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Full text of "Alcune operette di Bartolommeo Gamba"

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u na . ifc^ — fr-2^' 



Vct.3t-a ji n,i7 



BIBLIOTECA 

SCELTA 

I>1 OPERE ITALIANE 

ANTICHE E MODERNE 

BARTOLOMMEO GAMKA 



*1^ 



ALCUNE 

OPERETTE 

BÀRTOLOMMEO GAMBA 

BASSANESE 



MILANO 

PEK GIOVANNI SILVESTRI 

M. DCCC. Sin'IL 

UMS. \t7 t". ?5 

L -. 



^ij" _: 






'L 




\r.^.-7-7?v 



■ ^^1 <i" ■ ^ .j ;^.>.JA^ 



IL TIPOGRAFO 



Ben poche polte io posi in htcB 
un nodello volume della mia 
Biblioteca Scelta con tanto pia-- 
cere^ quanto io ne sento o^idi 
nel pubblicare alcune Operette 
del signor Bartolommeo Gamba. 
Poiché non solamente io credo 
di fare per ciò cosa gratissima 
ngli amatori e $tudiosi della 
nostra letteratura , i quali già 
conoscono e sanno apprezzare 
le opere di . quello scrittore sì 
erudito e sì terso ^ ma^ dico il 



T^ 



TI 

vero^ do eziandio uno sfogo al 
mio cuore^ che gli professa la 
più grande stima ed amicizia 
così pel suo sapere e per la 
modestia del suo pensare^ come 
per la ingenuità deW animo suo. 
Io sono certissimo^ che di tutto 
ciò me ne faranno pronta ra^ 
gione i lettori a qualunque pa^ 
ff,na di questo libro rii^olgano 
gUocchi loro^ e massime quando 
porrannosi a leggere V elogio fu^ 
nebre , cfe' ei scrisse del conte 
Giuseppe Remondini. Che del 
resto, il non essere forrriato que^ 
sto volume, che di narrazioni^ 
notìzie, elogia prefazioni, lettere^ 
dedicatorie e d^ altre,picciole ope-* 
rette^cKei pubblicò in varj tempi 
e in diverse circostanze^ nuUa 



Tff 



toglie affatto al suo merito in-» 
trinsico; ed iù mi glorio delle 
cure che adoperai nel pubbli^ 
cario. Se da una grand-opera 
sì conosce fin c2ope sia giunto 
V ingegno di chi la compose^ da 
una sola prefazione e da una 
lettera sola altresì si conosce 
fin dope 9 volendolo , aggiunger 
possa il valor d^una penna. Ma 
ciò che rese vie maggiormente 
caro e benemerito il nome del 
signor Gamba nella repubblica 
delle lettere , sono i profondi 
studi bibliografici^ ch^eifece in^ 
torno a* testi di lingua ^ con 
somma utilità, descritti^ ed illun 
strati così^ che non solo agli 
studiosi deWamena nostra let^ 
teratura , ma insieme à^ librai^ 



mi 



ed d bibliografi tornar ne do^ 
pesse , come in fatti ne tornò 
grandissimo giovamento. Io non 
fo qui menzione^ che della sua 
Serie deiredizioni de' testi di 
lingua italiana^ che riprodusse 
in Milano Tanno iQia^ essendo 
questa, come ognun sa, la prin-' 
cipale fra le altre molte sue 
opere bibliografiche; niuna delle 
quuH però fa parte di questo 
volume. Ma chi sa che per lui 
nuovamente riveduta, ed arrio^ 
chita di madori erudizionied 
illustrazioni, sì cow^ ebV egli da 
gran tempo in animo di fare , 
io pur non abbia un dì lafor^^ 
tana di dar in luce anche questa! 



AL PREStàXfTMSHtO UOMO' 
con TE 

LEONARDO TRISSINO 



BARTOlOSiMEO GàMBJf. 

KToASBiy mi scrìveste y onorabilissimo signor 
Conte, che io farei cosa buona a raccozzare 
alquante mie baie letterarie , e a riconse- 
gnarle alla stampa y io tenni il suggerimentà 
vostro per mera epistolar gentilezza^ e vi 
corrisposi col mostrarmene gretto^ e cotta sin»' 
cera persuasione che a me non tocchi il ri'- 
putare le cose mie degne di tanto onore. Ma 
sapete che avvenne poi? La vostra epistola 
cadde in mano di un- Jngiol nero, detta razza 
di coloro che adocchiano' le occasioni di /are 
sdrucciolare gli uomini nel peccato della su-^ 
perhia^ e costui nU tenne questa proposito:- 
*^ Tu hai, galantuomo^ varcato omai il seS' 
^' sagesimo tuo anno; sicché bada bene che 
'^ la candela verrà presto al verde, O bene 
*^ o male tu scrivacchiasli e stampasti per lo 
Gamba, Opere i 



9 

'^ passato; or bene^ metti insieme le cose tue 
** men triviali prima che si sperperino affatto •, 
*' e poiché fosti plebeo di nascimento e mal 
*' agiato sempre di fortune e di onori^ ven- 
*^ dicati almeno dei torti della sorte ^lasciando 
'^ al tuo prossimo presente e/uturo una me- 
'^ moria de fatti tuoi. Avrai dritto anche ad 
^^ un briciolo di vanagloria se non ti man- 
" cherà il coraggio di confessare (caso strano 
*^ che i dimonj cantra la natura loro sugge » 
'^ riscano di fare le confessioni) che tu sei 
^ stato uomo allevato senza grammatica, senza 
** latino ^ senza niuna foggia di studiose di^ 
^^ scipline^ e ehe^ a dispetto di tutto questo^ 
*^ sapesti di per te solo disceverarti dalla 
^^ turba dei milensi e degV ignoranti, ,, ^'o' 
avete a sapere^ mio ottimo signor Conte ^ che 
in tutta la mia vita ho sempre opposta de^ 
hole resistenza alle tentazioni; né dopo ciò 
stupirete se accetto le suggestioni del prefato 
Spirito mal^o, col quale^ per disgrazia va* 
stra^ Voi mostraste di convenire, E tanto più 
volentieri le accetto in quanto che ella é 
deliziosa aWanimo mio Voecasione éi dar a 
Fai il più solenne contrassegno che per me 
si possa di ricetto, di considerazione e di 
amore. 



( 



NARRAZIONE 



DEI 



BASSANESI ILLUSTRI 



/ 



ALLA'EGÈEGlà DAMA 

PAULINA TROTTI TAFERNA 



r AUTORE. 

A chi soggiorna in riva alPOlona o alla Dora, 
ovvero in riva alt Arno o al Sébeto può im" 
portar poco étessere alfaUo della bassanesc 
cultura, A Voi non così 9 egregia e rispettabi" 
lìssima Signora, Nata in Milano^vi siete non^ 
dimeno affezionaia da lungo tempo alla patria 
miajf-^ intelligente finissima di ogni gentilezza, 
la solete visitare annualmente, quasi in aria 
di sciogliere un voto alVamenità di questo mio 
ciel dilettoso. Da Bussano passate alle città 
magari, e vi passate senza dimenticare i bas^ 
sanesi vostri ozj^ che anzi vi tornano spesso 
in mente per /urne Ueta dipintura agli amici, 
ed io credo che la mercè vostra il orestantis^ 
sima ea». Giuseppe Casati, prefetto del Tagliu'- 
mento, sia divenuto tanto amorevole proteggi^ 
tore de'* miei concittadini al suo saggio go^ 
verno raccomandati. Ora , vi prego 9 a voler 



_v^ 



^ 



6 

fare in modOf dì^Bsso^ e t aureo vostro Con* 
sorte f e tutta la brigata de* vostri eletti conO" 
sceiUi ànpieghino qualche istante nella lettura 
di quésto mio libricciuolo. Vargomento è mu^ 
nicipale , è vero , ma se trova in voi il suo 
presidio non potrà riuscire discaro ad alcuno. 
Carissimo certamente egli è a me^ che mi dà 
occasione di palesarvi in pubblica forma i sen-- 
timenti della mia rispettosa osservanza, 

BassanOf il di jx di marzOf 1807. 



I IH LMv .m^ m^mm^mmmmmgmm 



kt CHIARISSI Ma 

GIO. ANTONIO MOSCHINI 

C. R. S O M A S C O ' 

AUTORE D£LLA 8T0HIA 
X>ELLA LETI£AATURA VENEZIANA 
DEL SECOLO Xyill. 



>>.- 



Jlf cosa ottima il contentardi delle dimestiche 
cognìzioaiy senza investigar le straniere (i). 
Fianche^ato da questo detto ciceroniano, io 
mi accingo a sindacare qaella piccola parie 
della vostra faticosa ed eraditissima opera che 
riguarda la mia Bassano. Non vMmmaginasle 
mai di rimaner coito da frecce avvelenate, 
cVionon ne so adoperar di altra tempera da 
quelle in fuori che si spezzano al primo toc- 
car deDa cute: d'altronde se io sono mossa 
da quella carità della patria che dee essere 
radicata in ogni animo gentile, Io sono altresì 
dagli eccitamenti cortesi cbe mi avete dati voi 



(i) Egregiwn non quaerere externa ^ àonusticie 
*SM€ contentOM^ Cicep.| Orator.^ § YU. 



€ HARRÀZIOKB 

«lesse, qaando col leggiadro poeta Giuseppe 
Bombardini, mio amico^ ci trovammo uniti in 
un simposio autunnale presso Y illustre patri- 
zio e Telemaco yostro, Domenico Michiel, 
•nella sua Villa di Grespignaga. E siccome la 
storia di Bassano, e de* suoi preclari uomini 
è argomento di poco rilievo; cosi io stimo 
opportuno di disaminare non solo il decimot- 
lavo secolo^ seguendo il disegno della vostra 
opera, ma di adombrare altresì con questa 
mia Narrazione tutt' i secoli oltrepassati, a 
fipe ehe^ a dispetto di unWlemateria^ mi rie* 
sca di ordire una tela di v^rio e gradevol 
trapunto. 

Mon occorre indagare se esistesse Bassano 
ai famosi tempi dei Tarquinj o de' Cesari, o 
de* Costantini. Ne ci assisterebbe la storia, né 
la buona critica^ né si troverebbero qui pri- 
sche anticaglie che potessero far puntello alle 
conghietture degli eruditi. Col benemerito 
delle patrie memorie Giambatisla Yercicon- 
vien appagarsi di riconoscere La nostra orìgine 
intorno al Mille (i), dopo cioè le incursioni 
de^li Unghexi in queste contrade^ e quando 



(^ ) Stato di Bassano intorno al Mille. Lettera di 
«in Aiioaimo. Kotizie de"* Vescovi di Vicenza. 



' " — > I ■ m^^im^mmK^^mmm > ■ n ■ i y ■^^^mmimi^^^S^^^m^fmmmmmm^^m 



l>B^ BÀ88ANE8I IU.C8IBI. 

noD solo 4e ckià graadi, ma i TeMori, i conti , 
gli abbati, e le badesse si oeGiipavaDo ad eri- 
gere rocche, torri e castelli; e tanti ne oostmi* 
rono nella Marca Trevigiana, che, al riferire 
del Muratori, sembrava essa^ per eosi dire^ 
una selva di abitazioni (i). Sin da cpiestt 
tempi la celebre famiglia degli Eeelini comin- 
<àò a scoreggiare in Bassano con dispotiot 
autorità sopra ogni ,genere di persone; e vi 
mantenne il snó domicilio per oltre due se^ 
coli, chiamandosi <»ra da Romano^ «ra da 
Onaray or da Bassano ìadiatintamente, a ca- 
cone de* Fendi imperiali di questi nomi che 
possedeva. Di quand^in quando o la potenxa 
de* Vicentini e de* Padovani, o la fiereaaa dei 
nostri progenitori eran sorgenti di aspre rivo- 
Inaionl, e gli Eeelini ora fuggivano vinti, ora 
davano legge da vincitori. £c6ÌiJio0a2(o^ detto, 
dal y orci il più grande eroe di questa fami" 
glia (3), fu uno di que* tanti pii avventurieri 
che passarono al glorioso conquisto di Terra 
Santa. Al suo ritomo dalle Crociate egli spe- 
rimentò ne* suoi Bassanesì altrettanti campioni 
£adeli; ed ^li principalmente^ ch'eresse qoi 



(1) Dissect. -a6 ckata dal VercL 

(a) Storia degli Eeelini, , T. l, pag. /^6. 



^mam^ìamm^ 



n HAmuinoiiK 

temp) edf edSficj, cimentò il loro raJore, b^ 
loro todoitrìa e U loro coltura. Sappiamo^ 
«Oli ammiriMle precittQite noD solo il numero, 
m ecìandio il nome di tatti gli abitatori di 
Baisano a qneR'epoca; poiché, essendo stati 
essi costretti neirannor 11759 diiraoCe Fasseosa! 
di Eeelino, a promettere fedeltà ai Vicentini ,- 
V9nne firmata la carta di giuramento , ciré 
tuttavia esiste (i), da 770 persone dagli anni 
i4 sino ai 70, eccettuati i religiosi, le doime* 
e gli ammalati. Ad Ecetino Balbo saccedette^ 
Eoelmo il Monaco, che pure dai nostri sto- 
rici Tiene dipinto qual prode guerriero « cpial 
uomo eloquente; ed a lui poi tenne dietra 
EcelinOy quel gran capitano che»' trovasi aspr»» 
mente ricordato dall' Ariosto qual immanis - 
Simo tiranno^ che fia creduto figlio del di- 
monio (a). Dopo frequenti guerre e clamorose 

(i) Codiee Eeeli». Docam. 4iO) pvg. 59^ 
(a) È celebre ne^ tempi Eoeliniani U stori» di 
quella nostra eroina Bianca de^ Bossi , simile alla 
moglie di Collatino e nelle vicende e nel tragico 
fine. Besta però a doèitare al dieUVsistenza deF fatto, 
come della sua naaionalità basaonese, non trovando* 
sene cenno alcuno né in antiche carte, né in autori 
coetanei, ed essendo stata essa Bianca posteriormente 
•pacciata ora qual bassanese cittadina, or padovana, 
or TÌooitìiiai or cremonese. Le sue vicende esern- 



I>B BAautsisi TLtVSini, 1 1. 

imprese egli diTennesigocMre di tutta la Marca 
TnyigiaBa, e di gran parte dà Lombardia; e 
fondate errebbe qq Tasto dorainio, se non foste 
stelo dalla morte de' prodi colpito alla batta- 
gliai di SonoiDotra TOglio e TAdda neir&nno 
LftSg. I Bassaoeei, rimasti per la soa perdi ta^ 
aeìollida ogni soggesbae, implorarooo la prò- 
tenone de' Padovani; e allora fu, che rìnga*i 
^tianUti gli mimi de\noetri sapienti dall amore 
di libertà, compilarono uno statuto che tutta* 
via ii oonaerya (i), e in cui si condannò al 



tarono k fantasia di poeti anche oltremontani , e 
fornirono di applaudito spettacoìo ì teatri. Tra gH 
serittori stranieri è da ricordarsi iì Poemetto di 
G. Le^^uvé, intitolato, Il meno delle Donne, recato-' 
in italiani» da Luigi Batocchi , e nitidissi mamente 
ìmpreaao iu Parigi per Renouard, 180^, in la, doye 
leggeai il fatto di Bianca. Tra gritaliani a me ba« 
sta accennare la Tragedia scritta dal mio concitta- 
dioo il ean. Oiammaria Sale : Bianca de' Hossi, 
f^epcxia, 1 755 , io &^ 

(i) H Codice prezioso del secolo xiii esiste nel^ 
omatissima faroigtia Tattara , ed è fregiato nelle 
lettere iniziali di enrìose' figure d^ooiBÌni e di ani* 
màK fatte con estrema rozzezza. Altri esemplari, 
che gareggiano in antichità stanno nella Raccolta 
di patrj monumenti di scienze, di lettere e d^arti 
fatta dalTerudito cov Giambatista Robetti del iok 
Tibaio. 



,.' 



i^ «AiinAnoiiB 

taglio della testa chiunqae trattato avesse di' 
so^ettare Bassaao a qaalche particolare pa- 
drone. Lo statuto non obbliò di provredera 
la patria anohe d*«in maestro pnbUico di gram-: 
matica, ai doveri del quale consacrò un* ins- 
terà rubrica. Antecedentemente peraltro, cioè 
sin dalFanno ia33, erasi come doctor granii 
maticaeqvLÌ salariato, certo Maestro GIe»,che 
iq[>parisce in una nostra pergamena, di cui il 
Yeroi ha creduto di tener conto; onde 8ap-> 
piamo fino ohi è stato il primo ad istmirci' 
nelFabbicci (i). Ma intertenendoci ora un poco 
•uUa bassanese repubblichetta, egli ò a sa* 
persi, che non durò essa, infiacchita dalle 
private brighe, neppure un anno; e non trovo 
che sia «tato troncato il capo a coloro, i quali 
€oUa mediaeione del B. Bartolommeoda Ere* 
ganze, sottomisero di nuovo la patria à* Yicen- 
tiniy quantunque ciò fosse ad onorevoli patti (2), 
Il nuovo vassallaggio ebbe corta durata, e 
accaddero frattanto altre passeggiere vicende. 
Sin dalFanno 1274 aveano i Bassanesi fiera* 
mente battuto, indi oacciato in prigione on. 



(0 Orìg. di Bass., pag. 71. Stor. degli EoeL, T. 
Oif pag. a44- 
(a) Gennari^ Annali di Padova^ P. lu, pag. 3. 



DE* BJISSAVE8I I1XU8TRI. l3 

loro canonico, per la qual cosa ȓ attirarono 
la scomanica dalla chiesa; e questa si sca- 
pitò contro loro per la seconda volta dal card. 
•Napoleone (r) nelFanno i3o5,incai avevano 
contro le canoniche leggi usata violenxa aU 
rarcipcete loro, investendo con sovrana aa- 
torìtà delle decime i più potenti e ricchi lor 
jcìttadint. Questi piati ebber fine, ma poi tor- 
.narono presto a ripullalare, come accader 
auole. nei tempi sanguinosi di rozsessza e di 
fanoni arrabbiate. > Nuove guerre contamina* 
Tono queste contrade, finché nell'anno iSiafò 
Cane della. Scala, signor di Verona, divenne 
il nostro, padrone, e cessar fece ogni tumulto 
civile. Dopo diciannov^anni di domìnio, egli 
^cedette Bassano ai Veneziani,, e questi, ad 
UIxNlìno da Carrara, signor di Padova. Fu 
4a principio. dolce, il governo de' Carraresi; 
ma .non .si può quasi mai gustare il dolce 
aepsa .dover poi tranghioUire, Tamaro.. Fran- 
cesco .1 era solito fermar qui sua dimora per 



(i) Napoleone degli Orsini, Legato Àpost. in Ita- 
lia di Papa Clemente V. Di questo card, si hanno 
belle, esatte, ed erudite notizie nella Vita della B. 
Chiara d^Arimini,' scritta dal card. Garampi. ^erci, 
Notizie di alcuni Vescovi di licenza, pag. Oa. 



1 6 HÀBBÀnORB 

rimembranga, cornee alata Castellano^ notaio 
e dottor di grammatica in Bassano verso* il 
j 3oo. Costai cantò in versi eroicr latini ( ol- 
tre ad altre prove del sna ingegna poetico 
che si sono smarrite) la pace seguita in Ve- 
nezia tra il pontefice Alessandro III e Fiat- 
perator Federico I, ìndirìisando Topera sua 
a Francesco Dandolo, doge di Venezia, Tanno 
i3a7 (i)^ Era coevo di Dante e di Petrarca, 
e non è ptcciola gloria il ravvolgere in mente 
e comporre un apj^audito poema, alquanti 
anni prima che fesse cinto il crine di alloro 
a messer Francesco, non come al cantor di- 
vino di Laura, ma come alFàulore del poema 
dell'Africa, che qual fenice si risguardava. . 
Di altri nostri grammatici non è rimasto 
che il nome, e trovansi ricordati nella Storia 
Letteraria del eh. Tiraboschi un maestro 
Paganino y e un maestro «Simeone, che teneano 
esercitata in Bassano la gioventù. Vi furono 



(i) Ventlianae Pacis inter Ecelesiam H Impe- 
rium Castellani Bassanensis* Una copia di questo 
poema esiste ora nella Robertiana. Il cel. Mariti 
Sanudo Jiin. Tavea trascritto di sua propria mano, 
facendone grande stima. Veggasi il suo Art. esleso 
dal cb. ab* Maiu^o tSoni nel Diz. Uom. ili* Bassano. 



DE^BXSSINESI iftUSTBT. t^ 

moTtre Jue nostri fralicelii conreutaali, Gu^ 
glielau) da Solagna, e Marchesino da Bus» 
sanOy ai quali non dee ricusarsi un posto fra- 
gir scrittori. It primo tradusse- in latino r< 
Viaggi che a lui dettava il famoso B. Odor- 
rico da Pordenone^ yenuti più yolte in luce 
e nella Gollesione del Ramusio, e negli Atti 
de' Saoii del Bollando, ed anche separata^- 
anenle a' nostri giorni (i). Il secondb fece- ai 
"Viagg^i stessi yarie giunte- dietro alle notizie 
«he andò raccogliendo dalla yiva yoce del 
viaggiatore (2). Il B^ Odorico ayea visitato 
l'impero Tarlaro, l'Indie e la' Gins; & quao^ 
tanque sia Fopera sua gravida di favole e di 
ampollosità*, e resa forse più ridicola per opera 
di copisti' ignoranti (3), tuitarvia è quasi Tu^- 
BÌca relazione d'autore italiano che abbiane* 
de' paesi orientali nel' secolo xiy. 

(i) Elogio del B,. Odorico,. con la Storia da Ikv 
dettala de* suoi Piaggi j1 siatici.Vett. ^Zàita, 1761, 
in- 4'* h*^àìi, Fi' Giuseppa Yèniii (p. 11(9) suppose 
die Solagna fosse vilhggio del Modenese; ma A 
Verci, con approvazione del eh; Tirabosehì, riven«> 
4icò £ra Gagtienno a Solagna, villaggio- poco di- 
stante da Bassano. 

(a) Morelli , Bibl. Mss. Farsetti , p. 16; 

(^) Tirabosobi^ SuLhu li., T. y^ P. i, pagv 1^4^ 
• »seg; 

Gamhay Opere' t» 



f8 1«A1\BAZI0N£ 



SECOLO XV. 



Nel xy secolo Bassano non fornisce uno 
scrittore, che possa veramente dirsi che sacri- 
ficasse alle grazie. Quando si ricordino Ales- 
sandro Magio, o Maggi, detto il Bassano, 
autore di una riputatissima operetta dePrae^ 
toris Officio {i), e dallo Scardeone tenuto la 
tonto di eloquente oratore e chiarissimo giure- 
consulto; Andrea Forzadura, Vir famogus et 
doctor Legum excellentissimus (a), già segre- 
tario di Gio. Galeazzo Visconti, e uomo di 
gran maneggio ne' pubblici affari, da me qui 
sopra rammentato (3), Niccolò da Bassano 
registrato 'dal Facciolati tra i professori di 
lus civile neir Università patavina (4); e Pie- 
tro Paolo da Santa Croce , medico di Belluno, 
e scrittore di un trattato de Epidemia (5), io 



(0 Fu pubblicata iu Bassano f 1807; Bemondini^ in 
6, ia. ediz. molto elegante, e colla versione a fronte 
fattane da Leonardo Siecchini. 

(a) V. Facciol., Fasti Gjrmnas, Paiau,,T» i, p. 5* 

(3) Idem pag. i5. 

(4) fasti Gjrmnas. Paiav. T. 1, pag. 44' 

(.5) TraciMUs de Epidemia Mag, Petti Pauli 
de S» CrucCf cxVù Bassani phj^sicif ?edulo dal eh. 



DB B188A1IE8I ILL»JSTRI. Isg 

credo che poco o nulla resti da aggiagaere. 
£ ìd verità, che mal sofTerente di un yaouo 
loogo ed ingrato ardirei dì registrar qui uo- 
mini di spada in luogo di uomini di lettere, 
se pure Piardo e Cristoforo da Palmerina^ 
e i Manardi, e i Novelli^ ed altri capitani 
Aostri valorosissimi, non mi si aif scoiassero 
quai paladini degni di sedere alla tavola del 
re AjIù, dietro al bizzarro gusto di un secolo 
gradassevole, che vide nascere V Orlando del 
Boiardo, ed il Morgaote del Pulci, ed in cui 
surse la futile scienza cavalleresca (i). Un 
saggio delle trascendenti prodezze bassanesi 
si paò leggere nelFoperetta il Bassano del 
veneto Lorenzo Maraccini,non solo impressa 
io Tenezia nel 1577 ^^ 4) ^^^ tradotta altresì 
in latino, e pubblicata in Olanda per ilVan- 
der Aa: Quattro Bassanesi furono bastanti a 
tener Vesercito di Massimiliano imperatore 
per ore sette con gran strage; quali non puO' 



» 
«b. Morali, incomincia : Omnipotens Dominus, eie, 
f^os erìjO speCtabiUs Beitttnenses Consiliarii^ eie. 
Iri fine ha così .* Per Peirutn Paulum a Sancta i" 
(sic) de Bassano Ciuitatis Belluni Pìiysicum editunt 
hoc opusculutn, i457, a8 Martii, et manu propria 
tcripium, 
<(4) MiffeÀfSc, Cattai. Roma, 1710; in 4i l* Si c« i^* 



!Ì0 RARRAZIORB 

tero esser mai eonquistati prima che non 
fossero tolti di mezzo da molti cavalli^ che 
passarono il fiume a guazzo; né Bastarono 
ancor questi a prendergli^ ehe^ ascesi alla 
montagna velocissimamente ^ se ne juggivanO'^ 
ma assaliti da alcuni cani corsi y tenuti nel' 
Tesercilo a questo fine^ furono dissipati e 
nwrti dalla cavalleria. Che ye ne pare, P. 
Moschiai onorando, e a me sempre carissimo.*^ 

tXGOliO xTr. 

Entro colla mia Narrazione nel secolo d*oro 
delle lettere e delle arti, in quel secolo in cui 
per tutta Italia e oratori e poeti, e pittori e 
architetti^ ed i cultori di ottime discipline 
germogliayano- come i mughetti e le giuochi- 
glie allo spuntare di primavera. 

Un nome veramente grande, e, dirò me^ 
glio^ un astro luminosissimo comparve sotto 
questo cielo in Lazzaro Bonamico, il quale 
Xion mai si vide finora oscurato da verun al- 
tro de' suoi concittadini» Come uomo da pa- 
ragonarsi ai Glassici antichi lo deHaì il Sa:- 
doleto; Tonore dello studio di Padova Io 
chiamò lo Speroni ;qual ingegno di cognizioni 
profonde neirantichità e nelferudizione fu dai 



DB* BÀSSiHSSI ILLtJSTBt» 2 t 

Tuano ricordato; e i Maàaz], e i Benibi, e 
ì Varchi^ e gli Erasmiy e gli A.ma8ei tenoero 
ioloroo a lui non dissimìl linguaggio, e fecero 
infiniia alima del suo sapere. Educato alle 
soaole de' Calfuroj, de' Leonici, de' Musnri 
ilivenDe graa maestro neUa greca e nella la- 
tina eloipienza, e viro desiderio di ^ lasciò 
in Bologna, in Firenie, in Roma, città tutte 
ohe Io accolsero con entusiasmo per quaicke 
tempo- Eletto professore nella cattedra pata- 
vina y' insegnò umane lettere in pubblicò ed 
io privato nel lungo periodo di ci nqnaat 'anni, 
con isfiraerdinario concorso di alcuni Italiani 
e d'oltremonti; i quali affermarano., cke i 
veri precetti della facondia ciceroniana, Zojf^jfO 
padre e /onte defta romana eloquenza Marco 
Tullio non li avrehhe con maggiore chiarezza 
e purità spiegati (i). Lazzaro era stretto in 
amicizia co' più grandi uomini del suo secolo; 
e illustri allievi uscirono dalla sua scuola, ba- 
standomi rammentare tra gli altri Antonio 
Agostino, Onofrio Panvino, e due gran car- 
dinali, Reginaldo Polo ed Agostino Valerio. 
Anche prima di essere onorato dalla sua Re- 



(4) Philini, Teatro éP Uomini Letterati^ Veneziai 
*649 , T. I, p«g. 144, 



'93 HiRRAZIOSI 

pabblica di largo ed insolito stipendio, è stato 
quest'uomo maraviglioso inutilmente deside- 
rato dalle straniere nazioni. Egli spirò -jaeile 
braccia degli amici , e furono ambiziosi gli alunni 
dello studio patayino di poter portare il suo 
feretro sulle loro spalle, e di lodarlo con ora- 
zioni e con carmi che tuttavia ci rimangono (i). 
Non si determinò per soverchia modestia » 
prodnr, mentre visse, opere sue, che pur erano 
attese con impazienza (2); e soltanto pochi 
versi, poche epistole, e qualche orazione si 
pubblicarono dopo la sua morte. Quantunque 
il Mazzuchelii in prima, e poi il Yerci, ab- 
bian raccolte varie notizie intorno alla vita o 



(1) Un onorevole monumento gii venne eretta 
in Padova {Pitture di Padova del Brandolese^ p. 
195) con un bmto in bronzo, opera eeoellente dt 
Danese Cattaneo, che paw6 poi neMa famiglia Ro« 
berti di Bassano dove tuttavia si conserva. 

(pi) Ne sia una prova il seguente epigramma in 
cui gli parla di sé medesimo : 
Non dcerpf non VirgiUuB sum^ Mwn tamen ipse 

Lazarusy Aonii creòer arator agri. 
Et conor cunctis sacros aperire liquores^ 

Bbibit unde olim Tulliusy unde Maro, 
Penmm alii summum tenuiste Uelieonafiranlur^ 

Mi sai erit medio sistere p99»9 iugo* 



^^^^^m^^^^^^^mmm 



agli stadj di Lazzaro (i), nienledlmeno mille 
▼olle ebbe a ripetermi il dottissimo uomo ab. 
Iacopo Morelli, che campo è questo ubertoso, 
ma non ancora ben coltivato (a); ed in effetto, 
colle sole tracce dal M azzucchelli segnate sa- 
rebbe spezialmente da esaminarsi la molta 
copia di componimenti non editi che nella 
Ambrosiana di Milano si trovano esistenti (3). 



(i) Scrittori cPItal., e Verci, ^ita di Lazzaro 
Bonamico. Venezia , 1776, in 13. 

(3) V. Morelli , Bibliot. Mss. Graeca et Lat,j 
Bassani, 1802, T. ì^ p, 463, et sue, 

(3) Debbo alla cortesia delP illustre bibliotecario 
deirAmbrosiana Carlo Amoretti, un* estesa notizia 
intomo al contenuto di questi codici. Egli mi ar- 
Terti che, oltre ai citati dal Mazzachellt, altro n^e- 
siste segnato D 3^$ e cbe Vincenzo Pinelli, col- 
tissiiDO uomo, ed ammiratore di Lazzaro , raccolse 
studiosamente tanta merce, che passò poi neirAm > 
broftiana per acquisto fattone dal card. Federico 
Borromeo. Sono sette eitsi codici, e contengono 
Lettere di proposta e risposta del Bonamico, e di 
Tarj suoi amici e personaggi distinti, come furono 
il card. Polo, il card. Farnese, Federico Fregoso, 
Aldo Manuzio, il Musuro, Carlo Stefano, Alessao* 
dro Campeggi ed altri. Inoltre vi sono versi latine 
ed anche greci, scritti per varie occasioni di amore, 
di amicizia, di morte, e per lodare amici} alcune 
Orazioni latine, e Prolusioni dette dalla cattedra 
patavina \ ed un'opera intitolata, Praeleetio in 3f. 



\ 



94 lli«BiSBI01IB 

Volesse Iddìo che il yalente ed accarato 
biografo di Vittorino da Feltre, e di Guano 
da Verona fermasse i suoi sguardi alla metà 
del cammÌDO fra quelle due città, che rivol- 
gendoli a Laxcaro da Bassaiio,bella e copiosa 
inesse ritroverebbe onde accrescer fama a se 
stesso, e recare a questa mia patria splendore. 
Una schiera di poetu2£Ì imitatori, greggia 
servile, e qualche oscuro scrittore in teologia, in 
giurisprudenza, in medicina, balzò pur fuori 
a Bassano in quest^epoca, ma io mi guarderò 
bene daU* intrattenermi intorno ai Cardellini ^ 
ai Persi Cini y ai Sale^ ai Giostrerj^ ai Tfista^ 
ai dal Cornò ^ agli Ancarani^ e a talun altro, 
di cui tuttavìa rimane o qualche sdolcinata 
poesia, o qualche commento a Galeno, o qual- 
che parafrasi di rancide leggi, o qualche stiic«> 
cbevole vita di Santi. Di poco merito è an- 
che un'orazione latina (detta dal Verci heU 



YuUium de Lege Maniìiay lavoro lungo, e termi- 
Dato il di 19 novèmbre, iSaa. Con quel buon gu- 
ato ciie dirigeva le imprese degli editori dei Saii- 
nazzariy e dei Navsgeri, possa arricchirsi la nostra - 
Italia di un libra più copioso e compito dei già- 
impressi sin ora, e darci raccolti tutt^ i migliori 
componimenti in veni ed in prosa dei nostro Laz- 
zaro da Bassano, 






Dfi^ BA8&&NE8t ILLtTSTRI. aS 

liaima) scrina dal nostro Franceso GrossaìA 
onore del cardinale Vallerò; é quasi dimen- 
ticate sono oggidì le Eleganze de* Commen^ 
ttaj di Cesare^ che, ad inntasione di Aldo 
Hanozio il giovane , mandò it Grossa alle 
stampe- (i). Marco Stecchini, poeta e maestro 
ik belle lettere^ fece qualche passo più in- 
nanzi^ « si troTÒ compensato coironore della 
propria effigie coniata in hroazo. 

Di assai maggior calibro dei suddetti fu* 
rono Giuseppe Betussiy e Francesco Negri» 
Era il Betuasi un poToro gentiluomo nostro, 
che di buon'ora Tagò per Tltalia accattando 
grana e protesion letteraria, e la troTò spe- 



,(i} L'«dizì<ine i fatta in Vesezia , per Giorgio 
jtngelieriy i588, in 8. L^orazione al card. Valiero 
h stata impressa due anni prima , cioè f^enetiiSf 
iS86, in 4* Dalla dedicazione al canonico di Pa- 
dora Camillo Borromeo ai rileva, che Tautore era 
atato maestro di grammatica ai cfaerìci di PadoTSy 
poi dì ornane e sacre Ietterò nel seminario di Vi- 
cenza, dove compose PO razione, ma non la recitò 
pcrckè gii mancò Poccasiooe di ciò fare. Aggiogné' 
chVaegni Pedizione in. Venezia, doY^era passato ad 
eaereitare Pnffieio di correttore delle stampe, e dà 
indìzi di ayere scritte annotazioni e osserraziont 
aopra Terenzio destinaCè alla stampa ; ma di qae- 
ale noft è nolo troyaiai edizione ternna. 



nG hArrìziotts 

zialmeote ia Pietro Aretino, che lo rigirar'* 
dava come figliuolo , e da Mentore Io ammo- ■ 
niva. Costai In una lettera, cospersa de* so* 
liti suoi freddi lepori, raccomandatagli un ' 
giorno, che badasse intensamente agli studi, 
si che sieno le vostre Amorose le carte ^ e le^ 
vostre Ruffiane le penne (i). Irrequieto il 
Betussi, e bisognoso di pane, viaggiò in In». 
ghilterra, in Francia, inlspagna, né mai fermò 
ano domicilio io una sola città d'Italia^ giac- 
che ora trovasi correttore di stampe presso i 
Gioliti in Venezia, ora segretario in Roma, 
ora ramingo a Torino, a Milano, a Siena, 
finché ricovrossi presso la famiglia illustre 
degli Obizzi di Padova, dove compi neiranno 
iSj3 il suo Ragionamento sopra il Catajo\ 
e in questa villa deliziosissima vedesi tuttavia 
la dipintura del suo ritratto, di mano di Ba- 
tista Zelotti (a). In mezzo ad un vag^meoto. 
così continuo non è poco ch'egli trovasse osia 
da consacrare alle lettere, ne scarso è il nu- 
mero de' volgarizzamenti, delle poesie, dell» 
opere di erudizione che di lui ci rimangono 



(I) Lettere, ▼ol. t, pag. 3ii. 

(2; Il Catajo. Padova, i5^3, in 4» ^%- ^9- 



r 



■^^ 



a tUmpa, o che si sono smarrite (1)9 e che 
gli hanno tenuto luogo ira gli uomini più iU 
lustri in sapere, secondo le fbrse troppo lar- 



(1) II più esteso catalogo fle11«^ sue 0|>ere si pu6 
leggere neirarticolo scritto tlal Verci, ed inserito 
nel Dizionario degli Uomini illustri, edizione di 
Battano. U Verci però non ebbe indìzio delPope* 
retta seguente, che tengo 80tl''ocebio : VAletslcon. 
due canzoni ed altre Rime di M, Giuseppe Be" 
tussi. PoM^ia, i553, in 8. È dedicata dalPeditore Ago- 
stino Rocchetta ad Alberto dal Carretto; e VAletsi ' 
è un** Elegia scritta in iporte del giovane Alesaaa- 
dro Garretto. Ha in 6ne altra lettera cb^era stata 
allo stesso Carretto indirizzata dallo «tampatore 
Francesco Sloscheni ciuadino di Patria. Ricorda il 
Tiraboschi CT. vii, P. ih, pag. 1147) tanche an^ 
opera assai estesa delle Genealogie^ che il Retassi 
intraprese prima di ogni altro, ma che non ha mai 
T«duto la lece $ come non la videro né i suoi XJÌ 
lÀhri degli Uomini iiluttri , né il tuo Diteortty' 
tcpra la dignità e grandezza della lingua uolgarey 
produmioni che teneva in pronto per le stampe, 
dictre a quanto si raccoglie dalle sue lettere. Re- 
oestemente si è pubblicata eon ogni lusso tipogra- 
fica noa saa Novella^ tolta dal dialogo suo amoroso 
il Raueì^ta^ per cura di GiambotìcUi Roberti, che 
volle dedicarla in pegno dì cordiale amorevolezza 
allo aerìttore di questa Narraziocie, il quale nt serba 
un eaamplare io pergamena, ornato di miniatare a 
oro di finissimo gusto. 



— .. '^ "^ 



3^ trABRinOKt 

ghe espressioni di lode dategli dal Tirabo- 
adii. 

Spenderò peche parole iatomo all'apostata 
Francesco Negri, Uomo di fervida fantasìa , 
spirito tempestoso, ma di non ordinario sa- 
pere^ o fosse accecato da un allacciamento 
incauto, secondo la yolgar tradizione^ o imbe- 
Tttto dalle dottrine dei nov-atori de' «noi tempi,, 
cornee più verisimile, egli balsò dal mona- 
stero de' Cassinensi di Padova a sostenefre le 
false dottrine di Lutero e di Zuinglio in Ale* 
magna* Stabilitosi poi nella Rezia, divenne 
precettore in Ghiavenna, e si fece stimare 
come uomo versatissimo ndle lettere, e come 
flòn Ignobil poeta^ pubblicando varie operette( i). 



<i) Si pah vederne il catalogo nell^artic. Tfegri^ 
che con prolissità, e non senza qualche inavrer- 
tenza scrisse Tabate Francesco Carrara nel Diz. 
Uom. illustri, ediz. di Batsan<K Egli sappose per 
esempio, che il Negri bassanese non fosse Pantore 
de* Buditnenii Grammaticali^ quando n^esìste nella 
Bemoodiniana Pediaione col titolo seguente : Fran» 
tiscìN/gfi Bassanensis canones GrammatieaUsf eie» 
Paàclavii, Dolphinus Londolf^ius i555, in 8. Am» 
brosio Ballista, editore delPopereUa, ci avverte y 
ch*erà stata inpressa circa dieci anni innanzi, ma 
imbrattata di errori s e in fatti ne ho trovata re* 
gtstrata un^ edizione fattane; JkUdiolanit Io* dm* 



DI BMdARBSl ILtaSTRT. 3^ 

Iis tragedia del Libero arbitrio jdweux^ com- 
posta ìa italiano, & poi recata in latino, si ha 
eziandia tradotta ìa francese, ed è tanto cara 
ai raccoglitori delle rarità bibliografiche quanto 
abborrita da chiunque ha- in ira la vile satira 
e le puerili allegorie (i). Ci ha pure lasciata 



tonius CasteUoniuSj i54i, in 8. N« il Vercì né- it 
Carrara conobbero un^ aHra piccola produzione del 
Negri^ cbc trovasi inserita nellk seguente operetta 
èeì Vergerlo, ed è una yersione dall' italianai 
Hi fioriti Francisci Spierae Civitatulani (di Citta:- 
della), qui quod susceptatn semel Et^angelicae uè* 
ritatis profissionem abnegastet damnensetque in 
horrendatn incidii desperationem. Tuòingaej 1 555, 
in 8>. Parla det nostro Negri anche il P. Don» 
Kosio de Porta uelP Ism. Ikfùrm, EceUs, Rheticar. 
Curiae Hhciorunif 1773) t'oL a in 4. 

(f) Nella Capponian», e nella Biblioteca deit^Haym 
trovasi registrata come prima Edizione di questa 
Tragedia una fattasi nelPanno i546 in 4 *^"*n 
luogo e nome di stampatore. Nella Remondiniana 
esiste akra colPanno i547 i'* ^ senz^altra nota-. 
Questa, per la differenza segnata neiranno, e nrlhi 
iòrma del Libro, mi lasciò ragionevolmente sospet- 
tare che possa essere dalla prima diversa f ma rf- 
flettendo a quanto si legge nell 1 Prefazione al Let- 
tore dell^ediz. iSSoy pag. a, cioè: Hor perchè al' 
cuno potrebbe per avventura maravigliarsi, p^r 
qual cagione io non habbi nella prima edizione 
di essa Tragedia manifistamente espresso il nat»* 



/ 



3o «ARBàElOBE 

il Negri la storia di un altro settario nostro 
bassanese Domenico Cahianca^ il spiale in 
eia di 3o anni venne condannato a morte ia 
Piacenza; e le geste di costui sì leggono re- 
gistrate nel ginevrino mar^rologio (i). A que* 
•ti nostri concittadini, che fecero tanto mal 
uso de^ loro talenti, può la patria contrapporre 
altri personaggi distinti nelle sode dottrine' e 



mio, come kojatlo poi in ifuesta seconda, dirò 
èrievtmenu la cagione di tal /aito , ecc., dovrei 
cambiar sentimento, e cunei udere che i Bibliografi, 
tutti abbiano preso abbaglio, e la prima stampa 
sia fatta nel 15^7 in 8, tanto più ohe in essa ap- 
punto il nome del Negri è segnato colle sole sue 
iniziali. Esiste pure la ristampa, i55o in 8, senxa 
luof^o e nome di stampatore, descritta dal de Bure^ 
(^Belles Li'tires, T. I. num, 353a)Gome la più eo' 
piosa e la pia ricercata, ma che dee però giudi- 
carsi men rara <felte altre due. Dietro al confronto 
de* caratteri, che ho potuto fare, inclino a credere 
che ques^ultima edizione sia stata eseguita nella 
stamperia del Làndolfi di Poschiavo , per Paboli- 
zione della quale il papa Pio IV ricorse alla Di^ta 
de"* Grigioni Tanno i56i. f^. Rodo de Porta Comp. 
Storia della Mezia, Si fé fide in Chiavenna, 1787, 
in 8, pag. ccLZjrztx. 

(i) Uìh. Des Martyrs persccut. , etc, Oénhvc , 
Aubert^ i^>9i f*^l> I^i^* i^t ^^^' ^oi sub. an. \C)Cìo 
Art^ Dominique ile la Maiion Mlanchu, Uvurticoit 
Je Bussano. 



W Bà88Ay&SI ìhLVSTBil. 3t 

tiella pietà; e tra questi è da ricordarsi ooli 
onore Gio. Agostino Diedoyàsiio il Bassanino^ 
che abbracciò f istituto Agostiniano, e ne dt« 
Tenne yicario generale Tanno i553 in Bolo- 
gna. Lasciò pubblicata qualche piccola sua 
jHTodnzìone , ed era . consa (tato come uomo 
grare e profondo nelle teologiche controver- 
sie, avendo egli dati consigli che furono ab- 
bracciati per la terminasione, ed esito felice 
del Concilio di Trento (i). Fuyyi un Am- 
brogio Frigeiio Agostiniano^ zelantissimo delta 
rdìgiooe, uomo di probità e di sapere, che 
venne promosso da papa Glemmite Yllt al 
vescovado di Sebenico, a cui però non potè 
pervenire, dalla morte impedito (a). Antonio 



(i) Verci, Scrii. Bats, , e Diz. Uom. iU. tdilio 
in Bassano» 

(3) Rimane di lui aUe stampe: yita di S. NI' 
^ola di Tolentino y raccolta dagli antichi originali 
per il B. P. F. Ambrogio Frigerio di BassanOf «ce- 
Ferrara, f^itiovio Baldini, i588, in 4« con dedica 
al pontefice Sisto V. la morie del Frigerio recito 
il P. Pio Paolo Beriendi da Bergamo un^ Orazione 
imivhvnj impressa in Ferrara, Baldini, iSgS in 4 » 
il quale, parlando ivi di essa vita, non si fa scru- 
polo di esclamare: 

té Pigliatela, leggetela, meditatela. Con cbe elod- 
ie queoza, eoa che sliici eoa che divoaione Tlia egli 



$9 RARBASIOHB. 

Grandi^ eremita che soggioraava a S. Vito 
presso Bassano, raccolse in sua casa duecom- 
pagai di S. Ignacio ed il Saato medesimo, 
grillastri biografi del quale, Gio. Pietre Ma f- 
fei-y e Daoiele Bavtoli, ricordano A^ntooio con 
molto onore, dandoci Fano il carattere di 
questo rigido llarioa bassauese (i), e Taitr^ 
ima bella, raccolta di alcuni suoi memorabili 
detti (3). Uno de* primi seguaci delF istituti 
Loioliano fa Cristoforo Compostella y aatoi» 
di un'operetta della Cristiana Istituzione^ 
oke yenne approvata per l'uso- di yarie dio- 
cesi. Egli fu. caro air insigne arcivescovo di 
Milano S. Carlo Borromeo, eoa cui tenne 
corrispondenza (3). 



<( descritta! Se spirito invidioso non regg4*rà in voi, 
<* direte senza meno, che con leggiadria' ammirabile 
« abbia imitato nella moralità Gregorio^ nella. elè^ 
H ganza NazianzenOj neHa- veemenza Grtsostoroo , 
» nella gravità Basilio, nelPaltezsa Agostino, nei 
u lumi rettorici Girolamo, nei mistici Ambrogio... 
u ebe per caparra* della finezza e eccellenza del- 
w l'opera, eccola non una, ma due e tre volte già 
M stampata* e ristampata. » 

(r) f^ita D. Jgnat. Patata., Cominum, vpj, lib. in 
pagina 387. 

(a) yiia di S> Ignaaio* Roma, 1659; fol. Lib. it, 
pag. 159. 

(^) Mummtk ponu di Bastano ^ ec«. pag^ 4^ 



W BASSAlVBSr IIITTBTRT. 3Ì 

Con Alessandro Campesano chiuderò la 
storia letteraria dèi secolo decimoaesto. Lo 
cHsgìiHigO' dagli altri, non perchè debbast atere 
«l'alta opinione di hn, come di na grande 
scrittole, o di un poeta di spirito levato, ma 
perchè le belle singolarità del suo animo di- 
fetteranno ogni abo animo ben composto. Spi- 
rano ingenuità e candore tanto le sue piccole 
oiMnposiciooi piriche , quanto le lettere ch'e- 
gli scnrewar a' suoi amici ^ e nelle quali si 
onmpìaeeva a narrare,, che la natura non gli 
wea eacciaia in corpo- un^animaceiaavam e 
desiderosissima di guadagno, ma l'area for- 
cato sprezzatore deUe riochezze ed amico 
del buon- sapere (i), VoUe quasi ripetere que- 
sti sentimenti anche nella, sua lapide sepol- 
crale, che tuttaT4a leggesi nella ebiesa di S^ 
Giovanni Batista in Bàssanor alussandro 

SàKPESA-VO HVOIiO AMICO Ol SAPMB ET ni YITA 

iiTiBAT»^ £ (fri sottanBATo ; ecc. Piaceaglf con- 
darre tranquillamente i suoi giorni sulle rive 
di (pesto Brenta, e- et rimase una modesta 
pittura de' suoi passatempi in un'aurea epi- 
stola latina di quel nostro valente bassanese 



(t> Nuovo libro di Lea., Yen. . Gerardo, ■'^44) "' 
9. Lettera a Franceéca Doni, 

Gamba y Opere:- 3« 



34 HABRÀZIOICC 

Faustino Amico ^ clie per fatai ila yide com- 
pir sua giornata innanzi sera (i). Alessandro 
serbava costaatemenle fede agli amici, ed in 
pegno di questa raccolse e pubblicò alcune 
rime del Bonamico^ e poco prima di morire 
destinò a' suoi più cari le suppellettili lette- 
rarie ed* erudite che possedeva. La lettura del 
suo testamento, che abbiamo a stampa, fa. 
correre all' animo un soave piacere, ed è tale 
che potrebbe servire di archetipo adognrono- 
Kato capo di famiglia, mentre vi risplendono 
e vi si ammirano e la rìverenisa a Dio, e Te- 
mor della patria, e la giustizia versoi parenti, 
e la molta prudenza, ed un'onesta amareua 
pel distacco da* beni di quaggiù. Si rende poi 
deli/iosa <pidre£ficacia con cai egH tiene rac- 
comandato un diletto suo poderetto'.iSe io mi 
sapessi immaginar modo^ con che ohbligar 
quelU che verranno perchè tenessero ben in 
eoncio^ et ornata^ e riparata questa casa^ e 
questo orto , almeno come io ho fatto ; e che 
da eleganti padri di famiglia trattassero e 



«p 



(0 Faustitii Amici Bassaneasitf Anno aetatis 
éuae JtJir immatura morte praereptì Epistola ad 
Alexandrum Campesanum. f^tn, i564, in 4* Nella 
Robertiana si conserva un esemplare iniprejso i« 
pergamena. 




BB^ BA88A1IESI ILI^OSTRI. 35 

mitigassero con graie opere cosi il terreno^ 
come le piante di quel mio carissimo giar» 
dìnoy costeggiato dalla Brenta ^fareilo cerio 
volentieri molto \ ma voglio credere e confi-' 
darmi ^ che per non spiacernU almeno^ né 
esser ingrati ^ non disprezzeranno questo mio 
desiderio^ uè si mostreranno sconoscenti del 
henefizio che io lor fatto ho, Amo ianio quc' 
sto dilettissimo diversorio^per la piacevolezza 
del siiOy per la comodità del fiume^ per la 
sua vicinità^ e per lo prospetto e vista gra» 
tissima^ che se la fede non me^l vietasse ar- 
direi di dire aversi a veder ^ o certo udir 
spesso a diportarsi dopo mia morte di me 
qualche ombra agli odori et aWaura di quelli 
alberi f posso dir fatture delle mie mani^ e 
creature mie: quasi inter amoena piorum 
concilia foriunatorum nemorum , sedesque 
heatas (i). Dalle poche mecuorìe ia «omma 
4e) Campesano, che tuttavia ci rimangono, 
scorgiamo in lai tino spirito yeramente gea- 
tile. Penetrato della verità ed eccellenza della 
«uà religione^ egli era nemico di quella pietà 
imbecille che suol far coosìstere la soda virtù, 
in vote apparenze. Non mai desiderio diyen- 



iX) Kaova Kaccolta CaUogeriaBa, tom. kvìu e sjm. 



36 RAitnAxroffS 

detta lo colse, non mai conobbe che (osse or- 
goglio, figlio bene spesso deiridiotaggine. Era 
amico della società soltaata allora che poteva 
contribuire alla concordia de' cittadini; e te- 
neva a sé legati gli animi altrui, danda sem- 
pre in sè stesso nobile esempio di modera- 
zione e di piacevoleKza (i). Ho dipinto Ales- 
sandro Gampesano con pennello spontanea > 
mente vivace, perchè dalla vita di lui poss» 
ognmio dedurre, che le qualità del costume^ 
e del cuore sona assai più deliziose e più 
«tili di quelle dell* ingegno e della dottrina. . 

(i) Al nostro BetiiMÌ, nel suo Bagionamento sui 
Catajo (edizione iSyS, pag^. 4^) piacque inserire il 
seguente etogro del Camprsano : u Amicissimo di 
« M. Rìeiro Vittori..», fu reecrHentissimo dottor 
u di Leggi, e mio conpatriotaM. Alessandro Cam- 
u pesano, uomo stalo universale in tutte le scienze, 
« e dotato di tutte quelle buone parti, che potes- 
u sero cadere in d^gno e qualificato gentilaomo ;. 
u passato in questi di a miglior vita con comune 
u dispiacere di tutti i letterati e buoni f ed il quale 
u io piangerò sempre ^ che nel vero troppo ha per- 
u duto la patria mìa.... E dove non era egli cono- 
u scinto ? E in qua! loco si poteva di lui tenrr 
u proposito men. che onorato ? Era buono , e da 
u bene, letterato, virtuoso, cortese, affabile, \ibc- 
ci rale, ' osservator degli amici fin dopo morti f ca- 
M ritati vo, ospitale, magnani mo, conosciuto e 8ti> 
li mato da infiniti. E in somma concorrevano ia 
M lui tutte le condizioni buone. » 



GomìnciM la rassegna, ch'egli è ormai tempoi 
anche de' Dostrì migUori callorì delle bell'arti, 
meritando por Itene ia storia pittorica bassa- 
nesca una particolare commendazione. Aveano 
scritto intorno ai Bassanesi pittori- il dotto 
llidolfi, e r illustre Zanetti; e degli artisti 
ottimi^ mediocri, ed infimi si occupò anche 
soverchiamente il I>enemerfto Verci (<f)| il 
quale intorno a qualche artificio del nostror 
Iacopo nella teoria del dipingere, seguì i det- 
tami di Giambatista Volpato^ pittore nostro, 
di cui dirò per innanzi. Intorno a Iacopo 
scrìsse dappoi con venustà pittoresca rabalo 
i^iambatista Roberti (:r); e in ultimo luogo 
pronunziò inappellabil giudizio della scuola 
tutta de' Bassani il celeberrimo abate Luigi 
Lanzi (3) , che quando scriveva era mio 
ospite desideratissimo (4), essendosi qui Irat- 



(i) Notizie de^ Pittori, Scuitori ed Architetti di 
Bassano. Ven. , i755, in 8. 

(9) Lettera al caote Giovio intorno a Iacopo .da 
Poote. Nel voi. xii, fioberti. Opere. 

(3) Storia Pittorica dciritalia, T. ii, P. i. 

(4) Di tale ospitalità noa solo resta scolpita nel 
mio cuore ia dolce memoria mia, ma fie resta eziandio 
«Q pegno indelebile McUa latina ÌAcrizione lascia- 
tami in tal occasione, e resa poi da esso pubblica 
Delta sua opera : Inscriptìonum et Curminutn | 
Libri ires, Flor.^ 1807, in 4? pag. 69. 



38 HARBAnORE 

fenato per riordioare ed imprimere In atta 
classica Storia delia pittura. Se Targomento 
cadde per buona ventura in mani sì diligenti* 
e dilicate e perite, buon partito è per me H 
seguir ciecamente tali orme, imitando r fan- 
ciulli i quali scrivono suHe carte rigate, per- 
chè da se stessi non saprebbero tener diritta 
la mano. 

Sin dal decimoterxo secolo trovasi neMe 
nostre vecchie carte ricordato un- Martineìlo* 
da Bùssana pittore^ il quale, io stim.o^ che se 
per avventura gareggiò^ in abilità con quel 
miniatore che contemporaneamente figurò Io 
Statato di Bassano da me sopraccennato, do- 
vea pur essere imbrattator dì muraglie rozzo 
ed agreste, e da nominarsi soltanto- per avere 
dipinto prima di Giotto e di Gimabne ( i ): 
Varie pitture qui ci rimangono de' tempi po- 
steriori^ ma non còsi i nomi degli artisti loro. 
Nel finire del seòolo decimoquinto, e nel sus* 
seguente esercitò la pittura in Bassano la fa* 
miglia de* Nasocchìi^ che ci diede un Gta'- 
corno y un Niccolò ^ un Francesco ^ un Bontà - 
lommeOy ed un Giuseppe ^ del qual ultimo sì 



(0 Lanzi, Storia Pittorica, scuola Veneta, Tom. 
m , pag. 6. 



conservano tuttavia freschi, che Io fanno di- 
stingaere artista men che mezzano (i). 

Ma fu prÌDcipalmente nella famìglia éa 
Ponte ^ o dei Bassani^ che renne in grido la 
eccellenza dell» pittura, come direi quasi la 
fa un tempo delia medicina nella famiglia de- 
gli Aaclepiadì^ e lo fu a^ giorni nostri delle 
matematiche in quella de''Trivigianì Riccati: 
Francesco da Ponte il vecchio^ yicentino di 
nascita, ma che fermò qui il suo domicilio, 
rinsci buon seguace.de' pittori Bellini. Comin- 
ciò i suoi lavori da diligente artista, ma secco; 
se non che ne' suoi ultimi anni divenne pia 
pastoso a misura che Tarte sì andava qua • 
là rammorbidando. ioco^o da Ponte, -figliuolo 
di Francesco, ò il grande e classico nostro 
pittore. Egli 

animò sulle spiranti tele 
Non crude pompe di guerrieri assalti. 
Né logge od archi di romuleo fasto ^ 
Ma lieti casolariy umili arredi^ 



(r) Stanno nella facciata dellk casa Micheli ìq 
Piazza. NelPamio 1681 virea tuttavia in B'assano 
Iseppo Nasocchio^ il qnate ha compiutamente do' 
rata con diligente accuratezza la sedia dov'è pò* 
sta la statua di M. V. del Rosario in Dnomo. B4 
yUac^uaf iUlazione^ ecc. , pag. ig. 



4o HAikRÀ2tOIIS 

Fecchierelle^ adnei^ mandre, pastori^ 

Teocrito dell'arte (i). 
Inducalo prima dal padre, resosi -.indi ktruUo 
dagli esemplari degV insigni suoi eoetanei, e 
ibrnito di un' anima yivace, ed atta ad .espri- 
mere col pennello le bellèsase delia natura, 
clus gli erano qui familiari, si rese poi cefe- 
bre e per la magia di adorito, e per origi- 
nalità di siile ^ che niente a quel di Tiziano , 
del Tintoretto.^ e di Paolo vede in hellezzit^ 
perciò dee. egli avere egugl posto fra quelli 
per compiere Videa della scuola.veneta nella 
maggiore sublimità (»). £ra limitato di £an« 
tasia, e perciò facile a ripetere i soiggettiv ma 
ciò potdva pur attribuirsi a ocJpa della eua 
situazione, essendo verissimo.^ ohe leid^ tigli 
artefici ed agli scrittori crescono nejk grandi 
•metropoli^ e scemano ne^ piccoli luoghi (3). 



(i) Bassano, Poemetto del P, D. Giuseppe Bar^ 
bieri^ Tipografia Remondiniaiia, >-i8o5, 8. grande, |>ag. 
]5. Più bello e ricco elogio di Iacopo fece il Bar- 
bieri, neirOrazione da lui detta Dell'* Accademia delle 
Belle Arti in Venezia, ed ivi impressa, 4893, in 8. 

(2) Zanetti. Pittori Veneziani. Venezia, 1771,1» 8^ 
pag. 196. 

(3) Storia Pittorica dciritalia. T. Ji, P. i , pag, 
117 , ediz. 1795. 



WbASSARESI itCUSTRI. 4* 

Conchiude però il chiarìteimo Lanzi <;ol dire» 
che la taTola della Nascita del-Si^Borc;^ poita 
a S. Giuseppe in Bassano è il capo d'opera 
non solamente d' Iacopo. ^ ma quasi dissi dtlla 
pittura moderna in ciò che è forza di tinte 
e di <ikiaroscuro. 

La scaola di Iacopo dorò per lunga ala* 
gione, eempre però decrescendo. Tra i quat* 
tre suoi figliuoli e discepoli, Francesco e 
leandro rioscirone valorosi. Giambatista e 
Girolamo^ solea dire il padce^ ch'erano o^/im» 
copisti delle sue opere, ed il secando speiial* 
mente arrivava colle cepie ad ingannare tal^ 
volta i conoscitori di allora^ che le pedeano 
ielle ejresche: quanto piii sono in pericolo 
di prendere abbagli i presenti^che sono lon^ 
toni da quella età, e le vedono moUo bene 
armonizzate, e accreditate dal tempo (i)/ 
Francesco fece qaadri bellissimi, imitò il C(J« 
peggiare del padre, ri suo caler nelle tinte^ il 
rilievo, e la franchezza medesima, caricando 
eziandio alquanto lo stile paterno. Sarebbe 
forse pervenuto ad oscurare lo stesso Iacopo 
nelle grandi cotoposiaioi^i,8e, oppresso da fiero 
jnaUnconie, non avesse perduto la mente t 

XO Zanetti, 1. a,, p. 396. 



A 



49 niRRAEIOm! 

segno che, gittatosi di una fiDestra, disperataF^ 
mente perde la y ita in età gioTanile. Leandro , 
il terso genito*, imitò gli esempli paterni , se-^ 
gaitando tnttayia piuttosto fii prima che la 
seconda maniera di Iacopo; Con un pennello 
men fervido sceglieTa le immagini più liete^ 
e le più nobili della paterna* scnola, ed eee- 
gnivaf i anoi layorì con belP impasto, senza 
ommetlere il yigore dovuto, e- la maestria 
necessaria al carattere* di un buon professore; 
Sair spesialràente in alto grido in Italia e 
fuori peìr moltissimi ritratti che fece stupèn- 
damente-^ accostumando con quella pratica 
la fantasia alla varietà^ sicché tutto non fu 
in lui maniera di scuola^ anzi qualche cosa 
di originale neìler opere di esso molte volte si 
trova (i). Egli dipinse, tra gli altri, it cele- 
bre Prospero Alpino, onor di Marostica, che 
al suo ritomo di Egitto volea stabilire fra noi 
il suo domicilio (a), e lavorò poi moltissimo 



(i) Zanetti, 1. e, pag. 393. 

(pi) L^originale di questo ritratto,* cher vedesì in- 
cìso nelPopera sua De praesagenda uita, Sassoni f 
1774 in 4> ^CA posseduto dal celebre Morgagni colla 
tegnente iscrizione : ( in 'carattere maiuscolo ) AN*, 
A ViBGivtf parta mdlxxxvi. mens, Februarìo Lean» 
der Dttssanus Prospero Alpino medico qtuun #fti« 



^ j. 



^^r 



DB* BASBÀNBSt ULUSTRT; 4? 

per priTali e per prìncipi. Il doge Grimani Io 
ayea creato cay. di S. Marco per essere stato 
egrègiiiinente da lai dipìnto; e di quest'onore 
tanto andava borioso Leandro^ che faceasì 
pubblicamente corteggiare da' suoi scolari^ i 
quali doveano anche assistere alla sua mensa, 
e far Wl da pregustatoi'i nelle vivande; per- 
chè all^uso dei grandi Leandro sospettava 
Sempre di veleno. Il grande por tornava pic- 
colo, se i pregusta torì addentavano troppo 
avidamente i manicaretti golosi; e io questo 
caso égli menava schiamazzo. 

Tra i varj allievi de' Bassanesi registrò il 
Yerci un Iacopo Guadagnimi -un Marc An- 
tonio Dordi^ un Giulio^ ed un Luca Marti* 
nelli^ un Antonio Scaiarioj ed altrì; ma il 
migliore di ogni altro fu Iacopo Apollonio^ 
nato £ una figliuola di Iacopo, e^ secondò il 



fini ex Egyplo Bassanwn ventrit grato animo- «/^ 
figiem ita egregie calidam ob 'amiciiiam pinxit 
an. suae aetatit xxxi. Dagli atti del consiglio di 
Bassaoo, aimo iSgi. 4 S'i'S"^) ^^ vede che per dif- 
ferenza di un solo voto venne eletto in protome- 
dico GiovaDQÌ Locatelli di Feltre, in luogo del «ad- 
detto Prospero Alpino. Di simili insensate decisioni 
de^conaigli comunali questo non fu, e non. sarà mai 
il solo esempio. 



4$ llAJiRÀJBKnffi 

Lanzi, iassanesco nelV idee^e ne vesliti^nel^ 
V architettura^ e più che <iltr-o nel paese che 
tocca con vera machia. Manetta da Ponte, 
figlia di Girolamo ^nno de' quattro figliuoli di 
Iacopo, riusciva bette net dipingere prospet* 
live di architetture, e nel copiare le. opere 
dall'ayo suo. Mora di anni yo nel 1 697* Fran- 
cesco Trivellini^ che compì i suoi giorni nel- 
Tanno 1^33, può dirsi rultimo germe dì 
questa scuola* Da principio mostr<> talenti 
pittorici in qualche quadro di altare che tut- 
tavia esiste y ma riusd poi secco .e stentato^ 
diventò orbo in fresca età, e diventò orba eoa 
esso k scuola pittorica bassanesca. 

6£C0LO XVII. 

Torniamo agli studi 4etterarj, ma entrìanio 
in un seoeloyche soprattutto nelle venete cod<- 
trade segna epoche fatali al buon gusto nelle 
lettere e nelle arti italiane, quantunque poi 
«ogni nella filosofia epoche grandi e immor- 
tali. Consoliamoci ohe in questo secolo sono 
sì pochi e sì oscuri i bassaoesi scrittori, che 
si potrà scorrere la centenaria senza imbrat« 
tar molta carta. 

Il falso brillante, e gli acumi dello stile e 



©E* FA99JPWESI lltUSTBr. if5 

de' concetti non mancarono nemmeno in oue- 
slo nostra qnosì ìnTÌ8tbil angolo della terr». 
V Origine di Bassano^^ di Mano Guadagnimi 
¥ Innesto della Rosa col Giglio^ di Ottaviana 
Morgante; i ^Trionfi di S. Francesco^ di Mar- 
silio Zanchetta\ la Minerva trionfante^ di 
Marc^ Antonio Jlforcfte^a/io ; altri opuscoli con, 
intìtolanoni di arabo gusto; le Rime elePtose 
Ae Crestani^ de? Compostellay de* Ronzoni , 
ie Dolzani sono produzioni d'ingegno simili 
a' capricci de' caramogi nella pittura. Uno- 
scrittor tristanzuolo, Camillo Bevilacqua^ no- 
stro V. cancelliere pretorio, descrìsse certa 
sacra fonzioue bassanese solenneggiata ranDo* 
1681 (i)v e non. potrà se non che divertirci 
un cenno dello stravagante frutto del suo cer^ 
vello. La Reiasione in prosa,. òhe costui rìcovra 
sùtto r ombra della porpora invitta del Pode- 
stà di BasSAno, è definita qual boschereccia 
cicala^ e quale aborto di mal rappatumati 
concetti ^che vien consegnato agli annali eterni 
della stampa^ quantunque alla nerezza dei 
stemprati inchiostri stia accoppiato^ il rossore 
del volto, Pju'lando di se medesimo ci pre- 

(1) Bassano giulivo, ecc. BasMQo , Remondicii , 
16S1, in 4- 



46 NABRIZIOIIE 

viene, cV entro V eccelso Àrchiliceo delle Aii^ 
tenoree mura succhiò il latte purissimo delle 
pili squisite dottrine^ e trovò quella penna 
d'oro onde con profluvio di facondia soprad- 
distinta delineare le prerogative di Bassano, 
le quali ioleade però di lambire solamente 
fuggendo^ a somiglianza de' Cani del Nilo, 
Raccomaoda in fine sé stesso, e l^opera sua 
alTa gran hontà del Podestà^ che per ogni 
capo ha dell' infinito y e infonde ^hndorenel 
cupo delle tenebre della nativa ignoranza 
(dell'autore). 

Ma tentiamo di emendar con decoro la 
•loria de' nostri letterati bassanesì, e frughia- 
mone alcuno in qualche scienza tersato. Me- 
dico valente è stato Vittor Gardellini^ che^ al 
riferire del Verct, sentiva' molto avanti nel- 
l'arte sua, ed era consultato dagF indigeni e 
dai forestieri. Mandò alle stampe un'operetta 
De origine foetus (i), di cui né io so dare 
giudizio, né trovo che ne faccia menzione 
nemmeno il Ploucquet nella sua grsLQ Biblio- 
teca Medica f impressa a Tubinga, Per quanto 



(i) Fictntiae^ apud Haeredet Dominici Ama" 
dtif 1638, in 4* 



DE* BÀS8ANE81 ICIUSTRI. 4? 

spetta a latinità e ad erudisicme, è libro da 
tenerne buon conte. 

Jndrea Fiitorelh\ di cui ci rimafie k me» 
daglia in bronzo, è stato un dotto, aomo, al. 
quale tributò elogio anche rerudiliasimo Ti« 
rabeschi ,( i ). Dedicatosi allo stato ecclesiastico , 
passò -di buon'ora a Roma, dove potè farsi 
conoscere versatissimo nella moral teologia, e. 
peritissimo nella ecclesiastica storia. Scrisse 
una farraggine di libri suiruno e auiraltro 
argomento, ora in italiana ora in latina fa*' 
velia, e godette di tanta riputazione, .cbe tro- 
Tast tuttayia bene spesso citata la sua auto- 
rità (2); e Leone Allacci, uno de' più gran 
letterati del auo tempo, compilò il catalogo 
delle opere del Yitlorelli, si stampate^ come ri- 
maste poi manoscritte (3). Per vivere esclusi- 
vamente a sé ed a' suoi studi, egli rinunziò al 
canonicato di Padova, e non si curò nemmeno 
di accettare in Roma PofTertogli onor delia 
mitra (4). L'amor della patria facea breccia 

r 

(1) Storia Letteraria , tom. Tin. 

W ^' »tLù Artic. nel Diz. Uomini illustri, edià^ 
di Bassano. 

(3) jipes Urbanae, sive de F'ir. iUtutr, ab atu 
i65o ad an, i532. 

(4) ^. Doridi Orologio, Serie Cronot St, dei 
Canon, di Padova. Pad. i895; in 4 , p. ai 5. 



48 Kà'BKiSlOM 

neirantoio di questo* nostro ooncìttaAna^ an- 
che soggiornando nella grande cìllà^ e nel^le 
sue giunte alle* Pile de* Pontefici e cardinali 
del Ciaeeartio dà Leone XI fino ad Urbana 
FUI, cacciò dentro, direi quasi per forza ^ 
I?elogio che di %s8ano^ ave?» allora Citta Ia- 
copo Gavacio nella Prefazione al suo* Museo- 
degV illustri Anacoreti (i). 

Per non. dispiaonre agli schistinosi aecen* 
aerò anche Giambaiiita Felpato^ dal nostra 
panegirista Chivppant chian^atOTn'aore ecce/- 
lentissimo^ filosofo y matematico^ fisonomico 
e meioposcopo. Dovea pur aggiugnere ana^ 
tomUoy poiché il VcJpato faceasi grata- occcu 
pacione dello* scorticare cadayeri^ onde ap- 
prendere per priocipj la. ragione de' muscoli, 
molti suoi scritti intorno al ma^ 



(i) lacobi CmHSCci iUustHiun anacìmPiMarum 

•logia» Venet, iGiiSj in ^y cum figurÌ5,fv9i \e moì^e 
figure, delle quali va adorna questa edizione', v^ è 
anche rappresentaU una. veduta di Baisano e dei 
ricienti contorni del etnobio di s. Fortunato^ dove 
brainara Pautore di condurre i suoi giorni, se un» 
immatura morte non- lo avesse colto in Venezia 
nelPanno i6r»> in età dr soli 4^ anni. L'^opera. è 
postuma, e ne dobbimmo la gubblicazione al d«i' 
tisfiimo Pignori Aii 



Vt BifiSAHBSI ILlUSTBr. 4$ 

gisfera delle arti del dÌBegno (i), di alenili 
de* quali si servì itVerci, e se ne giorò^eziaf^ 
dio l^Algarotti, che qualche Y€Ììar ai rifestiTa 
Toloaiieri dèlie penne altrui; ma se qaal pit- 
tore €1 voglia risguardare- il Yolpato, e osser- 
var ai vogliano quell'enormi schiene e que* 
^i sconci sederi, e que' coloraoci nerastri e 
tenebrosi che ti si presentano ne' suoi quadri 
dipinti neUa chiesiuola dell'Angelo Custode, 
o al Duomo, o nella villa Rezzonico> in ve- 
rità che non si saprebbe accarezzar molto que- 
sto nostra pittore e- metopo8copo\ e conver- 
rebbe conchiudere^ che senza l'istinto della 
natura è soggetto a dif&Ita ogni sforzo della 
diligenza e della fatica* 

Al finire di questo seeolo, e al principia 
del susseguente appartiene un grande artista 
bassanese^ lo scultore Orazio Marinali^ che 
nacque l'^ono i643, e morì Taniio i7:»a(3). 



