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u na . ifc^ — fr-2^'
Vct.3t-a ji n,i7
BIBLIOTECA
SCELTA
I>1 OPERE ITALIANE
ANTICHE E MODERNE
BARTOLOMMEO GAMKA
*1^
ALCUNE
OPERETTE
BÀRTOLOMMEO GAMBA
BASSANESE
MILANO
PEK GIOVANNI SILVESTRI
M. DCCC. Sin'IL
UMS. \t7 t". ?5
L -.
^ij" _:
'L
\r.^.-7-7?v
■ ^^1 <i" ■ ^ .j ;^.>.JA^
IL TIPOGRAFO
Ben poche polte io posi in htcB
un nodello volume della mia
Biblioteca Scelta con tanto pia--
cere^ quanto io ne sento o^idi
nel pubblicare alcune Operette
del signor Bartolommeo Gamba.
Poiché non solamente io credo
di fare per ciò cosa gratissima
ngli amatori e $tudiosi della
nostra letteratura , i quali già
conoscono e sanno apprezzare
le opere di . quello scrittore sì
erudito e sì terso ^ ma^ dico il
T^
TI
vero^ do eziandio uno sfogo al
mio cuore^ che gli professa la
più grande stima ed amicizia
così pel suo sapere e per la
modestia del suo pensare^ come
per la ingenuità deW animo suo.
Io sono certissimo^ che di tutto
ciò me ne faranno pronta ra^
gione i lettori a qualunque pa^
ff,na di questo libro rii^olgano
gUocchi loro^ e massime quando
porrannosi a leggere V elogio fu^
nebre , cfe' ei scrisse del conte
Giuseppe Remondini. Che del
resto, il non essere forrriato que^
sto volume, che di narrazioni^
notìzie, elogia prefazioni, lettere^
dedicatorie e d^ altre,picciole ope-*
rette^cKei pubblicò in varj tempi
e in diverse circostanze^ nuUa
Tff
toglie affatto al suo merito in-»
trinsico; ed iù mi glorio delle
cure che adoperai nel pubbli^
cario. Se da una grand-opera
sì conosce fin c2ope sia giunto
V ingegno di chi la compose^ da
una sola prefazione e da una
lettera sola altresì si conosce
fin dope 9 volendolo , aggiunger
possa il valor d^una penna. Ma
ciò che rese vie maggiormente
caro e benemerito il nome del
signor Gamba nella repubblica
delle lettere , sono i profondi
studi bibliografici^ ch^eifece in^
torno a* testi di lingua ^ con
somma utilità, descritti^ ed illun
strati così^ che non solo agli
studiosi deWamena nostra let^
teratura , ma insieme à^ librai^
mi
ed d bibliografi tornar ne do^
pesse , come in fatti ne tornò
grandissimo giovamento. Io non
fo qui menzione^ che della sua
Serie deiredizioni de' testi di
lingua italiana^ che riprodusse
in Milano Tanno iQia^ essendo
questa, come ognun sa, la prin-'
cipale fra le altre molte sue
opere bibliografiche; niuna delle
quuH però fa parte di questo
volume. Ma chi sa che per lui
nuovamente riveduta, ed arrio^
chita di madori erudizionied
illustrazioni, sì cow^ ebV egli da
gran tempo in animo di fare ,
io pur non abbia un dì lafor^^
tana di dar in luce anche questa!
AL PREStàXfTMSHtO UOMO'
con TE
LEONARDO TRISSINO
BARTOlOSiMEO GàMBJf.
KToASBiy mi scrìveste y onorabilissimo signor
Conte, che io farei cosa buona a raccozzare
alquante mie baie letterarie , e a riconse-
gnarle alla stampa y io tenni il suggerimentà
vostro per mera epistolar gentilezza^ e vi
corrisposi col mostrarmene gretto^ e cotta sin»'
cera persuasione che a me non tocchi il ri'-
putare le cose mie degne di tanto onore. Ma
sapete che avvenne poi? La vostra epistola
cadde in mano di un- Jngiol nero, detta razza
di coloro che adocchiano' le occasioni di /are
sdrucciolare gli uomini nel peccato della su-^
perhia^ e costui nU tenne questa proposito:-
*^ Tu hai, galantuomo^ varcato omai il seS'
^' sagesimo tuo anno; sicché bada bene che
'^ la candela verrà presto al verde, O bene
*^ o male tu scrivacchiasli e stampasti per lo
Gamba, Opere i
9
'^ passato; or bene^ metti insieme le cose tue
** men triviali prima che si sperperino affatto •,
*' e poiché fosti plebeo di nascimento e mal
*' agiato sempre di fortune e di onori^ ven-
*^ dicati almeno dei torti della sorte ^lasciando
'^ al tuo prossimo presente e/uturo una me-
'^ moria de fatti tuoi. Avrai dritto anche ad
^^ un briciolo di vanagloria se non ti man-
" cherà il coraggio di confessare (caso strano
*^ che i dimonj cantra la natura loro sugge »
'^ riscano di fare le confessioni) che tu sei
^ stato uomo allevato senza grammatica, senza
** latino ^ senza niuna foggia di studiose di^
^^ scipline^ e ehe^ a dispetto di tutto questo^
*^ sapesti di per te solo disceverarti dalla
^^ turba dei milensi e degV ignoranti, ,, ^'o'
avete a sapere^ mio ottimo signor Conte ^ che
in tutta la mia vita ho sempre opposta de^
hole resistenza alle tentazioni; né dopo ciò
stupirete se accetto le suggestioni del prefato
Spirito mal^o, col quale^ per disgrazia va*
stra^ Voi mostraste di convenire, E tanto più
volentieri le accetto in quanto che ella é
deliziosa aWanimo mio Voecasione éi dar a
Fai il più solenne contrassegno che per me
si possa di ricetto, di considerazione e di
amore.
(
NARRAZIONE
DEI
BASSANESI ILLUSTRI
/
ALLA'EGÈEGlà DAMA
PAULINA TROTTI TAFERNA
r AUTORE.
A chi soggiorna in riva alPOlona o alla Dora,
ovvero in riva alt Arno o al Sébeto può im"
portar poco étessere alfaUo della bassanesc
cultura, A Voi non così 9 egregia e rispettabi"
lìssima Signora, Nata in Milano^vi siete non^
dimeno affezionaia da lungo tempo alla patria
miajf-^ intelligente finissima di ogni gentilezza,
la solete visitare annualmente, quasi in aria
di sciogliere un voto alVamenità di questo mio
ciel dilettoso. Da Bussano passate alle città
magari, e vi passate senza dimenticare i bas^
sanesi vostri ozj^ che anzi vi tornano spesso
in mente per /urne Ueta dipintura agli amici,
ed io credo che la mercè vostra il orestantis^
sima ea». Giuseppe Casati, prefetto del Tagliu'-
mento, sia divenuto tanto amorevole proteggi^
tore de'* miei concittadini al suo saggio go^
verno raccomandati. Ora , vi prego 9 a voler
_v^
^
6
fare in modOf dì^Bsso^ e t aureo vostro Con*
sorte f e tutta la brigata de* vostri eletti conO"
sceiUi ànpieghino qualche istante nella lettura
di quésto mio libricciuolo. Vargomento è mu^
nicipale , è vero , ma se trova in voi il suo
presidio non potrà riuscire discaro ad alcuno.
Carissimo certamente egli è a me^ che mi dà
occasione di palesarvi in pubblica forma i sen--
timenti della mia rispettosa osservanza,
BassanOf il di jx di marzOf 1807.
I IH LMv .m^ m^mm^mmmmmgmm
kt CHIARISSI Ma
GIO. ANTONIO MOSCHINI
C. R. S O M A S C O '
AUTORE D£LLA 8T0HIA
X>ELLA LETI£AATURA VENEZIANA
DEL SECOLO Xyill.
>>.-
Jlf cosa ottima il contentardi delle dimestiche
cognìzioaiy senza investigar le straniere (i).
Fianche^ato da questo detto ciceroniano, io
mi accingo a sindacare qaella piccola parie
della vostra faticosa ed eraditissima opera che
riguarda la mia Bassano. Non vMmmaginasle
mai di rimaner coito da frecce avvelenate,
cVionon ne so adoperar di altra tempera da
quelle in fuori che si spezzano al primo toc-
car deDa cute: d'altronde se io sono mossa
da quella carità della patria che dee essere
radicata in ogni animo gentile, Io sono altresì
dagli eccitamenti cortesi cbe mi avete dati voi
(i) Egregiwn non quaerere externa ^ àonusticie
*SM€ contentOM^ Cicep.| Orator.^ § YU.
€ HARRÀZIOKB
«lesse, qaando col leggiadro poeta Giuseppe
Bombardini, mio amico^ ci trovammo uniti in
un simposio autunnale presso Y illustre patri-
zio e Telemaco yostro, Domenico Michiel,
•nella sua Villa di Grespignaga. E siccome la
storia di Bassano, e de* suoi preclari uomini
è argomento di poco rilievo; cosi io stimo
opportuno di disaminare non solo il decimot-
lavo secolo^ seguendo il disegno della vostra
opera, ma di adombrare altresì con questa
mia Narrazione tutt' i secoli oltrepassati, a
fipe ehe^ a dispetto di unWlemateria^ mi rie*
sca di ordire una tela di v^rio e gradevol
trapunto.
Mon occorre indagare se esistesse Bassano
ai famosi tempi dei Tarquinj o de' Cesari, o
de* Costantini. Ne ci assisterebbe la storia, né
la buona critica^ né si troverebbero qui pri-
sche anticaglie che potessero far puntello alle
conghietture degli eruditi. Col benemerito
delle patrie memorie Giambatisla Yercicon-
vien appagarsi di riconoscere La nostra orìgine
intorno al Mille (i), dopo cioè le incursioni
de^li Unghexi in queste contrade^ e quando
(^ ) Stato di Bassano intorno al Mille. Lettera di
«in Aiioaimo. Kotizie de"* Vescovi di Vicenza.
' " — > I ■ m^^im^mmK^^mmm > ■ n ■ i y ■^^^mmimi^^^S^^^m^fmmmmmm^^m
l>B^ BÀ88ANE8I IU.C8IBI.
noD solo 4e ckià graadi, ma i TeMori, i conti ,
gli abbati, e le badesse si oeGiipavaDo ad eri-
gere rocche, torri e castelli; e tanti ne oostmi*
rono nella Marca Trevigiana, che, al riferire
del Muratori, sembrava essa^ per eosi dire^
una selva di abitazioni (i). Sin da cpiestt
tempi la celebre famiglia degli Eeelini comin-
<àò a scoreggiare in Bassano con dispotiot
autorità sopra ogni ,genere di persone; e vi
mantenne il snó domicilio per oltre due se^
coli, chiamandosi <»ra da Romano^ «ra da
Onaray or da Bassano ìadiatintamente, a ca-
cone de* Fendi imperiali di questi nomi che
possedeva. Di quand^in quando o la potenxa
de* Vicentini e de* Padovani, o la fiereaaa dei
nostri progenitori eran sorgenti di aspre rivo-
Inaionl, e gli Eeelini ora fuggivano vinti, ora
davano legge da vincitori. £c6ÌiJio0a2(o^ detto,
dal y orci il più grande eroe di questa fami"
glia (3), fu uno di que* tanti pii avventurieri
che passarono al glorioso conquisto di Terra
Santa. Al suo ritomo dalle Crociate egli spe-
rimentò ne* suoi Bassanesì altrettanti campioni
£adeli; ed ^li principalmente^ ch'eresse qoi
(1) Dissect. -a6 ckata dal VercL
(a) Storia degli Eeelini, , T. l, pag. /^6.
^mam^ìamm^
n HAmuinoiiK
temp) edf edSficj, cimentò il loro raJore, b^
loro todoitrìa e U loro coltura. Sappiamo^
«Oli ammiriMle precittQite noD solo il numero,
m ecìandio il nome di tatti gli abitatori di
Baisano a qneR'epoca; poiché, essendo stati
essi costretti neirannor 11759 diiraoCe Fasseosa!
di Eeelino, a promettere fedeltà ai Vicentini ,-
V9nne firmata la carta di giuramento , ciré
tuttavia esiste (i), da 770 persone dagli anni
i4 sino ai 70, eccettuati i religiosi, le doime*
e gli ammalati. Ad Ecetino Balbo saccedette^
Eoelmo il Monaco, che pure dai nostri sto-
rici Tiene dipinto qual prode guerriero « cpial
uomo eloquente; ed a lui poi tenne dietra
EcelinOy quel gran capitano che»' trovasi aspr»»
mente ricordato dall' Ariosto qual immanis -
Simo tiranno^ che fia creduto figlio del di-
monio (a). Dopo frequenti guerre e clamorose
(i) Codiee Eeeli». Docam. 4iO) pvg. 59^
(a) È celebre ne^ tempi Eoeliniani U stori» di
quella nostra eroina Bianca de^ Bossi , simile alla
moglie di Collatino e nelle vicende e nel tragico
fine. Besta però a doèitare al dieUVsistenza deF fatto,
come della sua naaionalità basaonese, non trovando*
sene cenno alcuno né in antiche carte, né in autori
coetanei, ed essendo stata essa Bianca posteriormente
•pacciata ora qual bassanese cittadina, or padovana,
or TÌooitìiiai or cremonese. Le sue vicende esern-
I>B BAautsisi TLtVSini, 1 1.
imprese egli diTennesigocMre di tutta la Marca
TnyigiaBa, e di gran parte dà Lombardia; e
fondate errebbe qq Tasto dorainio, se non foste
stelo dalla morte de' prodi colpito alla batta-
gliai di SonoiDotra TOglio e TAdda neir&nno
LftSg. I Bassaoeei, rimasti per la soa perdi ta^
aeìollida ogni soggesbae, implorarooo la prò-
tenone de' Padovani; e allora fu, che rìnga*i
^tianUti gli mimi de\noetri sapienti dall amore
di libertà, compilarono uno statuto che tutta*
via ii oonaerya (i), e in cui si condannò al
tarono k fantasia di poeti anche oltremontani , e
fornirono di applaudito spettacoìo ì teatri. Tra gH
serittori stranieri è da ricordarsi iì Poemetto di
G. Le^^uvé, intitolato, Il meno delle Donne, recato-'
in italiani» da Luigi Batocchi , e nitidissi mamente
ìmpreaao iu Parigi per Renouard, 180^, in la, doye
leggeai il fatto di Bianca. Tra gritaliani a me ba«
sta accennare la Tragedia scritta dal mio concitta-
dioo il ean. Oiammaria Sale : Bianca de' Hossi,
f^epcxia, 1 755 , io &^
(i) H Codice prezioso del secolo xiii esiste nel^
omatissima faroigtia Tattara , ed è fregiato nelle
lettere iniziali di enrìose' figure d^ooiBÌni e di ani*
màK fatte con estrema rozzezza. Altri esemplari,
che gareggiano in antichità stanno nella Raccolta
di patrj monumenti di scienze, di lettere e d^arti
fatta dalTerudito cov Giambatista Robetti del iok
Tibaio.
,.'
i^ «AiinAnoiiB
taglio della testa chiunqae trattato avesse di'
so^ettare Bassaao a qaalche particolare pa-
drone. Lo statuto non obbliò di provredera
la patria anohe d*«in maestro pnbUico di gram-:
matica, ai doveri del quale consacrò un* ins-
terà rubrica. Antecedentemente peraltro, cioè
sin dalFanno ia33, erasi come doctor granii
maticaeqvLÌ salariato, certo Maestro GIe»,che
iq[>parisce in una nostra pergamena, di cui il
Yeroi ha creduto di tener conto; onde 8ap->
piamo fino ohi è stato il primo ad istmirci'
nelFabbicci (i). Ma intertenendoci ora un poco
•uUa bassanese repubblichetta, egli ò a sa*
persi, che non durò essa, infiacchita dalle
private brighe, neppure un anno; e non trovo
che sia «tato troncato il capo a coloro, i quali
€oUa mediaeione del B. Bartolommeoda Ere*
ganze, sottomisero di nuovo la patria à* Yicen-
tiniy quantunque ciò fosse ad onorevoli patti (2),
Il nuovo vassallaggio ebbe corta durata, e
accaddero frattanto altre passeggiere vicende.
Sin dalFanno 1274 aveano i Bassanesi fiera*
mente battuto, indi oacciato in prigione on.
(0 Orìg. di Bass., pag. 71. Stor. degli EoeL, T.
Oif pag. a44-
(a) Gennari^ Annali di Padova^ P. lu, pag. 3.
DE* BJISSAVE8I I1XU8TRI. l3
loro canonico, per la qual cosa ȓ attirarono
la scomanica dalla chiesa; e questa si sca-
pitò contro loro per la seconda volta dal card.
•Napoleone (r) nelFanno i3o5,incai avevano
contro le canoniche leggi usata violenxa aU
rarcipcete loro, investendo con sovrana aa-
torìtà delle decime i più potenti e ricchi lor
jcìttadint. Questi piati ebber fine, ma poi tor-
.narono presto a ripullalare, come accader
auole. nei tempi sanguinosi di rozsessza e di
fanoni arrabbiate. > Nuove guerre contamina*
Tono queste contrade, finché nell'anno iSiafò
Cane della. Scala, signor di Verona, divenne
il nostro, padrone, e cessar fece ogni tumulto
civile. Dopo diciannov^anni di domìnio, egli
^cedette Bassano ai Veneziani,, e questi, ad
UIxNlìno da Carrara, signor di Padova. Fu
4a principio. dolce, il governo de' Carraresi;
ma .non .si può quasi mai gustare il dolce
aepsa .dover poi tranghioUire, Tamaro.. Fran-
cesco .1 era solito fermar qui sua dimora per
(i) Napoleone degli Orsini, Legato Àpost. in Ita-
lia di Papa Clemente V. Di questo card, si hanno
belle, esatte, ed erudite notizie nella Vita della B.
Chiara d^Arimini,' scritta dal card. Garampi. ^erci,
Notizie di alcuni Vescovi di licenza, pag. Oa.
1 6 HÀBBÀnORB
rimembranga, cornee alata Castellano^ notaio
e dottor di grammatica in Bassano verso* il
j 3oo. Costai cantò in versi eroicr latini ( ol-
tre ad altre prove del sna ingegna poetico
che si sono smarrite) la pace seguita in Ve-
nezia tra il pontefice Alessandro III e Fiat-
perator Federico I, ìndirìisando Topera sua
a Francesco Dandolo, doge di Venezia, Tanno
i3a7 (i)^ Era coevo di Dante e di Petrarca,
e non è ptcciola gloria il ravvolgere in mente
e comporre un apj^audito poema, alquanti
anni prima che fesse cinto il crine di alloro
a messer Francesco, non come al cantor di-
vino di Laura, ma come alFàulore del poema
dell'Africa, che qual fenice si risguardava. .
Di altri nostri grammatici non è rimasto
che il nome, e trovansi ricordati nella Storia
Letteraria del eh. Tiraboschi un maestro
Paganino y e un maestro «Simeone, che teneano
esercitata in Bassano la gioventù. Vi furono
(i) Ventlianae Pacis inter Ecelesiam H Impe-
rium Castellani Bassanensis* Una copia di questo
poema esiste ora nella Robertiana. Il cel. Mariti
Sanudo Jiin. Tavea trascritto di sua propria mano,
facendone grande stima. Veggasi il suo Art. esleso
dal cb. ab* Maiu^o tSoni nel Diz. Uom. ili* Bassano.
DE^BXSSINESI iftUSTBT. t^
moTtre Jue nostri fralicelii conreutaali, Gu^
glielau) da Solagna, e Marchesino da Bus»
sanOy ai quali non dee ricusarsi un posto fra-
gir scrittori. It primo tradusse- in latino r<
Viaggi che a lui dettava il famoso B. Odor-
rico da Pordenone^ yenuti più yolte in luce
e nella Gollesione del Ramusio, e negli Atti
de' Saoii del Bollando, ed anche separata^-
anenle a' nostri giorni (i). Il secondb fece- ai
"Viagg^i stessi yarie giunte- dietro alle notizie
«he andò raccogliendo dalla yiva yoce del
viaggiatore (2). Il B^ Odorico ayea visitato
l'impero Tarlaro, l'Indie e la' Gins; & quao^
tanque sia Fopera sua gravida di favole e di
ampollosità*, e resa forse più ridicola per opera
di copisti' ignoranti (3), tuitarvia è quasi Tu^-
BÌca relazione d'autore italiano che abbiane*
de' paesi orientali nel' secolo xiy.
(i) Elogio del B,. Odorico,. con la Storia da Ikv
dettala de* suoi Piaggi j1 siatici.Vett. ^Zàita, 1761,
in- 4'* h*^àìi, Fi' Giuseppa Yèniii (p. 11(9) suppose
die Solagna fosse vilhggio del Modenese; ma A
Verci, con approvazione del eh; Tirabosehì, riven«>
4icò £ra Gagtienno a Solagna, villaggio- poco di-
stante da Bassano.
(a) Morelli , Bibl. Mss. Farsetti , p. 16;
(^) Tirabosobi^ SuLhu li., T. y^ P. i, pagv 1^4^
• »seg;
Gamhay Opere' t»
f8 1«A1\BAZI0N£
SECOLO XV.
Nel xy secolo Bassano non fornisce uno
scrittore, che possa veramente dirsi che sacri-
ficasse alle grazie. Quando si ricordino Ales-
sandro Magio, o Maggi, detto il Bassano,
autore di una riputatissima operetta dePrae^
toris Officio {i), e dallo Scardeone tenuto la
tonto di eloquente oratore e chiarissimo giure-
consulto; Andrea Forzadura, Vir famogus et
doctor Legum excellentissimus (a), già segre-
tario di Gio. Galeazzo Visconti, e uomo di
gran maneggio ne' pubblici affari, da me qui
sopra rammentato (3), Niccolò da Bassano
registrato 'dal Facciolati tra i professori di
lus civile neir Università patavina (4); e Pie-
tro Paolo da Santa Croce , medico di Belluno,
e scrittore di un trattato de Epidemia (5), io
(0 Fu pubblicata iu Bassano f 1807; Bemondini^ in
6, ia. ediz. molto elegante, e colla versione a fronte
fattane da Leonardo Siecchini.
(a) V. Facciol., Fasti Gjrmnas, Paiau,,T» i, p. 5*
(3) Idem pag. i5.
(4) fasti Gjrmnas. Paiav. T. 1, pag. 44'
(.5) TraciMUs de Epidemia Mag, Petti Pauli
de S» CrucCf cxVù Bassani phj^sicif ?edulo dal eh.
DB B188A1IE8I ILL»JSTRI. Isg
credo che poco o nulla resti da aggiagaere.
£ ìd verità, che mal sofTerente di un yaouo
loogo ed ingrato ardirei dì registrar qui uo-
mini di spada in luogo di uomini di lettere,
se pure Piardo e Cristoforo da Palmerina^
e i Manardi, e i Novelli^ ed altri capitani
Aostri valorosissimi, non mi si aif scoiassero
quai paladini degni di sedere alla tavola del
re AjIù, dietro al bizzarro gusto di un secolo
gradassevole, che vide nascere V Orlando del
Boiardo, ed il Morgaote del Pulci, ed in cui
surse la futile scienza cavalleresca (i). Un
saggio delle trascendenti prodezze bassanesi
si paò leggere nelFoperetta il Bassano del
veneto Lorenzo Maraccini,non solo impressa
io Tenezia nel 1577 ^^ 4) ^^^ tradotta altresì
in latino, e pubblicata in Olanda per ilVan-
der Aa: Quattro Bassanesi furono bastanti a
tener Vesercito di Massimiliano imperatore
per ore sette con gran strage; quali non puO'
»
«b. Morali, incomincia : Omnipotens Dominus, eie,
f^os erìjO speCtabiUs Beitttnenses Consiliarii^ eie.
Iri fine ha così .* Per Peirutn Paulum a Sancta i"
(sic) de Bassano Ciuitatis Belluni Pìiysicum editunt
hoc opusculutn, i457, a8 Martii, et manu propria
tcripium,
<(4) MiffeÀfSc, Cattai. Roma, 1710; in 4i l* Si c« i^*
!Ì0 RARRAZIORB
tero esser mai eonquistati prima che non
fossero tolti di mezzo da molti cavalli^ che
passarono il fiume a guazzo; né Bastarono
ancor questi a prendergli^ ehe^ ascesi alla
montagna velocissimamente ^ se ne juggivanO'^
ma assaliti da alcuni cani corsi y tenuti nel'
Tesercilo a questo fine^ furono dissipati e
nwrti dalla cavalleria. Che ye ne pare, P.
Moschiai onorando, e a me sempre carissimo.*^
tXGOliO xTr.
Entro colla mia Narrazione nel secolo d*oro
delle lettere e delle arti, in quel secolo in cui
per tutta Italia e oratori e poeti, e pittori e
architetti^ ed i cultori di ottime discipline
germogliayano- come i mughetti e le giuochi-
glie allo spuntare di primavera.
Un nome veramente grande, e, dirò me^
glio^ un astro luminosissimo comparve sotto
questo cielo in Lazzaro Bonamico, il quale
Xion mai si vide finora oscurato da verun al-
tro de' suoi concittadini» Come uomo da pa-
ragonarsi ai Glassici antichi lo deHaì il Sa:-
doleto; Tonore dello studio di Padova Io
chiamò lo Speroni ;qual ingegno di cognizioni
profonde neirantichità e nelferudizione fu dai
DB* BÀSSiHSSI ILLtJSTBt» 2 t
Tuano ricordato; e i Maàaz], e i Benibi, e
ì Varchi^ e gli Erasmiy e gli A.ma8ei tenoero
ioloroo a lui non dissimìl linguaggio, e fecero
infiniia alima del suo sapere. Educato alle
soaole de' Calfuroj, de' Leonici, de' Musnri
ilivenDe graa maestro neUa greca e nella la-
tina eloipienza, e viro desiderio di ^ lasciò
in Bologna, in Firenie, in Roma, città tutte
ohe Io accolsero con entusiasmo per quaicke
tempo- Eletto professore nella cattedra pata-
vina y' insegnò umane lettere in pubblicò ed
io privato nel lungo periodo di ci nqnaat 'anni,
con isfiraerdinario concorso di alcuni Italiani
e d'oltremonti; i quali affermarano., cke i
veri precetti della facondia ciceroniana, Zojf^jfO
padre e /onte defta romana eloquenza Marco
Tullio non li avrehhe con maggiore chiarezza
e purità spiegati (i). Lazzaro era stretto in
amicizia co' più grandi uomini del suo secolo;
e illustri allievi uscirono dalla sua scuola, ba-
standomi rammentare tra gli altri Antonio
Agostino, Onofrio Panvino, e due gran car-
dinali, Reginaldo Polo ed Agostino Valerio.
Anche prima di essere onorato dalla sua Re-
(4) Philini, Teatro éP Uomini Letterati^ Veneziai
*649 , T. I, p«g. 144,
'93 HiRRAZIOSI
pabblica di largo ed insolito stipendio, è stato
quest'uomo maraviglioso inutilmente deside-
rato dalle straniere nazioni. Egli spirò -jaeile
braccia degli amici , e furono ambiziosi gli alunni
dello studio patayino di poter portare il suo
feretro sulle loro spalle, e di lodarlo con ora-
zioni e con carmi che tuttavia ci rimangono (i).
Non si determinò per soverchia modestia »
prodnr, mentre visse, opere sue, che pur erano
attese con impazienza (2); e soltanto pochi
versi, poche epistole, e qualche orazione si
pubblicarono dopo la sua morte. Quantunque
il Mazzuchelii in prima, e poi il Yerci, ab-
bian raccolte varie notizie intorno alla vita o
(1) Un onorevole monumento gii venne eretta
in Padova {Pitture di Padova del Brandolese^ p.
195) con un bmto in bronzo, opera eeoellente dt
Danese Cattaneo, che paw6 poi neMa famiglia Ro«
berti di Bassano dove tuttavia si conserva.
(pi) Ne sia una prova il seguente epigramma in
cui gli parla di sé medesimo :
Non dcerpf non VirgiUuB sum^ Mwn tamen ipse
Lazarusy Aonii creòer arator agri.
Et conor cunctis sacros aperire liquores^
Bbibit unde olim Tulliusy unde Maro,
Penmm alii summum tenuiste Uelieonafiranlur^
Mi sai erit medio sistere p99»9 iugo*
^^^^^m^^^^^^^mmm
agli stadj di Lazzaro (i), nienledlmeno mille
▼olle ebbe a ripetermi il dottissimo uomo ab.
Iacopo Morelli, che campo è questo ubertoso,
ma non ancora ben coltivato (a); ed in effetto,
colle sole tracce dal M azzucchelli segnate sa-
rebbe spezialmente da esaminarsi la molta
copia di componimenti non editi che nella
Ambrosiana di Milano si trovano esistenti (3).
(i) Scrittori cPItal., e Verci, ^ita di Lazzaro
Bonamico. Venezia , 1776, in 13.
(3) V. Morelli , Bibliot. Mss. Graeca et Lat,j
Bassani, 1802, T. ì^ p, 463, et sue,
(3) Debbo alla cortesia delP illustre bibliotecario
deirAmbrosiana Carlo Amoretti, un* estesa notizia
intomo al contenuto di questi codici. Egli mi ar-
Terti che, oltre ai citati dal Mazzachellt, altro n^e-
siste segnato D 3^$ e cbe Vincenzo Pinelli, col-
tissiiDO uomo, ed ammiratore di Lazzaro , raccolse
studiosamente tanta merce, che passò poi neirAm >
broftiana per acquisto fattone dal card. Federico
Borromeo. Sono sette eitsi codici, e contengono
Lettere di proposta e risposta del Bonamico, e di
Tarj suoi amici e personaggi distinti, come furono
il card. Polo, il card. Farnese, Federico Fregoso,
Aldo Manuzio, il Musuro, Carlo Stefano, Alessao*
dro Campeggi ed altri. Inoltre vi sono versi latine
ed anche greci, scritti per varie occasioni di amore,
di amicizia, di morte, e per lodare amici} alcune
Orazioni latine, e Prolusioni dette dalla cattedra
patavina \ ed un'opera intitolata, Praeleetio in 3f.
\
94 lli«BiSBI01IB
Volesse Iddìo che il yalente ed accarato
biografo di Vittorino da Feltre, e di Guano
da Verona fermasse i suoi sguardi alla metà
del cammÌDO fra quelle due città, che rivol-
gendoli a Laxcaro da Bassaiio,bella e copiosa
inesse ritroverebbe onde accrescer fama a se
stesso, e recare a questa mia patria splendore.
Una schiera di poetu2£Ì imitatori, greggia
servile, e qualche oscuro scrittore in teologia, in
giurisprudenza, in medicina, balzò pur fuori
a Bassano in quest^epoca, ma io mi guarderò
bene daU* intrattenermi intorno ai Cardellini ^
ai Persi Cini y ai Sale^ ai Giostrerj^ ai Tfista^
ai dal Cornò ^ agli Ancarani^ e a talun altro,
di cui tuttavìa rimane o qualche sdolcinata
poesia, o qualche commento a Galeno, o qual-
che parafrasi di rancide leggi, o qualche stiic«>
cbevole vita di Santi. Di poco merito è an-
che un'orazione latina (detta dal Verci heU
YuUium de Lege Maniìiay lavoro lungo, e termi-
Dato il di 19 novèmbre, iSaa. Con quel buon gu-
ato ciie dirigeva le imprese degli editori dei Saii-
nazzariy e dei Navsgeri, possa arricchirsi la nostra -
Italia di un libra più copioso e compito dei già-
impressi sin ora, e darci raccolti tutt^ i migliori
componimenti in veni ed in prosa dei nostro Laz-
zaro da Bassano,
Dfi^ BA8&&NE8t ILLtTSTRI. aS
liaima) scrina dal nostro Franceso GrossaìA
onore del cardinale Vallerò; é quasi dimen-
ticate sono oggidì le Eleganze de* Commen^
ttaj di Cesare^ che, ad inntasione di Aldo
Hanozio il giovane , mandò it Grossa alle
stampe- (i). Marco Stecchini, poeta e maestro
ik belle lettere^ fece qualche passo più in-
nanzi^ « si troTÒ compensato coironore della
propria effigie coniata in hroazo.
Di assai maggior calibro dei suddetti fu*
rono Giuseppe Betussiy e Francesco Negri»
Era il Betuasi un poToro gentiluomo nostro,
che di buon'ora Tagò per Tltalia accattando
grana e protesion letteraria, e la troTò spe-
,(i} L'«dizì<ine i fatta in Vesezia , per Giorgio
jtngelieriy i588, in 8. L^orazione al card. Valiero
h stata impressa due anni prima , cioè f^enetiiSf
iS86, in 4* Dalla dedicazione al canonico di Pa-
dora Camillo Borromeo ai rileva, che Tautore era
atato maestro di grammatica ai cfaerìci di PadoTSy
poi dì ornane e sacre Ietterò nel seminario di Vi-
cenza, dove compose PO razione, ma non la recitò
pcrckè gii mancò Poccasiooe di ciò fare. Aggiogné'
chVaegni Pedizione in. Venezia, doY^era passato ad
eaereitare Pnffieio di correttore delle stampe, e dà
indìzi di ayere scritte annotazioni e osserraziont
aopra Terenzio destinaCè alla stampa ; ma di qae-
ale noft è nolo troyaiai edizione ternna.
nG hArrìziotts
zialmeote ia Pietro Aretino, che lo rigirar'*
dava come figliuolo , e da Mentore Io ammo- ■
niva. Costai In una lettera, cospersa de* so*
liti suoi freddi lepori, raccomandatagli un '
giorno, che badasse intensamente agli studi,
si che sieno le vostre Amorose le carte ^ e le^
vostre Ruffiane le penne (i). Irrequieto il
Betussi, e bisognoso di pane, viaggiò in In».
ghilterra, in Francia, inlspagna, né mai fermò
ano domicilio io una sola città d'Italia^ giac-
che ora trovasi correttore di stampe presso i
Gioliti in Venezia, ora segretario in Roma,
ora ramingo a Torino, a Milano, a Siena,
finché ricovrossi presso la famiglia illustre
degli Obizzi di Padova, dove compi neiranno
iSj3 il suo Ragionamento sopra il Catajo\
e in questa villa deliziosissima vedesi tuttavia
la dipintura del suo ritratto, di mano di Ba-
tista Zelotti (a). In mezzo ad un vag^meoto.
così continuo non è poco ch'egli trovasse osia
da consacrare alle lettere, ne scarso è il nu-
mero de' volgarizzamenti, delle poesie, dell»
opere di erudizione che di lui ci rimangono
(I) Lettere, ▼ol. t, pag. 3ii.
(2; Il Catajo. Padova, i5^3, in 4» ^%- ^9-
r
■^^
a tUmpa, o che si sono smarrite (1)9 e che
gli hanno tenuto luogo ira gli uomini più iU
lustri in sapere, secondo le fbrse troppo lar-
(1) II più esteso catalogo fle11«^ sue 0|>ere si pu6
leggere neirarticolo scritto tlal Verci, ed inserito
nel Dizionario degli Uomini illustri, edizione di
Battano. U Verci però non ebbe indìzio delPope*
retta seguente, che tengo 80tl''ocebio : VAletslcon.
due canzoni ed altre Rime di M, Giuseppe Be"
tussi. PoM^ia, i553, in 8. È dedicata dalPeditore Ago-
stino Rocchetta ad Alberto dal Carretto; e VAletsi '
è un** Elegia scritta in iporte del giovane Alesaaa-
dro Garretto. Ha in 6ne altra lettera cb^era stata
allo stesso Carretto indirizzata dallo «tampatore
Francesco Sloscheni ciuadino di Patria. Ricorda il
Tiraboschi CT. vii, P. ih, pag. 1147) tanche an^
opera assai estesa delle Genealogie^ che il Retassi
intraprese prima di ogni altro, ma che non ha mai
T«duto la lece $ come non la videro né i suoi XJÌ
lÀhri degli Uomini iiluttri , né il tuo Diteortty'
tcpra la dignità e grandezza della lingua uolgarey
produmioni che teneva in pronto per le stampe,
dictre a quanto si raccoglie dalle sue lettere. Re-
oestemente si è pubblicata eon ogni lusso tipogra-
fica noa saa Novella^ tolta dal dialogo suo amoroso
il Raueì^ta^ per cura di GiambotìcUi Roberti, che
volle dedicarla in pegno dì cordiale amorevolezza
allo aerìttore di questa Narraziocie, il quale nt serba
un eaamplare io pergamena, ornato di miniatare a
oro di finissimo gusto.
— .. '^ "^
3^ trABRinOKt
ghe espressioni di lode dategli dal Tirabo-
adii.
Spenderò peche parole iatomo all'apostata
Francesco Negri, Uomo di fervida fantasìa ,
spirito tempestoso, ma di non ordinario sa-
pere^ o fosse accecato da un allacciamento
incauto, secondo la yolgar tradizione^ o imbe-
Tttto dalle dottrine dei nov-atori de' «noi tempi,,
cornee più verisimile, egli balsò dal mona-
stero de' Cassinensi di Padova a sostenefre le
false dottrine di Lutero e di Zuinglio in Ale*
magna* Stabilitosi poi nella Rezia, divenne
precettore in Ghiavenna, e si fece stimare
come uomo versatissimo ndle lettere, e come
flòn Ignobil poeta^ pubblicando varie operette( i).
<i) Si pah vederne il catalogo nell^artic. Tfegri^
che con prolissità, e non senza qualche inavrer-
tenza scrisse Tabate Francesco Carrara nel Diz.
Uom. illustri, ediz. di Batsan<K Egli sappose per
esempio, che il Negri bassanese non fosse Pantore
de* Buditnenii Grammaticali^ quando n^esìste nella
Bemoodiniana Pediaione col titolo seguente : Fran»
tiscìN/gfi Bassanensis canones GrammatieaUsf eie»
Paàclavii, Dolphinus Londolf^ius i555, in 8. Am»
brosio Ballista, editore delPopereUa, ci avverte y
ch*erà stata inpressa circa dieci anni innanzi, ma
imbrattata di errori s e in fatti ne ho trovata re*
gtstrata un^ edizione fattane; JkUdiolanit Io* dm*
DI BMdARBSl ILtaSTRT. 3^
Iis tragedia del Libero arbitrio jdweux^ com-
posta ìa italiano, & poi recata in latino, si ha
eziandia tradotta ìa francese, ed è tanto cara
ai raccoglitori delle rarità bibliografiche quanto
abborrita da chiunque ha- in ira la vile satira
e le puerili allegorie (i). Ci ha pure lasciata
tonius CasteUoniuSj i54i, in 8. N« il Vercì né- it
Carrara conobbero un^ aHra piccola produzione del
Negri^ cbc trovasi inserita nellk seguente operetta
èeì Vergerlo, ed è una yersione dall' italianai
Hi fioriti Francisci Spierae Civitatulani (di Citta:-
della), qui quod susceptatn semel Et^angelicae uè*
ritatis profissionem abnegastet damnensetque in
horrendatn incidii desperationem. Tuòingaej 1 555,
in 8>. Parla det nostro Negri anche il P. Don»
Kosio de Porta uelP Ism. Ikfùrm, EceUs, Rheticar.
Curiae Hhciorunif 1773) t'oL a in 4.
(f) Nella Capponian», e nella Biblioteca deit^Haym
trovasi registrata come prima Edizione di questa
Tragedia una fattasi nelPanno i546 in 4 *^"*n
luogo e nome di stampatore. Nella Remondiniana
esiste akra colPanno i547 i'* ^ senz^altra nota-.
Questa, per la differenza segnata neiranno, e nrlhi
iòrma del Libro, mi lasciò ragionevolmente sospet-
tare che possa essere dalla prima diversa f ma rf-
flettendo a quanto si legge nell 1 Prefazione al Let-
tore dell^ediz. iSSoy pag. a, cioè: Hor perchè al'
cuno potrebbe per avventura maravigliarsi, p^r
qual cagione io non habbi nella prima edizione
di essa Tragedia manifistamente espresso il nat»*
/
3o «ARBàElOBE
il Negri la storia di un altro settario nostro
bassanese Domenico Cahianca^ il spiale in
eia di 3o anni venne condannato a morte ia
Piacenza; e le geste di costui sì leggono re-
gistrate nel ginevrino mar^rologio (i). A que*
•ti nostri concittadini, che fecero tanto mal
uso de^ loro talenti, può la patria contrapporre
altri personaggi distinti nelle sode dottrine' e
mio, come kojatlo poi in ifuesta seconda, dirò
èrievtmenu la cagione di tal /aito , ecc., dovrei
cambiar sentimento, e cunei udere che i Bibliografi,
tutti abbiano preso abbaglio, e la prima stampa
sia fatta nel 15^7 in 8, tanto più ohe in essa ap-
punto il nome del Negri è segnato colle sole sue
iniziali. Esiste pure la ristampa, i55o in 8, senxa
luof^o e nome di stampatore, descritta dal de Bure^
(^Belles Li'tires, T. I. num, 353a)Gome la più eo'
piosa e la pia ricercata, ma che dee però giudi-
carsi men rara <felte altre due. Dietro al confronto
de* caratteri, che ho potuto fare, inclino a credere
che ques^ultima edizione sia stata eseguita nella
stamperia del Làndolfi di Poschiavo , per Paboli-
zione della quale il papa Pio IV ricorse alla Di^ta
de"* Grigioni Tanno i56i. f^. Rodo de Porta Comp.
Storia della Mezia, Si fé fide in Chiavenna, 1787,
in 8, pag. ccLZjrztx.
(i) Uìh. Des Martyrs persccut. , etc, Oénhvc ,
Aubert^ i^>9i f*^l> I^i^* i^t ^^^' ^oi sub. an. \C)Cìo
Art^ Dominique ile la Maiion Mlanchu, Uvurticoit
Je Bussano.
W Bà88Ay&SI ìhLVSTBil. 3t
tiella pietà; e tra questi è da ricordarsi ooli
onore Gio. Agostino Diedoyàsiio il Bassanino^
che abbracciò f istituto Agostiniano, e ne dt«
Tenne yicario generale Tanno i553 in Bolo-
gna. Lasciò pubblicata qualche piccola sua
jHTodnzìone , ed era . consa (tato come uomo
grare e profondo nelle teologiche controver-
sie, avendo egli dati consigli che furono ab-
bracciati per la terminasione, ed esito felice
del Concilio di Trento (i). Fuyyi un Am-
brogio Frigeiio Agostiniano^ zelantissimo delta
rdìgiooe, uomo di probità e di sapere, che
venne promosso da papa Glemmite Yllt al
vescovado di Sebenico, a cui però non potè
pervenire, dalla morte impedito (a). Antonio
(i) Verci, Scrii. Bats, , e Diz. Uom. iU. tdilio
in Bassano»
(3) Rimane di lui aUe stampe: yita di S. NI'
^ola di Tolentino y raccolta dagli antichi originali
per il B. P. F. Ambrogio Frigerio di BassanOf «ce-
Ferrara, f^itiovio Baldini, i588, in 4« con dedica
al pontefice Sisto V. la morie del Frigerio recito
il P. Pio Paolo Beriendi da Bergamo un^ Orazione
imivhvnj impressa in Ferrara, Baldini, iSgS in 4 »
il quale, parlando ivi di essa vita, non si fa scru-
polo di esclamare:
té Pigliatela, leggetela, meditatela. Con cbe elod-
ie queoza, eoa che sliici eoa che divoaione Tlia egli
$9 RARBASIOHB.
Grandi^ eremita che soggioraava a S. Vito
presso Bassano, raccolse in sua casa duecom-
pagai di S. Ignacio ed il Saato medesimo,
grillastri biografi del quale, Gio. Pietre Ma f-
fei-y e Daoiele Bavtoli, ricordano A^ntooio con
molto onore, dandoci Fano il carattere di
questo rigido llarioa bassauese (i), e Taitr^
ima bella, raccolta di alcuni suoi memorabili
detti (3). Uno de* primi seguaci delF istituti
Loioliano fa Cristoforo Compostella y aatoi»
di un'operetta della Cristiana Istituzione^
oke yenne approvata per l'uso- di yarie dio-
cesi. Egli fu. caro air insigne arcivescovo di
Milano S. Carlo Borromeo, eoa cui tenne
corrispondenza (3).
<( descritta! Se spirito invidioso non regg4*rà in voi,
<* direte senza meno, che con leggiadria' ammirabile
« abbia imitato nella moralità Gregorio^ nella. elè^
H ganza NazianzenOj neHa- veemenza Grtsostoroo ,
» nella gravità Basilio, nelPaltezsa Agostino, nei
u lumi rettorici Girolamo, nei mistici Ambrogio...
u ebe per caparra* della finezza e eccellenza del-
w l'opera, eccola non una, ma due e tre volte già
M stampata* e ristampata. »
(r) f^ita D. Jgnat. Patata., Cominum, vpj, lib. in
pagina 387.
(a) yiia di S> Ignaaio* Roma, 1659; fol. Lib. it,
pag. 159.
(^) Mummtk ponu di Bastano ^ ec«. pag^ 4^
W BASSAlVBSr IIITTBTRT. 3Ì
Con Alessandro Campesano chiuderò la
storia letteraria dèi secolo decimoaesto. Lo
cHsgìiHigO' dagli altri, non perchè debbast atere
«l'alta opinione di hn, come di na grande
scrittole, o di un poeta di spirito levato, ma
perchè le belle singolarità del suo animo di-
fetteranno ogni abo animo ben composto. Spi-
rano ingenuità e candore tanto le sue piccole
oiMnposiciooi piriche , quanto le lettere ch'e-
gli scnrewar a' suoi amici ^ e nelle quali si
onmpìaeeva a narrare,, che la natura non gli
wea eacciaia in corpo- un^animaceiaavam e
desiderosissima di guadagno, ma l'area for-
cato sprezzatore deUe riochezze ed amico
del buon- sapere (i), VoUe quasi ripetere que-
sti sentimenti anche nella, sua lapide sepol-
crale, che tuttaT4a leggesi nella ebiesa di S^
Giovanni Batista in Bàssanor alussandro
SàKPESA-VO HVOIiO AMICO Ol SAPMB ET ni YITA
iiTiBAT»^ £ (fri sottanBATo ; ecc. Piaceaglf con-
darre tranquillamente i suoi giorni sulle rive
di (pesto Brenta, e- et rimase una modesta
pittura de' suoi passatempi in un'aurea epi-
stola latina di quel nostro valente bassanese
(t> Nuovo libro di Lea., Yen. . Gerardo, ■'^44) "'
9. Lettera a Franceéca Doni,
Gamba y Opere:- 3«
34 HABRÀZIOICC
Faustino Amico ^ clie per fatai ila yide com-
pir sua giornata innanzi sera (i). Alessandro
serbava costaatemenle fede agli amici, ed in
pegno di questa raccolse e pubblicò alcune
rime del Bonamico^ e poco prima di morire
destinò a' suoi più cari le suppellettili lette-
rarie ed* erudite che possedeva. La lettura del
suo testamento, che abbiamo a stampa, fa.
correre all' animo un soave piacere, ed è tale
che potrebbe servire di archetipo adognrono-
Kato capo di famiglia, mentre vi risplendono
e vi si ammirano e la rìverenisa a Dio, e Te-
mor della patria, e la giustizia versoi parenti,
e la molta prudenza, ed un'onesta amareua
pel distacco da* beni di quaggiù. Si rende poi
deli/iosa <pidre£ficacia con cai egH tiene rac-
comandato un diletto suo poderetto'.iSe io mi
sapessi immaginar modo^ con che ohbligar
quelU che verranno perchè tenessero ben in
eoncio^ et ornata^ e riparata questa casa^ e
questo orto , almeno come io ho fatto ; e che
da eleganti padri di famiglia trattassero e
«p
(0 Faustitii Amici Bassaneasitf Anno aetatis
éuae JtJir immatura morte praereptì Epistola ad
Alexandrum Campesanum. f^tn, i564, in 4* Nella
Robertiana si conserva un esemplare iniprejso i«
pergamena.
BB^ BA88A1IESI ILI^OSTRI. 35
mitigassero con graie opere cosi il terreno^
come le piante di quel mio carissimo giar»
dìnoy costeggiato dalla Brenta ^fareilo cerio
volentieri molto \ ma voglio credere e confi-'
darmi ^ che per non spiacernU almeno^ né
esser ingrati ^ non disprezzeranno questo mio
desiderio^ uè si mostreranno sconoscenti del
henefizio che io lor fatto ho, Amo ianio quc'
sto dilettissimo diversorio^per la piacevolezza
del siiOy per la comodità del fiume^ per la
sua vicinità^ e per lo prospetto e vista gra»
tissima^ che se la fede non me^l vietasse ar-
direi di dire aversi a veder ^ o certo udir
spesso a diportarsi dopo mia morte di me
qualche ombra agli odori et aWaura di quelli
alberi f posso dir fatture delle mie mani^ e
creature mie: quasi inter amoena piorum
concilia foriunatorum nemorum , sedesque
heatas (i). Dalle poche mecuorìe ia «omma
4e) Campesano, che tuttavia ci rimangono,
scorgiamo in lai tino spirito yeramente gea-
tile. Penetrato della verità ed eccellenza della
«uà religione^ egli era nemico di quella pietà
imbecille che suol far coosìstere la soda virtù,
in vote apparenze. Non mai desiderio diyen-
iX) Kaova Kaccolta CaUogeriaBa, tom. kvìu e sjm.
36 RAitnAxroffS
detta lo colse, non mai conobbe che (osse or-
goglio, figlio bene spesso deiridiotaggine. Era
amico della società soltaata allora che poteva
contribuire alla concordia de' cittadini; e te-
neva a sé legati gli animi altrui, danda sem-
pre in sè stesso nobile esempio di modera-
zione e di piacevoleKza (i). Ho dipinto Ales-
sandro Gampesano con pennello spontanea >
mente vivace, perchè dalla vita di lui poss»
ognmio dedurre, che le qualità del costume^
e del cuore sona assai più deliziose e più
«tili di quelle dell* ingegno e della dottrina. .
(i) Al nostro BetiiMÌ, nel suo Bagionamento sui
Catajo (edizione iSyS, pag^. 4^) piacque inserire il
seguente etogro del Camprsano : u Amicissimo di
« M. Rìeiro Vittori..», fu reecrHentissimo dottor
u di Leggi, e mio conpatriotaM. Alessandro Cam-
u pesano, uomo stalo universale in tutte le scienze,
« e dotato di tutte quelle buone parti, che potes-
u sero cadere in d^gno e qualificato gentilaomo ;.
u passato in questi di a miglior vita con comune
u dispiacere di tutti i letterati e buoni f ed il quale
u io piangerò sempre ^ che nel vero troppo ha per-
u duto la patria mìa.... E dove non era egli cono-
u scinto ? E in qua! loco si poteva di lui tenrr
u proposito men. che onorato ? Era buono , e da
u bene, letterato, virtuoso, cortese, affabile, \ibc-
ci rale, ' osservator degli amici fin dopo morti f ca-
M ritati vo, ospitale, magnani mo, conosciuto e 8ti>
li mato da infiniti. E in somma concorrevano ia
M lui tutte le condizioni buone. »
GomìnciM la rassegna, ch'egli è ormai tempoi
anche de' Dostrì migUori callorì delle bell'arti,
meritando por Itene ia storia pittorica bassa-
nesca una particolare commendazione. Aveano
scritto intorno ai Bassanesi pittori- il dotto
llidolfi, e r illustre Zanetti; e degli artisti
ottimi^ mediocri, ed infimi si occupò anche
soverchiamente il I>enemerfto Verci (<f)| il
quale intorno a qualche artificio del nostror
Iacopo nella teoria del dipingere, seguì i det-
tami di Giambatista Volpato^ pittore nostro,
di cui dirò per innanzi. Intorno a Iacopo
scrìsse dappoi con venustà pittoresca rabalo
i^iambatista Roberti (:r); e in ultimo luogo
pronunziò inappellabil giudizio della scuola
tutta de' Bassani il celeberrimo abate Luigi
Lanzi (3) , che quando scriveva era mio
ospite desideratissimo (4), essendosi qui Irat-
(i) Notizie de^ Pittori, Scuitori ed Architetti di
Bassano. Ven. , i755, in 8.
(9) Lettera al caote Giovio intorno a Iacopo .da
Poote. Nel voi. xii, fioberti. Opere.
(3) Storia Pittorica dciritalia, T. ii, P. i.
(4) Di tale ospitalità noa solo resta scolpita nel
mio cuore ia dolce memoria mia, ma fie resta eziandio
«Q pegno indelebile McUa latina ÌAcrizione lascia-
tami in tal occasione, e resa poi da esso pubblica
Delta sua opera : Inscriptìonum et Curminutn |
Libri ires, Flor.^ 1807, in 4? pag. 69.
38 HARBAnORE
fenato per riordioare ed imprimere In atta
classica Storia delia pittura. Se Targomento
cadde per buona ventura in mani sì diligenti*
e dilicate e perite, buon partito è per me H
seguir ciecamente tali orme, imitando r fan-
ciulli i quali scrivono suHe carte rigate, per-
chè da se stessi non saprebbero tener diritta
la mano.
Sin dal decimoterxo secolo trovasi neMe
nostre vecchie carte ricordato un- Martineìlo*
da Bùssana pittore^ il quale, io stim.o^ che se
per avventura gareggiò^ in abilità con quel
miniatore che contemporaneamente figurò Io
Statato di Bassano da me sopraccennato, do-
vea pur essere imbrattator dì muraglie rozzo
ed agreste, e da nominarsi soltanto- per avere
dipinto prima di Giotto e di Gimabne ( i ):
Varie pitture qui ci rimangono de' tempi po-
steriori^ ma non còsi i nomi degli artisti loro.
Nel finire del seòolo decimoquinto, e nel sus*
seguente esercitò la pittura in Bassano la fa*
miglia de* Nasocchìi^ che ci diede un Gta'-
corno y un Niccolò ^ un Francesco ^ un Bontà -
lommeOy ed un Giuseppe ^ del qual ultimo sì
(0 Lanzi, Storia Pittorica, scuola Veneta, Tom.
m , pag. 6.
conservano tuttavia freschi, che Io fanno di-
stingaere artista men che mezzano (i).
Ma fu prÌDcipalmente nella famìglia éa
Ponte ^ o dei Bassani^ che renne in grido la
eccellenza dell» pittura, come direi quasi la
fa un tempo delia medicina nella famiglia de-
gli Aaclepiadì^ e lo fu a^ giorni nostri delle
matematiche in quella de''Trivigianì Riccati:
Francesco da Ponte il vecchio^ yicentino di
nascita, ma che fermò qui il suo domicilio,
rinsci buon seguace.de' pittori Bellini. Comin-
ciò i suoi lavori da diligente artista, ma secco;
se non che ne' suoi ultimi anni divenne pia
pastoso a misura che Tarte sì andava qua •
là rammorbidando. ioco^o da Ponte, -figliuolo
di Francesco, ò il grande e classico nostro
pittore. Egli
animò sulle spiranti tele
Non crude pompe di guerrieri assalti.
Né logge od archi di romuleo fasto ^
Ma lieti casolariy umili arredi^
(r) Stanno nella facciata dellk casa Micheli ìq
Piazza. NelPamio 1681 virea tuttavia in B'assano
Iseppo Nasocchio^ il qnate ha compiutamente do'
rata con diligente accuratezza la sedia dov'è pò*
sta la statua di M. V. del Rosario in Dnomo. B4
yUac^uaf iUlazione^ ecc. , pag. ig.
4o HAikRÀ2tOIIS
Fecchierelle^ adnei^ mandre, pastori^
Teocrito dell'arte (i).
Inducalo prima dal padre, resosi -.indi ktruUo
dagli esemplari degV insigni suoi eoetanei, e
ibrnito di un' anima yivace, ed atta ad .espri-
mere col pennello le bellèsase delia natura,
clus gli erano qui familiari, si rese poi cefe-
bre e per la magia di adorito, e per origi-
nalità di siile ^ che niente a quel di Tiziano ,
del Tintoretto.^ e di Paolo vede in hellezzit^
perciò dee. egli avere egugl posto fra quelli
per compiere Videa della scuola.veneta nella
maggiore sublimità (»). £ra limitato di £an«
tasia, e perciò facile a ripetere i soiggettiv ma
ciò potdva pur attribuirsi a ocJpa della eua
situazione, essendo verissimo.^ ohe leid^ tigli
artefici ed agli scrittori crescono nejk grandi
•metropoli^ e scemano ne^ piccoli luoghi (3).
(i) Bassano, Poemetto del P, D. Giuseppe Bar^
bieri^ Tipografia Remondiniaiia, >-i8o5, 8. grande, |>ag.
]5. Più bello e ricco elogio di Iacopo fece il Bar-
bieri, neirOrazione da lui detta Dell'* Accademia delle
Belle Arti in Venezia, ed ivi impressa, 4893, in 8.
(2) Zanetti. Pittori Veneziani. Venezia, 1771,1» 8^
pag. 196.
(3) Storia Pittorica dciritalia. T. Ji, P. i , pag,
117 , ediz. 1795.
WbASSARESI itCUSTRI. 4*
Conchiude però il chiarìteimo Lanzi <;ol dire»
che la taTola della Nascita del-Si^Borc;^ poita
a S. Giuseppe in Bassano è il capo d'opera
non solamente d' Iacopo. ^ ma quasi dissi dtlla
pittura moderna in ciò che è forza di tinte
e di <ikiaroscuro.
La scaola di Iacopo dorò per lunga ala*
gione, eempre però decrescendo. Tra i quat*
tre suoi figliuoli e discepoli, Francesco e
leandro rioscirone valorosi. Giambatista e
Girolamo^ solea dire il padce^ ch'erano o^/im»
copisti delle sue opere, ed il secando speiial*
mente arrivava colle cepie ad ingannare tal^
volta i conoscitori di allora^ che le pedeano
ielle ejresche: quanto piii sono in pericolo
di prendere abbagli i presenti^che sono lon^
toni da quella età, e le vedono moUo bene
armonizzate, e accreditate dal tempo (i)/
Francesco fece qaadri bellissimi, imitò il C(J«
peggiare del padre, ri suo caler nelle tinte^ il
rilievo, e la franchezza medesima, caricando
eziandio alquanto lo stile paterno. Sarebbe
forse pervenuto ad oscurare lo stesso Iacopo
nelle grandi cotoposiaioi^i,8e, oppresso da fiero
jnaUnconie, non avesse perduto la mente t
XO Zanetti, 1. a,, p. 396.
A
49 niRRAEIOm!
segno che, gittatosi di una fiDestra, disperataF^
mente perde la y ita in età gioTanile. Leandro ,
il terso genito*, imitò gli esempli paterni , se-^
gaitando tnttayia piuttosto fii prima che la
seconda maniera di Iacopo; Con un pennello
men fervido sceglieTa le immagini più liete^
e le più nobili della paterna* scnola, ed eee-
gnivaf i anoi layorì con belP impasto, senza
ommetlere il yigore dovuto, e- la maestria
necessaria al carattere* di un buon professore;
Sair spesialràente in alto grido in Italia e
fuori peìr moltissimi ritratti che fece stupèn-
damente-^ accostumando con quella pratica
la fantasia alla varietà^ sicché tutto non fu
in lui maniera di scuola^ anzi qualche cosa
di originale neìler opere di esso molte volte si
trova (i). Egli dipinse, tra gli altri, it cele-
bre Prospero Alpino, onor di Marostica, che
al suo ritomo di Egitto volea stabilire fra noi
il suo domicilio (a), e lavorò poi moltissimo
(i) Zanetti, 1. e, pag. 393.
(pi) L^originale di questo ritratto,* cher vedesì in-
cìso nelPopera sua De praesagenda uita, Sassoni f
1774 in 4> ^CA posseduto dal celebre Morgagni colla
tegnente iscrizione : ( in 'carattere maiuscolo ) AN*,
A ViBGivtf parta mdlxxxvi. mens, Februarìo Lean»
der Dttssanus Prospero Alpino medico qtuun #fti«
^ j.
^^r
DB* BASBÀNBSt ULUSTRT; 4?
per priTali e per prìncipi. Il doge Grimani Io
ayea creato cay. di S. Marco per essere stato
egrègiiiinente da lai dipìnto; e di quest'onore
tanto andava borioso Leandro^ che faceasì
pubblicamente corteggiare da' suoi scolari^ i
quali doveano anche assistere alla sua mensa,
e far Wl da pregustatoi'i nelle vivande; per-
chè all^uso dei grandi Leandro sospettava
Sempre di veleno. Il grande por tornava pic-
colo, se i pregusta torì addentavano troppo
avidamente i manicaretti golosi; e io questo
caso égli menava schiamazzo.
Tra i varj allievi de' Bassanesi registrò il
Yerci un Iacopo Guadagnimi -un Marc An-
tonio Dordi^ un Giulio^ ed un Luca Marti*
nelli^ un Antonio Scaiarioj ed altrì; ma il
migliore di ogni altro fu Iacopo Apollonio^
nato £ una figliuola di Iacopo, e^ secondò il
fini ex Egyplo Bassanwn ventrit grato animo- «/^
figiem ita egregie calidam ob 'amiciiiam pinxit
an. suae aetatit xxxi. Dagli atti del consiglio di
Bassaoo, aimo iSgi. 4 S'i'S"^) ^^ vede che per dif-
ferenza di un solo voto venne eletto in protome-
dico GiovaDQÌ Locatelli di Feltre, in luogo del «ad-
detto Prospero Alpino. Di simili insensate decisioni
de^conaigli comunali questo non fu, e non. sarà mai
il solo esempio.
4$ llAJiRÀJBKnffi
Lanzi, iassanesco nelV idee^e ne vesliti^nel^
V architettura^ e più che <iltr-o nel paese che
tocca con vera machia. Manetta da Ponte,
figlia di Girolamo ^nno de' quattro figliuoli di
Iacopo, riusciva bette net dipingere prospet*
live di architetture, e nel copiare le. opere
dall'ayo suo. Mora di anni yo nel 1 697* Fran-
cesco Trivellini^ che compì i suoi giorni nel-
Tanno 1^33, può dirsi rultimo germe dì
questa scuola* Da principio mostr<> talenti
pittorici in qualche quadro di altare che tut-
tavia esiste y ma riusd poi secco .e stentato^
diventò orbo in fresca età, e diventò orba eoa
esso k scuola pittorica bassanesca.
6£C0LO XVII.
Torniamo agli studi 4etterarj, ma entrìanio
in un seoeloyche soprattutto nelle venete cod<-
trade segna epoche fatali al buon gusto nelle
lettere e nelle arti italiane, quantunque poi
«ogni nella filosofia epoche grandi e immor-
tali. Consoliamoci ohe in questo secolo sono
sì pochi e sì oscuri i bassaoesi scrittori, che
si potrà scorrere la centenaria senza imbrat«
tar molta carta.
Il falso brillante, e gli acumi dello stile e
©E* FA99JPWESI lltUSTBr. if5
de' concetti non mancarono nemmeno in oue-
slo nostra qnosì ìnTÌ8tbil angolo della terr».
V Origine di Bassano^^ di Mano Guadagnimi
¥ Innesto della Rosa col Giglio^ di Ottaviana
Morgante; i ^Trionfi di S. Francesco^ di Mar-
silio Zanchetta\ la Minerva trionfante^ di
Marc^ Antonio Jlforcfte^a/io ; altri opuscoli con,
intìtolanoni di arabo gusto; le Rime elePtose
Ae Crestani^ de? Compostellay de* Ronzoni ,
ie Dolzani sono produzioni d'ingegno simili
a' capricci de' caramogi nella pittura. Uno-
scrittor tristanzuolo, Camillo Bevilacqua^ no-
stro V. cancelliere pretorio, descrìsse certa
sacra fonzioue bassanese solenneggiata ranDo*
1681 (i)v e non. potrà se non che divertirci
un cenno dello stravagante frutto del suo cer^
vello. La Reiasione in prosa,. òhe costui rìcovra
sùtto r ombra della porpora invitta del Pode-
stà di BasSAno, è definita qual boschereccia
cicala^ e quale aborto di mal rappatumati
concetti ^che vien consegnato agli annali eterni
della stampa^ quantunque alla nerezza dei
stemprati inchiostri stia accoppiato^ il rossore
del volto, Pju'lando di se medesimo ci pre-
(1) Bassano giulivo, ecc. BasMQo , Remondicii ,
16S1, in 4-
46 NABRIZIOIIE
viene, cV entro V eccelso Àrchiliceo delle Aii^
tenoree mura succhiò il latte purissimo delle
pili squisite dottrine^ e trovò quella penna
d'oro onde con profluvio di facondia soprad-
distinta delineare le prerogative di Bassano,
le quali ioleade però di lambire solamente
fuggendo^ a somiglianza de' Cani del Nilo,
Raccomaoda in fine sé stesso, e l^opera sua
alTa gran hontà del Podestà^ che per ogni
capo ha dell' infinito y e infonde ^hndorenel
cupo delle tenebre della nativa ignoranza
(dell'autore).
Ma tentiamo di emendar con decoro la
•loria de' nostri letterati bassanesì, e frughia-
mone alcuno in qualche scienza tersato. Me-
dico valente è stato Vittor Gardellini^ che^ al
riferire del Verct, sentiva' molto avanti nel-
l'arte sua, ed era consultato dagF indigeni e
dai forestieri. Mandò alle stampe un'operetta
De origine foetus (i), di cui né io so dare
giudizio, né trovo che ne faccia menzione
nemmeno il Ploucquet nella sua grsLQ Biblio-
teca Medica f impressa a Tubinga, Per quanto
(i) Fictntiae^ apud Haeredet Dominici Ama"
dtif 1638, in 4*
DE* BÀS8ANE81 ICIUSTRI. 4?
spetta a latinità e ad erudisicme, è libro da
tenerne buon conte.
Jndrea Fiitorelh\ di cui ci rimafie k me»
daglia in bronzo, è stato un dotto, aomo, al.
quale tributò elogio anche rerudiliasimo Ti«
rabeschi ,( i ). Dedicatosi allo stato ecclesiastico ,
passò -di buon'ora a Roma, dove potè farsi
conoscere versatissimo nella moral teologia, e.
peritissimo nella ecclesiastica storia. Scrisse
una farraggine di libri suiruno e auiraltro
argomento, ora in italiana ora in latina fa*'
velia, e godette di tanta riputazione, .cbe tro-
Tast tuttayia bene spesso citata la sua auto-
rità (2); e Leone Allacci, uno de' più gran
letterati del auo tempo, compilò il catalogo
delle opere del Yitlorelli, si stampate^ come ri-
maste poi manoscritte (3). Per vivere esclusi-
vamente a sé ed a' suoi studi, egli rinunziò al
canonicato di Padova, e non si curò nemmeno
di accettare in Roma PofTertogli onor delia
mitra (4). L'amor della patria facea breccia
r
(1) Storia Letteraria , tom. Tin.
W ^' »tLù Artic. nel Diz. Uomini illustri, edià^
di Bassano.
(3) jipes Urbanae, sive de F'ir. iUtutr, ab atu
i65o ad an, i532.
(4) ^. Doridi Orologio, Serie Cronot St, dei
Canon, di Padova. Pad. i895; in 4 , p. ai 5.
48 Kà'BKiSlOM
neirantoio di questo* nostro ooncìttaAna^ an-
che soggiornando nella grande cìllà^ e nel^le
sue giunte alle* Pile de* Pontefici e cardinali
del Ciaeeartio dà Leone XI fino ad Urbana
FUI, cacciò dentro, direi quasi per forza ^
I?elogio che di %s8ano^ ave?» allora Citta Ia-
copo Gavacio nella Prefazione al suo* Museo-
degV illustri Anacoreti (i).
Per non. dispiaonre agli schistinosi aecen*
aerò anche Giambaiiita Felpato^ dal nostra
panegirista Chivppant chian^atOTn'aore ecce/-
lentissimo^ filosofo y matematico^ fisonomico
e meioposcopo. Dovea pur aggiugnere ana^
tomUoy poiché il VcJpato faceasi grata- occcu
pacione dello* scorticare cadayeri^ onde ap-
prendere per priocipj la. ragione de' muscoli,
molti suoi scritti intorno al ma^
(i) lacobi CmHSCci iUustHiun anacìmPiMarum
•logia» Venet, iGiiSj in ^y cum figurÌ5,fv9i \e moì^e
figure, delle quali va adorna questa edizione', v^ è
anche rappresentaU una. veduta di Baisano e dei
ricienti contorni del etnobio di s. Fortunato^ dove
brainara Pautore di condurre i suoi giorni, se un»
immatura morte non- lo avesse colto in Venezia
nelPanno i6r»> in età dr soli 4^ anni. L'^opera. è
postuma, e ne dobbimmo la gubblicazione al d«i'
tisfiimo Pignori Aii
Vt BifiSAHBSI ILlUSTBr. 4$
gisfera delle arti del dÌBegno (i), di alenili
de* quali si servì itVerci, e se ne giorò^eziaf^
dio l^Algarotti, che qualche Y€Ììar ai rifestiTa
Toloaiieri dèlie penne altrui; ma se qaal pit-
tore €1 voglia risguardare- il Yolpato, e osser-
var ai vogliano quell'enormi schiene e que*
^i sconci sederi, e que' coloraoci nerastri e
tenebrosi che ti si presentano ne' suoi quadri
dipinti neUa chiesiuola dell'Angelo Custode,
o al Duomo, o nella villa Rezzonico> in ve-
rità che non si saprebbe accarezzar molto que-
sto nostra pittore e- metopo8copo\ e conver-
rebbe conchiudere^ che senza l'istinto della
natura è soggetto a dif&Ita ogni sforzo della
diligenza e della fatica*
Al finire di questo seeolo, e al principia
del susseguente appartiene un grande artista
bassanese^ lo scultore Orazio Marinali^ che
nacque l'^ono i643, e morì Taniio i7:»a(3).
