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Full text of "Annali dell'Islam"

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ANNALI   DELL'ISLAM 


Annali  dell'Islam 


Olà  pubblicati: 

Volume       I.  -  Introduzione.  -  Anni  1.-6.  H.  (Milano,  1905,  xvi-740). 
Volume      II,  -  r(jino  I.  -  7.-11.  a.  H.  (Milano,  1907,  Lxxviii-719,  con  sette  illustra- 
zioni e  quattro  carte  topografiche). 

Tomo  IL  12.  a.  H.  e  Indice  alfabetico  dei  volumi  I  e  II  (Milano,  1907, 
pao.  72  II 567,  con  tre  carte  geografiche,  due  piante  e  parecchie 
illustrazioni). 

Volume     HI.  -  13.-17.  a.  H.  (Milano,  19 io,  LXXXiii-973,  con  nove  carte  geografiche 

e  molte  illustrazioni). 

Volume    IV.  -  18.-22.  a.  H.  (Milano,   191 1,  xxxv-701,  con  due  carte  geografiche, 
due  piante  e  molte  illustrazioni). 


In  corso  di  stampa: 

Volume     V.  -  23.  a.  H.  -  Volume  di  circa  500  pagine,  con  carte  geografiche  e  molte 
illustrazioni,  e  Indice  alfabetico  dei  volumi  III,  IV  e  V. 


In  preparazione: 

Volume    VI.  -  24.-32.  a.  H. 

Volume  VII.  -  33.-35.  a.  H.  e  Indice  dei  volumi  VI  e  VII. 

Volume  Vni.  -  36.-40.  a.  H.  e  Indice. 


Gli  altri  volumi,  il  cui  numero  non  si  può  da  ora  stabilire, 
usciranno  in  seguito  con  la  massima  sollecitudine  possibile. 


ANNALI  DELL'  ISLAM 


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COMPILATI 


DA 


LEONE   CAETANI 

PRINCIPE   DI   TEANO 
DEPUTATO   AL    PARLAMENTO 


VOLUME   IV. 

Dell'anno  18.  al  22.  H. 
Con    quattro    carte  geografiche    e    molte    illustrazioni 


ULRICO  HOEPLI 

EDITORE-LIBRAIO    DELLA    REAL    CASA 
MILANO 

1911 


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Roma,  1911  —  Tipografia  dell'Unione  Editrice. 


Edizione  di  300  Esemplari  numerati. 


91 260 


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VZl 


ALL'INSIGNE    STORICO 
ED  ARABISTA 

HENRI    LAMMENS 

OMAGGIO 
DI  AMMIRAZIONE  E  RICONOSCENZA 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI  E  CARTE 


Tiberiade Tra  le  pagg.  16-17 

Carta  della  Siria  e  della  Mesopotamia 32-33 

Tomba,  di  San  Giovanni  Battista .  66-57 

Carta  del  Basso  Egitto 104-106 

Rovine  di  Cesarea 152-163 

Rovine  di  'Asqalàn 160-161 

Due  vedute  delle  colline  a  oriente  della  fortezza  di  Babilonia    .  168-169 

Panorama  di  tutta  la  fortezza  di  Babilonia 184-186 

Porta  e  torrioni  meridionali  della  fortezza  di  Babilonia.     .     .     .  224-226 

Mura  di  Babilonia  presso  la  Mu'allaqah 240-241 

Mura  occidentaK  della  fortezza  di  Babilonia 256-267 

Fortezza  romana  di  Babilonia  (Bàb  al-Yùn)  —  (Qasr  al-Sam')     .  272-273 

Gerusalemme  :  la  moschea  al-Masgid  al-Aqsa 504-506 

La  moschea  sulle  rovine  del  tempio  di  Gerusalemme     ....  612-513 

La  moschea  di  'Amr  in  al-Fustàt 560-561 

al-Fustàt  ai  tempi  della  sua  fondazione  nel  21.  H 568-669 

Interno  della  moschea  di  Damasco 576-577 


IX. 


INDICE    ANALITICO 


DELLA   MATERIA    CONTENUTA 


NEL  QUARTO  VOLUME 


18.  a.  H. 

(12  gennaio  639 — 1°  gennaio  640!. 

Tabella  cronologica  comparativa  musulmano-gregoriana  dell'annata,  p.  2. 

IRAQ-PERSIA.  -  Conquista  del  Khuzistàn  —  §§  1-2,  seguita,  secondo  al-Dzahabi,  in  quest'anno,  per 
opera  di  abii  Musa  al-As'ari  e  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  e  loro  luogotenenti,  p.  3. 

IRAQ.  -  Trasformazione  edilizia  di  al-Kufah  —  §  3.  che  fu  ricostruita  con  mattoni  cotti  al  sole,  p.  3-4. 

ARABIA-SIRIA.  -  La  carestia  e  la  peste  dell'anno  18.  H. —  §  4.  Convien  distinguere  due  fatti:  la 
carestia  prodjotta  da  una  prolungata  siccità  in  Arabia  ed  in  Siria;  e  la  peste,  che  scoppiò  tra  i 
Cristiani  di  Palestina  ('Amawàs),  e  da  questi  si  comunicò  agl'invasori,  p.  4-5.  —  §  5.  Anacro- 
nismo delle  tradizioni  sulle  vettovaglie  mandate  da  'Amr  b.  al-'As  al  Califfo  in  Madinah.  H  morbo, 
peste  bubbonica,  distrusse  una  gran  parte  degl'  invasori,  p!  5-6. 

ARABIA.  -  La  carestia  in  Arabia.—  §§6-7.  (Tabari:  Sayf).  L'  «Anno  delle  ceneri»,  p.  6.  —  §8.  (ibn  Sa'd: 
Wàqidii.  Id.,  p.  7.  —  §  9.  Significato  più  probabile  dell'espressione  'Am  al-ramàdah,  p.  7.  — 
§  10.  Tradizioni  wàqidee  della  siccità  e  carestia  in  Arabia,  riportate  in  gran  parte  da  ibn  Sa'd  :  di  che 
si  pascevano  gli  affamati,  p.  7.  —  §  11.  limar  chiede  ed  ottiene  soccorsi  di  vettovaglie  da  'Amr 
b.  al-'Às.  Spirito  partigiano  nella  tradizione,  avverso  ad  al-ZubajT  b.  al-'Awwàm,  p.  7-8.  —  §§  12- 
14.  Soccorsi  ricevuti  dall' Egitto  (?),  dall'Iraq  e  dalla  Siria,  e  distribuiti  dagli  agenti  del  Califfo  tra  i 
più  bisognosi,  p.  8-9.  —  §  15.  Preghiere  e  innovazioni  rituali  di  TJmar,  p.  9.  —  §§  16-19.  Frugalità  di 
'limar  e  sue  privazioni,  p.  10-11.  —  §  20.  Vettovaglie  e  indumenti  mandati  da  'Amr  b.  al-'As  e  da 
Mu'àwiyah,  p.  11.  —  §§  21-22.  Numerosi  immigrati  in  Madinah,  tra  cui  il  Califfo  distribuisce  gli 
alimenti,  p.  11-12.  —  §§  23-30.  Penitenze,  preghiere  e  rogazioni  praticate  da  limar  finché  tornano 
le  pioggie,  p.  12-15.  —  §§  31-32.  Dilazione  di  un  anno  accordata  da  TFmar  per  il  pagamento  della 
sadaqah,  p.  15.  —  §§  33-34.  Umiltà  e  privazioni  di  limar,  p.  15-16.  —  §  35.  Ti-adizioni  di  al-Ta'qubi, 
p.  16.  —  §§  36-89.  Ti-adizioni  di  Sayf  b.  'Umar  presso  al-T abari  sui  disastrosi  effetti  della  carestia, 
e  i  soccorsi  inviati  da  abu  'Ubaydah,  e  da  'Amr  b.  al-'Às  mediante  lo  spurgo  del  canale  tra  il  Nilo 
e  il  Mar  Eosso.  Solenni  rogazioni  indette  dal  Califfo  per  ottenere  la  pioggia,  p.  16-17.  —  §  40.  Rias- 
sunto finale  delle  varie  tradizioni  sulla  carestia  in  Arabia,  i  suoi  effetti,  il  modo  con  cui  si  cercò 
di  lottare  contro  la  grande  sventura  nazionale,  p.  17-18. 

ARABIA-SIRIA.  -  Tradizioni  sul  viaggio  del  Califfo  'Umar  in  Siria  —  §  41.  (Tabari)  erroneamente 
messo  da  ibn  Ishàq  e  da  al-Wàqidi  nell'anno  17.  H.,  p.  18.  —  §  42.  (id).  Accompagnato  da  Mu- 
hàgiriin.  Ansar  e  Qurayi,  "Umar  si  arresta  in   Sargh,    per  l' infierire    della  peste,  e  toma   a  Ma- 


18.  a.  H.  §§  42-99.  INDICE  ANALITICO 


dinah,  «fuggendo  dal  destino  di  Dio,  al  destino  di  Dio»,  p.  18-19.  —  §  43.  (id.).  Ritorno  dei  co- 
mandanti delle  guarnigioni  ai  loro  posti  in  Siria,  p.  19.  —  §  44.  \Dzababi).  Zayd  b.  Thàbit  luo- 
gotenente di  'Umar  in  Madìnah,  p.  19.  —  §  46.  (Ya'qubi).  Dissenso  tra  abu  'Ubaydah  e  il  Califfo, 
p.  19-20.  —  §  46.  Ricostruzione  arbitraria  che  fa  ibn  al-Athir  di  un  viaggio  di  'Umar  in  Siria 
dopo  la  peste,  con  pretesa  deposizione  di  Suralibìl  b.  Hasanah,  p.  29. 

SIRIA.  -  Le  tradizioni  sulla  grande  pestilenza  dell'anno  18.  H.  —  §  47.  (Tabari  ed  altri).  Notizie  di 
ibn  Isluiq,  Khuwandaniir,  ibn  al-Gawzi,  ecc.,  sulla  mortalità  in  Siria,  p.  20-21.  —  §  48.  (id).  Id.  di 
al-Wàqidi,  p.  21.  —  §  49.  (id.).  Àm  al-ramàdah,  p.  21.  —  §  60.  (ibn  Sa'di.  Carestia  e  fame  per 
9  mesi,  p.  21.  —  §§  51-5S.  Notizie  di  abiì  Ma'sar  e  Saji"  b.  'Umar  sulla  data  precisa  della  pestilenza, 
p.  21.  —  §§  54-55.  (ibn  'Asiikir).  Peste  e  moria  di  'Amawàs,  p.  21:  —  §  56.  fDzahabi)  non  infierì  af- 
fatto in  Arabia,  p.  22.  —  §  57.  (Baliiijzuii).  Principali  vittime  del  morbo,  p.  22.  —  §  58.  (ibn  'Asàkir). 
Varia  interpretazione  religiosa  data  alla  calamità  dai  superstiti,  p.  22.  —  §  69.  (Tabari).  Invano 
'Umar  invita  abù  'Ubaydah  a  lasciare  la  Siria.  Le  milizie  musulmane  riduconsi  in  al-Gàbiyah, 
p.  23.  —  §  60.  (id.).  Succede  ad  abu  'Ubaydah,  nel  governo  della  Siria,  prima  Mu'àdz  b.  Gabal, 
poi  'Amr  b.  al-'Às,  p.  23.  —  §  61.  (id.).  Effetti  e  durata  della  pestilenza,  p.  23.  —  §  62.  lYa'qubi). 
Successori  di  abu  'Ubaydah  sino  a  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn.  Numero  delle  vittime, 'e  caro  delle 
granaglie,  p.  23-24.  —  §  63.  Tradizione  profetica,  conservata  da  ibn  'Asàkir,  per  spiegare  la  cru- 
deltà del  destino,  p.  24.  —  §  64.  (Tabari:  Sayf).  'Umar  disegna  di  visitare  le  regioni  colpite  dalla 
peste.  Consiglio  di  Ka'b  al-Alibàr,  p.  24-25.  —  §  65.  (Eutichio).  'Amr  b.  al-'As  scava  il  canale 
Khalig  ed  invia  dall'Egitto  copiose  vettovaglie  in  Arabia,  p.  25.  —  §§  66-67.  Altre  notizie  di 
Dzahabi,  Abulfeda,  Michele  Sirio  sulla  peste  in  Mesopotamia,  p.  26.  —  §  68.  Appunti  del  Nallino 
sopra  alcune  tradizioni  o  detti  attribuiti  a  Maometto  nelle  raccolte  canoniche  relativamente  alla 
peste  ed  alle  misure  di  precauzione  da  prendersi  contro  le  infezioni,  p.  25-27.  —  §  69.  Riassunto 
dell'Annalista  sullo  svolgimento  della  pestilenza,  le  sue  cause,  la  sua  durata,  i  paesi  devastati, 
e  la  spaventevole  moria,  p.  27-28. 

Nomina  di  nuovi  governatori.  —  §  70.  (Tabari:  Ishàq).  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  sul  Gund  Dimasq, 
e  Surahbil  b.  Hasanah  sul  Gund  al-Urdunn,  p.  29.  —  §  71.  (Balàdzuri).  Governo  di  Yazid 
b.  abi  Sufyàn,  p.  29.  —  §  72.  (Khallikàn).  Id.,  p.  29.  —  §  73.  (Tabari:  Sayf).  Id.,  p.  29-30.  —  §  74. 
(Cedreno).  Governo  di  Mu'àvriyah,  p.  30.  —  §  75.  Importanza  di  questa  nomina,  p.  30-31. 

PALESTINA.  -  Assedio  di  Qaysàrìyyah  —  §§  76-77.  (Balàdzuri).  per  opera  di  'Amr  b.  al-'Às,  e  poi  di 
Mu'àvfiyah,  p.  31-32.  —  §  78.  (Ya'qiibi).  Notizia  della  presa  comunicata  al  Califfo,  p.  32.  —  §  79.  Data 
corretta  della  presa:  19.  a.  H.,  p.  32. 

MESOPOTAMIA.  -  La  conquista  araba  della  Mesopotamia.  —  §  80.  Ragioni  politiche,  strategiche, 
geografiche  e  commerciali  di  questa  conquista,  p.  32-33.  —  §  81.  Le  conquiste  della  Siria  e  della 
Babilonide  portarono  a  quella  della  Mesopotamia,  popolata  da  Aramei  nestoriani  e  da  numerose 
tribù  arabe  immigrate.  La  conquista  fu  fatta  per  la  metà  occidentale  dalle  schiere  della  Siria,  per 
la  metà  orientale  dalle  schiere  che  avevano  invaso  l'impero  persiano,  p.  33-.34.  —  §  82.  Acuta  e 
persuasiva  critica  del  Wellhausen  sulla  versione  sayfiana  della  conquista  mesopotamica  :  comin- 
ciata nella  seconda  metà  dell'a.  18.  H.  per  iniziativa  delle  genti  musulmane  in  Siria  sotto  'lyàd 
b.  Ghaum,  compiuta  al  principio  dell'a  20.  H.  con  la  sottomissione  della  metà  sassanida  per  parte 
delle  milizie  kufane,  p.  34-35.  —  §  83.  (abu  Yusuf).  Come  la  Mesopotamia  era  divisa  tra  Greci  e 
Persiani,  p.  35,  —  §  84.  e  come  la  parte  sassanida,  sfornita  di  guarnigioni,  si  arrendesse  accettando 
l'Isiàm,  p.  35-36. 

Le  tradizioni  sulla  conquista  araba  della  Mesopotamia  occidentale.  —  §  85.  (Tabari:  Wàqidi).  Ca- 
duta delle  principali  città  mesopotamiche,  nell'a.  18.  H.,  p.  36  —  §  86.  (Id.  :  Ishàq).  o  nell'anno 
19.  H.,  p.  36.  —  §  87.  (Id.,  ib.).  Tyàd  b.  Ghanm  sarebbe  partito  da  al-Kùfah  per  la  conquista 
della  Mesopotamia,  per  ordine  di  'Umar  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs.  Errore  evidente  di  ibn  Ishàq, 
p.  36-38.  -•  §  88.  (Khuwàrizmi).  Espugnazione  di  varie  città  nell'a.  18.  H.,  p.  38.  —  §  89-90. 
(Tabari:  Sayf).  La  Mesopotamia  conquistata,  secondo  Sayf  b.  'Umar,  nell'a.  17  H.,  p.  38.  — 
§  91.  Racconto  di  al-Ya'qùbi,  p.  38  —  §  92.  e  di  Eutichio,  p.  38.  —  §§  93-95.  (Balàdzuri).  'lyàd  b. 
Ghanm,  nominato  da  'Umar  governatore  della  Gazirah,  parte  dalla  Siria  nell'a.  18.  H.,  p.  38-39, 
—  §  96.  (Id.).  assedia  e  prende  al-Raqqah,  concludendo  un  patto  con  gli  abit&nti  dietro  paga- 
mento della  gizyah,  p.  39-40:  —  §  97.  l'Id.l.  quattro  dinar  a  testa  per  l'ahl  al-dzahab, 
p.  40-41.  —  §  98.  (Id.).  'lyàd  conquista  Harràn  e  al -Ruba:  trattato  con  gli  Edesseni,  p.  41.  —  §  99.  (abii 

XII. 


INDICE  ANALITICO  §§  99-144.  18.  a.  H. 


Yùauf).  Assedio  di  al-Ruhà:  consigli  di  Mu'àdz  b  Gabal  sul  modo  della  resa,  p.  41-42.  —  §  100.  (Ba- 
làdzuri).  Altre  condizioni  della  resa,  p.  42-43.  —  §  101.  (Id.).  Testo  del  trattato  :  uno  simile  se  ne 
pattuisce  con  gli  abitanti  di  Harràn  e  quelli  di  Sumaysàt,  p.  43.  —  §  102.  (abii  Yùauf).  Resa  di 
Harràn  e  degli  altri  villaggi,  e  presa  della  Mesopotamia.  Condizioni  degli  abitanti  della  campagna 
rispetto  a  quelli  della  città,  p.  43-44.  —  §  103.  i  Balàdzuri).  Eguaglianza  di  trattamento  a  Harràn 
ed  a  al-Ruhà,  p.  44.  —  §  104.  (Id.).  'lyàd  conquista  città  e  castelli,  p.  44.  —  §  105.  labù  Yùsuf). 
Tributi  imposti  indistintamente  agli  abitanti  della  Mesopotamia,  p.  45.  —  §§  106-109.  (Balàdzuri). 
Resa  generale  delle  città  e  delle  campagne,  con  trattati  di  pace  o  per  forza,  p.  45.  — §  110.  (Dza- 
habil.  Confusione  ed  errori  di  al-Dzababi  sulla  partecipazione  di  abù  Musa  al-'As'ari  alla  conquista 
della  Mesopotamia,  p.  45-46.  —  §  111.  (Teofane).  Giovanni  Kataias  tratta  con  'lyàd  b.  Ghanm  per 
indurlo  a  non  varcare  l'Eufrate,  p.  46.  —  §  112.  (Id.j.  Mu'àwiyab  governatore  della  Siria,  p.  46. 
—  §  113.  (Id.).  Conquista  di  Constantia- Antoninupolis,  p.  46.  —  §  114.  Cronologia  del  racconto  di 
Teofane  esaminata  dal  "Wellhansen.  Importanza  della  questione  sulla  provenienza  dei  vari  con- 
quistatori delle  Provincie  dell'impero  arabo,  p.  4647.  —  §  115.  Racconto  di  Cedreno,  p.  47,  — 
§  116.  e  di  Dionigi  di  Teli  Mahré,  p.  4748;  —  §  117.  il  quale  fa  confusione  di  tempi  e  di  luoghi. 
p.  48.  —  §§  118-119.  Racconto  del  cronista  siriaco  Michele:  trattative  tra  Giovanni,  prefetto  del- 
l'Osrhoene  e  'lyàd  b.  Ghanm,  non  approvate  da  Eraclio.  Le  guarnigioni  greche  abbandonano  le 
città  della  Mesopotamia  agl'invasori,  p.  4849. 

ARMENIA.  -  Prime  incursioni  arabe  in  Armenia.  —  §  120.  La  conquista  della  Mesopotamia  apre  la 
via  alla  invasione  dell'Armenia.  Natura  alpestre  e  selvaggia  del  paese:  carattere  della  sua  storia, 
p.  49-50.  —  §  121.  Cronologia  data  dal  Miiller  alle  due  prime  invasioni  arabe  in  Armenia;  crono- 
logia anticipata  delle  fonti  armene  e  fatta  contemporanea  alla  conquista  mesopotamica,  p.  50.  — 
§  122.  Racconto  che  fa  una  fonte  armena  della  prima  invasione  in  Armenia,  p.  51  —  §  123.  nel 
18.  a.  H.  (?).  Versione  del  cronista  ('amie  sulla  parte  sostenuta  nella  lotta  contro  gli  Arabi  da 
Teodoro  R'stowni,  p.  51-.52.  —  §§  124-125.  Racconto  e  cronologia  del  cronista  AsoXik,  p.  52-53. 

SIRIA-MESOPOTAMIA.  -  Tentativo    dei   Greci  di  riprendere    Hims:    invasione   della    Mesopotamia 

(versione  di  Sayf  b.  'Umar  in  Tabari).  —  §  126.  Ricostruzione  arbitraria  del  Miiller  fatta  sulla 
versione  sayfiana,  evidentemente  errata,  p.  53-.54.  —  §  127.  Gli  abitanti  della  Mesopotamia  trat- 
tano con  Eraclio  per  la  riconquista  di  Hims;  ma  i  provvedimenti  di  'Umar,  il  valore  di  Khàlid 
b.  al-Walid,  e  aiuti  venuti  agli  Arabi  da  al-Kùfah,  fruttano  la  vittoria  alle  armi  musulmane. 
Contraddizioni  e  inverosimiglianze  nel  l'acconto  di  Sayf,  p.  54-56.  —  §  128.  'Umar  in  al-Gàbiyah, 
nel  17.  a.  H.,  p.  57.  —  §  129.  'lyàd,  partendo  da  al-Kufah  a  capo  di  tre  distaccamenti,  invade  e 
conquista  la  Mesopotamia.  Emigrazione  e  dispersione  dei  Taghlibiti  lyàd  b.  Nizàr,  p.  57-58.  — 
§  130.  Per  richiesta  di  abù  'Ubaydah,  'lyàd  b.  Ghanm  è  trasferito  dal  governo  di  al-Kùfab  a  quello 
di  Siria,  p.  58.  —  §  131.  al-Walid  b.  'Uqbah  sulle  tribù  arabo-cristiane  della  Gazirah:  i  Taghlib 
ricusano  di  pagare  la  gizyah  come  tassa  disonorante  per  un  arabo,  p.  58-.59.  —  §  132.  Khuwàn- 
damir  e  Tabari-Zotenberg  riassumono  la  versione  di  Sayf,  p.  59. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  -  Conquiste  arabe  sul  confine  greco.  —  §133.  (Balàdzuri).  Habib  b.  Maslamah 
espugna  le  fortezze  greche  Hisn  al  Hadath,  p.  60,  —  §  134.  lid).  e  Zibatrah.  Vicende  posteriori 
di  questa  fortezza,  p.  60. 

SIRIA-ARABIA.  -  Destituzione  e  punizione  di  Khàlid  b.  al-Walid.  —  §  135.  Questo  è  il  momento  in  cui 
Khàlid  è  escluso  da  ogni  partecipazione  diretta  alle  operazioni  militari,  p.  60.  —  §§  136-138.  (Ta- 
bari: Sayf).  Khàlid  al  governo  di  Qinnasrin:  bottino  da  lui  fatto  in  Siria,  che  insieme  con  il  lusso 
e  la  mollezza  gli  attirano  la  riprovazione  del  Califfo,  p.  61.  —  §  139.  (Tabari:  ibn  Ishàq).  'Umar  con- 
fisca i  beni  a  Khàlid,  e  «  fa  il  mercante  a  favore  dei  Musulmani  » ,  p.  61.  —  §§  140-141.  CTabari  : 
Sa3rf).  Ricchezza,  sfarzo  e  prodigalità  di  Khàlid,  che  vien  citato  in  Hims  per  ordine  di  'Umar  a 
render  conto  delle  sue  azioni.  Viaggio  di  Khàlid  a  Madinah,  e  parziale  confisca  dei  suoi  beni. 
Natura  tendenziosa  di  queste  tradizioni.  Come  'Umar  giustifica  la  punizione  inflitta  a  Khàlid, 
p.  62-63.  —  §  142.  Mirkhawànd,  Khuwàndamìr  e  Tabari-Zotenberg  riassumono  Sayf  b.  'Umar,  p.  63-64. 

EGITTO.  -  Le  condizioni  dell'Egitto  alla  vigilia  della  conquista  araba. —  §  143.  A  mettere  in  luce  per 
quali  speciali  condizioni  politiche,  geografiche  e  religiose  l'Egitto  difi'erisce  dalle  altre  provincie 
dell'impero  greco,  basterà  riepilogare  le  ultime  fasi  storiche  del  periodo  bizantino.  La  ricchezza 
naturale  della  Valle  Niliaca  ha  sempre  legato  l'Egitto  a  quelle  nazioni  od  imperi  che  domina- 
rono il  Mediterraneo,  e  specialmente  in  Siria  e  in  Palestina,  p.  64-66.  —  §  144.  Natura  poco  bel- 


18.  a.  H.  S§  144-172.  INDICE  ANALITICO 


licosa  e  precipuamente  agricola  degli  Egiziani.  Il  cristianesimo  copto,  con  spiccata  tendenza 
iiscetico-mouasticn,  assume  carattere  nazionale  di  monofisismo,  in  opposizione  al  cristianesimo  cat- 
tolico cioò  mondiale  od  ortodossia  di  Costantinopoli,  p.  G5-()7.  —  §  146.  La  tendenza  separatista  e 
quasi  nazionali.sta  dell'Egitto,  rivestendo  carattere  specialmente  religioso,  fu  sotto  questo  aspetto 
avversata  dal  governo  bizantino;  il  quale  volle  sempre  colà  l'esistenza  d'un  patriarcato  ortodosso 
per  combattere  l'autonomia  ecclesiastica,  gerarchica  e  dogmatica  dei  Copti,  p.  G7-08.  —  §  146.  La 
passione  religiosa  dominante  tra  le  popolazioni  sottomesse  ai  Bizantini,  colori  ogni  moto  separa- 
tista in  Orienta,  ed  irreligiosi  nei  secoli  successivi  l'Islam  stesso,  p.  fi8-G!(.  —  §  147.  La  tolleranza 
religiosa,  ignota  ai  Bizantini  come  ai  Copti:  le  persecuzioni  religiose  furono  per  l'ortodossia  im- 
periale una  necessità  politica,  acuita  dalla  importanza  economica  dell'Egitto,  p.  (59-70.  —  §  148.  Sotto 
apparenze  di  tranquilla  imbelle  acquiescenza  covava  nei  Copti  oppressi  un  intenso  inestinguibile 
odio  e  ntro  la  feroce  e  pazzamente  crudele  oppressione  bizantina:  l'odio  di  religione  diventò  odio 
di  razz.i,  p.  70-71,  —  §  149.  e  fu  la  causa  fondamentale  del  distacco  da  Bisanzio.  Violenze  ed 
eccessi,  perfino  fratricidi,  in  Egitto,  p.  71-72. — §15(1.  Incidenti  della  storia  provinciale  egiziana 
dall'avvento  di  Eraclio  al  potere.  Nicetas,  luogotenente  di  Eraclio,  conquista  e  governa  1'  Egitto 
fino  all'invasione  persiana,  p.  72-73.  —  §  161.  Nell'autunno  del  61C  E.  V.  i  Sassanidi  invadono 
r  Egitto,  p.  73-74  ;  —  §.  152.  per  connivenza  dei  Copti,  minacciando  i  monasteri  attorno  ad  Ales- 
sandria, entrano  in  questa  città  dopo  inattesa  resistenza  delle  milizie  greche:  partenza  precipitosa 
di  Nicetas  e  Giovanni  l'Elemosiniere,  p.'  74-76.  —  §  163.  Ingiustizie  e  violenze  dei  Persiani  nel 
primo  momento  della  conquista  :  poi  favoriscono  i  Monofisiti  copti  contro  gli  ortodossi.  Andronico 
e  Beniamino  patriarchi  copti.  Giorgio  patriai-ca  ortodosso  d'Egitto,  p.  7(}-77.  —  §  154.  Ritiro  dei 
Persiani  dall'  Egitto  per  la  guerra  sessennale  di  Eraclio  contro  la  Persia.  La  guarnigione  greca 
rioccupa  la  valle  niliaca,  p.  77-78.  —  §  165.  Ciro,  nominato  patriarca  ortodosso  di  Alessandria, 
viene  in  Egitto,  investito  di  autorità  religiosa,  civile  e  militare,  e  tenta  invano  con  il  concilio 
di  Alessandi-ia  di  piegare  i  Copti  alla  dottrina  del  monoteletismo,  p.  78-80.  —  §  156.  La  resistenza 
ostinata  dei  Copti  spera  Ciro  di  domare  con  una  grande  persecuzione,  p.  80-81  ;  —  §  157.  la  quale, 
se  pur  non  tanto  violenta  e  crudele,  come  ci  vien  descritta,  non  fece  tuttavia  che  portare  alla 
più  acerba  esasperazione  l'odio  degli  Egiziani  contro  i  Bizantini,  p.  81-82.  —  §  168.  Mentre  cosi 
la  persecuzione  da  religiosa  degenerava  in  cieca  repressione  politica,  le  vittorie  degli  Arabi  in 
Siria  preparavano  negli  animi  dei  Copti  la  possibilità  e  forse  la  speranza  di  un  mutamento  di 
governo  anche  in  Egitto,  p.  82-83.  —  §  159.  Svolgimento  e  durata  della  persecuzione  ortodossa: 
psicologia  dei  Copti  verso  Bisanzio  e  verso  gli  Arabi.  La  simpatia  dei  Copti  facilita  la  conquista 
araba  dell'Egitto,  pag.  83-85.  —  §  160.  Debolezza  delle  guarnigioni  bizantine  in  Egitto;  la  cui 
conoscenza,  ed  informazioni  segrete  sulle  disposizioni  degli  animi  verso  Bisanzio,  spiegano  la  pre- 
cipitazione di  'Amr  nell'accingersi  all'impresa  di  conquistare  l'Egitto,  p.  85-86. 

EGITTO.  -  Il  problema  della  identificazione  della  persona  chiamata  al-Muqawqis,  e  sull'origine  di 
questo  nome.  —  §  161.  È  uno  dei  principali  quesiti  dell'  invasione  arabo-egizia,  per  la  parte 
importante  e  direttiva  sostenuta  dal  naisterioso  personaggio  nei  negoziati  che  portarono  alla  sot- 
tomissione dell'Egitto.  La  risoluzione  del  problema  è  stata  tentata  da  parecchi  sino  al  Butler, 
p.  86-87.  —  §  162.  Il  De  Goeje  lo  identifica  con  il  governatore  del  Basso  Egitto,  Giorgio  figlio  di 
Menas.  L'Amélineau  con  Kaukhios  iMpkaukiosi  delle  fonti  copte  contemporanee,  patriarca  mal- 
chita  di  Alessandria,  rivestito  di  autorità  religiosa  e  politica,  e  persecutore  dei  monofisiti,  p.  88-89. 
—  §  163.  Errore  dell'Amélineau  nel  non  vedere  la  parziale  identità  tra  al-Muqawqis  e  Ciro.  Errore 
della  tradizione  araba,  che  ha  confuso  iir  al-Muqawqis  parecchie  persone  :  il  patriarca  Ciro,  Mina, 
vescovo  copto  di  Babilonia,  e  Menas,  generale  bizantino  e  prefetto,  passato  poi  al  servizio  dei  Mu- 
sulmani, p.  89-90.  —  §  164.  Il  Lane-Poole  accetta  la  spiegazione  del  Karabacek  :  Muqawqis  =  ,u.e-ja'-»x'"?i 
e  lo  identifica  con  il  prefetto  Giorgio,  p.  90.  —  §  165.  L'esame  critico  del  Butler  è  manchevole 
per  scarsa  conoscenza  dell'arabo.  Non  reggono  le  sue  identificazioni  di  al-A'rag  o  al-U'ajrrig  con 
éurayg  (Giorgio),  di  abii  o  ibn  Maryam  con  Binyàmin  (Beniamino;,  p.  91-92.  —  §  166.  Giusta  invece 
e  quasi  esauriente  è  la  dimostrazione,  fondata  specialmente  su  fonti  copte,  che  al-Muqawqis  sia 
Ciro  patriarca  e  governatore  di  Alessandria.  Si  aggiunge  però  che  sotto  questa  strana  parola  di 
conio  greco-copto-arabo,  gli  Arabi  abbiano  identificato  anche  uno  o  più  rappresentanti  degli  Egi- 
ziani (Giorgio?  Menas ?j,  p.  92-94.  —  §  167.  Come  il  Butler  tenti  risolvere  l'enigma  del  nome  al- 
Muqawqis,  p.  94-96. 

La  cronologia  della  conquista  araba  dell'  Egitto.  —  §  168.  Esame  delle  varie  ricostruzioni  storiche  della 
conquista,  p.  96-97,  —  §  169.  proposte  dal  "Weil,  p.  97,  —  §  170.  dal  Muir,  p.  97-98,  —  §  171.  poi,  sulla 
cronaca  di  Giovanni  di  Niqyiis,  p.  98,  —  §  172.  dal  Muller,  specialmente  in  rapporto  agli  eventi  bizan- 

XIV. 


INDICE  ANALITICO  §§  l'I 2  214.  18.  a.  H. 


tini  dopo  la  morte  di  Eraclio,  p.  98-100.  —  §  173.  Riassunto  cronologico  del  Wellhausen,  p.  100-101. — 
§  174.  Versione  data  dal  Lane-Poole  al  racconto  di  Giovanni  di  Niqyiis  emendato  e  fuso  con  le  fonti 
arabe,  p.  101-102.  —  §  175.  Schema  cronologico  della  conquista  fissato  dal  Butler,  p.  102-103. 

EGITTO.  -  Data  e  ragioni  della  partenza  di  'Amr  b.  ai-'Às.  —  §  176.  Ingresso  di  'Amr  in  Egitto: 
10  Dzii-!-Higgah,  18.  H.  Connessione  dell'impresa  con  il  convegno  di  'Umar  in  al-Gàbiyah  :  pru- 
dente e  accorto  atteggiamento  del  Calitìb  di  fronte  all'  insubordinazione  di  'Amr,  p.  104-105. 

Tradizioni  sulla  partenza  di  Amr  per  la  conquista  dell'Egitto.  —  §  177.  (Tabari).  Ragguagli  diversi 
sulla  data  della  conquista,  tra  il  16.  e  il  25.  H.,  p.  105-106.  —  §  178.  (ibid.  :  Ishàq).  Invasione  del- 
l'Egitto,  espugnazione  di  Babilonia,  presa  di  Alessandria:  19.-25.  a.  H.,  p.  106.  —  §  179.  (Euti- 
chio).  Ordini  di  'Umar  ad  'Amr  b.  al-'Às,  p.  106.  —  §  180.  (abu  Mahàsin).  Espugnazione  di  Bàb 
al-Luq(?);  trattato  con  Ahi  al-khandaq,  p.  106.  —  §  181.  (ibn  Abd  al-hakam).  Come  'Amr 
conoscesse  Alessandria,  e  fosse  predestinato  alla  conquista  dell'  Egitto,  p.  106-107.  —  §  182.  (id.). 
'Amr  in  al-Gàbiyah  insiste  presso  il  Calififo  per  l'impresa  egiziana:  forze  a  lui  affidate,  p.  107-108. 

—  §  183.  (id.j.  Istruzioni  e  lettere  di  'Umar  ad  'Amr:  sollecita  marcia  di  questo  per  entrare  nel 
territorio  egiziano,  p.  108.  —  §  184.  (id.^.  Ritratto  di  'Amr,  p.  108.  —  §  185.  (id.).  Lettera  del  Ca- 
liffo, p.  108-109,  —  §  186.  (id.).  e  sua  iniziativa  (?)  per  l'invasione  dell'Egitto,  p.  109.  —  §  187.  (Ba- 
làdzuri).  'Amr  lascia  l'assedio  di  Qaysàriyyah  per  invadere  l'Egitto,  p.  109.  —  §  188.  (id.).  Ordine 
di  'Umar  ad  'Ajnr  d'invadere  l'Egitto:  gioia  e  liberalità  di  'Amr,  p.  109.  —  §  189.  (id.).  Prime 
mosse  di  'Amr  in  Egitto:  al-Fustàt,  p.  109-110.  —  §  190.  ('Abd  al-hakam).  al-Muqawqis  raccoglie 
milizie  contro  gl'invasori,  p.  110.  —  §  191.  Versione  di  al-Kindi  sull'origine  della  spedizione  in 
Egitto,  nel  19.  a.  H.,  p.  110,  —  §  192.  e  la  partenza  di  'Amr  senza  il  permesso  del  Califfo,  p.  110. 

—  §  193.  (Hubayi).  Versioni  diverse  sulla  partenza  di  'Amr,  p.  110.  —  §  194.  Versione  di  Eutichio, 
p.  110-111.  —  §  195.  Opinioni  varie,  riferite  da  ibn  al-Athir,  sulla  cronologia  della  conquista  egi- 
ziana, p.  111-112. 

Conquista  dell'Egitto  (versione  di  Severus  da  al-Uimiìnayn,  e  di  Michele  Sirio).  —  §  196.  Benyàmin 
patriarca  copto  nell'll.  a.  II.,  622  E.  V.  Qirus  patriarca  malchita  e  governatore  d'Egitto,  p.  113. 

—  §  197.  Fuga  di  Beniamino  e  degli  altri  vescovi  copti.  Persecuzione  e  supplizi  cui  ricorre  Ciro 
per  far  abbracciare  dai  Copti  la  fede  calcedoniana,  p.  113-114.  —  §  198.  Sogno  di  Eraclio:  al-baqt 
ceduta  agli  Arabi,  p.  114.  —  §  199.  Versione  di  Michele  Sirio.  I  fayyàyè,  tenuti  fuori  d'Egitto  da 
Ciro,  mediante  il  pagamento  di  un  tributo,  irrompono  sotto  il  successore  di  lui,  Manuel,  ed  occu- 
pano il  paese,  p.  114-115.  —  §  200.  Come  il  patriarca  Benyàmin,  per  odio  di  Ciro  e  dei  Calcedoniani, 
consegnò  l'Egitto  ai  Tayyàyè,  p.  115-116. 

ARABIA-MAKKAH.  -  Trasferimento  dell'al-Maqàm,  —  §  201.  secondo  al-Wàqidi,  p.  116. 

'IRAQ.  -  Nomine  di  Qàdl,  —  §  202.  (Tabari),  in  al-Kufah  e  al-Basrah,  p.  116. 

ARABIA.  -  Pellegrinaggio  annuale,  —  §  203.  (Tabari),  diretto  da  'Umar,  p.  116. 

Luogotenenti  del  Califfo:  —  §  204.  CTabari),  i  medesimi  dell'anno  precedente,  p.  116.  —  §  205.  (ibn 
al-Gawzi).  Pene  per  con.sumo  di  vino,  p.  116. 

Il  censimento  dei  non  musulmani.  —  §  206.  (Michele  Sirio),  p.  116-117. 

Eclissi  solare,  —  §  207.  (Michele  Sirio),  del  1°  Tisrin,  p.  117. 

Coniazione  di  monete,  —  §  208.  con  conii  bizantini  e  sassanidi,  e  qualche  piccola  aggiunta  musul- 
mana, p.  117. 

NECROLOGIO: 

'Abd  al-rahmàn  b.  Mu'àdz,  §  209,  p.  117-118. 
'Amir  b.  Ghaylàn  b.  Salamah,  §  210,  p.  118. 
al-Fadl  b.  al-'Abbàs,  §  211,  p.  118-119. 
abù  Óandal  b.  Suhayl,  §  212,  p.  119-120. 
Hamtat  b.  Sariq,  §  213,  p.  120. 
al-Hàrith  b.  Hlsàm,  §  214,  p.  120-121. 

XV. 


18.  a.  H.  §§  216-247.  INDICE  ANALITICO  §§  1-20.  19.  a.  H. 

Hind  b.  Hind  b.  abl  Hàlah,  §  216,  p.  121. 
Inabah  b.  Suhayl,  §  -iKi,  p.  121. 
abù  Màlik  al-As'ari,  §  217,  p.  122. 
Muhallam  b.  Óuthàmah,  §  218,  p.  122, 
Muàdz  b    ÓabaI,  §§  219-228,  p.  123-128. 
Nasr  b.  Ghanim,  §  229,  p.  128. 
Salamah  b.  Nasr,  §  230,  p.  128. 
Suhayl  b.    Amr,  §§  231-232,  p.  128-129. 
Surahbil  b.  Hasanah,  §§  233-234,  p.  129-181. 
abu    Ubaydah  b.  al-Óarràh,  §§  236-240.  p.  131-136.  _ 
Umayr  b     Isa  |o    Adi],  §  241,  p.  13G. 
Utbah  b.  Suhayl,  §  242,  p.  136-137. 
Uways  b.    Amir,  §  243,  p    137. 
Uwaym  b.  Sàldah,  §§  244-246,  p.  137-139. 
Yazid  b.  abi  Sufyàn,    §§  246-247,  p.  139-140. 


19.  a.  H. 

(2  gennaio — 20  dicembre  640). 

Tabella  cronologica  comparativa  musulmano-gregoriana  dell'annata,  p.  142. 

PERSIA.  -  Eventi  dell'a.  19.  H.  lungo  il  confine  persiano.  —  §  1.  Domate  finalmente  -  almeno  in 
apparenza  -  le  tribù  del  Babrayn,  'TJmàn  e  Malirah,  s'inizia  una  nuoTa  fase  della  invasione 
araba  nell'altipiano  iranico,  p.  143-144. 

Conquista  di   Hulwàn,  —  §  2.  (Balàdzurii,  per  opera  di  Garir  b.  'Abdallah,  p.  144-445. 

Presa  di  Isbahàn,  —  §  3.  erroneamente  messa  da  al-Dzahabi  in  questo  anno,  p.  145. 

'IRAQ-PERSIA.  -  Notizie  varie,  —  §  4.  riferite  da  al-Dzababi  con  errata  cronologia,  p.  145.  —  §  5.  (Teo- 
fanei.  Fuga  di  Horsmidas.  Censimento  ordinato  da  TJmar  nel  paese  conquistato,  p.  145-146. 

PERSIA-ARABIA.  -  Incursioni  arabe  nell'altipiano  iranico.  —  §6.  L'episodio  dell'incursione  di  'TJthmàn 
b.  abi-l-'As  nel  Fàris  è  un'altra  prova  della  insubordinazione  e  indipendenza  dei  capitani  musul- 
mani di  fronte  al  Califfo,  p.  146-147.  —  §  7.  (Balàdzuri).  al-Hakam  b.  abl-l-'As  conquista  l'isola 
di  Abarkawàn,  ed  espugna  Tavpvyag,  p.  147-148.  —  §  8.  (id.  :  abu  Mikhnaf).  La  spedizione  è  con- 
dotta dallo  stesso  'Uthmàn  b.  abi-l-'Às,  p.  148.  —  §  9-10.  (id.).  Espugnazione  di  Tavywag  e  di  Ràsahr 
dopo  accanita  battaglia:  morte  del  marzubàn  Sabrak,  p.  148-149.  —  §  11.  Altre  notizie  balàdzu- 
riane  sulle  gesta  dei  Musulmani  nel  Fàris,  p.  149-150.  —  §  12.  (Tabari  :  Sayf).  Inizio  della  con- 
quista del  Fàris  nell'a.  17.  H.,  p.  150.  —  §  13.  Racconto  di  al-Dzahabi,  p.  150,  —  §  14.  e  di  al- 
Dinawari,  p.  150-151.  —  §  15.  (Tabari).  Narrazione  arruffata  e  tendenziosa  di  Sayf  su  tutta  la 
campagna  del  Fàris,  p.  151-153. 

SIRIA.  -  Nomina  di  Muàwiyah  b.  abi  Sufyàn  a  governatore  della  Siria  e  della  Palestina. —  §  16.  La 

politica  diffidente  di  'Umar  verso  gli  antichi  Compagni,  spiega  in  parte  la  nomina  di  un  uomo 
nuovo  all' importante  governo  della  Siria,  p.  153-1.54.  —  §  17.  Doti  intellettuali  di  Mu'àwiyah,  ed 
influenza  politica  della  sua  famiglia.  Attribuzioni  della  nuova  carica,  da  principio  limitate  a  Dar 
masco,  poi,  dopo  la  partenza  di  'Amr  b.  al-'Às,  estese  a  tutta  la  Palestina,  p.  154-155.  —  §  18.  Primo 
compito  di  Mu'àwiyah  fu  la  conquista  del  littorale  palestinese  :  diffìcile,  lunga  e  ingrata  impresa, 
compiuta  nell'a.  19.  H.,  cui  segui  per  la  Siria  un  lungo  periodo  di  pace  e  di  prosperità,  p.  155-156. 

Tradizioni  sulla  nomina  di  Mu'àwiyah  a  governatore  della  Siria.  —  §§  19-20.  (Balàdzuri).  Alla  morte 
di  Yazid  b.  abi  Sufyàn,  'Umar  conferisce  al  fratello  di  lui,  Mu'àvs'iyah,  il  governo  civile  e  mili- 
tare del  paese,  associandogli  due  Compagni  con  l'autorità  giuridica  e  religiosa,  p.  156. 


INDICE  ANALITICO  §§  21-66.  19.  a.  H. 


SIRIA.  -  Presa  di  Qaysàriyyah  e  dì  Asqalàn.  —  §  21.  Importanza  e  difficoltà  della  espugnazione  di 
Cesarea,  il  cui  assedio  fu  sin  dall'a.  13.  H,  più  volte  tentato  dagli  Arabi,  p.  156-158.  —  §§  22-26.  (Tar 
bari,  ibn  Furàt,  Balàdzuri).  Varietà  di  date  sulla  presa  della  città,  dal  12.  al  19.  H.,  p.  158.  — 
§  26.  (Balàdzurit.  Particolari  della  espugnazione:  tradimento  di  un  ebreo,  p.  168-159.  —  §  27.  (Bar 
làdzuri).  Durata  dell'assedio,  propriamente  dal  17.  al  19.  H.,  p.  159-160.  —  §  28.  (id.ì.  Espugnazione 
per  opera  di  Mu  awiyah  b.  abi  Sufyàn,  p.  160.  —  §  29.-  (Dzahabi:  ibn  al-Kalbi).  Id.  ibid.,  p.  160.  — 
§  30.  (Óawzi).  Id.  ibid.,  p.  160.  —  §  31.  (Balàdzuri).  Muawij'ab  prende  'Asqalàn,  p.  160-161.  — 
§§  32-33.  (Khuwàrizmi,  Yàqùt).  Altre  notizie  su  Qaysàriyyah  e  la  sua  presa,  p.  161. 

La  presa  di  Qaysàriyyah  secondo  ì  cronisti  siriaci  e  greci.  —  §  34.  (Michele  Sirio).  Come  i  Tayyàyè 
presero  e  devastarono  Cesarea,  p.  161-162.  —  §  35.  Notizie  di  Dionigi  di  Tell-Mahrè  e  di  Teo- 
fane, p.  162. 

Presa  di  Qaysàriyyah  (versione  di  Sayf  b.  TTmarj.  —  §  36.  prima  di  Agnàdayn  e  dopo  Fihl(!\  p.  162. 
—  §  37.  (Tabari).  Muawiyah  espugna  Cesarea,  p.  162-163. 

Assedio  di  Ghazzah.  —  §  38.  (Tabari:  Sayfj.  'Alqamah  b.  Mugazziz  assedia  e  prende  Gjiazzah,  p.  163-164. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  -  Incursioni  musulmane  in  territorio  greco. —  §  39.  (Michele  Sirio).  Muawiyah 

passa  in  Cilicia,  e  fa  strage  degli  abitanti  di  Euchaita,  p.  164. 

SIRIA.  -  Ordinamenti  amministrativi.  —  §  40.  (Balàdzuri).  'Alqamah  b.  'Ulàtjiah  preposto  al  governo 
del  Hawràn,  p.  164. 

Ordinamento  militare  della  costa  mediterranea.  —  §  41.  (Balàdzuri).  Restaurate  le  fortezze,  le  torri  di  os- 
servazione, i  fari,  p.  164-165. 

MESOPOTAMIA.  -  Nuove  conquiste  musulmane.  —  §  42.  Sottomissione  di  varie  città  mesopotamiche 
per  opera  di  'lyàd  e  suoi  luogoteneuti,  p.  165.  —  §  43.  (Khuwàrizmi).  Id.,  p.  166. 

ARMENIA.  -  Invasione  musulmana.  —  §  44.  (Dzahabi).  'Uthmàn  b.  al-'As  mandato  da  'Umar  nella 
(|uarta  Armenia,  p.  165. 

EGITTO.  -  La  campagna  di  'Amr  b.  al-Às  sino  all'assedio  di  Babilonia  d'Egitto.  —  §  45.  Tela  sto- 
rica della  campagna  egiziana  nell'a.  19.  H.,  p.  166-168.  —  §  46.  Cronologia  di  detta  campagna, 
p.  168-169.  —  §§  47-48.  Ricostruzione  dei  fatti  dell'a.  19.  H.  secondo  il  Butler,  p.  169-172  :  — 
§  49.  Per  quali  ragioni  sia  in  parte  da  rigettare,  p.  172-173,  —  §  50.  e  cosi  la  conclusione  del 
Brooks  e  del  Lane-Poole,  p.  173. 

Tradizioni  sulla  invasione  del  Delta,  la  battaglia  di  Helìopolis  e  l'assedio  di  Babilonia.  —  §§  51-62. 

(ibn  'Abd  al-hakam,  Suyuti,  ecc.).  Primo  scontro  con  i  Greci  in  al-Faramà,  p.  973.  —  §  53.  (ibn  'Abd 
al-hakam).  abu  Miyàmin  o  abu  Binyàmin,  vescovo  copto  di  Alessandria,  consiglia  i  suoi  a  bene 
accogliere  gli  Arabi,  p.  173-174.  —  §  54.  (id.).  'Amr  avanza  sino  ad  al-Qawàsir,  p.  174,  —  §  55.  (id.). 
incontrando  scarsa  resistenza.  Nuovi  scontri  a  Bilbays  e  a  Umm  Dunayn.  Arrivo  dei  rinforzi 
mandati  da  TTmar:  carattere  superstizioso  del  loro  numero,  p.  174-176.  —  §  56.  (abù-l-Mahàsin).  'Amr 
assedia  la  fortezza  comandata  da  al-Mundzaqur  o  al-U'ayrig,  p.  176.  —  §§  57-58.  (ibn  'Abd  al-hakam). 
Drappello  di  Arabi  che  gira  alle  spalle  dei  Greci  e  ne  determina  lo  sbaraglio,  p,  176.  —  §  69.  (id.). 
'Amr  comincia  l'assedio  di  Babilonia.  Abboccamento  amichevole  tra  Arabi  e  Copti,  p.  176-177.  — 
§  60.  (id.i.  Altra  versione  del  medesimo  fatto,  p.  177-178.  —  §  61.  (ibn  'Abd  al-hakam,  Maqrizi). 
Nuovo  (?)  arrivo  di  rinforzi  d'Arabia  con  al-Zubayr,  p.  178.  —  §  62.  (id.).  Trincee  e  macchine 
d'assedio,  p.  178-179.  —  §  63.  (id.).  Abboccamento  di  'Amr  con  il  comandante  del  castello,  al-'ilg 
o  al-A'rag,  p.  179. 

Invasione  dell'Egitto  e  presa  di  Babilonia  (versione  di  al-Qudà'ii.  —  §  64.  'Amr  assedia  la  fortezza  di 
al-Maqs.  Valore  di  al-Zubayr  nell'espugnazione.  al-Muqawqis  tratta  con  gli  Arabi  a  nome  dei  Copti. 
Questione  se  l'Egitto  fosse  preso  per  assalto  o  per  trattato,  p.  179-181.  —  §  65.  (ibn  Taghribirdi). 
al-U'ayrig  comandante  di  Qasr  al-Sam'  =  Misr  al-Qadimah,  p.  181. 

Tradizioni  sull'invasione  dell'Egitto  e  presa  di  Babilonia  (versione  di  Severus,  vescovo  di  al-Usmu- 
naym.  —  §  66.  'Amr  assale  Bàblùn  al-Fustàt.   al-Nàmàs   o  istruzione  data  da  Muhammad  agli 

XVII.  Ili 


19.  a.  H.  §§  6^101.  INDICE  ANALITICO  §  1.  20.  a.  H. 


Ambi,  sul   modo  onde  trattai-e   l'Egitto.  ^Errore   cronologico  di  Severus,  rettificato  in  parte  dal 
Butler,  p.  181-18-2. 

EGITTO.  -  Notizie  di  fonte  bizantina  sulla  spedizione  di  'Amr.  —  §  67.  Racconto  di  Teofane:  patto 
di  Ciro  con  i  nomadi  del  confine,  violato  dall'Aiigustale  Manuele;  i  Saraceni  sottomettono  a 
tributo  l'Egitto,  p.  IS^-ISS.  —  §  1)8.  Confusione  di  cronologia  e  di  tatti  nella  procedente  versione, 
p.  18!V  —  §  Wì.  Kagguasli  di  Nicetoro  Costantinopolitano:  Patti  concordati  tra  gli  Arabi  e  Ciro, 
patriarca  di  Alessandria,  non  sanciti  da  Eraclio.  Disgrazia  di  Ciro,  e  sua  discolpa.  Oscurità  e  in- 
congruenza nel  testo  di  Niceforo,  p.  183-185. 

Incidenti  dell'invasione  araba  (razzie  dell'al-Fayyùm  e  battaglia  di  Heliopolis),  nella  cronaca  bizan- 
tino-copta  di  Giovanni  di  Niqyùs.  —  §  7ii.  Notizie  sull'autore,  l'importanza  e  lo  stato  di  detta 
cronaca,  p.  185-lSiJ.  —  §  TI.  Rubrica  del  cap.  CX,  p.  18(5.  —  §§  72-73.  Capo  CXI.  Ritirata  di  Teo- 
doro nell'isola  di  Lóqyòn,  dopo  il  massacro  delle  prime  schiere  bizantine  per  opera  degli  Ai-abi,- 
che  si  spingono  sino  alla  piramide  di  al-Làhùn  ed  a  Bahnasà,  p.  186-188.  —  §  74.  Le  notizie  del 
cronista  copto  presentano  la  campagna  egiziana  di  'Amr  in  ben  diverso  aspetto  da  quello  delle 
fonti  arabe,  p.  188-190.  —  §  75.  Capo  CXI.  Teodosio  ed  Anastasio  si  rinchiudono  in  Babilonia,  dove 
si  concentrano  anche  i  generali  Teodoro  e  Leonzio.  Tutti  que.sti  fatti  vanno  posti  tra  il  Dzii-l- 
Iliggah  18.  e  il  Óumada  IL  19.  a.  H.,  p.  19ai91.  —  §§  7C-77.  Rubrica  del  cap.  CXI,  e  cap.  CXII. 
Battaglia  di  'Awn  ^  'Ayn  Sams  :=  Heliopolis,  dove  gli  Arabi  tendono  un  agguato  e  vincono  i  Greci. 
I  quali  abbandonano  il  Fajfj'um,  presto  corso  e  saccheggiato  dai  Musulmani,  p.  191-192.  —  §  78. 
Rubrica  del  cap.  CXII.  Gli  Ebrei  egiziani  si  rifugiano  in  Alessandria,  p.  193.  —  §  79.  Capo  CXIII. 
'Amr,  conquistato  il  Fayj'ùm,  invita  il  Copto  Abàkiri  =  Apà  Cyrus,  ad  aiutarlo  nel  proseguimento 
della  conquista.  Estorsioni  e  vessazioni  dei  Musulmani  a  danno  dei  Greci  e  dei  contadini.  Fuga 
generale  in  Alessandria,  p.  193-194.  —  §  80.  Rubrica  del  cap.  CXIII.  Presa  della  città  di  Misr  nel 
14°  anno  del  ciclo  lunare,  e  della  sua  cittadella.  Babilonia,  nel  15»  anno;  cioè,  secondo  le  conclusioni 
del  Butler,  negli  anni  14  e  15  del  ciclo  dionisiano:  640  e  641  E.  V.  Babilonia  cade  precisamente  il 
lunedì  di  Pasqua  9  aprile  641,  p.  194-196. 

ARABIA.  -  Eruzione  vulcanica  presso  Madinah,  —  §  81.  CTabari:  al-Wàqidi),  nella  Harrah  Layla,  p.  196. 

Pellegrinaggio  annuale,   —  §  82.  (id.),  diretto  da  'Um'ar,  p.  196. 

'Umar  assume  il  titolo  di  Principe  dei  Credenti,  — §  83.  (Ya'qubi)  attribuitogli  da  abù  Musa  al-As'ari 
o  da  Mughirah  b.   Su'bah,  p.  196-197.  —  §  84.  lEutichio).  Id.,  p.  197. 

Luogotenenti  del  Califfo.  —  §  85,  p.  197. 

BISANZIO.  -  Morte  di   Eraclio,  —  §  86.  messa  da  vari  cronisti  orientali  nell'a.  19.  H.,  p.  197. 

ARABIA.  -   Restauri  alla  moschea  di   Madinah,  —  §  87.  narrati  da  ibn  al-Gavrzi  sotto  quest'anno,  p.  197 

NECROLOGIO: 

Ayyàs  b.  abi  Rabiah,  §  88,  p.  197-198. 
Khabbàb,  §  89.  p.  198. 
Safwàn  b.  al-Mu'attal,  §  90,  p.  198-199. 
Ubayy  b.  Ka'b,  §§  91-101,  p.  199-203. 


20.  a.  H. 

(21  dicembre  640—9  dicembre  641). 

Tabella  cronologica  comparativa  musulmano-gregoriana  dell'annata,  p.  206. 

'IRAQ.  -  al-Kufah:  deposizione  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  §  1.  (Tabari:  al-Wàqidi),  perchè  non  dirigeva 
bene  le  preghiere,  p.  207. 

xvni. 


INDICE  ANALITICO  §§  2-49.  20.  a.  H. 


'IRAQ.  -  Governo  di  Sa'd  in  al-KDfah.  —  §  2.  (Tabari).  Durata  ed  estensione  della  sua  amministrazione, 
p.  207.  —  §  3.  (Balàdzuri).  Fa  costruire  una  porta  alla  sua  abitazione,  e  il  Califfo  gliela  fa  bruciare. 
Incertezza  nel  rito  islamico  primitivo,  p.  207-208.  —  §  4.  (Hanifah).  Abbruciamento  della  porta, 
di  legno,  p.  208.  —  §§  5-6.  (Balàdzuri;.  Accusato  di  non  dirigere  bene  le  preghiere  e  di  non  esser 
giusto,  si  scolpa.  Incontentabilità  dei  Kufani,  p.  208-209.  —  §  7.  (id.).  Ambasciata  di  'Amr  b.  Ma'- 
dikarib  ad  'Umar,  e  sue  lodi  sul  conto  di  Sa'd.  Difficoltà  nel  governo  dei  Kufani,  che  eran  mi- 
scela delle  più  irrequiete  tribù  dei  nomadi,  p.  209-210.  —  §  8.  (Gawzij.  Accusatori  di  Sa'd,  p.  210-211. 

—  §  9.  Provata  tendenza  di  Sa'd  ad  adottare  nella  vita  e  nel  governo  costumanze  straniere  non 
rispondenti  agli  usi  dell'Arabia  pi-imitiva:  da  ciò  lo  sdegno  del  Califfo  verso  di  lui,  p.  211-212.  — 

—  §  10.  Quali  possono  essere  state  propriamente  le  negligenze  rituali  di  Sa'd.  Neghittosità  di 
lui  dopo  al-Qàdisiyyah,  p.  212-213. 

PERSIA-ARABIA.  -  Precedenti  della  battaglia  di  Nihàwand  —  §  11.  da  collocarsi  appunto  nell'a.  20  H., 
p.  214.  —  §  12.  (Balàdzurii.  Di  ft-onte  ai  preparativi  di  riscossa  allestiti  dai  Persiani  per  ordine 
di  Yazdagird,  'Umar  affida  il  comando  dell'esercito  musulmano  ad  al-Nu'màn  b.  'Amr  b.  Muqarrin, 
p.  214-21.5. 

PERSIA-MESOPOTAMIA  ORIENTALE.  -  La  conquista  dell'Assiria  (al-Mawsil).  -  §  13.  Periodo  di 
sosta  nel  progresso  delle  conquiste  arabe,  dovuto  al  numero  esiguo  delle  prime  schiere  ed  al 
tempo  necessario  per  la  emigrazione  delle  tribù  arabe  dal  centro  vèrso  la  periferia.  Gli  Arabi 
conservano  con  prudente  cura  fiscale  le  circoscrizioni  amministrative  e  politiche  dei  paesi  assog- 
gettati, p.  215-216.  —  §§  14-19.  (Br.'àdzuri).  'Utbah  b.  Farqad  in  al-Mawsil  :  sue  conquiste  sino  ai 
confini  dell' Adzarbaygàn,  p.  216-217. 

SIRIA.  -  Mutamento  di  governatori.  —  §  20.  (Hagar).  Sa'id  b. 'Amir  b.  Hidzyam  al-Gumahi  in  Hims,  p.  218. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  -  Prima  invasione  del  territorio  greco  e  spedizione   militare.  —  §  21.  a)  Fu, 

vivente  'Umar,  l'unica  razzia  oltre  l'Amauus,  p.  218;  bi  CTabarii,  fatta  felicemente  da  abu  Bahriyyah 
'Abdallah  b.  Qays,  o  da  Maysarah  b.  Masrùq,  p.  218-219.  —  §  22.  lYa'qùbi).  Id. ;  infelice  spedizione 
marittima  di  'Alqamah  b.  Mugazziz.  p.  219. 


SIRIA  (?).  -  Terremoto.  —  §  23.  (Ya'qubii,  p.  219. 


SIRIA.  -  Istituzione  dei  campi   militari  —  §  24.  attribuita,  forse    erroneamente,  ad  'Umar,  p.  219-220. 

MESOPOTAMIA-ARMENIA.  -  Nuove  conquiste  arabe,  e  morte  di    lyàd    b.    Ghanm.  —  §  25.  (a)  La 

conquista  della  Mesopotamia,  cominciata  il  18.,  si  compie  nel  20.  H.,  p.  220;  (6)  (Balàdzuri).  Spe- 
dizione di  'lyàd  b.  Ghanm:  sua  morte,  e  successori  nel  governo,  p.  220-221.  —  §  26.  (Balàdzuri: 
Wàqidi}.  Tlmayr  b.  Sa'd  prende  'Ayn  al-Wardah  i=Ea-s  al-Aynì  per  trattato,  p.  221,  —  §  27.  (id.), 
ovvero  per  forza  d'arme,  p.  221-222.  —  §  28.  (id.).  Secondo  altri,  l'espugnazione  fu  opera  di  abù 
Musa  con  le  schiere  della  éazìrah,  p.  222.  —  §  29.  (id.t.  'Umayr  conquista  Qarqisiyà  e  i  Husùn  al- 
Furàt,  p.  222-223.  —  §  30.  (id.).  Emigrazione  degli  abitanti  di  Ra's  al- Ayn:  probabilmente  Greci 
ed  ortodossi,  p.  223.  —  §  31.  'id.j.  Prestazioni  e  tributi  imposti  agli  abitanti  della  Gazirah,  p.  224. 
§  32.  (là.).  Quali  fossero  le  terre  gravate  dalle  decime,  p.  224.  —  §  33.  (id).  'lyàd  avrebbe  preso 
anche  Singàr,  p.  224,  _  §  34.  (id.).  e  uno  dei  castelli  di  al-Mawsil,  p.  224.  —  §  35.  (id.).  Suoi 
successori,  p.  224. 

MESOPOTAMIA-ARMENIA.  -  Incursione  greca  ed  armena  in  Mesopotamia.  —  §  36.  (Michele  Sirio) 
Piano  di  Valentino  e  di  David  Urtàyà  contra  i  "Tayyàyè.  Sconfitto  Valentino,  'lyàd  muove  contro 
gli  Armeni,  invasori  della  Mesopotamia,  e  li  disfece,  p.  22.5-226. 

MESOPOTAMIA.  -  Tradizioni  sulla  sottomissione  dei  Taghiib.  —  §  37.  Ragioni  congetturabili  del 
trattamento  speciale  fatto  dal  governo  di  Madinah  alla  tribù  numerosa  e  ricca  dei  Taghiib,  p.  226- 
228;  —  §38.  (Balàdzuri),  i  quali  accettarono  di  pagare  la  sadaqah  doppia,  ma  non  la  gizyah,  e 
restare  cristiani,  p.  228-229;  —  §§  39-40.  (id.),  minacciando  altrimenti  di  abbandonare  il  territorio. 
Intercede  per  essi,  presso  'Umar,  Zur'ah  b.  al-Nu'màn,  p.  229-230.  —  §§  41-44.  (id.).  Patti  conclusi 
con  i  Taghiib:  loro  posizione  singolare,  di  cristiani  trattati  come  musulmani,  p.  230.  —  §§  4546.  (Ba- 
làdzuri, YQsuf).  Trattamento  fiscale  loro  fatto  da  'Umar  e  da  "Utjimàn,  p.  230.  —  §§  47-49.  (Yahya). 
Particolari  di  esazione,  p.  230-231. 

XIX 


20.  a.  H.  §§  5()-14U.  INDICE  ANALITICO 


EGITTO.  -  La  campagna  egiziana  del  20.  H.  — §5(l.  Principali  avvenimenti  di  quest'anno  in  Egitto: 
presa  della  rocca  di  Babilonia,  9  aprile  6U='21  Kabi'  II.  2f).  H. ;  e  capitolazione  di  Alessandria, 
17  ottobre-8  novembre  «>41=6-28  Dzu-l-Qa'dah  del  20.  H.  Andamento  generale  della  campagna, 
p.  23-2-235. 

Le  tradizioni  sulla  presa  di  Babilonia  e  la  prima  resa  di  Alessandria. —§  Bl.  I  due  eventi  sono  nelle 
tradizioni  fusi  e  spesso  confusi  insieme,  come  Misr  (^cittiil  con  Misr  (provincia:  Egitto),  p.  236.  — 
§§  52-55.  (abu-l-Mahàsin,  Maqrizi,  ecc.).  Data  della  prosa  di  Babilonia,  p.  235.  —  §§  56-57.  (MaqriSi, 
ibn  'Abd  al-liakam).  Numero  dei  Musulmani  che  vi  parteciparono.  Prodezze  di  'Ubàdah  b.  al-Sàmit, 
p.  235-236.  —  §§  58-60.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Pretesa  espugnazione  della  città  per  assalto.  Valore 
di  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  p.  236-237.  —  §  6L  Nella  versione  seguente,  più  prolissa,  ma  più  vi- 
cina alla  verit)\,  si  rappresenta  lo  svolgimento  dell'assedio  con  carattere  piuttosto  pacifico  e  diplo- 
matico anziché  aggressivo,  p.  287-238.  —  §  62.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Assedio  di  Bàb  Alyun:  i  difen- 
sori con  al-Muqawqis  si  ritirano  in  al-Rawdah,  p.  238-239.  —  §  63.  (id.).  Trattative  lunghe  e  difficili 
tra  al-Muqrf\vqis  e  'Amr,  p.  239-240.  —  §  64.  (id.).  Ambasciata  di  'Ubàdah  b.  al-Sàmit;  conclusione 
del  trattato  di  pace  fra  Copti  e  Musulmani,  p.  241-243.  —  §  65.  (id.).  Eraclio  non  approva  il  trat- 
tato, ma  i  Copti  lo  concludono  egualmente,  per  cooperazione  di  al-Muqav?qis.  Chi  propriamente 
sia  stato  il  negoziatore  della  resa  di  Babilonia,  p.  243-245.  —  §  66.  (id.).  1  Copti  divenuti  ausi- 
liari dei  Musulmani,  p.  245.  —  §§  67-70.  (Balàdzuri).  Partecipazione  di  al-Zubayr  alla  campagna 
egiziana  ed  alla  presa  di  Babilonia,  p.  246-247.  —  §  71.  (id.).  Gli  Arabi  vorrebbero  spartirsi  Misr 
conquistata,  ma  limar  lo  proibisce,  p.  247.  —  §  72.  (id.).  I  Greci  ricusano  di  approvare  il  trat- 
tato stipulato  da  al-Muqavrqis,  e  riprendono  Alessandria:  confusione  tra  la  prima  e  la  seconda 
resa  di  questa  città,  p.  247-248.  —  §  73.  (id.).  Trasformazione,  anacronistica,  dei  tributi  in  generi 
a  tributi  in  contanti,  concessa  da  'Umar  agli  Egiziani,  p.  248.  —  §  74.  (id.).  Variante  della  tradi- 
zione al  §  72,  p.  248.  —  §  75.  (Balàdzuri).  Mu'àwiyah  esenta  dalla  gizyah  il  villaggio  egiziano 
dov'era  nata  Màryah  al-Qubtiyyah,  p.  249.  —  §  76.  (Yàqiit).  Numero  dei  Musulmani  che  parteci- 
parono alla  prima  campagna  in  Egitto,  p.  249.  —  §§.  77-78.  (Balàdzuri).  Ammontare  della  gizyah 
e  kharàg  riscossi  in  Egitto,  p.  249.  —  §  79.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Numero  degli  Egiziani  sotto- 
posti alla  gizyah,  p.  249-250.  —  §  80.  (Balàdzuri)  Questione  se  l'Egitto  sia  stato  sottomesso 
per  viva  forza  o  con  un  trattato  di  pace.  Doppio  trattato  conchiuso  dal  re  o  signore  di  Alyiinah 
(non  al-Muqawqis)  con  'Amr,  p.  250-251.  —  §  81.  (Ya'qùbi).  Versione  della  prima  campagna  mu- 
sulmana in  Egitto,  p.  251-253.  —  §§  82-83.  (Kindi).  Ragguaglio  sull'assedio  e  la  presa  di  Misr, 
p.  253.  —  §  84.  (Maqrizi).  Mosse  di  'Amr  h.  al-'Às,  p.  253.  —  §§  85-86.  (Gawzi).  Sincronismo,  sotto 
la  medesima  annata,  della  presa  di  Misr,  di  Bàb  al-Bun  e  di  Alessandria,  p.  353-254.  —  §  87.  Ver- 
sione di  Tàqùt  sulla  prima  campagna  sino  alla  presa  di  Babilonia,  p.  254-255.  —  §  88.  Ragguaglio 
di  Abulfeda,  p.  255.  —  §  89.  Osservazioni  preliminari  sulla  versione  seguente  di  Eutiohio,  attinta 
a  fonti  musulmane  e  cristiane  (forse  copte),  p.  255-256.  —  §§  90-92.  (Eutichioj.  Trattative  di  'Amr 
con  al-Muqawqis,  giacobita  ed  'àmil  al-kharàg,  per  la  presa  della  fortezza  di  Misr.  Lotte  ac- 
canite tra  Musulmani  e  Greci  attorno  ad  Alessandria:  presa  e  ripresa  di  questa  città,  che  sog- 
giace a  discrezione.  Statistica  degli  abitanti  maschi  d'Egitto  in  età  virile,  e  ammontare  totale  del 
tributo,  p.  256-259. 

Tradizioni  sulla  presa  di  Alessandria.  —  §  98.  Confusione  nelle  fonti  tra  la  resa  di  Babilonia,  la  prima 
e  la  seconda  espugnazione  di  Alessandria,  p.  259-260.  —  §  94.  (Tabari).  Dopo  trattative  tra  il  si- 
gnore di  Alessandria  ed  'Amr,  i  Musulmani  entrano  in  quella  città,  p.  260-261.  —  §§  95-96.  (Dza- 
habi,  Suyùti,  ecc.).  Date  della  resa  di  Alessandria,  p.  261.  —  §§  97-114.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Tra- 
dizioni sull'assedio  della  città  :  incidenti  e  particolari.  Come  l' imperatore  greco  provvede  alla  di- 
fesa di  Alessandria,  e  'Umar  sollecita  'Amr  ad  espugnarla,  p.  261-266.  —  §  115.  (ibn  Hubays). 
'Amr  e  Maslamah  b.  Makhlad,  p.  266-267.  —  §§  116-122.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Altre  tradizioni  rela- 
tive alla  presa  di  Alessandria,  p.  267-629.  —  §§  123-126.  (id.).  Ricchezza  e  popolazione  della  città, 
p.  269-270.  —  §§  127-128.  (id.).  Prigionieri  egiziani  e  trattamento  speciale  fatto  ad  alcuni  villaggi 
del  Delta,  p.  270-271.  —  §  129.  (Maqrizi).  Importo  della  gizyah  di  Alessandria,  p.  271.  —§  130.  (Ba- 
làdzuri). 'Amr,  pur  durante  l'assedio  di  Alessandria,  manda  varie  spedizioni  nel  paese  circostante, 
p.  271-272.  —  §§.  131-133.  (id.).  Trattative  con  al-Muqawqis,  e  tributo  imposto  ad  Alessandria, 
p.  272-273.  —  §  134.  (id.).  Come  i  Musulmani  si  stabilirono  in  Alessandria,  p.  273-274.  —  §§  135- 
137.  (Ta'qùbi).  Notizie  sul  tributo  pagato  dagli  Alessandrini,  p.  274-275.  —  §  138.  Ragguaglio  di 
ibn  Khaldun,  p.  275.  —  §§  139-140.  Ragguaglio  di  Yàqiit,  specialmente  sulla  questione  se  l'Egitto 
fosse  conquistato  per  forza  d'arme  o  per  trattato,  p.  275. 


INDICE  ANALITICO  §§  Ul-195.  20.  a.  H. 


EGITTO.  -  Presa  di  Alessandria  (versione  di  Severua  di  al-Usmdnayn).  —  §  141.  Il  racconto  di  Severaa 
si  riferisce  nei  particolari  alla  seconda  resa  di  Alessandria  :  distruzione  della  chiesa  di  San  Mai'co  : 
rapimento  de!  cranio  del  santo.  Ritorno  del  patriarca  dei  Copti  Beniamino,  p.  27.5-277. 

Campagne  di  conquista  dell'Egitto  (versione  del  cronista  copto  abù  Sàlih).  —  §  142.  'Amr  fa  alto  in 
Bàbliin,  chiamata  poi  Fustàt  (Bàblùn),  p.  277.  —  §  143.  Assedio  e  presa  di  Misr  =  al-Lùnyah  =al- 
Fustàt,  il  cui  vescovo  è  Qurrah  (Cirus),  p.  377-278.  —  §  144.  Censimento  dei  Copti  soggetti  al 
tributo,  e  ammontare  di  questo,  p.  278.  —  §  14.5.  Numero  dei  Musulmani  combattenti  e  morti, 
p.  278-279. 

Presa  di  Babilonia  e  di  Alessandria  (versione  di  Giovanni  di  Niqyiis).  —  §§  146-147.  Rubrica  del 
capo  CXV,  e  capo  CXVI:  Morto  Eraclio  (11  febbraio  641  =  23  Safar  20.  H.l  discordie  e  disordini 
sorgono  in  Costantinopoli,  specialmente  per  l'infermità  e  la  rapida  morte  di  Costantino,  p.  279-280. 
—  §  148.  La  data  sicura  della  morte  di  Eraclio,  anteriore  alla  presa  di  Babilonia,  e  il  testo  di  Gio- 
vanni di  Niqyùs  escludono  l'identità  di  al-Muqawqis  =  Ciro,  nella  persona  che  trattò  la  resa  di  Ba- 
bilonia, e  fanno  supporre  fosse  questo  al-Muqawqis  un  Ijizantino,  confuso  poi  con  il  Ciro-al-Muqawqis 
della  presa  di  Alessandria,  p.  280-281.  —  §§  149-150.  Rubrica  del  capo  CXVI,  e  capo  CXVII  :  Assedio 
e  presa  di  Babilonia,  il  lunedi  dopo  Pasqua  di  Risurrezione,  9  aprile  641  =21  Rabi'  II.  20.  a.  H., 
p.  281-283.  —  §  151.  Rubrica  del  capo  CXVII,  il  cui  testo  è  perduto,  p.  283.  —  §§  152-153.  Ru- 
brica del  CXVm,  e  capo  medesimo:  Sincronismo  o  somiglianza  di  circostanze  nella  presa  di 
Cesarea.  'Amr  prende  le  città  di  Misr,  Kabryàs  di  Abàdyà,  Niqyus,  Sa,  p.  283-285.  —  §§  154-155.  Ru- 
brica del  capo  CXTTI,  e  capo  CXTV:  Samanùd  resiste  ai  Musulmani.  Copti  che  apertamente 
parteggiano  per  la  causa  dell'  Islam,  p.  285-286.  —  §  156.  Capo  CXV  :  'Amr  guerreggia  senza  molta 
fortuna  nell'Egitto  settentrionale,  poi  torna  a  Babilonia.  Assedio  di  Antìuoe,  p.  286-287.  — 
§§  1.57-159.  Rubrica  del  capo  CXIX,  e  capo  medesimo  :  Discordie  tra  i  Copti.  Discordie  e  disordini 
tra  i  capitani  e  i  maggiorenti  greci.  Confuse  notizie  su  ciò  che  avveniva  in  Costantinopoli  sotto 
il  breve  regno  di  Eracleonas,  p.  287-290.  —  §§  160-161.  Capo  CXX:  Ciro  toma  festeggiato  in 
Alessandria  il  14  settembre  641,  giorno  della  esaltazione  della  Croce,  p.  290-292.  —  §  162.  Va  a 
trattare  con  i  Musulmani  in  Babilonia,  e  persuade  gli  Alessandrini  ad  accettare  il  trattato  da 
lui  combinato,  p.  292-293.  —  §§  163164.  I  Musulmani  prendono  possesso  del  Basso  Egitto,  e  no- 
minano in  esso,  nel  Rif  e  nel  Fayyiìm,  amministratori  greci  a  loro  favorevoli,  nemici  dei  Copti, 
sui  quali  si  aggravano  i  tributi  e  l'oppressione,  p.  293-294.  —  §§  165.  Spedizione  predatoria  man- 
data da  'Amr  nella  Pentapoli,  p.  294.  —  §  1G6.  Morte  del  patriarca  Ciro,  il  giovedì  di  Pasqua, 
21  marzo  642  =  13  Rabi'  H.  21.  a.  H.,  p.  294-295.  —  §§  167-168.  Fine  confusa  e  frammentaria  del 
capo  CXX:  Guerra  civile  in  Costantinopoli.  Altra  versione,  ostile,  della  morte  del  patriarca  Ciro, 
cui  succede  in  Alessandria  l'arcidiacono  Pietro.  I  Musulmani  entrano  definitivamente  padroni  in 
Alessandria  tra  il  17  settembre  e  l'S  ottobre  642.  Il  trattato  di  resa  fu  stipulato  11  mesi  prima: 
17  ottobre-8  novembre  641,  p.  295-296.  —  §§  169170.  Capo  CXXI  :  Ritomo  del  patriarca  monofisita 
Beniamino  in  Alessandria.  A  Menas  è  sostituito  da  'Amr,  come  prefetto,  Giovanni.  Conversione 
parziale  dei  Copti  all'  islamismo,  e  loro  fanatismo  religioso.  Fonti  diverse  e  contrarie  del  racconto 
di  Niqyus,  p.  297-298.  —  §  171.  Come  il  Mixller  ricostruisce  la  prima  resa  di  Alessandria  e  ne 
espone  gli  effetti,  specialmente  economici  e  commerciali,  p.  298-299. 

Invasione  e  conquista  dell'Egitto  (versione  di  Sayf  b.  'Uman.  —  §  172.  Importanza  speciale  di  queste 
tradizioni  sajfiane,  nonostante  la  pi'ovata  predilezione  leggendaria  della  scuola  tradizionistica  ira- 
qense,  p.  299-300.  —  §  173.  Del  preteso  testo  del  trattato  di  Alessandria,  conservato  da  Sayf,  p.  300- 
301.  —  §  174.  'Umar  ordina  ad  'Amr  di  marciare  contro  l' Egitto,  p.  301-302.  —  §  175.  I  Greci  e 
i  Copti  tentano  di  arrestare  'Amr  a  Bàb  al-Yiin,  ma  sono  sconfitti.  Avanzata  di  'Amr  su  'Ayn  Sams, 
p.  302-303.  —  §  176.  Nonostante  la  resistenza  di  'Ayn  Sams,  'Amr  conclude  un  trattato  regolare. 
Testo  del  trattato  generale  con  gli  Egiziani,  ed  esame  filologico  di  esso,  p.  304.  —  §  177-179.  Di- 
scussione sull'autenticità  del  documento,  che  risulta  composto  artificialmente  in  età  posteriore,  con 
elementi  di  varia  provenienza,  alcuni  in  parte  antichi  e  forse  contemporanei  alla  conquista,  p.  304- 
307.  —  §  180.  Accanita  battaglia  di  'Amr  contro  al-Muqawqis  in  'Ayn  Sams,  p.  307-310.  —  §  181.  (id.). 
Guarnigioni  arabe  lungo  le  coste  d' Egitto,  p.  310-311. 

Tradizioni  sul  modo  come  fu  sottomesso  l'Egitto.  —  §  182.  Valore  di  queste  tradizioni,  p.  311.  — 
§§183-186.  (Balàdzuri,  ibn  'Abd  al-hakam  .  Tradizioni  comprovanti  la  sottomissione  senza  trattato, 
p.  312-313.  —  §§  186189.  (id.).  Tradizioni  che  comprovano  invece  il  trattato  di  resa,  p.  314-315.  — 
§  190.  Sistema  con  cui  si  mettevano  in  circolazione  le  tradizioni  false,  p.  315-316.  —  §§  191-195.  (Ba- 


20.  a.  H.  §§  li)6-22-t.  INDICE  ANALITICO 


làdzuri,  ibn  'Abd  al-hakamì.  Altre  tradizioni  a  prova  del  trattato.  Da  qual  gioco  d' interessi  tra  loro 
in  conflitto  sorgessero  le  opposte  tradizioni,  p.  81fi-318.  —  §  196.  (ibn  Huba3's).  Perchè  non  furono 
divise  tra  i  Musulmani  le  terre  dei  Copti:  gizyah  e  Idiaràg,  p.  318. 

EGITTO.  -  Riepilogo  critico  delle  tradizioni  sulla  conquista  araba  dell'Egitto.  —  §197.  Cause  gene- 
rali e  cause  personali  della  conquista,  p.  318-319.  —  §  198.  Ambizione  e  disegni  di  'Amr,  p.  319- 
320.  —  §  199.  Piano  d'invasione  da  lui  preparato  durante  l'assedio  di  Cesarea.  Sua  partenza, 
nolente  o  niente  sapendo  il  CalifiFo.  Suoi  compagni  di  spedizione,  p.  320-322.  —  §  200.  Inutile 
tentativo  del  Califlb  di  fermare  la  spedizione:  a  che  si  riduceva  l'autorità  personale  di  Tlmar, 
p.  822-323.  —  §  201.  Mirando  ad  appurai'e  quali  forze  effettive  i  Bizantini  avessero  in  Egitto  e  a 
gettare  il  panico  tra  Greci  e  Copti  col  colpire  la  regione  invasa  nel  punto  più  vitale,  'Amr,  per 
al-Farainii  e  Bilbays,  occupata  umm  Duna'yn  e  tenendosi  sempre  in  contatto  col  deserto,  minaccia 
in  più  punti  la  valle  niliaca,  spingendo  le  scorrerie  sino  al-Faj^um  e  a  Buwayt,  p.  323-326.  — 
§  202.  Concentramento  delle  schiere  bizantine  presso  umm  Dunayn.  'Amr  chiede  rinforzi;  che  il 
Califfo,  già  a  disegno  allestiti,  invia  sollecitamente,  p.  326-329.  —  §  203.  Come  i  Greci  si  eran 
preparati  alla  campagna:  fortificazioni  restaurate,  ma  scarso  numero  di  milizie.  Non  è  improba- 
bile che  il  governo  provinciale  avesse  concluso  con  i  nomadi  del  Sinai  e  della  Palestina  meri- 
dionale un  accordo  per  garatirsi  da  scorrerie  e  sorprese.  Non  è  chiaro  d'altra  parte  in  quali  rap- 
porti il  comando  generale  delle  milizie  bizantine  fosse  con  il  patriarca  Ciro,  suprema  autorità 
civile  e  religiosa  dell'Egitto,  p.  329-330.  —  204.  al-Muqawqis,  che  dirige  personalmente  i  prepa- 
rativi della  difesa  di  Babilonia,  non  è  Ciro,  ma  qualche  comandante  inferiore  delle  milizie  bizan- 
tine. Al  comando  generale  fu  prima  Giovanni  di  Barqah,  poi  un  certo  Teodoro,  p.  330-331.  — 
§  205.  Concentratosi  'Amr  non  lontano  da  Babilonia,  nel  Ragab  19.  H.  si  venne  alla  battaglia  di 
'Ayn  Sams,  p.  331-333.  —  §  206.  Svolgimento  ed  effetti  di  questa  giornata,  p.  333-334.  —  §  207.  Dopo 
un  movimento  di  violenta  espansione  militare,  gli  Arabi  .si  raccolgono  all'  assedio  di  Babilonia, 
dove  s'erano  rinchiuse  le  milizie  bizantine,  p.  334-335.  —  §  208.  La  descrizione  della  celebre  fortezza 
dimostra  in  che  propriamente  consistesse  l'assedio,  p.  335-386,  —  §  209.  che  durò  circa  sette  mesi, 
dallo  Savywàl  19.  al  Rabi'  II.  20.  H.  (settembre  640-aprile  641).  al -Muqawqis-Giorgio  intavola  i 
negoziati,  p.  336-337.  —  §§  210-211.  I  quali  si  prolungano  nella  speranza  di  aiuti  da  Alessandria, 
mentre  Ciro,  richiamato  in  Costantinopoli,  vi  è  ingiustamente  punito;  e  l'Egitto  viene  dal  go- 
verno centrale  abbandonato  a  se  stesso,  p.  338-340.  —  §  212.  All'accordo  per  la  resa  di  Babilonia, 
21  Rabi'  II.  20.  a.  H.,  segui  probabilmente  un  accordo  provvisorio  tra  qualche  vescovo  monofisita 
e  gli  Arabi  per  la  protezione  dei  Copti  sino  alla  fine  della  Campagna.  Ti-e  persone  distinte  com- 
prese sotto  il  nome  di  al-Muqawqis,  341-342.  —  §  213.  Padrone  di  Babilonia,  *Amr  muove  contro 
Niqyiis,  vi  sconfigge  Domentianus  (26  Gumàda  I.  20.  a.  H.);  e,  dopo  aver  battuto  piccole  schiere 
di  Greci  in  Kawm  Sarik,  Suntays  e  Karyun,  pone  l'assedio  ad  Alessandria  ;  dove  poco  dopo  fa 
ritorno  Ciro  il  patriarca,  342-344.  —  §  214.  Negoziati  di  resa  e  trattato  concluso,  in  Babilonia,  nel 
28  Dzu-1-Qa'dah,  stipulante,  tra  gli  altri  patti,  un  armistizio  di  undici  mesi  a  scopo  militare  e  spe- 
cialmente economico,  p.  344-346.  —  §  215.  Ingiusta  accusa  di  tradimento  fatta  al  patriarca  Ciro, 
p.  346-347.  —  §  216.  Con  l'estendersi  dell'  impero  arabo  in  grandi  e  lontane  provincie,  cessa  l'unità 
della  storia  islamica,  che  si  fraziona  ormai  in  varie  storie  locali  o  provinciali,  p.  348. 

ARABIA.  -  al-Bahrayn  e  'Umàn:  deposizione  del  governatore  Qudàmah,  e  mutamenti  nel  governo 
delle  due  Provincie.  —  §  217.  iTabari:  Wàqidij.  Al  deposto  Qudàmah  b.  Maz'ùn  succede  nel 
Bahrayn  abii  Hurayrah,  p.  348-349.  —  §  218.  (Balàdzuri).  al-'Alà  (o  abii  HurajT^ah?)  nell',Umàn, 
p.  849.  —  §  219.  Tabella  dei  governatori  nelle  due  provincie  dal  13.  al  20.  H.,  secondo  le  varie 
fonti,  p.  349-350. 

L'espulsione  dei  Cristiani  e  degli  Ebrei  d'Arabia,  —  §  22<i.  e  precisamente  da  Kliaybar  e  da  Nagràn, 
sebbene  spiegata  dai  tradizionisti  con  motivi  di  fanatismo  o  di  preservazione  della  fede  islamica, 
*  fu  provvedimento  eccezionale  e  di  natura  locale,  p.  350-352.  —  §  221.  Vera  ragione  l'avidità  dei 
maggiorenti  musulmani  che,  potendo  sostituire  agli  Ebrei  di  Khaybar,  nella  coltivazione  delle 
terre,  gli  schiavi  di  guerra,  e  volendo  probabilmente  liberarsi  dagl'  incomodi  banchieri  cristiani 
del  Nagràn,  loro  creditori,  s' imposero  al  Califfo.  Il  quale  cede  forse  con  minor  riluttanza,  in 
quanto  detta  espulsione  rientrava  nel  suo  programma  politico  esclusivista,  p.  .352-354. 

Espulsione  dei  Cristiani  da  Nagràn.  —  §  222.  (ibn  Sa'd).  Scritto  di  compenso,  concesso  da  'Umar  ai 
Cristiani  espulsi  da  Nagràn,  p.  354-355.  —  §  223.  (Tabari  :  Sayf).  Come  e  perchè  il  Califfo  trattò 
i  Nagràni,  p.  855.  —  §  224.  (Balàdzuri  i.  I  Cristiani  del  Nagràn,  cresciuti  di  numero  e  praticanti 


INDICE  ANALITICO  SS  224-257.  20.  a.  H. 


l'usura.  Rapporti  tra  Cristiani  ed  Ebrei  in  Nagràn,  p.  355-356.  —  §  225.  (id.l  Compensi  loro  con- 
cessi, p.  356.  —  §  226.  libn  Sa'd).  Gli  Ebrei  emigrano  iu  Siria,  i  Cristiani  nelT'Iràq,  p.  356.  —  §  227. 
(Balàdznri;.  'limar  manda  i  Nagràni  in  al-Nagràniyyah  nell'Iraq,  p.  356.  — §  228.  (id.).  I  Nagràni 
avrebbero  per  dissensi  intemi  chiesto  al  ^Califfo  di  emigrare,  p.  356-357.  —  §  229.  (Balàdzuri). 
Prescrizioni  fiscali  di  'Uthmàn  verso  i  Nagràni  dell'Iraq,  p.  357.  —  §  230.  (id.).  Cristiani  paganti 
la  gizyah,  357-358.  —  §  231.  Scritto  di  TJmar  per  i  Nagràni,  p.  358-359.  —  §  232.  (Tabari: 
al-Wàqidi).  Gli  Ebrei  (?)  espulsi  da  Nagràn,  p.  359.  —  §  233.  (ibn  Sa'd)  Il  neo  sulla  coscia  di 
'Umar,  p.  359. 

ARABIA.  -  Espulsione  degli  Ebrei  da  Khaybar.  —  §234.  iTabari:  al-Wàqidi,  ecc.i.  Gli  Ebrei  espulsi  da 
Khaybar,  Fadak,  Wàdi  al-Qura,  Nagràn  ?;,  p.  3.59.  —  §  235.  (Baethgen,  ìsà'deanab).  Id.,  p.  359.  — 
§  236.  I  tradizionisti  hanno  falsificato  a  disegno  le  notizie  riguardanti  la  resa  di  Khaybar,  per 
giustificare  l'iniqua  espulsione  oi-dinata  da  'Umar.  Particolari  riferiti  da  ibn  Sa'd.  Accuse  e 
calunnie  contro  gli  Ebrei,  p.  359-361.  —  §  237.  iWàqidi  Wellh.).  Uccisione  di  Muzahhar  b.  Rafi' 
al-HàritJii.  Spartizione  e  sorteggio  delle  terre  di  Khaybar,  p.  361-363,  —  §  238.  (id  ),  e  di  Wàdi  al- 
Qura,  p.  363-365.  —  §  239.  (id.).  Trattamento  speciale  agli  Ebrei  di  Fadak,  p.  365-366.  —  §  240.  (Ba- 
làdzuri). Incertezza  sugli  Ebrei  di  Wàdi  al-Qura,  p.  366.  —  §  241.  i  Ya'qiibi).  Espulsione  degli  Ebrei, 
e  ragione  di  essa,  p.  366. 

ARABIA-ABISSI  NI  A.  -  Disastro  navale  arabo  —  §  242.  (Tabari:  Wàqidiì  della  flotta  (?)  comandata  da 
'Alqamah  b.  Mugazziz,  contro  gli  Abissini  (o  pirati  negri  della  costa  africana),  p.  366-367. 

ARABIA.  -  Madinah:  matrimonio  del  Califfo  'Umar  —  §  243.  iTabari,  Wàqidiì,  con  Fàtimah  bint  al- 
Walid  sorella  di  Kliàlid,  p.  867. 

Pellegrinaggio  annuale,  —  §  244.  ifabari^,  diretto  da  'Umar,  p.  368. 

Terremoto,  —  §  245.  (Gawzi),  in  Madinah,  p.  368. 

Luogotenenti  del  Califfo.  —  §  246.  (Tabari),  i  medesimi,  o  quasi,  dell'anno  precedente,  p.  368. 

Istituzione  del  Diwàn  o  ruolo  delle  pensioni.  —  §  247.  Il  Diwàn  sorse  dalla  fusione  tra  le  norme 
tenute  dal  Profeta  e  dai  primi  successori  per  dividere  il  quinto  del  bottino  di  guerra,  e  l'uso 
bizantino  e  persiano  di  pagar  il  soldo  alle  milizie  su  un  ruolo  fisso:  esso  fu  in  complesso  il  primo 
bilancio  dello  stato  musulmano,  resosi  necessario,  anche  per  infrenare  abusi  e  ingiustizie,  quando 
al  quinto  della  preda  si  aggiunsero,  quali  cespiti  di  entrate  dello  stato,  le  tasse  pagate  dai  sud- 
diti non  musulmani,  o  almeno  quel  che  di  esse  sopravvanzava  alle  spese  di  mantenimento  del- 
l'esercito permanente  nelle  varie  provincie,  ed  era  spedito  a  Madinah,  p.  368-371.  —  §  248.  Per 
stabilire  il  sistema  di  pensioni,  si  dovettero  compilare  registri  o  ruoli  dei  guerrieri  regolarmente 
inscritti  con  le  loro  famiglie,  secondo  le  loro  tribù  o  clientele  e  che  costituivano  lo  stato  isla- 
mico :  i  padroni  di  fronte  ai  non  arabi  e  non  musulmani,  i  sudditi,  p.  371-372.  —  §  249.  Il  do- 
minio arabo  fu  dunque  dominio  di  aristocrazia  militare,  che  ebbe  per  solo  compito  di  mantenere 
l'ordine  all' interno  ed  estendere  ognora  i  confini  mediante  il  gihàd,  lasciando  ai  sudditi  la  libera 
cura  delle  loro  faccende  interne,  purché  pagassero  puntualmente  le  imposte,  p.  372-373.  —  §  250.  E 
peixiò  impossibile  che  i  guerrieri  islamici  abbiano  chiesto  la  divisione  delle  terre  conquistate, 
non  avendo  essi  nessun  desiderio  di  vita  tranquilla  e  laboriosa,  p.  373-374.  —  §  251.  Il  pagamento 
del  tributo  importava  l'esenzione  dal  servizio  militare  ;  e  d'altra  parte  le  pensioni  e  rendite  erano 
ad  esclusivo  beneficio  dei  guerrieri  ed  amministratori- delle  provincie,  non  di  tutti  i  Musulmani. 
Quale  uso  facesse  'Umar  dei  probabili  avanzi  del  bilancio,  p.  374-376.  —  §  252.  La  distribuzione 
delle  così  dette  pensioni  fu  il  risultato  inevitabile  di  una  infinità  di  errori,  di  ripieghi,  di  con- 
flitti tra  governatori,  CaliiFo  e  militi.  Il  bisogno  di  aumentare  continuamente  le  rendite  dei  vari 
eserciti  permanenti,  che  ogni  giorno  crescevan  di  numero,  portò  all'allargamento  delle  conquiste, 
p.  376-378. — §253.  Perchè  il  sistema  delle  pensioni  ideato  da  TJmar  fu  necessariamente  di  breve 
durata,  p.  378-379.  —  §  2.54.  Sono  interpolazioni  tradizionistiche  i  particolari  sulla  precedenza  nel. 
ruolo  in  rapporto  alla  parentela  con  il  Profeta,  e  tutta  la  ricostruzione  genealogica  delle  tribù 
arabe,  p.  379-380.  —  §  255.  L'istituzione  del  Diwàn  sanzionava  lo  squilibrio  sociale  d'una  mi- 
noranza gaudente  a  spese  di  un'immensa  maggioranza:  ne  seguirono  le  conversioni  all'Isiàm 
e  il  moltiplicarsi  dei  mawàli,  p.  380-382.  —  §  256.  (Tabari  e  Ya'qiibi:  Wàqidi).  Data  della 
istituzione  dei  dawàwin,  p.  382.  —  §  257.    (Fakhri).    Esposizione   della    riforma  di  'Umar    sul- 


20.  a.  H.  ìjS  oST'Uiti.  INDICE  ANALITICO 


l'esempio  ilei  iliwan  dei  re  jiersiaiii,  comunicatogli  da  un  marzubiin,  p.  882-888.  —  §  258- 
"269.  (ibn  KJinklCin  Prol.).  Come  sorse  il  Diwàn,  e  quale  ne  fu  lo  svolgimento  posteriore,  p.  384-885. 

§  260.  (abn  Yiìsuf).  Graduazione  dei  Musulmani  nell'assegno  delle  pensioni  in  ragione  doll'an- 

ziauitiV  di  conversione  e  dei  servizi  resi  all'Isliim,  p.  885-386.  —  §§  261-263.  (Balàilzuri).  Primo  posto 
assegnato  ai  parenti  del  Profeta,  p.  386.  —  §§  264-269.  (abu  Yùsuf).  Elenco  e  distribuzione  delle  pen- 
sioni, p.  ;W6-;W).  —  §§  270-271.  ^Saad).  Id.  id.,  p.  889-398.  —  §§  272-279.  (Baiadzuri).  Id.  id.,  p.  398- 
394.  _  §§  280-283.  (Saad).  Altri  particolari,  p.  394-896.  —  §§  284-285.  (Balàdzuri).  Id.  Pensione  ad 
alcuni  Persiani,  p.  396-896.  —  §  286.  (Ya'qubiì.  Id.  id.,  con  tracce  d'influenze  sciite,  p.  396-397.  — 
§§  287-292.  iBalàdzuri).  Pensioni  ai  bambini,  agli  orfani,  ai  trovatelli,  p.  397-398.  —  §  293.  (Furàt). 
Ordine  delle  tribù  nel  ruolo  delle  pensioni,  p.  398-399. —  §§  294-296.  (Saad).  Altri  particolari,  p.  399- 
400.  _  §§  297-304.  (Baladzuri).  Id.,  p.  400-401.  —  §  305.  (ibn  Sa'd).  Id.,  p.  401.  —  §  306.  (Balàdzuri;. 
Proposili  di  'Umar  di  accrescere  ognor  più  le  pensioni,  p.  401.  —  §§  307-309.  (ibn  Sa'd).  Anche  agli 
schiavi,  p.  401-402,  —  §g  310-312.  (Baladzuriì.  Id.,  ed  ai  mawàli,  p.  402-403.  —  §§  313-316.  (ibn 
Sa'd).  Speranze  e  propositi  di  maggior  larghezza  in  'Umar,  p.  403-404.  —  §§  317-320.  (Baladzuri). 
Ereditai-ietà  del  diritto  alla  pensione,  p.  404-405.  —  §  321.  (ibn  Sa'd).  Da  chi  cominciare  nello  stabi- 
lire gli  assegni,  p.  406.  —  §  322.  (Tabari).  Precedenza  secondo  il  grado  di  pai-entela  col  Profeta, 
p.  405.  —  §§  323-326.  (ibn  Sa'd).  Id.  Diwàn  anche  delle  varie  tribù  del  Higàz|?i,  p.  405-407.  — 
§  327.  (Tabari).  Id.,  p.  407.  —  §§  328-331.  (ibn  Sa'di.  Egual  diritto  di  ogni  musulmano  libero  al  fay, 
p.  407-409.  —  §  332.  (ibn  Klialdun).  Nessuna  risei^a  nel  tesoro,  p.  409.  —  §§  333-335.  (Yahya).  Se 
tutti  i  Musulmani  o  soltanto  i  guerrieri  abbian  diritto  alla  ghanimah  ed  al  fay,  p.  409-410.  — 
'§§  336-840.  (Baladzuri).  L''atà  ad  alcuni  persiani,  ai  lettori  del  Corano,  agli  Arabi  sedentari,  p.  410. 

—  §  341.  CTabari).  Tradizioni  sayfiane  sull'ordine  dei  pensionati,  p.  410-413,  —  §  342.  (id.),  la  distri- 
buzione delle  ricompense,  p.  413,  —  §  343.  (id.),  la  parte  che  toccava  al  Califfo,  p.  413.  —  §  344.  (id). 
Nessun  fondo  di  riserva,  p.  414.  —  §  845.  (id.),  come  al  §  343,  p.  414.  —  §  346.  (abu  Yùsuf).  «  Inimicizie 
e  odii  »  che  accompagnano  il  denaro,  p.  414.  —  §  347.  (id.).  Come  stabili  TJmar  il  fabisogno  per 
il  mantenimento  di  una  persona,  p.  414.  —  §§  348-351.  (Baladzuri).  Id.  I  duemudd  e  i  due  qist, 
p.  415. 

'IRAQ.  -  Distribuzione  delle  pensioni  fra  gli  abitanti  di  al-Kufah,  —  §  352.  ('Tabari:  Sayf),  divisi 
in  gruppi  amministrativi  o  'iràfah,  p.  415-417;  —  §  353.  (id.),  e  fra  quelli  di  al  Basrah,  p.  417 

BISANZIO.  -  Morte  di  Eraclio  e  torbidi  Interni.  —  §  354.  Nesso  tra  la  storia  bizantina  e  quella  del- 
l'Islam, p.  417.  —  §  355.  Fonti  arabe  sulla  morte  di  Eraclio,  p.  417.  —  §  356.  Fonti  non  arabe, 
p.  417-418.  —  §  357.  Sebeos,  p.  418.  —  §  358.  Michele  Sirio,  p.  418.  —  §  359.  Ancora  Sebeos,  p.  418. 

—  §§  360-361.  Teophanes,  p.  418-419.  —  §  362.  Riassunto  dei  principali  avvenimenti  interni  alla 
morte  del  grande  imperatore,  p.  419-421. 

NECROLOGIO: 

Anas  b.  ab!  Marthad,  §  363,  p.  421. 

al-Barà  b.   Màlik,  §  364,  p.  421422. 

Bilàl   b.  Rabàh,  §§  365-373,  p.  422-429. 

al-Óàrud  b.  'Àmr,  §§  374-378,  p.  429-431. 

'lyàd  b.  Ghanm,  §  379,  p.  481-433. 

Khuwaylid  b.  Murrah,  §  380,  p.  433. 

Màlik  b.  al-Tayyìhàn,  §§  381-382,  p.  433-434. 

al-Muzahhar  b.  Ràfi',  §  383,  p.  434. 

Nawfal  b.  al-HàrIth,  §  384,  p.  434. 

Safiyyah,  §§  385-388,  p.  435436. 

Sa'id  b.  'Amir,  §  389,  p.  436-487. 

abu  Sufyàn  b.  al-HàritJi,  §§  390-393,  p.  437-440. 

Tamim  b.  lyàs  b.  alBukayr  al-Laythì,  §  394,  p.  440. 

Usayd   b.  Hudayr,  §§  39.5-398,  p.  441-443. 

umm  Waraqah  bint  al-HàrItJi,  §  399,  p.  443-444. 

Zaynab  bint  Óahs,  §§  400-406,  p.  444-448. 


INDICE  ANALITICO  §§  141.  21.  a.  H. 


21.  a.  H. 

(10  dicembre  641—29  novembre  642Ì. 
Tabella  cronologica  comparativa  musulmano-gregoriana  dell'annata,  p.  460. 

'IRAQ.  -  Governo  di  'Ammàr  b.  Yàsir  in  al-Kufah,  e  nomina  di  al-Mughìrah  b.  Su'bah.  —  §  1.  In- 
certa cronologia  di  questo  periodo,  p.  4.'il.  —  §  2.  (Tabari  :  al-Wàqidij.  Nomina  di  'Ammàr  a 
governatore  di  al-Kufah  nell'a.  21.  H.,  e  poi  (nel  22.  H.?i  di  al-Mughirah  in  sostituzione  di  lui, 
dopo  la  candidatura  di  éubayr  b.  Mut'im,  p.  451-452.  —  §  3.  lYa'qiibi).  Id.,  p.  452-453.  —  §  4.  Os- 
servazioni su  al-Mughirah.  'Umar  esclude  sistematicamente  i  Muhàgiriin  da  ogni  partecipazione 
al  potere,  p.  453. 

'IRÀQ-KHOZISTÀN.  -  La  conquista  del  Khuzistàn  e  la  presa  di  Tustar.  —  §  5.  Ciò  avviene  sicura- 
mente nel  21.  H.  e  per  opera  principale  di  abù  Musa  e  delle  sue  schiere  di  al-Basrah:  viva  resi- 
stenza incontrata  dagli  Arabi  nel  KhCizistàn.  Disaccordo  delle  fonti  sull'ordine  con  cui  sono  sot- 
tomesse le  varie  città,  p.  454-455. 

Tradizioni  sulla  spedizione  e  presa  di  óundaysàbur,  di  Tustar  e  di  Ràmhurmuz.  —  §  6.  (Dzahabi) 

Notizia  sintetica  della  campagna,  p.  455-450.  —  §§  7-10.  (Tabari.  ecc.i.  Varia  cronologia  di  essa. 
p.  456.  —  §  11.  (Balàdzuri).  Presa,  trattato  e  insurrezione  di  Ràmhurmuz,  p.  456.  —  §  12.  (Id.), 
Id.  id.  di  Surraq,  p.  457.  —  §§  13-14.  (Id. i.  Assedio  e  presa  di  Tustar:  prigionia  di  al-Hurmuzàn 
p.  457-459.  —  §  15.  (Id.).  Presa  di  éundaysabur,  p.  459.  —  §  16.  (YàqCit).  Id.,  p.  459-460.  —  §  17.  (Ba- 
làdzuri). Presa  di  al-Sì5s:  tomba  del  Profeta  Daniele,  p.  460-461.  —  §  18.  (Id.).  Espugnazione  di 
al-Thibàn,  p.  461.  —  §  19.  (abii  Hanìfahi.  Racconto  di  tutta  la  campagna,  sino  al  lungo  assedio 
di  Tustar,  e  presa  per  tradimento  della  città,  p.  461-463.  —  §  20.  (Id.|.  Resa  di  al-Sììs:  tesoro  di 
Mihrigànqadzaq,  p.  464.  —  §  21.  'abù  YCisufi.  Ulteriori  conquiste  di  abu  Miisa.  p.  464. 

La  conquista  del  Khuzistàn  (versione  di  al-Madà-inii.  —  §  22.  Le  notizie  di  al-Madà-ini  sembrano 
foggiate  per  glorificare  alcune  famiglie  musulmane  di  origine  persiana,  p.  465.  —  §  23.  (Tabari). 
Preparativi  di  Yazdagird  per  resistere  contro  l'avanzata  degli  Arabi.  Siyàh,  incaricato  di  alle- 
stire l'esercito,  passa  ad  abii  Miisa:  patti  e  condizioni  da  lui  richieste  per  la  sua  conversione, 
p.  465-466. 

La  conquista  del  Khuzistàn  (versione  di  Sayf  b.  TJmar). — §  24.  Errori  e  palesi  finzioni  tradizionistiche 
di  questa  versione,  p.  466467.  —  §  25.  Gli  abitanti  del  Fàris  e  di  al-Ahwàz  preparano  la  riscossa, 
a  vincere  la  quale  'Umar  dispone  che  cooperino  schiere  di  al-Kùfah  e  di  al-Basrah.  Prima  vittoria 
dei  Kiìfani  su  al-Hurmuzàn,  p.  467-468.  —  §  26.  Riunione  di  tutte  le  forze  musulmane  sotto  Tu- 
star :  assedio  e  presa,  per  tradimento,  della  città.  al-Hurmuzàn  prigioniero,  p.  468-469.  —  §  27.  abù 
Sabrah,  comandante  generale  dei  Musulmani,  muove  all'assedio  di  al-Siis.  Nuove  disposizioni  del 
Califfo,  relative  ad  abù  Musa  al-As'ari,  p.  469-470.  —  §  28.  Le  schiere  musulmane  si  preparano  a 
concentrarsi  in  Nihàwand.  Resistenza  e  presa  di  al-Sùs,  p.  470471.  —  §  29.  Tomba  del  Profeta 
Dàniyàl,  p.  471.  —  §  30.  al-Hurmuzàn  alla  presenza  del  Califfo  in  Madinàh  :  come  carpisce  ad  'Umar 
l'amàn,  e  rendesi  musulmano,  p.  471473.  —  §  31.  Assedio  e  presa  di  óundaj'sàbùr,  p.  473-474. 

'IRAQ-PERSIA.-  I  precedenti  della  presa  di  Nihàwand.  —  §  32.  Difficoltà  di  spiegarsi  la  vera  natura 
o  ragione  storica  di  questa  battaglia  nel  cuore  dell'altipiano  iranico,  474-475.  —  §  33.  Valutazione 
della  vittoria  musulmana,  conseguita  a  caro  prezzo,  e  che  non  valse  ad  accelerare  la  conquista 
dell'  'Iran,  p.  475477.  —  §  34.  Cronologia  della  battaglia  di  Nihàwand  e  dei  fatti  immediatamente 
successivi,  p.  477478. 

Tradizioni  sulla  battaglia  di  Nihàwand.  —  §§  35-39. .(Tabari, 'Balàdzuri,  ecc.).  Notizie  cronologiche 
quasi  concordi  sulla  data:  21.  H.,  p.  478-479.  —  §  40.  (Tabari).  al-Nu'raàn  b.  Muqarrin  ottiene  da 
'Umar  di  muovere  contro  i  Persiani  a  Nihàwand  :  i  Musulmani  perdono  il  loro  capitano,  ma 
vincono,  p.  479-481.  —  §  41.  fid.).  Ricco  bottino:  tesoro  dei  re    Sassanidi,  trasportato  a  Madinah 

XXV.  IV 


21.  a.  H.  §§  41-!>1.  INDICE  ANALITICO 


e  poi  venduto  in  iil-Kru'ali,  p.  481-48-2. —  §  4-2.  ild.i.  Altra  versione  della  battaglia:  fiera  risposta 
di  al-Mugl}irah  al  generale  persiano  Blindar,  p.  482-484.  —  §  43.  iBaladziiri).  Consiglio  di  al-Hiir- 
muzàu  al  Califfo,  p.  18-1-486.  —  §  44.  (Id.).  Nomina  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  a  comandante  gene- 
rale, p.  485.  —  §  45.  (Mas'udi),  come  al  §  43,  p.  485.  —  §  4(!.  (Baladzuri).  al-Miighirab  nel  campo 
pei-siano.  Morte  di  al-Nu'màn  nella  mischia,  p.  48648(5.  —  §  47.  ild.1.  Il  tesoro  di  al-Nakbirkhàn : 
come  fu  venduto,  p.  481!.  —  §  48.  (Id.).  La  battàglia  dura  tre  giorni,  p.  68fi.  —  §  49.  Disposizione 
delle  schiei-e  musulmane,  p.  486-487.  —  §  50.  Racconto  di  al-Mas'ùdi,  senza  nuove  importanti  no- 
tizie, p.  487.  —  §  51.  Idem,  di  al-YaNjiìbi,  p.  487.  —  §  52.  Versione  di  alni  Ilanit'ali  al-Dinawari  : 
battaglia  lunga  ed  accanita.  Particolari  dell'episodio  sul  tesoro  di  al-Nukhàrigan,  p.  487-490.  — 
§  53.  Sommario  i-acconto  di  al-Dzahabi,  490.  —  §  54.  Menzione  indiretta  di  al-Khuwàrizmi,  p.  490. 

PERSIA.  -  Battaglia  di  Nihàwand  iversione  di  Sayf  b.  'Uniar).  —  g  55.  Critica  demolitrice  del  Wellhausen 
contro  tutto  il  racconto  sayfiano  della  campagna,  intrapresa,  secondo  Sayf,  per  ineluttabile  bisogno 
di  difesa  contro  i  tentativi  di  rivincita  dei  Persiani,  p.  490-491.  —  §  5tj.  Il  Caliifo  toglie  il  divieto 
di  nuove  conquiste,  p.  491.  —  §  67.  Partenza  delle  schiere  per  la  nuova  campagna  persiana, 
p.  491-4tl2.  —  §  58.  Cause  della  battaglia:  preparativi:  accuse  contro  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  e  sua 
deposizione  dal  governo  di  al-Kiifah,  p.  492-493.  —  §  59.  Desiderio  del  Caliifo  di  accompagnare 
la  spedizione,  p.  493-494.  —  §  60.  Nomina  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  al  comando  della  spedizione, 
p.  494.  —  §  61.  Preparativi  e  forze  dei  Persiani,  p.  494.  —  §  62.  Marcia  degli  eserciti  musulmani 
su  Nihàwand,  p.  494-496.  —  §  68.  Battaglia  di  Nihàwand:  morte  di  al-Nu'màn,  p.  496-498.  — 
§  64.  Numero  degli  uccisi,  p.  498.  —  §  65.  Inseguimento  dei  fuggiaschi,  presa  di  Hamadzàu,  di- 
visione del  bottino,  p.  498-500.  —  §  66.  I  prigionieri  persiani  a  Madinah:  abù  Lu-lu'ah,  p.  500.  — 
§  67.  Premi  ai  vincitori,  p.  500. 

Battaglia  di  Nihàwand  (versioni  diverse).  —  §  68.  Mirkhuwàud,  p.  500.  —  §  69.  Khuwandamir,  p.  500. 
—  §  70.  Sebeos,  p.  500-501.  —  §  71.  Altri  storici,  specialmente  occidentali,  p.  501. 

Presa  di  Nihàwand,  al-DTnawar  e  Màsabadzàn:  prima  spedizione  contro  al-Rayy.  —  §  72.  fBalàdzin-i). 
Hudzaj'fali  b.  a!-Yamàn  assedia  Nihàwand,  p.  501-502,  —  §  73.  (Id.)  espugnata,  secondo  al-Wàqidi, 
da  éarir  b.  'Abdallah  nel  24.  H.,  p.  502.  —  §  74.  (Id.).  Mah  al-Basrah  e  Mah  al-Kufah,  p.  502.  — 
§  75.  (Id.).  abù  Miisa  al-As'ari  sottomette  al-Dìnawar,  Màsabadzàn,  al-Sirawàn,  Mihrigànqadzaf, 
p.  502-503.  —  §  76.  (Id.).  Vittoria  di  'Urwah  b.  Zayd  al-Khayl  sulla  gente  di  al-Rayy  e  i  Daylam  : 
ne  porta  l'annunzio  a  Madinah,  p.  503-504.  —  §  77.  (Id.).  ibn  al-Zaynabi  pattuisce  con  i  Musulmani 
la  sottomissione  di  al-Ra3'y,  di  Qùmas  e  al-Dastaba  al-Ràzi  :  loro  tributo,  p.  .504,  —  §  78.  lld. ).  Ri- 
bellione e  ripresa  di  al-Rayy.  Nuova  sconfitta  dei  Daylam,  p.  504-505.  —  §  79.  tld.ì.  Kathir  b.  Sìhàb 
al  governo  di  al-Rayy,  Dastaba  e  Qazwin,  p.  505. 

ARABIA-FARIS.  -  Incursione  araba,  —  §  80.  (ibn  al-At^iri  dal  Bahrayn  sul  Sàliil  Fàris.  p.  505. 

SIRIA.  -  Presa  dì  Antiochia  —  §  81.  libn  al-AtJiir,  ecc.)  per  opera  di  abu  Hasim  b.  'Utbali,  p.  506. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  -  Incursioni  estive  nel  territorio  bizantino.  —  §  82.  (Baladzuri).  Quella  condotta 
da 'Umayr  b.  'Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri,  p.  .506;  —  §  83.  (Tabari)  e  l'altra  (sicuramente  posteriore 
al  21.  H.)  di  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn,  p.  506-507. 

SIRIA.  -  Luogotenenti  del  Califfo  in  Siria:  —  §  84.  (Tabari).  TJmajT  b.  Sa'd  e  Mu'àwiyah,  p.  507. 

(Hims):  morte  di  Khàlid  b.  al-Walid.  —  §  85.  (Tabari).  Costituisce  suo  erede 'Umar,  p.  .507.  —  §  86.  (Ya'- 
qùbi).  Pianto  e  afflizione  in  Madinah,  p.  507. 

PALESTINA.  -  Erezione  della  moschea  al-Masgid  al-Aqsa  in  Gerusalemme.  —  §  87.  (Teofane).  Il  Ca- 
liffo fa  costruire  (tra  il  18.  e  il  22.  H.)  un  tempio  musulmano  sul  posto  dell'antico  tempio  di 
Erode:  come  lo  descrive  Arculfus,  p.  507-508.  —  §  88.  La  prima  moschea  di  Gerusalemme  non 
sorge  sulla  pietra  al-Sakhrah,  p.  508-509.  —  §  89.  Non  merita  fede  la  notizia,  ignota  a  Sebeos, 
che  TTmar  facesse  abbattere  le  croci  in  Gerusalemme,  p.  509-510. 

ARMENIA.  -  Invasione  araba  e  presa  della  città  di  Tevin  (Dwìn).  —  §  90.  Questi  avvenimenti  ci  sono 
riferiti  da  sole  fonti  arraeue,  delle  quali  una  specialmente,  Sebeos,  quasi  contemporanea  e  molto 
autorevole,  p.  510.  — §  91.  (Sebeos).  Gl'Ismaeliti  dalla  Mesopotamia  inell'a.  21.  H.)  invadon  la  con- 


INDICE  ANALITICO  §§  91-135.  21.  a.  H. 


trada  di  Tarón  e,  varcato  il  fiume  Azad,  prendono  dopo  pochi  giorni  d'assedio  Dwin,  saccheggiando, 
e  trasportandone  poi  gran  numero  di  prigionieri.  Vano  tentativo  di  Teodoro  il  Restunide,  p.  510- 
512.  —  §  92.  (AsoXik).  Espugnazione  di  Tevin  nel  25.-26.  H.,  p.  512-513.  —  §  93.  (Id.).  Altra  no- 
tizia dell'eccidio  degli  abitanti,  p.  513.  —  §  94.  (Guiragos-Dularieri.  Il  catholicos  Nersès,  p.  513-514. 

—  §  95.  Come  il  Dulaurier  ricostruisce  la  topografia  della  campagna  araba  in  Armenia,  p.  514. 

EGITTO.  -  Resa  di  Alessandria  (Sawwàl  21.  H.  =  settembre  642).  —  §  96.  Trascorsi  gli  undici  mesi 
pattuiti  nel  trattato  di  capitolazione,  gli  Arabi  entrano  in  Alessandria  il  16  Sawwàl,  p.  514.  — 
§  97.  (Maliàsin).  Data  della  espugnazione  di  Alessandria,  p.  514.  —  §  98.  (Kindi).  Id.,  p.  514.  — 
§  99.  Papiri  della  collezione  Rainer  comprovanti  come  gli  Arabi  abbiano  prontamente  provveduto 
al  normale  funzionamento  della  esazione  delle  imposte,  ed  al  pagamento  puntuale  e  immediato 
di  ciò  che  prendevano  dagli  abitanti,  p.  515-516. 

Conquista  del  Fayyum.  —  §  100.  Due  incursioni  arabe  nel  Fa3'yum,  menzionate  da  Giov.  di  Niqyus; 
alla  seconda  delle  quali  forse  si  riferisce  quella  narrata,  p.  516,  —  §  101.  da  'Abd  al-hakam,  come 
compiuta  da  Eabì'ah  b.  Hubays,  o  Màlik  b.  Na'àmah,  o  Qays  b.  al-HàritJj,  p.  516-517. 

EGITTO-NUBIA.  -  Prime  razzie  in  Nubia  —  §  102.  (ibn 'Abd  al-hakam)  ordinate  ogni  anno  da 'Amr  b. 
al-'Às  per  procurarsi  bottino  e  schiavi  negri,  p.  517.  —  §  103.  lYa'qubi'.  Musulmani  reduci  da  una 
battaglia  contro  i  Nubiani  prendono  stanza  in  al-éizah,  p.  518.  —  §§  104-108.  (Balàdzuri).  Aspri 
combattimenti  con  i  Nubiani,  valentissimi  arcieri,  tinche  sotto  il  governatore  ibn  abì  Sarh  si  pat- 
tuisce una  tregua  od  accordo,  p.  518-519.  —  §§  109-110.  (Maqrizi).  Del  tributo  al-baqt,  pel  quale 
i  Nubiani  fornivano  agli  Arabi  ogni  anno  schiavi  negri,  e  ne  ricevevano  provviste  in  vettovaglie, 
vino  e  stoffe,  p.  519-521. 

EGITTO-AFRICA.  -  Le  condizioni  generali  dell'Africa  Settentrionale  ed  il  principio  della  conquista 
arabo-musulmana.  —  §  111.  La  storia  dell'Africa  settentrionale  dai  Bizantini  in  poi  è  stata  molto 
studiata  dai  Francesi,  ma  non  con  sufficiente  critica  storica  delle  fonti,  p.  521-523.  —  §  112.  Con- 
dizioni inteme  dell'Africa  settentrionale  alla  vigilia  della  conquista  araba.  Contrasto  tra  l'aucor 
vigoro.so  organismo  romano  dell'impero  di  Bisanzio  e  la  senilità  etnica,  morale,  militare  dei  do- 
minatori. Riassunto  della  storia  dell'Africa  bizantina,  p.  523-525.  —  §  113.  Conquistata  da  Bisanzio, 
ebbe  una  divisione  amministrativa  e  un  sistema  di  difesa  militare  teoricamente  perfetti,  ma  resi 
vani  dalla  decadenza  dello  spirito  militare  nei  dominatori  e  dall'intransigenza  religiosa,  p.  525- 
526.  —  §  114.  Ribellioni  dei  Berberi  contro  l'autorità  bizantina,  rivolte  militari:  rovina  civile  ed 
economica  del  paese,  p.  526-527.  —  §  115.  La  resistenza  ai  Berberi  assorbisce  ogni  cura  e  sforzo 
dell'amministrazione  bizantina,  p.  527-528.  —  §  116.  Caratteristiche  principali  dei  Berberi:  «  genus 
hominum  mobile,  infidum»;  attaccatissimo  alla  vita  nomade,  528-529,  —  §  117.  senza  alcuna  vera 
costituzione  politica  oltre  quella  patriarcale  della  tribù.  In  che  somigliavano,  in  che  diiferivano 
dagli  Arabi,  p.  529-530.  —  §  118.  Nonostante  i  suoi  difetti  ed  incorregibili  imperfezioni,  la  razza 
berbera,  per  le  sue  energie  morali  e  per  l'importanza  grande  come  elemento  etnico  nella  storia 
antica  eurafricana  e  come  fattore  della  storia  islamica  in  Occidente,  merita  studio.  La  storia  della 
Mauretania  si  può  riassumere  nella  lotta  perpetua  tra  la  popolazione  sedentaria  quasi  tutta  stra- 
niera, e  quella  nomade  tutta  indigena,  cioè  berbera,  p.  530-531.  —  §  119.  Non  riuscendo  a  tenere 
a  freno  i  Berberi  con  mezzi  morali  e  materiali,  i  Bizantini  perderono  ogni  autorità  venendo  con 
loro  a  patti  e  concessioni  mediante  una  politica  che  agevolò  anche  tra  essi  l'aggressione  e  poi  la 
conquista  araba,  p.  531-532. 

Tradizioni  sulla  presa  di  Barqah  (Pentapolis,  o  Cirenaica)  e  di  ZawTlah.  —  §  120.  In  qual  rapporto 
cronologico  sia  la  presa  di  Barqah  con  la  resa  di  Alessandria,  secondo  il  Miiller  e  il  Butler,  p.  532. 

—  §  121.  (Kindi  1.  Sottomissione  di  Antàbulus  alla  fine  dell'a.  21.  H.,  p.  532.— §  122.  (Tabari,  da 
al-Wàqidi,  ecc.).  Id.  id.,  p.  532-533.  —  §  123.  fBalàdzurii.  Origine  etnica  dei  Berberi  dai  Filistei,  e 
loro  provenienza  dalla  Palestina,  p.  533.  —  §  124.  (ibn  'Abd  al-hakam;.  Zanàtah,  Luwàtah,  Hawàrah, 
Nafùsah.  'Amr  giunge  a  Barqah  e  conchiude  un  trattato  con  gli  abitanti,  p.  533-534.  —  §§  125- 
127.  (Balàdzuri,  ibn  'Abdal-hakam).  Trattato  stipulato  da  'Amr  con  gli  abitanti,  p.  534.  —  §  128.  (Ya'- 
qubil.  Id.  Il  CaliiFo  non  permette  di  estender  più  oltre  le  spedizioni,  p.  534.  —  §§  129-130.  (Ba- 
làdzuri, ibn  'Abd  al-hakam).  Puntualità  degli  abitanti  di  Barqah  nel  pagare  il  tributo,  p.  534-535.  — 
§  131.  iBalàflzurii.  'Uqbah  b.  Nàfi'  governatore  del  Maghrib.  Trattato  con  i  Berberi  tra  Barqah  e 
Zawilah,  p.  535.  —  §  132.  (Id.).  Scritto  di  'Amr  per  i  Luwàtah  di  Barqah,  p.  535.  —  §  133.  (abù-1- 
Mahàsin).  Data  della  presa,  e  tributo  di  Barqah,  p.  536.  —  §  134.  (Tabari,  da  Wàqidi).  Presa  di  Za- 
wilah per  opera  di  'Uqbah  b.  Nàfi',  p.  536.  —  §  135.  (Eutichio).  Id.,  p.  536. 

XXVII. 

IV* 


21.  a.  H. 


13tìl82. 


INDICE  ANALITICO 


EGITTO-ARABIA.  -  Importazione  In  Arabia  dei  generi  raccolti  in  Egitto,  e  scavo  del  grande  canale. 
,  — §  latì.  iBiilàdzuri).  A  richiesta  di  'Uinar,  'Arar  maiuia  per  mare  vettovaglie  in  Madinah,  p.  530. 
—  §  137.  II  canale  tra  il  Nilo  ed  il  Mar  Rosso  riattivato  da  'Arar,  p.  536-537.  —  §  138.  (ibn  'Abd  al- 
hakam).  'Arar  avrebbe  inviato  viveri  e  provviste  ai  Madinosi  nell'anno  della  carestia  e  della  peste. 
Per  ordine  del  Calitto,  ad  agevolare  l'approvvigionamento  di  Madinah,  si  scava  il  Klialig  Amir 
al-m«'minin,  p.  587-538.  —  §  139.  (Maqrizij.  Storia  e  descrizione  del  Khalig  al-Qàhirah,  o  Canale 
del  Principe  dei  Credenti,  p.  538-539.  —  §  140.  (ibn  'Abd  al-liakam). 'Amr,  vedendo  in  Madinah  la 
strettezza  delle  provvigioni,  offre  di  mandarne  per  mare,  riaprendo  il  canale,  p.  539. 

Punizione  di  un  agitatore  religioso.  —  §  141.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Dubay'  al-'Iràqi,  per  una  propaganda 
non  ortodossa  sul  Qu'ràn  in, Egitto,  viene  severamente  punito  in  Madinah  dal  Califfo,  p.  539.  — 
§  142.  Conclusioni  che  se  ne  possono  trarre  per  la  storia  del  pensiero  e  sentimento  religioso  nel- 
r  impero  arabo.  Quale  possa  esser  stato  il  contenuto  delle  dottrine  religiose  di  Dubay',  p.  540-541. 

EGITTO.  -  La  fondazione  dì  al-Fustàt.  —  §  143.  al-Fustàt  è  il  terzo  dei  campi  militari  fondati  da 
Madinah.  Perchè  gli  agnàd  o  campi  militari  in  Siria  ebbero  sorte  diversa  dalli  ansar  (al-Kuf ah, 
al-Basrah,  al-Fustàt),  p.  541-542.  —  §  144.  Cause  generali  e  particolari  che  agirono  alla  fondazione 
di  al-Fustàt:  importanza  economica,  strategica  e  commerciale  del  sito,  presso  il  quale  era  sorta 
in  antico  la  opulenta  Memfì,  p.  542-544.  —  §  145.  Interpretazione  etimologica  e  vera  origine  del 
nome  Fustàt  :=  fóouaTo-;,  p.  544-545.  —  §  146.  Importante  studio  del  Guest  sulla  fondazione  di  al- 
Fustàt  :  essendo  essa  in  origine  il  campo  degli  Arabi  assedianti  Babilonia,  la  vera  fondazione  va 
messa  nell'a.  19.  H.,  e  nel  21.  H.  il  riconoscimento  ufficiale  di  essa  quale  sede  del  governo,  p.  545- 
546.  —  §  147.  Il  diritto  del  deserto  vigeva  nell'assegnare  la  proprietà  e  l'occupazione  della  terra, 
quando  fondavasi  una  città,  p.  546-547.  —  §  148.  Origine  della  kh  i  1 1  a  h  :  suo  significato  e  sua  fun- 
zione, p.  547-549.  —  §  149.  La  khittah  quale  unità  amministrativa  e  talvolta  anche  morale:  cor- 
risponde a  una  equivalente  suddivisione  nell'organamento  dell'esercito,  p.  549-550.  —  §  150.  Posizione 
e  limiti  topografici  delle  khitat  primitive  di  al-Fustàt,  p.  550-551.  —  §  151.  Probabili  dimensioni 
dell'accampamento  mutato  in  città  :  circa  5  kmq.,  con  spazi  liberi  o  fadà  interkhittali,  che  s'an- 
darono restringendo  sino  a  formar  piccole  vie  tortuose  ed  irregolari,  p.  551-553.  —  §  152.  Non  fos- 
sato, né  altra  opera  di  difesa,  p.  553.  —  §  153.  Valore  delle  tradizioni  della  scuola  storica  di  Misr 
riguardanti  la  topografia  dell'antica  al-Fustàt.  Fra  le  stirpi  arabe  stanziatesi  in  Egitto,  la  maggio- 
ranza proviene  dal  Yamau,  p.  553-554. 

Tradizioni  sulla  fondazione  di  al-Fustàt  (Misr)  e  della  moschea  di  Amr.  —  §  154.  (ibn  Abd  al-ha- 
kam i.  Il  Califfo  non  approva  la  proposta  di  'Amr  di  fissar  la  sede  del  governo  in  Alessandria, 
p.  554.  —  §  155.  (Eutichio).  La  moschea  di  al-Fustàt  eretta  nel  22.  H.,  p.  554.  —  §  156.  (ibn  'Abd  al- 
hakam).  'Umar  non  vuole  corsi  d'acqua  tra  lui  e  le  tre  amsàr  nei  paesi  conquistati,  p.  555.  — 
§  157.  (Id.).  La  città  è  chiamata  Fustàt  dalla  tenda  (fustàt)  di  'Amr  sotto  Babilonia,  p.  555.  — 
§  158.  (Maqrizi,  Suyuti,  ecc.).  Luogo  preciso  dove  sorgeva  questa  tenda,  p.  555-556.  —  §  159.  (Suyiiti, 
da  Qudà'i).  Sopraintendenti  alla  divisione  dei  terreni,  p.  556.  —  §  160.  (Tanbih).  Com'ebbe  origine 
la  città,  e  perchè  fu  chiamata  al-Fustàt,  p.  556-557.  —  §  161.  (Maqrizi,  da  al-Qudà'i).  Quali  arabi 
occuparono  al-Gizah,  e  come  vi  restarono  nonostante  l'ordine  contrario  di  'Amr  e  del  Califfo, 
p.  557-558.  —  §  162.  (al-Ta'qùbi).  Itinerario  da  Filastin  ad  al-Fustàt.  'Amr  costruisce  la  moschea 
e  la  casa  del  governo,  p.  558-559.  —  §  163.  (Maqrizi).  al-Fustàt  dar  al-imàrah,  p.  559.  — 
§  164.  (Id.).  Topografia  del  sito  dove  sorse  al-Fustàt,  p.  559-560.  —  §  165.  (Id.).  Miqyàs  al- 
Nil  o  Nilometro,  p.  560.  —  §  166.  (Id.).  Vicende  della  cittadella  prima  e  dopo  l'Isiàm,  p.  .560-561. 
§  167.  (Id.,  da  ibn  Sa'id).  Fustàt  Misr  o  Fustàt  'Amr,  p.  561.  —  §  168.  (Id.).  L'antico  corso  del 
Nilo  presso  al-Fustàt,  p.  561-562.  —  §  169.  (abu  Sàlih).  Zirb  o  recinto  spinato  attorno  al  primi- 
tivo campo  musulmano,  p.  562.  —  §  170-171.  (Maqrizi).  Sul  quartiere  al-Maqs,  e  la  probabile  ori- 
gine di  questo  nome,  p.  562-563.  —  §  172.  Fondazione  della  moschea  congregazionale  di  al-Fustàt, 
delle  masàgid.  A  che  serviva  la  Musallah,  p.  663-564.  —  173.  (Maqrizi).  Norme  date  dal  Califfo 
ai  generali  delF'Iràq  e  dell'Egitto  per  la  costruzione  delle  moschee  minori,  che  invece  proibiva 
in  Siria,  p.  564.  —  §  174.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Particolari  sulla  costruzione  della  moschea,  p.  564.  — 
§  175.  (Id.).  Il  Califfo  proibisce  ad  'Amr  l'uso  del  mi  ubar,  p.  564-565.  —  §  176.  (Id.).  Il  primo 
mu'adzdzin,  p.  565.  —  §  177.  (Id.).  'Umar  rifiuta  di  possedere  una  casa  in  al-Fustàt,  p.  565. — 
§  178.  (Id.).  Abitazione  di  'Amr.  -  Sull'uso  di  seppellire  i  morti  nelle  loro  case,  p.  565-566.  — 
§  179.  (Maqrizi).  La  moschea  sorge  nel  sito  di  un  giardino  ceduto  da  Qaysabah  b.  Kulthum, 
p.  566  —  §  180.  (Id.),  in  mezzo  agli  alberi,  che  furono  rispettati.  Dove  sorse  il  Mihràb  e  il 
Minbar,  p.  566-567:  —  §§   181-182.  (Id.),  dove   e  come   la    Qiblah    ed   il    Mihràb,   p.  567.  — 


INDICE  ANALITICO  §§  183-2413.  21.  a.  H. 


§  183.  (Maqriziì.  Errore  nella  determinazione  della  qiblah,  p.  567-569.  —  §§  184-186.  (Id.).  H 
Mihràb  diventa  parte  integrante  della  moschea  solo  alla  fine  del  primo  secolo  H.,  p.  569.  — 
§  187.  (Id.).  Dimensioni  della  moschea  di  'Amr,  p.  569-570.  —  §§  188-189.  (Id.).  Ancora  del  Min- 
bar,  p.  570. 