(f) Verci, Scrìtt. Bass.; e Godiolli, Bibliogr. ar- 
cbitett., ToK 3, pag. 66» 

(3) Ociraltro ìVlarinali che abbracciò lo staio 
religioso^ e noto sotto il nome di P. Gioca/tm* dn 
Bastano Min. Bif,^ morto in Padova nell'anno \'}*i9t 
parlò il eh. P. Moschini (Letter. Venez. T. i, pag^. 
%^3) accennando la singolare sua abilità nelle mi- 
Malore di Libri Corali^ che tnttaria esistono presso 
Gamba j Opere 4 



So SA RR AZIONE 

Studiò a Rama « a Venezia, e, nato grande 
per Tarte^si lasciò straacinaresforiunatamefi te 
dal gusto pazzo de'ieBipi suoi. Lavorò mol- 
tissimo e frettolosamente; e tra le tante cen- 
tinaia di sue statue, di quando in quando 
trovasene alcuna, in cui, oltre a molta imita- 
£Ìone della natura, e facilità di contorno, 
haTTi mossa felice, scarpello maestro; e dicane 
quello che vuole il dittatore Algarotti, egli 
non è raro trovarsi un^ opera del Marinali, 
meglio scolpita di alcun' altra del Sanaovino 
o del Vittoria, nomi famigerati (i). La sen- 



«^Monaci di S. Giustina di Padova. Non meritarlo 
poi dVssere affatto trascurati anche i due fratelli 
Marc* Antonio ed Agostino yanini^ ecceUenti in- 
tagliatori in legno, opera de^ quali erano le figure 
e gli ornamenti dei veneto Bucintoro, in cui stava 
«colpita le seguente memoria t M, Antonius et Au* 
guHinus de f^tminis Fratr. Bais. Op, F. ìtdci, li 
Bucintoro non è quello veduto a^ nostri giorni, ma 
quello che fu disfatto nel 1 7:20 colla soprintendenza 
•dello scultore Antonio Corradini , direttore della 
facitura dell'ultimo (V. Temanza, p. 38o-494)* ^^ 
ciò mi avverti il Braudolesej eppure a me pare 
che cosi non »a, e di aver letto co^ miei occhi la 
suddetta iscrizione in una visita fatta all'arsenale 
di Venezia quando il naviglio tuttavia sussisteva. . 
(0 La statua colossale del S. Sebastiano, posta 
nella chiesa di questo nome in Verona, quantun* 



DB* BASSANBSI ILLUSTRI. Si 

tensa non è mia^ ma di molti odierni cono- 
scitori, i quali raffinarono il loro gusto sogli 
esemplari deir immortale Canova ^ di quel 
Canova, cke quasi chiamerei cont^raneo no- 
stro^ avendo avuto i suoi natali in Possagno', 
villaggio otto miglia di qua distante^ e sulle 
orme del quale tenta ora di camminare da 
valoroso giovane Antonio Bosa, nostro bassa- 
nese scultore , domiciliato in Yenezia (i). 

que abbia forme e masculatare assai risentite, e 
possa piuttosto considerarsi la rappresentazione dfi 
un malfattore che si contorce fra i tormenti, cbt 
quella di na martire sofferente di amor divino, h 
tuttavia opera classica e studiosissima. Il torso e la 
giacitura del collo dimostrano quanto lo scultore 
studiato avesse la famosa statua del Laocoonte ÌB 
Roma, e la testa del santp ha quella nobile eaipres- 
sione di cui un gran pittore veronese, il Caroto^ 
ne offre Tesempìo nel santo medesimo da esso di- 
pinto in una tavola d'^altare che yedesi nella chiesa 
di S. Fermo. Basterà Tesarne di quest'^opera del 
Marinali per riconoscere che fion è punto esige» 
rato quanto si aiiserìsce sul merito del nostro ar* 
tista. 

(i) La bella statua rappresehtante una Flora , 
scolpita pel conte Giuseppe PeHi Remondini; quella 
rappresentante V Armonia , scolpita per Bernardo 
Silvetti di Verona} una Baccante^ che tuttavia ser- 
basi nel suo studio e monumenti marmorei in- 
nalzati in Trieste, sono opere studiatìssi me chetigli 
procaociano molta fama. 



Sa nARBAEIOKB 



SECOLO XYUI. 



Più facii seDtiere batterà sempre colai che 
imprenda a trattare di antiche memorie piut- 
tosto che dì recenti, potendo in queste essere 
di leggieri riconvenato o di sbagli anche fri- 
voli, o di qualche parzialità, o di meo che 
fino discernimento; e suole in questo caso 
menarci alto rumore onde tentar di oscurare, 
o di annientare ancora, se possibile fosse, il 
merito di quelle fatiche che sono finiUo di 
lunghe e d'ingegnose vigilie. Mi rivolgo qui 
a voi, egregio P. Moschini, e prima di per- 
correre la storia de' chiari ingegni bassanest 
del secolo xviii debbo^ dietro al mio propo- 
sito, erigermi in vostro censore per ciò che 
ad essa appartiene. Dalla Narrazione a buon 
conto che jbo sin a questo punto condotta, 
voi ben vedete, che se gli uomini celebri ren- 
dono segnalato quel secolo in cui brillarono, 
forse troppo proclive voi foste ad esaltare 
que' tempi, ne' quali non ricomparvero né un 
Lazzaro, né un Iacopo, né la onorata schiera 
de' lor seguaci. Sappiano i Bassanesi modei:pi 
buon grado alla vostra prendi lezione, ma la 
storica verità abbia luogo, e sia mio ufficio 



DB*BA89ANB8I ILLUSTBf. 53 

lamichevolmeate notare le iaesattecze che 
possotì esservi sfuggite, e la diversa opinione 
in che è tenuto presso molti qualche scrittore 
da voi rammentato. Ma siccome non mi sem- 
bra questo il luogo opportuno a schierare 
quelle osservazioni minute che tendono o ad 
Ulostrar qualche passo, o ad aggiugnere qual* 
che nome, o a ricordare qualche altro Libro^ 
così stimo più conveniente cosa d'inserir tutto 
ciò nel Catalogo de'Bassan^i Scrittori del 
secolo xviii (i); e c^mdurre intanto al fise il 
mio racconto, in cui mi piace che abbian 
luogo soltanto que' nomi, de' quali riluce ad 
un tempo la sodezza delle opere, ed il chia* 
ror della fama. Vi prevengo che io non isciolgo 
la lingua intorno agli autori viventi, qnantun« 
que io sia orgoglioso di una cittadinanza co* 
mune con un Iacopo Fittoreli^ con uuCUanhi 
batista Brocchi^ con un Giuseppe Barbieri^ 
con Tarciprete Pietro Martinari^ con un Giu'^ 
seppe Bombardini^ e con altri non pochi* 
Air impresa ardimentosa di giudicare gli uo- 
mini vivi vi siete voi accinto: ma* perdonatemi 

(i) Questo catalogo sta in calce aU^edizione della 
presente operetta fattasi in Bassano, 1807, in 8 , 
ma si ommette nel Libro presente che non vuol 
Ittochiodere lavori bibliografid* 



^ 



^ 



54 HARHAflOnE 

•e io temo che, affidandoTi troppo an^ama^- 
bile Toatra ingenuità di carattere^ non abbÌHte 
riflettnto abbastania che tanto le lodi qnanto 
le censore possono partorire odj acerbi, e che 
egli non è poi a fidarsi molto, della filosofica 
gentileiea del secolo. Torniamo dunque agli 
uomini morti, e arviciniamoci al fine. 

Scegliendo coloro che se procacciarono mag- 
gior rinomane», (piantanqne non siano i soli 
ottimi ingegni bassanesi, ed ommettendo di 
far meuxione di Boidasscure Remondini^ dot- 
tissimo yescoYO del Zante; del P. GaetanQ 
Maria TVaf^asa, oratore e storico; del P. Gio, 
Francesco Scottoni^ valente agrario; dell'ab; 
Antonio GoUni, delixioso scrittore di lettere; 
de' dottori Giovanni ed Antonio h^rher^ va- 
lenti medici; del canomco Sebastiano Pngeìto , 
poeta e grecista di molto polso, ricorderò qai 
tra gli scrittori un abate Roberti ed un Verci^ 
tra gli artisti un Volpato^ e tra i meccanici 
un Ferracina. 

E da quest'nltimo incominciando, ben si 
avvisò certamente l'abate Roberti, il qoak 
eccitò i suoi concittadini ad erigere in questa 
città un pubblico monumento di onore a quel 
fabbro nato nella snburbana villa dì Solagaa, 
che, digiano di ogni studio, e colla forjEa del 






^y^ 



De'bìSSANCST IltVSTKT. 55 

tao talento^ si appianò la strada ad imprese 

difficilissime, seppe render celebre il suo nome 

in Italia e fuori, e riuscire mi emulo dei 

gran meccanici Loriot in Francia, e Zabaglia 

in Roma. A Bartolommeo Ferracina dobbiamo 

macchine di ammirabile semplicità e di usa 

comune, invenzioni prodigiose in idraulica, 

operazioni fortunate per soggettare a costanti 

leggi fiumi e torrenti ; e la nuova costruzione 

di questo nostro deliziosissimo- ponte^ dopa 

che una subita innondazione avea strascinato 

seco il Palladiano. Sul ponte, sull' innonda** 

«ione, duUartefice, sugli ordigni inventati per 

nna spedita ricostruzione cantò Tabate Giù* 

seffpe Tommasi, paesano del Ferracina, e già 

rettore del Seminario di Feltre, una delicata 

Elegia latina, che meritò di essere recata ia 

versi sciolti italiani, in numero pari ai latini, 

da Natale Lastesio, nome di tpA fino gusto* 

che a tutti è noto (i). 



( i) Sta in fine al Verci, Elogio di Bartolommeo 
Ferracina^ Feneùa^ '777> i» S- Distratto il Ponte 
nelle ultime guerre , fii ricostruito per opera di 
Angelo Casarotto, ingegnere, ohe ottenne dai Bas^ 
saneai una grande e bella medaglia d''orO) coniata 
per opera del celebre artista Patinati in Milano*^ 
in premio e delle perfett^i jriuseita del naovo la^ 




•^rr^ 



56 «ìbràxkmb 

Di natali quasi ugtialmeate oecuri è italo 
Ì3Ì09anni Volpato, valoroso maestro "dell' iota- 
.glio in rame e onoratissimo uomo, che oess^ 
di yiyere in Roma il dà a 6 agosto nelfanna 
i8o4* Sin a ventun'anni non fece in patria 
che disegnare ornati su i panoilini, e trapun* 
tar manichetti in compagnia di sua madre» 
Deposto l'ago, e preso in 4nano lo stilo, si 
addestrÒJiella o£BcinaRemondioiana che grande 
utilità reca alle buone arti, e venne assistito 
e diretto dai consigli del celebre Bartoloasi, 
allora dalla famiglia Remondini impiegato in 
imprese dell'arte sua. Potò poi trasfisrirsi a 
Roma, quivi perfezionarsi e fare luminosa 
comparsa. Parlò di lui con molta esattesaa e 
'Con lo4e non equivoca il Giornalista Romano, 
quando ci annunziò l'amara sua perdita: ** Si 
*^ può dire che non corresse, ma volasse nella 
'^ carriera dell'incisione. 'I primi suoi saggi 
*' sorpresero i professori, -ed in brevissimo 
*' tempo occupò il primo hiogo tra grinci- 
** sori veneti, allora molti ^e valentia. Nel- 



^OTOy e delle liberali cure indefesM preitaievì dà! 
Gasarotto. Ha nel diritto, la veduta del nuovo Ponte 
col motto : Medoaco Jrenato uia publica muniiA 
MDCccxxi.' Nel rovescio : Angelo CataroUo ^onUt 
Mrchiucto Bassan^ntJM fib merita. 



f 



-- X' 



*' r incisione delle famose camere Vaticane 
** la Scuola d'Atene rìsoossQ un plauso cosà. 
*^ grande, ch'e^ 8-ayTÌde,clie non solo doyea 
*' incoraggiarsi al prosegnim^to deiropera, 
^' ma avea bisogne di aiuto per accderame 
^^ la pubblicazione*, e fu dopo ayere pubbli- 
^ cale tre stampe, che Tegregio Morghen di- 
^^ venne ti suo diletto scolnre: ed egli, che 
^* yide i suoi talenti, ^li appressa, li coltiTÒ; 
** e lontano dal concepirne invidia, si ado« 
^* però per renderli celebri e noti... Roma è 
** debitrice al Volpato della fiorita scuola di 
^ inciiMone, che ora in essa regna. Non man* 
*^ carono innansi a lui de' valenti artisti, ma 
*^ egli Goiropere interessanti che pubblicò, 
*' pose in certo modo l'arte alla moda, ed 
^ eccitò remulazione. Possedeva i maggiori 
^ pregi dell'arte sua. Facilissimo neltraspor* 
^* tare sul rame il carattere del disegno, ni- 
^* tido e lucido nel ta^o, esperto nelle pre« 
^* parasioni dell'acqua forte, intelligente nel 
** taglio di punta secca, ottenne nelle sue 
** carte forza, precisione, effetto ed energia. 
'* Avea nelle belle arti un finissimo gusto, 
*^ che non limttavasi alla sola incisione; anzi 
*' non v'era parte di esse su cui egli non ra- 
gionasse jeccellentementei e con chiarezza 



ce 



^J 



58 KÀBKlnON^ 

" l'idee sorprendenti „ (i). La celebre pif- 
trìce Angelica KaiifTinann ci diede il ritratta 
di Giovanni in età di anni 6^, che venne poi 
intagliato in rame con istraordinaria maestà 
dal genero suo Rafhiello M orghen sopraccen- 
nato. Antonio Canova fece $nclie di più. L'a- 
micizia, la gratitudine, il patrio affetto tanto 
nobilitano il cuore di quest'uomo singolare, 
quanto Tarte. è nobilitata dai suo scarpello. Tai 
sentimenti gK eccitarono il più tenero entu* 
siasmo,e li espresse in un monumento marmoreo 
eretto in onore del Volpato nostro (2) nella 
Basilica de' SS. Apostoli in Roma, là dove 
8urge il Deposito di Papa Clemente XIV, 
già per cura é per solerzia del Voljpata da 
Canova costrutta sin da quando era in età 
giovanile. Osserverò in fine, che l'esempio 
del nostro esimio intagliatore in rame servì 



CO Guataniy Memorie sidle Belle arti^ T. 11, p. da. 

(a) Qaesto monuttento rappresenta PAmieizia 
sedente in atto di mesta donzella, che dopo avev 
gittato uà serto di fiori sulla cara immagine del- 
Testinto, ne piagne Tamara perdita. Una nitidissima 
iscrizione in onore del Volpato leggesi pure sotto 
al suo busto conservato dal particolare suo- amico 
Antonio Remondini. È stata< scritta dal chiarissióio 
Lanzi, e leggesi nella sua opera, Inscriptionum et 
Cttrminum, Èib» tresj Fior. 1807 , 4> p» ^2' 



[ 



itt^BinAiiisi nivsrat. Sg 

Sopra tutto ad inoora^giare tant*altra giorentà 
di Bassano, ffk hidiiiata alle arti beUe; • 
quindi dod solo segninnio ìe sue tracce, ma 
eziandio riosciroiio ^alcke Tolta a superarlo 
nella morbidessa ddl^ incisione in rame, e nella 
correnone dd disegno un Uiigì Schiavonetti ^ 
che Tire ripotatiasimo in Londra (i), mi 
Giovanni Foia , che ottenne dìstìnzioni e 
premj (3), e mi Pietro Fontana, domiciliati 
in Boma. Pietro Sonato^ che pmne soggiorna 
in Roma, ha doti singolari in qoesl'arte, elo 
prescelse il CSanora air intaglio di qualche suo 
insigne laroro. Abilissimi sono pure Gaetano 
Zancon^eà altri gioTanibassanesi, oggidì sparsi 



(i> Vi è poi morto Panno 1810. Io ho scritto 
una breye di lui vita nella Galleria di letterati ed 
artisti illustri dette province f^eneziane. f^enezia^ 
l8a4, uoL 3 in 8, ed nn Elogio in lingaa inglese 
ai è pabblicato in Londra, unitamente a quello di ^' 

Ugone Blair, 181 3, in 4* 

< (3) NeOa solenne concorrenza a Bfilano delPaono 
1807 fu premiata la stampa rappresentante il Tempo 
che scopre la verità^ invenzione del celebre Pous' 
sin^ e riasci allóra tanto più caro il giudizio del- 
TAccademia quanto che in quelPanno niun^altra 
prodazione di belle arti ottenne premio, per le 
miture di rigore che furono adottate. 



^ 



60 VARBlZiOVE 

qua e là, e che danno saggi di particolare 
talento (i). 

Io credo che senz*avere la penna loggia-* 
drìssìnia dell' abate Giambatista Roberti noa 
ai possa lodare quest'uomo conTenientemente; 
ma credo altreù, che il pigliare la sua penna 
in mano sia cosa tanto difficile quanto peri- 
colosa. Una certa spontanea ed ingenua e 
parziale venustà di locuzione è in tutte le 
lingue propria soltanto di qualche peregrino 
ingegno, e riesce poi quasMnimitabile da chic* 
chessia. Il Roberti ha tentato ogni genere di 
scrivere il più malagevole, e vi riusci; ma 
senza far apparire soverchio studio sulla sim- 
metria, sulla scelta, sulla proprietà, sulla col- 
locazione delle parole, mi par difficile che al- 
tri possa battere la stessa strada, e andar 



(i) Interno agli artisti Bassanesi, tutti viventi 
Dell'hanno 1807, io ho pubblicato un^operetta inti- 
tolata Catalogo degli artisti Bassa/tesi diventi ^ in 
cui si descrivono alcune delle loro migliori opere^ 
esposte in patria il di 16 agosto, iSoj, per festeg' 
giare il nome delV augusto sovrano, ecc. Bussano^ 
Bemondinij 1807 in 8, mettendo in buona veduta 
il merito di non poca gioventù bassanese sparsa 
per P Europa 9 il che offre raro esempio di tanta 
copia di distinti artisti contemporanei, tutti nati 
iti una piccola città, o ae^ suoi coniorni. 



-»•-» 



fii^BissAmsi m.u8TRt. 6i 

eiente dal rimprovero di scrittore leeioeo ed 
intemperante. Ma non è solo per la singola- 
rità dello stile che quest'uom valoroso onorò 
la saa patria. I/Italia deve a lai qaasi affatto 
il risorgimento deirapologo, il disuso delle 
così dette Raccolte Nuziali^ sull'esempio dei 
SQoi poemetti la Moda e le Frag'oZe; e quello 
c)i*è più, tanti altri scritti polemici e filoso* 
£ci che onorano il cuore e la religione, e che 
81 riprodassero in ogni angolo, e si rileggono 
tuttavia. Questo letterato amabilissimo^ che 
nel bel coro delle virtù cercava la sua felt* 
cita, nel di cui volto traspirava la giovialità 
ed il candore dell' animo, era teneramente at« 
taccato alia patria, ne noi abbiamo, 1^ sua 
mercè, ad invidiare ai Bonfadio la descri« 
cione del bel Lago di Garda, poiché non 
meno di essa e bella e pittoresca e vivace è 
la descrizione di Bassano, che il Roberti ci 
ha lasciata in una sua lettera al consigliere 
Bianconi (i). 



(i) Sta nelle sae opere, tono. :iii, e fa da me »• 
prodotta nella Scelta di operette del Roberti^ /Ve- 
nezia, 1835, in 8. II commercio e lo stato recente 
dette arti in Bassano; le prodnzioni naturali di 
questi contorni ; la vaghezza di questo sito diedero 
argomento a penne oittadine di pubblicare ne* mo» 



6» ^'ÀRRAEiOKf 

Col nome di un assai beDemerito cittadino 
e, per chiamarlo colla parole del Tiraboschi , 



demi tempi gli opuscoli seguenti: Due Lettere so» 
pra Bassano. Marmano^ co* Tipi Bodoniani^ 1 793, 
in 8. La prima lettera è delParciprete Pietro Mar*' 
tinaiif autore di appbudatissinii componimenti, e dì 
recente mancato a vivi; e la seconda del conte 
Tiberio BoòerU, digatssimo nipote delTaiitore so» 
praccennato, ohe pure mancò di vita. Due Lettere 
sopra le produzioni naturali dei contorni di Bas- 
sanOf con un Poemetto. Bassanoj 1798^ in 8. La 
prima è di Antonio Gaidonif bravo architetto, e 
pubblico perito di Bassano; la seconda, col poe- 
metto, è di Giambatista Brocchi , nome illustre 
nella Storia naturale. L'*ultima leggiadra operetta 
è : Bas$anOf Poemetto in versi sciolti. Tipografia 
Bemondiniana, 1804, in 4* Autore n*è stato Giù- 
seppe Barbieri^ editore Iacopo FittoreìU» Ricordo 
in fine come onorevoli e recenti sì la Descrizione 
di Bassano, come la Storia naturale de"* monti circo» 
stanti a Bassano, che si leggono nelPopera pubbli- 
cata in tedesco dai personaggio cospicuo canonico 
Sternberg, professore di Botanica in Ratishona, 
intitolata t Btise durch Tyrol in die Oesterreichi- 
schen Provinzen Italiens im Eriihiahr \ 804. Be^ 
gensburgf 1806, in 4i con ligure. Tra queste figure 
bella è la veduta della Grotta di Oliere, terra poco 
distante da Bassano posta sulla riva diritta del fiume 
Brenta, dove sono erette grandiose cartiere, ed altri 
edifìz], e dove Alberto Parolini ridusse con beila 
industria a deliziosi passeggi siti li più alpestri e li 
più romanzeschi. 



m £l88ÀIC£dI ILLUSTRI. 63 

di un singolare ornamento di Bassano sna 
patria (i), darò finalmente termine alla mia 
Narrazione. Che cosa mai era la 8toria e ci- 
vile e letteraria di questa contrada nelle mani 
dei Lugo^ do Chiuppani^ degli Albtizziy dei 
Memmi (a)? £ vero che Giamhatista Verci 
cominciò ad entrare nel molo degli scrittori 
non «enza calcare l'esagerate e favolose altrui 
tracce.; ma innamoratosi poi dello stadio e 
doUa fatica, e postosi con indicibil paciensa 
a svolgere archivj, e diciferar rotoli i più 
polverosi di molte città d'Italia, giunse final- 
mente coUo stento ove altri giugno ool pronto 
ingegnose riuscì non inferiore ai migliori an- 
nalisti de* nostri tempi. La sua Storia degli 
EceUni^ di cui fecer uso anche i celebri com- 
pilatori dell opera Art de yerifier les dates (3]|f, 
sarà sempre un bel monumento della sua fina 
critica, e singoiar valentia delle diplomatico- 
storiche indagini frammezzo ai secoli più te- 
nebrosi. 

Feritate duce, coinite labore ^ vi ho, P. 
Moschini chiarissimo, adombrata senz'animo 



(i) Storia Letter. T. v, P. u, pag. 608. 

(3) Di tutti questi è parlato nel catalogo annesso 
alla prima edizione di questa operetta. 

C3) Edizione lii, Parigi , 178^-87, toL 5 ia ioL 
T. ui, pag. 694. 



\ 



L 



6.( HABRAtfOlfC, ecc. 

bellicoso, e senza spìrito di partito miiiiictpaE& 
la storia delle vicende politiche, della lette- 
ratura, delle arti, e di ogni bassanesecokttra 
da* prischi tempi sin a tutt* il secolo decimot- 
lavo. Null'altra mi resta fuorché porri sott'oc- 
chio il Catalogo de Bassancsi scrittari del- 
Fora passato secolo^ ma anche a qnesta ve- 
drete qui appresso che ho provvednto. Il 
professore astronomo Toaldo, in un suo curioso 
Ubretta Del Fìaggiare (i), deridendo le sma- 
nie di coloro che amano di girar p^ vesza 
V£uropa, e volendo far vedere ad nn sno 
giovanotto lezioso e snello un vera microcosmo , 
un compendio di mondo ^e^M la conduce da 
Padova a Yenezia, indi a Trevisa e a Bel- 
luno^ e per Feltro a Bassano, e gli fa osser- 
vare che ha veduto di tutto, Senara uscire 
daUo strettissimo confin di Bassana, e senza 
usurpazione delle glorie limitrofe, mi sona 
prefissa io pure di Jarvi vedere r£ tutto nei 
seguente cataloga; e sarò ben soddisfatto se 
poi potrete concludere eh* io sia riuscita ad 
offerirvi compendiosamente la vera microeofia 
bassanese (2). 

(i) Veneaia, Storti, 179I; in 8. 

(a) Si ripete, che questo Catalogo resta nelFa 
prima edizione di (questa IVarrazione fatta in Ba»^ 
saoo PauoD 1807» 



NOTIZIE 

IHIOSHO 

ALLE OPERF 

DI FEO BELCARI 

«CaniOBI FIOMRTIKO DfiL WCOLO XY. 



Camha^ Opere 



»#» »#»»»»» »»»»»*»» »#»♦»» »»»» # «» » » »*» » » » »» /»»»»»* 



Ui Feo o Maffeo (i) Belcari, noa ignobile 
Tersificatore e laudevole prosatore toscano^ 
che fiorì verso la metà del secolo xy, alcani 
cenni si trovano in yarj scrittori di bibliografia 
e di storia letteraria, e nelle annotazióni 
aggiunte al Vocabolario degli Accademici della 
Crusca (2). lo non ripeterò quelle notizie che 

(f ) Ftbo scn'sse il Poggiali nelle Serie de^ Testi 
di Liogua, ma ciò per errore corso in qualche an- 
tica stampa delle Operette di questo scrittore. 

(^ Dopo la stampa di questo mio opuscoloy fai* 
tasi' in Milano Vanno 1808, si pubblicarono it 
Leture di Feo Belcari in Firenze ^ iSaS, in 8, e 
nella Prefazione del benemerito canonico Domenico 
Moreni si sono date alcune notisie intomo alla di 
lui TÌta. Per esse sappiamo che nacque l'anno i4<0| 
che ebbe mimerosa famiglia, che copri cariche di* 
stinte nella sua patria, che morì il di 16 di agosto 
«484* e che fu pianto con una Deploratoria di 
Girolamo Benivieni in terza rima, riconsegnata dal 
Moreni alla lace dopo le dette Lettere. Riporta lo 
stesso editore anche una bella e lunga lettera scritta 
al Belcari da suora Costanza di Stefano CiroperelU 
^ Prato, monaca di s. Brigida, in occasione dcUa 
di suora Orsola di lui figttttola< 



68 noTiKiB iutorno alle operi 

di leggieri possono aversi prendendo in mano 
il Grescimbeni, il Quadrio, il Mazzuchelii, il 
Tiraboschi e tanf altri. Facendo qualche di- 
ligente indagine intorno alle sue Opere, e 
specialmente intorno alle rarissime stampe 
che ci rimangono delle medesime, ho potuto 
accorgermi delle altrui negligenze^e delle mie 
proprie, già pronunciate nelFoperetta^ Serie 
de Testi di Lingua y ecc.(Ba8s^no, i8o5,in 8); 
e Temendare spezialmente me stesso, punto 
non mi dispiace, confessando, che male ado- 
pera chi non va col calzare di piombo nel 
pubblicar notizie degli autori di vecchia data. 
Né il coprire in patria carichi luminosi, 
né Tessere sposo di leggiadra e nobil don- 
sella, né il divenir padre di assai numerosa 
famiglia distolse mai Feo Belcari da grande 
entusiasmo per le mistiche discipline. O im- 
provvisasse egli le sue Laudi Spirituali ^ o 
componesse Sacre Rappresentazioni ^ o det- 
tasse le rite del B, Giovanni Colombino e 
idi alcuni frati Gesuitico volgarizzasse il Prato 
Spirituale'^ e facesselo pure alcuna fiata alle 
•pese del baon gusto, della buona poesia, 
della buona critica, giammai non lo fece alle 
spese della lingua nostra, che mantenne ni- 
tida e pura in un secolo in cui trovasi da 



DI f EO BELCAbT. 69 

quasi tatti gli scfitlori intralciala eli forme, 
di Toci^ di dizioni affettatamente tolte dagli 
scrittori latini. 

Una sentenza, direi quasi, opposta a que- 
sta mia, diede il Crescimbeni intorno alla 
locoKÌone ed allo stile usato da Feo; ed il 
Tiraboschi, ben lungi dal parlare colla solita 
sua accuratezza intorno ai varj componimenti 
che del Belcari ci restano, passò sino ad as- 
segnargli un posto tra gli antichi poeti bur- 
leschi. Tale trascuranza in Terso uno dei 
campioni del parlar nostro per parte di scrit- 
tori classici e reverendi, mi eccita a dare qual* 
che buon conto di quelle indagini che mi 
sono proposto di fare, né meglio potrei pre- 
starmi che coirofTerìre un breve saggio delle 
scritture sue in ogni genere di poesia e di 
prosa. Chi in luogo di un saggio amasse me- 
glio di vedere raccolti ed impressi in un yo» 
lume i lavori poetici di quest'Autore, sappia 
che stanno manoscritti nella Remondiniana, 
da me possibilmente ridotti a buona lezione; 
ma sappia altresì che il troppo scarso numero 
de' leggitori di cosi rancide scritture aliena 
Fanimo dal pensare a sostener il peso di una 
edizione (i). 



(1) Al mio distacco dalia famiglia Remondini an-i 



70 KOTim IHTOBHO AtLB OPBKI 

Laudi Spirituali» 

Jje Laudi Spìritaali composte dal Belcari 
tono le priocipali poesie atte a cigoergli le 
tempie di qualche foglia di alloro. Nata la 
lingua nostra colla poesia, e questa consecra- 
tasi da principio a cantare la Divinità, oc- 
cupò il cuore e lo spirito d'ogni ordine di 
persone; e come al sorgere della pittura le 
deformi immagini colorite da un Giunta o da 
un Ghirlandaio pur dilettavano ogni occhio, 
così i primi canti aspri ed incolti, atlribuilì a 
8. Francesco d'Assisi, o al B. lacopone da 
Todi, infiaramayano ogni petto. Quasi a pari 
passo non minori progressi facevano pure le 
insanie amorose^ si sulle cetere de' poeti come 
sulle lingue degli scioperati. Il padre della 
prosa italiana dopo la Novella X della gior- 
nata Y introdusse il suo soilazsevole Dioneo 
ad accennare i primi versi di alcune canzoni 
che erano allora in grandissima voga, tutte 
però tinte di fescennino colore; poi, le Bal- 
latette, gli Strambotti, i Ritornelli, i Ganti 



darono dispersi ì miei iDaooscrìtti , e tra gli altri 
anche quello delle Rime del Belcari. 



^^m 



mmtmmmmmtom 



HI fio BIKCARI. jn 

i crebbero si, che iosasiabili i 
Fiorentiiii delle patrie lorocaiitìleae,reiicleasH 
quasi proprie anche qaelle prorenienti dì Pro- 
fensa e di Lamagoa, purché ridondassero di 
amorose laideaae. 

Crtunto il secolo in cui iinSelcari ijorl, 
Lorenso il Magnifico^ il Polisiano, il Beni* 
▼iem, il GiambttUari ed altri, accompagnando 
alla poesia una musica seduttrice ^ e cantando 
a quando a quando o le scoslnmatesse dei 
'Frati, o i Iusinghev<di incendj di un guasto 
cuore, &oeano generalmente tal breccia, choi 
^fnnponimentì loro si erano già insinuati sin 
ne' recinti sacri alla rirginità. Il nostro Bei- 
cari Tolle farsi argine al libertinaggio; e ri- 
tenendo egli le arie e le musiche delle pro- 

fime cansoni, le cooTertiTa con vena facile ed 
armoniosa in.ferForose preghiere o in pii rac- 
conti di strani prodigi. Applaudito da ogni 
animo ben nato un tale aséociameato' di pia^ 
ceyoli passatempi, mnltiplicaronsi in Firenxa 
le compagnie àe Laudèsi^ e udironsi ad un 
tratto, in luogo delle disoneste canzoni del 
Maggio^ o del BordocciOf o àeH* Insalate j o 
de^ Vecchi, quelle sacre Laudi e divote Isto- 
rie, che non mancarono poi di divulgarsi colle 
stampoi e di essere accompagnate da altre di^ 






ya voTizis tiit6Aho Ailb operi 

HIT Francesco d'Aibbo, di un Tornabnont^' 
e del Magnifico stesso, che alcuna -Toha "fa- 
ceasi cigno punssimo di buon • costume. Del 
canto delle Laudi Spiritaali, die nel quinto-: 
decimo secolo era tornato in grandissimo ere» 
dito, andò rallentando la Toga nel secolo ots- 
seguente; e il P. Serafino Rasai nel pubbli- 
care per messo de' Giunta Tanno i563 uaa 
Raccolta di esse Laudi, composte, fra gli >aL> 
tri, anche da D. Silrano^soo fratello, iagnayasì 
del grande intiepidimento cristiano di ajlora 
m cosi ferrido e pio esercisio. In ognj modo 
non ne fu giammai dbolito 4'uso; e ^est'us9 
dura tuttayia nelle contrade italiane, se bea 
ristretto per lo più a pratiche fanciullesdiet 
o a diyote occupasiom di qnidche pia briga» 

teHa. Serbasi in sino ottidi, con tenui A\»^ 
rasìoni di parole o di nasi, una <|QaiGSie 

sono scritta al primo nascere deik lingaa 

atra, e tale per esempio si è queHa d'incerto 

autore che leggesi nelle antiche raccolte, e 

dbe comincia: 

O Maria, I>iana Stella, 
• Che riluci pia che *1 Sde, 
Dir non posso con parole 
O Maria, fuanto se' bella» . 



>m M* 



aar9«s 



DI no BiLCItll, 

O Maria di Sol Testila, 
Delle Stelle coronata, 
DeMa Lana sei calsata, 
Specchio -sei di nostra vita, ecc. 

Tediamo ora alcuna delle Laudi del Belcari 
nostro, scrìtta con ^ella semplicità e natu- 
raleisa che renderà sempre cari i frutti prima» 
ticcidd nostro Parnaso. Mi ristringo a ripor- 
tarne quattro soltanto, scelte da oltre i3o dama 
raccolte, confrontate sulle più antiche ediiioni, 
e ridotte soltanto alla odierna ortografia. 

Una cansonetta, che lesesi tra .quelle a 
ballo di Lorenzo de^ Medici — Ben venga 
Moggio^ hen venga Maggio — con cui s'In* 
vitayano le donselle a darsi buon tempo alla 
frescura de' ridestiti arboscelli, e ad arren* 
dersi ai loro amanti, eccitò il nostro Feo a 
scrirere la Laude seguente, iuionata sulla 
stessa musica, la encomio del sommo nostro 
Fattore: 

Laudate Dio, laudate Dio 

Col cor lietO: e giuUo. 
Su, anime l^gìadre, 

YestiteTi di amore, 

Rendete al sommo Padre 

Lande, gbria e onore: 



i 



■ 



y4 KOmil IBfOBllO ALCI OPEBB 

Ringraziate il Signore 
Con ogni buon disio, 

Laudale Dkh 

Egli è quel sooimo bene 
Che V ha tutti creati^ 
Tratti di mortai pene > 
Con sua morte salyati: 
Al Ciel. siete chiamati 
Da Gesù dolce e pio. 

Laudate Dio^. 

Gustate e suoni e canti 
Che sono in Paradiso: 
Or^ su, gentili amanti. 
Tenete Tocchio fiso, 
Mirate il dolce viso 
Di Gesù nostro Dio, 

Laudate Dia 

Desiderate presto 

Andare con lui in Cielo ^ 
Tton yi paia molesto 
Lasciar il mortai velo; 
Fuggite con gran selo 
Ogni diletto rio. 

Laudate Dio» 

Amate ardentemente 

Sì bello e buono Spoaov . 
Cercate con la mente 



/ 



m FIO HLcin. jB 

n aao dolce riposo. 
Chi Tool esser gioioso 
Ascolti il parlar mìo, 

Laadate Dìo. 

Snll'arìa di nna canzone profana, che avea 
princìpio — O lasso me tapino e sventurato — - 
compose Feo la canzone seguente in lode di 
S. Caterina: 

Tenga ciascun diyoto ed umil core 

A laudar con ferrore 

La nuova, santa di DiO| Caterina. 
Ddi, pren^U qaesta vergin per tua stella, 

Anima mia, se vuoi Salute e pace; 

Coètei del vero Dio sposa novella 

Ripiena fa di scienza verace; 

Di tutte le virtù ornata e bella, 

D*ardente carità ella è fornace. 

Se in questa vita a ciascun peccatore 

Portava tanto amore. 

Quanto più in Cielo, ove l'amor s'afiSoal 
Di penitenzia* un santo Ilarione, 

Di carità un san Paulo ardente, 

Ad ogni gente per compassiona 

Dava aiuto e consiglio alto e fervente; 

Con molte opere pie^ e col sermone, 

E con la penna, un'aquila eccellente; 



^. 



j6 HOT»» iirroiiffo alle opebs 

La salute d'ognan sempre bramara, 
E per r Italia andava, 
D'ogni gran mal essendo medicina. 

Ls sua dottrina è sol dì Paradiso^ 
Che illumina ciascun cieco, ignorante; 
n suo conforto muta il pianto in riso. 
Ogni cor debii fa forte e costante. 
Chi per sua colpa da Cristo è dÌYÌso 
Col messo suo sarà tra Talme sante; 

> Contr'a' demoni elFè coltello e scudo, 
E mitiga il cor crudo 
Pregando sempre la bontà divina. 

Non ti maravigliar che Gesù Cristo 
Le dette a ber del sangue del costato. 
Per lo (jualy dispreziando il mondo tristo^ 
Solo*l suo cor di Dio fa infiamoiato; 
Ma contemplando Dio, ell'ebbe vislo 
Che vuol che per lai '1 prossimo sia amato , 
Però si diede a lui con tanto affetto, 
Con pena e con diletto 
A sovvenire ogni anima meschina. 

Leggi, e rileggi, tu non troverai 
Già fa mill'anni una simile santa! 
DI carità sì risplendenti rai. 
Di sapiensia, e di dottrina tanta! 
Marta e Maria insieme tu vedrai 
N^ Ne* libri suoi che or la Chiesa canta. 



■^ 



DI fio BEUSABT. ^J 

Ciascun infermo t*x>r troya salote 

Per la sua gran viriate: 

Or corri a* pie di qaest^alma Regina. 

AfiTettaosa e piena di moralità mi sembra la 
seguente Laude intonata sulla canzone — Rose^ 
gigli e viole escon dal viso, ecc. 

S' \ pensassi a' piacer del Paradiso, 

Ed agli eterni guai, « . 

' Non sare' mai dal buon Gesù diyiso. 
Deh, sgnarda con la mente, anima mia. 

Quella gloria gioconda! ^ . 

Nel ciel s'adempie ciò che si disia, 

Quivi: ogni bene abbonda ; 

Però fa che ne sia da viz]. monda. 

Accie che al tuo partire 

Tu possa gire — a queiretemo riso. V 

E poi contempla quell' immenso foco 

Deiranime dannate: 

Per un diletto falso, brieve e poco 

Son così tormentate! 

Ma quel dolor che più le fii penate 

È saper con certanza 

Senza speranza •-* star nel foco, acceso. 
Che ti varrà ricchezze, onori e stato^ 

O piacer sensuale, 

CVabbi avuto, essendo poi dannato 



\ 



jH MOTICIE IRTOIVO ALLl OPEU 

Nella pena eternale ? 

Oh immensa pascià, o sommo male! 

Al bea fare esser tordo, 

E star pur lordo — ne* peccati intriso! 
Non vedi tu, chel mondo è pien d* inganni^ 

Chi più vive, più more; 

Chi me* ti par che stia^ è pien d*afFanni: 

Ciascuno ha ano dolore. 

Se non colui, che s*è dato al Signore. 

Che di ben far non tarda, 

E sempre sguarda — ilciel col suo cor fiso. 
Destati dunque, e pensa all'altra vita: 

Pensa a quel bene eterno! 

Tu se* per far di qui presto partita, 

E non temi 1* inferno? 

Non pensi tu che in dolor sempiterno 

Tosto ti troverai, 

E viverai — essendo sempre occiso! 

Termino colla seguente Laude , eh* è una 
fervorosa preghiera a Maria Vergine: 

Dolce preghiera mia, 

Con sospir lacrimosa 

Yanne a Maria pietosa. 

Che siede in Giel 8opr*ogni gerarchia. 
Mena teco la guida 

DeU*Angiol benedetto che mi guarda) 



m VEO BILCiU. 79 

Fa che mai Ut non rida. 

Ma piangi a capo ehino^e in terra ignarda: 

D^amor fa che to atda^ 

E di* con iimii voce: 

Mandata son yeloca 

A. te, che dVgni regno ha signoria, 
fi tao aerro fedele 

Si trora al mondo in on mortdle af fanne. 

Perchè Dimeo ^smdele 

Forte lo tenta con maliaia e 'figanno: 

Se dal tao santo scanno 

Non discende conforto^ 

Presto fie vinto e morto 

Per l'aspra guerra, e per saa malattia. 
Tu W del peccatore 

Vera q^eransa, fertena e colonna, 

Perdièl sommo Signore 

T*lia fatta di Dìo madre e delGiel donna. 

Nelln tua santa gonna 

8i trota ogni salute; 

Donqne la tua TÌrtute 

Gontr'al nemico vitlorìa ci dia. 
Mesao del santo Regno, 

Che ae^ in compagnia del nostro serro^ 

Dirai che io ho sostegno 

Da chi combatte eoi Dimoa proter? o: 

Come assetato cerfo 



8o ROTIEIB im OMO ALLI OPIRI 

Ricorri .sempre al fonie, 

Che le grazie son proote . 

A chi con grande umiltà le disia (i-)^ 

Rappresentazioni Sacre» 

• 
• Una goffa maniera di dranuBalicbe oom^ 
posicioni era usata in molte nanonid* Europa 
fra le tenebre del medio eyo, e disputarono 
gli eruditi sull'orìgine delle mededme, chi 
aglltaliani^ chi a' Tedeschi ^ chi agli Spagunoli, 
chi a' Francesi, chi agi* Inglesi acoordandlo la 
precedensa dell' iniensione. Nei secoli ziti e 
XTV le città, nostre eran gremite di tali spet- 
tacoli, che si davano o a pubbliche spese, o 
per opera di ricchi particolari onde far pompa 
;di magnificenza, ed attirare la ooqipuncion 
religiosa della moltitudine. Fer.akrp di -Dio e 
di Maria, degli Angeli e de' Demoni, dei 
Beati e de' Reprobi, degli Spiriti e degli Uo- 
mini, dei Yisj e delle Yirtu si facea éCogni 
cosa un guazzabugUo ^ né ammetteyasl djvi- 
Sion' alcuna di atti o di scene, ne unità di 



ik 



(i) Una Canzone e due Sonetti del Belcari ha 
pubblicato anche il Poggiali nella t9erie' di!* TttU 
di Lingua^ ecc. Liyorno^ iSi3, roJ. 2 in B. 



V. 



BI FEO BBLCAlir. St 

«ziooe^ ne identità di luogo, né diirazione di 
tempo; dì maniera che se alcima volta &i giù* 
dicaTa che io s^ttacolo potesse riuscir troppo 
lungo in an giorno, se ne rieerbava la fine 
pel di saccessivo. 

Feo Belcari fu tr» primi che diede a tali 
farse una forma più: regolare e meglio dia- 
logizzata de' suoi predecessori, ma non seppe 
jieoHiien egli ne svestirle dì uno stile baaso e 
pedestre, né trattar gU argomenti con nobiltà 
d'immagini e con baon intreccio. Riservata 
era al Poliziano^ al Trtssino, al Bacellai, al 
Machiavelli la gloria di dar principio a mo- 
dellare sulle greche forme il teatro^ italiano;, 
al che eglino riuscirono ielicemeote^ senza 
però pevere sradicar giammai quell'amore a{ 
prodigioso^ ehe le Mere farse si conci tiavano 
anticamente, e si conciliano, dirè^^ ancora, ai 
4i nostri. Al nostro pio Belcari bastava il 
£u:8Ì largo nelle coscienze e ne'cBori delle 
genti, ed egli trattava argomenti tolti dal v^c- 
ohio e nuovo Testamento, facendolo perà 
sempre con men irragioncvolezza de' suoi coe- 
tanei. Costoro nelle piazze, ne' teatri, ne' pul- 
piti ti figuravano allora o una Maria Madda- 
lena che dopo morte continuava ni allattar^ 
per mesi ed anni il suo bimbo^ ouoa Doro- 

Gamba^ Opere 6 



S^ ROTIZII niTOBHO ÀLLS OPERI 

tea che volava ìd Paradiso per cogiier ghir* 
laode di fiori freschi^ e tornava poi in terra 
a fame dono al carnefice che le avea mo»o 
il capo; o un* Eufrosina che menava Tapril 
de' suoi giorni fra una popolazione di frati, 
oade soffrir tentazioni e rimanersi incontami- 
nata. Le farse di S. Barbara, di S. Orsola, 
di S. Pomitilla^ di S. Daria, di S. Agnese, 
e mille e mille altre, sono tutte di lega tale 
da dar materia di nuova predica à quel ne- 
quitoso frate Cipolla, che volea persuadere 
ai Certaldesi la legalità delle sante reliquia 
di una peana dell* Agnolo Gabriello, o dì u» 
dito dello Spirito Santo, o d*uaa delle coste 
del Ferbum Caro (Bocc.,Giorn. vi, nov. x). 
Tali iperboli, tali goffaggini non si racchiu* 
dono nello Rappresentazioni di Àbramo e di 
hocco ^ di S. Giambatista nel Deserto , e del- 
Y Atinunziazione di Nostra Donna ^ scritte da 
Feo; ed esse piacquero tanto da trovarsi la 
prima sin quasi a* nostri di ristampata per 
intrattenimento del volgo, di quel volgo che 
cogli occhi nostri veggenti scorgiamo trascu- 
rare le insigni produzioni di Metastasio, di 
Goldoni, di Alfieri^^ per correre senza ritegoa 
alla rappresentazione di Margherita da Cor- 
Iona, o a quelle pie farse choin alcuni detonai' 



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DI FEO BELCAm. S3 

iati tempi si rÌDnoTano per ie strade per dare 
apparente sfogo ai rammarìch] delle anime 
penitenti. Io non recherò qui esempi del dram- 
malico ingegno dei Bélcari nostro per sol» 
amore di brevità; ma tornerò a parlarne nel 
dare il catalogo d^lle più corrette stampe che 
ne furono fatte, e che si vogliono scelte da chi 
tien conto de* bei modelli di nostra lìngua (i). 

Prose. 

Bei modelli di nostra lingua sono partico- 
larmente le purgatissime Prose di Feo Bei- 
cari, e queste furono in modo speciale disa- 
minate e adoprate dagli Accademici della 
Crusca. Purità di vocaboli, belle legature dì 
voci, leggiadrìa, semplicità proporzionata sem- 
pre alla materia, niun nso di parole antiquate, 
ninna strana confusion di sintassi. Feo è nella 
lingua quella fresca forosetta che ti talenta 
seusa il prestigio di affatturate bellesse, • 
t«into più egli riesce mirabile, qnantochè ai 



(t) Qaeato Catalogno trovasi nelP edisione fiitia 
a Milano Panno i8ia della mia Seri* de'* Testi ^ 
Lingua^ ecc. , e qui si amBscttc siccome Urora hu 
Miografiae. 



84 NOTIZIE IlSTORIfO ALLE OPERE 

suoi tempi era quasi cessato l'uso di scrivere 
in italiano dagli uomini letterali, oppure seri- 
veyan essi con barbaro stile, come ne può 
fare sperimento chi voglia leggere le Orazioni 
di Roberto da Lecce, di Bernardino d;i Siena, 
di Alberto da Santeano, di Frale Savonarola, 
Demosteni del loro secolo. Si faccia ecceeione 
di alcune prose da quest'ultimo scritte soltanto 
dopo aver egli fatto luogo soggiorno in Fi- 
renze. 

Nel Prato Spirituale da Feo Belcarì vol- 
garizzato non può trovar il lettore tante pre- 
rogative, perchè tutte V edizioni ci porgono 
per mala sorte Un t»^sto alterato e corrotto; 
ma di miglior fortuna p<>tè godere la Yita dei 
B, Giovanni Colombino, detta da Antonio 
Cesari un tesoro di graxie e di eleganze to- 
scane; e da questa sola mi piace trarre qual- 
che breve esempio, opportuno ad invogliar 
jdla lettura di tutta Topera chiunque non 
tenga a vile tali fonti preziosi onde attigner 
i più acconci esempj della materna eloquenza. 
Si ricordi chi legge, che in autori di questa 
fatta sono da valutarsi le parole assai meglio 
che ie cose; e quelle baie, che non istar^>bei^o 
oggidì a martello in mezzo alla soda dottrina 
• al comum Ijuon senso, voglionsi perdonare 



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'^'^^•^immmmmt^i^i^^m^^ 



DI no BELCART. 85 

I* semplici nostri padri, riversando di 'esse la 
colpa sulla stagione in cai vissero, piuttosto 
che sulFattitudine de' loro ingegni: né io sarò 
certamente mai sulfavviso dei Cesari sullo- 
dato, il quale raccomanda di così scipite leg* 
gende, conciossiachè le persone spirituali ci 
trovano dottrine ed esempj di virtù eccellen- 
tissime. Ora^ consideralo il nostro Belcarì 
come narratore soltanto di purgata favella^ 
udiamo qualche breve tratto, tolto dalla Vita 
di Giovanni Colombino e di Francesco dei 
Vincenti, Gesuati, quale leggesi al cap. vi. 
Segnerò in carattere diverso alcune voci che 
trovansr citate nel Vocabolario: • 

'* I forti cavalieri di Cristo, fatti novelli 
^ sposi della altissima povertà, incominciarono 
'* allegramente a mendicare addimandando il 
^* pane e'I vino per Tamore di Dio. E in 
*' questo modo posti in un'altezza di mente, 
*^ calcando il mondo sotto i loro piedi^ tutte 
** le coso terrene stimavano come fango, 'e 
'* iattodi crescevano in desiderio di patire e 
sostenere pene per amore di Cristo: la fame, 
la sete, il freddo, le nudità, molti disagi, 
gli obbrobri e le vergogne, tutti gli scherni 
del mondo, per amore di Cristo aveano 
per piacere e sollazzo. Bene era certo mi- 



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S6 KOTini IHTOBHO iLtl OVERl 

*' rabil cosa, yedere uomioi TenerabUi^ e se- 
'^ condo il mondo prudenti e circospetti, ora 
'^ fatti stolti per direntar sayi. Onde Tuomo 
^' di Dio Giovanni , innanzi che sì facesse 
'^ poTero^ andava onorevolmente vestito di 
panni tinti in grana, molto fini; ed il verno 
portava, sotto le cìoppe, fodere di finissime 
*' pelli, col cappuccio alle gote, e co' guanti 
foderati, e alcuna volta due paja di calze 
Tuna sopra le altre, co* calcetti e colle pia- 
nelle: mangiava al fuoco, usando cibi gen* 
^^ tili e dìlicatamente apparecchiati: e con 
^' tutto questo pativa pene di stomaco, male 
*' di fianco, dolore di testa ed altre infermi- 
'* tadi. Ora, riscaldato dal divino fuoco, la- 
*^ sciando ogni morbidezza e cura di carne, 
^' andava iscalzo, niente in capo portando; 
*^ vestiva una gonnella stretta, e un mantello 
^^ corto di panno grosso bigello^ ed eziandio 
rappezzati; pigliava cibi grossi rusticamente 
acconci; e nientedimeno d^ogni infermità 
era guarito, e dagli usati dolori liberato. 
Imperocchò Famore, il quale ardeva nel 
suo petto, era tanto infuocato, che per ia 
fino al corpo di fuori, per natura freddo, 
si distendeva; onde ancora quelli pochi 
panni che portayai teneva isbottonati al 



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DI fio BIICABI. Èy 

*' petto. Le quali latte cose uu.8ao amico 
*i considerando, lo domandò una yolta^ di- 
^* cendo: Of non hai freddo, -Oioyamii? at 
*' qaale rispose: Porgimi la mano taa: e pi- 
'^ gliandogli la mano, se fa messe in seno, e 
*^ disse: Farti eh* io abbia freddo ? rispose 
*^ Tamico dicendo: Non certamente; anzi sei 
'^ sì caldo che non ci posso la mano patire. „ 

Con eguale difficilissima semplicità e na- 
turalezza è scritta T intera Operetta, da cui 
ricopierò ancora il racconto di un portento 
analogo a quello de* moderni incombustibili, 
che legge^i al capo xxiv. 

*' Non è in alcun modo da tacere uno stu- 
^^ pendo miracolo, che il nostro Signore Gesti 
** Cristo fece per manifestare la santa dot- 
** trina e yita del suo ferventissimo serro 
'^ Giovanni. E questo è, che essendo una volta 
'* il Beato Giovanni con alquanti de' suoi 
'^ poveri compagni intomo a uno gran fuoco, 
*^ e {tarlando altamente della edificazione del- 
** Vanime, uno de' suoi fratelli ^ tentato dal 
'* demonio^ contraddicendo, ingiustamente gli 
'' rispose. Al quale l'uomo di Dio Giovanni 
'* comandò per santa obbedienza^ che tacendo 
'* mettesse il capo sotto quelle legne accese, 
«< che erana ivi sopra gli alari, il quale, pen- 



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88 nOTlZU INTOMIO ALLE OPEllV 

*Mito deUe sue presuntuose parole, obbedeQ<{o^ 
*^ puramente al santo padre , iui«e subita-* 
^^ meala il capo làtìiio le predeltiB ardenti le» 
'^ gne, e tanto vi stette^ che àaì servo di Dio 
^' GioTanni ebbe licenza di levarsi. Io diirò 
^^ cosa mirabiUssima e vera: quello obbediente 
poverello si rizzò, e non ch'egli avesse il 
capo arso, ma pure uno minimo capello 
^^ non era abbruciato. Del quale grandissima 
^' miracolo tutt*i circonstanti stupefatti, ve* 
'^ duta la saotità del loro maestro e padre^ 
*' non ardivano pei in alcuna cosa a lui di 
^' contrapporsi. Infra i quali fu presente Tanni 
^^ di Conte da Montecchiello, di sopra no- 
minato, che sopravvisse air uomo di Dio* 
Giovanni degli anni più di quaranta; il 
quale di poi questo miracolo, e la santità^ 
*^ che egli miracolosamente ad Arezzo^, me- 
'^ diante le virtù dal B. Giovanni, ricevette, 
^^ spesse volte con gran divozione recitava. ,, 
Nella stampa di questo mio Opuscolo ^atta 
in Milano f per Cairo e Compagno , i8o8,m 8, 
segue qui il catalogo di tutte le opere a 
stampa di Feo Belcari^ Catalogo che essen- 
dosi già inserito nella seconda edizione della 
mia Serie de* Testi di Lingua, eoe , Milano^ 
iSia, voi. 2 ili i6, < inutile di replicane 






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f^ti0mi 



BI fEO BEICARf. 8^ 

adesso. In vece sua gradirà il Lettore di avere 
ffui una Lettera da Feo Belcari indirizzata 
ad un suo amico ^ o piuttosto un fervido suo 
Sermoncino contro la vanagloria , per la 
prima volta reso pubblico dal eh. canonico 
Domenico Moreni nelle Lettere di Feo Bel* 
cari, Firenze, Magheri, i8a5, ìd 8. La fa' 
condia dello scrittore va di pari passo con 
quel buon senso ^ e con quella solidità di 
dot^ina di cui mi è parsa assai povera la 
vita del B. Colombino, 

'* Avendosi ne* dì passati, dilettissimo fra- 
'^ tello, scritto la ricetta del Beato lacopone 
'* che ordinò a sanare TaEiima, ho da te ri- 
** sposta assai consolatoria, si per la tua sa- 
*^ late^ e sì per mia edificazione, perocché 
'* conoscendo tu la infermila, e la sua ca- 
** gione, hai gran |>rincipio della tua sanità* 
** Tu mi scrivi} che lo stimarti troppo più 

ch*è il vero, e gloriarti in te medesimo ^ ti 
^' pare cagione e radice della tua malattia: 

la quale cosa, dato che sia difetto molto 
^' comune, non è però meno mortifero. Ed 
<< io essendo di tale piaga percosso , come 
^ i^altro rimedio a te scrivendo, a me me- 
*^ desimo rho ricettato; così questo, che per 
^ me ho raccolto, a te lo mando; il quale. 



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90 lOTtZII imOBNO Àtltf OPIRB 

*' eome elettuario della sanità consenratiro^ 
^' arendo, quanto la soprascritta medìciniL 
*' dispone^ osseryalo, è utilissimo spesse Tolte 
^* con la bocca della mente pigliarne una 
presa. Il quale similmente dal predetto 
lacopone ho avuto, che alle superbe or«€* 
*' chiè così esclamando, dice: 

O uomos metteti a pensare ^ 
Onde ti viene il gloriare. 
*^ Qtiali sono le cagioni perchè tanto li estimi? 
quali sono i tuoi beni, pe' quali tanta li 
apprezzi? che dignitadi hai tu acquistate, 
per le quali tanto ti stimi ? che prodezze 
'^ hai tu fatte^ per le quali tanto ti reputi P 
*^^ che magnificenze hai tu usate, per le quali 
*^ ti yedi così eccellente? che gentilezze e 
*' moralitadi sona le tue^ che ti pensi essere 
^^ cosi nobile ? che scienze hai imparate, per 
*' le quali ti giudichi cosi aayìo ? che pror- 
'' Tedimento è in te ^ che così prudente ti 
*' consideri ? che ingiurie hai tu sostecaite, 
** che tentazioni a altre cose aTTerse hai tu 
^' sopportate, per le quali ti conosci così forte? 
*^ Come hai tu raffrenati gì* illeciti deaiderj 
'^ del cuore ? Come hai tu regolati i mrii 
*' appetiti de' sensi, che ti proclami così lem- 
«( peratoi^ Che amore bai portata a Dio ed 



91 lEO BBLCÀII. 91 

" al prossimo ? e che opere di pietà hai tisato, 
'^ che così caritaliyo li tieni ? Come hai os- 
** BeryaCo i comandamenti e consìgli divini^ 
'^ che tanto fedele ti pare essere? In qutU 
" estremi hai combattuto, che tanto Tirtnoio 
*^ ti contempli? Che orazioni o digiuni, che 
*^ vigilie O' discipline o penitenze sono le tue, 
'^ per le quali cosi buono ti presumi essere? 
** O superbo uomo, di ehe ti glorj ? perchè 
*' se' così .elato ? perchè così arrogante ? per- 
^\ che così tanto prosontuoso? Non sai t«^ 
^^ che quando tu avessi o tutte o parte di 
'' queste TÌrlù^ a te non si debbe la gloria 
** appropriare, ma al Fadi-e de'lumi, dal 
*' quale discendono tutte le yirtii, e tutti i 
" doni perfetti ? Non hai tu memoria, che 
*' r Apostolo dice:, che ncNi siamo sufficienti, 
'* come da noi, di pensare il bene, nonché di 
^^ operarlo? Non ti ricorda che il SignWe 
'' disse: senza me niente potete fare, cioè^ 
^* die non possiamo fare senza lui se non il 
** peccato, che è detto niente? Non ti ram- 
^^ menta ancora che dice: Quando avete fatto 
** i miracoli^ ed esercitate tutte le buone ope» 
*' razioni reputatevi servi inutili? 
. O uomo^ mettiti a pensare^ 
Onde ti viene il gloriare^ 






99 nOTIZ» IVTOBIIO AlLE OPEBl 

*^ Forse mi diresti: Io ho gloria delle cose 
*^ temporaii. A. che ti rispondo; Pensa il tuo 
'* principio, e mezeo e fine, ed esamina dili- 
*' gentemente se bai da insuperbire. Tu sai 
*' primieramente^ che 't tuo nome uomo^ è 
^^ detto da humOy cioè loto, ovvero fango, di 
^^ che il primo padre Adamo fu formato; e 
^* corpo umano vuol dire corpo fangoso, E 
*' questo ancora nella nostra generazione mas* 
^' simamente appare; però, che è U nostro 
*' fetido seme, di che siamo generati se noB 
*' loto? che è il bruttissimo e puziolente 
«^ luogo nel quale siamo concetti , se non fango? 
*( che è lo immondo sangue, di che siamo io 
*^ quella sozza carcere nodriti^ se non p^gio 
** che fango e loto? La qual cosa veramente 
^* dimostrò lob quando disse a Dio: Mi hai 
^^ fatto come loto. Considera adunque di die 
*' se* fatto e formato, e mettiti a pensare se 
*' di qui ti debba nascere vanagloria; e se dal 
^' tuo mezzo ti gloriassi e vanamente ti ti- 
*' putassi, contempla la vita tua, e comincia 
'^ dalla natività, e guarda con quanta int> 
'^ mondizia e povertà tu entri in questo amaro 
'^ mondo; e considera con quanta vikà e mi* 
*' seria tu nasci, che più di tutti gli altri 
*^ animali, e più che qualunque mort^e crea* 



CI 



DI fio belcabt. c|3 

** tara in questo 8e*po7ero e misero; peroc- 
*' che ciascaaa di quelle ha minore bisogno 
*' nel nascere di te; qaasi tutte nascono con 
^' quelle veste colle quali vivono, ed ognuna 
*' di loro più tosto si regge per se medesima, 
*' e minore fatica si dura ad allevare; ma il 
misero uomo sùbito quando è nato, piagne, 
e predice la miseria di questa valle di la- 
'* crime. E poiché sono molto manifeste le 
^ infermità e necessità dell? ignorante fanciul* 
** lesza, non è mestieri ripeterle. E se della' 
*' perfetta età ti gloriassi, ricerca parti colar- 
*^ mente, e troverai in qualunque cosacorpo- 
*^ rate qualche altro animale che ti avanza. 
*^ Perocché nel lungo vivere il cervo ti tra* 
*^ passa, nello ardire il leone, nel vedere il lupo 
cervieri; e così negli altri sensi, o corporali 
virtù, troverai molte creature eccedere Tuo- 
^' mo, ie quali non racconto per dir brieve. 
*^ E coù moltissimi animali ed infinite piante 
^ sono che hanno in sé alcuna cosa corporale 
^^ ch*éatileeprezio8a,ma il misero uomo, non 
*^ che nel suo corpo abbia cosa degna e virtuosa^ 
ma da ogni parte e per ogni luogo de* sensi 
genera e getta loto e fango, siccome cosa ia 
sé tutta fangosa e lotosa; ond^é buono rime- 
*' dio coatra la sua superbia <la Michea prò- 



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^4 VoTIZIE IIIYOBIR) ALI.B 'Oi>BRl 

^* (eìSLj che dice: La umiliazione tua è nel ' 
*^ mezzo di te. Imperocché se dentro ti con- 
*^ Sideri, conosci che non se' altro che sterco, 
^^ puzio e feccitt. Se ti levi in alto per la taa 
'^ abundante e splendida vita, pensa che qne- 
^^ sto è a tua confusione; perocché quante 
*' più cose usi pel tno supèrfluo vitto, tanto' 
*^ se* più povero « misero che gli altri ani- 
'^ mali; perocché quasi tutti stanno d'uno sole ' 
*« oibo contenti, ed il simile faresti tu quando 
^' non frissi peggiore che le altre creature. Se 
*' hai vana estimazione della tua bellesxa,' 
*' pensa quanto é facile a perderla, e quanto' 
^^ poco dura; perocché oome'l fiore nasce & 
*' moore^ e in danno comune s'usa, e così a' 
*^ molti é stata cagione della morte del corpo, 
*^ ed a moltissimi dell'anima, e ad infiniti è 
*^ risultata io loro detrimento e danno. Se 
hai vanagloria della sanità, considera eoo 
quanta difficoltà si mantiene, e quante sono 
*' le cose che te la possono torre, e con quanto 
*^ amare medicine, poiiJié é ismarrita , ai 
*^ r acquista; ed intendi che non é veruno si 
*^ robu^o e valido che non sia infermo, pe- 
'* rocche di continuo moriamo, ed allora di- 
*' ctamo essere morti quando non moriamo 
^ pin^ ed eziandio quasi tatti gli atti corporali 



et 

li 



BI Ilo BELCABr. 9$ 

" procedono da infermità. Perchè donni f se 
*' Bon perchè t^è pena il Tegghiare. E poi,' 
" perchè ti detti ? se non che non puoi dor- 
^' mire. Perchè mangi? se non perchè non 
" puoi soflPrire il disagio. E poi, perchè t*a* 
'' stieni dal cibo? Se non che t'è nociyo. B 
*' cosi i nostri naturali moTimenti si guari-' 
*^ acono pei loro contrarj. Se hai gloria dei 
^^ figliuoli, in questo tu se* pari a qualunque 
'* creatura, anzi inferiore; poiché agli altri 
" animali, quando hanno alicTatì i loro fi- 
^ glinoli, gli lasciano, e di loro e della ìotù' 
*' fatica non fanno alcuna ragione, parendo 
*' loro arer fatto quello a che erano dl)bligati. 
^* Non così Tuomo. Ayendo nutricati i figliuoli^' 
^' ha fatto a quanto era tenuto? Se ti ap- 
'* pressi ed estimi degno per la bellessa • 
'' Tirtà della tua donna se* presso che io non 
** dissi, stollOf, perocché se è bella sarà la 
'^ beliessa reputata da Dio, e quanto è pia 
'* bella, maggior signorìa e spesa hai a sop- 
'* portare; e s'ella è onesta e virtuosa, sarà 
" appropriato Tonore a lei, che è cosaragio- 
** ttOTole. Ma se è al contrario, la vergogna 
'^ sarà tua, perocché vuole cosi la legge del 
*^ mondo. Se ti estolli e levi molto per li of-' 
^' ficj o altre dignità, questo è bene allo 



L 



^6 NOTIZIE IKTOBUO Allb opers 

sciocco; perocché cosa è rofficiale ? se non 
servo e ministro della giustizia. Ma forse 
tu dirai: In qaesto è la gloria mia, che io 
sia preletto e antiposto agli altri. A -che ti 
rispondo: che per avventura potresti ia 
qualche parte dire il vero se noi fussìmo 
neUempi di Saturno; ma noi siamo nati 
nella fecce de* secoli, in modo che se eoa 
sano occhio risguarderai, troverai la mag- 
gior parte degli uomini posti nelle prela- 
zioni e magistrati aversi più da vergognare 
^ che da gloriare^ si per la loro indegnità, 
^ e SI per le cagioni e pe' mezzi co^ quali 
sono a lidi offic) stati assunti; perocché più 
con simonie e doni^ o per parentadi ed 
amicizie, o per altri illeciti modi sono a 
tali gradi esaltati; le quali cose tutte pro- 
cedono dalla loro isfrenata cupidità ed am- 
bizione. Se hai gloria delle ricchezze, m 
questo ti dovresti ben vergognare,8apendo 
che il ricco o egli è iniquo, o erede dello 
inìquo; perocché o tu non le hai guada- 
gnate; cioè, che da altri ti sono state la- 
sciate; ovvero tu hai messo il tempo più 
in questo che in altra cosa; ed etiam. rade 
volte fa roba chi non ruba, ed è segno di 
animo cupido ed avaro a congregrar tali 






m FIO MLGiClI. . gj 

^ beni. E non solamente è riprensibile tra 
^ Cristiani, ma ancora tra Pagani, peroechè 
*^ moitÌ6SfiRÌ infedeli, conosciuta la Tiitàdelle 
*' ricdieflze, Tolontariameate le hanno abban- 
'< donate e disprezxate, considerando i mali 
^' che seco recano^ che, intra gli akri, si acqui- 
^ slarono con fatica, possegousi con timore, 
^ e perdonsi con^ dolore; ed è una servitù di 

ìdoli amare le ricchexse, ed intra tutte le 

nasioni del mondo sempre d^r inteadenti 
'^ furono più estimati e più famosi quelli ohe 
^' a'heni temporali fuggirono, che quelli -che 
" gli cercarono. Sicché di nuovo esclamor 
O uomOj mentiti a pensare y 
Ondt fi viene' H gloriare. 

'* Se dalla tua fine avessi gloria, questo 
^^ sareUbe somma stoltizta, perocché Tuomo 
*' non ha tanto da umiliarsi quanta é la ter- 
** ribile morte vedendo^ e considerando con 
*^ quanti dolori ,. con quante pa »re , con quante 
*< ansietà' Tanima^ si parte dal corruttibile 
*^ oorpa. Cke cosa é pra orrenda che Tuonio 
** morto ? quale casa più sona,- ^ale- cosa 
'* più puzzolente che il- corpo fraeido ? 
^ perocché dalla carne «nascono infinti ¥er- 
*^ mini, dal oerebro veaenose botte, dalle 
^ intestina e dalle parti genitali animali 

Gamba ^ Opere ^ 






98 lOTIZIB niTORVO ALLE OPERI 

'^ bruttissimi; e così da ogni parte produce 
'' somma calamità e miseria. O misero uomo 
*^ (misero^ dico^ perocché altro vocabolo non 
t''è più confacente ), esamina il principio, 
mezzo e fine della tua bugiarda yita, e con- 
'^ sidera onde ti nasce la gloria vana; peroc- 
'' che da veruna parte non hai da gloriarli, 
se già non fussi di quella pessima brigata 
che dice David profeta, i quali si gloriano 
quando hanno fatto male, e rallegransi ef 
fanno festa nelle cose pessime. Forse, se 
di queste ti volessi insuperbire, avessi più 
ampia cagione e materia, che delFaltre, pei 
tuoi ingiusti e disonesti desiderj,per le tue 
** fraudolenti e cattive parole, e per li tuoi 
^' iniqui e scellerati fatti. Destati adunque da 
questo mortale sonno, levati dagli occhi 
della mente questa pestifera feccia di tanto 
vana e maledetta reputazione. Arrendi co- 
testo tuo durissimo collo, inchina lo intel- 
'' letto alla verità della Sacra Scrittura, e 
^^ troverai tutti i Santi quanto più sono stati 
'^ savi , quanto più scienziati, quanto più 
^' onorati, quanto pfù virtuosi, quante mi- 
** gliori cose hanno operate, e quante più 
^^ prerogative hanno avute, tanto si sono re- 
putati più vili e più obbligati a Dia che 



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DI Ito BILCÀRr. 90 

'' ^11 altri , gli esempli de' quali sono infiniti. 
'* E a te gli lascio leggere e considerare^ pe* 
** rocche la yertù della umiltà è uno lame di 
" verità, per lo quale Tuorao vede, di tutl'i 
'*' peccati e vizj ch'egli ha commessi, essere 
'^ la colpa sua, e tutti i beni che possedè, 
'^ cosi spirituali 'come corporali, essere da 
'^ fìlo; e tutti i buoni pensieri e desiderj che 
" egli ha avuti, e tutte le sante orazioni e 
** parole ch'egli ha dette, e tutte le virtuoso 
'^ e laudabili opere ch'egli ha fatte, vede e 
" conosce essere stata la divina grazia che in 
*' Ini le ha operate. Risgnarda, priegoti, con 
'^ diligenza te medesimo, e vedrai veramente 
*' che da ogni parte t'hai da vergognare, e 
*' di' con l'Apostolo: Non piaccia mai cVio 
'* nU glorjy se non nella Croce del mio *Si- 
" gnore lesù Cristo, nel ^uale è la salute, 
" vita e resurrezione nostra*, e così specchi an- 
^' doci di continuo in essa Croce, vedremo 
*' la nostra gloria essere in lei, e conosceremo 
** perfettamente la nostra viltà e miseria; e 
'^ in qaesto modo da qnesta crudelissima be- 
^* stia della superbia, ovvero vanagloria, sa- 
** remo liberati, f^ale in Domino, „ 

Data « 8, Martino a di^. 4t gi«.... i44S« 



JSf 



lOO HOTIZIB IKTORRO ALLE OPERE 

Tra le prose lasciate da Feo Belcari, so* 
spetta il diligentissimo ricercatore di sue pa- 
trie lautezze, il canoDico Moreoi, che possa 
ascri versegli aache la Fita di Filippo di Ser 
Brunellesco^ e la IS avella del Grasso Legna- 
iuolo^ da esso pubblicate in Fìreoze negli anni 
1813 e 1820: checché siasi, resta abbastanza 
a fantasticare, anche senza di esse, per quelli 
che delie scritture del Belcari, messesi a stampa 
in vecchie edizioni, voglia ofar indagine o 
far raccolta. Né a me riuscì lieve fatica il 
tesserne soltanto il minuto catalogo, fatica che 
a taluno può parere inutile, giudicando tempo 
e danaro perduto l'indagine e T acquisto di 
simil merce. 