(f) Verci, Scrìtt. Bass.; e Godiolli, Bibliogr. ar-
cbitett., ToK 3, pag. 66»
(3) Ociraltro ìVlarinali che abbracciò lo staio
religioso^ e noto sotto il nome di P. Gioca/tm* dn
Bastano Min. Bif,^ morto in Padova nell'anno \'}*i9t
parlò il eh. P. Moschini (Letter. Venez. T. i, pag^.
%^3) accennando la singolare sua abilità nelle mi-
Malore di Libri Corali^ che tnttaria esistono presso
Gamba j Opere 4
So SA RR AZIONE
Studiò a Rama « a Venezia, e, nato grande
per Tarte^si lasciò straacinaresforiunatamefi te
dal gusto pazzo de'ieBipi suoi. Lavorò mol-
tissimo e frettolosamente; e tra le tante cen-
tinaia di sue statue, di quando in quando
trovasene alcuna, in cui, oltre a molta imita-
£Ìone della natura, e facilità di contorno,
haTTi mossa felice, scarpello maestro; e dicane
quello che vuole il dittatore Algarotti, egli
non è raro trovarsi un^ opera del Marinali,
meglio scolpita di alcun' altra del Sanaovino
o del Vittoria, nomi famigerati (i). La sen-
«^Monaci di S. Giustina di Padova. Non meritarlo
poi dVssere affatto trascurati anche i due fratelli
Marc* Antonio ed Agostino yanini^ ecceUenti in-
tagliatori in legno, opera de^ quali erano le figure
e gli ornamenti dei veneto Bucintoro, in cui stava
«colpita le seguente memoria t M, Antonius et Au*
guHinus de f^tminis Fratr. Bais. Op, F. ìtdci, li
Bucintoro non è quello veduto a^ nostri giorni, ma
quello che fu disfatto nel 1 7:20 colla soprintendenza
•dello scultore Antonio Corradini , direttore della
facitura dell'ultimo (V. Temanza, p. 38o-494)* ^^
ciò mi avverti il Braudolesej eppure a me pare
che cosi non »a, e di aver letto co^ miei occhi la
suddetta iscrizione in una visita fatta all'arsenale
di Venezia quando il naviglio tuttavia sussisteva. .
(0 La statua colossale del S. Sebastiano, posta
nella chiesa di questo nome in Verona, quantun*
DB* BASSANBSI ILLUSTRI. Si
tensa non è mia^ ma di molti odierni cono-
scitori, i quali raffinarono il loro gusto sogli
esemplari deir immortale Canova ^ di quel
Canova, cke quasi chiamerei cont^raneo no-
stro^ avendo avuto i suoi natali in Possagno',
villaggio otto miglia di qua distante^ e sulle
orme del quale tenta ora di camminare da
valoroso giovane Antonio Bosa, nostro bassa-
nese scultore , domiciliato in Yenezia (i).
que abbia forme e masculatare assai risentite, e
possa piuttosto considerarsi la rappresentazione dfi
un malfattore che si contorce fra i tormenti, cbt
quella di na martire sofferente di amor divino, h
tuttavia opera classica e studiosissima. Il torso e la
giacitura del collo dimostrano quanto lo scultore
studiato avesse la famosa statua del Laocoonte ÌB
Roma, e la testa del santp ha quella nobile eaipres-
sione di cui un gran pittore veronese, il Caroto^
ne offre Tesempìo nel santo medesimo da esso di-
pinto in una tavola d'^altare che yedesi nella chiesa
di S. Fermo. Basterà Tesarne di quest'^opera del
Marinali per riconoscere che fion è punto esige»
rato quanto si aiiserìsce sul merito del nostro ar*
tista.
(i) La bella statua rappresehtante una Flora ,
scolpita pel conte Giuseppe PeHi Remondini; quella
rappresentante V Armonia , scolpita per Bernardo
Silvetti di Verona} una Baccante^ che tuttavia ser-
basi nel suo studio e monumenti marmorei in-
nalzati in Trieste, sono opere studiatìssi me chetigli
procaociano molta fama.
Sa nARBAEIOKB
SECOLO XYUI.
Più facii seDtiere batterà sempre colai che
imprenda a trattare di antiche memorie piut-
tosto che dì recenti, potendo in queste essere
di leggieri riconvenato o di sbagli anche fri-
voli, o di qualche parzialità, o di meo che
fino discernimento; e suole in questo caso
menarci alto rumore onde tentar di oscurare,
o di annientare ancora, se possibile fosse, il
merito di quelle fatiche che sono finiUo di
lunghe e d'ingegnose vigilie. Mi rivolgo qui
a voi, egregio P. Moschini, e prima di per-
correre la storia de' chiari ingegni bassanest
del secolo xviii debbo^ dietro al mio propo-
sito, erigermi in vostro censore per ciò che
ad essa appartiene. Dalla Narrazione a buon
conto che jbo sin a questo punto condotta,
voi ben vedete, che se gli uomini celebri ren-
dono segnalato quel secolo in cui brillarono,
forse troppo proclive voi foste ad esaltare
que' tempi, ne' quali non ricomparvero né un
Lazzaro, né un Iacopo, né la onorata schiera
de' lor seguaci. Sappiano i Bassanesi modei:pi
buon grado alla vostra prendi lezione, ma la
storica verità abbia luogo, e sia mio ufficio
DB*BA89ANB8I ILLUSTBf. 53
lamichevolmeate notare le iaesattecze che
possotì esservi sfuggite, e la diversa opinione
in che è tenuto presso molti qualche scrittore
da voi rammentato. Ma siccome non mi sem-
bra questo il luogo opportuno a schierare
quelle osservazioni minute che tendono o ad
Ulostrar qualche passo, o ad aggiugnere qual*
che nome, o a ricordare qualche altro Libro^
così stimo più conveniente cosa d'inserir tutto
ciò nel Catalogo de'Bassan^i Scrittori del
secolo xviii (i); e c^mdurre intanto al fise il
mio racconto, in cui mi piace che abbian
luogo soltanto que' nomi, de' quali riluce ad
un tempo la sodezza delle opere, ed il chia*
ror della fama. Vi prevengo che io non isciolgo
la lingua intorno agli autori viventi, qnantun«
que io sia orgoglioso di una cittadinanza co*
mune con un Iacopo Fittoreli^ con uuCUanhi
batista Brocchi^ con un Giuseppe Barbieri^
con Tarciprete Pietro Martinari^ con un Giu'^
seppe Bombardini^ e con altri non pochi*
Air impresa ardimentosa di giudicare gli uo-
mini vivi vi siete voi accinto: ma* perdonatemi
(i) Questo catalogo sta in calce aU^edizione della
presente operetta fattasi in Bassano, 1807, in 8 ,
ma si ommette nel Libro presente che non vuol
Ittochiodere lavori bibliografid*
^
^
54 HARHAflOnE
•e io temo che, affidandoTi troppo an^ama^-
bile Toatra ingenuità di carattere^ non abbÌHte
riflettnto abbastania che tanto le lodi qnanto
le censore possono partorire odj acerbi, e che
egli non è poi a fidarsi molto, della filosofica
gentileiea del secolo. Torniamo dunque agli
uomini morti, e arviciniamoci al fine.
Scegliendo coloro che se procacciarono mag-
gior rinomane», (piantanqne non siano i soli
ottimi ingegni bassanesi, ed ommettendo di
far meuxione di Boidasscure Remondini^ dot-
tissimo yescoYO del Zante; del P. GaetanQ
Maria TVaf^asa, oratore e storico; del P. Gio,
Francesco Scottoni^ valente agrario; dell'ab;
Antonio GoUni, delixioso scrittore di lettere;
de' dottori Giovanni ed Antonio h^rher^ va-
lenti medici; del canomco Sebastiano Pngeìto ,
poeta e grecista di molto polso, ricorderò qai
tra gli scrittori un abate Roberti ed un Verci^
tra gli artisti un Volpato^ e tra i meccanici
un Ferracina.
E da quest'nltimo incominciando, ben si
avvisò certamente l'abate Roberti, il qoak
eccitò i suoi concittadini ad erigere in questa
città un pubblico monumento di onore a quel
fabbro nato nella snburbana villa dì Solagaa,
che, digiano di ogni studio, e colla forjEa del
^y^
De'bìSSANCST IltVSTKT. 55
tao talento^ si appianò la strada ad imprese
difficilissime, seppe render celebre il suo nome
in Italia e fuori, e riuscire mi emulo dei
gran meccanici Loriot in Francia, e Zabaglia
in Roma. A Bartolommeo Ferracina dobbiamo
macchine di ammirabile semplicità e di usa
comune, invenzioni prodigiose in idraulica,
operazioni fortunate per soggettare a costanti
leggi fiumi e torrenti ; e la nuova costruzione
di questo nostro deliziosissimo- ponte^ dopa
che una subita innondazione avea strascinato
seco il Palladiano. Sul ponte, sull' innonda**
«ione, duUartefice, sugli ordigni inventati per
nna spedita ricostruzione cantò Tabate Giù*
seffpe Tommasi, paesano del Ferracina, e già
rettore del Seminario di Feltre, una delicata
Elegia latina, che meritò di essere recata ia
versi sciolti italiani, in numero pari ai latini,
da Natale Lastesio, nome di tpA fino gusto*
che a tutti è noto (i).
( i) Sta in fine al Verci, Elogio di Bartolommeo
Ferracina^ Feneùa^ '777> i» S- Distratto il Ponte
nelle ultime guerre , fii ricostruito per opera di
Angelo Casarotto, ingegnere, ohe ottenne dai Bas^
saneai una grande e bella medaglia d''orO) coniata
per opera del celebre artista Patinati in Milano*^
in premio e delle perfett^i jriuseita del naovo la^
•^rr^
56 «ìbràxkmb
Di natali quasi ugtialmeate oecuri è italo
Ì3Ì09anni Volpato, valoroso maestro "dell' iota-
.glio in rame e onoratissimo uomo, che oess^
di yiyere in Roma il dà a 6 agosto nelfanna
i8o4* Sin a ventun'anni non fece in patria
che disegnare ornati su i panoilini, e trapun*
tar manichetti in compagnia di sua madre»
Deposto l'ago, e preso in 4nano lo stilo, si
addestrÒJiella o£BcinaRemondioiana che grande
utilità reca alle buone arti, e venne assistito
e diretto dai consigli del celebre Bartoloasi,
allora dalla famiglia Remondini impiegato in
imprese dell'arte sua. Potò poi trasfisrirsi a
Roma, quivi perfezionarsi e fare luminosa
comparsa. Parlò di lui con molta esattesaa e
'Con lo4e non equivoca il Giornalista Romano,
quando ci annunziò l'amara sua perdita: ** Si
*^ può dire che non corresse, ma volasse nella
'^ carriera dell'incisione. 'I primi suoi saggi
*' sorpresero i professori, -ed in brevissimo
*' tempo occupò il primo hiogo tra grinci-
** sori veneti, allora molti ^e valentia. Nel-
^OTOy e delle liberali cure indefesM preitaievì dà!
Gasarotto. Ha nel diritto, la veduta del nuovo Ponte
col motto : Medoaco Jrenato uia publica muniiA
MDCccxxi.' Nel rovescio : Angelo CataroUo ^onUt
Mrchiucto Bassan^ntJM fib merita.
f
-- X'
*' r incisione delle famose camere Vaticane
** la Scuola d'Atene rìsoossQ un plauso cosà.
*^ grande, ch'e^ 8-ayTÌde,clie non solo doyea
*' incoraggiarsi al prosegnim^to deiropera,
^' ma avea bisogne di aiuto per accderame
^^ la pubblicazione*, e fu dopo ayere pubbli-
^ cale tre stampe, che Tegregio Morghen di-
^^ venne ti suo diletto scolnre: ed egli, che
^* yide i suoi talenti, ^li appressa, li coltiTÒ;
** e lontano dal concepirne invidia, si ado«
^* però per renderli celebri e noti... Roma è
** debitrice al Volpato della fiorita scuola di
^ inciiMone, che ora in essa regna. Non man*
*^ carono innansi a lui de' valenti artisti, ma
*^ egli Goiropere interessanti che pubblicò,
*' pose in certo modo l'arte alla moda, ed
^ eccitò remulazione. Possedeva i maggiori
^ pregi dell'arte sua. Facilissimo neltraspor*
^* tare sul rame il carattere del disegno, ni-
^* tido e lucido nel ta^o, esperto nelle pre«
^* parasioni dell'acqua forte, intelligente nel
** taglio di punta secca, ottenne nelle sue
** carte forza, precisione, effetto ed energia.
'* Avea nelle belle arti un finissimo gusto,
*^ che non limttavasi alla sola incisione; anzi
*' non v'era parte di esse su cui egli non ra-
gionasse jeccellentementei e con chiarezza
ce
^J
58 KÀBKlnON^
" l'idee sorprendenti „ (i). La celebre pif-
trìce Angelica KaiifTinann ci diede il ritratta
di Giovanni in età di anni 6^, che venne poi
intagliato in rame con istraordinaria maestà
dal genero suo Rafhiello M orghen sopraccen-
nato. Antonio Canova fece $nclie di più. L'a-
micizia, la gratitudine, il patrio affetto tanto
nobilitano il cuore di quest'uomo singolare,
quanto Tarte. è nobilitata dai suo scarpello. Tai
sentimenti gK eccitarono il più tenero entu*
siasmo,e li espresse in un monumento marmoreo
eretto in onore del Volpato nostro (2) nella
Basilica de' SS. Apostoli in Roma, là dove
8urge il Deposito di Papa Clemente XIV,
già per cura é per solerzia del Voljpata da
Canova costrutta sin da quando era in età
giovanile. Osserverò in fine, che l'esempio
del nostro esimio intagliatore in rame servì
CO Guataniy Memorie sidle Belle arti^ T. 11, p. da.
(a) Qaesto monuttento rappresenta PAmieizia
sedente in atto di mesta donzella, che dopo avev
gittato uà serto di fiori sulla cara immagine del-
Testinto, ne piagne Tamara perdita. Una nitidissima
iscrizione in onore del Volpato leggesi pure sotto
al suo busto conservato dal particolare suo- amico
Antonio Remondini. È stata< scritta dal chiarissióio
Lanzi, e leggesi nella sua opera, Inscriptionum et
Cttrminum, Èib» tresj Fior. 1807 , 4> p» ^2'
[
itt^BinAiiisi nivsrat. Sg
Sopra tutto ad inoora^giare tant*altra giorentà
di Bassano, ffk hidiiiata alle arti beUe; •
quindi dod solo segninnio ìe sue tracce, ma
eziandio riosciroiio ^alcke Tolta a superarlo
nella morbidessa ddl^ incisione in rame, e nella
correnone dd disegno un Uiigì Schiavonetti ^
che Tire ripotatiasimo in Londra (i), mi
Giovanni Foia , che ottenne dìstìnzioni e
premj (3), e mi Pietro Fontana, domiciliati
in Boma. Pietro Sonato^ che pmne soggiorna
in Roma, ha doti singolari in qoesl'arte, elo
prescelse il CSanora air intaglio di qualche suo
insigne laroro. Abilissimi sono pure Gaetano
Zancon^eà altri gioTanibassanesi, oggidì sparsi
(i> Vi è poi morto Panno 1810. Io ho scritto
una breye di lui vita nella Galleria di letterati ed
artisti illustri dette province f^eneziane. f^enezia^
l8a4, uoL 3 in 8, ed nn Elogio in lingaa inglese
ai è pabblicato in Londra, unitamente a quello di ^'
Ugone Blair, 181 3, in 4*
< (3) NeOa solenne concorrenza a Bfilano delPaono
1807 fu premiata la stampa rappresentante il Tempo
che scopre la verità^ invenzione del celebre Pous'
sin^ e riasci allóra tanto più caro il giudizio del-
TAccademia quanto che in quelPanno niun^altra
prodazione di belle arti ottenne premio, per le
miture di rigore che furono adottate.
^
60 VARBlZiOVE
qua e là, e che danno saggi di particolare
talento (i).
Io credo che senz*avere la penna loggia-*
drìssìnia dell' abate Giambatista Roberti noa
ai possa lodare quest'uomo conTenientemente;
ma credo altreù, che il pigliare la sua penna
in mano sia cosa tanto difficile quanto peri-
colosa. Una certa spontanea ed ingenua e
parziale venustà di locuzione è in tutte le
lingue propria soltanto di qualche peregrino
ingegno, e riesce poi quasMnimitabile da chic*
chessia. Il Roberti ha tentato ogni genere di
scrivere il più malagevole, e vi riusci; ma
senza far apparire soverchio studio sulla sim-
metria, sulla scelta, sulla proprietà, sulla col-
locazione delle parole, mi par difficile che al-
tri possa battere la stessa strada, e andar
(i) Interno agli artisti Bassanesi, tutti viventi
Dell'hanno 1807, io ho pubblicato un^operetta inti-
tolata Catalogo degli artisti Bassa/tesi diventi ^ in
cui si descrivono alcune delle loro migliori opere^
esposte in patria il di 16 agosto, iSoj, per festeg'
giare il nome delV augusto sovrano, ecc. Bussano^
Bemondinij 1807 in 8, mettendo in buona veduta
il merito di non poca gioventù bassanese sparsa
per P Europa 9 il che offre raro esempio di tanta
copia di distinti artisti contemporanei, tutti nati
iti una piccola città, o ae^ suoi coniorni.
-»•-»
fii^BissAmsi m.u8TRt. 6i
eiente dal rimprovero di scrittore leeioeo ed
intemperante. Ma non è solo per la singola-
rità dello stile che quest'uom valoroso onorò
la saa patria. I/Italia deve a lai qaasi affatto
il risorgimento deirapologo, il disuso delle
così dette Raccolte Nuziali^ sull'esempio dei
SQoi poemetti la Moda e le Frag'oZe; e quello
c)i*è più, tanti altri scritti polemici e filoso*
£ci che onorano il cuore e la religione, e che
81 riprodassero in ogni angolo, e si rileggono
tuttavia. Questo letterato amabilissimo^ che
nel bel coro delle virtù cercava la sua felt*
cita, nel di cui volto traspirava la giovialità
ed il candore dell' animo, era teneramente at«
taccato alia patria, ne noi abbiamo, 1^ sua
mercè, ad invidiare ai Bonfadio la descri«
cione del bel Lago di Garda, poiché non
meno di essa e bella e pittoresca e vivace è
la descrizione di Bassano, che il Roberti ci
ha lasciata in una sua lettera al consigliere
Bianconi (i).
(i) Sta nelle sae opere, tono. :iii, e fa da me »•
prodotta nella Scelta di operette del Roberti^ /Ve-
nezia, 1835, in 8. II commercio e lo stato recente
dette arti in Bassano; le prodnzioni naturali di
questi contorni ; la vaghezza di questo sito diedero
argomento a penne oittadine di pubblicare ne* mo»
6» ^'ÀRRAEiOKf
Col nome di un assai beDemerito cittadino
e, per chiamarlo colla parole del Tiraboschi ,
demi tempi gli opuscoli seguenti: Due Lettere so»
pra Bassano. Marmano^ co* Tipi Bodoniani^ 1 793,
in 8. La prima lettera è delParciprete Pietro Mar*'
tinaiif autore di appbudatissinii componimenti, e dì
recente mancato a vivi; e la seconda del conte
Tiberio BoòerU, digatssimo nipote delTaiitore so»
praccennato, ohe pure mancò di vita. Due Lettere
sopra le produzioni naturali dei contorni di Bas-
sanOf con un Poemetto. Bassanoj 1798^ in 8. La
prima è di Antonio Gaidonif bravo architetto, e
pubblico perito di Bassano; la seconda, col poe-
metto, è di Giambatista Brocchi , nome illustre
nella Storia naturale. L'*ultima leggiadra operetta
è : Bas$anOf Poemetto in versi sciolti. Tipografia
Bemondiniana, 1804, in 4* Autore n*è stato Giù-
seppe Barbieri^ editore Iacopo FittoreìU» Ricordo
in fine come onorevoli e recenti sì la Descrizione
di Bassano, come la Storia naturale de"* monti circo»
stanti a Bassano, che si leggono nelPopera pubbli-
cata in tedesco dai personaggio cospicuo canonico
Sternberg, professore di Botanica in Ratishona,
intitolata t Btise durch Tyrol in die Oesterreichi-
schen Provinzen Italiens im Eriihiahr \ 804. Be^
gensburgf 1806, in 4i con ligure. Tra queste figure
bella è la veduta della Grotta di Oliere, terra poco
distante da Bassano posta sulla riva diritta del fiume
Brenta, dove sono erette grandiose cartiere, ed altri
edifìz], e dove Alberto Parolini ridusse con beila
industria a deliziosi passeggi siti li più alpestri e li
più romanzeschi.
m £l88ÀIC£dI ILLUSTRI. 63
di un singolare ornamento di Bassano sna
patria (i), darò finalmente termine alla mia
Narrazione. Che cosa mai era la 8toria e ci-
vile e letteraria di questa contrada nelle mani
dei Lugo^ do Chiuppani^ degli Albtizziy dei
Memmi (a)? £ vero che Giamhatista Verci
cominciò ad entrare nel molo degli scrittori
non «enza calcare l'esagerate e favolose altrui
tracce.; ma innamoratosi poi dello stadio e
doUa fatica, e postosi con indicibil paciensa
a svolgere archivj, e diciferar rotoli i più
polverosi di molte città d'Italia, giunse final-
mente coUo stento ove altri giugno ool pronto
ingegnose riuscì non inferiore ai migliori an-
nalisti de* nostri tempi. La sua Storia degli
EceUni^ di cui fecer uso anche i celebri com-
pilatori dell opera Art de yerifier les dates (3]|f,
sarà sempre un bel monumento della sua fina
critica, e singoiar valentia delle diplomatico-
storiche indagini frammezzo ai secoli più te-
nebrosi.
Feritate duce, coinite labore ^ vi ho, P.
Moschini chiarissimo, adombrata senz'animo
(i) Storia Letter. T. v, P. u, pag. 608.
(3) Di tutti questi è parlato nel catalogo annesso
alla prima edizione di questa operetta.
C3) Edizione lii, Parigi , 178^-87, toL 5 ia ioL
T. ui, pag. 694.
\
L
6.( HABRAtfOlfC, ecc.
bellicoso, e senza spìrito di partito miiiiictpaE&
la storia delle vicende politiche, della lette-
ratura, delle arti, e di ogni bassanesecokttra
da* prischi tempi sin a tutt* il secolo decimot-
lavo. Null'altra mi resta fuorché porri sott'oc-
chio il Catalogo de Bassancsi scrittari del-
Fora passato secolo^ ma anche a qnesta ve-
drete qui appresso che ho provvednto. Il
professore astronomo Toaldo, in un suo curioso
Ubretta Del Fìaggiare (i), deridendo le sma-
nie di coloro che amano di girar p^ vesza
V£uropa, e volendo far vedere ad nn sno
giovanotto lezioso e snello un vera microcosmo ,
un compendio di mondo ^e^M la conduce da
Padova a Yenezia, indi a Trevisa e a Bel-
luno^ e per Feltro a Bassano, e gli fa osser-
vare che ha veduto di tutto, Senara uscire
daUo strettissimo confin di Bassana, e senza
usurpazione delle glorie limitrofe, mi sona
prefissa io pure di Jarvi vedere r£ tutto nei
seguente cataloga; e sarò ben soddisfatto se
poi potrete concludere eh* io sia riuscita ad
offerirvi compendiosamente la vera microeofia
bassanese (2).
(i) Veneaia, Storti, 179I; in 8.
(a) Si ripete, che questo Catalogo resta nelFa
prima edizione di (questa IVarrazione fatta in Ba»^
saoo PauoD 1807»
NOTIZIE
IHIOSHO
ALLE OPERF
DI FEO BELCARI
«CaniOBI FIOMRTIKO DfiL WCOLO XY.
Camha^ Opere
»#» »#»»»»» »»»»»*»» »#»♦»» »»»» # «» » » »*» » » » »» /»»»»»*
Ui Feo o Maffeo (i) Belcari, noa ignobile
Tersificatore e laudevole prosatore toscano^
che fiorì verso la metà del secolo xy, alcani
cenni si trovano in yarj scrittori di bibliografia
e di storia letteraria, e nelle annotazióni
aggiunte al Vocabolario degli Accademici della
Crusca (2). lo non ripeterò quelle notizie che
(f ) Ftbo scn'sse il Poggiali nelle Serie de^ Testi
di Liogua, ma ciò per errore corso in qualche an-
tica stampa delle Operette di questo scrittore.
(^ Dopo la stampa di questo mio opuscoloy fai*
tasi' in Milano Vanno 1808, si pubblicarono it
Leture di Feo Belcari in Firenze ^ iSaS, in 8, e
nella Prefazione del benemerito canonico Domenico
Moreni si sono date alcune notisie intomo alla di
lui TÌta. Per esse sappiamo che nacque l'anno i4<0|
che ebbe mimerosa famiglia, che copri cariche di*
stinte nella sua patria, che morì il di 16 di agosto
«484* e che fu pianto con una Deploratoria di
Girolamo Benivieni in terza rima, riconsegnata dal
Moreni alla lace dopo le dette Lettere. Riporta lo
stesso editore anche una bella e lunga lettera scritta
al Belcari da suora Costanza di Stefano CiroperelU
^ Prato, monaca di s. Brigida, in occasione dcUa
di suora Orsola di lui figttttola<
68 noTiKiB iutorno alle operi
di leggieri possono aversi prendendo in mano
il Grescimbeni, il Quadrio, il Mazzuchelii, il
Tiraboschi e tanf altri. Facendo qualche di-
ligente indagine intorno alle sue Opere, e
specialmente intorno alle rarissime stampe
che ci rimangono delle medesime, ho potuto
accorgermi delle altrui negligenze^e delle mie
proprie, già pronunciate nelFoperetta^ Serie
de Testi di Lingua y ecc.(Ba8s^no, i8o5,in 8);
e Temendare spezialmente me stesso, punto
non mi dispiace, confessando, che male ado-
pera chi non va col calzare di piombo nel
pubblicar notizie degli autori di vecchia data.
Né il coprire in patria carichi luminosi,
né Tessere sposo di leggiadra e nobil don-
sella, né il divenir padre di assai numerosa
famiglia distolse mai Feo Belcari da grande
entusiasmo per le mistiche discipline. O im-
provvisasse egli le sue Laudi Spirituali ^ o
componesse Sacre Rappresentazioni ^ o det-
tasse le rite del B, Giovanni Colombino e
idi alcuni frati Gesuitico volgarizzasse il Prato
Spirituale'^ e facesselo pure alcuna fiata alle
•pese del baon gusto, della buona poesia,
della buona critica, giammai non lo fece alle
spese della lingua nostra, che mantenne ni-
tida e pura in un secolo in cui trovasi da
DI f EO BELCAbT. 69
quasi tatti gli scfitlori intralciala eli forme,
di Toci^ di dizioni affettatamente tolte dagli
scrittori latini.
Una sentenza, direi quasi, opposta a que-
sta mia, diede il Crescimbeni intorno alla
locoKÌone ed allo stile usato da Feo; ed il
Tiraboschi, ben lungi dal parlare colla solita
sua accuratezza intorno ai varj componimenti
che del Belcari ci restano, passò sino ad as-
segnargli un posto tra gli antichi poeti bur-
leschi. Tale trascuranza in Terso uno dei
campioni del parlar nostro per parte di scrit-
tori classici e reverendi, mi eccita a dare qual*
che buon conto di quelle indagini che mi
sono proposto di fare, né meglio potrei pre-
starmi che coirofTerìre un breve saggio delle
scritture sue in ogni genere di poesia e di
prosa. Chi in luogo di un saggio amasse me-
glio di vedere raccolti ed impressi in un yo»
lume i lavori poetici di quest'Autore, sappia
che stanno manoscritti nella Remondiniana,
da me possibilmente ridotti a buona lezione;
ma sappia altresì che il troppo scarso numero
de' leggitori di cosi rancide scritture aliena
Fanimo dal pensare a sostener il peso di una
edizione (i).
(1) Al mio distacco dalia famiglia Remondini an-i
70 KOTim IHTOBHO AtLB OPBKI
Laudi Spirituali»
Jje Laudi Spìritaali composte dal Belcari
tono le priocipali poesie atte a cigoergli le
tempie di qualche foglia di alloro. Nata la
lingua nostra colla poesia, e questa consecra-
tasi da principio a cantare la Divinità, oc-
cupò il cuore e lo spirito d'ogni ordine di
persone; e come al sorgere della pittura le
deformi immagini colorite da un Giunta o da
un Ghirlandaio pur dilettavano ogni occhio,
così i primi canti aspri ed incolti, atlribuilì a
8. Francesco d'Assisi, o al B. lacopone da
Todi, infiaramayano ogni petto. Quasi a pari
passo non minori progressi facevano pure le
insanie amorose^ si sulle cetere de' poeti come
sulle lingue degli scioperati. Il padre della
prosa italiana dopo la Novella X della gior-
nata Y introdusse il suo soilazsevole Dioneo
ad accennare i primi versi di alcune canzoni
che erano allora in grandissima voga, tutte
però tinte di fescennino colore; poi, le Bal-
latette, gli Strambotti, i Ritornelli, i Ganti
darono dispersi ì miei iDaooscrìtti , e tra gli altri
anche quello delle Rime del Belcari.
^^m
mmtmmmmmtom
HI fio BIKCARI. jn
i crebbero si, che iosasiabili i
Fiorentiiii delle patrie lorocaiitìleae,reiicleasH
quasi proprie anche qaelle prorenienti dì Pro-
fensa e di Lamagoa, purché ridondassero di
amorose laideaae.
Crtunto il secolo in cui iinSelcari ijorl,
Lorenso il Magnifico^ il Polisiano, il Beni*
▼iem, il GiambttUari ed altri, accompagnando
alla poesia una musica seduttrice ^ e cantando
a quando a quando o le scoslnmatesse dei
'Frati, o i Iusinghev<di incendj di un guasto
cuore, &oeano generalmente tal breccia, choi
^fnnponimentì loro si erano già insinuati sin
ne' recinti sacri alla rirginità. Il nostro Bei-
cari Tolle farsi argine al libertinaggio; e ri-
tenendo egli le arie e le musiche delle pro-
fime cansoni, le cooTertiTa con vena facile ed
armoniosa in.ferForose preghiere o in pii rac-
conti di strani prodigi. Applaudito da ogni
animo ben nato un tale aséociameato' di pia^
ceyoli passatempi, mnltiplicaronsi in Firenxa
le compagnie àe Laudèsi^ e udironsi ad un
tratto, in luogo delle disoneste canzoni del
Maggio^ o del BordocciOf o àeH* Insalate j o
de^ Vecchi, quelle sacre Laudi e divote Isto-
rie, che non mancarono poi di divulgarsi colle
stampoi e di essere accompagnate da altre di^
ya voTizis tiit6Aho Ailb operi
HIT Francesco d'Aibbo, di un Tornabnont^'
e del Magnifico stesso, che alcuna -Toha "fa-
ceasi cigno punssimo di buon • costume. Del
canto delle Laudi Spiritaali, die nel quinto-:
decimo secolo era tornato in grandissimo ere»
dito, andò rallentando la Toga nel secolo ots-
seguente; e il P. Serafino Rasai nel pubbli-
care per messo de' Giunta Tanno i563 uaa
Raccolta di esse Laudi, composte, fra gli >aL>
tri, anche da D. Silrano^soo fratello, iagnayasì
del grande intiepidimento cristiano di ajlora
m cosi ferrido e pio esercisio. In ognj modo
non ne fu giammai dbolito 4'uso; e ^est'us9
dura tuttayia nelle contrade italiane, se bea
ristretto per lo più a pratiche fanciullesdiet
o a diyote occupasiom di qnidche pia briga»
teHa. Serbasi in sino ottidi, con tenui A\»^
rasìoni di parole o di nasi, una <|QaiGSie
sono scritta al primo nascere deik lingaa
atra, e tale per esempio si è queHa d'incerto
autore che leggesi nelle antiche raccolte, e
dbe comincia:
O Maria, I>iana Stella,
• Che riluci pia che *1 Sde,
Dir non posso con parole
O Maria, fuanto se' bella» .
>m M*
aar9«s
DI no BiLCItll,
O Maria di Sol Testila,
Delle Stelle coronata,
DeMa Lana sei calsata,
Specchio -sei di nostra vita, ecc.
Tediamo ora alcuna delle Laudi del Belcari
nostro, scrìtta con ^ella semplicità e natu-
raleisa che renderà sempre cari i frutti prima»
ticcidd nostro Parnaso. Mi ristringo a ripor-
tarne quattro soltanto, scelte da oltre i3o dama
raccolte, confrontate sulle più antiche ediiioni,
e ridotte soltanto alla odierna ortografia.
Una cansonetta, che lesesi tra .quelle a
ballo di Lorenzo de^ Medici — Ben venga
Moggio^ hen venga Maggio — con cui s'In*
vitayano le donselle a darsi buon tempo alla
frescura de' ridestiti arboscelli, e ad arren*
dersi ai loro amanti, eccitò il nostro Feo a
scrirere la Laude seguente, iuionata sulla
stessa musica, la encomio del sommo nostro
Fattore:
Laudate Dio, laudate Dio
Col cor lietO: e giuUo.
Su, anime l^gìadre,
YestiteTi di amore,
Rendete al sommo Padre
Lande, gbria e onore:
i
■
y4 KOmil IBfOBllO ALCI OPEBB
Ringraziate il Signore
Con ogni buon disio,
Laudale Dkh
Egli è quel sooimo bene
Che V ha tutti creati^
Tratti di mortai pene >
Con sua morte salyati:
Al Ciel. siete chiamati
Da Gesù dolce e pio.
Laudate Dio^.
Gustate e suoni e canti
Che sono in Paradiso:
Or^ su, gentili amanti.
Tenete Tocchio fiso,
Mirate il dolce viso
Di Gesù nostro Dio,
Laudate Dia
Desiderate presto
Andare con lui in Cielo ^
Tton yi paia molesto
Lasciar il mortai velo;
Fuggite con gran selo
Ogni diletto rio.
Laudate Dio»
Amate ardentemente
Sì bello e buono Spoaov .
Cercate con la mente
/
m FIO HLcin. jB
n aao dolce riposo.
Chi Tool esser gioioso
Ascolti il parlar mìo,
Laadate Dìo.
Snll'arìa di nna canzone profana, che avea
princìpio — O lasso me tapino e sventurato — -
compose Feo la canzone seguente in lode di
S. Caterina:
Tenga ciascun diyoto ed umil core
A laudar con ferrore
La nuova, santa di DiO| Caterina.
Ddi, pren^U qaesta vergin per tua stella,
Anima mia, se vuoi Salute e pace;
Coètei del vero Dio sposa novella
Ripiena fa di scienza verace;
Di tutte le virtù ornata e bella,
D*ardente carità ella è fornace.
Se in questa vita a ciascun peccatore
Portava tanto amore.
Quanto più in Cielo, ove l'amor s'afiSoal
Di penitenzia* un santo Ilarione,
Di carità un san Paulo ardente,
Ad ogni gente per compassiona
Dava aiuto e consiglio alto e fervente;
Con molte opere pie^ e col sermone,
E con la penna, un'aquila eccellente;
^.
j6 HOT»» iirroiiffo alle opebs
La salute d'ognan sempre bramara,
E per r Italia andava,
D'ogni gran mal essendo medicina.
Ls sua dottrina è sol dì Paradiso^
Che illumina ciascun cieco, ignorante;
n suo conforto muta il pianto in riso.
Ogni cor debii fa forte e costante.
Chi per sua colpa da Cristo è dÌYÌso
Col messo suo sarà tra Talme sante;
> Contr'a' demoni elFè coltello e scudo,
E mitiga il cor crudo
Pregando sempre la bontà divina.
Non ti maravigliar che Gesù Cristo
Le dette a ber del sangue del costato.
Per lo (jualy dispreziando il mondo tristo^
Solo*l suo cor di Dio fa infiamoiato;
Ma contemplando Dio, ell'ebbe vislo
Che vuol che per lai '1 prossimo sia amato ,
Però si diede a lui con tanto affetto,
Con pena e con diletto
A sovvenire ogni anima meschina.
Leggi, e rileggi, tu non troverai
Già fa mill'anni una simile santa!
DI carità sì risplendenti rai.
Di sapiensia, e di dottrina tanta!
Marta e Maria insieme tu vedrai
N^ Ne* libri suoi che or la Chiesa canta.
■^
DI fio BEUSABT. ^J
Ciascun infermo t*x>r troya salote
Per la sua gran viriate:
Or corri a* pie di qaest^alma Regina.
AfiTettaosa e piena di moralità mi sembra la
seguente Laude intonata sulla canzone — Rose^
gigli e viole escon dal viso, ecc.
S' \ pensassi a' piacer del Paradiso,
Ed agli eterni guai, « .
' Non sare' mai dal buon Gesù diyiso.
Deh, sgnarda con la mente, anima mia.
Quella gloria gioconda! ^ .
Nel ciel s'adempie ciò che si disia,
Quivi: ogni bene abbonda ;
Però fa che ne sia da viz]. monda.
Accie che al tuo partire
Tu possa gire — a queiretemo riso. V
E poi contempla quell' immenso foco
Deiranime dannate:
Per un diletto falso, brieve e poco
Son così tormentate!
Ma quel dolor che più le fii penate
È saper con certanza
Senza speranza •-* star nel foco, acceso.
Che ti varrà ricchezze, onori e stato^
O piacer sensuale,
CVabbi avuto, essendo poi dannato
\
jH MOTICIE IRTOIVO ALLl OPEU
Nella pena eternale ?
Oh immensa pascià, o sommo male!
Al bea fare esser tordo,
E star pur lordo — ne* peccati intriso!
Non vedi tu, chel mondo è pien d* inganni^
Chi più vive, più more;
Chi me* ti par che stia^ è pien d*afFanni:
Ciascuno ha ano dolore.
Se non colui, che s*è dato al Signore.
Che di ben far non tarda,
E sempre sguarda — ilciel col suo cor fiso.
Destati dunque, e pensa all'altra vita:
Pensa a quel bene eterno!
Tu se* per far di qui presto partita,
E non temi 1* inferno?
Non pensi tu che in dolor sempiterno
Tosto ti troverai,
E viverai — essendo sempre occiso!
Termino colla seguente Laude , eh* è una
fervorosa preghiera a Maria Vergine:
Dolce preghiera mia,
Con sospir lacrimosa
Yanne a Maria pietosa.
Che siede in Giel 8opr*ogni gerarchia.
Mena teco la guida
DeU*Angiol benedetto che mi guarda)
m VEO BILCiU. 79
Fa che mai Ut non rida.
Ma piangi a capo ehino^e in terra ignarda:
D^amor fa che to atda^
E di* con iimii voce:
Mandata son yeloca
A. te, che dVgni regno ha signoria,
fi tao aerro fedele
Si trora al mondo in on mortdle af fanne.
Perchè Dimeo ^smdele
Forte lo tenta con maliaia e 'figanno:
Se dal tao santo scanno
Non discende conforto^
Presto fie vinto e morto
Per l'aspra guerra, e per saa malattia.
Tu W del peccatore
Vera q^eransa, fertena e colonna,
Perdièl sommo Signore
T*lia fatta di Dìo madre e delGiel donna.
Nelln tua santa gonna
8i trota ogni salute;
Donqne la tua TÌrtute
Gontr'al nemico vitlorìa ci dia.
Mesao del santo Regno,
Che ae^ in compagnia del nostro serro^
Dirai che io ho sostegno
Da chi combatte eoi Dimoa proter? o:
Come assetato cerfo
8o ROTIEIB im OMO ALLI OPIRI
Ricorri .sempre al fonie,
Che le grazie son proote .
A chi con grande umiltà le disia (i-)^
Rappresentazioni Sacre»
•
• Una goffa maniera di dranuBalicbe oom^
posicioni era usata in molte nanonid* Europa
fra le tenebre del medio eyo, e disputarono
gli eruditi sull'orìgine delle mededme, chi
aglltaliani^ chi a' Tedeschi ^ chi agli Spagunoli,
chi a' Francesi, chi agi* Inglesi acoordandlo la
precedensa dell' iniensione. Nei secoli ziti e
XTV le città, nostre eran gremite di tali spet-
tacoli, che si davano o a pubbliche spese, o
per opera di ricchi particolari onde far pompa
;di magnificenza, ed attirare la ooqipuncion
religiosa della moltitudine. Fer.akrp di -Dio e
di Maria, degli Angeli e de' Demoni, dei
Beati e de' Reprobi, degli Spiriti e degli Uo-
mini, dei Yisj e delle Yirtu si facea éCogni
cosa un guazzabugUo ^ né ammetteyasl djvi-
Sion' alcuna di atti o di scene, ne unità di
ik
(i) Una Canzone e due Sonetti del Belcari ha
pubblicato anche il Poggiali nella t9erie' di!* TttU
di Lingua^ ecc. Liyorno^ iSi3, roJ. 2 in B.
V.
BI FEO BBLCAlir. St
«ziooe^ ne identità di luogo, né diirazione di
tempo; dì maniera che se alcima volta &i giù*
dicaTa che io s^ttacolo potesse riuscir troppo
lungo in an giorno, se ne rieerbava la fine
pel di saccessivo.
Feo Belcari fu tr» primi che diede a tali
farse una forma più: regolare e meglio dia-
logizzata de' suoi predecessori, ma non seppe
jieoHiien egli ne svestirle dì uno stile baaso e
pedestre, né trattar gU argomenti con nobiltà
d'immagini e con baon intreccio. Riservata
era al Poliziano^ al Trtssino, al Bacellai, al
Machiavelli la gloria di dar principio a mo-
dellare sulle greche forme il teatro^ italiano;,
al che eglino riuscirono ielicemeote^ senza
però pevere sradicar giammai quell'amore a{
prodigioso^ ehe le Mere farse si conci tiavano
anticamente, e si conciliano, dirè^^ ancora, ai
4i nostri. Al nostro pio Belcari bastava il
£u:8Ì largo nelle coscienze e ne'cBori delle
genti, ed egli trattava argomenti tolti dal v^c-
ohio e nuovo Testamento, facendolo perà
sempre con men irragioncvolezza de' suoi coe-
tanei. Costoro nelle piazze, ne' teatri, ne' pul-
piti ti figuravano allora o una Maria Madda-
lena che dopo morte continuava ni allattar^
per mesi ed anni il suo bimbo^ ouoa Doro-
Gamba^ Opere 6
S^ ROTIZII niTOBHO ÀLLS OPERI
tea che volava ìd Paradiso per cogiier ghir*
laode di fiori freschi^ e tornava poi in terra
a fame dono al carnefice che le avea mo»o
il capo; o un* Eufrosina che menava Tapril
de' suoi giorni fra una popolazione di frati,
oade soffrir tentazioni e rimanersi incontami-
nata. Le farse di S. Barbara, di S. Orsola,
di S. Pomitilla^ di S. Daria, di S. Agnese,
e mille e mille altre, sono tutte di lega tale
da dar materia di nuova predica à quel ne-
quitoso frate Cipolla, che volea persuadere
ai Certaldesi la legalità delle sante reliquia
di una peana dell* Agnolo Gabriello, o dì u»
dito dello Spirito Santo, o d*uaa delle coste
del Ferbum Caro (Bocc.,Giorn. vi, nov. x).
Tali iperboli, tali goffaggini non si racchiu*
dono nello Rappresentazioni di Àbramo e di
hocco ^ di S. Giambatista nel Deserto , e del-
Y Atinunziazione di Nostra Donna ^ scritte da
Feo; ed esse piacquero tanto da trovarsi la
prima sin quasi a* nostri di ristampata per
intrattenimento del volgo, di quel volgo che
cogli occhi nostri veggenti scorgiamo trascu-
rare le insigni produzioni di Metastasio, di
Goldoni, di Alfieri^^ per correre senza ritegoa
alla rappresentazione di Margherita da Cor-
Iona, o a quelle pie farse choin alcuni detonai'
/
/
■^^^^VT"
DI FEO BELCAm. S3
iati tempi si rÌDnoTano per ie strade per dare
apparente sfogo ai rammarìch] delle anime
penitenti. Io non recherò qui esempi del dram-
malico ingegno dei Bélcari nostro per sol»
amore di brevità; ma tornerò a parlarne nel
dare il catalogo d^lle più corrette stampe che
ne furono fatte, e che si vogliono scelte da chi
tien conto de* bei modelli di nostra lìngua (i).
Prose.
Bei modelli di nostra lingua sono partico-
larmente le purgatissime Prose di Feo Bei-
cari, e queste furono in modo speciale disa-
minate e adoprate dagli Accademici della
Crusca. Purità di vocaboli, belle legature dì
voci, leggiadrìa, semplicità proporzionata sem-
pre alla materia, niun nso di parole antiquate,
ninna strana confusion di sintassi. Feo è nella
lingua quella fresca forosetta che ti talenta
seusa il prestigio di affatturate bellesse, •
t«into più egli riesce mirabile, qnantochè ai
(t) Qaeato Catalogno trovasi nelP edisione fiitia
a Milano Panno i8ia della mia Seri* de'* Testi ^
Lingua^ ecc. , e qui si amBscttc siccome Urora hu
Miografiae.
84 NOTIZIE IlSTORIfO ALLE OPERE
suoi tempi era quasi cessato l'uso di scrivere
in italiano dagli uomini letterali, oppure seri-
veyan essi con barbaro stile, come ne può
fare sperimento chi voglia leggere le Orazioni
di Roberto da Lecce, di Bernardino d;i Siena,
di Alberto da Santeano, di Frale Savonarola,
Demosteni del loro secolo. Si faccia ecceeione
di alcune prose da quest'ultimo scritte soltanto
dopo aver egli fatto luogo soggiorno in Fi-
renze.
Nel Prato Spirituale da Feo Belcarì vol-
garizzato non può trovar il lettore tante pre-
rogative, perchè tutte V edizioni ci porgono
per mala sorte Un t»^sto alterato e corrotto;
ma di miglior fortuna p<>tè godere la Yita dei
B, Giovanni Colombino, detta da Antonio
Cesari un tesoro di graxie e di eleganze to-
scane; e da questa sola mi piace trarre qual-
che breve esempio, opportuno ad invogliar
jdla lettura di tutta Topera chiunque non
tenga a vile tali fonti preziosi onde attigner
i più acconci esempj della materna eloquenza.
Si ricordi chi legge, che in autori di questa
fatta sono da valutarsi le parole assai meglio
che ie cose; e quelle baie, che non istar^>bei^o
oggidì a martello in mezzo alla soda dottrina
• al comum Ijuon senso, voglionsi perdonare
ì
'^'^^•^immmmmt^i^i^^m^^
DI no BELCART. 85
I* semplici nostri padri, riversando di 'esse la
colpa sulla stagione in cai vissero, piuttosto
che sulFattitudine de' loro ingegni: né io sarò
certamente mai sulfavviso dei Cesari sullo-
dato, il quale raccomanda di così scipite leg*
gende, conciossiachè le persone spirituali ci
trovano dottrine ed esempj di virtù eccellen-
tissime. Ora^ consideralo il nostro Belcarì
come narratore soltanto di purgata favella^
udiamo qualche breve tratto, tolto dalla Vita
di Giovanni Colombino e di Francesco dei
Vincenti, Gesuati, quale leggesi al cap. vi.
Segnerò in carattere diverso alcune voci che
trovansr citate nel Vocabolario: •
'* I forti cavalieri di Cristo, fatti novelli
^ sposi della altissima povertà, incominciarono
'* allegramente a mendicare addimandando il
^* pane e'I vino per Tamore di Dio. E in
*' questo modo posti in un'altezza di mente,
*^ calcando il mondo sotto i loro piedi^ tutte
** le coso terrene stimavano come fango, 'e
'* iattodi crescevano in desiderio di patire e
sostenere pene per amore di Cristo: la fame,
la sete, il freddo, le nudità, molti disagi,
gli obbrobri e le vergogne, tutti gli scherni
del mondo, per amore di Cristo aveano
per piacere e sollazzo. Bene era certo mi-
Ci
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S6 KOTini IHTOBHO iLtl OVERl
*' rabil cosa, yedere uomioi TenerabUi^ e se-
'^ condo il mondo prudenti e circospetti, ora
'^ fatti stolti per direntar sayi. Onde Tuomo
^' di Dio Giovanni , innanzi che sì facesse
'^ poTero^ andava onorevolmente vestito di
panni tinti in grana, molto fini; ed il verno
portava, sotto le cìoppe, fodere di finissime
*' pelli, col cappuccio alle gote, e co' guanti
foderati, e alcuna volta due paja di calze
Tuna sopra le altre, co* calcetti e colle pia-
nelle: mangiava al fuoco, usando cibi gen*
^^ tili e dìlicatamente apparecchiati: e con
^' tutto questo pativa pene di stomaco, male
*' di fianco, dolore di testa ed altre infermi-
'* tadi. Ora, riscaldato dal divino fuoco, la-
*^ sciando ogni morbidezza e cura di carne,
^' andava iscalzo, niente in capo portando;
*^ vestiva una gonnella stretta, e un mantello
^^ corto di panno grosso bigello^ ed eziandio
rappezzati; pigliava cibi grossi rusticamente
acconci; e nientedimeno d^ogni infermità
era guarito, e dagli usati dolori liberato.
Imperocchò Famore, il quale ardeva nel
suo petto, era tanto infuocato, che per ia
fino al corpo di fuori, per natura freddo,
si distendeva; onde ancora quelli pochi
panni che portayai teneva isbottonati al
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DI fio BIICABI. Èy
*' petto. Le quali latte cose uu.8ao amico
*i considerando, lo domandò una yolta^ di-
^* cendo: Of non hai freddo, -Oioyamii? at
*' qaale rispose: Porgimi la mano taa: e pi-
'^ gliandogli la mano, se fa messe in seno, e
*^ disse: Farti eh* io abbia freddo ? rispose
*^ Tamico dicendo: Non certamente; anzi sei
'^ sì caldo che non ci posso la mano patire. „
Con eguale difficilissima semplicità e na-
turalezza è scritta T intera Operetta, da cui
ricopierò ancora il racconto di un portento
analogo a quello de* moderni incombustibili,
che legge^i al capo xxiv.
*' Non è in alcun modo da tacere uno stu-
^^ pendo miracolo, che il nostro Signore Gesti
** Cristo fece per manifestare la santa dot-
** trina e yita del suo ferventissimo serro
'^ Giovanni. E questo è, che essendo una volta
'* il Beato Giovanni con alquanti de' suoi
'^ poveri compagni intomo a uno gran fuoco,
*^ e {tarlando altamente della edificazione del-
** Vanime, uno de' suoi fratelli ^ tentato dal
'* demonio^ contraddicendo, ingiustamente gli
'' rispose. Al quale l'uomo di Dio Giovanni
'* comandò per santa obbedienza^ che tacendo
'* mettesse il capo sotto quelle legne accese,
«< che erana ivi sopra gli alari, il quale, pen-
»>. ^ -^* % " - » •.«. - »■
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v^
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88 nOTlZU INTOMIO ALLE OPEllV
*Mito deUe sue presuntuose parole, obbedeQ<{o^
*^ puramente al santo padre , iui«e subita-*
^^ meala il capo làtìiio le predeltiB ardenti le»
'^ gne, e tanto vi stette^ che àaì servo di Dio
^' GioTanni ebbe licenza di levarsi. Io diirò
^^ cosa mirabiUssima e vera: quello obbediente
poverello si rizzò, e non ch'egli avesse il
capo arso, ma pure uno minimo capello
^^ non era abbruciato. Del quale grandissima
^' miracolo tutt*i circonstanti stupefatti, ve*
'^ duta la saotità del loro maestro e padre^
*' non ardivano pei in alcuna cosa a lui di
^' contrapporsi. Infra i quali fu presente Tanni
^^ di Conte da Montecchiello, di sopra no-
minato, che sopravvisse air uomo di Dio*
Giovanni degli anni più di quaranta; il
quale di poi questo miracolo, e la santità^
*^ che egli miracolosamente ad Arezzo^, me-
'^ diante le virtù dal B. Giovanni, ricevette,
^^ spesse volte con gran divozione recitava. ,,
Nella stampa di questo mio Opuscolo ^atta
in Milano f per Cairo e Compagno , i8o8,m 8,
segue qui il catalogo di tutte le opere a
stampa di Feo Belcari^ Catalogo che essen-
dosi già inserito nella seconda edizione della
mia Serie de* Testi di Lingua, eoe , Milano^
iSia, voi. 2 ili i6, < inutile di replicane
y
^
f^ti0mi
BI fEO BEICARf. 8^
adesso. In vece sua gradirà il Lettore di avere
ffui una Lettera da Feo Belcari indirizzata
ad un suo amico ^ o piuttosto un fervido suo
Sermoncino contro la vanagloria , per la
prima volta reso pubblico dal eh. canonico
Domenico Moreni nelle Lettere di Feo Bel*
cari, Firenze, Magheri, i8a5, ìd 8. La fa'
condia dello scrittore va di pari passo con
quel buon senso ^ e con quella solidità di
dot^ina di cui mi è parsa assai povera la
vita del B. Colombino,
'* Avendosi ne* dì passati, dilettissimo fra-
'^ tello, scritto la ricetta del Beato lacopone
'* che ordinò a sanare TaEiima, ho da te ri-
** sposta assai consolatoria, si per la tua sa-
*^ late^ e sì per mia edificazione, perocché
'* conoscendo tu la infermila, e la sua ca-
** gione, hai gran |>rincipio della tua sanità*
** Tu mi scrivi} che lo stimarti troppo più
ch*è il vero, e gloriarti in te medesimo ^ ti
^' pare cagione e radice della tua malattia:
la quale cosa, dato che sia difetto molto
^' comune, non è però meno mortifero. Ed
<< io essendo di tale piaga percosso , come
^ i^altro rimedio a te scrivendo, a me me-
*^ desimo rho ricettato; così questo, che per
^ me ho raccolto, a te lo mando; il quale.
fti
*i
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il
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ti
90 lOTtZII imOBNO Àtltf OPIRB
*' eome elettuario della sanità consenratiro^
^' arendo, quanto la soprascritta medìciniL
*' dispone^ osseryalo, è utilissimo spesse Tolte
^* con la bocca della mente pigliarne una
presa. Il quale similmente dal predetto
lacopone ho avuto, che alle superbe or«€*
*' chiè così esclamando, dice:
O uomos metteti a pensare ^
Onde ti viene il gloriare.
*^ Qtiali sono le cagioni perchè tanto li estimi?
quali sono i tuoi beni, pe' quali tanta li
apprezzi? che dignitadi hai tu acquistate,
per le quali tanto ti stimi ? che prodezze
'^ hai tu fatte^ per le quali tanto ti reputi P
*^^ che magnificenze hai tu usate, per le quali
*^ ti yedi così eccellente? che gentilezze e
*' moralitadi sona le tue^ che ti pensi essere
^^ cosi nobile ? che scienze hai imparate, per
*' le quali ti giudichi cosi aayìo ? che pror-
'' Tedimento è in te ^ che così prudente ti
*' consideri ? che ingiurie hai tu sostecaite,
** che tentazioni a altre cose aTTerse hai tu
^' sopportate, per le quali ti conosci così forte?
*^ Come hai tu raffrenati gì* illeciti deaiderj
'^ del cuore ? Come hai tu regolati i mrii
*' appetiti de' sensi, che ti proclami così lem-
«( peratoi^ Che amore bai portata a Dio ed
91 lEO BBLCÀII. 91
" al prossimo ? e che opere di pietà hai tisato,
'^ che così caritaliyo li tieni ? Come hai os-
** BeryaCo i comandamenti e consìgli divini^
'^ che tanto fedele ti pare essere? In qutU
" estremi hai combattuto, che tanto Tirtnoio
*^ ti contempli? Che orazioni o digiuni, che
*^ vigilie O' discipline o penitenze sono le tue,
'^ per le quali cosi buono ti presumi essere?
** O superbo uomo, di ehe ti glorj ? perchè
*' se' così .elato ? perchè così arrogante ? per-
^\ che così tanto prosontuoso? Non sai t«^
^^ che quando tu avessi o tutte o parte di
'' queste TÌrlù^ a te non si debbe la gloria
** appropriare, ma al Fadi-e de'lumi, dal
*' quale discendono tutte le yirtii, e tutti i
" doni perfetti ? Non hai tu memoria, che
*' r Apostolo dice:, che ncNi siamo sufficienti,
'* come da noi, di pensare il bene, nonché di
^^ operarlo? Non ti ricorda che il SignWe
'' disse: senza me niente potete fare, cioè^
^* die non possiamo fare senza lui se non il
** peccato, che è detto niente? Non ti ram-
^^ menta ancora che dice: Quando avete fatto
** i miracoli^ ed esercitate tutte le buone ope»
*' razioni reputatevi servi inutili?
. O uomo^ mettiti a pensare^
Onde ti viene il gloriare^
99 nOTIZ» IVTOBIIO AlLE OPEBl
*^ Forse mi diresti: Io ho gloria delle cose
*^ temporaii. A. che ti rispondo; Pensa il tuo
'* principio, e mezeo e fine, ed esamina dili-
*' gentemente se bai da insuperbire. Tu sai
*' primieramente^ che 't tuo nome uomo^ è
^^ detto da humOy cioè loto, ovvero fango, di
^^ che il primo padre Adamo fu formato; e
^* corpo umano vuol dire corpo fangoso, E
*' questo ancora nella nostra generazione mas*
^' simamente appare; però, che è U nostro
*' fetido seme, di che siamo generati se noB
*' loto? che è il bruttissimo e puziolente
«^ luogo nel quale siamo concetti , se non fango?
*( che è lo immondo sangue, di che siamo io
*^ quella sozza carcere nodriti^ se non p^gio
** che fango e loto? La qual cosa veramente
^* dimostrò lob quando disse a Dio: Mi hai
^^ fatto come loto. Considera adunque di die
*' se* fatto e formato, e mettiti a pensare se
*' di qui ti debba nascere vanagloria; e se dal
^' tuo mezzo ti gloriassi e vanamente ti ti-
*' putassi, contempla la vita tua, e comincia
'^ dalla natività, e guarda con quanta int>
'^ mondizia e povertà tu entri in questo amaro
'^ mondo; e considera con quanta vikà e mi*
*' seria tu nasci, che più di tutti gli altri
*^ animali, e più che qualunque mort^e crea*
CI
DI fio belcabt. c|3
** tara in questo 8e*po7ero e misero; peroc-
*' che ciascaaa di quelle ha minore bisogno
*' nel nascere di te; qaasi tutte nascono con
^' quelle veste colle quali vivono, ed ognuna
*' di loro più tosto si regge per se medesima,
*' e minore fatica si dura ad allevare; ma il
misero uomo sùbito quando è nato, piagne,
e predice la miseria di questa valle di la-
'* crime. E poiché sono molto manifeste le
^ infermità e necessità dell? ignorante fanciul*
** lesza, non è mestieri ripeterle. E se della'
*' perfetta età ti gloriassi, ricerca parti colar-
*^ mente, e troverai in qualunque cosacorpo-
*^ rate qualche altro animale che ti avanza.
*^ Perocché nel lungo vivere il cervo ti tra*
*^ passa, nello ardire il leone, nel vedere il lupo
cervieri; e così negli altri sensi, o corporali
virtù, troverai molte creature eccedere Tuo-
^' mo, ie quali non racconto per dir brieve.
*^ E coù moltissimi animali ed infinite piante
^ sono che hanno in sé alcuna cosa corporale
^^ ch*éatileeprezio8a,ma il misero uomo, non
*^ che nel suo corpo abbia cosa degna e virtuosa^
ma da ogni parte e per ogni luogo de* sensi
genera e getta loto e fango, siccome cosa ia
sé tutta fangosa e lotosa; ond^é buono rime-
*' dio coatra la sua superbia <la Michea prò-
C(
4(
4C
^4 VoTIZIE IIIYOBIR) ALI.B 'Oi>BRl
^* (eìSLj che dice: La umiliazione tua è nel '
*^ mezzo di te. Imperocché se dentro ti con-
*^ Sideri, conosci che non se' altro che sterco,
^^ puzio e feccitt. Se ti levi in alto per la taa
'^ abundante e splendida vita, pensa che qne-
^^ sto è a tua confusione; perocché quante
*' più cose usi pel tno supèrfluo vitto, tanto'
*^ se* più povero « misero che gli altri ani-
'^ mali; perocché quasi tutti stanno d'uno sole '
*« oibo contenti, ed il simile faresti tu quando
^' non frissi peggiore che le altre creature. Se
*' hai vana estimazione della tua bellesxa,'
*' pensa quanto é facile a perderla, e quanto'
^^ poco dura; perocché oome'l fiore nasce &
*' moore^ e in danno comune s'usa, e così a'
*^ molti é stata cagione della morte del corpo,
*^ ed a moltissimi dell'anima, e ad infiniti è
*^ risultata io loro detrimento e danno. Se
hai vanagloria della sanità, considera eoo
quanta difficoltà si mantiene, e quante sono
*' le cose che te la possono torre, e con quanto
*^ amare medicine, poiiJié é ismarrita , ai
*^ r acquista; ed intendi che non é veruno si
*^ robu^o e valido che non sia infermo, pe-
'* rocche di continuo moriamo, ed allora di-
*' ctamo essere morti quando non moriamo
^ pin^ ed eziandio quasi tatti gli atti corporali
et
li
BI Ilo BELCABr. 9$
" procedono da infermità. Perchè donni f se
*' Bon perchè t^è pena il Tegghiare. E poi,'
" perchè ti detti ? se non che non puoi dor-
^' mire. Perchè mangi? se non perchè non
" puoi soflPrire il disagio. E poi, perchè t*a*
'' stieni dal cibo? Se non che t'è nociyo. B
*' cosi i nostri naturali moTimenti si guari-'
*^ acono pei loro contrarj. Se hai gloria dei
^^ figliuoli, in questo tu se* pari a qualunque
'* creatura, anzi inferiore; poiché agli altri
" animali, quando hanno alicTatì i loro fi-
^ glinoli, gli lasciano, e di loro e della ìotù'
*' fatica non fanno alcuna ragione, parendo
*' loro arer fatto quello a che erano dl)bligati.
^* Non così Tuomo. Ayendo nutricati i figliuoli^'
^' ha fatto a quanto era tenuto? Se ti ap-
'* pressi ed estimi degno per la bellessa •
'' Tirtà della tua donna se* presso che io non
** dissi, stollOf, perocché se è bella sarà la
'^ beliessa reputata da Dio, e quanto è pia
'* bella, maggior signorìa e spesa hai a sop-
'* portare; e s'ella è onesta e virtuosa, sarà
" appropriato Tonore a lei, che è cosaragio-
** ttOTole. Ma se è al contrario, la vergogna
'^ sarà tua, perocché vuole cosi la legge del
*^ mondo. Se ti estolli e levi molto per li of-'
^' ficj o altre dignità, questo è bene allo
L
^6 NOTIZIE IKTOBUO Allb opers
sciocco; perocché cosa è rofficiale ? se non
servo e ministro della giustizia. Ma forse
tu dirai: In qaesto è la gloria mia, che io
sia preletto e antiposto agli altri. A -che ti
rispondo: che per avventura potresti ia
qualche parte dire il vero se noi fussìmo
neUempi di Saturno; ma noi siamo nati
nella fecce de* secoli, in modo che se eoa
sano occhio risguarderai, troverai la mag-
gior parte degli uomini posti nelle prela-
zioni e magistrati aversi più da vergognare
^ che da gloriare^ si per la loro indegnità,
^ e SI per le cagioni e pe' mezzi co^ quali
sono a lidi offic) stati assunti; perocché più
con simonie e doni^ o per parentadi ed
amicizie, o per altri illeciti modi sono a
tali gradi esaltati; le quali cose tutte pro-
cedono dalla loro isfrenata cupidità ed am-
bizione. Se hai gloria delle ricchezze, m
questo ti dovresti ben vergognare,8apendo
che il ricco o egli è iniquo, o erede dello
inìquo; perocché o tu non le hai guada-
gnate; cioè, che da altri ti sono state la-
sciate; ovvero tu hai messo il tempo più
in questo che in altra cosa; ed etiam. rade
volte fa roba chi non ruba, ed è segno di
animo cupido ed avaro a congregrar tali
m FIO MLGiClI. . gj
^ beni. E non solamente è riprensibile tra
^ Cristiani, ma ancora tra Pagani, peroechè
*^ moitÌ6SfiRÌ infedeli, conosciuta la Tiitàdelle
*' ricdieflze, Tolontariameate le hanno abban-
'< donate e disprezxate, considerando i mali
^' che seco recano^ che, intra gli akri, si acqui-
^ slarono con fatica, possegousi con timore,
^ e perdonsi con^ dolore; ed è una servitù di
ìdoli amare le ricchexse, ed intra tutte le
nasioni del mondo sempre d^r inteadenti
'^ furono più estimati e più famosi quelli ohe
^' a'heni temporali fuggirono, che quelli -che
" gli cercarono. Sicché di nuovo esclamor
O uomOj mentiti a pensare y
Ondt fi viene' H gloriare.
'* Se dalla tua fine avessi gloria, questo
^^ sareUbe somma stoltizta, perocché Tuomo
*' non ha tanto da umiliarsi quanta é la ter-
** ribile morte vedendo^ e considerando con
*^ quanti dolori ,. con quante pa »re , con quante
*< ansietà' Tanima^ si parte dal corruttibile
*^ oorpa. Cke cosa é pra orrenda che Tuonio
** morto ? quale casa più sona,- ^ale- cosa
'* più puzzolente che il- corpo fraeido ?
^ perocché dalla carne «nascono infinti ¥er-
*^ mini, dal oerebro veaenose botte, dalle
^ intestina e dalle parti genitali animali
Gamba ^ Opere ^
98 lOTIZIB niTORVO ALLE OPERI
'^ bruttissimi; e così da ogni parte produce
'' somma calamità e miseria. O misero uomo
*^ (misero^ dico^ perocché altro vocabolo non
t''è più confacente ), esamina il principio,
mezzo e fine della tua bugiarda yita, e con-
'^ sidera onde ti nasce la gloria vana; peroc-
'' che da veruna parte non hai da gloriarli,
se già non fussi di quella pessima brigata
che dice David profeta, i quali si gloriano
quando hanno fatto male, e rallegransi ef
fanno festa nelle cose pessime. Forse, se
di queste ti volessi insuperbire, avessi più
ampia cagione e materia, che delFaltre, pei
tuoi ingiusti e disonesti desiderj,per le tue
** fraudolenti e cattive parole, e per li tuoi
^' iniqui e scellerati fatti. Destati adunque da
questo mortale sonno, levati dagli occhi
della mente questa pestifera feccia di tanto
vana e maledetta reputazione. Arrendi co-
testo tuo durissimo collo, inchina lo intel-
'' letto alla verità della Sacra Scrittura, e
^^ troverai tutti i Santi quanto più sono stati
'^ savi , quanto più scienziati, quanto più
^' onorati, quanto pfù virtuosi, quante mi-
** gliori cose hanno operate, e quante più
^^ prerogative hanno avute, tanto si sono re-
putati più vili e più obbligati a Dia che
ce
ti
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((
C(
ce
ce
u
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DI Ito BILCÀRr. 90
'' ^11 altri , gli esempli de' quali sono infiniti.
'* E a te gli lascio leggere e considerare^ pe*
** rocche la yertù della umiltà è uno lame di
" verità, per lo quale Tuorao vede, di tutl'i
'*' peccati e vizj ch'egli ha commessi, essere
'^ la colpa sua, e tutti i beni che possedè,
'^ cosi spirituali 'come corporali, essere da
'^ fìlo; e tutti i buoni pensieri e desiderj che
" egli ha avuti, e tutte le sante orazioni e
** parole ch'egli ha dette, e tutte le virtuoso
'^ e laudabili opere ch'egli ha fatte, vede e
" conosce essere stata la divina grazia che in
*' Ini le ha operate. Risgnarda, priegoti, con
'^ diligenza te medesimo, e vedrai veramente
*' che da ogni parte t'hai da vergognare, e
*' di' con l'Apostolo: Non piaccia mai cVio
'* nU glorjy se non nella Croce del mio *Si-
" gnore lesù Cristo, nel ^uale è la salute,
" vita e resurrezione nostra*, e così specchi an-
^' doci di continuo in essa Croce, vedremo
*' la nostra gloria essere in lei, e conosceremo
** perfettamente la nostra viltà e miseria; e
'^ in qaesto modo da qnesta crudelissima be-
^* stia della superbia, ovvero vanagloria, sa-
** remo liberati, f^ale in Domino, „
Data « 8, Martino a di^. 4t gi«.... i44S«
JSf
lOO HOTIZIB IKTORRO ALLE OPERE
Tra le prose lasciate da Feo Belcari, so*
spetta il diligentissimo ricercatore di sue pa-
trie lautezze, il canoDico Moreoi, che possa
ascri versegli aache la Fita di Filippo di Ser
Brunellesco^ e la IS avella del Grasso Legna-
iuolo^ da esso pubblicate in Fìreoze negli anni
1813 e 1820: checché siasi, resta abbastanza
a fantasticare, anche senza di esse, per quelli
che delie scritture del Belcari, messesi a stampa
in vecchie edizioni, voglia ofar indagine o
far raccolta. Né a me riuscì lieve fatica il
tesserne soltanto il minuto catalogo, fatica che
a taluno può parere inutile, giudicando tempo
e danaro perduto l'indagine e T acquisto di
simil merce.
