorgete, Se al Danno , al Marso , al Lucano vetusto Non tralignata progenie pur siete. Squillò la tromba, L' estranio è per via. Quei, ch'oltre i monti natura locò, Ha fastidita la terra natia. La nostra terra bramoso guatò. Torbida è fatta la Senna e 1' O'isc , Voi che agognate a' lavacri del Liri ? In cor de' Franchi natura non mise Dolce un pensier , eh' alla patria sospiri ? 155 Quei, che vi trasse a viaggi remoti, Un' altra patria promessa qui v' ha ? Illusi ! A stento fia patria a' nepoti , Ma esiglio a voi, che nasceste colà. Ha questa gioia ogni popolo oppresso , Che r oppressor, che da lunge è venuto , Mal puossi , e tardi , confonder con esso , Né obblia sì tosto il suo nido perduto. Dei vinti abborre le usanze, il linguaggio. Linguaggio, e usanze pur vincer non puoL Han r alma i vinti. De' corpi 1' oltraggio Non giunge all' alma, se 1' alma non vuol. E sotto un cielo , sovresso una terra , Dove natura fa nascer fratelli , Vivon rinascon due popoli in guerra , Ben eh' uno asconda gli spirti rubelli. ' - Ambo in disparte nel proprio idioma Parlan parole di mutuo livor. Gli scevra il sangue. L' etade noi doma. Chi son que' popoli ? Oppresso , e oppressor. Oh ! duri eterna co' nuovi tiranni , Se vinceran, la discordia primiera , E non sien qui , dopo cento e cent' anni , Fuor che stranieri su terra straniera. La pazienza de' fiacchi tal sia , Che sempre i forti costringa a temer: Né degli oppressi 1' assenso mai dia Nome di dritto a un feroce poter. Se vìnceranno ! . . . Dal Calabro adusto Al duro Apruzio sorgiamo , sorgiamo , Al Dauno , al Marso, al Lucano vetusto Se non degenere prole pur siamo. Squillò la tromba. L' estranio è per via. Quei , eh' oltre i monti natura locò , Ha fastidita la terra natia , La nostra terra bramoso stiatù. 156 Pugliesi air armi ! De' Cesari il figlio Alla battaglia , al trionfo v' invita. E fia , se chiama a respinger il Giglio , Ch' a voi sua voce non suoni gradita ? Quand' ei gridovvi : « De' prodi è la terra , » A un veglio imbelle sdegnate servir , Voi qui sorgeste terribili in guerra , Di queir imbelle le torme sparir. Or vuota è Apulia , oppur terra di morti, Ch' aver la dén que' oh' altrove son nati ? Quando saranno da estrane coorti Le nostre stanze , e i bei campi occupati , Che giova a noi, che la terra sia vasta ? Noi cinge intorno ed incarcera il mar. Natura istessa il fuggir ne contrasta. Poco è il combatter. Convien trionfar. Come la tigre difende il covile, Resa più fiera dal rischio de' figli , Tal vuoisi a noi contro 1' impeto ostile Truce un valor, eh' alla rabbia somigli. Qual chi propugna 1' asilo supremo Del Liri il passo n' è forza guardar. In Cepperano se vinti saremo , Dove n' andremo? Convien trionfar. O tu natura , eh' a Italia cingesti De' tre suoi mari riparo e corona, Perchè la cerchia dell'alpi non festi Insuperata da gente predona? Inutil siepe di monti compose Forse al Britanno tua provvida man ? Dall' orbe intero 1' ha svelto. Gli pose Custode eterno il gran padre ocean. Hegna egli sol nel suo nido inaccesso^ Le avare genti lo guatano invano. Scevro da tutte, non languono in esso L' aspre virtù del sqlingo isolano. 157 Fòrs' è Brìtania il giardìn di natura ? Ma il tuo giardino, rammentalo, è qui. Più bello il raggio del sole , più pura L' aura vi festi , e lo guardi così ? Pugliesi all' armi! De' Cesari il figlio Ha dispiegata la sveva bandiera ; Air abborrito stendardo del Giglio Oppon gl'artigli dell'Aquila nera. I verdi panni , le gemme depose : Le belle membra di ferro gravò. Colla visiera le luci amorose , Le bionde cbiome coli' elmo celò. Nou è Manfredi più quel che solca Fra le delizie di corte bandita, Quando alla cetra soave stendea II magistero dell' agili dita. Non son dolcezze di siculi carmi , Ch' or dal suo labbro s' udranno volar : Ma fere voci , che suonan frali' armi , Voci di duce, che invita a pugnar. Sicule donne , non sempre fia spento , Ben eh' oggi taccia, quel canto diletto, Ritornerà dopo il vinto cimento Manfredi agli ozi del plettro negletto. Non più la molle romanza d' amore Allor fia tema al regal Trovator. Canterà Italia , il nemico furore , E la virtù , che prevalse al furor. Voi, che l'udrete, insegnatela ai figli, Sicule donne , la nobil canzone : Ed ora a correr fra gli ardui perigli, Siate ai mariti non freno , ma sprone. Se non volete davanti orgogliosa Veder passarvi francese beltà , Oggi, lor dite , non ama la sposa Chi cinge un brando, e al suo fianco si sta. 15S Obbrobrio, obbrobrio a chiunque un vessillo Vide spiegarsi , e sott' esso non corse : E a chi invitato da bellico squillo , Soccorritor della patria non sorse : E a chi vlltade , o perfidia nel petto Della battaglia covando nel dì , Dell' inimico non resse all' aspetto, Ma svergognato dal campo fuggì. Straniero oltraggio il suo talamo impronte , E lui contristi una prole rubella. Vindice fama scolpiscagli in fronte Quell'anatema, cui niuno cancella. L' esecri Italia , il Francese lo spregi. Fin che non pera ogni senso gentil , Ovunque fede e valore si pregi , Viva r infamia dovuta a quel vii. Gian Siiofi.' e'K'Oeiico oA-icfitei Federico Richter , soprannomit»ato Gian Paolo , nacque in Munsiedel , piccola città della Baviera, visse casalingo ed in mediocre fortuna, e morì nel 60. '"° anno dell'età sua. Le sue opere principali disposte secondo 1' ordine cronologico sono le seguenti : I processi Groenlandesi iy83 Scelta nelle carte del diavolo 1^88 La loggia invisibile '793 Espero '79^ Vita di Quinto Fixleiu '79^ Le Palingenesie , '79^ Titano 1800 Estetica 1 8o4 Levana libro delle madri 1807 La Cometa iBao Selìna iB-ij 159 « Ciascuna terra ebbe un compenso per le interpretazione *i Lettre àM.r Quatr£mére meinbre de l'Institut sur une inscription Latine- Phénicienne tronvce à Leptis, Journal Asiatique i83G. 172 che avrebbe dovuto uscire dal cervello del Ricardi, cui questo torchio verrebbe a pelo per quella certa uva che ha data a conservare ad Ercole condottiere ^ dichiarando 1' iscrizione di Malta. Ma l'y^m che neW augurale Suffetis trova indicato il Praetoriurn di un campo romano , fa che le parole Fenicie cor-' rispondano alle latine , traducendole per Locus Ducis Romae excelsae, ed ha così il inerito di spiegare 1' una iscrizione col- r altra, che in un monumento bilingue è certamente il metodo più probabile di scoprire la verità. Se non che il Ricardi pensa diversamente, non già per rispetto a questo monumento, sul quale non appare ancora che egli abbia pronunziata la sua sen- tenza finale j ma; nella sua lettura e spiegazione delle monete , ed iscrizioni riferite in un saggio accademico del cav. Alberto della Marmora *i. Fra le monete di cui parla il bel lavoro del cav. della Marmora , e di cui si danno gli impronti in due tavole , ve n' hanno alcune con iscrizioni Fenicio -Latine , ed una con leggenda Greco-Fenicia. Si direbbe a prima giunta che il greco ed il latino debbono essere di un grande aiuto nello sciferare la parte Fenicia delle leggende, e che il Bartlièlenij, vedendo fatta menzione della dea di Sidone nel greco, leggesse a buon dritto LSDNM, ovvero Sidoniorum, nelle cinque lettere inferiori , tanto più che la loro forma vi si adatta maraviglio- samente. Parimente trovando INS. AVG. dalla parte destra di altre leggende; parrebbe che il cav. della Marmora, seguendo il Barthélemy , avesse ragione di leggere Al , cioè insula ^ nelle prime lettere Fenicie della parte sinistra. Ma ciò non cura il Ricardi ^ il quale tutto devoto come egli è agli Dei Cabiri, ( che per verità si veggono stampati col martello in mano su gran parte di queste monete ) trova dappertutto la parola CABIR , o CBR , senza badare al solito , se la forma delle lettere lo con- senta , e se sia la stessa , o almeno somigliante in tutti i casi. E con questo chiodo fitto in capo procede a riferire trentotto testimonianze di autori Greci, e soprattutto di Proclo j toglien- dole dalla Collection of Chaldean Oracles pubblicata nel Clas- *i Saggio sopra alcune monete Fenicie delle Isole Baleari. Mem. della R. Àccad. di Torino Toni. XXXVIII. pag. 107. 175 sìcal Journal for June i8i8 , e dandone egli stesso una versione che umilmente asserisce essere esattissima a preferenza di qua- lunque altra già fattane j cosa che, secondo il Fabricio , è di non lieve momento. Chi volesse sapere come queste testimo- nianze confermino la trasformazione delle accennate lettere Fenicie in CABIR , ricorra all' opuscolo del nostro autore , e vedrà che i Caldei in orìgine furono adoratori dell' unico Dioj cioè della Triade da essi chiamata Mente Paterna delle tre intelligenze j Vuna dalle altre distinta, cosa che noi siamo lon- tani dal voler mettere in dubbio, ma che ci sembra utile a far distinguere VJleph dal Thau nelle scritture Fenicie, quanto è atta a dar la chiave dei monumenti del Messico. — Tuttavia si vuol confessare che messer Francesco, fu Carlo, ha un inge- gno fervido , ed una mente acuta e profonda , e se dopo aver vedute queste opinioni religiose dei Caldei, dalle quali egli ar- gomenta che i Cartaginesi erano ortodossi, non fosse troppo grave peccato il credere alla Metempsicosi, diremo che tutta l'anima del buon padre Kircher si è in lui travasata, cotanto egli è sagace nello scoprire sensi reconditi in un picciol sim- bolo , e in poche letteruzze. — Abbiamo già detto qual uso il nostro archeologo faccia di quell'animale in cui trova congiunte le due nature di agnello e di somaro, riferiremo adesso fra le sue maravigliose rivelazioni di questo genere la dichiara- zione di una delle monete Baleariche , che egli dà cattedrati- camente in queste parole = Caput hominis pileatum j et for- ceps. — Postica. — Porcus supra et infra lettera D — Expl. — Suh gubernatore sapiente valde floret agricultura. :=: Dopo questo più non rimane se non ad inarcar le ciglia, e ad am- mirare in silenzio una mente così vasta e così piena di arcana dottrina. — Dagli oracoli e dai sogni del Ricardi torniamo , per ricrear 1' animo , e per ben augurare fra noi degli studi di Paleografia Orientale j, alla lettera dell'abate Arri, là dove ci annunzia un suo lavoro sui tenipj degli antichi degli adoratori astri; e senza fermarci su ciascuna delle osservazioni di lui intorno all'interpretazione di alcune espressioni bibliche data dal Gesenius nel suo dizionario ebraico , accenneremo soltanto che l'opinione che egli manifesta sui SVCCOTH BENOTH , con- 174 corda appieno con quella del dottissimo Parkhurst, autore del più stimato lessico ebraico ed inglese senza punti , il quale ci- tando pure Erodato, cosi si esprime: è oramai fuor di dubbio che cotesti Succoth erano tabernacoli frequentati da fanciulle , che si davano alla prostituzione in onore della dea Babilonese Mjlitta ; opinione che troviamo eziandio seguita dal Taylor, dissenziente in questo dal Calmet , del cui dizionario biblico ha data un' edizione compendiata in inglese. Sarebbe qui da parlarsi della dissertazione latina dello stesso jirri sopra alcune monete degli Abbasidi , ed altri monumenti Arabo-Cufici *i , nella illustrazione dei quali egli dà novelle prove di sana critica , e di non comune dottrina 5 nia il timore di esserci già troppo dilungati su di un soggetto poco grato al comune dei lettori , fa che ci asterremo affatto dal toccare que- sta materia. Gonchiuderemo quindi rallegrandoci colla patria nostra nel vedere, che mentre gli studi orientali fioriscono ma- ravigliosamente in Francia , ed hanno molti celebrali coltiva- tori nella Germania, e nella Gran Brettagna ^ non manchi presso noi chi segua le illustri pedate dei Valperga-Caluso , dei Derossi, e àoi Pejron ^ e dia fondate speranze di esserne fe- lice emulatore. Questo intanto sappiamo di certo che il modo con cui \Arri mette innanzi le sue congetture, e il raziocinio, e le autorità cui le viene appoggiando , non armeranno mai il padre della letteratura Araba in Europa il sig. Silvestro de Sacy ^ di quella sferza magistrale con che dovette correggere un giovane profes- sore d'Arabo Siciliano j il quale colle arrischiate sue produzioni meritò d' essere rimproverato di leggerezza, e rimandato a pren- der posto fra gli scolari. *2. *r Mera, della R. Accad. di Torino. Tom. XXXIX. pag. 38. "a Nouveau Journal Asiatique inois d'avril ib35. 175 Belle Arti — // ClMùdUndro. V han cose nel mondo la cui magica potenza par clie rìa- neghi la materia dalla quale hanno origine, e trasporti l'uomo in un altro mondo ideale e fantastico, in cui sono oggetti ignoti la bassezza e la corruttibilità della creta mortale. — Che havvi mai in quel sentimento aereo, misterioso, inesplicabile, di cui non sappiamo render ragione, e che affascina sì mirabilmente la mente ed il cuore di chi lo prova ? Qual arcano spirito pre- siede a quei moti involontarj a quell' agitarsi di un' aura vivi- ficante e feconda di nuove idee al guizzo rapidissimo di una luce sconosciuta che ti cerca le fibre e ti chiama a sensa- zioni più energiche , a più soavi pensieri ? Più volte sarà a voi occorso nella vita di esser l'oggetto di moti siffatti. — In- noltratevi un bel mattino d'estate nella gola d'una ii-suta ed elevata montagna j salitene la cima e di là contemplate 1' a- spetto di quella natura selvaggia ed indomita 5 da qual rapi- mento non vi sentirete voi compresi, qual fremito di pia- cere inesprimibile e insieme di sublime spavento non vi scor- rerà per r animo ? Fissate gli occhi in un bel volto su cui sorridano le grazie, e che in sé unisca tutta la leggiadria delle forme le più attraenti temperate dallo sguardo dell' innocenza e della bontà, qual senso di dolcezza e d'ammirazione non vi si diffonderà per tutta la persona ? Ma donde muove mai quell' elettrica scintilla che in tal guisa vi invade, s' impadronisce di voi tutti, vi trasporta in regioni remote e sconosciute? Effetto non dissimile da quello che io ora additava , vien prodotto dalla musica. Quest'arte divina, i di cui benefici in- flussi si spandono su tutti i ceti degli uomini , e che sommi- nistra un piacere innocente, e sgombro di conseguenze funeste ad ogni cuore , che sente quest'arte che sveglia sì mirabilmente gli affetti i più teneri e soavi , e insieme più forti e sublimi , è anch' essa una delle cause di quelle straordinarie commozioni delle quali teneva discorso. Assistete ad una scenica rappiesen- 176 tazione, o udite soltanto dalle canore labbra di un gentile cantore un concento melodioso : unitevi alla geniale conversa- zione di una musicale adunanza , attendete alle voci che escono da una flebile tibia o da una romantica arpa, qual misto di voluttuoso e di malinconico non vi si insinuerà nel sangue, non verrà ad esaltarvi il pensiero ? Ora parlando della musica e dei suoi mirabili effetti , io dirò come nessuna voce , nessun instromento abbia mai in me pro- dotta una sensazione più patetica del Clavicìlindro. Quest' istro- mento, ignoto forse a moltissimi, fu composto nel principio di questo secolo daChladni, fisico e scienzato Alemanno di molta fama , e in Italia poscia unicamente fabbricato e perfezionato da Luigi Concone. Consta egli d' una maócbina a tastiera d'assai minor mole di un gravi-cembalo, con un cilindro di vetro che 6Ì fa girare per mezzo di un pedale insieme con altri ingre- dienti cbe io non nomino. Qualità essenziale di esso si è di poter prolungare il suono con tutte le gradazioni del crescendo e del diminuendo a misura cbe si aumenta o si diminuisce la pressione dei tasti. Ma la proprietà che possiede desso eminen- temente si è una tale dolcezza e soavità d'espressione che dif- ficilmente si potrebbe conseguire da un qualunque altro istro- mento. Sul Clavicilindro mal si potrebbe eseguire un pezzo come si suol dire di forza e di bravura. Ma provate a suonarvi sopra una tenera romanza , uno di quei sentimentali motivi per cui abbiamo tanto a lamentare la perdita di Vincenzo Bellini. Provate a espiimere con esso quanto la passione ha di più com- movente , quanto la malinconia ha di più simpatico e interes- sante , con nessun altro istromento voi avrete potuto produrre un più magico effetto. Vi richiama esso alle più care memo- rie, ai moti i più teneri e dolci. La lusinghevole rimembranza d'una diletta persona, i lieti sogni della prima giovinezza, i puri palpiti dell'amicizia, l'avvicendarsi della speranza e del timore, d'un utile rimorso e della serena gioia d'un benefico e candido cuore , insomma quanto v' ha di più patetico , ap- passionato e soave, questo è quanto maravigliosamente si espri- me col descritto istromento. Avv. F. Concone. 177 KuOTK PkODCZIOUI Lellura pepolari. Torino. Presio l'editor* Barora lilu-aio. La scienza è il maggior tesoro che possedano gli noailni ; ma come la ricchezza materiale di un popolo produce maggior prosperità ed agiatezza, quanto più essa è divisa fra i cittadini, così perchè il sapere sia fecondo di utili risultati , ed avvia- mento alle migliorie della civiltà, conviene che egli sia comune a tutte le classi della società , e che ad ognuno ne siano acces- sibili i frutti. Un gran fondo di dottrina diviso fra poche in- telligenze alte e privilegiate può dar nome e gloria alla nazione che le produsse : ma una massa anche minore di cognizioni generalmente diffusa fra i membri della famiglia sociale, oltre il lustro che procura, conduce al morale perfezionamento,, ed al fisico ben essere di tutti. Però fanno santa cosa coloro che imprendono a sparger nel popolo i semi della scienza, e a di- rozzare le menti dell'artigiano, del contadino, dell'operaio. In tal modo si abbellisce il presente, e si coltiva con utile certo il campo dell' avvenire. Egli è argomento di gioia il vedere gli iterati sforzi che si fanno da qualche tempo in Piemonte per lottare contro i mali dell'ignoranza, e diffondere i lumi nelle classi meno agiate. Cominciava il Pomba a pubblicare la sua Biblioteca popola- re ^ buona scelta d'ottimi libri, che per la tenuità del prezzo otteneva un mirabile smercio. Altri calcava in seguito la via aperta da lui, benemerito in ciò della patria. Il leggere non fu d'allora in poi esclusivo privilegio dei ricchL Veniva quindi in luce V Emporio delle cognizioni utili, giornale a 5 fr. l'anno, destinato a giovare ad ogni sorta di persone, molto sparso, e che vorremmo vedere diffuso ancor più, perchè pari alla no- biltà dello scopo è il senno con cui vien diretto." Ora escono 12 178 ì„ luce le Letture Popolari a cent, io il foglio. -- Q«al sia la mente degli editori di questa pubblicazione, ce lo rivelano le seguenti parole del prospetto:... se per noi il nome mode- sto ed ignoto di coloro che fanno il benefizio, e solleciti riti- rano la mano, rimarrà nella bocca deW uomo beneficato, ere- deremo ai^er fatto una cosa buona, non ignorando quanto grande impulso sia al benfare la pubblica gratitudine ^ se per noi verrà a maggiormente diffondersi l'amore del lavoro , il rispetto e V amore verso le pubbliche autorità , U santo affetto di famiglia; se V artigiano laborioso nei riposi della domenica crederà meglio collocato r obolo destinato a suoi piaceri, impiegandolo nella compera di questo foglio . anziché in quei luoghi o.e spesso la <^ioia d' un' ora viene a convertirsi neW indigenza, e nelle lacri- me d'un' intera famiglia, noi ci terremo paghi, e crederemo nel modesto circolo d'azione, in cui siamo nati, aver fatto quel poco di bene che maggiore per noi si poteva. Noi non possiamo che altamente commendare coloro che danno opera a questa pubblicazione per essere venuti m tale divisamelo, enei far plauso alla generosa impresa non cre- diarno di fare un puro atto di cortesia, ma bensì di adempire ad un sacro dovere. M. M. VAKIETA Uu articolo inserito nella seconda distribuzione di aprile del Subalpino, ove incidentemente si parlò di. alcuni uomini grandi nelle scienze militavi, de' cui nomi il Piemonte s'onora, diede luogo ad una lettera del sig. Avogadro di Quaregna nella quale egli lamenta il silenzio in cui fu lasciato il nome di un uomo illustre, e provoca la riparazione di un torto fatto alia memoria del medesimo, secondo 1' autore della lettera. Abbenchè noi ci credessimo innocenti dell'apposta colpa, perchè in quei poclii nómi non erasi inteso di compendiare le patrie glorie, ma sol- tanto di rammentarne alcune, e le più fulgide: tuttavia noi ci proponevamo, per soddisfare al pio desiderio di chi ne scrisse, di cogliere la prima occasione che si discorresse nel Giornale un qualche soggetto avente tratto alle scienze da quell'Illustre coltivate per far parola di un i^omo adorno veramente di molti ed alti pregi. Ora l'impaziente sollecitudine del signoE-^ Avogadro di Qua- ret^na e' invita a far ili pubblica ragione quella sua lettera ^ e noi per aderire alla sua brama la diamo qua fedelmente tra- scritta. ///,'"" Si-. SiiT. P. Col. Il motivo della presente che ho il pregio di diriggere alla S. V. si è un articolo testé letto dalla mia moglie, nata Rana, wA Subal/jcno , (aprile distrib. 2.*) segnato m. m., nel • quale a pag. 81 dicendosi, che il Piemonte superbisce ricordando i BcrLola, Tignola, Bozzolino , De ì'iiueiid ^ e quel D\liiloni, tee, vi si obbliò poi l'architello militare e civile Carlo Audrert 180 Raiia , gran zio paterno della medesiuia , nato in Susa ed ivi pur resosi defunto sul principio di questo secolo in età di uo- vant' anni ; stato pubblico professore di teorica e pratica nelle scuole d'artiglieria e fortificazioni, delle quali si trovava allora direttore generale il Deantoni, reggendo Bogino il Ministero di Guerra. Egli fu il primo a comporre trattati di fortifica- zione a dettarli e figurati spiegarli , conprendendovi ogni specie di casi applicabili alla diversità dei siti da fortificarsi. Ricavò dagli antichi autori più classici cinquanta e più sistemi de' quali fece li modelli in bosco coslrurre, oltre i molti che di propria invenzione produsse. Celebre tra gli altri è quello di un trofeo d'armi antiche, rappresentante una fortificazione composta di quattro archi tesi mediante le rispettive corde, moiette, e saette in atto di essere scoccate verso le loro, mire , di quattro lancie colle loro aste, punta, fiocco, puntale, e scudo di difesa, di otto scimitarre unite al suo manico col pomo e conveniente guardia, di otto altri dardi a mano e giavelotto , e di trenta- due coltelli , dei quali gli attigui manichi formano le piazze d'armi della strada coperta figurata dalla lama dei coltelli 5 li quattro turcassi che stanno rimpetto alle loro saette servendo di quartiere alla guarnigione. Di questo sistema fa menzione il Flavigni, francese, conchiudendo: et Rana est un piemontaìs *i . 11 medesimo modello venne poi inviato in Portogallo al Prin- cipe Reale del Brasile; mentre li suddetti trattati furono tra- dotti in francese dal nominato Flavignl, come in tedesco, ed in Russo dalli Rosomowschi e Gallitzin. Che il Rana (della cui scienza ereditava il di lui nipote G. B. Cav. Rana Maggior Generale nel Genio militare, passato in dicembre ultimo a miglior vita, zio di mìa moglie) fosse poi anche espertissimo nell' architettura civile, lo comprova il fa- moso tempio di Strambino da esso ideato e disegnalo. Ma a compitissimo di lui elogio, ecco le solenni parole del signor abbate Marentini dirette a nome dell'Ateneo a chi reg- geva la somma delle cose in Piemonte nel così detto anno 9.° repub. ( copia della cui lettera sta a mani della prefala mia *i Serve «-iò-Hi jnndana all' aiioiHoto narratoci dal INajiioiu'. 181 moglie e di lei sorelle), onde fare ottenere al Carlo Andrea Rana allora decrepito , una pensione dal Governo. « L' architecte Rana était professeur de Mathèraatique et de » Fortification à l'école rnilitaire d'artillerìe. Son inerite est si » grand qu'il est supérieur à tout eloge , sa reputatiou est re- » pandue par toute l'Europe et il n'est peut-étre oublie' que dans » le sein de sa patrie. Il fut l'ami et le conseiller du celebre » Deantoni, chef du ci-devant Regiinent d'artillerie. Il eut la » plus grande part dans la confection des ouvrages si justement » estimés par l'Europe scavante qui parurent sous le nom du » méme Deantoni. C'est un de ces génies en un mot dont la » Providence se plait trés-rarement de faire cadeau au monde » pour l'avancement des sciences et pour le perfectionement » de l'esprit humain. » Faccia di queste notizie riguardanti un uomo altrettanto grande quanto modesto quell' uso che stimerà, e mi creda colla più perfetta stima qual mi pregio dichiarare Suo Di'AK"'' Ohbl."" Scivhore 1' ELICK AvOGAnnO D[ QllAl',K<;i\A Prcf del R. Trib. Ì82 m(Bi^T. i. a €. SONETTO E veggio andar, anzi volare il tempo. Petr. Trionfo delra Di^'in. Entra rotando il sol nel costellato Segno del Capro ove si mutan gli anni : Quante cure e speranze e gioje e affanni Coir anno se ne van , che è rinnovato ! O tu non anco a spiegar 1' ali nato Anno novel , quali venture o danni Teco ne porti , e come andrai segnato Quand' entro al tempo raccorrai tuoi vanni ? Incerta cosi fugge ed affannosa Tra memorie e speranze e rio timore L' umana vita or lieta or travagliosa. Ma a te , gentile , non contristi il core Memoria acerba , né temenza ascosa Dell' anno che vìen fuor , di quel che muore. 185 Notizie Diverse Russia : Costumi di Lituania. La regina della fexta. — Vi esìste tuttavia nel paese di Lituania un' usanza assai rimarche- vole. Airnichè una signora possa aspirare al diritto di esser eletta a. regiria della Jesta , ella deve primieramente godere una riputazione intatta sotto ogni i-apporto , e unire alla veniLstà la dolcezza e 1' amenità. Si può eleggere questa regina dagli anni 19 compiuti sino alli 36 se dessa è maritata; e solamente fino ai 3o , se è ancora nubile. Ma in questo ultimo caso bi- sogna cb' ella sia stata chiesta almeno una volta in matrimo- nio. Quali siansi poi la condizione, le ricchezze o la stima di una donna , se in lei mancasse una sola delle condizioni pre- citate , le sarebbe impossibile di essere scelta a r'egina. Gli uo- mini soltanto della ^5fa hanno il privilegio di eleggere. Tosto scelta , la regina vien posta in una gran sedia a bracciuoli , nel mentre che varii musici suonano un' aria di trionfo. Quindi un giovane si avvicina con rispetto all' eletta , i cui piedi po- sano sovra un ricco, guanciale , si mette ginocchione a lei da- vanti, le cava la scarpa al destro piede, vi versa entro vino, e lo beve alle grida di evviva la regina , unite a colpi di fu- cile , e al suono di tamburo. Lo stesso giovane presenta poscia la destra alla l'egina , e solo con lei balla una polacca al suono della musica , nel mentre che tutti gli astanti , ginocchioni su due file , abbassano il capo ogni volta che la loro dea passa davanti ad ess.i. Dopo di averla riportata sovra il suo seggio- lone , ciascuno degli astanti a vicenda debbe compiere la ce- rimonia di imprimere un bacio sul destro piede della regina , e complimentarla sovra le di lei attrattive. Quest' usanza , per quantunque stravagante ella sembri , è tuttora vigente al nord e air est della Lituania , in Podolia , Galizia e pur anco in Po- lonia. Essa ci olire un' immagine della specie di culto che si professa generalmente in queste regioni alle donne avvenenti e virtuose (Le grand livre , i83G). 184 Bellb Arti : — Pittura murata presso gli antichi. — Dal complesso dei fatti esaminati dal sig. Letronne colla sua solita profonda sagacità, in occasione che veniva discussa una bella opera del sig. Hittorf suW architettura policroma degli antichi, ne risulta che l'uso della pittura murale storica dalla bell'epoca dell'arte ebbe principio, come pure l'esistenza di questo uso vien confermata dai più positivi fatti. In tutti i tempi, ma pre- cipuamente nelle epoche antiche, la dipintura murale fu parte essenziale delle decorazioni degli edifìzi , qualunque fossesi la loro natura e destinazione; essa formò j per dir così, il compi- mento del sistema policroma , ossia della varietà dei colori ado- perati sulla loro superficie sia internamente, che al di fuori; sistema insomma che presso i Greci e i Romani si estese a tutto, alle armi, e agli utensili, come altresì alle statue, e ai bassi rilievi, e ai monumenti dell'architettura sì religiosa, che civile e privata. Il numero dei quadri mobili, i quali non poco essi pure contribuirono all'ornamento dei monumenti, quantunque da principio comparativamente poco considei-evole, crebbe ap- poco appoco; anzi questo genere terminò per esercitare di pre- ferenza il pennello dei più celebri pittori; esso constitui la parte principale dell'arte; e la dipintura murale, sebben uon cessasse dall'essere coltivata da abili artisti, venne considerata di un genere secondario, cioè per quanto spetta alla perfe^one del lavóro. ( Letronne t lettres d'un antiquaire; — In-8.° i835). Europa- Fra>'Cia: — Congrega scienti/Ica del i836,- quarta sessione tenuta a Blois in settembre stesso anno. — Codesta adunanza che durò dicci giorni continui era composta di 21 5 membri inscritti, molti de' quali vennero d'Inghilterra, e del Belgio, e gli altri rappresentarono 2 1 dipartimenti della Francia, Era dessa divisa in sei sezioni , o classi: la prima cioè di scienze naturali : 2.° di agricoltura , industria , e commercio ; 3." di scienze mediche; 4-° di istoria, ed archeologia ; 5." letteratura, e belle arti; 6." di scienze morali , economiche e legislative. — Il sig. De Laplace , primo presidente alla Corte R. di Orleans , venne nominato a presidente dell'adunanza; ed i sig. Bergevin, de Blois , e Gaìllard de Rouen , vicepresidenti. — I signori 185 Robertou dottore in medicina ; Lair di Caco ; Desparanclie» dottore iu medicina di Blois ; De Caumont 5 Spencer Smith , exambasciadore inglese a Costantinopoli 5 e Jullien di Parigi , presedettero alle sezioni, alcune delle quali sopraccariche di lavori tenevano perfino due , ed anco tre sedute al giorno. Me- glio di ottanta quistioni diverse, di pubblica utilità, e d'inte- resse generale o locaie vennero ivi agitate , e non poche die- dero luogo a lunghi ed animati dibattimenti. — Si esaminò qual fosse il miglior partito a trarsi dei terreni comunali , che in Francia non formano meno di quattro milioni di ectari ; sino a qual segno convenisse favoreggiare o ristringere il dis- sodamento dei boschi ; qual vantaggio potrebbe ricavarsi dalla formazione di carte geologicbe di ciascuno degli 86 dipartimenti della Francia; quale sia stata l'influenza del cristianesimo sull' abolizione della schiavitù 5 quali sarebbero i più efficaci mezzi per ottenere alla fin fine la intiera abolizione dell' odiosa tratta dei negri, continuata con audacia pari alla perseveranza e mal- grado delle leggi, e dei regolamenti che la proscrivono; in qual modo potrebbesi giugnere a distruggere nelle moderne società la spaventevole piaga del pauperismo , e della mendicità ; come potrebbesi introdurre progressivamente il sistema penitenziario, e migliorare finalmente il sì difettoso regime delle prigioni in Francia. ( Il sig. De Gasparin , l' attuale ministro dell' interno, scrisse una lettera circolare ragguardevole , che dimostra tutta la di lui sollecitudine per questo ramo della sua amministra- zione ); con quali mezzi potrebbesi diminuire il numero dei trovatelli , e cosi render minore pur anco la spaventosa morta- lità che fa strage di questa classe d' individui si degni d' inte- resse , e SI infelici ; in qual modo potrebbesi utilmente modi- ficare la legge , che regola l' interesse del danaro ; con quali riforme potrebbe la pena della morte venir infine cancellata dai codici ; come dovrebbesi almeno farne uso rare volte , e sop- sopprimerla intieramente nei delitti politici; quali disposizioni sarebbero le più atte a rendere meno illegale , meno arbitraria, e meno gravosa l'imposizione l'isultante dall'alloggio militare nell'interno della Francia; come l'intiera libertà dell'insegna- mento potrebbe conciliarsi con certe guareiiligie ricliiestc, nel- 186 r interesse della morale pubblica e della società , oontro gK abusi di questa stessa libertà 5 in qual maniera la tassa uni- A'ersitaria , imposizione illegale ed immorale, dovrebbe essere abolita e surrogata da una tassa di altro genere sopra oggetti di puro lusso 5 quanto sarebbe utile che le società di carità materna, gli asili, o santuari dell'infanzia, e i luoghi di lavoro per gli orfani venissero aumentati sovra tutti i punti della Francia, quali instituti eminentemente rigeneratori-, quale sia l'influenza morale, e civilizzatrice dei inezzi di comunicazione, del buon mantenimento delle strade , delle vie vicinali nelle campagne , dei marciapiedi a larghe pietre nelle città, dei bat- telli , e delle vetture a vapore, e delle strade a rotaje di ferro, e quanto debbasi sollecitare la pubblica amministrazione, ed ella stessa stimolare rispetto a queste cose le autorità locali, e i semplici privati 5 quali sono le cause più attive dell' attuai so- ciale immoralità, i cui progressi evidenti affliggono T uma- nità, e in qual modo vi si potrebbe rimediare, o almeno attenuare la forza di codeste cause troppo attive 5 quali conse- guenze derivino dall' industrialismo letterario , che imprime oggigiorno a gran parte della stampa, e specialmente a quella periodica un cai-attere mercenario e venale , affatto contrario al nobile spirito d' independenza e di disinteresse che dovrebbe guidare il vero letterato ; quanti vantaggi potrebbero arrecare le società stabilite nei nostri dipartimenti alla foggia di quella che havvi a Parigi pel sollievo dei giovani rilasciati dalle car- ceri; quanto sia urgente di correggere i difetti attuali del nostro regime ipotecario \ quali effetti sortano dalla grande divisione dei terreni, e sino a qual punto possa essa, nell'interesse ptib- bllco, venir incoraggita, o rallentata dai legislatori \ sino a qual segno la venalità di certe cariche, degli agenti di cambio, notai, procuratori, ecc. può offrire guarenzie reali e necessarie alla so- cietà, ovvero essere abusiva e immorale, ecc. ecc. Coteste impor- tanti quistioni, e molte altre ancora, che vennero agitate dall' adunanza, diedero luogo a vivaci dibattimenti , ai quali presero un grande interessamento parecchie dame di Blois e dei paesi vi- cini, molto assidue alle sedute sino all'ultimo giorno. Alcuni membri di quella congrega loro tributarono pubblici encomi , -187 poiché la presenza delle donne vivifica, anima, riscalda, feconda tutto : là dove esse mancano tutto langue, tutto muore; senza di quelle non liavvi nò emulazione , né progetti di pubblico bene, né sensi generosi, né speranza, né amore della gloria, né atti- vità, né vita, né società fiorenti, né prosperità, né progressi; le donne sono l'anima dell' incivilimento. E stato riconosciuto e verificato a Blois , come erasi già fatto gli anni precedenti a Caen, a Poitiers, a Douai, e più recentemente a Liegi, che la nuova instituzione delle adunanze scientifiche, sebbene non producano ancora effetti di qualche importanza ; tuttavia offrono fin d' ora assai grandi vantaggi j essa riunisce in un medesimo luogo alcuni sapienti, e molti cultori delle scienze, ed altri let- terati , i quali altramente non avrebbero forse mai avuta l'occa- sione di ravvicinarsi, e di conoscersi, e fra ì quali dopo dieci giorni intieri di fratellanza scientifica e letteraria ( intervallo di rigore stabilito per la durata di cadauna sessione annua di tal sorta di adunanze ), soventi volte si stabiliscono relazioni durevoli, scambievolmente gradite, utili e istruttive, che ri- dondano a profitto degli interessi, e dell'avvenire della lette- ratura , dell' incivilimento , e dell' umanità. Oltreché queste congreghe servono pure a formare altrettanti centri mobili e momentanei di attività intellettuale, trasportati successivamente ogni anno in varie città, e in alcuni luoghi, dove prima vi era soltanto oscurità profonda, apatìa, raarasmo , e ove gli spiriti trovansi tolti alla loro stupidità, rianimati , e rinvigoriti ; ove r emulazione vien risvegliata ; ove 1' indifferenza e la pigrizia sono come scosse da un vivo e novello impulso 5 ove giovani di talento, sino allora ignoti, e che pareva s'ignorassero essi medesimi, si svelano ai loro concittadini; ove i lumi si co- municano, e si spandono per una specie di scossa elettrica,- ove dall'urto delle discussioni proposte scaturiscono utili verità j ove finalmente tutto il scibile umano s'inspira, si propaga, si arricchisce di esperimenti, e d'osservazioni, e diventa fecondo e ct-eatore. — Nell'ultima sessione fu deciso che la prossima seduta dell'adunanza scientifica di Francia si terrebbe a Metz, nei primi giorni del settembre iSSj. (Dal Mémorial Eucjclopédique ). 188 Akti Chimiche : - Illuminazione, Gaz tratto dalle zolle combu- stibili. — Sapevasi da pezza che le zolle combustibili contenevano un gaz, cbe potrebbe servire per far lume 5 ciò non pertanto, malgrado gli sforzi dei più dotti chimici, questo gaz estratto colla maggior difficoltà, non presentava che un debol bagliore. Finora si era usato per la distillazione di queste zolle lo stesso metodo che si praticava per la distillazione del carbon di terra. Procedendo alla distillazione pendente due ore , la miglior zolla produce per ogni mille chilogrammi dai 7 agli otto mila piedi cubi di gaz. Facendo passare il gaz attraverso di una gran quan- tità d'acqua, ei resta più puro, ma vien diminuito il suo car- bonio cosi necessario alla forza della luce. Riducendo a tre quarti d' ora il tempo della distillazione delle zolle combustibili , si giunse ad ottenere, sovra mille chilogrammi, 55oo piedi cubi di un gaz, la cui luce è più viva e più bianca che quella del carbon di terra. All' oggetto poi di purificarlo si adopera uno stromento composto di 18 tubi, caduno dei quali è immerso in un serbatoio d'acqua corrente. Il gaz, passando a traverso di questi tubi, si lava 18 volte rapidamente, in modo tale da puri- ficarsi senza perdita del suo carbonio. Poscia si fa passare in mezzo di due strati di calce secca , prima di condurlo nei ser- batoi gazometri. Così operando si perde, egli è vero, la quarta parte di tutta la quantità; ma l'esperienza ha dimostrato, che il quarto perduto ad altro non serviva se non se a nuocere agli altri tre quarti , che anzi la luce ottenuta con questo metodo ha molto maggior vivacità e chiarezza. La materia ( coke ) che rimane dopo la distillazione durante un quarto d'ora delle zolle, è eccellente per la cucina , e spande un calore non minore di quello del miglior carbone di legna. Cotesto gaz costa due lire per ogni mille piedi cubi , che equivalgono a 3o libbre dì candele. ( Journ. Acad. de l' industr. aoùt i836). 189 ANìNUiNZJ DI BIBLIOGRAFIA LIBRI ITALIANI LIBRI FRANCESI * Vite e Ritratti delle Donne ce- lebri d' ogni paese. Opera della Duchessa d'Abrantés e di Giu- seppe Straszewicz , tradotta dal francese per cura di letterati italiani. - Milano presso Ant. Fort. Stella e figli, i835. Fase. XII e XIII,. in-8.° gr. di pag. 48, col ritratto di Maria de' Medici 11. i . » Fase. XIV di pag. i6, col ri- tratto di Catterina I. 11. » 5o Con apposito prospetto gli editori avvertono che quest'opera verrà continuata per cura di letterati italiani. L' Arte di verificare le date dei latti storici, delle inscrizioni , delle cronache , e di altri an- tichi monumenti dal jjrincipio dell' era cristiana sino all'anno 1770 ecc. Venezia, dalla tipo- grafia di Giuseppe Gattei, i835. Fase. XXXIII. in-8.« di pag. 220 11. 2. 82 Descrizione di un nuovo Taglia- Foglie pei Bachi da seta pre- miato dal e. r. Istituto di Ve- nezia , immaginato dal dottor Luigi Magrini , assistente alla scuola di fisica nella I. R. Uni- versità di Padova. Preceduta da alcune osservazioni sulla utilità della pratica di tagliare la fo- glia dei gelsi per l'alimento dei bachi, con una tavola in rame. Padova , coi tipi della Minerva , i836, iu-B." di pag. iG. 11.» 87 Théorie des annuités viagères et des assurances sur la vie , cor- redata di tavole relative a que- ste materie di Francis Baily ( trad. dall' inglese ) , 2 voi. in- 8. — • Parigi , per cura di Ba- chelier. Kathaka-Oupanischat, théologìe des Védas , texte sanscrit commenté par Shankara , traduit en fran- cais par L. Poley. Paris, chez Heidelotf et Campé. Mamjel d'ArtiUerie à 1 usage des officiers d'artillerie de la Ré- publique Helvétique -, par le Prince Napoléon Louis Bona- partCy capitaine au régiment d'ArtiUerie du Canton de Berne , avec cette épigraphe : « La guerre est devenue plèbe ienne par l'em- ploi des armes à feu » general Foy. -Zurich , i836 , chez Orell Fustli et Comp. Un voi. in-8.** de pages xxxiv-528, avecplan- ches et tableaux. Manuel complet de médecine le- gale , ou Résumé des meilleurs ouvrageS publiés jusqu'à ce jour sur cette matière ; di /. Briand e E. Brosson , 3.® édit. , in-B." de 800 pag. — Parigi, presso Chaudé , 8 Ir. 5o e. Anatomie du sjstème dentaue , considéré dans l'homme et les aniinaux , di Ph. Fr. Blandìn , in-8. di i4 fogli e i tavola , prezzo 4 fi"' ■^♦^ <^'' — Parigi, presso Baillière. 190 LIBRI llALlAm LIBRI rnAncEsi Storia della caduta dell'Impero Romano , e della decadenza della civiltt\ dall' anno aSo al loco, di G. C. L. Simondo da' Sisrnondi. Prima versione ital. Milano, tipogr. e libr. Pirotta eC, i836. - Voi. in-i6 di pag. MH-280. 11. I. 74 SulLi coperta leggasi: jortma ■versione Italiana di Cesare Can- tù. Saranno 3 voi. Compiuta V opera il prezzo sarà aumen- tato di cent. 43 per voi. BiJif.ioTECA DI Educazione. — Voi. ex IX. Il Novellalo ossia cento novelle antiche. Nuova edizione latta ptj^' cura del presente edi- tore secondo le lezioni del Gual- tcruzzi e del Borghiai, e colle note ed illustrazioni di quesl' ultimo , del Marini, del Co- lombo e di altri. Milano, presso l'edit. Lorenzo Sonzogno , i836, in-24 di pag. XII , 208 11. 1 . 5o Prendendo le opere se- paiate 11. 2. » Il lliNNovAMENTo della lilosolia in Italia , proposto dal C. T. Ma- miani della Rovere , ed esami- nato da Antonio Rosmini-Ser- bati. Milano, dalla tipogr. Po- gliani, i836, fase. I, in-8.° gr. di pag. 240 11. 2. 54 Novelle del Cav. Gaetano Paro- lini Piacentino. - Mdano , presso Luigi di Giacomo Pirota, i83u, due voi. in- 16 di pag. xn-2o4, 278, col ritr. dell' autore. 11. 5 Sono le Novelle e vevsi di autori incerti piacentini , ora corrette e pubblicate con ag- giunta di alcune nuove affatto e col vero nome dell'autore. Etudes sur la richessè des nati 3 s. 6 d. cloth. EssAYs Towards the hlstory of Painting. By M. Calcati . Post 8.° 9 s. boards. The Agriculturist's Manual. By P. Lawson and Jon -8.° 9 s. The History of Brazil, from 1808 to i83i. By John Armitage. 1 vols. in-8." 24 s. boards. Alison's History of the French Revolution. Voi, 5, in-S." 16 s, boards. Akleitukg zur Volfkomnienen Bes- serung der Verbredier in den Straf-Anstalten ; di Obermayer: a Kaiserslautern , presso Tascher i835. Christenthum uno Vernunft fiir die Abschaffung der Todesstrafe ; Del profess, Grohmann , a Ber- lino jjer cura di Reimer, i835. Die Cholera oder Brechruhr in alien ihren formen , di Kubjss, a Berlino, per cura di Sander, i835. Konig Vm> Freiheit : Il re e la li- bertà ^ epistola ai falsi profeti del nostro secolo. — Berlino , per Plahn. HiSTORiscH - i'-RiTiscHE Darstcllung des Streits liber die Einheit oder Mehrheit der venerischen con- tagien. Esame storico e critico della quistione d'unità o di plu- talità di specie di malattie si- filitiche , del dott. Guesterlen, *- A Stoccarda e Tubinga, presso Cotta. Pfeukig-Encyclopadie der Anato- mie, Enciclopedia delle cogni- zioni anatomiche , ordinate dal dott. Richter. — Lipsia , presso Baumgocrtner. Der Dichter ein Seher. Intima unione delia poesia , e della lin- gua cogli sviluppamenti della mente , di A. Steinbek. — Li- psia, presso C. F, Koehler. STAMPERIA GHIRINGHELLO E COMP. con permissione. 193 Scienze Morali — educazione. Articolo i." È antica ed oramai universale sentenza, che l'educazione è la prima base di quella sociale rigenerazione per cui tanti distinti ingegni faticano, ed a cui tutti i buoni anelano con fede. E se queste fatiche e questi voti non sono ancora del tutto coronati, non è però da negarsi che molti perfezionamenti siansi già con- seguiti in questa preziosa parte del vivere civile. Oggimai tutti sanno che l' istruzione dello spirito non deve più separarsi dall' educazione del cuore 5 e come nelle famiglie , così ne' ginnasii all'autorità ed al castigo succedettero la persuasione e l'cimore. Quindi più non si troverebbero in oggi .... I queruli recinti Dove l'arti migliori e le scienze Cangiate in mostri e in vane orride larve Fan le capaci volte cccheggiar sempre Di giovanili strida. Ma questa educazione di amore, figlia primogenita del Vangelo, che le presenti generazioni abbracciarono con tanto entusiasmo, può tralignare , come traligna ogni cosa migliore che venga neir uso appassionato degli uomini. Così quella soavità dello educare talvolta degenerò in un'accecata indulgenza, ed in quell' ottimismo che tutto loda, tutto permette, tutto perdona. Ab- biamo veduto parenti ed educatori attribuire alla sola vivacità e leggerezza dell'età alcuni atti intrinsecamente riprovevoli de' giovani , e qualche volta vantarli persino come indizj di pre- maturo talento e di profondo sentire. Ma questo falso sistema diede ben tosto frutti amari, ed uno spirito di eccessiva indi- pendenza e d'insubordinazione invase talmente i petti giovanili, che nulla più per essi v'era di rispettabile e di sacro. Allora si conobbe il danno che derivava dal togliere ogni freno alle passioni dei giovinclli , e dall'abbandonaiii alla propria naluni — Si viiKr I,') 194 allora la necessità cV imporre precetti e sanzioni che governas- sero le loro priaie inclinazioni e le dirizzassero ne'sentieri della virtù. E fu allora che si comprese che un giogo soave sì, ma pure un giogo era necessario per contenere quegl' indocili spiriti, e preservarli dal corrompersi, nello stesso modo che gli stessi virili propositi hanno ancor essi bisogno di freno e di scopo. Fu già stagione che non si pensava che ad educare soltanto que' giovani che uscivano da famiglie distinte per nascita , per gradi o per agiatezze , senza mai occuparsi del popolo. Vennero altri tempi in cui si voleva dare a questo popolo un'educazione spartana o romana. Finalmente sorsero altre età ed altri filosofi che nell'educazione videro un dovere ed un bene per tutti , il patrimonio della vera civiltà. Quindi i recenti scrittori si stu- diano a promuoverne una che più convenga alla presente con- dizione de' tempi , quella che senza distrurre quanto di buono già si possiede per cupidità di meglio, spera di poter giungere a migliorare il popolo 5 questo popolo che, o fanciullo o gigante che sia, non si vorrebbe più spaventoso e tremendo, ma buono e pacifico , rispettabile e rispettato. Il credere possibile ed il proporre una pubblica ed uniforme educazione fu errore del grande Filangeri. Ma però anche in tal parte ei fu maestro di utilissimi trovati , e di quello soprattutto che fece poscia onore ad Hill , il quale nel suo celebre istituto inglese compose i fanciulli a guisa di Giurì j onde si distribuis- sero da se medesimi le ricompense ed i castighi * i . Ma l'educazione pubblica quale la intese Filangeri , è certa- mente dannosa ; poiché priva i fanciulli del tesoro dell' affetto materno, di quelle prime lezioni morali che stampate dai ge- nitori nei giovani animi non si dimenticano mai più , e perchè in una parola , come osserva il Carmignani , non è più da parlare d' un'educazione pubblica ov'è 1' educazione religiosa, e dove si fece comune agli uomini la morale evangelica *2. *i La menzione quivi fatta del Giurì non si estende oltre le persone e gli oggetti di cui palla l'articolo. Essa si riferisce unicamente a quel genere di di- sciplina che può essere più acconcio per mantenere e dirigere 1' emulazione dei giovanetti, e perfezionare 1' educazione del loro spirito <; del loro cuore. *2 Genesi del diritto penale , voi. 3, pag. 340. 195 Ma questa educazione pubblica se, come venne ideata dal Filangeri , è un sogno 5 essa però considerata sotto d'un altro aspetto formerà sempre l'oggetto il più geloso per le cure dello Stato. Egli è quindi sotto questo aspetto cbe l'educazione viene trattata dai pubblicisti, i quali tanto che sia pubblica, come che sia privata, la vogliono sempre sottoposta alla vigilanza ed alla protezione del Governo, riconoscendo che mentre la società è altamente interessata a che l'istruzione venga favorita e diffusa , essa non deve però mai divenire né una privativa , né un'arena aperta alle intrusioni d'ogni dottrina , a tutti gli abusi , ad ogni sorta di corruttele*!. Quegli che ai dì nostri sembra aver meglio compreso come possa ottenersi 1' educaiione del popolo , si è T ottimo Lara- bruschini neir eccellente sua opera della Guida deW Educatore , a cui tutti i buoni fanno continuo plauso. Non ignorava quel sapiente italiano quanti mali nascevano da una educazione che aveva per solo principio dirigente l'au- torità assoluta , o l' assoluta libertà , e perciò egli vieu propo- nendo una via di mezzo in quella educazione che coopera allo svolgimento delle facoltà del fanciullo, le soccorre, le dirige, e talora persino vi si sottomette per giungere a farsi obbedire e riamare anche allorquando è costretta di dispiacere. I consigli del Lambruschini per raggiungere uno scopo si lusinghiero nulla o ben poco hanno dell'ideale; egli anzi s'af- fatica di appoggiarli alla pratica osservazione, e con tanta co- stanza d'afìetto, con viscere si patriarcali egli ne licerca i mezzi nell'educatore e nell'educato, negli uomini e nelle cose, che con poco o niun fondamento si potrebbe ancor dubitare del loro successo. Salutando pertanto ancor noi col più fervido se non col più celere encomio la Guida dell' Educatole , con essa noi vediamo adesso compiuta una lacuna che ancor si trovava nella lettera- tura italiana. Ella viene per lei , secondo il voto di Tonnnaseo, arricchita di un giornale consecrato all' educazione , adattato all'intelligenza dei fanciulli, capace a dirigere la gioventù ncU' 'i S»y — Collis d'Ecoiioinic, part. 7, div. 3, cip. 27. 106 educazione Ji se medesima, unica educaziouc cbe possa es- sere persuadente e durevole. Alla scuola perciò aperta dal Lambruschini col suo giornale tutti possono imparare qualche cosa; e nei giovani soprattutto s'istillano per essa i sentimenti della religione, della virtù, della Lenevoleuza tanto più facilmente, quanto più usato verrà l'ar- tifizio su-^gerito dal Lambruscliini stesso di supporre cioè i loro intelletti ed i loro cuori benché ancor teneri , già capaci però di comprendere e di sentire quei nobili sentimenti. La scuola quindi migliore che il Lambruschini sappia raccomandare allo studio degli educatori e degli educati , si è la pacata osserva- zione di se stessi , della natura e degli uomini. Queste verità insegnate dall' ottimo Fiorentino ed il bisogno di una educazione religiosa ed istruttiva del popolo, sono co- nosciute ed apprezzate in tutti i paesi dove la civiltà si onora e si favorisce. Dappertutto, egli è vero, già si trovano i germi di questa educazione ; ma talora disgregati e sparsi , hanno d'uopo di essere maggiormente riuniti e fecondati , onde il loro benefizio possa penetrare nelle moltitudini. Perciò si lamen- tano ancora da molti alcuni non bene spenti pregiudizi, al- cune improvvide istituzioni che soffocano questi germi inesti- mabili. Non parliamo di quei stabilimenti che si mantengono per viste di pubblica economia , o per l'apparente soccorso dell' indi, Hisloii'e ciitif{U(; du giiOblicisaic, *3 Vii. 3;. 225 a dir vero, in apparenza, ma aventi relazione al culto del sole ed al destino delle anime. Sette gradi v' aveva d' iniziati ne' misteri di Mithra. Il primo grado si chiamava de' combat- tenti. Nel secondo chiamavansi leoni gli uomini , iene le don- ne. Il terzo grado comprendeva i corvi ecc. Nelle religioni an- tiche niuna cosa era riputata vile purché fosse significativa ed assai più che alla dignità si mirava all' espressione. Il di 26 di dicembre era celebrato in Roma il dies natalis solis iiwicti. Neil' Egitto la più gran parte del culto religioso era rivolto al sole , alla luna , ed agli astri ; e si può dire che in nessun altro luog^o fosse così feconda di miti e di simboli quella re- ligione. Le più grandi divinità egiziane, Ammone , Osiride figuravano il sole, Iside la luna. Questa aveva ncll' Egitto mag- gior culto , che tutte le altre divinità, forse perchè veniva con- siderata siccome madre delle rugiade, le quali cadevano copiose la notte a ravvivare le riarse campagne egiziane radamente bagnate dalla pioggia *i. Ma il sole veniva rappresentato neir Egitto con più nomi secondo la sua posizione nel cielo , e la sua più o meno efficacia sulla terra ; e dopo il solstizio d'estate , quando i suoi raggi più scaldavano la terra era signi- ficato nel Dio Horo barbuto e forte ; dopo il solstizio d' in- verno , quando era più debole la sua virtù fecondatrice era figurato nella Divinità Harpocrate zoppicante *2. Ad un tale crescere e dicrescer di forza solare si riferivano i riti delle feste d'Osiride. Il dì 17 del mese Egizio Athyr ( i3 di no- vembre ) era il giorno della morte d' Osiride ucciso da Ti- fone. E incominciavano allora nell'Egitto mesti riti e funebri cerimonie, che si continuavano più giorni, durante i quali Iside andava nella vicina Fenicia in traccia del perduto Osiride. Il dì 7 del mese Tybi ( 2 di gennaio ) Iside ritornava di Feni- cia , e riavuto lo sposo cambiavasi in festa e in gioia il prete- rito lutto. Il dì 1 1 del Tybi era nell' Egitto solennemente fe- steggiato il ritrovamento d' Osiride. Il corso del sole nelle sue diverse relazioni colla terra, ossia Tanno solare personificato, 'i IMiiUuco do Iside (.1 Osiriilc. '2 Cicu2i;i-. Simlijlik iiiid SJylhologic ctc. 224 ed i cicli solari moltiplicarono sopra modo nell'Egitto le divi- nità, ed i simboli. Lo stesso avvenne per rispetto alla luna figurata con più nomi secondochè ella, o volgeva nuova, o mostra vasi scema, o compievasi piena , ed era detta Bubaste la luna crescente , la scopritrice , la mutatrice del volto , Buto la colma luna , le quali Divinità non erano cbe moltiplicate rappresentazioni della principal Dea Iside luna, essendo costume degli orientali di separare da una Divinità principale le sue proprietà , le sue varie manifestazioni, i suoi attributi personificandoli, e di riu- nirli quindi di nuovo in una sola sostanza ,• al cbe conviene por mente per non andare errati nel giudicare le religioni anti- cbe *i. Altra cagione del moltiplicarsi i nomi della Dea luua fa il risguardarla ora come Divinità benefica , ora come nociva, e nemica. Di questo dualismo di qualità buone e maligne o riunite in un essere solo, o divise in più sono piene le religioni anticbe d' Oriente. Iside Divinità benefica , e protettrice era alcuna volta considerata come spaventosa e terribile cagione di mali soprattutto alle donne , e come tale veniva denominata Iside iraconda, Titrambo , Brimo, Tliermuthi, la quale aveva eziandio potestà sugli estinti, e ne giudicava, e puniva le colpe. Alle divinità solari e lunari fu sovente data balia sopra il regno de' morti , e sopra la sorte delle anime umane ] onde Osiride ed Iside dagli Egiziani, Mithra dai Persiani , Dioniso e Proserpina dai Greci furono preposti al governo delle anime, le quali venute dal cielo ad abitare dentro i corpi compievano quaggiù peregrine il terrestre viaggio , per tornare quindi finita quella prova alla primitiva loro sede. Aneora Iside fu venerata dagli Egiziani come imagine della terra produttrice , ed Osiride come Nilo suo fecondatole. Ed è qui da osservarsi, die le aeità planetarie furono spesso intromesse nel culto degli elementi, e considerate come forze vitali, e fecondatrici della natura. Dal sin qui detto appare quanto dovessero moltiplicarsi i nomi, diversificarsi i simboli, ed il culto delle divinità solati e lunari, risguardate sotto tanti e si differenti aspetti. Al cbe si *i Crciucr. Opera citala. 2^ aggiunga che il sole eia luna venerali dapprincipio senza simu- lacri, che li rappresentassero, vennero più tardi effigiati prima sotto forma di cono, di cubo, di disco lucente, di colonna, poscia con sembianza umana. Dal che seguitò, che dimenticata appoco appoco la relazione tra la figura e il figurato , vennero «ssi considerati come nuovi Dei, onorati con nuove maniere di culto , e si inventarono insieme racconti e miti intorno alla loro origine, ed alla loro natura *i. Non tutti i popoli , i quali veneravano il sole e la luna pre- starono culto eziandio ai pianeti , ed alle altre stelle. Ma i popoli d'Oriente tributarono loro universalmente onori divini; e pare che dal numero de' pianeti tenuti in conto di Dei de- rivasse la creduta santità del numero sette. Imagini de' pianeti erano nell' Egitto i sette Dei Cabiri , i quali figurati in sem- bianza di nani avevano loro seggio nel tempio di Phta a Menii. Gli egiziani onoravano di speziai culto la stella Anubi , detta Cane, Sirio. Quest'astro che nasceva da quella parte, ond' ha sua sorgente il Nilo, era annunziatore all'Egitto del dilaga- mento di qviel fiume , che rispondeva appunto al sorger d' Anubi. Indi nacque il pensiero d' un Dio presago , e gli si attribuì la testa di cane animale dotato di molta virtù di sentore. Alle do- dici costellazioni del Zodiaco preposero gli egiziani dodici Dei maggiori; alle trentasei parti, in che quelle costellazioni erano da loro divise, presiedevano trentasei decani divinità inferiori, le quali avevano potestà sugli uomini , e sulle cose create ; e i trecento sessanta gradi del Zodiaco erano governati da altret- tanti Geni celesti; moltitudine oltremodo grande di divinità planetarie e sideree. Nel sistema mitologico de' Greci derivato in gran parte dall' Asia e dall' Egitto tengono principal luogo le divinità solari ; lunari, e planetarie; sebbene i greci nel venerarle si dilungas- sero alcuna volta dalle nozioni primitive , ed intromettessero nel culto di quelle altre dottrine, e credenze. Apollo figurava nella Grecia il sole, Apollo-Ismenio un'incarnazione e sugoso il contenuto della medesima. Il titolo solo di quest' opera indica abbastanza che tre sono le parti che la compongono. Il buon governo della Mendicità forma l'oggetto della prima, quello àe^ì Istituti di Beneficenza della seconda , e quello infine delle Carceri si descrive nella terza. § I. Della Mendicità. In questa prima parte troviamo riferite tutte le leggi e tutti 1 metodi che già sono, od ancor potrebbero venir ordinati per reprimere e per dirigere la Mendicità. A siffatta disamina va opportunamente innanzi la distinzione morale , e quella materiale de' poveri. Sotto la prima categoria si comprendono i poveri volontarii e forzati 5 e sotto la seconda quelli validi, invalidi e vergognosi. Questi ultimi però potrebbero a nostro avviso forse più esattamente appartenere alla divisione morale, che non a quella semplicemente fisica e materiale. Nel procedere a questa specificazione dobbiam saper buon grado al conte Petitti d' aver suscitata ad onore la memori» 292 troppo generalmente trascurata d'un illustre piemontese , l'Ab. Vasco *i. La cosa poi più difficile , ma però non meno essenziale a praticarsi allorché si ragiona di Mendicità^ si è il discernere i veri dai falsi mendici , ed il nostro Autore indica i caratteri ed i mezzi onde poterli riconoscere. Quanto ai falsi mendici egli non ha che ad affidarli alla vigilanza ed alla severità delle leggi 5 ma riguardo ai veri po- veri ( poiché per le inevitabili disuguaglianze nelle condizioni sociali , e per la continua fluttuazione delle facoltà e delle ric- chezze territoriali e dell' industria sarà pur troppo sempre una chimera il credere di poterli sopprimere affatto), si ricercano in questo libro tutti i mezzi per diminuirne almeno il numero , e per rendere meno perniciosa la loro presenza. Fra questi mezzi il primo, e certamente il più perentorio che ci venga suggerito , accompagnato però da tutte quelle cautele che sono necessarie per renderne sicura e non crudele 1' os- servanza , si è una rigorosa proibizione della questua pubblica. Neil' abbracciare siffatta opinione che ancora si controverte da varii scrittori, zelatori del resto di buona fede della umanità; e nel credere perciò che il Governo possa e debba usare, ab- bisognando, la violenza per estirpare la Mendicità , sia col co- *i L'Ab Giambattista Vasco da Mondovi, cbe visse dalla metà sin verso il fine dello scorso secolo, è autore diliginte di molte dissertazioni sopra i più im- portanti argomenti di economia politica Scrisse un Saggio polilico sulla moneta, una dissertazione in cui disapprova l'istituzione dei corpi d' arti e mestieri, un' altra in cui condanna le tariffe coercitive e cosi le tasse del pane ecc. Alla memoria scritta Sulle cause della mendicità e sui mezzi di sopprimerla tenne dietro quella Sulla felicità pubblica considerata nei coltivatori di terre proprie ^ dove indica come fonte di sociale prosperità lo scompartimento 'ed il possesso delle proprietà fra i contadini. Si pregia poi particolarmente un suo opuscolo in- titolato r Usura libera , nella quale appare precorrere le dottrine poscia svi- luppale dal Mastroffini , e consiglia sino da quei tempi lo 'stabilimento delle Casse di risparmio. Finalmente egli dettò una memoria per rispondere al que- sito proposto dalla B. Accademia delle scienze di Torino sul modo di provve- dere al «ostentamento degli opera] addetti agli edifizj per il lavorio delle sete nel caso di loro scarsezza. Tutte queste memorie scritte dal Vasco con singolare evidenea e precisione , si trovano nella Raccolta degli Economisti classici ita- liani , e non è d' uopo soggiungere quanto le medesime possano ancora al di d' oggi servire uilo studio della scienza economica , e quanto eifettivameute al- èUui recenti scrittori se ne siano giovato. E dunque giusto che almeno non sf trascuri alcuna occasione per raaimentare un nome sì beuemerito. 