L'anno in fatti 1807 si è stampato in Bre- 
scia un arguto libriceiuolo intitolalo: Vita di 
8, Lazzaro monaco e pittore , preceduta da 
alcune Ossetyazioni sulla Bibliomania^ Bre- 
scia y Bettoniy i8oy, in 8. Gorra a leggerlo 
dii Tuol apprendere che il delirio della Bi- 
Uiomania è una nuova peste della buona so- 
eietà, né può se aon ch'essere figlio del lusso, 
della Cri<volezza, dell' idiotaggine. L'autore vi 
sfoggia sue ragioni con più che attico sale, e 
rimprovera coloro ehe sono m^ossi a riempiere 
i magnifici loto scaffali con questi monumenti 



ì 



DI FEO BELCART. lOl 

di vana ostentazione e di niun* utilità. Egli 
raccomanda che campeggi la filosofia, e con 
essa i lami dello spirito iu chi raccoglie e 
conserva i libri preziosi; o muti vocazione 
colai che acquista libri senza saper distin- 
guere le gemme dal lango e senza voglia di 
leggere e di studiare: paragona infine te mi- 
serabili indagini del Bibliomaniaoo a quelle 
di un povero cieco che s invoglia di far rac* 
colta di pitture^ o di un sordo che voglia fìu* 
nire per uso proprio ogni genere di strumenti. 
Queste dottrine non ammetteranno replica, e 
saranno farmaco utilissimo a chi avrà bisogno 
di essere sanato da cotal morbo. Quanto a 
me, confesso che riterrò sempre T animo molto 
più disposto alla misericordia di quello che 
non lo abbia Tegregio cav. Gicognara^ nome 
caro alle Arti e alle Lettere, ed autore delle 
Osservazioni suddette. Egli è difetto ordina- 
rio degli uomini il cadere in un estremo per 
evitarne un altro; e Testremo in cui cadesi 
suol, esser maggiore di q«eUo che cercasi di 
evitare. Ammaestrato da questa verità^ mt 
piace di andar a rileute prima di sottoscri- 
vermi a qualche canone^ tanto più iperboleg- 
giato quanto che mi par evidente che in grosso 
nomo sprovveduto quasi affatto di lettere^ 



i^"^Oi 



I03 HOTinC intOANO AllC OPEAI, ICC. 

noo possa mai veoir il grìccio di- raccogliere 
suppellettili letterarie. Che se pur accadesse 
che fosse posseduto da questa smania, e che 
impiegasse il suo danaro in acquisti di libri 
per mero Fasto, io mi sentirei T animo fHTOclive 
a prestar anche a costui ogni tutela, compa- 
tendo una passione che non fa torto ad al- 
cuno, il cui risultamento può o presto o tardi 
tornare ad indicibile vantaggio delle Scienze 
e delle Lettere^ allontanando, se non altro, le 
troppo amare conseguenze che ci derivano 
dair oltramontana ingordigia, la quale non ri- 
sta dall'attentare allo spoglio delle nazionali 
nostre ricchezze. Quanto poi sia giovevole alla 
patria quel coltissimo cittadino, che, senz'a- 
spirare alla fama di grande letterato, forma 
con onesto trasporto della sua abitazione un 
tempio sacro a Minerva, egli è tema di bel* 
Telogio, e lo sarebbe per me altresì di giusta 
riconoscenza e della maggior soddisfazione del 
cuore^ da niun altro fonte, fuorché da questo, 
derivata essendo la qualunque mia educa- 
zione. 



i^W 



DISCORSO 

P£R LÀ IIT8TITUZI01II 

DELL£ PUBBLICHE SCUOLE ELEMENTAIU 

IN BASSANO. 



^fm 



Qaesto DÌMorso, che fu datPAutore recitato 
nella chiesa di S. Giuseppe di lassano nel 
giorno 19 novembre, 1809, fu consegnato allora 
alle stampe per commissione della solenne Se- 
duta Municipale tenuta in essa chiesa nel giorno 
«tesso, sotto la presidenza deUignor Leonardo 
Stecchini , podestà. 



S SSB B S j^^ys^ ^ ^^ - - '-r^ -. ^ . -. 4^ ■ ■ ^ -^^- — --^^ ."T^TTr 1,^ . 



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#»««#»**#«*«««**#*»**«**««*«*«*»»«««»»*««#*«*«« 



Jl niETiAXo della grande imporlaii£a,ben co* 
Docciata da chiunque IMncarico assama di 
cooperare alla pubblica educazione; nel ^orno 
solenne in cui yeggonsi ricreati gli animi no- 
stri par io stabilimento di quelle Scuole che 
gettar deUM>no i fondamenti della patria cui-* 
tara, animato di quel zelo, di cui si accese 
per Oggetto sì salutare il nostro Gonsiglio 
Comunale; assistito adesso dalia presenza ono- 
revole di Toi benemerito sig. Viceprefetto, 
di Toi sapientissimo signor Presidente, di toì 
signor Podestà egregio, di voi reverendissimo 
signor Arciprete, di voi Magistrati omatissimi, 
e Savi gentilissimi, i quali tutti mi fatenobil 
corona insieme ai dotti precettori che ibriìian 
la base delle nostre speranze, ai Genitori dei 
nuovi alunni, ed a voi stessi. Giovanetti ca* 
rissimi, che colla graia e festosa vcdtra pre« 
senza mi eccitate e mi commovete, non sa^» 
prei noii' rallegrarmi meco medesimo dellV 
fiore impartitomi di poter isciogli^e in mezzo 



m,^x 'j-mmm^mi , >• i . ■■ «^n 



•w^MWM»«iH^^^aiV^«Mw«^M««««>W«««nM«»49QBdMÌl| 



I06 DISCORSO PBR LA IHSTITUZlOllB 

a Toi tutti la ?oce mia; voce pusilla, ma fian- 
cheggiata dal tema impostomi, dal mio cuore 
dell'uaiversal bene compreso, e dalla sperienza 
per me cimentata ne* preziosi titoli di padre 
di famìglia^ e di concittadino attaccato alla 
nostra cara patria comune. 

Non sarà mio scopo, deireducazione par^ 
landò, il prender le mosse dai Plutarchi, dai 
Quintiliani, né dai Sadoleti' o dai Murati , e 
Tordire un' Orazione che potrebbe di leggieri 
spiccare per Tecceìlenza - del suo argomento, 
purché coir industria delfape si volesse da 
quegli scrittor sommi, e da tanti altri illustri 
^ moderai, suggere il miglior fiore e tramandarlo 
a diii ascolta. No, miei signori, io non mi pro- 
pongo dì estender molto il mio volo. Persuaso 
che il rivolgermi ai precettori, ai genitori, ai 
figliuoletti, e r indicar qualche beireserapio, 
9 Taggiugnere qualche esortazione adattata 
alla circostanza nòstra d'oggidì sia il dare na 
pegno di zelo per parte mia, e sia. il comin- 
ciare con buoni auspicj il nuovo anno scola- 
stico: a questi esempli, a queste esortazioni 
intendo di limitare il mio dire, ed a queste 
m prego di voler dare benigno, ascolto. Da- 
telo voi, Precettori distinti, che non vi può 
•spere mal grado il sentirvi ripetere quegli 



DELLE PUBBLICHE SCVOLl. lOJ 

tpotegmi, i quali formano i cardini della yo* 
atra condotta; datelo yoi, Genitori amorosi, 
che conoscerete forse di avere il miglior bi- 
sogno d*e88er illuminati e diretti ; datelo yoi , 
GioTanetti miei cari, che alla vostra capacità 
io saprò bene adattare le mie parole, e lo 
farò in modo che possano ne* teneri yosti*i 
petti restare scolpite. 

Ristrignendosi le nostre Scuole ai primi 
Elementi del sapere, sì in riguardo alle 8ciens« 
come alle buone arti, non si creda per questo 
ch'esse non sien capaci di tutto que 11* interesse 
con cui sogliono risguardarsi le scuole riser- 
vate ai Ginnas), ai Licei, alle Università. Voi 
sapete bene, o signori, che il primo latte si 
beve nelle Scuole Elementari; e quindi gitta 
in esse le' sue radici la Religione augusta, le 
gitta la soda Morale, le gitta ogni più bella 
costumanza della persona, le gitta la lindura 
deir ingegno nostro, il destino delle nostre 
fortune, il costante nostro amore al giasto ed 
al retto. E così essendo, com*è certamente, 
voi ben conoscete, che abbietto e spregevole 
sarebbe quel precettore, il quale assumesse 
l'incarico della pubblica Educazione o senza 
i dovuti corredi a ben sostenerla, o sena* a) tra 
mira fuordiè quella del suo privato interesse, 



to8 DI8«OIt90 PEA ^k mSTITUZIOVB 

o seDK'ttfTetto alle massime che deve instìl- 
lare nell'animo de* fanciulli. 

Ma non basta mica che il precettore sap- 
pia riconoscere tutta Testensione de' suoi do- 
teri, s'egli non sa eziandio condirli di altre 
doti eminenti. Sono, o precettori, vostri at- 
tributi la gravita del sembiante^ la maturità 
del costume, la serietà del discorso, la sodezza 
dei lumi; ma se non vi accendete di carità, 
te noa vi dedicate all' intera conoscenza del 
cuore umano, se non esprimete con limpi- 
dezza i vostri sensi, se non avete quel brio 
spontaneo, che renda, direi coéì, le vostfa 
azioni giulive e ridenti, le altre vostre prero- 
gative o si diminuiscono molto, o si smarri- 
scono affatto. Noi lo proviamo nelle private 
Bostre adunanze. Se tu vedi nel lato di una 
stanza starsi dispettoso e accigliato un ipo* 
eondriaco^ tu lo risguardì tosto, solea dire il 
Lemene, come il tempo nero ohe si alza, 
fa ritirare a casa ciascuno. Mantenete duo* 

« 

que, o moderatori della gioventù^ i voein 
volti atteggiati alla ilarità, ciie potete adesso 
farlo tanto più francamente*, quanto ^e tra 
luiivo e l'alloro vedete finalmente riaprirsi e 
consdidarsi le nostre Scuole. 

fidl'esempio^ o signori, e bell'idea^ di oit 



1IEI.LE PUBBLICHE SCUOLE. IO9 

ottimo precettore mi si preseota ora alla ri- 
membranza onde proponrelo; e lo fo purlaa* 
dofi di nn sommo uomo di queste nostre 
contrade, che in secoli non ancor dirozzati 
seppe colla sola forza dal suo ingegno, col* 
Tesempio delle sue virtù, colF infaticabilità 
del suo zelo diffondere per tutta Italia i frutti 
di un eccellente educazione, che riuscì alla 
religione^ al costume, alla dottrina, al buon 
gusto di vantaggio indicibile. Vittorino da 
Feltre fa questo incomparabile uomo che nel 
principio del xv secolo apparve in Padova 
pubblico precettore. Dominato da maraviglioso 
ardore del bene altrui, e ricco di ogni sapere 
che ai procacciò con grandissimi stenti, apri 
da principio una acuoia, a cui concorrevano 
e ricchi e poverine senz'altra distinzione fuor* 
che qudila, che i ricchi dovessero una eerta 
somma adattata alle fortune loro contribuire 
pel mantenimento dei poveri. Salito presto in 
grandissima rinomanza, fu invitato dal pru* 
dantiasimo principe Giovanni Francesco Gon* 
laga alla inslituzione de^ suoi figliuoli, e dopo 
dilicali contrasti e veniloMe passò il nostro 
Feltrense in Mantotva: questa divenne il tea- 
tro della sua gloria, e a tanto rìuscì il Liceo 
Yiltoriniaao che potrebbe anche oggidì aw- 



iTf) DISCORSO PEK ti IVSTITVXIOKB 

Tir a noi di model lo-, qtiaatanque noi ci tro- 
riamo oggidì inondati da tanto moltiplici si- 
stemi di tsducaeione. Scolari^ e maestri con- 
eorrevano a Mantova da ogni città d'Italia e 
di Europa, e si veddero allora ben sistemate 
• dirette per la prima volta le scuole di Gram- 
matìca, di Logica, di Metafisica^ di Aritme- 
tica, di Pittura, di Musica^ di Ballo, di Ca- 
vallerizza, poste tutte sotto la direzione di 
Yiltorino. Ma seguitiamolo nelle cure parti- 
colari, ckegli prendéasi per la età più fan- 
ciullesca, e cosi adotteremo il suo esempio al 
nostro bisogno. 

Studiava egli scrupolosamente l'indole dei 
suoi giovanetti, e se alcun ne scopriva teste- 
reccio o vizioso, consigliava tosto ì genitori 
di lui a procurargli altro tenore di vita.Met- 
tea ogni suo studic» nel regolare il loro corpo, 
il loro ingegno, il loro cuore. Quindi abbor- 
riva la mollezza, ed era attento cbe non man- 
cassero que' giuochi e que* passatempi che 
sono più atti a rinvigorire le membra. Badava 
di buon'ora, che la esterna 'decenza, il tratto 
« la disposizione della persona si coltivassero 
quanto rànimo. L' ingegno era ad esatte di- 
scipline soggetto sin dagli anni più verdi, e 
tiaiiU era la sua attenzione, che riasciane {K 



^ 



BELIE PUBBLICHE 8Ct70LC. HI 

tlunni ad innamorarsi dello studio e a ri- 
sguardarlo come un premio accordato ai )or« 
meriti, come un distintivo che li 8olleTa?a dal 
Tolgo degli altri compagni. Coltivava molto 
negli animi giovanili lo spirito di ambinone • 
di emulazione, e piaceagli di trovarli vaghi 
e curiosi^ calcolando la curiosità come quella 
che fa in noi maggior forza per moverci alle 
rie del sapere. Yolea pure il nostro Vittorino 
che di tenessero i fanciulli esercitati frequen- 
temente nella lettura ad alta voce, onde cor- 
reggere o i difetti della pronuncia, o la uni- 
fermila o la soverchia aspressa della voce; ed 
in fatti anche il saper leggere bene è lodevole 
pregio, è non troppo comune nemmeno fra 
gli eruditi. La sanità del corpo, la cultura 
deirìogeguo sarebbero stati troppo angusti 
confini al sistema di educazione di Vittorino, 
se non avesse posto principalmente ogni stu- 
dio nel formare il cuore de' suoi giovanetti. 
Per quest'importante oggetto innumerabili 
erano le sue previdenze; ma otteneva in ri- 
eambio di renderli attaccati e rispettosi alla 
religione, inclinati alle virtù morali, di co- 
stume innocente, di sincero carattere, amiei, 
della pace e della concordia, e fuggenti la 
taUtadÌBe, oh'egli risguardava come peste pe- 



Iia DISCORSO PEB LA INSTHUKIOIIB 

rìcolosa e fatale. Qaesta disciplina, eh* io vi 
tralteggio in iscorcio, e che potreste yedere 
«volta maestrevolmente nella recente opera 
di an chiarissimo. letterato il cay. Rosmini, 
Bon avrebbe peravventora prodotte tante frutta 
rigogliose e fdici, se il nostro Feltreitse non 
fosse stato diligente neir accoppiarsi il proprio 
esempio; e se uomo sommo, com'egli era, 
pure trattandosi di un'età tenerella non avesse 
saputo conformarsi air ingegno dello scolare: 
come chi ha il passo veloce, se accompagna 
un fanciullo, il cammino tosto rallenta, né si 
avansa più di quello che il comporti il suo 
picoiol compagno. 

E ^i io da voi mi congedo, ottimi pre- 
oeilori, lasciando in Vittorino da Feltro Fan* 
tesignano del vostro rispettabile uiBcio per 
tutte ^elle ineambeoze che più. particolar- 
mente possono appartenervi, e riservando una 
parte di esse ai genitori amorosi, ai quali or 
mi rtvol^, pregandoli a volermi prestare se- 
ria altenadsoe. 

E :per Aoatrr indole umana, e por ogni 
interesse sta in ani cuore di noi genitori il 
più felice svUttppo, e la migliore riuscita della 
nostra prole. E di fatto^ coiraverne ogni più 
atteolo governo noi procuriamo il nostro stesso 



DILLI PUBBLICHI SCOOLB. f I 3 

rantaggio; e se siain poreri ci lusinghiamo di 
&vTÌcinarci pia presto il tempo da difider coi 
£gli i nostri pesi; se siamo di condtzioae me- 
diocre miriamo per essi al miglioramento delle 
nostre fortane; se siamo ricchi ci proponiamo di 
fermare in nna prole educata lo splendore della 
famiglia^ della patria, dello stato. Egli è però 
ben raro (piel caso, in cui, per ottenere ^ 
plausibili oggetti, noi ci prestiamo di buon 
proposito^ e fanno forza a' nostri voleri o il 
faroreggiar delle madri spietatamente indul- 
genti, o Tabborrimento alla fatica e alla yi- 
gilanza di noi stessi padri, ola troppo comune 
cecità delle une e degli altri. Io non son qua 
renato per tesservi un sermone da uom che 
porti cherca o cocolla, ma se prendo in esame 
la mia coscienza, confessar debbo, che sarebbe 
più di una volta da rovesciare sopra di noi 
medesimi la colpa della poca riuscita di una 
porzione che ci è d'altronde cotanto cara. 
Studiamovi tutti, e pensiamo all'emenda, che 
io frattanto continuerò ad occuparvi delle na* 
sceoti nostre Scuole. 

La Scuola Normale sarà preseduta e di- 
retta da uomo di molta intelligenza e capa- 
cità, e che desidera di cuore frequenza e spon- 
taneità di concorso. So che v' ha una falsa 

Gamha^ Opere 8 



Il4> DISCOUSO PiiR Là IMSTITUZIONE 

opinioDe erroneameote introdotta.QuesleS caole 
Normali (mi bisbiglia .alcuno agli orecchi ) 
potrebbero far capitare male i Dostri figliuoli, 
giacché da taata uniformità di ammaestra* 
menti nasce la fatale uniformità di riuscita 
nelle scritture, e Tevidente perìcolo di con* 
trafPazione de' caratteri altrui. O sogno è que- 
sto, o piuttosto suggestion maliziosa di genie 
nemica del bene pubblico, la quale, per mala 
sorte, non suol mancare giammai. Io ogni 
tempo si è veduto comparire un qualche pes- 
simo ingegno che potè abusare di una fatale 
abilità a danno degli uomini e a rovina sua 
propria; ma questi casi non diventarono già 
più frequenti da oltre trent' anni, epoca a cui 
risale Terezione delle Scuole Normali, uè in 
generale è possibile che due mani diverse ci 
possano dare una stessa scrittura. Ben lo sanno 
gr illuminati governi di Francia, d'Italia e di 
Ailemagna che le vollero erette e promosse, 
e che non le avrebbero sostenute se temute 
le avessero pericplose al buon ordine e alla 
società. Togliete dunque dagli animi vostri 
questo vano sospetto, e riflettete piuttosto che, 
addestrata la lingua dei discepolo ad una let* 
tura chiara ed esatta, indirizzata la sua meiote 
alU operazioni deiraritmetica, eh' è ciba di 



mmmmKm^^^mm^mmmmm^^^m^mm^ 



DZL^E PUBBLICRB 8C00LX. 1 1 5 

.«(rettissima necessità per lutti, e assuefattagli 
la mano ad un carattere di forme eleganti e 
regolari^ ci hanno date le contrade anche a noi 
più vicine lusinghieri esempli che questo ramo 
seio di educazione potè bastare per procacciare 
un comodo sostentamento a qualche famiglia. 
Copriranno le Scuole degli Elementi di 
Lingua italiana e latina, e quelle di Gram- 
matica e di Umanità precettori degnissimi, a 
Toj, Signori, particolarmente noti per lunga 
abitudine; e yorrei star in fiducia c4ie fossero 
queste pure ben frequentate, se anche qui non 
temessi l'importuna ?oce di alcuno, troppo 
presto a soggiungermi, che poco gli cale di 
formarsi un figliuol latinista. Adagio, adagio. 
Confesso anch'io, che latine lettere non pos- 
sono essere d* immediata utilità a chi è desti- 
nato alle arti ed al traffico. Ma, echidi dice 
che qnel giovinetto inclinato allo studio, il 
quale non avete y4>lato che si educasse nella 
lingua 9 appi'estatrice di un latte che non si 
succia se non di buon'ora, e fondatrice d'ogni 
pUi eletto sapere, non fosse tale da riuscire 
con quest'unico mezzo un uomo atto a gra'- 
yissiini affari, o un ecceiUente sciesiziato? K 
chi yi dice che, cresciuta poi questa piante- 
sella con abborrinieDto al IrafTico e alle arti 



mw 



T I 6 DISC0B80 ?KK Li IffSTlTVZIOHB 

paterne, noo diventi miseramente la prima 
eansa della distnuione delie paterne tortane^ 
Le scuole nostre d'oggidì hanno anche il van- 
taggio indicibile d'essere institnite in modo, 
che le lingae italiana e latina camminano di 
pari passo, cosicché Tnna dà mano all' intel- 
ligenza dell'altra: e della sola lingua nostra 
materna, credete voi che sia facile ed ovvia 
la cognixione? Conviene studiarla assai, assai; 
e dopo molta fatica, e dopo molta lettura 
soltanto si arriva a scriverla nettamente e cor- 
rettamente. Bealo ^egli che n'ò in possesso ! 
Le sue scritture nitide e caste, non infangate 
di oltramontana lordura, né scorrette, ne in< 
viluppate^ vi porgono tosto l'idea d'un uomo 
abbigliato di veste linda e civile in confironto 
di tutt' altro uomo che sia ricoperto di panno 
^ossolano e cencioso. 

Quando l'educazione è passata fra i triboli 
e fra le spine di quelle prime Scuole Elemen- 
tari che ho sinor* accennate, cominciano a 
sollevarsi gli animi al godimento di quegl'in- 
segnamenti, che conducono allo sviluppo in- 
tero dielle nostre percezioni, e che formano 
la scuoia della rettorica. Se fossero state nei 
recenti tempi men ingrate le cure cittadine- 
sche, bel drappello di allievi avreUl>e potato 



i^ 



* DILU PUBBLICHE 8GU0LB. 1 1 7 

dare il nostro Comune anche a questa scuola 
e al dotto precettore fissatovi dalla vigilansa 
del governo; ma noi non potremo veramente 
cogliere i frutti desiderati se non allora che 
le basi deirodìemo nostro edifisio saranno 
soCdamente stabilite. Intanto anche su nuovo 
pampo, o miei Bassanesi , potrete mietere. 
Questo eid^ questa terra ^ e questo fiume suo- 
nano dolcemente a chi ò trasp<H*tato per le 
Arti Belle; e le più rimote contrade non co* 
noscono Basaano se non perdio qua nacquero 
pittori egregi, qua si formarono artisti valo- 
rosissimi. Alsate i vostri occhi con giusta oom- 
piacensa, e là in quella Nascita^ che sta al 
vostro cospetto^ voi già vagheggiate un mae* 
stro pezzo di un vostro antico concittadino, 
un quadro che da nomini di finissimo gusto 
è stato giudicato il più grande modello che 
abbiano tutte le scuole della pittura risorta, 
in ciò eh' è forza di tinte e intelligenza di 
chiaro-scuro. Ma io non vi occuperò adesso 
dei noetri artisti, né questue il luogo, ne que- 
sto è il tempo di tornare alle patrie glorie. 
E il laogo bensì, ed il tempo d^ invitarvi ad 
essere grati airegregio Podestà nostro, che ha 
sapato essere industrioso a segno da po^er 
prociirarBi i mezzi di ergervi in quest'anq» 



Il8 DI8G01I80 PEB LA ISTITUZIONE 

uaa scuola di disegno, affidata alle care del 
nostro valoroso sig. Faroli. Profittatene con 
alacrità di animo^ seguite gF impulsi del pa- 
trio talento^ e fate che non si spenga quel- 
l'entusiasmo da cui dipende il maggior nostro 
lustro. A questa scuola^ che abbraccia ezian- 
dio gli elementi deli*ornato, potranno concor- 
rere i garzoncelli degli orefici^ de' fabbri, de- 
gl* intagliatori in legno, e di ogni altro coa- 
aimil mestiere; e formando essi di buon'ora 
nella medesima il pendìo al buon gusto, s^la 
proporzione, alla semplicità, all'eleganza, po- 
tranno riuscir per innanzi coli' industria loro 
a procacciarsi molfaura di onore e fonti pe- 
renni di utilità. 

. P sia dunque nell'una, o sia nell'altra di 
q\ieste scuole, o padri e madri, sarà d'ora 
innanzi in vostro arbitrio di far educare i 
vostri figliuoli. Co' sudori del vostro volto 
avrete pur tentato sempre ogni via di vederli 
istrutti; e voi spezialmente, genitori, più gen- 
tili di cuore, e di coscienza più giusti ^ quante 
privazioni non avete sofferte perchè la vostra 
prole non mancasse di un morale alimento 
tanto salubre! Ora avete aperta una nuova 
Strada, la avete senza alcun incomodo, anzi 
con vero vantaggio vostro, e senz'ombra di 



DBLtE PUfiBLtCitE SCUOLE. ti^ 

sospetto che redticazioné noa riesca para , 
sollecita^ afTettuosa. Oh gran peccato che una 
irragionevol freddezza avesaé ad assalirvi, e 
che il novero dei giovani ascritti, in propor- 
zione della popolazione nostra, rimanesse tut-* 
tavia scarso! Se mai ciò pur procedesse da 
storte altrui insinuazioni, sappi a te disprezzarle 
una volta y o se derivasse da incertezza di 
huoa successo, v'accorgerete ben presto ch'io 
non son qua venuto né per far pompa di belle 
parole né per illudervi, ma per invitarvi a 
godere di nn' insigne opera di beneficenza, che 
talcBt è veramente quell'educazione, la quale 
ci strappa dall'ignoranza e ci ripara dal cader 
vittime del disagio e delle insensate abitudini. 

Frattanto, siccome ho promesso sin da prin- ' 
cipio, che sarà il mio discorso rivolto in ultimo 
luogo ai giovanetti, ora è appunto Vistante, in* 
cui a voi dirizzò il pensiero, o dolce scopo di 
questa nostra funzione, o liete nostre speranze. 

In yerun modo non potrei tanto utilmente 
trattenervi quanto col darvi qualche amoroso 
suggerìmento, e lo fo raccomandandovi - di 
atnare lo studio, di. obbedire i maestri vostri^ 
e di abborrìr sempre anche l'ombra della 
menzogna. Non mi crediate cotanto burbero 
di volervi ^a -àne piedi trovare innamorati 



^mm 



120 DISCOESO PBB LÀ INBTITUnOIlE 

(Ielle scuole. No, ma andatevi con buona dia* 
posizione, e Tamore si spiegherà presto mercè 
le cure de* vostri precettori, mercè gli ecci- 
tamenti deWostri genitori. Ricordatevi, fan- 
ciuUelti carissimi, che Tessere attento e ob« 
bediente, non solo è cosa che piace a Dio ed 
agli uomini, ma è mezzo sicuro per rendervi 
cari a chi vi prende in custodia e per allon- 
tanarvi ogni sorte di austerità. Le ore che 
sono determinate per la scuola vi trovino tanto 
pronti quanto quelle nelle quali vi aspettano 
il giuoco e i passatempi. Badate di astenervi 
da qu6^ sutterfugi maliziosetti che iroppv di 
buon^ora si sviluppano appunto in chi è più 
fornito di buon talento. Non fate come quel 
cagnolino insolente, che ricalcitra dalTobbe- 
dire al padrone, e cerca intanto di raffrenar- 
gli il dispetto con carezze e con vezzi. Potete 
schermirvi dalia collera del maestro, ma senza 
arguzie; dovete essergli soggetti, ma con leale 
e premuroso interesse di non dispiacergli. 
Sappiate che la vera sapienza^ dei giovani 
dabbene è niuna cosa far apparir fintamente 
che sia, la quale non è; che bkogna aver 
l'animo d'accordo colle parole, amare sempre 
la verità. Le bugie dispiacciono e nauseano 
tulli gli uomini; e colui che si è fatto cono- 



-*— .^T' 



DELLE PUBBLICHE SCUOLE. 131 

toer bugiardo, non merita che gli yenga più 
creduto nemmeno il yero; perde il suo buon 
nome, è da ognuno odiato e fuggito. Rioor- 
dateyi^ che chi si addomestica ai mancamenti 
più leggieri cresce presto in iscaltrezza, a 
questa poi si conrerte in reo costume che 
strascina in un abisso di mali. Siate quanto 
vi piace fieri e ambisiosì, ma del yostro onore 
e dei rostri progressi, che da questa fierexsa, 
da questa ambÌEÌone trarrete ottimo frutto, e 
ne ayrete una ricompensa neU*anno prossimo. 
Yi troyerele allora invitati a tornare in que* 
sto luogo stesso e al cospetto di queste rì« 
spettabili Autorità per dar conto de' vostri 
studi; e quelli fra voi che si saranno vera- 
mente distinti, otterranno il premio e la mer- 
cede della loro bravura. Bella cosa è Tessere 
grasiato come un bravo e diligente discepolo;, 
brutta cosa e obbrobìosa Tessere segnato a 
dito come il rifiuto della sua scuola! Fate in. 
modo che questa abbietta condizione non si 
possa giammai adattare a veruno di voi. 

Non occorre adesso eh' io stanchi soverchia- 
mente la vostra pazienxa, gentilissimi Ascol- 
tatorif avendo già, come mi sono sin da prin- 
cipio proposto, ad ogni ordine di voi esposte 
con brevità quelle cose che alla solennità di . 



i 



taù DISGOMO PER LÀ tlff6TIT17nOll]?, ECC. 

questo giorao poteano esser opportaae. Restai 
che Ci tiniatno tutti d'accordo onde navigar 
per un mare che miri a quel porto felice', il 
quale ci offra il compenso di poter rendere i 
nostri simili degni della pubblica estimazione.' 
Navighiamoci con costanza. Yoi navigatevi, o 
benemeriti Magistrati, e voi, che gentili mi 
avete eccitato a scioglier oggi là voce, onore- 
voli miei Socj deputati alle pubbliche scuole. 
Voi navigatevi. Presidente noveUo del nostro 
clero, che pel candore del vostro costume 
siete già a quest'ora il più belPesempio cb'io 
ofFerìr possa a questa gioventù immaculata.^ 
Voi navigatevi, saggi Precettori, ed alle di- 
scipline scolastiche badate che non vadan dis- 
giunte le vostre esortazioni all'amore e al- 
l'obbedienza al Governo.Yoi navigatevi. Padri 
e Madri, onde cogliere presto un largo lucro 
delle merci preziose che avete in trafBco; e 
voi su questo mar navigate. Giovanetti diletti, 
per segnarvi sin dall'aurora de' vostri giorni 
una strada sicura alle ricompense e agli onori. 
Quando noi non saremo più, benedirete, io 
spero, le nostre rette intenzioni, come qaelle 
di cooperatori zelanti alle institnzioni che 
debbono formarvi cristiani ottimi, sudditi fe- 
deli, uomini colti e cittadini attaccati alla 
vostra patria. Ho detto. 



^fvr^^nammmamm^ 



ELOGIO FUNEBRE 

DI 

GIUSEPPE REMONDLNI 

DI BASSANO 

Per recitarsi nel dì /i febbraio^ 1811, 
trigesimo delle sue esequie. 



«i 



IN 11 corto periodo dì non più che tre lune 
fu, o concittadini ornatissimi, volere di Dio 
ottimo massimo, che questa ragguardevole fa- 
miglia Remondini soggiacesse a due perdite, 
ahi troppo funeste! Ed il figliuolo ed il pa- 
dre sono ceneri tuttora fumanti che si con- 
fondono insieme in un avello di questo tem- 
pio, Tuno mietuto nel vigore delia gioventù 
più robusta, Taltro prima che da matura se- 
nettù fosse colto (t). Estinte qq^^lle faci che 
ardevano nel passato ottobre per la pompa 
funerea di GuHiBATiSTABEifONDiiii,dipiae ono- 
ratissima rimembranza (2], si riaccendono in 
^oS^ P^ recare lugubre tributo a GiusEfPB 
RxxoNDiNi suo genitore. Ben io voleva nel 
giorno in cui ho accompagnata alla tomba la 
fredda sua spoglia salire animoso su questo 
pergamo, e palesando il mio lamento farvi 
tenere invito a mescere col mio il vostro 
pianto; ma se indicibile cruccio sopravvenne 
allora a soffocar la voce affannosa, lasciate al* 



1^6 ELOGIO F CREBRI 

meno cbe in questo giorno trigesimo io sparga 
di qualche fiore il suo feretro, e inviti a spar- 
gerne meco quelle anime sensitive, le quali 
sanno ben valutare la perdita irreparabile che 
ha fatto la patria nostra. Io reoderò dal mio 
canto ad un personaggio che mi fu padre, che 
mi fu amico e benefattore, che solo mi con- 
dusse a vivere non inonorato fra gli uomini 
colti ed onesti, un tributo di laude ingenua; 
né le finezze della eloquenza, non adattate al 
troppo breve mio ingegno^ né veruna eleganza 
di bel parlare^ ma paleserò, per quanto sarà 
in me, la riconoscenza di un figlio, il cuore 
di un amico^ il rispetto di un estimatore della 
virtù.. E tolga Iddio che Tadiilazione inresta 
il mio labbro. Giuro a voi, ascoltatori tutti 
che mi porgete benigno orecchio, giuro a voi, 
venerabili sacerdoti, che decorate queste so- 
lenni esequie, che la mia debii Toce da.nul^ 
faltro è sciolta, se Qon che d^ll^ardente e 
vivissima voglia di vedervi qui tutti meco im- 
pegnati ad onorare la memoria di un uomo, 
le cui belle doti meritano di essere scritte nei 
libro d'oro delia posteiità. Riguarderemo Giu^ 
srppe Bemondini come ottimo nostro concit'- 
tadino, lo rigaardcremo come rispettabile pa- 
are «li sua famiglia, • basteranno questa dua 



DI GIUSEPPI BEMOROINI. 19^ 

sole prerogative per dare beilo argomento al 
mio elogio^ e per darlo a voi di sempre ri- 
spettosa ricordazione. 

Sarete meco d'accordo, o signori, che per 
ottenere giusta stima dagli uomini, qualunque 
sia la carriera che si voglia correre ^ converrà 
sempre che alla rettitudine del cuore, ed alla 
convenevolezza delle opere risponda con bella 
concordia la nostra applicazione a tutte quelle 
azioni che dimostrino in noi ben radicato 
Tamore di ogni più soda virtù, Besicì. con 
ogni industria men difettosi in faccia a noi 
stessi^ e meritevoli delTaltrui stima, se poi 
piace alla Provvidenza di fornirci di qualche 
non ordinario talento, possiamo coraggiosi ali- 
mentar eziandio la speranza di non cadere 
nella dimenticanza dei nostri posteri. Lo svi* 
luppo di questi germi eU più felice risulta- 
mento apparecchiatevi a riconoscere nel no- 
stro Giuseppe. 

Nell'età fanciullesca di cinque janoi ì{ sa- 
gacissimo suo genitpre lo consegna al sepii- 
nario di Padova^ e già di buon ora voi co- 
minciate a veder germogliare felicemente 
questa piccola pianticella, la quale però, af- 
fievolita da discipline severe, né salda abba- 
Stanca per siostenersi, dopo breve intervallo è 



ta8 K06IO rumEBiii 

trapiantata in clima men rigido, éà è conse- 
gnata in Bologna ai Padri delia già estìnta 
Compagnia di Gesù. Ombre onoratissime de* 
gì* illustr* ingegni Gelino, e Roberti, nostri 
compatrioti, voi la innaffiaste di limpido umore^ 
e grazie sieno a yoi rese, come non meno al 
Bettinelli e al Gialiari, che indi le infusero 
quella yita per cui crebbe e si mantenne 8em-> 
pre vegeta e salda. Nel collegio dei Gesuiti 
di Bologna si diede tale attitudine alla colti- 
vazione dello spirito di quest'alunno, e tanto 
amore gli venne instillato per Famena let- 
teratura e per gli antichi classici, che questi 
formarono poi sempre la più deliziosa occu- 
pazione della sua vita. 

Fosse intanto o saggia previdenza del pa* 
dre, il quale temesse che il suo corso mortale 
dovesse essere presto abbrevi ato^ o fosse in- 
tensa di lui cura che il figliuolo s'iniziasse 
presto alla conoscenza e allo scandaglio dei mol- 
tiplici ed intralciati oggetti della mercatura, 
egli è certo, che pria di compiere.il corso 
regolare degli studi in Bologna, dovette il fi- 
glio restituirsi nel seno di sua famiglia, i^nì 
fu consegnato ad un educatore (3) che non 
cessò di tenerlo esercitato nella palestra sco- 
lastica, e qui nel tempo medesimo cominciò 



DI afOSlPPC REKDRDINI. I^^ 

a<r aprire gli occhi alla scuola del moodo, di 
quel mondo io cai dovea e perle paterne 
fbitone, e per la bella saa iudole, ed anehe 
per la* noB ordioaria- leggiadrìa della persona 
£ire poi luminosa comparsa». 

& cosr & , miei signori. Già divenuto il 
figliuolo adnlto, già' reso util presidio nelle 
grayì cure domestiche, già immerso nel vur- 
tìce di no azienda vastissima, conobbe il pa- 
dre chegK era ormai tempo di vedere questo 
ano primogenito -posto at governo di sua-^ fa- 
miglia, e divenire padre egli ancora; e qnindi 
gli scelse in Teresa Gaudio una sposa che 
fbssegll amorosa compagna,, e che lo ralle- 
grasse poi come madre di ottima prole. Que- 
sta sposa d^ irreprensibil costume, di dirittura 
di mente e di cuore, fu presto madre felice, 
ed' è adèsso la venerabile matrona» che voi 
vedete ammantata di luttuosa gramaglia pia- 
gnere con- dignità < perdite a lei tento care, 
ed- insegnarvi col vivo'Suo esempio la rasse- 
gnasione e 'I rispetto alle divine disposiziom. 

Ma seguitiamo' Giuseppe i Senza genitore 
rimasto^, e secondato dalla piena fiducia ki 
ini di Antonio suo fratello minore, eccoveSo- 
solo al timone di un gran naviglio, e scosso 
contemporaneamente dalle scintille di carità 

Gamba ^ Opere ^^ 



l39 XLOGIO rUREIIHB 

delia patria^ che fermano roraamenlo dì ogni 
animo ben costumato, trova nel suo impegno 
per li vantaggi di essA la sorgente di quelle 
eociali virtù che sogliono apportare frutti spa- 
ziosi di pubblica utilità. 

Voi sapete^ o signori^ che a* tempi de* no- 
stri padri era in questa nostra amatissima 
Bassano non iscarso numero di cittadini, fiori 
di gentìleziia e di onore, che le cose nostre 
reggevano con grande alacrità di anima, e 
con ispontaneo generoso sagrifixio di sé me- 
desimi. Tra questa schiera ricercatevi il /?<- 
mondini^ e già il troverete incaricato sempre 
di quelle nobili incumbenee nelle quali dee 
principalm^ite spiccare aagacità d'intelletto 
e decoro del grado. Yoleasi invocare rajuto 
dei Veneti nostri proteggitori ? ed egli pronto 
volava alla capitale, e sapeva ottenere o la 
stabilità dei vostri privilegi^ o le beneficenze 
che più vi stavano a cuore, ed indi tornava 
dentro alle vostre mura meritevole di civico 
alloro, ponendo in nobile oUlio le sofferte 
cure e i dispendj. Trattavasi di riparare edi- 
fizj, di costruir nuove strade, di ornare di 
monumenti di buone arti, di rabbellire que- 
sto pur bellissimo ed amenissimo suolo? ed 
egli se ne occupava, pronto col consiglio e 



" " . • ' ■!■ I 'i -l-'^^PB^PiPl^WWI^ 



DI GIXJ8EPPK REMONDIKI. l3l 

eoiropera, o con ogni offerta più idonea. Ave- 
Tate voi festività straordinarie? Vi ricordo 
cpant'egli ha fatto in occasione della solenne 
beatificazione di Giovanna Maria Bonomo. 
Era il tempio votivo per sua diligenza ornato 
d' insolita pompa, eran feste, accademie, spet- 
tacoli nella città, gente straniera calcava in 
balima le vostre strade, e beati giorni furono 
quelli eh egli vi procacciò in così lieta solen- 
aita (4)« Volevate voi spargere di fiori le ceneri 
dei più illustri vostri concittadini ? Morì fra 
noi il nostro ab. Giambatista Roberti, la cui 
fama è si estesa, e Giuseppe gli ordì un elo- 
gio funebre che onorò il suo cuore e 'I suo 
ingegoo,e che disse tutto commosso nelle sue 
«sequie solenni (5). Morì fuori del patrio tett^ 
il nostro diligentissimo storico Giambatista 
Verci, e Giuseppe^ suo amico e suo estimaw 
tore, volle a sue spese rendergli con funereo 
apparato gli ultimi onori (6). Eravi a gradò 
che personaggi i più illustri fossero tra vói 
ben accolti? £ inutile che io vi ripeta, ch'egli, 
ornamento della eittà e per la splendidezza 
ae' conviti « e per la cultura e amabilità nello 
maniere, sapeva bene uomini di lettere cele* 
bratifisimi, e uomini di alti e principeschi 
natali accogliere e ricettare. 



i^^Tfc ^ ^^ j i ^^ 



«|33 ELOGIO FVHFBAft 

E quanta utilità e quanto fregio non {^o«^ 
.cacciò egli alia patria colle .aue ys|8te officine? 
.Erano da' suoi avi gettate, le fondamenta di 
8Ì gran mole, e dal suo genitore era questa 
«mole di già portala a vistosa forma. Giuseppe 
.vi aggiunse la eleganza, il decoro, e se prima 
di lui erasi sparso per tutta Europa il grido 
4elta vastità della tipografia e della calcogra- 
iìa Remondini, durante poi la sua vita egli 
Tacerebbe sempre più colla fama della gran- 
dezza e della magnificenza per vaste imprese 
sostenute onorevolmente (^), Alcune edizioni 
per sua. cura comparse vennero a gareggiare 
in lu33o colle voluttuose parmigiane*, leggiadre 
tavole intagliate in rame si pubblicarono che 
|K>tedno foiimar il decoro di gabinetti eleganti, 
je carte geografiche e carte di speziosa appa- 
xtscenza, ed altre nuove manifatture sMntro- 
dussero, si sostennero,, si fecer fiorire; e in- 
canto da oltre dugento delle vostre famiglie 
/quasi trovarono, la sua mercè, nutrite dell'oro 
.che derivava dalle lontane contrade: e intanto 
^olti dei vostri giovani si formarono valenti 
artefici ed anche uomini di chiarissima fama, 
e intanto ai layorii bassanesi voi vedeste tri- 
ji^utare elogio e storici e. statistici e viaggiatori 
assennali. 



-w»^^^ ■ ^" !■ '■ —1 ■ II^P^T^^^ 



SI eitSEf^PB BBMOVDIIIT. l3$' 

Le cose delle quali vi parie appatténgono 
prmdpaltnente ai tempi di UaDqailIità e di 
pace, ma venuti i giorni delle inique rirola* * 
zìoni, si ofFuscò anche questo nostro cielo, e ' 
un nuoYO ordine di cose , gli orrori delle guerre, ' 
i disagi delle faraigtre succedettero a porre in ' 
aspro cimento Tanimo dei cittadini. Non pen* 
siate per altro di trovare a quest'epoca il 
Bemeniini men attivo in mezzo a durissime 
circostanze. Dovea egli serbarsi per un'agi** 
tata famiglia*, nientemeno voi lo vedeste af- 
frontare coraggioso ogni risdbio, allargare la 
mano nel maggior uopo, entrar mediatore tra 
i potenti che dominavano, e soffrire e obbliare 
sino le ributtanti ingiurie di qualche sctau*' 
ralp die pur nutrivasi del suo pane. Non gli' 
iocrébbe di passar anche in altre città per co-- 
prirvi cariche fastidiose e per tenere sèmpre' 
gli occhi fissi alla patria, onde noniscemasse' 
giammai in grado e in considerazione. Parti-' ^ 

giani, o ciechi o fanatici, voleano far onta ai 
saoi principe, ma erano sempre quelli della - 
moderazione la più esemplare^ e sempre amico' 
dell'ordine e del buon costume, egli non sa-' 
pea se non che obbedire rispettoso alle leggi, 
e comandare ' a ' suoi dipendenti che niente 
Hseisse giammai da'torchj iamilìari che pò- 



|S4 ILOOIO TUNIBHB 

tesse Qoocere aU'ordine pubblico, alla morale^ 
alla rektigioDe. li pio e dotto Vescovo nostro, 
che aUMamo noo Ha guarì perduto (8), tene* 
r^meate* lo amftva e sinceramente appre^zac» 
valo^ perchè appunta nella statone più li- 
G^zioaa egli dimostrò^ il cuore più sodamente 
attaccato alla patria, e più disposto alte, so- 
ciali virtù. Il principe Abondio Rezsonico^ 
s^n^jtore di Roma, uomo di alti e rigidi sensi 
che annualmente passava dal Campidoglio a 
godere d^gU ozj di questa sna dilettosissima 
Xempe^ spandeva il suo cuore rn quello del- 
remico che per antichi legami^ da questo 
aere purissimo aliraeirtati, gli era sempre più. 
caro. Sì dolci vincoli ne si formano mai, ne 
spno durevc4i se non traggono la loro sorgente 
da reciproca stima e da bella confermazione 
4eiranifn<^ alla virtù; e sì onorevoli relauoni 
poss'io bene rispondervi che si yalutarono- 
nella capitale del regno italico, quando egli 
intervenne ai colleg) elettoraK dove ehiarà- 
8»mi perscKiaggi lo circondavano, e felicitavano 
la sorte delia nostra Bassa no che fosse in pos- 
sesso di così ottimo cittadino. 

Che $e ho toccate di voto le qualità det- 
Fottimo cittadino , ed ho fatto conoscere taW 
il nostro Qiuseppe al cospelta d!eUa sua pa«^ 



.. ^x^..^-j^, u ,..^.MLJ!mUMJ.lUM^i.. -_■■ 



2>I G1081PPE RBMOllDtirr. r3S 

bia, non meno facile e Radilo sarà per me 
il luottrarlo adesiO rispettabile padre di fa- 
miglia, é uomo da pù^eme anche per quev 
sto conto la perdita irreparabile. Piaeciayi, 
niiei signori, di appareocfaiarvi a confortare 
dèlk tpeslr'atteiMsiotte cpiesta; seconda parte 
dei mio discorso. 

Sé raggnarderole padre di famiglia e colia, 
il ^a}e ai trova fornito di conscio cke prò* 
Tede, di accorteflca che previene, di vigilane 
che attende; se nobilissimo padre di famiglia 
è cotut che studia sempre a' mezsi -di aocre^ 
scerie pregio, e sa dare agli altri in sè stesso 
vìa decoroso esemplare; se caro ed amabiHs- 
aimo padre di famigli» è finalmente colui m 
etti non manca ne bontà che lusinga, né sen- 
8ÌfÌTÌtà che compatisce, nò pasieni&a che sop- 
porta, noi veggiamo, o signori, che il nostro 
Giuseppe in molte importanti occasioni sep^ 
par bene adempiere a questi canoni di do^ 
mestica felicità; e qui piacemi ecorrere rapi^ 
dannente sopra alcuna saa vicissitudine. 

Era tuttavia in vita il padre eoo quando 
fiera burrasca si soUevò^ in lido straniefO|i 
mentre un possente monarca non giurò niente 
meno deireccidio totale di questo nostro rag- 
gnardevol casato. Al minaccevole aspetto di 



^m «.•«< 



l36: . -CtOGlO fUNEIIllB 

riBnlUmentì inaspettati e terribili mimesi /ia 
iscotnpiglio, e restò , direi quasi, oppresso il . 
genitore, ma iL figliuolo col orine biondo e , 
colla lanuggineal aieDt€i,kiagi dallo atterrirsi, . 
si accìgne soletto a lottare contro l'impeto 
de' venti furiosi, ^ou v'è industria cbe non . 
immagini^ non fatica che noa sostenga, n<Hi 
buona scorta che non accarezzi: attivo, pru- 
dente, accorto perviene in fine ad abbonac- 
ciare il flutto irato, ed a coronare le Aie fa* 
tiche od festeggiare «él patrio tet^ e col ren- 
dersi proteggilore ed amico lo «tesso amba- 
sciatore di quel principe che minacciala poco 
addietro la .perdita della libertà del padre è 
la rovina .della patema fortuna (9). 

Teoea le l'edini del Tenete governo un {io* . 
tente, cui era riuscito di rendersi ligie le yo- 
lontà deji. maggior numero de' suoi repubbli* 
cani, ed il cui spirito era invasato di riforme 
sempre riiiascenti in moki rami di pubblica 
economia (io). Yolea e^i soggettare a disci- 
pline diificilissime 1 arte libraria, e quasi qiuat 
annientarla nella Terra ferina per trapiantarla 
e eojieentrarla nella sola Yeuezia. Queste 
bassanesi . officine rimasero per una seconda 
v^Ua minacciate di distruzione;, ma il prov- 
vido loro capo non si sgomenta per la forco. 



^^%fc . 



1)1 GIVSBPPB BBHOHDffin. l3j^- 

'imponente del sao afyersario, e céa acoor» 
tózsa. sa rendere frastraaei ^li altrui diviea* 
mentì, e ^ sa dare nel 'tempo medenimo e nuova 
vig^uriae nnoya yita agli ìstemi suoi affari, 
E l]ien molti ^ molti altri esempli ^potrei ad- 
dnnri di sua vigìlanaa. Qoa insorge aspro e 
tedioso litigio, là et altraTersa una naoya im» 
{Mreea, q«a -si palesa una crisi dilUcile, là uiia - 
ifidspettala disavventura sta sopra, e torbidi 
SODO anehe que' giorni «oke al volgo appajeno 
pia sereni. La mercè del nostro attmitisrimo. 
padre di famiglia j:iob v'ita evento che giui^a 
ad in^barasaarloy non . v' ba in mezso al fóro 
litigio da «ni non essa sor^Naato dalla vigoria» 
uè hawi disavventura 4dìe provvidamente non 
allontani. 

Che se vi prendesse talei^ di vederlo, 
dopo di avere dato alla sua prole nobile e 
coltisnma educazione, occuparsi neirappre- 
stare alla sua. casa qnel lustro di cui mancava 
a*-tempi de' suoi maggiori, non temiate di non. 
trovarlo anche in tati aire pieno di alacrità* 
Opera sua fu T insignire la famiglia del titolo 
di una contea, acquistpndo il feudo di Gorum- 
borgo. Ascritto alla nobiltà di Bologna noa 
ricusò di passare in cosi illustre città per co* 
prìni posti as$ai kunbtosi (i i). Potea eaiall^ 



^Ki 



i38 «toeio vuffiinis 

dio aeoondare gì* iimti replioatamentd fattici 
di appartenere al Yeneto patririato, o qneUi 
di fondare ima coauoenda dell'ordiiie Gero- 
soiimiUiiOy ma yi si nfimò aémpre, temeado 
che ciò riaaltaate di troppo inciampo alle or- 
dìparie a<4ieciludÌAÌ< Ferniò pivAtosla il pei»» 
siero in quelle diatrmiont che peasono grado- 
TOlmente occapare lo spìrito, estendere le aae 
relasìoni , apprestate il corredo di ovovi lamr^ 
ed a ci6 ottenere scorse da un capo airaltré 
ritatia tutta, offrendo in so resemplaredìus^ 
megocianie dovisioso ed aòoorto, di un uomo 
di alto e oobil carattere, di un non Tulgaro 
amatore di tutto quanto può" alle buone arti 
ed alle buone lettere appartenere. 

Ma se possono le appariscenti grradene 
aggiugnere ^ado e dignità, non sono poi esse 
se non che perle d' immondtsie bruttate quandi» 
non emerga una soda cultura di spitito atta 
a dare loro lustro e splendore: brilla siocome- 
ostro a questo punto del mrio elogio il^tóstro 
Giuseppe y e potrebbe ansi, o signori, essertaiii 
fhcile di dipingerlo piuttosto the amatore ^ 
proteggitore delle lettere, professore egli stesso 
sperimentato in alcune studiose discipline. La: 
sua conversazione e i simpo^ domestici pa- 
reano^la sua mercè, direi quari acoadetuie, er 



■«••^^■^■^^ais^^^^w^rai 



Hi 6TV8EFFB BBllOBBIlir. l3g 

fosse pure chi yolesse richiamar alla memo* 
ria o <{aalche tratto di storia e di peregriiift 
enidinone, o le men Tulgarì notine che ri- 
sguardano e storia e geografia e statistica, che 
tnyvaTasi certamente pronta la aolnzione di 
ceni men che m^^ richiesta (19). Ay vessato 
di biKmWa a mantener TÌye molte corrìspoit* 
dense epislolarì, inyidiabile era diyenuta la 
oonreniensa, la fltudità del sno stile. Immer8<^ 
nella continna letMira, spezialmente di Oi*a* 
aio, di Gicerooe e di Tacito, le belle forme 
deiraurea latinità gli erano sì familiari, che 
in molte occasioni, o pel diletto ano proprie, 
a per corrispondere alle richieste altmi egli 
dettaya nitide iscrizioni latine, delle qnali po- 
trebbeai formare no» tenne raccolta, tale da 
vendere per sempre dareyele la fama della 
molta perìzia del loro autore (iS). 

E odia bibliogr.afis ^ante innanzi non 
senti eglii^ Ye lo dica la domestica biblioteca 
da esso immaginata e condotta in breyi anni 
a segno da diyenire uno de' più pregeyoU mo^ 
nnmenti, non dirà solo della famiglia e della 
f^ìxìaj ma della nostra Italia. E di fatta egli> 
Bon raccolse in questa una massa yelnmìnosa- 
a opere, bensì con bettissimo accorgimenK^ 
mise insieme le piti rare e prediate ediiion» 



^f^ 



l4o «EOGIO TVHIIIRI 

dei elaasìei autori greci , lalirri, jtaliani, nei 
quali bassi il foadamentò di ogni capere, ne ' 
guardò a spese ^ardite onde precoraraele an- * 
che di -là dai 4BonU e dai 'mari. Àyendo alla ^ 
sua fiuniglia 4'arle delia tipografia procacciato : 
fama e fortuna, ToUe^ dirò così, retrìbuire * 
quest'arte con un nobile monumento di sua * 
gratitudinei, e fu quindi 'Sollecito a -riunire * 
presiosi codici impressi nelle loro. prime culle* 
di Magonza e di Argentina, ed editioni la- 
naose dei primi <e più illustri stampatori delle 
città italiane. FasseggiaDdo poi per i secoli a - 
noi più vicini non oU)liò un solo tipografo' 
illustra, cosicché voi potete in battere di eo- 
cbio ammirare in Bassano i «capi d'opra dei 
iìuttemberg) , degli Spirensi, dei Jensoni, 
dei IVIanuzj, degli Stefani^ degli 'Elzeviri, 
dei Gomini^ dei Baskerville v, dei Didot^ 
dei Bodoni, e di tant'altri cfae|>ortareno alla 
eoccilenza una invenzione si utile e si pro£«: 
giosa. ha famiglia dei Manuz) sostenne da se 
sola per oltre oent'^anni con indicibili fatiche 
lonore dell'arte della stampa; e scrupoloso il 
nostre Giuseppe neHMndagare le produzioni 
di Corch} tanto famigerati, arrivò a tal segno 
da possedere il prinio una così larga serie di 
ediaioid degli Aldi da non conoscersi allora 






DI enmpFB mxoiiDnfT. t/^i 

iritroye la più infera* e copiosa. Libri sontlrosi 
di viaggi ^ altri di pbcerole filologia , esatte 
icarte geogfafiijie, stampe di riDomati buJiiit 
,chÌBdoao una serie che sarà sempre perenDe 
'ìndicia del gusto e del. sapere del suo fon- 
.datore. Questa serie alle mie cure aflSdata, 
questa serie utile alla famigliare e patria istru* 
rùone, questa serie a cui ho* io doyuto gli 046j 
.più cari della mia yita^ se in voi risveglia, 
CoQciUadioi ornatissioìi ,uft sentimento di molta 
lOOQsiderazione per lo ragguardevole suo fon- 
datore, risveglia in me quello della più ve- 
race e delia più intima riconoscenza. 

Ma sia pure ruome,ia qualunque stato in 
cui r.abbia posiO' la>Provvidenza, accorto, pru- 
dente, addoUriaato, zelatore della prepria 
fama, che se non . serba dentro al petto oa 
cuore buono e affettuoso, quale conto mai 
resta a farsi delle altre sue prerogative ? o non 
gli divengono elleno pinttosto le mille volle 
doni fatali? Ah sì, che la più cara e la più 
.vera, comechè qualdie volta penosa sorgente 
di delizie, è la retta conformazione del no- 
,stro cuore alla bontà. Egli è un retto cuore 
quegli che riceve e tributa, che piagne e con- 
forta, che chiede e dispensa, egli è che forma 
la parte eletta. di noi medesimi. Ed era ap- 



^m 



Mi{9 ILOGIO THVBBIie 

punto la parte più eletta dei noslro Giuseppe 
ne' suoi attributi di cortesia^ di assisteoza, di 
•offerensa, di coinpaMioue. Parlo dì uomo 
notissimo a tutti gli ordim della città noalra, 
né occorre die qui mi occupi a modellarlo 
adesso nelle azioni sue più minute. Dirò bene 
die non era domestico il quale non lo amasse 
come padre o fratello, anziché lo temesse 
come padrone. Dirò bene, che il suo fervido 
temperamento potea per poco spiegarsi quale 
nembo che minaccia procella, oqual torrente 
che impetuoso rincalza gli argini che lo raf- 
frenano, ma il nembo scioglieasi poi sempre 
in pioggia feconda, ma il torrente depositava 
poi acque che rendeano più ubertoso il ter- 
reno inondato. Mai noi vedesti mal fermo 
nelle amicizie, giammai sconoscente alle più 
minute sollecitudini, giammai conobbe che 
cosa fosse partito, che cosa fosse ostinazione. 
Una tenera pr^hiera^ un racconto compas- 
sionevole, una pittura tratteggiata di affettuosi 
colori bastavano aole a trargli lagrime di cooi- 
mozione. Ah un cuore di sì bella tempera 
mancherebbe per sempre «ila patria^ se voi, 
Francesco^ figliuolo ed erede svo, non ve ne 
feste di già palesato imitatore col mantenere 
il governo di queste officine, «esteuute per k> 



OI GHMEVfl REVeillllVI. f 43 

tddk^o dal padre per esimia bontà di cuore 
in messo eùandio alle calamità e ai disastri. 
Potreate, è vero, riposare tranqutUoaH*ooai>ra 
di aoa quercia cresciuta a segno da far onta 
ai Tenti e alle tempeste, ma orre?olisttma 
cosa TI sarà sempre il preferire al riposo una 
¥Ìta attiva, laboriosa^ e fruttante opere di larga 
lM:Qefieensa. 

Voi ?i accorgete, uditori, che col rivolgeoe 
ia mia orastone al figliuolo vi ho pur troppo 
condotti a ^pidl' istante in cui, deplorando la 
perdita del genitore, si desta negli animi no- 
stri una troppo acerba amaresza. Ah sii per 
queirottimo cittadino, per quel ragguardeTole 
padre di famiglia, di cui yi ho trattenuti si- 
nora, sciogliamo il freno alle lagrime, rom« 
piamapure in flebili lamenti, poiché già batte 
improinrisa Tultima sua ora ferale. Viveva 
egli yita vegeta e sana,, quando, colto da insu- 
perabile stagnamento di sangue, gli mancano 
ad un tratto sensi e loquela, e già minaccia 
di e^seroi tolto per sempre. Ah la scena di 
quel momento tuttora mi raccapriccia! Gia- 
ceva l'ottima consorte miseramente afffitta di 
morbo. £dbbrìle4> era raffMtueso figlio confuto 
e atterrito; yedeansi i familiari immersi nella 
costernazione. La più cara, la più tenera, la 



W^ XG061O WVntXKS 

più TirtiioM tra le figlinole tosto tu 
al lettiE» del genitore, d* inlorno al quale pian- 
gono intanto gli amici inermi e pregano i sa- 
cerdoti. Se il sonno etemo è prolungato di 
^aldie istante, lo- è appena quanto basta per- 
die sopraggi onga qui la sua Barhara coster- 
nata (i3). Sull'ingresso della squallida stanca 
io la sento ancora esclamare: Ah Testrema 
ora, spirata nellemie braccia, siagli almeno di 
qualche- alleviamento^! e in cost dire voi la 
TOflete far onta- a resistenze pietose per pur 
viabbraociare Tautor de' suoi giorni. Yeilkteia 
trambasciata^ poi di dolore altro non rimanerle 
•ehe alzare gli occhi al suo Dio, genuflettecai 
alla sponda, di quel letto dove già lanciasi lo 
strale di morte,, e ripetere ^ O padre, una 
Tolta almeno, una folta almeno alza, o padre, 
quella cara tua destra, e mi benedici!;... Ma 
il padre non vive più....^ 

Mi è forza il ripeterlo: O anima benedetta , 
. non vivi più alla* tua patria, alla tua famìglia , 
a' tnoi amici,, né- a voi> miei compagni, che 
vissuti e nutriti feste al suo fianco; non vivi 
più a me,, eoi è tolto di slrigner più quella 
mano che per sei lustri mi resse, di ascoltar 
più quella voce che mi fa guida e- conforto... 
Lamento più che la tua sorte, la mia.... Ma 



DI 6IU8EPPB RBifONDIlfT. t/^i 

deh almen di lassù, dove i buoni hanno asilo, 
da queHa sfera celeste ore sarai salita, volgi 
a me benigna lo sguardo. Gratitudine, tene» 
rezsa, rispetto, a me dettarono la flebile com- 
mendasione che oggi li ho resa. Ho per quanto 
fu in me operalo perchè la memoria delle tuo 
esimie doti non venga mai meno. Altro non 
reslami che attendere il giorno in cui^ disciolto 
io pure da questo frale^ possa ricongiugnermi 
a te, per salutarti anche allora come padre, 
come amico, come benefattore: che Iddio se- 
condi i miei yoti. 



Gamba, Opere io 



mmmmmmmm^im^mm 



ANNOTAZIONI 



O) Nacque Giuseppe Remondini il dj 17 maggio 
1^4^, e morì il dì 4 g^pa^jo 1811. Per eredità 
paterna assunte anche il cognome di Perlij impo- 
stogli dal testatore. 

(a) Giambatista Remondini, figliuolo primogenito 
4i Giuseppe, era uomo fornito di ogni cultura di 
apirito, negli ecclesiastici, e spezialmente ne' litur- 
gici atndj versa tissimo. 

(3> Fu suo educatore in Bastano Tabate Fran- 
eesco Gualtieri di Pesaro, uomo assai colto , molto 
istrutto nella bibliografia e diligente correttore di 
atarope. Egli raccolse nelle nostre contrade una 
ricca auppeilettile di rari libri che trasportò poi in 
Inghilterra. Gli succedette Pabate Sebastiano Men- 
chettà di Locca, dottissimo e savissimo uomp , che 
per Ponore della tipagrafia e per il bene della fa- 
miglia Remondini visse lungamente in essa , e vi 
«hiuse gli occhi nelPanno 1799. *■ 

(4) Tra le varie solennità fattesi quando sali al- 
PoBore degli altari Giovanna Maria Bonomo , mo- 
naca del monastero di s. Girolamo, morta -inf Bas- 
aano DcH^anao 1670, fu cura del Remondidi dMn- 
vitare i pia famigerati oratori ' che aHora avesse 
ritalia, onde formassero a gara un triplice pane* 
gìrioo della eroina. In quest'occasione il nostro 
gentile anacreonte Bassanese^ Iacopo Vittorelli^ 



m^^mtmim^'^^^^^^^^mm^^^^^mmmi^mmm 



l48 ARNOTàZIONt. 

compose una Cantata che abbiamo a slampa, e cbe 
▼enne eoo grande pompa eseguita in musica nella 
bella suburbana Villa Rezzonico. 

C5) Parla di qoest^orazione anche Giambatista 
GJovio nel suo Elogio del conte Giambatista Ra^ 
berti. Basèano, 1 787 , in 8. 

(6) In qufst^occasione il chiarissimo abate Luigi 
ijanzi, il quale soggiornava allora in Bassano per 
la stampa della sua Storia Pittorica deW Itaìia^ 
compose a decoro della pompa funebre la seguente 
iscrizione ; 

IO . BAPTiSTiB . MÀTTBJ£I . F. VBBCIO 

PATRICIO . BASaàSBHSt 

^RO . FRORO . SCRIPTORI . TOLTMUITM . VX.Y&ÌMOl'Vli 

QTORTlt . BDiTlOMB . PATRIJB . ^ISTORIA 

B.T . MABCBIiB . TARTlStHA . AKTIQTlTAa 

TOTITSQ . MYl . MBDll . MKMORIA . EXPLIGATIÓR . EST 

QYf . DVM . SRYDlTlOiriS . CAYSSA 

CYM . FRANCISCO « ZK>NATO . TIRO . EXCBLI^BKTISSIMO 

PBJBFBCTO . YBXBTA . HtSTOElJK . ILLYSTRABDJ: . AYCBKDJS 

PER , AYTYinrALBS . FBBIAS . PBRBGRB . AGIT 



BBODiOII . OBIIT .111. KAL. VOY. AH. MDCG. XCY. 

VIX . AK LVI. M. I. 1> XXII. 
VATYRC . BT . LITTEBIS . MODICYM . GLORIA . SATiS 

lOSBPBYS . PERLIYS . GOMBS . HBV0K01KIY8 

OYI . OPTiMO . BT • COIITYBBRHALI . DBSIDBRATIBSIMO 

BEq. TTP06RAPHIA . SYA . OPTIMB . MBRITO^ 

CTK . TTPOGRAPBI« . OFFICiHATORlBYS 

lYSTÀ . PBRSOLYIT. 

(7) I libri del Marescandoli di Lucca, e i Santi 
del Remondini di Bassano erano in tanto disprezzo 
tenuti, che quasi per proYcrbio si ricordaYano in 



ivavwi^ 



AKlfOTÀnOKI. i49 

IuIm uctiome rifiuti della stampa e della caleograCìa. 
L'origine delle fabbriche' Remondibiane . risale alla 
metà del secolo decimosettimo, ed esse si sostea* 
nero 'per langa stagione, siccome produttrici di ma- 
nifattnre del prezzo più vile. Giambatista Remon». 
dini, padre del nostro Giuseppe, diede straordiDa* 
rio e felice moto colle domestiche officine, ed egli 
fu specialmente, che seppe aprirsi un commercio 
nelle più rimote contrade, e che alle imprese più 
dozzinali aggiunse anche quelle che avrebbero reso 
onore a qualunque esperto e dovizioso tipografo. 
Nel periodo di pochi anni pubblicò opere assai di* 
spendiose per la loro mole , senza bisogno di al* 
cuna pubblica o privata assislenzal La Teologia del. 
Petavlo, in sette volumi in foglio, le Opere del 
Morgagni, in sei volumi in foglio, quelle del Gra- 
vesòn , in diciannove volumi in quarto , quelle di 
Benedetto xiv, in quìndici volumi in foglio, le Teo- 
logie del Berti e del Patuzzi, che formano tredici 
volami in foglio , e la Somma di s. Tommaso, in 
dieci volumi in foglio, s' impressero tra il 1 760 e 
il 1770, cioè in poco men di due lustri , e Questa 
ultima edizione riuscì eziandio nobilissima. Giu- 
seppe Bemondini, sostenendo poi la grandiosità delle 
imprese paterne, vi tolse quella ruggine in cui re- 
stavano involte, e affidando la correzione delle 
stampe ad uomini addottrinati , e promovendo le 
manifatture degP intagli in rame, si attirò merita- 
mente gli elogi dovuti agli uomini di non ordina- 
ria elevatezza d^ ingegno. Se non fortunate in com- 
mercio, belle però ed assai splendide furono le sue 
edizioni degli Annali di Bologna del Savioli» in sei 
volumi in quarto, delle opere di Matematiche del 
Bosc4>vich| in cinque volumi in quarto, e di tutte' 



^PHi^^9«np 



1 So ARHOTlnOUL 

l(" open ài •. Agostino, in di<&ìotto rolomi iir <yiiéito# 
EecelIcDtl ed wlilÌMÌmi li^ri fiufci^ono il Disionario 
Frtacne -Italiano ddl' Alberti, io dfera Tòldmi in 
<|iiarto, qaello degli Uomini illaatri) in TénlidncTO* 
kimi in ottavo, le nitide riatampe dei Claaaieì Ad* 
tori ad untm Delpkini in forma di qtiarló, e tante 
al tr''(HÌisrMii ebe tenevano aedipre occupati aedici 
in diofotto torchi da ttampa» Quanto ai lavori di 
calcografia, pei quali erano in attività ventiquaC* 
tro torciif, egli li promoase colPopera di artisti che 
««bbero p(4r lo pia la culla in Battano i alcuni dei 
quali ii reterò poi chiariasimi. Con itoolU élegani» 
venne cih espresso nella arguente bella iacrizioim 
del ehi arisai RIO Stefano MorceUi , la quale vedett 
scolpita in marmo nell'officina degrincìtori in rame» 

HEIC . TVSCVS . BIRTOLOTIVS . OCBLLVS . BRITAVinA 

MAGTSTBRITM . ARTIS . PIVLISPBR . BXBBCTtT 

HBIC . CITIS . TOLPATVS . DBLlCIf . VRBIt 

HEIC . PLYHES . ÀLII . SVMMl . TVnC . SPB . ADOLBSCBSrTB» 

BVZIC . PBR . BVROPAM . (ÌELBBRBS 

TIROCINIO . m . BBMOVDIHIAVA . OFFICINA . POSltO 

£RA . C£SIM . PVNCTIMQtTB 

CJELARB . INSTITVBRVNT 

QVORVM • lAM . OPERA . RBGIIS . IMPRESSA . <lftA!lTI& 

VT . IMAGINBS . BBDDIDBRE 

MIRACTLO . ORBI . SVNT. 

^) Monsignor Marco Zaguri, che màne^ di vita 
nel settembre 1810. Il Remondini dettò la epigrafe 
<4a scolpirsi sopra il tuo avello ^ e, raccorciata per 
altrui opera, leggesi oggidì nel Dàooio di Vicenaa. 

<9) Dai regni delle l^agne e del Portogallo ao- 
leano spedirsi a Bassano gli esemplari delle goffe 
immagini che ai teneano in TeneracioBe al Braailof 



Aimotàtioiit. iSi 

Il Perù e al Pmfual \ « dt BlsAiM ttlicktàho 
poi nel Niio^ Moiid» te laifti«Kiiit itcn», ttMtJpli^ 
«ite à teigHijft/Sribé Mi t^ gli tfjfritl iti fei^ 
tteAto fW li «pnlfiMie dàlte SpigM dè'*6«*aitl^ 
e i if f) fMrlill II 0Mt>ftofeiii^Bd ewk lìbeM» é con 
ntivè. O fintitiii, é M|g<iii<m«i d tÈt&t di g<fi«» 
dighò ft«ggM*l id 11116 Spbgnoóld di fàt fttcidéré 
dal l^iii«fidiiii «tisi uoAtì&à stampa flip|nMeiltAttt4 
H GiWikio iTniuèf$aléy inilPorigiftale ditégfio ifiaìv- 
dato dà Madrid ; « ìà fftHéìòiM! i<i BàMimO fu èse* 
^ita, « fttìronò tosfO tràBfliease iè lOopk'èBàiOtti ai 
loro lontani destiùi. Ma il Gitàitiià VniUétsaU 
meritata di ti%tit giddicato fteVei^ikiélité. Il diéo- 
gliaior», per isfbgaré la Idi fahriii bife , àvei 
Collocate le armi Borboniche tra il pilfgutOf fo e lo 
inferno, cbh i demonj iti atto di àggrappàf^ coU 
Ponghie è itrtiscinatv le Armi stésse ftèllè lof ma- 
lebolge. Non fa lieve òpera il liberare il eàlòografcl 
da nn^accftsa che aveva almeno Og*i gittèto aspettò 
di eolpà, e senta Tatti vita ed il eomggio del fi* 
gli nolo Giuseppe ssrebbesi veduto oppresso ed 
«Mie il gemtOfe. Ebbe fiile quest'Amaca vitendtt 
con la più leale riconciliazione seguita coll'^àmbA- 
seiatore spagnuolo, il quale a bella posta si tras* 
ferì a Bassano presso il Remondini| ed in progresso 
di tempo rimase poi sempre suo protettore e sno 
amico. 

(io) Andrea Tron, procufatore di s. Marco, il quale 
a^eva varie volte coperta la carica di Riformatore 
degli stodj di Padova, carica a cui erano devoluti 
totti gli affari librar). 

(il) Sostenne in Bologna per due volta la ma- 
gistratura di Anziano, ch'era una delle primarie • 
la sostenne con non ordinaria splendidezza. 



«-■ 



1 59 iHIIOff inOHf. 

(la) Ciompote nn^op^ra di geegrftfit attti«a e 
moderna^ IftVoraU su quella del francete Grenel« 
Di .questa sua. letteraria fatica rimaDi^ooo tuttavia 
importantissimi materiali s ne venne anche, inco- 
minciata la edisÌQney ed era già presso. al suo. ter- 
mine il primo volume quando le rivoluaioni poli» 
tiche gli suggerirono il sospenderne la stampa, onde 
conformarla al novello ordine di cose. Negli ultimi 
anni del viver suo non gli rimase più ozio da ^<» 
dicare ad, uno studioso lavoro che. Io distraeva pia«> 
cevolmente e che lasciato ci avrebbe una bella 
provii della yasta sua erudizione. 