L'anno in fatti 1807 si è stampato in Bre-
scia un arguto libriceiuolo intitolalo: Vita di
8, Lazzaro monaco e pittore , preceduta da
alcune Ossetyazioni sulla Bibliomania^ Bre-
scia y Bettoniy i8oy, in 8. Gorra a leggerlo
dii Tuol apprendere che il delirio della Bi-
Uiomania è una nuova peste della buona so-
eietà, né può se aon ch'essere figlio del lusso,
della Cri<volezza, dell' idiotaggine. L'autore vi
sfoggia sue ragioni con più che attico sale, e
rimprovera coloro ehe sono m^ossi a riempiere
i magnifici loto scaffali con questi monumenti
ì
DI FEO BELCART. lOl
di vana ostentazione e di niun* utilità. Egli
raccomanda che campeggi la filosofia, e con
essa i lami dello spirito iu chi raccoglie e
conserva i libri preziosi; o muti vocazione
colai che acquista libri senza saper distin-
guere le gemme dal lango e senza voglia di
leggere e di studiare: paragona infine te mi-
serabili indagini del Bibliomaniaoo a quelle
di un povero cieco che s invoglia di far rac*
colta di pitture^ o di un sordo che voglia fìu*
nire per uso proprio ogni genere di strumenti.
Queste dottrine non ammetteranno replica, e
saranno farmaco utilissimo a chi avrà bisogno
di essere sanato da cotal morbo. Quanto a
me, confesso che riterrò sempre T animo molto
più disposto alla misericordia di quello che
non lo abbia Tegregio cav. Gicognara^ nome
caro alle Arti e alle Lettere, ed autore delle
Osservazioni suddette. Egli è difetto ordina-
rio degli uomini il cadere in un estremo per
evitarne un altro; e Testremo in cui cadesi
suol, esser maggiore di q«eUo che cercasi di
evitare. Ammaestrato da questa verità^ mt
piace di andar a rileute prima di sottoscri-
vermi a qualche canone^ tanto più iperboleg-
giato quanto che mi par evidente che in grosso
nomo sprovveduto quasi affatto di lettere^
i^"^Oi
I03 HOTinC intOANO AllC OPEAI, ICC.
noo possa mai veoir il grìccio di- raccogliere
suppellettili letterarie. Che se pur accadesse
che fosse posseduto da questa smania, e che
impiegasse il suo danaro in acquisti di libri
per mero Fasto, io mi sentirei T animo fHTOclive
a prestar anche a costui ogni tutela, compa-
tendo una passione che non fa torto ad al-
cuno, il cui risultamento può o presto o tardi
tornare ad indicibile vantaggio delle Scienze
e delle Lettere^ allontanando, se non altro, le
troppo amare conseguenze che ci derivano
dair oltramontana ingordigia, la quale non ri-
sta dall'attentare allo spoglio delle nazionali
nostre ricchezze. Quanto poi sia giovevole alla
patria quel coltissimo cittadino, che, senz'a-
spirare alla fama di grande letterato, forma
con onesto trasporto della sua abitazione un
tempio sacro a Minerva, egli è tema di bel*
Telogio, e lo sarebbe per me altresì di giusta
riconoscenza e della maggior soddisfazione del
cuore^ da niun altro fonte, fuorché da questo,
derivata essendo la qualunque mia educa-
zione.
i^W
DISCORSO
P£R LÀ IIT8TITUZI01II
DELL£ PUBBLICHE SCUOLE ELEMENTAIU
IN BASSANO.
^fm
Qaesto DÌMorso, che fu datPAutore recitato
nella chiesa di S. Giuseppe di lassano nel
giorno 19 novembre, 1809, fu consegnato allora
alle stampe per commissione della solenne Se-
duta Municipale tenuta in essa chiesa nel giorno
«tesso, sotto la presidenza deUignor Leonardo
Stecchini , podestà.
S SSB B S j^^ys^ ^ ^^ - - '-r^ -. ^ . -. 4^ ■ ■ ^ -^^- — --^^ ."T^TTr 1,^ .
--.,
#»««#»**#«*«««**#*»**«**««*«*«*»»«««»»*««#*«*««
Jl niETiAXo della grande imporlaii£a,ben co*
Docciata da chiunque IMncarico assama di
cooperare alla pubblica educazione; nel ^orno
solenne in cui yeggonsi ricreati gli animi no-
stri par io stabilimento di quelle Scuole che
gettar deUM>no i fondamenti della patria cui-*
tara, animato di quel zelo, di cui si accese
per Oggetto sì salutare il nostro Gonsiglio
Comunale; assistito adesso dalia presenza ono-
revole di Toi benemerito sig. Viceprefetto,
di Toi sapientissimo signor Presidente, di toì
signor Podestà egregio, di voi reverendissimo
signor Arciprete, di voi Magistrati omatissimi,
e Savi gentilissimi, i quali tutti mi fatenobil
corona insieme ai dotti precettori che ibriìian
la base delle nostre speranze, ai Genitori dei
nuovi alunni, ed a voi stessi. Giovanetti ca*
rissimi, che colla graia e festosa vcdtra pre«
senza mi eccitate e mi commovete, non sa^»
prei noii' rallegrarmi meco medesimo dellV
fiore impartitomi di poter isciogli^e in mezzo
m,^x 'j-mmm^mi , >• i . ■■ «^n
•w^MWM»«iH^^^aiV^«Mw«^M««««>W«««nM«»49QBdMÌl|
I06 DISCORSO PBR LA IHSTITUZlOllB
a Toi tutti la ?oce mia; voce pusilla, ma fian-
cheggiata dal tema impostomi, dal mio cuore
dell'uaiversal bene compreso, e dalla sperienza
per me cimentata ne* preziosi titoli di padre
di famìglia^ e di concittadino attaccato alla
nostra cara patria comune.
Non sarà mio scopo, deireducazione par^
landò, il prender le mosse dai Plutarchi, dai
Quintiliani, né dai Sadoleti' o dai Murati , e
Tordire un' Orazione che potrebbe di leggieri
spiccare per Tecceìlenza - del suo argomento,
purché coir industria delfape si volesse da
quegli scrittor sommi, e da tanti altri illustri
^ moderai, suggere il miglior fiore e tramandarlo
a diii ascolta. No, miei signori, io non mi pro-
pongo dì estender molto il mio volo. Persuaso
che il rivolgermi ai precettori, ai genitori, ai
figliuoletti, e r indicar qualche beireserapio,
9 Taggiugnere qualche esortazione adattata
alla circostanza nòstra d'oggidì sia il dare na
pegno di zelo per parte mia, e sia. il comin-
ciare con buoni auspicj il nuovo anno scola-
stico: a questi esempli, a queste esortazioni
intendo di limitare il mio dire, ed a queste
m prego di voler dare benigno, ascolto. Da-
telo voi, Precettori distinti, che non vi può
•spere mal grado il sentirvi ripetere quegli
DELLE PUBBLICHE SCVOLl. lOJ
tpotegmi, i quali formano i cardini della yo*
atra condotta; datelo yoi, Genitori amorosi,
che conoscerete forse di avere il miglior bi-
sogno d*e88er illuminati e diretti ; datelo yoi ,
GioTanetti miei cari, che alla vostra capacità
io saprò bene adattare le mie parole, e lo
farò in modo che possano ne* teneri yosti*i
petti restare scolpite.
Ristrignendosi le nostre Scuole ai primi
Elementi del sapere, sì in riguardo alle 8ciens«
come alle buone arti, non si creda per questo
ch'esse non sien capaci di tutto que 11* interesse
con cui sogliono risguardarsi le scuole riser-
vate ai Ginnas), ai Licei, alle Università. Voi
sapete bene, o signori, che il primo latte si
beve nelle Scuole Elementari; e quindi gitta
in esse le' sue radici la Religione augusta, le
gitta la soda Morale, le gitta ogni più bella
costumanza della persona, le gitta la lindura
deir ingegno nostro, il destino delle nostre
fortune, il costante nostro amore al giasto ed
al retto. E così essendo, com*è certamente,
voi ben conoscete, che abbietto e spregevole
sarebbe quel precettore, il quale assumesse
l'incarico della pubblica Educazione o senza
i dovuti corredi a ben sostenerla, o sena* a) tra
mira fuordiè quella del suo privato interesse,
to8 DI8«OIt90 PEA ^k mSTITUZIOVB
o seDK'ttfTetto alle massime che deve instìl-
lare nell'animo de* fanciulli.
Ma non basta mica che il precettore sap-
pia riconoscere tutta Testensione de' suoi do-
teri, s'egli non sa eziandio condirli di altre
doti eminenti. Sono, o precettori, vostri at-
tributi la gravita del sembiante^ la maturità
del costume, la serietà del discorso, la sodezza
dei lumi; ma se non vi accendete di carità,
te noa vi dedicate all' intera conoscenza del
cuore umano, se non esprimete con limpi-
dezza i vostri sensi, se non avete quel brio
spontaneo, che renda, direi coéì, le vostfa
azioni giulive e ridenti, le altre vostre prero-
gative o si diminuiscono molto, o si smarri-
scono affatto. Noi lo proviamo nelle private
Bostre adunanze. Se tu vedi nel lato di una
stanza starsi dispettoso e accigliato un ipo*
eondriaco^ tu lo risguardì tosto, solea dire il
Lemene, come il tempo nero ohe si alza,
fa ritirare a casa ciascuno. Mantenete duo*
«
que, o moderatori della gioventù^ i voein
volti atteggiati alla ilarità, ciie potete adesso
farlo tanto più francamente*, quanto ^e tra
luiivo e l'alloro vedete finalmente riaprirsi e
consdidarsi le nostre Scuole.
fidl'esempio^ o signori, e bell'idea^ di oit
1IEI.LE PUBBLICHE SCUOLE. IO9
ottimo precettore mi si preseota ora alla ri-
membranza onde proponrelo; e lo fo purlaa*
dofi di nn sommo uomo di queste nostre
contrade, che in secoli non ancor dirozzati
seppe colla sola forza dal suo ingegno, col*
Tesempio delle sue virtù, colF infaticabilità
del suo zelo diffondere per tutta Italia i frutti
di un eccellente educazione, che riuscì alla
religione^ al costume, alla dottrina, al buon
gusto di vantaggio indicibile. Vittorino da
Feltre fa questo incomparabile uomo che nel
principio del xv secolo apparve in Padova
pubblico precettore. Dominato da maraviglioso
ardore del bene altrui, e ricco di ogni sapere
che ai procacciò con grandissimi stenti, apri
da principio una acuoia, a cui concorrevano
e ricchi e poverine senz'altra distinzione fuor*
che qudila, che i ricchi dovessero una eerta
somma adattata alle fortune loro contribuire
pel mantenimento dei poveri. Salito presto in
grandissima rinomanza, fu invitato dal pru*
dantiasimo principe Giovanni Francesco Gon*
laga alla inslituzione de^ suoi figliuoli, e dopo
dilicali contrasti e veniloMe passò il nostro
Feltrense in Mantotva: questa divenne il tea-
tro della sua gloria, e a tanto rìuscì il Liceo
Yiltoriniaao che potrebbe anche oggidì aw-
iTf) DISCORSO PEK ti IVSTITVXIOKB
Tir a noi di model lo-, qtiaatanque noi ci tro-
riamo oggidì inondati da tanto moltiplici si-
stemi di tsducaeione. Scolari^ e maestri con-
eorrevano a Mantova da ogni città d'Italia e
di Europa, e si veddero allora ben sistemate
• dirette per la prima volta le scuole di Gram-
matìca, di Logica, di Metafisica^ di Aritme-
tica, di Pittura, di Musica^ di Ballo, di Ca-
vallerizza, poste tutte sotto la direzione di
Yiltorino. Ma seguitiamolo nelle cure parti-
colari, ckegli prendéasi per la età più fan-
ciullesca, e cosi adotteremo il suo esempio al
nostro bisogno.
Studiava egli scrupolosamente l'indole dei
suoi giovanetti, e se alcun ne scopriva teste-
reccio o vizioso, consigliava tosto ì genitori
di lui a procurargli altro tenore di vita.Met-
tea ogni suo studic» nel regolare il loro corpo,
il loro ingegno, il loro cuore. Quindi abbor-
riva la mollezza, ed era attento cbe non man-
cassero que' giuochi e que* passatempi che
sono più atti a rinvigorire le membra. Badava
di buon'ora, che la esterna 'decenza, il tratto
« la disposizione della persona si coltivassero
quanto rànimo. L' ingegno era ad esatte di-
scipline soggetto sin dagli anni più verdi, e
tiaiiU era la sua attenzione, che riasciane {K
^
BELIE PUBBLICHE 8Ct70LC. HI
tlunni ad innamorarsi dello studio e a ri-
sguardarlo come un premio accordato ai )or«
meriti, come un distintivo che li 8olleTa?a dal
Tolgo degli altri compagni. Coltivava molto
negli animi giovanili lo spirito di ambinone •
di emulazione, e piaceagli di trovarli vaghi
e curiosi^ calcolando la curiosità come quella
che fa in noi maggior forza per moverci alle
rie del sapere. Yolea pure il nostro Vittorino
che di tenessero i fanciulli esercitati frequen-
temente nella lettura ad alta voce, onde cor-
reggere o i difetti della pronuncia, o la uni-
fermila o la soverchia aspressa della voce; ed
in fatti anche il saper leggere bene è lodevole
pregio, è non troppo comune nemmeno fra
gli eruditi. La sanità del corpo, la cultura
deirìogeguo sarebbero stati troppo angusti
confini al sistema di educazione di Vittorino,
se non avesse posto principalmente ogni stu-
dio nel formare il cuore de' suoi giovanetti.
Per quest'importante oggetto innumerabili
erano le sue previdenze; ma otteneva in ri-
eambio di renderli attaccati e rispettosi alla
religione, inclinati alle virtù morali, di co-
stume innocente, di sincero carattere, amiei,
della pace e della concordia, e fuggenti la
taUtadÌBe, oh'egli risguardava come peste pe-
Iia DISCORSO PEB LA INSTHUKIOIIB
rìcolosa e fatale. Qaesta disciplina, eh* io vi
tralteggio in iscorcio, e che potreste yedere
«volta maestrevolmente nella recente opera
di an chiarissimo. letterato il cay. Rosmini,
Bon avrebbe peravventora prodotte tante frutta
rigogliose e fdici, se il nostro Feltreitse non
fosse stato diligente neir accoppiarsi il proprio
esempio; e se uomo sommo, com'egli era,
pure trattandosi di un'età tenerella non avesse
saputo conformarsi air ingegno dello scolare:
come chi ha il passo veloce, se accompagna
un fanciullo, il cammino tosto rallenta, né si
avansa più di quello che il comporti il suo
picoiol compagno.
E ^i io da voi mi congedo, ottimi pre-
oeilori, lasciando in Vittorino da Feltro Fan*
tesignano del vostro rispettabile uiBcio per
tutte ^elle ineambeoze che più. particolar-
mente possono appartenervi, e riservando una
parte di esse ai genitori amorosi, ai quali or
mi rtvol^, pregandoli a volermi prestare se-
ria altenadsoe.
E :per Aoatrr indole umana, e por ogni
interesse sta in ani cuore di noi genitori il
più felice svUttppo, e la migliore riuscita della
nostra prole. E di fatto^ coiraverne ogni più
atteolo governo noi procuriamo il nostro stesso
DILLI PUBBLICHI SCOOLB. f I 3
rantaggio; e se siain poreri ci lusinghiamo di
&vTÌcinarci pia presto il tempo da difider coi
£gli i nostri pesi; se siamo di condtzioae me-
diocre miriamo per essi al miglioramento delle
nostre fortane; se siamo ricchi ci proponiamo di
fermare in nna prole educata lo splendore della
famiglia^ della patria, dello stato. Egli è però
ben raro (piel caso, in cui, per ottenere ^
plausibili oggetti, noi ci prestiamo di buon
proposito^ e fanno forza a' nostri voleri o il
faroreggiar delle madri spietatamente indul-
genti, o Tabborrimento alla fatica e alla yi-
gilanza di noi stessi padri, ola troppo comune
cecità delle une e degli altri. Io non son qua
renato per tesservi un sermone da uom che
porti cherca o cocolla, ma se prendo in esame
la mia coscienza, confessar debbo, che sarebbe
più di una volta da rovesciare sopra di noi
medesimi la colpa della poca riuscita di una
porzione che ci è d'altronde cotanto cara.
Studiamovi tutti, e pensiamo all'emenda, che
io frattanto continuerò ad occuparvi delle na*
sceoti nostre Scuole.
La Scuola Normale sarà preseduta e di-
retta da uomo di molta intelligenza e capa-
cità, e che desidera di cuore frequenza e spon-
taneità di concorso. So che v' ha una falsa
Gamha^ Opere 8
Il4> DISCOUSO PiiR Là IMSTITUZIONE
opinioDe erroneameote introdotta.QuesleS caole
Normali (mi bisbiglia .alcuno agli orecchi )
potrebbero far capitare male i Dostri figliuoli,
giacché da taata uniformità di ammaestra*
menti nasce la fatale uniformità di riuscita
nelle scritture, e Tevidente perìcolo di con*
trafPazione de' caratteri altrui. O sogno è que-
sto, o piuttosto suggestion maliziosa di genie
nemica del bene pubblico, la quale, per mala
sorte, non suol mancare giammai. Io ogni
tempo si è veduto comparire un qualche pes-
simo ingegno che potè abusare di una fatale
abilità a danno degli uomini e a rovina sua
propria; ma questi casi non diventarono già
più frequenti da oltre trent' anni, epoca a cui
risale Terezione delle Scuole Normali, uè in
generale è possibile che due mani diverse ci
possano dare una stessa scrittura. Ben lo sanno
gr illuminati governi di Francia, d'Italia e di
Ailemagna che le vollero erette e promosse,
e che non le avrebbero sostenute se temute
le avessero pericplose al buon ordine e alla
società. Togliete dunque dagli animi vostri
questo vano sospetto, e riflettete piuttosto che,
addestrata la lingua dei discepolo ad una let*
tura chiara ed esatta, indirizzata la sua meiote
alU operazioni deiraritmetica, eh' è ciba di
mmmmKm^^^mm^mmmmm^^^m^mm^
DZL^E PUBBLICRB 8C00LX. 1 1 5
.«(rettissima necessità per lutti, e assuefattagli
la mano ad un carattere di forme eleganti e
regolari^ ci hanno date le contrade anche a noi
più vicine lusinghieri esempli che questo ramo
seio di educazione potè bastare per procacciare
un comodo sostentamento a qualche famiglia.
Copriranno le Scuole degli Elementi di
Lingua italiana e latina, e quelle di Gram-
matica e di Umanità precettori degnissimi, a
Toj, Signori, particolarmente noti per lunga
abitudine; e yorrei star in fiducia c4ie fossero
queste pure ben frequentate, se anche qui non
temessi l'importuna ?oce di alcuno, troppo
presto a soggiungermi, che poco gli cale di
formarsi un figliuol latinista. Adagio, adagio.
Confesso anch'io, che latine lettere non pos-
sono essere d* immediata utilità a chi è desti-
nato alle arti ed al traffico. Ma, echidi dice
che qnel giovinetto inclinato allo studio, il
quale non avete y4>lato che si educasse nella
lingua 9 appi'estatrice di un latte che non si
succia se non di buon'ora, e fondatrice d'ogni
pUi eletto sapere, non fosse tale da riuscire
con quest'unico mezzo un uomo atto a gra'-
yissiini affari, o un ecceiUente sciesiziato? K
chi yi dice che, cresciuta poi questa piante-
sella con abborrinieDto al IrafTico e alle arti
mw
T I 6 DISC0B80 ?KK Li IffSTlTVZIOHB
paterne, noo diventi miseramente la prima
eansa della distnuione delie paterne tortane^
Le scuole nostre d'oggidì hanno anche il van-
taggio indicibile d'essere institnite in modo,
che le lingae italiana e latina camminano di
pari passo, cosicché Tnna dà mano all' intel-
ligenza dell'altra: e della sola lingua nostra
materna, credete voi che sia facile ed ovvia
la cognixione? Conviene studiarla assai, assai;
e dopo molta fatica, e dopo molta lettura
soltanto si arriva a scriverla nettamente e cor-
rettamente. Bealo ^egli che n'ò in possesso !
Le sue scritture nitide e caste, non infangate
di oltramontana lordura, né scorrette, ne in<
viluppate^ vi porgono tosto l'idea d'un uomo
abbigliato di veste linda e civile in confironto
di tutt' altro uomo che sia ricoperto di panno
^ossolano e cencioso.
Quando l'educazione è passata fra i triboli
e fra le spine di quelle prime Scuole Elemen-
tari che ho sinor* accennate, cominciano a
sollevarsi gli animi al godimento di quegl'in-
segnamenti, che conducono allo sviluppo in-
tero dielle nostre percezioni, e che formano
la scuoia della rettorica. Se fossero state nei
recenti tempi men ingrate le cure cittadine-
sche, bel drappello di allievi avreUl>e potato
i^
* DILU PUBBLICHE 8GU0LB. 1 1 7
dare il nostro Comune anche a questa scuola
e al dotto precettore fissatovi dalla vigilansa
del governo; ma noi non potremo veramente
cogliere i frutti desiderati se non allora che
le basi deirodìemo nostro edifisio saranno
soCdamente stabilite. Intanto anche su nuovo
pampo, o miei Bassanesi , potrete mietere.
Questo eid^ questa terra ^ e questo fiume suo-
nano dolcemente a chi ò trasp<H*tato per le
Arti Belle; e le più rimote contrade non co*
noscono Basaano se non perdio qua nacquero
pittori egregi, qua si formarono artisti valo-
rosissimi. Alsate i vostri occhi con giusta oom-
piacensa, e là in quella Nascita^ che sta al
vostro cospetto^ voi già vagheggiate un mae*
stro pezzo di un vostro antico concittadino,
un quadro che da nomini di finissimo gusto
è stato giudicato il più grande modello che
abbiano tutte le scuole della pittura risorta,
in ciò eh' è forza di tinte e intelligenza di
chiaro-scuro. Ma io non vi occuperò adesso
dei noetri artisti, né questue il luogo, ne que-
sto è il tempo di tornare alle patrie glorie.
E il laogo bensì, ed il tempo d^ invitarvi ad
essere grati airegregio Podestà nostro, che ha
sapato essere industrioso a segno da po^er
prociirarBi i mezzi di ergervi in quest'anq»
Il8 DI8G01I80 PEB LA ISTITUZIONE
uaa scuola di disegno, affidata alle care del
nostro valoroso sig. Faroli. Profittatene con
alacrità di animo^ seguite gF impulsi del pa-
trio talento^ e fate che non si spenga quel-
l'entusiasmo da cui dipende il maggior nostro
lustro. A questa scuola^ che abbraccia ezian-
dio gli elementi deli*ornato, potranno concor-
rere i garzoncelli degli orefici^ de' fabbri, de-
gl* intagliatori in legno, e di ogni altro coa-
aimil mestiere; e formando essi di buon'ora
nella medesima il pendìo al buon gusto, s^la
proporzione, alla semplicità, all'eleganza, po-
tranno riuscir per innanzi coli' industria loro
a procacciarsi molfaura di onore e fonti pe-
renni di utilità.
. P sia dunque nell'una, o sia nell'altra di
q\ieste scuole, o padri e madri, sarà d'ora
innanzi in vostro arbitrio di far educare i
vostri figliuoli. Co' sudori del vostro volto
avrete pur tentato sempre ogni via di vederli
istrutti; e voi spezialmente, genitori, più gen-
tili di cuore, e di coscienza più giusti ^ quante
privazioni non avete sofferte perchè la vostra
prole non mancasse di un morale alimento
tanto salubre! Ora avete aperta una nuova
Strada, la avete senza alcun incomodo, anzi
con vero vantaggio vostro, e senz'ombra di
DBLtE PUfiBLtCitE SCUOLE. ti^
sospetto che redticazioné noa riesca para ,
sollecita^ afTettuosa. Oh gran peccato che una
irragionevol freddezza avesaé ad assalirvi, e
che il novero dei giovani ascritti, in propor-
zione della popolazione nostra, rimanesse tut-*
tavia scarso! Se mai ciò pur procedesse da
storte altrui insinuazioni, sappi a te disprezzarle
una volta y o se derivasse da incertezza di
huoa successo, v'accorgerete ben presto ch'io
non son qua venuto né per far pompa di belle
parole né per illudervi, ma per invitarvi a
godere di nn' insigne opera di beneficenza, che
talcBt è veramente quell'educazione, la quale
ci strappa dall'ignoranza e ci ripara dal cader
vittime del disagio e delle insensate abitudini.
Frattanto, siccome ho promesso sin da prin- '
cipio, che sarà il mio discorso rivolto in ultimo
luogo ai giovanetti, ora è appunto Vistante, in*
cui a voi dirizzò il pensiero, o dolce scopo di
questa nostra funzione, o liete nostre speranze.
In yerun modo non potrei tanto utilmente
trattenervi quanto col darvi qualche amoroso
suggerìmento, e lo fo raccomandandovi - di
atnare lo studio, di. obbedire i maestri vostri^
e di abborrìr sempre anche l'ombra della
menzogna. Non mi crediate cotanto burbero
di volervi ^a -àne piedi trovare innamorati
^mm
120 DISCOESO PBB LÀ INBTITUnOIlE
(Ielle scuole. No, ma andatevi con buona dia*
posizione, e Tamore si spiegherà presto mercè
le cure de* vostri precettori, mercè gli ecci-
tamenti deWostri genitori. Ricordatevi, fan-
ciuUelti carissimi, che Tessere attento e ob«
bediente, non solo è cosa che piace a Dio ed
agli uomini, ma è mezzo sicuro per rendervi
cari a chi vi prende in custodia e per allon-
tanarvi ogni sorte di austerità. Le ore che
sono determinate per la scuola vi trovino tanto
pronti quanto quelle nelle quali vi aspettano
il giuoco e i passatempi. Badate di astenervi
da qu6^ sutterfugi maliziosetti che iroppv di
buon^ora si sviluppano appunto in chi è più
fornito di buon talento. Non fate come quel
cagnolino insolente, che ricalcitra dalTobbe-
dire al padrone, e cerca intanto di raffrenar-
gli il dispetto con carezze e con vezzi. Potete
schermirvi dalia collera del maestro, ma senza
arguzie; dovete essergli soggetti, ma con leale
e premuroso interesse di non dispiacergli.
Sappiate che la vera sapienza^ dei giovani
dabbene è niuna cosa far apparir fintamente
che sia, la quale non è; che bkogna aver
l'animo d'accordo colle parole, amare sempre
la verità. Le bugie dispiacciono e nauseano
tulli gli uomini; e colui che si è fatto cono-
-*— .^T'
DELLE PUBBLICHE SCUOLE. 131
toer bugiardo, non merita che gli yenga più
creduto nemmeno il yero; perde il suo buon
nome, è da ognuno odiato e fuggito. Rioor-
dateyi^ che chi si addomestica ai mancamenti
più leggieri cresce presto in iscaltrezza, a
questa poi si conrerte in reo costume che
strascina in un abisso di mali. Siate quanto
vi piace fieri e ambisiosì, ma del yostro onore
e dei rostri progressi, che da questa fierexsa,
da questa ambÌEÌone trarrete ottimo frutto, e
ne ayrete una ricompensa neU*anno prossimo.
Yi troyerele allora invitati a tornare in que*
sto luogo stesso e al cospetto di queste rì«
spettabili Autorità per dar conto de' vostri
studi; e quelli fra voi che si saranno vera-
mente distinti, otterranno il premio e la mer-
cede della loro bravura. Bella cosa è Tessere
grasiato come un bravo e diligente discepolo;,
brutta cosa e obbrobìosa Tessere segnato a
dito come il rifiuto della sua scuola! Fate in.
modo che questa abbietta condizione non si
possa giammai adattare a veruno di voi.
Non occorre adesso eh' io stanchi soverchia-
mente la vostra pazienxa, gentilissimi Ascol-
tatorif avendo già, come mi sono sin da prin-
cipio proposto, ad ogni ordine di voi esposte
con brevità quelle cose che alla solennità di .
i
taù DISGOMO PER LÀ tlff6TIT17nOll]?, ECC.
questo giorao poteano esser opportaae. Restai
che Ci tiniatno tutti d'accordo onde navigar
per un mare che miri a quel porto felice', il
quale ci offra il compenso di poter rendere i
nostri simili degni della pubblica estimazione.'
Navighiamoci con costanza. Yoi navigatevi, o
benemeriti Magistrati, e voi, che gentili mi
avete eccitato a scioglier oggi là voce, onore-
voli miei Socj deputati alle pubbliche scuole.
Voi navigatevi. Presidente noveUo del nostro
clero, che pel candore del vostro costume
siete già a quest'ora il più belPesempio cb'io
ofFerìr possa a questa gioventù immaculata.^
Voi navigatevi, saggi Precettori, ed alle di-
scipline scolastiche badate che non vadan dis-
giunte le vostre esortazioni all'amore e al-
l'obbedienza al Governo.Yoi navigatevi. Padri
e Madri, onde cogliere presto un largo lucro
delle merci preziose che avete in trafBco; e
voi su questo mar navigate. Giovanetti diletti,
per segnarvi sin dall'aurora de' vostri giorni
una strada sicura alle ricompense e agli onori.
Quando noi non saremo più, benedirete, io
spero, le nostre rette intenzioni, come qaelle
di cooperatori zelanti alle institnzioni che
debbono formarvi cristiani ottimi, sudditi fe-
deli, uomini colti e cittadini attaccati alla
vostra patria. Ho detto.
^fvr^^nammmamm^
ELOGIO FUNEBRE
DI
GIUSEPPE REMONDLNI
DI BASSANO
Per recitarsi nel dì /i febbraio^ 1811,
trigesimo delle sue esequie.
«i
IN 11 corto periodo dì non più che tre lune
fu, o concittadini ornatissimi, volere di Dio
ottimo massimo, che questa ragguardevole fa-
miglia Remondini soggiacesse a due perdite,
ahi troppo funeste! Ed il figliuolo ed il pa-
dre sono ceneri tuttora fumanti che si con-
fondono insieme in un avello di questo tem-
pio, Tuno mietuto nel vigore delia gioventù
più robusta, Taltro prima che da matura se-
nettù fosse colto (t). Estinte qq^^lle faci che
ardevano nel passato ottobre per la pompa
funerea di GuHiBATiSTABEifONDiiii,dipiae ono-
ratissima rimembranza (2], si riaccendono in
^oS^ P^ recare lugubre tributo a GiusEfPB
RxxoNDiNi suo genitore. Ben io voleva nel
giorno in cui ho accompagnata alla tomba la
fredda sua spoglia salire animoso su questo
pergamo, e palesando il mio lamento farvi
tenere invito a mescere col mio il vostro
pianto; ma se indicibile cruccio sopravvenne
allora a soffocar la voce affannosa, lasciate al*
1^6 ELOGIO F CREBRI
meno cbe in questo giorno trigesimo io sparga
di qualche fiore il suo feretro, e inviti a spar-
gerne meco quelle anime sensitive, le quali
sanno ben valutare la perdita irreparabile che
ha fatto la patria nostra. Io reoderò dal mio
canto ad un personaggio che mi fu padre, che
mi fu amico e benefattore, che solo mi con-
dusse a vivere non inonorato fra gli uomini
colti ed onesti, un tributo di laude ingenua;
né le finezze della eloquenza, non adattate al
troppo breve mio ingegno^ né veruna eleganza
di bel parlare^ ma paleserò, per quanto sarà
in me, la riconoscenza di un figlio, il cuore
di un amico^ il rispetto di un estimatore della
virtù.. E tolga Iddio che Tadiilazione inresta
il mio labbro. Giuro a voi, ascoltatori tutti
che mi porgete benigno orecchio, giuro a voi,
venerabili sacerdoti, che decorate queste so-
lenni esequie, che la mia debii Toce da.nul^
faltro è sciolta, se Qon che d^ll^ardente e
vivissima voglia di vedervi qui tutti meco im-
pegnati ad onorare la memoria di un uomo,
le cui belle doti meritano di essere scritte nei
libro d'oro delia posteiità. Riguarderemo Giu^
srppe Bemondini come ottimo nostro concit'-
tadino, lo rigaardcremo come rispettabile pa-
are «li sua famiglia, • basteranno questa dua
DI GIUSEPPI BEMOROINI. 19^
sole prerogative per dare beilo argomento al
mio elogio^ e per darlo a voi di sempre ri-
spettosa ricordazione.
Sarete meco d'accordo, o signori, che per
ottenere giusta stima dagli uomini, qualunque
sia la carriera che si voglia correre ^ converrà
sempre che alla rettitudine del cuore, ed alla
convenevolezza delle opere risponda con bella
concordia la nostra applicazione a tutte quelle
azioni che dimostrino in noi ben radicato
Tamore di ogni più soda virtù, Besicì. con
ogni industria men difettosi in faccia a noi
stessi^ e meritevoli delTaltrui stima, se poi
piace alla Provvidenza di fornirci di qualche
non ordinario talento, possiamo coraggiosi ali-
mentar eziandio la speranza di non cadere
nella dimenticanza dei nostri posteri. Lo svi*
luppo di questi germi eU più felice risulta-
mento apparecchiatevi a riconoscere nel no-
stro Giuseppe.
Nell'età fanciullesca di cinque janoi ì{ sa-
gacissimo suo genitpre lo consegna al sepii-
nario di Padova^ e già di buon ora voi co-
minciate a veder germogliare felicemente
questa piccola pianticella, la quale però, af-
fievolita da discipline severe, né salda abba-
Stanca per siostenersi, dopo breve intervallo è
ta8 K06IO rumEBiii
trapiantata in clima men rigido, éà è conse-
gnata in Bologna ai Padri delia già estìnta
Compagnia di Gesù. Ombre onoratissime de*
gì* illustr* ingegni Gelino, e Roberti, nostri
compatrioti, voi la innaffiaste di limpido umore^
e grazie sieno a yoi rese, come non meno al
Bettinelli e al Gialiari, che indi le infusero
quella yita per cui crebbe e si mantenne 8em->
pre vegeta e salda. Nel collegio dei Gesuiti
di Bologna si diede tale attitudine alla colti-
vazione dello spirito di quest'alunno, e tanto
amore gli venne instillato per Famena let-
teratura e per gli antichi classici, che questi
formarono poi sempre la più deliziosa occu-
pazione della sua vita.
Fosse intanto o saggia previdenza del pa*
dre, il quale temesse che il suo corso mortale
dovesse essere presto abbrevi ato^ o fosse in-
tensa di lui cura che il figliuolo s'iniziasse
presto alla conoscenza e allo scandaglio dei mol-
tiplici ed intralciati oggetti della mercatura,
egli è certo, che pria di compiere.il corso
regolare degli studi in Bologna, dovette il fi-
glio restituirsi nel seno di sua famiglia, i^nì
fu consegnato ad un educatore (3) che non
cessò di tenerlo esercitato nella palestra sco-
lastica, e qui nel tempo medesimo cominciò
DI afOSlPPC REKDRDINI. I^^
a<r aprire gli occhi alla scuola del moodo, di
quel mondo io cai dovea e perle paterne
fbitone, e per la bella saa iudole, ed anehe
per la* noB ordioaria- leggiadrìa della persona
£ire poi luminosa comparsa».
& cosr & , miei signori. Già divenuto il
figliuolo adnlto, già' reso util presidio nelle
grayì cure domestiche, già immerso nel vur-
tìce di no azienda vastissima, conobbe il pa-
dre chegK era ormai tempo di vedere questo
ano primogenito -posto at governo di sua-^ fa-
miglia, e divenire padre egli ancora; e qnindi
gli scelse in Teresa Gaudio una sposa che
fbssegll amorosa compagna,, e che lo ralle-
grasse poi come madre di ottima prole. Que-
sta sposa d^ irreprensibil costume, di dirittura
di mente e di cuore, fu presto madre felice,
ed' è adèsso la venerabile matrona» che voi
vedete ammantata di luttuosa gramaglia pia-
gnere con- dignità < perdite a lei tento care,
ed- insegnarvi col vivo'Suo esempio la rasse-
gnasione e 'I rispetto alle divine disposiziom.
Ma seguitiamo' Giuseppe i Senza genitore
rimasto^, e secondato dalla piena fiducia ki
ini di Antonio suo fratello minore, eccoveSo-
solo al timone di un gran naviglio, e scosso
contemporaneamente dalle scintille di carità
Gamba ^ Opere ^^
l39 XLOGIO rUREIIHB
delia patria^ che fermano roraamenlo dì ogni
animo ben costumato, trova nel suo impegno
per li vantaggi di essA la sorgente di quelle
eociali virtù che sogliono apportare frutti spa-
ziosi di pubblica utilità.
Voi sapete^ o signori^ che a* tempi de* no-
stri padri era in questa nostra amatissima
Bassano non iscarso numero di cittadini, fiori
di gentìleziia e di onore, che le cose nostre
reggevano con grande alacrità di anima, e
con ispontaneo generoso sagrifixio di sé me-
desimi. Tra questa schiera ricercatevi il /?<-
mondini^ e già il troverete incaricato sempre
di quelle nobili incumbenee nelle quali dee
principalm^ite spiccare aagacità d'intelletto
e decoro del grado. Yoleasi invocare rajuto
dei Veneti nostri proteggitori ? ed egli pronto
volava alla capitale, e sapeva ottenere o la
stabilità dei vostri privilegi^ o le beneficenze
che più vi stavano a cuore, ed indi tornava
dentro alle vostre mura meritevole di civico
alloro, ponendo in nobile oUlio le sofferte
cure e i dispendj. Trattavasi di riparare edi-
fizj, di costruir nuove strade, di ornare di
monumenti di buone arti, di rabbellire que-
sto pur bellissimo ed amenissimo suolo? ed
egli se ne occupava, pronto col consiglio e
" " . • ' ■!■ I 'i -l-'^^PB^PiPl^WWI^
DI GIXJ8EPPK REMONDIKI. l3l
eoiropera, o con ogni offerta più idonea. Ave-
Tate voi festività straordinarie? Vi ricordo
cpant'egli ha fatto in occasione della solenne
beatificazione di Giovanna Maria Bonomo.
Era il tempio votivo per sua diligenza ornato
d' insolita pompa, eran feste, accademie, spet-
tacoli nella città, gente straniera calcava in
balima le vostre strade, e beati giorni furono
quelli eh egli vi procacciò in così lieta solen-
aita (4)« Volevate voi spargere di fiori le ceneri
dei più illustri vostri concittadini ? Morì fra
noi il nostro ab. Giambatista Roberti, la cui
fama è si estesa, e Giuseppe gli ordì un elo-
gio funebre che onorò il suo cuore e 'I suo
ingegoo,e che disse tutto commosso nelle sue
«sequie solenni (5). Morì fuori del patrio tett^
il nostro diligentissimo storico Giambatista
Verci, e Giuseppe^ suo amico e suo estimaw
tore, volle a sue spese rendergli con funereo
apparato gli ultimi onori (6). Eravi a gradò
che personaggi i più illustri fossero tra vói
ben accolti? £ inutile che io vi ripeta, ch'egli,
ornamento della eittà e per la splendidezza
ae' conviti « e per la cultura e amabilità nello
maniere, sapeva bene uomini di lettere cele*
bratifisimi, e uomini di alti e principeschi
natali accogliere e ricettare.
i^^Tfc ^ ^^ j i ^^
«|33 ELOGIO FVHFBAft
E quanta utilità e quanto fregio non {^o«^
.cacciò egli alia patria colle .aue ys|8te officine?
.Erano da' suoi avi gettate, le fondamenta di
8Ì gran mole, e dal suo genitore era questa
«mole di già portala a vistosa forma. Giuseppe
.vi aggiunse la eleganza, il decoro, e se prima
di lui erasi sparso per tutta Europa il grido
4elta vastità della tipografia e della calcogra-
iìa Remondini, durante poi la sua vita egli
Tacerebbe sempre più colla fama della gran-
dezza e della magnificenza per vaste imprese
sostenute onorevolmente (^), Alcune edizioni
per sua. cura comparse vennero a gareggiare
in lu33o colle voluttuose parmigiane*, leggiadre
tavole intagliate in rame si pubblicarono che
|K>tedno foiimar il decoro di gabinetti eleganti,
je carte geografiche e carte di speziosa appa-
xtscenza, ed altre nuove manifatture sMntro-
dussero, si sostennero,, si fecer fiorire; e in-
canto da oltre dugento delle vostre famiglie
/quasi trovarono, la sua mercè, nutrite dell'oro
.che derivava dalle lontane contrade: e intanto
^olti dei vostri giovani si formarono valenti
artefici ed anche uomini di chiarissima fama,
e intanto ai layorii bassanesi voi vedeste tri-
ji^utare elogio e storici e. statistici e viaggiatori
assennali.
-w»^^^ ■ ^" !■ '■ —1 ■ II^P^T^^^
SI eitSEf^PB BBMOVDIIIT. l3$'
Le cose delle quali vi parie appatténgono
prmdpaltnente ai tempi di UaDqailIità e di
pace, ma venuti i giorni delle inique rirola* *
zìoni, si ofFuscò anche questo nostro cielo, e '
un nuoYO ordine di cose , gli orrori delle guerre, '
i disagi delle faraigtre succedettero a porre in '
aspro cimento Tanimo dei cittadini. Non pen*
siate per altro di trovare a quest'epoca il
Bemeniini men attivo in mezzo a durissime
circostanze. Dovea egli serbarsi per un'agi**
tata famiglia*, nientemeno voi lo vedeste af-
frontare coraggioso ogni risdbio, allargare la
mano nel maggior uopo, entrar mediatore tra
i potenti che dominavano, e soffrire e obbliare
sino le ributtanti ingiurie di qualche sctau*'
ralp die pur nutrivasi del suo pane. Non gli'
iocrébbe di passar anche in altre città per co--
prirvi cariche fastidiose e per tenere sèmpre'
gli occhi fissi alla patria, onde noniscemasse'
giammai in grado e in considerazione. Parti-' ^
giani, o ciechi o fanatici, voleano far onta ai
saoi principe, ma erano sempre quelli della -
moderazione la più esemplare^ e sempre amico'
dell'ordine e del buon costume, egli non sa-'
pea se non che obbedire rispettoso alle leggi,
e comandare ' a ' suoi dipendenti che niente
Hseisse giammai da'torchj iamilìari che pò-
|S4 ILOOIO TUNIBHB
tesse Qoocere aU'ordine pubblico, alla morale^
alla rektigioDe. li pio e dotto Vescovo nostro,
che aUMamo noo Ha guarì perduto (8), tene*
r^meate* lo amftva e sinceramente appre^zac»
valo^ perchè appunta nella statone più li-
G^zioaa egli dimostrò^ il cuore più sodamente
attaccato alla patria, e più disposto alte, so-
ciali virtù. Il principe Abondio Rezsonico^
s^n^jtore di Roma, uomo di alti e rigidi sensi
che annualmente passava dal Campidoglio a
godere d^gU ozj di questa sna dilettosissima
Xempe^ spandeva il suo cuore rn quello del-
remico che per antichi legami^ da questo
aere purissimo aliraeirtati, gli era sempre più.
caro. Sì dolci vincoli ne si formano mai, ne
spno durevc4i se non traggono la loro sorgente
da reciproca stima e da bella confermazione
4eiranifn<^ alla virtù; e sì onorevoli relauoni
poss'io bene rispondervi che si yalutarono-
nella capitale del regno italico, quando egli
intervenne ai colleg) elettoraK dove ehiarà-
8»mi perscKiaggi lo circondavano, e felicitavano
la sorte delia nostra Bassa no che fosse in pos-
sesso di così ottimo cittadino.
Che $e ho toccate di voto le qualità det-
Fottimo cittadino , ed ho fatto conoscere taW
il nostro Qiuseppe al cospelta d!eUa sua pa«^
.. ^x^..^-j^, u ,..^.MLJ!mUMJ.lUM^i.. -_■■
2>I G1081PPE RBMOllDtirr. r3S
bia, non meno facile e Radilo sarà per me
il luottrarlo adesiO rispettabile padre di fa-
miglia, é uomo da pù^eme anche per quev
sto conto la perdita irreparabile. Piaeciayi,
niiei signori, di appareocfaiarvi a confortare
dèlk tpeslr'atteiMsiotte cpiesta; seconda parte
dei mio discorso.
Sé raggnarderole padre di famiglia e colia,
il ^a}e ai trova fornito di conscio cke prò*
Tede, di accorteflca che previene, di vigilane
che attende; se nobilissimo padre di famiglia
è cotut che studia sempre a' mezsi -di aocre^
scerie pregio, e sa dare agli altri in sè stesso
vìa decoroso esemplare; se caro ed amabiHs-
aimo padre di famigli» è finalmente colui m
etti non manca ne bontà che lusinga, né sen-
8ÌfÌTÌtà che compatisce, nò pasieni&a che sop-
porta, noi veggiamo, o signori, che il nostro
Giuseppe in molte importanti occasioni sep^
par bene adempiere a questi canoni di do^
mestica felicità; e qui piacemi ecorrere rapi^
dannente sopra alcuna saa vicissitudine.
Era tuttavia in vita il padre eoo quando
fiera burrasca si soUevò^ in lido straniefO|i
mentre un possente monarca non giurò niente
meno deireccidio totale di questo nostro rag-
gnardevol casato. Al minaccevole aspetto di
^m «.•«<
l36: . -CtOGlO fUNEIIllB
riBnlUmentì inaspettati e terribili mimesi /ia
iscotnpiglio, e restò , direi quasi, oppresso il .
genitore, ma iL figliuolo col orine biondo e ,
colla lanuggineal aieDt€i,kiagi dallo atterrirsi, .
si accìgne soletto a lottare contro l'impeto
de' venti furiosi, ^ou v'è industria cbe non .
immagini^ non fatica che noa sostenga, n<Hi
buona scorta che non accarezzi: attivo, pru-
dente, accorto perviene in fine ad abbonac-
ciare il flutto irato, ed a coronare le Aie fa*
tiche od festeggiare «él patrio tet^ e col ren-
dersi proteggilore ed amico lo «tesso amba-
sciatore di quel principe che minacciala poco
addietro la .perdita della libertà del padre è
la rovina .della patema fortuna (9).
Teoea le l'edini del Tenete governo un {io* .
tente, cui era riuscito di rendersi ligie le yo-
lontà deji. maggior numero de' suoi repubbli*
cani, ed il cui spirito era invasato di riforme
sempre riiiascenti in moki rami di pubblica
economia (io). Yolea e^i soggettare a disci-
pline diificilissime 1 arte libraria, e quasi qiuat
annientarla nella Terra ferina per trapiantarla
e eojieentrarla nella sola Yeuezia. Queste
bassanesi . officine rimasero per una seconda
v^Ua minacciate di distruzione;, ma il prov-
vido loro capo non si sgomenta per la forco.
^^%fc .
1)1 GIVSBPPB BBHOHDffin. l3j^-
'imponente del sao afyersario, e céa acoor»
tózsa. sa rendere frastraaei ^li altrui diviea*
mentì, e ^ sa dare nel 'tempo medenimo e nuova
vig^uriae nnoya yita agli ìstemi suoi affari,
E l]ien molti ^ molti altri esempli ^potrei ad-
dnnri di sua vigìlanaa. Qoa insorge aspro e
tedioso litigio, là et altraTersa una naoya im»
{Mreea, q«a -si palesa una crisi dilUcile, là uiia -
ifidspettala disavventura sta sopra, e torbidi
SODO anehe que' giorni «oke al volgo appajeno
pia sereni. La mercè del nostro attmitisrimo.
padre di famiglia j:iob v'ita evento che giui^a
ad in^barasaarloy non . v' ba in mezso al fóro
litigio da «ni non essa sor^Naato dalla vigoria»
uè hawi disavventura 4dìe provvidamente non
allontani.
Che se vi prendesse talei^ di vederlo,
dopo di avere dato alla sua prole nobile e
coltisnma educazione, occuparsi neirappre-
stare alla sua. casa qnel lustro di cui mancava
a*-tempi de' suoi maggiori, non temiate di non.
trovarlo anche in tati aire pieno di alacrità*
Opera sua fu T insignire la famiglia del titolo
di una contea, acquistpndo il feudo di Gorum-
borgo. Ascritto alla nobiltà di Bologna noa
ricusò di passare in cosi illustre città per co*
prìni posti as$ai kunbtosi (i i). Potea eaiall^
^Ki
i38 «toeio vuffiinis
dio aeoondare gì* iimti replioatamentd fattici
di appartenere al Yeneto patririato, o qneUi
di fondare ima coauoenda dell'ordiiie Gero-
soiimiUiiOy ma yi si nfimò aémpre, temeado
che ciò riaaltaate di troppo inciampo alle or-
dìparie a<4ieciludÌAÌ< Ferniò pivAtosla il pei»»
siero in quelle diatrmiont che peasono grado-
TOlmente occapare lo spìrito, estendere le aae
relasìoni , apprestate il corredo di ovovi lamr^
ed a ci6 ottenere scorse da un capo airaltré
ritatia tutta, offrendo in so resemplaredìus^
megocianie dovisioso ed aòoorto, di un uomo
di alto e oobil carattere, di un non Tulgaro
amatore di tutto quanto può" alle buone arti
ed alle buone lettere appartenere.
Ma se possono le appariscenti grradene
aggiugnere ^ado e dignità, non sono poi esse
se non che perle d' immondtsie bruttate quandi»
non emerga una soda cultura di spitito atta
a dare loro lustro e splendore: brilla siocome-
ostro a questo punto del mrio elogio il^tóstro
Giuseppe y e potrebbe ansi, o signori, essertaiii
fhcile di dipingerlo piuttosto the amatore ^
proteggitore delle lettere, professore egli stesso
sperimentato in alcune studiose discipline. La:
sua conversazione e i simpo^ domestici pa-
reano^la sua mercè, direi quari acoadetuie, er
■«••^^■^■^^ais^^^^w^rai
Hi 6TV8EFFB BBllOBBIlir. l3g
fosse pure chi yolesse richiamar alla memo*
ria o <{aalche tratto di storia e di peregriiift
enidinone, o le men Tulgarì notine che ri-
sguardano e storia e geografia e statistica, che
tnyvaTasi certamente pronta la aolnzione di
ceni men che m^^ richiesta (19). Ay vessato
di biKmWa a mantener TÌye molte corrìspoit*
dense epislolarì, inyidiabile era diyenuta la
oonreniensa, la fltudità del sno stile. Immer8<^
nella continna letMira, spezialmente di Oi*a*
aio, di Gicerooe e di Tacito, le belle forme
deiraurea latinità gli erano sì familiari, che
in molte occasioni, o pel diletto ano proprie,
a per corrispondere alle richieste altmi egli
dettaya nitide iscrizioni latine, delle qnali po-
trebbeai formare no» tenne raccolta, tale da
vendere per sempre dareyele la fama della
molta perìzia del loro autore (iS).
E odia bibliogr.afis ^ante innanzi non
senti eglii^ Ye lo dica la domestica biblioteca
da esso immaginata e condotta in breyi anni
a segno da diyenire uno de' più pregeyoU mo^
nnmenti, non dirà solo della famiglia e della
f^ìxìaj ma della nostra Italia. E di fatta egli>
Bon raccolse in questa una massa yelnmìnosa-
a opere, bensì con bettissimo accorgimenK^
mise insieme le piti rare e prediate ediiion»
^f^
l4o «EOGIO TVHIIIRI
dei elaasìei autori greci , lalirri, jtaliani, nei
quali bassi il foadamentò di ogni capere, ne '
guardò a spese ^ardite onde precoraraele an- *
che di -là dai 4BonU e dai 'mari. Àyendo alla ^
sua fiuniglia 4'arle delia tipografia procacciato :
fama e fortuna, ToUe^ dirò così, retrìbuire *
quest'arte con un nobile monumento di sua *
gratitudinei, e fu quindi 'Sollecito a -riunire *
presiosi codici impressi nelle loro. prime culle*
di Magonza e di Argentina, ed editioni la-
naose dei primi <e più illustri stampatori delle
città italiane. FasseggiaDdo poi per i secoli a -
noi più vicini non oU)liò un solo tipografo'
illustra, cosicché voi potete in battere di eo-
cbio ammirare in Bassano i «capi d'opra dei
iìuttemberg) , degli Spirensi, dei Jensoni,
dei IVIanuzj, degli Stefani^ degli 'Elzeviri,
dei Gomini^ dei Baskerville v, dei Didot^
dei Bodoni, e di tant'altri cfae|>ortareno alla
eoccilenza una invenzione si utile e si pro£«:
giosa. ha famiglia dei Manuz) sostenne da se
sola per oltre oent'^anni con indicibili fatiche
lonore dell'arte della stampa; e scrupoloso il
nostre Giuseppe neHMndagare le produzioni
di Corch} tanto famigerati, arrivò a tal segno
da possedere il prinio una così larga serie di
ediaioid degli Aldi da non conoscersi allora
DI enmpFB mxoiiDnfT. t/^i
iritroye la più infera* e copiosa. Libri sontlrosi
di viaggi ^ altri di pbcerole filologia , esatte
icarte geogfafiijie, stampe di riDomati buJiiit
,chÌBdoao una serie che sarà sempre perenDe
'ìndicia del gusto e del. sapere del suo fon-
.datore. Questa serie alle mie cure aflSdata,
questa serie utile alla famigliare e patria istru*
rùone, questa serie a cui ho* io doyuto gli 046j
.più cari della mia yita^ se in voi risveglia,
CoQciUadioi ornatissioìi ,uft sentimento di molta
lOOQsiderazione per lo ragguardevole suo fon-
datore, risveglia in me quello della più ve-
race e delia più intima riconoscenza.
Ma sia pure ruome,ia qualunque stato in
cui r.abbia posiO' la>Provvidenza, accorto, pru-
dente, addoUriaato, zelatore della prepria
fama, che se non . serba dentro al petto oa
cuore buono e affettuoso, quale conto mai
resta a farsi delle altre sue prerogative ? o non
gli divengono elleno pinttosto le mille volle
doni fatali? Ah sì, che la più cara e la più
.vera, comechè qualdie volta penosa sorgente
di delizie, è la retta conformazione del no-
,stro cuore alla bontà. Egli è un retto cuore
quegli che riceve e tributa, che piagne e con-
forta, che chiede e dispensa, egli è che forma
la parte eletta. di noi medesimi. Ed era ap-
^m
Mi{9 ILOGIO THVBBIie
punto la parte più eletta dei noslro Giuseppe
ne' suoi attributi di cortesia^ di assisteoza, di
•offerensa, di coinpaMioue. Parlo dì uomo
notissimo a tutti gli ordim della città noalra,
né occorre die qui mi occupi a modellarlo
adesso nelle azioni sue più minute. Dirò bene
die non era domestico il quale non lo amasse
come padre o fratello, anziché lo temesse
come padrone. Dirò bene, che il suo fervido
temperamento potea per poco spiegarsi quale
nembo che minaccia procella, oqual torrente
che impetuoso rincalza gli argini che lo raf-
frenano, ma il nembo scioglieasi poi sempre
in pioggia feconda, ma il torrente depositava
poi acque che rendeano più ubertoso il ter-
reno inondato. Mai noi vedesti mal fermo
nelle amicizie, giammai sconoscente alle più
minute sollecitudini, giammai conobbe che
cosa fosse partito, che cosa fosse ostinazione.
Una tenera pr^hiera^ un racconto compas-
sionevole, una pittura tratteggiata di affettuosi
colori bastavano aole a trargli lagrime di cooi-
mozione. Ah un cuore di sì bella tempera
mancherebbe per sempre «ila patria^ se voi,
Francesco^ figliuolo ed erede svo, non ve ne
feste di già palesato imitatore col mantenere
il governo di queste officine, «esteuute per k>
OI GHMEVfl REVeillllVI. f 43
tddk^o dal padre per esimia bontà di cuore
in messo eùandio alle calamità e ai disastri.
Potreate, è vero, riposare tranqutUoaH*ooai>ra
di aoa quercia cresciuta a segno da far onta
ai Tenti e alle tempeste, ma orre?olisttma
cosa TI sarà sempre il preferire al riposo una
¥Ìta attiva, laboriosa^ e fruttante opere di larga
lM:Qefieensa.
Voi ?i accorgete, uditori, che col rivolgeoe
ia mia orastone al figliuolo vi ho pur troppo
condotti a ^pidl' istante in cui, deplorando la
perdita del genitore, si desta negli animi no-
stri una troppo acerba amaresza. Ah sii per
queirottimo cittadino, per quel ragguardeTole
padre di famiglia, di cui yi ho trattenuti si-
nora, sciogliamo il freno alle lagrime, rom«
piamapure in flebili lamenti, poiché già batte
improinrisa Tultima sua ora ferale. Viveva
egli yita vegeta e sana,, quando, colto da insu-
perabile stagnamento di sangue, gli mancano
ad un tratto sensi e loquela, e già minaccia
di e^seroi tolto per sempre. Ah la scena di
quel momento tuttora mi raccapriccia! Gia-
ceva l'ottima consorte miseramente afffitta di
morbo. £dbbrìle4> era raffMtueso figlio confuto
e atterrito; yedeansi i familiari immersi nella
costernazione. La più cara, la più tenera, la
W^ XG061O WVntXKS
più TirtiioM tra le figlinole tosto tu
al lettiE» del genitore, d* inlorno al quale pian-
gono intanto gli amici inermi e pregano i sa-
cerdoti. Se il sonno etemo è prolungato di
^aldie istante, lo- è appena quanto basta per-
die sopraggi onga qui la sua Barhara coster-
nata (i3). Sull'ingresso della squallida stanca
io la sento ancora esclamare: Ah Testrema
ora, spirata nellemie braccia, siagli almeno di
qualche- alleviamento^! e in cost dire voi la
TOflete far onta- a resistenze pietose per pur
viabbraociare Tautor de' suoi giorni. Yeilkteia
trambasciata^ poi di dolore altro non rimanerle
•ehe alzare gli occhi al suo Dio, genuflettecai
alla sponda, di quel letto dove già lanciasi lo
strale di morte,, e ripetere ^ O padre, una
Tolta almeno, una folta almeno alza, o padre,
quella cara tua destra, e mi benedici!;... Ma
il padre non vive più....^
Mi è forza il ripeterlo: O anima benedetta ,
. non vivi più alla* tua patria, alla tua famìglia ,
a' tnoi amici,, né- a voi> miei compagni, che
vissuti e nutriti feste al suo fianco; non vivi
più a me,, eoi è tolto di slrigner più quella
mano che per sei lustri mi resse, di ascoltar
più quella voce che mi fa guida e- conforto...
Lamento più che la tua sorte, la mia.... Ma
DI 6IU8EPPB RBifONDIlfT. t/^i
deh almen di lassù, dove i buoni hanno asilo,
da queHa sfera celeste ore sarai salita, volgi
a me benigna lo sguardo. Gratitudine, tene»
rezsa, rispetto, a me dettarono la flebile com-
mendasione che oggi li ho resa. Ho per quanto
fu in me operalo perchè la memoria delle tuo
esimie doti non venga mai meno. Altro non
reslami che attendere il giorno in cui^ disciolto
io pure da questo frale^ possa ricongiugnermi
a te, per salutarti anche allora come padre,
come amico, come benefattore: che Iddio se-
condi i miei yoti.
Gamba, Opere io
mmmmmmmm^im^mm
ANNOTAZIONI
O) Nacque Giuseppe Remondini il dj 17 maggio
1^4^, e morì il dì 4 g^pa^jo 1811. Per eredità
paterna assunte anche il cognome di Perlij impo-
stogli dal testatore.
(a) Giambatista Remondini, figliuolo primogenito
4i Giuseppe, era uomo fornito di ogni cultura di
apirito, negli ecclesiastici, e spezialmente ne' litur-
gici atndj versa tissimo.
(3> Fu suo educatore in Bastano Tabate Fran-
eesco Gualtieri di Pesaro, uomo assai colto , molto
istrutto nella bibliografia e diligente correttore di
atarope. Egli raccolse nelle nostre contrade una
ricca auppeilettile di rari libri che trasportò poi in
Inghilterra. Gli succedette Pabate Sebastiano Men-
chettà di Locca, dottissimo e savissimo uomp , che
per Ponore della tipagrafia e per il bene della fa-
miglia Remondini visse lungamente in essa , e vi
«hiuse gli occhi nelPanno 1799. *■
(4) Tra le varie solennità fattesi quando sali al-
PoBore degli altari Giovanna Maria Bonomo , mo-
naca del monastero di s. Girolamo, morta -inf Bas-
aano DcH^anao 1670, fu cura del Remondidi dMn-
vitare i pia famigerati oratori ' che aHora avesse
ritalia, onde formassero a gara un triplice pane*
gìrioo della eroina. In quest'occasione il nostro
gentile anacreonte Bassanese^ Iacopo Vittorelli^
m^^mtmim^'^^^^^^^^mm^^^^^mmmi^mmm
l48 ARNOTàZIONt.
compose una Cantata che abbiamo a slampa, e cbe
▼enne eoo grande pompa eseguita in musica nella
bella suburbana Villa Rezzonico.
C5) Parla di qoest^orazione anche Giambatista
GJovio nel suo Elogio del conte Giambatista Ra^
berti. Basèano, 1 787 , in 8.
(6) In qufst^occasione il chiarissimo abate Luigi
ijanzi, il quale soggiornava allora in Bassano per
la stampa della sua Storia Pittorica deW Itaìia^
compose a decoro della pompa funebre la seguente
iscrizione ;
IO . BAPTiSTiB . MÀTTBJ£I . F. VBBCIO
PATRICIO . BASaàSBHSt
^RO . FRORO . SCRIPTORI . TOLTMUITM . VX.Y&ÌMOl'Vli
QTORTlt . BDiTlOMB . PATRIJB . ^ISTORIA
B.T . MABCBIiB . TARTlStHA . AKTIQTlTAa
TOTITSQ . MYl . MBDll . MKMORIA . EXPLIGATIÓR . EST
QYf . DVM . SRYDlTlOiriS . CAYSSA
CYM . FRANCISCO « ZK>NATO . TIRO . EXCBLI^BKTISSIMO
PBJBFBCTO . YBXBTA . HtSTOElJK . ILLYSTRABDJ: . AYCBKDJS
PER , AYTYinrALBS . FBBIAS . PBRBGRB . AGIT
BBODiOII . OBIIT .111. KAL. VOY. AH. MDCG. XCY.
VIX . AK LVI. M. I. 1> XXII.
VATYRC . BT . LITTEBIS . MODICYM . GLORIA . SATiS
lOSBPBYS . PERLIYS . GOMBS . HBV0K01KIY8
OYI . OPTiMO . BT • COIITYBBRHALI . DBSIDBRATIBSIMO
BEq. TTP06RAPHIA . SYA . OPTIMB . MBRITO^
CTK . TTPOGRAPBI« . OFFICiHATORlBYS
lYSTÀ . PBRSOLYIT.
(7) I libri del Marescandoli di Lucca, e i Santi
del Remondini di Bassano erano in tanto disprezzo
tenuti, che quasi per proYcrbio si ricordaYano in
ivavwi^
AKlfOTÀnOKI. i49
IuIm uctiome rifiuti della stampa e della caleograCìa.
L'origine delle fabbriche' Remondibiane . risale alla
metà del secolo decimosettimo, ed esse si sostea*
nero 'per langa stagione, siccome produttrici di ma-
nifattnre del prezzo più vile. Giambatista Remon».
dini, padre del nostro Giuseppe, diede straordiDa*
rio e felice moto colle domestiche officine, ed egli
fu specialmente, che seppe aprirsi un commercio
nelle più rimote contrade, e che alle imprese più
dozzinali aggiunse anche quelle che avrebbero reso
onore a qualunque esperto e dovizioso tipografo.
Nel periodo di pochi anni pubblicò opere assai di*
spendiose per la loro mole , senza bisogno di al*
cuna pubblica o privata assislenzal La Teologia del.
Petavlo, in sette volumi in foglio, le Opere del
Morgagni, in sei volumi in foglio, quelle del Gra-
vesòn , in diciannove volumi in quarto , quelle di
Benedetto xiv, in quìndici volumi in foglio, le Teo-
logie del Berti e del Patuzzi, che formano tredici
volami in foglio , e la Somma di s. Tommaso, in
dieci volumi in foglio, s' impressero tra il 1 760 e
il 1770, cioè in poco men di due lustri , e Questa
ultima edizione riuscì eziandio nobilissima. Giu-
seppe Bemondini, sostenendo poi la grandiosità delle
imprese paterne, vi tolse quella ruggine in cui re-
stavano involte, e affidando la correzione delle
stampe ad uomini addottrinati , e promovendo le
manifatture degP intagli in rame, si attirò merita-
mente gli elogi dovuti agli uomini di non ordina-
ria elevatezza d^ ingegno. Se non fortunate in com-
mercio, belle però ed assai splendide furono le sue
edizioni degli Annali di Bologna del Savioli» in sei
volumi in quarto, delle opere di Matematiche del
Bosc4>vich| in cinque volumi in quarto, e di tutte'
^PHi^^9«np
1 So ARHOTlnOUL
l(" open ài •. Agostino, in di<&ìotto rolomi iir <yiiéito#
EecelIcDtl ed wlilÌMÌmi li^ri fiufci^ono il Disionario
Frtacne -Italiano ddl' Alberti, io dfera Tòldmi in
<|iiarto, qaello degli Uomini illaatri) in TénlidncTO*
kimi in ottavo, le nitide riatampe dei Claaaieì Ad*
tori ad untm Delpkini in forma di qtiarló, e tante
al tr''(HÌisrMii ebe tenevano aedipre occupati aedici
in diofotto torchi da ttampa» Quanto ai lavori di
calcografia, pei quali erano in attività ventiquaC*
tro torciif, egli li promoase colPopera di artisti che
««bbero p(4r lo pia la culla in Battano i alcuni dei
quali ii reterò poi chiariasimi. Con itoolU élegani»
venne cih espresso nella arguente bella iacrizioim
del ehi arisai RIO Stefano MorceUi , la quale vedett
scolpita in marmo nell'officina degrincìtori in rame»
HEIC . TVSCVS . BIRTOLOTIVS . OCBLLVS . BRITAVinA
MAGTSTBRITM . ARTIS . PIVLISPBR . BXBBCTtT
HBIC . CITIS . TOLPATVS . DBLlCIf . VRBIt
HEIC . PLYHES . ÀLII . SVMMl . TVnC . SPB . ADOLBSCBSrTB»
BVZIC . PBR . BVROPAM . (ÌELBBRBS
TIROCINIO . m . BBMOVDIHIAVA . OFFICINA . POSltO
£RA . C£SIM . PVNCTIMQtTB
CJELARB . INSTITVBRVNT
QVORVM • lAM . OPERA . RBGIIS . IMPRESSA . <lftA!lTI&
VT . IMAGINBS . BBDDIDBRE
MIRACTLO . ORBI . SVNT.
^) Monsignor Marco Zaguri, che màne^ di vita
nel settembre 1810. Il Remondini dettò la epigrafe
<4a scolpirsi sopra il tuo avello ^ e, raccorciata per
altrui opera, leggesi oggidì nel Dàooio di Vicenaa.
<9) Dai regni delle l^agne e del Portogallo ao-
leano spedirsi a Bassano gli esemplari delle goffe
immagini che ai teneano in TeneracioBe al Braailof
Aimotàtioiit. iSi
Il Perù e al Pmfual \ « dt BlsAiM ttlicktàho
poi nel Niio^ Moiid» te laifti«Kiiit itcn», ttMtJpli^
«ite à teigHijft/Sribé Mi t^ gli tfjfritl iti fei^
tteAto fW li «pnlfiMie dàlte SpigM dè'*6«*aitl^
e i if f) fMrlill II 0Mt>ftofeiii^Bd ewk lìbeM» é con
ntivè. O fintitiii, é M|g<iii<m«i d tÈt&t di g<fi«»
dighò ft«ggM*l id 11116 Spbgnoóld di fàt fttcidéré
dal l^iii«fidiiii «tisi uoAtì&à stampa flip|nMeiltAttt4
H GiWikio iTniuèf$aléy inilPorigiftale ditégfio ifiaìv-
dato dà Madrid ; « ìà fftHéìòiM! i<i BàMimO fu èse*
^ita, « fttìronò tosfO tràBfliease iè lOopk'èBàiOtti ai
loro lontani destiùi. Ma il Gitàitiià VniUétsaU
meritata di ti%tit giddicato fteVei^ikiélité. Il diéo-
gliaior», per isfbgaré la Idi fahriii bife , àvei
Collocate le armi Borboniche tra il pilfgutOf fo e lo
inferno, cbh i demonj iti atto di àggrappàf^ coU
Ponghie è itrtiscinatv le Armi stésse ftèllè lof ma-
lebolge. Non fa lieve òpera il liberare il eàlòografcl
da nn^accftsa che aveva almeno Og*i gittèto aspettò
di eolpà, e senta Tatti vita ed il eomggio del fi*
gli nolo Giuseppe ssrebbesi veduto oppresso ed
«Mie il gemtOfe. Ebbe fiile quest'Amaca vitendtt
con la più leale riconciliazione seguita coll'^àmbA-
seiatore spagnuolo, il quale a bella posta si tras*
ferì a Bassano presso il Remondini| ed in progresso
di tempo rimase poi sempre suo protettore e sno
amico.
(io) Andrea Tron, procufatore di s. Marco, il quale
a^eva varie volte coperta la carica di Riformatore
degli stodj di Padova, carica a cui erano devoluti
totti gli affari librar).
(il) Sostenne in Bologna per due volta la ma-
gistratura di Anziano, ch'era una delle primarie •
la sostenne con non ordinaria splendidezza.
«-■
1 59 iHIIOff inOHf.
(la) Ciompote nn^op^ra di geegrftfit attti«a e
moderna^ IftVoraU su quella del francete Grenel«
Di .questa sua. letteraria fatica rimaDi^ooo tuttavia
importantissimi materiali s ne venne anche, inco-
minciata la edisÌQney ed era già presso. al suo. ter-
mine il primo volume quando le rivoluaioni poli»
tiche gli suggerirono il sospenderne la stampa, onde
conformarla al novello ordine di cose. Negli ultimi
anni del viver suo non gli rimase più ozio da ^<»
dicare ad, uno studioso lavoro che. Io distraeva pia«>
cevolmente e che lasciato ci avrebbe una bella
provii della yasta sua erudizione.