295 stringere i poveri al lavoro , sìa col punirne le contravven- zioni , ci duole soltanto che la forma data dall' Autore al suo libro non gli abbia permesso di sollevare il proprio assunto a maggior altezza ; prendendo a dimostrarci con tutta la filo- sofica eloquenza, di cui era capace, la necessità materiale non solo , ma la giustizia intrinseca e razionale della voluta proi- bizione. Allora una così importante opinione non appariva sol- tanto appoggiata ad aride e sterili avvertenze. Egli è vero per altro che i mali e le schifose conseguenze di queir inveterato abuso della pubblica questua sono cosi sensibili e frequenti, e ci vengono poi con tanta evidenza dal nostro Autore rappresentati, che bastano a gran pezza per per- suaderci della necessità di quella proibizione, per quanto una siffatta misura possa ancora a qualche più tenero pensatore sembrar severa, od anche dispotica. La necessità pertanto di questa proibizione accompagnata da tutti quegli analoghi provvedimenti che sono diretti a proscri- vere il pubblico esercizio della mendicità , è riconosciuta dal nostro Autore come un bisogno sociale j purché, ben inteso, non venga ad un tempo angustiato il libero arbitrio della ca- rità privata. In tal modo si viene dimostrando che 1' applicazione delie teorie di Duchàtel e di Naville, che trasportati da una filan- tropia d' immaginazione e di cuore, vorrebbero tuttavia libera la pubblica questua , e quindi esclusa la carità legale e coat- tiva con tutte le sue tasse, ben lungi dal recare alla società alcun reale vantaggio, e di evitare quegl' inconvenienti che da questi scrittori le sono imputati , verrebbe anzi gravata di moltissimi altri più considerevoli danni, che il nostro A. non ommette di riferire ( J^ol. i. pag. 3 7. e 38. ). Lo invaghirsi pertanto alla cieca di quelle teorie , può sola- mente provenire dal non considerare abbastanza attentamente la condizione presente della società , e le molle principali che la fanno operare. Della qual cosa mentre l'Autore del Saggio vuol farci avvertiti, ci dà poi una prova della sua singoiar per- spicacia, allorquando afferma che chiunque si confida unica- mente nella carità privata e spontanea, non bada alle moki'. -2M indicazioni che protrano scemato il fervore dei sentimenti reli- giosi j e cresciuta la tendenza del secolo a maggiori godimenti niMeì'ialij e quindi a maggior egoismo ^ specialmente nelle con- trade doue è in vigore la carità legale. Sin qui dei mezzi coercitivi e diretti che il Governo può e dovrebbe usare per estirpare la Mendicità, soprattutto con vie- tare la pubblica questua. Ora vengono con bella precisione no- verati nel capo IX. quei provvedimenti indiretti che meglio possono rimovere le cause generali della Mendicità, e ridurre al minor numero possibile i veri poveri. Egli è quivi perciò che veggiamo suggerita la pratica di tutte quelle disposizioni , e 1' introduzione di tutte quelle benefiche istituzioni appartenenti al governo morale , politico , ed eco- nomico di uno Stato, e che hanno per iscopo di aumentare la prosperità pubblica , con diminuire la miseria privata. Troppo lungo sarebbe 1' enumerare in questo scritto tutti questi mezzi che propone 1' Autore ; noi pertanto ci limitiamo a notarne i principali. Fra i primi adunque notasi quello di accordare un ragione- ^vole e proporzionato favore all' industria tanto agricola , che manufattrice ; coll'avvertenza però di rivolgerlo piuttosto alla prima che non alla seconda , quando così il richiede la condi- zione del paese che si vuole sgravare dal pauperismo. A questo proposito e nelle note annesse a questo primo libro dell' Opera , va congiunta una discussione dove l'Autore scostandosi dai prin- cipii del Golbertismo , e giustamente sgomentato dalle crisi commerciali che tratto tratto si scorgono in alcune contrade , adduce le ragioni per cui egli non crede che possa essere utile il promuovere la produzione industriale sino all' infinito , ma pensa in vece che debba limitarsi entro i confini eh' egli sup- pone indispensabili per tenere 1' equilibrio tra la produzione, e la consumazione probabile , e per non vedere la classe det,li operaj esposta a tutte le conseguenze disastrose della mapcanza del lavoro , e del ribasso delle mercedi. Sono gli stessi timori e quest' istessa prudenza , che consi- gliano poscia air Autoi'e delle simili limitazioni , sia allorché ragiona sulle pubbliche tasse, e vuole che siano moderate, sia 295 quando desidera la promulgazione di leggi annonarie, sia quando raccomanda 1' esecuzione di lavori pubblici. Nelle discussioni eh' egli intraprende sopra questi rilevantis- simi oggetti, lo spirito di una ciicospetta moderazione gli è sempre compagno. Cosi quantunque l'Autore dichiari di profes- sare il principio della libera concorrenza , nell' esecuzione pra- tica però rinviene tanti e tali inconvenienti , eh' ei termina pur anche per credere indispensabili molte riserve e limitazioni. Ciò specialmente si osserva là dove si tratta dell' importazione, e dell' esportazione dei generi di prima necessità. Ad uno stesso modo veggonsi temperati i consigli che deb- bono regolare le deliberazioni, e gli appalti de' pubblici lavori. Esamina quindi su di ciò la quistione se meglio convenga af- fidarne la direzione al Governo centrale, oppure a, t.iueìlo della provincia 5 ed anche qui il nostro Autore colla solita prudenza, « con quel metodo conciliativo che nelle cpse ordinarie di Stato è il più fecondo di vantaggi reali e sicuri , pensa che il sislem.i medio e temperato che ammette secondo le circostanze tutte le capacità e che non esclude veruna persona rivestita di ca- rattere pubblico , che pondera la qualità dell' impresa , e che poi combina tutto ciò colle convenienze locali, sia quello da pre- ferirsi. Frattanto se vi fermerete sopra questo argomento dei lavori pubblici troverete eziandio discussa la giustizia di (juclla legge , che per V esecuzione delle opere pubbliche adotta la facoltà dell' occupazione della proprietà privata , e sopra di ciò riconoscerete col conte Petitti l'inviolabilità di questo diritto, salvo l'unico caso di una vera, provata, ed imponente pubblica utilità: per accertare poi le condizioni ed i confini 'della quale utilità egli vi mostrerà distintamente i metodi , e le cautele e le provvisioni legislative. Egli tiene poscia peculiare discorso sopra i ponti e le strade in ferro , e ne ragiona la varia loro utilità secondo la varia condizione ed estensione degli Stati. Ma soprattutto degna di lode si è la descrizione , che vien data in quest'opera di tutti quei lavori pubblici che sarebbe ancor utile d' intraprendere o di continuare negli Stati conti- nentali del Re di Sardeeua. 296 Continuando frattanto a parlare dei mezzi indiretti per di- minuire il pauperismo, è altamente consigliata l'istruzione ele- mentare delle popolazioni minute ed indigenti , 1' istituzione delle casse di risparmio , la protezione e 1' incoraggiamento dello spirito di associazione, specialmente riguardo alle società per mutui soccorsi 5 di preferenza ai corpi delle arti e mestieri, dei quali sull'autorità di varii celebrati scrittori e fra gli altri del Verri se ne bramerebbe l'abolizione *i. Uno fra i mezzi più possenti per prevenire la Mendicità, e ridurla a minor numero si è quello di una buona legislazione civile , la quale fra gli altri benefizii minora pur anche i li- ligi. Ed è poi in ima delle discussioni apposte per nota al fine del primo voi. che l'Autore mostra il bisogno di una com- piuta ed uniforme legislazione civile , commerciale, e penale neir interesse pur anche della mendicità , come quella che de- terminerebbe i diritti ed i doveri di ciascun cittadino , facili- terebbe i privati commercii , e diminuirebbe le contenzioni. — Ed è quivi perciò che 1' egregio Autore col voto di tutti i migliori scrittori di cose legislative, coi riflessi scritti dal conte Federigo Sclopis *2 , e coli' esempio de' migliori codici d' Eu- ropa, prelude a quella legislazione che fra poco , lo sperano tutti, beneficherà le piemontesi popolazioni (;?«§• 4^5. e seg. voi. I. ). La carità e la beneficenza generosamente e saggiamente eser- citate , sono pure uno dei rimedii più positivi della Mendicità. Non è perciò da chiedere se il nostro Autore se ne occupi. Anzi la stessa opinione già da noi emessa quando diemmo rag- guaglio dell'opera del sig. di Naville *3, si è pur quella del conte Petitti. Egli perciò non si contenta ohe la carità stia nel libero ed indeterminato arbitrio degli individui, ma desidera che venga pur anche quando che sia diretta, illuminata, e promossa dal Governo. Questo è lo stesso che dire , che 1' intervento *i Certamente qui l'Autore non intese parlare dei Capi delle Arti che alimen- tano e sopraintendono alle Sale di asili stabilite con tanto successo in Firenze. *a V. li quattro Discorsi della legislazione. — Torino. i835. *3 Pistribuzioiw a. di settembre pag. 563 di questo Giornale. 297 governativo è necessario per dirigere , eccitare, e sussidiare la carità spontanea e privata ; e che quella coattiva e legale deve essere secondo le occorrenze ammessa in una ben disposta so- cietà. Laonde registrando le ragioni che si sogliono allegare in prò e contro siffatta opinione , dimostra che quelle in favore sono preponderanti. Accennati i mezzi indiretti con cui si può e si deve riparare alla Mendicità, e dato uno sguardo sulla competenza della spesa, vale a dire sulla quistione se e come sia giusto di fare un ri- parto fra li varii poteri sociali , cioè fra il centrale, il provin- ciale ed il comunale della spesa occorrente per 1' esecuzione dei provvedimenti necessarii per ottenere quell'intento 5 il nostro Autore passa ad offrire un metodo che crede il più conveniente per distribuire le molteplici incumbenze che il buon governo della Mendicità richiede. Ad esso pertanto vi chiama tutti i varii officiali sia dello Stato , che della Provincia , e del municipio, e vuole che l'opera di tutti 0 politici o giudiziari! od econo- mici impiegati che siano, concorra riunita e concorde al fine proposto di estirpare , correggere e diminuire il pauperismo. Nella quale distribuzione è saggiamente adoperata una propor- zionata dispensa di attribuzioni e di doveri , che non può a meno di dar luogo ad una utile e saggia emulazione , e pro- curare una scambievole sorveglianza sopra le operazioni di cia- scun impiegato. Non bastava certamente dimostrare 1' utilità di proibire la pubblica paltoneria , e di esporre i mezzi più efficaci per otte- nere la repressione e la riduzione dei mendici , se nel tempo stesso non si proponevano quegli stabilimenti necessarii per curare e tener lontana dall'aspetto della società questa piaga, che pur troppo non si può sanare del tutto. Quindi il nostro Autore per i poveri validi propone 1' am- pliazione e la fondazione delle case di ricovero e d' industria , nelle quali debbano esercitarsi in utili occupazioni i poveri rac- coltivi o volontariamente , o per forza. Esponendo le regole più adatte per l'amministrazione di queste case, e per lo miglio- ramento morale di coloro che vi vengono ricoverati , in con- seguenza delli già premessi principii , egli vuole che l'intervento 208 governativo sia per esse ristretto unicamente ad alcune supe- riori direzioni ; per modo che venendo a fondarsi uno di questi stabilimenti da una società di benefattori , il Governo debba bensì proteggerlo , e favoreggiarlo con sussidii , ma non esten- dere la propria ingerenza oltre all' approvazione dell' opportuno regolamento. Le stesse regole accompagnate da tutte quelle norme, che sono indispensabili per assicurare la loro sussistenza , vengono eziandio suggerite riguardo all' istituzione di case di ricovero per i mendicanti invalidi. Relativamente a quelli vergognosi si raccomandano special- mente alla prudenza delle autorità municipali , che conoscen- done più da vicino la condizione , meglio possono provvedere al loro sollievo senza lasciarli esposti ad una necessaria , od anche tal volta ippocrita pubblicità. Per ciò poi che riflette ai soccorsi, la carità privata e le Congregazioni di carità deb- bono più particolarmente provvedervi. Oltre a questi mezzi che sono quelli più conosciuti , e più generalmente praticati per contenere nel numero, e migliorare nella condizione le varie specie de' poveri, l'opera del conte Petitti indica ancora quegli altri mezzi che sono meno ordinarii 'e comuni, e che possono soltanto aver luogo secondo la varia posizione, e condizione degli Stati. Tali sono li stabilimenti agricoli mediante la concessione e riparto di una data quantità di beni comunali a ciascuna fa- miglia povera j tali sono le colonie estere ed interne 5 tale la permissione , o l' invito , e qualche volta anche il comando delle emigrazioni in quei casi, cioè, in cui la popolazione dei poveri si rendesse strabocchevolmente eccessiva *i. *i II progetto degli stabilimenti agricoli e del riparto de' beni comunali po- trebbe effettuarsi sulle basi e coi mezzi cosi saviamente proposti nell' eccellente scrittura del sig. conte Piola sopra i terreni incolli del Piemonte ; nella quale si venne scoprendo una carriera sinora trascurata per aumentare l.i ricchezza territoriale di uno Stato e la somma del lavoro , e perciò di mezzi di sussistenza per la classe indigente. Gli stessi divisamenti del Piola vennero recentemente ripetuti nella disserta- zione sulla coltura dei pascoli pubblici annessa agli Elementi di economia po- lìtica di Filiberto Demarese. 299 Chi legge quest' opera , troverà a questo luogo un esame delle leggi pauperarie attualmente in vigore nei principali Stati di Europa , e specialmente di quelle vigenti in Piemonte ^ esame che conduce l'Autore a molte importanti conclusioni, fra le quali quella che ricorda , che le provvisioni sulla Mendicità quando sono troppo rigorose e crudeli ben lungi dal frenarne gli abu- si , non fanno anzi che aumentarli. Troverà parimenti un invito per la formazione di statistiche della Mendicità, colle regole opportune per quella più esatta loro compilazione che la materia , le circostanze e lo scopo possono permettere , e seguendo i consigli di Romagnosi , e di Pocqueville , evitare gli scogli che prima di essi incontrarono Villeneuve, ed il Gioia. Dopo di avere, come sin qui abbiamo veduto , colla scorta de' migliori scrittori , e col proprio criterio esposte tutte quelle massime , e proposti tutti quei metodi che gli parvero più giusti e convenienti per dare un buon governo alla Mendicità , uno scrupolo sopraggiunge al nostro Autore , e teme che tutte quelle massime, e tutti quei divisamenti possano coli' andar del tempo far introdurre la tassa dei poveri , quale si trova stabilita in Inghilterra con tutti gl'inconvenienti che quivi l'accompagnano. Ma egli facendo tosto toccar con mano la differenza che passa tra i risultati dei proposti divisamenti e quelli della tassa in- glese, e soprattutto ripetendo che presso di noi i poveri hanno di già un patrimonio permanente nelle opere di pubblica bene- ficenza, che deve essere inviolabilmente conservato, e giammai usurpato, ma tutelato dalla pubblica autorità ( Fo/. I, pag. 122 e seg. ) , ed osservando ancora che il generale e coattivo con- corso dei cittadini sarebbe soltanto richiesto allorquando non fossero più sufficienti né la carità privata , né quell' istesso patrimonio ; rassicura perciò in tal modo se stesso , ed i pro- prii lettori dai concepiti timori. Dileguati così tutti i dubbii sulla giustizia , e sulla utilità di tutti gli ordinamenti e metodi proposti principalmente per la proibizione della questua, e sulla ragionevolezza della carità le- gale, non poteva il conte Petitti di tutte queste sue conclu- sioni dare una riprova migliore , fuorché inserendo per appen- 300 dice alla sua opera, come fece , la Sovrana Provvisione del 29 novembre i836, con cui si stabiliscono le condizioni colle quali nei dominii di terraferma del re di Sardegna potranno quindi innanzi erigersi Ricoveri di mendicità. Chiunque sulle tracce del conte Petitti esamini i principii che si ebbero presenti nell' ordinare questa legge , ed i risultati che si voglion con essa ottenere , andrà sempre più persuaso che venuto il caso della sua esecuzione, la mendicità sarà go- vernata con minor gravezza de' privati, e dello Stato, i mendici stessi avranno maggior sollievo , e cesserà soprattutto quello scandalo della pubblica questuazione. § II. Degli Istituti di beneficenza. Se necessario e giusto è 1' ufficio di reprimere e di correg- gere la Mendicità , più bello e santo si è quello che si consa- cra a prevenirla , ed a soccorrerla. A ciò intende il secondo libro dell'opera del sig. conte Petitti, diviso in dodici capi, tutti ridondanti di principii, di notizie storiche e legislative, di norme e di metodi sulla direzione a darsi alla beneficenza onde si comparta a reale vantaggio del- l'umanità bisognosa e sofferente. Il sentimento e l' obbligo della beneficenza è ingenito alla natura dell'uomo, ed all'essenza della società. Quindi è che non solo convenienti , ma anzi necessarii sono gV istituti destinati a promoverla , a raccoglierne ed assicurarne gli atti , e a di- stribuire secondo i diversi bisogoi , le sovvenzioni della carità privata. Da queste verità il consigliere Petitti prende nuova occasione per confutarele opinioni di quegli scrittori che prefe- rendo una libertà vaga , e senza limiti sopra l'esercizio della be- neficenza, cercano di far credere inutile 0 nociva siffatta sorta d' istituti. Ciò premesso ei procede al novero di questi stabilimenti se- condo la qualità degli infelici , a cui vengono in soccoi-^o , e questa descrizione basta per convincere che non v' ha genere d' infermità , a cui l' ingegnosa beneficenza dell' uomo non ab- 301 bia pensato , e dì cui questi istituti , nei quaK essa Tiene per così dire depositata , non si occupino particolarmente. Le persone perciò che ricevono in questi diversi stabilimenti i convenienti sussidii sono le donne partorienti, poi gli esposti^ o trovatelli, indi gl'infanti legittimi, poscia gli orfani, quindi gì' infermi , i maniaci , gì' incurabili , i poveri vergognosi , e finalmente le fanciulle nubili. Pare che qui si possa avvertire una lacuna , perchè non vi si scorge fatta menzione delle donne di mala vita , una delle non meno deplorabili miserie sociali. Eppure esse formano pur troppo una classe delle più bisognose de' soccorsi morali della società, e difatti per esse la beneficenza non è punto stata inoperosa , esistendovi molte leggi , e vari stabilimenti sia per ovviare alla moltiplicazione di queste donne , sia per curar quelle che sono cadute inferme, sia per ricoverarle quando inclinano alla con- versione. Di quanti bisogni , di quante cure , di quanti ordi- namenti sia bisognevole questa sciagurata schiatta di persone, bene il provala recente opera del sig. Parent du Chatelet*i , ed i varii statuii, ed i parecchi stabilimenti che ad un tal uopo anche presso di noi sono fondati *2. Abbiamo tanto più notata questa lacuna, poiché non 1' abbiamo vista riempiuta quando nel capo Vili, del libro 3." sulle carceri , accenna di volo gli ^Ergastoli per le donne discole ; e perchè eziandio ella è questa una negligenza che contrasta troppo risentitamente colla minuta accuratezza del restante dell'opera. Rivedute le altre più antiche istituzioni di beneficenza s' in- contriamo poscia in quelle più recenti , come sono i Monti di *i De la prostìtution dans la ville de Paris considérée sous le rapport de rhygiéine publique , de la morale , et de l'administration. — Par A. I. B. l'arent du Chatelet ( Paris i836 ). *2 Si possono su questo propobito vedere gli statuti della città di Vercelli del i333, lib. 4- — Quelli di Vigevano del x532. — E Cnalmente quelli di Torino del i36o; — In particolare poi le RR. PP. del 20 maggio 1766. — E quelle del 12 Qbre 1791 di regolamento del Vicariato. — Meritano poi speciale consi- derazione i sovrani provvedimenti del 16 gennajo 174^, 27 novembre J744 ^ 3o agosto 1751 relativi ;;lla fondazione dell'opera ossia Deposilo delle convertite amministrata dalla Compagnia di S. Paolo , « del ritiro detto delle Forzale pu*- Miche stabilito in Torino. 502 pietà, le Casse di risparmio, le Società per le assicurazioni, e le Lotterie. Se non clie sopra i Monti di pietà che prestano sopra pe- gno e con interesse, si sarebbe forse potuto aggiungere che ben soventi non servono quanto ai facoltosi che ai disordini del lusso, e quanto ai meno agiati che alle conseguenze del vizio; cosicché vi sarebbe molto a dubitare se i Monti di pietà a tal modo stabiliti possano veramente chiamarsi ed essere in so- stanza veri Istituti di beneficenza. Parimenti le lotterie , ove cadano sopra oggetti mobili e spe- ciali, ed ove siano temporarie, e tutto l'utile si eroghi a prò degli indigenti , consentiamo ancor noi coli' Autore che possano riescire ad opere di beneficenza , ma diversamente le trove- remmo in contraddizione con quanto egli stesso scriveva nel capo IX del libro precedente , cioè che fra i mezzi indiretti per rimuovere le cause generali della Mendicità , bisogna im- pedire gli stabilimenti che invitano ai vizi d'ogni specie e par- ticolarmente alla pratica dei giuochi di sorte. Nello stesso modo finalmente quando si parla delle Casse di risparmio si sarebbe eziandio potuto suggerirne 1' annesta- mento colle Banche agricole , dirette a sovvenire le classi con- tadine di fondi destinati per le migliorie de' poderi e delle ma- nifatture. Raccomandare che con tutti i mezzi di pubblicità che si possono avere , e con quello specialmente della istruzione confidata al Clero , venisse spiegato all' intelligenza del popolo Io scopo di queste Casse, e resogli famigliare il loro istituto, sarebbe pur stato un ottimo consiglio. Ma indipendentemente di queste lievi inavvertenze l'illustre Autore ritorna a meritare i più giusti encomii , allor quando riconosce che alla religione cristiana sono dovuti i progressi della vera beneficenza , i di cui canoni nella civiltà del paganesimo giacevano pressoché ignorati od inerti. Mosso da questa storica considerazione egli non dubita di conchiudere che Vaholire gli stabilimenti di beneficenza sarebbe non un progredire, ma un retrocedere nelle vie della vera civiltà. Ma nulla potrà mai farci temere questo disastro. Come poi il cristianesimo sia slato quello che arricchì pur anche la mo- 303 derua civiltà degli stabilimenti caritativi , uoii è cosa clic si possa negare. Egli difatti, mentre rinvigoriva e fecondava tutte le cagioni psicologicbe e religiose che spingono naturalmente r uomo alla beneficenza, non perdeva di vista le cause esterne e materiali che potevano più facilmente propagarla e stabilirla. Quindi è che nel libro del sig. conte Petitti troviamo con molta erudizione ricordate le cagioni storiche che costituirono la carità privata. Ed una tale indagine ci guida naturalmente a conoscere quali siano state le pubbliche ragioni e gì' impulsi principali che determinarono le fondazioni, le dotazioni più cospicue degli istituti di beneficenza e le speciali loro destinazioni. Cosi alle frequenti donazioni dei potenti , alle Crociate ed alle Emanci- pazioni dei Comuni , fannosi risalire le fondazioni di questi pii istituti ; non senza però assegnare alle epoche più receuti , in cui le popolazioni sono accresciute, e le proprietà più di- vise , il migliore ordinamento , e la moltiplicazione dei me- desimi. Egli è pertanto all' appoggio di così fatte investigazioni che si viene assolvendo il Cristianesimo dall' imputazione che alcuni scrittori , e persino dal Gioia e dal Sismondi sembrangli venir fatte di avere cioè colla paura della fine del mondo, collo stimolo dell'espiazione, e colle indulgenze impinguata la Chiesa, sottratte le proprietà al commercio, popolato il mondo di Mani ■morte, e di stabilimenti inutili, corrotta la morale, e ritardato l'incivilimento *i. Il nostro Autore per contro col senno e colla pietà che lo distinguono, osserva che se qualche abuso potè in tali cose succedere nei tempi d' ignoranza e di superstizione , esso però non deve mai confondersi col dogma della carità cri- stiana, né colle intenzioni e coi reali vantaggi, che sin d'al- lora recavano gli stabilimenti di beneficenza , e che perven- nero aumentando sino a noi lasciandoci un patrimonio irrevo- cabile di saggi provvedimenti , e di positive sostanze. Terminate queste osservazioni che come ognun vede sono forse di troppo poderosa importanza per un semplice Saggio ; e spiegato come negli istituti di beneficenza si debba praticare *i Vedi le opere del merito e delle ricompense lib. i, cap. a,, e Hyst. des lèfjul/tù/ut's italiennes, p;!;;. 4j6, 419, \\fè. 504 la carità morale , e quella materiale col miglioramento interno, e coir estrinseco soccorso del bisognoso , ritorna 1' Autore con maggior ampiezza però di argomenti a trattare la quistione del- l'i/2fer>'erefo governatilo, che forse più opportunamente poteva ad un tratto esaurire nel capo X. del primo libro. Comunque , anche rispetto agli istituti di beneficenza , ritiene sempre per base inconcussa che mentre si debbono sempre ad ogni costo rispettar ed eseguire le pie intenzioni de' fondatori, pure il Go- verno possa e debba partecipare alla direzione di siffatti stabi- limenti. Il suo ufficio però si vuole costantemente ristretto ad una larga tutela , senza che s' ingerisca nelF amministrazione interna ed esterna delle opere pie , ma unicamente si limiti ad autorizzarne il regolamento , e a sopraintenderne la osservanza, ed a richiedere di tempo in tempo i rendiconti amministrativi tanto morali, che materiali. Non si può difatti negare a questo proposito che rimosso ogni sospetto sull'avocazione al Governo dei diritti e dei fondi di questi stabilimenti , tolto ogni dubbio sulla violazione o sulla diversa applicazione delle intenzioni dei benefattori , e perciò li- mitata l'azione del governo ad un concorso di illuminata, gene- rosa e disinteressata tutela , l' esecuzione dello scopo di questi istituti e le pie volontà dei fondatori possono venire con mag- gior sicurezza e regolarità guarentite. Quest' intervento del Go- verno, egli è poi anche fatto per ispirare una maggior confi- denza alla carità privata, e per scemare il pericolo delle mal- versazioni , giacché r amministrazione si troverebbe sempre in presenza d' una vigilanza più potente , imparziale ed esperta. Venendosi a parlare d' uno stabilimento, necessariamente si viene pur anche a parlare della sua amministrazione. Quella pertanto degli stabilimenti di beneficenza , sarà ella sottoposta al sistema di concentrazione j che fa governare tutte le opere pie di uu municipio da una sola Congregazione locale, oppure sarà soggetta a quello di separazione , che lascia a ciascun' o- pera la sua special amministrazione ? Ecco come l' Autore scioglie questo problema. Se la qui- stione viene limitata alle istituzioni di un solo municipio , in •juLsto caso non si può dissentire che talvolta e soprattutto 505 mancandovi persone capaci di amministrare 1' opera pia , sia preferibile il sistema di concentrazione. Ma quando all'opposto si trattasse d'uno stato, o d'una provincia allora è più saggio il partito della 5ep«/'azio/ze ; il che deve poi maggiormente aver luogo secondo l'Autore allorché si tratta di Ospedali ( cap. VII. lib. 2. ). Ovvia si è la ragione di questo giudizio. Infatti le peculiari intenzioni dei fondatori e le destinazioni di ciascun stabilimento non possono meglio conoscersi che nel luogo stesso in cui sono fondati , ed i bisogni poi e gl'interessi speciali ed individuali tanto dello stesso stabili meulo, che delle persone che vi ricorrono , difficilmente potrebbero venire rappresentati al Governo centrale o provinciale, senza che la beneficenza si tro- vasse esposta al pericolo delle parzialità , e dei favori in de- trimento o dell' uno o degli altri. In generale pertanto e salve alcune rarissime eccezioni checché ne pensi il conte Folchino Schizzi , si può tenere col nostro conte Pctitli per il sistema di separazione. Posta la necessità d' un' amministrazione , conviene pensare alle persone che deggiono comporla. Quindi mentre il nostro Autore reputa conveniente che gli Amministratori siano gratuiti, crede però che gli Agenti contabili da cui quelli sono ajulati debbano avere uno stipendio. E qui avrebbe potuto terminare di esporre tutto ciò che riguarda l'ordinamento personale d'un opera pia, a vece che con offesa dell'ordine ne torna poscia a discorrere nel capo Vili, pag. 8o del secondo volume. Sulla quistione poi ( che forse era eziandio più opportuna a trattarsi quando si nigionò sull'origine degli stabilimenti di be- neficenza e delle varie cagioni che ne determinarono le dota- zioni ) se convenga che le opere pie posseggano o non beni stabili , il slg. conte Peti Iti malgrado alcuni speciosi argomenti che certuni adducono in contrario, si dichiara per l'affermativa. Da questa sentenza riesce a queste savie conclusioni — che le opere pie debbono per quanto possono conservare l'antico loro patrimonio, eccettuato il caso di utili e parziali permute — e che non può essere né utile, né dignitoso per i governi di pren- dere i beni di questi istituti, assumendo il peso di corrispon- dere all'opera r interesse del loro valore. Quando e dove ciò 20 306 avvenne grave nocumento ne provarono gli stabilimenti stessi , e grave scandalo la carità privata. Veramente poi ad un immenso lavoro si accinge l'Autore scrivendo il capo VII- — Qui è raccolta la descrizione dei varli istituti di beneficenza, ospizj , congregazioni, spedali, manico- miij ciascuno secondo i bisogni e le varie specie di persone d'entrambi i sessi, che nei medesimi ricevono soccorsi mo- rali, o materiali. — Qui si parla pur anche di quelle congre- gazioni di uomini e di donne dedicati al servizio di quegli ospedali stessi — Qui si veggono minutamente registrate tutte le regole e tutte le discipline opportune al buon governo interno di questi istituti tanto sotto il rapporto morale, istruttivo e [religioso, che sotto il rapporto fisico, economico, ed igienico singolar- mente in occasione di epidemie e di contagi *i. — Qui persino si discorre della struttura e della disposizione architettonica degli edifizj. — Qui da ultimo si viene nuovamente a par- lare, sebbene sotto maggiori rapporti, dei Monti di pietà, delle Casse di risparmio, delle Società di assicurazioni, e delle Lot- terie, di cui già aveva toccato nel primo libro. Come ognun vede eccede ogni confine di un articolo di gior- nale lo intraprendere il ragguaglio di tutte queste cose, il che ove si facesse non riescirebbe altro che una sparuta ripetizione di notizie già nell' opera stessa toccate soltanto per cenni. Ci restringiamo pertanto a lodare l'intento dell'Autore quando si dichiara fautore del sistema del mutuo insegnamento nelle case di rifugio, ove desso si estenda pur anche alle dottrine re- ligiose ; confutando cosi vittoriosamente tutti quegli argomenti •| Fra i vai'ii Giornali Torinesi che più o meno rapidamente già parlarono di quest'opera del conte Pclitti , il Repertorio delle scienze fisico -mediche estese, com' era dovere , le sue osservazioni sopra i metodi curativi clinici, vittuarii e farmaceutici che si osservano nei varii stabilinicnli di beneficenza. Queste os- servazioni che sono dcitate da una persona dell' arte , meritano d' essere ponde- ratamente avvertite. E per una persona dell' arte era certamente onesto il pa- trocinare 1' onore della propria professione ; se non che in questa difessi bisogna pruna ricordarsi ben bene che i consigli non sono accuse, come gli abusi pos- sibili non sono le massime pratiche di un' arte. 507 che ancora si fanno contro questo sistema che si è una. delle più benefiche istituzioni della moderna civiltà (pag. a/p e seg. voi. li;. Sebbene poi già per due volte avesse parlato dell' intervento governativo, pure vi rinviene il nostro Autore per insegnare quelle regole che ponno essere più proprie per operare una salutare influenza del Governo sull' amministrazione, e sulla contabilità degli istituti di beneficenza, e per 1' ordinamento di quelle persone o pubbliche o private, che deggiono avervi le necessarie incumbenze , onde la posizione e la qualità so- ciale di ciascuna si accordi col miglior esercizio dell'impiego, e mai ne nasca alcun conflitto di attribuzioni. Ed affinchè nulla mancasse a queste ricerche propone inoltre le norme che sono da tenersi nella formazione dei regolamenti speciali di ciascun stabilimento, che (come già si disse) deve sottoporsi all'approvazione superiore, come pure le regole che voglionsi osservare nello estendere i rendiconti , e le massime fonda- mentali su cui deggiono venir regolati. Questa disamina portava nuovamente 1' Autore a ragionare della utilità delle statistiche di ciascun stabilimento di benefi- cenza, e perciò indica le condizioni principali onde la loro re- dazione riesca se non di una geometrica esattezza , almeno perà di un positivo profitto. Ma poiché si parla assai sovente di statistiche, si sarebbe desiderato che si fosse nello stesso tempo insegnato, che il maggior loro giovamento sta riposto nella costaate loro pub- blicità, affinchè i loro risultati non siano sempre un arcano do- cumento , o restino soltanto noti a ben pochi. Neil' opera che percorriamo si osserva soventi questo con- trasto : talora lo scrittore rasenta terra terra per accontarci de' più minuti particolari, e tal altra volta solleva il volo a cose di ben più alta portata. Cosi nel capo X. scorre rapidamente sulle legislazioni relative agli statuti di beneficenza nei varii stati d'Europa, ed accennato come fosse peccante e nocivo lo stato della legislazione antica, passa a rivedere quello attual- mente in vigore nella Francia, nell'Inghilterra, nel Regno Lom- bardo-veneto, e finalmente negli stati Sardi, dove la maggior 508 parte delle opere pie si governa ancora con regolamenti par- ziali e talvolta incoerenti. Egli è perciò che quivi si stava tut- tavia desiderando un ordinamento generale ed uniforme, che ne assicurasse la retta amministrazione, e potesse la carità con lumi e mezzi maggiori spandere più distesamente i suoi benefizj (FoL II, pag. ii8> Come poi si è veduto essere abbondante il contenuto nel capo VII. di questo secondo libro, così non minore si è il cumulo delle cose raccolte nel capo XI. In esso difatti non si fa di meno che passare in rassegna gì' istituti di beneficenza esistenti nei principali stati d'Europa, e segnatamente in quelli italiani. Ma in una maniera ancor più speciale si rammentano tutti gì' istituti di beneficenza che esistono nelle otto divisioni di terra ferma, che compongono lo slato Sardo, e di ciascuno ne ricorda i titoli , le destinazioni , le rendite , e le facoltà. Non sarebbe parimenti possibile il tener dietro a si gran mole di notizie statistiche; ed è perciò che rassegniamo i lettori alla lettura del libro se bramano averne un' intiera contezza. Diremo però soltanto che l'Autore consacra alcune partico- lari considerazioni sul governo dei fanciulli esposti, ricordando con venerata menzione le provvide R. Patenti del 1 5 ottobre 1822, colle quali furono prescritte ottime regole per l'ammi- nistrazione degli ospizj dei trovatelli , e quel che è più gene- roso si assegnò un'annua somma di il. 4*5,000 pel loro man- tenimento. Nuova prova e conchiudentissima si è questa che r intervento governativo nelle opere pie non deve solamente essere un atto di potere assoluto, ma bensì di paterna muni- ficenza. Né vogliamo poi congedarci da questo pietoso argo- mento dei trovatelli , senza dire anche noi, come disse il conte Petitti , che il malcostume ed il numero dei figli spuri, non già alla facilità del ricovero che trovano negli ospizj si debbono attribuire, ma sì bene a molte altre cavise morali, come sa- rebbero lo stabilimento delle grandi manifatture ^ V accresci- mento degli eserciti permanenti j raumento del lusso nelle classi minori , e l' accumulazione di molta popolazione nelle grandi città. Per tali cagioni si riconosce ognor più indispensabile Tesi- 309 stenaa degli ospizj per le partorienti e per gli esposti , come pure r accoglimento di questi ultimi per mezzo delle Ruote. E per verità quand' anco siffatti ricoveri non servissero che ad im- pedire un solo infanticidio , ciò basterebbe per dichiararli ne- cessarii e meritevoli della perenne approvazione della umanità e della sociale economia. Osserveremo ancora che l'Autore soggiunge alcune altre con- siderazioni sugli ospizi dei maniaci che pur si potevano con mag- gior aggiustatezza riunire a quelle più estese, che prima si da- vano nel § 9 del capo VII. Se noi si facciam debito di lodare che tutti i metodi di trattamento suggeriti dal Conte riguardo a questi infelici spirano sempre umanità , dolcezza , e filantropia, sappiamo però che a taluni recò stupore come egli abbia tra- sandato di celebrare la erezione del nuovo manicomio esegui- tasi nella capitale del Piemonte. E questo rimprovero gli si fa soprattutto per avere lasciato dubitare che in questo stabili- mento non si fossero ancora in tutto adottate quelle pratiche più miti , che tanto possono sul morale di quegli sventurati. Che se per avventura queste pratiche non si veggono ancora tutte compiutamente poste in esercizio; ciò non già al difetto di cognizioni negli amministratori , né assai meno al difetto di volontà, come neppure al vizio dei regolamenti; ma bensì all'immensa moltitudine di tante altre maggiori urgenze ed all' incredibile dispendio occorso per provvedervi si deve unica- mente attribuire. Del resto non sarebbe né giusto , né generoso il dimenticare che non sono ancora quindici anni che questo stabilimento giaceva ancora in un angustissimo locale, in uno stato d'inerzia, e con tutti gli antichi poco umani metodi di trattamento; ed ora invece ha un magnifico edifizio costrutto, e governato secondo le migliori e le più recenti norme adot- tate ne' più celebri Manicomii. Onde poi sorga una maggior armonia nelle varie parti del suo regolamento interno, e mag- gior concordia nell' amministrazione, sappiamo che il Governo vi ha più volte non invano rivolto l'animo, ed ancora recente- mente incaricò una special Commissione per darvi riordina- mento. Tutte queste erano sicuramente soddisfacenti notizie che l'Autore dell'opera che esaminiamo, poteva inserirvi ad onore 310 (Iella patria, ed esse ci avrebbero alquanto racconsolati ài queir altra ben triste, cbe ci dà annunziando 1' aumento sensibile che si riscontra nel numero dei maniaci ( J^ol. II, pag. 3o6 ). Finalmente diremo che in quest' opera non si tralascia di fare alcuni cenni sulle Confraternite italiane , ed altri istituti che ab antico esistoao in Italia per il sollievo dell'umanità, i quali crebbero di secolo in secolo il patrimonio dei poveri , e dei tribolati , e somministrarono utili direzioni allo spirito di beneficenza , cosicché da esse il sig. conte Petitli ricava non poche considerazioni sulle opere pie italiane, e singolarmente su quelle fondate in Piemonte ( V^ol. II, pag- 3o8 ). Una mente men forte e capace di quella del sig. conte Petitti si sarebbe a questo punto riposata. Ma egli invece continua con egual lena le sue investigazioni sopra gli istituti caritativi esistenti in Parigi, ne' suoi dintorni, e nelle principali città della Francia , e di queste investigazioni raccoglie quelle più speciali avvertenze che possono convenire al governo delle no- stre opere pie. Lo stesso esame egli intraprende pur anco intorno agli istituti dì beneficenza dell' Inghilterra , e ne nota le principali disci- pline , i pregi ed i difetti che potrebbero presso noi farne imi- tare , o schivare 1' esempio. Fra quelli degni d' imitazione si possono riferire gì' istituti destinati alla distribuzione dei rime- di! farmaceutici. Lungo si è il novero di questi Istituti, Società ed Associazioni che si possono quasi dire particolari all' Inghilterra , e che ten- dono a rendere in ogni maniera soccorso alla umanità bisognosa, inferma , o pericolante. Però il loro numero istesso , e 1' infi- nita varietà delle loro destinazioni attestano l' immenso loro bisogno ; ed in vero neppure sono ancor sufficienti per far scemare nella popolazione di quei Tre Regni quella moltitudine d' indigenti , e di miserabili d' ogni specie che quivi si mostra ognor più imponente sia per il difetto della produzione terri- toriale , sia per la massima disparità nelle condizioni sociali , sia per 1' eccesso della produzione industriale in massima parte ricavata non più dalla mano dell'uomo, ma dalla forza delle meccaniche inveuzionì. Non è poi la cosa meno interessante di 311 questo ragguaglio , l'osservarvi con quali mezzi nell' Inghilterra si provveda al miglioramento religioso , all' educazione , ed alla istruzione degli indigenti , e dei ricoverati nelle diverse case di beneficenza 5 ciò tutto operandosi , e coU'apertura di scuole analoghe nelle provincie , e nei distretti , e colla società delle missioni, e persino colla distribuzione di libri e di trattati per questo special uso composti. Trattanto egli è ormai tempo di avvertire che una delle più pregevoli conclusioni clie si può trarre dalle disquisizioni, e dai quadri statistici ed amministrativi contenuti nel Saggio del sig. conte Petitti , e la conclusione appunto eh' egli stesso ne trae , e con cui termina il suo secondo libro ; si è quella della moltiplicazione che dappertutto si osserva degli istituti di be- neficenza, ed i miglioramenti e le riforme che succedono nel loro regolamento, la caritativa sollecitvidine dei cittadini pro- mossa,, diretta e tutelata dai governi, l'utilità generale insomma dello spirito di associazione che dappertutto si diffonde, e dap- pertutto si dovrebbe sussidiare e proteggere. A coronare poi degnamente una si lunga serie di teorie e di fatti , e come novella sorgente di salutari risultati _, sorse op- portuna in Piemonte , ed il conte Petitti riporta quella legge recente , per cui viene provvisto al buon governo ed alla con- tabilità tanto attiva che passiva degli istituii di carità e di be- neficenza *i. In questa legge si veggono ridotti alla pratica molti dei principii sparsi nell'opera del sig. conte Petitti, e vi domina soprattutto quella sua massima favorita della larga tutela-, dimodoché si può dire senza adulazione, che quanto si è da qualche anno fatto in Piemonte per lo riordinamento delle opere pie , e quanto sarà ancora per farsi , pare proprio fatto e si farà forse ancora sulle norme tracciate in questo Saggio dal conte Petitti. 'i VeJi il R. Editto del '4 dicembre iHMk 312 § IH. Delle Carceri. La colpa ed il delitto, i colpevoli ed i delinquenti sono un' allea specie di miseria che se la società ha il diritto ed il do- vere di punire , di contenere e di emendare ; la carità ha poi anch'essa l'obbligo di sollevare e di soccorrere. Dopo perciò di aver parlato della Mendicità , e degli Istituti di beneficenza , r ordine delle cose chiamava il nostro Autore a parlare delle Carceri. Egli è di fatto dalla folla dei niendici che esce il più soventi la popolazione dei delinquenti, imperocché la povertà ed il bisogno furono mai sempre possenti stimoli al delitto , e quando poi i carcerati vengono rilasciati dal carcere , lor tocca soventi di rientrare nella classe dei mendicanti , e tal- volta ricalcano la carriera del delitto, se nelle carceri non si educarono al rispetto della virtù , all' abitudine del lavoro , alla emendazione. Per le quali cose il terzo ed ultimo libro dell' opera del sig. conte Petitti si raggira sul buon governo delle Carceri. Se ragionando della Mendicità e delle opere pie il buon go- verno di esse poteva forse richiedere che venissero richiamate a più severi prlnclpii ed a più stretti ordinamenti , perchè al- cune erano forse degenerate o cadevano in un funesto rilassa- mento , quando poi si viene a ragionare delle Carceri , ben altre massime che di rigore deggiono venir professate. Cosi veramente le teoriche, i voti, le classificazioni, le di- scipline che professa l'Autore in questo libro, sono per la mag- gior parte le stesse che quelle degli scrittori più filantropi e principalmente del sig. Carlo Lucas nella celebrata sua opera Sulla riforma delle prigioni *i. Lasciata però in disparte ogni più alta considerazione sulla legislazione penale, ed attenendosi soltaiito a ragionare delle regole penitenziarie, il conte Petitti discende a fare la enume- razione delle carceri secondo i varii oggetti dell' iucarcei-azlone^ cosicché prima ei parla delle Case di custodia per gli accusati ancora esenti da condanna , e poi delle Case di pena per gli *i Vedi la distribuzione 2. di ottobre pag. 4i) ili questo Giornale. 313 inquisiti già condannati*, e queste divide secondo la qualità dei delitti in ipri^ioin Correzionali j Penitenziarie j in Bagni-galere , ili carceri Militari , e finalmente in quella della i>/fl/a-^a^a per i debitori insolvendi. Le ultime case di detenzione che si descrivono , sono gli Ergastoli destinati alla reclusione di quelle persone d' ambi i sessi , che dando gravi motivi di tendenza delittuosa , debbono in esse ricevere quella correzione e quel morale miglioramento che solo può preservarle dal cadere nei delitti. Sopra perciò ciascuna di queste sorta di carceri , conforme alla propria indole e destinazione vengono avvertite le necessa- rie regole e cautele , onde si possa ottenere un buon governo non solamente materiale e fisico , ma eziandio morale di que- sti stabilimenti. A tal uopo ella è soprattutto raccomandata la separazione, dei due sessi , e delle diverse categorie degli accusati sotto processo , e dei delinquenti già colpiti da condanna. Il nostro Autore non è poi di quegli ottimisti, che vorreb- bero escluso dal sistema penitenziario il principio dell'intimi- dazione : Egli però lo vorrebbe soltanto subordinato a quello della prevenzioue dei delitti e delle recidive , ed a quello pur anche dell' emendazione del reo. Così mentre trova ancor ne- cessarie le segrete per i delitti più gravi , esige però che il chiudimento in esse sia il più breve possibile , e secondato da una celere istruzione del processo ; raccomandando pur anche la libertà delle difese ( F^ol. II, pag. ^og ). In tutte le case penitenziarie conviene che vi sia un governo disciplinare interno , che non solamente si occupi dei ditenuti, ma eziandio della condotta dei varii officiali a cui è affidata la sicurezza , la pulizia , ed il mantenimento di questi stabili- menti. Di ciò tutto , e di queste incumbenze destinate a man- tenere severamente 1' ordine e la disciplina si rende conto in questo libro ,.'6 per meglio riescire ad ottenere quell'ordine e quella disciplina si vuole rigorosamente proibito il giuoco pei dilenuti. Riguardo poi agli altri mezzi per ottenere nelle prigioni l'ordine necessario, variano le opinioni degli Autori, e soprattutto quanto al metodo dell' isolamento dei carcerali. 314 Ma il nostro Autore si attiene al parere del signor Lucas che condanna in generale questo metodo come sorgente di molti funesti effetti, e perciò lo crede soltanto applicabile a quei di- tenuti più protervi che attentano all'ordine ed alla disciplina interna del carcere. Nello stesso tempo si osserva con quali cautele e modificazioni si debba usare 1' obbligazione del si- lenzio. In seguito non solamente vengono tracciati i regimi vittuarii, ed alimentarli tanto nei casi ordinarii , come in quelli di ma- lattia, ma inoltre si trovano raccomandati i mezzi ed i metodi più acconci per dare ai prigionieri un' istruzione religiosa , morale e letteraria. Ed uno certamente dei mezzi più efficaci per ottenere siffatto intento , e che giova parimente ad assi- curare la disciplina interna delle prigioni , e la rigenerazione dei carcerati , si è lo assuefarli e lo dirigerli al lavoro. Quindi si additano in questo libro le regole , che sono le più appro- priate e nel tempo stesso più miti per un simile proposito , e vengono descritte quelle arti e quei mestieri che si possono col maggior vantaggio e colla maggior facilità introdurre e prati- care nelle carceri. Seguono poi altre regole per 1' esecuzione di tali lavori , e per la fissazione della loro mercede. Il prodotto di questi la- vori che vuoisi versare nella cassa dell' istituto , deve subire una proporzionata distribuzione a cui partecipa lo stesso stabi- limento , non meno che i ditenuti sia per mezzo di un fondo di riserva che per essi si forma onde lo trovino nell'occasione del loro rilascio , sia colla facoltà di procacciare per essi me- desimi alcuni godimenti durante la prigionia. E sebbene da un canto la devoluzione che l'Autore consiglia a favore della massa di quel fondo particolare che un ditenuto morto nel carcere può lasciare ( pag. 477 ) ' possa sembrare contraria al diritto di proprietà, pare però dall'altro che possa non £;ià solamente avere per fondamento lo evitare le moleste rese di conto, e le reclamazioni degli eredi ; ma bensì soprat- tutto quello spirito di comunione che è sì naturale e conso- lante fra quegli individui che soggiacquero ad un' eguale sven- tura , e soffrirono gli stessi dolori. 315 Parrà intanto a qualche più largo filantropo, educato nei principii di Bentham e di Lucas, alquanto rigido il sistema del nostro Autore quando ammette le punizioni dei ditenuti esten- sive persino nei casi di straordinaria protervia, ma sempre però come un estremo rimedio, alle percosse ed alle battiture ( ^ag^. 463 e ses. ); ma cotesto più delicato pensatore, che uomo di Stato cangierebbe d'avviso , dove pensasse che le carceri popo- late d'individui macchiati di colpe e di delitti, o proclivi almeno al vizio non possono essere al postutto recinti di quieto o deli- zioso vivere, uè che desse debbono considerarsi semplicemente come un mezzo di miglioramento , ma bensì , e rispetto mas- sime ai ditenuti già sottoposti a condanna , come una espia- zione e come un mezzo d' intimidazione necessario non sola- mente per essi , e per ovviare le recidive , ma eziandio per rimovere gli altri cittadini dal commetterne. Quantunque però non escluda le punizioni , l'illustre Autore consiglia poi anche le ricompense da darsi in alcune occorrenze ai ditenuti. E mentre suggerisce ancora alcune regole per l'esatto servi- zio delle amministrazioni e della contabilità, penetrato della necessità e dell'utilità di tutti i divisamenti da esso proposti , ei si lusinga colla consolante prospettiva di una saggia riforma delle carceri , e di un vero miglioramento de' carcerati. Ma la fatica del sig. conte Petitti non era ancora compiuta. Egli perciò suggerisce ancora alcune norme speciali per il go- verno de' Bagni-galere, per le carceri Militari e per quelle della Mala-paga 5 e non tralascia in ultimo di parlare pur anche degli Ergastoli destinati a rinchiudere i discoli dell'uno e dell' altro sesso. Avvicinandosi intanto al fine della sua opera 1' Autore non dimentica di dettare alcuni consigli sopra una frequente ed oculata visita delle carceri , affidata a persone di un rango superiore, probe ed intelligenti. Ma una ben degna considerazione ancor lo trattiene 5 ed è quella sulle Case di rifugio per gì' individui usciti dal carcere. Egli con giusta allegrezza li loda in que' Stati dove già sono fondate , e con fervidi voti le raccomanda colà dove ancora non lo sono. 316 Meritevole in vero di tutto l' interessamento filantropico si è questa classe di persone liberate dal carcere , le quali per r ordinario avvilite od irritate da quel disprezzo e da quel!' isolamento con cui la pubblica opinione li accoglie ed a cui la medesima li condanna , precipitano molte volte nelle recidive. Per accogliere questi neofiti di una vita nuova e rigenerata già si trovano in alcune contrade d' Europa questi asili 5 ma soprattutto e commendevole e degna di essere imitata presso d'ogni nazione la legge del 4 dicembre i835 promulgata nel Belgio, e riferita nell' opera del sig. conte Petitti, colla quale si approva e si costituisce una società detta di Patronato per i ditenuti liberati. Con questa legge le amministrazioni di quegli Asili, od an- che un solo membro di esse, restano incaricate di assumere il patronato di tali individui, e di far sì che vengano provveduti di lavoro , ed abbiano qualche onesto collocamento nella so- cietà in cui rientrarono. Ella resta poi anche cura di questi patroni lo invigilare per un qualche tempo sulla condotta dei di tenuti rilasciati , afilnchè non succedino le recidive, ed affin- chè quel peculio che il ditenuto possedè talvolta uscendo dal carcere non gli serva d'incentivo al mal operare, ed al vi- vere sfaccendato. Poche osservazioni finalmente sulla convenienza relativa , cioè, dipendente dagli ordini e dalle situazioni di ciascun Stato in riguardo all' introduzione delle così dette Colonie penali. • — Pochi riflessi sulla natura e sulla destinazione di queste colo- nie , nelle quali ( mentre si sta vagheggiando come possibile r abolizione della pena di morte ) si crede che dovrebbero ve- nir deportati alcuni più perduti scellerati, ed in specie quelli che nel presente sistema penale sarebbero ancora condannali alla pena capitale , e così pur anche i colpevoli di gravi de- litti politici. — Poche altre avvertenze infine sull'utilità delle statistiche penitenziarie , e sui metodi e requisiti della loro compilazione , terminano finalmente il terzo ed ultimo libro di quesl' opera. 517 Tale si è il sunto prolisso egli è vero, ma però ancor ben imperfetto dell' opera del sig. conte Petitti. L' immensità delle materie che percorre , e quel continuo riassumere per ordine numerico gli ultimi risultati , le dernier mot delle infinite qui- stioni in essa trattate , e quel riferire per lo minuto tutti gli argomenti che si adducono in favore o contro ciascuna opinione o sistema , furono altrettante difficoltà che s' incontrano per darne un ragguaglio più esatto , e nel tempo stesso più unito e complessivo. Ma con tutto ciò noi speriamo di averne pre- sentato un' ided sufficiente , e tale che basti per invogliare chiunque a conoscere più intimamente questo libi'o , ed a farvi sopra uno studio più regolare e profondo. Chi per altro si applicasse a questo studio troverebbe forse per le stesse ragioni or or avvertite , che questa grave fatica _j del conte Petitti è bensì una compilazione, un catalogo di tutte le nozioni , i sistemi e le istituzioni i-elative all'intrapreso ar- gomento , piuttosto che un libro che contenga un corso d' idee ordinato e compiuto sulle basi razionali e sopra tutti i rapporti di quella parte dell'economia politica, che si occupa della men- dicità , delle opere pie , e delle prigioni. Ma non poteva essere altrimenti : imperciocché l'Autore tutto intento da un canto a sviscerare dai più celebri scrittori, e dall' esempio delle piemontesi come delle straniere istituzioni, quelle positive e sommarie notizie che meglio credeva convenire alla propria impresa , ed occupato dall' altro ad accozzare e con- densare 1' una dopo l'altra le scarne conclusioni di quei trat- tati e di quegli esempii, non attese poi a dare alla sua opera tutta quella altezza ed estensione di concetti, e tutta quella eloquenza di ragionamento con cui si poteva rammorbidire, e di cui ben era capace 5 e la lasciò invece sgominata e senza legame alcuno di unità confondersi per entro alle più intral- ciate ramificazioni delle percorse materie. Ond' è che qucst' opera si trova in molte parti mancante d'idee proprie dell'Au- tore che la dettò , di quelle idee che sono elaborate nello stu- dio e nella meditazione sulla scienza, di quelle idee insomma originali e profonde che sovrastano alla scienza od all'arte che si prende a trattare, e ne comprendono tutti i principii e tulle 318 le conseguenze. Per il che se con una parola sola si volesse far la critica di questo libro, si potrebbe dire cbe esso manca di sintesi. I quali difetti vengono ancor più resi sensibili per le fre- quenti trasposizioni, e dimezzamenti delle materie e delle qui- stioni, come già ebbimo ad osservare nel processo dell'opera: locchè malgrado i riepiloghi con cui giudiziosamente ne con-' chiude ogni parte, pure non tralascia d'ingenerare ben spesso confusione, ripetizioni, e disordine: tutte cose che nuocono sommamente a quella concatenazione e deduzione logica d'idee e di cognizioni, che tanto si desidera in un libro qualunque, e massime poi in quelli di discipline sociali. Egli è ben vero che queste mende possono comparire piut- tosto di forma e di metodo che non di sostanza, e che tali sono, che forse non le scorgerebbe chi solamente tratto tratto e non di seguito prendesse ad esaminare quest' opera. Ma ad ogni modo se a queste mende non può forse intieramente far scusa la modestia del titolo, perchè a dir vero un Saggio in due volumi di oltre mille pagine non è cosa si leggera 5 questa scusa però ad esse certamente la fa la modestia delle inten- zioni dell'Autore, il quale volendo comporre un repertorio, op- pure un Manuale teorico -pratico di tutto ciò che sinora si pensò, e si scrisse, e si fece intorno alla mendicità, agli isti- tuti di beneficenza , ed alle carceri , non poteva far meglio che radunare come praticò in un solo libro tutte le cognizioni re- lative a questi tre rami dell' economia politica. Il che operando rese quella utilità che è propria di simili raccolte, di presen- tare, cioè, in un colpo d'occhio tutte le notizie che possono oc- correre a chi pose studio, o deve applicarsi a tal genere di discipline , facilitandone così la cognizione e le occorrenti ri- cerche. Per la qual cosa questa utilità innegabile e cosi positiva (che se fuori del Piemonte potrebbe andare scemando, in esso è però grandissima ) già basterebbe per ricomperare quei di- fetti che si ebbero a notare, e che forse erano inevitabili per chi voleva mietere un campo cosi vasto , come quello che scelse il signor conte Petilti, e volle raccogliervi ogni spica. 319 Ma ciò che più di tutto questo fa trionfare il suo libro sopra d'ogni censura, sono i prcgj distìnti che vi risplendouo , e di cui noi , a meritato omaggio , ci ascriviamo a debito di accennare i seguenti , come quelli che più prominenti ci re- starono maggiormente impressi. 1. IVon vi sono teorie, non sistemi, non istituzioni, non c- sperimenti rimoti o contemporanei di cui sopra queste materie economiche abbiano trattato filosofi e puhbllcisli, o che i go- verni o private società abbiano tentato 5 non vi sono finalmente ragioni per cui un'opinione ad un'altra, un provvedimento ad un altro debba prevalere, che il signor conte Petitti non abbia studiato, discusso e ponderato; e ch'egli non abbia scelto e raccolto in questo libro. 2. Nel trattare tante e così vitali f[ui.stioni , e nell' istituire il confronto fra le legislazioni e gli istituti de' varii paesi, ei vi tenne sempre buon conto de' fatti morali e positivi della umanità; cosicché ogni principio, ogni consiglio che vi sia pro- posto come migliore lo dimostra sempre in armonia colle mas- sime della religione , della morale e della carità cristiana. Nel che è sempre costante il signor conte Petitti, sia che giudichi necessario il rigor delle leggi e proponga mezzi coercitivi che sembrano scostarsi dai voti di una troppo cieca ed illimitata filantropia, sia ch'egli consigli divisamenti più largVji, più uma- ni, e più confacenti all'indole ed ai bisogni delle presenti gene- razioni. 3. In questo libro finalmente in mezzo alla folla di tante antiche e recenti opinioni, e soprattutto nell'odierna molli- plicità di esperimenti governativi ed amministrativi, il nostro Autore abbraccia sempre i partiti più generosi, e quelli che gli sembrano più utili per il gradualo e ragionevole incremento della civiltà. Che se le sue sentenze potevano talora essere forse più va- ile, più speculative , più libere , esse però non potevano mai in alcuna circostanza desiderarsi più positive, più appropriate ai luoghi ed ai tempi, più prudenti insomma ; massimamente per ciò che spettava alle opere pie , nel di cui andamento nuo- ceva forse più una libertà senza limiti , che un giudizioso e 320 moderalo contegno. Del resto si può in generale ben dire che r Autore di quest' opera modera sempre i suoi giudiz, m modo che mai tendano verso principii di soverchio ristretti e vin- colativi se non v'ha pericolo di precipitare in rovinose licenze, come non teme giammai che pieghino verso più larghe mas- sime quando del pari non v'ha il pericolo contrario d. ritor- nare a metodi superstiziosi e servih. Per le quali considerazioni noi non dubitiamo che questo libro sia per venire risguardato da tutti come una benemerita fatica di un amministratore esperto, zelante e di buona fede: ma dagli uomini di Stato poi perchè vi trovano le applica- zioni ed i risultati pratici di profonde meditaziom , e dagli nfficiali amministrativi egualmente, perchè hanno in esso una snida illuminata nello studio e nell'esercizio delle loro attri- buzioni 5 i meriti di questo libro saranno ancora più partico- larmente sentiti ed apprezzati. la quanto poi a noi lo onoriamo sinceramente siccome una rispettabile testimonianza dei progressi che vanno facendo an- che in Piemonte i buoni stud, sociali,- e siamo certi che que- st'opera frutterà all'illustre Autore se non altro , almeno quel premio che forse vai più della lode e della gloria, le benedi- Lni cioè di qualcuno di quegli infelici , a cui . provvedimenti da lui consigliati avranno giovato. S. B. 321 Scienze Morali Delle prime costumanze j e della prima educazione. 1° Appena l'uomo comincia a sviluppare le facoltà intellet- tuali, come ciascuno rimontando all'ultima puerizia può riscon- trare in se stesso, vadosi attorniato da un' immensità di esseri che lo incantano , e che fasciano la sua mente di un buio impenetrabile. — La naturale curiosità lo spinge a mendicare dagli altri delle nozioni su tutto quello che opprime la sua intelligenza 5 e sebbene questo uomo non sia opera del caso , ed un automa che si muova soltanto all'.urto di un capriccioso destino, nulla meno l'anima sgombra di tutte le immagini, e nel pieno silenzio delle passioni, di leggieri si persuade di quanto le viene asserito , sia pur Tero o fallace. — Ella entra nel mondo come un nudo pellegrino , il quale si veste cogli abiti dell'uso. — L'anima nostra simile a quella tenera pian- ticella che serba fedele la prima direzione del suo cultore, s' immedesima , direi quasi , colle prime idee che riceve , e se ne forma un sistema d' immaginazione , e sovente di razioci- nio. — Sembra che le prime idee acquistino su la mente un oscillamento perenne , che con un moto arcano ed ultroneo si riproduce. 2.° Quegli dlffatto che bambino paventò de' vampiri , delle prodigiose maliarde , e della stravagante malignità degli spinti, come quello di Nika che fa scempio de' passeggieri, quello di Rath che si disseta nel sangue de' fanciulli , quello di Both , il quale cavalcion su le nubi segna con mano di fuoco la vitto- ria, e l'eccidio degli eserciti e dei regni, colui, dico, che di tali superstizioni fu imbevuto, giunto agli anni virili, malgrado tutti i lumi della filosofia, e il dileggio cui va soggetta la sua ,t 1 522 paei-ìle credulità , non sa passeggiare fra la tacita notte senza figurarsi mille larve gigantesche, che al suo sguardo fanno mille spaventose metamorfosi. — Qual è poi l' idiota colono che per una specie di tradizione non serbi piena credenza al filtro che signoreggia gli affetti, e a tutti quei magici incanti , onde il Tasso e l'Ariosto attìnsero il maravìglioso dei loro immortali poemi ? 