(i3) Non senza la più viva commozione delTa-. 
nimo accenno la luttuosa scena di Barbara Eeraon*. 
dini, maritata neU^ottimo cavaliere Francesco Folco 
di Vicenza $ e non senza il più affettuoso interesse 
ripeto qui nuovamente il nome f mentre per oC' 
eulta firtù che da lei mosse trovatomi ad essa 
legato da una quadrilustre amicizia. Di quest^ami- 
cizia, divenuta oggidì tanto più soaro quanto che 
é la sola che ci compensi ambedue della perdita 
irreparabile, io menerò sempre una onesta e. giusta, 
ostentazione. 



9iQC=9^^H! 



NARRAZIONE 

mXOANO ALLA VITA E ALLE OPERE 

D I 

GIROL. ASCANIO MOLIN 

PATRIZIO YEKEIO 

Letta nelV Ateneo Veneto 
Udì i& giugno^ i8i4« 



V 



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xxitiiLà act HD tempo e grata inctuBbensa mi 
deste, egregi Accademici, impegoandomr a tt^ 
nervi discorso intorno ad un vostro lilastre conf- 
cittadino che frequentava , non ha molto , le voetrtf 
tornate, e che ora non vive più. Io che piango 
in esso la perdita di un costante signore, ed 
amico dì cinque lostrì, vi rendo graeie che 
prescelto mi abbiate a spargere di pocthi fiorr 
la onorata sua tomba, e sebbene questi fiori 
sien colti da nmil pratello piuttosto che da 
giardino vago e pomposo , fia che rìeseanvl 
nientedimeno accetti, e li troviate non privi 
di delisiosa fragransa. Non è intennooe mia 
di tesservi in quest'oggi T Elogio di Girolamo 
Aicanio Molin, ma io mi propongo di affisar 
alcun poco il tenore della sua vita polìtica ei 
letteraria, le morali qualità, i virtuosi cóstnmi, 
e quelle disposiaùoni colle quali egli ha Saputo 
coronare il mortale suo corso , dispoBÌBioni 
che rtsveglieraoDo i ben oompoftti animi vo- 
stri a sentimenti di considerasioneedìafFetto» 



l56 HARRÀXIONE IMTORIIO ÀILS OPSRB 

Girolamo Ascanio Molin, patrizio vene- 
EÌano^ venne alla luce nel dì 8 di novembre 
deiranno 1738, e fa nltimo rampollo di una 
antica, nobile e doviziosa famiglia. Egli avea 
Sortito dalla natura mente atta a qualunque 
scienza^ ed ebbe la sorte di ottenere la sua 
isUtusione letieraria sotto ottimi Precettori 
nel Collegio de' Nobili, allora fiorentissimo , 
nella città di Modena. Compiaceasi di avere^ 
avuto fra gli altri^ ad educatore e maestro , 
il celebre poeta e filosofo Giuliano Gassiani. 
Cominciò di buon'ora a dare non ordinarie 
prove d'ingegno, sì con ameni componimenti^, 
come eoa pubblici letterarj eaercizj; e cominciò 
di buon'ora ad essere guardingo e pesatissimo 
in tutte quelle azioni di cui si fosse potuto 
una volta pentire , dal che poi nacque che 
negli anni più tardi non volle mai pubblicar 
ool suo nome le opere che ha consegnate alle 
stampe. Quanto è lodevole una drcospezione 
che unica 8.erve a far saggio del giudizio del 
pubblico, tribunale il più sincero e incorrotto! 

ILiconsegiiato il nostro giovane a'snoi geni- 
tori , dopo avere onorevolmente compito il 
Corso de^suoi studi, furon eglino ben contenti 
di riscontrare nelle parole, nelle azioni, nel 
consiglio , e per sin nel silenzio e nell'aria. 



BI 6TR0LAX0 ASGiKIO UOLtV. I 5/ 

del suo Tolto quella pradente condotta, che, 
teoza. essere compagna di una timida e sover* 
chia cautela, dà maravigliosi presagi di bella 
riuscita. E questa riuscita era quella che stava 
massimamente a cuore de^ Padri Coscritti, di 
qnest' allora illustre Metropoli, che miravano 
ad accorre nel loro seno figli degni di assu- 
mer con lustro la toga patrizia. 

Nell'età dalle leggi prescrìtta fece il nostro 
BfoiiD il suo ingresso nel così detto Collegio^ 
corpo rispettabile dello stdto in cui videsi 
be» presto decorato dell'onorevole ufficio di 
Saf^io agli OrdinL Lo sostenne egli con abi- 
lità e con applauso, temperando fin d'allora 
con bella ind astria le gravi cure 'del magi- 
strato colle amene dell'uomo di lettere, e 
dando tal saggi, che l'ingresso gli apersero 
per una parte ad ufficj di maggiore impor- 
tanca, e per l'altra alle adunante, delle Let* 
t^arìe Accademie, allora fiorenti e in patria 
ed altrove. 

Quella nobiltà di animo che rende, chi n'ò 
A>rnitOj nemico di ogni basso interesse, impe- 
netrabile alle voci della seduzione, e inclinato 
allo splendore e al generoso uso di larga for* 
tana, è il fregio ^ più bello che possa ornare 
un personaggio distinto per nascita e per ta- 



iSBr MAVRJLZIOIII ffiTORHO ALLE OPBtl 

lenti , ed era eaaa il retaggio dì GiroUmo 
A Scanio. E§^i cominciò di buon'ora adìmpie'» 
gare una parte delle sue fortune nella co6tra« 
aione di fabbridie, nell'ospitale asilo degli 
uomini di lettere , nel raccogliere monanienti 
di arti e di 8ciense,e durò in lui sì geoerosa 
attitudine per tutto il gcmtso non breve della 
eua "Vita. E <jnesta sua yita nonT*haehi possa 
inoltre non attestare che non fosse accompa- 
gnata da singolare lealtà, e da una sincerità 
aenca pompa di parole, sensa artifisj,e senza 
Terun calore di esterne espressioni; dì ma- 
niera che, richiesto questo personaggio di 
parere o di consiglio, esponeva sempre in firaor* 
Al modi il suo sentimento, libero da ogni 
passione e sensombra alcuna di preveniùone. 
Lo leggi deiramuàaia erano presso lui sacro- 
tante, specialmente dove le vedea pare e 
tgombre da ogni interesse; e ne il tempo, né 
la lontanaaia, ne la letteraria corrispondensa 
interrotta, erano bastanti a punto scemare in 
lui la memoria di ehi gli era stato caro una 
volta. I nomi egregi del marchese degli Obtssi 
di Padora, del conte A ntonio Cerati di Parma^ 
di Giacopo Giiistinianiy che ora non sono più^ 
« de' tuttavia viventi Antonio da Ponte, Gip* 
vamùCorrer^GiovanoiBalbi^GiambatistaBroe* 



DI CUOIANO 18C4NIO UOUUm I S§ 

Ai, Iacopo Vittorellì, formavano per esso i| 
più dolce soggetto o dirimenabranaaodicure 
iempre aCfetluose. Ebbe pur tra' suoi cari il 
conte Aurelio Guaroi^ri OUoqidi09Ìoio,ca- 
ratiera coltissimo j al qyale^ da iomialant 
inprte rapito, yoUe rendere qpa solenod testi^ 
Dioqiao^ di {cordoglio, di estimasione cpl far* 
gli scolpire ui|a lapida s^^polcrale ranno 1789 
pel cjilpstro de' Friitì, o sia de' Minori Con- 
T^OfQ^Ji^ di questa città. 

Ma discorrianìQ ^'Icoa poco sulle asioni di 
questo personaggio siccome ornamento della 
eua patrìai e togliamole da qael denso velo 
di- rara umiltà in cui egli amavale involte. 
Frospoaso di buon'ora alla deputasione alle 
^cqae, dobbiamo tutti al suo gelo una prov* 
nde^iPA di cui qogUesi il (rutto oggidì. Egli 
Tolle ed ettenue cbe foste ecDresciuto il nu^ 
Siero de' Pes^i di quevla città, ed ebbe cura 
i:he fossero <K>»truù9 sicure difiise a quelli cbe 
potè^no r^stdr d^nueg^li cbll'escresoenie della 
marea, attesa la troppo ImMus lor posisione» 
I^ {^residence 9 h fàmwf^t solile ed eooor- 
dvsi ik più diatioU soggetU di uà illuAire Gof- 
mw, gli vennero tribulsie uell^ Qwurmttie^ 
tribuiia|i| coipQ bea sepete, cospicui iu ari« 
sUicrpaia, 8Ì«cQiii^ quelM ch^ av^^oo per ìlifso^ 



l6ù MAHRAKIOHI IHTOBRO kttt OFEUf 

non solo di assicarare in forme illibate e ia<« 
nooenti i dritti di proprietà, ma di presefrare 
esiaodio le ragioni de' deboli patriz) contro le 
prepotense dei forti. Il merito e la riputatone 
non tardarono poi a colbcarlo in altra dignità 
eminente. Fu Apvogadore del comune^ eaiiea 
da cai non andarano disgiunti le prerogiatire 
• i pericoli che TaDtica Roma accordata ai 
•noi tribuni del popolo, e carica dal M olii^ 
sostenuta con tanta probità ed opportuna ener* 
già, che servì a preconissargli incumbense 
ancora più luminose. Di fatto, poco appresso 
Tenne eletto a consigliere^ o sia membro ad* 
detto a formare Tunità della- serenissima si- 
gnoria; e siccome le patrie Leggi accordavano 
a questa il diritto di associare uno de' suoi 
individui al tribunale supremo degF inquisii 
tari di stato, cosi fu ammesso tra tali indiTi- 
dui il Molin^ sensa che alcun rivale osasse 
contendergliene il concorso. Fu onorato di sì 
maestosa rappresentanxa appena che s'udì pro- 
clamato il suo nome. 

Quando rottimo eittadino sia pervenuto a 
rendersi famigerato non solo colla integrità 
del costume, ma colla perspicacità de' talenti 
e coHa fermezsa del carattere, bello è l'afB- 
<BÌo che può essergli imposto di metter freno 



■«•' ■• 



SI GTIK)LAVO ASCAint) KOCm tit 

aHe altrui sregolate passioni, e tanto più splendè - 
egli allora come astro benefico quanto pid la 
patria può in ardue circostanze yaleni dèi 
possente suo ajuto. Io intendo di toccare di< 
Yolo a c^nesto luogo un' epoca strepitosa ia^ 
cui rimase il veneziano- orizzonte aristocratico"' 
coperto di nubi. La patria, minacciata da in* 
grate innovazioni , raccomandò principalmente^ 
al Molin la sua salvezza, ed egli, scevro da 
ogni umano riguardò^ forte e costante ndlfti 
saggezza di sue irnsure^ non tardò uo mo*« 
mento a deprìmere gli- autori di torbidi si* 
stemi, a metter freno a' loro proseliti ^ e td< 
abbandonare al disprezzo gii oziosi investigai^ 
tori del procedere di un repuUblicano severo ^ 
e fermo^ pronto e risoluto. Per consenso uni- 
versale della nazione fu questa un* epoca che* 
gli lasciò i più- giusti dritti alla considerazione 
della sua patria^ e gliene seppe essa buoa) 
grado collocandolo n^'eccelso Consiglio dei x^. 
nel qual tribunale di alta polizia passò a se- 
dere più voItey.e sempre conesito- per la caosa-^ 
pubblica utile e dignitoso. 

Ricorderò^ miei signori, anche xm altro 
tratto della vita politica dell'illustre nostro 
Magistrato^, a fine che conosciate in quanto 
conto egli era tenuto nelle straordinarie so* 

Gamba j Opere^ 1 1 



l6a MlABÀZIOSB IHrOBHO ALLE OPBRB 

praTTeoIetize della repubblica. Erano le Te- 
nete province Dell'anno 1^83 flagellate dalla 
fame per mancanza di granaglie, e le afBìtte 
popolazioni inyocayano dalla liberalità del 
principe pronto e generoso aoccorso. Si de- 
cretò alla straordinaria deputazione di Prov- 
veditore alV Annona il Molin^ il quale imme- 
diatamente misesi a percorrere Je città cir- 
atanti, a conoscere la estensione de' mali, ed 
t porgervi pronto sollievo, facendo uso dei 
mezzi senza limite assegnatigli dalla pubblica 
confidenza. £ facile T immaginarsi che nel- 
l'adempimento di commissione tanto benefica 
sì attirasse gli encomj e le benedizioni di chi 
vedeva in lui il rappresentante della sovrana 
liberalità, ma non era agevol coaa Tottenere 
r intento a cui egli mirava precipuamente, 
cioè la depressione, il castigo, Tannientamento 
de* monopolisti. Contro questi subito rivolse 
le sue indagini, contro questi si mostrò giu- 
dice severissimo, e giunse in tale circostanza 
se non ad estirpare così maVerba, a dimi- 
nuire almeno la possibilità di rendere le pia- 
ghe più cruente e più vive, ed a far tremare 
i colpevoli al solo ricordar del suo nome. 

Ma bastino questi cenni intorno alla aua 
fita pubblica, mentr'io v'invito a tornare £ra 



BI GIROLAMO À9CANI0 VOItw; I 63 

le pareli domestiche del yostro conchtadiDO, 
e ifon siavi discaro di renir meco ad osser- 
varlo più d'appresso fra le distraEiODÌ dello 
ingegno e le cure dell'amicizia. Vedetelo a 
buon conto nel seno di sua famiglia, siccome 
compagno d'ottima e nobilissima sposa, dive- 
nir tenero padre di due figliuole, educate e 
erescmte alle virtù domestiche e alla pietà 
religiosa. Vedetelo non mai dominato da sete 
d'in^aadimente di sua fortuna, non mai di- 
mentico di quanto dovea alla onestà e alla 
rettitudine del suo carattere. Non potea de- 
siderarsi segretezza, discrezione^ tolleranza^ 
assistenza maggior della sua dove lo rickie* 
desse il bisogno. Le stagioni poi dedicate agli 
osj campestri le passava egli nella sua villa 
posta nel subbarbio della mia Bassano, e quivi 
gli faceano corona ospiti che godevano di gio« 
coodissima libertà, e che spendevano lieta- 
mente il tempo non tanto nel dilettarsi diqu^ 
vaghi giardini della natura, quanto ne' tratte- 
nimenti di una sempre amena e sempre va« 
ria cultura di spirite. I giorni di allora non 
erano ancor minacciati da impetuose bufere e 
siente era di ostacolo alla più sincera allegrezza. 
A questi tempi, o Accademici, più distia- 
4«oiente appartiene ciò che vi ringuarda, ia 



l64 NÀBRAEIOHB IHTOBHO ÀILB OPIil 

eerìe, cioè, de' letterarj laTorì che occuparono 
r ingegno dell' illuslre vostro socio. Non sono 
essi di poca importanza se TOgiiam prendere 
in considerazione, oltre agli stampati, cpielli 
che rimangono inediti, e che forse sareUbero 
i meglio opportuni ad aasicnrargli un posto 
distinto nella posterità. In doppio aspetto yi 
ai offre il, nostro Antere agli sguardi, e come 
storico e come poeta. Siccome storico, pochi 
sono certamente que' cittadini che, caldi dt 
vivissimo patrio amore, abbiano più costante- 
mente di lui adoprato la penna ad ilinstrare 
questa nostra Venezia. Incominciò ^li dal 
recare dal latino nel nostro idioma la Stofia 
di Andrea Morosini^ e lavoro si fu questo, si 
per la diligenzai ed esattezza del volgarizza- 
mento, come per la importanza delle narra- 
zioni, di somma universale utilità. 

Voi conoscete già, per le stampe due volte 
fattesi, la giudiziosa sua raccolta di Orazione, 
Elogi e FitCf scrìtte da letterati Veneti patiiz) 
iu lode di dogi^ e di altrì illustri soggetti^ 
oraaoni per la maggior parte da esso pulita- 
mente dal latino recate air idioma nostro. 
Spicca la dottrina del benemerito raccoglitore 
nella lunga e ben maturata prefazione airo* 
pera, in cui si svolge la controversia intorno 



SI GlROLàMO A8CAVIO ItOtllC. l65 

al metodo da segaìrsi nel tessere le vite degK 
iiomÌDÌ illustri; e la raccolta ci dà schierate 
quelle scritte da trenta patrtzj yenesianij 
ìnoomìnciando da un'oraxione del secolo xt 
Jndiricxata a Carlo Zeno da Leonardo Gin* 
stiniano, e dando fine con dae Concioni elo« 
qaeatissime^ una di Lodovico Arnaldi ed una 
del cardinale Flangini in lode del celebratis'* 
8Ìmo doge Marco Foscarini. Bella cosa è il 
i^ere in due volumi riunite tante prove dei 
singolari ingegni del veneto patriziato, o se 
risgmurdare si vogliano come illustri nelle loro 
geste^ o come maestri nell*arte delFeloquenza. 
Ma anche questo è piccìol lavoro se debbasi 
confrontare con altri del nostro autore che 
giacciono inediti. La Storia della Veneta Re^ 
pubblica nei cinque lustri che precedettero 
la sua caduta venne da esso scrìtta con ma* 
ravigiiosa esattezza, e voi scorgete in essa fé* 
delmente registrate non solo le politiche e 
civili vicende de^ Veneziani, ma eziandio le 
orazioni dette nel maggior consiglio e nel se* 
nato dai Centanni^ dagli Zeni, dai Foscari, 
4lai Giustiniani, dai Flangini, orazioni che 
fermeranno sempre altra onorevolissima testi- 
fliionianza del fiore in cui Taiie del dire si 
mantenne fra noi^ arte però che venne mene 



l66 HÀRRÀnONl IHTORVO ALU OPIRI 

nel patriziato, e spirò quando que' robusti 
sostenitori del patrio decoro finirono il corto 
di loro Vita politica. 

Altra opera giace inedita non meno Tasta 
nel suo disegno che della vostra considera- 
4sione degnissima. Questa in cui traragliò Fau- 
tore sin agli ultimi periodi del viver suo, è 
un Quadro delle magnanime azioni, e pub* 
bliche e private, nelle quali si distinsero i 
Veneziani dal nascere sino al tramontare della 
repubblicai È diviso il lavoro in più classi 
perchè si veggano rispettivamente raccolte, e 
schierate le gesto di chi si segnalò o per la 
prudenza-{ie' consigli, o per la giustizia nelle 
operazioni, o |>er la dolcezza e la temperanza 
negli eventi, o pel valore nelle imprese di 
guerra. I fatti si trovano bene spesso puntellati 
dalle autorità di scrittori forestieri affinchè ogni 
ombra di parzialità sia tolta, e si crei un giusto 
sentimenta di maraviglia nell'animo di chi legge» 
Non vi parlerò di altre scritture in prosa di 
minor conto, che non mancano fra' suoi mano- 
scrìtti dove sono e curiose dissertazioni, e lettere 
erudite, ed una commedia, e l'elogio di Pie- 
tro Loredan, celebre generale delle armi ve- 
nete nel secolo xv. Erasi proposto il Molin 
(di leggere questo elogio nelle vostre adunanse 



mm 



DI GIROLAMO A6C1NI0 VOLTH. ìÌ'J 

in questi giorni medesimi ; ma in queste adu- 
nante e in questi giorni in vece, ahi ^ che per 
inopinata e luttuosa cagione io qui prendo ii 
suo posto, rassegnato a qaella Proryidenxa 
che ridesi sempre degli umani nostri disegni ! 

Mi aTyicinerò ora anche al Parnaso, ma 
per torcere assai presto il pcisso^ sì perchè a 
me non son famigliari le strade del sacro 
monte, sì perchè io porto opinione non es* 
sere il nostro, d'altronde rispettabile socio^ 
pervenuto ad alcun eminente posto nel bel 
corteggio delle Nove Sorelle. 

Due Yolte vide la pubblica luce un ano 
voluminoso epico lavoro intitolato Federico il 
Grande, o sia la Slesia riscattata. Vastissimo 
n'è il disegno, colorito in ben quaranta canti, 
ne' quali intese il Poeta a descrivere la guerra 
sostenuta dal grande Eroe della Prussia, in- 
cominciando dal momento in cui videsi cac- 
ciato dalla Slesia, e terminando in quello delfa 
sua restituzione al dominio della medesima 
neiranno 1 7^8. Yolle spiegare in questo poema 
i sistemi e gli ordini delle grandi corti mo^ 
derné, e i maneggi de' gabinetti, e romantico 
palesandosi prima che questo nome venisse 
in voga, introdusse episodj e pitture degli 
odierni costumi che tengono sempre il Juogo 



^mmnmmm^mmmmmmtBmmmm^^^^^^^^^^** '. ■ u 



«68 -Rii»rA«ioiiE iutortio alle oberi 
-delle allegoria o de* prodigi scavati fuori dal- 
i^aotica mitologia. D*aopo. è però il cuufes- 
«are che sì vaiata impresa ebbe Del nostro aa* 
lore un campione che moslrossi poco confi- 
•deiUe ed amico di Apollo. 

Altro poema scrisse il Mòlin a pochissinod 
^oto, che porta il titolo di Venezia tradila» 
Ne fece eseguire la stampa in sua propria 
casa, e ae ne divulgarono alcune copie sol- 
tanto, le quali eziandio vennero poco appresso 
per dilicati riguardi consegnate alle fiamme. 
In questa non breve opera^ tutta calda di 
amor di patria , e piena di verità^ in altri ten>pi 
«ngratissime, <volle colorire la storia di una ri- 
evoluzione su cui non occorre arrestarci, che 
afilla non è funzion questa nostra da funestare 
•con isterili lamentazioni ! Non vi parlerò nem- 
jneno alla distesa di un terzo epico lavoro 
del MoIin, intitolato la Strage degV Innocenti^ 
jìè di una sua raccolta di Poesie liriche , Tuno 
^ le altre già venute alla pubblica luce. 

Ma se non Ja palma di valoroso poeta, bea 
altra seppe meritarne il Molin, che fu uomo 
imperturbabile in mezzo alle più strane e più 
ingrate vicende. Se vorremo indagare il teoor 
Ai sua vita dairepoca in cui cessò di esistere 
ja repubblica fino a quella la cui pagò il tri^ 



DI<CTBOLlHO A^CAniO VOLIff. 169 

lato, che ci è comune, noi conosceremo che 
in lui non si cicalmiarono mai le piaghe la- 
sciate aperte dalle funeste rÌTolazìoni di quo* 
Ste contrade. Vedremo però eziandio die non 
gli venne mai meno il coraggio nel lottare ora 
contro gli assalti dell' invidia cittadinesca, ora 
contro le «lacchin azioni della vendetta , ora 
contro la prepotenza di que' dominatori che, 
secondo le sue espressioni^ eran fra noi per 
iagb'are ie radici deir albero deirabbondanza 
con una mano, e per pretenderne inesorabil* 
mente i fratti coU'altra. Giunser costoro sino 
a strapparle una volta dal suo pacifico cam* 
pestre asilo, e a guisa di reo di alta tradi- 
zione lo vedemmo strascinato a' lor tribunali, 
ed obbligato a schermirsi dsL terribili insidie. 
Ma non gli fu doiopo che di mostrare aper- 
tamente una fronte in cui T Insubordinazione 
o il delitto non poteano lasciar vestigio di 
macchia alcuna, e quindi videsi finalmente 
restituito innocente in seno della famiglia, to- 
gliendo dalie angustie più gravi gli animi dei 
suoi parenti e de' suoi amici* 

Ridonato agli ozj domestici, sempre più 
TafFrenando quella commozione che lo rendea 
mal sofferente ne'tutt'ora strani sconvolgimenti 
della paUiai cercò i aotlievi deU' animo uti- 



1^0 HAlKÀKIONB INTORNO lltB OPSRB 

Taccarezzare, oltre alle lettere, anche le arti, 
• le scienze con sempre maggior ardore, • 
nel convertire, direi quasi, la sua abitazione 
in un tempio sacro a Minerra. Voi ne po- 
trete scorgere le pareti rivestite dì mamii, di 
sculture, descrizioni, di bei frammenti di aa- 
tichità. In un canto di questa sua casa am- 
mirasi ira gabinetto in cui la natura fa pompa 
de' tesori che stanno nascosti neHe viscere dei 
Suoi monti, a negli abissi delle sue acque. 
Sorgono in altra cauto bei monumenti della 
pittura, della scultura, della incisione delle 
stampe; e la storia spezialmente de'primordj 
della pittura veneziana scorgesi lineata dalle 
opere che in copioso numero a lui riuscì dS 
scoprire e di acquistare. Raccolte di medaglie 
e di monete, oggetti di erudita curiosità, sup- 
pellettile abbondantissima di libri di storia, e 
di amena letteratura, e soprattutto codici 
contenenti antiche patrie memorie, tutto ci6, 
miei signori, à il risultamento delle nobili 
passionr, de' dispendj e delle vigili cure del 
vostro concittadino. La patria poi, e la po- 
sterità doveano, per gV inalterabili e nobilis- 
simi suoi prìncìpj coglier il frutto di tanta sua 
industria; e voi sapete che lo colgono adesso 
mediante una generosa disposizione testameir» 



■^ 



DT eiROlAMO ASCAVIO XOLIH. I^I 

tana la quale esiger dee illimitata gratitudine 
per parte nostra, e, direi ancora, qualche te- 
stimonio di nazionale riconoseenza. A tutti è 
noto a quali usi restano riserbate le belle 
suppellettili dal solerte nostro socio raccolte. 
Il Liceo di questa città, la pubblica Biblio* 
teca, l'Accademia delie Belle Arti le custo- 
diranno perpetuamente a proprio decoro, ad 
istruzione, ad esempio della nobile gioTenti!i 
reneziana, e a testimonio delKultimo pegno 
dì amore di un benefattor generoso. 

Nel giorno sette dello scorso mese di mag- 
gio Girolamo Ascanìo Molin, assalito da im^ 
petuosa febbre, vide imminente lo scioglimento 
suo dai legami di questa vita. Lo yide, e 
non si turbò, perchè la condusse sempre in- 
ienaerata ne* rigorosi limiti prescritti al filo- 
sofo cristiano, e potè così tra le preci dei 
sacerdoti, tra il compianto de' propinqui, dei 
fauivliarì, degli amici chiudendo placidamente 
gli occhi per sempre, passare in seno della 
immutabile eternità. 

Per le cose sin qui esposte senza pompa 

giratoria, senza eleganza di dettato^ a me ba- 

"Bterà, o egregi Accademici, d'essere nuli adi - 

meno riuscito a schierarri dinanzi le azioni 

principali della yita di un vostro socio ilio- 



lyS HABRiflOKB IKTOAKO iLU OPEM, ECC. 

«Ire, a maoteuere io yoi vira la rimembransa 
delle sue prerogatire, e ad adempiere in qaal« 
che guisa alla commissione di cai mi avete 
onorato. Airamarezaa della perdita che ab* 
biam fatta, io Tengo in fine coraggioso a chie« 
dervi tm alleviamento « un ristoro. Consiste 
questo neireccitaryi di annoverare, fra quelli 
che sono onorati di sedere frammezzo a voi, 
il nome del conte Carlo Giusti di Veronag 
erede delle virtù e delle facoltà del defunto 
suo suocero. Questo giovane cavaliere non è 
al di sotto di chi che siasi ne' nobili e vir- 
tuosi costumi^ egli è caro alle Muse, egli è 
amico delle arti belle,eglièaffezionati8simoa 
questa vostra città, che diverrà forse d'ora 
innanzi il suo stabile domicilio. Se vi piace di 
dargli un pegno di quella considerazione ch'iq 
gli credo sinceramente dovuta,' lo date altresì 
é me di quel generoso compatimento eon coi 
vi piacque di ascoltarmi e di farmi aobil 
corona. 



■ -^ 



DELLE LODI 

DI 

LUIGI GORNARO 

DISCORSO 

LATTO niUA B. ACCADEMIA DI BILL! ABTI 

IH TfKEZIA 

Per la distribuzione de* premj 
nel dì IO agosto 1817. 



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In questo solennìssìmo giorno, in mezzo a 
questo festoso apparato, dopo i dignitosi Di- 
scorsi che avete, uditi, sciolgo io puf e una 
payida voce al cospetto vostro, eccelso signor 
conte Governatore^Magistrati supremi di questa 
città| chiarissimi Professori, Scolari ornatis- 
kimì^ Uditori tutti umanissimi, e la sciolgo 
con j^rata sommissione airorrevole incarico 
impostomi, adempiendo alle discipline di que- 
sta reale Accademia, le quali prescrivono che 
le lodi annualmente si rinnovellino di coloro 
i quali tra' nostri nazionali ingegni si distìn- 
sero siccome più benemeriti nelle tro divina, 
arti del disegno. 

Oggidì più che mai risplendente quest'au- 
gusto tempio delle Muse, non dovrebbe im- 
mischiarsi a compiere il nobile ufficio chnle 
attraenti lor grazie mal conosce ed intende; 
Ria, quanto a me, per ritrarmi men inglorioso 
<i^io possa dal dilHcil cimento^ penso di voi- 



1^6 VILLI tioor 

germi ad altra meta^ e già confido d! Tederri 
arridermi cortesi, se, lasciati da parte e ma- 
titatoio e regolo e scarpello, io mirerò più. 
volenlieri a chi gli artisti protegge, e femierò 
la vostra attenzione sopra un segnalatissima 
Mecenate. Potrò così, dispregiando ogni so» 
rerchia salyatichezxa, alcun poco interteneryi 
intomo a' vantaggi che da benefiche tutele di 
questa fatta possono le Accademie ottenere, 
6 metterò in giusta veduta un magnanimo 
nomo del secolo sestodecimo al patrìzio ve- 
neziano consesso appartenente. 

'A tutte le colte nazioni è noto Luigi Cor- 
baro (i) per la famosa sobrìeU e temperanza 
nel suo lunghissimo vivere, e per le auree 
regole che dettò intorno alla Fita sohria\ ma 
non è forse universalmente noto quanto ad- 
dentro egli vedesse nelle arti, quanto amasse 
gli artisti, quanto operasse per loro vantaggio. 
Io discorrerò ora questi suoi meriticelo farò 
colla celerità del viaggiater frettoloso che leg- 
germente osserva e disamina. Che se rivol- 
gerò al Cornare lo sguardo io preferenza a 



(i) Abbiamo un^ esatta genealogia del casato del 
nostro Luigi* nelle note di Apostolo Zeno al Foa- 
taoini, tool, a^ e. 345. 



DI LViei' CORirlRO» i^y 

tasfr altri insigai che per lo bene delle ani 
crebbero in questi lidi, sarammi, io 8p«ro> 
menata buona mi' eksione che pur basteTole 
sia per alcuna cosa toccare ^ la quale a' con- 
cittadini torni in onore, a' prestanti nostri pro- 
fessori riesca gradita, utile sia a questa gio* 
Tentù yalorosa, e possa in fine da ogni animO' 
«mano e gentile essere con Sitfierenxa ascoltata. 
D^li ano! più Tordi, dal nostro personag- 
gio^ trascorsi in Padova, poco è a dire, e me- 
glio sarebbe il non dire. Quantunque fosse 
slato institnito per gli ottima studi^ come ri- 
chiedeasì a signore di belVingegno, tnttaTia; 
egli confessa di ayerK presto messi in non 
eale, logorando il tempo nella spensìerateisa 
e nelle crapule, dal' che ayea eontratto scon<> 
cena di sanila, e tanto mak abitodim che,, 
Tenuto a' 35 anni., nuiraltro- a sperar gli re-- 
stara che di poter finire per morte i traragli 
di un» Tita logora e scoosolnta (i). Non ci 
arresliame, cari giovani, su questo suo periodo» 
di vita, che già vedrem risarcite, e almenoi 
liame dal suo- stesso esempie quanto» 



(i) Gò aappiamo da varj, 8(|ii.ipci de^anAÌ dìveuir 
Trattati della f^i/a Sobria ^ e dalte poche LcHtvm 
che di liii ei rtinan|[ODe. 

Gamba, Opere 12 



1^8 DELLE LODI 

import! il battere la retta via della TÌrtù e 
dello studio: la yia contraria de* dissipamenti 
e dell'ozio segna in apparenza pace e bonac- 
cia; in sostanza poi non è che guerra e tem- 
pesta. 

Divenuto il Gornaro maturo negli anni e 
maturo nel senno, e spiegatasi in lui un'inge- 
nita benevolenza verso quelle arti morelle che 
formano Tomamento più caro del nostro suolo, 
gli riuscirono esse il più verace, il più utile, 
il più delizioso intertenimento. Pigliamo da 
lui stesso a prestanza le parole e la voce. 
^* O onorati gentiluomini (egli scriveva), o 
^^ grandi d'intelletto, di costume e di lettere, 
^- ed eccellenti in alcun' altra virtù, venite 
^' meco ad onorare le arti e gli artisti, e ve- 
^^ detene satisfazione e conforto!.... Io sono 
^-' nella più bella parte di questa nobile e dotta 
" città di Padova, e mille beni io ne ritraggo. 
** Fabbrico con ragione di architettura, e godo 
^* i miei diversi giardini, e sempre trovo cosa 
^* che mi diletta.... L'aprile e '1 maggio^ e così 
^^ il settembre e l'ottobre altri sollazzi ritrovo 
^' o nel godere un mio colle fra questi Eu- 
ganei, e nel più bel sito di quelli, che ha 
fontane e giardini e soprattutto comode e 
[^ belle stanze, o nella. mia villa di piano, la 






■■ 



DI LUIGI COBNARO. I 79 

^' quale è beIIÌ88Ìma, con istrAde^ con pìazisa 
V e con chiesa onorala asèai.... villa chei già 
^* deserta per mal aere e per accpie paludose, 
^< ora è per le mie care tutta ricca di gente 
'' e di campi fertilissimi; talché io posso dire 
*' con verità che ho dato in questo luogo a 
^^ Dio altare e tempio ed anime per adorarlo... 
Quivi piglio piacere con gli uomini di bel- 
J intelletto, con architetti, pittori, scultori, 
musici e agricoltori; che di questi uomini 
per certo questa nostra etade è copiosa 
assai (i). ^, 

£ ben sapete, o Signori, qmanto quelk sua 
etade copiosa fosse di begF ingegni! Etade fe- 
lice! Gli uomini privati gareggiavano allora 
co' grandi e co' principi a rallegrar il cielo di 
bella luce, e per quest'accordo di eletti spi<« 
riti r italico genio si scosse, le lettere risplen- 
dettero^ le arti geniali si riconfortarono, ed 
un' accorta dilicatura si diffuse e s' insinuò iu 
ogni studio più liberale. Non dipartiamo da 
questa incomparabile nostra Yinegia, e ve- 
dremo che se i sovrani suoi cittadini un Da- 



te 

Ci 

a 



(i) Sono tolte queste parole qua e Ik da^suoi 
Discorsi surriferiti. Merita di essere principalmente 
letta ia sua lettera a messere Sperone Speroni, 
«crkta dalla yìììdi dì Codot^ico alli ^diapriUf i542« 



l8o BEILE LODI 

niel Barbaro, un cardinal Bf«mbo, un <iog& 
•Grìtti, un cardinal Grimani| un Giorgio Trìs^ 
«ino ticenttno. Il Gomaro noetra,non fossero 
slati, non avrebbero forse sorpresa il mondo- 
un Tiziano^ un Paolo, un Sammicbeh'i un 
Palladio. E quante mai non son eHeno le in- 
dustrie di un proteggitore intelligente? Eglf, 
fdtre a mostrarsi liberale di sue sostanze,, con- 
rersa colFamico erudito e ne trae inrentiv-e e 
fantasie, egK s* introduce nel banco del dovi- 
flioso trafficante cui trasfonde quel succo, di 
cui è nutrito egli stesso, egli entra, se fià 
d'uopo, nel chiostro, ed infervora il fraticella 
divoto ad ei^r templi ed altari, né occasione 
alcuna trascura ^ fin che le arti s^innaUin 
sempre gloriose. Nella Grecia, madre di ogni 
•leganaa e di ogni filosofia, trascorsi i secoK 
dei PericK e degli Alessandri, terra e starpi 
divennero i Portici ed ri Pireo; ed il Lao- 
eoonte e l'Apollo (ra terra e fra sterpi andiar- 
rono per secoli a seppellirsi. 

Frale tante prove che ci hsciò- Luigi Cor- 
Baro delVaffitaiona sua agK artisti io mi liim- 
terè a dirvi di una soltanto. Fioriva a' suoi 
tempi it veronese Giammaria Falconetto {v)y 



^i> Giorgio' Vattrì scrìsse ìsl vita- di GìaAmari» 



W^gm^ggfm^mamK^^&^m^^^^^^^i^^^^^^^^^m 



DI LVICI COBRA RO. l8l 

11^8 pittara yaloroso, n^l'arcbitetturà fami- 
gerato, e molto esperto nella plastica arte. 
Era costai bel parlatore, franco e piacevole^ 
e dopo arer qua e colà peregrinato, Tenne a 
ricoTerarsi tra le pareti ospitali del nostro 
Cornare, che gli offerì le più larghe rioogni* 
eioni. Si legarono presto gli animi in amistà 
vicendcTole, e qoindi dotti ed ameni collo- 
qui, e quindi la Famigliarità la più intima, 
la più cara. Una copiosa raccolta di disegni 
die il Falconetto avea seco recati da Roma 
invaghì il Cornare talmente delle magnificenae 
di quella città regina, che volle in compagnia 
dell'amico passare ad esaminarle. Partì ricco 
di desiderj; ricchissimo di dottrine tornò alla 
diletta sua Padova, facendo ivi costruire una 
magnifica loggia ornata di pitture, di statue e 
di quadri tolti da^ disegni di Raffaello (i), e 



Falconetto , ma con migliore critica tornò poi a 
dettarla il nostro Tommaso Temanza, che la itaseri 
nelle sue f^Ue degli Architetti P^eneziani. f^eneziti, 
1778, in 4» psg* i3i e seg. Le epoche della TÌta 
del Falconetto furono poi con più esattezza di ogni 
altro contraddistinte dal Brandolese nel suo libro: 
Pitture di Padaya, pag. a53 e pag. 376. 

<i) VediiVòiùia iP Opere di disegno nella prima 
metà del secolo Xf^J ^ ecc., scritta da un Jno' 
wùrnOf pubblicata e illustraia da Jacopo Morelli» 



*^» ■ «' ■ ■ i ^. . 1 . ^ y»gBeqBwgg^";g^gg?lwii 



183 BELLE LOm 

murando nel suo cortile un nobilissimo casino 
sacro alia Musica, sempre colla sopri nleu- 
denea e colia direzione del suo Falconetto. 
Di lai si valse poi per altre grandiose fab- 
briche poste nella villa di Godovico su quei 
di Padova (i), ed in Luigiano presso Torre- 
glia su i colli Euganei. Né cessò se non che 
per morte la bella alleanza tra 1 mecenate e 
l'artista, lasciando a questi il conforto d'esser 
assicurato che sempre resterebbero in possesso 
di ogni carezza la più ospitale e la propria 
moglie e Ire figliuoli maschi e s^ femmine, 
la fortuna de* quali tutti rimase in fatti alla 
mercede del credito e dell'aatorità del pro- 
tettore ed amico. La candida anima di Luigi 
tanta predilezione portava al suo Falconetto^ 
e ad un altro festoso ingegno, il padovana 
Ruzzante, che il Vasari ci lasciò scrìtto, es- 
sere stata sua volontà, che Falconetto e Ruz- 



Bassano, i8oa, in 8, pag. 10, doye si fa nota de- 
gli ornamenti yarj di oggetti di belle arti che esi« 
•teyano nella Casa Gornaro. 

(1) In questa TÌlla di Codorico , o Codeyigo, il 
Ruzzante, ospite carissimo di mcsser Luigi , com- 
pose la roagj;ior parte delle sue bellissime e biz^- 
zarre Commedie. Zeno, Note al Fontanini , T. n ^ 
pag. 34^* 



DI LUIGI COBHARO. l83 

sanie fossero ia morte seppelliti entco un solo 
avello, e che dovesse egli stesso entrare per 
terzo in quel sepolcro medesimo ^^ acciocché 
*' (dice lo storico) i corpi di coloro non fos- 
^* sere ne meno dopo morte disgiunti, gli 
" animi de' quali Tamicizia e la virtù avevano 
^' legati insieme vivendo (i). ,, 

Ho iatto cenno di alcuni edifizt dal Gor- 
naro ideati e costrutti, e saravvi grato, miei 
Signori, ch'io vi rammenti, che la stupenda 
Loggia rizzata in Padova v^è tuttavia esistente 
e ammirata (a); che l'architetto celebratissimo 
Sebastiano Serlio uè diede i disegni, propo- 
nendola agli studiosi come modello degno 
d'imitazione (3), e ohe il nostro dotto Te- 
manza, il quale fece conoscere che non sem- 
pre al Serlio tornavano bene gli studi (4}, 
corresse poi questi disegni e ^nollo meglio 
seppe illustrarli. Egli, il Temanza, nella Vita 
del Falconetto ci parlò a luogo anche delle 



<i) Vasari, f^ita di Gio, Maria Falconetto f 
T. « , P. III. 

(a) Di qttesOedifizio veggasi il Moschini nella sua 
Guida di Padova, Yen. 1817» in 8, p. 176. 

(3) Si trovano nella 8u:i Architetturay Libro Vllt 
edizione di Venezia de"* Franceschi, 1694 in f., p. 18. 

(4) ^>M di Giamm. FalcomttOf loc. cit. 



t84 DELI.1 LOBI 

fabbriche erette nella Tilla di Godovico, doT9 
rinveoae tuttayia aTansi di perfetta inYenzione 
ed eaecuzione; e ia Godorico potè discoprire 
UQ ritratto dei nostro onoratissimo Mecenate, 
elle vorrei ornamento di quest'aula magnifica 
in questo giorno solenne in cui io m'ingegno 
di rialzar le sue gesto (i). Non fu accorto ii 
Temansa nel parlarci dei palagio di Lui- 
giano (a), che suppose costrutto pressa al Sile 
non molto lungi dalla città di Trevigi, e poi 
atterrato dal tempo, ma alla cultura e alla 
dottrina deiregregio car. Gio. de Lazsara io 
debbo, e yoi pure, la grata notizia che tor- 



ti) Sotto at ritratto stava la seguente ifcrizionst 

▲«.OTSIUS COBVK.IUS COCHOMIHATUS A TITA 80BRU ▲■• 
MT. SUJB LX3ULIX. TIXIT AH. XCTfl. Le parole TIXIT 

Av. xcYii furono aggiunte dopo, e con poca esat- 
tezza^ come yedrassi in appresso. 

(a) Ospite di un prezioso amico e compatriota , 
il dotto professore abate Giuseppe Barbieri ^ che 
possiede una ridente casa di campagna su^ colli di 
Torre glia, e in compagnia del rammentato cavaliere 
(ie Ixtizara^ ho visitato io pure ael giorno 4 ago* 
sto, 1817, il palagio di Luigiano. 11 maestoso cdifi- 
zio ò stato riattato con poca carità architettoniua 
per ordine di monsignor vescovo Giustiniani^ il 
quale solea ivi spendere i giorni autunnali, ma, da 
alcun tempo attende ajuti e presidj rhe lo iornioo 
alPeleganza sua primitiva. 



rrtm^w^fffmimim'mmmmmmmmm^^f^^mm^mmmammmmm^mrtm 



M I«IGI COBrAftO. i85 

reggia taUatia questa moie, adorna di seaJe 
Teramente reali, Dell'indicatovi ameniaaimo 
sito tra le Eugaaee oolKne (i). È divenato 
pn^rìetà deir insigne yesoorado di Padova, 
e panto non isoieiìtisce il giudtaio datone sin 
dal auo t^mpo dal nostro Francesco Marco* 
lini, il qaale in una sua dedicazione ebbe a 
scritere: '* Se un gratiluomo vuol sapere come 
** 81 fabbrichi nelle città, venga in casa Cor* 
*' naro in Padova.. . se vuol ornare un giar- 
^ ^no, tolga il modello del suo.... se vuol 
" edificare in villa, vada a vedere a Godovico 
^ e a Campagna e negli altri luoghi le ar- 
^ chìtetture fatte dalla grandezza deiranimo 
** tuo.... se vuol fare un palazzo da principe, 
^* pur fuor della terra, vada a Luvignano, 
^^ dove comprenderà un albergo degno d'es- 
*' sere abitato da un pontefice o da un impe- 
*' ratore.... Il Cornare sa ciò che si può sa* 
** pere in <{nesto e nell'altro delle operazioni 

(i) Neirarchivio delP EconOmJa del reverendi»* 
simo vescovado di Padova doq restano memorie 
relative alla prima costruzione del palagio di Lui» 
giano, ma ael Voi lxxxi dell'archivio stesso, a carie 
979 y trovasi un documento valevole a farci cono- 
aeere il nome deirarchitetto di alcune giunte nel- 
l'anno i56a faltfi nel circondario del palagio mt- 
4lesimo. 



r'' 



186 DELLE LODI 

<( umane (i). ,, Yalgavi, o Uditori^ che la 
stampatore Marcolini non era uom comonale^ 
ma strenuo artista egli stesso, e delle mecca- 
oiche discipline così intelligente da meritarsi 
d'essere lodato a cielo da un Daniel Bar- 
baro (q). 



(1) Questa lettera, indirizzata al Cornaro stesso 
rolla data delPanuo i544i ^^ i^ fronte al Libro iy 
deW /érchhetlura del Serlio, ediz. di frenesia, per 
il Sessa, iSqq, ed è stata poi riportata dal Te- 
manza e dal Morelli nelle opere sopraccitate. 

(3) NelPopera intitolata: / marmi del Danif 
Venezia, Francesco Marcolini^ i553, i555, in 4» 
p. IT, e, i5, trovasi il ritratto del Marcolini mae- 
itreTolmente intagliato in l<*gno. Fa artista egti 
stesso e assai benemerito della tipografia per isplen* 
dide sue edizioni, e per nitidi caratteri cancellerei^ 
reschi di sua particolare invenzione. Gli elogi che 
di lui ci ba fatti Daniele Barbaro leggonsi nelle sue 
Illustrazioni a Vitrut^io, ediz. i556, nel fine del 
e. xìy lìb. T, e Dfi Conienti al e. ix, lib. ix, e at 
e XII, lib. X. Anche Giuseppe Salviati, che prestava 
opera alPabbellimento delPedizioni del Marcolini » 
lo cbiamò mirabile et ingegnoso nella dedicatoria 
al Barbaro della rarissima sua operetta % Regole di 
fare la Voluta Jonica, ecc. Pietro Aretino ha stanze 
in lode del Marcolini ne' suoi Strambotti alla fil" 
ìanesca. Venezia i544> i>^ ^ì ^ ^^ Brusantino, nel 
e. XXIX della sua Angelica innamorata, cantò, che 
suo disegno fu quello del gran ponte 



^m^^^i^^^mme^g^mm^mamam^weymmmmm^^m^mmm^^m^^g^ 



^ 



DI LITIGI CORRÀ no. 1 87 

E qui la mia narrazione io voglio alcun 
poco interrotta per dare ascolto a voi stessi , 
Signori miei, acquali chiosar piacendole cose 
che espongo, sembrami che così vorreste sog<- 
giugnere: Sia statò pure il tuo Gornaro lo 
specchio de' Mecenati: e chi non sa che ad 
essi debbono le arti e favore e incremento ? 
e aggiugni, che Io dovettero un tempo assai 
più alla maestà della religione, oggidì illan* 
guidila; lo dovettero a'cenobiti e a tante pie 
isUiuzioni, ogg><Iì perite; lo dovettero a tanti 
facoltosi, oggidì impoveriti. Tomi adesso un 
Gornaro, e tornino con esso un Tiziano e un 
Paolo, tornino a frotte gli artisti; e che per- 
<nò P Povero padre di famiglia, tu spendi e 
profondi per quel tuo figliuolo, ch'è ora alunno 
studioso di quest'accademia, ma che risica di 
rimaner poi malabbiato, senza pane e senza 
Ibrtuna! Povero figliuolo, tu Tolio della lu- 
oema consumi col sudor del tuo volto, ma 



..... onde Murano 
Guarda Finegia, credo dei divini 
Che fece con ingegno sovrumano 
V ingegnoso Ftan^etco Marcolini. 
Nella editìone per mia cura fattasi nelPaono 181 5 
delle Novelle del Doni, in 8, ho inserito altre no- 
tizie intorno a que&to valoroso e troppo dimenti- 
csiio tipografo. 



f ss DELLC LODI 

la te ne giacerai inoperoso, e dislealtà si è 
qmella di cimentarti all'agone per non iroyar 
poi palme da mietere quando sarai gìnnto alla 
meta! 

À tanto bisbìgliamento io non invocherò 
Tombra del Mecenate ^enesiano a rispondere, 
conciossiachè se i tempi nostri non sono i 
saoiy a' tempi nostri è debito di conformarcL 
Dirò bene, che tanti apparenti discapiti prò* 
venir sogliono da inopportuna temenza. Se la 
religione confortatrice soorgesi o illangaidita 
a Tenuta meno in alcuni, la tristiaia di pochi 
non è delitto che serpeggi fra i più, e sanno 
i più, che società senza religione è feluca 
aenza timone e senza vele; quindi noi la ve- 
diamo ferver gagliarda nel cuore del nostro 
AvGusTOy e di tanti ottimi suoi Magistrati, 
fervere negli onorati petti de* migliori tra i 
cittadini, fervere sì nel seno delle nobili ma- 
trone, come in quello delle villaneUe tapine; e 
vi basti entrare ne' templi per mirarvi senipre 
le auguste funzioni di folto popolo' coronate, 
o scorrere le nostre campagne per trovarvi 
rispetto e venerazione all'altare. Pur troppo 
è vero che quelle accette micidiali d^oltremonte 
che ci colsero inermi ebber falciata gran parte 
di nostre sostanze^ ed ahi troppo spesso ora 



TW^^^*" 



DI lUIGI COBITÀRO. tSq, 

iìsttUi trovali quella quercia che altre Tolte 
eleravasi rtgogliosa; ma forse più che nella 
iiepideaza del divin culto, o nelle spade ne» 
Ittiche, si potrebbe in altre cause indagare la 
fonte degli scarsi lavori de' nostri artisti. Bi« 
petesi tatto dì, che sfamo direnriiti poveri; ma 
d*onde viene che il lasso per ogni esterna 
foggia è poi smoderato, che an drappo delle 
Indie, una porcellana di Sevres, ana terra di 
Bimùngam, Toro e l'argento filati in Francia 
o in Lamagna, tante frìvole, ma dispendiose 
mÌBcee di estraneo lido non restano mai poK 
Teroae ne' nostri fondachi, nel tempo che oziose 
lestanc^ le mani degli artisti concittadini!^ Deh 
non mi conducete a esclamare, che abbiavi 
pia presi» povertà di vero amore delle pa- 
trie lauteaae che povertà di sostanze (i). 
• I destini della Italia modem» possono 
difficilmeDle darci redivivo on Cornaro^ 

(i) E alle caute astenie non sarebbe egli da ag- 
giogoersi anche l'abuso forse oggidì eccessivo dei 
laTori italiani in taglio in rame? Giacciono inope- 
foti gP ingegm creatori- perchè fnnÌTersale è sof- 
leclto di far acquisto delle belle, ma sempre fredde 
•pere dì no diligente meccanismo , le qoali per 
sentenza del consigliere Bianconi lono co^ia priué 
di ifutWanima ohe sugU originoU 9o/fiaronQ i dù- 
vimi Uiro arteficL 



ce 



igO DEtLE IODI 

ma non ci possono p<er questo mancare altri 
mezzi per vedere protette le arti , anche 
senza tanta di lai possanza. Non è più questa 
nostra Adria quale ce la dipinse il mio i [la- 
stre Roberti : ^* simile all'antica Tiro y i cui 
naviganti erano i suoi Fenici, e il commer^ 
ciò che fea quivi sorgere le torri e gli atrj 
dalle lagune, rendeva a un tempp stesso in 
^' altra estrema sua parte popolose e onorate 
'* le rupi (i). „ Tuttavia a mecenate operoso 
delle jiostre arti può bastare un fervido magi- 
strato, può bastare le molte volte un illumi- 
nato cittadino, può bastare un saggia ministro 
del fai tare, e mecenati operosi veggiamo essere 
non pochi parochi che in villerecci soggiorni 
ergono magnifici templi, e di pittare e di sta- 
tue li arricchiscono. Fervore , intelligenza, 
attività, e i nostri edifici si mireranno ripa- 
rati, rabbelliti, e più anno)^ilitelejcittànostré> 
e le nostre case più ragionevolmente rilucenti 
di nazionali lautezze. Corravi all' animo , o 
Signori, che a buon conto la mercè dell' atti- 
vità e del fervore di uno de'nostri pastori (3 

(0 Discorso recitato in Bologna per la distri^^ 
éuzione de*premj nelO Accad, delle beUe arti, ece* 
SX'à jiel voi. I deJIe Opere, p(Mz* di Bissano. 

<a) Il degnissimo paroco. D £miilaiiueie Lodi, 



B1 LUIGI CORNARO. I9I 

8Ì é in questi di tramutato in istupenda gal- 
lerìa il tempio de'ss. Gio. e Paolo; che il 
rispettabile nostro cay. Morelli vi ha riordi- 
nata e molto arricchita di ayansi delle arti 
belle una biblioteca , sede la più splendida 
che possano avere Apollo e Minerva ; che il 
Prefetto del Seminario Patriarcale, Tab.Gìan- 
nantonio Moschìni, vi ha fatto d'un casolare 
sdruscito un liceo stupendo e ornatissimo; che 
il prestantissimo nostro cavaliere Presidente, 
il quale io non nomino per corteare, ma per 
riverire, vi seppe ottenere da* nostri Cesari i 
modi di rendere quest'Accademia sovra ogni 
altra risplendente, ed è sempre intento ad 
onorate imprese che le arti alimentano e por- 
tano ne'più lontani lidi il lor magistero (i). 

ora yescovo di Udine. Anche il bel tempio deHit 
Maddalena , architettura del valoroso Tommaso 
Temanza, ed unode^mìgliori monumenti di moderna 
architettura in Venezia, sta per riaprirsi di nnoyoy 
la roercé^ delle speciali cure delP egregio cavaliere 
Marco Molin , podestà degnissimo di Venezia. 

(i) Oltre alla sua Storia della Scultura , opera 
di grandissima importanza, tengasi rome primaria 
figlia del suo amore alle arti venete V impresa 
delle Fabbriche di Ftntzia misurate e delineate 
e descritte^ impresa che, mercè Passistenza de'doe dotti 
uomini il nobil uomo Aruonio Diedo^ attuale scgr»» 
taxio dì questa R. Accademia, ed il sig. Gio* Aa^ 



igO DELLE IODI 

Dope tnlta ciò , yoi spesialmente , Professori 
chiarissimi, compiaceteTÌ, riconfortateci. Con- 
piaceteti di essere voi gK arrentarosi sacer- 
doti che qua manteogona yìto- il sacro faooe 
delle diyiiie opere delf ingegno, e i conosci^ 
lori di ogni squisita parte ed arcana del loro 
artificio, Riconfortaleri ai nomi> di Raje»', 
forse oggid» il prim» coloritore d* Italia , dt 
Demin, che cosk bene sostiene il decoro della 
nostra pittura, dì Roberti, emnladi Ganaietto>| 
di Rinaldi e di Fabbri» , segnaci del noetro 
Fidia, di Lassari, di Meuani , di Pressani , 
di BematiydiRota, e dt lant' altri, che furono 
già Tostri akinni e die sona adesso il conforto 
e Taiuto delle loro famiglie , portando ciol^ 
le tempie di onorate corone, lofo intessot» 
daWostri ammaestramenti. E Toi, Giovani 
carissimi, che siete in cjuesto di apparecchiati 
a BUOTi ed ambiti allori, non corate mai i» 
Toci disseminate da igoobil temenza^ m» rai» 
doppiate il rostro ferver nella studio, e ricr- 
scirete cosi e delisia delle famìglie e della, 
piatria decoro^ 

t0nio Stltfm^ profetsoredr architettura, sì rese pub* 
blica con tanta nttlità della vèneta gioTentà ait»-> 
diesa, e can tanta soddisfasione dei più inlcUigenlk 
ammiratori degP iilustci edifiai di ^esto suolo.. 



DI vBìGì oobuaro. 193 

Torniamo adesso al nostro Luigi Coroaro^ 
ed acooD(ipagm»molo aoche per poco nelia 
kmgeva Aia vita, ne lo abbaódoniamo sin sA 
dì estremo. Ed oh fosseci stata tne»o atara 
k storia , che di così gentile spirito taciute 
avendo le più- private e circostanziate azioni» 
noi non possiamo ora conoscere di proposito 
fio alcune sue opere , uè tanti documenti del 
imo peregrino ingegno, e contentar ci dobbia- 
mo di pochi materiali che, a guisa della pianta 
di un maestoso edtfizio, bastar possano a farci 
indovinare soltanto la grandezza dell'alzato e 
la pompa degli ornamenti. Ije poche lettere 
che di iui ci rimangono fauno a buon conto 
argomentare quanto atto egli fosse ad ogni 
più nobile disciplina , e siccorae indirizzate 
a*grandi uomini, il Bembo, lo Speroni, il 
Barbaro, il Fracaslero , bantano a mos&rar di 
quanta eccellenza fuesero i suoi legann |ami*« 
•hevoli (1). Niuoa cosa intralasciava egli ohe 

' (»> traila rnliiifpa de^iXiMòfsi di Luigi Cù^ndl^Oj 
y^mi^iw, 1616, in % liDtMtii alt^M (di qtMtte Lft- 
ime^ 0à in mggtor aumcro ti leg^ù nel voi. VII 
^lla mécfllta iatiloUta ; MtieeHahen ài Piiri€ of»«* 
reve^ecc. f^ern^a^ TommUÉtì Bigai/UsUi, i^4', in la^ 
p«gja49e«P9.4IFramMidn>MriiMr il Gètnaro, mi U 
IcMera sua ai à fftrdtttS; Rèstbci la rispoètiNiètftgl» da 
qucirinsigae Veronese, cbVrA peVb di appoall» 
Gamba ^ Opere i3 



c^ noo furono divorali dal tempo sono i aaoi 
Discorsi Bntla prediletta soa Vita sahna , di* 
scorsi tradotti e pubbli cali in moke lingue 
straniere (i), ed una dott» OpericoiWa in- 
torno a queste nostre La^ae , cb7 egli solea 
chiamare le Joriissime e tante mura della 
Qiira sua patria (a). 

Io che soglio pigliar Yoleotieri a prestansa 
le parole de' vecchi, siccome quelle che^ spi» 
rendo candore e semplicità^ aggiungono fede 
al parlare, vi prego , miei Signori , a voler 
ipeco udire, come un culto letterato toscano^ 
ÀntoDOiaria Graziani, nella vita che scrisse 

Corna ro in ona sua lettera al nostro Luigi) scritta 
da Boina a''a7 di gennaro i554i altre sono ricor- 
date qua e colà ne^ Discorsi sulla f^ita soòriat nei 
qìifìi dice di avere anche scritto aoa Commedia 
tftita piena di onesti risi e di piacevoli motti^ 

(1.) Vedi PElenco delle edizioni e delle vereiont 
preposi e aI Trattato della f^ita tokria^tet» Vene* 
alia, i.QiG, in 6. 

(3) Il titolo di questa operetta è ti tegnente t 
Trailat4 d^^U Ào{fue» Padova, per Qratfioso Per- 
meino ^ i56o, in 4>^ J^e posaedevA i) doltissMiO 
cav-. i^b. Morelli un esemplare con ^aUhe giunta 
df^ mantf propria- dell\ornaiis$imo vecchio} aggiun* 
tatfi ahro JYattaielh inedito sullo .tutto argo* 
mantOf da lui scritto nélV aunp navamieeimosaeto 
di sua eté* Noli^. di un AaoniiMi eaa.^ fotf«. cif. r 



■ ■ >■ ■ ■»■ 1 1 1 t< i«^g>iiP*^»^>^'»^^^ifHÌW>i|^B— — — Ì<W 






m LtTfot eoniTARo. 197 

del eelebre Commendone , di cvii fu negrein» 
rio, le t&nte compeDSanotii ci tocchi che ritrar< 
poterà il nostro Cornaro dalla tempera Tir*' 
tuoea deli' animo suo. Sono le paroke Della* 
lingua del Lasio, e raigono cosi nella nostra ,-! 
Questo onofatissimN) uomo , cui tanto con-i 
Tenne il soprannome di Sobrio , Tenire ac-« 
*' carexsato, riverito e rispettato da Ghìanc[ue^ 
*^ o per cospicuo natale o per bella dote d'in* 
** gegno si distinguesse. E i grandi persoofeggi,» 
** e i men grandi e le minute persone , tutti; 
" «rano solleeiti a visttarlo per Io piacere^ 
*^ d'intendere i suoi discoesi sempre mode^' 
rati, piaceToli ed ingegnosi. La prudenza, 
la saggesea, TaTTedutesza , il consiglio, Itf 
^ liberalità ^i faceano schiera bellissimn ,' 
'^ splendi diesma. Non era in Padora abifa^^ 
^ sione più volentieri della sua riveritti , e(> 
*** egli^ sempre magnifico e spendereccio, mar 
^^ non cessaTa dell'usare i^erse di tatti, e de-< 
*^ gii «onoscilorì delle arti belle sìngolannente,^ 
*' d'ogni ufficio di animo generoso e perfetto( i ). ,, 



et 



(j) De yita Jo. Fi*mnc» Cómmenttwtif Cardina» 
Um^ ParitHs, 1669, ijb. ir, e, ir. OrttiiMo Lrado; 
0^' fiioi Sette libri di CateioghL f^enes. t553 , ia 
&^t |Mif. aS5) rHH>r#Mi4e ii Gonaro, aggiiwse ^ 



tt)8 DfLIil LODI 

Parali in qaesta tanto lusìngheTol pittura di 
troTure conlraddiatinto queir illustre patrUìo 
Teneaiano degli ultimi iempi, Filippo Farsetti^ 
della cui opera , prestata alle arti con regio 
splendore, è proya non dubbia tutto ciò die 
nell'arte plastica noi coatòdiamo tra queste 
pareti ; del cui squisito gusto in apprestare 
festoso ricetto a Flora e a Fomona faceva 
fede la sontuosa sua villa di Sala ; della cui 
cultura ed ospitai cortesia le lodi più ingenue 
possono leggersi negli scrìtti del DaUe-L.aste^ 
dei GoExi, e di altri nostrali ed esterni au- 
tori (i). 

Ma io vi condurrò finalmente, o Signori, 
aggiorni estremi di Luigi Gornaro , e dolce 
cosa sarà V vi il couosoere , che V impiegare 
•ensa sosta a prò comune il tempo, apparec* 
éhia . di cari conforti anche T ultimo palpito 
del nostro cuore. E qui mi compiacerò di 
tornare a valermi delle parole del nominato 
Grasiani, affinchè veggiate che anche la tran- 



ftuo Dome, Gran /abbrìcatorgf e gran cacciatore^ 
e grand^uomo più. 

. ( I ) Un illastre letterato forestiere ci espose le 
sontaotc imprese del nostro patrizio abate Filippf^ 
Farsetti, Veggasì Tarticolo Farsetti (FamigUa\ scritto 
dai francese Giagaeiié nella Biographie Unw§r»ciiem 



iVW 



ù 
il 



Dt I.UIGI COUIllO. 199 

qnìlU e riposata fine del nostro magnammo 
nomo, giunto al suo novantesimottavo anno (i),' 
fa tanto serena quanto può esserlo U bel tra- 
monto di un dì sensa fintole. '* L'ottimo tcc- 
chìo*( continuo nel fedele volgarissamento) 
presentendo di essere presso al termine 
della yita, non;risguard«Ta il grande pas* 
saggio 0on ispavento, ma come se trattato 
** si fosse di transitare d^una ini un'altra casa» 
*' Sedeanel suo letticcìuolo, che ristrettissimo 
^* QSSiyalo e piccolo, e presente era Veronica 
^* di lui moglie (a) « carica d'anni quasi quanto 

, (1) Restano tolte le dispute che da Tommaso 
TemaQza e da altri si sono fatte intorno alP anno 
^Hla morte di Luigi Cornaro,' meritando fede 1« 
parole 'del' Oraziani che vi fu presente, ; ed essendo 
csaa morte vseguUà dopo la prponQ^ione fatta al 
cardinalato del Commendone, il che segui per eie- 
«ione di Pio P. IV, nel Concistoro del di la marzoi 
i565. V. Cordella, nie de" Cardinali , T. r, pag. 
55, ediz. Romana, 1793, 98. Apostolo' Zeno (Ì. e.) 
merita dunqvje £ede sopita ogni altro, assegnando 
Panno 1467 alla nascita di Luigi, e Panno i565 
alla sua morte. 

(a) a Erast Luigi accasato eon Veronica de^si» 
« gnori di Spili oabergo ; ma il ano ramo, ai estinst 
u in Chiara , unica sua figliuola ed erede , che fu 
m da lui data in moglie a Giovanni di Fantino 
Me Comaro, detto d^Ua Pitcopia n {Zeno^ Nou al 
J^ontanini^ I. e, p. B45), 



uri ^ || -MT <««lp|^l^>-»>^.* '• 4 






900 MX.LB LODI 

^^ lui. Con looiie di voce chiaro e sonoro mr 
*^ narraTA i notivi per i <puit con aoimo ga* 
^' gliardo lasciato avrebbe la yita, e faceva { 

migliori aogarj per la felicità del mio Gom. 

neiidoBey al. quale por ToUe acrÌTere di 
^^ proprio pugno una lettera di coosiglioe di 
*^ conforta Dissonai, che pareagli di poter 
** sopravvivere tuttavia due giorni, ma assalito 
<^ poco dopo da deficienaa di forse vitali , si' 
*^ fece sotkeeito di affrettarsi Boovanieiile i- 
'^ soccorsi delk religioiie consolatrice; e striir^ 
^^ gendo nella aifiiayra aafloo una piccola ioi-* 
'' iuagine del Grocffisso , cogli occhi fermi 
^ nello stesso esclamò: Lieto e pien di spe-, 
*^ ran^a verrà con yoi^ mio buon Dio. SI ac- 
*< conciò poi eoo deceoca, e chiusi gli occhi i, 
^^ come se avuto avesse a dormire , con uo 
*' leggiero sospiro per sempre ci abbando-' 
** ©ò (i). „ Abbandono, o ascoltanti , lieto e 
ùividiabiJe; ma di grande disdetta, che la per» 
dita di uomini di tanto senno è irreparabile, 
né altro a noi rimane che di seguire, per quanto 
può farai* la loro autorità e il loro esempio. 

Por non turbare frattanto la oaorevolejBsa. 



(0 De ffita Jo^ frtfHc, Commenéomi card. Lib, 
ir pag. i6 e 17. 



^- ■ ■ ^^p^r^^^^ m. I I f^' - j I t W ill em ■ I ' 1 """^ ^w iw*'>'-^^*»<w I f - s*- 



«1 tQiGi emiHÀBQ. sai 

di qaetto gioroo, itosi ptrpaasareitiuQgtorao 
di cornane gioooiulità a liete coDtemplasioni, 
il vivace nostro pensìere non si arresti più 
ehre salta .squaiiida stanca di un Meceoatn 
che non ò più , ma paasi^ ormai lieto e corag^ 
gioso a (jaella fiorente e laosinasa appresta* 
taci da un Augusto TÌvente. BJvo^iamo dua«» 
^oe con comune accordo la mente ed il cuora 
airottimo Imperatore e Re nostro , il quale , 
disserrilto il campo alle cure pacifiche ed agU 
onesti studi, favoreggia altamente tutte quelle 
institudoni che tendona a raddgtoire ed 4 
mobilitare la mente umana. Egli con braccio 
poasenfce sostiene questa Accademia , egli 4 
l'operatore della odierna sua splendideasa, egli 
lo sarà della sua perfejùone futura. Se gU animi 
nostri gli sono grati e riconoscenti, non venga 
risparmiato mai pia nobile ardimento, aiBn» 
die possiamo sino mostrargli, se fia possibile^ 
die un solo ApeUe e un solo Lisippo non s^ 
coivano tra i veneti artisti, che, proletti daU 
Taora sua, riesear poMono degni di tcamaa* 
dare a'psstetrt rauguato suo simulaearob 

Cari e bennati gipvnmi f U solennità è • 
voi prittctpaLBieiite sacra, e a voi rivolgendonift 
darò termine ai mio Discorso. Golia voee àdin 
Taffetto più tenero vi ecciVo ad essere indù* 



■>■* ' — ^— »M^ ^ I I 11 ■*— ^l^*^— i^^i-^i— ^.^ , IMI rt ' - . 



90a DltLB LODI DI LUMI CORHARO. 

itriMi nel procaocUm del Prìacipe la tutela, 
de' Mecenati rappoggio;nè yì dìmeDlicate mal 
più di Luigi Goroaro, e dell' artista Falco- 
setto suo amicò.- • Si, tì trorerete i prot^gi- 
lori anche oggidì, se, fatto tesoro di ogoi di- 
mestica virtù, amplierete le sfere deirintellelto 
con molta Tarietà di sapere, e se vi resterà 
sempre fitto in mecUe cbe non acquista fama 
e celebrità. chi infingardisce , ma chi notte e 
giorno lavora per quanto V umana natura il 
comporta. Tito Livio e Plutarco cidescrìssero 
Filopemene, illustre condottìere di eserciti , o 
ci narrarono le fatiche somme e gli sforzi che 
Io portarono alla rinomanza.- Rejnolds parò 
dinansi quel generale ai suoi giovani alunni, « 
inpstrò loro che non punto minoriaono le fati* 
che e gli sfòrsi deirartista che poggiar voglia 
alle vette della immortalità. Noi dunque con- 
fidiamo tutti- nd vo8tl*o ingegno e nel vostro 
volere y e per voi,- gioventù valorosa , salirà 
a sempre maggior lustro questa città, che 
per amenità di dima, per isTegliateasa.d'in* 
gegni, per santità d' instituti , per maestà i» 
spieodor di edifiai, 9 per purissimo laHe appre- 
stato alle tre divine, arti sorelle, in tutto il 
mondo è stata sempre fangosa. 



. r I i^i^^^p-^^^^i 



CENNI 

INTORNO ALLA VITA 

DBh- COHTI 

COSTANZO TAVERNA 

GENTILUOMO MILAHI8I 

Puhhlicati in Venezia Vanno iSig. 



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4#««»*««»*««**#*#««#«»*»f**4»**#M#«**«#««««IHMMIk 



V^vt iHEQUENTi delìr) cbe hanno a' tempi 
Aoslri scoavo&to sì grande parte di Europa, 
Bon tanto mossero la sfrenata licenza di falso 
filosoCare quaato dal mal esempio agi' infimi 
dato dai grandi. Infonde disprezzo èdirane)*» 
Vaouno più volgare quelFuomo di. acbiaita 
cavalleresca, il quale, in cruccio con aè me* 
desimo, vive nella traseuraggiiie, perde tempo 
e salute nell'osio e neUe lìbtdlnt, condannalo 
spirito a faticare per la sua gola, mostrasi 
vile nelle disgrazie, insolente nelle prosperità^ 
e scordasi in ogni occasione che Tanima di 
no Lazzaro ha teaipera tanto fina quanto 
quella d'un Bpoiooe. Il popolano d'igoobil 
naseita^ die quasi .sena'accor.gQr8Ì a poco a 
poco medeUasi sol suo superiore, resta im*- 
kafvulo delle ree di lui usanze, e introdotta 
la covoBsione nel cuore, dì tpenia irapeirtinaiitsav 
vendicativo, sfrenato. Abbiasi Top posto ad 
esempio, e mirisi al perfetto gentiluomo. Tiene 



••1^ 



■-^ 



906 CLUNI INTORNO LÀ TITÀ 

egli la religione nell' animo e nella lingua, è 
generoso senKa esaere prodigo, è.nobiie senza 
fasto, è ufBsioso senza bassezza, gentile senza 
affettazione, in mezzo agli altrui eccessi è ma* 
derato, è fermo ed imperturbabile nelle dure 
yicende, vendica le ingiurie coi perdono, gli 
affronti coi favori, e s^è severo con se, è di^ 
screto cogli altri. Quale è egli in questo caso 
Tuomo dosainale che non resti preso di rive- 
reosa, che di continuo non legga nella ^ono-. 
rata fronte del suo superiore quei nobile«on« 
legno che gì* inspira amore, e volontà di se* 
o<>adarlo, di obbedirlo? Lieto come io sono 
stato di una dimeatichezza pressoché quadri- 
lustre e di una intima conoscenza del per- 
sonaggio, la cui irreprensibile vita ora alquanti^ 
disamiiier{>, riescirà a me soave cosa il fare, 
abben^hè con roano pennello, il ritratto di 
cosi fatto genliluoroo: e i pochi ingenui ceonì 
•egoorti basteranno afaneao a mostrarci il co- 
stume suo, la aiqgohre bontà di un cuore 
salo per la beoefieenta, il suo costante eser- 
eiaio delle virtù cristiane, e quelle ultime ri« 
apetldbili diapoaicioni (toUe quali egli chiuse 
finalmente gli ecchi a placìdisiimo aenno. 