(i3) Non senza la più viva commozione delTa-.
nimo accenno la luttuosa scena di Barbara Eeraon*.
dini, maritata neU^ottimo cavaliere Francesco Folco
di Vicenza $ e non senza il più affettuoso interesse
ripeto qui nuovamente il nome f mentre per oC'
eulta firtù che da lei mosse trovatomi ad essa
legato da una quadrilustre amicizia. Di quest^ami-
cizia, divenuta oggidì tanto più soaro quanto che
é la sola che ci compensi ambedue della perdita
irreparabile, io menerò sempre una onesta e. giusta,
ostentazione.
9iQC=9^^H!
NARRAZIONE
mXOANO ALLA VITA E ALLE OPERE
D I
GIROL. ASCANIO MOLIN
PATRIZIO YEKEIO
Letta nelV Ateneo Veneto
Udì i& giugno^ i8i4«
V
»f»»»» » »» »>» »<HI^»»»»#»»»»»f» » »»»» » » » »»»M»»»f<MKI
xxitiiLà act HD tempo e grata inctuBbensa mi
deste, egregi Accademici, impegoandomr a tt^
nervi discorso intorno ad un vostro lilastre conf-
cittadino che frequentava , non ha molto , le voetrtf
tornate, e che ora non vive più. Io che piango
in esso la perdita di un costante signore, ed
amico dì cinque lostrì, vi rendo graeie che
prescelto mi abbiate a spargere di pocthi fiorr
la onorata sua tomba, e sebbene questi fiori
sien colti da nmil pratello piuttosto che da
giardino vago e pomposo , fia che rìeseanvl
nientedimeno accetti, e li troviate non privi
di delisiosa fragransa. Non è intennooe mia
di tesservi in quest'oggi T Elogio di Girolamo
Aicanio Molin, ma io mi propongo di affisar
alcun poco il tenore della sua vita polìtica ei
letteraria, le morali qualità, i virtuosi cóstnmi,
e quelle disposiaùoni colle quali egli ha Saputo
coronare il mortale suo corso , dispoBÌBioni
che rtsveglieraoDo i ben oompoftti animi vo-
stri a sentimenti di considerasioneedìafFetto»
l56 HARRÀXIONE IMTORIIO ÀILS OPSRB
Girolamo Ascanio Molin, patrizio vene-
EÌano^ venne alla luce nel dì 8 di novembre
deiranno 1738, e fa nltimo rampollo di una
antica, nobile e doviziosa famiglia. Egli avea
Sortito dalla natura mente atta a qualunque
scienza^ ed ebbe la sorte di ottenere la sua
isUtusione letieraria sotto ottimi Precettori
nel Collegio de' Nobili, allora fiorentissimo ,
nella città di Modena. Compiaceasi di avere^
avuto fra gli altri^ ad educatore e maestro ,
il celebre poeta e filosofo Giuliano Gassiani.
Cominciò di buon'ora a dare non ordinarie
prove d'ingegno, sì con ameni componimenti^,
come eoa pubblici letterarj eaercizj; e cominciò
di buon'ora ad essere guardingo e pesatissimo
in tutte quelle azioni di cui si fosse potuto
una volta pentire , dal che poi nacque che
negli anni più tardi non volle mai pubblicar
ool suo nome le opere che ha consegnate alle
stampe. Quanto è lodevole una drcospezione
che unica 8.erve a far saggio del giudizio del
pubblico, tribunale il più sincero e incorrotto!
ILiconsegiiato il nostro giovane a'snoi geni-
tori , dopo avere onorevolmente compito il
Corso de^suoi studi, furon eglino ben contenti
di riscontrare nelle parole, nelle azioni, nel
consiglio , e per sin nel silenzio e nell'aria.
BI 6TR0LAX0 ASGiKIO UOLtV. I 5/
del suo Tolto quella pradente condotta, che,
teoza. essere compagna di una timida e sover*
chia cautela, dà maravigliosi presagi di bella
riuscita. E questa riuscita era quella che stava
massimamente a cuore de^ Padri Coscritti, di
qnest' allora illustre Metropoli, che miravano
ad accorre nel loro seno figli degni di assu-
mer con lustro la toga patrizia.
Nell'età dalle leggi prescrìtta fece il nostro
BfoiiD il suo ingresso nel così detto Collegio^
corpo rispettabile dello stdto in cui videsi
be» presto decorato dell'onorevole ufficio di
Saf^io agli OrdinL Lo sostenne egli con abi-
lità e con applauso, temperando fin d'allora
con bella ind astria le gravi cure 'del magi-
strato colle amene dell'uomo di lettere, e
dando tal saggi, che l'ingresso gli apersero
per una parte ad ufficj di maggiore impor-
tanca, e per l'altra alle adunante, delle Let*
t^arìe Accademie, allora fiorenti e in patria
ed altrove.
Quella nobiltà di animo che rende, chi n'ò
A>rnitOj nemico di ogni basso interesse, impe-
netrabile alle voci della seduzione, e inclinato
allo splendore e al generoso uso di larga for*
tana, è il fregio ^ più bello che possa ornare
un personaggio distinto per nascita e per ta-
iSBr MAVRJLZIOIII ffiTORHO ALLE OPBtl
lenti , ed era eaaa il retaggio dì GiroUmo
A Scanio. E§^i cominciò di buon'ora adìmpie'»
gare una parte delle sue fortune nella co6tra«
aione di fabbridie, nell'ospitale asilo degli
uomini di lettere , nel raccogliere monanienti
di arti e di 8ciense,e durò in lui sì geoerosa
attitudine per tutto il gcmtso non breve della
eua "Vita. E <jnesta sua yita nonT*haehi possa
inoltre non attestare che non fosse accompa-
gnata da singolare lealtà, e da una sincerità
aenca pompa di parole, sensa artifisj,e senza
Terun calore di esterne espressioni; dì ma-
niera che, richiesto questo personaggio di
parere o di consiglio, esponeva sempre in firaor*
Al modi il suo sentimento, libero da ogni
passione e sensombra alcuna di preveniùone.
Lo leggi deiramuàaia erano presso lui sacro-
tante, specialmente dove le vedea pare e
tgombre da ogni interesse; e ne il tempo, né
la lontanaaia, ne la letteraria corrispondensa
interrotta, erano bastanti a punto scemare in
lui la memoria di ehi gli era stato caro una
volta. I nomi egregi del marchese degli Obtssi
di Padora, del conte A ntonio Cerati di Parma^
di Giacopo Giiistinianiy che ora non sono più^
« de' tuttavia viventi Antonio da Ponte, Gip*
vamùCorrer^GiovanoiBalbi^GiambatistaBroe*
DI CUOIANO 18C4NIO UOUUm I S§
Ai, Iacopo Vittorellì, formavano per esso i|
più dolce soggetto o dirimenabranaaodicure
iempre aCfetluose. Ebbe pur tra' suoi cari il
conte Aurelio Guaroi^ri OUoqidi09Ìoio,ca-
ratiera coltissimo j al qyale^ da iomialant
inprte rapito, yoUe rendere qpa solenod testi^
Dioqiao^ di {cordoglio, di estimasione cpl far*
gli scolpire ui|a lapida s^^polcrale ranno 1789
pel cjilpstro de' Friitì, o sia de' Minori Con-
T^OfQ^Ji^ di questa città.
Ma discorrianìQ ^'Icoa poco sulle asioni di
questo personaggio siccome ornamento della
eua patrìai e togliamole da qael denso velo
di- rara umiltà in cui egli amavale involte.
Frospoaso di buon'ora alla deputasione alle
^cqae, dobbiamo tutti al suo gelo una prov*
nde^iPA di cui qogUesi il (rutto oggidì. Egli
Tolle ed ettenue cbe foste ecDresciuto il nu^
Siero de' Pes^i di quevla città, ed ebbe cura
i:he fossero <K>»truù9 sicure difiise a quelli cbe
potè^no r^stdr d^nueg^li cbll'escresoenie della
marea, attesa la troppo ImMus lor posisione»
I^ {^residence 9 h fàmwf^t solile ed eooor-
dvsi ik più diatioU soggetU di uà illuAire Gof-
mw, gli vennero tribulsie uell^ Qwurmttie^
tribuiia|i| coipQ bea sepete, cospicui iu ari«
sUicrpaia, 8Ì«cQiii^ quelM ch^ av^^oo per ìlifso^
l6ù MAHRAKIOHI IHTOBRO kttt OFEUf
non solo di assicarare in forme illibate e ia<«
nooenti i dritti di proprietà, ma di presefrare
esiaodio le ragioni de' deboli patriz) contro le
prepotense dei forti. Il merito e la riputatone
non tardarono poi a colbcarlo in altra dignità
eminente. Fu Apvogadore del comune^ eaiiea
da cai non andarano disgiunti le prerogiatire
• i pericoli che TaDtica Roma accordata ai
•noi tribuni del popolo, e carica dal M olii^
sostenuta con tanta probità ed opportuna ener*
già, che servì a preconissargli incumbense
ancora più luminose. Di fatto, poco appresso
Tenne eletto a consigliere^ o sia membro ad*
detto a formare Tunità della- serenissima si-
gnoria; e siccome le patrie Leggi accordavano
a questa il diritto di associare uno de' suoi
individui al tribunale supremo degF inquisii
tari di stato, cosi fu ammesso tra tali indiTi-
dui il Molin^ sensa che alcun rivale osasse
contendergliene il concorso. Fu onorato di sì
maestosa rappresentanxa appena che s'udì pro-
clamato il suo nome.
Quando rottimo eittadino sia pervenuto a
rendersi famigerato non solo colla integrità
del costume, ma colla perspicacità de' talenti
e coHa fermezsa del carattere, bello è l'afB-
<BÌo che può essergli imposto di metter freno
■«•' ■•
SI GTIK)LAVO ASCAint) KOCm tit
aHe altrui sregolate passioni, e tanto più splendè -
egli allora come astro benefico quanto pid la
patria può in ardue circostanze yaleni dèi
possente suo ajuto. Io intendo di toccare di<
Yolo a c^nesto luogo un' epoca strepitosa ia^
cui rimase il veneziano- orizzonte aristocratico"'
coperto di nubi. La patria, minacciata da in*
grate innovazioni , raccomandò principalmente^
al Molin la sua salvezza, ed egli, scevro da
ogni umano riguardò^ forte e costante ndlfti
saggezza di sue irnsure^ non tardò uo mo*«
mento a deprìmere gli- autori di torbidi si*
stemi, a metter freno a' loro proseliti ^ e td<
abbandonare al disprezzo gii oziosi investigai^
tori del procedere di un repuUblicano severo ^
e fermo^ pronto e risoluto. Per consenso uni-
versale della nazione fu questa un* epoca che*
gli lasciò i più- giusti dritti alla considerazione
della sua patria^ e gliene seppe essa buoa)
grado collocandolo n^'eccelso Consiglio dei x^.
nel qual tribunale di alta polizia passò a se-
dere più voItey.e sempre conesito- per la caosa-^
pubblica utile e dignitoso.
Ricorderò^ miei signori, anche xm altro
tratto della vita politica dell'illustre nostro
Magistrato^, a fine che conosciate in quanto
conto egli era tenuto nelle straordinarie so*
Gamba j Opere^ 1 1
l6a MlABÀZIOSB IHrOBHO ALLE OPBRB
praTTeoIetize della repubblica. Erano le Te-
nete province Dell'anno 1^83 flagellate dalla
fame per mancanza di granaglie, e le afBìtte
popolazioni inyocayano dalla liberalità del
principe pronto e generoso aoccorso. Si de-
cretò alla straordinaria deputazione di Prov-
veditore alV Annona il Molin^ il quale imme-
diatamente misesi a percorrere Je città cir-
atanti, a conoscere la estensione de' mali, ed
t porgervi pronto sollievo, facendo uso dei
mezzi senza limite assegnatigli dalla pubblica
confidenza. £ facile T immaginarsi che nel-
l'adempimento di commissione tanto benefica
sì attirasse gli encomj e le benedizioni di chi
vedeva in lui il rappresentante della sovrana
liberalità, ma non era agevol coaa Tottenere
r intento a cui egli mirava precipuamente,
cioè la depressione, il castigo, Tannientamento
de* monopolisti. Contro questi subito rivolse
le sue indagini, contro questi si mostrò giu-
dice severissimo, e giunse in tale circostanza
se non ad estirpare così maVerba, a dimi-
nuire almeno la possibilità di rendere le pia-
ghe più cruente e più vive, ed a far tremare
i colpevoli al solo ricordar del suo nome.
Ma bastino questi cenni intorno alla aua
fita pubblica, mentr'io v'invito a tornare £ra
BI GIROLAMO À9CANI0 VOItw; I 63
le pareli domestiche del yostro conchtadiDO,
e ifon siavi discaro di renir meco ad osser-
varlo più d'appresso fra le distraEiODÌ dello
ingegno e le cure dell'amicizia. Vedetelo a
buon conto nel seno di sua famiglia, siccome
compagno d'ottima e nobilissima sposa, dive-
nir tenero padre di due figliuole, educate e
erescmte alle virtù domestiche e alla pietà
religiosa. Vedetelo non mai dominato da sete
d'in^aadimente di sua fortuna, non mai di-
mentico di quanto dovea alla onestà e alla
rettitudine del suo carattere. Non potea de-
siderarsi segretezza, discrezione^ tolleranza^
assistenza maggior della sua dove lo rickie*
desse il bisogno. Le stagioni poi dedicate agli
osj campestri le passava egli nella sua villa
posta nel subbarbio della mia Bassano, e quivi
gli faceano corona ospiti che godevano di gio«
coodissima libertà, e che spendevano lieta-
mente il tempo non tanto nel dilettarsi diqu^
vaghi giardini della natura, quanto ne' tratte-
nimenti di una sempre amena e sempre va«
ria cultura di spirite. I giorni di allora non
erano ancor minacciati da impetuose bufere e
siente era di ostacolo alla più sincera allegrezza.
A questi tempi, o Accademici, più distia-
4«oiente appartiene ciò che vi ringuarda, ia
l64 NÀBRAEIOHB IHTOBHO ÀILB OPIil
eerìe, cioè, de' letterarj laTorì che occuparono
r ingegno dell' illuslre vostro socio. Non sono
essi di poca importanza se TOgiiam prendere
in considerazione, oltre agli stampati, cpielli
che rimangono inediti, e che forse sareUbero
i meglio opportuni ad aasicnrargli un posto
distinto nella posterità. In doppio aspetto yi
ai offre il, nostro Antere agli sguardi, e come
storico e come poeta. Siccome storico, pochi
sono certamente que' cittadini che, caldi dt
vivissimo patrio amore, abbiano più costante-
mente di lui adoprato la penna ad ilinstrare
questa nostra Venezia. Incominciò ^li dal
recare dal latino nel nostro idioma la Stofia
di Andrea Morosini^ e lavoro si fu questo, si
per la diligenzai ed esattezza del volgarizza-
mento, come per la importanza delle narra-
zioni, di somma universale utilità.
Voi conoscete già, per le stampe due volte
fattesi, la giudiziosa sua raccolta di Orazione,
Elogi e FitCf scrìtte da letterati Veneti patiiz)
iu lode di dogi^ e di altrì illustri soggetti^
oraaoni per la maggior parte da esso pulita-
mente dal latino recate air idioma nostro.
Spicca la dottrina del benemerito raccoglitore
nella lunga e ben maturata prefazione airo*
pera, in cui si svolge la controversia intorno
SI GlROLàMO A8CAVIO ItOtllC. l65
al metodo da segaìrsi nel tessere le vite degK
iiomÌDÌ illustri; e la raccolta ci dà schierate
quelle scritte da trenta patrtzj yenesianij
ìnoomìnciando da un'oraxione del secolo xt
Jndiricxata a Carlo Zeno da Leonardo Gin*
stiniano, e dando fine con dae Concioni elo«
qaeatissime^ una di Lodovico Arnaldi ed una
del cardinale Flangini in lode del celebratis'*
8Ìmo doge Marco Foscarini. Bella cosa è il
i^ere in due volumi riunite tante prove dei
singolari ingegni del veneto patriziato, o se
risgmurdare si vogliano come illustri nelle loro
geste^ o come maestri nell*arte delFeloquenza.
Ma anche questo è piccìol lavoro se debbasi
confrontare con altri del nostro autore che
giacciono inediti. La Storia della Veneta Re^
pubblica nei cinque lustri che precedettero
la sua caduta venne da esso scrìtta con ma*
ravigiiosa esattezza, e voi scorgete in essa fé*
delmente registrate non solo le politiche e
civili vicende de^ Veneziani, ma eziandio le
orazioni dette nel maggior consiglio e nel se*
nato dai Centanni^ dagli Zeni, dai Foscari,
4lai Giustiniani, dai Flangini, orazioni che
fermeranno sempre altra onorevolissima testi-
fliionianza del fiore in cui Taiie del dire si
mantenne fra noi^ arte però che venne mene
l66 HÀRRÀnONl IHTORVO ALU OPIRI
nel patriziato, e spirò quando que' robusti
sostenitori del patrio decoro finirono il corto
di loro Vita politica.
Altra opera giace inedita non meno Tasta
nel suo disegno che della vostra considera-
4sione degnissima. Questa in cui traragliò Fau-
tore sin agli ultimi periodi del viver suo, è
un Quadro delle magnanime azioni, e pub*
bliche e private, nelle quali si distinsero i
Veneziani dal nascere sino al tramontare della
repubblicai È diviso il lavoro in più classi
perchè si veggano rispettivamente raccolte, e
schierate le gesto di chi si segnalò o per la
prudenza-{ie' consigli, o per la giustizia nelle
operazioni, o |>er la dolcezza e la temperanza
negli eventi, o pel valore nelle imprese di
guerra. I fatti si trovano bene spesso puntellati
dalle autorità di scrittori forestieri affinchè ogni
ombra di parzialità sia tolta, e si crei un giusto
sentimenta di maraviglia nell'animo di chi legge»
Non vi parlerò di altre scritture in prosa di
minor conto, che non mancano fra' suoi mano-
scrìtti dove sono e curiose dissertazioni, e lettere
erudite, ed una commedia, e l'elogio di Pie-
tro Loredan, celebre generale delle armi ve-
nete nel secolo xv. Erasi proposto il Molin
(di leggere questo elogio nelle vostre adunanse
mm
DI GIROLAMO A6C1NI0 VOLTH. ìÌ'J
in questi giorni medesimi ; ma in queste adu-
nante e in questi giorni in vece, ahi ^ che per
inopinata e luttuosa cagione io qui prendo ii
suo posto, rassegnato a qaella Proryidenxa
che ridesi sempre degli umani nostri disegni !
Mi aTyicinerò ora anche al Parnaso, ma
per torcere assai presto il pcisso^ sì perchè a
me non son famigliari le strade del sacro
monte, sì perchè io porto opinione non es*
sere il nostro, d'altronde rispettabile socio^
pervenuto ad alcun eminente posto nel bel
corteggio delle Nove Sorelle.
Due Yolte vide la pubblica luce un ano
voluminoso epico lavoro intitolato Federico il
Grande, o sia la Slesia riscattata. Vastissimo
n'è il disegno, colorito in ben quaranta canti,
ne' quali intese il Poeta a descrivere la guerra
sostenuta dal grande Eroe della Prussia, in-
cominciando dal momento in cui videsi cac-
ciato dalla Slesia, e terminando in quello delfa
sua restituzione al dominio della medesima
neiranno 1 7^8. Yolle spiegare in questo poema
i sistemi e gli ordini delle grandi corti mo^
derné, e i maneggi de' gabinetti, e romantico
palesandosi prima che questo nome venisse
in voga, introdusse episodj e pitture degli
odierni costumi che tengono sempre il Juogo
^mmnmmm^mmmmmmtBmmmm^^^^^^^^^^** '. ■ u
«68 -Rii»rA«ioiiE iutortio alle oberi
-delle allegoria o de* prodigi scavati fuori dal-
i^aotica mitologia. D*aopo. è però il cuufes-
«are che sì vaiata impresa ebbe Del nostro aa*
lore un campione che moslrossi poco confi-
•deiUe ed amico di Apollo.
Altro poema scrisse il Mòlin a pochissinod
^oto, che porta il titolo di Venezia tradila»
Ne fece eseguire la stampa in sua propria
casa, e ae ne divulgarono alcune copie sol-
tanto, le quali eziandio vennero poco appresso
per dilicati riguardi consegnate alle fiamme.
In questa non breve opera^ tutta calda di
amor di patria , e piena di verità^ in altri ten>pi
«ngratissime, <volle colorire la storia di una ri-
evoluzione su cui non occorre arrestarci, che
afilla non è funzion questa nostra da funestare
•con isterili lamentazioni ! Non vi parlerò nem-
jneno alla distesa di un terzo epico lavoro
del MoIin, intitolato la Strage degV Innocenti^
jìè di una sua raccolta di Poesie liriche , Tuno
^ le altre già venute alla pubblica luce.
Ma se non Ja palma di valoroso poeta, bea
altra seppe meritarne il Molin, che fu uomo
imperturbabile in mezzo alle più strane e più
ingrate vicende. Se vorremo indagare il teoor
Ai sua vita dairepoca in cui cessò di esistere
ja repubblica fino a quella la cui pagò il tri^
DI<CTBOLlHO A^CAniO VOLIff. 169
lato, che ci è comune, noi conosceremo che
in lui non si cicalmiarono mai le piaghe la-
sciate aperte dalle funeste rÌTolazìoni di quo*
Ste contrade. Vedremo però eziandio die non
gli venne mai meno il coraggio nel lottare ora
contro gli assalti dell' invidia cittadinesca, ora
contro le «lacchin azioni della vendetta , ora
contro la prepotenza di que' dominatori che,
secondo le sue espressioni^ eran fra noi per
iagb'are ie radici deir albero deirabbondanza
con una mano, e per pretenderne inesorabil*
mente i fratti coU'altra. Giunser costoro sino
a strapparle una volta dal suo pacifico cam*
pestre asilo, e a guisa di reo di alta tradi-
zione lo vedemmo strascinato a' lor tribunali,
ed obbligato a schermirsi dsL terribili insidie.
Ma non gli fu doiopo che di mostrare aper-
tamente una fronte in cui T Insubordinazione
o il delitto non poteano lasciar vestigio di
macchia alcuna, e quindi videsi finalmente
restituito innocente in seno della famiglia, to-
gliendo dalie angustie più gravi gli animi dei
suoi parenti e de' suoi amici*
Ridonato agli ozj domestici, sempre più
TafFrenando quella commozione che lo rendea
mal sofferente ne'tutt'ora strani sconvolgimenti
della paUiai cercò i aotlievi deU' animo uti-
1^0 HAlKÀKIONB INTORNO lltB OPSRB
Taccarezzare, oltre alle lettere, anche le arti,
• le scienze con sempre maggior ardore, •
nel convertire, direi quasi, la sua abitazione
in un tempio sacro a Minerra. Voi ne po-
trete scorgere le pareti rivestite dì mamii, di
sculture, descrizioni, di bei frammenti di aa-
tichità. In un canto di questa sua casa am-
mirasi ira gabinetto in cui la natura fa pompa
de' tesori che stanno nascosti neHe viscere dei
Suoi monti, a negli abissi delle sue acque.
Sorgono in altra cauto bei monumenti della
pittura, della scultura, della incisione delle
stampe; e la storia spezialmente de'primordj
della pittura veneziana scorgesi lineata dalle
opere che in copioso numero a lui riuscì dS
scoprire e di acquistare. Raccolte di medaglie
e di monete, oggetti di erudita curiosità, sup-
pellettile abbondantissima di libri di storia, e
di amena letteratura, e soprattutto codici
contenenti antiche patrie memorie, tutto ci6,
miei signori, à il risultamento delle nobili
passionr, de' dispendj e delle vigili cure del
vostro concittadino. La patria poi, e la po-
sterità doveano, per gV inalterabili e nobilis-
simi suoi prìncìpj coglier il frutto di tanta sua
industria; e voi sapete che lo colgono adesso
mediante una generosa disposizione testameir»
■^
DT eiROlAMO ASCAVIO XOLIH. I^I
tana la quale esiger dee illimitata gratitudine
per parte nostra, e, direi ancora, qualche te-
stimonio di nazionale riconoseenza. A tutti è
noto a quali usi restano riserbate le belle
suppellettili dal solerte nostro socio raccolte.
Il Liceo di questa città, la pubblica Biblio*
teca, l'Accademia delie Belle Arti le custo-
diranno perpetuamente a proprio decoro, ad
istruzione, ad esempio della nobile gioTenti!i
reneziana, e a testimonio delKultimo pegno
dì amore di un benefattor generoso.
Nel giorno sette dello scorso mese di mag-
gio Girolamo Ascanìo Molin, assalito da im^
petuosa febbre, vide imminente lo scioglimento
suo dai legami di questa vita. Lo yide, e
non si turbò, perchè la condusse sempre in-
ienaerata ne* rigorosi limiti prescritti al filo-
sofo cristiano, e potè così tra le preci dei
sacerdoti, tra il compianto de' propinqui, dei
fauivliarì, degli amici chiudendo placidamente
gli occhi per sempre, passare in seno della
immutabile eternità.
Per le cose sin qui esposte senza pompa
giratoria, senza eleganza di dettato^ a me ba-
"Bterà, o egregi Accademici, d'essere nuli adi -
meno riuscito a schierarri dinanzi le azioni
principali della yita di un vostro socio ilio-
lyS HABRiflOKB IKTOAKO iLU OPEM, ECC.
«Ire, a maoteuere io yoi vira la rimembransa
delle sue prerogatire, e ad adempiere in qaal«
che guisa alla commissione di cai mi avete
onorato. Airamarezaa della perdita che ab*
biam fatta, io Tengo in fine coraggioso a chie«
dervi tm alleviamento « un ristoro. Consiste
questo neireccitaryi di annoverare, fra quelli
che sono onorati di sedere frammezzo a voi,
il nome del conte Carlo Giusti di Veronag
erede delle virtù e delle facoltà del defunto
suo suocero. Questo giovane cavaliere non è
al di sotto di chi che siasi ne' nobili e vir-
tuosi costumi^ egli è caro alle Muse, egli è
amico delle arti belle,eglièaffezionati8simoa
questa vostra città, che diverrà forse d'ora
innanzi il suo stabile domicilio. Se vi piace di
dargli un pegno di quella considerazione ch'iq
gli credo sinceramente dovuta,' lo date altresì
é me di quel generoso compatimento eon coi
vi piacque di ascoltarmi e di farmi aobil
corona.
■ -^
DELLE LODI
DI
LUIGI GORNARO
DISCORSO
LATTO niUA B. ACCADEMIA DI BILL! ABTI
IH TfKEZIA
Per la distribuzione de* premj
nel dì IO agosto 1817.
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In questo solennìssìmo giorno, in mezzo a
questo festoso apparato, dopo i dignitosi Di-
scorsi che avete, uditi, sciolgo io puf e una
payida voce al cospetto vostro, eccelso signor
conte Governatore^Magistrati supremi di questa
città| chiarissimi Professori, Scolari ornatis-
kimì^ Uditori tutti umanissimi, e la sciolgo
con j^rata sommissione airorrevole incarico
impostomi, adempiendo alle discipline di que-
sta reale Accademia, le quali prescrivono che
le lodi annualmente si rinnovellino di coloro
i quali tra' nostri nazionali ingegni si distìn-
sero siccome più benemeriti nelle tro divina,
arti del disegno.
Oggidì più che mai risplendente quest'au-
gusto tempio delle Muse, non dovrebbe im-
mischiarsi a compiere il nobile ufficio chnle
attraenti lor grazie mal conosce ed intende;
Ria, quanto a me, per ritrarmi men inglorioso
<i^io possa dal dilHcil cimento^ penso di voi-
1^6 VILLI tioor
germi ad altra meta^ e già confido d! Tederri
arridermi cortesi, se, lasciati da parte e ma-
titatoio e regolo e scarpello, io mirerò più.
volenlieri a chi gli artisti protegge, e femierò
la vostra attenzione sopra un segnalatissima
Mecenate. Potrò così, dispregiando ogni so»
rerchia salyatichezxa, alcun poco interteneryi
intomo a' vantaggi che da benefiche tutele di
questa fatta possono le Accademie ottenere,
6 metterò in giusta veduta un magnanimo
nomo del secolo sestodecimo al patrìzio ve-
neziano consesso appartenente.
'A tutte le colte nazioni è noto Luigi Cor-
baro (i) per la famosa sobrìeU e temperanza
nel suo lunghissimo vivere, e per le auree
regole che dettò intorno alla Fita sohria\ ma
non è forse universalmente noto quanto ad-
dentro egli vedesse nelle arti, quanto amasse
gli artisti, quanto operasse per loro vantaggio.
Io discorrerò ora questi suoi meriticelo farò
colla celerità del viaggiater frettoloso che leg-
germente osserva e disamina. Che se rivol-
gerò al Cornare lo sguardo io preferenza a
(i) Abbiamo un^ esatta genealogia del casato del
nostro Luigi* nelle note di Apostolo Zeno al Foa-
taoini, tool, a^ e. 345.
DI LViei' CORirlRO» i^y
tasfr altri insigai che per lo bene delle ani
crebbero in questi lidi, sarammi, io 8p«ro>
menata buona mi' eksione che pur basteTole
sia per alcuna cosa toccare ^ la quale a' con-
cittadini torni in onore, a' prestanti nostri pro-
fessori riesca gradita, utile sia a questa gio*
Tentù yalorosa, e possa in fine da ogni animO'
«mano e gentile essere con Sitfierenxa ascoltata.
D^li ano! più Tordi, dal nostro personag-
gio^ trascorsi in Padova, poco è a dire, e me-
glio sarebbe il non dire. Quantunque fosse
slato institnito per gli ottima studi^ come ri-
chiedeasì a signore di belVingegno, tnttaTia;
egli confessa di ayerK presto messi in non
eale, logorando il tempo nella spensìerateisa
e nelle crapule, dal' che ayea eontratto scon<>
cena di sanila, e tanto mak abitodim che,,
Tenuto a' 35 anni., nuiraltro- a sperar gli re--
stara che di poter finire per morte i traragli
di un» Tita logora e scoosolnta (i). Non ci
arresliame, cari giovani, su questo suo periodo»
di vita, che già vedrem risarcite, e almenoi
liame dal suo- stesso esempie quanto»
(i) Gò aappiamo da varj, 8(|ii.ipci de^anAÌ dìveuir
Trattati della f^i/a Sobria ^ e dalte poche LcHtvm
che di liii ei rtinan|[ODe.
Gamba, Opere 12
1^8 DELLE LODI
import! il battere la retta via della TÌrtù e
dello studio: la yia contraria de* dissipamenti
e dell'ozio segna in apparenza pace e bonac-
cia; in sostanza poi non è che guerra e tem-
pesta.
Divenuto il Gornaro maturo negli anni e
maturo nel senno, e spiegatasi in lui un'inge-
nita benevolenza verso quelle arti morelle che
formano Tomamento più caro del nostro suolo,
gli riuscirono esse il più verace, il più utile,
il più delizioso intertenimento. Pigliamo da
lui stesso a prestanza le parole e la voce.
^* O onorati gentiluomini (egli scriveva), o
^^ grandi d'intelletto, di costume e di lettere,
^- ed eccellenti in alcun' altra virtù, venite
^' meco ad onorare le arti e gli artisti, e ve-
^^ detene satisfazione e conforto!.... Io sono
^-' nella più bella parte di questa nobile e dotta
" città di Padova, e mille beni io ne ritraggo.
** Fabbrico con ragione di architettura, e godo
^* i miei diversi giardini, e sempre trovo cosa
^* che mi diletta.... L'aprile e '1 maggio^ e così
^^ il settembre e l'ottobre altri sollazzi ritrovo
^' o nel godere un mio colle fra questi Eu-
ganei, e nel più bel sito di quelli, che ha
fontane e giardini e soprattutto comode e
[^ belle stanze, o nella. mia villa di piano, la
■■
DI LUIGI COBNARO. I 79
^' quale è beIIÌ88Ìma, con istrAde^ con pìazisa
V e con chiesa onorala asèai.... villa chei già
^* deserta per mal aere e per accpie paludose,
^< ora è per le mie care tutta ricca di gente
'' e di campi fertilissimi; talché io posso dire
*' con verità che ho dato in questo luogo a
^^ Dio altare e tempio ed anime per adorarlo...
Quivi piglio piacere con gli uomini di bel-
J intelletto, con architetti, pittori, scultori,
musici e agricoltori; che di questi uomini
per certo questa nostra etade è copiosa
assai (i). ^,
£ ben sapete, o Signori, qmanto quelk sua
etade copiosa fosse di begF ingegni! Etade fe-
lice! Gli uomini privati gareggiavano allora
co' grandi e co' principi a rallegrar il cielo di
bella luce, e per quest'accordo di eletti spi<«
riti r italico genio si scosse, le lettere risplen-
dettero^ le arti geniali si riconfortarono, ed
un' accorta dilicatura si diffuse e s' insinuò iu
ogni studio più liberale. Non dipartiamo da
questa incomparabile nostra Yinegia, e ve-
dremo che se i sovrani suoi cittadini un Da-
te
Ci
a
(i) Sono tolte queste parole qua e Ik da^suoi
Discorsi surriferiti. Merita di essere principalmente
letta ia sua lettera a messere Sperone Speroni,
«crkta dalla yìììdi dì Codot^ico alli ^diapriUf i542«
l8o BEILE LODI
niel Barbaro, un cardinal Bf«mbo, un <iog&
•Grìtti, un cardinal Grimani| un Giorgio Trìs^
«ino ticenttno. Il Gomaro noetra,non fossero
slati, non avrebbero forse sorpresa il mondo-
un Tiziano^ un Paolo, un Sammicbeh'i un
Palladio. E quante mai non son eHeno le in-
dustrie di un proteggitore intelligente? Eglf,
fdtre a mostrarsi liberale di sue sostanze,, con-
rersa colFamico erudito e ne trae inrentiv-e e
fantasie, egK s* introduce nel banco del dovi-
flioso trafficante cui trasfonde quel succo, di
cui è nutrito egli stesso, egli entra, se fià
d'uopo, nel chiostro, ed infervora il fraticella
divoto ad ei^r templi ed altari, né occasione
alcuna trascura ^ fin che le arti s^innaUin
sempre gloriose. Nella Grecia, madre di ogni
•leganaa e di ogni filosofia, trascorsi i secoK
dei PericK e degli Alessandri, terra e starpi
divennero i Portici ed ri Pireo; ed il Lao-
eoonte e l'Apollo (ra terra e fra sterpi andiar-
rono per secoli a seppellirsi.
Frale tante prove che ci hsciò- Luigi Cor-
Baro delVaffitaiona sua agK artisti io mi liim-
terè a dirvi di una soltanto. Fioriva a' suoi
tempi it veronese Giammaria Falconetto {v)y
^i> Giorgio' Vattrì scrìsse ìsl vita- di GìaAmari»
W^gm^ggfm^mamK^^&^m^^^^^^^i^^^^^^^^^m
DI LVICI COBRA RO. l8l
11^8 pittara yaloroso, n^l'arcbitetturà fami-
gerato, e molto esperto nella plastica arte.
Era costai bel parlatore, franco e piacevole^
e dopo arer qua e colà peregrinato, Tenne a
ricoTerarsi tra le pareti ospitali del nostro
Cornare, che gli offerì le più larghe rioogni*
eioni. Si legarono presto gli animi in amistà
vicendcTole, e qoindi dotti ed ameni collo-
qui, e quindi la Famigliarità la più intima,
la più cara. Una copiosa raccolta di disegni
die il Falconetto avea seco recati da Roma
invaghì il Cornare talmente delle magnificenae
di quella città regina, che volle in compagnia
dell'amico passare ad esaminarle. Partì ricco
di desiderj; ricchissimo di dottrine tornò alla
diletta sua Padova, facendo ivi costruire una
magnifica loggia ornata di pitture, di statue e
di quadri tolti da^ disegni di Raffaello (i), e
Falconetto , ma con migliore critica tornò poi a
dettarla il nostro Tommaso Temanza, che la itaseri
nelle sue f^Ue degli Architetti P^eneziani. f^eneziti,
1778, in 4» psg* i3i e seg. Le epoche della TÌta
del Falconetto furono poi con più esattezza di ogni
altro contraddistinte dal Brandolese nel suo libro:
Pitture di Padaya, pag. a53 e pag. 376.
<i) VediiVòiùia iP Opere di disegno nella prima
metà del secolo Xf^J ^ ecc., scritta da un Jno'
wùrnOf pubblicata e illustraia da Jacopo Morelli»
*^» ■ «' ■ ■ i ^. . 1 . ^ y»gBeqBwgg^";g^gg?lwii
183 BELLE LOm
murando nel suo cortile un nobilissimo casino
sacro alia Musica, sempre colla sopri nleu-
denea e colia direzione del suo Falconetto.
Di lai si valse poi per altre grandiose fab-
briche poste nella villa di Godovico su quei
di Padova (i), ed in Luigiano presso Torre-
glia su i colli Euganei. Né cessò se non che
per morte la bella alleanza tra 1 mecenate e
l'artista, lasciando a questi il conforto d'esser
assicurato che sempre resterebbero in possesso
di ogni carezza la più ospitale e la propria
moglie e Ire figliuoli maschi e s^ femmine,
la fortuna de* quali tutti rimase in fatti alla
mercede del credito e dell'aatorità del pro-
tettore ed amico. La candida anima di Luigi
tanta predilezione portava al suo Falconetto^
e ad un altro festoso ingegno, il padovana
Ruzzante, che il Vasari ci lasciò scrìtto, es-
sere stata sua volontà, che Falconetto e Ruz-
Bassano, i8oa, in 8, pag. 10, doye si fa nota de-
gli ornamenti yarj di oggetti di belle arti che esi«
•teyano nella Casa Gornaro.
(1) In questa TÌlla di Codorico , o Codeyigo, il
Ruzzante, ospite carissimo di mcsser Luigi , com-
pose la roagj;ior parte delle sue bellissime e biz^-
zarre Commedie. Zeno, Note al Fontanini , T. n ^
pag. 34^*
DI LUIGI COBHARO. l83
sanie fossero ia morte seppelliti entco un solo
avello, e che dovesse egli stesso entrare per
terzo in quel sepolcro medesimo ^^ acciocché
*' (dice lo storico) i corpi di coloro non fos-
^* sere ne meno dopo morte disgiunti, gli
" animi de' quali Tamicizia e la virtù avevano
^' legati insieme vivendo (i). ,,
Ho iatto cenno di alcuni edifizt dal Gor-
naro ideati e costrutti, e saravvi grato, miei
Signori, ch'io vi rammenti, che la stupenda
Loggia rizzata in Padova v^è tuttavia esistente
e ammirata (a); che l'architetto celebratissimo
Sebastiano Serlio uè diede i disegni, propo-
nendola agli studiosi come modello degno
d'imitazione (3), e ohe il nostro dotto Te-
manza, il quale fece conoscere che non sem-
pre al Serlio tornavano bene gli studi (4},
corresse poi questi disegni e ^nollo meglio
seppe illustrarli. Egli, il Temanza, nella Vita
del Falconetto ci parlò a luogo anche delle
<i) Vasari, f^ita di Gio, Maria Falconetto f
T. « , P. III.
(a) Di qttesOedifizio veggasi il Moschini nella sua
Guida di Padova, Yen. 1817» in 8, p. 176.
(3) Si trovano nella 8u:i Architetturay Libro Vllt
edizione di Venezia de"* Franceschi, 1694 in f., p. 18.
(4) ^>M di Giamm. FalcomttOf loc. cit.
t84 DELI.1 LOBI
fabbriche erette nella Tilla di Godovico, doT9
rinveoae tuttayia aTansi di perfetta inYenzione
ed eaecuzione; e ia Godorico potè discoprire
UQ ritratto dei nostro onoratissimo Mecenate,
elle vorrei ornamento di quest'aula magnifica
in questo giorno solenne in cui io m'ingegno
di rialzar le sue gesto (i). Non fu accorto ii
Temansa nel parlarci dei palagio di Lui-
giano (a), che suppose costrutto pressa al Sile
non molto lungi dalla città di Trevigi, e poi
atterrato dal tempo, ma alla cultura e alla
dottrina deiregregio car. Gio. de Lazsara io
debbo, e yoi pure, la grata notizia che tor-
ti) Sotto at ritratto stava la seguente ifcrizionst
▲«.OTSIUS COBVK.IUS COCHOMIHATUS A TITA 80BRU ▲■•
MT. SUJB LX3ULIX. TIXIT AH. XCTfl. Le parole TIXIT
Av. xcYii furono aggiunte dopo, e con poca esat-
tezza^ come yedrassi in appresso.
(a) Ospite di un prezioso amico e compatriota ,
il dotto professore abate Giuseppe Barbieri ^ che
possiede una ridente casa di campagna su^ colli di
Torre glia, e in compagnia del rammentato cavaliere
(ie Ixtizara^ ho visitato io pure ael giorno 4 ago*
sto, 1817, il palagio di Luigiano. 11 maestoso cdifi-
zio ò stato riattato con poca carità architettoniua
per ordine di monsignor vescovo Giustiniani^ il
quale solea ivi spendere i giorni autunnali, ma, da
alcun tempo attende ajuti e presidj rhe lo iornioo
alPeleganza sua primitiva.
rrtm^w^fffmimim'mmmmmmmmm^^f^^mm^mmmammmmm^mrtm
M I«IGI COBrAftO. i85
reggia taUatia questa moie, adorna di seaJe
Teramente reali, Dell'indicatovi ameniaaimo
sito tra le Eugaaee oolKne (i). È divenato
pn^rìetà deir insigne yesoorado di Padova,
e panto non isoieiìtisce il giudtaio datone sin
dal auo t^mpo dal nostro Francesco Marco*
lini, il qaale in una sua dedicazione ebbe a
scritere: '* Se un gratiluomo vuol sapere come
** 81 fabbrichi nelle città, venga in casa Cor*
*' naro in Padova.. . se vuol ornare un giar-
^ ^no, tolga il modello del suo.... se vuol
" edificare in villa, vada a vedere a Godovico
^ e a Campagna e negli altri luoghi le ar-
^ chìtetture fatte dalla grandezza deiranimo
** tuo.... se vuol fare un palazzo da principe,
^* pur fuor della terra, vada a Luvignano,
^^ dove comprenderà un albergo degno d'es-
*' sere abitato da un pontefice o da un impe-
*' ratore.... Il Cornare sa ciò che si può sa*
** pere in <{nesto e nell'altro delle operazioni
(i) Neirarchivio delP EconOmJa del reverendi»*
simo vescovado di Padova doq restano memorie
relative alla prima costruzione del palagio di Lui»
giano, ma ael Voi lxxxi dell'archivio stesso, a carie
979 y trovasi un documento valevole a farci cono-
aeere il nome deirarchitetto di alcune giunte nel-
l'anno i56a faltfi nel circondario del palagio mt-
4lesimo.
r''
186 DELLE LODI
<( umane (i). ,, Yalgavi, o Uditori^ che la
stampatore Marcolini non era uom comonale^
ma strenuo artista egli stesso, e delle mecca-
oiche discipline così intelligente da meritarsi
d'essere lodato a cielo da un Daniel Bar-
baro (q).
(1) Questa lettera, indirizzata al Cornaro stesso
rolla data delPanuo i544i ^^ i^ fronte al Libro iy
deW /érchhetlura del Serlio, ediz. di frenesia, per
il Sessa, iSqq, ed è stata poi riportata dal Te-
manza e dal Morelli nelle opere sopraccitate.
(3) NelPopera intitolata: / marmi del Danif
Venezia, Francesco Marcolini^ i553, i555, in 4»
p. IT, e, i5, trovasi il ritratto del Marcolini mae-
itreTolmente intagliato in l<*gno. Fa artista egti
stesso e assai benemerito della tipografia per isplen*
dide sue edizioni, e per nitidi caratteri cancellerei^
reschi di sua particolare invenzione. Gli elogi che
di lui ci ba fatti Daniele Barbaro leggonsi nelle sue
Illustrazioni a Vitrut^io, ediz. i556, nel fine del
e. xìy lìb. T, e Dfi Conienti al e. ix, lib. ix, e at
e XII, lib. X. Anche Giuseppe Salviati, che prestava
opera alPabbellimento delPedizioni del Marcolini »
lo cbiamò mirabile et ingegnoso nella dedicatoria
al Barbaro della rarissima sua operetta % Regole di
fare la Voluta Jonica, ecc. Pietro Aretino ha stanze
in lode del Marcolini ne' suoi Strambotti alla fil"
ìanesca. Venezia i544> i>^ ^ì ^ ^^ Brusantino, nel
e. XXIX della sua Angelica innamorata, cantò, che
suo disegno fu quello del gran ponte
^m^^^i^^^mme^g^mm^mamam^weymmmmm^^m^mmm^^m^^g^
^
DI LITIGI CORRÀ no. 1 87
E qui la mia narrazione io voglio alcun
poco interrotta per dare ascolto a voi stessi ,
Signori miei, acquali chiosar piacendole cose
che espongo, sembrami che così vorreste sog<-
giugnere: Sia statò pure il tuo Gornaro lo
specchio de' Mecenati: e chi non sa che ad
essi debbono le arti e favore e incremento ?
e aggiugni, che Io dovettero un tempo assai
più alla maestà della religione, oggidì illan*
guidila; lo dovettero a'cenobiti e a tante pie
isUiuzioni, ogg><Iì perite; lo dovettero a tanti
facoltosi, oggidì impoveriti. Tomi adesso un
Gornaro, e tornino con esso un Tiziano e un
Paolo, tornino a frotte gli artisti; e che per-
<nò P Povero padre di famiglia, tu spendi e
profondi per quel tuo figliuolo, ch'è ora alunno
studioso di quest'accademia, ma che risica di
rimaner poi malabbiato, senza pane e senza
Ibrtuna! Povero figliuolo, tu Tolio della lu-
oema consumi col sudor del tuo volto, ma
..... onde Murano
Guarda Finegia, credo dei divini
Che fece con ingegno sovrumano
V ingegnoso Ftan^etco Marcolini.
Nella editìone per mia cura fattasi nelPaono 181 5
delle Novelle del Doni, in 8, ho inserito altre no-
tizie intorno a que&to valoroso e troppo dimenti-
csiio tipografo.
f ss DELLC LODI
la te ne giacerai inoperoso, e dislealtà si è
qmella di cimentarti all'agone per non iroyar
poi palme da mietere quando sarai gìnnto alla
meta!
À tanto bisbìgliamento io non invocherò
Tombra del Mecenate ^enesiano a rispondere,
conciossiachè se i tempi nostri non sono i
saoiy a' tempi nostri è debito di conformarcL
Dirò bene, che tanti apparenti discapiti prò*
venir sogliono da inopportuna temenza. Se la
religione confortatrice soorgesi o illangaidita
a Tenuta meno in alcuni, la tristiaia di pochi
non è delitto che serpeggi fra i più, e sanno
i più, che società senza religione è feluca
aenza timone e senza vele; quindi noi la ve-
diamo ferver gagliarda nel cuore del nostro
AvGusTOy e di tanti ottimi suoi Magistrati,
fervere negli onorati petti de* migliori tra i
cittadini, fervere sì nel seno delle nobili ma-
trone, come in quello delle villaneUe tapine; e
vi basti entrare ne' templi per mirarvi senipre
le auguste funzioni di folto popolo' coronate,
o scorrere le nostre campagne per trovarvi
rispetto e venerazione all'altare. Pur troppo
è vero che quelle accette micidiali d^oltremonte
che ci colsero inermi ebber falciata gran parte
di nostre sostanze^ ed ahi troppo spesso ora
TW^^^*"
DI lUIGI COBITÀRO. tSq,
iìsttUi trovali quella quercia che altre Tolte
eleravasi rtgogliosa; ma forse più che nella
iiepideaza del divin culto, o nelle spade ne»
Ittiche, si potrebbe in altre cause indagare la
fonte degli scarsi lavori de' nostri artisti. Bi«
petesi tatto dì, che sfamo direnriiti poveri; ma
d*onde viene che il lasso per ogni esterna
foggia è poi smoderato, che an drappo delle
Indie, una porcellana di Sevres, ana terra di
Bimùngam, Toro e l'argento filati in Francia
o in Lamagna, tante frìvole, ma dispendiose
mÌBcee di estraneo lido non restano mai poK
Teroae ne' nostri fondachi, nel tempo che oziose
lestanc^ le mani degli artisti concittadini!^ Deh
non mi conducete a esclamare, che abbiavi
pia presi» povertà di vero amore delle pa-
trie lauteaae che povertà di sostanze (i).
• I destini della Italia modem» possono
difficilmeDle darci redivivo on Cornaro^
(i) E alle caute astenie non sarebbe egli da ag-
giogoersi anche l'abuso forse oggidì eccessivo dei
laTori italiani in taglio in rame? Giacciono inope-
foti gP ingegm creatori- perchè fnnÌTersale è sof-
leclto di far acquisto delle belle, ma sempre fredde
•pere dì no diligente meccanismo , le qoali per
sentenza del consigliere Bianconi lono co^ia priué
di ifutWanima ohe sugU originoU 9o/fiaronQ i dù-
vimi Uiro arteficL
ce
igO DEtLE IODI
ma non ci possono p<er questo mancare altri
mezzi per vedere protette le arti , anche
senza tanta di lai possanza. Non è più questa
nostra Adria quale ce la dipinse il mio i [la-
stre Roberti : ^* simile all'antica Tiro y i cui
naviganti erano i suoi Fenici, e il commer^
ciò che fea quivi sorgere le torri e gli atrj
dalle lagune, rendeva a un tempp stesso in
^' altra estrema sua parte popolose e onorate
'* le rupi (i). „ Tuttavia a mecenate operoso
delle jiostre arti può bastare un fervido magi-
strato, può bastare le molte volte un illumi-
nato cittadino, può bastare un saggia ministro
del fai tare, e mecenati operosi veggiamo essere
non pochi parochi che in villerecci soggiorni
ergono magnifici templi, e di pittare e di sta-
tue li arricchiscono. Fervore , intelligenza,
attività, e i nostri edifici si mireranno ripa-
rati, rabbelliti, e più anno)^ilitelejcittànostré>
e le nostre case più ragionevolmente rilucenti
di nazionali lautezze. Corravi all' animo , o
Signori, che a buon conto la mercè dell' atti-
vità e del fervore di uno de'nostri pastori (3
(0 Discorso recitato in Bologna per la distri^^
éuzione de*premj nelO Accad, delle beUe arti, ece*
SX'à jiel voi. I deJIe Opere, p(Mz* di Bissano.
<a) Il degnissimo paroco. D £miilaiiueie Lodi,
B1 LUIGI CORNARO. I9I
8Ì é in questi di tramutato in istupenda gal-
lerìa il tempio de'ss. Gio. e Paolo; che il
rispettabile nostro cay. Morelli vi ha riordi-
nata e molto arricchita di ayansi delle arti
belle una biblioteca , sede la più splendida
che possano avere Apollo e Minerva ; che il
Prefetto del Seminario Patriarcale, Tab.Gìan-
nantonio Moschìni, vi ha fatto d'un casolare
sdruscito un liceo stupendo e ornatissimo; che
il prestantissimo nostro cavaliere Presidente,
il quale io non nomino per corteare, ma per
riverire, vi seppe ottenere da* nostri Cesari i
modi di rendere quest'Accademia sovra ogni
altra risplendente, ed è sempre intento ad
onorate imprese che le arti alimentano e por-
tano ne'più lontani lidi il lor magistero (i).
ora yescovo di Udine. Anche il bel tempio deHit
Maddalena , architettura del valoroso Tommaso
Temanza, ed unode^mìgliori monumenti di moderna
architettura in Venezia, sta per riaprirsi di nnoyoy
la roercé^ delle speciali cure delP egregio cavaliere
Marco Molin , podestà degnissimo di Venezia.
(i) Oltre alla sua Storia della Scultura , opera
di grandissima importanza, tengasi rome primaria
figlia del suo amore alle arti venete V impresa
delle Fabbriche di Ftntzia misurate e delineate
e descritte^ impresa che, mercè Passistenza de'doe dotti
uomini il nobil uomo Aruonio Diedo^ attuale scgr»»
taxio dì questa R. Accademia, ed il sig. Gio* Aa^
igO DELLE IODI
Dope tnlta ciò , yoi spesialmente , Professori
chiarissimi, compiaceteTÌ, riconfortateci. Con-
piaceteti di essere voi gK arrentarosi sacer-
doti che qua manteogona yìto- il sacro faooe
delle diyiiie opere delf ingegno, e i conosci^
lori di ogni squisita parte ed arcana del loro
artificio, Riconfortaleri ai nomi> di Raje»',
forse oggid» il prim» coloritore d* Italia , dt
Demin, che cosk bene sostiene il decoro della
nostra pittura, dì Roberti, emnladi Ganaietto>|
di Rinaldi e di Fabbri» , segnaci del noetro
Fidia, di Lassari, di Meuani , di Pressani ,
di BematiydiRota, e dt lant' altri, che furono
già Tostri akinni e die sona adesso il conforto
e Taiuto delle loro famiglie , portando ciol^
le tempie di onorate corone, lofo intessot»
daWostri ammaestramenti. E Toi, Giovani
carissimi, che siete in cjuesto di apparecchiati
a BUOTi ed ambiti allori, non corate mai i»
Toci disseminate da igoobil temenza^ m» rai»
doppiate il rostro ferver nella studio, e ricr-
scirete cosi e delisia delle famìglie e della,
piatria decoro^
t0nio Stltfm^ profetsoredr architettura, sì rese pub*
blica con tanta nttlità della vèneta gioTentà ait»->
diesa, e can tanta soddisfasione dei più inlcUigenlk
ammiratori degP iilustci edifiai di ^esto suolo..
DI vBìGì oobuaro. 193
Torniamo adesso al nostro Luigi Coroaro^
ed acooD(ipagm»molo aoche per poco nelia
kmgeva Aia vita, ne lo abbaódoniamo sin sA
dì estremo. Ed oh fosseci stata tne»o atara
k storia , che di così gentile spirito taciute
avendo le più- private e circostanziate azioni»
noi non possiamo ora conoscere di proposito
fio alcune sue opere , uè tanti documenti del
imo peregrino ingegno, e contentar ci dobbia-
mo di pochi materiali che, a guisa della pianta
di un maestoso edtfizio, bastar possano a farci
indovinare soltanto la grandezza dell'alzato e
la pompa degli ornamenti. Ije poche lettere
che di iui ci rimangono fauno a buon conto
argomentare quanto atto egli fosse ad ogni
più nobile disciplina , e siccorae indirizzate
a*grandi uomini, il Bembo, lo Speroni, il
Barbaro, il Fracaslero , bantano a mos&rar di
quanta eccellenza fuesero i suoi legann |ami*«
•hevoli (1). Niuoa cosa intralasciava egli ohe
' (»> traila rnliiifpa de^iXiMòfsi di Luigi Cù^ndl^Oj
y^mi^iw, 1616, in % liDtMtii alt^M (di qtMtte Lft-
ime^ 0à in mggtor aumcro ti leg^ù nel voi. VII
^lla mécfllta iatiloUta ; MtieeHahen ài Piiri€ of»«*
reve^ecc. f^ern^a^ TommUÉtì Bigai/UsUi, i^4', in la^
p«gja49e«P9.4IFramMidn>MriiMr il Gètnaro, mi U
IcMera sua ai à fftrdtttS; Rèstbci la rispoètiNiètftgl» da
qucirinsigae Veronese, cbVrA peVb di appoall»
Gamba ^ Opere i3
c^ noo furono divorali dal tempo sono i aaoi
Discorsi Bntla prediletta soa Vita sahna , di*
scorsi tradotti e pubbli cali in moke lingue
straniere (i), ed una dott» OpericoiWa in-
torno a queste nostre La^ae , cb7 egli solea
chiamare le Joriissime e tante mura della
Qiira sua patria (a).
Io che soglio pigliar Yoleotieri a prestansa
le parole de' vecchi, siccome quelle che^ spi»
rendo candore e semplicità^ aggiungono fede
al parlare, vi prego , miei Signori , a voler
ipeco udire, come un culto letterato toscano^
ÀntoDOiaria Graziani, nella vita che scrisse
Corna ro in ona sua lettera al nostro Luigi) scritta
da Boina a''a7 di gennaro i554i altre sono ricor-
date qua e colà ne^ Discorsi sulla f^ita soòriat nei
qìifìi dice di avere anche scritto aoa Commedia
tftita piena di onesti risi e di piacevoli motti^
(1.) Vedi PElenco delle edizioni e delle vereiont
preposi e aI Trattato della f^ita tokria^tet» Vene*
alia, i.QiG, in 6.
(3) Il titolo di questa operetta è ti tegnente t
Trailat4 d^^U Ào{fue» Padova, per Qratfioso Per-
meino ^ i56o, in 4>^ J^e posaedevA i) doltissMiO
cav-. i^b. Morelli un esemplare con ^aUhe giunta
df^ mantf propria- dell\ornaiis$imo vecchio} aggiun*
tatfi ahro JYattaielh inedito sullo .tutto argo*
mantOf da lui scritto nélV aunp navamieeimosaeto
di sua eté* Noli^. di un AaoniiMi eaa.^ fotf«. cif. r
■ ■ >■ ■ ■»■ 1 1 1 t< i«^g>iiP*^»^>^'»^^^ifHÌW>i|^B— — — Ì<W
m LtTfot eoniTARo. 197
del eelebre Commendone , di cvii fu negrein»
rio, le t&nte compeDSanotii ci tocchi che ritrar<
poterà il nostro Cornaro dalla tempera Tir*'
tuoea deli' animo suo. Sono le paroke Della*
lingua del Lasio, e raigono cosi nella nostra ,-!
Questo onofatissimN) uomo , cui tanto con-i
Tenne il soprannome di Sobrio , Tenire ac-«
*' carexsato, riverito e rispettato da Ghìanc[ue^
*^ o per cospicuo natale o per bella dote d'in*
** gegno si distinguesse. E i grandi persoofeggi,»
** e i men grandi e le minute persone , tutti;
" «rano solleeiti a visttarlo per Io piacere^
*^ d'intendere i suoi discoesi sempre mode^'
rati, piaceToli ed ingegnosi. La prudenza,
la saggesea, TaTTedutesza , il consiglio, Itf
^ liberalità ^i faceano schiera bellissimn ,'
'^ splendi diesma. Non era in Padora abifa^^
^ sione più volentieri della sua riveritti , e(>
*** egli^ sempre magnifico e spendereccio, mar
^^ non cessaTa dell'usare i^erse di tatti, e de-<
*^ gii «onoscilorì delle arti belle sìngolannente,^
*' d'ogni ufficio di animo generoso e perfetto( i ). ,,
et
(j) De yita Jo. Fi*mnc» Cómmenttwtif Cardina»
Um^ ParitHs, 1669, ijb. ir, e, ir. OrttiiMo Lrado;
0^' fiioi Sette libri di CateioghL f^enes. t553 , ia
&^t |Mif. aS5) rHH>r#Mi4e ii Gonaro, aggiiwse ^
tt)8 DfLIil LODI
Parali in qaesta tanto lusìngheTol pittura di
troTure conlraddiatinto queir illustre patrUìo
Teneaiano degli ultimi iempi, Filippo Farsetti^
della cui opera , prestata alle arti con regio
splendore, è proya non dubbia tutto ciò die
nell'arte plastica noi coatòdiamo tra queste
pareti ; del cui squisito gusto in apprestare
festoso ricetto a Flora e a Fomona faceva
fede la sontuosa sua villa di Sala ; della cui
cultura ed ospitai cortesia le lodi più ingenue
possono leggersi negli scrìtti del DaUe-L.aste^
dei GoExi, e di altri nostrali ed esterni au-
tori (i).
Ma io vi condurrò finalmente, o Signori,
aggiorni estremi di Luigi Gornaro , e dolce
cosa sarà V vi il couosoere , che V impiegare
•ensa sosta a prò comune il tempo, apparec*
éhia . di cari conforti anche T ultimo palpito
del nostro cuore. E qui mi compiacerò di
tornare a valermi delle parole del nominato
Grasiani, affinchè veggiate che anche la tran-
ftuo Dome, Gran /abbrìcatorgf e gran cacciatore^
e grand^uomo più.
. ( I ) Un illastre letterato forestiere ci espose le
sontaotc imprese del nostro patrizio abate Filippf^
Farsetti, Veggasì Tarticolo Farsetti (FamigUa\ scritto
dai francese Giagaeiié nella Biographie Unw§r»ciiem
iVW
ù
il
Dt I.UIGI COUIllO. 199
qnìlU e riposata fine del nostro magnammo
nomo, giunto al suo novantesimottavo anno (i),'
fa tanto serena quanto può esserlo U bel tra-
monto di un dì sensa fintole. '* L'ottimo tcc-
chìo*( continuo nel fedele volgarissamento)
presentendo di essere presso al termine
della yita, non;risguard«Ta il grande pas*
saggio 0on ispavento, ma come se trattato
** si fosse di transitare d^una ini un'altra casa»
*' Sedeanel suo letticcìuolo, che ristrettissimo
^* QSSiyalo e piccolo, e presente era Veronica
^* di lui moglie (a) « carica d'anni quasi quanto
, (1) Restano tolte le dispute che da Tommaso
TemaQza e da altri si sono fatte intorno alP anno
^Hla morte di Luigi Cornaro,' meritando fede 1«
parole 'del' Oraziani che vi fu presente, ; ed essendo
csaa morte vseguUà dopo la prponQ^ione fatta al
cardinalato del Commendone, il che segui per eie-
«ione di Pio P. IV, nel Concistoro del di la marzoi
i565. V. Cordella, nie de" Cardinali , T. r, pag.
55, ediz. Romana, 1793, 98. Apostolo' Zeno (Ì. e.)
merita dunqvje £ede sopita ogni altro, assegnando
Panno 1467 alla nascita di Luigi, e Panno i565
alla sua morte.
(a) a Erast Luigi accasato eon Veronica de^si»
« gnori di Spili oabergo ; ma il ano ramo, ai estinst
u in Chiara , unica sua figliuola ed erede , che fu
m da lui data in moglie a Giovanni di Fantino
Me Comaro, detto d^Ua Pitcopia n {Zeno^ Nou al
J^ontanini^ I. e, p. B45),
uri ^ || -MT <««lp|^l^>-»>^.* '• 4
900 MX.LB LODI
^^ lui. Con looiie di voce chiaro e sonoro mr
*^ narraTA i notivi per i <puit con aoimo ga*
^' gliardo lasciato avrebbe la yita, e faceva {
migliori aogarj per la felicità del mio Gom.
neiidoBey al. quale por ToUe acrÌTere di
^^ proprio pugno una lettera di coosiglioe di
*^ conforta Dissonai, che pareagli di poter
** sopravvivere tuttavia due giorni, ma assalito
<^ poco dopo da deficienaa di forse vitali , si'
*^ fece sotkeeito di affrettarsi Boovanieiile i-
'^ soccorsi delk religioiie consolatrice; e striir^
^^ gendo nella aifiiayra aafloo una piccola ioi-*
'' iuagine del Grocffisso , cogli occhi fermi
^ nello stesso esclamò: Lieto e pien di spe-,
*^ ran^a verrà con yoi^ mio buon Dio. SI ac-
*< conciò poi eoo deceoca, e chiusi gli occhi i,
^^ come se avuto avesse a dormire , con uo
*' leggiero sospiro per sempre ci abbando-'
** ©ò (i). „ Abbandono, o ascoltanti , lieto e
ùividiabiJe; ma di grande disdetta, che la per»
dita di uomini di tanto senno è irreparabile,
né altro a noi rimane che di seguire, per quanto
può farai* la loro autorità e il loro esempio.
Por non turbare frattanto la oaorevolejBsa.
(0 De ffita Jo^ frtfHc, Commenéomi card. Lib,
ir pag. i6 e 17.
^- ■ ■ ^^p^r^^^^ m. I I f^' - j I t W ill em ■ I ' 1 """^ ^w iw*'>'-^^*»<w I f - s*-
«1 tQiGi emiHÀBQ. sai
di qaetto gioroo, itosi ptrpaasareitiuQgtorao
di cornane gioooiulità a liete coDtemplasioni,
il vivace nostro pensìere non si arresti più
ehre salta .squaiiida stanca di un Meceoatn
che non ò più , ma paasi^ ormai lieto e corag^
gioso a (jaella fiorente e laosinasa appresta*
taci da un Augusto TÌvente. BJvo^iamo dua«»
^oe con comune accordo la mente ed il cuora
airottimo Imperatore e Re nostro , il quale ,
disserrilto il campo alle cure pacifiche ed agU
onesti studi, favoreggia altamente tutte quelle
institudoni che tendona a raddgtoire ed 4
mobilitare la mente umana. Egli con braccio
poasenfce sostiene questa Accademia , egli 4
l'operatore della odierna sua splendideasa, egli
lo sarà della sua perfejùone futura. Se gU animi
nostri gli sono grati e riconoscenti, non venga
risparmiato mai pia nobile ardimento, aiBn»
die possiamo sino mostrargli, se fia possibile^
die un solo ApeUe e un solo Lisippo non s^
coivano tra i veneti artisti, che, proletti daU
Taora sua, riesear poMono degni di tcamaa*
dare a'psstetrt rauguato suo simulaearob
Cari e bennati gipvnmi f U solennità è •
voi prittctpaLBieiite sacra, e a voi rivolgendonift
darò termine ai mio Discorso. Golia voee àdin
Taffetto più tenero vi ecciVo ad essere indù*
■>■* ' — ^— »M^ ^ I I 11 ■*— ^l^*^— i^^i-^i— ^.^ , IMI rt ' - .
90a DltLB LODI DI LUMI CORHARO.
itriMi nel procaocUm del Prìacipe la tutela,
de' Mecenati rappoggio;nè yì dìmeDlicate mal
più di Luigi Goroaro, e dell' artista Falco-
setto suo amicò.- • Si, tì trorerete i prot^gi-
lori anche oggidì, se, fatto tesoro di ogoi di-
mestica virtù, amplierete le sfere deirintellelto
con molta Tarietà di sapere, e se vi resterà
sempre fitto in mecUe cbe non acquista fama
e celebrità. chi infingardisce , ma chi notte e
giorno lavora per quanto V umana natura il
comporta. Tito Livio e Plutarco cidescrìssero
Filopemene, illustre condottìere di eserciti , o
ci narrarono le fatiche somme e gli sforzi che
Io portarono alla rinomanza.- Rejnolds parò
dinansi quel generale ai suoi giovani alunni, «
inpstrò loro che non punto minoriaono le fati*
che e gli sfòrsi deirartista che poggiar voglia
alle vette della immortalità. Noi dunque con-
fidiamo tutti- nd vo8tl*o ingegno e nel vostro
volere y e per voi,- gioventù valorosa , salirà
a sempre maggior lustro questa città, che
per amenità di dima, per isTegliateasa.d'in*
gegni, per santità d' instituti , per maestà i»
spieodor di edifiai, 9 per purissimo laHe appre-
stato alle tre divine, arti sorelle, in tutto il
mondo è stata sempre fangosa.
. r I i^i^^^p-^^^^i
CENNI
INTORNO ALLA VITA
DBh- COHTI
COSTANZO TAVERNA
GENTILUOMO MILAHI8I
Puhhlicati in Venezia Vanno iSig.
m
^^"■•" " I
4#««»*««»*««**#*#««#«»*»f**4»**#M#«**«#««««IHMMIk
V^vt iHEQUENTi delìr) cbe hanno a' tempi
Aoslri scoavo&to sì grande parte di Europa,
Bon tanto mossero la sfrenata licenza di falso
filosoCare quaato dal mal esempio agi' infimi
dato dai grandi. Infonde disprezzo èdirane)*»
Vaouno più volgare quelFuomo di. acbiaita
cavalleresca, il quale, in cruccio con aè me*
desimo, vive nella traseuraggiiie, perde tempo
e salute nell'osio e neUe lìbtdlnt, condannalo
spirito a faticare per la sua gola, mostrasi
vile nelle disgrazie, insolente nelle prosperità^
e scordasi in ogni occasione che Tanima di
no Lazzaro ha teaipera tanto fina quanto
quella d'un Bpoiooe. Il popolano d'igoobil
naseita^ die quasi .sena'accor.gQr8Ì a poco a
poco medeUasi sol suo superiore, resta im*-
kafvulo delle ree di lui usanze, e introdotta
la covoBsione nel cuore, dì tpenia irapeirtinaiitsav
vendicativo, sfrenato. Abbiasi Top posto ad
esempio, e mirisi al perfetto gentiluomo. Tiene
••1^
■-^
906 CLUNI INTORNO LÀ TITÀ
egli la religione nell' animo e nella lingua, è
generoso senKa esaere prodigo, è.nobiie senza
fasto, è ufBsioso senza bassezza, gentile senza
affettazione, in mezzo agli altrui eccessi è ma*
derato, è fermo ed imperturbabile nelle dure
yicende, vendica le ingiurie coi perdono, gli
affronti coi favori, e s^è severo con se, è di^
screto cogli altri. Quale è egli in questo caso
Tuomo dosainale che non resti preso di rive-
reosa, che di continuo non legga nella ^ono-.
rata fronte del suo superiore quei nobile«on«
legno che gì* inspira amore, e volontà di se*
o<>adarlo, di obbedirlo? Lieto come io sono
stato di una dimeatichezza pressoché quadri-
lustre e di una intima conoscenza del per-
sonaggio, la cui irreprensibile vita ora alquanti^
disamiiier{>, riescirà a me soave cosa il fare,
abben^hè con roano pennello, il ritratto di
cosi fatto genliluoroo: e i pochi ingenui ceonì
•egoorti basteranno afaneao a mostrarci il co-
stume suo, la aiqgohre bontà di un cuore
salo per la beoefieenta, il suo costante eser-
eiaio delle virtù cristiane, e quelle ultime ri«
apetldbili diapoaicioni (toUe quali egli chiuse
finalmente gli ecchi a placìdisiimo aenno.