EGITTO.  -  Sistemazione  edilizia  della  città  di  al-Fustàt.  —  §  190.  (Maqrizi).  Qasr  o  case  di  Fustàt 
Misr  prima  di  'Amr  b.  al-'Às,  p.  570.  —  §.191.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Quali  genti  presero  stanza  at> 
torno  alia  casa  e  moschea  di  'Amr.  Case  costruitevi,  e  loro  proprietari.  Elenco  delle  varie  tribù 
immigrate  in  Misr  al-Fustàt,  p.  570-573. 

Descrizione  topografica  di  al-Fustàt.  —  §  192.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Modo  come  gli  Arabi  si  stabilirono 
intorno  alla  moschea  di 'Amr  in  al-Fustàt,  p.  573-588.  —  §  193.  (Maqrizi).  Khittah  Ahi  al-Ràyah, 
p.  588-589. —  §  194.  (Id.).  Khittah  al-Lafif,  p.  589.  —  §  195.  (Id.).  Khittah  Ahi  al-Zàhir, 
p.  589-590.  —  §  196.  (Id.ì.  Khittah  al-Fàrisiyyin,  p.  590.  —  §  197.  (Id.l  Khitat  delle  tre 
al-Hamràwàt,  p.  590-591.  —  §  198.  Passo  topografico  di  abii  Sàlih,  p.  591.  —  §  199.  (ibn  'Abd 
al-hakam).  Le  chiese,  p.  591-592.  —  §§  200-203.  (Id.).  Feudi  di  al-Fustàt,  p.  592-594.  —  §  204.  (Id.). 
Le  Qaysàriyyah,  p.  594-595.  —  §  205.  Altre  fouti  topografiche,  p.  595. 

Tradizioni  sul  cimitero  di  al-Muqattam  —  §  206.  secondo  ibn  'Abd  al-hakam,  p.  595. 

Proprietà  e  dimora  di  musulmani  in  Alessandria.  —  §  207.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Pochi  musulmani  vi 
prendono  stanza,  p.  595-596.  • 

Fondazione  di  al-GTzah,  ed  immigrazione  in  Egitto.  —  §§  208-209.  (ibn  'Abd  alhakaml.  I  Hamdàn  ed 
altre  tribù  loro  congiunte  si  stabiliscono  in  al-Gizah  contro  le  disposizioni  di  'Amr  e  di  'Umar, 
p.  596-597.  —  §§  210-211.  (Id.).  I  Hamrà  ed  i  Fàrisiyyùn,  p.  597-598. 

Compagni  del  Profeta  presenti  alla  conquista  dell'Egitto.  —  §  212.  Fonti  ed  origine  dei  vari  elenchi, 
p.  598.  —  §§  213-214.  Breve  lista  di  ibn  'Abd  al-hakam:  Qurasiti,  Ansar,  ecc.,  p.  598-599.  — 
§  215.  (Tabari,  da  al-Wàqidi).  I  due  figli  di  'Amr  b.  al'As,  p.  599.  —  §  216.  Elenco  completo  di 
al-Suyùti,  p.  599-603.  —  §  217.  Valore  di  esso,  come  documento  morale  della  psicologia  islamico- 
egizia  nei  primi  secoli.  Osservazione  sulla  costituzione  delle  forze  con  cui  'Amr  fece  la  conquista, 
p.  603-6U4. 

Ordinanze  generali  per  la  dimora  In  Egitto  delle  tribù  immigrate.  —  §  218.  (ibn  'Abd  alhakam  .  Dispo- 
sizioni di  'Amr  per  la  custodia  del  paese  :  guarnigione  di  Alessandria,  p.  604-605.  —  §  219-222.  (Id.). 
Gli  Arabi  svernavano  tutti  insieme  in  al-Fustàt,  e  in  primavera  si  disperdevano  per  i  pascoli.  - 
Raccomandazioni  di  prender  cura  dei  cavalli,  e  usar  riguardo  ai  Copti,  p.  605-606.  —  §  223.  (Id.). 
Com'eran  ripartiti  i  luoghi  di  pascolo  fra  le  tribù,  p.  606-607.  —  §  224.  (Id.).  I  cavalli  d'Egitto: 
vicende  di  Asqar  Sadaf.  p.  607-608. 

Sistemazione  fiscale  della  provincia.  —  §  225.  Tradizioni  sugli  ordinamenti  amministrativi  e  fiscali, 
p.  608.  —  §  226.  ('Abd  al-hakam)  Bilancio  della  spesa  per  l'Egitto,  p.  608.  —  §  227.  (Id.).  Ordi- 
nanze relative  al  pagamento  della  gizyali  e  alla  distinzione  tra  dominatori  e  sudditi,  p.  608.— 
§  228.  ild.).  Misura  della  gizyah,  e  fornitura  di  vettovaglie,  p.  608.  —  §  229.  (Id.).  Documenti 
comprovanti  la  resa  per  trattato  dell'Egitto:  doveri  e  diritti  dei  vinti,  p.  609-610.  —  §  230.  (ibn  'Abd 
al-hakam).  Capacità  della  waybah,  p.  610.  —  §231.  Gli  Arabi  lasciarono  senza  mutar  nulla  il  si- 
stema fiscale  vigente  sotto  i  Bizantini,  p.  610.  —  §  232.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Esposizione  del  sistema 
fiscale  greco  confermato  da  'Amr  sui  Copti  dell'Egitto,  p.  610-612.  —  §  233.  (Id.).  Condizione  giu- 
ridica del  dzimmi,  p.  612.  —  §§  234-236.  (Id.).  Tradizioni  tendenti  a  spiegare  la  trasformazione 
ed  evoluzione  della  gizyah  e  del  kharàg  in  Egitto,  p.  612-613.  —  §  237.  (Id.).  Scambio  di  let- 
tere e  di  accuse  tra  il  Caliifo  e  'Amr  b.  al-'As  per  il  ritardo  nell'invio  del  kharàg  egiziano  a 
Medina,  p.  613-615.  —  §  238.  (Id.).  «  La  camela  dà  più  latte,  ma  a  danno  del  vitello  » ,  p.  615.  — 
§  239.  (Id.).  Norme  suggerite  da  al-Muqawqis  per  la  buona  amministrazione  del  paese,  p.  615.  — 
§  240.  (Id.l.  Perchè  la  riscossione  e  l'invio  del  kharàg  son  fatti  dopo  la  raccolta,  p.  616.  —  §§  241- 
242.  (ibn'  Abd  al-hakamV  Divieto  di  TJmar  ai  suoi  arabi  di  coltivar  la  terra,  p.  616.  —  §  243.  (Id.). 
Contravvenzione  di  Sarik  b.  Sumayy,  p.  616-617.  —  §  244.  (Id.;.  Difi'erenze  tra  l'ahl  al-sulhe 
l'ahl  al-'anwah  rispetto  al  possesso  delle  terre  e  al  diritto  di  alienarle,  p.  617.  —  §  245.  (Id.). 
La  gizyah  sui  dzimmi  convertiti,  p.  617-618.  —  §  246.  (Id.).  Il  kharàg  del  Sawàd  da  'Umar 
ad  al-Haggàg,  p.  618. 


21.  a.  H.  §§  .>47-a41.  IiNDlCE  ANALITICO 


ARABIA-EGITTO.  -  Misure  disciplinari  del  Califfo  Umar  contro  Amr  b.  al-'Às  ed  altri  luogotenenti.  — 
§  'J17.  ^ibu  '.•Vbd  al-hukaiu<.  Muli.  1).  Maslainiih  inniiduto  a  coiifiscaru  una  parte  dei  beni  di  'Amr, 
p.  G18-Hiy.  —  §  '2iS.  ^Baitulzuri).  Versi  di  abù-l-Mulditar  contro  le  rapacità  o  malversazioni  dei 
governatori,  p.  619-620.  —  §  349.  ('Abd  al-hakam).  Idem,  con  varianti,  p.  620-621.  —  §  250.  (Id.).  Ces- 
sioni in  eredità,  da  parte  dei  governatori  al  Califfo,  p.  621.  —  §  251.  (Id.).  Accuse  e  discolpe  di  abù 
Hiirayrah,  p.  (■>21-ti22.  —  §§  262-25;{.  iBalàdzuri,  da  al-Madfrini).  Confische  parziali  sistematiche  di 
'Omar  a  danno  dei  governatori.  Lagnanze  di  'Amr  b.  al-'As,  p.  622-623. 

Provvedimenti  contro  antiche  superstizioni  pagane  —  §  254.  (ibn  'Abd  al-hakam)  miranti  ad  ottenere 
dal  Nilo,  col  .sacrillzio  di   una  vergine,  l'annua  inondazione,  p.  623. 

Nomina  dei  primi  giudici,  qudàh,  d'Egitto.  —  §  255.  L'istituzione  ufficiale  dei  qàdi  tu  soltanto 
iniziata  da  'Umar.  Vigovu  prima  il  sistema  giuridico  patriarcale,©  l'autorità  del  hakam,  p.  623- 
624. — §256.  (ibn  'Abd  al-hakam).  Tradizioni  sulla  difficoltà  e  responsabilità  dell'ufficio  di  qàdi, 
p.  624.  —  §§  257-261.  (Id.).  'Umar  vuol  nominare  qàdi  un  hakam  della  gàhiliyyah:  Ka'b  ibn 
Dabbah,  ma  questi  non  accetta.  Fu  allora  eletto  'Uthmàn  b.  Qays,  p.  624-625. 

Disposizioni  amministrative  e  fiscali.  —  §§  262-265.  (ibn  'Abd  al-hakam).  G-li  uffici  dì  capo  delle  dogane 
e  di  sopraintendeute  ai  mulini,  p.  625. 

Inondazione  annuale  del  Nilo.  —  §  266.  (abu-1-Mahàsin;.  Massima  magra  e  massima  piena,  p.  626. 

Pellegrinaggio  annuale  —  §  267.  (Tabari,  da  al-Wàqidi)  condotto  da  'Umar,  p.  626. 

ARABIA  E  PROVINCIE.  -  Luogotenenti  del  Califfo,  §§  268-269,  p.  626. 

ARABIA.  -  Eventi  minori,  §§  270-272,  p.  626. 

Coniazione  di  monete  musulmane   —  §  273.  o  con  formule  islamiche,  p.  627. 

NECROLOGIO: 

al-Aghlab  b.  Gusam,  §  274,  p.  627. 

'Amr  b.  Ma'dTkarib.  —  §  275.  (Dzahabi),  p.  627. 

al-'Alà  b.  al-Hadrami.  —  §  276.  Cenno  biografico  estratto  da  ibn  Sa'd,  p.  627-628.  —  §  277.  Id., 
da  ibn  Hagar,  p.  628-630.  —  §  278-304.  Id.,  dal  Kit  ab  al-Aghàui,  p.  630-644.  —  §§  305- 
308.  Giudizio  sintetico  su  questo  beniamino  della  più  antica  tradizione  storico-letteraria  del- 
l'Isiàm;  le  cui  notizie  biografiche  hanno  valore  in  quanto  danno  luce  sulle  vere  condizioni 
morali  dei  combattenti  nei  primi  tempi  delle  conquiste,  p.  644-649. 

al-óàrud  al-'Abdi.  —  §  309.  Cenno  biografico  estratto  da  al-Dzahabi,  p.  649.  —  §§  310-313.  Id.,  da 
ibn  Sa'd,  p.  649-651. 

Gu'àl  b.  Suràqah,  §  314,  p.  651-652. 

al-Hàrith  b.  Zayd,  §  315,  p.  652.  ~ 

Humamah,  §  316,  p.  652. 

Khàlid  b.  al-Walld  —  §§  317-822.  secondo  ibn  Hagar,  Dzahabi,  Wàqidi,  ecc.,  p.  652-655.  —  §  323. 
Balàdzuri  Ansàb,  p.  656.  —  §  324.  K.  al-Aghàni,  p.  656-659.  —  §  325.  Osservazioni  e  con- 
getture del  Miiller  sugli  ultimi  anni  di  Khàlid,  p.  659.  —  §  326.  La  biografia  dei  grandi 
Compagni  secondo  la  nuova  scuola  critico-storica,  p.  660.  —  §  327.  Concetto  ispiratore  e 
trasformatore  di  questa  :  prevalente  carattere  politico-economico  .  dell'  Isiàm  primordiale, 
p.  660-661.  —  §  328.  Valore  della  biografia  di  Khàlid  da  questo  punto  di  vista,  p.  661-662.  — 
§  329.  Paganesimo  reale  di  tutta  la  sua  vita,  p.  662-664.  —  §  330.  Ragioni  del  dissidio  con 
'Umar;  avversione  di  Khàlid  ad  ogni  ingerenza  da  parte  di  Madinah,  p.  664-665.  —  §  331. 
Campagne  della  Siria:  autorità  di  Khàlid  sulle  schiere  combattenti,  665-666.  —  §  382.  Suo 
contegno  verso  il  Califfo  'Umar,  dopo  la  cosi  detta  deposizione,  p.  666-667. 

Muh.  b.  Ga'far  b.  abT  Tàlib,  §  333,  p.  667. 

al-Nu'màn  b.  Muqarrin,  §  384,  p.  667-668. 

SaTd  b.  'Amir,  §  335,  p.  668. 

Thaw/r  b.  'Ufayr,  §  336,  p.  668. 

Tulayhah,  §§  337-338,  p.  669-670. 

'Umayr  b.  Sa'd,  §§  339-340,  p.  670-671. 

Usayr  b.  'Urwah,  §  341,  p.  671. 


INDICE  ANALITICO  §§  1-38.  22.  a.  H. 


22.  a.  H. 

(30  novembre  642 — 18  novembre  643.). 

Tabella  cronologica  comparativa  musulmano-gregoriana  dell'annata,  p.  674. 

IRAQ-PERSIA.  -  Operazioni  militari  degli  Arabi  di  al-Basrah  contro  l'altipiano  iranico.  —  §  1.  Dif- 
ficoltà e  lentezza  dell'espansione  arabico- islamica  entro  l'altipiano  iranico.  Lunga  e  difficile  cam- 
pagna nel  Fàris,  sostenuta  specialmente  dalle  schiere  basrensi,  sotto  il  comando  di  abii  Miisa, 
p.  (»75-677. 

Operazioni  militari  nell'altipiano  iranico  e  nel  Khuzistàn.  —  §§  2-4.  (Dzahabi,  abii-1-Mahàsin,  ecc.).  Spe- 
dizione delle  genti  di  al-Basrah  contro  al-Dinawar  e  Mah,  p.  678. 

PERSIA.  -  Presa  di  Qumm  e  Qàsàn  —  §  ó.  (Balàdzuri)  per  opera  di  abii  Miisa  e  di  al-Ahnaf,  p.  678. 

Presa  di  Hamadzàn  e  di  altre  città  dell'Iran  occidentale  —  §§  6-8.  (Gawzi,  Dzahabi)  per  opera  di  Hu- 
dzayfah  o  di  al-Mughirah,  p.  678-679. 

PERSIA-PARIS.  -  Morte  di  al-Óàrud  al-Abdi  —  §  9.  secondo  Balàdzuri,  p.  679. 

IRÀQ-AL-KUFAH.  -  Deposizione  di  Ammàr  b.  Yàsir.  Mutamenti  nel  governo  di  al-Kufah.  —  §§  10-14. 
Tradizioni  sayfiane,  miranti  a  scusare  i  Kufani,  scontenti  prima  di  'Ammàr,  poi  di  abii  Miisa,  e 
che  finalmente  si  ebbero  in  al-Mughirah  il  loro  governatore,  p.  679-871. 

IRAQ-PERSIA.  -  Conquiste  arabe  nella  Persia  Settentrionale.  —  §  15.  Carattere  provvisorio  e  preda- 
torio di  queste  conquiste,  p.  681-682. 

Conquista  dell'Adzarbaygàn  —  §§  16-17.  CTabari,  da  al-Wàqidi)  per  opera  di  al-Mughìrah  partendo  da 
al-Kufah,  p.  682.  —  §  18.  (Dzahabi).  al-Mughirah  da  al-Kufah,  o  Habib  b.  Maslamah  dalla  Siria, 
p.  682-683.  —  §  19.  (Ya'qiibi).  al-Mughirah,  o  Hàsim  b.  'Utbah,  p.  683.  —  §§  20-21.  (Balàdzuri). 
Hudzayfah  b.  al-Yamàn,  o  al-Mughirah,  p.  683.  —  §§  22-23.  (Eutichio  e  al-Khuwàrizmi),  p.  683.  — 
§  24.  (Balàdzuri).  Presa  di  Qazwin.  -  Hamrà  al-Daylam,  p.  683-684.  —  §  25.  (Id.).  Hudzayfah  con- 
quista e  governa  l'Adzarbaygàn  :  p.  684-685.  —  §  26-27.  (Id.),  revocato  e  sostituito  con  'Utbah  b. 
Farqad,  p.  685. 

PERSARMENIA-ADZARBAYÓAN.  -  Incursione  araba  nell'Adzarbaygàn  ed  in  Armenia  (versione  di 
Sebeos).  —  §  28.  Eventi  intemi  in  Armenia,  che  precedettero  l' incursione  araba,  p.  686.  —  §  29.  Tre 
corpi  d'esercito  arabi  invadono  la  Persarmenia.  Presa  della  cittadella  di  Arzaph,  p.  686-687.  — 
§  30.  Sconfitta  degli  Arabi  per  opera  di  Teodoro  Restunida,  p.  687.  —  §  31.  Conclusioni  cronolo- 
giche del  Dulaurier,  p.  687-688. 

PERSIA.  -  Conquista  dell'Adzarbaygàn  (versione  di  Sayf  b.  'Umar)  —  §  82.  (Tabari)  per  opera  di  Bu- 
kayr  b.  'Abdallah  e  'Utbah  b.  Farqad,  p.  688. 

PERSIA-ADZARBAYÓAN-AL-BAB.  -  Conquista  dell'al-Bàb.  —  §  33.  (Tabari).  Suràqah  b.  'Arar  Dzu-1-Nur, 
occupato  pacificamente  l'al-Bàb  mediante  un  trattato  con  Sahrbaràz,  manda  varie  spedizioni,  fra 
cui  una  nel  Miiqàn,  p.  688-690.  —  §  34.  ild.).  'Abd  al-rahmàn  b.  Rabi'ah  invade  il  paese  dei  Turchi, 
p.  690. 

PERSIA-  KHURASAN.- Invasione  del  Khuràsàn  — §  35.  CTabariì  da  alcuni  messa  nel  22.  H.,  da  Sayf 
nel  Hi.  H.,  p.  690. 

PERSI A-GURGÀN  —  §§  36-37.  i Gawzi,  Dzahabi,  invaso  per  opera  di  Suwayd  b.  Muqarrin,  p.  690. 

PERSIA-TABARISTAN.  —  §  38.  ^éawzi).  L'invasione  è  messa  da  alcuni  fra  il  18.  e  il  22.  H.,  p.  690. 

XXXI. 


22.  a.  H.  §§  39T-2.  INDICE  ANALITICO 


'IRAQ-PERSIA.  -  Riordinamento  delle  Provincie  conquistate  e  loro  divisione  fra  al-Basrah  ed  al-Kufah. 

§  H9.  (Tabari,  da  Sayf).  Richieste  dei   Basrensi.  ed   opposizione   dei    Kutani,  per  accrescere  la 

quota  di  conquista,  e  quindi  di  sfruttamento,  spettante  a  Basrah,  p.  691-()9'2.  —  §  40.  Schiarimenti 
e  commenti  a  questa  tradizione.  'Umar  provvede  a  una  perequazione  dei  redditi  tra  al-Kufah  ed 
al-Basrah.  Risorge  fra  le  tribù  l'antico  particolarismo  pagano,  p.  692-694. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  -  Incursione  araba.  —  §  41.  (Tabari,  da  al-Wàqidi).  Mu'àwij'ah  conduce  una 
spedizione  estiva  nel  territorio  greco,  p.  694.  —  §  42.  (éawzi).  Avventura  di  'Abdallah  b.  Hudzàfah, 
p.  691. 

SIRIA.  ■  Morte  di  Khàlid  b.  al-Walìd  —  §  43.  (Tabari)  da  alcuni  messa  in  quest'anno,  p.  695. 

Nascita  di  Yazìd  e  di    Abd  al-malik.  —  §  44.  (Tabari,  da  Waqidi),  p.  695. 

MESOPOTAMIA-ARMENIA.  -  Incursione  bizantina  e  armena  in  terra  musulmana.  —  §  45.  (Denys). 
Prooopio  e  Teodoro,  p.  69?. 

MESOPOTAMIA.  -  Sistemazione  dì  al-Mawsil.  —  §  46.  (Balàdzuri).  Harthamah  b.  'Arfagah  stabilisce 
in  al-Mawsil  la  dimora  degli  Arabi,  p.  695.  —  §  47.  (Id.).  Fonda  al-Hadithah,  p.  695-69G.  —  §§  4849. 
(Id.).  Conquista  di  Takrit,  p.  696.  —  §  50.  (Id.).  'lyàd  b.  Ghanm  in  al-Mawsil,  p.  696.  —  §§  51-52.  (Id.). 
Muh.  b.  Marwàn  al  governo  di  al-Mawsil,  della  Gazirah  e  dell'Armenia,  p.  696.  —  §  63.  (Id.).  Presa 
di  Zàràn,  p.  696. 

EGITTO.  -  La  piena  annuale  del  Nilo.  —  §  54.  (abii-l-Mahàsin),  696. 

EGITTO-AFRICA.  -  La  conquista  di  Tripoli.  —  §  55.  Perchè  ritardata  a  quest'anno,  e  quale  scopo 
avesse,  p.  697-698. 

Le  tradizioni  sulla  conquista  di  T^ràbulus.  —  §  66.  (ibn  'Abd  al-hakam).  La  scorreria  avvenne  nel  22.  o 
23.  H.,  p.  698.  —  §§  57-68.  (Id.).  Particolari  della  presa  di  Taràbulus,  e  di  Sabrah,  p.  698-699.  — 
§  60.  (Dzahabi),  p.  699.  —  §  61.  (Eutychius),  p.  699.  —  §  62.  (Balàdzuri).  Perchè  'Umar  proibì  la 
spedizione  di  Atràbulus,  p.  699-700,  —  §  63.  (Id.)  e  com'essa  fu  conquistata  mediante  trattato, 
p.  700. 

ARABIA.  -  Il  pellegrinaggio  come  obbligo  politico.  —  §§  64-65.  (Tabari).  Dovere  imposto  da 'Umar  ai 
governatori  di  compiere  annualmente  il  pellegrinaggio,  per  sorvegliarli  e  sindacare  la  loro  ammi- 
nistrazione, p.  700. 

Sulle  inondazioni  di  Makkah.  —  §  66.  (Azraqi).  Appunti  per  completare  le  notizie  sulla  piena  di  umm 
Nahial,  p.  700.  —  §  67.  (Balàdzuri),  p.  700-701. 

Pellegrinaggio  annuale  —  §  68.  (Tabari,  ecc.),  diretto  da  'Umar,  p.  701. 

Luogotenenti  del  Califfo.  —  §§  69-70.  (Tabari),  p.  701. 

NECROLOGIO.  —  §  71.  (Dzahabi,  ahu-1-Mahasin,  ecc.),  p.  701.  —  §  72.  (Gawzi),  p.  701. 


TAVOLA  CRONOLOGICA  DEGLI  EVENTI  PRINCIPALI 

DALL'ANNO  18.  AL  22.  H. 


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18 


19 


20 


21 


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22 


ARABIA 


EGITTO 


AFRICA 


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a 

9 
60 


05 
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60 


Carestia. 

Viaggio  di  'Umar  in  Siria. 
Coniazione  Ji  monete  arabe. 
Ecclissi  solare  (?). 


10  Dzu-I-Hlggah  (12  dicem- 
bre) :  Ingresso  di  'Arar  in  ter- 
ritorio egiziano. 


SIRIA-PALESTINA 


Carestia. 

Pestilenza:  Morte  di  abù'Ub|. 

dali  e  successione  di  Yazic , 

abi  Sufyàn. 
Viaggio  di  "Umar. 
Assedio  di  Qaysàrij'yali. 
Destituzione  di   Khàlid  b. . 

Walid. 
Fallito  tentativo  dei  Greci  - 

riprendere  Hims. 


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9 
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Eruzione  vulcanica  nella  Har- 
rah. 

'Umar    assume    il    titolo    di 
Amir    al-mu-minin. 


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Mutamenti  nel  governo  del 
Bahraj-n  e  dell' Umàn. 

Espulsione  dei  Cristiani  da 
Nagràn  e  degli  Ebrei  da 
Khaybar. 

Nuovo  matrimonio  di  'Umar. 

Terremoto  in  Madinah. 

Istituzione  del  D  ì  w  a  n . 


Invasione  del  Delta  :  prime  vit- 
torie sulle  schiere  bizantine. 

Ragab  (giugno-luglio):  Batta- 
glia di  Heliopolis:  razzie  nel 
Fayyùm. 

Sawwàl  (sett.-ott.)  :  Comincia 
l'assedio  di  Babilonia. 


Prime    trattative 
qawqis. 


con    al-Mu- 


Nomina  di  Mu'àwiyah  a  go'  ■ 
natore. 

Presa  di  Qaysariyyab  e  di 
qalàn. 

Assedio  di  Ghazzab  :  conqu 
del  littorale  palestinese. 


21   Rabi'  Il  (9  aprile):  Presa 

della  rocca  di  Babilonia. 

26  Óumàda  I  (13  maggio): 
'Amr  batte  Domentianus  in 
Niqyùs. 

Ragab  (giugno-luglio):  Comin- 
cia l'assedio  di  Alessandria. 

2  Sawwàl  (14  settembre):  Ri- 
torno del  patriarca  Ciro  in 
Alessandria. 

6-28  Dzù-I-Qu'dah  (1 7  ottobre- 
8  novembre):  Capitolazione 
di  Alessandria. 


Terremoto  (?). 

Istituzione   dei   campi 

ri  l?). 


mìH 


o 

C5 


Coniazione  di  monete  musul-  |  13  RabT'  Il  (21  marzo):  Morte 
jjjane.  i      ^^^  patriarca  Ciro. 

Misure  disciplinari  di  'Umar  j  16  Sawwàl -8  Dzu-I-Q.  (17  set- 
contro  i  governatori  delle  tembre-8  ottobre):  Gli  Arabi 
Provincie.  '      entrano  in  Alessandria. 

Scavo  del  Klialig  Amir  al- 
mu'minin. 

Fondazione  di  al-Fustàt  e  di  al- 
Gizah. 


Prime  razzie  in  Nubia. 


Sottomissione  di  Antà- 
bulus,  e  di  Zawilah. 


Morte  di  Khàlid  b.  al-Wal,il 
Hims. 

Presa  di  Antiochia. 

Erezione  della  moschea  a!» 
sgid  al-Aqsa  in  GerusaleiM 


co 

CD 
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o 


Conquista   di   Taràbu- 
lus. 


MINORE 

BISANZIO 

MESOPOTAAflA 

ARMENIA 

'IRAQ 

PERSIA 

E                                  1 
CONTRADE   ADIACENTI 

done  di  for- 
greche     del 

La  Mesopotamia  occi- 
dentale 0    bizanti- 
na conquistata   da 
'lyàd  b.  Ghanm. 

Emigrazione    di   Ta- 
ghlibiti  cristiani  in 
territorio  greco. 

Prima  incursione  a- 
raba. 

Inizio  della  lotta  nel 
confine     verso      il 
Kbiìzistàn. 

Trasformazione  edili- 
zia di  al-Kufah. 

t 
1 

torsioni  axa- 
:ilicia  (?). 

Id.  id. 

'Uthmàn    b.    al  -  'Às 
nella  quarta  Arme- 
nia. 

Cominciano  le  incur- 
sioni arabe  nel  Pa- 
ris. 

ì 

1 

lediabùBah- 
'Abdallah.  ' 

23   Safar  (11   feb- 
braio): Morte  di 
Eraclio;  e  torbidi 
per  la  successio- 
ne. 

Conquista  della  Me- 
sopotamia orienta- 
le od  Assiria  i  Maw- 

sii). 

Incursione   greca    ed 
armena  respinta  da 
'lyàd. 

Sottomissione  dei  Ta- 
ghUb. 

- 

Deposizione    di    Sa'd 
b.  abi  Waqqàs  dal 
governo   di   aì-Kù- 
fah. 

Precedenti  della  bat- 
taglia di  Nihàwand. 

li   estive  di 
r  b.  TFmayr, 
n  awiyah. 

Id.  id. 

Nuova  invasione  ara- 
ba e  presa  di  Tevin. 

'Animar  b.  Yàsir,  go- 
vernatore di  alKu- 
fah. 

Conquista  del  Kbùzi- 
stàn  :  presa  di  Tu- 
star. 

Battaglia     di     Nihà- 
wand. 

Incursione  arabe  nel 
Sàhil  Fàris. 

li   estive   di 
iyah. 

Procopio    e    Teodoro 
Restunida   invado- 
no il  territorio  mu- 
sulmano. 

Sistemazione    di    al- 
Mawsil. 

Invasione  della  Per- 
sarmenia  ipresa  di 
Arzaph),  e  del  Mn- 
qàn. 

Sua  deposizione. 

Prime  incursioni  vit- 1 
toriose  nel  Fàris  ;    j 

—  neir  Adzarbaygàn  i 
(presa  di  Qazwin);  ! 

—  neir  al-Bàb  ipresa 
di  Balangar?); 

—  nel  Khuràsàn  ; 

—  nel  Gurgàn  ;            , 

—  nel  fabaristàn. 

3 

cxxv. 

18.  a.  H. 


12  grennaio  G3Q  —  1  grennaio  640 


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2. 


18.  a.  H. 


IRAQ-PERSIA.  —  Conquista  del  Khuzistan  (cfi-.  17.  a.  TT.,  §§  89-104). 

§  1.  —  (al-Dzahabi).  Nell'anno  18.  H.  abù  Musa  conquistò  al-Sùs,  Gun- 
daysàbùr  e  poi  ritornò  ad  al-Ahwàz.  Parimenti  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  inviò 
Garir  b.  'Abdallah  al-Bagali  a  Huhvàn,  dopo  il  combattimento  di  Galùlà-, 
e  prese  la  città  d'assalto.  Altri  affermano  che  egli  mandò  Hàsim  b.  Utbah, 
il  quale  si  recò  poi  anche  a  Mah,  risospingendone  gli  abitanti  nell'Adzar- 
baygàn,  e  in  seguito  fece  pace  con  loro.  Alcuni  affermano  che  in  questo 
anno  avvenne  la  presa  di  Ràmhurmuz  per  opera  di  abù  Musa  al-As'ari, 
il  quale  di  poi  si  recò  a  Tustar  (Dzahabi  Paris,  I,  tòl.   130,v.). 

Tale  cronologia  è  molto  incerta,  onde  lasciamo  tutta  ad  al-Dzahabi  la 
responsabilità  di  queste  notizie.  Tustar,  come  vedemmo,  cadde  nel  21.  H.  : 
è  probabile  però  che  durante  tutto  il  governo  di  abù  Musa  (cfi-.  17.  a.  H., 
§§  89  e  segg.)  si  combattesse  sempre  sul  confine  persiano,  e  che  il  pro- 
gresso delle  armi  arabe  vi  fosse  molto  lento. 

§  2.  —  (abù  'Ubaydah  b.  al-Muthanna).  Nell'anno  18.  H.  Hurmuz 
{sic,  forse  Harim)  b.  Hayyàn  mise  l'assedio  dinanzi  alla  città  di  Dast- 
Hur  (■?).  Il  cui  re,  avendo  visto  una  donna,  —  tanta  era  la  deficenza  di 
viveri,  —  divorare  il  proprio  tìglio,  si  decise  a  far  la  pace  con  Hurmuz, 
pattuendo  l'abbandono  della  città  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   130,v.). 

In  Tabari  Zotenberg,  III,  447-462  è  narrata  la  campagna  araba 
per  la  presa  di  al-Ahwàz  secondo  la  versione  di  Sayf  b.  'Umar,  come  av- 
venuta nel  18.  H. 

IRAQ.  —  Trasformazione  edilizia  di  al-Kufah  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§13 
e  segg.). 

§  3.  —  (a)  (al-Dzahabi,  senza  isnàd).  Nell'anno  18.  H.  Sa'd  b.  abì 
Waqqàs  venne  ad  al-Kùfah,  che  egli  costruì  di  mattoni  cotti  al  sole,  perchè 

3. 


§§  3,  4.  18.  a.  H. 

'8.  a.  H.  tìnora  lo  costruzioni  eiauo  fatte  con  canno,  onde  era  scoppiato  un  grande 

'AQ.    -    Trasfor-  ,        ,    •     t->         •         t     j?  i      <  0/-4       \ 

nazione  edilizia     mcendio  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   130,v.). 

li  ai-Kufah.|  ^^'j  ^[^y  jn  questo  anno  fu  fondata  la  moschea  di  al-Kùfah  per  opera 

di  Sa'd  b.  ahi  Waqqàs  (Dz'ahabi  Paris.  T.  fòl.   132,r.). 

ARABIA-SIRIA.  —  La  carestia  e  la  peste  dell'anno  18.  H. 

§  4.  —  11  disordine  delle  nostro  fonti  richiedo  qualche  breve  schia- 
rimento preliminare  sulle  tradizioni  riguardanti  la  peste.  Vi  sono  due  fatti 
da  tenere  ben  distinti:  la  carestia  prodotta  da  una  prolungata  siccità,  e  la 
peste.  Le  fonti  parlano  di  una  siccità  in  Arabia  e  di  una  peste  in  Siria:  è 
evidente  però  che  la  siccità  dev'essere  stata  risentita  anche  in  Siria  e  che 
la  carestia  ne  fu  la  conseguenza.  Alla  carestia  segui  la  peste,  come  è  sempre 
il  caso,  perchè  i  germi  del  male  intaccano  più  facilmente  gli  organismi 
fiaccati  dalla  fame.  Strano  a  dirsi,  però,  la  peste  fu  specialmente  violenta 
e  micidiale  in  Palestina  e  in  Siria;  ma,  a  quanto  pare,  non  comparve  in 
Arabia  (cfi*.  §  56).  Forse  la  grande  siccità  sospinse  molta  gente  ad  emigrare 
e  trattenne  gli  emigrati  dal  ritorno  in  patria.  D'altra  parte,  le  turbe  fuggite 
dalla  fornace  riarsa  d'Arabia,  emaciate  dalla  fame,  esauste  dagli  stenti  e 
dalle  fatiche,  caddero  facili  e  deboli  vittime  del  morbo  implacabile.  Non  pos- 
siamo affermare  con  sicurezza  se  l'epidemia  si  propagasse  anche  in  Mesopo- 
tamia  e  in  al-Basrah  (cfr.  §§  66-67),  ma  in  ogni  caso  non  sembra  avesse 
conseguenze  gravi. 

È  singolare  che  nel  corso  dell'anno  18.  H.  'lyàd  b.  Ghanm  intraprendeva 
l'invasione  della  Mesopotamia,  e  più  tardi,  alla  fine  dell'anno,  gli  Arabi 
erano  intenti  ad  assediare  Qaysàriyyah,  e  'Amr  b.  al-'As  iniziava  l'in- 
vasione dell'Egitto.  La  spedizione  mesopotamica  di  Tyàd  si  può  spiegare 
con  il  fatto  che  il  morbo  non  fosse  arrivato  fino  alla  Siria  settentrionale, 
dove  era  forse  acquartierato  lyàd.  'Amr  b.  al-'As  può  essere  partito  per 
l'Egitto  dopo  che  il  morbo  aveva  superato  il  momento  di  massima  viru- 
lenza: l'invasione  dell'Egitto  fu  forse  anche  un  mezzo  escogitato  per  al- 
lontanarsi da  un  paese  s"i  dolorosamente  colpito. 

Le  nostre  fonti  alludono  soltanto  alle  perdite  subite  dagli  Arabi:  di 
quelle  degli  abitanti  indigeni,  i  Siri,  non  fanno  parola.  Il  nome  però  di 
peste  di  'Amawàs  (Emmaus),  fa  credere  che  il  morbo  scoppiasse  in  questo 
centro,  e  da  ciò  il  suo  nome.  Amawàs  non  era  però  allora  —  a  quanto 
pare  —  un  centro  musulmano  :  le  milizie  musulmane  erano  concentrate 
più  a  oriente  nella  Trans-Giordanica  in  al-Gràbij'ah  (cfr.  17.  a.  H.,  §§  120- 
121),  ovvero  nel  settentrione  a  Hims  o  Qinnasrìn.  È  quindi  ragionevole 
supporre  che  il  morbo  scoppiasse  tra  i  Cristiani  di  Palestina,  e  da  questi 


18.    2L.    H.  §§  4,  5. 

si  comuuicasse  affi' invasori.  Sembra  che  non  penetrasse  in  Egitto  non  tro-  '3-  ^  ^' 

.  ,,  •       1    ,1  •  T  1,  •        •  [ARABIA-PERSIA. 

vaudosene  veruna  menzione  nella  stona  della  conquista  di  quella  j)i'ovincia.        La  carestia  e  la 

§5.  —  Molte  e  buone  tradizioni  fanno  menzione  di  vettovaglie  che        peste  dell'anno 
^  18    H  I 

sarebbero  state  mandate  da  Amr  b.  al-'As  mentre  era  in  Egitto  al  Ca- 
liffo in  Madinah  (cfr.  §§  12  e  segg.).  Questo  è  un  grave  anacronismo.  La 
carestia  e  la  peste  erano  terminate  e  scomparse  prima,  quasi,  che  Amr 
mettesse  il  piede  nella  Valle  Niliaca.  E  probabile  che  appena  gli  Arabi 
furono  in  possesso  dell'Egitto,  il  primo  pensiero  di  'Umar  fosse  quello  di 
premunire  Madinah  dalle  conseguenze  disastrose  di  una  seconda  carestia, 
e  perciò  sospingesse  'Amr  b.  al-'As  ad  organizzare  un  servizio  regolare  e 
continuo  di  trasporti  dall'Egitto  a  Madinah.  Allora  i  Copti  suggerirono  al 
conquistatore  lo  spurgo  del  canale  d'acqua  dolce  tra  Babilonia  ed  il  Mar 
Rosso,  e  fu  organizzato  il  traffico  per  via  del  canale  e  poi  del  Mar  Rosso, 
sino  al  porto  di  al-Gràr,  il  più  vicino  allora  a  Madinah  (^).  Più  tardi  queste 
memorie  si  confusero  insieme  e  si  collegarono  con  la  carestia  del  18.  H.  ; 
Sayf,  cadendo  in  siffatto  errore,  ha  dovuto  accomodare  la  sua  cronologia  ed 
anticipare  di  un  anno  (cfr.  §  62)  la  conquista  dell'  Egitto,  affinchè  'Amr 
fosse  già  padrone  di  Mi.sr  prima  dello  scoppio  della  peste. 

L'invio  delle  granaglie  dall'Egitto  a  Madinah  ebbe  poi  un  altro  motivo, 
che  non  ha  da  far  nulla  con  la  carestia  e  la  peste.  L' Egitto  pagava  la  maggior 
parte  delle  imposte  in  natura  (cereali),  e  i  grani  così  raccolti  erano  mandati  a 
nutrire  la  plebe  di  Costantinopoli.  Dopo  la  conquista  araba  furono  sospese 
tutte  le  spedizioni  di  cereali  alla  metropoli  bizantina,  e,  siccome  bisognava 
trovare  uno  smercio  ai  generi  raccolti  come  imposta,  gli  Arabi  organiz- 
zarono il  nuovo  servizio  d' invio  dei  grani  alla  capitale  musulmana  invece 
che  a  Bisanzio.  Oltre  che  sodisfare  ad  una  necessità,  fu  anche  un'  imita- 
zione di  quanto  per  secoli  avevan  fatto  i  Romani  ed  i  Bizantini.  Gli  storici 
islamici,  non  più  consapevoli  di  ciò,  hanno  creduto  di  collegare  questo  diret- 
tamente con  la  carestia  del  18.  a.  H.,  cadendo  così  in  un  errore  cronologico 
e  in  uno  storico. 

Il  Kremer  (Uè ber  die  grossen  Seuchen,  Wien,  1880,  pag.  41) 
vorrebbe  riconnettere  strettamente  la  peste  con  le  devastazioni  compiute 
dalla  conquista  araba.  Ritengo  però  che  la  siccità  e  la  conseguente  care- 
stia siano  cause  più  che  sufficienti  per  il  morbo.  'Amawàs,  dove  esso  scoppiò 
con  maggiore  violenza,  fu  una  delle  regioni  dove  la  guerra  aveva  meno 
infierito  a  danno  delle  popolazioni. 

Le  notizie  che  abbiamo,  specialmente  quelle  sulla  morte  di  Mu'àdz 
b.  Grabal,  provano  che  il  male  fosse  una  peste  bubbonica,  la  forma  più  co- 
mune e  più  terribile  del  morbo  asiatico. 


*«.  18.  a.  H. 


18.  a.  H. 


lutine  diremo  che  mentre  i  Musulmani  eontemporanei  furono  in  par- 
La  carestia  e  la  tiiolar  motlti  (l(Miu)ralizzati  dagli  effetti  materiali  spaventosi  dell'epidemia', 
peste  dell'anno  ^.^e  distrusse  una  gran  parte  degli  invasori,  più  tardi,  quando  gli  aspetti 
religiosi  delle  conquiste  ebbero  maggior  lilievo  pei-  gli  studiosi,  i  buoni 
credenti  furono  anche  turbati  dall'aspetto  morale  dell'epidemia  :  i  Musul- 
mani dovevano  essere  sì  crudelmente  colpiti  dopo  essersi  battuti  per  la 
santa  causa  di  Dio?  Avevano  essi  commesso  gravi  colpe,  meritevoli  di 
tanta  crudele  punizione?  — La  patente  contraddizione  olììì  materia  feconda 
alle  elvicubrazioni  dei  tradizionisti  e  teorici  delle    generazioni    successive. 

Nota  1.  —  al-tìàr  eia  ad  una  latitudine  più  meridionale  di  Vaubu',  e  vicina  a  Badr  Hiinayn; 
le  sue  rovine  sono  a  23»  40'  Ip.t.  N.,  ove  è  il  piccolo  seno  chiamato  sulle  nostre  carte  Sarm  Biiraykali. 
Cfr.  Kit  ter,  XII  ilW7),  182-18B. 

ARABIA.  —  La  carestia  in  Arabia. 

§  6.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  al-Rabi'  b.  al-Nu'màn,  e  da  altri).  Durante 
il  califfato  di  Umar,  per  effetto  di  una  prolungata  siccità,  si  ebbe  in  Ma- 
dinah  e  nei  dintorni  una  forte  carestia,  e  fu  osservato  che  ogni  volta  che 
si  alzava  il  vento,  l'aria  si  riempiva  di  una  polvere  finissima,  somigliante 
alla  cenere,  e  per  questo  motivo  l'anno  fu  chiamato  1'  «  anno  delle  ceneri  ». 
La  carestia  fu  sì  aspra,  che  il  Califfo  'Umar  giurò  di  non  assaggiare  più 
né  buiTO  (samn,  burro  fuso),  né  latte,  né  carne,  finché  non  fossero  ritornate 
le  pioggie  a  vivificare  la  terra  (')  (T abari,  L   2573-2574). 

Cfì-.  Athir,  II,  433;  Khaldùn,  II,  App.,   114. 

Nota  1.  —  Nella  medesima  ti-adizione  è  detto  che.  poco  tempo  dopo  le  prime  piogge,  giunsero  al 
mercato  di  Madinah  un  watb  di  latte,  ed  una  'ukkah  di  burro,  e  che  il  servo  di  'Umar,  credendo 
di  fare  cosa  grata  al  padrone,  comperò  ambedue  per  il  prezzo  elevatissimo  di  40  dirham.  Il  Califfo 
rimproverò  vivamente  il  servo  di  tanto  sciupo,  che  serviva  a  mantenere  alto  il  prezzo  delle  derrate  più 
necessarie,  ed  ordinò  di  distribuire  la  roba  comperata  in  elemosina.  Egli  aggiunse:  <  Come  può  starmi 
a  cuore  il  benessere  dei  sudditi,  se  non  sono  colpito  dalle  medesime  pene  dalie  quali  sono  essi  colpiti?» 
(T  ab  a  ri,  I,  2574). 

Cfr.  Athir,  n,  434. 

§  7.  —  (a)  (al-Tabari,  senza  isnàd).  Nell'anno  18.  H.  infierì  una  ter- 
ribile carestia  dovuta  ad  una  prolungata  siccità,  che  distrusse  i  raccolti: 
questo  anno  venne  perciò  chiamato  l'anno  delle  ceneri,  '  A  m  a  1  -  r  a  m  a  d  a  h 
(T  a  bari,  I,  2570,  lin.   11   e  segg). 

(ò)  Il  Califfo  'Umar  mandò  a  chiedere  soccorsi  e  viveri  ai  luogote- 
nenti nelle  provincie,  ed  abù  'Ubaydah  dalla  Siria  mandò  (a  Madinahj 
4000  cameli  carichi  di  provviste  (Abulfeda,  I,  242-244). 

Khaldùu,  II,  App.,   114. 

§  8.  —  (al-VVàqidi,  da  abù  Baki-  b.  'Abdallah  b.  abì  Sabrah,  da  'Alxi 
al-magid  b.  Suhayl,  da  Awf  b.  al-Hàrith,  da  suo  padre).  Questo  anno 
(18.  H.j  fu  chiamato     Am  al-ramàdah  (anno  della  perdizione,  o  delle 


18.  a.  H.  §§  s-ii. 

ceneriì,  perchè  tutta  la  terra  divenne  nera,  e  si  somigliò  alla  cenere:  tale  18-  a-  H. 

stato  di  cose  durò  nove  mesi  (Saad,  III,   1,  pag.  223,  lin.  21-24).  restia  in  Ar^bi^l 

§  9.  —  I  lessicologi  arabi  non  sono  d'accordo  sul  significato  deires[)res- 
sione  Am  al-ramàdah,  con  cui  essi  dicono  fu  descritto  l'anno  o  17.  H., 
o  18.  H.  :  in  questo  anno  morirono  in  grande  numero  uomini  e  bestiami 
per  effetto  della  grande  siccità,  durata  moltissimo  tempo,  onde  la  terra 
divenne  simile  alle  ceneri:  oppure,  come  dicono  altri,  perchè  la  siccità 
continuò  tanto  a  lungo,  da  rendere  la  terra  e  gli  alberi  del  colore  della 
cenere  (Tàg  al-'Arùs,  II,  357,  quintult.  lin.';  Sahàh  Grawhari,  I,  229; 
Qàmùs,  I.  322;  Lisàn  al-'Arab.  IV,  168,  lin.  7  e  segg.;  Lane  Arab. 
Engl.  Lex..  pag.  1154.  Il  significato  più  proprio  è,  secondo  le  autorità 
migliori,  «  anno  della  morìa  »,  perchè  la  radice  rama  da  ha  il  significato 
di  «  perire  in  grande  numero  ». 

§  10. — Qui  appi-esso  riportiamo  una  serie  di  tradizioni  di  al-Wàqidi 
sulla  siccità  e  carestia  in  Arabia:  non  tutte  hanno  eguale  valore  storico, 
perchè  molte  sono  tramandate  non  già  per  notare  fatti  storici,  ma  per  sta- 
bilire particolarità  di  rito  religioso  o  norme  di  vita,  conformi  alla  sunnah. 
Le  ho  raccolte  qui  appresso  con  copia,  perchè  sono  attinte  alla  nostra  fonte 
storica  più  antica,  e  perchè  è  bene  rendere  accessibile  a  tutti  im  materiale 
poco  conosciuto  ed  edito  solo  da  pochissimo  tempo. 

(al-Wàqidi.  da  Hizàm  b.  Hisàm,  da  suo  padre  Hisàni).  Quando  la  gente 
ritornò  dal  pellegrinaggio  fdel  17.  H.),  nel  18.  H.,  fli  colpita  da  una  ter- 
ribile sventura,  ed  il  paese  soffì-ì  d'una  grande  carestia:  perirono  i  quadru- 
pedi, e  la  gente  soffii  la  fame  e  mori  anch'essa  d'inedia:  furono  viste  per- 
•sone  nutrirsi  di  ossa  putride  macinate,  scavare  le  buche  in  cui  vivevano 
i  yarbù'  (una  specie  di  grosso  roditore  che  vive  sotterra  nel  deserto)  ed 
i  guradz  faltro  roditore  più  piccolo  del  yarbù".  ma  più  grande  dei  topi, 
e  vivente  pure  nel  deserto),  e  mangiare  quello  che  trovavan  dentro  (Saad, 
III,   1.  pag.  223,  lin.   18-21). 

§  11. — (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  h.  Umar,  da  Nàfi',  da  ibn  Umar). 
Il  Califfo  'Umar  b.  al-Khattàb,  nell'anno  detto  'Am  al-ramàdah  scrisse 
ad  Amr  h.  al-'As  in  questi  termini:  «  In  nome  di  Dio  clemente  e  mise- 
<  ricordioso:  dal  servo  di  Dio  'Umar,  Principe  dei  Credenti,  ad  al-'As  b. 
«  al-'As  (sic):  su  te  la  pace!  E  poi:  non  vedi  come  io  e  quelli  che  mi 
«  sono  dinanzi  moriamo  d' inedia,  mentre  tu  e  quelli  che  ti  stanno  dinanzi 
«vivono  (nell'abbondanza?).  Aiuto!  Aiuto!  Aiuto!  ».  Ed  Amr  b.  al-'As  (') 
scrisse  (al  Califfo)  :  «  In  nome  di  Dio  clemente  e  misericordioso.  Al  servo 
«  di  Dio  Umar,  Principe  dei  Credenti,  da  Amr  b.  al-'As:  pace  su  te:  in 
«  vei'ità  io  nel  rivolgermi  a  te  rendo  grazie  a  Dio,   tranne    il    quale    non 


§§  11-12.  lo.  a..  H. 

■8-  a-  H.  «  esiste  altra  divinità.  E  poi:  ti  è  giunto  il  soccorso!  Tratticnti!  Tiattionti! 

[ARABIA.  -  La  ca-  ^         .  ,       ,  ,.  .1  i        i  •  .  i-   j 

restia  in  Arabia.!  *  ^^  *i  manderò  tanti  canicli.  che  quando  il  primo  giungerà  presso  di  te, 
«  l'ultimo  sarù  ancora  presso  di  me!  ».  Quando  giunsero  (in  Madinah)  le 
prime  vettovaglie,  'Umar  si  volse  ad  al-Ziibayr  b.  al-' A wwàm  e  gli  disse: 
«  Preparati  a  partire  in  caravana  per  portare  [una  parte  di]  questa  roba 
«  alla  gente  del  deserto  (Ahi  al-Bàdiyah)  e  dividerla  tra  loro.  Per  Dio! 
«  certo  dopo  [la  somma  ventura]  di  esser  stato  Compagno  del  Profeta,  non 
«  ti  poteva  toccai-e  compito  più  eccelso  di  questo!  ».  Nonpertanto  al-Zubayr 
rispose  con  un  rifiuto,  adducendo  come  scusa  la  malferma  salute  (a'talla)  (-). 
Si  presentò  un  [altro]  uomo,-  pure  Compagno  del  Profeta,  ed  'Umar  esclamò: 
«  Questi  non  mi  rifiuterà!  ».  E  infatti  quando  'Umar  gli  ebbe  rivolta  la 
parola,  accettò  l'incarico  e  uscì.  Le  istruzioni  dategli  da  'Umar  furono  le 
seguenti:  «  Porta  le  vettovaglie  che  avrai  alla  gente  del  deserto:  gli  al- 
«zurùf  hanno  da  servire  come  mantelli  con  cui  essi  debbono  vestirsi:  i 
«  cameli  debbono  essere  scannati  affinchè  essi  mangino  delle  'loro  carni  e 
«  lascino  colare  il  grasso  fuso  di  essi.  Non  tispettare  che  essi  dicano:  noi 
«  aspettiamo  con  ciò  la  vergogna  [?  al-hayà].  Con  la  farina  si  preparino 
«  un  pasto  e  si  fortifichino,  finché  verrà  da  Dio  la  consolazione  ».  Ed  il 
Califfo  Umar  faceva  preparare  le  pietanze  e  faceva  mandare  in  giro  il  ban- 
ditore annunziando  che  chi  amava  assistere  al  pasto  venisse  pure  a  man- 
giare e  facesse  il  comodo  suo:  se  invece  preferiva  venirsi  a  prendere  quanto 
bastava  per  sé  ed  i  suoi,  lo  venisse  pure  a  prendere  (Sa ad.  III,  1,  pa- 
gine 223-224). 

Nota  1.  —  In  questa  tradizione  non  è  detto  in  qual  paese  si  trovasse  'Ami*  b.  ul-'As.  Tale  omis- 
sione è  indizio  che  le  autorità  della  tradizione  erano  esse  stesse  nell'incertezza.  Siccome  la  carestia 
ebbe  principio  sui  primi  dell'anno  18.  H.,  ed  'Amr  b.  al-'As  non  può  essere  partito  per  l'Egitto  prima 
della  fine  del  18.  H.,  non  è  concepibile  che  questi  soccorsi  possano  esser  venuti  dall' Egiitto.  L'invio  di 
tante  provviste  da  questo  paese  presuppone  in  'Amr  b.  al-'As  il  dominio  per  lo  meno  di  buona  parte 
dell'Egitto,  sicché  non  è  possibile  che  i  soccorsi  dall'Egitto  venissei-o  prima  della  fine  del  19.  H.,  o  nel 
corso  del  20.  H.  Allora  però  la  carestia  non  esisteva  più. 

Nota  2.  —  È  degno  di  nota  in  questa  tradizione  la  figura  poco  bella  che  vi  fa  al-Zubayr  b.  al- 
'Awwàm:  già  vedemmo  (cfr.  11.  a.  H.,  §  37,  nota  lì  nel  giorno  dell'elezione  di  abu  Bakr,  come  egli,  al 
pari  di  'Ali,  di  Talhah  ed  altri  Compagni  si  tenesse  in  disparte  e  permettesse  così  ad  altri  meno  im- 
preparati e  meno  supini,  di  carpire  il  potere.  La  qual  considerazione  di  fatto  ha  il  suo  valore  per  com- 
prendere quanto  successe  poi  alla  morte  di  'Uthmàn  b.  'Aifan  nel  35.  H.  Notevolissimo  è  poi  come  la 
presente  tradizione  non  sia  scevra  di  spirito  partigiano  avverso  ad  al-Zubayr:  le  parole  attribuite  ad 
'Umar  hanno  indubbiamente  un  carattere,  o  almeno  apparenze  tendenziose  in  quanto  sono  specialmente 
rammentate  per  porre  in  rilievo  il  rifiuto  di  al-Zubayr  e  la  natura  insufficiente  delle  ragioni  per  tale 
rifiuto.  E  chiaro  l' intento  di  screditare  al-Zubayr  anche  nel  fatto  che  la  tradizione  non  ha  conservato 
il  nome  del  preteso  Campagno,  al  quale  'Umar  avrebbe  affidata  la  distribuzione.  La  reticenza  di  un 
nome  in  modo  sì  spiccato,  là  dove  di  nomi  v'è  stucchevole  abbondanza,  è  particolare  sospetto. 

§  12.  —  (al-Wàqidi,  da  Ishàq  b.  Yahya,  da  Musa  b.  Talhah).  Il  Ca- 
liffo 'Umar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  mandargli  vettovaglie  tanto  su 
cameli  per  via  di  terra,  quanto  [su  navi]  per  via  di  mare.  Così  fece  'Amr, 

8. 


18.  a.  H. 


§§  l'2-15. 


ed  un  agente  del  Califfo  (Musa  b.  Talhah?)  andò  incontro  alle  caravane  18.  a.  H. 

fino  alle  bocche  della  Sii-ia,  Afwàh  al-Sàm,  ed  appena  la  roba  fu  in  suo  restia  inArabia^i 
potere  si  affrettò  a  distribuire  le  carni,  le  farine  ed  i  vestiti  per  mezzo 
di  suoi  rappresentanti  a  destra  ed  a  sinistra  [a  tutti  i  bisognosi].  Mandò 
anche  un  uomo  ad  al-Gràr  (porto  del  Mar  Eosso),  per  prendere  in  con- 
segna le  vettovaglie  spedite  per  via  di  mare  da  'Amr  b.  al-'As:  la  roba 
fu  distribuita  tra  la  gente  della  Tihàmah  (Sa ad,  III,  1,  pag.  224, 
lin.  14-19). 

§  13.  —  (al-Wàqidi,  da  Hizàm  b.  Hisàm,  da  suo  padre).  Io  ho  visto, 
raccontava  Hisàm,  gli  agenti  mandati  dal  Califfo  Umar,  i  quali  nel  tratto 
da  Makkah  a  Madìnah  distribuivano  alla  gente  le  vettovaglie  venute  da 
al-Gràr:  anche  Yazid  b.  abì  Sufyàn  aveva  mandato  vettovaglie  dalla  Siria. 
Questa  notizia,  osserva  però  ibn  Sa'd,  è  errata,  perchè  in  quei  giorni  Yazid 
aveva  cessato  di  vivere  (e  'Umar  scrisse  per  vettovaglie  a  Mu'àwiyah): 
incontro  a  questo  il  Califfo  spedì  alcuni  fino  alle  bocche  della  Siria,  Afwàh 
al-Sàm,  i  quali  distribuii'ono  egualmente  le  carni,  le  farine  ed  i  manti  in- 
viati. Anche  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  gli  mandò  vettovaglie  dall'  Iraq,  ed  agenti 
del  Califfo  incontrarono  le  caravane  alle  bocche  dell'  Iraq,  Afwàh  al-'Iràq, 
per  cm-are  poi  nello  stesso  niodo  le  distribuzioni  dei  soccorsi.  Così  andò 
avanti  finché  alfine  Dio  levò  tanta  iattura  ai  Musulmani  (Saad,  III,  1, 
pag.  224,  lin.  20-27). 

§  14.  —  Un'altra  tradizione  (al-Wàqidi,  da  Abdallah  b,  'Awn  al-Mà- 
liki,  da  suo  padre  'Awn,  da  suo  nonno)  conferma  che  il  Califfo  'Umar 
ottenne  soccorsi  da  'Amr  b.  al-'As,  da  Mu'àwij^ah  b.  abi  Sufyàn,  e  da  Sa'd 
b.  abì  Waqqàs.  Per  ordine  del  Califfo  furono  preparate  minestre  di  pane 
e  brodo  condite  con  olio,  fatte  bollh-e  entro  grandi  caldari,  ed  il  Califfo 
si  uni  alla  povera  gente,  mangiando  con  essi  la  stessa  pietanza  (Saad, 
III,  1,  pag.  224-225). 

§  15.  —  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  Nàfi',  da  suo  padre  Nàfi',  da 
ibn  'Umar).  Il  Califfo  Umar,  nel  tempo  della  morìa  (za man  al-ra- 
màdah)  fece  un'innovazione,  che  non  aveva  mai  fatto  prima:  dirigeva 
cioè  la  preghiera  pubblica  della  sera  (al-'isà-),  poi  usciva  (dalla  moschea), 
rientrava  in  casa  sua  e  non  cessava  dal  pregare  fino  al  termine  della  notte, 
quindi  riusciva  di  casa  e  andava  a  girare  gli  al-anqàb  (ossia  le  gole  dei 
monti  che  conducono  a  Madìnah;  cfr.  De  Goeje,  ZDMG.,  1905,  pag.  392; 
Tabari,  I,  1874,  lin.  2  e  9;  III,  201,  li)i.  7,  e  Glossarium);  e  suo  figlio 
ibn  'Umar  affermò  d'averlo  udito  ripetere  durante  tutta  la  notte  fino  al- 
l'alba, le  seguenti  parole:  «  Mio  Dio!  Non  porre  la  perdizione  della  gente 
«di  Muhammad  sulle  mani  mie!»  (Saad,  III,   1,  pag.  225.  lin.  16-20). 

n.  2 


§§  Ui-in.  lo*  ^'   "• 

t8.  a.  H.  §   16.  —  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  Yazid  al-Hudzali,  da  al-Sà-ib  b. 

restia  in  Ar^b"]  Yazìd).  Nriraiiiu.  della  perdizione  il  Califfo  limar  adoperava  una  caval- 
catura, ed  avvenne  un  giorno  che  'Umar  la  vide  mostrar  quasi  ripugnanza 
a  mangiare  l'orzo:  allora  egli  esclamò:  «I  Musulmani  muoiono  perchè 
«  ridotti  a  tanta  magrezza,  mentre  questa  bestia  mangia  l'orzo  (per  per- 
«  mettermi  di  montarla):  per  Dio!  io  non  la  monterò  più  finché  la  gente 
«non  si  sarà  riavuta  dal  disastro»  (Sa ad,  III.  1,  pag.  225,  Un.  21-25). 
§  17.  —  (al-Wàqidi,  ed  Ismà'il  b.  abi  Uways,  ambedue  da  Sulaymàn 
b.  Bilàl.  da  Yahya  b.  Sa'id,  da  Muhammad  b.  Yahya  b.  Habbàn:  cosi 
pure  Sulaymàn  b.  Harb,  da  Hammàd  b.  Za^d,  da  Yahya  b.  Sa'id,  da  Mu- 
hammad b.  Yah3-a  b.  Habbàn).  Al  Califfo  'Umar  fu  portato  nell'anno  della 
perdizione  un  pane  condito  con  il  burro:  egli  invitò  allora  un  beduino  a 
mangiarlo  con  lui.  Il  beduino  dopo  ogni  boccone  di  pane  pigliava  anche 
un  po' di  grasso  nel  grande  desco:  il  Califfo  gli  osservò:  «Parrebbe  che 
«  tu  sia  digiuno  di  grasso  ».  E  quegli  a  lui:  «  Io  non  ho  mangiato  né  burro, 
«  né  olio,  e  non  ho  visto  alcuno  mangiarne  dal  giorno  tale  fino  ad  oggi  ». 
Allora  'Umar  giurò  di  non  toccare  più  né  carne,  né  burro  finché  la  gente  non 
avesse  ripreso  a  vivere  come  vivevan  prima  (^)  (Saad,  III,  1,  pag.  225-226). 

Nota  1.  —  ibn  Sa'd  ripox-ta  anche  varie  tradizioni  in  cui,  a  quanto  pare,  è  conservata  memoria 
d'uno  scherzo  di  'Umar:  durante  l'anno  della  perdizione  il  Califfo  diede  l'esempio  di  vivere  con  la  mas- 
sima frugalità,  negandosi  il  burro  e  l'olio;  ed  avendo  una  volta  inteso  il  suo  ventre  che  gorgogliava, 
vi  battè  sopra  con  le  dita  ed  esclamò  :  «  non  mangerai  più  né  olio  né  burro,  finché  la  gente  tutta  non 
«tornerà  a  mangiarne  del  pari»   iSaad,  III,  1,  pag.  226,  lin.  6-16). 

§  18.  —  (al-Fadl  b.  Dukayn,  da  Umar  b.  'Abd  al-rahmàn  b.  Usajd 
b.  Abd  al-rahmàn  b.  Zayd  b.  'Umar  b.  al-Khattàb,  da  Zayd  b.  Aslam,  da 
suo  padre  Aslam).  Il  Califfo  Umar  vietò  a  sé  stesso  il  consumo  della  carne 
durante  l'anno  della  perdizione,  fin  tanto  che  tutta  la  gente  tornò  a  man- 
giarne. Ora,  'Ubaydallah  b.  'Umar  aveva  un  agnello,  che  mise  a  cuocere 
nel  forno  (tannùr),  sicché  il  profumo  della  carne  che  cuocevar  giunse  fino 
ad  'Umar,  il  quale  era  seduto  in  mezzo  ad  alcuni  colleghi:  egli  disse: 
«  Non  posso  credere  che  alcuno  della  mia  famiglia  abbia  osato  agire  con- 
«  trariamente  ai  miei  ordini  ».  Disse  ad  Aslam:  «  Va  a  vedere  ».  Ed  Aslam 
trovò  l'agnello  nel  forno:  'Ubaj'dallah  si  raccomandò  di  non  denunziarlo 
al  padre,  ma  Aslam  rispose  che  il  Califfo  lo  aveva  mandato  appunto  perché 
sapeva  che  egli  non  gli  avrebbe  mentito,  e  presosi  l'agnello  lo  portò  al  Ca- 
liffo. Il  figlio  dovette  presentarsi  a  fare  le  sue  scuse  pubblicamente  innanzi 
al  j)adre  e  spiegare  come  aveva  ceduto  ad  una  voglia  irresistibile  di  carne 
(venutagli  dalla  lunga  privazione)  (Saad,  III,   1,  pagina  226,  lin.   17-26). 

§  19.  —  Sarebbe  tropjDO  lungo  dare  qui  per  disteso  tutte  le  tradizioni 
sugli  incidenti  del  terribile  anno  di  carestia   registrati   nel    testo   di    ì'du 

10. 


18.  a.  H.  g§  19.21. 

Sa'd:    quell'antico    raccoglitore  di  memorie    scende  a  particolari  soverchi,  ^8.  a.  h. 

anzi  a  volta  tanto  minuti,  che  siamo  indotti  a  sospettare  l'autenticità  di  restia  in  Arabia^i^ 
molte  cose  da  lui  nan-ate.  È  nondimeno  perfettamente  possibile  che  siano 
incidenti  veri,  come  quelli  in  cui  (Sa ad,  III,  1.  pag.  226,  lin.  26  e  segg.) 
il  Califfo  con  alcuni  Compagni,  Aslam  ed  abù  Hurayrah,  va  in  persona  a 
visitare  accampamenti  di  Beduini  affamati,  portando  con  sé  viveri  e  prov- 
viste, e  dandosi  anche  la  pena  d' insegnare  agli  Arabi  il  modo  di  cuocere 
certe  vivande.  Si  afferma  altresì  che  le  privazioni  impostesi  nel  vitto  mu- 
tarono il  colorito  della  sua  carnagione  da  bianca  in  nera  (Sa ad.  III,  1, 
pag.  227,  lin.  14  e  segg.j,  e  che  'Umar  si  affliggesse  tanto  per  la  sventura 
pubblica  da  morhne  quasi  dal  dispiacere  (Sa ad,  III,  1,  pag.  227,  lin.  16-20). 
Ogni  giorno  però  faceva  scannare  in  casa  propria  venti  capi  di  bestiame 
venuti  dall'Egitto  e  mandati  da  Amr  b.  al-'As  (per  nutrire  quanti  affamati 
si  presentavan  da  lui)  (Sa ad.  III,   1,  pag.   227,  lin.  23-25). 

§  20. —  (al-Wàqidi,  da  al-Orahhàf  b.  'Abd  al-rahmàn,  da  'Isa  b.  Abdal- 
lah  b.  Màlik  al-Dàr,  da  suo  padi'e  'Abdallah  b.  Màlik  al-Dàr,  da  suo  nonno 
Màlik  al-Dàrj.  Quando  il  Califfo  Umar  scrisse  ad  Amr  b.  al-'As  di  man- 
dargli vettovaglie  tanto  per  via  di  terra  che  per  mare,  Amr  spedi  per 
mare  venti  navi  cariche  di  farina  e  di  grasso  (wadak),  e  per  via  di  terra 
spedi  mille  bestie  da  soma  cariche  di  farina.  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn 
mandò  tremila  bestie  da  soma  cariche  di  farina,  più  tremila  mantelli 
('abà'ah).  .'Amr  b.  al-'As,  cinquemila  mantelli  (kisà').  Il  Califfo  mandò 
poi  a  lui  duemila  bestie  da  soma  per  caricare  altra  farina  (Sa ad,  III,  1, 
pag.  227-228). 

§  21.  —  (al-Wàqidi,  da  Hisàm  b.  Sa'd,  da  Zayd  b.  Aslam,  da  suo 
padre  [Aslam]).  Quando  fu  l'anno  della  morìa  ('àm  al-ramàdah),  emi- 
grarono gii  Arabi  da  ogni  parte  e  vennero  a  Madinah.  Umar  b.  al-Kliat- 
tàb  ordinò  allora  ad  alcuni  uomini  di  sorvegliare  gì'  immigrati,  e  distribuir 
loro  i  cibi  e  i  mezzi  di  sussistenza.  Eran  questi  sopraintendenti  Yazìd  b. 
ukht  al-Namir,  al-Miswar  b.  Makhramah,  'Abd  al-rahmàn  b.  'Abd  al-Qàri, 
Abdallah  b.  Utbah  b.  Mas'ùd.  Ogni  sera  essi  si  adunavano  presso  Umar, 
e  lo  ragguagliavan  di  quanto  avevano  fatto  (nella  giornata).  Ognuno  di  co- 
storo sorvegliava  un  quartiere  di  Madinah;  i  Beduini  stanziavano  nel  tratto 
compreso  fi-a  Ea-s  al-Thaniyyah  e  Ràtig,  i  banù  Hàritijah,  i  banù  'Abd  al- 
Ashal,  al-Baqi'  e  i  banù  Qurayzah.  Una  torma  di  essi  (alloggiava)  nel  quar- 
tiere dei  banù  Salamah  attorno  a  Madinah.  'Umar  disse  una  notte,  dopo 
che  gl'indigenti  aveyan  mangiato  presso  di  lui:  «  Contate  quelli  che  hanno 
«  ricevuto  da  noi  cibo  »  ;  e  furon  contati  per  tribù,  e  trovate  7000  persone. 
Poi  disse:   «  Contate   ora   le  famiglie   che  non  sono  venute   (a  sfamarsi),  i 

11. 


n--.>4. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  «  malati  o  i  ragazzi  »;  e  ammontarono  a  40.000.  Alcuni  giorni  dopo,  il  nu- 

''^restia  in  Arabi"]  i^(>^'o  dogli  alimentati  pros.so  di  lui  salì  a  10,000,  e  50,000  gli  altri;  né  ces- 
sarono iìnchè  Iddio  ebbe  mandato  la  pioggia.  Quando  piovve,  'Uraar  dispose 
che  ogni  gente  tornasse  a  spargersi  nella  propria  contrada,  e  li  menò  fuori 
verso  il  deserto,  dopo  averli  forniti  di  viveri  e  di  trasporti.  Ma  la  morte 
ne  aveva  già  spenti  i  due  terzi,  e  solo  un  terzo  sopravvisse.  Le  caldaie  di 
'Umar,  sorvegliate  da  soprintendenti,  bollivano  dall'alba  a  pi-eparare  il  mi- 
nestrone k  u  1-  k  u  r,  finché  faceva  giorno:  si  distribuiva  il  cibo  agli  ammalati; 
poi  si  preparavano  le  pappe,  '  a  s  a  •  i  d .  'Umar  aveva  ordinato  di  far  bollire 
dell'olio  in  grandi  caldaie,  col  quale,  quando  n'era  uscito  il  suo  ardore  e 
calore,  si  condiva  il  pane  già  inzuppato  nel  brodo.  E  gli  Ai-abi  si  riscalda- 
vano con  quell'olio. 

Né  mai,  finché  durò  la  morìa,  Umar  gustò  cibo  in  casa  né  da  alcuno 
dei  suoi  figli  o  delle  sue  donne,  ma  prendeva  il  cibo  insieme  con  gli  af- 
famati, finché  Iddio  ridiede  vita  agli  uomini  (Sa ad,  III,  1,  pag.  228,  lin.  20; 
229.  lin.    14)  [G.]. 

§  22.  —  (al-Wàqidi,  da  'Utlamàn  b.  'Abdallah  b.  Ziyàd,  da  Tmràn 
b.  Basir,  da  Màlik  b.  Aws  b.  al-HadatJiàn  dei  banù  Nasr).  Quando  fu  l'anno 
della  morìa,  andarono  da  'Umar  cento  famiglie  dei  banù  Nasr,  e  presero 
stanza  in  al-Grabbànah.  'Umar  dava  da  mangiare  a  chi  veniva  a  lui,  e  a 
quelli  che  non  venivano  mandava  farina,  datteri  e  companatico  nelle  loro 
dimore.  Così  spediva  alla  gente,  mese  per  mese,  da  sostentarsi  e  da  curare 
gì'  infermi,  e  lenzuoli  da  avvolgere  i  morti  per  la  mortalità  che  si  era  diffusa 
tra  essi  quando  mangiavan  sempre  cibo  solido  e  secco  (?  al-thufl).  Sui 
morti  veniva  egli  in  persona  a  pregare,  e  fu  veduto  l'ecitar  preghiere  sopra 
dieci  (cadaveri)  in  una  volta.  Poi  quando  Iddio  ebbe  ravvivato  (la  terra 
con  la  pioggia),  egli  disse  (ai  banù  Nasr):  «  Uscite  dal  borgo  (e  andatevene) 
«  a  quella  parte  del  deserto  su  cui  contate  (di  poter  vivere)  ».  E  fece  tra- 
sportare gl'invalidi,  finché  raggiunsero  il  loro  paese  (Sa ad,  III,  1,  pag.  229, 
lin.  14-23)  [G]. 

§  23.  —  (al-Wàqidi,  da  Ma'mar  b.  Ràsid,  da  al-Zuhri,  da  al-Sà-ib  b. 
Yazid,  da  suo  padre  [Yazid]).  Ho  veduto  Umar  pregare  nel  cuor  della  notte 
%  entro  la  moschea  dell'Inviato  di  Dio,  al  tempo  della  morìa;  e  diceva: 
«  Mio  Dio,  non  ci  far  perire  svilla  terra  spoglia  di  vegetazione  (?  al-sanìn'?), 
«  ma  liberaci  dalla  teiTÌbile  prova  ».  E  ripeteva  queste  parole  (Sa  ad.  III, 
1,  pag.  231,  lin.  26)  [G.j. 

§  24.  —  (al  Wàqidi,  da  Yazid  b.  Firàs  al-Dili  [al-Du-ali],  da  al-Sà-ib 
b.  Yazid).  Vidi  'Umar  b.  al-Khattàb,  nel  tempo  della  morìa,  che  indossava 
uni  zar  con  sedici  toppe,  e  il  suo  rida*  con  cinque...,  e  diceva:  «  Mio 

12. 


lo.    3..    H.  gg  24-26. 

«  Dio,  non  lasciar  che   perisca   dinanzi  a  me  la  nazione  di  Muhammad  »  18.  a.  h. 

(Saad,  III,  1,  pag.  231,  lin.  8-11)  [G.j.  '  "'"tt^I'ln  Ara^b"! 

§  25.  —  («)  (Ishàq  b.  Yusuf  al-Azraq  e  al-Fadl  b.  Dukaj-n,  da  Zakariyyà- 
b.  abi  Zà-idah,  da  al-Sa'bi,  da  Abdallah  b.  Umar).  Vidi  'Umar  b.  al-  Khàttab 
che  aveva  l'acquolina  in  bocca  (durante  la  cai-estia),  e  gli  domandai:  «  Che 
«c'è?»  —  «Avrei  desiderio»,  rispose,  «di  locuste  fiitte  »  (Saad,  III,  1, 
pag.  229,  lin.  23-26)  [G.]. 

(6)  (Muh.  b.  Ubaydallah,  da  'Ubaydallah  b.  'Umar,  da  Nàfi',  da  ibn 
'Umar).  Fu  fatta  menzione  ad  'Umar  delle  locuste  in  al-Rabadzah,  ed  egli 
disse:  «Ne  avessimo  una  o  due  ceste  (qaf'ah)da  mangiarne!»  (Saad, 
III,   1,  pag.  229,  lin.  26-28)  [G.]. 

(e)  (Muli.  b.  'Abdallah  al-Asadi,  da  Yùnus  b.  abi  Ishàq,  da  abù-1-Sa'tJià- 
[al-Kindi],  da  ibn  'Umar).  Ho  udito  Umar  che  diceva  dal  suo  pergamo 
(min bar):  «Vorrei  avessimo  uno  o  due  corbelli  (khasafah)  di  locuste, 
«da  gustarne»  (Saad,  III,  1,  pag.  229,  lin.  28  e  segg.)  [Gr.]. 

§  26.  —  («)  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  Yazid,  da  'Abdallah  b.  Sà'idah). 
Ho  veduto  'Umar,  alla  preghiera  del  tramonto,  gridare  :  «  0  uomini,  do- 
«  mandate  perdono  al  vostro  Signore,  e  tornate  a  lui  pentiti,  e  chiedetegli 
«  la  sua  grazia,  che  v'irrighi  con  la  sua  misericordia  anzi  che  con  la  pioggia  ». 
Né  cessò  di  far  appello,  tinche  Iddio  ebbe  squarciato  l'involucro  di  quella 
(siccità)  (Saad,  III,   1,  pag.  231,  lin.   11-16)  [G.]. 

(6)  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  Yazid,  da  un  testimonio  oculare).  Umar 
b.  al-Khattàb,  nell'anno  della  moria,  soleva  dire:  «  0  uomini,  invocate  Iddio, 
«che  vi  liberi  dalle  sterilità  dell'annata  (al-mahl)  ».  E  girava  (battendo 
la  gente)  col  nerbo  sul  collo  (Saad,  III,  1,  pag.  231,  lin.   16-17)  [Gr.]. 

(e)  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  'Umar  b.  Hafs,  da  abù  Wagzah  al- 
Sa'di  [cioè  Yazid  b.  'Ubaydallah  al-Sa*di  al-Madani  al-Sà'ir  f  130.  a.  H.], 
da  suo  padre  [Ubaydallah]).  Vidi  'Umar  entrar  con  noi  nella  musa  11  a 
a  far  la  rogazione,  ma  ciò  che  egli  implorava  di  più  ei'a  il  perdono  di  Dio; 
finché  io  dissi  fra  me  stesso:  «  Non  ci  aggiungerà  niente?  (ovv. :  Non  hai 
«  bisogno  d'altro?)  ».  Allora  egli  tornò  a  pregare  e  ad  implorare  Iddio,  ag- 
giungendo: «0  mio  Dio,  mandaci  la  pioggia!»  (Saad,  III,  1,  pag.  231, 
lin.  26-26)  [G.]. 

(d)  (al-Wàqidi,  da  'Abd  al-malik  b.  Wahb,  da  Sulaymàn  b.  'Abdallah 
b.  Uwaj^mir  al-Aslami,  da  'Abdallah  b.  Niyàr  al-Aslami,  da  suo  padre 
[Niyàr]).  Quando  'Umar  ebbe  stabilito  di  uscir  con  la  gente  a  far  le  roga- 
zioni  (per  la  pioggia),  scrisse  ai  suoi  governatori  che  in  un  dato  giorno 
si  umiliassero  dinanzi  al  loro  Signore,  e  implorassero  la  cessazione  della 
siccità.  Al  giorno  fissato  egli  venne  fuori  indossando  il  b  u  r  d  dell'  Inviato 

13. 


18.  a.  H.  (\\  Pio,  fino  alla    musa  Ila,  dove  egli  arringò  il  popolo,  e  si  \imilio.  Ma 

[ARABIA.  -  La  ca-  ,.,..."  ,  ,.    .         ,  ,..,., 

resila  In  Arabia.]  mentre  gli  altri  in.-^istevano  a  ])rogar  la  pioggia,  egli  implorava  di  più  il 
perdono  divino.  J\ii  quando  tu  vicino  a  ritirarsi,  di.ste.se  in  alto  le  mani, 
voltò  (?liaw\vala)  il  rida-,  pose  la  destra  sulla  sinistra,  poi  la  sinistra 
sulla  destra;  poi  distese  le  mani  e  cominciò  a  insistere  nella  implorazione. 
E  pianse  a  lungo  dirottamente,  fino  ad  averne  bagnata  la  barba  (Sa ad, 
III.    1,  pag.  2i31,  lin.  25  e  sogg.)  [G.]. 

§  27.  —  (al  Waqidi,  da  'Abdallah  b.  Gafar,  da  ibn  abi  'Awn).  Do- 
mandò Umar  b.  al-Khattàb  ad  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Muttalib:  «  abù-1-Fadl, 
«(  quante  stazioni  lunari  ci  restano  (a  passare  avanti  che  cada  la  pioggia?)  » 

—  «  a  1  -  '  A  w  w  a  »  (').  —  «  E  quanti  giorni  di  esso?  »  —  «  Ancora  otto  giorni  » 

—  «  Forse  che  in  essi  Iddio  ci  l'ara  la  grazia  ».  Poi  disse  Umar  ad  al- 
'Abbàs:  «  Vieni  domattina,  se  piace  a  Dio  ».  Or  quando  riprese  'Umar  ad 
insistere  nella  preghiera,  prese  la  mano  di  al-'Abbàs,  l'alzò  al  cielo,  e  disse: 
te  Mio  Dio,  noi  ti  presentiamo  intercessore  lo  zio  patei-no  del  tuo  Profeta, 
«  acciocché  siam  liberati  dalla  siccità,  e  tu  ci  mandi  pioggia  abbondante  ». 
Né  smisero  fino  a  che  furono  esauditi,  e  il  cielo  si  aprì  su  di  essi  durante  più 
giorni  di  seguito.  Poi  che  ebbero  la  pioggia,  e  videro  rinascere  in  qualche 
punto  la  vegetazione,  'Umar  menò  gli  Arabi  fuor  di  Madinah,  e  li  congedò: 
«  E  aggiungete  il  vostro  paese»   (Sa  ad.  III,  1,  pag.  232,  lin.  9-16)  [G.]. 

Cfr.  anche  Dzahabi  Paris,  I,  Ibi.   130,v. 

Nota  1.  —  al-'A\vwà'  è  la  13"  stazione  lunare,  che  comprende  ,;,  ri,  -■,  ò,  5  Virginis,  ossia  ciio.i 
la  prima  metà  della  costellazione  della  Vergine  (alla  fine  della  qual  costellazione  si  trova  il  punto  equi- 
noziale autunnale).  Il  sole  rimane  circa  IB  giorni  in  ciascuna  delle  stazioni  lunari;  e  dopo  che  esso  è 
stato  in  al-'Awwà',  sono  da  aspettarsi  le  pioggie  autunnali  (cfr.  Lane,  L,  s.  v. I. 

§  28.  —  (al-Wàqidi,  da  Usàmah  b.  Zayd,  da  Maymùn  b.  Maysarah, 
da  al-Sà"ib  b.  Yazìdj.  Guardai  nel  tempo  della  morìa,  una  mattina  'Umar 
b.  al-Khattàb:  in  aspetto  negletto  e  umiliato,  indossava  il  burd  che  non 
giungevagii  alle  ginocchia.  Implorava  ad  alta  voce  il  perdono  divino,  e 
dagli  occhi  piovevano  lagrime  sulle  guance.  Aveva  a  destra  al-'Abbàs  b. 
'Abd  al-Muttalib,  e  pregava,  quel  giorno,  volto  verso  la  q  ibi  ah,  con  le 
mani  alzate  al  cielo,  gridando  verso  il  suo  Signore;  e  con  lui  pregava  il 
popolo.  Poi  egli,  presa  la  mano  di  al-'Abbàs,  disse:  «  Noi  ti  presentiamo 
«  a  nostro  intercessore  lo  zio  del  tuo  Inviato  ».  Né  al-'Abbàs  cessò  dal  re- 
stare tutto  il  giorno  al  fianco  di  lui,  pregando  con  gli  occhi  pieni  di  la- 
grime (Saad,  III,  1,  pag.  232,  lin.   16-23)  |G.]. 

§  29.  —  (al-Wàqidi,  da  Tlisàm  b.  Sa'd,  da  Zaj^d  b.  Aslam,  da  suo 
padre  [Aslam]).  Nel  periodo  della  siccità,  noi  non  vedemmo  mai  nuvole. 
Or  quando  Umar  fece  le  rogazioni,  passarono  alcuni  giorni,  quindi  co- 
minciammo a  scorgere  dei  cirri  o  lembi  di  nuvole.  Allora    Umar  prese  a 

u. 


18.    a.    H.  §§  29-33. 

intonare  il  takbìr  ogni  volta  che  entrava  od  usciva  (da   casa?   o   dalla  ^^-  ^-  "■ 

.     „  ,  ,        n       1   .  1  1  1  •        ARABIA.  -  La  ca- 

moschea?),  e  cosi  taceva  la  gente,  finche  vedemmo  una  nuvola  nera  levarsi        restia  in  Arabia.) 
dal  mare  e  volgersi  a  sinistra,  e  venne  la    pioggia    col    permesso    di    Dio 
(Saad.  Ili,   1.  pag.  233,  lin.  8-12)  [G.]. 

§  30.  —  (al-Wàqidi,  da  Abdallah  b.  Muli.  b.  'Umar,  da  abii  Wagzah 
al-Sa'di,  da  suo  padre  [Ubayd]).  Quando  seppero  gli  Arabi  del  giorno  stabi- 
lito da  'Umar  per  le  rogazioni.  —  pochi  ormai  ne  restavano  —  vennero  fuori 
i  superstiti  ad  implorare  la  pioggia,  e,  simili  a  magri  avvoltoi  uscenti  dal 
nido,  levavano  grida  verso  Iddio  (S  aad  .  Ili,  1,  pag.  233,  lin.  13-16)  [Gì-.]. 

§  31.  —  (al-Wàqidi,  da  Khàlid  b.  Ilyàs,  da  Yahja  b.  Abd  al-ralimàn 
b.  Hàtib).  'Umar  nell'anno  della  siccità  diede  dilazione  (akhkhara)  pel 
pagamento  della  sa  daqah  .  né  mandò  esattoi'i  (al-su  '  ah);  ma  l'anno  se- 
guente, poiché  Iddio  ebbe  fatto  cessare  la  carestia  (al-gadbj,  ordinò  loro 
che  andassero  ad  esigere  due  tasse  annue  ('iqàl):  una  dividessero  (sul 
luogo  della  riscossione  e  fi'a  i  contribuenti  poveri),  l'altra  riportassero  a  lui 
(Saad,  III.   1.  pag.  233,  lin.  16-23)  [G.]. 

§  32.  —  f al-Wàqidi,  da  Talhah  b.  Muh.,  da  Hawsab  b.  Bisr  [?  =  abù 
Bisr  Hawsab  b.  Muslim  al-Basri?],  da  suo  padre  [Bisr?]).  L'anno  della  ca- 
restia vedemmo  i  nostri  averi  rasi  dalla  (triste)  annata,  sicché  presso  i 
più  non  era  rimasto  quasi  nulla.  'Umar  quell'anno  non  mandò  gli  esattori; 
ma  nel  seguente  li  mandò,  ed  esigettero  doppia  tassa,  una  divisero  (sul 
luogo  fra  i  poveri),  l'altra  portaron  via.  Fra  tutti  i  banu  Fazàrah  non 
trovarono  altro  che  sessanta  quote  imponibili  (faridah):  trenta  furono 
ripartite  sul  luogo  dagli  esattori,  che  'Umar  aveva  spediti  con  l'ordine  di 
cercare  gii  uomini  dovunque  fossero;  e  trenta  furono  portate  a  lui  (in 
Madìnah)  (Saad,  III,   1,  pag.  233,  lin.  23-234,  lin.  1)  [G.]. 

§  33.  —  (Qabisah  b.  Uqbah,  da  Sufyàn,  da  Ubaydallah  b.  Musa,  da 
Isràìl.  da  Yahya  b.  Abbàd;  e  Arim  b.  al-Fadl,  da  Hammàd  b.  Zayd,  da 
Hisàm  abù-1-Walid  al-Ta}'àlisi,  da  abù  'Awànah,  da  'Àsim  b.  abi-1-Nugùd, 
da  Zirr  b.  Hul)ays).  Vidi  'Umar  b.  al-Khattàb  che  conduceva  fuori  di  Ma- 
dìnah la  gente  (immigrata).  Era  un  uomo  fulvo,  lungo,  ambidestro,  calvo 
sul  davanti,  vestito  di  un  b  u  r  d  qatarita  :  camminava  a  piedi  nudi,  emi- 
nente su  tutti  come  se  fosse  a  cavallo.  Egli  li  congedava  dicendo:  «  0  servi 
«di  Dio:  emigrate,  e  non  assomigliate  ad  emigrati»  (cioè  —  secondo  la 
spiegazione  di  Asim,  riferita  da  Yahya  b.  'Abbàd,  da  Hammàd  b.  Zayd 
—  pur  non  essendo  dei  veri  emigrati,  muhàgirùn,  di  quelli  cioè  della 
higrah).  al-Wàqidi  dichiara  di  non  conoscere  questa  tradizione,  ed  ag- 
giunge che  'Umar  era  fulvo,  ma  nell'anno  della  siccità,  il  colore  gli  si 
mutò  avendo  mangiato  l'olio  (Saad,  III,   1,  pag  234,  lin.    13-19)  [G.]. 

15. 


§§  »4-!<8. 


18.  a.  H. 


18-  a-  H.  §  34.  _  (al-Wiiqidi,    da  'Abdallah   b.  Yazid   al-Hudzali,  da  'lyàd    b. 

resila  in  Arabia^!  Khalifali).  Vidi  'Umar  nell'anno  della  siccità,  ch'era  diventato  nero  da 
biani'o  che  era  prima,  poiché  egli  era  arabo  .sedentario  (' ara  biy  y  ""),  e 
mangiava  burro  e  latte;  ma  quando  la  carestia  impedì  l'uso  di  questi  due 
cibi,  egli  mangiò  l'olio,  tanto  che  n'ebbe  mutato  il  colore,  e  soffrì  la  fame 
più  volte  (Sa ad.  III,   1,  pag.  234,  lin.   19-23)  [G.]. 

§  35.  —  (al-Ya'qùbi).  Nell'anno  delle  Ceneri,  'Am  al-ramàdah,  ossia 
il  IS.  IL.  la  geiite  ebbe  a  soffrire  da  una  carestia:  allora  il  Califfo  Limar 
uscì  (da  ai-Ma dinah)  per  tare  le  rogazioni  per  la  pioggia.  Con  lui  uscì  la 
gente,  ed  'Umar  nel  menare  per  la  mano  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Muttalib, 
diceva  (ad  alta  voce):  «  O  Dio!  Noi  ci  avviciniamo  a  te  con  lo  zio  del  tuo 
«  Profeta.  O  Dio!  Non  deludere  le  loro  opinioni  sul  tuo  Inviato!  »  Ed  al- 
lora caddero  le  pioggie  (Ya'qùbi,  II,  171). 

Cfr.  anche  per  altri  particolari  sulla  carestia  'Iqd,  II,  IGl;  Nuwayri 
Leid,  I,  Ibi.  84,v. 

§  36.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  Salii  b.  Yùsuf  al-Sulami,  da  'Abd  al-rahmàn 
b.  Ka'b  b.  Màlik).  La  carestia  in  Madinah  e  nei  dintorni  incominciò  a 
farsi  sentire  alla  fine  dell'anno  17.  H.  ed  infierì  specialmente  durante 
l'anno  18.  H.,  quando  tale  fu  la  mancanza  di  viveri  e  di  foraggi,  che  molta 
gente  morì  di  fame,  e  gli  animali  selvatici  si  avvicinarono  senza  timore 
agli  uomini  in  cerca  di  nutrimento,  sicché  un  uomo  che  scannava  una 
pecora,  la  rifiutava,  perchè  (la  carne)  era  cattiva,  sebbene  avesse  fame  (?) 
(T  a  bari,  I,  2674). 

Cfr.  Athir,  IL  433. 

§  37.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  al-Rabi'  b.  al-Nu'raàn,  e  da  altri).  Tale 
fu  la  deficienza  di  viveri  in  Madinah  e  nei  dintorni,  che  gii  abitanti  erano 
come  gente  assediata.  Il  Califfo  scrisse  perciò  ai  governatori  delle  Pro- 
vincie, ordinando  loro  di  inviare  le  pivi  necessarie  provviste  per  soccorrere 
i  sofferenti.  La  prima  caravana  di  soccorsi  fu  quella  di  4000  cameli  dalla 
Siria,  menata  da  abù  'Ubaydah  in  persona.  Il  Califfo  insistè  perciò  nel 
fare  un  dono  ad  abù  'Ubaydah  di  4000  dirham  (Tabari,  I,  2576-2577).    . 

Cfr.  Athir,  II,  434. 

§  38.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Quando  'Amr  b.  al-'As  (go- 
vernatore dell'Egitto)  (^)  ricevette  la  lettera  del  Califfo,  chiedente  soccorsi 
per  gli  abitanti  del  Higàz,  che  morivano  di  fame,  rispose  al  Califfo,  nar- 
randogli come  all'epoca  in  cui  il  Profeta  aveva  incominciato  a  predicare,  il 
mare  Mediterraneo  (al-Bahr  al -S ami)  si  era  scavato  da  sé  miracolosa- 
mente un  canale  attraverso  lo  stretto,  ed  aveva  riversato  le  sue  acque  nel 
Mar  Rosso  (B  a  h  r  a  1  -  'A  r  a  b)  :  se  il  Califfo  voleva  che  in  Madinah  regnas- 


Ib 


Q 
< 

tr 

LU 
CQ 


18.  a.  H.  §§  3840. 

sero  i  prezzi  miti  dei  mercati  egiziani,  bisognava  riattivare  questo  canale,  ^S-  ^-  ^^ 

■    r^         •-,•/'<■    -TT  r^   f  no       ■  T  IT       [ARABIA.  -  La  ca- 

che era  stato  otturato  dai  Greci  e  dai  Copti.  Il  Calmo  rispose  ordinandogli        restia  in  Arabia.] 

di  iniziare  immediatamente  i  lavori  e  di  eseguirli  con  la  massima  solleci- 
tudine. Gli  abitanti  dell'Egitto  protestarono  contro  l'ordine,  dicendo  che 
se  'Amr  spendeva  tanti  danari  per  quel  canale,  avrebbe  rovinato  le  finanze 
del  paese.  'Amr  ne  scrisse  al  Califfo,  ma  questi  rispose,  ordinando  severa- 
mente di  proseguire  e  terminare  il  lavoro  con  tutta  sollecitudine,  perchè 
Dio  approvava  che  l'Egitto  si  rovinasse  per  benefizio  di  Madinah  (^).  Il  la- 
voro fu  fatto  ed  il  canale  venne  a  sboccare  in  al-Qulzum  (Suez),  sicché, 
grazie  al  trasporto  per  mare,  il  prezzo  delle  derrate  alimentari  in  Madinah 
cadde  al  medesimo  livello  di  quello  che  vigeva  nei  mercati  egiziani.  Grazie 
a  questo  provvedimento  la  città  di  Madinah  non  ebbe  più  a  sofi&'ire  dagli 
effetti  di  carestie  fijio  a  tempi  della  uccisione  di  'Uthmàn  (35.  a.  H.), 
quando  di  nuovo  il  canale  fu  chiuso  ed  i  prezzi  tornarono  a  salire  (Ta- 
bari,  I,  2577). 

Cfi-.  Athir,  IL  434. 

Nota  1.  —  Sayf  b.  'Umar  uaira  questi  tatti  sotto  Tanno  18.  a.  H..  come  se  fossero  contemporanei 
dei  precedenti,  e  senza  ricordarsi  che  la  completa  conquista  dell'Egitto  segui  due  anni  dopo:  'Amr  non 
può  aver  intrapreso  lo  scavo  del  canale  di  acqua  dolce,  che  univa  il  Nilo  al  Mar  Rosso,  se  non  verso  il  20. 
o  il  21.  H.  E'  inutile  poi  aggiungere  che  lo  scavo  del  canale  dovette  essere  un'  impresa  di  tanta  impor- 
tanza e  di  sì  grave  difficoltà  di  esecuzione,  e  richiedente  tanto  impiego  di  tempo,  che  mai  in  alcun 
modo  poteva  servire  come  immediato  provvedimento  per  una  carestia  esistente,  ma  come  misura  di  pre- 
cauzione contro  il  possibile  rinnovo  nell'avvenire  delle  sofferenze  patite  nella  carestia  del  18.  H. 

Nota  2.  —  Si  tenga  nota  di  questo  concetto,  introdotto  ad  arte  nel  testo  per  insistere  sul  prin- 
cipio fondamentale,  che  i  popoli  non  musulmani  hanno  un  sol  compito  nel  cosmos,  quello  di  vivere  per 
lavorare  e  produrre  a  totale  ed  unico  vantaggio  dei  veri  credenti. 

§  39.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Sahl  b.  Yiìsuf,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Kab). 
La  terribile  siccità  ebbe  fine  grazie  ad  una  processione  per  chiedere  la 
pioggia  (al-istisqà-)  (M  organizzata  dal  Califfo  'Umar,  per  suggeriniento 
di  Bilàl  b.  al-Hàrith  al-Muzani,  che  pretese  aver  visto  in  sogno  il  Profeta.  Il 
Califfo,  accompagnato  da  al-'Abbàs  e  da  tutta  la  popolazione  uscì  solenne- 
mente dalla  città,  arringò  i  presenti,  e  pregò  prostrato  in  terra  recitando 
i  versi  della  prima  sur  a.  La  cerimonia  ebbe  immediato  effetto,  perchè 
la  pioggia  venne  giù  a  torrenti,  e  per  rientrare  nelle  loro  dimore  il  Califfo 
ed  i  suoi  seguaci  dovettero  guadare  attraverso  bacini  d'acqua  (T  a  bari,  I, 
2574-2575;  cfr.  anche  2575-2576). 

Cfi-.  Athir,  II,  434-435. 

Nota  1.  —  Sui  riti  delle  rogazioni  nell'Isiàm,  vedi  Bel,  (iuelqiies  riten  pour  obtenir  la  pluieen 
(empii  de  sécheresse  chez  les  Musulmans  Maghribins,  in  Recueil  de  mémoires  et  de  iextea  publié  en 
l'hnnneur  da  XIV  Congr.  des  Orient.,  par  l'École  d'Alger,  1905,  pag.  49-98. 

§  40.  —  Riassumendo  dunque  le  precedenti  tradizioni,  par  che  si  pos- 
sano deduiTe  i  seguenti  fatti  sicuri: 

17.  3 


•10-i-J. 


18.  a.  H. 


restia  in  Arabia. 


'8.  a.  H.  jvjt.;   piiiiii  giorni  (Iciraiiiio   18.  H.  (cfr.  §   10),  ossia  già   nel    meso   di 

lARABIA.  ■  La  ca-  .       „.,,,         X>     t-        •  •       •  .•  •    j  •    i.  •     j-    tvt     i-       i 

gennaio  bd9  a.  E.  V  .,  si  cominciarono  a  sentire  nei  dintorni  di  Madinah 
le  funeste  conseguenze  (runa  iatale  siccità  autunnale,  siccità  per  effetto 
della  ([uale  rimasero  distrutti  i  pascoli  magrissimi  del  Higàz,  e  quindi  ebbe 
principio  una  grande  mortalità  nei  bestiami  dei  nomadi.  Privi  del  latte 
e  delle  carni  dei  loro  armenti,  unico  alimento  nel  deserto,  i  Beduini  afl'a- 
luati  incominciarono  ad  affluire  in  Madinah  chiedendo  viveri  e  soccorsi. 
Il  Califfo  diede  quanto  poteva  avere  in  Madinah  e  mandò  a  chiedere  soc- 
corsi in  Siria  e  nell'Iraq,  sebbene  anche  in  queste  regioni,  in  misura  molto 
minore,  infierisse  la-  siccità,  e  quindi  pure  una  scarsità  di  viveri.  Questo 
stato  di  cose  durò,  si  dice  (cfi-.  §  30),  ben  nove  mesi. 

Per  venire  in  aiuto  dei  poveri,  morenti  di  fame,  fu  organizzato  un 
vero  servizio  di  soccorso  pubblico;  ma  molti,  a  quanto  pare,  morirono  di 
fame,  o  di  malattie  contratte  in  condizioni  di  estremo  esaurimento  per 
effetto  della  lame.  Il  Califfo,  tanto  fu  il  rigore  della  carestia,  dovette  so- 
spendere —  pare  nella  sola  Arabia  occidentale  —  l'esazione  delle  imposte. 
Per  combattere  la  gravissima  crisi  si  ricorse  a  tutti  i  mezzi,  comprési  quelli 
soprannaturali:  e  sembra  che  il  Califfo  facesse  più  volte  la  cerimonia  del- 
l'istisqà'.  ossia  di  chiedere  ufficialmente  alla  divinità,  con  pubbliche  ce- 
rimonie, la  concessione  delle  pioggie.  —  Queste  vennero  alfine  —  forse 
durante  la  tarda  primavera  del  18.  H.  —  e  apportarono,  almeno  nei  din- 
torni di  Madinah,  il  desiderato  ristoro.  'Umar  ebbe  allora  cura  di  riman- 
dare in  patria  le  turbe  di  Beduini  accorsi  in  Madinah  per  godere  delle 
distribuzioni  gratuite  di  viveri  e  di  soccorsi.  Attraverso  il  velo  tenden- 
zioso delle  tradizioni  pare  non  pertanto  di  scorgere  che  'Umar  molto  ed 
efficacemente  si  adoperasse  per  lottare  contro  la  sventura  nazionale. 

ARABIA-SIRIA.  —  Tradizioni  sul  viaggio  del  Califfo   Umar  in  Siria. 

§  41.  —  Tanto  ibn  Ishàq,  quanto  al-Wàqidi,  affermano  che  nell'anno 
17,  H.  il  Califfo  Umar  lasciasse  Madinah  per  venire  in  Siria,  ma  che  ar- 
rivato a  Sargh,  ritornasse  indietro  (T abari,  1,2511,  lin.  8-10). 

Per  la  data  corretta  del  viaggio  e  della  peste  vedi  quanto  si  è  detto 
nei  precedenti  §§  6  e  segg.  Il  viaggio  avvenne  nel  18.  H.,  perchè  in  que- 
st'anno, e  non  nel  17.  H.,  infierì  la  peste.  Cfi-.  §§  47  e  segg. 

§  42.  —  (ibn  Ishàq,  da  ibn  Sihàb  al-Zuhri,  da  'Abd  al-hamid  b.  'Abd 
al-rahmàn  b.  Zayd  b.  al-Khattàb,  da  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b.  Nawfàl,  da 
'Abdallah  b.  Abbàs).  Nell'anno  17.  H.  il  Califfo  'Umar  partì  da  Madinah 
con  numeroso  seguito  di  M  uh  agir  un  e  di  Ansar,  dirigendosi  verso  la 
Siria  con  l'intenzione  di  assumervi  il  comando  delle  schiere  in   una   spe- 

18. 


ria. 


18.    3.,    H.  §g  42-45. 

dizione  contro  il  nemico  (ghàziy*").  Quando  arrivò  a  Sargh,  gli  vennero         •  ^8.  a.  h. 

T        ,•      1    11  ....  ,  .        ^.    .  ,  _    ,^^,  [ARABIA-SIRIA.   - 

incontro  i  comandanti   delle   guarnigioni  musulmane  m  bina,  abu    Ubaj^-        Tradizioni  sui 
dali  b.  al-Grarràh,  Yazid  b.  abi  Sufyàn,  e  Surahbil  b.  Hasanah,  i  quali  gii        viaggio  dei  Caiif- 

1        -1  ■     n,     ,       ••!  '  11  ,    \     TI  *o    Omar   in    Si- 

annunziarono  che  il  paese  era  intestato  da  un  grave  morbo  (la  peste).  Il 
Califfo  convocò  allora  in  consiglio  tutti  i  Muhàgirùn,  e  li  interrogò  sul- 
l'opportunità di  recarsi  in  Siria  durante  l'infierire  del  morbo.  I  pareri  fu- 
rono diversi:  alcuni  sostennero  che  recandosi  egli  per  una  missione  per  la 
causa  di  Dio,  non  dovesse  arrestarsi  per  timore  del  morbo.  Altri  invece, 
stante  l'infierire  di  un  male  si  terribile,  non  vedevano  la  ragione  di  pro- 
seguii'e  in  quel  momento  il  viaggio.  Il  Calififb  licenziò  allora  i  Muhàgi- 
riin,  e  fece  convocHre  gli  x\nsàr:  questi,  come  i  Muhàgirùn ,  si  divi- 
sero in  due  partiti,  l'uno  favorevole  al  viaggio,  l'altro  in  favore  di  un  ritorno 
a  Madinah.  Licenziati  anche  questi,  il  Califfo  chiamò  a  consiglio  i  Qurays 
convertiti  alla  presa  di  Makkah,  e  questi  unanimemente  gii  consigliarono  di 
ritornare  a  Madinah  per  evitare  la  peste.  Il  Califfo  riunì  allora  tutti  i  presenti 
in  Sargh  ed  annunziò  che  egli  rinunziava  al  viaggio  e  ritornava  a  Madinah, 
ordinando  anche  ai  suoi  compagni  di  viaggio  di  ritornare  con  lui.  Molti  però 
non  approvarono  tale  decisione,  ed  abù  'Ubaydah  b.  al-Garràh  manifestò 
apertamente  il  suo  pensiero  dicendo  al  Califfo:  «  Tu  tenti  fuggire  dal  destino 
«  di  Dio!  ».  Umar  prontamente  gli  rispose:  «  Fuggo  dal  destino  di  Dio  verso 
«  il  destino  di  Dio!  ».  Sopraggiunse  in  quel  momento  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf, 
il  quale  nulla  sapeva  di  ciò  che  era  accaduto:  il  Califfo  gli  annunziò  che  v'era 
la  peste  in  Siria  e  chiese  il  suo  parere.  Abd  al-rahmàn  si  rammentò  allora 
una  sentenza  del  Profeta,  che  diceva  :  «  Se  voi  avete  notizia  che  la  peste 
«  infierisce  in  un  paese,  non  vi  andate,  ma  se  la  peste  viene  a  sorprendervi 
«  nel  vostro  paese,  allora  non  fuggite!  ».  Il  Califfo  diede  quindi  il  segnale 
della  partenza  e  ritornò  con  i  suoi  a  Madinah  (T  abari,  I,  2511-2513). 

Cfr.  Athir,  IL  437-438;  Khaldun,  II,  App.,   114. 

§  43.  —  (ibn  Ishàq,  da  ibn  Sihàb  al-Zuhri,  da  'Abdallah  d.  'Amir  b. 
Rabi'ah  e  da  Sàlim  b.  'Abdallah  b.  'limar).  Quando  il  Califfo  'Umar,  in 
seguito  alla  sentenza  del  Profeta,  ricordata  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Awf, 
partì  da  Sargh  e  ritornò  a  Madinah  per  causa  della  peste  che  infieriva  in 
Siria,  tutti  i  comandanti  militari  ('ummàl  al-agnàdì  ritornarono  ai 
loro  po.sti  (in  Siria)  (T  a  bari,  I,  2513). 

§  44.  —  al-Dzahabi  pone  nell'anno  17.  H.  il  viaggio  di  'Umar  sino  a 
Sargh,  e  dice  che  lasciò  Zayd  b.  Thàbit  quale  luogotenente  in  Madinah 
(Dzahabi  Paris,  I,  fol.   130,r.). 

§  45.  —  (al-Ya'qùbi).  Di  poi  (nell'anno  17.  H.,  secondo  la  cronologia 
di  al-Ya'qùbi)  il    Califfo  'Umar   partì   (da    Madinah)    dirigendosi    verso  la 

19. 


§§  45-47.  18.    2L.    H. 

18.  a.  H.  Siria  e  viascajiò  fino  a  Sargh:  qui  venne  a  sapere  clie  la  peste  era  aumen- 

lARABIA-SIRIA.   -  ,  ,     ,  ,  .      ,         .      ,  ,      ,  ,         ./^ 

Tradizioni  sul     ^^ta   (q  a  ct   K  a  tj}  u  r  a  ,  e  quindi  si  deve  concludere  che    Umar  eia  partito 
viaggio  del  Caiif-     sapendo  come  già  v'infierisse  il  morbo)  e  perciò  fece  ritorno.  (Prima  di  ani- 
ria  i  vare  a  Sargh)  gli  vennero  incontro  i  comandanti  militari  della  Siria,  ed  abù 
'Ubaydah  b.  al-Cirarràh  inveì  contro  di  lui  con  parole  violente,  dicendo:  «  Tu 
«  fuggi  forse  dal  destino  di  Dio?  ».  Ed    Umar:  «  Sì,  io  fuggo  dal  destino  di 
«  Dio  (qadr  A  llàh)  verso  il  destino  di  Dio»  (Ya'qùbi,  II,   171). 

§  46.  —  ibii  al-At_hir  osservando  come  Sayf  b.  'limar,  in  alcuni  passi, 
dia  come  spiegazione  della  venuta  di  'Umar  in  Siria,  la  sistemazione  delle 
faccende  di  tanti  Musulmani  morti  intestati  per  effetto  del  morbo  mici- 
diale, e  mettendo  ciò  insieme  con  la  notizia  che  'Umar  facesse  quattro 
viaggi  in  Siria,  ha  ricostruito  un  viaggio  del  Califfo  Umar  in  Siria  dopo  la 
peste  del  18.  H.:  viaggio  in  cui  introduce  l'episodio  del  Califfo  e  del  ve- 
scovo di  Aylah.  Che  ciò  sia  una  ricostruzione  arbitraria  di  ibn  al-Athir 
risulta  chiaro  dalla  considerazione  che  ninna  fonte  menziona  un  viaggio 
di  'Umar  in  Siria  dopo  la  peste.  In  questo  viaggio  poi  ibn  al-Athir  pone  la 
deposizione  di  Surahbil  b.  Hasanah,  e  aggiunge  che  'Umar  si  scusò  di  tale 
atto  dicendo  che  non  lo  deponeva  perchè  fosse  adirato  con  lui,  ma  perchè 
voleva  un  (altro)  uomo  piia  forte  (di  lui  per  il  governo  della  regione).  È 
questo  un  incidente  della  pretesa  destituzione  di  Khàlid  b.  al-Walid,  ap- 
plicato con  qualche  modificazione  a  Surahbil  b.  Hasanah:  è  noto  poi  (con- 
fronta Hagar,  II,  400,  lin.  ult.)  che  Surahbil  era  già  morto  di  peste  in 
Siria.  Chiude  il  racconto  con  il  ritorno  di  Umar  a  Madinali  nel  mese  di 
Dzu-1-Qa'dah  (Athìr,  II,  438-439). 

Sul  viaggio  di  'Umar  a  Sargh  cfr.  anche  T  a  bari  Zotenberg,  III, 
436-438. 

SIRIA.  —  Le  tradizioni  sulla  grande  pestilenza  dell'anno  18.  H. 

§  47.  —  (a)  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  Nell'anno  18.  H.  scoppiò  la 
grande  peste  di  'Amawàs  (Emmaus),  nella  quale  perì  tanta  gente:  mori- 
rono: abù  'Uba\dah  b.  al-Grarràh  che  comandava  le  genti  (amir  al-iiàs)  in 
Siria,  Mu'àdz  b.  Grabal,  Yazid  b.  abi  Sufyàn,  al-Hàrith  b.  Hisàm,  Suhayl 
b.  Amr,  'Utbah  b.  Suhayl  e  molti  fra  gli  asràf  al-nàs  o  uomini  più  emi- 
nenti (T  a  bari,  I,  2516). 

(6)  Khuwàndamir  sostiene  che  la  peste  fu  preceduta  da  una  terribile  sic- 
cità che  produsse  una  carestia,  e  da  questa  venne  la  pestilenza  (Khond.,  I,  4, 
pag.  25,  lin.  13  e  segg.).  Lo  stesso  narra  abù-1-Fidà-  (Abulfeda,  I,  242). 

(e)  Khaldùn,  II,  App.,  114;  Yàqùt,  III,  729;  ibn  al-ó-awzi  descrive 
Amawàs,  o 'Amwàs,  come  un  paese,  kùrah,  della  Palestina,  presso  Ge- 

2(J. 


dell'anno  18.  H.j 


18.  a.  H.  §§  47^5. 

rusalemme  e  dice  vi  hiorì  abu   Ubaydah  durante  la  morìa  in  età  di  58  anni  '8-  ^-  "• 

,     ^  _     TT     //,  ■      T     j:>  1       n  /-.      -  ISIRIA.  -  Le  tradì- 

nel    18.    H.    (G-awZl,    I,    fol.    41,V.-42,r.j.  zioni  sulla  gran- 

(d)  Nell'anno   18.  H.,  dice  al-Khuwàrizmi,  vi  tu  una  grande  morìa  in        '^^  pestilenza 
tutte  le  parti  della  Sii'ia  (Baethgen,   110). 

Cfr.  anche  Nuwaj-ri  Leid,  I,  fol.  85, r. 

§  48.  —  (al-Wàqidi).  Nella  peste  di  'Amawàs  perirono  25,000  persone 
(Tabari,  I,  2578,  lin.  6). 

§  49.  —  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  L'anno  18.  H.  fu  il  così  detto  anno 
della  perdizione.  Ani  al-ramàdah.  in  cui  avvenne  la  peste  di  Amawàs, 
per  la  quale  morì  moltissima  gente  (T  a  bari,  I,  2570,  lin.   13-14). 

§  50.  —  (ibn  Sa'd,  senza  isnàd).  Nell'anno  18.  H.  vi  fu  la  peste  di 
Amawàs:  questo  anno  fu  il   primo  detto     Am  al-Ramàdah,  in  cui  la 
gente  fa  colpita  da  scarsità,  carestia  e  fame  che  durarono  per  nove  mesi 
(Saad,  III,   1,  pag.  203,  lin.  22-24). 

§  51.  —  (abù  Ma'sar,  senza  isnàd).  L'anno  18.  H.  fu  l'anno  detto  della 
perdizione,  nel  quale  vi  fu  la  peste  di  'Amawàs  (Tabari,  I,  2570,  lin.  16-17). 

§  52.  —  (Sayf  b.  limar,  senza  isnàd).  Saj'f  b.  Umar  credeva  che 
la  peste  di   Amawàs  avvenisse  nell'anno  17.  H.   (Tabari,  I,  2520,  lin.  13). 

Dalle  fonti  precedenti  è  manifesto  però  e  sicuro  che  la  morìa  infierì 
nel  18.  H.  Su  questo  punto  non  è  possibile  avere  contestazioni.  Tutto  al 
più  il  morbo  può  aver  incominciato  a  infierù-e  agii  ultimi  del  17.  H. 

§  53.  —  (Ahmad  b.  Thàbit  al-Ràzi,  da  Ishàq  b.  Isa,  da  abù  Ma'sar). 
La  peste  di  'Amawàs,  e  (il  viaggio  di  Umar  ad)  al-GràbÌ3ah  avvennero 
nell'anno   18.  H.   (Tabari,  I,  2516,  lin.   13-15). 

Si  confonde  il  viaggio  di  al-Gràbiyah  nel  17.  H.  con  quello  fino  a  Sargh 
nel  18.  H. 

§  54.  —  (abù  Zur'ah,  da  Ahmad  b.  Hanbal).  Nel  18.  H.  vi  fu  la  peste 
di  Amawàs.  Sa'id  b.  Kathir  ha  conservato  memoria  dei  versi  di  un  poeta 
sullo  scoppio  della  morìa  ('Asàkir,  fol.  66, r.)  [H.]. 

§  55.  —  (Abdallah  b.  ó-a'far,  da  ibn  Bukayr,  da  al-LaytJi  b.  Sa'd). 
(L'anno  detto  di)  al-Ramàdah  e  la  peste  di  'Amawàs  avvennero  nel  18.  H. 
(Il  tradizionista)  Ya'qùb  dice  inoltre,  da  Salamah,  da  Ahmad  b.  Hanbal, 
da  Ishàq  b.  'Isa,  da  abù  Ma'sar:  (il  viaggio  del  Califfo  'Umar  fino  a)  Sar'  (o 
Sargh)  avvenne  nell'anno  17.  H.,  poi  (l'anno  detto)  al-Ramàdah  seguì  nel 
18.  H.,  e  nello  stesso  anno  fu  la  peste  di  Amawàs.  Quell'  'Amawàs  che 
abù  Ma'sar  pone  nell'anno  16.  H.  è  forse  una  battaglia  combattuta  in  quel 
luogo:  riguardo  però  alla  peste,  abù  Ma'sar  conviene  che  avvenisse  nel- 
l'anno 18.  H.  ('Asàkir,  fol.  66,r.)  [H.]. 

Anche  qui  è  palese  che  si  confondono  i  due  viaggi  di    Umar. 

•ji. 


§§  56-5!».  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  §  56.  —  (al-Dzahabi,  senza   isnàd).  Nell'anno   18.  H.  scoppiòla  [uste 


[SIRIA.  -  Le  tradi- 
zioni sulla  gran- 


di Aniawas  nel  paese  dell"  Uidnnn,  per  effetto  della  (piale  perirono  molti 
de  pestilenza  Musulmani:  si  dice  però  che  non  inlierisse  affatto  in  Makkah  ed  in  Ma- 
deiranno  18.  H.|     ^^.^^_^^^  ,  i>.  a  h  a  b  i   Paris,  I,  fol.    iaO,v.). 

§  57.  —  (al-Balàdzuri.  senza  isnàd,  forse  però  da  Hisàm  b.  'Animar). 
Nell'anno  18.  II.  \i  tu  la  grande  peste  di  'Amawàs,  nella  quale  perì  tanta 
irente  dei  Musulmani:   lia   le   \  ittimc  noveransi: 

(1)  abu  Ubaydah  b.  al-(Jran-àli,  l'amìr  (della  Siria)  morto  in  età  di 
68  anni. 

(2)  abCi  Abd  al-rahman  Mu'àdz  b.  Gabal,  dei  banù  Salimah  (al-Kliazrag) 
il  quale  morì  nella  provincia  (nàhiyah)  di  al-Uqhuwànah,  nell' Urdunn.  in 
età  di  38  anni.  Egli  era  stato  nominato  suo  successore  da  abù  Ubaydah, 
mentre  era  moribondo.  Altri  affermano  però  che  il  morente  abù  Ubaydah 
nominasse  lyàd  b.  Ghanm  al-Fihri,  oppure  Ami'  b.  al-'As.  Quest'ultimo 
nominò  suo  figlio  (luogotenente  della  Palestina),  e  se  ne  andò  poi  in  Egitto. 

(3)  abii  Muhammad  al-Fadl  b.  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Muttalib.  Alcuni 
però  pongono  la  sua  morte  alla  battaglia  di  Agnàdayn  (eli-.  13.  a.  H.,  §  60, 
n.  18,  e  15.  a.  H.,  §  117.  n.  22),  ma  è  più  certa  la  notizia,  che  perisse 
durante  la  peste  di    AmaAvas. 

(4)  abù    Abdallah  Surahbil  b.  Hasanah,  in  età  di  29  anni. 

(5)  abù  Yazid  Suhayl  b.    Amr,  dei  banù  'Amir  b.  Lu'ayy. 

(6)  al-Hàrith  b.  Hisàm  b.  al-Mugjiirah  al  Makhzùmi,  che  altri  dicono 
perito  ad  Agnàdayn  (cfr.   13.  a.  H.,  §  Q6,  n.  25)   (Balàdzuri,    139-140). 

Cfr.  Athìr,  II,  430;  Furàt,  I,  foL   137,v. 

§  58.  —  (abù-1-Fadl  ibn  al-Furàt,  da  abù  Muhammad  b.  Nasr,  da  abù-1- 
Qàsim  b.  abì-l-'Aqib,  da  Ahmad  b.  Ibràhim,  da  Muhammad  b.  A-idz,  da 
Mudrik  b.  abi  Sa'd  b.  Yùnus  b.  Maysarah  b.  Halbas).  Tra  i  Musulmani 
Beduini,  che  contavano  24,000  uomini,  scoppiò  la  peste  e  ben  20,000  tra 
loro  caddero  vittime  del  flagello.  I  superstiti  dissero  che  la  peste  era  stata 
«  il  Diluvio  universale  e  la  punizione  (di  Dio)  (tùfàn  \va  rigz  [Allah]j  ». 
Quando  Mu'àdz  b.  Gabal  udì  questi  discorsi,  convocò  la  gente  a  sé  e  pro- 
testò in  una  predica  contro  tale  interpretazione  del  disastro  :  egli  sostenne 
invece  che  fosse 'un  martirio  per  la  fede  e  l'esaudimento  di  una  preghiera 
del  Profeta  a  favore  dei  credenti  (sic/)  (' Asàkir,  fol.  07, r.,  cod.  Damasc, 
fol.  136, v.).  —  La  fine  della  tradizione  è  palesemente  corrotta  e  in  disor- 
dine, il  senso  non  è  chiaro.  [H.j.  Cfr.  anche  Sa  ad,  III,  2.  pag.  124,  lin.  15 
e  segg.  nella  biografia  di  Mu'àdz. 

§  59.  —  (ibn  Ishàq,  da  Su' bah  b.  al-Haggàg,  da  al  Mukhàriq  b.  Ab- 
dallah   al-Bagali,   da    Tàriq    b.    Sihàb    al-Bagali,   da    abù    Musa   al-As'ari). 


18.  a.  H. 


§§  59-62. 


dell'anno  18.  H.] 


Quando  scoppiò   la    grande    peste    di    Amawàs   in    Siria,  ed    incominciò  a  ^8.  a.  h. 

perire  tanta  gente,  il  Califfo  'limar,  volendo  salvare  abu  Ubaydah,  gli  zioni  sulla  gran- 
scrisse  invitandolo  a  lasciare  la  Siria,  ma  il  fido  Compagno,  pur  ringra-  «^e  pestilenza 
ziando  il  Califfo,  rispose  che  preferiva  rimanere  con  le  sue  genti.  Il  Califfo 
Umar,  quando  ricevette  la  risposta  di  abu.  Ubaydah,  si  mise  a  piangere 
pievedendo  la  fine  del  suo  generale,  ma  prontamente  gli  scrisse  una  se- 
conda lettera,  ordinandogli  di  rimuovere  le  milizie  dalle  bassure  malsane, 
nelle  quali  si  trovavano,  e  di  condurle  in  qualche  sito  sano  ed  elevato  nel 
deserto,  abu  Ubaydah  mandò  allora  a  chiamare  abu  Musa  al-As'ari  e  gii 
ordinò  di  trovare  un  nuovo  accampamento  per  le  schiere  in  un  sito  sa- 
lubre. Quando  abu  Musa  ritornò  a  casa  per  fare  i  suoi  preparativi,  trovò 
che  durante  la  sua  breve  assenza  era  già  morta  sua  moglie.  Al  momento 
poi  in  cui  abu  'Ubaydah  si  accingeva  a  porre  il  piede  nella  staffa  per  recarsi 
eon  le  truppe  nel  nuovo  accampamento,  fu  colpito  anch'egli  dal  male  e 
cessò  di  vivere. 

Le  genti  musulmane  furono  trasferite  in  al-Gràbijah  sul  limitare  del 
deserto,  ed  in  questo  nuovo  sito  il  male  cessò  di  infierire  tra  i  soldati.  (Ta- 
bari,  I,  2516-2518). 

Cfi-.  Athir,  II,  436-437. 

§  60.  —  (ibn  Ishàq,  da  Abàn  b.  Salili,  da  Salir  b.  Hawsab  al-A.s'ari,  da 
Eàbah  {sic)  al-A.s'ari).  Quando  morì  abu  'Ubaydah  b.  al-Garràh,  il  suo  posto 
fu  assunto  da  Mu'àdz  b.  Grabal:  la  peste  continuava  intanto  a  mietere  vit- 
time e  fì-a  le  altre  morì  anche  il  figlio  di  Mu'àdz,  'Abd  al-rahmàn  b.  Mu'àdz. 
Poco  tempo  dopo  morì  anche  il  padre  Mu'àdz,  ed  il  governo  della  provincia 
passò  nelle  mani  di  'Amr  b.  al-'As,  il  quale,  nonostante  l'opposizione  di 
abii  Wàthilah  al-Hudzali.  menò  le  milizie  lontane  dal  piano,  nei  monti, 
ove  disperdendole,  ottenne  che  il  male  cessasse  di  infierire.  Il  Califfo  'Umar 
approvò  la  condotta  di  'Amr  b.  al-'As  (T  ab  a  ri,  I,  2518-2520). 

Ctr.  Athir,  II,  437. 

§  61.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  abu  Uthmàn  e  da  altri).  La  peste  di  Ama- 
wàs fu  un'epidemia  terribile,  quale  non  ne  fu  mai  vista  simile,  e  mentre 
rianimò  i  nemici  dell'  Isiàm,  perturbò  ed  avvilì  gli  animi  dei  Musulmani 
per  il  numero  ingente  delle  morti  e  per  la  lunghezza  della  sua  durata:  la 
peste  infierì  per  parecchi  mesi  (T  a  bari,  I,  2520). 

§  62.  —  (al-Ya'qùbi).  Durante  la  peste  in  Siria  morì  abu  'Ubaydah 
b.  al-(iarràh,  il  quale  lasciò  il  governo  di  Hims  ad  lyàd  b.  Ghanm  con 
le  regioni  attigue  di  Qinnasrin:  ed  a  Mu'àdz  b.  Grabal  lasciò  il  governo 
dell'Urdunn.  Pochi  giorni  dopo  la  sua  nomina  morì  anche  Mu'àdz.  Cessò 
parimenti  di  vivere  Yazid  b.  abi  Sutyàn,  e  Surahbil  b.  Hasanali;  per  ciò 

23. 


dell'anno  18.  H. 


§§  (>2-(vj.  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  Uniar  conferì  a  Mu'àwiyah  b.  abì  Sutyàn  il  governo  della  ijrovincia  già 

'  zioni  suiil  gTan-  amministrata  dal  fratello  Yazid.  In  questo  anno  morirono  di  peste  25,000  per- 
de pestilenza  sone  oltre  quello  di  cui  non  si  tenne  il  computo:  il  prezzo  delle  derrate 
salì  alle  stello  e  la  gente  incettò  i  grani  (per  specularvi  sopra  )  :  allora 
'limar  vietò  l'incetta  delle  granaglie  (Ya'qflbi,  II,    172). 

§  63.  —  Certamente  negli  anni  successivi  e  forse  anche  nello  stesso 
anno  in  cui  intìeriva  il  terribile  flagello,  i  più  credenti  tra  i  Musulmani 
rimasero  perplessi  allo  scoppio  di  un  tanto  disastro  e  alle  stragi  spietate 
fatte  dal  morbo  nei  ranghi  dei  fedeli,  i  quali  avevano  pur  combattuto  lo- 
devolmente nella  via  del  Signore  ed  ottenuto  il  trionfo  della  sola  e  vera 
fede.  Perchè  mai  Dio  aveva  scagliato  contro  i  suoi  fedeli  una  sventura  sì 
terribile?  In  risposta  a  questo  doloroso  quesito,  che  faceva  dubitare  della 
giustizia  divina,  le  classi  dirigenti  dell'Islam  e  le  scuole  tradizion  isti  che 
posteriori  coniarono  una  tradizione  che  a  loro  modo  di  vedere  spiegava  i 
fatti  e  ne  eliminava  quel  carattere  di  irragionevole  crudeltà  del  destino, 
contro  la  quale  l'uomo  di  tanto  in  tanto  insorge,  elevando  pungente  rim- 
provero all'Essere  Supremo. 

(Thawbàn,  da  suo  padre,  da  Makhùl,  da  Kathir  b.  Murrah,  da  Mu'àdz 
b.  Grabal).  Il  Profeta  ha  detto:  «  Essi  (i  Musulmani)  verranno  in  un  luogo, 
«  che  si  chiama  al-Gàbiyah:  ivi  li  colpirà  una  cosa,  che  si  somiglierà  alla 
«  peste  dei  cameli.  Voi  stessi  (miei  compagni)  ed  i  vostri  figli  per  questo 
«  mezzo  diverrete  martiri  per  la  fede,  e  le  vostre  azioni  saranno  con  questo 
«mezzo  purificate»   ('Asàkir,  fol.  67,v.,  cod.  Damasc. ,  fol.   137,r.). 

§  64.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  abù  Hàrithah  e  da  altri).  (In  questo  anno) 
scoppiò  la  peste  in  Siria,  in  Egitto,  e  neir'Iràq,  infierendo  però  partico- 
larmente in  Siria,  dove  mietè  molte  vittime.  Fu  in  specie  violenta  durante 
i  due  mesi  di  Muharram  e  di  Safar  (del  18.  H.),  poi  sembrò  diminuire  e 
di  ciò  fu  mandato  avviso  al  Califfo  'Umar.  Questi  allora  si  mise  in  viaggio 
per  recarsi  in  Sh-ia,  ma  quando  giunse  vicino  alle  frontiere,  venne  a  sapere 
che  la  peste  infieriva  peggio  che  mai  in  quella  provincia,  e  dacché  aveva 
conoscenza  della  sentenza  del  Profeta,  che  proibiva  di  recarsi  in  un  paese 
colpito  dalla  peste,  fece  ritorno  a  Madinah.  Grli  giunsero  allora  lettere  dai 
governatori,  descrivendogli  le  innumerevoli  difficoltà,  nelle  quali  si  trova- 
vano per  il  numero  stragrande  dei  morti  e  delle  eredità,  che  non  si  sa- 
peva più  a  ehi  dovessero  spettare:  il  Califf"o  tenne  perciò  nel  mese  di  Gru- 
màda  I.  un  consiglio  per  decidere,  da  qual  paese  egli  avrebbe  dovuto  in- 
cominciare il  suo  giro  per  rimettere  a  posto  tutti  gli  affari  rimasti  in  so- 
speso a  causa  della  grande  mortalità.  'Umar  avrebbe  voluto  incominciare 
con  r  'Iraq,  ma  Ka'b  al-Ahbàr,  che  si  era  convertito  in  quell'anno,  lo  dis- 

24. 


18.  a.  H. 


§§  64-68. 


suase,  consigliaudogli  invece  di  incominciare  dalla  Siria  (^)    (Tabari.   I,  18.  a.  H. 

[SIRIA.  .  Le  tradi- 
^Oia-^Ol-iJ.  zionì  sulla  gran- 

NuTA  1.  —  Per  persuadere  il  Califfo  'Umar,  Ka'b  al-Ahbàr   gli   fece   il  seguente   discorso:     Non  pestilenza 

•  cominciare  con  T'Iràq!  Il  male  si  compone  di  dieci  parti,  ed  il  bene   pure   di   dieci   parti:  una  parte  aell  anno  18.  n.J 
1  del  bene  è  in  oriente,  e  nove  in  occidente,  e  se  una  parte  del  male  è  in  occidente,  le  altre  nove  parti 

•  sono  in  oriente,  ove  stanno  le  corna  di  Satana!  Ogni  male  è  duro  a  guarire!  »  (Tabari,  I,  2514,  lin.  10 
e  segg.  ;  da  Sayf  b.  'Umar).  Per  ciò  che  riguarda  le  coma  di  Satana,  forse  si  allude  alla  credenza  che 
il  sole  sorga  tra  esse;  cfr.  Goldziher,  Philol.,  I,  113  e  segg.:  e  9  a.  H.  §  36  e  n.  3. 

Secondo  un'altra  tradizione  pure  di  Sayf  b.  'Umar  (Tabari,  I,  2515,  lin.  1  e  segg.ì,  'Uthmàn 
avrebbe  detto  al  Califfo  'Umar:   «L'occidente  è  il  paese  del  male,  e  se  il  male  fosse  diviso  in  cento  parti, 

•  si  troverebbe  che  una  parte  sola  è  fra  gli  uomini  (in  oriente)  e  le  altre  novantanove  sono  nel  Maghrib 
'(occidente)».  Ve  un'altra  tradizione  su  argomento  affine,  che  merita  di  essere  data,  perchè  descrive 
il  carattere  attribuito  alle  differenti  nazionalità,  ai  tempi  di  Sayf  (Sayf  b.  'Umar,  da  Bakr  b.  Wà-il,  da 
Muliammad  b.  Muslimi.  Disse  il  Profeta  di  Dio:   «L'osservanza  delle  leggi  (al-hifz)  fu  divisa  in  dieci 

•  parti,  delle  quali  nove  furono  date  ai  Turchi  ed  una  agli  altri  uomini.  L'avarizia  fu  divisa  in  dieci  parti, 
«delle  quali  nove  furono  date  ai  Persiani  (Fàris)  ed  una  agli  altri  uomini...,  ecc.  ^  ;  e  ripetendo  la 
medesima  formola  si  vuole  che  il  Profeta  affermasse  che  i  Sudanesi  fossero  gli  uomini  più  generosi,  gli 
Indiani  i  più  libidinosi,  le  donne  nove  volte  più  pudiche  degli  uomini,  gli  Arabi  gli  uomini  capaci  di 
odiare  più  di  tutti  gli  altri,  ed  i  Greci  i  più  orgogliosi  (Tabari,  I,  2515-2516!. 

§  65.  —  Della  grande  carestia  in  Madinah  discoiTe  anche  Entichio, 
e  narra  come  Amr  b.  al-*As  venisse  in  soccorso  del  Califfo  e  degli  abi- 
tanti affamati  d'Arabia  con  l'invio  di  copiose  vettovaglie  dall'Egitto  per 
via  di  terra.  'Umar  scrisse  poi  ad  ad  Amr  ordinandogli  di  scavare  il  ca- 
nale al-Khalìg,  che  doveva  giungere  sino  ad  al-Qulzum  (Suez)  e  facilitare 
i  trasporti  delle  deiTate.  Questo  canale  era  quello  in  al-Qantarah  e  fu  poi 
detto  Khalig  Amh-  al-Mu'minin  :  in  tal  modo  i  cereali  poterono  es.ser  tra- 
sportati sino  alle  coste  d'Arabia  prima  lungo  il  canale,  e  poi  attraverso  il 
Mar  Rosso  (Eutychius,  ed.  Cheikho,  II,  pag.  26-27). 

Questi  fatti  sono  però  narrati  dal  cronista  cristiano  dopo  la  presa  di  Ales- 
sandi'ia  e  senza  specificare  l'anno:  quindi,  giudicando  dall'ordine'della  materia, 
Eutichio  porrebbe  la  carestia  nientemeno  che  dopo  il  1"  Muharram  del  20.  H. 

§  66.  —  Sulla  carestia  e  la  peste  si  possono  anche  consultare:  Dza- 
h  a  b  i  Paris,  I,  fol.  130,  v.  ;  A  b  u  1  f  e  d  a ,  I,  242-244,  il  quale  aggiunge  che 
la  peste  infierisse  anche  in  al-Basrah,  e  che  in  questo  anno  'Umar  visitò 
la  Siria  per  regolare  le  faccende  dei  morti  di  peste  (Khond,  I,  4,  pa- 
gine  16-17). 

§  67.  —  In  quel  tempo  (ossia  nel  951  dei  Greci,  o  Seleucidi)  infierì 
la  peste  bubbonica,  e  molta  gente  morì  nel  paese  della  Siria  e  della  Meso- 
potamia  (Michel  Syrien,  II,  431). 

§  68.  —  Secondo  il  Miiller  la  peste  ebbe  principio  alla  fine  del  17.  H., 
ma  salì  al  massimo  della  sua  intensità  nel  corso  dell'anno  18.  H.  ed  infierì 
in  Palestina  e  Siria.  Il  centro  maggiore  di  mortalità  fu  'Amawàs,  ma  ne 
fu  devastato  terribilmente  anche  tutto  il  resto  del  paese:  egli  ritiene  che 
le  vittime  furono,  secondo  alcune  fonti,  25,000  (Muller,  I,  259). 


S  t)8. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  Sulla    peste   cfr.   aiulu>   Tabari    Zoteubeig,    III,   434-439,   dove  ò 

iSIRIA.  -  Le  tradì-        ,    .,  ,        -i  ,  i  i  •    t)     >     i  •       -i  t      •        •  -,       ■ 

i  ni  sulla  gran-     fit^tto  clif   il   morbo   nel   Illese  di    Kagab  commcio  a  aimimuie   passando  m 

de    pestilenza       Egitto    0    Uell' 'IlàtJ. 