■ • «.1 



91 GOSTlttSO TATtMA. ^OJ: 

Educazione e Costume 

I n'obiKssimi conti Lorenso Taverna ed 
Aona Lunati "Visconti diedero nel iinccxLTiif . 
i natali a Gostahxo TAviasA, e furono bene 
avventurosi perchè dopo questo primo frutto 
di loro unione da altra numerosa schiera di 
dieci figliuoli si videro circondati , e tutti di 
bei costami adorni e quasi tutti oggidì ancora 
fiorenti in salute. Ilpi^nogenito di una fa* 
miglia, ch'ebbe nel suo seno uomini di alto 
governo,' magistrati • cospicui, vescovi e ear* 
cb'naii, dovea ad ogni più signorile disciplina 
addestrarsi, e per questoggetto venne affidato, 
al collegio dei Nobili, allora diretto. in Mi-, 
lano dai Padri della Compagnia di Gesù. Era 
il giovanetto nostro di pronte ing^no, d» te*, 
nace memoria, di cuore amorosoi e neiratlo 
che stava applicandosi agli studi delle lingue 
e delle seienara^restaTa da candissimo affetto 
legato a* suoi educatori^ af&tto che mantenne, 
laro inalterabilmente in tutta la vita, lo ho. 
impmmto pocke ooee^ soleva miodestameole 
dire, e credo che Im massa delle mie letture 
non ohrepassi a pochi volumi in foglio, ma 
mi conforto eempre di dovere la chiare»9a 



^08 CElmi IHTOftllO lA TlTà 

defle mie scarse idee al mio ottimo maestro 
P, Ricchini ed al dottissimo P, Braghetti ^ 
uomini famigerati, il secondo de' quali in età 
qaasi secolare vive tuttatia prèsso la Mia in- 
sìgoe benefattrice rapcidacbesaa Beatrice £ 
Este. 

Ogni gairsoae, nato agli agì e alle do« 
Tizie, quando sta per passare dalla palestra 
delle scabrose ìstitasioni a. quella dei tumulti 
e della scuola del mondo, trovasi al yarco il 
pili arduo e il più spinolo di tutta la vita. 
Con franco e sicuro piede lo superò il nostro^ 
Costanzo; e quantunque le basi di religione 
e di equità àressero nel suo tiiore preso ra-^ 
dice, nuliadìmeno gli riuscì dolce il farsi scudo 
di un Mentore ohe Io sostenesse; e tale fu il. 
pio e dotto religioso D. Giuseppe Piantanida^ 
di cui nuUahra potei essere la cura foorcbò 
quella di tenere con avvedutézza infrenato un 
temperamento di natura sua fervido e mupe» 
taoso. Ma già il generoso- destriere era berne 
ammaestrato al eorso, e \% tedremo adesso 
di per se volare «ila raeta^ 

Ii« captale della Inaobria iè quei sereni 
giorni goveroavasi dai Firmiaii e dai Wtlsecfa^ 
ed er^ ingemmata di stdle quasi tutte appar« 
tMMti a lignaggi palii^ I Y^rm, i Bìscoaria^ 



mmB 



fll COSTAUSO f ATERRA. fO§ 

l Sìtva, i Fumagalli, le Agnevi, diredtavano 
nomi ear&pei nelfatto che i Trivalcio, gli 
Argelali, i Peitasali, i Genobtti di a. Ani« 
Lrogio limitayansi nel compiacimento di re^ 
care Itialro alla patria o con magnifici maset 
o con iapeziose raccolte o con opere alla na- 
zional ciyihà assai proficue. A questi ultimi 
Vi coileg'ò per inclinatone il conte Goatanro, 
<e deir Antiquaria e della Numismatica divenne 
cultore ferridissimp. Imprese e condusse quasi 
ji buon fiue una raccolta di medaglie' degfkP 
lustri Ilatiani, altra Ai pontefici e cardinali, 
^Itra di medaglie e monete degli Estensi, dei 
Medici, dei Farnesi, dei Gonxaga e di mi^ 
nori prindpi italiani^ e«opratlatto quella <ÌelK 
snonete milaBesi dai tempi 4i À^cadio sfnei 
ai tempi deH* Aagastojora felicemente regnante. 
Questa ditetterofe sua ocMpai^Ofie sietteafo 
in bìsegno di frequeiili e familiari eitrovi; e 
quindi pili facilmente naeqtte, eccome ié 
penao, quella intima ceneseeoza ehe potè far* 
ia 8oa patria della dolcesra deiranimo suo « 
^eirattitudine Aeì ano ingegna. 

Ija patria è un Argo il quale, Senaacbè 
altri si avvegga, osserva e disamina, e pesa e 
saluta le qualità dei suoi figli, e selle occa- 
sioni h, impegna in quei earidii t>be mesgW 

isiamia.^ "Opere *i 



- «-^ 



mmK^mmmmim 



Sia CEym XHTOBHO LA VITA 

poMODO loròcoDTeDÌre. Ad un gentiluomo die» 
oltre i nobili passatempi studiosi, cominciava 
a distinguersi nella gravità del costume, nella 
•oda pietà e nella beneficenza , spettavano pesi 
corrispondenti; e quindi si vide egli di buon' 
ora eletto a visitatore delle carceri, indi a 
deputato all' amministrazione dei luoghi pii^ 
finattantochè, avanzando in età, decretato gli 
venne il distinto posto di uno dei ix Decu- 
rioni; nobile e generosa magistratura il cui 
oggetto era il governo municipale e la cara 
deir interesse e del bene dei poveri. Questo 
sollievo dei poveri cominciò a diventare la 
passione dominante del nostro Costanzo, e fu 
in progresso di tempo quasi la sola in lui 
permanente. 

In età di circa trent*anni si determinò allo 
stato coniugale, e la Provvidenza seppe tes- 
sere la «uà unione colla contessa Paolina 
Trotti^ matrona che pel cumulo degV incom- 
parabili suoi pregi valse a raddoppiare in lui 
la felicità della vita. Afa non potrà oggi^À 
questa prestante e affettusa Yedova trovare 
alleggi amento alla sua grande tristezza che 
nei consigli della religione confortatrice! 

Della esemplare vita privata del conte Co- 
stanzo, tenuta durante il s«o domicilio 



/ 



DI COftTAHIO TATZIKA. ^ ^i i 

patria, cioè sino ycrso il sao cinquanteaimo 
aoDo, non giorm-à fare narrasione miirata. 
E in generale da considerarsi di egli la con- 
daceya tra le benediiioni di ogni ordine di 
persone^ e qnale poi da lai continuata venne 
per tutto il resto dei giorni sooi nelle YÌni- 
siane contrade. Modestissimo, com-^Ii era, 
la nobiltà della sua famiglia non fu mai il 
soggetto dei suoi discorsi, ne io ho saputo 
giammai ch'ali fosse feudatario di Landriano, 
né ciamberlano di S. M. I. Nel prosperevole 
alato di sua fortima misurava con giusta bi- 
lancia le spese colle rendite, osservando che 
sono egualmente viziosi gli estremi di una 
sordida parsimonia che rende Vuomo vOe, e 
di una profusione imprudente che lo rende 
pazzo. Niuna amara vicenda destava in lui 
tetro umore, e quello squarcio medesimo che 
il duro imperio dei tempi faceva della reli- 
gione dei nostri padri, non Io rìmoveva dal 
rispettar meno il braccio delle autorità^ dia- 
simulando ogn ora quei mali che non era in 
suo potere di correggere e d'impedire. Non 
usciva mai dalla sua bocca parola che discon- 
venisse ne alle regole della più fina educa- 
zione né a qudle dd difioo Vangelo; ed era 
«empre uCBaìoso e gentile nelle maniere, sen« 



:Slt3 cenili nCTOUlVO 11 TITlL 

pre uguale e cosUate nelle amicizie. PUeet- 
^li di convitare epeeso li suoi conosoeBlì^iion 
per inebbriarli di liquori Franchi 4>d IWi, 
•come per fasto avviene nelle mense odierne, 
«a per intrattenere le più accette corri spon« 
•dense, e per aj^giugnere vita e giovi aKtà alle 
•ore *de$tiaate al familiare convivio. Il ano con* 
iegBO era dignitoso, e qnale conviensi ad uomo 
che non si piega mai ad incensare la fortuna:: 
nobile era il suo aspetto., e sì dolce da lasciar 
trasparire dal volto il candore della scia anima: 
Testiva «empve sensa ombra di pompa, per- 
«naso elèe Vabùo proporziomtè9 al ^apatterc 
jìa moìto pia Ma moda d&lPaiìtQ assettato 
4iUa perdona-, ed in fatti aoii è la pompa ch« 
imprima negU uemlai la rivereaKa, ra» la 
wirtù. 

Qaando sì soUevè la SraC^a «taato fatale al 
ripos» italiane, «cioè «eiraono moccxcti, il 
co&te'Ooslaaao^ a finesohanlo di andare oer* 
«andò .qwiMa tranquillità chWa pia indispen- 
sabile alia saiate delia sna diWtta Compagna 
«ohe a ki medesimo^ passò in contrade di 
•cielo mèn («4oo^ e soggiornò a Lecco e ia 
^al d'^lba^ e pia longo tempo ìa Lagano. 
l^taneesi poi ia Milano, e nell'anno mdgcxg<ix^ 
»el teospo in cui le armate austrìache rkom* 



mm 



poneTano le aiHìche islttuiiooi delia. &ua pa- 
tria, dovette laBciai'Ia ii heì nuovo per pa^ 
tare nei Yeneti Stati a fare uso dei salubri 
l»agin di AImioo. Verameate àrnica di queste 
contrade fa (|ueHa steHa cKe fra noi Io portò 
e che vegliò per circa altri yent'anni alia 
oonservaaione de' suoi giorni, con noi inalte- 
rabilmeote ooodotti per parlarci sempre colle 
opere e coHesempio, per darci in sé stesso il 
modello del perfetto cavaKere cristiano, e per 
lasciard prove di benefioensa che vuoisi adesso 
con qaaldfte maggior particolarità ricordare» 

Beneficenza^ 

lo non aveva alcun diritto^ alla nascita e 
alle rieo1itzze\ e non è ella follia lo appro^ 
priarsi tuti* i doni di Dio e della natura 
quando non ai può pretendere ad alcuno di 
essi? Il Signore mi ha fatto depositario di 
,pingui semine y ma (juesie nah sono micy ed 
IO tengo ohhligo di dispensarle a chi ne ha 
iisogno^ prescrivendo giusti timiti alle mie 
Irame come alle mie imprese» Alcuni cen- 

^ono al mondo per non godere altre rendite 
Morchè quella della carità dei loro fratelli, 

^d altri nasewiQ neirabhondanta perchè ai^ 



V 



9i4 eEimi iRTORiro tA vita 

biano comodo di esercitare la carità^ di modo 
the la virtù di questi dipende assolutamente 
dalla miseria di queUi^ e i donatori non sono 
meno ohbUgati di quei che ricevono. Questi 
aurei sensi erano negli sfoghi più liberi del 
cuore proferiti dal eonte Costanzo, ed a questi 
sensi sempre si conformavano le sue asioni. 
La bella rettitudine deiranimo suo non avrebbe 
bisogno di più ampio commento. 

Dai letto maritale non ebbe mai àleun 
rampollo, ma questa mancanza non rendealo 
meno applicato alle care di padre. Patresfo' 
milias chiamavano i Romani i padroni di 
casa, appunto perchè, anche non avendo fi- 
gliuoli, assumevano la vigilanza e la soprin- 
tendenza dei loro servi; ed in ciò era egli 
veramente perspicace e zelante. Sempre at* 
tento. nello instillare in tutti Famore della 
religione e reserciaio delle cristiane virtù, 
attendeva che temperata fosse tra loro la di« 
strìbuziooe dei pesi e degli uffiz). Il dissoluto 
non ha mai trovato ingresso nella soa casa, 
poiché Costanzo riguardavate come contagioso, 
e bastante uno solo ad infettare tutta la sua 
famiglia. Sapeva che Tuntco modo d'indur 
ad obbedire con rispetto è il comandare eoa 
moderazipne; quindi trattava sempre i «noi 



DI C09TA1IZ0 TATIBHÀ. 21 S 

servi da sudditi liberi, non da schiayi. Noa 
potea egli comportare la prosontuosa condotta 
di quelli che comandano con arroganza, o 
come se i loro dipendenti fossero bestie da 
carico; e quand'anche troyavasi costretto a 
correggere qualche trascorso ^ intentamente 
astenevasi dal risentimento e dalKardore, sa- 
pendo bene che la collera ottenebra la ra- 
gione, rende Tuomò inferiore alla sua dignità) 
e inasprisce il male in Tece ili sanarlo. In 
mercede di tanta bontà non si è yeduta mai 
famìglia in cui la mano, ed il cuore deiseryi 
fossero con più affetto consecrati alla diyo« 
zione del loro padrone: tutti lo rispettayano; 
lo amayano^ e se pure nascere poteya tra essi 
qualche dissensione, era il padrone che com-: 
poneya le discrepanze con equità dì giudice 
e con carità di padre. 

Ma usciamo dal ricinto delle domestiche 
pareti, e tocchiamo alcuna cosa che faccia vie 
meglio conoscere com'egli sapesse bene nu- 
tricare i frutti del campo non a suo prò, ma 
ad altrui benefizio; e rendendo ora palese al- 
cuna di quelle virtuose opere da lui praticate 
nella oscurità del silenzio, lo farò. Iddio con- 
cedente, ad universale edificazione. Brano in- 
dicibili le segrete sue limosine^ sempre però 



) I 6 GEimi MTOBNO' tA TITl; 

i^aarate colla graoilezsa della sua fortuna f e 
perchè Doa fossero ricevute co» rossore, o a 
^pese della pasienza, egli era quanto mai puj> 
(Itrsì industrioso I sicché la stessa sua maniera^ 
£ donare aggiugnev^ al dono prezzo mag* 
latore. L*umanilà; sofferente era prima di ogni 
^Ura cosa lo scopo suo, e con fina arte infor* 
«lavasi di queUe decadute famiglie tra le quaU 
potesse giugnere più utile il suo soccorso ; e 
Qenzachè sape^ero quale fosse la mano sol le- 
vatrice, si trovavano bene assistile di medici 
e di loedkiee. Povere e oneste giovani y in 
occasione di accasarsi, e^ano sicure di ricevere 
ctotazioni oil ajuti, né altramente faceva per 
quelle die operato egli avesse di poter ritrarre 
dalla putredine. Religiosi claustrali, ridotti 
per contraria lortì^ua a meno che decorosa 
comparsa, avevano in lui chi loro ben prov- 
vedeva ì e larghi e secreti soccorri menti ofTeri 
io tempi molto piii avversi di questi nostri 
per salvare loro tempio e ricoverò. Accoma- 
cavasi spesso col bottegap e coll'artiere per 
ilGoprìre lo stato di qualche indigente; e 
nascondendosi agU occhi de' più intimi suoi 
famigliari; o valendosi d'indirette vie» faceva 
giugnere presid) tali che bastassero a rimet- 
tere una sbilanciata fortona. Ricorderanno 



■^ 



DI COSTANZO TATEMRA. 31 J 

teni{>re il suo nome con gratitudine i Luoghi. 
Pii egrÌDStìtuti di opere di carità di Yenezii, 
e di Padova priocipalineiKey epotrebWro ri- 
cordarlo- eziandio tanti altri benefici asili eretti 
in lontani paesi, che a Loveto, a Parma, a 
Bologna e sino alla Dalmazia pervenivano le 
sue generose limosiae. In una delle estremità 
di Venezia si sta innalzando oggidì ampia 
i^asa di ritiro e tempio di preziosa struttura 
per dare agio di servire a Dio,o di apparec- 
chiarsi a formare la felicità delle famiglie, a 
quelle donzelle spezialmente le quali, nate fra 
qualche fortuna, caddero poi nella indigernsa. 
Parli lo zelante religioso che di questa nuova 
opera di carità è assiduo e benemerito am- 
ministratore, e dirà egli the ben rilevanti 
somme, fornite dal conte Costanzo, venivano 
ad allargargli il cuore, e sempre con nuove 
industrie che poteano soltanto i«rgU indovi- 
nare chi fra i tanti suoi generosi benefattori 
stesse fra i più liberali. E di siifatta bbera^ 
lità^ ch'estendevasi in oltre a sommini:$trar 
lavori ad artisti, a beneficare amici, ad acco- 
gliere signorilmente ospiti, a nobilmente re- 
galare pallenti, era direttrice la più fina pru- 
denza, mentre dispregevole riusciva agli oc- 
£tù suoi quel gentiluomo, il quak per so» 



m 



9i8 CBinii iRTomo la tità 

propria disavvedutezza restasi ingolfato nei 
debiti, e fonde e biscazza il patrimonio degli 
ari con danno della carità e delia giustizia. 

Firtù Cristiane. 

Quegli cbe vanta di professar le virtù mo* 
Tali senza avere il fondamento della religione 
nel cuore è come queir intemperante che parli 
molto di sobrietà in mezzo alle gozzoviglie 
apiciane. Felice Tuomo che imprende da gio» 
yanetto ad avvezzarsi alle cristiane virtù, le 
quali sole possono conformargli lo spìrito ai 
godimenti più puri e non accompagnati mai 
dalla inquietezza, dalla incostanza, dal dis- 
conforto! Sino dai suoi più verdi anni il 
conte Costanzo erasi affezionato a divote pra- 
tiche religiose^ e mantennesi poi sempre esem- 
plare nella pietà, senza mai rifiutarsi ai di- 
ritti della mondana grandezza. I suoi cristiani 
esercizj, la sua piena docilità alla Toce dei 
ministri del Santuario^ i suoi atti di umilia- 
zione verso il CSreatore, la sua rassegnazione 
nelle disgrazie^ le sue astinenze, erano di con- 
tinuo mirabile esempio alla famiglia^ che noi 
"vedea per tutto questo riuscire men giocondo 
« virace nella società. Impetuoso di tempera-^ 



m^^amm^^mm^^ 



mento, come si è accennato, e sensitivo delle 
industrie le tante volte con fina malizia ordite 
contro la santità delle divine leggi, avrebbe 
volentieri lasciato sfogo alla effervescenza dello 
instinto, scagliandosi contro la impudente sfre- 
natezza o r astuta impostura, ma rivolta la 
niente a Iddio, guardava il Cielo, e ricompo^ 
nendosi tosto alla tranquillità, cristianamente 
si rasserenava. 

Come abborriva i libri contrarj alla mo- 
rale e al buon costume, cosi prediligeva quelli 
•che possono illuminare T intelletto ed infiam* 
mare la volontà. Di queste sicure guide, di 
questi sostegni nelle afflizioni dello spirito 
voleva che ne fosse divolgato possibilmente il 
conoscimento, ed alcune eccellenti operette si 
stampavano e ristampavano a spese sue per 
fame poi diffusi regali agli amici e ai diret- 
tori delle coscienze. Grande quantità di divote 
-immagini si andava eziandio per sua cura 
pubblicando; e queste, siccom*egli era delle 
arti graziose fino amatore, cosi voleale sempre 
di corretto disegno e di elegaft te bulino, Hcb- 
noscendole più atte ad insinuare la regolare 
pietà. Le arricchiva poi alcuna fiata egli stesso 
di brevi ed affettuose orazioni per isfogo spe- 
zialmente della singolare sua divozione alla 



a90 CtW»! IHTOSMa J.k VITA 

Goncesiooe di IVI. Y. ed a S. Giuseppe ftai> 
protettore. Si è di già detto che erasi èedii- 
cato uDa Yotts a diletteroli raccofte di Aoti- 
qaaria e di Mumiaoiaticay e negli ultinù suoi 
.asm eoo innocente passatempo, daodo pascola 
^U'onil>ra sola rimastagli di sì ingeniti tei>- 
dense, era sollecito a formarsi ora ana serie 
delle più dotte Difese fatte alla celebre Gooi»- 
pagnia di Gesti, ora altra dei più profondi 
trattati scrìtti intorno aUa Concezione di M, V.^ 
ed in fioe la curiosa e copiosissima collezione 
di tutte le Immagini che in ogni tempo e in 
ogni luogo Tennero impresse del suo inclito 
concittadino S. Carlo Borromeo. 

Quel sibarita, che per non disturbarei suoi 
sonni, van tarasi di non aver veduto mai nar 
scere il sole; che si doleva- che il canto dei 
galli li interrompesse^ e che non polca ripo- 
sare placidamente perchè due foglie di rose 
si erano addoppiate sotto al sua fianco, sa- 
rebbe le mille volte morto di spasimo se ve- 
duto avesse in qisanto disprezzo teneva il no* 
atro cavaliere i comodi della vita. Per lunghi 
anni soggiornò in case aperte a comune al- 
bergo; era sempre contento dette stanze le 
meno agiate, e coricavasi volentieri sopra 
materassa duramente impuntila. Ogni sua 



^ ' 



»I COSTANZO TAVFRSH. S^f 

jjremura stara, in coaclusìone, riposta aeflo 
steccarsi da tutte quelle mondane compiacenze 
che gli uomini avidamente cercano: cosi ■ né 
4imaTa la vita, ne temeva la morte, ed era. 
ugnai mente -disposto a conservare il suo posto 
o ad abbandonarlo id primo*comando del suo 
Clreatore. 

Il conte Costanzo Taverna, pio e benefico 
pereonaggio, era prossimo a compiere ri suo 
aettantesimeprime anno quando grave e penoso 
malore lo colse in Padova^ ed ivi nel dì iv di 
:gennajo dei corrente anno mdcccxix la saa vir- 
taosa anima «i di sciolse dai legctmi del corpo. 
Morì'in mezzo alle copiose lagrime dei suoi e d<i 
qaelie dei Padovani, che fervide e spontanee 
preci porgerano al cielo per lo sao sanamentò; 
anoiù placidamente e da santo, accompagnando 
le orazioni del sacerdote che tingevalo degtt 
'01 j santi^ morì in somma come peregrino 
«die passa da incomodo albergo ad altro pia 
riposato « sicuro. 

ultima voUxrtfà, 

Io mi propongo di 'esporre finalmente al- 
cuna cosa iiltorno alle disposizioni tettamene 
taxie ^lle cjnali FomaUwiroo nostro jjeflta* 



S24 Cimit THTORIie li VtT% 

«oiti beneficate per tntta la loro rita. Voi, 
prudenti amministratori del suo retaggio*, voi 
che ftiMte a lai stretti per instrinflichezza; ^<>i, 
fidi e leali suoi camerieri^ toì dimestici dei 
pin basso grado, voi vi trovate tutti assicurQti 
-della perpetra vostra sussistenza; altri di voi 
Tede assicurata anche quella de* vostri figliuoli; 
•e volle il benefico uomo che fosse provveduti.) 
«in andie ai vostri bisognini casi di malattie^ 
«come pure rimesso ogni debito a chiunqae 
«eco lui incontrato lo avesse. 

Tutte le accennate disposizioni hanno in 
line il corredo di una singolare prudenza, at- 
tesa la scelta dal Testatore fatta di un arln- 
tro assoluto, nominato ad oggetto di definire 
in ogni evento e per sempre, qualunque qui- 
stione senza avere «ai bÌ6(»«:no di alcuna s#- 
leiine formalità di -giudizio. 

Gol tenore in brevi cenni sin^ora da me 
ittdteato^ e che altri potrà ben isvolgere in 
^orma che più nobilmente si addica, visse e 
«neri €ostan:s9 Taverna, Ora il gentiluomo 
•che batte gli spaziosi campi della orgogliosa 
ambizione non riconoscerà e^i che meglio 
«arebbe guidalo anche afta terrena felicità 
•orbando di continuo, oome Costanze, oa 
«QiMr« umile, pasto, benefico^ Telj|;io80? £ 



^^^^^^^^^^^m^^^^^^^mm^^^^^^^^^^^^^^^^^m^ 



BI COSTÀUZO Ti verri. 33 S 

ven sarebbe questo il veracissimo mezzo per 
ottenere che tengano Fispettati eziandio dai 
mondo i suoi giorni ^ e che- vengano poi ba* 
eiate le pietre stesse del sno sepolcro ? Ri* 
cordisMnoci della sentenza (fi Seneca: In ho^ 
mine quocumque nihil ad rem pertinet^ quart' 
tum aretj quantum foeneret^ a quam multis 
saluteiur, quam pretiosaincumhat ledo , quam 
pellucido poculo hibaty sed quam bonus sit:.,. 
Nullum aliud honum quam honestum^ nee* 
uliud malum quam turpe. De Yirtote» 



Gviiia^ Opere 



— ^ 



LA VITA 

DI 



GIO. BOCGAGCIO 



Venne al^ Autóre imposto U limiie di un 
solo foglio di stampa informa di quarto, 
il quale dovesse comprendere la compen*^ 
diosa Vita del Boccaccio, da inserirsi neU 
tOpera intitolata : Vite e Ritratti di illu« 
stri Itafiani. Padova , Bettoni , zSao , -toL 
a in i^ 



<»»»»»»» »» »»» »»M»»i »» »M »»#< »> » »«»» » » »»»»»»»»» 



lyRiGiiiiBio di Gertaldo, castello del territo- 
rio fiorentino nella Yaldeka^ ebbe suoi natali 
in Parigi Tanno i3i3 , e sortì culla circon- 
data da tenebre, siccome figliuol naturale dU 
mercadante fiorentino e di nna gioyane pari» 
gina. Arerà il padre'deliberato di serbare il 
figfiuolo all^abaco^ non alle lettere ; ma delle 
lettere si mostrò egli acceso essendo tnttayia 
fanciallo, e lasciò presto scorgere qWrari 
indisi di primaticcio ingegno che doyeano ub 
giorno soUeyarlo alla sede immortale d'uno 
fra i tre primi grandi ristoratori dell' italiana 
letteratura. Trasportato da Parigi a Firenae^ 
ottenne qui?i a maestro di grammatica Gio- 
vanni da Strada, e lo iniciò poi nelle mate- 
matiche e nell'astrologia Andatone del Nero, 
astronomo genovese. Gli fu pure di grande 
presidio ramtcizia dì valenti uomini , ed in 
ispezieltà la dottrina di Paolo da Perugia , 
bibliotecario del celebre re Roberto in Napoiii 



a3o NOTIZIE su LA VITE E LE OPEBE 

do^ (dopo a^ere per i paterni disegni vagate 
qua e là) si ridusse all'età di 23 anni. In 
Napoli visitando un giorno la tomba del Can- 
tore di Enea si sentì insolitamente infiammato 
di ogni poetica e scientifica dottrina ^ e ne 
divenne ricco in modo da potere presto ri- 
splendere in quella corte, ch'era allora la più 
dotta e magnifica deiritdlia , e che aveva già 
fatto tal memorabile accoglienza al Petrarca 
da incender il Boccaccia di ;generosa emù* 
lazione. 

Ma vagheggiando le lettere y non era egU 
meh inchinevole alle passioni che allacciano il 
cuore. Filippo Villani ce lo dipinse di ^to/i/ra 
alquanto grande, con faccia rotonda ^ con 
labbri alquanto grossi y nientedimeno helU e 
hene lineali; con mento formato che nel ri- 
dere mostrava bellezza^ di giocondo e allegro 
aspetto y e in tutto il suo ragionare piacevole 
e umano i ora non è a maravigliarsi se Marta^ 
leggiadrissima figliuola naturale dello stessa 
re Roberto, che sotto il nome di Fiammetta 
poi resesi celebre, gli sìa stata oltre il dovere 
prodiga di que' favori che trovansi descritti 
nel libro intitolato appunto la Fiammetta. 
Aveva messer Giovanni piegato il collo al 
giogo di amore per Maria nelFanno i34i > e 



««■! 



DI GIOVANNI BOCCACCIO. ti3l 

spese poi gran parte del suo tempo nel com« 
mendarla in prosa ed in rima. La yiyacilà 
del temperamento di lui, i licenziosi costumi 
del sècolo y il predominio delie passioni più 
aliettatrici lo ingolfarono per parecchi anni in 
nna vita epicurea, sicché scaturì poi quelFin- 
verecondo scriTere, che yidesi prodigalizzato 
soprattutto nel suo Decameron \ opera a cui 
hanno prestato i colori il furbesco ammiccare 
e le men che oneste cortesie delle amadrici 
insidiose. 

Gontaya il Boccaccio 3 5 anni di età quando 
rimase priyo . del genitore , e pare che jpoco 
dopo, sazio de' compiacimenti che nulla gio- 
vano alla costante serenità della vita , comin- 
ciasse a battere tult' altra carriera , cercando 
lieta e riposata pace in seno della sua Firenze^ 
in cui Tenne a pigliare stanza verso l'anno 
i35o. Quivi ben presto conobbesi il suo raris« 
simo ingegno , e se ne fece sperì pento con 
una missione dì cui fu incaricato all' illustre 
esule Francesco Petrarca, che allora soggior- 
nava in Padova, ed a cui venne ad offerire 
la immediata restituzione di tutt'i beni del 
paterno retaggio. Bello sarà stato il vedere 
questi due spiriti peregrini , di candida ami« 
sta strettamente congiunti, intertenersi in que. 



^32 NOTUIZ 80 Li TlTl E LI OPERE 

sf occasione ài alti propositi e di studi geaiali, 
mentre solinghi al tramoatare del giorao paa« 
•eggiando in un orticello posto jlango le sponde 
del Brenta^ si svelavano a vicenda le afFeeioni 
verso il nativo cido le più magnanime, fedi^ 
dicea il Petrarca al Boccaccio , come inestrì*' 
cabile fato guaste la venustà di questa nostra 
llalia! come ne distrusse il pudtn'e , le pas* 
sate onorificenze, il potere e lo splendore 
della sua maestàl Di altre anche più impor* 
tanti commissioni fu il Boccaccio in progresso 
di tempo incaricato,, e sostenne orrevole am- 
basceria ad Ostasio da Polenta , signor dì 
Ravenna, altra a Lodovico March, di Bran- 
dehorgo, figliuolo di Lodovico il Bavaro , ed 
altre, alla sua fama dicevolissime, a papa In* 
jiocenzo YI in Avìgncoe , e a papa Urbano 
y in AvigQone e in Roma. Scipione Ammi- 
rato ci «erbò una lettera di quest'ultimo pon- 
tefice, nella quale significa di avere veduto et 
ascoltato volentieri il Boccaccio in riguardo 
delle sue virtù. 

Del conquisto delle virtù egli era in fatti 
allora pervenuto a sinceramente infianunarsi. 
Gli esami più scrupolosi delle antiche dottrine, 
Tapplicazione indefessa alla greca e alla latina 
lingua^ il frequente esercizio del comporre e 



»^^» 



OI CroVASRI »OCCACCIO. s33- 

ilelcopiare ì componimenti altrui, il consorzio di 
pochi ma dolli amici, lo presidiavano incessan- 
temente, e sappiamo ch'egli fu largo di cara 
e lunga ospitalità a Leonzio Pilato , mvidis* 
61010 uomo greco cui dovette la cognizione del 
più dotto tra tutti gl'idiomi; sicché era ormai 
venuta stagione che il Certaldese facesse più 
conto deir ispida barba d'un proscritto tessa- 
lonicese, di quello che sia degli sguardi am» 
malìatori delle Fiammette. Dall'anno i36i) 
in cut vestì l'abito cherit^le^ sin all' ultimò 
della vita, menò dunque suoi giorni con tanto 
riaerbo, e in mezzo a tali austerità che potè 
apparire uoraEO tutto nuovo ; né giovò poco il 
Petrarca a tenerlo saldo sui sentiero delle 
virtù cristiane, sentiere che gli era stato aperto 
dalla parola del beato Pietro Petroni. Questo 
buon certosino (siccome abbiamo dagli atti 
inseriti nel T. Vili de'Bollandisti) trovan- 
dosi presso a morte, per mezzo di Giovac- 
chino Ciani, certosino sanese , fece sapere a 
inesser Giovanni , che gli sarebbero , rimasti 
pochi soli anni di vita ; e che se in questi 
pochi anni non avesse dato bando alla poe- 
sia sarebbe stata inevitabile la sua perdi- 
zione. Conturbatosi il Boccaccio , per minac- 
cia tanto funesta , volea non solo ulienarsi 



934 NOTinE su LÀ VITA B LB OPEBB 

dalle Muse, ma altresì da ogni altro studio 
profano, e gittare alle fiamme presso che tutti 
i suoi libri ; se non che il Petrarca in tale 
occasione, grindirizzò dalla sua solitudine di 
Arquà una luqga e aggiustatissima lettera , 
che ci resta tuttavia^ nella quale eccitoUo a 
non bandeggiare le lettere, a non privarsi 
di libri, bensì a fame utile uso onde ne resulti 
poi il generale profitto. A tutto ciò attendeva 
in fatti il docile amico uel firattempo che gU 
rimanea dì ozio a cagione de' replicati suoi 
viaggi in Sicilia e a Napoli , fiachè, pieno di 
meriti pe' servigi resi alla patria, alla lettera- 
tura, al nome italiano* chiuse piamente le 
luci in Gerlaldo il giorno 31 di dicembre , 
i3^5, in età di 6a anni. Era nell'anno ante- 
cedente mancato aVivi il Petrarca , intorno 
alla cui perdita il caldo amico Boccaccio aveva 
scritto* a Franceschino da Brossano una lettera 
da non potersi leggere ad occhi asciutti. 

Sarà buono indirizzo ad elevamento di 
mente il riconoscere il grand* uomo anche ia 
atto di dettare l'ultima sua volontà. Egli, già 
vagheggino di principesse famose ^ già dilizia 
di spleudide. corti, già imbasciatore a priacipi 
ed a pontefici , già moderatore di ogni più 
eleUo sapere^ ad onorata povertà confinatosi, 



mm 



m GicyrAviri boccàccio. 33 S 

abitava una casetta uaùlissima^ e tale che di- 
veiine sin' a tempi moderni il misero 8og* 
giorno del messo del Comune, ed in essa egli 
chiuse gli occhi non senza dettare un testa* 
mento con cui potè disporre soltanto di alcun 
campicello, di meschine masserìzie^ di pochi 
libri e di qualche divota reliquia. Lascio , 
scrisse con gentile animo e nella misera for* 
tuna pur liberale, alla Bruna , figliuola che 
fu di Ciango da Montemagno , una lettiera 
di albero y una coltricetta di penna ^ un piu' 
moccio y un paio di lenzuola buone , una 
panca da tenersi a pie del letto , un desco 
picciolo da mangiare di assi di noce ^ due 
tovaglie e due tovagliuole , un botticello di 
tre some e una roba di monchino^ foderata 
di zendado porporino ^ gonnella , guamacca 
e cappuccio. Egli lega poi una immaginetta 
di Nostra Donna scolpita in alabastro agU 
operai di san Jacopo di Gertaldo , altra im- 
magine dipinta a Sandra Buonamichi , ed i 
suoi libri al venerabile maestro Martino da Si- 
gna Agostiniano, colla permissione di lasciarne 
far copia ad qualunque persona li volesse* 

Al Decameron dee il Boccaccio la più alta 
sua rinomanza, a quel libro che fece sclamare 
a Benedetto Fioretti (più noto col nome di 



a 36 KOTICIE SV LA TUA E LE O^EIB 

Udeno Nieieli) che siccome gli allocchi , i 
hàrbagianni e simili ucùellacci notturni rice- 
irvno abbagliamento e stupidezza dal sole , 
così gV ignoranti non potendo ben penetrare 
tacutesza e la profondità di un tanto libro, 
rimangono det tatto confasi e mentecatti. Io 
fo concetto che questo signor Benedetto ayrebbe 
trafitto e pugnalato quel Paolo Beni , crìtico 
{>rosontaoeo che dalla cattedra di Padora prò» 
nonziava, essere nella sola novella del re di 
Cipria la pia breve di tutto il Decamerone, 
eopra trenta errori di lingua e di stile, i quali 
poi schierò ad ano ad uno nella sua Anticru* 
sca. Ma se le Dieci Giornate fecero salire ben 
giustamente il Boccaccio a fama immortale, 
molte altre sue opere non lo resero meno 
benemerito della universale letteratara. 

Primo in Italia egli scrisse romanzi amo- 
rosi. Il Filocopo , sua giovanile fatica, non è 
certamente tra le migliori, e racchiude nel 
Libro quinto due Novelle, ditegli foggiò poi 
di miglior Teste. La Teseide è il primo poema 
che abbiamo in oltavarima, dall'autore inven- 
tata. UAmeto^ detto ancora Commedia delle 
Ninfa Fiorentine^ è assai vaga operetta, fram- 
mischiata di versi e di prose , ed esemplare 
di quelle dateci poi dal Sannazzaro nell* Ar* 



91 GIOYAIIM BOCCACCIO» i3j 

eudia^.àsi Bembo negli Asolarti e dal Meo* 
sni nelV Jccademia Tusculana. Anche il Fi» 
hUrato è uo poema della gìovaaile età del 
Boatro autore, come lo è pure V Amorosa Fi* 
tiofte^ poetico lavoro in coi , aecondo il caT»^ 
SaldelÙ, somhra più vit^, più leggìacbn, più 
^oaee che altro9e la versificazione del Boc^ 
cacùio. Ultimo tra*eaot poemi tuoi giudicarli 
il Nùffale Fietobmo « acritto con maggion 
maeitria di ^ni altro , ma non ultimo è poi 
faredulo da chi aTreite dbe meaaer Gioyanai 
ne^edoi anni malori non lo crrebbe certa* 
mente iamdieiato di cacone brutture. 

Tra le proae ^ d<^o il Decameron , suol 
aasegnarai il poalo di onore aUa celebre Fiam^ 
meitA^ aeritta fin dairanno i344- L& ^^^^ 
di Dante è operioanola di alta importamBX 
Il Cor&icm, e Labirinto d! Amore , contiene 
amare infeUiTie oottfro certa rodeva tapìaella 
dbe risponder »oa ^>lle agli amoro» riscaUi 
deQo aetitlore, n ooolra ancora lotto cpel 
ies$o cantile, di coi erapnrestaioilBooeaccio 
al gran campione. Fit scrìtta qoest' opera 
Taimo t35S, ed è lodatiesima per fiaeasa e 
aebrietà di ornalo e per iacelteaa di belle 
Toct. Il Ginguené pose inoansi bocne ragii>oi 
per logUere dal oorero delie opere apocrifr 
anche il romanzetto X Urbano ^^ e vorrebbe re- 



Nel pabblicare fai mia Tradazìonc dalFo spa^ 
gnuolo del 0. Chisciotte di Michele Cervantes, 
impressa ìù, Venezia i8iS, volumi otto in 8, 
rbo fregiata di Sa figure disegnate ed incise 
alPacqua forte dal valente artista Francesco 
Novello, al quale ho descritti i soggetti pre-^ 
aceki dietro l'etame di tutta Topera. Sicoome 
queste descrizioni dar possono una adeguata 
idea di tutto il romanzo, cosi si di esse^come 
delle più fireache provo dei rami ho formata 
anche un Libro a parte, di cui furono impressi 
cento soli esemplari in carta velina colorala. 
Ora può contentarsi il lettore di aver sottoc- 
chio il solo mio scritto, ed osservare ehe niun» 
prodezza del gran Cavaliere errante venne al* 
lora da me trascurata , né con fredda indifife- 
rcaza uanrata. 



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Don Chisdotie armato esce in campaffia* 

ADATTATASI in testa una cartacea celata , 
imbracciata la targa , ed armato di rugginosa 
lancia, don Chisciotte è pronto a dare comin* 
ciamento alle sue prodezte, e ca?alcando Ron- 
zinante, bestia che arevapiù malanni .indosso 
deJ /cavallo di Gonnella^ esce per la prima 
Tolta in campagna. 

Dalla iSsonomia delFeroe appariscono le 
intrepide risoluzioni che gli occupano Tanimo 
per dare principio a luminosi assalii, per yen- 
, dicare ingiurie, per togliere dal mondo ingiù* 
stizie, per difendere deboli, per raddrizzare 
torti, per correggere abusi , per: soddisfare 
debiti, e per rendersi in fine T idolo della j. 

ammirabile. ed unica Dulcinèa, del Toboso, 
che dorea essere la sua fiammate il suo sole. ) 

In questa chimerica diyinità egli.aveya tras« j 

formata un*! fresca contadinoUa^ natira. della 
sua teira. e. chiamata Alooza Lor^pzo. 

Gamhci^ . Opere 1 6 



a^S LI PRISGIPÀLI GE8T1 

Don Chisciotte creato Cavaliere dalVOste, 

Giunto don Chisciotte ad una osteria, che 
nel suo sconvolto cer fello giudicò essere for- 
tessa, dope molte passio e dopo ayere (atta 
la veglia delle armi durante la notte, impe- 
gnò ir governatore della fortezza, o aia Toste, 
ad armarlo cavaliere. 

L*oste, coBoaciiito Tumore del anpplicfae- 
Tole-| diede di piglio ad un libro in cai sta- 
vano registrate le somministrazioni di paglia 
e di fieno che faceva ai vetturali, ed obbli- 
gando un fanciullo a tenere in mano una can- 
dela accesa, impose a don Chisciotte di met- 
tersi ginocchione. Fingendo allora di leggere 
nel suo manuale, Toste brontolò «otto voce, 
poi alsò la mano, diede al nuovo cavaliere 
un grande scappellotto, e colla sua medeain»a 
spada una piattonata. 

Stavano presenti »1 nuovo ceremoniale due 
donne di mal odoi^e. Tana figlia di an mu- 
gnajo, Taltra di un ciabattioo; e ^esta ee* 
coiida cinse a don Chisciotte la spada, e ^ 
di89e: Dio faccia che la Signoria 90$ira im- 
sca il pik fortunato de^ ca9alieri^ e che ^W- 
signoria abbia gloria in ogni oitncnio» 



QI SOR CHI8CI0TTS. 343 

Primo comhattimento coi Mulini a vento^ 

Voa delle prime e più celebri prodezze 
del grande don Chisciotte è stata quella di 
investire un mulino a yento, giudicando egli 
di battersi contro un esercito di giganti. Dato 
degli sproni al suo Ronzinante, ed invocata 
la protezione della sua Dulcinea, perchè non 
gli venisse meno di assistenza e fafore, passò 
air ardua tenzone. Sancio Panza si mise a 
eclamare: Guardi hene la Signoria vostra che 
quelli non sono altramente giganti^ ma mu- 
ìini a vento ^ e quelle che paionor braccia 
sono gli aspi ohe, rivoltati dal vento ^ Janna 
girare la macina del mulino* Don Chisciotte 
rispose a Sancio: Ben si conosce che non ti 
intendi^ o Sancio ,^ di avventure: quelli sono 
giganti: e se tu hai paura scostati e mettiti 
in orazione. Disse, e volò aU'aasalto; mai:fr- 
^ando colla lancia in un aspo fu rivoltato eoo 
tanta furia, che non solo andò la lancia tu 
pezzi, ma alramazsarpno ib^TaUo • il ca- 
valiere. 



^44 ^< PEIlTCìrALT GE8TS 

Sancio Poma sbalzato coUa copèrta^ 

Tanto il yaloroso don Chisciotte quanto il 
paziente scudiere innumerevoli trayagli sof- 
ferto aveano in altra osterìa, che pure si era 
il cavaliere errante incaparbito nel giudicare 
castello. Dopo ch'egli ebbe Ta testa mezira 
fracassata da una lucerna che gfi sbattè in- 
dosso il* bargello, e dopoché doretle recete 
qtrasi gr intestini in virtù di un bars'amo,cIie 
pia fatale ancora èra riuscito al povero San* 
cio^ deliberò don Ghisìsiotte di partire^ senza 
voler pagare alFoste 1* alloggio per non con- 
travvenire agli ordini della errante cavallerìa. 
Indispettitosi Foste, arrestò Sancio, e conse- 
gnatolo a quattro battìlané di Sego vFa, questi 
lo misero sopra un copertojo da letto, e lo 
resero voktore a suomal grado, abbassandolo 
e sbalzandolo in alto come se fosse stato e»- 
gùuolrno. Don Chisciotte, udito il romore, 
tornò verso Tòsteria, e trovato chiuso V in- 
gresso potè scoprire dalla muràglia del cortile 
il màrgovei'no che si faceva de! srfo sciaman- 
nato scudiere. Non sapendo come vendicarlo 
scagliava mille villanie e vituperj e minacce 
contro la gente burlona, la quale per altro 
non lasciò così presto di divertirsi alle spese 
del padrone e dello scudiere. 



^■1 



m DOS CKiSCIOtTB. ^ u^S 

Il famoso Elmo di Mamhrino. ' 

Dopo la strepitosa ventura delle Gualchiere, 
che causò spayeoto e percosse al povero San- 
cio^ si avTeone Don Chisciotte in barbiere 
che cavalcava un asino bigio^ e che per ripa- 
rarsi dalla pioggia si era coperta la testa col 
suo bacino di ottone. Il nostro eroe lo giudicò 
cavaliere che marciasse su cavallo leardo con 
in testa il famosissimo elmo d'oro di Mara- 
brino. Andò, in furia ad incontrarlo con la 
sua lancia, ed il barbiere i^edendosi sopraf- 
fatto da qualche fantasima^ si lasciò cadere 
dall'asino e si mise a fuggire abbandonando 
e. bestia e bacino. Don Chisciotte comandò 
tosto a Sancio che raccogliesse Telmo, « cosi 
Telmo-bacino passò in mano del padrone y il 
quale se lo ripose sopra il capo^ e girandolo 
attorno^ e cercando la visiera, e non trovan- 
dola, disse: Certo che iZ Pagano per cui si 
fahhricò la prima volta questa Jamosa celata 
dovea avere testa grandissima \ e il peggio si 
è che ne manca la metal Sancio Panza non 
potea più contenersi dal ridere, ma ristette, 
avendo avute per lo passalo troppo binare 
prove del furioso temperaineiito del suo pa- 
drooe. 



■96! 



246 ^> FROfGIPÀLI GBSTB 

Liberazione dei galeotti incatenati. 

Passata per le campagne scortato da guar- 
die un branco di galeotti che pei loro mi- 
sfatti erano stati condannati a servire per forza 
il re sulte galere. Don Chisciotte, vedutili 
appena, disse: lo mi trovo in debito di eSe^ 
guire gli obblighi di mia professione col dis- 
fare le forze e le violenze: e, udita la causa 
delle disgrazie di quegli sciaurati.» soggiunse 
alle loro guardie: Signore guardie , nulla 
hanno commesso queste povere genti contro 
di voi; e intimò loro che fossero tosto liberati 
dai ceppi. Una guardia gli rispose: Fada 
Vossignoria in buon ora per la sua strada ^ e 
si raddrizzi il bacino che ha in testa, né stia 
cercando il quinto piede nel gatto . S* indi- 
spetli il cavaliere per sì arrogante risposta, 
investì ed atterrò la guardia con un colpo di 
lancia. I galeotti, profittando di sì inatteso 
evento^ cominciarono a sciogliersi dalle catene, 
e Sancio accorse per lo primo alla liberazione 
di Gines di Passamente , ch'era più scellerato 
di ogni altro. Fu costui incaricato da Don 
Chisciotte di recarsi al Toboso per dare conto 
di tanta prodezza a Dulcinea, ma Tassassino 



Bl DOM Cltl8GlOTTB. 347 

nfiatò Tambascerla. Ciò diede origine a nuova 
zaffa, in cui Don Chisciotte e Sancio rima- 
sero derubati e malconci. 

Cardenia calpesta Don Chisciotte e Sancio é 

Uno sventarato^ di nome cavaliere Gar- 
denio, tatto lacero e più che mexzo impazzito 
per amore, volle narrare le sue sventure a 
don Chisciotte, che incontrò in Sierra«ìVIorena, 
ma a patto che questi non interrompesse mai 
il filo della dolente istoria. Così segui si no al 
punto in cai Cardenie nominò il famoso li- 
bro di cavalleria scritto da Amadigi di Gaula* 
A questo nome don Chisciotte si scosse, si 
oppose, confutò Gàrdenio, e i due cavalieri si 
riscaldarono il sangue, uno per offendere e 
Tallro per difendere il gran maestro Kiisa- 
hatte, imputato di avere commesso concubinato 
colla regina Madassima. Nel bollore della zuffa 
don Chisciotte si trovò salutato da una sas- 
sata nei petto che lo fece stramazzare. Sancio 
voleva proteggere il suo padrone, ma Cardenie 
con un pugno se io gittò ai piedi, e, monta- 
tovi addosso gli ammaccò aspramente le co- 
stole. Un capraio era accorso per difesa di 
Sancio, ma Cardenie, dopo ch^ebbe troppo 
bene macinati e pesti quei due, fuggì via e 
tornò a nascondersi nella foresta. 



348 l'I mifCIFilI 0E8TB 

Penitenza di don Chisciotte 
in Sierra^Morena. 

Per esercitarsi don Chisciotte nei pati- 
menti, e riescire più degno della saa amatìs* 
sima Dulcinea, ritirossi nelle spelonche di 
Sierra-Morena, di dorè scrisse alla sua bella 
una lettera, incaricando Sancio di esserne 
portatore. Sancio, ch'era stato derubato del 
suo asino, ottenne a prestito Ronzinante, su 
cui cavalcò con un mazco di ginestre in mano 
le quali erasi addossato di spargere per la 
strada, come segnali del sentiero al suo ri* 
torno fra quelle catapecchie dove restava frat* 
tanto il padrone a far penitenza. Prima di 
partire volle esser testimonio di una almeno 
delle pazzie che don Chisciotte era intenzio- 
nato di fare: Attendi ^ o Sancio ^ disse allora 
il padrone, che in un momento te la farò 
vedere, E calatesi frettolosamente le brache, 
e rimasto ignudo come sua madre Io aveva 
fatto, die due sgambettate, e fece due capriole 
colle gambe all'aria, scoprendo cose che per 
non tornare a vederle, Sancio volse presto le 
redini a Bonziiiante^ e andò pe' fatti suoi. 






BI DOR cHitcìom. ^49 

Dorotéa genuflessa avanti a don Chisciotte. 

Era Dorotéa una scaltra giovane di con- 
tado, per ietrane vicende di amore passata a 
rifnggirsi in Sierra-Morena, dove trovato aveva 
Gardenio, Tamico di Fernando suo amante, 
Cj oltre ad esso, il carato ed il barbiere, ce^ 
lebrì e fidi amici di don Chisciotte di cui 
erano in traccia. Tenne pregata Dorotéa che 
tentasse ogni via per istrascinare seco Teroe 
della cavalleria^ ed ella, indossatasi ricca e 
maestosa simarra, finse di essere la regina 
Mìcomicona^ erede del gran regno Micomìcone, 
che venisse a ritrovare don Chisciotte perchè 
egli disfacesse il torto che le era stato fatto 
da un brutto gigantaccio della Guinea. Ella 
duoque, scoperto appena Teroe, smontò dalla 
sua mula, sì mise ginocchioni dinanzi a lui e 
si raccomandò colle lagrime agli occhi al va- 
lore del Buo intrepido braccio. La vostra grande 
hellezza, le disse don Chisciotte, si alzi, che 
io le concederò il favore che dimanderà. Il 
barbiere stava intanto egli pure ginocchione 
a canto di Dorotéa, e per non essere ricono- 
sciuto portava una finta barba attaccata al 
mento, e fatta della coda di un bue che par 
caso trovato aveva neir osteria. 



sSo u ìrRiRCipiLi Gisrs 

Il Ritrovamento dtIV Asino. 

Quando lo scellerato assassino Gines di 
Passamonte ottenne di essere sciolto dalle ca- 
tene, attese le temerarie prodezze dì don Chi- 
sciotte, non solo salutato aveva a sassate il 
proprio liberatore, ma eziandio derubato il 
povero scudiere Sancio Panza del suo caris" 
Simo asino. Dopo varie e strane vicende Pi- 
nes, travestito da cingano, giunse in Sierra» 
Morena e si abbattè nei nostri eroi. Appena 
che Sancio lo vide e riconobbe esclamò: Ah 
Ginesuccio ladrone ^ rendimi la mia gioia, 
lasciami la mia vita^ non impegnarmi in ci' 
menti ^ abbandona il mio asino ^ fiiggi, brio- 
cone^e restituisci la roba che non è tua. Gì" 
nes, vedendo che non era allora opportuno il 
restarsene, smontò presto dalla bestia e sparì 
via in un baleno. Sancio volò d'appresso al 
suo asino, lo carezzò, lo abbracciò stretta» 
niente, e gli disse: Come stai ben mio ^ asino 
degli occhi miei^ compagno mio f E non sa- 
ziàvasi mai di baciarlo e di ribaciarlo come 
se slato fosse persona grandemente sua amica. 



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« 



DI BOH CHISCIOTTE. 9 Si 

La Carità ài Saneio Panxa, 

le prime prodesse di don Chisciotte, 
Tenne creato cavaliere errante, una 
a di disciogliere certo garsonoUo di 
. vi.ndrea,€he il sao padrone area legato 
ad una quercia, e che batteva siccome reo di 
laiironecci. Il giovane, dopo molto tempo, trovò 
per asxardo don Chisciotte e gli abbracciò 
tosto le ginocchia come a suo liberatore. L^eroe 
narrò allora colle frange a Dorotéa e a^snoi 
compagni le prodezze usate a favore del me- 
desimo; ma questi, più veritiero, soggiunse 
the don Chisciotte non aveva fatto che irri- 
tare di più il sno padrone che lo avea poi 
per vendetta reso un s. Bartolommeo soorti- 
cato. Replicò don Chisciotte, che sarebbe vo- 
lato a fare le sue vendette, ma Dorotéa lo 
scongiurò perchè ciò rimettesse al ritomo dal 
regno di Micomicone. Andrea confinossi a 
chiedere qualche limosina per cavarsi la fame, 
e don Chisciotte faceva il sordo, ma si mosse 
Saneio a compassione, e, cavati di saccoccia 
pane e cacio, e datili al garéone, gli disse: 
Piglia^ fratello Andrea ^ questa porzione di 
pane e di cacio y che ti regalo. Dio sa quanto 



». 



aS» U PBIKCIPÀII G18TB 

mi avrà a costare! perchè tu devi sapere ^ o 
amico ^ che noi altri scudieri di cavalieri er» 
ranti andiamo tutti soggetti a molta fame e 
a molti malannL 

Combattimento di don Chisciotte 
con alcuni otri di vino* 

Don Chisciotte si era talmente fitta in te« 
sta la pugna che doyea intraprendere col gi- 
gante nemico della regina Micomicona, cke 
trovandosi addormentato airosteria, e imma- 
ginandosi di essere già impegnato nel com- 
battimento, balzò fuori del letto farneticando. 
Cogli occhi chiusi, colla camicia che sul da- 
vanti gli arrivava alle cosce, e sul didietro era 
ancora di due dita più. corta, tenendo rav- 
volta sul braccio sinistro la coperta del Ietto 
(quella stessa che Sancio aveva giuste ragioni 
di odiare) stava colla spada sfoderata tirando 
eolpi a diritto e a rovescio. Nel suo riscaldo 
trapassò alcuni otri di vino ch'erano nello 
stanzone, il quale divenne un lago. Accorso 
Sancio, giudicò tosto che fosse il sangue del 
gigante ammazzato dal suo padrone, ma Toate 
vide che cosi non andava la cosa, e ch'era 
realmente il suo vino. Invelenitosi, arrestò il 



wf^mmn^l^ 



I>I SOS CBISGIOTTB' SÌ3 

braccio a ioù Ghisciolle e Io caricò dì lanli 
sorgozzonì, che se Garden! o e il curato noa 
fossero sopraggìontì,' potea di buon senno e 
per sempre avere fine la gaerra coli'eccidto 
del caraliere errante. 

Don Chisciotte legata ad una finestra^ 

La figlinola e la serva dell* oste , sapendo 
che durante la notte don Chisciotte stavasi 
nel eortite delVosteria per la veglia delle armi, 
come se fosse in un castello , si avvisarono 
di fargli nuova burla. Lo invitarono ad essere 
loro cortese dì uno sguardo amoroso, ma poi, 
attesa la sua ripugnanza per la fedeltà giurala 
a DutciDéa, si contentarono- di poter almena 
toccare una deHe sue belle mani. Fé la porgo , 
egli dissè^ non perchè la baciate^ ma perchè 
ammiriate la tessitura dei nem, Vaggregato 
dei muscoli ^ la capacità delle venere possiate 
giudicare della gagliarMa del braccio cui sta 
attaccata. La serva ^ senza perdere terapo^ gli 
cinse la mano alla ferriata col capestro del- 
l'asino di Sancio. Rimase Teroe legato , e 
potendo appena poggiare il piede sulla sella 
del suo Ronzinante. £ra nell' affannoso pea- 
siere, ch^ se la bestia gli fosse un po'guizzata 



HP 



aS4 LEPAinCIPÀLI 6B8TI 

di sotto, sarebbesi rimasto penzolone, quando 
Tennero nel cortile altri pasaeggieri, ed avendo 
una loro cavalla fiutato Ronzinante , questo 
non istette alle mosse* e causò acuti spasimi 
al povero cavaliere che urlava come toro. Alle 
sue grida arrivò Foste atterrito, e la serva 
andò di nascosto a scioglierlo dal capestro. 

RieoneiUazione di Sancio con Don Chisciotte. 

Con temerarie espressioni erasi Sancio per- 
messo d'intaccare alcun poco l'onore di Do- 
rotea, quella supposta regina Micomicona che 
godeva della protezione di don Chisciotte. 
Sdegnato questi , proruppe in veementi im- 
precazioni f e tali che ne rimase atterrito il 
suo povero scudiere. Il curato ed il barbiere, 
don Fernando e la medesima Dorotéa si fecero 
intercessori per ricondarre Sancio al grembo 
della buona grazia del suo padrone , e quesU 
permise finalmente che Sancio ginocchione e 
con estrema umiltà gli baciasse la mano. 
Rappacificatosi dunque, cosi gli disse : Ora 
finirai di convincerti^ Sancio figliuolo , cVè 
verità quello che altre volte ti ho detto^ cioè 
che le cose tutte che passano in questo cu- 
stello sotw cose d'incantesimi^ Rispose Saiv 



DI BOV OHI8GIOTTB. sSeS 

ciò: Così crederò, eccettuato sempre F affare 
dello shalzamento della coperta cVè suece" 
iuta per le vie ordinarie. Di (piesto ufiare 
dello sbalzamento della coperta si e saputo il 
netto sin dal preambolo di questa memora- 
bile istoria. 

Don Chisciotte cavato fuori dalla gabbia. 

Il curato e il barbiere, che pur yoleajnp 
ricondurre don Chisciotte al suo paese per 
tentare la guarigione del suo cervello , si de- 
terminarono di legarlo, mentre dormiva, e di 
riachiiiderlo in una gabbia tirata da buoi. 
Contro la opinione di Sancio giudicò don 
Chisciotte c^e ciò aTTenisse per incantesimo, 
e andava tra se dicendo: Non posso intendere 
come io abbia a vedermi ingabbiato e strO' 
sanato^ ma chi sa che la cavalleria e gV in- 
canti, dei nostri tempi non abbiano preso 
pirga diversa da quelli degli antichi! Durane 
si Tiaggio si alfaeciò un canonico di Toledo, 
che di molte cose letterarie e politiche tenne 
discorso con fingabbiato cavaliere. Sancio 
andava di quando in quando insinuando ai 
suo signore, eh' egli era vittima di una con- 
spirasione, addueendogU per prova che so foss* 






ll56 u PimciPÀii Geni 

incaotato non si sentirebbe mai natarati biscr- 
gni. Dìsprezsaya don GhiscioUe questelexìonr, 
ma cafdi finalmente cbe se non lo metteYano 
un pò* in Itbertà non avrebbe potuto far a 
meno di mandare. cattivo odore. Allora il cu- 
rato fece raddolcire il rigore della prigione, 
e colla guarentigia del canonico e di Sancio 
permise che don Chisciotte uscisse fuori 
dalla gabbia per iscaricarsi del superfluo al*- 
Tana aperta. 

Combattimento dei Battutieon don Chisciotte. 

Stara ;don Chisciotte tuttavia sprigionato 
dalla gabbia quando una^ compagnia di disci- 
plinati , o Battuti, passò non lontano dalk 
campagna dov*egU si trovava , portando pro- 
cessionalmente una santa immagine della Ma- 
donna per intercedere da Iddio la pic^gta 
sulle arse campagne. Immaginò il nostro eroe 
che si offerisse a lui occasione di nuove ven- 
ture, e montò tosto sul suo Ronzinante per 
volar a liberare la credula da lui addolorata 
signora. I Battuti lo giudicarono pazzo , ma 
eccitati alla zuffa, inviperirono fortemente^ ed 
uno di loro , che era tra i portatori della ba- 
creila, lasciando il peso ai compagni, gli andiò 



m m» cKtaeioTTBi arS^ 

air kieoiitro e iiwlberò k forcipi ^ Id qoal* 
però con un o&lpo solo dato da don Gtiis<)iott^ 
rimaae acayeaaata. Il BatHit» nA trwaò» otié^ 
gli reato in Mano, e già faoii di aè,e<»tiimeìd 
a baalonare fieraflaeme il davdiere errante , il 
ffaah atramaa^ aensa potere pia muover» 
né piedi, né mani. Riaratosi un peco,fnaiia* 
lato da Sancio a rìmellerai nella gabbia to^ 
cantata, e yenne allora adibiate éopra lin fa* 
aeio di fieno, e a qtenBto modo io capo a sei 
giorni tom^ di bel meaaodi nella ana teité 
aatiys. 

Fisita d^' Sansóne Carrmseo^ a don ChUcò»tte. 

Era già Iraeeorao ^lehe tetApo iefiaaclie 

don Cliiacioite potesse escire di casa sua , 

^foando il baccelliere Sansone Garr asco, tioma 

amica delle burle , Tolpe fina e di Scaltriti» 

giudiaio, venne a visìtaitò HiSiA conVàletoenaa, 

e col cmisiglio del curato e del barbiere to' 

persuase ad entrare di nnoyo in canipagn* 

per cercare venture die sempre piii assicora^ 

aero la immortalità del suo nome, già divut-» 

gata iieHe bocche di tntti. È Ainqtte pero^ gU' 

dttoe 4lott Gbìaciotte^ c&e corre per ì» monda 

la mia istoria scritta da tmtare ar«&o ornar» 

Camba^ Opece 1 7 



aS8 U PHISGUPAII CE8TB 

che sia} Tanto è vero^ rispose Sansone, che 
porto opinione che sin al dì d'oggi sieno già 
alle stampe più di diecimila volumi di que- 
Ho libro ^ tenuto tra le mani dai fanciulli ^ 
letto dai giovani^ gustato dagli adulti e lodato 
dai vecchi: Sancio Panza, che stava ritto ac- 
canto al ano padrone , dimandò allora se la 
istoria parlasse andhe di lui , e Sansone re* 
plico: Nulla ha ommesso V autore moro: rac- 
conta ogni cosa con fedeltà , con esattezza « 
uè dimentica neppure le capriole fatte dal 
huon Sancio sulla coperto èia /e/ to. Soggiunse 
Sancio: lo non ho fatto capriole sulla coperta^ 
ma per aria^ e furono più del bisogno» 

Sancio e don Chisciotte ai piedi di Dulcinèa. 

Nella toa terza partenza di casa don Chi- 
sciotte si rivolse tosto alia grande città del 
Toboso per trovare occasione di ammirare la 
sua Dolcinéji. Incaricò Sancio di andare pri- 
ma a vederla nel Suo palagio, e di chiederle 
la benedizione , ma a Sancio rimordeva la 
coscienza per le tante bugie che altre volte 
aveva infilzate per inganoare il suo padrone, 
qon sapendo egli veramente se nemmeno Diil- 
«iaéa esistesse nel mondo. Ora, determinatosi 



«■i 



DI DOW CHISCIOTTE. iSgj 

a continuare nella menzogna, yìde tre conta « 
dine a cavallo dì tre giumenti^e riferì al suo 
padrone che una di esse era Dulcinea trasfor- 
mata per incantesimo in rozza villana. Don 
Chisciolte prestò fede al suo scudiere, e vola- 
rono ambedue a gittarsele ginocchioni dinanzi. 
Sancio si fece prima a parlare^ e così cornine 
ciò: O regina e principessa e duchessa della 
iellezza^ ricevete nella vostra grazia questo 
povero cavaliere prigioniero : io sono il suo 
scudiere Sanzio Panza , ed egli è Vajjflitto 
cavaliere don Chisciotte della Mancia, La 
contadina, infastiditasi , disse alla sua bestia: 
Arri in lày ed ai personaggi genuflessi: Za- 
sciateci andare per la nostra strada che vi 
troverete più contenti. 

Conferenza col Cavaliere del Bosco, 

Ronzinante e Tasino di Sancio stavano una 
notte pascelando senza sella e senza bardella, 
quando a frastornare la quiete dei loro pa- 
droni giunsero al buio due incogniti. L'uno 
era Sansone Garrasco, trasvestito daCavaliero 
dal Bosco, Taltro un compare di Sancio, ma- 
scheratosi con grande naso posticcio. Al ro- 
mor« mt«so, disse don Chisciotte a Sancio : 



JIL-, .,^,Ji-*aBaBBP^^OSWOi»^^^^^^""^^S:^^«!^^"«" 



960 LE VamCIPÀU GISTI 

Fratello Sancio, vogliamo avere una nuova 
ventura, — Dio ce la mandi buona ^ rispose 
Saocio. Il Cavaliere del Bosco comineiò a 
cantare il tenore delle sue amorose pene , e 
sentendosi arvicinare don GhiscioUe disse con 
sonora, ma cortese voce: Chi è là? che gente 
è qui? siete voi fra i contenti o fra i miseri? — 
Fra gV infelici \ rispose don Chisciotte. — 
Dunque venite a me, replicò rincognito, e in 
me troverete V affanno e la tribolasione in 
persona, Yari ragionamenti s^uirono allora 
tra i due cavalieri e i due scmdieri , e final- 
mente questi ultimi, bene pasciuti e messo 
briachi, si addormentarono. I cavalieri non la 
finirono in bene, perchè, aizzatisi per prece- 
densa di bellezxa nelle loro dive^ vollero bat- 
tersi, e restò atterrato il Cavaliere dal Bosco, 
essendo ststo assalito da don Chisciotte prl- 
machè egli si fosse ben messo sulla difesa. 

Combattimento coi Leoni» 

Una delle più strepitose venture di doa 
CShisciotte è stata quella del combattimento 
coi leoni, per cai chiamossi poi il Cavaliere 
dei Leoni, Avanzavasi un carro, che traapor-^ 
lava due leoni ingabbìati| dono del generale 



Di don GHISGIOTTV. sSl 

dì Orano al re di Spagna. Vedutili da don 
Chisciotte, volle egli battersi^ ed al custode 
del carro disse con arroganza : Jpri quella 
gabbia y io t'inchiodo sul carro con (fuesta 
lancia. Sancio allora fuggiva, ed il custode 
Jpalaocò a dirittura una delle due gabbie. 
Comparve il leone in ispaventevole aspetto f 
si rivintolo per la gabbia ^ dislese le canne t 
si stìrò^ sbavigliele buttando fiiori due palmi 
di lingua si sfregò gli occhi e si lavò il muso. 
l3on Chisciotte guatavalo^ bramando che or* 
mai saltasse giù dal carro , ma il leone , più. 
prudente che furioso, voltò le spalle, presentò 
a don Chisciotte le parti deretane, e si rimise 
in gabbia. Chiudi la gabbia^ disse allora don 
Chisciotte ai <^]Stode, e farai autentica testi' 
monianza H tutto quanto mi hai veduto ope* 
rare^ e come attesi il leone , che non ha vo- 
luto uscire fuoray e come tomai ad aspet- 
tarlo^ e come volontario egli si rimise in gab- 
bia, e lajinì col mettersi a dormire. 

Finta morte del pastore Basilio. 

Nella loro peregrinasioae , don Chisciotte 
« Sancio passarono in un contado dove certo 
Camaccio, ricco paesano, apprestavasi a sou- 



»H 



363 IrB PRINCIPALI GBSTE 

tuose noarze con Ghìlteria, gioyanecVerastaCa 
prima amata da un pastore di nome Basilio. 
Potè Sancio in questo incontro godere della 
cuccagna che si facevate fra le altre gozzo^* 
glie si mise a schiumare una caldaia per gua- 
stare il digiuno con due paperi e tre galline. 
Basilio intanto volò a sturbare le nozze , e 
giunto davanti agli sposi ficcò una lancia in 
terra e finse di ammazzarsi» Volarono a soc- 
correrlo gli amici ^ e don Chisciotte principal- 
mente. Il pastore^ come se fosse giunto agli 
estremi, chiese a Chilteria che gli desse aU 
meno lu mano di sposa per farlo morire con- 
tento; e Gamaccio non si oppose. Appena 
Impalmati Basilio e (Ihiltera , il primo sbalzò 
in piedi e gittò via la lancia con cui si era 
apparentemente ferito. Don Chisciotte prese 
.allora le difese di Basilio , gli ottenne il per- 
dono da Camaccio e partì. Sancio seguitò gK 
.sposi , ma con dolore, perchè avrebbe voluto 
difendere Camaccio^ lasciando il. quale, parea- 
gli di lasciare le pignatte di Egitto. Egli tenne 
poi per lungo tempo fitta in memoria la schiu- 
ma della pignatta, formata, come si è detto, 
di due paperi e tre galline. 




i(P 



DI BON CHISOlOTtB. 9^3 

Don Chisciotte nella grotta di Montesino. 

La grotta, detta di Montesino» era famosa 
siccome quella che giadicayasi officina d' in- 
cantesimi. Don Chisciotte yolle visitarla, e yi 
si calò giù legato da funi , yi restò per mei- 
z*ora, e poi trattone fuori , si mise a narrare 
le marayigliose e impossibili cose che imma- 
ginò di ayeryi vedute. Cominciò dal dire, che 
apertisi due portoni , vide venerabile vecchio 
colla testa coperta da berrettino nero alla mi- 
lanese, e con barba bianchissima che gli arri- 
rava al di sotto della cintura, il quale così 
proruppe: È molto tempo , o valoroso cava» 
liere don Chisciotte della Mancia, che noi, i 
quali tra queste solitudini viviamo incantati, 
attendiamo di vederti perchè abbia notizia 
il mondo per mezzo tuo di quanto qua si 
rinserra. Tu sei il primo che mi visita la 
mercè del tuo invincibile cuore e del mera* 
viglioso, tuo braccio. Seguimi, signor caris-^ 
rimo^ che mostrarti io voglio le stupende cose 
nascoste in questo trasparente castello ^di cui 
io sono il custode e la principale guardia , 
essendo io quel Montesino medesimo dal quale 
la gl'Otta ha preso il nome. E qui seguitò 



!|f)4 ^^ VRIirCIVÀLB 1SB8I1 

clon Chisciotte a raccertare cose, cbe SaDci^^ 
«omo di goffa mente, ma di retta ooecieosa % 
con poteva menargli buone. 

La ventura del BuraUinait^ 

Era già doa Chisciotte incamminato per 
$aragoaza <|iiand« trovò in un* osteria maestr» 
Pietro bttrattiaaÌ0|dìe girava T Aragona mo* 
arando al Qatorale la istoria ài. Melisendra 
i^berat^ da im Cai£éro, e portando con si 
«QQ s^imiot^o ch^era un portento. Nel passa- 
tempo appr«stat0 p^ la s^a inedesima del- 
l'arrivo di dop Chisciotte , maestro Pietri 
nello spiegare la istoria apdava diceodo : Os* 
icrvino di grazia le 9Ìgn€rie loro quanta e 
quanto helh C04^alhria esce dalla città j e va 
ad inseguire i due amanti : ho gran paura 
4iho §ienQ raggiunti e Qhe 9Ìeno fatti tornare 
in ^orte strascinati a coda di cavallo. Pareva 
a don Chisciotte di vedere i combattenti^ di 
udire il calpestìo dei cavalli ; e per prestare 
aiuto. ai fuggitivifi riczòairimprovviso^edisse; 
Won consentirò maiohe si facciano supfrchie" 
rie od un amante e cavaliere come fu don 
Gcijéroi fermatevi y date indietro^ malnata 
canaglia^ non lo inseguite , né sicno tocchi 




VX ooK CHitcìoTTi. a6S 

^fuei poveri innamorati , che altrimenti io vi 
disfido a particolare tenzoTte. Detto fatto i 
igiiainò la spada , diluviò colteHate s^pra i 
&ntaccinij e tra tanti colpi tirò tale soprani^ 
maDO, che se maestro Pietro non se ne fosse 
loheraito, avrebbe avuto la testa buttata via 
fletta come se fosse stata di marxapaae. 

V Incontro della "bella Caeeiatrice. 