■ • «.1
91 GOSTlttSO TATtMA. ^OJ:
Educazione e Costume
I n'obiKssimi conti Lorenso Taverna ed
Aona Lunati "Visconti diedero nel iinccxLTiif .
i natali a Gostahxo TAviasA, e furono bene
avventurosi perchè dopo questo primo frutto
di loro unione da altra numerosa schiera di
dieci figliuoli si videro circondati , e tutti di
bei costami adorni e quasi tutti oggidì ancora
fiorenti in salute. Ilpi^nogenito di una fa*
miglia, ch'ebbe nel suo seno uomini di alto
governo,' magistrati • cospicui, vescovi e ear*
cb'naii, dovea ad ogni più signorile disciplina
addestrarsi, e per questoggetto venne affidato,
al collegio dei Nobili, allora diretto. in Mi-,
lano dai Padri della Compagnia di Gesù. Era
il giovanetto nostro di pronte ing^no, d» te*,
nace memoria, di cuore amorosoi e neiratlo
che stava applicandosi agli studi delle lingue
e delle seienara^restaTa da candissimo affetto
legato a* suoi educatori^ af&tto che mantenne,
laro inalterabilmente in tutta la vita, lo ho.
impmmto pocke ooee^ soleva miodestameole
dire, e credo che Im massa delle mie letture
non ohrepassi a pochi volumi in foglio, ma
mi conforto eempre di dovere la chiare»9a
^08 CElmi IHTOftllO lA TlTà
defle mie scarse idee al mio ottimo maestro
P, Ricchini ed al dottissimo P, Braghetti ^
uomini famigerati, il secondo de' quali in età
qaasi secolare vive tuttatia prèsso la Mia in-
sìgoe benefattrice rapcidacbesaa Beatrice £
Este.
Ogni gairsoae, nato agli agì e alle do«
Tizie, quando sta per passare dalla palestra
delle scabrose ìstitasioni a. quella dei tumulti
e della scuola del mondo, trovasi al yarco il
pili arduo e il più spinolo di tutta la vita.
Con franco e sicuro piede lo superò il nostro^
Costanzo; e quantunque le basi di religione
e di equità àressero nel suo tiiore preso ra-^
dice, nuliadìmeno gli riuscì dolce il farsi scudo
di un Mentore ohe Io sostenesse; e tale fu il.
pio e dotto religioso D. Giuseppe Piantanida^
di cui nuUahra potei essere la cura foorcbò
quella di tenere con avvedutézza infrenato un
temperamento di natura sua fervido e mupe»
taoso. Ma già il generoso- destriere era berne
ammaestrato al eorso, e \% tedremo adesso
di per se volare «ila raeta^
Ii« captale della Inaobria iè quei sereni
giorni goveroavasi dai Firmiaii e dai Wtlsecfa^
ed er^ ingemmata di stdle quasi tutte appar«
tMMti a lignaggi palii^ I Y^rm, i Bìscoaria^
mmB
fll COSTAUSO f ATERRA. fO§
l Sìtva, i Fumagalli, le Agnevi, diredtavano
nomi ear&pei nelfatto che i Trivalcio, gli
Argelali, i Peitasali, i Genobtti di a. Ani«
Lrogio limitayansi nel compiacimento di re^
care Itialro alla patria o con magnifici maset
o con iapeziose raccolte o con opere alla na-
zional ciyihà assai proficue. A questi ultimi
Vi coileg'ò per inclinatone il conte Goatanro,
<e deir Antiquaria e della Numismatica divenne
cultore ferridissimp. Imprese e condusse quasi
ji buon fiue una raccolta di medaglie' degfkP
lustri Ilatiani, altra Ai pontefici e cardinali,
^Itra di medaglie e monete degli Estensi, dei
Medici, dei Farnesi, dei Gonxaga e di mi^
nori prindpi italiani^ e«opratlatto quella <ÌelK
snonete milaBesi dai tempi 4i À^cadio sfnei
ai tempi deH* Aagastojora felicemente regnante.
Questa ditetterofe sua ocMpai^Ofie sietteafo
in bìsegno di frequeiili e familiari eitrovi; e
quindi pili facilmente naeqtte, eccome ié
penao, quella intima ceneseeoza ehe potè far*
ia 8oa patria della dolcesra deiranimo suo «
^eirattitudine Aeì ano ingegna.
Ija patria è un Argo il quale, Senaacbè
altri si avvegga, osserva e disamina, e pesa e
saluta le qualità dei suoi figli, e selle occa-
sioni h, impegna in quei earidii t>be mesgW
isiamia.^ "Opere *i
- «-^
mmK^mmmmim
Sia CEym XHTOBHO LA VITA
poMODO loròcoDTeDÌre. Ad un gentiluomo die»
oltre i nobili passatempi studiosi, cominciava
a distinguersi nella gravità del costume, nella
•oda pietà e nella beneficenza , spettavano pesi
corrispondenti; e quindi si vide egli di buon'
ora eletto a visitatore delle carceri, indi a
deputato all' amministrazione dei luoghi pii^
finattantochè, avanzando in età, decretato gli
venne il distinto posto di uno dei ix Decu-
rioni; nobile e generosa magistratura il cui
oggetto era il governo municipale e la cara
deir interesse e del bene dei poveri. Questo
sollievo dei poveri cominciò a diventare la
passione dominante del nostro Costanzo, e fu
in progresso di tempo quasi la sola in lui
permanente.
In età di circa trent*anni si determinò allo
stato coniugale, e la Provvidenza seppe tes-
sere la «uà unione colla contessa Paolina
Trotti^ matrona che pel cumulo degV incom-
parabili suoi pregi valse a raddoppiare in lui
la felicità della vita. Afa non potrà oggi^À
questa prestante e affettusa Yedova trovare
alleggi amento alla sua grande tristezza che
nei consigli della religione confortatrice!
Della esemplare vita privata del conte Co-
stanzo, tenuta durante il s«o domicilio
/
DI COftTAHIO TATZIKA. ^ ^i i
patria, cioè sino ycrso il sao cinquanteaimo
aoDo, non giorm-à fare narrasione miirata.
E in generale da considerarsi di egli la con-
daceya tra le benediiioni di ogni ordine di
persone^ e qnale poi da lai continuata venne
per tutto il resto dei giorni sooi nelle YÌni-
siane contrade. Modestissimo, com-^Ii era,
la nobiltà della sua famiglia non fu mai il
soggetto dei suoi discorsi, ne io ho saputo
giammai ch'ali fosse feudatario di Landriano,
né ciamberlano di S. M. I. Nel prosperevole
alato di sua fortima misurava con giusta bi-
lancia le spese colle rendite, osservando che
sono egualmente viziosi gli estremi di una
sordida parsimonia che rende Vuomo vOe, e
di una profusione imprudente che lo rende
pazzo. Niuna amara vicenda destava in lui
tetro umore, e quello squarcio medesimo che
il duro imperio dei tempi faceva della reli-
gione dei nostri padri, non Io rìmoveva dal
rispettar meno il braccio delle autorità^ dia-
simulando ogn ora quei mali che non era in
suo potere di correggere e d'impedire. Non
usciva mai dalla sua bocca parola che discon-
venisse ne alle regole della più fina educa-
zione né a qudle dd difioo Vangelo; ed era
«empre uCBaìoso e gentile nelle maniere, sen«
:Slt3 cenili nCTOUlVO 11 TITlL
pre uguale e cosUate nelle amicizie. PUeet-
^li di convitare epeeso li suoi conosoeBlì^iion
per inebbriarli di liquori Franchi 4>d IWi,
•come per fasto avviene nelle mense odierne,
«a per intrattenere le più accette corri spon«
•dense, e per aj^giugnere vita e giovi aKtà alle
•ore *de$tiaate al familiare convivio. Il ano con*
iegBO era dignitoso, e qnale conviensi ad uomo
che non si piega mai ad incensare la fortuna::
nobile era il suo aspetto., e sì dolce da lasciar
trasparire dal volto il candore della scia anima:
Testiva «empve sensa ombra di pompa, per-
«naso elèe Vabùo proporziomtè9 al ^apatterc
jìa moìto pia Ma moda d&lPaiìtQ assettato
4iUa perdona-, ed in fatti aoii è la pompa ch«
imprima negU uemlai la rivereaKa, ra» la
wirtù.
Qaando sì soUevè la SraC^a «taato fatale al
ripos» italiane, «cioè «eiraono moccxcti, il
co&te'Ooslaaao^ a finesohanlo di andare oer*
«andò .qwiMa tranquillità chWa pia indispen-
sabile alia saiate delia sna diWtta Compagna
«ohe a ki medesimo^ passò in contrade di
•cielo mèn («4oo^ e soggiornò a Lecco e ia
^al d'^lba^ e pia longo tempo ìa Lagano.
l^taneesi poi ia Milano, e nell'anno mdgcxg<ix^
»el teospo in cui le armate austrìache rkom*
mm
poneTano le aiHìche islttuiiooi delia. &ua pa-
tria, dovette laBciai'Ia ii heì nuovo per pa^
tare nei Yeneti Stati a fare uso dei salubri
l»agin di AImioo. Verameate àrnica di queste
contrade fa (|ueHa steHa cKe fra noi Io portò
e che vegliò per circa altri yent'anni alia
oonservaaione de' suoi giorni, con noi inalte-
rabilmeote ooodotti per parlarci sempre colle
opere e coHesempio, per darci in sé stesso il
modello del perfetto cavaKere cristiano, e per
lasciard prove di benefioensa che vuoisi adesso
con qaaldfte maggior particolarità ricordare»
Beneficenza^
lo non aveva alcun diritto^ alla nascita e
alle rieo1itzze\ e non è ella follia lo appro^
priarsi tuti* i doni di Dio e della natura
quando non ai può pretendere ad alcuno di
essi? Il Signore mi ha fatto depositario di
,pingui semine y ma (juesie nah sono micy ed
IO tengo ohhligo di dispensarle a chi ne ha
iisogno^ prescrivendo giusti timiti alle mie
Irame come alle mie imprese» Alcuni cen-
^ono al mondo per non godere altre rendite
Morchè quella della carità dei loro fratelli,
^d altri nasewiQ neirabhondanta perchè ai^
V
9i4 eEimi iRTORiro tA vita
biano comodo di esercitare la carità^ di modo
the la virtù di questi dipende assolutamente
dalla miseria di queUi^ e i donatori non sono
meno ohbUgati di quei che ricevono. Questi
aurei sensi erano negli sfoghi più liberi del
cuore proferiti dal eonte Costanzo, ed a questi
sensi sempre si conformavano le sue asioni.
La bella rettitudine deiranimo suo non avrebbe
bisogno di più ampio commento.
Dai letto maritale non ebbe mai àleun
rampollo, ma questa mancanza non rendealo
meno applicato alle care di padre. Patresfo'
milias chiamavano i Romani i padroni di
casa, appunto perchè, anche non avendo fi-
gliuoli, assumevano la vigilanza e la soprin-
tendenza dei loro servi; ed in ciò era egli
veramente perspicace e zelante. Sempre at*
tento. nello instillare in tutti Famore della
religione e reserciaio delle cristiane virtù,
attendeva che temperata fosse tra loro la di«
strìbuziooe dei pesi e degli uffiz). Il dissoluto
non ha mai trovato ingresso nella soa casa,
poiché Costanzo riguardavate come contagioso,
e bastante uno solo ad infettare tutta la sua
famiglia. Sapeva che Tuntco modo d'indur
ad obbedire con rispetto è il comandare eoa
moderazipne; quindi trattava sempre i «noi
DI C09TA1IZ0 TATIBHÀ. 21 S
servi da sudditi liberi, non da schiayi. Noa
potea egli comportare la prosontuosa condotta
di quelli che comandano con arroganza, o
come se i loro dipendenti fossero bestie da
carico; e quand'anche troyavasi costretto a
correggere qualche trascorso ^ intentamente
astenevasi dal risentimento e dalKardore, sa-
pendo bene che la collera ottenebra la ra-
gione, rende Tuomò inferiore alla sua dignità)
e inasprisce il male in Tece ili sanarlo. In
mercede di tanta bontà non si è yeduta mai
famìglia in cui la mano, ed il cuore deiseryi
fossero con più affetto consecrati alla diyo«
zione del loro padrone: tutti lo rispettayano;
lo amayano^ e se pure nascere poteya tra essi
qualche dissensione, era il padrone che com-:
poneya le discrepanze con equità dì giudice
e con carità di padre.
Ma usciamo dal ricinto delle domestiche
pareti, e tocchiamo alcuna cosa che faccia vie
meglio conoscere com'egli sapesse bene nu-
tricare i frutti del campo non a suo prò, ma
ad altrui benefizio; e rendendo ora palese al-
cuna di quelle virtuose opere da lui praticate
nella oscurità del silenzio, lo farò. Iddio con-
cedente, ad universale edificazione. Brano in-
dicibili le segrete sue limosine^ sempre però
) I 6 GEimi MTOBNO' tA TITl;
i^aarate colla graoilezsa della sua fortuna f e
perchè Doa fossero ricevute co» rossore, o a
^pese della pasienza, egli era quanto mai puj>
(Itrsì industrioso I sicché la stessa sua maniera^
£ donare aggiugnev^ al dono prezzo mag*
latore. L*umanilà; sofferente era prima di ogni
^Ura cosa lo scopo suo, e con fina arte infor*
«lavasi di queUe decadute famiglie tra le quaU
potesse giugnere più utile il suo soccorso ; e
Qenzachè sape^ero quale fosse la mano sol le-
vatrice, si trovavano bene assistile di medici
e di loedkiee. Povere e oneste giovani y in
occasione di accasarsi, e^ano sicure di ricevere
ctotazioni oil ajuti, né altramente faceva per
quelle die operato egli avesse di poter ritrarre
dalla putredine. Religiosi claustrali, ridotti
per contraria lortì^ua a meno che decorosa
comparsa, avevano in lui chi loro ben prov-
vedeva ì e larghi e secreti soccorri menti ofTeri
io tempi molto piii avversi di questi nostri
per salvare loro tempio e ricoverò. Accoma-
cavasi spesso col bottegap e coll'artiere per
ilGoprìre lo stato di qualche indigente; e
nascondendosi agU occhi de' più intimi suoi
famigliari; o valendosi d'indirette vie» faceva
giugnere presid) tali che bastassero a rimet-
tere una sbilanciata fortona. Ricorderanno
■^
DI COSTANZO TATEMRA. 31 J
teni{>re il suo nome con gratitudine i Luoghi.
Pii egrÌDStìtuti di opere di carità di Yenezii,
e di Padova priocipalineiKey epotrebWro ri-
cordarlo- eziandio tanti altri benefici asili eretti
in lontani paesi, che a Loveto, a Parma, a
Bologna e sino alla Dalmazia pervenivano le
sue generose limosiae. In una delle estremità
di Venezia si sta innalzando oggidì ampia
i^asa di ritiro e tempio di preziosa struttura
per dare agio di servire a Dio,o di apparec-
chiarsi a formare la felicità delle famiglie, a
quelle donzelle spezialmente le quali, nate fra
qualche fortuna, caddero poi nella indigernsa.
Parli lo zelante religioso che di questa nuova
opera di carità è assiduo e benemerito am-
ministratore, e dirà egli the ben rilevanti
somme, fornite dal conte Costanzo, venivano
ad allargargli il cuore, e sempre con nuove
industrie che poteano soltanto i«rgU indovi-
nare chi fra i tanti suoi generosi benefattori
stesse fra i più liberali. E di siifatta bbera^
lità^ ch'estendevasi in oltre a sommini:$trar
lavori ad artisti, a beneficare amici, ad acco-
gliere signorilmente ospiti, a nobilmente re-
galare pallenti, era direttrice la più fina pru-
denza, mentre dispregevole riusciva agli oc-
£tù suoi quel gentiluomo, il quak per so»
m
9i8 CBinii iRTomo la tità
propria disavvedutezza restasi ingolfato nei
debiti, e fonde e biscazza il patrimonio degli
ari con danno della carità e delia giustizia.
Firtù Cristiane.
Quegli cbe vanta di professar le virtù mo*
Tali senza avere il fondamento della religione
nel cuore è come queir intemperante che parli
molto di sobrietà in mezzo alle gozzoviglie
apiciane. Felice Tuomo che imprende da gio»
yanetto ad avvezzarsi alle cristiane virtù, le
quali sole possono conformargli lo spìrito ai
godimenti più puri e non accompagnati mai
dalla inquietezza, dalla incostanza, dal dis-
conforto! Sino dai suoi più verdi anni il
conte Costanzo erasi affezionato a divote pra-
tiche religiose^ e mantennesi poi sempre esem-
plare nella pietà, senza mai rifiutarsi ai di-
ritti della mondana grandezza. I suoi cristiani
esercizj, la sua piena docilità alla Toce dei
ministri del Santuario^ i suoi atti di umilia-
zione verso il CSreatore, la sua rassegnazione
nelle disgrazie^ le sue astinenze, erano di con-
tinuo mirabile esempio alla famiglia^ che noi
"vedea per tutto questo riuscire men giocondo
« virace nella società. Impetuoso di tempera-^
m^^amm^^mm^^
mento, come si è accennato, e sensitivo delle
industrie le tante volte con fina malizia ordite
contro la santità delle divine leggi, avrebbe
volentieri lasciato sfogo alla effervescenza dello
instinto, scagliandosi contro la impudente sfre-
natezza o r astuta impostura, ma rivolta la
niente a Iddio, guardava il Cielo, e ricompo^
nendosi tosto alla tranquillità, cristianamente
si rasserenava.
Come abborriva i libri contrarj alla mo-
rale e al buon costume, cosi prediligeva quelli
•che possono illuminare T intelletto ed infiam*
mare la volontà. Di queste sicure guide, di
questi sostegni nelle afflizioni dello spirito
voleva che ne fosse divolgato possibilmente il
conoscimento, ed alcune eccellenti operette si
stampavano e ristampavano a spese sue per
fame poi diffusi regali agli amici e ai diret-
tori delle coscienze. Grande quantità di divote
-immagini si andava eziandio per sua cura
pubblicando; e queste, siccom*egli era delle
arti graziose fino amatore, cosi voleale sempre
di corretto disegno e di elegaft te bulino, Hcb-
noscendole più atte ad insinuare la regolare
pietà. Le arricchiva poi alcuna fiata egli stesso
di brevi ed affettuose orazioni per isfogo spe-
zialmente della singolare sua divozione alla
a90 CtW»! IHTOSMa J.k VITA
Goncesiooe di IVI. Y. ed a S. Giuseppe ftai>
protettore. Si è di già detto che erasi èedii-
cato uDa Yotts a diletteroli raccofte di Aoti-
qaaria e di Mumiaoiaticay e negli ultinù suoi
.asm eoo innocente passatempo, daodo pascola
^U'onil>ra sola rimastagli di sì ingeniti tei>-
dense, era sollecito a formarsi ora ana serie
delle più dotte Difese fatte alla celebre Gooi»-
pagnia di Gesti, ora altra dei più profondi
trattati scrìtti intorno aUa Concezione di M, V.^
ed in fioe la curiosa e copiosissima collezione
di tutte le Immagini che in ogni tempo e in
ogni luogo Tennero impresse del suo inclito
concittadino S. Carlo Borromeo.
Quel sibarita, che per non disturbarei suoi
sonni, van tarasi di non aver veduto mai nar
scere il sole; che si doleva- che il canto dei
galli li interrompesse^ e che non polca ripo-
sare placidamente perchè due foglie di rose
si erano addoppiate sotto al sua fianco, sa-
rebbe le mille volte morto di spasimo se ve-
duto avesse in qisanto disprezzo teneva il no*
atro cavaliere i comodi della vita. Per lunghi
anni soggiornò in case aperte a comune al-
bergo; era sempre contento dette stanze le
meno agiate, e coricavasi volentieri sopra
materassa duramente impuntila. Ogni sua
^ '
»I COSTANZO TAVFRSH. S^f
jjremura stara, in coaclusìone, riposta aeflo
steccarsi da tutte quelle mondane compiacenze
che gli uomini avidamente cercano: cosi ■ né
4imaTa la vita, ne temeva la morte, ed era.
ugnai mente -disposto a conservare il suo posto
o ad abbandonarlo id primo*comando del suo
Clreatore.
Il conte Costanzo Taverna, pio e benefico
pereonaggio, era prossimo a compiere ri suo
aettantesimeprime anno quando grave e penoso
malore lo colse in Padova^ ed ivi nel dì iv di
:gennajo dei corrente anno mdcccxix la saa vir-
taosa anima «i di sciolse dai legctmi del corpo.
Morì'in mezzo alle copiose lagrime dei suoi e d<i
qaelie dei Padovani, che fervide e spontanee
preci porgerano al cielo per lo sao sanamentò;
anoiù placidamente e da santo, accompagnando
le orazioni del sacerdote che tingevalo degtt
'01 j santi^ morì in somma come peregrino
«die passa da incomodo albergo ad altro pia
riposato « sicuro.
ultima voUxrtfà,
Io mi propongo di 'esporre finalmente al-
cuna cosa iiltorno alle disposizioni tettamene
taxie ^lle cjnali FomaUwiroo nostro jjeflta*
S24 Cimit THTORIie li VtT%
«oiti beneficate per tntta la loro rita. Voi,
prudenti amministratori del suo retaggio*, voi
che ftiMte a lai stretti per instrinflichezza; ^<>i,
fidi e leali suoi camerieri^ toì dimestici dei
pin basso grado, voi vi trovate tutti assicurQti
-della perpetra vostra sussistenza; altri di voi
Tede assicurata anche quella de* vostri figliuoli;
•e volle il benefico uomo che fosse provveduti.)
«in andie ai vostri bisognini casi di malattie^
«come pure rimesso ogni debito a chiunqae
«eco lui incontrato lo avesse.
Tutte le accennate disposizioni hanno in
line il corredo di una singolare prudenza, at-
tesa la scelta dal Testatore fatta di un arln-
tro assoluto, nominato ad oggetto di definire
in ogni evento e per sempre, qualunque qui-
stione senza avere «ai bÌ6(»«:no di alcuna s#-
leiine formalità di -giudizio.
Gol tenore in brevi cenni sin^ora da me
ittdteato^ e che altri potrà ben isvolgere in
^orma che più nobilmente si addica, visse e
«neri €ostan:s9 Taverna, Ora il gentiluomo
•che batte gli spaziosi campi della orgogliosa
ambizione non riconoscerà e^i che meglio
«arebbe guidalo anche afta terrena felicità
•orbando di continuo, oome Costanze, oa
«QiMr« umile, pasto, benefico^ Telj|;io80? £
^^^^^^^^^^^m^^^^^^^mm^^^^^^^^^^^^^^^^^m^
BI COSTÀUZO Ti verri. 33 S
ven sarebbe questo il veracissimo mezzo per
ottenere che tengano Fispettati eziandio dai
mondo i suoi giorni ^ e che- vengano poi ba*
eiate le pietre stesse del sno sepolcro ? Ri*
cordisMnoci della sentenza (fi Seneca: In ho^
mine quocumque nihil ad rem pertinet^ quart'
tum aretj quantum foeneret^ a quam multis
saluteiur, quam pretiosaincumhat ledo , quam
pellucido poculo hibaty sed quam bonus sit:.,.
Nullum aliud honum quam honestum^ nee*
uliud malum quam turpe. De Yirtote»
Gviiia^ Opere
— ^
LA VITA
DI
GIO. BOCGAGCIO
Venne al^ Autóre imposto U limiie di un
solo foglio di stampa informa di quarto,
il quale dovesse comprendere la compen*^
diosa Vita del Boccaccio, da inserirsi neU
tOpera intitolata : Vite e Ritratti di illu«
stri Itafiani. Padova , Bettoni , zSao , -toL
a in i^
<»»»»»»» »» »»» »»M»»i »» »M »»#< »> » »«»» » » »»»»»»»»»
lyRiGiiiiBio di Gertaldo, castello del territo-
rio fiorentino nella Yaldeka^ ebbe suoi natali
in Parigi Tanno i3i3 , e sortì culla circon-
data da tenebre, siccome figliuol naturale dU
mercadante fiorentino e di nna gioyane pari»
gina. Arerà il padre'deliberato di serbare il
figfiuolo all^abaco^ non alle lettere ; ma delle
lettere si mostrò egli acceso essendo tnttayia
fanciallo, e lasciò presto scorgere qWrari
indisi di primaticcio ingegno che doyeano ub
giorno soUeyarlo alla sede immortale d'uno
fra i tre primi grandi ristoratori dell' italiana
letteratura. Trasportato da Parigi a Firenae^
ottenne qui?i a maestro di grammatica Gio-
vanni da Strada, e lo iniciò poi nelle mate-
matiche e nell'astrologia Andatone del Nero,
astronomo genovese. Gli fu pure di grande
presidio ramtcizia dì valenti uomini , ed in
ispezieltà la dottrina di Paolo da Perugia ,
bibliotecario del celebre re Roberto in Napoiii
a3o NOTIZIE su LA VITE E LE OPEBE
do^ (dopo a^ere per i paterni disegni vagate
qua e là) si ridusse all'età di 23 anni. In
Napoli visitando un giorno la tomba del Can-
tore di Enea si sentì insolitamente infiammato
di ogni poetica e scientifica dottrina ^ e ne
divenne ricco in modo da potere presto ri-
splendere in quella corte, ch'era allora la più
dotta e magnifica deiritdlia , e che aveva già
fatto tal memorabile accoglienza al Petrarca
da incender il Boccaccia di ;generosa emù*
lazione.
Ma vagheggiando le lettere y non era egU
meh inchinevole alle passioni che allacciano il
cuore. Filippo Villani ce lo dipinse di ^to/i/ra
alquanto grande, con faccia rotonda ^ con
labbri alquanto grossi y nientedimeno helU e
hene lineali; con mento formato che nel ri-
dere mostrava bellezza^ di giocondo e allegro
aspetto y e in tutto il suo ragionare piacevole
e umano i ora non è a maravigliarsi se Marta^
leggiadrissima figliuola naturale dello stessa
re Roberto, che sotto il nome di Fiammetta
poi resesi celebre, gli sìa stata oltre il dovere
prodiga di que' favori che trovansi descritti
nel libro intitolato appunto la Fiammetta.
Aveva messer Giovanni piegato il collo al
giogo di amore per Maria nelFanno i34i > e
««■!
DI GIOVANNI BOCCACCIO. ti3l
spese poi gran parte del suo tempo nel com«
mendarla in prosa ed in rima. La yiyacilà
del temperamento di lui, i licenziosi costumi
del sècolo y il predominio delie passioni più
aliettatrici lo ingolfarono per parecchi anni in
nna vita epicurea, sicché scaturì poi quelFin-
verecondo scriTere, che yidesi prodigalizzato
soprattutto nel suo Decameron \ opera a cui
hanno prestato i colori il furbesco ammiccare
e le men che oneste cortesie delle amadrici
insidiose.
Gontaya il Boccaccio 3 5 anni di età quando
rimase priyo . del genitore , e pare che jpoco
dopo, sazio de' compiacimenti che nulla gio-
vano alla costante serenità della vita , comin-
ciasse a battere tult' altra carriera , cercando
lieta e riposata pace in seno della sua Firenze^
in cui Tenne a pigliare stanza verso l'anno
i35o. Quivi ben presto conobbesi il suo raris«
simo ingegno , e se ne fece sperì pento con
una missione dì cui fu incaricato all' illustre
esule Francesco Petrarca, che allora soggior-
nava in Padova, ed a cui venne ad offerire
la immediata restituzione di tutt'i beni del
paterno retaggio. Bello sarà stato il vedere
questi due spiriti peregrini , di candida ami«
sta strettamente congiunti, intertenersi in que.
^32 NOTUIZ 80 Li TlTl E LI OPERE
sf occasione ài alti propositi e di studi geaiali,
mentre solinghi al tramoatare del giorao paa«
•eggiando in un orticello posto jlango le sponde
del Brenta^ si svelavano a vicenda le afFeeioni
verso il nativo cido le più magnanime, fedi^
dicea il Petrarca al Boccaccio , come inestrì*'
cabile fato guaste la venustà di questa nostra
llalia! come ne distrusse il pudtn'e , le pas*
sate onorificenze, il potere e lo splendore
della sua maestàl Di altre anche più impor*
tanti commissioni fu il Boccaccio in progresso
di tempo incaricato,, e sostenne orrevole am-
basceria ad Ostasio da Polenta , signor dì
Ravenna, altra a Lodovico March, di Bran-
dehorgo, figliuolo di Lodovico il Bavaro , ed
altre, alla sua fama dicevolissime, a papa In*
jiocenzo YI in Avìgncoe , e a papa Urbano
y in AvigQone e in Roma. Scipione Ammi-
rato ci «erbò una lettera di quest'ultimo pon-
tefice, nella quale significa di avere veduto et
ascoltato volentieri il Boccaccio in riguardo
delle sue virtù.
Del conquisto delle virtù egli era in fatti
allora pervenuto a sinceramente infianunarsi.
Gli esami più scrupolosi delle antiche dottrine,
Tapplicazione indefessa alla greca e alla latina
lingua^ il frequente esercizio del comporre e
»^^»
OI CroVASRI »OCCACCIO. s33-
ilelcopiare ì componimenti altrui, il consorzio di
pochi ma dolli amici, lo presidiavano incessan-
temente, e sappiamo ch'egli fu largo di cara
e lunga ospitalità a Leonzio Pilato , mvidis*
61010 uomo greco cui dovette la cognizione del
più dotto tra tutti gl'idiomi; sicché era ormai
venuta stagione che il Certaldese facesse più
conto deir ispida barba d'un proscritto tessa-
lonicese, di quello che sia degli sguardi am»
malìatori delle Fiammette. Dall'anno i36i)
in cut vestì l'abito cherit^le^ sin all' ultimò
della vita, menò dunque suoi giorni con tanto
riaerbo, e in mezzo a tali austerità che potè
apparire uoraEO tutto nuovo ; né giovò poco il
Petrarca a tenerlo saldo sui sentiero delle
virtù cristiane, sentiere che gli era stato aperto
dalla parola del beato Pietro Petroni. Questo
buon certosino (siccome abbiamo dagli atti
inseriti nel T. Vili de'Bollandisti) trovan-
dosi presso a morte, per mezzo di Giovac-
chino Ciani, certosino sanese , fece sapere a
inesser Giovanni , che gli sarebbero , rimasti
pochi soli anni di vita ; e che se in questi
pochi anni non avesse dato bando alla poe-
sia sarebbe stata inevitabile la sua perdi-
zione. Conturbatosi il Boccaccio , per minac-
cia tanto funesta , volea non solo ulienarsi
934 NOTinE su LÀ VITA B LB OPEBB
dalle Muse, ma altresì da ogni altro studio
profano, e gittare alle fiamme presso che tutti
i suoi libri ; se non che il Petrarca in tale
occasione, grindirizzò dalla sua solitudine di
Arquà una luqga e aggiustatissima lettera ,
che ci resta tuttavia^ nella quale eccitoUo a
non bandeggiare le lettere, a non privarsi
di libri, bensì a fame utile uso onde ne resulti
poi il generale profitto. A tutto ciò attendeva
in fatti il docile amico uel firattempo che gU
rimanea dì ozio a cagione de' replicati suoi
viaggi in Sicilia e a Napoli , fiachè, pieno di
meriti pe' servigi resi alla patria, alla lettera-
tura, al nome italiano* chiuse piamente le
luci in Gerlaldo il giorno 31 di dicembre ,
i3^5, in età di 6a anni. Era nell'anno ante-
cedente mancato aVivi il Petrarca , intorno
alla cui perdita il caldo amico Boccaccio aveva
scritto* a Franceschino da Brossano una lettera
da non potersi leggere ad occhi asciutti.
Sarà buono indirizzo ad elevamento di
mente il riconoscere il grand* uomo anche ia
atto di dettare l'ultima sua volontà. Egli, già
vagheggino di principesse famose ^ già dilizia
di spleudide. corti, già imbasciatore a priacipi
ed a pontefici , già moderatore di ogni più
eleUo sapere^ ad onorata povertà confinatosi,
mm
m GicyrAviri boccàccio. 33 S
abitava una casetta uaùlissima^ e tale che di-
veiine sin' a tempi moderni il misero 8og*
giorno del messo del Comune, ed in essa egli
chiuse gli occhi non senza dettare un testa*
mento con cui potè disporre soltanto di alcun
campicello, di meschine masserìzie^ di pochi
libri e di qualche divota reliquia. Lascio ,
scrisse con gentile animo e nella misera for*
tuna pur liberale, alla Bruna , figliuola che
fu di Ciango da Montemagno , una lettiera
di albero y una coltricetta di penna ^ un piu'
moccio y un paio di lenzuola buone , una
panca da tenersi a pie del letto , un desco
picciolo da mangiare di assi di noce ^ due
tovaglie e due tovagliuole , un botticello di
tre some e una roba di monchino^ foderata
di zendado porporino ^ gonnella , guamacca
e cappuccio. Egli lega poi una immaginetta
di Nostra Donna scolpita in alabastro agU
operai di san Jacopo di Gertaldo , altra im-
magine dipinta a Sandra Buonamichi , ed i
suoi libri al venerabile maestro Martino da Si-
gna Agostiniano, colla permissione di lasciarne
far copia ad qualunque persona li volesse*
Al Decameron dee il Boccaccio la più alta
sua rinomanza, a quel libro che fece sclamare
a Benedetto Fioretti (più noto col nome di
a 36 KOTICIE SV LA TUA E LE O^EIB
Udeno Nieieli) che siccome gli allocchi , i
hàrbagianni e simili ucùellacci notturni rice-
irvno abbagliamento e stupidezza dal sole ,
così gV ignoranti non potendo ben penetrare
tacutesza e la profondità di un tanto libro,
rimangono det tatto confasi e mentecatti. Io
fo concetto che questo signor Benedetto ayrebbe
trafitto e pugnalato quel Paolo Beni , crìtico
{>rosontaoeo che dalla cattedra di Padora prò»
nonziava, essere nella sola novella del re di
Cipria la pia breve di tutto il Decamerone,
eopra trenta errori di lingua e di stile, i quali
poi schierò ad ano ad uno nella sua Anticru*
sca. Ma se le Dieci Giornate fecero salire ben
giustamente il Boccaccio a fama immortale,
molte altre sue opere non lo resero meno
benemerito della universale letteratara.
Primo in Italia egli scrisse romanzi amo-
rosi. Il Filocopo , sua giovanile fatica, non è
certamente tra le migliori, e racchiude nel
Libro quinto due Novelle, ditegli foggiò poi
di miglior Teste. La Teseide è il primo poema
che abbiamo in oltavarima, dall'autore inven-
tata. UAmeto^ detto ancora Commedia delle
Ninfa Fiorentine^ è assai vaga operetta, fram-
mischiata di versi e di prose , ed esemplare
di quelle dateci poi dal Sannazzaro nell* Ar*
91 GIOYAIIM BOCCACCIO» i3j
eudia^.àsi Bembo negli Asolarti e dal Meo*
sni nelV Jccademia Tusculana. Anche il Fi»
hUrato è uo poema della gìovaaile età del
Boatro autore, come lo è pure V Amorosa Fi*
tiofte^ poetico lavoro in coi , aecondo il caT»^
SaldelÙ, somhra più vit^, più leggìacbn, più
^oaee che altro9e la versificazione del Boc^
cacùio. Ultimo tra*eaot poemi tuoi giudicarli
il Nùffale Fietobmo « acritto con maggion
maeitria di ^ni altro , ma non ultimo è poi
faredulo da chi aTreite dbe meaaer Gioyanai
ne^edoi anni malori non lo crrebbe certa*
mente iamdieiato di cacone brutture.
Tra le proae ^ d<^o il Decameron , suol
aasegnarai il poalo di onore aUa celebre Fiam^
meitA^ aeritta fin dairanno i344- L& ^^^^
di Dante è operioanola di alta importamBX
Il Cor&icm, e Labirinto d! Amore , contiene
amare infeUiTie oottfro certa rodeva tapìaella
dbe risponder »oa ^>lle agli amoro» riscaUi
deQo aetitlore, n ooolra ancora lotto cpel
ies$o cantile, di coi erapnrestaioilBooeaccio
al gran campione. Fit scrìtta qoest' opera
Taimo t35S, ed è lodatiesima per fiaeasa e
aebrietà di ornalo e per iacelteaa di belle
Toct. Il Ginguené pose inoansi bocne ragii>oi
per logUere dal oorero delie opere apocrifr
anche il romanzetto X Urbano ^^ e vorrebbe re-
Nel pabblicare fai mia Tradazìonc dalFo spa^
gnuolo del 0. Chisciotte di Michele Cervantes,
impressa ìù, Venezia i8iS, volumi otto in 8,
rbo fregiata di Sa figure disegnate ed incise
alPacqua forte dal valente artista Francesco
Novello, al quale ho descritti i soggetti pre-^
aceki dietro l'etame di tutta Topera. Sicoome
queste descrizioni dar possono una adeguata
idea di tutto il romanzo, cosi si di esse^come
delle più fireache provo dei rami ho formata
anche un Libro a parte, di cui furono impressi
cento soli esemplari in carta velina colorala.
Ora può contentarsi il lettore di aver sottoc-
chio il solo mio scritto, ed osservare ehe niun»
prodezza del gran Cavaliere errante venne al*
lora da me trascurata , né con fredda indifife-
rcaza uanrata.
«wavpaavPViV
•««t««tt*»«»»*«««'«t««f#«««»vtt«»»»«yttttrrvt*4»«
Don Chisdotie armato esce in campaffia*
ADATTATASI in testa una cartacea celata ,
imbracciata la targa , ed armato di rugginosa
lancia, don Chisciotte è pronto a dare comin*
ciamento alle sue prodezte, e ca?alcando Ron-
zinante, bestia che arevapiù malanni .indosso
deJ /cavallo di Gonnella^ esce per la prima
Tolta in campagna.
Dalla iSsonomia delFeroe appariscono le
intrepide risoluzioni che gli occupano Tanimo
per dare principio a luminosi assalii, per yen-
, dicare ingiurie, per togliere dal mondo ingiù*
stizie, per difendere deboli, per raddrizzare
torti, per correggere abusi , per: soddisfare
debiti, e per rendersi in fine T idolo della j.
ammirabile. ed unica Dulcinèa, del Toboso,
che dorea essere la sua fiammate il suo sole. )
In questa chimerica diyinità egli.aveya tras« j
formata un*! fresca contadinoUa^ natira. della
sua teira. e. chiamata Alooza Lor^pzo.
Gamhci^ . Opere 1 6
a^S LI PRISGIPÀLI GE8T1
Don Chisciotte creato Cavaliere dalVOste,
Giunto don Chisciotte ad una osteria, che
nel suo sconvolto cer fello giudicò essere for-
tessa, dope molte passio e dopo ayere (atta
la veglia delle armi durante la notte, impe-
gnò ir governatore della fortezza, o aia Toste,
ad armarlo cavaliere.
L*oste, coBoaciiito Tumore del anpplicfae-
Tole-| diede di piglio ad un libro in cai sta-
vano registrate le somministrazioni di paglia
e di fieno che faceva ai vetturali, ed obbli-
gando un fanciullo a tenere in mano una can-
dela accesa, impose a don Chisciotte di met-
tersi ginocchione. Fingendo allora di leggere
nel suo manuale, Toste brontolò «otto voce,
poi alsò la mano, diede al nuovo cavaliere
un grande scappellotto, e colla sua medeain»a
spada una piattonata.
Stavano presenti »1 nuovo ceremoniale due
donne di mal odoi^e. Tana figlia di an mu-
gnajo, Taltra di un ciabattioo; e ^esta ee*
coiida cinse a don Chisciotte la spada, e ^
di89e: Dio faccia che la Signoria 90$ira im-
sca il pik fortunato de^ ca9alieri^ e che ^W-
signoria abbia gloria in ogni oitncnio»
QI SOR CHI8CI0TTS. 343
Primo comhattimento coi Mulini a vento^
Voa delle prime e più celebri prodezze
del grande don Chisciotte è stata quella di
investire un mulino a yento, giudicando egli
di battersi contro un esercito di giganti. Dato
degli sproni al suo Ronzinante, ed invocata
la protezione della sua Dulcinea, perchè non
gli venisse meno di assistenza e fafore, passò
air ardua tenzone. Sancio Panza si mise a
eclamare: Guardi hene la Signoria vostra che
quelli non sono altramente giganti^ ma mu-
ìini a vento ^ e quelle che paionor braccia
sono gli aspi ohe, rivoltati dal vento ^ Janna
girare la macina del mulino* Don Chisciotte
rispose a Sancio: Ben si conosce che non ti
intendi^ o Sancio ,^ di avventure: quelli sono
giganti: e se tu hai paura scostati e mettiti
in orazione. Disse, e volò aU'aasalto; mai:fr-
^ando colla lancia in un aspo fu rivoltato eoo
tanta furia, che non solo andò la lancia tu
pezzi, ma alramazsarpno ib^TaUo • il ca-
valiere.
^44 ^< PEIlTCìrALT GE8TS
Sancio Poma sbalzato coUa copèrta^
Tanto il yaloroso don Chisciotte quanto il
paziente scudiere innumerevoli trayagli sof-
ferto aveano in altra osterìa, che pure si era
il cavaliere errante incaparbito nel giudicare
castello. Dopo ch'egli ebbe Ta testa mezira
fracassata da una lucerna che gfi sbattè in-
dosso il* bargello, e dopoché doretle recete
qtrasi gr intestini in virtù di un bars'amo,cIie
pia fatale ancora èra riuscito al povero San*
cio^ deliberò don Ghisìsiotte di partire^ senza
voler pagare alFoste 1* alloggio per non con-
travvenire agli ordini della errante cavallerìa.
Indispettitosi Foste, arrestò Sancio, e conse-
gnatolo a quattro battìlané di Sego vFa, questi
lo misero sopra un copertojo da letto, e lo
resero voktore a suomal grado, abbassandolo
e sbalzandolo in alto come se fosse stato e»-
gùuolrno. Don Chisciotte, udito il romore,
tornò verso Tòsteria, e trovato chiuso V in-
gresso potè scoprire dalla muràglia del cortile
il màrgovei'no che si faceva de! srfo sciaman-
nato scudiere. Non sapendo come vendicarlo
scagliava mille villanie e vituperj e minacce
contro la gente burlona, la quale per altro
non lasciò così presto di divertirsi alle spese
del padrone e dello scudiere.
^■1
m DOS CKiSCIOtTB. ^ u^S
Il famoso Elmo di Mamhrino. '
Dopo la strepitosa ventura delle Gualchiere,
che causò spayeoto e percosse al povero San-
cio^ si avTeone Don Chisciotte in barbiere
che cavalcava un asino bigio^ e che per ripa-
rarsi dalla pioggia si era coperta la testa col
suo bacino di ottone. Il nostro eroe lo giudicò
cavaliere che marciasse su cavallo leardo con
in testa il famosissimo elmo d'oro di Mara-
brino. Andò, in furia ad incontrarlo con la
sua lancia, ed il barbiere i^edendosi sopraf-
fatto da qualche fantasima^ si lasciò cadere
dall'asino e si mise a fuggire abbandonando
e. bestia e bacino. Don Chisciotte comandò
tosto a Sancio che raccogliesse Telmo, « cosi
Telmo-bacino passò in mano del padrone y il
quale se lo ripose sopra il capo^ e girandolo
attorno^ e cercando la visiera, e non trovan-
dola, disse: Certo che iZ Pagano per cui si
fahhricò la prima volta questa Jamosa celata
dovea avere testa grandissima \ e il peggio si
è che ne manca la metal Sancio Panza non
potea più contenersi dal ridere, ma ristette,
avendo avute per lo passalo troppo binare
prove del furioso temperaineiito del suo pa-
drooe.
■96!
246 ^> FROfGIPÀLI GBSTB
Liberazione dei galeotti incatenati.
Passata per le campagne scortato da guar-
die un branco di galeotti che pei loro mi-
sfatti erano stati condannati a servire per forza
il re sulte galere. Don Chisciotte, vedutili
appena, disse: lo mi trovo in debito di eSe^
guire gli obblighi di mia professione col dis-
fare le forze e le violenze: e, udita la causa
delle disgrazie di quegli sciaurati.» soggiunse
alle loro guardie: Signore guardie , nulla
hanno commesso queste povere genti contro
di voi; e intimò loro che fossero tosto liberati
dai ceppi. Una guardia gli rispose: Fada
Vossignoria in buon ora per la sua strada ^ e
si raddrizzi il bacino che ha in testa, né stia
cercando il quinto piede nel gatto . S* indi-
spetli il cavaliere per sì arrogante risposta,
investì ed atterrò la guardia con un colpo di
lancia. I galeotti, profittando di sì inatteso
evento^ cominciarono a sciogliersi dalle catene,
e Sancio accorse per lo primo alla liberazione
di Gines di Passamente , ch'era più scellerato
di ogni altro. Fu costui incaricato da Don
Chisciotte di recarsi al Toboso per dare conto
di tanta prodezza a Dulcinea, ma Tassassino
Bl DOM Cltl8GlOTTB. 347
nfiatò Tambascerla. Ciò diede origine a nuova
zaffa, in cui Don Chisciotte e Sancio rima-
sero derubati e malconci.
Cardenia calpesta Don Chisciotte e Sancio é
Uno sventarato^ di nome cavaliere Gar-
denio, tatto lacero e più che mexzo impazzito
per amore, volle narrare le sue sventure a
don Chisciotte, che incontrò in Sierra«ìVIorena,
ma a patto che questi non interrompesse mai
il filo della dolente istoria. Così segui si no al
punto in cai Cardenie nominò il famoso li-
bro di cavalleria scritto da Amadigi di Gaula*
A questo nome don Chisciotte si scosse, si
oppose, confutò Gàrdenio, e i due cavalieri si
riscaldarono il sangue, uno per offendere e
Tallro per difendere il gran maestro Kiisa-
hatte, imputato di avere commesso concubinato
colla regina Madassima. Nel bollore della zuffa
don Chisciotte si trovò salutato da una sas-
sata nei petto che lo fece stramazzare. Sancio
voleva proteggere il suo padrone, ma Cardenie
con un pugno se io gittò ai piedi, e, monta-
tovi addosso gli ammaccò aspramente le co-
stole. Un capraio era accorso per difesa di
Sancio, ma Cardenie, dopo ch^ebbe troppo
bene macinati e pesti quei due, fuggì via e
tornò a nascondersi nella foresta.
348 l'I mifCIFilI 0E8TB
Penitenza di don Chisciotte
in Sierra^Morena.
Per esercitarsi don Chisciotte nei pati-
menti, e riescire più degno della saa amatìs*
sima Dulcinea, ritirossi nelle spelonche di
Sierra-Morena, di dorè scrisse alla sua bella
una lettera, incaricando Sancio di esserne
portatore. Sancio, ch'era stato derubato del
suo asino, ottenne a prestito Ronzinante, su
cui cavalcò con un mazco di ginestre in mano
le quali erasi addossato di spargere per la
strada, come segnali del sentiero al suo ri*
torno fra quelle catapecchie dove restava frat*
tanto il padrone a far penitenza. Prima di
partire volle esser testimonio di una almeno
delle pazzie che don Chisciotte era intenzio-
nato di fare: Attendi ^ o Sancio ^ disse allora
il padrone, che in un momento te la farò
vedere, E calatesi frettolosamente le brache,
e rimasto ignudo come sua madre Io aveva
fatto, die due sgambettate, e fece due capriole
colle gambe all'aria, scoprendo cose che per
non tornare a vederle, Sancio volse presto le
redini a Bonziiiante^ e andò pe' fatti suoi.
BI DOR cHitcìom. ^49
Dorotéa genuflessa avanti a don Chisciotte.
Era Dorotéa una scaltra giovane di con-
tado, per ietrane vicende di amore passata a
rifnggirsi in Sierra-Morena, dove trovato aveva
Gardenio, Tamico di Fernando suo amante,
Cj oltre ad esso, il carato ed il barbiere, ce^
lebrì e fidi amici di don Chisciotte di cui
erano in traccia. Tenne pregata Dorotéa che
tentasse ogni via per istrascinare seco Teroe
della cavalleria^ ed ella, indossatasi ricca e
maestosa simarra, finse di essere la regina
Mìcomicona^ erede del gran regno Micomìcone,
che venisse a ritrovare don Chisciotte perchè
egli disfacesse il torto che le era stato fatto
da un brutto gigantaccio della Guinea. Ella
duoque, scoperto appena Teroe, smontò dalla
sua mula, sì mise ginocchioni dinanzi a lui e
si raccomandò colle lagrime agli occhi al va-
lore del Buo intrepido braccio. La vostra grande
hellezza, le disse don Chisciotte, si alzi, che
io le concederò il favore che dimanderà. Il
barbiere stava intanto egli pure ginocchione
a canto di Dorotéa, e per non essere ricono-
sciuto portava una finta barba attaccata al
mento, e fatta della coda di un bue che par
caso trovato aveva neir osteria.
sSo u ìrRiRCipiLi Gisrs
Il Ritrovamento dtIV Asino.
Quando lo scellerato assassino Gines di
Passamonte ottenne di essere sciolto dalle ca-
tene, attese le temerarie prodezze dì don Chi-
sciotte, non solo salutato aveva a sassate il
proprio liberatore, ma eziandio derubato il
povero scudiere Sancio Panza del suo caris"
Simo asino. Dopo varie e strane vicende Pi-
nes, travestito da cingano, giunse in Sierra»
Morena e si abbattè nei nostri eroi. Appena
che Sancio lo vide e riconobbe esclamò: Ah
Ginesuccio ladrone ^ rendimi la mia gioia,
lasciami la mia vita^ non impegnarmi in ci'
menti ^ abbandona il mio asino ^ fiiggi, brio-
cone^e restituisci la roba che non è tua. Gì"
nes, vedendo che non era allora opportuno il
restarsene, smontò presto dalla bestia e sparì
via in un baleno. Sancio volò d'appresso al
suo asino, lo carezzò, lo abbracciò stretta»
niente, e gli disse: Come stai ben mio ^ asino
degli occhi miei^ compagno mio f E non sa-
ziàvasi mai di baciarlo e di ribaciarlo come
se slato fosse persona grandemente sua amica.
.■«»u ~«^^Ji
s
«
DI BOH CHISCIOTTE. 9 Si
La Carità ài Saneio Panxa,
le prime prodesse di don Chisciotte,
Tenne creato cavaliere errante, una
a di disciogliere certo garsonoUo di
. vi.ndrea,€he il sao padrone area legato
ad una quercia, e che batteva siccome reo di
laiironecci. Il giovane, dopo molto tempo, trovò
per asxardo don Chisciotte e gli abbracciò
tosto le ginocchia come a suo liberatore. L^eroe
narrò allora colle frange a Dorotéa e a^snoi
compagni le prodezze usate a favore del me-
desimo; ma questi, più veritiero, soggiunse
the don Chisciotte non aveva fatto che irri-
tare di più il sno padrone che lo avea poi
per vendetta reso un s. Bartolommeo soorti-
cato. Replicò don Chisciotte, che sarebbe vo-
lato a fare le sue vendette, ma Dorotéa lo
scongiurò perchè ciò rimettesse al ritomo dal
regno di Micomicone. Andrea confinossi a
chiedere qualche limosina per cavarsi la fame,
e don Chisciotte faceva il sordo, ma si mosse
Saneio a compassione, e, cavati di saccoccia
pane e cacio, e datili al garéone, gli disse:
Piglia^ fratello Andrea ^ questa porzione di
pane e di cacio y che ti regalo. Dio sa quanto
».
aS» U PBIKCIPÀII G18TB
mi avrà a costare! perchè tu devi sapere ^ o
amico ^ che noi altri scudieri di cavalieri er»
ranti andiamo tutti soggetti a molta fame e
a molti malannL
Combattimento di don Chisciotte
con alcuni otri di vino*
Don Chisciotte si era talmente fitta in te«
sta la pugna che doyea intraprendere col gi-
gante nemico della regina Micomicona, cke
trovandosi addormentato airosteria, e imma-
ginandosi di essere già impegnato nel com-
battimento, balzò fuori del letto farneticando.
Cogli occhi chiusi, colla camicia che sul da-
vanti gli arrivava alle cosce, e sul didietro era
ancora di due dita più. corta, tenendo rav-
volta sul braccio sinistro la coperta del Ietto
(quella stessa che Sancio aveva giuste ragioni
di odiare) stava colla spada sfoderata tirando
eolpi a diritto e a rovescio. Nel suo riscaldo
trapassò alcuni otri di vino ch'erano nello
stanzone, il quale divenne un lago. Accorso
Sancio, giudicò tosto che fosse il sangue del
gigante ammazzato dal suo padrone, ma Toate
vide che cosi non andava la cosa, e ch'era
realmente il suo vino. Invelenitosi, arrestò il
wf^mmn^l^
I>I SOS CBISGIOTTB' SÌ3
braccio a ioù Ghisciolle e Io caricò dì lanli
sorgozzonì, che se Garden! o e il curato noa
fossero sopraggìontì,' potea di buon senno e
per sempre avere fine la gaerra coli'eccidto
del caraliere errante.
Don Chisciotte legata ad una finestra^
La figlinola e la serva dell* oste , sapendo
che durante la notte don Chisciotte stavasi
nel eortite delVosteria per la veglia delle armi,
come se fosse in un castello , si avvisarono
di fargli nuova burla. Lo invitarono ad essere
loro cortese dì uno sguardo amoroso, ma poi,
attesa la sua ripugnanza per la fedeltà giurala
a DutciDéa, si contentarono- di poter almena
toccare una deHe sue belle mani. Fé la porgo ,
egli dissè^ non perchè la baciate^ ma perchè
ammiriate la tessitura dei nem, Vaggregato
dei muscoli ^ la capacità delle venere possiate
giudicare della gagliarMa del braccio cui sta
attaccata. La serva ^ senza perdere terapo^ gli
cinse la mano alla ferriata col capestro del-
l'asino di Sancio. Rimase Teroe legato , e
potendo appena poggiare il piede sulla sella
del suo Ronzinante. £ra nell' affannoso pea-
siere, ch^ se la bestia gli fosse un po'guizzata
HP
aS4 LEPAinCIPÀLI 6B8TI
di sotto, sarebbesi rimasto penzolone, quando
Tennero nel cortile altri pasaeggieri, ed avendo
una loro cavalla fiutato Ronzinante , questo
non istette alle mosse* e causò acuti spasimi
al povero cavaliere che urlava come toro. Alle
sue grida arrivò Foste atterrito, e la serva
andò di nascosto a scioglierlo dal capestro.
RieoneiUazione di Sancio con Don Chisciotte.
Con temerarie espressioni erasi Sancio per-
messo d'intaccare alcun poco l'onore di Do-
rotea, quella supposta regina Micomicona che
godeva della protezione di don Chisciotte.
Sdegnato questi , proruppe in veementi im-
precazioni f e tali che ne rimase atterrito il
suo povero scudiere. Il curato ed il barbiere,
don Fernando e la medesima Dorotéa si fecero
intercessori per ricondarre Sancio al grembo
della buona grazia del suo padrone , e quesU
permise finalmente che Sancio ginocchione e
con estrema umiltà gli baciasse la mano.
Rappacificatosi dunque, cosi gli disse : Ora
finirai di convincerti^ Sancio figliuolo , cVè
verità quello che altre volte ti ho detto^ cioè
che le cose tutte che passano in questo cu-
stello sotw cose d'incantesimi^ Rispose Saiv
DI BOV OHI8GIOTTB. sSeS
ciò: Così crederò, eccettuato sempre F affare
dello shalzamento della coperta cVè suece"
iuta per le vie ordinarie. Di (piesto ufiare
dello sbalzamento della coperta si e saputo il
netto sin dal preambolo di questa memora-
bile istoria.
Don Chisciotte cavato fuori dalla gabbia.
Il curato e il barbiere, che pur yoleajnp
ricondurre don Chisciotte al suo paese per
tentare la guarigione del suo cervello , si de-
terminarono di legarlo, mentre dormiva, e di
riachiiiderlo in una gabbia tirata da buoi.
Contro la opinione di Sancio giudicò don
Chisciotte c^e ciò aTTenisse per incantesimo,
e andava tra se dicendo: Non posso intendere
come io abbia a vedermi ingabbiato e strO'
sanato^ ma chi sa che la cavalleria e gV in-
canti, dei nostri tempi non abbiano preso
pirga diversa da quelli degli antichi! Durane
si Tiaggio si alfaeciò un canonico di Toledo,
che di molte cose letterarie e politiche tenne
discorso con fingabbiato cavaliere. Sancio
andava di quando in quando insinuando ai
suo signore, eh' egli era vittima di una con-
spirasione, addueendogU per prova che so foss*
ll56 u PimciPÀii Geni
incaotato non si sentirebbe mai natarati biscr-
gni. Dìsprezsaya don GhiscioUe questelexìonr,
ma cafdi finalmente cbe se non lo metteYano
un pò* in Itbertà non avrebbe potuto far a
meno di mandare. cattivo odore. Allora il cu-
rato fece raddolcire il rigore della prigione,
e colla guarentigia del canonico e di Sancio
permise che don Chisciotte uscisse fuori
dalla gabbia per iscaricarsi del superfluo al*-
Tana aperta.
Combattimento dei Battutieon don Chisciotte.
Stara ;don Chisciotte tuttavia sprigionato
dalla gabbia quando una^ compagnia di disci-
plinati , o Battuti, passò non lontano dalk
campagna dov*egU si trovava , portando pro-
cessionalmente una santa immagine della Ma-
donna per intercedere da Iddio la pic^gta
sulle arse campagne. Immaginò il nostro eroe
che si offerisse a lui occasione di nuove ven-
ture, e montò tosto sul suo Ronzinante per
volar a liberare la credula da lui addolorata
signora. I Battuti lo giudicarono pazzo , ma
eccitati alla zuffa, inviperirono fortemente^ ed
uno di loro , che era tra i portatori della ba-
creila, lasciando il peso ai compagni, gli andiò
m m» cKtaeioTTBi arS^
air kieoiitro e iiwlberò k forcipi ^ Id qoal*
però con un o&lpo solo dato da don Gtiis<)iott^
rimaae acayeaaata. Il BatHit» nA trwaò» otié^
gli reato in Mano, e già faoii di aè,e<»tiimeìd
a baalonare fieraflaeme il davdiere errante , il
ffaah atramaa^ aensa potere pia muover»
né piedi, né mani. Riaratosi un peco,fnaiia*
lato da Sancio a rìmellerai nella gabbia to^
cantata, e yenne allora adibiate éopra lin fa*
aeio di fieno, e a qtenBto modo io capo a sei
giorni tom^ di bel meaaodi nella ana teité
aatiys.
Fisita d^' Sansóne Carrmseo^ a don ChUcò»tte.
Era già Iraeeorao ^lehe tetApo iefiaaclie
don Cliiacioite potesse escire di casa sua ,
^foando il baccelliere Sansone Garr asco, tioma
amica delle burle , Tolpe fina e di Scaltriti»
giudiaio, venne a visìtaitò HiSiA conVàletoenaa,
e col cmisiglio del curato e del barbiere to'
persuase ad entrare di nnoyo in canipagn*
per cercare venture die sempre piii assicora^
aero la immortalità del suo nome, già divut-»
gata iieHe bocche di tntti. È Ainqtte pero^ gU'
dttoe 4lott Gbìaciotte^ c&e corre per ì» monda
la mia istoria scritta da tmtare ar«&o ornar»
Camba^ Opece 1 7
aS8 U PHISGUPAII CE8TB
che sia} Tanto è vero^ rispose Sansone, che
porto opinione che sin al dì d'oggi sieno già
alle stampe più di diecimila volumi di que-
Ho libro ^ tenuto tra le mani dai fanciulli ^
letto dai giovani^ gustato dagli adulti e lodato
dai vecchi: Sancio Panza, che stava ritto ac-
canto al ano padrone , dimandò allora se la
istoria parlasse andhe di lui , e Sansone re*
plico: Nulla ha ommesso V autore moro: rac-
conta ogni cosa con fedeltà , con esattezza «
uè dimentica neppure le capriole fatte dal
huon Sancio sulla coperto èia /e/ to. Soggiunse
Sancio: lo non ho fatto capriole sulla coperta^
ma per aria^ e furono più del bisogno»
Sancio e don Chisciotte ai piedi di Dulcinèa.
Nella toa terza partenza di casa don Chi-
sciotte si rivolse tosto alia grande città del
Toboso per trovare occasione di ammirare la
sua Dolcinéji. Incaricò Sancio di andare pri-
ma a vederla nel Suo palagio, e di chiederle
la benedizione , ma a Sancio rimordeva la
coscienza per le tante bugie che altre volte
aveva infilzate per inganoare il suo padrone,
qon sapendo egli veramente se nemmeno Diil-
«iaéa esistesse nel mondo. Ora, determinatosi
«■i
DI DOW CHISCIOTTE. iSgj
a continuare nella menzogna, yìde tre conta «
dine a cavallo dì tre giumenti^e riferì al suo
padrone che una di esse era Dulcinea trasfor-
mata per incantesimo in rozza villana. Don
Chisciolte prestò fede al suo scudiere, e vola-
rono ambedue a gittarsele ginocchioni dinanzi.
Sancio si fece prima a parlare^ e così cornine
ciò: O regina e principessa e duchessa della
iellezza^ ricevete nella vostra grazia questo
povero cavaliere prigioniero : io sono il suo
scudiere Sanzio Panza , ed egli è Vajjflitto
cavaliere don Chisciotte della Mancia, La
contadina, infastiditasi , disse alla sua bestia:
Arri in lày ed ai personaggi genuflessi: Za-
sciateci andare per la nostra strada che vi
troverete più contenti.
Conferenza col Cavaliere del Bosco,
Ronzinante e Tasino di Sancio stavano una
notte pascelando senza sella e senza bardella,
quando a frastornare la quiete dei loro pa-
droni giunsero al buio due incogniti. L'uno
era Sansone Garrasco, trasvestito daCavaliero
dal Bosco, Taltro un compare di Sancio, ma-
scheratosi con grande naso posticcio. Al ro-
mor« mt«so, disse don Chisciotte a Sancio :
JIL-, .,^,Ji-*aBaBBP^^OSWOi»^^^^^^""^^S:^^«!^^"«"
960 LE VamCIPÀU GISTI
Fratello Sancio, vogliamo avere una nuova
ventura, — Dio ce la mandi buona ^ rispose
Saocio. Il Cavaliere del Bosco comineiò a
cantare il tenore delle sue amorose pene , e
sentendosi arvicinare don GhiscioUe disse con
sonora, ma cortese voce: Chi è là? che gente
è qui? siete voi fra i contenti o fra i miseri? —
Fra gV infelici \ rispose don Chisciotte. —
Dunque venite a me, replicò rincognito, e in
me troverete V affanno e la tribolasione in
persona, Yari ragionamenti s^uirono allora
tra i due cavalieri e i due scmdieri , e final-
mente questi ultimi, bene pasciuti e messo
briachi, si addormentarono. I cavalieri non la
finirono in bene, perchè, aizzatisi per prece-
densa di bellezxa nelle loro dive^ vollero bat-
tersi, e restò atterrato il Cavaliere dal Bosco,
essendo ststo assalito da don Chisciotte prl-
machè egli si fosse ben messo sulla difesa.
Combattimento coi Leoni»
Una delle più strepitose venture di doa
CShisciotte è stata quella del combattimento
coi leoni, per cai chiamossi poi il Cavaliere
dei Leoni, Avanzavasi un carro, che traapor-^
lava due leoni ingabbìati| dono del generale
Di don GHISGIOTTV. sSl
dì Orano al re di Spagna. Vedutili da don
Chisciotte, volle egli battersi^ ed al custode
del carro disse con arroganza : Jpri quella
gabbia y io t'inchiodo sul carro con (fuesta
lancia. Sancio allora fuggiva, ed il custode
Jpalaocò a dirittura una delle due gabbie.
Comparve il leone in ispaventevole aspetto f
si rivintolo per la gabbia ^ dislese le canne t
si stìrò^ sbavigliele buttando fiiori due palmi
di lingua si sfregò gli occhi e si lavò il muso.
l3on Chisciotte guatavalo^ bramando che or*
mai saltasse giù dal carro , ma il leone , più.
prudente che furioso, voltò le spalle, presentò
a don Chisciotte le parti deretane, e si rimise
in gabbia. Chiudi la gabbia^ disse allora don
Chisciotte ai <^]Stode, e farai autentica testi'
monianza H tutto quanto mi hai veduto ope*
rare^ e come attesi il leone , che non ha vo-
luto uscire fuoray e come tomai ad aspet-
tarlo^ e come volontario egli si rimise in gab-
bia, e lajinì col mettersi a dormire.
Finta morte del pastore Basilio.
Nella loro peregrinasioae , don Chisciotte
« Sancio passarono in un contado dove certo
Camaccio, ricco paesano, apprestavasi a sou-
»H
363 IrB PRINCIPALI GBSTE
tuose noarze con Ghìlteria, gioyanecVerastaCa
prima amata da un pastore di nome Basilio.
Potè Sancio in questo incontro godere della
cuccagna che si facevate fra le altre gozzo^*
glie si mise a schiumare una caldaia per gua-
stare il digiuno con due paperi e tre galline.
Basilio intanto volò a sturbare le nozze , e
giunto davanti agli sposi ficcò una lancia in
terra e finse di ammazzarsi» Volarono a soc-
correrlo gli amici ^ e don Chisciotte principal-
mente. Il pastore^ come se fosse giunto agli
estremi, chiese a Chilteria che gli desse aU
meno lu mano di sposa per farlo morire con-
tento; e Gamaccio non si oppose. Appena
Impalmati Basilio e (Ihiltera , il primo sbalzò
in piedi e gittò via la lancia con cui si era
apparentemente ferito. Don Chisciotte prese
.allora le difese di Basilio , gli ottenne il per-
dono da Camaccio e partì. Sancio seguitò gK
.sposi , ma con dolore, perchè avrebbe voluto
difendere Camaccio^ lasciando il. quale, parea-
gli di lasciare le pignatte di Egitto. Egli tenne
poi per lungo tempo fitta in memoria la schiu-
ma della pignatta, formata, come si è detto,
di due paperi e tre galline.
i(P
DI BON CHISOlOTtB. 9^3
Don Chisciotte nella grotta di Montesino.
La grotta, detta di Montesino» era famosa
siccome quella che giadicayasi officina d' in-
cantesimi. Don Chisciotte yolle visitarla, e yi
si calò giù legato da funi , yi restò per mei-
z*ora, e poi trattone fuori , si mise a narrare
le marayigliose e impossibili cose che imma-
ginò di ayeryi vedute. Cominciò dal dire, che
apertisi due portoni , vide venerabile vecchio
colla testa coperta da berrettino nero alla mi-
lanese, e con barba bianchissima che gli arri-
rava al di sotto della cintura, il quale così
proruppe: È molto tempo , o valoroso cava»
liere don Chisciotte della Mancia, che noi, i
quali tra queste solitudini viviamo incantati,
attendiamo di vederti perchè abbia notizia
il mondo per mezzo tuo di quanto qua si
rinserra. Tu sei il primo che mi visita la
mercè del tuo invincibile cuore e del mera*
viglioso, tuo braccio. Seguimi, signor caris-^
rimo^ che mostrarti io voglio le stupende cose
nascoste in questo trasparente castello ^di cui
io sono il custode e la principale guardia ,
essendo io quel Montesino medesimo dal quale
la gl'Otta ha preso il nome. E qui seguitò
!|f)4 ^^ VRIirCIVÀLB 1SB8I1
clon Chisciotte a raccertare cose, cbe SaDci^^
«omo di goffa mente, ma di retta ooecieosa %
con poteva menargli buone.
La ventura del BuraUinait^
Era già doa Chisciotte incamminato per
$aragoaza <|iiand« trovò in un* osteria maestr»
Pietro bttrattiaaÌ0|dìe girava T Aragona mo*
arando al Qatorale la istoria ài. Melisendra
i^berat^ da im Cai£éro, e portando con si
«QQ s^imiot^o ch^era un portento. Nel passa-
tempo appr«stat0 p^ la s^a inedesima del-
l'arrivo di dop Chisciotte , maestro Pietri
nello spiegare la istoria apdava diceodo : Os*
icrvino di grazia le 9Ìgn€rie loro quanta e
quanto helh C04^alhria esce dalla città j e va
ad inseguire i due amanti : ho gran paura
4iho §ienQ raggiunti e Qhe 9Ìeno fatti tornare
in ^orte strascinati a coda di cavallo. Pareva
a don Chisciotte di vedere i combattenti^ di
udire il calpestìo dei cavalli ; e per prestare
aiuto. ai fuggitivifi riczòairimprovviso^edisse;
Won consentirò maiohe si facciano supfrchie"
rie od un amante e cavaliere come fu don
Gcijéroi fermatevi y date indietro^ malnata
canaglia^ non lo inseguite , né sicno tocchi
VX ooK CHitcìoTTi. a6S
^fuei poveri innamorati , che altrimenti io vi
disfido a particolare tenzoTte. Detto fatto i
igiiainò la spada , diluviò colteHate s^pra i
&ntaccinij e tra tanti colpi tirò tale soprani^
maDO, che se maestro Pietro non se ne fosse
loheraito, avrebbe avuto la testa buttata via
fletta come se fosse stata di marxapaae.