3." Ella è forse l'infermità dello spirito, e questo cieco at- taccamento alle prime nozioni, su cui l'intelletto pare non osi portar disamina per tema quasi di essere disingannato , che popolarono la terra, il mare, e l'olimpo di mostruose divinità, e rapirono tanti altari e tanti incensi al vero Dio delle genti. — !5Voi dunque non so se per beneficio della natura, o per fatai conseguenza dell'umana caduta siamo tenacemente memori e ligi alle massime , che si acquistano al primo apparire della ragione, né possiamo staccarcene senza il miracolo della sapien- za. — Cotal verità sembra un mistero inestricabile , ma pure la riscontriamo tutto giorno in quei vecchi, i quali non sanno acconciarsi a tutto ciò che si allontana di un passo dai loro antichi principi, e dal loro modo d'intendere, e di sentire.— La riscontriamo negli stessi uomini che diciamo di genio , i quali mentre sono gli oracoli della più alta dottrina , restano spesso impiccioliti dalle più rìdevoli superstizioni nella puerizia acquistate. 4.* Cosi i saggi d'Atene e 1 più segnalati filosofi, dell' anti- chità, mentre col pensiero percorrevano i confini del creato , e carpivano ogni giorno qualche segreto alla natura , le opinioni più erronee della prima educazione erano poi la forza per così dire centripeta al tenore dei loro costumi. — Socrate stesso che può dirsi il fondatore della sana filosofia compariva talvolta fra le gozzoviglie e lo stravizzo delle taverne. — Da ciò si conosce eziandio che la saggezza di quei tempi era una corruttela più moderata , e che la nuda virtù non apparve tra gli uomini che dopo la luce del Vangelo divino, — Ma ad onta dell' Evangelio, e dei sacri pergami, e delle leggi, la virtù più luminosa e la verità più evidente non è voluta credere , se col latte non è succhiata. 325 5." E per verità quella porzione di popolo sciagurato che per r incuria di molti governi nasce e cresce fra l' indolenza e la irreligione di scioperati genitori , sembra tralignare onni- namente dalla nobiltà natia , e solo intesa alla crapola ed ai reati , si ride delle minaccie e dei premii eterni, come il ciclope d' Omero si rideva dei fulmini di Giove. — Siffatto popolo non soffre nelle sue azioni altro modello ed altro consiglio , che quello delle passioni , e compone quella plebe tumultuosa, che Tacito e Seneca chiamano belva di più capi , e più volubile del vento. — Eppure la saggia natura parla a tutti le mt.de- sime voci , sparse in tutti il seme della giustizia e della virtù, e r uomo , come dice il gran Filangieri , nasce nell' ignoranza, e non già nell' errore. 6." Tutto quindi dipende dalla prima educazione , e consi- mile idea volevasi forse nel pensiero di Bruto , quando pro- strato dalle vittorie di Cesare esclamava ; « O virtù , io ti ho adorato come una divinità, ma tu non sei che un nome va- no *i. » — Non v'ha punto di dubbio: Veducazione è all'uomo ciò che un abile scalpello dello statuario è ad un informe masso di marmo , e da lei dipende in gran parte il valore che noi diamo alle cose , ed in ispezialità agli enti morali. — I Sibariti e gli Asiatici tenevano le voluttà in conto di bene j gli Spartani ed i prischi Romani le riputavano un male. — Così ciò che presso un popolo è turpe, mercè Veducazione presso l'altro è decoroso. — In Grecia si applaudiva a quella nobile vedova , che prezzolata compariva su le scene ; in Roma si biasimava. — In un luogo 1' ospitalità è una legge inviolabile; in un altro r uccisione degli stranieri è un privilegio nazionale. — E che mai rende tanti popoli affezionati , e prodighi eziandio della vita alla più stolida idolatria, e a tante frivole religioni , che sono insulto sacrilego , e non ossequio di gratitudine al Crea- tore , se non che la forza della prima educazione , ed una coti- N L' esclamazione che poco innanzi alla morte Marco Bruto faceva , »econdo che riferisce Dione Cassio , (uoua più letteralmente così : « O virtù misera- ))ilc , eri una parola niidit , t io ti seguiva come tu fossi una cosa : ina tu sottostavi .-illa forluui. » Df'Agostifii. ù24 ' le ha imparate ? O tacerai, o giudicherà » da pazzo. De Orai, lib 3. Il mondo delle arti è in alcuni punti simile al mondo della natura , vario , vago , stupendo , curioso ; e gli artefici somi- gliano in alcun che a Dio non tanto nel creare , quanto nel gettar che fanno il loro mondo alle osservazioni degli uomini , argomento eterno di dispute , di opinioni , e di giudizi. Ma come sul mondo fisico furono in ogni età giudizi dritti e torti, opinioni ragionevoli e sragionevoli 5 così su quel delle arti si pronunziarono sempre sentenze eque ed inique, rette e stra- volte. Che se poi volete a compimento del confronto presente anche una delle dissomiglianze voi ve l' avrete in questa , che il mondo della natura per dritto, o torto giudicare che si faccia non soffre , non muta , anzi va proseguendo con tutta sicurezza i giri suoi ; dove all' opposto il mondo artifiziale per cotesto diluvio di opinioni , e sentenze si cangia , si ferma , retrocede, rallenta, e quasi ruota per disastrosa via gira come può. Per questo non vi stupirete se oggi interrompo con un episodio il corso delle mie lettere , e se invece di parlarvi dell'Espressione musigale , come vi aveva promesso nell' ultima , io vi discorra de' giudizi che soglionsi proferire sulla musica. Veramente la cosa è un po' ardua, e delicata 5 ma l'obbligo che ho di spie- garmi sopra alcune cose dette ultimamente , ed una storiella 561 aulica in cui m' avvenni , la quale fa per noi , mi fecero risol- vere a questo episodio. Ed in quanto alla storiella voi dovrete sapere che in Atene tempo fu erano molto in voga i giudizi popolari, sopra la fer- mezza , e rettitudine de' quali nulla è a dire , tanto più che Socrate, e Aristide, e Temistocle, e Demetrio, e perfino Al- cibiade ve ne potrebbero fare ampie testimonianze. Ora questi giudizi non tanto avevano luogo nelle pubbliche assemblee per gli affari di stato, quanto anche ne' teatri per faccende meno serie , testimonio sempre lo stesso Socrate non solo di quelli , che di questi. Ciò posto udite la storiella che Platone racconta nel 3." delle leggi , e se non fa per noi datemi pure dello sto- lido per la testa , e per i piedi : « Anticamente, racconta il » filosofo, il popolo Ateniese non era padrone, ma servo delle » leggi, dico di quelle che riguardano la musica, la quale era » allora distinta per specie , e figure , cioè per inni, per elegie, » per ditirambi. Per queste leggi non era lecito usare un » genere di canto per un altro 5 e l'autorità di conoscere, giu- » dicare, e condannare le trasgressioni musicali non era già in » balia de' fischi, e dello schiamazzo come ora ( il che pur » dicasi dell'approvazione); ma nelle mani di personaggi esimii , » i quali nel silenzio potevano udire sino al fine , perchè i » giovani , i pedagoghi , e la plebe venivano frenati colla ver- » ga . . . cosi che non giudicavasi per tumulto. Ma coli' andar » del tempo cominciarono i poeti a farsi autori d' irregolarità » musicali , non badando , benché ingegnosi , al giusto , ed al » legittimo , e ciò per una certa pazzia , e per secondare il M gusto altrui. Cotestoro adunque confusero i canti lugubri cogli » inni , i ditirambi coi peani , imitarono col canto le tibie, e » le cetre , posero tutto sossopra. Inoltre da ignoranti ed im- » pudenti mentirono pure centra la musica , affermando che » essa non aveva norma e legge , ma che giudicavasi dal pia- » cere dell' uditore fosse egli dabbene o no ; di modo che com- » ponendo essi cosi fatti poemi, e spargendo nel volgo cotali » massime resero la moltitudine sì ingiusta ed audace , che » credette di poter giudicare con cognizione ; quindi i teatri » dove prima tacevano , schiamazzarono quasi che sottilmente 362 » sentissero il bello delle muse , quindi dall' arbitrio degli » ottimati il giudizio cadde in balìa della platea , cioè nella » Teati'ocrazia. » Ora andatevi a lamentare de' tempi nostri , se il costume di giudicare senza autorità è cosi vecchio ! Deplorate l'odierno disprezzo del buono e del bello , se per fino gli Ateniesi cosi gentilmente educati lasciavausi affascinare dai novatori! Ma che? Vi si vorranno adunque dei tribunali, e delle verge? Oibò. Dio ci guardi dai rigori d' un' oligarchia musicale. Se vi è cosa an- cora posta in medio, sono le arti belle, possessione comune a tutti tanto per l'esercizio, quanto per il giudizio. In ciò non solo dissento dall' antica usanza d'Atene , ma anche dalla mia epigrafe ; poiché lasciamo stare che nelle scienze , e nella mu- sica , quando contava tra esse, si richieda per giudicarne di averle studiate, nelle arti poi fatte per dilettare gli uomini, create per tutti non si esige d' averle imparate , o di profes- sarle per sentirne , e giudicarne i lavori. Ma come dall' altra parte evvi la tuatrocrazia , od il libertinaggio teatrale che può nuocere all'arte, e screditare i pubblici giudizi, è da vedere quale temperamento abbiasi a prendere per salvare la musica dal giudizio de' pochi, e de' molti. Ed in primo luogo martel- latevi ben bene in capo che il diritto di giudicare in fatto di musica, siccome in tutte le arti è legittimamente nel pubblico senza privilegio , restrizione , e prerogativa di curia , o tribù ; in secondo luogo che a siffatto tribunale per giudicare equa- mente certi requisiti si convengono , senza i quali la sentenza non sarà inappellabile. Cosicché io direi così all'ingrosso, e senza cercar il pelo nell'uovo, che almeno almeno vi si richiederebbe una certa intelligenza , una tafl quale rettitudine o coscienza , e finalmente una sufficiente dose di buon gusto. Che ve ne pare? Son io forse tanto rigoroso, come credete? Un giudizio ema- nante da cotesti principii debbe essere per la musica la vera vox populi , il voto unanime della natura , la decisione che debbe sanzionare il bello musicale, non essendo altro che quella medesima , la quale ripetutamente sanzionò i capi-lavori della poesia, dell'eloquenza, della pittura, decisione per cui i mo- derni consuonano cogli antichi , per cui tutti i seco li , e paesi concordano in coro. 365 , E cominciando dal primo requisito che è l'intelligenza, dico che questa sarà come la face che rischiarerà la mente de' giu- dicanti. Ogni giudizio debhe partire da una certa convinzione, da una cognizione della causa , il che non si fa senza intelli- genza. Dunque, direte voi, bisognerà che il pubblico s'intenda di musica ? SI signore. Ma intendersi di musica non equivale già al sapere di musica , all' essere dotto in armonia , al pos- seder più o meno quest' arte. Io chiamo intelligente colui che senta e capisca quanto ode, che per ingegno, educazione, col- tura, ed esperienza siasi formato un criterio, che abbia eser- citato, od eserciti le sue qualità intellettuali, e via discorrendo. Non è egli vero che voi sebben non pittore , né erudito in pit- tura, né poeta, né esercitato in poesia, sapete distinguere un buon quadro da nn cattivo, un bel sonetto da un brutto? Se è così io vi assicuro che voi quantunque né musico , né dilet- tante, per l'intelligenza vostra potete anche seder giudice di musica in qualunque teatro. Mi direte che il vostro orecchio non è molto fino , che non è in grado di apprezzare tutte le armoniche gradazioni. Lo so, mio caro, che il vostro udito non eguaglia la delicatezza del vostro sentire , e so pure che molti per essere d'orecchio fino, e sensibile si stimano i migliori giudici in musica 5 ma io credo che questa finezza, e sensibi- lità opportunissima in vero non costituisce tutta 1' intelligenza musicale. L'intelligenza primo requisito del giudizio debbe ri- siedere oltre il timpano acustico , oltre i confini della organiz- zazione-, l'orecchio non è che l'usciere del giudice. Se la mi- glior disposizione degli organi sensorii dovesse decidere in que- sta , ed in altre materie, penso che molti sciocchi sarebbero intelligentissimi, e gli occhi lincei sarebbero i migliori giudici in pittura , siccome erano una volta in letteratura gli uomini di netto naso, emunctae naris. — Altri poi credonsi d'aver la prerogativa di giudicare perchè sono infarinati di musica , ne conoscono il vocabolario , si dilettano di canto , o di suono , di cantori , o suonatori. Benissimo. Siedano pure costoro tra' giudici , ma non a preferenza d' altri non infarinati, non dilet- tanti. Anche in quest'arte, mio caro, evvi la mezza scienza accompagnata dalla presunzione ; anche la musica ha i suoi 364 saputelli , i quali portano ai tribunali della platea quel fino discernimento che mostrano ne' privati concerti , allorché o can- tando, o suonando eseguiscono un pezzo di musica in natura, o ridotto ! Torno a dire che richiedesi intelligenza non scienza, tanto meno la saccenteria 5 ripeto che per pronunziare un giu- dizio esigesi criterio e buon senso, non dottrina, ed erudi- zione. Che vale il cicalar tanto di musica in pubblico , ed in privato ; pizzicar corde , gonfiar flauti , strimpellar chitarre , gorgheggiare da mattino a sera se non ce ne intendiamo ? Poco son conosciute, diceva Mehul , le cause produttrici de' grandi effetti drammatici ,• e perciò , comechè molti ciarlino di melo- drammi , pochi ne sanno con esattezza ragionare. La grande dimestichezza , cred' io clic abbiam contratta colla musica, forse è quella che ci dispensa dall' intelligenza. Evvi di più un pre- giudizio in questa parte , ed è che si possa dare una musica dotta, ed un'altra popolare, cosicché ove il comune intendi- mento a quella non giunga , possa almeno a questa arrivare. Così p, e. per chi non intende Dante, od Alfieri , havvi Me- tastasio , o Goldoni 5 per chi non sente le opere di Rafaello , o di Paolo, hanvi le bambocciate fiamminghe. Al che si ri- sponde essere nella musica, come nella poesia, e nella pittura diversi generi, diversi stili, i quali siccome esigono egual mae- stria neir artefice , così richiedono pari discernimento nel giu- dice , in modo che colui che non aggiunge allo stile sostenuto dell'opera seria, difficilmente intenderà il semplice della buffa, supposto che sieno ambedue lavoro perfetto nel loro genere ; epperciò divien superflua la distinzione tra la musica dotta, e popolare , perchè ogni musica debbe essere dottissima , cioè vera e buona musica, che significhi qualche cosa, che esprima, che dica quanto debbe dire , e corra speditamente al suo scopo. Vengo ora all' altro requisito che è la coscienza, qualità som- mamente richiesta a chi debbe giudicare. Un giudice conosciuta la causa si volge sopra se stesso per esaminare se mai o pas- sione , o interesse , o partito , o deferenza , o riguardo volesse o tradire , o corrompere il suo giudizio , sapendo che 1' onestà , la rettitudine, l'integrità, la giustizia debbono sostenerlo e gui- darlo. In generale ciò che corrompe ì giudizi pubblici sulle arti 565 sono i partili. Chi tien di qua, chi tien di là 5 GuelQ, e Ghi- bellini anche in musica, né più né meno come nella filosofia, e nelle lettere. Ed a chi non son note le guerre parigine tra i Glukisti , ed i Piccinisti ? Non si sparse sangue è vero come nelle altre , ma lo scandalo fu grave , il danno sopravvenuto al- l'arte, ed agli artefici non fu leggiero. I parteggiani del maestro italiano trova van sempre oro nelle composizioni di lui, sempre mondiglia nei lavori del tedesco , e viceversa. Anche la Germa- nia fu divisa dagli Haydisti , e dai Mozardisti ; anche 1' Inghil- terra guerreggiò pel suo Haendel , senza parlare dell'Italia, Ma io domando se nel furor di questi musicali partiti si può giudi- care onestamente? Pure direte voi che è difficile non simpatizzare almeno per qualcuno , ed in virtù di tale simpatia non usargli qualche indulgenza nel giudicarlo. La simpatia, vi rispondo, è cosa naturale , ma cieca al par dell'amore. La simpatia è tolle- rabile , anzi commendevole finché trattasi di domestico e privato trattenimento , finché anche in pubblico sta nei limiti d' una discreta approvazione, e così dicasi dell'antipatia. Ma quando prorompe, ed alza la voce per profferire un finale giudizio, quando co' suoi sibili soffoca la sentenza della ragione , della coscienza, dell'equità, è riprovevole, ed iniqua, Socrate ed Aristide furono pur condannati per antipatia , per nausea che si aveva della loro virtù. — Se cotesti giudici , diceva il ci- tato Mehul , fossero meno amanti, che amici di quest'arte, e volessero ben ben meditare prima di giudicare, non saremmo più testimoni d'interminabili discordie. Ma che? Sia orgoglio, o sia trascuraggine , gli uomini amano meglio disputare che istruirsi — Questo maestro, e filosofo se non erro, parlava dei dilettanti, i quali dovendo essere de' primi giudici , non portano poi al tribunale tutta quella indifferenza che é necessaria per giudicare, essendo già, come abbiam veduto, corredati di quella intelligenza, che in essi chiamasi sapere musicale. La mancanza di questa virtù che forma l'onestà d'un giudice intelligente, si vede poi ancor meglio riguardo ai cantanti. Ciascuno di co- storo una volta aveva i suoi settari sempre armati della doppia nrma del fischio, e dell'applauso, segno evidente dello stato bellicoso , in cui trovavausi le platee. Egli é vero che i più 566 caldi erano pochi, ma sufficienti per iscaldare gli altri, e per dividere la moltitudine indifferente in due sezioni , quasi che né anche in teatro la neutralità sia conveniente. Quindi è che ingrossate le fazioni al terminar d'un' aria, o d' un atto veni- vasi a battaglia. Gli applausi soverchiavano i fischi, e a tempo loro questi coprivano quelli , non restando inerti nella mischia uè i piedi , né le punte de' bastoni , i sì , ed i no , gli urli , 6 le chiamate. > Parole di dolore, accenti d'ira » Voci alte , e fioche , e suon di man con elle assordavano le volte teatrali, e la platea era magicamente can- giata in campo di battaglia. Finita la diavoleria con la peg- gio di qualche partito, il cantante giudicato con tanta equità e pace godeva, o fremeva dietro le scene in un momento in cui aveva bisogno di riposo, onde ripigliar lena e coraggio per farsi giudicare collo stesso processo nell'altro atto, o all'altra sera. Cosi giudicavasi in Atene allorché la verga non aveva più forza sulla plebe degli spettatori. Ho fatta menzione de' cantanti , siccome di quelli che inno- centemente porgono occasione alle mischie teatrali 5 ma non debbo tacervi che pur essi talvolta siedono sui banchi dei giu- dici. In qual modo? I molti riguardi con cui soglionsi trattare, lasciano spesso a loro la balia di sciegliere, o rappezzare le opere che debbonsi esporre in pubblico , la quale scelta , o rappezzatura vale un giudizio. E questo giudizio benché talvolta sia guidato da intelligenza, senno, e gusto, nondimeno più so- vente accade che riesca ingiustissimo, 0 perchè è giudizio di pochi, e talora d' un solo , o perché i giudici trovansi in causa propria, scegliendo quanto loro conviene, o perchè la scelta è pessima in materia di gusto, e la rappezzatura é giunta peg- giore della derrata. Questo abuso é assai pernicioso all' arte , ed all' ingegno de' compositori , fonte perenne di quelle oppo- sizioni che gli attori giudici mantengono co' maestri , cogli ap- paltatori , coi professori , e col pubblico. Per questo privalo giudizio non si possono udire opere nuove, opere iutiere, opere buone , e trionfano in vece i repertori! , gli zibaldoni , le mu- tilazioni , gli ermafroditi musicali ... 567 Ma r intelligeuza e la coscieaza non bastano per giudicare ili materia di belle arti; gusto ci vuole, e buon gusto, altri- menti il giudizio corre pericolo di nullità. Questo delicato sen- timento del buono, questa fina percezione con cui l'anima as- sapora le ineffabili dolcezze del bello , questo sensibilissimo tatto per cui si discernono i bei lavori dai mediocri, e brutti debbe essere il compimento, V ultimatum dell'approvazione, o disap- provazione. I grandi artefici che han per modello la natura in sé, o ne' canoni dell'arte in ciò somigliano pure al divino Ar- tefice, perchè sanno nelle opere loro trasfondere quell'ordine, quell'unità, quella simmetria con cui si costituisce il bello, e da cui è generata quella giusta meraviglia che i sensi de' ri- guardanti rapisce. Ora chi tra gli osservatori , o giudici non ha idea di cotesto magistero , chi non conosce il bello , o noi sa dal brutto distinguere non può giudicare i lavori dell'arte. E questo senso che io chiamo buon gusto non vuoisi confon- dere colla intelligenza ; poiché a questa basterà non errare , non confondere, ove a quello richiedesi un sentir profondo, uà assaporare delicato , un discernimento direi che ha da far più col sentimento, che colla ragione, più col cuore, che colla mente. Io non so se mi spieghi 5 ma per maggiore intelligenza fate voi conto che il buon gusto nelle arti sia come il buon senso nelle altre cose. Voi vedete infatti che negli aifari o speculativi , o pratici senza tanta metafisica alcuni sono guidati da un certo lume naturale attinto a' principii della ragione , e dell' equità per cui vengono giustamente chiamati uomini prudenti, savi , o di buon senso, i quali sovente ne' processi loro fan vergogna a più dotti, e saputi. Cosi accade nelle opere dell'arte per di- scernere il bello dal brutto , il buono dal cattivo. Inoltre sic- come questo buon senso non è in tutti quanti ci nascono , o non vi è egualmente 5 cosi dite pur del buon gusto qualunque sia la causa produttrice di tale mancanza, o disuguaglianza,* cosicché cotesti che io chiamerei insensati nelle arti, vanno di pari passo cogl' insipienti nelle altre cose , o coi sofisti nelle scienze. Ciò posto dico che questo senso del bello, o buon gusto e sommamente richiesto per formare un sodo giudizio sui la- vori musicali. Per la musica evvi anche una legge, una norma 568 da seguire, uu tipo da imitare, e di ciò abbiaui discorso l'al- tra volta , e prima che i novatori ateniesi ci venissero ad asserire il contrario. Ora il giudizio emanante del buon gusto altro non è che r effetto d'un' applicazione della legge del bello alla com- posizione. La qual legge siccome naturale, inconcussa, univer- sale, ovvia a chi è educato, non oscura, non ambigua, non l'econdita ; cosi né abuso, né prescrizione, né moda, né privi- legio, né contraria pratica può o derogarla , o renderla igno- rata. Perciò tenete per principio, che quantun(.|ue volte i ri- spettabili tribunali della platea giudicano un' opera senza questa applicazione ( il che non può certo avvenire), la sentenza loro è iniqua, ed il sentenziato debbe essere vittima, ove noi sia dell'ignoranza, e del partito, vittima dico del cattivo palato de' suoi giudici. Ma voi direte che cotesta legge può essere iuterpiclata in diverse guise, cioè che si possauo dare diversi gusti. Ed io vi concedo varietà di gusti , purché sieno tutti buoni 5 ma nello stesso tempo soggiungo che come il bello è un solo , cosi il gusto veramente buono non può essere che uno. Il buon senso è un solo, e ciò che non é lui, è stoltezza, o imprudenza.. Se il bello, come dice il mal provverbio, é quel che piace, nulla impedisce che il buon senso sia quel che convieiìe, l'utile non r onesto. Ora siccome questo non sarebbe buono , ma cattivo senso, sarebbe un ragionar perverso; cosi anche il solo piace- vole nelle arti produrrebbe un giudizio micidiale di esse. Sia pur bello quel che piace, perché non può essere bello se non genera piacere, ma non sia bello perchè piace, ma perchè è fondato su certe leggi , contro di cui nulla vale l' imperfezione, o la corruzione del sentimento altrui , od anche perchè ragio- nevolmente piace. Perciò tenete quest'altra massima, che nelle belle arti la varietà de' gusti contemporanei prova l' esistenza d'un gusto falso, e depravato,- ed i sintomi di cotesta depra- vazione sieno subito manifesti nell'anteporre che si fa l'affettato al naturale, lo sforzato al semplice, il fittizio al vero, il postic- cio al proprio , la vernice alla sostanza , i fiori e le frasche ai frutti , r apparente al sodo , e via dicendo. Questo gusto mette Virgilio e Dante sotto Marini , ed Ossian , preferisce l' archi- 569 lettura gotica a quella di Bramante , sparge non curanza , e disprezzo sulle antiche opere , e giura che i lavori di Pergolesi , di Paisiello , e di Gluck son poveri , sparuti , stolidi in con- fronto de' moderni 5 e la ragione meno spietata che viene in soccorso, e conferma di questo giudizio è che que' vecchi scri- vevano con uu altro gusto. Avete inteso ? Il gusto di quel tempo non è più il nostro: ogni secolo, ogni età ha il suo gusto. Se è così, decidasi qual sia il migliore. Ma da ciò che si è discorso finora la decisione non sarà difficile. Ed è qui veramente il luogo da osservare la difficile situazione de' compositori, i quali sono costretti ad adattarsi al gusto de' tempi loro. Veramenle sono degni di tutta compassione. Anche voi, come spero, ne sentirete certo tutta quanta la pietà. Essi vorrehhero far hene, vorrebbero scrivere secondo i dettami della scienza , e della legge ... e non possono a rischio del credito, e della fortuna. Vedono dove sta il male, ne sanno i rimedi, e non possono assolutamente operare per non disgustare gli ammalati. Ebbene gli voglio compatire anch' io , ma dopo un breve colloquio. — Chi nel seicento formò il gusto della poesia giudicata univer- salmente malvagia? Gli autori, od i lettori? Coraggio; di qui nou si fugge. Chi diede lo scandalo? Marini, od i suoi axnmi- ratori? Chi educò quel secolo nel pessimo? Non son forse gli scrittori ? Chi scrive forma il gusto , e vi aggiunge autorità ; gli autori educano i loro contemporanei , e guai a loro se gli educano male I Niun lamento perciò se i male educati giudicano in conseguenza della falsa educazione , se lodano talvolta il peg- gio , e disapprovano il meglio. I buoni maestri d' una volta di accordo coi buoni poeti con opere coniate sull' impronta della natura, educavano bene la moltitudine, la quale giammai non istaucavasi della buona musica e poesia. In virtù di sì onesta educazione non chiedeva novità onde variare il teatrale sollazzo, ben conoscendo che meglio nou si poteva fare , e che volen- dosi far di più , la musica avrebbe senza fallo corso il rischio della poesia, e della pittura. Voleva opere nuove sì, perchè i maestri abbondavano , e trattavasi di formar il patrimonio della musica correndo per lei il tempo opportuno . opere nuove do- mandava, ma non novità perniciose all'arie, non prevaricazioni, 24 370 jjon trasgressioni musicali. Chiedeva insomma melodie uuotc , motivi nuovi , diversi artifizi d'armonia, diverse apparizioni di bellezza , ma dentro i limiti della ragione , e del gusto. Così avrà fatto , cred' io , il popolo greco incantato alla let- tura dell' Iliade — un altro , un altro poema simile a questo. — Ed eccovi r Odissea coniata da Omero sul conio della prima. — Altre tragedie , avrà gridato in teatro il medesimo popolo,- ed eccovi Eschilo , Euripide e Sofocle far altre tragedie nuove sì , ma sulla norma delle prime. Né colle varie produzioni uscite sempre dal medesimo stampo del buon gusto una generazione ben educata patisce nausee, o cessa di sollazzarsi. Certamente 1 teatri son luoghi di sollievo, e di passatempo, luoghi di one- sta ricreazione, ma non a scapito dell' arte , a vergogna del buon senso, e del gusto; né quella difficile contentatura che si mo- stra verso il pittore de' scenarj , l' inventor delle vesti , e del ballo debbe cangiarsi in bonarietà verso la musica , e la poesia. Un popolo ben educato da' maestri guarda con egual occhio quante arti concorrono allo spettacolo teatrale , e lascia a chi -vuol divertirsi grossolanamente la libertà di correre a' più tri- viali spettacoli de' funamboli , e de' giocolari. Ma , come vi di- «;eva , i compositori son quelli che formano , e conservano , e promuovono il gusto nel publdico. Sono essi che d' accordo coi poeti o seguono la buona strada conformandosi ai principii del- l'arte, alle norme del bello, o confondendo i generi, trasgre- dendo le regole, e divulgando massime corrotte seminano quella zizzania nel mondo che soffoca poi a loro danno i sani giudizi. Perciò e' non sarebbe troppa esigenza e severità se da' maestri oltre la fantasia , la fecondità , 1' ingegno , la novità , e le altre ■virtù musicali di cui son forniti, si esigessei-o pure i tre re- quisiti finora discorsi , perchè se il pubblico debbe averli per giudicare . nulla osta che ne vadan pure forniti i maestri nello .«^^crivere. Dite un po' voi infatti se sarà summiim jus preten- dere dagli scrittori di musica intelligenza, coscienza, e gusto? Io non trovo miglior rimedio per uscire una volta di questo manierismo, di questo seicento musicale; né conosco mezzo più spedito e sicuro per la sanzione del bello , e del buono. Ili tal modo il giudizio della moltitudine verrebbe tosto ad 571 accordarsi con quel de' maestri. Ma se ad una composizione piena d' ingegno , e di gusto , ad un' opera perfetta , o vicina alla perfezione per mancanza di uno o più requisiti il pubblico voto sarà in gran parte sfavorevole , allora il maestro conscio d'aver fatto bene, potrà acquietarsi sul giudizio di que'pocbi che intendono , e sentono il buono senza parzialità ; e con tale conforto , e con eroico disprezzo dell' avversa fortuna attendere tempi migliori proseguendo coraggiosamente nel bene , sicuro che almeno la posterità gli farà ragione. Veramente ella è grave sventura che gli scrittori debbano aspettare giustizia dai posteri; ma d' altra parte è pur bella e consolante cosa la coscienza di non aver prostituito V ingegno, e l'arte ai pregudizi del secolo; egli è dolce a pensare che a breve sventura tien dietro lunga immortalità ! . . , Addio. B. VARIETÀ Incoraggiamento alle Scienze — Premiì che distribuirà la R. Accademia delle Scienze di Torino alli scienziati sul reddito dell' eredità a tal fine lasciatale dal Dottore Cesare Ales- sandro Bressa di Morlara — Elogio funebre del medesimo detto dal Professore di Rettorica Edoardo Giacinto Trona il dì II noi^embre i836. ( Torino. Stamperia Reale. ) L' uomo , consapevole del passato — estimatox-e non dispet- toso del presente — pieno di fede sapiente , non vaporosa nei miglioramenti dell'avvenire — l'uomo che medita nel suo se- greto sopra tulli gli elementi di civiltà che si aggiungono o che ricevono più ampio sviluppo nell'umano consorzio, e ne segna i veri progressi — quest' uomo ha già sicuramente notalo gli' 572 estinpj generosi di amore all' uuiauità ed alle scienze , che si vanno luoltiplicando come in tutta l' Italia, così nel Piemonte. Egli avrà senza dubbio registrati nel suo libro consolatore i le- gati numerosi che quasi ogni giorno si lasciano in favore delle opere pie , specialmente nella capitale di quest' ultima contrada. Egli avrà scritto come non sono ancora due anni il Cav. De- Pagave abbia fondata in Novara una casa d'industria , e l'Avv. Parvopassu abbia ordinato un lascito per stabilire in Alessan- dria una Cassa di risparmio. Ed ora poi questo osservatore filantropo avrà con infinita compiacenza notato 1' esempio del Dottore Cesare Alessandro Bressa, che nel mese di ottobre del i836 chiamava in erede questa R. Accademia delle Scienze di Torino , nelli seguenti termini : « Eleggo erede universale di tutti i miei beni presenti e futuri , dopo che siano soddisfatti tutti i varii legati , la Reale Accademia delle Scienze di Torino : appena ces- sato il diritto di usufrutto delle sostanze cadute in ere- dità , la Reale Accademia andrà al possesso \di esse , e sul reddito di tutta questa sostanza stabilirà mi premio biennale che alternerà nel seguente modo : « « Il reddito del primo biennio servirà di premio da ac- cordarsi a quello scienziato , di qualunque nazione egli sia, che durante V ultimo quadriennio avrà fatta la pia insigne scoperta o prodotto V opera più celebre in fatto di scienze fisiche e sperimentali , storia naturale , mate- matiche pure ed applicate , chimica , fisiologia , e pato- logia , non esclusa la geologia , la storia , la geografia , e la statistica. » (( // reddito poi del secondo biennio si compartirà a quello scienziato italiano, che a giudizio della stessa Ac- cademia di Torino , avrà fatto nelV ultimo quadriennio la più importante scoperta o pubblicata Vopera più rag- guardevole in Italia su qualunque delle scienze sovra enumerate , e così di seguito collo stesso ordine. » 575 Come si può scorgere dal tenore di questa disposizione l'a- rena aperta ai dotti cimenti non è angusta , né i competitori che vi restano invitati son pochi. Qualunque scienziato può venirvi a far prova del suo valore. Non si creda però che per tanta ampiezza di temi sia un' erudizione enciclopedica , funesta spegnitrice del vei-o sapere , che si ricerchi in chi aspira ai premii proposti. Molte è vero sono le Provincie proposte dello scihile umano nelle quali essi si possono cogliere , infiniti e d'ogni nazione possono essere i concorrenti. Ma ciò appunto aguzzerà meglio gl'intelletti 5 e la potente emulazione non si raffredderà pensando che la gene- rosa istituzione accorda la preferenza a' que' lavori che ver- ranno fatti sopra le enumerate scienze secondo l' ordine iu cui le vennero scritte, poiché ciascun concorrente facendo Te- strema prova del suo ingegno sopra quella disciplina appunto che gli è più famigliare, potrà accogliere così maggiore spe- ranza di riportare la palma. Né deve poi far meraviglia come l'ordinatore filosofo abhia nominato soltanto le scienze positive 5 mentre ciò fece perche essendo quelle stesse eh' egli aveva con tanto amore professate, le erano perciò naturalmente predilette, e forse poi le credeva più vantaggiose all' umanità. Perciò passò sotto silenzio le scienze speculative , come le opere di semplice letteratura , fors'anche avvisando che dì queste non occorresse penuria. Le lodi , ed i principali fatti hiografici del Dottore Bressa furono dette in Mortara per ordine dell'Accademia dal Profes- sore Edoardo Giacinto Trona. Per questa orazione funebre apprendiamo che Cesare Ales- sandro Bressa , Dottore in Medicina e Chirurgia , spinto da quella inquietudine sacra che è legge non rara de' più svegliati e sommi ingegni, lasciò la patria, venne in America, dove scrit- tavi una lodata dissertazione SuW abitudine, ed accolto mem- bro dell'Accademia di Filadelfia, fece poi in mezzo agli Ame- ricani una dimora di dodici anni , e questi tutti consumò nello studio della scienza , e nel sollevare coi soccorsi di essa e della pietà sua personale l'umanità afilitta e languente. Reduce nel 1 829 in Mortara sua patria , quivi attese alla co- 374 siruzioue d' uà Ospedale per gì' infermi , ne compose con illu- minata saviezza i regolamenti , e lo diresse qual padre finché visse , e come padre morendo lo beneficò di un pingue le- gato. Giunto poi l'oratore Trona a celebrare l'ultima opera dell' illustre trapassato , quella che il rende immortale , ecco eoa quali parole la annunzia : Tuona la parola di Dio legislatore, che fratelli tutti sono gli uomini , tutti da un sangue redenti , tutti viventi all' ombra d' uno stesso perdono j che tutti siamo da una legge j da una speranza, da una fede congiunti. Ma l" uomo j che mena una vita sempre sotto ad un cielo , sempre un'aria respira, e sem- pre sentesi U orecchio dal suono di un linguaggio toccare, è povero troppo egli di alti affetti , né conosce che tutto quanto il mondo aW uomo è patria, né sa che ovunque faccia d' uomo respira per diverso che sia l'abito onde si veste, diverso il lin-^ guaggio onde suoi bisogni e suoi sensi altrui palesa, si sente mai sempre indotto a porgli amore. Giustissimo ed alto pensiero , se con esso s' intende a mo- strare che r uomo il quale inalza e stende lo sguardo e 1' af- fetto sopra ogni suo simile in qualunque terra ei viva e soffra , è soventi più capace di forti e magnanime cose , di quello che non sia colui che non mira più oltre del loco natio. E ciò po- teva più di qualunque altro insegnare il D. Bressa perchè avendo particolarmente studiata l'indole ed i psicologici effetti àeW'abi- tudine , sapeva meglio di qualunque altro , come un cieco e servile attaccamento ai luoghi, alle opinioni, ed ai costumi, nuoc'àa talora ai sentimenti più elevati e gentili. Ma poi ci duole , e molto ci duole , che questi istessi bellissimi pensieri raccolti e vestiti di magnifiche parole dal Prof. Trona siano quindi stati avviliti e falsati da luì , quando ne trae questa ingiusta conseguenza. — Ond'è che l'Italo con nome di scherno straniero o barbaro chiama il Britanno ed il Germano 5 e que- sti con tal nome chiamano chiunque in Italia è nato. Chi mai al dì d' oggi può ancora credere a sì stolte contumelie ? Dov' è oggi giorno quell'Italiano sì poco gentile e sì stupido , dove quel Britanno 0 Germano sì rozzo e brutale , che ancora si 375 chiami l'un l'altro barbaro ? Questa sorta di meschinerìe mu- nicipali sono ormai sbandite dagli odierni costumi , ed è un peccato imperdonabile lo incontrarle ancora in qualche scrittura. Epperò che il nostro oratore le abbia ancora supposte vigenti , egli è tale rimprovero che ci ritorna tanto più amaro a fargli ; in quanto meglio il conosciamo dotato di gentili e nobili spi- riti , e che la sua orazione , tranne pochi vezzi rettorie! che sono oramai divenuti vieti e plateali , ci parve dettata con ma- schia eloquenza. Ma lasciamo il lodatore , per tornare al lodato. L' ottimo Dottor Bressa (checché ne volesse forse dalla tra- scritta declamazione inferire il Trona) se non peccava di no- stalgìa , nemmeno poi era colpevole di cieco cosmopolitismo , allorché ad uno dei premii da esso lasciati chiamò uno scien- ziato di qualunque nazione egli sì fosse. Uomo dei due mondi , uomo che era divenuto dovizioso nell' altro emisfero , era uu dovere per lui il beneficare ai dotti da qualunque paese na- scessero. Ma con tutto ciò il Dottor Bressa non dimenticava l'Italia, né la patria, né la terra sua natale j volendo che il premio del secondo bieniJo fosse compartito ad un scien- ziato italiano , conferendo il giudizio suH'eccellenza dell' opera da premiarsi, e la distribuzione del premio all' Accauenila delle Scienze di Torino, e gratificando Mortara con lasciti ge- nerosi. Egli è a questo modo che fiorirono mai sempre le più savie istituzioni ; ed è coli' opera di concittadini come il Bressa, dotti di sapere , e liberali di cuore , che l' Accademia delle Scienze di Torino , sebbene conti poco più d'un mezzo secolo di esistenza , pure salse presso di noi , e presso gli stranieri in fama sì grande, in fama sì giusta. Noli può dunque suonare nella repubblica letteraria novella più gradita di questa della suprema volontà del Dottor Bressa; né le pagine di questo Giornale potrebbero , dandole pubbli- cità , pagare un più giusto tributo d' ammirazione e d' enco- mio , né quindi più calda sorgere in noi la speranza , che fra gli scienziati si accenda ognor più il desiderio di farsene degni. 57G Allo scieatifico convito preparato dal D. Brcssa , accorrano pertanto volentieri tutti coloro che sentiranno di aver veste nuziale da tanto. Gli italiani più di tutti vi accorrino, e non perdonino a veglie ed a fatiche per cogliere assieme a quei pre- mii materiali, quell' altro più desiderabile assai di una gloria meritata 5 e se il premiato sarà sempre un italiano , nutriamo certezza , che le ossa dell' illustre trapassato esulteranno , e più forte fremeranno amore di patria. Giovi intanto il recente beneficio ordinato da lui in sì no- bile guisa a moderare quel lamento ancor si comune , che in Italia non vi sia ricompensa per i veri cultori delle Scienze, Ed il beli' esempio del nostro concittadino abbia , ovunque r ignoranza e 1' egoismo si abborre , onore immortale di lodi e di gratitudine j conforti il desio d' imitarlo in chiunque sente 1' amore della patria , e delle più utili discipline 5 e lo desti in coloro principalmente che ricchi di fortuna, ma privi di affetti e di consolazioni di famiglia, non hanno più stretti congiunti , a cui sorridere , tranne il sapere , e la patria. S. B. Viaggi scientifici del Barone di Huegel. Il sig. Carlo, barone di Huegel, noto pe' suoi meriti verso la botanica, ed i pellegrini esemplari di fiori mandati a Vienna, alle esposizioni, di cui fu esso uno de' precipui fondatori, è più noto ancora per le sue belle stufe di Hietzing , ricche di specie rarissime di piante orientali. Egli è sbarcato a Londra il 18 di ottobre da un viaggio erudito fatto a proprie spese, e vi aspetta l'ultimo pr«zioso bagaglio ch'egli lasciava a bordo della nave il Child Hai old, salpando insieme da Bombai 1' 8 di giugno per ritornare a Vienna, dopo un' assenza di circa 577 6 anni. Ecco una descrizione sommaria delle sue corse e del suo scientifico bottino. In una sua gita a Parigi ed a Londra nel 1 800 il sig. Huegel formò il disegno di questo nuovo suo viaggio troppo più importante di quelli che lo avean prece- duto. L' amichevole e distinta accoglienza che gli fece allora il sig. barone Cuvier, ritiratosi allora soltanto dallo studio delle scienze naturali , contribuì a confermarlo in tale risoluzione. Dopo un breve soggiorno a Vienna , il barone di Huegel ri- passò nel mese di dicembre i83o a Parigi a farvi gli appresta- menti del suo gran viaggio. Un naturalista francese il sig. Roux di Marsiglia , un pittore francese il sig. Marillhat e due me- dici tedeschi i sigg. di Wels e Prunner dovevano seguirvelo. Il barone di Huegel s' imbarcò con questi tre ultimi nel seguente maggio a Tolone , a bordo di una nave francese , passò in Mo- rea, ad Atene, all'isola di Candia, e nel mese di giugno ar- rivò ad Alessandria, ove più tardi il raggiunse il signor Roux. Dopo una prima escursione per 1' Egitto , andò a visitare la Siria e la Palestina , percorse erborizzando il monte Libano , e ritornò quindi in Egitto, non senza prima aver sofferto una febbre particolare a que' paesi, che gli rapì il suo domestico tedesco. Egli continuò 1' esplorazione di quest' ultima contrada fino in febbrajo i833, che trovò nolo a Cosseir su di un bat- tello a vapore inglese per recarsi a Bombai col sig. Roux solo ( i signori di Wels e Prunner essendo entrati al servizio del Vi- ceré , e il sig. di Marillhat rimastosi in Egitto per aspettare una propizia occasione di ritornare in Europa ). Il barone di Huegel approdava a Bombai nel seguente aprile , dopo una breve dimora fatta a Mokka , e spediva contempora- neamente alla sua famiglia a Vienna , per mezzo del consolato generale austriaco in Egitto , un diario compito di questa prima parte del suo viaggio, un portafoglio ricco di numerosi dise- gni con una doviziosa collezione di antichità, di botanica, di zoologia, di entomologia ecc. Il nostro viaggiatore non tardò molto a intraprendere una accurata esplorazione del governo di Bombai che durò fino al mese di ottobre , e eh' egli spinse quindi soletto verso il mez- zodì della Penisola, inviando però prima similmente in Europa S7'8 le collezioni fatte in Bombai , e lasciando in cruesta città il si" Roux malato, che ri 'moriva poi nel i833. Egli attraversò di- filatamente gli alti monti Nilghcrries (gioghi azzurri ). Al prin- cipio dell'anno i833 1' isola di Ceylan divenne l'oggetto delle ricerche del sig. Huegel; egli la perlustrò in varii sensi. In agosto fece vela per Madras , donde indirizzò le nuove sue collezioni a Vienna. Verso la fine di settembre il sig. di Huegel prese passaggio sulla fregata inglese 1' Alligatore per la Nuova Olanda, e nel tragitto visitò Batavia, Sumatra e Singhapur. Dalla Nuova Olanda si trasportò alle tre Colonie inglesi di Swanriver, del paese di Van Diemen e del nuovo Sud Wale», fermandosi in quest' ultima circa un anno , e riportandone poscia all' isola di Norfolk ed alla Nuova Zelanda una salute rovinata dal clima insalubre delle Indie. La predilezione del sig. Huegel per la ricca vegetazione della Nuova Olanda lo determinò a profittare del suo soggiorno in quest' isola continentale per formarsi un magnifico erbai-io ed un assortimento di oltre a aym. varietà e specie di semi, che egli mandò poco stante a Hietzing, ove ne furono già coltivati con buon successo la maggior parte. Queste piante offrono oggi soggetti rarissimi , e non pochi nuovi affatto e ignoti sinoi-a in Europa. Il sig. di Huegel inviò pure di colà a Vienna copiose collezioni d'oggetti appartenenti alla storia naturale. In ottobre del 1834 egli si trasferì da Sydney a Madras , ove fermossi un mese e donde poi giunse a Canton sull'entrare del i835. Di quivi egli tornò indietro per Singhapur e Madras a Calcutta , nel mese di marzo. Lasciando onesta capitale delle Indie in- glesi egli risalì le sponde del Gange verso i monti Himalaya , e dopo alcuni mesi di soggiorno in queste contrade, col per- messo ottenutone dal Mahadarascha di Labore, Rundjit-Singh, intraprese il viaggio di Cascemire con uno degli ufficiali di que- sto principe. Egli si trattenne più dì mezzo un anno a Casce- mire, di cui visitò la valle determinandone la posizione geo- grafica, e tornò quindi a Labore, ove giunto al principio del i836, ringraziò personalmente il Mahadarascha della sua pro- tezione e dell'appoggio datogli durante le sue dotte esplora- zioni, e ne fu accolto con attestati di molto riguardo e eoa 579 offerte seducentissime di servizio in quelle parti , che il sig. di Huegel stimò tuttavia di ricusare , preferendo il ritorno in patria. Partendo da Labore il sig. di Huegel traversò i paesi de' Raiputi indipendenti dalla Compagnia delle Indie Orien- tali , e arrivò dopo un penosissimo cammino e senza scorta a Bombai il 4 di aprile , quattro anni dappoi eh' egli ebbe af- ferrato il suolo delle Indie. Non gli riuscì, prima dell' 8 di giu- gno, di trovar un legno che il riconducesse in Europa. Una navigazione di quattro mesi , compresa la fermata di una set- timana al Capo di Buona Speranza , il condusse finalmente alla stagione delle tempeste sulle coste della Gran Bretagna. Durante questo viaggio di sei anni il sig. di Huegel ebbe a lodarsi delle più cordiali attenzioni per parte tanto delle po- destà inglesi, quanto dei principi indigeni. Egli era quando accompagnato da un seguito numeroso, e quando soletto e come ramingo, secondo i varii paesi che attraversar dovea. Talvolta egli era circondato di tutta la pompa dell' oriente e di ogni comodità inglese, altre volte in preda alle fatiche ed alle pri- vazioni del deserto , e sempre s' è trovato in climi fatali gene- ralmente agli europei. Egli reca da questa lunga e penosa peregrinazione, qual prin- cipale ricchezza, un compito e minuto giornale, un ricco erbario con semi, un grande museo di quadrupedi , d'uccelli, d'anfibii, di ovipari , d' insetti , d' idoli ecc. Tutto ciò che egli ha ram- massato fino al suo arrivo a Calcutta nel i835 è già pervenuto a Vienna in circa loo casse: le raccolte fatte più tardi si tro- vano in gran parte a bordo del Child Harold, e arriveranno di- rettamente da Calcutta a Londra , per essere quindi spedite alla patria del nobile viaggiatore. M. C. 380 r^oTisiE DivcnsE Asia : Cina. — Costumi , ed abitazioni dei Cinesi. Differente di gran lunga si è il vestir de' Cinesi dell'estiva , che dell' invernai stagione , e tal differenza consiste principal- mente nel loro berretto. Quello d'estate, di forma conica, è com- posto di fili di hamhou , e dagli individui di alto rango viene sulla cima di essi attaccata una pallottola o rossa, o cilestre, o bianca, o talvolta dorata. Da questa palla discende tutto at- torno al berretto un fiocco di seta cremisi , o di crini rossi di cavallo , ed alcuni sia per distinzione , sia per isfarzo usano por- tare sul davanti del berretto una grossa perla. Il berretto d'inverno non ha più la forma di un cono, ma, adattandosi perfettamente al capo della persona , ne prende la forma , e viene contornato da una striscia di velluto nero , o di pelliccia ripiegata all' intorno, ed in sul davanti e sul die- tro più elevato , che sui fianchi , vien egli pure surmontato dalla palla segno distintivo dei ranghi , ornata questa di un fiocco cremisi , che ricopre l' intiera calotta. Appena i caldi soli succedono alla ridente primavera , o i bei giorni d' autunno cedono il luogo ai rigidi dì dell' inverno, il Viceré di ciascuna provincia assume il berretto dell' una, o dell' altra stagione ( e come vien menzionata nella Gazzetta UfTiziale ) ogni impiegato ha obbligo di operare il medesimo cambiamento. Il vestire in estate delle persone di comoda vita, consiste in una lunga, e morbida veste o di seta, o di tela, od anche di tocca , che chiudesi nelle grandi circostanze per mezzo di una fascia di seta , che viene affibbiata al dissopra del petto con oncini d' argento , o di jade. In un clima pesante, ove a 80 , o 90 gradi ascende il termometro di Farenheit , vestono le persone più comodamente con maniche larghe , ed il collo discoperto. Gli Europei chiusi ne' loro alti collari sono per 381 essi oggetto di compassione , se non di riso. Tengono sospesi alla cintola i diversi utensili necessarii all' ordinario vivere , e vi aggiungono un piccolo coltello entro la sua guaina , e un pajo di bastoncelli inservienti al mangiare. Quelli che posse- dono un orologio in oro non mancano di farne pompa , espo- nendolo in una borsa di seta dorata. Quasi largo in egual modo si è l' abito d' inverno , che quello d' estate , e oltre al non tener calda la persona la in- comoda ne' suoi movimenti. Sopra una più lunga veste di seta, la quale discende sino sulla noce del piede , portano essi un giaco a larghe maniche o dì seta , o di pelliccia , od altra stoffa fina contornata di pelle , che non discende più in giù delle anche. D'inverno il collo viene ricoperto da uno stretto collare di pellicciaio di seta. Gli abbigliamenti si incrocicchiano sempre sulla destra parte del petto , ove essi sono attaccati per mezzo di bottoni dorati , od , in caso di lutto , di cri- stallo nero. In estate la sopravveste è ondeggiante, quasi in guisa delle antiche brache olandesi, ed in inverno copronsi separatamente le gambe con calze, che attaccano alle reni , ma quelli , che ne hanno il comodo , portano calze di seta, o di cotone. Le persone di qualità usano stivali di stoffa , o di raso , o di velluto, con pianelle bianche, e spesse, non avendo i Cinesi del cuojo atto a preservare dall'umidità. Le scarpe che si fabbri- cano a Ganton per gli Europei non servono nei tempi piovosi. Grand' eleganza , e ricchezza pongono i Cinesi negli abiti di cerimonia , tal che contrastano vantaggiosamente colle insi- gnificanti falde de' nostri abiti. Azzurro carico , o porporino è il colore del giaco, e quello della sopravveste è più chiaro , ma più vivo. Nelle grandi occorrenze usano fregiarlo di dra- goni , od altri emblemi in oro, od in seta, di modo che il prezzo ascende a somme considerabili. Il più gran difetto nel vestir del Cinese si è il poco uso, che egli fa della tela bianca, poiché egli usa la seta in luogo della biancheria. Alcuna to- vaglia non ricopre le loro tavole, né mettono coperte ai loro ietti, cosa la quale oltre ad essere una mancanza di proprietà, cagiona pure ad essi non poche malattie cutanee. 382 In luogo del sapone si servono di una pasta alcoliua, estratU da una sostanza minerale , alcun poco corrosiva. Per preser- varsi dal freddo fanno uso delle pelli di qualunque animale. Dalla povera, gente, a quest' uopo, si adoperano le pelli di pe- cora , di gatto , di cane, di scojaltolo , e v' ha chi formasi delle vesti cucendo insieme varie pelli di topi. Presso i ricchi le p^Jliccie vengono tramandate dqi padre a figlio , e nel^e, .er^edità fofCmano una parte considerabile. ; ., f, r';. ^j .<: la questa materia hanno essi un raffinamento singolare, e che deve costar caro,* strappano essi a forza dal ventre delle pecore e dopo alcun tempo di gestazione i piccoli agnelletti , e toltane loro la pelle , ed accomodatala servonsene in un colla lana alla fabbricazione degli abiti. Presso i Cinesi le mode non sono regolate dai sarti , né dai calzolai , ma esse durano quasi tanto tempo che i loro vestiti , e vengono dai consigli de' riti e cerimonie opportunamente can- giate e stabilite. La religione del Gran Lama costringe 9 classi di pubblici funzionarj a portar seco una collana di 108 grani o di pietre o di corallo della grossezza circa di un uovo di pic- cione , che discende sino alla cintola. La varietà dei grani di- stingue il grado di chi lo porta. I bonzi servonsi di un rosa- rio di 18 grani di minore grossezza per contare le loro pre- ghiere. I laici alcune volte ne portano di quelle olezzanti di musco, e discendenti pure sino alla cintola. I diversi utensili sospesi alla cintola sono per l'ordinario ornati di fregi di seta , e le matrone cinesi pongono grande occupazione in tal sorta di ricamo. Ben rade volte arriva di scorgere un Cinese senza la sua botte per il tabacco di forma ovale lunga 2 pollici, a questa viene attaccato un cucchiajo , mediante il quale ripon- gono il tabacco nelle inferiori giunture del pollice, onde ap- prossimarlo al naso. Queste bottiglie sono o di vetro o di cri- stallo di rocca od in porcellana. Gli uomini radonsi sempre tutto il capo ad eccezione di un ciuifetto, che lasciano crescere in caso di lutto. Imberbi quasi essendo i Cinesi , non servonsi del rasojo che per radersi i ca- pelli , e siccome è difficile questa operazione da loro stessi , quest' è la causa òhe grande è il numero dei tonsori in ogni 383 città. GÌ' istromenti che compongono il loro bagaglio sono da essi portati sospesi ad un baiStone, che tengono sulle spalle, :d tpalc pende dall'una estremità uno scabello, e dall'altra in contrappeso uno scaldatojo. I loro rasoj quantunque di infelice appai-enza , tuttavia sono di eccellente qualità. Non lascia il Cinese crescere i bafH , che a ^o anni, e la jjarba che ai 60 , quest'ultima, olti-e modo rara, -a ben pochi individui cresce folta come agli altri Asiatici.j ,,,„,o7o Molto più vezzose sarebbero le donne se non avessero la triste abitudine di dipingersi il volto in bianco od in rosso , senza poi parlare della difformità de' lox'o piedi.; Vi ,P mediano esse sotto il punto di vista: igienico, non usando scalcile per istringersi la taglia , ed in tal guisa i figliuoli loro nascono per r ordinario ben formati , e ben di ràdo', sòno^ malaticci. II vestire delle Cinesi donne è decente oltremodo e grazioso; quelle di ricco casato ordinariamente si abbigliano con istoffe bellissime, e con ammirabili broderie, esse li guarderebbero come nudo tuttociò che noi chiamiamo coperto , cioè tuttociò che gli attillati vestiti nostri fauno risaltare fingendo di coprirlo. Le giovani donzelle lasciano penzolare i capelli lorò'a lunghe treccie , e il rialzarli , l'ornarli di fiori e perle , e il congiun- gerli con due spille, costituisce ciò una delle cerimonie sponsali. Portano esse qualche volta un ornamento d' oro rappresen- tante il Fonghoand o Fenicie Cinese, avente le ali stese, ed il becco pendente sulla fronte, movibile mediante una molla ela- stica. Giunte aduna certa età, elle hanno per tutta la loro ac- conciatura Un sol nastro attorno al capo ; ed usano accomodarsi le sopracciglia in guisa che rappresentino una bella linea curva. Il garofano ed il verde sono due colori alle femmine esclu- sivamente riservati , ed il loro ordinario vestire si è di una veste di seta o di cotone a larghe maniche sopra un lungo abito soprapposto a pesanti calzoni stretti al collo del piede. Per indicare i difetti non apparenti hanno i Cinesi questa proverbiale espressione: le lunghe vesti i grossi piedi nascon- dono. ( RcLalioìi du scjour en Chine de M. Dovis ancien rcsi- dent de Ut Coiiip. rlcx Indes à Canion ). 584 ANNUNZI DI BIBLIOGRAFIA UBAI ITALIANI LIBRI FBAnCESI Ameisita' dei Viaggi e Memorie contemporanee. Terza serie in 1 2 voi. Voi. 1. 1 Creoli ovvero la vita alle Antille di /. Levilloux nativo deUa Martinica. Prima traduzione italiana di Luigi Toc- cagni. — Milano , tipogr. e libr. Pirotta e Comp. i836. — Voi. I in-Sa di pag, 296. 11. i. 3o Le Avventure di Saffo poetessa di Mitilene. — Milano, per G. Truffi e Soci, i836, in- 16 picc. di pag. 3o4 con disegno li. i. 74 Riproduzione dell'edizione di Rivolta del 1824, cangiato il disegno ed il frontispizio , e le- vata la dichiarazione coUa quale l' autore anonimo ( Alessandro Verri ) s' ingegnava di presen- tare come versione dal greco l'opera sua. Del Castello e territorio di No- vale , illustrazione storica di Francesco Scipione Fapanni. — Treviso , dalla tipogr. An- dreola edit., i836. In-8." di pag. 18. Romanzi storici e d' altro genere dei più celebri scrittori moderni per la prima volta tradotti nell' idioma italiano , serie terza , voi. 12. — Milano , i836 , tip. e libr. Pirotta e C. Pensées par madame la princesse Constance de Saint , 2.^ edie. — Parigi i835 , per opera di Artus Bertrand libraio-, un voi, in- 12 di pag. 178. H1ST01RE de l'établissement et de la direction de l'Eglise Chré- tienne par les Apòtres , del dott. Neander ( trad. dal tedesco per cura di Fontanés ). Tom. I in-8. , prezzo 4- fr. 5o e. — Parigi , presso Cherbuliez. Code Moral des ouvriers ou Traité des devoirs et des droits des classes laborieuses , di /. B. Monfalcon, Répertoire des plantes utiles et des plantes vénéneuses du globe di E. A. Duchesne ; in-8. di 700 pag. con tav. , prezzo 12 ir. — Parigi , da Ilenouard. Des Caverkes, de leur origine et de leur mode de formation -, di Teodoro Virlet , ingegnere delle miniere. — Brodi, in-8., prezzo i5 fr. — Parigi, presso Levrault e Roret libraj. Le Banquet de Warfusée ou le Meurtre de Sébastien La-Ruelle ( Borgomastro di Liegi nel i(337), di L.Polain^ conservatore de- gli archivj della provincia. — Liegi, i836, in-8. STAMPERIA GHIRINGHELLO E COMP. con permissione. 385 Scienze Morali — Educazione. AUTrCOLO SECONDO L* Se quel nostro paragone della musica di Mo- zart con quel periodo di civiltà disdegnosa , cupa , melanconica, che tutti possono aver osservato, e per cui avresti detto che sul labbro della più parte dei giovani stesse scritto quel verso spiritoso di Colle « Ma mort est nécessaire au bonheur de nia vie. » Se queir altro paragone della musica di Rossini col susseguente periodo di più festiva , e leggiera sociabilità, non avessero incontrato l'anatema di co- loro , che nelle cose morali disapprovano ogni ma- niera di espressione che non sia esatta ed austera, noi proseguiremmo a dii'e che quella stessa musica di Rossini 5 come quel periodo di civiltà che vi cor- risponde , essendo poscia trascorse all' estremo col divenir troppo ammanierate , frivole , spensierate , e sensuali , incorsero perciò V una e 1' altra nel biso- sogno di ripiegarsi verso i proprii razionali principii, sopra quanto cioè vi ha di più serio, di più nobile, 25 386 di più meditato nell' indole umana ^ sopra di ciò in- somma che forma in realtà il vero dramma della vita. Per lo che siccome da cosa nasce cosa, così da paragone nascendo paragone , noi saremmo ancora tentati di dire , che come all' epoca di Rossini do- veva succedere nella musica Bellini, così nelle scienze sociali alla scuola del Gioja successe quella di Ro- magnosi. Ma per non venir incolpati di intemperanza nelle similitudini e per non lasciar vagare troppo libera la fantasia , noi ci tratteniamo a continuare alcune positive osservazioni sulla educazione , troppo con- tenti se da esse potesse emergere qualche pensiero che giovasse a rimediare alcuno di que' difetti che in essa abbiamo precedentemente notati *1. Prima per altro di entrare in più profonde inda- gini non ci sembra inutile di consegnare allo scritto due fatti ^ che certamente nessuno de' nostri lettori avrà lasciato inavvertiti, ma che appunto per es- sere troppo familiari e comuni vi si passa sopra senza sottoporli ad una sufficiente meditazione. E noi li vogliamo malgrado la loro apparente trivialità ri- chiamare all' attenzione , persuasi come siamo che que' due fatti ove pur fossero ben diretti , e conte- nuti ne' Q;iusti loro limiti, potrebbero senza dubbio produrre molti buoni frutti nell' educazione. Il primo di questi fatti si riconosce nel precoce sviluppo delle facoltà intellettuali , che con si grata *i Vedi distribuzione del mese di dicembre, pag. 198 di questo Giornale. 3«7 sorpresa antliaiiK» ogni giorno osservamlo nei fanciulli. JNon è mestieri rijuitcre di quanto vantaggio ciò possa ricscire nella educazione. Soltanto fa di bisogno, clic una tale precocità venga ben diretta, e bene appli- cata poicbè altrimenti invece di un bene può dive- nire un male. JNon di rado avviene in fatti pur troppo che questo primaticcio intendimento torna a pura va- nità e presunzione a segno , che può veramente ca- pitare talora, che' chi fanciullo mostrò maggior sen- no , adulto |)oi riesca quasi disennato. Non è già , che qui ci talenti di porre in iijcena il personaggio di un giovane, che a venti , o più anni sia ancora digiuno allatto dell' arte del vivere conversevole , e nelle soci(;tà eleganti faccia piuttosto figura di scemo o di ridicoloso , e che sia ancora timorosamente sot- loni(!sso ali' autorità di un pedagogo. ]Noi non farc- ino questa caricatura du bon vieux tems. Bensì di- remo che quel giovane stesso se ancor non aveva volato leggero leggero sopra i varj campi del sapere, e se non ne aveva ancora sfiorale le varie produ- zioni ^ riteneva però già ben soventi idee ordinate , positive, ed imperdibili sopra un qualche speciale ed utile ramo di scienza. Così egualmente se que- sto giovane non aveva forse ancora appressate le labbra al calice dei piaceri , che si colgono nel vi- vere del gran mondo, noil ne aveva però ancora assaporata l' amara, e soventi men lecita feccia. In- fatti sembra vera anche troppo, e nel senso suo più disgustoso pare soventi venuta in pratica quella sen- tenza di Rousseau , che « l'homme f/uì a le p/us 38a )i vécu .