Saneio, quantunque goflb, comprendeva 
bene che quasi tutte le asioni del suo padrone 
«rano bestialità ; tuttavia non gii reggeva il 
cuore di abbattdon«rlo. Portandosi un giorno 
alla caccia certa Duchessa col suo falcone io 
nano e in compagnia di suo marito , ed es- 
sendo stata veduta da don Chisciotte , questi 
<irdiaò tosto al suo scudiere di andare appiedi 
di lei,e di ofiTerirle gl'interi suoi servigi. San* 
eto esegai la commissione , e così ebbe prin* 
cipio il complimento : Bella Signora , quei 
Cavaliere che si vede là , cbiamaio il Cava* 
liere dai Leonia è il mio padrone ^ed io sono 
imo de* suoi scudieri y e al mio paese michiom 
mano Sondo Ponza: ora questo Cavaliere 
dai Leoniy che non ha molto si chiamava il 
Cavaliere dalia Trista figura ^ mi manda a 



d66 Lt PmilCIPÀtl »8TB 

dirlcy che piaccia alla vostra Grandezza con* 
cedergli che con sua henepìacHo e consenti-^ 
mento venga a. mettere in esecuzione il 4U9 
desiderio^ che ad altro non tende ^ per guanto 
egli dicCy ed io penso y fuorché alla premura 
di servire alla vostra incimata Altezzeria ed 
alla vostra stradiladdirata bellezza. Se vostra 
Signoria gli concede questa permissione^ ne 
avrà gusto , ed ella ne riporterà mercede t 
contento. 

La Caccia del Cinghiale, 

Si apprestò aa giorno una grandiosa caccia 
di cinghiali e di altri animali salvatici, e don 
Chisciotte e Sancio fnrono eccitati ad affron- 
tare un cinghiale di smisurata grandezza. Banr 
ciò impauritosi, non ne volle punto sapere di 
battaglie con bestie, anzi abbandonò aiM^he il 
suo asino per paura , e andò ad arrampicarsi 
su per una quercia. SaKto essendo ai- primi 
rami di questa^ se ne squarciò uno ^ ed egU 
precipitò giù restando impiccato ad un bronco. 
Il suo padrone intanta, vedendo che i duchi 
aveano già trafitto di molte lance il cinghiale, 
e che era anche assalito dai cani, né stendeva 
più le zanne^ né digrignava più i denti , andò 



«■ « ■ H^i^VmvmHVVHPi^i 



DI SOR CfElSClOTTE. 267 

ad immergerli nel corpo la sua lancia , e poi 
Tolò a spiccare Sancio dall'albero. Il povero 
Sancio, ch'era rimasto col vestito da caccia- 
tore tatto squarciato, ne mostrò le piaghe alla 
Dachessache gitene avea fatto dono, e poi le 
rimproverò la passione eh* ella a vera per la 
caccia : Non so che gusto vi possa essere, egli 
le diceva, nelV aspettare il passaggio di una 
bestia ^che se la ti pianta addosso una zanna, 
uno è spacciato per sempre. 

Don Chisciotte e Sancio sul cavallo 

di legno. 

Clavilegno r aligero era il nome di im ca- 
vallo di legno che reggeasi mediante chiave e 
hisefaero postogli sulla fronte, e che si fece 
credere a don Chisciotte essere stato il cavallo 
di cui servivasi la bella Magalona per volare 
per aria. Yi montarono sopra don Chisciotte 
e Sancio cogli occhi bendati per volare essi 
ancora alla liberazione di altra matrona , no- 
minata Dolorida. Dio ti guidi, valoroso cava» 
lieve. Dio ti accompagni, scudiere intrepido, 
esclamavano tutti i circostanti; e aggiugiie- 
Tano : Tienti forte, valoroso Sancio , che tu 
harelli} guarda di non cascare, che la caduta 



368 ÌM PIIHCIPALI flEni 

crebbe peggio di guella deW ardito Garzone 
che 9olea guidare il carro del Sole, Sì bea^ 
i»rdiu ertei questa burla, che si fiogeva 6Ìn0 
il fischio del veoto , mediante i mantici che 
•offiavano dietro al cavai lo^ ed il calore della 
regione del fuoco, mediante sloppe accese ed 
attaccate ad una canna, lequali si ayyicioavane 
ai bendati occhi dei cavalieri. La ventura ebbe 
fine coll'appiccare il fuoco alla coda di Cia. 
TÌlegno, il quale, avendo e coda e pancia tutte 
ripiene di saltarelli e di scoppietti , balzò in 
aria con fracasso, e fece stramasxare messo 
abbrosttti il cavaliere errante e lo scudiere. 

Sanelo^ già/atto governatore^ a tavola. 

Dopo mille tribolaaioni giunse Saocio ad 
essere governatore della isola Barattarla ia 
terra ferma , ed ivi trovò allestito sontuoso 
banchetto. Postosi ingordamente a tavola gli 
si mise di faccia il dottore Pietro Reaio d« 
Agurio , naturale di Tiratìnfuora con bac- 
chetta di balena in mano. Quando Sancio al- 
lungava la mano per pigliare un boccoue , 
colui dalla bacchetta toccava il piatto » e gli 
scalchi lo portavano via« S* indispettì Sancie 
contro il medico, ma questi gli disse: Io $onQ 




bl DON CHlSGIOTTf . 36() 

$eJarìato in (fuesta isola per assistere ai pranzi 
dei governatori , e per non permettere che 
mangifto di i/uelle cose che possono essere dì 
pregiudizio alla loro salute. Ma , risposegtt 
oaacio, il proibire che io mangi non è pen* 
sare alla mia vita^ ma alla mia morte: datc^ 
mi qua quel piattellone che manda fumo^ e 
che mi pare una olea podrìda. Absit^ risposa 
il medico, non vi è piatto di peggiore nutria 
tione della olea podrìda. Sancio perdette It 
paàensa, e gridò ad alta voce: Eaeifuora di 
qua, dottore^ Pietro Rezio di Tirutinfuora , 
nhrimenti piglio questa sedia e ti spaccò il 
€er¥eUo. 

Ia Vinta alla moglie di Sancio, 

La Duchessa protettrice di don Chisciotte 
e di Sancio mandò nn suo scudiere a Gio- 
vanna Panza con lettera del manto diventato 
goyematore, e col dono di un yeiso di coralli. 
Stava Giovanna ael suo casolare filando «na 
matassa di steppa ed ^avea la oarpetta si 
<MMrta che lasciava scorgere quasi più ch^ 
le fpoBDbe : noa era vecchia gran fatto , ma 
lorte, soda, nerboruta^ fatticcia* Alle gnda di 
Saocetta sua figliuola, che avea veduto vaaoA^ 



0^0 LC PBINCIPÀLI 6E8TB 

tare di cavallo lo scudiere, comparì Giovaohai 
ed esso scudiere , vistala appena , mise uh 
gÌBOCchio a terra e le disse : Vossignoria è 
moglie degnissima di governatore arcidegnis' 
simo; ed in prova di questa verità pigli qua- 
sta lettera e fuetto reg'alo. Rispose GiovaoDa: 
Eh stia cheto j non dica queste cose y che io 
non sono palazziera^ ma povera contadina , 
figliuola di un rompilegna e moglie di uno 
scudiere di cavaliere errante. Ella ricevette 
però la lettera ed il regalo^ e subilo dopo 
volò in traccia del curato e del barbiere per- 
chè leggessero quanto scriveva il marito. Per 
istrada andava Giovanna con aliegria battendo 
le dita sulla lettera, come se avesse avuto alle 
mani un cembalo. 



La Zuffa di Sondo con don Chisciotte. 

Sfumò presto il governo di Sancio, ed al 
suo padrone mi affacciarono nuove ventura 
Egli si mise in viaggio per Barcellona , ma 
tenendo sempre dogliosamente fitto neiraniiiM> 
Toracolo pronunziato nella Grotta di Monte» 
sino, il quale per lo disincanto di Dulcinèa 
così prescriveva: 



Je** 



Bl DOn CHI8CI0TTI.' 1^71 

•Cfte Sancio suo scudier tremila diasi 
Trecento scudisciate in sulle solide 
Chiappe^ scoperte ali aria ^ e con tal impeto 
Che si ammacchin, si rompano, si scuoino. 
Cinqae sole frustate era Saocio ridotto a darsi 
con fatica, e vedendo il suo padrone che poca 
cura prendeasi dei rìmaDeote, una notte gli 
slacciò le brache, mentre dormiva all' aria 
aperta; e stava il cavaliere già in procinto di 
eseguire i voleri dell'oracolo colle redini di 
Ronzinante. Sancio si svegliò indispettito del* 
1* abuso di potere del suo padrone^ e gli sakò 
addosso, le stramazzò a terra^ e . lo percosse 
furiosamente. Tornarono poco dopo ad essere 
gli amici di prima^ poiché don Chisciotte ri« 
conobbe che aveva avuto torto nel battere 
Sancio, essendo stata intenzione deiroracolo 
che le scudisciate fossero volontarie. 

La Dibatta di don Chisciotte. 

U Cavaliere dalla Bianca Luna (che cosi 
chiamavasi Sansone Garrasco in abito men- 
tito) trovandosi al passeggio sulla spiaggia dei 
mare, invitò don Chisciotte a nuova disficl* 
per provare col valore delle armi che la sua 
dama era senza paragone più bella di Dui* 



Syd LB PBIllGiriLI OESTt 

cinéa del Toboso. Il difensore di qaeeta ac« 
cettò toMo la pugna alle dure condfsioDt vo- 
late dairavrersarlo; e sensa suono di tromba 
di altro guerresco stromento, versero ambe- 
due a tm punto slesso le brìglie ai loro ca- 
valli, ma sicoome il destriero del cayalìerQ 
dalla Bianca Luna era molto s?elto e le^iero^ 
cose fu presto sopra al nemico; ed alle corte 
rovesciò di cafalio 4on Ohisciotte, il quale 
stramassò in on col suo Roneinantei Vinto e 
debellalOfSi mise il nostro cafaHere a gridare: 
Dulcinèa del Tohoso è la più heUa enatura 
che 9iva^ ed io il più sventurato cavaliere 
che cavalchi sulla terra: strignete pure, a 
eamUerCj la vostra lancia^ toglietemi la vita 
da chà mi toglieste Tortore. 

La Penitenza di Sondo Panxa. 

Se Sanoio Pausa éi fesse date le tremila 
trecento e tante frustate, prof^^ttzcate dal sa- 
vio liìerlino coinè indispetìsabiK per lo dieiu- 
canto di Dulcinèa, ti suo padrone non e^rebb^ 
«tato vinto in battaglia. Tornò questi in fatti 
a dolersene «naramente, e indusse Alla fine 
lo scudiere a compiacerlo mediante il paga- 
nenlo di 8a 5 realL Sancio, tocco dairavaiÌBÌs, 



DI CON CHlSGIOTTff. Ùj3 

ti ritirò durante la notte in un bosco per jQa- 
gellarsi con più libertà, e il suo padrone si 
mise in un canto a qualche distanza con co- 
rona in mano per numerare le frustate con 
esattezza. Cominciò Sancio a flagellarsi , e 
don Chisciotte a contare; ma in realtà il yol- 
pone di Sancio in vece di battersi le spalle 
andava battendo gli alberi, e mandava intanto 
si lunghi gemiti che ad ognuno pareva che 
l'anima dovesse scappargli fuori. Per vita tua^ 
gU disse don Chisciotte, tenero di cuore, non 
disertare di pia le tue povere carni ^ che quC' 
sta medicina mi pare troppo crudele. 

Ultima foìontà e Morte di don Chisciotte. 

Le umane cose non possono essere eterne; 
e la vita di don • Chisciotte non avendo alcun 
particolare privilegio del cielo fa raccorciata 
dai disgusti^ dagli affanni^ dai tanti- stenti 
sofferti. Tornato a casa, ammalò grave mente , 
ma dorante la sua malattia potè rimettersi in 
baon giudizio. Rassegnato cristianamente alla 
sna ultima ora, volle al suo letto il curato , 
il notajo, il barbiere, Sansone Carrasco, la 
nipote, la serva, e Sancio, il quale si mise 
in Olì cauto presso al padrone ainghioz/.ando 

Gamhaj Opere i^ 



)^4 ^^ PAINGIPALI GB8TB, ICC, 

e Sgorgando un oceano di lagrime. Don Chi* 
sciotte dettò il suo testamento: Fui pazzo ^ 
disse, ora sono savio: fili don Chisciotte deUa 
Mancia^ ed ora sono Alonso Chiscianp il 
luono. Raccomandata a Dio Tanima sua, 
lasciò yarj legati, ordinando fra le altre cose 
che 8 Sancio non fosse chiesto conio dei da- 
nari consegnatigli: e se ijuando io era pazzo ^ 
seguitò a dire, volea dargli il governo di una 
isola ^ora che sono in giudizio gli darei quello 
di un regno ^ se lo' avessi, perchè la strettezza 
della sua condizione e la sua fedeltà meri- 
tano ogni cosa. Lasciò il suo retaggio alfa 
nipote, ma a patto che restasse diseredata se 
mai avesse yoluto maritarsi con uomo il quale 
si sapesse di certo che ayesse in sua vita letti 
lihri di errante ca?alleria« 



mmmmmm 



DISCORSO 

VBIHES80 lLL'EDIzÌ(m& DEL EIORE DI RETTORICA 

DI FRA GUIDOTTO 

DA BOLOGNA 

Pubblicato per cura delV Autore in Venezia, 
Tipografia di Alvisopoli^ 1 8ai, in 8. 



OVCSIB 



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^Mi*«*##***«««««*««««**««««««*«««««««««««#«t«««« 



Va per le mani di tutti i letterati FApoIo^ 
già deirAmor Patrio di Dante che il conta 
Gialio Perticarì hfa con tanto onore del notue 
suo mandata a luce, e chiunque discreto uomo 
sia^ né yoglia cercarne col fuscellino i difetti,' 
dee anuziirare il sommo ingegno del yaloroso 
autore ed il diritto suo ragionare. Dopo di 
ayer egli vendicato Dante dell'oltraggio fat- 
togli da chi pensa lui ayere per odio centra 
Firenze scritto il suo Trattato della volgare 
eloquenza y e dopo di ayer mostrate yere le 
dottrine di quei Trattato, ci fa conoscere che 
nelle leggiadre corti di Federico e di Man* 
fredi si cominciò a scrivere il volgare co* 
mune; che gli altri Italici lo coltivarono per 
innanzi; che la Università di Bologna molto 
contribuì a renderlo illustre, e che toccò spe- 
zialmente alla Toscana a nutrirlo , e per la 
copia de* suoi gloriosi uomini a renderlo da 
per tutto famoso. E siccome è fuori di dub- 



3^8 DISCORSO SVL FIOR DI RSTTORICA 

hìo che Teloquio gentile, simile ad ogni akni 
bella disciplina, ferma yolentieri sua sede doy& 
hanno stanza ferma i mecenati e i sapienti, 
de' quali erano già ben proyyedute nel du- 
gento Palermo e Napoli e Romane nel prin- 
cipio del trecento Bologna, e subito dopo lo 
fu la patria dell'Alighieri, così ogni non pre- 
veonto animo par che abbia a trorare senza 
riprenaioiie la sentenza del Perticar!. 

Ora in questa sua bella opera, dove dei 
Bolognesi egli parla, toccando alcuna cosa d^ 
loro prosatori, non esita a porre tra le piik 
nobili serìtture italiane, al per iWliVhìiÀ come 
per la helletza, la Beitorica di Jìillio, £ 
GuidottQ da Bologna ^ da lui intitolata a 
Manfredi re in mezzo il dugento, cioè prima 
ehe nascesse Dante, e quando il rozzo Guit" 
ione era ancor gionaetto, E per darci alcun 
esempio di questo antichissimo volgare egU 
ci offire un brano della Frefazicme, tolto da 
rarissima impressione del quattrocento, ehe 
si cooserra nella Gasanatense di Roma. Per 
lo affetto particolare, che da lunga alagione 
io porto all'ediaioni de* primi testi della no* 
atra favella, sono io pur possessore di questo 
libro, e ia sentenaa del Perticari grandckmente 
m* induce a ricansegnarlo alla luce. Nel man- 



^tm^mmm^mmmmmm^^mmmtm 



m FRA GUIDOTTO. 2jg 

dare, come ora fo, ad effetto questo propo- 
sito mìo, giudico non imitile il preporvi al- 
cuna osservazione, la quale discorra e sul* 
r autore della yecchia scrittura, e sul modo 
con cui parecchi altri lo rendettero già di 
pubblico diritto, e su quello con cui io dom mi 
a fare lo stesso oggidì, e sul conterai fine, in 
che può aversi tale operetta. 

Accorgimento non poco sembrami che oc- 
corra anche in questo genere di minuti studi 
a fine di condurre chi legge ad essere, per 
quanto può farsi > debitamente istrutto. In 
parlando di ciò che risguarda Tautore, debbo 
intanto osservare che molto scarse e molto 
poco accurate notizie di lui ci giunsero, quan- 
tunque si trovi ricordato con reverenza da 
Lionardo Salviati , dagli Accademici della 
Crusca, da Scipione Maffet, dallo Zeno, dal 
Tiraboschi, dal Morelli, dal Ginguené,' e po- 
scia da tanti altri letterati di minor nominanza. 
E cominciando dal titolo e dal nome proprio, 
ora Io vediamo rammentato come Padre mae* 
stro Guidotto o Galeotto ^ ora come messer 
Fra Galeotto o Guidotto^ ora come il ca9. 
Fra Galeotto Guidotti nobile Bolognese y e 
ehi lo vuole frate Domenicano, e chi Io vuole 
frate Godente. Gli antichi codici debbono 



■1 



aSo DISCOBSO 6UL FIOR DI RBTTORICÀ 

reputarsi la più sicura scorta per non pren- 
dere errore sul vero suo nome, ed in quelli 
di Firenze, ricordati dairArgelati, ed in quelli 
della regia Biblioteca Marciana in Yenezia, 
da me presi in esame, mancano e i doppj 
nomi e i doppj titoli, né altro vi &i legge fuor- 
ché: Frate Guidotto da Bologna. L*aggiuata 
di Galeotto io tengo per incontrastabile che 
derivi da errore dMmpressione corso nella 
intitolazione fattasi nella sopraccennata stampa 
del libro, in quella stampa che il cay. Lio- 
nardo Salviali, prima di ogni altro, potè esa- 
minare. Noi vedremo appresso di quante gof- 
ferie essa sia zeppa, ed intanto non fia teme- 
rario il giudicare che chi in una faccia scrìsse 
faccenda per vicenda^ /rancia per lancia^ 
patto per piato ^ non possa avere scritto Ga- 
leólto per Guidotto, E tanto più questo av- 
viso si ringagliardisce quanto che ne* due 
Proem) che la stampa slessa racchiude, e 
dove l'autore ricorda sé medesimo, niun altro 
titolo e nome egli si dà' fuorichè quello di 
Fra Guidotto, come appunto ne' codici si 
riscontra. Chi sa poi che non foss'egli un pa- 
rente di queirAnsidisio Guidotto, nipote del 
tiranno Ezzelino, che fu crudelissimo podestà 
di Verona neiraniio i2JO, e di cui parla il 



DI fAA GCIDOTTO. 28 1 

Sìsmondi nella sua Storia delle Repubbliche 
Italiane^ Il P. Sarti, neiraccurata 8ua opera 
intorno t' professori della Felsinea Università, 
«criye che la famiglia Guìdotti era indigena 
di Bologna, trapiantatasi a Roma^ ma che di 
frate Gaidotto niente y'ha di sicuro: certi 
nihil statici posse arhìtror. 

Sbattezzato che ayrem Guidotto, talchi 
perda il nome di Galeotto, dove il colloche- 
remo noi ? Nella schiera dei frati Domenicani 
o in cpella dei frati Godenti? sotto ìItcssìIIo 
dell'ordine dei Predicatori lo hanno posto i 
FP. Qaetif ed Echard, perchè un codice 
della Rettorica da essi veduto nella Biblioteca 
dell'Annunziata in Firenze aveva la prima 
lettera iniziale con dipintovi un fraticello f^e- 
ìtito di tonaca tutta bianca^ con sopr essa un 
mantello di color cinerizio \ e quindi sospet- 
tarono che Fautore del libro essere potesse 
un padre maestro Domenicano. Ma anche 
altro illustre letterato, T abate Mehus, esservò 
altro codice col fraticello dipinto con vesta 
hianca e di color cinerizio^ e per queste in* 
segne giudicò bene di allogarlo fra i frati 
Godenti; e il cav. Tiraboschi si accomodò 
alFavviso del Mehus^ perchè un Bolognese^ 
il secentista Ovidio Montalbani, onorò fra 



\ 



9 Sa DISCORSO SUL riOR DI BETTORICA 

Guidotto del tìtolo di nobile e di cavaliere. 
Ma la miniatara di un codice e F asserzione 
di assai poco critico scrittore mi paltao pim- 
telli troppo fieyoli; « può forse indebolire il 
ragionamento del Tiraboschi anche il sapersi 
che Vopera fa scritta forse prima deiranno 
1260^0 che non avanti qaest^anno'i frati Go* 
denti posero loro sede in Bologna. In ogni 
modo poco importerà che Guidotto fosse o 
Domenicano o Godente, e basterà esser certi 
ohe non gli vada tolta dagli omeri la cocolla, 
perchè /rate si chiama égli stesso nello scrì- 
Tere il suo proprio nome. 

Queir Ovidio Montalbani dee avere con- 
dotto anche il grande MafTei ad annunziare 
Topera con inesattezza, cosi leggendosi nel sao 
libro dei Traduttori Italiani: La Rettorica ad 
Erennio da Galeotto Guidottij trasportata nel 
laS^, stampata in Bologna nel i^J^ ^ '^I 
i658. Non è la Rettorica ad Erennio '^ im- 
proprio è il nome di Galeotto Guidottii non 
si può asserire che sìa stata trasportata nel 
ia5^; molto meno stampata in Bologna nel 
i478< E basti qui iatanto> osservare come 
non abbia solida base quel determi oato anno 
X a 57. Nella ristampa bolognese dell'anno 1 65& 
Teditore Montalbani fa dire allo stampatore 



DI VpiA GUIOOTTO. 383 

Manolessi, cbe la sua edizione è copia di 
qaeila fattasi nel 14789 di cui ci dà il titolo 
come segue: Bettorica nuova . traslaiata di 
latino in volgare per lo exinUo maestro de 
Torti libera bili fra Galeotto Guidoiti^ nobile 
cavaliere da Bologna Vanno del Signore 1357. 
Che questa intitolazione non sia punto così^ 
\q si potrà scorgere nella fedele mia ristampa 
dote non è fatto cenno alcuno di millesimo* 
Tuttayia non andò troppo lungi dal yero chi 
assegnò il 1267 per Tanno in om fu dettata 
Vopera, giacche la Rettorica è fuor di dub-* 
bio dall'autor suo indirizzata al re Manfredi 
di Sicilia, e il re Manfredi cominciò a pren- 
dere le redini del governo Dell'anno za 54) ^ 
per morte le depose nel 1^65; ovrero nel 
seguente; quindi in questo mezzo certamente 
Toperetla si scrisse e si divulgò. 

Le pazienti indagini fatte dal P« Iacopo 
Maria Paitoni risparmiano a me i confronti 
per far conoscere che questo libro non è prò* 
prìamente uo volgarizzamento della Rettorica 
di Marco Tullio. Ognuno sa che inostri buoni 
antichi erano per lo più grossi ed ignoranti 
in fatto di traduzioni, e che di loro capriccio 
le rivestivano. I volgarizzamenti di Esopo, 
della Eneide, degli Amori del Sulmonese^ 



3B4 DI8COB80 SUL FIOR BI RlSTTORIGÀ 

qaello delle Pistole trasportate da quel ser 
Bocca di Lampana, tanto scardassato dalFiU 
lastre cay. YiDoenzo Monti ^ e tanti altri, sono 
ombre di un corpo. Mon lo stesso, ma peg- 
gio dicasi della Rettorica scritta da fra Gai- 
dotto^ mentr'egli si contentò di dare xm im- 
maginato Compendio o Ristretto dei Libri non 
ad ffórennium, ma de Inventione ^ Compen^^ 
dio che neppur segue sempre le yestigia del' 
l'Oratore romano. Mal a proposito si è dun- 
que scritto la Rettorica di Tullio^ e la vera 
denominazione Y ha data frate Guidottò me- 
desimo, il quale nel suo Prologo' scrisse: Io 
ho compilato questo Fiore di Rettorica nella 
ornatura di Marco Tullio \ Tale a dire: lo ho 
unito insieme la parte piti scelta delVarte di 
hen dirCj ed holla rivestita degli ahbellimenti 
che le dà Cicerone, Se io dunque, diversa- 
mente dagli Accademici della Crusca, ho pre- 
scelta nel libro la denominazione di Fiore di 
Rettorica di frate Guidottò da Bologna, 
parmi ayere ciò fatto con evidente e salda 
ragione, né spiacerà poi, spero, eh* io abbia 
lasciato al libro quei suo naturai distintivo 
che pur era molto in voga a' tempi antichi, 
spesso scrivendosi allora ^ore di virtù ^ fiore 
di parlare^ fiore di cavalleria ^ ecc^ 



DI PRà GUmOTTO.. ^8S 

. Ad altra osservazione m* invita la natura 
del mio assunto, volendo io alcuna cosa dire 
su quel brano di prefazione di quest'antica 
scrittura datoci dal Perticari. E fuori di dub- 
bio che se per vetustà e leggiadria egli bene 
la giudicò scrittura nahilcy resta poi sempre 
a definirsi quale essa veramente uscisse dalla 
penna di frate Guidotto; e la buona coscienza 
di si illuminato scrittore dovea almeno miet* 
terlo in dubbiezza intorno alla scelta delire* 
semplare ch'egli ci ha porto. Perchè mai, 
anziché togliere la sua copia o dagli smozzi- 
cati frammenti che primo pubblicò Iacopo 
Corbinelli in Lione nel i568, o dal testo 
che sopra due fetusli codici collazionato ci 
diede Domenico Maria Manni» amò egli trarla 
fla una stampa, la quale T Infarinato non ha 
aynto tutto il torto A gmiìchve scorrettissima 
di tutte^ intanto che in altro linguaggio si 
può dire quasi che sia trasfigurata ? Questa 
Stampa dee essersi fatta verso il 1478, e il 
Cavaliere erudito dovea ben sapere quanto 
poco fosse amato il parlar gentile sul finire 
del secolo xv^ e di quanti arbitrj solessero 
allora rendersi colpevoli gU editori de' vol- 
gari libri, specialmente non toscani. Oltreché, 
Seiu Vltce argomentazioni, al solo svolgere uà 



986 mscoBSo sol f fon di bettobicìl 
pò* attentamente alcune facce di quel libro 
poteano saltargli airocchio assai presto le 
molte sne scorrezioni, e farnelo diffidente. 
Ma questa inayyertenza non sarà poi altro 
die nn peccatuccio che resta a gran doyizia 
purgato e cancellato dalle tante altre sue san* 
tissime letterarie virtù. 

Ma prima la trave delV occhio suo^ che la 
festuca di quel del prossimo ^ dee tuomo 
trarre^ scrìveva quell'allegro yeccbfo di Franco 
Sacchetti, «d io avrò bisogno di questa evan- 
gelica correzione ora che parlerò delV opera 
da me prestata per far rivivere fra Guidotto. 
Sappia se non altro il lettore di quali mezzi 
mi sono provveduto, e come il -mio, qualun« 
qae siasi, lavoro è oggidì consegnato alla 
stampa. 

Tre differenti codici di questo libro A 
serbano nella regia Biblioteca Marciana, ma 
tutti molto diversi tra loro; che già taK opere 
si trasformavano ogni giorno, e ogni copiatore 
cercava di farle sue. Due furono i codici esa- 
minati in Firenze dal Manni, scrìtti nel i4oo 
e nel x4io, ne* quali però non trovasi nomi- 
nato mai fra Guidotto^ ed il leggersi in uno 
di essi questa postilla: Libro recato a certo 
ordine per messer Bono di messer Giamhono 



DI mi GUJBOTTO. 287 

fece al Manni conghiettarare che o messer 
Bono od altro messer Iacopo GìamboDO fosse 
l'autore dell'operetta. Di altri codici si tro- 
vano notizie nel Paitoni, neirArgelati^ nel 
Fantozsi.. Ora dovendo io tener dietro ad 
una principale scorta, mi sono attenuto a qaello 
scrìtto nei xit secolo col nome deiraatore 
frate Goidotto, codice incomparabilmente sa- 
perìore in bontà agli altri nella Marciana no^ 
stra esistenti. Sta segnato col numero xxi 
della classe x, fra gl'Italiani, edera giàpos* 
seduto dal Farsetti. Quantunque il carattere 
sia non poco di£Eiciie a dici ferarsi, per longe-* 
YÌik dì tempo^ per ordine e copia di materia, 
per purità di favella è certamente pregevolis- 
simo. L'accennata prima edizione senza alcuna 
nota di luogo, di anno e di stampatore noa 
mi è ttato punto inutile, giacché quantunque 
spropositata nella correzione e celiatela delle 
parole rotta frequentemente dalla scioccheria 
del copista o da quella dello stampatore, nul« 
ladimeno la materia è "inerente al codice xxi, 
e lo supplisce eziandio in qualche luogo. Av- 
vertasi che di quest'edizione avvi un esem- 
plare anche nella Marciana, in fine del quale 
sta impresso Vanno hccgclxxviii, ma questo 
millesimo, ch'è affatto fuor di linea, sì vede 



988 DISCORSO SUL FIOR DI RETORICA 

esseryi stata senza dubbiò aggiunto a mano, 
sicché non è da moltiplicarsi il numero del- 
redùdoQÌ, e T accennata qui sopra resta sem» 
pre la principe, Domenico Maria Manni pub- 
blicò r accennato suo testo dopo V Etica di 
Aristotile nella stampa fattane in Firenze nel'- 
Tanno 17^4 ìd 4» Dia l'ordine della scrittura 
tì si troya sconvolto, e qua e là sono ora la- 
cune, ora addizioni, ora le cose medesime io 
vario modo espresse: però la fa rei (a, quan- 
tunque ripulita dagli antichi menanti Toscani, 
o caricata di qualche arcaismo, di cui ho te- 
nuto nota, ma non ha grande diversità da 
C[uella del codice xxi della Marciana. . 

Ora il codice Marciano xxi, la prima stampa, 
il testo Manni, furono le sole mie guide nel 
collazionare la presente nuova edizione. Se- 
guitando il codice ho creduto di sostituirvi 
tal Tolta la lezione tolta dagli altri due miei 
esemplari, non senza però farne il lettore 
avvertito colle varianti segnate a pie di ogni 
faccia, dove altre varianti ancora -egli troverà, 
non meno clic que* cenni che poteano meglio 
importare a qualche utile notamente nelle 
cose della lingua. 

Nei tre esemplari suddetti si trovano inti- 
tolazioni affatto irregolari^ e quello cbe mag- 



Bt v%k atriooTfo. 189 

fiore imbarasso recasi è, che molte Toite il 
copista o lo stampatore passano di secco in 
secco e senz'alcana pausa, da uno in altro 
ragionare. Ho creduto non riproyerole arbt« 
trio quello di distribuire il libro in quattro 
Trattati^ la qual divisione è additata dalla 
materia stessa, e di aggiugnere quel titolo o 
quella dichiarazione di ogni paragrafo che 
con disordine soltanto stanno contrassegnati 
nei tre esemplari suddetti. Non ho mancato 
di trascrìvere per intero le poche addizioni 
che oflre il testo Manni, il che importa ad 
ottenere che Tedizione presente non lasci ih 
desiderio e in bisogno della Fiorentina. II 
codice, e peggio ancora Tantica stampa, non 
ha ombra di grammaticale ortografia, ed il 
testo Mauni, all'opposto, è inabissato in un 
mare dMnterpunzioni che recano più bujo 
che luce. La interpunzione è forse la parte 
più difficile ad afferrarsi da un editore, men- 
tre i 8€^i ortografici sono la guida della mente, 
e quando giacciono mal collocati stravolgono 
affatto i concetti, sicché il cavalier Monti ben 
t diritto sentenziò che questi segni non sono 
punto pedanterie, ma spie sicure di ciò che 
si cela sotto la cupola del cervello. Io ho 
adottate quelle misure che mi parvero meglio 
Gamba ^ Opere 19 



%^, SlSCOllSO 8UL FIOR DC BITTOBICÀ 

Opportune alla pronta intelligenza e chiarezza 
della scrittura, e desidero di non essergli ìqt 
gannato. 

Le diligenti edizioni sogliono avere TornaT 
mento di un indice di tutte quelle stampe 
c\ie precedentemente si sono fatte, e nel caso 
nostro, restano meglio arricchite quando of*- 
frano anche Tindi'ce dei codici che possano 
essere conosciuti. Siccome però ad ottenere 
questo intento avrei dovuto, quanto a* codici, 
prendermi molta briga per conoscere quello 
e he non è stato notato dagli scrittori; e quanto 
^iredizioni non avrei che impinguato il libre 
di notizie di poco o niuno interesse, così con- 
fido d'essere scusato del l'avermi evitata sifr 
fatta noia, e tanto più che Tedìzipne principe 
e le stampe fatte colle cure del Corbinellì e 
del Manni penso che sieno le sole huone e 
valutabili. Avrei bene desiderato di soddisfare 
la mia curiosità colFesame della più volte 
rammentata edizione dataci dal Montalbaui 
in Bologna nel 1 658 in la, ma non essen^ 
domi riuscito di averla 8ptt*occhio„ per le. 
cose già osservate, mi arrischio di giudioari^. 
^ffalto infruttuosa. Quel caro signor Ovidio 
Montalbani non potea fiutar bene entrp alln, 
t;:amoggìa^ egli che intitolavai soprabbanda^tL 



^ 



mmm 



DI Ifik OVIDOTTO. 291 

suoi libri la Cronoprodtasi, Ì9l Kiposcopia^ la. 
Comenscspia^ la Brontologia^ e ch'era un 
lettore di matematiche incaricato, dic«.il soO; 
biografo, di formare il taccuino de' giorni prò- 
pizj o avTerai al cavar «ang4;ie e al purgarsi,. 
Mi sono proposto di dire alcuna parola 
anche del conto in che può aversi queslo. 
Fiore di Rettorica, ed eccomi qui da ultimo 
a liberar la mia fede. Altra cosa che i Gra- 
vina, i Genovesi 9 i Soave del decimottavo. 
secolo erano i Guidetti, i Guittoni^ i Bru- 
netti del secolo decimoterzo; e '1 nostro A^- 
tore, che nel primo de' suoi Froemj loda 
Marco Tullio percbò era grande della per- 
sona e benfatto di tutte membra e d^'armj^ 
maraviglioso cavaliere^ e il suo menante che 
nel Proemio premesse ài terzo Trattato mal- 
mena il Frate comebriaco, perchè ha ripetuto 
in due luoghi le stesse lezioni^ e giudica che 
ij lettore non abbia studiato mai libro ^ se 
non come fanno i fanciulli che ricorrono 
V abbiccì e 7 Deus in nomine^ sono certi^- 
mente uomini colali che non possono oggidì 
aggiogcer lume alla chiarezza nei nostri in- 
telletU- Ma in ogni tempo si sono venerate. 
Je preziose memorie prime, e'I continuare a 
farjo sarà sempre indizio di civilià nazionale 



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999 IIÉ8COB90 »UL f lOA DI BItTOllCA 

• di patrio atUccameoto- In mesco poi w 
coderai oontraal» aoHe ocae delia faydla hm 
aM>ìai]a<» T6dato gì* italici noalri oombattenti 
più illustri, Cesarotti e Napìone, GéBarì e 
Monti, Pertictfri e Lampredi, trovarsi d'ac* 
oordo nel dogma, clie aeiisa dare opera allo 
atiidio de' booai Tocchi non si giagnerà mai 
al pieno conseguimento della parità di qnella 
lingua che fa da costoro marayigliodamente 
fondata e scritta. Ora frate Gnidotto sarà 
Tafanato tanto pKi reyerendo quanto che, 
qasntanqoe nato fuori del snolo toscano, n'è 
stato vno de* primi babbi, ed il ano eloquio 
non si trorerà sensa giadiaìo e sapere, né si 
fedrà imbastardito di quegli arcaismi che 
possono snpporri soltanto proprj di un popo- 
lare dialetto. Se il rendere questa sua scrit- 
tura di più uniyersale conoscensa non sarà, 
come confido, tempo perduto, non sarà uè 
hieno discaro eh* io dia termine a questa Fre- 
faaione, ricopiando alcune similitudini, sen- 
tense, frasi e leggiadre immagini che troransi 
S][»arse per entro il libro, e che, quantunque 
cariche ormai di circa cinquecento e sessanta 
anni di età, fl(pp«}ano aqcora iresce e ra- 
giadose. 



DI »À ODIDÒtTO* . I9S 

Sentente, 

Tuttoché la regide pecunia sia mantello^ 
lo quale molti nzj ricopre fra h genti y non fa 
ricoperta di colui die non sa hen dire. Gart 6* 

Senza la favella sarebbe la bontà come 
uno tesoro riposto sotterra ^ che^ se non è 
saputo , più che terra non vale* Gart. y. 

Il domandare spesse volte delle cose duB- 
hiose è una delle cinque chiavi della sa- 
pienza, Gart 17* 

ffiuna cosa piàpresta che lagrima sisecca. 
Gart. 53. 

Pacifico si mostra a* mmici^ aspro agli 
amici, GarL $j. 

Colui si dee Ubero chiamare che non è 
servo di alcuna bntttura, Gart, 61 • 

Kon solamente è povero colui che ha pocoy 
Ma colui che saziare non si puote. Gart 61. 

Malamente errano coloro ^che quando sono 
in grande stato credono avere fuggita la ven^ 
tura; ma quegli si porta saviamente ^cheneUe 
jfrosperevoU cose pensa dinanzi come la ven* 
tura si può mutare. Gart. 6a. 

La bellezza del corpo dibassi per male 
che abb ia , tolsi via per iveechiezza. Gart 73. 



:5L' (^ 



mnw 



agi BISC0R90 $UL nOR DI BfeTTORICA 

Quella che non piovve dal cielo rimase 
suso. Gart. 82. ProTerbio da usarsi quando 
uno, dopo avero ripreso altri alla libera, ml- 
tffga poscia Inacerbita con qualche lode. 

SqvH debbono essere tenuti coloro che per 
fare salva la città loro non isehifano peri- 
colo né fatica ninna, Gart. 92. 

Né 7 puledro non domato , avvegnaché sia 
buono » piiò essere acconcio a quella utilità 
che Vuomo desidera del cavallo'^ né Yuomo 
non usato f avvegnaché sia ingegnoso y può 
essere di molta bontà, Gart gS. 

Similitudiniy, 

La favella di un dissennato è come une 
coltello aguto e tagliente in mano d^ uno fu- 
rioso , Gart. 6. 

V ordinare della favella é di tanta virtù 
-nel dire^ che dicono i savii che così dà vit- 
toria nel suo intendimento^ come le schiere 
de* cavalieri ben composte e ordinate fanno 
i^incere al signore le battaglie, Gart. 26, 

QuelVoraiore che senza proemio viene in* 
contanente al fatto ^ é avuto come colui che 
vien lotóso a mangiare^ e ponsi al desco ^ o 
non si lava le mani, Gart. ^9. 



iif^^mm0^^'^t^^^«^imtt^rtmiM^mmt^f0HKmKtm-^-KiM^'^immmmmi^ 



Come da riprendere colui che^ quando 
naviga^ più avaccio la na%*e che le persoti 
intende a salvare^ così di colui è da fare 
"beffe e scherno^ che in sul grande pericolò 
più provvede ai suo salvamento che a quello 
del comune^ perchè spezzata la nave, molti 
ne possono campare^ ma quando pevisce il 
comune non ne campa veruno. Per ìa qucd 
cosa possiamo dire che Decio si portò savia^ 
mente ^ che per campare la città sua si mist 
alla morte ad a ferire i nimici. Per vii cosa 
e per piccola grazia ricomperò una grande \ 
diede la vita e fece salvo il paese 'j partissi 
T anima e accattò gloria e onore; il quale 
non menoma^ ma sempre cresce ed inforzai 
•Cart. gt. 

Questo luogo non è da tutta la quistione^ 
siccome uno membro sceverato^ ma, siccome 
sangue y per tutto il corpo della, quistione è 
sparto. Cari. 93. 

Come colui che piglia il pennone per cor^ 
rere nel prato , di colui che ha corso ^ corre 
mèglio^ còsi il podestà nuovo\ che piglia la 
signorìa y del vecchio è migliore ^perchè affa^ 
ticato colui ^ che ha corso ^ rende il pennone 
a un altro ^ che corre ^ ma. il podestà già 
usato rende la signoria al nuovo, Gart. 94« 



996 DISCORSO SVI nOR DI RITTOUGA 

Come U giullare che si leva in piede per 
giocare perchè ha una bella persona^ è di 
iciamito e di un bel drappo ad oro vestito^ 
ed ha uno bel capo biondo e pettinato con 
bella corona e ghirlanda in testa y e tiene in 
mano un maravigUoso stormento, tutto di' 
pinto e lavorato di avorio ^ e per le dette cose 
correno molte genti a vedere e aspettano di 
vedere uno bellissimo giuoco, e stando ogni 
uomo cheto e attenta comincerà questi 
cantare con urui voce fioca e con uno &na- 
tissimo modoy e sconciamente menerà le òn* 
che e i piedi e le mani quando verrà a bal- 
lare; quanto più sarà stato acconcio e guar- 
dato dinanzi y cotanto sarà fatto di luimag» 
giore beffa e scherno ^ così quando Tuomo 
9arà più ricco e gentile, eavraUo la ventura 
messo in grande stato, se in sé non avrà 
senno e larghcìizg, e bontà, quanto più sarà 
guardato per le cose, che sono in lui, tanta 
più sarà schernito e avuto in dispregio e cac- 
ciato dalla usanza de' buorU. 

Questi spesse volte va per mezzo il mer- 
cato ricciuto come un drago, con una guar^ 
datura rabbiosa, con un animo aweìenoso^ 
di qua t di là guardandosi d'intorno se ve^ 
desse alcuno, cui potesse col sfiato appuzzare 



■- "^ ^-^^mmmm,^mm^imm 



Di IRÀ 6UID0TT0. 997 

colla hocca mordere e co" denti squarciare» 
Cari. gg. 

Costui quando rizza il mento in parte 
alcuna^ sempre crede da tutta gente esser 
guardato, come se Jusse pietra preziosa m 
lettissimo oro rilucente. Cart. loi. 

Buone definizioni. 

Diligenza è una sollecitudine in sapere lo 
suo hen guardare ^ ma avarizia ò uno ingiu" 
rioso desiderio dello altrui, Gart. 69. 

Follia è uno apprendimento di fatiche 
di pericoli, non considerando che del fatto 
si può seguitare. Gart. 69, 

Detta divisione delle voci^ e sopra quante 
voci si dee dire. Gart. 131. Questo oapo, e 
gli altri tre seguenti sul modo di pronunsiare 
le parole, di cambiare il tuono della Toce e 
di gestire sono di qualche importanza, men- 
tre esprimono con chiarezza alcune cose non 
facili a dirsi. 

Prudenza è uno sottile scaltrimento^ per 
lo quale si muove Vuomo per diiitia ragione 
a conoscere il bene dal male. Gart. i36. 

Giustizia è una farma volontà d^ animo per 
la quale Vuomo si muove a rendere la ra^ 



■4". ^ , ,Ti7^^ 1 



igS SISCOB^O SUL ^lOR 1^1 ffETTÒRTÒi 

gione sua a ciascuno^ secondo Tessere sùcr^ 
Cart. i38. 

Fortezza è Una férma volontà di animo ^ 
per la quale si muove Tuamo a desiderare 
te cose grandi e a dispregiare le cose vili è 
ad essere Sofferente delle fatiche e dei peri'- 
coli. Gart i4o. 

Darò termine a questo Discorso col ripor-* 
tare un brioso racconto^ che può risguar darsi 
siccome uba Novelletta.LeggestalGapit. fo3, 
dorè sì parla del Sermonarei 

Nel tempo che "Roma aveva rtiolti cavalieri 
forestieri f e ogni uomo stava rinchiuso in 
casa per paura ^ venne Saturnino^ tutto ar- 
mato a ferro y con un' grande tavolaccio è 
con uno spiedo in ntana e con cinque grandi 
fanti, tutti armati^ e corti* egli suhitamente 
entrò nella casa di Salamone, a gran voce 
cominciò a gridare: Ov^ è questa Signore della 
casa^ cVè stato cotale anziano»^ ov' èP inse* 
gnatelmi tosto '^ ove V avete nascoso ì^ E stando 
cheto ognuno per paura ^ venne la maglie di 
Salamene' con gran pianto, e gittoglisi ai 
piedi, e disse: Per amore di Dio e per amore 
di te e per amare di qualunque cosa che pia 
ami in questo mondo, abìn misericordia di 
noi, non uccidere noi, inabissati che setno. 




mirRA GUmOTTO. Hg^ 

distrutti e disfatti; portati henignamentei 

iiuaftdo se^in grande stato ricordati che sei 

uomo e che noi medesimi già fummo beati. 

E Saturnino disse: Madonna y il vostro pian^ 

gere non importa a niente; bisogno fa che 

noi il troviamo^ e delle nostre mani non può 

scampare. In questo mezzo è detto a Sala- 

mone^ come Saturnino è venuto, e a gran 

voce il minaccia di metterlo a morte. E^ in* 

tese queste parole^ Salomone disse alla ba-- 

Ha sua: Sofia mia buona ^ abbi buona guardia 

de figliuoli miei \ partiti e mena teco i 

fanciulli, e fa che possino campare dalle 

mani di costui. Appena ebbe queste parole 

compiute di dire ^ che venne Saturnino e 

disse: Arrenditi ^ baccalare , se no^ se^ morto: 

di tutto ciò che m* hai fatto piglierò oggi 

vendetta, e Tira mia sazierò del tuo sangue. 

Rispose Salamone , non potendo appena 

riavere Volito per la paura che avevo: Ucci* 

dere mi puoi tu , ma vivo non mi arrén^ 

derò io a te, E Saturnino disse: In sulla 

morte ti vedi, 6 ajjtcora meni rigoglio? Allora 

rispose la moglie di Salamone e disse: Anzi 

si arrende e chiamati mercè, che tu gli per* 

doni, onde ti prego che tu abbi misericordia 

di lui, e vinci la mala volontà e rendigli 



\ 



f^9^ 



dOO DI8C0BM> fUL FlOft DI BITIOUCA BCG. 

pace. E Salomone disse: Donna^ perchè di 
tu cose che nen sono convenevoli a dire ? 
taciti j e quello che hai a curarv, cura'j che 
se questi mi offenderà in persona^ sicure è 
ehe mai non li sia rimesso^ e non avrà mai 
vita sicura. E Salomone scacciò da se la 
moglie^ che si lamentava per lui^ e Satur» 
nino, non so ehe dicendo di suo vantamento^ 
venne centra a lui e miselo a morte. 



DISCORSO 

Premesso tJT edizione dei Reali di FraoGia, 
coZristorìa di Ruoto dì Xatona, pubUicaii 
per cwra ddT Autore in Venezia^ i8ai, 
ia8. 



l^uABDO riaao^e T Italia alle aciense e die 
lettere» i saoi primi ragiti furono spiritaali 
leggende, roue cansoni^saererappreaentaaioni, 
noYetlette, romanzi. Io toccherò alcuna cosa 
intomo a questi ultimi per farmi strada a dar 
ragione dell'opera che riconsegno alla lace. 

I Romanci, volgarmente detti </»Cafa00nÌ0, 
noti iono sensa qualche fondamento di rerità, 
come non lo furono le storie della mitologia 
pagana, e formano ancVesn la base e il sog* 
getta di un* epopea farolosa, i cui annali eser^ 
citarono le penne e lo ingegno di uomini leru- 
ditiasimi. Il Quadrio, che traglltaliani ne parl6 
più diffusamente d* ogni altro , in tre classi 
divise le singolari e curioae storie dei Pala- 
dini. La priiba^ cui fa egli coetanea coli* ori- 
gine dei Rretoni , tiene per suo corifeo il rtt 
Aria, e per suoi grandi camptoai Lancilotto 
del Lago, ì due Tristani , il re Maliadus ed 



/^ 



V 



3o3 BI8GOI80 SUI REALI DI lAÀNClA 

altri, che formarono la famosa Tavola rotonda, 
Nella seconda classe , la quale ha per fonda- 
mento la origine dei Ganlesì , vissero celehri. 
un Amadigi, on Palmieri di Oliya , tin Ti* 
rante il Bianco. La dasse tersa è formata 
dalla così detta Storia di Carlomagno e d^i 
moi dodici Paladini^ la quale più ancora 
delle altre dae fu copiosa di caTalieri erranti; 
e cpidti die precedettero il nascimento di 
Carlomagno, come Fioyo, Fioravanti, Risieri^ 
BnoTo di Antona e Carlo istesso , diedero 
materia al Libro d^ 

Beali di Francia. 

Di questo libro volendo io tenere discorso 
non entrerò a dire del mirabile che ne forma 
il generide disegno, né delle parti che possono 
costituirlo assai ragguardevole, avuto rispetto 
aHempi in cui fa composto, cioè quando gli 
autori dopo il totale decadimento delle lettere 
eominciavano a scrivere con qualche puressa, 
ma affatto sens* arte e da lumi di sola natura 
guidati. LV>pera riuscì tale da starsene onora- 
tamente tra quelle, le quali servirono a mai^ 
suefare e ad ingentilire gli uomini ed a &r 
VAlere fra le genti la cortesia , la fortewa ^ il 



E LÀ STOHIl DI BUOVO b'^ANTOVÌ.. 3o3 

v^alofe, la magnanimità. Che se sono suoi prin- 
cipali difetti Ja trivialità dei racconti o il me* 
scolamento dell« cose sucre colle profane o li 
troppo frequenti spropositi di storia e di geo- 
grafìa, tuttavolta, a differenza di altri scritti 
contemporanei , essa va netta di non pocht 
Iprdure. Le sacre leggi del vassallaggio e delU 
ospitalità TÌ sono rispettate, ed in vece di tro- 
varvi le Glnevere eie Isotte che menin vanto 
di adulterj e di sfrenatezza , vi s* incontrano 
le Drusiane e le Dusoline , le quali ricusano. 
4i essere cortesi del loro amore ai mariti sia 
a tanto che non pervengano a cignersi la 
fronte di reale diadema e a diventiire r§ d^ 
torona» 

I numerosi romanzi cavallereschi che ora 
dal prpvenziale, ora dal francese, ora dallo 
spagnuolo recarono al volgare italiiano i nostri 
antichi^ sono per la maggior parte o trascura ti 
o dimenUcati affatto oggidì , e al libro dei 
Beali di Francia toccò il destino di vivere 
più degli altri, ma poverello e tapino , sbaa« 
dito dagli scaffali dei letterati , in odio alle 
donne colte e gentili, e confinato a posarsi sul 
banco, di qualche ozioso fattorino o per le 
stalle dei co.ntadjpi. £ perchè tanto avvilif 
ipeuto di un* opera originale, nata sotto il np'. 



3o4 mscoMo SVI hbau di i bahcia - 
•lio cielo^ che pure sommÌDiatrò materiali «i 
divini poemi deli*Arioslo e. del Tasso , ed 
agli allegri cantori del Palei, dei Berni e del 
Fortignerri? Io tengo per fermo che accagio- 
nare di ciò si debbano principalmente le ìq- 
fifute e tutte scorrettisrime stampe che se ne 
tono fatte, le qaali mettono nella impossibilità 
di leggere questo libro «piale di primo gascio 
ùsci dalFautor suo. Gli Accademici della Cru- 
gea ne conobbero de* frammenti , che forono 
reduti dal loro Infarinato, ma questi seryi- 
rono ad apprestare qualche buona Toce al loro 
Tocabolario, e poi rimasero trascurati fra la 
polvere degli archivi. Dall'anno i49i> in cui 
si fece in Modena la prima stampa, divenuta 
rarissima, sin alfanno 1 8x5, in cui in Yene- 
sia per- Tuttima volta questo libro s'impresse, 
non si è fatto altro che interpolare , imbrat- 
tare, deturpare una dicitura, la quale pur» 
•corgesi essere originalmente stata tutta facile 
e netta, e ognora plausìbile per lo periodare 
breve, succoso, chiaro e vibrato. Se non si sco- 
prano Godici, sui quali fare studio ed esame, i 
i?eab'df Francia non potranno mai pretendere 
al diritto di autorità reverenda; diritto a coi 
non aspira certamente nemmeno la presente 
stsimpa, la quale, il confesso^ ò fatta coirajalo 



1 LA STORIA SI BVOTO D^ÀffTOlTA. 3o5 

€ riacoatro di due vecchie edizioni, l^ana e l'al- 
tra poco pregevoli; nètnltaTiapiccioIa fatica e 
•lata Tavere cura di navicella tanto admacita 
per ridurla in porto senza totale naufragio. 
Io ho dovuto porre studio e diligenza molta 
per rendere chiaro il senso, per togliere le 
ripetizioni troppo soverchie e noiose, per re- 
golare la interpunzione, e tutto ciò senza far 
perdere al libro, per quanto si potè, le native 
sue forme. 

Yorrei chela erudizione mi assistesse per ren- 
dere bene istrutto il lettore intorno àlKepoca, 
in CUI i Reali di Francia furono composti, e 
inturno al nome e alla patria del loro autore. 
Gli scrittori, che più di proposito si occupa- 
rono di questo ramo di letteratura, furono 
tra noi il Giraldi, il Pigna ed il Quadrio; e 
^ in Inghilterra Tommaso Warton, e lu in 
Francia il Ginguené, il quale con finissima 
critica e rette sentenze trattò a lungo della 
Epopea romanzesca in generale, e dei Reali di 
Francia in particolare. Quel poco che puossi 
da tali fonti attingere, si è, che il libro è stato 
certamente scritto dopo il secolo duodecimo, 
perchè quella santa bandiera Orifiamma, che 
spesso vi è ricordata, non fu portata nelle 
battaglie per ordine dei re di Francia nei 

Gamba ^ Opere ao 



So6 DISCORSO 6171 BEALI DI FBÀHCIi. 

tempi anteriori; e siccome poi lo storico fio* 
reatino Giovan ni Villani, clie morì nel i3'4B, 
rammenta nelle sue Cronache i romanzi che 
narravano le geàte di Baoro di Antona, le 
quali appunto danno argomento a tutto il 
quarto Libro della nostra opera, cosi dee ter 
nersi per eerto che fu dettata o nel xin, o al 
più tardi nel princìpio del secolo xif. DeL- 
] autore sono aiTatto ignoti il nome e la pa- 
tria. Si potrebbe però osservare che nelle 
vecchie leggende solcano gli scrittori fermarsi 
con ispeisiafe minutezza a descrivere que' paesi 
che, essendo i loro proprj ^ assai conosceàno; e 
siccome nei Beali di Francia si trovano aspre 
battaglie date in Lombardia^ di cui non è o 
picciola o grande città che non sia ricordata; 
e siccome aoclie de' contorni di Roma si mor 
atra Tautore istrutto a segno di darci sino il 
nome di qualche strada della picciola città di 
Sutri; e d'altre parti delle città toscane e di 
quelle del paese veneziano poco si fa loen- 
sione, così io inclinerei a giudicare questo 
(Scrittore pativo degli stati o loQibardi o ponr 
tificj, piqttostochè dei veneti o dei toscani. 

Le istorie io tutto il libro contenute, come 
si leggono mile più e men conosciute ^dir 
;Npn), abbracciano sei soli Librì,epomiociarnd9 



L._ 



X LÀ «TOMA DI BUOTO D*ÀVT01lA. 807 

da Costantino^ terrainaoo col ritorno dalFIta- 
Ka in Francia di Garlomagno, accompagnato 
da Berta «aa sorella e da Orlandino ano ni- 
pote. Vi restano troncate a mezzo le TÌoend« 
di molti Paladini, né Topera si mostra con- 
dotta sino al suo compimento. Bisogna cre- 
dere che tale siasi lasciata dallautor sno, e 
che altri scrittori poi, e spezialmente francesi^ 
abbiano ripigliato il filo delle strayaganti zj^ 
Tentnre; della qual cosa noi abbiamo prova 
nei Teecbi volgarizzamenti fattiai del Libro 
della regina Ancroja, del £dhro chiamato la 
Spagna, del Danese I/gierì , deW Anteo Gi- 
gante ^di Altohello e re Troiano suo/rateilo, ecc. 
Minn'altra ayYertenza restandomi da pre- 
mettere a qnesta ristampa, chiuderò il discorso 
con nn^ ultima osserrazione. I Romanzi di 
cavalleria, fattisi cibo troppo dozzinale fra i 
popoli^ diventarono sorgente di strani pregiu- 
di zj, e si è quasi posto in oblio il primario 
loro scopo morale^ talché é stato opportuno 
che uno dei più grand'uomini. Michele Cer- 
vantes, venisse colle armi del ridicolo a cor- 
reggerne Tabuso, siccome egli ha fatto col- 
Tammirabile suo don Chisciotte; ma dopo 
tutto 4juesto né agli uomini di lettere può 
«ssere discaro di tenere lira mano un piace- 



Wi^^ 



Soft DldCOB0O SUI MÀ1.I DI IBiUClÀ, ICC. 

Yole libro» che tra 'I fango rac(;Iiiade gemme 
presigae ed è pittura mace di tempi e di 
coatwaì okft già faronO) né tra la gente dei 
Tolgo dladioe dbe ai moltiplica l'uso di una 
letlorai mediante la quak essa prende^ senza 
accorgerti) affetto e stima per la gente intre- 
]^da e per lo mestiere deirarmi. E dotti e 
idioti imparano finalmente dai Paladini a por-- 
lare ri^wtto al debole sesso e ad assomere 
per esso q[yella gentileiaa di animo, di coi ci 
banno dato 3 primo modello ^peste fatolose 
diceriei le quali non hanno, per questo ri- 
guardo, esemplari nelle famose storte dei 
Greci a dei HoHHni. 



^^•'W^ I I ■ l^^""»"^^^iW*^^B^^«^^F^"— ^"^ 



ALCUNI RITRATTI 

BI 

DONNE ILLUSTRI 

DSLLB 

PROVINCIE VENEZIANE 

Pubblicati in occasione deUe Nozze di 
Iacopo Crescini padovano con Adelaide 
Meneghini veneziana nel dì iS gennajo, 
1826. 



Be«ae^90<p^=:^BS9 



^fc. 



• / 



AMABILISSIMI SPOSI. 

V ói mi ayete per gentilezza TOsUa presceiia 
all'offerta del nuziale Anello nella solennità 
che fermar dee per sempre i vostri destini^ 
e grato a questo pegno di molta affezione io 
Toglio idfìorare cpme meglio posso il più fe-^ 
stoso giorno di tutta la vostra vita. Voi , egre- 
gio Iacopo^ ben sapete che non varrei a farlo 
con versi; ma dì versi vi saranno già molto 
prodighi i vostri amici; e di versi leggiadri 
6iete tal fabbro voi stesso che ne reputereste 
soprabbondante il tributo. La più matura mia 
età è piuttosto quella de' consigli e de' rac- 
conti ; e perchè ad essa io convenientemente 
risponda, a Voi mi rivolgerò, quanto avve- 
Beute, altrettanto amabile e saggia Adele ^ e 
Voi pregherò a voler con grazioso sorriso ac-' 
cogliere le brevi Yite che danno anima e 
forma a questo libretto. Yi ricorderanno esse 
il merito di alcune illustri donne delle nostre 
vioeziane contrade, delfe quali vedete ad un 
tempo delineate anche le varie fattezze. £ in- 
dispensabile, o Adele y il ragudtar capitali da 



n >^ii ii'Tia wnn 



3r3 AIGV9I RITKATTI 

trafficare con usura allora quando le rose 
della gioTentù cominceranno ad appassire; e 
Tesempìo di alcuna conctUadina, valorosa ad 
un tempo e nelle ottime discipline e nelle 
virtù, famigliari, y* infiammi a farlo, cbè cosi 
vie meglio tesserete di fila d*oro ì giorni di 
Iacopo vostro, e nella illustre Padova varrete 
a procacciarvi ricreamenti perenni. Se poi il 
vostro Sposo il consente, fate eziandio che si 
rinnovellino per vostra squisita industria quei 
tempi ne' quali Beatrice Pappafava Cittadella, 
vissuta cento e due anni, sapea manlenerst 
aalda la estimazione di un Lazzarini e di un 
Yallisnieri, e la madre del celebre naturali- 
sta Fortis, venuta già ottuagenaria, non ve- 
deasi men apprezzata da un Cesarotti, da un 
Tt>aldo, da un Sibilialo. A Yoi, ed allo Sposo 
Yostro auguro in fine quella perfetta e inai- 
terabil concordia di pensieri e di volontà die 
nel maritale legame uiùcamentejocoorre a ren- 
dere in ogni tempo reciproche le aofiferenze 
e. reciprochi i godimenti. 
Vivete amici. 

Fenezia, il di iS di gennaio ^ i8a6 

11 vostro afTezionatissimo Amico. 



<■> — ij.rz;sg«ir=5.:;g=a gr ; — •;^ , -^ ; ;gT g:g--ZT:?- .^ ■ , t—M gagaga— ^i^B^MP^lB^p^pipwt^ 



PI DONUI IX.Z.I78TKI TKKBSIÀIIC. 3l3 

ISOTTA NOGAROLA 

YSBOHBSE. 

i^£ vera celebrità si può dir quella che, coa« 
ceduta uua fiata da encomiatori contenipora- 
nei, non vien più meno nel lungo volger dei 
secoli; chi più ne ottenne di questa fanciulla 
dottissima^ nata in Verona sul principio del 
secolo XV? Le scienze e le lettere aveano 
avuto eostante asilo in casa sua, e uomo gran- 
demente addottrinato era il suo genitore Leo* 
nardo, e cultisdma una sua sorella per nome 
Gineyra; ma Isotta ^a Tastro della famiglia 
più risplendente. Accoppi ay a essa a grande 
sapere, esemplarità di costume e bellezza della 
persona, e la unione di tante doti serviva a 
conciliarle universale riverenza ed affetto. Fu 
suo educatore il celebre Matteo Bosso, che 
molto usava in sua casa, e che, fattosi reli- 
gioso^ yoUe cessare dairawicinarsele a fine 
che^l rigore del costume non trovasse m- 
ci'ampo nelle grazie della discepola. TyiYenaitk 
Isotta ornamento delle assemblee letterarie, 
aoetenne in esse pubbliche dispute intorno a 
quegli studi ch'erano coltivati al suo tempo^ 



v_ 



mm<^ 



ed uoa spezialmente riuscì molto solenne net' 
Tanno i4S'i* Compose un bellidsimb Dialoga 
in difesa del gentil sesso, pubblicato da Aldo' 
nel 1 563. Grande encoMio di lei fece Ermo- 
lao Barbaro; scrisse Telogio suo in Tersi la» 
lini Mario Fildfo, figliuolo del borioso Fran-' 
CQSco; Gostanza da Tarano la amava e te- 
neala a sua coiìsigliera^ ed il gran cardinale^ 
Beasarione fu a bella posta a Yerono per lo 
piacere d* intrattenersi seco in conTérsazione. 
E incerto Fanno della sua morte, che alcunor 
segnò al i466 quando contava circa 48 anni. 
Dopo che Scipione Maflei si prese cura di 
raccogliere le sue notizie, altri valentuomini,- 
come il padre degli Agostini, il Mittarelli, il 
Crevenna, furono lieti di poter pubblicare qnal^ 
ehesuo opuscolo; e dobbiamo al Tirabosciii e 
ad altri storici la notizia, che le biblioteche di 
Modena, di Milano, e la Regia di Parigi ser- 
bano tuttavia scritti inediti d'Isotta; per la 
ohe è da far voti che una qualche sua con* 
cittadina, oggidì fiorente per ispiritoeper cul- 
tura, divenga raccoglitrice di tali scritti^ e.onorì 
8è e la patria arriccbeftdone la repubblica 
delle lettere. 



^^ 



fil DOITKB ILLOITHI TIZlIZI AHI. 3 1 S 

CASSANDRA FEDELE 

tiubsiaha. 

V A annoTerflta tra le italiche donne più dotìer, 
e più famigerate. Da originaria famiglia mi-* 
lanese nacqne Tanno 1465, e fin da gio^a* 
nètta senti molto aranti nelle greche e latine 
lettere, avendo in ispeziehà le muse latine 
tanto propizie 4 che di frecpiente improyisava 
Tersi bellis8Ìmi| accompagnandoli essa mede** 
sima sulla cetra. La eloquenza, la storia, la 
teologia^ la povera filosofia de' suoi di le pro- 
cacciarono mezzo di rendersi celebre e rive« 
rita , e lo fu a s^no, che giudicata venne emul a 
delle antiche sapienti. Giovanni Bellino fece 
il suo ritratto in età di anni sedici» Il Poli- 
ziano si recò a bella posta in Venezia per 
conoscerla, confessando poi che rimaneasi 'in 
dubbio se a confronto del prodigioso Pico 
dalla Mirandola dovesse concederle il primo 
seggio. Yoleanla alla loro corte i sovrani delle 
Spagne Ferdinando ed Isabella ,.'ma la repub« 
bOca: di Venezia comandò, che' la patria non 
restasse orha di sì strenuo ornamento. Cinta 
di alloro recitò Orazioni nella Unìveirotià di 



mm. 



3 1 6 iLCtTHf BITRATTI 

Padoya, ed altre al cospetto del doge e del 
aeuato. Al coepetto di Bona^ regina di Polo- 
nia, renata a Yenesia, recitò , quantunque 
in età di 90 anni, tal coaciene da meriitarsi 
issofatto lo splendido dono di una ricca col- 
lana d^oro; ed altre ODoriEcenxe ottenne da 
re e da pontefici, ce' quali ebbe frequente 
cartaio. Altro non ci è rimaste dì tanto suo 
sapere se non cbe qualche Orasione, varie 
Epistole^ e pochi altri frammenti in versi ed 
in prosa. Ebbe a marito Gianmaria Mapelll, 
medieo vicentino, da cui non ottenne mai 
prole, e con cui passò a vivere per qualdie 
anno in Greta. Rimasta vedova e povera nel 
iSai, riparossi a* recessi dello stadio e della 
reKgione, e fu direttrice di un ritiro ospita- 
liere a s. Domenico di Castello, sin a tanto 
cbe giunse Fnkima sua ora Fanno i558, 
contando (secondo lo Zeno in saa lettera aU 
Tabats Parisotti del dì 16 lagHo, 1740) 9^ 
anni di età. Fu onorata dimaosoleoe dialoga 
da' suoi contemporanei Barbaro , Sabellieo , 
Augardlo. Il francese Tiiomas, l'italiano 
TiraboBcbi, il nostro Marco Poeoarini, 1' in« 
glese Roscoe la ricordarono tutti cen amam- 
rasione; e Ilaria PelrimÌAÌ, nebUe oorcirese, 
ne scrisse f<»-bitamente la vita. Da nltimi^ 



^tmm^^W^^K^^^^^^mmmmm^mmmmm^mmm'mmmi'^Km^^mmmmm 



DI Donm iLxuarBi teii««àiii. óij 
parlò di lei con patrio eDtdsiasmo la YÌreaie 
dipintrice ingegnosa delle coatomanse Tene-* 
siane, Ginslina Renier Michiel, in nna delle 
briose sue Feste Veneziane. 

IBENE DA SPILIMBERGO 

VIIVLAHA. 

l^uEarA donsella, rampolla d'nna feudata- 
ria famiglia ch'era in grandissima fama non 
solo per antica nobiltà e per larghezza dì 
patrimonio^ ma ben anche per protezione ac-* 
cordata alle belle arti, nacque da Adi'iano 
da Spilimbergo e da Giulia dà Ponte , yeneta 
patrizia. Tanno i54o. Yeggianio bene spesso 
che la scuola deUa sventura opera fortu* 
nati successi molto meglio che il sorriso 
della fortuna; e ciò appunto è quello che 
avvenne ad Irene. Tenerella òmase orba del 
padre, abbandonata dalla madre, spogliata 
de* suoi averi, cacciata di casa, e buona ven- 
tura sua potè essere quella di rifoggirsi presso 
Tayo materno in Venezia, ove venne istituita 
al ricamo, alle lettere, alla musica, alla poe- 
sia, alla pittura. Di quest'ultima spezialmente 
si accese, avida di emulare Sofoniaba Angui- 



3 1 8 AtCITllf filTRitTl 

•ciola, che allora teneva il campo tra le pra 
famigerate Italiane; ma tanto Irene aforzò la 
aua debile compleasione da contrarre un ma* 
lore insanabile, di cni restò yittuaanel 1 5(9! 
non essendo ancor giunta al quarto suo la- 
atro. A^ea avuto Tisiano a suo precettore; e 
Apostolo Zeno ci narra di avere letto verai 
rhe Ja discepola gl'indirizsava in pegno di 
tenera riconoscenza. Giorgio Yasari le trìbniò 
i titoli di Vergine bellissima j let tanta e mitu 
sica^ e scrisse che a tanta fama salita era da 
venir celebrata da tutte le penne degli scrii- 
tori d'Italia, In effetto Dionigi Atanagi diede 
Tanno i56i a luce una raccolta di Rime tutte 
scritte in auo onore; ed a', nostri giorni il coi^é 
Fabio di Mani ago, elegante e diligente iHa- 
stratore delle arti friulane, scrive che cospi- 
ene opere d'Irene serbansi tuttavia tra le pit^ 
tare più sceke jche vantar possa oggidì la p»* 
tria ^ua. AÀ. esso dobbiamo anche lo scopri»' 
mento del ritratto della donzella da Tiziano 
dipinto^ di quel ritratto che vide pure il grande 
Torquato, il quale in un Sonetto esclamò: 
, . , , > or dipinta {oh nohil maraviglia) 
Fé di cure d'onor calde ed ardenti^ 
P d'onesti desir par ^he ne invogliai 



6^ ''''-'/i 



/^ ... 




91 DOKM ILLVSTBI VEREZIillB. Sl^ 

GASPARA STAMPA 

Xl suo ritratto, dipiolo già dal famoso Gaer** 
cino, ci mostra una delle più ayTenenti • 
leggiadre donzelle che oate sieno sott'a! cielo 
di Padoya. Da genitori agiati e nobili Ténno 
« luce Taxino iSaò, e passò con essi a fer- 
ipiar stia dimora in Venezia. Qui sino da gio- 
Tanelta comparve maestra nel suono del liuto 
e della TÌvuoia, e crebbe poi nell'amor degli 
studi, e soprattutto di quelli della lingua na* 
tia e della greca e della Jatioa. 

Gli aiirei suoi costumi, le rare sue forme 
inspiravano in ognuno, che le si avyicinaTa, 
rispetto e tenerezza; e quando prese a seri? 
Tere in rima, lasciò to3to scorgere certo modo 
di comporre affettuoso e tenero, che non può 
4ar che natura raggentilita dall'arte ; sicché 
d€gna di afidar del pari CQ^più illustri po^ti 
s^a? yisarono il Varchi fra gU antichi e 1 Tir 
raboschi fra i moderni di dichiararla. In età 
di 96 anni erasi invaghita di GoUaltino di 
Coli alto, spirito gentile^ di signorìl aspetto, 
di nobilissimo tcatto*, il quale per tre anni 



n 



3^0 ILCVHI niTBATTf 

Tivamente le corrispose-, ma passato in Fraii« 
eia a guerreggiare sotto Arrigo II, non tomo 
poi in Italia che per giurare altre nozze. Tanta 
è stata per qaesto evento ia perturbazione di 
animo della donzella, che presto infermò, ed, 
o fosse forza del morbo crudele e penoso, o 
effetto di disperato veleno, nel trentesimo suo 
anno compiè miserabilmente i suoi giorni. 

Sott'al nome di Anassilla la Saffo de^no' 
itri £&, alta Guasparra facea pervenire al-^ 
rincrudelito suo amante le^ più lamentevoli 
querele, che ci rimasero a stampa per le pie* 
tose cure di sua sorella Gnssandra, la quale 
le pubblicò postume, dirigendole a~monsignor 
Giovanni della Gasa. Ci serbò essa anche la 
Lettera colla quale Gaspara indirizzò un giorno 
a Coilalfino tutte le sue scritture raccolte in 
fascio, dov*è pur commovente il leggere: Per* 
che le mie lettere e rime non han potuto 
una per una non pur farvi pietoso verso di 
me, ma farvi né anco cortese di scrivermi 
una parola y vedrò se io possa per tutte in* 
ùeme ottenere almeno un sospiro y il quale 
rinfreschi la memoria delLi vostra dimenticata 
e abbandonata Anassilla. 



Bt Donili fLLUmiI <Wm2fAlfB. Itti 

VERONICA FRAJiCO 

tbubciiiia. 