*   *""°         ■'  Sarà  molto  utile  agli  studiosi  aggiungere,  a  proposito  della  peste  e  del 

viaggio  di  'Umar  a  Sargh,  alcuni  appunti  di  molto  pregio,  favoritimi  dal 
prof.  C.  A.  Nallino,  sopra  alcuni  detti  contradditori  attribuiti  a  Maometto 
ed  ammessi  come  autentici  in  tutte  le  raccolte  canoniche  di  tradizioni  re- 
lative al  Profeta.  Uno  di  tali  detti  è  quello  qui  citato:  là  yuridu  mum- 
r  i d " "  'ala  m u s  i  h  h  '"  (con  la  variante  assai  meno  tì^equente :  là  3^  ù  r  i  - 
danna  dzu  '  à  hat'°. . .)  ('),  dal  quale  apparirebbe  la  prescrizione  di  evi- 
tare il  contagio.  Ma  un  altro  detto  a  cui  accenna  anche  MaqdLs,  e  che 
aveva  senza  dubbio  lo  scopo  di  combattere  superstizioni  degli  Arabi  pa- 
gani, afferma  :  1  à  '  a  d  w  a  w  a  - 1  à  t  i  y  a  r  a  t  a  «  non  esiste  contagio  né  segno 
di  augurio  infausto  »  (^).  Il  metter  d'accordo  queste  due  tradizioni  ha  pro- 
curato non  poco  lavoro  ai  teologi  musulmani;  oltre  ai  commentatori  delle 
raccolte  canoniche  di  tradizioni,  si  veda  i  b  n  Q  u  t  a  y  b  a  h  ,  M  u  kh  t  a  1  i  f 
al-hadit_h,  Cairo,  1326,  pag,  123-132;  ed  ibn  Qayyim  al- G-a  wiyy  ah  , 
Miftàh  dar  al-sa'àdah,  Cairo,  1323-1325,  voi.  II,  pag.  266-266  e  278- 
284.  Alcuni  ricorsero  alla  nota  teoria  del  n  a  s  i  kh  e  del  m  a  n  s  ù  kh  ,  rite- 
nendo che  uno  dei  due  detti  avesse  abrogato  l'altro;  ma  la  soluzione  accolta 
dalla  maggioranza  e  considerata  come  ortodossa  è  questa:  Vero  contagio 
da  corpo  a  corpo  non  esiste,  ma  le  precauzioni  di  isolamento  vanno  prese 
allo  scopo  di  evitare  che  gli  spiriti  deboli  vengano  traviati  dal  diffondersi 
del  male  e  credano  al  contagio. 

Queste  discvissioni  derivano  dalla  ti^adizione  accolta  nelle  collezioni 
canoniche  e  da  scrittori  di  storia  (cfr.  poc'anzi  al  §  42),  sul  viaggio  di 
'Umar  a  Sargh  e  le  parole  pronunziate  da  Abd  al-rahmàn  b.  Awf,  che 
dichiarò  d'aver  udito  una  volta  dal  Profeta  queste  parole:  «  Quando  udite 
«  che  la  peste  è  in  una  terra,  non  vi  entrate;  e  qualora  la  peste  scoppi 
«  in  una  terra  in  cui  voi  siete,  non  ne  uscite  ».  In  seguito  a  ciò  'Umar 
stabilì  di  tornare  indietro.  I  commentatori  sono  unanimi  nello  spiegare  i 
motivi  di  quella  sentenza  del  Profeta;  la  loro  interpretazione  è  così  formu- 
lata dal  giurista  màlikita  'Ali  al-'Adawi  al-Sa'ìdi:  «  Il  Profeta  vietò  di  en- 
«  trare  [in  paese  devastato  dalla  peste]  per  timore  che  colui  il  quale  vi  entra 
«  possa  venir  colpito  dallo  stesso  malore  degli  abitanti  del  luogo  e  quindi 
«  dica:  Se  non  fossi  venuto  non  ne  sarei  stato  colpito  (illudendosi  cioè  di 
«  di  poter  sfuggire  ai  decreti  di  Dio).  Chi  è  saldo  nella  sua  religione  non 
«  teme  di  ciò,  sicché  tutto  questo  non  lo  tange.  Proibì  poi  di  uscire  [dal 
«  paese  infestato]  per  timore  che  la  gente  si  metta  in  fuga  abbandonando 

26. 


18.    a.    H.  |§  68,  69. 

«  gli  ammalati,  ovvero  che,  restando  imrmine  il  fuggitivo,  questi  rimanga  18.  a.  h. 

«scosso  nella  sua  fede  (cioè  creda  di  dovere  la  salvezza  alla  sua  fiiga  an-        zioni  sulla  gran- 

«  zichè  al  volere  di  Dio)».    Naturalmente    'Ali    al-'Adawi    al-Sa'idi,  abù-1-        ^e  pestilenza 

Hasan  e  gli    altri    giuristi    intendono    che    questa    proibizione  sia  non  un  '    "  . 

divieto  assoluto,  ma  un  consiglio  che  conviene  seguire.  Insomma  la  ragione 

di  quel  precetto  è  sinteticamente  espressa  in  un  detto  di  ibn  Mas'ùd:  «  La 

«  peste  è  [un  pericolo  di]  traviamento  per  chi  fugge  e  per  chi.  resta  ».  — 

A  proposito  d' interpretare  queste  tradizioni  si  possono  anche  consultare  i 

medici  :  per  esempio,  Dàwud   al-Antàki,    Tadzkirah    ùli-1-albàb, 

Cairo,   1321,    II.    121;    Ibràhim    ibn      Abd    al-rahmàn    al-Azraq, 

Tashil  al-manàfi',  Cairo,   1318-19,  pag.   146-147. 

È  noto  che  in  Turchia  la  quarantena  contro  la  peste  fu  introdotta 
nel  marzo  1838  dal  sultano  riformatore  Mahmùd  II.  in  seguito  al  parere 
degli  alti  dignitari  e  di  molti  'ulema*  appositamente  convocati;  la  delibe- 
razione fu  pi'esa  tenendo  conto  delle  varie  tradizioni  del  Profeta  e  della 
condotta  di  'limar  I  a  Sargh. 

Presso  i  giuristi  di  scuola  màlikita.  questo  fatto  di  Sargh  ha  acqui- 
stato una  particolare  importanza.  Il  famoso  abù-1-Walìd  al-Bàgi,  [f  474  eg.], 
nel  suo  Kitàb  al-isàràt,  pag.  102-106,  riferisce  quell'avvenimento,  no- 
tando come  la  discussione  si  fosse  svolta  sempre  a  base  di  ragionamenti 
ed  opinioni  personali  fra-y)  «senza  che  alcuno  traesse  per  ciò  i  suoi  ar- 
«  gomenti  dal  Corano,  dalla  sunnah,  dall' igmà'  ».  abù-1- Walid  al-Bàgi  ne 
deduce  che  già  il  «  consensus  »  dei  primi  Compagni  del  Profeta  ammet- 
teva la  legittimità  del  ra-y.  Lo  stesso  ragionamento  a  proposito  del  ra"y 
si  trova  presso  altri  giuristi  màlikiti:  ibn  Eusd,  al-Muqadda  ma  t , 
Caii-o,  1325.  I,  20-21:  al-Zurqàni,  Sarh  al-Mu  \va  1 1  a  • ,  Cah-o,  1310. 
IV,  78-79. 

Nota  1.  —  Il  Lane  nel  suo  dizionario  (pag.  1652.  col.  a:  2709.  col.  h'  traduce:  «One  having 
diseased  camels  shall  not  bring  them  to  water  immediately  after  one  whose  camels  are  in  a  healthy 
state»;  ma  che  'ala  vada  tradotto  insieme  con,  appare  dal  testo  stesso  e  anche  dai  commentatori  e 
lessicografi  (per  esempio,  LA  HI,  338-339  e  IX,  98:  TA  V,  86  e  X,  237),  che  lo  rendono  con  ma'. 

Nota  2.  —  Le  numerose  forme  di  questa  tradizione  si  possono  vedere  raccolte  presso  Snyùti, 
Kanz  al-'ummàl,  voi.  V,  pag.  197-199  in.  3978-4020 1  ;  al-Muntakhab  (in  marg.  al  Musnad  d'ibn 
Hanbal..  IV,  25-26. 

§  69.  —  Sullo  svolgimento  della  pestilenza  del  18.  II.  v'è  poco  da 
dire,  riassumendo  le  precedenti  tradizioni.  È  molto  probabile  che  vi  sia 
stato  uno  stretto  rapporto  di  causa  ad  effetto  tra  la  carestia  prodotta  dalla 
siccità  e  la  pestilenza;  ma  abbiamo  altresì  da  osservare  che  la  regione 
dove  appunto  pare  che  la  carestia  infierisse  maggiormente  (l'Arabia  occi- 
dentalej,  fosse  una  di  quelle  che  rimase  appunto  immune  dal  morbo.  — 
V'è  però    da    notare    che    molto    probabilmente  i  tradizionisti    musulmani 


§  ©>. 


18.  a.  H. 


'^-  ^-  "■  non  Sì  soiui  dati  verun  pensiero  delle  sojBferenze  delle  popolazioni  cristiane 

[SIRIA.  -  Le  tradì-  .  ,    ,  i    ,  , 

zioni  sulla  gran-     duiaiito  la  Carestia,  come  del  resto  ignorano   del  tutto  le   perdite  subite 
de   pestilenza     ^\^[    medesimi    durante  la  pestilenza.  —  Essi    hanno    conservato   memoria 

dell  anno  IS.'H.l  ,        i    •    T,r         i  -> 

soltanto  delle  vicende  dei  Musnlmani.  —  Questi,  mantenuti  a  sjjese  delle 
popolazioni  nelle  provincie  conquistate,  non  sentirono  affatto  le  conseguenze 
della  carestia  in  Siria,  dove  erano  quali  guarnigioni  e  presidio  e  non  come 
abitanti  e  coltivatori.  Le  tasse  pagavansi  in  natura  e  v'era  sempre  sovrab- 
bondanza di  provviste,  dato  lo  scarso  numero  delle  milizie  d'occupazione. 
La  prova  n'è  che  dalla  Siria  furon  mandati  viveri  a  Madìnah.  La  copia 
delle  tradizioni  sulla  carestia  attorno  a  Madinah  ha  la  sua  ragione  nel  fiatto 
che  quella  città  fu  il  centro  donde  irradiò  la  tradizionistica  musulmana,  ed 
essa  oltre  al  ricordare  le  sofferenze  patite  dai  suoi  primi  tiamandanti,  ha 
voluto  lumeggiare  anche  la  figura  di  'Umar  e  con  pretesi  episodi  a  lui 
attribuiti  stabilire  alcune  norme  legali,  rituali  e  pratiche  nel  caso  che  le 
carestie  si  ripetessero. 

Concludiamo  quindi  che  la  siccità  e  la  carestia  colpissero  e  devastas- 
sero, dove  più  dove  meno,  anche  le  altre  provincie  dell'impero,  e  che  la 
peste  ne  fosse,  come  è  sempre  il  caso,  l'immancabile  conseguenza. 

La  peste  ebbe  però  principio  in  Siria  e  più  specialmente  nella  città 
di  'Amawàs,  ed  infierì  sopra  tutto  in  quella  regione,  facendo  strage  spa- 
ventosa degli  abitanti  di  tutte  le  classi  sociali  e  senza  distinguere  i  Siri 
dai  conquistatori.  Questi  anzi  fui'ono  quasi  annientati  se  è  vero  che  per- 
dessero dalle  20  alle  25,000  persone,  tra  cui  alcuni  dei  principali  capitani 
delle  conquiste  e  Compagni  del  Profeta.  —  Par  che  il  morbo  si  diffondesse 
anche  verso  oriente,  ma  non  vi  producesse  gravi  danni,  perchè  le  fonti, 
sempre  sì  copiose  di  notizie  nei  riguardi  delF'Iràq,  non  fanno  menzione 
di  morìa  in  questa  regione.  Tutto  fa  credere  che  il  morbo  avesse  principio 
nella  primavera,  ed  è  probabile  che  durante  i  calori  dell'estate  arrivasse  al 
periodo  di  massima  intensità. 

Per  salvarsi  dal  morbo  le  guarnigioni  arabe  in  Siria  ed  in  Palestina 
fuggirono  dai  centri  abitati  e  si  sparpagliarono  nei  confini  desertici  delle 
due  predette  regioni,  sottraendosi  in  tal  modo  ad  altri  fatali  contagi. 

La  pestilenza  rapì  anche  i  capi  dell'amministrazione  musulmana;  e  la 
scomparsa  di  abù  'Ubaydah,  di  Mu'àdz,  di' Yazid  b.  abi  Sufvàn  e  di  altri 
capitani,  appianò  il  cammino  al  poi  celeberrimo  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn, 
del  quale  avi-emo  tanto  ad  occuparci  negli  anni  venturi:  egli  salì  ora  al 
potere  in  età  relativamente  giovane,  e  fu  scelto  come  governatore  della 
Siria,  carica  che  doveva  tenere,  prima  come  luogotenente  e  poi  come  so- 
vrano, per  circa  42  anni. 

28. 


1 8.  a.  H.  §§  70.73. 

SIRIA.  —  Nomina  di  nuovi  governatori.  i8.  a.  h. 

§  70.  —  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  Quando  il  Califfo   Umar  ebbe  no-        ji  nuovi  gover^ 
tizia  della  morte    di    abù  'Ubaydah  e  di    Yazid    b.   abi    Suf3'àn,  conferì  a        natori.) 
Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  il  comando  sul  Grund  Dimasq,  e  l'incaricò  di 
esigere  le  tasse  fondiarie  (kharàg)  della  regione:  a  Surahbil  b.  Hasanah 
conferì  allora  il  comando  del  (xund    al-Urdunn   e  la    riscossione  delle 
tasse  fondiarie  di  quella  regione  (T  ab  a  ri,  I,  2520,  lin.  9  e  segg.). 

Cfi-.  Athir,  IL  438;  Khaldùn,  II,  App.,   114. 

§  71.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  seppe  della  morte  di  abu 
Ubaydah,  il  Califfo  'Umar  scrisse  a  Yazid  b.  abi  Sutyàn,  conferendogli  il 
governo  della  Siria,  quale  successore  di  abù  Ubaj'dah,  ordinandogli  allo 
stesso  tempo  di  razziai-e  QaysàriyA^ah  (Cesai-ea  di  Palestina).  Altri  affer- 
mano però  che  'Umar  conferisse  a  Yazid  b.  abi  Sufj'àn  il  governo  dell' Ur- 
iuun  e  della  Palestina,  e  quello  di  Damasco  ad  abu-l-Dardà*.  'Ubàdah  b. 
al-Sàmit  fiT  nominato  governatore  di  Hims  (Balàdzuri,   140). 

§  72.  —  Umar  diede  a  Yazid  ibn  abi  Sufyàn  al-Umawi  il  governo 
iella  provincia  di  Filastin,  e  successivamente  alla  morte  di  Mu'àdz  b.  Grabai 
il  comando  delle  schiere  operanti  in  Siria.  Yazid  morì  nella  peste  di  Ama- 
wàs  l'anno  18.  H.  Altri  invece  lo  fanno  morire  in  Dimasq  nel  Dzù-1-Higgah 
iel  19.  H.  dopo  la  conquista  di  Qaysàrij'yah  (Kh  ali.,  II,  606,  lin.  8-15). 

§  73.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  'Abd  al-malik,  e  da  altri),  abù  'Ubaj'dah 
b.  al-Grarràh,  governatore  di  Hims  e  di  Qinnasrin,  prima  di  morire  (della 
peste)  nominò  suo  successore  'Ij'àd  b.  Ghanm,  suo  zio  materno  ed  anche 
cugino,  il  quale  un  tempo  governatore  della  Mesopotamia  (al-Grazirah),  era 
stato  poi  destituito  da  'Umar.  'Ij^àd  era  venuto  allora  presso  abù  'Ubaydah, 
in  Siria,  prendendovi  stabile  dimora.  Quando  si  seppe  in  Madinah  della 
morte  di  abù  'Ubaydah  e  della  nomina  fatta  dal  defunto,  molti  protestarono 
contro  la  medesima,  rammentando  al  Califfo,  che  'l3'àd  non  aveva  la  ripu- 
tazione di  essere  molto  corretto,  perchè  non  rifiutava  mai  niente  ad  alcuno, 
ed  era  estremamente  generoso:  se  il  Califfo  aveva  rimproverato  a  Khàlid 
b.  al-Walid  di  essersi  lasciato  corrompere  da  doni,  a  più  forte  ragione  non 
doveva  lasciare  'lyàd  al  govenio  della  Siria.  Il  Califfo  nondimeno  non  volle 
mutare  quanto  era  stato  stabilito  da  abù  'Ubaydah,  e  lasciò  'I^'àd  al  go- 
verno di  Hims  (^). 

Quando  morì  lyàd  b.  Ghanm,  il  Califfo  conferì  il  governo  della  pro- 
vincia a  Sa'id  b.  Hidzyam  al-Grumahi,  ed  in  seguito,  morto  anche  costui, 
diede  il  governo  a    Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri. 

La  provincia  di  Damasco  e  dell' Urdunn  rimase  invece  sempre  gover- 
nata da  Yazid  b.  abi  Sufyàn  fino  alla  morte  di  lui,  quando  il  Califfo  'Umar 

29. 


78-75. 


18.  a.  H. 


no  C'Olitovi   il  governo  al   tiatello  del  defunto,  a  Mxi'àwiyah  b.  ahi  Sufyàu  (-) 


18.  a.  H. 

[SIRIA.  -   Nomina        ™      ,  •       ,       ^^^  ,-  ^r.,iy.\ 

di   nuovi   Eover-      (T  a  bari.    1.   28lK>28rì(;). 


nuovi    gover- 
natori.' 


Nota  1.  —  Tutta  questa  traiiizione  sembra  farcita  di  errori  lii  l'atto  e  ili  cronologia.  Ciò  risulterà 
più  chiaro  da  (luanto  trovasi  esposto  più  avanti,  a  proposito  della  concniista  della  ^[esopotainia,  di  cui 
Sayf  ha  un  concetto  totalmente  erroneo.  La  ragione  intima  di  tante  notizie  false  non  è  chiara:  è  forse 
una  conseguenza  dell'errore  iniziale  della  scuola  iraqense,  la  quale,  come  si  vide,  conferisce  ad  'lyàd  h. 
(ìhanm  una  parte  che  mai  non  ebbe  nella  prima  campagna  di  Khàlid  h.  nl-Walid  in  Siria.  Cfi-.  12.  a  H.. 
gg  170,  nota  3  6,  188,  190,  ecc.;  cfr.  Indice  al  II  voi.  degli  Annali. 

N<>T.\  2.  —  (Sayf  b.  'Umar).  Quiindo  giunse  a  Madinah  la  notizia  della  morte  di  Yazid  b.  ahi  .Su- 
fvàu.  il  Oaliftb  espresse  le  sue  condoglianze  al  genitore  abu  Sufyan.  Questi  chiese  allora  a  'Umar  a  chi 
avesse  concesso  il  governo  vacante,  e  quando  'Umar  lo  informò  d'aver  nominato  il  fratello,  Mu'àwiyah, 
pure  figlio  di  abii  Sufyiin,  questi  esclamò:  «Wasalatka  raliimun!>  iTi  si  sono  commosse  le  viscere: 
cioè  hai  rispettati  i  diritti  del  sangue)  iTabari,  I,  28f')f)i. 

Cfr.  anche  11.  a.  H.,  §  4(5  e  nota  1. 

§  74.  —  Anche  il  cronista  bizantino  Cedrenns  ricorda  che  nel  28°  anno 
di  Eraclio  Mu'àwiyah  per  ordine  di  Umar  assunse  il  governo  di  tutto  il 
paese  sottomesso  dagli  Arabi,  dall'Egitto  sino  all'Eufì-ate.  In  questo  anno 
medesimo  pone  però  la  presa  di  Antiochia  (Cedrenns,   751-752). 

Theophanes,  ed.  de  Boor,  I,  340. 

§  75.  —  La  morte  di  Yazid  b.  abi  Sufyàn  è  avvenimento  di  grande 
importanza,  perchè  il  Califfo  'Umar  gli  diede  come  successore  il  famoso  suo 
fratello  Mu'àwiyah,  il  fondatore  della  dinastia  umayyade.  A  questo  se- 
condo figlio  di  abù  Sufyàn  non  si  era  offerta  ancora  l' occasione  di  dare 
pubblica  prova  della  sua  capacità  come  uomo  di  stato,  sebbene  le  tradi- 
zioni sul  suo  segretariato  con  il  Profeta  siano  motivo  sufficiente  per  rite- 
nere che  Maometto  riconoscesse  le  qualità  del  giovane  makkano  e  se  ne 
valesse  per  la  propria  corrispondenza  diplomatica  con  le  tribù.  La  nomina 
di  suo  fratello  Yazid  nel  12.  H.  al  comando  della  prima  spedizione  in  Siria  hi 
effetto,  come  già  si  disse,  del  desiderio  di  Umar  e  del  suo  collega  abii  Bakr, 
di  cattivarsi  le  simpatie  della  più  potente  famiglia  dei  Qurays.  È  probabile 
però  che  tale  nomina  venisse  anche  suggerita  dalle  qualità  dello  stesso 
Yazid.  Sul  conto  di  quest'ultimo  la  tradizione,  in  genere  avversissima  agli 
Umayyadi,  ben  poco  ci  narra;  ma  siffatto  silenzio  devesi,  io  credo,  inter- 
pretare come  indizio  di  molto  peso  in  favore  di  Yazid  e  come  prova  che 
egli  si  sia  condotto  con  grande  valentia  durante  le  conquiste.  La  tradizione, 
non  potendo  tollerare  la  narrazione  di  virtù  in  un  Umayj'ade,  ha  preferito 
tenerlo  nell'ombra  valendosi  della  sua  morte  prematura,  che  gli  vietò  di 
manifestare  meglio  e  più  individualmente  i  suoi  meriti.  Egli  vinse  la  prima 
battaglia  sui  Greci  e  fu  presente  a  tutti  i  maggiori  fatti  d'arme  nella  cam- 
pagna arabo-siria;  onde  la  sua  nomina  nel  16.  H.  a  governatore  della  pro- 
vincia più  importante  della  Siria,  Damasco,  fu  certamente  suggerita  ad 
'Umar  dagli  eminenti  servizi  resi  dal  prode  qurasita  durante  la  conquista. 

30. 


18.   a.   H.  §§  75_  76. 

È  certo   però   che  anche    Tmar   aveva   apprezzato,  già   sin  dai  tempi  18.  a.  h. 

di  Maometto,  le  doti  del  fratello  di  Yazid,   di    Mu'àwiyah.   e   quindi   non        ^j  n^gy:  goyer. 
solo  per  ragioni   di   opportunità,   ma   altresì   in   omaggio   a   meriti  ricono-        natoti.] 
sciuti  il  Califfo  volle  affidata  a  lui  la  successione   nel   governo   della   pro- 
vincia di  Damasco,  che  forse  comprendeva  tutta  la  Siria  e  la  Palestina. 

Mu'àwiyah  contava  allora  circa  quarant'anni  :  era  pei'ciò  uomo  giunto 
al  punto  culminante  della  vita;  d'ora  in  poi,  per  altri  quarant'anni  circa, 
questo  uomo  straordinario  governò  senza  interruzione  la  Siria  e  vi  fondò 
la  potenza  della  sua  famiglia.  Mu'àwiyah  nel  primo  periodo  della  sua  vita 
pare  abbia  rivelato  qualche  abilità  come  uomo  di  guerra,  e  si  vuole  che 
alla  presa  di  Qaysàriyyah  grandemente  si  distinguesse,  ma  gii  eventi  po- 
steriori stanno  a  provare  che  egli  non  si  sentiva  portato  all'arte  mili- 
tare: si  rivelò  invece  come  l'uomo  politico  più  accorto  ed  astuto  del  tempo 
suo,  come  il  più  valente  conoscitore  di  uomini,  di  cui  seppe  sempre  sce- 
gliere i  migliori  per  la  propria  causa.  A  questo  egli  unì  una  tenacia  ma- 
ravigiiosa  contro  difficoltà  d'ogni  specie  e  rovesci  dolorosi,  tenacia  che  non 
conobbe  mai  sconforto  e  che  lo  menò  alfine  diritto  alla  mèta  altissima  alla 
quale  mirava  (cfii'.  anche  Muller.  I.   259 j. 

PALESTINA.  —  Assedio  di  Qaysàriyyah  (Cesarea  di  Palestina). 

§  76.  —  (ibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi).  Regna  grande  divario  di  notizie 
sul  conto  di  Qavsài-iyyah  :  alcuni  affermano  che  la  espugnasse  Mu'àwiyah; 
altri  che  venisse  presa  da  'lyàd  b.  Ghanm  dopo  la  morte  di  abù  'Ubaydah 
(nel  18.  a.  H.),  e  come  suo  luogotenente  e  successore;  altri  ne  attribui- 
scono la  presa  ad  ' Amr  b.  al-' As  :  altri  infine  sostengono  che  'Amr  b.  al-As 
assediasse  la  città,  e  poi,  lasciandovi  il  figlio  Abdallah  b.  'Amr,  si  recasse 
(alla  conquista)  dell'Egitto.  In  tutto  ciò  v'è  una  cosa  sicura,  sulla  quale 
sono  d'accordo  i  dotti;  vale  a  dh-e  che  il  primo  il  quale  ponesse  assedio  a 
Cesarea  fu  Amr  b.  al-'As  nel  Grumàda  I.  del  13.  a.  H.:  ma  dopo  esser  rimasto 
qualche  tempo  dinanzi  alla  città,  allorché  i  Musulmani  si  dovettei'O  riunire 
per  far  fronte  al  nemico,  'Amr  levò  l'assedio,  raggiunse  i  colleghi  e  parte- 
cipò in  seguito  con  essi  alle  battaglie  di  Agnàdayn,  di  Fihl,  e  di  al-Marg, 
alla  presa  di  Damasco  e  alla  battaglia  del  Yarmùk:  poi  rivenne  in  Pale- 
stina, ritornando  ad  assediare  Cesarea  dopo  la  presa  di  Gerusalemme.  Ab- 
bandonata da  ultimo  Qaysàriyyah  andò  in  Egitto;  e  Yazid  b.  abi  Sufyàn, 
dopo  la  morte  di  abù  'Ubaydah,  divenuto  governatore  (della  Siria),  ordinò 
a  Mu'àwiyah  b.  abì  Sufj^àu  di  proseguire  l'assedio  di  Qa^'sàriyj-ah.  Nel  ri- 
tornare a  Damasco,  Yazid  b.  abi  Sufyàn  si  ammalò  con  la  peste  e  morì 
in  quella  città  (Balàdzuri,   140). 

8]. 


di  Palestina).| 


§§  ns).  18.  a.  H. 

'8.  a.  H.  g  77,  —  Altri    tradizionistì,    oltre    al-Waqidi,  naiiano    che    il    CalifTo 

sedio  di  Qaysà-  Uniar  nominò  Yazid  b.  abi  Sufyàn  governatore  (dopo  la  morte  di  abù 
riyy ah  (Cesarea  Ubavdali)  della  Palestina  e  degli  agnàd,  o  campi  militari  della  Siria, 
ordinandogli  di  assalire  Qaysàriyyah,  che  era  stata  assediata  già  altra 
volta  prima  di  questo  anno.  Yazid  b.  abi  Sufyan  mosse  contro  la  città 
con  17.000  uomini  e  la  strinse  d'assedio,  ma  ammalatosi  alla  fine  del- 
l'anno IS.  11.,  ritornò  a  Damasco,  lasciando  il  fratello  Muàwiyah  a  con- 
tinuare l'assedio,  e  Mu'awiyah  s'impadronì  della  città.  Mu'àwiyah  ne  sci'isse 
a' Yazid,  e  questi  mandò  il  rapporto  al  Califfo  'Umar  (Balàdzuri,  140-141). 
§  78.  —  (al-Ya'qùbij.  (In  quest'anno,  18.  H.)  tutta  la  Palestina  era 
stata  oramai  sottomessa  dagli  Arabi  tranne  Qaysàriyyah:  questa  era  asse- 
diata da  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn,  che  la  espugnò  nell'anno  18.  H.  Si  dice 
che  nella  città  erano  80,000  guerrieri.  Mu'àwiyah  mandò  due  membri  della 
tribù  di  (iudzàm  a  portar  la  buona  novella  ad  'Umar,  e  poi  spedì  ap- 
presso a  loro  (arda fa hu ma)  un  uomo  dei  Khath'am,  per  nome  Zuha^'r, 
dicendogli:  «  Se  riesci  a  raggiungere  ed  oltrepassare  i  due  Grudzàmiti,  fallo 
«  pure  ».  Zuhayr  al-Khath'ami  raggiunse  infatti  i  due  messi,  mentre  dor- 
mivano e  li  passò,  arrivando  in  Madinah  di  notte  tempo.  Egli  si  recò 
subito  da  Umar  e  gli  diede  la  buona  notizia:  Umar  gridò:  «Allah  è 
«  grande  »  ed  uscito  nella  moschea  ordinò  di  accendere  un  fuoco  ;  quando 
la  gente  si  fu  radunata  (attorno  al  fuoco),  annunziò  la  presa  di  Qajsà- 
riyyah  (Yaqùbi,  II,  172-173). 

§  79.  —  La  presa  di  Qaysàriyyah  cade  nell'anno  19.  H.,  come  risul- 
terà manifesto  dall'insieme  delle  tradizioni  che  noi  daremo  nella  seguente 
annata.  al-Ya'qùbi  è  perciò  in  errore  nel  porre  la  presa  della  città  nel 
18.  H.  Caduta  Gerusalemme,  fu  incominciato  il  regolare  assedio  di  Qay- 
sàriyyah, nel  senso  che  le  furono  tagliate  tutte  le  comunicazioni  con  l'in- 
terno: la  via  del  mare  rimase  sempre  libera.  Verso  la  fine  dell'anno  18.  H., 
come  vedremo,  'Amr  b.  al-'As  abbandonò  con  i  suoi  militi  l'assedio  e  tentò 
un  colpo  di  mano  sull'Egitto,  varcando  la  fi'ontiera  negli  ultimi  giorni 
dell'anno  medesimo.  L'assedio  fu  continuato  prima  da  Yazid  b.  abi  Sufyàn. 
e,  morto  lui,  da  Mu'àwiyah  .suo  tratello. 

MESOPOTAMIA.  —  La  conquista  araba  della  Mesopotamia. 

§  80.  —  Se  ora  guardiamo  sulla  carta  quali  fossero  diventati,  alla  fine 
dell'anno  17.  H.,  i  confini  del  novello  impero  arabo,  che  abbracciava  la  Siria 
da  una  parte  e  la  Babilonide  dall'altra,  vediam  chiaramente  come  l'invasione 
della  Mesopotamia  fosse  una  conseguenza  necessaria  inevitabile  dei  fatti 
poc'anzi  narrati:  bisognava  collegare  tra  loro  le  conquiste  fatte  fuori  dei 

32. 


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18.  a.  H. 


§§  80,  81. 


confini  d  Arabia.  Il  collegamento  s  imponeva  per  raeioni  politiche,  per  ra-  ^^  ^-  ^■ 

.        .  ,        .    ,  ,.       .  .        .  r.    1  T  ,    .     -.     •  T         [MESOPOTAMIA 

giom  strategiche,  e,  direi  quasi,  per  ragioni  geogranche,  dacché  dai  possedi-        .  l^  conquista 

menti  arabi  in  Siria  a  quelli  in  Babilonide,  stendevasi  tentatrice  una  grande        araba  delia  Me- 

pianura  senza  ostacoli  di  sorta.  Anche  ragioni  commerciali  debbono  aver 

influito  sulla  conquista,  perchè  è  noto  che  tra  il  Golfo  Persico  e  le  coste 

della  Siria  Settentrionale  esistesse  ancora  un  commercio  abbastanza  attivo: 

gli  Arabi  erano  ora  padi'oni  delle  due  estremità  della  via  commerciale  :  è 

naturale  che  provvedessero  sollecitamente  a  divenire  padroni  del  restante 

cammino,  perchè  allora  soltanto  potevano  garantire  il  regolare  andamento 

del  commercio  internazionale,  che  tanta  ricchezza  dava  al  paese. 

§  81.  —  La  conquista  della  Siria  al  nord-ovest  e  della  Babilonide  al 
sud-est  portò  dunque  come  necessaria  conseguenza  la  sottomissione  anche 
della  Mesopotamia.  Solo  in  poche  fortezze  erano  rimaste  alcune  schiere  di 
milizie  regolari  bizantine  (Wellhausen  Sk.  u.  Vorarb.,  VI,  83):  la  po- 
polazione aramaica  era  del  tutto  inerme,  per  nulla  disposta  a  battersi,  ed 
anche  meno  desiderosa  di  rischiare  la  vita  ed  i  beni  per  il  dominio  di  un 
imperatore,  per  il  quale  non  sentivano  vincoli  alcuni  di  affetto  o  devozione. 
La  diversità  di  fede  (eran  tutti  o  nestoriani  o  giacobiti)  rendeva  anche  più 
profonda  la  scissione  degli  animi  rispetto  a  Bisanzio  e  facilitò  qui,  forse  anche 
più  che  altrove,  la  rapida  e  completa  sottomissione  del  paese  alle  schiere 
del  Califfo  ^di  Madinah.  Insieme  con  gii  Aramei  erravano  nel  paese,  nelle 
immense  pianure  erbose  a  mezzodì  del  Grabai  Singàr  e  del  corso  del  Khàbùr 
molte  tribù  nomadi  arabe.  Durante  il  lungo  periodo  di  continue  guerre 
tra  la  Persia  e  Bisanzio,  la  Mesopotamia  era  stata  sovente  ridotta  in  con- 
dizioni deplorevoli  di  anarchia,  come  per  eccellenza  la  regione  dove  le  due 
potenze  asiatiche  più  sovente  eransi  misurate  in  battaglie  campali.  Di  tal 
confusione,  già  si  disse,  si  valsero  le  tribù  arabe  per  fissarsi  nel  paese  e 
costituii'si  in  piccoli  gruppi  di  nomadi,  di  fatto  indipendenti.  Sorsero  anche 
alcuni  principati  arabi,  tra  i  quali  il  più  celebre  è  quello  di  Edessa.  Più 
tardi  se  ne  costituì  un  altro  in  Hatra  (Hadr),  che  successe  ad  una  piccola 
dinastia  non  araba  (cfi\  Wellhausen,  Sk.  u.  Vorarb.  VI,  pag.  84; 
Noeldeke  Perser,  pag.  35  e  nota  1). 

Sebbene  questi  staterelli  avessero  tutti  breve  esistenza,  elementi  arabi 
continuarono  sempre  ad  immigrare  in  Mesopotamia,  mantenendo  e  forse 
anche  aumentando  l' arabizzamento  della  provincia.  Appresso  ai  Qudà  ah 
(Tanùkh  e  Bahrà)  vennero  i  Rabì'ah,  ossia  prima  gli  lyàd,  poi,  poco  tempo 
prima  dell'Isiàm,  i  Taghlib  con  i  Namir  e  gli  'Ufaylah,  questi  ultimi  so- 
spinti alle  spalle  dai  Bakr  e  poi  dai  Tamim,  che  si  avanzavano  dal  Nagd 
e  dalla  pianura  desertica  confinante  con  la  Babilonia.  (Cti'.    Wellhausen, 

33.  5 


§§  81,  82.  18.  a.  H. 

'8.  a.  H.  1.  e.  e  Ili.  a.   1  f..  ij   113,   nota    1).  Questo  moto  etnico  dall'Arabia   coutiiiuò 

IMESOPOTAMIA.  ,  ,  ,  '  .    ,  ,  i.         u  /tj      l  -  J  •        1  ton      r 

-Laconquista     JHH'lie  dopo  le  eouquiste,  come   vedremo  tra  breve    (Baladzuj-i,    178).   1 

araba  della  Me-     Musulmani   trovarono  dunque  il   lon»  cammino  tracciato  ed  appianato  dai 

poamia.1  ^^^^  counazionali  emigrati  da  secoli  in  flusso   continuo:  la  Mesopotamia  era 

già  diventata  terra  araba,  prima  della  conquista,  sicché  sottomesse  la  Siria 

0  la  Babilonido,   essa   dovette   fatalmente   entrare   nei   confini    del  novello 

impero. 

Dopo  le  ultime  guerre  tra  Sassanidi  v  Bizantini,  alla  tino  della  celebre 
campagna  di  Eraclio,  il  confine  tra  i  due  imperi  era  rimasto  incirca  quello 
che  era  prima  dell'invasione  persiana,  vale  a  dire  divideva  la  Mesopotamia 
in  due  parti  approssimativamente  eguali.  Per  effetto  delle  conquiste  arabe, 
tra  il  15.  e  il  17.  H.,  questi  due  brandelli  di  provincia  erano  rimasti  stac- 
cati dal  resto  degli  stati  ai  quali  appartenevano.  Tal  era  specialmente  il 
caso  per  la  metà  occidentale  della  Mesopotamia,  quella  bizantina,  la  quale 
con  la  caduta  di  Halab  era  rimasta  di  fatto  isolata.  Le  giogaie  dell'Ar- 
menia semi-indipendente  rendevano  pressoché  impossibili  le  comunicazioni, 
per  quella  parte,  tra  Costantinopoli  e  la  Mesopotamia  bizantina. 

Ne  venne  perciò,  come  naturale  immediata  conseguenza,  l'invasione 
araba,  seguita  dalla  conquista  definitiva  della  metà  bizantina.  L'altra  metà, 
la  sassanida,  cadde,  come  vedremo,  due  anni  più  tardi.  È  degno  di  nota 
che  la  conquista  della  metà  sassanida  fu  opera  principalmente  delle  schiere 
arabe  che  avevano  invaso  l'impero  persiano.  È  palese  che,  sebbene  la  na- 
tura dei  luoghi  invitasse  quasi  gli  Arabi  della  Siria  a  spingersi  sino  al 
Tigri,  dalle  due  parti  si  osservassero  alcuni  reciproci  riguardi  e  si  mante- 
nessero ben  distinte  lo  regioni  che  ad  ognuna  spettava  di  sottomettere. 
Tali  disposizioni  emanarono  forse  da  Madinah,  ma  é  probabile  che  si  fon- 
dassero sul  sentimento  delle  milizie  conquistatrici,  già  fin  d'ora  le  une  ge- 
lose delle  altre  e  punte  da  uno  spirito  di  viva  emulazione,  di  cui  si  son 
viste  le  tracce  manifeste  nelle  tradizioni  fantasiose  della  scuola  iraqense. 

Questa  infatti,  per  ragioni  sue  particolari,  si  arroga  il  vanto  della  con- 
quista mesopotamica,  che  collega  con  una  ipotetica  incursione  greca  su 
Hims,  e  fa  comparire  le  milizie  arabe  della  Babilonide  come  quelle  che 
salvai'ono  le  altre  della  Siria  da  un  disastro.  Tutto  ciò  è  opera,  in  gran 
parte,  di  fantasia  iraqense. 

§  82.  —  La  versione  della  conquista  della  Mesopotamia,  quale  ci  è 
data  da  Sayf  b.  'limar,  é  acutamente  criticata  dal  Wellhausen  (1.  e,  pag.  86 
e  segg.).  L'avanzata  dei  Greci  su  Hims  nel  17.  H.  è  un  assurdo,  ignoto 
alle  buone  fonti  arabe,  ed  il  Wellhausen  giustamente  la  spiega  come  un'altra 
confusione  fatta  da  Sayf  b.  'Umar,  il  quale  ha  trasportato  nel  17.  H.  l'avan- 

34. 


18.  a.  H. 


§§  82&1. 


zata  dei  Bizantini  sotto  Baanes  e  Teodoro,  alla  vigilia  del  Yarmùk  nei 
primi  mesi  del  15.  H.  Il  Wellhausen  anche  rileva  come  nella  versione  di 
Sayf  la  schiera  di  cavalleria  araba  stabilmente  organizzata  sia  un  grave 
anacronismo  e  rispecchi  condizioni  di  tempi  posteriori. 

Sayf  b.  'Umar  inoltre  ci  narra  la  conquista  della  Mesopotamia  come 
una  faccenda  compiuta  in  gran  parte  da  al-Kùfah,  mentre  invece  la  scuola 
madinese  l'attribuisce  alle  genti  musulmane  in  Siria,  donde  appunto  sa- 
rebbe partito  'lyàd  b.  Ghanm.  La  prima  iniziativa  della  conquista  partì 
dalla  Siria  e  precedette  quasi  di  due  anni  ad  analoga  iniziativa  dalla  parte 
della  Babilonide.  Siccome  autore  principale  della  conquista  fii  'lyàd  b. 
Ghanm,  la  tradizione  iraqense,  commettendo  un  altro  errore  storico,  ha 
annoverato  'lyàd  b.  Ghanm  tra  i  capitani  arabi  combattenti  in  Persia, 
per  poter  così  dare  alle  genti .  dell'  'Iraq  il  merito  della  conquista  di  tutta 
la  Mesopotamia.  'lyàd  b.  Ghanm  ha  invece  combattuto  soltanto  in  Sii'ia 
e  sirie  fui-ono  le  sue  milizie  nella  campagna  mesopotamica.  L' artificiale 
introduzione  di  'lyàd  nelle  prime  campagne  arabe  in  Persia  è  stata  fonte 
di  complicazioni  ed  errori  di  storia  e  di  cronologia,  come  già  avemmo  oc- 
casione di  porre  in  rilievo  (cfr.  12.  a.  H.,  §§  170,  nota  3  6,  188,  ecc.,  con- 
fronta Indice  II  voi.  Annali)  a  proposito  dell'immaginaria  spedizione  di 
Khàlid  b.  al-Walid  contro  Dùmah  al-Gandal.  L'invasione  dev'essere  inco- 
minciata nella  seconda  metà  dell'anno  18.  H.  (cfi-.  §  95),  e  al  principio  del 
20.  H.  ciixa  tutte  le  città  mesopotamiche  si  erano  arrese.  Nel  20.  H.  si 
compiè  da  parte  delle  milizie  di  al-Kiifàh  la  sottomissione  della  metà  sassa- 
nida  a  occidente  del  Tigri. 

§  83.  —  (abù  Yùsuf  [f  182.  a.  H.],  senza  isnàd).  Prima  della  con- 
quista araba  la  Mesopotamia  era  per  metà  nelle  mani  dei  Greci,  e  per 
metà  in  quella  dei  Persiani. 

Ra"s  al-'Ayn  con  tutto  il  suo  distretto  fino  all'  Euft-ate  dipendeva  dai 
Greci.  Nasìbìn  e  tutto  il  paese  a  oriente  di  essa  fino  al  Tigri  apparteneva 
ai  Persiani. 

La  j)ianm-a  (sa hi)  di  Màridin,  e  di  Darà,  fino  a  Singàr  e  fino  all'al- 
BaiTÌyyah  apparteneva  ai  Persiani.  Invece  il  monte  di  Màridin,  e  di  Darà, 
più  Tur  'Abdin  spettavano  ai  Greci. 

Le  fortificazioni  di  confine  (m  a  s  1  a  li  a  h)  erano  in  Hisn  Sargah  ti-a 
Darà  e  Nasibin  (Yùsuf,  22,  lin.  23  e  segg.). 

§  84.  —  (abù  Yùsuf,  .senza  isnàdj.  Riguardo  alla  parte  della  Meso- 
potamia che  era  in  mano  dei  Persiani  non  esistono  notizie  degne  di  me- 
moria sul  modo  come  cadde  in  potere  dei  Musulmani.  Dopo  la  tremenda 
disfatta  di  Qàdisiyjah    le    guarnigioni    della  Mesopotamia  sassanida,    spa- 


ia, a.  H. 

MESOPOTAMIA. 
-  La  conq  u  ista 
araba  della  Me- 
sopotamla.j 


84-87. 


18.  a.  H. 


sopotamia.] 


18.  a.  H.  ventate  dalla   notizia  del  disastro,  abbandonarono  i  loro  posti' e  fuggirono. 

'^^La^onquTsTa     "Rimase  solo  la  guarnigione  di  Singàr  composta  degli  abitanti  della  città 
araba  della  Me-     j^  ^.\^^Q  aveva   il  compito  di  difendere  la  pianura  (sa hi)  di  Singàr,  di  Mà- 
ridin  e  di  Darà.  Quando  però  perirono  tutti   i  Persiani  e  giunsero  a  loro 
proposte  di  conversione   all'Islam,  accettarono  e  si  arresero   (Yùsuf,  23, 
lin.  26-28). 

MESOPOTAMIA.  —  Le  tradizioni  sulla  conquista  araba  della  Meso- 
potamia  occidentale. 

§  85.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Secondo  al-Wàqidi,  le  città  di  al- 
Raqqah,  di  al-Ruhà*,  e  di  Harràn  in  Mesopotamia,  furono  espugnate  in 
questo  anno  (18.  H.)  per  opera  di  lyàd  b.  (Thanm(^).  La  stessa  fonte  afferma 
che  in  questo  medesimo  anno  'Ayn  al-Wardah  venisse  espugnata  per  opera 
di  'Umayr  b.  Sa'd(^)  (T  ab  ari,  I,  2578). 

Cfr.  Athir,  II,  439,  lin.   19  e  segg. 

Anche  ibn  al-Grawzi  pone  la  conquista  della  Mesopotamia  nel  18.  H. 
((iawzi,  fol.  42,r.). 

Nota  1.  —  ibu  al-Gawzi  narra  anche,  sull'autorità  di  al-Haytham  b.  'Adi,  che  (in  questo  anno 
18.  H.  ?)  fu  scoperta  una  grotta  nel  monte  Lubnàn  (Libano),  nella  quale  era  un  trono  d'oro  con  sopra 
i  resti  (masgi??)  d'un  uomo:  a  lato  aveva  una  tavoletta  d'oro  con  sopra  una  iscrizione  in  greco  (al- 
nìmiyj'ah),  dov'era  detto  che  l'uomo  chiamavasi  Saba  b.  Bunas  b.  Saba,  un  servo  di  'ìs  b.  Ishàq  b. 
Ibràhim;  e  dopo  aver  fatto  cenno  dei  servigi  da  lui  resi,  prediceva  in  termini  abbastanza  chiari  la  ve- 
nuta degli  Arabi  e  l'apertura  della  grotta,  ecc chiudeva  dicendo:   «chi  vivrà  in  quei  tempi,  vivrà  poco, 

«morirà  nella  miseria,  e  piangerà  molto...  ho  visto  spesso  la  neve  ed  il  freddo  nel  (mese  di)  Tammuz 
«(luglio):  se  lo  vedrete  anche  voi,  non  ve  ne  maravigliate!»  (Gawzi,  I,  fol.  42,v.). 

Nota  2.  —  Questi  è  un  figlio  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  forse  la  stessa  persona  menzionata  poi  nel 
§  87  come  'Umar  b.  Sa'd. 

§  86.  —  (ibn  Ishàq).  La  conquista  della  Mesopotamia  (al-ó-azirah)  e 
delle  città  di-  al-Ruhà-,  di  Harràn,  di  Rà-s  al-' Ayn  e  di  Nasibin  avvenne 
nell'anno  19.  H.  {')  (T  ab  ari,  I,  2578,  lin.   16-18). 

Cfr.  Khaldun,  II,  App.,  108. 

al-Khuwàrizmi  pone  nel  19.  H.,  per  opera  di  lyàd  b.  Giianm,  la  presa 
di  Nasibin,  di  Tur    Abdin  e  di  Qardù  (Baethgen,   110-111). 

Nota  1.  —  Se  alcune  buone  fonti  pongono  la  conquista  nel  19.  H.,  ciò  proviene  dall'aver  inteso 
parlare  non  del  principio  della  campagna  avvenuta  alla  fine  del  18.  H.,  ma  dello  svolgimento  maggiore 
della  medesima  nel  corso  dell'anno  19.  H.,  in  cui  si  arresero  le  principali  città  della  regione. 

§  87.  —  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  La  conquista  della  Mesopotamia 
seguì  nell'anno  19.  H.  Dopo  che  i  Musulmani  ebbero  conquistato  la  Siria 
e  r  'Iraq,  il  Califfo  'Umar  scrisse  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  governatore  di 
al-Kufah,  ordinandogli  di  mandare  un  esercito  a  fare  la  conquista  della 
Mesopotamia,  e  di  scegliere  il  comandante  della  spedizione  uno  dei  se- 
guenti   tre    nomi:    Khàlid    b.    'Urfutah,    o    Hàsim    b.    'Utbah,    o     lyàd    b. 

-36. 


18.  a.  H. 


§  87.. 


Ghanm.  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  intuì  che  il  Califtb  aveva  messo  ultimo  nella 
lista  il  nome  di  colui  che  avrebbe  amato  maggiormente  vedere  al  comando 
della  spedizione,  e  perciò  Sa'd  nominò  lyàd  b.  Ghanm  comandante  in  capo 
dell'esercito  che  partì  da  al-Kùfah  per  la  conquista  della  Mesopotamia.  Con 
l'esercito  andarono  altresì  abiì  Musa  al-As'ari,  'Utjimàn  b.  abì-l-'As  b.  Bisr  al- 
Thaqafi  ed  infine  anche  un  figlio  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  'limar  b.  Sa'd 
(cfr.  §  85  e  nota  2),  il  quale  però  stante  la  sua  estrema  giovinezza  non  fu 
investito  di  alcun  comando  (^).  La  partenza  di  queste  schiere  avvenne  nel 
corso  dell'anno  19.  H.  e  la  Mesopotamia  fu  sottomessa  al  dominio  mu- 
sulmano senza  grandi  difficoltà.  'lyàd  si  pi-esentò  dinanzi  alle  mvira  di  al- 
Ruhà',  i  cui  abitanti  si  arresero  con  il  patto  solito  di  pagare  il  tributo 
a  1  -  g  i z y  a  h.  Anche  gli  abitanti  di  Harràn  si  afiiettai"ono  a  trattare  con  i 
Musulmani  e  conclusero  un  patto  simile  a  quello  di  al-Ruhà-.  Da  questa 
città  lyàd  spedi  abii  Musa  al-As'ari  contro  Nasibin,  ed  inviò  il  giovinetto 
'Umar  b.  Sa'd  contro  Ra"s  al-'Ayn  con  una  schiera  di  cavalleria  nello  scopo 
di  proteggere  le  spalle  dei  Musulmani  da  qualche  possibile  aggressione  da 
parte  dei  Greci.  'lyàd  stesso  alla  testa  del  grosso  delle  schiere  marciò  su 
Darà  che  fu  da  lui  espugnata  quasi  allo  stesso  tempo,  in  cui  Nasibin  si 
arrendeva  ad  abii  Musa  al-As'ari.  Anche  questo  avvenne  nell'anno  19.  H. 
Di  poi  lyàd  b.  Ghanm  spedì  un  altro  corpo  di  soldati  sotto  'Uthmàn  b. 
abi-l-'As  per  invadere  l'Armenia  (Arminiyah  al -r  ab i' ah)  e  vi  furono 
alcuni  combattimenti,  in  uno  dei  quali  perì  Safwàn  b.  al-Mu'attal  al-Su- 
lami.  Gli  abitanti  fecero  poi  la  pace  con  'Utjimàn  b.  abi-l-'As,  con  il  solito 
patto  del  tributo  g  i  z  y  a  h  pagato  in  ragione  di  un  dìnàr  per  ogni  foco- 
lare (ba3't).  Dopo  questi  fatti  seguì  la  conquista  di  Qaysàriyj-ah  in  Pale- 
stina, e  l'imperatore  Eraclio  fuggì  (dalla  Siria)    CTabari,    I,   2505-2506). 

Cfr.  Khaldùn,  II,  App.,   108. 

È  singolare  che  ibn  Ishàq  sia  caduto  in  questo  caso  nel  medesimo 
errore  della  scuola  iraqense:  al-Wàqidi  più  correttamente  attribuisce  la 
campagna  alle  milizie  della  Siria,  donde  sarebbe  partito  'lyàd  b.  Ghanm. 
Il  suo  errore  è  poi  anche  visibile  se  si  studia  sulla  carta  geografica,  perchè 
le  conquiste  si  estendono,  secondo  lo  stesso  ibn  Ishàq,  dall'Eufrate  verso 
l'interno,  dalla  Siria  verso  la  Babilonide,  e  invece  avrebbero  dovuto  svol- 
gersi in  senso  contrario  se  ibn  Ishàq  avesse  ragione.  La  prima  città  a 
cadere  doveva  essere  al-Raqqah  ed  ultima  al-Ruhà-,  perchè  le  milizie  del- 
r'Iràq  per  arrivare  a  questa  avrebbero  dovuto  espugnare  prima  al-Raqqah 
e  poi  Ra-s  al-'Ayn:  se  i  fatti  si  svolsero  adunque  in  ordine  inverso,  è  chiaro 
che  ibn  Ishàq  erra  nel  far  partire  i  conquistatori  dalla  Babilonide,  e  che  il 
movimento  fu  preparato  dalla  Sfria,  e  più  precisamente  partì  dai  dintorni 


18.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Le  trad  i  z  I  on  i 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.] 


37. 


«7-93. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  ^\■^  Halab.  Su  ciò  non  v'è  dubbio  possibile.  L'origine  siria  della  conquista 

MESOPOTAMIA.  .         ,  ,  ,.  x       j         ix         i7      x-     •     j  •  j       j.-  n 

-  Le  tra'dizioni     mesopotamica  è  anche  confermata  da  altre  fonti  mdipendenti  come  quelle 
sulla   conquista     ^jj  ^ig  93  e  94,  99,   111-114,  tra  le    quali,  degnissima  di  nota,  la  bizantina. 

araba  della  Me- 

sopotamia    occì-  Nota  1.  —  In  un  altro  passo  di  Tabari  (I,  2578,  lin.  3)  questo  tiglio   <li    Sa'd    è  iletto  'Uniiivr  I). 

dentale.]  Sa'd  cui  si  attribuisce,  sull'autorità  di  al-Wàqidi,  la  conquista  di  'Ayn  al-AVardah.    E  probabilmente  la 

lueilesinia  persona  (efr.  anche  Wellliausen    Skizzen,  VI,  1651.  Cfr.  S  85  e  nota  •_>. 

§  88.  —  Secondo  al-IvhuwArizmi,  nell'anno  18.  H.  lyàd  b.  (ìlianm 
espugnò  Kallinikos,  Amid  e  Tali  Mawzau  (cfr.  Yàqùt,  I,  872),  mentre 
'Umayr  b.  Sa;'d  conquistava  Ra-s  al-'Aj^n  (Baethgen,  110). 

§  89.  —  Secondo  Sayf  b.  'Umar  (Tabari,  I,  2505,  lin.  4-6),  la  con- 
quista della  Mesopotamia  avvenne  nel  17.  a.  II.,  ma  ciò  è  contraddetto 
dalle  tonti  migliori. 

§  90.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  La  conquista  della  Mesopo- 
tamia avvenne  nel  mese  di  Dzu-1-Higgah  del  17.  H.  (Tabari,  I,  2611. 
lin.   <;-7). 

§  91.  —  al-Ya'qùbi  (attingendo  sicuramente  a  tradizioni  di  al-Wàqidi) 
pone  la  conquista  della  Mesopotamia  nel  18.  H.  per  opera  di  'lyàd  b.  Ghanm 
al-Fihri,  mandato  dalla  Siria  da  abù  'Ubaydah  b.  al-óarràh.  Furono  espu- 
gnate al-Raqqah,  Sarùg,  al-Rulià",  Nasibin  e  le  altre  città  della  regione, 
tutte  con  regolari  trattati  di  sottomissione:  sulle  terre  fu  imposto  il  kharàg 
e  la  tassa  sulle  teste  degli  uomini  in  ragione  di  quattro,  cinque  e  sei  dìnàr 
a  testa  (secondo  le  classi  a  cui  appartenevano).  Di  poi  ("lyàd)  fece  ritorno 
presso  abù  'Ubaydah  (Ya'qùbi,  II,   172). 

Le  ultime  parole  farebbeio  quasi  credere  che,  secondo  la  fonte  di  al- 
Ya'qùbi,  la  spedizione  si  compiesse  prima  che  scoppiasse  la  peste,  o  almeno 
prima  della  morte  di  abù  'Ubaydah. 

§  92.  —  Anche  Eutichio  menziona  la  conquista  della  MesopotamTa, 
ma  assai  brevemente,  vale  a  dire  si  contenta  di  rammentare  che  lyàd  b. 
Ghanm  sottomise  la  Grazirah,  al-Raqqah  ed  al-Ruhà',  concedendo  a  tutta 
la  regione  la  sicurtà  (amàn)  e  trattati  di  pace  (sulh)  (Butychius  ed. 
Cheikho,  II,  pag.  20). 

Si  tace  l'anno  di  questi  eventi,  ma  siccome  Eutichio  li  narra  come 
avvenuti  poco  tempo  dopo  il  ritorno  di  Umar  da  Gerusalemme,  è  chiaro 
che  li  intende  dopo  il   17.  H.  e  quindi  incirca  nell'anno  18,  H. 

§  93.  —  (Dàwùd  b.   Abd  al-hamìd  qàdi  di  al-Raqqali,  da  suo  j)adre 

'Abd  al-hamid,  da  suo  nonno,  da  Maymùn  b.  Mihràn).  Tutta  la  Gazirah 

(Mesopotamia)    fu    conquista    di    lyàd    b.    Ghanm,  dopo    la    morte    di    abù 

Ubaj'dah  b.  al-Garràh,  quando  il  Califfo   Umar  nominò   lyàd  governatoitì 

della  Mesopotamia.  abù  'Ubaydah  aveva  lasciato  morendo  il  governo  della 


38. 


18.  a.  H. 


^  9a-96. 


Siria  a  I)  ad  b.  Ghanm,  ma  Uniar  nominò  Yazid  b.  abi  Sufyàn  governa- 
tore della  Siria,  e  morto  lui,  Mu  àwi^'ah,  ordinando  invece  ad  lyàd  di  raz- 
ziare la  Mesopotamia  (B  a  1  a  dz  u  r  i .   172). 

Cfi-.  Yaqut,  II,  74. 

§  94.  —  fal-Husayn  b.  al-Aswad,  da  Yahya  b.  Adam,  da  vari  nativi 
della  Grazìrah,  da  Sulaymàn  b.  Atà-  al-Qurasi).  abù  Ubaydah  mandò  lyàd 
b.  Ghanm  nella  Grazìrah,  ed  abù  Ubaydah  cessò  di  vivere  mentre  lyàd 
era  in  quel  paese.  Il  Califfo  'Umar  confermò  costui  nella  sua  carica  (Ba- 
làdzuii.   172). 

§  95.  —  (Muh.  b.  Sa'd).  Disse  al-Wàqidi:  «  La  notizia  più  certa  che 
«  noi  abbiamo  udito  sulla  faccenda  di  'lyàd  b.  Ghanm  è  che  abù  'Ubaydah 
«  morì  nella  peste  di  Amawàs  nell'anno  18.  H.,  e  che  lyàd  gli  successe 
«  nel  governo  (della  Siria)  ».  Poi  giunse  una  lettera  di  'Umar,  nella  quale 
lyàd  era  nominato  governatore  di  Hims,  di  Qinnasrìn,  e  della  Gazirah. 
Allora  lyàd  partì  verso  la  Gazirah  alla  testa  di  5000  uomini  il  giovedì 
15  Sa'bàn  del  18.  H..  avendo  Maysarah  b.  Masrùq  al- Absi  in  comando 
dell'avanguardia,  Sa'id  b.  Amir  h.  Hidzjam  al-Gumahi  sull'ala  dritta,  e 
Safwàn  b.  al-Mu'attal  al-Sulami  sulla  sinistra.  Alcuni  dicono  che  l'ala  si- 
nistra fosse  comandata  da  Khàlid  b.  al-Walid,  ma  altri  lo  negano,  asserendo 
che  Khàlid  dopo  essere  stato  sotto  gli  ordini  di  abù  'Ubaydah  non  tenne 
più  un  comando  secondario,  ma  rimase  in  Hims  fino  alla  sua  morte  nel 
21.  H..  quando  lasciò  il  Califfo  Umar  suo  erede  universale.  Alcuni  cre- 
dono che  Khàlid  morisse  in  Madinah,  ma  la  sua  morte  in  Him.s  è  più 
eerta  (Baia  dz  uri,   172-173). 

Yàqùt,  II,   74-75. 

§  96.  —  (al-Balàdzuri.  senza  isnàd).  lyàd  b.  Ghanm  spinse  i  suoi 
avamposti  verso  al-Raqqah,  ed  i  Musulmani  razziarono  i  caseggiati  e  la 
campagna  intorno  alla  città,  depredando  tanto  i  contadini  (fall  ah  un) 
del  paese,  quanto  gli  Arabi  che  si  erano  stabiliti  in  quei  paraggi.  Gl'in- 
vasori raccolsero  parecchio  bottino,  ed  i  contadini  fuggirono  cercando  ri- 
covero entro  le  mura  della  città.  Alloca  lyàd  si  avanzò  ancora  con  il  suo 
esercito,  finché  arrivò  dinanzi  ad  una  delle  porte  di  al-Raqqah  Q),  detta  Bàb 
al-Ruhà-  (o  Porta  di  Edessa)  con  tutti  i  suoi  soldati  schierati  in  ordine  di 
battaglia.  Gli  abitanti  scagliarono  frecce  per  un  certo  tempo  contro  i  Mu- 
.sulmani,  ferendone  alcuni:  sicché  lyàd  fece  retrocedere  i  suoi  fuori  del 
tiro  delle  frecce  e  delle  pietre.  Egli  stesso  fece  quindi  il  giro  della  città 
e  dispose  corpi  di  guardia  dinanzi  ad  ognuna  delle  porte  :  poi  ritornò  al- 
l'accampamento e  lanciò  schiere  depredatrici  in  tutte  le  direzioni.  In  questo 
modo  fece  molti  prigionieri  e  raccolse  grande  copia  di  vettovaglie  e  com- 


18.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.] 


39. 


§§  W,  !'7. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Le  t  r  a  d  i  z  I  o  n  i 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia  occi- 
dentale.] 


mestibili,  perchè  era  giunto  il  momento  del  raccolto  e  le  messi  erano 
mature  per  la  mietitura.  Dopo  cinque  o  sei  giorni  il  patrizio  della  città 
mandò  un  ambasciatore  ad  'lyàd  chiedendo  l'amàn.  Allora  tu  stipulato 
un  trattato  di  pace,  secondo  il  quale  tutti  gli  abitanti  ottenevano  sicurtà 
(a  man)  per  le  loro  persone,  le  famiglie,  i  beni  mobili  e  la  città.  'lyàd  (in 
principio)  sostenne  che  la  terra  appartenesse  ai  vincitori,  «  perchè  »,  egli 
disse,  «l'abbiamo  calpestata  con  inostri  piedi  (wati'nàhà)  e  l'abbiamo 
«  ritenuta!  ».  (Ma)  poi  la  confermò  (aqarrahà)  nelle  loro  mani  dietro  pa- 
gamento del  kharàg:  dalle  terre  tolse  però  quelle  di  cui  la  gente  della 
dz  i  m  m  a  h  non  aveva  bisogno  e  le  lasciò  ai  Musulmani  dietro  pagamento 
delle  decime  ('usr).  Agli  abitanti  di  al-Eaqqah  impose  la  gizyah  ala 
riqàbihi'm  o  la  tassa  per  testa,  nella  ragione  di  un  dinar  all'anno  per 
ogni  uomo  adulto,  senza  contare  però  le  donne  ed  i  bambini  che  furono 
esenti  dalla  tassa.  Oltre  al  dinar  annuo  lyàd  impose  il  pagamento  (annuo) 
di  alcune  misure  (aqfizah)  di  grano  (qamh),  e  una  certa  quantità  di  olio, 
aceto  e  miele.  Più  tardi  Mu'àwiyah,  nel  venire  al  potere,  impose  tale  pa- 
gamento a  loro  come  gizyah. 

Concluso  il  trattato,  gli  abitanti  di  al-Raqqah  aprirono  le  porte  e  alle- 
stirono un  mercato  per  i  Musulmani  dinanzi  alle  mura.  Agli  abitanti  lyàd 
concesse  il  seguente  scritto:  «  [In  nome  di  Dio  clemente  e  misericordioso]. 
«  Questo  è  quanto  'lyàd  b.  Ghanm  concede  alla  gente  di  al-Raqqah  nel  giorno 
«  ch'è  entrato  in  essa.  Egli  ha  concesso  a  loro  la  sicurtà  (a man)  delle  loro 
«  persone,  e  dei  loro  beni  mobili  ;  le  loro  chiese  non  devono  essere  demo- 
«  lite  né  devono  essere  usate  come  dimora  dai  Musulmani  se  la  g  i  z  ya  h 
«  imposta  è  regolarmente  pagata:  non  devono  macchinare  alcuna  insidia 
«(contro  i  Musulmani),  ma  nessuna  nuova  chiesa  (kanìsah)  né  alcuna 
«  sinagoga  (b  ì  '  a  h,  anche  chiesa)  deve  essere  edificata.  Non  devono  usare 
«pubblicamente  le  campane  di  legno  (nàqùs),  né  solennizzare  (aperta- 
«  mente)  le  preghiere  del  lunedi  di  Pasqua  (bà'ùth),  né  far  mosti-a  di 
«  crocifìssi. 

«  Dio  è  testimonio  di  questo  scritto,  e  la  sua  testimonianza  è  suffi- 
«  ciente  ». 

Al  documento  'lyàd  appose  il  proprio  sigillo  (Balàdzuri,  173). 

Yàqùt,  II,  802. 

Nota  1.  —  al-Waqidi  fa  incominciare  la  conquista  da  al-Eaqqah:  abu  Yùsuf  (cfr.  §  99)  —  con- 
fermato indirettamente  anche  da  ibn  Ishàq  —  pone  invece  l'inizio  della  campagna  dalla  parte  di  al- 
Ruhif.  Questa  è  la  versione  più  corretta,  alla  quale  noi  ci  atteniamo. 

§  97.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Si  dice  che  lyàd  impose  ad  ogni 
adulto  della  città  di  al-Raqqah  una  tassa  di   quattro  dìnàr.  È  certo  però 


40. 


18.  a.  H. 


§§  97-99. 


che  più  tardi  il  Califfo  'Umar  scrisse  ad  'Umayr  b.  Sa'd,  suo  luogotenente, 
di  esigere  da  ognuno  di  essi  quattro  dinar,  come  era  imposto  alla  gente 
(classificata  tra  gii)  Ahi  a  1  -  Dz  a  h  a  b  (=  la  gente  dell'oro,  ossia  la  classe 
più  doviziosa)  (Balàdzuri,   173-174). 

§  98.  —  Cal-Balàdzuri,  senza  isnàd).  (Dopo  la  resa  di  al-Raqqah)  lyàd 
si  presentò  innanzi  ad  Harràn,  piantando  le  sue  tende  in  Bàgudda:  appena 
comparve  l'avanguardia  musulmana,  gli  abitanti  chiusero  le  porte;  allora 
gli  al-Harràniyyah  entrarono  in  trattative  con  'lyàd,  invitandolo  a  recarsi 
ad  al-Ruhà-  (Edessa)  e  promettendo  di  associarsi  a  qualunque  patto  egli 
avesse  concluso  con  gli  abitanti  di  quella  città.  Anche  i  Cristiani  di  Harràn, 
udite  le  trattative  degli  al-Harràniyyah,  dichiararono  di  accettare  le  me- 
desime condizioni.  —  Allora  lyàd,  lasciata  Harràn,  si  recò  ad  al-Ruhà* 
(Edessa),  gli  abitanti  della  quale  fecero  mostra  di  voler  resistere  e  per  un 
certo  tempo  scagliarono  dardi  e  pietre  contro  i  Musulmani,  poi  fecero  una 
sortita,  ma  foi'ono  messi  in  fuga  e  costretti  a  ricoverarsi  entro  le  mura. 

Dopo  tanto  rovescio  gii  Edessani  non  tardarono  ad  aprire  trattative 
per  la  pace,  chiedendo  sicurtà  ed  un  trattato.  'lyàd  accettò  e  di  suo  pugno 
stese  per  loro  il  seguente  scritto: 

«  [In  nome  di  Dio  clemente  e  misericordioso]. 

«Questo  è  lo  scritto  da  'lyàd  b.  Crhanm  al  Vescovo  (usquf)  di  al- 
«  Rulla*  :  se  voi  mi  aprirete  la  porta  della  città  alla  condizione  di  pagarmi 
«  un  dinar  (annualmente)  e  due  mudd  di  grano  (qamh)  per  ogni  uomo; 
«  allora  voi  avrete  la  sicurtà  per  le  persone  vostre  e  i  beni  vostri,  e  per 
«  coloro  che  vi  seguono:  voi  avete  però  l'obbligo  di  indicare  il  retto  cam- 
«  mino  a  chi  l'ha  smarrito,  di  tenere  in  buono  stato  i  ponti  e  le  strade,  e 
♦  di  dare  buon  consiglio  ai  Musulmani.  Dio  è  il  testimonio  e  la  sua  testi- 
«  monianza  è  sufficiente!»   (Balàdzuri,   174). 

Cfi-.  Yàqùt,  n.  232. 

§  99.  —  (abù  Yùsuf,  senza  isnàd).  Allorché  tu  terminata  la  con- 
quista e  messa  in  ordine  l'amministrazione  della  Siria,  abù  'Ubaydah  b. 
al-GaiTàh  mandò  Surahbìl  b.  Hasanah  contro  Qinnasrin,  che  venne  espu- 


gnata. 


abù  'Ubaydah  mandò  anche  'lyàd  b.  Ghanm  al-Fihri  in  al-GrazLrah 
(Mesopotamia),  la  capitale  della  quale  (nella  metà  romana)  era  al-Ruhà- 
(Edessa). 

'Ij^àd  si  diresse  immediatamente  contro  questa  città,  senza  però  incon- 
trare resistenza  alcuna  nel  paese:  nessun  villaggio  sul  suo  cammino  gli 
oppose  ostacoli,  sicché  'lyàd  arrivò  sotto  le  mura  di  al-Ruhà"  senza  aver 
fatto  uso  delle  armi:  nessun  esercito  tentò  fermare  il  suo  cammino.  'lyàd 


18.  a.  H. 
[MESOPOTAMIA. 
-  Le  tra  d  i  z  ioti  i 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.] 


41. 


9lt,  100. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
iMESOPOTAMIA. 
-  Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia  occi- 
dentale.) 


anivatu  (Ihuuizi  ad  al-lìuha-  no  intraprese  ora  l'assedio  in  modo  regolare  e 
mostrando  l'ormo  intendimento  di  prendere  la  eittà.  Quando  il  governatore 
greco  si  fu  persuaso  di  questo,  disperando  ormai  di  poter  ricevei'e  soccorsi 
dall'Imperatore,  apri  segretamente  di  notte  una  delle  porte  della  città  che 
guardavano  verso  i  monti,  e  fuggì  con  la  maggior  parte  della  guarnigione. 
Nella  città  rimasero  gli  abitanti,  ossia  gli  Anbàt,  cioè  i  contadini  che 
erant)  molto  numerosi,  ed  alcune  poesie  milizie  greche  che  non  avevano 
voluto  fuggire. 

Gli  Edessaiii  trovatisi  così  a  mal  partito  mandarono  una  commissione 
a  lyad  b.  Ghanm,  chiedendo  la  pace  ed  offrendo  di  pagare  un  certo  tri- 
buto, lyàd  prima  di  rispondere  spedì  il  rapporto  ad  abù  'Uba3dah  b.  al- 
Grarràh,  il  quale,  quando  ebbe  letto,  fece  chiamare  Mu  àdz  b.  Gabal  e 
chiese  il  suo  parere.  Mu'àdz  sconsigliò  abu  Ubaj'dah  dall'accettare  il  trat- 
tato offerto:  egli  fece  osservare  che  gli  abitanti  non  avi-ebbero  potuto  un 
giorno  pagare  quanto  avevan  promesso  perchè  superiore  ai  loro  mezzi:  il 
Califfo  non  avrebbe  potuto  muover  loro  la  guerra;  non  gli  sarebbe  rimasto 
che  un  solo  espediente,  abrogare  egli  stesso  quello  che  aveva  contrattato. 
Se  però  la  somma  offerta  dagli  al)itanti  era  tanto  esigua,  che  essi  potessero 
facilmente  pagarla,  nemmeno  ciò  poteva  convenire,  perchè  i  vinti  non 
avrebbero  subito  quella  umiliazione  necessaria,  voluta  da  Dio.  Perciò,  con- 
cluse Mu'àdz,  bisognava  insistere  presso  gli  abitanti  perchè  si  arrendessero 
al  patto  di  pagare  un  tributo,  che  verrebbe  fissato  in  appresso  in  propor- 
zione ai  loro  mezzi,  di  cui  si  sarebbe  fatta  una  verifica. 

abù  'Uba3dah  accettò  il  consiglio  e  scrisse  in  questo  senso  a  lyàd  b. 
Ghanm.  Le  coudizioni  di  abù  'Ubaydah  vennero  annunziate  ai  difensori  di 
al-Ruhà',  presso  i  quali  si  manifestarono  due  correnti:  una  era  disposta  ad 
accettare,  mentre  l'altra  sosteneva  che  accettando  quei  patti  si  arrende- 
vano a  discrezione  del  vincitore,  il  quale  si  sarebbe  preso  per  sé  tutti  i 
sopravanzi  (fu dui),  ossia  tutto  ciò  che  rimaneva  quando  erano  state  pa- 
gate le  spese.  Questo  partito  prevalse  sull'altro  e  gli  abitanti  risposero  che 
si  sarebber-o  arresi  soltanto  quando  fosse  loro  imposto  un  tributo  fisso,  sta- 
bilito nei  patti  della  resa.  Quando  vide  che  gli  Edesseni  rifiutavano  le  sue 
condizioni,  lyàd  b.  Ghanm,  consapevole  quanto  la  città  era  bene  fortifi- 
cata, disperò  di  poterla  prendere  a  viva  forza,  e  concluse  alfine  il  trattato 
come  volevano  gli  abitanti,  abù  Yùsuf  confessa  però  di  non  sapere  per 
certo  se  i  fatti  avvennero  realmente  in  questo  modo  (Yùsuf,  22-23). 

§  100.  —  (Bakr  b.  al-Haytham,  da  'Abdallah  b.  Muh.  al-Nufayli,  da 
Sulaymàn  b.  'Atà*).  Quando  espugnò  al-Ruhà%  dove  era  stato  mandato  da 
abù  'Ubaydah  b.  al-Garràh,   'lyàd  b.  Ghanm  si  spinse,  montato  sopra   un 


42. 


18.  a.  H. 


§§  100-102. 


cavallo  baio  bruno,  fin  dinanzi  la  porta  della  città.  Gli  Edesseni  si  arre- 
sero alla  condizione  che  rimanessero  in  possesso  del  loro  tempio  (h  a  y  k  a  1) 
e  di  ciò  che  stava  attorno  ad  esso,  ma  non  dovevan  costruire  nessuna 
nuova  chiesa:  dovevano  aiutare  i  Musulmani  contro  i  loro  nemici,  e  se  vio- 
lavano uno  dei  patti  dell'accordo,  questo  diveniva  nullo  e  gli  abitanti  per- 
devano ogni  diritto  alla  dzimmah  o  protezione  dei  Musulmani.  Tutta 
la  Grazu'ah  si  sottomise  con  le  stesse  condizioni  degli  abitanti  di  al-Ruhà* 
(Balàdzuri,   172). 

§  101.  —  (Dàwùd  b.  'Abd  al-liamìd,  da  suo  padre  'Abd  al-liamid,  da 
suo  nonno).  Questo  è  lo  scritto  rilasciato  da  'lyad  alla  gente  di  al-Ruhà": 
«  [Nel  nome  di  Dio  clemente  e  misericordioso]  questo  è  lo  scritto  da  'lyàd 
«  b.  Ghanm  e  da  quanti  Musulmani  erano  con  lui  agii  abitanti  di  al-Ruhà*. 
«  Io  ho  concesso  a  loro  la  sicurtà  per  le  loro  vite,  per  i  loro  beni  mobili, 
«  per  i  loro  figli,  le  loro  donne,  la  loro  città,  i  loio  ruolini,  se  pagheranno 
«  il  debito  che  si  è  imposto  a  loro:  e  noi  abbiamo  diritto  (di  esigere)  che 
«  essi  mantengano  in  buono  stato  i  ponti  e  rimettano  sulla  retta  strada 
«  quelli  fi'a  noi,  che  l'abbiano  smarrita.  Testimoni  sono  Dio.  gli  angeli  e 
«  i  Musulmani  ». 

Concluso  l'accordo,  lyàd  si  avviò  su  Harràn  e  mandò  Safxvàn  b.  al- 
Mu'attal  e  Habìb  b.  Maslamah  al-Fihri  contro  Sumaysàt.  lyàd  concluse 
con  gli  abitanti  di  Harràn  un  trattato  simile  a  quello  pattuito  con  la 
gente  di  al-Ruhà-  e  gli  abitanti  gii  aprirono  le  porte:  egli  vi  lasciò  un  suo 
luogotenente.  Quindi  proseguì  verso  Sumaysàt  e  trovò  che  Safwàn  b.  al- 
Mu'attal  e  Habib  b.  Maslamah  erano  ancora  dinanzi  alla  città,  avendo  già 
sottomesso  molti  villaggi  e  castelli  del  distretto.  All'arrivo  di  'lyàd  fii  con- 
cluso con  gii  abitanti  di  Sumaysàt  un  trattato  come  quello  di  al-Ruhà-. 
Per  venire  a  Sumaysàt,  'lyàd  era  passato  per  al-Ruhà',  ed  ora  vi  fece  ri- 
torno CBalàdzuri,   174-176). 

§  102.  —  (abu  Yùsuf  [f  182.  a.  H.],  senza  isnàd).  Dopo  la  presa  di 
al-Ruhà-,  lyàd  b.  Ghanm  si  volse  contro  la  città  di  Harràn,  che  era  la  più 
vicina  di  tutte  ad  al-Ruhà-.  Gli  abitanti,  tutti  Anbàt,  o  contadini  indigeni, 
chiusero  le  porte  e  tentarono  difendersi  assistiti  da  un  numero  molto  esiguo 
di  milizie  greche.  'lyàd  offerse  allora  agii  abitanti  le  medesime  condizioni 
fatte  ad  al-Ruhà-,  ed  i  difensori  di  Harràn,  vedendo  l'esempio  dato  dalla 
capitale  della  provincia,  accettarono  la  proposta  e  si  arresero  alle  medesime 
condizioni.  Tutti  i  villaggi  e  tutti  i  paesi  (al-qura  wa-1-rasàtiq)  della 
Mesopotamia  non  solo  non  fecero  alcuna  resistenza  ai  Musulmani,  ma  si 
arresero  senza  conchiudere  patti  speciali:  gli  abitanti  di  ogni  distretto 
(kùrah)  affermarono  in  seguito  di  essere  sottomessi  alle  identiche  condi- 


18.  a.  H. 
[MESOPOTAMIA. 
-Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.] 


■i-ì. 


102-lUl. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
[MESOPOTAMIA. 
-  Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia  occi- 
dentale.) 


zioui.  alle  quali  si  era  ariosa  la  città  priiicipalo  da  cui  dipendevano  ammi- 
uistrativamente.  Si  dice  che  'lyàd  b.  Ghanm  nel  conquistare  la  Mesopota- 
mia  accettasse  questo  principio  ed  equiparasse  gli  abitanti  della  campagna 
a  quelli  della  città.  In  appresso  però  i  Califfi  non  si  attennero  più  esat- 
tamente a  questa  norma,  perchè  non  equipararono  gli  abitanti  della  cam- 
pagna a  quelli  della  città  nella  provvista  delle  vettovaglie  per  l'esercito 
(a  r  z  à  q  a  1  -  g  u  n  d)  :  i  Califfi  aggiunsero  infatti  anche  questo  peso  agli  abi- 
tanti delle  campagne,  ma  non  ai  cittadini.  Si  dice  che  facessero  questo 
perchè  i  contadini,  come  possessori  di  campi  e  di  sementi,  potevano  for- 
nire i  viveri,  mentre  i  cittadini  non  hanno  né  gli  uni  né  le  altro  (Yusuf, 
23,  Un.   15-25). 

§  103.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Si  afferma  che  quando  Ij^àd  si 
mosse  da  al-Raqqah  su  Harràn  (^),-  trovasse  questa  abbandonata  dagli  abi- 
tanti, i  quali  si  erano  x'ifugiati  in  al-Ruhà*.  Durante  quindi  i  negoziati  che 
condussero  alla  resa  di  al-Ruhà%  gli  abitanti  di  Harràn  ottennero  per  la 
loro  città  un  trattato  simile  a  quello  di  al-Ruhà*  (Balàdzuri,  175j. 

Nota  1.  —  Nell'ultimo  capitolo  delia  sua  Geschiclite  der  Stadt  Harràn  in  Mesopota- 
mien  bis  zum  Einfall  der  Arabe r  (Strassburg,  1892,  pag.  61-66),  A.  Mez  riassume  e  brevemente 
discute  le  fonti  arabe  della  conquista  della  Mesopotamia  e  la  presa  di  Harràn. 

§  104.  —  (abù  Ayyùb  al-Raqqi  al-Muaddib,  da  al-Haggàg  [b.  Yusuf J 
b.  abi  Mani'  al-Rusàfi  [f  222.  a.  H.],  da  suo  padie  [Yusuf  b.  abi  Mani'  al- 
Rusàfi],  da  suo  nonno  [abù  'Ubaydallah  ibn  abi  Ziyàd  (o  Zanàd)  al-Rusàfi]. 

{a)  Tyàd  b.  Ghanm  conquistò  prima  al-Raqqah,  poi  al-Ruhà",  poi  Harràn 
e  infine  Sumaysàt,  tutte  con  un  solo  trattato  di  pace  (sulh  wàhid). 

(6)  Poi  'lyàd  si  recò  a  Sarùg,  Ràskifà,  e  nell'Ard  al-Baydà-  (il  deserto) 
e  le  sottomise  tutte,  facendo  trattati  di  pace  con  gli  abitanti  dei  castelli, 
simili  al  trattato  di  al-Ruhà'. 

(e)  Più  tardi  gli  abitanti  di  Sumaysàt  si  ribellarono,  lyàd  dovette 
ritornare  alla  città,  ed  assediarla  un'altra  volta:  la  città  fu  ripresa.  Du- 
rante questi  fatti  venne  a  sapere  che  gli  abitanti  di  al-Ruhà"  avevano  vio- 
lato i  patti  del  trattato,  ma  appena  egli  comparve  dinanzi  alle  mura,  gli 
Edesseni  spalancarono  le  porte  e  gli  lasciarono  libero  l'ingresso.  Da  quel 
giorno  egli  lasciò  nella  città  un  suo  luogotenente  ed  una  guarnigione. 

(d)  Quindi  'lyàd  mosse  contro  le  Qurayyàt  Furàt,  ossia  Gisr  Manbig  ed 
i  paesi  da  essi  dipendenti,  e  le  sottomise  alle  medesime  condizioni.  Poi  si 
recò  ad  'Ajn  al-Wardah,  ossia  Ras  al-'A}'n,  ma  dacché  gii  abitanti  fecero 
mostra  di  volersi  difendere,  li  lasciò  tranquilli. 

Più  tardi  andò  a  Tali  Mawzan  e  la  sottomise  alle  stesse  condizioni 
di  al-Ruhà-:  questo  accadeva  nel  19.  H.  (Balàdzuri,   175-176). 


44. 


18.  a.  H. 


§§  105-110. 


§  105.  —  (abù  Yùsuf,  senza  isnàd).  lyàd  b.  Ghanm  impose  nella  Me- 
sopotamia  sopra  ogni  testa  ('ala  al-gamàgim)  un  dìnàr  e  due  mudd 
di  fi-umento  (qamh),  più  due  qist  di  olio  d'olivo  (zayt)  e  due  qist  di 
foraggio  fi-esco  (khala),  per  ogni  capo. 

Egli  fece  degli  abitanti  una  classe  sola. 

Queste  notizie,  aggiunge  abù  Yùsuf,  non  sono  garantite  come  assolu- 
tamente'sicure  (Yùsuf,  23,  lin,  28-31). 

§  106.  —  (Muli.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  Ma'mar,  da  al-Zuhii).  Non 
vi  fu  paese  della  G-azirah  che  non  si  arrendesse  ad  'l3'àd  b.  Ghanm,  ap- 
pena egli  si  presentò  dinanzi  alle  mura,  e  tutto  ciò  regnante  'Umar:  egli 
sottomise  Harran,  al-Ruhà-,  al-Raqqah.  Qarqisiyà,  Nasibìn  e  Singàr  (Ba- 
làdzuri,   175). 

§  107.  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Masla- 
mah,  da  Furàt  b.  Salmàn,  da  Thàbit  b.  al-Haggàg).  lyàd  b.  Ghanm  con- 
quistò al-Raqqah,  Harran,  al-Ruhà",  Nasibìn,  Ma\'yàfàriqìn,  Qarqisiyà",  Qura 
al-Furàt  (i  villaggi  dell'Eufrate):  tutte  le  città  (della  Gazii-ah)  furono  prese 
con  trattati  di  pace  (sul li" °)  e  tutta  l'aperta  campagna  (ard)  con  la  forza 
('an\vat*°)  (Balàdzuri,   175). 

§  108. —  (Muh.  [b.  Sa'd],  da  al-Wàqidi,  da  Thawr  b.  Yazìd,  da  Ràsid 
b.  Sa'd).  'lyàd  sottomise  tutta  la  Gazìrah,  le  città  con  trattati  di  pace 
(sulli*°)  e  le  campagne  con  la  fòrza  ('anwat"")   (Balàdzuri,   175). 

§  109.  —  (al-Balàdziu'i,  senza  isnàd).  lyàd  b.  Ghanm  mandò  Habìb 
b.  Maslamah  al-Filii-i  da  Simsàt  contro  Malatiyyah  e  la  città  fu  espugnata; 
ma  dopo  qualche  tempo  i  Greci  tornarono  ad  impadronirsene  (^)  (B  a  1  à  - 
dzuri,   185). 

Nota  1.  —  C^uesta  notizia  non  può  esser  certa,  perchè  altrove  al-Baladzuri  la  narra  (184-185) 
come  un  fatto  avvenuto  durante  il  califfato  di  'Uthmàu,  vale  a  dire  dopo  il  23.  H.,  mentre  Tyàd  b. 
Ghanm  morì  nel  20.  H.  icfr.  Balàdzuri.  176,  lin.  11-12). 

§  110.  —  (al-Dzahabi,  senza  isnàd).  Al  principio  di  questo  anno  18.  H. 
abù  Ubaydah  b.  al-Garràh  mandò  'lyàd  b.  Ghanm  al-Fihri  in  Mesopo- 
tamia,  dove  s'incontrò  con  abù  Musa  al-As'ari,  che  veniva  da  al-Basrah. 
I  due  insieme  conquistarono  HaiTàn  e  Nasibìn  ed  una  grande  parte  della 
Mesopotamia,  secondo  gli  uni  con  la  forza  ('anwat*"),  secondo  altri  con 
trattati  di  pace  (sulh*")- 

In  questo  stesso  anno  lyàd  b.  Ghanm  conquistò  al-Ma\vsil  con  la  forza, 
mentre  abù  Musa  al-As'ari  espugnava  al-Ruhà"  e  Simsàt(')  (Dzahabi  Paris, 
I,  fol.   132,1-.). 

Nota  1.  —  Le  notizie  date  da  al-r)zahabi  sono  in  parte  scorrette  e  confondono  insieme  eventi  di 
anni   diversi:  al-Mawsil  non  fu  espugnata  da    Ij'ad,  che  morì  prima  della  presa  di  quella  città.  Anche 


18.  a.  H. 
t  MESOPOTAMIA. 
-Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.! 


45. 


§$  Ui>-lll. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
[MESOPOTAMIA. 
-Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia  occi- 
dentale.! 


In  pnrteoipftzione  di  nbiì  Miisa  al-As'nri  nlla  campagna  nn;!:sopiii)iiiiica  non  inerita  t'edr:  ogli,  quale  e;i- 
veinatore  ili  nl-Bnsrali,  aveva  ila  lìattersi  contro  i  Persiani  nel  IClifizistaii,  come  abbiamo  detto  gii\  al- 
trove i,ctV.  17.  a.  11.,  8i§  H'.i!)  e  segg.i,  ed  è  assurdo  die  s'immiscliiasse  in  faccende  che  tutto  al  più  avroH- 
l)rro  potuto  essere  i-ompito  del  suo  collega  di  al-Kiìfab. 

§  111.  —  (Theophanes).  Nell'anno  ventesimosettiniu  di  Eraclio,  u.ssia 
anno  (lo!  mondo  (5128,  corrispondente  al  15.  H.  venne  Giovanni,  .sopran- 
nominato Kataias,  il  prefetto  dell'Osrhoene  presso  lyàd  in  Chalkis  e  teco 
un  j)atto  di  dargli  aniuialhiente  centomila  nionctc,  purché  non  avesse  var- 
cato l'Entrate,  tanto  pacificamente,  qnanto  in  armi  per  la  guerra.  Allora 
Griovanni  ritornò  ad  Edessa  e  mandò  ad  lyàd  l'annuo  censo.  Eraclio  udito 
questo  disapprovò  l'azione  di  (liovanni.  perchè  fatta  senza  la  sanzione  im- 
periale; richiamò  Giovanni  e  lo  mandò  in  esilio.  In  sua  vece  mandò  un 
certo  Tolomeo,  comandante  militare  (Theophanes,  521;  ediz.  de  Boor, 
1,  340). 

§  112.  —  (Theophanes).  Nell'anno  ventesimottavo  di  Eraclio,  ossia  del 
mondo  ()12i),  pari  al  16.  H.,  gli  Arabi  espugnarono  Antiochia,  e  Mu  àwiyah 
per  ordine  di  Umar  assunse  il  governo  di  tutta  la  regione  conquistata 
dai  Saraceni,  dall'Egitto  fino  all'Eufrate  (Theophanes,  521;  id.  ediz. 
de  Boor,  I,  340). 

§  113.  —  (Theophanes).  Nell'anno  del  mondo  0130.  corrispondente  al 
630  dell'Incarnazione,  ed  al  ventesimonono  di  Eraclio  (pari  al  17.  H.), 
'lyàd  varcò  1'  Enfiate  con  tutte  le  sue  genti  e  venne  ad  Edessa.  Gli  Edes- 
seni  però,  aprendo  le  porte,  fecero  un  trattato  d'accordo  con  gli  abitanti 
della  regione,  ed  il  comandante  militare  con  i  Greci  presenti.  Gli  Arabi 
però  avanzarono  su  Constantia  (ossia  Antoninupolis,  a  700  stadi  al  sud  di 
•Amid.  Cfì-.  Theophanes,  A.  M.,  6832,  e  Ammian.  Marceli.,  XVIII, 
9),  la  devastarono,  la  presero  d'assalto,  trucidando  molti  (difensori):  in 
questo  modo  'lyàd  conquistò  tutta  la  Mesopotamia  (Theophanes,  521- 
522:  id..  ediz.  de  Boor,  I,   340-341). 

§  114.  —  Lo  schema  dunque  del  racconto  di  Teofane  è  il  seguente: 
nell'anno  del  mondo  6127  Tyàd  terminò  la  conquista  della  Siria;  nel  6128 
Giovanni  Kataias,  procuratore  dell'  Osrhoene  (Edessa),  si  abboccò  con  'lyàd 
in  Chalkis  (Halab),  promettendo  un  tributo  annuale  se  gii  Arabi  non  aves- 
sero varcato  1'  Eufi-ate.  Per  questt)  atto  Giovanni  1u  deposto  e  sostituito 
da  Ptolomaeus.  Nel  6129,  quando  fu  conquistata  Antiochia,  Mu'àwiyah  di- 
venne governatore.  Nel  6130  'lyàd  varcò  l'Eufrate:  Edessa  si  arrese,  Con- 
.stantia  (Antoninupolis,  il  Tali  Mawzan  degli  Arabi,  ossia  il  Teli  Mauzlath 
della  Cronaca  Edessena  sotto  l'anno  661.  H.;-  dove  Antipolis  si  corregga 
in  Antoninupolis)  fa  presa  d'assalto,  e  lo  stesso  fu  il  caso  di  Darà.  Così  fii 
conquistata  tutta  la  Mesopotamia. 


4(i. 


18.  a.  H. 


§§  114.116. 


Il  Wellliausén  (Sk.  u.  Vorarb.,  IV,  88),  neiresamiuare  la  cronologia 
del  cronografo  bizantino,  osserva  che  l'anno  del  mondo  6130  corrisponde 
all'anno  19.  H.  :  quindi  anche  Teofane  è  prova  contro  la  cronologia  di  Sayf. 
Dimostra  altresì  che  la  Mesopotamia  fu  conquistata  dalle  genti  della  Siria  e 
non  da  quelle  dell"  Iraq.  E  vero  che  per  quest'ultima  versione  abbiamo  anche 
rautorità  di  ibn  Ishàq  (T abari,  I,  2505  e  segg.),  ma  lo  stesso  cronista 
contraddice  se  stesso,  perchè  in  un  altro  passo  (T  a  bari,  I,  2349)  racconta 
come  lyad  dopo  il  Yarmùk  sia  andato  verso  il  nord  in  Siria  sino  a  Me- 
litene; ed  altrove  ancora  (Tabari,  I,  2646)  presenta  la  Mesopotamia  come 
provincia  Siria  con  Hims  e  Qinnasrin.  Decisivo  è  poi  che  ibn  Ishàq  pone, 
come  al-Balàdzuri,  la  conquista  nel  19.  TI.  In  questo  anno,  secondo  l'au- 
torità concorde  di  tutte  le  fonti,  lyàd  1^  Ghanm  era  governatore  di  Hims 
ed  in  nessun  modo  un  dipendente  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs.  Il  Wellhausen 
quindi  vede  nella  cronologia  di  Sayf,  che  pone  la  conquista  nel  17.  H.  in- 
vece del  19.  H.,  come  un'arte  fine  per  rispondere  alla  grave  obbiezione  or 
ora  citata. 

La  questione  sulla  oi-igine  dei  vari  conquistatori  delle  provincie  del- 
l' impero  arabo  ha  la  sua  importanza,  perchè  dalla  conquista  dipese  chi  ne 
avesse  l'amministrazione:  i  tre  centri  di  spedizioni  erano  Hims,  al-Kùfah  ed 
al-Basrah,  e  le  provincie  sottomesse  dalle  milizie  di  ognuna  delle  tre  città, 
erano  da  queste  amministrate  e  predate  fiscalmente  dai  governatori,  impie- 
gati e  militi.  Come  vedremo  meglio  in  appresso,  le  conquiste  si  tramutarono 
in  vere  speculazioni,  pei'chè  più  esteso  era  il  territorio  che  una  delle  tre  pre- 
dette città  poteva  vantare  come  sua  provincia,  maggiori  erano  le  rendite  di 
cui  i  Musulmani  difensori  della  provincia  potevan  dispon-e.  La  questione 
ritornerà  più  chiaramente  nelle  annate  seguenti  e  non  è  necessario,  per  ora, 
d' insistervi. 

§  115.  —  Secondo  Cedi-enus,  il  cronista  bizantino,  nel  ventesimonono 
anno  di  Eraclio  (6130  del  mondo),  lyàd  espugnò  Edessa  con  un  trattato, 
e  Constantia  con  assalto:  nello  stesso  modo  anche  Darà,  nella  quale  pe- 
rirono molte  persone.  Così  lyàd  conquistò  tutta  la  Mesopotamia  (Cedre- 
nns,  752). 

§  116.  —  Il  cronista  siriaco,  Dionigi  di  Tell-Mahré,  pone  la  prima 
invasione  araba  della  Mesopotamia  già  nell'anno  948  dei  Seleucidi  (636- 
637  dell' È.  V.,  ossia  15.-16.  H.),  e  dice  che  i  Musulmani,  dopo  aver  ta- 
gliato a  pezzi  un  esercito  greco,  giunsero,  sotto  il  loro  capo  lyàd,  sino  ad 
Edessa  (al-Ruhà*). 

Aggiunge  poi  il  medesimo  cronista,  che  nel  652  dei  Seleucidi,  ossia 
640-641    dell'È.    V.,   19-20.  H.,  gli  Arabi  posero  assedio  a  Darà,  ed  assali- 


la, a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopotamia occi- 
dentale.) 


47. 


116-119. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Le  tradizioni 
sulla  conquista 
araba  della  Me- 
sopolomia  occi- 
dentale.) 


rono  la  fitta.  Vi  t'urono  molti  morti  da  ambedue  le  parti,  ma  sovrattutto 
(la  (inolia  degli  Arabi.  Infine  tii  concluso  un  trattato,  mercè  il  quale  la 
città  aprì  le  porte  e  non  fu  più  ucciso  alcuno.  In  questo  stesso  anno  gli 
Arabi  assediarono  Adbìn  (cti-.  Le  beau,  tom.  X,  pag.  42,  nota  1;  tom.  XI, 
pag.  2.  nota  1,  e  pag.  260),  dove  una  moltitudine  di  persone  furono  man- 
dato a   morte:  perirono   12,000  Armeni  (Denys,  pag.  G). 

§  117.  —  La  prima  notizia  del  precedente  paragrafo  è  cronologica- 
mente inesatta,  perchè  è  'inverosimile  che  gli  Arabi  —  contrariamente  a 
quanto  affermano  lo  loro  migliori  fonti  —  già  nella  campagna  di  conquista 
della  Siria,  invadessero  la  Mesopotamia.  Le  ultime  notizie  .si  riferiscono 
all'invasione  dell'Armenia,  di  cui  si  pai'la  più  avanti,  e  alludono  alla  presa 
di  Tevin-Dwin,  come  è  chiamata  dalle  fonti  armene. 

§  118.  —  Narrata  la  presa  di  Gerusalemme,  il  cronista  Michele  pro- 
segue: Da  lì  i  Tayyàyé  passarono  nelle  città  della  Siria  e  le  sottomisero. 
Iwannis  (— "hodvvYjC  ó  Katsac  cfi-.  §§  111,  114),  il  generale  dei  Greci,  era 
venuto  a  Qiunasrìn  presso  i  Tayyàyé:  egli  stipulò  un  patto  (concordando), 
di  dar  loro  ogni  anno  cento  mila  darici,  purché  essi  non  passassero  ad 
oriente  dell' Eufi'ate  e  non  entrassero  in  Mesopotamia.  Egli  cedette  a  loro 
r  intero  tributo  di  un  anno.  Quando  Eraclio  apprese  questo,  con  il  suo  spi- 
rito perverso,  s'irritò  contro  Iwannis  e  lo  mandò  in  esilio.  Come  Dio  aveva 
abbandonato  l' impero  dei  Greci,  così  lasciò  cadere  in  decisioni  cieche  colui 
che  lo  dirigeva  (Michel  Syrien,  II,  426). 

Questo  fatto  è  confermato  dal  cronista  bizantino  Cedrenus,  il  quale 
narra,  sotto  l'anno  ventisettesimo  di  Eraclio,  che  Giovanni,  detto  Katzas 
(Ka-Còt?))  prefetto  dell'Osrhoene  si  recò  a  Chalkedon  presso  (il  comandante 
militare  arabo)  'lyàd  (b.  Ghanm)  e  promise  di  dargli  cento  mila  monete 
d'oro  (?  vojj.ia[i7.ta)  alla  condizione  che  non  avesse  varcato  l'Eufrate,  né 
pacificamente,  né  aggressivamente.  Eraclio,  avuta  contezza  di  ciò,  e  sic- 
come non  aveva  autorizzato  Giovanni  a  prendere  un  simile  impegno,  lo 
destituì  surrogando  Tolomeo  a  comandare  l'esercito  (Cedrenus,  751). 

§  119.  —  Nell'anno  951  dei  Greci  (ossia  dei  Seleucidi),  o  ventisette- 
simo di  Eraclio,  il  18.  H.  degli  Arabi,  il  sesto  di  'Umar,  gli  Arabi  var- 
cai-ono  l'Eufi-ate,  perchè  non  era  stato  dato  a  loro  il  tributo  (cfr.  §  118). 
Gli  abitanti  di  Edessa  vennero  incontro  agi'  invasori  e  trattarono  per  la 
città:  l'esercito  dei  Greci  si  ritirò  con  dolore  da  tutte  le  città.  Telia  e 
Darà  non  acconsentirono  a  sottomettersi  ai  Tayyàyé:  per  questa  ragione 
(gli  Arabi)  le  presero  d'assalto  e  massacrarono  i  Greci  che  vi  si  trovavano. 
Dopo  aver  sottomessa  la  Mesopotamia,  Tj'àd  b.  Ghanm  ritornò  in  Siria 
(Michel  Syrien,  II,  426Ì. 


48. 


18.  a.  H. 


§  1-20. 


nìa.] 


ARMENIA.  —  Prime  incursioni  arabe  in  Armenia.  is.  a.  h. 

«    Ann  T  .L         1    11        nr  i  •  .      i  •  ii        •  [ARMENIA.  -    Pri- 

§  120.  —  La  conquista  della  Mesopotamia  apri  la  via  alla  invasione  ^e  incursioni 
dell'Armenia.  Questo  paese  disgraziato  fin  dai  tempi  più  remoti,  -ha  seguito  ^^^^^  '"  Arme- 
i  destini  della  sottostante  pianura  mesopotamica,  e  fu  sua  sorte  di  essere 
sempre  l'argomento  di  eterno  dissidio,  l'oggetto  di  continui  conflitti  tra 
gli  Stati  confinanti  con  esso.  E  notevole  che  mai  questo  jiaese  ha  saputo 
afferrare,  nemmeno  per  breve  tempo,  l'egemonia  assoluta  in  Asia  Anteriore, 
ma  sia  sempre  rimasta  potenza  di  second'ordine  alla  mercè  dei  suoi  vicini, 
sempre  militarmente  più  potenti.  Maggiori  sono  le  scoperte  archeologiche 
riguardanti  il  crepuscolo  della  storia  dell'Asia  Minore,  della  Siria  e  della 
Mesopotamia,  più  tale  aspetto  fondamentale  dei  tempi  storici  trovasi  ripe- 
tuto nell'età  preistoriche.  La  natura  alpestre  e  selvaggia  del  paese  impedì 
forse  ognora  la  costituzione  di  un  forte  potere  centrale,  ma  è  probabile  al- 
tresì che  la  natura  stessa  degli  abitanti,  per  lo  più  militarmente  e  politi- 
camente inetti,  racchiuda  la  ragione  principale  di  siffatta  caratteristica. 
La  storia  dell'Armenia  è  una  sequela  interminabile  di  conflitti  interni  e 
d' incursioni  di  nemici  da  ogni  parte  delle  sue  fi'ontiere.  Devesi  però  rico- 
noscere che  nonostante  siffatte  peripezie  disastrose  la  tenacia  conservatrice 
del  popolo  armeno  è  stata  sì  grande,  che  ha  saputo  conservare  tutt'ora  ben 
distinta  la  sua  nazionalità. 

Durante  le  guerre  secolari  tra  i  Sassanidi  e  gì'  Imj)eratori  di  Costan- 
tinopoli, l'Armenia  fu,  quanto  la  Mesopotamia,  la  scena  di  continue  e  di- 
sastrose spedizioni  militari.  Dopo  la  campagna  trionfale  di  Eraclio,  la  mag- 
gior parte  dell'Armenia  era  ritornata  sotto  il  dominio  greco,  ma  tale  autorità 
era  in  realtà  puramente  nominale,  perchè  i  magnati  della  provincia  ave- 
vano conservata  quasi  intera  la  loro  indipendenza  da  Costantinopoli,  seb- 
bene scissi  tra  loro  da  pei'petui  conflitti  locali,  fossero  politicamente  e  mi- 
litarmente impotenti. 

Se  la  confusa  cronologia  delle  fonti  armene  corrisponde  alla  verità,  e 
se  gli  Arabi  non  appena  entrati  in  Mesopotamia  si  slanciarono  entro  i 
monti  dell'Armenia,  e  se  in  essa  entrarono  più  facilmente  e  più  avida- 
mente che  non  in  Asia  Minore,  nonostante  le  grandi  diifficoltà  naturali, 
presentasi  in  ciò  allo  storico  un  quesito  al  quale  non  è  facile  rispondere. 
È  probabile  che  nonostante  le  lunghe  guerre  del  passato,  e  nonostante  la 
sua  natura  montuosa,  tutto  il  paese  fosse  allora  di  una  grande  ricchezza 
naturale,  e  che  il  clima'  fosse  tanto  ameno  da  renderne  la  dimora  quasi 
ideale,  facile  e  proficua  la  coltivazione  del  suolo.  Altrimenti  non  si  spiega 
la  persistenza  con  cui  tutte  le  grandi  potenze  dell'Asia  si  sono  contestate 
il  possesso  dell'Armenia  con  un  accanimento  a  volte  inconcepibile,  e  sin 

49.  7 


ma. 


g§  12".  l-'l.  l"»    ^'    "• 

'8.  a.  H.  ^\g^[  tempi  (k'i   |)riiiii  re  assiri.  Oggidì  lo  condizioni  dol  riima  debbono  as- 

me incursioni     ^<^^i''^i  mutato  in  senso  sfavorevole,  perchè,   nonostante  la  sna  grande    bei- 
arabe  in  Arme-     l^zza  come  paese  di  montagna,  l'Armenia  non  rivela  più  quelle  ricchezze 
naturali  e  quelle  attrattive  di  clima,  che  sole  possono  spiegarci  le  ripetute 
campagne  degli  Assiri,  e  di  tutte  le  potenze  militari   dell'Asia   Anteriore 
sino  al  trioiifo  musulmano.  , 

J-ìu  questo  argomento  avremo  a  ritornali'. 

§  121.  — Il  Miiller  (Isiàm,  I,  259-260)  pone  l'invasione  prima  del- 
TArmenia  per  opera  degli  Arabi  nel  21.  H.,  sotto  Habìb  b.  Maslamah  con 
la  presa  di  Dwin.  Nel  22.  H.  pone  la  seconda  incursione,  organizzata  di 
concerto  con  quella  spedizione  che  conquistava  in  quel  medesimo  anno 
l'Adzarbaygàn,  e  durante  la  quale  gli  Arabi  giunsero  sino  alla  Greorgia,  ma 
subirono  una  grossa  disfatta  per  opera  di  Teodoro  il  Restunita.  Il  Miiller 
riconosce  però  che  le  fonti  nostre  porgono  una  cronologia  confusissima  ed 
incerta  onde  nulla  possiamo  dire  con  sicurezza,  e  riassume  gli  aspetti  gene- 
rali dell'avanzata  araba,  affermando  che  gli  Arabi  continuassero  a  molestare 
ogni  anno  con  nuove  incursioni  il  paese  sino  al  29.  H.,  quando  una  breve 
ti'egua  diede  alla  provincia  un  riposo  di  cui  aveva  certo  un  grande  bisogno. 
Le  fonti  armene  pongono  la  prima  incursione  araba  nell'altipiano  del 
loro  paese  parecchi  anni  prima  delle  fonti  arabe,  ed  anzi  la  rendono  quasi 
contemporanea  della  conquista  della  Mesopotamia.  La  notizia  è  un  poco  sin- 
golare, non  solo  perchè  le  fonti  arabe,  tranne  una  (cfi-.  §  87),  non  ne  fanno 
menzione,  ma  altresì  perchè  ci  sorprende  come  gli  Arabi,  appena  sottomessa 
una  parte  della  Mesopotamia,  osassero  slanciarsi  arditamente  tra  i  monti  del- 
l'Armenia sopra  un  terreno  a  cui  non  erano  affatto  avvezzi,  terreno  che  pre- 
sentava per  essi  difficoltà  eccezionali.  L' insistenza  e  la  precisione  delle  fonti 
armene  non  ci  permette  d'ignorare  le  loro  affermazioni  e  le  raduniamo  qui 
appresso,  senza  esprimere  per  ora  una  convinzione  a  loro  riguardo,  perchè  ci 
mancano  gli  elementi  sicuri  per  stabilire  la  verità:  possiamo  dire  soltanto  che 
l'incursione  araba,  se  avvenne,  va  posta  preferibilmente  nel  19.  H.,  jjerchè 
la  campagna  mesopotamica  si  svolse  nella  seconda  metà  del  18.  H.,  vale 
a  dire  nei  mesi  dell'estate  e  principio  d'autunno,  ed  è  impossibile  che  gli 
Arabi  sfidassero  i  rigori  artici  dell'autunno  e  dell'inverno  in  Armenia. 
È  inoltre  da  considerarsi  che"  gli  Arabi  possono  essere  entrati  in  Armenia 
soltanto  dopo  la  sottomissione  della  Mesopotamia  occidentale,  le  cui  città 
avrebbero  chiuso  la  via  d'accesso  all'altipiano.  Queste  città  furono  soggio- 
gate definitivamente  nella  stagione  18.-19.  H.,  e  l' incursione  può  essersi 
svolta  soltanto  nella  tarda  primavera  del  19.  H.  Ecco  intanto  i  documenti 
armeni  con  qualche  breve  osservazione. 


50. 


ma. 


18.    a.    H.  §§  122,  123. 

S   122.    —    Eraclio    imperatore    partì    ueirauno    80    dell'era    armena  18.  a.  H. 

<  'ARMENIA.  -    Pri- 

(22  giugno  631  —  20  giugno  632  dell' E.  V.)  per  far  la  guerra  a  Khusraw  ^g  incursioni 
re  di  Persia,  e  lo  uccise.  Otto  anni  dopo  (nel  639  dell' È.  V.,  ossia  18.  H.).  a«be  in  Arme- 
Abdér'ahim  ('Abd  al-rahìm),  figlio  della  sorella  di  Maometto,  invase  l'Ar- 
menia alla  testa  di  17.000  uomini  per  esigere  il  tributo  e  sterminare  le 
schiere  cristiane  del  distretto  di  Taron.  Egli  entrò  nei  distretti  di  Hark' 
e  di  Basian  (un  distretto  considerevole  dell'Ararat,  nella  valla  dell'Araste, 
a  NE  di  Erzerum)  e  penetrò  in  Georgia  ed  a  Gawakhk'  (in  georgiano 
Grawakhéti)  ed  a  Vanand  (altro  distretto  dell'Ararat,  l'attuale  distretto  di 
Qàrs):  poi  avendo  riscosso  il  ti'ibuto,  se  ne  ritornò  in  Arabia  (Tackastan). 

In  questo  stesso  anno  fui'ono  distrutte  tre  grandi  chiese  fondate  da 
•san  Gregorio,  la  chiesa  di  Aschdits-Vank',  quella  che  è  sotto  l'invocazione 
del  Santo  precursore  ad  Innagniank'  (nel  distretto  di  Taron),  e  la  catte- 
drale di  T'il  (nell'alta  Armenia).  Per  effetto  del  cambiamento  che  fa  fatto 
nel  sito  di  questa  cattedrale  e  del  massacro  dei  suoi  ministri,  che  ne  co- 
noscevano la  storia  e  che  perirono  in  mezzo  alle  incursioni  molteplici 
degl' infedeli,  la  tomba  di  .santo  Narsete  rimase  dimenticata  (Dulau'rier 
Chronol.  Armen.,  225.  citando  la  Petite  Bibliothèque  Armen., 
tom.  VII.   pag.  43-45). 

§  123.  —  Questa  invasione,  amme.ssa  la  coiTcttezza  della  data  crono- 
logica, è  certamente  la  prima  incursione  araba  in  Armenia,  perchè  solo  nel 
1 8.  TI.  entrarono  gli  Arabi  in  Mesopotamia,  donde  era  possibile  penetrare  fra 
i  monti  armeni.  È  quindi  verosimile  che  nel  18.  H.,  occupate  le  città  princi- 
pali della  regione,  il  distaccamento  di  'Uthmàn  b.  abì-l-'As,  menzionato  da 
Tabari  (§  87),  si  sia  spinto  entro  i  monti  dell'Armenia.  Un  altro  cronista  ar- 
meno, Gamie;  citato  pure  dal  Dulaurier.  anticipa  di  due  anni  la  prima  inva- 
sione araba  in  Armenia,  come  apparirà  dal  testo  che  diamo  qui  sotto.  Dal 
nome  del  comandante  arabo  (Abd  al-rahmàn,  variante  di  Abd  al-rahìm)  è 
manifesto  che  si  allude  allo  stesso  fatto  d'arme:  è  nondimeno  impossibile 
accettare  la  cronologia  del  cronista  armeno,  perchè  porrebbe  l'invasione  del- 
l'Armenia quasi  allo  stesso  momento  in  cui  abù  'Ubaydah  conquistava  la 
Siria  Settentrionale:  ciò  che  sembrami  del  tutto  inverosimile. 

Nell'anno  636  (dell'È.  V.  =^  16.  a.  TI.),  narra  il  cronista  armeno,  Teo- 
doro principe  di  R'stownik'  uomo  molto  coraggioso,  vedendo  l'Armenia  ab- 
l)andonata  ai  disordini  ed  ai  conflitti,  per  effetto  dei  dissensi  dei  satrapi, 
riunì  le  sue  schiere  e  si  accinse  lui  stesso  a  respingere  gli  attacchi  e  le 
incursioni  dei  nemici,  e  governò  il  suo  paese  come  (avrebbe  fatto)  un  mar- 
zubàn.  Mentre  si  sforzava  di  ristabilirvi  la  tranquillità,  un  esercito  con- 
siderevole di  Agareni   (Arabi)  piombò  .sull'Assiria  (l'invasione  araba  della 

.51. 


ma 


§§  123,  124.  18'    a.    H. 

18.  a.  H.  Mi'sopotaiiiia  lU'l    18.    11.),  massacrò  le  popolazioni  e  co.strinse  molte  persone 

me  incursioni  ^  reiidcr.si  musulmane.  Un  corpo  di  18,000  di  questi  (Arabi)  penetrò  anche 
arabe  in  Arme-  noll'Armcnia  e  l' invase,  nel  nono  anno  del  pontificato  di  Esdras  (Ezér) 
il  Catholicos.  Il  distaccamento  arabo  era  comandato  da  'Abd  al-rahmàn. 
Nel  G37  doli' È.  V.  (=  17.  a.  H.)  essi  entrarono  nel  distretto  di  Taron,  che 
saccheggiarono,  e  dove  sparsero  rivi  di  sangue.  Riscossero  tributi  e  si  fecero 
consegnare  donne  e  bambini.  Allora  Vahan,  della  famiglia  Kamsarkaan, 
riunì  8000  uomini  e  mandò  un  messaggio  ai  satrapi  armeni  per  esortarli  ad 
unirsi  contro  il  nemico  comune.  Avuto  il  loro  rifiuto,  egli  fece  partire  suo 
ti-atello  Tiran  ed  il  generale  MowseX  alla  testa  di  8000  nomini,  ordinando 
a  loro  d'impostarsi  sopra  il  villaggio  di  Gregowr.  Il  principe  di  Antze- 
watsik',  Sahowr',  venne  con  le  sue  schiere  per  unirsi  a  Tiran.  Grli-  Armeni 
si  schierarono  innanzi  agli  Arabi,  ma  quando  fu  impegnato  il  combatti- 
mento, Sahowr',  staccandosi  da  Tiran,  passò  dalla  parte  degl'infedeli,  e  piom- 
bando sugli  Armeni,  arrecò  loro  grandissimi  danni.  Vedendo  ciò  Tiran  fu 
costernato,  ma  nondimeno,  lo  sdegno  svegliando  e  raddoppiando  le  sue  forze, 
si  precipitò  sul  traditore,  e  con  un  colpo  di  spada  gli  troncò  la  testa.  Fe- 
rito però  dalle  guardie  di  Sahowr',  cadde  morto  anche  lui.  Allora  .gii  Arabi, 
presi  gli  Armeni  alle  spalle,  li  sterminarono  tutti.  Il  piccolo  numero  che 
sfuggi  al  taglio  delle  spade  si  disperse  da  tutte  le  parti.  Il  luogo  dove  si 
svolse  questo  fatto  fu,  si  dice,  chiamato  poi  il  Campo  Santo,  perchè  tutti 
erano  periti  lì  per  la  fede. 

Nel  638  (intendesi  sicuramente  o  il  640,  o  il  641)  gl'infedeli,  fieri  dei 
primi  felici  successi,  continuarono  le  loro  incursioni  disastrose  in  tutto  il 
paese  di  Taron,  di  Apahonnik',  di  Bacén  e  di  altri  distretti.  Essi  penetra- 
rono nel  Vaspowrakan  e  l'Ararat,  dove  rinnovarono  i  medesimi  eccessi.  Seb- 
bene Teodoro  R'stowni  si  fosse  affrettato  ad  accon-ere  per  respingere  l'as- 
salto, an'ivò  nondimeno  ti'oppo  tardi.  Vedendosi  poi  abbandonato  dagli 
altri  capi  armeni,  perdette  coraggio,  si  ritirò  in  un  luogo  al  sicuro.  Allora 
le  fiamme  dell'incendio  acceso  dagli  Arabi  invasero  tutta  l'Armenia  (Du- 
laurier  Chronol.  A  rmen.,  226-227,  citando  La  Storia  d'Armenia 
di  Gamie,  tom.  IL  pag.  342-343). 

Nota  1.  —  Se  però  nella  data  precedente  si  intende  l'anno  18.  H.,  è  palese  che  l'incursione  di 
*Abd  al-ralimàn  è  posta  dal  cronista  armeno  nel  19.  H.,  il  che  sembrami  più  probabile  :  solo  nel  19.  H. 
in  fatti  lyàd  b.  Ghanm  poteva,  con  la  presa  delle  città  occidentali  della  Mesopotamia,  essersi  aperto  un 
varco  per  entrare  in  Armenia. 

§  124.  —  Il  cronista  armeno  Aso)ik  (Acogh'ig,  pag.  127)  dice  che  la 
prima  incursione  degli  Arabi  in  Armenia  avvenne  nell'anno  86  dell' E.  ar- 
mena (pari  al  giugno  637-giugno  638  dell' È.  V.),  mentre  regnava  in  Armenia 
Theodoros  R'stowni,  ed  'Umar,  il  secondo  Califfo  dopo  Maometto,  regnava 

52. 


ma. 


18.    a.    H.  •  §§  124-126. 

sugli  Arabi.  La  data  non  è  esatta,  perchè  corrisponderebbe  al  Gumàda  I.  ^8.  a.  h. 

,   ?     ^     TT    A  -  T       X      ..^     XT  [ARMENIA.  -    Pri- 

del  16.  H.-G-umada  I.   17.  H.  me  incursioni 

§  125.  —  Anche  in  un  altro  passo  (Aso/.ik)  accenna  all'invasione  ^^^^^  '"  Arme- 
degli  Arabi,  ma  in  termini  vaghi  e  con  molti  errori:  egli  riporta  la  no- 
tizia propria  anche  di  alcune  fonti  sirie,  che  gli  Arabi  divisero  le  loro 
schiere  in  tre  parti,  delle  quali  l'una  s'impadronì  della  Siria,  della  Giudea 
e  dell'Egitto  sino  ad  Alessandria:  la  seconda  parte  marciò  verso  il  nord 
contro  l'Impero  greco,  conquistando  tutto  il  paese,  dalle  rive  del  Mediter- 
raneo sino  a  quelle  dell'  Eufi-ate.  e  poi  passando  sulla  riva  orientale  del 
fiume,  occupò  Edessa  (Our'ha)  e  tutte  le  città  della  Mesopotamia.  Il  terzo 
coi'po  si  spinse  verso  oriente,  aiTÌvò  a  Ctesifonte,  abbattè  l'Impero  persiano, 
sconfisse  l'esercito  del  i-e  Ormizd  ed  uccise  questo  principe,  che  era  nipote 
di  Khusraw.  La  Persia  fu  saccheggiata  dagli  Arabi:  i  tesori  reali  presi 
e  portati  via  nel  loro  paese.  Una  parte  considerevole  dell'  esercito  arabo 
invase  e  saccheggiò  la  Media,  GoXt'n  e  Nakhgawan.  Un  altro  distacca- 
mento piombò  sul  distretto  di  Artaz,  assalì  il  generale  greco  Procopio 
(Prokop),  lo  sconfisse,  e  carico  del  bottino  del  suo  campo  fece  ritorno  nel 
paese  donde  era  venuto.  Questo  accadeva  nel  ventesimosecondo  anno  del  go- 
verno di  abù  Baki-,  'Umar  ed  'Utjimàn,  i  capi  degl'Ismaeliti  (Acogh'ig. 
152-153). 

La  data  di  ventesimosecondo  anno  del  governo  dei  tre  Califfi  non  è 
chiaro  che  cosa  significhi,  perchè  ventidue  anni  dopo  la  morte  di  Maometto 
ci  porterebbero  al  33.  H.  Non  può  nemmeno  essere  un  equivoco  per  il  22.  H. 
In  un  passo  successivo  abbiamo  però  un'indicazione  che  aiuta  a  chiarire 
il  problema:  vi  si  pareggia  in  fatti  l'anno  26  dei  tre  capi  ismaeliti  con  il 
secondo  o  terzo  anno  di  Costante,  vale  a  dii-e  con  il  644  o  645  dell' E.  V. 
Quindi,  secondo  lui,  i  fatti  narrati  precedentemente  appartengono  al  640 
dell'Era  Volgare.  Cronologicamente  però  Aso/.ik  ha  scarso  valore. 

SIRIA-MESOPOTAMIA.  —  Tentativo  dei  Greci  di  riprendere  Hims: 
invasione  della  Mesopotamia  [versione  di  Sayf  b.    Umar). 

§  126.  —  Il  Mùller  accetta  la  seguente  versione  di  Saj'f  b.  'Umar,  e 
considera  i  fatti  narrati  come  un  ultimo  tentativo  di  Eraclio  per  riprendere 
possesso  delle  sue  più  belle  provincie  asiatiche,  e  della  culla  del  Cristia- 
nesimo. Eraclio,  malaticcio  in  salute  negli  ultimi  anni  del  suo  regno,  non 
prese  parte  all'incursione  su  Hims,  ma  vi  mandò  suo  figlio  e  futuro  suc- 
cessore al  ti'ono,  Costantino,  alla  testa  di  un  nuovo  esercito.  Secondo  il 
Mùller,  l'incapacità  militare  di  abù  Ubaydah  permise  ai  Greci  di  riprendere 
temporaneamente  possesso .  del  paese  attorno  a  Halab,  Qinnasrin  ed  Antio- 

53. 


§§  i2<ì,  127.  18.  a.  H. 


18.  a.  H.  thia,  ma  i]  Califtb  'LJniar  potè  liactaiv  l'avanzata  dei  Checi,  ordinamlo  la 

TAMIA  -  Tenta-     invasione  della  Mosopotaniia  con  una  divisione  delle  schiere  mandate  dal- 
tivo  dei  Greci  di     T'Iràq,  porcile  costrinsero  le  tribù  cristiane  della  Mesopotamia,    militanti 

riprendere  Hims:        .        ^,.    .  .,  ...  ,        .  ,     .        /^r-    ii  r      c^r- 

invasione  della     '"   ^^u-ia.  a   ritornare  precipitosamente  in   patria  (Muller,   I,  25^). 

Mesopotantiia.)  Dopo  quanto  abbiamo  detto  poc'anzi  ai  §§  80  e  segg.  e  dopo  il  (oiicdo 

di  fonti  sicure  ed  autentiche  sul  vero  andamento  della  coiuinista  araba 
della  Mesopotamia  (cfr.  §§  85  e  segg.),  è  palese  elie  la  ricostruzione  degli 
eventi  tentata  dal  Muller,  nonché  corrispondere  alla  verità  storica,  ridu- 
cesi  a  un'abile  parafrasi  della  erronea  ^•ersionf'  di  8ayf  il  quale  vuol  dare 
ai  suoi  con.sanguinei  dell'  'Iraq  tutto  il  merito  d'aver  salvata  la  Siria  e 
conquistata  la  Mesopotamia.  E  inutile  quasi  aggiungere  'clie  noi  respin- 
giamo la  versione  di  Sayf,  e  la  classifichiamo  insieme  con  tutte  quelle 
altre  versioni  immaginose  di  eventi,  che  noi  abbiamo  confutate  e  rigettate 
nelle  altre  fasi  della  conquista  araba.  Tutta  la  trama  è  dunque  errata  e 
le  tradizioni  seguenti  lumeggiano  soltanto  alcuni  punti  secondari.  Noi  ne 
diamo  l'integrale  versione  per  porgere  allo  studioso  tutto  il  materiale  della 
scuola  iraqense,  e  facilitargli  un  giudizio  indipendente,  che  non  può  non 
essere  favorevole  alla  nostra  ricostruzione. 

§  127.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri:  due  tradizioni). 
Nel  corso  dell'anno  17.  H.  gli  abitanti  dalla  Mesopotamia  entrarono  in 
trattative  segi'ete  con  i  Grreci  per  tentare  la  riconquista  di  Hims,  e  l'im- 
peratore Eraclio,  d'accordo  con  loro,  allestì  una  grande  spedizione  per  mare. 
che  doveva  .sbarcare  sulla  costa  Siria  ed  aggredire  la  città  di  Hims.  Quando 
i  Greci  approdarono  in  Siria,  gli  abitanti  della  Mesopotamia  mandarono  un 
esercito  di  30,000  uomini  ad  aiutare  i  (xreci  nell'espugnazione  di  Hims. 
Il  governatore  musulmano  della  Siria,  abu  Ubaydah  b.  al-Garràh, 
chiamò  subito  Khàlid  b.  al-AValìd  da  Qinnasiin,  ove  egli  si  trovava  di 
guarnigione,  e  Khàlid  accorse  prontamente  in  aiuto,  menando  con  sé  tutte 
le  milizie  che  aveva,  senza  lasciare  più  alcuno  nella  città.  Gli  abitanti  di 
Qinnasrìn  erano  per  la  maggior  parte  Arabi  Tanùkh  ed  agricoltori  seden- 
tari (al-hàd  ir  ah):  appena  partito  Khàlid  b.  al-Walid.  presero  le  armi  e 
si  unirono  alle  schiere  di  Eraclio,  abù  'Ubaydah,  dinanzi  al  numero  dei  ne- 
mici, stimò  bene  di  prendere  precauzioni  e  di  fortificarsi  con  trincee  (nella 
città  di  Hims):  egli  chiamò  quindi  a  consiglio  i  suoi  colleghi,  proponendo 
due  piani  di  guerra,  o  di  azzuffarsi  con  il  nemico  appena  si  fosse  presen- 
tato, o  di  assumere  la  difensiva  e  di  non  cimentarsi  in  una  battaglia,  finché 
non  fossero  venuti  i  rinforzi  chiesti  urgentemente  al  Califfo  'Umar.  Khàlid 
1).  al-Walìd  era  del  parere  di  assalire  subito  il  nemico,  ma  la  maggioranza 
dei  capi  sostenne  essere  preferibile  seguire  il  piano  più  prudente  ed  atten- 

.54. 


18.  a.  H. 


§  1-27. 


dere  i  rinfòrzi  del  Califfo.  Cosi  arrivarono  i  Greci  dinanzi  al  campo  trin- 
cerato musulmano,  e,  non  potendo  trascinare  i  Musulmani  ad  una  battaglia 
campale,   iniziarono  operazioni   d'assedio. 

Intanto  ]ierò  le  lettere  di  abu  'Ubaydah  b.  al-Grarrali.  chiedenti  imme- 
diato soccorso,  giungevano  a  Madìnali  nel  momento  in  cui  il  Califfo  si  ac- 
cingeva a  recarsi  in  pellegrinaggio  a  Makkah.  Il  Califfo  compilò  subito  le 
istruzioni  per  l' invio  dei  rinforzi,  e,  compiuto  il  pellegrinaggio,  si  mise  egli 
stesso  in  viaggio  verso  la  Siria,  nell'intenzione  di  assistere  in  persona  le  sue 
genti,  ma  arrivò  soltanto  fino  ad  al-(xàbiyah.  Prima  che  egli  giungesse  in 
Siria  tuttta  la  campagna  era  già  finita,  grazie  ai  pronti  provvedimenti  da 
lui  presi. 

Egli  infatti  aveva  scritto  a  Sa'd  b.  ahi  Waqqàs.  in  al-Kùfah,  ordi- 
nandogli di  mandare  immediatamente  una  schiera  sotto  al-Qa'qà'  b.  'Amr  C) 
in  aiuto  di  abù  Ubaydah  b.  al-Grarràh:  allo  stesso  tempo  diede  ordine  di 
oi'ganizzare  una  regolare  invasione  della  Mesopotamia:  Suhaj'l  b.  'Adi,  con 
una  banda  di  armati  doveva  assalire  al-Eaqqah.  Abdallah  b.  Itbàn  mar- 
ciare su  Nasìbin,  al-Walid  b.  'Utbah  aggredire  gli  Arabi  nomadi  della  Me- 
sopotamia, i  Rabi'ah  ed  i  Tanùkh;  ed  infine,  insieme  con  queste  schiere 
ebbe  ordine  di  partire  anche  Ivàd  b.  Ghanm,  il  quale  doveva  assumere 
il  comando  supremo  su  tutti  i  distaccamenti,  se  si  veniva  a  battaglia  cam- 
pale con  il  nemico. 

Gli  ordini  del  Califfo  fui-ono  prontamente  eseguiti,  e  al-Qa'qà'  b.  'Amr 
partì  con  4000  ca^•alieri,  una  grande  parte  dei  quali  eran  quegli  stessi  ve- 
nuti già  dalla  Siria  in  soccorso  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  alla  battaglia  di  al- 
Qàdisiyyah.  Gli  altri  amir  invasero  pure  contemporaneamente  la  Meso- 
potamia, ognuno  nella  regione  a  lui  destinata,  gettando  lo  sgomento  nella 
intera  provincia.  Quando  i  30.000  uomini  accorsi  dalla  Mesopotamia  in  aiuto 
dell'imperatore  Eraclio  in  Siria,  vennero  a  sapere  che  le  loro  città  di  al-Raq- 
qah.  di  Harràn,  e  di  Nasìbin  erano  gravemente  minacciate  dagli  Arabi, 
prontamente  abbandonarono  il  campo  greco  dinanzi  a  Hims  e  precipitosa- 
mente ritornarono  nel  loro  paese.  Tale  improvvisa  defezione  mutò  comple- 
tamente l'equilibrio  delle  forze  accampate  l'una  di  fronte  all'altra  intorno  a 
Hims.  Gli  Arabi  Tanùkh  di  Qinnasrìn,  che  si  trovavano  nelle  schiere  greche, 
aprirono  segreti  negoziati  con  Khàlid  b.  al-Walid  e  concertarono  con  lui 
un  tradimento  a  danno  dei  Greci,  appena  si  fosse  impegnata  una  batta- 
glia campale.  Mutato  cos'i  l'equilibrio  delle  forze  a  favore  dei  Musulmani, 
abù  'Ubaydah  acconsentì  alfine  ad  accettare  il  con.siglio  di  Khàlid  b.  al- 
Walid  e  di  rischiare  una  battaglia  campale  senza  attendere  i  rinforzi  chiesti 
al  Califfo.  Khàlid  b.  al-Walìd  fu  investito  del  comando  dell'ala  dritta,  'Ij'àd 


18.  a.  H. 
iSlRIA-MESOPO- 
TAMiA.  -  Tenta- 
tivo dei  Greci  di 
riprendere  Hims: 
invasione  della 
Mesopotamia.] 


55. 


§  1127 


18.  a.  H. 


18  a-  H.  della  sinistra,  mentre  abù  'Ubaydah  prese  il  comando  del  centro,  lasciando 

TAMIA.  -  Tenta-      Mu'àdz   b.   Gabal  a  guardia  della  porta  della  città  di  Hims. 
tivo  dei  Greci  di  ^1  momento  iu  cui  ebbe    principio    la    battaglia,  giunse   al-Qa'qà'    b. 

riprendere  Hims:  t       •     -i    n,  i  •        i     •       ■     ,•        •  i    lu    i, 

invasione  della  Amr  con  cento  cavalieri  dell  avanguardia  dei  rnitoizi,  e  dairaltra  parte 
Mesopotamia.]  t'uy;iìirono  gli  Arabi  Tanukh  d'accordo  con  Kliàlid  b.  al-Walid.  I  Greci  non 
resistettero  dinanzi  a  tante  circostanze  avverse,  e  furono  battuti  con  terri- 
bile strage:  una  parte  dell'esercito  fu  completamente  distrutta  (^).  Gli  ultimi 
rinfòrzi  di  al-Kùtah  arrivarono  soltanto  tre  giorni  dopo  la  vittoria  (*)  (Ta- 
bari,  I,  2498-2503). 

Cfr.  Athir,  II,|413:  Yàqut,  II,  73:  Khaldun,  II,  App.,  107-108. 

Nota  1.  —  Secondo  Sayf  b.  'Umar  ^cfr.  Tabari,  I,  '2499,  lin.  7  e  segg.J,  per  ordine  del  Califtb 
"Uniar,  v'era  in  al-Kntali  sempre  pronto,  iu  arredo  di  guerra,  un  corpo  di  4fXX)  cavalieri  scelti,  i  quali 
potevano  partire  senza  indugio,  al  primo  avviso  di  un  pericolo. 

Da  un'altra  tradizione,  pure  di  Sayf  b.  'Umar  ida  Talhab  b.  Màhàni,  risulta  che  questo  corpo 
scelto  di  40((U  cavalieri,  sempre  pronto  a  partire  in  completo  assetto  di  guerra,  aveva  diritto  di  pascolo 
in  inverno  a  mezzodì  ed  a  sinistra  del  castello  del  govei'natore  in  al-Kufah  e  perciò  il  luogo  fu  detto 
al-Makàn  al-Ariya,  sino  ai  tempi  nostri.  In  primavera  pascolavano  tra  l'Eufrate  e  le  case  di  al-Kùfah, 
nelle  vicinanze  di  al-'Aqìil.  I  Persiani  chiamavano  il  luogo  Akhur  al-Sàhgàn,  ossia  la  .stalla  dei  prin- 
cipi. Il  capo  di  questa  schiera,  colui  che  curava  i  cavalli  da  corsa  e  li  faceva  correre  ogni  anno,  era  Salman 
b.  Rabi'ah  al-Bàhili. 

In  al-Basrah  v'era  la  stessa  cosa,  ed  ivi  il  coi"po  scelto  era  agli  ordini  di  Gaz-  b.  Mu'àwiyah.  Lo 
stesso  fu  istituito  in  ognuno  degli  al-Amsàr  al-thamàniy ah  (ossia  in  ognuno  degli  otto  campi  for- 
tificati fondati  dagli  Arabi  nelle  provincie  conquistate)  (Tabari,  I,  2504). 

Cfr.  Atliir,  n,  413. 

Queste  notizie  come  ha  già  osservato  il  Wellhausen  Skizzen,  ^^,  8tìl  sono  completamente 
errate.  Un  corpo  permanente  di  milizie  regolari,  distinto  dal  resto  dell'esercito,  non  esisteva  ancora  fra  i  Mu- 
sulmani, ma  si  svolse  naturalmente  dall'istituzione  molto  posteriore  della  Surtah,  o  corpo  di  guardia 
del  governatore,  che  fu  istituito  prima  dai  Califfi  umayyadi  e  poi  adottato  generalmente  da  tutti  i  go- 
vernatori nelle  provincie.  Si  noti,  infine,  che  gli  al-Amsàr  al-thamàn  iy  ah  non  esistevano  ancora 
tutti,  ma  soltanto  tre  o  quattro  (al-Basrah,  al-Kùfah,  al-éàbiyah,  e  forse  Qinnasrinj. 

Nota  2.  —  Se  fossero  esatte  le  indicazioni  ili  Sayf,  dovremmo  concludere  che  la  battaglia  veni.sse 
combattuta  probabilmente  negli  ultimi  giorni  dell'anno  17.,  o  forse  ai  primi  del  18.  a.  H.  Difatti  Sayf 
dice  CTabari,  I,  2498,  lin.  12)  che  i  Greci  invasero  la  Siria  nell'anno  17.  H.,  ed  in  altri  due  passi 
CTabari,  I,  2501,  penult.  linea  e  2503,  lin.  2],  che  il  Califfo  'Umar  accorse  subito  in  Siria  dopo  il 
pellegrinaggio  annuale  (del  17.  H.  beninteso),  e  che  arrivando  in  al-Gàbiyah  (dopo  un  viaggio  che  può 
esser  durato  circa  una  ventina  di  giorni  i,  venne  a  sapere  che  i  Musulmani  avevano  già  vinto  i  Greci. 
Le  feste  del  pellegrinaggio  cadevano  fra  il  7  ed  il  10  di  Dzù-l-Higgah,  ed  'Umar,  viaggiando  celennente 
poteva  giungere  a  Madinah  in  sette  giorni  (18  Dzù-l-Higgah)  e  ad  al-éàbiyah  in  altri  quindici  o  venti 
giorni,  ossia  nella  prima  o  seconda  settimana  di  Muhan-am  del  18.  H.,  quando  la  battaglia  era  già  com- 
battuta e  vinta.  Tutta  questa  trama  cronologica  è  in  errore,  contraddicendo  a  tutte  le  conclusioni  pre- 
cedenti sul  viaggio  di  'Umar  in  Siria.  —  Cfr.  17.  a.  H.,  §§  113  e  segg. 