V Incontro della "bella Caeeiatrice.
Saneio, quantunque goflb, comprendeva
bene che quasi tutte le asioni del suo padrone
«rano bestialità ; tuttavia non gii reggeva il
cuore di abbattdon«rlo. Portandosi un giorno
alla caccia certa Duchessa col suo falcone io
nano e in compagnia di suo marito , ed es-
sendo stata veduta da don Chisciotte , questi
<irdiaò tosto al suo scudiere di andare appiedi
di lei,e di ofiTerirle gl'interi suoi servigi. San*
eto esegai la commissione , e così ebbe prin*
cipio il complimento : Bella Signora , quei
Cavaliere che si vede là , cbiamaio il Cava*
liere dai Leonia è il mio padrone ^ed io sono
imo de* suoi scudieri y e al mio paese michiom
mano Sondo Ponza: ora questo Cavaliere
dai Leoniy che non ha molto si chiamava il
Cavaliere dalia Trista figura ^ mi manda a
d66 Lt PmilCIPÀtl »8TB
dirlcy che piaccia alla vostra Grandezza con*
cedergli che con sua henepìacHo e consenti-^
mento venga a. mettere in esecuzione il 4U9
desiderio^ che ad altro non tende ^ per guanto
egli dicCy ed io penso y fuorché alla premura
di servire alla vostra incimata Altezzeria ed
alla vostra stradiladdirata bellezza. Se vostra
Signoria gli concede questa permissione^ ne
avrà gusto , ed ella ne riporterà mercede t
contento.
La Caccia del Cinghiale,
Si apprestò aa giorno una grandiosa caccia
di cinghiali e di altri animali salvatici, e don
Chisciotte e Sancio fnrono eccitati ad affron-
tare un cinghiale di smisurata grandezza. Banr
ciò impauritosi, non ne volle punto sapere di
battaglie con bestie, anzi abbandonò aiM^he il
suo asino per paura , e andò ad arrampicarsi
su per una quercia. SaKto essendo ai- primi
rami di questa^ se ne squarciò uno ^ ed egU
precipitò giù restando impiccato ad un bronco.
Il suo padrone intanta, vedendo che i duchi
aveano già trafitto di molte lance il cinghiale,
e che era anche assalito dai cani, né stendeva
più le zanne^ né digrignava più i denti , andò
«■ « ■ H^i^VmvmHVVHPi^i
DI SOR CfElSClOTTE. 267
ad immergerli nel corpo la sua lancia , e poi
Tolò a spiccare Sancio dall'albero. Il povero
Sancio, ch'era rimasto col vestito da caccia-
tore tatto squarciato, ne mostrò le piaghe alla
Dachessache gitene avea fatto dono, e poi le
rimproverò la passione eh* ella a vera per la
caccia : Non so che gusto vi possa essere, egli
le diceva, nelV aspettare il passaggio di una
bestia ^che se la ti pianta addosso una zanna,
uno è spacciato per sempre.
Don Chisciotte e Sancio sul cavallo
di legno.
Clavilegno r aligero era il nome di im ca-
vallo di legno che reggeasi mediante chiave e
hisefaero postogli sulla fronte, e che si fece
credere a don Chisciotte essere stato il cavallo
di cui servivasi la bella Magalona per volare
per aria. Yi montarono sopra don Chisciotte
e Sancio cogli occhi bendati per volare essi
ancora alla liberazione di altra matrona , no-
minata Dolorida. Dio ti guidi, valoroso cava»
lieve. Dio ti accompagni, scudiere intrepido,
esclamavano tutti i circostanti; e aggiugiie-
Tano : Tienti forte, valoroso Sancio , che tu
harelli} guarda di non cascare, che la caduta
368 ÌM PIIHCIPALI flEni
crebbe peggio di guella deW ardito Garzone
che 9olea guidare il carro del Sole, Sì bea^
i»rdiu ertei questa burla, che si fiogeva 6Ìn0
il fischio del veoto , mediante i mantici che
•offiavano dietro al cavai lo^ ed il calore della
regione del fuoco, mediante sloppe accese ed
attaccate ad una canna, lequali si ayyicioavane
ai bendati occhi dei cavalieri. La ventura ebbe
fine coll'appiccare il fuoco alla coda di Cia.
TÌlegno, il quale, avendo e coda e pancia tutte
ripiene di saltarelli e di scoppietti , balzò in
aria con fracasso, e fece stramasxare messo
abbrosttti il cavaliere errante e lo scudiere.
Sanelo^ già/atto governatore^ a tavola.
Dopo mille tribolaaioni giunse Saocio ad
essere governatore della isola Barattarla ia
terra ferma , ed ivi trovò allestito sontuoso
banchetto. Postosi ingordamente a tavola gli
si mise di faccia il dottore Pietro Reaio d«
Agurio , naturale di Tiratìnfuora con bac-
chetta di balena in mano. Quando Sancio al-
lungava la mano per pigliare un boccoue ,
colui dalla bacchetta toccava il piatto » e gli
scalchi lo portavano via« S* indispettì Sancie
contro il medico, ma questi gli disse: Io $onQ
bl DON CHlSGIOTTf . 36()
$eJarìato in (fuesta isola per assistere ai pranzi
dei governatori , e per non permettere che
mangifto di i/uelle cose che possono essere dì
pregiudizio alla loro salute. Ma , risposegtt
oaacio, il proibire che io mangi non è pen*
sare alla mia vita^ ma alla mia morte: datc^
mi qua quel piattellone che manda fumo^ e
che mi pare una olea podrìda. Absit^ risposa
il medico, non vi è piatto di peggiore nutria
tione della olea podrìda. Sancio perdette It
paàensa, e gridò ad alta voce: Eaeifuora di
qua, dottore^ Pietro Rezio di Tirutinfuora ,
nhrimenti piglio questa sedia e ti spaccò il
€er¥eUo.
Ia Vinta alla moglie di Sancio,
La Duchessa protettrice di don Chisciotte
e di Sancio mandò nn suo scudiere a Gio-
vanna Panza con lettera del manto diventato
goyematore, e col dono di un yeiso di coralli.
Stava Giovanna ael suo casolare filando «na
matassa di steppa ed ^avea la oarpetta si
<MMrta che lasciava scorgere quasi più ch^
le fpoBDbe : noa era vecchia gran fatto , ma
lorte, soda, nerboruta^ fatticcia* Alle gnda di
Saocetta sua figliuola, che avea veduto vaaoA^
0^0 LC PBINCIPÀLI 6E8TB
tare di cavallo lo scudiere, comparì Giovaohai
ed esso scudiere , vistala appena , mise uh
gÌBOCchio a terra e le disse : Vossignoria è
moglie degnissima di governatore arcidegnis'
simo; ed in prova di questa verità pigli qua-
sta lettera e fuetto reg'alo. Rispose GiovaoDa:
Eh stia cheto j non dica queste cose y che io
non sono palazziera^ ma povera contadina ,
figliuola di un rompilegna e moglie di uno
scudiere di cavaliere errante. Ella ricevette
però la lettera ed il regalo^ e subilo dopo
volò in traccia del curato e del barbiere per-
chè leggessero quanto scriveva il marito. Per
istrada andava Giovanna con aliegria battendo
le dita sulla lettera, come se avesse avuto alle
mani un cembalo.
La Zuffa di Sondo con don Chisciotte.
Sfumò presto il governo di Sancio, ed al
suo padrone mi affacciarono nuove ventura
Egli si mise in viaggio per Barcellona , ma
tenendo sempre dogliosamente fitto neiraniiiM>
Toracolo pronunziato nella Grotta di Monte»
sino, il quale per lo disincanto di Dulcinèa
così prescriveva:
Je**
Bl DOn CHI8CI0TTI.' 1^71
•Cfte Sancio suo scudier tremila diasi
Trecento scudisciate in sulle solide
Chiappe^ scoperte ali aria ^ e con tal impeto
Che si ammacchin, si rompano, si scuoino.
Cinqae sole frustate era Saocio ridotto a darsi
con fatica, e vedendo il suo padrone che poca
cura prendeasi dei rìmaDeote, una notte gli
slacciò le brache, mentre dormiva all' aria
aperta; e stava il cavaliere già in procinto di
eseguire i voleri dell'oracolo colle redini di
Ronzinante. Sancio si svegliò indispettito del*
1* abuso di potere del suo padrone^ e gli sakò
addosso, le stramazzò a terra^ e . lo percosse
furiosamente. Tornarono poco dopo ad essere
gli amici di prima^ poiché don Chisciotte ri«
conobbe che aveva avuto torto nel battere
Sancio, essendo stata intenzione deiroracolo
che le scudisciate fossero volontarie.
La Dibatta di don Chisciotte.
U Cavaliere dalla Bianca Luna (che cosi
chiamavasi Sansone Garrasco in abito men-
tito) trovandosi al passeggio sulla spiaggia dei
mare, invitò don Chisciotte a nuova disficl*
per provare col valore delle armi che la sua
dama era senza paragone più bella di Dui*
Syd LB PBIllGiriLI OESTt
cinéa del Toboso. Il difensore di qaeeta ac«
cettò toMo la pugna alle dure condfsioDt vo-
late dairavrersarlo; e sensa suono di tromba
di altro guerresco stromento, versero ambe-
due a tm punto slesso le brìglie ai loro ca-
valli, ma sicoome il destriero del cayalìerQ
dalla Bianca Luna era molto s?elto e le^iero^
cose fu presto sopra al nemico; ed alle corte
rovesciò di cafalio 4on Ohisciotte, il quale
stramassò in on col suo Roneinantei Vinto e
debellalOfSi mise il nostro cafaHere a gridare:
Dulcinèa del Tohoso è la più heUa enatura
che 9iva^ ed io il più sventurato cavaliere
che cavalchi sulla terra: strignete pure, a
eamUerCj la vostra lancia^ toglietemi la vita
da chà mi toglieste Tortore.
La Penitenza di Sondo Panxa.
Se Sanoio Pausa éi fesse date le tremila
trecento e tante frustate, prof^^ttzcate dal sa-
vio liìerlino coinè indispetìsabiK per lo dieiu-
canto di Dulcinèa, ti suo padrone non e^rebb^
«tato vinto in battaglia. Tornò questi in fatti
a dolersene «naramente, e indusse Alla fine
lo scudiere a compiacerlo mediante il paga-
nenlo di 8a 5 realL Sancio, tocco dairavaiÌBÌs,
DI CON CHlSGIOTTff. Ùj3
ti ritirò durante la notte in un bosco per jQa-
gellarsi con più libertà, e il suo padrone si
mise in un canto a qualche distanza con co-
rona in mano per numerare le frustate con
esattezza. Cominciò Sancio a flagellarsi , e
don Chisciotte a contare; ma in realtà il yol-
pone di Sancio in vece di battersi le spalle
andava battendo gli alberi, e mandava intanto
si lunghi gemiti che ad ognuno pareva che
l'anima dovesse scappargli fuori. Per vita tua^
gU disse don Chisciotte, tenero di cuore, non
disertare di pia le tue povere carni ^ che quC'
sta medicina mi pare troppo crudele.
Ultima foìontà e Morte di don Chisciotte.
Le umane cose non possono essere eterne;
e la vita di don • Chisciotte non avendo alcun
particolare privilegio del cielo fa raccorciata
dai disgusti^ dagli affanni^ dai tanti- stenti
sofferti. Tornato a casa, ammalò grave mente ,
ma dorante la sua malattia potè rimettersi in
baon giudizio. Rassegnato cristianamente alla
sna ultima ora, volle al suo letto il curato ,
il notajo, il barbiere, Sansone Carrasco, la
nipote, la serva, e Sancio, il quale si mise
in Olì cauto presso al padrone ainghioz/.ando
Gamhaj Opere i^
)^4 ^^ PAINGIPALI GB8TB, ICC,
e Sgorgando un oceano di lagrime. Don Chi*
sciotte dettò il suo testamento: Fui pazzo ^
disse, ora sono savio: fili don Chisciotte deUa
Mancia^ ed ora sono Alonso Chiscianp il
luono. Raccomandata a Dio Tanima sua,
lasciò yarj legati, ordinando fra le altre cose
che 8 Sancio non fosse chiesto conio dei da-
nari consegnatigli: e se ijuando io era pazzo ^
seguitò a dire, volea dargli il governo di una
isola ^ora che sono in giudizio gli darei quello
di un regno ^ se lo' avessi, perchè la strettezza
della sua condizione e la sua fedeltà meri-
tano ogni cosa. Lasciò il suo retaggio alfa
nipote, ma a patto che restasse diseredata se
mai avesse yoluto maritarsi con uomo il quale
si sapesse di certo che ayesse in sua vita letti
lihri di errante ca?alleria«
mmmmmm
DISCORSO
VBIHES80 lLL'EDIzÌ(m& DEL EIORE DI RETTORICA
DI FRA GUIDOTTO
DA BOLOGNA
Pubblicato per cura delV Autore in Venezia,
Tipografia di Alvisopoli^ 1 8ai, in 8.
OVCSIB
e^^^
^Mi*«*##***«««««*««««**««««««*«««««««««««#«t««««
Va per le mani di tutti i letterati FApoIo^
già deirAmor Patrio di Dante che il conta
Gialio Perticarì hfa con tanto onore del notue
suo mandata a luce, e chiunque discreto uomo
sia^ né yoglia cercarne col fuscellino i difetti,'
dee anuziirare il sommo ingegno del yaloroso
autore ed il diritto suo ragionare. Dopo di
ayer egli vendicato Dante dell'oltraggio fat-
togli da chi pensa lui ayere per odio centra
Firenze scritto il suo Trattato della volgare
eloquenza y e dopo di ayer mostrate yere le
dottrine di quei Trattato, ci fa conoscere che
nelle leggiadre corti di Federico e di Man*
fredi si cominciò a scrivere il volgare co*
mune; che gli altri Italici lo coltivarono per
innanzi; che la Università di Bologna molto
contribuì a renderlo illustre, e che toccò spe-
zialmente alla Toscana a nutrirlo , e per la
copia de* suoi gloriosi uomini a renderlo da
per tutto famoso. E siccome è fuori di dub-
3^8 DISCORSO SVL FIOR DI RSTTORICA
hìo che Teloquio gentile, simile ad ogni akni
bella disciplina, ferma yolentieri sua sede doy&
hanno stanza ferma i mecenati e i sapienti,
de' quali erano già ben proyyedute nel du-
gento Palermo e Napoli e Romane nel prin-
cipio del trecento Bologna, e subito dopo lo
fu la patria dell'Alighieri, così ogni non pre-
veonto animo par che abbia a trorare senza
riprenaioiie la sentenza del Perticar!.
Ora in questa sua bella opera, dove dei
Bolognesi egli parla, toccando alcuna cosa d^
loro prosatori, non esita a porre tra le piik
nobili serìtture italiane, al per iWliVhìiÀ come
per la helletza, la Beitorica di Jìillio, £
GuidottQ da Bologna ^ da lui intitolata a
Manfredi re in mezzo il dugento, cioè prima
ehe nascesse Dante, e quando il rozzo Guit"
ione era ancor gionaetto, E per darci alcun
esempio di questo antichissimo volgare egU
ci offire un brano della Frefazicme, tolto da
rarissima impressione del quattrocento, ehe
si cooserra nella Gasanatense di Roma. Per
lo affetto particolare, che da lunga alagione
io porto all'ediaioni de* primi testi della no*
atra favella, sono io pur possessore di questo
libro, e ia sentenaa del Perticari grandckmente
m* induce a ricansegnarlo alla luce. Nel man-
^tm^mmm^mmmmmm^^mmmtm
m FRA GUIDOTTO. 2jg
dare, come ora fo, ad effetto questo propo-
sito mìo, giudico non imitile il preporvi al-
cuna osservazione, la quale discorra e sul*
r autore della yecchia scrittura, e sul modo
con cui parecchi altri lo rendettero già di
pubblico diritto, e su quello con cui io dom mi
a fare lo stesso oggidì, e sul conterai fine, in
che può aversi tale operetta.
Accorgimento non poco sembrami che oc-
corra anche in questo genere di minuti studi
a fine di condurre chi legge ad essere, per
quanto può farsi > debitamente istrutto. In
parlando di ciò che risguarda Tautore, debbo
intanto osservare che molto scarse e molto
poco accurate notizie di lui ci giunsero, quan-
tunque si trovi ricordato con reverenza da
Lionardo Salviati , dagli Accademici della
Crusca, da Scipione Maffet, dallo Zeno, dal
Tiraboschi, dal Morelli, dal Ginguené,' e po-
scia da tanti altri letterati di minor nominanza.
E cominciando dal titolo e dal nome proprio,
ora Io vediamo rammentato come Padre mae*
stro Guidotto o Galeotto ^ ora come messer
Fra Galeotto o Guidotto^ ora come il ca9.
Fra Galeotto Guidotti nobile Bolognese y e
ehi lo vuole frate Domenicano, e chi Io vuole
frate Godente. Gli antichi codici debbono
■1
aSo DISCOBSO 6UL FIOR DI RBTTORICÀ
reputarsi la più sicura scorta per non pren-
dere errore sul vero suo nome, ed in quelli
di Firenze, ricordati dairArgelati, ed in quelli
della regia Biblioteca Marciana in Yenezia,
da me presi in esame, mancano e i doppj
nomi e i doppj titoli, né altro vi &i legge fuor-
ché: Frate Guidotto da Bologna. L*aggiuata
di Galeotto io tengo per incontrastabile che
derivi da errore dMmpressione corso nella
intitolazione fattasi nella sopraccennata stampa
del libro, in quella stampa che il cay. Lio-
nardo Salviali, prima di ogni altro, potè esa-
minare. Noi vedremo appresso di quante gof-
ferie essa sia zeppa, ed intanto non fia teme-
rario il giudicare che chi in una faccia scrìsse
faccenda per vicenda^ /rancia per lancia^
patto per piato ^ non possa avere scritto Ga-
leólto per Guidotto, E tanto più questo av-
viso si ringagliardisce quanto che ne* due
Proem) che la stampa slessa racchiude, e
dove l'autore ricorda sé medesimo, niun altro
titolo e nome egli si dà' fuorichè quello di
Fra Guidotto, come appunto ne' codici si
riscontra. Chi sa poi che non foss'egli un pa-
rente di queirAnsidisio Guidotto, nipote del
tiranno Ezzelino, che fu crudelissimo podestà
di Verona neiraniio i2JO, e di cui parla il
DI fAA GCIDOTTO. 28 1
Sìsmondi nella sua Storia delle Repubbliche
Italiane^ Il P. Sarti, neiraccurata 8ua opera
intorno t' professori della Felsinea Università,
«criye che la famiglia Guìdotti era indigena
di Bologna, trapiantatasi a Roma^ ma che di
frate Gaidotto niente y'ha di sicuro: certi
nihil statici posse arhìtror.
Sbattezzato che ayrem Guidotto, talchi
perda il nome di Galeotto, dove il colloche-
remo noi ? Nella schiera dei frati Domenicani
o in cpella dei frati Godenti? sotto ìItcssìIIo
dell'ordine dei Predicatori lo hanno posto i
FP. Qaetif ed Echard, perchè un codice
della Rettorica da essi veduto nella Biblioteca
dell'Annunziata in Firenze aveva la prima
lettera iniziale con dipintovi un fraticello f^e-
ìtito di tonaca tutta bianca^ con sopr essa un
mantello di color cinerizio \ e quindi sospet-
tarono che Fautore del libro essere potesse
un padre maestro Domenicano. Ma anche
altro illustre letterato, T abate Mehus, esservò
altro codice col fraticello dipinto con vesta
hianca e di color cinerizio^ e per queste in*
segne giudicò bene di allogarlo fra i frati
Godenti; e il cav. Tiraboschi si accomodò
alFavviso del Mehus^ perchè un Bolognese^
il secentista Ovidio Montalbani, onorò fra
\
9 Sa DISCORSO SUL riOR DI BETTORICA
Guidotto del tìtolo di nobile e di cavaliere.
Ma la miniatara di un codice e F asserzione
di assai poco critico scrittore mi paltao pim-
telli troppo fieyoli; « può forse indebolire il
ragionamento del Tiraboschi anche il sapersi
che Vopera fa scritta forse prima deiranno
1260^0 che non avanti qaest^anno'i frati Go*
denti posero loro sede in Bologna. In ogni
modo poco importerà che Guidotto fosse o
Domenicano o Godente, e basterà esser certi
ohe non gli vada tolta dagli omeri la cocolla,
perchè /rate si chiama égli stesso nello scrì-
Tere il suo proprio nome.
Queir Ovidio Montalbani dee avere con-
dotto anche il grande MafTei ad annunziare
Topera con inesattezza, cosi leggendosi nel sao
libro dei Traduttori Italiani: La Rettorica ad
Erennio da Galeotto Guidottij trasportata nel
laS^, stampata in Bologna nel i^J^ ^ '^I
i658. Non è la Rettorica ad Erennio '^ im-
proprio è il nome di Galeotto Guidottii non
si può asserire che sìa stata trasportata nel
ia5^; molto meno stampata in Bologna nel
i478< E basti qui iatanto> osservare come
non abbia solida base quel determi oato anno
X a 57. Nella ristampa bolognese dell'anno 1 65&
Teditore Montalbani fa dire allo stampatore
DI VpiA GUIOOTTO. 383
Manolessi, cbe la sua edizione è copia di
qaeila fattasi nel 14789 di cui ci dà il titolo
come segue: Bettorica nuova . traslaiata di
latino in volgare per lo exinUo maestro de
Torti libera bili fra Galeotto Guidoiti^ nobile
cavaliere da Bologna Vanno del Signore 1357.
Che questa intitolazione non sia punto così^
\q si potrà scorgere nella fedele mia ristampa
dote non è fatto cenno alcuno di millesimo*
Tuttayia non andò troppo lungi dal yero chi
assegnò il 1267 per Tanno in om fu dettata
Vopera, giacche la Rettorica è fuor di dub-*
bio dall'autor suo indirizzata al re Manfredi
di Sicilia, e il re Manfredi cominciò a pren-
dere le redini del governo Dell'anno za 54) ^
per morte le depose nel 1^65; ovrero nel
seguente; quindi in questo mezzo certamente
Toperetla si scrisse e si divulgò.
Le pazienti indagini fatte dal P« Iacopo
Maria Paitoni risparmiano a me i confronti
per far conoscere che questo libro non è prò*
prìamente uo volgarizzamento della Rettorica
di Marco Tullio. Ognuno sa che inostri buoni
antichi erano per lo più grossi ed ignoranti
in fatto di traduzioni, e che di loro capriccio
le rivestivano. I volgarizzamenti di Esopo,
della Eneide, degli Amori del Sulmonese^
3B4 DI8COB80 SUL FIOR BI RlSTTORIGÀ
qaello delle Pistole trasportate da quel ser
Bocca di Lampana, tanto scardassato dalFiU
lastre cay. YiDoenzo Monti ^ e tanti altri, sono
ombre di un corpo. Mon lo stesso, ma peg-
gio dicasi della Rettorica scritta da fra Gai-
dotto^ mentr'egli si contentò di dare xm im-
maginato Compendio o Ristretto dei Libri non
ad ffórennium, ma de Inventione ^ Compen^^
dio che neppur segue sempre le yestigia del'
l'Oratore romano. Mal a proposito si è dun-
que scritto la Rettorica di Tullio^ e la vera
denominazione Y ha data frate Guidottò me-
desimo, il quale nel suo Prologo' scrisse: Io
ho compilato questo Fiore di Rettorica nella
ornatura di Marco Tullio \ Tale a dire: lo ho
unito insieme la parte piti scelta delVarte di
hen dirCj ed holla rivestita degli ahbellimenti
che le dà Cicerone, Se io dunque, diversa-
mente dagli Accademici della Crusca, ho pre-
scelta nel libro la denominazione di Fiore di
Rettorica di frate Guidottò da Bologna,
parmi ayere ciò fatto con evidente e salda
ragione, né spiacerà poi, spero, eh* io abbia
lasciato al libro quei suo naturai distintivo
che pur era molto in voga a' tempi antichi,
spesso scrivendosi allora ^ore di virtù ^ fiore
di parlare^ fiore di cavalleria ^ ecc^
DI PRà GUmOTTO.. ^8S
. Ad altra osservazione m* invita la natura
del mio assunto, volendo io alcuna cosa dire
su quel brano di prefazione di quest'antica
scrittura datoci dal Perticari. E fuori di dub-
bio che se per vetustà e leggiadria egli bene
la giudicò scrittura nahilcy resta poi sempre
a definirsi quale essa veramente uscisse dalla
penna di frate Guidotto; e la buona coscienza
di si illuminato scrittore dovea almeno miet*
terlo in dubbiezza intorno alla scelta delire*
semplare ch'egli ci ha porto. Perchè mai,
anziché togliere la sua copia o dagli smozzi-
cati frammenti che primo pubblicò Iacopo
Corbinelli in Lione nel i568, o dal testo
che sopra due fetusli codici collazionato ci
diede Domenico Maria Manni» amò egli trarla
fla una stampa, la quale T Infarinato non ha
aynto tutto il torto A gmiìchve scorrettissima
di tutte^ intanto che in altro linguaggio si
può dire quasi che sia trasfigurata ? Questa
Stampa dee essersi fatta verso il 1478, e il
Cavaliere erudito dovea ben sapere quanto
poco fosse amato il parlar gentile sul finire
del secolo xv^ e di quanti arbitrj solessero
allora rendersi colpevoli gU editori de' vol-
gari libri, specialmente non toscani. Oltreché,
Seiu Vltce argomentazioni, al solo svolgere uà
986 mscoBSo sol f fon di bettobicìl
pò* attentamente alcune facce di quel libro
poteano saltargli airocchio assai presto le
molte sne scorrezioni, e farnelo diffidente.
Ma questa inayyertenza non sarà poi altro
die nn peccatuccio che resta a gran doyizia
purgato e cancellato dalle tante altre sue san*
tissime letterarie virtù.
Ma prima la trave delV occhio suo^ che la
festuca di quel del prossimo ^ dee tuomo
trarre^ scrìveva quell'allegro yeccbfo di Franco
Sacchetti, «d io avrò bisogno di questa evan-
gelica correzione ora che parlerò delV opera
da me prestata per far rivivere fra Guidotto.
Sappia se non altro il lettore di quali mezzi
mi sono provveduto, e come il -mio, qualun«
qae siasi, lavoro è oggidì consegnato alla
stampa.
Tre differenti codici di questo libro A
serbano nella regia Biblioteca Marciana, ma
tutti molto diversi tra loro; che già taK opere
si trasformavano ogni giorno, e ogni copiatore
cercava di farle sue. Due furono i codici esa-
minati in Firenze dal Manni, scrìtti nel i4oo
e nel x4io, ne* quali però non trovasi nomi-
nato mai fra Guidotto^ ed il leggersi in uno
di essi questa postilla: Libro recato a certo
ordine per messer Bono di messer Giamhono
DI mi GUJBOTTO. 287
fece al Manni conghiettarare che o messer
Bono od altro messer Iacopo GìamboDO fosse
l'autore dell'operetta. Di altri codici si tro-
vano notizie nel Paitoni, neirArgelati^ nel
Fantozsi.. Ora dovendo io tener dietro ad
una principale scorta, mi sono attenuto a qaello
scrìtto nei xit secolo col nome deiraatore
frate Goidotto, codice incomparabilmente sa-
perìore in bontà agli altri nella Marciana no^
stra esistenti. Sta segnato col numero xxi
della classe x, fra gl'Italiani, edera giàpos*
seduto dal Farsetti. Quantunque il carattere
sia non poco di£Eiciie a dici ferarsi, per longe-*
YÌik dì tempo^ per ordine e copia di materia,
per purità di favella è certamente pregevolis-
simo. L'accennata prima edizione senza alcuna
nota di luogo, di anno e di stampatore noa
mi è ttato punto inutile, giacché quantunque
spropositata nella correzione e celiatela delle
parole rotta frequentemente dalla scioccheria
del copista o da quella dello stampatore, nul«
ladimeno la materia è "inerente al codice xxi,
e lo supplisce eziandio in qualche luogo. Av-
vertasi che di quest'edizione avvi un esem-
plare anche nella Marciana, in fine del quale
sta impresso Vanno hccgclxxviii, ma questo
millesimo, ch'è affatto fuor di linea, sì vede
988 DISCORSO SUL FIOR DI RETORICA
esseryi stata senza dubbiò aggiunto a mano,
sicché non è da moltiplicarsi il numero del-
redùdoQÌ, e T accennata qui sopra resta sem»
pre la principe, Domenico Maria Manni pub-
blicò r accennato suo testo dopo V Etica di
Aristotile nella stampa fattane in Firenze nel'-
Tanno 17^4 ìd 4» Dia l'ordine della scrittura
tì si troya sconvolto, e qua e là sono ora la-
cune, ora addizioni, ora le cose medesime io
vario modo espresse: però la fa rei (a, quan-
tunque ripulita dagli antichi menanti Toscani,
o caricata di qualche arcaismo, di cui ho te-
nuto nota, ma non ha grande diversità da
C[uella del codice xxi della Marciana. .
Ora il codice Marciano xxi, la prima stampa,
il testo Manni, furono le sole mie guide nel
collazionare la presente nuova edizione. Se-
guitando il codice ho creduto di sostituirvi
tal Tolta la lezione tolta dagli altri due miei
esemplari, non senza però farne il lettore
avvertito colle varianti segnate a pie di ogni
faccia, dove altre varianti ancora -egli troverà,
non meno clic que* cenni che poteano meglio
importare a qualche utile notamente nelle
cose della lingua.
Nei tre esemplari suddetti si trovano inti-
tolazioni affatto irregolari^ e quello cbe mag-
Bt v%k atriooTfo. 189
fiore imbarasso recasi è, che molte Toite il
copista o lo stampatore passano di secco in
secco e senz'alcana pausa, da uno in altro
ragionare. Ho creduto non riproyerole arbt«
trio quello di distribuire il libro in quattro
Trattati^ la qual divisione è additata dalla
materia stessa, e di aggiugnere quel titolo o
quella dichiarazione di ogni paragrafo che
con disordine soltanto stanno contrassegnati
nei tre esemplari suddetti. Non ho mancato
di trascrìvere per intero le poche addizioni
che oflre il testo Manni, il che importa ad
ottenere che Tedizione presente non lasci ih
desiderio e in bisogno della Fiorentina. II
codice, e peggio ancora Tantica stampa, non
ha ombra di grammaticale ortografia, ed il
testo Mauni, all'opposto, è inabissato in un
mare dMnterpunzioni che recano più bujo
che luce. La interpunzione è forse la parte
più difficile ad afferrarsi da un editore, men-
tre i 8€^i ortografici sono la guida della mente,
e quando giacciono mal collocati stravolgono
affatto i concetti, sicché il cavalier Monti ben
t diritto sentenziò che questi segni non sono
punto pedanterie, ma spie sicure di ciò che
si cela sotto la cupola del cervello. Io ho
adottate quelle misure che mi parvero meglio
Gamba ^ Opere 19
%^, SlSCOllSO 8UL FIOR DC BITTOBICÀ
Opportune alla pronta intelligenza e chiarezza
della scrittura, e desidero di non essergli ìqt
gannato.
Le diligenti edizioni sogliono avere TornaT
mento di un indice di tutte quelle stampe
c\ie precedentemente si sono fatte, e nel caso
nostro, restano meglio arricchite quando of*-
frano anche Tindi'ce dei codici che possano
essere conosciuti. Siccome però ad ottenere
questo intento avrei dovuto, quanto a* codici,
prendermi molta briga per conoscere quello
e he non è stato notato dagli scrittori; e quanto
^iredizioni non avrei che impinguato il libre
di notizie di poco o niuno interesse, così con-
fido d'essere scusato del l'avermi evitata sifr
fatta noia, e tanto più che Tedìzipne principe
e le stampe fatte colle cure del Corbinellì e
del Manni penso che sieno le sole huone e
valutabili. Avrei bene desiderato di soddisfare
la mia curiosità colFesame della più volte
rammentata edizione dataci dal Montalbaui
in Bologna nel 1 658 in la, ma non essen^
domi riuscito di averla 8ptt*occhio„ per le.
cose già osservate, mi arrischio di giudioari^.
^ffalto infruttuosa. Quel caro signor Ovidio
Montalbani non potea fiutar bene entrp alln,
t;:amoggìa^ egli che intitolavai soprabbanda^tL
^
mmm
DI Ifik OVIDOTTO. 291
suoi libri la Cronoprodtasi, Ì9l Kiposcopia^ la.
Comenscspia^ la Brontologia^ e ch'era un
lettore di matematiche incaricato, dic«.il soO;
biografo, di formare il taccuino de' giorni prò-
pizj o avTerai al cavar «ang4;ie e al purgarsi,.
Mi sono proposto di dire alcuna parola
anche del conto in che può aversi queslo.
Fiore di Rettorica, ed eccomi qui da ultimo
a liberar la mia fede. Altra cosa che i Gra-
vina, i Genovesi 9 i Soave del decimottavo.
secolo erano i Guidetti, i Guittoni^ i Bru-
netti del secolo decimoterzo; e '1 nostro A^-
tore, che nel primo de' suoi Froemj loda
Marco Tullio percbò era grande della per-
sona e benfatto di tutte membra e d^'armj^
maraviglioso cavaliere^ e il suo menante che
nel Proemio premesse ài terzo Trattato mal-
mena il Frate comebriaco, perchè ha ripetuto
in due luoghi le stesse lezioni^ e giudica che
ij lettore non abbia studiato mai libro ^ se
non come fanno i fanciulli che ricorrono
V abbiccì e 7 Deus in nomine^ sono certi^-
mente uomini colali che non possono oggidì
aggiogcer lume alla chiarezza nei nostri in-
telletU- Ma in ogni tempo si sono venerate.
Je preziose memorie prime, e'I continuare a
farjo sarà sempre indizio di civilià nazionale
r
fsm
999 IIÉ8COB90 »UL f lOA DI BItTOllCA
• di patrio atUccameoto- In mesco poi w
coderai oontraal» aoHe ocae delia faydla hm
aM>ìai]a<» T6dato gì* italici noalri oombattenti
più illustri, Cesarotti e Napìone, GéBarì e
Monti, Pertictfri e Lampredi, trovarsi d'ac*
oordo nel dogma, clie aeiisa dare opera allo
atiidio de' booai Tocchi non si giagnerà mai
al pieno conseguimento della parità di qnella
lingua che fa da costoro marayigliodamente
fondata e scritta. Ora frate Gnidotto sarà
Tafanato tanto pKi reyerendo quanto che,
qasntanqoe nato fuori del snolo toscano, n'è
stato vno de* primi babbi, ed il ano eloquio
non si trorerà sensa giadiaìo e sapere, né si
fedrà imbastardito di quegli arcaismi che
possono snpporri soltanto proprj di un popo-
lare dialetto. Se il rendere questa sua scrit-
tura di più uniyersale conoscensa non sarà,
come confido, tempo perduto, non sarà uè
hieno discaro eh* io dia termine a questa Fre-
faaione, ricopiando alcune similitudini, sen-
tense, frasi e leggiadre immagini che troransi
S][»arse per entro il libro, e che, quantunque
cariche ormai di circa cinquecento e sessanta
anni di età, fl(pp«}ano aqcora iresce e ra-
giadose.
DI »À ODIDÒtTO* . I9S
Sentente,
Tuttoché la regide pecunia sia mantello^
lo quale molti nzj ricopre fra h genti y non fa
ricoperta di colui die non sa hen dire. Gart 6*
Senza la favella sarebbe la bontà come
uno tesoro riposto sotterra ^ che^ se non è
saputo , più che terra non vale* Gart. y.
Il domandare spesse volte delle cose duB-
hiose è una delle cinque chiavi della sa-
pienza, Gart 17*
ffiuna cosa piàpresta che lagrima sisecca.
Gart. 53.
Pacifico si mostra a* mmici^ aspro agli
amici, GarL $j.
Colui si dee Ubero chiamare che non è
servo di alcuna bntttura, Gart, 61 •
Kon solamente è povero colui che ha pocoy
Ma colui che saziare non si puote. Gart 61.
Malamente errano coloro ^che quando sono
in grande stato credono avere fuggita la ven^
tura; ma quegli si porta saviamente ^cheneUe
jfrosperevoU cose pensa dinanzi come la ven*
tura si può mutare. Gart. 6a.
La bellezza del corpo dibassi per male
che abb ia , tolsi via per iveechiezza. Gart 73.
:5L' (^
mnw
agi BISC0R90 $UL nOR DI BfeTTORICA
Quella che non piovve dal cielo rimase
suso. Gart. 82. ProTerbio da usarsi quando
uno, dopo avero ripreso altri alla libera, ml-
tffga poscia Inacerbita con qualche lode.
SqvH debbono essere tenuti coloro che per
fare salva la città loro non isehifano peri-
colo né fatica ninna, Gart. 92.
Né 7 puledro non domato , avvegnaché sia
buono » piiò essere acconcio a quella utilità
che Vuomo desidera del cavallo'^ né Yuomo
non usato f avvegnaché sia ingegnoso y può
essere di molta bontà, Gart gS.
Similitudiniy,
La favella di un dissennato è come une
coltello aguto e tagliente in mano d^ uno fu-
rioso , Gart. 6.
V ordinare della favella é di tanta virtù
-nel dire^ che dicono i savii che così dà vit-
toria nel suo intendimento^ come le schiere
de* cavalieri ben composte e ordinate fanno
i^incere al signore le battaglie, Gart. 26,
QuelVoraiore che senza proemio viene in*
contanente al fatto ^ é avuto come colui che
vien lotóso a mangiare^ e ponsi al desco ^ o
non si lava le mani, Gart. ^9.
iif^^mm0^^'^t^^^«^imtt^rtmiM^mmt^f0HKmKtm-^-KiM^'^immmmmi^
Come da riprendere colui che^ quando
naviga^ più avaccio la na%*e che le persoti
intende a salvare^ così di colui è da fare
"beffe e scherno^ che in sul grande pericolò
più provvede ai suo salvamento che a quello
del comune^ perchè spezzata la nave, molti
ne possono campare^ ma quando pevisce il
comune non ne campa veruno. Per ìa qucd
cosa possiamo dire che Decio si portò savia^
mente ^ che per campare la città sua si mist
alla morte ad a ferire i nimici. Per vii cosa
e per piccola grazia ricomperò una grande \
diede la vita e fece salvo il paese 'j partissi
T anima e accattò gloria e onore; il quale
non menoma^ ma sempre cresce ed inforzai
•Cart. gt.
Questo luogo non è da tutta la quistione^
siccome uno membro sceverato^ ma, siccome
sangue y per tutto il corpo della, quistione è
sparto. Cari. 93.
Come colui che piglia il pennone per cor^
rere nel prato , di colui che ha corso ^ corre
mèglio^ còsi il podestà nuovo\ che piglia la
signorìa y del vecchio è migliore ^perchè affa^
ticato colui ^ che ha corso ^ rende il pennone
a un altro ^ che corre ^ ma. il podestà già
usato rende la signoria al nuovo, Gart. 94«
996 DISCORSO SVI nOR DI RITTOUGA
Come U giullare che si leva in piede per
giocare perchè ha una bella persona^ è di
iciamito e di un bel drappo ad oro vestito^
ed ha uno bel capo biondo e pettinato con
bella corona e ghirlanda in testa y e tiene in
mano un maravigUoso stormento, tutto di'
pinto e lavorato di avorio ^ e per le dette cose
correno molte genti a vedere e aspettano di
vedere uno bellissimo giuoco, e stando ogni
uomo cheto e attenta comincerà questi
cantare con urui voce fioca e con uno &na-
tissimo modoy e sconciamente menerà le òn*
che e i piedi e le mani quando verrà a bal-
lare; quanto più sarà stato acconcio e guar-
dato dinanzi y cotanto sarà fatto di luimag»
giore beffa e scherno ^ così quando Tuomo
9arà più ricco e gentile, eavraUo la ventura
messo in grande stato, se in sé non avrà
senno e larghcìizg, e bontà, quanto più sarà
guardato per le cose, che sono in lui, tanta
più sarà schernito e avuto in dispregio e cac-
ciato dalla usanza de' buorU.
Questi spesse volte va per mezzo il mer-
cato ricciuto come un drago, con una guar^
datura rabbiosa, con un animo aweìenoso^
di qua t di là guardandosi d'intorno se ve^
desse alcuno, cui potesse col sfiato appuzzare
■- "^ ^-^^mmmm,^mm^imm
Di IRÀ 6UID0TT0. 997
colla hocca mordere e co" denti squarciare»
Cari. gg.
Costui quando rizza il mento in parte
alcuna^ sempre crede da tutta gente esser
guardato, come se Jusse pietra preziosa m
lettissimo oro rilucente. Cart. loi.
Buone definizioni.
Diligenza è una sollecitudine in sapere lo
suo hen guardare ^ ma avarizia ò uno ingiu"
rioso desiderio dello altrui, Gart. 69.
Follia è uno apprendimento di fatiche
di pericoli, non considerando che del fatto
si può seguitare. Gart. 69,
Detta divisione delle voci^ e sopra quante
voci si dee dire. Gart. 131. Questo oapo, e
gli altri tre seguenti sul modo di pronunsiare
le parole, di cambiare il tuono della Toce e
di gestire sono di qualche importanza, men-
tre esprimono con chiarezza alcune cose non
facili a dirsi.
Prudenza è uno sottile scaltrimento^ per
lo quale si muove Vuomo per diiitia ragione
a conoscere il bene dal male. Gart. i36.
Giustizia è una farma volontà d^ animo per
la quale Vuomo si muove a rendere la ra^
■4". ^ , ,Ti7^^ 1
igS SISCOB^O SUL ^lOR 1^1 ffETTÒRTÒi
gione sua a ciascuno^ secondo Tessere sùcr^
Cart. i38.
Fortezza è Una férma volontà di animo ^
per la quale si muove Tuamo a desiderare
te cose grandi e a dispregiare le cose vili è
ad essere Sofferente delle fatiche e dei peri'-
coli. Gart i4o.
Darò termine a questo Discorso col ripor-*
tare un brioso racconto^ che può risguar darsi
siccome uba Novelletta.LeggestalGapit. fo3,
dorè sì parla del Sermonarei
Nel tempo che "Roma aveva rtiolti cavalieri
forestieri f e ogni uomo stava rinchiuso in
casa per paura ^ venne Saturnino^ tutto ar-
mato a ferro y con un' grande tavolaccio è
con uno spiedo in ntana e con cinque grandi
fanti, tutti armati^ e corti* egli suhitamente
entrò nella casa di Salamone, a gran voce
cominciò a gridare: Ov^ è questa Signore della
casa^ cVè stato cotale anziano»^ ov' èP inse*
gnatelmi tosto '^ ove V avete nascoso ì^ E stando
cheto ognuno per paura ^ venne la maglie di
Salamene' con gran pianto, e gittoglisi ai
piedi, e disse: Per amore di Dio e per amore
di te e per amare di qualunque cosa che pia
ami in questo mondo, abìn misericordia di
noi, non uccidere noi, inabissati che setno.
mirRA GUmOTTO. Hg^
distrutti e disfatti; portati henignamentei
iiuaftdo se^in grande stato ricordati che sei
uomo e che noi medesimi già fummo beati.
E Saturnino disse: Madonna y il vostro pian^
gere non importa a niente; bisogno fa che
noi il troviamo^ e delle nostre mani non può
scampare. In questo mezzo è detto a Sala-
mone^ come Saturnino è venuto, e a gran
voce il minaccia di metterlo a morte. E^ in*
tese queste parole^ Salomone disse alla ba--
Ha sua: Sofia mia buona ^ abbi buona guardia
de figliuoli miei \ partiti e mena teco i
fanciulli, e fa che possino campare dalle
mani di costui. Appena ebbe queste parole
compiute di dire ^ che venne Saturnino e
disse: Arrenditi ^ baccalare , se no^ se^ morto:
di tutto ciò che m* hai fatto piglierò oggi
vendetta, e Tira mia sazierò del tuo sangue.
Rispose Salamone , non potendo appena
riavere Volito per la paura che avevo: Ucci*
dere mi puoi tu , ma vivo non mi arrén^
derò io a te, E Saturnino disse: In sulla
morte ti vedi, 6 ajjtcora meni rigoglio? Allora
rispose la moglie di Salamone e disse: Anzi
si arrende e chiamati mercè, che tu gli per*
doni, onde ti prego che tu abbi misericordia
di lui, e vinci la mala volontà e rendigli
\
f^9^
dOO DI8C0BM> fUL FlOft DI BITIOUCA BCG.
pace. E Salomone disse: Donna^ perchè di
tu cose che nen sono convenevoli a dire ?
taciti j e quello che hai a curarv, cura'j che
se questi mi offenderà in persona^ sicure è
ehe mai non li sia rimesso^ e non avrà mai
vita sicura. E Salomone scacciò da se la
moglie^ che si lamentava per lui^ e Satur»
nino, non so ehe dicendo di suo vantamento^
venne centra a lui e miselo a morte.
DISCORSO
Premesso tJT edizione dei Reali di FraoGia,
coZristorìa di Ruoto dì Xatona, pubUicaii
per cwra ddT Autore in Venezia^ i8ai,
ia8.
l^uABDO riaao^e T Italia alle aciense e die
lettere» i saoi primi ragiti furono spiritaali
leggende, roue cansoni^saererappreaentaaioni,
noYetlette, romanzi. Io toccherò alcuna cosa
intomo a questi ultimi per farmi strada a dar
ragione dell'opera che riconsegno alla lace.
I Romanci, volgarmente detti </»Cafa00nÌ0,
noti iono sensa qualche fondamento di rerità,
come non lo furono le storie della mitologia
pagana, e formano ancVesn la base e il sog*
getta di un* epopea farolosa, i cui annali eser^
citarono le penne e lo ingegno di uomini leru-
ditiasimi. Il Quadrio, che traglltaliani ne parl6
più diffusamente d* ogni altro , in tre classi
divise le singolari e curioae storie dei Pala-
dini. La priiba^ cui fa egli coetanea coli* ori-
gine dei Rretoni , tiene per suo corifeo il rtt
Aria, e per suoi grandi camptoai Lancilotto
del Lago, ì due Tristani , il re Maliadus ed
/^
V
3o3 BI8GOI80 SUI REALI DI lAÀNClA
altri, che formarono la famosa Tavola rotonda,
Nella seconda classe , la quale ha per fonda-
mento la origine dei Ganlesì , vissero celehri.
un Amadigi, on Palmieri di Oliya , tin Ti*
rante il Bianco. La dasse tersa è formata
dalla così detta Storia di Carlomagno e d^i
moi dodici Paladini^ la quale più ancora
delle altre dae fu copiosa di caTalieri erranti;
e cpidti die precedettero il nascimento di
Carlomagno, come Fioyo, Fioravanti, Risieri^
BnoTo di Antona e Carlo istesso , diedero
materia al Libro d^
Beali di Francia.
Di questo libro volendo io tenere discorso
non entrerò a dire del mirabile che ne forma
il generide disegno, né delle parti che possono
costituirlo assai ragguardevole, avuto rispetto
aHempi in cui fa composto, cioè quando gli
autori dopo il totale decadimento delle lettere
eominciavano a scrivere con qualche puressa,
ma affatto sens* arte e da lumi di sola natura
guidati. LV>pera riuscì tale da starsene onora-
tamente tra quelle, le quali servirono a mai^
suefare e ad ingentilire gli uomini ed a &r
VAlere fra le genti la cortesia , la fortewa ^ il
E LÀ STOHIl DI BUOVO b'^ANTOVÌ.. 3o3
v^alofe, la magnanimità. Che se sono suoi prin-
cipali difetti Ja trivialità dei racconti o il me*
scolamento dell« cose sucre colle profane o li
troppo frequenti spropositi di storia e di geo-
grafìa, tuttavolta, a differenza di altri scritti
contemporanei , essa va netta di non pocht
Iprdure. Le sacre leggi del vassallaggio e delU
ospitalità TÌ sono rispettate, ed in vece di tro-
varvi le Glnevere eie Isotte che menin vanto
di adulterj e di sfrenatezza , vi s* incontrano
le Drusiane e le Dusoline , le quali ricusano.
4i essere cortesi del loro amore ai mariti sia
a tanto che non pervengano a cignersi la
fronte di reale diadema e a diventiire r§ d^
torona»
I numerosi romanzi cavallereschi che ora
dal prpvenziale, ora dal francese, ora dallo
spagnuolo recarono al volgare italiiano i nostri
antichi^ sono per la maggior parte o trascura ti
o dimenUcati affatto oggidì , e al libro dei
Beali di Francia toccò il destino di vivere
più degli altri, ma poverello e tapino , sbaa«
dito dagli scaffali dei letterati , in odio alle
donne colte e gentili, e confinato a posarsi sul
banco, di qualche ozioso fattorino o per le
stalle dei co.ntadjpi. £ perchè tanto avvilif
ipeuto di un* opera originale, nata sotto il np'.
3o4 mscoMo SVI hbau di i bahcia -
•lio cielo^ che pure sommÌDiatrò materiali «i
divini poemi deli*Arioslo e. del Tasso , ed
agli allegri cantori del Palei, dei Berni e del
Fortignerri? Io tengo per fermo che accagio-
nare di ciò si debbano principalmente le ìq-
fifute e tutte scorrettisrime stampe che se ne
tono fatte, le qaali mettono nella impossibilità
di leggere questo libro «piale di primo gascio
ùsci dalFautor suo. Gli Accademici della Cru-
gea ne conobbero de* frammenti , che forono
reduti dal loro Infarinato, ma questi seryi-
rono ad apprestare qualche buona Toce al loro
Tocabolario, e poi rimasero trascurati fra la
polvere degli archivi. Dall'anno i49i> in cui
si fece in Modena la prima stampa, divenuta
rarissima, sin alfanno 1 8x5, in cui in Yene-
sia per- Tuttima volta questo libro s'impresse,
non si è fatto altro che interpolare , imbrat-
tare, deturpare una dicitura, la quale pur»
•corgesi essere originalmente stata tutta facile
e netta, e ognora plausìbile per lo periodare
breve, succoso, chiaro e vibrato. Se non si sco-
prano Godici, sui quali fare studio ed esame, i
i?eab'df Francia non potranno mai pretendere
al diritto di autorità reverenda; diritto a coi
non aspira certamente nemmeno la presente
stsimpa, la quale, il confesso^ ò fatta coirajalo
1 LA STORIA SI BVOTO D^ÀffTOlTA. 3o5
€ riacoatro di due vecchie edizioni, l^ana e l'al-
tra poco pregevoli; nètnltaTiapiccioIa fatica e
•lata Tavere cura di navicella tanto admacita
per ridurla in porto senza totale naufragio.
Io ho dovuto porre studio e diligenza molta
per rendere chiaro il senso, per togliere le
ripetizioni troppo soverchie e noiose, per re-
golare la interpunzione, e tutto ciò senza far
perdere al libro, per quanto si potè, le native
sue forme.
Yorrei chela erudizione mi assistesse per ren-
dere bene istrutto il lettore intorno àlKepoca,
in CUI i Reali di Francia furono composti, e
inturno al nome e alla patria del loro autore.
Gli scrittori, che più di proposito si occupa-
rono di questo ramo di letteratura, furono
tra noi il Giraldi, il Pigna ed il Quadrio; e
^ in Inghilterra Tommaso Warton, e lu in
Francia il Ginguené, il quale con finissima
critica e rette sentenze trattò a lungo della
Epopea romanzesca in generale, e dei Reali di
Francia in particolare. Quel poco che puossi
da tali fonti attingere, si è, che il libro è stato
certamente scritto dopo il secolo duodecimo,
perchè quella santa bandiera Orifiamma, che
spesso vi è ricordata, non fu portata nelle
battaglie per ordine dei re di Francia nei
Gamba ^ Opere ao
So6 DISCORSO 6171 BEALI DI FBÀHCIi.
tempi anteriori; e siccome poi lo storico fio*
reatino Giovan ni Villani, clie morì nel i3'4B,
rammenta nelle sue Cronache i romanzi che
narravano le geàte di Baoro di Antona, le
quali appunto danno argomento a tutto il
quarto Libro della nostra opera, cosi dee ter
nersi per eerto che fu dettata o nel xin, o al
più tardi nel princìpio del secolo xif. DeL-
] autore sono aiTatto ignoti il nome e la pa-
tria. Si potrebbe però osservare che nelle
vecchie leggende solcano gli scrittori fermarsi
con ispeisiafe minutezza a descrivere que' paesi
che, essendo i loro proprj ^ assai conosceàno; e
siccome nei Beali di Francia si trovano aspre
battaglie date in Lombardia^ di cui non è o
picciola o grande città che non sia ricordata;
e siccome aoclie de' contorni di Roma si mor
atra Tautore istrutto a segno di darci sino il
nome di qualche strada della picciola città di
Sutri; e d'altre parti delle città toscane e di
quelle del paese veneziano poco si fa loen-
sione, così io inclinerei a giudicare questo
(Scrittore pativo degli stati o loQibardi o ponr
tificj, piqttostochè dei veneti o dei toscani.
Le istorie io tutto il libro contenute, come
si leggono mile più e men conosciute ^dir
;Npn), abbracciano sei soli Librì,epomiociarnd9
L._
X LÀ «TOMA DI BUOTO D*ÀVT01lA. 807
da Costantino^ terrainaoo col ritorno dalFIta-
Ka in Francia di Garlomagno, accompagnato
da Berta «aa sorella e da Orlandino ano ni-
pote. Vi restano troncate a mezzo le TÌoend«
di molti Paladini, né Topera si mostra con-
dotta sino al suo compimento. Bisogna cre-
dere che tale siasi lasciata dallautor sno, e
che altri scrittori poi, e spezialmente francesi^
abbiano ripigliato il filo delle strayaganti zj^
Tentnre; della qual cosa noi abbiamo prova
nei Teecbi volgarizzamenti fattiai del Libro
della regina Ancroja, del £dhro chiamato la
Spagna, del Danese I/gierì , deW Anteo Gi-
gante ^di Altohello e re Troiano suo/rateilo, ecc.
Minn'altra ayYertenza restandomi da pre-
mettere a qnesta ristampa, chiuderò il discorso
con nn^ ultima osserrazione. I Romanzi di
cavalleria, fattisi cibo troppo dozzinale fra i
popoli^ diventarono sorgente di strani pregiu-
di zj, e si è quasi posto in oblio il primario
loro scopo morale^ talché é stato opportuno
che uno dei più grand'uomini. Michele Cer-
vantes, venisse colle armi del ridicolo a cor-
reggerne Tabuso, siccome egli ha fatto col-
Tammirabile suo don Chisciotte; ma dopo
tutto 4juesto né agli uomini di lettere può
«ssere discaro di tenere lira mano un piace-
Wi^^
Soft DldCOB0O SUI MÀ1.I DI IBiUClÀ, ICC.
Yole libro» che tra 'I fango rac(;Iiiade gemme
presigae ed è pittura mace di tempi e di
coatwaì okft già faronO) né tra la gente dei
Tolgo dladioe dbe ai moltiplica l'uso di una
letlorai mediante la quak essa prende^ senza
accorgerti) affetto e stima per la gente intre-
]^da e per lo mestiere deirarmi. E dotti e
idioti imparano finalmente dai Paladini a por--
lare ri^wtto al debole sesso e ad assomere
per esso q[yella gentileiaa di animo, di coi ci
banno dato 3 primo modello ^peste fatolose
diceriei le quali non hanno, per questo ri-
guardo, esemplari nelle famose storte dei
Greci a dei HoHHni.
^^•'W^ I I ■ l^^""»"^^^iW*^^B^^«^^F^"— ^"^
ALCUNI RITRATTI
BI
DONNE ILLUSTRI
DSLLB
PROVINCIE VENEZIANE
Pubblicati in occasione deUe Nozze di
Iacopo Crescini padovano con Adelaide
Meneghini veneziana nel dì iS gennajo,
1826.
Be«ae^90<p^=:^BS9
^fc.
• /
AMABILISSIMI SPOSI.
V ói mi ayete per gentilezza TOsUa presceiia
all'offerta del nuziale Anello nella solennità
che fermar dee per sempre i vostri destini^
e grato a questo pegno di molta affezione io
Toglio idfìorare cpme meglio posso il più fe-^
stoso giorno di tutta la vostra vita. Voi , egre-
gio Iacopo^ ben sapete che non varrei a farlo
con versi; ma dì versi vi saranno già molto
prodighi i vostri amici; e di versi leggiadri
6iete tal fabbro voi stesso che ne reputereste
soprabbondante il tributo. La più matura mia
età è piuttosto quella de' consigli e de' rac-
conti ; e perchè ad essa io convenientemente
risponda, a Voi mi rivolgerò, quanto avve-
Beute, altrettanto amabile e saggia Adele ^ e
Voi pregherò a voler con grazioso sorriso ac-'
cogliere le brevi Yite che danno anima e
forma a questo libretto. Yi ricorderanno esse
il merito di alcune illustri donne delle nostre
vioeziane contrade, delfe quali vedete ad un
tempo delineate anche le varie fattezze. £ in-
dispensabile, o Adele y il ragudtar capitali da
n >^ii ii'Tia wnn
3r3 AIGV9I RITKATTI
trafficare con usura allora quando le rose
della gioTentù cominceranno ad appassire; e
Tesempìo di alcuna conctUadina, valorosa ad
un tempo e nelle ottime discipline e nelle
virtù, famigliari, y* infiammi a farlo, cbè cosi
vie meglio tesserete di fila d*oro ì giorni di
Iacopo vostro, e nella illustre Padova varrete
a procacciarvi ricreamenti perenni. Se poi il
vostro Sposo il consente, fate eziandio che si
rinnovellino per vostra squisita industria quei
tempi ne' quali Beatrice Pappafava Cittadella,
vissuta cento e due anni, sapea manlenerst
aalda la estimazione di un Lazzarini e di un
Yallisnieri, e la madre del celebre naturali-
sta Fortis, venuta già ottuagenaria, non ve-
deasi men apprezzata da un Cesarotti, da un
Tt>aldo, da un Sibilialo. A Yoi, ed allo Sposo
Yostro auguro in fine quella perfetta e inai-
terabil concordia di pensieri e di volontà die
nel maritale legame uiùcamentejocoorre a ren-
dere in ogni tempo reciproche le aofiferenze
e. reciprochi i godimenti.
Vivete amici.
Fenezia, il di iS di gennaio ^ i8a6
11 vostro afTezionatissimo Amico.
<■> — ij.rz;sg«ir=5.:;g=a gr ; — •;^ , -^ ; ;gT g:g--ZT:?- .^ ■ , t—M gagaga— ^i^B^MP^lB^p^pipwt^
PI DONUI IX.Z.I78TKI TKKBSIÀIIC. 3l3
ISOTTA NOGAROLA
YSBOHBSE.
i^£ vera celebrità si può dir quella che, coa«
ceduta uua fiata da encomiatori contenipora-
nei, non vien più meno nel lungo volger dei
secoli; chi più ne ottenne di questa fanciulla
dottissima^ nata in Verona sul principio del
secolo XV? Le scienze e le lettere aveano
avuto eostante asilo in casa sua, e uomo gran-
demente addottrinato era il suo genitore Leo*
nardo, e cultisdma una sua sorella per nome
Gineyra; ma Isotta ^a Tastro della famiglia
più risplendente. Accoppi ay a essa a grande
sapere, esemplarità di costume e bellezza della
persona, e la unione di tante doti serviva a
conciliarle universale riverenza ed affetto. Fu
suo educatore il celebre Matteo Bosso, che
molto usava in sua casa, e che, fattosi reli-
gioso^ yoUe cessare dairawicinarsele a fine
che^l rigore del costume non trovasse m-
ci'ampo nelle grazie della discepola. TyiYenaitk
Isotta ornamento delle assemblee letterarie,
aoetenne in esse pubbliche dispute intorno a
quegli studi ch'erano coltivati al suo tempo^
v_
mm<^
ed uoa spezialmente riuscì molto solenne net'
Tanno i4S'i* Compose un bellidsimb Dialoga
in difesa del gentil sesso, pubblicato da Aldo'
nel 1 563. Grande encoMio di lei fece Ermo-
lao Barbaro; scrisse Telogio suo in Tersi la»
lini Mario Fildfo, figliuolo del borioso Fran-'
CQSco; Gostanza da Tarano la amava e te-
neala a sua coiìsigliera^ ed il gran cardinale^
Beasarione fu a bella posta a Yerono per lo
piacere d* intrattenersi seco in conTérsazione.
E incerto Fanno della sua morte, che alcunor
segnò al i466 quando contava circa 48 anni.
Dopo che Scipione Maflei si prese cura di
raccogliere le sue notizie, altri valentuomini,-
come il padre degli Agostini, il Mittarelli, il
Crevenna, furono lieti di poter pubblicare qnal^
ehesuo opuscolo; e dobbiamo al Tirabosciii e
ad altri storici la notizia, che le biblioteche di
Modena, di Milano, e la Regia di Parigi ser-
bano tuttavia scritti inediti d'Isotta; per la
ohe è da far voti che una qualche sua con*
cittadina, oggidì fiorente per ispiritoeper cul-
tura, divenga raccoglitrice di tali scritti^ e.onorì
8è e la patria arriccbeftdone la repubblica
delle lettere.
^^
fil DOITKB ILLOITHI TIZlIZI AHI. 3 1 S
CASSANDRA FEDELE
tiubsiaha.
V A annoTerflta tra le italiche donne più dotìer,
e più famigerate. Da originaria famiglia mi-*
lanese nacqne Tanno 1465, e fin da gio^a*
nètta senti molto aranti nelle greche e latine
lettere, avendo in ispeziehà le muse latine
tanto propizie 4 che di frecpiente improyisava
Tersi bellis8Ìmi| accompagnandoli essa mede**
sima sulla cetra. La eloquenza, la storia, la
teologia^ la povera filosofia de' suoi di le pro-
cacciarono mezzo di rendersi celebre e rive«
rita , e lo fu a s^no, che giudicata venne emul a
delle antiche sapienti. Giovanni Bellino fece
il suo ritratto in età di anni sedici» Il Poli-
ziano si recò a bella posta in Venezia per
conoscerla, confessando poi che rimaneasi 'in
dubbio se a confronto del prodigioso Pico
dalla Mirandola dovesse concederle il primo
seggio. Yoleanla alla loro corte i sovrani delle
Spagne Ferdinando ed Isabella ,.'ma la repub«
bOca: di Venezia comandò, che' la patria non
restasse orha di sì strenuo ornamento. Cinta
di alloro recitò Orazioni nella Unìveirotià di
mm.
3 1 6 iLCtTHf BITRATTI
Padoya, ed altre al cospetto del doge e del
aeuato. Al coepetto di Bona^ regina di Polo-
nia, renata a Yenesia, recitò , quantunque
in età di 90 anni, tal coaciene da meriitarsi
issofatto lo splendido dono di una ricca col-
lana d^oro; ed altre ODoriEcenxe ottenne da
re e da pontefici, ce' quali ebbe frequente
cartaio. Altro non ci è rimaste dì tanto suo
sapere se non cbe qualche Orasione, varie
Epistole^ e pochi altri frammenti in versi ed
in prosa. Ebbe a marito Gianmaria Mapelll,
medieo vicentino, da cui non ottenne mai
prole, e con cui passò a vivere per qualdie
anno in Greta. Rimasta vedova e povera nel
iSai, riparossi a* recessi dello stadio e della
reKgione, e fu direttrice di un ritiro ospita-
liere a s. Domenico di Castello, sin a tanto
cbe giunse Fnkima sua ora Fanno i558,
contando (secondo lo Zeno in saa lettera aU
Tabats Parisotti del dì 16 lagHo, 1740) 9^
anni di età. Fu onorata dimaosoleoe dialoga
da' suoi contemporanei Barbaro , Sabellieo ,
Augardlo. Il francese Tiiomas, l'italiano
TiraboBcbi, il nostro Marco Poeoarini, 1' in«
glese Roscoe la ricordarono tutti cen amam-
rasione; e Ilaria PelrimÌAÌ, nebUe oorcirese,
ne scrisse f<»-bitamente la vita. Da nltimi^
^tmm^^W^^K^^^^^^mmmmm^mmmmm^mmm'mmmi'^Km^^mmmmm
DI Donm iLxuarBi teii««àiii. óij
parlò di lei con patrio eDtdsiasmo la YÌreaie
dipintrice ingegnosa delle coatomanse Tene-*
siane, Ginslina Renier Michiel, in nna delle
briose sue Feste Veneziane.
IBENE DA SPILIMBERGO
VIIVLAHA.
l^uEarA donsella, rampolla d'nna feudata-
ria famiglia ch'era in grandissima fama non
solo per antica nobiltà e per larghezza dì
patrimonio^ ma ben anche per protezione ac-*
cordata alle belle arti, nacque da Adi'iano
da Spilimbergo e da Giulia dà Ponte , yeneta
patrizia. Tanno i54o. Yeggianio bene spesso
che la scuola deUa sventura opera fortu*
nati successi molto meglio che il sorriso
della fortuna; e ciò appunto è quello che
avvenne ad Irene. Tenerella òmase orba del
padre, abbandonata dalla madre, spogliata
de* suoi averi, cacciata di casa, e buona ven-
tura sua potè essere quella di rifoggirsi presso
Tayo materno in Venezia, ove venne istituita
al ricamo, alle lettere, alla musica, alla poe-
sia, alla pittura. Di quest'ultima spezialmente
si accese, avida di emulare Sofoniaba Angui-
3 1 8 AtCITllf filTRitTl
•ciola, che allora teneva il campo tra le pra
famigerate Italiane; ma tanto Irene aforzò la
aua debile compleasione da contrarre un ma*
lore insanabile, di cni restò yittuaanel 1 5(9!
non essendo ancor giunta al quarto suo la-
atro. A^ea avuto Tisiano a suo precettore; e
Apostolo Zeno ci narra di avere letto verai
rhe Ja discepola gl'indirizsava in pegno di
tenera riconoscenza. Giorgio Yasari le trìbniò
i titoli di Vergine bellissima j let tanta e mitu
sica^ e scrisse che a tanta fama salita era da
venir celebrata da tutte le penne degli scrii-
tori d'Italia, In effetto Dionigi Atanagi diede
Tanno i56i a luce una raccolta di Rime tutte
scritte in auo onore; ed a', nostri giorni il coi^é
Fabio di Mani ago, elegante e diligente iHa-
stratore delle arti friulane, scrive che cospi-
ene opere d'Irene serbansi tuttavia tra le pit^
tare più sceke jche vantar possa oggidì la p»*
tria ^ua. AÀ. esso dobbiamo anche lo scopri»'
mento del ritratto della donzella da Tiziano
dipinto^ di quel ritratto che vide pure il grande
Torquato, il quale in un Sonetto esclamò:
, . , , > or dipinta {oh nohil maraviglia)
Fé di cure d'onor calde ed ardenti^
P d'onesti desir par ^he ne invogliai
6^ ''''-'/i
/^ ...
91 DOKM ILLVSTBI VEREZIillB. Sl^
GASPARA STAMPA
Xl suo ritratto, dipiolo già dal famoso Gaer**
cino, ci mostra una delle più ayTenenti •
leggiadre donzelle che oate sieno sott'a! cielo
di Padoya. Da genitori agiati e nobili Ténno
« luce Taxino iSaò, e passò con essi a fer-
ipiar stia dimora in Venezia. Qui sino da gio-
Tanelta comparve maestra nel suono del liuto
e della TÌvuoia, e crebbe poi nell'amor degli
studi, e soprattutto di quelli della lingua na*
tia e della greca e della Jatioa.
Gli aiirei suoi costumi, le rare sue forme
inspiravano in ognuno, che le si avyicinaTa,
rispetto e tenerezza; e quando prese a seri?
Tere in rima, lasciò to3to scorgere certo modo
di comporre affettuoso e tenero, che non può
4ar che natura raggentilita dall'arte ; sicché
d€gna di afidar del pari CQ^più illustri po^ti
s^a? yisarono il Varchi fra gU antichi e 1 Tir
raboschi fra i moderni di dichiararla. In età
di 96 anni erasi invaghita di GoUaltino di
Coli alto, spirito gentile^ di signorìl aspetto,
di nobilissimo tcatto*, il quale per tre anni
n
3^0 ILCVHI niTBATTf
Tivamente le corrispose-, ma passato in Fraii«
eia a guerreggiare sotto Arrigo II, non tomo
poi in Italia che per giurare altre nozze. Tanta
è stata per qaesto evento ia perturbazione di
animo della donzella, che presto infermò, ed,
o fosse forza del morbo crudele e penoso, o
effetto di disperato veleno, nel trentesimo suo
anno compiè miserabilmente i suoi giorni.
Sott'al nome di Anassilla la Saffo de^no'
itri £&, alta Guasparra facea pervenire al-^
rincrudelito suo amante le^ più lamentevoli
querele, che ci rimasero a stampa per le pie*
tose cure di sua sorella Gnssandra, la quale
le pubblicò postume, dirigendole a~monsignor
Giovanni della Gasa. Ci serbò essa anche la
Lettera colla quale Gaspara indirizzò un giorno
a Coilalfino tutte le sue scritture raccolte in
fascio, dov*è pur commovente il leggere: Per*
che le mie lettere e rime non han potuto
una per una non pur farvi pietoso verso di
me, ma farvi né anco cortese di scrivermi
una parola y vedrò se io possa per tutte in*
ùeme ottenere almeno un sospiro y il quale
rinfreschi la memoria delLi vostra dimenticata
e abbandonata Anassilla.
Bt Donili fLLUmiI <Wm2fAlfB. Itti
VERONICA FRAJiCO
tbubciiiia.