^ nest pas celui qui a le plus compiè y> d'années , mais celui qui a plus senti la vie;, >j e di questi tali appunto , che si sono affrettati di sentire la vita , e che a mezzo cammino poi si sono trovati stanchi, affraliti, e nelle più nobili parti dell'anima estinti^ non v'ha difetto a' dì nostri. Il secondo fatto , che nei costumi odierni si può risguardare come effetto, e come cagione pur anco di migliorata educazione , si è quello della cessata trascurataggine , e dicasi pur anche di quella sordi- dezza che una volta si scorgeva negh abiti, e nel portamento della persona. Egli all'opposto ci giunge in oggi lietissimo lo spettacolo di vispi fanciuUetti , che sbucano d' ogni intorno addobbati colla più ele- gante e squisita nitidezza ^ ed è una delizia vederli cosi pomposetti sebbene neppure tutti si veggano sor- tire da ricchi palagj. Questa usanza però se da un canto avvezza per tempo i giovani all'amore dell'ordine, del bello, e del gentile, se per essa lor si apre di buon'ora il senso al buon gusto ed alla decenza^ dall' altro canto però, lor può dare eziandio una soverchia passione allo azziniarsi della persona, può facilmente farli inchi- nevoli al fasto , informarli ad un tal fare simmetrico svenevole e leccato, ed inspirar loro in una pa- rola , quella troppo seria importanza che nelle città soprattutto si suole facilmente concedere alla ricer- catezza del vestire, ed a curare più del merito in- trinseco le apparenze esteriori. Rimirando da questo lato una siffatta usanza un declamatore attrabiliare 389 potrebbe esclamare: essere oramai bandita dalle città, e quindi rilegata nei soli villaggi quella gioia inno- cente che all' arrivo della festa risuona nelle famiglie allorquando 4 » Non è madre , che sia schiva » Della spogUa più festiva » I suoi bamboU vestir. Desideriamo , che li due elementi sovraccennati , che la progressione della civiltà venne recando nei presenti costumi, siano da coloro a cui, o per ob- bligo di natura , o per dovere di stato è affidata 1' educazione della gioventù, tenuti in conto e ado- perati in suo vantaggio. II. Ma questi non sono che ben lievi sussidii in confronto di altri ben più importanti , che si pos- sono coltivare per lo perfezionamento della educa- zione. Già si è con amorevole encomio segnalato queir istinto di beneficenza e d' immolazione che distingue il gentil sesso ^ istinto , che tanto per la propria , come per l'altrui felicità diverrebbe ancora più fe- condo di benefizii, ove le donne fossero chiamate ad una meno disuguale condizione domestica e sociale, e qualora ricevessero una meglio intesa istruzione. E qui poiché ritornammo su questo tasto , è bene che si sappia che noi parlando d' istruzione, inten- diamo di quella, che apprende alle donne consistere il vero lor mondo nell' interno della famiglia , e non già in quello che ne è fuori, più seducenio a dir 390 vero , ma più pericoloso assai , od infedele. Parliamo di quella istruzione che più non le mantenga nell'in- ^anno di credere , che la loro vita debba essere una successione di omaggi, e di avventure, un trapunto di oro e di rose , un romanzo come molte si credono, ma che le persuada in vece, che la loro vita debbe essere una storia di doveri positivi, e di piaceri pur anche, ma di quei piaceri principalmente sicuri, e purissimi che solo può compartire il contento adem- pimento di quei doveri medesimi. L'importanza di una miglior educazione femminile viene oggidì calda- mente raccomandata, e sentita da tutti i cultori delle scienze morali, e quasi pur anche in ogni famiglia. Ma essa non potrebbe poi essere rappresentata più al vivo , che dal nostro Tommaseo in quello scritto dove introduce sua sorella a narrargli la storia del suo primo amore, mentre stavano ambedue solcando placidamente il mare lungo una bella notte stellata. Questo racconto fatto col più palpitante , ed in- genuo abbandono d' un' anima nutrita di alti pensieri, e nel tempo stesso ardente , e sensibile , non poteva darci ima descrizione più schietta di tutto ciò , che accade nello spirito , e nel cuore di una donna for- temente compresa da quella fatale passione ^ non po- teva con maggior verità farne conoscere tutte le gra- dazioni ora tenere , ora riservate , or timide , or or- gogliose , ora cedenti a debolezza^ ed ora sollevan- tisi a tutta l'energia sublime della virtù, bell'animo di quella narratrice si leggono come in un lucido cristallo tutti i difetti , tutti i pericoli , tutti i te- 591 sor'i, che stanno nascosti nell'educazione femminile *1. A proposito di educazione femminile non paja strano che si rammenti come condizione , e come guarentiggia di essa 1' adempimento dell' obbligo che hanno le madri di allattare i proprii figli. Mercè li tanti consigli de' moralisti , e le patetiche decla- mazioni de' poeti , grazie soprattutto al sentimento di affezione naturale , che mai del tutto si spegne ne' petti umani , quest' uso venne riabilitato nel co- dice della così detta buona società , e quindi anche praticato nelle classi più agiate. Lasciamo pur stare i mali fisici 5 che 1' uso con- trario può direttamente partorire, parliamo soltanto dei mali morali. Salvo nei casi d' impossibilità fisica, r allattamento straniero non può mai essere che l' ef- fetto di un calcolo d' egoismo per i due sessi 5 ma si dovrel^be pur pensare che quella bellezza , e quei piaceri sono colpevoli perchè rimproverati sempre dalla natura tradita. Quante vite poi anzi tempo mietute ! quante esistenze infettate, quante antipatie domesti- che per aver affidati i proprii nati a nutrici mer- cenarie ! E neppure si osserva abljastanza che vengono per la maggior parte affidati a donne povere , ad- dette all' agricoltura, la quale viene perciò anch' essa privata delle braccia che le sono necessarie per farla prosperare. E peggio succede allorché le nutrici si fanno venire nella città dove a poco a poco 1' in- genuità campestre si cangia in corruzione cittadina^ * r Tommaseo , dell' educazione , scritti varii. 392 né sembra che si voglia far caso , che ben soventi molte contadine per fare quel poco di lucro , divir- dono col fanciullo straniero quel nutrimento , che forse già era scarso pel proprio , e che alcune volte per sino onde conservare quello snaturato guadagno sono avare di cibo al proprio bambino , ed il veg- gono talora per istento languire, e mancare alla vita. III. Dai miglioramenti 5 che si potrel)bcro ottenere neir educazione femminile facilmente si passerebbe a quelli, che possono richiedere alcune istituzioni, ed alcune consuetudini , clie meglio potrebbero favorire r educazione tanto pubblica , che privata. Questi mi- glioramenti che si riferiscono alle più intime basi del vivere sociale non mancherelDbero d' introdurre nel medesimo un maggiore, e più confidente ravvicina- mento di classi, e di fortune, ed il riscatto da al- cune superstizioni che ancora lo offendono. A si nobile intento giovano fuor di dubbio le mi- fijliori direzioni che si cercano dare alla pubblica ed alla privata beneficenza , e la retta amministrazione di quei stabilimenti a cui essa è specialmente affidata , e che talvolta o per gì' ingiusti metodi dell' ammi- nistrare , o per le male occasioni al malversare fal- liscono al loro primitivo scopo, ed alle pie intenzioni dei benefattori *1. Quando più si veggono moltiplicate , invigilate , e * I Nel nostro Piemonte a ciò si è da molto tempo pensato -, e recentemente ancora si volle provvedere al buon governo degli isti- tuti di beneficenza , ed alle esigenze della mendicità colle R. Patenti del 29 novembre ed il R, Editto del 24 dicembre i836. 393 protette le scuole primarie , dove si veggono aumen- tarsi gli asili per l'infanzia, quando in queste scuole, ed in questi asili assieme ad una lingua parlata , e comune si mostrano i primi rudimenti delle arti mec- caniche , il disegno lineare , gli elementi della geo- grafia , e della geologia , e della storia naturale ^ quando in uno stato ciò tutto si trova in vÌ2;ore allora si creda pur francamente che 1' educazione ha fatti stupendi progressi. Né per lo stabilimento , e per lo miglior governo di cosi salutari istituzioni potrà mai per avventura essere cosa umiliante il prendere norma dalle altre nazioni. L' esempio soprattutto della Baviera e' in- vita a riferirlo. Quivi nelle scuole primarie si trova annesso un giardino, e questo giardino viene ripartito fra gli allievi , che ad ogni lor lotto danno l' op- portuna coltivazione. Ogni albero che alcuno di essi abbia innestato porta il suo nome. Così alle co2;ni- zioni teoriche si vengon insensibilmente accoppiando le ricreazioni della pratica , ed in tal modo molte utili notizie ed abitudini lalioriose si stampano di buon' ora nelle tenere menti. Onde poi fare che questi giovamenti rimangano durevoli , si fa uso di zibal- doni , ossia quaderni , ne' quali assieme alle lezioni , ai racconti morali , ai proverbi sentiti , od appresi , vengono consegnati pur anco tutti gli accidenti della giornata. Li giovanetti in tal guisa si avvezzano al- l' idea dell' ordine , e pigliano il costume di darsi ragguaglio di tutto ciò che loro succede nella giovine lor vita. Il elle quanto poi giovi nella virilità a con- 594 formare le azioni alle leggi deìY onesto , ed ai det- tami della coscienza, ninno assennato è che noi vegga. Egli è colla tenuta di questi giornali , e coli' eser- cizio di cosiffatti argomenti che l'educazione italiana potrebbe essa pure maggiormente prosperare, e nulla quindi più restarle ad invidiare su tal oggetto a quanto apprendiamo staljilito nella Germania , in Sas- sonia ed in Prussia dalle relazioni sullo stato dell' istruzione pubblica in quelle contrade , che si sono pubblicate da Gousin e più recentemente da Saint Marc-Girardin. I felici risultamenti che quivi si ottengono sono dovuti all' accuratezza dell' educazione primitiva , a quello stare degli educatori intenti ad imprimere negli animi giovanili cognizioni positive, a quel met- tersi per cosi dire in continua ed affabile conversa- zione coi loro cuori , onde suscitarvi sentimenti vir- tuosi , purificarvi le passioni , istillarvi 1' amore del- l' occupazione , la stima degli uomini , ed il valore delle cose , 1' affezione infine al proprio stato, e quella contentezza di rimanersi nella condizione, in cui la provvidenza ci ha posti : antidoto possente , e quasi infallibile contro tutte le invidie, i dispetti ^ e le illu- sioni che sogliono ingannare , ed amareggiare la vita. Veramente questi asili per F infanzia dove prima- mente si ricevono li anzi detti sussidi! dell'educazione non sono nemmeno più nuovi in Italia , ma già vi si cominciano a stabilire. Recentemente ancora si pubblicò in Treviso un' invito per una gratuita so- scrizione di due fiorini alF anno , onde fondare uno di questi asili di carità. 395 Il quadro commovente , e pur troppo veritiero che quivi si fa dello stato in cui si lasciano i fanciulli delle povere classi , può convenire dappertutto , e destare dappertutto la pietà dei buoni cittadini a recarvi rimedio , ed a contribuire alla fondazione di simili stabilimenti. Fra le altre cose che in quello invito fissano V attenzione di chiunque, abbiam par- ticolarmente notate le seguenti : ce Neil' inverno , ìì mezzo ignudi , questi ragazzi sbasiscono dall' ine- w dia 5 nelle altre stagioni , eccoli ravvoltolarsi per w lo meno nella polvere delle vie. Se ancora bam- w bini 5 li vedi in collo di madri infingarde , che si w servono di questi mezzi innocenti a chieder ele- » mosina : se passano i due anni i lor fratelli mag- w giori li traggono a ramingare per ogni piazza e 5j contrada. FanciuUette di appena un lustro si av- 3j vezzano a stendere alla carità quella mano, che w poi fatte adulte forse non avranno rossore di sten- >-> dere invereconda. E qual bene si può sperare da X' una turba di miseri fanciulli, che principia la sua w carriera sociale vagando, ed accattando per le stra- le de ? ì) Ora dunque oltre agli asili comuni per l' in- fanzia , chi non bramerebbe pur anco , che venissero fondati altri simili asili di carità destinati particolar- mente al ricovero, ed all' educazione degli infanti de- relitti ed indigenti *1 ? *if Questo voto già risuonò con felice esito nel nostro Piemonte , dove uscì alla luce fino dal 1882 vm pregevole opuscolo anonimo intitolato: Sulla Educazione della prima infanzia nella classe indi- gente. Brevi cenni dedicati alle anime caritatevoli. L'anonimo autore 396 IV. Fu già avvertito come male funesto alla edu- cazione la mancanza di religiosa credenza. In uno stato difatti in cui si dovesse lagrimare questa man- canza , più non si vedrebbero sorgere che « £;ene- 3i razioni tormentate dal dulìbio , e bisognose di 3j fede, avide d'illusione, e dall'esperienza del mondo ed i suoi scritti e le sue generose largizioni in opere di beneficenza non furono dimenticate dal conte Petitti , che nella recente sua opera gli diede un giusto tributo di lode, mentre ne partecipa le inten- zioni, e forma eguali voti per la fondazione di questi asili, f Saggio sul buon governo della mendicità ecc., voi. i.", pag. 225 e seg. ). Di queste due sorta d' asili tanto per i fanciulli non bisognosi , come per quelli indigenti già ne parlarono in Italia il conte Arriva- bene , Dandolo , Romagnosi , Odoardo Diodati , e fra i giornalisti ne parlarono soventi 1' Antologia di Firenze, il Poligrafo di Ve- rona , e gli Annali di statistica ecc. I libri che possono maggiormente servire di guida nella fonda- zione di questi asili sono quelli di S. Wilderspin , e cjuello del D. T. Pole , il di cui titolo è il seguente : — Osservazioni sulle scuole infantili destinate a indicare V utilità , e a dirigere coloro , che vo- lessero stabilirne. Ove poi si consultassero i rapporti della Società delle Scuole infantili di Londra si vedrebbe in qual conto siano te- nute queste istituzioni da uomini di Stato come Lord Brougham , ed il Marchese di Lausdowne. La figlia della Stael istituì a Parigi una società di Signore , che si occupano con ardore delle case d'asilo. Carlo Dupin nel suo Pic- colo Produttore trasmise le belle parole della Duchessa di Broglio su questo slesso argomento, e Mad. Neker de Saussure ne scrive con molto zelo nel suo primo volume suW Educazione progressiva. Sopra queste norme già varie case, ossia sale d'asilo, sono fondate in Francia , ed è degna di special menzione quella del Borgo del Roule eretta in Parigi dalla Marchesa di Pastoret. I consigli e gli esempi di queste illustri francesi, trovarono presso noi un eco nella bell'anima delle gentildonne Piemontesi, ed in Toiùno già si trova un principio di queste istituzioni nelle sale d' asilo , che vengono fondate per cura , e generosità specialmente della Marchésa di Barolo. 397 >j se non dalla propria condotte a disingannarsi di 3j tutto. »j Egli è quindi perciò che malgrado i più funesti insegnamenti ed esperimenti contrari , pure si dovette poi sempre confessare indispensabile il dare per legge ad ogni educazione , e ad ogni istru- zione il principio religioso. ]Vel che eseguire è da avvertirsi che non solamente si vuol adoprare una maniera astratta e metafisica , ma ben anche quella pratica ed assidua diligenza per cui ne' giovani si imprime più facilmente la necessità , ed il benefizio di questa suprema direttrice dei pensieri , e delle opere umane. E per verità non è poi in ultima ana- lisi cotanto difficile di fare ai giovanetti per cosi dire toccar con mano la materiale utilità della reli- gione col mezzo di esempi ricavati dal continuo spet- tacolo degli umani eventi. Perciò è domma certissimo nelle dottrine morali del secolo XIX , che senza il vincolo della fede , e di una religione è inutile spe- rare nella società , e nella educazione un durevole e progressivo miglioramento ^ nella stessa guisa come neir individuo è impossibile trovare alcuna vera fe- licità. Convinto di questa santissima verità un illu- stre italiano scriveva: « Tutti riconoscono che man- w cati all' educazione i principii di religione vera , )j manca all' uomo uno scopo , che a traverso alle w difficoltà , alle tempeste della vita lo guidi per w dritto cammino^ che gli mantenga nell'animo quella w costanza , senza la quale non hanno felicità gli 3j individui , né grandezza le nazioni che lo renda >-« maggiore della propria debolezza , dell' altrui pre- >j potenza, jj 398 Ma se queste cose sono certissime , egli è però forza, nostro malgrado, soggiungere, che allorquando poi questi scrittori vengono a suggerire i mezzi per procacciare nello stato attuale d' intelligenza , di esame, e di movimento il sentimento religioso neces- sario all' umanità ^ non sempre tutti si presentano opportuni, né praticabili. L'insegnamento elementare però affidato agli ecclesiastici che si deggiono occu- pare del perfezionamento morale di se stessi, e de' loro simili , e che per proprio stato sono sciolti dai materiali viluppi del secolo , egli è tuttora il mezzo più diretto ed efficace per ottenere una educazione religiosa. Ma però anche in ciò guizzano talvolta gli abusi , e ciò per lo più avviene allorquando quelle persone a cui l' istruzione è raccomandata si veg- gono soprattutto ne' villaggi dimentiche e del proprio carattere, e della propria missione, riporre ogni mi- glior loro pensiero nel vivere giocondo e scioperato , oppure nel sordido specular da massajo. E superfluo il dire che da cotestoro non è mai sperabile che coli' esempio , e colla voce possano infondere ne' cuori gio- vanili il sentimento religioso. Avvegnaché ad opra sì santa bastano per avventura ne manco le fatiche dei buoni curati, i quali impiegando soltanto qualche ora della settimana ad insegnare alla gioventù, ed al popolo nelle chiese qualche domma spirituale , non possono accompagnare la dottrina colla dimostrazione delle applicazioni pratiche della vita comune. Ma la loro opera potrebbe venir compiuta, e soccorsa dal- l'istruzione intellettuale , e morale data dai maestri e 399 nell'interno delle famiglie coi precetti de' parenti, i quali già avessero anch' essi ricevute le stesse "con- vinzioni religiose. Imperocché la educazione religiosa non consiste solamente nelF insegnamento di pochi isolati precetti, e nell'osservanza di alcune pratiche esteriori di culto, ma in quella convinzione, che ri- sveglia ed alimenta ne' cuori la coscienza di un' Ente supremo , presente a tutti i pensieri , ed a tutte le azioni y che le giudica , le tollera , le punisce , che rende efficace la benevolenza verso di tutti, che umi- lia il superbo ed il fortunato, e che conforta il de- bole e l'afflitto, che comanda al ricco ozioso di ri- spettare il suo simile povero ma laborioso , che ri- scatta il misero faticante dall' odio , e dalla prepo- tenza del ricco , quella religione insomma che pro- mette a tutte le miserie di questa vita un riposo, ed un premio nell' altra, che intende a far pratica, e vivente nella società la morale evangelica *1. *i Cogliamo ben volentieri questa opportunità per dire, che 'allo scopo di rendere rispettabili , e care le credenze religiose , oltre a molte opere di maggior mole , concorrono in oggi molti giornali, e vi aspira pur anche fervorosamente il nostro Propagatore Reli- gioso. Giova sperare che gli sforzi di questi pii letterati raggiunge- ranno lo scopo propostosi , tanto più facilmente quanto più li vediamo astenersi dal confondere lo spirito di una religione pura ed vunver- sale , con uno spuito limitato di scuola. Ben si vede che per cogliere qualche frutto in materia di fede, a qviesti tempi siffatti scrittori devono tenersi lontani dalle dottrine intolleranti , esagerate , dalle declamazioni apologetiche e dalle redarguzioni virulenti , come per altra parte essi devono diffondere i principj di amore , di concordia e di virtù in tutte le classi della società senza dirigersi soltanto esclusivamente ad alcune classi privilegiate. Questi scrittori fniahnente 400 V. Ad un tal fine non si pubblica oggidì libro di morale , che non raccomandi 1' educazione del popolo, ed a questo fine istesso sembrano in molti luoghi rivolte le cure e le liberalità de' governi, e dei pri- vati. Ma ai voti,. all' opera, ed al bisogno non cor- rispondono ancora pur troppo ne i mezzi, né i tempi, e se il fatto è molto , temiamo che il da farsi sia molto più. Imperciocché s' egli è consolante il poter credere con Tommaseo, che in molte parti del popolo italiano risiede ancora lealtà ed innocenza^ reli- gione ed amore ^ virtù e poesia^ dubitiamo però che possa essere un buon principio di educazione quello di adottare la sentenza, che lo stesso autore, mosso senz' altro da un disdegno simile a quello del lombardo Sordello , pronuncia con queste parole, che s'inganna chi di una nazione crede migliore la parte più colta. Fortuna, corre a noi la voglia di dire, che questa sentenza non divenne famigliare, ned è creduta dal popolo^ fortuna maggiore^ che in realtà non sia vera. L' esperienza in fatti ci mostra tutto di , che sono gli esempi , e gli scritti degli uomini più educati, ed istrutti che ingentiliscono i costumi del popolo , e che gli danno una più facile , ed ac- cettabde educazione. E si è appunto per 1' opera de' più colti e gentili ingegni , che può penetrare nel popolo il sentimento di una religione comune per devono soprattutto persuadere i loro lettori, che sotto 1' apparenza di un zelo riformatore non si mira alle influenze esclusive , né ad attraversare il graduato progredimento della civiltà, ma si bene a porgergli mano e sussidiarlo. 401 tutti , e la persuasione , che la religione non è sol- tanto un freno , od un trastullo per la plebe , ma bensì un vincolo di amore e di giustizia per tutti. Questa deve essere, ed è già in gran parte la mis- sione degli ingegni più colti e delle classi più elevate sopra r educazione del popolo. Che se nell' uomo del popolo non viene spento , od almeno scemato queir abbietto egoismo , quella passione d' invida av- versione per tutti coloro ehe vede posti in condizioni da esso credute migliori della sua , se non depone quella pessima credenza , che il conseguimento della fortuna legittima i mezzi adoperati per farla ^ se in una parola tutte queste convinzioni non sono effi- cacemente , e praticamente scolpite , ed alimentate nel popolo, chi sa quanti secoli dovranno ancor tras- correre prima che si trovi in lui ciò che già vi scorge lo stesso Tommaseo , il fondamento cioè d* o- gnì vis'ere civile? Per queste, ed altre consimili riflessioni non avrebbe forse torto colui che preferisse i metodi di educazione consigliati dall" esimio Lambruschini nella sua Guida delV Educatore a quelli proposti da Tommaseo. I primi sono frutti di quella costante, e coraggiosa medita- zione, che discende in tutti i ripostigli del cuore umano, e che ricerca nelle più recondite inclinazioni, come nelle più frequenti abitudini le cagioni e gli effetti d'ogni operazione interna ed esterna dell'uomo , ed impara le norme più sicure per dirigerle al Ijcne, e questi metodi del Lambruschini possono intanto essere più fecondi di utili applicazioni , e di mezzi di 402 successo pratici e riesclbili : laddove i consigli del Tommaseo quantunque più vasti ^ più sublimi, più lirici per cosi dire, ed ispirati a quella mente con- templante r umanità in tutta la pienezza de' suoi destini, ed i tempi in tutta la loro maturità, sem- brano assai meno profittevoli degli altri al bisogno delle presenti generazioni. VI. Benché poi il nostro discorso siasi con molta compiacenza raggirato sopra gli scritti di Tommaseo , e di Lambruschini pure con ciò non possiamo ancora non lamentare il difetto che v' ha in ItaUa di buoni libri destinati all' educazione del popolo ^ e questo difetto si sentiva vieppiù prima della pubbhcazione della Guida dell'Educatore^ opera che procede sem- pre più animosa nella sua bella carriera» Ed era cosa amara assai che in Italia, maestra in tante altre di- scipline agli stranieri, si dovesse poi mendicare da questi gli elementi fin anco del primitivo insegnamento. Effettivamente mentre in Francia sorgevano in ^ran numero gli scrittori che si occupavano dell' edu- cazione , e dell'istruzione dei fanciulli e del popolo, come per tacere di tanti altri sono Bouilly, Berquin^ le signore di Remusat, e Guizot , in Itafia poi non si trovava quasi un libro adattato all' intelligenza, e capace di migliorare il popolo, tranne che i Pro- messi Sposi di Manzoni ^ qualche operetta del PeUico, e una qualche isolata scrittura di Cesare Cantù *1. *i Non si deve qui tacere delle Letture popolari che da poco tempo vengono colle migliori intenzioni alla luce in Torino. Ma queste Inionc intenzioni forse assai meglio si otterrebbero qualora. 405 Giudicando da alcuni scritti di questo italiano in- serti specialmente nel Ricoglìtoje ^ non temiamo di affermare che uno stesso scopo ^ uno stesso talento animi gli scritti del Cantù , e quelli del Lambruschini : tanto gli uni e gli altri sono dettati con eguale ef- fusione di cuore, con sì cordiale sollecitudine, con tanta aggiustatezza e popolarità di sentimenti e di frasi, e di similitudini. Al Cantù pertanto possa tornar grato l' invito che a nome dell' Italia e;li fac- ciamo perchè moltiplichi , ed ordini ad opera con- tinuata, come l'Educatore fiorentino, siffatte sue com- posizioni. E questo stesso fervido invito noi fa- remmo pure a Manzoni , se non sapessimo che una umiltà ed un desiderio inarrivabile di perfezione sem- brano avergli isterilita quella penna, che con tanta ammirazione , ed espettazione d' Italia si esercitava ad istruire ed a confortare i suoi abitatori. Frattanto non sarà inopportuno di far osservare un' essenziale differenza che passa tra i libri francesi che trattano dell' educazione , e quelli tedeschi , ed italiani che versano sullo stesso argomento. IXei primi adempissero alle seguenti condizioni: i.° che i caratteri della stampa non fossero cosi fitti e minuti, 2." che più brevi, e concise fos- sero le narrazioni che vi si inseriscono, mentre coloro a cui sono più appositamente destinate queste Letture non hanno sempre né tempo , né assuefazione , né volontà per leggere componimenti pro- lissi, e stampati con caratteri minuti; 3.° che nello siile, e nella maniera di esporre , si sfugga ogni frase ricercata , ed astrusa , ma si usino in vece parole facili, materiali, e palpabiH, per cosi dire, e ciò soprattutto rispetto ai ricordi morali , ed a quelle notizie tec- niche che si apphcauo alle arti ed alle cose comuni della vita. 404 si vede fatta nessuna , o ben poca parte alla reli- gione , sia che ciò avvenisse per l' impressione la- sciatavi dalle dottrine dello scorso secolo, sia che in Francia il vivere socievole sia già da più gran tempo costituito, e ridotto per così dire ad un'arte distinta che sussiste per se stessa, senza bisogno di superiori principi , o direzioni. Quest' arte che può talvolta confondersi colla vera educazione , e che può facil- mente usurparne le sembianze e le intenzioni, vive da lungo tempo in Francia, e Montaigne^ già l'o- norava persino col nome di scienza. Science d'enire §eTìt^ i di cui principii fondamentali sono ben noti, parler Las — paraìtre doux — et étre cornine tout le monde *1. Per questi motivi apparentemente gli scrittori fran- cesi trasandarono troppo spesso di considerare l'edu- cazione sotto il rapporto religioso , e forse perciò nella beir opera di Mad. Guizot , sebbene ad ogni passo si discorra di dhùtto e di dovere, di virtù e di sen- timento , di carattere e di morale, pure non si trova mai fatta menzione della religione \ sicuramente non già perchè l' illustre autrice non la credesse necessa- ria ai suoi consigli sopra l'educazione, ma perchè la supponeva già in essa come una base preesistente. VII. Oltre a quelle che si sono sin qui accennate da due altre fonti possono ancora emergere nuovi vantaggi per 1' educazione pubblica , vogliam dire dal teatro e dalla letteratura periodica. Anzi l' una e *i Montaig. lib. I , cap. i3. 405 l'altra di queste istituzioni avendo già ricevuti sen- sibili miglioramenti , 1' educazione pur anche ne ha già risentita l' influenza. Difatti il teatro comincia a riputarsi, ed a ve- nir frequentato non più come un luogo di puro pas- satempo , ma bensì come una scuola di morale , e di convenevolezze sociali. Così nelle composizioni tea- trali vuoisi oramai vedere rappresentata per le molti- tudini una filosofia in azione j la quale mettendo in evidenza le passioni , e le inclinazioni delle masse come degli individui , sappia profittare dell'interesse del meravigHoso, della curiosità, dell'amore al sollazzo, del loro riso , e delle loro lagrime , per dare una spiegazione morale, disinteressata, e pratica alle cose, ed agli eventi del mondo. Al teatro le anime dispe- ranti dovrebbero sempre trovare un conforto , le segrete afflizioni un balsamo , e ciascuno un consiglio , tutti una regola , nello stesso tempo , che ciascuno vi gua- dagnerebbe un sollievo, e nuove forze per trarre in- nanzi con minore disgusto la vita. Tali appunto sono gli uffizi che Vittorio Ugo assegna all' arte dramma- tica *1. Difficile sarebbe soltanto lo giudicare se li suoi drammi adempiano poi questi uffizi \ che quel suo presentare la natura umana non solamente gi- gantesca , ma mostruosa , quel mostrare in tutti i suoi ultimi sviluppi , ed in tutti i suoi più nefandi e brutali atti l' impulso satanico , che talvolta predo- mina nell'uomo corrotto, quel sempre dipingerne la *i Préface au Drame Angelo Tjrau de Padoiie. 406 eccellenza e la virtù nei luoghi , e nelle persone più abbiette, ed il vizio e le turpitudini in quelli più eminenti , sono tutte cose che potrebbero farne du- bitare non poco. Così se nelle commedie italiane si trova dipinta ben soventi una società fittizia, super- ficiale, e che non è di nessun luogo, di nessun'epo- ca , e che perciò non giungono a toccare le fibre delle società attuali^ si vede per contro nelle comme- die straniere , come in quelle di Scribe riescire troppo facile , e troppo fortunato il vizio nelle male sue arti e ne' suoi desiderii , e succombere all' incontro r umana debolezza ne' suol pericoli ^ per modo che quando dopo ci viene poi rappresentato il danno e le funeste conseguenze dell' accaduto , il loro aspetto più non può distrurre affatto quell' impressione lusin- ghiera, e tal fiata iimnorale che la vista della colpa riescita e consumata, e talvolta non abliastanza com- battuta, ne aveva lasciato. Ad ogni modo però il teatro oggidì più assai che altre volte può dare al popolo utili ammaestramenti^ e questi poi forse sarebbero maggiori se ai molti spettacoli notturni si sostituisse più sovente qualche teatro diurno , che oltre alla economia del tempo e della spesa potrebbe altresì preservare le abitudini popolari da molti pericoli , o traviamenti. Vili. Delle opere periodiche poi non terremo lungo ragionamento j solamente attestiamo come frutto e presagio di miglioramento sociale il crescere de' me- desimi in ogni parte d' Italia ed in Piemonte pre- sentemente più che altrove , non solo in numero , 407 ma ben anche in merito. Tutto ciò ci annunzia che il giornahsmo sta per aggiungere all' altezza del suo mandato. Diffondere nelle classi più numerose e meno istrutte le cognizioni più sicure del giusto , dell'utile e del Lello, comunicare le verità da qualunque luogo esse provengano , o sotto qualunque viluppo di lin- guaggio o di passione si celino , render ragione di ogni passo che si faccia nel mondo civile , scientifico o letterario, onde non avvenga di tornare indietro, additare anzi le vie per progredire e le esigenze, e le mancanze , e gii ostacoli rimanenti , provvedere non solamente colla sincerità de' precetti, ma altresì colla urbanità delle forme alla gentilezza de' costumi, moltiplicare con una scelta , ed opportuna festività di concetti e di stile gì' istanti giocondi della vitaj ecco a quali fini debba aspirare , e quali condizioni cominci in fatto già riunire la letteratura periodica per cooperare all' universale educazione degli uomini nello stato attuale di civiltà a cui sono pervenuti. Onore pertanto a tutti coloro che in alcuna delle preaccennate maniere si consacrano a ricomporre so- pra basi migliori 1' edifizio della educazione italiana, e contenti ancor noi se con queste reminiscenze pos- siamo lusingarci di aver recato un obolo se non altro almeno di desiderio per il compimento eh un'opera sì eccellente. S. B. 408 Scienze Storiche — Histoire externe du droit romain à l'usage des élèves en droit j par M. L. A. Warnkoenig. ( Bruxelles i836). La storia del diritto romano è importante per i giu- reconsulti, perchè dimostra l'origine di quei principi! d'equità civile, che conosciuti ed applicati prima dai Romani, passarono poi nelle legislazjoni di tutti ipopoli inciviliti: importa agli storici perchè nelle leggi romane trovansi espresse le condizioni della vita domestica e civile presso quel popolo j non che le regole di ammi- nistrazione che prevalute colle armi della repubblica in tanta parte di mondo diedero poi la prima forma all' ordinamento sociale delle nazioni europee: importa al filosofo , che nella giurisprudenza romana può studiare la più antica applicazione delle dottrine scientifiche alla pratica delle cose civili. Per queste considerazioni me- rita di essere raccomandato il libro che annunziamo. Fu dettato dal prof. Warnkoenig, che tra i giureconsulti vi- venti è uno di quelli che più conferirono al progresso della scienza. E giacché le opere dei giureconsulti te- deschi, sia per la ristrettezza del nostro commercio li- brario, sia per la lingua in cui sono dettate, trovansi poco divulgate fra noi; merita di essere accolta con fa- vore questa, che espone in un idioma universalmente inteso la parte più essenziale e più certa delle attuali 409 cognizioni sulla Storia esterna del diritto romano. Quella che i giureconsulti Tedeschi chiamano storia esterna del diritto espone l'origine ed il progresso delle consuetudini e delle leggi; gli avvenimenti politici, che le hanno preparate e condotte; lo sviluppo successivo delle dot- trine scientifiche, che hanno influito nella loro forma- zione *i. Questi diversi argomenti danno luogo a tre divisioni di ciascuna parte di quest'opera, che comprende uno dei quattro periodi, nei quali, secondo l'esempio del Gibbon , suole dividersi la Storia del diritto romano. Il primo giunge sino alle XII tavole; il secondo a Cice- rone; il terzo ad Alessandro Severo; il quarto a Giusti- niano. Non si ha certa cognizione delle leggi precedute alle XII tavole, delle quali pare che tenessero luogo secondo vedesi nei principii d' ogni storia le consuetudini nazio- nali. Ne gli studii degli eruditi più diligenti lasciano pre- star fede a quelle leggi dei re di Roma, a cui si dava il nome di diritto Papiriano, e che furono raccolte da al- cuni storici della giurisprudenza *2. A quei tempi antichissimi possono riferirsi l'illimitata autorità dei patres famillas sulle mogli, sui figli e su- gli schiavi *3, a quelli le prerogative dei patrizii, che soli godevano la pieniezza dei diritti politici *4; prero- gative alquanto scemate colla istituzione dei comizii cen- trali , nei quali la plebs cominciò ad avere qualche pre- rogativa *5. *i Introd. §. I. *a Warnk. p. 45 Thémis , tom. V. p. a5i-54. *3 §. 3, 4. *4 §.5. *5 §. 7. 410 Da allora incominciò la lotta tra i patres ed i ple- bei, lotta che pccupa tutta la storia della repubblica romana, e che rappresenta quella rivalità perpetua in ogni storia civile di coloro che invocano la conserva- zione degli antichi ordinamenti delio stato, e degli altri che si studiano di estendere a tutti i cittadini le prero- gative dapprima concedute ad alcuni. Questa prima parte termina colle leggi delle XII tavole. La loro promulgazione fu anch' essa un effetto delle contese tra i patres e la plebe *i ; questa parte della storia del diritto civile è importantissima, perchè spiega i più antichi monumenti di legislazione romana, di cui abbiamo una sicura notizia^ e perchè l'ordine ed i fon- damenti delle leggi delle XII tavole passarono all'editto del Pretore, e da questo alle collezioni, che ancora oggi studiamo del diritto romano; cosicché la legge delle XII tavole può in qualche modo ancora oggidì come ai tempi di Cicerone qualificarsi fonte d' ogni privato e pubblico diritto. Il Warnkoenig si attiene alla tradizione raccolta da Livio, ed impugnata dal Vico, e da parecchi moderni, sugli ambasciatori mandati da Roma ad Atene per com- pilare la legge delle XII tavole. Su quest'argomento cita una dissertazione del Lelievre premiata nel 1826 dall'università di Lovanio, ed un articolo del Roulez inserito nella Revue encjclopédique Belge *2 ; le quali opere j come anche quella tedesca del Dirksen sulle leggi delle XII tavole non per anco tradotta e non citata dal Warnkoenig è desiderabile , che siano divulgate fra gl'italiani, a cui il nome del Vico debb' essere d'incitamento a questi studii. Oltre all'ori- gine greca o latina per una adeguata cognizione delle *I §. IO. *2 §. IO. 411 leggi delle XII tavole, converrebbe esaminare in qual parte possa congetturarsi che fosse conservato , ed in quale emendato il diritto antico ^ e di quanto la plebe si avvantaggiasse ottenendo quel diritto tanto invocato. Durante il secondo periodo andarono pareggiandosi i diritti polìtici tra i patrizii ed i plebei *i ; nello stesso tempo, che la dominazione della repubblica si estendeva prima su tutta l'Italia, indi sulle altre contrade, che divennero provincie romane. Da questo stato di cose prese un diverso aspetto il diritto romano ; per una parte andava cessando il rigore di quegli ordini misti di teocrazia , e di aristocrazia che colla riverenza del culto domestico e dei pubblici auspizli, conservarono raccolta in alcune famiglie tutta la potenza dello stato; per un' altra parte estendendosi il territorio della repubblica , divenivano necessarii nuovi magistrati; onde divise le potestà dello Stato, andavano perfezionandosi le regole sulle diverse incumbenze della pubblica amministrazione , che prima era quasi in ogni cosa governata secondo le discipline della milizia. In questa parte è molto da commendare la chiarezza e la sobrietà di dottrina con cui il Warnkoenig viene espo- nendo i più certi risultamenti delle ricerche degli eruditi sulla diversa condizione dei sudditi della repubblica ro- mana nei municipii, e nelle provincie *2. Passando alle fonti del diritto comincia l'autore dall' esporre la distinzione nata in questi tempi del jus civile eàoijus gentium j la quale fu poi sempre di grandis- simo momento nella teoria e nell'applicazione del di- ritto romano, particolarmente in quella parte, che ri- guarda gli effetti delle obbligazioni. Egli deffmisce molto *i §. i3. *a §. .5, i6. 412 acconciamente ì\ jus civile, quel diritto, che regolò le facoltà e le prerogative dei cittadini romani *i. Non così ci parve perfetta la nozione^ che egli dà del j'iùs gentium , che dice essere un diritto positivo ge- nerale, il quale comprende tutti i rapporti sociali; il complesso dei principii del diritto, che s'incontrano presso tutti i popoli inciviliti. Ci pare invece, che se- condo le dottrine dei giureconsulti romani, \\ jus gen- tium si potJ ebbe piuttosto intendere pel complesso delle regole di ragione, che si osservano indipendentemente dai diritti civili delle persone interessate. Il diritto si divide anche in scritto e non scritto *2; nel diritto scritto si comprendono tutte le leggi. Le leggi sul diritto privato furono per lo più plebi- sciti *3. Il Warnkcenig crede, che durante la repubblica, il Senato ebbe facoltà di rendere Senatus consulti ob- bligativi per tutto lo Stato; facoltà temperata dal diritto che avevano i tribuni d'impedirne l'esecuzione, e di cui durando il reggimento repubblicano rare volte usò il Senato, sia perchè era trattenuto nella suprema ammi- nistrazione dello Stato *4 , sia perchè secondo l' osser- vazione del Vico *5 in un governo misto era naturale che i meno potenti venissero sollecitando il pareggia- mento del diritto colla promulgazione delle leggi sui diritti privati j così che il più di quelle , che troviamo distinte col nome di leggi nei monumenti della storia , e del dritto furono plebisciti. Nel diritto non scritto si annoverano le consuetudini *i §. i8. *2 §. i8. *3 §. 19. *4 §• 20. *5 De uno universi juiis principio e. 172. 415 antiche mores maj'orum : gli editti dei magistrati, l'auto- rità dei prudenti *i. Il Warnkoenig spiega ottimamente come l'aver otte- nuto gli editti dei magistrati autorità di legge , dovesse ripetersi dalla estensione della giurisdizione attribuita ai magistrati Romani, e dalla mancanza di una precisa distinzione tra la podestà legislativa, e la giudiziaria; distinzione questa , che non fu ben avvertita prima che si divolgassero le opere del Montesquieu, e del Delolme. In quella confusione di potestà , i magistrati propo- nevano per l'ordine dei giudizii , e per l'applicazione dei principii direttivi quelle regole, che giudicavano migliori : erano frenati dal timore della pubblica cen- sura dopo che avessero deposto il Magistrato; ed i loro successori , s'inducevano per gli stessi motivi ad osservare le medesime regole quando fossero state approvate dalla comune opinione *2 ; queste ragioni ho voluto addurle perchè si conosca che quegli esempi, e quelle autorità non possono adattarsi ai tempi presenti ne per rigettare la promulgazione dei codici ^ né per attribuire ai giu- dici una pari larghezza d'arbitrii. L'altra sorgente del diritto, che fu l'autorità dei pru- denti, viene a congiungersi •©! principii, e col primo sviluppo della coltura della giurisprudefiza nata in quei tempi , di cui ragioniamo ; quando i Romani ammae- strati dallo studio della letteratura, e della filosofia greca impararono ad applicare un metodo scientifico alle que- stioni del diritto; e quando l'eguaglianza, che andava prevalendo tra i diversi ordini di cittadini dava maggiore autorità alle regole, ed alle dottrine dell'equità naturale. Nel terzo periodo della legislazione romana, è im- *I §§. 21 , 22, 23. *2 §. 22. 414 portante formarsi un giusto concetto delFordinamento polìtico da cui dipendeva la legislazione ^ e ciò è tanto più difficile in quanto il nome dell'impero potrebbe fare illusione a chi volesse giudicarne per somiglianza colle presenti monarchie, e similmente i nomi dei magistrati potrebbero dar luogo ad un errore quando questi si giu- dicassero pari d'autorità come di nome agli antichi ma- gistrati della repubblica. 1/ ordinamento politico della podestà in cui risiedeva la facoltà di promulgare le leggi, fu allora principalmente notabile per le vicende ^ che compirono la mutazione del governo di repubblicano in monarchico. Questa mutazione era stata preparata dalle guerre civili, che mettendo l'esercito a devozione d'un solo, avevano infievolito l' autorità degli ordini della repubblica. La potenza degli imperatori non fu un vero diritto di sovranità monarchica *i , ma la riunione in un solo delle magistrature della repubblica , a cui era unito il supremo comando degli eserciti, ed il governo delle Provincie. Le quali condizioni di pubblico reggi- mento meglio che da nessun altri furono spiegate dal Gravina nel suo libro sull'impero Romano. I decreti dell'imperatore acta imperatoris prendevano vigore di legge dal giuramento dee" Senato , che prima si dava per confermare gli atti dell'imperatore defunto ; indi per sancire anticipatamente quelli dell'imperatore che saliva al trono. Fra le mutazioni dei magistrati sono principalmente importanti la creazione del prefetto di Roma, e del pre- fetto del pretorio , la cui giurisdizione surrogata a quella, che esercitavano gli antichi magistrati , e posta imme- diatamente sotto la vigilanza imperiale , contribuì ad accrescere la potenza degli imperatori. *i §. 27. 415 Dai tempi di Augusto gli imperatori ebbero un con- siglio con cui deliberavano del pubblico governo ; da Adriano il concistorium principis divenuto permanente ebbe la parte principale nel giudicare le appellazioni criminali e civili , e nel compilare le costituzioni degli imperatori. Nell'enumerazione fatta dal Warnkoenìg degli ordini politici , che maggiormente influirono sulla legislazione dell'impero Romano, noi crediamo, che si sarebbe po- tuto comprendere anche la costituzione di Caracalla , per cui, fatte comuni a tutti gli abitatori liberi dello impero le prerogative dei cittadini , cessarono nelle qua- lità delle persone tutte quelle distinzioni per cui erano stati diversamente misurati i diritti pubblici e privati. Stabilito l'impero, le leggi ed i senatusconsulti con- tinuarono ad essere fonti del diritto scritto; le leggi o in realtà, o in apparenza deliberate nei comizii ebbero fine coll'impero di Claudio; e ne tennero luogo i sena- tusconsulti nei quali in seguito alle proposizioni degli imperatori solevano regolarsi i punti di legislazione, a cui il principe stesso non provvedeva colle sue costitu- zioni , che furono il terzo fonte del diritto scritto. Il diritto non scritto comprese gli editti dei magistrati, e le risposte dei giureconsulti. Tra gli editti dei magistrati fu importantissimo l'editto pretorio del giureconsulto Salvio Giuliano ; perchè in questo furono riunite le disposizioni dei pretori antece- denti; uè dappoi andò soggetto a variazione di qualche momento. Per esso si diede forma al diritto romano , quale fu raccolto nelle pandette che in gran parte sono composte delle risposte dei giureconsulti e specialmente di Ulpiano sull'editto perpetuo *i. 416 Anche questa parte di giurlsprudeuza fu illustrata dai recenti studii dei giureconsulti Tedeschi ; tra i quali principalmente meriterebbe d'essere conosciuto il Weyhe, autore d'un' opera latina sull'editto perpetuo *i. Le risposte dei giureconsulti responsa prudentum fu- rono il secondo fonte di diritto non scritto. Sin dai tempi d'Augusto la facoltà di consultare sul diritto fu attribuita per decreto del principe. Adriano obbligò i giudici a seguire le opinioni dei giureconsulti quando queste concordassero in una stessa sentenza *2. In questo periodo fu nel suo maggiore splendore la scienza del diritto sia per la dottrina dei giureconsulti che la professarono, sia per l'autorità, che fu loro at- tribuita e nei consigli dell'imperatore e nei giudizii. Forse vi avrà contribuito l'impero di Marco Aurelio, che educato come il più dei giureconsulti alle scuole degli stoici , avrà amata in loro la somiglianza delle dottrine e delle virtù; così da quei tempi può dirsi, che le teoriche passassero dall'insegnamento al governo dello Stato, e che si accostassero, e quasi si confon- dessero quelli che il Savigny chiamò elemento politico, ed elemento scientifico del diritto. I giureconsulti Romani attinsero le loro dottrine fon- damentali dalla filosofia greca, e soprattutto dagh stoici. Le teoriche da essi professate sulla filosofia del diritto si conoscono principalmente nelle loro distinzioni del jus naturale ,jus gentium e jus ch'ile ^ distinzioni quanto importanti , altrettanto difficili ad intendersi nei loro principii , e nelle loro applicazioni. Queste dottrine ser- virono ai giureconsulti per illustrare, ed applicare 1 an- *i Libri HI edicti , sive de origine factisque jurisprudentiae ro- manae , praesertim cdictorum praetoris ac de forma edicti perpe- tui. I. voi. in-4.*' Celltc 1821. *2 §. 33. 417 tica distinzione invalsa presso i Romani tra il jus gen- tium ed il jus civile. Col distinguere il jus naturale, il jus gentium ed il jus civile i giureconsulti indicarono come saviamente avverte il Warnkoenig « che alcuni principii di diritto traggono origine dalla natura animale dell'uomo, altri dalia sua natura razionale , ed altri finalmente dall'or- dinamento politico di ciascuna nazione *i. » A prima giunta può parere strano, che dopo avere definito il diritto come il complesso delle regole di giu- stizia, secondo le quali l'uomo è governato nella società civile, e dopo aver detto, che queste regole discendono o dal diritto naturale, o dal diritto delle genti, o dal diritto civile j si insegni dai giureconsulti che il diritto naturale è comune all'uomo con tutti gli altri animali. Tuttavia, se bene si consideri, questa sentenza non si trova opposta alle più sane nozioni sulla filosofia del diritto. Infatti il diritto non considera la giustizia in se stessa , la giustizia assoluta , non considera ne anche la giustizia, in quanto la sua cognizione è uno degli attri- buti dell'anima umana; per questi rispetti le nozioni della giustizia sono argomento della filosofia morale , scienza affine, ma diversa dalla dottrina del diritto, che procede da principii suoi proprii, e ne fa derivare pra- tiche conclusioni. La scienza del diritto si appoggia an- che essa alla nozione della giustizia , ma la considera in quanto attribuisce all'uomo la facoltà di fare, o di esigere checchessia ; in quanto per questo modo la li- bertà umana viene ad essere ristretta in certi e deter- minati confini. Quantunque la giustizia in se stessa e la nozione che l'uomo se ne forma sia indipendente dall'utilità e dalla volontà di ciascun uomo ; tuttavia la necessità e 1' uti- ^7 418 Jità di ciascuno è quella , che dà luogo all'applicazione della giustizia assoluta nell'attribuire all'uomo la facoltà di fare o di esigere checchessia *i. Indi quella massima volgare in tutta la giurispru- denza , che niuno può avere diritto od azione a chie- dere ciò a cui non abbia interesse. Ma siccome i bisogni e le necessità dell' uomo dipen- dono in gran parte dalla sua organizzazione j siccome i bisogni che procedono puramente dalle facoltà dell'in- telletto non sono quelli che a venir soddisfatti richie- dano la cooperazione delle facoltà fisiche j ne quelli, che diano luogo a determinare le facoltà d'un uomo ri- spetto ad un altro; così può dirsi, che i principii del diritto procedono in certa guisa dalla natura animale dell'uomo. In questo senso credo che debba essere intesa la dottrina dei giureconsulti , che « jus naturale est « quod natura omnia animalia docet'. Hinc descendit )) maris atque foeminae coniunctio, quam nos matrimo- » nium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc » educatio *3. » Il Warnkoenig avvertì ottimamente che Wjus gentium comprende tutti quei rapporti di diritto, che procedono dalla natura razionale dell'uomo. Infatti Pomponio fa discendere dal jus gentium la religione verso Iddio , la dipendenza dai parenti e dalla patria *3. Tuttavia i giureconsulti non misurarono i diritti de- gli uomini da una ragione assoluta anteriore, ed indi- pendente da ogni ordinamento umano ; non da quella autonomia ossia dominio di sé che compete alla persona morale, non dall'inviolabilità della persona, e degli averi, che è sancita dalla legge morale. Ma compresero *i Romagnosi. Assunto primo del diritto naturale. §. III. VI. ''i Digest, de justitìa et jure-, 1. i , § 3. *Z Leg. 2, dig. de jiistitia et jure. * 419 nel loro diritto delle genti quelle regole che erano uni- versalmente in vigore nelle umane società, e che la ra- gione naturale dimostrava conformi alle necessità umane. Così quantunque riconoscessero che la schiavitù era op- posta alla natura la dissero conforme al diritto delle genti *i. Così per i Romani questo diritto non fu separato dal fatto che naturalmente e necessariamente necessitate j et usu erigente prevale nell'umana società. Non compresero ne anche nel diritto delle genti quelle regole, che quantunque in vigore presso tutti i popoli non potevano concepirsi senza la dipendenza da una podestà suprema ; così i giudizii quantunque , comuni fra le nazioni al pari di tutti gli altri diritti enumerati dei giureconsulti *2, non si annoverano tra gli oggetti dipendenti dal diritto delle genti ; così il diritto delle genti si potrebbe dunque definire il complesso di quei rapporti di ragione che prevalgono tra gli uomini in quanto sono enti ragionevoli , e si considerano senza relazione ad alcuna società politica. Nei tempi di cui discorriamo non pare che ci fosse un insegnamento del diritto prescritto o regolato per tutto r impero. Da parecchi testi delle leggi romane *3 e segnatamente dalle istituzioni di Cajo, che certamente servirono all'insegnailiento del diritto può bensì racco- *i Leg. 4j dig. de justitia et jure. *3 Ex hoc jure gentiuni introducta bella: discretae gcntes : regna condita: dominia distincta: agrls termini positi: aedificia collocata: commercium, emptiones , venditiones , conductiones , obligationes ìnstitutae , exceptis quibusdaui, quae a jure civili introductae sunt. L. 5, dig. tit. I de justitia et jure. *3 L. 32, D. XXXIX 2; L. 28, XLII, 5; cod. Thood. XIII, ò ^ cod. Just. X, 5; L. I pr., §. i , 5, D. L. i3-, tVafini. Yatic. §. i49» i5o, §. i5, inst. I, 25; L. 6, §.12 , D. XXVll, i, cod. XI, tS. L. ij, D. XII, I i fragni. Vat. § 4o et 5o. 420 gliersi , che in molte città dell'impero fossero aperte scuole di giurisprudenza, a cui probabilmente sopperiva ciascun municipio. Il Warnkoenig enumera i principali giureconsulti, di- scorre dei loro meriti e delle sette in cui furono divisi. Senza seguirlo in questi particolari ricorderò solo il va- lore dei giureconsulti Romani usando le parole di un sommo scrittore italiano. « I giureconsulti furono gene- » razione d'uomini nuova ammirabile, intrepidi, incor- )) rotti, liberi sotto mostruosa tirannide; dotti e sapienti » in molta ignoranza universale ; virtuosi e magnanimi )) in popolo abbietto e corrottissimo ) conservando in » tanta corruzione di dispotismo il puro linguaggio ed » i costumi dei quiriti liberi; scrivendo con sobrietà e )) schiettezza greca ; pieni di sapienza morale e poli- )) tica , con diritto e fermo raziocinio, con proprietà » esattissima j brevi, acuti, efficaci, mostranti una severa » ed elegante maestà *i. » Nell'ultimo periodo la legislazione diventò affatto di- pendente dagli arbitrii degli imperatori. Fino dai tempi di Caracalla pare che cessassero quasi affatto i Senatus consulti, che insino allora avevano avuto gran parte nel regolare le leggi romane. Dopo il regno di Alessandro Severo scomparsi forse per l'infelicità dei tempi i giu- reconsulti, che insino allora avevano avuto gran parte nel governo dell'impero, e vi avevano mantenuta la tra- dizione delle massime romane, il reggimento dello Stato divenne affatto militare. Tuttavia non mancarono le costituzioni imperiali, le quali furono promulgate in gran numero dagli impera- tori, che occuparono il trono fino a Costantino *2. Una grande mutazione ebbe luogo ai tempi di questo "i Lettera di P. Giordani a V. Monti. Autologia N. 70. *2 §. 40. 421 imperatore. Fu cangiata la religione dello Stato, mutata la sede dell'impero, mutato l'ordinamento dei pubblici ufficii sia civili, sia militari, cessò la sfrenatezza delle milizie, che per lunghi anni avevano disposto del trono, senza che risorgesse la potestà del senato j lo Stato pigliò aspetto di monarchia assoluta. Tante mutazioni dovevano introdurne molte altre nella legislazione. Le costituzioni dei principi, e le risposte dei giure- consulti continuarono ad essere le sorgenti del diritto. Le costituzioni dei principi anteriori a Costantino furono raccolte in codici da Gregorio, e da Ermogene. Tra i giureconsulti non vedesi più che ve ne fosse al- cuno , le cui risposte avessero autorità nel diritto. Neil' anno 424 ^^^ costituzione di Valentiniano III, deter- minò quali fossero le opere dei giureconsulti antichi a cui si dovesse attribuire autorità nei giudizii *i. Nel 438 Teodosio IL fece nuovamente raccogliere le costituzioni imperiali, scegliendo quelle sole, che erano d' un' applicazione più frequente *2. Le scoperte del Clossio , del Maj ^ del Peyron , quelle del Vesme già annunziate nel Subalpino , e che speriamo veder presto date alla luce, ripararono molte delle in- giurie fatte dal tempo al codice teodosiano. Dall' inva- .sione dei barbari la storia della legislazione romana in occidente viene a confondersi colla storia delle leggi degli invasori e dei vinti *3. Tutti sanno, che i barbari lasciavano a ciascun popolo soggetto la libertà di seguire le proprie leggi. Indi i frammenti di diritto romano , che ci pervennero dalle raccolte formate nel regno dei Visigoti , ed in quello *i §. 42. *2 §. 43. *3 §. 44- 422 dei Borgognoni, dove più che altrove furono tenute in onore le leggi romane, e trattati benignamente i vinti. In oriente fu cominciala nell' anno 533 la promulga- zione delle collezioni di Giustiniano per cui principal- mente ci sono note le leggi romane. Di questa non oc- corre parlare , perchè è conosciuta da tutti quelli , che fecero qualche studio di giurisprudenza. Diremo solo , che essa onora ancora più che Y imperatore il suo mi- nistro Triboniano, il quale la condusse a termine; e che qualunque sieno i rimproveri che gli si possono fare , specialmente per la disposizione delle materie, il merito dell'opera sua è infinitamente maggiore, che non quello del codice teodosiano, e delle compilazioni promulgate dai Visigoti *i. In tutto questo ultimo periodo la scienza del diritto non produsse che poche collezioni, le quali oggidì ser- vono allo studio dell'antica giurisprudenza romana, fa- cendo conoscere alcuni frammenti di giurisprudenza che non trovansi compresi nelle collezioni di Giustiniano. In que' tempi presero vigore le scuole di giurispru- denza di Costantinopoli, di Roma e di Berito ; la scuola di Costantinopoli fu fondata nel 4^5 da Teodosio II, allora i giureconsulti prima d' esercitare la loro profes- sione erano obbligati a studiare per cinque anni in quelle scuole *2. Nel 533 Giustiniano fissò il modo con cui si dovesse insegnare la giurisprudenza, e vietò che si tenessero altre scuole che quelle di Costantinopoli e di Berito. Nel 55 1 la città di Berito essendo stala rovinata da un terremuoto, cessò quella scuola di giurisprudenza. Nel 554 l'Italia essendo stata riconquistata da Giustiniano *i §. 47. *a Hauboldi Tabulae chronologicae quibus hist. juris externa illu- stratur. In fine dell' opera del Warnkoenig. / 425 l'u ristabilita la scuola di Roma colle stosse regole che quella di Costantinopoli *i. Fra gli istituti stati in vigore prima che splendesse in occidente il raggio del risorgimento delle scienze; queste scuole sono per quanto se ne possa giudicare l' istituto, che ebbe maggiore rassomiglianza colle nostre università. Ma ogni traccia essendosene perduta durante la domi- nazione dei barbari , non può dirsi che giovassero per nulla alla rinnovazione degli studii. In quest' ultimo periodo della giurisprudenza romana per una parte perdesi V energia degli ingegni che la ap- plicavano alla scienza del diritto ; per 1' altra cominciando da Costantino la pubblica podestà interviene a determi- nare i testi , a regolare gli studii nei quali debbono con- sistere le discipline legali. Effetto probabilmente della fiacchezza degli ingegni , che incapaci di creare si per- devano nella faraggine dei testi : forse fu anche questo accorgimento politico degli imperatori , che volevano far perdere la memoria degli ordini antichi ; ed impedire che la libertà degli ingegni non introducesse qualche regola diversa dai loro arbitrii. Il Warnkoenig osserva ^ che in Roma la codificazione fu effetto della decadenza degli studii , e della scienza del diritto. Verissima osservazione, ma da cui non si può trarre induzione di sorta sulle recenti promulgazioni dei codici. I codici anticamente furono una raccolta di testi : i codici quali oggi gli intendiamo , e quali sono pro- prii all'incivilimento moderno, comprendono le regole universali ed uniche ordinate dalla scienza, e promulgate' dalla suprema potestà per dar norma così agli atti ed alle obbligazioni civili, come alle sentenze dei magistrati; così questi non hanno somiglianza ne di forma , né di *i Haubold. 424 scopo coi codici antichi: e siccome le vicissitudini delle lingue sogliono conformarsi alla variazione delle idee; la voce codice , e le altre moderne corrispondenti sono diverse nella significazione dal vocabolo codeXj che po- teva convenire ad ogni altra cl)n>pilazione parimente che ad una raccolta di leggi. Le istituzioni del diritto civile furono tra le opere legislative quelle che ebbero rassomiglianza maggiore coi nostri codici, perchè riunirono tutti i principii di giu- risprudenza: ma ne furono essenzialmente diverse , come quelle che erano destinate più ad istruire , che a co- mandare, e come quelle che dovendo servire quasi di prolegomeni alle altre parti della legislazione, non po- tevano avere la prerogativa d' essere sole a stabilire la norma alle ragioni dei cittadini, ed ai giudizi! dei ma^ gistrati. Finiremo quest' analisi dell'opera del Warnkoenig con dire che essa ci pare un ottimo testo per l' insegnamento di quella parte d'erudizione legislativa; e considerando che è appunto destinata ad un uso siffatto, tralascieremo dal fargli rimprovero di una brevità, che diversamente parrebbe in alcune parti soverchia. In quanto alla divisione in cui distribuì l'opera sua, era naturale che egli si attenesse a quella di che usano ì più dei suoi nazionali. Noi tuttavia siccome in queste cose molto si concede all' arbitrio , ne proporremo un' altra non perchè sia preferita , ma per raccogliere sotto l'aspetto, che ci sembra il più facile il progresso della giurisprudenza romana. * In un primo periodo crediamo che si potrebbe com- prendere tutta la legislazione romana anteriore alle XII tavole: questo mostrerebbe lo stabilimento dei primi fon- damenti del diritto; il secondo dalle XII tavole a Siila mostrerebbe lo sviluppo dell'ordinamento legale; il terzo 425 dalle dittatura di Siila sino ali' impero d'Augusto è im- portante per la rivoluzione che mutò i proprietarii delle terre, che tolse la potenza degli antichi ordini dello Stato, che introdusse la prevalenza dell' impero militare sulle podestà civili ; importante nell' ordinamento legislativo , per aver tolto ai popolari parlamenti, ed attribuito a giudici speciali le cognizioni dei principali delitti. Il quarto da Augusto ad Adriano segna lo stabilimento della potestà legislativa degli imperatori. Il quinto da Adriano ad Alessandro Severo il nuovo ordinamento delle magistrature e delle amministrazioni diverse da quelle che erano state tramandate dai tempi della repubblica, e mantenute dai precedenti imperatori; appare nello stesso tempo l'accrescimento delle dottrine della giurisprudenza, e l'ingerenza dei giureconsulti nel governo dello Stato ; il sesto da Massimiano a Costantino segna lo stabilimento del dispotismo militare, e la decadenza d'ogni maniera di studii non eccettuati quelli della giurisprudenza ; il settimo da Costantino a Giustiniano; la monarchia di Costantinopoli succeduta a quella di Roma , la pubblica professione del cristianesimo succeduta a quella del gen- tilesimo. Questo rivolgimento di cose influì grandemente sulla legislazione , col modificare le leggi antiche sulla dipen- denza delle persone d' una stessa famiglia. Non si hanno ragioni che bastino ad affermare , che la riverenza per le dottrine cristiane fosse quella che inducesse a sancire in molti casi l' inviolabilità della persona umana nelle relazioni domestiche; ma è palese che queste innovazioni pervenivano da quella mutazione, per cui abbandonata la religione e la capitale deli' im- pero, perdevasi il rispetto alle tradizioni antiche. Vedesi un più immediato effetto della religione do- minante : 426 Nelle leggi prom»lgate contro gli eretici Nelle prerogative concedute agli ecclesiastici. Nei regolamenti sulla disciplina della chiesa. Ponendo termine a queste osservazioni, esprimeremo il voto che in tutte le contrade, in cui si studia la le- gislazione non si trascuri l'insegnamento della storia del diritto romano. Così coloro che o per istituto , o per inclinazione volgono l'animo alla legislazione, e consi- derando di quanto momento siano i loro studii all' in- civilimento delle nazioni ; e meditando gli esempii della virtù , e dell' ingegno di quei grandi uomini che primi ne diedero i precetti , si alzeranno a nobiltà di pensieri pari alla dignità dell' ufficio che assumono. Cav. Bon-Compagni. 