V  è  poi  anche  da  osservare  che  tale  cronologia  otìfre  molte  difficoltà  intrinseche.  'Umar  ricevette 
l'avviso  del  pericolo,  in  cui  versava  abù  'Ubaydah,  al  momento  di  partire  per  il  grande  pellegrinaggio, 
vale  a  dire  negli  ultimi  giorni  di  Dzù-1-Qa'dah  :  perchè  i  suoi  oi-dini  arrivassero  ad  al-Kùfah,  occor- 
reva per  lo  meno  una  quindicina  di  giorni  :  mettendo  poi  una  settimana  per  allestire  le  tre  spedizioni 
in  Mesopotamia,  ed  aggiungendo  che  i  vari  distaccamenti  non  potevan  giungere  alla  loro  destinazione 
in  meno  di  quindici  o  venti  giorni,  arriviamo  già  alla  fine  di  al-Muharram.  Si  consideri  poi  che  la  notizia 
dell'invasione  araba  dovette  correre  dalla  Mesopotamia  fino  a  Hims,  per  indurre  le  schiere  mesopotaraiche 
dell'esercito  greco  a  ritornare  immediatamente  alla  difesa  dei  loro  focolari.  Anche  questa  dovette  richiedere 
del  tempo,  forse  altri  quindici  o  venti  giorni.  Così  giungiamo  già  aJ  mese  di  Safar  18.  H.,  ossia  al  tno- 
mento  in  cui  infieriva  maggiormente  la  peste,  e  le  schiere  musulmane  fuggivano  dal  morbo  nel  de- 
serto.   Si    osservi    infine   l'anomalìa   che   al-Qa'qà'   b.  'Amr,   il  quale  da  al-Kùfah  partì  immediatamente 

56. 


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18.  a.  H. 


§§  1-27-129. 


diretto  per  la  Siria,  impiegasse  per  istrada  molto  più  tempo  che  non  gli  eserciti  musulmani  per  invadere 
la  Mesopotamia  e  per  far  giungere  la  notizia  dell'invasione  fino  al  campo  di  Hims. 

Nota  3.  —  Da  altre  tradizioni  dello  stesso  Sayf  Ij.  'Umar  ict'r.  Tabari,  I,  25<j3-2504),  siamo  però 
informati  che  le  truppe  di  al-Kùfah  arrivassero  sul  campo  di  battaglia  soltanto  tre  giorni  dopo  la  rotta 
dei  Greci. 

§  128.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Mentre  accadevano  questi 
fatti,  giungeva  il  Califfo  Umar  in  al-Gràbiyali,  ed  ivi  riceveva  la  notizia 
della  grande  vittoria  sui  Greci  prima  ancora  dell'arrivo  dei  rinforzi  da  al- 
Kùfah  (Tabari,  I,  2508-2504). 

§  129.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  La  conquista 
della  Mesopotamia  avvenne  poco  tempo  dopo  la  partenza  di  al-Qa'qà'  b. 
'Amr  da  al-Kùfah  con  i  4000  cavalieri  per  la  Siria  in  soccorso  di  abù  'Ubay- 
dah  b.  al-Garràh,  assediato  in  Hims  dai  Greci.  Suhayl  b.  'Adi,  partendo 
da  al-Kùfah  con  uno  dei  distaccamenti  inviati  in  Mesopotamia,  prese  il 
cammino  di  al-Firàd,  aggredì  al-Raqqah,  e  dopo  un  breve  assedio  costrinse 
gli  abitanti  ad  arrendersi.  Dall'altra  parte  'Abdallah  b.  'Abdallah  b.  'Itbàn, 
con  0  secondo  distaccamento,  risalì  il  corso  del  Tigri  fino  rd  al-Mawsil, 
dove,  varcato  il  fiume  ed  occupata  la  città  di  Balad,  mosse  contro  Nasìbin. 
Gli  abitanti  gli  vennero  incontro,  chiedendo  di  concludere  un  trattato  di 
pace  eguale  a  quello  concesso  agli  abitanti  di  al-Raqqah.  Avuto  il  con- 
senso di  'lyàcj,  il  trattato  fu  concluso  nei  medesimi  termini  di  quello  di 
al-Raqqah.  vale  a  dire  gli  abitanti  accettarono  le  condizioni  imposte  ai 
tributari  non  musulmani  (ahi  al-dzimmah). 

Il  terzo  generale,  al-Walid  b.  'Uqbah,  che  aveva  avuto  il  compito  di 
sottomettere  le  tribù  nomadi  della  Mesopotamia,  non  incontrò  alcuna  resi- 
stenza, e  tutti  gli  Arabi  Taghlib  accorsero  a  schierarsi  intorno  a  lui,  tanto 
i  Musulmani,  quanto  quelli  che  non  si  erano  ancora  convertiti.  I  soli  che 
facessero  eccezione,  furono  gli  Arabi  della  tribù  degli  l3'àd  b.  Nizàr,  i  quali 
piuttosto  che  passare  sotto  al  dominio  musulmano,  emigrarono  tutti  con  la 
loro  roba  entro  il  territorio  greco  (^). 

Terminata  felicemente  questa  prima  parte  della  campagna,  'lyàd  b. 
Ghanm  riunì  in  un  corpo  solo  i  due  distaccamenti  di  Suhayl  b.  Adi  e  di 
'Abdallah  b.  'Abdallah  b.  'Itbàn  e  marciò  contro  la  città  di  Harràn.  Nes- 
suno osò  resistergli,  e  tanto  gli  abitanti  delle  campagne,  quanto  quelli  della 
città  gli  vennero  incontro  chiedendo  di  concludere  la  stessa  pace  delle  altre 
città  della  Mesopotamia,  ossia  di  essere  accettati  sotto  il  dominio  musulmano 
come  ahi  al-dzimmah.  Queste  domande  furono  concesse.  lyàd  b.  Ghanm 
inviò  quindi  Suhaj^l  e  'Abdallah  insieme  contro  la  città  di  al-Ruhà-,  ed 
anche  questa  città  seguì  l' esempio  delle  altre  e  fu  sottomessa  alle  iden- 
tiche condizioni. 


18.  a.  H. 
[SIRIA- MESOPO- 
TAMIA. -  Tenta- 
tivo del  Greci  di 
riprendere  Hims: 
invasione  della 
Mesopotamia.] 


.^7. 


i-_>!'-i;ii. 


18.  a.  H. 


18  a.  H.  Qq^\  ];,  eonquista  della  Mcsopotamia  ebbe  termine  nel  modo  più  facile 

SIRIA-  MESOPO-  .,  „  .  „,        ,  .         ^        -.r^r.    r>r/AP.N 

TAMIA.  -  Tenta-     ^'   pi"  sollecito  (T  a  b a r  1 ,  I,  2600-250/). 

tìvo  de,  Greci  di  Cfr.  A  thi  r ,  II,  414-416;  Khaldun,  II,  App.,  pag.   108. 

riprendere  Hims: 

invasione   della  Nota  1.  —  iSayf  b.  'Umiiv,  senza  isnàd  .  Quando  il  Calitìb  'Uiiiai-  seppe  ohe  gli  lyad    h.   Nizàr 

Mesopotamia.1  erano  emigrati  nel  territorio  greco,  scrisse  all'imperatore  (Eraclio),  intimandogli  che  se  non  costringeva 

gli  Arahi  immigrati  a  ritornare  in  Mesopotamia,  egli  avrebbe  usato  rappresaglie,  espellendo  dalla  Me- 
sopotamia  e  dalla  Siria  tutti  i  Cristiani.  Intimorito  da  questa  grave  minaccia,  l' imperatore  ordinò  agli 
Arabi  lyàd  b.  Nizàr  di  ritornare  in  patria.  Quattromila  fra  loro  obbedirono  e  ritornarono  in  Mesopo- 
tamia sotto  abiì  'Adi  b.  Ziyàd:  gli  altri  rimasero  addietro  e  si  dispersero  lungo  tutti  i  confini  della 
Siria  e  della  Mesopotamia,  cessando  di  esistere  come  tribù  distinta  (Tabari,  I,  '2508-25f )n i. 
Cfr.  Klialdun,  IT,  App.,  pag.  108. 

§  130.  —  ya>'f  b.  'limar,  il  quale  erroneamente  pone  questi  fatti  nel 
corso  dell'anno  17.  H.,  prosegue  la  sua  narrazione,  affermando  che  il  Ca- 
liffo, giunto  in  al-GràbÌ3'ah,  quando  i  Greci  dinanzi  a  Hims  erano  stati 
messi  in  fuga,  spedì  Habib  b.  Maslamali  con  altre  schiere  in  aiuto  di  lyàd 
1).  Ghanm  in  Mesopotamia.  Più  tardi,  quando  il  Califfo  ebbe  fatto  ritorno 
a  Madìnah,  e  Khàlid  (b.  al-Walid)  fu  richiamato  colà,  abù  'Ubaydah  scrisse 
al  Califfo  di  distaccare  lyàd  b.  Ghanm  dal  governo  di  al-Kùfah  e  di  ag- 
giungerlo a  quello  della  Siria.  Il  Califfo  accettò  la  domanda,  e  mentre  Su- 
hayl  b.  'Adi  e  'Abdallah  b.  'Abdallah  b.  'Itbàn,  che  si  erano  battuti  in 
Mesopotamia,  furono  rimandati  ad  al-Kùfah,  Ij'àd  b.  Ghanm  andò  a  rag- 
giungere abù  'Ubaydah  in  Siria:  Habib  b.  Maslamah  fu  messo  allora  sopra 
agli  Agam  al-Gazirah  (la  popolazione  non  araba  della  Mesopotamia)  ed 
a  tutte  le  schiere  della  provincia,  mentre  al-Walid  b.  Uqbah  fu  pre- 
posto agli  'Arab  al-Gazirah  (le  tribù  arabe  abitanti  la  Mesopotamia)  (Ta- 
bari, I.   2508). 

Da  questa  tradizione  è  palese  il  tentativo  di  Sayf  b.  'limar  di  met- 
tere d'accordo  la  sua  versione  con  la  verità  storica,  che  cioè  lyàd  ap- 
partenesse all'esercito  della  Siria  come  dipendente  di  abù  'Ubaj^dah.  Questa 
concessione  è  indizio  abbastanza  palese  dell'errore  fondamentale  da  cui  è 
viziata  tutta  la  narrazione  sayfiana. 

§  131.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  'Atiyyah,  da  abù  Sa^-f  al-Taghlibi).  Le 
tribù  nomadi  della  Mesopotamia  diedero  molto  filo  da  torcere  al  governa- 
tore musulmano  al-Walid  b.  Uqbah,  perchè  non  solo  molti  fra  loro  non  vol- 
lero farsi  musulmani  e  rimasero  fedeli  alla  religione  cristiana,  ma  fu  neces- 
sario provvedere  seriamente  a  che  i  figli  di  coloro  che  pretendevano  di 
essere  musulmani,  non  divenissero  cristiani.  x\llo  stesso  tempo,  orgogliosi 
al  pari  degli  altri  Arabi,  quelli  che  non  erano  convertiti  non  volevano  tol- 
lerare che  il  loro  pagamento  annuale  fosse  chiamato  un  tributo  (g  i  z  y  a  h) 
come  quello  di  un  popolo  soggetto,  ma  insistevano  che  fosse  considerato 
come  una  tassa  eguale  a  quella  pagata  dai    Musulmani    e    venisse    anche 

58. 


18.  a.  H. 


131,   132. 


chiamata  con  lo  stesso  nome  di  sadaqah.  In  questo  modo,  nonostante  la 
differenza  di  religione,  i  Taghlib  cristiani  volevan  considerarsi  come  gli 
eguali  degli  altri- Arabi  convertiti  e  non  i  sudditi  dei  medesimi.  Per  tal 
ragione  scoppiarono  attriti  fra  al-Walid  b.  'Uqbah  e  quegli  Arabi  irrequieti, 
onde  il  governatore,  non  sapendo  come  decidere  la  questione,  mandò  una 
commissione  dei  capi  a  Madinah  ad  accordarsi  con  il  Califfo. 

Gli  Arabi  esposero  le  loro  domande  al  Califfo,  affermando  che  se  essi 
fossero  stati  costretti  a  pagare  la  g  i  z  y  a  h  allo  stesso  modo  dei  popoli  non 
arabi,  sarebbero  stati  da  lui  disonorati  fra  tutti  gli  Arabi:  se  il  Califfo 
avesse  insistito,  essi  minacciavano  di  emigrare  tutti  nell'impero  bizantino. 
Il  Califfo  'limar  li  rimproverò  vivamente,  affermando  che  essi  invece  diso- 
noravano sé  stessi,  rifiutandosi  di  divenire  musulmani,  e  concluse  dicendo 
che  se  avessero  osato  emigrare,  avrebbe  dato  loro  la  caccia  e  li  avrebbe 
trattati  come  nemici.  Essi  allora  risposero:  «  Se  non  vuoi  rinunziare  alla 
«gizj'ah,  allora  riscuoti  pure  qualche  cosa  da  noi,  ma  non  chiamarla 
«  gizyah!  ».  Il  Califfo  irritato  rispose:  «  Noi  non  la  chiameremo  altro  che 
«gizj^ah:  voi  chiamatela  pure  come  vi  pare!».  Intervenne  allora  'Ali 
b.  abì  Tàlib  o  trovò  una  via  di  mezzo  per  non  offendere  le  suscettibilità 
degli  Arabi:  propose  che  Sa'd  b.  (abì  Waqqàs)  Màlik  fosse  autorizzato  a 
riscuotere  da  quegli  Arabi  il  doppio  della  tassa  al -sadaqah  pagata  dagli 
altri  Arabi  musulmani.  In  questo  convenne  il  Califfo,  e  la  commissione  ri- 
tornò in  Mesopo tamia. 

Gli  Arabi  continuarono  però  sempre  a  creare  difficoltà  al  governatore 
al-Walìd  b.  'Uqbah,  sicché  il  Califfo  'Umar  richiamò  al-Walìd,  temendo 
che  egli  alla  fine  perdesse  la  pazienza,  e  mandò  due  nuove  persone  ad  am- 
ministrare le  faccende  degli  Arabi  Taghlib:  i  due  nuovi  luogotenenti  erano 
Furàt  b.  Hayyàn  e  Hind  b.  'Amr  al-Gamali  (T  a  bari,  I,  2509-2511;  con- 
fronta anche  2482,  lin.  9  e  segg). 

§  132.  —  Khuwàndamir  racconta  questi  medesimi  fatti  riassumendo 
Sayf  b.  'Umar  (Khond. ,  I,  4,  pag.  16),  e  ponendoli  pur  egli  sotto  l'anno 
17.  H. 

Più  avanti  —  dopo  la  peste  di  'Amawàs  —  narra  (ibid.,  pag.  17,  lin.  21 
e  segg.)  l'invasione  della  Mesopotamia  per  opera  di  lyàd  b.  Ghanm.  Ter- 
minata la  conquista,  'lyàd  si  ritirò,  lasciando  come  luogotenente  'Utbah  b. 
Fayrùz  al-Aslami.  —  lyàd  morì  nel  20.  H. 

In  Tabari  Zotenberg,  III,  425-430,  abbiamo  con  qualche  adorna- 
mento ed  aggiunta  il  riassunto  della  versione  di  Sayf  b.  'Umar  con  tutti 
i  suoi  errori:  assedio  di  Hims  e  conquista  della  Mesopotamia  per  opera  delle 
milizie  di   al-Kùfah  nel  Gumàda  I  del   17.  H. 


18.  a.  H. 
(SIRIA-MESOPO- 
TAMIA.  -  Tenta- 
tivo dei  Greci  di 
riprendere  Hims: 
invasione  della 
Mesopotamia.) 


51). 


imvmó. 


18.  a.  H. 


18,  a.  H  SIRIA-ASIA  MINORE.  —  Conquiste  arabe  sul  confine  arabo. 

NORE-Conqui-  §   ^^^'  —  (/»l-l^i»^Ji»4^ii''ii  seiiza  isiiad).  Il    ITisn    al-lladath    (nel    Darb 

ste  arabe  sul  con-     ai-Iladathj  fu  espugnato  dai  Musulmani  ai  tempi  di    Umar,  per  opera  di 
o.|  Habib  b.  Maslamah  al-Fihri,  che  era  agli  ordini  di  lyàd  b.  Ghanm.  Di  poi 

Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  dedicò  molte  cure  alla  conservazione  di  questo 
forte.  I  banù  Umayyah  solevano  chiamare  il  Darb  al-Hadath:  al-Salàraah 
li-1-tiyarah  (?  la  sicurezza  contro  il  cattivo  augurio?)  per  il  numero  dei  Mu- 
sulmani che  erano  periti   in  quella  gola  (Balàdzuri,   189-190). 

§  134.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Zibatrah  era  un'antica  fortezza 
greca,  che  fu  espugnata  da  Habib  b.  Maslamah  al-Fihri  allo  stesso  tempo 
in  cui  prese  la  fortezza  di  al-Hadatii  (')  (Balàdzuri,   191). 

Nota  1.  —  La  fortezza,  prosegue  al-Baladzuri,  rimase  in  piedi  fino  ai  tempi  di  al-Walid  b.  Yazid, 
quando  i  Greci  la  demolirono.  I  Musulmani  la  riedificarono,  ma  in  modo  poco  solido,  e  durante  i  torbidi 
(fitnahl  del  califfato  di  Marwàn  b.  Muhammad  i  Greci  ritornarono  a  distruggerla.  Allora  il  Califfo 
al-Mansur  la  ricostruì,  ma  i  Greci  novamente  la  ripresero  e  la  distrussero.  al-Rasid  [f  193]  ne  ordinò 
di  bel  nuovo  la  ricostruzione  (la  terza),  e  questa  fu  eseguita  da  Muhammad  b.  Ibràliim.  Essa  rimase  in 
detto  stato  con  una  guarnigione  musulmana  fino  ai  tempi  del  Califfo  al-Ma'mfin,  quando  i  Greci  tor- 
narono ancora  una  volta  e  nuovamente  la  distrussero,  menandone  poi  via  tutto  il  bestiame  degli  abitanti; 
al-Ma'mun  ricostruì  allora  e  rifortificò  (per  la  quarta  volta)  la  fortezza  di  Zibatrah  (Balàdzuri,  191-19-2i. 

SIRIA-ARABIA.  —  Destituzione  e  punizione  di  Khàlid  b.  al-Walid. 

§  135.  —  In  questo  luogo  raduniamo  le  ultime  tradizioni  che  si  rife- 
riscono al  già  ben  noto  argomento,  la  destituzione  di  Khàlid  b.  al-Walid. 
Su  detto  episodio  abbiamo  già  discorso  in  altro  luogo  (cfr.  15.  a.  H.,  §§  31 
e  segg.),  per  porre  in  rilievo  i  molti  errori  di  fatto  e  di  cronologia,  con 
i  quali  tutta  la  questione  è  stata  abbuiata  per  le  varie  e  complesse  ra- 
gioni che  altrove  abbiamo  esposte,  e  non  occorre  ripeterle.  Diremo  solo 
che  abbiamo  messo  le  notizie  sotto  il  presente  anno,  perchè  è  questo  il 
momento  in  cui,  cessate  le  grandi  conquiste  del  primo  periodo,  non  si 
fa  più  parola  di  Khàlid  b.  al-Walid,  che  d'ora  innanzi  è  escluso  da  ogni 
parte  diretta  alle  operazioni  militari.  Non  è  più  menzionato  nelle  spedi- 
zioni contro  i  Greci  in  Asia  Minore,  o  nella  conquista  della  Mesopotamia, 
ossia  nell'impresa  nella  quale  il  suo  passato  glorioso  più  specialmente  lo 
indicava  come  l'uomo  meglio  adatto  ad  assumerne  la  direzione  e  la  respon- 
sabilità. Sui  particolari  delle  seguenti  tradizioni  facciamo  le  nostre  riserve: 
alcuni  fanno  parte  di  misure  che  'Umar  prese  contro  tutti  i  governatori 
sospetti  d'essersi  di  soverchio  arricchiti;  altre  sembrano  di  natura  più  per- 
sonale e  dirette  esclusivamente  contro  Khàlid  per  abuso  di  potere,  per  sti-a- 
vizì  di  cui  erasi  reso  colpevole,  e  infine  per  ragioni  di  rancori  personali  del 
Califfo  'Umar.  Su  tutta  la  questione  discorreremo  nella  biografia  di  Khàlid  b. 
al-Walid  sotto  l'anno  21.  H.,  e  in  quella  del  Califfo  'Umar  sotto  l'anno  23.  H. 

60. 


18.    a.    H.  §§  136-139. 


§  136.  —  (Sayf  b.   limar,  da  abù  'Uthmàn.  e  da  altri).  Khàlid  b.  al-  18.  a.  h. 

Walid  continuò  a  governare  QLanasrin,  finché  fece  la  spedizione,  nella  quale     '  Destituzione  e 
rapì  quella  grande  e  ben  nota  quantità  di  bottino,  dividendo  poi  fra  i  sol-        punizione  di 

1        -i  ,        1    11  1       /m      ,  •      T     ^--.,-N  Khàlid  b.  al-Wa- 

dati  anche  la  sua  quota  della   preda  (Tabari,  I,  2o25).  lid  i 

Cfr.  Athìr,  II,  417. 

§  137.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  abù  Uthmàn).  Quando  Khàlid  b.  al- 
Walìd  ritornò  a  Qinnasrin  dalla  sua  spedizione  nella  Siria  settentrionale  • 
(nel  16.  a.  H.,  cfr.  T  abari,  I,  2394,  lin.  12),  si  stabilì  in  Qinnasrin,  ed 
ivi  lo  raggiunse  la  moglie.  Quando  fu  deposto  dal  comando  militare,  egli 
esclamò:  «  Umar  mi  ha  dato  il  comando  supremo  in  Siria  fino  a  che  non 
«  è  diventata  tutto  fi-umento  e  miele  :  allora  poi  mi  ha  deposto  »  (T  a  - 
bari,  I,  2394). 

Vedi  le  altre  versioni  di  questo  episodio  sotto  Fanno  15.  a.  H.,  §§  40 
e  segg. 

§  138.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  al-Mugàlid,  da  al-Sa'bi).  Il  Califfo  venne 
informato  che  Khàlid  b.  al- Walid,  quando  entrava  nel  bagno  caldo  (h am- 
mani), dopo  che  con  la  nùrah  (pasta  depilatoria),  si  faceva  strofinare  con 
una  forte  tintura  ('usfur)  impregnata  di  vino.  Il  Califfo  scrisse  immedia- 
tamente a  Khàlid,  rammentandogli  che  il  vino  era  proibito  tanto  per  l'uso 
interno,  che  per  quello  esterno,  e  perciò  non  era  lecito  lavarsi  con  vino, 
dacché  era  vietato  di  berlo.  Khàlid  b.  al-Walìd  rispose  al  Califfo  che  egli 
non  aveva  mai  fatto  uso  di  vino  nel  lavarsi  (Tabari,  I,  2525). 

Cfr.   Athir,  II,  417-418;  Khaldùn,  II,  App.,   109. 

§  139.  —  (ibii  Ishàq,  da  Muhammad  b.  'Umar  b.  'Atà-,  da  Sulaymàn 
b.  Yasàr).  Ogni  volta  che  'Umar  incontrava  Khàlid  b.  al-Walid,  gli  diceva: 
«  Cava  fuori  il  bene  di  Dio  da  sotto  il  tuo  deretano!  ».  Khàlid  rispondeva 
sempre:  «Io  non  ho  licchezze!  ».  Quando  però  Umar  tornò  ad  insistere, 
Khàlid  disse:  «  0  Principe  dei  credenti!  Il  valore  totale  di  quello  che  ho 
«avuto  per  mia  quota  sotto  il  vostro  dominio  (fi  sultànikum)  è  di 
«  40,000  dirham  ».  'Umar  gli  di:  .se  allora:  «  Io  ti  compro  tutto  questo  per 
«40,000  dirham!»  Khàlid  rispose:  «Bene!  Accetto!».  Ed  'Umar  con- 
cluse: «  Ed  io  lo  prendo!  ».  Khàlid  non  possedeva  altro  che  attrezzi  mi- 
litari (uddah)  ed  uno  schiavo  (raqiq).  Si  fece  il  conto  di  questo  e  si 
trovò  che  valeva  80,000  dirham.  Umar  divise  con  lui  a  metà  tutta  questa 
la  roba  e  gli  rimise  40,000  dirham  (ritenendosi  il  rimanente). 

Qualcuno  disse  allora  a  'Umar:  «  O  Principe  dei  credenti!  Perchè  non 
«rendi  a  Khàlid  i  suoi  beni?»  Ed  Umar  rispose:  «Perché  io  faccio  il 
«  mercante  a  favore  dei  Musulmani,  e,  per  Dio,  non  gli  renderò  mai  nulla!  » 
(Tabari,  I,  2149-2150). 

61. 


§  140.  18.  a.  H. 

ie.  a.  H.  §  140.  —  (Savf  li.  'Umar,  da    abu-1-Mugàlid   e    da   altri).    Quando  si 

[SIRIA-ARABIA.  -  **  '       •  Tri-ij    i  nxr    i- i 

Destituzione  e     veniie    a    sapore    quale    immensi)    bottino  avesse  preso   Knalia   b.  al-Walin 
punizione  di     jjg]  coi'so  della  sua  spedizione  contro  i   (licci   (cfr.  §   136),  molti  accoiaert» 

Khàlìd  b.  al-Wa-  , .  ,     .  i  •     t         i .     ,•  i  •      i  -  -,■  , .    /•         i    »  v.    , ,      , 

,',j ,  presso  di  lui  per  chiedergli  tavon  t'  danan.    uno  di  questi  ili  al-As  atji   b. 

Qavs.  il  quale,  presentatosi  in  Qinnasrin  per  domandare  anch'egli  qualche 
cosa  dal  fortunato  vincitore,  ottenne  un  dono  di  10,000  dirliam.  Accol- 
sero parimenti  molti  da  tutte  le  parti  del  paese  (min  a  hi  al-àfàq).  Nulla 
però  di  quello  che  avveniva  nelle  provinole  rimaneva  mai  ignorato  dal  Ca- 
liffo 'Umar,  e  non  mancarono  coloro  i  quali  gli  so'issero  dall'  Iraq,  enume- 
randogli minutamente  il  numero  delle  persone  che  si  erano  recate  presso 
Khàlid  b.  al-Walid  in  Qinnasrin  e  l'ammontare  delle  somme  che  avevano 
ottenuto  in  dono.  Perturbato  da  queste  nt)tizie,  il  Califfo  'Umar  scrisse 
ad  abù  'Ubaydah  b.  al-Grarràh  in  Siria,  ordinandogli  di  chiamare  e  punire 
Khàlid  b.  al-Walid:  doveva,  cioè,  strappargli  dal  capo  il  turbante,  e  lega- 
tolo con  esso,  togliergli  anche  il  berretto  (qala  n  s  u  \va  li).  Allo  stesso 
tempo  abu  Ubaydah  doveva  informarsi  con  quale  danaro  Khàlid  avesse 
fatto  il  cospicuo  dono  ad  al-As'ath  b.  Qays,  se  cioè  con  il  suo  danaro  par- 
ticolare, o  con  il  bottino  dell'ultima  spedizione.  Nel  primo  caso  Khàlid  era 
colpevole  di  eccessiva  prodigalità,  e  nel  secondo  era  reo  d'inganno  e  di 
furto:  perciò  doveva  essere  destituito  ad  ogni  costo.  Chiamato  da  abù  'Ubay- 
dah, Khàlid  si  presentò  nella  moschea  (di  Hims),  dove  pubblicamente  venne 
interrogato  dall'inviato  speciale  del  Califfo  sulla  condotta  e  sui  fondi,  ai 
quali  aveva  attinto  per  fare  il  dono  ad  al-As'atli  b.  Qays.  abù  'Ubaydah, 
il  quale  durante  la  cerimonia  stava  seduto  sul  min  bar,  non  aprì  mai 
bocca  durante  l'interrogatorio.  Alle  domande  dell'inviato  del  Califfo,  Khàlid 
non  si  degnò  mai  di  rispondere,  e  siccome  abù  Ubaydah  continuava  sempre 
a  tacere,  Bilàl  (il  celebre  m  u  •  a  dz  dz  i  n  del  Profeta)  si  alzò,  ripetè  le  do- 
mande e  gii  ordini  del  Califfo,  ed  avanzatosi  verso  Khàlid  gii  strappò  il 
berretto  e  lo  legò  con  il  turbante,  come  Umar  aveva  prescritto.  Allora 
soltanto  Khàlid  si  degnò  di  rispondere,  assicurando  Bilàl,  che  il  dono  fatto 
ad  al-As'ath  b.  Qays  veniva  dal  suo  danaro  particolare  :  (jiide  Bilàl  gii  re- 
stituì il  berretto,  e  lo  liberò  dai  vincoli.  In  seguito  a  questi  fatti  Khàlid 
b.  al-Walid,  preso  congedo  dai  suoi  amici  e  seguaci  in  Qinnasrin  ed  in 
Hims,  si  avviò  verso  Madìnah.  Arrivato  in  presenza  del  Califfo,  Khàlid 
rimproverò  ad  'Umar  la  sua  condotta  ingrata,  ma  Umar  lo  redarguì,  chie- 
dendogli di  nuovo  la  provenienza  dei  danari  regalati.  Khàlid  tornò  ad  in- 
sistere che  erano  suoi  danari  privati,  ed  Umar  protestò  allora  contro 
possesso  di  tante  ricchezze,  che  gli  sembravano  di  provenienza  molto  si 
spetta.  Khàlid  sostenne  che  non  era  ricco,  ed  affermò  di  non  possedere  pili 

62. 


18.  a.  H.  §§  140-142. 


di  60,000  (iLiham.  Questa  fortuna,  secondo  Ivhàlid,  proveniva  tutta  dalle  '8.  a  h. 

T    ,        i-  T       ^  .      T  -,  ,    ,  T,         ,  ,•  (SIRIA-ARABIA.   - 

sue  quote  di    bottino,  ed  oiìi-i  di  cedere  ai  tesoro  tutto  quello  che  egli  pos-        Destituzione  e 
sedeva  al  di  sopra  dei  60,000    dirham.    'Uniar  accettò  la  proposta,  fece        punizione  di 
fare  una  stima  completa  dei  beni   di   Khàlid  e  trovò  che  il   valore    totale        |7ji 
arrivava  .soltanto  ad  80,000  dirham:  20,000  furono  perciò  versati  nel  te- 
soro pubblico  ed  il  resto  riconsegnato  a  Khàlid  (^)  (T  a  bari,  I,  2526-2527). 
Cfr.  anche   Athir.    II,    418-419:  Khaldun,  II.  App..   109;    Óawzi. 
I.  fol.  72,r. 

NoT.*.  1.  —  Questa  tradizione,  e  forse  anche  la  seguente,  sono  state  redatte  nello  scopo  evidente 
di  velare  alcune  azioni  poco  oneste  dell'eroe  delle  conquiste,  il  quale  si  era  imraensamente  arricchito, 
forse  con  mezzi  non  sempre  corretti.  E  improbabile  che  'Umar  conunettesse  una  ingiustizia  a  danno  di 
Khàlid  :  la  stessa  tradizione  ammette  che  Khàlid  accumulasse  tante  ricchezze  e  vivesse  una  vita  di 
tanto  lusso  da  destare  vaste  cupidigie  :  in  Qinnasrin  si  formò  una  specie  di  piccola  corte,  tanto  sfar- 
zosa, che  scandalizzò  le  tendenze  puritane  della  società  madinese:  il  Califfo  fu  costretto  ad  agii'e  per 
dare  un  buon  esempio  e  frenare  la  conuzione  che  minacciava  di  viziare  tutta  la  società  musulmana, 
grazie  alla  facilità  con  la  quale  i  conquistatori  dell'Asia  avevano  potuto  accumulare  prodigiose  fortune. 
II  male  era  però  senza  rimedio,  e  la  pena  inflitta  a  Khàlid  rimase  priva  di  effetto  durevole. 

.4nche  senza  tener  conto  del  valore  assai  meschino  dell'autorità  di  Sayf,  la  natura  tendenziosa 
della  tradizione  si  rivela  dal  fatto,  che  per  spiegare  la  grande  fortuna  di  Khàlid,  i  tradizionisti  hanno 
dovuto  inventare  una  spedizione  in  territorio  nemico,  e  la  cattura  di  un  immenso  bottino.  Per  non 
tradirsi  però,  hauno  espressamente  omesso  di  darci  nomi,  luoghi,  date  e  particolari  di  questa  spedizione, 
la  quale,  se  avesse  avuto  un  successo  tanto  prodigioso,  sarebbe  stata  nai-rata  dai  cronisti  con  la  solita 
copia  di  particolari.  Nessun'altra  fonte  fa  menzione  di  questa  particolare  spedizione  predatoria  in  terri- 
torio greco. 

§  141.  —  fSayf  b.  'Umar.  da  Abdallah  b.  al-Mustavvrid,  da  suo  padre, 
da  Adi  b.  Suhayl).  Il  Califfo  'Umar  scrisse  poi  a  tutti  i  governatori  nelle 
Provincie  (al-amsàr,  campi  fortificati),  annunziando  che  egli  non  aveva 
destituito  Khàlid  qual  colpevole  di  atti  disonesti,  ma  dacché  la  gente  si 
corrompeva  per  colpa  sua  (fu  t  i  n  a  b  i  h  i).  aveva  timore  che  essa,  fidandosi 
troppo  di  lui,  incorresse  in  malanni  e  disgrazie  fTabari.  I,  2528). 

§  142.  —  Mii'khawànd  riconosce  che  sull'argomento  delle  punizioni 
toccate  a  Khàlid  b.  al-Walid  regna  grande  incertezza,  e  le  notizie  sono 
tra  loro  in  contraddizione.  La  sua  versione  è,  che  terminata  la  conquista 
della  Siria,  un  poeta  d'Arabia  venne  a  Qinnasrin  a  recitargli  una  qasìdali 
laudatoria,  che  piacque  tanto  a  Khàlid  da  indurlo  a  donare  al  poeta  10,000 
dirham.  La  cosa  fii  riferita  al  Califfo  'Umar,  con  l'aggiunta  che  avesse 
Khàlid  fatto  il  dono  con  quattrini  pubblici  (ba3't  mal  al -mu  sii  min). 
Avute  queste  informazioni,  il  Califfo  Umar  si  rammentò  degli  altri  eccessi 
di  Khàlid,  delFuccisione,  cioè,  di  Màlik  b.  Nuwayrah,  e  del  suo  matrimonio 
con  la  figlia  di  Muggà'ah  (cfì-.  11.  a.  H.,  §§  180  e  segg.;  12.  a.  H.,  §  33), 
e  scrisse  ad  abu  'Ubaydah  di  punh-e  Khàlid  per  l'abuso  di  danaro  pubblico, 
con  la  confisca  della  metà  dei  suoi  averi,  e  di  mandar  lui  a  Madinah. 

Il  prode  generale  ninna  difficoltà  fece  all'esecuzione  degli  ordini  del 
Califfo:  acconsenti  perfino  a  cedere  uno  dei  suoi  sandali  che  portava  ai  piedi 

63. 


14-2,  143. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  j^i  momento  della  divisione.  In  qnosto  modo  abù  'Ubaydah  gli  confiscò  40,000 

Destituzione  e     diiliam,  clio  egli  versò  nella  cassa  pubblica.  Oiunto  in   Madinah   il  Califfo 

punizione  di     gl'inipose   Una  novella   confisca  di   metà  dei   suoi  beni,  ossia  altri  40,000 

Khàlid  b.  al-Wa-       ,.     ,  /    •%    /nr-     ii  tt    cMr\ 

1^  ^         ,  d  ir  h  a m  {sic)  (M  i r kb  . ,  II,  246). 

Si  dice  che  Khàlid  morisse  nel  quinto  anno  di  'limar  (ossia  nel  18.  H.!). 

Le  stesse  notizie  brevemente  riassunte  troviamo  anche  in  Kbond., 
I,  4,   pag.   16. 

In  T abari  Zotenberg,  III,  431-434  si  afferma  che  nel  18.  H.  il 
Califfo  'Umar  destituì  Khàlid  b.  al-Walid.  Il  Califfo  era  molto  irritato  per 
la  fama  acquistatasi  da  .Khàlid  nell'ultimo  fatto  d'arme  intorno  a  Hims; 
e  il  dono  di  10,000  dirham  ad  al-As'ath  (cfr.  §  140)  lo  indusse  alfine 
ad  agire  contro  di  lui  con  molta  severità,  ecc.  Riassumesi  la  versione  di 
Sayf  b.  'Umar. 

EGITTO.  —  Le  condizioni  dell'  Egitto  alla  vigilia  della  conquista 
araba. 

§  143.  —  Non  è  necessario  ripetere  in  questo  luogo  quanto  già  si  disse 
altrove  (cfi-.  12.  a.  H.,  §§  237  e  segg.)  sulle  condizioni  generali  dell'impero 
bizantino,  perchè  le  considerazioni  fatte  in  quella  circostanza  valgono  in 
special  modo  anche  per  l'Egitto,  la  provincia  più  ricca  di  tutto  l'impero, 
quella  in  cui  ardeva  non  meno  fieramente  che  altrove  la  passione  religiosa, 
in  forma  nazionale  ed  anti-governativa,  la  provincia  dove  il  governo  bi- 
zantino aveva  non  meno  che  altrove  perseguitato  i  dissidenti  religiosi, 
rendendosi  infine  in  particola!'  modo  odioso  anche  per  l'intransigenza  del 
suo  fisco,  e  per  la  rapacità  e  la  corruzione  dei  suoi  impiegati.  Nei  paragrafi 
in  cui  esaminammo  brevemente  le  vicende  politiche  dell'impero  bizantino, 
noi  fissammo  specialmente  il  nostro  sguardo  sulla  Siria  e  la  Palestina,  perchè 
queste  erano  le  provincie  sulle  quali  per  prima  doveva  riversarsi  la  pro- 
cellosa inondazione  arabo-islaraica. 

È  ora  compito  nostro  colmare  siffatta  lacuna  e  porre  bene  in  chiaro 
per  quali  aspetti  precipui  la  storia  dell'Egitto  alla  fine  del  periodo  bizan- 
tino differisse  particolarmente  da  quella  delle  altre  provincie,  divario  do- 
vuto alle  speciali  condizioni  politiche,  geografiche  e  religiose  dell'antico 
regno  africano.  Non  rifaremo  la  storia  dell'Egitto:  non  è  necessario  risalire 
tanto  lontano  per  comprendere  quelle  condizioni  di  fatto  che  facilitarono 
agli  Arabi  la  conquista,  e  indussero  una  parte  considerevole  della  popo- 
lazione egiziana  ad  assistere  con  docilità  forse  maggiormente  benevola  al 
mutamento  di  governo.  Noi  ci  occupiamo  solo  degli  aspetti  politici  gene- 
rali, rimettendo  ad   occasione    pivi    opportuna  lo  studio  di  altre    questioni 

64. 


18.  a.  H.  §§  143,  141. 


tecniche  e  minute  (fisco,  amministrazioni  locali,  ecc.).  Per  lo  scopo  che  ci  ^8.  a.  H. 

proponiamo  adesso  basterà  brevemente   riepilogare   le  ultime  fasi  storiche        dizioni  dell' Egit- 
del    periodo    bizantino,    succeduto  a  quello  romano,  tenendo   presente  che        toaiiavigiiiadei- 

^     .  ,  ,    .  ,  T  ,  .  n       i         <•  •  la  conquista  ara- 

1  Egitto  subì  111  eguale  o  meglio  analoga  misura  quella  trasformazione  mo-  b^  i 
rale  e  politica,  alla  quale  si  alluse  con  una  certa  ampiezza  nei  precitati 
paragrafi  sulle  condizioni  dell'impero  bizantino  alla  vigilia  dell'invasione 
araba:  trasformazione  dovuta  alla  lentissima  evoluzione  degli  Egiziani,  o 
Copti,  che  si  vogliano  dire,  sotto  l'influenza  del  Cristianesimo  imbevuto  di 
paganesimo  egizio,  e  viziato  dalla  decadenza  politica  e  militare  del  go- 
verno di  Costantinopoli. 

Diremo  solo  che  l'Egitto  per  la  sua  grande  ricchezza  naturale  non  ha 
mai  potuto  vivere  a  lungo  isolato  dal  resto  del  mondo,  e  che  quindi,  non 
appena  sorsero  potenti  imperi  in  Asia  Anteriore,  i  destini  politici  della 
valle  niliaca  furono  sempre  intimamente  collegati  con  quelli  delle  nazioni, 
o  degli  imperi  che  dominarono  nel  Mediterraneo  e  specialmente  in  Sii*ia 
ed  in  Palestina.  Ogni  grande  impero  in  Asia  Anteriore  ha  tentato,  se  l'oc- 
casione si  presentava  propizia,  di  unire  anche  l'Egitto  ai  propri  domini; 
sicché  la  storia  del  Basso  Egitto,  dall'avvento  dei  Hiksos,  o  Re  Pastori  in 
poi,  consiste,  nei  suoi  rapporti  con  l'estero,  per  la  massima  parte,  nella 
storia  del  modo  e  delle  circostanze,  con  cui  gli  abitanti,  o  almeno  i  pa- 
droni della  valle  niliaca  tentarono  di  salvarsi  da  invasioni  ed  incursioni 
straniere,  o  di  scacciare  quelle  che  fossero  penetrate  entro  i  confini.  Né  si 
può  dire  che  il  dominio  romano  mutasse  essenzialmente  queste  condizioni 
generali,  perché  l'Egitto  risentì  profondamente  le  conseguenze  di  tutti  gli 
sconvolgimenti,  di  tutti  i  conflitti  fi-atricidi,  politici  ed  in  parte  anche  re- 
ligiosi, che  insanguinarono  la  lunga  agonia  dell'impero  di  Roma,  mentre 
per  il  fatto  che  l'accesso  in  Egitto  era  più  facile  che  quello  in  Asia  Mi- 
nore, i  re  sassanidi  non  cessarono  mai,  nelle  loro  visioni  di  conquista,  di 
spingere  un  cupido  sguardo  verso  la  ricca  valle  niliaca:  ben  due  volte  vi 
penetrarono  con  eserciti  vittoriosi,  memori  sempre  del  glorioso  tempo  an- 
tico, quando  l'Egitto  era  provincia  della  grande  monarchia  persiana  degli 
Achemenidi. 

§  144.  —  L'Egitto  possiede  forse  una  delle  più  meravigliose  popola- 
zioni agricole  del  mondo:  si  può  quasi  dire  che  nessun  popolo  coltiva  il 
suo  suolo,  e  lo  ha  sempre  coltivato  da  tempo  immemorabile,  con  maggiore 
passione,  amore  ed  intelligenza  del  popolo  egiziano.  Nei  tempi  più  antichi 
che  si  conoscano,  forse  per  l'infusione  ancora  recente  di  sangue  hamitico 
(nord-cuscitico)  e  semitico,  questo  popolo  fornì  arditi  e  forti  guerrieri,  i  quali, 
nei  secoli  successivi,  e  specialmente  nel  xix  avanti  Cristo,  permisero  ai  re 

C5.  9 


§  141. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  di  'p,.i)o  (li  iniziare,  e  eoiiduire  felioomente  a  termine  quella  grande  guerra 

.EGITTO.- Le  con-  .....  ,  ,        ,  «  i-     t    i    ..  i         • 

dizioni  dell' Egìt-  nazionale  di  n-scossa.  la  quale  d()[)()  vari  secoli  di  lotta  perenne  e.spulse  i 
toaiiavigiiiadei-  barbari  Hik.so.s  dal  Basso  Egitto,  o  almeno  strappò  loro  il  potere  e  li  ri- 
^^^  '       dusse  airol)bedionza.  Ma  col  passare  del  tempo,  e  col  correre  di  .secoli  di 

vita  civile  riprese  sopravvento  la  natura  poco  bellicosa  degli  Egiziani,  spe- 
cialmente degli  abitanti  del  Delta;  sicché  mai  dall'Egitto,  dopo  fondato 
l'impero  persiano,  prese  le  sue  origini  alcun  grande  movimento  di  riscossa. 
Dai  tempi  di  Cambise  in  poi.  l'Egitto  fu  sempre  la  ricca  e  docile  vittima 
di  chi  seppe  impadronirsene,  e  cacciamo  il  padrone  precedente.  Cosi  a 
turno  vi  dominarono  i  Persiani,  i  successori  di  Alessandro  ed  i  Romani. 
Nella  divisione  del  colosso  romano  l'Egitto  formò  parte  dell' impero  orien- 
tale, e  quando  la  capitale  di  questo  si  fissò  in  Costantinopoli,  la  grassa 
terra  niliaca  dovette  mandare  sul  Bosforo  le  primizie  dei  suoi  ingenti  rac- 
colti per  nutrire  le  oziose  ed  irrequiete  turbe  della  nuova  capitale. 

Come  il  resto  dell'  impero,  così  anche  1'  Egitto  abbracciò  il  Cristiane- 
simo, e  si  può  dire  che  l'indole  e  la  passione  religiosa  degli  Egizi  antichi 
ricomparvero  negli  Egizi  cristiani,  ai  quali  ora  conveniva  più  corretta- 
mente il  nome  di  Copti,  nome  che  è  documento  e  prova  del  grande  trionfo 
ellenistico  nell'A-sia  e  nell'Africa  cristiana.  I  Copti  dunque  abbracciarono 
il  Cristianesimo  con  un  fervore  così  intenso  ed  eccessivo,  che  interpretando 
in  senso  letterale  il  concetto  dominante  nei  Vangeli  del  sacrifizio  della  vita 
presente  a  tutto  vantaggio  di  quella  avvenire,  li  portò  ad  essere  in  grande 
parte  gli  originatori  dell'ascetismo  monastico  e  della  vita  eremitica  nei  de- 
serti. Basti  questo  cenno  solo  e  fugace  intorno  ai  romiti  della  Tebaide,  e 
sia  lungi  da  noi  ogni  tentativo  di  riassumere  anche  brevemente  i  grandi 
conflitti  religiosi  di  cui  Alessandria  fìi  spesso  teatro  cruento,  perchè  lì,  forse 
pili  che  altrove,  era  grande  il  caos  delle  nazionalità,  il  cozzo  delle  credenze, 
delle  passioni;  e  li  vennero  ad  affastellarsi  ed  a  divampai-e  con  insolita  vi- 
vacità lo  spirito  filosofico  e  dialettico  dei  Greci  e  la  religiosità  dei  Copti, 
gli  eredi  di  cinquanta  lunghi  secoli  di  evoluzione  religiosa. 

Per  noi  ha  speciale  valore  il  fatto  che  nella  fede  intensa  dei  Copti  si 
fuse  interamente  il  sentimento  nazionalista,  l' istinto  di  razza,  sempre  vivo 
nella  popolazione  del  Delta,  una  delle  più  tenacemente  conservatrici  che 
esistano  al  mondo.  Perciò  il  Cristianesimo  in  Egitto  assunse  carattere 
schiettamente  nazionale,  e  più  avanti  ebbe  spiccata  tendenza  di  fiera  op- 
posizione dogmatica  alla  fede  ufficiale  del  governo  bizantino.  Senza  soffer- 
marci a  narrare  la  storia  religiosa  dell'  Egitto  (per  la  quale  non  basterebbe 
un  grosso  volume),  è  per  noi  sufficiente  porre  in  evidenza  come  già  da  molto 
tempo  avanti  la  conquista  araba  tutta  la  popolazione  copta  avesse   abbrac- 

66. 


18.    a.    H.  §§  144,  145. 

ciato,  con  passione,  il  monofisismo  in  quel  particolare  aspetto  che  oggi  è  i8.  a.  h. 

detto  copto,  appunto  dalla  nazionalità  che  l'aveva  fatto  esclusivamente  suo:     '  dizioni  dell' Eeit- 
vale  a  dire    che    siccome  i  Copti  furono  i  soli  ad   adottare    questa    forma        to  alia  vigilia  dei- 

.,^.  1  ,  1-1  £>■  ■-  fj.'  la  conquista  ara- 

speciale  di  credenza,  cosi  ne  venne    che  il  mononsismo    egiziano    divento        ^^^^ 

una  religione  regionale,  nazionale,  dei  Copti  stessi,  respingendo  l'altra  fede, 
il  Cristianesimo  cattolico  mondiale,  che  mirava  ad  unii-e  tutta  l'umanità  in 
una  fratellanza  comvme.  Il  carattere  etnico  di  questa  evoluzione  fii  vivis- 
simo, e  corrispondente  ai  sentimenti  istintivi  e  infi-enabili  della  popolazione, 
sicché  le  persone  in  Egitto  seguaci  della  dottrina  ortodossa  di  Costantino- 
poli furono  sì  poche  da  non  meritare  quasi  nemmeno,  numericamente  par- 
lando, breve  menzione. 

§  145.  —  Il  governo  bizantino  non  s'illuse  sulla  gravità  del  fenomeno 
sociale  e  religioso  dell'Egitto  e  fece  di  tutto  per  combatterlo,  mantenendo 
con  ogni  mezzo,  o  buono  o  cattivo,  il  preteso  prestigio  della  chiesa  orto- 
dossa :  così  volle  conservate  al  culto  ortodosso  le  chiese  principali  di  Ales- 
sandria, la  capitale  morale  e  politica  dell'Egitto,  e  fino  agli  ultimi' tempi 
(tranne  beninteso  l'occupazione  persiana;  volle  anche  conservato  un  j)a- 
triarca  ortodosso.  Né  era  possibile  farsi  illusione:  nell'indirizzo  religioso  dei 
Copti  si  ascondeva  una  intensa  passione  separatista,  altrettanto  più  temi- 
bile, in  quanto  era  cieca  e  profonda,  con  le  sue  radici  confitte  nella  massa 
più  ignorante  e  conservatrice  della  nazione  egiziana.  Siffatta  passione  se- 
paratista non  assunse  mai  carattere  spiccato  di  ribellione  violenta,  politica, 
armata,  ma  rimase  sempre  inestinguibilmente  accesa  allo  stato  di  acre  e 
tenace  malcontento,  di  vero  odio  verso  Bisanzio,  verso  le  sue  leggi,  i  suoi 
dogmi,  i  suoi  rappresentanti  ed  il  suo  esoso  fisco.  In  Sfria  ed  in  Palestina 
avevasi  lo  stesso  stato  di  cose,  ma  ivi  le  nazionalità  erano  tanto  miste,  i 
confini  delle  provincie  così  vaghi  e  mal  delimitati  dalla  natura,  che  gii 
Aramei,  o  Sili  che  si  vogliali  dii'e.  non  ebbero  mai  coscienza  di  formare 
una  nazionalità  ben  distinta.  Ben  diverso  il  caso  dell'Egitto,  dove  i  con- 
fini precisi,  la  speciale  configurazione  geografica,  le  tradizioni  d'una  incal- 
colabile antichità,  e  l'omogeneità  quasi  completa  della  popolazione  nelle 
campagne  davano  a  quei  contadini  una  compattezza  ed  unità  di  senti- 
menti, da  farli  assurgere  quasi  al  concetto  di  una  nazionalità  distinta  da 
tutte  le  altre. 

Se  si  studiano  i  documenti  del  tempo,  in  lingua  copta,  l'unica  impres- 
sione che  se  ne  ritrae  é  che  il  conflitto,  il  grande  screzio  tra  i  Copti  e 
Bisanzio,  fosse  solamente  ed  eminentemente  religioso,  ed  una  lettura  super- 
ficiale non  porgerebbe  indizi  e  molto  meno  accenni  dii'etti  a  siffatto  senti- 
mento nazionale.  Ma   per  arrivare   alla   verità  non   bisogna  accontentarsi 

67. 


145,  liti. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H.  della    vernice   esterna  delle  cose:   il  conflitto   in  Egitto,  come  altrove    in 

dizioni  deirEg"-     Oriente,  era  sovrattutto  nazionalista  in  veste  però  religiosa.  Tale  fu  tra  i 

toaiiavigiiìadei-     Siri,  tale  fii  in  Persia  tra  i  Nestoriani,  che  vollero  a  un  tempo  essere  indi- 

^g,  pendenti  tanto  da  Ctesifonte  quanto  da  Bisanzio,  e  non  vollero  nemmeno 

associarsi  con  i  loro  cugini  semiti  della  Siria  (cfr.   12.  a.  H.,  §  146). 

Nò  deve  lo  storico  illudersi  se  gli  annali  del  paese  non  gli  offrono 
indizi  di  moti  politici.  Moti  politici  puri  e  semplici,  come  fu  la  rivolta  degli 
Stati  Uniti  contro  l'Inghilterra,  ed  in  particolar  modo  come  fu  tutto  il 
nostro  grande  Risorgimento  Italiano  del  secolo  xix,  erano  impossibili,  in- 
concepibili tra  quelle  popolazioni,  in  quei  tempi  e  sarebbero  forse  anche 
ai  nostri  giorni.  Rammentiamoci  che  1'  Egitto  da  secoli  era  sotto  il  do- 
minio romano  e  ne  ei-a  diventato  parte  integrante  come  la  Spagna  e  la 
Gallia;  onde  il  concetto  d'un' indipendenza  politica  staccata  dall'impero  era 
cosa  che  non  poteva  nemmeno  passare  per  la  mente  dei  Copti  :  appunto 
perciò  noi  non  troviamo  mai  verun  cenno  nei  documenti  a  siffatto  genere 
di  aspirazioni:  non  esistettero  mai,  sotto  Roma  o  sotto  Bisanzio.  Il  sen- 
timento nazionalista,  separatista,  cieco,  confuso,  incapace  di  esprimersi, 
esisteva  vivo  e  profondo;  ma  giacché  in  quei  tempi  non  esistevano  passioni 
politiche  pure,  come  le  nostre  odierne,  tutte  le  tendenze  si  fondevano  in 
una  sola,  perchè  la  sola  profondamente  sentita,  la  tendenza  religiosa  do- 
minante assolutamente  su  tutte  le  altre:  tutto  assumeva  forma  religiosa. 
Lo  stato  e  la  politica  scevri  di  preconcetti  religiosi  sono  inconcepibili  per 
la  mente  orientale,  per  modo  che  la  confusa  ma  potentissima  tendenza  se- 
paratista invece  di  convergere  ad  un'indipendenza  politica,  si  esplica  nel- 
r  iri'esistibile  bisogno  d'un'autonomia  ecclesiastica,  gerarchica  e  dogmatica. 
Purché  potessero  pensare  e  credere  a  modo  loro,  diversamente  dal  modo 
voluto  ed  imposto  dall'ortodossia  ufficiale  di  Costantinopoli,  purché  potes- 
sero avere  un  patriarca  proprio,  indipendente  da  Bisanzio,  i  Copti  erano 
relativamente  contenti,  ed  il  conseguimento  di  siffatta  autonomia  ecclesia- 
stica sodisfaceva  sino  ad  un  certo  punto  le  istintive  tendenze  naziona- 
listiche. 

§  146.  —  Per  un  fenomeno  singolare  nessuno  dei  popoli  orientali  ha 
potuto,  o  voluto  comprendere  i  concetti  più  elevati  del  Cristianesimo  catto- 
lico, che  mirava  a  unire  tutti  gli  uomini  in  una  sola  fede  universale:  essi 
hanno  tutti  preferito  cambiare  la  fede  mondiale  predicata  da  Paolo  in  tante 
fedi  nazionali,  e  perfino  regionali.  Fu  merito  dei  popoli  europei  dell'occidente, 
ed  in  gran  parte  anche  del  genio  politico  italiano  creatore  del  papato,  se  i 
principi  del  grande  Cristianesimo  si  perpetuarono  in  Occidente,  mentre  pe- 
rirono in  Oriente  annegati  nello  stretto  regionalismo  :  di  tanto  è  perciò  più 

68. 


18.    a.    H.  |§  146,  147. 

elevato  il  Cristianesimo  occidentale,  sia  cattolico,  sia  protestante,  che  non  is-  a-  ^■ 

quegli  innumerevoli  cristianesimi  orientali  con  i  loro  numerosi  patriarchi        dizioni  deirEgit- 
e  perpetui  conflitti  fratricidi.  to  alia  vigilia  dei- 

Tali  furono  dunque  le  ragioni  per  le  quali  i  Copti,  nonostante  il  Cri-        baJ°"^"'' 
stianesimo.  riuscirono  ad  avere,  o  meglio  a  formarsi  una  propria  religione 
egiziana,  allo  stesso  modo    che    l'avevano    avuta  da  tempo   immemorabile 
sotto  i  re  nazionali  :  cosi  ebbero  un  proprio  patriarca,  indipendente  da  quello 
ortodosso,  e  tutta  una  propria  gerarchia. 

Siffatto  moto  separatista  principalmente  religioso  delle  popolazioni  orien- 
tali, è  uno  degli  indizi  più  eloquenti  per  giudicare  e  conoscere  bene  le  con- 
dizioni morali  degli  uomini  di  quel  tempo.  Tutti  i  grandi  moti  dei  popoli 
potevano  avere  in  oriente  cause  prime  assai  differenti:  disagio  economico, 
cieche  tendenze  nazionaliste,  sordi  desideri  di  emancipazione  da  un  governo 
opprimente,  ecc.  ecc.,  in  genere  ogni  e  qualunque  passione  popolare;  ma 
sempre  ed  in  ogni  luogo  assumevano  caratteri  d'un  conflitto  religioso,  ap- 
punto perchè  la  passione  religiosa  era  quella  che  superava  allora  tutte  le  altre 
in  intensità  ed  importanza  presso  i  popoli  più  civili  dell'Asia  Anteriore.  Fu 
appimto  questo  bisogno  di  dare  ad  ogni  cosa  una  veste  religiosa,  caratteristica 
delle  popolazioni  sottomesse  ai  Bizantini,  che  tanto  irreligiosi  nei  secoli  suc- 
cessivi r  Islam,  sì  poco  devoto  ed  osservante  presso  i  Beduini  del  desei-to. 

§  147.  —  Ma  se  i  Copti,  come  si  disse,  anche  in  questioni  nazionali, 
pensavano  con  sentimento  religioso,  i  loro  padi'oni,  i  Bizantini,  avevano  la 
stessa  tendenza:  se  questi  intuirono  l'ascoso  significato  nazionalista  del 
moto  religioso  copto,  e  ne  temettero  segretamente  le  possibili  manifesta- 
zioni, pure  le  misure  che  essi  presero  furono  per  lo  più  di  carattere  reli- 
gioso. È  un  fntto  innegabile  che  la  tolleranza  religiosa  è  prova  d'indiffe- 
renza religiosa;  appena  in  una  società  entra  il  soffio  d'una  fede  ardente, 
essa  diviene  intollerante  e  persecutrice:  né  può  esser  altrimenri  con  i  con- 
cetti che  si  hanno  sulla  vita  futura  e  sulla  volontà  divina.  Se  un  uomo 
è  in  errore,  bisogna  mostrargli  il  pericolo  in  cui  sta  per  cadere  e  salvarlo: 
se  non  vuol  persuadersi  con  le  buone,  si  ricorre  alle  cattive,  alle  persecu- 
zioni. Così  i  Bizantini  combatterono  le  eresie  religiose  con  lo  stesso  acca- 
nimento con  cui  avrebbero  combattuto  le  dichiarazioni  di  emancipazione 
politica.  Nelle  persecuzioni  dolorose,  che  non  tardarono  ad  affliggere  il  di- 
sgraziato paese,  infierì  così  un  rabbioso  desiderio  di  estirpare  un'eresia, 
un'acrimonia  speciale  dovuta  alla  necessità  di  ispirare  ai  sudditi  il  con- 
vincin^ento  che  l'ortodossia  imperiale  fosse  la  sola  e  vera  fede. 

Le  persecuzioni  religiose  dei  Bizantini  furono  in  realtà  vere  e  pi'oprie 
misui-e  politiche  per  schiacciare  una  ribellione   separatista.  I   Bizantini  si 

69. 


§§  147,  itó.  18.  a.  H. 

18-  a.  H.  consideravano  non  solo  i  detentori  del  potere  supi-emo,  ma  altresì,   turol- 

dizioni deirEgit-     ''^^i^'  necessario  di  questo,  i  possessori  e  depositari  della  sola  vera  ed  au- 
loaiiavigiiiadei-     tontica  religione  di  Cristo:  le  persecuzioni  furoiKi  quindi  necessità  politiche, 

la  conquista  ara-  .       .,        ,  -i.  .  ^^  i  •    i^  ■ 

j,g  1  ue  pui  ne  meno  come  oggidì  un  governo  non  può  permettere  che  si  trami 

contro  la  sua  autorità. 

In  Egitto  il  conflitto  era  iiuelonito  dall'importanza  economica  della 
provincia,  il  vero  granaio  della  capitale;  il  governo  di  Bisanzio  sembrò 
mettere  nelle  persecuzioni  dei  Copti  una  violenza,  una  crudeltà  anche  mag- 
giori di  quelle  inflitte  per  analoglii  motivi  agli  abitanti  di  altie  parti  del- 
l'impero. La  perdita  dell'Egitto  sarebbe  stata  per  i  Bizantini  una  iattura 
assai  maggiore  che  non  quella  di  qualsiasi  altra  provincia. 

§  148.  —  Sebbene  dunque  la  sorda  lotta,  in  apparenza  religiosa  tra 
ortodossi  e  dissidenti,  in  realtà  nazionalista  tra  Bizantini  e  Copti,  fosse 
delle  più  aspre,  pur  iKmdimeno  la  natura  poco  bellicosa  dei  Copti,  divenuti 
addirittura  imbelli  sotto  il  secolare  dominio  romano,  impedì  che  scoppias- 
sero mai  vere  rivolte  sanguinose  o  tentativi  d'indipendenza  politica:  i  ter- 
ribili tumulti  che  periodicamente  insanguinavano  le  vie  di  Alessandria, 
raramente  si  estendevano  fuori  delle  sue  mura.  In  molte  circostanze  erano 
effetto  probabilmente  di  moti  essenzialmente  anarchici  di  origine  locale,  do- 
vuti alla  presenza  nella  folla  dei  tumultuanti  dei  peggiori  elementi  della 
popolazione,  di  quelli  cioè  che  oggi  con  termine  volgare  si  sogiion  chia- 
mare «  teppisti  ». 

Abbiamo  menzione,  è  vero,  nel  secolo  anteriore  alla  comparsa  degli 
Arabi,  di  briganti  che  infestavano  l'Alto  Egitto  (Moschus,  Pratum 
Spirituale,  Migne  Grraec,  cap.  143)  e  di  disordini  anche  violenti 
nel  Delta  (Niqyùs,  529  e  segg.j,  ma  questi  erano  fatti  di  secondaria 
importanza:  altre  regioni  dell'impero  erano  in  condizioni  assai  più  gravi. 
Né  avevano  importanza  reale  le  piccole  scorrerie  di  Nubiani  e  Beduini  sui 
confini  dell'Egitto:  siffatti  fastidì  erano  inezie,  semplici  incidenti  di  con- 
fine, che  si  erano  ripetuti  le  mille  volte  nel  passato,  e  che  in  niun  modo 
potevansi  paragonare  con  i  tremendi  disastri  nei  Balcani,  o  con  gii  strazi 
inenarrabili  delle  grandi  guerre  contro  la  Persia,  per  cui  soffii'ivano  pex'en- 
nemente  gli  abitanti  della  Siria  settentrionale  e  della  Mesopotamia.  Il  pe- 
ricolo vero  e  grande  era  nei  sentimenti  della  popolazione  profondamente, 
terribilmente,  esacerbata  contro  il  governo,  forse  tanto  più  profondamente, 
quanto  più  calme  erano  le  apparenze.  Pari  alla  ferocia  e  crudeltà  dell'op- 
pressione bizantina  era  intenso,  inestinguibile  l'odio  degli  oppressi. 

La  politica  bizantina  fu  quindi  anche  più  cieca  e  stolta  in  Egitto  che 
altrove,  e  nello  studiare   i    documenti    copti    del    tempo    immediatamente 

70. 


18.  a.  H. 


§§  U8,  14ii. 


anteriore  alla    venuta    degli  Arabi,  quando    cioè   infierì   maggiormente    la  '8.  a.  h. 

persecuzione,  nel  vedere  fino  a  qual  punto  i  Copti  abbiano  odiato  i  loro  per-  dizioni  deiregit- 
secutori  Bizantini,  uno  si  domanda  invano  quale  fosse  Io  scopo  pratico  al  toaiiavigiiia dei- 
quale  i  Bizantini  volevano  o  credevano  arrivare.  Si  intuisce  che  un  popolo  ^a  i  ''"' 
infiammato  da  sentimenti  come  quelli  divampanti  dai  testi  copti,  non  si 
lasciava  vincere  da  una  persecuzione  che  offendeva  quanto  v'era  di  più 
caro  e  di  più  santo  nel  cuoi-e  degli  oppressi.  Gli  Egiziani  inoltre,  appunto 
per  la  loro  antichissima  tradizione  che  rimonta  alla  preistoria  umana,  non 
hanno  mai  amato  i  loro  padroni,  fossero  Hiksos,  Persiani,  Greci,  Romani, 
o.  venendo  a  tempi  più  vicini.  Arabi,  Turchi.  Francesi,  o  Inglesi.  Contro 
questo  profondo  sentimento  nazionale,  fortificato  ed  idealizzato  da  una 
veste  religiosa,  dogmatica,  direi  quasi  sacrosanta,  vennero  i  Bizantini  stol- 
tamente a  dare  di  cozzo  con  risultati  disastrosi.  Sotto  la  sferza  del  mar- 
tirio, l'ere-sia  non  solo  prese  più  salde  radici,  ma  l'abisso  che  separava  Bi- 
zantini e  Copti  si  fece  più  largo  e  profondo:  all'odio  di  religione  si  aggiunse 
l'odio  di  razza  :  i  nemici  dell'impero  non  avi-ebbero  potuto  suggerire  ai 
Bizantini  atti  più  inconsulti  di  quelli  che  i  Bizantini  stessi  di  propria 
iniziativa  vollero  commettere. 

§  149.  —  Né  credo  che  altri  possibili  motivi  dell'odio  feroce  dei  Copti 
verso  i  Greci  abbiano  nemmeno  lontanamente  la  stessa  importanza  delle 
ragioni  precitate.  Non  si  può  dire  che  le  condizioni  economiche  dell'Egitto 
fossero  tristi  al  pari  di  quelle,  per  esempio,  della  Siria  e  della  Palestina, 
devastate  da  guerre  senza  fine  ed  afiìitte  da  ogni  specie .  di  sventure,  ter- 
remoti e  pestilenze.  L'Egitto,  grazie  alla  sua  posizione  geografica,  rimase 
immune  per  molti  secoli  da  invasioni  devastatrici,  né  abbiamo  diritto  di 
credere  in  Egitto  ad  un  grande  deperimento  economico:  il  fatto  é  che 
gli  Arabi,  nell'occupare  l'Egitto,  si  trovarono  in  possesso  di  un  paese  im- 
mensamente ricco,  e  le  notizie  di  fonte  araba  escludono  ogni  cenno  riguardo 
a  condizioni  economiche  poco  felici:  tenderebbero  anzi  a  dimostrare  il  con- 
trario, vale  a  dire  a  farci  credere  ad  una  grande  prosperità,  che  andò  anche 
grandemente  crescendo  sotto  il  nuovo  dominio.  Tutto  al  più  abbiamo  ra- 
gioni di  opinare  che  il  governo  bizantino  con  il  tesoro  esausto  da  continue 
guerre  sui  confini  settentrionali  ed  orientali,  avesse  trascurato  i  grandi 
lavori  d'irrigazione  ed  inceppasse  pivittosto  lo  sviluppo  economico  del- 
l'Egitto. È  proimbile  che  la  decadenza  generale  dell'impero  bizantino 
avesse  intorbidito,  per  così  dire,  il  movimento  economico,  e  diminuito  il 
benessere  delle  popolazioni,  con  la  diminuzione  degli  scambi  commerciali. 
La  estrema  miseria  che  regnava  in  quasi  tutto  l'impero  deve  aver  dimi- 
nuito immensamente  il  commercio  interno  dello  stato,  perchè  gli  abitanti, 


§§  149, 160.  18.  a.  H. 


ia  conquista  ara- 
ba. | 


18.  a.  H.  ridotti    agli    estremi    dell' esaiiiiniento    morale  e    fi.sico    della    povertà,  più 

^  dizioni deirEgit-  nnHi»  eoiu pelavano,  più  nulla  potevano  comperare.  Ora  l'Egitto  è  paese 
to  alla  vigilia  del-  eminentemente  esportatore  di  merci,  perchè  il  suolo  ricchissimo  produce  i 
generi  alimentari  in  quantità  assai  superiori  ai  bisogni:  il  ristagno  com- 
merciale, che  certamente  avvenne,  deve  quindi  aver  avuto  un  doloroso 
contraccolpo  sui  redditi  degli  industriosi  contadini  copti,  perchè  i  loro 
prodotti  meno  richiesti  dovevano  essere  calati  di  prezzo.  L' occupazione 
persiana,  regnante  Eraclio,  sopprimendo  il  commercio  con  Costantinopoli, 
forse  contribuì  al  rinvilio  dei   prezzi  e  ad  aggravare  la  crisi. 

Certo  è  nondimeno  che  il  fisco  Ijizantino  pesava  crudelmente,  vessa- 
toriamente, su  tutti  gli  abitanti,  commetteva  molte  e  dolorose  ingiustizie, 
a  danno  dei  più  poveri  ed  infelici  della  popolazione,  e  paralizzava  l'atti- 
vità commerciale  e  industriale:  ma  nemmeno  questa  era  la  ragione  prin- 
cipale del  malcontento,  perchè  tutti  i  governi  in  Oriente  in  quasi  tutti  i 
tempi  sono  stati  odiosamente,  esosamente,  vessatori  nell'esigenza  delle  im- 
poste. Queste  erano  tutte  ragioni  secondarie  di  malcontento:  la  principale, 
la  determinante  era  il  dissidio  di  razza  camuffato  da  conflitto  religioso  ('): 
le  altre  ragioni  concorrevano  solo  come  aggravanti. 

Nota  1.  —  La  passione  religiosa  in  Egitto  era  tanto  viva  e  profonda,  che  non  solo  gli  eterodossi 
erano  in  perpetuo  contrasto  con  Bisanzio,  ma  perfino  tra  loro  infierivano  ferocissime  passioni  fratricide: 
basti  ricordare  il  tempo  in  cui  una  parte  dei  Copti  volle  sostenere  l' incorruttilnlità  del  corpo  di  Cristo, 
eresia  che  arse  fino  a  guerra  civile,  sotto  Giustino  I.  Ai  tempi  della  conquista  araba  l'eresia  era  quasi 
spenta,  sebbene  il  cronista  Giovanni  di  Niqyus  affermi  ch'essa  viveva  ancora  in  alcune  parti  del  paese. 
Egli  chiama  gli  eresiarchi  Gaianiti.  Come  incidenti  che  denotano  la  violenza  delle  passioni  religiose 
in  Egitto,  basterà  ricordare  soltanto  i  tumulti  indescrivibili  che  accompagnarono  le  ordinanze  religiose 
di  Giustiniano,  per  effetto  delle  quali  il  sangue  corse  a  rivi  per  le  vie  e  nelle  stesse  chiese  di  Alessan- 
dria: è  noto  l'episodio  del  vescovo  armato,  il  quale  dai  gradini  dell'altare  ordinava  il  macello  dei  Copti, 
nella  stessa  chiesa.  Se  poi  vogliamo  risalire  anche  più  addietro,  possiamo  rievocare  la  memoria  dramma- 
tica della  bellissima  pagana  Hjpatia,  la  dottissima  vergine  patrocinatrice  entusiasta  dell'antica  filosofia 
greca  e  perciò  appunto  lacerata  a  pezzi  dai  Cristiani  fanatici  di  Alessandria,  che  vedevano  in  lei  una 
temutissima  avversaria  al  trionfo  del  Cristianesimo:  l'incidente  denota,  se  non  altro,  la  violenza  dei  sen- 
timenti e  le  radici  profonde  che  nell'animo  delle  popolazioni  egizie  prendevano  questioni  di  fede, 
perchè  acuite  dagli  odi  di  razza. 

§  150.  —  Bastano  le  brevi  considerazioni  precedenti  pei"  riassumere, 
in  modo  sodisfacente  al  nostro  scopo,  molti  fatti  e  molte  fasi  del  grande 
e  perpetuo  conflitto  tra  Bisanzio  ortodosso  e  l'Egitto  eterodossa:  omettiamo 
altri  particolari,  perchè  ci  trascinerebbero  a  lunghe  dissertazioni,  per  noi 
inutili,  e  limitiamoci  ad  un  cenno  brevissimo  circa  gl'incidenti  della  storia 
provinciale  egiziana  dall'avvento   di   Eraclio  al  potere  nel  610  dell' È.  V. 

Questi,  come  si  disse,  iniziò  la  sua  rivolta  contro  il  barbaro  usurpa- 
tore, Phocas,  prendendo  le  armi  nella  provincia  afì-icana.  Mentre  egli  si 
dirigeva  con  la  flotta  su  Costantinopoli,  mandò  il  suo  luogotenente,  Nicetas, 
a  sottomettere  l'Egitto.  La  campagna  non  fu  facile,  perchè  il  luogotenente 

.  72. 


18.  a.  H.  '  §1 150, 151. 

di  Phocas,  Bonosus,  oppose  viva  e  valida  resistenza;  ma  alfine  trionfarono  ^8.  a.  H. 

le  armi  di  Eraclio,  e  l'Egitto  riconobbe  il  nuovo  imperatore.  Tale  era  l'odio        dizioni  dell' Egit- 
perenne  in  Egitto  contro  Bisanzio,  specialmente  dopo   le    persecuzioni   di        to  alia  vigilia  dei- 
Griustiniano,  che  chiunque  assalisse  l'Egitto  era  sicuro  trovarvi  un  partito        bai 
favorevole  che  lo  aiutasse  a  combattere  il  governo  ufficiale  di  Costantino- 
poli:  è   inutile   però  aggiungere  che  appena  l'intruso  ribelle  diventava  il 
padrone  in  Costantinopoli,  contro  lui  si  volgeva  lo  stesso  odio,  da  cui  era 
stato  già  bersagliato  il  suo  predecessore.  Tale  cii'costanza  aveva  indubbia- 
mente agevolato  il  compito  di  Nicetas,  sicché  a  costui  riusci,  nella  prima- 
vera del  610  dell'È.  V.,  d'impadronirsi  dell'Egitto  a  nome  di  Eraclio,  pa- 
recchio tempo  prima  che  Eraclio  stesso  avesse  potuto  farsi  riconoscere  in 
Bisanzio   quale   novello   imperatore:    Eraclio  infatti,   come   è  noto,    fu  pro- 
clamato il  5  ottobre  del  610  a.  È.   V.   (cfr.   12.  a.  H.,  §  247). 

Nicetas  rimase,  a  quanto  pare,  governatore  e  luogotenente  di  Eraclio 
in  Egitto  per  lungo  tempo  (Butler,  43),  vale  a  dire  fino  alla  conquista 
persiana:  desideroso  di  agevolare  il  suo  signore,  e  di  renderlo  bene  accetto 
alle  malfide  turbe  della  gigantesca  Alessandria,  irrequieta  sempre  come 
tutti  i  grandi  porti  di  mare,  iniziò  la  sua  amministrazione  con  abbonare 
agli  abitanti  tre  anni  d'imposte.  Ciò  nondimeno  il  suo  governo  non  fu  né 
facile,  né  sicuro,  né  tranquillo.  Ai  guai  interni,  già  nell'impero  gravissimi, 
venivano  ad  aggiungersi  tutti  gli  orrori  di  una  selvaggia  invasione,  mi- 
rante alla  distruzione  dello  stato:  alludiamo  cioè  alla  grande  invasione 
persiana,  alla  quale  abbiamo  già  dedicata  una  parte  della  nostra  atten- 
zione, quando  parlammo  dell'impero  bizantino  alla  vigilia  della  conquista 
araba  (cfi-.   12.  a.  H.,  §§  247  e  segg.). 

§  151.  —  Nel  611  dell'È.  V.  i  Persiani  erano  tornati  ad  invadere 
l'impero  bizantino  con  lo  specioso  pretesto  di  voler  vendicare  l'uccisione 
di  Mauricius.  mandato  a  morte  dall'usurpatore  Phocas:  il  re  sassauida 
ignorò  del  tutto  l'uccisione  dell' usm'patore  Phocas,  fatto  uccidere  da  Era- 
clio, e  smascherando  completamente  i  suoi  ambiziosi  disegni,  si  gettò  con 
più  ardore  che  mai  nell'infausta  guerra,  contando  suH'esaurimento  totale 
dell'impero  bizantino,  per  ricostruire  la  grandiosa  monarchia  dei  suoi  pre- 
decessori, gli  Achemenidi.  Eraclio  tentò  di  arrestare  il  torrente  d'invasione 
ed  in  altro  luogo,  fondandoci  sopra  alcune  notizie  confuse  del  cronista  ar- 
meno Sebeos  (cfi:-.  12.  a.  H.,  §§  248  e  segg.),  tratteggiammo  le  linee  gene- 
rali della  prima  campagna  di  Eraclio  in  Siria:  il  lettore  rammenterà  forse 
che  in  quella  occasione  rilevammo  come  Nicetas,  luogotenente  d'Egitto, 
cooperasse  ed  assistesse,  per  quanto  gli  era  possibile,  il  suo  imperatore, 
movendo  con  forze  egizie  entro  la  Palestina,  ed  inoltrandosi  probabilmente 

73.  10 


§§  151, 15U.  18.  a.  H. 

. j, 

18-  a-  H.  liii   nivsso  Gorusalomme.  l  mezzi  di  cui  disponeva  erano  però  insufficienti 

[EGITTO.- Lecon-  i  ■    •         ij    i.-  i  4.-  ii  x  '    i-  j-  i 

dizioni  dell' Egit-     '^Ho  scopo.   pochi   1  soldati  c  male  armati:   poco  o  nulla  potè  tare  di  real- 
toaiiavigiiiadei-     mente  utilf.  Quando  il  destino  si   mostrò   contrario   ad   Eraclio  e  lo  colpì 

la  conquista  ara-  ,.         .  .,.,  .       r,-    •  xt-      i.  ^^  t 

,- j,g  I  ((111   un  grave  disastro    militare  ni  hnia,  a    JNicetas    non    rimase    altro    da 

fare  che  rientrare  in  Egitto,  mentre  Eraclio  battuto  ritraevasi  in  Costan- 
tinopoli: la  Siria  e  la  Palestina  tiirono  abbandonate  alla  crudeltà  del  ne- 
mico. Per  fortuna  di  Bisanzio  ani'lie  i  Persiani  erano  male  in  arnese,  e 
sebbene  cercassero  di  trarre  tutti  i  vantaggi  possibili  dalla  vittoria,  avan- 
zarono solo  con  grande  lentezza. 

Seguirono  allora  altri  trionfi  persiani:  la  presa  di  Damasco  prima,  la 
caduta  di  Gerusalemme  poi.  nel  014  o  615  dell'È.  V.;  e  dopo  le  scene  spa- 
ventose che  accompagnarono  quest'ultimo  luttuoso  evento,  in  cui  scom- 
parve distrutta  la  Basilica  di  Giustiniano,  nessuno  piìi  in  Egitto  s' illuse 
sulla  tempesta  che  stava  per  piombare  anche  sulla  grassa  terra  niliaca: 
tale  era  anche  la  notizia  paurosa  che  portavano  ad  Alessandria  le  migliaia 
di  profughi  cristiani,  per  lo  più  ortodossi,  scampati  alle  stragi  dei  Sas- 
sanidi. 

Per  la  scarsità  delle  notizie  sulla  conquista  persiana,  dovuta  alla  la- 
mentatissima  lacuna  nella  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs,  non  è  possibile 
segnare  nemmeno  una  traccia  generale  dello  svolgimento  della  campagna 
militare,  intrapresa  dai  Persiani  quando  mossero  finalmente  alla  conquista 
dell'Egitto.  Ignoriamo  se  e  come  il  luogotenente  di  Eraclio  opponesse  resi- 
stenza al  confine,  se  facesse  valida  opposizione  nel  Delta.  Siffatta  mancanza 
di  notizie  darebbe  argomento  a  credere,  che  in  Egitto,  come  altrove,  i  Per- 
siani non  incontrassero  veruna  seria  resistenza,  e  che  in  genere  la  con- 
quista si  svolgesse  con  relativa  facilità,  quando  alfine,  al  cominciare  del- 
l'autunno del  616  dell'È.  V.  (Bu  tler,  70),  i  Sassanidi  guidati  dal  generale 
Sàhin  invasero  l'Egitto. 

§  152.  —  Se  bene  interpretiamo  la  cronaca  siria,  pubblicata  dall'illu- 
stre prof  Guidi,  la  sola  vera  resistenza  venne  al  nemico  opposta  in  Ales- 
sandria, dove  probabilmente  Nicetas  aveva  radunato  tutte  le  forze  disponi- 
bili :  queste  eran  forse  tanto  esigue  da  non  poter  esser  esposte  in  aperta 
campagna  ai  rischi  di  una  battaglia  campale;  d'altra  parte  in  Alessandria 
il  numero  considerevole  di  Greci  e  la  via  sempre  aperta  del  mare  gii  da- 
vano affidamento  di  poter  resistere  più  a  lungo.  Il  resto  dell'Egitto  non 
pare  si  difendesse  dai  Persiani,  ed  i  Copti  passivamente  si  sottomisero  ai 
nuovi  padroni,  dai  quali  non  avevan  ragioni  di  attendere  persecuzioni 
religiose.  La  politica  favorevole  ai  Monofisiti,  adottata  dal  re  Persiano 
Khu.sraw  Barwiz  in  Siria,  per  avvalersi  dell'odio  anti-bizantino  degli  etero- 

74. 


lo.    E.    H.  g  152. 

dossi,  faceva  sperare  ub  contegno  simile  anche   verso   i   Copti.   Da   questi  '8-  a-  h. 

dunque  Nicetas  nulla  poteva  sperare  e  si  concentrò  in  Alessandria,  fidando     ^  dizioni  dell' Egit- 

uelle  alte  mura  e  nei   profondi  canali    qual   riparo   alle   proprie  deficenze        toaiiavigiiia del- 
ia conquista  ara- 
mihtari.  ba.] 

In  principio  la  fortuna  sembrò  arridere  ai  Grreci,  ed  i  Persiani,  nono- 
stante la  loro  grande  valentia  nell'assedio  delle  fortezze,  trovarono  diffi- 
coltà gravissime  sotto  le  mura  di  Alessandiia :  onde,  esasperati  dall'inattesa 
resistenza  dei  Greci,  volsero  il  loro  furore  contro  i  monasteri  di  cui  circa 
seicento  erano  sparsi  per  le  campagne  intorno  ad  Alessandria  (Butler,  73). 
Fonti  copte  ci  danno  notizia  di  orribili  massacri  di  frati  e  di  saccheggi 
di  conventi:  tali  notizie  fondansi  su  fafti  veri,  ma  saranno  certamente 
esagerate.  Tutto  ci  porta  a  credere  che  i  Persiani  mirassero  più  che  altro 
a  dare  un  esempio  e  ad  intimorire  la  classe  religiosa  dei  Copti  in  Egitto, 
minacciando  tutti  i  conventi  della  medesima  sorte  toccata  ad  alcuni.  Ciò 
sarebbe  stato  fatto  nel  solo  intento  di  accelerare  la  resa  di  Alessandria. 
Pochi  anni  dopo  una  eguale  minaccia  fatta  dagli  Arabi  nei  dintorni  di 
al-Hii'ah  doveva  bastare  ad  ottenere  il  pagamento  di  una  forte  indennità 
di  guerra  (efr.  12.  a.  H.,  §  207).  Il  ripiego  dei  Persiani  ebbe  esito  egual- 
mente felice  in  Alessandria.  I  fì'ati  avevano  immensa  influenza  sulla  re- 
ligiosissima popolazione  copta:  la  profanazione  e  la  distruzione  dei  mona- 
steri con  r  ecatombe  dei  fi-ati  erano  probabilità  terribili  che  i  Copti  non 
vollero  in  verun  modo  esperimentare.  A  tutto  aveva  provveduto,  secondo 
i  suoi  mezzi,  il  luogotenente  Nicetas,  ma  a  questo  attacco  insidioso  ed  irre- 
sistibile nulla  poteva  egli  opporre:  quando  la  popolazione  copta  si  dichiarò 
nella  città  disposta  ad  arrendersi  ai  Persiani,  al  generale  greco  non  l'ima- 
neva  altro  che  andarsene.  Altre  fonti  affermano  che  la  città  cades.se  per 
tradimento:  questa  versione  non  contraddice  l'altra,  perchè,  secondo  il  modo 
di  vedere  dei  Bizantini,  la  condotta  dei  Copti  era  realmente  un  tradimento. 
In  tempi  di  sventure,  e  specialmente  sotto  la  sferza  sanguinosa  dei  disa- 
stri militari,  il  solo  conforto  dei  vinti  è  gridare  al  tradimento,  e  trovare  i 
pretesi  traditori.  I  Persiani  dunque,  per  connivenza  dei  Copti,  entraronij 
alfine  in  Alessandria,  dove  si  vuole  succedesse  un  grande  eccidio  degli 
abitanti:  è  probabile  che  il  maggior  numero  delle  vittime  fossero  Greci 
ortodossi,  ma  ciò  non  esclude  che  le  mal  disciplinate  milizie  dei  Sassanidi, 
accozzaglia  forse  di  avventurieri  di  ogni  paese  e  d'ogni  risma,  si  abban- 
donassero ad  eccessi,  non  curando  l'autorità  dei  capi:  cosi  anche  i  Copti 
avranno  avuto  a  soffrii-e  la  loro.  Il  disastro  di  Gerusalemme  e  gli  eccidi 
in  (piella.  circostanza  stanno  a  dimostrare  che  forse  anche  in  Alessandria 
si  ripeterono  scene  orribili. 

76. 


15-J,  15o. 


18.  a.  H. 


18-  a-  ^-  Lo  stato  però    dogli    animi    in   Alessandria    alla    vigilia    dell' in -ji-esso 

dizioni deiregit-     ào\  Persiani,  appare  manifesto  dalla  notizia  che  Nicetas,  il  governatore  bi- 
toaiiavigiiiadei-     cantino,  e  Oiovaiini  l'Elemosiniere,  patriarca  ortodosso,  prima  ancora  che 

la  conquista  ara-  ,    ,  .  .  j-   j-v 

jjjji  Alessandria  cadesse   m   potere  del  nemico,  qnando  ogni  speranza  di  difen- 

dere la  città  era  perduta,  fuggissero  insieme  sopra  una  nave:  essi  salpa- 
rono per  Cipro  ed  il  patriarca  ortodosso  morì  in  quell'isola  quasi  imme- 
diatamente dopo  il  suo  sbarco,  l'il  novembre  617  dell'È.  V.  (Butler,  79). 
La  partenza  precipitosa  dei  due  maggiori  rappresentanti  dell'autorità  civile 
militare  e  religiosa  dell'impero,  prima  della  caduta  della  città,  rivela  in- 
dubbiamente come  essi  non  potessero  più  contare  su  alcuno  e  come  tutta 
la  popolazione  parteggiasse  per  il  nemico. 

§  153.  —  Con  la  caduta  di  Alessandria,  i  Persiani  divennero  padroni 
di  tutto  l'Egitto:  una  parte  della  popolazione  della  città  fu  trasportata  in 
Persia,  e  si  vuole  che  al  principio  dell'anno  618  dell'È.  V.  venissero  so- 
lennemente consegnate  le  chiavi  della  metropoli  egizia  al  re  Khusraw 
(Butler,  80).  I  nuovi  signori  dell'Egitto  adottarono  tutta  l'amministra- 
zione civile  e  fiscale  che  esisteva  nella  provincia,  lasciando  al  loro  posto 
tutti  gl'impiegati:  l'ignoranza  della  lingua  e  dell'organamento  amministra- 
tivo impose  ai  vincitori  siffatta  misura,  che  fu  poi  inconsapevolmente  imi- 
tata, o  meglio  imposta  dalle  circostanze  anche  più  tardi,  quando  avvenne  la 
conquista  araba. 

Alcuni  scrittori  hanno  voluto  sostenere  che  i  Persiani  venissero  accolti 
come  redentori  dai  Copti.  Il  Butler  (81-82)  si  dà  molta  pena  per  infirmare 
la  verità  di  tale  affermazione,  adducendo  molte  prove  dalle  fonti,  con  le 
quali  deduce  aver  i  Persiani  inflitto  danni  rilevanti  ai  Copti  durante  l'in- 
vasione. La  narrazione  del  patriarcato  di  Andronicus  nella  storia  di  Se- 
verus  è  una  storia  di  tutte  le  infamie  commesse  dai  Persiani  e  dei  danni 
da  loro  inflitti  alle  chiese  ed  ai  conventi  con  l'aiuto  degli  Ebrei.  Pare  in- 
discutibile che  i  Persiani  commettessero  molte  ingiustizie  e  violenze,  ma 
non  sappiamo  fino  a  qua!  punto  le  nostre  fonti  abbiano,  in  odio  ai  pagani 
adoratori  del  fuoco,  esagerato  i  fatti:  né  conosciamo  se  qualche  classe  della 
popolazione,  almeno  prima  dell'immediata  invasione,  edotta  del  contegno 
benevolo  dei  Persiani  verso  i  Monofisiti  in  Siria,  e  della  loro  ferocia  contro 
gli  ortodossi  in  Palestina  e  Gerusalemme,  sospirasse  la  venuta  dei  Persiani, 
quale  mezzo  per  liberarsi  dai  Grreci  odiati.  Potrebbesi  perciò  ritenere  come 
probabile  che  i  Copti  desiderassero  la  venuta  dei  Persiani  prima  di  cono- 
scerli, e  divenutine  poi  i  siidditi,  li  odiassero  quanto  i  Greci:  da  ciò  la  storia 
delle  persecuzioni.  L'esperienza  spesso  rivela  l'inanità,  o  meglio  l'illusione, 
che  si  annida  sempre  nei  nostri  desideri. 

76. 


18.    a.    H.  §§  153^  154. 


Il  Butler  (89)  sostiene  che  probabilmente   l'Egitto  divenne  provincia  ^3.  a.  H. 

persiana  solo  dopo  tre  anni  di  conquista,  e  calcola  che  il  dominio  persiano        dizioni  deii'Egit- 
dm-asse  in  tutto  dai  dieci  ai  dodici  anni:^egli  però  arguisce  da  varie  ra-        to  alia  vigilia  dei- 

,        .    T»        ■       ■  p.  £■         "•     1  il  -,  la  conquista  ara- 

gioni  che  i  l'ersiani,  se  pui-e  nirono  leroci  durante  la  conquista,  governa-  (,a.i 
rono  poi  con  una  certa  moderazione  e  non  si  abbandonarono  a  selvaggie 
devastazioni.  Pare  che  fossero  tolleranti  in  materia  religiosa,  e  come  in  Pa- 
lestina Modestus  ebbe  licenza  dal  Khusraw  Barwiz  di  restaurare  la  chiesa 
di  Gerusalemme,  così  in  Egitto  il  Patriarca  copto  (Andronico)  fu  lasciato  in 
pace  ed  autorizzato  a  dimorare  non  disturbato  in  Alessandi'ia  fino  al  giorno 
della  sua  morte.  Degno  di  nota  è  che  il  Patriarca  ortodosso,  Giorgio,  rap- 
presentante della  religione  ufficiale  di  Costantinopoli,  e  dipendente  perciò 
dall'imperatore,  non  è  nemmeno  menzionato  (Bjutler,  170j:  dobbiamo  con- 
cludere che  a  lui  fosse  vietato  l'accesso  in  Egitto,  perchè  giustamente  con- 
siderato come  agente  politico  e  spia  dell'imperatore:  forse  il  Patriarca  non 
osò  nemmeno  presentarsi,  ben  sapendo  Faccoglienza  che  avrebbe  avuta  dalle 
autorità  persiane. 

Queste  ultime,  come  già  si  disse,  avevano  oramai  molta  esperienza  dei 
Cristiani,  e  sapevano  perfettamente  quali  e  quanti  scismi  dividessero  i  se- 
guaci di  Cristo  e  quali  e  quanti  fossero  gli  odi  ispirati  talvolta  da  tenui 
differenze  di  dottrina.  Governando  quindi  l'Egitto  erano  ben  consapevoli 
in  qual  mism-a  i  Monofisiti  egiziani  odiassero  gli  ortodossi  di  Costantino- 
poli, e  come  perciò  nulla  avessero  a  temere  dai  primi.  L'Egitto  si  adagiò 
sotto  il  dominio  sassanida  con  quella  stessa  acquiescenza  con  la  quale  aveva 
languito  per  secoli  sotto  lo  scettro  di  Bisanzio:  durante  l'occupazione  per- 
siana nulla  avvenne  secondo  le  scarsissime  fonti  nostre,  che  meriti  un 
cenno.  L'unico  fatto  che  dobbiamo  ricordare  è  la  morte  del  patriarca  mo- 
nofisita  copto  Andronico,  perchè  a  lui  successe  il  patriarca  Beniamino,  uomo 
ancora  giovane,  forse  appena  trentacinquenne,  nel  gennaio  del  623  È.  V. 
(Butler,  170).  Egli  è  il  patriarca  copto  dell'ultima  persecuzione,  e  quello 
che  vide  l'avvento  degli  Arabi.  Possiamo  aggiungere  che  due  anr^i  prima,  \ 
nel  621  dell'È.  V.,  era  nominato  patriarca  ortodosso  d'Egitto  quel  Giorgio, 
al  quale  si  è  accennato;  ma  non  occorre  dire  altro  per  ora  dacché  pare 
che  egli  non  mettesse  mai  piede  nella  sua  diocesi,  nemmeno  dopo  la  riti- 
rata dei  Persiani. 

§  154.  —  Nel  622  dell'È.  V".  Eraclio,  come  avemmo  già  occasione  di 
narrare,  cominciò  la  grande  campagna  sessennale,  con  la  quale  finalmente 
potè  fiaccare  le  forze  del  re  sassanida  e  costringerlo  a  rientrare  nei  suoi 
domini:  noti  ripeteremo  quello  che  già  narrammo  per  sommi  capi  (con- 
fiontisi   12.  a.   H.,  §§   253  e    segg.),   diremo   solo   che  le  milizie   persiane 

77. 


§§  164,  156.  18.   a.   H. 

'8.  a.  H.  j,i  Egitto  pare  non  prendessero    \  eruna    paite  diretta  alla  lanipagna,  ma 

dizioni deirEgit-     ^'^t'  quandi)  Eraclio  potè  aitine   portare  i  suoi  col])!   terribili  al  cuore  stesso 
to  alla  vigilia  del-     dell'impero  sassanida,  le  membra  più  lontane  del  vasto  organismo  comin- 

la  conquista  ara-  ,.  j^-       i  j.       i  i  i  •       •     •       -i 

jj^i  eiarono  a  sentirne    profondamente   le   conseguenze:  ebbe    principio  il  pro- 

cesso di  riconcentramento  e  di  abbandono  degli  avamposti  più  avanzati, 
ossia  delle  schiere  sotto  le  mura  di  Costantiin)poli  e  quelle  stanziate  sulle 
rive  del  Nilo.  Quando  poi  P^raclio  potò  finalmente  ferire  a  morte  il  colos.so 
sassanida,  e  precipitarlo  nella  massima  confusione,  la  guerra  civile,  la  morte 
del  pazzo  sovrano  Khusraw  Barwiz,  e  tutti  i  disastri  e  le  difficoltà  politiche 
sortirono  per  effetto  l'immediato  ritiro  delle  milizie  persiane  dalla  valle  ni- 
liaca  senza  che  Eraclio  vi  mandasse  pur  un  solo  soldato  a  scacciarlo.  L'ef- 
fimero impero  sassanida  su  tutta  l'Asia  romana  rovinò  con  quella  stessa 
rapidità  con  cui  era  nato.  I  Persiani  si  affrettarono  a  ritornare  in  pati-ia, 
dove  tutto  era  a  soqquadro,  dove  nessuno  sapeva  più  chi  fosse  al  go\  ernti, 
dove  ardeva  la  guerra  civile  da  un'estremità  all'altra:  le  milizie  sassanide, 
limaste  ancora  in  Siria  sotto  Salirbaràz,  non  volevano  riconoscere  il  nuovo 
sovi'ano  Sirwayh,  il  parricida.  Alle  sventure  precedenti  si  aggiungeva  la 
minaccia  di  altri  disastii.  di  altre  complicazioni  ancora  più  temibili. 

Non  sappiamo  come  avvenisse  il  ritiro  dei  Persiani  dall'Egitto,  e  come 
e  quando  a'Ì  si  ristabilisse  il  dominio  bizantino,  perchè  su  questo  periodo, 
allo  stesso  modo  che  su  quello  immediatamente  precedente,  scarseggiano 
quasi  del  tutto  le  fonti  per  la  storia  dell'Egitto.  L'unica  che  avrebbe  po- 
tuto darci  ampi  ragguagli,  la  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs,  ha  precisa- 
mente qui  la  grande  lacuna  già  da  noi  lamentata. 

Il  Butler  (171-172)  non  crede  che  la  guarnigione  greca  rioccupasse 
l'Egitto  prima  dell'anno  629,  perchè  la  pace  tra  la  Persia  e  Costantinti- 
poli  fu  conclusa  soltantcj  nel  628  dell'  E.  V.  Il  cronista  ecclesiastico  Se- 
verus  afferma  esser  i  Persiani  rimasti  in  Egitto  per  sei  anni  ancora  dopo 
l'elezione  del  patriarca  copto  Beniamino  (Butler,  173,  nota  Ij:  se  questa 
notizia  .è  vera,  i  Persiani  avrebbero  abbandonato  l' Egitto  solo  dopo  la  con- 
clusione della  pace.  Il  Butler  suppone  (perchè  non  abbiamo  notizie  a  questo 
proposito)  che  nell'inverno  628-629  Eraclio  mandasse  in  Egitto  un  esercito 
per  rioccupare  regolarmente  il  paese  (Butler,  174). 

§  155.  —  Il  fatto  più  saliente  delle  vicende  egiziane  dopo  la  rioccu- 
pazione bizantina  fu  la  nomina  di  Ciro,  già  vescovo  di  Fasi  nel  Caucaso, 
all'arcivescovado  di  Alessandria,  con  pieni  poteri  e  religiosi  e  militari. 
Sappiamo  che  Ciro  si  recò  ad  Alessandria  nell'autunno  del  631  e  che 
contemporaneamente  al  suo  arrivo  colà,  il  patriarca  copto  Beniamino  prese 
la  fuga  e  si  ascose  nel  deserto  dopo  aver  tenuta  un'assemblea  di  preti  e 

78. 


18.  a.  H. 


§  155. 


laici  e  dopo  aver  scongiurato  i  presenti  a  rimanere  saldi  nella  fede  fino  alla  18  a-  "• 

j.       /T>      i.  1  ì-ra  \  lEGITTO.  -  Le  con- 

morte  (Butler,   176  e  segg.).  dizioni  dall' Egit- 

Siffatta  versione,  che  noi  dobbiamo  alla  stoi-ia  dei  patriarchi  copti  di  toaiia vigilia dai- 
Alessandria.  scritta  da  Severus.  ci  presenta  un  singolare  stato  d'animo  in  ^al 
Egitto,  vale  a  dire  che  da  essa  traluce  come  bastasse  la  comparsa  del  rap- 
presentante della  dottrina  religiosa  dell'  imperatore  Eraclio,  perchè  il  clero 
copto  fosse  preso  dal  panico,  ed  il  capo  di  esso  fuggisse  nel  deserto  qua- 
siché la  permanenza  sua  in  Alessandria  costituisse  rischio,  di  apostasia  o 
morte.  Se  la  notizia  è  esatta,  noi  dobbiamo  arguire  che  prima  ancora  del 
suo  aiTivo,  già  i  Copti  avessero  chiaramente  idea  delle  intenzioni  e  dei 
mezzi  elle  il  patriarca  ortodosso  avrebbe  impiegato,  per  mettere  in  atto  sif- 
fatte intenzioni.  Come  i  Copti  lo  sapessero  non  ci  è  detto  dalle  magre  fonti: 
la  versione  mi  sembra  anzi  tanto  singolare,  che  esiterei  ad  accettarla  let- 
teralmente, come  fa  il  Butler,  e  riterrei  che  sia  avvenuta  una  di  quelle 
•colite  anticipazioni  di  eventi,  proprie  a  tutte  le  tradizioni  popolari.  I  cro- 
nisti copti  hanno  tendenziosamente  ingigantito  quanto  avvenne  di  poi,  so- 
spinti da  profonde  passioni  religiose  e  dall'odio  inestinguibile  verso  i  Greci 
e  la  fede  che  professavano.  Nondimeno,  pur  accogliendo  la  notizia  come 
esagerazione  tendenziosa,  essa  ci  rappresenta  lo  stato  d'animo  dei  Copti 
ed  il  modo  con  il  quale  essi  giudicavano  ed  apprezzavano  gli  atti  del 
governo  di  Costantinopoli. 

Si  vuole  che  Ciro  venisse  investito  dell'autorità  religiosa,  civile  e  mi- 
litare (Butler,  179.  516  e  segg.),  e  ricevesse  l'ordine  di  diffondere  ed  im- 
porre il  nuovo  dogma  ufficiale  del  Monoteletismo,  che  doveva  fondere  in 
una  fede  sola  i  duofi.siti  ed  i  monofisiti.  Il  risultato  fu,  come  ben  si 
dovrebbe  intendere,  assolutamente  negativo,  perchè  destò  opposizione 
tanto  nel  campo  ortodosso,  quanto  in  quello  etex'odosso  e  la  politica  reli- 
oiosa  di  Eraclio,  invece  di  diminuire,  aumentò  di  cento  doppi  il  numero 
iei  suoi  nemici  religiosi  e  le  difficoltà  nello  svolgimento  della  sua  poli- 
tica interna. 

Ciro  dunque  tenne  un  concilio  in  Alessandria  e  perorò  la  causa  del 
Monoteletismo,  senza  curarsi  che  aveva  tra  gli  avversari  ed  oppositori  lo 
stesso  patriarca  ortodosso  di  Gerusalemme,  il  dotto  e  pio  Sophronius:  la 
missione  di  Ciro  doveva  essere  di  pace,  egli  doveva  far  scomjDarire  ogni 
conflitto  religioso  ed  ogni  eresia  con  un  mezzo  termine  che  appagasse  gli 
scrupoli  dottrinari  tanto  degli  uni  che  degli  altri.  La  sua  perorazione  sortì 
invece  un  effetto  contrario,  e  ne  vennero  una  opposizione  profondamente 
jstile  e  tenace  e  lo  scoppio  di  passioni  più  ardenti  e  cieche,  e  persecuzioni 
più  crudeli  di  quello  che  mai   fossero  state  per  il  passato. 

79. 


g§  155.  16<>.  lo-    3"    H. 

18-  a-  H-  Il    Butler  (180-181)  nel  iiariarc  l'esito  iiileliio  dolla   pretesa    missione 

[EGITTO.- Le  con-  a  j-    n>-  ■  ■    V  •       i  ^  •         •  xx       , 

dizioni  dell' Egit-  paoifioa  di  Ciro,  si  maraviglia  quasi  che  questa  non  riuscisse,  e  getta  la 
ioaiiavigiiiadei-  colpa  sii  ambedue  le  parti,  suggerisce  cioè  che  Ciro  debba  esser  stato  pre- 
dai potente,  e  ciechi  ed  intrattabili  i  Copti.  Nel  contentarsi  di  queste  brevi 
osservazioni  egli  mostra  di  non  tener  conto  delle  ragioni  intime  e  profonde 
di  tutto  il  perenne  conflitto  religioso-nazionalista  tra  gli  Egiziani  ed  il  go- 
verno di  Costantinopoli.  Anche  se  Eraclio  avesse  trovato  la  forinola  più 
ossequiosa  ai  dogmi  copti,  essi  non  l'avrebbero  mai  accettata,  perchè  mai 
avrebbero  acconsentito  a  dipendere  religiosamente  da  Costantinopoli,  (xici 
si  disse  come  il  divario  di  fede  fosse  la  forma  allora  consueta  con  la  quale 
si  esplicava  la  sorda,  direi  quasi  inconscia,  ma  certo  irresistibile,  tendenza 
separatista  degli  Egiziani.  Essi  non  potevano  comprendere,  né  desiderare 
una  indipendenza  politica,  perchè  mancavano  di  tutto  per  ottenerla  e  con- 
servarla: erano  in"  compenso  gelosissimi  della  indipendenza  religiosa,  alla 
quale  tenevano  quanto  altri  avrebbero  tenuto  alla  loro  indipendenza  na- 
zionale. 

§  156.  —  Il  tentativo  di  Eraclio  doveva  quindi  necessariamente  fal- 
lire anche  più  sicuramente  che  non  fallisse  in  Siria  ed  in  Palestina:  e  vano 
doveva  riuscire  lo  sforzo  di  Ciro  di  piegare  con  l'intimidazione  1  Copti  ad 
accettare  le  vuote  formole  sofistiche  del  dogma  monoteletico. 

Se  consideriamo  gli  eventi  da  questo  punto  di  vista,  comprendiamo 
le  ragioni  che  mossero  Beniamino,  il  patriarca  copto,  a  fuggire  da  Ales- 
sandria prima  della  venuta  di  Ciro:  egli  non  fuggì  per  timore  di  essere 
ucciso  o  perseguitato:  ciò  sarebbe  stato  atto  poco  generoso  e  bello.  Egli 
volle  allontanarsi  da  Alessandria,  perchè  sapeva  qviali  erano  le  istruzioni 
di  Ciro  e  non  voleva  in  alcun  modo  nemmeno  intavolare  trattative  con 
lui  per  la  fusione  delle  due  chiese.  Egli  era  ben  consapevole  che  i  Copti 
mai  aATi'ebbero  accettata  la  fusione,  alla  quale  certamente  egli  stesso  come 
copto  e  patriarca  era  pai'imenti  contrarissimo  e  forse  il  più  avverso  di  tutti: 
era  perciò  importante  che  egli  mai  si  trovasse  con  Ciro  e  togliesse  perciò 
a  questo  ogni  mezzo  di  trattare  poysonalmente  con  il  capo  della  chiesa 
copta.  Nell'assenza  del  patriarca  Beniamino,  era  vano  iniziare  trattative 
con  il  clero,  perchè,  tranne  il  caso  di  creare  un  nuovo  scisma  nella  chiesa 
copta,  il  clero  non  poteva  prendere  verun  accordo  con  Ciro,  e  tutti  i  conati 
di  questo  necessariamente  riuscivano  vani  ed  inutili:  la  scomparsa  del  pa- 
triai'ca  copto  prima  dell'arrivo  del  plenipotenziario  bizantino  per  quest'ul- 
timo equivalse  ad  una  dichiarazione  di  guerra. 

L'insuccesso  di  Ciro  fu  evidente  fin  dal  principio:  nessuno  volle  nem- 
meno trattare  con  lui  la  questione  religiosa:  gli  ortodossi  stessi  fecero  tutto 

V 

80. 


18.  a.  H. 


150.  157. 


«]uello  che  era  possibile  per  indurlo  a  desistere  dal  tentativo;  ma  invano,  iS-  ^-  ^■ 

perchè  Ciro  volle  fare   la  prova  a   dispetto  di  tutto:   i  Copti  apertamente        dizioni  dell' Egit- 
e  risolutamente  si  rifiutarono  di  prendere  in  considerazione  l'ai-tificioso  ac-        toaiiavigiiiadei- 
comodamento,  che  nascondeva  non  già  un  interesse  nella  felicità  spii-itualo        ba.] 
dei  Copti,  ma  sibbene  un  desiderio  di  unificare  la  chiesa  cristiana  a  solo 
ed  unico  profitto  dell'autorità  politica  e  spirituale  del  patriarca  di  Costan- 
tinopoli e  dell'imperatore  bizantino,  di  cui  il  patriarca  era  la  creatura. 

Vista  la  sua  cattiva  riuscita,  Ciro  abbandonò  i  mezzi  pacifici  della  per- 
suasione oratoria  e  della  logica  sofistica,  e,  sia  per  dispetto,  sia  perchè  cre- 
desse realmente  di  domare  i  Copti,  si  abbandonò  alla  politica  ben  pericolosa 
e  sempre  inetìScace  della  persecuzione.  Ebbe  allora  principio  la  grande  per- 
.secuzione  dei  Copti,  cominciata,  crede  il  Butler  (183),  uno  o  due  mesi 
dopo  il  Concilio  di  Alessandria  nell'ottobre  del  631  È.  V.,  e  terminata  so- 
lamente con  l'invasione  araba. 

§  157.  —  I  particolari  della  persecuzione  non  hanno  rilievo  per  il 
nostro  speciale  argomento:  come  e  fino  a  che  punto  Ciro  insevisse  contro 
i  Copti  sono  incidenti  propri  d'una  storia  religiosa  dell'Egitto  e  si  possono 
leggere,  ampiamente  riassunti,  nel  bel  lavoro  del  Butler  (183  e  segg.j. 
A  noi  importa  però  rilevare  che  la  persecuzione  tii  realmente  rigorosa  ed 
a  volte  ben  crudele:  pare  accertato  che  in  cei-te  circostanze  il  patriarca 
Ciro,  o  forse  più  correttamente  i  suoi  dipendenti  ed  agenti,  non  esitassero 
di  ricorrere  perfino  alla  tortura:  in  alcuni  casi,  come  risulta  da  un  brano 
della  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs  (pag.  566),  molte  persone  fiu'ono  man- 
date a  morte  dai  soldati,  senza  giudizi  di  sorta.  Questi  furono  nondimeno 
i  casi  estremi  e  non  sembrano  essere  stati  tì-equenti:  talvolta  l'azione  ener- 
gica e  sanguinosa  del  governo  fu  motivata  da  una  pretesa  rivolta  o  un 
tentativo  di  rivolta  politica  :  gli  uccisi  sono  accusati  di  aver  attentato  alla 
vita  del  patriarca  Ciro.  Questa  accusa  però  deve  essere  stata  un  semplice 
pretesto  per  la  feroce  repressione. 

Dalle  fonti  parrebbe  doversi  arguire  che  durante  tutti  e  dieci  gli  anni 
dell'amministrazione  di  Ciro  infierisse  la  persecuzione  con  maggiore  o  mi- 
nore violenza:  l'atto  compiuto  dai  difensori  di  Babilonia  al  momento  della 
resa  della  fortezza  nelle  mani  degli  Arabi  (cfi'.  Niqyùs,  pag.  567)  comprova 
come  la  persecuzione  durasse  fino  all'arrivo  degli  Arabi  e  fino  agli  ultimi 
momenti  del  governo  bizantino.  È  possibile  che  le  nostre  fonti  copte  ab- 
biano esagerata  la  ferocia  della  persecuzione,  descrivendocela  come  conti- 
nuata, illogica  e  crudelissima,  con  vera  ecatombe  di  fedeli  monofisiti.  E  però 
oltremodo  probabile  che,  se  avessimo  i  documenti  di  fonte  bizantina,  sa- 
premmo   meglio    le  ragioni  di  certi  atti  feroci,  dei  quali  i  Copti,  in   odio 

81.  11 


§§  157,  i5«.  18.  a.  H. 

'8-  3-  H.  ;,i  l^l,.,,  tìpprossori.    Iiamu)  taciuto   i    motivi.   Si  consideri  che   tutta   la   popo- 

lEGITTO.-Lecon-       ,       .  ,,,.,,•  ^    -^  ,  .      ,.    ,        .  ,         ■  , 

dizioni  dell' Egit-  laziouc  (li'U  K<;itto  ora  monolisita,  o  che  se  quindi  logicamente  si  poteva 
toaiiavigiiia  del-  uccidere  UH  copto,  pi'rcliè  seguace  di  tale  dottrina,  non  v'era  ragione  al- 
j,a  ;  luua.    perchè   lo   stesso    trattamento    non    venisse  esteso  a  tutta   intei-a  la 

popolazione  dell'Egitto,  e  tutta  questa  venisse  sterminata.  (Ili  atti  di  fe- 
roce repressione  a  cui  gli  agenti  di  Ciro  senza  dubbio  più  volte  si  abban- 
donarono, dovettero  avere  altre  ragioni  particolari  a  noi  ignote,  e  debbono 
considerarsi  come  veri  atti  punitivi  per  1"  infrazione  di  una  qualche  legge, 
o  editto  dell'Imperatore. 

Qualunque  fosse  la  natura  vera  della  persecuzione  ed  il  modo  preciso 
nel  quale  si  svolse,  non  è  il  nostro  compito  di  porre  in  chiaro  siffatti  pro- 
blemi: a  noi  basta  insistere  specialmente  sui  sentimenti  vivissimi  di  odio 
e  sulla  coscienza,  vera  o  falsa  che  fosse,  di  inaudite  ingiustizie  soffiirte  dai 
Copti  per  opera  di  Ciro  e  dei  suoi  dipendenti:  a  noi  importa  sovra ttutto  di 
stabilire  con  sicurezza  che  l'attività  di  Ciro  aggiavò,  più  che  mai  nel  passato, 
lo  stato  già  penosissimo  e  periglioso  degli  animi  in  Egitto;  e  l'effetto  più 
sicuro  e  durevole  dei  suoi  atti  fu  di  aumentare  sempre  maggiormente 
l'odio  verso  Bisanzio.  La  tolleranza  religiosa  dei  Persiani  adoratori  del 
fuoco,  veri  e  propri  pagani,  tolleranza  di  cui  in  tutti  era  ancora  ft-esca  e 
viva  la  memoria,  dovette  spontaneamente  far  nascere  il  sentimento  univer- 
sale tra  i  Copti  esser  assai  meglio  un  governo  di  barbari  e  di  pagani,  che 
non  quello  dei  Bizantini  ortodossi. 

§  158.  —  Con  una  cecità  che  desta  maraviglia  nello  studioso  del  pre- 
sente periodo  storico,  il  governo  di  Eraclio,  rappresentato  da  Ciro,  perse- 
verò in  tale  politica  nefasta,  esiziale,  fino  agli  ultimi  suoi  giorni  di  vita, 
nulla  profittando  dalle  terribili  lezioni  che  venivano  dai  campi  di  battaglia 
della  Palestina  e  della  Siria,  e  dal  contegno  dei  Monofisiti  della  Siria  verso 
i  conquistatori  arabi.  Se  Ciro  perseverò  nei  suoi  errori,  i  Copti,  da  parte 
loro,  tennero  duro  anch'essi  con  tenacia  anche  maggiore.  Alla  fine  della  sua 
infausta  amministrazione  Cii-o  era  ancora  più  lontano  dalla  sua  mèta,  di 
quello  che  non  fosse  il  primo  giori  .0  in  cui  sbarcò  in  Egitto.  La  chiesa 
copta  fu  afflitta  dalla  massima  iattura,  dalle  più  crude  sventure,  ma  la 
causa  del  Monoteletismo,  per  la  violenza  della  persecuzione  e  per  l'inanità 
intrinseca  del  suo  contenuto,  si  rivelò  perduta  fin  dal  primo  giorno  in  cui 
fu  propugnata  in  Egitto  e  altrove.  Non  possiamo  dimostrarlo  con  docu- 
menti, ma  la  logica  naturale  dei  fatti  fa  supporre,  con  ogni  probabilità  di 
cogliere  nel  vero,  che  gli  eventi  svolgentisi  in  Siria  con  tanta  rapidità  e  cla- 
more strepitoso,  fossero  seguiti  con  vivissima  attenzione  dai  Copti  in  Egitto 
e  riaccesero  nella  popolazione  oppressa,  e  moralmente  martirizzata,  le  forze 

82. 


18.    a.    H.  §§  158,  159.  ' 

più   tenaci  di  resistenza  e  forse  anche  la  speranza  di  un  ritorno  dell'Egitto  ^Q-  a-  h. 

^  .,,..,       ,  •    1       ^  7      •  (EGITTO.- Le  con- 

sotto il  dominio  barbaro  e  pagano,  seppure  violento  e  rapace  in    materia        dizioni  dell' Egit- 

fiscale.  In  Siria  l'invasione  aveva  arrecato  ingenti  danni  materiali,  ma  era        to  alia  vigilia  dei- 

T       T  .    .         -,    1  -,..,..  -,,  .  la  conquista  ara- 

già  noto  a  tutti  che  lo  spinto  del  nuovo  dominio  m  Asia  era  tollerante  in  ^,3 , 
religione,  per  la  indifferenza  dei  conquistatori  riguardo  alla  fede  dei  sud- 
diti, e  finché  pagavano  regolarmente  i  tributi  imposti.  Se  quindi  sarebbe 
forse  esagerare  il  vero  l'affermare  che  i  Copti  sospirassero  un'invasione 
araba  che  li  liberasse  dai  Bizantini,  noi  crediamo  di  trovarci  al  vero  per- 
fettamente consoni,  ritenendo  che  i  Copti  contemplassero  con  sentimenti 
forse  di  timore,  ma  certo  non  di  avversione,  la  possibilità  di  un  mutamento 
di  governo.  Le  circostanze  poco  chiare  della  partenza  di  'Amr  b.  al-'As  per 
l'Egitto  mi  fanno  sospettare  che  qualche  copto,  esule  forse  dalla  patria  perchè 
fuggito  dalle  persecuzioni  bizantine,  facesse  intendere  all'accorto  generale 
arabo  lo  stato  reale  dell'Egitto  e  gliene  suggerisse  la  conquista. 

Lasciando  per  ora  siffatti  argomenti,  sui  quali  avremo  a  ritornare,  sarà 
opportuno  prender  nota  di  un  aspetto  speciale  del  conflitto  tra  ortodossia 
e  monofisismo  in  Egitto:  noi  cioè  ci  saremmo  attesi  di  vedere  nei  docu- 
menti copti  una  menzione  esplicita  del  Monoteletismo  ufficiale  e  di  sen- 
tirci descritta  la  persecuzione  come  tentativo  d'imporre  tale  credenza  ai 
Monofisiti  dell'Egitto.  I  documenti  copti  non  fanno  però  menzione  alcuna 
del  Monoteletismo:  per  loro  esso  non  esiste  e  si  tratta  sempre  della  orto- 
dossia solita  rappresentata  dal  governo  di  Bisanzio. 

Siffatto  atteggiamento  dei  Copti  è  tipico:  nulla  vale  meglio  a  stabi- 
lire lo  stato  degli  animi  loro.  Per  essi  la  questione  non  fu  mai  di  prendere 
in  esame  la  dottrina  del  governo:  il  semplice  fatto  che  la  dottrina,  qua- 
lunque essa  fosse,  proveniva  dalle  autorità  governative,  bastava  perchè  essa 
ritenesse  condannata  e  non  meritevole  nemmeno  di  menzione.  Con  tali 
genti  era  impossibile  ragionare,  e  non  esitiamo  ad  affermare  che  Ciro,  per 
poco  intelligente  che  fosse,  deve  aver  compresa  l' inutilità  assoluta  della 
nuova  formola  religiosa,  come  mezzo  di  unione  della  fede  ufficiale  con 
(quella  eterodossa  dei  Copti:  è  quindi  probabile  che,  dopo  un  certo  tempo, 
lo  stesso  Ciro  non  si  curasse  più  tanto  di  divulgare  una  formola  teologica 
piuttosto  che  un'altra,  ma  che  quasi  inavvertitamente  trasformasse  la  per- 
secuzione religiosa  in  una  vera  e  propria  repressione  di  carattere  politico, 
quasiché  la  tenacia  dei  Copti  nel  non  voler  mutare  fede  fosse,  anche  nelle 
sue  manifestazioni  di  passiva  resistenza,  un  atto  di  ribellione  all'autorità 
ed  alla  volontà  dell'  Imperatore. 

§  159.  —  Dalle  espressioni  usate  dal  Butler  (191)  risulta  che,  a  suo 
modo  di  vedere,  la  persecuzione  durò   non  interrotta  durante  tutta   l'am- 

88. 


g  160.  18.  a.  H. 

'8-  a.  H.  niinistrazione  di  Ciro:  ogli  si  fonda  .specialmente  sulle  parole  di  (riovanni 

[EGITTO.- Le  con-  _  ,    ,,  ,.  i  i  i         /->(•  i  -i  •,  •         ,-,     • 

dizioni  dell' Egit-     ••'  Niqvus.  dalle  quali   parrebbe  che  Ciro,  dopo  \l   suo    ritorno    m    hgitto, 
toaiia vigilia  del-     ossia   uel    G41    dell'Era    Volgare,  riprendesse  a  perseguitare  i  Copti,    «  ag- 

la  conquista  ara-  •.  •    i  •    i  /i\     -vt    n  t  \     •     t  /•     i    i 

bai  <^  giungendo  violenze  a  violenze»  (  ).   INello  studiare  però  i  documenti  del 

tempo,  la  continuità  della  persecuzione  non  appare  dimostrata,  perchè  dob- 
biamo piir  lasciare  un  margine  abbastanza  ampio  per  la  tendenza  solita  e 
ben  naturale  di  esagerare  le  pene  sofferte:  più  grandi  erano  queste,  tanto 
più  meritoria  doveva  apparire  la  santa  resistenza  dei  Copti:  la  persecu- 
zione fu  di  carattere  locale  e  saltuario,  a  volte  spasmodica  e  feroce,  a 
volte  quiescente  e  remissiva.  D'altra  parte  le  stesse  esagerazioni  delle 
nostre  fonti  sono  per  noi  di  molto  pregio,  perchè  danno  la  misura  del- 
l'odio verso  i  Bizantini,  odio  che  si  rivela  intenso  ed  inestinguibile.  Se  la 
natura  è  disposta  a  scusare,  e  talvolta  anche  a  dimenticare,  un  danno,  un 
dolore  inflitto  da  persona  amata,  altrettanto  reagisce  violentemente  e  spesso 
illogicamente  contro  la  più  lieve  offesa  die  parta  da  persona  odiata.  La 
storia  adunque  dei  Copti,  durante  la  persecuzione  di  Ciro,  va  letta  nello 
stesso  modo,  con  gli  stessi  criteri,  dei  documenti  sulle  persecuzioni  dei 
re  sas.sanidi  (cfi-.  12.  a.  H.,  §§  137  e  segg.):  vale  a  dire  che  furono  ra])- 
porti  di  continua  inconciliabile  ostilità,  interrotti,  or  qua  or  là,  da  brevi 
ina  feroci  atti  di  repressione,  che  la  tradizione  poi,  esagerando,  ha  voluto 
far  ci'edere  fossero  continuati,  senza  interruzione,  senza  tregua  di  sorta. 

Possiamo  concludere  che  se  prima  di  Ciro  i  Bizantini  erano  odiati, 
essi  divennero,  dopo  il  ritiro  dei  Persiani,  oggetto  d' un'avversione  anche 
più  intensa:  le  infamie  bizantine  colorirono  per  riverbero  il  dominio  per- 
siano e  lo  fecero  apparire  come  un  periodo  relativamente  felice  di  tolle- 
ranza religiosa.  È  possibile  che  il  confronto  tra  i  due  regimi  avesse  un 
effetto  ben  sensibile  sulla  disposizione  d'animo  dei  Copti,  quando  le  vit- 
torie di  Agnàdaj'n  e  del  Yarmùk  fecero  supporre  probabile  un  nuovo  e  sol- 
lecito mutamento  di  governo.  Quanto  si  disse  altrove  sullo  stato  degli  animi 
in  Sh'ia  verso  Bisanzio  (cfr.  12.  a.  H.,  §§  265  e  segg.)  vale  quindi  anche  per 
i  Copti,  in  misura  forse  anche  ma^jgiore. 

Il  Butler  vorrebbe  escludere  (192)  da  parte  dei  Copti  ogni  simpatia  per 
la  causa  araba,  e  rileva  come  ogni  pagina  della  storia  copta  successiva  sia 
un  documento  inconfutabile  dell'aborrimento  dei  Copti  anche  verso  i  padroni 
musulmani.  In  questo  siamo  pienamente  d'accordo,  e  noi  rilevammo  già  al 
principio  di  questa  digressione,  come  i  Copti  abbiano  sempre  avuto  poca  o 
niuna  simpatia  per  i  popoli  che  li  dominarono;  cosa  del  resto  naturale  e 
comune.  Il  Butler  però  dimentica  che  i  Copti  a  cui  allude  sono  di  età  po- 
steriori, da  quando  cioè  i  Copti  avevano  imparato  a  conoscere  e  ad  odiare 

84. 


18.  a.  H.  §§  159^  160. 


il  dominio  musulmauoi  che  in  molte  circostanze  si  rivelò  talvolta  nei  secoli  ^^-  ^-  ^• 

successivi  anche  più  opjirimente,  intollerante  e  crudele  del  governo  bizantino.        dizioni  deii'Egit- 
Nulla  però  ci  autorizza  ad  affermare  che  tali  fossero  i  sentimenti  dei  Copti        to  alia  vigilia  dai- 

1    IH  •  ■  1  1  •    •  TI  .  la  conquista  ara- 

prima  dell  invasione  musulmana,  quando  essi  ignoravano  del   tutto   quale        ba.) 

sarebbe  stato  veramente  il  governo  degli  Arabi.  Prima  dell'invasione  araba 
dobbiamo  ritenere  che  per  odio  contro  i  Bizantini,  a  moltissimi  Copti  sor- 
ridesse l'idea  di  vedere  i  Greci  stessi  cacciati  e  crudelmente  puniti  dai  pa- 
gani d'Arabia.  Non  fu,  cioè,  tanto  un  desiderio  di  passare  sotto  il  dominio 
arabo,  quanto  una  brama  intensa  di  danneggiare  i  Bizantini;  due  senti- 
menti di  natura  ben  diversa.  Nel  corso  della  storia  della  conquista  araba 
avremo  più  d'una  volta  occasione  di  ritrovare  questa  disposizione  di  simpatia 
passiva  dei  Copti  per  gii  Arabi,  che  infliggevano  sì  terribili  perdite  agli 
odiati  Bizantini.  Tale  simpatia  jDerdurò  nonostante  le  inevitabili  crudeltà 
e  violenze  degi"  invasori.  Non  v'è  dubbio  che  i  Copti  facilitarono  grande- 
mente la  conquista  agli  Arabi,  e  non  sarei  alieno  dal  ci'edere,  come  già 
dissi,  che  qualche  nemico  più  accanito  ed  intraprendente  del  governo  bizan- 
tino, forse  in  modo  indiretto,  rendesse  noto  nel  campo  arabo  in  Palestina 
il  reale  stato  delle  cose  in  Egitto,  e  facesse  abilmente  perorare  da  qualcuno 
la  causa  della  conquista  della  provincia. 

Nota  1.  —  Per  essere  giusti  dobbiamo  però  anclie  ricordare  che  se  crudeli  ed  ingiusti  furono  i 
rappresentanti  del  governo  bizantino,  i  Copti  stessi,  in  particolar  modo  il  clero,  furono  implacabili  e 
addirittura  feroci,  quando  un  egiziano  passava  alla  fede  ufficiale  malchita.  Così,  per  esempio,  in  alcuni  docu- 
menti copti,  pubblicati  dall'Aniéliueau  [JA.,  1888,  pag.  386-S87 1,  si  narra  che  un  ecclesiastico  copto  monotìsita. 
di  alto  grado,  nel  visitare  la  sua  diocesi  scopre  ohe  un  muratore  copto  si  è  convertito  alla  fede  ortodossa: 
egli  ordina  che  l'infelice,  con  tutta  la  famiglia,  venga  arso  vivo  di  sorpresa  nella  sua  stessa  casa.  Lo 
Araélineau  giustamente  pone  in  rilievo  che,  secondo  altre  fonti,  i  capi  del  clero  copto  facevano  rego- 
lari perlustrazioni  delle  diocesi  e  davano  la  caccia  a  tutti  i  traditola  della  fede  nazionale,  sotto  accusa 
iusidiosa,  che  fossero  colpevoli  di  peccati  comuni.  L'Amélineau  sospetta,  che  siccome  l'autorità  centrale 
bizantina  non  pare  intervenisse  in  queste  misure  terroriste,  che  ricordano  i  fasti  dell'  inquisizione  spa- 
gnuola,  il  clero  copto  avesse  ereditato  dal  clero  egizio  antico  alcuni  diritti  di  giurisdizione  interna, 
istituita  dall'amministrazione  dei  Faraoni,  appunto  per  consei'vare  intatti  i  dogmi  della  fede  nazionale 
e  soffocare  le  eresie  nel  loro  nascere. 

§  1 60.  —  È  notevole  il  fatto,  che  mai  le  fonti  accennano  a  un  aiuto 
giunto  ad  Eraclio  dall'Egitto,  mentre  anche  le  fonti  arabe  ammettono  la 
fuga  in  Egitto  di  comandanti  greci  e  quella  dei  loro  seguaci  dalla  Pale- 
stina. Ciò  induce  sicuramente  a  concludere  che  le  guarnigioni  egiziane  di 
Bisanzio  fossero  molto  deboli. 

In  secondo  luogo  è  degno  di  nota  che  le  nostre  fonti  non  espongono 
nessun  motivo  dell'invasione:  se  dovessimo  credere  alle  tradizioni  arabe, 
l'idea  d'invadere  l'Egitto  venne  al  solo  Amr  b.  al-'As:  nessuno  pare  ci 
avesse  pensato,  ed  il  Califfo  limar  le  era  perfino  contrario.  Siffatte  notizie, 
insufficienti,  fanno  sospettare  l' esistenza  di  altre  recondite  ragioni,  che 
probabilmente  gli  attori  stessi  furono  desiderosi  di  tener  nascoste.  Dal  con- 


§§  ui^i,  itii.  J°-  3..  H. 


16.  a.  H.  testo  dei  fatti,  dalla  maniera  precipitosa  con   cui  avvenne  rinvasiono,  a  di- 

dizioni  deirEgit-  «petto  quasi  del  Califfo,  e  con  forze  irrisorie,  mi  pare  lecito  supporre  che  'Ami- 
toaiiavieiiia  del-  h.  al-'As  agisse  di  propria  iniziativa,  forse  perfino  all'insaputa  del  Califfo, 
^conqui  a  r  ^^^  ^^^^^  osscr  da  lui  trattenuto  (ofr.  §  17G).  La  precipitazione  di  Amr  si  può 
spiegare  con  il  fatto  che  egli,  come  si  disse,  avesse  ricevuto,  per  vie  ignote 
agli  altri,  informazioni  sulla  debolezza  militare  dell'Egitto  e  sulle  disposi- 
zioni degli  abitanti  ostilissimi  ai  Greci:  tali  informazioni  possono  aver  svig- 
gerito  ad  'Amr  il  disegno  di  tentarne  la  conquista  e  carpirne  tutto  l'onore 
ed  i  vantaggi  nuiteriali,  prima  che  gli  altri  suoi  colleghi  ne  fossero  messi  a 
giorno  ed  avessero  presa  la  precedenza  su  lui.  'Amr,  che  era  l'uomo  più  astuto 
del  tempo  suo,  tenne  queste  informazioni  per  sé  e  non  ne  lasciò  mai  tra- 
pelar nulla  ad  alcuno  per  non  diminuire  i  meriti  dell'impresa,  che  egli  poi 
seppe  si  felicemente  menare  a  buon  fine.  La  precipitazione  intempestiva 
della  partenza  è  dimostxata  dalle  varie  versioni  sul  consenso  di  'Umar. 
versioni  inventate  per  giustificare  la  condotta  di  'Amr  e  la  debolezza  del 
Califfo  nel  sanzionare  quanto  era  avvenuto:  così  spiegansi  inoltre  le  do- 
mande di  soccorso  inviate  da  'Amr  al  Califfo,  quando  scoprì  che  si  era  illuso 
sulle  forze  del  nemico. 

Con  queste  allusioni  noi  entriamo  ora  nella  materia  che  più  diretta- 
mente ci  preme,  vale  a  dire  nella  critica  minuta  della  campagna  di  con- 
quista. Prima  però  di  affi'ontare  i  gravi  problemi  che  ci  attendono,  sarà 
necessaria  un'altra  digressione  sommaria  sulla  graTe  questione  dell'iden- 
tità di  al-Muqawqis,  o  al-Muqawqas,  e  sull'origine  di  questo  nome  singolare. 

EGITTO.  —  Il  problema  sull'  identificazione  della  persona  chiamata 
al-Muqawqis  e  sull'origine  di  questo  nome. 

§  161.  —  La  conquista  dell'Egitto  presenta,  al  pari  delle  altre  già  da 
noi  esaminate,  parecchi  intricati  problemi  di  natura  geografica  e  crono- 
logica; ma  vuole  il  destino  che  agli  ardui  quesiti  da  risolvere  se  ne  sia 
aggiunto  uno  nuovo  che  abbraccia  e  complica  tutta  intera  la  materia  sto- 
rica ora  da  esaminare,  vale  a  care  il  problema  singolare  della  identità  di 
una  persona  abbastanza  misteriosa,  che  gli  orientalisti  europei,  con  tutta 
la  loro  ingegnosità  e  dottrina,'  non  sono  riusciti  ancora  a  porre  definitiva- 
mente in  chiaro.  La  difììcoltà  principale  risiede  nel  nome  dato  dalle  fonti 
arabe  a  questo  personaggio,  nome  d'altra  parte  ignorato  da  tutte  le  altre 
fonti,  sicché  tutto  si  riduce  a  trovare  nelle  notizie  di  provenienza  non  aral)H 
quella  persona  che  meglio  corrisponde  all'appellativo,  agli  attributi  e  alle 
funzioni  del  misterioso  personaggio,  detto  dagli  Arabi  al-Muqawqis, 
o    al-Muqawqas.    Con    tale    questione    è    perciò   intimamente   connessa 

* 

86. 


18.  a.  H. 


§  161. 


l'altra,  parimenti  importante,  dell'origine  del  nome;  perchè  se  fosse  possibile 
stabilirne  la  genesi,  l'altro  problema  dell'identità  sarebbe  grandemente  faci- 
litato. Se  questo  al-Muqawqis  avesse  avuto  una  parte  secondaria  nelle  vicende 
della  conquista  egiziana,  le  ricerche  sulla  sua  identità  sarebbero  di  natura 
più  accademica  che  reale  e  pratica,  e  sarebbe  bastato  un  breve  cenno.  Ha 
voluto  però  la  sorte  che  questo  al-Muqawqis,  al  dire  delle  fonti  arabe,  fosse 
il  personaggio  più  importante  di  parte  greco-egizia,  colui  che  trattò  nien- 
temeno la  resa  finale  dell'  Egitto,  e  che,  per  ragioni  da  esaminarsi  in  ap- 
presso, figura  perfino  come  persona  assai  benevolmente  disposta  alla  causa 
degli  Arabi,  tanto  politicamente  che  in  materia  religiosa.  L'identificazione 
di  al-Muqawqis  presentasi  quindi  come  uno  dei  principali  quesiti  dell'in- 
vasione araba  in  Egitto.  La  soluzione  del  problema  richiede  speciale  pru- 
denza, perchè  da  quanto  precede  risulta  chiaro  come  una  ricostruzione  sto- 
rica della  conquista  non  potrebbe  reggere,  se  fondata  sopra  una  erronea 
identificazione  di  al-Muqawqis:  un  errore  di  siffatto  genere  troncherebbe  uno 
dei  più  importanti  legami  tra  le  fonti  arabe  e  quelle  cristiane,  bizantine, 
copte  e  via  discorrendo. 