J. BA le Yentiuiiie èA secolo xri qnettt leggia*
dra dome fmmn gtodioare T Aipaua. Nata nel
f 553, crebbe m non erdiiiaria arfeaema, in
ispirila, io €«dtwa, in leggiadrìa; fregi tatti
de* qaali appresso abasò aecalappiattdo gi*in*
canti , e cantando troppo InbrìeaaMiita di
amori. Era la sua casa aperta alla gtofMrtm
pitt ^bdita a^ dissipamenti, si però, che chi
Tolea trorarsi fìk ricco di sue benigne parole
doresse andare pia prorvednto non dei doni
della fortmia , ma di 4{aelli deHo spirito e
delio indegno. Tale dorette essere Marce Ye-
niero patrizio, con coi, soggieimado in Ve-
rona, gareggiò la Franco nd comporre quei
saporiti versi cke ci restano tuttavia. Arrigo «i
al sao ritomo dalla Polonia per passare in
Francia, ginnto a Venesia Tanno 1 5^4» Rivendo
Telato visitarla ne restò si preso, e n'ebbe
tale martetlo al cuore, che non seppe di Ve-
nezia partire senza portar seco le sue sem-
bianze effigiate dal Tintoretto. Ma nel più
bel fiore de* suoi di, e fra le tresche e i con-
Gamha^ Opere ai
Ì9% kLOOWl BITElTTt
Titti, sentissi Yeronica d' improvriso inspirata
dal cielo a lasciare una vita troppo rayrilap*
pata nel fango mondano , e, dato tosto bando
alle dissipazioni, si accinse a segnalarsi in
opere di ferror religioso, nel che riuso ìesem-
plarìssima. Il pio ricoTero del Soccorso ^ de*
atinato .ad .accogliere le dònne, maqphiate delle
peggiori. brutture, fu dalei instiiuito^ e colle
iiue largisiotti sostenuto. Ebbe molti figlittoli.
Non si sa Tanno della sua morte , che credesi
accaduta verso il £ntre<lQl secolo. Nelle Terze
Jtime di lei, che ci rimangono, scorgesi certa
spontanea ubertà, che forma la ..maniera più
jdiletteTole del suo scrirere. Non diremo Io
stesso delle sue Lettere di argomento amoroso,
fredde e concettose le airrà forse riputate
anche Michele Montaigne, il quale nel sue
Viaggio d'Italia scrive che, trovandosi egli sl
Venezia, Fautrice gliele mandò in dono il di
nove di novembre x 5 80, e che con due scudi
IM regalò il portatore. Le sfacciate Rime, di
Veronica furono dedicate ad un duca di Mao-
Io va, e le Lettere ad un cardinale d'Este. Tanta
iii^nza si 'abborrirebbe nella civiltà d o|gidià.!
BI DOmn lUMTM TUtEZURB. ìii
MODESTA DAL POZZO
TZHIZlAllA.
JJiBBB questa yaleBlissima donna la biasarria
di tramutare in Moderata Fonte al ano Tero
atonie di Modesta dal Ponzo ^ die vi ha ana-
logia. Nata nel i555, perdette un anno dopo,
|>er la peste che flagellava Yenesia, i gìtìIì
anoi' genitori, e Taya sua materna prese cura
di farla educare in un convento, dove comin-
ciò a dar prove di memoria prodigiosa. Usci-
Xafie di buon'ora, ed ascokando le lezioni cha
davansi ad un suo fratello^ prese grande •
apontaneo amore agli studia si fé' avida di
ogni lettura, e potè pervenire a scrìvere pic-
ciolo composizioni in latino e in italiano. In
eik di diciassette amni sposò Filippo di Zorzi,
avvocato fiscale alle Acque, con cui visse in
unione invidiabile per quattro lustri, facen»
dolo, padre di quattro figlinoli, ai quali diede
ella stessa educazione, diligente restando al
più esatto ed ottimo governo della famiglia,
aeoza però lasciar mai l'esercizio delle lettera
« delia poesia. Di poco eccedeva i sette lustri
iquando in un parto ebbe a lasciare troppo
3^4 iLCUKt RITBATTI
inunataramente' la vita, l'anno i Sga. Molti
aaoi compoùittaQU anda^ao per mala for-
tuna dispersi, ma tra qnelU che ci restano
rispettati dal tempo^ basti il far cenno di due
principali. Un libro del Merito delle Donue^
prosa ingegnosa, ornata qoa e là di poesie di
Tario genere. Gioiranni Nicolò Doglioni, che
ne fece eseguire la stampa in Venezia fanne
1600, arreni che Topera non area dal sa^
«ntore airutoVnltimalima. li^ortVloF^^poemS
diviso in tredici Ganti, pubblicato da Mod&>
sta sin dall'anno t58i, ma che poi rinnoyd
iiflbtto, talché ditenne altro lavoro. Qtiestd
tiltimo rimase inedito: quello ohe videlalnce
fo lodato daVsaot contemporanei come c^ra
4tt far onore ad ogni uomo di bella fama; e
il cavalier Iacopo Morelli lo registrò tra i
|H>emi più degni di essere conservati, perchè
di bella immaginazione ^e con isiite dismvoltà
e pulitezza di lingua condotto. Di altro fro^
gio pnò giudicarsi adorno oggidì, che tanta
Cesta viene fatta al romanticismo, potendo a
aiOatto genere di componimenti appartenere.
-■«^^
^mmmmm^^^mmm
DI DONR« ILLUSTRI TlViniNB. SaS
MARIETTA TINTORETTO
TBREElAMi.
\jAMk Aeìmti di Iacopo TiotxHretto 9oo pa«
dre, iUoBtr^ o«po-8(mola netla pittura, da lui
nedesimQ appreae i'art9 del dicegoare e del
colorir»* A tjaella dei euono addóstrolla Ola*
lio Zaccbino, niaeitro eeceUeolt napolitano
^he dimorava ia Y^oesia, U talento oko la
die approaao fama è stato, quello di eiBgiare
ritratti, che Bell'accordo^ nei ooiorìto, oellt
fomigliaiusa ai tvoravauo pregiabilimimt io uà
tempo che Yeneaia era assuefatta ad averli
di oiapa di Tisiaoo, di Leancl» Bassaoo, di
Piiola Naxra il Ridolfil che hworb mnck^ m
inp^r^ di invmuQne e che tdeuno n$ (7«iie
M padre^ ma neo è bea note se poesia tnl*
tavia aussistano. Avendo Manetta avuto oc*-
«animo di rìtraiTe laeopo Strada « «alabpt
letterato ed antiquario deli' imperatoxe Maa^
aimiliano, così bene vi riesci, che, vedutasi
Tòpera da quell'Augusto, egli desiderò tosto
di avere la pittrice alla sua corte; desiderio
che mostrò poi anche Filippo ii re delle Spa-
gne. Nò all'uno né all'altro volle il padre che
396 ILCtmi EITAÀTTI
ooQ9entÌ9Se, non sofferendogU il cuore clie
•tesse da sé loatanft ana figlia che con ìstì*
•cerato affetto egli amava. Fu più presto con*
tento di darla in isposa a certo Mario Aagusta,
gioielliere reneziaao^il quale, siccome baono
e discreto «marito, niente cnrayasi ch^èssa ef-
figiasse o principi o personaggi di nominanza/
è più volentieri yedeal'a occtxpata a ritrarre
altri gioiellieri e nomini di bassa condizione
•ùoi amici. Tirea Manetta in quella pace che
^odesi fìra le trànquiUe virtù dimestiche, quandor
fieiretà più fiorita, quasi colta da folgore/
fidesi per improvviso morbo tratta al sepol*^
ero di soH trent^aoni, nel i5go. Il mistro^
vecchio suo padre per qnestaperdita passò ia
continua ambascia i podbi anni che a lei so^
prawisse, né bastarono a rasciugarli le la-
grime Domenico^ e Marco; altri due suoi va-
lenti figlinoli. Anche Taffettuoso marito volle
tributare questa giovane di rispettosa mercedei
•pendendo il rimanente de' suoi giorni nella
vedovanza e nd lutUK
m DONNI IIlVatRI TSNEZlXNB. 3^^
ISABELLA ANDREINI
PADOTlNJl.
S^oiTiNTO dopo la metà del secolo xri eo-
minciaFono le donne a salire pubblicamente
sulle scene italiane ^ e Yicensa Armanni re-*
Ossian» fa vox bello spirito che-'esèrcitò prima-
d'ogni altra il mestiere di comica, e '1 conti*'
nnò sin alla morte sua^ segnila in Cremona
nell*anno 1670. Non tardò^ molto a- succeder I«
Isabella, nata in Padova Taniio i56a. Questa'
donna impareggiabile, e fornita di singolare
bellessa, si fece ammirare in Italia e in Fran-
cia- per grazia e per rari talenti nel canto,
nel snono, nella poesia; e ciò che più monta,
per morigerato costume. Sin dalla sua prima
gioyineBsa avea composta la MirtiUa^ favola
pastorale ch'ebbe gran plauso, e dopo la qnalst
pabbUcò altri non pochi componimenti. Cu*
rioso è anche oggicb un suo Dbró di Lettere
e Diah^i d'amoroso argomento, ed nno di
Bime^ nelle quali notò il Mazzuchelb essere
cultura ed elevatezza di stile con altre heU
ìetze che non ù facilmente si trovano negli
nitri poeti del suo lempo.IsTaghitasi Isabella
^p
3a8 ÌLCOHI BITBATTI
di Francesco Andreini, comico di gran nomey
gli die la mano di apoea, ma troppo breve
durata ebbero i geniali legami. Essa mancò
immaturamente io Lione per aborto, in età
di 4^ -anni nel i6o4t e Tafflitto suo aposo
▼olle ^e si rendesse ivi etema lamesioria di
Iei« facendcae scolpire in bronzo l'elogio. Era
allora allora tornata di Parigi^ ricca di distia*
EÌoai oitenote da quel gran re Enrico ir» »
da* ftìmi personaggi della sua oorle. Anche
in Italia ebbe iofioiti tributi di Iodi; a Toc-
qual» Tasso e il catalier Marini acrisseia
versi in suo onor». Dal suo nome si fecero
anagrammL Alia hlanda sinna n'è wAo^Lira
nCf an ìahris dea è s'è Taltrow I secentisti
andarono più innanai, ed unotracostorecoo-
duse, ého Isabella portava Milk ìabhrmV^i^
a Poiìoie^ nella faeoia gli orti di ddone^
nel seno il torwitod^gU Dei^nelpetto Ueini»
diVenerù e ira hhraeciailcaitiesima Àmtare*
ELENA GORNAHO PiSCQPIA
INoBiussuiA sdkiailat naha avranaia^ .Ta«
stila di sapere, noij^ focaia Biodsslia^irrepraift'
N*^
VI Dovni n:.iii9Tiii tihiziàhb. Sdg
aibii cottimie, pietà sìogolare resero questa
giaTane la maraTÌglia delle donne del suo
tempo. Nella più tenera età eranle fismiliari^
oltre ad alcuni idiomi ylventi^ rébraìco, il
grecoy il latino; ed il gran nanaismatioo Carla
Patin^ nel dedicarle una sua opera^ esiclamò:
Tu RotnamJthenaSy Bitroaoljrtnamque vehif!
Le più astratte materie dèlia filosofia, delle
matematiche, deirastronomia, manche della
teologia, erano sao alimento; e se sentiasi in-
l|Mrata a far Versi sapea con molta doloeasa
aecompagname il canto colle dita su'tasti^
poiché anche la mu&ca le era assai &migliare«
Sia dal i653, suo iindict«im'anao,svea fatte
TOto di Tirginìtà, die mantenne inriotato, ti»
Bonziando d'impahnarsi sino conpriiicipi fo*
reatierì. Per ccnisentire al paternov<^reranna
1678 nel daomo di PadoTa, fra la pompa
più solenne^ ottenne latira in filosofia; dopo
di che sì neiruniversità, come nelle accademie
ai fece alcuna Tolta ascoltare con grande am*
miranone; ne era a que' giorni straniero di
alta nascita o di molta dottrina, che non andasse
di visitarla, e che non restasse preso sia del
ano «qpere^ sia della nobiltà e urbanità dd
too tratto. Forse la troppo austera yita ohe
condusse aUNreriù i suoi ^, essendo passala _^
33<y iieuiffi HirnirTTr
a pili salda rita in età di soli 38 anni, nè^
i684* Un generale compianto dimostrossi eoa
grandi esequie, con logobri canti, con solenni
doorìficenze,con raccolte piAUicate a stampa,*
• colla erezione del suo simalacronel portico'
deirunirersità padorana. Il celebre p. Bac-
chiai mise a luce, quattr^anm dopo* la sua
morte, alcaoi brevi suoi Discorsi^ Lettere e3L
Elogi. Se questi componimenti non adeguano'
oggidì la fama di cai essa godette, è da ac-'
ornarsi la decadenza in cui erano a'saoitempi
k amene lettere nelle yeneziane contrade; ol^
Ire a che V illastre- donaella non curavasi panto
di fama letteraria^ tntta concentrata com'era'
neH'esercizio delle cristiane yirtìL Massimi-''
Kano Deza suo biografo osservò che di due
jttiiracoli può dirsi ch'Elena andasse adomay
Fano d^essere stata dotta senza paragone^
l'altro d'essere stata donna senza vanità.
ROSALBA CARRIERA
TBHISIÀlliC.
_ • 9
JLi fu padre Fannb 167 5 uor legista dì Ghiog«>'
già, di povere avere, ma devoto alle arti dbl
diseguo. Giovanetla copiava i caprìcci che ab*
bi BONirà HttTSTBi TBKBetÀAf ; 33 I^
lK>zzaTa il genitore per passatempo, ma ebbe
j^i fondate istruìEioni dad. pittori cavalierDa-
miantini, Antonio Lazzari e Antonio Bal)sstra.
La miniatura alFaTorìo le procacciò lavori per'
soggetti illustri; e tali furono i ritratti de* re'
di Danimarca, di Polonia , e delFelettore di
Baviera. Per consiglio di un Inglese si accinse
a far risorgere la pittura a pastelli, sì propria
li dare morbidezza e verità alle carnagioni
^ol mezzo di quelle sfumature delle quali di-
tentanò le sole dita le artefici 'immediate. Le
Sue nuove opere arrfcchirono il gabinetto di
Sassonia , e furono da per tutto desiderate.
Roiaiba visitò molte cortt^ ed in quella di'
Francia fece 1 ritratti della real famiglia, e
da Rigaud, da Gojpel, da Gajlud, da Ma-
nette venne celebrata e protetta. Fu ascritta
alle primarie accademie di belle arti, princi-
balmente a quella di s. Luca in Roma, che
ebbe dalla pittrice in dono un suo bellissimo
quadro. I migliori giudici del &uo tempo la ri:<i
bardarono siccome artista eccellente^ el dotte
Zanetti nel suo libro della Pittura Veneziana,
dice^ che lo stile suo era nitido ^lieto e facile;
vaghissima la tinta senza scostarsi dal natu-
rale; il disegno ben regolato delle opere sue
aveva grazia nativa e nobile^ in fine che ri*
(
33^ ALCUHÌ MTBAf 11
dus9c a d alto punto il dipingere con pa*
MlcUif che non vi/u nome celebre in fuetfo
genere dke le andasse doMiiilì. La natura non
le era stala per niente prodiga de* suoi doni,
ed a Yiennai introdotta essendo da Giando*
nenioo Berteli friulano ali^imperatore Carlo ir*
questo sovrano rivolto all'anticpiario, dialo;
Sarà valente, BertoU mio, questa tua pit»
trice, ma ella è molto brutta. Se questa sia
Stata trafittura indiscreta lo oonosoeranno le
mie leggilrìci non belle. Tomaia RosaUia in
Veoesia l'anno 1 73o non se ne distaccò piùi
ma lavorò opere moltiasinte, sin a tanto dia
o per effetto di trc^po intenso studio^ o petf
(alale indisposisione, se le cominiùò ad an»
Debbiare la vistasi^ che nel 1747 era dÌTenati^
già affallo cieca. SoprsTviase sin al 1 7571 e
se' suoi ultimi anni svanita fatalmente esaen*
dosi dalla sua mente o^i memoria di quells
ottime massime, di quella severa virtù, di
quell'onesta accortessa ch'aveano sempre fiv^
insto suo inseparabii corteggio ^ temaiaò di
mere miserameote impaasita.
ST BOlfSl IKLU8TRI TÉHeSfÀllC. 333
LUISA BBRGALI GOZZI
nrBHBsiAni.
Il OH «bbe per certo chiari Datali, poiché aoo
padre^ originario piemoateae, tenea negocìo
<ii caltolajo in Yedesia qaand*eHa irenoe a
iuce netranno 1708; potè tuttam a chiara
fama salite per ottima edacasiooe appresta*»
tale in tenera età dal padre Albergheiti so-
inasco. La indirizzò alquanto alla pittare
RosHJba Carriera, se non die più togliosa di
allegrare la yita tra boschetti parrasj entrò
tolentierì in questi, assistita da Apostolo, è
Pier Caterino fratelli Zeno, non meno che
dal dotto piovano di s. Iacopo dì Rialto - An-
tonio Sforza. Giunta al suo vigesìmoterzo annè
ay^ già dato al teatro Ti^^iWe, dramma scritto
con dolcezza di verso e con nobiltà di pen-
sieri, ausseguitato pcH da altre sue tragedie e
eommedie. Gentil pensiero ebbe nel fornirci
di una stimabile edizione delle Sime di G<f-
spara Stampa, di altra di quelle del suo mae-
stro Sforza, e di una Raccolta delle più il-
lustri rimatrici d'ogni secolo, con cui fé' co-
noecere che può essere dato alle donne, sì
V
334 ÌLCUNI RlTRiTTI
Jieae che agli uomini^ di altamente cantare.
Sempre più addottrinandosi nella lingua e nel
terso acrìvere^ pubblicò un y olgarizzamento
di sei commedie di Terenzio, lavoro si pre-
gerole cb'ebbe ad encomiatori Francesco Za-
notti e '1 padre Bandiera. Nella non più yerde
età di 35 anni prese a marito Gasparo Gozzi^
cui fece padre di cinque figliuoli, e con cui
TÌsse in buona concordia. Fu il teatro una
sua costante e sregolata passione; e nell^aono
1 758 avendo condotto a proprio rischio cpiello
di 8. Angelo con la speranza di rammargiaare
le dimestiche piaghe economiche, tanto sfor-
tunata fu nel successo, che non altro ottenne
.die di squarciarle vie più. Non sopravvisse al
inarito, in cui compagnia fece le traduziom
di alcune opere di Moliese^ di Bacine, di df
la Mothe e d* altri, traduzioni ch^erano divear
tate li scarsi meszi de* quali vedeansl Tuno e
Taltra costretti a valersi per sostenere la vil^*
If eiranno i ^^gscopcò rultimasuaora. Quando
Luisa o in fresca età, o in mezzo agli agi
fioriva, una. frotta di cultori delle lettere fre«
quentava la sua casa^.e le sue cene non invi*
diavano quelle de^ Sapienti narrateci da Ate-
neo; ma, tramutata la sorte, dileguaronsiconw
io un baleno le pur troppo apparenti « fals*
amicizie.
. SLISiJBETTA GAMINER TIÌRRA
Ouoi genitori fiirono Domenico Cttminer^
^lensore di un QiorBale, ed Anna M aldini,
•donna di antichi costumi. Fu educata ad una
«cuoia di laf ocatrìci di biancherie e di, cuffia
sino ai 1 4 anni 9 ed iri tratta da ignota forca
laaciaya a quando a quando i donneschi lavori
o per leggere o per iscarabocchiare. Tornan«
doiene dalla scuola alla casa fu visto chi sfae-
43Ìato le ausuiTava airorecchio, del che. la ma*
4re la. agridò, e per punirla la collocò tra i
copisti che tenea il padre. Elisabetta dii quel
materiale ministero trasse buon costrutto, ap-
{^rendendo di per sé la facilità del comporro
M l'idioma francese; da cui tradusse/' Onesto
Capriccio j dramma che rappresentato nel tea<>
Jtro di 8. Luca ebbe esito felicissimo. Incorag-
.^iata dal capo de'4X>mici,gli apparecchiò altre
rersioni, che mandò anche a stampa, e ape-
.sialmonte quella del Disertore francese^ che
ebbe oltre v-enti recite. Le avvenente e lo
spirilo resero della àoozeìl^ innamorato Fran-
.ceseo Albergati Gappacelli che volea farla sua
^posa, ma aveala in .yece destinata U sorte
^d Antonio Turra^ medico di Vicenza, obi»-
/
S36 ALCUiri RRBlTTI, ICC.
laoico di qualche fama. Noa cessò maì^ anche
dopo e8B0re ditenata moglie, daUe lelierarid
occupazioni, e già addestrata alia compilazìoae
de' Giornali, lavorato avendo in compagnia dei
padre nelFfuro^ 2eflerarta, aseumer volle il
difficile inonrico di compilarne «no di per sé
•tessa, di eui nscirono pareoehi'rolunii col titolo
di IfH09O Gìomaleeneiclopedieo, Hon contenta
di qaesto lavoro, mirò eziandio a rendere alla
•aa nazione familiari i più celebrati libri che
venivano dl'oltremontew Gli Idill; ài Gesmer
fiarotto fra noi «onoscìnti per la prima volta
mediante nna ana versione; e lo stesso dicasi
del Quadro di Storia moderna di Mèhegan.
Ardente era il sno trasporto pel recitare^ ed
in Yicenza potò rinscire ad innalzar nn pie*
ciol teatro dove vi desi per sua infatieabil so-
lerzia allevato all'arte ano staelo àk giovani
die beilitsima riuscita fecero. Ma in qaesto
teatro volle il destino che la infelice donna
trovasse la causa della troppo acerba sua fine.
Stava assistendo a' preparativi d^ona rappre-
sentazione quando, rivoltosi a lei un soldato
ubbriaco, le colpì il petto oon percossa tale
che la contusione degenerò in tumore. Non
^alse Famputazione di questo a salvarle la
vita, che compiè eon eroico coraggio nel giu-
gno deiraoao lygS*
LETTERE
PER LO PIÙ PREMESSE AD OPERE
DALL'AUTORE PUBBUCATE.
Gamba f Opero 93
L_
LETTERA
all' atvocato
FRANCESCO REINA
indirizzandogli h T^ovelle di Misser Aniott
Francesco Doniy^ pubblicate V-anno i8i5.
T ofy o egregio Sigoore , farete certamente
buon TÌao a qaesta Opericciuola, la quale
oon allegra fronte vi si presenta siccome pegno
di un* amicizia che mise un di mille legami
intorno al mio cuore. Corre già il quarto anno
da che io yìto lontano dalla vostra Milano, e
dalla squisitissima libreria che toì possedete,
e che mi era costì sorgente di assai piacevoli
svagamenti. Le cure pubbliche, ed i privati
fastidj mi hanno oggidì fatto rinunziare alla
polvere onorata delle Biblioteche, dalla quale
però non posso essere sì alieno da non cogliere
di buon grado le occasioni d^nsozzarmene
tuttavia alcuna volta ; e voi ne avete una prova
nella pubblicazione a cui ora mi presto di
queste XL Novelle. Furono esse dal bizzarro
e giocondo umore del Doni scritte, e poste
tra le sue Lettere nelle sue Librerie y nella sua V
Zucca j neUuoi Marmi, ne' suoi iHonib, nella
mammm^mmmf
Sia ERTiRS pnsnssi
sua Mordi Filosofia, oe suoi Piaiatoiti d^ji^
more, e nel suo tenebroso Comenta al Bar»
chiello. X me piacene di trarlo da latti qiie^
8ti libri (che oramai pochi si prendono cara
di scartabellare )y immaginando che possano
riuscire gradite^ sì perchè si troveranno per
la prima volta a bouna forma diligeatement&
ridotte^ si perchè^ quantunque tirate giù alla
carlona, non mancano tuttavia di quel brioy
di que' sali, di quella naturalezza che tant<^
piacciono in lavori di questa fatta. E il conte
Borromeo, e il chiarissimo- Poggiali avevano^
già posto il Doni nella schiera dei Novellatori
Italiani, ma non poco era da aggiugnersi alle
notizie da esst raccolte; e voi, maestro della
Bibliografia, ve ne accorgerete di leggieri dal
Catalogo che metto in fronte al mia Librone
che pfosontuDseito pretende di meritarsi ona
qualche vostra approvazione. Contento^ di qae-^
sta^ e di quella pure che io non dispero ot-^
tenere da un piccolo numero di distinti sog^
getti> fra Io coi mani soltanto passerà qaesta
operetta (la quale contenendo alcuni tratti
poco castigati, volK impressa in iscarsissimc^
numero di esemplari), mi raccomando alta
continuazione della vostra benevolenza^ e ai
vostri desideratissimi comandi tutto mi offevo»
oivsB ^xnvttckn. 34i
AL NOBIUSSIMO UOMO
IL 8t<;V0R MABCBESV
CIO. GIACOMO TWVULZIO •
Kjotx I« altre loro BoreTIe, -che {>re8S0 di Veì,
ragguardevoli ss rmo signor Marchese, trovano
'Sempre aura di benigno favore, yeagono ad
«ccompagnarsi qaeste xx Novellette di scrit-
tore «ntico, tolte da un prezioso «d ignoto
codice cli'è di vostra attinenza^ « che »e con»
tiene ct.vi. La vostra mercè io aono stato dì
^questo codice il depositario per alcuni mesi,
<e sotto le mìe cure esso acquistò nuova vita,
mediante una copia fattane trarre, che rende
•di ovvia lettura ciò che prima poteasi a stento
diciferare.
Se poco acocltcTole «uol rinseipc l'offerta
di un* antica scrittura, di cui Inautenticità non
sia ben comprovata, e di cui resti sconosciuto
r autore, sarà mio studio di conciliarmi pos-
sibilmente il vostro gracilmente col dirvi ora
alcuua cosa intorno al nome, alla patria, al
* Lettera premessa alle Novelle di Giovanni S^r-
«ambi Lucclirse, pi»r la prima volta pubblicate ia
Venezia, 1816; in 8.
^n^l
34^ tlTTBBB FBEMBSdB
tempo, e allo ingegno del Novellatore che sotto
i vostri audpicj vede la luce.
Non potrà a buon conto rimanere ambiguità
alcuna intorno al suo nome. Qaantun(}ue non
ricordato espressamente nell'opera, leggesi tut-
tavia nel proemio di «ssa un Sonetto irì nel
quale (il lettore) Zo/?ro/?r/ono/7»e (deirautore)
col soprannome ritroverà. Accozzate in fatti
le prime iniziali di ogni Terso di questo la-
dro Sonetto, risulta Giovanni Sercamhi, come
potrete scorgere Voi medesimo dalla seguente
copia fedele:
Qìà trovo si die pace Pompeo
I-Immaginando il grave tradimento^
Oniicidìo crudele e violento,
'<olendo ciò Cesare e Tolomeo.
»>mò E cuba quel reo
t^alivo d'Antenor il di cui nome fia spento;
ti^ascose su Taltar con gran passione
i-hI convertir ringraziando Dio.
GDotto color di pace ancora Giuda
tQl nostro Salvator Cristo tradio,
Radendo se di vita in morte cruda.
Considerando ciò dommi pace io
rivendo sempre Tanima mia cruda
'^ossa a vendetta, cancello il pensier mio»
^3n dico che la lins^ua colia mento
i-iQsieme non diforiaa in leal gente«
Ad OPERE 1?UBBLlCAtB. 343
Assicurati iutorna al nome e al soprannome,
indaghiamo ora la patria di questo Giovanni
Sercambi. INarra egli nel principio del suo
lavoro, che una brigata di uomini, di donne i|
di preti, di frali riunitasi nel contado di Lucca
nell'anno xgcglxxxt , quando T infieriva la
peste, deliberò di allontanarsi da quell* infetto
e malaugurato paese, e di mettersi in cam-
mino per tutta Italia, dandosi buon tempo*
col novellare. Nomina per lo più . la città ài
Lucca col titolo di nostra (vedi la novella rv)
e la schiera de' viandanti da Lucca si move/
ed a Lucca finalmente rìducesi dopo avere
tenuto il seguente cammino» Passa da princi*
pio a Roma, indi a Napoli, e divaga per la
Calabria, di dove retrocedendo visita Ancona^
Rayenna, Bologna, Ferrara^ Ghioggia; e noa
volendo intrattenersi, a Yinegia per sospetti
di pestò, Tiene a Murano, quindi per Mestrik
a TrevisOj a Feltro, a Padova, e dopo di
avere veduto tutta la Lombardia portasi da
Parma a Genova, indi a Savona. A questo
passo il codice manca, ma da Savona a Lucca
essendo breve il tragitto, pare che non po8«
sano desiderarsi se non che due o tre novelle
a compimento deQ operaie a vedere restituita
la sollazzevole brigata alla città che dee re-
putarli patria del JSgyeUatore.
«B^V^HP
S44 ttTTim PBEHESSX
L*aono i3j4 ài sopra indicato se non è
preciaamente quello in cui il Sercatnbi dettò
il ano Libro, dee però riguardarsi siccome
tessera che indica un* epoca di rayyicinainento.
Ciò si conTaIiderà,sol che yi piaccia, egregio
signor Marchese, di yenir meco airesame de-
gli scrittori deirantica storia letteraria italiana.
Quantunque il nome di Cambilo ser Gambi,
Sercambi troyisi or ripetuto, or confuso,
ftulladimeno due opere esistono, una delle
quali a buon diritto si può giudicar apparte*
^ente al nostro autore. La Cronaca di Lucca
è la prima di queste opere, che troyerete in-
serita nel yol. xyiii della grande Raccolta
Rerum Italicarum Scriptores, Di questa Grò*
naca è dichiarato autore Giovanni Sercambi
Lucchese; e in essa si leggono frammischiata
otto Novelle che stanno appunto nel yostro
Codice. È tratta da codesta Biblioteca Am-
brosiana, e trascorre dalFanno i4oo sino al
l4o9. Osseryò il Muratori nella sua Prefa-
lione, che yi s'incontrano spesso alcune yoci
particolari del dialetto lucchese; e di queste,
come di alcun'altra de*yarj dialetti d'Italia,
anche le Novelle presenti restano non di rado
insudiciate. Troverete l'altra opera ricordata
nel Catalogo de* manoscritti della Biblioteca
^^
^
A1> OPKRS nrBBtlGAfX. ^4^
Leopoldino-Laarensiana (Toro, ii^ col. 33 5),
ed è un Coauneinto ^1 Paradiso di Dante. Il
fiandinì, che lo giudicò scrìtto intorno al fine
.del secolo xv, ne riportò, secondo il suo co-
stume, le nltime parole, e sono: La sopra»
f cripta Expositione^ Chiose^ o vero Postille oe
scripto io Johanne ser Cambi ^ ecc.: anche il
Ttraboschi ci rammentò il Sercambi come
•forico lacchese, senza però nulla aggiugner
flel suo. Ora, avuto riguardo alla conformità
del nome, del soprannóme, airepoche della
TÌta e alla identità della patria, panni di non
posare sopra ombratili conghietture formando
del cronista di Lucca,dello8positore di Dante
e dello Scrittore delle Novelle un solo ed
pnico autore.
Voi, veneratisaimo signor Marchese , ohe
per annobilire le vostre insigni raccolte non'
abbisognate di mendicar i gioielli adulterati^
So che avete già rinunziato al vanto, di pos-
sedere il codice veramente originale delle No-
velle di questo nostro Sercambi; dovete però
trovarvi pago anche della vostra copia, ch^è
pare di assai vecchia data, e unica per quanto
io sappia. La formade'suoi caratteri, e quella
delle sue aUbreviuture, la qualità della carta
e i modi tenuti dallo scrittore neirortografis^
346 tETTtBB PREMESSE
noa lasciano dubbio che non sia stata eseguita
in Toscana d^irante il secolo tx. Io so ezian-
dio, che uno de* rostri dottissimi amici , ii
qoale è fregio di codesta insigne A.nabrosiana,
portò parére, che il carattere si rassomigli
aicon poco a qnello di Leonardo da Yinci;
ad ecceiione però della sua maniera paktico-*
lare di scriyere alla orientai e, cioè dalla de*
•tra alla sinistra. Una prova incontrastabile^
che sia copia <piesto vostro codice bassi ìa
una Nota posta in calce dell'Indice, Bella
quale si accennano Miniature aggiunte a fire<»
gio del libro, che nel vostro esemplare non
sono; e d'altra parte, in esso qua e colà si
veggono certe lacune, le quali indicano troppo
bene gì' inciampi incontrati dallo scrittore nella
forse troppo scabrosa tettiira delloriginale ;
lacune che rendono altresì ii senso intralcialo
e poco intelligibile.
Dalle poesie di Giovanni Sercambi, che si
trovano sparse fra questo suo Novelliere, ne
scampi Iddio ogni fedel cristiano; e bastine il
saggio del riportato Sonetto, che nasconde il
suo nome. Le prose o Novelle sue meritano
poi ben altro che imprecai ioni. Piace in esse
quell'aurea semplicità con cui scrivevano i
nostri buoui padri) piace quella ingenua pit*
Ad o^Bftì fùSBueATS. 347
tura de vecchi tempi ed usanze, piacoioQo i
tenai avveDÌmenti vivacemente dipiali, e sem^
pre con quella proprietà di voci obe assai
diffìoihnenle raggiugne la comune de* moderni
scrittori. Manca, è vero^ al nostro Seroambi
la purità della favella, spezialmente propria
ona volta degli abitatori delle sponde del-
TArno; nulladimeno potrebbesi pur concedere
grazia a qualche suo vocabolo di conio ita*
liano ed espressivo. Bglt ha inoltre quella vi«
bratezza di dialogo che tanto c'innamora
quando leggiamo le Novelle di Franco Sao*
chettì. I suoi argomenti non sono sempre
nuovi, perchè il Boccaccio ed altri ne ma*
neggi areno alcuni e prima e poi, ma sono
sempre con aria di novità esposti e trattati.
Voi non leggerete nella presente edizione
alcuna delle Novelle che si trova imbrattata
di oscenità e di laidezze, abbenchè poeta per
lo più in boccia di gente che porta cherca o
cocolla, e abbenchè fautore protestisi in piit
di un luoo^o di essere un cristi anello buono e
morigerato. Non- vi dissimulo, che tali Novelle
appunto, sì per la condotta come per la sposi-^
«ione, starebbero in cima a tutte; ma io so
quale è il debito che mi corre, e so a chi
indirizzo questo libro; nò intorno a ciò ser*
yirà parlar di tantaggio«
i^pBai"**«i«^"^^Pi^^**'»^^^«^^^""^«i^^^''""'^^BB«
948 tlTTlM VREKim
Nella stampa ho fedelmente seguito Torì-
gioale, e pressoché mantenuta l'antica «urto-
grafia; ma doye Tamanuense si mostrò uni-
ferme, ricopiando alcune yoci in modo oggidì
disusato, mi parve opportuno di adottare per
madore chiarezza Tubo comune; esempigra-
Bia, in luogo diritenere/im^ortf,^or/io^C77/a,
ùngni^ messo ^ alchuno ho sempre sostituito
^^gg^^^^^ giorno^ città ^ ogni, mezzo, aU
euno^ ecc. La interpunzione è rinnovata af-
fatto, siccome quella ch^è più indispensabile
a rendere il testo ordinato e chiaro.
Vi ho detto tutto, nobilissimo signor Mar-
diese; ma ben mi accorgo che questa mia
lettera è divenuta una lungheria poco dice*
Tole alla tenue mole del libro che vi presento,
Voglio credere che di leggieri me ne scuse-
rete quando vi pregherò , come faccio, ad ao
cettarla in luogo della visita autunnale ch'io
n aveva promesso anche per quest'anno. Se
carichi e brighe mi vietano di poter risalutare
il deliziosissimo vostro giardino di Ornate,
fperare però mi giova che, andando Voi a
diporto per quegli avviluppati sentieri, per quel
verdi prati , e per quelle ombrose vallette,
circondato da un drappello di Grazie^ che
ben tale il formano le vostre elette figliuole,
■=^^^^5»^ -'«vj;^» »»■ •«■■ j «■ I ■ *""*^^"^i^*">il^Hc*«iiP«Mvqpiq9qea«HH|
ID aPBRB VtrBBLlGATS. 3^9
e la preclarissitna yostra sposa^ potrete alle»
grare ed esse e Yoi colla leltafa di alcuna
tra queste festevoli novelle; e forse che tottìt
d*accordo cousolerete allora d'un sorrisa aa«
che il loro editore, il quale nel dedicarveift
tì offre tutto sé stesso.
AL CHIARISSIMO SIGNORE
ABATE ANTONIO MARSAND ♦
I
P. P. PROPESSORB S BL£À n. UlflTBHSIIA
DI PADOVA.
Y 01 sofete^ pregìatissrmo Amico, tenere htios
coDto di un qualche lavoretto tipografico cb»
per opera mia esce di quando in quando alla
luce, e mi ricorda la lieta accoglienza cha
avete fatta alle Novelle- di Mesàer Anton Fran^
Cesco Doni^ che Tanno scorsa ho per la prima
volta raccolte e messe a stampa. Spero di
Carvi oggidì una grata sorpresa intitolando a
dirittura a yoi questa opericciuola, che mi
piacque scerre onde saggiar un nuovo picciolo
e nitido carattere fuso qui presso Giuseppe
* Lettera premrsaa al libro Vita Sobria di LaigT
Cornaro. Vemezia, Tipografia AlvisopoU, iSiS^ ia &
l
^^"™^" I — — 1— ^^^^^^^p^l^^^^^^pp
35o LIT TEBE PEEME89B
Picotti. Il fregiare del Vostro nome la fronte
di questo libro riesce a me dolcissima cosa,
mentre posso così attestare in faccia del pub-
blico di essere con Toi legato della più in-
trinseca e cara amiciaia; né riuscirà a Yoi
ciò malgrazioso, mentre Terrete ad ottenere
la dedicazione di un libro che gli avi nostri
hanno creduto pur degno dì mandar indiriz-
lato ad illustri TescoTij e dì mettere io sino
a* piedi di papa Gregorio xit, come scorgesi
da alcune vecchie stampe fattene in Padova,
in Yenezia e in Milano ( i ). Ma entriamo un
poco a ragionar dell'Autore e della famosa
•uà Fila Sobria y afBcbè questa lettera tenga
anche luogo di prefazione.
Lungo discorso potrebbe farsi intomo a
Luigi Gornaro, vissuto in que' beati tempi del
cinquecento^ ne' quali i peregrini ingegni pul-
(i) La prima edizione di Padova, i558 m 4 > ^
(la Bernardino Tomitano, dedicata a monsignor Ve-
■COTO di Bitonto. Una ristampa fatta iVi, 1691 in 4»
è ÒA nn certo Evangelista Oriente dedicata al Sommo
pontefice Gregorio xiv ; come Io è pure la ristampa
fattasi in Milano nel 1627 in la. Altra ristampa
di Fentzia, i6qo in 8, da un certo Giorgio Gen-
naro è dedicata a monsignor Marco Cornaro» yc-
iflOTO di Padova.
AD OPEBE PUBBLICATE. 3St
lalaTano per tutta Italia come le violette nei
campì a' bei giorni di primavera. Parlarono
già di lui con onore i suoi illustri coetanei,
Bembo t Speroni, cardinale Gommendone,
Pieri© Valeri ano, Vasari, Mureto ed altri, e
ci diedero poi belle, notiicie intorno alla sua
▼ita e alle sue diverse opereilTuano,ilTeìt-
siero, il 'Gbìlìni, il Oraziani, il doge Fosca»
rini, il Fontanini, lo «Zeno, il Morelli, scrit-
tori tutti da potersi consultare con profitto da
chi volesse scrivere la vita del Gornaro (t).
Io non entrerò in alcuna particolarità, e ba-
sterammt ricordare, cbe, discendente egli da
una delle più illustri famiglie veneziane (a),
(0 n celebre Tuano (de Tou ) parla con onore
i'i Luigi Cornaro nella Storia de* suoi tempi , ed
Antonio Teissiero nelle Addizioni fatte alla Storia
medesima. IlGhìlinì ne da no'tizie nel suo Teatro
degli uomini illustri \ il Oraziani nella Vita del
cardinal Commendane ] lo Cheyne nell'opera, Af#-
todo naturale di cura, ecc.) il doge Foscarinì nella
Storia della Letteratura f^eneziana; il Fontanini
nella Biblioteca Italiana $ e lo Zeno , meglio di
ogni altro, nelle Annotazioni alla Biblioteca mede-
sima. Il cavali er abate Morelli nella tua Notìzia di
opere di disegno y eco. , consacrò a Luigi Cornaro
una lunga Nota, ch^é un tesoretto di recondita eru-
ilizione.
(2) Veggasi lo Zeno nellt Nou al Fontanini ,
35a UTTKBB PB1XB88S
ne accrebbe Io splendore colla fama de' suol
Uleoti, e con qaeUa sobrietà e temperansa
della sua yita, condotta fin presso a cent^anni,
dopo ayer pure speso la giovanezza nel dia*
sipamento e in mezzo alle più. penose india*
posizioni Seppe egli mantenersi slimato e
riverito da quanti vi erano a' suol tempi iio*
mini dabbene e letterati, i quali rimaneano
presi delle sue dolci e generose maniere^ e
della sua più che privata magnificenza. Dallo
stesse soe parole, contenute ne* Trattatali e
nelle Lettere che ora si pubblicano, vedrà
ognuno com'egli abbia' saputo formarsi crea*
toro e signore di larga fortuna, mantenersi
sempre in invidiabile tranquillità di animo, e
sentire innanzi assai negli studi delle arti,
delle lettere , delle scienze , avendo scrìtta
opere intorno alla pittura, airarchitettura,
airagricoltura, alla musica, non che intomo
alla Laguna di Yenezla, ed esiandio una com-
media tutta pena di onesti risi e di piacevoS
motti. Ultima sua fatica furono i Discorsi i/i-
ehe, spezìaffnente intorno ftirorigine d«na Famigli»
Gorntro, intorno alfa nobiltà del suo casato , da
alcttDO pasta in dubbio, ed intorno alPanno delki
morte di Luigi, segufu nel i56&ìn età di anni gjB^
ci dà le più aicuie notiite»
AD OPERI PUBBITCATK. 353
tomo cJVarte di prolungar la vita umana {\)
che conlÌDuaDo il Trattato della Vita Sobria,
Nobilissimo dispensatore delle ricchezze^ sap*
piamo che a sue proprie spese egli eresse un
tempio elegante, ingrandì privati edificj, si
creò yille amenissime e sulla pianura e in
collina, procacciò speziosi miglioramenti ai
Suoi poderi con disseccamenti di paludi e con
industrie infinite; promosse in fine gli agi della
gente sua, e favoreggiò costantemente i let-
terati e gli artisti, che trovarono sempre nel ia
sua casa utile assistenza e generosa ospitalità.
Ma tutte queste belle prerogative di Luigi
Cornare non sarebbero bastanti a rendere il
suo nome chiaro in Europa, se non ci fos-
(0 I)i taate fatiche letterario, annunziate qua e
là nelle Lettere ristampate in questo volume ed al-
trove, non ci sono rimasti se non che i presenti
Discorsi sulla yUa Sobria, ed un raro libro ititi-
tolato : Trattato delle acque. P'entzia , per Gru'
zioso PercacinOf i56o in 4* In questo Fautore espone
le sue teorie per regolare le acque della veneziana
laguna, ed é da notarsi che di avviso contrario al
tuo fu il celebre Fracastoro, del quale si è per mia
cura pubblicata nel i8i6 per la prima volta coi
torchi della Tipografia Mt^isopoU in 4> ** Lettera
indirizzata al Goraaro medesimo su tale argo-
mento.
Gamba ^ Opere 33
354 LITTCRI PRSmSSI
•ero rimasti i presenti piccioli Trattati intoni»
alla fifa Sobria^ composti in varie volte nella
decrepita sua età di anni. 83, 86, 91, e 96.
Io credo che il candore che spirano colla sem-
plicità loro, la importanza deliba rgomento, e' 1
favore con cui ci diamo tutti a conoscere i
messi di prolungare la nostra vita^ abbiano
loro agevolato tanta fortuna da venire lodati
a cielo da uomini del miglior senno. Yoi co-
Boscete meglio di me le molte edizioni che
ae ne sono fatte in Italia, e le versioni che
fuori d'Italia col corredo di note fisiche e fi-
lologiche furono divulgate, ora nel latino, ora
nel francese, ora nel tedesco, ora neiringlese
idioma. Furono in fatti questi Discorsi t^uti
quasi in conto di classico libro, e avvegnaché
alcuna volta ruvidetti e bassi ^ pure siccome
Poca favilla gran fiamma seconda^
cosi bastarono a riscaldare un Lessio, un
Bartolini, un Bamaszini, un Gheine,un Huf*
fbland e tanti altri, i quali poi scrissero opere
di maggior polso sullo stesso argomento (i).
(i) Dopo la prima edizione di Padova^ per Gra"
%ioso PtrcacinOf i558 in 4 9 ('' quale non ecn-
tiene altro che il primo Discorso ) si pubblicarono
le operette del Cornaro in altre molte ristampe^
e quelle del xyi secolo a me note sono di Padova
w^m^mmmmmmmmm
AD DPEni PtJBBllClTE. 355
Fu taluno che bandì guerra alle dottrine
del Cornaro, e primo di tulli si pose in campo
per proya d^ ingegno il suo illustre amico e
i56i in 9, iW i563 in 84 ivi i565 in 8, (di qu««>
*ta edizione, fatta pure per Grazioso Per cucino y
non ho io veduto se non che Topuscolo, AmorevóU
Esortazione^ ecc., in cui la data per isbaglio è cosis
BiDixT ); di F'tnezia, al segno del DiamantCt senza
nota di anno, in 8; di Padova ptr Evangelista
Oriente i5gi in 4- Trovo ricordate da varj altre
edizioni del secolo susseguente fatte in Roma, per
Mascardi^ 1616 in 8; in Milano nel 1617 in ^a;
in f^enezin 1620 in 8; nuovamente 1/2 Milano^ 1627
in 12. Magnifica, ma scorretta, è un^ edizione con
caratteri testo d^Àldo, fatta in Padó^^a, per Pietro
Maria Frambotto, 1699 in 4 grande, dalP impres-
sore dedicata alla Eccellentissima casa Cornaro^
Nello scorso secolo si riprodusse prima in Partmif
per Paolo Monili , 1712 in 8, in un^ opericciuola
intitolata : La Scuola Salernitana , ecc. , indi in
y^nezia per Domenico Occhi, 174^9 ^^ 1^9 ^^^
libro intitolato : La Medicina Statica di Santorio
de* Santorj , ecc. ; ìndi in Lucca , per Giuseppe
Bocchi, 1767, in 8, inserita nel voi. vii de^ Miscela
ìanei di varia letteratura, ecc.; indi in Torino,
^r Francesco Prato, nella stamperia reale, senza
nota di anno, in 12; e finalmente in Verona
presso Jhmanzini, 1788, in 12. Dobbiamo questa
ultima ediaione alle cure deirabate agostino f^t-
¥orio, il quale non la migliorò punto nel testo qua
c là mancante, ma la corredò di una epistola de-
356 2.ETTERB FREMESMr
contemporaneo Sperone Speroni , ìt cpiaE&
scrisse contro la Sobrietà *y ma poco dopo ri«
mettendosi spontaneaiaeate nel buon sealiere-„
aleatoria al iignor Alberto Alberlini, e dì una pre*-
/azione ricca ili buone notizie spezialmente ìntoriuv
ftd alcuni letterati patrìzj veneziani.
n catalogo or» da me tessuto y posto a confronto»
con quello che trovasi airarticoh> Covnaro (^Louisy
inserito nella Biographìe Uni^er sulle che si st%
pubblicando ia Parigi, servir potrà a far conoscere
quanto poeo sieno (secondo il solito) esatte le re^
tazioni che de^ libri italiani ci vengono date dagli
stranieri. L^articolo francese sarà forse meno iui»
perfetto nelle notizie che ei somministra intorna
alle versioni fattesi in lingue straniere de^ Discorsi
sulla finita Soù^ria^ notando che nel soh> idioma
francese &i poss^ino contare quattro traduzioni dt-
terse, nna di Sebastiano Hardxy Parigi, 1646 in 8^
adtra (Vi Giacomo Martin^ Parigi, 1^4? ^^ ^) altra^
di M. D.** (M0D8. de Premorti) Parigi, 1701 in laj
ed altra di M. O. L. B. (Mons. d^ia Bonaudiere)
Farisei f 170 1 in i>. La versione tedesca del Ludo*
vici tu impressa in Lipsia, 1701 in 8, e la inglese
col titolo; Discourses on a sobtr and Hmperater
lifs, in Londra »735, ed ivi poi riprodotta negli
anni <765 , e 1798, Sul finire del secola xni sa
pubblicò anche in Roma, ex Tipograph. Kev. Cam*,
jépostot. , una versione latina in 4* ^^ compilatore
francese , che ci rrrorda la traduzione latina d»
Leonardo Lfssio, il quale ta riunì al suo ffrgiam
Mticon^ pubblicato in Jnyersa nel i6i3 in 8, noa
wmmmmmmm
«i lasciò un bel frammento di altro suo sodo
Discorso in favore della Sobrietà (i). Anche
ìin cotal signor de U Bonaudiere francese
pubblicò in Parigi V Anti'Comaro ^Whro ch'io
non conosco punto, ma che monsignor Fon-
tanini giudicò dettato contro tutte le regole
della onestà^ e che ì nuovi compilatori Iran*
cesi della Biographie Universelle asseriscono
scritto con osservazioni /foz/f-d;/ài/ oiseuses. Il
gentiluomo italiano marchese Francesco Eu-
genio Guasco, corredando di sua Prefazione
una moderna ristampa de' Discorsi del Gor-
fiaro, fattasi in Lucca (2), vi aggiunse di vol<»
«flovfa omnifttere anche la versione del Lessio me-
ilesimo, illustrata da un nostro chiarissimo roeclico
italiano, e separatamente impressa €ol titolo se*
gaente ? Annotationes in Lihrum Ludoi^ici Cor-
nelii de f^itae Sobriae commodis Bernardini Ra*
mozzini, Patauiif Contatti, 1714 in 4* Fa anche
inserita ueHa raccolta di tutte Je opere del Ra*
mazzini,
(1) Leggonsi questi Discorsi dello Speroni nel
tomo 111 delle sue Opere, edizione di Venezia, 1740
in 4» VH' 4«4 e ^%-
Ca) Questa moderna ristampa porta la Prefazione
acritta a guisa di Lettera, daireditore marchese
Guasco indirizzata al marchese Lorenzo Boltioi; pa*
Irixio lucchese.
. w.^>v^>»«»««-~««bM
358 LETTBRB frRBXeSSft
una critica che piacetnL riportare, onde ve^«
giate quanto sono yarie le fantasie degli uo-
mini; non dissimulando punto che dal canto
mio non esiterei troppo a credere irrepugnabili
le ragioni del Guasco: / precetti^ egli dice,
contenuti oei Discorsi delU Vita Sobria
eompósti dal signor Luigi Comaro^sono più
dilettevoli a leggersi y che facili a praticarsi.
Per pater imitare la sua vita /elice , e per aspi»
rare con buono augurio -ad una età tanto
avanzata^ e, ifuel che molto importa^ esenta
dagV incomodi della vecchiezza, bìsognerehhe
avere tutti quei mezzì^ de' quali il nostro
Autore era stato largamente fornito dalla
natura e dalla fortuna. Circa il tempera^
mento, o sia la complessione, voglio credere
che la sobrietà e la moderazione possano
formarla robusta e forte a dispetto ancora
delV imperfezione della macchina; ma circa
la tranquillità deW animo ^ cheè^ a mio giù*
dizio, quella che più contribuisce ad una
lunga e beata vita, non può conseguirsi né
con la moderazione o sceltezza dei cibiy né
con la prudente ed opportuna variazione del
clima. Se mi parlate di quella pace delta»
nimo che nasce dalla pevfotta osservanza delle
leggi divine^ e dal buon testimonio d'unc^
AD OI^EUfi VVABLtClTE. SSq
eùicienzainnocente y 9 accordo che sta in mano
di chicchessia il procacciarsela \ ma se inten^
dete di quella tranquillità meramente filoso^
fica ^ e che coi mezzi umani si acquista , io
sono di parere che non dipenda da noi. Di-
pende^ Amico y dalVaver de danari assai ^ o
almeno quanti ne abbisognano a ciaschedano
per mantenersi con agio e con decoro nella
propria condizione y senza pensieri, senza fa*
stidi^ senz^ angustie ^ e, come dice un poeta
francese , saas lendemain. Privi di questi ^
crediatemi, è difficile ^ anzi stimo impossibile
di poter essere tranquillo; ed io mi rido di
quei filosofi che vantavano grande tranquil»
lità senza danari) no^ non do fede alle loro
parole» Tutti insegnavano che la tranquillità
deir animo è il maggiore di tutti i beni^ e
questo è verissimo: ma che? credete voi che
godessero di questo sommo bene senza i mezzi
di procacciarselo ? La cristiana filosofia è la
sola che possa condurre un uomo ad esser
heatOy ancorché povero e privo del bisogne*
9ole; fuori di essa tutto è impostura ; e chi
non ha tutto ciò cW è necessario alla sua
condizione, qualunque siasi^ se non è conti*
nuamenie agiato^ non può\a dir poco , essere
perfettamente tranquillo, Se il signor Luigi
T-^ f»^m — -
3 60 tBTTEBE PREMESSI
Comare non avesse avuto molte sostanze Ja
pagare i deh iti ^ da provvedersi di tutti i co-
modi della vita\ se non avesse avuto i mezzi
di fabbricarsi una Villa alla collina^ e Y altra
alla pianura^ di fare de" viaggilo di cangiar
elima secondo Vopportunità delle stagioni,
di farsi recare i cibi più conformi alla sua
complessione e le medicine più perfette ,, di
accogliere e trattenere in sua casa una com-
pagnia geniale di amici e di letterati che lo
andavano a visitare; se in luogo di una mo-
glie docile^ moderata ed onesta, gli fosse toc-
cata una donna d'umor bisbetico ^ come fu
quella di Socrate \ se non avesse avuto una
corona di undici nipoti bene inclinati^ gra--
%iosi e ben composti; finalmente se non fosse
stato dotato di molto talento ^ se non avesse
BVUto il modo di provvedersi di buoni libri y
è di tutto il corredo letterario ^necessarissimo
a chi coltiva le scienze e le belle arti ; non
80 scegli avrebbe passata una vita tanto tran-
' quilla eomegii assicura, e se sarebbe giunto
alVetà di cenfanni^ come (iffermano gli sto-
rici che parlano di lui. Voglio dire con que»
sto^ che i Discorsi della Vita Sobria 50710
belli e buoni, ma che senza la pace delVa-
nimo poco gioverebbero a prolungare la vita}
Ad ofcrb pubblicati. 36r
e dico che questa pace non si può ottenere
se non col favore di tutti quei mezzi ch'ebbe
per procacciarsela il nostro autore» Ciò non
pertanto siccome vi sono nel mondo moltis'
timi che hanno^ o possono avere tutti quei
mezzi ^ così è bene che almeno questi trovino
nei presenti Discorsi il metodo che s'ha a
tènere da essi per viver tranquilli, e vivendo
tranquilli prolungarsi la vita.
Dopo la diceria del marchese Guasco non
Tolendo io fayellarpiù a dilungo, mi conten-
terò, prima di terminare questa lettera, di pre*
gamri, mio pregiatissimo amico, a non essermi
discortese di qualche lode per le cure dame
prese nella presente ristampa. Vi ho dato den-
tro a lutt'nomo onde ingentilirla più d^ogni
altra, tornando la lezione al nativo candore,
e allogando alcune parti disgiunte, che mi
parvero atte a formare un bel corpo solo.
Consistono queste in tre sonetti d'ottimo sa-
pore, al Gornaro stesso indirizzati da Giro-
lamo Gualdo; in una Dedicatoria di Bernar-
dino Tornitane a Cornelio Musso, véscovo di
Bitonto, che manca in moke edizioni; nel
Discorso o lettera di Sperone Speroni contro
ìa Sobrietà y e nel frammento delFaltro suo
jyìacoTboÌQjavore della Sobrietà ^V uno e Tal-
■
36l tCTTEUfi PASlffiSSK
tro scritti elegantemente; ed al fine in alctme
poche, ma importanti lettere di Luigi Cornare
o di altri a luì, che mi furono segnate dalia
infinita cortesia del dottissimo cavalier Mo-
relli^ e che spargono nuova luce su la vita, e
•u le opere del nostro Autor^i). Come se
ciò non potesse essere tuttavia sufficiente per
far riuscire questo librìcciuolo degno del fi-
nissimo vostro gusto, mi prendo la cura di
presentarvene un esemplare impresso in can-
didissime pergamene di Augusta (:^); e scom-
metterei che a quest'ultima tentazione con cui
ri assalgo non saprete come più contrastare,
• eh* io avrò quindi sempre più stabiliti imiei
diritti alia vostra amorevolezza. Addio.
Di Venezia addì io di agosto^ i8i6«
(i) La prima di qaeste Lettere trovasi inieriU
mei tomo t dtlle Opere di Sperone Speroni, fre-
nesia, 1740 i°4)P^e* ^^' ^ ^^^^^ ^^^^ acelte da
maggior uumero che trovasi impresso nel voi. vii
della raccolta inlitulata, Miscellanea di varie Ope*
rette, ecc. Venezia, per Tommaso Bettinelli^ 174^
in la , pag. 349 e aeg.
(a) Questo trovasi oggidì nella biblioteca del re
di Francia, f'. Caialogue d^s lìyret tn welin^ etCj
à PariSf 1894.
)
y
AD ormi FOBBUCATI. S63
ALL' ONORÉVOLE
SIGNOR E. D. DA.VENPORT
GBNTrLUOKO INGLESI
Indirizzando al suo Nome le Poesie del Dia*
letto Veneziano raccolte in quattordici
yolunii^ e pubblicati Vanno i8i j. Venezia^
di troYerà alquauto strano che io indirizzi a
Voi, onorevole signore dell* Inghilterra, una
Raccolta di Poesie scritte nel particolare dia-*
letto usato in un cantone d'Italia. Ma se le
dedicazioni si fanno o perchè gli argomenti
svolti neMibri tornano a particolare diletto
di coloro a' quali si offrono, o perchè danno
una pubblica testimonianza di riverenza e di
affetto, niuna ve n' ha che possa essere for*'
nita di migliori e di più giusti diritti di que^
sta mia. Essa a voi appartiene, dotto e perito
nelle lingue e ne' dialetti italiani, a voi rac*
coglitore solerte delle antiche e moderne pre*
liosità deir italiana letteratura, a voi felice
scrittore d'italiani versi bernieschi e di no*
Tellette venuste, a voi poi spezialmente, che
per finezza d' ingegno, per ecoelienza di 6Uore|
364 rnTERB PREKESSB
per costante amore v ole s za verso di me siete
sempre presente airaoimo mìo.
£ siccome io ardisco confidare di avere fatto
ottima scelta ne' componimenti cbe mi sono
proposto di dar in luce, così non potrà non
esser?! grato eh* io vi renda ragione intorno
al mio disegno, e intorno agli autori raccolti,
affinchè possiate con favorevole 'prevenzione
gustare della grazia, della forza, della eccel-
lenza di una perfetta poesia, abbenchè traye-
•tita sotto le umili forme di un parlare vernacolo.
Colle illustri testimonianze dello Zeno, del
Bettinelli, del Cesarotti e di altri, mi sarebbe
a baon conto facile il dimostrarvi che il ve-
neziano dialetto sta in cima ad oo^ni altro di
Italia, ma non è di animo gentile il ledere
aMiritti delle altrui patrie predilezioni a fine
di esaltare quel solo linguaggio di cui uno
mostra di esaere particolare coltivatore; ed ò
poi giusto il confessare, che opere molto com-
mendevoli nel medesimo genere contano an-
che le altre contrade italiane, come ne fanno
prova le doviziose raccolte che sono a stampa
di poesie scritte in napoletano e in milanese,
• tanti leggiadri componimenti pubblicatisi
ao* dialetti siciliano, bolognese, friulano, bre«
fciano^piemontese^ecc. Io mi limiterò dunque
ID OPERE PUBBLICATE. 3S>
adirvi, che le veneziane coolrade hanno avuto
già componimenti ne' varj loro dialetti^ sin dal
secolo sestodecimo, e che per esempio le Co/zi-
medie di Buzante^e le Poesie di Merton^ di
Begoto e di Magagnò^ le une e le alt re scritte
in lingua rustica padovana, vengono tuttavia
lette, studiate, ammirate. I cantori nei ver-
nacolo proprio di queste lagune furono per
vero dire in allora assai scarsi, e rimasero
eziandio poco noti, $e si eccettui un certo
Alessandro Caravia^ autore d'un curioso poema
intitolato il ISaspo Bizzarro^ e qualche Canto
£?c//'//riWo, trasformato alla foggia veneziana»
Approssimavasi alla sua fìne il secolo stessa
quando seppe farsi nome Andrea Calmo colle
sue Egloghe Pescatorie^ e sur^ contempora-
neamente un veneto ingegno, Maffeo Feniero^
l'autore della Strazzosa^ al quale se fosse
4occato in sorte di condor lunga vita sarebbe
rimasta certamente una corona di trionfatore
del Parnaso vernacolo.
Ora essendo prima di tutto opportuno di
conoscere le nostre antiche poesie , ad esse
sole io ho consacrati due volu^^ti: il primo^
che oltre a qualche componimento popolare
pieno di brio, racchiude la Guerra de^ ]\ico^
IgUi e Castellani delVanno iSax^ è una
366 LBTTERB PUEUnSl
pittura importante di antiche e cariosissimo
nostre coslumanze; ed il yclumelto secondo,
dà un piccolo ma leggiadrissimo Canzoniere
composto dal Yeniero sopraccitato. Tra gli
acati secentisti non è alcuno che lasciato ci
abbia un' opera quale meriti veramente Fo-
nore dì ritornare adesso alla luce, e tanto più
che non appartiene al genere lirico, mio solo
•copo^ un curioso lavoro didascalico in dia-
letto veneziano di Marco Boschini^ intitolato
la Carta del Navegar pittoresco.
Era riserbato al secolo decimottavo, e ai
giorni nostri correnti Tenore di produrre canti
vemacoli di finissimo gusto; e quindi di au-
tori poco è mancati di vita e di altri tuttavia
fiorenti io ho principalmente formato la mia
raccolta in altri dodici volumetti^ Venite al
fonte, o onorevole Cavaliere^ e non trepido a
dirvi che vi disseterete di acque limpidissime
e fresche. Nel voi. i vi occorrerà leggere le
Canzonette di un Lamberti, che hanno i vezai
di Anacreonte; nel voi. ii gli Jpologhi dello
•tesso autore, pieni di vivacità e di sali; nel
voi. HI le Bue Stagioni Campestri e Cittadine^
modellate sul vero e colorite alla tizianesca;
pel IV cento Sonetti, intitolati i CaveideViina
dal dottore Mazsolà^che non portano invidia
«V4«
AD Omt PlTBBLICAtC. 36/
élla celebre Bella Mano di Giusto de^ Conti;
Bel voi. y alcuni ditirambi, fra* quali el Fin
Friulano del dottor Pattò, che non teme il
confronto del Bacco in Toscana del Redi;
nel yol. yi i più spiritosi Apologhi del la
Fontaineyeneziano Francesco GnV/i ;nel yol. yii
altro componimento dello slesso Gritti, il^rt-
gliadoro^ cb'è una fayola brillantissima; iiel
voi. yiii alcune Poesie di Pietro Buratti^ poe-
sie yere, e non rime; nel yoL ix yarie Bar^
zellette di Carlo Goldoni inserite per rispetto
al nome di questo veneziano grand'uomo ;
nel X le Poesie Satiriche dell'abate Labia^ che
tenea fra le dita la penna di Giovenale e di
Persio; nel voi. xi una scelta di pregevolit*
sime Rime di vari Autori o estinti o viventi;
e nel voi. xii ed ultimo altra scelta di quelle
Rime di vari Scrittori, a* quali piacque di
adottare uno stile basso e dimesso onde meglio
d*ogni altro servire al popolare trattenimento.
Con i quattordici volumetti sin qui descrit-
tivi si compie la mia serie del Parnaso Lirico
del dialetto veneziano, da cui rimanendo esclusa
alcune opere moderne di lunga lena^ giovami
faryi almeno un cenno anche intorno ad esse^
mide giudicare possiate sin a qual grado siasi
ira noi esteso questo ramo di amena e, mu-
368 I.BTTIM VREMCS81
DÌcipale letteratura. I due più grandi poemi
dei mondo (e ciò sia per questa volta eoa
buona pace del rostro divino Milton) V Iliade
e la Gerusalemme furono felicemente travolti
nel veneto dialetto, il primo sotto il titolo di
Omero in Lombardia dall* abate Francesco
Boaretti, il secondo sotto il titolo del Tasso
alla Barcaruola da Francesco Mondini. Yoi
conoscete molto bene le Voesie Maccaronicìie
di Merlin Cocai^ e queste pure furono rive-
stite alla foggia veneziana per opera di certa
Lodovico Pipperiy lavoro che non ha mai
veduta la luce, ma che si possedè dalPegregio
patrizio veneto Antonio da Ponte. Anche i
leggiadri canti di Bertoldo, Bertoldino e Ca*
cassenOy scritti da var} Bolognesi^ ebbero una
trasformazione alla veneziana, pubblicatasi
poco dopo le metà del secolo scorso; ne tra
i poemi eroi-comici va taciuto lo «Scaramuzza^
fatica onorevole di Giambatista Bada vivepte.
Molto esteso è eziandio il numero deli e opere
vernacole nella Drammaturgia, e troppo poi
è stato ed è tuttavia quello de^ componimenti
erotici e libertini. Il Baffo veneziano fu poeta
eccellente, e ci restano inedite molte sue opere,
oltre a quelle delle quali si è fatto indegn*
uso con istampe alla macchia^
ASr OFERE rUBBUGATI. 3Sgi
Per le cose tutte sia qui esposte sembrami
A avervi accennato quanto occorrer possa
per conoscere alla sfuggita la valentia di al*
eanl ingegni fuori di questi lidi non noti. A.r-
disco promettermi che voi farete plauso at
proponimento mio di toglierli dairoscu-rìtà, e
di raccomandarli perfino a codeste vostre il-
luminate contrade. Resta che per facilitarvi
la piena loro iotelligenza io aggiunga qualche
canone grammaticale, e questo lo troverete
segnata ne^ pochi versi seguenti, dall'autore
del Bertoldo Veneziana indirizzati al proto dì
«ina stamperia. Queste pochissime ottave ba-»
stano per insegnare a bene scriverete a bene*
leggere il veneziano* dialetto::
Se avisa el Proto de la stamperia ^
Che dovendo stampar in venezian,
Ko se deve osservar Tortografia ,
Come vicerca el bel parlar toscan.
Do p^y io t, do r, mal staria
In BepOy FrutOf Guera^ al dir noslran;:
I#e ffk da radopiar in wbzo e in azzo,
Come Lazzo ^ Miistruzza, Giozza e Brazzo^,
Amzì per no se unir col toscanìsmo,
Ma seguitar la nostra antica usanza.
Quel che saria in le scole un barbar ismov
f lural e singòlar sta in consonanza;.
GanibfiLy Opere- ae^
■1
SjO lEtTERE t»REtt£S9£
Quei ridono^ dirave un da Fiore02a|
Qua ia pratica e l'uso fa sentenza»
La parola cussi, con altrettante,
Per lerar ogni equivoco ai lelori,
Chiama dò ss\ un solo no è bastante,
£1 dirave cusì per i sartori;
Cucito scriveràve un bon cruscante
Onde, aciò no ste a far miera d'erori,
Un aviso ve dago per scurtarla:
Se scrive in venezian come se parla.
Gustato che avrete, o egregio Cavaliere, del
banchetto che vi ho imbandito, farete in guisa
di rimettervi in volontà di vedere ancora una
Tolta la mia Venezia. Venite a risalutarla^ ed
io festeggerò il vostra) arrivo facendo si che
dalla melodiosa vx>ce di qualche ninfa diqne*
ste Lagune possiate Sentirvi ripetere le belle
canzoncine di Buratti e di Lamberti, poste in
musica per la maggior parte dairamico mio
prestantissimo Ginmbatista PerrucchìnL Al-
lora con sempre maggior piacere rinnoveremo
anche nel veneziano vernacolo i nostri cari
<M>lioqui lungo la riva degli òchìavoni e fra i
yiali^ ora divenuti ombrosi, di quel giardino
che per la sua singolare collocazione yoitro-
Tfiste un incanto.
Vi rinnovo le proteste della mia Torace
eonsideranone.
m oìPttB umBireAm. 371
ALL' EGREGIO SIGNOR DOTTORE
FILIPPO SCOLARI.