427 LETTERATURA I PROMESSI SPOSI DI ALESSANDRO MANZONI Il Romanzo del sig. Manzoni è da vari anni sì uni- versalmente letto, e celebrato, e tanto ne fu già scritto dentro, e fuori d' Italia anche in servigio di coloro che altro non veggono nell'opere letterarie, fuorché un ar- gomento da esercitare la critica, che a molti parranno soverchie le parole, che ora siamo per farne. Se non che noi non intendiamo di dare un raggua- glio , ne di fare un minuto esame di questo libro, ma soltanto di offerire alcune osservazioni, che scritte da un Italiano fuori d'Italia, fossero povere di ogni altro merito, riusciranno scevre di gelosia straniera, e da ser- vilità concittadina. E per altra parte d' onde trarre mi- gliori auspicj a questa nuova Pàvista *i , che dal nome del sig. Manzoni? Qual altro si presenta o più caro , o egualmente splendido? Molto si è del Manzoni parlato, 1 L' articolo di cui diamo qui gran parte fu scritto anni sono per una Rivista Italiana , che per parecchie circostanze non venne mai pubblicata. Tratto allora a pochi esemplari, e distribuito in ristretto circolo d'amici, a pochissimi fu noto , e noi crediamo di ben me- ritare presso i nostri lettori coU' offerir loro questo frutto d' un no- bile ingegno che altri ammirati lavori collocarono ben alto nell'opi- nione dei cultori delle lettere. 428 perdi' egli è granale, forza è riparlarne, perchè egli è solo. Ne gli Italiani sono poi da assai tempo sì poco avvezzi a stare lungamente insull'ammirazione di un sol nome e di un sol libro, che vogliano fare a noi rim- provero dell'aver ripigliato l'argomento dei Promessi Sposi. E vi ha certo anche fra loro chi pensa , che nel paese dove per più anni sono state ripetute le lodi (per esempio) del Giordani, possano per più secoli essere ripetute quelle del Manzoni. Alcuni sembrano credere, che tutta l'odierna lettera- tura sia uscita dal solo Goethe: e ne\ Fausta nel Goetz da' Berlichingen, nel Herman e Dorotea^ e nel Werter intendono di additarti le origini pressoché di ogni prosa e di ogni poesia. Forse è vero, che Walter Scott, tra- ducendo giovanilmente il Goetz di Berlichingen dram- ma in prosa, ricco d'avvenimenti, e nell'essenza, e neir andamento non diversissimo dal romanzo storico oggi con tanta lode divulgato — ed usando intorno ad esso le cure richieste ad un traduttore, venisse nel pen- siero di recare nel romanzo quel modo dell'arte (mani- festo del dramma), il quale meglio intende a rappresen- tare la vita di tutto un popolo in una età, di quello, che a svolgere le fortune di alcuni pochi: ed è forse pur vero che senza i lavori dello Scott noi non avrem- mo avuto mai i Promessi Sposi. Ma non si deve con tutto ciò inferirne (come alcuni fanno segnatamente paragonando il Manzoni allo Scott), che nell' ordine detto uno sia andato sull'orme dell^ altro. Una nuova forma dell'arte s'è venuta sviluppando per opera di questi tre splendidi ingegni, tuttavia tanto fra sé diiferenti, come abbiamo veduto fare altre forme fra gli antichi, e fra noi. Vi sono due sorta di forme, l'una per così dire in- terna strettamente connessa col pensiero, e nell' arte identica al pensiero: ella prende interamente abito dalle 429 diverse nature d'intelligenza, la è l'intelligenza stessa manifestata; però per se sola non può essere definita. L'altra è esterna, non è creata da un individuo, ma esce dalla necessità delle cose; non varia perchè variino eli ingegni , ma perchè 1' umana civiltà assume nuovi aspetti; non ritrae la mente di un sol uomo, ma quella di un'intera società d'uomini, perciò rimane in comune, e ciascuno può liberamente usarne a suo senno: anzi ciascuno se desidera lode a suoi scritti deve usarne. Per ignoranza , e per consuetudine soltanto noi ci ostiniamo spesso a voler mantenere alcune forme, che un nuovo ordine di cose impedisce di poterle mai più ravvivare. Nel qual triste sforzo sta veramente l'imita- zione , ovvero sta nel togliere quella prima forma del pensiero altrui ( e questo meglio direbbesi copiare, che imitare) per volerne vestire il proprio; abusando nell' un caso la ragion dei tempi, nell'altro le originali no- stre forze. La vita dei popoli, in età in cui l'ispirazione era schietta e universale, impetuosi gli affetti, e del con- tinuo redivive le guerre, si è naturalmente manifestata nell'epopea: la vita dei popoli in età scadute di fede, crescenti di civiltà, e disposte a riflessione ed a pace, si è naturalmente manifestata nel romanzo storico. La poesia specchio un tempo del mondo sociale, è ormai fatta specchio soltanto della mente individuale, quel primo suo officio spetta ora alla prosa; l'epopea, pri- stina forma della poesia , poiché si fu anch' essa in un certo qual modo raccolta nell'individuo, come incendio che vicino ad estinguersi si viene a poco a poco re- stringendo, e raccogliendo sulle ultime esche, e final- mente in tutte morta — premorta, come prenata ad ogni altra forma. — Avendo di mira tutta una maniera di incivihmento , non ebbe più su di che si appoggiasse 430 dal giorno in che gli uomini apparvero legati in società, non per vigore d' affetti e per naturali ispirazioni , ma per placido j e avvertito consiglio di ragione. Bensì la tragedia comunque interamente mutata dall' antica ha potuto rinnovellarsi , e rivivere fra noi: perchè se è na- tura, e scopo dell'epopea di porre in prima mostra l'opera delle cose sugl'individui , è per l'opposto natura e scopo della tragedia di porre in prima mostra l'opera degli individui sulle cose. Allora che l'arte è interprete della mente generale ogni età diversa si effigia in una forma diversa j che a grado a grado è recata a perfezione da molte singole menti; poiché non è dato ad un sol uomo di cominciare, e compiere ei solo veruna cosa, che debba essere ere- dità dell'intero umano genere ; — allora vi è per così dire una poetica per tutti, non iscritta, ma vivente nella ragion de' tempi e delle cose , ed è veduto bellissimo il consorzio della libertà dell'ingegno particolare, e della necessità di una forma, e di un intelletto comune, allora si svolge e si adempie quel che gli storici dell' arte chiamano poi secoli. Così la scoltura e la poesia hanno corso il cammino che lor fosse possibile di cor- rere fra' Greci ; in Italia la pittura la quale piiì ampia- mente, che non la poesia ha quivi rappresentato il genio della nazione, è sorta per mezzo de' differenti artisti a quella altezza alla quale ninno di per se solo avrebbe potuto sollevarla. Ma la scoltura che nella nascita ha preceduto la pit- tura, l'ha pure, colla sorte dell'epopea in riguardo agli altri generi di poesia , preceduta nella morte giacché anch'essa per sua essenza è arte unicamente nazionale. Pittura e poesia sono oggi al tutto rappresentative dell' individuo. Non vie più quella poetica comune, fondata nelle condizioni d'indole e di civiltà di un popoloj 431 quindi la tanta varietà delle dottrine, e la loro discre- panza , i loro clamori, le loro guerre; quindi l'arte ha non so che di sperimentale; l'artista, come il chimico ( e questo è specialmente veduto in Francia), tenta con conscio, e quieto animo se egli sia per riuscire miglior pittore, o miglior poeta tenendo una via piuttosto che un'altra. Ma la via migliore s'aprirà, giova sperare, quando che sia da se stessa dinanzi le menti. Nascerà una nuova poesia, la quale non sarà (con pace dell' una e dell'altra parte ) ne classica, ne romantica; perchè se la prima è da molte età senza vita, l'altra ha pure rovinato nell'abisso , che le vicissitudini degli ultimi anni del secolo XVIII. hanno aperto fra la vecchia civiltà, e quella che vien nascendo, da noi ancora soltanto pre- sentita. Però quale sia per essere quella poesia, sarebbe arduo congetturare: egli sembra ciò nullameno potersi presupporre, che ella si godrà di guardare piuttosto «sì come suo speglio» nel futuro di quello che nel passato. Tanto è dunque da rimproverare il Manzoni d'avere scritto il suo libro dopo quelli dello Scott, quanto sa- rebbe da rimproverare Sofocle d' aver scritto tragedie dopo quelle di Eschilo, e Raffaello d'aver imparato in Leonardo. Ciò che fa la lode di uno scrittore , e s' ap- partiene a lui solo è il concetto, l'idea, l'anima in somma ond'egli ha saputo vivificare quella forma estrinseca. A questo si vuol fare unicamente attenzione a quella vita ìntima della mente, che prodotta al di fuori traluce dal tutto , e da ciascuna parte del suo componimento. Si vuol considerare s'egli abbia un'ispirazione, una in- tenzione, un fare suo proprio, conoscere se la forma da altri adoperata prima di lui gli sia stata scopo ( il che suole accadere agli imitatori ), o soltanto mezzo o materia di lavoro; s' ei l'abbia con senno accomodata al suo soggetto, al suo ingegno, al suo fine; si vuole in 432 somma paragonarlo non ad un esemplare ^ ma a ciò che è richiesto dalla natura e dalla ragione. Ma le forme estrinseche , e per così dire materiali sono da noi sì agevolmente considerate, e tutto ciò che è intellettuale è sì sfuggevole, e ci sforza a tanta fatica, che non è senza scusa se spesso pigliamo per regola dei nostri giudizi l' una cosa più presto dell'altra, e se diamo fama di Dante ingentilito , di Dante redivivo al Monti, perchè ha scritto delle visioni in ternari: e non poniamo pur mente che Dante tornato in vita avrebbe lasciato da parte le visioni sì efficaci, e consentite ai suoi tempi, e si deboli e vuote di fede nei nostri. Né questo iodico ora per detrarre al Monti: ingegno nuovo dovunque è ( ed è spesso ) lodevole. E il Goethe, e lo Scott, e il Manzoni rimangono separati e singolari quanto all'ispirazione, all'intento, all'indole delle menti loro, alle impressioni che fanno negli animi nostri, alle loro dottrine. Anzi di essi chi ha una dottrina da insegnarne, chi nessuna, chi sembra volerne far diffidare di tutte. Tutti e tre hanno arricchito l'arte, prova e conseguenza ad un tempo della loro originalità: laddove i loro timidi imitatori — tutti e tre ne hanno avuto — l'hanno di neccessità immiserita. Goethe non consentendo che gli uomini sieno più felici o migliori, perchè i principi abbiano assodato il loro potere, e i popoli sedato i loro tumulti, è ito a cercare nel citato dramma il Goetz , ispirazioni e im- magini di un più bello svariato e agiato vivere nei tempi in cui la lotta di alcuni coraggiosi contro i più forti e più scaltri di loro era ancora gloriosa e non di rado fortunata. Per natura ardimentoso, e impaziente di ogni sogge- zione quasi in ogni suo scritto , ne si dimostra intento a rimuovere i termini, che le inslituzioni sociali, la 4oo disuguaglianza delle condizioni, e la fatale impotenza delle facoltà della mente hanno posto intorno all' uomo. Egli ne vuole sbalzar fuori da questo circolo dentro del quale ci andiamo sì uniformemente aggirando ; ne se- duce , e sforza ad allontanarci con lui dalla fastidiosa realtà delle cose , e ne cammina innanzi vigoroso di forze più che umane, e come il suo Mesistofele a Fau- sto su per li burroni del Broken , volgendosi a derider- ne , se ci soflfermiamo dubbiosi , o spaventati della no- stra via. Egli si gitta per entro la storia , né la studia con lon- ganimità, quasi temendo di perdere ispirazione, o tro- vare gli uomini diversi da quelli che bisognano al suo pensiero : la suggella della sua immaginazione anzi che riceverne ei stesso l'impronta, né s'arretra pure din- nanzi alle vulgarità della vita, poiché naturalmente nella sua anima si colorano pur quelle di un lume dì bello, e di vero, in tutto ideale; le più schiette immagini, i più semplici affetti sono da lui quasi sempre tessuti sopra un fondo di cose alte, e straordinarie; ne appa- jono fiori per la bellezza, e la fragranza simili a quelli dei nostri prati, ma spuntati tra le rocce e i precipizi di un mondo diverso dal nostro. Colla mirabile varietà delle sue creaiiioni , e delle for- me, e dei colori onde le viene abbellpndo; colle tante diverse dottrine, sì per la pratica dell'arte, come per quella della vita che sembrano emergerne ; col farne rin- crescere la realtà, e col dissipare subitamente egli stesso i prestigi di quel mondo fantastico nel quale ne ha con tanto allettamento introdotti; colle sue gioie, e col suo dolore , egli ne lascia alla fine scorati , e perplessi. Chi aspira alla lode dell'arte Io vede levarsi tropp'alto sopra di sé , perchè mai si speri di andargli vicino , e chi volentieri domanda alla propria anima che nuovi 28 434 impulsi le siano venuti dall' opere dell' ingegno , sta in dubbio se egli sia un'amica intelligenza, che lo avvìi a bene, o una perversa, che lo seduca ad errore *i. Le memorie dei fatti patrii hanno inspirato lo Scott. Cercando con amore già fin da fanciullo ogni reliquia della sua vecchia Scozia , abbellendo senza avvedersene della sua fantasia le fiere imprese degli antenati ; e stando dipoi con meraviglia dinanzi alla loro bellezza, seppe lo Scott negli anni maturi derivare alle sue in- venzioni gran parte del prestigio [di quelle sue giovanili rimembranze^ quando ardente e credulo ripopolava delle morte generazioni le rive dei laghi, e dei fiumi, ii monti e le rovine dei castelli , e udiva nel silenzio delle età andate il suono del corno radunerei Cavalieri, e quello dell' arpa celebrarne le imprese. Egli ha cercato sotterra le radici della quercia Wallace, ed è stato attonito in- nanzi al fermaglio di Bruce. Le sole particolarità della storia si pigliano tutto il suo pensiero: narrare fatti, svolgere caratteri, farne udire le parole convenienti alle varie condizioni di vita, e ai varj stati dell'animo par essere il suo intero scopo: non subordina gli avvenimenti a im'idea unica j non crea caratteri, ne suscita passioni a fine di fermare gli animi nostri in qualche grande per- suasione. Però ne diletta, e commove; ma non ne sti- mola vivamente a verun uso di noi slessi. Dopo di aver adescato la nostra curiosità, turbato il nostro cuore, condottici per un lungo avvolgimento di cose, egli ne permette di uscirne intatti come i paladini da quelle * I Federico Schlegel nella sua storia della letteratura antica e mo- derna , parlando di Goethe ha giudicato che « Sous le rapport de la manière de penser telle qu'elle se comporte avec la vie et la dé- tennine , notre poète avirait le droit d'étre appelé le Voltaire de l'AUemagne. » Tom. II. Chap. i6. 455 apparenze d' incendi! , che ì maghi creavano sui loro passi. Non ha scemato , ne cresciuto pregio ai nostri oc- chi a nessuna cosa ; non ha generato in noi nessuna nuova forza d'azione, e dopo la lettura de' suoi cento volumi, consentendo, che mille delizie sieno passate sulla nostr' anima , non muoveremo un dito ad opera , che dinanzi non avessimo voluto fare. La lode principale dello Scott è, come ho accennato, una certa qual freschezza e come dire una gioventù di immaginazione e d' affetti ; — bellissima dote , e così poco frequente nell' opere dell' arte , perchè assai rapi- damente offesa negli umani ingegni dalla riflessione, e dalle cure ; — un andamento sì vario , e sì facile per cui giudicate che ei tenga sempre in serbo più forze as- sai , che non adopera , ma i fatti sono da lui troppo sovente rappresentati sotto un aspetto piuttosto mara- viglioso che vero; fantastico anzi che ideale. Oltre di che egli pone troppo se stesso in altrui, voglio dire la sua ironia; quella toriesca derisione colla quale suole superbamente guardare sulla vanità dei nostri affetti, la sciocchezza delle nostre parole , e lo scompiglio delle nostre azioni. E se il Manzoni concepì da prima il suo romanzo partecipando la comune ammirazione dello Scott , ei debb' essersi in seguito avveduto — e senza vanagloria — di aver meglio compreso quella maniera dei componi- menti. Non è chi non voglia lodare nei Promessi Sposi un carattere di verità, e una forma schietta, e severa di bellezza, sovente desiderabili nel novelliero scozzese. Oltre le quali lodi — da noi principalmente esaltate nelle opere degli antichi — è ancora nei Promessi Sposi la sapienza , che è particolar pregio dei grandi scrittori cristiani. Le produzioni dello Scott hanno soprattutto quel ca- 436 rattere della letteratura moderna j che pure è espresso con vocabolo di moderno significato. Elle sono interes- santi ; ma sopra quanto ne interessa quaggiù, sopra il mondo materiale pieno di tenebre, e di turbamenti , non veggiamo aprirsi e stare sospeso il mondo intellettuale, ne scenderne un raggio , che li unisca ambedue in con- cordia, e faccia suonare in armonia. Quell' invisibile mondo non attrae gli occhi di una gente paga delle fortune della sua patria, ed intesa a proteggerle; non vi si va in mare per le vie dell'oceano, e sulle sue rive non sono merci da cambiare, o popoli da manomettere. La Scozia , dopo secoli di strazio in guerre civili ed esterne, è finalmente uscita a pace, e a grandezza, quasi redenta col sangue delle passate generazioni j e chi im- prenda ora a riprodurre quel vecchio, e lamentoso dram- ma può compiacersi nel minutamente narrare i fatti, gli errori, e i disastri de' suoi maggiori, come mercatante, che uscito ricco dalle tempeste del mare racconta a grand' agio tutti i pericoli del cammino, e numera ogni fiotto , che ha percosso la sua nave. Egli può stare in sui particolari, e se non ne deduce verun insegnamento, il tempo, e i buoni successi sem- brano scusamelo , e averli dedotti per lui. Il passato è sì diviso per sempre dal presente , e il presente sì va- rio , o migliore del passato , che non rimane pressoché cagione ne di piangere, ne di consolarsi. « Noi possiamo , e senza esitazione sperare , dice lo Scott , che le anime dei valorosi , e sinceri da ambe le parti, hanno già lungo tempo guardato in giù con istu- pore e con compassione sovra i mal valutati motivi dei loro scambievoli odii , e delle loro ostilità mentre di- moravano in questa valle di tenebre , di sangue , e di lagrime *i. » *i Old inortality, e. i. 457 Ma con qual sentimento potrà dire il Manzoni , che abbiano guardato in giù sulle cose d' Italia le anime di quegli italiani , che morirono parteggiando ? di quelli , che caddero a Legnano contro il primo Federico *i — di quelli , che non vollero porre sul capo del secondo la corona dei re Longobardi, — o di quelli, che per le vie di Milano furono sbranati dai mastini di Gian Ma- ria Visconti^ o trafitti dalla spada del Gran Trivulzio? — Se ei^si volge a considerare la storia della sua patria dee sentirsi sopraffare da gran tristezza •• • ; Egli non è quel navigante, che venturosamente ha campato il suo legno , ma colui che lo ha veduto con tutte le sue merci affondare, ed è uscito nudo sopra una terra desolata e nimica. Però al Manzoni la storia non sarà, come allo Scott, argomento di semplice diletto, ma di pensieri alti e sapienti; ei volgerà i fatti particolari ad ammaestramenti, li farà rispondere a verità universali , risusciterà il la- mento delle moltitudini, che già dormono fuori d'af- fanno , e dimenticate , il terrore dei passati infortuniì diverrà terrore presente, talché sbigottito egli stesso do- manderà perchè gli uomini tanto patiscano, e qual ri- poso, a quali rimunerazioni debbono aspettarsi. Questo ha fatto nei Promessi Sposi. E stornando in- fastidito gli occhi dalla terra gli ha rivolti verso il cielo ,• e così come aveva veduto tutto quaggiù essere tenebre e dolore, così ha veduto tutto essere lassù giu- bilo, e luce. Sulla desolazione messa nel mondo dalla violenza, e dall'ingiustizia egli s'è edificato un santua- rio che la prima carità, e l'eterna giustizia abitano, e *i Vedi su cjiiesto argomento le Fantasie , Romanza di Gioanni Berchet, Londra 1829. 438 consolano, e stendendo ver quello le palme, e affisando- visi , è sembrato dire , come quell' anima in cammino verso Dio « d'altro non calmi *i. » Se per l'indole della sua mente sin dagli anni in cui forse aveva più fiducia nelle promesse del mondo, egli già pensava doversi « delle umane cose tanto sperimentare quanto basti per non curarle *2. » Certo a crescergliene il fastidio deono aver conferito e le morte speranze di miglior coudizione , e le ravvivate , e ogni dì più ric- che nel suo cuore di un luogo di premio, e di bene senza fine. Verso il quale egli ha già voluto avviarne anche con altri suoi scritti, mettendoci principalmente sott' occhio tempi in cui le calamità, e le perfidie fu- rono in terra più grandi. Una feroce Forza il mondo possiede , e fa nomarsi Dritto : la man degli avi insanguinata Seminò l'ingiustizia; i padri 1' hanno Coltivata col sangue, e omai la terra Altra messe non dà. Sono parole di un uomo che « nell' ora estrema com- prende il gran segreto della vita *3. » E r abitudine di meditare , e praticare un' alta ed austera dottrina sembra aver posto una nuova differenza fra il Manzoni e lo Scott, però che direste quasi che il Manzoni non abbia rimembranze fantastiche della gio- vinezza, di quell'età in cui volentieri prendiamo consi- glio dal cuore, il quale per suo credere è bugiardo, e non che sapere « quello , che sarà » sa « appena un *i Dante, Pui^, VII. 13. *a Vex'si in morte di Carlo Imborvatj. *3 Adelchi atto V, se. 8. 439 poco di quello , che è già accaduto *j. » Egli ;è tutto in- tento a guardare innanzi a se verso il termine — oltre il termine — della vita; verso una nuova nascita, un' altra gioventù di gioje non fallaci, e di fiore perpetuo. Senza una ispirazione nessuna lode è da sperare nelle opere dell' arte ; vuol essere la patria— 1' amore — la religione — vuol essere l'orgoglio — la vendetta — l'uso sano e perverso, ma intero d'una volontà infaticabile — alcuna cosa insomma che sia fuori — più su o più giù — del giro freddo, ed oscuro della vita comune j e questo quel che e' si sia, debb' esser vero^ schietto, in cima d'ogni nostro pensiero; non bisogna voler essere ispi- rati perchè una ispirazione fa uopo ; ne vuoisi fare , come veggiamo alcuni oggidì, i quali potendo a gran pena credere in Dio si danno per credenti nelle fattuc- chierie; disertano il tempio per andare alla tregenda; e s'industriano di far uscire dalle insanie quel mirabile, del quale cielo e terra alle lor fosche viste hanno difetto. Dal cielo o vogliam dire dalla religione è principal- mente venuto ispirazione al Manzoni. E di vero gl'in- segnamenti del cristianesimo « presi sul serio, gustati, trovati veri *2 » saranno mai sempre uno dei migliori aiuti all' ingegno dell' artista. Bella e celeste è quella dottrina che lo leva altissimo non per mezzo di specu- lazione fredda dell'intelletto, ma accendendolo di ca- rità, gli fa amare in ogni uomo un fratello: lo fa scla- mare alla vista del conquistatore « stolto anch'esso! » gli dà voce di maledire « chi s' innalza sul debole *3 « e gli persuade in cuore « non v' esser giusta superiorità *t I Promessi Sposi voi. i , pag. i86j edizione Tv uggia e C, di Lugano , i83o. *2 Promessi Sposi Voi. II. pag. ii'ò. *3 II Conte di Carmagnola atto 2.° Coro, 440 d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servigio *i. » E la piena fede dell'autore, e il suo desiderio di far- cene parte sono così diffusi sovra ogni pagina dei Pro- messi Sposi che ben ci accorgiamo che questo non è libro scritto, come le novelle dello Scott, a semplice fine di conseguir lode, e d'apportar diletto. Per esso il Manzoni detta in noi de' pensieri ai quali eravamo dis- usati; ne fa tornare al dubbio di cose, che credevamo decise e non possiamo far di meno di consentire, o di ribattere. Il più spensierato, o più ritroso de* suoi lettori simile a don Abbondio rimprocciato dal Cardinale , sta tra suoi argomenti « come un pulcino negli artigli del falco, che lo tengono sollevato in una regione scono- sciuta, in un'aria che non ha mai respirata *2. » Se non che una dottrina che non solo inspira, ma obbliga; ingiunge di credere e di far credere , si fa norma d'ogni pensiero, non che d'ogni atto, e ne pre- figge solamente lo scopo; sovrasta agli uomini cogli spaventi, e colle promesse; una tale dottrina, diciamo se dall'un lato giova 1' ingegno sublimandolo, potrebbe sott' altri rispetti torgli di sua libertà, vietargli di usare pienamente le sue forze, condurlo a riprodurre l'uomo non intero qual è comparato al vero, ma qual debbe essere comparato alla fede. Colle norme di una siffatta dottrina temerà per av- ventura di far udire quel linguaggio, che troppo abbel- lendo alcune terrestri cose, potrebbe farnele parer care e desiderabili — frenerà di un cenno severo ogni tras- correre del cuore, — non vorrà dirne, che anche nella vita sieno alcuni fuggitivi momenti di interno bene: — non ci metterà sott' occhi un altro spirito, per sue pas- *i I Promessi Sposi voi. II. pag. '?.iG. *a I Promessi Sposi voi. III. pag. iB. 441 sìoni ^ impetuoso e costante nel male^ il che potrebbe essere di pericolo alle giovanili fantasie, ma ce lo mo- strerà già tediato dalle sue scelleratezze, già pentito, già santo j coir iniquità sarà la stoltezza, l'astuzia, il dubbio inquieto, la paura: — non quel lasciarsi andare di un* anima la quale si desta la prima volta al pieno senso dell'esistenza; si fida di leggieri, consente ai suoi desi- derj, credendoli innocenti e senza rischio, e per questa via riesce più innanzi a miseria ed a colpa; gli potrà parere che la moralità abbia luogo un po' tardi. . Senza voler ora giudicare se al Manzoni sia bastato l'alto suo ingegno a scansare così fatti pericoli, mi ar- rischierò di dire che nel suo libro è non so che di au- stero, quasi dico d'uniforme, d'insistente senza alcuna tregua mai verso un unico obbietto : non ti senti spa- ziare libero per entro la gran varietà del mondo morale: t' accorgi spesso di non essere sotto la gran volta del firmamento che copre tutte le moltiformi esistenze, ma bensì sotto quella del tempio, che copre i fedeli e l'altare. Un altro pericolo stava innanzi al sig. Manzoni, quello di travisare i tempi perchè meglio rispondessero al suo intento. Le diverse epoche della condizione sociale sono per chi vi studia piiì o manco istruttive. Quelle sono più istruttive nelle quali l'umana natura s'ajuta a rin- novellarsi per recenti dottrine de' filosofi, e per pro- mulgazione di nuove leggi ..... e sono manco istruttive quell'altre nelle quali gli uomini vivono spossati in placida, serva ed ignara corruzione senza contrasto, ne desiderio quasi di stato migliore. Ma è giusto che lo scrittore scelga senz' altra avvertenza que' tempi, che meglio convengono al suo proponimento^ del quale sol- tanto è lecito muovere questione. Ora proponendo il sig. Manzoni di stogliere i nostri animi dalle cose della terra , e levarli verso il cielo , 442 abbisognava di un* epoca, in cui l'umana vita fosse vile, e tormentata; non tanto notabile per mutazioni grandi nello stato, che sempre legano le menti agli interessi terreni, o per esempii insigni di virtù, e di scellerag- gini, quanto notabile per umane miserie; di un'epoca in cui il potere de' magistrati più ancora che tiran- nico fosse bestiale , schifoso ad un tempo e funesto j la virtù poca, debole, oscura e la violenza pronta a sopraffarla, i buoni solitari!, i perversi affratellati, bassi e terribili; il governo in mano dello straniero, deluse le leggi , spaventosi e irreparabili i flagelli della na* tura. Quando avrai assistito a un siffatto dramma potrà ancora venirti qualche lusinga dalle cose della terra : spererai ancora di trovar un luogo quaggiù dove ada- giare con sicurezza e con diletto il tuo capo? Ma venturosamente il sig. Manzoni non ebbe molto a travagliarsi per trovare nella storia d'Italia, tempi che in tutto si confacessero al suo proponimento e fu sua ventura di trovarli per 1' appunto nella parte sua natale d'Italia perchè potesse con più verità colorarli,...., ne gli è bisognato di mettere nella storia un tetro oc- chio che ne infoscasse i colori : bastava un occhio per- spicace e il suo è mirabilmente tale. E notisi di passaggio che l'epoca da lui presa a svol- gere è anche per rispetto dell' arte opportunissima alla natura del romanzo storico, come quello che tende a ritrarre un modo dell'umana cittadinanza, le comuni consuetudini, lo stile della vita domestica; tende a ri- suscitare i volghi senz'avi, ne' posteri, a farteli rivivere innanzi o buoni o tristi , strani sempre ed attoniti e fatati ad esser presi ad inganno ed a stentare mai sem- pre. A un simile intento meglio al certo profitteranno que' tempi nei quali non sieno veduti alcuni pochi al- zarsi chiarissimi e attrarre a se tutte le menti, ma 443 piuttosto con agitarsi delle moltitudini: sovra un tale oscuro fondo lo scrittore comporrà più libero e con esito migliore la sua favola. In questa guisa l' epoca giova al romanzo e a vicenda il romanzo giova all'epoca, riempiendo le lacune che la storia per manco di fatti ha dovuto necessariamente lasciare nel discorso dei tempi. Imperocché che poteva mai dire la storia di noi lungo tutto il secolo decimo- settimo? Possiamo dunque in certa qual maniera considerare due intenzioni nei. Promessi Sposi: i." Quella di ripro- durre con colori schiettissimi un periodo della nostra storia, di narrare fatti se non avvenuti, potuti allora — e solo allora a quel modo — avvenire, di svolgerne in- nanzi un viluppo di violenze, di frenesie, di miserie da poter parere i ritrovati di una bieca fantasia , ma pur troppo sortite nel tempo all'umana generazione. 2." Quella di farci penetrare a una dottrina di verità e di conso- lazione, affinchè per essa impariamo quali obblighi ne corrano
  • »ai tur. Ma i due sposi uniti, ravviati ne' loro negòzii, lon- tani dai luoghi che tante amarezze avevano fatto loro spiacere, non conseguiscono tuttavia quel bel vivere, li- bero d'ogni fastidio, che nel lungo aspettare si erano immaginati. Lucia è trovata men bella del grido che ne era corso, e non valere quasi gli affanni che Renzo ha sofferto per lei, né la lunga sua fedeltà. Perchè ben volle il Manzoni unendo i Promessi mostrarci come ninna ini- qua forza valga contro i deboli , che Dio toglie a custo- dire, ma gli è nel tempo medesimo importato di avver- tirne , essere vano sperare che alcuno conseguito bene sia mai in terra affatto mondo di ogni tribolo. Imperoc- ché se la virtù fosse rimeritata d'intera contentezza nella vita presente, vedremmo rovinare a nostri piedi la scala che da quaggiù s^ innalza verso il cielo. In somma se da quel primo lato degli avvenimenti tutto è cecità, spavento^ afflizione straniera e domestica, da questo dell' anima tutto è consiglio , benevolenza , sapienza. Qui è tutta la dottrina evangelica pura e santa come quando primamente apparve fra gli uomini : qui è forte quegh che sa esser umile e fare sacrificio; qui chi pa- tisce s'accusa *i; e chi dà in altrui soccorso la vita, domanda che gli sia perdonato il suo manco di zelo *2. Quivi inoltre ciò che più dappresso s' appartiene al cri- stianesimo, il pensiero della morte, la sua costernazione, l'oscuro terrore del passo che ella apre fra due esistenze. « Invecchiare! morire! e poi?... » Pensa l'Innominato *3, *i II, 389. *2 III, 263. *3 II, iH3. 453 e Lucia a lui. « Non torna conto ad uno che ha da mo- rire far tanto patire una creatura *i. » Qui in ultimo è perfino adombrato il miracolo: anzi Fautore distinta- mente asserisce non poter « convenire altro nome » alla subita conversione dell'Innominato *2. Nell'ora in cui è operato quel prodigio si sparge nel popolo una gioia della quale esso non sente ancora la» cagione , e lo spi- rito pone nei cuori un readimento di grazie, del quale non è ancora conosciuto V oggetto *3. Perchè per la vecchia e la nuova legge gli uomini sono solidi V uno dell'altro nel peccato e nelKespiazione. • • ^h Le quali cose forse nella ragione di molti specialmente a dì nostri sapranno soverchio di misticità, e non man- cherà pure chi voglia redarguirle colle parole di Don Ferrante , il quale parlando dell' essenza , degli univer- sali e deir anima del mondo, più d' una volta ebbe a dire che « non erano cose tanto chiare , quanto si potrebbe credere *4, » Ma che che siano alcuni per pensare in simìl sorta d' argomenti j a tutti sarà pur forza di consentire in questo: che la religione sì fervorosamente evangeliz- zata nei Promessi Sposi non mira a farne contemplativi, ma attivi e militanti, rifiuta il precetto disgiunto dall' esem- pio *5. e ci prescrive all'ultimo in nome della carità la pra- tica di tutti quei doveri che la filosofia è solita di prescri- verci in nome della ragione. Però il Manzoni si è gittate con ogni maniera di beffe , e senza intermissione mai j *x ili, ;2o4. E nel!' Adelchi att. 5 , scen. 8. , ^ I Questo felice ,^ Cui tutto arride , tutto plaude e serve , Questi è un uom , che morrà. *!ì il, 277. *3 II, 243. H 111, 59. '•5 II , 279. IH , 26. ih 454 addosso all' inetto Don Abbondio , il quale «non doman- dava altro, che d'esser lasciato vivere *i. » Carattere finitissimo, e bello e a meraviglia belio rispettivamente all'arte ; ma coloro che ne hanno porto la materia hanno fatto in esso un assai tristo guadagno. E nato un nuovo segno per molto esprimere in poco , e il nome di Don Abbondio diverrà proverbiale come i nomi di Don Chi- sciotte , di Calandrino , di Falstaff; .'..i ma non pertanto ci accorgiamo, che il Manzoni sente per lui di quello sdegno, che Dante sentiva per a la setta dei cattivi » e ch'«egli pure , come Dante vuole , che gli uomini sieno risoluti nel « correre dietro ad un' in- segna » o che vogliano essere « fedeli » o che vogliano essere « ribelli , » ma vuole che vogliano. Imperocché che frutto ha fatto in Don Abbondio quel lungo sermonare di Federico? In verità nessuno: una parola del cardinale è bastata a volgere tutti i desiderii dell'impetuoso Innomi- nato , e a fargli operare nel bene più grandi cose, ch'ei non aveva saputo nel male. Ma le tante dottrine, che siam venuti enumerando, non ci sono mai apprese dal sig. Manzoni per via di ragiona- mento. Egli non fa del moralista mai, nò del teologo ; non falsa la natura dell'arte, che tutto vuole vestire d'im- magini : anzi è sì lontano da volerne magistralmente in- dottrinare, che appone al suo anonimo quanto tiene forma di una moralità. Egli ha suscitato fantasmi, che differentemente ri- spondessero al suo pensiero : e questi si muovono lìberi, e ciascuno vive di vita propria j ma ne lasciano a un tempo scorgere, che l'anima, la quale si è in loro in- corporata, li tiene legati e sospesi a sé come sostanza e vita di tutti. •i 11,256. 455 Però potrebbe parere essere in questo componimento alcuna cosa di allegorico. Non clie sia in esso pur om- bra di quella allegoria rettorica, fatta con mente con- scia, e che per ogni buona o mala disposizione dell'ani- mo ha in pronto una larva, una « vanità che pare per- sona » quella allegoria stanchevole del Fairj Queen di Spenser, del mondo morale del Gozzi, della storia di Maria de' Medici del Rubens, ma è in esso di quell' alta e mal distinta che traspare dal Prometeo , dalla Divina Commedia, da alcuni drammi di Goethe, e da alcune poesie di Byron. E di vero ogni qualvolta l'artista avrà una sua dottrina da persuadere altrui , voglia o non vo- glia riuscirà necessariamente allegorico, o a meglio dire simbolico: e qualora apparisca, ch'ei non ha messo in ciò nessun artificio, ma che è forma naturale del suo concetto, si vorrà anzi che biasimo, dargliene lode. Però che l'umano intelletto guarda di giorno in giorno con maggiore indifferenza sul mondo materiale, e i suoi va- riabili aspetti, che altra fiata lo facevano per se soli maravigliare e godere. La fantasia ha perduto de' suoi lieti colori , i nostri sensi sono logori , la natura si fa ognora più fioca di voce pei nostri orecchi; la ragione sola viene acquistando e stendendo la sua giurisdizione. Nella realtà, quella che gli storici prendono a descrivere, i fatti sono occasione di idee, ma nell'arte le idee de- vono essere prima di ogni fatto; che Tarte non serve alla storia, ma è da quella servita. L'artista morale alla sua volta creatore adopera come l'artista eterno, figu- rando fuori di se per esempio quello di cui ha dentro di sé l'esemplare. dalla mente profonda Prende l' unmago , e fassene suggello * i . *t Dante Par. II, i3i. 456 Nei Lombardi alla prima crociata del Grossi ( pos- siamo farne cenno, giacché il Manzoni ed il Grossi <( sono come fratelli "i ) » è principalmente sentito il difetto di un tale fondamento idealej però quel poema, per altri riguardi lodevolissirao, ha meglio sembianza di copia di storico, che di creazione di poeta. Ne sono dati dei fatti pieni di verità erudita, ma non sotto i fattila niente che li ha prodotti , sostenuti e legati , per così dire in unità raccolti qua e là e i più strani, e casual- mente raccozzati insieme, essi ne destano a vicenda a riso, e ad orrore. E spesso anche traspaiono come sotto im velo d'ironia, sì che sospetti non l'autore abbia guar- dato su la sua materia col ghigno de' filosofi dello scorso secolo. All'argomento delle crociate bisognava un inge- gno altamente compreso della religione, e della serietà grande, che è in tutte le cose operate in comune dai popoli j un ingegno, che, come suol fare il Manzoni, prendesse molto dentro di se, quando il Grossi al con- trario sembra tutto cercare fuori di se. Alcuni non ponendo ben mente allo scopo de' Pro- messi Sposi , hanno censurato la scelta de' due prota- gonisti, Renzo e Lucia j per loro dire, persone di volgo non c'inducono grandemente ne a pietà ne ad ammi- razione, perciò che in loro la volontà sembra oscura, e nei loro animi convertite in ignaro istinto quelle mas- sime, che nella puerizia hanno senza esame imparate, e giusta le quali regolan la vita loro. Aggiungono che i torti e i disagi riescono tanto più molesti, quanto il cuore fu meglio educato a sentire, e la mente a com- prendere. Lasciando stare che queste sentenze sono su- perbe e illiberali, e che la depravazione soltanto, più frequente in chi è in maggiore altezza, offusca negli *i Promessi Sposi I, 26. 457 animi la conoscenza del retto, e li fa ruvidi e vera- mente volgari — e lasciando anche stare che gli istinti del corpo soltanto sono vili, o di misero ajuto all'ar- tista^ ma alti e da ammirarsi sempre quelli dell'anima; e che a questi che meglio diremo rivelazioni furono consegnati gli uomini , anzi che al maturato consiglio della ragione, — ci bisogna aver sempre riguardo a que- sto, che il Manzoni intese a dififondere la dottrina di colui « che ha scelte le cose deboli del mondo per isvergognare le forti , le cose ignobili e le cose spregie- voli, e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono *i. » '''"' Ed egli ha scelto Renzo e Lucia per isvergognare e 'n- durre al niente i Rodrighi, e gli Egidii ; per additarne come l'occhio di Dio dinanzi il quale cessa ogni disil- guaglianza sappia scernere infra la turba gì' ignobili e spregievoli che in lui bene confidano, e la sua mano sollevarli sulla malvagità illustre e tremenda. Egli ne ha già fatto cenno che nei palagi è insegnata una religione, che « non proscrive 1' orgoglio, anzi lo santifica, e lo propone come un mezzo per ottenerne una felicità ter- rena *2. )) Coloro che abitano in essi « son di quelli, che hanno sempre ragione *3. » Perciò ha cercato nei tuguri due povere anime, due foresi, che vivono del loro la- voro *4. — Renzo orfano e Lucia colla sola guardia della madre — ai quali è sempre fatto torto — e sanno patire e perdonare, miti e rassegnati sempre; perchè la loro religione non è la suaccennata « una larva come le al- *i S. Paolo a' Cor. epist, I, i. 27. *2 Promessi Sposi I, 209. *3 I. 194. *4 Noti a cui tocca che Renzo « da quando aveva posti gli occhi addosso a Lucia era divenuto massaio, si trovava fornito bastante- mente di scorte, e non aveva a patire il pane. » I, 29. 458 tre *, „ e quesU sono divenuti primi e per l'opposto sono divenuti «/./;../ *, coloro, che possono « insultare e chiamarsi offesi, schernire e domandar ragione, atter- rire e lagnarsi, essere sfacciati e irreprensibili *3 ,> Altri citerà Dante: E 1' animo di quel eh' ode non posa, Ne ferma fede per esempio eh' haia La sua radice incognita e nascosa , Né per altro argomento, che non paja *4. Dante altiero e ghibellino ritraeva schifamente l'animo da chiunque non fosse conosciuto per fama o per in- famia.. E chi in quella barbarie di tempi cercava gli abituri della povera plebe quando non fosse per mano- metterla, o farnela uscire a parteggiare? Dante pellegri- nava di castello a castello, né altro vedeva nel mondo fuorché Imperatori e Re e Papi e Cane e Guido e Morello. I villani gli puzzavano *5, e gli doleva di veder cambiare, e m creare colui, il cui avolo aveva limosina- to 6: ne gh sarebbe paruto di mal fare potendo pur rendere la religione stromento di vendette e di carni- ncme • *. ^^ ^^'''•à giorno che saranno veduti ricon- ciliarsi. Senza il dogma era impossibile il fondare, senza J esame e la controvversia sarebbe stato impossibile il progredire. Eia dottrina del Vangelo splenderebbe forse men bella , men pura eziandio nei Promessi Sposi se prima del Manzoni non fossero stati coloro, che l'hanno *i I, 2og. *2 S. Matth. XIX, 3o. *3 Promessi Sposi I, x34. *4 Parad. XVII, 184. *5 Id. XVI, 55. *6 Farad. 61. 459 senza rispetti messa ad esame, e tentando ancora di sottrarle le sue vecchie basi, forzatala a dimostrarsi im- mutabilmente constituita in verità. Se la dottrina dei Promessi Sposi quanto alla religione è antica , quanto alla sapienza e liberalità ond'è adoperata ritrae palesemente dalla moderna filosofia. Da quella che mentre pareva af- faccendata ad isvellere dagli animi umani la fede, operava senza avvedersene a spargere nel mondo quegl' insegna- menti , per amore de' quali la fede appunto era stata ne- gli animi umani raccolta, e di speculativi ... .li riduceva a pratica, cercando nelle umili case i popolani, troppo più che non vuole giustizia caduti, e nelle reggie i grandi troppo più insorti, affinchè si raffrontassero insieme, e tornassero a scambievole conoscenza. Vuoisi dunque considerare Renzo e Lucìa come un simbolo di tutti i deboli, di tutti quelli che soffrono, e ai quali giustizia è dovuta. Ei sono quei « due passeri , che si vendono solo un quattrino, e non di meno l'un d' essi non può cadere in terra senza il volere del Padre nostro *i; » che se a qualcuno e'pajono troppo piccioli perchè ei sia curante dei loro umili casi, pensi che a lui per l'appunto il Manzoni li propone in esempio; affinchè corregga il suo orgoglio ; né da loro rivolga in- differente gli sguardi senza drizzarli verso colui che li ha posti sulla terra, ascolta le loro imprecazioni e non li lascierà cadere: chi non può stare con loro come pros- simo se ne faccia scala a' sani pensieri fuori e più alti di loro. Ma il signor Manzoni non vuol egli altro insegnarne che pietà e fiducia in Dio ? Si appaga d' aver fatto al- 'i S. Matth. X, 39. 460 cuni sperare, ed altri temere? Non ha inteso a far uscir dalla nostra storia passata alcun insegnamento che po- tesse profittare alla nostra storia futura ? Non credo. Egli desidera certo di vederne anzi pii che felici; certo vuole, che pensiamo « più a far bene, che a star b,c- ne *i; » e ne dice già per bocca di Federigo che « la disgrazia non è mica patire, ma far del raale*2; » ciò nondimeno ripeto che la sua dottrina insegna essenzial- mente giustizia, repressione della violenza. ... E ben altro vero se ve ne calga, saprete di per voi stessi far uscire dai Promessi Sposi; da quella sequenza intermi- nabile di miserie e d'ignoranze e di forsennatezze e di nequizie state nella Lombardia ai dì della dominazione spagnuola nel secolo decimosettimo.. ..... Sinceramente vi acconsento , che le cose vostre sono di allora in qua di gran lunga, e per tutti i riguardi migliorate j'vJui. ...-..;..,......... jlfitp.^^ ..')Uji:.S » i i!i:iui .... *i III, 328. ^ f^>^ *2 II , 279. 461 liETTERATURA STRAMERA SU GIAN PAOLO FJEDERICO RICHTER M,' Nel consegnare alle pagine del Subalpino un nuovo e più ampio saggio di traduzione dalle opere di Gian Paolo, non possiamo trattenerci dall' accompagnarlo con due pa- role , seguendo quell' impulso in cui il tuo cuore , ed il tuo amor proprio hanno là loro parte, e che ti lascia di mal animo partire per paese lontano una persona cara, se il suo taccuino non contiene una tua commendatizia per quanto tenue, e di poco rilievo sia la sottoscrizione che vi collochi sotto. Non è già che noi abbiamo 1' orgoglioso disegno di de- finire Gian Paolo, poiché a poterlo fare sarebbe mestiere possedere una particella del genio che lo animava , e finora dei tanti scrittori che ne tennero discorso, il solo Boeme potè farlo degnamente, quel Boeme di cui i giornali di Francia annunciano ora la lagrimosa immatura perdita. E chi ci negherà essere Boeme uno dei massimi scrittori della Germania? Se tu esponi un bel quadro uno di quei miracoli dell'arte, di cui sono capaci i pennelli creatori di un Tiziano , di un Rembrandt , tu vedrai gli occhi del rozzo popolano sfavillare , l' intiero suo volto porterà l' im- pronta dell'ammirazione; ma se lo interroghi, balbetterà 462 poche incomposte parole , e non saprà definire ciò che ha \eduto. Gian Paolo nell' innuinerevole cerchia degli scrit- tori è solo , egli è indefinibile per tutt' altri che per lui medesimo , ma non è perciò uno straniero sulla terra , anzi egli è il fratello di noi tutti , ciascuno di noi occupa un posto nel suo cuore, e la sua potente parola fa mai sempre vibrare qualche corda segreta nel nostro. Vi fu chi disse essere Gian Paolo il rappresentante del genio germanico , ma noi protestiamo contro questa asser- zione che tornerebbe in troppa lode di quel paese , in cui le cose nobili , le cose buone , le cose lodevoli sono molte, ma in cui domina spesso un egoismo celato, un indiffe- rentismo crescente , un , come dicono i francesi , Laisser aller , di cui tu troveresti ottimi modelli nelle opere di Goethe , e che contrasta troppo col calore dell' anima , coli' ardente cosmopolitismo , coli' amore verso l' umanità intiera che fanno di Gian Paolo un essere a parte. E per trovare un paragone degno di lui converrebbe alzare gli occhi verso un libro troppo altamente collocato nel destino delle genti , perchè la nostra penna non si trattenga rive- rente, e fatta muta. Alcuni critici francesi e tedeschi hanno segnate come troppo ricercate e bizzarre le immagini, di cui gli scritti di Gian Paolo abbondano; altri lo disse lambiccato ed oscu- ro, ma a parer nostro questi difetti che spesso non si possono negare , traggono la loro origine non già dal de- siderio di parere trascendente , ma bensì dall' immensa sua erudizione, che ad ogni tratto gli suggerisce similitu- dini ed allusioni, a cui i lettori non possono sempre tener dietro; poiché supponendo loro un eguale cumido di co- gnizioni non crede necessario stemperare , per così dire , e rendere maggiormente chiare le sue idee. Ma se qualche volta nei suoi scritti alcune parti ci lasciano freddi , l' im- pressione che risulta dall' intiero è sempre commovente , 465 perchè le parole di Gian Paolo sono il riflesso di un'anima tenera , pura , e piena di amore , che abborre il vizio , e lo flagella , ma apre il suo cuore al vizioso , perchè anche il vizioso è uomo, è creatura di Dio Per antivenire al rimprovero che forse taluno sarà di- sposto a farci di esagerazione , noi porremo termine colle parole di un distinto critico inglese tolte dal Foreign quar- terlj review ; poiché siamo persuasi che ove queste non bastino, la commovente e patetica storia che tien dietro , di cui raccomandiamo specialmente la lettura alle madri amorevoli , alle tenere mogli , ci assolverà pienamente dalla taccia di soverchi lodatori, k Isolato , unico , ma raggiante » di luci bizzarre mostrossi allora (dal l'yGS al 1800) un » genio collocato dalla propria grandezza , e dai propri )) difetti al di sopra della lode , ed al di sotto del biasi- » mo , poeta che scrisse soltanto in prosa , misterioso e » sublime creatore di opere informi ; Gian Paolo Richter. » Egli fé' meravigliare il mondo intellettuale senza influire » sopra di lui ; così poca era l' analogia che egli aveva con )) tutto ciò che esiste , con tutto ciò che pensa e scrive. Y. La Luna — Racconto fantastico. Dedica alla mia cara sorella d'amore Filippina. Io non ho ancora parlato in nessun libro , o mia buona sorella, delle tante attribuzioni, che voi, o ragazze, con- ferite alla luna , facendone il trastullo del vostro cuore , ed il punto centrale a cui si riferiscono tutti gli altri astri. 464 quando la vostra fantasia va errando da questo a quello. Ella debbe essere ancora la ruota del quadrante delle idee che appaiono sulla vostra faccia, come sopra un orologio lu- nare ( un orologio solare è la nostra ) , giacché essa sta sulla oscura cintiu-a di raso del cielo come uno scudo d' acciaio , ed essa niente annerisce , o per dir meglio , spande una luce , a i-ipararsi dalla quale non è necessario alcun velo , poiché come un velo sta quella stessa luce sulla di lei fac- cia , esprimendo soprattutto la dolcezza e l' amore. Si po- trebbe però muovervi querela sopra qualche altro punto , cioè su ciò che voi guardate , ed amate più la buona lima^ e r uomo che vi sta dentro , di quello che bramiate cono- scerli, siccome fate pure degli uomini che sotto la luna si trovano. Non è pm* troppo un segreto , ottima mia so- rella, che ben mille ragazze vennero maritate e sepolte , le quali non tenevano realmente quell' argenteo mondo che ci sta al disopra per niente altro, che per un ben pulito piatto celeste da zuppa di stagno , sul quale l' uomo della luna è stampato , come alle volte vedesi un angelo sopra un piatto di manifattura inglese. Io ti domanderei persino, o ottima mia sorellina , se tu sai già che la luna è di po- che miglia più piccola dell'Asia. Quante volte non dovrei io ripeterti alla finestra prima che tu ciò comprendessi , che non solamente il di lei giorno dura quindici giorni , ma anche la di lei notte ? Questa ultima notizia udrai tu ancora più volontieri ; poiché ima vispa fanciulla se ivi ve- nisse dalla propria madre strappata dalla danza verso mezza- notte , ella avrebbe potuto tuttavia ballare , e saltare per cento cinquanta ore almeno. Dimmi un poco , Filippina , se tu non pensi già che la luna , o piuttosto i di lei abitanti in una così lunga notte non bramino come noi di vedei-e , e di passeg- giare , e che essi non abbisognino perciò di una luna più grande della nostra , la quale non sia ahneno minore di una ruota da carro? Io so di buona fonte che tu ignori quale 465 sia qiieir oggetto che la luna vede sopra di se qual luna. Questo è la nostra terra che sopra di essa trascorre , e non sembra a' suoi abitanti più larga di ima torta da nozze. Io soggiungo in oltre per riguardo al seguente mio racconto , che questa terra non può spandere lassù nìssuna luce , chia- ror di luna , o di terra , quando noi qui sotto non ne ab- biamo, il che succede nell'eclissi solare, e quindi i jQgli della luna , osservando il nostro eclissi solare , non possono che dire ; noi abbiamo oggi un eclissi terrestre. Io ti prego cal- damente , o Filippina , leggi prima una ventina di volte alle tue amiche queste personalità sulla luna , sulle quali tutta la storia fantastica si appoggia, altrimenti voi dimentichere- ste tutto , primachè io avessi solamente incominciato. Io disapprovo in generale sommamente che i vostri ge- nitori, invece di farvi imparare il francese, il quale serve soltanto , come la chiave ai ciambellani d' onore , a farvi conoscere discorsi corruttori dell'anima, e non mai ad aprirvi un solo utile libro francese, poiché più di questi amate voi altre i romanzi di cavalleria; io disapprovo, dico che non vi abbiano piuttosto fatto apprendere l'astro- nomia , che sublima il cuore umano , e lo eleva sopra la terra dandogli ali che lo trasportano nell'immensità, e fa- cendogli conoscere un Dio non finito, ma infìnitol Si può fantasticare su tutto ciò che trovasi sotto la luna, e sulla luna medesima , pm-chè non si prendano le fantasie per verità, od un giuoco d* ombre cìiinesi per un gabi- netto d' immagini , od un gabinetto d' immagini per un gabinetto di storia naturale. L' astronomo fa l' inventare e 1* estimo del cielo , ingan- nandosi di poche cifì'e, il poeta lo adorna , e lo arricchisce. Quello forma la carta topografica della campagna , in cui questo guida ruscelli di perle con pesci dorati. Quello cir- conda la luna e la terra di zone per misurarle, questo di ghirlande. Tu puoi adunque benissimo , o mia cara , recarli 3o 466 colle tue dilette compagne di scuola sopra un terrazzo adorno di tigli , e piena di commozione leggere ad esse fantasie simili alla mia, purché ciò non succeda durante il chiaro giorno, e purché il servizio di Dio , e della madre chiesa della terra non sia per l'amore figliale della luna posto in obblio. Ma tu, o dolce pallida forma, cui io spesso consi- dero per intenerire il mio cuore , che così modesta brilli , e così modesto altrui rendi; che il tuo merito soltanto al silenzioso cielo appalesi, non alla rumorosa terra; a cui o così volontieri sollevo l'occhio, quando due lagrime en- tro vi stanno , cosicché esse allora cadono sui fiori d' au- tunno della memoria dei trascorsi piaceri ; o tu avanti di cui io penso tanto volontieri alla madre patria dei nostri trapiantati desideri che posa sopra le nubi; o. tu graziosa forma . . . Filippina , quanto si consola il cuore del tuo fra- tello , accorgendosi eh' egli è in dubbio , se a te , od alla luna abbia ora parlato. Tanto è bello di meritare un tal dubbio , eh' io conosco solamente una cosa più bella , e si è di dileguarlo affatto , distinguendosi unicamente dalla luna nelle macchie , e nell' incostanza! Io sono , sebbene soltanto coli' ultima differenza , tuo fratello. Quando io volli , Eugenio , e Rosmunda , di cui ora non posso dire i veri nomi, raccontare la vostra piccola storia, entrai co' miei amici in un giardino inglese. Noi passammo avanti ad un tumulo recentemente elevato , sulla di cui base eravi . . . ma io non ne parlo. Soverchiava le piante del verde giardino un bianco obelisco , a cui accennavano due statue di principesse sorelle , come ad un sito della loro rmnione , e dei loro amplessi , e sopra di quello esisteva r iscrizione ; noi ci trovammo nuovamente qui. La punta 467 dell' obelisco era inargentata dalla luna piena , ed io ivi raccontai la semplice storia. Ma tu, o caro lettore, dimen- tica l'obelisco, il tumulo, e l'iscrizione della base, ed im- primi con caldo e nobile sangue del cuore i caratteri dell' obelisco nel tuo interno. Molte anime cadono giù dal cielo come fiori dagli alberi , e sono come questi coi loro bian- chi bottoncini ravvolti nella terrestre lordura , giacendo spesso macchiate e peste entro la pedata di un animale. Anche voi foste cosi malconci, Eugenio e Rosmunda: anime simili alle vostre vengono private della loro gioia da tre rapitori ; dal popolo , la di cui ruvida zampa non può sui molli loro cuori imprimere altro che contusioni ; dalla sorte , la quale non terge da una beli' anima piena di splendore le lagrime, perchè altrimenti lo splendore svanirebbe , siccome non si asciuga 1' umido diamante , perchè non si appanni; e dal proprio cuore che di troppe cose abbisogna , troppo poco gode , troppo spera, e troppo poco sopporta. Rosmunda era una chiara perla traforata dal dolore ; separata da suoi , tremava ella sola nelle sue pene, come un ramo divelto della sensitiva suH' entrare della notte: la di lei vita era una silenziosa calda plos^cia , siccome quella del di lei merito , un silenzioso caldo splendore di sole. Ella nascoadeva a liii il suo viso , dopoché fissato aveva lo sguardo sul loro fanciullo di due anni, infermo, che aggiravasi pei* questa vita quale vacillante farfalla povera d' ali esposta al battere della pioggia. La fantasia di Euge- nio soffocava colle sue troppo ampie ali la tenera sottile tes- sitm'a del di lui corpo ; la campanella di giglio della fra- gile creaturina non comprendeva la possente sua anima : il sito d' onde nascono i sospiri , il suo petto era scon- volto come la sua fortuna: egli non aveva più nulla a questo mondo che il suo cuore amante , e soltanto due creature per questo cuore. Queste persone vollero^ nella primavera uscire dal tor- 468 tlce degli uomini , che così impetuoso e gelato stringeva i loro cuori, e perciò si fecero preparare una cascina so- pra di un' alta montagna , che stava rimpetto alla argentea catena dello Staubbachs. Nel primo bel mattino di prima- vera fecero essi la lunga via verso l' alto monte. Hawi una santità che è soltanto prodotta, e posta in evidenza dai patimenti, e la corrente di vita diventa bianca come la neve, quando vien rotta dagli scogli. Hawi una altezza, in cui fra i sublimi pensieri nissun pensiero meschino più si frammischia, siccome in cima ad un' alpe veggonsi le punte delle montagne l' una a fronte dell' altra , senzachè si possa vedere il fondo ove esse si riuniscono. Tu avevi raggiunto questo stato di perfezione , o Rosmunda, e tu, o Eugenio , quell' altezza. Ai piedi del monte sorse una nebbia mattutina , entro la quale apparivano tre forme er- ranti ; queste erano il riflesso delle tre creature , e la pau- rosa Rosmunda spaventossi credendo di vedere se medesima. Eugenio pensò allora, che ciò che circonda lo spirito immortale , altro non è che una nebbia più folta ; ed il ragazzo tese le braccia verso la nube , e voleva giuocare col suo piccolo fratellino di nebbia. Un solo invisibile an- gelo dell' avvenire accompagnoUi dm^ante la vita , e sulla montagna ; essi erano tanto buoni , e tanto slmili l' uno al- l' altro , che essi non abbisognavano che di un solo angelo. Nel salire apri l'angelo il libro del destino, in cui enti^o una pagina eravi l' abbozzo di una triplice vita ; ogni linea era un giorno, e come l'angelo ebbe lettala linea d'oggi, pianse e chiuse il libro per sempre. Essi impiegarono per la loro debolezza quasi un giorno intero nel salire. La ten^a serpeggiava dietro di essi per le valli; il cielo posava sulla montagna; 11 sole quasi stanco che debolmente splendeva, era al nostro Eugenio l'imma- gine della luna : egli disse , nello scorgere le fiamme che i ghiacciai spargevano sulla terra, alla sua amata. « Io 469 » sono molto stanco, e trovomi pure così bene , ci sentiamo » noi forse così , quando ci destiamo dai due sogni , dal » sogno della vita, e da quello della morte? Quando en- )) triamo alfine nella luna senza nubi , quel primo porto » di riposo dopo le tempeste della vita? » Rosmunda ri- spose: « noi staremo ancora meglio, poiché nella luna » dimorano, siccome tu m'insegni, i piccoli fanciulli di )) questa terra, ed i loro genitori rimangono per tanto » tempo fra loro , finché non sieno diventati essi medesimi » così dolci e tranquilli, come fanciulli; quindi passano » oltre . Di cielo in cielo , di mondo in mondo , » disse Eugenio trasportato. Essi salivano mentre il sole tramontava ; quando essi più lentamente per l' erta si arrampicavano , le vette dei monti apparivano divise, come elevantisi rami che vela- vano il sole. Allora affrettaronsi verso lo splendore della sera, che iva ritu'andosi più insù; ma quando giunsero suU' alpe dei pastori , le eterne montagne coprù-ono il sole ; allora la terra velò al cospetto del cielo le sue tombe , e città in adorazione , prima che esso la rimirasse con tutti i suoi occhi di stelle , e dalle cascate d' acqua sparirono i raggi settemplici , e più alto stendeva la terra verso il cielo , che sopra di lei piegava le ampie sue braccia , un velo di vapore dorato , e lo tirava da una montagna all' altra , ed i ghiacciai venivano infiammati , perché brillassero fino a mezzanotte , ed a fronte ad essi si accatastava un rogo di incandescenti e grigie nubi. Ma attraverso al lucicante velo lasciava il cielo benigno cadere profondamente sulla terra le sue lagrime vespertine, fino sulla più umile tomba , fino sul più piccolo fiorellino. O Eugenio, quanto grande dovette oggi diventare la tua anima ? Avanti a te stava remota nel profondo la vita ter- rena senza tutti i labirinti che a noi si aiFacciano , perchè vi siamo troppo dappresso, nello stesso modo con cui le 470 tlecoi'azioiìi tlelle scene troppo vicine invece di paesaggi ci presentano linee informL I due viventi abbracciaronsi dolcemente , e lungamente avanti la capanna , ed Eugenio disse , « o tranquillo eterno » cielo non ci prendere ora più : » ma il pallido suo fan- ciullo stava col suo capo di giglio inchinato avanti a lui , egli guardava la madre, e questa fissando con umido aperto occhio il cielo , diceva sotto voce, « o prendici tutti assieme, n L' angelo dell' avvenire , eh' io nomar voglio 1' angelo del riposo , pianse sorridendo , e via trasportava colle sue ali in un coir arietta vespertina i sospiri dei genitori, perchè r uno non rendesse l' altro melanconico. La trasparente sera difFondevasi come chiaro lago attorno l'alpe rosseg- giante , e bagnavala con circoli di fresche onde. Quanto più rendevasi silenziosa la sera e la terra, tanto più sentivano le due anime che esse erano nel loro sito proprio. Non una lagrima di troppo , non una di meno versavano essi , e la loro felicità non abbisognava di nessun altro aumento , che di essere ripetuta. Eugenio faceva risuonare qtial cigno pel puro cielo dell'alpi i primi suoni d' armonica! L'affati- cato fanciullo scherzava in mezzo ad un cerchio di fiori appoggiato ad un orologio solare , con fiori che esso iva attorno di se strappando per riunirli nel suo circolo. Fi- nalmente destossi la madre dall' armonico incanto ; il di lei occhio cadde sopra i grandi occhi del suo bambino verso di lei diretti , e cantando , e sorridendo corse ella con so- verchiante piena di materno affetto verso il piccolo angelo che freddo era, e trapassato. Poiché la di lui vita, man- data giù dal cielo nel circolo vaporoso della terra, era da questa fiiggita via , come altri suoni : la morte aveva aspi- rata la farfalla , ed essa volava dalle laceranti tempeste dell' aria nell' eterno pacifico etere , e dai fiori della terra ai fiori del paradiso. Volate pur via, o bambini! Voi addormenta, cullandovi, 471 con tenere canzoni l' angelo del riposo nell' ora mattutina della vita, due sole braccia bastano a trasportare voi, e la vostra piccola bara , il vostro corpo sdrucciola sopra una catena di fiori, con due guancie di rosa, con una fronte non corrugata dal cordoglio , e con bianche mani nella se- conda culla ; e voi non avete che cangiato il paradiso. Ma noi siamo rotti dai venti tempestosi della vita, il nostro viso è solcato da terreno rammarico , e da terrena stan- chezza , e la nostra anima si avviticchia ancora alla prigione terrestre. O tu , se madre sei , e se questo dolore hai già provato, allontana il tuo sguardo dal lacerante