Tutti  sono  d'accordo,  come  osserva  giustamente  il  Butler  (508),  nel 
ritenere  che  al-Muqawqis  abbia  avuto  una  parte  direttiva  nei  negoziati 
che  portarono  alla  sottomissione  dell'Egitto,  e  che  egli  sia  il  personaggio 
principalmente  responsabile  dei  patti  della  resa:  a  questo  punto  però  cessa 
ogni  accordo.  La  sua  identità,  il  suo  nome,  la  sua  nazionalità,  la  carica 
che  occupava  e  perfino  il  significato  del  titolo  che  portava,  sono  tutti  sog- 
getti assai  controversi,  discussi  e  risoluti  in  modi  diversi  da  ogni  scrit- 
tore; alcuni,  infine,  non  risoluti  affatto.  Alla  confusione  dei  critici  moderni 
corrispondono  le  confusioni  e  le  più  patenti  contraddizioni  ed  assurdità  tra 
gli  stessi  cronisti  ai"abi  che  ci  riportano  le  notizie.  È  evidente  che  perfino 
gli  scrittori  più  antichi  che  noi  possediamo,  all'età  in  cui  scrivevano,  igno- 
ravano la  vera  identità  della  persona  di  al-Muqawqis. 

Il  problema  è  stato  discusso  dal  Von  Ranke  ( W eltgeschichte,  I, 
pag.  142  e  segg.),  dal  De  Goeje  (Études  dédiées  a  Leemans,  Leiden 
1885),  dal  Karabacek  (Mittheilungen  Samml.  Pap.  Rainer,  I, 
pag.  1-11),  dall' Amélineau  (J.  A.,  sèrie  Vili,  tom.  XII,  pag.  389  e  segg.), 
dal  Lane  Poole  (Egyptinthe  Middle  Ages,  pag.  6,  nota  2),  dal  Milne 
(Eg3pt  under  Roman  rule,  pag.  224),  e,  in  fine,  dal  Butler  (508-526); 
il  quale,  in  una  lunga  appendice,  esamina  minutamente  il  problema,  con 
copia  di  argomenti  e  documenti  come  nessun  altro  fece  prima  di  lui,  ar- 
rivando alla  conclusione  che  al-Muqawqis  sia  precisamente  il  patriarca  or- 
todosso di  Alessandi'ia.  Ciro. 


13.  a.  H. 
[EGITTO.-  Il  pro- 
blema sull'iden- 
tificazione della 
persona  chiama- 
ta al-Muqawqis 
e  sull'origine  di 
questo   nome.] 


87. 


161,  162. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Il  pro- 
blema sull'iden- 
tificazione della 
persona  chiama- 
la al-  Muqawqis 
e  sull'origine  di 
questo  nome.] 


Lo  studio  del  Biitler  su  al-Muqawqis  ì'  un  saggio  di  ciitiia  a(  iita  e 
geniali',  ilie  inclita  di  essere  accolto  con  la  mas.sima  simpatia,  ed  a  no.stri> 
modi)  di  vedere  è  finora  il  tentativo  più  felice  per  risolvere  l'enigma.  Per 
r identità  di  al-Muqawtiis  con  il  patriarca  Ciro  le  ragioni  addotte  dal 
Butler  sono  molte,  ed  in  parte  nuove  ed  in  genere  meritevoli  di  simpa- 
tica considerazione.  Su  questa  parte  del  problema  mi  pare  che  la  sua  tesi. 
con  qualche  modifica  nei  particolari,  possa  essere  accettata  provvisoriamente 
in  mancanza  di  altra  soluzione  migliore  che  chiarisca  i  punti  ancora  oscuri 
ed  indecifrati.  Egli  però  non  riesce  a  dimostrare,  in  modo  convincente,  l'ori- 
gine del  nome  al-Muqawqis  (•),  né  risohe  tutte  le  dithcoltà. 

Sarà  bene  quindi  riassumere  i  migliori  tentativi  fatti  per  risolvere 
l'enigmatica  questione,  ed  aggiungere  infine  quelle  poche  i)Sservazioni  che 
a  noi  sono  suggerite  dal  problema,  premettendo  però  fin  da  ora  che  non 
riteniamo  ancora  risoluto  il  problema  stessp,  e  che  non  crediamo  tal  cosa 
possibile  allo  stato  attuale  delle  nostre  fonti. 

Nota  1.  —  Secondo  ibn  Màkiilà,  citato  da  al-Nawawi,  il  nome  lismi  di  al-Miiqawqis  era  (ima):! 
(Nawawi,  577). 

ibn  Hagai-  lo  chiama  Gurayg  b.  Mina  b.  Quri)ub,  o  (ìurayu;  b.  (^luqub.  a  m  i  r  al-Qiibt  in  Mi-.i 
(Ha^ar,  III,  1090),  cfr.  §  166,  n.'  1. 

§  162.  —  Il  De  Goeje  nel  suo  breve  articolo  del  1885  (De  Mokaukis  van 
Ègypte),  dopo  aver  riassunto  quel  che  le  fonti  arabe  narrano  del  Muqawqi.s. 
rappresentandolo  non  come  capo  spirituale,  ma  solo  quale  governatore  o 
esattore,  lo  identifica  con  Giorgio  figlio  di  Menas,  governatore  dell'Egitti 
inferiore  a  nome  di  Eraclio,  fondando  la  sua  induzione  su  quattro  passi  della 
cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs  (pag.  439,  454,  457,  465),  ove  si  parla  dei  rap- 
porti tra  questo  Giorgio  e  'Amr  b.  al-'As.  Avverte  però  che  gli  Arabi  devono 
presto  aver  confuso  il  vero  Muqawqis  con  il  patriarca  Giorgio  o  il  successore 
di  lui  Ch'o. 

Il  contributo  apportato  dall'Amélineau  alla  soluzione  del  problema 
(cfi'.  Fragments  coptes  poiir  f  jrvir  à  l'histoire  de  la  conquéte  de  l'Egypti' 
par  les  Arabes,  in  JA.,  serie  Vili,  voi.  XII,  1888,  pag.  361-410),  è  assai  im- 
portante: egli  ha  trovato  due  documenti  copti  del  tempo  dell'invasione  araba, 
nei  quali  si  narrano  le  violenze  commesse  nel  Fa}  yùm  da  Kaukhios  (Mpkau- 
khios),  pseudo-arcivescovo  (sic),  cioè  patriarca  malchita  di  Alessandria  {sic) 
a  danno  di  un  santo  asceta  copto  per  nome  Samuele,  che  non  voleva  rinnegare 
la  sua  fede  monofisita  (pag.  363-368).  Poi  adduce  vm  sinassario  copto  scritto 
in  lingua  araba,  nel  quale  lo  stesso  episodio  è  narrato  riguardo  alle  stesse 
persone;  ma  invece  di  Kavikhios  abbiamo  al-Muqawqis.  Dunque  il  personaggit' 
chiamato  al-Muqawqis  dagli  Arabi  portava  il  nome  di  Kaukhios  pressoi  Copti. 
Per  di  più  nel  sinassario  copto  redatto  in  arabo  al-Muqawqis  è  descritto  come 


18.  a.  H. 


§§  162,  163. 


un  batriq,  ossia  patrizio;  lo  stesso  sinassario,  redatto  invece  in  etiopico, 
ha  il  nome  al-Muqawqis.  e  lo  descrive  come  patriarca  e  preposto  alle  finanze 
dell'Egitto  fpag.  399).  L'Amélineau  ha  anche  osservato  (pag.  401  j  che  nei 
patti  chiesti  da  al-Muqa\vqis  ai  vincitori  arabi,  come  vedremo  più  avanti,  v'era 
quello  di  esser  sepolto  nella  chiesa  di  San  Giovanni  d'Alessandria:  questo  era 
un  privilegio  proprio  dei  patriarchi.  Degna  di  nota  è  l'osservazione  dell' Amé- 
lineau,  che  nella  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyus  non  si  fa  mai  menzione  di  al- 
Muqawqis  (pag.  403).  Infine  rileveremo  un'altra  fonte  copta,  citata  dal  mede- 
simo orientalista  S'ancese,  ossia  la  vita  di  Snoudi,  pure  un  santo  copto,  biografia 
scritta  nel  685-690  dell' E.  V.,  e  perciò  antichissima.  In  questa  fonte,  in  forma 
di  profezia,  messa  in  bocca  al  santo,  si  narrano  eventi  storici  già  trascorsi,  e 
si  afferma  come  tra  la  ritirata  dei  Persiani  e  l'ingresso  degli  Arabi  in  Egitto 
avrebbe  dorainato  un  personaggio  investito  della  doppia  autorità  civile  e  reli-, 
giosa,  costruttore  di  fortificazioni,  persecutore  accanito  dei  Copti  monofisiti. 
che  saranno  in  avvenire  costretti  a  fuggire  nel  deserto  (pag.  404-405j.  Un 
altro  passo  del  sinassario  copto,  scritto  in  arabo,  descrive  al-Muqawqis  come 
il  wazir  ed  il  batriq  dell'Egitto  (pag.  405  e  nota  1). 

Da  questi  fatti  l'Amélineau  trae  la  conclusione  che  al-Muqawqis  sia 
un  personaggio  sostituito  al  patriarca  Cii'O  quando  il  governo  di  Bisanzio 
non  fii  più  contento  dell'opera  di  Ciro  stesso  (pag.  406).  Non  gli  riesce  però 
di  citare  una  sola  fonte  per  confermare  tale  sostitvizione  e  per  specificare 
più  accuratamente  chi  egli  fosse.  Ciò  che  gli  sembra  ormai  sicuro,  dai  nuovi 
documenti  da  lui  addotti,  è  che  al-Muqawqis  fii  contemporaneamente  rive- 
stito della  potestà  ecclesiastica  e  del  potere  politico.  Ritiene  l'Amélineau 
che  al-Muqawqis  sia  un  termine  di  derisione  (pag.  407-408),  ossia  l'uomo 
che  ha  fatto  ovvero  che  riscuote  ilkauchon  o  kauchion.  una  piccola 
moneta  di  rame  di  poco  valore,  in  uso  nell'  impero  bizantino  ai  tempi  di 
Giustino  icfi'.  Due  auge  sotto  -/.aO/ov). 

§  163.  —  È  palese  da  questo  breve  riassunto,  che  le  conclusioni  dello 
Amélineau  non  sono  pari  in  valore  alle  notizie  da  lui  raccolte,  e  che  queste 
sembrano  invece  convergere  alla  induzione  che  al-Muqawqis  e  Ciro  siano 
la  stessa  persona.  Egli  stesso  non  ha  visto,  non  ha  compreso  tutto  il  peso 
della  sua  osservazione,  che  la  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyus  ignora  al-Mu- 
qawqis, perchè  avrebbe  potuto  aggiungere  come  vari  atti  attribuiti  dal  cro- 
nista copto  a  Ciro,  dai  cronisti  arabi  sono  attribuiti  invece  ad  al-Muqawqis. 

Noteremo  solo,  per  finire,  che  in  uno  dei  due  testi  copti,  citati  dall' Amé- 
lineau, abbiamo  menzione  (pag.  372)  di  un  Mina,  vescovo  copto  monofisita 
del  castello  di  Babilonia,  contemporaneo  di  Beniamino,  il  patriarca  copto: 
questo  nome  ne  ricorda  uno  dato  dagli  Arabi  ad  al-Muqawqis,  cioè  il  figlio 


18.  a.  H. 
EGITTO.-  Il  pro- 
blema suir  Iden- 
tificazione della 
persona  chiama- 
ta al-Muqawqis 
e  sull'origine  di 
questo  nome.] 


89. 


12 


§§  i69-ifi5.  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  ,ij  Mina,  ronfundoudu  in  una  due  persone  diverse.  Anche  Giovanni  di  Niqyus 

biema  sùii'iden-     ' P^g-  ^^'^O,  674,  677,  686)  ha  un  Menas  generalo  bizantino  e  prefetto,  passata) 
tificazione  della     poi  al  servizio  dei  Musuhnani. 

persona  chiama-  ..,  ,  .       .  ■  n      •  ^•  •         t  ^■     k        <  ■    ì 

ta  ai-Muqawqis  ^   '■^  I"!  Sicuramente  contusione  di  nomi  e  di  persone:  gli  Arabi  iianno 

e  sull'origine  di     tbrso  contuso  il  patriarca  Ciro  con  il  vescovo  di  Babilonia  Mina,  e  con  Menas 

generale  bizantino:  è  possibile  che  la  resa  di  Babilonia  sia  stata  conclusa  da 

Mina,  il  vescovo  di  quella  città,  mentre  il  trattato  generale  dopo  la  prima 

resa  di  Alessandria  è  noto  che  fu  opera  di   al-Muqawqis  (Ciro). 

§  164.  — Il  Lane-Poole  ammette  la  possibilità  che  un  al-Muqawqis 
abbia  avuto  che  fare  con  il  Profeta  nel  628  dell' È.  V.,  ma  non  crede  possa 
essere  la  stessa  persona  di  al-Muqawqis  della  conquista:  egli  perciò  accetta 
la  spiegazione  del  Karabacek  (Mi  tt  he  il.,  I,  pag.  1-11),  che  il  nome  sia  la 
corruzione  dell'espressione  greca  \i.B'(ai)yr^z  (gloriosissimo).  Prf)pende  in  fa- 
vore dell'idea  che  al-Muqawqis  sia  la  stessa  persona  di  (ìiorgio,  il  prefetto 
menzionato  da  Griovanni  di  Niqyùs,  il  quale,  per  ordine  di  Amr,  fece  il 
ponte  sul  canale  di  Qalyùb;  egli  suppone  altresì  che  possa  essere  il  Giorgio, 
praeses  di  Aiigustamnica  (Mi Ine,  Egypt,  etc,  pag.  225),  e  il  Giorgio 
figlio  di  Mina  delle  tradizioni  arabe  (Lane-Poole.  6-7,  nota   2). 

Si  osservi  però  subito  che  l'ambasciata  del  Profeta  al  primo  al-Mu- 
qawqis è  sicuramente  una  leggenda  senza  fondamento  storico  feti-.  6.  a  H., 
§  46):  è  quindi  vana  cosa  ricollegare  i  due  eventi.  Il  Muqawqis  di  Mao- 
metto è  semplicemente  un'anticipazione  all'a.  6.  H.  di  un  personaggio 
storico  del  19.  H.  Nell'anno  *6.  H.  dominavano  in  Egitto  i  Persiani  e  non 
un  governatore  cristiano.  Basta  questa  osservazione  per  distruggere  il  ca- 
rattere storico  di  un  al-Muqawqis  nel  6.  a.  H. 

§  165.  —  Venendo  ora  finalmente  allo  studiosi!  l'argomento  quale  ci 
è  presentato  dal  Butler,  dobbiamo  dire  che  la  prima  parte  del  suo  esame 
critico  è  propriamente  debole.  Egli  non  è  padrone  delle  fonti  arabe  ed 
ignora  il  nesso  ed  il  vero  relativo  valore  dei  singoli  autori.  Non  fa  uso, 
per  esempio  di  ibn  Abd  al-hakam,  la  nostra  fonte  più  antica  sulla  storia 
dell'Egitto  musulmano,  e  si  contenta  di  un  cenno  indiretto,  parlando  di 
al-Maqrizi  (Butler,  612),  e  non  avverte  che  tanto  ibn  Abd  al-hakam, 
quanto  al-Balàdzuri  hanno  molte  tradizioni  in  comune,  provenienti  tutte 
dalla  scuola  tradizionistica  egiziana.  Egli  parla  di  al-Tabari  come  d'unq 
storico  originale,  e  sembra  ignorare  che  è  invece  un  semplice  compilatore 
di  tradizioni.  Tale  erronea  concezione  gli  viene  dall'aver  considerata  la  ver- 
sione dello  Zotenberg  come  equivalente  all'originale  arabo,  il  che  è  com- 
pletamente errato.  Lo  Zotenberg  tradusse  un  rifacimento  persiano  del  testo 
arabo,  rifacimento  in  cui   tutti   gli  isnàd  sono  stati  soppressi,  ed  in  cui 

90. 


18.  a.  H. 


questo   nome.] 


18.  a.  H.  1 165 

solo  una  piccola  parte  della  cronaca  originale  è  esposta  al  lettore.  È  quindi 
assolutamente  improprio  parlare  di  al-Tabari  e  della  sua  versione:  se  avesse  "  biema  suii'iden- 
consultato  l'originale  arabo,  il  Butler  avrebbe  certamente  modificato  varie  tificazione  delia 
parti  di  tutto  il  suo  lavoro,  oltre  quella  che  tratta  di  al-Muqawqis;  a^Tebbe  ta  ai-Muqlwqis 
cioè  soppresso  il  nome  di  al-Tabari,  e  più  propriamente  sostituito  quello  ^  sull'origine  di 
dei  suoi  informatori.  Il  Butler  non  conosce  poi  affatto  in  quali  rapporti  si 
trovi  il  testo  di  ibn  al-AtJiìi"  con  quello  di  al-Tabari;  e  dal  modo  con  cui 
cita  il  primo  rivela  d'ignorare  che,  per  il  periodo  delle  conquiste,  ibn  al- 
Athir  è  solo  lui  imperfetto  e  parziale  epitomatore  del  testo  tabariano.  Non 
occorre  insistere  su  questo  punto  debole  del  Butler,  perchè  la  parte  origi- 
nale e  nuova  del  suo  studio  è' quella  che  riguarda  i  documenti  copti:  in 
essi  egli  rivela  maggiore  padi'onanza  della  materia. 

Dall'esame  delle  fonti  arabe  il  Butler  deduce  che  si  debbano  distin- 
guere tre  persone:  al-Muqawqis,  abù  Maryam  ed  al-A'rag  ossia:  tre  nomi 
menzionati  nelle  tradizioni  arabe.  Cominciando  con  l'ultimo,  al-A'ras:,  o 
al-U'ayrig,  egli  sostiene  che  questa  debba  essere  una  corruzione  prodotta 
da  accumulati  errori  di  copisti  per  il  nome  Grurayg,  ossia,  secondo  il  Bu- 
tler (513),  il  comandante  della  fortezza  di  Babilonia,  Giorgio.  Purtroppo 
non  ci  sembra  possibile  ammettere  siffatta  derivazione,  per  quanto  essa  ci 
sarebbe  comoda:  il  nome  di  Giorgio  era  assai  ben  noto  agli  Arabi  fin  dai 
primi  tempi,  in  fonti  anche  più  antiche  di  quelle  sulla  conquista  dell'Egitto: 
ed  in  queste  il  nome  greco  ha  ritenuto  sempre  la  sua  forma  Gurgis,  Garaga 
e  .simili,  ma  senza  mai,  nemmeno  lontanamente,  corrompersi  in  forme  simili 
ad  al-A'rag  ed  U'ayrig,  due  nomi  schiettamente  semitici.  Gurayg  corrisponde 
inoltre  a  Gregorio  e  non  a  Giorgio  (cfr.  Horovitz,  Spuren  Griech-Mimen, 
pag.  82).  Il  Butler  sembra  ignorare  che  il  cognome  al-A'rag  è  comunissimo 
nella  letteratura  araba,  e  significa  «  zoppo  »,  e  che  per  nessun' autorità,  di 
esempio  a  noi  conosciuto  si  può  ritenere  come  corruzione  d'un  nome  cristiano, 
ed  in  particolare  di  Giorgio.  Il  nome  Giorgio  essendo  comune  e  noto  a  tutti 
gli  Arabi  emigrati  fin  dai  primordi,  non  può  mai  essersi  prestato  alle  corru- 
zioni volute  dal  Butler.  Anche  graficanaente  la  trasformazione  di  una  gim 
in  ayn  mi  riesce  totalmente  nuova:  nei  manuali  arabi,  nei  quali  sono  rac- 
colti i  nomi  tra  loro  simili,  la  possibilità  di  siffatta  confusione  è  del  tutto 
ignorata.  In  ibn  Màkulà  abbiamo  un  caso  rarissimo  di  un  ayn  che  può 
essere  confusa  con  un  bà  (ossia  Abdùn  e  Bandùn),  ma  mai  con  una  gim. 
Tale  corruzione,  graficamente  e  filologicamente,  non  è  sostenibile  se  non 
da  chi  abbia  una  conoscenza  imperfetta  dell'arabo.  Il  nome  al-A'rag  (men- 
zionato nelle  fonti  più  recenti),  rimane  ancora  una  incognita,  per  la  quale 
non  è  stato  possibile  trovare  una  spiegazione.    Non    ci  consta    da   veruna 

91. 


§§  1G5,  IGti.  io-    3..    H. 


18.  a.  H.  tinite  che  Chi.)  od  altri  in  Egitto  avessero  un  difetto  tìsico  forrispondente 

[EGITTO.-  Il   prò-  ,  i-       i     v        •  l'  v       •        *.•  l  tt'  "  ' 

biema  suiiiden-     ^'^   cognomi'  di  al-A  rag,  o  al  suo  dimniutivo  al-u  ayrig. 

tificazione  della  n   nome  abù  Maryam,  o  ibn  Maryam  è  spiegato  dal  Butlei- come  deri- 

ta  ai-Muqawqis     "^'^^o  da  Beniamino,  vale  a  dire  come  una  corruzione  di  Binyamin  (Butler, 

e  sull'origine  di     r)13-614):  ma  i  suoi  ragionamenti  non  lianuo  grande  efficacia  per  ragioni 

qu  s  o  nome.i        analoghe  a  quelle  esposte  riguardo  alla  derivazione  di  al-A'rag  dal  nome 

Criorgio.  Intatti  il  nome  ibn  Yàmin  (arabo  per  Beniamino)  era  ben   noto 

agli    Arabi    musulmani    tìu    dai    tempi    di    Maometto  in  Madinah:  tra  gli 

Ebrei  di  Madinah    vi    erano    vari    ibn  Yàmin  (cfr.  3.  a.  H.,  §  4,  nota  2  ; 

4.  a.  H.,  §   12;  9.  a.   TI.,  §  27),  e  quindi  una  confusione  con  l'altro  nome 

ben  noto  agli  Arabi  di  Mar3'am  e  dei  suoi  composti  patronimici  è  molto 

improbabile  ed  inverosimile.  E  possibile  invece  che  il  nome  alni  Mayàmin. 

che  si  trova  in  al-Maqrizi  ed  in  al-Suyùti,   possa  derivare  da  Abbà  Benyà- 

min  per  qualche  errore  del  copista,  ma  non  ritengo  credibile  che  vi  possa 

essere  rapporto  tra  Binj^àmin  ed  abu  (o  ibn)  Maryam.  Quest'ultimo  nome 

è  anche  più  antico  di  abù  Mayàmin. 

Il  Butler  termina  l'esame  del  nome  abù  Maryam  identificando  il  per- 
sonaggio così  chiamato  dagli  scrittori  arabi  con  il  patriarca  copto  Benia- 
mino: anche  questo  non  poggia  su  basi  sicure,  né  ci  aiuta  gran  cosa.  La 
parte  attribuita  dagli  scrittori  arabi  ad  abù  Maryam  non  combina  in  nulla 
con  quanto  ci  consta  in  modo  siciaro  sulla  condotta  del  patriarca  Benia- 
mino durante  la  difesa  e  la  resa  dell'Egitto.  Secondo  il  Butler,  la  confusione 
si  deve  sj)iegare  nel  seguente  modo:  vale  a  dire  che  siccome  la  seconda  resa 
di  Alessandria  fu  trattata  con  'Amr  b.  al-  Às  dal  patriarca  copto  Benia- 
mino, mentre  la  prima  resa  fu  opera  del  patriarca  greco  Ciro,  gli  scrittori 
arabi  hanno  confuso  insieme  i  due,  e  alcuni  hanno  attribuito  le  azioni  di 
Beniamino  a  Ciro,  e  quelle  di  Ciro  a  Beniamino,  facendone  così  una  per- 
sona sola  invece  di  due. 

§  166.  —  Infine  il  Butler  passa  all'esame  del  nome  più  importante, 
al-Muqawqis,  o  al-Muqawqas  (Butler,  515  e  segg.).  Egli  comincia  con 
l'osservare  come  i  nomi  propri  dati  dalle  fonti  arabe  oltre  al  titolo  al- 
Muqawqis  non  porgano  veruu  .^chiarimento,  e  quindi  non  possano  essere 
di  utilità  per  le  nostre  ricerche  sull'identità  di  al-Muqawqis.  Il  Butler  in- 
siste sull'errore  delle  fonti  arabe  di  considerare  al-Muqawqis  come  un  copto. 
La  vera  soluzione,  secondo  il  Butler,  ci  è  offerta  dal  patriarca  Severus  di 
Usmùnayn  nella  sua  storia  dei  patriarchi  copti  di  Alessandria,  storia  alla 
quale  egli  annette  giustamente  molto  valore,  perchè  compilata  su  docu- 
menti copti  e  di  altra  provenienza,  conservati  nelle  biblioteche  del  mona- 
stero di  Dayr  Maqàr  fMacarius),  del  monastero  di  Nahyà  ed  altri. 

92. 


18.  a.  H. 


§  16fi. 


Severus  afferma  che  l'imperatore  Eraclio  investì  Ciro,  dopo  la  ricon- 
quista dell'Egitto  dai  Persiani,  della  doppia  carica  di  patriarca  e  di  gover- 
natore di  Alessandria.  Ora  è  noto  che  Ciro  governò  in  Egitto  per  dieci  anni,  ed 
in  un  documento  il  patriarca  copto  Beniamino  allude  ai  «  dieci  anni  durante  i 
«  quali  Eraclio  ed  al-Muqawqis  governavano  l'Egitto  »,  e  più  avanti  accenna 
a  Ciro  come  governatore  miscredente  (ossia  ortodosso),  che  fu  a  un  tempo  pre- 
fetto e  patriarca  di  Alessandria  sotto  i  Romani  (Greci).  Più  tardi,  quando 
Beniamino  narra  la  sua  fuga,  dice  che  al-Muqawqis  lo  cacciò  via. 

E  chiaro  dunque  che,  secondo  Severus,  Ciro  ed  al-Muqawqis  sono  la 
stessa  persona.  Sino  a  prova  in  contrario  io  credo  si  debba  anche  noi  ac- 
cettare questa  identificazione  di  al-Muqawqis  con  Ciro,  il  patriarca  gover- 
natore di  Alessandi'ia:  il  Butler  prosegue  a  confermare  siffatta  congettura 
suggerita  dal  testo  di  Severus,  con  molte  altre  notizie  di  fonte  diversa. 
Egli  sostiene  come  uno  dei  fatti  più  certi  del  presente  periodo  che  Ciro, 
per  l'incarico  avuto  dall'imperatore,  fosse  a  un  tempo  governatore,  patriarca 
e  viceré  di  Eraclio  in  Egitto.  Stabilito  questo  punto  importante,  egli  trova 
nuovi  argomenti  in  favore  dell'identità  di  Ciro-al-Muqawqis  in  varie  no- 
tizie di  documenti  copti,  nei  quali  sia  direttamente  come  narrazione  di 
fatti  avvenuti,  sia  indirettamente  in  forma  di  profezie,  si  parla  di  Ciro 
(Butler,  617  e  segg.),  sempre  con  termini  di  obbrobrio  e  con  sentimenti 
di  odio  profondo.  In  una  profezia  specialmente  si  parla  del  kauchios,  il 
falso  arcivescovo,  revisore  dei  redditi  d'Egitto,  in  conflitto  con  il  patriarca 
copto  Beniamino.  V'è  poi  il  passo  del  sinassario  copto  pubblicato  dall'Amé- 
lineau,  al  quale  abbiamo  già  fatto  cenno,  passo  in  cui  sotto  la  data  dell' 8 
Tùbah,  il  giorno  della  morte  del  patriarca  copto  Beniamino,  è  detto:  '«  Be- 
«  niamino  soffi'i  grande  male  dalle  mani  di  al-Muqawqis:  egli  fuggì  nel- 
«  l'Alto  Egitto  durante  dieci  anni...:  l' al-Muqawqis  era  il  capo  della  re- 
«  ligione  di  Calcedonia  (ortodossia)  ed  era  stato  fatto  governatore  e  patriai'ca 
*  sopra  l'Egitto  ». 

Il  sinassario  etiopico,  pubblicato  dal  Pereyra,  fa  cenno  di  «  al-Mu- 
*■  qawqis,  ossia  il  governatore  ed  arcivescovo  della  città  di  Alessandria  e 
«  di  tutta  la  terra  d'Egitto  ». 

Dall'esame  di  questi  documenti  il  Bvitler  conclude  non  esservi  dubbio 
possibile  che  Ciro  non  sia  la  stessa  persona  di  al-Muqawqis,  e  dobbiamo 
convenire  con  lui  che  gli  argomenti  addotti  sono  molto  persuasivi;  ma  non 
possiamo  ancora  dire  che  il  problema  sia  risoluto  e  ciò  sarà  palese  quando 
avremo  esaminato  tutte  le  tradizioni  della  conquista. 

Le  contraddizioni  e  le  oscurità  che  permangono  ancora,  dimostrano 
come  i  tradizionisti  arabi  nel    fare    menzione  di  al-Muqawqis  non  si  ren- 


18.  a.  H. 
lEGITTO.  -  Il  pro- 
blema 6uir  iden- 
tificazione della 
persona  chiama- 
ta al-Muqawqis 
e  sull'origine  di 
questo  nome.] 


98. 


§§  im,  itì^. 


18.  a.  H. 


18.  a.  H. 
[EGITTO.-  Il  pro- 
blema sul!'  Iden- 
tificazione della 
persona  chiama- 
la al-Muqawqls 
e  sull'origine  di 
questo   nome.' 


dessero  ben  conto  (.-hi  egli  t'osse,  ed  abbiano  adottato  il  nome  come  termine 
quasi  generico  per  indicare  la  persona  principale  in  Egitto  al  momento 
dell'invasione.  Quindi  è  egualmente  manifesto  che  il  nome  al-Muqawqls 
liferiscesi  alla  principale  persona  di  parte  bizantina  durante  la  ct)nquista. 
al-Muqawqis  è,  secondo  gli  Arabi,  la  persona  che  stipulò  la  resa  dell'Egitto: 
Giovanni  di  Ni(]yùs  dice  chiaramente  che  Ciro  fu  il  traditore  dell'Egitto  ('). 

È  bene  però  aggiungere,  a  complemento  delle  ragioni  raccolte  dal 
Butler,  che  sicuramente  nelle  fonti  arabe  v'ò  la  tendenza  ad  unificare  in 
una  persona  tutti  quelli  che  trattarono  con  'Amr  a  nome  dei  Copti  e  dei 
Greci.  La  persistenza  con  cui  le  fonti  arabe  insistono  che  al-Muqawqis  fosse 
un  copto,  e  la  varietà  dei  nomi  propri  attribuitigli,  mi  sembrano  zagioni 
assai  valide  per  sostenere  che  sotto  al-Muqawqis  ascondesi  mm  solo  il  pa- 
triarca Ciro,  ma  anche  uno  o  più  rappresentanti  degli  Egiziani.  Dubito, 
per  esempio,  che  le  prime  trattative  tra  'Amr  b.  al-'As  ed  i  difensori  di 
Babilonia  fossero  dirette  da  Ciro:  riterrei  che  tosse  il  governatore  della 
fortezza,  un  Giorgio,  forse  un  copto,  di  cui  v'  ò  ripetuta  menzione  nella 
cronaca  di  Giovanni  di  Niqjus,  e  che  forse  era  zoppo,  donde  il  nome  al-A'rag 
o  al-U'ayrig,  il  piccolo  zoppo. 

Le  tradizioni  aral^e  fanno  ritenere  che  un  copto  trattasse  per  i  Copti, 
e  par  inverosimile,  secondo  il  tenore  delle  fonti  musulmane,  che  Ciro,  mal- 
chita,  ortodosso,  rappresentante  ufficiale  dell' iruperatore,  parteggiasse  per 
i  Copti  contro  Eraclio,  dopo  tutte  le  persecuzioni  degli  anni  precedenti. 
Quindi  crediamo  che  nelle  trattative  di  Babilonia  gli  Arabi  pattuissero  con 
un  Copto  (Giorgio?,  Minas?)  e  nella  resa  di  Alessandria  con  Ciro  il  patriarca. 
Gli  Arabi  confondendo  tutto  hanno  fatto  dei  due  negoziatori  uno  solo,  sce- 
gliendo il  più  importante,  Ciro,  e  chiamando  ambedue  al-Muqawqis,  ossia 
con  il  nome  singolare  che  aveva  l'ultima  e  più  eminente  persona,  quella 
che  rappresentava  ufficialmente  Eraclio. 

Nota  1.  —  Alla  questione  che  cosa  possa  essere  il  nome  Qarqab  o  Qurqub,  elle  tigiira  in  alcune 
tonti  arabe  come  il  padre  di  Giorgio,  e  quindi  di  al-Muqawqis,  il  Butler  apporta  alcuni  utili  contributi. 
Qarqab  può  essere  facilmente  una  corruzione  di  copista  per  Qarqar,  ed  .<ibu  Salili  (pag.  156)  dice  che 
Qarqar  è  un  derivato  di  Gregorio.  Ora  Qarqiir  è  comunemente  l'equivalente  di  Gregorio  tra  i  Copti 
ed  Armeni  del  tempo  nostro.  Quindi  Qarqab  potrebbe  essere  corruzione  di  Gregorio.  V'è  però  anche  la 
possibilità  che  Qarqar  sia  una  corruzione  grafica  di  abù  Qirus,  e  quindi,  dice  il  Butler,  potrebbe  essere 
che  nel  corrotto  Qarqab  si  asconda  una  reminiscenza  del  nome  di  Ciro.  Il  Karabacek,  e  con  lui  l'Amé- 
lineau,  vedono  in  Qarqab  un  errore  di  scriba  per  Farqab,  che  sarebbe  una  trascrizione  del  gi-eco-copto 
Parkabios.  Cfr.  §  161.  nota  1,  dove  abbiamo  nella  stessa  genealogia  Gurayg  e  Qurqub. 

§  167.  —  L'ultima  parte  della  critica  del  Butler  (pag.  623  e  segg.) 
tenta  di  risolvere  l'enigma  del  nome  al-Muqawqis.  Avendo  notato  che  au- 
torità relativamente  moderne,  ossia  al-Damiri  e  l'autore  del  Qàmùs  (che 
il  Butler  confonde  con  il  suo  commentatore,  autore  del  T  a  g  a  1  -  '  A  r  ù  s , 


94. 


18.  a.  H. 


5  167. 


eil  erroneamente  lo  mette  nel  secolo  xix,  mentre  al-Firùzabàdi,  autore  del  18.  a.  h. 

Qàmùs.  mori  nell'SlT.  a.  H.),  affermano  significare  al-Muqawqis  ima  specie  biema  suiiiden- 

di  tortora  egiziana,  il  Butler  ritiene  che  il  nome  applicato  alla  tortora  sia  tificazione  delia 

nno  scherzo  moderno  di  parole.  Il  Butler  respinge  parimenti  la  supposizione  ^^  ai-Muqawqis 

del  Karabacek,  che  il  nome  possa  venire  dal  greco  [it'^rx-y/rfC,  perchè  manca  «  sull'origine  dì 

■     -i  .  17  T  ,        ,•,    1       •       -n"  •  1  questo   nome.l 

Ogni  documento  per  provare  1  uso  di  questo  titolo  m  Egitto  o  altrove,  e 
poi,  aggiunge  che  la  somiglianza  così  grande  tra  il  greco  e  l'arabo  è  anche 
un  argomento  fatale  all'ipotesi,  un'osservazione  di  cui  nondimeno  non  com- 
prendo la  ragione. 

Egli  annette  invece  molta  importanza  al  termine  usato  nei  documenti 
c(»pti,  vale  a  dire  kauchios:  alcuni,  come  l'Amélineau,  lo  vorrebbero  deri- 
vato da  kauchion,  piccola  moneta  di  bronzo  in  forma  concava.  Ma  il  Butler 
giustamente  osserva  che  l'uso  di  questa  parola  è  molto  incerto,  ed  il  Du  Gange, 
che  la  registra  nel  suo  dizionario,  non  è  nemmeno  certo  che  si  possa  leggere 
in  quel  modo.  Per  questo  motivo  il  Butler  pone  tale  spiegazione  in  disparte 
e  la  respinge:  non  ci  pare  che  si  possa  negare  la  giustezza  degli  argomenti 
del  Butler,  e  volentieri  e  pienamente  accettiamo  le  sue  conclusioni. 

Nonostante  la  natura  difììcilissima  del  problema,  il  Butler  tenta  un'altra 
.^•iluzione,  ponendo  innanzi,  alla  fine  del  suo  studio  su  al-Muqawqis.  dvie 
ipotesi,  che,  a  suo  modo  di  vedere,  potrebbero  spiegare  l'enigma. 

Nell'una  egli  crede  che  la  parola  copta  kauchios,  di  origine  certa- 
mente bizantina,  e  con  la  quale  viene  designato  il  patriarca  Ciro,  possa 
essere  una  derivazione  di  kaukaso,  perchè  è  noto  che  Ciro,  prima  di  ve- 
nire in  Egitto  era  vescovo  di  Phasis  nel  Caucaso,  e  gli  Egiziani  possono 
averlo  chiamato  Kaukasios,  abbreviato  poi  volgarmente  in  kauchios, 
donde  l'arabo  al-Muqawqis.  Tale  spiegazione  non  mi  convince  molto,  perchè 
la  riduzione  fonetica  di  kaukasios  in  kauchios  non  mi  sembra  confortata 
da  sufficienti  prove  ('). 

L'altra  spiegazione,  secondo  il  Butler.  potrebbe  venire  dal  termine 
greco  xaO/oc,  che  ha  significato  osceno  di  sodomita  passivo:  sarebbe  stato 
dato  dai  Copti  al  patriarca  Ciro  per  l'odio  da  lui  destato  durante  i  dieci 
anni  di  crudeli  persecuzioni.  Questa  opinione  è  molto  arrischiata  e  presenta 
alcune  gravissime  diflScoltà,  riconosciute  parzialmente  anche  dal  Butler:  in 
primo  luogo  non  esiste  in  greco  la  forma  aggettivale  xaòyco?,  ed  i  tentativi 
fatti  dal  Butler  per  superare  questa  difficoltà  non  ci  persuadono.  Si  ag- 
giunga che  non  possiamo  comprendere  come  e  perchè  i  Copti  lancdassero 
proprio  questa  accusa  invereconda  contro  Ciro,  non  essendo  essa  confortata 
da  verun  indizio  in  nessuna  delle  fonti  copte  più  ostili  al  patriarca.  Se  tra 
i  Copti  si  fosse  diffusa  siffatta  voce  scandalosa  a  pregiudizio  di   Ciro,    ne 

96. 


167,  168 


18.  a.  H. 


questo  nome.] 


'6  a-  H.  avremmo  trovata  un'eco  nei  documenti  copti  del  tempo,  che  invece  lo  i<jno- 

[EGITTO.-  Il  prò-  ,    ^  ^         •    x;  *    i  +•     n  •    ^  i,  -  i 

biema  suii'iden-     yi^^w  completamente:  mnne  se  tale  accusa  tu  lanciata,  perche  andare  a  sce- 
tificazione  della     gliero  UH  tonnine  letterario  .sì  oscuro  ed  insolito  e  non  ricorrere  a  (juelli 

persona  chiama-  -ini-  .i     ii  t      i       i  •    i  i  i  i 

ta  ai-Muqawqis     !>•"  coiuuni  della  Imgua  greca.-'   Ji.  come  gli  Arabi   lo  avrebbero   rac-colto, 

e  sull'origine  di     trattandosi  di   persona  Foro  amica?  (^). 

In  conclusione,  dunque,  nessuna  delle  tentate  spiegazioni  dell' enigma- 
tico nome  può  soddisfare  la  critica,  nessuna  resiste  ad  una  severa  analisi. 
Con  i  documenti  che  abbiamo  non  è  possibile  risolvere  l'intricato  problema: 
la  nostra  sola  ed  ultima  speranza  è  di  troxare  un  giorno  un  tjualclie  pa- 
piro contemporaneo  alla  conquista,  in  cui  si  faccia  allusione  a  questo  pei- 
sonaggio  misterioso  in  modo  da  spiegare  l'origine  del  nome  e  confermare 
le  precedenti  deduzioni,  che  al-M\iqawqis  sia  veramente  il  patriarca  Ciro. 
Del  resto  l'origine  filologica  del  nome  è  problema,  seppure  attraente,  d'im- 
portanza storica  secondaria,  ammesso  che  al-Muqa\vqis  sia  fuori  dubbio  equi- 
valente di  Ciro. 

Nota  1.  —  Al  mumentu  ili  dare  alle  stampe  questo  loglio  è  venuto  a  mia  conoscenza  che  il  signor 
Michelangelo  Guidi,  figlio  del  celebre  prof.  I.  Gviidi,  ha  presentato  una  tesina  ili  laura  su  questo  argo- 
mento, esprimendo  l'opinione  che  il  patriarca  Ciro  e  al-Muqawqis  siano  una  sola  persona.  Il  Guidi  oltre 
lo  ragioni  di  identità  date  più  sopra,  adduce  l'argomento  che  al-Muqawqis  sia  piuttosto  la  forma  wjy.xj- 
y.xGti;,  che  r/_5X/.t5;,  anche  perchè  i  due  qàf  arabi  presuppongono  due  /-  e  non  un  '■/..  La  torma  era  natu- 
ralmente zaj/.sGu,  dalla  quale  nasceva  facilmente  la  forma  afilologica  Muqawqis.  Era  naturale  ohe  Ciro, 
malchita,  fosse  dai  monofisiti  chiamato  con  un  nimiignolo  die  aveva  del  dispregiativo. 

EGITTO.fj —  La  cronologia  della  conquista  araba  dell'Egitto. 

§  168.  —  Il  problema  della  cronologia  della  conquista  araba  in  Egitto 
porge  molte  difficoltà,  alle  quali  cercheremo  di  dare  la  migliore  soluzione 
possibile  con  i  documenti  di  cui  disponiamo:  ma  è  diflficile  eliminare  tutte 
le  incognite  e  le  contraddizioni  stante  l'incertezza  che  avvolge  i  veri  mo- 
vimenti di  Amr  b.  al-'As.  Lo  studio  di  tutta  la  questione  della  conquista 
lascia  l'impressione  che  le  fonti  non  ci  diano  la  caratteristica  vera  della 
campagna,  ma  una  versione  accomodata  a  posteriori.  Chiariremo  meglio  il 
nostro  pensiero  quando  saremo  entrati  in  materia:  intanto  contentiamoci 
di  esporre  il  modo  con  il  quale  noi  intendiamo  tentare  la  soluzione  dei 
vari  problemi  cronologici  e  militari  della  conquista. 

Non  è  possibile  intraprendere  in  questo  luogo  l'analisi  di  tutte  le 
questioni  cronologiche  attinenti  alla  storia  della  conquista  araba  in  Egitto: 
per  un  simile  tentativo  bisognerebbe  presupporre  da  parte  del  lettore  la 
conoscenza  già  intima  di  tutto  il  materiale  storico.  Noi  procederemo  invece 
con  il  sistema  [graduale,  vale  a  dire  studieremo  i  problemi  caso  per  caso, 
quando  il  nesso  della  narrazione  ci  costringerà  a  fissare  la  tela  della  con- 
quista araba.  Seguiremo  però  il  nostro  solito  sistema,  riassumendo  prima 


96. 


18.  a.  H. 


168-170. 


tutte  le  versioni  tentate  dai  nostri  predecessori,  e  poi- aggiungendo  la  nostra  ^S-  a-  h. 

versione.  Daremo  qui  lo  specchio  completo  delle  varie  ricostruzioni  storiche     '  noiogia  delia 
della  conquista,  quali  furono  proposte  dagli  altri  studiosi:  nella  nostra  ri-        conquista  ara- 

ha  1 

costruzione  degli  eventi  ci  contenteremo  per  ora  di  stabilire  l'anno  in  cui 
la  campagna  ebbe  principio.  A  suo  tempo  verrà  la  discussione  degli  altri 
{)unti  controversi. 

La  rassegna  delle  varie  ricostruzioni  sarà  una  conveniente  introduzione 
all'esame  minuto  di  tutta  la  questione,  e  questa  rassegna  darà  anche  da 
sé  sola  qualche  lume  diretto  e  convincente,  perchè  stabilirà  quali  sono  i 
punti  in  cui  tutti  i  pareri  e  tutte  le  versioni  concordano.  Quei  punti  do- 
vranno presentarsi  allo  studioso  novello  della  questione  come  i  fatti  oramai 
assodati  dalla  critica  storica.  Citeremo  le  fonti  secondo  l'ordine  cronologico 
di  quegli  storici  occidentali  che  narrarono  la  conquista.  I  ragguagli  delle 
fonti  orientali  saranno  analizzati  da  noi  piìx  tardi,  caso  per  caso. 

§  169.  —  Il  Weil,  il  primo  a  tentare  (nel  1846)  una  soluzione  critica  dei 
vari  problemi  della  conquista  dell'  Egitto,  è  incerto  se  Arar  incominciasse  V  in- 
vasione nel  18.  o  nel  19.  H.,  d'accordo  con  il  Califfo  'Umar.  Nella  narrazione 
successiva  si  conforma  per  lo  più  al  riassunto  di  ibn  'Abd  al-hakam,  pubbli- 
cato dall'Ewald  nella  Zeitschrift  far  die  Kunde  des  Morgenlaudes,  voi.  III. 
1840.  pag.  33G  e  segg.  Degli  errori  secondari  di  cronologia  e  di  svolgimento 
della  campagna  non  teniamo  conto:  la  versione  di  ibn  'Abd  al-hakam  è  assai 
povera  di  date,  e  del  pari  lo  è  quindi  i][uella  del  Weil,  che  segue  ciecamente 
il  cronista  egiziano,  e,  narrate  le  vicende  guerresche  della  campagna  dall'as- 
sedio di  Babilonia  a  quello  di  Alessandria,  fa  cadere  questa  nelle  mani  di 
'Ami-  b.  al-'As  il  primo  Muharram  del  21.  H.  (Weil,  I,  pag.  10G-115J. 

Egli  respinge  quelle  fonti  che  pongono  la  caduta  di  Alessandria  nel  Mu- 
harram del  20.  H.,  fondandosi  sul  fatto,  che  la  morte  di  Eraclio  è  una 
(lata  sicura  sulla  quale  non  è  possibile  discutere,  e  che  può  servire  di  guida 
nella  ricostruzione  cronologica:  egli  però,  avendo  imperfettamente  studiato 
il  testo  manoscritto  di  al-Tabari,  dichiara,  che  i  dati  raccolti  da  questo  cro- 
nista non  meritano  nemmeno  menzione   (Weil,  I,  pag  115,  nota   1). 

Il  Weil  dunque  non  ci  porge  verun  lume,  né  poteva  darlo,  conside- 
rata la   deficienza  e  la  qualità  poco  sicura  delle  fonti  da  lui  consultate. 

§  170.  —  II.  Muir  (nel  1883)  ricostruisce  molto  arbitrariamente  la  con- 
quista dell"  Egitto,  facendo  partire  'Amr  b.  al-'As  alla  fine  dell'anno  19.  H., 
e  ponendo  tutta  la  campagna  in  un  anno  solo:  per  la  fine  dell'anno  20.  H. 
tutto  l'Egitto,  secondo  lui,  fu  già  conquistato,  compresa  anche  Alessandria 
(cfi-.  Muir  Annals,  239-240).  Egli  si  astiene  da  ogni  critica  vera  delle 
fonti  e  della  cronologia. 

97.  13 


ss   IT0-17>. 


18.  a.  H. 


'S-  ^-  '^-  Di  tutto  le   versioni  da  noi  studiate  quella  del  Muir  e  la  più  infelice 

(EGITTO.  -  La  ero-  ,,  •  ,  ,       • 

oologia  della     ''  'i'  pi"  lontana  (lallii   venta,  tanto  lome  schema  cronologico,  quanto  come 

conquista  ara-     carattere  dato  all'impresa  di    Anir.  Non  mette  il  conto  di  soffermarvisi  per 
ba.]  ,  ,.  - 

dimostrare  m  che  cosa  egli  erra. 

È  un  peccato  che  uno  scrittore  avente  tante  (jualità  letterarie,  e  tanta 
abilità  nel  porgere  la  materia  storica  con  forma  attraente  e  piacevole  a 
leggere,  abbia  posseduto  sì  poco  quello  spirito  critico  che  noi  riteniamo 
indispensabile  per  lo  storico  sintetico,  ma  non  esigiamo  dall'annalista. 

§  171.  — Le  precedenti  ricostruzioni  sono  fondate  esclusivamente  sulle 
fonti  arabe,  e  sono  quindi  assai  deficienti. 

Con  le  sole  fonti  arabe  non  sarebbe  stato  possibile  mettere  bene  in 
ordine  la  matassa:  per  nostra  fortuna  possediamo  anche  alcuni  brani  di  una 
cronaca  scritta  da  un  contemporaneo,  o  quasi  coetaneo  dei  primi  tempi 
del  dominio  musulmano  in  Egitto,  ed  egli  ci  porge  alcuni  capisaldi  cro- 
nologici, con  i  quali  si  può  dire  che  le  maggiori  tenebre  sono  state  dira- 
date. Questi  dati  furono  già  esaminati  molto  superficialmente  dallo  Zoten- 
berg,  quando  pubblicò  (nel  1883)  il  testo,  ossia  la  Cronaca  di  Giovanni  di 
Niqyùs;  furono  usati  pure  sommariamente  dal  Miiller  e  poi  criticamente 
illustrati  dal  Brooks  [0)i  the  Chronology  of  the  Conqnest  of  Egypt  by  tìv 
Saracens,  nella  Byzantinische  Zeitschrift,  anno  1895,  pag.  435-444).  Rias- 
sunti dal  Wellhausen  (Sk.  u.  Vorarb.,  VI,  89-90)  nel  1899,  furono  infine 
riesaminati  dal  Lane-Poole  nel  1901  e  dal  Butler  nel  1902,  i  quali  però 
hanno  ambedue  ignorato,  strano  a  dirsi,  i  lavori  del  Wellhausen  :  se  li 
avesse  conosciuti,  il  Butler  avrebbe  forse  evitato  parecchie  inesattezze,  e 
si  sarebbe  risparmiata  non  poca  fatica  e  lunghe  discussioni. 

§  172.  —  Il  Miiller  (nel  1885),  valendosi  della  predetta  fonte  copta,  pone 
la  partenza  di  Arar  b.  al-'As  per  l'Egitto  nell'anno  18.  H.:  egli  suppone  che 
Arar  b.  al-'Às,  da  qualche  tempo  accampato  dinanzi  a  Qaysàriyyah,  non  fosse 
contento  della  propria  posizione  e  sopportasse  a  malincuore  di  sottostare  a  chi 
un  tempo  era  stato  euo  dipendente,  ossia  Mu'àwiyah  b.  abì  Sufyàn  e  che  perciò 
partisse  con  i  suoi  militi,  3500 uomini,  all'insaputa  del  Califfo,  per  la  conquista 
dell'Egitto.  Egli  accetta  la  versione  tradizionale  della  lettera  (cfr.  §§  183  e 
segg.)  e  ritiene  che  "Arar  b.  al-'As  mirasse  sovi'attutto  a  formarsi  un  go- 
verno per  sé  solo  sulle  rive  del  Nilo,  dacché  in  Palestina  non  aveva  otte- 
nuto quanto  aveva  sperato  in  compenso  dei  servizi  resi. 

Lasciando  indecisa  la  questione  se  'Amr  sia  partito  nel  18.  o  nel  19.  H., 
il  Miiller  pone  come  fatto  certo  che  nel  corso  del  19.  H.  'Amr  si  battesse 
già  con  i  Greci  in  Egitto,  e  con  scorrerie  fatte  lungo  il  confine  deser- 
tico del  Delta  saccheggiasse  il  Fayyiim  (come  afferma  Giovanni  di  Niqyùs). 


18.  a.  H. 


§  172. 


Non  potendo  tare  molti  proeressi,    Ami-  chiese  ed  ottenne  da    Umar  altri  ^^-  *•  ^■ 

.  T         T.    ,  ^       •       /   1        -,  ^r    ,1  T  .  •  (EGITTO. -La  cro- 

rinforzi  per  assalire  babilonia   (che  il  Miiller  dice  erroneamente  corrispon-        noiogia  delia 

dere  all'antica  Memfi),  dove  erano  Teodosio  ed  Anastasio,  i  due  capi  delle        conquista  ara- 
ba.^ 
forze  militari  e  dell'amministrazione  civile  della  provincia.  Dacché  m  uno 

dei  combattimenti  con  gli  Arabi  era  perito  Giovanni  Duca  di  Barca,  co- 
mandante generale  dei  Greci  in  Egitto.  Eraclio  aveva  mandato  in  quei 
giorni  un  altre.)  generale,  un  certo  Theodorus,  il  quale  però  non  potè  farsi  ' 

riconoscere  dai  predetti  due  capi  militare  e  civile,  e  trovò  una  sorda  oppo- 
sizione alla  sua  autorità.  Questi  due  sconsigliati,  mirando  ad  emanciparsi 
dal  comandante  generale  con  una  grande  vittoria  prima  del  suo  arrivo, 
tentarono  di  assalire  le  posizioni  di  'Amr  b.  al-As  presso  'Ayn  Sams  (He- 
liopolis),  ma  rimasero  totalmente  sconfìtti.  Rifugiatisi  a  stento  dentro  la 
città  di  Babilonia,  dovettero  arrendersi  nel  20.  H.,  lasciando  libero  così 
agli  Arabi  il  cammino  verso  l'Alto  Egitto.  Seguì  allora  un  periodo  di  due 
anni  di  spaventosa  anarchia.  Data  però  la  configurazione  speciale  del  paese, 
gli  Arabi  non  poterono  fare  alcun  reale  progresso,  essendo  inoltre  le  for- 
tificazioni di  Alessandria  superiori  alle  forze  ed  ai  mezzi  che  essi  potevano 
impiegare.  Gli  Arabi  si  contentarono  di  razzie  predatrici. 

In  questo  momento  doloroso  cessò  di  vivere  Eraclio,  e  Costantino  mala-  - 
ticcio  aveva  invano  promesso  soccorsi  a  Theodorus  in  Alessandria,  dove  il 
comandante  cercava  ristabilire  l'ordine  nell'eterno  guerreggiare  dei  partiti 
locali;  ma  nulla  potè  fare.  Venuto  al  potere  Heracleonas,  nel  maggio  del 
♦541  dell' È.  V.,  gli  uomini  al  governo  compresero  che  era  impossibile  con- 
tinuare in  questo  modo,  impoverendo  l'impero  per  difendere  una  provincia 
perduta,  della  quale  decisero  ora  di  sistemare  definitivamente  la  sorte.  Ciro^ 
il  patriarca  di  Alessandria,  si  trovava  allora  in  Costantinopoli:  quest'uomo, 
secondo  il  Miiller,  era  ben  consapevole  delle  vere  condizioni  dell'Egitto,  e 
sin  dal  principio  dell'invasione  araba  aveva  esposto  ad  Eraclio  le  sue  idee, 
sostenendo  persino  l' opportunità  di  concludere  un  trattato  con  gli  Arabi 
e  pagar  loro  un  tributo  per  conservare  il  possesso  dell'Egitto:  si  vuole 
anzi  che  egli  ritornato  ad  Alessandria  di  sua  iniziativa  interpellasse  il  co- 
mandante arabo  sulle  possibili  condizioni  del  trattato.  Eraclio  rrritatissimo 
richiamò  Ciro  dall'Egitto  e  mandò  in  sua  vece  il   predetto  Theodorus. 

Salito  ora  al  potere  Heracleonas  fu  richiamato  Theodorus,  in  un  con- 
sulto con  lui  e  Ciro  fu  deciso  dal  governo  bizantino  di  far  la  pace  con  gli 
Arabi  in  Egitto  alle  migliori  condizioni  possibili.  Di  questa  missione  furono 
incaricati  Teodoro  e  Ciro,  i  quali  giunsero  in  Alessandria  il  17  settembre  641, 
ma  nulla  poterono  fare,  perchè  la  rivoluzione  scoppiata  in  Costantinopoli  rove- 
sciò Heracleonas,  e  portò  al  trono  l'undicenne  Constante  II,  il  quale,  circon- 

99. 


^  172,  IT:!.  18.    a.    H. 

'8.  a.  H.  (lato  di  poiicdli.  nulla  potè  fare.  L'Egitto  limase  così  abbandonato  a  sé  stesso, 

noiogia  de7i°a     "  25  mavzo  642  (17  Rabi'  21.  H.)  capitolò  la  tortezza  di  Babilonia,  e  .siccome» 
conquista  ara-     jn  conseguenza  il  pericolo  arabo  era  cresciuto  a  dismisura,  Ciro  aprì  seiì 
negoziati,  e  nell'ottobre  642  (Dzù-1-Higgah  21.  H.)  tu  conclusa  la  pace. 

Il  Mùller  foggia  la  sua  ricostruzione  degli  eventi  principalmente  su  Grio- 
vanni  di  Niqyus  e  .sul  giudizio  critico  del  Von  Ranke  (Wel  tgeschich  te, 
\',  1,  148),  ma,  come  vedremo,  erra  nella  cronologia.  Egli  non  tenta  la  risolu- 
zione del  problema  di  al-Muqawqis,  in  cui  sospetta  un  titolo  bizantino  molto 
corrotto  dagli  Arabi,  o  un  nome  copto,  ma  rileva  come  ìti  Egitto  le  trattative, 
allo  stesso  modo  che  in  Damasco  e  Gerusalemme,  furono  concluse  dalla  mag- 
giore autorità  religiosa  del  paese.  Il  Miiller  vede  però  nelle  tradizioni  aral:)e 
su  al-Muqawqis  una  confusione  fatta  dagli  Arabi  di  due  fatti  distinti:  l'uno  è 
la  simpatia  e  l'appoggio  prestato  dai  Copti  agli  Arabi  durante  l'invasione; 
l'altro  è  l'iniziativa  di  pace  di  Ciro,  nata  da  ragioni  totalmente  diverse. 

Ciro  morì  di  dispiacere  il  IO  aprile  643  È.  V.,  perchè  il  trattato  da 
lui  concluso  sollevò  lo  sdegno  universale  nel  campo  bizantino.  Il  29  set- 
tembre 643  gli  Arabi  entrarono  nella  città  di  Alessandria,  in  virtù  del 
trattato  (Miiller.  I,  261-266). 

§  173. —  Il  Wellhausen  (Sk.  u.  Vorarb. ,  VI,  89-90)  riassume  con 
rara  competenza  la  cronologia  della  conquista  araba  dell'Egitto:  diamo 
perciò  qui  per  disteso  quanto  occorre  al  nostro  studio. 

Il  Wellhausen  riconosce  che  la  cronologia  della  conquista,  secondo  le 
sole  fonti  arabe,  presenta  difficoltà  insuperabili,  e  che  essa  poggiasi  su  basi 
sicure  .solo  sui  ragguagli  fornitici  dalla  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyus,  cor- 
rette e  vagliate  dal  Brooks  (Byzant.  Zeitschr. ,  voi.  IV,  pag.  435-444, 
anno  1895).  Le  conclusioni  da  farsi  sono  le  seguenti.  Dopo  una  disfatta 
inflitta  a  loro  dagli  Arabi,  i  Greci  si  radunarono  presso  Babilonia  sotto  il 
comando  dell' Augustalis  Theodorus  con  lo  scopo  di  aggredire  i  nemici 
prima  ancora  che  sopravvenisse  l'innondazione  (nel  me.se  di  agosto)  (Niq- 
yus, cap.  CXI,  pag.  436). 

Amr  b.  al-'As,  rinforzato  da  4000  uomini  sotto  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm, 
assalì  i  Greci  presso  Heliopolis  e  li  sconfisse  nell'estate  del  640  È.  V.  I 
Musulmani  allora  occuparono  il  sobborgo  meridionale  {sic,  correggi  setten- 
trionale) di  Babilonia,  posta  sulle  rive  del  Nilo,  ed  il  Fayyùm  (Niqyiis, 
cap.  CXII,  pag.  439).  Il  9  aprile  641,  il  lunedi  dopo  Pasqua,  cadde  la 
cittadella  di  Babilonia,  e  la  domenica  18  Genbot,  ossia  il  13  maggio  641 
cadde  la  città  di  Niqyus  (Niqyus,  cap.  CXVII,  CXVIII,  pag.  449).  Nel- 
l'ottobre comparve  il  patriarca  Ciro  di  Alessandria  in  Babilonia,  e  concluse 
il  trattato,  pel  quale  entro  undici  mesi  Alessandria  doveva  essere  abban- 

100. 


18.  a.  H. 


173,  174. 


ba.l 


donata  dalle  milizie  bizantine.  Questo  patto  fu  comunicato  all'imperatore  18-  a.  H-. 

Herakleonas  dall'Augustalis  Theodoros  (Niqyiis.  pag.  456).  Questi  era  noiogìa  deT^à 
già  di  ritorno  in  Alessandria  il  14  settembre  641  (Niqyùs.  pag.  454).  conquista  ara- 
Cii-o  era  già  tornato  prima,  perchè  vi  aveva  festeggiato  la  Pasqua  del  641 
(Niqyùs,  pag.  454).  Il  trattato  fn  conchiuso  esattamente  il  17  ottobre 
del  641,  se  veramente  undici  mesi  passarono  tra  la  conclusione  del  trat- 
tato e  la  partenza  delle  schiere  greche  e.  la  resa  della  città.  Nel  periodo 
Ì7itermedio  'Amr  compiè  l'invasione  della  Penta  polis.  Ciro  morì  il  25  Ma- 
gabit.  ossia  il  21  marzo  642  (Niqyùs,  pag.  459).  il  giovedì  prima  di  Pa- 
squa, perchè  soltanto  nel  642  cadde  il  giovedì  prima  di  Pasqua  su  quel 
giorno  del  mese.  Questa  ultima  data  è  la  base  più  importante  della  cro- 
nologia e  dev'essere,  secondo  il  AVellhausen,  il  punto  di  partenza  di  tutta 
la  ricostruzione  cronologica. 

n  20  Hamle.  ossia  il  14  luglio  642,  nel  giorno  del  martire  Theodoros. 
Pietro  divenne  patriarca.  Il  20  Maskaram,  ossia  il  17  settembre  642  Ales- 
tsandria  fu  abbandonata  dalle  milizie  bizantine. 

Dunque  le  date  fondamentali  sono:  la  battaglia  di  Heliopolis  nel 
(i40=19.  H.  :  la  caduta  di  Babilonia  641  =  20.  H.:  la  resa  di  Alessandria 
«42  =  21.  H. 

Su  questo  schema  il  Wellhausen  adatta  le  narrazioni  delle  fonti  arabe: 
Ami-  b.  al-'As,  secondo  lui,  non  fece  di  testa  propria  la  spedizione  di 
Egitto,  perchè  in  quel  tempo  nessun  musulmano  e  nessun  madinese  avrebbe 
seguito  'Amr  se  egli  avesse  violato  un  ordine  del  Califfo.  'Amr  fu  effettiva- 
mente soccorso  da  al-Zubayr,  ed  Alessandria  si   arrese  senza  colpo  ferire. 

Sul  conto  del  Muqawqis  il  Wellhausen  osserva  che  parrebbe  essere 
il  capo  dei  Copti,  ma  presso  al-Balàdzuri  ha  le  stesse  funzioni  del  patriarca 
presso  Griovanni  di  Niqyùs,  e  del  signore  di  Alessandi'ia  presso  ibn  Ishàq. 
Il  nome  però,  secondo  lui,  non  è  ancora  spiegato. 

§  174.  —  Degna  di  speciale  menzione  è  anche  la  versione  data  dallo 
Stanley  Lane-Poole,  conoscitore  emerito  della  storia  egiziana,  ed  autore  di 
un'ottima  storia  d'Egitto  {History  of  Egypt  in  the  Middle  Ages,  London, 
1901):  egli  pone  l'arrivo  di  'Amr  b.  al-'As  a  Wàdi  al-' Aris  nel  10  Dzù-1- 
Higgah  18.  H..  e  l'invasione  propria  dell'Egitto  nei  primi  mesi  del  19.  H. 
<ili  Arabi  passano  anche  sull'altra  riva  del  Nilo  e  molestano  il  Fayyùm: 
poi  assediano  la  città  di  Misr,  o  Babilonia  d'Egitto,  dividendo  le  loro  forze 
in  tre  corpi,  l'uno  al  nord  di  Babilonia,  un  secondo  a  Tendùnyàs  (che  il 
Lane-Poole  crede  fosse  un  sobborgo  fortificato  sulla  riva  occidentale  del 
Nilo,  a  sud-ovest  di  Babilonia,  ossia  sobborgo  settentrionale  di  Memfi),  ed 
un  terzo  corpo  più  a  nord  ancoi'a,  presso  Heliopolis  (l'antica  On,  l'odierna 

101. 


ba.l 


§§  174, 175.  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  'Ayn  Sams).  I  Greci  furono  così  tentati  ad  uscire  dalle  loi-o  fortificazioni 

noiogia  de7i°a  ''^^  aggredire  gli  Arabi  in  Heliopolis,  ma  in  questo  modo  caddero  nella 
conquista  ara-  insidia  tesa  loro  da  'Amr  b.  al-'.^s,  perchè  gli  altri  due  corpi  arabi  piom- 
barono loro  alle  spalle  e  li  fugarono.  Nella  rotta  gli  Arabi  occuparono 
Tendunvàs  e  tutta  la  cittf»  di  Mi.sr,  tranne  la  cittadella,  alla  quale  fii  ora 
messo  Tassodio.  Effetto  della  vittoria  fu  l'abbandono  per  parte  dei  Grreci  di 
tutto  il  Medio  Egitto,  e  gli  Arabi  occuparono  il  Faj^yùm,  Asvùt  ed  in  se- 
guito anche  Bahnasà.  —  Questa  versione  del  Lane-Poole  è  fondata  anche 
essa  sulla  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyus:  vi  si  aggiunge  un  breve  sunto 
della  versione  araba,  quale  è  in  ibn  'Abd  al-hakam,  ma  senza  tentare  la 
fusione  delle  due  versioni.  Così  ha  occasione  d'inserii'e  il  testo  del  pieteso 
trattato  d'Egitto  (T  a  bari.  T.  2588),  concluso  per  intercessione  di  al-Mu- 
qawqis,  che  il  Lane-Poole,  come  già  si  vide,  chiama  ó-irgis,  figlio  di  Menas. 
Secondo  il  Lane-Poole  questo  trattato  fu  conchiiiso  indipendentemente 
dalla  presa  della  fortezza  di  Babilonia,  espugnata  dagli  Arabi  dopo  la  con- 
clusione del  trattato,  il  !•  aprile  641,  ossia  21  Rabi'  II,  del  20.  H.;  la  qual 
data  è  confermata  dalla  versione  persiana  di  al-Tabari.  La  presa  di  Niqyùs 
avvenne  il  13  maggio  tì4L  Poi  segui  la  capitolazione  pacifica  di  Alessan- 
dria nell'ottobre  641,  e  la  partenza  definitiva  delle  milizie  greche  il  17  set- 
tembre 642  dell' È.  V.  dal  porto  di  Alessandria. 

Il  Lane-Poole  (pag.  13,  nota  1)  rileva  che  la  cronologia  di  tutta  la 
conquista,  secondo  i  cronisti  arabi,  è  arruffatamente  confusa,  mentre  l'or- 
dine degli  ultimi  capitoli  della  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs  deve  esser 
mutato,  anteponendo  i  capp.  CXVI-CXVIII  al  cap.  CXIV.  La  marcia  degli 
Arabi  verso  Damietta,  al  nord,  deve  essere  avvenuta  nella  primavera  del  641, 
ossia  prima  della  inondazione:  ciò  implicherebbe  la  modifica  dell'indica- 
zione Indizione  XV  (nella  rubrica  del  capo  CXV  della  cronaca  di  Giovanni 
di  Niqyùs),  in" Indizione  XIV.  Così  pure  l'Indizione  riguardante  la  caduta 
di  Babilonia  deve  essere  la  XIV  e  non  la  XV,  come  vorrebbe  la  fonte  me- 
desima. Certo,  ritiene  il  Lane-Poole,  l'ingresso  in  Egitto  di  Amr  nel  Dzù-1- 
Higgah  del  18.  H.,  s'accorda  pure  con  la  morte  del  patriarca  Ciro  il  2") 
Magabit,  giovedì  dopo  Pasqua,  ossia  il  21  marzo  642,  data  che  è  impor- 
tante perchè  pone  la  conclusione  della  resa  di  Alessandria  nel  641.  È  noto 
che  la  resa  di  Alessandria  è  messa  nove  mesi  dopo  la  morte  di  Eraclio, 
che  spirò  l'il  febbraio  641.  Ciò  porta  alla  capitolazione  della  città  nell'ot- 
tobre 0  novembre  dello  stesso  anno,  e  la  ritirata,  undici  mesi  dopo,  delle  genti 
greche,  il  17  settembre  642,  come  vuole  la  cronaca  di  Giovanni  di  Niqyùs. 

§  175.  —  Diamo  per  ultimo  lo  schema  cronologico  della  conquista  quale 
è  stato  messo  insieme  con  grande  cura  dal  Butler,  alla  fine  di  una  lunga 


102. 


18.  a.  H.  §  175. 

appendice  (pag.  526-546),  nella  quale  ha  vagliato  attentamente  tutte  le  no-  ^^  ^  ^- 

tizie  cronologiche  estratte  dalle  fonti.  La  critica  delle  fonti  arabe  è  nel        oologia  delia 
Butler   difettosa  per  le   ragioni  già  enunciate,  ma  siccome  i  punti  fonda-        conquista  ara- 
mentali  dello  schema  sono  forniti  da  Giovanni  di  Niqyùs,  la  parte  difettosa 
nella  critica  dei  testi  arabi  non  porta  gran  danno  alle  sue  conclusioni.  Lo 
schema  cronologico  è  il  seguente: 

1"  'Amr   giunge  in  al-'Aris,   10   Dzù-1-Higgah    18.   H.,  ossia   12  di- 
cembre 639. 

2°  Pelusio  espugnata  un  mese  dopo,  circa  gennaio  640  =  Muharram 
19.  a.  H. 

3"  Razzia  delle  schiere  di    Amr  nel  Fayvùm.  circa   may,ai'>  640  = 
(rumàda  II.-Ragab  19.  a.  H. 

4"  Arrivo    di    rinforzi    dall'Arabia    (sull'autorità  di  Severus),  circa 
6  giugno  640  =  Ragab-Sa'bàn   19.  a.  H. 

5"  Battaglia  di  Heliopolis,  luglio  640  =  Sa'bàn-Ramadàn  19.  a.  H. 
6°  Occupazione  della  città  di  Misr. 

7°  Assedio   della  fortezza   di   Babilonia,    incominciato    nel    settem- 
bre 640  =  Sawwàl-Dzù-1-Qa'dah  19.  a.  H. 

8"  Trattato  di  sottomissione  concluso  da   al-Muqawqis    (Ciro),    ma 
respinto  da  Eraclio,  ottobre  640  =  Dzù-1-Qa'dah-Dzù-l-Higgah   19.  a.  H. 
9"  Resa  di  Babilonia,  9  aprile  641  =  18.  Rabì'   II.  20.  a.  H. 
10''  Presa  di   Niqj^us,   13  maggio  641  =  26   Gumàda  I.  20.  a.  H. 
11"  Assalto  di  Alessandria,  fine  giugno  641  =  Ragab  20.  a.  H. 
12°  Ritorno  di  Ciro  da    Costantinopoli   ad    Alessandria,   14   settem- 
bre 641  =  2  Sawwàl  20.  a.  H. 

13°  Resa  di  Alessandria,  8  novembre  641  =  28  Dzù-1-Qa'dah  20.  a.  H. 
14"  Scavo  del  canale  di  Traiano,  inverno  641-642  =  20.-21.  a.  H. 
IB"  Morte  di  Ciro,  21   marzo  642.  =  13  Rabi'  II.  21.  a.  H. 
16"  Insediamento  del  successore  di  Ciro,   14  luglio  642  =  10  Sa'bàn 
21.  a.  H. 

17°  Alessandria  abbandonata  dai  Greci,  17  settembre  642.  =  16  Saw- 
wàl 21.  a.  H. 

18°  Spedizione  nella  Pentapoli,  inverno  642-643  =  21.-22.  a.  H. 
19°  Ritorno  in  Alessandria  del  patriarca  copto  Benjamin. 
20°  Rivolta  di  Manuel  in  Alessandria,  fine  645  =  25.  a.  H. 
21°  Ripresa  di  Alessandria,  estate  646  =  fine  26.  a.  H. 
L'esame,  come  si  disse,  più  minuto  delle  varie  date  sarà  fatto  da  noi 
mano  mano  nello  svolgimento  della  materia,   quando  avremo  per  ciascun 
evento  il  necessario  corredo  delle  fonti. 

103. 


18.  a.  H.  EGITTO.        Data  e  ragioni  della  partenza  di    Anir  b.  al-  Às. 

lEGITTO.  -  Data  e  _     ,„„  ,.        ,•  i-  i    ^.-       •       i^  ••        i-  .  i 

ragioni  della  par-  §   1'"' —  I  >agli  btucli  predétti   nsuita  già   (.Inaio,  e  saia  anche  pili  lua- 

tenza  di  Amr  b.  uifosto  in  apjìiesso,  elic  la  data  10  Dzn-1-lIiggah  18.  IT.,  riferita  da  ibn 
■"'  Abd    al-liakani  (cfr.  §  190]  pei'  l' ingresso  di    Amr  b.  al-'As  in  Egitto,  si 

adatta  tanto  bene  agli  eventi  posteriori,  che  non  abbiamo  veruna  ragicme 
per  metterla  in  dubbio,  e  raccettiamo  nella  nostia  ricostruzione  degli  eventi 
elle  seguirà  molto  davvicino  quella  del  iiostici  predecessore,  il  Butler.  Tale 
data  concorda  anche  con  altre  considera/ioni  che  hanno  valore  nel  pre- 
sente argomento. 

Quasi  tutte  le  tonti  arabe  collegano  strettamente  la  partenza  di  Amr 
b.  al-'As  per  l'Egitto  con  la  visita  di  'Umar  in  al-Gràbiyah  (cfr.  §§  181,  182). 
Alcune  fonti  vorrebbero  che  l'invasione  dell'Egitto  venisse  concordata  tra 
capitano  e  Califfo  in  un  convegno  in  al-Uàbiyah  (cfr.  §§  181,  182),  mentn. 
altre  versioni  sembrano  mettere  in  dubbio  la  notizia,  ed  atl'ermano  che  Amr 
partisse  all'insaputa  e  conti'ariamente  agii  ordini  del  Califfo  (cfr.  §§  183, 
187,   193,   194). 

Orbene,  la  visita  di  Umar  in  al-Gràbiyah  avvenne  nel  17.  H..  e  ne! 
18.  ?I.  seguì  la  peste,  per  causa  della  c|uale  Umar  non  fece  ritorno  in 
Siria.  Se  Amr  b.  al-'As  partì  nell' ùltimo  mese  del  18.  H.,  vediamo  che 
tra  il  convegno  di  al-Gàbiyah  e  l'inizio  dell'invasione  dell'Egitto  corse  più 
di  un  anno  e  mezzo:  quindi  è  improbabile  che  la  spedizione  venisse  discussa 
ed  approvata  in  quella  cii'costanza.  Le  fonti  narrano  il  prÌ2icipio  della  con- 
quista come  avvenuto  immediatamente  dopo  il  convegno  di  al-Cfàbiyah, 
tanto  è  vero  che  alcune  pongono  perciò  la  venuta  eli  Umar  nel  18.  11. 
appunto  per  accomodare  la  cronologia-  a  siffatto  preconcetto. 

Rammentiamoci  però  che  dopo  la  caduta  di  Gerusalemme  venne  l'as- 
sedio di  Cesarea,  la  quale  resistette  lungamente  alle  anni  arabe,  e  nel  corso 
del  18.  H.  scoppiò  la  terribile  peste  che  devastò  la  Siria:  mi  par  quindi 
logico  inferire,  che  mentre  il  morbo  faceva  strage  nell'esercito  arabo  e  di- 
sorganizzava r  amministrazione  musulmana  in  Siria,  non  fosse  in  verun 
modo  possibile  allestire  una  -nuova  spedizione. 

Queste  varie  considerazioni  rendono  ijlausibile  una  correzione  della  vei- 
.sione  tradizionistica.  Crediamo  cioè  che  Amr  b.  al-'As  possa  aver  proposto 
al  Califfo  r  invasione  dell'  Egitto  durante  il  convegno  di  al-Gràbiyah,  van- 
tando la  sua  conoscenza  del  paese  nei  tempi  che  faceva  il  mercante:  alk> 
stesso  tempo  però  l'indugio  di  circa  diciotto  mesi  fa  credere  che  il  Califfo 
respingesse  la  proposta,  come  infatti  affermano  esplicitamente  alcune  fonti. 
L'assedio  di  Cesarea,  la  peste  e  la  disorganizzazione  dei  servizi  pi-eclusero 
ad  'Amr  ogni  speranza  di  ottenere  il  consenso  di   'Umar   pei'   la    novella 

104. 


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18.    a.    H.  §§  176,  177. 

avventura.  Ma  quando  per  la  morte  dei  principali  Compagni  in  Siria,  il  Calitfo  ^8.  a.  H. 

,  ,-r      .,       .  ,  EGITTO.  -  Data  e 

fece,  nel  18.  H.,  le  nuove  nomine,  e  preterì  al  veterano  Amr  b.  al- A.s  il  più        ragioni  delia  par- 
o-iovane  Mu'àwij'ali  per  il  grado  .supremo  di  governatore  della  Siria,  'Amr        ienza  di  Amr  b. 

3l"As  1 

yi  senti  offeso  nel  suo  orgoglio  e  deluso  nelle  sue  ambizioni  (cfi-.  §  187): 
decise  di  crearsi  da  sé  un  governo  più  ricco  e  più  bello  di  tutti  gli  altri, 
e  tornò  a  figgere  lo  sguardo  con  più  avidità  che  mai  sulla  valle  niliaca. 
Appena  le  cii-costanze  lo  permisero,  appena  cioè  la  peste  ebbe  termi- 
nate le  sue  stragi,  e  gli  Arabi  ebbero  ripreso  il  normale  assedio  di  Cesarea, 
'Ami-,  d'accordo  con  i  capi  da  lui  dipendenti,  per  lo  più  emigrati  del  Yaman, 
decise  di  un  tratto  l'invasione  dell'Egitto  a  dispetto  del  Califfo.  Il  famoso 
incidente  della  lettera  di  'Umar  (cfr.  §  183)  può  aver  forse  qualche  fon- 
damento di  vero,  ma  non  è  escluso  che  possa  trattarsi  di  una  finzione  tra- 
dizionistica  per  scusare  l'insubordinazione  di  'Amr  b.  al-'As,  e  la  debo- 
lezza di  'Umar  verso  il  suo  dipendente  poco  disciplinato.  Con  la  storiella 
della  lettera  tutto  è  accomodato,  mentre  forse  in  realtà  'Amr  agi  di  suo 
arbitrio,  ed  il  Califfo,  poco  sicuro  ancora  del  suo  prestigio,  non  osò  reagire 
energicamente,  preferendo  accettare  il  fatto  compiuto  e  mandare  soccorsi. 
L'invio  dei  soccorsi  con  due  antichi  Compagni  come  Abdallah  b.  al-Zu- 
bayr  ed  'Ubàdah  b.  al-Sàmit,  in  posizione  secondaria,  rivelano  chiaramente 
l'intento  del  Califfo  di  controbilanciare  l'indipendenza  di  'Amr,  e  di  ri- 
prendere la  sua  autorità  perduta,  mettendo  al  fianco  dell'indocile  capitano 
due  temibili  rivali,  che  avrebbero  paralizzato  con  le  loro  gelosie  qualunque 
tentativo  di  Ami-  di  agire  con  soverchia  libertà.  Con  la  scusa  di  mandare 
rinforzi  'Umar,  assai  abilmente  e  con  fine  diplomazia,  ripigliava  in  mano 
le  redini  che  alla  partenza  di  'Amr  gii  erano  palesemente  sfuggite  di  mano. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sulla  partenza  di  Amr  per  la  conquista  del- 
l'Egitto. 

§  177.  —  («)  Secondo  ibu  Ishàq  ed  abù  Ma'sar,  l'Egitto  tu  conqui- 
stato nell'anno  20.  H.  per  opera  di  Amr  b.  al-'Às.  abù  Ma'sar  dice  poi 
che  al-IskandarÌ3-3'ah  venisse  espugnata  nel  25.  a.  H. 

(ò)  ibn  Sa'd  (da  al-Wàqidi)  pone  invece  la  conquista  dell'  Egitto  e  la 
presa  di  Alessandria  nel  medesimo  anno  20.  H. 

Infine  Sayf  b.  'Umar  riporta  ambedue  gli  eventi  nell'anno  16.  H.  (Ta- 
bari,  I,  2579-2580). 

Cfi-.  Athir,  II,  440;  Dahlàn  Futùh,  I.  38;  Maqrizi  Khitat,  I, 
288,  ìin.  21-22;  Mahàsin.  I.  24. 

(e)  Khaldun,  II,  Ajjp.,  144,  narra  la  conquista  dell'Egitto  come  av- 
venuta subito  dopo  la  presa  di  Gerusalemme,  e  dice  che  le  milizie  musul- 

11 15.  14 


ce     I"    iwl  lo*       2i*       il* 


18.  a.  H.  maiir   paitiioiio  o  noi   '20..  o  noi   •21.,  o  nel   "25.   H.   Nel    resto    lia.s.suiue    le 

tradizioni  di   Sa\  t    1>.     Limar. 


maiir   partirono 

lEGITTO.  -  Tradi 


1' 
zioni    sulla    par- 
tenza dì  Amr  per  Anche   in  Tabaii   Zotenlierg,  III,   461-467,   si  narra  la  conquista 
la  conquista  del-     ,|pj|.p   |^t^^  ^.^^^Q  avvenuta  nel   20.  TI.,  quando    Umar  scrisse  ed  'Amr  di 

I  editto* I  *^ 

invadere  la  vallo  del  Nilo.  In  questo  testo  gli  errori  cronologici-storici  pul- 
lulano e  non  mette  il  conto  di  enumerarli.  Egli  pone  la  presa  di  Ales- 
sandria come  prima  impresa  di  'Amr:  poi  la  presa  di  Memfi  [sic:  inten- 
desi  Babilonia),  ed  infine  la  battaglia  di  Ayn  Sams.  Poi  dice  che  Misr 
tu  presa  nel  Rabi'  II.  del  20.  H. 

§  178.  — (ibn  Ishàq).  Quando  fu  terminata  la  conquista  della  Siria, 
il  Califfo  'Umar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  marciare  con  il  suo  esercito 
alla  conquista  dell'Egitto.  Amr  invase  allora  l'Egitto  (nel  IO.  H.?)  ed 
espugnò  Bàb  al-Yùn  (Bàb  Alyùn  =  Babilonia)   nel   corso   dell'anno   20.  H. 

La  presa  di  Alessandria  (al-Iskandariyyah)  avvenne  nell'anno  25.  H., 
secondo  del  califfato  di  'Uthmàn,  e  per  opera  di  'Amr  b.  al-'As  (')  (Ta- 
bari,  I,  2580-2681). 

Cfi-.  Ma  ha  sin,  I,  24. 

Nota  1.  —  Alludesi  alla  seconda  presa  di  Alessandria. 

§  179.  —  (Eutj'cliius).  Mentre  era  in  Siria,  il  Califfo  'Umar  ordinò  ad 
Amr  b.  al-'As  d'incominciare  a  prepararsi  per  una  spedizione  in  Egitto, 
ma  gì' impose  la  condizione  che  se  gli  giungeva  una  sua  lettera,  mentre 
era  ancora  in  Siria,  non  proseguisse  più  verso  l'Egitto:  se  invece  la  let- 
tera lo  raggiungeva  quando  fosse  già  in  terra  egiziana,  allora  andasse  pure 
avanti  per  la  sua  strada  (Eutychius,  ed.  Cheikho,  II,   19,  Un.   5-8). 

§  180.  —  Secondo  Khalìfah  (b.  Khayyat),  ed  altri,  nell'anno  20.  H.  il 
Califfo  Umar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  recarsi  in  Egitto:  con  lui  mandò 
anche  al-Zubayr  b.  al-'Awvvàm,  che  partì  da  Daqhalah  con  Bisr  b.  Artàh, 
'Uma3-r  b.  Wahb  al-Grumahi  e  Kharigah  b.  Hudzàfah  al-'Adawi.  Arrivarono 
a  Bàb  al-Lùq  (sic,  ossia  Bàb  Alyùn),  che  resistette  all'invasore  e  fu  presa 
d'assalto.  La  gente  della  trincea  (Ahi  al-Khandaq),  ossia  gli  abitanti  della 
fortezza,  conclusero  un  trattato  (con  gli  Arabi).  Il  primo  a  montare  sulle 
mura  della  città  fu  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  ed  appresso  a  lui  corse  la 
gente.  Allora  al-Zubajn-  invitò  Amr  a  dividere  la  città  tra  coloro  che 
l'avevan  conquistata,  ma  Amr  non  volle  consentirvi  se  prima  non  avesse 
udito  il  parere  di  'Umar  (Mahàsin,  I,  5  e  23). 

Dzahabi  Paris,  I,  fol.   133,r. 

§  181.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih).  Quando  nel  18.  a.  H.  Umar  venne  ad 
al-Gràbiyah,  'Amr  b.  al-'As  si  presentò  al  Califfo  e  gli  chiese  il  permesso  di 
recarsi    in    Egitto.    'Amr   era    stato   in  quel  paese  nei  tempi  pagani  e  ne 

106. 


18.  a.  H.  §§  181, 182. 

aveva    conosciute  le   vie.  e  ne  aveva   appurate  le  ricchezze  (M   (Abd  al-  18.  a.  h. 

,       ,  _„  ^^  [EGITTO.  -  Tradì, 

hakam.    <9).  zioni   sulla   par- 

Cfr.  Maqrizi  Khitat,  I,  168,  lin.  30  e  segg.:  Suyùti  Husn,  I,  61.        tenzadiAmr  per 

la  conquista  del- 
NoTA  1.  —  Sulle  ragioni  che  mossero  'Amr  a  recarsi  in  Egitto  nei  tempi  pagani  abbiamo  la  se-  l'Egitto.] 

guente  leggenda  ibn  'Abd  al-liakam,  da  Yahya  b.  Khàlid  al-'Adawi,  da  ibn  Lahi'ah,  e  da  Tahya  b. 
Ayyub,  da  Khàlid  b.  Ayyub).  Nel  corso  di  un  viaggio  commerciale  a  Gerusalemme,  'Amr  b.  al-'As  si 
imbattè  in  un  prete  cristiano  isammàsi,  nativo  di  Alessandria,  e  gli  rese  due  grandi  servizi,  vale  a 
dire  gli  diede  un  giorno  da  bere  dalla  propria  otre,  quando  taceva  molto  caldo  ed  il  prete  sofiriva  una 
sete  ardente  :  e  poi  gli  salvò  la  vita  uccidendo  una  serpe  che  voleva  morderlo,  mentre  dormiva.  Il  prete,  ri- 
conoscente, invitò  'Amr  a  seguirlo  in  Alessandria,  dove  lo  avrebbe  generosamente  ricompensato  per  avergli 
scalvata  due  volte  la  vita:  e  poiché  la  vita  di  un  uomo  valeva  iu  Arabia  cento  cameli,  il  prete  gli  oiferse 
un  compenso  di  duecento  cameli.  'Amr,  che  possedeva  allora  due  soli  cameli,  e  sperava  guadagnar  tanto 
nel  viaggio  a  Gerusalemme  da  potersene  compenire  un  terzo,  si  senti  invogliato  ad  accettai-e  l'ofi'erta. 
Ne  parlò  ai  compagni,  offrendo  di  dare  una  parte  dei  suoi  guadagni,  se  uno  di  loro  lo  avesse  accompa- 
gnato. Questa  proposta  fu  accolta  con  favore  e  'Amr,  accompagnato  da  un  altro  arabo,  segui  il  prete  fino 
ad  Alessandria.  Quivi  ebbe  occasione  di  vedere  la  ricchezza  dell'Egitto  e  lo  splendore  dei  suoi  monumenti, 
e  rimase  compreso  d'ammirazione  di  tutto  ciò  che  vide.  Avvenne  ora  che  nei  giorni  in  cui  'Amr  rimase  in 
Alessandria,  in  questa  città  si  tenne  una  grande  festa  alla  quale  presero  parte  tutti  i  principi  e  più  nobili 
del  paese.  Essi  avevano  una  palla  d'oro  incoronata  che  in  questa  circostanza  solevano  lanciarsi  l'uno 
all'altro,  e  ritenevano  che,  se  essa  veniva  a  cadere  nella  manica  ikumm)  d'uno  di  essi,  e  vi  rimaneva, 
quel  tale,  prima  di  morire,  diventerebbe  signore  dell'Egitto.  Orbene,  'Amr  giunto  in  Alessandria  col  prete 
e  colmato  da  questo  di  doni,  assistette  alla  lesta  in  cui  si  giocava  alla  palla,  e  volle  il  Destino  che  essa 
in  uno  dei  .*uoi  voli  venisse  a  cadere  proprio  nella  manica  di  'Amr  con  grande  meraviglia  di  tutti  i 
presenti,  i  quali  non  potevano  capacitarsi  come  il  governo  dell'Egitto  sarebbe  mai  potuto  passare  in 
mano  a  quell'arabo  del  deserto.  Il  prete  regalò  di  poi  2000  dinar  ad  'Anu-,  narrando  a  tutti  come  questi 
gli  avesse  salvato  due  volte  la  vita;  altri  1000  furono  contribuzioni   volontarie   di   tutti   gli   amici   de!  • 

prete,  ai  quali  questi  si  era  rivolto  per  soccorso.  Con  tale  ingente  somma  'Amr  e  il  suo  compagno  arabo 
fecero  ritomo  presso  i  colleglli  in  Palestina;  ai  compagni  egli  regalò  10(^)  dinar,  e  tenue  per  se  gli 
altri  2000  ('Abd  al-hakam,  79-82). 

Cfr.  Maqrizi  Khitat,  I,  158,  lin.  32  e  segg.;  Suyùti  Husn,  I,  45-47:  Dahlàn  Futfih, 
I,  38-39. 

§  182.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Ubaydallah  b.  abì 
Ua'far,  e  da  'Ayyàs  b.  Abbàs  al-Qitbàni,  e  da  altri).  Quando  'Umar  b.  al- 
Khattàb  venne  ad  al-Gràbiyah,  Ami-  b.  al-'As  ebbe  con  lui  un'udienza  par- 
ticolare, nella  quale  chiese  al  Calitib  licenza  d'invadere  l'Egitto,  descri- 
vendogli r  immensa  ricchezza  del  paese,  la  facilità  di  conquistarlo,  ed  i 
vantaggi  incalcolabili  che  ne  sarebbero  derivati  per  lo  stato  musulmano. 
Nondimeno  'Umar,  non  volendo  esporre  a  grave  rischio  i  Mu.sulmani,  ri- 
spose con  un  rifiuto.  —  Amr  non  si  scoraggi,  ma  continuò  in  appresso  ad 
insistere  sul  suo  disegno,  adducendo  sempi'e  nuovi  e  più  validi  argomenti, 
finché  alla  fine  il  Califfo  cedette  alle  istanze  del  suo  luogotenente  e  contèri 
ad  'Ami'  il  comando  di  3600  o  4000  uomini,  tutti  della  tribù  di  'Akk  (') 
(Yamau)  (Abd  al-hakam,  82j. 

Cfi-.  Yàqùt,  III,  893,  lin.  10  e  segg.;  Suyùti  Husn,  I,  51;  Ma- 
hàsin,  I,  6,  lin.  10  e  segg.;  Dahlàn  Futùh,  1,38;  Nuwayri  Leid, 
I.  fol.  68,v.-69,r.;  Maqrizi  Khitat,  I,  288,  lin.  23-26. 

Nota  1.  —  Secondo  abù-l-Aswad  Nasr  b.  'Abd  al-gabbàr  (da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abi  Habibi 
'Amr  b.  al-'As  invase  l'Egitto  con  soli  3600  uomini,  ed  'Abd  al-malik  b.  Maslamah  (da  ibn  Lahi'ah,  da 

107. 


18.  a.  H. 


Yaaiil  »••  libi  llabilo,  confermando  questa  notizia,  aggiunge  che.  un  terzo   dello  t'ovze  erano  Aralii  delln 
EGITTO.  •   Tradi-       tribiN  tibiiUq  l'Abd  al-liakam,  8-2-8.1). 
zioni    sulla    par-  Cfi.  Y.'iqul,  111,  «W,  li".  IH- 

lenza  di  Amr  per  ^   j  g3_  ('Uthuiàn  b.  Salili,  (la   ibii  Laliì'ah,  da    Ubaydallali   b.  abì 

la  conquista  del-         ,  "  '  ,,^  "-     ,  ,     .,  ti-  j  n  t.i     -ìì 

r Egitto.)  efatVir».  Il  Gallilo    Umai    ii\i'va   dato  pero  il   permesso  d  invadere  1  higitto 

luolt»!  a  lualincuore,  perchè  temeva  assai  che  una  sventura  venisse  a  col- 
pire i  Musulmani:  perciò  nel  congedare  'Amr,  gli  annunziò  che  gli  avrebbe 
scritto  fra  breve  una  lettera  con  altre  istruzioni  ed  aggiunse  che,  se  nella 
lettera  v'era  un  ordine  di  rinunziare  all'impresa,  egli  doveva  immediata- 
mente ritii-arsi,  tranne  che  si  trovasse  già  in  terra  egiziana.  Queste  pa- 
role indussero  'Amr  a  sollecitare,  il  più  possibile  i  preparativi:  egli  parti 
nelle  ore  più  buie  della  notte  e  si  spinse^con  i  suoi  in  direzionje  dell'Egitto 
con  la  massima  sollecitudine,  temendo  sempre  ricevere  una  lettera  di  ri- 
chiamo prima  di  aver  varcato  il  confine.  Né  s'ingannò:  nell'arrivare  a 
Rata  li  lo  raggiunse  un  messo  di  'Umar  con  una  lettera  del  Califfo  :  'Amr 
ne  sospettò  il  contenuto  e  non  volle  prenderla  in  consegna  in  quei  luogo: 
ordinò  di  proseguire  la  marcia  e  giunto  così  alfine  in  un  villaggio  che 
giaceva  fra  Kafah  e  al-' Aris,  quando  seppe  che  si  trovava  ormai  in  terri- 
torio egiziano,  allora  soltanto  fece  venire  il  messo  e  prese  la  lettera  del 
Califfo.  Questi  difatti  gli  ordinava  di  ritornare  addietro:  dacché  però  il 
confine  era  già  varcato,  Amr  ricordò  ai  suoi  le  altre  istruzioni  di  'Umar 
e  diede  ordine  di  avanzare  nel  territorio  nemico. 

Altri  dicono  invece  aver  Amr  allestita  la  spedizione  dell'Egitto  senza 
il  consenso  del  Califfo,  e  che  la  lettera  di  'Umar  lo  raggiungesse  mentre 
egli  era  ancora  in  Palestina,"  prima  cioè  d'essere  arrivato  ad  al-' Aris.  Amr 
non  volle  aprire  la  lettera  prima  d'essere  in  al-' Aris:  qviando  l'aprì  lesse 
che  il  Califfo  gli  ordinava  di  retrocedere,  salvo  che  avesse  già  varcato  il 
confine:  allora  poteva  continuare.  Dacché  al-' Aris  era  già  in  Egitto,  Amr 
continuò  la  spedizione  ('Abd  al-hakam,  83-84). 

Cfr.  Yàqùt,  III,  893-894;  Maqrìzi  Khitat,  I,  288.  Un.  26:  289, 
lin.  2;  vSuyùti  Husn,  1,51;  Mahàs  i  n ,  I,  6-7;  Dahlàn  Futuh,I,  40. 

§  184.  —  (ibn  'Abd  al-hakam,  da  Sa'id  b.  'Ufayr,  da  al-Layth  b.  Sa'd). 
Amr  b.  al-'As  era  piccolo  di   statura,   con   testa   grandissima,   fi-onte   pro- 
minente, bocca  larga,  barba  abbondante,  largo  di  spalle,  mani  e  piedi  di 
dimensioni  maggiori  del  comune  ('Abd  al-hakam,  86)  (cfi-.  §   193). 

§  185.  —  Un'altra  tradizione  con  lo  stesso  isnàd  del  paragrafo  pre- 
cedente, conferma  la  notizia  che  'Amr  b.  al-'As  allestisse  la  spedizione 
d'Egitto  all'insaputa  del  Califfo  e  perfino  delle  schiere  che  in  quei  giorni 
assediavano  con  lui  la  città  di  Qaysàriy3'ah.  Quando  Umar  ebbe  notizia 
delle  mosse  di    Amr,  gli  scrisse  la  seguente  lettera:   «   Umar  ad    Amr  b. 

108. 


18.    a.    H.  §§  185-189. 


«  al-'As  ».  E  iu  seguito:  «  Tu  hai  iueannato  quelli  che  sono  con  te.  Se  la  ^8-  ^-  ^■ 

.  .  .  :EG4TT0.  -  Tradi- 

«^  mia  lettera  ti  raggiunge  prima  che  tu  sia  entrato  in  Egitto,  allora  torna     '  ^ionì  sulla  par- 
«  addietro;  ma  se  ti  raggiunge,  quando  vi  sei  già  penetrato,  allora  va  pure        tenzadi  Amrper 

...  T       .       •    j^        •         /.   A   1     T        111  r>i-  la  co.nauista  del- 

«  avanti  e  sappi  che  io  ti  manderò  rintorzi  »   (  Abd  al-hakara,  84).  l'Egitto.) 

Cfi-.  Malifisin.  I,  7;  Nuwayri  Leid,  I,  fol.  69,r.;  Maqrizi  Khi- 
tat.  I.   289.   Un.   2  e  segg. 

§  186.  —  Secondo  un'altra  tradizione  di  'Abd  al-malik  b.  Maslamah 
(da  Yahya  b.  Khalid,  da  Layth  b.  Sa'd),  l'idea  d'invadere  l'Egitto  venne 
(ìal  Califfo  Umar,  il  quale,  terminata  la  conquista  della  Siria,  ordinò  ad 
Amr  b.  al-'As  di  allestire  una  spedizione  contro  l'Egitto,  inviandogli  l'or- 
dine di  partire  per  mezzo  di  Sarìk  b.  'Abdah.  Più  tardi  però  Utiimàn  b. 
'AfiEan  ebbe  dei  dubbi  sull'opportunità  dell'  impresa  ed  accusò  'Amr  b.  al-'A.s 
d'essere  avido  di  potere  e  capitano  poco  sicuro,  sicché  la  spedizione  poteva 
riuscire  fatale  per  i  Musulmani  che  ne  facevano  parte. 'Umar  turbato  da  questi 
discorsi  ne  scrisse  ad  Amr,  ordinandogli  di  abbandonare  l'impresa.  L'ordine 
giunse  troppo  tardi:    Amr  era  già  in  Egitto  (Abd  al-hakam,  84-85). 

Cfi-.  Mahàsin,  I,   7;  Maqrizi  Khitat,  I,  289,  lin.  7-13. 

§  187.  —  (al-Balàdzuri ,  senza  isnàd).  Quando  le  milizie  ebbero  fatto 
litorno  dalla  battaglia  del  Yarmùk,  Amr  b.  al-'As  andò  a  porre  assedio 
a  Qaysàriyyah.  Più  tardi  (nel  18.  H.),  quando  divenne  governatore  (della 
Siria)  Yazìd  b.  abi  Sutyàn,  Amr  b.  al-'As  lasciò  suo  figlio  a  continuare 
l'assedio  di  Qaysàriyyah,  e  di  propria  iniziativa  partì  con  3500  uomini 
per  invadere  l'Egitto.  Il  Califfo  'Umar  si  adirò  molto  con  'Amr  pei'  questo 
atto  d'insubordinazione  e  gli  scrisse  movendogli  aspro  rimprovero  per  la 
sua  condotta  e  per  il  cattivo  esempio  d'aver  agito  senza  consultarlo:  gli 
ordinava  quindi  di  ritornare  donde  era  venuto,  se  la  lettera  lo  raggiun- 
geva prima  d'aver  varcato  il  confine.  La  lettera  di  'Umar  raggiunse  'Amr, 
quando  era  già  in  al-' Aris  (Balàdzuri,  212). 

§  188.  —  (al-Balàdzxu'i,  senza  isnàd).  Altri  affermano  che  il  Califfo 
Umar  scrivesse  ad  'Amr  b.  al-'As,  ordinandogli  d'invadere  l'Egitto.  Amr 
assediava  allora  Qa3'sàriyyah,  e  quando  ricevette  la  lettera,  (fh  sì  lieto  della 
nomina  che)  volle  regalare  mille  dinar  al  messaggero  Sarìk  b.  'Abdah, 
ma  siccome  questi  si  rifiutò  di  accettarli,  'Amr  lo  pregò  di  non  dirne  nulla 
al  Califfo    Umar  (Balàdzuri,  212). 

§  189. — •  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  La  partenza  di  Amr  b.  al-'As 
per  l'Egitto  fu  nel  19.  II.:  egli  fissò  prima  il  campo  in  al-'Aris  e  poi  si 
avanzò  su  al-Faramà-,  dove  trovò  gente  armata  e  pronta  a  combatterlo. 
Egli  sconfisse  il  nemico  e  predò  il  loro  accampamento.  Poi  si  avanzò  fino 
ad  al-Fustàt  e  fissò  il  campo  in  Cfinàn  al-Rayhàn.  al-Fustàt  aveva    nome 

109. 


$$  1K1-193.  ^°'    ^*    "• 


:8.  a.  H.  Alyùiiah  [al-Yfmah?],  ed  i  Musulmani  la  chiamarono  al-Fustat,  pertlic  dis- 

|E   IT     .-     radi-  «  Quosto  è  il   l'ustàt   (la  tenda)  della  gente  e   il    loio   luoi^o   di   liu- 

zioni   sulla   par-      •"■cu.».    ■»  v^.iv.  i      -.  .      .    v  /  o  .-> 

lenzadi  Amr  per  «  uiono  ».  Altri  sostengono  che  'Amr  b.  al-'As  vi  piantasse  la  propria  tenda 
iVtì*'V^  *  (tustat),  e  che  da  ciò  il  luogo  prendesse  nome.  (Ili  abitanti  della  città 
avevano  intanto  scavato  una  grande  trincea  (khandaq)  fé  opposero  viva 
lesistcn/.a)  (Balàdzuri,  212-213). 

§  190.  —  (ibn  'Abd  al-hakani).  Quando  al-Muqawqis  ebbe  notizia  del- 
l'avanzarsi di  'Amr  1).  al-'As.  si  diresse  su  al-Fustàt,  e  si  mise  a  raccogliere 
milizie  contro  gl'invasori.  Comandante  di  al-Qasr  (ossia  il  Qasr  al-Sam'  iu 
Babilonia)  era  un  greco  detto  al-A'rag,  o  lo  Zoppo,  un  dipendente  di  al- 
Muqawqis.  Intanto  'Amr  b.  al-'As  si  avanzava  vedendo  le  sue  schiere  in- 
grossate dall'affluire  di  alcune  tribù  di  Lakhm.  Egli  giunse  in  al-' Aris  nel 
(Yawm)  al-Nahr  (o  giorno  del  sacrifizio  =  10  Dzù-1-Higgah  :  del  18.  H.?j 
('Abd  al-hakam,  85). 

Cfi'.  anche  Hubays,  fbl.  96,r. ;  Mahàsin,  I,  7-8,  chiama  il  coman- 
dante al-U'ayrig ;  N  u  w  a  y  r  i  L  e  i  d  . ,  I,  fol.  69,r.-69, v.  :  M  a  q  r  ì  z  i  Kh  i  t  a  t , 
1.  289,  lin.   13-16,  ha  del  pari  la  forma  al-U'ayrig. 

§  191.  —  La  versione  di  al-Kindi  [f  350]  non  differisce  molto  dalle  altrrv 
più  antiche:  egli  narra  che  'Amr  b.  al-'As  percorresse  sovente  l'Egitto  ai 
tempi  pagani,  facendo  il  commercio  di  pelli  conciate  e  di  profumi,  e  che 
in  una  di  queste  circostanze,  visitando  Alessandria,  fosse  presente  ad  un 
gioco  di  palla  dei  nobili  della  città.  La  palla  per  una  combinazione  venne 
a  cadere  nel  suo  grembo:  l'incidente  destò  le  generali  maraviglie:  era  in- 
fatti supertizione  che  chi  ricevesse  in  grembo  la  palla  sarebbe  divenuto 
re  d'Egitto,  e  nessuno  poteva  comprendere  come  mai  un  povero  mercante 
arabo  sarebbe  per  diventare  re  d'Egitto.  Dopo  la  conquista  della  Siria, 
Amr  b.  al-'As  si  presentò  ad  'Umar  e,  valendosi  della  sua  intima  cono- 
scenza dell'Egitto  e  della  sua  intrinseca  debolezza  militare,  chiese  il  per- 
messo d'invaderlo  e  conquistarlo,  promettendo  un  facile  successo.  Il  Califfo 
non  volle  permettergli  l'avventura,  ed  Amr  allora  iniziò  la  spedizione  sulla 
propria  responsabilità,  all'insaputa  del  Califfo  e  partendo  segretamente  con 
i  suoi  di  notte  tempo  per  l'Egitto. 

Questo  accadeva,  dice  al-Kindi,  nell'anno  19.  H.  (Kindi,  fol.  l,v.-2,r.;. 

§  192.  —  Un'altra  tradizione  (da  'Ubaydallah  b.  Sa'ìd  al-Ansàri,  da 
suo  padre,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abì  Habib)  conferma  la  partenza 
di  'Amr  b.  al-'As  senza  il  permesso  del  Califfo,  e  l'episodio  della  lettera 
giunta  ad  'Amr  nel  momento  in  cui  varcava  il  confine  (Kindi,  fol.  2,r.). 

§  193.  —  (abù  Sàlih  'Abdallah  b.  Sàlih  segretario  (kàtib)  di  al-Laytli, 
da  al-Layth  b.  Sa'd,  da  alcuni  masà}' ikh  d'Egitto).  Quando  'Umar  venne 


no. 


18.    a.    H.  §§  193,  194. 

ad  al-Gràbiyah.    Amr  b.  al-'As    eli    chiese  il  permesso    di  marciare  contro  '3-  *•  ^• 

„    .  ,,  .TT  ^     '  .         •  •         .      ,^  1      1  •      T   .        [EGITTO.  -  Tradi- 

1  Egitto,  e  sebbene    Limar  tosse  contrario,  riuscì  alfine  a  persuaderlo,  sicché        ^jonj  guiia  par- 
'Amr  partì  con   4000    uomini    tutti    degli    Akk.     Umar    mutò    poi    idea   e        tenzadi  Amrper 

,..,..,  ,  .        .  .^  ,  la  conquista  del- 

scrisse  ad  Amr  di  ritornare,  aggiungendo  pero  che,  se  era  già  su  terra  r  Egitto.] 
egiziana,  proseguisse  innanzi.  La  lettei'a  raggiunse  Amr  in  Rafah,  ma 
questi,  sospettandone  il  contenuto,  non  l'aprì  e  continuò  la  marcia  finché 
ebbe  varcato  il  confine  e  raggiunto  un  paese  tra  Rafah  ed  al-' Aris.  Da 
questo  punto  Amr  scrisse  al  Califfo  narrandogli  quanto  ma  accaduto  e 
dichiarando  d'aver  aperta  la  lettera  in  terra  egiziana:  perciò  proseguiva 
ed  intanto  chiedeva  nuovi  rinforzi. 

Secondo  altri  le  cose  avvennero  in  questo  modo:  Amr  si  trovava 
presso  Qaysàrij'yah  con  il  suo  esercito,  con  il  quale  cingeva  d'assedio  la 
città:  dal  campo  scrisse  segretamente  ad  Umar  in  al-Gràbiyah,  pregandolo 
di  concedergli  licenza  d'andare  in  Egitto.  Nel  frattempo  egli  faceva  muo- 
vere il  suo  esercito,  come  se  volesse  semplicemente  mutare  luogo  d'accam- 
pamento, e  alfine  una  notte  si  allontanò  improvvisamente  con  i  suoi,  senza 
far  sapere  nulla  ai  colleghi  rimasti  dinanzi  a  Qaysàriyj'ah.  Questi  avver- 
tirono Umar  il  quale  scrisse  allora  ad  Amr,  rimproverandogli  d'aver  in- 
gannato i  suoi  colleghi  ed  ordinandogli  di  ritornare  addietro,  se  non  aveva 
ancora  varcato  il  confine. 

Secondo  altri  ancora,  il  Califfo^  'Umar  scrisse  ad  Amr  b.  al-'As  per 
mezzo  di  Sarik  b.  'Abdah,  dopo  la  conquista  della  Siria,  esortandolo  a  par- 
tire con  le  sue  genti  per  l'Egitto.  L'invito  di  'L^mar  fu  subito  accettato 
ed  Amr  partì.  Quando  Umar  narrò  il  fatto  ad  'Ut_hmàn,  questi  mostrossi 
preoccupato  delle  conseguenze  per  il  soverchio  ardimento  e  per  l'ambizione 
di  'Amr  b.  al-'As.  Allora  'Umar  si  penti  e  scrisse,  ecc.  (come  sopra,  con- 
fronta §   186). 

Amr  b.  al-'As  era  uomo  con  testa  grossa,  fronte  protuberante,  bocca 
larga,  barba  abbondante,  largo  tra  le  spalle,  e  con  grandi  mani  e  piedi. 
Egli  empiva  la  moschea,  aggiunge  al-Layth  (Hubays,  cod.  Beri.,  fol.  95, v.; 
cod.  Lugd.,  pag.  209)  (cfr.  §  184)  [H.]. 

§  194.  —  (Eutichio).  Quando  'Umar  b.  al-Khattàb  ebbe  fatto  ritorno 
(da  Gerusalemme)  a  Madinah,  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  destituendolo  dal 
governo  della  Palestina  ed  ordinandogli  di  apprestarsi  ad  invadere  l'Egitto: 
allo  stesso  tempo  conferì  a  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  il  governo  di  Asqalàn, 
di  Qaysàrij-vah  e  della  Palestina.  Mu'àwiyah  espugnò  allora  con  la  spada 
Qaysàrij^yah  ed  Asqalàn  nel  settimo  anno  del  Califfato  di  Umar  (ossia  il 
20.  H.).  Intanto  'Uthmàn  b.  'Affàu  entrò  presso  'Umar  b.  al-Khattàb,  e 
quando  seppe  da  lui  gli  ordini  che  aveva  dato  per  il  governo  della  Pale- 

111. 


§§  IW,  utó.  ^S-   ^-   ^• 


18.  a.  H.  stilla   e   l' invasione  dell'Egitto,  fece    molte    obbiezioni,  manit'wtaudo    \  ivo 

[EGITTO.  -  Tradì-     j  :  „  ,.     .,  ,.  l' impetuosità,  l'ambizione  e  la  sete  del  potere  di  'Ami-  li.  ;d-As. 

noni    sulla   par-       <••«■'.»'-    t  r  ..." 

lenza  di  Amr  per     jl  qiiali'  aviebbe  potuto  far  cosa  non  conforme  al  timor  di  Dio  ed  all'opi- 
la  conquista  del-     ^j^^j^^^    pubblica    musulmana:    v'era   rischio    che    nel    desiderio    di    cogliere 

I  Egitto.]  ^ 

uualclic  occasione  propizia  non  ti'ascinasse  i  Musulmani  a  perdizione;  l'av- 
ventura pote\"a  riuscir  bene,  ma  anche  aver  esito  sfavorevt)le.  Scosso  da 
siffatte  osservazioni,  'Umar  si  pentì  degli  ordini  dati  ed  ebbe  timore  chc^ 
la  spedizione  di  'Amr  avesse  a  finir  malo.  Scrisse  allora  ad  Amr:  «Se 
«  questa  mia  ti  raggiunge  prima  che  tu  sia  ^jntrato  in  P^gitto,  ritorna  ad- 
«  dietro,  donde  sei  venuto:  se  sei  già  in  Egitto,  va  pure  innanzi  ».  La  let- 
tera del  Califfo  raggiunse  Amr  m  Rafah,  e  siccome  il  comandante  temeva 
di  trovarvi  un  ordine  di  ritornare  addietro,  non  volle  prendere  la  lettera 
in  consegna  dal  messo  se  non  quando  ebbe  varcato  il  confine  e  fissato  il 
campo  in  un  villaggio  tra  Rafàh  ed  al-' Aris.  Accertatosi  che  ivi  era  già 
in  Egitto,  si  fece  dare  la  lettera  e  l'aprì.  Verificatone  il  contenuto,  chiamò 
a  testimoni  tutti  i  presentì  che  egli  era  in  Egitto,  e  che  quindi  era  suo 
dovere  di  continuare  la  marcia. 

Esiste  però  anche  la  versione,  secondo  la  quale  'Amr  si  sarebbe  tra- 
vato in  Palestina  e  si  sarebbe  inoltrato  per  invadere  l'Egitto  con  i  propri 
compagni  senza  licenza  del  Califfo  'Umar.  Quando  'Umar  gli  scrisse  per 
fermarlo,  'Amr  aveva  già  varcato  il  confine,  e  perciò  andò  avanti,  come 
la  lettera  del  Califfo  gii  consentiva  di  fare,  se  ormai  fosse  in  terra  egizia. 

Altri  narrano  che  'Amr  si  trovasse  ad  assediare  QaysàrÌ3'3'ah  con  le 
proprie  schiere  ed  altri  suoi  colleghi,  mentre  Umar  era  venuto  in  al-Grà- 
biyah.  Il  Califfo  gii  scrisse  segretamente  ed  Amr  si  mise  in  cammino 
verso  l'Egitto,  nascondendo  il  suo  piano  e  radunando  i  suoi  come  se  vo- 
lesse semplicemente  mutare  accampamento.  Poi  parti  di  notte.  Quando  ciò 
fu  scoperto  dagli  altri  comandanti  delle  schiere  (assedianti  Qaysàriyjah) 
tutti  ne  sentirono  dispetto,  perchè  era  palese  che  'Amr  li  aveva  tutti  in- 
gannati: scrissero  lagnandosi  ad  Umar,  il  quale  mandò  uno  scxitto  ad  Amr 
b.  al-'As,  e  nel  rimproverargli  di  aver  ingannato  i  colleghi  gii  ordinò  di 
ritornare:  ma  'Amr  aveva  già  varcato  il  confine  (Eutychius,  ed.  Cheikho, 
II,  21-22). 

§  195.  —  Nell'anno  20.  H.,  dice  ibn  al-Athii',  fu  conquistato  Misr  se- 
condo le  affei'mazioni  di  alcuni,  per  opera  di  Amr  b.  al-'As,  ed  anche  al- 
Iskandarij-yah.  Altri  però  dicono  che  Alessandria  fu  espugnata  nel  25.  TT. 
Ve  poi  chi  sostiene  esser  stato  Misr  espugnato  nel  Rabì'  I.  del  16.  H. 
Fra  altre  cose  occorre  che  la  presa  di  Misr  sia  avvenuta  prima  dell'anno 
'Am  al-ramàdah,  perchè  'Amr  b.  al-'As  mandò  viveri  per  via  del  Balir 

112. 


18.  a.  H. 


195-197 


al-Qulzum  fMar  Rosso)  da  Misr  a  Madinah  (Atbir.    IT,  440).  Cfr.  §§11  e  18-  a-  h. 

'  '  [EGITTO.  -  Tradi- 

seguentl.  zioni    gulla   par- 

tenza di  'Amr  per 

EGITTO.  —  Conquista  dell'Egitto  (versione  di  Severm  di  ul-TJsmunayn       vil^o.]^^^ 
e  di  Michele  Sirio). 

§  196.  —  La  storia  dei  patriarchi  copti  di  Alessandria  scritta  da  Se- 
verus  vescovo  di  al-Usmùnayn  contiene,  nella  biografia  di  Benyàmin,  il 
XXXVIII  patriarca  copto,  una  versione  della  conquista  d'Egitto,  che  ha  per 
noi  grandissima  importanza.  Alla  morte  del  patriarca  Andronicus,  mentre 
i  Persiani  erano  ancora  in  Egitto,  fu  eletto  Patriarca  dei  Copti  Benyàmin, 
uomo  devotissimo.  Ciò  avvenne  sei  anni  prima  che  i  Persiani  abbandonassero 
l'Egitto  (e  perciò  nel  622  dell'È.  V.  =  11.  a.  H.).  Intanto  Eraclio  con  l'aiuto 
di  Cristo  vinse  ed  uccise  il  re  dei  Persiani,  rovinò  la  sua  capitale  e  riprese 
possesso  del  suo  impero:  egli  nominò  allora  governatori  in  tutte  le  provincie. 
In  Egitto  mandò  Qiius  (Ciro),  il  quale  doveva  fungere  allo  stesso  tempo  da 
patriarca  (ma  1  chi t a)  e  da  governatore  (Severus,  225-226). 

§  197.  — Quando  Qirus  arrivò  ad  Alessandria,  l'angelo  del  Signore  in- 
formò Benyàmin  di  questo  fatto  e  gli  ordinò  di  fugghe  insieme  con  tutti 
i  suoi,  perchè  grandi  sventure  dovevano  colpirli  tutti:  allo  stesso  tempo 
però  gli  promise  che  questa  guerra  santa  (contro  l'eretico  Ciro)  sarebbe 
durata  dieci  anni  soltanto.  Gli  ordinò  anche  di  scrivere  a  tutti  i  vescovi 
che  erano  nella  sua  diocesi,  affinchè  avessero  tempo  di  fuggire  anch'essi. 
Questi  ordini  furono  eseguiti,  e  Benyàmin,  passando  per  al-Muna,  e  i  mona- 
steri di  Wàdi  Habib,  si  ritu-ò  nell'alto  Egitto,  nascondendosi  per  dieci  anni 
in  un  piccolo  monastero  sepolto  nel  deserto.  Furono  questi  gli  anni  du- 
rante i  quali  Hiraql  (Eraclio)  ed  al-Muqawqis  (')  dominarono  l'Egitto.  Per 
effetto  della  grandezza  delle  prove,  delle  strettezze  e  delle  afflizioni  che 
(al-Muqawqis)  fece  scendere  sugli  ortodossi  (Copti)  per  indurli  ad  abbrac- 
ciare la  fede  Calcedoniana  (mal  eh  ita),  molti  Copti  furono  indotti  in  er- 
rore, alcuni  con  i  tormenti,  altri  con  doni  ed  onorificenze,  ed  alcuni  con 
la  persuasione  e  l'inganno.  Ciò  accadde  persino  a  Qirus  vescovo  di  Niqyus 
ed  a  Biqtur  (Vittoi'io)  vescovo  di  al-Fay3'ùm  ed  a  molti  altri,  che  non  ob- 
bedirono agli  ordini  del  patriarca  Benyàmin  e  non  si  andarono  a  nascon- 
dere. Or  Eraclio  arrestò  Mina,  il  fi-atello  di  Benyàmin  patriarca,  e  gi' in- 
flisse grandi  tormenti:  accese  torcie  ai  due  lati  del  suo  corpo,  sinché  per  , 
il  gran  calore  fuse  il  grasso  delle  sue  carni  e  lo  fece  colare  in  terra:  gli 
léce  strappare  tutti  i  suoi  denti  molari  ed  incisivi  con  dei  colpi,  e  tutto 
ciò  per  indurlo  a  mutar  fede.  Poi  Mina  fu  messo  in  un  sacco  pieno  di 
sabbia  e  gettato  in  mare,  dove  annegò.  Gli  ordini  del  miscredente  Hiraql 

113.  15 


ss  UfT-ins».  ^"*  ^'  "• 


18.  a.  H.  i-iaiu>  (U   lasiiaif   in    [tate  soltanto  quelli   che    ammettevano    fòsse    vero   il 

'  sta  dell'Egitto"'  >t)neilio  di  (^altedouia,  ma  di  annegalo  nel  mare  chiunque  lo  dicesse  er- 
roneo e  falso.  Eraclio  nominò  vescovi  in  tutta  la  terra  d'Egitto  sino  ad 
Ansina  (Antinoe)  ed  inliisse  alla  gente  d'Egitto  duii  tormenti,  e  come  un 
hqjo  affamato  divorò  il  gregge  ragionevole  (al-nat  iqj,  e  pur  non  fu  sazio. 
K  le  genti  così  perseguitate  erano  Teodosiani  (Severus,  220-228). 

Nota  1.  —  Da  queato  passu,  panigonato  con  quanto  ò  detto  nel  paragrafo  precedente,  è  chiaro 
rlie  secondo  Severus  Qirns  e  al-Mnqa\vqis  sono  la  medesima  persona.  —  Gir.  ])Oc'an/.i  §  16(>. 

§  198.  —  Or  in  quei  giorni  Eraclio  vide  un  sogno,  nel  quale  gli  tu 
detto:  «  Contro  di  te  marcierà  una  gente  circoncisa,  ti  vincerà  e  conqui- 
«  stei'à  la  terra  (tua)  ».  Eraclio  sospettò  che  si  trattasse  degli  Ebrei:  egli 
diede  ordine  perciò  che  tutti  gli  Ebrei  e  i  Samaritani  venissero  battezzati 
in  tutti  i  paesi  che  erano  sotto  la  sua  autorità.  Ma  pochi  giorni  dopo  ap- 
parve un  uomo  tia  gli  Arabi  nelle  parti  meridionali,  veiso  Makkah  e  din- 
torni: ave\a  nome  Muhammad  e  trascinò  gli  adoratori  degli  idoli  alla  co- 
noscenza di  un  solo  Dio  ed  a  proclamarlo  l'Inviato  di  Dio.  La  sua  gente 
era  appunto  circoncisa  nella  carne,  e  non  per  la  legge  (al-uàmùs)  e  pi-e- 
gavano  rivolti  a  mezzodì,  guai'dando  verso  un  luogo  che  chiamavano  al- 
Ka'bah.  Egli  s'impadronì  di  Damasco,  della  Siria,  varcò  l'Urdunn  (il  fiume 
Giordano)  e  lo  chiuse  (sadamahu?).  E  Dio  abbandonò  l'esercito  dei  Greci 
dinanzi  a  lui,  per  j)unirli  della  loro  malvagia  fede  e  per  le  cose  vietate 
che  essi  si  erano  permesse  per  effetto  del  consiglio  di  Calcedonia,  contra- 
riamente al  parere  dei  Padri  antichi. 

Quando  Eraclio  vide  questo,  riunì  tutte  le  sue  schiere  da  Misr  fino  ai 
confini  di  Aswàn  e  continuò  a  pagare  ai  Musulmani  per  tre  anni  l'im- 
posta (al-qatì'ah),  che  egli  aveva  chiesto  per  dedicarla  a  sé  ed  alle  sue 
genti.  La  tassa  fu  chiamata  al-baqt,  perchè  disperdeva  (baqata)  le  loro 
Teste  (cioè  era  riscossa  in  ragione  di  un  tanto  per  testa?)  (').  E  così  finì 
che  (Eraclio)  ebbe  ceduto  a  loro  la  maggior  parte  dei  suoi  danari,  e  molta 
gente  morì  per  le  pene  da  cui  furono  afilitti  (allusione  alla  peste  del  18.  H.?) 
(Severus,  228-229 V 

Nota  1.  —  Il  termine  baqt  era  quello  ufficiale,  che  significava  il  tributo  annuale  di  schiavi  clif 
doveva  esser  pagato  dai  Nubiani  al  governo  arabo  (Balàdzuri,  pag.  2.38,  239;  Quatremère,  Mé- 
moire  géogr.  et  hist.,  II,  pag.  42,  53).  —  Il  prof.  Nallino  mi  osserva  che  viene  dal  greco  Tri>'.T;;  =: 
juichim  icfr.  Gloss    di  Balàdzuri,  pag.  17  s.  v.). 

§  199.  —  La  seguente  narrazione  nel  testo  del  cronista  siriaco  Mi- 
chele trovasi  posta  prima  della  venuta  di  limar  in  al-Gàbiyah  ed  a  Ge- 
rusalemme. 

(Dopo  la  conquista  della  Siria)  'Umar  (correggi  Amr)  marciò  contro 
1"  Egitto.    Ciro,    vescovo    d'Alessandria,    gli   uscì    incontro.    Egli    convenne 

114. 


18.  a.  H. 


199,  200. 


con  lui  (con    Amrj  di  dargli  ogni  anno  200,000  dìnàr  purché  i  Tayvàvé  ^8.  a.  H. 

-n     -j.  -TT  /■  \  -,  .         IT    ,  ,    ""     '  lEGITTO.-Conqui- 

iion  enti'as.sero  m  iiigitto.  umar  (  Amr)  ritorno  addietro  senza  entrare  in  sta  dell'Egitto.! 
Egitto.  Più  tardi  alcuni  accusarono  Ciro  presso  Eraclio,  come  se  egli  avesse 
regalato  l'oro  dell'Egitto  agli  Arabi  senza  alcuna  necessità.  E  siccome  i 
(freci  eiano  in  preda  a  sentimenti  ripugnanti,  Eraclio  scrisse  a  Ciro  di 
non  amministrare  più  l'Egitto.  Egli  mandò  un  armeno  chiamato  Manuel 
per  amministrare  e  governare  l'Egitto.  Quando  i  Tayyàyé  vennero  per 
prendere  l'oro,  trovarono  Manuel  con  una  schiera  di  Greci,  in  Babilonia, 
(^he  oggi  chiamano  al-Fustàt.  Manuel  rimandò  (gli  Arabi)  con  le  mani  vuote, 
dicendo:  «  Io  non  sono  Ciro:  costui  non  portava  un'armatura,  ma  una  veste 
«  e  perciò  vi  ha  fatto  dono  dei  beni  dell'Egitto:  io  invece,  come  vedete. 
«  sono  rivestito  d'un'armatura  ».  Essendo  i  messi  ritornati  ed  avendo  fatto 
conoscere  la  cosa  ad  'Umar  ('Amr),  questi  invase  l'Egitto.  Manuel  fu  vinto 
e  fuggì  con  pochi  soldati  "ad  Alessandria.  I  Tayyàyé  s'impadronirono  del- 
l'Egitto. Eraclio,  appreso  questo,  scrisse  a  Ciro  il  vescovo  di  espellere  i 
Tayyàyé  dall'Egitto,  se  poteva  farlo,  of&'endo  a  loro  il  doppio  dell'oro,  che 
era  stato  convenuto  la  prima  volta.  Ciro  si  recò  al  campo  dei  Tayyàyé, 
dove  espose  ch'egli  non  era  stato  la  causa  della  violazione.  Quando  ebbe 
molto  supplicato  e  dato  l'oro,  'Umar  ('Amr)  gli  rispose:  «  Io  non  farò  C[uanto 
«  mi  domandi.  Ora  che  siamo  padroni  del  paese,  noi  non  lo  abbandoneremo 
-  più  ».  E  con  queste  parole  l'arabo  congedò  Ciro,  che  s'allontanò  con  tri- 
stezza (Michel  Syrien,  II,  425). 

§  200.  —  (Michele  il  Sirio).  A  propo.sito  dell'Egitto  noi  abbiamo  tro- 
vato nelle  storie  che  Benyàmin  il  patriarca  degli  ortodossi  (ossia  i  Copti 
Monofisiti)  consegnò  l'Egitto  ai  Tayj'àyé. 

Gli  Egiziani  consegnarono  Alessandria  e  Misrin  ai  Tayyàyé,  perchè 
essi  erano  stati  oppressi  dalla  persecuzione  dei  Calcedoniani.  Ciro,  patriarca  ' 
calcedoniano.  che  aveva  attaccato  ad  un  piede  il  sandalo  rosso  degli  im- 
peratori, ed  all'altro  il  sandalo  di  fi-ate,  per  mostrare  che  egli  era  investito 
dell'autorità  imperiale  e  di  quella  ecclesiastica,  cacciò  il  patriarca  Benyàmin. 
Benyàmin  partì,  si  recò  presso  i  Tayyàyé  e  promise  a  loro  di  consegnare 
Alessandria,  purché  essi  (gli  Arabi)  avessero  cacciato  Ciro  ed  avessei'o  reso 
a  lui  (Benyàmin  I  le  chiese.  Gli  Arabi  diedero  la  promessa  e  la  conferma- 
rono con  giuramenti.  Benyàmin  ritornò  e  fece  conoscere  la  cosa  ai  suoi 
partigiani,  i  quali  poi  consegnarono  Alessandria  ai  Tayyàyé.  Ciro  comprese 
di  che  si  trattasse:  radunò  tutto  il  tesoro,  l'oro,  l'argento  ed  i  vasi  delle 
chiese:  montò  segretamente  sopra  una  nave  e  fuggì  a  Costantinopoli.  Allora 
Benyàmin  entrò  in  possesso  delle  sue  chiese,  e  da  quel  giorno  fino  ai  tempi 
nostri   i  Calcedoniani  non  hanno    potuto    prosperare  in  Alessandria  ed   in 

115. 


$$  200-206.  ^°'    ^*    "• 


18.  a.  H.  K»itto.  nominoiu)  abitarvi  se  non   in  piccolo  numero:  gli  ortodossi  (i  Mo- 

'^ftl^deM •  Egitto  i"      noHsiti)  hanno  occupato  lo  chiese  ed   i  monasteri  fino  ai  nostri  giorni  (M  i - 
chol    Syrien,  II,  432-43B). 

ARABIA.  —  Mutamento  dell'al-Maqàm. 

§  201.  —  (al-Wàqidi).  Nel  mese  di  Dzù-1-Higgah  di  questo  anno  il 
CalitTo  'Umar  mutò  il  sito  di  al-maqàm  (=  Maqàm  Ibràhim),  che  fino 
a  quel  giorno  era  sempre  stato  aderente  alla  casa  (al-ka'bah),  e  lo  tra- 
sportò là  dove  si  trovava  in  seguito  ai  tempi  di  al-Waqidi  (T  a  bari, 
I,  2578). 

Cfi".  Athir,  II,  439,  lin.  terzult.  :  (ravvzi,  I,  fol.  44,r.;  Nuwayri 
Leid..  T.  fol.  82,v. 

IRAQ.    -  Nomine  di  qàdi. 

§202.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  Secondo  alcuni  in  questo  anno  il 
Califfo  Umar  nominò  Surayh  b.  al-Hàrith  al-Kindi  qàdi,  o  giudice  su- 
premo in  al-Kùfah,  e  conferì  la  medesima  carica  a  Ka'b  b.  Sur  al-Azdi,  in 
al-Basrah  (T abari,  I,  2578,  lin.  7  e  segg.). 

Cfr.  Athir,  II,  439-440;  G-awzi,  I,  fol.  44,r.;  Nuwayri  Leid.,  1, 
fol.  82,v.-83,r.  Cfr.  però  11.  a.  H.,  §  200,  13.  a.  H.,  §  230j. 

ARABIA.  —  Pellegrinaggio  annuale. 

§  203.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  In  questo  anno  il  Califfo  'Umar 
diresse  il  gi'ande  pellegrinaggio  annuale  (T abari,  I,  2578,  lin.  9). 
Cfr.  Mas   ùdi,  IX,  55;  Athir,  IL  440;   Gawzi,  I,  fol.  44,r. 

Luogotenenti  del  Califfo. 

§  204.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  In  questo  anno  i  luogotenenti  del 
Califfo  nelle  provinole  furono  i  medesimi  menzionati  per  l'anno  precedente 
(T  ab  ari,  I,  2578,  lin.   10)   (cfr.   17.  a.  H.,  §   199). 

Cfr.  Athir,  II,  440. 

§  205.  —  (Pene  per  consumo  di  vino).  Anche  in  questo  anno 
ibn  al-Gawzi  pone  la  punizione,  con  ottanta  colpi  di  daga,  inflitta  ai  colpe- 
voli d'aver  bevuto  vino  :  l'ordine  fu  dato  da  Umar  ed  eseguito  su  quanti 
ammettevano  di  aver  commessa  una  colpa  e  una  violazione  della  legge 
quranica  (Grawzi,  I,  fol.  42,v.)  (cfr.   14.  a.  H.,  §§  2S2  e  segg.). 

Il  censimento  dei  non  musulmani. 

§  206.  —  li  Califfo  Umar  diede  ordine,  in  vista  della  tassa  per  testa, 
di  fare  il  censimento  di  tutti  i  paesi  del  suo  impero.  La  tassa   per  testa 

116. 


18.  a.  H. 


§§  206-209. 


fu  imposta  ai  Cristiani  nell'anno  951   dei  Greci  (ossia  dei  Seleucidi,  pari  ^8-  *-  ^- 

al  18.  H.)  (Michel   Syrien,  II,  426).  ''^^Z::J:\ 

Cfi-.  Theophanes,  anno  631;  Cedrenus.  anno  30  Heraclii. 

La  notizia  è  prematura,  come  apparirà  meglio  quando  studieremo  tutta 
la  questione  sotto  l'anno  23.  H. 

Eclissi  solare. 

§  207.  —  In  quel  tempo  (circa  951  dei  Greci)  il  sole  si  oscurò  alla 
terza  ora  del  Tisrin  I.  (ottobre):  apparvero  le  stelle  ed  un  grande  terrore 
invase  l'animo  di  quelli  che  videro  questo  segno  terribile  (Michel  Sy- 
rien, I,  432)('). 

Nota  1.  —  Nelle  tavole  cronologiche  delle  eclissi  uell'-4c^  de  verifier  les  dafes,  voi.  I,  pag.  SIO. 
abbiamo  sotto  l'anno  639  dell' E.  V.  una  eclissi  solare  il  3  settembre  (^  23  Sa'bàn  18.  H.)  alle  7.30  del 
mattino  visibile  in  Europa,  Africa  ed  Asia  Centrale.  E  certamente  quella  cui  allude  il  cronista  siriaco, 
en-ando  di  un  mese  circa  nella  sua  indicazione  cronologica. 

Coniazione  di  monete. 

§  208.  —  A  questo  anno  18.  H.  appartengono  alcune  delle  monete 
più  antiche  che  si  conoscano  tra  quelle  coniate  dagli  Arabi  conquistatori 
con  coni  bizantini  e  sassanidi  (cfr.  ZDMG.,  voi.  I,  pag.  335).  Ne  esistono 
alcune  con  il  conio  dell'anno  27  del  re  Khusraw  Barwìz,  adoperato  re- 
gnante limar,  il  quale  come  è  noto  (cfi".  ZDMG.,  1.  e,  nota  1)  fece  co- 
niare le  monete  dei  passati  governi  con  qualche  piccola  aggiunta  come 
«Muhammad  rasùl  Allah»,  o«  Là  ilàha  illà  Allah»  (cfr.  anche 
J.  A.,  serie  I,  voi.  IV,  pag.  334).  Alla  Biblioteca  Nazionale  di  Parigi  con- 
servansi  due  monete  di  bronzo  con  conio  bizantino,  le  quali  portano  la 
data  17.  a.  IL,  ambedue  di  Damasco:  ve  ne  sono  altre  contemporanee  senza 
data  (cfi-.  Lavoix,  Catal.  Monn.  Musulm.,  §  1  e  segg.). 

NECROLOGIO.  —   Abd  al-rahmàn  b.  Mu  àdz. 