J. BA le Yentiuiiie èA secolo xri qnettt leggia* 
dra dome fmmn gtodioare T Aipaua. Nata nel 
f 553, crebbe m non erdiiiaria arfeaema, in 
ispirila, io €«dtwa, in leggiadrìa; fregi tatti 
de* qaali appresso abasò aecalappiattdo gi*in* 
canti , e cantando troppo InbrìeaaMiita di 
amori. Era la sua casa aperta alla gtofMrtm 
pitt ^bdita a^ dissipamenti, si però, che chi 
Tolea trorarsi fìk ricco di sue benigne parole 
doresse andare pia prorvednto non dei doni 
della fortmia , ma di 4{aelli deHo spirito e 
delio indegno. Tale dorette essere Marce Ye- 
niero patrizio, con coi, soggieimado in Ve- 
rona, gareggiò la Franco nd comporre quei 
saporiti versi cke ci restano tuttavia. Arrigo «i 
al sao ritomo dalla Polonia per passare in 
Francia, ginnto a Venesia Tanno 1 5^4» Rivendo 
Telato visitarla ne restò si preso, e n'ebbe 
tale martetlo al cuore, che non seppe di Ve- 
nezia partire senza portar seco le sue sem- 
bianze effigiate dal Tintoretto. Ma nel più 
bel fiore de* suoi di, e fra le tresche e i con- 
Gamha^ Opere ai 



Ì9% kLOOWl BITElTTt 

Titti, sentissi Yeronica d' improvriso inspirata 
dal cielo a lasciare una vita troppo rayrilap* 
pata nel fango mondano , e, dato tosto bando 
alle dissipazioni, si accinse a segnalarsi in 
opere di ferror religioso, nel che riuso ìesem- 
plarìssima. Il pio ricoTero del Soccorso ^ de* 
atinato .ad .accogliere le dònne, maqphiate delle 
peggiori. brutture, fu dalei instiiuito^ e colle 
iiue largisiotti sostenuto. Ebbe molti figlittoli. 
Non si sa Tanno della sua morte , che credesi 
accaduta verso il £ntre<lQl secolo. Nelle Terze 
Jtime di lei, che ci rimangono, scorgesi certa 
spontanea ubertà, che forma la ..maniera più 
jdiletteTole del suo scrirere. Non diremo Io 
stesso delle sue Lettere di argomento amoroso, 
fredde e concettose le airrà forse riputate 
anche Michele Montaigne, il quale nel sue 
Viaggio d'Italia scrive che, trovandosi egli sl 
Venezia, Fautrice gliele mandò in dono il di 
nove di novembre x 5 80, e che con due scudi 
IM regalò il portatore. Le sfacciate Rime, di 
Veronica furono dedicate ad un duca di Mao- 
Io va, e le Lettere ad un cardinale d'Este. Tanta 
iii^nza si 'abborrirebbe nella civiltà d o|gidià.! 



BI DOmn lUMTM TUtEZURB. ìii 

MODESTA DAL POZZO 

TZHIZlAllA. 

JJiBBB questa yaleBlissima donna la biasarria 
di tramutare in Moderata Fonte al ano Tero 
atonie di Modesta dal Ponzo ^ die vi ha ana- 
logia. Nata nel i555, perdette un anno dopo, 
|>er la peste che flagellava Yenesia, i gìtìIì 
anoi' genitori, e Taya sua materna prese cura 
di farla educare in un convento, dove comin- 
ciò a dar prove di memoria prodigiosa. Usci- 
Xafie di buon'ora, ed ascokando le lezioni cha 
davansi ad un suo fratello^ prese grande • 
apontaneo amore agli studia si fé' avida di 
ogni lettura, e potè pervenire a scrìvere pic- 
ciolo composizioni in latino e in italiano. In 
eik di diciassette amni sposò Filippo di Zorzi, 
avvocato fiscale alle Acque, con cui visse in 
unione invidiabile per quattro lustri, facen» 
dolo, padre di quattro figlinoli, ai quali diede 
ella stessa educazione, diligente restando al 
più esatto ed ottimo governo della famiglia, 
aeoza però lasciar mai l'esercizio delle lettera 
« delia poesia. Di poco eccedeva i sette lustri 
iquando in un parto ebbe a lasciare troppo 



3^4 iLCUKt RITBATTI 

inunataramente' la vita, l'anno i Sga. Molti 
aaoi compoùittaQU anda^ao per mala for- 
tuna dispersi, ma tra qnelU che ci restano 
rispettati dal tempo^ basti il far cenno di due 
principali. Un libro del Merito delle Donue^ 
prosa ingegnosa, ornata qoa e là di poesie di 
Tario genere. Gioiranni Nicolò Doglioni, che 
ne fece eseguire la stampa in Venezia fanne 
1600, arreni che Topera non area dal sa^ 
«ntore airutoVnltimalima. li^ortVloF^^poemS 
diviso in tredici Ganti, pubblicato da Mod&> 
sta sin dall'anno t58i, ma che poi rinnoyd 
iiflbtto, talché ditenne altro lavoro. Qtiestd 
tiltimo rimase inedito: quello ohe videlalnce 
fo lodato daVsaot contemporanei come c^ra 
4tt far onore ad ogni uomo di bella fama; e 
il cavalier Iacopo Morelli lo registrò tra i 
|H>emi più degni di essere conservati, perchè 
di bella immaginazione ^e con isiite dismvoltà 
e pulitezza di lingua condotto. Di altro fro^ 
gio pnò giudicarsi adorno oggidì, che tanta 
Cesta viene fatta al romanticismo, potendo a 
aiOatto genere di componimenti appartenere. 



-■«^^ 



^mmmmm^^^mmm 



DI DONR« ILLUSTRI TlViniNB. SaS 

MARIETTA TINTORETTO 

TBREElAMi. 

\jAMk Aeìmti di Iacopo TiotxHretto 9oo pa« 
dre, iUoBtr^ o«po-8(mola netla pittura, da lui 
nedesimQ appreae i'art9 del dicegoare e del 
colorir»* A tjaella dei euono addóstrolla Ola* 
lio Zaccbino, niaeitro eeceUeolt napolitano 
^he dimorava ia Y^oesia, U talento oko la 
die approaao fama è stato, quello di eiBgiare 
ritratti, che Bell'accordo^ nei ooiorìto, oellt 
fomigliaiusa ai tvoravauo pregiabilimimt io uà 
tempo che Yeneaia era assuefatta ad averli 
di oiapa di Tisiaoo, di Leancl» Bassaoo, di 
Piiola Naxra il Ridolfil che hworb mnck^ m 
inp^r^ di invmuQne e che tdeuno n$ (7«iie 
M padre^ ma neo è bea note se poesia tnl* 
tavia aussistano. Avendo Manetta avuto oc*- 
«animo di rìtraiTe laeopo Strada « «alabpt 
letterato ed antiquario deli' imperatoxe Maa^ 
aimiliano, così bene vi riesci, che, vedutasi 
Tòpera da quell'Augusto, egli desiderò tosto 
di avere la pittrice alla sua corte; desiderio 
che mostrò poi anche Filippo ii re delle Spa- 
gne. Nò all'uno né all'altro volle il padre che 



396 ILCtmi EITAÀTTI 

ooQ9entÌ9Se, non sofferendogU il cuore clie 
•tesse da sé loatanft ana figlia che con ìstì* 
•cerato affetto egli amava. Fu più presto con* 
tento di darla in isposa a certo Mario Aagusta, 
gioielliere reneziaao^il quale, siccome baono 
e discreto «marito, niente cnrayasi ch^èssa ef- 
figiasse o principi o personaggi di nominanza/ 
è più volentieri yedeal'a occtxpata a ritrarre 
altri gioiellieri e nomini di bassa condizione 
•ùoi amici. Tirea Manetta in quella pace che 
^odesi fìra le trànquiUe virtù dimestiche, quandor 
fieiretà più fiorita, quasi colta da folgore/ 
fidesi per improvviso morbo tratta al sepol*^ 
ero di soH trent^aoni, nel i5go. Il mistro^ 
vecchio suo padre per qnestaperdita passò ia 
continua ambascia i podbi anni che a lei so^ 
prawisse, né bastarono a rasciugarli le la- 
grime Domenico^ e Marco; altri due suoi va- 
lenti figlinoli. Anche Taffettuoso marito volle 
tributare questa giovane di rispettosa mercedei 
•pendendo il rimanente de' suoi giorni nella 
vedovanza e nd lutUK 



m DONNI IIlVatRI TSNEZlXNB. 3^^ 

ISABELLA ANDREINI 

PADOTlNJl. 

S^oiTiNTO dopo la metà del secolo xri eo- 
minciaFono le donne a salire pubblicamente 
sulle scene italiane ^ e Yicensa Armanni re-* 
Ossian» fa vox bello spirito che-'esèrcitò prima- 
d'ogni altra il mestiere di comica, e '1 conti*' 
nnò sin alla morte sua^ segnila in Cremona 
nell*anno 1670. Non tardò^ molto a- succeder I« 
Isabella, nata in Padova Taniio i56a. Questa' 
donna impareggiabile, e fornita di singolare 
bellessa, si fece ammirare in Italia e in Fran- 
cia- per grazia e per rari talenti nel canto, 
nel snono, nella poesia; e ciò che più monta, 
per morigerato costume. Sin dalla sua prima 
gioyineBsa avea composta la MirtiUa^ favola 
pastorale ch'ebbe gran plauso, e dopo la qnalst 
pabbUcò altri non pochi componimenti. Cu* 
rioso è anche oggicb un suo Dbró di Lettere 
e Diah^i d'amoroso argomento, ed nno di 
Bime^ nelle quali notò il Mazzuchelb essere 
cultura ed elevatezza di stile con altre heU 
ìetze che non ù facilmente si trovano negli 
nitri poeti del suo lempo.IsTaghitasi Isabella 



^p 



3a8 ÌLCOHI BITBATTI 

di Francesco Andreini, comico di gran nomey 
gli die la mano di apoea, ma troppo breve 
durata ebbero i geniali legami. Essa mancò 
immaturamente io Lione per aborto, in età 
di 4^ -anni nel i6o4t e Tafflitto suo aposo 
▼olle ^e si rendesse ivi etema lamesioria di 
Iei« facendcae scolpire in bronzo l'elogio. Era 
allora allora tornata di Parigi^ ricca di distia* 
EÌoai oitenote da quel gran re Enrico ir» » 
da* ftìmi personaggi della sua oorle. Anche 
in Italia ebbe iofioiti tributi di Iodi; a Toc- 
qual» Tasso e il catalier Marini acrisseia 
versi in suo onor». Dal suo nome si fecero 
anagrammL Alia hlanda sinna n'è wAo^Lira 
nCf an ìahris dea è s'è Taltrow I secentisti 
andarono più innanai, ed unotracostorecoo- 
duse, ého Isabella portava Milk ìabhrmV^i^ 
a Poiìoie^ nella faeoia gli orti di ddone^ 
nel seno il torwitod^gU Dei^nelpetto Ueini» 
diVenerù e ira hhraeciailcaitiesima Àmtare* 

ELENA GORNAHO PiSCQPIA 

INoBiussuiA sdkiailat naha avranaia^ .Ta« 
stila di sapere, noij^ focaia Biodsslia^irrepraift' 



N*^ 



VI Dovni n:.iii9Tiii tihiziàhb. Sdg 
aibii cottimie, pietà sìogolare resero questa 
giaTane la maraTÌglia delle donne del suo 
tempo. Nella più tenera età eranle fismiliari^ 
oltre ad alcuni idiomi ylventi^ rébraìco, il 
grecoy il latino; ed il gran nanaismatioo Carla 
Patin^ nel dedicarle una sua opera^ esiclamò: 
Tu RotnamJthenaSy Bitroaoljrtnamque vehif! 
Le più astratte materie dèlia filosofia, delle 
matematiche, deirastronomia, manche della 
teologia, erano sao alimento; e se sentiasi in- 
l|Mrata a far Versi sapea con molta doloeasa 
aecompagname il canto colle dita su'tasti^ 
poiché anche la mu&ca le era assai &migliare« 
Sia dal i653, suo iindict«im'anao,svea fatte 
TOto di Tirginìtà, die mantenne inriotato, ti» 
Bonziando d'impahnarsi sino conpriiicipi fo* 
reatierì. Per ccnisentire al paternov<^reranna 
1678 nel daomo di PadoTa, fra la pompa 
più solenne^ ottenne latira in filosofia; dopo 
di che sì neiruniversità, come nelle accademie 
ai fece alcuna Tolta ascoltare con grande am* 
miranone; ne era a que' giorni straniero di 
alta nascita o di molta dottrina, che non andasse 
di visitarla, e che non restasse preso sia del 
ano «qpere^ sia della nobiltà e urbanità dd 
too tratto. Forse la troppo austera yita ohe 
condusse aUNreriù i suoi ^, essendo passala _^ 



33<y iieuiffi HirnirTTr 

a pili salda rita in età di soli 38 anni, nè^ 
i684* Un generale compianto dimostrossi eoa 
grandi esequie, con logobri canti, con solenni 
doorìficenze,con raccolte piAUicate a stampa,* 
• colla erezione del suo simalacronel portico' 
deirunirersità padorana. Il celebre p. Bac- 
chiai mise a luce, quattr^anm dopo* la sua 
morte, alcaoi brevi suoi Discorsi^ Lettere e3L 
Elogi. Se questi componimenti non adeguano' 
oggidì la fama di cai essa godette, è da ac-' 
ornarsi la decadenza in cui erano a'saoitempi 
k amene lettere nelle yeneziane contrade; ol^ 
Ire a che V illastre- donaella non curavasi panto 
di fama letteraria^ tntta concentrata com'era' 
neH'esercizio delle cristiane yirtìL Massimi-'' 
Kano Deza suo biografo osservò che di due 
jttiiracoli può dirsi ch'Elena andasse adomay 
Fano d^essere stata dotta senza paragone^ 
l'altro d'essere stata donna senza vanità. 

ROSALBA CARRIERA 

TBHISIÀlliC. 

_ • 9 

JLi fu padre Fannb 167 5 uor legista dì Ghiog«>' 
già, di povere avere, ma devoto alle arti dbl 
diseguo. Giovanetla copiava i caprìcci che ab* 




bi BONirà HttTSTBi TBKBetÀAf ; 33 I^ 
lK>zzaTa il genitore per passatempo, ma ebbe 
j^i fondate istruìEioni dad. pittori cavalierDa- 
miantini, Antonio Lazzari e Antonio Bal)sstra. 
La miniatura alFaTorìo le procacciò lavori per' 
soggetti illustri; e tali furono i ritratti de* re' 
di Danimarca, di Polonia , e delFelettore di 
Baviera. Per consiglio di un Inglese si accinse 
a far risorgere la pittura a pastelli, sì propria 
li dare morbidezza e verità alle carnagioni 
^ol mezzo di quelle sfumature delle quali di- 
tentanò le sole dita le artefici 'immediate. Le 
Sue nuove opere arrfcchirono il gabinetto di 
Sassonia , e furono da per tutto desiderate. 
Roiaiba visitò molte cortt^ ed in quella di' 
Francia fece 1 ritratti della real famiglia, e 
da Rigaud, da Gojpel, da Gajlud, da Ma- 
nette venne celebrata e protetta. Fu ascritta 
alle primarie accademie di belle arti, princi- 
balmente a quella di s. Luca in Roma, che 
ebbe dalla pittrice in dono un suo bellissimo 
quadro. I migliori giudici del &uo tempo la ri:<i 
bardarono siccome artista eccellente^ el dotte 
Zanetti nel suo libro della Pittura Veneziana, 
dice^ che lo stile suo era nitido ^lieto e facile; 
vaghissima la tinta senza scostarsi dal natu- 
rale; il disegno ben regolato delle opere sue 
aveva grazia nativa e nobile^ in fine che ri* 



( 



33^ ALCUHÌ MTBAf 11 

dus9c a d alto punto il dipingere con pa* 
MlcUif che non vi/u nome celebre in fuetfo 
genere dke le andasse doMiiilì. La natura non 
le era stala per niente prodiga de* suoi doni, 
ed a Yiennai introdotta essendo da Giando* 
nenioo Berteli friulano ali^imperatore Carlo ir* 
questo sovrano rivolto all'anticpiario, dialo; 
Sarà valente, BertoU mio, questa tua pit» 
trice, ma ella è molto brutta. Se questa sia 
Stata trafittura indiscreta lo oonosoeranno le 
mie leggilrìci non belle. Tomaia RosaUia in 
Veoesia l'anno 1 73o non se ne distaccò piùi 
ma lavorò opere moltiasinte, sin a tanto dia 
o per effetto di trc^po intenso studio^ o petf 
(alale indisposisione, se le cominiùò ad an» 
Debbiare la vistasi^ che nel 1747 era dÌTenati^ 
già affallo cieca. SoprsTviase sin al 1 7571 e 
se' suoi ultimi anni svanita fatalmente esaen* 
dosi dalla sua mente o^i memoria di quells 
ottime massime, di quella severa virtù, di 
quell'onesta accortessa ch'aveano sempre fiv^ 
insto suo inseparabii corteggio ^ temaiaò di 
mere miserameote impaasita. 



ST BOlfSl IKLU8TRI TÉHeSfÀllC. 333 

LUISA BBRGALI GOZZI 

nrBHBsiAni. 

Il OH «bbe per certo chiari Datali, poiché aoo 
padre^ originario piemoateae, tenea negocìo 
<ii caltolajo in Yedesia qaand*eHa irenoe a 
iuce netranno 1708; potè tuttam a chiara 
fama salite per ottima edacasiooe appresta*» 
tale in tenera età dal padre Albergheiti so- 
inasco. La indirizzò alquanto alla pittare 
RosHJba Carriera, se non die più togliosa di 
allegrare la yita tra boschetti parrasj entrò 
tolentierì in questi, assistita da Apostolo, è 
Pier Caterino fratelli Zeno, non meno che 
dal dotto piovano di s. Iacopo dì Rialto - An- 
tonio Sforza. Giunta al suo vigesìmoterzo annè 
ay^ già dato al teatro Ti^^iWe, dramma scritto 
con dolcezza di verso e con nobiltà di pen- 
sieri, ausseguitato pcH da altre sue tragedie e 
eommedie. Gentil pensiero ebbe nel fornirci 
di una stimabile edizione delle Sime di G<f- 
spara Stampa, di altra di quelle del suo mae- 
stro Sforza, e di una Raccolta delle più il- 
lustri rimatrici d'ogni secolo, con cui fé' co- 
noecere che può essere dato alle donne, sì 



V 



334 ÌLCUNI RlTRiTTI 

Jieae che agli uomini^ di altamente cantare. 
Sempre più addottrinandosi nella lingua e nel 
terso acrìvere^ pubblicò un y olgarizzamento 
di sei commedie di Terenzio, lavoro si pre- 
gerole cb'ebbe ad encomiatori Francesco Za- 
notti e '1 padre Bandiera. Nella non più yerde 
età di 35 anni prese a marito Gasparo Gozzi^ 
cui fece padre di cinque figliuoli, e con cui 
TÌsse in buona concordia. Fu il teatro una 
sua costante e sregolata passione; e nell^aono 
1 758 avendo condotto a proprio rischio cpiello 
di 8. Angelo con la speranza di rammargiaare 
le dimestiche piaghe economiche, tanto sfor- 
tunata fu nel successo, che non altro ottenne 
.die di squarciarle vie più. Non sopravvisse al 
inarito, in cui compagnia fece le traduziom 
di alcune opere di Moliese^ di Bacine, di df 
la Mothe e d* altri, traduzioni ch^erano divear 
tate li scarsi meszi de* quali vedeansl Tuno e 
Taltra costretti a valersi per sostenere la vil^* 
If eiranno i ^^gscopcò rultimasuaora. Quando 
Luisa o in fresca età, o in mezzo agli agi 
fioriva, una. frotta di cultori delle lettere fre« 
quentava la sua casa^.e le sue cene non invi* 
diavano quelle de^ Sapienti narrateci da Ate- 
neo; ma, tramutata la sorte, dileguaronsiconw 
io un baleno le pur troppo apparenti « fals* 
amicizie. 



. SLISiJBETTA GAMINER TIÌRRA 

Ouoi genitori fiirono Domenico Cttminer^ 
^lensore di un QiorBale, ed Anna M aldini, 
•donna di antichi costumi. Fu educata ad una 
«cuoia di laf ocatrìci di biancherie e di, cuffia 
sino ai 1 4 anni 9 ed iri tratta da ignota forca 
laaciaya a quando a quando i donneschi lavori 
o per leggere o per iscarabocchiare. Tornan« 
doiene dalla scuola alla casa fu visto chi sfae- 
43Ìato le ausuiTava airorecchio, del che. la ma* 
4re la. agridò, e per punirla la collocò tra i 
copisti che tenea il padre. Elisabetta dii quel 
materiale ministero trasse buon costrutto, ap- 
{^rendendo di per sé la facilità del comporro 
M l'idioma francese; da cui tradusse/' Onesto 
Capriccio j dramma che rappresentato nel tea<> 
Jtro di 8. Luca ebbe esito felicissimo. Incorag- 
.^iata dal capo de'4X>mici,gli apparecchiò altre 
rersioni, che mandò anche a stampa, e ape- 
.sialmonte quella del Disertore francese^ che 
ebbe oltre v-enti recite. Le avvenente e lo 
spirilo resero della àoozeìl^ innamorato Fran- 
.ceseo Albergati Gappacelli che volea farla sua 
^posa, ma aveala in .yece destinata U sorte 
^d Antonio Turra^ medico di Vicenza, obi»- 



/ 



S36 ALCUiri RRBlTTI, ICC. 

laoico di qualche fama. Noa cessò maì^ anche 
dopo e8B0re ditenata moglie, daUe lelierarid 
occupazioni, e già addestrata alia compilazìoae 
de' Giornali, lavorato avendo in compagnia dei 
padre nelFfuro^ 2eflerarta, aseumer volle il 
difficile inonrico di compilarne «no di per sé 
•tessa, di eui nscirono pareoehi'rolunii col titolo 
di IfH09O Gìomaleeneiclopedieo, Hon contenta 
di qaesto lavoro, mirò eziandio a rendere alla 
•aa nazione familiari i più celebrati libri che 
venivano dl'oltremontew Gli Idill; ài Gesmer 
fiarotto fra noi «onoscìnti per la prima volta 
mediante nna ana versione; e lo stesso dicasi 
del Quadro di Storia moderna di Mèhegan. 
Ardente era il sno trasporto pel recitare^ ed 
in Yicenza potò rinscire ad innalzar nn pie* 
ciol teatro dove vi desi per sua infatieabil so- 
lerzia allevato all'arte ano staelo àk giovani 
die beilitsima riuscita fecero. Ma in qaesto 
teatro volle il destino che la infelice donna 
trovasse la causa della troppo acerba sua fine. 
Stava assistendo a' preparativi d^ona rappre- 
sentazione quando, rivoltosi a lei un soldato 
ubbriaco, le colpì il petto oon percossa tale 
che la contusione degenerò in tumore. Non 
^alse Famputazione di questo a salvarle la 
vita, che compiè eon eroico coraggio nel giu- 
gno deiraoao lygS* 



LETTERE 

PER LO PIÙ PREMESSE AD OPERE 

DALL'AUTORE PUBBUCATE. 



Gamba f Opero 93 



L_ 



LETTERA 

all' atvocato 
FRANCESCO REINA 

indirizzandogli h T^ovelle di Misser Aniott 
Francesco Doniy^ pubblicate V-anno i8i5. 

T ofy o egregio Sigoore , farete certamente 
buon TÌao a qaesta Opericciuola, la quale 
oon allegra fronte vi si presenta siccome pegno 
di un* amicizia che mise un di mille legami 
intorno al mio cuore. Corre già il quarto anno 
da che io yìto lontano dalla vostra Milano, e 
dalla squisitissima libreria che toì possedete, 
e che mi era costì sorgente di assai piacevoli 
svagamenti. Le cure pubbliche, ed i privati 
fastidj mi hanno oggidì fatto rinunziare alla 
polvere onorata delle Biblioteche, dalla quale 
però non posso essere sì alieno da non cogliere 
di buon grado le occasioni d^nsozzarmene 
tuttavia alcuna volta ; e voi ne avete una prova 
nella pubblicazione a cui ora mi presto di 
queste XL Novelle. Furono esse dal bizzarro 
e giocondo umore del Doni scritte, e poste 
tra le sue Lettere nelle sue Librerie y nella sua V 

Zucca j neUuoi Marmi, ne' suoi iHonib, nella 



mammm^mmmf 



Sia ERTiRS pnsnssi 

sua Mordi Filosofia, oe suoi Piaiatoiti d^ji^ 

more, e nel suo tenebroso Comenta al Bar» 

chiello. X me piacene di trarlo da latti qiie^ 

8ti libri (che oramai pochi si prendono cara 

di scartabellare )y immaginando che possano 

riuscire gradite^ sì perchè si troveranno per 

la prima volta a bouna forma diligeatement& 

ridotte^ si perchè^ quantunque tirate giù alla 

carlona, non mancano tuttavia di quel brioy 

di que' sali, di quella naturalezza che tant<^ 

piacciono in lavori di questa fatta. E il conte 

Borromeo, e il chiarissimo- Poggiali avevano^ 

già posto il Doni nella schiera dei Novellatori 

Italiani, ma non poco era da aggiugnersi alle 

notizie da esst raccolte; e voi, maestro della 

Bibliografia, ve ne accorgerete di leggieri dal 

Catalogo che metto in fronte al mia Librone 

che pfosontuDseito pretende di meritarsi ona 

qualche vostra approvazione. Contento^ di qae-^ 

sta^ e di quella pure che io non dispero ot-^ 

tenere da un piccolo numero di distinti sog^ 

getti> fra Io coi mani soltanto passerà qaesta 

operetta (la quale contenendo alcuni tratti 

poco castigati, volK impressa in iscarsissimc^ 

numero di esemplari), mi raccomando alta 

continuazione della vostra benevolenza^ e ai 

vostri desideratissimi comandi tutto mi offevo» 



oivsB ^xnvttckn. 34i 



AL NOBIUSSIMO UOMO 

IL 8t<;V0R MABCBESV 

CIO. GIACOMO TWVULZIO • 

Kjotx I« altre loro BoreTIe, -che {>re8S0 di Veì, 
ragguardevoli ss rmo signor Marchese, trovano 
'Sempre aura di benigno favore, yeagono ad 
«ccompagnarsi qaeste xx Novellette di scrit- 
tore «ntico, tolte da un prezioso «d ignoto 
codice cli'è di vostra attinenza^ « che »e con» 
tiene ct.vi. La vostra mercè io aono stato dì 
^questo codice il depositario per alcuni mesi, 
<e sotto le mìe cure esso acquistò nuova vita, 
mediante una copia fattane trarre, che rende 
•di ovvia lettura ciò che prima poteasi a stento 
diciferare. 

Se poco acocltcTole «uol rinseipc l'offerta 
di un* antica scrittura, di cui Inautenticità non 
sia ben comprovata, e di cui resti sconosciuto 
r autore, sarà mio studio di conciliarmi pos- 
sibilmente il vostro gracilmente col dirvi ora 
alcuua cosa intorno al nome, alla patria, al 

* Lettera premessa alle Novelle di Giovanni S^r- 
«ambi Lucclirse, pi»r la prima volta pubblicate ia 
Venezia, 1816; in 8. 



^n^l 



34^ tlTTBBB FBEMBSdB 

tempo, e allo ingegno del Novellatore che sotto 
i vostri audpicj vede la luce. 

Non potrà a buon conto rimanere ambiguità 
alcuna intorno al suo nome. Qaantun(}ue non 
ricordato espressamente nell'opera, leggesi tut- 
tavia nel proemio di «ssa un Sonetto irì nel 
quale (il lettore) Zo/?ro/?r/ono/7»e (deirautore) 
col soprannome ritroverà. Accozzate in fatti 
le prime iniziali di ogni Terso di questo la- 
dro Sonetto, risulta Giovanni Sercamhi, come 
potrete scorgere Voi medesimo dalla seguente 
copia fedele: 

Qìà trovo si die pace Pompeo 
I-Immaginando il grave tradimento^ 
Oniicidìo crudele e violento, 
'<olendo ciò Cesare e Tolomeo. 
»>mò E cuba quel reo 
t^alivo d'Antenor il di cui nome fia spento; 
ti^ascose su Taltar con gran passione 
i-hI convertir ringraziando Dio. 
GDotto color di pace ancora Giuda 
tQl nostro Salvator Cristo tradio, 
Radendo se di vita in morte cruda. 
Considerando ciò dommi pace io 
rivendo sempre Tanima mia cruda 
'^ossa a vendetta, cancello il pensier mio» 
^3n dico che la lins^ua colia mento 

i-iQsieme non diforiaa in leal gente« 



Ad OPERE 1?UBBLlCAtB. 343 

Assicurati iutorna al nome e al soprannome, 
indaghiamo ora la patria di questo Giovanni 
Sercambi. INarra egli nel principio del suo 
lavoro, che una brigata di uomini, di donne i| 
di preti, di frali riunitasi nel contado di Lucca 
nell'anno xgcglxxxt , quando T infieriva la 
peste, deliberò di allontanarsi da quell* infetto 
e malaugurato paese, e di mettersi in cam- 
mino per tutta Italia, dandosi buon tempo* 
col novellare. Nomina per lo più . la città ài 
Lucca col titolo di nostra (vedi la novella rv) 
e la schiera de' viandanti da Lucca si move/ 
ed a Lucca finalmente rìducesi dopo avere 
tenuto il seguente cammino» Passa da princi* 
pio a Roma, indi a Napoli, e divaga per la 
Calabria, di dove retrocedendo visita Ancona^ 
Rayenna, Bologna, Ferrara^ Ghioggia; e noa 
volendo intrattenersi, a Yinegia per sospetti 
di pestò, Tiene a Murano, quindi per Mestrik 
a TrevisOj a Feltro, a Padova, e dopo di 
avere veduto tutta la Lombardia portasi da 
Parma a Genova, indi a Savona. A questo 
passo il codice manca, ma da Savona a Lucca 
essendo breve il tragitto, pare che non po8« 
sano desiderarsi se non che due o tre novelle 
a compimento deQ operaie a vedere restituita 
la sollazzevole brigata alla città che dee re- 
putarli patria del JSgyeUatore. 



«B^V^HP 



S44 ttTTim PBEHESSX 

L*aono i3j4 ài sopra indicato se non è 
preciaamente quello in cui il Sercatnbi dettò 
il ano Libro, dee però riguardarsi siccome 
tessera che indica un* epoca di rayyicinainento. 
Ciò si conTaIiderà,sol che yi piaccia, egregio 
signor Marchese, di yenir meco airesame de- 
gli scrittori deirantica storia letteraria italiana. 
Quantunque il nome di Cambilo ser Gambi, 
Sercambi troyisi or ripetuto, or confuso, 
ftulladimeno due opere esistono, una delle 
quali a buon diritto si può giudicar apparte* 
^ente al nostro autore. La Cronaca di Lucca 
è la prima di queste opere, che troyerete in- 
serita nel yol. xyiii della grande Raccolta 
Rerum Italicarum Scriptores, Di questa Grò* 
naca è dichiarato autore Giovanni Sercambi 
Lucchese; e in essa si leggono frammischiata 
otto Novelle che stanno appunto nel yostro 
Codice. È tratta da codesta Biblioteca Am- 
brosiana, e trascorre dalFanno i4oo sino al 
l4o9. Osseryò il Muratori nella sua Prefa- 
lione, che yi s'incontrano spesso alcune yoci 
particolari del dialetto lucchese; e di queste, 
come di alcun'altra de*yarj dialetti d'Italia, 
anche le Novelle presenti restano non di rado 
insudiciate. Troverete l'altra opera ricordata 
nel Catalogo de* manoscritti della Biblioteca 




^^ 



^ 



A1> OPKRS nrBBtlGAfX. ^4^ 

Leopoldino-Laarensiana (Toro, ii^ col. 33 5), 
ed è un Coauneinto ^1 Paradiso di Dante. Il 
fiandinì, che lo giudicò scrìtto intorno al fine 
.del secolo xv, ne riportò, secondo il suo co- 
stume, le nltime parole, e sono: La sopra» 
f cripta Expositione^ Chiose^ o vero Postille oe 
scripto io Johanne ser Cambi ^ ecc.: anche il 
Ttraboschi ci rammentò il Sercambi come 
•forico lacchese, senza però nulla aggiugner 
flel suo. Ora, avuto riguardo alla conformità 
del nome, del soprannóme, airepoche della 
TÌta e alla identità della patria, panni di non 
posare sopra ombratili conghietture formando 
del cronista di Lucca,dello8positore di Dante 
e dello Scrittore delle Novelle un solo ed 
pnico autore. 

Voi, veneratisaimo signor Marchese , ohe 
per annobilire le vostre insigni raccolte non' 
abbisognate di mendicar i gioielli adulterati^ 
So che avete già rinunziato al vanto, di pos- 
sedere il codice veramente originale delle No- 
velle di questo nostro Sercambi; dovete però 
trovarvi pago anche della vostra copia, ch^è 
pare di assai vecchia data, e unica per quanto 
io sappia. La formade'suoi caratteri, e quella 
delle sue aUbreviuture, la qualità della carta 
e i modi tenuti dallo scrittore neirortografis^ 



346 tETTtBB PREMESSE 

noa lasciano dubbio che non sia stata eseguita 
in Toscana d^irante il secolo tx. Io so ezian- 
dio, che uno de* rostri dottissimi amici , ii 
qoale è fregio di codesta insigne A.nabrosiana, 
portò parére, che il carattere si rassomigli 
aicon poco a qnello di Leonardo da Yinci; 
ad ecceiione però della sua maniera paktico-* 
lare di scriyere alla orientai e, cioè dalla de* 
•tra alla sinistra. Una prova incontrastabile^ 
che sia copia <piesto vostro codice bassi ìa 
una Nota posta in calce dell'Indice, Bella 
quale si accennano Miniature aggiunte a fire<» 
gio del libro, che nel vostro esemplare non 
sono; e d'altra parte, in esso qua e colà si 
veggono certe lacune, le quali indicano troppo 
bene gì' inciampi incontrati dallo scrittore nella 
forse troppo scabrosa tettiira delloriginale ; 
lacune che rendono altresì ii senso intralcialo 
e poco intelligibile. 

Dalle poesie di Giovanni Sercambi, che si 
trovano sparse fra questo suo Novelliere, ne 
scampi Iddio ogni fedel cristiano; e bastine il 
saggio del riportato Sonetto, che nasconde il 
suo nome. Le prose o Novelle sue meritano 
poi ben altro che imprecai ioni. Piace in esse 
quell'aurea semplicità con cui scrivevano i 
nostri buoui padri) piace quella ingenua pit* 



Ad o^Bftì fùSBueATS. 347 

tura de vecchi tempi ed usanze, piacoioQo i 
tenai avveDÌmenti vivacemente dipiali, e sem^ 
pre con quella proprietà di voci obe assai 
diffìoihnenle raggiugne la comune de* moderni 
scrittori. Manca, è vero^ al nostro Seroambi 
la purità della favella, spezialmente propria 
ona volta degli abitatori delle sponde del- 
TArno; nulladimeno potrebbesi pur concedere 
grazia a qualche suo vocabolo di conio ita* 
liano ed espressivo. Bglt ha inoltre quella vi« 
bratezza di dialogo che tanto c'innamora 
quando leggiamo le Novelle di Franco Sao* 
chettì. I suoi argomenti non sono sempre 
nuovi, perchè il Boccaccio ed altri ne ma* 
neggi areno alcuni e prima e poi, ma sono 
sempre con aria di novità esposti e trattati. 

Voi non leggerete nella presente edizione 
alcuna delle Novelle che si trova imbrattata 
di oscenità e di laidezze, abbenchè poeta per 
lo più in boccia di gente che porta cherca o 
cocolla, e abbenchè fautore protestisi in piit 
di un luoo^o di essere un cristi anello buono e 
morigerato. Non- vi dissimulo, che tali Novelle 
appunto, sì per la condotta come per la sposi-^ 
«ione, starebbero in cima a tutte; ma io so 
quale è il debito che mi corre, e so a chi 
indirizzo questo libro; nò intorno a ciò ser* 
yirà parlar di tantaggio« 



i^pBai"**«i«^"^^Pi^^**'»^^^«^^^""^«i^^^''""'^^BB« 



948 tlTTlM VREKim 

Nella stampa ho fedelmente seguito Torì- 
gioale, e pressoché mantenuta l'antica «urto- 
grafia; ma doye Tamanuense si mostrò uni- 
ferme, ricopiando alcune yoci in modo oggidì 
disusato, mi parve opportuno di adottare per 
madore chiarezza Tubo comune; esempigra- 
Bia, in luogo diritenere/im^ortf,^or/io^C77/a, 
ùngni^ messo ^ alchuno ho sempre sostituito 
^^gg^^^^^ giorno^ città ^ ogni, mezzo, aU 
euno^ ecc. La interpunzione è rinnovata af- 
fatto, siccome quella ch^è più indispensabile 
a rendere il testo ordinato e chiaro. 

Vi ho detto tutto, nobilissimo signor Mar- 
diese; ma ben mi accorgo che questa mia 
lettera è divenuta una lungheria poco dice* 
Tole alla tenue mole del libro che vi presento, 
Voglio credere che di leggieri me ne scuse- 
rete quando vi pregherò , come faccio, ad ao 
cettarla in luogo della visita autunnale ch'io 
n aveva promesso anche per quest'anno. Se 
carichi e brighe mi vietano di poter risalutare 
il deliziosissimo vostro giardino di Ornate, 
fperare però mi giova che, andando Voi a 
diporto per quegli avviluppati sentieri, per quel 
verdi prati , e per quelle ombrose vallette, 
circondato da un drappello di Grazie^ che 
ben tale il formano le vostre elette figliuole, 



■=^^^^5»^ -'«vj;^» »»■ •«■■ j «■ I ■ *""*^^"^i^*">il^Hc*«iiP«Mvqpiq9qea«HH| 



ID aPBRB VtrBBLlGATS. 3^9 

e la preclarissitna yostra sposa^ potrete alle» 
grare ed esse e Yoi colla leltafa di alcuna 
tra queste festevoli novelle; e forse che tottìt 
d*accordo cousolerete allora d'un sorrisa aa« 
che il loro editore, il quale nel dedicarveift 
tì offre tutto sé stesso. 

AL CHIARISSIMO SIGNORE 

ABATE ANTONIO MARSAND ♦ 

I 

P. P. PROPESSORB S BL£À n. UlflTBHSIIA 
DI PADOVA. 

Y 01 sofete^ pregìatissrmo Amico, tenere htios 
coDto di un qualche lavoretto tipografico cb» 
per opera mia esce di quando in quando alla 
luce, e mi ricorda la lieta accoglienza cha 
avete fatta alle Novelle- di Mesàer Anton Fran^ 
Cesco Doni^ che Tanno scorsa ho per la prima 
volta raccolte e messe a stampa. Spero di 
Carvi oggidì una grata sorpresa intitolando a 
dirittura a yoi questa opericciuola, che mi 
piacque scerre onde saggiar un nuovo picciolo 
e nitido carattere fuso qui presso Giuseppe 



* Lettera premrsaa al libro Vita Sobria di LaigT 
Cornaro. Vemezia, Tipografia AlvisopoU, iSiS^ ia & 



l 



^^"™^" I — — 1— ^^^^^^^p^l^^^^^^pp 



35o LIT TEBE PEEME89B 

Picotti. Il fregiare del Vostro nome la fronte 
di questo libro riesce a me dolcissima cosa, 
mentre posso così attestare in faccia del pub- 
blico di essere con Toi legato della più in- 
trinseca e cara amiciaia; né riuscirà a Yoi 
ciò malgrazioso, mentre Terrete ad ottenere 
la dedicazione di un libro che gli avi nostri 
hanno creduto pur degno dì mandar indiriz- 
lato ad illustri TescoTij e dì mettere io sino 
a* piedi di papa Gregorio xit, come scorgesi 
da alcune vecchie stampe fattene in Padova, 
in Yenezia e in Milano ( i ). Ma entriamo un 
poco a ragionar dell'Autore e della famosa 
•uà Fila Sobria y afBcbè questa lettera tenga 
anche luogo di prefazione. 

Lungo discorso potrebbe farsi intomo a 
Luigi Gornaro, vissuto in que' beati tempi del 
cinquecento^ ne' quali i peregrini ingegni pul- 



(i) La prima edizione di Padova, i558 m 4 > ^ 
(la Bernardino Tomitano, dedicata a monsignor Ve- 
■COTO di Bitonto. Una ristampa fatta iVi, 1691 in 4» 
è ÒA nn certo Evangelista Oriente dedicata al Sommo 
pontefice Gregorio xiv ; come Io è pure la ristampa 
fattasi in Milano nel 1627 in la. Altra ristampa 
di Fentzia, i6qo in 8, da un certo Giorgio Gen- 
naro è dedicata a monsignor Marco Cornaro» yc- 
iflOTO di Padova. 



AD OPEBE PUBBLICATE. 3St 

lalaTano per tutta Italia come le violette nei 
campì a' bei giorni di primavera. Parlarono 
già di lui con onore i suoi illustri coetanei, 
Bembo t Speroni, cardinale Gommendone, 
Pieri© Valeri ano, Vasari, Mureto ed altri, e 
ci diedero poi belle, notiicie intorno alla sua 
▼ita e alle sue diverse opereilTuano,ilTeìt- 
siero, il 'Gbìlìni, il Oraziani, il doge Fosca» 
rini, il Fontanini, lo «Zeno, il Morelli, scrit- 
tori tutti da potersi consultare con profitto da 
chi volesse scrivere la vita del Gornaro (t). 
Io non entrerò in alcuna particolarità, e ba- 
sterammt ricordare, cbe, discendente egli da 
una delle più illustri famiglie veneziane (a), 



(0 n celebre Tuano (de Tou ) parla con onore 
i'i Luigi Cornaro nella Storia de* suoi tempi , ed 
Antonio Teissiero nelle Addizioni fatte alla Storia 
medesima. IlGhìlinì ne da no'tizie nel suo Teatro 
degli uomini illustri \ il Oraziani nella Vita del 
cardinal Commendane ] lo Cheyne nell'opera, Af#- 
todo naturale di cura, ecc.) il doge Foscarinì nella 
Storia della Letteratura f^eneziana; il Fontanini 
nella Biblioteca Italiana $ e lo Zeno , meglio di 
ogni altro, nelle Annotazioni alla Biblioteca mede- 
sima. Il cavali er abate Morelli nella tua Notìzia di 
opere di disegno y eco. , consacrò a Luigi Cornaro 
una lunga Nota, ch^é un tesoretto di recondita eru- 
ilizione. 

(2) Veggasi lo Zeno nellt Nou al Fontanini , 



35a UTTKBB PB1XB88S 

ne accrebbe Io splendore colla fama de' suol 
Uleoti, e con qaeUa sobrietà e temperansa 
della sua yita, condotta fin presso a cent^anni, 
dopo ayer pure speso la giovanezza nel dia* 
sipamento e in mezzo alle più. penose india* 
posizioni Seppe egli mantenersi slimato e 
riverito da quanti vi erano a' suol tempi iio* 
mini dabbene e letterati, i quali rimaneano 
presi delle sue dolci e generose maniere^ e 
della sua più che privata magnificenza. Dallo 
stesse soe parole, contenute ne* Trattatali e 
nelle Lettere che ora si pubblicano, vedrà 
ognuno com'egli abbia' saputo formarsi crea* 
toro e signore di larga fortuna, mantenersi 
sempre in invidiabile tranquillità di animo, e 
sentire innanzi assai negli studi delle arti, 
delle lettere , delle scienze , avendo scrìtta 
opere intorno alla pittura, airarchitettura, 
airagricoltura, alla musica, non che intomo 
alla Laguna di Yenezla, ed esiandio una com- 
media tutta pena di onesti risi e di piacevoS 
motti. Ultima sua fatica furono i Discorsi i/i- 



ehe, spezìaffnente intorno ftirorigine d«na Famigli» 
Gorntro, intorno alfa nobiltà del suo casato , da 
alcttDO pasta in dubbio, ed intorno alPanno delki 
morte di Luigi, segufu nel i56&ìn età di anni gjB^ 
ci dà le più aicuie notiite» 



AD OPERI PUBBITCATK. 353 

tomo cJVarte di prolungar la vita umana {\) 
che conlÌDuaDo il Trattato della Vita Sobria, 
Nobilissimo dispensatore delle ricchezze^ sap* 
piamo che a sue proprie spese egli eresse un 
tempio elegante, ingrandì privati edificj, si 
creò yille amenissime e sulla pianura e in 
collina, procacciò speziosi miglioramenti ai 
Suoi poderi con disseccamenti di paludi e con 
industrie infinite; promosse in fine gli agi della 
gente sua, e favoreggiò costantemente i let- 
terati e gli artisti, che trovarono sempre nel ia 
sua casa utile assistenza e generosa ospitalità. 
Ma tutte queste belle prerogative di Luigi 
Cornare non sarebbero bastanti a rendere il 
suo nome chiaro in Europa, se non ci fos- 



(0 I)i taate fatiche letterario, annunziate qua e 
là nelle Lettere ristampate in questo volume ed al- 
trove, non ci sono rimasti se non che i presenti 
Discorsi sulla yUa Sobria, ed un raro libro ititi- 
tolato : Trattato delle acque. P'entzia , per Gru' 
zioso PercacinOf i56o in 4* In questo Fautore espone 
le sue teorie per regolare le acque della veneziana 
laguna, ed é da notarsi che di avviso contrario al 
tuo fu il celebre Fracastoro, del quale si è per mia 
cura pubblicata nel i8i6 per la prima volta coi 
torchi della Tipografia Mt^isopoU in 4> ** Lettera 
indirizzata al Goraaro medesimo su tale argo- 
mento. 

Gamba ^ Opere 33 



354 LITTCRI PRSmSSI 

•ero rimasti i presenti piccioli Trattati intoni» 
alla fifa Sobria^ composti in varie volte nella 
decrepita sua età di anni. 83, 86, 91, e 96. 
Io credo che il candore che spirano colla sem- 
plicità loro, la importanza deliba rgomento, e' 1 
favore con cui ci diamo tutti a conoscere i 
messi di prolungare la nostra vita^ abbiano 
loro agevolato tanta fortuna da venire lodati 
a cielo da uomini del miglior senno. Yoi co- 
Boscete meglio di me le molte edizioni che 
ae ne sono fatte in Italia, e le versioni che 
fuori d'Italia col corredo di note fisiche e fi- 
lologiche furono divulgate, ora nel latino, ora 
nel francese, ora nel tedesco, ora neiringlese 
idioma. Furono in fatti questi Discorsi t^uti 
quasi in conto di classico libro, e avvegnaché 
alcuna volta ruvidetti e bassi ^ pure siccome 

Poca favilla gran fiamma seconda^ 
cosi bastarono a riscaldare un Lessio, un 
Bartolini, un Bamaszini, un Gheine,un Huf* 
fbland e tanti altri, i quali poi scrissero opere 
di maggior polso sullo stesso argomento (i). 

(i) Dopo la prima edizione di Padova^ per Gra" 
%ioso PtrcacinOf i558 in 4 9 ('' quale non ecn- 
tiene altro che il primo Discorso ) si pubblicarono 
le operette del Cornaro in altre molte ristampe^ 
e quelle del xyi secolo a me note sono di Padova 



w^m^mmmmmmmmm 



AD DPEni PtJBBllClTE. 355 

Fu taluno che bandì guerra alle dottrine 
del Cornaro, e primo di tulli si pose in campo 
per proya d^ ingegno il suo illustre amico e 



i56i in 9, iW i563 in 84 ivi i565 in 8, (di qu««> 
*ta edizione, fatta pure per Grazioso Per cucino y 
non ho io veduto se non che Topuscolo, AmorevóU 
Esortazione^ ecc., in cui la data per isbaglio è cosis 
BiDixT ); di F'tnezia, al segno del DiamantCt senza 
nota di anno, in 8; di Padova ptr Evangelista 
Oriente i5gi in 4- Trovo ricordate da varj altre 
edizioni del secolo susseguente fatte in Roma, per 
Mascardi^ 1616 in 8; in Milano nel 1617 in ^a; 
in f^enezin 1620 in 8; nuovamente 1/2 Milano^ 1627 
in 12. Magnifica, ma scorretta, è un^ edizione con 
caratteri testo d^Àldo, fatta in Padó^^a, per Pietro 
Maria Frambotto, 1699 in 4 grande, dalP impres- 
sore dedicata alla Eccellentissima casa Cornaro^ 
Nello scorso secolo si riprodusse prima in Partmif 
per Paolo Monili , 1712 in 8, in un^ opericciuola 
intitolata : La Scuola Salernitana , ecc. , indi in 
y^nezia per Domenico Occhi, 174^9 ^^ 1^9 ^^^ 
libro intitolato : La Medicina Statica di Santorio 
de* Santorj , ecc. ; ìndi in Lucca , per Giuseppe 
Bocchi, 1767, in 8, inserita nel voi. vii de^ Miscela 
ìanei di varia letteratura, ecc.; indi in Torino, 
^r Francesco Prato, nella stamperia reale, senza 
nota di anno, in 12; e finalmente in Verona 
presso Jhmanzini, 1788, in 12. Dobbiamo questa 
ultima ediaione alle cure deirabate agostino f^t- 
¥orio, il quale non la migliorò punto nel testo qua 
c là mancante, ma la corredò di una epistola de- 



356 2.ETTERB FREMESMr 

contemporaneo Sperone Speroni , ìt cpiaE& 
scrisse contro la Sobrietà *y ma poco dopo ri« 
mettendosi spontaneaiaeate nel buon sealiere-„ 



aleatoria al iignor Alberto Alberlini, e dì una pre*- 
/azione ricca ili buone notizie spezialmente ìntoriuv 
ftd alcuni letterati patrìzj veneziani. 

n catalogo or» da me tessuto y posto a confronto» 
con quello che trovasi airarticoh> Covnaro (^Louisy 
inserito nella Biographìe Uni^er sulle che si st% 
pubblicando ia Parigi, servir potrà a far conoscere 
quanto poeo sieno (secondo il solito) esatte le re^ 
tazioni che de^ libri italiani ci vengono date dagli 
stranieri. L^articolo francese sarà forse meno iui» 
perfetto nelle notizie che ei somministra intorna 
alle versioni fattesi in lingue straniere de^ Discorsi 
sulla finita Soù^ria^ notando che nel soh> idioma 
francese &i poss^ino contare quattro traduzioni dt- 
terse, nna di Sebastiano Hardxy Parigi, 1646 in 8^ 
adtra (Vi Giacomo Martin^ Parigi, 1^4? ^^ ^) altra^ 
di M. D.** (M0D8. de Premorti) Parigi, 1701 in laj 
ed altra di M. O. L. B. (Mons. d^ia Bonaudiere) 
Farisei f 170 1 in i>. La versione tedesca del Ludo* 
vici tu impressa in Lipsia, 1701 in 8, e la inglese 
col titolo; Discourses on a sobtr and Hmperater 
lifs, in Londra »735, ed ivi poi riprodotta negli 
anni <765 , e 1798, Sul finire del secola xni sa 
pubblicò anche in Roma, ex Tipograph. Kev. Cam*, 
jépostot. , una versione latina in 4* ^^ compilatore 
francese , che ci rrrorda la traduzione latina d» 
Leonardo Lfssio, il quale ta riunì al suo ffrgiam 
Mticon^ pubblicato in Jnyersa nel i6i3 in 8, noa 



wmmmmmmm 



«i lasciò un bel frammento di altro suo sodo 
Discorso in favore della Sobrietà (i). Anche 
ìin cotal signor de U Bonaudiere francese 
pubblicò in Parigi V Anti'Comaro ^Whro ch'io 
non conosco punto, ma che monsignor Fon- 
tanini giudicò dettato contro tutte le regole 
della onestà^ e che ì nuovi compilatori Iran* 
cesi della Biographie Universelle asseriscono 
scritto con osservazioni /foz/f-d;/ài/ oiseuses. Il 
gentiluomo italiano marchese Francesco Eu- 
genio Guasco, corredando di sua Prefazione 
una moderna ristampa de' Discorsi del Gor- 
fiaro, fattasi in Lucca (2), vi aggiunse di vol<» 



«flovfa omnifttere anche la versione del Lessio me- 
ilesimo, illustrata da un nostro chiarissimo roeclico 
italiano, e separatamente impressa €ol titolo se* 
gaente ? Annotationes in Lihrum Ludoi^ici Cor- 
nelii de f^itae Sobriae commodis Bernardini Ra* 
mozzini, Patauiif Contatti, 1714 in 4* Fa anche 
inserita ueHa raccolta di tutte Je opere del Ra* 
mazzini, 

(1) Leggonsi questi Discorsi dello Speroni nel 
tomo 111 delle sue Opere, edizione di Venezia, 1740 

in 4» VH' 4«4 e ^%- 

Ca) Questa moderna ristampa porta la Prefazione 
acritta a guisa di Lettera, daireditore marchese 
Guasco indirizzata al marchese Lorenzo Boltioi; pa* 
Irixio lucchese. 



. w.^>v^>»«»««-~««bM 



358 LETTBRB frRBXeSSft 

una critica che piacetnL riportare, onde ve^« 
giate quanto sono yarie le fantasie degli uo- 
mini; non dissimulando punto che dal canto 
mio non esiterei troppo a credere irrepugnabili 
le ragioni del Guasco: / precetti^ egli dice, 
contenuti oei Discorsi delU Vita Sobria 
eompósti dal signor Luigi Comaro^sono più 
dilettevoli a leggersi y che facili a praticarsi. 
Per pater imitare la sua vita /elice , e per aspi» 
rare con buono augurio -ad una età tanto 
avanzata^ e, ifuel che molto importa^ esenta 
dagV incomodi della vecchiezza, bìsognerehhe 
avere tutti quei mezzì^ de' quali il nostro 
Autore era stato largamente fornito dalla 
natura e dalla fortuna. Circa il tempera^ 
mento, o sia la complessione, voglio credere 
che la sobrietà e la moderazione possano 
formarla robusta e forte a dispetto ancora 
delV imperfezione della macchina; ma circa 
la tranquillità deW animo ^ cheè^ a mio giù* 
dizio, quella che più contribuisce ad una 
lunga e beata vita, non può conseguirsi né 
con la moderazione o sceltezza dei cibiy né 
con la prudente ed opportuna variazione del 
clima. Se mi parlate di quella pace delta» 
nimo che nasce dalla pevfotta osservanza delle 
leggi divine^ e dal buon testimonio d'unc^ 



AD OI^EUfi VVABLtClTE. SSq 

eùicienzainnocente y 9 accordo che sta in mano 
di chicchessia il procacciarsela \ ma se inten^ 
dete di quella tranquillità meramente filoso^ 
fica ^ e che coi mezzi umani si acquista , io 
sono di parere che non dipenda da noi. Di- 
pende^ Amico y dalVaver de danari assai ^ o 
almeno quanti ne abbisognano a ciaschedano 
per mantenersi con agio e con decoro nella 
propria condizione y senza pensieri, senza fa* 
stidi^ senz^ angustie ^ e, come dice un poeta 
francese , saas lendemain. Privi di questi ^ 
crediatemi, è difficile ^ anzi stimo impossibile 
di poter essere tranquillo; ed io mi rido di 
quei filosofi che vantavano grande tranquil» 
lità senza danari) no^ non do fede alle loro 
parole» Tutti insegnavano che la tranquillità 
deir animo è il maggiore di tutti i beni^ e 
questo è verissimo: ma che? credete voi che 
godessero di questo sommo bene senza i mezzi 
di procacciarselo ? La cristiana filosofia è la 
sola che possa condurre un uomo ad esser 
heatOy ancorché povero e privo del bisogne* 
9ole; fuori di essa tutto è impostura ; e chi 
non ha tutto ciò cW è necessario alla sua 
condizione, qualunque siasi^ se non è conti* 
nuamenie agiato^ non può\a dir poco , essere 
perfettamente tranquillo, Se il signor Luigi 



T-^ f»^m — - 



3 60 tBTTEBE PREMESSI 

Comare non avesse avuto molte sostanze Ja 
pagare i deh iti ^ da provvedersi di tutti i co- 
modi della vita\ se non avesse avuto i mezzi 
di fabbricarsi una Villa alla collina^ e Y altra 
alla pianura^ di fare de" viaggilo di cangiar 
elima secondo Vopportunità delle stagioni, 
di farsi recare i cibi più conformi alla sua 
complessione e le medicine più perfette ,, di 
accogliere e trattenere in sua casa una com- 
pagnia geniale di amici e di letterati che lo 
andavano a visitare; se in luogo di una mo- 
glie docile^ moderata ed onesta, gli fosse toc- 
cata una donna d'umor bisbetico ^ come fu 
quella di Socrate \ se non avesse avuto una 
corona di undici nipoti bene inclinati^ gra-- 
%iosi e ben composti; finalmente se non fosse 
stato dotato di molto talento ^ se non avesse 
BVUto il modo di provvedersi di buoni libri y 
è di tutto il corredo letterario ^necessarissimo 
a chi coltiva le scienze e le belle arti ; non 
80 scegli avrebbe passata una vita tanto tran- 
' quilla eomegii assicura, e se sarebbe giunto 
alVetà di cenfanni^ come (iffermano gli sto- 
rici che parlano di lui. Voglio dire con que» 
sto^ che i Discorsi della Vita Sobria 50710 
belli e buoni, ma che senza la pace delVa- 
nimo poco gioverebbero a prolungare la vita} 



Ad ofcrb pubblicati. 36r 

e dico che questa pace non si può ottenere 
se non col favore di tutti quei mezzi ch'ebbe 
per procacciarsela il nostro autore» Ciò non 
pertanto siccome vi sono nel mondo moltis' 
timi che hanno^ o possono avere tutti quei 
mezzi ^ così è bene che almeno questi trovino 
nei presenti Discorsi il metodo che s'ha a 
tènere da essi per viver tranquilli, e vivendo 
tranquilli prolungarsi la vita. 

Dopo la diceria del marchese Guasco non 
Tolendo io fayellarpiù a dilungo, mi conten- 
terò, prima di terminare questa lettera, di pre* 
gamri, mio pregiatissimo amico, a non essermi 
discortese di qualche lode per le cure dame 
prese nella presente ristampa. Vi ho dato den- 
tro a lutt'nomo onde ingentilirla più d^ogni 
altra, tornando la lezione al nativo candore, 
e allogando alcune parti disgiunte, che mi 
parvero atte a formare un bel corpo solo. 
Consistono queste in tre sonetti d'ottimo sa- 
pore, al Gornaro stesso indirizzati da Giro- 
lamo Gualdo; in una Dedicatoria di Bernar- 
dino Tornitane a Cornelio Musso, véscovo di 
Bitonto, che manca in moke edizioni; nel 
Discorso o lettera di Sperone Speroni contro 
ìa Sobrietà y e nel frammento delFaltro suo 
jyìacoTboÌQjavore della Sobrietà ^V uno e Tal- 



■ 



36l tCTTEUfi PASlffiSSK 

tro scritti elegantemente; ed al fine in alctme 
poche, ma importanti lettere di Luigi Cornare 
o di altri a luì, che mi furono segnate dalia 
infinita cortesia del dottissimo cavalier Mo- 
relli^ e che spargono nuova luce su la vita, e 
•u le opere del nostro Autor^i). Come se 
ciò non potesse essere tuttavia sufficiente per 
far riuscire questo librìcciuolo degno del fi- 
nissimo vostro gusto, mi prendo la cura di 
presentarvene un esemplare impresso in can- 
didissime pergamene di Augusta (:^); e scom- 
metterei che a quest'ultima tentazione con cui 
ri assalgo non saprete come più contrastare, 
• eh* io avrò quindi sempre più stabiliti imiei 
diritti alia vostra amorevolezza. Addio. 
Di Venezia addì io di agosto^ i8i6« 



(i) La prima di qaeste Lettere trovasi inieriU 
mei tomo t dtlle Opere di Sperone Speroni, fre- 
nesia, 1740 i°4)P^e* ^^' ^ ^^^^^ ^^^^ acelte da 
maggior uumero che trovasi impresso nel voi. vii 
della raccolta inlitulata, Miscellanea di varie Ope* 
rette, ecc. Venezia, per Tommaso Bettinelli^ 174^ 
in la , pag. 349 e aeg. 

(a) Questo trovasi oggidì nella biblioteca del re 
di Francia, f'. Caialogue d^s lìyret tn welin^ etCj 
à PariSf 1894. 



) 
y 



AD ormi FOBBUCATI. S63 

ALL' ONORÉVOLE 

SIGNOR E. D. DA.VENPORT 

GBNTrLUOKO INGLESI 

Indirizzando al suo Nome le Poesie del Dia* 
letto Veneziano raccolte in quattordici 
yolunii^ e pubblicati Vanno i8i j. Venezia^ 

di troYerà alquauto strano che io indirizzi a 
Voi, onorevole signore dell* Inghilterra, una 
Raccolta di Poesie scritte nel particolare dia-* 
letto usato in un cantone d'Italia. Ma se le 
dedicazioni si fanno o perchè gli argomenti 
svolti neMibri tornano a particolare diletto 
di coloro a' quali si offrono, o perchè danno 
una pubblica testimonianza di riverenza e di 
affetto, niuna ve n' ha che possa essere for*' 
nita di migliori e di più giusti diritti di que^ 
sta mia. Essa a voi appartiene, dotto e perito 
nelle lingue e ne' dialetti italiani, a voi rac* 
coglitore solerte delle antiche e moderne pre* 
liosità deir italiana letteratura, a voi felice 
scrittore d'italiani versi bernieschi e di no* 
Tellette venuste, a voi poi spezialmente, che 
per finezza d' ingegno, per ecoelienza di 6Uore| 



364 rnTERB PREKESSB 

per costante amore v ole s za verso di me siete 
sempre presente airaoimo mìo. 

£ siccome io ardisco confidare di avere fatto 
ottima scelta ne' componimenti cbe mi sono 
proposto di dar in luce, così non potrà non 
esser?! grato eh* io vi renda ragione intorno 
al mio disegno, e intorno agli autori raccolti, 
affinchè possiate con favorevole 'prevenzione 
gustare della grazia, della forza, della eccel- 
lenza di una perfetta poesia, abbenchè traye- 
•tita sotto le umili forme di un parlare vernacolo. 

Colle illustri testimonianze dello Zeno, del 
Bettinelli, del Cesarotti e di altri, mi sarebbe 
a baon conto facile il dimostrarvi che il ve- 
neziano dialetto sta in cima ad oo^ni altro di 
Italia, ma non è di animo gentile il ledere 
aMiritti delle altrui patrie predilezioni a fine 
di esaltare quel solo linguaggio di cui uno 
mostra di esaere particolare coltivatore; ed ò 
poi giusto il confessare, che opere molto com- 
mendevoli nel medesimo genere contano an- 
che le altre contrade italiane, come ne fanno 
prova le doviziose raccolte che sono a stampa 
di poesie scritte in napoletano e in milanese, 
• tanti leggiadri componimenti pubblicatisi 
ao* dialetti siciliano, bolognese, friulano, bre« 
fciano^piemontese^ecc. Io mi limiterò dunque 



ID OPERE PUBBLICATE. 3S> 

adirvi, che le veneziane coolrade hanno avuto 
già componimenti ne' varj loro dialetti^ sin dal 
secolo sestodecimo, e che per esempio le Co/zi- 
medie di Buzante^e le Poesie di Merton^ di 
Begoto e di Magagnò^ le une e le alt re scritte 
in lingua rustica padovana, vengono tuttavia 
lette, studiate, ammirate. I cantori nei ver- 
nacolo proprio di queste lagune furono per 
vero dire in allora assai scarsi, e rimasero 
eziandio poco noti, $e si eccettui un certo 
Alessandro Caravia^ autore d'un curioso poema 
intitolato il ISaspo Bizzarro^ e qualche Canto 
£?c//'//riWo, trasformato alla foggia veneziana» 
Approssimavasi alla sua fìne il secolo stessa 
quando seppe farsi nome Andrea Calmo colle 
sue Egloghe Pescatorie^ e sur^ contempora- 
neamente un veneto ingegno, Maffeo Feniero^ 
l'autore della Strazzosa^ al quale se fosse 
4occato in sorte di condor lunga vita sarebbe 
rimasta certamente una corona di trionfatore 
del Parnaso vernacolo. 

Ora essendo prima di tutto opportuno di 
conoscere le nostre antiche poesie , ad esse 
sole io ho consacrati due volu^^ti: il primo^ 
che oltre a qualche componimento popolare 
pieno di brio, racchiude la Guerra de^ ]\ico^ 
IgUi e Castellani delVanno iSax^ è una 



366 LBTTERB PUEUnSl 

pittura importante di antiche e cariosissimo 
nostre coslumanze; ed il yclumelto secondo, 
dà un piccolo ma leggiadrissimo Canzoniere 
composto dal Yeniero sopraccitato. Tra gli 
acati secentisti non è alcuno che lasciato ci 
abbia un' opera quale meriti veramente Fo- 
nore dì ritornare adesso alla luce, e tanto più 
che non appartiene al genere lirico, mio solo 
•copo^ un curioso lavoro didascalico in dia- 
letto veneziano di Marco Boschini^ intitolato 
la Carta del Navegar pittoresco. 

Era riserbato al secolo decimottavo, e ai 
giorni nostri correnti Tenore di produrre canti 
vemacoli di finissimo gusto; e quindi di au- 
tori poco è mancati di vita e di altri tuttavia 
fiorenti io ho principalmente formato la mia 
raccolta in altri dodici volumetti^ Venite al 
fonte, o onorevole Cavaliere^ e non trepido a 
dirvi che vi disseterete di acque limpidissime 
e fresche. Nel voi. i vi occorrerà leggere le 
Canzonette di un Lamberti, che hanno i vezai 
di Anacreonte; nel voi. ii gli Jpologhi dello 
•tesso autore, pieni di vivacità e di sali; nel 
voi. HI le Bue Stagioni Campestri e Cittadine^ 
modellate sul vero e colorite alla tizianesca; 
pel IV cento Sonetti, intitolati i CaveideViina 
dal dottore Mazsolà^che non portano invidia 



«V4« 



AD Omt PlTBBLICAtC. 36/ 

élla celebre Bella Mano di Giusto de^ Conti; 
Bel voi. y alcuni ditirambi, fra* quali el Fin 
Friulano del dottor Pattò, che non teme il 
confronto del Bacco in Toscana del Redi; 
nel yol. yi i più spiritosi Apologhi del la 
Fontaineyeneziano Francesco GnV/i ;nel yol. yii 
altro componimento dello slesso Gritti, il^rt- 
gliadoro^ cb'è una fayola brillantissima; iiel 
voi. yiii alcune Poesie di Pietro Buratti^ poe- 
sie yere, e non rime; nel yoL ix yarie Bar^ 
zellette di Carlo Goldoni inserite per rispetto 
al nome di questo veneziano grand'uomo ; 
nel X le Poesie Satiriche dell'abate Labia^ che 
tenea fra le dita la penna di Giovenale e di 
Persio; nel voi. xi una scelta di pregevolit* 
sime Rime di vari Autori o estinti o viventi; 
e nel voi. xii ed ultimo altra scelta di quelle 
Rime di vari Scrittori, a* quali piacque di 
adottare uno stile basso e dimesso onde meglio 
d*ogni altro servire al popolare trattenimento. 
Con i quattordici volumetti sin qui descrit- 
tivi si compie la mia serie del Parnaso Lirico 
del dialetto veneziano, da cui rimanendo esclusa 
alcune opere moderne di lunga lena^ giovami 
faryi almeno un cenno anche intorno ad esse^ 
mide giudicare possiate sin a qual grado siasi 
ira noi esteso questo ramo di amena e, mu- 



368 I.BTTIM VREMCS81 

DÌcipale letteratura. I due più grandi poemi 
dei mondo (e ciò sia per questa volta eoa 
buona pace del rostro divino Milton) V Iliade 
e la Gerusalemme furono felicemente travolti 
nel veneto dialetto, il primo sotto il titolo di 
Omero in Lombardia dall* abate Francesco 
Boaretti, il secondo sotto il titolo del Tasso 
alla Barcaruola da Francesco Mondini. Yoi 
conoscete molto bene le Voesie Maccaronicìie 
di Merlin Cocai^ e queste pure furono rive- 
stite alla foggia veneziana per opera di certa 
Lodovico Pipperiy lavoro che non ha mai 
veduta la luce, ma che si possedè dalPegregio 
patrizio veneto Antonio da Ponte. Anche i 
leggiadri canti di Bertoldo, Bertoldino e Ca* 
cassenOy scritti da var} Bolognesi^ ebbero una 
trasformazione alla veneziana, pubblicatasi 
poco dopo le metà del secolo scorso; ne tra 
i poemi eroi-comici va taciuto lo «Scaramuzza^ 
fatica onorevole di Giambatista Bada vivepte. 
Molto esteso è eziandio il numero deli e opere 
vernacole nella Drammaturgia, e troppo poi 
è stato ed è tuttavia quello de^ componimenti 
erotici e libertini. Il Baffo veneziano fu poeta 
eccellente, e ci restano inedite molte sue opere, 
oltre a quelle delle quali si è fatto indegn* 
uso con istampe alla macchia^ 




ASr OFERE rUBBUGATI. 3Sgi 

Per le cose tutte sia qui esposte sembrami 
A avervi accennato quanto occorrer possa 
per conoscere alla sfuggita la valentia di al* 
eanl ingegni fuori di questi lidi non noti. A.r- 
disco promettermi che voi farete plauso at 
proponimento mio di toglierli dairoscu-rìtà, e 
di raccomandarli perfino a codeste vostre il- 
luminate contrade. Resta che per facilitarvi 
la piena loro iotelligenza io aggiunga qualche 
canone grammaticale, e questo lo troverete 
segnata ne^ pochi versi seguenti, dall'autore 
del Bertoldo Veneziana indirizzati al proto dì 
«ina stamperia. Queste pochissime ottave ba-» 
stano per insegnare a bene scriverete a bene* 
leggere il veneziano* dialetto:: 
Se avisa el Proto de la stamperia ^ 
Che dovendo stampar in venezian, 
Ko se deve osservar Tortografia , 
Come vicerca el bel parlar toscan. 
Do p^y io t, do r, mal staria 
In BepOy FrutOf Guera^ al dir noslran;: 
I#e ffk da radopiar in wbzo e in azzo, 
Come Lazzo ^ Miistruzza, Giozza e Brazzo^, 
Amzì per no se unir col toscanìsmo, 
Ma seguitar la nostra antica usanza. 
Quel che saria in le scole un barbar ismov 
f lural e singòlar sta in consonanza;. 
GanibfiLy Opere- ae^ 



■1 



SjO lEtTERE t»REtt£S9£ 

Quei ridono^ dirave un da Fiore02a| 
Qua ia pratica e l'uso fa sentenza» 
La parola cussi, con altrettante, 
Per lerar ogni equivoco ai lelori, 
Chiama dò ss\ un solo no è bastante, 
£1 dirave cusì per i sartori; 
Cucito scriveràve un bon cruscante 
Onde, aciò no ste a far miera d'erori, 
Un aviso ve dago per scurtarla: 
Se scrive in venezian come se parla. 
Gustato che avrete, o egregio Cavaliere, del 
banchetto che vi ho imbandito, farete in guisa 
di rimettervi in volontà di vedere ancora una 
Tolta la mia Venezia. Venite a risalutarla^ ed 
io festeggerò il vostra) arrivo facendo si che 
dalla melodiosa vx>ce di qualche ninfa diqne* 
ste Lagune possiate Sentirvi ripetere le belle 
canzoncine di Buratti e di Lamberti, poste in 
musica per la maggior parte dairamico mio 
prestantissimo Ginmbatista PerrucchìnL Al- 
lora con sempre maggior piacere rinnoveremo 
anche nel veneziano vernacolo i nostri cari 
<M>lioqui lungo la riva degli òchìavoni e fra i 
yiali^ ora divenuti ombrosi, di quel giardino 
che per la sua singolare collocazione yoitro- 
Tfiste un incanto. 

Vi rinnovo le proteste della mia Torace 
eonsideranone. 



m oìPttB umBireAm. 371 

ALL' EGREGIO SIGNOR DOTTORE 

FILIPPO SCOLARI. 