grido di Rosmunda, dai di lei tratti impietriti , e non rimirare la madre , che con amore privo di senso preme duramente contro se stessa la salma, ch'ella non può più viva abbracciare , ma guarda il padre che nasconde il suo petto sovrastante al cuore in tumulto , quantunque il nero cordoglio con spire di vi- pera lo circondi, e con denti di vipera lo triti. Ahi! quando egli ebbe strappato dal suo cuore il dolore , era già que- sto cuore avvelenato e pesto. L' uomo rode la ferita , e succombe sulla cicatrice : la donna combatte di rado con- tro il dolore , e però ad esso sopravvive. « Rimanti qui , » dissele egli con voca elevata, w io voglio comporlo in pace, prima che si levi la luna. » Ella non disse parola , baciollo in silenzio, distrusse il di lui cerchio di fiori, cadde sul- V orologio solare , e velò colle mani la fredda sua faccia per non vedere portar via il bambino. La tinta rosseggiante annunziatrice della luna rischiarò per via il penzolante corpicino , ed il padre disse ; » esci )) o luna perchè io vegga la terra ove egli dimora ? o bocca , » o occhio celeste , nissuno spirto più vi anima? » Egli pose fiori sotto il bambino , invece di ciò che si pone sotto a noi per l'ultima volta ; ma il suo cuore si ruppe , quando egli coprì le pallide labbra, gli aperti occhi con fiori e 472 con terra, ed un fiume di lagrime cominciò a cadei'c nella tomba. Quando egli ebbe coperto il monticello colla parte verdeggiante delle zolle , senti che era stanco del viaggio, e della vita, che il suo petto sfinito soggiaceva alla sottile aria della montagna , e che il gelo di morte occupava il suo cuore. Egli guardò desioso verso la deso* lata madre , la quale era rimasta per lungo tempo tremando dietro di lui , essi caddero l' uno all' altro tacendo nelle braccia, ed i loro occhi poterono appena più piangere. Sorse finalmente dietro un ghiacciaio, che cessato aveva di brillare , l' illuminata solitaria luna sovra i due muti in- felici , e mostrò loro i suoi bianchi non agitati campi , e la debole sua luce con cui essa intenerisce l'uomo. « O miadre! guarda là, » disse Eugenio, « ivi sta il tuo fi- glio ; vedi tu là nella luna muoversi i bianchi boschetti di fiori , ove scherza il nostro fanciullo ? » Un fuoco ardente andava allora consumando il suo interno , il suo occhio guardante la luna era cieco verso tutto ciò che non era luce, ed i raggi luminosi agitavano innanzi a lui sublimi forme, e nuovi pensieri non propri degli uomini, e troppo grandi per essere rammemorati ; egli udiva sovente dalla sua anima come in sogno uscire melodie da uomini che nissuna ne possono formare. La morte e la voluttà rende- vano tarda la sua lingua. « Rosmunda, perchè non dici « tu nulla ? vedi tu il tuo figlio ? Io guardo sopra V ampia » terra fin là dove s' alza la luna. Là vola il mio figlio » fra gli angeli : alti fiori lo cullano ; la primavera terrena » va sopra di lui sorvolando, lo guidano fanciulli, lo am- » maestrano angeli, lo ama Iddio,- e tu buono, tu sorridi » già , la luce argentea del paradiso spandesi già celeste- » mente intorno alla tua piccola bocca, e tu nissuno co- » nosci , e chiami i tuoi genitori. O Rosmunda ; dammi » la tua mano, andiamo e moriamo. » AUentaronsi le sottili catene del suo corpo: svolazzò il 475 suo spirito sui confini della vita : egli strinse con tremante forza la mano della sbalordita donna, e cieco cadendo bal- bettò: « Rosmunda, ove sei tu? Io volo , io muojo , noi re- » stiamo insieme. » Il suo cuore scoppiò , involossi da esso il suo spirito. Ma Rosmunda , non rimase con lui , il destino alla morente mano strappolla, e scagliolla nuovamente viva sulla terra. Ella toccò la di lui mano onde sentire se era da gelo di morte compresa, e poiché essa lo era, posoUa soavemente sul proprio cuore, cadde lentamente sulle sue piegantesi ginocchia, alzò il suo viso inesprimibilmente rasserenato verso la stellata notte ; i di lei occhi grandi e beati usci- rono quasi dalle loro caverne vuote di lagrime dirigendosi verso il cielo , ed ivi tranquilli cercavano una forma supe- riore alla terrestre, che giù volasse, e lassù la trasportasse. Ella vaneggiava continuamente che presto morrebbe, e pregava : « vieni angelo del riposo , vieni , prendi il mio » cuore , e portalo lassù al mio diletto. Angelo del riposo, » oh ! non lasciarmi sì lungamente sola fi^a cadaveri. Oh » Dio ! non mi circonda adunque niun ente invisibile ? Tu » o angelo del riposo devi essere qui ; tu hai già ritirate » due anime a me dappresso , e le hai fatte salire in cielo. » Io pure sono morta ; sprigiona soltanto la ra.ia anima in- w fuocata dal freddo cadente cadavere. » Ella guardava con delirante inquietudine qua e la pel vuoto cielo. All' improvviso si accese in quel muto de- serto una stella , e serpeggiò verso la terra. Ella aprì con entusiasmo le braccia , e credette 1' angelo del riposo a lei s' avviasse. Ahi ! la stella passò , non ella. « Non ancora ? muoio io non ancora ? » sospirò l' infelice. Elevossi vèrso V oriente una nuvola , che passò sopra la luna ,. e solitaria errando pel cielo sereno , posossi al di sopra del più tormentato petto della terra. Rosmunda piegò addietro il capo verso di lei , e pregò supplice il lampo : 474 « scagliati su questo petto, e libera il mìo cuore. » Ma poiché la nube passò oscura oltre il piegato capo, e fuggi abbasso pel cielo, nascondendosi dietro le alpi, sclamò ella con mille lagrime : a oh ! non muoio io ? non muoio adunque? o meschina?» Allora il dolore si ravvolse nelle sue spire, e scagliossi come serpe arrabbiato contro il di lei petto, entro cacciandovi tutte le sue velenose zanne. Ma uno spirito compassionevole versò 1' opio della sincope sul di lei cuore , ed i granchi della pena finirono in un dolce tremito. Ahi ! ella svegliossi sul mattino , ma desolata, ella vedeva ancora il sole e l' estinto , ma il di lei occhio più lagrima alcuna non aveva , il di lei cuore spezzato aveva ogni suono perduto , quasi rotta campana ; ella mormorava soltanto ; « perchè non posso io morire ? » Ella ritornò fredda nella capanna , ed altro non disse che queste parole. Ogni notte visitava una mezz' ora più tardi il cadavere , ed incontravasi sempre colla nascente luna , e mentre coll'occhio arido e spento fissava i di lei campi inargentati, diceva: « perchè non posso io morire? » Sì perchè non lo potevi tu , buona anima , quando la fi-edda terra aveva succhiato da tutte le tue ferite il caldo ve- leno, per cui il cuore umano in essa si pone per guarirvi, siccome nella terra guarisce la mano punta dall'ape ? Ma io allontano il mio sguardo da questo dolore , e lassù lo porto sulla brillante luna , ove Eugenio apre gli occhi fra ridenti fanciulli , ed il suo alato figlio gli piomba sul cuore . . . Come tutto è silenzioso nell' atrio brillante del secondo mondo , una brina di luce rischiara gli inargentati campi del primo cielo , e globetti di luce stanno invece della scintillante rugiada sospesi ai fiori , ed alle cime degli alberi : l' azzurro del cielo riflettesi più oscuro nelle pianure di gigli , tutte le melodie formano un solo eco risuonante per l'aria più sottile, soltanto fiori nottvn-ni esalano , e scherzano penzolando attorno a tranquilli sguardi j 475 le pianure in moto cullano qui le anime sbattute , e le alte onde della vita dividonsi qui lentamente sdrucciolando ; ivi riposa il cuore , ivi si terge l' occhio , ivi ammutolisce il desiderio. I fanciulli svolazzano come api verso il petto ancora tremante coperto da fiori, ed il sogno dopo la morte rappresenta la vita terrena, come un nostro sogno ci pinge la nostra infanzia , incantatrice , tranquilla , libera di pene, e raddolcita. Eugenio guardò dalla luna sulla terra , che nei lunghi giorni lunari di due settimane pendeva qual bianca sottile nube nel cielo azzurro : ma egli non riconobbe la sua antica madre teri-a. Finalmente tramontò il sole per la luna, e la nostra terra posava grande , immobile , splendente sul puro orizzonte dell'eliso, e versava sui mobili campi elisi un splendore scorrente , come una ruota d'acqua dei campi. Allora conobbe egli la terra, e pensò ad un cuore ad- dolorato lasciato colà in un petto così caro , e la sua anima riposante nella voluttà , fu piena di melancolia , e di in- finita brama verso la diletta della antica vita , che là ancora soffriva. « O mia Rosmunda? perchè non lasci tu un globo, ove nulla più ti ama ? n ed egli guardò supplice 1' angelo del riposo , e disse : « diletto , toglimi dalla terra della pace, e dalle pene , e portami giù verso la fedele anima , per- chè io la vegga , e nuovamente m' addolori , onde ella non provi sola il tormento. » Allora il suo cuore cominciò improvvisamente come a nuotare senza legami , l' aria muovevasi a lui d' intorno , come se lo levasse in alto , e gonfiandosi lo trasportasse ; egli piombò entro il rosso della sera, come in mezzo a fiori, e dentro la notte come in mezzo a foglie , e dentro ad un umido cerchio di vapori, ed il suo occhio riempissi ivi di lagrime. Allora sentì presso di sé un susurro, come se a lui ritornassero sogni antichi dell'infanzia, quindi fe- cesi a lui poco a poco vicino un lontano lamento , che 476 riapri tutte le sue ferite : il lamento era la voce di Ros- munda. — Finalmente ella stette innanzi a lui affatto svi- sata, sola, senza consolazione, senza lagrime, senza colori.... E Rosraunda sognava sulla terra, e parevale che il sole diventasse alato , e prendesse la forma d' un angelo , e 1' an- gelo ( a lei pareva ) si traesse dietro la luna , che prendeva un dolce viso , e sotto il viso che si avvicinava si formasse finalmente un cuore. — Era Eugenio , e la sua diletta al- zossi incontro a lui , e mentre esclamava fuori di se per la gioia, « ora sono io morta: » svanirono i due sogni, il suo , e quello di lui, e le due creatm^e furono nuovamente separate. Eugenio destossi lassù, la splendente terra stava ancora nel cielo, ed il suo cuore era serrato, il suo occhio ri- scaldato da una lagrima non caduta sulla luna. Rosmunda svegUossi sotto, ed una grande calda goccia di rugiada pendeva da un fiore posto sul suo seno. Allora 1' accesa nebbia della sua anima si sciolse in una pioggia di la- grime ; il suo interno fu sollevato, e chiaro come il sole, il suo occhio soavemente stava fisso verso l' illuminante cielo, la terra era a lei forestiera, ma non odiosa, e le sue braccia ivano muovendosi, come se portassero coloro per essa erano morti. L' angelo del riposo guardò sulla luna, quindi sulla terra, ed intenerissi sui sospiri di quelle creature. Egli vide sul mattino della terra un eclissi ed una derelitta ; egli vide Rosmunda in mezzo alla notte che spandentesi sui fiori , che addormentavansi nell' oscurità cadere bocconi , e stendere le mani verso il cielo oscurato ripieno di augelli notturni, e con infinito desiderio rimi- rare la luna che passava avanti al sole : l' angelo guardò quindi sulla luna , e piangeva a lui dappresso il beato che vedeva la terra nuotare aifondata in un mare di ombre, e formante un anello di fuoco , ed a costui la forma tremante che sulla terra ancora abitava , toglieva tutta la beatitudine 477 del cielo! Allora scoppiò all'angelo del riposo il cuore cele- ste, egli prese la mano di Eugenio, e quella del fanciullo, trassegli entrambi pel secondo mondo , e portolU sull' o- scura terra. Rosmunda vede avanzarsi nell' oscurità tre figure , il cui splendore riflettevasi nel cielo stellato, e con essi saliva. Il suo diletto, ed il suo figlio volarono come la primavera sul di lei cuore , e dissero prontamente. — «e O cara, vieni con noi. » Il di lei cuore materno aprissi a gioia materna , il sangue terrestre fermossi : finita era la sua vita , « o beatitudine ! )) balbettò ella ai due cuori di- letti , « non posso io dunque morire ? » Tu sei già morta , disse l'angelo dei tre amanti piangendo per la gioia. La terra onde tu vieni è ancora fi-a l' ombre là avvolta .... e le onde della voluttà si chiusero sul mondo felice e su tutti i beati ; e tutti i fanciulli miravano il nostro globo , che ancora in mezzo l'ombre tremava. Sì esso sta in mezzo l' omk:e. Ma l' uomo è più sublime che il suo luogo di dimora, egli guarda lassù, e muove le ali della sua anima , e quando i sessanta minuti che noi chia- miamo anni, hanno finito dibattere, si eleva ed arde sa- lendo, e la cenere delle sue penne ricade ingiù, mentre l' anima senza velo, sola , liberata dalla terra , e pura come un suono ascende in alto. Ma qui fi-a l' ottenebrata vita vede egli le montagne del mondo futuro dorate da un sole, che quaggiù non ispunta: così mira l'abitatore del polo nordico nella lunga notte, in cui nissun sole più si leva per lui , dm-ante dodici ore , un' aurea luce sulle più alte montagne, e pensa alla lunga state, in cui esso più non tramonta. X. Y. La parola /ingelo in questa scrittui-a allegorica non vuol prendersi nel senso della Bibbia , cioè secondo il domina cattolico della esi- stenza di Angeli o Intelligenze pure rivelateci da Dio ne' santi libri. 478 SciEriZE Naturali — Esposizione ed esame critico del sistema Frenologico considerato né' suoi principj , nel suo metodo j nella sua teoria, e nelle sue conseguenze, del Dottore L. Cerise. Parigi, novembre i836. Il 3^ a bìen divcrsité de dons , mais il n'j a qu'an seuI esprit. Saint Paul première Épit. aux Corint. XII. 4- In un tempo in cui gli animi dei fisiologi e psicologi sono posti in moto dalla frenologica dottrina , non riuscirà forse discara alla più parte la cognizione di questo libro di un nostro compaesano , commendevole d' altronde per gli ingegnosi argomenti , per i molti fatti e per la vasta eru- dizione che lo arricchisce. Che se i brevi confini di un estratto non ci permisero di estenderci quanto sarebbe stato necessario, abbiamo procurato però di esporre per quanto ci era possibile le obiezioni che l' autore fa contro il sistema fi-enologico. Quanto atte prove con cui esso corrobora questi argo- menti , non possiamo a meno di rimandare il lettore all' opera medesima. Affatto neutrali in questo accanito combattimento, e persuasi che il tempo e la posterità po- tranno soli decidere a chi spetti la vittoria, non abbiamo qui espressa alcuna nostra particolare opinione, ma rife- rendo semplicemente quelle dell'autore, lasciamo che ognu- no vi faccia i commenti e le glose che giudica opportune. 479 Quel che ci pare soltanto sì è che in questa disputa, come pur troppo in quasi tutte le dispute flcientifiche, si pecchi da ambe le parti per mancanza di buona fede , e che la pas- sione prenda spesso il sopravvento sulla ragione. Lettera agli studenti di medicina che serve d'introduzione. L'autore protesta in questa lettera di voler combattere la frenologia come conducente al materialismo , e stabilisce le seguenti premesse, quali principj fondamentali. Ogni dottrina, ogni scienza è un metodo, coU'ajuto del quale lo spirito umano dopo d' avere affermato un prin- cipio ne deduce i corollari. Non hawi dottrina o scienza possibile, se essa non si appoggia sopra una certezza. La sola certezza assoluta è quella che è posta nella conoscenza positiva della legge morale , cioè delle relazioni stabilite tra l' attività umana ed il suo istrumento che è l'organismo, tra Dio e l'uomo, tra r uomo ed il mondo. Questa conoscenza è il punto centrale d'ogni concezione scientifica. La sola scienza che possa esprimere^ più direttamente la legge morale è la psicologia , ossia la scienza dell' atn tività umana. Parte Prima. Principio generale che domina il sistema Frenologico. L' autore considera la frenologia sotto quattro aspetti diversi. In quanto che i. essa proclama un principio ge- nerale risguardante le leggi dell' umana attività ; 480 a. Chiama in appoggio di questo principio un nuoTO metodo di investigazioni , e di induzioni psicologiche ; 3. Pretende stabilire in forza di questo principio e di questo metodo una teoria nuova delle facoltà affettive ed intellettuali dell'uomo ; 4. Vuole applicare le sue dottrine all' educazione, alla legislazione , alle riforme sociali ecc. Esaminando il principio dominante il sistema dei freno- logi , l'autore li rimprovera del loro non volere investigare il gran problema dell' attività umana , e delle leggi di essa, dicendo che la scienza psicologica è nulla senza di ciò , e che essi cosi facendo , coprono soltanto con una maschera la loro tendenza al materialismo. Egli passa quindi ad esporre i principj che secondo lui debbono dominare tutte le ricerche sia psicologiche che fisiologiche, i quali sono: I. Che neir uomo havvi un'attività indipendente da' suoi istrumenti ed organi corporei, invecechè la frenologia at- tribuisce un'attività a questi organi stessi, anzi altrettante attività, quanti sono gli organi, il che conduce secondo lui al puro materialismo. 3. Che nell'uomo esiste una forza regolatrice dei diversi organi destinati alle funzioni, la quale può dominarli, e sottometterli, il che non sarebbe, se come vogliono i frenologi , le azioni dell' uomo dipen- dessero dalla predominanza di questo , o di quell'organo , ed allora non si potrebbe spiegare la vita spirituale dell' uomo , e questi sarebbe come un altro animale unicamente destinato a seguire gli impulsi della vita animale. Se adunque l'uomo ha la libertà di operare , di creare , di inventare , di sottomettere le proprie inclinazioni ; una è la di lui attività , identica , spirituale e non moltiplice , come vogliono i frenologi. Poste queste basi egli conchiude : a la frenologia è im sistema psicologico che nega queste » verità, in forza delle quali l'uomo si distingue dagli a- » nimali , dunque questo sistema è ostile alla morale , 481 » contrario a lutti i dati generali della fisiologia , e per con- )) seguenza falso ad un tempo e cattivo. » Paete Seconda. Del metodo proclamato dal sistema Frenologico , ossia della cranioscopia e della cerebroscopia. La cranioscopia , dice l'autore , fu quella che diede ori- gine alla frenologia , e ne fece la fortuna. Ciò è tanto vero che Gali , quantunque poscia si rivoltasse contro que- sta denominazione , scriveva a Retzer nel i ygS. « Il mio )) vero scopo sta nel provare che si possono riconoscere )) le diverse disposizioni ed inclinazioni dalle protuberanze )> e depressioni che trovansi nella testa e nel cranio, w Nel che fri seguitato da Spurzheim e da tutti i suoi discepoli. Però se voi assalite un frenologo , e gli portate dei fatti che smentiscano le sue asserzioni cranioscopiche , egli vi dirà che la cranioscopia non si debbe confondere colla frenologia: che là scienza sussiste indipendentemente da ([uella, e sì ritirerà sul campo della cerebroscopia; che se voi instate , si sacrificherà anche questa , purché accet- tiate il complesso della scienza, che essi chiamano pom- [)Osamente psicologica. Ma questa scienza posa essenzial- mente sulla cranioscopia , e sulla cerebroscopia , e di- strutte quelle , il che non è difficile , si riduce ad un sem- plice coordinamento della dottrina Scozzese , come lo prova Lelut. Ciò non pertanto la così detta frenologia non può esi- stere senza la cranioscopia e la cerebroscopia j e l' autore le combatte amljedue colle seguenti denegazioni. I. La superficie esterna del cranio non riproduce la forma della superficie corris))ondente del cervello. 2. Neil' immensa maggioranza dei casi , in cui si osservano pro- 3i 482 minenze e depressioni . non hanno esse alcuna relazione colle facoltà che ad esse si pretendono corrispondenti. 3. Molte circonvoluzioni cerebrali sono inaccessibili all'osser- vazione cranioscopica. 4- ^^ circonvoluzioni cerebrali , le di cui prominenze sono i-appresentate , come l'espressione esterna degli organi non possono essere esplorate che dopo la morte dell'individuo, e quando il cervello fu denuda- to^ il che rende le osservazioni esatte, rare e difficili. 5. Non hawi misura esatta per misurare cpieste circonvolu- zioni , ed è impossibile di stabilirla in anatomia. 6. Non solamente l'energia delle facoltà non è in proporzione co- stante collo sviluppo organico delle circonvoluzioni, ma ciò non può essere per le circostanze della nutrizione, del tem- peramento, dell' educazione che le pongono spesso in rela- zione inversa collo sviluppo cerebrale. 7. Le circonvoluzioni medesime , dietro i lavori di Gali non sono organi , ma forme superficiali di quelli , estremità di organi profondi ed estesi, il cui sviluppo può essere considerevole senza essere sensibile e distinto; e queste forme possono variare senza influire sulla funzione. 8. Molte circonvoluzioni essendo ugualmente sviluppate impediscono di distinguere quella da cui dipenda una facoltà piuttosto che un'altra, g. I fatti patologici non presentano mai , o quasi mai lesioni di una sola circonvoluzione , ne si è osservato mai che la lesione di un gruppo di circonvoluzioni sia stato accompagnato da un' alterazione costante nelle facoltà che da questo gruppo si fanno dipendere. L' autore vuole quindi dimostrare che il metodo freno - logico fii secondario della coordinazione psicologica di esso, e perciò passa ad esaminarne i principii fondamentali sta- biliti da Gali , i quali sono : 1 . Hanvi facoltà ed inclinazioni innate nelV uomo e negli animali. — Proposizione antica quanto la filosofia. 2. Le facoltà e le inclinazioni delVuomo hanno la loro 483 sede nel cervello. — Pi'oposizione pure non nuova , ma vera, ove si eccettiiino quelle della benevolenza e dell'amor fisico, che possono patire eccezioni. 3. Le facoltà sono non solamente distinte dalle incli- nazioni, ma queste sono pure distinte ed indipendenti fra loro. — Proposizione pure vera, ma già emessa dalla scuola Scozzese. Qui Gali non parla mai dell' attività spi- rituale, la quale come dicemmo viene da lui posta da un lato. 4. Le facoltà e le inclinazioni debbono perciò avere la loro sede in parti distinte ed indipendenti del cervello. — Proposizione anche non nuova , e che l'autore non nega , uè afferma, soggiungendo che se la cosa è così, debbe però esistere una dipendenza fi^a gli* organi nervosi , la di cui cooperazione successiva è richiamata da ima determinazione istintiva o volontaria. 5. Dalla diversa distribuzione dei 'varj organi , e dal loro diverso sviluppo risultano forme diverse del cervello. — Proposizione che conduce alla cerebroscopia, ma vaga, e per conseguenza di nissun valore scientifico. 6. Dal complesso e dallo sviluppo di dati organi risulta una forma determinata o di tutto il cervello o delle sue parti. — Proposizione che conduce alla cranioscopia , e fondata sopra un assioma dimostrato lìdso ; cioè che un or- gano è pili attivo in proporzione , che è più svihippato. 7. Dalla formazione delle ossa della testa fino alV età pili avanzata la conformazione della superficie interna del cranio è determinata dalla conformazione esterna del cervello : quindi possiamo accertarci di certe Jacoltà ed inclinazioni finche la superficie esterna del cranio concorda coir interna , o finche questa non si allontana dalle de- viazioni conosciute, — Così Gali conduce il pul>blico su- perficiale alla cranioscopia , mentre ai gravi osservatori presenta ì suoi principj psicologici come indipendenti dd 484 essa , così la scuola frenologica ha due insegnamenti , la cranioscopia destinata al volgo , e la coordinazione psico- logica per i dotti. L' autore passa quindi ad investigare il modo con cui Gali fu indotto a stabilire il suo sistema. « Siccome io » suppongo , dice Gali , un organo particolare per cia- » scheduna delle nostre qualità indipendenti , non si tratta » che di stabilire quali sieno queste qualità. » I mezzi poi che a ciò gli servii'ono, sono quelli per mezzo dei quali si scopre la sede degli organi , di cui quattro principali ne annovera : cioè , i . La scoperta di certe protuberanze o depressioni quando vi sono certe facoltà : 2. 1' esistenza di certe facoltà nel medesimo tempo che certe protube- ranze : 3. una raccolta di modelli in gesso : 4- una raccolta di cranii ; a cui aggiunge : S. lo studio paragonato di molti cervelli e delle loro relazioni con date qualità ed inclina- zioni : 6. i fenomeni delle malattie , e lesioni del cervello e le loro relazioni colle diverse alienazioni mentali. Dopo di questo è inutile che Gali nieghi 1' importanza eh' egli attribuisce alla cranioscopia. Ora la cranioscopia è un er- rore , dunque rovina il di lui sistema. Parte Terza. Della teoria dei frenologi sulle facoltà , e sul loro modo di azione nelle manifestazioni dette morali od intellettuali. Considerando la frenologia indipendentemente dalla cra- nioscopia , essa posa su tre questioni principali , che sono : I. la natura innata delle inclinazioni e facoltà : 2. la coor- dinazione di esse : 3. il modo di azione di queste facoltà innate nella produzione delle determinazioni dell' intelletto e della volontà. Queste questioni , dice l'autore , si potreb- 485 bero considerare indipendentemente dalla fisiologia del si- stema, e se noi le riuniremo a questa non sarà che per restituire alla cerebroscopia il significato che non avrebbe mai dovuto cessare di avere , se non l'avessero fatta ser- vire d' esca per gì' ignoranti. § I. Della natura innata delle inclinazioni, e delle facoltà. L' autore dice essere la dottrina delle tendenze innate antichissima , e dopo d' essersi servito delle parole di Gali medesimo ne riassume le opinioni che sono : « nissuna ma- » nifestazione umana può aver luogo senza essere provo- » cata da un' eccitazione organica , senza 1' azione di un » organo speciale : non hawi sentimento umano , che non » sia dai moti di un organo eccitato : l' uomo è un ani- » male a cui il Creatore diede certi sensi interni , che » negò , o non diede che in germe agli altri animali . esso )) non ha alcuna facoltà che non sia a lui data esclusiva- » mente dagli organi dei sensi ; dunque il suo destino non » è unico sulla terra, ma comune con quello degli ani- )) mali. » Alcune di queste proposizioni , dice l' autore , sono verità , che erano già state trovate prima di Gali j altre sono errori e vizj del suo sistema. Sono verità , che le tendenze le quali hanno per iscopo la conservazione , il godimento , e la satisfazione dell' in- dividuo sono innate , che le loro differenze dipendono da condizioni organiche , le (juali appartengono alla vita ani- male , e sono soggette alle leggi dell' organismo ; che le facoltà serventi a conoscere gli oggetti esterni sono innate e dipendenti dall'organismo cerebrale ; che sono innate le attitudini a percepire , ritenere ed effettuare suoni , colori , e cose, e dipendenti perciò dagli organi cerebrali. 486 Sono errori: che l'uomo non sia isolato dagli animali, di cui continua la catena; che esso non si determini se non se dietro l'impulso d'uno o più organi; che le facoltà le quali danno all'uomo il carattere dell' umanità dipen- dano da organi, di cui gU animali non hanno che i germi; che la conoscenza del bene e del male , di Dio , l'abnega- zione di se medesimo , dipendano da organi speciali. Ed è inutile il dire dei frenologi , che gli organi sono per queste facoltà i semplici stromenti dell' anima ; poiché se si con- sidera l'anima come non avente potenza per se medesima , come incapace d' imprimere un moto a priori da' suoi istro- menti, essa rimane inattiva, una form ola senza realtà , una parola priva di senso, un pregiudizio, una menzogna ; d'altronde il principio spirituale non può essere dotato di facoltà contraddittorie, né in buona logica, secondo i fre- nologi , si può dire attivo. L' autore , dopo d' avere dimostrati che tali en-ori non sono nuovi , ma furono prima abbracciati dagli Indiani sotto il nome del Satwa , Radias e Tamas , quindi dai teologi della medesima nazione, successivamente dai filosofi Greci, dice essere ufficio della morale cristiana l'abbatterli , risa- lendo ai primi principj della religione , e proclamando le seguenti verità : Come condizione d' esistenza dell' indivìduo la vita or- ganica è la prima necessaria, e comune agli animali ed alle piante. Come condizione di sensibilità e moto la vita animale è comune agli animali ed all' uomo : tutte le facoltà ne- cessarie al bisogno della conservazione, o del godimento individuale a questa appartengono. Come condizione di libertà , di attività per l' uomo che ha un' opera a compiere , dei sagrificj a fai'e , onde far trionfare il principio spirituale dell' umana fratellanza , è necessaria una vita spirituale , di cui l'uomo solo è dotato , 487 la vita organica e 1' animale sono ad essa soggette ; le di lei facoltà non sono innate, ma l'uomo le ricevette dall' insegnamento morale circa lo scopo comune, e l'opera comune; ed esse dipendono dal principio dell' attività u- mana. Perciò imiate e dipendenti da organi sono le atti- tudini istintive ed intellettuali , ma esse sono dipendenti dallo spirito che le pondera , le dirige , le modera , le eccita in virtù della legge morale che esso ha ricevuta. § IL Della coordinazione delle inclinazioni, delle attitudini , e delle facoltà. Dopo d' avere esposti i principj di Gali , e quelli di Spurzheim circa la coordinazione delle inclinazioni , atti- tudini e facoltà , dimostra l'autore trovarsi già le traccie di essa nella dottrina dei Sankias , e nel sistema dei Vedan- tini , quindi nei filosofi Greci , e piiì estesamente nella dottrina Scozzese , dalla quale , come dimostra Lelut , i frenologi la presero. § III. Modo di azione delle facoltà ammesso dalla teoria frenologica ìielle manifestazioni delV intelletto e della 'volontà. L' autore prima di tutto fa osservare come tutti i sistemi filosofici , che precedettero la frenologia errarono in quanto che alcuni considerarono tutte le manifestazioni attive , af- fettive, morali ed intellettuali come proprietà dell'anima, altri come proprietà dell' organismo , mentrechè all' anima appartengono le facoltà constituenti la vita spirituale o mo- rale , all'organismo le altre , ed il secondo errore è quello , in cui caddero i fi-enologi. Il loro sistema si riduce a due parti, cioè, i. a deter- minare per mezzo della cranioscopia , o cerebroscopia le facoltà fondamentali, la quale cosa pretendono d'aver fatta colla loro accennata coordinazione ; 2. a determinarne il modo d'azione. I frenologi , seguitando i filosofi Scozzesi , hanno scom- posto diverse operazioni complesse , come l' attenzione , l' immaginazione , la memoria , il giudizio e la percezione , riducendole al modo di azione delle forze primitive. Prima d' investigare per questa parte il sistema freno- logico , l' autore avverte che finora nelle scuole le teorie dell'intelletto sono state generalmente discusse nei trattati di Ideologia e Logica separatamente da quelle della vo- lontà, le quali vennero rilegate nell'Etica, nel che secondo lui havvi doppio errore. Il primo si è che si isolano i fatti logici da ogni certezza , la quale sta nella morale , il se- condo è che si studiano separatamente , fatti che appar- tengono ad una scienza comune. L' ultimo errore fu co- nosciuto ed evitato dai fi^enologi , non però il primo. Esaminando la dottrina frenologica scorgesi una dissidenza tra Gali e Spurzheim in ciò , che il primo ammette la percezione , la memoria , la ricordanza , il giudizio , e l'im- maginazione al pari dell' attenzione , quali modi di azione di tutte le facoltà , mentre Spurzheim vuole che le facoltà affettive ne sieno sprovviste , e pone per supplirvi il senso dei fenomeni , il quale Gali non vuole accettare che come il senso dell' educabilità , o memoria dei fatti , benché venga ammesso generalmente dai frenologi , e sia da essi destinato a s fare le funzioni di registratore , archivista , giudice e poeta dei fenomeni. Dopo di ciò passa l' autore ad esaminare il modo di a- zione delle facoltà nella manifestazione della volontà se- condo i frenologi. La vocazione , l' impulsione è il risultato dell' azione sorda e cronica di una , o più facoltà. II desiderio è il risultato acuto principiante dell'azione 489 d' ogni facoltà , ed è accompagnato da un senso di ben essere che dicesi piacere. Il piacere ed il dolore sono il modo il più generale di satisfazione , o non satisfazione di un bisogno , o d' un' attitudine. L' affezione più forte che il desiderio risulta dall' unione di più facoltà, ed è secondo Spurzheim, soprattutto un modo di azione delle facoltà affettive. La passione è il più alto grado delle affezioni, e soprat- tutto del primo ordine delle facoltà affettive. La volontà non è che il più alto grado del desiderio , ed è tanto più forte , quanto più forti e meno riflesse sono le inclinazioni , onde essa è in ragione inversa della libertà , e questa non è nel suo più alto grado , che la possibilità che ha l' uomo di determinarsi dietro tutti i motivi tratti dalla sua ragione , sia per mezzo dell'azione delle facoltà intellettuali ( notisi che qui e dovunque sotto il nome di facoltà i fienologi intendono organi , o meglio proprietà di essi), sia per mezzo degli agenti esterni. Laonde nel sistema la passione , il trasporto , l' u-resi- stibilità , la volontà sono una stessa cos? , e risultano u- gualmente da un modo di azione assai energico di uno, o più organi. Passando al modo di operare delle facoltà nelle opera- zioni intellettuali, l'attenzione, secondo |Spurzheim, non è che un aumento di attività d' un organo intellettuale ; se- condo Gali, di ogni organo. La percezione non è che im modo di azione degli organi intellettuali , e del senso dei fenomeni per le impressioni interne j secondo Gali, è un modo di azione d'ogni facoltà. La memoria non è che una ripetizione di percezioni ; essa manca, secondo Spurzheim, alle facoltà affettive. La re- miniscenza diversa della memoria è la memoria del senso dei fenomeni ; il che spiega come ci possiamo alle volte 490 ricordai'e di una nozione senza rammentarci come Tribbiamo ricevuta. L' invenzione non è che la scoperta di effetti sco- nosciuti di una facoltà , od in diverso senso un' attività spontanea d' ogni specie di facoltà : in questo senso Spur- zheim la chiama idealità , e la fa sinonima di esaltazione. Il giudizio è un modo di azione delle facoltà intellettuali , o d' ogni facoltà secondo Gali. Esaminate quindi le soluzioni particolari , risulta da que- sta dottrina che la religione , la coscienza altro non sareb- bero, che modi di azione o d'affezione di organi cerebrali diversi. Quanto poi alla ragione , essa è , secondo Gali , un modo illuminato di azione dei sensi intercraniani : secondo Spurzheim, un trionfo subitaneo dei sentimenti superiori sugli inferiori , benché alla parola ragione sostituiscano essi piuttosto la parola di volontà illuminata ; ma siccome que- sta supporrebbe il libero arbitrio , Gali soggiunge : « quando » si preconizza il libero arbitrio , 1' uomo è già suU' orlo » dell' abisso , e se esso abusa della libertà , ciò avviene )) perchè è spinto fatalmente da un principio interno ad » abusarne ; se non ne abusa è per un motivo contrario. » Ognuno vede quale libertà sia quella che gli i-imane. DifFatti, prosiegue Gali, «l'inclinazione alla benevolenza, » le idee ed i sentimenti religiosi sono sempre effetto » dello sviluppo favorevole di un organo , dell'energia inso- » lita della sua funzione : senza di ciò non vi sarebbero » ne poeti, ne oratori, tutte le arti sarebbero nella loro » infanzia. » È inutile il dire quanto poco logica sia que- sta conclusione da simili premesse , mentre avrebbe do- vuto dire, « senza di ciò non vi sarebbero ne buoni amici, ne uomini religiosi ecc. » L' autore espone in seguito , come lo spirito caustico , le visioni, le metafìsiche e simboliche espressioni, il furto, il suicidio , la poesia , l'attrizione , la contrizione , la fede , la speranza e la carità, la forza, la giustizia, la tempe- 491 lanza, la filologia, l'inTestigazione delle cause si facciano de- rivare dall'azione di uno o più organi. Insomma , conchiude r autore , i frenologi possono ancora inventare gli organi della dominatività , della saltatività, della prestidigitatività, dell' equilibratlvità , tanto piiì quando sapranno che esi- stono caste nelle Indie destinate a perpetuare per eredità questi talenti. Diremo ancora , aggiunge 1' autore , con Combes , che l'organo del maraviglioso era grandissimo in Socrate e Pla- tone? Diremo con questi dottori della scuola, che l'organo dell'amore era sviluppatissimo in Epicuro, mentre l'isto- ria ci insegna che questo filosofo predicava una morale austera ? Ne è da stupire , se essi rifabbricano i cranii dei capi setta , ed uomini grandi per trarne corollari in loro favore , mentre in ciò non fanno che imitare , giacche dalla scuola dei temperamenti ci era stato dato il temperamento di Alessandro il grande, di Socrate, di Platone, di Gesù Cristo medesimo. Se poi noi chiediamo loro d'onde risulti il sentimento della fraternità ed uguaglianza , essi taceranno. Ma noi in- sistendo , diremo che questo senso composto secondo il loro sistema dell' azione combinata dei sensi della giustizia e della benevolenza , era già ammesso da tutta l' antichità , ma non trattenne però questi savi dal ragguagliare gli schiavi alle bestie ed alle macchine. Questa scuola adunque non è nuova , e mentre dichia- rasi nemica del sensualismo, dell'assioma, nihil est in in- tellectu quod prius non fuerit in sensu, tende a farlo trion- fare, poiché ne Aristotile, né gli altri sensualisti non fe- cero mai dipendere l'umana attività dall' azione dei sensi estemi, ma bensì degli interni. A questa dottrina oppone l'autore : che 1' uomo è una attività servita da un organismo; che combattere e domi- nare gli impulsi di questo organismo é ufficio dell' urna- 492 nità, esserne dominati dell' animalità : che l'uomo inventa, crea , scopre , perfeziona , benché i suoi organi sieno sem- pre gli stessi, l'animale non inventa, non crea, non per- feziona ; che r uomo si eleva ogni giorno di più , l'annuale rimane sempre lo stesso ; il progresso è la prova dell'at- tività umana , ed è estraneo all' animale : 1' uomo spera incessantemente , sagrifica se medesimo , dirige le sue azioni ad uno scopo morale , riconosce la legge della fra- tellanza e dell' unità , il dovere di questo sacrificio anche per oggetti astratti , mentre l' animale servo dei sensi è preceduto dal nulla , e seguito dal nulla. Perciò l' attività umana è una e non moltiplice , come vogliono i frenologi ; il che è dimostrato dalla memoina che persiste oltre questa vita , dalla potenza di dirigere secondo una legge le facoltà istrumentali diverse, dal suo imprimere una legge alla materia non ricevendola da essa , come l'animale. Insomma 1' uomo ha uno scopo , una legge ad adempiere, il che lo pone in uno stato di sofferenza e di lotta , la quale palesa la superiorità dello spirito umano suU' egoismo e suU' inerzia animale. Chi niega questo do- vere , o ne dubita , annienta l'attività spirituale dell' uomo che lo distingue , rispinge ogni principio di certezza e di creazione, confonde il bene col male, proclama i diritti dell' egoismo , la sovranità della furberia e della forza : chi spiega, insegna, difende una scienza, che nega questo dovere, che permette di dubitarne, si pone nella condi- zione del male , si oppone al progresso del bene , e chiama sul suo capo la condanna divina ed umana. 495 Parte Quarta. Della morale secondo il sistema frenologico, e delle applicazioni cui essa pretende nelV interesse delV umanità. L' autore comincia qui dall' esporre le pretese di questo sistema , che sono di dare : 1. La filosofia prima , mostrando la natura umana qual è sotto tutte le forme della sua attività. 2. L' educazione , ossia il miglior modo 'di accrescere quest' attività , e consiste nell'esercizio che fa crescere gli organi, e soprattutto ne aumenta 1' attività ( quantunque spesso 1' attività di un organo sia in ragione inversa del suo volume). 3. I metodi scientifici e la teoria delle arti. 4- La religione di cui ci mostra i fondamenti nell' or- ganismo cerebrale. 5. La morale , predicando essa l' indulgenza e la tol- leranza. 6. Le leggi , ossia i più sicuri mezzi , onde prevenire e correggere le tendenze individuali contrarie alla giustizia. ■y. L' economia sociale , insegnando a disporre gli uo- mini in classi secondo- le loro attitudini , ed i loro talenti. 8. La filosofia e la storia , ossia l' intelligenza degli atti compiuti dall' umanità lavorante , agitantesi per giungere alla più grande somma di felicità individuale e generale. 9. I mezzi di pervenirvi , ecc. Enumerate queste pretese , e dicendo che egli lascia ad Esquirol, Georget , Levret , Ferrus, ecc. la cura di com- battere i frenologi nelle loro applicazioni all' eziologia ed alla cura delle malattie mentali , passa l' autore ad esami- nai'e quale sia il loro principio di certezza morale ; quale per essi la legge rivelata all'attività umana ^ insomma quale sia la loro morale per poi dimostrare i risultati di queste massime nell' educazione e nelle istituzioni sociali. § I. Della morale secondo il sistema frenologico. La certezza morale debbe essere la guida d'ogni attività umana; ora proclamando i frenologi la tolleranza morale, non distrugge questa la certezza ? Di più essi proclamano non solamente questa tolleranza , ma il trionfo del fata- lismo e della forza , poiché se hanvi organi die ci portano al bene, altri al male, in virtù di quale principio coman- derassi agli organi inferiori , di ubbidire ai superiori ? E come potrà l'educazione operare sugli organi e modificarli , se 1' insegnamento morale di cui essa è il segno non è ricevuto dall'attività spirituale, che sola può conoscere il suo scopo , e comandarne l'adempimento ? D' altronde quale educazione può esservi senza il principio di certezza mo- rale ? La tolleranza morale non suppone il pretto scetti- cismo ? Invano cercano i fì-enologi di ribattere le accuse di fatalismo, poiché Gali medesimo dice: « l'uomo finche » è animale ( e secondo il sistema esso non é che la conti- * nuazione della catena animale ) sarà forse governato da » leggi organiche opposte a quelle che presiedono alle fa- « colta del cane, del cavallo, e della scimia? Le qualità T» ed i talenti particolarmente distinsi sono dovuti alla me- » desima origine , il sentimento della benevolenza ( il » senso morale , secondo Gali ), le idee ed i sentimenti re- )) ligiosi sono sempre 1' effetto di uno sviluppo favorevole « dell' energia insolita di queste facoltà. » L' autore non nega che l' organismo possa destare in noi certi impulsi simpatici, ma se i moti di benevolenza dipendessero puramente dall'organismo, essi dovi-ebbero al pari di tutti i fenomeni fisiologici del sistema nervoso essere soggetti alle leggi d' intermittenza; dunque non vi avrebbe 495 né libertà , né volontà , o piuttosto la volontà altro non sarebbe che il massimo grado di azione momentanea di un organo cerebrale , e questo è quanto insegna il sistema. Che più lo stesso Spurzheim, il più religioso dei freno- logi dice: «l'educazione non crea; tutta la sua influenza )) limitasi a coltivare le facoltà , ed a dirigere le azioni. » Più sotto dice il medesimo , « io ammetto che l'intelligenza » dell' uomo debbe riconoscere certi desiderj come supe- » riori e preferibili. Questa combinazione dell'intelletto coi » desiderj è la volontà illuminata. » Ma chi illuminerà questa volontà , se, come dice lo stesso frenologo , u un im- pulso è cieco e non conosce il suo oggetto ? » Adunque Spurzheim riconosce una parte attiva nell'ani- ma, quantunque ciò non si accordi col suo dire che la pratica del bene è la predominanza degli oi'gani proprj all' uomo , la pratica del male la pre dominanza degli or- gani comuni cogli animali. Ma che andiamo cercando oltre, se Broussais dice , che fra i suoi uditori ve ne saranno molti il cui organismo cerebrale li porterà alla condanna della dottrina che professano? Dunque è inutile il voler dirigere gli uomini e le società verso uno scopo comune. § II. Dell'educazione , delle opere d* arti j e delle leggi secondo la frenologia. I frenologi dicono che l'educazione dovrebbe consistere nell' esercitare gli organi dei sentimenti superiori ; il che si chiama confondere ciò che appartiene allo spirito con quello che appartiene al corpo. Benché finora i frenologi hanno bensì promesso molto , ma non fecero nulla : dif- fatti r insegnamento morale rimane per essi di nessuna utilità , meno ancora le arti come mezzo di educazione , poi- ché, secondo essi, le arti dipendono unicamente da organi speciali ; meno le leggi penali , perché siccome il delitto dipende, secando essi, dalla predominanza di organi infe- 496 rlori tutto si riduce giusta la loro dottrina a proclamare la mutua indulgenza , ed essi accusano di barbarie ogni codice penale, che non si limita a perdonare od a met- tere i colpevoli fuoi-i di stato di nuocere. Non manche- rebbe altro , se non che essi venissero a dimostrare ai giu- dici sul colpevole l'organo che lo spinse al delitto , onde sottrarlo alla giustizia. § III. DelV applicazione del sistema frenologico alle istituzioni politiche. L'autore cerca qui di provare come secondo il sistema frenologico il mondo sarebbe diviso come nelle Indie in due caste , la prima delle quali assai ristretta di numero destinata a dominare , essendo composta di esseri felicemente costituiti, la seconda più numerosa irrevocabilmente con- dannata a servire per essere composta di esseri i quali, come dice Gali, « lo sviluppo troppo debole delle parti anteriori 5) e superiori sono in preda ai falsi giudizj, ai pregiudizj, « ed alla superstizione, j) Dottrina questa già proclamata da- gli antichi Indiani , da Aristotile , Platone , Zenone , Epicuro, Cicerone e Seneca , e contraddetta dal Vangelo , che dice : «non vi saranno tra voi, né padroni, né schiavi, né giu- dei, né gentili; havvi bensì diversità di doni, ma non havvi che un solo spirito ecc. » Conclusione. Dopo d'avere cercato di dimostrare che la frenologia si oppone al progresso in generale, conchiude l'autore in tal modo : La frenologia è un sistema senza nome , che ammette per principio la passività e la fatalità organica dell'uomo, 497 che proclama un metodo preteso positivo di investigazioni psicologiche riconosciute inesatte e mendaci da' suoi dottori medesimi , che espone circa la natura innata , la coordi- nazione , ed il modo di azione delle facoltà una teoria falsa e stravagante sulla quale i maestri sono lungi dall' essere d' accordo ; che nega nelle sue conseguenze ogni principio di certezza morale , la libertà , 1' educazione , la fraternità , il progresso : un sistema finalmente che parte da un cattivo principio per conchiudere al male. Quanto agli sforzi di abilità ipocrita , col mezzo dei quali cercano i fi-enologi di disarmare le prevenzioni umane contro di loro , noi le consideriamo come una prova felice della ri- provazione universale che trovano i principj materialisti nella società firancese. 498 ]>'OTE Nelh note adduce V autore testimonianze di quanto ha affermato. Nella nota A cerca di provare che i frenologi , i quali tentano di rimanere fedeli allo spiritualismo , adottano questo argomento di Villers , cioè : « invece di dire che noi abbiamo ima tale facoltà e disposizione , perchè abbiamo un tale organo , debbesi porre per principio che noi abbiamo quest' organo , perchè abbiamo questa disposizione. » Del resto i frenologi assimilano l'uomo agli animali ; ora siccome negli animali le facoltà dipendono dagli organi , così debbesi dire lo stesso dell' uomo. In prova del che la maggior parte dei frenologi con Broussais negano a dirittura 1' ^nìma perchè non sanno che farne. Nella nota B prova l'autore colla confessione del frenologo Bailli, che la stessa forma , dimensione ecc. del cranio possono coesistere con facoltà affatto divei'se -, che due teste matematicamente uguali possono appartenere ad uomini affatto diversi; che la stessa porzione del cranio non corrisponde mai alle stesse circonvoluzioni, insomma che la cranioscopia è affatto infedele ; che la cerebroscopia pare bensì promettere di più , ma che havvi la circostanza del dovere attendere la morte dell'individuo, e la difficoltà di potere esami- nare un cervello senza punto guastarlo -, inoltre anche colla medesima organizzazioire cerebrale vi può essere diversità d'inclinazioni. A que- ste confessioni l'autoi-e aggiimge le diverse opinioni dei fisiologi sulle proprietà del cervelletto, la confessione di Bouillaud, che dichiara avere cangiata la favorevole sua opinione riguardo la dottrina di Gali in questa parte dopo le sperienze di Flourens, ed altri argo- menti tendenti a provare la falsità della cranioscopia e cerebroscopia. Nella nota C espone l'autore la dottrina degli Indiani sulle con- dizioni dell' anima e sui gradi di essa nelle trasmigrazioni. Nella nota D parla delle tre anime di Pitagora e di Platone e delle facoltà dell' anima secondo gli autori che rappresentano le forze innate. Nella nota E dimostra come molti scrittori confusero gli attributi della materia organizzata con quelli dell'anima, attribuendo aque- sta ìe proprietà di quella e viceversa. 499 Nella nota F diiuostra che tutto ciò che liavvi di vero circa la localizzazione degli istinti e delle attitudini innate nella frenologia , è già stato stabilito da tempi antichissimi. Nella nota G istituisce un paralello fra la dottrina psicologii a Scozzese e la frenologica, dimostrando quanto questa abbia preso da quella. Nella nota G bis ci fa conoscere le discussioni e dissensioni dei capiscuola della frenologia , arrecandoci la polemica fra Gali e Spurzheim. Nella nota H dimostra che i frenologi fecero servire la storia , contorcendola aUa loro dottiina nello stesso modo, con cui ciò fe- cero i sostenitori della dottrina dei temperamenti. Nella nota I prova che i frenologi non fanno che seguitare i sen- sualisti , e che debbono dire al pari di essi ; nihil est in intellcctu e divide; più non s'odono che voci separate: per drappelli , e » per schiere cercano e trovano infinite combinazioni, immense » come la natura che esse abbracciano quanta è. La musica » cosi considerata è un mondo , ed , a mio giudizio , il solo e » vero mondo. » Guardate adunque se la musica non può di- pingere con tutta la verità ? Ma questa dipintura si fa in due modi , immediato 1' uno , mediato 1' altro. Ella descrive imme- diatamente gli oggetti di natura acustici o romorosi, come sono una battaglia , una tempesta , il tuono , la pioggia , le voci degli animali e simili. Gluck descrisse nell' Orfeo il disordine e lo strepito d' averno , Haendel il cader della neve, Haydn le caccie , le burrasche , il grido delle bestie 5 e molti antichi e moderni dipinsero mirabilmente fatti d' arme , temporali , o buffere, o scroscio di fiumi ecc. Ritenete che dal maggior fra- stuono al sottil gemito dello zeffiro la musica non trova diffi- coltà veruna , anzi può superare in questa parte le descrizioni poetiche e pittoriche. Molto più bello e maraviglioso si è il modo mediato, ossia la descrizione delle cose che non han suono, delle imma- gini mute. Voi avrete osservato che un pittore dovendo rap- 508 presentare oggetti sonori o rumorosi che i colori non possono esprimere ciò fa indirettamente. Così uno stromento in atto d' essere pizzicato o gonfiato da un sonatore , in pittura signi- fica musica ; un bosco le cui foglie volgano tutte verso una parte significa vento. E la musica fa lo stesso trasportando a viceversa della pittura la vista nell' udito, né solo la vista, ma pure e T odorato, e '1 gusto, ed il tatto. Non potendo ella p. e. dipingervi montagne e valli e pascoli e greggie vi fa invece udire il suono e le melodie delle zampogno , delle cornamuse dei pastori, il mugghiare ed il belare degli armenti. Se ha da mettervi sott' occhio un olezzante prato, un giardin de- lizioso sparge di tale languore, e morbidezza la sua ar- monia che vi sembra di sentire V olezzo de' fiori, di ve- dere la vaghezza de' colori. Quando vi ha da rappresentare il silenzio della notte, l'orror della solitudine lo fa con rari e profondi suoni, con melodie malinconiche e tristi si che pri- ma d' udire dalla bocca del cantore : E deserto il bosco intorno, voi già v'accorgete del luogo fosco e solitario. Lo Zeno ci racconta che il celebre Marcello dipinse sì al vivo lo trasfor- marsi di Callisto in orsa, che gli uditori rabbrividivano alla feroce armonia che accompagnava la trasformazione. Talvolta con una marcia funebre vi ricorda una morte, un funerale, od il lento muoversi d'una vittima al supplizio; oppure rilevando col genere patetico le dolorose sensazioni che in noi o gli og- getti, o gli avvenimenti producono come la compassione, la paura, il ribrezzo, vi presenterà, o rammanterà questi oggetti, e questi avvenimenti. Non è egli vero che nel Mese abbiamo vedute, e palpate le tenebre egiziane con cui s'apre il bel melodramma rossiniano? Quella sorda armonia ci trasportava propriamente nel tenebroso Egitto primachè gli attori ed i scenarj , e l'oscurità del palco ci venissero in ajuto dell'udito; poco dopo vedevamo pure nell'alta e^sonora musica l'apparire della luce miracolosa. Illusioni, direte voi, pregiudizi de' musi- comani; io vorrei vederle fuori del teatro queste tenebre, e questa luce musicale. Ebbene io son buono à farvela vedere. Havvi da tutti i tempi in musica un genere tutto descrittivo , niente drammatico e teatrale, che quando trattava soggetti 509 sacri il chiamavano Oratorio, e che non bisogna confonclere colle Opere sacre. Di qiresti Oratorii n' abbiam molti nell' an- tica musica assai buoni, e ben intesi da quanto udii a dire. Ma io avvezzo a discorrere solamente di quanto conosco non posso parlarvene che d'uno, il quale forse vale per tutti, ed è la Creazione d'Haydn. In quest' Oratorio, in questo capo- lavoro sono dipinti il caos, le tenebre e la luce coi colori più naturali. La descrizione del caos mosaico serve d'introduzione all'opera, e contiene nello stesso tempo la pittura di quelle tenebre che coprivano la faccia dell'abisso. Voi direte non esservi niente di più facile in musica che comporre un Caos , tanti se ne vedono ogni anno. Ed io ri- spondo che è facilissimo conporne uno senza volerlo o pensarvi^ ma che farlo a bella posta non è tanto facile. Poiché qual penna mai, o qual pennello avrebbe potuto con tanta evidenza ritrarre come Haydn il vuoto , il disordine , la lotta degli elementi , l'agitazione, l'insensibile svilluppo di tutte le cose? Qui esigevasi grand' arte, amico mio, e molto studio con molto ingegno. Il signor Carpani che ce ne diede un'analisi, con ragione ci fa osservare il profondo artifizio di que' suoni sospesi , di quelle indecisioni, ed irresoluzioni di tuoni, di quelle ripetute disso- nanze, di que' motivi che cominciano, e non finiscono, di quelle frasi interrotte, di quelle cantilene appena accennate, di quell'assenza di melodia continua e caratteristica, per cui si vede proprio 1' abbozzo di quel mondo che il maestro va descrivendo poi parte a parte. Infatti la verità di questo pezzo è tale che chiunque a caso , come accadde a me, e non av- vertito l'ascolti, non può a meno di confessare che è un vero caos. Ma non diletta, dicono i critici. Che importa? Qui non trattasi d'ingenerar diletto, ma maraviglia, che è uno degli effetti della espressione musicale. Qui è la pittura d'una verità aspra e dura che non lascia di commoverci altamente benché non ci rallegri. Forsechè le tragedie rappresentate con tutta l'espressione ci dilettano, e ci mandano a casa lieti come da Txn ballo o da una cena ? Ella è pazzia non cercar nelle arti altro che il diletto. Dopo il caos mirabilmente dipinto veg- gousi , e palpansi le tenebre nell'insensibile diminuzione della 510 sinfonia, ne' vuoti intervalli, e nel piano dell'armonia, la quale accordasi all' unissono , smorzasi bel bello , passa al sotto-voce, quindi a breve silenzio di grande aspettazione. Ed ecco scop- piare da questa oscurità la luce figlia dell'eterna parola; e voi la vedete anzi che udirla nel repentino fragore di tutta 1' or- chestra, nella vivace armonia di tutti gli stromenti, che mo- dulano nel tono naturale maggiore con chiare , spesse e forti note. E questa è la luce creata da Haydn , la quale simile alla naturale si diffonde per tutti gli spazj a colorire, a rappresen- tare, a rallegrar l'universo, a dilettare gli uditori 5 il qual di- letto qui trovasi a suo luogo uscendo l' udito dalla oscurità allo splendore, da luogo d'ogni luce muto al pien meriggio. Così che mentre il Maestro sa ex fumé dare lucerti^ sa anche tras- portarci dalla dolorosa alla piacevole sensazione. Fratello di questa luce è il primo spuntare del sole che Haydn emulo de' migliori poeti e pittori, ha voluto descrivere nella sua crea- zione. «Sembravi, dice l'autor citato, di vedere l'astro rag- » giante levarsi dall'orizzonte, e tutta innondare l'ampiezza » de' cieli colla sua luce. Da prima si ode un suono dolce di )) semplice armonia, indi per una successiva auiuentazione di •» accordi, e di numeri ascendenti, viene via via crescendo la » risonanza, e spiegandosi la cantilena. Quanto più ci acco- » stiamo alla cadenza, tanto più cresce la chiarezza del pen- » sier musicale e dell' armonia. Alla fine arriva la bramata » cadenza, e vi dice: ecco il sole. » Molte volte io meditai sulla semplicità sublime di questo tratto Haydino per spiegare a me stesso la causa che avrà indotto il maestro a dipingere il levar del sole colla scala numerica in quel modo che ora fuvvi esposto 5 ed a forza di meditarvi sopra non una ma due spiegazioni non dispregevoli mi si presentarono , le quali sempre più confermerebbero nel gran concetto che bassi co- munemente di Haydn. Ed in primo luogo mi pare che la scala musicale ascendente via via rinforzata dall'armonia, e dalla melodia doveva a capello esprimere l'insensibile alzarsi del sole suir orizzonte in virtù della rotondità della terra; inoltre come nel dipingere la luce creata avevaci fatto repentinamente pas- sare dalla oscurità allo splendore; così nel descriverci il mat- 511 tino , in forza delle rifrazioni atmosferiche che a noi danno r aurora, non doveva già ad un tratto abbagliarci con luminosa e forte armonia, ma gradatamente, e quasi rifrangendo i suoni neir acustica atmosfera. In secondo luogo conoscendo forse Haydn la dottrina neutoniana sulla decomposizione della luce, ossia la scala de' colori decomposti sul prisma, siccome aveva lungo tempo soggiornato in Londra , avrà forse con sommo ac- corgimentok voluto alludere alle nuove teorie dell'ottica, e nel dipingere il sole colla scala diatonica rammentare a' suoi con- temporanei r armonica serie de' settemplici colori. — Quest' au- tore tanto nella Creazione che in altre opere descrittive fece uso dello stile fugato; ciò io vi ricordo perchè mi pare che cotesto genere sia molto acconcio alle musicali pitture. I mo- derni r adoperano talvolta nei Jinali, quando cioè vogliono o parer dotti con pezzi lavorati, o meglio ajutare quel fracasso con cui è come stabilito che debbe finire ogni atto. Io non so, anzi non credo che qui siavi opportunità, perchè il fugato non indica già rumore, ma intreccio e confusione; egli è il nodo avviluppato del famoso sestetto rossiniano, non condotto a tutto rigore, ma con molto senno, ed opportunità, trattan- dosi d'opera buffa. Ancora una parola. Quando il linguaggio descrittivo è ac- compagnato dalla poesia, e dal canto bisogna che vada d' ac- cordo col significato dei versi , ma non con quella simultaneità del linguaggio patetico. La musica che dipinge sul fondo della poesia talvolta precede, talvolta seguita le immagini del poeta. Cosi la parte stromentale vi rappresenterà la burrasca anzi che il cantore vi dica : /^o solcando un mar crudele ; perchè la pittura musicale essendo più lunga, e più viva di quella sem- plice enunciazione poetica, di necessità bisogna che preceda, e sia anche 1' ultima a compiere il quadro. Alle volte la descri- zione musicale verrà dopo ma tosto, perchè l'immagine indi- cata dalla poesia essendo repentina, o fugace, od enfatica, egli è forza che la musica ne compia il ritratto inculcandola , o spiegandola agli uditori. Eccovi in breve quale e quanta sia l'espressione in musica, ovveio il linguaggio musicale che per la varietà, la forza, la 512 ricchezza e la pieghevolezza poco o nulla ha ad invicliare a quello della poesia e della pittura. Se non parla assai chiaro air intelletto, ed alla ragione come il poetico, e l'oratorio, più di questi però fassi udire al cuore ed alla immaginazione, e notabilmente nella sua parte patetica eseguita con tutta la ve- rità, e penetrazione è a qualunque altro superiore. Questo mi- l'abile linguaggio è il veicolo di quel bello che noi già cer- cammo, è l'organo di quella verità, semplicità, unità e va- rietà che come in tutti i parti dell'umano ingegno, così ne' lavori musicali improntano l'indelebile suggello delle perfezione. Io non so se nella presente innovazione di tutte le cose po- trassene pur trovare un altro o migliore , o più acconcio ai tempi, se dovrà secondare le odierne trasformazioni poetiche e letterarie ; il certo si è che coli' abusarne continuamente di- venterà affatto insignificante, ridicolo , enigmatico , né più com- prendendolo proseguiremo ad incolparne 1' arte in luogo degli artefici. E senz'altro vi dico addio. B. 513 RIVISTA CRITICA DEI PRIMI ELEMEi^TI DELL ECONOMIA POLITICA Libri quattro di Filiberto Demarese Intendente della provincia del Chiablese. (Torino, dalla tipogr. di Giuseppe Fodratti, i8^ ). Fra i libri cbe recano maggior giovamento alla società sono certamente da annoverarsi i libri elementari delle scienze ^ essi colla chiara esposizione dei principj fondamentali delle medesime fanno accessibile al volgare la ragion delle cose , e lo tutelano dagli erramenti dell'immaginazione: essi gettano nei più felici ingegni qviei semi cbe fecondati poscia dallo stu- dio e dalla meditazione fruttano nuova sapienza ed ajutano ai progressi dell' umana intelligenza nella via del meglio e della perfettibilità. Ma se giovevole al sommo è tal sorta di libri , egli è pure oltremodo difficile lo scriverne di tali cbe adempiano a tutte le condizioni cbe ad asseguirne lo scopo si richiedono. Perocché il conoscere profondamente ed in tutta la sua estensione la scienza, di cui si voglion dare gli elementi, non basta; ma è d' uopo e potenza d' analisi per risalire ai principj generatori della dottrina , e forza d' astrazione per dedurre dall' xmiversa- lità dei fatti gli assiomi e le regole talvolta da eccezionali feno- meni combattute , e vastità di concetto per abbracciare con un' idea tutti i suoi rapporti e le sue conseguenze , e giustezza 33 514 e perfezione di criterio per la logica e rigorosa classificazione delle materie , e grande efficacia di stile per presentare al let- tore limpide e scevre di dubbiezza le idee che si esprimono. Alle quali doti indispensabili in chi voglia ridurre una scienza qualsiasi a suoi elementi, noi aggiungeremo, che dovendo na- turalmente supporsi dirigersi egli a persone digiune ancora di quella per iniziarle nei dotti misteri, ei deve accoppiare un altro pregio , ed è un'esatta cognizione del processo della mente neir imparare. Questa psicologica conoscenza che gli svelerà qual sia la legge d' affigliazione fra le idee , quali gli effetti dell* analogia fra le medesime , quale il modo di paragone da cui nasce il raziocinio , e come insomma si compiano le intel- lettuali operazioni che concorrono a formare lo studio , lo porrà in grado di esporre li suoi insegnamenti col metodo più proficuo e rendersi così veramente benemerito delle scienze e della società. Quanto sia malagevole il riunire in un'opera siffatti pregi, il dimostra tra l' immensa folla di libri elementari venuti in luce lo scarso numero di quelli che vennero in fama di ottimi ed in quella durarono, fra i quali noi non oseremo affermare che abbiano ad esser un giorno annoverati gli elementi di economia politica di Filiberto Demarese , abbenchè li riputiamo certa- mente non indegni di lode. Questa intanto prima di tutto spon- tanea e sincera noi tributiamo all' autore , principalmente per essersi accinto ad uno di quei lavori tanto ardui , quanto utili, e che non traggon seco altro premio , che la coscienza d' un nobile desiderio e la speranza di vederlo appagato. Ora noi esporremo in breve alcune fra le osservazioni che sopra un tal libro ci accadde di fare ; avvertendo però che sic- come non intendiamo con esse di portarne assoluta sentenza, ma solo di manifestare una nostra opinione , potrà altri bensì cagionarci d' errore , ma non darne taccia d' astioso giudizio , o di superbo sentire. L' economia politica dividesi naturalmente in tre parti che hanno per oggetto la produzione delle ricchezze , la distribu- zione delle medesime , ed il loro consumo. Il nostro autore ne aggiunse una quarta composta di un brano di ciascuna di qufe- 515 6le , ed in essa tratta dell'influenza della pubblica autorità sulle ricchezze. La divisione di quest'ultima iu tre sezioni, nella quale si discorre disllntameule l'influenza dei governi sulla produzione^ sulla distribuzione , e sul consumo ne fa come di ragione al- trettante appendici delle parti precedenti, dalle quali non sap- piamo per quale utile scopo abbia l'autore voluto disgiungerle. Ciò però cbe ne parve più peccante risguardo alla distribuzione della materia si è la trasposizione di alcuni soggetti , per cui vien manomessa l'istessa divisione dall'autore adottata, ed il lo- gico ordine delle questioni sconvolto.. Cosi nella parte prima che versa sulla produzione, troviamo alcuni capitoli consacrati a trattare della moneta e del credito, cose da tutti riconosciute come mezzi di distribuzione, non quali elementi di produzione. Né ci appaga la distinzione per cui l'autore ponendo la moneta ed il credito fra i poteri della produzione li chiama mediati e morali, designando come Jìsici ed immediati quelli che più dap- presso alla medesima concorrono. Perocché in tal senso il con- sumo stesso sarebbe potere di produzione , giacché essendone lo scopo, ed in certa guisa la misura, ha su quella la massi- ma influenza; tutti i fatti insomma dall'economia politica con- templati sarebbero elementi di produzione, giacché nella loro catena tutti sono causa ed effetto ad un tempo ìstesso, e rea- giscono su tutta la serie dei fenomeni compresi dalla scienza. Forse avvaloravasi il nostro autore dell' esempio di Adam Smith, il quale accosta quell'argomento quasi sul principio del suo trattato sulla natura , e sulle cause della ricchezza delle nazioni; ma oltreché non per questo quel sommo scrittore classificava la moneta ed il credito fra gli elementi di produ- zione 5 noi avvertiremo che se a ragione viene quel grande sa- lutato, come il riformatore della scienza, se anch'oggi i suoi scritti sono a tutti gli economisti soggetto di studio e di com- menti , perché pieni di alle teorie e di fecondi concetti , che sono germi latenti di nuovi progressi 5 egli é pure da notare , che dopo lui l'economia politica fu in meglio ordinata , e che principalmente in un' opera elementare di scienza , conviene evitare ogni vizio che possa recar confusione nella meute di «ilii ne imprende il tirocinio. 