§  209.  —  Abd  al-rahmàn  b.  Mu'àdz  b.  Gabal  al-Ansàri,  figlio  del  ce- 
lebre Compagno  del  Profeta,  e  probabilmente  Compagno  anch'egli,  seguì 
il  padre  in  Siria,  fu  presente  alla  battaglia  del  Yarmuk,  e  morì,  prima  del 
genitore,  durante  la  peste  di  'Amawàs  (Hagar,  III,  146,  n.  361). 

Altri  affermano  che  con  lui  scomparisse  l'ultimo  dei  banù  Udayj'  [o 
Adi]  b.  Sa'd  in  Siria:  quelli  che  anticipano  la  morte  di  Abd  al-rahmàn, 
affermano  che  suo  padi-e  Mu'àdz  morì  senza  lasciar  figli  e  trovano  in  queste 
notizie  una  conferma  che  Abd  al-rahmàn  premorisse  al  padre  (Athir  Usd, 
III,  323). 

Dzahabi    Tagrid,  I.  382-383,  n.  3688;  al-Istiàb,  408-409,  n.   1703. 

117. 


§§  210,  211.  ^°*    ^'    "• 


18  a.  H.  Àmir  b.  Ghaylàn  b.  Salamah. 

Amir  b.  Ghaylàn  §  210.  Aiuir  b.  (jliaylàn   b.  Salamah  b.  Mu'attab  b.  AFàlik  b.  Ka'l) 

b.  Saiamahj  i,^   "Anir  I).  Sa'cl  al-'Phaqafi  ebbe  per  madre  Khaladali  liint  abì-l-'Ss,  emigrò 

a  Madinali  prima  della  convorsioiu'  dei  'rhaciii':  il  tesoiicvi'  del  j)adrc 
Ghaylàn  rubò  alloia  i  danari  del  suo  padrone,  dando  a  intendere  che  fos- 
sero stati  rubati  ilal  liglio  emigiato.  Il  |)adre  irato  giurò  che  non  avrebbe 
mai  più  veduto  il  tiglio,  oppure,  secondo  un'altra  versione,  il  tiglio  giurò 
non  voler  mai  più  veder  il  padre,  pi^rchè  aveva  prestato  fede  alle  menzogne 
del  tesoriere.  Wmir  si  recò  poi  in  Siria  con  il  fiatello  'Animar,  ponendosi 
agli  ordini  di  Ivhalid  b.  al-Walid,  e  facendo  parte  del  corpo  di  cavalleria 
tJUaqalita  (fàris  'rhaqif).  Egli  perì  durante  la  peste  di  'Amawàs.  Secondo 
abù-1-Farag  al-Isbahàni  la  conversione  di  '.Amir  avvenne  dopo  la  sottomis- 
sione di  al-Ta-if  (Hagar,  II,  t)03-6B4,  n.  8891). 

Athir.  Il,  486;  Athir  Usd,  III,  90;  Dzahabi  Tagrid,  I.  308, 
li.   2941  ;  al-lsti'àb,  465,  n.    1991. 

al-Fadl  b.  al-  Abbàs. 

§  211.  —  (ff)  abù-1-' Abbàs  [o  abù  'Abdallah,  o  abù  MuhammadJ  al- 
Fadl  b.  al-' Abbàs  b.  '  Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim  al-Hàsimi.  cugino  del  Pro- 
feta, il  i)iù  anziano  dei  tìgli  di  'Abbàs,  ebbe  per  madre  umm  Fadl  Lu- 
bàbah  bint  al-Hàrith  b.  Hazn  al-Hilàliyyah,  una  sorella  di  Maymùnah  sposa 
di  Maometto:  seguì  il  Profeta  nella  spedizione  di  Makkah,  ed  alla  battaglia 
di  Hunayn  fii  uno  di  quelli  che  rimasero  di  pie'  fermo  presso  Maometto. 
Durante  il  Pellegrinaggio  d'Addio  il  Profeta  lo  unì  in  matrimonio  con 
Safiyyah  bint  Mahmiyah  b.  tfaz-  alrZubaj'diyyah.  Sulla  sua  morte  regna 
grande  incertezza.  al-Bukhàri  lo  ritiene  morto  nel  Califfato  di  abù  Bakr: 
ibn  Fathùn  lo  dice  morto  ad  al-Yamàmah,  ma  pone  eiToneamente  questo 
evento  nel  16.  H.  ibn  al-Sakan  lo  annovera  fi'a  gli  uccisi  di  Agnàdayn,  o 
del  Yarmùk  ;  ed  infine  al-Wàqidi  sostiene  che  mori  durante  la  peste  di 
'Amawàs.  Da  lui  trasmisero  tradizioni  i  suoi  due  ft'atelli  'Abdallah,  e  Qu- 
tham,  suo  cugino  Eabi'ah  b.  al-Hàrith  b.  Abd  al-Muttalib,  abù  Hurayrah. 
suo  nipote  Abbàs  b.  'Ubaydallah  b.  al-' Abbàs,  'Umayr  mawla  di  umm  al- 
Fadl,  Sulaymàn  b.   Yasàr,  al-Sa'bi  ed  altri  (Hagar,  III,  413-414,  n.  1119). 

ih)  Secondo  al-Ya'qùbi,  II,  172,  morì  in  Palestina  nell'anno  della 
peste. 

Cfi-.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  132,r..  il  quale  aggiunge  che,  secondo 
altri,  morì  nel  28.  H.,  ma  che  l'opinione  più  sicura  è  quella  di  ibn  Sa'd. 
di  al-Zubayr  b.  Bakkàr,  e  di  abù  Hàtim,  i  quali  lo  dicono  perito  nella 
peste  del  18.  H.  (Gawzi,  I.  fbl.  47,r.). 

118. 


18.  a.  H. 


211,  -212. 


Alcuni  lo  danno  per  morto  alla  battaglia  di   Marg    al-Suffar    (Athir  18.  a.  h. 

Usd,  IH.   183:   Dzahabi  Tagrid,  II,  9,  n.  79).  '^l^Fldi''?a'i°Ab- 

I  lineamenti  del  suo  viso  erano  bellissimi  (al-Isti  ab,  535,  n.  2224j.  ^^s.) 
(e)  Da  Safi3-yali  bint  Malimij-ah  b.  Gaz-  b.  al-Hàrith  b.  'Urayg  b.  'Arar 
al-Zubaydi,  dei  Madzliig  Sa'd  al-'Asìrah,  ebbe  l'unica  figlia  umm  Kultjiùm, 
di  poi  moglie  di  'Ali  b.  abì  Tàlib  e  poi  di  abù  Musa  al-As'ari.  Egli  era 
il  maggiore  dei  figli  di  al-'Abbàs  b.  Abd  al-Muttalib.  Fu  presente  del  pari 
al  Pellegrinaggio  d'Addio.  L'Inviato  di  Dio  lo  prese  con  sé  in  groppa  alla 
sua  cavalcatura:  ond'egli  tu  detto  Ridf  Rasul  Allah  (Sa ad,  IV,  1, 
pag.  37,  lin.   12-23)  [G.J. 

(d)  ('Affàn  b.  Muslim,  da  Sukayn  b.  'Abd  al-'aziz,  da  suo  padre  ['Abd 
al-'azìz],  da  ibn  'Abbas).  Il  giorno  di  'Arafah  l'Inviato  di  Dio  si  tolse  in 
groppa  al-Fadl,  e  mentre  egli  attendeva  devotamente  ai  riti  del  pellegri- 
naggio sino  al  getto  delle  pietre  contro  la  Gramrali  al-'Aqabah,  al-Fadl, 
che  era  giovane  di  bello  aspetto  e  temuto  seduttore  di  donne,  sbirciava  le 
donne  con  molta  insistenza;  tanto  che  il  Profeta  più  volte  ebbe  a  volgergli 
altrove  la  faccia  con  la  mano  dietro  di  sé,  e  gli  disse:  «  Figlio  di  mio 
*  fratello,  questo  é  giorno,  nel  quale  a  chi  sa  padroneggiare  il  suo  udito  e 
«lo  sguardo  e  la  lingua,  sono  rimessi  i  peccati»  (Sa ad,  IV,  1,  pag.  37, 
lin.  23-27:  38.  lin.  1.  unendo  particolari  di  altre  tradizioni  della  stessa 
fonte)  [G]. 

(e)  (al-Dahliàk  b.  al-'Ahbàs?j.  al-Fadl  b.  al-'Abbàs  fu  uno  di  coloro  che 
lavarono  il  (corpo  del)  Profeta  (morto),  e  sopraintesero  al  suo  seppellimento. 
Poi  egli  se  ne  andò  a  combattere  in  Siria,  e  morì  nella  regione  dell'Urdunn, 
per  la  peste  di  Amawàs,  l'anno  18.  della  H.,  sotto  il  Califfato  di  limar 
b.  al-Khattàb  (Saad.  IV,   1,  pag.  38,  lin.  12-14). 

Cfr.  anche  Yàqùt,  III,   729:  Nawawi.   501-502. 

abu  Gandal  b.  Suhayl. 

§  212.  —  [a)  abu  Gandal  [al-'As]  b.  Suhayl  b.  'Amr  al-'Amiri,  uno  dei 
migliori  Compagni  del  Profeta  :  di  lui  é  noto  l' incidente  dopo  il  trattato 
di  al-Hudaybiyyah,  quando  suo  padi-e  Suhajd  b.  'Amr  lo  fece  incatenare 
per  aver  abbracciato  l'Islam  (cfr.  6.  a.  H.,  §  35).  Si  dice  che  fosse  pre- 
sente a  Badr:  suo  fratello  Abdallah  perì  alla  battaglia  di  al-Yamàmah,  ed 
abù  Gandal   fu   ucciso  dalla  peste  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   132,r.). 

Cfr.  Gawzi.  L  fol.   46, v. 

(b)  Secondo  alcuni,  abù  Gandal  morì  alla  battaglia  di  al-Yamàmah 
(cfr.  12.  a.  H.,  §  23,  n.  46).  Invece  Musa  b.  'Uqbah  afferma  che  egli  e 
j^uo  padi'e  si  batterono  nelle  guerre  in  Siria  e  morirono  ambedue  durante 

119. 


§5  21'J-'214.  ^®*    ^* 

18.  a.  H.  []  Califfato  di    Umar.  —  Fu  accusato  di  bere  il  vino  in  Siria  e  lii   perciò 

[NECROLOGIO.    -  •.       /  a  xi    -       tt     J       X7      1  rn  1  PO^ 

abu  Óandal  b.      l'unito  (A  th  1  r  U  s  d  ,    V,    lbO-162). 

Suhayi.]  Ct'r.  Dzahabi  Tagrìd.   II.    KUi.  n.   1816. 

(r)  ibn  'Abd  al-barr  dico  che  dopo  l'incidente  di  al-Hudaybiyyah  abu 
Ó^andal  iuggì  da  Makkah  e  andò  a  unirsi  alla  banda  di  predoni  sotto  abvl 
T3asir  al-'rhaqafi,  che  molestava  soltanto  le  caravane  dei  QurayS  (al -Isti  ab, 
t!r)0-661.  n.   2858). 

Hamtat  b.  Sarìq. 

§  213.  —  Hamtat  [o  Hamzaz]  b.  Sariq  b.  (Jhànim  b.  'Amir  b.  'Ab- 
dallah  b.  'Abid  (sic)  b.  'Awig-  (sic)  b.  'Adi  b.  Ka'b  al-Qurasi  al-'Adawi, 
nacque  ai  tempi  del  Profeta,  piese  parte  alle  guerre  di  conquista  e  moiì 
durante  la  grande  peste  di  'Amawàs  (nell'anno  18.  H.)  (Hagar,  I,  729, 
n.    1821). 

Cfr.  Athìr  IJsd,  IL  b^:  Dzahabi  Tagrìd,  I,   150,  n.   1344. 

al-Hàrith  b.  Hisàm. 

§  214.  —  (a)  abù  'Abd  al-rahmàn  al-Hàrith  b.  Hisàm  b.  al-Mughirah  al- 
Makhzumi,  fi-atello  di  Salimah  e  del  famigerato  abù  Gahl,  si  convertì  alla 
presa  di  Makkah;  era  un  sayyid  nobile  (sarif),  al  quale  il  Profeta  fece 
doni  per  indurlo  a  convertirsi  (mu-allafah  qulùbuhumì.  Quando  in- 
cominciò l'invasione  della  Siria,  egli,  diventato  ora  buon  musulmano,  lasciò 
Makkah  con  tutta  la  sua  stirpe  ed  andò  a  battersi  in  Siria.  Al  momento 
della  partenza  molti  abitanti  della  città  vennero  a  salutarlo  e  piangendo  si 
congedarono  da  lui. 

Dopo  la  sua  morte  (nel  18.  H.)  il  Califfo  'Umar  ne  sposò  la  vedova 
Fàtimah  bint  al-Walid  b.  al-Mughirah. 

Secondo  ibn  Sa'd  il  Califfo  sposò  invece  sua  figlia  umm  Hakim.  Egli 
perì  nella  peste  (del  18.  H.)  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.  132,r.). 

Cfr.  Athìr,   n,  436;' 13.  a.  H.,  §  66,  n.   26. 

(6)  Sua  madre  era  umm  al-Grulàs  Asma-  bint  Makhramah  b.  Gandal  h. 
Abyan  b.  Nahsal  b.  Dàrim  al-Tamìmiyyah  :  quando  Maometto  entrò  in 
Makkah,  al-Hàrith  cercò  protezione  presso  umm  Hàni-  bint  abi  Tàlib  e 
mercè  sua  ottenne  il  perdono  del  Profeta.  Si  battè  per  Maometto  a  Hunayn, 
dopo  il  quale  combattimento  il  Profeta  gli  fece  dono  di  cento  cameli.  Egli 
si  trattenne  in  .Makkah  sino  alla  morte  di  Maometto,  ma  quando  inco- 
minciò la  campagna  d'invasione  in  Siria,  egli  rispose  all'appello  alle  armi 
fatto  da  abìì  Bakr  ed  andò  in  Siria  anche  lui:  fu  presente  ad  Agnàdayn 
ed  a   Fihl(Grawzi,  I,  fol.  44,v.-45,r.). 

120. 


sarti. 


18.    a.    H.  §§  214-216. 

(c)  Era  cugino  di  Kliàlid  b.  al-Walid  e  di  Hantamah,  la  madre  del  Ca-  ^^-  ^-  ^■ 

K'-J  ^  •  .       ^^  ,  [NECROLOGIO.    - 

liffo  'Umar.  A  Badi-  si  battè  contro  Maometto  e  tuggi:  perciò    tiassàn    b.        ai-Harith  b.  hì- 
Thàbit  lo  satireggiò  in   alcuni   versi  (Athìr  Usd,  I,  351-352) 

Cfr.  Dzahabi  Tagrid,  I,   119,  n.   1045. 

I  versi  che  egli  compose  in  risposta  alla  satira  di  Hassàn  sono  i  mi- 
o-liori  mai  composti  —  così  afferma  il  critico  arabo  al-Asma'i  —  per  scu- 
sare una  fuga  (Isti 'ab,   117-118,  n.  457). 

Cfr.  Nuwayri  Leid.,  I,  fol.  86, v.;  Dzahabi  Tadzhib,  I,  fol.  87,r.; 
Yàqut.  I.    137,   III   729. 

Hind  b.  Hind  b.  abi  Hàlah. 

§  215.  —  Hind  b.  Hind  b.  abi  Hàlah  era  figlio  di  un  figliastro  del 
Profeta  (rabìb  al-nabi),  perchè  Khadigah,  la  prima  moglie  di  Maometto, 
aveva  avuto  figli  dal  suo  matrimonio  con  abù  Hàlah  avanti  di  sposare  il 
Profeta.  Non  è  certo  se  Hind  b.  Hind  abbia  conosciuto  il  Profeta,  ma  se- 
condo al-Zubayr  b.  Bakkàr  e  al-Dawlàbi,  egli  morì  durante  la  peste  di 
'Amawàs  nel  18.  a.  H.  Allora  infieriva  il  morbo  e  poca  gente  accudiva  ai 
morti:  Hind  b.  Hind  era  portato  al  cimitero  accompagnato  soltanto  da 
quattro  persone  :  ma  quando  una  donna  si  mise  a  gridare  :  W  a  Hind  b. 
Hiudàh!  wa  ibn  rabib  Rasùl  Allah!  (Ecco  Hind  b.  Hind!  il  figlio 
del  figliastro  dell'Inviato  di  Dio!),  allora  molti  lasciarono  i  loro  morti  e 
si  affollarono  a  .seguire  il  funerale  di  Hind  (Hagar,  III,  1261-1262,  n.  8518). 

Altri  pongono  la  sua  morte  nel  67.  H.  nella  stessa  battaglia  in  cui 
perì  al-Mukhtàr,  ed  altri  durante  una  peste  in  al-Basrah  (Athìr  Usd,  V,  73). 

Cfr.  Dzahabi  Tagrid,  IL   133.  n.  1410;  Isti'àb,  613-614,  n.  2649. 

Inabah  b.  Suhayl. 

§  216.  —  Inabah  b.  Suhayl  b.  'Amr  al-' Amiri  al-Qurasi,  tìglio  del 
capo  qurasita,  un  tempo  fiero  oppositore  di  Maometto,  ebbe  per  madi-e 
Fàkhitah  bint  'Àmir  b.  Nawfal  :  si  convertì  insieme  con  suo  padre  alla 
presa  di  Makkah,  e  poi  accompagnò  il  medesimo,  quando  si  recò  in  Siria 
durante  la  conquista,  menandosi  appresso  anche  la  figlia  Fàkhitah.  Suo 
padre  morì  ucciso  prima  di  lui,  ed  'Inabah  perì  durante  la  peste  di  'Ama- 
wàs. Sua  figlia  rimasta  orfana  fu  ricondotta  a  Madìnah  insieme  con  'Abd 
al-rahmàn  b.  al-Hàrith  b.  Hisàm,  che  aveva  pur  egli  perduto  il  padre,  ed 
il  Califfo  unì  i  due  orfani  in  matrimonio  fra  loro  (Hagar,  III,  77-78,  n.  196). 

Cfr.  Athìr  Usd,  IV,  151. 

al-Dzahabi  lo  chiama  anche  'Anbasah  b.  Suhayl  (Dzahabi  Tagrid, 
1,  467,  n.  4627).  —  Cfr.  Isti'àb,  628,  n.  2168. 

121.  16 


,,  .,;„s.  18.  a.  H. 

'8.  a.  H.  abù  Malik  al-As  ari. 

''*'^^"  M   , M,  '  I  S  217.  —  Sul  suo  nome  regina  incertezza:  chi  lo  chiama  Ka'b  b.   Asini, 

abuMaiiKai-  a*^*"*  o  -' 

Aà-ari.)  ,.|,i    Ka'l>  b.  Malik,  chi  'Amr,  chi  'Aniir  b.  al-TTarb,  chi    Ubayd.  Egli   venne 

il  Madinah  sulle  due  navi  (a  1 -salina  ta\  n)  ai  tempi  della  spedizione  di 
KJia\l>ar  (cfr.  7.  a.  IL.  i?  51),  e  poi  si  andò  a  stabilire  in  Siria.  Da  lui 
appresero  tradizioni  Abd  al-ralimiln  b.  (Jbaiim,  umm  al-Darda-,  Rabi'ah 
al-llarasi  {sic!  Hrsy).  e  abu-l-Salam  al-Aswad:  da  lui  trasmisero  tradizioni 
mursal  'Atà*  b.  Yasàr,  e  Sala-  b.  FTawsab,  il  quale  afferma  che  abù  Màlik 
perisse  di  peste  nello  stesso  giorno  di  Mn  àdz  b.  Gabal.  ibn  Sa'd  dice  sen- 
z'altro che  abù  Màlik  morì  durante  il  Califfato  di  'Umar  (Hagar,  ì\\ 
ii21,  u.   987). 

Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  132,r.;  Athir  Usd.  V,  288:  Dzahabi 
Tagrid.  II,  211,  u.   2299;   Isti 'ab,   079.  n.  2978. 

Muhallam  b.  Guthamah  [GaththàmahJ. 

§  218.  —  Secondo  ibn  al-Gawzi,  in  questo  anno  18.  H.  morì  di  pest« 
Muhallam  b.  Cruthàmah  (sic)  b.  Qays.  Egli  è  quello  famoso  che  si  dice  uc- 
cidesse un  musulmano,  'Amir  b.  al-Adbat  al-A.sga'i,  durante  una  spedizione 
a  Batn  Idam  sotto  gli  ordini  di  'Abdallah  b.  abì  Hadrad  al-Aslami  (con- 
fronta 8.  a.  II.,  §§  49,  134).  Allora  su  questo  incidente  venne  fuori  una 
rivelazione  quranica  (IV,  96).  Pivi  tardi,  quando  fu  la  spedizione  di  Hu- 
nayn,  comparve  'Uya3'nah  b.  Hisn  al-Fazàri,  il  Sa}"yid  Qay.s,  e  chiese  al 
Profèta  di  vendicare  la  uccisione  di  'Amir  b.  al-Adbat:  sorse  allora  al- 
Aqra'  b.  Hàbis  e  prese  le  difese  di  Muhallam.  Il  Profeta  stabilì  che  Uyay- 
nah  dovesse  accettare  un  compenso  in  genere,  ma  Uyaynah  a  lungo 
reclamò  per  aver  la  vita  di  Muhallam:  egli  cedette  soltanto  dopo  che  il 
Profeta  ebbe  a  lungo  insistito  sul  compenso.  Si  raccontano  poi  molte  vi- 
cende straordinarie  sul  conto  di  Muhallam  per  effetto  di  questo  omicidio, 
e  per  le  conseguenze  dell'ira  divina  in  proposito.  Muhallam,  secondo  al- 
Wàqidi,  andò  a  stabilirsi  in  Ilims  e  vi  morì  (durante  la  peste  del  18.  H.) 
(Gawzi,  I,  fol.  47,v.). 

Osserveremo  soltanto  come,  se  quanto  è  narrato  è  esatto,  il  Profeta 
abbia  lasciato  impunito  un  suo  seguace  per  tanti  anni,  sebbene  avesse  uc- 
ciso un  musulmano. 

Secondo  alcuni  il  nome  con  la  genealogia  completa  di  Graththàmah 
era  Yazid  b.  Qays  b.  Rabì'ah  b.  'Abdallah  b.  Ya'mar  al-Saddàkh  b.  'Awf 
b.  Ka'b  b.  'Amir  b.  Layth  b.  Bakr  b.  'Abd  Manàt  b.  Kiiiànah  al-Kinàni 
al-Laythi.  Fratello  di  Muhallam  era  al-Sa'b  b.  Graththàmah  (At_hir  Usd, 
IV,  309).  —  Cfi-.  Dzahabi  Tagrid,  I,  58,  u.  596;  Isti 'ab,  295,  n.  1251. 

122. 


18.  a.  H. 


S-219.  220. 


Mu  àdz  b.  Gabal.  is.  a.  h. 

~    nA7r~  /  ,--411       1        1  ^r      -  n       ,       /,     1      ,    ,       .  »  ■         .  [NECROLOGIO.    - 

§  219.  —  [a)  abu  Abd  al-rahman  Mu  adz  l^.  (.rabal  b.  Amr  b.  Aws  mu  àdz  b.  óa- 
b.  A-idz  b.  Adi  b.  Ka'b  b.  Amr  b.  Udayy  b.  Sa'd  akhi  Salamah  b.  Sa'd,  ''a'-l 
nacque  da  Hind  bint  Sahl  al-Guliani  al-Ribi,  ed  ebbe  a  fratello  uterino 
'Abdallah  b.  al-óadd  b.  Qays  guerriero  di  Badi-.  Da  umm  'Amr  bint  Khàlid 
}>.  Amr  b.  Adi  b.  Siuàn  b.  Nàbi-  b.  'Amr  b.  Sawàd  dei  banri  Salamah, 
Mu'àdz  generò  la  figlia  umm  Abdallah,  che  fu  una  delle  donne  ricercate 
per  la  loro  bellezza.  Un'altra  donna,  di  cvii  non  è  conservato  il  nome,  gli 
partorì  due  figli,  uno  dei  quali  'Abd  al-rahmàn:  dell'altro  non  si  conosce 
il  nome.  Per  concorde  notizia  dei  tradizionisti,  Mu'àdz  fu  presente  al  con- 
vegno di  al-'Aqabah  con  i  170  Ansar:  e  quando  ebbe  abbracciato  l'Isiàm, 
insieme  con  Tha'labah  b.  Anamah  e  Abdallah  b.  Unays  mise  in  pezzi 
gl'idoH  dei  banù  Salamah  (Saad,  II.  2,  pag.   120,  hn.   13-28)  [G.]. 

(6)  (al-Wàqidi,  da  Miisa  b.  Muh.  b.  Ibràhìm,  da  suo  padre  [Muh.],  da 
■.\bdallah  b.  Ga'far,  da  Sa'd  b.  Ibràhìm  e  da  ibn  abì  'Awn).  L'Inviato  di 
Dio  strinse  nodo  di  fratellanza  tra  Mu'àdz  b.  Grabal  e  Abdallah  b.  Mas'ùd. 
come  ammettono  concordemente  le  nostre  fonti,  eccettuato  il  solo  ibn 
Ishàq,  il  quale  ha  una  sua  versione  singolare,  riferendo  che  l'Inviato  di 
Dio  legò  in  fratellanza  Mu'àdz  con  Ga'fàr  b.  abì  Tàlib.  Ma  al-Wàqidi  os- 
serva: Com'è  ciò  possibile,  se  —  quando  la  fratellanza  fri  istituita,  tra  l'ar- 
rivo in  ^ladinah  dell'Inviato  di  Dio  e  la  giornata  di  Badr  (dopo  la  quale, 
rivelato  il  versetto  dell'eredità,  fu  rotta  la  fi-atellanza)  —  Ga'far  b.  abì  Tàlil> 
era  già  emigi'ato  da  Makkah  in  Abissinia,  stava  colà  quando  l'Inviato  unì 
in  fi-atellanza  i  suoi  compagni,  né  tornò  (in  Arabia)  se  non  sette  anni 
dopo?  —  ibn  Ishàq  è  dunque  in  errore  (Saad,  III,  2,  pag.  120,  lin.  22: 
121.  lin.   7i  fG.]. 

§  220.  —  [a]  (al-Wàqidi).  Mu'àdz  fri  presente  a  Badr  che  aveva  21  anni, 
it  20  secondo  Ayjnib  b.  al-Nu'màn  (da  suo  padi-e  [al-Nu'màn],  dalla  sua 
gente),  e  prese  parte  a  Uhud,  all'assedio  di  Madìnah  e  a  tutti  i  fatti  d'arme 
ron  l'Inviato  di  Dio  (Saad,  III,  2,  pag.   121,  lin.   7-10)  [G.]. 

(6)  (al-Wàqidi.  da  Ma'mar,  da  al-Zuhri,  da  ibn  Ka'b  b.  Màlik).  L'In- 
viato di  Dio  tolse  a  Mu'àdz  b.  (xabal  i  suoi  averi  per  (darli  a)  i  creditori 
suoi  (di  Mu'àdz),  quando  più  insistevan  presso  di  lui,  e  lo  mandò  poi  nel 
Vamau,  dicendogli:  «È  probabile  che  Iddio  te  ne  rifaccia  »  (yagburaka). 
—  Ciò  avveniva,  dice  al-Wàqidi,  nel  Rabì'  II.  dell'a.  9.  H.  (Saad,  III.  2, 
121,  lin.   10-14)  [G.]. 

(e)  Sull'esame  giuridico  subito  da  Mu'àdz  da  parte  del  Profeta  nel 
partire  per  il  Yaman,  cfi*.  10.  a.  H.,  §  13  e  Saad.  III.  2.  pag.  121. 
lin.   14-21. 

123. 


bal.l 


§§  020  •-'•22.  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  (,/)  E  così   iKT  lo  istruzioiii  impartitegli,  cfr.  Saad,  III,  2,  pag.   121, 

NECROLOGIO.    •       ,.  \  ,    ,_ 

Mu  adz  b.  6a-     lni.  '24-2/. 

[(!}  (^al-FacJl  b.  DuUayn,  ila  ibii  L^yayuah.  da  ibn  abi  Nagili).  L'Inviato 
di  Dio  scrisse  alla  gente  del  Yainan  quando  mandò  loi'O  Mu'àdz:  «  Vi 
«  mando  uno  dei  migliori  della  mia  gente,  .sia  per  dottrina  sia  per  reli- 
<.gione»  (Saad,  IH,  2,  pag.    121,  Un.  21-24)  [G.]. 

(/")  (Wakr  b.  al-óarrah.  da  al-Fadl  b.  Dukayn,  da  Sa'id  b.  Ubayd  al- 
Tà"i,  da  Basir  b.  Yasàr).  Muàdz  era  zoppo.  Or  quando  fu  mandato  quale 
istruttore  (m  u  '  a  1 1  i  m)  nel  Yaman,  nel  dirigere  la  preghiera  delli  Yama- 
niti,  egli  distese  il  suo  piede;  e  tutta  la  gente  fece  altrettanto.  —  «  Sta 
«  bene  »,  disse  Mu'àdz;  «  ma  non  lo  rifate  più;  perchè  io  ho  fatto  così 
«solo  perchè  ne  sono  .sofferente»  (Saad,  III,  2,  pag.  121,  lin.  27;  122, 
Un.  3)  [G.]. 

§  221.  —  ('Ubaydallah  b.  Musa,  da  Saybàn,  da  al-A'mas,  da  Saqiq). 
Il  profeta  nominò  Mu'àdz  governatore  del  Yaman  [o  di  al-Ganad;  lin.  16j. 
Morto  Maometto  e  succedutogli  abù  Bakr,  'Umar  diresse  quell'anno  il  pel- 
legi-inaggio  solenne;  a  cui  intervenne  anche  Mu'àdz,  conducendo  con  sé 
un  compagno  ed  alcuni  giovani  .schiavi  (w  usa  fa-).  'Umar,  che  vide  co- 
storo in  Makkah  starsene  in  disparte  da  Mu'àdz,  si  rivolse  a  costui:  «  O 
«  abù  'Abd  al-rahmàn,  chi  sono  codesti  giovani?  »  —  «  Sono  miei  ».  — 
«  Donde  li  hai  avuti?  »  —  «  Mi  sono  stati  regalati  ».  —  «  Fa'  a  modo  mio; 
«  mandali  ad  abù  Bakr,  e,  se  egli  approva,  restano  a  te  ».  —  «  No  che 
«  non  fiarò  a  modo  tuo,  e  gli  schiavi  di  guerra  (saby)  »  (congettura  del 
De  Goeje,  ZDMG.,  59,  1905)  «che  mi  sono  stati  donati  non  li  mando 
«  già  ad  abù  Bakr  ».  —  Ma  il  giorno  dopo  Mu'àdz  si  presentò  ad  'Umar: 
«  Non  posso  a  meno  di  obbedirti.  Ho  sognato  questa  notte  di  esser  me- 
«  nato  verso  il  fuoco,  e  che  tu  mi  trattenessi  per  la  cintura  ».  —  Se  ne 
andò  quindi  con  i  giovani  schiavi  da  abù  Bakr:  «  Tu  sei  più  adatto  (a 
«  giudicar)  di  essi  ».  E  poiché  abù  Bakr  non  trovò  niente  a  ridire  sul  suo 
dh'itto  di  proprietà,  Mu'àdz  ritornò  con  essi  alla  sua  gente.  I  giovani 
schiavi  si  misero  in  ordine  dietro  di  lui  per  pregare;  e  quando  egli  si  volse, 
domandò:  «  Chi  pregate  voi?  »  —  «  Dio  benedetto  ed  eccelso!  »  —  «  Or 
«  andatevene  in  libertà  anche  voi  ».  —  E  li  liberò  (Saad,  III,  2,  pag.  122, 
lin.  3-15)  [G.J. 

§  222.  —  (a)  (Muh.  b.    Abdallah    al-Asadi,  da   Sufyàn   al-Thawri,  da 

Affàn  b.  Muslim,  da  Wuhayb  b.  Khàlid,  da  Khàlid    al-Hadzdzà-,  da  abù 

Qilàbah,  da  Anas  b.  Màlik).  Disse  l'Inviato  di  Dio:  «  Mu'àdz  b.  Gabal  è  del 

«  mio  popolo  colui  che  più  sa  intorno  a  piò -che  è  lecito  e  proibito  »  (Saad, 

III,  2,  pag.   122,  lin.   19-22)  [G.]. 

124. 


lo.    E.    H.  §§  222-'224. 

(b)  (alFadl  b.  Dukayii  e  Qabisah  b.     LJqbah,  da  Sufyàn,  da  Khàlid  al-  ^3-  a-  ^■' 

lladzdzà-,  da  abù  Nasi-  Humayd  b.    Hilàl    al-'Adawi,    da     Abdallah  b.  al-        mu  adz  b.  óa- 
Sàmitj.    Da    che   abbracciò    F  Islam,    Mu  àdz    non    sputò    più    verso  destra        ''«'•l 
(Saad,  III,  2,  pag.   122,  lin.  22-25)  [G.]. 

(e)  (Musa  b.  Dàwùd,  da  Muli.  b.  Ràsid,  da  al-Wadin  b.  Atà,  da  Mahfiìz 
b.  Alqamah.  da  suo  padre  ['Alqamah]).  Mu'àdz  b.  Grabal  entrò  nella  sua 
casa  (qvxbbahj  e  avendo  veduto  sua  moglie  che  guardava  da  un'aper- 
tura di  essa  (kharq),  la  percosse  (Saad,  III,  2,  pag.  122,  lin.  28:  123, 
lin.  2)  [G.]. 

(d)  (Un'altra  volta)  egli  mangiava  delle  mele  insieme  con  sua  moglie: 
passò  uno  schiavo,  ed  ella  gli  diede  una  mela  che  aveva  già  addentata. 
Muadz  la  picchiò  (Saad,  III,  2,  pag.   123,  lin.  2-3)  [G.]. 

§  223.  —  (a)  (Ma'u  b.  'Isa,  da  Màlik  b.  Anas,  da  abù  Hazim  b.  Dinar, 
da  abù  Idris  al-Khawlàni).  Il  quale  racconta  di  aver  veduto  un  giorno  nella 
moschea  di  Damasco  un  giovane  dai  denti  anteriori  bianchissimi  (barràq) 
in  compagnia  di  j)arecchia  gente;  i  quali,  se  discordavano  in  qualche  cosa, 
tacevan  capo  da  lui,  e  dipendevano  dal  suo  giudizio.  Era  Mu'àdz  b.  Grabal. 
Il  mattino  seguente  abù  Idris  anticipò  l'ora  della  preghiera,  e  trovò  che 
Mu'àdz  lo  aveva  preceduto  nell'anticipazione  (t  ah  gir)  e  stava  già  a  pre- 
gare, abù  Idi'ìs  aspettò  ch'egli  finisse,  poi  gli  si  presentò  dinanzi  e  lo  sa- 
lutò: «  Per  Iddio!  io  ti  sono  affezionato  in  Dio  ».  —  «  In  Dio!  »  rispose 
Mu'àdz.  —  «  In  Dio!  In  Dio!  In  Dio!  »  —  Poi  Mu'àdz  afferrò  il  rida*  di 
lui,  e  lo  trasse  a  sé,  e  disse:  «  Rallegrati;  che  io  ho  udito  dire  all'Inviato 
«  di  Dio  :  Iddio  benedetto  ed  eccelso  ha  detto  :  Necessaria  è  la  mia  mise- 
«  ricordia  per  coloro  che  si  amano  in  me,  conversano  in  me,  sono  vicen- 
«  devolmente  devoti  in  me,  si  visitano  in  me»  (Saad,  III,  2,  pag.  123, 
lin.  4-13)  [G.]. 

(6)  (Ishàq  b.  Yùsuf  al-Azraq,  da  Abd  al-malik  b.  abi  Sulaymàn,  da 
abù-1-Zubayr,  da  Salir  b.  Hawsab,  da  un  tale).  Il  quale,  entrato  nella  mo- 
schea di  Hims  vide,  in  mezzo  a  parecchia  gente  un  uomo  bruno,  di  bel- 
l'aspetto, che  mostrava  (nel  parlare  o  nel  sorridere)  i  denti  anteriori  bianchi. 
Gli  stava  d'attorno  gente  maggiore  d'età,  e  tutti  si  volgevano  a  lui  ed 
ascoltavano  le  tradizioni  che  egli  raccontava.  Era  Mu'àdz  b.  Gabal  (Saad, 
III,  2,  pag.   123,  lin.   13-17)  [G]. 

§  224.  —  (al-Wàqidi,  da  'Isa  b.  al-Nu'màu,  da  Mu'àdz  b.  Rifà'ah,  da 
Gàbir  b.  Abdallah).  Mu'àdz  b.  Gabal  era  uomo  di  bell'aspetto,  di  belle 
maniere  e  largo  di  mano.  S'era  molto  indebitato,  e  i  creditori  gli  stavano 
ai  panni,  tanto  che  egli  per  vari  giorni  se  ne  stette  chiuso  in  casa  per 
non  incontrarli.  Essi  allora  ricorsero  al  Profeta,  il  quale  lo  mandò  a  chia- 

125. 


§§  '224.  J-X).  ^"*    ^'        • 

ie,  a.  H.  inaif.  Quaiulo  si   presentò,  dissero  i  debitori:   «  InA'iato  di  Dio.   pn^iuli  da 

lECROLOGio.  -     ^  j^^.  ^^^^.   ^  .^.^  ^j^^  pj  appaitiene  ».   Disse  Maometto:   «  Iddio  avri^  miseri- 

Ori    U      3  U  Z       D>       xS  H~  k 

bai.)  «  c'ordia   di   chi.  poi- elemosina,  gli  rimettei-à  il  debito  (?  man   ta.saddaqa 

«  "a  la  vili)  ».  Alcuni  gliene  rimisero  (?):  nra  altri  insistettero:  «  Facci  leu- 
«  dei»'  i[w\  che  ci  spetta».  Di.sse  allora  Maometto:  «  O  Mu'àdz,  sii  longa- 
«  niiiK^  verso  di  essi  ».  E  toltogli  quel  clic  avc\a.  lo  consegnò  ai  credi- 
tori, che  .se  lo  divisero;  e  toccò  loro  i  cinque  settimi  del  credito.  Allora 
dissero:  «  0  Inviato  di  Dio,  vendilo  a  noi  ».  —  «  Lasciatelo  stare,  che  non 
«no  avete  facoltà»   ecc.  ecc.   (Saad.   TU.  2,  pag.  128.  liu.  17  e  segg.)  [(>.]. 

§  225.  —  (d)  rUbaydallah  b.  Mù.sa,  da  Saybàu,  da  al-A'mas,  da  Sahr 
U.  llaw.^ab,  da  al-Hàritli  b.  Amirali  al-Zubaydi).  Questi  era  tra  i  presenti 
mentre  Mu'àdz  stava  moribondo,  che  ora  cadeva  in  deliquio,  ora  tornava 
in  sé,  e  lo  udì  dire,  una  volta  che  riaveva  il  sentimento:  «  Soffoca  il  tuo 
*  soffocato.  Ma  per  la  tua  onnijjotenza  io  ti  amo!  »  (Saad,  III,  2,  pag.  124. 
lin.  20:    125,   lin.   1)  {(}.]. 

(b)  (Ismà'ìl  b.  'Abdallah  b.  abi  Uways  al-Madani,  da  Ibràhim  I).  aiiì 
Habibah,  da  Dàwiid  b.  al-Husayn).  Quando  scoppiò  l'epidemia  l'anno  di 
'Aniawàs,  dissero  i  compagni  di  Mu'àdz:  «  Questa  è  nn' impnrità  (ai-ri gz) 
«  che  ci  è  sopravvenuta  ».  Ma  Mu'àdz  protestò:  «  Supponete  voi  che  la  mi- 
<«  sericordia  di  Dio  largita  ai  suoi  fedeli  sia  nn  castigo  pei'  punire  una 
«  gente  che  lo  abbia  mosso  ad  ira?  Essa  è  misericordia  che  Dio  vi  largisce 
«  iri  particolare  e  martirio  che  in  particolare  egli  vi  offre.  Mandano  fo  Dioj 
«su  Mu'àdz  e  .sulla  sua  casa,  di  codesta  misericordia!  Chi  di  voi  può 
«morire,  mvioia,  avanti  che  vengano  le  sedizioni  ffitan),  avanti  che  gli 
«  uomini  da  musulmani  diventino  miscredenti,  e  uccidano  la  loro  anima  il  che 
«  non  è  lecito,  o  diano  mano  alla  gente  iniqua,  o  dicano  di  non  sapere  se 
«  vivono  o  muoiono,  se  nella  verità  o  nell'errore  »  (Saad.  Ili,  2.  pag.  125. 
lin.  4-12)  [G^]. 

(e)  ('Ubaydallah  b.  Musa,  da  Musa  b.  Ubaydah,  da  Ayyub  b.  Khàlid. 
da  'Abdallah  b.  Ràfi').  Quando  abù  'Ubaydah  b.  al-Grarràli  fu  colpito  dalla 
peste  di  'Amawàs,  nominò  suo  luogotenente  Mu'àdz  b.  al-Grabal.  Infierendo 
l'epidemia,  diceva  la  gente  a  Mu'àdz:  «  Prega  Dio  che  ci  liberi  da  questa 
«impurità  (al-rigz)».  —  «Essa  non  è  impurità»,  riprese  Mu'àdz,  «ma 
«  appello  del  vostro  Profeta,  e  morte  dei  pii  che  vi  precederono  e  mai- 
«  tirio  che  Dio  concede  ai  suoi  eletti.  O  Dio  ;  dà  alla  famiglia  di  Mu'àdz 
«  la  sua  porzione  cospicua  di  codesta  tua  misericordia  ».  —  Due  suoi 
figli  furono  infetti.  —  «  Come  vi  trovate  ?  —  «  O  padre  nostro,  la  verità 
«  (vien)  da  Dio:  non  siate  dei  dubitanti  ».  —  «  E  me,  se  Dio  vuole,  mi 
«  troverete   dei   rassegnati  ».   — ^  Furono    quindi    colpite   due    sue    donne   e 

l'it;. 


18.  a.  H. 


225-227. 


morirono.  Da  ultimo   comparve  a  lui   un   bubbone   al   pollice;   ed   egli   co-  13  a-  ^■ 

minciò  a  palparlo  con    la    bocca  e  diceva:   «  Mio    Dio,  esso   è  piccolo,  ma        mu  adz  b.  óa- 
«  beuedicilo  tu.  che  sei  benedetto  anche  nel  piccolo  ».  E  ne  mori  (Sa  ad,        ''^'l 
IIL  2,  pag.   124,  lin.   12-25). 

§  226.  —  (a)  (al-Wàqidi.  da  A\  yab  b.  al-Nu'màn,  da  suo  padre  [al- 
Nu'màn],  dalla  sua  gente,  da  Ishàq  b.  Khàrigah  b.  Abdallah  b.  Ka'b  b. 
Màlik.  da  suo  padi-e  [Khàrigah].  da  suo  nonno  ['Abdallah]).  Mu  àdz  era 
uomo  alto,  bianco,  dai  bei  denti,  dai  grandi  occhi,  dai  sopraccigli  con- 
;/iunti.  dai  capelli  corti  e  crespi. 

Fu  presente  a  Badr,  e  dopo  aver  partecipato  con  1"  Inviato  di  Dio  a 
Tabùk,  in  età  di  28  anni,  andò  nel  Yaman.  Nell'a.  18.  H.,  trentottenne, 
morì  di  peste  di  Amawàs  sotto  il  Califfato  di  'Umar.  Non  v'erano  più  suoi 
discendenti  (al  tempo  di  ibn  Sa'd)  (Saad.  Ili,  pag.   125,  lin.   17-25). 

(6)  (Yazid  b.  Hàrùn  e  Affàn  b.  Muslim,  da  Hammàd  b.  Salamah,  da 
'Ali  b.  Zavd.  da  Sa'ìd  h.  al-Musayyab).  'Isa  (Gesù)  fu  assunto  al  cielo  in 
età  di  33  anni.  E  in  età  di  33  anni  morì  Mu'àdz  b.  Gabal  (Saad,  III. 
2.   125.  lin.  25-28). 

(f)  (Yazid  b.  Hài'ùn.  (hi  Sa  id  b.  abi  'Arùbah,  da  Sahr  b.  Hawsab). 
Disse  'Umar  b.  al-Khattàb:  «  Se  Mu'àdz  b.  Gabal  mi  sopravvive,  io  lo  eleg- 
«  gerò  mio  successore.  E  quando  Iddio  me  ne  domanderà,  io  dii'ò:  Signor 
«  mio,  ho  udito  il  tuo  Profeta  che  diceva:  Quando  nel  giorno  del  giudizio 
«  saranno  adunati  i  sapienti,  sarà  Mu'àdz  b.  Grabal  il  primo  fra  essi  »  (Saad, 
III.  2,   125.  lin.   28  e  segg.j. 

§  227.  —  Mu'àdz  b.  Gabal  fu  celebre  Compagno  del  Profeta,  dotto  co- 
noscitore del  lecito  e  del  vietato.  Nella  sua  giovinezza  era  considerato  come 
uno  dei  più  belli  ed  avvenenti  giovani,  aveva  carnagione  bianca  candi- 
dissima, denti  eburnei,  ed  occhi  neri  e  profondi.  Egli  fu  uno  di  quelli 
che,  vivente  ancora  il  Profeta,  raccolsero  tutto  il  Qur-àn  (gama'a  al- 
Q  u  r  •  a  n  =  sapevano  a  mente  tutto  il  testo  sacro).  Quando  abù  Bakr  di- 
venne Califfo,  Mu'àdz  l'itornò  dal  Yaman  a  Madìnah  e  si  recò  in  Siria,  ove 
mori  della  peste  nel  18.  H.  Egli  trasmise  molte  tradizioni  a  ibn  Abbàs, 
a  ibn  'Amr  b.  'Amr  (?  'Adi?j,  a  ibn  abi  Awfa  al-As'ari,  ad  Abd  al-rahmàn 
l'.  Samurah.  a  Gàbir  b.  Anas,  a  'Umar,  ad  abù  Qatàdah  e  ad  altri  fra  i  mag- 
gior tabi' un.  Si  dice  che  quando  morì  avesse  34  anni  (H  a  g  a  r ,  III,  872- 
874,  n.  3050). 

Cfr.  Athir,  II,  430;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  13i,r.-131,v.;  Ganzi,  I, 
fol.  47,r.;  Athir  Usd,  IV,  376-378;  Dzahabi  Tagrid,  II,  86,  n.  903;  al- 
Isti'àb,  245-247,  n.  1001;  Nu  way  ri  Le  id  .,  I,  fol.  85,v,-86,r.;  Yàqùt,  II, 
127,  683  e  III,  429,  513,  ecc.:  cfr.  Indice.,  pag.   719;   Nawawi,  559-561. 

1-27. 


§§  228-281.  18.    a.    H. 


18.  8.  H. 


bai. 


6  228.  —  Lo  tn-eceilenti  tradizioni,  attraverso  il  velo  osculante  di  tanti 

[NECROLOGIO.    -  •       ,  ,  i  x       j  •      •         •       i  i         tvt    •-  i       x-  ,    • 

Muàdz  b   óa-     partuH)lan    loggondari   e  tendenziosi,    rivelano    che    Mu  adz   tosse   uno   dei 

Compagni  zelanti  di  cui  il  Profeta  amò  servirsi  nei  lavori  di  propaganda 
religiosa.  Ciò  spiega  la  sua  missione  nel  Yaman,  e  ciò  spiega  altresì  l'ori- 
gine dei  discorsi  attribuitigli  a  proposito  della  peste,  discorsi  di  cui  è  lecito 
ammetteiv  il  l'ondamento  storico.  —  Egli  va  messo  insieme  nm  altri  come 
LTthmàn  b.  Maz'ùn,  abu  Bakr,  abù  'Ubaydali  e  forse  anche  abù  Dzarr  al- 
(jhitari,  sul  ipiale  avremo  a  discorrere  sotto  il  califfato  di  'Uthmàn  :  faceva 
l)arte  della  minoranza  nella  quale  ardeva  un  po'  di  quello  spirito  di  fanatismo 
religioso,  da  cui  la  razza  semitica  non  si  è  mai  completamente  svestita,  e  che 
sgorga  perfino  dalFanimo  rozzo  del  Beduino,  quando  lascia  la  vita  del  deserto 
l)er  divenire  pacifico  cittadino.  Egli  fece  parte  di  (|uel  nucleo,  da  cui  venne 
poi  la  scuola  tradizionistica  e  teologica  di  Madìnah.  —  La  sua  nascita  madi- 
nese  è  degna  di  nota:  gli  abitanti  di  questa  città  non  si  distinsero  mai  per 
intelligenza,  ma  furono  in  generale  uomini  seri,  pieni  di  coscienza,  che  met- 
tevano molto  amor  proprio  e  molta  buona  volontà  nel  fare  le  cose.  Non  bril- 
larono né  come  capitani,  né  come  uomini  di  stato,  ma  solo  come  lavoratori 
diligenti  e  metodici.  È  notevole  l'accenno  ai  debiti  di  Muàdz:  la  sua  passiono 
leligiosa  lo  rendeva  noncurante  dei  suoi  interessi  materiali. 

Nasr  b.  Ghànim. 

§  229.  —  Nasr  b.  Ghànim  b.  'Amir  b.  'Ubaydallah  (Abdallah)  b.  'Ubayd 
1).  'UAvayg  b.  Adi  b.  Ka'b  al-'Adawi,  Compagno  del  Profeta,  perì  insieme 
con  suo  figlio  durante  la  peste  di    Amawàs  (Hagar,  III,  1141,  n.  8215». 

Salamah  b.  Nasr. 

§  230.  —  Salamah  b.  Nasr  b.  Ghànim  b.  'Amir  b.  'Abdallah  b.  'Uba}'d 
b.  Uwayg  al-Qurasi  al-'Adawi,  Compagno  del  Profeta,  morì  durante  la 
peste  di    Amawàs  (Hagar,  II.  236-237,  n.  6089). 

Suhayl  b.    Amr. 

§  231.  —  abù  Zayd,  o  abù  Yazìd,  Suhayl  b.  Amr  b.  Abd  Sams  b. 
'Abd  Wudd  b.  Nadr  b.  Hisl  b.  'Amir  b.  Lu-ayy  al-Qurasi  al-'Amm,  uno 
degli  asràf  Qurays,  celebre  anche  come  oratore  dei  Qurays,  khatib 
Q  u  r  a  y  s  :  fu  uno  dei  pagani  pi-esenti  alla  battaglia  di  Badr,  dove  fu  fatto 
prigioniero  da  Màlik  b.  al-Dukhsum,  ma  poi  riuscì  a  salvarsi  con  la  fuga. 
Il  Profeta  andò  in  cerca  di  lui  e  diede  istruzioni  a  chiunque  lo  trovasse 
di  metterlo  a  morte.  Lo  ritrovò  il  Profeta  stesso  tra  alcuni  alberi  di  mi- 
mosa (?  samu  rat),  e  fattolo  assicurare  con  corde,  che  gli  fissarono  le  mani 
al  collo,  lo  legò  al  camelo  e  se  lo  trascinò  appresso  sino  a  Madìnah.  Per 

128. 


18.    a.    H.  §§  231-233. 

jiscattaiio  venne  allora  Mikiaz  b.  Hafs.  il  quale  però,  non  avendo  danari  ^8-  a-  h. 

^    •  ■  1  T  \rC^r^     /!•     1  X         •  •  ,      ,■  (NECROLOGIO. 

sufficienti  per  pagarne  il  prezzo  di  4000  (dir nana),  rimase  m  custodia  suhayi  b.  Amr.l 
quale  ostaggio  in  Madinah,  finché  Suhayl  ritornato  a  Makkali,  trovò  il 
danaro  e  lo  mandò  al  Profeta.  Ad  al-Hudaybiyj^ah  Suhayl  b.  Amr  ne- 
goziò il  trattato  con  il  Profeta,  costringendo  questo  a  retrocedere.  Suhayl 
rimase  fedele  al  paganesimo,  finché  Maometto  ebbe  sottomesso  Makkah 
(^nell'anno  8.  H.).  Quando  si  fu  convertito  divenne,  si  dice,  un  ottimo  mu- 
sulmano, e  si  vuole  che  nessuno  a  Makkah  si  commovesse  maggiormente 
di  lui  alla  recitazione  del  Qur-àn.  Quando  venne  il  periodo  delle  conquiste, 
legnante  abù  Bakr,  Suhayl  fu  tra  i  primi  a  partire,  e  se  ne  andò  con  il  chiaro 
intento  di  non  più  ritornare  in  patria:  difatti  rimase  in  Siria  finché  mori 
di  peste  (nel  18.  H.)   (Gawzi.  I,  fol.  45,r.-46,r.). 

Egli  è  anche  famoso  per  aver  usato  la  sua  influenza  e  l'arte  oratoria  in 
favore  dell'Isiàm  alla  morte  del  Profeta  in  Makkah.  dissuadendo  i  Makkani 
dall'apostatare.  Alcuni  lo  annoverano  tra  i  morti  al  Yarmùk  (Hagar,  II, 
292-295,  n.  8062).  —  Cfr.  Athir,  IL  436:  Dzahabi  Paris,  I,  fòl.   128,v. 

Morì  di  peste  o  in  Halab,  o  in  (jrilliq  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.  132,r). 

Sua  madi'e  era  umm  Hubba  bint  Qays  b.  Dubaj^s  b.  Tha'labah  b.  Ha}- 
yàu  al-Khuzà'iyyah.  Quando  fu  fatto  prigioniero  a  Badr,  'Umar  voleva 
strappargli  i  denti  incisivi  per  impedirgli  d'arringare  le  tm-be  ed  eccitarle 
contro  l'Islam.  Il  Profeta  non  permise  la  mutilazione:  «  È  possibile  »  egli 
disse,  «  che  sorga  un  giorno  a  lodare  l'Islam!  »   fAthìr  Usd,  II,  371-373). 

Cfr.  Dzahabi  Tagrìd,  I,  265,  n.  2501;  Isti'àb,  592-693,  n.  2517: 
Nawawi,  308-309;  Yaqùt,  II.  476  e  III,  729;  Nuwayri  Leid.  I. 
fol.  86. V. 

§  232.  —  Sulla}'!  fu  il  tipo  arabo  diametralmente  opposto  a  quello 
di  cui  Muàdz  (efi\  §  228)  è  un  esempio.  Capo  dell'ultima  opposizione  a 
Maometto  in  Makkah,  divenne  suo  fautore,  quando  intravide  i  vantaggi 
della  conversione  e  potè  farla,  ottenendone  i  guadagni  previsti  ed  agognati 
(cfr.  10.  a.  H.,  §§  107  e  segg.).  Fu  egli  quindi  che  trattenne  i  Makkani 
dall'apostasia,  e  il  suo  intervento  in  favore  dell'Isiàm  fu  decisivo  (con- 
fronti.si  11.  a.  H.,  §  83),  perché  egli  aveva  le  vesti  quasi  sacre  di  khatib, 
o  oratore  ispirato  dei  tempi  pagani.  —  Egli  non  era  per  nulla  religioso  e, 
anche  dopo  abbracciato  l'Isiàm  rimase  nell'anima  pagano  quanto  prima. 
Sua  madre  era  una  beduina:   ciò  spiega  molte  cose. 

Surahbll  b.  Hasanah. 

§  233,  —  (a)  abù  'Abdallah  Surahbìl  b.  Hasanali  [Hasanah  era  il  nome 
di  sua  madre,  e  il  padre  aveva  nome   'Abdallah]  b.  al-Mutà'  b.    Abdallali 

129.  17 


s  2:5.",.  18.  a.  H. 

18.  a.  H.  ]y  al-Ohitiif  1>.   'Abd  al-'Uzza   h.   (xatlitliàmah  b.  Malik  al-Kiiidi,  Dppure,  se- 

Surahbii  b.  Ha-  <<Hido  altri,  ul-Tamìmi.  Sua  madre  era  liberta  (mawlàh)  di  Mainar  b. 
sanah.;  I labili  al-Orumahi.  Si  dice  che  dopo   la    morte  di   'Abdailali,   padre  di  Su- 

ralibìl.  il  padrone  Ma'mar  diede  Hasanah  in  moglie  ad  nn  Ansar  dei  banu 
Zurayq,  per  nome  Sutyàn,  e  poi  adottò  come  figlio  Sutyàn  ed  i  figli  cho 
nacquero  da  questo  matrimonio.  Nacquero  cioè  dvie  figli,  (làbir  e  Grunàdali, 
sicché  Suialilill  fu  loro  lìatcllo  uterino.  SurahbiI  fìi  imo  dei  più  anticlii 
musulmani,  emigrò  prima  in  Abissinia  e  poi  a  Madinali,  e  |)rese  dimora 
tra  i  banù  Zurayq.  Dopo  la  morte  di  Sufyàn  e  dei  fratelli  uterini  nel  ca- 
liffato di  'Limar,  SurahbiI  divenne  confederato  (halif)  dei  banù  Zuhrah. 
Egli  prese  quindi  parte  alla  con(i[UÌsta  della  Siria.  Aveva  cognome  abù 
'Abdallah,  o  abù  'Abd  al-rahman.  Tradizioni  che  si  pretendono  trasmesse 
da  lui,  trovansi  nella  collezione  di  ibn  Magali:  si  dice  che  le  trasmettesse 
a  suo  figlio  Rabi'ah,  ad  'Abd  al-rahmàn  b.  Ghanm,  e  ad  abù  'Abdallah 
al-As'ari.  Si  dice  che  egli  espugnasse  Tabariyyah:  mori  nella  peste  di 
Amawàs  in  età  di  67  anni  (Dzahabi  Paris.   T,  fol.   I31,v.). 

Cfi-.  Hagar,  II.  400-401,  n.  8361. 

(xawzi,  I.  fol.  46, r.  conferma  che  la  kunyah  di  SvTralibil  fosse  abu 
Abdallah. 

(b)  Alla  morte  di  Suf\  àn  e  dei  due  fratelli  uterini,  SurahbiI  si  tras- 
portò presso  i  banù  Zuhrah  e  si  uni  a  loro  con  i  vincoli  della  confedera- 
zione (tahàluf).  Contro  questo  protestò  abù  Sa'id  al-Mu'alla  al-Zuraqi,  ci- 
tando SurahbiI  dinanzi  ad  Umar  ed  affermando  che  siccome  SurahbiI  era 
suo  halif  [dei  banù  Zurayq]  non  aveva  diritto  di  confederarsi  con  altri. 
A  ciò  SurahbiI  rispose  di  non  essere  mai  stato  halif  dei  Zurayq,  ma  era 
venuto  a  vivere  con  loro,  seguendo  i  due  fi-atellastri:  «  quando  questi  mori- 
«  reno,  ero  libero  di  unirmi  con  chi  volevo  ».  Umar  chiese  ad  abù  Sa'id 
una  prova  manifesta,  nia  siccome  il  querelante  non  la  potè  addurre,  Su- 
rahbiI potè  rimanere  con .  i  Zuhrah. 

Secondo  al-Zubayr  (b.  Bakkàr),  SurahbiI  non  era  figlio  di  Hasanah,  ma 
fu  da  lei  adottato  e  perciò  uni  il  suo  nome  al  proprio  nel  nasab  (At_hir 
Usd,  H,  390-291). 

Cfi-.  Dzahabi  Tagrid,  I,  274,  n.  2595;  Isti'àb,  604-605,  n.  2591. 

(e)  Le  notizie  vaghe  sulle  origini  di  SurahbiI  fanno  pensare  all'incer- 
tezza di  filiazione  dei  tempi  in  cui  vigeva  il  matriarcato.  SurahbiI  è  nato  pro- 
babilmente da  qualche  unione  della  forma  propria  di  tempi  molto  primitivi. 

(d)  Partecipò  alla  seconda  emigrazione  in  Abissinia  insieme  con  la 
madre  Hasanah,  secondo  ibn  Ishàq,  e  insieme  con  il  secondo  marito  di  lei 
Sufyàn  b.  Ma'mar  b.  Habib  b.  Wahb  b.  Hudzàfah  b.   Grumah   al-Crumahi, 

130. 


18.    a.    H.  §§23S-2H5. 

e  i  due  loro  figli  Klialid  e  Gunàdah.    Stando  ad  al-Wàqidi.  Hasanah  era  18-  a-  H- 

madre,  non  moglie  di  Sufj-àn,  e  questi  tiatello  uterino    di    Surahbìl.    abù        surahbri  b    Ha- 
Ma'sar  invece  menziona  l'emigrazione  in  Abissinia  del  solo  Surahhil  e  della        sanah.; 
madre  Hasanah. 

(al-Wàqidij.  Sebbene  lialìf  dei  banù  Zuhrali,  Surahbil  era  annoverato 
tra  i  Grumah,  per  via  di  Sulj^àu  al-Grumalii.  Surahbìl  fu  uno  dei  più  egregi 
Compagni  del  Profeta,  col  quale  fece  le  spedizioni,  e  fu  uno  dei  capitani 
mandati  in  Siria  da  abù  Bakr  al-Siddìq.  Mori  nella  peste  di  'Amawàs,  in 
Siria,  l'a.  18.  H.,  sotto  il  califfato  di  Umar  b.  al-Khattàb,  in  età  di  76  anni 
(Sa  ad.  IV,.  1,   pag.  94,  lin.  4-24j. 

Gli-.  Yàqùt,  I.  201  e  II,  61,  515,  590,  ecc.:  Indice,  pag.  469;  Na- 
wawi.  612. 

§  234.  —  Non  v"è  da  dh'e  alcunché  di  importante  sul  conto  di  Su- 
rahbil. uomo  di  origine  sconosciuta  proveniente  dal  Yaman,  forse  schiavo 
di  guerra  e  di  nascita  umile  e  plebea.  Fedele  seguace  del  Profeta,  sembra 
fosse  un  capitano,  o  luogotenente  operoso  e  diligente,  ma  senza  alcuna 
qualità  personale  che  lo  distinguesse  dai  suoi  coetanei  e  compagni  d'arme. 

abu    Ubaydah  b    al-Garràh. 

§  235.  —  (a)  Il  nome  (completo;  di  abù  'Ubaydah  era  Amii-  h.  'Ab- 
(lallah  b.  al-Garràh  b.  Hilàl  b.  Uhayb  b.  Dabbah  b.  al-Hàrith  b.  Fihr  b. 
Màlik  b.  al-Xadr  b.  Kinànah  al-Qurasi.  Sua  madi-e  fu  Umayyah  bint  Ghanm 
li.  Gàbu-  b.  Abd  al-'Uzza  b.  Amirah  b.  'Amii-ah,  figlia  di  Da'd  bint  Hilàl 
b.  Uhaj-b  b.  Dabbah  b.  al-Hàritji  b.  Fihr.  Sua  moglie  fa  Hind  bint  Gàbir 
b.  Wahb  b.  Dabàb  b.  Hugaj-r  b.  'Abd  b.  Ma'is  b.  'Amir  b.  Lu-ayy,  la 
quale  gli  partorì  dei  figli,  fi'a  cui  Yazid  e  'Umayr:  questi  non  ebbero 
figliuoli,  e  però  la  sua  discendenza  si  estinse  (Sa ad,  III,  1,  pag.  297, 
hn.  28;  298,  lin.   5j  [G.]. 

(6)  (al-Wàqidi,  da  Muli.  b.  Sàlih,  da  Yazid  b.  Rùmàn).  abù  'Ubaydah 
abbracciò  l'Isiàm  con  'Uthmàn  b.  Maz'ùn  e  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf  ed 
altri  Compagni  avanti  che  l'Inviato  di  Dio  entrasse  nel  Dar  al-Arqam. 
Secondo  Muli.  b.  Isliàq  e  al-Wàqidi,  prese  parte  alla  seconda  emigrazione 
in  Abissinia:  ma  di  ciò  non  fanno  menzione  né  Musa  b.  'Uqbah  né  abù 
Ma'sar  (Saad,  III.   L   pag.   298.  lin.   5-10,  [G.]. 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Muli.  b.  Sàlih,  da  'Asim  b.  'Umar  b.  Qatàdahj. 
Quando  abù  Ubaydah  emigrò  da  Makkah  a  Madinah,  prese  stanza  presso 
Kulthùm  b.  al-Hidm  (Saad,  III,   1,  pag.  298,  lin.   10-12)  [G.]. 

{(1)  (al-Wàqidi,  da  Musa  b.  Muh.'b.  Ibràhìm,  da  .suo  padre  [Muh.  b. 
Ibràhim]).  L'Inviato  di  Dio  lo  strinse  in  tiatellanza   con    Sàlim,    mawla 

131. 


g  .>f;5  lo.  a.  H. 

18.  a.  H.  ,ii    ;ji„-,    Hmlzavfali,    o    con    Muli.    h.    Maslainah   (Saad,   IH.   1,  pag.   198, 

[NECROLOGIO.    "       ,  •  ,  .,  .    .\    rTT  i" 

abù    Ubaydah  b.       '"^-    l^J-l^)    [<■••]• 

ai-óarràh.)  (^^>)  (al-Waqidi).  abù    Ubaydah  fu  presente  a  Badr  e  a  Uhud:  nel  com- 

battiuionto  di  Uhud  stette  saldo  von  l'Inviato  di   Dio,    quando    i    Musul- , 
mani  t'uiono  rotti  e  messi  in  tuga  (Saad.  Ili,  1.  pag.  298,  Un.  15-17)  [G.]. 

[/)  (al-Wàqidi,  da  Ishàq  b.  Yahya,  da  Isa  b.  Talhah,  da  'A-isah,  da 
abu  Bakr,  che  racconta):  «  Quando  alla  giornata  di  Uhud  l'Inviato  di  Dio 
«cadde  con  la  faccia  per  terra,  e  due  anelli  del  mighfai-  gli  penetrano 
«  nelle  guancie,  io  accorsi  alla  sua  volta,  ed  ecco  un  altro  accorrere  rapi- 
«  dissimo  dalla  parte  destra:  «  Dio  mio,  io  pregai  allora,  rendilo  docile  (?),  si 
«  che  possiamo  arrivare  sino  a  lui  ».  Sopraggiunse  intanto  abù  'Ubaydah 
«  e:  «  Deh!  lasciami,  abù  Bakr,  cavar  dalle  guance' dell'Inviato  di  Dio  quel 
«  (che  gli  si  è  conficcato)  ».  Io  lo  lasciai  fare;  ed  egli  prese  con  i  denti  an- 
«  teriori  uno  degli  anelli  del  mighfar  e  lo  strappò  (con  tanto  sforzo)  che 
«  cadde  riverso  e  gli  si  sradicò  un  dente.  Poi  cavò  l'altro  anello  con  un  altro 
«  dei  denti  anteriori,  che  gli  cadde  del  pari.  Perciò  abù  'Ubaydah  era  fra  la 
«gente  lo  sdentato  y>   (Sa  ad.  III,  1,  pag.  298,  lin.  17-27)  [G.\. 

(g)  (Dicono)  abù    Ubaydah  partecipò  all'assedio  di  Madinah  (al-Klian- 
daq)  e  a  tutti  gii  altri  fatti  d'arme  con  l'Inviato  di  Dio,  e  fu  uno  dei  più 
eminenti  compagni  suoi.  L'Inviato  di  Dio  lo  mandò  a  Dzù-1-Qassah  al  co- 
mando d'una  spedizione  di  40  uomini  (Sa ad,  III,   1,  pag.  298,  lin.  27  e 
*299,  lin.   1)  [G.]. 

(h)  (al-Wàqidi,  da  Dàwùd  b.  Qays  e  da  Màlik  b.  Anas).  abù  'Ubaydah 
comandò  un' (altra)  spedizione  di  BOO  fra  Muhàgirùn  e  Ansar  contro  un 
ramo  dei  Gruhaynah,  sulla  costa  del  mar  (Rosso)  :  e  fri  la  razzia  di  al- 
Khabat  (Saad,  III,  1,  pag.  299,  lin.  1-4)  [G.j. 

(i)  (Katliir  b.  Hisàm,  da  Hisàm  al-Dastawà'i,  da  abù-l-Zubayr,  da  (xàbir, 
che  racconta).  Ci  spedì  l' Inviato  di  Dio  con  abù  'Ubaydah  b.  al-(jrarràh, 
in  numero  di  300  e  qualche  decina,  e  ci  approvvigionò  con  un  sacco  di 
datteri.  La  nostra  razione  ftx  di  una  manciata  per  uno,  poi  di  un  dattero 
per  uno;  e  quando  tutto  fu.  finito,  prendemmo  ad  abbacchiare  con  i  nostri 
archi  le  foglie  secche  degli  arbusti  (al-khabat)  ed  a  mangiarle  beven- 
doci su  acqua:  tanto  che  ci  si  diede  poi  il  nome  di  esercito  delle  foglie 
.secche  (gaj'^.s  al-khabat).  Arrivati  sulla  spiaggia  trovammo  un  cetaceo 
(  d  a  b  b  a  h)  morto,  simile  a  una  duna,  che  si  chiamava  a  l  -  '  a  n  b  a  r . . .  Del 
mostro  gigantesco,  dopo  qualche  esitanza  perchè  morto,  si  nutrirono  i  Mu- 
sulmani, per  20  o  15  giorni,  e  ne  disseccarono  al  sole  alcune  strisele  e  ne 
portarono  anche  al  Profeta  in  Madinah,  che. approvò  la  loro  condotta  (con- 
fronta 8.  a.  H.,  §  34)  (Saad,  III,  1,  pag.  299,  lin.  5-16)  [G.]. 

132. 


18.  a.  H. 


§§  236,  237. 


§  236.  —  (a)  (abù-1-Walìd  al-Tayàlisi,  Wahb  b.  (rhaiir,  Yahya  b.  Abbad 
e  'Affali  b.  Muslim,  da  Su'bah.  da  abù  Isliàq,  da  Silah  b.  Zufar  al-'Absi, 
da  Hudzayfah).  Alcuni  dei  (cristiani j  di  Nagràn  vennero  al  Profeta  e 
dissero:  «  Manda  con  noi  un  uomo  fidato  che  tuteli  i  nostri  interessi,  vi- 
«  gilando  l'osservanza  del  patto  »  [cfr.  10.  a.  H.,  §§  60,  61];  «  non  già  che 
«  c'insegni  la  sunnah  e  l'islam  »  (come  leggesi  in  Saad,  III,  1,  pag.  299, 
lin.  19).  Disse  (Maometto):  «  Vi  manderò  un  uomo  fidato,  veramente  fidato  », 
e  ripetè  tre  volte  questo  attributo.  Tutti  i  Compagni  stettero  con  lo  sguardo 
aguzzo  (i  s  t  a  s  r  a  fa)  alla  faccenda  (desiderando  ognuno  di  esser  lui  la  per- 
sona così  qualificata).  Ma  l'Inviato  di  Dio  mandò  abù  Ubaydah  b.  al-Grarràli 
fSaad.  III.   1.  pag.  299,  lin.   23-28)  [G.]. 

(b)  In  ibn  Sa'd  abbiamo  altre  tradizioni  analoghe:  (pag.  299,  lin.  16-20) 
«  La  gente  del  Yaman  »  fa  a  Maometto  la  richiesta  di  un  missionario; 
(pag.  299,  lin.  20-23j  abù 'Ubaydah  è  l'amin  al-ummah  (il  fidato  della 
nazione  musulmana):  (pag.  300,  lin.  1-4)  vengono  (gli  ambasciatori  dei 
Nagràni)  al-Sayyid  [b.  al-HàrithJ  e  al-'Aqib  ['Abd  al-Masìh  al-Kindi]:  con- 
fronta  10.  a.  H.,  §  60. 

(e)  Secondo  abù  HuraA'rah  (a  capo  di  un  lungo  isnàd!),  Maometto 
avrebbe  detto:  «Eccellente  nome  quello  di  abù  Ubaydah!  »  (Saad,  III, 
1.  pag.   300,  lin.  4-8). 

{d)  (Rawh  b.  'Ubàdah  e  'Abd  al-\vahhàb  b.  'Atà-,  da  Sa'id  b.  abi  Arù- 
bah,  da  Qatàdah).  Sull'anello-sigillo  di  abù  'Ubaj'dah  era  inciso:  «Il  quinto 
«(delle  prede)  spetta  a  Dio!»   (Saad,  III,   1,  pag.  300,  lin.  8-10)  [G.j. 

(e)  ('Amr  b.  'Asim  al-Kilàbi,  da  Sulaymàn  b.  al-Mughii-ah,  da  Thabit). 
Disse  abù  Ubaydah  b.  al-G-arràh  quando  era  governatore  di  Siria:  «  O 
«  gente,  io  sono  un  uomo  dei  Quraj^s,  ma  non  v'  è  alcuno  di  voi  rosso  o 
«  nero  [ch:  Intr.,  §  343  e  nota  2;  9.  a.  H.,  §  26,  nota  1),  che  mi  superi 
in  timor  di  Dio,  del  quale  non  amerei  di  essere  «  nella  pelle  »  (Saad,  III, 
1.  pag.  300,  lin.   10-13)  [G.]. 

(/■)  (Rawh  b.  'Ubàdah,  da  Hisàm  b.  abi  'Abdallah,  da  Qatàdah).  Disse 
abù  Ubaj^dah  b.  al-GaiTàh:  «  Vorrei  essere  un  montone,  e  la  mia  gente 
e   mangiasse  della  mia  carne,  e  sorbisse  del  mio  brodo!  » 


«  mi 


sgozzasse 


(Riflesso  evangelico?)  (Saad,  III,   1,  pag.  300,  lin.  24-26)  [G.]. 

§  237.  —  (a)  (Ahmad  b.  'Abdallah  b.  Yùnus,  da  Sufj-àn  b.  'Uyaynah, 
da  ibn  abi  Nagih).  Disse  'Umar  b.  al-Kliattàb  ai  suoi  compagni  di  con- 
versazione:  «Esprimete  i  vostri  desideri».  E  ciascuno  dLsse  il  suo. 

«  Quanto  a  me  »,  soggiunse  Umar,  «  io  desidererei  una  casa  gremita 
«di  uomini  quali  abù  'Ubaydah  b.  al-Garràh  »  (Saad,  III,  1;  pag.  300, 
lin.   13-17)  [G.]. 


18.  a.  H. 
[NECROLOGIO.    - 
abu   Ubaydah  b. 
al-Garràh. i 


13:^. 


§§  -iA't,  JdS. 


18.  a.  H. 


i8.  a-  H.  (^ft)  (Yazìd   l).   Hàiùu  e   Muh.    b.    AbdaDah  al-Ausàri,  da    Sa  id    l).  al)i 

abu  Ubaydah  b.      Arùbali,  da  Salir  b.  Hawsab).  Disse  'Umar  b.  al-Khattàb:  «  Se  abù  'Ubay- 

ai-6arràh.j  ^  ^■^\^  ,i^i  sopvavN  iven'i.   io  lo  sceglierò  a  mio  vicario  (^successore  nel  lalit- 

«  fato).  E  (se)  il  mio  Signore  me  ne  domanderà  (conto),  diiò:  Ilo  udito  il 

«tuo    Profeta    dire  [dì  luij:  Egli  è  il  fidato    (Amìn)    di    questa    nazione» 

(Saad,  III,   1.  pag.  300,  liu.    18-21)  [G.]. 

(e)  (Man  b.  Isa,  da  Màlik  b.  Anas).  Umar  b.  ul-Khattab  spedì  ad 
abù  'Ubaydah  40  mila  dirli  a  m  e  400  dinar,  e  disse  al  messo:  <^  (fuarda 
«  ciò  che  ne  fa  ».  abù  Ubaydah  divise  itutta)  la  (somma,  nulla  serbando 
per  sé).  Poi  il  Califfo  mandò  altrettanto  a  Mu  àdz  con  le  stesse  istruzioni 
al  messo.  Anche  Mu  àdz  distribuì  il  denaro,  tranne  una  (piccola)  cosa, 
della  quale  la  donna  di  lui  disse:  «Ne  abbiamo  bisogno».  Quando  l'in- 
viato ne  informò  Umar,  questi  diede  lode  a  Dio  per  aver  messo  nel- 
l'Isiàm uomini  che  agivan  così  (Saad.  III.  1.  pag.  300.  lin.  20  e  .301. 
lin.  4i  [(l.|. 

§  238.  —  [a)  (abù  liakr  b.  'Abdaiiali  b.  abi  L'ways  al-Madani,  da  Su- 
laymàn  b.  Bilàl,  da  abù  'Abd  al-'aziz  [Musa  b.  'Ubaydah  b.  Nasit  al-Ma- 
dani, t  153.  a.  H.]  al-Kabadzi,  da  Ayyùb  b.  Khàlid  b.  Safwàn  b.  Aws  al- 
Ansàri  dei  banù  Glia  i  un  [o  dei  banù  'Amr]  b.  Màlik  b.  al-Naggàr,  da 
'Abdallah  b.  Ràfi'  mawla  di  umm  Salimah).  abù  Ubaydah  b.  al-Grarràh, 
quando  fu  colpito  (dalla  pestej,  l'anno  di  'Amawàs,  nominò  sucj  luogote- 
nente Mu'àdz  b.   Gabal  (Saad,  III.   1,  pag.  301,  lin.  9-13)  [G.]. 

(ò)  (al-Wàqidi,  da  'Abdallali  b.  abì  Yahya  al-Aslami,  da  Muh.  b.  Ibrà- 
him  b.  al-Hàrith.  da  Khàlid  b.  ^la'dàn,  da  'Irbàd  b.  al-Sàriyah).  Entrai 
da  abù  'Uba3'dah  b.  al-Garràh  nella  sua  malattia  mortale,  quand'egli  era 
moribondo.  «  Dio  perdoni  »,  egli  disse,  «  ad  'Umar  b.  al-Khattàb  il  suo  ri- 
«  trarsi  da  Sargh  »  (cfr.  §§  41  e  segg.).  Poi  soggiunse:  «  Ho  udito  l'Inviato 
«  di  Dio  diie :  E  martii-e  (s a h i d)  chi  muore  di  peste,  di  mal  di  ventre,  o 
«  per  affogamento,  o  per  incendio,  o  per  crollo  di  mura  (al-hadam),  o  per 
«  pulmonite;  è  [anche  martire  la  donna  che  muore  incinta»  (Saad,  III, 
1,   pag.  301,  lin.   13-19)  [G.]. 

(e)  (Muh.  b.  Ismà'il  b.  abi  Fuda3'k  al-Madani,  da  Hi-sàm  b.  Sa'd,  da 
Zayd  b.  Aslam.  da  suo  j)adi-e  [Aslam]).  Mu'àdz  b.  Gabal  udì  uno  che  di- 
ceva: «  Se  fosse  (qui)  Khàlid  b.  al-Walid,  nessuno  si  troverebbe  nel  bi- 
«  sogno».  Questo  egli  disse  allorché  abù 'Ubaydah  b.  al-Garràh  si  trovava 
in  angustie.  Ma  Mu'àdz  gli  rispose:  «  Figlio  di  nessuno!  appunto  ad  abii 
«  'Ubaydah  deve  andare  l'impotenza  (per  essere  sopraffatta).  Egli  è  certo 
«uno  dei  migliori  uomini  che  siano  sulla  terra»  (Saad,  III,  1,  pag.  301, 
lin.  4-9)  [G.]. 

VM. 


18.  a.  H. 


§§  238-240. 


(fi)  (al-Waqidi.  da  Thawr  b.  Yazìd,  da  Khàlid  b.  Ma'dàn,  da  Màlik  b. 
Ynkhamii'.  il  qviale  descriveva  cosi  abiì  'Ubaydah  b.  al-Grarràh).  Era  uomo 
magro,  scarno  di  faccia,  di  poca  barba,  hiugo,  gobbo,  sdentato  di  due  denti 
anteriori  (Sa  ad,  IIL   1.  pag.  301,  lin.   19-22)  [G.]. 

(e)  (al-Wàqidi.  da  abù  Bai^r  b.  'Abdallah  b.  abì  Sabrali,  da  alcuni  in- 
dividui della  tribù  fqawm)  di  abù  Ubaydah).  abù  'Ubaydah  b.  al-Grarràh 
contava  41  anni  quando  fu  presente  a  Badr.  Morì  di  peste  in  'Amawàs, 
nell'anno  18.  H..  sotto  il  califfato  di  'Umar  b.  al-Khattàb,  in  età  di  68  anni. 
Egli  usava   per  la  testa  e  per  la  barba  i  due  cosmetici  hinnà"  e  katam. 

al-Wàqidi  aggiunge  che  abù  'Uba3^dah  trasmise  tradizioni  da  'Umar 
b.  al-Khattàb  (Saad.  Ili,   1,  pag.   301,  lin.  22-28)  [G.]. 

§  239.  —  abù  'Ubaydah  fii  uno  dei  più  antichi  musulmani,  e  si  con- 
vertì contempoi'aneamente  con  'Uthmàn  b.  Maz'ùn,  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf 
ed  'Ubaydah  b.  al-Grawn,  prima  che  il  Profeta  entrasse  nella  casa  Dar  al- 
Arqam.  Suo  padre,  dicesi,  morì  prima  dell'Isiàm:  sua  madre  era  Uma3'mah 
bint  Ghanm.  Emigrò  in  Abissinia  ed  in  Madinah:  fu  presente  a  Badr  e 
a  tutti  i  fatti  d'arme  successivi:  egli  aiutò  il  Profeta  ferito  alla  battaglia 
(li  Uhud,  e  ^laometto  gli  diede  il  soprannome  appellativo  di  Amìn.  Si  dice 
che  per  preghiera  di  un'ambasciata  di  Yamaniti,  Maometto  mandò  abù 
"Ubaydah  nel  Yaman  ad  insegnare  la  dottrina  musulmana.  Più  tardi  il 
Califfo  abù  Bakr  lo  mandò  in  Siria,  e,  secondo  ibn  Hagar,  la  maggior 
parte  delle  conquiste  in  quella  regione  furono  compiute  sotto  la  direzione 
di  abù  'Ubaydah.  Alcuni  affermano  che  egli  uccidesse  il  proprio  padre  alla 
battaglia  di  Badr,  e  che  perciò  venisse  rivelato  il  versetto  (Q  u  r  •  à  n,  LVIII, 
22).  Trasmise  tradizioni  ad  al-'Irbàd  b.  Sàriyah,  a  Gràbir  b.  Abdallah,  ad 
abù  Umàmah,  ad  abù  Tha'labah  al-lChasi  (sicf  =  al-Khusani?),  a  Samurah 
(b.  (xundab)  ed  altri.  Secondo  ibn  Sa'd,  egli  era  di  costituzione  delicata, 
con  la  faccia  scarna,  magro,  alto  e  senza  denti  anteriori  (athram). 

Morì  durante  la  peste  di  Amawàs,  nel  18.  H.,  in  età  di  58  anni:  al- 
cuni affermano  avesse  soli  41  anni.  Si  fece  seppellire  là  ove  mori,  ossia  a 
Fihl  nell'Urdunn,  oppure  a  Baysàn.  Egli  soleva  tingersi  con  la  hinnà"  ed 
il  katam  (Hagar,  II,  626-630). 

Off.  anche  Dzahabi  Paris.  I,  ibi.  130,v.-i31,r.;  Grawzi,  I,  fol.  46, r.- 
46,v.;  Athìr  Usd,  III,  84-86,  Y,  249;  Dza  habi  Tagr  id ,  II,  196,  n.  2152; 
Isti 'ab,  689-690,  n.  3030;  Khamis,  II,  271,  lin.  penult.  e  segg.  ;  Nu- 
wayri  Leid..  I,  fol.  85,r.-85,v.:  Yàqùt,  I,  202,  336,  386,  ecc.  Indice, 
pag.  548;  Nawawi,  747-748. 

§  240.  —  Di  abù  Ubaydah  abbiamo  fatto  sì  spesso  menzione,  descri- 
vendone anche  l'indole,  che  mi  pare  inutile  ripetere  il  già  detto.  Fu  uomo 


18.  a.  H. 
NECROLOGIO.    - 
abO  'Ubaydah  b. 
al-Garràh.l 


135. 


§§  •240-'24'2.  ^O'    ^'    H. 


'8- a- H.  ,1,   poco   iusj;eo;n().  ma  dotato  di  «randr   lìuiità  damino,   nite^nta    di  carat- 

[NECROLOGIO.    -  ,.  ,  -,  i    .      .  t  •     •  r^ 

abù  ubaydah  b.     ^^^'^  <'  <"  molta  avvedutezza  nel  trattare  con  gli  uomini.  —  Queste  virtù 
ai-6arràh.|  gjj  attirarono  le   simpatie    generali  e  gli    permisero  di  compiere    missioni 

delicate  o  difficili,  come  fu  il  comando  generale  in  Siria  alla  vigilia  del 
Varmùk.  Valendosi  di  lui  cernie  scudo,  o  velo,  'Umar  potè  salire  al  po- 
tere, e  poi  metterlo  innanzi  come  suo  successore:  le  virtù,  l'autorità  ed  il 
ben  noto  disinteresse  di  abù  'Ubaydah,  per  nulla  ambizioso,  facilitarono 
grandemente  il  trionfo  del  principio  monarchico,  pi'opugnato  da  Umar. 
ma  combattuto  dagli  altri  Compagni  insidiosi  e  da  un  numero  conside- 
revole di  Musulmani,  i  Beduini  principalmente,  e  forse  anche  dai  Madi- 
nesi,  perchè  si  vedevano  esclusi  da  ogni  diretta  partecipazione. 

Non  ebbe  la  mente  di  un  uomo  di  stato,  e  la  sua  morte  prima  di  "Umai- 
non  credo  abbia  avuto  sensibile  influenza  sul  corso  degli  eventi  posteriori, 
né  è  improbabile  che  come  Califfo  egli  avrebbe  perduto  molto  della  sua  popo- 
larità, perchè  la  procella  che  travolse  'Uthmàn  ebbe  origini  profondissime, 
e  solo  una  grande  mente  avrebbe  forse  potuto  dominarla  e  salvare  il  novello 
impero  dalle  guerre  civili  del  36.   II.  e  degli  anni  successivi. 

Umayr  b.  Isa  [o   Adi]. 

§  241.  —  Umayr  b.  Isa  |o  'Adi]  b.  Kharasah  b.  Umayyah  b.  'Amir  b, 
Khatamah,  ossia  'Umayr  al-Qàri,  fu  uno  dei  più  antichi  musulmani,  ma  cieco. 
Tra  gli  oppositori  più  accaniti  del  Profeta  v'era  una  donna.  Asma'  bint  Mar- 
wàn,  la  quale  faceva  tutto  il  possibile  per  eccitare  la  gente  contro  il  Profeta 
e  contro  l'Islam,  recitando  sull'argomento  anche  alcune  poesie.  Dopo  la  bat- 
taglia di  Badr,  Umayr,  felice  che  il  Profeta  fosse  uscito  sano  e  salvo  dal 
cimento,  si  prefisse  di  mandare  a  morte  Asma-:  perciò  dopo  Badr  andè 
(prima  di  diventar  cieco?)  presso  'Asma*  nelle  ore  più  oscure  della  notte  e 
la  uccise.  Quando  ritornò  a  casa  e  lo  annunziò  al  Profeta,  questi  osservò 
che  per  la  morte  di  quella  donna  non  si  sarebbero  cozzati  insieme  nem- 
meno due  caproni.  Fu  questa  la  prima  volta  in  cui  il  Profeta  pronunziò 
questa  espressione,  divenuta  poi  proverbiale.  Morì  di  peste  nel  18.  IT. 
(G-awzi,  I,  fol.  46, V.). 

Manca  in  A  th  i  r  U  s  d ,  e  nelle  altre  fonti  biografiche  dei  Compagni 
del  Profeta.  Il  vero  nome  è  'Umayr  b.  'Adi.  Cfr.  2.  a.  H.,  §  90.  Hagar  III. 
64-65.  n.  161. 

"Utbah  b.  Suhayl. 

§  242.  —  'Utbah  b.  Suhayl  b.  'Amr  al-Qurasi  al-' Amiri,  secondo  ibn 
Hagar,    fu   uno   dei   Makkani   convertiti  alla  presa  di  Makkah  (nell'S.  H.), 

136. 


18.    3..    H.  §§  242-244. 

perchè  al-Zubavr  b.  Bakkàr  afferma  essersi    suo    padre,    Suharl    b.    'Amr,  18.  a.  H. 

.        ^.    .    "^  ^     ,.       1       ^        ■     ,•  ..  •     -,  1  TT      •  ì       ,        TT-v-  [NECROLOGIO.    - 

recato  m  Sina  con  tutta  la  ramiglia,  seguito  poi  da  al-Haritji  b.  Hisam  ut  bah  b.  Su- 
b.  al-Mughirah  al  Makhzumi.  Più  tardi  (Suhayl  b.  'Amr)  si  presentò  al  hayi.] 
Califfo  'Uruar  con  'Abd  alrahmàn  b.  al-HàritJi  b.  Hisàm  e  con  Fàkbitah 
bint  'Utbah  b.  Sulia\'l  b.  'Amr,  ambedue  ancora  molto  piccini,  ed  unì  in 
matrimonio  'Utbah  con  Fàkhitah  {sic,  il  testo  dev'  esser  corrotto!)  e  ad  am- 
bedue fu  dato  il  nome  di  al-Saridayn  (i  due  costretti  a  fuggire?).  E  ciò 
avvenne  dopo  la  morte  di  quelli  delle  genti  di  ambedue  (gli  sposi)  che 
erano  usciti  (d'Arabia)  con  lui.  Ma  forse  'Utbah  era  morto  prima  di  questo, 
0  era  con  loro  e  mori  in  Siria  (il  testo  è  poco  chiaro  e  non  si  capisce  che 
cosa  intenda  dire:  deve  esser  corrotto)  (Hagar,  II,   1083,  n.  9770). 

ibn  al-Athìr  dice  che  morisse  nel  18.  H.  (At^ir,  II,  436),  ma  nell'altra 
opera  sua  sui  Compagni  del  Profeta,  non  lo  menziona  nemmeno. 

Cfr.  anche  Nuwayri  Leid.,  I,  fol.  87,r. 

Uways  b.    Àmir. 

§  243.  —  Uways  b.  'Amir  b.  Graz-  b.  Màlik  b.  'Amr  b.  Mas'adah  b. 
'Uswàn  b.  Qaran  b.  Radmàn  b.  Nàgiyah  b.  Murad  al-Muràdi  al-Qarani, 
chiamato  anche  Uways  b.  Anas,  o  Uways  b.  al-Hula^^s  (?  Khalis),  fa  uomo 
intensamente  asceta,  che  visse  in  al-Kùfah:  soleva  recarsi  nei  luoghi  dove 
si  gettavano  le  immondezze  (al-m.azàbil),  raccogliervi  i  pezzi  di  pane 
gettati  via  (al-kisar?),  lavarli  e  in  parte  mangiarli,  in  parte  distribuirli 
come  elemosina:  per  soccorrere  i  poveri,  si  spogliò  nudo,  sicché  non  po- 
teva più  uscke  di  casa.  Secondo  una  tradizione  di  Asir  b.  Gràbir,  il  Califfo 
'Umar  era  desiderosissimo  di  conoscere  Uways,  ed  ogni  qualvolta  passa- 
vano le  schiere  di  Yamaniti  diretti  in  Siria,  domandava  se  tra  loro  si 
trovasse  Uways  della  tribù  di  Muràd.  Alfine  in  una  schiera  di  Yamaniti 
il  Califfo  trovò  Uways  e  gli  comunicò  che  il  Profeta  aveva  predetto  il 
suo  passaggio  per  Madinah  in  via  per  la  Sii'ia,  e  che  egli  sarebbe  affetto 
dalla  lebbra,  ma  si  sarebbe  guarito  interamente  tranne  in  vm  luogo  grande 
come  un  dirham.  Uways  andò  in  Siria  e  vi  morì  dalla  peste  (nel  18.  H.).  • 
Secondo  alcuni  mori  invece  nell'Adzarbaygàn  durante  la  conquista:  altri 
lo  dicono  ucciso  a  Siffin  e  affermano  che  fosse  uno  dei  grandi  tàbi'i. 
(G-awzi,  I.  fol.  44,r.-44,v.). 

Cfr.  Athir  Usd.  I.   151-152;  Dzahabi  Tagrid,  I,  40,  n.  346. 

Uwaym  b.  Saidah. 

§  244.  —  (a)  abù  'Abd  al-rahmàn  'Uwaym  b.  Sà'idah  b.  'A-is  b.  Qays 
b.  al-Nu'màn  b.  Zayd  b.  Umayj'ah,    ebbe  a  madre    'Umayrah  bint   Sàlim 

137.  18 


§§  244,245.  18.    a.    H. 

18.  a.  H.  b.  Salimah  b.  Umayyah  b.  Zayd  b.  Màlik  b.  'Awf  b.  'Amr  b.  'Awf.  Dalla 


[NECROLOGIO. 
'Uwaym    b.    Sa 


moglie   UuiAiiiab  bint  Bnkayr  b.   ^^Tha'labali  b.  Ptadabali  b.   'Amir  b.  Ka'b 
'idah.i  b.    Màlik    b.    Ghadb    b.    Uu.sam   al-Khazragiyyah   procreò   i   seguenti  figli: 

'Utbah,  Smvayd,  perito  nella  giornata  della  Ilarrah,  e  Qarazah. 

Muh.  b.  Isliàq  è  il  solo  ad  attril)uiri'  ad  'Uwaym  un'altra  genealogia, 
dicendolo  figlio  di  Sa'idali  b.  Sal'agah  —  il  quale  ultimo  nome  non  s'in- 
contra nella  genealogia  —  dei  banili  Bali  b.  'Amr  b.  al-Haf  al-Qudà'i,  lialìf 
dei  banù  Umayyah  b.  Za}"d.  Egli  lasciò  discendenza  in  Madinah  e  in  Darb 
al-Hadatli.  'Uwaym  è  uno  degli  80  Ansar,  di  cui  si  riferisce  che  fosse  il 
primo  ad  incontrare  l'Inviato  di  Dio  in  Makkah  e  ad  abbracciar  l'Islam. 
Secondo  Muli.  b.  'Umar,  'Uwaym  fu  presente  a  tutti  e  due  i  Convegni  di 
al-'Aqabah;  ma,  stando  invece  a  Musa  b.  'Uqbah,  Muh.  b.  Isliàq  e  abù 
Ma'sar,  egli  avrebbe  assistito  (solamente?)  alla  seconda  'Aqabah  insieme 
con  i  70  Ansar  (Sa  ad.  III,  2,  pag.  80,  Un.  21,  e  31,  lin.  6)  [G.J. 

(6)  (al-Wàqidi,  da  Muli.  b.  Sàlih,  da  'Asim  b.  'Umar  b.  Qatàdah,  o 
anche  da  'Abdallah  h.  Gfa'far,  da  Sa'd  b.  Ibràhim).  L'Inviato  di  Dio  legò 
in  fratellanza  'Uwaym  b.  Sà'idah  con  'Umar  b.  al-Khattàb,  o,  secondo  ibn 
Ishàq,  con  Hàtib  b.  abi  Balta'ah  (Saad,  III,  2,  pag.  31,  lin.  G-10). 

§  245.  —  (a)  (Muh.  b.  Ismà'ìl  b.  abì  Fuda^k,  da  Miisa  b.  Ya'qiib,  da 
ai-Sari  b.  'Abd  al-rahmàn,  da  'Abd  b.  Hamzah,  da  suo  padre  Hamzah,  da 
'Abdallah  b.  al-Zabìr,  da  Gràbir  b.  'Abdallah).  L'Inviato  di  Dio  disse:  «  Ec- 
«  celiente  servo  tra  i  servi  di  Dio  e  uno  tra  gli  abitatori  del  Paradiso  è 
«'Uwaym  b.  Sà'idah»   (Saad,  III,  2,  pag.  31,  lin.  24-27)  [G.]. 

Musa  [b.  Ya'qQb]  aggiunge  che,  quando  fu  rivelato  il  versetto  (IX, 
109):  «  [Nella  moschea  di  Madinah  si  raccolgono]  uomini  che  amano  di 
«esser  purificati;  e  Dio  ama  i  purificati»;  l'Inviato  di  Dio  disse:  «Tra 
«  essi  è  'Uwaym  b.  Sà'idah  ». 

Lo  stesso  Musa  riferisce,  senza  affermarlo,  che  'Uwaym  fosse  il  primo 
(musulmano?)  a  lavarsi  il  sedere  con  l'acqua  (Saad,  III,  2,  pag.  31, 
lin.   10-17)  [G.]. 

(b)  (Ya'qùb  b.  Ibràhim  b.  Sa'd  al-Zvihri,  da  suo  padre  [Ibràhim],  da 
Sàlih  b.  Kaysàn,  da  ibn  Sihàb,  da  'Ubaydallah  b.  'Abdallah  b.  'Utbah,  da 
ibn  'Abbàs).  Due  uomini  dabbene  incontrarono  abù  Bakr  ed  'Umar  dopo 
(la  morte  del  Profeta),  i  quali  si  dirigevano  alla  Saqifah  dei  banù  Sà'idah; 
sapendo  quel  che  la  gente  preparava  essi  domandarono  :  «  Dove  andate,  o 
«  crocchio  degli  Emigrati?  ».  —  «  Dai  nostri  fratelli  Ausiliatori  [Ansar]  ». — 
«  Meglio  è  per  voi  di  non  accostarli,  e  attendete  all'affar  vostro  ». 

Questi  due  uomini  erano,  secondo  'Urwah  b.  al-Zubayr,  'Uwaym  b. 
Sà'idah  e  Man  b.   'Adi  (Saad,  III,  2,  pag.  31,  lin.   17-22)  [G.]. 

138. 


18.    a.    H.  §§  245,  246. 


(e)  Morì  'Uwavm  b.  Sa'idah  sotto  il  califfato  di  'limar  b.  al-Khattàb,  ^S-  ^-  ^■ 

^   '  -  "  [NECROLOGIO.    - 

in  età  di  65  o  66  anui  (Sa  ad,  III,  2,  pag.   31,  lin.  27-28).  Uwaym  b.  Sà- 

Cfr.  anche  Athìr  Usd,  IV,  158;  Dzaliabi  Tagrid,  I,  460,  n.  4561;         idah.] 
Isti' ab,   528,  n.  2180. 

Yazld  b.  abl  Sufyan. 

§  246.  —  (a)  abù  Ivhàlid  Yazìd  b.  abì  Sufj^àn  Sakhr  b.  Harb  b.  Umayyah 
b.  'Abd  Sams  b.  'Abd  Manaf  al-Qurasi  al-Umawi,  figlio  del  celebre  abù 
Sufyan  b.  Harb,  fratello  del  Califfo  Mu'àwiyah  [f  60.  a.  H.j,  si  convertì  al- 
l'Islam alla  presa  di  Makkali,  ricevette  doni  a  Huna3'n  e  fu  mandato  dal  Pro- 
feta a  riscuotere  le  tasse  (s  a  d  a  q  à  t)  presso  i  banù  Faràs,  che  erano  suoi  zìi 
materni,  perchè  sua  madre  umm  al-Hakam  Zaynab  bint  Nawfal  b.  Khalaf 
apparteneva  ai  Kinànah.  Quando  il  Califfo  abu  Bakr  mandò  gli  eserciti 
in  Siria,  durante  l'anno  12.  H.,  Yazid  b.  abi  Sufyan  ricevette  uno  dei 
comandi,  e  più  tardi  il  Califfo  'limar  lo  nominò  amir  al-Sàm,  o  gover- 
natore di  Damasco,  dopo  la  morte  di  Mu'àdz  b.  Grabai,  confermando  la 
nomina  già  fatta  dal  morente  Mu'àdz.  Si  dice  che  egli  morisse  poco  tempo 
dopo,  di  peste,  nell'anno  18.  H.,  senza  lasciare  discendenti.  al-Walid  b. 
Muslim  afferma  però  che  morisse  nel  19.  H.  dopo  la  pi^esa  di  al-Qaysà- 
riyyah  (Hagar,  III,   1352-1353,  n.  8775).  —  Cfr.  Athir,  II,  436. 

(6)  Era  il  più  intelligente  (afdal)  dei  banù  abì  Sufyan:  perciò  chiama- 
vasi  anche  Yazid  al-Khayr.  Alcuni  affermano  che  sua  madre  fosse  Hind 
bint  Habib  b.  Yazid.  Quando  morì  abù  'Ubaydah,  fu  governatore  Mu'àdz 
b.  Grabai;  morto  Mu'àdz  gli  successe  Yazid  b.  abi  Sufyan,  e  morto  anche 
questo  di  peste,  il  governo  passò  a  suo  fratello  Mu'àwiyah  (A  th  i  r  Usd, 
V,   112-113). 

Cfr.  Dzahabi  Tagrid,  II,  147,  n.  1569;  Isti 'ab,  627-628,  n.  2723. 

(e)  Secondo  al-Dzahabi,  era  detto  Yazid  al-Khayr.  Abbracciò  l' Isiàm  alla 
presa  di  Makkah  e  divenne  un  buon  musulmano,  battendosi  a  Hunayn,  e 
ricevendo  come  bottino  cento  cameli  e  quaranta  oncie  (d'argento).  Fu  uomo 
di  grande  prestigio  pei'sonale,  nobile  e  capo-tribù  (sayyid).  Fu  uno  dei 
quattro  comandanti  che  partirono  per  la  Siria  per  ordine  di  abù  Bakr. 
Alla  presa  di  Damasco,  il  Califfo  'limar  lo  nominò  luogotenente  in  quella 
città,  ed  alla  sua  morte  gli  diede  come  successore  il  fratello  Mu'àwiyah. 
Si  vuole  che  trasmettesse  dal  Profeta  alcune  tradizioni  sulle  abluzioni:  fri 
alunno  anche  di  abù  Bakr.  Trasmise  tradizioni  ad  abù  'Abdallah  al-As'ari, 
ed  a  Grunàdah  b.  abi  Umayyah.  Secondo  alcuni  mori  nella  peste  del  18.  H., 
secondo  al-Walid  b.  Muslim  mori  nel  19.  H.  dopo  la  presa  di  al-Qaysà- 
riyyah  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   131,v.). 

139. 


S§  246,  247.  18.   a.    H. 

18.  a.  H.  Cfi:  aiu-he  Nuwayri  Leid.,  I,  fòl.  8G,v.;  Yàqùt,  I,  202,  443,  II, 

INECROLOGIO.    -        ..  ,      _  .       .,.,.       .„^  "t     j-  ,-r-o      xt  •       r.or 

Yazid  b.  abi  Su-      *-■   ' '^-  '^^^-  ^^^-  <^<^^- •  Indice,  pag.   ì  é2;  Nawawi,  665. 

fyàn.l  §  247.  —  Di  quanti   la  morte  rapì  in  questo  anno  funesto,  Yazid  b. 

abi  Sufyàn  è  forse  colui  che  scomparendo  dall'agone  politico,  inflisse  la 
maggior  perdita  alla  causa  politica  dell'Islam.  Egli  fu  certamente  uomo 
di  qualità  eccezionali,  e  forse  dopo  Khàlid  b.  al-Walìd  fu  il  migliòre  ca- 
pitano delle  schiere  del  Califfo.  —  Ebbe  un  carattere  meno  irruente  del 
•  suo  collega  makhzumita  e  fu  dotato  di  altre  qualità  speciali,  per  le  quali 

a  lui  fu  data,  da  abù  Bakr,  la  preferenza  a  tutti  gli  altri  Compagni  nella 
scelta  del  primo  comando  militare  in  Siria.  —  Egli  vinse  la  prima  vit- 
toria sui  Greci,  e  tanto  si  distinse  nella  campagna  di  conquista  che  ot- 
tenne la  carica  maggiore  dopo  quella  di  abù  'Ubaydah:  ne  fu  poi  anzi 
per  brevissimo  tempo  anche  successore,  e  se  fosse  sopravvissuto  lungamente 
alla  pestilenza  del  18.  H.  sarebbe,  mi  par  certo,  salito  al  potere  invece 
del  li'atello  Mu'àwiyah  e,  forse,  miglior  capitano  di  questo  avrebbe  potuto 
imprimere  un  indirizzo  diverso  ai  grandi  avvenimenti.  —  È  degno  di  nota 
che  la  tradizione  lo  ricordi  come  «  il  migliore  »  dei  figli  di  abù  Sufyàn,  e 
quale  Yazid  al-Khayr,  o  Yazid  il  Buono,  come  diremmo  noi. 


140. 


19.  a.  H. 


S  Gennaio  -  20  Dicembre   640 


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3 


142. 


19.  a.  H. 


PERSIA.  —  Eventi  dell'anno  19.  H.  lungo  11  confine  persiano. 

§  1.  —  Le  notizie  sulle  vicende  della  guerra  contro  i  Persiani,  le  quali, 
secondo  le  nostre  fonti,  appartengono  specificamente  all'anno  19.  H.,  sono 
ben  poche  e  per  lo  più  varianti  di  altri  dati  cronologici,  e  quindi  per  la 
massima  parte,  probabilmente,  indicazioni  erronee.  Della  presa  di  Hulwàn 
altre  fonti  hanno  parlato  sotto  l'anno  16.  H.  (cfr.  16.  a.  H.,  §  219),  e  tutto 
porta  a  credere  che  detta  occupazione  seguisse  ben  presto  la  rotta  di  Gra- 
lùlà',  perchè  la  posizione  araba  al  confine  rimaneva  molto  precaria  se  una 
città  come  Hulwàn,  posta  ai  piedi  dei  monti,  in  sito  assai  felice  e  ben  for- 
tificata, continuava  ad  essere  in  mano  dei  Persiani. 

La  presa  di  Isbahàn,  riferita  da  al-Dzahabi  (cfi*.  §  3),  non  merita  mag- 
gior fiducia,  essendo  probabilmente  un  dato  cronologico  della  scuola  iraqense, 
la  quale,  come  al  solito,  per  la  conquista  dell'altipiano  iranico  ha  tvitta  la 
cronologia  errata. 

L'anno  19.  H.,  tranne  forse  qualche  fatto  d'arme  a  mezzodì,  nel  Khù- 
zistàn,  e  nel  settentrione  verso  la  Mesopotamia,  fu  periodo  di  requie  lungo 
il  confine  persiano. 

La  cronologia  dell' incm-sione  araba  nell'altipiano  iranico,  che  abbiamo 
messa  più  avanti  sotto  la  presente  annata  (cfr.  §§  6  e  segg.),  sebbene  in- 
certa, può  ritenersi  di  approssimativa  probabilità.  Il  valore  storico  della 
spedizione  non  è  grande,  perchè  gli  Arabi  pare  non  facessero  rilevante  pro- 
gresso in  Persia  :  i  Persiani  difesero  a  palmo  a  palmo,  con  gloriosa  tenacia, 
la  culla  della  loro  razza  e  della  loro  dinastia  nazionale.  L'importanza  forse 
maggiore  della  detta  incursione  risiede  nel  fatto  più  degno  di  nota,  che 
l'avventura  araba  in  Persia  fu  conseguenza  di  altri   avvenimenti   nell'  in- 

143. 


§§  1,  2.  19.  a.  H. 

19-  a-  H.  terno  della  penisola  arabica.  Abbiamo  cioè  la  prova  indiretta  che  solo  ora  i 

dell'anno  19.^h'.  ^lusulmani  t'ossero  riusciti  a  domare,  almeno  in  apparenza,  le  tribù  dello 
lungo  il  confine  estremo  angolo"  orientale  della  penisola  arabica.  Non  voglio  dire  con  questo 
'^  '  '  che  tutta  l'Arabia  orientale,  ossia  il  Bahrayn,  T'Umiln  e  la  Mahrah,  avesse 

interamente  accettato  il  dominio  islamico.  Dobbiamo  rammentare  che  quel 
paese  immenso,  assai  scarsamente  popolato,  non  fu  mai  forse  regolarmente 
sottomesso  al  govei-no  di  Madinah  ed  all'Isiàm  ufficiale;  ma  i  Califfi  lo  la- 
sci^irono  in  pace,  sinché  le  tribù  nomadi  non  davano  noia  al  governo.  È 
assai  dul)bio  se,  come,  e  quanto  la  nuova  fede  penetrasse  in  quella  remota 
regione,  che  anche  più  tardi  non  fu  mai  ortodossa,  ma  ognora  scismatica, 
insofferente  di  ogni  disciplina,  e  religiosa  e  politica,  che  venisse  dal  di  fuori. 
Per  il  momento  basta  insistere  sul  fatto  che  ora  solamente  quelle  difficoltà 
militari  e  politiche,  generate  dalla  rivoluzione  arabica  dell'  11.  e  del  12.  H., 
furono  appianate  —  forse  in  modo  provvisorio  e  superficiale  — ,  e  che  perciò 
soltanto  ora  il  comandante  militare  musulmano  della  regione,  desideroso 
di  carpire  allori  più  gloriosi  e  più  copiosi  bottini,  si  slanciasse,  di  propria 
iniziativa  e  sulla  propria  responsabilità,  in  un'  avventura  persiana.  Egli 
scelse  la  via  del  mare  per  rimanere  indipendente  dal  suo  collega 'in  al- 
Basrah,  e  possibilmente  per  strappargli  qualche  conquista,  prima  che  le 
armi  dell'esercito  basrense  avessero  vittoriosamente  sottomessa  tutta  la 
costa  settentrionale  del  Golfo  Persico. 

L' incidente  ha  altresì  il  suo  valore  per  dimostrare  come  i  capitani  e  i 
luogotenenti  arabi  fossero  di  fatto  indipendenti  dal  Califfo,  e  potessero  im- 
punemente allestire  spedizioni  »nilitari  senza  bisogno  di  alcun  preventivo 
permesso.  La  spedizione  dell'Egitto  si  svolse  nello  stesso  modo  (cfr.  18.  a.  H., 
§  176).  Occorse  molto  tèmpo  prima  che  l'autorità  del  Califfo  potesse  effet- 
tivamente imbrigliare  l'attività  e  l'ai'bitrio  dei  luogotenenti,  e  quando  questo 
avvenne  fu  di  brevissima  durata:  già  sotto  gli  ultimi  Umayyadi,  nelle  pi-o- 
vincie  più  lontane,  i  governatori  sotto  molti  rispetti  erano  i  soli  veri  padroni. 

PERSIA.  —  Conquista  di  Hulwàn. 

§  2.  —  (al-Balàdzui-i,  senza  isnàd).  Quando  i  Musulmani  ebbero  ter- 
minata la  faccenda  di  (lalùlà-,  Hàsim  b.  'Utbah  b.  abi  Waqqàs  aggiunse 
un  piccolo  corpo  di  cavalleria  (alla  schiera  di)  Grarir  b.  'Abdallah  al-Ba- 
gali  e  ordinò  a  questo  di  munire  Galùlà",  affinchè-  si  trovasse  (come  posto 
di  frontiera  fortificato)  tra  i  Musulmani  ed  i  loro  nemici.  Più  tardi  (nel 
19.  H.)  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  vi  mandò  altri  3000  Musulmani,  e  diede  ordine 
a  Grarir  di  avanzare  su  Hulwàn  con  tutte  le  sue  forze.  All'avvicinarsi  degli 
Arabi  il  re  Yazdagird  fuggì  a  Isbahàn  (^),  e  Hulwàn  si  arrese  a  patti  (sulh"") 

144. 


19.  a.  H. 


§§  2-5. 


affli  invasori:  i  vincitori  non  dovevano  molestare  ffli  abitanti  e  si  obbliga-  ^9-  ^-  ^^ 

°  .      ,        ,       .  ,,        .  •  ,      •  -,  [PERSIA.  -  Con- 

vano a  garantire  loro  la  sicurezza  nella  vita  e  nei  beni:  quanti  volevano        quista  di   Hui- 

fiiggire  potevan  farlo  senza  essere  molestati.  wan.] 

In  Hulwàn  Garìr  lasciò  (^)  una  parte  delle  sue  forze  con  'Azrah  b.  Qays 
b.  Ghaziyyah  al-Bagali,  e  mosse  poi  contro  al-Dinawar,  che  però  non 
espugnò:  sottomise  invece  Qarmàsin  alle  stesse  condizioni  di  Hulwàn,  dove 
quindi  fece  ritorno,  e  rimase  come  governatore  finché  'Ammàr  b.  Yàsir  di- 
venne luogotenente  in  al-Kùfah  (nel  21.  H.).  Allora  ricevette  una  lettera 
di  'Ammàr,  che  lo  informava  dover  egli,  per  ordine  del  Califfo  'limar,  recarsi 
a  cooperare  con  abù  Musa  al-As'ari  (dinanzi  Tustar).  Grarir  lasciò  'Azrah 
b.  Qays  in  Hulwàn  e  andò  ad  unirsi  con  abù  Musa:  questo  accadeva  nel 
19.  H.  (3)  (Bai àdz uri,   301-302). 

Nota.  1.  —  Da  un  altro  passo  di  alBalàdzuri  (302,  lin.  7)  sappiamo  che  la  fuga  di  Tazdagird  da 
Hulwàn  avvenne  nel  19.  H. 

Nota.  2.  —  In  Hulwàn,  afferma  al-Wàqidi,  si  stabilirono  alcuni  membri  della  famiglia  di  Garir 
b.  'Abdallab  al-Bagali  e  vi  ebbero  discendenti  (Balàdzuri,  302i. 

Nota  3.  —  Vedremo  più  avanti  che  questi  fatti  vanno  posti  nell'annata  21.  H.  quando  abu  Miisa, 
con  l'aiuto  delle  schiere  di  al-Kùfah,  sottomise  Tustar. 

PERSIA.  —  Presa  di  Isbahàn. 

§  3.  —  (al-Dzahabi).  Nell'anno  19.  H.  avvenne  la  battaglia  di  Isbahàn 
nell'Ard  Fàris,  nel  mese  di  Dzù-l-Hió-J-ah,  ed  i  Musulmani  erano  coman- 
dati  da  al-Hakam  b.  abi-l-'As.  Sahrak,  il  comandante  dei  Persiani,  rimase 
ucciso  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   132,r.). 

La  notizia  è  errata:  la  presa  di  Isbahàn  va  messa  dopo  la  grande 
vittoria  araba  di  Nihàwand  nel  21.  H.  —  al-Dzahabi  in  questo  passo  con- 
fonde la  conquista  del  Fàris  e  la  presa  di  Isbahàn  con  la  spedizione  fatta 
dal  Bahrayn,  di  cui  parliamo  più  avanti. 

IRAQ-PERSIA.  —  Notizie  varie. 

§  4.  —  al-Dzahabi  riferisce  che  nell'anno  19.  H.,  secondo  alcuni,  si 
svolsero  i  seguenti  fatti: 

1°  i  Greci  fecero  prigioniero  'Abdallah  b.  abi  Hudzàfah    al-Sahmi  ; 
2^  fu  espugnata  Takrìt  ; 

3°  fu  vinta  la  battaglia  di  Galùlà-,  l'ultima  battaglia  vinta  nell'al- 

'Agm  o  Fàris  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.  132,r.)  (cfr.  16.  a.  H.,  §§  140,  141). 

Queste   notizie    sono  cronologicamente  errate  ed  al-Dzahabi  confonde 

in.sieme  la  battaglia  di  Galùlà-,  vinta  nel   16.  H.,  e  quella  di   Nihàwand, 

vinta  nel  21.  H. 

§  5.  —  (a)  (Teofane).  Nel  trentesimo  anno  di  Eraclio,  ossia  6131  del' 
Mondo  (18.  H.),  gli  Arabi  invasero  la  Persia,  inflissero  una  grande  disfatta 

1-15.  19 


§§  6,  tì.  19*    ^'    "• 

19-  a.  H.  ai   Persiani  e  sottomisero  tutta  la  Persia.  11  re  persiano  Hormisdas  (Hur- 

w„.iJi<.  „=ri»i  muz)  t'uscì  verso  l'interno  della  Persia.  Nelle  mani  dei  vincitori  cadde  la 
liglia  del  re  KhusraAv.  la  (juale  fu  mandata  con  tutte  le  supellettili  reali 
ail  'Uniar. 

(b)  In  questo  stesso  anno  'Umar  fece  fare  un  censimento  di  tutto  il  paese 
da  lui  dominato,  degli  uomini,  degli  animali  e  delle  piante  (?  le  palme  (poKòv) 
(Theophanos,  622:  id.,  ed.  De  Boor,  I,  341;  Cedrenus,  752). 

(e)  11  cronista  bizantino  allude,  nel  primo  a  capo,  alla  battaglia  di 
Nihàwand,  che,  noi  vedremo,  tu  combattuta  due  anni  più  tardi,  nel  21.  H. 

(d)  Importantissima  è  la  seconda  notizia,  la  quale  starebbe  a  provare 
come  in  seguito  al  convegno  di  al-Gàbiyah,  e,  passata  la  terribile  sciagura 
della  peste,  il  governo  di  Madìnah  lacesse  una  verifica  generale  di  tutti  i 
vari  elementi  e  cespiti  dello  Stato  con  scopi  fiscali.  La  notizia,  se  autentica 
e  sicura,  è  una  prova  come  a  Madìnah  si  fosse  ancora  molto  al  buio  sulla 
entità  delle  risorse  fiscali  dell'  impero  novellamente  conquistato,  onde  pen- 
sassero ad  organizzare  metodicamente  la  riscossione  delle  imposte.  Non  dob- 
biamo però  illuderci  molto  sulla  correttezza  dell'informazione,  e,  data  la 
scorrettezza  cronologica  dello  scrittore  bizantino,  potrebbe  essere  una  con- 
fusione con  il  catasto  ordinato  molti  anni  dopo  dal  Califfo  Mu'àwij^ah. 

PERSIA-ARABIA.  —  Incursioni  arabe  nell'altipiano  iranico. 

§  6.  —  L'episodio  che  segue,  narrato  con  vari  particolari,  in  parte 
contradicentisi,  dalle  fonti  nostre,  non  ha  militarmente  una  grande  impor- 
tanza, perchè  ninna  influenza  diretta  ebbe  sulle  vicende  successive  della 
espansione  conquistatrice'  degli  Arabi.  Grande,  anzi  gi-andissimo  è  il  suo 
pregio  per  alzare  il  velo  sulle  vere  condizioni  interne  dello  Stato  islamico, 
che  si  reggeva  ancora  con  sistemi  primitivi  e  non  aveva  alcuna  vera  in- 
tima coesione  amministrativa  nelle  sue  parti.  Abbiamo  cioè  un  altro  caso 
tipico  della  insubordinazione  ed  indipendenza  dei  capitani  islamici  nei  loro 
rapporti  con  il  Califfo.  Invece  di  essere  luogotenenti  che  tremavano  obbe- 
dienti dinanzi  all'autorità  suprema  di  Umar,  i  generali  arabi  erano  tutti 
arditi  capitani  di  ventui-a  che  si  lanciavano  in  imprese  di  vario  genere;  e 
la  sanzione  del  governo  centrale  veniva  soltanto  in  fine  a  raccogliere  i  frutti 
dell'opera  compiuta,  conglobando  tutto  nella  comunità  islamica. 

Noi  abbiamo  già  svolto  questo  concetto  nell' interpretare  le  tradizioni 
sulla  conquista  araba,  dalla  spedizione  di  Khàlid  b.  al-Walìd,  da  al-HLrah 
in  Siria,  sino  agli  eventi  drammatici  che  precedettero  la  grande  battaglia 
sulle  rive  del  Yarmùk,  e  con  tale  concetto  noi  trovammo  la  logica  spie- 
gazione di  molti  oscuri  episodi  della  campagna  sii'ia,  tra  cui  la  così  detta 

146. 


19.  a.  H. 


6,7. 


iranico. 


deposizione  di  Klialid  b.  al-Walìd.  L'episodio  dell'incursione  nel  Fàris  di  ^9.  a.  h. 

'Uthmàn  b.  abì-l-'As,  ci  dimostra  una  spedizione  fatta  all' insaputa  e  con-  -incursioni  ara- 
trariamente  ai  desideri  ed  ai  propositi  del  Califfo.  Lo  stesso  fatto  si  è  ri-  be  nell'altipiano 
presentato,  nelle  sue  più  spiccate  caratteristiche,  nelle  circostanze  che  pre- 
cedettero la  spedizione  di  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto,  altra  spedizione  pur 
essa  ideata  ed  eseguita  all'insaputa  e  contrariamente  alla  volontà  di  'Umar. 
Mentre  pei'ò  la  incursione  di  'Uthmàn  b.  abì-l-'As  fu  un  insuccesso  mili- 
tare, la  spedizione  egiziana  riuscì  un  grande  trionfo:  la  priroa  fu  perciò 
rinnegata,  la  seconda  sanzionata  da  Umar;  il  quale  per  non  avere  guai 
maggiori  fece  quello  che  fu  possibile  per  salvare  il  proprio  prestigio  per- 
sonale, l'autorità  del  Califfo  ed  il  bene  dell'impero. 

Vediamo  perciò  come  il  vero  carattere  fondamentale  delle  conquiste 
sia  ben  diverso  da  quello  che  la  tradizione  ortodossa  ha  voluto  che  sem- 
brasse ai  posteri.  L'accorto  Califfo  seguì,  non  guidò  i  suoi  focosi  capitani,  e 
ingoiò  certo  qualche  pillola  amara  per  salvare  le  apparenze  e  l'unità  del 
novello  Stato. 

§  7.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd)  (^).  al-'Alà  b.  al-Hadrami,  gover- 
natore del  Bahrayn,  a  nome  del  Califfo  'Umar,  mandò  Harthamah  b.  'Ar- 
fagah  al  Bàriqi,  degli  Azd,  a  conquistare  un'isola  (Abarkawàn?)  nel  Golfo 
Persico,  prossima  alle  rive  del  Fàris.  L'isola  fu  conquistata  (ma  poi  abban- 
donata, perchè)  'Umar  scrisse  ad  al-'Alà  di  mandare  Hartjaamah  (con  le 
sue  genti)  ad  aiutare  'Utbah  b.  Farqad  al-Sulami  (che  nel  19.-20.  a.  H. 
accingevasi  alla  conquista  di  ai-Ma wsil  :  cfr.  nota   1). 

Di  poi  'Umar  nominò  'Uthmàn  b.  abi-l-'As  al-Thaqafì  governatore  del 
Bahrayn  e  dell'  'Umàn,  ed  allorché  egli  ebbe  completamente  sottomessi 
questi  due  paesi,  e  definitivamente  ridottili  all'obbedienza  (■),  mandò  suo 
ft-atello  al-Hakam  b.  abi-l-'As  con  una  flotta  (fi-1-bahr)  nel  Fàris,  dan- 
dogli anche  un  numeroso  esercito  composto  di  milizie  degli  'Abd  al-Qays, 
degli  Azd  ('Umàn),  dei  Tamim,  dei  banù  Nàgiyah  e  di  altre  tribù  ('^j.  al- 
Hakam  conquistò  l'isola  di  Abarkawàn  (?  Tarkawàn  o  Barkawàn?,  comu- 
nemente detta  dei  banù  Kawàn;  cfr.  Balàdzuri,  386,  nota  d),  e  poi 
espugnò  Tawwag  (o  Tawwaz,  presso  Kàzarùn;  cfr.  Barbier  de  Maynard, 
1-42-143),  che  appartiene  al  territorio  (min  arci)  di  Ardasir  Khurrah  (Su 
questo  grande  e  popoloso  cantone  del  Fàris,  vedansi  le  notizie  raccolte  da 
Barbier  de  Ma3'nard,  23),  nome  che  tradotto  in  arabo  significa  Balia 
Ai-dasìi-  (ossia  lo  splendore  di  Ardasir)  (Balàdzuri,  386). 

Nota  1.  —  La  cronologia  di  questa  tradizione  presenta  diverse  difficoltà,  perchè,  come  sappiamo, 
regna  molta  incertezza  sulla  durata  del  governo  di  al-'Alà  nel  Bahraj-n  (cfr.  Balàdzuri,  81,  lin.  14). 
Non  è  certo  cioè  se  al-'Alà  governasse  dal  13.  H.  fino  al  20.  H.,  anno  della  sua  rùorte,  o  se  già  prima  di 
questa  data  gli  succedesse  abù  Hurayrah.  Altre  fonti  (abu  Mlkhnafi  narrano  che  'Umar  deponesse  al-'Alà 

147. 


§§  7-9.  !''•    ^'    "' 

19.  a.  H.  e  gli  desse  come  successore 'Uthmàn  b.  abi-l-'As:  quindi  mandasse  al-'Alà  come  governatore  ad  al-Basrah 

[PERSIA-ARABIA.  per  prendere  il  posto  di  'Utbah  li.  fìliazwàn,  ma  che  al-'Alà  morisse  prima  di  giungervi  vale  a  dire  tra 
-  Incursioni  ara-  gli  ultimi  del  14.  H.  od  i  primi  giorni  del  15.  H.  Secondo  la  stessa  tonte,  'Ullimiìn  tu  poi  deposto  e 
be  nell'altipiano  sostituito  du  Qudnmah  b.  Maz'fin  al-(;umalii,  il  quale  tu  a  sua  volta  deposto  anche  lui,  per  eccessi  do- 
iranico.!  vuti  a  soverchie  libazioni  di  vino.  'IJthmàu  b.  abi-l-'As  era  ancora  governatore  quando  morì  'Uraar  nel 

23.  H.  (Balàdzuri,  81-82i.  Sa]>piamo  d'altra  pai-te  che  'Utbah  b.  Farqad  aveva  terminatala  conquista 
di  al-Mawsil  e  dintorni  nell'anno  '20.  H.  (cfr.  Balàdzuri,  831,  lin.  15  e  segg.),  sicché  è  da  presumersi 
che  l' invio  di  'Arfagah  b.  Harthamah,  a  cui  si  allude  nella  presente  tradizione,  debba  essere  avvenuto 
tra  il  18.  ed  il  19.  H.  In  una  seguente  tradizione  vedremo  indicato  che  la  conquista  di  Tawwag  per 
opera  di  al-IIakam  b.  abi-l-'As  era  già  compiuta  nell'anno  19.  II.  Benché  non  sia  possibile  accordare  ed 
appianare  tanti  ragguagli  contradittori,  dacché  non  abbiamo  argomenti  per  provare  la  maggiore  validità 
di  una  notizia  o  dell'altra,  esaminando  attentamente  le  precedenti  indicazioni,  mi  par  si  possa  conclu- 
dere con  relativa  probabilità,  che  gli  eventi  narrati  nella  presente  tradizione  devono  appartenere  al 
periodo  immediatamente  anteriore  al  19.  IT.  —Nelle  fonti  v' é  sovente  l'errore  'Uthmàn  b.  al-'As  invece 
di  'Utlimàn  b.  abi-l-'As. 

Nota  2.  —  Il  testo  è  chiaro  ed  esplicito  nell'affermare  che  ora  soltanto  i  Musulmani  ebbero  defi- 
nitivamente sottomesso  e  pacificato  il  Bahrayn  e  V  'Umàn.  E  bene  perciò  richiamare  a  questo  proposito 
quanto  si  disse  altrove  (cfr.  12.  a,  H.,  §§  38  e  segg.)  sulle  notizie  della  Riddah  in  codesti  due  paesi, 
notizie  dalle  quali  desumemmo  che  la  conquista  delle  due  predette  regioni  d'Arabia  non  potè  essere 
compiuta  prima  del  14-15.  H.  Se  ora  si  accetta  la  notizia  che  al-'Alà  mori  nel  15.  H.  (ctr.  Balàdzuri,  81, 
ult.  lin.  e  segg.;  Aìiiiali,  14.  a.  IL.  §§  '2'2(d  e  segg.,  2501,  avremmo  la  conquista  definitiva  del  Bahrayn  e  del- 
l' Umàn  soltanto  dopo  il  15.  H.,  e  perfino  dopo  la  conquista  di  quasi  tutta  la  Siria  e  di  tutto  il  Sawàd.  Ecco 
qui  dunque  una  novella  ed  importante  conferma  del  fatto  singolare  da  noi  già  esposto  altrove  (cfr.  12.  a.  H., 
§§  104  e  segg.),  che  gli  Arabi  musulmani  si  accinsero  alle  conquiste  fuori  d'Arabia  prima  ancora  che 
tutta  la  loro  patria  avesse  l'iconosciuto  il  nuovo  ordine  di  cose.  Possiamo  aggiungere  che  la  con- 
cordanza di  questi  fatti  ci  costringe  a  ritenere  erronea  la  notizia  data  da  al-Balàdzuri  (81,  lin.  16),  che 
al-'Alà  morisse  come  governatore  del  Bahrayn  nel  20.  H.,  perchè  allora  dovremmo  rimettere  la  sotto- 
missione di  quella  regione  a  dopo  il  20.  H.  il  che  ci  pare,  per  dire  il  meno,  assai  inverosimile.  La 
pacificazione  definitiva   del  Bahrayn   e   dell'  'Umàn  divenne  un  fatto  compiuto,  tra  il  15.  ed  il  18.  H. 

Nota  3.  —  Questo  è  un  eufemismo  di  tempi  posteriori,  quando  tutto  si  volle  interpretare  come 
una  manifestazione  dell'autorità  del  Califfo  'Umar,  senza  il  permesso  e  l'ordine  del  quale  nulla  si  sarebbe 
fatto  in  tutto  l'impero.  La  verità  è  quella  che  traluce  dal  paragrafo  seguente:  le  tribù  accompagnarono 
il  comandante  musulmano  in  cerca  di  nuove  terre  e  di  nuovi  pascoli,  per  propria  iniziativa,  cacciati  dal 
loro  paese  dalle  note  ragioni  d'inaridimento  progressivo  della  penisola. 

§  8.  —  (abu  Mikhnaf).  'Uthinàn  b.  abi-l-'As  varcò  egli  stesso  il  Grolfo 
Persico,  occupò  Tawwag  e  vi  fondò  varie  moschee,  riducendo  la  città  a 
dimora  per  i  Musulmani:  ivi  egli  stabili  varie  tribù  arabe,  'Abd  al-Qays  (^) 
ed  altri.  Da  Tawwag  fece  varie  incursioni  contro  Arragàn  (secondo  la 
pronunzia  persiana  Arghàn:  cfi-.  Barbier  de  Maynard,  18-20)  che 
confina  con  Tawwag,  e  poi  ritornò  nell'  'Umàn  e  nel  Bahrayn,  avendo  rice- 
vuto una  lettera  del  Califfo  'Umar,  che  gii  ordinava  di  ritornare.  Partendo 
egli  lasciò  suo  fi-atello  al-Hakam  b.  abì-l-'As  come  governatore  della  re- 
gione conquistata  (Balàdzuri,  386). 

Nota  1.  —  Ecco  una  delle  prime  notizie  sulla  migrazione  di  tribù  arabe  dopo  la  comparsa  del- 
l'Isiàm: ciò  dimostra  quanto  presto  questa  avesse  principio,  perchè  la  Persia  era  lontana  e  la  regione 
qui  indicata  era  esposta  ad  assalti  nemici.  —  Se  tribù  venivano  sin  qui,  è  certo  che  altri  siti  più  vi- 
cini, più  ameni  e  meno  esposti  al  nemico,  fossero  già  popolati  di  emigranti  arabi  in  cerca  di  avven- 
ture e  di  fortuna.  —  Non  é  inutile  ricordare  che  molti  'Abd  al-Qays  erano  immigrati  in  Persia  già  ai 
tempi  dei  Sassanidi  (cfr.  12.  a.  H.,  §  134). 

§  9.  —  Altri  tradizionisti,  dice  al-Balàdzuri,  affermano  che  al-Hakam 
b.  abi-l-'As  espugnasse  Tawwag  e  vi  stabilisse  le  varie  tribù  arabe,  'Abd 
al-Qays  ed  altre,  nell'anno  19.  H.  (Balàdzuri,  386). 

148. 


19.  a.  H. 


§§  10,  11. 


§  10.  —  ral-Balàdzuri.  senza  isnàd).  Quando  ebbe  notizia  dell'inva- 
sione araba  e  del  grande  valore  dei  guerrieri  musulmani,  Sakrak,  mar- 
za b  a  n  del  Fàris.  allestì  un  grande  e  poderoso  esercito  e  mosse  contro 
al-Hakam  b.  abi-l-'As,  giungendo  fino  a  Ràsaki-  (Bakri,  I,  352.  Comune- 
mente pronunziasi  il  nome  Risihr,  da  Eiw  Ardaslr?  Cfr.  Barbier  de 
Maynad,  270-272),  nel  territorio  di  Sàbùr  (Ard  Sàbùr)  nelle  vicinanze 
di  TaAvwag.  Qui  s' imbattè  nell'esercito  di  al-Hakam,  l'avanguardia  del 
quale  era  comandata  da  Sawwàr  b.  Human  al-'Abdi.  Ne  seguì  un  combat- 
timento sanguinosissimo.  Il  generale  persiano  aveva  alle  sue  spalle  una 
valle  (per  la  quale,  in  caso  di  disfatta,  avrebbero  dovuto  fuggire  i  suoi),  ed 
in  essa  laveva  stabilita  una  schiera  di  lanciatori  di  dardi,  che  dovevano 
uccidere  senza  pietà  chiunque  avessero  visto  fuggire.  Durante  la  battaglia 
comparve  infatti  fuggendo  uno  dei  più  prodi  guerrieri  persiani,  e  gii  ar- 
cieri, conformemente  agii  ordini,  si  accingevano  a  crivellarlo  di  dardi,  ma 
egli  li  pregò  di  sostare  un  momento:  «  Noi  combattiamo  »,  egli  disse,  «  contro 
«  una  gente  specialmente  protetta  da  Dio  ».  Dicendo  questo  ptese  di  mira 
una  pietra  con  l'arco,  e  la  freccia  da  lui  scagliata,  spaccò  la  pietra  in  due: 
«  Orbene  »,  esclamò  il  persiano,  questa  medesima  fi-eccia,  che  ha  spaccata 
«  la  pietra,  non  è  capace  nemmeno  di  graffiare  uno  dei  nostri  nemici!  ». 
Gli  arcieri  non  vollero  udire  queste  spiegazioni  e  gii  risposero:  «  Tu  devi 
«  morire!  ».  Mentre  però  discutevano,  ecco  sopra,ggiungere  la  notizia  che 
Sahi'ak,  il  marzubàn,  era  stato  ucciso  (ed  allora  fuggirono  anche  gli 
ai'cieri  della  valle).  Sawwàr  b.  Human  al-'Abdi,  comandante  dell'avan- 
guardia musulmana,  si  era  infatti  slanciato  contro  Sahrak,  e  lo  aveva  get- 
tato in  terra,  trafiggendolo  con  la  lancia,  poi  lo  aveva  finito  con  la  spada: 
sopraggiunse  però  il  figlio  di  Sahrak,  che  piombò  su  Sawwàr  ed  a  sua 
volta  uccise  lui.  I  Musulmani  vinsero  alfine  la  battaglia,  ma  fu  una  delle 
più  diffìcili  e  sanguinose,  simile  a  quella  di  al-Qàdisiyj-ah.  Dopo  la  mischia 
fu  espugnata  Ràsahr.  Allora  Amr  b.  al-Ahtam  al-Tamimi  si  recò  presso  il 
Califfo  'limar  per  annunziargli  la  vittoria  e  la  morte  gloriosa  di  Sawwàr. 

Secondo  gii  abitanti  di  Tawwag,  questa  città  divenne  sede  di  milizie 
musulmane  (m  u  s  s  i  r  a  t)  soltanto  dopo  la  vittoria  di  Ràsahr  e  la  morte 
di  Sahrak  fBalàdzuri,  386-387). 

§  11.  —  Abbiamo  anche  altre  notizie  sulle  gesta  dei  Musulmani  nel 
Fàris,  ma  la  data  precisa  dei  singoli  avvenimenti  non  è  menzionata:  solo 
ci  consta  che  seguissero  tra  la  presa  di  Tawwag  (19.  a.  H.?)  e  la  morte 
di  'limar,  nel  23.  a.  H.  Le  diamo  qui  tutte  insieme. 

(a)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'limar  b.  al-Khattàb  scrisse 
ad  'Uthmàn  b.  abi-1-' As  (governatore  del  Bahrayn   e    dell'  '  Qmàn)    d' inva- 


19.  a.  H. 
[PERSIA-ARABIA. 
-  Incursioni  ara- 
be nell'altipiano 
iranico.] 