Pii questa lettera pubhlicatu colle stampa 
mihito dopo che uscì in luce il Canzoniere 
del Petrarca per cura del professore An*^ 
ionio Marsand» Padova^ j 81^-20, voi. a 
in 4' 

Venezia^ il dì 8 aprile^ 1820. ' 

i^EL giorno sei del corrente mese, caro gi orna 
in cui il Principe dei nostri lirici per la prima 
volta rìde la sua Laura, e giorno poi funesto 
in cui la perdette per sempre. Voi ed io ab-» 
biamp puntualmente trovato alle nostre case 
il promessoci Canzoniere , pubblicato dopo 
lungo studio ed instancabile diligenza dal sig« 
abate Antonio Marsand, pubblico professore 
Bella I. R. Università di Padova. Io serberò 
questo splendido libro come giojello^di molto 
valore, e mi prometto che dopo trecento edi« 
2Ìoni fattesi delle Rime del Petrarca dal ri^ 
trovamento della stampa sin a' nostri giorni, 
verrà in avvenire considerata questa siccome 
reccellente. A buon conto, disegno felice è 
auto quello dell'editore di far parlare Fautore 



A 



37^ BBTTBIIB PIIBinSfi» 

di sé medesimo nelle Memorie- risoraardantiì 
la soa Vita ;. e mi piacquero poi que' brevi^ 
argomenti preposti ad ogni compartimento^ 
sempre ben meditati e sempre di quasi uni- 
ferme lunghezza per nulla togliere alla, tipo- 
grafica, eleganza;, ne- meno ammirai T infinita, 
pazienza usata per ridurre possibilmente iL 
liesto alla sua integrità^ Le annotazioni biblio- 
grafiche sono frutto- di lungo edaccuratoesame,. 
ed in. fine la. nobile forma,, la. candidissima 
carta, i bei caratteri, il fregio dei ritratti e 
delle vedute^ che nobilitano il libro, tutto è 
portato a quella finezza, che gareggiar puòcoi 
lavori di simil fatta, che provengono d'oltra;» 
monte; Il ritratto- di Laura, che l'editore cont 
larga mercè volle intagliato dal Morghen,. ò 
opera, delle più sq.uisite che sieno mai uscite- 
dallo studio di così insigne artista. 

Giudicherete for^e ,.mio pregiatissimo amico^ 
inutile cosa il fare questi cenni a. chi tiene il 
libro sottj occhio; tuttavia- egli non è senza rai^ 
gione^ né senza pompa di onesta vanità patria 
oh' io ve no scrivo » Noi passali giorni avete 
voi pure pubblicato r le vostre ingegnose Note 
ad alcuni luoghi delli primi cinque canti 
della Divina Commedia,, e sappiate che senza 
accorgervene avete dimostrato che yoi saresto 



AD OPERE l!»crBDLICÌTB. S^S 

«oggìcli ano di queWalorosi a cui TTtalia do- 
lesse al fine la pia conimeDdevole edizione 
«dei Ganti dell'Alighieri. Suntuose stampe re- 
centi ne abbiamo nelle quali ora spicca l'arte 
tipografica^ ora la calcografica., ora la varietà 
dei commenti:; ma tutto ciò non basta a darci 
-l*opera in gaisa tale che altro non resti a de- 
siderare. L'edizione del Canzoniere^ fatta dal 
Talento professore Padovano, v'invogK alla 
•difficile^ ma bèlla impresa^ e v'invogli eziandio 
il conte Francesco Atnalteo Opitergino., ed il 
-signor Emmanuele Cicogna^ nostro comune 
amico, uomini periti nelle cose del bel par- 
lar gentile, a dare "vita alle tanto fatiche che 
(hanno spese- intorno al Decamerone; e cosi 
•dovrassi agli uomini studiosi nati sotto il cielo 
veneziano la più degna pubblicazione dei pa- 
dri della italiana letteratura. Il Tasso e l'A- 
riosto debbono essere grati a due bergama- 
schi, il Serassi e il Morali, del miglior tipo- 
grafico onore ch'abbiano mai avuto. Il Pe- 
trarca e Laura già si movono dall' Eliso per 
venire a baciare in fronte il professore Mar* 
sand che li ha di tanto cospicua veste abbel- 
liti; e Dante e il Boccaccio si apparecchino 
^d essere riconoscenti allo Scolari ed al Ci- 
cogna, per opera dei quali possono promeiterta 



3^4 LBTTIIIE P1\IHE981 

di godere di «a seggio distinto nelle libreria 
più famose. 

Continuatemi la vostra benevolenza, ch*ia 
•arò sempre 

Vostro sincero estimatore ed amico* 

ALL'ONORABILISSIMO UOMO 

FRANCESCO NÉGRI * 

INb' frequenti lelterarj nostri tratteni menti 
noi non la facciamo mai da pettoruti sputa- 
senno, ausi vogliamo che leleltere e gli studi 
ci diano soggetto di piacevolezza^ e alcuna 
volta di riso. Voi, obe vi ci adattate pur bene, 
me ne apprestaste materia anche in (juesti 
passati dì col depositare in mia mano una 
festosa dicerìa di messer Annibal Garo^ che 
restò sempre inedita^ e che ora uscì fuori 
dagli scaffali di queirooorevolissimo cavaliere 
Opitei^ino, chMo chiamerei volentieri Ma Z/z/« 
Gallo'italìcorum scriptorumx tant'egli è ni- 
mico di chi mescola alla farina la crusca. Nel 



• Lettera premrssa al libro intitolata Dicerie di 
Annibal Caro, e di altri a' he della Virtù. Galvelcj^ 
Uail. Venezia, i8%i; 8« 



AD OPERE PUBBLICÀTB. 3^5 

ricevere tale forbita e ridevolissima scrittura 
di YOfttro dono^ mi ricorda di avervi detto 
con sussiego, usando parole del Davanzati, 
• che se essa mi era consegnata in toga rozza 
a bardosso^ T avrei io presto restituita m co//a 
lasciva da meretrice \ ed eccomi ora a libe- 
rar la mia fede. Né siate mica sì tenero da 
' prendervi quella cotta lasciva in senso natu- 
rale, che niente altro io volea o voglio dirvi ^ 
se non che il vostro presente vi sarebbe stato 
- restituito col signorile codazzo di alcune belle 
' suore di tempera affatto uguale ; e per ispie- 
garmi ancora più chiaro e senza la metafora 
della meretrice e delie suore, vi sarebbe stato 
restituito accompagnato da altre dicerie del 
Caro e di valentuomini suoi coetanei, tutte 
composte per V Accademia della Virtù, Ciò 
mando adesso ad effetto, e ad un tempo mi 
afHbbio la giornea di storico per dare a Voi, 
e a chi legge qualche notizia di tanto singo- 
lare accademia. 

In^Anno Domini i538 monsignor Claudio 
Tolomei, glorioso letterato senese, viveva in 
Roma, et ivi, per fuggir la mattana, volle fon- 
dare un'allegra Adunanza sotto la magnanima 
autorità del cardinal Ippolito de' Medici , dan- 
dole il titolo di Regno della Firtii^ e dando 



w^ 



\ 



376 UTTEBl PBlHESSt 

al capo dell'Adunanza i] nome di Re^ ed m 
so£J il nome di Padri. Non si era il Tolomet 
proposto, secondo le usanze che abbiamo ¥e* 
date poi in maledetta yoga, o di salire tanto 
alto cogli argomenti da attaccare arrogante- 
mente leggi di stato sante e reverende, o di 
venir a stomaco agli accademici con letture 
di ciance poetiche e prosaiche, o di puzzo- 
lenti storie di malattie che ti rendono insop- 
portabili le panche degli atenei. Il Re della 
Virtù sceglieva i più bei giorni del carnovale 
per le prime costitutive assemblee, e allora i 
Toti dei Padri nominavano altro Re che go- 
vernar dovea le faccende per la settimana 
Tegnente, e così per innanzi. Primo obbligo 
del Re eletto era dì far sedere i PaJ/iaduna 
tayola giocondissima, tutta sparsa di ramoscelli 
di ginestre o di odorìferi fiori, e, qoeilo ch'è 
più, tutta coperta di buone vivande, e di fi- 
nissimi vini. Compiuta la cena, i Patlri non 
pensavano già, come le reine dei Deeamerone, 
a carolare al suon di liuti e di vivuole, ma 
seguitavano il loro Re in altra stanza, e Io 
presentavano allora di qualche bizzarro tri- 
buto, sempre accompagnato da alcuna prosa, 
direbbe messer Boccaccio, vaghetta e lieta. 
I poclii Avanzi rispettati dal tempo. 



H^^^mim 



|rre avido divoratore di ogni più augusta me* 
moria, e le penoe de*«t)rifei della nostra sl^ 
ria letteraria c'istruiscono m cke conststes- 
«ero quei presenti. Sappiamo, di fatto, che ad 
un re, il fpiale era stato dalla natura prò?* 
veduto dei naso più madornale, ti regalò un 
guarda naso:; ad altro re^ piuttosto libidinoso, 
«i tributò la statua della Foia, ovvero di santa 
Nafissa; ad altro re, passo di ranagloria, una 
corona di gramigna ; ad altro re ghiottone, 
un .buon, pezzo di formag<;io piacentino, e coti 
^a via. I>i questi doni ai hanno notizie assai 
•diiigeoti per eniro a questo libro, e chi ve- 
iesee essere anche più addottrinato potrebbe 
aoartabeliare con suo profitto il Quadrio nella 
Stfìrìa della ^gar F&esia ^ il Poloni nelle 
Esercitazioni Vitntnane^ ti Seghezzi nella 
^itadel Ccir0, il Serassi sella Vita del Moìza^ 
«e il Tiraboschl nella Storia letteraria d' I- 
talia. Scrivono tutti questi barbassori^ che 
V Accademia della Fiviii non ai contentava 
talvolta delle cene e dei tributi^ ma che oc- 
cupavasi ad ascoltare ora le strane glose die 
•i facevano ai casti amori di madonna Laura, 
•ora i pesanti oomoati % spiegazi<mì di qual- 
che Padre alle epere ardiitettontche di Tt- 
tfiuvio. Io, per vero 4ire, poco credono poco 



w 



3^8 I.ETTIRK PRCKBSSf 

caro che i Padri gittassero speziai mefite 9 
loro tempo la qnest'nltima officio, il quale, 
•e pure si sarà adempioto, sarà stato cagione 
che ogouDO toraasee più presto a casa sua, 
come accadrebbe aacbe oggidì. 

La yera gloria della famosa Accademia 
coasislera dooqae , siccome io penso, Belle 
allegre cene e nei più allegri tributi , e per 
questi e per quelle sali a così altarinomama 
il Regno ddlaFirià, che ì più distioti ingegni 
d* Europa, allora dimoranti in Roma^ y'ìb- 
terTeniyano; cbe tali erano, ?erbigrazia, on 
Longbena,8pagniiolo, un Gincio, medico fiam- 
mingo, un Filandro francese. ìi clie diremo 
dei nostrali ? Non ri mancarana mai né il 
padre Molza, né il padre Caro , ùb il padre 
Contile y né il padre Flaminio ^ né il padre 
Landò ^ ed era pur del. corteo qualche teolo- 
gene da II* ispida e folta 'barba, come un Froit- 
cesco Bino , va Pietro Paolo Gualtieri ^ un 
Coriolano Martiranb^ tutta gente impiegala 
nelle segreterie papali, o prelati o rescevi di 
gran dottrina. A gara Vano delT'altra i re e 
i vassalli fanno cose notabilissime ^ sono pa- 
role del Caro; e qm é da lamentare . assai, 
grazioeissimo signor Francesco, che lo storico 
di queste co^e notabilissime non ne abbia i«« 



^ 



ID OPERE PUBBLICATE. 3/9 

nuto quel registro che in tempi di più fiaa 
coltura Tenne poi posto in uso colla FortanatA 
invenzione dei protocolli. Che che siasi, io ho 
fatta un fascio delia poca suppellettile tutta- 
ria superstite^ ed è quella che troyerete in 
questo lindo libriccioolo raccolta^ ed à toì 
spezialmente tributata. 

Arduo troppo e forse anche impossibile 
era, a yero dire^ T intraprendimento di far 
sussistere per lungo tempo il Regno della Virtù, 
ed ecco che ora viene, per oy via conseguenza, 
la parte maninconiosa della mia istoria, la 
quale^ simile a quelle che ci coloriscono le 
-vicende delle più. gloriose nazioni, rid acesi 
da sezzo a parlare di rovine e di estermio}. 
I Padri dei reame faceaao meschinelli ogni 
sforzo perche Taccademia non isfumasse al 
tutto, ma già tremavano di veder senza scampo 
le oneste loro combriccole annichilate* In, 
anno Domzm 1 538, scriveva il Caro di Roma 
a' IO di aprile a inesser Bernardino Maffei, 
che fu poi cardinale: // Regno, della Virtù è 
sh andito: e poco dopo al gran re Nasone snò 
SLOììco: Il Regno della Virtù èia declinazione^ 
e la primiera^ se non "si rimette y gli darà 
scaccomatto, £ vero che il sagacissimo cri- 
tico Fier^AntonioSerassì trovò il nostro Gara 



j38o EsmiE FRDfisn 

in menclacio, poiché ia data del 2e di maggia 
dell'aDDO ib4o l' Adunanza fronda ancora, e 
«seguitava ancora la serie de* suoi re^ di ma- 
niera che, mandata Ja «ntimazione afl padre 
Caro a Forb, <ihe dovesse far presentare il 
aolito suo tributo^ rispose^ Scusatemi col Be 
passato^ adorate la maestà del futuro ^ e roc- 
*comandatèmi a tuUi i Padri virtuosi, e sopra 
tutti al padre Molta ed a voi. Ma a fronte 
Ai tutto questo nfana memoria «i trova dal* 
iranno 1 54o in poi.", e certamente in queste 
4orno la Virtù debb* essere sparita per sempre. 
Fatai -motivo deHa distrazione del HegriQ 
della Firtit potrebbe taluno giudicare che fosse 
4tpponto alcuna delle prose recitatevi ,sfaccia- 
tella anzi che no. Io non disapprovo il so- 
6pett04 ma se altri mi chiedesse ragione per* 
tchè io osi queste prose stesse era divulgare, 
tengo in pr-osbo la più gagliarda difesa. Li 
«tampa è propriamente fatta per voi, e per 
alquanti vostri eimili , ne' qnaii io giudico 
smorzata la fiaccola della concupiscenza, e 
toestingu^ile quella della rettitudine « della 
saggezza. Ora se toì altri siete per Y uà canto 
impassibili, e per T altro abbastanza reverendi, 
inopportuno sarebbe un qualche rabbuffo, 
liibri poi Ài questa iatta^ die puionò «U raa- 



i 



Jan' OPSBB VVBBEICATBb S^V 

«idume ^servono afarelielissimo qaalche-istante* 
di un pallialo sepCruscanzio^epoì&enaTanno* 
rassegnali, a diventar pascolo- delle tìgnaote- 
nelle librerie - 

Ma la mìa lettera» è già troppo lunga. Leg» 
gete^ ridete V- e da quel Iago di dottrina in che- 
nuotare^ sprizzino fuori fonti copiosi, i qualt 
irrorino anche in ay.ventre le dolcissime ore- 
A»- noi seguiteremo & spendere- in. compa^ia». 



iMi^afti 



384 ftlTTIKà DI «USim BAimilT 

^ che avete in questi di messo a staiupa^ ts 
^ asaicuranO' ntt pieno diritto aU* italiana rL- 
^ coooscenaa^ Ma inlorna a questo amore- 
^ dulia lingua noi siamo forse un pocoliuo* 
^ diversi d'^opiaionev ^ yorpei pure che foa» 
^ Simo al tutto concordi^ siccomo' seluU ar^ 
^ fif uè columbi direbbe Orasio. Voi mi pa* 
^ relè non- che devoto al tribunale- della Gru*- 
^ sca, ma ligio* e legato sin allo scrupolo f 
^ ed io vorrei pure devosione ed ossequio^ 
^ ma quale ne* lo dimanda Sv Paolo verso la 
^ Fede^ vo'dice^ conforme a ragione. Yoi 
" non oaate aprir bocca soi Decreti di <pielr 
** consesso^, e ve* gli avete- quasi per infalli* 
** bili, ed io nonammeliocotestaìiifallibilitày 
" e mi l'eputOi conceduto di: aprir bocca qua<- 
^ lunque volta la ragione m**&pre gU occhi». 
^ Ma voi vi st^te in iimore non questa ra*- 
" gione si- faccia serva, del pregiudizio ;. ed io» 
temo' allre^' che per la molta paura del) 
pregiudicia* non< si vieti alla ragione di dar 
" Stt. Yoi predicate lo studio- degli antidir, 
^ ed io< vi iàccio' eco ben volentieri, .che sono* 
*^ e saranno: sempre- i padri e i maestri del 
"' bello scrivere; Ma io» vorrei pure una di- 
^ slinsione^ che- ne- tutti di merito sono ugualto 
'*" né tutti, scevxi d' ineleganze e d!erroriy, né* 






À BARTOLOMMEO GAMBA. 385 

<< tatti al par degni che altri yì spenda so- 
*' pra e tempo e fatica. Voi fate graodissimo 
•* conto de lor favellari, e n'avete ben donde; 
^' ma io vorrei che si facesse più. conio delle 
** cose, che molti per ordinario non usano 
'^ fare, giacche nella brevità della umana 
^^ vita e nella varietà delle umane faccende, 
" gli è pur mestieri tenersi al sodo, e gio- 
*^ varsi del tempo e della fatica per lo mi- 
** gliore. I novellieri, a quello che me ne 
'* sembra, vi toccano l'ugola, e certo che sono 
** sparsi di tutte le veneri delfatticismo; ma 
^^ io vorrei che in tanta lautezza di narratori, 
'* o giocondi o furbeschi, noi avessimo un 
^' qualche filosofo , un qualche storico , un 
^^ qualche oratore di più; che ninna speranza 
^^ potrà mai sorgere in Italia d'alti e generosi 
^' concetti fino a che la studiosa gioventù si 
^^ lasci andare perduta dietro a que' novella* 
** tori e a que' rimatori. Voi siete assai te* 
'^ nero delle toscane proprietà, e sapete in* 
^^ gemmarne le vostre carte; ma io bramerei 
^' che la lingua portasse impresso il carattere 
'* di nazione e di patria, non già di muni* 
'^ cipio o di scuola. Fero nelle vostre opinioni, 
'^ quali che siano, voi spiegate un'indole sì 
*^ gentile e benigna, che in questo mi piaco 
Gamba, OpevQ 25 



38G RISPOSTA DI BABTOLOMNEO GAHfil 

*' ]odaryiafTattOyìmitaryieproporyiad esemplo 
'^ altrui. E per venire a conclasione^ io amo 
** di caldo amore la mia lingua perchè amo 
'^ la mia nazione, la mia patria, la mia fa- 
*^ miglia, me stesso. Se voi T amate di questa 
*^ guisa^ com'io mi penso, noi siamo belli • 
V. d^accordo. Addio addio. 

A GIUSEPPE BARBIERI 

BARTOLOMMEO GAMBA. 

£ stata opera di soave ed ingegnosa amici- 
Eia la lettera che yi piacque indirizzarmi so- 
pra r amore della Lingua Ualiana^ e le gen- 
tili cose da voi dette mi corrono al cuore, che 
sarà sempre soddisfacente e carissima quella 
laude la quale derivi da encomiatore di tanta 
alta fama quanto è la vostra. Vi ringrazio 
quanto più so di avermi menate buone le -ra- 
gioni addottevi a fine di non entrare per ora 
in lizza sulle patrie nostre controversie, ma 
voi poi mi toccate un'altra corda, il cui tin- 
tinno m'eccita a prendere a mio malgrado la 
penna in mano per liberarmi dall'accusa di 
una pecca di cui mi credete contaminato. 
Mi piacerebbe che non faceste di pubblica 




k GICSEPfE BARBIERI. 3 87 

IPagione ]a vostra leltera, se la coscienza non 
Rii rimordesse e non mi suggerisse che ciò 
Yolendo, lascerei che una gemma se ne stesse 
racchiusa sotterra; quindi mi limiterò in vece 
a pregarvi di consegnare aìla stampa anche 
questa mia risposta, colla quale intendo dì 
appellarmi dalle vostre sentenze, e di fare 
ampia professione di fede intorno alle cose che 
alla nostra favella si riferiscono. Yoi^ senza 
altro, pronunziate essere io così ligio e legato 
al tribunale della Crusca da non osare di 
aprir hocca sui decreti di quel consesso» E 
d'onde jlraete questo P Dalla mia opericciuola 
sui Testi di Lingua ? Tutt'airopposto, a me 
pare di non avere mostrato povertà di cuore 
in pubblicando quel libro. Io sono slato forse 
il primo a' nostri dì che abbia preso a regi- 
strare in esso, senza licenza degli Accademici 
della Crusca^ come buoni testi di nostra lin- 
gua alcuni scritti delMaffei^del Muratori, dello 
2eno, dei Riccati^ degli Zanotti^ dello Spal- 
lanzani, del Mascheroni; ed ho raccomandato 
che si tengano in conto di veramente classici 
alcuni illustri poeti, come il volgarizzatore di 
Stazio, r Alfièri, lo Spolverini, il Parini, il 
Varano, il Pompei; ed ho suggerite come prose 
i^ consultarsi con frutto quelle del Barelli^ del 



■M 



388 RISPOSTA DI BAaiOLOMMEO GAKBA 

Bianconi^ dei Pasta^ deli' A^ngiolioi, traduttore 
di Gioseffo Ebreo, del MazzucchellL Chi rac- 
comanda qaesta schiera di autori senza at» 
tendere la sentenza del tribunale toscano mi 
pare che non possa meritarsi l'accasa di es* 
sere ad esso ligio e legata. Lo traete forse 
dalle umili scritture che di quand'in quando* 
io azzardo di mettere a Uice P Mi sforzo, è* 
verissimo, di far in modo che riescano pos« 
sibilmente nette e correnti, ma nou mi pare 
di dare mai neirafTettato^ e sono poi ben lon- 
tano dal raggìugnere i modelli del bel par- 
lare, né le tro\ erete al certo ingemmate di 
que' forbitissimi modi mediante i quali il più 
bel fiore si co^ìe. 

Tengo, e me ne compiaccio, in grande cou- 
siderazione il favellare degli antichi, e, per 
quanto sta in me^ procuro di dar nuova vita 
alle loro Prose, e con vera predilezione alle 
Novelle degli scrittori più gai. Ma Taccrescere 
la nazionale dovizia in questo genere di pro- 
duzioni d'ingegno non sarà mai un misfatto 
né meriterà mai riprendimento il sacrificare 
alle veneri deW atticismo y come voi le chia- 
mate. Le carte di que' buoni Vecchi, che sono 
i miei beniamini, non vietano mica la divul- 
gazione di tante altre opere piene di bel sa^ 



1 GItJSEft»! feiRBlE&T. 38g 

•pere, cbe onorano il noslro secolo; solo me- 
-scolandosi ad esse fanno sì che si appicchi 
loro un colai gusto, per cui non solo di bel 
-papere, ma di gentil parlare ancora riescano 
ornate. 

Da buon Italiano, come siete, voi amate 
-cAe la lingua porti impresso il carattere di 
nazione e di patria, e questo è quello che 
^ma poi in fatto ogni discreto uomo, e ch*amo 
io pure, e questo è quell'amore appunto che 
«OD nostra comune soddisfazione vediamo an« 
«dar meltendi> radice, la mercè d' illustri vi* 
\enti^ ì quali dopo o calde o sottili dispute, 
-8Ì ravvicinano ormai ttitti nel fervore di dare 
]>uon colorite alle loro opere, non più soffe* 
rendo di vederle bruttate di oltramontana 
^sconcesis^. Dite inoltre j oVè pur mestieri 
^nettersi al sodo, e lo fate voi stesso, ora an- 
che meglio che per lo passato, del che Iddio 
'vi benedica. Io protesto che sarebbe mia vo- 
lontà di camminare sulle vostre orme^ ma 
|>ur troppo dovrò contentarmi di una sterile 
Tolontà^ poiché poca farina può dare chi n'ha 
il sacco presso che vóto. 

Quel vostro mettersi al sodo mi porta ad 
«ggiugnere a questa mìa professione di fede 
Anche una particolare mia opinione, di cui 



3gO BtSPOSTA 01 BARTOLOHMBO OlMSi 

però non vorrei che taluno rimanesse sean^ 
daleuato. Io penso fra me e me, che forse il 
yero sodo delta lingua italica debbasr yera* 
mente al secenlo, epoca che comunemente sì 
appella barbara e licenziosa, e di più, cbe 
debbasi agli illustri ch^eranò allora sparsi per 
tutte le città italiane. Io acoarezso tanto que- 
sta mia fantasia, da immaginare, che se adesso 
tornasse al mondo un truce Omar, il quale 
volesse far abbruciare tutte le prose italiane 
scritte da Fra Guittone sin al Perticari, e ci 
lasciasse saire soltanto alcune scrittare del- 
l'imbrattato secolo decimoseltimo, troverebbe 
ritalia in queste sole le vere forme e gU 
esempli più acconci di quello scrivere che jòi 
volete e raccomandate. Veniamo a* fatti. 

Ninna cosa dirò intomo a' Dizionar) e alle 
Grammatiche, che sovranamente a quel se- 
colo appartengono, mentre voi sapete meglio 
4i me quanto vagliono i lavori allora fatti da 
Im Pergamini di Fossombrone ( non nominato 
mai nel Vocabolario della Crusca),- dagli Acc»* 
demici Fiorentini, dal toscano Buonunatteij 
dai ferraresi Cinonio e Bartoli, dal romano 
Sforza Pallavicini, e sino da lin Menagio, di 
nazione francese. Ma rammentiamo i modeUi 
e non i precetUtori. £ ditemi un poco: L^ 



1 GIUSEPPE BARBIEBI. 3gt 

gioyentù nostra non potria forse andar con- 
tenta degli esemplari di stile epistolare datici 
nel secento dal Redi^ dal Ben ti voglio, dai 
Magalotti? E questa gioventù^ progredendo 
nel bisogno d* istruirsi, e incominciando dagli 
studi sacri, non troverà, per conto di stile, 
cosa forbita e perfetta nella Versione della 
Bibbia di Giovanni Diodati, e nelle Parafrasi 
dei Salmi e dei Cantici Sacri di Vincenzio 
Capponi? Può essa avere più eccellenti mo- 
delli didascalici nelV Arte istorica del genovese 
Mascardi^ nelle Prose didascaliche del sanese 
Diomede Borghesi, nel Trattato della poesia 
giocosa àeW Aideano sanese, nella Lettura sulla 
Concione di Marfisa di Gregorio Calopres» 
napoletano? L'eloquenza si è nel secento fatta 
maestosa matrona colle orazioni di un Segneri, 
nato a Nettuno poco lungi dal Tevere, colle 
tante opere del facondissimo Daniele Bartoli^ 
con la bella Accademia Tusculana, e qualche 
altra prosa del fiorentino Menzini, La storia 
ba allora dati scrittori veramente illustri, e 
nel nostro padovano Enrico Davila^eìn Fran^ 
Cesco Capecelatro napoletano, e in Giambati^ 
sta Nani veneziano, e nel Bentivoglio^ e nel 
Mascardi Sunnominati; e quella parte dipre* 
2Ìosid9Ìma storia che le geste ci narra degU 



3()'^ m?P08TA DI BARTOtOMMCO GittBA 

uomini insigni è stata pure trattata con eìo* 
quente e forbitissimo stile. Le Vite cW pittori 
greci di Carlo Dati ^quelle degli artisti fioreo- 
tini di Filippo Baldinucci^ quelle de' pittori 
romani del Belloriy la Vita del guerriero An^ 
drea Gantelmo scritta dal napoìet ano LionarJo 
di Capua, quella di Guiduhaìdo da Monte* 
feltro scritta da Bernardino Baldi Urbinate, 
quella del Lemeoe del P. Tommaso Ceva^ 
faranno sempre onore alla nostra penìsola. £ 
Tarte critica, quanto non ingigantì trattata da 
un Tassoni, da un Pescetti e da quel troppo 
prosonluoso Paolo Beni ^ che fu già professore 
in codesta vostra UniTersità P ]Sè prima del 
eecento^ né forse dopo si scrisse in ogni ramo 
di sublime sapere e di arti con più proprietà 
e cbiarezia e sodezza di quello che abbiano 
fatto nelle matematiche, dopo il gran Gali- 
leo, il milanese Cavalieri ^ il faentino Torri- 
celli^ il modenese Montanari , il nizzardo 
Cassini j il fiorentino fivianii ed anche l'i- 
draulica andò fastosa di possedere il bresciano 
Castelli^ e'I bolognese GugUelmini, che det- 
tarono i loro libri con grande perspicuità. Le 
scienze naturali avranno sempre a loro cam- 
pioni nello stile un Bedi e un Bonanni^ e le 
fisiche un Magalotti ed un Bartoli; e frattanto 



*^ 



A GIUSEPPE BARfilEM. SgS 

la mecliciDay delia cui incertezza con grande 
pulitezza di lingua parlò allora Leonardo di 
Capua nel celebre suo Parere^ ci lasciò ad 
esemplari di purezza di dettato ì consulti di 
un Bedi e di un Giuseppe del Papa\ e la 
noiomia i Discorsi di Lorenzo Bellini, Chi ha 
meglio e più acconciamente scritto intorno 
alla musica di Gianiiatista Doni ì e chi intorno 
ad un'arte meccanica^ com'è la yetraria, di 
Antonio Neri^ Tuno e Taltro toscani? Che se 
volete sollevarvi sin alla ragion di stato io 
per ora compirò la mia lista col nominarvi 
Ansaldo Cehà genovese, la cui opera del CiU 
ladino nobile è tanto preziosa per le cose 
quanto per le parole, . 

Toccati questi pochi tasti, voi, dottissimo, 
ben conoscete che non mancherebbe argomento 
da intertenersi molto più a lungo, ma a me 
basta di avere additato quanto può essere 
opportuno a ripararmi alquanto dalle vostre 
punture, e a non rimanermi in rostro con« 
cetto uno stilico ci anciatore,o un pio credente 
e seguace del solo buratto toscano. Poco si 
legge comunemente; eppure merita di essere 
letto, riletto e bene considerato F aureo Trat' 
tato dello siile lasciatoci dal cardinal Sforza 
Pallavicini. Lo citerò qui da ultimo, poiché 



Sgl AlSPOSTi DI BÀRTOL. CAHISA, ECC. 

mi pare che i dettami datici da questo grande 
uomo sieno meglio d'ogni altro fatti per ri- 
conciliare i nostri pareri^ come io sono già i 
nostri cuori, da lungo tempo pieni di yicen* 
devote affetto: Chi scriverà una lingua viva^ 
egli dice al cap. xxit, elegga le forme e le 
voci piuttosto dell'età sua^ che delle sole paS' 
satCy avvenendo nelle parole^ come nelle mo' 
nete: si contemplano le antiche^ si spendono 
le moderne. D'accordo dunque , mio caro 
Amico: predilegiamo quel Prosatore italiano 
che eenz'alcuna afTettasione sa sagrificare alle 
caste e semplici grazie, delle quali ambedu» 
Boi giureremo di yoler essere teneri adoratori* 



AL CHIARISSIMO PROFESSORI 

AGGELO ZENDRINI 

SECRETAR I 6 

bell'i. R. INSTITUTO DI SGlBIfZB E LETTEnB 

jn YANEZlA. 

m 

A.tLE operette di quegritaliani ìllastrì ch'io 
To di quando in quando riconsegnando alla 
luce, soglio conlentarmi di premettere poche 
parole le quali mi facciano largo neiraoimo 
•deMeggitori; ma ora, che si tratta di ristam- 
pare un libro dettato dal sommo maestro della 
facondia, giudico di dover essere un po' più 
Torboso^ e penso di rivolgere il mio discorso 
a Toi, Amico dottissimo, perchè^ siccome tra 
Toi e me molto frequenti sogliono essere i 
soavi familiari colloqui, mi sembra che anche 
-le parole scritte procederanno più spontanee 
e più pronte. 

' Voi ben sapete che il grande Certaldese 
ha scritto la Yita del suo graodissimo pre- 
decessore Dante Alighieri, ma siete meco di 
avviso che per mille volle che si sono lette le 
Novelle di ser Ciappelletto , o di madonna 
Oretta o di madoxma Beritola XM^n 9 è pec 



Km 



396 Viti DI DiStt 

sicuro Ietto una volta sola qaesta stia insigne 
Hopericciuola. Anclie i libri hanno lor buona 
o cattiva stella, e la toccò veramente sciagu* 
rata a questa Fita di Dante, I barbassori delia 
letteratura la spacciarono per d'ceria roman- 
zesca^ gli antiqui menanti la trattarono alla 
peggio nelle loro scritture, né altramente fe- 
cero i vecchi e nuovi impressori nelle loro 
stampe. Veggi amo ora finalmente come andò 
la faccenda, e me fortunato se riesci rò a met- 
terle tale sfoggiata veste in dosso che giudi- 
cata sia dell'autore condegna. 

Dopo Giovanni Villani^ che nella sua Cro* 
naca pochi ma veridici cenni inseri intorno 
airAlighieri da lui personalmente conosciuto, 
la prima Vita che di proposito intorno al me- 
desimo sia stata formata è quella di Giovanni 
Boccaccio, il quale era fanciullo di otto anni 
appena quando Dante cessò di vivere Tanno 
i3ai. Poche e scarse notizie lasciò anche 
Matteo Villani, ma un secolo dopo la morte 
dello stesso Boccaccio scese in campo un per- 
-sonaggio di grand« importanza sì nelle lettere 
come nei pubblici negozi , e questi fu Leonardo 
Bruni Aretino, il quale tornò a scrivere an- 
ch'egii la Vita stessa. Facendo pompa di 
tuaterifili de* quali andavano sprovveduti i suoi 



_- ---^ 



SCRITTA DiAL BOCCA CGia. SqJ 

anlecessori. tacciò sopra tatti il Boccaccio di 
avere composto un opera tutta d^ amore e di 
sospiri^ e dì (cocenti lagrime piena ^ come se^l 
Filacolo o la Fiammetta a scrivere avesse^ e 
come se Vuomo nascesse in questo mondo 
solamente per ritrovarsi in quelle dieci gior^ 
nate amorose ^ nelle quali ^da donne innamo*^ 
rate o da giovani leggiadri raccontate furono 
le Cento Novelle \ e tanto s'infiamma in quel- 
iti parti d* amore ^ che le gravi e sustanzios& 
partì della Vita di Dante lascia indietro & 
trapassai con silenzio , ricordando le cose leg* 
gieri e tacendo le gravi. 

Precipitata questa sentenza, non fuchinoa 
raccogliesse siccome clefiaitiva,e prese poi si 
profonde radici, che vi fecero eco gli scrittori 
de' secoli successivi; e nominerò in primamente 
Mario Filelfò, il Velulello, Giannozzo Ma* 
netti tra gli antichi, e appresso , Scipione 
Maffei, il Tiraboschi, il Pelli, il Ginguené 
Ira i moderni. Ma con buoDa pace di nomi 
81 reverendi basta leggere questa Vita senza 
animo preoccupato per conoscere e giudicare 
del gravissimo loro torto. In un solo e no» 
lungo capìtolo parla il Boccaccio. delP innamo- 
ramento di Dante calla celebre figliuola di 
Folco Poi'tìnari| indi del maritaggio di lui 



398 VITA DT DA5T1 

con Gemma de* Donati, né tu altre storie Ai 
amoreggiamentì leggi in tutta intera la narra- 
sione, né per certo la trovi punto di sospiri 
€ di cocenti lagrime piena. Quanto agli amori 
per Beatrice, 8Ì riferisce Tautore a quello che 
ne scrisse Dante medesimo nel suo libro in^ 
titolato Vita Nuova^ e quasi quasi il ricopia. 
E quanto a Gemma di lui moglie, si contenta 
di osservare, che Dante una volta di lei par* 
titosif mai né dove ella fosse volle venire^ 
né sofftrse che doverli fosse venisse giammai^ 
con tutto che di più figliuoli egli insieme 
con lei fosse parente ; morigerato anche in 
questa sposizione assai piii dell'altro biografo 
di Dante, posteriore a Liouardo Aretino, che 
fu Giannozzo Manetti , il quale ci colorì 
Gemma admodum morosa y ut de Xantippe 
Socratis philosophi coniuge scriptum esse legi- 
musy com'è riportato neiredizione procurataci 
dal MehuSy Florentiae, iy5j. 

Il Certaldese parla della origine della fa- 
miglia degli Alighieri, del nascimento del 
poeta, de' suoi primi studi, delle sjie vicende, 
de' suoi viaggi , del suo duro esilio, della sua 
morte, degli onori rendutigli dal Signore di 
Ravenna suo ospite, delle opere che scrisse, 
e dipigne sino le sue sembianze, la sua sta- 



SCBITTÀ DAL BOCCACCIO. Sg^ 

tura, le sue abitudini, i suoi difetti , né io 
saprei che cosa di meglio ordito possasi Ieg« 
gere in qual si sia vita. Ne a questa possono 
far inciampo alcune imperfezioni. FalKsceegli 
attribuendo per esempioad Attila la distruzione 
dì Firenze e a Carlo Magno la sua riedifica- 
zione; fallisce asserendo che Dante in età pro- 
Tetta yergognayasi di avere scritto la sua Vita 
iVuofa^ di cui all'opposto questi fa gralo ricordo 
nel suo Con m'i ; secondo alcuni fallisce^ e se- 
condo altri no, dicendo che i primi Canti della 
Commedia furono dall'autore scritti prima del 
fetto bando da Firenze, ma dopo erramenti sì 
tenui reggere potrebbe certamente il suo li- 
bro al Taglio della critica odierna; ed a buon 
conto bene vendicata avemmo recentemente 
da Filippo de Romauis la discendenza di 
Sante dalla romana famiglia degli Elisei ^ 
come appunto narrò il nostro autore. Ognuno 
Tedrà piuttosto, come voi pur ben vedrete, 
che a coloro che sentono schifiltà versole più 
Teccfaie scritture, non possono tornar gradite 
uè certe frequenti apostrofi o esclamazioni ^ 
uè certe' digressioni che dall'argomento dis- 
viano; ma i libri si debbono leggere colla 
mente sempre rivolta al secolo in cui furono 
scritti, tenendo i piii antichi in ossequio ti«- 



400 VITA. DI DAICTE 

come prime orditure e primi lineamenti delle 
dottrine; e deesi contentare d'avere largo com- 
penso a qae' riempimenti giudicati superflui, 
o nel calore della sposizione^o nella proprietà 
delle sentenze o nella leggiadria dello stilè. 
V opera poi (dice il cav. Baldelli, il (piale è 
d*avvÌ8o che sia stata scrìtta Tanno i35o, due 
anni innan/à che pubblicato fosse il Decame- 
ron ) nella quale leggesi V apostrofe a Fioren^ 
Uni ^r opera che ne trasmette a tante importanti 
notizie cleir Mighien , ov^ è magislralmente 
dipinto ed eloquentissimamente encomiato da 
un tanto contemporaneo^ è un caro preziosa 
gioiello della letteratura italiana , non men 
glorioso al lodator che al lodato, £ la. sen* 
tenza di questo giudizioso biografo puossi 
eziandio puntellare col sentimento del più 
recente compilatore della storia della nostra 
letteratura, il cavalier Giuseppe Maffei, il 
quale ha or ora pubblicato in Milano in tre 
volumetti tale lavoro, da leggersi eoo grande 
profitto da chiunque voglia senza molta di- 
spendio di tempo venir in cognizione de' pria- 
eipaii nobilitatori delT italiano sapere. Quan- 
tunque in picciol campo, egli il MafFei, abbia 
compreso la storia della vita e delle opere 
deir Alighieri , non yuole tuttavìa fraacarsi 



SCRITTA DAL BOCCACCIO. 4ot 

AsìV inserire qua e colà il dettato originale da 
Giovanni da Gertaldo, siccome il più legittimo 
ed autorevole. 

Tolta dunque, per mio avviso, alla Fita di 
Dante la brutta macchia di non altro essere 
che una JcceriaroTnanze^ca, accompagnatemi 
ora con sofferenza maggiore neiresame del 
testo, tale quale si è sinora offerto a' lettori 
colle pubbliche stampe ^ -cominciando io dal 
darvi di esse un distinto Catalogo. 

1 47 7* In Venezia, per Yindelino da Spira. 
In foglio. 

A questa prima edizione, che contiene là 
Divina Commedia col Commento di Iacopo 
della Lana, falsamente attribuito a Benvenuto 
da Imola, sta in fronte la Vita di Dante, scritta 
dal Boccaccio, e ricopiata come a Dio piace 
da qualche codice. E divisa in xxviii Capitoli 
co* rispettivi loro argomenti. Ha qualche brano 
che non si legge nella posteriore edizione di 
Firenze, 1 576, fuori di che è in generale mal- 
augurato lavoro, e degno di tal editore che 
in calce all'opera insipidamente stampò: 
Christofal Berardi pisaUrense detti 
opera e facto indegno correctore 
per quanto intese di quella i subietti ^ ecc* 
1 554* In Roma, per Frane. Priscianese. In 8* 
Gamha^ Opere a 6 



409 riTA DI DÀHTl 

Ebbe cara di questa edizione Francesco 
Frtsctanese, grammatico fiorentino, il quale, 
trasferitosi a Roma, si fece quiyi conoscere e 
come autore e come editore e come stampa- 
tore. Egli la dedicò a GJoyanni Lodovico Pio, 
a cui scrive : Eccovi la Vita di Dante scritta 
{diamente per Giovan Boccaccio ^ la quale vi 
mando come cosa rara e nuova, e degna ^ se 
io non m'inganno^ d'ogni gran signore, Ser^ì 
questa stampa di primo esemplare al Biscioni 
per IVdizione fattane nel 1723 in Firenze. 
Il Priscianese però non rimase fedele alla 
dizione antica, forse parendo a lui di essere 
da tanto da sapere qua e là ri formarla, simile 
«'suoi contemporanei Porcacchi e Dolce e 
Ruscelli, che correggevano alla loro foggia il 
parlare del Boccaccio e deirAriosto, e met- 
tevano (come scrisse Vincenzo Borgbini allo 
stampatore Iacopo Giunti) in tutte le insalate 
deWerbe loro, 

1576. 1(1 Firenze, per Bartolommeo Ser- 
martelli. In 8. 

Sta unita alla Vita Nuova scritta dall' A li- 
gbieri, ma porta frontispizio, segnature e 
numerazione a parte. I primi compilatori del 
Yocabolario la prescelsero per le loro cita- 
zioni^ e la spogliarono di circa settanta yoci. 



SCRITTA DAL BOGCA<:Cia 4o3 

come scorgesi dall'elenco di cui slam debitori 
alle cure deiregregio cavalier Alvise Moce- 
nigo. Le edizioni fattesi ia Toscana de' nostri 
Classici Italiani sogliono essere in fama e ri- 
cercate, ma gaai se da questa Vita di Dante 
8Ì avesse a prendere norma! Yedremo per 
innanzi ch'essa raccliiude un ammasso di spro- 
positi. 

lyaì. In Napoli, ma colla data di Fi- 
renze. In 8. 

Sta sei volarne iv delle Opere io prosa di 
Giovanni Boccaccio. L'editore Gellenio Zac* 
elori (Lorenzo CiccareHi], che pur solca es- 
sere uomo diligente ed attento, non altro fece 
che. copiare alla cieca l'edizione del Sermar- 
telli, sicché ha conservati gli stessi strafal- 
cioni; per altro con buon conatglio vi aggiunse 
egli quel brano in cui l'autore parla del li- 
bro di Dante j intitolato Monarchia ^ per la 
qual cosa si valse della prima edizione del- 
l'anno i477< 

1 733.InFireQ2ie,per Tartini eFranchi. In4< 

Sta inserita nel libro intitolato: Prose di 
Dante Alighieri e di messer Giovanni Eoe- 
caccio, I nuovi compilatori del Yocabolario 
della Crusca ne fecero largo e copioso spoglio 
avendo notate da oltre 370 vocìi ed esempli* 



4o4 tita di DAim 

DeesI alle care di Anton Maria Biscioni, che 
$ì servi di codici , ed inoltre )a corredò di 
alcune poche illustrazioni. Egli mise in fronte 
a queste uno squarcio dell'edizione di Napoli 
fatta nelKanno medesimo, afBocbè il leggitore 
scorgesse ch'egli ha avuto migliore giudizio e 
pratica e intelligenza nel collazionare le an* 
tiche scritture; e certamente che la sua edi» 
aione riuscì non solo meno erronea, ma pre» 
feribile ad ogni altra precedente e posteriore ; 
tuttavia tu inciampi troppo frequentemente 
nel leggere, sia pel malo appicco d'una let-* 
fera all'altra , sia per essere talvolta cucito 
insieme quel periodo che dee andare disgiunto^ 
sia o per mancamenti, o per introduzione dì 
toci e di maoiere di dire che danno storta 
intelligenza al testo. 

1801. Senz'alcuna data. In &• 

Si esegui questa stampa in Parma coi* ca* 
ratteri dt* fratelli AmoretU^ come ai rileya 
da altre Prose del Boccaccio ivi contempora* 
Acuente impresse. Nient' altro s'è fatto che 
ricopiare materialmente l'edizione di Napoli. 

i8o3.In Milano, dalla tipografia de' Clas* 
sici^ Italiani. In 8. 

Sfa in calce al toI. ir del Decameron, ed 
è materiale ristampa delle pessime edinooi di 



tCBITfl DAL BOCCACCIO. 4oj 

Napoli e di Parma, eccettuate alcune assai 
tenui mutazioni. 

1809. In Milano, ooUipì di Luigi Mussi. 
In foglio. 

Sta in fronte alipedi :2 ione in tre grandi vo- 
lumi in foglio fattasi della Divina Commedia 
in numero di soli 63 esemplari in carta 
Bianca^ 8 in carta cerulea^ e a in carta spe- 
eiale. Questa Vita di Dante, o, per meglio dire^ 
questo Compendio, venne tolto da un codice 
scritto Fanno 14^7, posseduto in prima dal- 
r illustre pittore milanese Giuseppe Bossi, ed 
ora dalPegreglo cavaiier Giovanni Giacomo 
Trivulzio: codice per certo ragguardevolissimo 
quando interamente corrisponda ad essa stampa, 
la quale molto differisce da ogni altro testo 
che potè' sin ora servir di esemplare a tutte 
le antiche e moderne edizioni. Sembra essere 
•tata intenzione dello scrittore di dare nuova 
forma alFoperetta del Boccaccio, ora ritenendo 
fedelmente la medesima dettatura e gli stessi 
paragrafi, ora abbreviando la narrazione, ora 
mutandola. Egli ne risecò le frequenti escla- 
masioni, e fra queste la lunga apostrofe, o 
sia rimprovero fatto a' Fiorentini^ sostituendovi 
le parole seguenti: Sogliono gli od/ nella morte 
óegli odiati Jinirsi^ il che nel trapassamento 



4o6 TiTA m dautb 

di Dante non si trovb avvenire. Vostimtta 
malivolenza de^ suoi cittctdini nella sita rigt" 
dezza sfette ferma; niuna compassione ne mo^ 
strò alcuno \ niuna pubblica lacrima gli fu 
conceduta y né alcuno uffizio funebre fatto, 
Nella guai pertinacia assai manifestamente 
si dimostrò- i Fiorentini tanto essere dal co* 
noscimento della scienza remoti^ che fra loro 
niuna distinzione fusse da uno vilissimo cai* 
zolaio ad uno solenne poeta. Ma essi colla 
superbia rimangansiy e noi^ avendo gli af- 
fanni dimostrati di Dante ed il suo fine^ 
alle altre cose che di lui ^oltre alle cose dette^ 
dire si possono^ ci volgiamo. Niuna cosa es- 
senziale in riguardo alla storia sta in questo 
scritto che nella comune lezione non sìa com- 
presa, e 't compilatore sembrami che rìescito 
sia nel suo intento di porgere una lettura più 
concisa ed egualmente ordinata, e che, tolto 
Tia il corredo de'rettorici ornamenti, serbato 
abbia nelle parti ogni evidenza e nello stile 
ogni purità ed eleganza. Dopo tutto ciò^qae^ 
sta non è punto Topera tale quale usci daUa 
penna del Certaldese, e sarebbe ben difficile 
il proyare, come alcuno vwrebbe, che daK 
r autore medesimo fosse stata rifatta. 

1822. In PadoTdj dalla Tipografia deUa 
MinexVa. In i 



J 



SCBItTÀ BÀI Boccicelo. ^OJ 

È compresa nel Tolumey che succede alla 
DÌTÌna Gommedia, e eh' è intitolato ]a Bio- 
grafia di Dante Alighieri. Fedele ristampa 
del Compendio impresso per la prima yolta 
in Milano Tanno 1 809. 

1833. In Milano^ per Giovanni Silyestrì^ 
in 8 piccolo. 

Ristampa in cui s'è adottata la peggiore 
delle lezioni, come erasi già fatto in Parma 
nell'anno 1801, ed in Milano nell'anno i8o3. 

Da questo particolareggiato Catalogo Yoi 
apprenderete, che l'edizione dell'intera Fifa 
del Dante meno sbalestrata delle altre si èia 
fiorentina dell'anno ijaS; e certamente ch'io 
r ho consultata con mio maggiore profitto , 
non senza però averne ritratto eziandio nei 
dubbj casi, dalia prima dell'anno 1477, dalla 
romana dell'anno 1544) dalla fiorentina del- 
l'anno 1576,6 dalia milanese ancora dell'anno 
1809, quantunque altro non sia che un Com- 
pendio. Ma deboli sussi Jj sarebbero stati tutti 
questi se non avessi potuto precipuamente far 
uso di due antichi Codici che sono esistenti 
nella I. R. Biblioteca Marciana. 

Uno di tali Codici è membranaceo, scrìtto 
con assai leggiadro carattere^ e porta la se* 
gxtente sottoscrizione: scripto per mano dì me 



4o8 TITI BI DiHTE 

Paolo di Duccio tosi di Pisa* Negli anj Jnt 
Mccccxz. Adi xiiii di aprile. Era posseduto 
dal cavalier Antonfrancesco Marmile passato 
poi nella librerìa Nani in Venezia. Nella Mar- 
ciana è numerato zxxyi, Classe xi tra gV Ita* 
ìiani. 

L'altro Codice è cartaceo, e mostra di ap» 
partenere ad epoca alquanto più antica, ed 
offre a quando a quando una lezione più del* 
Taltra evidente. Non ha alcuna data: esisteva 
nella libreria Farsetti, trovandosi ricordato 
nel Catalogo di essa, eh' è a stampa. Nella 
Marciana è numerato xii^ Classe x tra gli 
Italiani. 

Porto fiducia di non avere smarrito la bus- 
8ola confrontando codici ed edizioni. Auche t 
codici Marciani hanno però lor buona dose 
di magagne, sicché certamente laido lavoro 
farebbe chi pubblicarli volesse con servile 
scrupolosità. Gli antichi copisti poco meglio 
in generale valevano di qualche antico omo- 
derno impressore, ed egli è d'uopo convin- 
cersi che non v'ha che la critica, il buon giu- 
dizio, il buon tatto, ed i confronti pazienti 
che condur possano Teditore di un antico te- 
sto a purgarlo delle brutture di cui lo mac- 
chiarono o la barbarie de' tempi o la Imperi- 



li 'm 



SCRITTA DAL BOCCACCIO. J^OQ 

ftia degli uomini ; e chi non procede con animo 
attento e avveduto arrischia d'imitare le mo- 
nche, che tanto posansi sui manicaretti qnanto 
Bulle sozzure. Perchè meglio tocchiate eoa 
mano di quanta immondizie andasse imbrat* 
tata la povera Fila di Dante io fo concetto 
di segnare adesso alcune cose, tenendo a con- 
fronto la stampa più recente fatta in Milano 
(ricavata, come si disse, da quella di Parma 
i8oi^ e di Milano i8o3) e indicando le pa- 
gine della mia presente edizione. 

Scrisse dunque il nostro messer Giovanni: 
che noi meschini uomini^ e bassa turba^ siamo 
trasportali dal fiotto della fortuna^ ma tu 
leggi che da più bassa turba ^ siamo trasporr 
tati dal fiocco della fortuna. Scrisse che la 
gioyinetta Beatrice era leggiadra e bella se- 
condo la sua fanciullezza^ e leggi, che lo era 
secondo Vusanza fanciullesca. Scrisse che 
Dante rimaneva vinto dalla dolcezza deivano 
favore popolesco e dalle persuasioni de* mag» 
giori^ e tu leggi che Io era dal vano valore 
popolaresco^ et ancora per Tosservazione dei 
maggiori. Scrisse che iscrizioni in onore di 
Sante comecché in sepoltura non sieno con 
parole y sieno petpetue conservatrici della co» 
lui memoria ^ e leggi in ycce questo guazza- 



•^•*. 



4to TitA DI mirti 

baglio: comechè in sepoltura corporale non 
sieno, ma sieno perpetua conservatrice della 
cui memoria. Stesser GioTaoni, dopo Byeré 
narrata la morte di Dante in Rayenna , ri* 
Tolto alla sua Firenze, le dice, che se'l cao* 
ciò yìa yWo ^desideri almeno di riaverlo morto ^ 
ma in vece leggi: considera almeno averlo 
morto. Scrive in altro luogo, non essere lo 
iconce favole mai a niuna verità consonanti^ 
e leggi: siccome favole^ mai a niuna verità 
convenirsi. Scrive: la esplicazione della Di' 
vina Scrittura appellarsi da noi Teologia^ e 
leggi, che la Divina Scrittura appellasi Teo^ 
loffia. Scrive: tra gli altri meriti stabiliti da 
loro^ ecc. ^ fu questo il precipuo^ e leggi ia 
vece: tra gli altri beni stabiliti tra loro ^ eco,, 
fu questo il principio. 

A questo caos di scomposte e lacerate idee, 
delle quali non ho voluto dare che nu teira» 
saggio, possono a centinaia aggiungersi altre 
ribalderie; In luogo di stampare marmorea 
statua sta impresso monarca statua. J ricchi 
stolti.,., i ricchi sciolti. Il morto Ettore.,,, il 
magnifico Ettore. Vonore della laurea,... U 
nome della laurea. Era dotato ... era dotto. 
Me sovente,... me scrivente. Per le cose non 
convenevoli,,,, per le cose notevoli. Con curva 



SCRITTA DAL BOCCACCIO. /^l t 

fronte,.,» con calva fronte, Feba è fautóre dei 
poeti, e tu impari che Febo è il fattore dei 
poeti, NoQ aggiungo di più per non istancare 
ia mìa e la pazienza vostra. Che se pur yoi 
Toleste tentare con dito più premente le pia- 
ghe della povera Vita di Dante, io temo che 
la riputereste quasi insanabile, mentre souo 
anche a furia i periodi mozzi e scounesei, e 
la punteggiatura poi è tanto di sensata, che 
leggendo ti pare di udire questi nostri vene- 
ziani gridatori di Bandi e Sentenze, i quali 
sogliono cominciare dal ffova e distinta ^ e 
dopo una pausa seguitano relazion che ghe 
descrive el barbaro^ e dopo altra pausa più 
lunghetta viene: caso successo^ ecc. Valgane 
un esempio solo, che sta in tutte le edizioni, 
ed è tolto dal primo periodo dell* insigne rim- 
provero fatto dal Boccaccio a* suoi Fiorentini 
i quali lasciarono morir esule T Alighieri: 
Oh ingrata patria, qual demenza^ qual tra»- 
scuraggine ti tenea^ quando il tuo carissimo 
cittadino mettesti in fuga, e poscia tenuta 
i*ha! Se forse per la comunfuga del tempo 
mal consigliato^ ti scusi, che ^ tornata ^ cessate 
rircj la tranquillità delV animo ^ e pentutaii 
tu non revocasti!^ Ora, aiutati dal Codice 
farsetti I veggasi com'ò U nuoya lexioae: Oh 



4ia Tiri DI DÀHTB 

ingraia patria ^ quale demenza ^ guai trascn^ 
raggine ti tenea^ quando il tuo carissimo di' 
tadino mettesti in fuga? poscia se^ tenuta 
forse per la comune furia del tempo , m,al 
consigliata ti scusi ^ perchè^ tornata {cessate 
le ire) la tranquillità dell'animo^ e pentutati 
del fatto ^ noi revocasti? 

Ma egli Don è tanto difficile lo scoprire le 
assardità in altrui^ quanto è difHuile meritarsi 
la bellissima lode di avere ridotto Tantico te- 
sto di un classico autore alla sua perfetta le- 
sione. Yoi^ che siete assai gentile persona, 
inclinerete a credere che io possa aspirare a 
questo Vanto^ ma debbo confessarvi aperto, 
che a fronte delle non piccole mie cure non 
ispero punto di aver ancor raggiunta la meta- 
Perche la Fita di Dante potesse leggersi in 
tutta la sua purità e bellezza, quale j^roba- 
bilmente usci dalla penna dell'immortale suo 
autore, sarebbero tuttavia necessari gli esami, 
che a me non è stato concesso di poter fare, 
de* codici che stanno sparsi nelle pubbliche e 
private librerie^ e de* quali il solo Mazzuccbelli 
ricordò un numero non ristretto; sarebbe ne- 
cessaria Tautorità di uomini peritissimi nella 
faccenda della lingua, ì quali colla face della 
critica e del buon senso , levando tavolta o 



8GBITTÀ DAI BOCCACCIO. /^lì 

aggìaageDdo una sola sillaba o particella, 
sappiano rassettare una lenone senza offen- 
dere le ragioni della grammatica e deirintel* 
letto; necessaria in somma sarebbe qaella fa- 
rina da cialde che non può estraersi dal mio 
buratto. Io andrò contento che mi scabbia 
buon grado del meglio che ho tentato di ot- 
tenere « e voi permetterete che prima di dar 
termine a questa mia lettera v'inviti ad ac- 
compagnarmi in un' ultima disamina , eh' è 
però di tale natura da farsi per me trepidando. 

Trattasi di prendere in isquittino alquante 
Toci registrate nel grande Codice della nostra 
favella sopra esempli tolti dai testi impressi 
della Fiia di Dante. Di questi esempli ne 
contiene il Vocabolario della Crusca da oltre 
3 OD, e dobbiamo saper grado a' compilatori 
dello stesso di messe tanto copiosa, che le 
scritture di uno de* tre primi padri dell' ita- 
liano dottrinamento non potranno mai essere 
né citate, né studiate abbastanza. Tuttavia non 
potrebbe egli darsi che i valenti uomini non 
avessero alcuna volta peccato più per eccesso 
che per difetto ? E razzolando di nuovo sa 
questo testo non potrebbe anche esservi qual- 
che cosa da riseccare? Tediamolo. 

Nel Vocabolario, alla voce agumenMQ 1} 



'4i4 ▼iv^ ^^ DAHTE 

aggiogne runico esempio seguente. La quale 
(città) in processo di tempo agumentata^ e 
di popolo^ e di chiari uomini piena, G. 9. 

Dopo la detta voce regiatrasi agumentarCy 
agumentativo seoza esempio alcuno^ e agu- 
mento eoo 4inico esempio tolto da^ saggi di 
Naturali Esperienze* Il Boccaccio nella sua 
Fiammetta, e in questa stessa sua Vita di 
Dante ^ scrisse ogni volta, o augumentato 
aumentato y e così poi TArioiito e 1 Guicciar- 
dini; e Be'! verbo auguuientareyCÌièYaugere 
de Latini, bene si ravvicina alV aumentare 
tempre rimasto in uso per accrescere o ag- 
grandire^ non resta egli a sospettare che siensi 
registrati agumentare , agumentativo , agu- 
mentato sulla sola autorità di un codice di« 
fettuoso? Anche nel Godice Nani leggesi au- 
gumentato, Nel Codice Farsetti leggeri poi 
amentata^ ma sarebbe sine grano salis chi 
non prendesse quest'ultimo per peggiore spro- 
po8Ìto« 

Escidio. Volle nelle lamentazioni ^ Gere- 
mia lo escidio futuro di Gerusalm dichia- 
rare, C. 68. 

Anche nel Codice Farsetti leggesi escidio 
La voce più usitata, e di cui s' hanno esem- 
pli nella Fiammetta^ in Matteo Villani, ed 



SCRITTA DAI Boccicelo. 4^^ 

in «Uri è eccidio. Nelle Giunte fatte dal Ce* 
sari al Vocabolario si notarono altresì esceU 
lenza ^ escèttOy escelso, escitare ^ e come se 
queste non bastassero^ nelle Giunte al Yoca* 
bolario^ edizione di Bologna, si registrarono 
escedere, escellentemente , escellentissimo ^ qì- 
tando per autorità Frate Cavalca, Frate Gior- 
dano^ Frate Passayanti, rAlamanni ed altri. 
Ne^esti a penna de* più antichi scrittori leg- 
gesi talvolta anche excidioy excellenzia, ecc., 
Toci delle quali non si è fatto alcun registro. 
XFna differenza di ortografia appoggiala sa 
mutabili esempli non so quale ricchezza ag- 
giunger possa al codice della favella , ed a me 
pare che volendo pur registrate le voci sud- 
dette, bastato sarebbe rimandare il lettore alle 
loro corrispondenti eccidio , eccellenza , ce* 
eetiOy eccelso, eccitare^ eccedere, eccellente- 
mente^ eccellentissimo, tanto più che sarebbe 
tenuto per goffo chi oggidì scrivesse aitra.- 
mente. Non è da scordarsi mai che i vecchi 
popisti ritorcevano con arbitrio le parole 
Terso €[uegV idiotismi a quali erano più as- 
"tueffati gli orecchi loro (Annoi, al yo<*^bo* 
lario. Modena, i8ao, P. i, e yS). 

Tritare, lo lascio il tritata con più par- 
iicolari esposizioni queste cose, ecp, C. 70. 



4i6 TITÀ DI DARTI 

Questo trUare sta nella stampa di Firenze,' 
1723, e potrebbe reggere per sminuzzare^ 
ma si in tutte la altre edizioni che nel Co- 
dice Farsetti si legge trattare^ yoce che con- 
facendosi meglio al ragionamento è da prefe- 
rirsi, giacché non conviene cercar de^ fichi in 
vetta, potendogli aggiugnere dal pedale^ dice 
nn proverbio delle forosette toscane. 

Vigere, irt un arca lapidea^ nella quale 
ancor vige^ il fece riporre. C. l\^* 

Notarono gli Accademici, dopo avere rife- 
rito il suddetto esempio^ che l'edizione ijaS 
ha giace y ed io aggiungo che così hanno pure 
ambedue i codici della Marciana. Perchè dun- 
que conservare quel w^e,cioè verdeggia ^ osi 
mantien vigoroso, parlando di uomo che sta 
in sepoltura? Anche un senso allegorico riu- 
scirebbe stiracchiato in questo luogo; quindi 
sembra più ovvio credere il vige^ per giace^ 
parto deirasineria di un menante, e basti la- 
sciare il vige al verso del Paradiso di Dante, 
O donna y in cui la mia speranza nge^ che 
qua si che bene ci calza. 

Le voci arrogava in luogo di derogava^ e 
lasciva in luogo di /a^ctVia sono state già scar- 
dassate dal cavàlìer Monti nella sua Proposto, 
ed io potrei fargli colonna, se bisogno fosse. 



8CBITTA DAL BOO€ACCIO. 4> 7 

coirautorkà dei codici Marciani; come pare 
con quesU raddrizzerei il rimanente del passo 
cli*e880 Monti riporta, scrivendo egli: niuna 
guerra pubblica si prendeva. Non so come 
una guerra si prenda. Leggi : niuna guerra 
pubblica 5' imprendeva. 

Avverto in fine che nel mio testo non si 
trovano le seguenti voci ricordate nel Yoca- 
bolario con esempli, cioè fluttuoso^ funebre 
letto ^ soprastato ^spirazione^vilumettQ. Ouna 
migliore lezione, o maggior numero di esem* 
pii mi hanno fatto scrivere in vece, fortU' 
nosOy cataletto^ sopra se stato, disperazione^ 
volumetto. Ho poi sempre, in luogo di al, di 
sanza^ di demenzia^ di essempioy od altre 
simili, scritto e, o ed, senza y demenza j 
esempio^ ecc. 

Ed eccomi venuto a capo di esporvi tatto 
quello che occorreva a difesa del Certaldese 
e del mio lavoro. Confido di potermi avere 
resa alquanto grata e serena la grande ombra 
del primo, e di non essermi demeritato il fa- 
Tore di chiunque, prestando venerazione alle 
scritture degli antichi maestri, ama di poterle 
leggere nette di quel fango di cui si trovavano 
impiastricciate. Ad ottenere tanta mondessa 
ti procede oggidì con insolita effervescenza, 

Camba^ Opere 37 



w 



4t8 TITA BI DlHTS, tCe. 

e a questa dovranno le buone lettere una più 
fiorita fortuna; sicché rendiamo grazie a quei 
cortesi ingegni che se ne occupano incessan- 
temente. Hendiamo grazie ad un Fiacchi, ad 
un JZannoni in Firenze, ad un Morali, ad un 
Gherardini in Milano, ad uu Colombo in 
Parma, ad un Parenti in Modena, ad un 
Biondi in Roma, ad un Muzzi in Bcdogna, 
ad un Taverna in Brescia, ad un Cesari, ad 
un Zanottì in Verona, ad uu Marsand in 
Padova, ad un Yiviani in Udine, ad ognuno 
de* quali andiamo adesso debitori delle Dieci 
Giornate, della Divina Commedia, delle Rime 
per Laura, del Furioso, della Liberata, delle 
Lettere di Torquato, delle Prose del Casa, 
e di altre importanti setitture di aurea det- 
tatura, ridotte mercè di loro a quasi perfetta 
lezione. 

' Mantenetemi costantemente salda dal canto 
vostro la dilezione e la cortesia delPanimo, 
che io vi corrisponderò sempre con lealtà e 
con ossequio 

Fenezia^ il di 'jo maggio^ 182 5. 



Vostro «incero estimatore ed amico. 




i^V 



AL SIGNOR 

GIO. BETTINO ROSELLI 

IK VIGENZJL. 

Inserita nella Raccolta in lode dei Cani, in* 
titolata i Cinofili del Bacchiglione, Prose • 
Rime. Venezia 1826 m 8, Tipografia AU 
visopoli, 

&£ io vi mandassi, mio ottimo signor Bo- 
selli, qualche Canzone, come desiderale, da 
metter in luce nella Raccolta che andate me- 
ditando, TÌ avreste rime da far spiritare i 
Cani; e Yoi, che braccheggiate all'opposto 
chi li celebri e metta a cielo, vi trovereste 
nelle vostre aspettative deluso. Siccome però 
per una brusca risposta eh* io dessi a' vostri 
inviti, non vorrei che m'aveste a guardare in 
cagnesco, contentatevi che vi narri almeno a 
vostro . conforto, d'esser anch'io stato un tempo 
aflèzionato, e in grande cruccio per una bella 
Cagnuola. Uditene la storia, che sarà corta 
corta, ma vera verissima. 

La buon'anima di Bernardo Silvetli di Te- 
rona, che fu mio compagno in pellegrinar» 



4^0 T.KITVRA 

per tatù la Italia e la Sicilia l'anno 1801 , mi 
maodò in dono nel 180 a una cagnuolina^ 
prole d'un suo superbo bracco levriere^ e 
di una cagnaccia di ra/za danese. Nata in 
riva airamenissimo Adige^ e regalata da un 
amico che mi era arcicarissimo, mi presagiva 
il cuore ch'essa avesse a riuscire un portento; 
e m*accinsi a secondar del mio meglio certe 
felici tendenze (h'io andava scorgendo nel- 
l'ancor tenera bestiuola. Crebbe a buon conto 
di tanta bel lezza , che poteasi senz'iperbole giudi- 
care la Venere delle cagne. Corpo alto e snello^ 
gambe diritte^ asciutte e sottili^ snrto il collo, 
lunghetto il muso, larghe nari, candidi denti, 
un pajo d'occhi cilestri, pelo corto, lucido e 
nero. Portava gli orecchi con non so quril 
vezzo suo proprio, e la sua coda solea essere 
tanto ufficiosa che pareva instrutta del Ga* 
lateo. Mai che rignasse , mai che latrasse, 
guardi il cìcflo che mai mordesse. La Furia 
( quest'era il suo nome ) un presidio e un 
conforto era divenuta tra le dimestiche mie 
pareti. Yeniano visite? Sapea con sue moine 
far discorrere di sé medesima , e frattanto 
non si mormorava del prossimo. Erano ì 
miei bimbi rissosi? La Furia si accovac- 
ciava fra a loro, ninna insolenxa irritavala. 



À 610. BBTTfirO Bosnti. 4^1 

ninna rciglia moslrara mai d'addentare i loro 
camangiaretti. Acatìssima era poi nella co^ 
noscenza delle persone. Se ai trattaya di miei 
particolari amici ^ entrati appena neiruscia 
della mìa casa, essa rizsayaai in su due zampe, 
il che bastava per raggiugnere i loro yolti, 
che confortava d'un bacio; se di quella gente 
che, oh Dio, simile alFellere s'attacca e s'ag* 
gatigna, ne tu puoi mai sbarbicartela d' in* 
torno, la Furia ad un mio ammiccare sapea 
con feroce borbottio congedarla; e se di uo* 
mìni o furfantoni o tapini , col pronto suo 
guai re interrotto sapea avvertir la padrona 
a starsene bene in guardia. Io credo in somma, 
che dalia prescienza della nascita della mìa 
Furia venuto sia il detto del saper addiriz- 
sare le gambe ai cani, il che vale Io stesso 
che tentar Pimpossibile. Visse sempre celibe, 
che parea disdegnosa di prodigare favori a 
tutte le altre stirpi, le quali non potessero 
adeguarla in leggiadria; e fu sempre mia fida 
ed esultante compagna ne' vespertini passeggi. 
Ma, ahimè, che questi appunto accelerarono 
la funesta sua fine. Uditela. Abbenchè so- 
lesse per sua natura mostrare la compostezza 
e'I decoro d'una regipa, tuttavia una qual- 
che volta plebejamente abbassavasi a gino* 



••• 



ff2^ tttfVRk 

-choToIi passatempi colle soe bestie sorelle^ 
Parre mo* a costoro, che gli scherzi i pia 
ingenai ooa altro si fossero che prepotenze 
«ed insulti, e niente mena fecera che congio- 
rar» al sua fatale esterminio-. Le passioni 
una rotta aiuate negli animi vigliacchi tra- 
•acinano a sanguinosi sfoghi d'odto e di ven^ 
detta, e di fatto,, avverandosi par trc^po il 
proverbio che la rabbia è tra i cani, s*è ben 
presto formato il più orrenda ammat inamente, 
e cagnacci* , cagnaole , cagnotti , cagnuolini 
trovarono il loro infame Broto, il loro .Ra- 
vaillac, che trucidò' da cane senza fede il più 
bel germoglio che avesse ni^ai la canina razza 
prodotto» Ricordami sempre del funesto dì 
i6 settembre, 1808, in cui, prima d^ irsene a 
babboriveggoli, la povera Furia girò verso di 
me per Tultima voka i moribondi suoi lumi, 
e molte e molte cose volle signi&;armi con 
Testremo suo addio. Ho onoralo del meglio 
che mi seppi le sue misere spoglie d'una 
bestia,. 

0ie dijamula già, rT amica et socia 
Serviami ohsequiosa et impunctahiìe 
iVè delinquendo unqua mi fece irascere; 

e serbo tuttavia con onore. il suo bel .mantello 



>^ 



tmmmt 



A GIO. BITTTNO ROSELLI. 4^3 

cero, bene acconckto e guérnito di riccbe 
frange. 

Se volete mettere questa Narrazione, di 
tragico fine snella vostra poetica Raccolta, fa- 
telo pure, mio colendissimo signor Roselli^ 
che non sarà poi 4in gran male se si legge* 
ranno in prosa le geste della mia cagnuola 
ora che leggonsi tutto di a gran buon mercato 
e vite, e epicedj tributati le tante volte a in-- 
setti meechini dell'umana ra/,za. 

Venezia^ io luglio^ 182J6. 



]1 vostro amico vero. 



I 



7ifi«. 



INDICE 



T 

3 

65 

io3 



Avviso del Tipografo. P^g- 

Narrazione de Bassantsi illus^L *% 

Notizie intorno alle Opere ili Feo Belcari. >* 
Discorsoper le Scuole elementari ii Bassano^y% 
Elogio junebre di Giuseppe Remondini, >• 
Narrazione su la Vita e gli Studj di Gi^ 

rolamo jiscanio Molin* »• i55 

Discorso delle Lodi di Luigi Cornar o, » 1^5 
Cenni intorno alla vita di Costanzo Taverna, t* 2o3 
yita in compendio di Giojxmni Boccaccio» m 227 
Le principali Gesta di D. Chisciotte descritte,»* s3g 
Discorso intorno al Fior di JRettorica di 

fra Guidotto. m 1275 

Discorso sui Reali di Francia, e la Storia 

ili Buovo étAntona* >* 5oi 

Ritratti di Dodici illustri donne Veneziane, >• 3o9 

I.£TTSBS PRSMKSSE AD OPEBF PUBBLICATJB 

A Francesco Reina per Novelle Doni» *• 339 
Al marchese Gio. Giacomo Trivubdo per 

Novelle SercamhL » 54^ 

Ad Antonio Marsand per la Vita sobria 

iS. Luigi Cornaro» » 

Ad Edmondo Davenpori per le Poesie del 

dialetto Veneziano» f^ 

A Filippo Scolari intorno all'edizione ma' 

ghijìca del Petrarca fatta in Padova. « 371 
A Francesco Negri su te dicerie di Annibal 

Caro. ** 374 

A Giuseppe Barbieri sulle opinioni intorno 

alla nostra lingua. *« 38? 

Ad Angelo Zendrini su la Vita di Dante 

scritta dal Boccaccio. *• 5g^ 

A G. Bettino Rosellijstoria di una cagnuda.^ 4 19 



349 
363 






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