516 Le stesse ragioni ci portano a discordare dall' autore laddove dei poteri diretti discorrendo , annovera fra questi i magazzeni. Noi crediamo che per nessun modo possano questi ultimi ve- nir designati come diretti poteri di produzione. Alcune cose ancora avremmo a notare, che ci parvero non idoneamente classificate; ma le fatte osservazioni basteranno ad accennare qual sia il sistema, secondo il quale avremmo desi- derato veder disposta la materia; ora faremo qualche parola del modo con cui essa viene trattata. Cosa è la ricchezza? come si produce? che cosa ne deter- mina il valore? queste sono le questioni preliminari, di cui vuoisi presentar la soluzione agli studiosi, che uno si fa ad am- maestrare neir economia politica. Il nostro autore definisce la ricchezza, « tutto ciò che ha » l'attitudine di soddisfare un nostro bisogno, di procurarci un » comodo, od un piacere, » e più sotto soggiunge: (c si ritenga » però che l' idea di ricchezza sussiste da per se stessa senza . » che faccia d' uopo d' associarla a quella di valore. Anzi può » esserci ricchezza senza valore. La ricchezza in fatti consiste » neir utilità delle cose , ed il valore risulta dall' utilità non » solo , ma altresì dalla pena o sforzo che fa d'uopo impiegare » per conseguire l'oggetto utile. Ora ogni qual volta si dà uti- » lità, vi sarà ricchezza, ma non vi sarà valore, se non quando » vi sarà pena , o sforzo per conseguire l' oggetto utile. Un cli- » ma favorevole alla salute è una vera ricchezza , perchè è » utile; ma un clima favorevole non avrà valore, perchè l'uomo » per procacciarselo , o conseguirlo non è obbligato di fare » nessuno sforzo, od alcuna fatica. » Per dimostrare eiTonea l' idea che qui vien data della ric- chezza, noi ricorriamo alle stesse parole dell'autore, colle quali comincia il suo libro. « L' economia politica o pubblica è » quella scienza che insegna come si producano , come si di- » stribuiscano, e come si consumino le ricchezze, e qy.al sia )) // modo da tenersi per trarne miglior partito. » Certo non cadde mai in mente ad alcuno, che fosse oggetto dell'econo- mia politica r insegnare come si produca, si distribuisca, e si consumi un clima favorevole, la luce del sole, o l'olezzo di 517 primavera , che qui pur vengono fra le ricchezze annoverati. L* errore sta quindi nel far consistere la ricchezza nella sola utilità, la quale qualora trovisi inerente ad oggetti indipendenti dall'azione dell'uomo, farà bensì che essi siano un bene, ma non constituirà la ricchezza. — Per dare un'adeguata idea del senso, in cui vien tolta presso tutti gli economisti la voce ric- chezza, gioverà qui addurre la bella diffinizione datane dall'e- gregio sig. Sismondi nell' ultimo suo libro che viene sotto il titolo à' études sur r economie poUtique. Eccola: « La ricchezza » è il prodotto del lavoro umano , che in un col sostentamento » rappresenta tutti i beni materiali, di cui l'uomo desidera go- )) dere , e quei beni intellettuali , ai quali aspira , e cui non » può giungere senza dei primi. » Da questa definizione ap- pare cosa sia la ricchezza, e vien dimostrato doversi essa ri- petere dal lavoro umano. Veniamo alla seconda questione, come si produce? Il nostro autore dice: « Per creare utilità, ossia produi-re, sono necessari » tre elementi, cioè il potere, la cognizione e la volontà. » Divide quindi il potere in diretto e principale , ossia fisico ed immediato , e sotto questa designazione comprende i capitali , li agenti naturali, le macchine, l'associazione ai lavori, la divisione dei lavori , i magazzeni. Poteri mediati , o morali chiama egli la moneta ed U credito. L'avere accennato a questa divisione, basterà per dimostrare in cosa siasi il nostro autore dilungato da quella teoria della produzione che viene generalmente esposta dagli economisti , e come idonea riconosciuta. Diremo ora brevemente in cosa pec- chi agli occhi nostri il suo sistema. Se miriamo a quella prima divisione degli elementi della produzione in potere, cognizione e volontà ; appare chiaramente come 1' autore abbia voluto sa- lire alle prime sorgenti , e sorprendere nei reconditi germi loro tutti quelli atti , di cui consta il concreto fenomeno della pro- duzione. Senonchè spingendo così alto la sua analisi pa^'e a noi eli' ei l'abbia trasportata in una sfera, che non è quella della nostra scienza , e che simili disquisizioni sui primi mo- venti di tuLte le azioni umane appartengano più alla metafisica, che air economia politica. 518 Quanto allo varie tllvlslonì del potere, diremo clic posto per fermo , che dal lavoro umano procede ogni ricchezza, conveniva studiare il processo di questo lavoro, e vedere per quali vie ci giunga agli ultimi suoi risultamenti. Qui ne sembra difettare l'analisi del nostro autore, e mancare d'evidenza l'esposizione che ei fa del suo sistema. Manca infatti agli occhi nostri 1' a- iialisi, laddov'e egli stabilisce i capitali come constituenti per se stessi un primo potere di produzione, senza cercare d' onde essi derivino : il che può indurre idee false , e viziare tutta la se- rie dei ragionamenti che sulla produzione s' aggirano. Una tal ricerca fu intrapresa da tutti gli scrittori d' economia politica, i quali couvetiuero non altro essere ì capitali che prodotti del lavoro umano accumulati e destinati ad aiutare 1' ulteriore pro- duzione. Noi non sappiamo invero perchè una tal sentenza venga dal nostro autore tacciata di sottigliezza. Nuoce poi all' evidenza e reca confusione nella mente il considerare come poteri di produzione quegli altri oggetti che cadono nella subdivisione indicata , giacché essi non sono , e non possono qualificarsi che come mezzi del lavoro , primo ed unico elemento della produzione. Kimane ora il terzo problema: cosa determina il valore della ricchezza? A questa questione accenna l'autore anziché stabi- lirla , e risolverla colle seguenti parole : « la parola valore così » frequentemente adoprata nel linguaggio dell' economia poli- » tica risulta dalla combinazione dì due elementi , cioè dall' u- » tilità delle cose, e dalla pena, o fatica che conviene ìmpìe- » gare per conseguire 1' oggetto utile. Se si toglie uno di questi » elementi non vi sarà più valore ))..».. Di qui si vede chia- » ramente che il valore e la ricchezza sono due cose diverse, » e che due uguali ricchezze possono avere differenti valori. » È dunque errore il togliere il valore per misura della ric- » chezza , perchè se un valore è sempre ricchezza , una ric- y> chezza non è sempre valore. » Ora ne sia lecito il chiedere al chiarissimo autore quale sarà dunque la misura della ricchezza? A che gioverà 1' idea astratta di valore se essa è inapplicabile alle cose che formano 1' oggetto ijeir economifi politica ? Qui sorprendiamo la funesta couse- 519 gtieuTa d' un errore , che avemmo a notare nella dldìnizione della ricchezza, quale ci venne data dal nostro autore. Ma s6 all'incontro adottando la diffinizione da noi sopra ar- recata del sig. Sismondi, si stabilirà come principio fondamen- tale, che la ricchezza è il prodotto del lavoro umano, chiacq emerge che la parola valore non sarà più una mera astrazione, ma applicata ad una cosa qualunque sarà la determinazione della quantità di lavoro impiegato alla produzione di quella cosa. Il valore poi delle cose segna le proporzioni in cui esse vengono cambiate fra di loro , o il loro prezzo : e però in ul- tima analisi il lavoro sarà la misura del valore delle cose, ossia delle ricchezze. Giacché come dice Smith neW origine delle so" cietà j il lavoro pagò ogni cosa , e fu la prima moneta * i . Il seguire passo a passo il nostro autore in tutta la carriera da lui percorsa, ci trarrebbe oltre i confini di nn articolo di giornale : però noi raccogliendo in alcune considerazioni gene- rali quanto ci rimane a dire sul libro che annunziamo, ci affret- teremo oramai a conchiudere. Commendevole è la cura posta dall' autore nel diligentemente annoverare tutti quei fatti che si propongono allo studio dell' economista , dei quali ragiona talvolta con posatezza di senno , ed acume d' ingegno. Se non che avremmo desiderato , che ordinandoli talora più rigorosa- mente per categorie, avesse premesso all'enumerazione, ed al- l' esame dei medesimi 1' esposizione di quei principii generali , che dominando tutta una serie di fatti analoghi ^ formano il nesso che collega tra loro le varie parti della scienza ,' e dai quali deve derivare ogni ragionamento, o giudizio che di quelli si faccia. Il procedere per saggi staccati da un soggetto all' altro, e r ispirarsi dall' individua natura _di questi è metodo fallace , che oltre al fare ingombro di difficoltà agli studiosi , conduce spesso a dettar sentenze erronee, e contraddittorie. Nel discorrere le varie specie di tributi , e di tasse notammo come r autore non s' acconteatando all' indicare quelle fonti del pubblico provento, digredisca sovente a parlare della giu- *i Capo IV. del prezzo reale e nominale delle mercanzie, e del loro valore in lavoro, ed in danaro. 520 slizia ed iilililà loro, lasciando iiiconfulatL gli argomenti dei più rinomati scrittori , dai quali dissente. Che ciò a lui vie- tassero i limiti di un'opera elementare, noi teniamo per fermo: ma ne pare che la stessa ragione consigliasse di non entrare in un aringo , ove non poteva le proprie opinioni coi debiti ragionamenti avvalorare. Il che potrebbe dar luogo alla mali- gna accusa d'aver egli ad una discussione di principii sostituito una fastidiósa apologia del fatto. Lo stile è generalmente piano e lucido -, quale si conviene ad un'opera destinata ad insegnare una scienza; ma fummo do- lenti in vedere come nelle note consacrate a refutare opinioni a lui non accettabili trascorra sovente nella declamazione e nell' invettiva contro autori , cui una meritata fama di dottrina deve conciliare non cieco assentimento ai loro dettati , ma estima- zione almeno, e riverenza. Né giova tacere i nomi qualora si ci- tano le opere: e queste sono, la Dio mercè, fra le mani di tutti. Un ottimo libro elementare di economia politica manca ancora all'Italia, e ciò che possediamo di meglio in tal genere sono \i elementi dì Giacomo Mill tradotti, e regalatici da quell'ani- ma buona di Ferdinando Arrivabene, che sulla terra straniera conforta i proprii dolori consacrando V ingegno al benefizio della patria. Ma quel volumetto in cui sta condensato quanto fu scritto in centinaia di volumi esige tal serietà di studio , che difficilmente diverrà popolare fra noi italiani , usi a fasti- dire le intense meditazioni , e dal lento progredire più che dall' inerzia abborrenti. Frattanto noi facciam plauso al sig. Deroarese d'aver tentato di riempire questa lacuna; e se a taluno sembrerà mancare al suo libro alcuna fra le condizioni necessarie per attingere la meta proposta, nessuno certo saravvi che in esso non apprezzi, ed onori l'opera e l'intento d'uno zeloso e buon cittadino. • M. M. 521 DIZIONARIO Geogra/fco-Storico- Statìstico- Commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, compilato per cura del Prof. Goffredo Casalis Dottore di Belle Lettere. Torino. — Presso G. Maspero librajo. Or son circa tre anni , che V egregio signor Professore Ca- salis concepiva nella sua mente l' idea di quest' opera , e con queir alacrità , che nasce da vigoria d' ingegno e da efficacia d' intento , con quella modestia che induce negli animi gen- tili r antiveduta difficoltà d' un' ardua impresa, con quella fiducia, che ispira la coscienza d' una generosa intenzione met- teva mano al suo lavoro. Saldo nel suo proposto , infaticabile nel suo adoperarsi , da nessun ostacolo scoraggiato Quasi torrente c'aita vena preme egli attese a condurre innanzi l' opera sua , e a rispondere degnamente a quella espettazione , che 1' annunzio d' un'opera così nobile e vantaggiosa aveva negli animi di tutti susci- tata. Copiosi di molta dottrina storica e statistica assennata- mente oi'diuata , ricchi di peregrine notize, forti di numerose pagine si succedevano gli uni agli altri i fascicoli , e paga non solo , ma ben anche superata fu alcuna volta la comune espettazione. E al benemerito autore di quest'opera rendevano a mano a mano debito onor di lode , e crescevano coi loro suffragi animo e lena più letterati di gran pregio , e molti riputati giornali in Italia e fuori , tra' quali la Biblioteca Ita- liana * I all' apparir del primo fascicolo giudicava questo lavoro un eccellente modello proposto all' imitazione di tutti i par- ziali corografi presenti e futuri. Or son pochi giorni usciva a luce il fascicolo undecimo occupato quasi intieramente dal 'i Aprile 1834. — N. CCXX — pag. 2o5. 522 due articoli — Carmagnola e Casale — per ricchezza e ra- rietà di notizie notabilissimi. Con questo fascicolo ha suo com- pimento il volume terzo dell'opera. Le notizie della storia patria , le quali tanta parte occupano neir opera del sig. Casalis , e ne fanno uno de' principali or- namenti , sono state dall' ultima metà del secolo passato fino a' dì nostri con grande studio e fatica ricercate , raccolte , or- dinate e poste in luce da prestanti ingegni piemontesi , di cui con quel nobile sentimento di stima e d'amore , che accende gli animi generosi verso coloro , che ne' medesimi studj adope- randosi gli han preceduti , faceva onorata menzione nella pre- fazione della sua opera il sig. Gasalis. Di bello ed utile intento voglionsi meritamente commendare coloro , i quali rivolsero il loro ingegno a suscitare dall' obblio , e a diseppellire da queir oscurità, che s' era sopra loro addensata le patrie me- morie ; perocché lodevole cosa fa ugualmente chi opera in vantaggio della patria , e chi le cose passate di lei prende per comune ammaestramento a narrare. La memoria delle cose fatte e seguite dentro la patria pei tempi andati debbe siccome cara ed utde eredità con particolar studio ed amore mantenersi e perpetuarsi ne' posteri. In quelle si nascondono spesso le cause di molti etfetti presenti , le ori- gini di molte instituzioni , che pervennero fino a noi , le ra- gioni d' alcuni ordinamenti , i quali sorti da piccoli principi crebbero col tempo , e produssero notabili risultati. Nelle me- morie delle cose nazionali trova ognuno qualche cosa che gli si appartiene , che particolarmente lo muove o diletta , e gli alimenta il cuore o 1' ingegno. Ond' è che se 1' ignorare le cose altrui è trascuratezza , 1' i'gnorare le proprie è danno , e vergogna. Ma, scrive il Machiavelli *i , se nessuna cosa di- letta o insegna nell' istoria è quella , che particolarmente si descrive. Ond' egli ebbe a rimproverare due storici eccellenti , che lo precedettero d' avere nelle loro storie delle cose seguite dentro Fiorenza una parte al tutto taciuta , l'altra troppo bre- vemente toccata. Per questa particolar descrizione delle cose è *f Delle istorie Fiorentine. 523 massi raaiTien te commendabile l'opera del sig. Casalis, e s'avvan- taggia forse sopra alcuni altri scritti intorno alle cose patrie fi- nora pubblicati , i quali o per essere storie generali dell'intiero paese, o rivolti soltanto a chiarire qualche speciale materia, o per difetto alcuna volta di documenti , o per le severe leggi della dignità storica non poterono discendere a tutti que' particolari, cui la natura dell' opera , e la somma diligenza usata dal sig. Casalis nel procacciarsi da ogni parte le più acconcie ed esatte notizie gli consentì di poter raccogliere , e pubblicare. Quindi è che ne' varj articoli di questo dizionario l'illustre autore ha unito insieme colla narrazione delle cose più importanti i più minuti ragguagli, le più piccole particolarità storiche , che potes- sero spandere qualche luce sul suo soggetto; ha toccato d'ogni monumento d'arte, d'ogni avanzo d'antichità; ha fatta me- moria d'ogni illustre personaggio, che onorasse il paese , dove nacque ; ha discorso d' ogni instituzione civile e religiosa ; ha egli inoltre tenuto conto delle tradizioni , nelle quali spesso si contengono molti , ed importanti schiarimenti ; né ha la- sciata indietro alcuna benché piccola terricciuola. Egli procede nella sua materia con tale ordine e modo , che, secoudochè essa il richiede , ora s' innalza narrando a tutta la nobiltà della storia, ora discende al minuto parlicolareggiar della cronaca senza che ne nasca perciò disformità , o disconveue- volezza di sorta. Tra tanta copia ed ampiezza di materia ne basti l'addurre, siccome prova della verità delle cose da noi asserite, gli arti- coli di Carmagnola e Casale , nei quali l'autore facendosi da tempi remotissimi adunò tale e tanta dovizia di notizie stori- che , che attraverso l' oscurità de' mezzi tempi , e le fortunose vicende de' secoli posteriori chiara, concisa e nondimeno com- piuta emerge in ogni sua più picciola parte la storia di quelle due cospicue città. Né è qui da omettersi , che quasi tutte quelle notizie che appartengono alla storia di Carmagnola furono dall' autore desunte con quella critica , che la consuetudine di così fatti studj ha in lui grandemente aillnata 'da vecchi mano- scritti inediti ed in gran parte ignorati ; cosicché si può dire , che quel sunto di storia Garmaguolese fu da lui primo costrutto 524 ed ordinato ; il che cresce pregio e lode alla sua fatica. E seb- bene questo abbiamo qui particolarmente notato sul proposito di Carmagnola; potrebbesi tuttavia affermare ancoia di moltis- simi altri articoli di questo Dizionario , a comporre i quali poco sussidio ebbe l'autore dalle scarse notizie da altri prima di Ini pubblicate. E nello stendere i sunti storici de' vari paesi egli pose mente a far s\, che le cose si rispondano le une alle al- tre, ed abbiano insieme un qualche vincolo, che le congiunga: onde ogni articolo ha per cosi dire il suo addentellato , che corrisponde a quello d' un altro. Disposte in tal guisa le fila della narrazione, che facilmente si possono le une alle altre annodare, ne seguita che le diflerenli parti, onde si compone r opera del sig. Casalis , potrebbero all' uopo senza troppa fa- tica essere riunite in un corpo generale di storia. Le notizie storiche le quali formano la parte principale de- gli articoli di quest' opera , sono precedute da alquante nozioni geografiche indicanti di ciascun luogo la sua situazione, le qua- lità del suo territorio , i capi d'acque correnti , o ruscelli , o torrenti , o fiumi , l'andar de' monti , e de' colli ; de' luoghi principali infra quali gradi di longitudine , e di latitudine ci si ritrovino ; di qualcuno la figurazion della pianta. Con tutto ciò la parte geografica dell' opera del sig. Casalis potrebbe per avventura giudicarsi alquanto scarsa in comparazione della ric- chezza della parte storica. La giacitura de' luoghi , lo sparti- mente de' territorj secondochè si trovano o distesi in piano , o all' erta o ingombrati di monti , l'altezza , la situazione , e la direzione del correr di questi , e colali altre particolarità geografiche, le quali giovano mirabilmente a determinare la coudizion fisica de' luoghi , la natura de' climi, e la loro diffe- renza avvegnaché piccola da luogo a luogo non ne pajono ab- bastanza ampiamente descritte. Dobbiamo qui per altro ad onor del vero affermare , che le nozioni geografiche contenute in quest'opera sono^'alcuna volta copiose e peregrine, e supe- rano quanto s' è fatto finora in opere di simil guisa. Di che sono prova tra gli altri gli articoli: Alpi, Appennino j Bormida. Ma compiuta quant' esser poteva , ed esatta è la parte di quest' opera , che visguarda la statistica. Di ciascun luogo 525 r egregio autore ha partilamciite indicato a quali prodotti sia più o meno atto il territorio , quale sorta d' industria vi si possa eoa maggior frutto esercitare , o quella, die i politici economisti chiamano agricola , o la manifatturiera , o la com- merciale , di quale, e quant' utile ciascuna sorta d' industria risponda , o possa rispondere ne' diversi luoghi, additando, dove era hisogno , que' perfezionamenti industriali che possono ac- crescere la quantità, e l'utile de' prodotti. Annoverando i di- versi generi d'industria, o d'agricoltura, o di manifattura , o di commercio praticati ne' varj luoghi secondo la loro situa- zione , e la natura del loro territorio, l'autore discese ai più minuti particolari , toccò d'ogni più umile esercizio industriale, ne omise alcuno eziandio se piccolissimo prodotto, di cui si forma , e s' alimenta ogni ramo d' industria. Egli ben sapeva come non tanto dalle grandi intraprese , quanto dalle più pic- cole e minute Vuoisi giudicare dell' industria d' una nazione. «Non si dispregi, scrive il Say *i , alcuna delle diverse ma- niere d' esercitare i diversi rami d' industria 5 perocché v' ha tra di loro la più perfetta analogia , e dal non tener conto di questa derivano bene spesso le false idee , che si hanno dell' industria de' popoli. Si giudica , che una nazione non abbia industria manifatturiera , quando non si veggono in essa im- mensi laboratorj ,• si crede , che essa non abbia commercio , quando ella non copre i mari delle sue navi. Chi per contrario ben considera potrà facilmente convincersi che anche presso i popoli più industriosi i grandi laboratorj formano la minor parte delle loro manifatture , e le numerose navi la minor parte del loro commercio. » I copiosi dati statistici , di che l'illustre autore arricchì la sua opera, gioveranno grandemente e all'eco- nomìa politica , la quale sovr' essi debbe principalmente fon- darsi , e alle diverse classi di persone industriose , che impa- reranno ad apprezzare , ed a rendere insieme il più che si possa profittevole 1' esercizio de' diversi rami d' industria. Uno scopo generoso , che il sig. Gasalis si propose nella sua opera , e che da essa manifestamente traspare si è quello di *i Cours compiei d'economie pcjlilique. 526 conciliare , di legare gli uni agii altri, e dì fondere diremo quasi insieme in un comune intento di vicendevole e pubblica uti- lità i diversi abitatori di questa monarchia. Pur troppo ei fu un tempo , e non molto lontano , in cui percorrendo le prò-' vincie dì questa nostra bella contrada non si poteva a meno , che rimaner contristati veggendo gli abitanti d'una città, d'una provincia divisi d'animo più che di spazio da quelli d'un'altra, e tutto intenti agli interessi del loro paese, o delle classi acuì appartenevano nulla curare 1' interesse comune della nazione. « Certamente, scrive il Say *i, un uomo, che non s'interessasse alla sua famiglia , al suo comune sarebbe colpevole ; è anzi da credere , che il mantenimento della società dipenda dalla cura , che se ne prende. Ma bisogna , che questa cura s' ac- cordi cogli interessi generali , e una certa dose di lumi è in- dispensabile afilnchè si comprenda fino a qual punto questi interessi si confondono. » Questi lumi il sig. Gasalis s' è ado- perato di spanderli nella sua opera. Egli ha fatti accorti gli abitanti delle diverse provincie , che 1' universale consenso di tutti ad un medesimo scopo di pubblica utilità è la principal sorgente del ben essere d' una nazione. Ha cercato di cancel- lare dagli animi di tutti quelle misere ruggini, che gli uni da- gli altri alienavano. A tutti ha compartita egualmente la loro debita parte di merito , e d' onore. Lode all' egregio scrittore per questo suo generoso intendimento. Dire ora quali e quante fatiche abbia dovuto durare il sig. Gasalis nel raccogliere da ogni parte i documenti necessarj a cotant' opera , nello sceverarne il vero dal falso , il buono dal cattivo , neir ordinare si vasta materia , e condurla tant' oltre sarebbe cosa inutile. La ricchezza, la varietà, la mole della sua opera troppo apertamente il dimostra. Prosegua egli nella magnanima sua intrapresa , ed abbiasi meritato compenso alle sue faticlie, la lode e la riconoscenza de' suoi concittadini , la coscienza consolatrice d'uno scopo utile e generoso , e il pensiero , che tanto lusingava il Chiabrera di lasciare di sé onorato seguo d' essere vissuto. *i Opera citata. G 527 COSIHEDIE DI AIVGELO BllOFFERIO (Torino, i835. Tipog. Chirio e Mina). Avvisava Goldopi che un autore drammatico ( purché non affascinato, né fanatico) dopo aver assistito ad una discreta esecu- zione di una sua produzione, doveva esserne il miglior giudice: tali invero furono Molière , Goldoni , Alfieri , Metastasio e molti altri. Stavasi Alfieri al teatro Carignano tutto accigliato e mal con- tento fra gli applausi di una delirante platea , e tali applausi non bastavano a persuaderlo essere la sua Cleopatra una buona tragedia. Rossini fra i fischi ed i romani schiamazzi senza scomporsi con incredibile flemma vaticinava, che il suo Barbici e di Siviglia montava allora in diligenza per fare il giro dell' Europa , ed il suo vaticinio non tardò ad avverarsi. Il non abbastanza celebrato Bellini alla prima rappresenta- zione della Norma, che fu alquanto fredda, non cessava di dire con quel piglio modesto che gli era naturale: a eppure è questa la meglio opera che io m' abbia fatta , » e non s' ingannava ; alla seconda rappresentazione il pubblico della Scala già gli rendeva la dovuta giustìzia. Questi , ed altri simili fatti com- provano che ben spesso gli autori sono i migliori giudici delle loro opere. Al sig. Brofferio fu dato di vedere le sue commedie recitate, e replicate dalla più valente compagnia d' Italia , onde potè formarne un giudicio , e questo volle porre in fronte alle sue opere. Da esso si scorge che l'autore è ben lungi dall'essere af- fascinato sul proprio conto ; e se ad alcuni parve anzi che no 528 severo sugli scritti altrui , vedranno altresì che egli non fu più indulgente con se medesimo. Sentitelo — a Erano sette anni che io non aveva più vedute » le mie commedie, mi era dimenticato di essere stato una » volta poeta comico 5 disotterrati un giorno i miei scartafacci » presi a rileggerli come opera di un altro 5 debbo io, o let- » tore, dichiararti la verità? Le mie povere commedie non mi » parvero più quelle, e mi rincrebbe di averle scritte: trovai » che esse possono in qualche modo dilettare il lettore , e » dalla scena passabilmente rallegrare , ma trovai altresì che » nulla havvi in esse da far procedere neppur d'un passo l'arte » drammatica. Esse non sono che una riproduzione delle ispi- » razioni medesime , che dai tempi di Goldoni vennero più o » meno bene espresse sino al giorno d' oggi. » » Goldoni creava la commedia dei suoi tempi , quella dei » tempi nostri è ancora da creare, e nelle arti chi non sa, e » non può essere creatore, deve ritirarsi dall' arena. Se io po- » tessi scrivere attualmente ben altra sarebbe la via che vorrei » aprirmi innanzi , potrei non arrivare alla meta, ma dovendo » cadére , cadrei sulle mie proprie orme. Tutto ciò deve av- » vertirti, o lettore, che le mie commedie hai a riguardarle » come vero scherzo, e nulla più 5 e perchè dirai tu stamparle? V Perchè sventuratamente già furono contro il voler mio stam- » paté qua e là con tanti errori, con tante mutilazioni da far » pietà anche ad un autore che le ha ripudiate. Per questo, » poiché r occasione si è presentata , ho creduto opportuno » che fossero correttamente pubblicate sotto gli occhi miei j » così almeno esse appariranno vestite soltanto dei proprii di- » fetti senza il corredo dei difetti altrui. » » Lettore, io non chiedo né grazia, nò compatimento: se tu » dirai che queste commedie ti paiono cattive , rammentati » che io 1' ho detto prima di te. Sta sano. » Dopo un sì spassionato e laconico giudizio dell'autore sopra produzioni scritte nell'inespertissima età di vent'auui ben poco ci rimane a dire che in sua difesa non sia 5 poiché siamo d'avviso che le produzioni dei nostri scrittori teatrali si debbono con più indulgenza considerare che alcuni non fanno : in ciò assai più giù- 529 sto e veggente apparendoci il nostro pubblico, il quale di buon grado incoraggia ed applaude a quel poco clie un autore può ad esso offrire. Che grande, immensa sia la difficoltà di scrivere attualmente in modo che si ottenga il diletto, e l'utile uni- versale ben ce lo appalesa il significante silenzio di Nicolini , di Manzoni, e di Pellico. E questo istesso silenzio lo si ser- bava pur anco il Nota, se non che egli era un silenzio gravido di opera, mentre si rompeva in una pubblicazione contempo- ranea di sei nuove commedie. E ben vorremmo che il silenzio di quei sommi italiani fosse come quello del Nota , e celasse un lavoro incessante , senza poi mai che quella fecondità ve- nisse a far scapitare la bellezza dei parti medesimi, ne a spun- tare la forza ci'eativa degli autori. Questo voto iikoi il facciamo, perchè nelle produzioni drammatiche soprattutto di uno stesso autore non è raro vedere un sensibile indebolimento , sia che r ingegno abbia anch' esso una legge di consumazione e di decadenza, sia che gli ufficii , e le relazioni dell'età virile mal si convengano alla svegliatezza , ed all' indipendenza dell' arte , oppure che lo spirito di osservazione si arresti ancora sopra una società che passa, e che si muta 5 certo è che le compo- sizioni teatrali di uno stesso autore non si mantengono sempre in un grado eguale di eccellenza, e di perfezione. Esempi di questo fenomeno letterario possono essere Scribe ed Alessandro Dumas in Francia , ed in Italia il Pellico ed il Nota. Qual diversità infatti fra il Corraclino e la Francesca, la Donna irrequieta e la Fiera , lo Sposo di Provincia e la predava in Solitudine ? Ma venendo alle commedie di Brofferìo le divideremo in due classi, l'alta commedia storica, e quelle d'intrigo e di giuoco. Fra le prime devonsi annoverare il Salvator Rosa , e- V Angelica Kauffman: nella prima il sig. Brofferio ci pare inferiore al suo argomento. Che interessante quadro di quei tempi , quali grandi figure del carattere italiano, quanta novità non potevagli offrire questo soggetto? Ma Brofferio doveva scrivere per il teatro ita- liano , e perciò non diede che lo scheletro di Salvator Rosa , come tali pur sono il Tasso, il Petrarca e Laura, e l'Ariosto del Nota. Tuttavia non si può negare a questo dramma un 3f 530 sufficiente effetto scenico. Il Tìrabosclii gli somministrò l'antitesi del poeta contadino , di cui seppe 1' autore trar mirabile par- tito. I dialoghi fra Salvator Rosa ed il poeta sono pieni di motti arguti e satirici , die gli fanno perdonar la debolezza dell' in- treccio , ed alcune storiche inesattezze che però contribuiscono ben poco a dare una più parlante idea del protagonista. Neir^ng^e//ca Kauffman ci presenta un' ingenua artista inna- morala della sua professione , cozzante coi tempi , con se mede- sima, vicina ad essere vittima della sua inesperienza. In questa produzione introdusse un personaggio di molto interesse, che l'autore con amore, e con particolare fedeltà ritrasse. E Giu- seppe Baretti l'autore della celebrata Frusta letteraria. In pa- recchi squarci si studiò di farlo parlare colle stesse parole usate dal Baretti, che veramente il caratterizzano. Spira in questa produzione un amore pel grande, pel bello, pel giusto che fanno un elogio come all'ingegno , così al cuore dell'autore. Questo è il genere a cui pare più atto il vivace talento del sig. Broffe- rio. Questo è quel genere di commedia che dovrebbe da lui , e da quanti si sentono vocazione per l'arte drammatica venire con assidui sforzi coltivato. Ella è difatti la commedia storica che come il romanzo storico può farci assistere allo spettacolo delle vicende trascorse , farci vivere e conversare coi nostri maggiori , partecipare ai loro diletti , ed ai loro dolori , scher- zare sui vizi che rendono ridevoli agli occhi nostri quelle so- cietà, ma che nel tempo stesso ci fanno riconoscere le virtù che possono renderle rispettabili alle susseguenti generazioni. Insomma la commedia storica meglio d'ogni altro genere dram- matico può ammaestrarci, e commoverci coi contrasti, e com- piere r ufficio del teatro , che fu e sarà sempre quello di di- lettarci nello stesso tempo che cerca di renderne migliori colla rappresentazione della vita reale, dipinta coi colori di un'epoca che non abbiamo veduta , e con quelli dell' epoca di cui noi stessi siamo attori , e spettatori. Air altro genere poi così detto d'intrigo appartengono il Mio Cubino ed il Vampiro , produzioni , in cui tutto il pregio sta nella vivacità dei dialoghi , e nei frizzi. Senza avere un alto scopo non mancano però mai di piacere sulla scena , e le molte 531 rappresentazioni clic ebbero fauno abbastanza fede della loro piacevolezza. V* ha poi chi pretende essere il Mio Cugino imi- tato da una commediuola di MelesvUle , intitolata Vylmaìitc timido, ma questo è il solito argomento che si mette in campo quando si vuol tarpare la fama ad un autore di commedie — Tolta dal francese — si suol dire quando non ci sì trova altro a ridire. Per quanto però io m'abbia fatto non mi venne mai veduta una tale commedia, e credo che nell'attuale smania di tradurre se veramente esistesse, e fosse migliore del Mio Cugino ce l'avrebbero già regalata. Se poi l'imitazione è migliore dello originale , facciam voti perchè tutti imitino in tale maniera. // J^ampiro non ha scopo di sorta , e non ci parve adatta ai tempi nostri, pure essa piacque al suo comparire, e strappò le risa del pubblico, prova è questa che Brofferio è autore co- mico, poiché sa coi soli frizzi, e colla vivacità del dialogo soste- nere per cinque atti una commedia. V ha poi chi disse essere il quarto atto copiato dalla Conversazione al buio, altri dall'Ozioso: ma qual è l'autore che necessitato a toccar sempre le stesse corde non incappi in situazioni di altre conmiedie ? Con tale occhio considerate la maggior parte delle commedie di Nota, e trove- rete delle intiere scene tolte dal Goldoni, e così dicasi pure di molte dello Scribe quantunque ben diversa sia la sua condizione da quella dei nostri scrittori. Imperocché dopo che la comme- dia antica sparve per sempre dall'attuale civiltà, e le moderne società presentano per chi le guarda superficialmente quasi dap- pertutto lo stesso colorito , egli è ben ditllcile di non riprodurre sul teatro gli stessi accidenti. 11 poterli svariare è un altro van- taggio della commedia storica, oppure è privilegio di quei pochi che sanno osservare tutti i lati più reconditi dell' umana na- tura, penetrare i fenomeni tutti della condizione sociale, e co- glierne sul fatto i contrasti più palpitanti , e le infinite loro combinazioni. Sino a qual grado il BrofFerio possegga questa prerogativa , solo può dirlo chi farà un attento confronto tra le sue com- medie, e quelle dei più recenti autori francesi. Ed ove da tale confronto l'inferiorità si dichiari per il nostro autore, rammen- tisi ch'essa gli è comune con Nota, e con lutti gli nitri iciil- 532 tori comici d' Italia dei di nostri, forse perchè in oggi in Italia mancano i costumi proprii ed originali , o quel vivere sciolto, disuguale ed appassionato , quella spensierata voglia di ridere che inspira gli autori comici , assai meglio che una simmetrica su- perficie di maniere, e di costumi uniformi. Del resto se Brofferio alla vivacità, ed all'attivo sale delle sue commedie avesse aggiunto un alto scopo , se cioè fossero quelle state necessitate più da un morale bisogno , che non al mero sollazzo destinate, Brofi'erio invece di essere piacevole au- tore , sareLLe benemerito scrittore. Ma anche questo già disse l'autore, che se potesse scrivere attualmente ben altra sarebbe la via che vorrebbe aprirsi dinanzi. Siaci pertanto permesso di conchiudere che ravvisando negli scritti del sig. Brofferio, brio, vivacità, e sale comico, cono- scenza sufficiente dei tempi, e dell'effetto scenico, riconoscendo in lui una mente logica ed arguta , e stimandolo conoscitore capace dei più vasti ufficii dell' arte , noi non dubitiamo di affermare che il suo allontanamento dalla scena fu una vera per- dita per il nostro teatro , e desideriamo sinceramente che le presenti sue infedeltà a Talìa , per proprio disgusto, o per gli importuni sconforti altrui non si cangino in un perpetuo divorzio. A. Z. 5 "TP' ito DEGLI SCRITTI DI TOMMASO ARCIDIACOIXO DI SPALATO Storico del secato XIII. Dirimpetto alla costa orientale d'Italia , divisa da questa di piccolo spazio, quanto si stende in larghezza l'Adriatico è si- tuata la Dalmazia , di cui è città principale Spalato posta in sulla riva del mare. In quel furioso agitarsi, e rimescolarsi di popoli , i quali sospinti di sede in sede tutto scossero , e tur- barono ne' secoli di mezzo 1' occidente, la Dalmazia fu non meno che l'Italia straziata dalla ferocia de'barbari. Goti, Unni, Slavi , Ungheri la corsero successivamente , struggendo e pre- dando quanto si parava loro dinanzi : poscia la tenebra della barbarie s'addensò sopra quelle rovine, e tenne per lunga età le menti avviluppate. Nel secolo XIII. allorché 1' Italia con uno sforzo generoso , che fu come il segnale del risorgimento ai popoli decaduti , dava opera a ravvivare la face delle lettere, e a diradare l'oscu- rità barbarica, la vicina Dalmazia s'accendeva anch' essa al rag- gio dell'Italica luce, e cominciava a produrre qualche frutto non ignobile di letteraria coltura. In questo secolo visse lo storico di cui qui si ragiona. Per esser egli poco universalmente conosciuto, e perchè le anti- che , e veraci sorgenti storiche si debbono a comune utilità e di chi legge e di chi scrive additare , abbiam creduto oppor- tuno farne qui qualche menzione. Nacque Tommaso in Spalato l'anno laoo. Studiò teologia, e giurisprudenza in Bologna, che in quel tempo aveva di sa- pere grandissima fama. Quivi il dì i5 agosto del 1221 udì recitarsi da S. Francesco d'Assisi un discorso, dove con elo- quenza che in quell'età parve più che comune ragionava delle 554 tre specie di crealui'e razionali. Questo fatto, siccome degno di memoria ricorda egli nel capo XXVII. della sua storia. Ricon- dottosi in patria nel 1223 fu poco tempo dopo fatto arcidiacono della Chiesa di Spalato. La sua vita fu per alcuni anni com- battuta da casi avversi , che noi qui , non essendo nostro pen- siero scrivere una biografia , volentieri omettiamo. Di lui rimangono due storie: la maggiore e la minore scritte amendue in lingua latina, la quale mantenuta in questi secoli dal Clero , fu poscia il vincolo , che rannodò i secoli seguenti alla letteratura antica. Per quello che s' appartiene alla prima i molti errori, che in essa occorrono, la fecero giudicare dal Lucio in parte , dall' Ughellio e da Valerio de Ponte in tutto apocrifa. Il Dumaueo mostrando quegli errori essere derivati dagli amanuensi prese a sostenerne la veracità. Considerando le cose dette dagli uni e dagli altri in cosiiTatta controwersia , nacque in noi un cotal dubbio, che la storia maggiore fosse per avventura un primo tentativo fatto dall' Autore , che co- lorì poscia meglio il suo disegno scrivendo la minore , la quale con miglior disposizione e con più sana critica , sebbene con alquanta più ristrettezza, percorre gli stessi tempi, narragli stessi fatti , distendendosi alcuni anni più oltre colla sua nar- razione. Della storia maggiore tre copie esistono in Roma : nel collegio della Propaganda, nell'archivio Georgiceo , e nella Bi- blioteca del Cardinal Barberini. Incomincia essa dal primo se- colo dell' Era cristiana e precisamente da S. Doimo, primo ve- scovo di Salona, e si stende fino a Pietro X, arcivescovo di Spalato, clic mori nel 1190. La storia maggiore è poco nota fuori degli scaffali d'alcune private biblioteche. Molto più conosciuta e più riputata è la storia minore, la quale comprende eziandio un maggiore spazio di tempo en- trando nel secolo XIII. fino ai primi anni dell'arcivescovo Ro- gerio. Ella s'intitola: Historia Salonitanorum ponti/ìcum, atque Spalatensium , cui si aggiunge una piccola appendice che ha per titolo : Memoriale honae memoriae Domini Thomae quon- dam Archidiaconi Spalatensis. Fu fatta per la prima volta di pubblica ragione uel i668 in Amsterdam da Giovanni Lucio coi tipi del Bleu secondo la recensione del dotto Patrizio Spa- 535 Ialino Pietro de Cindris, il quale nel ogpiusieme cogli scritti di Mica Madio, e del de Cutheis rldussela a miglior lezione. Venne ella in seguito pubblicala dallo Schvardtner nella sua opera intitolata: Scriptores rerum Hungaricariim, di cui in un cogli altri autori editi dal Lucio forma il terzo volume. Mattia Belio socio dell' accademia di Londra , Berlino , ed Olmùtz in una sua dotta dissertazione premessa a quell'opera vendica lo storico Dalmata da alcuni rimproveri mossigli contro dal Lucio. Etsì persaepCj così scrive il Belioj lentis iiwectivis in T/iomam utitur . . . tamen non se potest abstinere ^ quominus opiniones passim Thomae suas facere j et vel in textu emendare j vel in notis, quas concinnas in eum scripsitj ad veri rectique trami- tem revocare suscipiat. Qitomodocumque existimaverimus de Thomae liistoriaj de rebus tamen Croaticis et Dalmaticis egre- gie meritum fateamur oportet, in primis si eruditae illi aequa- nimitati nos permiserimus _, quae in toto scriptionis Archidiaconi mirum in modum elucet. Projecto si carendum Thomae hac historia esset ^ multa passim liquida luce orba quadamtenus existerent. Di questa storia furono fatte due versioni italiane , le quali si credono tuttora inedite. Ella è divisa in LL capitoli: della Dalmazia in genere e di Salona in ispecie. S. Doimo discepolo di S. Pietro in Dalmazia , e S. Domnione. Edificazione di Spalato. Glicerio e Natale vescovi di Salona. Assalto , presa e distruzione di Salona. Fuga de' Salonitani all'Isole. Loro ritorno a Spalato. Giovanni di Ravenna primo arcivescovo di Spalato. Venuta degli Ungheri. Esenzione de' vescovi della Dalmazia superiore. Gli Ungberi prendono la Dalmazia , e Croazia. Tradimento di Manasse. L'arcivescovado di Zara sotto il patriarcato di Grado. .... Prima presa di Zara. Passaggio di Andrea figlio di Bela III Gargano podestà. Reggenza di Gargano. Sua guerra coi pirati. Peste dei Tartari. Loro na- tura. Fuga degli Ungheri. Scelleranza dei Tartari .... Seconda presa di Zara. Guerra tra Spalato e Tran ecc. ecc. Questa storia non è certamente da giudicarsi cosa perfetta. Ma ella ha il pregio della veracità consentitole da scrittori dot- tissimi, e diffonde molta luce sulle cose della Dalmazia. Consi- 556 derantlo I' età in cui essa fu scritta voglionsi compatire in parte que' difetti , per cui fu dal Lucio censurata intorno all'or- dine della materia , allegarne degli avvenimenti , alla diligenza cronologica. In quanto alla lingua se ella non è dettata con ele- ganza, e squisito sapore di latinità, non è nemmanco scritta con quel barbaro latino , che è proprio delle scritture di que' tempi. Di questa storia parlarono con lode il Dumaneo ( Sjnopsìs Illus. Spalai. ) , il Bergnio ( De Thoma Archici. ) , il Belio ( In praefat. ad opus Sc/wairltner ) , lo Scbvardtuer (^Scrìptores re- rum Hungaricaruin ), il Lucio (Z>e regno Dalniadae et Croaliae), il Gavagnini ( Descript. Spalai, ciuil. ) , ed altri che soverchio sarebbe il riferire. O. POESIE DI GIORGIO BRIAN© da Carcare. Torino, tipografìa Favate, i836, Quella parte eletta dell' italiana gioventù , cui la natura ha destinata all'amore, ed al culto delle lettere, suole per lo più esordire dalla poesia. Le prime faville annunziatrici di quella maggior fiamma , che debbe più tardi in lei suscitarsi , e dif- fondere ampiamente la sua luce, sogliono essere faville poetiche, che r interno afi'etto elice dall' accesa e concitata imaginativa. Sotto questo cielo d' Italia cosi splendido e puro , in mezzo a 537 . quest' aure lucidissime ed avvivatrici, su questo suolo si lieta- mente abbellito dal riso della natura , tra tante e sì illustri reminiscenze de' giorni antichi , pare che ogni anima gentile in su quella prima fervida età, che più d'ogni altra è dispo- sta alle subite e veementi impressioni, debba di necessità es- ser poetica, e che le primizie d' ogni ingegno italiano offerte alla sua bella e dolce terra natale abbiano ad essere fiori de- licati di poesia. La giovinezza delle menti nobili italiane è un' età d' ardore , di sentimento , d' ispirazione ; è un' età poe- tica. Ond'è che pare a noi ingiusto il lamento d'alcuni, i quali si dolgono che in Italia troppo soprabbondino le poesie. Egli è come rimproverare a' suoi colli il soverchio lusso di pampini, e d'olivi, i troppo pingui colti a' suoi piani ubertosi, alle sue valli la soverchia pompa d' acque, e di fronde. Nessuno creda perciò , che noi vogliamo qui farci esortatori all'italiana gioventù che si rivolge a coltivare le lettere di do- ver senz' altro consiglio eleggere la poesia. Questo solo vogliam dire, non doversi con troppa severità giudicare coloro i quali esordiscono in quelle poetando. Le vergini muse , scrive il gen- til Metastasio, sono si attraenti e lusinghiere, che non è da maravigliarsi , se chi è fervido di gioventù e nato in Italia fa- cilmente se ne innamora. Ma ad ammaestramento di coloro i quali la natura meglio dispose ad occupare nelle lettere altro luogo che quello di poeta noi ricordiamo, acciocché si riman- gano essi dall' andar più oltre , la sentenza d' Orazio : Mediocrihus esse poetis N^on Dij non honùnes y non concessere columnae. Contenti all'aver soddisfatto una loro voglia , e forse un loro bisogno giovanile , coloro che non si sentono virtù possente da aggiungere all' altezza dell' arte , s' arrestino e facciano : Siccome quei, che disvuol ciò che ci volle E per nuovi pensier cangia proposta Si che del cominciar tutto si tolle. 538 Meglio è tornare addietro, e mettersi per altre vie, secondo- che la natura più inclina, che rimanersi con nessuna gloria a mezzo il cammino mal tentato. Quelli poi, cui la coscienza del proprio ingegno irresistibilmente sospinge e scalda una pura e gentil fiamma di sentimento e d'affetto, seguitino l'interno impulso che li tragge , maturino pensando , ma senza sgo- mentarsene, la difficoltà dell'impresa, e s' apparecchino a vin- cerla : a loro è dato conseguir fama di poeti. Se il nostro giudizio non erra , pare a noi che il signor Briano abbia ad annoverarsi tra coloro, cui è dato di poter quando- chesia pervenire a fama di poetica eccellenza. Le poche poesie che egli pubblicò come per saggio danno indizio d' una mente feconda, ed imaginosa, d' un sentir nobile e delicato, d'una facoltà poetica non comune. Egli mostrò in esse di conoscere la vera natura della poesia, ed il principal fine, cui debbe ella tendere lasciando addietro que' comuni e leggieri temi, i quali, per quanto ornati siano d'imagini, e d'elette frasi abbel- liti, sterili saranno pur sempre e di ninna utilità, e traendo invece da palrii e religiosi sentimenti materia al suo poetare. La viva luce che sfavillò nel presente secolo sulla letteratura, e soprattutto sulla poesia da quel preclaro ingegno d'Alessandro Manzoni, fece palese che se la poesia ha ad essere veramente generosa ed efficace, debbono alle sue ispirazioni esser seme le faville che muovono dalla religione, e dall' amor di patria. A queste s'accesero i profeti Ebrei, i poeti Greci, e tutti coloro, che ottennero poetando nome di grandi. Sublime esempio e modello stanno dinanzi agli occhi degli italiani le poesie del Manzoni , ma come stupendi lavori si vogliono studiate, e meditare, non troppo intentamente imitare. La soverchia imitazione di qualsivoglia eziandio se ottimo esem- plare non produrrà mai nulla di grande e di splendido nelle arti , alle quali si richiede sopra ogni altra cosa un sentir pro- prio e profondo, una forte coscienza degli interni concetti, ed una vena vivace, che non s'alimenti delle ispirazioni altrui, ma sia nodrita di propri pensieri ed affetti. Ond' è che Dante, il divino poeta , nel Canto XXIV. del Purgatorio , interrogato 539 da Buonagiuuta ond'egli traesse fuori le nuove rime , cosi a lui rispose : .... Io mi son un cbe quando Amore spira noto, ed a quel modo Che detta dentro to significando. Dalla quale risposta fatto accorto quel da Lucca , onde na- scesse la forza della poesia dell'Alighieri, prorompe in questa esclamazione : O frate issa vegg* io .... il nodo , Che il Notaro, e Guittone, e me ritenne Di qua dal dolce stil nuovo eh' io odo. E questo nodo del non derivare dalle proprie affezioni ed idee la sorgente del poetare , molti ancora oggidì ne ritiene di qua da quell'eccellenza, a cui potrebbero per avventura riuscire. L'arte vera, quella il cui magistero può solo produrre i grandi poeti , i grandi artisti , non consiste nella studiosa imitazione dell' opere altrui. Quale sia quest' arte e come s'abbia ad ado- perare il dichiarò il divino poeta nel Canto XI dell' Inferno là dove così scrisse ; Filosofia .... a chi 1' attende Nota non pure in una sola parte Come natura lo suo corso prende Dal divino intelletto e da sua arte, £ se tu ben la tua fisica note Tu troverai non dopo molte carte , Che 1' arte vostra quella quanto puote Segue , come '1 maestro fa il discente ; Si che vostr' arte a Dio quasi è nipote. Le poesie del signor Briano sentono qua e là se non una servile certo una troppo studiosa imitazione del Manzoni. Così per caso d' esempio egli dice nell' inno all' Annunziata : Fin d' allor che il padre antico Se dannò colla sua prole Nella froda del nemico Risonar quelle parole ecc. 540 Il qual concetto ricorda quello del Manzoni nell' inno della Risurrezione : Ai mirabili Veggenti Si mostrò quel sommo Sole , Che parlando in Iof parole Alla terra Iddio giurò. Nello stesso inno scrive il signor Briano: Ma or chi &a dal ciel sbandito Che raccolga il divin suono , Che risponda al nuovo invito Dell' altissimo perdono ? ecc. E il Manzoni nel Natale: Qual mai fra i nati all' odio Qual era mai persona , Che al Santo inaccessibile Potesse dir : perdona ! ecc. E più altre simili imitazioncelle si ritrovano qua e là nelle poesie del signor Briano. Alcuni concetti di quelle poesie ci parvero peccare o di leggerezza, o di oscurità, o di poca convenienza ed esattezza. E per addurne alcun esempio: nell'inno Una croce nella Luna dopo aver detto che egli vide splendere quella croce : Su per le vie del cielo Per entro a luna candida Disgombra d' ogni velo Prosegue così Ah ! niun forse , che languido Mella tempesta umana Volge lo sguardo timido A vision lontana, Niuno te vide o nobile Segno della salute Quand' io le luci acute Porgeva al tuo splendor. 541 Ne' primi quattro versi troviamo oscurità ; ne' quattro ultimi poca altezza di concetto , seguita : Santa nel tuo silenzio Infra 1' ardente schiera Degli astri lucidissimi Quale novella sfera, Ma più degli astri pallida Eri nel vasto empirò Più bella del zafi&ro, Più viva del seren. Questi otto versi ci pajono mancare di proprietà , e di con- venevolezza. Perchè quella croce è detta santa nel suo silenziol Perchè novella sfera sono chiamate due liste lucenti apparite sulla faccia della luna? Né ci piace gran fatto quella ripetizione, più, bella del zaffiro , più viva del seren. Alcuni altri difetti di simil guisa potremmo notare in altri luoghi |di quelle poesie. Ma più caro assai ci riesce recare alcuni di que' passi , che molti ve ne sono , i quali più ridondano in lode dell' autore. Neil' inno all'Annunziata , nobili e delicate ne pajono le se- guenti strofe : Or deponi I' umiltade Del tuo vergine pensiero; Per te sorge nuova etade Muta il secolo sentiero : Poiché a Dio se' fatta sposa Sorgi, o donna maestosa, Te reina canta il ciel. O solinga porgi il viso Dove gli astri fanno lume , Mira aperto il Paradiso , Mira il muover delle piume De' celesti messaggieri , Che per taciti sentieri Corron ratti come il sol. Questo rappresentare il Paradiso tutto sollecito ed operoso pel grande assunto della rigenerazione dell' uomo ci par con- cetto nobile ed elevato. 342 Neil' ode alla colonna della Consolata , gentili ed affettuose sono le strofe che seguono : Se a te l' orfana viene Che ai derelitti sei la genitrice Riponle in cor la speme , Mon lasciar che si chiami ella infelice ; Che a questo marmo innanzi a te prostrata T' ha ne' sospiri suoi madre chiamata. Volgiti a quella terra, 0 pia, che ogni furor del mondo attuti. Dove con empia guerra 1 fratei da fratei son combattuti ecc. ecc. Nelle poesie del signor Briano domina una cotal tinta di mestizia, la quale ritrae forse dai tempi, e dall'età dello scri- vere. Di ciò non vogliamo noi dargli qui carico ; ma si guardi egli dal lasciarsi andar tropp'oltre ad incupire con fosche tinte I le sue poesie; perocché pare che il presente gusto propenda al- quanto a cosiffatta maniera» In generale i difetti principali di queste poesie sono un po' di disordine nell'andamento, qua e là idee o confuse, o espresse con poca esattezza di locuzione, oscurità e certa sprezzatura in alcuni luoghi. 1 pregi i quali annunziano nel sig. Briano molta virtù poetica e che perfezionati da più maturi studj procacce- ranno lode di splendida alla sua poesia, sono robustezza e no- biltà di concetti , abbondanza d' imagini , gentilezza d' affetti , scioltezza ed eiScacia di stile, calore di sentimento. G. 543 VARIETÀ I THUG O SECRETI ASSASSINI DELL IWBIA La rivista di Edimburgo al N.