149. 


iranico. 


§§  11-14.  *^'    ^*    **• 

19.  a.  H.  dove  il  Fàris:    'Uthman  lasciò  alk)ia  suo  fratello  al-Mughirah"  b.  abì-l-'As, 

[PERSIA-ARABIA.  i         7^    •      tt    ■•      i  i  -  l  -T  l  \  x      •        *        i.- 

-  Incursioni  ara-  '>plHire,  secondo  altri,  Mais  b.  abi-l-As,  come  suo  luogotenente  iii  Arabia, 
be  nell'altipiano  giunse  fino  a  Tawwag,  vi  stabilì  la  sua  sede,  ed  intraprese  da  lì  varie 
spedizioni  nei  dintorni,  ritornando  a  Tawwag  dopo  ognuna  delle  mede- 
sime (Baladzuri,  387).  —  Questa  tradizione  è  evidentemente  un'altra 
versione  dei  fatti  luiirati  nel  paragrafo  precedente. 

(6)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'limar  scrisse  ad  abù  Musa 
al-As'ari  (governatore  di  al-Basrali)  di  porgere  soccorsi  ad  'Uchmàn  b. 
abi-l-'5.s,  sicché  abù  Musa  allestì  ora  varie  spedizioni  entro  il  Fàris  da  al- 
Basrah,  ma  ritornò  sempre  nella  propria  città  dopo  ognuna  delle  mede- 
sime (ossia  non  unì  mai  le  sue  forze  a  quelle  di  'Utlimàn  in  Tawwag) 
(Baladzuri,  387). 

(e)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  'Uthmàn  b.  abi-l-'Às  mandò  Harim 
b.  Hayyàn  al-'Abdi  contro  una  fortezza  detta  Sabìr(?),  che  fu  presa  d'as- 
salto dopo  un  assedio  e  superando  la  viva  resistenza  degli  abitanti.  Al- 
cuni dicono  che  Harim  espugnasse  (invece)  la  fortezza  di  Satùg  (?),  pren- 
dendola d'assalto  (Baladzuri,  387-388). 

{(l)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  'Utjimàn  b.  abi-l-'As  mosse  contro 
Grirrah  (?)  nel  distretto  di  Sàbùr,  e  la  sottomise  insieme  con  il  suo  terri- 
torio: gii  abitanti  fecero  prima  resistenza,  ma  poi  vennero  a  patti  e  con- 
clusero un  trattato,  secondo  il  quale  si  obbligavano  a  pagare  la  g  i  z  y  a  h 
ed  il  kharàg,  e  a  dare  buoni  consigli  ai  Musulmani.  Di  poi  'UtJimàn 
conquistò  Kàzarùn,  pure  nel  distretto  di  Sàbùr  (Baladzuri,   388). 

§  12.  — --  Secondo  Sayf  b.  'Umar,  nell'anno  17.  H.  gii  Arabi  del  Bah- 
rayn  tentarono  l'invasione  e  la  conquista  del  Fàris  (T  abari,  I,  2546, 
lin.  8-9). 

Cfr.  Yàqùt,  I,  509,  lin.   13  e  segg. 

§  13.  —  al-Dzahabi  narra  la  presa  di  Tawwag  (nel  Ms.  :  Bawwag)  e 
la  spedizione  di  'UtJimàn  b.  abì-l-'As  nel  21.  a.  H.  A  Sàbùr,  egli  dice,  fu 
ucciso  Sawwàr  b.  al-Mut_hanna  al-'Abdi:  'Uthmàn  devastò  il  Sif  al-Bahr  e 
l'al-Sawàhil  (ossia  le  coste  persiane  del  Golfo  Persico).  al-Gràrùd  b.  al- 
Mu'alla  fu  mandato  contro  il  nemico  e  rimase  ucciso  (Dzahabi  Paris, 
I,  fol.   ]36,r.). 

§  14.  —  (abù  Hanifah  al-Dinawari\  Di  poi  ii  Califfo  'Umar  nominò 
'Utjjmàn  b.  abi-l-'As  governatore  del  Bahraj^n;  il  quale,  saputa  la  presa  di 
al-Ahwàz,  partì  con  la  gente  che  aveva  e  fece  un'incursione  devastatrice 
nel  Fàris,  giungendo  fino  a  Tawwag,  che  egli  ridusse  a  suo  centro  d'ope- 
razioni, o  Dar  al-Higrah:  ivi  costruì  anche  una  moschea  congregazionale. 
Da  questo  punto  egli  mosse  guerra  alla  gente  di  Ardasìr,  finché  ebbe  sot- 


150. 


19.  a.  H.  §§  14, 15. 

tomessa  una  parte  del  loro  territorio:   sottomise    del    pari    una    parte    del  19-  a-  h. 

^.,     .    o-,  -         1    1    T^i-i    T.    11  j-      A  '-         r.  j.-  .■  '  [PERSIA-ARABIA. 

Bilàd  Sabur,  del  Bilad  Istakhr  e  di  AiTagan.  Con  questi  eventi  passo  un        .  incursioni  ara- 
anno  intiero,  e  poi,  lasciato   suo    fi-atello    al-Hakam    b.    abi-l-'As   sopra    la        ^^  nell'altipiano 

„  .,  -.r     T-       1  '  iranico.) 

gente,  fece  ritorno  a  Madmah. 

Allora  il  marzubàn  del  Fàris  riunì  un  esercito  molto  numeroso  e 
mosse  contro  al-Hakam,  il  quale  lo  assalì,  lo  vinse  e  lo  uccise.  Il  mar- 
zubàn ucciso  aveva  nome  Subrak  (cfi-.  Balàdzuri,  386,  dove  abbiamo 
Sahrak).  Dopo  questo  fatto  d'arme  seguì  la  vittoria  di  NihàAvand  nel  21.  H. 
(Hanifah,   140-141). 

§  15.  —  (Saj^f  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  Secondo  i  patti 
del  trattato  concluso  fra  Utbali  b.  Ghazwàn  ed  il  persiano  al-Hurmuzàn, 
il  dominio  musulmano  si  estendeva  ora  sopra  una  grande  parte  del  terri- 
torio di  al-Aliwàz,  ed  il  governatore  di  al-Basrali  incassava  anche  la  tassa 
fondiaria  riscossa  dalle  città  appartenenti  ad  al-Hurmuzàn,  benché  le  milizie 
musulmane  non  vi  avessero  messo  il  piede.  Il  Califfo  'Umar  ebbe  ora  a 
dichiarare  che  non  desiderava  ulteriori  conquiste,  e  che  avrebbe  amato 
che  fra  le  sue  nuove  provinole  nell'  'Iraq  ed  il  resto  della  Persia  potesse 
sorgere  una  montagna  di  ftioco,  che  impedisse  tanto  ai  Persiani  di  venirlo 
a  molestare,  quanto  agli  Arabi  d'invadere  il  paese  nemico  (cfr.  16.  a.  H., 
§  220).  Questo  desiderio  del  Califfo  non  corrispondeva  però  ai  sentimenti 
dei  suoi  luogotenenti,  gelosi  fra  loro  dei  felici  successi  Tuno  dell'altro. 

al-' Ala  b.  Hadrami,  governatore  del  Bahrayn  ai  tempi  del  Califfo  abù 
Bakr,  era  stato  deposto  per  breve  tempo  dal  Califfo  'Umar,  il  quale  aveva 
conferito  il  governo  del  Bahrayn  a  Qudàmah  b.  Maz'ùn.  Deposto  poi  Qu- 
dàmah,  il  Califfo  aveva  rimesso  al-' Ala  nel  governo  della  provincia.  Fra 
al-' Ala  e  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  non  v'era  buon  sangue  per  effetto  di  una 
questione  legale  sorta  fra  loro,  per  la  quale  avevano  dovuto  ricorrere  in  tri- 
bunale. Quando  poi  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  ricevette  il  comando  dell'esercito 
musulmano  dell'  'Iraq  e  vinse  la  grande  battaglia  di  al-Qàdisiyyah,  espel- 
lendo anche  i  re  di  Persia  dalla  loro  reggia  e  capitale,  al-Madà'in,  al-'Alà, 
sospinto  da  un  senso  fortissimo  di  gelosia,  e  bramoso  di  emulare  i  trionfi 
di  Sa'd,  ideò  d' invadere  il  Fàris,  senza  tener  conto  che  non  aveva  il  con- 
senso del  Califfo,  e  che  'Umar,  per  conformarsi  alla  condotta  del  Profeta 
e  di  abù  Bakr,  non  permetteva  ai  Musulmani  di  arrischiarsi  sulle  onde 
del  mare.  al-'Alà  invitò  gli  Arabi  della  sua  provincia  a  prendere  le  armi 
per  l'invasione  del  Fàris,  e  riunite  le  forze  sufficienti,  le  divise  in  tre 
schiere  ed  in  tre  volte  le  mandò  su  navi  attraverso  il  Golfo  Persico, 
sbarcandole  sulle  rive  del  Fàris.  Il  comando  generale  della  spedizione  fri 
affidato  a  Khulayd  b.  al-Mundzir  b.  Sàwa,  che  era  anche  comandante  di 

151. 


§  15. 


19.  a.  H. 


19.  a.  H. 
[PERSIA-ARABIA 
-  Incursioni  ara- 
be nell'altipiano 
iranico.] 


una  dolio  ivo  schiere:  lo  altre  due  erano  sotto  gli  ordini  di  al-(jràrùd  b. 
al-Mu'alla  e  di  Sawwàr  b.  Hammàu.  Appena  sbarcati  sulle  coste  persiane 
gli  Arabi  si  spinsero  arditamente  nelF  interno,  valendosi  della  sorpresa 
del  nemico,  che  non  si  aspettava  un  assalto  dalla  parte  di  mare,  per  giun- 
gere quasi  senza  difficoltà  fino  alla  fortezza  di  Istakhr;  ma  i  Persiani  sotto 
al-Hirbidz,  invece  di  tentare  una  resistenza  di  fronte,  tagliarono  ai  Musul- 
mani le  comunicazioni  con  il  mare.  Gli  Arabi  furono  perciò  costretti  a  re- 
trocedere, rinunziando  al  disegno  di  conquista.  I  Persiani  in  grande  forza 
tentai'ono  ora  d' impedire  la  ritirata,  ed  in  una  battaglia  molto  sangui- 
nosa pi-esso  Tàwus  perirono  i  due  comandanti  musulmani,  al-Sawwàr  b. 
Hammàn  ed  al-Oràrùd  b.  al-Mu'alla.  Ciò  nondimeno  gli  Arabi  continuarono 
a  battersi  con  grande  valore,  e  nella  carica  dei  due  comandanti  uccisi 
subentrarono  i  figli  loro,  'Abdallah  h.  al-Sawwàr  ed  al-Mundzir  b.  al-Gràrùd. 
Alla  fine  i  Persiani  furono  sconfitti  con  grande  strage,  e  gli  Arabi  si  apri- 
rono una  strada  con  le  armi  in  mano.  Siccome  però  tutte  le  loro  navi 
avevano  fatto  naufragio  (in  una  tempesta?),  gli  Arabi  dovettero  mutare 
itinerario  e  prendere  la  via  di  terra  verso  al-Basrali.  In  breve  però  trova- 
"rono  che  era  impossibile  proseguire,  perchè  altre  numerose  forze  persiane, 
sotto  Sahrak,  si  erano  fortificate  in  un  luogo,  per  il  quale  gli  Arabi  dovevan 
passare,  ed  avevano  chiusa  ogni  via  di  uscita.  Gli  Arabi  furono  perciò 
costretti  a  fermarsi  ed  a  trincerarsi  in  attesa  di  rinforzi  e  di  soccorsi  da 
al-Basrah. 

Intanto  la  notizia  di  questi  fatti  era  giunta  fino  al  Califfo  'limar, 
destando  il  suo  vivissimo  sdegno:  al-' Ala  venne  deposto  e  mandato  ad 
al-Kiifah,  sotto  gli  ordini  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  ma  intanto  'Utbah  b. 
Ghazwàn  (già  morto  da  due  anni!  Cfr.  16.  a.  H.,  §  257;  17.  a.  H.,  §  207) 
riceveva  l'ordine  di  allestire  una  spedizione  in  soccorso  degli  Arabi  per- 
duti fra  i  monti  del  Fàris.  Da  al-Basrah  partì  allora  un  esercito,  nel  quale 
si  trovavano  'Asim  b.  'Amr,  'Arfagah  b.  Harthamah,  Hudzayfah  b.  Mihsan, 
Magzà-ah  b.  Thawr,  Nahàr  b.  al-HàritJi,  al-Turgamàn  b.  abì-1-Hurr,  al-Ahnaf 
b.  Qays,  Sa'd  b.  abi-l-'Argà,  'Abd  al-rahmàn  b.  Salii,  e  Sa'sa'ah  b.  Mu'à- 
Aviyah.  In  tutto  partirono  12,000  uomini  sotto  il  comando  di  abù  Sabrah 
b.  abi  Ruhm  dei  banù  Màlik  b.  Hisl  b.  'Amir  b.  Lu'ayy  :  le  guarnigioni  che 
si  trovavano  però  sul  confine  del  Fàris,  non  vennero  toccate,  affinchè  pro- 
teggessero le  spalle  dei  Musulmani.  L'esercito  di  al-Basrah  marciando  lungo 
la  costa  del  mare  compiè  felicemente  la  sua  operazione  di  salvataggio,  ope- 
rando una  congiunzione  con  l'esercito  venuto  dal  Bahrayn,  ed  infliggendo 
una  gravissima  disfatta  ai  Persiani  sotto  Sahrak,  per  la  maggior  parte  genti 
venute  dalla  fortezza  di  Istakhr. 


152. 


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19.  a.  H. 


15,  16. 


Tutto  l'esercito  musulmano  riunito  arrivò  quindi  incolume  ad  al-Basrah,  ^^-  ^-  '^• 

ove  una  buona  parte  delle  milizie  provenienti  dal  Bahrayn  presero  stanza:        .  incursioni  ara- 
le altre  si  dispersero  ritornando  in  grembo  alle  proprie  tribù.  ^^  nell'altipiano 

Dopo  questi  fatti  il  governatore  di  al-Basrah,  'Utbah  b.  Ghazwàn,  chiese 
ed  ottenne  il  permesso  dal  Califfo  di  fare  il  pellegrinaggio;  in  Makkah  si 
incontrò  con  il  Califfo  e  lo  pregò  di  esonerarlo  dalla  carica  di  governatore, 
ma  'Umar  ricusò  di  accettare  le  sue  dimissioni  e  gli  ordinò  di  ritornare 
al  suo  posto.  Arrivato  però  a  Batn  Nakhlah,  'Utbah  cadde  malato,  e  morì: 
ivi  pure  fu  sepolto.  Il  Califfo  venne  poi  a  visitare  la  sua  tomba  e  accusò 
sé  stesso  di  aver  cagionata  la  sua  morte  (cfi-.  16.  a.  H.,  §§  246,  249-262). 

'Utbah  morì  tre  anni  e  mezzo  dopo  aver  lasciato  Sa'd  b.  abì  Waqqàs 
in  al-Madà'in  (per  andarsi  a  stabilire  in  al-Basrah;  quindi  nel  19.  H.,  perchè 
Gralùlà'  fu  vinta  nel  16.  a.  H.):  prima  di  partire  da  al-Basrah  egli  vi  aveva 
lasciato  come  luogotenente  abù  Sabrah  b.  abì  Ruhm,  il  quale  fu  confer- 
mato dal  Califfo  nel  suo  posto  per  il  rimanente  dell'anno:  poi  venne  deposto 
e  smTogato  da  al-Mughirah  b.  Su' bah  nel  secondo  anno  dopo  la  morte  di 
Utbah.  Seguì  la  deposizione  di  al-]\Iughirah  per  la  sua  condotta  immorale 
(cfr.  17.  a.  H.,  §§  55  e  segg.),  e  la  nomina  di  abù  Musa  al-As'ari.  Questi 
poi  venne  trasferito  ad  al-Kùfah,  e  'Umar  b.  Suràqah  nominato  governatore 
di  al-Basrah.  Dopo  qualche  tempo  'Umar  b.  Suràqah  fu  mandato  a  gover- 
nare al-Kùfah,  ed  abù  Musa  al-As'ari  da  al-Kùfah  trasferito  ad  al-Basrah, 
ove  assunse  il  governo  della  provincia  per  la  seconda  volta  (T  a  b  a  r  i ,  I, 
2545-2551).  Cfr.  Athir,  II,  419-426;  Khaldùn,  II,  App.,   109-110. 

Le  ultime  frasi  l'iassumono  incorrettamente  ed  incompletamente  i  mu- 
tamenti nel  governo  di  al-Kùfah  e  di  al-Basrah  durante  il  rimanente  ca- 
liffato di  'Umar  e  parte  del  califfato  di  'Ut^màn. 

Tutta  la  naiTazione  saj^fiana,  è  quasi  inutile  il  dirlo,  è  un  insieme  di 
errori  di  fatti  e  di  cronologia,  come  risulta  palese  dal  più  superficiale  con- 
fronto fra  il  suo  contenuto  e  quello  delle  tradizioni  sicure  di  al-Balàdzuri. 
Non  mette  conto  di  analizzarle  minutamente  per  chiarirne  meglio  gli  er- 
rori. La  manìa  glorificatrice  degli  Iraqensi  induce  Sayf  a  dar  loro  tutto  il 
merito  (immaginario  del  resto!)  d'aver  salvato  le  schiere  del  Bahrayn:  si 
noti  inoltre  la  tendenza  a  glorificare  'Utbah  b.  G;hazwàn  a  spese  di  abù 
Musa  al-As'ari.  Cfr.  anche  Tabari   Zotenberg,  III,  462-464. 

SIRIA.  —  Nomina  di  Mu'awiyah  b.  abì  Sufyan  a  governatore  della 
Siria  e  della  Palestina. 

§  16.  —  Le  stragi  della  peste  avevano  paralizzato  per  circa  un  anno 
tutta  l'attività  della  novella  amministrazione  araba  in  Siria,  onde  primo 

153.  20 


§§  1«,  1". 


19.  a.  H. 


19.  a.  H.  pensiero  del  governo  musulmano  fu  di  colmare  con  nuove  nomine  i  vuoti 

di  Muàwiyah'"b^  lullf  rariche  più  elevate  dell'amministrazione.  La  decisione  più  importante 
abi  Sufyàn  a  go-  presa  da  'limar  in  questa  circostanza  fu  la  nomina  di  Mu'àwiyah  b.  abi 
Siria  e  della  Pa-  ^ntyAn  al  posto  elevato  di  governatore  in  Siria,  tenuto  già  da  abù  Ubaydah 
lestina.]  e  da  Vazid  b.  abì  Sufyan.  A  prima  vista  par  singolare  che  il  Califfo  non  chia- 

masse a  tenere  quella  carica  uno  dei  più  insigni  Compagni  del  Profeta,  che 
numerosi  vivevano  nell'ozio  molle  di  Madinah.  Se  invece  la  scelta  cadde 
su  Mu'àwij-ah,  vale  a  dire  sopra  uno  dei  Compagni  più  giovani,  e  sinora 
più  oscuri,  il  Califfo  deve  aver  agito  per  ragioni  molto  intime  e  forti.  Di 
alcune  non  è  difficile  ritrovare  la  traccia  dopo  le  nostre  ripetute  allusioni 
nel  passato  sui  veri  rapporti  esistenti  tra  il  Califfo  'Umar  ed  i  grandi  Com- 
pagni. Tutta  la  politica  di  Umar  fu  un  abile  giuoco  di  equilibrio,  perchè 
privo  di  mezzi  diretti  e  sicuri  —  non  aveva  guardia  personale,  né  polizia, 
né  milizie  personali,  sulle  quali  potesse  contare  — ,  non  poteva  mai  imporre 
la  sua  volontà,  se  i  suoi  dipendenti  preferivano  non  obbedirgli.  Il  caso  della 
spedizione  di  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto  è  tipico  a  questo  riguardo.  Le  diffi- 
coltà di  politica  interna,  dalle  quali  visse  accerchiato  il  Califfo,  furono  assai 
maggiori  e  più  complesse,  che  non  abbiano  sinora  creduto  gli  storici  oc- 
cidentali troppo  fedeli  alla  lettera  della  tradizione  ortodossa. 

La  nomina  di  Mu  àwij'ah  é  una  novella  prova  della  diffidenza  di 
'Umar  verso  i  grandi  Compagni  oziosi  ed  intriganti  in  Madinah,  e  della 
sua  premeditata  esclusione  dei  medesimi  da  una  diretta  partecipazione  al 
govei-no.  Rammentiamoci  che  la  morte  inattesa  di  abù  'Ubaydah  fii  un 
colpo  dolorosissimo  per  Umar,  il  quale  aveva  vagheggiato  l'idea  di  farne 
il  suo  successore.  Egli  rimaneva  ora  il  solo  rappresentante  di  quel  singolare 
triumvirato,  che  aveva  sì  abilmente  carpito  il  potere  nella  notte  seguente 
alla  morte  del  Profeta.  L'avvenire  si  presentava  quindi  alla  mente  di  'Umar 
pieno  di  grandi  incognite;  onde  per  la  nomina  di  chi  doveva  succedere  ad 
abù  'Ubaydah  e  a  Yazid  b.  abì  Sufyàn,  era  necessario  usare  molta  pru- 
denza e  agire  in  modo  da  non  compromettere  l'avvenire.  Gli  occorreva 
quindi  un   «  homo  novus  »,  e  questo  trovò  in  Mu'àwiyah. 

§  17.  —  Il  giovane  maklcano,  che  doveva  rivelarsi  un  giorno  l'uomo 
politico  forse  più  accorto  e  sagace  dell'Islam  primordiale,  non  aveva  avuto 
ancora  occasione  di  distinguersi  nella  vita  politica,  ma  già  da  vario  tempo 
erano  note  ed  apprezzate  le  sue  qualità  intellettive.  L'esser  egli  divenuto 
segretario  del  Profeta,  nonostante  la  sua  origine  qurasita,  e  la  sua  tarda 
conversione,  parrebbe  dimostrare  che  Maometto  avesse  contezza  dell'in- 
gegno di  Mu'àwÌ3-ah,  il  cui  segretariato  non  può  esser  stato  una  semplice 
cortesia    politica    alla   potente    famiglia    degli   Umayyah.  Questa  famiglia 

154. 


19.  a.  H.  §1 17^  18. 

aveva  danaro,  influenza  ed  ingegno  in  una  misura  forse  maggiore  di  ogni  19-  a-  "■ 

altra  famiglia  makkana,  ed  il  suo    peso    morale    si   fece    immediatamente        ^i  iviu'àwiyah"b^ 
sentire  non  appena  fu  entrata  nell'ovile  musulmano.  Alla  morte  di  Maometto,        a^.'  Sufyan  a  go- 
come  vedemmo,  il  primo  capitano  che  partisse  per  la  Siria  fu  appunto  Yazid        sirire°deiia^Pa^ 
b.  abì  Sufyan,  il  fratello  maggiore  di  Mu'àwiyah:  avveduta  e  studiata  no-        testina.] 
mina,  mediante  la  quale  'Umar  si  assicurò  l'appoggio  sincero  dell'aristocrazia 
makkana  contro  i  suoi  oppositori  tra  i  Compagni  di  Madìnah.  Morto  quindi 
Yazid,  tanto  le  qualità  personali  di  Mu'àwiyah,  quanto  la  sua  stretta  paren- 
tela con  il  defunto,  e  la  sicurezza  morale  che  alla  morte  di  abù  Sufy^àn  suo 
figlio  Mu'àwiyah  diveniva  il  capo  dell'aristocrazia  makkana,  influirono  effi- 
cacemente sulle  decisioni  di  'limar  e  lo  indussero  a  conferire  all' umavvade 
la  carica  forse  più  importante  di  tutte  nel  novello  impero. 

La  natura  della  carica  di  Mu'àwiyah  non  è  però  molto  chiara,  perchè 
come  al  solito  le  indicazioni  delle  nostre  fonti  difettano  di  precisione.  Non 
è  chiaro,  per  esempio,  se  terminata  la  conquista  della  Siria,  abù  'Ubaydah 
conservasse  l'autorità  suprema  in  Siria,  e  se,  per  esempio,  Yazid  b.  abi 
Sufyan,  governatore  di  Damasco,  dipendesse  da  abù  'Ubaydah  governatore 
di  Hims.  Da  vari  indizi  dovremmo  arguire  come  più  probabile  che  i  vari 
capi,  almeno  in  faccende  di  ordinaria  amministrazione,  fossero  indipendenti 
l'uno  dall'altro.  Non  è  chiaro  quindi  quanto  fossero  estese  le  attribuzioni 
di  Mu'àwÌ3'ah  nei  primi  tempi  della  sua  amministrazione,  ma  saremmo 
indotti  a  credere  che  forse  si  limitassero  solo  alla  provincia  di  Damasco, 
e  che  quando  'Amr  b.  al-'As,  irritate  forse  della  preferenza  fatta  a  Mu'à- 
wiyah, si  gettò  in  Egitto,  piantando  in  asso  la  guerra  contro  i  Greci  sul 
littorale  palestinense,  'Umar  conferisse  a  Mu'àwiyah  anche  il  governo  della 
Palestina,  siuora  considerata  come  il  distretto  particolare  di  'Amr  b.  al-'As. 

§  18.  —  Il  primo  compito  di  Mu'àwiyah  fu  dunque  di  terminare  la 
conquista  della  Palestina,  la  quale  in  tutta  la  parte  interna  da  oramai 
due  anni  circa  era  definitivamente  sottomessa,  ma  resisteva  ancora  lungo 
il  littorale,  dove  la  popolazione  era  quasi  totalmente  greca,  ortodossa  e 
perciò  ostilissima  agl'invasori.  L'espugnazione  di  queste  città  fu  opera  dif- 
ficile, ingrata  e  tediosa,  e  costò  cara  agli  Arabi,  perchè  i  Bizantini,  avendo 
ancora  padi-onanza  completa  del  mare,  potevano  soccorrere  liberamente  le 
città  minacciate  e  convergere  ove  meglio  credevano  tutte  le  loro  forze. 
La  tradizione  musulmana  disdegna  le  cose  lunghe  e  tediose:  tutte  le  ope- 
razioni militari  che  hanno  richiesto  tempo,  fatica,  dispendio  di  uomini  e 
di  danari  per  un  periodo  eccessivo  di  anni,  non  hanno  attirato  la  sua 
attenzione:  questa  di  natura  sua  infantile  in  molti  rigviardi,  ama  sovrat- 
tutto  le  azioni  rapide,  clamorose,  drammatiche,  con  soluzioni  catastrofiche. 

155. 


§§  18-21.  19.  a.  H. 

19.  a.  H.  (7,^)31  iibbiamo  centinaia  di  pagine  per  la  battaglia  di  al-Qàdisiyyah,  mentre 

di  Muàwiyah'"b^     poclie  righe   bastano  per  la  presa  di  Cesarea  in   Palestina,  che  costò  agli 
abi  Sufyànago-     Arabi  mille  volte  più  cara,  tesori  di  danaro  e  molte  e  molte  vite  preziose. 

vGrndtors  d6ll3 

Siria  e  della  Pa-  Nou  mette  il  conto  di  dilungarci  a  studiare  le  peripezie  di  questo  epi- 

lestina.]  logo  finale  della  conquista  della  Siria:  ci  basti  rilevare  come  la  data  19.  H.  per 

la  conquista  del  littorale  mediterraneo,  da  Cesarea  sin  giù  al  confine  egiziano, 
è  assai  probabilmente  corretta;  e  che  da  questo  anno  in  poi,  sino  allo  scoppio 
delle  guerre  civili  nel  64.  H.,  la  Siria,  tranne  qualche  incidente  di  minore  im- 
portanza, godette  di  un  periodo  fecondo  di  pace,  ben  poco  turbato  dalla  guerra 
contro  'Ali,  nel  36.-37.  H.,  che  fu  combattuta  nel  deserto  presso  l'Eufrate.  In 
questo  lungo  periodo  di  quasi  46  anni  Mu'àwiyah  compiè  atti  di  mirabile  sa- 
gacia amministrativa,  e  ridusse  la  Siria  quasi  a  rocca  inoppugnabile  del  vero 
Isiàm  liberale  e  progressivo,  conferendole  una  prosperità  che  non  può  esser 
paragonata  con  quella  di  verun  altro  periodo  posteriore  nella  storia  dell'Isiàm 
in  Siria. 

SIRIA.  —  Tradizioni  sulla  nomina  di  Mu'àwiyah  a  governatore  della 
Siria. 

§  19.  —  Quando  morì  Yazid  b.  abi  Sufyàn  (sia  nella  peste  del  18.  a.  H., 
sia  —  secondo  al-Walid  b.  Muslim  —  nell'anno  19.  H.,  dopo  la  presa  di 
Qaysàrij^yah ;  cfr.  Hagar,  III,  1363,  lin.  16-17)  ('),  il  Califfo  'Umar  scrisse 
a  Mu'àwiyah,  conferendogli  il  governo  tenuto  dal  fi-atello  defunto,  abù  Su- 
fyàn ringraziò  il  Califfo  per  la  nomina,  e  gli  disse:  «  Hai  ammesso,  o  Prin- 
«  cipe  dei  Credenti,  i  vincoli  di  sangue!»  (w  a  s  a  1  a  t  k  a  rahimun: 
cfr.   11.  a.  H.,  §  46)  (Balàdzuri,  141). 

Nota  1.  —  In  un  passo  di  al-Balàdzuri  (142,  lin.  14-15)  è  detto  che  Yazid  b.  abi  Sufyàn  morisse 
in  Damasco  alla  fine  dell'anno  18.  H. 

§  20.  —  (Hisàm  b.  'Ammàr,  da  al-Walìd  b.  Muslim,  da  Tamìm  b. 
'Atiyyah).  Il  Califfo  Umar,  dopo  la  morte  di  Yazid,  nominò  Mu'àwiyah 
governatore  della  Siria,  associandogli  però  due  Compagni  del  Profeta,  che 
sopraintendessero  alle  preghiere  pubbliche  e  all'amministrazione  della  giu- 
stizia (^).  abii-1-Dardà  ebbe  ramministrazione  della  giustizia  e  la  direzione 
delle  preghiere  in  Damasco  e  nell'Urdunn.  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  al-Ansàri 
ebbe  le  stesse  funzioni  in  Hims  e  Qinnasrin  (Balàdzuri,   141). 

Nota  1.  —  E  evidente  che  in  questa  tradizione  si  vuol  intendere  essere  Mu'àvyiyah  il  governatore 
civile  e  militare,  mentre  i  due  Compagni,  come  suoi  dipendenti,  dirigevano  gli  affari  religiosi  e  giudiziari 
della  provincia.  Si  noti  però  che  in  questo  anno  'Ubàdah  era  con  'Amr  in  Egitto  assediando  Babilonia. 

SIRIA.  —  Presa  di  Qaysarìyyah  e  di   Asqalàn. 

§  21.  —  La  presa  di  Qaysàriyyah,  la  celebre  Cesarea  di  Palestina, 
per  si  lungo  tempo  il  centro    amministrativo,  civile  e   militare   della  Pa- 

156. 


19.  a.  H. 


§  -21. 


lestma  bizantina,  sebbene  narrata  assai  brevemente  dalle  tonti,  fu  uno  dei  ^^-  ^-  ^■ 

.     ,    „  T        •       o,-    •        /~v  •  [SIRIA.  -  Presa  di 

maggiori  eventi  della  campagna  araba  m  bina.  Questa  città,  ora  un  sito  Qaysàriyyah  e  di 
abbandonato,  quasi  inaccessibile  al  viaggiatore  odierno  in  Palestina,  e  di  Asqaiàn.] 
cui  rimangono  appena  visibili  le  tracce  dell'antico  splendore,  fii  già  assai 
popolosa  e  di  grande  importanza  politica  e  strategica.  Finché  la  capitale 
della  regione  rimaneva  nelle  mani  dell'avversario,  gii  Arabi  non  potevano 
dirsi  sicuramente  padroni  della  Siria  e  della  Palestina.  Un  sovrano  ardito 
ed  energico  poteva  riunire  nel  porto  di  Cesarea'  una  flotta,  sbarcarvi  un 
forte  esercito  e  dare  infinita  molestia  agli  Arabi.  I  quali,  sebbene  poco 
conoscitori  dell'arte  più  fine  della  politica  e  della  strategia,  compresero 
tutta  l'importanza  di  togliere  ai  Greci  il  possesso  di  questa  città  che  era 
la  porta  più  facile  e  più  sicura  per  entrare  nel  cuore  della  Palestina.  Sin 
dal  13.  H.  e  forse  sin  dal  12.  (cfi-.  12.  a.  H.,  §§  369,  370),  a  più  riprese  e 
talvolta  per  lunghi  intervalli,  tentarono  d' impadronirsene  con  assalti  im- 
provvisi o  con  lunghi  assedi:  ma  sempre  invano.  — Le  mura  erano  tali  da 
sfidare  qualunque  sorpresa  di  milizie  inesperte  negli  assalti  a  luoghi  fortifi- 
cati, mentre  il  porto  e  le  libere  comunicazioni  per  mare,  rendevano  folle 
ogni  speranza  di  prenderla  per  fame.  Le  innumerevoli  difficoltà  resero  in 
principio  molto  tiepidi  gli  Arabi  nella  loro  aggressione  della  piazza  :  ma 
quando  la  vittoria  del  Yarmùk,  la  campagna  Siria  di  abù  'Ubaydah  e  la 
presa  di  Gerusalemme,  diedero  agii  Arabi  il  dominio  del  paese  dalla  catena 
dell' Amanus  fin  quasi  alla  frontiera  dell'Egitto,  ai  vincitoi:!  s'impose  l'im- 
prescindibile necessità  di  togliersi  questa  grave  spina  dal  fianco. 

Par  che  sin  dal  16.  H-.,  forse  anche  prima  della  presa  di  Gerusalemme, 
gli  Arabi  cingessero  d'assedio,  forse  quasi  regolare,  la  città,  nel  senso  di 
tagliare  ogni  comunicazione  tra  la  città  e  l'interno,  con  lo  scopo  principale 
di  impedire  intrighi  e  sorprese  militari.  Dopo  la  caduta  di  Gerusalemme 
la  cerchia  ferrea  dell'esercito  arabo  si  strinse  più  forte  attorno  alla  città, 
e  se  la  strage  della  peste  ne  diminuì  forse  temporaneamente  il  rigore, 
l'azione  aggressiva  araba  si  fece  più  ardita  e  più  intensa  non  appena  il 
morbo  ebbe  cessato  di  mietere  vittime. 

Già  la  tenacia  araba  aveva  incominciato  a  dare  grande  fastidio  agli 
abitanti  ed  alla  guarnigione,  mentre  le  condizioni  generali  dell'impero  bi- 
zantino erano  oramai  tali,  che  il  governo  di  Costantinopoli  non  aveva  più 
né  i  mezzi,  né  la  volontà  di  nuocere  agli  Arabi,  quanto  pur  si  sarebbe 
ancora  potuto.  L'occupazione  quindi  di  Cesarea  da  parte  dei  Greci,  se  era 
per  gli  Arabi  una  perpetua  minaccia,  costituiva  per  i  Bizantini  un  grave 
carico,  una  fonte  di  fastidi  e  di  dispendio  senza  alcuna  speranza  per  l'av- 
venire. —  È  probabile  perciò  che  da  Costantinopoli  non  venissero  più  quei 

157. 


§§  21-26.  1°*    ^'    "• 

19-  a-  H.  soccorsi  ili  uomiui,  danari   e  provviste,  necessari  a  mantenere  la  città  in 

Qaysàriyya^h  e  dì  completo  assetto  di  difesa.  —  I  difensori  e  gli  abitanti  di  Cesarea  comincia- 
Asqaiàn.]  rono  a  scMitirsi  abbandonati  a  aè  stessi  e  non  più  assistiti  dall'imperatore, 

come  essi  volevano  e  speravano.  —  La  difesa  s' infiacchì,  venne  lo  scora- 
mento; e  quando  l'assedio  si  fu  prolungato  intenso  e  pertinace  per  un  altro 
anno,  non  v'è  ragione  di  sorpresa  se  la  città  cadde  alfine  nel  modo  nar- 
rato nei  seguenti  paragrafi. 

§  22.  —  Secondo  ibn  Isliàq,  la  presa  di  Qa^ysàriyyali  in  Palestina,  la 
fuga  dell'  imperatore  Eraclio  e  la  conquista  dell'  Egitto  avvennero  tutte 
nell'anno  20.  H.  Invece  Sayf  b.  'Umar  pone  la  presa  di  Qaysàrij-yah  già 
nell'anno   IG.  H.  (T  abari,  I,  2679,  lin.   4-9). 

Cfr.  Athi'r,  II,  440. 

§  23.  —  Saj^f  b.  'Umar  narra  la  presa  di  Qaysàriyyah  come  seguita 
nel  corso  del  lo.  a.  H.,  subito  dopo  Fihl  e  Agnàdaj^n;  tuttavia  al-Dawlàbi 
afferma  che  la  presa  di  Qaysàriyyah  avvenisse  nel  19.  a.  H.,  dopo  la  morte 
di  abu  'Ubaydah:  l'assedio  fu  incominciato  da  Yazìd  b.  abì  Sufyàn,  e  poi 
proseguito  e  terminato  da  suo  fi'atello  Mu'àwiyah  (F  uràt ,  fol.   108, r.). 

§  24.  —  (al-Wàqidi,  ed  abù  Ma'.sar).  In  questo  anno  (19.  H.)  Mu'àwiyah 
b.  abì  Sufyàn  espugnò  la  città  di  Qaysàriyyah  (T abari,  I,  2579,  lin.   1-4). 

Cfr.  Athir,  II,  440. 

§  25.  —  (ibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi).  Mu'àwiyah  b.  abì  Sufyàn  fu  nomi- 
nato governatore  della  Siria  dal  Califfo  'Umar,  mentre  egli  stava  asse- 
diando Qaysàriy3'ah  (*)  :  questa  città  fu  espugnata  dopo  un  assedio  di  circa 
sette  anni  ("),  nello  Sawwàl  del  19.  H.  (Balàdzuri.   14|). 

Nota  1.  —  In  un  altro  passo  al-Balàdzax-i  (142,  lin.  15  e  segg. l,  senza  dare  isnàd,  aiferma  che 
secondo  taluni  Qa3'sàriyyah  fu  espugnata  da  Mu'àwiyah,  mentre  viveva  ancora  suo  fratello  Yazid,  e 
che  la  caduta  di  quella  città  avvenne  alla  fine  dell'anno  18.  H.  La  notizia  però  più  sicura,  egli  aggiunge, 
è  che  Qaysàriyyah  cadesse  quando  Mu'àwiyah  era  governatore  della  Siria  nell'anno  19.  H.  Alcuni  tradi- 
zionisti  la  rimettono  tuttavia  al  principio  dell'anno  20.  H. 

Nota  2.  —  al-Wàqidi  con  questa  affermazione  ci  dà  la  prova  che  attorno  a  Qaysàriyyah  vagas- 
sero in  forma  più  o  meno  stabile,  schiere  armate  di  Arabi  dal  12.  sino  al  19.  H.  ossia  sette  anni.  —  Si 
vede  che  gli  Arabi,  tranne  naturalmente  durante  la  crisi  prima  del  Yarmùk,  avessero  sempre  fisso  il 
proposito  di  espugnare  Qaysàriyyah,  e  mai  dessero  pace  agli  abitanti  (cfr.  §  28  e  nota  1). 

§  26.  —  (ibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  'Amir).  Mu'àwiyah 
b.  abì  Sufyàn  assediò  QaysàrÌ3^yah  (per  tanto  tempo),  che  già  disperava  di 
poterla  espugnare:  (prima  di  lui)  l'aveva  essediata  'Amr  b.  al-'As  e  suo 
figlio  ('Abdallah  b.  'Amr'?).  Mu'àwiyah  se  ne  impadronì  con  la  violenza 
(qasr"'')  e  vi  trovò  entro  700,000  (sic!)  soldati  con  stipendio  fisso  (al- 
murtaziqah),  30,000  Samaritani  e  200,000  Ebrei:  nella  città  erano  anche 
trecento  mercati  in  piena  attività:  ogni  notte  100,000  uomini  montavano 
la  guardia  sulle  mura  (').  La  città  fii  presa  nel  seguente  modo:  un  ebreo  per 

158. 


19.  a.  H. 


26,  -27. 


nome  Yùsvif,  venne  di  notte   nel    campo    musulmano,  e  a  condizione  che  ^^-  ^-  ^■ 

sicurtà  (a  man)  fosse  concessa  a  lui  ed  alla  sua  gente  (=  tutti  gli  Ebrei  in  Qaysariyyah  e  di 
Qaysàriyj-ah),  rivelò  ai  Musulmani  una  via  per  entrare  nella  città,  attra-  Asqaian.] 
verso  una  conduttura  sotterranea  (sarab),  in  cui  l'acqua  arrivava  fino 
alla  cinta  dell'uomo.  Mu  àwij-ah  mandò  una  schiera  di  uomini  con  l'ebreo, 
ed  i  Musulmani  penetrarono  di  notte  nella  città.  Alzando  il  gi-ido  di  guerra, 
Allah  akbar!,  i  Musulmani  si  gettarono  sui  Greci,  ed  impadronitisi  della 
porta,  la  spalancarono,  facendo  entrare  Mu'àwiyah  ed  i  suoi.  I  Greci  ten- 
tarono fuggire  attraverso  il  canale  sotterraneo,  ma  trovarono  l'uscita  in 
mano  degli  Arabi.  Nella  città  erano  anche  molti  Arabi  (prigionieri?),  fi'a 
i  quali  fla  cantante)  Saqrà,  menzionata  in  un  verso  di  Hassàn  b.  Thàbit  : 
altri  la  chiamano  Sa'thà  (Balàdzuri,   141-142). 

Nota  1.  —  Queste  cifre  non  corrispondono  alla  verità,  ma  rappresentano,  tradotte  in  numeri,  i 
sentimenti  dei  conquistaiori  fieri  della  glande  vittoria.  —  Nella  tradizione  seguente  si  vedrà  che  i  pni- 
gionieri  ammontavano  in  tutto  a  4000  soltanto. —  Le  mura  di  Cesarea,  di  cui  esistono  ancora  visibili  i 
resti,  segnano  un  tracciato  che,  giudicando  dalle  dimensioni  d'una  città  odierna,  non  può  aver  racchiuso 
una  popolazione  molto  superiore  ai  50,000  abitanti.  Più  avanti  (cfr.  §  34!  nella  cronaca  di  Michele  Sirio 
è  detto  che  i  difensori  di  Cesarea  fossero  in  tutto  TCKXi  uomini. 

§  27.  —  fibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi).  I  prigionieri  di  guerra  presi  a 
Qaysariyyah  ammontarono  a  4000  capi  [^').  Quando  Mu'àwiyah  li  mandò  al 
Califfo  Umar,  questi  li  fece  sostare  in  al-Gurf  (presso  Madinah)  e  poi  li 
divise  tra  gli  orfani  degli  Ansar:  alcuni  mise  a  lavorare  come  scrivani; 
altri  in  occupazioni  manuali  (a 'mài)  a  vantaggio  dei  Musulmani  (Ba- 
làdzuri,  142)  ('^). 

Nota  1.  —  Dalle  parole  del  testo  parrebbe  con  certezza  che  il  totale  dei  prigionieri  di  guerra 
ammontasse  a  soli  4000  capi.  Anche  ammettendo  però  —  contrariamente  al  senso  esplicito  del  testo  — 
che  4000  fosse  la  quinta  parte  dei  prigionieri  fatti  a  Qaj-sàriyjah,  e  che  quindi  i  prigionieri  assom- 
massero a  20,000,  questi  numeri  danno  la  più  chiara  smentita  alle  citi-e  fantastiche  sui  difensori  di 
Qaysàriyj'ah,  che  troviamo  nella  tradizione  del  paragrafo  precedente.  Se  i  numeri  di  questo  fossero 
corretti,  il  totale  dei  prigionieri  di  guerra,  ossia  tutti  i  difensori  armati  della  città,  avrebbe  dovuto  am- 
montare a  parecchie  centinaia  di  migliaia.  Se  i  prigionieri  furono  però  in  tutto  4000  (o  20,000?),  questo 
e  non  più  dev'essere  stato  incirca  il  numero  dei  difensori  della  città. 

Nota  2.  —  Alla  fine  della  tradizione  troviamo  anche  le  seguenti  notizie  che  hanno  il  loro  pregio 
per  noi,  perchè  indirettamente  illuminano  altri  fatti  precedenti:  il  Califlb  abù  Bakr  aveva  dato  come 
servi  alle  figlie  di  abù  Umàmah  As'ad  b.  Zuràrah,  due  prigionieri  di  guerra  di  'Ayn  al-Tamr  (cfr.  12.  n.  H., 
§§  170  e  segg.  I  che  di  poi  eran  morti.  Ora  il  Califfo  Umar  diede  a  loro  in  compenso  dei  due  schiavi 
morti,  alcuni  dei  prigionieri  di  guerra  di  Qaysariyyah  {Balàdzuri,  142,  lin.  4-6). 

Ora  abii  Umàmah  As'ad  b.  Zuràrah  fu  il  primo  Compagno  del  Profeta  morto  dopo  la  Fuga 
(cfr.  1.  a.  H.,  §  87):  quindi  la  famiglia  del  defunto  per  la  scomparsa  del  suo  capo  al  principio  della 
carriera  militare  del  Pi-ofeta,  deve  essere  rimasta  molto  povera  e  visse  forse  per  carità  di  Maometto. 
Morto  costui,  il  Califfo  abu  Bakr  volle  mantenere  il  sussidio,  ed  il  fatto  che  regalasse  due  prigionieri 
di  guerra  presi  ad  'Ayn  al-Tamr,  combina  perfettamente  con  la  notizia  data  sotto  l'anno  12.  H.,  che  i 
prigionieri  di  'Ayn  al-Tamr  furono  i  primi  (ed  i  soli)  prigionieri  di  guerra  fatti  da  Khàlid  b.  al-Walid 
neir  Iraq.  La  menzione  poi  speciale  di  questi  prigionieri  di  guerra  di  Qaysariyyah,  che  sarebbero  stati 
i  primi  fatti  dai  Musulmani  in  Siria  e  mandati  a  Madinah,  rende  lecito  il  sospetto,  che  sino  a  quel  giorno 
i  Musulmani  avessero  fatti  ben  pochi  prigionieri  di  gueiTa,  tanto  pochi  che  non  ne  è  rimasta  memoria. 
Questo  di  Mu'àwij'ah  deve  certamente  essere  stato  il  primo  considerevole  invio.  Ciò  combina  assai  bene 
con  gli  altri  dati  sulla  conquista  della  Siria.  Nelle   grandi  battaglie  vinte  sui  Greci  non  v'è  mai  men- 

159. 


§§  27-31.  19'    ^*    "' 

19.  a.  H.  zione  di  prigionieri,  e  sembra  che   i   vincitori  massacrassero  senza  pietà  i  vinti  senza  curarsi  di  farne 

[SIRIA.  -  Presa  dì       bottino.  Inoltre  tutte  le  città,  della  Siria  e  della  Palestina  si  arresero  a  patti  e  quindi  garantendo  la  li- 

Qaysàriyyah  e  di       berta  personale  degli  abitanti.  Qaysàriyyah  appare  perciò  come  la  prima  città  presa  realmente  e  sicura- 

'Asqalàn.j  mente  d'assalto  dai  Musulmani.  Da  ciò  il  numero  dei  prigionieri,  che  deve  essere  stato  di  gran  lunga  il 

massimo  tatto  sinora  dagli  Arabi. 

§  28,  —  (Hisam  b.  'Ammar,  senza  i.snàd).  La  città  di  Qaysàriyyah  fu 
presa  con  la  violenza  (qasr*°)  da  Mu'àwiyali  b.  abi  Sufyàn  nell'a.  19.  H. 
Quando  il  Califfo  'limar  ricevette  siffatta  notizia,  gridò:  Allah  akbar, 
e  fece  bandire  la  lieta  notizia  nella  città:  anche  gli  altri  Musulmani  into- 
narono il  takbir.  La  città  era  stata  assalita  (^)  per  sette  anni  finché  Mu'à- 
wiyah  (finalmente  l'espugnò)  (Balàdzuri,   142)  (cfr.  §  26  e  nota  2). 

Nota  1.  —  Il  verbo  h  as ara  =  assediare  (che  troviamo  nel  testo),  non  deve  essere  preso  in  senso 
letterale:  se  Qaysàriyyali  cadde  in  potere  dei  Musulmani  nel  19.  H.,  il  principio  dell'assedio  deve  met- 
tersi nel  12.  H.  Ora  le  vicende  della  conquista  della  Siria,  narrate  nelle  annate  12.,  13.,  14.  e  15.  H., 
escludono  assolutamente  che  un  esercito  musulmano  sia  stato  in  permanenza  per  si  lungo  tempo  dinanzi 
alle  mura  di  Qaysàriyyah.  Varie  tradizioni  date  precedentemente  rivelano  che  Qaysàriyyah  fu  assediata 
a  varie  ripx'ese  e  con  lunghe  interruzioni,  e  da  diversi  generali  arabi.  Quindi  nel  caso  presente  il  termine 
hasara  deve  esser  preso  in  senso  assai  vago  e  generico,  e  ritenersi  che  nel  computo  dei  sette  anni  s'in- 
tenda soltanto  il  lasso  di  tempo  trascorso  tra  la  prima  comparsa  di  un  esercito  arabo  sotto  le  mura 
(nel  12.  H.)  e  la  definitiva  conquista  della  città.  Parrebbe  anzi  che  fra  il  12.  e  il  18.  H.  (Balàclzuri, 
140,  lin.  14,  dice  esplicitamente  nel  Gumàda  I.  del  13.  H.)  'Amr  b.  al-'Às  comparisse  dinanzi  alle  mura 
di  Qa3'3àriyyah,  ma  poi  si  ritirasse,  quando  avvenne  la  concentrazione  greca  prima  di  Agliàdayn.  Tra 
Agnàdayn  ed  il  Yarmfik  non  consta  che  Qaysàriyyah  fosse  assediata,  ma  è  presumibile  che  le  opera- 
zioni militari  contro  di  essa  venissero  riprese  dopo  il  trionfo  del  YarmSk  e  con  speciale  intensità  sol- 
tanto dopo  la  caduta  di  Gerusalemme  nel  17.  H.  Ciò  non  esclude  pertanto  ohe  distaccamenti  arabi  pos- 
sano aver  fatto  scorrerle  nei  dintorni  della  città  in  tutti  i  tempi,  dal  12.  H.  in  poi:  l'assedio  regolare 
sembra  però  sia  durato  dal  17.  al  19.  H.,  e  che  questa  lunga  resistenza  di  due  anni,  superata  soltanto  dal 
tradimento  di  un  ebreo,  abbia  poi  spontaneamente  creato  l'erronea  impressione  fra  i  tradizionisti  che 
r  assedio  sia  durato  senza  intervalli  fin  dalla  prima  invasione  araba  in  Palestina. 

§  29.  —  (ibn  al-Kalbi).  Nell'anno  19.  H.  i  Musulmani,  comandati  da 
Mu'àvviyah  b.  abi  Sufyàn  e  da  Sa'd  b.  'Amir  b.  Hidzyam,  ognuno  con  le 
sue  schiere,  espugnarono  Qaysàriyyah:  seguì  una  grande  strage  dei  Grreci. 
ibn  Ishàq  pone  invece  la  presa  di  Qaysàriyyah  nel  20.  H.  ;  Khalifah  b. 
Khayyàt  nel  19.   (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   132,r.). 

§  30.  —  Dice  ibn  al-Grawzi:  nell'anno  19.  H.,  secondo  quanto  afferma 
abù  Ma'sar,  fu  vinta  la  battaglia  di  G-alùlà'.  ed  espugnata  Qaj'sàriyyah 
sotto  gli  ordini  di  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn.  ibn  Ishàq  poi  afferma  che 
nel  19.  H.  venissero  sottomesse  al-Hirah  (sic:  forse  intende  al-Raqqah), 
al-Ruhà-,  Harràu,  Ra's  'Ayn  e  Nisibin  (Grawzi,  I,  fol.   63, v.).     . 

§  31.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  (Dopo  la  presa  di  Qaysàriyyah?) 
il  Califfo  'Umar  scrisse  a  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  di  proseguir  la  con- 
quista di  ciò  che  rimaneva  nella  Palestina:  allora  Mu'àwiyah  conquistò  a 
patti  (sulh*°)  la  città  di  'Asqalàn  dopo  uno  stratagemma  (dopo  qualche 
resistenza,  ba'd  kayd'°:  cfi-.  Grlossarium  s.  v.)  (^).  Da  taluni  si  rac- 
conta che  'Asqalàn  era  già  stata  sottomessa  da  'Amr  b.  al-'As,  ma  che 
gli  abitanti  violando  i  patti  avevano  preso  le  armi  e  ricevuto  rinforzi  dai 

160. 


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19.  a.  H.  §§  31.34. 

Greci.  Allora  Mu'àwiyah  riprese  la  città,  e  vi  stabilì  alcuni  corpi  di  cavai-  19-  a-  H- 

leria  (al-rawàbit)  con  una  guarnigione  fissa  (hafazah)  (Balàdzuri,        Qaysariyyah  e  di 

142-143).  Asqalàn.] 

Nota  1.  -  Se  è  vero  che  'Asqalàn  —  come  Ghazzali  (cfr.  più  avanti  §  88*  —  fu  presa  dopo 
Qaysariyyah,  ciò  getta  luce  sulla  condotta  di  'Arar  b.  al-'As  nell' invadere  l'Egitto:  è  palese  che  egli 
non  mirasse  in  verun  modo  ad  aiutare  il  suo  collega  Mu'àwiyah,  bensì  a  crearsi  un  governo  proprio,  in 

regione  ricca,   indipendente  da  Mu'àwiyah. 

§  32.  —  Secondo  al-Khuwàrizmi,  nell'anno  19.  H.  Mu'àwiyah  b.  abi 
Sufyàn  conquistò  Qaysariyyah  ed  uccise  circa  100,000  persone  (Baeth- 
gen,   110). 

§  33.  —  (a)  Qaysariyyah  sulla  costa  del  Mediterraneo  fa  parte  della 
Palestina,  e  giace  a  tre  giornate  da  Tabariyyah  (Yàqùt,  IV,  214,  lin.  4 
e  segg.). 

(b)  Nel  Kitàb  Dimasq,  da  Yazid  b.  Samurah,  da  al-Hakim  b.  Abd 
al-rahmàn  b.  abì-l-'Asmà  al-Khat_h'anii  al-Fira'i  presente  alla  presa  di  Qay- 
sariyyah, è  detto  che  Mu'àwiyah  b.  abì  Sufyàn  assediasse  la  città  per  sette 
anni  meno  qualche  mese.  Nella  città  erano  100,000  soldati,  80,000  Sama- 
ritani e  100,000  Ebrei:  fu  presa  per  tradimento  grazie  ad  una  galleria  sot- 
terranea rivelata  da  uno  degli  ostaggi  nel  campo  arabo  :  la  notizia  fu  portata 
ad  'limar  da  Tamim  b.  Warqà,  'arif  dei  Khath'am  (Yàqùt,  IV,  214-216). 

SIRIA.  —  La  presa  dì  Qaysariyyah  secondo  i  cronisti  siriaci  e  greci, 

§  34.  —  (Michele  Sirio).  In  quel  tempo  (ossia  nel  961  dei  Grreci,  cioè 
dei  Seleucidi  =  641-642  dell'È.  V.  =  18.-19.  H.j  i  Tayyàyé  devastarono  Ce- 
sarea di  Palestina.  A  cagione  delle  sue  bellezze  e  delle  sue  ricchezze,  a 
questo  si  possono  applicare  le  lamentazioni  pronunziate  a  causa  di  Geru- 
salemme. Infatti  i  savi  che  erano  in  essa  non  conobbero  il  Signore  e  gli 
antichi  non  compresero  il  giudizio,  sicché  le  sue  vie  e  le  sue  piazze  fui'ono 
riempite  d'-iniquità:  i  suoi  giovani  e  le  sue  vergini  si  sono  insozzati  in- 
sieme, i  clamori  di  noi  che  siamo  stati  governati  nell'ingiustizia,  sono  saliti 
alle  orecchie  del  Signore  ed  hanno  attirato  su  lei  il  furore  dei  Tayyàyé. 
Mu'àwiyah  venne  ed  accerchiò  la  città  per  mare  e  per  terra:  l'assalì  giorno 
e  notte,  dal  principio  del  Kanùn  I.  (dicembre)  sino  al  mese  di  'Ij^àr  (maggio). 
Gli  abitanti  non  poterono  ottenere  la  vita  salva.  Sessantadue  macchine  non 
cessarono  dal  lanciare  pietre,  ma  le  mura  non  si  aprivano  a  causa  della  loro 
solidità.  Infine  gli  assalitori  aprirono  una  breccia,  mentre  altri  salivano  sulle 
mura  con  il  mezzo  di  scale.  Si  combattè  per  tre  gioi'ni.  Alla  fine  i  Tayyàyé 
prevalsero.  Dei  sette  mila  Greci  che  difendevano  la  città,  una  parte  si  salvò 
nelle  navi.  Mu'àwiyah  prese  le  ricchezze  e  sottomise  la  popolazione  alle 
imposte  (Michel  Syrien,  II,  430-431). 

*   161.  21 


§§  n-1  S7. 


19.  a.  H. 


19-  a-  H-  La  nana/.ioiiL'  del  cronista  sirio,  nei  particolai'i  dell'assedio,  non  si  ac- 

[SIRIA.  -  La  presa  ,  -i-ìx-ì-j 

di  Qaysàrìyyah     ^'Oida  con  la  vorsioue   uiusulmana  e  mi  sombia  ispirata  e  travisata  da  me- 
secondo  i  croni-     niorie  e  impressioni  dei  tempi   delie  Crociate.  Se  gli  Arabi  avessero  real- 

sti    siriaci   6  PTfì- 

jjj  ]  monte  assalito  la  città  con   quei  mezzi  perfezionati  e  con  tali  risultati,  ne 

avremmo  sentito  menzione  anche  nelle  fonti  arabe. 

§  35.  —  (a)  La  presa  di  Cesarea  è  narrata  dal  cronista  siriaco  Dionigi 
di  Tell-Mahré  sotto  l'anno  963  dei  Seleucidi,  ossia  641-G42  dell' È.  V.,  che 
corrisponde  al  20.-21.  II.  (Denys,  pag.  6). 

(6)  Nell'anno  in  cui  regnò  Eraclio  il  Giovane  (anno  del  mondo  6133, 
ossia  il  641  dell' È.  V.),  Mu'àwiyah  espugnò  Cesarea  di  Palestina  dopo  un 
assedio  durato  sette  anni,  e  vi  massacrò  sette  mila  Greci.  (Theophanes, 
pag.  623;  id.  ed.  de  Boor,  pag.  341). 

In  (]uosta  e  in  altre  fonti  precedenti  il  ritorno  dei  numeri  7  e  7000  ha 
un  carattere  sospetto:  sembrano  numeri  convenzionali. 

SIRIA.  —  Presa  di  Qaysàrìyyah  (versione  di  Sayf  b.  'limar). 

§  36.  —  Le  seguenti  notizie  desunte  da  Sayf  b.  'Umar  racchiudono, 
nella  prima  parte,  tale  un  groviglio  di  spropositi  e  di  errori  cronologici,  che 
non  mette  davvero  il  conto  di  fermarsi  a  dipanarne  l'intricata  matassa. 
È  fatica  sprecata!  La  scuola  iraqense  pone  la  presa  di  Qaysàrìyyah  prima 
della  vittoria  di  Agnàdajn  (principio  del  13.  H.),  ma  dopo  la  battaglia  di 
Fihl  (fine  del  13.  H.!j.  Sayf  sembra  ignorare  il  gran  tempo  richiesto  nel- 
l'espugnare  la  fortezza  bizantina. 

§  37.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  abù  'Uthmàn,  e  da  altri).  Quando  abù 
'Ubaydah  b.  al-Garràh  e  Khàlid  b.  al-Walid  si  recarono  dal  campo  di  bat- 
taglia di  Filli  a  Hims,  'Amr  (b.  al-'As)  e  Suralibil  (b.  Hasanah)  posero 
assedio  a  Baysàn  e  la  espugnarono:  l'Urdunn  concluse  invece  un  trattato 
e  si  sottomise  ai  Musulmani.  Intanto  i  Greci  si  riunivano  in  ^gnàdayn, 
in  Baysàn  (!)  e  in  Ghazzah,  sicché  i  generali  musulmani  scrissero  al  Califfo 
'Umar,  descrivendogli  le  posizioni  prese  dal  nemico  nelle  varie  parti  del 
paese,  e  chiedendo  istruzioni  per  continuar  la  campagna.  Il  Califfo  scrisse 
allora  a  Yazid  b.  abi  Sufyàn,  luogotenente  in  Damasco,  di  mandare  il  fra- 
tello Mu'àwiyah  contro  la  città  di  Qaysàriyyah:  allo  stesso  tempo  diede 
ordini  ad  'Amr  (b.  al-'As)  di  marciare  contro  al-Artabùn  (Aratyùn?),  e 
ad  'Alqamah  di  aggredire  al-Fìqàr  (■). 

I  vari  generali  misero  in  esecuzione  gii  ordini  avuti  dal  Califfo,  e 
Mu'àwiyah  si  avanzò  per  aggi'edire  la  città  di  Qaysàriyyah.  I  Greci  difen- 
sori erano  comandati  da  un  certo  Abina  (?),  il  quale  tentò  d'impedire  ai 
Musulmani    d'avvicinarsi    alle   mura,  ma  fu  sconfitto  e   costretto  a  cercar 

162. 


19.  a.  H.  §§  37,  38. 

rifLiario  nella  fortezza;  della  quale  Mu'àwivah  incominciò   allora  l'assedio.  ^^-  ^-  ^■ 

T    aZ-  ■    f  ■...-.  "  •     .•  •       [SIRIA.-  Presa  di 

I  diiensori  lecero  ripetute  sortite,  ma  vennero  sempre  respinti  con  gravi  Qaysariyyah.l 
perdite,  ed  in  una  grande  sortita,  che  tentarono  con  tutte  le  loro  forze, 
subirono  una  disfatta  terribile,  nella  quale  perdettero  80,000  uomini  nella 
battaglia  e  altri  20,000  nella  fuga.  Per  portare  l'annunzio  della  vittoria  al 
Califfo,  Mu'àwÌ3'ah  spedi  quattro  ambasciatori,  ossia  prima  due  uomini  dei 
banù-l-Dubayb,  e  poi  'Abdallah  b.  'Alqamah  al-Firàsi,  e  Zuhaj-r  ibn  al- 
Hilàb  al-Khath'ami  (T  a  bari,  I,  2396-2397)0. 
Cfr.  Furàt,  fol.   108,r. 

Nota  1.  —  A  proposito  dell'assedio  di  Qaysàriyyali  Sayf  b.  'Umar  ci  ofipre,  in  una  tradizione 
(cfr.  Tabari,  I,  '2398,  lin.  8  e  segg. ;  senza  isnàdi,  un  bell'esempio  dei  suoi  pasticci  cronologici.  Egli 
afferma,  che  prima  e  dopo  la  vittoria  di  Qaj'sàriyyah,  Mu'àwiyab  tenesse  i  prigionieri  greci  in  custodia 
presso  di  sé,  dicendo:  «Quello  cbe  fa  (^l' iniperatoi-e  !  ;  Mikhà-il  con  i  nostri  prigionieri,  faremo  noi  con  i 
«suoi  prigionieri!».  Allude  cioè  ad  un  fatto  avvenuto  molti  anni  dopo  (cfr.  Balàdzuri,  190),  dimen- 
ticando che  in  quello  stesso  anno,  come  egli  stesso  narra  in  un'altra  tradizione,  viveva  ancora  l'im- 
peratore Eraclio. 

Cfr.  anche  Wellhausen  Skizz. ,  VI,  66,  nota  2. 

SIRIA.  —  Assedio  di  Ghazzah  (cfr.  13.  a.  H.,  §  49). 

§  38.  —  (Sayf  b.  'limar).  'Alqamah  b.  Mugazziz  andò  a  porre  assedio 
ad  al-Fiqàr  in  Ghazzah.  Si  dice  che  durante  alcune  trattative  'Alqamah 
stesso,  fingendo  di  essere  il  proprio  ambasciatore,  penetrasse  nella  fortezza 
a  parlare  con  al-Fiqàr.  Questi  diede  allora  istruzioni  ad  un  tale  di  aspettar 
l'ambasciatore  per  istrada  ed  ucciderlo,  ma  'Alqamah,  avendo  intuito  quello 
che  si  tramava  contro  di  lui,  si  salvò  con  una  piccola  astuzia,  che  indusse 
al-Fiqàr  a  mandare  un  contrordine  al  sicario,  vietandogli  di  aggredire 
l'ambasciatore  musulmano.  Dopo  questa  esperienza  'Alqamah  non  ripetè 
più  la  prova.  Egli  agi  come  agi  'Arar  (b.  al-'As)  con  al-Artabùn  (Ara- 
tyùn)   (Tabari,  I,  2696). 

Un  episodio  identico  abbiamo  infatti  avuto  precedentemente  a  propo- 
sito della  campagna  di  'Amr  b.  al-'As  prima  di  Agnàdayn  (cfr.  13.  a.  H., 
§  50)  :  è  un  tema  tradizionistico  che-  si  ripete  in  varie  circostanze  (cfr.  più 
avanti,  §  63)  e  quindi  non  ha  valore  storico. 

La  notizia  incompleta  di  Sayf,  sebbene  posta  da  lui  erroneamente 
prima  di  Agnàdayn,  ha  per  noi  un  certo  valore,  in  quanto  è  un  indizio 
che  dopo  la  caduta  di  Qaysàriyyah  e  non  prima  avvenisse  la  presa  di 
Ghazzah.  Avremmo  cioè  a  ritenere  che  'Amr  b.  al-'As  nell' invadere  l'Egitto 
lasciasse  alle  spalle  varie  città  ancora  in  mano  dei  Greci.  Questa  è  un'altra 
prova  del  carattere  vero  dell'iniziativa  di  'Amr:  un  atto  cioè  d'insubordi- 
nazione all'insaputa  del  Califfo,  e  compiuto  per  dispetto  della  nomina  di 
Mu'àwiyah.  La  presa  di  Ghazzah  fu  contemporanea  a  quella  di  'Asqalàn, 
di  cui  fa  un  cenno  al-Balàdzuri  nel  precedente  §  31. 

163. 


§§  8841.  19'    ^'    H. 

19-  a-  H.  Ciò  conferma  che  la  presa   di   Ghazzah   sia   da   porsi,   come   dicemmo 

di  Ghazzah!]*  '°     gi^   i"   '^Itro   luogo   (cfr.    U$.   a.    H.,   §  202,  e   nota   2),   molto   tempo   dopo 
Agnàdayn. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  —  Incursioni  musulmane  in  territorio  greco. 

§  39.  —  (Michele  Sirio).  Dopo  la  presa  di  Qaysàriyyah  gli  Arabi  sali- 
rono nel  paese  degli  Ebrei.  Mu'àwiyah  incoraggiava  le  sue  genti  dicendo: 
«  Noi  saliamo  in  un  paese  che  è  pieno  d'oro  e  di  ricchezze  di  tutte  specie: 
«  il  Signore  ce  lo  consegnerà  a  causa  dei  peccati  dei  suoi  abitanti  ». 

(Gli  Arabi)  passarono  in  Cilicia,  saccheggiando  e  facendo  prigionieri  : 
arrivarono  ad  Euchaita  senza  che  la  popolazione  se  ne  avvedesse  :  s' im- 
padronirono subito  delle  porte  e  quando  arrivò  Mu'àwiyali,  diede  ordine 
di  passare  gli  abitanti  a  fil  di  spada  :  egli  piantò  sentinelle  affinchè  nes- 
suno sfuggisse.  Dopo  aver  riunito  tutte  le  ricchezze  della  città,  si  misero 
a  torturare  i  capi,  affinchè  rivelassero  le  cose  nascoste.  I  Tayyàyé  me- 
naron  via  schiavi  tutti  gli  abitanti,  uomini,  donne,  giovani  e  fanciulle  e 
compierono  un'orgia  spaventosa  in  quella  città  disgraziata:  commisero 
iniquamente  impurità  in  mezzo  alle  chiese.  Essi  ritornarono  festosi  nel 
loro  paese. 

.Queste  cose  accadevano  nell'anno  961   dei   Greci  [=641-642  Èra  Vol- 
gare =18.-19.  H.]  (Michel    Syrien,  II,  431). 

SIRIA.  —  Ordinamenti  amministrativi. 

§  40.  —  (al-'Abbàs  b.  Hisàm  al-Kalbi,  da  suo  padre  [Hisàm  ibn  al- 
Kalbi],  da  Ga'fàr  b.  Kilàb  al-Kilàbi).  (Dopo  la  morte  di  Yazìd  b.  abi  Sufyàn?) 
il  Califfo  'limar  prepose  'Alqamah  b.  'Ulàtiiah  b.  'Awf  b.  al-Ahwas  b.  Ga'far 
b.  Kilàb  sopra  il  Hawràn,  quale  rappresentante  e  dipendente  di  Mu'àwiyah 
(governatore  della  Siria).  'Alqamah  rimase  al  governo  del  Hawràn  fino  alla 
morte;  e  si  narra  che  mentre  egli  era  in  quella  carica,  mandasse  a  chia- 
mare il  famoso  poeta  al-Hutayah,  ma  questi  arrivasse  presso  Alqamah 
quando  il  governatore  aveVa  già  cessato  di  vivere.  Sulla  qual  cii'costanza 
al-Hutayah  compose  poi  alcuni  versi  (Balàdzuri,   128-129). 

SIRIA.  —  Ordinamento  militare  della  costa  mediterranea. 

§  41.  —  (abù  Hafs  al-Sàmi,  da  Sa'id  b.  Abd  al-'aziz).  Dopo  la  morte 
di  suo  fratello  Yazìd,  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn  scrisse  al  Califfo  'Umar, 
descrivendogli  lo  stato  (inerme)  della  costa  siria:  pei'ciò  'Umar  gli  rispose 
ordinandogli  di  restaurare  le  fortezze,  e  munirle  di  guarnigioni  :  di  porre 
corpi  di  guardia  nelle  torri  di  osservazione  (m  a  n  à  z  i  r)  e  fissare  in  certi 

164. 


diterranea.] 


19.    B.,    H.  §§  41-44. 

punti  i  fari  (ai-ma  wàq  i  d),  ma  gli  vietò   di    fare    qualunque    spedizione  19.  a.  h. 

/T->     1  -  j  1  r>o\  [SIRIA.  -  Ordina- 

per  mare  (Baladzuri,   128).  ^^„,„  ^.^.^^^^ 

Su  questo  divieto  di  navigare,  che  si  attribuisce  ad  'limar,  abbiamo        ^^^''^  costa  ma- 
gia discorso  in  un  paragrafo  precedente  (cfr.   16.  a.  H.,  §  328). 

MESOPOTAMIA.  —  Nuove  conquiste  musulmane. 

§  42.  —  [a)  Le  due  seguenti  tradizioni  sono  le  sole  che  possiamo 
porre  sicuramente  sotto  l'anno  19.  H.:  è  in  realtà  la  .semplice  continua- 
zione delle  notizie  che  abbiamo  raccolto  altrove  (cfi-.  18.  a.  H..  §§  85  e 
segg.),  è  l'anello  di  congiunzione  tra  gli  eventi  narrati  sotto  l'anno  18.  e 
quelli  che  narreremo  sotto  l'anno  20.  H.  —  È  chiaro  però  dal  contesto  ge- 
nerale di  tutte  le  fonti  che  molte  notizie  non  si  possono  distribuire  cro- 
nologicamente con  vera  esattezza:  la  vaghezza  cronologica  delle  nostre 
fonti  ce  lo  vieta.  Si  veggano  per  la  continuazione  le  notizie  date  più  avanti, 
20.  a.  H.,  §§  25  e  segg. 

(6)  (abù  Aj-j'ùb  al-Raqqi  al-Mu-addab,  da  al-Haggàg  [b.  YùsufJ  b.  ahi 
Mani'  al-Rusàfi  [f  222.  a.  H.],  da  suo  padre  [Yùsuf  b.  abi  Mani"  al-Rusàfi],  da 
suo  nonno  [abìi  Mani'  'Ubajdallah  b.  abi  Zi}  ad  al-Rusàfi]).  In  questo  anno 
'lyàd  b.  Ghanm  sottomise  Tali  Mawzin  alle  stesse  condizioni  di  al-Ruhà*.  Poi 
mandò  Habìb  b.  Maslamah  al-Fihri  contro  Qarqìsiyà,  che  si  arrese  con  un 
trattato  di  pace  simile  a  quello  di  al-Raqqah.  La  città  di  Amid  si  arrese  a 
'lyàd  alle  stesse  condizioni  di  al-Ruhà-  e  senza  fare  opposizione  alcuna.  Seguì 
la  sottomissione  di  Mayyàfariqìn,  di  Hisn  Kafartùthà,  e  infine  di  Nasibin, 
dopo  una  certa  resistenza,  ma  pur  sempre  alle  stesse  condizioni  di  al-Ruhà" 
così  del  pari  furon  sottomesse  Tur  'Abdin,  Hisn  Màridin  e  Darà.  Alle  stesse 
condizioni  di  Nasibin  si  arresero  Qarda  e  Bàzabda.  Il  patrizio  di  al-Zawzàn 
venne  incontro  a  'Ij'àd  e  fece  un  trattato  per  le  proprie  terre,  pattuendo  il 
pagamento  di  una  somma  annua  (itàwah).  Tutto  ciò  accadeva  nel  cor.so 
dell'anno  19.  H-.  ed  ai  primi  del  Muharram  del  20.  H.  (Balàdzuri,  176-176). 

§  43.  —  Secondo  al-Khuwàrizmi,  'lyàd  b.  Ghanm  nell'anno  19.  H. 
espugnò  Nasibin,  Tur  'Abdin  e  Kardu  (Baethgen,   110-111. 

ARMENIA.  —  Invasione  musulmana. 

§  44.  —  (al-Dzahabi).  Nell'anno  19.  H.  il  Califfo  'Limar  mandò  'Uthmàn 
b.  al-'As  nella  Quarta  Armenia  (Arminiyah  al-Ràbi'ah)  durante  la  spedi- 
zione vi  fiu'ono  alcuni  combattimenti,  in  cui  perì  Safwàn  b.  al-Mu'attal  b. 
Rakhasah  al-Sulami  al-Dzakwàni  Compagno  del  Profeta.  Alcuni,  tra  cui 
al-Wàqidi,  dicono  invece  che  egli  perisse  presso  Sumaysàt  nell'anno  60.  H. 
(Dzahabi    Paris,  I,  fol.   132,r.-132,v.). 

165. 


§  46.  ^9.  a.  H. 

19  a  H.  EGITTO.  —  La  campagna  di    Amr  b.  al-  Às  sino  all'assedio  di  Ba- 

[EGITTO.-Lacam-  . 

pagnadi   Amrb.       bllonia    d    EglttO. 

ai-Assinoaiias-  g  45.  —   Allorché    ebbo    varcato    il    confine    egiziano  (cfr.    18.  a.    H., 

sedìo  dì  Babilo-      „„    ^_  .  s  •    ,.  •    •       i  i    i  n        •  i        ■  -,     , 

nia  d'Egitto!  §§  1  ' *J  e  segg.)  e  SI  TU  avvicinato  al  terreno  alluvionale,  inondato  annual- 
mente dal  Nilo,  ad  'Amr  b.  al-'Às  era  aperto  un  solo  cammino,  quello 
cioè  che  lungo  il  deserto  menava  diritto  al  punto  dove  oggi  sorgo  la  città 
del  Cairo.  La  necessità  di  siffatta  mossa  strategica  riesce  palese,  qualora 
si  studi  il  tracciato  sulla  carta  geografica.  Il  sito  del  Cairo  è  la  chiave 
strategica  dell'Egitto:  ivi  si  restringe  il  triangolo  del  Delta  Niliaco,  dove 
il  Nilo,  uscendo  dalla  sua  valle  ristretta,  apresi  a  ventaglio  dividendo  le 
sue  acque  per  vari  bracci  e  canali,  prima  di  gettarsi  nel  mare.  Tale  con- 
figurazione singolare  del  sistema  fluviale  niliaco  rende  materialmente  im- 
possibile per  un  esercito  nemico  di  traversare  direttamente  il  Delta  da 
oriente  a  occidente,  o  viceversa;  ma  chi  ha  invece  in  suo  potere  il  sito 
del  Cairo  moderno,  non  solo  domina  le  comunicazioni  tra  il  basso  e  l'alto 
Egitto,  ma  può  anche  mediante  le  varie  ramificazioni  del  fiume,  facilmente 
recarsi  in  qualunque  punto  del  Delta.  Tutto  il  basso  Egitto  è  interamente 
alla  mercè  di  chi  tiene  la  posizione  del  Cairo.  I  Romani,  valenti  e  periti 
strateghi,  avevano  infatti  costruito  una  fortezza,  detta  Babilonia,  assai  ben 
munita  nel  punto  più  stretto  della  valle  dove  il  Nilo  sbocca  nel  Delta. 
Ivi  sulla  riva  arabica  del  Nilo,  a  breve  distanza  al  sud  del  Cairo  odierno, 
i  monti  aridi  del  deserto  si  spingono  innanzi  sin  quasi  a  essere  lambiti 
dal  fiume  :  ai  tempi  della  conquista  araba  il  Nilo  seguiva  un  corso  piia 
rasente  i  monti  della  riva  arabica,  ed  in  un  punto,  oggi  chiaramente  vi- 
sibile a  sud  delle  rovine  di  Cairo  vecchio,  lambiva  addirittura  la  collina. 
Il  fiume  bagnava  altresì,  come  vedremo,  le  mura  occidentali  della  fortezza. 
Babilonia,  che  in  siffatto  modo,  grazie  anche  al  ponte  che  congiungeva  le 
due  sponde,  valendosi  dell'  isola  di  al-Rawdah,  dominava  tutto  il  corso  del 
Nilo.  La  fortezza  quindi  non  solo  comandava  il  transito  fluviale  tra  il  nord 
e  il  sud,  ma  custodiva  altresì  il  punto  più  comodo  e  facile  per  varcare  il 
fiume  e  giungere,  attraverso  il  villaggio  di  Grizah,  alla  riva  Libica  del  Nilo. 

La  fortezza  romana  di  Babilonia  era  stata  restaurata  e  fortificata  a 
nuovo  dai  Grreci,  e  se  bene  intendesi  un  passo  della  così  detta  profezia, 
nella  biografia  Vie  de  Shenoudi  (M ém.  Miss.  Ardi.  Franp., 
tom.  IV,  I,  pag.  340),  era  stata  di  recente  un'altra  volta  rifortificata  dal 
patriarca  Ciro,  forse  allarmato  dalle  continue  notizie  di  vittorie  musul- 
mane, e  intimorito  dalla  possibilità  di  un'  invasione  araba. 

Per  comprendere  però  il  tenore  preciso  delle  tradizioni  seguenti  bi- 
sogna aver  presente  che  la  fortezza  di  Babilonia  si  trovava  al  vertice,  per 

166. 


19.  a.  H.  §  45. 

così  dire,  del  triangolo  formato  dal  Delta,  e  che  dalla  sua  parte  settentrio-  ^^-  ^-  ^■ 

■        -,  HIT  •       1-     A       1  •  [EGITTO.- La cam- 

uale,  ossia  da  quella  donde  apparito  sarebbero  poi  venuti  gli  Arabi,  sten-        pagna  dì  Amr  b. 
devasi  allora  un  centro  abitato,  che  le  fonti   arabe    chiamano    Umm   Du-        ai-Àssinoaii'as- 

_  ,  _  sedio  di  Babilo- 

nayn,  e  Giovanni  di  Niqyus  dice  avesse  nome  Tandunyàs.  Lo  Zotenberg  nia  d'Egitto.] 
ha  creduto  che  questo  villaggio  si  trovasele  al  sud  di  Babilonia,  ma  tale 
supposizione  è  del  tutto  erronea;  è  chiaro  che  il  dotto  orientalista  francese 
non  conosceva  i  luoghi.  Al  sud  di  Babilonia  non  v'è  posto  per  una  città, 
perchè  il  fiume,  come  si  è  detto,  un  tempo  lambiva  la  collina  stessa,  ac- 
costo alla  quale  sorge  la  fortezza  di  Babilonia.  Nel  breve  tratto  di  terreno 
libero  al  sud  della  fortezza  non  v'è  infatti  traccia  di  edifizi  antichi  di  ve- 
runa specie,  tranne  quella  d'un  tempio  egiziano  antico,  che  pare  sorgesse 
presso  al  promontorio  roccioso,  a  mezzo  chilometro  circa  al  sud  di  Babilonia. 

Umm  Dunayn,  o  Tandunyàs,  stendevasi  invece  al  nord  del  piano  aperto 
dinanzi  a  Babilonia,  non  lungi  dal  sito  dove  poi  sorse  la  città  di  al-Fustàt, 
0  Misr,  che  in  appresso  per  continua  migrazione  si  è  estesa  verso  il  nord, 
il  Cairo  moderno. 

I  Greci  pare  fortificassero,  già  si  disse,  Babilonia,  e  più  tardi,  come 
vedremo,  concentrassero  un  nucleo  di  forze  considerevoli  in  Heliopolis,  che 
giace  a  una  certa  distanza  al  nord  di  Babilonia,  sulla  via  che  mena  in 
Sfria;  tuttavia  pare  altresì  che  Umm  Dunayn,  o  Tandunyàs,  non  fosse  mu- 
nita in  modo  permanente,  ma  avesse  soltanto  una  piccola  fortezza  distinta 
da  quella  di  Babilonia. 

È  probabile  che  il  centro  abitato  al  nord  ed  all'est  della  tortezza  di 
Babilonia,  fosse  distaccato  da  Umm  Dunayn  (= 'Tandunyàs). 

Premesso  ciò  è  evidente  che  l'obbiettivo  strategico  di  'Amr  b.  al-'As 
doveva  essere  uno  solo:  arrivare  a  Babilonia  ed  impadronirsene:  egli  dive- 
niva così  di  fatto  padrone  della  valle  Niliaca,  perchè  la  strangolava  nel 
suo  punto  più  vitale  e  tagliava  tutte  le  comunicazioni  tra  l'alto  e  il  basso 
Egitto.  Anche  senza  essere  padrone  di  Babilonia,  ma  solamente  tenendo 
a  bada  la  guarnigione  con  una  parte  delle  proprie  schiere,  poteva  razziare 
a  volontà,  con  le  altre,  tutto  l'alto  Egitto  ed  i  lembi  del  Delta,  lanciando 
i  cavalieri  lungo  l'orlo  pianeggiante  del  deserto,  tutto  aperto  agli  Arabi. 

Per  ottenere  questo  scopo  occorreva  però  assicurarsi  in  primo  luogo 
le  comunicazioni  con  la  Siria  e  l'Arabia,  per  ricevere  liberamente,  volendo, 
i  rinforzi:  questo  ci  spiega  le  prime  mosse  di  'Amr  e  l'occupazione  di  quei 
luoghi  fortificati,  di  cui  si  trova  menzione  nei  paragrafi  seguenti,  e  la  sua 
marcia  su  Babilonia  lasciando  in  disparte  tutti  i  villaggi  del  Delta.  È  chiaro 
che  'Amr  e  i  suoi  consiglieri  conoscevano  bene  l'Egitto  ed  avevano  un 
piano  di  guerra  chiaro,  semplice  ed  efficace.    Occupate  infatti   successi-\'a- 

167. 


§§  45,  46.  19'    a»    H. 

19-  a-  H-  mente  al-Faramà  e  Bilba}»,  'Amr  b.  al-'As  mosse  contro  la  piccola  città  di 

lEGITTO.-Lacam-       ^^  ._  ,_,         ,_  x     ,  ,  i  /■      .-r.       , 

pagna  di  Amr  b.  Umm  Dunayn  (Tandunyas),  la  quale  poco  ben  fortificata  oppose  esigua  re- 
ai- As  sino  alias-  sistenza.  Gli  Arabi  occuparono  la  città  e  poi,  non  avendo  forze  sufficienti 
niad' Egitto!  I'^^"  stringere  di  regolare  assedio  la  fortezza  di  Babilonia,  ma  consapevoli 

che  i  Bizantini  erano  anch'  essi  poco  numerosi,  si  slanciarono  in  schiere 
volanti  in  varie  direzioni,  molestando  il  paese  coltivato,  e  scorrendo  tutte 
le  terre  che  non  opponessero  difficoltà  materiali  al  movimento  della  loro 
cavalleria:  le  schiere,  trovando  il  paese  sguernito  di  difensori,  varcai'ono  il 
fiume  Nilo,  razziarono  al-Fayyùm  e  si  spinsero  lino  alla  provincia  di  Usyùt, 
nell'Alto  Egitto,  inferocendo  contro  i  Bizantini  ovunque  li  trovassero. 

Vi  fu  quindi  un  periodo  di  anarchia  o  guerra  barbarica,  durante  la 
quale  accorsero  nuove  schiere  di  Arabi,  in  parte  mandate  dal  Califfo  limar 
ed  in  parte  volontari  ed  avventurieri,  che  si  vennero  man  mano  raccogliendo 
sotto  il  comando  di  'Amr.  Intanto  anche  i  Bizantini  venivano  alla  riscossa 
e  un  forte  nucleo  di  armati  si  andò  concentrando  in  Heliopolis,  per  ta- 
gliare fuori  gii  Arabi  in  Egitto,  dai  loro  consanguinei  in  Asia,  e  impedire 
l'affluir  di  nuove  forze  dall'est.  Contro  questo  nucleo  'Amr  b.  al-'As  riunì 
le  sue  schiere  sparse,  e  vinse  la  battaglia  di  Heliopolis.  Forte  del  prestigio 
di  tanta  vittoria,  tenne  raccolte  le  sue  genti  e  mosse  all'assedio  regolare 
di  Babilonia,  poco  prima  che  incominciasse  l'alluvione    annuale  del  Nilo. 

Questa  è  incirca  la  tela  storica  della  campagna  egiziana  nell'anno  19.  H. 

§  46.  —  La  cronologia  di  detta  campagna  è  fissata  abbastanza  pre- 
cisamente dai  seguenti  dati  : 

Il  10 '  Dzu-1-Higgah  del  18.  H.  =  12  dicembre  639,  gli  Arabi  varcarono 
il  confine  egiziano  (cfr.   18.  a.  H.,  §   190). 

Nel  maggio  del  640  (ossia  Grumàda  I.  19.  H.),  secondo  Giovanni  di 
Niqyùs,  vi  fu  la  razzia  araba  nell'al-Fayyum  (cfr.  §  74). 

Il  6  giugno  640  [?]  (ossia  il  9  Gumàda  II.  19.  H.)  arrivarono  i  rin- 
forzi dall'Arabia,  a  quel  che  afferma  Severus  di  Usmunayn  (cfr.  §  66). 

La  battaglia  di  Heliopolis  fu  combattuta  circa  nel  luglio  640  (ossia 
Ragab  19.  H.),  cui  segui  l'occupazione  di  Misr  (cfi'.  §  75). 

L'assedio  della  fortezza  di  Babilonia,  durò  sette  mesi  secondo  al-Kindi 
(cfi*.  20.  a.  H.,  §  81)  e  siccome  la  fortezza  cadde  nel  lunedì  di  Pasqua  = 
9  aprile  641  (cfi'.  20.  a.  H.,  §  144  e  nota  1),  è  necessario  che  avesse  prin- 
cipio nel  settembre  640  (ossia  Eamadàn  19.  H.),  ossia  appena  cessata  la 
inondazione  estiva  del  Nilo. 

Tale  schema  rivela  che  'Amr,  dopo  aver  varcato  il  confine  egiziano, 
passò  parecchi  mesi  a  razziare  il  lembo  orientale  del  paese  coltivato,  tor- 
mentando le  città  poste  sul  cammino  tra  Misr  ed  il  confine,  sinché  le  ebbe 

168. 


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III* 

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DUE  VEDUTE  DELLE  COLLINE  A  ORIENTE  DELLA  FORTEZZA  DI  BABILONIA 


Danesi  -  Roma 


19.  a.  H. 


§§  46,  47. 


costrette   a  venir   a   patti   con   lui  ed  a  lasciargli  così  libera  ed  aperta  la  ^9  a-  h. 

,         ...       ,        .  ,.  .  °     ,,.,../.      -r  [EGITTO.- La  cam- 

via,  0  per  la  ntn-ata  m  caso  di  rovescio,   o  per  1  arrivo   dei  rintorzi.    La        pagna  di  Amr  b. 
distanza  tra  il  confine  dell' Egitto  ed  Heliopolis  è  circa  di  duecento  chilo-        ai-Assìnoaii'as- 

,.  ,,....     ^,.     .        ,  .  sedio  di   Babilo- 

metri,  ossia  una  marcia  di  meno  che  dieci  giorni,  (tu  Arabi  vagarono  per  f,j3  d'Egitto.l 
sei  mesi  in  Egitto  prima  di  battersi  con  i  Greci  in  battaglia  campale, 
perchè  erano  in  al-' Aris  il  12  dicembre  del  639,  e  la  battaglia  di  Helio- 
polis fu  combattuta  nel  luglio  del  640.  Questa  lentezza  ci  rivela  chiara- 
mente il  carattere  predatorio  della  prima  incursione  araba.  Si  trattava  di 
scoprire  quali  mezzi  avessero  i  Greci  per  difendere  l'Egitto.  Questi  risul- 
tarono scarsi  ed  inefficaci:  gli  Arabi  intensificarono  le  razzie  varcando 
persino  il  fiume  e  predando  ambedue  le  rive,  ma  senza  cimentarsi  a  bat- 
taglia campale  con  i  Greci.  Così  perturbarono  il  nemico  e  guadagnando 
tempo  e  conoscenza  dei  luoghi  attesero  i  rinforzi  di  volontari  e  di  schiere 
mandate  dal  Califfo.  Quando  questi  furono  arrivati,  nel  giugno,  mossero 
all'assalto  delle  posizioni  greche  in  Heliopolis  e  sconfissero  i  Bizantini  nel 
mese  successivo,  in  luglio,  occupando  Umm  Dunayn  e  Misr,  prima  che  in- 
cominciasse l'alluvione  annuale  del  Nilo. 

Durante  l' inondazione  i  Copti  delle  campagne  nel  Delta  aprirono  trat- 
tative per  la  resa  dell'  Egitto  agli  invasori,  ma  non  i  Greci  in  Babilonia  : 
della  quale,  quando  calarono  le  acque,  in  ottobre,  gli  Arabi  intensificarono 
l'assedio  regolare  (inverno  640-641). 

§  47.  —  Affinchè  lo  studioso  abbia  insieme  tutti  gli  elementi  di  ricerca 
e  di  confronto,  diamo  ora  in  fine  la  ricostruzione  degli  eventi  dell'anno  19.  H. 
secondo  il  Butler,  il  quale  ha  più  completamente  di  tutti  esaminato  la 
questione  dando  una  soluzione  che  solleva  alcune  questioni  difficili. 

n  Butler  (pag.  207  e  seg.)  respinge  la  notizia  che  Ciro  pagasse  un 
tributo  agli  Arabi  per  tenerli  lontani  dall'  Egitto,  e  sostiene  che  egli  facesse 
restaurare  le  fortificazioni  di  Babilonia.  Lo  storico  inglese  segue  la  versione 
arabica  del  varco  di  Wàdi  al-' Aris  alla  fine  dell'anno  18.  H.,  accetta  l'as- 
sedio di  al-Faramà  (ossia  Pelusium)  durato  un  mese  o  due,  ma  respinge  la 
notizia  che  i  Copti  già  sin  da  ora  prestassero  aiuto  agli  Arabi.  Il  Butler 
si  meraviglia  che  i  Greci  lasciassero  gli  Arabi  cingere  tranquillamente  d'as- 
sedio questa  città  per  tanto  tempo,  considerato  che  un  esercito  di  10  mila 
uomini  sarebbe  bastato  forse  a  sbaragliare  gl'invasori  in  questa  prima  fase. 
Egli  trova  sola  spiegazione  di  tale  inoperosità  in  un  calcolo  premeditato 
di  Ciro,  di  tradire  l' Egitto  nelle  mani  degli  Arabi,  per  rendere  il  patriar- 
cato di  Alessandi'ia  indipendente  da  Costantinopoli.  Non  possiamo  accet- 
tare questa  spiegazione,  perchè  nulla  prova  direttamente  tale  proposito 
suicida  di  Ciro.  —  La  descrizione  che  abbiam  fatto  delle  condizioni  mili- 

169.  22 


§  47. 


19.  a.  H. 


19-  a-  H-  tari  di'ir  impero    bizantino    porge    ampia  (h1  esauriente  giustificazione  per 

pagnadi  Amrb.     l'inoperosità  di  Ciro,  ed  i  fatti  successivi  stanno  tutti  a  testimoniare  l' im- 
ai- AssinoaM'as-     potenza  militare  dei  Bizantini. 

sedio  di  Babilo-  ,  ,       -,    t»    .i  ■  »  •  ,i  ^      ■     n        ■  i       .       •      i-     t-> 

nia  d'Egitto.!  Secondo  il   Butler,    Amr    ricevette  ora  vari  rmiorzi  volontari    di    Be- 

duini, e  oltrepassato  Migdol  nel  deserto,  quindi  il  punto  detto  oggi  al- 
Qantarali  sul  canale  di  Suez,  sempre  per  la  via  del  deserto,  toccò  Salà- 
liiyyah,  o  Qassassìn,  varcò  i  monti  del  Wàdi  Tùmilat  e  assalì  Bilbays.  Nei 
tatti  che  avvennero  intorno  a  questa  città  il  Butler,  poco  pratico  del  re- 
lativo valore  delle  tonti  arabe,  si  perde  a  discutere  le  eiTonee  affermazioni 
di  Sayf  h.  'Umar  sui  due  vescovi,  e  su  quell'Artabiin  (Aratyùn,  o  Aretion), 
il  governatore  greco  di  Gerusalemme  fuggito  in  Egitto.  D'altra  parte  ac- 
cetta la  notizia  della  battaglia  presso  Bilbays,  la  sconfitta  dei  Greci,  l'as- 
sedio di  Bilbays  durato  un  mese  e  la-  caduta  della  città. 

Il  Butler  sostiene  che  Amr  b.  al-'As,  evitata  Heliopolis,  piombasse 
su  Umm  Dunayn  posta  sul  Nilo  a  nord  di  Babilonia,  nel  cuore  del  Cairo 
odierno.  Allora  finalmente  i  Greci  sotto  un  generale  inetto,  Teodoro,  e  con 
Ciro  al-Muqawqis,  accorrono  in  aiuto  di  Babilonia;  e  grazie  alle  buone  for- 
tificazioni anche  la  cittadella  di  Umm  Dunayn  resiste  per  varie  settimane 
agli  Arabi.  La  posizione  dei  quali  diviene  ora,  secondo  il  Butler,  piuttosto 
critica:  Amr  allora  si  prefigge  di  fare  un'incursione  nel  Fayyùm  e  per 
riescire  decide  di  prendere  Umm  Dunayn.  Come  facesse,  confessa  il  Butler, 
non  è  chiaro,  ma  grazie  ad  un  immane  sforzo  la  città  fu  presa,  e  gli  Arabi 
vennero  in  possesso  delle  necessarie  imbarcazioni,  con  le  quali  'Amr  tra- 
sportò ora  tutte  le  sue  schiere  sull'altra  riva  del  Nilo. 

Le  difiìcoltà  sollevate  da  questa  ricostruzione  sono  parecchie,  sovrat- 
tutto  strategiche,  perchè  anzitutto  non  si  comprende  quale  ragione  possa 
mai  aver  indotto  'Amr  a  razziare  il  Fayyvim  nelle  circostanze  e  nel  modo 
voluto  dal  Butler.  Siccome  il  testo  di  Giovanni  di  Niqyùs  non  lascia  dubbio 
che  gli  Arabi  facessero  un'incursione  nel  Fayyùm  prima  della  caduta  di 
Babilonia,  il  Butler  ha  ragione  di  prenderla  in  considerazione.  Egli  però 
•non  rileva  il  fatto  che  la  narrazione  di  Giovanni  di  Niqyùs  in  uiun  modo 
implica  essersi  tutto  l'esercito  di  'Amr  b.  al-'As  spinto  nel  Fayyùm:  è 
chiaro  "invece  che  intendesi  soltanto  una  frazione  delle  forze  musulmane. 
L'errore  del  Butler  proviene  forse  dal  preconcetto  errato  che  egli  si  è  fatto 
della  campagna,  come  se  gli  Arabi  guerreggiassero  sempre  uniti  in  un  solo 
esercito  in  forma  regolare  e  sistematica.  Noi  riteniamo  invece  che  il  prin- 
cipio dell'invasione  egiziana  si  svolgesse  in  maniera  identica  a  quella  della 
Siria,  ossia  in  forma  di  razzia  di  schiere  mobilissime,  sparpagliate  in  tutto 
il  paese,  a  guisa  di   predoni,    sistema   reso   facile  e  proficuo   dalla  grande 

170. 


19.    a.    H.  §§  47,  48. 

debolezza  militare  dei  Grreci,   privi  di  milizie  sufficienti  per  munire  tutti  i  19.  a.  h. 

confini  e  ridotti  a  tenersi  quasi  immobili  nelle  immediate  vicinanze,  o  entro  le        pagna  di  Amr  b. 
mura  di  città  fortificate.  Il  resto  del  paese  fu  abbandonato  al  suo  destino,  e        ai-Assinoaii'as- 
gli  Arabi,  non  osando  penetrare  nel  laberinto  dei  canali  del  Delta,  seguendo        ^jg  ^.  ggjtto  i 
l'orlo  del  deserto,  appena  apertosi  un  varco,  con  la  sottomissione  di  al-Faramà 
e  Bilbays,  si  slanciarono  su  per  il  Nilo,  e  impossessandosi  di  qualche  imbarca- 
zione a  mezzodì  di  Babilonia,  varcarono  il  fiume  e  razziarono  il  Fa^^yùm. 

Il  Butler  (pag.  221)  nel  descrivere  la  marcia  di  'Amr  b.  al-'As  attra- 
verso il  sito  abbandonato  di  Memfi.  insiste  che  una  città  detta  Misr  si 
trovasse  sulla  riva  arabica  al  sud  di  Babilonia.  Non  comprendo  quale  ra- 
gione possa  averlo  indotto  a  creare  questa  città,  per  la  quale  le  tradizioni 
sull'invasione  non  ci  danno  alcun  ragguaglio  o  indizio.  Egli  non  ha  tenuto 
conto  del  fatto  che  al  sud  di  Babilonia  la  configurazione  dei  luoghi,  come 
già  si  disse,  non  ammette  l'esistenza  d'una  città,  tranne  a  volerne  supporre 
una  a  molti  chilometri  a  mezzodì  della  fortezza,  dove  non  sorse  mai  una 
città  di  Misr  e  dove  non  ne  esistono  nemmeno  le  traccie,  o  rovine. 

§  48.  —  Il  Butler  naiTa  la  spedizione  fayyùmica,  parafi'asando  un 
poco  la  narrazione  di  Giovanni  di  Niqj'ùs,  ed  ammette  che  la  spedizione 
fosse  di  esito  poco  felice,  perchè  gli  Arabi  non  s' impadronii'ono  della  città 
di  al-Fayyùm.  Intanto  avvicinandosi  i  rinforzi  dall'Arabia,  'Amr  secondo 
il  Butler,  ripassò  sulla  riva  araba  e  andò  ad  incontrare  le  schiere  ausi- 
liarie, mentre  d'altra  parte  i  Greci  venivano  radunando  forze  nei  pressi  di 
Babilonia.  Il  Butler  afferma  che  i  rinforzi  arrivarono  il  6  giugno  del  640, 
fondandosi  sulla  testimonianza  di  Severus  di  Usmùna3'n  (cfr.  Butler, 
pag.  529);  i  cui  errori  cronologici  accomodando  a  modo  suo  (cfr.  Butler, 
pag.  225,  nota  2),  sostiene  che  la  data  di  Severus  non  alluda  all'ingresso 
di  'Amr  in  Egitto,  ma  all'arrivo  di  codesti  rinforzi.  Ciò  è  possibile,  ma  non 
risulta  abbastanza  sicuro  dacché  l'anno  è  sbagliato,  seppur  il  giorno  ed  il 
mese  potrebbero  combinare.  Egli  si  maraviglia  che  i  Greci  non  riuscissero 
ad  impedire  agli  Arabi  di  ripassare  il  fiume  e  di  ricongiungersi  con  i  rin- 
forzi venuti  d'Arabia,  ed  afferma  che  'Amr  può  aver  varcato  il  Nilo  al  nord 
di  Babilonia  e  di  Umm  Dunayn.  Tutta  questa  parte  della  sua  ricostruzione 
storica  mi  sembra,  seppur  ingegnosa,  poco  verosimile  e  mal  fondata  di 
prove.  Il  Butler  sostiene  che  'Amr  al  suo  ritorno  sulla  riva  arabica  formò 
un  campo  presso  Heliopolis,  ma  in  siffatto  modo  egli  necessariamente  im- 
plica, per  parte  degli  Arabi,  un  abbandono  di  Umm  Dunayn,  che  giaceva 
tra  Babilonia  ed  Heliopolis.  Egli  crede  che  'Amr  volle  attirare  i  Greci 
lungi  dalle  fortificazioni  di  Babilonia.  Gli  Arabi  avrebbero  occupato  He- 
liopolis, e  Teodoro,  il  comandante    greco    sarebbe    mosso  contro  di  loro  e 

171. 


§§  48,  49. 


19.  a.  H. 


19.  a.  H. 
[EGITTO.- La  cam- 
pagna di  Amr  b. 
al-'Às  sino  all'as- 
sedio di  Babilo- 
nia d'  Egitto.] 


sarebbe  caduto  noli' imboscata  tesagli  da  'Ann-.  Il  piano  riuscì,  e  i  Greci 
assaliti  alle  spalle  durante  la  battaglia  furono  sconfitti:  Umm  Dunayn,  dice 
il  Butler  (pag.  233).  fu  presa  una  seconda  volta,  ed  i  superstiti  greci  rico- 
veraronsi  entro  la  fortezza  di  Babilonia,  300  uomini  in  tutto.  Quindi  la 
città  di  Misr.  a  mezzodì  di  Babilonia,  priva  di  difensori,  cadde  in  potere 
dei  Musulmani  senza  impiego  delle  armi.  Il  Butler  deduce  la  notizia  dal- 
l'intestazione del  capo  CXV  di  Giovanni  di  Niqyùs,  a  cui  perù  non  cor- 
risponde nulla  nel  testo.  Ora  obl)e  principio  l'assedio  di  Babilonia,  che 
fu  cinta  da  tutti  i  lati,  mentre  schiere  volanti  di  Arabi  rioccupavano  il 
Fa3'yùni.  Il  Butler  afferma  che  ora  i  Greci  erano  in  possesso  della  fortezza 
di  Babilonia  e  dell'isola  al-Rawdah,  congiunta  alla  fortezza  da  un  ponte  di 
ììarche,  dominando  ancora  la  via  fluviale  perchè  gli  Arabi  erano  privi  di 
imbarcazioni. 

Secondo  il  Butler  la  battaglia  di  Heliopolis  fu  combattuta  alla  metà 
di  luglio  del  640  (Butler,  pag.  235),  e  nel  settembre  dello  stesso  anno 
(Butler,  pag.  249),  ossia  Ramadàn  19.  H.  ebbe  principio  il  blocco  rego- 
lare di  Babilonia. 

Non  occorre  continuare  il  nostro  esame,  perchè  la  campagna  egi- 
ziana dell'anno  20.  H.  sarà  studiata  nell'annata  seguente  insieme  con  le 
tradizioni  che  la  riguardano. 

§  49.  —  Possiamo  noi  accettare  siffatta  ricostruzione?  Mi  pare  diffi- 
cile ammettere  le  due  prese  di  Umm  Dunayn,  per  cui  non  abbiamo  vestigio 
di  sorta  nelle  nostre  fonti.  Anche  la  spedizione  nel  Fayyum,  come  già  si 
disse,  è  messa  sotto  una  falsa  luce.  Non  è  necessario  presumere  una  prima 
presa  di  Umm  Dunayn  perchè  gli  Arabi  possano  razziare  il  Fayyum.  Al 
sud  di  Babilonia,  una  piccola  schiera  di  Arabi  poteva,  grazie  alle  deplo- 
revoli condizioni  militari  dell'Egitto,  passare  sull'altra  riva  ed  eludere 
quelle  poche  forze  che  i  Greci  avevano  a  loro  disposizione.  È  più  logico 
ritenere  che  tra  l'ingresso  di  'Amr  in  Egitto  e  la  battaglia  di  Heliopolis 
gli  Arabi,  come  uccelli  di  preda,  minacciassero  e  depredassero  tutto  il 
confine  orientale  del  rif  o  terreno  coltivato  ed  irrigato,  costringendo  gli 
abitanti  delle  città  più  esposte,  come  al-Faramà  e  Bilba3's,  ad  arrendersi 
a  patti,  e  che  tale  sistema  durasse  sinché  'Amr  ebbe  ricevuto  tutti  i  rin- 
forzi richiesti  al  Califfo,  o  imposti  dal  medesimo.  Allora  'Amr  battè  le 
schiere  greche  raccolte  in  Heliopolis  per  difendere  il  Delta,  e  poi  cinse  d'as- 
sedio Babilonia,  probabilmente  alla  fine  dell'inondazione  estiva.  Quindi 
invece  d'una  marcia  regolare  e  sistematica  d'un  esercito  di  conquista,  ab- 
biamo uno  stato  di  cose  analogo  a  quello  con  cui  gli  Arabi  inaugurarono 
l'invasione    della   Siria;    onde  'Amr,  nonché  trovarsi,   come  presuppone  il 


172. 


19.  a.  H. 


§§  49-53. 


Butler,    prima    della    spedizione   del   Fayyùra,   in  una  posizione   difficile  e  19.  a.  h. 

pericolosa  (Butler,  pag.  218),  non  concentrò  le  sue  forze  se  non  quando        pagna  di  Amr  b' 
ebbe  tutti  i  rinforzi,  e  sino  a  quel  momento  tenne  sparpagliate  le  sue  schiere        a'-As sino aii'as- 

1  -1  •  j    1    j  j.       j  !•/-(•  •  j.         ■  sodio  di    Babilo- 

lungo  il  margine  del  deserto,  dove  nessuno  dei  (jreci  osava  cimentarsi  con        ^^j^^  d'Egitto! 
lui,  mentre  gli  Arabi  erano  come  a  casa  loro. 

§  50.  —  Per  finire,  diremo  brevemente  del  Brooks  (Byzant.  Zeitsch., 
IV,  438-444),  il  quale  ha  felicemente  tentato  la  ricosti'uzione  cronologica 
dell'anno  20.  H.  ;  cui  il  Butler,  tranne  qualche  ritocco  qua  e  là,  ha  seguito 
interamente.  Noi  l'abbiam  rij)ortata  con  le  aggiunte  proposte  dal  Butler 
al  precedente  §  46. 

Il  Lane-Poole  {Hist.  of  Egypt  'ìì  ihe  Middle  Ages,  pag.  13,  nota  1) 
arriva  alle  stesse  conclusioni  del  Brooks.  Egli  chiama  però  la  cronologia 
della  conquista  araba  un  problema  «  almost  hopelessly  bewildering  »,  ossia 
di  tal  natura  da  confondere  la  mente  senza  speranza  di  soluzione.  —  È 
forse  troppo  pessimista. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sulla  invasione  del  Delta,  la  battaglia  di  He- 
liopolis  e  l'assedio  di  Babilonia. 

§  51.  —  («)  ('Uthmàn  b.  Salili).  'Amr  b.  al-'As  entrò  ora  in  Egitto, 
ed  in  al-Faramà  ebbe  il  primo  scontro  con  il  nemico.  I  Greci  si  batterono 
con  valore,  ed  intorno  a  quel  luogo  si  ripeterono  le  mischie  per  un  certo 
tempo  (salir"'')  (^),  ma  alfine  vinsero  i  Musulmani. 

Secondo  Sa'ìd  b.  'Ufayr,  l'ala  dritta  araba  era  comandata  da  'Abdallah 
b.  Sa'd  da  quando  'Amr  b.  al-'As  lasciò  Qaysàriyj-ah  fino  al  termine  della 
spedizione  ('Abd  al-hakam,  86). 

Maqrizi  Khitat,  I,  289,  lin.   16-17. 

{b)  Cfr.  anche  Yàqùt,  III,  894,  lin.  5  e  segg.,  il  quale  afferma  che 
attorno  ad  al-Faramà  si  combattesse  per  due  mesi  (Suyuti  Husn,  I,  51; 
Mahàsin,  I,  8;  Nuwayri    Leid.  I,  fol.  69,v.). 

(e)  Le  dette  notizie  sono  confermate  da  al-Qudà'i  nella  sua  opera  a  1- 
Khitat  (Suyuti  Husn,  I,  61). 

Nota  1.  —  Le  espressioni  arabe  sahr  usate  dalle  fonti  a  proposito  degli  assedi  di  al-Faramà  e 
di  Bilbays,  non  debbono  esser  prese  nel  senso  letterale  di  mese,  ma  come  avverbio' die  significa  un  certo 
periodo  di  tempo  di  lunghezza  indeterminata:  cfr.  12.  a.  H.,  §  415,  nota  1  (cfr.  pag.  1217). 

§  52.  —  (abù  'Amr  al-Kindi).  Il  primo  che  si  gettasse  contro  la  porta 
del  castello  di  al-Faramà  in  modo  da  abbatterla  e  penetrare  nell'interno, 
fu  Asmayqa'  b.  Wa'lah  al-Sabà-i,  e  appresso  a  lui  irruppero  gli  altri  Mu- 
sulmani (Suyuti  Husn,  I,  61). 

§  53.  —  (Alcuni  dotti  d'Egitto).  In  Alessandria  era  un  vescovo  (usquf) 
dei  Copti,  per  nome  abù  Miyàmin(^),  il  quale  quando  seppe  dell'avanzata 

173. 


§§  53-55.  ^9-    3..    H. 

19.  a.  H.  ji  'Amr  b.  al-'As,  scrisse  ai  Copti,   informandoli  della  faccenda  e  prean- 

zioni  sulla  inva-     nuuziaudo  la  line  imminente  del  dominio  bizantino.  Ordinò  quindi  ai  suoi 
sione  del  Delta,     dipendenti  di  accogliere  bene  gli  Arabi.  —  Si  dice  che  già  in  al-Faramà 

la  battaglia  di       .     _^         .     .  ,  ,  ,  /.  *  i     i        i     i       i  r^,.- 

Heiìopoiisei'as-     ^  Copti  tacessero  da  spie  per    Amr  (Abd  al-nakam,  8b). 

sedie  di  Babiio-  Suyùti  Husn,  I,  61;  M  alias  in,  I,  8;  Maqrizi  Khitat,  1,289, 

"'";'  lin.   18.        "      ■ 

La  tradizione  musulmana  è  imbevuta  di  tendenze  e  di  suggerimenti 
d'origine  cristiana,  perchè  è  noto  che  anche  i  Cristiani  seppero  coniare 
tradizioni  e  metterle  in  circolazione  tra  i  loro  padroni  musulmani.  —  Anche 
i  Cristiani  convertiti  serbando  una  segreta  simpatia  per  i  loro  alitici li  cor- 
religionari e  consanguinei,  cercarono  indirettamente,  senza  averne  l'aria, 
venire  in  loro  soccorso  e  proteggerli  dalle  sevizie  dei  padroni  islamici.  — 
Così  noi  leggiamo  ripetutamente  nelle  tradizioni  della  conquista  che  i  Copti 
aiutarono  i  Musulmani.  Il  fatto  è  probabilmente  vero  e  sono  disposto  ad  ac- 
cettare la  notizia  come  assai  verosimile  nonostante  l'origine  sospetta  della 
informazione  e  la  palese  intenzione  di  porre  i  Copti  in  buona  luce  presso  i 
loro  padroni.  L'opposizione  del  Butler  ad  accettare  queste  notizie  non  mi 
sembra  giustificata:  egli  non  si  rende  conto  che  lo  stato  degli  animi  tra  i 
Copti  era  prima  e  durante  la  conquista  ben  diverso  da  quello  che  fu  dopo. 

Nota  1.  —  Nel  testo  di  ibn  Taghrihirdi  (Mahfisin,  I,  8,  lin.  8)  il  nome  è  scritto  abiì  Binyàmin. 

§  54.  —  ('Uthmàn  b.  Salili).  (Dopo  al-Faramà)  'Amr  b.  al-'As  si  spinse 
innanzi  celermente  ed,  incontrando  jDochissima  resistenza,  giunse  fino  ad 
al-Qawàsir  [in  Suyùti:  al-Qawàhir]  ('Abd  al-hakam,  87). 

Mahàsin,  I,  8;  Maqrizi  Khitat,  I,  289,  lin.   20. 

Cfr.  anche  Yàqùt,  III,  894,  lin.  7,  dove  si  conferma  che  dopo  al-Fa- 
ramà sino  a  Bilbays  e  ad  Umm  Dunayn  gli  Arabi  incontrarono  pochissima 
resistenza  (Hubays,  fol.  96,r.). 

Suyùti  Husn,  I,  61-52,  e  nuova  conferma  id.  ibid.,  pag.  61  sul- 
l'autorità di  al-Qudà'i  nel  suo  al-Khitat. 

§  55.  —  ('Uthmàn  b.  Salili).  Incontrando  sempre  scarsa  resistenza  'Amr 
b.  al-'As  penetrò  ora  fino  a  Bilbays,  dove  però  i  Greci  fecero  fronte  e  si 
batterono  con  gii  Arabi  per  un  certo  tempo.  Alfine  furono  sconfitti;  onde 
'Amr  b.  al-'As,  superando  lieve  resistenza,  potè  avanzarsi  ed  arrivare  ad 
Umm  Dunajm  (^),  dove  ebbe  nuovamente  a  battersi  con  il  nemico,  che  si 
oppose  con  grande  accanimento,  ritardando  di  molto  la  vittoria.  Ora  però 
'Amr  scrisse  al  Califfo  'Umar  chiedendo  rinforzi.  'Umar  gliene  mandò 
altri  4000,  sotto  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  al-Miqdàd  b.  al-Aswad,  'Ubàdah 
b.  al-Sàmit,  e  Maslamah  b.  Makhlad,  oppure  Khàrigah  b.  Hudzàfah:  in 
tal  guisa  'Amr  si  trovò  alla  testa  di  8000  uomini  ("Abd  al-hakam,  87). 

174. 


19.  a.  H. 


§  55. 


Suyùti  Husn,  I,  52  e  61;  Mahàsin,  I,  8-9;  Maqrizi  Khitat, 
I,  289,  lin.  22  e  segg.  ;  Nuwayri    Leid.,   I,   fol.  69,v 

Nella  tradizione  islamica  bisogna  diffidarsi  di  tutti  i  iJarticolari,  perchè 
un  secondo  fine  può  ascondersi  anche  nelle  cose  in  apparenza  più  inno- 
centi. Così,  per  esempio,  in  questo  caso  abbiamo  il  numero  di  4000  uomini 
mandati  in  aiuto  di  Amr  b.  al-'As:  altrove,  nei  paragrafi  seguenti,  questo 
numero  si  tramuta  in  12,000  (cfi\  §§  60,  61;  20.  a.  H.,  §  67,  ecc.)  che 
altri  infine  sommano  insieme  e  portano  a  18,000.  Ebbene  su  questi  numeri 
non  possiamo  fare  verun  affidamento.  Nella  tradizionistica  musulmana  — 
erede  di  antichissime  superstizioni  numeriche  delle  stirpi  semitiche  —  i 
numeri  40,  400,  e  4000  hanno  un  lascino  speciale  sull'immaginazione  nar- 
rativa dei  trasmettitori  delle  tradizioni.  Così  anche  8000  e  12,000  multipli 
di  4000,  e  in  particolare  il  secondo  perchè  moltiplicato  per  il  numero  3, 
pur  esso  di  speciale  significato.  A  prova  di  quanto  diciamo  possiamo  ad- 
durre una  tradizione  che  rispecchia  tutto  questo  ordine  d'idee:  «  Il  Profeta 
«  disse:  i  migliori  Compagni  (miei)  sono  quattro  (ossia  abù  Bakr,  limar, 
«  Uthmàn  ed  'Ali):  le  migliori  spedizioni  (al-saràyà)  sono  quelle  di 
«400  uomini,  ed  i  migliori  eserciti  (al-guyùs)  sono  quelli  composti  di 
«  4000  uomini  :  una  gente  è  salva  da  ogni  danno  se  il  suo  numero  arriva 
«a  12,000»  (Hanbal,  voi.  I,  pag.  299,  lin.  15-18).  L'ultima  parte  della 
tradizione  non  mi  è  chiara,  perchè  non  sono  sicuro  d'aver  trovato  la  cor- 
retta versione  del  testo  arabo.  Il  preteso  detto  profetico,  qualunque  sia  lo 
scopo  a  cui  miri  e  qualunque  la  sua  origine,  è  di  tal  natura  da  metterci 
in  guardia  contro  l'esattezza  dei  numeri  delle  milizie  musulmane  combat- 
tenti in  Egitto:  i  numeri  non  hanno  origine  nei  fatti  reali,  ma  corrispon- 
dono a  preconcetti  superstiziosi  sul  carattere  fausto  o  nefasto  dei  numeri. 
II  numero  12  porta  fortuna  e  quindi  un  esercito  di  12,000  deve  riuscire 
trionfante.  Artificioso  è  perciò  parimenti  il  numero  di  quattro  capitani, 
ognuno  in  comando  di  mille  uomini. 

Maggiore  probabilità  di  vero  racchiude  la  notizia  che  le  schiere  di 
'Amr  contassero  3500  uomini  (cfi.'.  18.  a.  H.,  §  187):  questo  è  un  numero 
che  —  per  quanto  io  sappia  —  non  ha  dirette  relazioni  con  gii  altri  mag- 
giormente venerati  dalla  superstizione  popolare. 

Un  ulteriore  dubbio  sull'autenticità  dei  numeri  di  militi  arabi  è  de- 
stato dal  fatto  che  nelle  tradizioni  dell'assedio  di  Alessandria  ritorna  lo 
stesso  particolare  dei  quattro  capitani  mandati  in  aiuto,  ma  vi  si  dice  che 
ognuno  di  essi  valeva  mille  uomini  (non  li  comandava!)  (cfì'.  20.  a.  H., 
§  111):  ciò  è  molto  sospetto.  Abbiamo  un  caso  evidente  di  «tema»  tra- 
dizionistico  e  non  una  memoria  di  fatti  reali. 


19.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  inva- 
sione del  Delta, 
la  battagl  ìa  di 
Helìopolis  e  l'as- 
sedio di  Babilo- 
nia.) 


175. 


ma. 


§§  56^9.  19-    a.    H. 

19.  a.  H.  Nota  1.  — Questo  nome,  scritto  assai  imperfettamente  nel  ms.  di  ibn  'Abd  al-haknm  [.\MR  BZYN], 

[EGITTO.  -  Tradì-  ritorna  di  nuovo  nella  stessa  forma  in  altro  passo  dello  stesso  autore,   125,  lin.  7.  h  certamente  da  leg- 

zioni  sulla  inva-  gersi  Umm  Dunayn,  come  risulta  dal  testo  di  al-Suyóti  e  di  altri. 

sione  del  Delta,  Yàqiit,  III,  pag.  894,  lin.  8,  dice  che  Umm  Dunayn  equivale  ad  al-Maqs,  e  che  ivi  si  combat- 
la  battaglia  di  tesse  per  due  mesi,  durante  i  quali  'Amr  scrisse  ad  'Umar  per  rinforzi.  Lo  stesso  ha  pure  Suyuti  Husn, 
Heliopolis  e  ras-  I,  61,  sull'autorità  di  alQudii'i  nel  suo  al-Khitat.In  Mahàsin,  I,  9,  abbiamo  la  lezione  Umm  Dzu- 
sedio  di   Babilo-  nayn,  detto  poi  al-Maqs  e  Bàb  al-Balir. 

§  56.  —  Quando  'Amr  b.  al-'A.s  ebbe  radunato  intorno  a  sé  8000  uomini, 
pose  assedio  all-a  fortezza,  al-Hisn,  il  cui  comandante  (amir)  era  al-Man- 
dzaqur,  che  era  chiamato  al-Ughayrig  {sic:  correggi:  al-U'ayrig),  un  dipen- 
dente di  al-Muqavvqis  e  figlio  di  Qurqub  al-Yunàni.  al-Muqawqis  risiedeva 
in  Alessandria  (al-Iskandariy3'ah)  e  dipendeva  dall'imperatore  Eraclio,  ma 
quando  'Amr  pose  assedio  alla  fortezza,  al-Hisn,  egli  era  in  essa  (Ma- 
hàsin, I,  9). 

Cfr.  Maqrizi  Ivhitat,  I,  289,  lin.  27  e  segg. 

§  57.  —  (ibn  Wahb,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Surayh,  da  Saràhil  b. 
Yazid,  da  abu  al-Husayn,  da  un  Lakhmita).  Venne  allora  un  tale  e  chiese 
ad  'Amr  b.  al-'As  di  affidargli  un  corpo  di  600  cavalieri,  con  i  quali  inten- 
deva di  aggredire  i  Greci  alle  spalle.  'Amr  b.  al-'A.s  accettò  la  proposta 
e  gli  diede  500  cavalieri.  Questo  distaccamento  girò  di  notte  dietro  la 
montagna,  giungendo  a  Maghàr  bani  Wàil  prima  dell'alba.  I  Greci  intanto 
si  erano  fortemente  trincei-ati  dalla  parte  opposta,  lasciando  una  porta  nel 
mezzo  ben  difesa  con  punte  di  ferro  contro  un  assalto  della  cavalleria. 
I  cavalieri  arabi  piombarono  invece  alle  spalle  dei  Greci  allo  spuntare  del 
giorno  e  cogliendoli  all'imprevista  li  sgominarono  completamente  e  li  ri- 
cacciarono entro  le  fortificazioni  ('Abd  al-hakam,  87). 

Cfr.  anche  Hubays,  fol.  96,v.;  Mahàsin,  I,  9;  Maqrizi  Khitat, 
I,  289,  lin.  29  e  segg. 

Trattasi  della  battaglia  di  Heliopolis,  che  fu  combattuta  nel  pieno 
estate  del  640  dell' È.  V. 

§  58.  —  Altri  tradizionisti  affermano  che  Khàrigah  b.  Hudzàfah  fosse 
a  capo  dei  500  cavalieri:  prima  di  battersi  i  Musulmani  fecero  la  prima 
preghiera  del  giorno  avanti  lo  spuntare  dell'alba,  poi  montarono  sui  cavalli 
e  piombarono  sulle  spalle  dei  Greci,  mentre  'Amr  b.  al-'As,  secondo  un- 
previo  accordo,  impegnava  con  essi  un  combattimento  di  fronte.  In  questo 
modo  lo  sbaraglio  dei  Greci  fu  completo  ('Abd    al-hakam,  88). 

Cfi-.  Hubays,  fol.  96,v. 

§  59.  —  (ibn  Wahb,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Surayh).  'Amr  b.  al-'As 
si  avanzò  ora  con  la  gente,  finché  arrivò  alla  fortezza  (a  1  -  h  i  s  n,  ossia  Ba- 
bilonia) e  vi  pose  assedio.  —  Allora  gli  abitanti  chiesei'O  ad  'Amr  di  v.enire 
con  essi  ad  un  abboccamento (^)  e  di  menarsi  ajjpresso  una  diecina  di  seguaci. 


176. 


19.  a.  H. 


§§  59,  60. 


I  Copti  accolsero  con  favore  gli  Arabi  e  li  colmarono  di  doni,  e  li  inter- 
rogarono su  ciò  che  volevano.  'Arar  chiese  quanto  essi  avessero  speso  per 
Tospitalità  offertagli;  ed  alla  loro  risposta:  «  20,000  dìnàr  »,  'Amr  osservò: 
«  Non  ci  occorrono  in  appresso  siffatti  doni,  basta  che  ci  paghiate  (annual- 
«  mente)  20,000  dìnàr».  In  questo  patto  fui'ono  inclusi  i  villaggi  e  le 
famiglie  di  quelli  che  avevano  offerto  il  festino.  Interrogati  da  'Amr,  i 
Copti  risposero  che  non  vedevano  nel  dominio  degli  Arabi  altro  che  bene. 
Allora  uno  dei  Copti  presenti  osservò  ad  'Amr:  «  Voi  in  verità  non  ces- 
«  serete  dall'essere  vittoriosi  contro  i  nemici,  finché  non  avrete  ucciso  il 
«migliore  uomo  tra  voi!».  'Amr  si  adirò  per  queste  parole  e  voleva  pu- 
nire l'imprudente,  ma  altri  lo  calmarono,  dicendogli  che  era  uno  il  quale 
non  sapeva  quello  che  dicesse.  Il  copto  fu  lasciato  andare,  ma  più  tardi, 
quando  'Amr  ebbe  notizia  dell' as.sassinio  del  Califfo  'Limar,  gli  tornarono 
alla  mente  le  parole  del  copto  (^):  lo  mandò  a  cercare,  ma  si  scoprì  che 
egli  era  già  morto  ('Abd  al-hakam.  88-89). 

S  u y  ù  t  i  H  u  s  n  ,  I,  52,  dove  invece  di  h  i  s  n  si  ha  il  termine  a  1  -  Q  a  s  r 
e  si  dice  che  allora  avesse  nome  Bàb  Alyùn  (Babilonia).  al-Suyùti  omette 
però  il  resto  della  tradizione  sull'abboccamento  (^)  (Maqrìzi  Khitat,  I, 
293,  lin.  33:  294,  lin.  8). 

Le  parole  con  cui  ibn  'Abd  al-hakam  porge  la  tradizione  del  para- 
grafo seguente,  fanno  intendere  come  il  presente  paragrafo  conservi  me- 
moria precisa  e  distinta  d'un  facile  e  completo  accordo  tra  Arabi  e  Copti, 
mentre  durava  l'assedio  di  Babilonia,  difesa  da  solo  milizie  greche.  I  Copti 
separarono  nettamente  i  casi  loro  da  quelli  dei  padroni  Bizantini,  accor- 
dandosi all'  amichevole  con  gì'  invasori  senza  impiego  di  armi,  e  ricono- 
scendo ad  'Amr  l'autorità  e  le  mansioni  che  spettavano  al  rappresentante 
di  Eraclio. 

Nota  1.  —  Che  rabboccamento  tra  Arabi  e  Copti,  ed  il  seguente  trattato  debbano  alludere  ad 
eventi  intorno  ad  Umm  Dunayn  risulta,  da  una  notizia  staccata  die  si  trova  altrove  ('Abd  al-hakam, 
125,  lin.  5-9),  dove  si  afferma  che  Umm  Dunayn  e  Balhib  avevano  un  trattato  speciale  con  i  Musulmani. 

Nota  2.  —  Altre  autorità  aggiungono  che  'Amr  b.  al-'As,  udendo  più  tardi  essere  stato  l'uijcisore 
di  limar  un  cristiano,  credette  che  il  copto  si  fosse  sbagliato,  ma  quando  più  tardi  venne  l'uccisione  di 
'Uthmàn  per  opera  degli  stessi  Musulmani,  riconobbe  che  dopo  tutto  il  copto  aveva  avuto  ragione  ('Abd 
al-hakam,  89j. 

Nota  3.  —  In  un'altra  tradizione  (senza  isnàd)  l'episodio  dell'abboccamento  è  narrato  come  av- 
venuto tra  Arabi  e  Greci.  Gli  Arabi  danno  ai  Greci  un  banchetto  e  li  fanno  rimanere  stupefatti  per 
la  voracità  nel  mangiare  e  per  la  grandezza  straordinaria  dei  bocconi.  Infine  si  allude  ad  un'altra  tra- 
dizione, accennando  al  fatto  come  avvenuto  dinanzi  ad  al-Qusayr  ('Abd  al-hakam,  89). 

§  60.  —  Dei  fatti  anzidetti  esiste,  afferma  ibn  'Abd  al-hakam,  un'altra 
versione,  ossia  la  seguente:  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahì'ah,  da  'Ubay- 
dallah  b.  abi  ó-a'far,  e  da  'Ayj-às  b.  Abbàs  e  da  altri,  ognuno  con  versioni 
diverse).   'Amr   b.  al-'As    assediò  i  Greci    in    al-Qusayr,   detta    anche    Bàb 


19.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  inva- 
sione del  Delta, 
la  battagl  ia  di 
Helìopolis  e  l'as- 
sedio di  Babilo- 
nia.] 


177. 


23 


ma. 


§§  60^3.  19-  a.  H. 

'9-  3-  "•  Livùn  (=  Babiloniaì  e  li  assalì  cou  molto  vioore,  oiorno  e  notte:  ma  quando 

[EGITTO.  -  Tradi-  .;,,,.,  •  •        ,  .  .  ,    .         '  . 

zioni  sulla  inva-     "^'ide  clie  1  anaro  tirava  in   hiii,<>-()  e  non  riusciva  ancora  ad  impadronu'sene, 
sione  del  Delta,     scrisse  al  Califfo  'Uinar.  chii'dcndo  altri  soccorsi.  'Umar  gli    mandò    altri 

Isibdtt&fifliddi 

Heiiopoiis  e  l'as-  -4000  uomini,  divisi  in  (j^uattro  schiere  di  mille  ciascuna.  I  comandanti  di 
sedio  di  Babiio-  queste  Schiere  erano  :  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  al-Miqdad  b.  'Amr,  'Ubàdah 
b.  al-Sàmit  e  Maslamuli  b.  Mukhallad  (Makhlad?).  Alcuni  al  quarto  sosti- 
tuiscono Kharigah  b.  Hndzàtàh  e  non  fanno  menzione  di  Maslamah.  Tu 
siffatto  modo  'Amr  si  trovò  ora  a  capo  di  12,000  uomini,  che  'Umar  ri- 
tenne sufficienti  per  battere  tutti  i  nemici  ('Abd    al-hakam,  89-90). 

Suyùti  Husn,  I,  52;  Mahàsin,  I,  9-10;  Maqrizi  Khitat,  I, 
289.  lin.   25  e  scgg. ;  lin.  32  e  segg. 

§  61.  —  (abu-l-Aswad  Nasr  b.  'Abd  al-gabbàr,  da  ibn  Lahiali,  da 
Yazid  1).  al)ì  Habib).  11  Califfo  'Umar  ebbe  timore  (asfaqa  'ala)  sul 
conto  di  'Amr  b.  al-'As  e  gli  mandò  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  con  12  mila 
uomini:  al-Zubayr  rimase  con  lui  tino  al  termine  della  conquista  ('Abd 
al-hakam.   90).  Cfi-.  Mahàsin,  I,   10. 

al-Maqrizi  aggiunge  (Maqrizi  Khitat,  I,  289,  lin.  33  e  segg.)  che 
'Amr  b.  al-'As  nell'entrare  in  Egitto  aveva  con  sé  poca  gente,  e  che  era 
costretto  a  tenere  i  suoi  sparpagliati  da  ogni  parte  per  scoprire  le  mosse 
e  le  foi'ze  del  nemico.  Così  venne  a  scoprire  che  i  Greci  erano  più  nume- 
rosi degli  Arabi;  onde  gli  fu  impossibile  accerchiare  completamente  la  for- 
tezza prima  dell'arrivo  di  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  con  i  rinforzi  venuti 
dall'Arabia. 

La  notizia  data  da  ibn  'Abd  al-hakam  sui  nuovi  rinforzi  è  chiaramente 
una  ripetizione  di  quella  già  data  poc'anzi  al  §  55.  —  Trattasi  sempre 
di  4000  uomini  sotto  i  medesimi  quattro  capi.  —  Quindi  ammessa  la  cor- 
rettezza delle  citre,  'Amr  non  aveva  12,000,  ma  soli  8000  uomini  circa 
sotto  i  suoi  ordini.  Partì  per  l'Egitto  con  appena  3500  uomini  (confron- 
tisi 18.  a.  H.,  §  187).  E  probabile  però  che  oltre  le  schiere  mandate  da 
'Umar  anche  altre  genti,  volontari  d'ogni  parte,  accorressero  sotto  lo  sten- 
dardo di  'Amr.  Par  difficile  che  egli  abbia  osato  cimentarsi  con  i  Bizan- 
tini ad  Heiiopoiis,  e  cinto  d'assedio  la  fortezza  di  Babilonia  con  nemmeno 
8000  uomini.  1  numeri  hanno  pei'ò  tutti  un  carattere  di  dubbia  autenti- 
cità che  solleva  molti  sospetti.  —  Cfr.  poc'anzi  §  55). 

§  62.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah).  Quando  giunsero  i  rin- 
forzi condotti  da  al-Zubayr,  Amr  b.  al-'As  si  trovava  sotto  le  mura  di  al- 
Qusayr  [al-Qasr,  in  al-Suyiiti],  difesa  da  una  parte  con  una  trincea  e  con 
una  porta  munita  di  punte  di  ferro  contro  assalti  di  cavalleria.  Egli  ora 
drizzò  la  macchina  di  assedio  (al -mahganiq)  ('Abd   al-hakam,  91). 

178. 


19.  a.  H. 


§§  62-64. 


Suyùti  Husn,  I,  52;  M alias  in,  I.  10;  Maqrizi  Khitat,  I,  290, 
liu.  1  e  segg. ;  Nuwa}"!-!   Leid.,   I,  fol.  69, v. 

§  63.  —  A  proposito  di  questo  assedio,  iba  'Abd  al-hakam  riporta  il 
medesimo  incidente  narrato  altrove,  al  principio  delle  conquiste  (confron- 
tisi 13.  a.  H.,  §  50),  e  poi  anche  nell'assedio  di  Ghazzah  (cfr.  §  38);  vale 
a  dire  l'abboccamento  di  'Amr  con  il  comandante  del  castello  nemico  e 
rastuzia  da  lui  usata  per  scampare  ad  un'insidia  tesa  per  ucciderlo,  col  far 
credere  al  comandante  che  egli  voleva  ritornare  con  altri  compagni,  e  così 
suggerendogli  indii^ettamente  di  rimettere  l'insidia  a  più  tardi,  quando 
avrebbe  potuto  uccidere  non  più  'Amr  solo,  ma  anche  i  suoi  colleghi  ('Abd 
al-hakam,  91).  Vediamo,  come  si  disse,  che  la  storiella  è  un  teìna  tra- 
dizionistico  ripetuto  in  varie  circostanze  per  dare  colorito  alla  narrazione. 
L'autorità  è  molto  spiccia  ed  anonima:  ibn  'Abd  al-hakam,  da  un  dotto 
egiziano.  11  comandante  del  castello  è  chiamato  semplicemente  al-'ilg 
(«  il  forestiero  »). 

al-Suyùti  invece  afferma  che  il  comandante  della  fortezza  fosse  un 
certo  al-A'rag  un  greco,  che  agiva  sotto  gli  ordini  di  al-Muqawqis.  Egli 
rifei'isce  poi  il  medesimo  episodio  (Su3-ùti  Husn,  I,  52). 

Cfr.  anche  Mah  a  sin.  I.  10-11:  Maqrizi  Khitat,  I,  290,  lin.  2 
e  segg. 


19.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  inva- 
sione del  Delta, 
la  battagl  ia  di 
Heliopolis  e  l'as- 
sedio di  Babilo- 
nia.] 


EGITTO.  —  Invasione  dell'Egitto  e  presa  di  Babilonia  {versione  di 
al-Quda'i). 