Pii questa lettera pubhlicatu colle stampa
mihito dopo che uscì in luce il Canzoniere
del Petrarca per cura del professore An*^
ionio Marsand» Padova^ j 81^-20, voi. a
in 4'
Venezia^ il dì 8 aprile^ 1820. '
i^EL giorno sei del corrente mese, caro gi orna
in cui il Principe dei nostri lirici per la prima
volta rìde la sua Laura, e giorno poi funesto
in cui la perdette per sempre. Voi ed io ab-»
biamp puntualmente trovato alle nostre case
il promessoci Canzoniere , pubblicato dopo
lungo studio ed instancabile diligenza dal sig«
abate Antonio Marsand, pubblico professore
Bella I. R. Università di Padova. Io serberò
questo splendido libro come giojello^di molto
valore, e mi prometto che dopo trecento edi«
2Ìoni fattesi delle Rime del Petrarca dal ri^
trovamento della stampa sin a' nostri giorni,
verrà in avvenire considerata questa siccome
reccellente. A buon conto, disegno felice è
auto quello dell'editore di far parlare Fautore
A
37^ BBTTBIIB PIIBinSfi»
di sé medesimo nelle Memorie- risoraardantiì
la soa Vita ;. e mi piacquero poi que' brevi^
argomenti preposti ad ogni compartimento^
sempre ben meditati e sempre di quasi uni-
ferme lunghezza per nulla togliere alla, tipo-
grafica, eleganza;, ne- meno ammirai T infinita,
pazienza usata per ridurre possibilmente iL
liesto alla sua integrità^ Le annotazioni biblio-
grafiche sono frutto- di lungo edaccuratoesame,.
ed in. fine la. nobile forma,, la. candidissima
carta, i bei caratteri, il fregio dei ritratti e
delle vedute^ che nobilitano il libro, tutto è
portato a quella finezza, che gareggiar puòcoi
lavori di simil fatta, che provengono d'oltra;»
monte; Il ritratto- di Laura, che l'editore cont
larga mercè volle intagliato dal Morghen,. ò
opera, delle più sq.uisite che sieno mai uscite-
dallo studio di così insigne artista.
Giudicherete for^e ,.mio pregiatissimo amico^
inutile cosa il fare questi cenni a. chi tiene il
libro sottj occhio; tuttavia- egli non è senza rai^
gione^ né senza pompa di onesta vanità patria
oh' io ve no scrivo » Noi passali giorni avete
voi pure pubblicato r le vostre ingegnose Note
ad alcuni luoghi delli primi cinque canti
della Divina Commedia,, e sappiate che senza
accorgervene avete dimostrato che yoi saresto
AD OPERE l!»crBDLICÌTB. S^S
«oggìcli ano di queWalorosi a cui TTtalia do-
lesse al fine la pia conimeDdevole edizione
«dei Ganti dell'Alighieri. Suntuose stampe re-
centi ne abbiamo nelle quali ora spicca l'arte
tipografica^ ora la calcografica., ora la varietà
dei commenti:; ma tutto ciò non basta a darci
-l*opera in gaisa tale che altro non resti a de-
siderare. L'edizione del Canzoniere^ fatta dal
Talento professore Padovano, v'invogK alla
•difficile^ ma bèlla impresa^ e v'invogli eziandio
il conte Francesco Atnalteo Opitergino., ed il
-signor Emmanuele Cicogna^ nostro comune
amico, uomini periti nelle cose del bel par-
lar gentile, a dare "vita alle tanto fatiche che
(hanno spese- intorno al Decamerone; e cosi
•dovrassi agli uomini studiosi nati sotto il cielo
veneziano la più degna pubblicazione dei pa-
dri della italiana letteratura. Il Tasso e l'A-
riosto debbono essere grati a due bergama-
schi, il Serassi e il Morali, del miglior tipo-
grafico onore ch'abbiano mai avuto. Il Pe-
trarca e Laura già si movono dall' Eliso per
venire a baciare in fronte il professore Mar*
sand che li ha di tanto cospicua veste abbel-
liti; e Dante e il Boccaccio si apparecchino
^d essere riconoscenti allo Scolari ed al Ci-
cogna, per opera dei quali possono promeiterta
3^4 LBTTIIIE P1\IHE981
di godere di «a seggio distinto nelle libreria
più famose.
Continuatemi la vostra benevolenza, ch*ia
•arò sempre
Vostro sincero estimatore ed amico*
ALL'ONORABILISSIMO UOMO
FRANCESCO NÉGRI *
INb' frequenti lelterarj nostri tratteni menti
noi non la facciamo mai da pettoruti sputa-
senno, ausi vogliamo che leleltere e gli studi
ci diano soggetto di piacevolezza^ e alcuna
volta di riso. Voi, obe vi ci adattate pur bene,
me ne apprestaste materia anche in (juesti
passati dì col depositare in mia mano una
festosa dicerìa di messer Annibal Garo^ che
restò sempre inedita^ e che ora uscì fuori
dagli scaffali di queirooorevolissimo cavaliere
Opitei^ino, chMo chiamerei volentieri Ma Z/z/«
Gallo'italìcorum scriptorumx tant'egli è ni-
mico di chi mescola alla farina la crusca. Nel
• Lettera premrssa al libro intitolata Dicerie di
Annibal Caro, e di altri a' he della Virtù. Galvelcj^
Uail. Venezia, i8%i; 8«
AD OPERE PUBBLICÀTB. 3^5
ricevere tale forbita e ridevolissima scrittura
di YOfttro dono^ mi ricorda di avervi detto
con sussiego, usando parole del Davanzati,
• che se essa mi era consegnata in toga rozza
a bardosso^ T avrei io presto restituita m co//a
lasciva da meretrice \ ed eccomi ora a libe-
rar la mia fede. Né siate mica sì tenero da
' prendervi quella cotta lasciva in senso natu-
rale, che niente altro io volea o voglio dirvi ^
se non che il vostro presente vi sarebbe stato
- restituito col signorile codazzo di alcune belle
' suore di tempera affatto uguale ; e per ispie-
garmi ancora più chiaro e senza la metafora
della meretrice e delie suore, vi sarebbe stato
restituito accompagnato da altre dicerie del
Caro e di valentuomini suoi coetanei, tutte
composte per V Accademia della Virtù, Ciò
mando adesso ad effetto, e ad un tempo mi
afHbbio la giornea di storico per dare a Voi,
e a chi legge qualche notizia di tanto singo-
lare accademia.
In^Anno Domini i538 monsignor Claudio
Tolomei, glorioso letterato senese, viveva in
Roma, et ivi, per fuggir la mattana, volle fon-
dare un'allegra Adunanza sotto la magnanima
autorità del cardinal Ippolito de' Medici , dan-
dole il titolo di Regno della Firtii^ e dando
w^
\
376 UTTEBl PBlHESSt
al capo dell'Adunanza i] nome di Re^ ed m
so£J il nome di Padri. Non si era il Tolomet
proposto, secondo le usanze che abbiamo ¥e*
date poi in maledetta yoga, o di salire tanto
alto cogli argomenti da attaccare arrogante-
mente leggi di stato sante e reverende, o di
venir a stomaco agli accademici con letture
di ciance poetiche e prosaiche, o di puzzo-
lenti storie di malattie che ti rendono insop-
portabili le panche degli atenei. Il Re della
Virtù sceglieva i più bei giorni del carnovale
per le prime costitutive assemblee, e allora i
Toti dei Padri nominavano altro Re che go-
vernar dovea le faccende per la settimana
Tegnente, e così per innanzi. Primo obbligo
del Re eletto era dì far sedere i PaJ/iaduna
tayola giocondissima, tutta sparsa di ramoscelli
di ginestre o di odorìferi fiori, e, qoeilo ch'è
più, tutta coperta di buone vivande, e di fi-
nissimi vini. Compiuta la cena, i Patlri non
pensavano già, come le reine dei Deeamerone,
a carolare al suon di liuti e di vivuole, ma
seguitavano il loro Re in altra stanza, e Io
presentavano allora di qualche bizzarro tri-
buto, sempre accompagnato da alcuna prosa,
direbbe messer Boccaccio, vaghetta e lieta.
I poclii Avanzi rispettati dal tempo.
H^^^mim
|rre avido divoratore di ogni più augusta me*
moria, e le penoe de*«t)rifei della nostra sl^
ria letteraria c'istruiscono m cke conststes-
«ero quei presenti. Sappiamo, di fatto, che ad
un re, il fpiale era stato dalla natura prò?*
veduto dei naso più madornale, ti regalò un
guarda naso:; ad altro re^ piuttosto libidinoso,
«i tributò la statua della Foia, ovvero di santa
Nafissa; ad altro re, passo di ranagloria, una
corona di gramigna ; ad altro re ghiottone,
un .buon, pezzo di formag<;io piacentino, e coti
^a via. I>i questi doni ai hanno notizie assai
•diiigeoti per eniro a questo libro, e chi ve-
iesee essere anche più addottrinato potrebbe
aoartabeliare con suo profitto il Quadrio nella
Stfìrìa della ^gar F&esia ^ il Poloni nelle
Esercitazioni Vitntnane^ ti Seghezzi nella
^itadel Ccir0, il Serassi sella Vita del Moìza^
«e il Tiraboschl nella Storia letteraria d' I-
talia. Scrivono tutti questi barbassori^ che
V Accademia della Fiviii non ai contentava
talvolta delle cene e dei tributi^ ma che oc-
cupavasi ad ascoltare ora le strane glose die
•i facevano ai casti amori di madonna Laura,
•ora i pesanti oomoati % spiegazi<mì di qual-
che Padre alle epere ardiitettontche di Tt-
tfiuvio. Io, per vero 4ire, poco credono poco
w
3^8 I.ETTIRK PRCKBSSf
caro che i Padri gittassero speziai mefite 9
loro tempo la qnest'nltima officio, il quale,
•e pure si sarà adempioto, sarà stato cagione
che ogouDO toraasee più presto a casa sua,
come accadrebbe aacbe oggidì.
La yera gloria della famosa Accademia
coasislera dooqae , siccome io penso, Belle
allegre cene e nei più allegri tributi , e per
questi e per quelle sali a così altarinomama
il Regno ddlaFirià, che ì più distioti ingegni
d* Europa, allora dimoranti in Roma^ y'ìb-
terTeniyano; cbe tali erano, ?erbigrazia, on
Longbena,8pagniiolo, un Gincio, medico fiam-
mingo, un Filandro francese. ìi clie diremo
dei nostrali ? Non ri mancarana mai né il
padre Molza, né il padre Caro , ùb il padre
Contile y né il padre Flaminio ^ né il padre
Landò ^ ed era pur del. corteo qualche teolo-
gene da II* ispida e folta 'barba, come un Froit-
cesco Bino , va Pietro Paolo Gualtieri ^ un
Coriolano Martiranb^ tutta gente impiegala
nelle segreterie papali, o prelati o rescevi di
gran dottrina. A gara Vano delT'altra i re e
i vassalli fanno cose notabilissime ^ sono pa-
role del Caro; e qm é da lamentare . assai,
grazioeissimo signor Francesco, che lo storico
di queste co^e notabilissime non ne abbia i««
^
ID OPERE PUBBLICATE. 3/9
nuto quel registro che in tempi di più fiaa
coltura Tenne poi posto in uso colla FortanatA
invenzione dei protocolli. Che che siasi, io ho
fatta un fascio delia poca suppellettile tutta-
ria superstite^ ed è quella che troyerete in
questo lindo libriccioolo raccolta^ ed à toì
spezialmente tributata.
Arduo troppo e forse anche impossibile
era, a yero dire^ T intraprendimento di far
sussistere per lungo tempo il Regno della Virtù,
ed ecco che ora viene, per oy via conseguenza,
la parte maninconiosa della mia istoria, la
quale^ simile a quelle che ci coloriscono le
-vicende delle più. gloriose nazioni, rid acesi
da sezzo a parlare di rovine e di estermio}.
I Padri dei reame faceaao meschinelli ogni
sforzo perche Taccademia non isfumasse al
tutto, ma già tremavano di veder senza scampo
le oneste loro combriccole annichilate* In,
anno Domzm 1 538, scriveva il Caro di Roma
a' IO di aprile a inesser Bernardino Maffei,
che fu poi cardinale: // Regno, della Virtù è
sh andito: e poco dopo al gran re Nasone snò
SLOììco: Il Regno della Virtù èia declinazione^
e la primiera^ se non "si rimette y gli darà
scaccomatto, £ vero che il sagacissimo cri-
tico Fier^AntonioSerassì trovò il nostro Gara
j38o EsmiE FRDfisn
in menclacio, poiché ia data del 2e di maggia
dell'aDDO ib4o l' Adunanza fronda ancora, e
«seguitava ancora la serie de* suoi re^ di ma-
niera che, mandata Ja «ntimazione afl padre
Caro a Forb, <ihe dovesse far presentare il
aolito suo tributo^ rispose^ Scusatemi col Be
passato^ adorate la maestà del futuro ^ e roc-
*comandatèmi a tuUi i Padri virtuosi, e sopra
tutti al padre Molta ed a voi. Ma a fronte
Ai tutto questo nfana memoria «i trova dal*
iranno 1 54o in poi.", e certamente in queste
4orno la Virtù debb* essere sparita per sempre.
Fatai -motivo deHa distrazione del HegriQ
della Firtit potrebbe taluno giudicare che fosse
4tpponto alcuna delle prose recitatevi ,sfaccia-
tella anzi che no. Io non disapprovo il so-
6pett04 ma se altri mi chiedesse ragione per*
tchè io osi queste prose stesse era divulgare,
tengo in pr-osbo la più gagliarda difesa. Li
«tampa è propriamente fatta per voi, e per
alquanti vostri eimili , ne' qnaii io giudico
smorzata la fiaccola della concupiscenza, e
toestingu^ile quella della rettitudine « della
saggezza. Ora se toì altri siete per Y uà canto
impassibili, e per T altro abbastanza reverendi,
inopportuno sarebbe un qualche rabbuffo,
liibri poi Ài questa iatta^ die puionò «U raa-
i
Jan' OPSBB VVBBEICATBb S^V
«idume ^servono afarelielissimo qaalche-istante*
di un pallialo sepCruscanzio^epoì&enaTanno*
rassegnali, a diventar pascolo- delle tìgnaote-
nelle librerie -
Ma la mìa lettera» è già troppo lunga. Leg»
gete^ ridete V- e da quel Iago di dottrina in che-
nuotare^ sprizzino fuori fonti copiosi, i qualt
irrorino anche in ay.ventre le dolcissime ore-
A»- noi seguiteremo & spendere- in. compa^ia».
iMi^afti
384 ftlTTIKà DI «USim BAimilT
^ che avete in questi di messo a staiupa^ ts
^ asaicuranO' ntt pieno diritto aU* italiana rL-
^ coooscenaa^ Ma inlorna a questo amore-
^ dulia lingua noi siamo forse un pocoliuo*
^ diversi d'^opiaionev ^ yorpei pure che foa»
^ Simo al tutto concordi^ siccomo' seluU ar^
^ fif uè columbi direbbe Orasio. Voi mi pa*
^ relè non- che devoto al tribunale- della Gru*-
^ sca, ma ligio* e legato sin allo scrupolo f
^ ed io vorrei pure devosione ed ossequio^
^ ma quale ne* lo dimanda Sv Paolo verso la
^ Fede^ vo'dice^ conforme a ragione. Yoi
" non oaate aprir bocca soi Decreti di <pielr
** consesso^, e ve* gli avete- quasi per infalli*
** bili, ed io nonammeliocotestaìiifallibilitày
" e mi l'eputOi conceduto di: aprir bocca qua<-
^ lunque volta la ragione m**&pre gU occhi».
^ Ma voi vi st^te in iimore non questa ra*-
" gione si- faccia serva, del pregiudizio ;. ed io»
temo' allre^' che per la molta paura del)
pregiudicia* non< si vieti alla ragione di dar
" Stt. Yoi predicate lo studio- degli antidir,
^ ed io< vi iàccio' eco ben volentieri, .che sono*
*^ e saranno: sempre- i padri e i maestri del
"' bello scrivere; Ma io» vorrei pure una di-
^ slinsione^ che- ne- tutti di merito sono ugualto
'*" né tutti, scevxi d' ineleganze e d!erroriy, né*
À BARTOLOMMEO GAMBA. 385
<< tatti al par degni che altri yì spenda so-
*' pra e tempo e fatica. Voi fate graodissimo
•* conto de lor favellari, e n'avete ben donde;
^' ma io vorrei che si facesse più. conio delle
** cose, che molti per ordinario non usano
'^ fare, giacche nella brevità della umana
^^ vita e nella varietà delle umane faccende,
" gli è pur mestieri tenersi al sodo, e gio-
*^ varsi del tempo e della fatica per lo mi-
** gliore. I novellieri, a quello che me ne
'* sembra, vi toccano l'ugola, e certo che sono
** sparsi di tutte le veneri delfatticismo; ma
^^ io vorrei che in tanta lautezza di narratori,
'* o giocondi o furbeschi, noi avessimo un
^' qualche filosofo , un qualche storico , un
^^ qualche oratore di più; che ninna speranza
^^ potrà mai sorgere in Italia d'alti e generosi
^' concetti fino a che la studiosa gioventù si
^^ lasci andare perduta dietro a que' novella*
** tori e a que' rimatori. Voi siete assai te*
'^ nero delle toscane proprietà, e sapete in*
^^ gemmarne le vostre carte; ma io bramerei
^' che la lingua portasse impresso il carattere
'* di nazione e di patria, non già di muni*
'^ cipio o di scuola. Fero nelle vostre opinioni,
'^ quali che siano, voi spiegate un'indole sì
*^ gentile e benigna, che in questo mi piaco
Gamba, OpevQ 25
38G RISPOSTA DI BABTOLOMNEO GAHfil
*' ]odaryiafTattOyìmitaryieproporyiad esemplo
'^ altrui. E per venire a conclasione^ io amo
** di caldo amore la mia lingua perchè amo
'^ la mia nazione, la mia patria, la mia fa-
*^ miglia, me stesso. Se voi T amate di questa
*^ guisa^ com'io mi penso, noi siamo belli •
V. d^accordo. Addio addio.
A GIUSEPPE BARBIERI
BARTOLOMMEO GAMBA.
£ stata opera di soave ed ingegnosa amici-
Eia la lettera che yi piacque indirizzarmi so-
pra r amore della Lingua Ualiana^ e le gen-
tili cose da voi dette mi corrono al cuore, che
sarà sempre soddisfacente e carissima quella
laude la quale derivi da encomiatore di tanta
alta fama quanto è la vostra. Vi ringrazio
quanto più so di avermi menate buone le -ra-
gioni addottevi a fine di non entrare per ora
in lizza sulle patrie nostre controversie, ma
voi poi mi toccate un'altra corda, il cui tin-
tinno m'eccita a prendere a mio malgrado la
penna in mano per liberarmi dall'accusa di
una pecca di cui mi credete contaminato.
Mi piacerebbe che non faceste di pubblica
k GICSEPfE BARBIERI. 3 87
IPagione ]a vostra leltera, se la coscienza non
Rii rimordesse e non mi suggerisse che ciò
Yolendo, lascerei che una gemma se ne stesse
racchiusa sotterra; quindi mi limiterò in vece
a pregarvi di consegnare aìla stampa anche
questa mia risposta, colla quale intendo dì
appellarmi dalle vostre sentenze, e di fare
ampia professione di fede intorno alle cose che
alla nostra favella si riferiscono. Yoi^ senza
altro, pronunziate essere io così ligio e legato
al tribunale della Crusca da non osare di
aprir hocca sui decreti di quel consesso» E
d'onde jlraete questo P Dalla mia opericciuola
sui Testi di Lingua ? Tutt'airopposto, a me
pare di non avere mostrato povertà di cuore
in pubblicando quel libro. Io sono slato forse
il primo a' nostri dì che abbia preso a regi-
strare in esso, senza licenza degli Accademici
della Crusca^ come buoni testi di nostra lin-
gua alcuni scritti delMaffei^del Muratori, dello
2eno, dei Riccati^ degli Zanotti^ dello Spal-
lanzani, del Mascheroni; ed ho raccomandato
che si tengano in conto di veramente classici
alcuni illustri poeti, come il volgarizzatore di
Stazio, r Alfièri, lo Spolverini, il Parini, il
Varano, il Pompei; ed ho suggerite come prose
i^ consultarsi con frutto quelle del Barelli^ del
■M
388 RISPOSTA DI BAaiOLOMMEO GAKBA
Bianconi^ dei Pasta^ deli' A^ngiolioi, traduttore
di Gioseffo Ebreo, del MazzucchellL Chi rac-
comanda qaesta schiera di autori senza at»
tendere la sentenza del tribunale toscano mi
pare che non possa meritarsi l'accasa di es*
sere ad esso ligio e legata. Lo traete forse
dalle umili scritture che di quand'in quando*
io azzardo di mettere a Uice P Mi sforzo, è*
verissimo, di far in modo che riescano pos«
sibilmente nette e correnti, ma nou mi pare
di dare mai neirafTettato^ e sono poi ben lon-
tano dal raggìugnere i modelli del bel par-
lare, né le tro\ erete al certo ingemmate di
que' forbitissimi modi mediante i quali il più
bel fiore si co^ìe.
Tengo, e me ne compiaccio, in grande cou-
siderazione il favellare degli antichi, e, per
quanto sta in me^ procuro di dar nuova vita
alle loro Prose, e con vera predilezione alle
Novelle degli scrittori più gai. Ma Taccrescere
la nazionale dovizia in questo genere di pro-
duzioni d'ingegno non sarà mai un misfatto
né meriterà mai riprendimento il sacrificare
alle veneri deW atticismo y come voi le chia-
mate. Le carte di que' buoni Vecchi, che sono
i miei beniamini, non vietano mica la divul-
gazione di tante altre opere piene di bel sa^
1 GItJSEft»! feiRBlE&T. 38g
•pere, cbe onorano il noslro secolo; solo me-
-scolandosi ad esse fanno sì che si appicchi
loro un colai gusto, per cui non solo di bel
-papere, ma di gentil parlare ancora riescano
ornate.
Da buon Italiano, come siete, voi amate
-cAe la lingua porti impresso il carattere di
nazione e di patria, e questo è quello che
^ma poi in fatto ogni discreto uomo, e ch*amo
io pure, e questo è quell'amore appunto che
«OD nostra comune soddisfazione vediamo an«
«dar meltendi> radice, la mercè d' illustri vi*
\enti^ ì quali dopo o calde o sottili dispute,
-8Ì ravvicinano ormai ttitti nel fervore di dare
]>uon colorite alle loro opere, non più soffe*
rendo di vederle bruttate di oltramontana
^sconcesis^. Dite inoltre j oVè pur mestieri
^nettersi al sodo, e lo fate voi stesso, ora an-
che meglio che per lo passato, del che Iddio
'vi benedica. Io protesto che sarebbe mia vo-
lontà di camminare sulle vostre orme^ ma
|>ur troppo dovrò contentarmi di una sterile
Tolontà^ poiché poca farina può dare chi n'ha
il sacco presso che vóto.
Quel vostro mettersi al sodo mi porta ad
«ggiugnere a questa mìa professione di fede
Anche una particolare mia opinione, di cui
3gO BtSPOSTA 01 BARTOLOHMBO OlMSi
però non vorrei che taluno rimanesse sean^
daleuato. Io penso fra me e me, che forse il
yero sodo delta lingua italica debbasr yera*
mente al secenlo, epoca che comunemente sì
appella barbara e licenziosa, e di più, cbe
debbasi agli illustri ch^eranò allora sparsi per
tutte le città italiane. Io acoarezso tanto que-
sta mia fantasia, da immaginare, che se adesso
tornasse al mondo un truce Omar, il quale
volesse far abbruciare tutte le prose italiane
scritte da Fra Guittone sin al Perticari, e ci
lasciasse saire soltanto alcune scrittare del-
l'imbrattato secolo decimoseltimo, troverebbe
ritalia in queste sole le vere forme e gU
esempli più acconci di quello scrivere che jòi
volete e raccomandate. Veniamo a* fatti.
Ninna cosa dirò intomo a' Dizionar) e alle
Grammatiche, che sovranamente a quel se-
colo appartengono, mentre voi sapete meglio
4i me quanto vagliono i lavori allora fatti da
Im Pergamini di Fossombrone ( non nominato
mai nel Vocabolario della Crusca),- dagli Acc»*
demici Fiorentini, dal toscano Buonunatteij
dai ferraresi Cinonio e Bartoli, dal romano
Sforza Pallavicini, e sino da lin Menagio, di
nazione francese. Ma rammentiamo i modeUi
e non i precetUtori. £ ditemi un poco: L^
1 GIUSEPPE BARBIEBI. 3gt
gioyentù nostra non potria forse andar con-
tenta degli esemplari di stile epistolare datici
nel secento dal Redi^ dal Ben ti voglio, dai
Magalotti? E questa gioventù^ progredendo
nel bisogno d* istruirsi, e incominciando dagli
studi sacri, non troverà, per conto di stile,
cosa forbita e perfetta nella Versione della
Bibbia di Giovanni Diodati, e nelle Parafrasi
dei Salmi e dei Cantici Sacri di Vincenzio
Capponi? Può essa avere più eccellenti mo-
delli didascalici nelV Arte istorica del genovese
Mascardi^ nelle Prose didascaliche del sanese
Diomede Borghesi, nel Trattato della poesia
giocosa àeW Aideano sanese, nella Lettura sulla
Concione di Marfisa di Gregorio Calopres»
napoletano? L'eloquenza si è nel secento fatta
maestosa matrona colle orazioni di un Segneri,
nato a Nettuno poco lungi dal Tevere, colle
tante opere del facondissimo Daniele Bartoli^
con la bella Accademia Tusculana, e qualche
altra prosa del fiorentino Menzini, La storia
ba allora dati scrittori veramente illustri, e
nel nostro padovano Enrico Davila^eìn Fran^
Cesco Capecelatro napoletano, e in Giambati^
sta Nani veneziano, e nel Bentivoglio^ e nel
Mascardi Sunnominati; e quella parte dipre*
2Ìosid9Ìma storia che le geste ci narra degU
3()'^ m?P08TA DI BARTOtOMMCO GittBA
uomini insigni è stata pure trattata con eìo*
quente e forbitissimo stile. Le Vite cW pittori
greci di Carlo Dati ^quelle degli artisti fioreo-
tini di Filippo Baldinucci^ quelle de' pittori
romani del Belloriy la Vita del guerriero An^
drea Gantelmo scritta dal napoìet ano LionarJo
di Capua, quella di Guiduhaìdo da Monte*
feltro scritta da Bernardino Baldi Urbinate,
quella del Lemeoe del P. Tommaso Ceva^
faranno sempre onore alla nostra penìsola. £
Tarte critica, quanto non ingigantì trattata da
un Tassoni, da un Pescetti e da quel troppo
prosonluoso Paolo Beni ^ che fu già professore
in codesta vostra UniTersità P ]Sè prima del
eecento^ né forse dopo si scrisse in ogni ramo
di sublime sapere e di arti con più proprietà
e cbiarezia e sodezza di quello che abbiano
fatto nelle matematiche, dopo il gran Gali-
leo, il milanese Cavalieri ^ il faentino Torri-
celli^ il modenese Montanari , il nizzardo
Cassini j il fiorentino fivianii ed anche l'i-
draulica andò fastosa di possedere il bresciano
Castelli^ e'I bolognese GugUelmini, che det-
tarono i loro libri con grande perspicuità. Le
scienze naturali avranno sempre a loro cam-
pioni nello stile un Bedi e un Bonanni^ e le
fisiche un Magalotti ed un Bartoli; e frattanto
*^
A GIUSEPPE BARfilEM. SgS
la mecliciDay delia cui incertezza con grande
pulitezza di lingua parlò allora Leonardo di
Capua nel celebre suo Parere^ ci lasciò ad
esemplari di purezza di dettato ì consulti di
un Bedi e di un Giuseppe del Papa\ e la
noiomia i Discorsi di Lorenzo Bellini, Chi ha
meglio e più acconciamente scritto intorno
alla musica di Gianiiatista Doni ì e chi intorno
ad un'arte meccanica^ com'è la yetraria, di
Antonio Neri^ Tuno e Taltro toscani? Che se
volete sollevarvi sin alla ragion di stato io
per ora compirò la mia lista col nominarvi
Ansaldo Cehà genovese, la cui opera del CiU
ladino nobile è tanto preziosa per le cose
quanto per le parole, .
Toccati questi pochi tasti, voi, dottissimo,
ben conoscete che non mancherebbe argomento
da intertenersi molto più a lungo, ma a me
basta di avere additato quanto può essere
opportuno a ripararmi alquanto dalle vostre
punture, e a non rimanermi in rostro con«
cetto uno stilico ci anciatore,o un pio credente
e seguace del solo buratto toscano. Poco si
legge comunemente; eppure merita di essere
letto, riletto e bene considerato F aureo Trat'
tato dello siile lasciatoci dal cardinal Sforza
Pallavicini. Lo citerò qui da ultimo, poiché
Sgl AlSPOSTi DI BÀRTOL. CAHISA, ECC.
mi pare che i dettami datici da questo grande
uomo sieno meglio d'ogni altro fatti per ri-
conciliare i nostri pareri^ come io sono già i
nostri cuori, da lungo tempo pieni di yicen*
devote affetto: Chi scriverà una lingua viva^
egli dice al cap. xxit, elegga le forme e le
voci piuttosto dell'età sua^ che delle sole paS'
satCy avvenendo nelle parole^ come nelle mo'
nete: si contemplano le antiche^ si spendono
le moderne. D'accordo dunque , mio caro
Amico: predilegiamo quel Prosatore italiano
che eenz'alcuna afTettasione sa sagrificare alle
caste e semplici grazie, delle quali ambedu»
Boi giureremo di yoler essere teneri adoratori*
AL CHIARISSIMO PROFESSORI
AGGELO ZENDRINI
SECRETAR I 6
bell'i. R. INSTITUTO DI SGlBIfZB E LETTEnB
jn YANEZlA.
m
A.tLE operette di quegritaliani ìllastrì ch'io
To di quando in quando riconsegnando alla
luce, soglio conlentarmi di premettere poche
parole le quali mi facciano largo neiraoimo
•deMeggitori; ma ora, che si tratta di ristam-
pare un libro dettato dal sommo maestro della
facondia, giudico di dover essere un po' più
Torboso^ e penso di rivolgere il mio discorso
a Toi, Amico dottissimo, perchè^ siccome tra
Toi e me molto frequenti sogliono essere i
soavi familiari colloqui, mi sembra che anche
-le parole scritte procederanno più spontanee
e più pronte.
' Voi ben sapete che il grande Certaldese
ha scritto la Yita del suo graodissimo pre-
decessore Dante Alighieri, ma siete meco di
avviso che per mille volle che si sono lette le
Novelle di ser Ciappelletto , o di madonna
Oretta o di madoxma Beritola XM^n 9 è pec
Km
396 Viti DI DiStt
sicuro Ietto una volta sola qaesta stia insigne
Hopericciuola. Anclie i libri hanno lor buona
o cattiva stella, e la toccò veramente sciagu*
rata a questa Fita di Dante, I barbassori delia
letteratura la spacciarono per d'ceria roman-
zesca^ gli antiqui menanti la trattarono alla
peggio nelle loro scritture, né altramente fe-
cero i vecchi e nuovi impressori nelle loro
stampe. Veggi amo ora finalmente come andò
la faccenda, e me fortunato se riesci rò a met-
terle tale sfoggiata veste in dosso che giudi-
cata sia dell'autore condegna.
Dopo Giovanni Villani^ che nella sua Cro*
naca pochi ma veridici cenni inseri intorno
airAlighieri da lui personalmente conosciuto,
la prima Vita che di proposito intorno al me-
desimo sia stata formata è quella di Giovanni
Boccaccio, il quale era fanciullo di otto anni
appena quando Dante cessò di vivere Tanno
i3ai. Poche e scarse notizie lasciò anche
Matteo Villani, ma un secolo dopo la morte
dello stesso Boccaccio scese in campo un per-
-sonaggio di grand« importanza sì nelle lettere
come nei pubblici negozi , e questi fu Leonardo
Bruni Aretino, il quale tornò a scrivere an-
ch'egii la Vita stessa. Facendo pompa di
tuaterifili de* quali andavano sprovveduti i suoi
_- ---^
SCRITTA DiAL BOCCA CGia. SqJ
anlecessori. tacciò sopra tatti il Boccaccio di
avere composto un opera tutta d^ amore e di
sospiri^ e dì (cocenti lagrime piena ^ come se^l
Filacolo o la Fiammetta a scrivere avesse^ e
come se Vuomo nascesse in questo mondo
solamente per ritrovarsi in quelle dieci gior^
nate amorose ^ nelle quali ^da donne innamo*^
rate o da giovani leggiadri raccontate furono
le Cento Novelle \ e tanto s'infiamma in quel-
iti parti d* amore ^ che le gravi e sustanzios&
partì della Vita di Dante lascia indietro &
trapassai con silenzio , ricordando le cose leg*
gieri e tacendo le gravi.
Precipitata questa sentenza, non fuchinoa
raccogliesse siccome clefiaitiva,e prese poi si
profonde radici, che vi fecero eco gli scrittori
de' secoli successivi; e nominerò in primamente
Mario Filelfò, il Velulello, Giannozzo Ma*
netti tra gli antichi, e appresso , Scipione
Maffei, il Tiraboschi, il Pelli, il Ginguené
Ira i moderni. Ma con buoDa pace di nomi
81 reverendi basta leggere questa Vita senza
animo preoccupato per conoscere e giudicare
del gravissimo loro torto. In un solo e no»
lungo capìtolo parla il Boccaccio. delP innamo-
ramento di Dante calla celebre figliuola di
Folco Poi'tìnari| indi del maritaggio di lui
398 VITA DT DA5T1
con Gemma de* Donati, né tu altre storie Ai
amoreggiamentì leggi in tutta intera la narra-
sione, né per certo la trovi punto di sospiri
€ di cocenti lagrime piena. Quanto agli amori
per Beatrice, 8Ì riferisce Tautore a quello che
ne scrisse Dante medesimo nel suo libro in^
titolato Vita Nuova^ e quasi quasi il ricopia.
E quanto a Gemma di lui moglie, si contenta
di osservare, che Dante una volta di lei par*
titosif mai né dove ella fosse volle venire^
né sofftrse che doverli fosse venisse giammai^
con tutto che di più figliuoli egli insieme
con lei fosse parente ; morigerato anche in
questa sposizione assai piii dell'altro biografo
di Dante, posteriore a Liouardo Aretino, che
fu Giannozzo Manetti , il quale ci colorì
Gemma admodum morosa y ut de Xantippe
Socratis philosophi coniuge scriptum esse legi-
musy com'è riportato neiredizione procurataci
dal MehuSy Florentiae, iy5j.
Il Certaldese parla della origine della fa-
miglia degli Alighieri, del nascimento del
poeta, de' suoi primi studi, delle sjie vicende,
de' suoi viaggi , del suo duro esilio, della sua
morte, degli onori rendutigli dal Signore di
Ravenna suo ospite, delle opere che scrisse,
e dipigne sino le sue sembianze, la sua sta-
SCBITTÀ DAL BOCCACCIO. Sg^
tura, le sue abitudini, i suoi difetti , né io
saprei che cosa di meglio ordito possasi Ieg«
gere in qual si sia vita. Ne a questa possono
far inciampo alcune imperfezioni. FalKsceegli
attribuendo per esempioad Attila la distruzione
dì Firenze e a Carlo Magno la sua riedifica-
zione; fallisce asserendo che Dante in età pro-
Tetta yergognayasi di avere scritto la sua Vita
iVuofa^ di cui all'opposto questi fa gralo ricordo
nel suo Con m'i ; secondo alcuni fallisce^ e se-
condo altri no, dicendo che i primi Canti della
Commedia furono dall'autore scritti prima del
fetto bando da Firenze, ma dopo erramenti sì
tenui reggere potrebbe certamente il suo li-
bro al Taglio della critica odierna; ed a buon
conto bene vendicata avemmo recentemente
da Filippo de Romauis la discendenza di
Sante dalla romana famiglia degli Elisei ^
come appunto narrò il nostro autore. Ognuno
Tedrà piuttosto, come voi pur ben vedrete,
che a coloro che sentono schifiltà versole più
Teccfaie scritture, non possono tornar gradite
uè certe frequenti apostrofi o esclamazioni ^
uè certe' digressioni che dall'argomento dis-
viano; ma i libri si debbono leggere colla
mente sempre rivolta al secolo in cui furono
scritti, tenendo i piii antichi in ossequio ti«-
400 VITA. DI DAICTE
come prime orditure e primi lineamenti delle
dottrine; e deesi contentare d'avere largo com-
penso a qae' riempimenti giudicati superflui,
o nel calore della sposizione^o nella proprietà
delle sentenze o nella leggiadria dello stilè.
V opera poi (dice il cav. Baldelli, il (piale è
d*avvÌ8o che sia stata scrìtta Tanno i35o, due
anni innan/à che pubblicato fosse il Decame-
ron ) nella quale leggesi V apostrofe a Fioren^
Uni ^r opera che ne trasmette a tante importanti
notizie cleir Mighien , ov^ è magislralmente
dipinto ed eloquentissimamente encomiato da
un tanto contemporaneo^ è un caro preziosa
gioiello della letteratura italiana , non men
glorioso al lodator che al lodato, £ la. sen*
tenza di questo giudizioso biografo puossi
eziandio puntellare col sentimento del più
recente compilatore della storia della nostra
letteratura, il cavalier Giuseppe Maffei, il
quale ha or ora pubblicato in Milano in tre
volumetti tale lavoro, da leggersi eoo grande
profitto da chiunque voglia senza molta di-
spendio di tempo venir in cognizione de' pria-
eipaii nobilitatori delT italiano sapere. Quan-
tunque in picciol campo, egli il MafFei, abbia
compreso la storia della vita e delle opere
deir Alighieri , non yuole tuttavìa fraacarsi
SCRITTA DAL BOCCACCIO. 4ot
AsìV inserire qua e colà il dettato originale da
Giovanni da Gertaldo, siccome il più legittimo
ed autorevole.
Tolta dunque, per mio avviso, alla Fita di
Dante la brutta macchia di non altro essere
che una JcceriaroTnanze^ca, accompagnatemi
ora con sofferenza maggiore neiresame del
testo, tale quale si è sinora offerto a' lettori
colle pubbliche stampe ^ -cominciando io dal
darvi di esse un distinto Catalogo.
1 47 7* In Venezia, per Yindelino da Spira.
In foglio.
A questa prima edizione, che contiene là
Divina Commedia col Commento di Iacopo
della Lana, falsamente attribuito a Benvenuto
da Imola, sta in fronte la Vita di Dante, scritta
dal Boccaccio, e ricopiata come a Dio piace
da qualche codice. E divisa in xxviii Capitoli
co* rispettivi loro argomenti. Ha qualche brano
che non si legge nella posteriore edizione di
Firenze, 1 576, fuori di che è in generale mal-
augurato lavoro, e degno di tal editore che
in calce all'opera insipidamente stampò:
Christofal Berardi pisaUrense detti
opera e facto indegno correctore
per quanto intese di quella i subietti ^ ecc*
1 554* In Roma, per Frane. Priscianese. In 8*
Gamha^ Opere a 6
409 riTA DI DÀHTl
Ebbe cara di questa edizione Francesco
Frtsctanese, grammatico fiorentino, il quale,
trasferitosi a Roma, si fece quiyi conoscere e
come autore e come editore e come stampa-
tore. Egli la dedicò a GJoyanni Lodovico Pio,
a cui scrive : Eccovi la Vita di Dante scritta
{diamente per Giovan Boccaccio ^ la quale vi
mando come cosa rara e nuova, e degna ^ se
io non m'inganno^ d'ogni gran signore, Ser^ì
questa stampa di primo esemplare al Biscioni
per IVdizione fattane nel 1723 in Firenze.
Il Priscianese però non rimase fedele alla
dizione antica, forse parendo a lui di essere
da tanto da sapere qua e là ri formarla, simile
«'suoi contemporanei Porcacchi e Dolce e
Ruscelli, che correggevano alla loro foggia il
parlare del Boccaccio e deirAriosto, e met-
tevano (come scrisse Vincenzo Borgbini allo
stampatore Iacopo Giunti) in tutte le insalate
deWerbe loro,
1576. 1(1 Firenze, per Bartolommeo Ser-
martelli. In 8.
Sta unita alla Vita Nuova scritta dall' A li-
gbieri, ma porta frontispizio, segnature e
numerazione a parte. I primi compilatori del
Yocabolario la prescelsero per le loro cita-
zioni^ e la spogliarono di circa settanta yoci.
SCRITTA DAL BOGCA<:Cia 4o3
come scorgesi dall'elenco di cui slam debitori
alle cure deiregregio cavalier Alvise Moce-
nigo. Le edizioni fattesi ia Toscana de' nostri
Classici Italiani sogliono essere in fama e ri-
cercate, ma gaai se da questa Vita di Dante
8Ì avesse a prendere norma! Yedremo per
innanzi ch'essa raccliiude un ammasso di spro-
positi.
lyaì. In Napoli, ma colla data di Fi-
renze. In 8.
Sta sei volarne iv delle Opere io prosa di
Giovanni Boccaccio. L'editore Gellenio Zac*
elori (Lorenzo CiccareHi], che pur solca es-
sere uomo diligente ed attento, non altro fece
che. copiare alla cieca l'edizione del Sermar-
telli, sicché ha conservati gli stessi strafal-
cioni; per altro con buon conatglio vi aggiunse
egli quel brano in cui l'autore parla del li-
bro di Dante j intitolato Monarchia ^ per la
qual cosa si valse della prima edizione del-
l'anno i477<
1 733.InFireQ2ie,per Tartini eFranchi. In4<
Sta inserita nel libro intitolato: Prose di
Dante Alighieri e di messer Giovanni Eoe-
caccio, I nuovi compilatori del Yocabolario
della Crusca ne fecero largo e copioso spoglio
avendo notate da oltre 370 vocìi ed esempli*
4o4 tita di DAim
DeesI alle care di Anton Maria Biscioni, che
$ì servi di codici , ed inoltre )a corredò di
alcune poche illustrazioni. Egli mise in fronte
a queste uno squarcio dell'edizione di Napoli
fatta nelKanno medesimo, afBocbè il leggitore
scorgesse ch'egli ha avuto migliore giudizio e
pratica e intelligenza nel collazionare le an*
tiche scritture; e certamente che la sua edi»
aione riuscì non solo meno erronea, ma pre»
feribile ad ogni altra precedente e posteriore ;
tuttavia tu inciampi troppo frequentemente
nel leggere, sia pel malo appicco d'una let-*
fera all'altra , sia per essere talvolta cucito
insieme quel periodo che dee andare disgiunto^
sia o per mancamenti, o per introduzione dì
toci e di maoiere di dire che danno storta
intelligenza al testo.
1801. Senz'alcuna data. In &•
Si esegui questa stampa in Parma coi* ca*
ratteri dt* fratelli AmoretU^ come ai rileya
da altre Prose del Boccaccio ivi contempora*
Acuente impresse. Nient' altro s'è fatto che
ricopiare materialmente l'edizione di Napoli.
i8o3.In Milano, dalla tipografia de' Clas*
sici^ Italiani. In 8.
Sfa in calce al toI. ir del Decameron, ed
è materiale ristampa delle pessime edinooi di
tCBITfl DAL BOCCACCIO. 4oj
Napoli e di Parma, eccettuate alcune assai
tenui mutazioni.
1809. In Milano, ooUipì di Luigi Mussi.
In foglio.
Sta in fronte alipedi :2 ione in tre grandi vo-
lumi in foglio fattasi della Divina Commedia
in numero di soli 63 esemplari in carta
Bianca^ 8 in carta cerulea^ e a in carta spe-
eiale. Questa Vita di Dante, o, per meglio dire^
questo Compendio, venne tolto da un codice
scritto Fanno 14^7, posseduto in prima dal-
r illustre pittore milanese Giuseppe Bossi, ed
ora dalPegreglo cavaiier Giovanni Giacomo
Trivulzio: codice per certo ragguardevolissimo
quando interamente corrisponda ad essa stampa,
la quale molto differisce da ogni altro testo
che potè' sin ora servir di esemplare a tutte
le antiche e moderne edizioni. Sembra essere
•tata intenzione dello scrittore di dare nuova
forma alFoperetta del Boccaccio, ora ritenendo
fedelmente la medesima dettatura e gli stessi
paragrafi, ora abbreviando la narrazione, ora
mutandola. Egli ne risecò le frequenti escla-
masioni, e fra queste la lunga apostrofe, o
sia rimprovero fatto a' Fiorentini^ sostituendovi
le parole seguenti: Sogliono gli od/ nella morte
óegli odiati Jinirsi^ il che nel trapassamento
4o6 TiTA m dautb
di Dante non si trovb avvenire. Vostimtta
malivolenza de^ suoi cittctdini nella sita rigt"
dezza sfette ferma; niuna compassione ne mo^
strò alcuno \ niuna pubblica lacrima gli fu
conceduta y né alcuno uffizio funebre fatto,
Nella guai pertinacia assai manifestamente
si dimostrò- i Fiorentini tanto essere dal co*
noscimento della scienza remoti^ che fra loro
niuna distinzione fusse da uno vilissimo cai*
zolaio ad uno solenne poeta. Ma essi colla
superbia rimangansiy e noi^ avendo gli af-
fanni dimostrati di Dante ed il suo fine^
alle altre cose che di lui ^oltre alle cose dette^
dire si possono^ ci volgiamo. Niuna cosa es-
senziale in riguardo alla storia sta in questo
scritto che nella comune lezione non sìa com-
presa, e 't compilatore sembrami che rìescito
sia nel suo intento di porgere una lettura più
concisa ed egualmente ordinata, e che, tolto
Tia il corredo de'rettorici ornamenti, serbato
abbia nelle parti ogni evidenza e nello stile
ogni purità ed eleganza. Dopo tutto ciò^qae^
sta non è punto Topera tale quale usci daUa
penna del Certaldese, e sarebbe ben difficile
il proyare, come alcuno vwrebbe, che daK
r autore medesimo fosse stata rifatta.
1822. In PadoTdj dalla Tipografia deUa
MinexVa. In i
J
SCBItTÀ BÀI Boccicelo. ^OJ
È compresa nel Tolumey che succede alla
DÌTÌna Gommedia, e eh' è intitolato ]a Bio-
grafia di Dante Alighieri. Fedele ristampa
del Compendio impresso per la prima yolta
in Milano Tanno 1 809.
1833. In Milano^ per Giovanni Silyestrì^
in 8 piccolo.
Ristampa in cui s'è adottata la peggiore
delle lezioni, come erasi già fatto in Parma
nell'anno 1801, ed in Milano nell'anno i8o3.
Da questo particolareggiato Catalogo Yoi
apprenderete, che l'edizione dell'intera Fifa
del Dante meno sbalestrata delle altre si èia
fiorentina dell'anno ijaS; e certamente ch'io
r ho consultata con mio maggiore profitto ,
non senza però averne ritratto eziandio nei
dubbj casi, dalia prima dell'anno 1477, dalla
romana dell'anno 1544) dalla fiorentina del-
l'anno 1576,6 dalia milanese ancora dell'anno
1809, quantunque altro non sia che un Com-
pendio. Ma deboli sussi Jj sarebbero stati tutti
questi se non avessi potuto precipuamente far
uso di due antichi Codici che sono esistenti
nella I. R. Biblioteca Marciana.
Uno di tali Codici è membranaceo, scrìtto
con assai leggiadro carattere^ e porta la se*
gxtente sottoscrizione: scripto per mano dì me
4o8 TITI BI DiHTE
Paolo di Duccio tosi di Pisa* Negli anj Jnt
Mccccxz. Adi xiiii di aprile. Era posseduto
dal cavalier Antonfrancesco Marmile passato
poi nella librerìa Nani in Venezia. Nella Mar-
ciana è numerato zxxyi, Classe xi tra gV Ita*
ìiani.
L'altro Codice è cartaceo, e mostra di ap»
partenere ad epoca alquanto più antica, ed
offre a quando a quando una lezione più del*
Taltra evidente. Non ha alcuna data: esisteva
nella libreria Farsetti, trovandosi ricordato
nel Catalogo di essa, eh' è a stampa. Nella
Marciana è numerato xii^ Classe x tra gli
Italiani.
Porto fiducia di non avere smarrito la bus-
8ola confrontando codici ed edizioni. Auche t
codici Marciani hanno però lor buona dose
di magagne, sicché certamente laido lavoro
farebbe chi pubblicarli volesse con servile
scrupolosità. Gli antichi copisti poco meglio
in generale valevano di qualche antico omo-
derno impressore, ed egli è d'uopo convin-
cersi che non v'ha che la critica, il buon giu-
dizio, il buon tatto, ed i confronti pazienti
che condur possano Teditore di un antico te-
sto a purgarlo delle brutture di cui lo mac-
chiarono o la barbarie de' tempi o la Imperi-
li 'm
SCRITTA DAL BOCCACCIO. J^OQ
ftia degli uomini ; e chi non procede con animo
attento e avveduto arrischia d'imitare le mo-
nche, che tanto posansi sui manicaretti qnanto
Bulle sozzure. Perchè meglio tocchiate eoa
mano di quanta immondizie andasse imbrat*
tata la povera Fila di Dante io fo concetto
di segnare adesso alcune cose, tenendo a con-
fronto la stampa più recente fatta in Milano
(ricavata, come si disse, da quella di Parma
i8oi^ e di Milano i8o3) e indicando le pa-
gine della mia presente edizione.
Scrisse dunque il nostro messer Giovanni:
che noi meschini uomini^ e bassa turba^ siamo
trasportali dal fiotto della fortuna^ ma tu
leggi che da più bassa turba ^ siamo trasporr
tati dal fiocco della fortuna. Scrisse che la
gioyinetta Beatrice era leggiadra e bella se-
condo la sua fanciullezza^ e leggi, che lo era
secondo Vusanza fanciullesca. Scrisse che
Dante rimaneva vinto dalla dolcezza deivano
favore popolesco e dalle persuasioni de* mag»
giori^ e tu leggi che Io era dal vano valore
popolaresco^ et ancora per Tosservazione dei
maggiori. Scrisse che iscrizioni in onore di
Sante comecché in sepoltura non sieno con
parole y sieno petpetue conservatrici della co»
lui memoria ^ e leggi in ycce questo guazza-
•^•*.
4to TitA DI mirti
baglio: comechè in sepoltura corporale non
sieno, ma sieno perpetua conservatrice della
cui memoria. Stesser GioTaoni, dopo Byeré
narrata la morte di Dante in Rayenna , ri*
Tolto alla sua Firenze, le dice, che se'l cao*
ciò yìa yWo ^desideri almeno di riaverlo morto ^
ma in vece leggi: considera almeno averlo
morto. Scrive in altro luogo, non essere lo
iconce favole mai a niuna verità consonanti^
e leggi: siccome favole^ mai a niuna verità
convenirsi. Scrive: la esplicazione della Di'
vina Scrittura appellarsi da noi Teologia^ e
leggi, che la Divina Scrittura appellasi Teo^
loffia. Scrive: tra gli altri meriti stabiliti da
loro^ ecc. ^ fu questo il precipuo^ e leggi ia
vece: tra gli altri beni stabiliti tra loro ^ eco,,
fu questo il principio.
A questo caos di scomposte e lacerate idee,
delle quali non ho voluto dare che nu teira»
saggio, possono a centinaia aggiungersi altre
ribalderie; In luogo di stampare marmorea
statua sta impresso monarca statua. J ricchi
stolti.,., i ricchi sciolti. Il morto Ettore.,,, il
magnifico Ettore. Vonore della laurea,... U
nome della laurea. Era dotato ... era dotto.
Me sovente,... me scrivente. Per le cose non
convenevoli,,,, per le cose notevoli. Con curva
SCRITTA DAL BOCCACCIO. /^l t
fronte,.,» con calva fronte, Feba è fautóre dei
poeti, e tu impari che Febo è il fattore dei
poeti, NoQ aggiungo di più per non istancare
ia mìa e la pazienza vostra. Che se pur yoi
Toleste tentare con dito più premente le pia-
ghe della povera Vita di Dante, io temo che
la riputereste quasi insanabile, mentre souo
anche a furia i periodi mozzi e scounesei, e
la punteggiatura poi è tanto di sensata, che
leggendo ti pare di udire questi nostri vene-
ziani gridatori di Bandi e Sentenze, i quali
sogliono cominciare dal ffova e distinta ^ e
dopo una pausa seguitano relazion che ghe
descrive el barbaro^ e dopo altra pausa più
lunghetta viene: caso successo^ ecc. Valgane
un esempio solo, che sta in tutte le edizioni,
ed è tolto dal primo periodo dell* insigne rim-
provero fatto dal Boccaccio a* suoi Fiorentini
i quali lasciarono morir esule T Alighieri:
Oh ingrata patria, qual demenza^ qual tra»-
scuraggine ti tenea^ quando il tuo carissimo
cittadino mettesti in fuga, e poscia tenuta
i*ha! Se forse per la comunfuga del tempo
mal consigliato^ ti scusi, che ^ tornata ^ cessate
rircj la tranquillità delV animo ^ e pentutaii
tu non revocasti!^ Ora, aiutati dal Codice
farsetti I veggasi com'ò U nuoya lexioae: Oh
4ia Tiri DI DÀHTB
ingraia patria ^ quale demenza ^ guai trascn^
raggine ti tenea^ quando il tuo carissimo di'
tadino mettesti in fuga? poscia se^ tenuta
forse per la comune furia del tempo , m,al
consigliata ti scusi ^ perchè^ tornata {cessate
le ire) la tranquillità dell'animo^ e pentutati
del fatto ^ noi revocasti?
Ma egli Don è tanto difficile lo scoprire le
assardità in altrui^ quanto è difHuile meritarsi
la bellissima lode di avere ridotto Tantico te-
sto di un classico autore alla sua perfetta le-
sione. Yoi^ che siete assai gentile persona,
inclinerete a credere che io possa aspirare a
questo Vanto^ ma debbo confessarvi aperto,
che a fronte delle non piccole mie cure non
ispero punto di aver ancor raggiunta la meta-
Perche la Fita di Dante potesse leggersi in
tutta la sua purità e bellezza, quale j^roba-
bilmente usci dalla penna dell'immortale suo
autore, sarebbero tuttavia necessari gli esami,
che a me non è stato concesso di poter fare,
de* codici che stanno sparsi nelle pubbliche e
private librerie^ e de* quali il solo Mazzuccbelli
ricordò un numero non ristretto; sarebbe ne-
cessaria Tautorità di uomini peritissimi nella
faccenda della lingua, ì quali colla face della
critica e del buon senso , levando tavolta o
8GBITTÀ DAI BOCCACCIO. /^lì
aggìaageDdo una sola sillaba o particella,
sappiano rassettare una lenone senza offen-
dere le ragioni della grammatica e deirintel*
letto; necessaria in somma sarebbe qaella fa-
rina da cialde che non può estraersi dal mio
buratto. Io andrò contento che mi scabbia
buon grado del meglio che ho tentato di ot-
tenere « e voi permetterete che prima di dar
termine a questa mia lettera v'inviti ad ac-
compagnarmi in un' ultima disamina , eh' è
però di tale natura da farsi per me trepidando.
Trattasi di prendere in isquittino alquante
Toci registrate nel grande Codice della nostra
favella sopra esempli tolti dai testi impressi
della Fiia di Dante. Di questi esempli ne
contiene il Vocabolario della Crusca da oltre
3 OD, e dobbiamo saper grado a' compilatori
dello stesso di messe tanto copiosa, che le
scritture di uno de* tre primi padri dell' ita-
liano dottrinamento non potranno mai essere
né citate, né studiate abbastanza. Tuttavia non
potrebbe egli darsi che i valenti uomini non
avessero alcuna volta peccato più per eccesso
che per difetto ? E razzolando di nuovo sa
questo testo non potrebbe anche esservi qual-
che cosa da riseccare? Tediamolo.
Nel Vocabolario, alla voce agumenMQ 1}
'4i4 ▼iv^ ^^ DAHTE
aggiogne runico esempio seguente. La quale
(città) in processo di tempo agumentata^ e
di popolo^ e di chiari uomini piena, G. 9.
Dopo la detta voce regiatrasi agumentarCy
agumentativo seoza esempio alcuno^ e agu-
mento eoo 4inico esempio tolto da^ saggi di
Naturali Esperienze* Il Boccaccio nella sua
Fiammetta, e in questa stessa sua Vita di
Dante ^ scrisse ogni volta, o augumentato
aumentato y e così poi TArioiito e 1 Guicciar-
dini; e Be'! verbo auguuientareyCÌièYaugere
de Latini, bene si ravvicina alV aumentare
tempre rimasto in uso per accrescere o ag-
grandire^ non resta egli a sospettare che siensi
registrati agumentare , agumentativo , agu-
mentato sulla sola autorità di un codice di«
fettuoso? Anche nel Godice Nani leggesi au-
gumentato, Nel Codice Farsetti leggeri poi
amentata^ ma sarebbe sine grano salis chi
non prendesse quest'ultimo per peggiore spro-
po8Ìto«
Escidio. Volle nelle lamentazioni ^ Gere-
mia lo escidio futuro di Gerusalm dichia-
rare, C. 68.
Anche nel Codice Farsetti leggesi escidio
La voce più usitata, e di cui s' hanno esem-
pli nella Fiammetta^ in Matteo Villani, ed
SCRITTA DAI Boccicelo. 4^^
in «Uri è eccidio. Nelle Giunte fatte dal Ce*
sari al Vocabolario si notarono altresì esceU
lenza ^ escèttOy escelso, escitare ^ e come se
queste non bastassero^ nelle Giunte al Yoca*
bolario^ edizione di Bologna, si registrarono
escedere, escellentemente , escellentissimo ^ qì-
tando per autorità Frate Cavalca, Frate Gior-
dano^ Frate Passayanti, rAlamanni ed altri.
Ne^esti a penna de* più antichi scrittori leg-
gesi talvolta anche excidioy excellenzia, ecc.,
Toci delle quali non si è fatto alcun registro.
XFna differenza di ortografia appoggiala sa
mutabili esempli non so quale ricchezza ag-
giunger possa al codice della favella , ed a me
pare che volendo pur registrate le voci sud-
dette, bastato sarebbe rimandare il lettore alle
loro corrispondenti eccidio , eccellenza , ce*
eetiOy eccelso, eccitare^ eccedere, eccellente-
mente^ eccellentissimo, tanto più che sarebbe
tenuto per goffo chi oggidì scrivesse aitra.-
mente. Non è da scordarsi mai che i vecchi
popisti ritorcevano con arbitrio le parole
Terso €[uegV idiotismi a quali erano più as-
"tueffati gli orecchi loro (Annoi, al yo<*^bo*
lario. Modena, i8ao, P. i, e yS).
Tritare, lo lascio il tritata con più par-
iicolari esposizioni queste cose, ecp, C. 70.
4i6 TITÀ DI DARTI
Questo trUare sta nella stampa di Firenze,'
1723, e potrebbe reggere per sminuzzare^
ma si in tutte la altre edizioni che nel Co-
dice Farsetti si legge trattare^ yoce che con-
facendosi meglio al ragionamento è da prefe-
rirsi, giacché non conviene cercar de^ fichi in
vetta, potendogli aggiugnere dal pedale^ dice
nn proverbio delle forosette toscane.
Vigere, irt un arca lapidea^ nella quale
ancor vige^ il fece riporre. C. l\^*
Notarono gli Accademici, dopo avere rife-
rito il suddetto esempio^ che l'edizione ijaS
ha giace y ed io aggiungo che così hanno pure
ambedue i codici della Marciana. Perchè dun-
que conservare quel w^e,cioè verdeggia ^ osi
mantien vigoroso, parlando di uomo che sta
in sepoltura? Anche un senso allegorico riu-
scirebbe stiracchiato in questo luogo; quindi
sembra più ovvio credere il vige^ per giace^
parto deirasineria di un menante, e basti la-
sciare il vige al verso del Paradiso di Dante,
O donna y in cui la mia speranza nge^ che
qua si che bene ci calza.
Le voci arrogava in luogo di derogava^ e
lasciva in luogo di /a^ctVia sono state già scar-
dassate dal cavàlìer Monti nella sua Proposto,
ed io potrei fargli colonna, se bisogno fosse.
8CBITTA DAL BOO€ACCIO. 4> 7
coirautorkà dei codici Marciani; come pare
con quesU raddrizzerei il rimanente del passo
cli*e880 Monti riporta, scrivendo egli: niuna
guerra pubblica si prendeva. Non so come
una guerra si prenda. Leggi : niuna guerra
pubblica 5' imprendeva.
Avverto in fine che nel mio testo non si
trovano le seguenti voci ricordate nel Yoca-
bolario con esempli, cioè fluttuoso^ funebre
letto ^ soprastato ^spirazione^vilumettQ. Ouna
migliore lezione, o maggior numero di esem*
pii mi hanno fatto scrivere in vece, fortU'
nosOy cataletto^ sopra se stato, disperazione^
volumetto. Ho poi sempre, in luogo di al, di
sanza^ di demenzia^ di essempioy od altre
simili, scritto e, o ed, senza y demenza j
esempio^ ecc.
Ed eccomi venuto a capo di esporvi tatto
quello che occorreva a difesa del Certaldese
e del mio lavoro. Confido di potermi avere
resa alquanto grata e serena la grande ombra
del primo, e di non essermi demeritato il fa-
Tore di chiunque, prestando venerazione alle
scritture degli antichi maestri, ama di poterle
leggere nette di quel fango di cui si trovavano
impiastricciate. Ad ottenere tanta mondessa
ti procede oggidì con insolita effervescenza,
Camba^ Opere 37
w
4t8 TITA BI DlHTS, tCe.
e a questa dovranno le buone lettere una più
fiorita fortuna; sicché rendiamo grazie a quei
cortesi ingegni che se ne occupano incessan-
temente. Hendiamo grazie ad un Fiacchi, ad
un JZannoni in Firenze, ad un Morali, ad un
Gherardini in Milano, ad uu Colombo in
Parma, ad un Parenti in Modena, ad un
Biondi in Roma, ad un Muzzi in Bcdogna,
ad un Taverna in Brescia, ad un Cesari, ad
un Zanottì in Verona, ad uu Marsand in
Padova, ad un Yiviani in Udine, ad ognuno
de* quali andiamo adesso debitori delle Dieci
Giornate, della Divina Commedia, delle Rime
per Laura, del Furioso, della Liberata, delle
Lettere di Torquato, delle Prose del Casa,
e di altre importanti setitture di aurea det-
tatura, ridotte mercè di loro a quasi perfetta
lezione.
' Mantenetemi costantemente salda dal canto
vostro la dilezione e la cortesia delPanimo,
che io vi corrisponderò sempre con lealtà e
con ossequio
Fenezia^ il di 'jo maggio^ 182 5.
Vostro «incero estimatore ed amico.
i^V
AL SIGNOR
GIO. BETTINO ROSELLI
IK VIGENZJL.
Inserita nella Raccolta in lode dei Cani, in*
titolata i Cinofili del Bacchiglione, Prose •
Rime. Venezia 1826 m 8, Tipografia AU
visopoli,
&£ io vi mandassi, mio ottimo signor Bo-
selli, qualche Canzone, come desiderale, da
metter in luce nella Raccolta che andate me-
ditando, TÌ avreste rime da far spiritare i
Cani; e Yoi, che braccheggiate all'opposto
chi li celebri e metta a cielo, vi trovereste
nelle vostre aspettative deluso. Siccome però
per una brusca risposta eh* io dessi a' vostri
inviti, non vorrei che m'aveste a guardare in
cagnesco, contentatevi che vi narri almeno a
vostro . conforto, d'esser anch'io stato un tempo
aflèzionato, e in grande cruccio per una bella
Cagnuola. Uditene la storia, che sarà corta
corta, ma vera verissima.
La buon'anima di Bernardo Silvetli di Te-
rona, che fu mio compagno in pellegrinar»
4^0 T.KITVRA
per tatù la Italia e la Sicilia l'anno 1801 , mi
maodò in dono nel 180 a una cagnuolina^
prole d'un suo superbo bracco levriere^ e
di una cagnaccia di ra/za danese. Nata in
riva airamenissimo Adige^ e regalata da un
amico che mi era arcicarissimo, mi presagiva
il cuore ch'essa avesse a riuscire un portento;
e m*accinsi a secondar del mio meglio certe
felici tendenze (h'io andava scorgendo nel-
l'ancor tenera bestiuola. Crebbe a buon conto
di tanta bel lezza , che poteasi senz'iperbole giudi-
care la Venere delle cagne. Corpo alto e snello^
gambe diritte^ asciutte e sottili^ snrto il collo,
lunghetto il muso, larghe nari, candidi denti,
un pajo d'occhi cilestri, pelo corto, lucido e
nero. Portava gli orecchi con non so quril
vezzo suo proprio, e la sua coda solea essere
tanto ufficiosa che pareva instrutta del Ga*
lateo. Mai che rignasse , mai che latrasse,
guardi il cìcflo che mai mordesse. La Furia
( quest'era il suo nome ) un presidio e un
conforto era divenuta tra le dimestiche mie
pareti. Yeniano visite? Sapea con sue moine
far discorrere di sé medesima , e frattanto
non si mormorava del prossimo. Erano ì
miei bimbi rissosi? La Furia si accovac-
ciava fra a loro, ninna insolenxa irritavala.
À 610. BBTTfirO Bosnti. 4^1
ninna rciglia moslrara mai d'addentare i loro
camangiaretti. Acatìssima era poi nella co^
noscenza delle persone. Se ai trattaya di miei
particolari amici ^ entrati appena neiruscia
della mìa casa, essa rizsayaai in su due zampe,
il che bastava per raggiugnere i loro yolti,
che confortava d'un bacio; se di quella gente
che, oh Dio, simile alFellere s'attacca e s'ag*
gatigna, ne tu puoi mai sbarbicartela d' in*
torno, la Furia ad un mio ammiccare sapea
con feroce borbottio congedarla; e se di uo*
mìni o furfantoni o tapini , col pronto suo
guai re interrotto sapea avvertir la padrona
a starsene bene in guardia. Io credo in somma,
che dalia prescienza della nascita della mìa
Furia venuto sia il detto del saper addiriz-
sare le gambe ai cani, il che vale Io stesso
che tentar Pimpossibile. Visse sempre celibe,
che parea disdegnosa di prodigare favori a
tutte le altre stirpi, le quali non potessero
adeguarla in leggiadria; e fu sempre mia fida
ed esultante compagna ne' vespertini passeggi.
Ma, ahimè, che questi appunto accelerarono
la funesta sua fine. Uditela. Abbenchè so-
lesse per sua natura mostrare la compostezza
e'I decoro d'una regipa, tuttavia una qual-
che volta plebejamente abbassavasi a gino*
•••
ff2^ tttfVRk
-choToIi passatempi colle soe bestie sorelle^
Parre mo* a costoro, che gli scherzi i pia
ingenai ooa altro si fossero che prepotenze
«ed insulti, e niente mena fecera che congio-
rar» al sua fatale esterminio-. Le passioni
una rotta aiuate negli animi vigliacchi tra-
•acinano a sanguinosi sfoghi d'odto e di ven^
detta, e di fatto,, avverandosi par trc^po il
proverbio che la rabbia è tra i cani, s*è ben
presto formato il più orrenda ammat inamente,
e cagnacci* , cagnaole , cagnotti , cagnuolini
trovarono il loro infame Broto, il loro .Ra-
vaillac, che trucidò' da cane senza fede il più
bel germoglio che avesse ni^ai la canina razza
prodotto» Ricordami sempre del funesto dì
i6 settembre, 1808, in cui, prima d^ irsene a
babboriveggoli, la povera Furia girò verso di
me per Tultima voka i moribondi suoi lumi,
e molte e molte cose volle signi&;armi con
Testremo suo addio. Ho onoralo del meglio
che mi seppi le sue misere spoglie d'una
bestia,.
0ie dijamula già, rT amica et socia
Serviami ohsequiosa et impunctahiìe
iVè delinquendo unqua mi fece irascere;
e serbo tuttavia con onore. il suo bel .mantello
>^
tmmmt
A GIO. BITTTNO ROSELLI. 4^3
cero, bene acconckto e guérnito di riccbe
frange.
Se volete mettere questa Narrazione, di
tragico fine snella vostra poetica Raccolta, fa-
telo pure, mio colendissimo signor Roselli^
che non sarà poi 4in gran male se si legge*
ranno in prosa le geste della mia cagnuola
ora che leggonsi tutto di a gran buon mercato
e vite, e epicedj tributati le tante volte a in--
setti meechini dell'umana ra/,za.
Venezia^ io luglio^ 182J6.
]1 vostro amico vero.
I
7ifi«.
INDICE
T
3
65
io3
Avviso del Tipografo. P^g-
Narrazione de Bassantsi illus^L *%
Notizie intorno alle Opere ili Feo Belcari. >*
Discorsoper le Scuole elementari ii Bassano^y%
Elogio junebre di Giuseppe Remondini, >•
Narrazione su la Vita e gli Studj di Gi^
rolamo jiscanio Molin* »• i55
Discorso delle Lodi di Luigi Cornar o, » 1^5
Cenni intorno alla vita di Costanzo Taverna, t* 2o3
yita in compendio di Giojxmni Boccaccio» m 227
Le principali Gesta di D. Chisciotte descritte,»* s3g
Discorso intorno al Fior di JRettorica di
fra Guidotto. m 1275
Discorso sui Reali di Francia, e la Storia
ili Buovo étAntona* >* 5oi
Ritratti di Dodici illustri donne Veneziane, >• 3o9
I.£TTSBS PRSMKSSE AD OPEBF PUBBLICATJB
A Francesco Reina per Novelle Doni» *• 339
Al marchese Gio. Giacomo Trivubdo per
Novelle SercamhL » 54^
Ad Antonio Marsand per la Vita sobria
iS. Luigi Cornaro» »
Ad Edmondo Davenpori per le Poesie del
dialetto Veneziano» f^
A Filippo Scolari intorno all'edizione ma'
ghijìca del Petrarca fatta in Padova. « 371
A Francesco Negri su te dicerie di Annibal
Caro. ** 374
A Giuseppe Barbieri sulle opinioni intorno
alla nostra lingua. *« 38?
Ad Angelo Zendrini su la Vita di Dante
scritta dal Boccaccio. *• 5g^
A G. Bettino Rosellijstoria di una cagnuda.^ 4 19
349
363
« 1 • » ^
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