** i3o contiene ragguagli cu- riosi sovra d'una società segreta di assassini esistente da lungo tempo nell'India, i cui costumi, anzi l'esistenza medesima, vennero soltanto recentemente scoperti. Malgrado il ribrezzo che destano le atrocità che in questa narrazione si contengono, i fatti narrati presentano però un carattere così straordinario , e sono così poco noti ancora che noi crediamo potere riuscire grato alla maggior parte dei nostri lettori di averne una ragguagliata contezza. Il giornale inglese che li pubblica, gli annunzia come un fenomeno morale e po- litico il più straordinario che sia mai esistito nel mondo , un fenomeno più sorprendente di qualsiasi cosa che i romanzieri abbiano mai inventato sul Vecchio della montagna e sui Tri- bunali segreti della Germania , un fenomeno del quale si ebbe accidentalmente qualche sorprendente e spaventoso barlume , ma la di cui natura ed estensione non fu mai sino ad ora in- tieramente conosciuta. Noi abbiam quindi pensato di dare un transunto di queste strane particolarità, come pure delle ricerche in cui entra lo stesso giornale sia suU' orìgine , che sulle cause di questo por- tentoso fenomeno. L' autenticità delle notizie che vi si leggono sembra non poter essere rivocata in dubbio. Esse sono ricavate da memorie 544 officiali stampate dal governo delle Indie per istruzione dei suoi funzionarii, e fondate tutte sovra propalazioni o confes- sioni degli assassini medesimi nei procedimenti die in varie parti dell' India si sono instrutti ad un tempo contro di que- sta associazione. Neil' estratto che noi diamo ai nostri lettori tralasciamo alcune cose che ci parvero meno importanti , come sarebbero i varii dialoghi fra i funzionarii ed i membri di questa società ed alcune più minute particolarità sui loro riti e cereraonie^ ma quanto diam loro il crediamo però suf- ficiente per somministrare un' idea compiuta dei principi! , delle costumanze e del sistema di questa società. Egli è adunque accertato che esiste nell'India una vasta fraternità di assassini, composta di più migliaia di persone: che questa fraternità ha esistito da più secoli e frammezzo a varie politiche rivoluzioni, eh' essa spande le sue ramificazioni sovra tutto questo vasto paese, dal capo Comorino sino ai monti Himalaja ; che si mantenne ugualmente sotto i governi Indiani, Maomettani, Britanni 5 che distrusse ogni anno mol- titudini di vittime, e che tuttavia la sua costituzione, noi pos- siamo dire il suo vero essere, rimasero intieramente ignoti ai più attivi e vigilanti funzionarii inglesi, e perfino imperfettis- simamente conosciuti agli stessi loro governi natii. Era infatti notorio che bande di ladri strangolavano soventi i viaggiatori. Era notorio che i membri di queste bande erano in un modo sorprendente pratici in questa operazione dello strangolare. Ma che queste bande fossero soltanto piccolissime porzioni disgiunte di una vasta ed organnizata comunità, i cui membri si riconoscevano 1' un 1' altro come fratelli nelle più remote parti dell'India: che questi assassinamenti fossero tutti commessi secondo certe antiche e solenni forme, e fossero con- siderati da coloro, che li commettevano non come delitti, ma come riti solenni, che sarebbe stata colpa di trasandare, tutto- ciò era riservato alla presente generazione di scoprirlo. Questi esseri straordinarii sono conosciuti sotto il nome di Thug , e la loro professione vien chiamata Thuggee. Sono di- visi in Burcas o persone pienamente istrutte nell'arte loro, e Kuboolas o novizii. Queste non sono punto distinzioni di puro 545 nome: a niun Thug è concesso di prendere il grado di Barca o di assumere l'ufficio di strangolatore, sinché non abbia preso parte a diverse fazioni ed acquistato gradatamente il coraggio ed insensibilità a tal uopo richiesti. Essi vengono da principio impiegati come scolte; in seguito come sotterratori, poscia a tener le mani di coloro che ven- gono strangolati, ed in fine come strangolatori. Quando un uomo sente che ha coraggio ed insensibilità sufficienti a tal uopo , egli sollecita il più vecchio e più rinomato Thug della banda a prenderlo per suo Chejla o discepolo. Il Thug acconsente a diventare suo Goorroo o precettore spirituale, e quando la banda s' incontra in una persona di considerazione, ma nou molto nerboruta, appropriata a tal uopo, egli dice al suo pre- cettore spirituale che egli sarebbe pronto con sua permissione a provare le sue mani sopra di lui. Mentre il viaggiatore è addormentato, colla banda ai suoi lati, il Goorroo conduce il suo discepolo in un campo vicino, seguitato da tre o quattro vecchi membri della banda. Giunti colà si voltano tutti nella direzione del luogo verso cui la banda ha intenzione di andare, ed il Goorroo esclama « O Kalee, Kun Kalee, Bhud Kalee, »....,.. Se egli ti pare che il viaggiatore che trovasi in » ora nel nostro alloggio debba morire per le mani di questo » tuo schiavo accordaci un favorevole auspizio. » Se essi ottengono questo auspizio entro un dato tempo (una mezz'ora) ciò significa la sanzione della Dea. Se essi non ot- tengono auspizio, o se loro vien dato contrario, qualche altro Thug deve mettere a morte il viaggiatore ^ ed il candidato per quest'onore deve aspettare un' altra volta. Se essi ottennero la sanzione divina mediante 1' auspizio fa- vorevole, essi ritornano al loro quartiere, ed il Goorroo prende un fazzoletto e voltosi verso ponente fa mx nodo ad un de' suoi capi inserendovi una moneta d'argento. Questo nodo vìea da loro chiamato Goorknat , o nodo classico , ed a nessuno che non sia stato per tal modo ordinato da un altro sacerdote , è permesso di farlo. II discepolo lo riceve rispettosamente dal sacerdote nella sua mano destra, e si colloca al di sopra della vittima eoo accanto un novizio destiuatp a tenerle le mani. Si 35 546 fa con un pretesto qualunque sollevare il viaggiatore, e ad un Stignale dato dal capo della banda il discepolo passa il fazzoletto attorno al di lui collo, e coli' ajuto del compagno lo strangola. Terminata la bisogna egli si prosterna avanti al suo Goorroo e gli tocca i piedi con ambe le mani, e fa quindi lo stesso con tutti i congiunti ed amici presenti in seguo di riconoscenza per l'onore ricevuto. Dopo d' avere nuovamente consultali gli auspizii egli disfa il nodo del fazzoletto, ne trae la moneta e la consegna con tutto il suo danaro al Goorroo , ed il Goorroo aggiuntovi pure quanto di contante egli trovasi avere in quel momento, compra per una data somma del zuccaro pel Tuponee (ossia sacrificio ) e spende il rimanente in confetti. , n sacrifizio vien quindi compiuto sotto un albero designato e con certi riti solenni. Il nuovo discepolo prende posto fra gli strangolatori ordinati e riceve la sua parte del zuccaro consacrato, ed i confetti vengono poscia distribuiti a tutti i membri della banda di ogni grado. Di ritorno a casa dopo la spedizione egli dà un festino al suo Goorroo ed alla sua fa- miglia, e se ne ha i mezzi a tutti pur anche i suoi congiunti. Egli presenta il suo Goorroo d'un compiuto abito nuovo per lui e di uno per la di lui moglie, e se lo può di altri pur anco pei suoi congiunti. Il Goorroo dopo un certo intervallo resti- tuisce il complimento a lui ed alla sua famiglia, e la relazione per tal modo formata tra di loro è da quel giorno in poi con- siderata come la più sacra che possa formarsi. Un Thug tra- direbbe piuttosto il proprio padre, che il Goorroo dal quale ricevè l'ordine. I Thug viaggiano lungo le strade sotto diversi aspetti e caratteri in bande varianti da dieci o dodici, sino a più cen- tluaja assieme. Ora diconsi viaggiatori, ora pellegrini, ora sol- dati che vanno o ritornano dal servizio. Talvolta uno di loro figura un Raja con tutto il necessario equipaggio di tende, car- riaggi etc, ed il rimanente fa le parti del suo ossequioso se- guito. Se la banda è numerosa ella è divisa in separate fra- zioni che si seguono l'una V altra a qualche distanza, o pren- dono diverse strade dopo d'essersi accordate sul luogo di riu- 5.47 nione. Le loro vittime sono quasi sempre viaggiatori. I membri più esperti della banda sono impiegati a raccogliere informa- zioni, e ad insinuarsi nella confidenza dei viaggiatori die tro- vano nelle città, od incontrano per le strade. Ordinariamente essi propongono loro d' accompagnarsi insieme per recipi'oca sicurezza, e se il viaggiatore viene a concepire qualcbe so- spetto sovr' uno tosto cade in un altro, che sa dimostrare di entrare ne' suoi sentimenti di diffidenza. Una persona è man- data avanti per scegliere un luogo adattato per l'assassinio, ed impiegansi scolte per antivenire qualunque sinistro. I viaggiatori sono generalmente invitati a sedere per riposarsi, e veugouo nello stesso tempo strangolati ad un dato segnale, l corpi sono poscia seppelliti dopo d'essere stati fatti a pezzi pel loro più pronto discioglimento, ed affinchè non producano elevazioni o fessure nel terreno. Due Thug sono impiegali nell'assassinio di ciascun individuo, uno de' quali tien ferme le sue mani o gambe e l'altro pone il laccio. Se il viaggiatore ha un cane è parimenti ucciso onde evitare che il fedele animale non faccia scoprire il cadavere del suo ucciso padrone. Qualche volta, ma ben di rado, essi sono obbligati di dipartirsi dalla regola di porre a morte le loro vittime collo strangolarle, e o le pu- gnalano o le uccidono con lancie o sciabole. Nel Bengal il quale è intersecato da varii fiumi il loro me- todo è modificato onde adattarlo alle circostanze del paese. La loro pratica ivi si è di invitare i viaggiatori a montare sovra barche maneggiate intieramente da soli Thug, e quindi stran- golarli e gettare i loro cadaveri nel fiume. Diversi di questi battelli si seguono l'un V altro a corti intervalli di modo che, se il viaggiatore sfugge ad un' insidia non tarda a cadere in un' altra. Ma siccome ciascuno dee conoscere meglio d'ogni altro il suo proprio commercio, noi lascieremo i Thug istessi a raccontare la loro storia, « Il principal personaggio della banda, narra uno di loro, od » il più astuto di essa va per le strade lungo la sponda ac- M compagnato da un servo che gli porta il bagaglio e diretto » verso il luogo ove trovasi il battello ora seguendo, ora risa- » lendo la corrente. Allorché s'imbatte in uu viaggiatore egli 548 » sente in prima dove è diretto, finge di non esser pratico » della strada, di essere avviato esso pure verso lo stesso luogo » a cui va il viaggiatore, ma però di non conoscerlo e di es- » sere ansioso di trovarsi con qualch' uno che lo informi. Se » il viaggiatore non ha intenzione di andar per acqua, il Thug )> di lì a poco finge d'essere molto stanco, ed esprime il de- )) siderio che vi si potesse trovar vicino un battello. Il viag- » giatore vi aderisce e convengono allora di lasciar la strada e » di andare verso il fiume. Giunti al luogo, il Thug contratta » il nolo per amendue. Ottiene dopo molta discussione dal » patrono del suo proprio battello la riduzione della metà ì) del prezzo con soddisfazione del viaggiatore. Essi s'imbarcano » ed il viaggiatore è ucciso appena sono lontani dagli altri w battelli. Se il viaggiatore sospetta, o non gli piace il primo » uomo egli non tarda a cadere iu un altro che è informato ji con un segnale, e questi finge di entrare nel pensiero del » viaggiatore e nella sua ansietà di disfarsi del primo , il quale }) non tarda, sotto qualche pretesto, ad essere lasciato addietro, M mentre il suo amico conduce il viaggiatore ad un altro bat- M tello più lungi del suo appostato per lo stesso oggetto. » Il numero delle vittime che i Thug sacrificano in siffatta maniera è incredibile. Il giornale racconta diversi casi in cui £Ì arrivò perfino a trucidare a questo modo sessanta persone in una sola volta. Ai Thug è vietato dalle loro regole di uccidere le donne di qualunque classe, e neppure gli uomini se appartengono ad alcuni ceti speciali, come bardi, musici, ballerini e ballerine, ed altri, oppur anche se sono storpii o leprosi. Però i Thug del Nord uccidono le donne non men degli uomini. Il punto sino al quale i sentimenti naturali di umanità fu- rono estinti in questi sciagurati è sorprendente. Una banda di essi accompagnò Newal Singh, Jemadar al servizio di Nizam e la sua famiglia, per più di 200 miglia : furono nella più stretta intimità per venti giorni circa, e ne avevano i-icevuto segnalati ed importanti benefizii. Una volta Newal Singh non conoscen- doli per Thug aveva procurato il loro rilascio in occasione che erano stati imprigionati come accusati d' aver incendiato una 549 casa in cui erano stati alloggiati. Un' altra volta le sue due figlie, una di 1 1 , l'altra di i3 anni, gli salvarono dall' essec sc^opertì nascondendo, collo starsi sedute sopra, della seta ru- bata mentre la pulizia ne faceva ricerca. L'intiera banda esitò, ed una parte si separò dal rimanente piuttosto clie essere pre- sente all' assassinio. Ma crederassi qual sia stato il motivo della loro esitazione? Non già il menomo ribrezzo di sacriEcare per- sone alle quali erano di tanto debitori , e colle quali avevano vissuto in si stretta amicizia e famigliarità ; ciò non entrò mai nel loro animo, ma la circostanza che Newal era monco — esso e tutta la sua famiglia furono trucidati. 1 Thug risparmiano talvolta i fanciulli d'ambi i sessi e gli adottano come loro proprii , e qualche volta ragazze di mag- gior età vengono salvate per diventar mogli degli uccisori del loro parenti. Questa pratica diede sovente occasione a scene a- troci e lagrimevoli. Il giornale da cui ricaviamo queste notizie dà i ragguagli di alcuni di questi terribili fatti che noi volen- tieri tralasciamo. In uno un Thug non potendo acquietare un ragazzo che voleva serbare per sé, ed il quale disperavasi alla vista della sua famiglia e seguilo, composti di a5 persone, uc- cisi sotto a suoi occhi , presolo per una gamba ne sfracellò le cervella contro una pietra. In un altro in cui vennero uccisi 38 a 4o persone una bella giovane che un Thug aveva ri- sparmiata per darla in moglie ad un suo figlio, tentò di rom- persi ella stessa il capo contro il pavimento e venne quindi barbaramente trucidata. Un'altra volta un Thug pentitosi del suo primo divisamento , non si dà la fatica di uccidere un ra- gazzo che aveva serbato e lo seppellisce vivo nella stessa fossa di sua madre. Né meno orribile ribrezzo desta il caso che ei narra d'una giovane di i3 anni che fu risparmiata e maritata difatti al figlio del Thug che aveva strangolato là di lei madre. Siccome l'esistenza di questa spaventosa professione era stata scoperta a diverse riprese e in diverse parti dell'India, si die- dero provvedimenti per sopprimerla. Ma la totale estensione del male non fu allora conosciuta , e quando gli attivi magi- strati inglesi eransi creduti di averlo intieramente sbandito, egli non era in realtà che unicamente sospeso nella prossimità «lei luogo ove essi risìeflevano. Un sistema clie aWiraccia l'in- tegralità dell'India non poteva essere soppresso per mezzo di poche e parziali incursioni. La dispersione delle bande ebbe l'ordinario ell'etto delle persecuzioni, mediante cui non si ot- tiene un intiero sradicamento. I Thug dispersi formarono nu- merose masnade separate, e quantunque il numero delle nuove affiliazioni che dovettero fare abbia infine contribuito alla loro caduta , il loro effetto immediato però fu di accrescere gran- demente il numero delle vittime. Finalmente le scoperte che si fecero in occasione della presa d'una numerosa banda di Thug dal maggiore Bertwik in Malwa nel i83i, attrassero l'attenzione di Lord Bentink , ed egli ox'ganizzò un sistema re- golare per la soppressione generale ed intiera di questo mo- struoso male. Non descriveremo i provvedimenti da lui dati , ed i mezzi impiegati per giungere ad un sicuro risultamento, e mercè cui in ottobre del i835 1662 Thug già trovansi pro- cessati. Ma non dobbiamo tralasciare di rendere anche noi un tributo di lode ben meritata a Lord Bentink, per l'inestima- bile benefizio che egli reca con ciò a quelle contrade e pella isua fermezza e perseveranza nel condurre a termine il suo pro- posito frammezzo ad ostacoli d'ogni maniera. E quanto egli operò merita più cordiale ammirazione, dacché siffatte imprese, pregievoli più di qualsiasi agli occhi d' ogni vero amico dell' umanità , non sono però tali da procacciare a chi le compie una (lima così universalmente splendida come quelle che su più vasto e conosciuto teatro sono eseguite, talché 1' illustre capi- tano non potè esser mosso a condurle a fine fuorché da un vir- tuoso sentimento di filantropia. Dopo d'aver narrato le costumanze dì questa gente , il gior- nale inglese passa a dare alcuni ragguagli non meno interes- santi sulla loro origine. Egli accenna come Seneca , il quale è stato in Egitto, menzionò di già alcuni ladri, che gli Egi- ziani chiamavano Filetas, i quali strangolavano le persone ab- bracciandole , e stante la tradizione che fa ascendere i Thug aJla più alta antichità, e le relazioni altra volta esistenti tra l'India e l'Egitto , non sarebbe impossibile, cbe anche i Thug avessero uu' origine ugualmente remota. 551 Non ostante però questa pretesa antichità i Thug del Nor<Ì del Nerbudda non possono protrarre la loro genealogia oltre l'era della prima razza Maomettana dei re di Dehli. I loro antecessori erano divisi in sette famiglie o caste come il sono tuttavia i loro discendenti, e queste sette caste sono i tronchi originarli a cui tutte le associazioni di Thug furono in ap- presso innestate. Vivevano in prima nelle vicinanze di quella ca- pitale cui infestavano. Ma poscia scacciatine da un imperatore della casa di Ghoree la maggior parte ritirossi in Agra e quindi nel paese che trovasi alla giunzione del lumna, del Chumbul e del Kalee Sinde, ove fecero d'allora in poi il loro quartiere principale. In origine queste elassi erano composte di soli mao- mettani. In appresso Maomettani ed Indiani furono indifferen- temente associati alle loro bande , però la prima classe rimase tuttavia preponderante. Il loro numero vien mantenuto dai loro discendenti (la professione essendo, come ciò è usuale nell'In- dia, ereditaria) per adozione, e qualche volta ma raramente per l'ammessione nelle loro bande di adulti che mostrano a- vere le necessarie qualità. I Thug del Sud del Nerbudda vantano una discendenza più pura : essi fanno seguitare la continuazione di questa pro- fessione nella loro famiglia per più generazioni addietro e ne osservarono più strettamente le regole di quelli , che sono di origine Delia. Essi ricusano di unirsi in matrimonio con que- sti ultimi dicendo che sono d'una casta più bassa , e che an- ticamente conducevano vitelli ed erano negozianti ambulanti. Quest'articolo venne lungamente discusso tra due Thug avanti il capitano Sleeman. Fu admesso da alcuni Thug settentrionali che ai loro funerali le donne che portan 1' acqua cantano le occupazioni degli antecessori del defunto in una maniera, che dimostra , che essi discendono originariamente da bande di Musulmani erranti , che seguivano gli eserciti e vivevano nei sobborghi delle città o ne' deserti , e che le loro pretensioni per una più elevata origine sono così senza fondamento. Altri admisero , che nei loro matrimonii una vecchia matrona e- sclama alcune volte salute agli spinti di quelli^ che una volta conducevano orsi o scimmie, di quelli che conducevano vitelli ^ 552 ecc. Ma altri più gelosi dell'onore della loro tribù sostennero che queste erano soltanto maschere prese dai loro antecessori per potere esercire con maggior sicurezza il loro commercio. Due però fra le sette caste originarie che non ritiraronsi colle altre in Agra conservano le loro abitudini erranti , e di que- sti havvi ragione di sospettare che siavene un numero gran- dissimo. Mai non esistette sistema d'assassinio segreto così esteso , cosi compiutamente ordinato, e messo in opera con tanto successo. Una confederazione che abbraccia un intiero paese così vasto, come l'India, i di cui membri lo attraversano continuamente in tutte le direzioni in bande di centinaia insieme, che distrugge talora sessanta e più persone in una volta, la di cui origine si perde nella più rimota antichità e sempre si mantenne di ge- nerazione in generazione sino ai nostri tempi, che adesso an- cora non è soppressa , ed è tuttavia problematico se lo sarà mai intieramente, non ha esempio nella storia di qualunque tempo e di qualunque paese. Franca quindi la spesa di ricercare quali cagioni abbiano as- sicurato un così straordinario successo a questa terribile con- federazione, e soprattutto come siasi potuto attutire nell'a- nimo del Thug la -voce della coscienza , ed infondere in essi una così tenace propensione ed un così strano amore per la loro professione. L'avidità del guadagno è l'ordinarla e comune ragione dell' assassinio. Per altro canto il fanatismo ne fu spesso pure il movente. Nei Thug operano ad un tempo la sete del guada- gno ed un perverso impulso di falsa religione. Il guadagno san- zionato dalla religione, la rapacità umana esercita sotto la sup- posta approvazione della divinità è 11 principio di questa pro- fessione. — Non havvi alcuno fra di essi , che dubiti della ori- gine divina del sistema del Thuggee, non havvi alcuno fra di loro che dubiti che egli e tutti coloro che eserciscono il commercio dell'assassinio, col riti, e colle pratiche prescritte, non operi sotto gli Immediati ordini ed ausplzll della Dea Davee, Durga, Kalee, o Bhuwanee, come essi indifferentemente la chiamano , e per conseguenza non havvi alcuno che senta il menomo 555 rimorso per gU assassiail , che nel corso della sua carriera commise, od aiutossi a commettere. Un TKug considera le persone così assassinate precisamente come vittime offerte alla Dea e le rammemora , come un sacerdote di Giove ramme- morava i buoi , ed un sacerdote di Saturno i fanciulli immo- lati sui loro altari. Egli medita il suo assassinio senza esita- zione, lo commette senza pietà, lo ricorda senza rimorso. Non turba i suoi sonni , non lo inquieta nell'oscurità , nella soli- tudine , nell'ora di morte. La storia , che i Thug raccontano del primo stabilimento della loro professione spiegherà la natura delle loro pretese ad un'origine divina. I Thug conservano la tradizione, che un demonio chiamato Ruchut Beej Dana infestava il mondo, e divorava la razza u- mana appena nata o creata; ed affinchè il mondo riuscisse da popolarsi Kalee Davee determìnossi di uccìderlo. Il demonio, raccontano, era di cosi alta statura, che il più profondo Oceano non giungeva alla metà del suo corpo , e poteva così andare da un capo all'altro del mondo con tutta facilità. Kalee Da- vee lo attaccò , e lo atterrò. Ma da ogni goccia del suo san- gue sorse un altro demonio. Ucciseli pure , ma da ogni goccia del loro sangue continuavano ad uscire altri demonii , ed il numero ne cresceva in questa geometrica proporzione, sinché essa stancossi alla bisogna. Allora ella formò due uomini col sudore spremuto da una delle sue braccia, e dando a ciascun di loro un fazzoletto disse loro di uccidere tutti questi demo- nii, avvertendo di non lasciar cadere il loro sangue sulla terra. Dopoché l'opera loro fu terminata essi vollero restituire alla Dea i fazzoletti coi quali l'avevano compita. Ma ella volle che li serbassero come stromenti d'una professione con cui la loro posterità si guadagnasse il vitto strangolando gli uomini eoa questi fazzoletti come avevano strangolati i demonii, e vivendo del bottino tolto ai medesimi. Essendo così per loro mezzo che il mondo fu provvisto d'uomini era ben giusto che la loro posterità restasse autorizzata a pigliarsene una porzione per suo proprio uso e vantaggio. La Dea ordinò pur anche ai medesimi, che lasciassero i 554 corpi delle loro vittime sulla terra , dicendo che ella prende- rebbe cura di torglierneli , pur che essi mai non si volgessero indietro a guardare come essa ne disponeva. Una volta tutta- via uno schiavo ebbe l'ardire di volgersi e vide la Dea senza vesti , in atto di divorare i corpi. La sua modestia e la sua dignità restarono naturalmente offese , ed ordinò che in avve- nire seppellissero essi medesimi i cadaveri ; ma per un resto di compassione pei suoi antichi servitori essa diede loro per ciò un piccone dotato di varie qualità sovranaturali. Un piccone vien consacrato da ciascuna banda prima d'in- traprendere una spedizione, ed è riguardato da un Thug come un soldato guarda la sua spada. Egli è il simbolo , la divisa della sua professione. Egli giura per esso e sotto un cosi tre- mendo giuramento che colui che vi mancasse morrebbe fra tre o quattro giorni d'un' orrida morte , la sua testa sarebbe ri- versa all'indietro , la sua faccia guardando la schiena , ed egli morrebbe contorto in mezzo ai tormenti- Il suono del piccone consacrato non può mai essere inteso quando scavano una fossa che dai soli Thug. Egli viene portato dal più puro , più so- brio e più attento personaggio della banda , alla cintura. Al- lorché sono accampati essi lo seppelliscono in un sito si- curo colla punta diretta verso il luogo dove divisano di andare, e se un'altra direzione è per essere migliore , la sua punta cambia di direzione da se stessa. Anticamente usavano di get- tarlo in fondo all'acqua, donde poi usciva da se stesso mediante alcune appropriate cerimonie. Ma dopoché i Thug del Nord hanno cominciato a trasgredire i proprii doveri egli perde quanto ad essi questa virtù. Ma nel Deccan, dove lo spirito del Thuggee non fu alterato , la conserva ancora. « Durante un'intiera spedizione che io feci con loro — rac- » conta un Thug settentrionale parlando dei suoi compagni )> del Sud, — Iman Kand e suo fratello portavano il piccone » ed io gli sentii ripetutamente intimare nel mattino successivo » ai picconi di uscire dal pozzo dove li avevano gettati , e li M vidi a sortire da se stessi ed entrare nel loro grembiale, m Il modo ordinarlo e più efficace, con cui la Dea s'interpone in favore dei suoi divoti , si è per mezzo di auspizii. Questi 555 vengono considerati dai Thug come segni diretti a guidarli sylla loro preda o ad avvertirli della prossimità di qualche pericolo , e non havvi un membro solo il quale dubiti, che se questi auspizi fossero stati obbediti e le altre regole prescritte ri- gorosamente osservate, il sistema del Thuggee non avesse fiorito sotto la protezione della sua patrona , a malgrado di tutti gli sforzi per sopprimerlo. Di varie sorta sono gli anspizii che essi consultano. Il volo degli uccelli , il grido di varii animali , e fra essi del gufo , l'attraversare della strada da alcuni altri animali, come il lupo, la lepre , l'asino ecc. , e secondo che questi segnali appaiono sulla destra o sulla sinistra, ad uu'ora o ad un'altra, sono con- siderati come favorevoli o come contrari!. Ma quello che vi ha di più sorprendente si è la siiigolar coincidenza delle regole degli auspizii osservate dai Thug con quelle dell' antica Grecia e di Roma. Oltre gli auspizii e le virtù soprannaturali del piccone , la Dea s'interpone talvolta in una più special maniera per pro- teggere o vendicare i suoi seguaci , ed i Thug raccontano di ciò varii esempii. Ora ella mandò avvisi in soguo , ora fece sentire la sua voce minacciosa dalla cima dei tempii , talvolta ella manda la lebbra , e talvolta fa perire i nemici in pochi giorni. I Thug professano un culto particolare a questa Dea. Una porzione vien prelevata su ciascun bottino per lei, e numerosi riti vengono praticati in suo onore. Egli può ormai comprendersi qual sia il principio del Thug- gee — donde nasca quel fenomeno di molte migliaia di per- .<5one esercenti l'assassinio come un commercio — come dopo e fra molte generazioni che ciò ha luogo, nessuno abbia mai con- cepito il menomo dubbio che commettesse una mala azione. — I Thug sono seguaci d'una divinità che si diletta nel sangue; né il Thuggte è il solo orrore di cui ella sia patrona. Qualun- que assassino Thug o no , la considera come sua proteggitrice. Essa è la Dea della distruzione, e di tutto il Panteon Indiano ella sola è pacificata con sagrificii umani. Sino a questi ultimi tempi esistette un piccolo stato sulla frontiera orientale del 556 Bengàl , chiamato laìntia i di cui capi furono lungo teftipa noti per rapire i sudditi inglesi onde offerirli in sagrifizio sul- l'altare di lei, e spesso pure succede di sentire persone sacri- ficarsi elle stesse, o scannare i loro proprii ragazzi suU' ara di questa sanguinosa divinità. Per li Thug pertanto l'assassinio è un atto di religione , come la carità per un Cristiano. Allorché la loro patrona è supposta aver col mezzo degli auspizii svelata la sua volontà per l'assassinio di qualche viaggiatore, gli stretti osservatori delle regole non osano disubbidire. « — Dacché gli auspizii sono stati favorevoli , rispondeva » l'un di essi, noi consideriamo le persone cadute nelle nostre » mani come vittime mandateci dalla divinità per essere uc^ » cise , e pensiamo di non essere che un mero di lei stru- » mento per distruggerle ; se noi non le uccidessimo non » avremmo mai più propizia la Dea , e noi , e le nostre fami- » glie cadremmo nel bisogno e nella miseria. » I Thug del Nord però men stretti osservatori delle antiche regole consi- derano l'auspizio favorevole soltanto come una permissione , ma non come un ordine positivo di uccidere. Ma ciò vien dai Meridionali tacciato d'eresia. Una conseguenza della particolare credenza religiosa dei Thug , si è , che essi distinguono il Thuggee dall' assassinio; ai nostri occhi ogni omicidio che non è sanzionato dalle leggi del paese è colpevole. Ai loro è colpevole quando non è san- zionato dalla legge municipale del paese, o dalla legge divina della loro patrona Kalee. Essi aggiungono ai casi in cui é le- cito di uccidere il suo simile quello di viaggiatori che cadono nelle loro mani quando gli auspizii sono favorevoli. Se un Thug uccidesse una persona senza 1' osservanza delle dovute regole, sarebbe secondo essi punito, la sua famiglia si estin- guerebbe , perderebbe in breve i suoi figli , senza mai più a- verne degli altri — come pure se un Thug ucci4|!sse un altro Thug 5 ma quando osservano gli auspizii e le regole , essi non temono la menoma punizione né in questa vita , né nell'altra. La superiorità che i Thug assumono sugli assassini ordina- rli riesce quasi piacevole. Pretendono perfino il titolo di pub- 557 blici benefattori per aver secondo essi aperto alle loro vittime la più breve , e la più. certa via per giungere al cielo. Nar- rando siccome gli assassini ordiuarii sono tormentati dagli spi- riti delle loro vittime , mentre i Thug noi sono mai, uno di essi aggiungeva. — Tutti quelli che sono uccisi da noi non vanno eglino in paradiso , ed allora come potrebbero i loro spiriti venire a tormentarci ? Ma quello che vi ha di più singolare si è che questi uomini atroci , in tutto ciò poi , a cui non trovansi contrarii i loro particolari dogmi, non solamente sono irreprensibili , ma an- che esemplari nell'esecuzione dei varii doveri della vita. Per le persone che non li conoscono, i principali membri di que- sta associazione , si mostrano sempre i più amabili , i più ri- spettabili , i più intelligenti membri delle varie classi di per- sone di quel paese. Essi spesso guadagnano la stima degli Eu- ropei per la regolarità della loro condotta ed il decoro de'loro modi , e gli elogi che i funzionari inglesi fanno di alcuni di essi che conobbero più particolarmente sono veramente sor- prendenti. — Egli ha, diceva un d'essi, parlando d'un Thug, l'aspetto il più benevolo che io abbia mai veduto. Sembra che egli sarebbe per uccidersi da se stesso , piuttosto che commet- tere un assassinio. — Egli è , diceva un altro , uno dei mi- gliori uomini , ch'io m'abbia mai conosciuto. Entra certamente nel sistema dei Thug di mantenere e coltivare un contegno dolce o conciliatore per ingannare ad un tempo i viaggiatori , e per assicurarsi al bisogno dei protettori. Ma ciò non è suffi- ciente per rendere piena ragione di questo fatto. In Europa gli assassini i più arditi sono raramente distinti per l'aspetto benevolo, e se noi esaminiamo la loro vita privala, non ci tro- viamo né virtù , né esattezza nell' adempire ai loro doveri. Tali persone non sono certamente notevoli per essere buoni padri , buoni vicini. — Anche riguardo alle sue vittime un Thug si astiene rigorosamente da qualunque crudeltà, da qua- lunque ingiuria in fatti, od in parole, siano queste uomini o donne , e mai neppure una bat^da ucciderebbe una donna con cui si sospettasse che uno dei loro membri avesse avuto rela- zione. Donde adunque tal differenza ? Donde avviene che il 558 delitto perdette nel Thug la sua brutale influenza ? La vera spiegazione sembra la seguente. Il senso morale dell' uomo non è alterato dal fare ciò eh' esso non reputa male. I Thug non sono .resi cattivi dall'esercizio dell'assassinio , perchè essi non lo credono un assassinio , nella guisa che lo commettono. Sono come i soldati che combattono per la patria loro , i quali hanno coscienza di non far male. — Amendae hanno un'im- plicita credenza che havvi un'eccezione in loro favore dalla legge generale che proibisce l'uccisione del suo simile. — E quindi araendue sono persuasi che essi non fanno altro che il loro dovere nel metterlo a morte. Ma quantunque la coscienza possa essere attutita da una falsa religione , l'umana natura non può essere spinta tutta in un tratto a vedere con indifferenza i patimenti altrui. I ra- gazzi sono condotti ed ammaestrati alla pratica del Thuggee grado per grado , e si ha molta cura di non rivoltarli per una troppo precipitata introduzione sulla scena d'un assassinio. — Nella prima spedizione a cui intervengono, essi non vedono, né sentono nulla di relativo al medesimo. Non sanno qual sia il commercio che si fa , ricevono presenti acquistati colla lor parte del bottino e si affezionano così alla vita errante. Nella seconda spedizione si lascia sospettare loro che si commettano assassìnii , ad alcuni anzi lo si lascia conoscere di certo. Alla terza essi sono presenti a tutto. Un Thug racconta un truce esempio del pericolo di esporre troppo rapidamente ai ragazzi i misteri di quest'orrida professione. Un giovane di i4 anni trovavasi per la prima volta con una banda, che erasi imbattuta in cinque viaggiatori. Al momento di compiere l'assassinio, il ragazzo fu allontanato in luogo in cui era fuori della possibilità di vedere o sentire nulla. — Tut- tavia esso diviene inquieto ed impaziente : sfugge ad un tratto da coloro che lo guardano, e raggiunge di galoppo la banda al momento appunto in cui si dava il segnale per l'uccisione. Egli intese le grida delle vittime e le vidde strangolare: tu sorpreso da un tremito e cadde da cavallo — diede immanti- nenti in un delirio, rimase spaventato alla vista dei turbanti delle persone strangolale, e quando alcuno faceva per toccarlo 559 o per parlargli, egli gridava all'assassinio e tremava violente- mente. Non si potè più rimetterlo sul suo cavallo, e la banda, partì lasciandolo in custodia d' alcuni pochi. Questi fecero il possibile per tranquillizzarlo, ma inutilmente; non ricuperò più i sensi, e prima della sera morì. Sonovi tuttavia esempii sebbene rari delle benevole disposi- zioni della natura umana che spuntano anche nei Thug i più esercitati, malgrado che le medesime siano state conculcate da un sì abbominevole sistema. Raccontasi di una donna che era 'molto bella, la quale venne da loro rilasciata col suo seguito quantunque sapessero che portasse seco molte ricchezze, colpiti ed ammansati dalla di lei bellezza. Anche quando le strango- lano, se trattasi di donne dotate di bellezza, confessano che il fanno talvolta con rincrescimento. Essi danno una singolare ragione della loro indifferenza verso le loro vittime. « Noi tutti sentiamo talvolta compassione , » ma il zuccaro consagrato del Tuponee cangia la nostra na- » tura. Cangierebbe la natura d'un cavallo. Che un uomo gusti » una volta di questo zuccaro e diventerà tosto Thug, quand' » anch' egli conoscesse tutti i commercii e possedesse tutte le 1) ricchezze del mondo. Io non mancai mai di mezzi per vi- » vere (dice colui che narrava questa particolarità), la famiglia » di mia madre era opulenta, i suoi parenti erano funzionari! » pubblici. Lo sono stato io pure , e dovunque fui mi trovai » amato , di modo che era certo di essere promosso : ciò non » ostante fui sempre infelice finché stetti lontano dalla mia » banda e dovetti ritornare al Thuggee. Mio padre m'aveva » fatto gustare di questo fatai zuccaro quando io era ancor » ragazzo, e se fossi per vivere mille anni non potrei seguire » un' altra professione. » Certo si è che i Thug sono veramente appassionati al loro stato. Mai o ben di rado lo abbandonano : coloro che fuggendo alla meritata punizione, vengono rilasciati dalle carceri, sono raramente capaci di resistere alla brama di riassumere il loro antico impiego, e quelli che aggravati dagli anni o dalle in- fermità non sono più in grado di prendervi una parte attiva e principale, continuano ad ajutare la causa comune stando a 560 gaardia , procurando notìzie, o apparecchiando le vivande dei loro più giovani confederati. Quest' affezione alla loro profes- sione può tuttavia comprendersi senza attribuire veruna in- fluenza miracolosa allo zuccaro consagrato. — Essi la stimano onorevole e santa ad un tempo 5 per una lunga consuetudine è diventata ad essi abituale, ed è raccomandata loro ad un tempo, e pel suo lucro e per gli intervalli d'ozio, che loi'o concede. Persone che furono avvezze ad una vita mista di riposo e d' avventure, non si adattano facilmente ad un modo di vivere quieto e regolare. E curioso come essi s'ingegnino di conciliare la supposta divina origine del Thuggee coi successi dei funzionarli inglesi nella sua estirpazione. Il loro sistema è sotto la speciale prote- zione di una divinità, e tuttavia persone non credenti lo ab- battono. Questo era un problema difficile a risolversi. Essi lo spiegano attribuendo la loro disfatta ad un castigo della stessa Deità per avere violato le regole, non osservati gli auspizii, e per altri mancamenti commessi nell'adempimento della loro vocazione. Gl'inglesi, secondo essi, sono meri istromenti di cui Kalee si serve per castigarli. Altrimenti mai potere umano sa- rebbe stato da se solo valevole contro di loro. Niente nel mondo potrebbe farcene dubitare, diceva V un di essi. L'associazione dei Maomettani cogli Indiani nel culto verso Kalee deve essere stata notata. Ciò è tanto più rimarchevole in quanto che le regole dell' Islamismo sono specialmente di- rette a mantenere ne' suoi seguaci la credenza nell'unità di Dio. Essi considerano pertanto Kalee Davey come una divinità in- feriore che non ha veramente influenza sul loro stato futuro, ma che influisce soltanto sui loro destini in questo mondo. Hannovi anzi alcuni che credono Kalee non essere altro che Fatima la figlia di Maometto. Il sistema del Thuggee è fatto per conservarsi segreto. Ope- rando dietro la massima che — uomo morto non conta storie r"— essi mai non rubano senza prima uccidere. Non spargono mai sangue. Parlando di materie relative alla loro professione usano un linguaggio conosciuto da loro soli. Non uccidono mai le loro vittime sinché non abbiano una opportunità sicura , 561 quand' anche fosse necessario di seguitarle parecchie cenliaaja di miglia prima di averla. Sonovi anche circostanze locali e spe- ziali all'India che rendono questa pratica più facile , che in qua- lunque altro paese. Oltre alle particolarità fisiche e topografiche del luogo, e le abitudini de' viaggiatori, che presentano colà un'opportunità, che altrove non s'incontra, i Thug non hanno a temere la pubblica opinione. Invece d'essere denunziati dai loro vicini, essi sono generalmente i membri più popolari della società per i loro modi conciliatori e la liberalità con cui spen- dono il loro danaro. I governi natii invece di cercare ad estir- parli li riconobbero come una professione regolare, li pro- tessero e levarono tasse su di essi. Gli stessi principii reli- giosi che danno a credere ai Thug che essi fanno un' azione lodevole nello assassinare i viaggiatori che incontrano per via, fanno che sono riguardati senza orrore dagli altri Indiani. Essi sono considerati come se facessero il loro dovere nello stato di vita al quale Dio li chiamò. Tutti gli Indiani non meno che i Thug credono in Kalee, e guardandoli come suoi se- guaci li rispettano, e temerebbero di meritarsi l'ira di lei se si facessero stromenti per castigarli. Un' altra cagione che concorre al mantenimento di questo malesi è il difetto di simpatia tra le persone di caste diverse, o di diverso luogo di dimora il quale sgraziatamente è il carattere dominante della società Indiana. Sinché questi assassini si aster- ranno da uccidere persone del luogo stesso in cui essi dimo- rano, essi sono certi di non essere molestati nel loro paese. Neil' India prevale universalmente 1' egoismo. Non vi sono mutui legami , non disposizione ad unirsi per compiere una cosa che ridondi in vantaggio comune. La legge dell' amore del prossimo non prevale colà. — Ninno pensa di fare agli altri quello che vorrebbe che venisse fatto a se stesso. E difFatti le morali qualità degli Europei , la loro veracità, la loro confidenza reciproca, il loro mutuo attaccamento, la loro disposizione ad associarsi nell'oggetto d'un pubblico interesse, anche quando non vi sono personalmente ed immediatamente interessati, sono cose che loro recano stupore. In conclusione, termina il giornale da cui ricaviamo queste 36 562 notìzie, noi osiamo affermare, che nulla eli ciò, che i Missio- narii mai allegarono contro l' Induismo giunge a tanto grado di esecrabile pervertimento come le cose che abbiamo fin qui nar- rato. Ci si offre lo straordinario spettacolo d' una religione che è diretta per principio a promuovere non la pace e la feli- cità, ma la distruzione della razza umana. Le altre religioni ebbero i loro abusi, ma l'essenza della religione di Kalee è pura, senza mescolanza di abusi. Ella presiede ad un sistema di assassinio, ed è rappresentata come avente fatto dono della metà della umana specie ai suoi devoti per esserne scannata secondo certe forme prescritte. Se fossimo per fare una scala graduata di tutte le religioni d'ogni tempo e d'ogni paese quella di Cristo e quella di Kalee sarebbero i due estremi op- posti *i. I mezzi impiegati per la sua estirpazione danno ogni giorno nuovi risultati. Però egli è obvio, che questo mezzo solo non condurrebbe ad un risultamento completo, e mai ove altre ca- gioni non operassero contemporaneamente si otterrebbe la to- tale distruzione d' un sistema che si fonda sulla religione. Ma altre cause più efficaci operano nello stesso tempo e concor- rono alla sua soppressione, vogliam dire l'educazione e l'istru- zione che vi si promuove dagli Europei fra gli Indiani. Vi si aprono a poco a poco coUegii , in cui la gioventù indiana ri- ceve le massime dell'Europa incivilita. Con tal mezzo si ope- rerà gradatamente la rigenerazione morale di quella numerosa popolazione, rigenerazione più utile e più eflGcace per la di- struzione del Thuggee che non possa essere il solo impiego della forza. JR. *i Una scala di graduazione si può fare di cose della medesima natura, non fra sé opposte e al tutto contrarie. Che ha che fare una religione rivelata supernalmente e al tutto divina colle strava- ganze e aberrazioni dell' uomo ? Chi ha mai sognato ima scala di graduazione di virtù e di vizii, di verità e di errori , considerati complessivamente ? Unica e vera è solo la religione cattolica , apo- stolica, romana. 565 SECOIXDO SUPPLEMENTO AL CATALOGO DEL 1855 ii( qH.. Sta^idmento @L^tatio Tfhotanico di I5uririn Maggiore e Coinp, Istruzioni intorno alla coltivazione della Barbabietola e dei generi di foraggio. Chi ci vorrà negare il progresso generale verso uno stato di incivilimento, che ci avvicina per quanto è possibile a quella perfettibilità umana, la quale è uno dei più bei sogni di questa nostra età? Pigliatene ad esemplo le cose, che più si accostano alla vita comune, e dite se l'opera degli ultimi cinquant'anni non pare lavoro di cinque secoli, sia che tu guardi allo scambio delle idee e dei prodotti reso facile, sia alle comunicazioni tra popolo e popolo rese comuni ; se ricordi che pochi giorni souo il Phoceen ti invitava a fare un giro in cui tu toccavi l'Asia, r Affrica e la più bella parte d' Europa in pochi mesi e per pochi scudi. I nostri padri , qualora avessero desiderato di adornare i loro giardini con piante coltivate nella Sicilia , o nella Francia , di rendere i loro campi maggiormente fruttiferi con sementi di celiali più produttivi, quando non si lasciavano spaventare dalle enormi spese cui venivano incontro , dovevano aspettare mesi e mesi , e spesso inutilmente , e perchè il grano turco Zea mays Linnei venisse a cominciare Topera, che la patata Solanurn Tu- berosum compieva più tardi, a rendere cioè la carestia impos- sibile, conveniva che uu umile predicatore del Vangelo, uuo 564 (li quegli intrepidi missionari, che, se guardi alla costanza ed al coraggio, collocherai cento miglia al di sopra dei cavalieri crociati , nascondesse nel rozzo suo sajo e ne recasse attraverso mille stenti e pericoli la preziosa semente. Ora niente di tutto questo è necessario. Il torinese che esce da porta nuova, terminato appena il viale che conduce a S. Salvario, trova uno stabilimento agrario-botanico, che frammezzo alle più ricche collezioni e varietà delle piante indigene pre- senta all'agronomo, al botanico, al giardiniere fiorista quanto di più raro e di più prezioso contengono i paesi più lussureg- gianti del mondo coltivato. Né vuoisi qui tacere, che a questo stabilimento ed agli sforzi filantropici di un distinto agronomo piemontese deve la nostra patria l'introduzione del gelso, delle filippine, Morus cuculiata Bonafous , di cui non sapremmo ab- bastanza raccomandare la coltivazione ,• la quale sola ci può porre a mezzo di gareggiare col sempre crescente prodotto se- rico della Lombardia, e della Francia. Né qui sta tutto il progresso , che in questo genere venne fatto, poiché la ditta Burdin, o per meglio dire il dotto e colto agronomo che ne dirige lo stabilimento , pensò con lodevole pensiero ai gretti e semplici catalogi di aggiungere trattatelli sui generi principali di coltura, che fanno di questi catalogi libri che nissuna biblioteca sì adonterebbe di ricevere nel suo seno e che sparsi con abbondanza varranno forse a far cessare molti radicati abusi ed a diffondere quei metodi migliori, che la teoria riunita alla pratica raccomanda , ma a cui pur troppo si oppongono pregiudizi resi popolari dal lungo uso inveterato. Noi non terremo discorso del catalogo generale e del primo supplemento di cui vari accreditati giornali ( la Bibliothéque universelle de Genève , il Messaggiere di Torino ecc. ) hanno parlato con parole di lode, ma ci terremo paghi di annunziare il secondo supplemento, in cui con piana ed accurata dizione il benemerito autore va svolgendo il metodo migliore di colti- vazione dei generi da foraggio, e raccomanda specialmente quella dei Topinambour helianthus tuberosus Linn. e della Barbabie- tola Beta ravia crassa nelle due sue divisioni cioè di barbabie- tola pel foraggio e per lo zuccaro; né v' ha alcuno che non 565 scorga di quanto interesse e di quanta attualità sia questa parte oi'a che l'attenzione degli economisti e degli agronomi si è spe- cialmente rivolta verso questa pianta. Qui sarebbe per avven- tura il luogo di tenere ragionamento , se la coltivazione dello zuccaro indigeno convenga al nostro Piemonte , ma questa qui- stìone ci condurrebbe in disquisizioni troppo lunghe, e sarà forse tema di un apposito articolo; per ora ci limiteremo a mani- festare la modesta nostra opinione negativa ; e per tornare al supplemento del signor Burdin noi non potremo dire cosa che possa meglio tornare a suo elogio quanto 1' annunziare che il migliore giornale agrario, non diremo già dell'Italia, ma del- l' Europa, il giornale agrario di toscana non si sdegnò di ac- coglierlo per intero onde farne parte ai suoi abbuoaati. Y. LETTERA DI VINCENZO MONTI A LUIGI ROSSI Pavia, y aprile j8o4. Il soggetto della cantata è Teseo non traditore di Arianna, ma purgatore della terra dai mostri che l' infestavano. Teseo compagno e successore di Ercole , liberatore d' Atene dal giogo dei Pallantidi, congregatore di tutte le vicine città in una sola, fondatore di quella repubblica, gran guerriero, grande legisla- tore, grande politico, e dopo tutto istitutore di feste e di danze, dalle quali coll'ajuto di Pausania, di Meursio, di Omero e di altri si trarrà abbondante materia per ballo. GÌ' interlocutori sono Teseo, Piritoo, Etra, un principe della città e del partito di Teseo , al quale non ho dato ancor nome stabile, ed il coro composto di giovani e di fanciulle ateniesi, il qual coro agisce molto ad imitazione de' cori tragici , ed ha bisogno , nella parte delle donne , di voci abili a cantar uu qualche duetto. 56G Le scene della cantata saranno quattro , due nella prima parte e due nella seconda. La prima presenta 11 Partenone, e conviene copiarlo dalle tavole che ne ha date Berthelemy nel suo Anacarsi, o consultare Pausania che esattamente il descrive. La seconda è la vista del Pireo all' arrivo delle navi di Teseo , che torna dalla spedizione Amazonica. La terza è un gabinetto reale ad uso di Etra, ma di gusto attico e conveniente alla modestia e semplicità di quei tempi. La quarta finalmente il Ceramico , e descrivere a voi il Ceramico sarebbe opra perduta. Restano a dirsi cent' altre minuzie , alle quali si provvederà ai momento , e che la sola viva voce può dare ad intendere. Ed ecco soddisfatto al vostro comando. Debbo dire che se volete limitarvi per economia a tre soli principali cantanti , Teseo , Piritoo ed Etra , ciò non solo non m' incommoda punto , ma mi fa servizio, perchè usando io del coro come i tragici greci, il coro mi fa le veci di personaggio isolato tutte volte che mi bisogna per il dialogo. Nell'angustia in cui ti rispondo non ho tempo di trascriver nulla , ma col venturo ordinario manderò tutto il cantabile della prima parte tanto pei tre cantanti prin- cipali , che per il coro. Non so chi abbiate destinato in compositore della musica , ma se al poeta che somministra la parola è permesso il dir qualche cosa, vi avverto che la parola sarà tradita, se il mae- stro di cappella non ha molto foco , e molt' anima , perchè le arie ed i cori sono tutti sentimentali , e pieni di contrasti d' affetto. Se il ministro vorrà permettermi di venir io stesso a sviluppare col maestro di cappella i miei pensieri ( poiché lo scritto non può mai dir tutto )> un* oretta di colloquio con esso lo metterà sulla strada di far onore al governo, a se stesso ed a me, che più di tutti vi ho interesse perchè v'è di mezzo la mia riputazione. L' acchiusa memoria mi è stata caldamente raccomandata da Cattaneo, ed io a te caldamente la raccomando. Salutami Massa ed Annetta. Sono di cuore // tuo Cìnico V. Monti. 567 P. S. Che vuol dire questa nuova restrizione sopra le stampe? Vi sarebbe mai pericolo ?... Ma non posso crederlo. Le dispute letterarie quando rispettano le convenienze politicbe non pos- sono né dar ombra , né meritare rimproveri , almeno presso gli amici del vero, e del nome italiano. Tuttavolta scrivimi qualche uosa. Mi dimenticava di dire che non intendo il valore di quel vocabolo tecnico inter rompimento. Né saprei né pur dire su due piedi r idea precisa del ballo che si può sciegliere. Dirò solo che qualunque si scelga de' molti bei fatti della vita di Teseo , crederei che dovesse aver luogo la danza che ne porta il suo nome, e che ha dominato per tanti secoli sulle scene , e della quale si può vedere la minuta descrizione nelle note del Ce- sarotti al canto decimo ottavo dell' Iliade. Ma s' io debbo oc- cuparmi ancora di tutto il ballo , la cantata finirà male. Io non ho spalle per tanti pesi. Quanto al vestiario il soggetto lo dice. E necessario il dire però che nella seconda parte v' ha un coro di fanciulle e di giovani Trerenesì, i quali e le quali, mutato il colore del manto, saranno gli stessi che agiscono nella prima parte in qualità di coro Ateniese. 568 Notizie Diverse Europa : Statistica delle fonderie dei cannoni. Non è cosa priva di giovamento il conoscere il numero e r importanza degli stabilimenti di questo genere che esistono ne' diversi Stati Europei. Vi sono fonderie di cannoni. Alletnagna Annover A Vienna ( Austria ). A Ausbourg ( Baviera ) havvi ancora una fon- deria reale di statue ed oggetti d'arte a Munich. A Lovisbourg presso Stuttgard (Wurtemberg ). A Carlsrue ( Granducato di Baden ). A Cassel Granducato di Hesse Cassel. A Dresda ( Sassonia ) però di poca conside- razione. A Laucbamer poco lungi da Dresda. A Berlino ( Prussia ) più considerabile e di minor perfezione di quella di Ausbourg. A Glaywitz in Silesia. A Sayn distante 2 leghe da Coblentz sulla riva destra del Reno ( Prussia Renana ) fonde- ria di cannoni di ferro ed oggetti d' arte e di commercio. j Non vi esiste fonderia , trae i suoi cannoni i dall' Inghilterra. Inghilterra Russia . . Portogallo Spagna . Italia . . Olanda . Belgio . 569 Tre grandi fonderie , due di minor importanza. Una a Liverpool. Una presso Birmingham. Altra a Glamermoor. Ed altra al borgo di Garon nel nord della Scozia. Cinque fonderie, delle quali la più importante si è quella di S. Pietroburgo. Una a Mosca. Altra a Casan. La fonderia di Lisbona non è più in attività. Il Portogallo si provvede di cannoni tratti dall' Inghilterra. Sola fonderia di cannoni a Siviglia. Una a Torino. Altra a Napoli. Una sola fonderìa a La Aja diretta dal sig. Maritz di Ginevra , antico allievo della scuola politecnica. Fonderia a Liege , la sola in Europa dove si fabbrichi ad un tempo e cannoni di bronzo e cannoni di ferro. Ella al di sopra di qua- lunque altro stabilimento di questo genere riunisce tutte sorta di fabbricazioni. La Fran- cia troverebbe un risparmio superiore a 5o, ODO, 000 di franchi se per la fabbrica- zione di cannoni sostituisse la fondita del ferro al bronzo , ad ugual fabbricazione i cannoni in ferro sono di servizio migliore ; se ne è fatto l'esperimento all'ultimo as- sedio d' Anversa dove 22 pezzi di bronzo sono stati mandati da Douai per servizio dell' armata francese. 570 . Tre fonderie di cannoni in bronzo. Donai. Tolosa. Francia • • • ^ Strasburgo. . Due fonderie di cannoni in ferro. Ruel presso Angouleme. S. Gervais nel mezzogiorno. Ci mancano su questo soggetto i documenti per la Svizzera, la Danimarca j la Polonia, la Turchia, la J^alacchia, la Mol- davia j la Grecia. I nostri corrispondenti di queste diverse con- trade sono perciò pregati d' inviarceli. ( Mèmorial Encjclop. et Progres). Francia: Statistica della giustizia criminale nel i834. I dipartimenti che presentano maggiore numero di delitti contro le persone , che contro le proprietà sono quei de la Corse , du Lot , de VArriège , des Pyrénèes-orientales , de la Lozere, de VArdechej de Herault^ du Gardj de la Haute- LoirCj des Basses-Alpes^du Tarn, du Tarn et Garonne ^ des Hautes-Pjrènèes , de VAude et de VAvejron. Quei dipartimenti che ne presentano meno sono quelli de la Scine y de la Seine-ìnfèrieure , du pas-de-Calais , du Nord, de la Somme j de VAisne , de l' Oise , du Calvados , de la Man- che j de l'Orne, de la Sarthe, d'Ille, et Villaine , des Cóte- du-Nord , du Loiret et du Rhone. II numero degli accusati stati giudicati in contraddittorio nel i834, calcolato alla popolazione totale del reame, è di i su 4684 abitanti. Dal 1826 la proporzione non trovossi mai in termini minori. I dipartimenti che presentano relativamente alla rispettiva loro popolazione maggiore numero di accusati sono i diparti- menti de la Scine, dove fuvvi i. accusato su 1191 abitanti. Quello des Pjrènèes-occidentales i. su 1619. Quello della Cor- sica ne presenta i. su 1679. I dipartimenti ne' quali la proporzione degli accusati relati- 571 vamente ai loro abitanti è meno cospicua, sono quei de la Ce- rase ^ cbc ebbe i. accusato su ii588 abitanti, de la Meuse i. su iia35 abitanti^ de Lot-et-Garonne i. su i02o3, de la Cor- réze I. su io 167. Rei di delitti contro le proprietà se ne im- putarono 4736. Rei di delitti contro le persone 2216, si anno- verarono fra essi 1 1 69 donne. La proporzione di numero delle donne è sempre più forte nei delitti contro le proprietà, cbe contro le persone. I delitti ne' quali maggiormente elevossì il numero delle donne sono sempre quelli che esigono maggior dissimulazione e callidezza , che forza ed audacia, quelli cioè che si commet- tono nella sfera delle relazioni domestiche e famigliari. Sono questi dopo i delitti di aborto ed infanticidio ( costituendo que* st' ultimo per se solo i 2^3 dei delitti delle femmine contro le persone), il veleno, il paricidio, false testimonianze, ferite, e colpi verso gli ascendenti. £ tra ì delitti di esse contro le proprietà sono i furti domestici , gì' incendi agi' edifizi , 1' estor- sione di titoli legali, ed i furti in chiesa. Tra le accusate 107 non giungevano ancora ai 16 anni; 3326 erano dai 16 ai 26; 21 56 ne contavano dai 26 ai 35 ; e a365 di maggior età, e fra queste trovavansi 38 settuagenarie, e 5 ottuagenarie: 241 non erano francesi. Fra i 6952 accusati, giudicati in contraddittorio nel i834, 2]^88 sono stati assolti, e 4^^4 condannati, cioè 25 a morte , ai lavori forzati in perpetuo i5i , ai lavori forzati a tempo 825 , alla riclusione 694 , all' esiglio i , alla detenzione 3 , a pene correzionarie 2487, alla sorveglianza dell'alta polizia senza altra pena 3 giovani minori dei 16 anni, ad essere ditenuti in vista di correzione 25. Fra i condannati a morte 1 5 hanno scontata la pena ( 3o nel i833, e 4o l'avevano scontata nel i832 ), \ sonosi da se stessi uccisi , e 6 ottennero la commutazione di pena. In 5 Dipartimenti il numero degli assolti ha oltrepassato quello dei condannati ; in 4 altri all' opposto gli assolti non giunsero a formare il q4 del numero dei condannati. Nel Cal- vados si trovò nella proporzione del 19 al 100. II numero dei delitti di stampa, e dei delitti politici si fu 572 di 219 imputati a 348 sospetti, 247 furono assolti. Il numero dei delitti politici era 121, quello dei delitti di stampa 98. U numero degli affari correzionarii stati giudicati nel i834 fu 120,108 5 172,862 individui trovaronvisi avvolti, fra gli ac- cusati eranvi 36,859 femmine 5 i,4oo erano recidivi. Avanti i tribunali di semplice polizia 100,862 sono stati ac- cusati 5 i39 pubblici funzionarii , cioè i prefetto, 28 maires , od aggiunti , 2 commissari di polizia , 2 percettori , i guardia di porto, 61 agenti forestali, e 44 preposti delle dogane; tutti questi inquisiti di delitti ragguardanti l'esercizio del loro impiego, L' autorizzazione di continuare il processo fu negata per 63, fra gli altri y6, 2 sono morti durante il procedimento, 7 sono ancora in giudizio pendente , 47 sono stati rimandati dal pro- cesso , od assolti , gli altri sono stati condannati, i ai lavori forzati , 9 alla prigionia , e i o all' emenda. C Compie du Minist. de Justice au Roi in 4.° i836^. Scienze Fisiche: Ruota elettrica. — In un ragguaglio pubbli- catosi a Potsdam nel i835, sovra il metodo di applicare l'elet- tro-magnetismo al movimento delle macchine, il professore Dorpat avea data la descrizione di un instrumento da lui no- minato commutatore, il quale poteva con tutta facilità eseguire due rotazioni ogni minuto secondo , e in questo spazio di tempo interrompere mille volte , e ristabilire altrettante fiate una corrente elettrica. Il dottore Neeff inventò non ha guari uno stromento simile, di maggiore semplicità che egli appella ruota elettrica ( blizrad ). In un minuto secondo, e in minor tempo ancora, si può con questo nuovo trovato far girare senza il menomo sforzo la ruota quattro volte , di modo che in questo brieve spazio di tempo si puonno avere 160 interrompimenti , e altrettanti ri- facimenti del circuito galvanico, e per conseguente lo^m giri in un minuto. Con questo apparecchio si può produrre un' azione elettro-magnetica continua. Diffatti se una delle estremità di una spirale vien messa in contatto con uno dei pali di una pila voltaica, e l'altra estremità vien posta pure in contatto colla piastra di scarica della ruota, la quale dal suo canto comunichi 573 coU'altro polo dell'apparalo voltaico : se si pongono in comunica- zione le cavità piene di mercurio colle parti estreme della spi- rale , e che vi si immerga un altro corpo intermediario dotato di debole forza conduttrice , codesto corpo proverà colla con- tinua rotazione del disco una continuità di scariche elettro-ma- gnetiche, in vero poco forti se si risguarda alla quantità del fluido elettrico, ma di immensa intensità in quella foggia stessa, che se un apparato voltaico fosse stato decomposto in una mol- titudine di piccole pile disposte in colonna. I corpi che puonno servire per intermediari sono: i.** un moltiplicatore a filo sot- tilissimo; 2.° un filo di platino finissimo, il quale diverrà rosso se l'apparecchio possedè una intensità sufficiente 5 3.° uno stro- mento atto a decomporre l'acqua, oppure qualunque altra so- stanza-elettrolita ; 4'° il corpo umano , il quale avendo le mani armate , prova una scossa assai forte. Se poi vuoisi ottenere dalla ruota una celerità maggiore di quella di iO{ra. giri per minuto , non hassi a far altro che a metter in moto il disco col mezzo di una corda lunghissima, che passa attraverso di una carrucola fermata sotto la ruota. Ben di rado però hassi bisogno di maggiore velocità, e lo stesso dottore Neeff ci dà per la più vantaggiosa celerità quella di 70 a 80 scosse per ogni minuto secondo. Può anche la ruota elettrica servire a comunicare, in brevissimo tempo, a un corpo intermediario gli effetti dell'interruzione, e del ristabilimento di un circuito gal- vanico prodotto da un apparato a piastre moltiplicate. Ora è d'uopo qui di far conoscere i tre effetti che si scorgono in un corpo conduttore galvanizzato: i.° l'effetto del contatto che nei metalli si manifesta con una scintilla; e sopra 1 nervi degli animali, con una scossa involontaria 5 2." l'effetto della conti- nua corrente del fluido: 3.° finalmente l'effetto dell'interruzione che proviene dall' apertura del circuito galvanico. Né il molti- plicatore , né l'apparato per decomporre l'acqua non forniscono la menoma distinzione di questi tre effetti. I metalli soltanto ed i nervi puonno rivelarci l'esistenza di queste differenze si degoe d'attenzione, e fiuora sì poco studiate. Allorché si pro- cede a galvanizzare un corpo intermediario colla ruota elettrica, gli effetti delle interruzioni e dei successivi ristabilimenti del 574 circuito penetrano nel corpo senza provar verun cangiamento altrettante volte quante l'una, o l'altra circostanza vien ripe- tuta in un minuto secondo, vale a dire i6o volte. Ma la cosa presenta un diverso aspetto, se si tratta di effetti prodotti da una continuata corrente , che agisce pendente tutto il tempo che si frappone tra l'istante del contatto , e quello dell'aper- tura del circuito ; questi effetti riduconsi a picciol numero , e talvolta pur anco a meno della metà. Allorquando si adopera per corpo intermediario un moltiplicatore, e allora pure che l'ago a cagione della chiusura del circuito , prese una devia- zione costante, l'ago stesso oscilla tosto per la ruotazione del disco in tal modo che la diminuzione immediata dell' effetto trovasi al dissotto della metà di quello che egli prima indicava. ( Aunalen der phys. und chem. voi. 36, pag. 352. — • Inslilut. 5 oct. i835 ). 575 AJiNUlNZJ DI BIBLIOGRAFIA LIBRI ITALIANI LIBRI FRANCESI Dizionario Anatomico-Medico-Le- gale , compilato sulle tracce dei migliori autori da Angelo Poma. — Padova, tipogr. della Miner- va, fase. IV ed ultimo, in-S.** dipag. 1 12 fOsso-ZufoJ 11, 2. 17 Egloga di messer Ludovico Ario- sto , che non si trova stampata fra le sue opere poetiche, con altre poesie similmente inedite e pubblicate da Urbano Lam- predi, — Napoli , tipogr. del R. Ministero di Stato, i835, in-8." di ,pag. 40. È tolta dal Poligrafo di Mi- lano del 18 12, ECGILDE DALLA RoCCIA, CantìCB di Silvio Pellico da Saluzzo. -^ Ve- nezia , dalla tipogr. Molinari , i836-, in-i8.° di pag. 36 con ri- tratto del Pellico. Fhamcesco Pecchio da Vercelli, no- vella del prof. Tommaso P^al- lauri , dott. del Collegio di Scienze e Lettere nella R. Uni- versità di Torino. Vercelli , tip. Ceretti, i835iin-8.°dipag. 16. Il Gran Musaico Pompejano spie- gato, critiche Osservazioni su quanto intorno a quello si è nnora scritto , e descrizione di altri capi -lavori d'arte, di Gio. Sanchez , bibliotecario della biblioteca reale borbonica, ex- bibliotecario direttore dell'abo- lita reale biblioteca de' uiini- sterii ecc. ecc. — Napoh, tip. Trani, i835, in-8.°dipag. 128. Etperiences sur le roues hydrau- liques à aubes planes, et sur les roues hydrauliques à augets, par Arthur Morin , in-4 , avec planches, i836. — Metz, veuve Thiel, Philosophie théorique et pratique de la littérature , par M. l'abbé Courte de Robiano , in-8 de 24 feuilles , i835. — Paris, chez Jeanton 11. 7 5o Journal d'economie rurale et do- mestique pour faire la suite et complément de XaNouvelle Mai- son rustique ^ destine à tenir chaque mois au courant des dernières decouvertes , l'Ency- clopédie d'horticulture pratique et l'Encyclopédie pratique des ménages , ainsi que l'Encyclo- pédie d'agriculture pratique , ou Maison rastique du XIV siècle. Douze livraisons de deux feuilles en-4.**par an, 6 francs, départ. 7 francs , étranger 8 ir. , rue de l'Eperon, N. 7. Ce Journal qui lui servirà de complément annuel et niensuel, tiendra la Nouvelle Maison rustique con- stamment à jour : ainsi point de nouvelles éditions qui ont le grave inconvénient de ne laisser bientót entre les mains des pre- miers subscripteurs qu'ini livre incomplet et suranné. Le i.' N.° a paru , on l'adresse conime specimen aux personnes qui le désirent. 576 LIBRI IltGLESI LIBRI TEBESCUI HisTORY of England from the peace of Utrecht to the peace of Aix- la-Chapelle. By Lord Mahon. Voi. I , in-8.** 16 s. boards. A BisToay OF Greece. By the Rev. C- Thirwall. Voi. 3 ( forming voi. 80 of Dr. Lardner's Cyclo- pacdia), in- 12." 6 s. cloth. Ah Introduction to Phrenology in question and answer. By Ro- bert Macnish , in-S." 2 s. 6 d. cloth. Anecdo.tés of the family Circle , in-iG." 3 s. 6 d. cloth. The Romance of Nature » or the Flower Seasons illustrated. By Louisa A. Twamley, With 27 coloured plates. il. 11 s. 6 d. morocco. OuTLiNEs of Shakspeare's Tempest , illustrated in 12 copper-plate engravings , with the Appro- priate Text in English , German, French , and Italian. Imperiai , in-4. fi. s. cloth. Proofs 21 s. The First Book of the History of the Germans ; Barbarie pe- riod. By Tomas Greenwood. Es(j. M. A. ln-4. al. 12 s, 6 d. boards. A PopuL*R ViEW of the Progress ofphilosophy among the An- cients. By T. Smith. In-12. 8 s. cloth. Memoir of the Rev. J. Buckworth M, A. of Dewsbury. In- 12. 4 s. UEsrR EiNSENBABifEN und Baoken. Delle strade di ferro e della banca , della loro utilità e dei loro inconvenienti, di Schmidt. — Zittau, presso Nauwerck, Boa Comstrictor. Ronòanzo di Ch. Spindler^ due voi. in-:8i -r— Stoc- carda, presso Hallberg; : Gedichte von L. Uhlìnd. Poesie di Uhlandy io." ediz. con un bel ritratto dell'autore. — Stoc- carda, da Cotta. Der BoDENSEE. Il lago di Gostanza e la valle del Reno , memorie dedicate agli amici della natui'a , della storia e della poesia, di G. Schwab, con due carte geo- grafiche. — Stoccarda e Tubin- ga, presso Cotta. HUMORISTISCHE PlLGERFAHRf nacll Granada und Cordova. Pellegri- naggio a Granata e a Cordova durante il i832 , di /. d'Auffen- berg , due voi. - — Stoccarda , Scheibel. Der Fluchtlimg. Il rifuggito , scene di costumi attuali , di F. L. Buhrlen , due voi. — Lipsia , Brockhaus , i 836. ERmNERi-riGSrSKizaEix aus Russland , der .Turkei und Griechenland. Abbozzi e ricordi sulla Russia, la Turchia e la Grecia , raccolti nel i833 e 1 834 da Tieti, con- sigliere di legazione , due voi. — Cobuigo, presso Sinner. STAMPERIA GHIRINGHELLO E COMT. con permissione.