§  64.  —  (al-Qudà'i,  nel  suo  al-Khit a t).  Amr  b.  al-'As  invase  l'Egitto 
per  ordine  del  Califfo  'Umar,  si  battè  la  prima  volta  con  il  nemico  attorno 
ad  al-Faramà,  che  fu  espugnata  dopo  un  assedio  durato  un  certo  tempo,  e 
per  merito  di  Asmayqa'  b.  Wa'lah  al-Sabà-i.  Poi  'Amr  avanzò  e  prese 
Bilba3's,  dopo  un  certo  tempo.  Infine  giunse  ad  Umm  Duna3"n,  ossia  al- 
Maqs,  dove  però  'Amr  incontrò  vivissima  resistenza  e  fu  costretto  a  chiedere 
rinforzi  ad  'limar.  Vennero  allora  a  piccole  schiere,  una  appresso  all'altra, 
dodicimila  uomini,  tra  i  quali  un  corpo  di  4000  diviso  in  quattro  gruppi 
di  mille  ciascuno,  e  comandati  rispettivamente  da  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm, 
al-Miqdad  b.  al-Aswad,  'Ubàdah  b.  al-Sàmit.  e  Maslamah  b.  Mukhallad 
(oppure  Khàrigah  b.  Hudzàfah).  I  Musulmani  cinsero  d'assedio  la  fortezza 
(al-hisn),  il  comandante  (a  mi  ri  della  quale  era  al-Mandaqùl  detto  al- 
A'rag,  un  luogotenente  di  al-Muqawqis  b.  Qurqub  al-Yiinàni.  al-Muqawqis 
dimorava  in  Alessandria,  dove  governava  a  nome  (fi  sultàn)  di  Eraclio: 
egli  non  si  trovava  dunque  nella  fortezza,  quando  'Amr  b.  al-'As  le  pose 
assedio.  'Amr  b.  al-'As  piantò  la  sua  tenda  (fustàt)  nel  luogo  poi  detto 


179. 


§  «4. 


19.  a.  H. 


Ionia. 


19.  a.  H.  Dar  Isra  il,  elio  si  trovava  sulla  porta  Bàb  Ziiqàq    al-Zuhri.  Altri    dicono 

[EGITTO.-    Inva-  ,       •  ,    ,,  i^.  ,      ,  ^xr  \  ■        ■     ■         ^    -,■.        r, 

sioTie  dell' Egitto  **•  trovasse  nel  sito  della  casa  Dar  abi-1-Wazzàn,  al  principio  dello  Zuqàq 
e  presa  di  Babi-  al-Zuliri.  attiguo  al  Dar  Lsrà-il.  L'assedio  durò  sette  mesi.  Per  virtù  di  al- 
Zubayr  b.  al-'Awwàm  la  fortezza  fu  presa  d'assalto  con  le  scale  dalla  parte 
del  Dar  abi  Sàlih  al-Harrani.  attinente  al  bagno  Hammàm  ibn  Nasr  al- 
Sarràg  presso  il  mercato  Suq  al-Hammàm.  Con  al-Zuba3'r  salì  pure  sulle 
mura  Snrahbil  b.  Hasanah  al-Muràdi  (morto  l'anno  prima!  cfr.  18.  a.  H., 
g  '2ìi'ò),  dalla  parte  dello  Zuqàq  al-Zamàmirah.  Alcuni  dicono  che  la  scala 
con  la  quale  al-Zubayr  salì  sulle  mura  della  fortezza  rimanesse  poi  conser- 
vata nella  casa  che  gli  apparteneva  nel  Sùq  Wardàn,  finché  fu  distrutta 
in  un  incendio.  Quando  al-Muqawqis  Vide  che  gli  Arabi  si  erano  impadro- 
niti della  fortezza,  scese  nella  sua  imbarcazione  (ma  jDiima  è  detto  che  non 
era  nella  fortezza!),  ormeggiata  presso  alla  porta  occidentale  e  si  rifugiò 
nell'isola,  tagliandosi  dietro  il  ponte  (che  univa  l'isola  alla  fortezza).  Con 
lui  si  ritirarono  tutti  gli  uomini  d'arme  migliori  (ahi  al-qu wwah)  ('). 
Egli  si  fortificò  neir  isola  :  allora  il  Nilo  era  in  piena  ('").  Altri  narrano  che 
al-A'rag  uscisse  con  al-Muqawqis  ed  i  predetti  uomini  d'arme:  altri  so- 
stengono invece  che  rimanesse  nella  fortezza.  Allora  al-Muqawqis  mandò 
a  chiedere  la  pace,  ed  Ubàdah  b.  al-Sàmit,  quale  ambasciatore  di  'Amr  b. 
al-'As,  concluse  il  trattato  di  pace  con  al-Muqawqis  per  i  Copti,  mentre  i 
Greci  ottennero  la  facoltà  di  attendere  l'approvazione  dell'imperatore:  se 
questi  approvava,  il  trattato  era  valido,  se  disapprovava,  il  trattato  non 
aveva  più  nessun  valore  per  i  Greci.  Il  trattato  dei  Copti  era  però  valido 
in  tutti  i  casi,  indipendentemente  dalla  sanzione  imperiale  ('').  Le  condi- 
zioni principali  del  trattato,  che  era  valido  per  tutti  i  Copti  dell'alto  e 
basso  Egitto,  erano  le  seguenti:  i  Copti  giunti  all'età  virile,  tanto  nobili  che 
umili,  dovevano  pagare  ogni  anno  due  dìnàr  a  testa,  facendo  però  ecce- 
zione per  i  vecchi,  i  bambini  e  le  donne.  Dovevano  concedere  ospitalità  ai 
Musulmani,  ossia  alloggio  e  vitto,  dovunque  si  fermassero  e  per  la  durata 
di  tre  giorni.  Le  loro  terre  ed  il  loro  paese  (-arduhum  wa  bilàduhum) 
dovevan  rimanere  di  loro  pi'oprietà,  di  cui  nessun.0  doveva  togliere  a  loro 
checchessia. 

L' Egitto  fu  dunque  preso  con  un  trattato,  ed  in  virtù  soltanto  del 
•trattato  concluso  tra  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  ed  al-Muqawqis:  di  questo  parere 
sono  quasi  tutti  i  dotti  egiziani,  tra  i  quali  'Uqbah  b.  'Amir,  Yazid  b. 
abi  Habìb  e  Layth  b.  Sa'd.  Altri  dicono  però  che,  siccome  la  fortezza  fu 
presa  d'assalto,  tutta  la  terrà  cadde  alla  mercè  dei  vincitori.  Di  questo 
parere  sono  :  'Ubaydallah  b.  al-Mughirah  al-Sabà-i,  'Abdallah  b.  Wahb, 
Màlik  b.  Anas  ed  altri.  Altri  invece  ritengono    che    una   parte   del  paese 

180. 


19.    a.    H.  §§  64-66. 

fii  presa  con  le  armi  ed  un'altra  con  il  trattato;  e  di  questo  parere  sono:  ^9-  ^-  ^• 

X.,     ,  T    .,        T     1  -    1  ir  [EGITTO.-   Inva- 

ibn  Sihab,  ed  ibn  Lahi  ah.  sione  dell'Egitto 

La  presa  di    Misr   avvenne  il  venerdì   1"  Muharram    del   20.  H.  (Su-        e  presa  di  Babi- 
yùti  Husn,  I,   01-62).  '""'^"^ 

Nota  1.  —  E  palese,  dalla  vaghezza  dei  termini  usati  dalla  fonte,  che  la  fortezza  non  venisse 
presa  d'assalto,  ma  che  i  difensori  fossero  intimiditi  e  turbati  da  qualche  vantaggio  ottenuto  dai  Mu- 
sulmani. Ciò  è  anche  confermato  dalle  parole  con  cui  termina  la  tradizione,  «resa  per  trattato». 

Nota  2.  —  Se  il  Nilo  era  in  piena  questo  ci  porta  ai  mesi  del  pieno  estate  e  quindi  al  principio 
dell'assedio:  altra  prova  che  i  difensori  di  Babilonia  passarono  sull'isola  di  al-Rawdah  assai  prima  che 
la  fortezza  cadesse.  Questa  passò  nelle  mani  degli  Arabi  nel  mese  in  cui  il  Nilo  era  in  massima  magra, 
nell'aprile  (cfr.  20.  a.  H.,  §  144  e  nota  1). 

Nota  3.  —  Non  poti-emmo  avere  memoria  più  esplicita  del  fatto  che  i  Copti  trattarono  con  gli 
Arabi  indipendentemente  dai  Greci,  e  durante  l'assedio  di  Babilonia.  —  Il  testo  però  confonde  il  trat- 
tato di  resa  di  Babilonia  con  quello  di  resa  di  Alessandria,  ambedue  conclusi  con  i  soli  Greci  durante 
l'anno  20.  H.  —  Tutte  le  fonti  arabe  confondono  insieme  i  due  eventi,  o  meglio  i  tre  eventi,  se  distin- 
guiamo il  trattato  dei  Copti  dai  due  dei  Greci.  —  E  probabile  che  questi  tre  trattati  venissero  sti- 
pulati con  'Ann-  da  tre  divei-se  persone:  per  i  Copti  da  un  copto,  forse  il  patriarca  copto  Benyamin; 
per  Babilonia  da  un  comandante  greco,  o  da  un  vescovo  bizantino  (perchè  Ciro  era  assente  dall'Egitto 
nella  Pasqua  del  641  ;  cfr.  20.  a.  H.,  §§  144  e  207)>  e  solo  il  trattato  di  Alessandria  fu  stipulato  da  Ciro 
alla  fine  del  641,  al  suo  ritomo  in  Alessandria. 

§  65.  —  (ibn  Taghrìbirdi)  Quando  al-Muqawqis  (')  ebbe  notizia  del- 
l'invasione di  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto,  si  recò  al  luogo  dove  poi  sorse  al- 
Fustàt  e  allestì  eserciti  contro  'Amr.  Al  comando  del  castello,  al-Qasr,  ossia 
(l'odierno)  Qasr  al-Sam',  che  è  in  Misr  al-Qadimah,  era  un  greco  per  nome 
al-U'ayrig,  quale  governatore  sotto  gli  ordini  di  al-Muqawqis  (M alia- 
si n,  I,   7-8). 

Nota  1.  —  In  una  nota  del  testo  si  aggiunge  ohe  il  nome  di  al-Muqawqis  fosse  Gurayh  (sic: 
correggi  :  Gurayg)  b.  Mina-,  e  si  dice  che  al-Muqawqis  nell'attendarsi  nel  luogo  di  al-Fustàt  si  trovò  ap- 
punto dove  poi  sorse  Misr  al-Qadimah. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sull'invasione  dell'Egitto  e  la  presa  di  Ba- 
bilonia (versione  di  Severus  vescovo  di  al-Usmunayn). 

§  66.  —  Quando  furono  passati  dieci  anni  del  dominio  di  Hiraql 
(Eraclioj  e  di  al-Muqawqis  (in  Egitto),  il  quale  cercò  il  patriarca  Banyamìn 
mentre  egli  fuggiva  di  luogo  in  luogo,  nascondendosi  in  chiese  fortificate: 
il  re  dei  Musulmani  mandò  una  spedizione  sotto  uno  dei  suoi  fidati  com- 
pagni, detto  Amr  b.  al-'As,  nell'anno  347  dell'Era  di  Diocleziano  ossia 
l'uccisore  dei  Martiri  (l'Èra  dei  Martiri,  cioè  641  È.  V.  =  20.  H.).  L'eser- 
cito dell'Islam  scese  in  Egitto  (Misr)  con  grandi  forze  nel  giorno  12  del 
mese  di  Bu-iinah  [=  Payni],  il  .sesto  giorno  del  mese  di  giugno  dei  Greci  . 
(=  6  giugno  641  Èra  Volgare  =  20  Gumàda  IL  20.  a.  H.)  (^).  Ed  il  capi- 
tano 'Amr  distrusse  la  fortezza  ed  arse  le  imbarcazioni,  e  dopo  battuto  i 
Gl'eoi  prese  possesso  d'una  parte  del  paese. 

Egli  era  venuto  dalla  parte  del  deserto,  e  la  sua  cavalleria  prese  la 
via  dei  monti,  finché    giunse  al  castello  (qasr)   costruito    con    pietre    tra 

181. 


§§  6tì.  07.  !"•    ^-    "• 

19.  a.  H.  l'al-Sa'id  e  l'al-Rif,  detto  Bablùu.  Ivi  (gli  Arabi)  piantarono  le  loro  tende, 

lEGITTO.  -  Tradì-        .        ,    ,     ,.  ^  -i  i-  •    /i  ■      t^-  •  •    j-     i  i    i 

zioni  sulla  inva-     tinche  turouo  pronti  ad  assalire   i   Ureci.  Di  poi  essi  diedero  a  quel  luogo, 
sione  dell'Egitto     ossia  al  castello,  nel    loro    linguaggio,  Bàblùn    al-Fustàt,  il    nome    che  ha 

e  la  presa  di  Ba- 

bilonia.l  tuttora. 

Dopo  aver  combattuto  tre  battaglie,  i  Musulmani  vinsero  i  Greci. 
Quando  i  capi  della  città  videro  queste  cose,  andarono  da  'Amr  e  pattui- 
rono con  lui  la  sicurtà  (a man)  [)er  la  città,  affinchè  non  venisse  saccheg- 
giata, e  questo  è  il  patto  che  Muhammad  il  loro  capo  aveva  dato  a  loro,  e 
che  essi  avevano  chiamato  al-Nàmùs  (ossia  la  legge).  In  esso  si  diceva: 
«  (Con  la)  pi-ovincia  d'  Egitto  e  con  la  città  gli  abitanti  della  quale  accet- 
«  tano  il  pagamento  del  tributo  (kharàg)  a  voi  e  si  sottomettono  alla 
«  vostra  autorità,  concludete  pure  un  patto  e  non  usate  loro  violenza: 
«  chi  non  approva  questo  e  vi  combatte,  saccheggiateli  e  riduceteli  pri- 
«  gionieri  ».  Per  questa  ragione  (i  Musulmani)  non  toccarono  la  provincia 
ed  i  suoi  abitanti,  ma  distrussero  la  gente  dei  Grreci  ed  il  loro  patrizio 
chiamato  Màryàniis:  quelli  che  si  poterono  salvare,  fuggirono  ad  Alessandria 
e  ne  chiusero  le  porto  contro  i  Musulmani,  fortificandosi  in  essa  (S  e  v  e  r  u  s , 
229-230).. 

Nota  1.  —  Dal  testo  parrebbe  clie  con  questa  data  il  ci-ouista  voglia  indicare  l'ingresso  di  'Amr 
non  già  in  Egitto,  ma  piuttosto  nella  città  e  nella  fortezza  di  Babilonia.  —  Tale  è  il  significato  che 
si  ritrae  dal  Chronicon  orientale  (Corp.  Byz.  Hist.,  ed.  Venet.,  voi.  VII,  pag.  85i  nel  quale  la  data 
12  Payni  (=Bu-Quah;  è  quella  dell'ingresso  nella  tortezza  di  Babilonia  (cfr.  anche  Brooks  in  Bizant. 
Zeitsch.,  IV,  pag.  4b7). 

Giovanni  di  Niqyiis  pone  la  caduta  di  Babilonia,  come  vedremo,  il  lunedi  di  Pasqua  del  641, 
ossia  il  9  aprile  641  (=:  21  Rabi'  II.  20.  a.  H.),  data  accettata  dal  Brooks  (1.  e,  pag.  440)  e  dal  Butler 
(pag.  273).  —  La  data  quindi  di  Severus  di  al-Usmunayn  —  6  giugno  641  —  rimane  campata  in  aria 
e  non  si  può  accordare  con  alcuu'altra  notizia,  mentre  che  l'autorità  di  Giovanni  di  Niqyus  è  per  noi 
di  peso  assai  maggiore. 

Il  Butler  (pag.  529)  rileva  l'errore  in  cui  cade  Severus,  ma,  citandolo  sulla  versione  scorretta  e 
parafrasata  del  Renaudot  (Histor.  Patriarch.  Alexandr.,  non  è  data  la  pagina)  cade  in  un  altro 
errore,  vale  a  dire  afferma  che  nel  testo  di  Severus  il  mese  di  Ba'unah  {Sic)  o  Payni  equivale  al  mese 
romano  di  dicembre.  Invece  il  testo  arabo  da  noi  tradotto  dà  il  6  giugno. 

Egli  però  fa  una  supposizione  (Butler,  1.  e,  e  anche  a  pag.  225-226)  che  può  avere  qualche  pro- 
babilità di  essere  corretta:  propone  che  la  data  di  Severus  si  anticipi  di  un  anno,  al  640  dell'E.  V.  (ossia 
il  6  giugno  640  E.  V.  =  9  Gumàda  II.  19.  H.  i  e  si  consideri  come  relativa  alla  venuta  dei  rinforzi  sotto 
al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  nel  corso  dell'anno  19.  H.  —  Noi  l'accettiamo  icfr.  §  46)  con  qualche  esitazione, 
e  senza  riporvi  molta  fiducia. 

EGITTO.  —  Notizie  di  fonte  bizantina  sulla  spedizione  di  Amr. 

§  67.  —  I  ragguagli  offerti  da  Teofane  sulla  conquista  dell'Egitto 
sono  assai  incompleti,  confusi  ed  errati  cronologicamente  :  mette  però  il 
conto  di  darne  qui  la  versione,  perchè  nulladimeno  porgono  qualche  lume 
indiretto  sulla  questione. 

Narrata  la  battaglia  del  Yarmuk,  il  cronografo  bizantino  aggiunge  : 
E  poi  gli  Arabi  mossero  contro  l' Egitto.  Ciro,  vescovo  di  Alessandria,  avuta 

182. 


19.  a.  H. 


§§  67-69. 


notizia  della  loro  avanzata  e  temendo  la  loro    avidità   di  danaro,  si  ado-  ^^-  ^-  ^■ 

però  a  trattare  con  essi  e  promise  di  pagare  dixecento  mila  dinar  all'anno,        ^i  fonte  bizant'i- 
aggiungendo  che  avrebbe  mandato  più  tardi  il  danaro  dei  patti  conclusi.        "a  sulla  spedi- 


Grazie  a  questa  misura  l'Egitto  rimase  tranquillo  durante  tre  anni.  Di  poi 
Ciro  fii  accusato  presso  Eraclio  di  dare  in  tributo  l'oro  dell'Egitto  ai  Sara- 
ceni, e  r  imperatore  irato,  richiamò  Ciro  e  nominò  Augustale  un  certo  Ma- 
nuele armeno  di  nazionalità.  Passato  il  tempo  convenuto,  i  rappresentanti 
dei  Saraceni  vennero  per  riscuotere  l'oro.  Manuele  li  rimandò  senza  dar  loro 
nulla  e  dicendo:  «  Non  sono  un  Ciro  inerme,  che  vi  porge  i  tributi,  ma 
«  un  uomo  armato  ».  Quando  i  rappresentanti  (degli  Arabi)  si  furono  riti- 
rati, i  loro  compagni  si  armarono  in  mediatamente,  mossero  contro  l'Egitto 
ed  espulsero  da  lì  Manuele,  il  quale  con  pochi  seguaci  si  ridusse  a  salva- 
mento in  Alessandria.  Allora  i  Saraceni  sottomisero  l'Egitto  a  tributo.  Ma 
l'imperatore,  udito  quanto  era  avvenuto,  mandò  Ciro  a  chiedere  (agli  Arabi) 
di  ritirarsi  dall'  Egitto  alle  medesime  condizioni  di  prima.  Ciro  si  presentò 
al  campo  dei  Saraceni,  spiegò  di  non  esser  egli  il  violatore  dei  patti  ed 
of6-ì  di  riconcludere  il  medesimo  trattato  di  prima.  I  Saraceni  non  accetta- 
rono il  patto  e  dissero  al  vescovo  :  «  Puoi  tu  divorare  questa  grande  co- 
*  lonna?  »  —  «  Questo  è  impossibile  »  rispose  Cii"o.  —  «  E  così  nemmeno  noi 
«possiamo  ritirarci  dall'Egitto».  (Theophanes,  617-518;  Theopha- 
nes  de  Boor,  I,  338-339). 

§  68.  —  Il  precitato  passo  di  Teofane  trovasi  sotto  l'a.  del  Mondo  6126, 
corrispondente  al  13.  H.  degli  Arabi  ed  al  634  dell' È.  V.:  l'errore  dunque 
è  di  più  che  cinque  anni.  Inoltre  la  naiTazione  sembra  abbracciare  un 
periodo  di  tempo  molto  lungo,  perchè  la  menzione  di  Manuele  ci  porta 
sino  al  25.  H.,  e  confonde  la  prima  con  la  seconda  resa  di  Alessandria. 
E  singolare  però  che  egli  pure  insista  sul  fatto  che  per  qualche  anno  l' in- 
vasione dell'Egitto  sia  stata  ritardata  dal  pagamento  di  un  tributo.  È  pro- 
babile tuttavia  che  Teofane,  o  meglio  le  sue  fonti,  sia  indotto  in  errore  dalla 
memoria  di  due  trattati  conclusi  in  Egitto:  il  primo  quello  di  Babilonia 
che  ammise  il  dominio  arabo  sull'Egitto  e  cedette  agli  Arabi  il  tributo 
della  valle  del  Nilo:  l'altro  mercè  il  quale  gli  Arabi  entrarono  per  la  prima 
volta  in  Alessandria  senza  far  uso  delle  armi.  Poi  venne  l'insurrezione  di 
Alessandi'ia  e  l' espugnazione   di   essa  a  viva  forza  cinque  anni  più  tardi. 

§  69.  —  (a)  Da  Nicefoi'O  Costantinopolitano  abbiamo  i  seguenti  par- 
ticolari: Mentre  era  ancora  in  Oriente  (quindi  prima  della  fine  del  16.  H.), 
l'imperatore  Eraclio  scelse  Giovanni  lo  strategós  (duca)  di  Barca  e  lo  mandò 
contro  i  Saraceni  che  erano  in  Egitto  (quindi  nell'anno  19.  H.  !).  Venendo 
alle  mani  con  essi,  rimase  ucciso  anche  lui.  Allo  stesso  tempo  fu  messo  in 

183. 


zione  di  'Amr.] 


S    G9.  lOm      £la       Ila 

19.  a.  H.  f^ga  (dagli   Arabi)  anche  Marinos,  il  prefetto  degli  eserciti  traci;  il  quale 

di  fonte  biza'nt'i*  perdi;ti  molti  dei  suoi,  a  stento  potò  salvarsi.  Dopo  questi  fatti  Eraclio  no- 
na sulla  spedi-  miuò  generale  Mariauos  il  Cubiculario  e  lo  mandò  in  Egitto  con  le  istruzioni 
mr.|  ^^^  accordarsi  con  Ciro  il  Patriarca  di  Alessandria  ed  insieme  deliberassero 
il  modo  e  i  mezzi  per  opporsi  ai  Saraceni.  Ciro  fece  intendere  all'impera- 
tore potersi  venire  con  'Ami-,  il  phylnrclaus  dei  Saraceni,  ad  una  stipula- 
zione di  tributi,  e  questo  gli  mostrava  potersi  trarre  da  una  contribuzione 
commerciale,  rimanendo  intatto  quanto  spettava  all'imperatore  (?  versione 
incerta). 

Ma  per  ottenere  questo  bisognava  anche  promettere  in  moglie  allo 
stesso  generale  Eudocia  Augusta,  o  una  delle  figlie  dell'imperatore,  nella 
speranza  di  indurlo  a  battezzarsi  ed  a  rendersi  cristiano.  Perchè  Ambros 
('Amr  b.  al-'As)  ed  il  suo  esercito  avevano  fede  in  Ciro:  lo  amava  infatti 
molto.  A  questo  fatto  Eraclio  in  nessun  modo  volle  acconsentire.  Quando 
anche  Marianos  venne  a  saper  queste  cose,  si  mostrò  d'un  parere  diverso 
da  quello  di  Ciro,  e  venuto  alle  mani  con  i  Saraceni,  perì  ucciso  con  un 
grande  numero  dei  suoi  (Nicephorus  Cptanus,  pag.  28). 

La  sconfitta  e  morte  di  Marianos  è  probabilmente  memoria  della  bat- 
taglia di  Heliopolis.  Quindi  le  proposte  di  accordi  con  gli  Arabi  furono 
fatte  da  Ciro  prima  che  avesse  principio  l'assedio  di  Babilonia.  Il  cronista 
bizantino  mi  pare  dia  il  colpo  di  grazia  alla  ricostruzione  dell'  assedio  di 
Babilonia  tentata  dal  Butler  (cfr.  20.  a.  H.,  §  63,  nota  1). 

.  (6)  Nella  duodecima  {sic:  forse  correggi:  XlII.  =  640  È.  V.  =  19.  a.  H.) 
indizione  morì .  Sergio  il  patriarca  Costantinopolitano,  ed  Eraclio  gli  diede 
per  successore  Pirro,  che  egli  amava  così  come  un  fratello.  E  già  Ciro  pa- 
triarca Alessandrino  era  venuto  qualche  tempo  prima  a  Costantinopoli,  chia- 
matovi dall'imperatore.  Ciro  era  vivamente  accusato  come  se  avesse  tradito 
tutto  l'Egitto  ai  Saraceni:  su  questo  fatto  anzi  tenne  (Eraclio)  un  discorso 
dinanzi  ad  una  grande  folla  di  popolo.  Ma  Ciro  potè  discolparsi  da  tutte 
queste  accuse,  affermando  che,  se  si  fosse  prestato  ascolto  ai  suoi  consigli 
e  si  fosse  assegnato  un  tributo  ai  Saraceni  per  mezzo  del  commercio  e  del 
traffico  (?  versione  incerta),  si  sarebbe  rimasti  in  pace  con  loro,  e  nulla 
di  ciò  che  era  solito  versarsi  nelle  mani  dell'imperatore,  sarebbe  andato 
perduto.  Accusò  quindi  altri  d'aver  commesso  le  colpe  attribuitegli.  Eraclio 
irato  lo  chiamò  allora  «  pagano  e  nemico  di  Dio  »,  affermando  che  aveva 
tramato  contro  i  Cristiani  ed  aveva  consigliato  di  dare  in  moglie  al  coman- 
dante dei  Saraceni,  'Amr,  la  figlia  dell'imperatore.  Esasperato  contro  Ciro, 
Eraclio  minacciò  di  mandarlo  a  morte  e  lo  consegnò  al  prefetto  della  città 
per  sottoporlo  a  tortura  (Nicephorus  Cptanus,  pag.   30). 

184. 


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19.  a.  H. 


§§  69,  70. 


Più  avanti,  a  pag.  33.  lo   stesso    cronista  accenna  che  Eracleonas,   il  '9-  a-  ^^• 

,•    T-,         T         1                     -,               1                              ■         •             1       ^-         •       T^    •  [EGITTO.- Notizie 

figlio  di  Eraclio,  durante  il  suo  breve  imperio  rimandò  Giro  m  Egitto.  di  fonte  bizanti- 

Ne  risulta  che  Ciro  lasciò  l'Egitto  forse  prima  della  fine  dell'anno  640  "^  sulla  spedi 


È.  V.  (=19.  H.)  vivente  ancora  Eraclio  e  vi  ritornò  dopo  la  morte  di  Co- 
stantino, regnante  Heracleonas.  La  data  precisa  del  suo  ritorno  ad  Ales- 
sandria ci  sarà  data  più  avanti  da  Griovanni  di  Niqyùs  (cft-.  20.  a.  H.,  §  157), 
e  precisamente  il  14  settembre  641.  —  Ciro  fu  quindi  assente  dall'Egitto 
per  meno  di  un  anno,  e  causa  della  sua  disgrazia  fu  forse  la  battaglia  di 
Heliopolis. 

Singolarmente  oscuro  però  mi  riesce  il  testo  di  Nicephorus,  dove  egli 
cerca  stabilire  la  natura  dei  patti  che  Ciro  voleva  stringere  con  gli  Arabi, 
patti  che  si  riferiscono  probabilmente  a  certi  dazi  o  d'importazione  o  di 
esportazione,  ma  che  non  mi  è  riuscito  di  chiarire.  Anche  la  versione  non  è 
sicura,  né  il  traduttore  latino  né  il  Lebeau  hanno  trovato  il  vero  significato 
dell'autore  bizantino.  Il  testo  non  mi  pare  possa  confermare  la  pretesa  del 
Butler  che  Ciro  (al-Muqawqis)  avesse  qualche  parte  nelle  trattative  con  gli 
Arabi  durante  l'assedio  di  Babilonia;  riterrei  più  probabile  che  i  patti  pro- 
posti da  Ciro  fossero  da  lui  ideati,  e  non  concordati  con  'Amr  né  in  rapporto 
alcuno  con  la  resa  di  Babilonia.  La  condizione  del  matrimonio  con  la  princi- 
pessa imperiale  sembrami  fantastica.  Ciro  comprese  l' inutilità  di  combattere 
e  propose  un  trattato,  anche  prima  d' intendersi  con  gli  Arabi.  Questo  Eraclio 
respinse  fieramente.  Le  vere  trattative  tra  Copti  e  'Amr  per  la  resa  di  Babi- 
lonia debbono  essersi  svolte  non  al  principio,  ma  verso  la  metà  dell'assedio , 
quando  cioè  Ciro  non  era  più  in  Egitto,  e  quindi  le  condizioni  chieste  dagli 
Arabi  non  poterono  essere  mai  note  a  Ciro  prima  della  morte  di  Eraclio. 

EGITTO.  —  Incidenti  dell'invasione  araba  (razzia  dell'al-Fayyum  e 
battaglia  di  Heliopolis),  nella  cronaca  bizantino-copta  di  Giovanni  di 
Niqyus. 

§  70.  —  Grandissimo  é  il  valore  che  ha  per  noi  la  celebre  cronaca 
copta  di  Giovanni,  vescovo  copto  di  Niqyùs,  che  scrisse  in  Egitto  sul  finire 
del  VII  secolo  dell'  Èra  Volgare,  e  precisamente  tra  gli  anni  693  e  700,  poco 
tempo  dopo  la  conquista  araba.  E  probabile  che  egli  nascesse  durante  la 
conquista  stessa.  La  sua  cronaca,  che  ha  quindi  il  valore  di  una  fonte  quasi 
contemporanea,  ha  avuto  molte  vicende  prima  di  giungere  sino  a  noi  attra- 
verso varie  successive  versioni  che  hanno  gravemente  corrotto  ed  alterato 
il  testo  primitivo.  Scritta  originariamente  in  greco  e  in  piccola  parte  in 
copto,  fu  sembra,  ben  presto  tradotta  in  arabo,  e  dalla  versione  araba  se 
ne  fece  nel  1602  È.  V.  una  etiopica,  che  lo  Zotenberg  ha  tratta  dalla  Bi- 

185.  24 


zione  di  'Amr.] 


69-72. 


19.  a.  H. 


19.  a.  H.  bliuteca  Nazionale'  di  Parigi  e  pubblicata  insieme  con  una  versione  fran- 

denti  dell' invà-  ^'^^^  {^^'-  ^'^  Memoria  storico-critica  precedentemente  inserita  dal  medesimo 
sione  araba  (raz-  Zotenberg  nel  Joìimul  Asiatique,  7*  serie,  voi  X,  XII,  XIII,  1877-79:  Sur  la 
yùm  e^battag^ia  c/iroiì/que  hyzantine  de  Jean  l'véque  de  Nikiou).  Purtroppo  la  fine  dell'opera, 
di  Heiiopoiis),  per  ragioni  non  conosciute,  si  trova  in  deplorevoli  condizioni:  v'è  una  gran- 
,=„»;„„  ^«„.^  Hi  dissima  lacuna  che  comprende  tutto  il  regno  di  Eraclio  sino  alla  conquista 
Giovanni  di  Ni-  araba,  e  di  questa  abbiamo  soltanto  alcuni  brani  gettati  insieme  come  alla 
''^"^  rinfusa,  in  tale  disordine  che  è  quasi  impossibile  ricostruirne  l'ordinamento 

primitivo.  Nello  studio  di  questi  brani  divelti  mi  è  venuta  spesso  l'idea  che 
forse  il  disordine  ajla  fine  del  testo  sia  dovuto  alle  condizioni  infelici,  lacere 
e  monche  del  primitivo  testo  arabico,  sul  quale  fu  fatta  la  versione  etiopica. 
Purtroppo  tale  supposizione  non  è  di  alcun  giovamento  per  le  nostre  ricerche. 
Alla  confusione  quindi  delle  fonti  arabe,  uno  strano,  avverso  destino 
,  ha  aggiunto  il  disordine  e  lo  stato  lacunare  dell'unica  fonte  sicura,  perchè 
egiziana  e  quasi  contemporanea  agli  avvenimenti  che  avrebbe  potuto  ri- 
solvere tutti  i  problemi  cronologici  della  conquista.  Nulla  di  meno  qualche 
cosa  si  è  salvata  dal  disastro  ;  e  se  in  alcune  parti  la  nostra  fonte,  per  il  suo 
carattere  frammentario,  crea  nuovi  problemi,  in  altre  porge  varie  notizie 
cronologiche,  che  debitamente  vagliate  ci  sono  di  grandissimo  pregio,  pur 
contradicendo  a  quanto  affermano  alcune  delle  nostre  fonti  migliori. 

La  redazione  scucita  e  frammentaria  nella  quale  è  giunta  sino  a  noi 
questa  preziosa  fonte,  è  rivelata  anche  dal  fatto  che  l'indice  dei  capitoli 
e  dei  loro  titoli  al  principio  del  ms.  non  combina  con  il  testo  sia  per  l'er- 
rore di  un  numero  tra  quello  e  questo,  sia  perchè  i  titoli  includono  cenni 
di  fatti  e  notizie  cronologiche  che  mancano  nel  testo.  Ciò  spiega  perchè 
noi  diamo  separatamente  i  titoli  dei  capitoli,  e  perchè  aggiungiamo  tra 
parentesi,  al  numero  del  registro  dei  titoli  un  secondo  numero  che  corri- 
sponde alla  partizione  reale  del  testo. 

Il  contenuto  dei  brani  salvati  presenta  materiali  di  vario  valore:  ac- 
canto a  notizie  di  grande  importanza  storica  abbiamo  particolari  personali 
che  non  danno  verun  lume  od  elementi  di  fatto  di  cui  non  si  comprende 
il  vero  significato  e  valore.  Abbiamo  poi  nomi  nuovi  che  sollevano  nuovi 
problemi,  e  piutroppo  nessun  indizio  diretto  per  chiarire  il  già  innanzi 
indicato  mistero  di  al-Muqawqis. 

§  71.  —  La  rubrica  del  capo  CX  (CXI)  (a  pag.  367  della  versione) 
porta  :  Della  comparsa  degli  Arabi  nel  territorio  di  al-Fayyiam,  e  della  di- 
sfatta dei  Greci  che  vi  si  trovavano. 

§  72.  —  (Capo  CXI,  prima  parte).  Orbene  Teodoro,  che  era  coman- 
dante generale  in  Egitto  (^),  dopo  esser  stato  informato  dai  messi  di  Teo- 

186. 


19.  a.  H. 


72,  73. 


closio,  prefetto  d'Arcadia  (-),  della  morte  di  Giovanni  [Duca  di  Barqali]  ge- 
nerale delle  milizie  (^)  ricondusse  tutte  le  schiere  d'Egitto  e  le  genti  au- 
siliarie e  si  recò  a  Lóqyón,  che  è  un'isola  (*).  Egli  infatti  temeva  che  per 
effetto  dell'insurrezione  degli  abitanti  di  questo  distretto,  i  Musulmani 
potessero  impadronirsi  del  littorale  di  Lòqyòn  ed  espellere  la  comunità  di 
(Cristiani)  servi  di  Dio  che  erano  sudditi  (fedeli)  dell'impero  romano... 
Il  generale  Teodoro  era  assai  turbato  perchè  egli  aveva  perduto  molti 
uomini  (nel  combattimento  con  gli  Arabi),  dove  era  stato  ucciso  oltre  Gio- 
vanni di  Barqah  anche  Giovanni  di  Màrós,  il  generale  con  altri  cinquanta 
soldati  montati  a  cavallo  ('')    (Niqj'ùs,   653-654). 

Nota  1.  —  Le  fonti  arabe  ignorano  questo  Teodoro  comandante  generale  in  Egitto.  Egli  sembra 
essere  stato  il  comandante  generale,  che  dipendeva  direttamente  da  Ciro.  Non  è  improbabile  che  alcuni 
atti  attribuiti  dalle  fonti  arabe  ad  al-Muqawqis,  siano  stati  opera  di  Teodoi'o,  che  agiva  in  nome  di  Ciro. 
—  Il  Butler  (pag.  217^  non  ha  torto  nel  descriverlo  come  un  generale  incompetente  e  temporeggiatore 
'dil  at  or  j'i. 

Nota  2.  —  Non  è  chiaro  chi  sia  questo  Teodosio.  Il  Butler  (pag.  222)  lo  ritiene  per  il  pi-efetto  del 
Faj-yum,  ma  non  so  se  Arcadia  possa  considei-arsi  come  termine  equivalente  al  Piom  degli  Egizi,  03sia 
al-Fayyiim  degli  Arabi.  Dagli  incidenti  narrati  nel  paragrafo  seguente  non  è  chiaro  che  funzione  avesse 
Teodosio,  ne  è  provato  che  fosse  prefetto  del  Fay3Ùm. 

Nota  3.  —  In  una  nota  lo  ^otenberg  spiega  che  questi  è  Giovanni  duca  di  Barqah:  a  quanto 
aiferma  Niceforo  (cfr.  poc'anzi  §  69),  Giovanni  di  Barqah  fu  mandato  contro  i  Musulmani  ohe  avevano 
invaso  l'Egitto,  quando  l'imperatore  Eraclio  era  ancora  in  oriente.  Questo  è  poco  probabile,  perchè  ci 
consta  da  moltissime  fonti  che  Eraclio  lasciò  la  Siria  poco  tempo  dopo  la  sconfitta  dei  suoi  ài  Yarmùk, 
tre  anni  prima  che  gli  Arabi  invadessero  l'Egitto,  e  da  altre  fonti  è  provato  che  Eraclio  si  trovasse 
già  in  Costantinopoli  nel  638  a.  E.  V.  per  la  proclamazione  di  suo  tìglio  Eracleona  ad  imperatore. 
Dalle  parole  di  Niceforo  («e  lo  mandò  contro  i  Saraceni  in  Egitto»)  si  ritrae  che  l'invio  di  Giovanni 
duca  di  Barqah  in  Egitto  avvenne  dopo  il  principio  dell'  invasione  araba  in  Egitto. 

Nota  4.  —  Non  mi  è  stato  possibile  identificare  questo  nome  di  luogo,  che  sembra  essere  un'isola 
in  mezzo  al  corso  del  Nilo.  —  Da  quanto  è  detto  più  avanti  parrebbe  che  Lòqyòn  si  trovasse  nel  Delta 
al  nord  di  Babilonia. 

Singolare  è  il  cenno  ad  una  insurrezione  degli  abitanti  copti  del  distretto  intomo  a  Lóqj'ón, 
contro  l'autorità  dei  Bizantini.  Di  tali  torbidi  si  potevano  valere  gli  Arabi  per  penetrare  nel  cuore 
del  paese. 

Nota  5.  —  Se  perirofio  soli  cinquanta  uomini  devesi  concludere  che  il  generale  Giovanni  cadde 
con  i  suoi  in  qualche  scaramuccia  o  imboscata  degli  Arabi  nei  primi  mesi  dell'  invasione,  perchè  il  con- 
testo generale  della  narrazione  determina  che  questi  fatti  sono  anteriori  alla  b.ittaglia  di  Heliopolis. 

§  73.  —  (Capo  CXI,  seconda  parte).  Il  generale  delle  milizie  Gio- 
vanni di  Màròs  ed  i  suoi  compagni  (ossia  cinquanta  cavalieri)  erano  stati 
messi  dai  Greci  a  custodire  il  distretto  (di  al-Fayyum)  :  avevano  perciò 
posto  altri  guardiani  presso  la  pietra  [sic)  della  città  di  Làhùn  (^),  affinchè 
vi  rimanessero  costantemente  in  osservazione  e  avvertissero  il  comandante 
delle  milizie  (Giovanni  di  Màrós)  dei  movimenti  dei  nemici.  Essi  avevano 
inoltre  preso  alcuni  cavalli,  una  schiera  di  soldati  ed  alcuni  tiratori  d'arco 
ed  avevano  marciato  conti'o  i  Musulmani  nell'intento  di  fermare  la  loro 
avanzata.  I  Musulmani,  essendo  venuti  dalla  parte  del  deserto,  rapirono  un 
grande  numei'o  di  pecore  e  di  capre  della  montagna,  senza  che  gli  Egi- 
ziani se  ne  fossero  accorti.  Di  poi  quando  (gii  Arabi)  comparvero  davanti 


19.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Inci- 
denti dell'  inva- 
sione araba  (raz- 
zia  dell'al-Fay- 
yùm  e  battaglia 
di  Heliopolis), 
nella  cronaca  bi- 
zantino-copta  di 
Giovanni  di  Nl- 
qyus.] 


187. 


qyus.| 


§§  73,  74.  19.   a.   H. 

19-  a.  H.  a  Bahuasà  (-),  tutte  le  seliieie  (greche)  che  erano  con  Giovanni  di  Màròs 

denti  dell' i"nva-  '^nHe  rive  del  fiume  accorsero  sul   punto  minacciato,  e  per  questa  volta  im- 

sione  araba  (raz-  pedirono  (agli  Arabi)  di  penetrare  nel  Fayyùni, 

yQm  e^battagtfa  ^^  generale  Teodosio  (prefetto   d'Arcadia?),  avuta   notizia   dell'arrivo 

di  Hello  polis),  degli  Ismaeliti  (Arabi),  si  trasportò  di  sito  in  sito,  nello  scopo  di  osservare 

nella  cronaca  bi-  ^x  •  •  •  i.-      i-  j.-  •    •     n-ì-     a       i  • 

zantino-co  ta  di  •'^t^'iipi't?  con  attenzione  1  movnnenti  di  questi  nemici,  (ali  Arabi  soprav- 
Giovanni  di  NI-  vennero  all'improvviso,  massacrarono  il  capo  dell'esercito  (Giovanni  duca  di 
Barqah)  e  tutti  i  suoi  compagni,  e  s'impadronirono  della  città  (quale?:  lo 
Zotenberg  crede  sia  Bahnasà).  Chiunque  si  avvicinò  agli  Arabi  fu  mas- 
sacrato: essi  non  risparmiarono  alcuno:  né  vecchi,  né  donne,  né  bambini. 
Di  poi  si  volsero  contro  il  generale  Giovanni  (di  Màrós),  il  quale  insieme 
con  i  compagni  prese  i  cavalli  e  si  nascose  nei  giardini  e  nelle  piantagioni 
per  sfuggire  al  nemico:  poi  marciarono  durante  la  notte,  verso  il  grande 
fiume  d'  Egitto,  verso  Abóit  (ossia  Buwayt,  o  Ubwayt,  nel  cantone  di  Ly- 
copolis,  0  Usyùt,  sulla  riva  orientale  del  Nilo),  dove  speravano  di  giungere 
in  sito  sicuro.  Il  capo  dei  partigiani  che  era  con  Geremia  (favoreggiatore 
degli  Ai'abi)  informò  l' esercito  musulmano  sul  sito  dov'erano  nascosti  i 
Greci:  i  Musulmani  li  raggiunsero  e  li  massacrarono  tutti  (ossia  i  cin- 
quanta cavalieri  menzionati  prima).  (Niqyùs,   664-665). 

Nota  1.  —  Il  paese  di  al-LàhOn  si  trova  all'ingresso  di  quella  specie  di  valle  lungo  la  quale  si 
entra  nell'oasi  di  al-Fayyum  dalla  valle  del  Nilo:  presso  al-Làhun  passa  oggi  il  canale,  Bahr  Yùsuf,  che 
porta  l'acqua  del  Nilo  nella  bassura  fayyiimica.  È  manifesto  che  i  Bizantini  consideravano  al-Làhun 
come  una  posizione  strategica,  che  poteva,  guemita  di  difensori,  impedire  agli  Arabi  l' ingresso  nel  Fayyiim. 
Oggidì  il  villaggio  è  specialmente  noto  per  una  piramide  che  gli  sorge  vicino  sull'oi'lo  del  deserto  che 
separa  la  valle  del  Nilo  dal  bacino  del  Fayyùm. 

La  «pietra»  di  cui  si  parla  nel  testo  (ha gr  al-Làhun:  cfr.  Abulfeda,  Deso-iptio  Aegypti,  %à. 
de  Michaelis,  pag.  11)  è  sicuramente  la  odierna  piramide  d'Illahun  posta  nelle  vicinanze,  quasi  all'in- 
gresso della  vallata  che  conduce  al  Fayyiimi  piramide  visitata  sovente  dai  viaggiatori:  è  la  tomba  del 
l'e  Sesostri  o  Usertesen  II  della  XII  dinastia  (Baedeker,  Egypte,  V  ed.-,  pag.  180). 

Nota  2.  ■ —  Bahnasà  è  l'antica  Oxyrhynchus,  celebre  un  tempo  per  i  suoi  pesci  sacri,  durante  il 
paganesimo,  e  per  i  suoi  innumerevoli  conventi  con  10,000  frati  e  12,000  monache  in  tempi  cristiani. 
Aveva  dodici  chiese.  Con  il  trionfo  arabo-musulmano  essa  decadde  ed  ora  è  tutta  in  rovine,  dalle  quali 
Grenfell  e  Hunt,  dal  1897  in  poi,  hanno  dissotterrato  una  maravigliosa  collezione  di  papiri,  tanto  del 
periodo  tolomaicn,  quanto  di  quello  romano.  —  Bahnasà  giace  però  a  circa  fiO  chilometri  più  al  sud 
ancora  di  al-Fayyùm:  è  ben  singolare  di  scoprire,  se  l'ipotesi  dello  Zotenberg  risponde  al  vero,  come 
già  in  questo  primo  periodo,  anche  prima  della  presa  di  Babilonia,  gli  Arabi  fossero  penetrati  tanto  lon- 
tani nel  cuore  dell'Egitto  e  lungo  la  riva  libica  del  Nilo. 

§  74.  —  Le  notizie  date  dal  cronista  copto  in  questo  paragrafo  hanno 
una  singolare  importanza  e  danno  tutto  un  altro  aspetto  alla  campagna 
egiziana  di  'Amr.  La  versione  tradizionale,  quale  parrebbe  risultare  dalle 
fonti  arabe,  é  un'avanzata  sistematica  regolare  di  un  esercito  arabo  ben 
disciplinato,  che  rimane  riunito  nei  pressi  di  Babilonia  in  attesa  di  rin- 
forzi e  poi  intraprende  un  regolare  assedio  della  fortezza.  Il  Butler  (pa- 
gine 218-226),  sotto  r  influenza  di  questa  versione  ufliciale  e  credendo  di 

188. 


19.  a.  H.  §  74. 

potersi  fidare  di  essa,  ha  incontrato  molte  diflfìcoltà  a  spiegare  la  comparsa  '®"  ^-  ^■ 

degli  Arabi  nel  Faj-yùm  e  presso  Balmasà,  prima  della  caduta  di  Babilonia.        denti  dell' inva- 
Nelle  fonti  arabe  la  conquista  del  Fayyùm  è  uno  degli  ultimi  episodi  della        ®'°"®  ^'^^^  ^'^'' 

.  .         .  '  ^  ^  zìa    dell'al-Fay- 

conquista,  dopo  la  caduta  di  Babilonia.  Per  accomodare  qviesta  contradi-        yum  e  battaglia 
zione  apparente  il  Butler  interpreta  un  poco  arbitrariamente  la  narrazione        di  Hehopohs), 

.       .        -.  nella  cronaca  bi- 

dei  fatti  e  confondendo  eventi  diversi  pone  tutto  l'episodio  sotto  una  falsa        zantino-copta  dì 

luce.  Innanzi  tutto  egli  crede  che  il  cenno  di  Giovanni  di  Niqyùs  agli  Arabi        Giovanni  di  Ni- 

pyus.] 
nel  Fayyum  sia  una  memoria    dello    stesso    fatto,  di  cui   parlano  le  fonti 

arabe  due  anni  dopo  :  invece  trattasi  di  due  fatti  diversi  ;  il  vescovo  gia- 

cobita  qui  accenna  a  una  semplice  razzia,  mentre  gii  Arabi  narrano  della 

conquista  definitiva. 

In  secondo  luogo  egli  suppone  —  sebbene  la  fonte  copta  non  gliene 
dia  alcuna  ragione  —  che  l'assalto  contro  il  Fayyùm  fosse  fatto  da  'Amr 
stesso  alla  testa  di  tutte  le  sue  forze,  varcando  il  fiume  Nilo  con  barche 
prese  nel  porto  di  Tendunyas  (Umm  Dunayn).  Ciò  non  solo  sarebbe  stato 
strategicamente  un  errore,  troncando  tutte  le  comunicazioni  di  'Amr  con 
l'Arabia,  ma  è  contrario  al  vero  significato  di  questo  paragrafo  ed  alla 
verità.  Le  difiìcoltà  in  cui  si  trova  il  Butler  risultano  chiare  da  vari  punti 
della  sua  narrazione  (per  es.,  a  pag.  219,  222  e  223,  nota  3),  perchè  le 
notizie  di  Giovanni  di  Niqj'ùs  gettano  lo  scompiglio  in  tutto  il  suo  modo 
preconcetto  di  considerare  la  conquista  dell'  Egitto. 

Per  comprendere  il  vero  stato  delle  cose  ed  il  vero  svolgimento  della 
campagna,  dobbiamo  liberarci  dai  ceppi  rigidi  della  versione  tradizionale, 
che  ci  presenta  le  forze  di  'Amr  come  un  esercito  regolare  e  disciplinato  di 
tempi  molto  posteriori.  Invece  l'invasione  in  Egitto  si  svolse  nell'identico 
modo  dell'invasione  in  Siria.  'Amr  entrò  in  Egitto  alla  testa  di  poche  mi- 
gliaia di  Beduini,  per  lo  più  del  sud  d'Arabia,  che  niun  vincolo  di  sangue 
avevano  con  lui  ed  erano  elementi  ribelli^  e  poco  disciplinati.  Appena  var- 
cato il  confine  e  abbattute  le  deboli  barriere  opposte  in  al-Faramà  e  Bil- 
bays,  gli  Arabi  scoprii'ono  che  l'Egitto  era  anche  più  sguernito  della  Siria. 
Allora  si  destarono  vieppiù  le  tendenze  rapaci  ed  indisciplinate  delle  turbe 
di  Arabi  :  si  sparpagliarono  in  schiere  di  vario  numero  in  tutte  le  parti 
del  paese,  seguendo  di  preferenza  l'orlo  del  deserto,  dove  nessuno  osava 
seguirli,  e  piombando  sulle  scarse  forze  bizantine  e  sugli  inermi  villaggi 
della  valle  niliaca,  ovunque  ciò  fosse  a  loro  comodo.  Alcune  schiere  pote- 
rono varcare  il  Nilo  dove  mancavano  le  guarnigioni  bizantine  e  ripetere 
sull'altra  riva  la  tattica  predatrice  inaugurata  sulla  sponda  orientale.  Così 
una  grossa  banda  di  predoni  arabi,  valendosi  del  deserto  libico  come  di 
riparo,  e  a  volte  come  via  di  comunicazione  per  sorprendere  i  nemici,  ino- 

189. 


74,  75. 


19.  a.  H. 


19.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Inci- 
denti dell'inva- 
sione araba  (raz- 
zia  dell'al-Fay- 
yùm  e  battaglia 
dì  Hel  iopol  is), 
nella  cronaca  bi- 
zantino-copta  di 
Giovanni  di  Ni- 
qyùs.] 


lesto  alFayyùni,  massacrò  gli  abitanti  di  Bahnasà  e  si  spinse  vittoriosa- 
mente ed  incolume  sino  ad  Abùit  (Buwayt)  nella  lontana  provincia  di 
Suvut  o  Asj^ùt,  quasi  200  chilometri   più  al   sud  di   Bahnasà. 

Nativi  com'erano  del  deserto,  gli  Arabi  con  questo  sistema  di  mole- 
stare gli  Egiziani  avevano  una  grande  superiorità  si;i  Bizantini  e  li  mi- 
sero in  serie  difficoltà,  perchè,  date  le  forze  esigue  di  cui  disponevano,  i 
Bizantini  non  potevano  difondere  tutti  i  paesi  della  valle  del  Nilo.  Essi 
adottarono  allora  l'unica  via  che  a  loro  rimaneva:  si  concentrarono  intorno 
a  Babilonia  e  così  alfine  costrinsero  gli  Arabi  a  far  la  stessa  cosa  non  ap- 
pena 'Amr  ebbe  radunato  intoi'no  a  sé  tutti  i  rinforzi  venuti  d'Arabia. 
Come  in  Palestina  e  in  Siria,  alla  vigilia  di  Agnàdayn  e  del  Yarmùk,  gli 
Arabi  si  raccolsero  in  risposta  ad  una  concentrazione  militare  dei  Bizantini. 

Speciale  importanza  ha  altresì  per  noi  il  cenno  che  dalle  parti  del- 
l'isola di  Lòqyòn,  nome  oscuro  ma  evidentemente  un  qualche  distretto 
non  lontano  dal  Fayj^ùm,  gli  abitanti  erano  in  armi  contro  i  Bizantini. 
Siccome  è  detto  che  questi  temevano  una  cooperazione  degli  insorti  con 
gli  Arabi,  non  è  esclusa  la  possibilità  che  la  incursione  ai'aba  sino  a  quel 
luogo  fosse  anche  suggerita  dalla  notizia  dell'insurrezione,  che  giovava  agli 
interessi  militari  arabi. 

§  75.  —  (Capo  CXI,  terza  parte).  Avuta  notizia  della  morte  di  Grio- 
vanni  di  Màrós  e  dei  suoi  cavalieri,  Teodosio  (prefetto  d'Arcadia)  ed  Ana- 
stasio, che  allora  si  trovavan  dodici  miglia  distanti  dalla  città  di  Niq3'ùs, 
si  recarono  immediatamente  alla  rocca  di  Babilonia  e  vi  fissarono  la  loro 
stanza,  mentre  mandavano  il  generale  Leonzio  a  Buwaj^t.  Questi  era  uomo 
obeso,  senza  vigore,  ignaro  della  pratica  di  guerra:  or,  vedendo  che  l'eser- 
cito egiziano  e  Teodoro  combattevano  i  Musulmani  e  che  uscivano  frequen- 
temente dalla  città  di  Fayyùm  per  prendei*e  la  città  (?  quale?  lo  Zoten- 
berg  prima  esclude,  poi  suppone  s'intenda  per  riprendere  Bahnasà),  egli 
fece  ritorno  con  la  metà  delle  genti  a  Babilonia,  per  ragguagliar  dello  stato 
delle  cose  i  governatori  (ossia  Teodosio,  e  Anastasio,  il  Duca  d'Egitto  ed 
il  prefetto  Augustale),  mentre  che  l'altra  metà  rimase  con  Teodoro  (che, 
secondo  lo  Zotenberg,  pare  fosse  mandato  in  Egitto  dopo  i  primi  rovesci 
dei  Grreci,  per  assumere  il  comando  generale  delle  genti  che  dovevano  di- 
fendere il  paese  contro  i  Musulmani). 

Teodoro,  dopo  lunghe  ricerche,  avendo  litrovato  alfine  il  cadavere  di 
Giovanni  di  Màròs,  ed  avendolo  ripescato  in  una  rete  dal  fiume,  entro  il 
quale  era  stato  gettato  (dagli  Arabi),  lo  fece  collocare,  tra  grandi  manife- 
stazioni di  dolore,  sopra  una  bara  e  trasportar  presso  i  governatori  (Teo- 
dosio ed  Anastasio),  che  lo  mandarono  poi  ad  Eraclio. 


190. 


19.  a.  H.  §§  75.77. 

Quelli  (cioè  i  diversi  cU-appelli  greci)  che  si  trovavano  in  Egitto  cer-  'S-  a-  h. 

cavano  un  asilo  nella  rocca  di  Babilonia:  essi  (i  patrizi  Teodosio  ed  Ana-  denti  deii'inva- 
stasio?)  aspettavano  il  generale  Teodoro,  nello  scopo  di  assalire  gli  Arabi  sione  araba  (raz- 
con  tutte  le  loro  forze  riunite,  prima  della  stagione  dell'  inondazione  ed  il  y^^  /  battaglia 
periodo  della  semina,  quando  non  sarebbe  stato  più  possibile  fare  la  guerra,  ^i  Heiiopoiis), 
per  timore  di  veder  distrutte  le  sementa,  e  gli  abitanti  esposti  a  morir  di  zantino-copta  di 
fame  con  i   loro  figli  e  bestiami  (Niqyùs,  555-556).  Giovanni  di  Ni- 

Dalle  ultime  parole  del  paragrafo  veniamo  ad  appurare,  come  già  os- 
servò in  parte  lo  Zotenberg,  che  tutti  i  fatti  narrati  poc'anzi  da  Giovanni 
di  Niqyùs  appartengono  al  periodo  ira  l'ingresso  di  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto 
e  la  prima  inondazione  annuale  del  Nilo  a  cui  gli  Arabi  assisterono  dopo 
varcato  il  confine.  Or,  poiché  'Amr  passò  il  confine  in  al-' Aris  il  10  Dzù-1- 
Higgah  18.  a.  H.  corrispondente  al  12  dicembre  639,  e  avendo  l'inonda- 
zione principio  in  giugno,  tutto  quanto  è  qui  narrato  va  posto  prima  del 
giugno  640  =  Grumàda  II.  19.  a.  H.  In  vista  dell'inondazione  è  da  presu- 
mersi che  tutti  gli  Arabi  passati  sulla  riva  libica  del  Nilo  e  nel  Fayyùm, 
ritornassero  sulla  riva  arabo-orientale  prima  del  mese  di  giugno  per  unirsi 
ai  compagni  attendati  nelle  vicinanze  di  Heiiopoiis  (Ayn  Sams). 

§  76.  —  La  rubrica  per  il  capo  CXI  (CXII)  (pag.  367)  porta:  Del 
primo  scontro  di  'Amr  (b.  al-'As)  con  i  Greci  ad  'AAvn  (Heiiopoiis). 

§  77.  —  (Capo  CXII).  A  causa  del  malcontento  manifestato  dall'impe- 
ratore (Eraclio),  regnava  una  viva  ostilità  tra  Teodoro  il  generale  comandante 
in  capo,  e  i  due  governatori,  Teodosio  ed  Anastasio  :  questi  due  cavalcarono 
assieme  ad  'Awn  (=  On  [degli  Egizi]  =  'Ayn  Sams  =  Heiiopoiis)  con  un  gran 
numero  di  tanti,  per  dare  battaglia  ad  'Amr  b.  al-'As  (').  I  Musulmani  fino  " 
a  quel  giorno  non  conoscevano  (non  si  erano  avvicinati?)  alla  città  di  Misr 
(presso  Babilonia).  Lasciando  in  disparte  le  città  fortificate,  essi  si  erano  di- 
retti verso  una  terra,  chiamata  Tandùnyàs  (sulle  rive  del  Nilo  presso  la  rocca 
di  Babilonia)  (")  e  si  erano  imbarcati  sul  fiume.  'Amr  (h.  al-'As)  dava  prova, 
nella  presa  di  Misr,  d'una  grande  energia,  e  di  una  perspicacia  straordi- 
naria. Egli  era  molto  inquieto  d'esser  separato  (da  una  parte)  dall'esercito 
musulmano,  che  diviso  in  due  corpi  si  dirigeva,  lungo  la  riva  orientale  del 
fiume,  verso  una  città  posta  sopra  un'altura,  e  detta  Ayn  Sams  o  'Awn. 
'Amr  b.  al-'As  scrisse  ad  'Umar  b.  al-Khattàb  che  era  in  Palestina,  una 
lettera  nella  quale  gli  diceva:  «  Se  tu  non  mi  mandi  rinforzi  musulmani, 
io  non  potrò  impadronirmi  di  Misr».  'Umar  gli  mandò  quattromila  guer- 
rieri musulmani,  comandati  da  un  generale  a  nome  Walwazyà  (tòrse  inten- 
desi  ibn  al-'Awwàm,  ossia  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm)  che  era  di  razza  bar- 
bara. Allora  ('Amr  b.  al-'As)  divise  queste  schiere  in  tre  corpi  distinti:  ne 


§  77. 


19.  a.  H. 


qyus. 


19.  a.  H.  collocò  uno  presso  Tandùnyàs,  un  altro  al  nord  di  Babilonia  d'Egitto,  ed 

denti  deii'invà-  ^gli  stesso,  alla  testa  del  terzo  distaccamento,  s'accampò  presso  la  città  di 

sione  araba  (raz-  'Awn.  Ai  due  altri  corpi  diede  lo  seguenti  istruzioni:    «Fate   attenzione, 

yùm  e^  battaglia  «quando    l' esercito    greco  uscirà   per  assalirci:  piombate  su  es.so  dal  lato 

di  Heiiopoiis),     «posteriore,  mentre  che  noi  c'impegneremo  contro  la  sua  fronte:  noi  l'av- 
neiiacronaca  bi-  ,  1        ,  •  r\  1     lì  •±  •  /Ti 
zantino-copta  di     *  volgeremo  e  lo  stermineremo  ».  Quando  1  esercito  greco,  ignaro  (di  questo 

Giovanni  di  Ni-  stratagemma),  uscì  dalla  fortezza  (di  Babilonia,  dirigendosi  su  'Ayn  Sams 
o  Heiiopoiis)  per  assalire  i  Musulmani,  questi  piombarono  sulle  sue  spalle, 
come  era  stato  concertato  tra  loro,  e  s'impegnò  una  terribile  battaglia. 
Sopraffatte  dai  Musulmani  le  schiere  greche  fuggirono  su  navi.  L'eser- 
cito musulmano  occupò  ora  la  città  di  Tandùnyàs,  la  guarnigione  della 
quale  era  perita,  e  di  cui  non  rimanevano  più  ohe  trecento  uomini.  Questi 
si  erano  ritirati  nella  fortezza  (di  Tandùnyàs?)  ed  avevan  chiuso  le  porte: 
ma  poi,  spaventati  dal  grande  massacro  che  era  avvenuto,  si  diedero  alla 
fuga  e  si  recarono  su  navi  a  Niqyùs  (^). 

Avuta  notizia  di  questi  eventi,  Domentianus  (?  già  letto  dallo  Zoten- 
berg  L/mitaneìis,  cioè  Comes  Umitarius  =  X'jxtzavsco;,  o  governatore  della 
città  di  Fayyùm)  partì  durante  la  notte,  senza  avvertire  la  gente  di  Bu- 
wayt  che  egli  stava  per  abbandonare  la  città  ai  Musulmani,  e  si  recò  con 
le  sue  genti  armate  su  navi  a  Niqyùs.  1  Musulmani  informati  della  fuga 
di  Domentianus,  accorsero  prontamente  sul  luogo,  s'impadronirono  del  di- 
stretto di  Fayyùm  e  di  Buway t  e  vi  fecero  un  grande  massacro  (^)  (N  i  - 
qyùs,   555-559). 

Cfi-.  Maqrizi    Khitat,  I,  249. 

Nota  1.  —  La  rubrica  del  CXII  capitolo  (che,  come  tutte  le  altre  rubriche,  è  cctipilata  dal  tra- 
duttore arabo)  sostiene  dunque  che  la  battaglia  di  Heiiopoiis,  o  'Ayn  Sams,  sia  stata  la  prima  combattuta 
tra  'Amr  b.  al-'As  ed  i  G-reci.  Tale  notizia  è  però  in  contradizione  con  altri  brani  anteriori  del  nostro 
testo,  in  cui  sono  ricordate  le  gravi  perdite  subite  già  in  altri  combattimenti  dai  Greci  (per  esempio 
la  uccisione  dei  due  Giovanni,  il  Duca  di  Barqah  e  quello  di  Màròs). 

Nota  2.  —  Il  Butler  (pag.  217)  giustamente  corregge  lo  Zotenberg,  il  quale  nella  sua  identifica- 
zione di  Tandùnyàs  sostiene  che  fosse  una  città  al  sud  della  cittadella  di  Babilonia.  Una  visita  sai 
luoghi  dimostra  che  tra  la  fortezza  di  Babilonia  e  lo  sprone  dei  monti,  che  si  avanza  a  circa  un  chi- 
lometro al  sud  di  Babilooia,  non  è  mai  esistita  una  città,  perchè  vi  è  stato  il  letto  del  fiume,  e  non  vi 
sono  tracce  alcune  di  abitati.  Manca  altresì  materialmente  lo  spazio  sufficiente  per  costruirvi  una  città. 
Il  Butler  congettura  che  debba  essere  lo  stesso  sito  della  Umm  Dunayn  degli  Arabi,  sito  che  giaceva 
al  nord  di  Babilonia  nel  cuore  del  Cairo  moderno.  Egli  sostiene  che  la  t  iniziale  del  nome  Tan- 
diinyàs  rappresenti  l'articolo  femminile  in  copto,  sicché,  rimossa  la  t,  quello  che  rimane  del  nome  ha 
sufficiente  somiglianza  con  Umm  Dunayn,  da  giustificare  l'identificazione.  Lo  Zotenberg  errerebbe  quindi 
nel  porre  Tandùnyàs  al  sud  di  Babilonia;  invece  va  collocata  al  nord,  il  che  si  adatta  assai  meglio 
alla  nari-azione  della  campagna  di  'Amr.  Umm  Dunayn  è  menzionata  da  Tàqùt  e  da  al-Maqrizi  come  un 
sito  identico  con  al-Maqs,  posta,  come  è  noto,  sulla  riva  occidentale  del  canale  (di  Traiano)  e  presso  alle 
rive  del  Nilo.  Orbene  è  cosa  ben  nota  che  al-Maqs  giaceva  anticamente  dove  ora  si  stendono  i  Giardini 
di  Esbeqiyyah  in  Cairo.  Il  Nilo,  che  ai  tempi  delja  conquista,  passava  sotto  alle  mura  di  Babilonia  e 
del  Dayr  abi-1-Sayfayn,  scorreva  in  un  letto  assai  più  ad  oriente  che  non  il  moderno,  e  poi  girando  al- 
Kabs  proseguiva  in  direzione  nord  lambendo  Tandiìnyàs  (ossia  Umm  Dunayn,  o  al-Maqs).  Dove  ora  sono 
i  giardini  dell' Esbeqij-yah  in  Cairo,  sorgeva,  ai   tempi   della   conquista,  secondo   il   Butler,  la   fortezza 

192. 


19.    a.    H.  §§  77-79. 

romana  di  Tandunyàs,  che  sovrastava  al  porto  tli  Misr:  quivi  fu  il   comliattimento   descritto   nel   testo  19.  a.  H. 

di  Giovanni  di  Niqj-Qs.  [EGITTO.  -    Inci- 

Per  lo  spostamento  del  corso  del  Nilo  verso  occidente  in  ben  dodici  secoli,  si  hanno  le  prove  ol-  denti  dell' Inva- 

trechè  in  vari  indizi  che  diamo  in  altro  luogo,  anche  in  un  passo   di    ibn   Duqmàq.  Cfr.   anche  Lane-  sione  araba  (raz- 

Poole,  Cairo  pianta  alla  pag.  256.  '  zia    deH'al-Fay- 

NoTA  3.  —  Il  testo  è  poco  chiaro,  e  meno  chiare  ancora  risultano  le  mosse  di  'Amr.  Dalla   nar-  yum   e   battaglia 

razione  parrebbe  che  Tandunvàs,  invece  di  essere  dove  è  ora  il  Cairo,  si  trovasse  più  al  nord  di  Helio-  di  Heliopolis), 

polis;  altrimenti  non  si  spiega  come  'Amr  movesse   su  'Tandanyàs   dirigendosi   contro   Heliopolis   dove  nella  cronaca  bi- 

convergevano  i  Greci.  La  disposizione   strategica   delle   forze   arabe   in   tre   gruppi  come  è  narrato  più  zantino-copta  di 

avanti:  1°  Tandunyàs,  2»  Babilonia,  e  3°  Heliopolis,  è  pure  un  particolare  oscuro  e  strategicamente,  in  Giovanni    di    Ni- 

apparenza,  un  errore,  data  la  distanza  dei  tre  punti  l'uno  dall'altro.  Importante  è  però  lo  svolgimento  qyus.J 

della  battaglia  vinta  da  una  manovra  di  sorpresa,  da  una  specie  di  agguato  preparato  dagli  Arabi,  i 
quali,  padroni  del  deserto,  girarono  alle  spalle  dei  Bizantini,  mentre  si  avanzavano  su  Heliopolis  e  ta- 
gliarono le  comunicazioni  con  Babilonia.  Così  si  spiega  la  fuga  dei  Bizantini  disfatti  su  navi,  perchè 
non  poterono  più  ritornare  alla  fortezza  di  Babilonia,  e  dovettero  passare  sull'altra  riva  del  Nilo  vicino 
al  punto  in  cui  il  fiume  si  dirama  nel  Delta.  La  menzione  di  una  fortezza  speciale  per  la  difesa  di  "Tan- 
dunvàs  conferma  che  Tandunyàs  giacesse  a  considerevole  distanza  da  Babilonia,  e  il  fatto  che  la  guar- 
nigione di  essa  varcasse  il  Nilo  su  barche  per  salvarsi  in  Niqyus  sembrami  un  indizio  che  Tandunyàs 
giacesse  nelle  vicinanze  del  punto  dove  il  Nilo  si  divide  in  tanti  rami,  a  mo'  di  ventaglio,  al  principio 
del  Delta. 

Importantissima  è  la  conferma  indipendente  della  fonte  copta  che  la  battaglia  di  Heliopolis  av- 
venisse soltanto  dopo  l'arrivo  dei  rinforzi  dall'Arabia.  E  chiaro,  da  quanto  altresì  dicemmo  poc'anzi,  che 
sino  alla  battaglia  di  Heliopolis  gli  Arabi  si  contentassero  di  razziare  e  scorrere  il  paese,  evitando,  come 
dice  bene  il  nostro  testo,  di  cimentarsi  alla  presa  di  città  fortificate. 

Nota  4.  —  La  vittoria  araba  di  Heliopolis  fu  il  colpo  di  grazia  al  dominio  bizantino  in  Egitto. 
È  palese  che  anche  questa  provincia  era  sguernita  di  uomini  d'arme,  e  che  la  rotta  di  Heliopolis  di- 
strusse il  nucleo  maggiore  d'armati  che  i  Bizantini  avessero  da  contrapporre  agli  Ax-abi.  Disfatto  questo 
esercito,  tutta  la  difesa  della  provincia  rovinò,  le  schiere  nell'alto  Egitto  per  timore  di  vedersi  tagliata 
la  via  di  comunicazione  con  Alessandria,  abbaudonai'ono  ogni  idea  di  difendei-e  quella  regione  e  fuggi- 
rono a  Niqyus,  che  è  nel  Delta.  Gli  Arabi,  pur  dovendo  assediare  la  fortezza  di  Babilonia,  ancora  in- 
tatta, si  videro  divenire  padroni  di  tutta  la  valle  del  Nilo  da  Babilonia  in  su  verso  il  sud  e  poterono 
varcare  una  seconda  volta  il  Nilo  per  rioccupare  il  Fayyijm  e  strapparne  forse  qualche  indennità,  prima 
che  sopraggiungesse  l'inondazione  alla  fine  di  giugno  del  640  =  Gumàda  IL  19.  H. 

§  78.  —  La  rubrica  per  il  capo  CXII  (CXIII)  (pag.  357)  porta:  Come 
gli  Ebrei,  temendo  i  Musulmani,  la  crudeltà  di  'Amr  (b.  al-'As)  ed  il  sac- 
cheggio dei  loro  beni,  si  ritirarono  nella  città  di  Manùf  e  finirono  con  fug- 
gire attraverso  le  porte  aperte  di  Mi.sr,  e  si  rifugiarono  in  Alessandria. 
Come  alcuni  uomini  perversi  in  grande  numero  cominciarono  ad  aiutare 
('Amr  b.  al-'As)  a  soggiogare  i  Copti. 

§  79.  —  (Capo  CXIII).  Dopo  la  presa  del  Fayyùm  e  del  suo  territorio 
per  opera  dei  Musulmani,  'Amr  (b.  al-'As)  fece  richiedere  all'Abàkirì  (^) 
della  città  di  Delàs  (posta  nella  provincia  di  Bahnasà,  al  sud  di  Memfi)  di 
addurre  navi  del  Rif,  allo  scopo  di  trasportare  sulla  riva  orientale  gli  Arabi 
che  si  trovavano  ad  occidente  del  fiume  :  egli  riuniva  presso  di  sé  tutte 
le  sue  schiere  perchè  voleva  compiere  varie  spedizioni.  Egli  mandò  un 
messo  a  Giorgio  il  prefetto  per  ordinargli  di  costruire  un  ponte  sul  canale 
che  traversa  la  città  di  Qalyùb,  afiflnchè  gli  fosse  possibile  fare  la  conquista 
di  tutte  le  città  della  provincia  di  Misr,  nonché  delle  città  di  Atjirib  e  di 
Kuerdis.  Questo  fu  il  momento  in  cui  (i  Copti)  incominciarono  ad  aiutare 
i  Musulmani.  I  quali  s' impadi'onirono  di  Athrib  e  di  Manùf  e  dei  loro  ter- 

193.  25 


qyus.] 


§§  79,  80.  !"•    ^-    H. 

19-  a-  H.  litori.   ('Ami-  I>.  al-'Asì  fece  anche  costruire  un   grande  ponte  presso  Babi- 

dentì  dell' inva-  l'Hiia    d'Egitto    per    impedire    il    passaggio    dei   battelli  che  si  recavano  a 

sione  araba  (raz-  Miqyus,  ad  Alessandria  e   nell'alto  Egitto,  ed   affinchè  i  cavalli    potessero 

yùm  e  battaglia  venire  senza  dittìcoltà  dalla  riva  occidentale  del  fiume  a  quella  orientale, 

di  Meli o polis),  ]^ci  in  questo  modo  essi  sottomisero  tutta  la  provincia  di  Misr,  ma  'Amr 

nella  cronaca  bl-  .  ,        ,  t    ,.  .  •  •,,••!  i 

zantìno-copta  di  ^*^^  ^'^  rimase  contento:  egli  leco  arrestare  i  magistrati  greci  e  legar  loro 
Giovanni  di  Ni-  le  mani  ed  i  piedi  in  catene  ed  assi  di  legno:  estorse  molto  danaro,  rad- 
doppiò le  imposte  dei  contadini  e  li  costrinse  a  portare  (al  campo  arabo) 
il  foraggio  per  i  cavalli:  egli  commise  innumerevoli  atti  di  violenza. 

Quei  governatori  (patrizi  o  capi  :  forse  il  testo  è  corrotto)  che  si  trova- 
vano in  Niqyus,  vi  lasciai'ono  Domentiaiius  (o  Domentius)  con  una  piccola 
schiera  di  armati  per  difendere  la  città  e  si  ritirarono  ad  Alessandria,  man- 
dando a  Dàres,  il  comandante  superiore  della  città  di  Samnùd,  l'ordine  di 
custodire  i  due  fiumi  (ossia  il  Delta  :  gli  Arabi  avevano  finora  occupato 
soltanto  il  Delta  più  meridionale).  Allora  vi  fu  un  panico  in  tutte  le  città 
d'Egitto:  gli  abitanti  presero  la  fuga  e  vennero  ad  Alessandria,  abbando- 
nando le  loro  proprietà,  i  loro  beni  ed  i  loro  bestiami  (NiqN'ùs,  569-560). 

Nota  1.  —  Questo  nome  ha  perplesso  lo  Zotenberg,  il  quale  è  rimasto  incerto  se  sia  un  nome 
proprio.  Il  Butler  (pag.  235,  nota  2)  adduce  la  testimonianza  di  vari  documenti  papiracei  arabo-egizi 
descritti  in  Karabacek  Fùhrer  (cfr.  i  documenti  nn.  551,  554,  558),  che  provano  trattarsi  di  Apa  C3'rus, 
pagarco  di  Heracleopolis  Magna.  Abbiamo  una  lettera  a  lui  diretta  da  Khàrigah,  e  un'altra  di  'Abdallah 
b.  Gàbir  a  Cristoforo  e  Teodorakis,  figli  dello  stesso  Apa  Cyrus.  Questo  documento  è  forse  il  più  antico 
documento  islamico  che  esiste  al  mondo. 

§  80.  —  La  rubrica  per  il  capo  CXIV  (CXV)  (pag-  357)  porta:  Come 
i  Musulmani  s'impadronirono  di  Misr  nel  quattordicesimo  anno  del  ciclo 
lunare,  e  presero  la  cittadella  di  Babilonia  nel  quindicesimo  anno. 

Purtroppo  il  testo  di  questo  capitolo  si  è  perduto,  e  l' intestazione  è 
stata  aggiunta  al  capitolo  successivo:  a  noi  così  è  venuta  meno  una  fonte 
preziosa  per  correggere  la  versione  araba  della  resa  della  città  che  cin- 
geva la  fortezza  di  Babilonia.  Il  capitolo  sarebbe  stato  oltremodo  ùtile  per 
fissare  meglio  come  seguissero  i  due  avvenimenti  distinti,  la  presa  della 
città  di  Misr  e  la  presa  della  sua  cittadella,  Babilonia.  La  prima  cadde 
facilmente  dopo  il  disastro  di  Heliopolis  ('Ayn  Sams)  e  parrebbe  in  questo 
caso  essere  distinta  da  Tandùnyàs,  posta  più  al  nord  di  Misr.  Questa  città 
era  forse  molto  piccola  e  si  estese  nello  spazio  tra  la  moschea  di  'Amr 
e  il  castello  di  Qasr  al-Sam'  (le  rovine  dell'antica  Babilonia). 

I  dati  cronologici  di  questa  intestazione  presentano  vari  spinosi  pro- 
blemi. Secondo  lo  Zotenberg  e  il  Brooks  (Byz.  Zeitschr.,  IV,  439)  con 
il  «  quattordicesimo  anno  del  ciclo  lunare  »  intendesi  la  quattordicesima  In- 
dizione, ossia   l'anno   ufiìciale  bizantino  che  correva  dal  1"  settembre  640 

194. 


qyus. 


19.  a..  H.  .  §  80. 

al  31    asfosto    641   È.  V.  In  questo    periodo    dunque,   afferma  Griovanni  di  i^-  a-  H- 

-  -,  ■.       1  •,,,     1-    ^r-  ,,  ,  •      1  •      T         •  -r  (EGITTO.-    Inci- 

Niq3'us,  cadde  la  citta  di  Misr,  e  1  anno  seguente  ossia  la  quindicesima  in-        denti  deii'inva- 
dizioue  (=  1"  settembre    641-31    agosto    642)    la    fortezza   di  Babilonia.  Il        sione  araba  (raz- 

Ti-  1  "•  ip-1-  T  i>i  z'^   dell'al-Fay- 

Brooks  però  dichiara  cne  non  ripone  molta  tede  m  queste  date,  perche  la        yQm  e  battaglia 
confusione  tra  la  città  e  la  cittadella  di  Babilonia  è  inestricabile,  ed  egli        di  Hello  polis), 

•         /      •  1      n      \  -^T-r-iT    T        T      •  -TTTT  HS 1 1 3  C FO R 303  bi - 

pone  la  presa  di  Babilonia  (cittadella)  nella  XIV  Indizione,  e  non  nella  XV,        zsntino-copta  di 
come  vuole  il  testo  del  cronista  copto.  Giovanni  di  Ni- 

A  questo  punto  interviene  nella  critica  della  cronologia  il  Butler  (pa- 
gina 533  e  segg.)  con  alcune  osservazioni  d'un  singolare  pregio,  che  è 
d'uopo  riepilogare  brevemente,  perchè  modificano  sensibilmente  quanto  è 
stato  arguito  prima. 

Il  Brooks,  identificando  il  «  ciclo  lunare  »  del  testo  di  Giovanni  di 
Niqyus  con  le  «  indizioni  »,  ha  dovuto  riconoscere  che  la  sola  data  sicura 
del  cronista  copto  è  quella  della  morte  di  Eraclio,  e  che  le  altre  porgono 
punti  oscuri  che  hanno  bisogno  di  elucidazione.  Giovanni  di  Niqyus  af- 
ferma che  Eraclio  morì  «nel  mese  di  Yakàtìt  degli  Egiziani,  che  corri- 
«  sponde  al  mese  di  febbraio  dei  Romani  nel  quattordicesimo  anno  del 
«  ciclo,  ossia  l'anno  357  di  Diocleziano  »  (cfr.  20.  a.  H.,  §  143).  Questa  data 
è  assolutamente  corretta,  perchè  è  noto  come  Eraclio  morisse  1'  11  feb- 
braio 641  È.  V. 

In  un  altro  passo  (cfr.  20.  a.  H.,  §  146)  è  detto  che  la  fortezza  di 
Babilonia  cadde  un  lunedi  di  Pasqua,  e  poi  si  aggiunge  che  «  nella  se- 
«  guente  domenica  18  Genbot  del  quindicesimo  anno  del  ciclo  »  cadde  la 
città  di  Niqyus.  Ma  se  si  identifica  il  quindicesimo  anno  del  ciclo  con  la 
quindicesima  Indizione,  il  18  Genbot  non  cade  più  sopra  una  domenica. 
Per  avere  il  giorno  di  domenica  nel  18  Genbot  non  si  può  prendere  il 
13  maggio  642,  perchè  cade  sopra  un  lunedì,  ma  bensì  il  13  maggio  641 
che  cade  appunto  sopra  una  domenica.  Ma  l'anno  641  corrisponde  alla 
XIV  Indizione,  non  più  alla  XV.  Allora  o  il  cronista  copto  è  in  errore,  o 
il  ciclo  lunare  non  è  l'Indizione.  Siccome  Giovanni  di  Niqjt'ùs  è  per- 
fettamente corretto  nella  data  della  morte  di  Eraclio,  v'è  ogni  buona 
ragione  per  ritenere  una  simile  accuratezza  nelle  altre  sue  indicazioni  cro- 
nologiche. 

Il  Butler  (pag.  539)  dimostra  ora  che  il  cronista  copto  con  «  ciclo  lu- 
nare »  non  intende  già  l'Indizione,  ma  il  ciclo  dionisiano  di  19  anni,  che 
è  in  uso  ancora  ai  giorni  nostri  ed  è  chiamato  volgarmente  il  Numero  d'Oro. 
Cfr.  L'Aì't  de  verifler  les  dates,  voi.  I,  pag.  62-70.  Se  guardiamo  le  tabelle 
sincrone  di  questa  stessa  opera,  vediamo  che  il  quattordicesimo  anno  del 
ciclo  di  19  anni  è  appunto  il  640  e  il  quindicesimo  anno  il  641. 

195. 


qyus. 


§§  8C>«V  19*    ^'    H. 

19.  a.  H.  Allora  ò  mauifesto    che    domenica  18  Genbot  del  quindicesimo  anno 

denti  dell' inva"  ^^^^  ciclo  è  esattamente  domenica  Vò  maggio  641.  11  lunedì  di  Pasqua  del 

sione  araba  (raz-  quindicesimo  auuo  del  ciclo,  quando  cadde  Babilonia,  è  il  lunedi  di  Pasqua 

yùm  e^battagt'a  *^^^  ^■^^'  '^^'^'^ì^  ^^  ^  aprile  641.  Ne  risulta  quindi  una  seconda  evidentissima 

di  Heiiopoiis).  prova  della  correttezza  di    Giovanni  di  Niqyùs. 

..          .     ''  Ritornando   iulìno  al   testo  della  rubrica,  citata  in  questo  paragrafo,  vi 

zantino-copta  di  >  ±  jr         o  i 

Giovanni  di  Ni-  leggiamo  c'iic  la  città  di  Misr  cadde  nelle  mani  degli  Arabi  nel  quattor- 
dicesimo anno  del  ciclo.  Siccome  l'anno  del  ciclo  aveva  principio  il  23  marzo 
(cfì\  Rutcher,  Ecclesiast.  Calendar.,  pag.  73;  Bond,  Handy- 
book  ot  dates,  pag.  218;  Butler.  pag.  534),  la  presa  di  Misr  nel 
quattordicesimo  anno  del  ciclo  cade  tra  il  23  marzo  640  ed  il  22  marzo  641 
È.  V.,  ossia  tra  il  23  Rabi'  I.  19.  H.  e  il  3  Rabi'  II.  20.  H.;  e  la  presa 
della  fortezza  di  Babilonia  nell'anno  successivo  23  marzo  641-22  marzo  642 
È.  V.  (=  4  Rabi'  II.  20.  11.-14  Rabi'  II.  21.  H. 

ARABIA.  —  Eruzione  vulcanica  presso  Madlnah. 

§  81.  —  (al-Wàqidi).  In  questo  anno  (19.  H.)  nella  Harrah  Layla  ebbe 
luogo  un'eruzione  di  fiamme  :  il  Califfo  'Umar  pensò  un  momento  di  re- 
carsi sul  luogo  con  una  quantità  di  persone,  ma  poi  mutò  pensiero,  ordinò 
di  fare  elemosine,  ed  il  fuoco  scomparve  (T  a  bari,  I,  2679,  lin.  10-12). 

Cfr.  Athìr,  II,  440;  Gawzi,  I,  fol.  53, v.,  il  quale  aggiunge  che,  se- 
condo ibn  Habib  questo  fuoco  uscì  (dalla  terra)  in  Khaybar. 

ARABIA.  —  Pellegrinaggio  annuale. 

§  82.  —  In  questo  anno  il  Califfo  'Umar  diresse  il  grande,  pellegri- 
naggio annuale  (T  a  bari,  I,  2579). 

Cfi-.  Mas'udi,  IX,   55;  Athir,  II,  440. 

ARABIA.  —    Umar  assume  il  titolo  di  Principe  dei  Credenti. 

§  83.  —  (al-Ya'qùbi).  Nell'anno  della  carestia  e  della  peste  il  Califfo 
'Umar  fu  chiamato  (per  la  prima  volta)  Amir  al-Mu-minìn,  o  Prin- 
cipe (propriamente  «  Comandatore  »)  dei  Credenti.  Fino  a  questo  tempo,  egli 
era  stato  chiamato  Kh  a  1  i  f  a  h  Kh  ali  fa  h  Rasili  Allah,  ossia  Successore 
del  Successore  dell'Inviato  di  Dio.  Il  primo  a  tributargli  il  nuovo  titolo 
fu  abù  Miisa  al-As'ari,  intestandogli  una  lettera  nei  seguenti  termini:  «  Al 
«  Servo  di  Dio  'Umar  Principe  .dei  Credenti  »;  ed  il  titolo  rimase.  Altri 
affermano  che  al-Mughirah  b.  Su' bah  entrò  presso  il  Califfo  e  gli  disse: 
«  Su  te  la  jjace,  o  Principe  dei  Credenti  ».  'Umar  protestò  volendo  soste- 
nere che  al-Mughirah  dicesse  una  cosa  non  lecita,  ma  l'arabo  gii  rispose: 

19fi. 


19.  a.  H. 


§§  83-88. 


«  Non  siamo  forse  noi  musulmani?  »  —  «  Si  ».  —  «  E  non  sei  tu  il  nostro 
«  ani  il?  »  —  «  Per  Dio  è  vero  »  gli  rispose  'Umar  (Ya'qùbi,  II,  171-172). 
§  84.  — -.  Eutichio  conferma  che  al-Mughìrah  b.  Su'bah  sia  stato  il  primo 
a  conferire  al  Califfo  il  titolo  di  Amìr  al-Mu'minin.  Dopo  la  morte 
del  Profeta,  abù  Bakr  era  stato  chiamato  Khalifah  Rasùl  Allah,  e  ad 
Umar  fii  conferito  il  titolo  Khalifah  Khalifah  Rasùl  Allah.  al-Mu- 
ghii-ah  b.  Sulìah  nell'assumere  il  governo  di  al-Basrah  scrisse  ad  'Umar 
dandogli  il  titolo  di  Amir  al-Mu-minin.  Di  tal  nome  'Umar  si  mani- 
festò spiacente  in  principio,  ma  poi  riconobbe  la  sua  giustezza,  ed  il  titolo 
rimase  in  appresso  per  tutti  i  Califfi  TEutychius  ed.  Cheikho,  II,  pag.  20). 

Luogotenenti  del  Califfo. 

§  85.  —  In  questo  anno  vi  furono  i  medesimi  governatori  e  gli  stessi 
qàdi  dell'anno  precedente  (T  a  bari,  I,  2579,  lin.   15-17). 

Cfi-.  Athir,  II,  440  (eh-.   17.  a.   H..  §   199:   18.  a.  H.,  §  204). 

BISANZIO.  —  Morte  di  Eraclio. 

§  86.  —  Nell'anno  19.  H.,  secondo  al-Khuwàrizmi,  cessò  di  vivere  l'im- 
peratore Eraclio  (Baethgen,   111). 

Anche  il  cronista  siriaco  Michele  pone  la  morte  di  Eraclio  nell'anno  19. 
degli  Arabi,  952  dei  Greci,  e  7  di    Umar  (Michel  Syrien,  II,  426). 

Molte  fonti  però  confondono  la  morte  di  Eraclio  il  Grande  con  quella 
di  suo  figlio  Eraclio  Juniore,  detto  Heracleonas,  che  gli  morì  poco  dopo: 
e  perciò  anticipano  erroneamente  l'anno  della  morte  di  Eraclio  il  Grande. 
Più  avanti,  sotto  l'annata  20.  H.,  si  troveranno  le  notizie  che  si  riferiscono 
ad  Eraclio  il  Grande. 

ARABIA.  —  Restauri  alla  moschea  in  Madlnah. 

§  87.  —  Xell'anno  19.  H.,  dice  ibn  al  Gawzi,  il  Califfo  'Umar  ricostruì 
il  Masgid  Rasùl  (in  Madlnah)  e  lo  ingrandì  dalla  parte  anteriore  (fi  m  u  q- 
dimihi?)  sino  all' a  l-maqsùrah  :  lo  estese  anche  dalla  parte  del  Dar 
Marwàu  :  il  tetto  tu  fatto  con  foglie  di  palme,  e  le  colonne  di  legno  :  da 
questa  parte  (?)  fu  fatta  la  porta  perle  donne  (Gawzi,  I.  fol.  53, v.). 

E  manifesto  che  si  allude  ai  lavori  di  restauro,  come  già  narrammo, 
compiuti  nell'anno  precedente  (cfr.   17.  a.  H.,  §§  187  e  segg.). 

NECROLOGIO.  —  Ayyas  b.  abl  Rablah. 

§  88.  —  In  ibn  al-Gawzi,  tra  i  morti  dell'anno  19.  H.  abbiamo  'Ayyàs 
(nel  ms.  'Abbàs)  b.  Rabiah  (correggi  ahi  Rabi'ah)  b.  al-Mughìrah  b.  Ab- 
dallah  b.  'L^mar  b.  Makhzùm:  è  la  stessa  persona  che  abbiamo  già  anno- 


19.  a.  H. 
[ARABIA.  -    Umar 
assume   il   titolo 
di    Principe    dei 
Credenti.! 


197. 


§§  8B-90.  19.  a.  H. 

19.  a.  H.  vovato  tra   i  morti  ili  al-YaiUcimah  (cfr.    12.  a.  H.,  §  23,  n.  34)  e  tra  quelli 

Ayyàs    b.  abì     '^^^  Yarmuk  (ctV.    15.  a.  H.,  §117,  n.  20).  ihn    al-Grawzi    dice  che   avesse 
Rabiah.]  pji,.  niadre  Asma  biiit  Makhramah,  la  madi-e  del  famigerato  abù  (jrahl,  di 

cui  perciò  'Ay>'as  era  fratello  uterino.  'Aj-yàs  si  convertì  prima  che  il  Pro- 
feta entrasse  nella  Dar  al-Arqam,  emigrò  in  Abissinia,  ritornò  poi  a  Makkah  : 
emigrò  quindi  a  Madinah  con  'Umar  b.  al-Khattab,  ma  poi  ritornò  di  nuovo 
a  Makkah  dove  fu  ti'attenuto  un  certo  tempo  (cfi-.  1.  a.  H.,  §  16.,  nota  1). 
Alfine  emigrò  di  nuovo  e  definitivamente  a  Madinah  e  vi  rimase  sino  alla 
morte  del  Profeta,  quando  andò  in  Siria  alla  guerra:  in  fin  di  vita  tornò 
a  Makkah,  dove  morì  (nel  19.  H.  ?)  (G-awzi,  I,  fol.  67, v.). 
Cfr.  anche   Bukhàri    Ta-rìldi,    27. 

Khabbàb. 

§  89.  —  abù  Yahya  Khabbàb,  halìf  dei  banù  Nawfal  b.  'Abd  Manàf, 
mawla  di  'Utbah  b.  Ghazwàn,  fu  dal  Profeta  unito  in  fratellanza  con 
Tamìm  mawla  di  Khiràs  b.  al-Simmah:  fii  presente  a  Badr,  a  Uhud,  al- 
l'assedio di  Madinah  ed  a  tutti  gli  altri  fatti  d'arme  con  rinviato  di  Dio. 
Morì  nel  19.  a.  H.,  in  età  di  anni  60.  'Umar  b.  al-Khattàb  recitò  le  pre- 
ghiere funebri  su  di  lui  in  Madinah   (Saad,   III,   1,  pag.    70,  lin.   1-5). 

Non  lasciò  tradizioni.  Alcuni  pongono  la  sua  morte  in  Madinah  nel 
17.  H.(i)  in  età  di  50  anni  (Athir  Usd,  II,   109). 

Dzahabi  Paris,  I,  fol.   133,r.;  Hagar,  I,  868,  n.   2204. 

Nota  1.  —  Nei  mss.  arabi  si  confondono  facilmente  i  numeri  17  e  19,  perchè,  scritti  senza  punti 
diacritici,  non  v'è  modo  di  distinguerli. 

Safwàn  b.  al-Mu'attal. 

§  90.  —  abu  'Amr  Safwàn  b.  al-Mu'attal  b.  Rakhasah  [o  Rubaydah] 
b.  Khuzà'i  b.  Muhàrib  b.  Murrah  b.  Fàlig  b.  Dzakwàn  al-Sulami  al-Dzak- 
wàni,  Compagno  del  Profeta,  si  vuole  che  trasmettesse  due  tradizioni: 
furono  suoi  rawàh,  o  discepoli,  Sa'id  b.  al-Musayyab,  abù  Bakr  b.  Abd 
al-rahmàn  b.  al-Hàrith  e  Sa'id  al-Maqburi,  i  quali  però  trasmisero  le  tra- 
dizioni nella  forma  mursal,  vale  a  dire  senza  diretto  legame  isnadico. 
Egli  morì,  secondo  gli  uni,  in  una  spedizione  in  Armenia  nel  19.  H.;  se 
invece  egli  morì,  come  vuole  al-Wàqidi,  nell'anno  60.  H.  in  Sumaysàt,  al- 
lora i  precitati  suoi  trasmettitori  udirono  direttamente  da  lui  le  tradizioni. 
Secondo  Khalifah  (b.  Khayyàt),  egli  morì  nell'al-Grazirah  ed  era  stato  un 
tempo  nella  sàqah  (retroguardia)  del  Profeta,  e  fu  anche  poeta,  ibn  Ishàq 
afferma  che  perisse  nella  precitata  spedizione  d'Armenia,  e  che  durante  la 
medesima  fosse  uno  dei  comandanti  delle  schiere  islamiche  (Dzahabi, 
Paris,  I,  fol.   132,v.). 

198. 


19.  a.  H. 


90,  91. 


(jrawzi,  I,  fol.   54,r.  dice  si  convertisse  alla  spedizione  di  al-Muraysi'  19.  a.  H. 

,    „       ,  TT       oo    Q  N  [NECROLOGIO.   - 

(cfr.   o.  a.  H.,  fe§  8  e  segg.).  Safwàn   b.  ai- 

Hisàm,    732;    Balàdzuii,    172;    Athìr,    II,   440,    IV,    38;   Athir        Muattal.] 
Usd,  III,  26-27;  Yàqut,  I,  220,  III,   74;  Bukhàri    Tarikh,   24. 

Ubayy  b.  Ka  b. 

§  91.  —  {a)  abù-1-Mundzir  o  al)ù-l-Tufayl  Ubayy  b.  Ka'b  b.  Qays  b. 
'Ubayd  ('Abìd?)  b.  Zayd  b.  Mu'àwiyah  b.  'Amr  b.  Màlik  b.  al-Naggàr 
(Taym  al-Làt)  al-Ansàri  al-Khazragi  al-Naggàri  al-Mu'àwi  fii  uno  dei  Com- 
pagni del  secondo  patto  di  'Aqabali:  combattè  a  Badi*  e  negli  altri  fatti 
d'arme  fu  detto  Sayyid  al-Qurrà,  e  da  'Umar  anche  Sayyid  al- 
Muslimin;  annoverato  tra  i  sei  ashàb  al-fatyà,  e  'Umar  soleva  inter- 
rogarlo su  faccende  complicate  e  consultarlo  per  la  decisione  di  questioni  in- 
tricate e  difficili  come  uno  dei  più  anticbi  giureconsulti  musulmani ('?).  Fu 
il  primo  a  scrivere  per  il  Profeta.  Fu  uomo  di  media  statura  con  barba 
bianca,  e  grande  autorità  tradizionistica.  Secondo  ibn  Ma'in  morì  nel- 
l'anno 19.  o  20.  H.;  ma  altre  date  della  sua  morte  sono  gli  anni  22.  o  30. 
cioè  durante  il  Califfato  di  'Utlimàn.  Quest'ultima  data  secondo  ibn  Hagar 
è  la  più  sicura  (Hagar,  I,  30-32,  n.  32). 

Atliir,  II,  440,  che  dice  morisse  o  nel  19.,  o  nel  20.,  o  nel  22.  o 
nel  32.  H.  (Khond,  I,  4,  pag.  25,  lin.  22  e  segg.). 

(6)  Trasmise  tradizioni  ai  figli  Muhammad,  al-Tufayl,  'Abdallah,  ad  ibn 
'Ayyàs,  ad  Anas,  a  Suwayd  b.  Ghafalah,  ad  abù  'Uthmàn  al-Nahdi,  a  Zirr 
b.  Hubays.  Secondo  al-Haytham  b.  'Adi  morì  nel  19.  H.  — al-Wàqidi  ritarda 
la  sua  morte  sino  al  22.  H.  Khalifah  b.  Khayyàt  e  ibn  Sa'd  lo  dicono 
morto  durante  il  Califfato  di  'Uthmàn  e  precisamente  nell'anno  30.  H. 
(Dzahabi  Paris,  I,  fol.   132,v.-133,r.). 

(  e)  La  k  u  n  y  a  h  abù-1-Tufayl  gli  fu  dato  dal  Califfo  'Umar  dal  nome 
di  suo  figlio,  al-Tufayl.  Sua  madre  era  Suhaylah  bint  al-Aswad  b.  Haràm 
b.  'Amr  b.  Zayd  Manàt  al-Naggàriyyah,  zia  di  abù  Talhali  Zayd  b.  Sahl 
b.  al-Aswad  b.  Haràm.  Trasmise  64  tradizioni  del  Profeta  e  tra  i  suoi  di- 
scepoli ebbe:  abù  Ayyùb,  ibn  'Abbàs,  abù  Musa  al-As'ari,  e  vari  tabi', 
Itre  suo  figlio  al-Tufayl,  Suwayd  b.  Ghafalah,  Zirr  b.  Hubays,  'Abd  al- 
rahmàn  b.  al-Aswad,  'Abd  al-rahmàn  b.  abì  Layla  ed  altri.  Il  Profeta 
raccomandò  di  imparare  il  Qur-àn  da  Ubayy,  da  ibn  Mas'ùd,  da  Sàlim 
m  a  w  1  a  di  abù  Hudzayfah,  e  da  Mu'àdz  b.  Grabal.  Si  vuole  che  fosse  uno 
dei  giudici,  ashàb  al-qadà",  tra  i  Compagni.  Fu  il  primo  a  far  da  se- 
gretario per  il  Profeta  —  narra  al-Wàqidi  —  allorché  Maometto  venne  a 
Madinah  :  si  vuole  che   fosse  il  primo    ad    apporre    alla   fine    dello    scritto 

199. 


o 


§§  91,  92.  19.  a.  H. 

19-  a-  H.  i^kitàb)  il  nome  dello  scrivano.  Tra  le  varie  date  della  sua  morte  si  pone 

Ubayy  b.  Kab.l  anche  il  32.  II.  (oltre  quelle  riferite  poc'anzi).  Ebbe  capelli  bianchi,  ma  la 
sua  barba  rimase  sempre  nera  (Nawawi,   140-142). 

Cfi".  anche  Khamis,  II,  273,  dove  è  annoverato  tra  i  morti  del- 
l'anno 18.  H.;  Hisfim,  345,  504;  Qutaybah,  133;  Athir,  II,  440;  Ba- 
làdzuri,  43,  87,  473;  Abulfeda,  I,  251;  Yàqùt,  II,  227,  596;  Dza- 
habi  Tagrid,  I,  8,  n.  35;   (xawzi,  fol.  84,r. 

§  92.  —  (a)  Il  nome  dell'antenato  al-Naggàr  era  Taym  Allat  (o,  se- 
condo altri,  Taym  Allah)  b.  Tha'labah  b.  'Amr  b.  al-lvhazrag  al-Akbar 
al-Ansari  al-Khazi'agi  al-Mu'à\vi.  E  fu  chiamato  al-Naggàr,  perchè  si  cir- 
concise con  una  scure  (qaddùm).  Secondo  altri  invece  colpì  con  una 
scure  la  faccia  d'uno  e  ci  battè  su  (nagarahu),  e  perciò  fu  detto  al- 
naggàr  (falegname).  Dai  banii  Mu'àwiy ah  presero  la  nisbah  (al-Mu'àwi) 
i  figli  di  lui. 

Aveva  due  ku nyali:  abù-1-Mundzir,  messagli  dal  Profeta,  e  abii-1-Tu- 
fayl,  messagli  da  'Umar  b.  al-Khattàb  per  via  del  figliuolo  suo  al-Tufayl. 

Fu  ad  al-'Aqabah  e  a  Badr.  E  'Umar  diceva:  «Ubayy  è  il  principe 
«  (sayyid)  dei  Musulmani»   (Athìr  Usd,  I,  49,  lin.   14-16). 

(6)  (da  Anas  b.  Màlik)  Il  Profeta  disse  ad  Ubayy:  «  Iddio  m'ha  ordi- 
«  nato  di  recitarti:  «Non  furono  gli  empì»,  ecc.  [ossia  il  versetto  Qu- 
r-àn,  XCVIII,  v.  2j.  Ed  egli:  «Mi  ha  nominato  Iddio?  ».  —  «Sì».  E 
Ubayy  diede  in  pianto  (Athir  Usd,  I,  49,  lin.  20-21). 

(e)  (ibn  Waqi',  da  Humayd  b.  'Abd  al-rahmàn,  da  Dàwùd  al-'Attàr, 
da  Ma'mar,  da  Qatàdah,  da  Anas).  Il  Profeta  ha  detto:  «  Nella  mia  gente 
«  il  più  pietoso  verso  di  essa  è  abù  Bakr,  il  più  forte  nella  fede  di  Dio  è 
«  'Umar,  il  più  vivo  in  ritegno  'Uthmàn,  il  più  dotto  nel  lecito  e  nell'il- 
«  lecito,  Mu'àdz  b.  Gabal,  il  più  esperto  nei  precetti  divini  (afraduhum) 
«  è  Zayd  b.  Thàbit,  e  il  miglior  lettore  è  Ubayy  b.  Ka'b,  e  l' a  m  ì  n  di 
«  questa  gente  è  abù  'Ubaydah  b.  al-Grarràh  »  At^ir  Usd,  I,  49,  lin.  24; 
50,  lin.   1). 

Zirr  b.  Hubays  racconta  ch'egli  fu  in  consuetudine  con  Ubayy  b.  Ka'b, 
e  che  Ubayy  era  sgarbato  (wa-kànat  fi  hi  saràsah).  Zirr  gli  disse: 
«  Abbassa  fino  a  me  la  tua  ala,  ti  sia  misericordioso  Iddio  !  »  ( A  th  ì  r  U  s  d , 
I,  50,  lin.   1-3). 

(fZ)  (al-Hasan  b.  Sàlih,  da  Mutarraf,  da  al-Sa'bi,  da  Masrùq).  GÌ' inve- 
stiti di  qadà"  tra  i  Compagni  del  Profeta  furono  sei:  'Umar,  'Ali,  'Ab- 
dallah,  Ubayy,  Zayd  e  abù  Musa  (Athir  Usd,  I,  50,  lin.  8-10). 

(e)  (abù  'Umar,  da  Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi).  Il  primo  a  scrivere 
per  il  Profeta  al  suo  arrivo  a  Madinah  fu  Ubayy  b.  Ka'b.  Ed  egli  fu  primo 

200. 


19.    a.    H.  §§  92-96. 

a  scrivere  in  fondo  alla  lettera,  aggiungendoci  il   «  tal  dei  tali  »  (intende:  19-  a-  H. 

fu  primo  ad  apporre  la  sua  firma  di  segretario  agli  atti  del  Profeta).  Quando        ubayy  b   Ka'bi 
mancava  Ubayy,  scriveva  Zayd  b.  Thàbit  (Athir  Usd,  I,  50,  lin.  10-12). 

abù  Nu'aym  è  incerto  quando  morisse:  secondo  alcuni  morì  il  22.  H. 
sotto  'Umar;  secondo  altri  il  30.  sotto    Uthmàn. 

Questa  seconda  versione  è  la  più  giusta,  perchè  Zirr  b.  Hubay.s  l'in- 
contrò sotto  il  califfato  di  'Uthmàn  (Athir  Usd,  I,  50,  lin.  21-23). 

abù  'Umar  dice  che  morì  il  17.:  secondo  altri  morì  il  20.;  secondo  altri 
il  22.;  secondo  altri  morì  sotto  il  califfato  di  'Uthman,  l'anno  32.  Ma  i  più 
sono  per  il  califfato  di  'Umar.  Era  bianco  di  capelli  e  di  barba,  che  non  si 
tingeva  (Athir    Usd,  I,  50,  lin.  23-25). 

§  93.  —  Sua  madre  fii:  Suhaylah  bint  al-Aswad  b.  Haràm  b.  'Amr 
dei  banù  Màlik  b.  al-Naggàr.  Ebbe  due  figli:  al-Tufayl  e  Muhammad  dalla 
moglie  umm  al-Tufayl  bint  al-Tufayl  b.  'Amr  b.  al-Mundzii-  b.  Subay'  b. 
'Abd  Nuhm  dei  Daws,  ed  una  figlia,  umm  'Amr  bint  Ubayy,  di  cui  non 
sappiamo  il  nome  della  madi'e.  Fu  alF'Aqabah  coi  settanta  Ansar,  se- 
condo la  comune  tradizione  :  scriveva  nella  g  a  h  i  1  i  y  3^  a  h  ,  quando  pochi 
sapevan  farlo,  e  nell'islam  scriveva  le  rivelazioni  al  Profeta.  Iddio  ordinò 
a  Maometto  di  leggere  ad  Ubayy  il  Q  u  r  •  a  n ,  e  il  Profeta  disse  :  «  Chi  naeglio 
«  d'ogni  altro  sa  leggere  fi-a  la  mia  gente  è  Ubayj^  »  (S  a  a  d ,  III,  2,  pag.  59, 
lin.  8-16)  [M.]. 

§  94.  —  («)  (Muh.  b.  'Umar,  da  Ishàq  b.  Yahya  b.  Talhah,  dallo  zio 
'Isa  b.  Talhah).  Il  Profeta  gli  die'  fratello  Talhah  b.  'Ubaydallah,  secondo 
altri:  Sa'id  b.  Za^-d  b.  'Amr  b.  Nufayl.  Fu  a  Badr,  Uhud,  alla  Trincea,  e 
a  tutte  le  campagne  col  Profeta  (Saad,  III,  2,  pag.  59,  lin.   16-23)   [M.]. 

(6)  (Muli.  b.  Umar,  da  Ishàq  b.  Yahya,  da  'Isa  b.  Talhah).  Era  uomo 
bassotto  (dahdàh)  né  troppo  piccolo,  né  grande  (Saad.  Ili,  2,  pag.  59, 
lin.  23-25)  [M.]. 

(e)  (Muh.  b.  'Umar,  da  Ubayy,  da  'Abbàs  b.  Sahl  b.  Sa'd  al-Sà'idi, 
dal  padre).  Era  di  capelli  e  di  barba  bianca,  e  non  si  tingeva  (Saad, 
III.  2.  pag.   59.  lin.  25-pag.   60,  lin.   1)  [M.]. 

§  95.  —  (Ismà'il  b.  abi  Ibràhìm  al-Asadi,  da  al-Garìri,  da  abù  Nadrah, 
da  uno  di  loro  detto  Gàbir  o  Gruwa3^bir).  Andai  da  'Umar  per  vin  certo 
affare,  e  trovai  al  suo  fianco  un  uomo  canuto,  dalle  vesti  bianche,  che 
diceva  alcune  fidasi  morali  sull'importanza  dell'operar  qui  per  l'ai  di  là. 
Chiesi  ad  'Umar  chi  fosse,  ed  egli  mi  rispose:  «È  il  saj'yid  dei  Musul- 
«mani,  Ubayy  b.  Ka'b  »   (Saad,  III,  2,  pag.  60,  lin.  2-6 1  [M.j. 

§  96.  —  (a)  (Rawh  b.  'Ubàdah,  da  'Awf,  da  alHasan,  da  'Utayy  b. 
Damrahj.  Lo  vide  con  capelli  e  barba  bianca  (Saad,  III,  2,  pag.  60, 
lin.  6-8)  [M.]. 

•ioi.  26 


^8-  3-  H.  /^^  ('Ami-  b.    Asim  al-Kilàbi,  da  Sallam  h.  Maskiu,  da   Imràn  b.  'Ab- 

[NECROLOGIO,    -  "  . 

ubayy  b.  Ka b.i  dallali).  Ubavv  b.  Iva'b  disse  ad  'Umar  b.  al-Khattab:  «  Perchè  non  mi 
«  fai  prefetto?  ».  —  «  Temo  »,  rispose  il  Califfo,  «  che  si  macchi  la  tua 
«fede»  (Saad,  III,  2,  pag.  60,  lin.   12-14)  [M.]. 

§  97.  —  (a)  ("Afifan  b.  Muslim,  da  Wuhayb  b.  Khàlid,  da  Muli.  b.  'Ab- 
daìlah.  da  Sufyàn,  da  Khàlid  al-Hadzdzà',  da  abù  Qilàbah,  da  Anas  b. 
Malik).  Il  Profeta  diceva:  «  Qiu'lli  che  meglio  sa  leggere  (il  Qur*àn)  nella 
«  mia  ummah,  è  Ubayy  1).  Ka'b  »  (Saad,  III,  2,  pag.  60,  lin.  14-17)  [M.]. 

(6)  ("Afifàn  b.  Muslim,  da  Wuhayb,  da  Ayyùb,  da  abù  Qilàbah,  da  alui-l- 
Muhallab,  da  Ubayy  b.  Ka'b).  Finiva  di  leggere  tutto  il  Qur  àn  in  otto 
giorni,  e  Tamim  al -Da  ri  in  sette  (Saad,  III,  2,  pag.  60,  lin.  21-24)  [M.j. 

§  98.  —  (a)  ('Arim  b.  al-Fadl  e  'Affàn,  da  Hammàd  b.  Zayd,  da  'Asim 
b.  Balulalah,  da  Zirr  b.  Hubays).  Uba3'y  b.  Ka  b  eia  un  uomo  scontroso. 
Ed  io  gli  dissi:  «  O  abù-1-Mundzir,  siimi  cortese,  ch'io  voglio  goder  della 
«  tua  compagnia  »  (?  versione   incerta)  (Saad,  III,  2,  pag.  61,  lin.  1-3)  [M.]. 

{b)  (Muli.  b.  'Abdallah  al-Asadi,  da  Sutj-àn,  da  ibn  Abgar,  da  al-Sa'bi, 
da  Masrùq).  Domandai  un  parere  ad  Ubajy  riguardo  ad  una  cosa.  Ed  egli: 
«  O  figlio  di  mio  fi'atello,  è  già  avvenuta?  ».  —  «  No  ».  —  «  Aspetta  dunque 
«che  avvenga,  e  allora   penseremo»   (Saad,  III,  2,  pag.  61.  lin.  3-6)  [M.]. 

(e)  (Rawh  b.  Ubàdah  e  Hawdzah  b.  Khalifah,  da  'Awf.  da  al-Hasan, 
da  'Utay}-  b.  Damrah).  Dissi  ad  Ubayy  b.  Ka'b:  «  Che  avete  voi,  o  Com- 
«  pagni  del  Profeta?  Si  viene  da  voi  per  una  cosa  da  lontano  sperando 
«  nella  vostra  soluzione,  e  quando  slam  qui,  trattate  alla  leggera  le  nostre 
«  faccende  ».  Ed  egli:  «  Per  Dio,  se  io  vivessi  fino  a  questo  venerdì,  ti 
«  du-ei  riguardo  ad  esso  una  cosa,  per  cui  poco  mi  importerebbe  mi  la- 
«  sciaste  in  vita  o  mi  uccideste  ».  Il  venerdì  il  tradizionista  andò  per  la 
strada,  trovò  gran  ressa  di  persone  per  le  strade,  seppe  che  era  morto 
Ubayy.  Allora  disse:  «  Per  Dio,  non  ho  mai  visto  persona  cosi  protetta  come 
«quest'uomo!»   (Saad,  III,  2,  pag.  61,  lin.  6-15)  [M.]. 

§  99.  —  f'Aflfàn  b.  Muslim,  da  Gafar  b.  Sulaj'màn,  da  abù  'Imràn 
al-Grawni,  da  Cfuudab  b.  'Abdallah  al-Bagali).  Andai  in  Madinah  in  cerca 
di  scienza,  ed  entrai  nel  masgid  del  Profeta;  e  v'era  calca  di  gente  che 
conversava.  Cominciai  a  traversarla,  e  giunsi  ad  un  crocchio,  e  v'  era  un 
uomo  magro,  con  indosso  due  vesti,  come  se  venisse  da  un  viaggio.  E  lo 
udii  dii-e:  «  Son  periti  quei  dell' 'uqdah  (nodo?),  ecc.».  E  lo  ripetè  più 
volte.  Mi  assisi  vicino  a  lui,  e  parlai  con  lui.  Saputo  che  era  Ubaj-y,  lo  ac- 
compagnai a  casa.  Era  un  uomo  asceta,  con  oggetti  l'uno  pari  all'altro  in 
miseria.  Lo  salutai,  mi  rispose.  Mi  domandò  di  dove  fossi.  Ed  io  gli  dissi: 
«  dell' 'Iraq  ».  —  «  Son  gente  più  curiosa  di  me!  ».  E  io  m'inquietai.  E  mi 

•M-2. 


19.  a.  H.  §§  99-101. 


accoccolai  sulle  ginocchia,  e  alzai  le  mani  (e  rifece  la  mossa  del  suo  viso),  ^^-  ^-  ^■ 

e  poi  mi  volsi  alla  qiblah,  e  dissi:  «  Allahumm,  a  te  ci  lamentiamo  di  ubayy  b  Kab. 
«  loro:  noi  facciam  le  elemosine,  e  andiam  cavalcando  in  cerca  di  sapienza, 
«  e  quando  lì  incontriamo,  ci  trattan  male,  ecc.  ».  Ed  egli  pianse,  e  prese 
a  trattarmi  bene,  e  a  dirmi:  «  Non  lio  detto  ciò,  non  ho  detto  ciò  (?)  ».  E 
poi  disse:  «  0  Allahumm,  io  ti  prometto,  se  tu  mi  fai  vivere  fino  a  venerdì, 
«  di  dir  quello  che  m'ha  detto  il  Profeta,  senza  timor  di  alcuno  ».  Partii, 
ed  io  attesi  il  venerdì!  Il  giovedì  era  morto. 

Tornai  nell' 'Iraq  da  abù  Musa,  e  gli  parlai  di  Ubayy.  Ed  egli:  «Che 
«  danno  I  Se  fosse  rimasto  in  vita,  tu  avresti  potuto  raccontarci  una  tal 
*cosa»  rSaad,  III,  2,  pag.  61,  lin.   19-pag.  62,  lin.   12)  [M.]. 

§  100.  —  (Muh.  b.  'limar).  Morì  sotto  'Umar;  secondo  alcuni  morì 
nel  22.  a  Madìnah;  secondo  altri  nel  30.  H.  sotto  il  califfato  di  Uthmàn. 
E  questa  è  la  più  probabile,  perchè  'Uthmàn  gli  die'  ordine  di  raccogliere 
il  Qur-àn  (Sa ad,  III,  2,  pag.  62,  lin.   12-17)  [M.]. 

§  101.  —  ('Arim  b.  al-Fadl,  da  Hammàd  b.  Zayd,  da  Ayyùb  e  Hisàm. 
da  Muli.  b.  Sìrin).  Uthmàn  riunì  dodici  persone  di  Qurays  e  Ansar,  tra 
cui  Uba\y  b.  Ka'b  e  Zayd  b.  Thàbit,  per  raccogliere  il  Qur-àn  (Sa ad, 
III,  2,  pag.  62,  lin.   17-20)  [M.]. 


203. 


20  a.  H. 


21   Dicembre  640  —  Q  Dicembre   641 


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E3 
^ 


206. 


20.  a.  H. 


IRAQ.  —  al-Kùfah:  deposizione  di  Sad  b.  abl  Waqqàs. 

§  1.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  il  Calififo  limar 
depose  Sad  b.  abi  Waqqàs  dal  governo  di  al-Kùfàh,  perchè  gli  abitanti 
si  lagnavano  che  egli  non  dirigesse  bene  le  preghiere  pubbliche  (T  a  bari, 
I,  2594,  Im.   15). 

Cfr.  Athir,  II.  444. 

Cfr.  anche  21.  H. 

IRAQ.  —  Governo  di  Sa  d  b.  abl  Waqqàs  in  al-KQfah. 

§  2.  —  (Sayf  b.  Umar,  senza  isnàd).  Il  governo  di  Sad  b.  abì 
Waqqàs  sulla  provincia  di  al-Kùfah  durò  in  tutto  tre  anni  e  mezzo,  dalla 
fondazione  di  al-Kùfah  in  poi.  La  sua  amministrazione  si  estese  su  tutta 
la  regione  fra  al-Kùfah,  Hulwàn,  al-Mawsil.  Màsabadzàn  e  Qarqisi^'à  fino  ad 
al-Basrah  fTabari,  L  2498). 

Se  dunque  al-Kùfah  fu  fondata  nel  17.  H.  (cfr.  17.  a.  II.,  §§  là  e 
segg.),  con  tre  anni  e  mezzo  di  governo  di  Sad  b.  abi  Waqqàs  si  airiva 
a  circa  la  fine  del  20.  H.  e  il  principio  del  21.  H.,  quando  ebbero  principio 
i  preparativi  per  la  campagna  di  Nihàwand,  e  quando  appunto,  secondo 
tutte  le  fonti,  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  fu  deposto  dal  governo  di  al-Kùfah. 

§  3.  —  (al-'Abbàs  b.  Hisàm  [ibn]  al-Kalbi,  da  suo  padre  [Muli.  al-Kalbij, 
da  abù  Mikhnaf,  da  Muli.  b.  Ishàq).  Sad  b.  abi  Waqqàs  fece  fare  una  porta 
ben  connessa  (mubawwab)  di  legno  (alla  sua  abitazione  in  al-Kùfah), 
che  lo  separava  dal  pubblico,  e  nel  q  a  s  r  (dimora  del  governatore)  si  costruì 
una  capanna  di  canne  per  suo  uso  particolare  e  privato  (').  Allora  il  Califfo 
Umar  mandò  Muhammad  b.  Maslamah  al-Ansàri  (ad  al-Kùfah),  ordinan- 

207. 


ss  :f-5. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  (logli  di  abbruciare  tanto  la  porta  quanto  la  capanna  (al-khuss).  Allora 

di  Sad  b^^abi"  '^^  ^^  proso  a  thi'  la  iqàniah  nei  luoghi  pubblici  di  pieghiera  (aqàma  ti 
waqqàs  in  al-  iuasàgid),e  allora  di  lui  non  si  disse  piìi  altro  che  bene  (Balàdzuri,  278). 
•"'*''•'  Cfi-.  Athir.  II,  412. 

Dalle  ultime  parole  del  testo  par  si  possa  dedurre  la  ragione  delle  la- 
gnanze mosse  contro  Sa'd  b.  abì  Waqqàs.  Pare  cioè  che  Sad  facesse  la 
così  detta  iqàmah  in  luogo  appartato,  recinto  da  canne,  dove  nessuno 
lo  poteva  vedere.  —  L'uso  più  recente  impone  che  uno  vicino  all' i  m  à  m , 
appena  i  fedeli  sono  allineati,  faccia  la  iqàniah,  ossia  una  recitazione 
religiosa  premessa  alla  preghieia  regolare  prescritta:  ma  nei  primi  tempi 
dell'Isiàm  sulle  varie  parti  del  rito  islamico  regnava  molta  incertezza,  e 
il  numero  grande  dello  tvadizioni  sopra  alcune  questioni  di  rito  sono  la 
prova  delle  acute  polemiche  a  cui  esse  diedero  origine.  Così,  per  esempio, 
per  molto  tempo  si  usò  far  la  preghiera  senza  né  1'  a  dz  a  n ,  o  appello  alla 
preghiera  (ctì-.  1.  a.  H.,  §  54),  né  la  iqàmah,  e  abbondano  le  tradizioni 
che  lo  confermano  (cfr.  Hanbal,!,  78,  lin.  23-26;  141,  lin.  10-13;  346, 
lin.  28-30:  353,  lin.  31   e  segg.,  occ). 

Nota  I.  —  Sa'd  li.  abi  Waqqàs  era  stato  accusato  da  varie  persone  d'aver  detto  che  gli  dava 
noia  il  vociare  della  gente  di  piazza,  ma  Sa'd  giurò  a  Mulianimad  b.  Maslamah  che  ciò  non  era  vero, 
e  il  Caliifo  'Umar  gli  prestò  fede  iTabari,  I,  2493,  lin.  l-'2  e  2494,  lin.  3-4l. 

Cfr.  Atliir.  IL  412. 

§  4.  —  (abfi  Hanifah  ai-Dina wari).  Il  Califfo  'Umar  ebbe  notizia  che 
Sa'd  b.  abì  AVaqqàs  avesse  costruita  una  porta  all'ingresso  del  qa.sr  di 
al-Kùfah:  egli  ordinò  allora  a  Muhamniad  b.  Maslamah  di  recarsi  ad  al- 
Kùfah,  di  farsi  portare  del  fuoco  e  di  bruciare  quella  porta,  ritornando 
poi  immediatamente  a  Madinah.  Così  fu  fatto,  e  Muhammad  b.  Maslamah 
potè  compiere  l'ordine  e  riprendere  il  cammino  di  Madinah  prima  che 
Sa'd  sapesse  quello  che  era  accaduto:  qviando  ne  fu  informato,  Sa'd  nulla 
disse,  sapendolo  ordine  del  Califfo  (Hanifah,   131). 

§  5.  —  (al-'Abbàs  b.  al-Walìd  al-Narsi,  ed  Ibràhìm  al-'Allàf  al-Basri: 
entrambi  da  abii  'Awànah,  da  'Abd  al-malik  b.  'Umayr,  da  Gràbir  b.  Sa- 
murah).  La  gente  di  al-Kùfah  accusò  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  presso  il  Califfo 
"L^mar  di  non  compiere  bene  la  preghiera.  Sa'd  protestò  contro  l' accusa 
dicendo  che  faceva  la  preghiera  seguendo  puntualmente  il  modo  del  Profeta: 
«  io  la  pronunzio  lentamente  (a  r  k  u  d  u)  dur^,nte  le  due  prime  (f  ì  - 1  -  ù  - 
«  layayn)  ed  accelero  (ahdzufu)  nelle  due  ultime  (fì-1-ukhray  ayn)  ». 
'Umar  (gli  diede  ragione)  dicendogli:  «  Questo,  o  abù  Ishàq,  è  (soltanto) 
«  una  supposizione  sul  conto  tuo!  »  =  (ossia  le  accuse  non  sono  fondate). 
Egli  mandò  nondimeno  alcuni  ad  al-Kùfah  per  fare  un'inchiesta  sul  conto 
di  Sa'd,  ma    in  qualunque    luogo   di   preghiera  si  recassero  (i  commissari) 

208. 


20.  a.  H. 


5-7. 


udirono  sempre  buoni  rapporti  sul  conto  di  Sa  d.  Arrivati  però  m  uno  dei  _20.  a.  H. 

,.,.  ,.  /  -'•iN/iNT-i         _.»,  ,_ri.ii         ['IRAQ.  -   Governo 

luoghi   di  preghiera    (masagid)(')    dei    banu    Abs.  un  certo   abu  badali        ^jj   sad   b.  abT 
al-'Absi,  interrogato   su  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  osò  affermare  che  questi  non        Waqqas  in  ai- 

.  -,  -1  1      ,  ,  •         •  •       •  T  •       .  1    •  ■    -I  n  Kùfah.ì 

divideva  il  bottino  m  porzioni  eguali,  e  non  era  giusto  ed  imparziale  nelle 
sue  decisioni.  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  fu  molto  adirato  per  l' ingiusta  accu.sa 
e  ad  alta  voce  invocò  Dio,  pregandolo,  che  se  l'arabo  mentiva,  gli  prolun- 
gasse la  esistenza,  gli  perpetuasse  la  sua  povertà,  lo  privasse  della  vista  e 
lo  mandasse  in  malora.  'Abd  al-malik  b.  'Umayr  narrò  poi  di  aver  visto 
questo  abù  Sa'dah  in  grande  miseria  nelle  vie  di  al-Kùfah,  lagnandosi  che 
tutte  le  sue  disgrazie  venivano  dalla  imprecazione  di  Sa'd  b.  abì  Waqqàs 
(Balàdzuri,  278). 

La  questione  della  condotta  di  Sa'd  nel  dirigere  le  preghiere  in  al- 
Kufah  è  trattata  in  molte  tradizioni:  ne  abbiamo  parecchie  nel  Musnad  di 
ibn  Hanbal,  per  esempio,  voi.  I.  pag.  175.  lin.  12-15;  176,  lin.  3-6;  179, 
lin.  18-21;  180.  lin.  13-16,  ecc.  Cfr.  anche  Bukhàri.  I,  195,  lin.  1  e  segg., 
dove  è  detto  che  1'  'Absita  si  chiamasse  abti  Sa'da  Usàmah  b.  Qatàdah 
al-'Absi. 

La  ragione  di  farne  tanto  caso  nella  tradizione,  proviene  forse  in  parte 
anche  dal  desiderio  di  alcune  scuole  di  porre  in  cattiva  luce  gli  abitanti 
di  al-Kiifah.  i  quali,  come  vedremo,  diedero  molto  filo  da  torcere  a  tutti 
i  governatori.  L' infelice  riuscita  di  questi  sembrò  forse  meno  penosa  rie- 
vocando la  memoria  del  fatto  che  i  Kufani  avevan  trovato  a  ridu-e  sulla 
maniera  di  pregare  persino  del  più  antico  Compagno  del  Profeta.  In  questo 
modo  si  coprivano  abilmente  le  colpe  di  Sa'd  e  dei  suoi  successori,  river- 
sando tutta  la  responsabilità  sui  Kufani  stessi.  Con  tali  schiarimenti  in- 
tendesi  anche  meglio  il  significato  intimo  della  tradizione  del  seguente 
paragrafo. 

Nota  1.  —  Questi  masàgid  non  erano  allora  propriamente  luoghi  dedicati  soltanto  a  preghiera, 
ma,  come  intende  a  dimostrare  il  Lammens  in  uno  studio  d'imminente  pubblicazione,  erano  più  pro- 
priaménte il  luogo  di  riunione  della  tribù,  là  dove  i  capi  discutevano  le  faccende  interne  della  stii-pe, 
e  dove  nelle  grandi  circostanze  avveniva  l'assemblea  generale  di  tutti  i  consanguinei  per  le  decisioni 
da  prendere  in  riunione  plenaria.  I  masàgid  esistevano  an -he  prima  dell'Isiàm,  perchè  il  termine  non 
fu  inventato  da  Maometto,  e,  come  lo  rivela  il  nome  stesso,  ery.no  il  luogo  dove  avvenivano  quelle  poche 
cerimonie  cultuali  che  gli  Arabi  nomadi  avevano  occasionalmente  l'uso  di  osservare. 

Dalle  parole  del  testo  è  chiaro  che  i  masàgid  erano  i  centri  dove  i  membri  delle  tribù  si  radu- 
navano anche  per  semplici  ragioni  di  sociabilità  e  di  svago,  per  scambiare  idee,  pettegolezzi  e  conver- 
sare: perciò  nei  masàgid  si  scoprivano  meglio  che  altrove  gli  umori  delle  tribù. 

§  6.  —  (al-'Abbàs  al-Narsi).  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  di.sse  alla  gente  di 
al-Kiifah:  «Nessun  amìr  vi  piacerà  mai,  né  voi  piacerete  mai  a  verun 
«amir»   (Balàdzuri,  278)  Cfr.   17.  a.  H.,  §§  51-62. 

§  7.  —  (al-Hasan  b.  'Uthmàn  al-Ziyàdi,  da  Ismà'il  b.  Mugàlid,  da  suo 
padre   al-Mugàlid    [b.    Sa'ìd],    da    al-Sa'bi).  'Amr  b.  Ma'dikarib  al-Zubaydi 

009.  27 


KCifah. 


§§7,  a  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  venne  con  un'ambasceiia   al    Califfo    'Uniai    dopo    la    vittoria    di    al-Qàdi- 

' 0^^3-0 ^r^^b!  «iyyali:  il  Califfo  lo  interrogò  snl  conto  di  Sa'd  e  sul  favore  che  godeva 
Waqqàs  in  al-  piesso  la  gente.  'Amr  risposo:  «  L'ho  lasciato  che  raccoglieva  viveri  per 
«  i  suoi  con  la  pazienza  d'una  piccola  formica  (gam'  al-dzarrah),  e  l'af- 
«  fettuosa  sollecitudine  di  una  tenera  madre (":'):  arabo  nel  nutrire,  nabateo 
«  nel  riscuotere  le  tasse:  divide  con  perfetta  eguaglianza,  e  giudica  con  giu- 
«  stizia;  e  manda  spedizioni  (contro  il  nemico)  »  (').  Siccome  poco  prima 
Sa'd  b.  alii  Waqqàs  (aveva  scritto  ad  '(Jmar)  facendo  gli  elogi  di  'Amr, 
il  Calirt'o  rispose:  «  Sembra  che  voi  due  siate  d'intesa  a  lodarvi  reciproca- 
«  mente!  ».  —  «  Non  è  vero,  o  Principe  dei  Credenti,  io  ti  ho  semplicemente 
«annunziato  quello  che   io  so»   (Balàdzuri,   278-279). 

Nota  1.  —  La  risposta  ili  'Amr  è  t'ormulata  nel  testo  in  prosa  rimata,  di  cui  è  impossibile  ren- 
dere le  caratteristiclie  in  una  versione.  Perciò  appunto  omettiamo  il  resto  della  tradizione,  in  cui  ali- 
biamo  altre  domande  del  Califfo  sulla  guerra  e  sulle  armi  in  generale,  e  le  risposte  di  'Amr  sempre  in 
prosa  rimata.  TI  testo  quindi  continua:  di  poi  il.Calififb  'Umar  depose  Sa'd  b.  abi  Waqijàs  e  nominò  'Ammar 
b.  Yasir  governatore  di  al-Kufab,  ma  gli  abitanti  si  lagnarono  anche  di  lui,  lo  accusarono  di  debolezza 
e  d'ignoranza  nelle  arti  di  governo.  Perciò  anche  'Ammar  fu  deposto  dopo  un  anno  e  nove  mesi,  e  il 
Califfo  ;  perdette  la  pazienza  con  la  gente  di  al-Kufahl  esclamando:  «  Clii  può  farmi  da  avvocato  dinanzi 
•  alla  gente  di  al-Kufah?  Se  nomino  un  governatore  forte,  lo  combattono  e  lo  coritradicono;  se  nomino  un 
«debole,  lo  disprezzano!».  Allora  chiamò  al-Mughirah  b.  Su'bah,  il  quale  era  ritornato  a  Madinah  dopo 
la  vittoria  di  al-Qàdisiyyah,  egli  domandò:  <  Se  io  ti  nomino  governatore  di  al-Kufah,  ricadrai  tii  nella 
'Colpa  di  cui  fosti  sospetto?».  al-Mughirah  diede  assicurazioni  di  voler  agire  diversamente  di  prima, 
ed  'Umar  lo  mandò  ad  al-Kufah,  dove  rimase  come  governatore  sino  all'elezione  di  'Uthmàn.  Questi 
depose  al-Mughirah,  e  diede  per  un  tempo  il  governo  di  al-Kufah  a  Sa'd  (b.  abi  Waqqas)  ;  poi  desti- 
tuito anche  lui,  vi  mandò  al-Walid  b.  'Ubaydah  b.  abi  Mu'ayt  b.  abi  'Amr  b.  Umayyah.  Quando  questi 
giunse  ad  al-KQfah,  Sa'd  (argutamente)  gli  disse:  «O  tu  sembrerai  intelligente  dopo  di  me,  o  io  sem- 
«brerò  stupido  dopo  di  tei».  Più  tardi  il  Califfo  'Utjinuin  depose  al-Walid  e  mandò  ad  al-Kfifah  Sa'id 
b.  al-'Às  b.  Umayyah  (Balàdzuri,  279-280). 

Su  questi  mutamenti  di  governatori  e  gli  eventi  politici  con  essi  connessi  avremo  a  ritornare 
nell'annata  successiva:  al-Balà(izuri  dà  questo  riassunto  per  porgere  un'idea  delle  difficoltà  incontrate 
dal  Califfo  nel  governare  al-Kiifah  sin  dai  primi  giorni  della  sua  fondazione. 

§  8.  —  ibn  al-Grawzi  afferma  che  la  deposizione  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs 
avvenne  nel  17.  H.,  ma  poi  aggiunge  che,  secondo  altri,  la  deposizione  può 
essere  avvenuta  o  nel  20.  o  nel  22.  H.  Sa'd  fif  accusato  di  non  pregare 
bene,  di  non  dividere  egualmente  il  bottino,  e  di  non  essere  giusto  nelle 
sue  sentenze:  principale  accusatore  fu  Usàmah  b.  Qatàdah  al-'Absi  cui  Sa'd 
maledisse  con  funesti  risultati   (Gawzi,  I,  fol.   36,r.-37,r.). 

•Si  osservi  come  gli  accusatori  di  Sa'd,  se  sono  menzionati,  apparten- 
gono alla  tribù  degli  'Al)s,  ossia  ad  una  delle  tribù  nomadi  che  diede 
molte  noie  al  Profeta,  e  prese  le  armi  contro  l'Islam  sotto  il  falso  profeta 
Tulayhah  nell'anno  11.  H.  (cfr.  11.  a.  H.,  §§  87,  88,  119,  123,  131,  159 
nota  1,  ecc.).  Dunque  la  tradizione  mira  evidentemente  a  rendere  invL^^i 
gli  accusatori,  ma  allo  stesso  tempo  è  chiaro  che  il  fondo  dell'accusa  è 
vero,  e  che  gli  accusatori  principali  erano  i  nomadi  accorsi  ad  al-Kùfah. 
Questa  constatazione  è  preziosa  in  quanto  rivela  la  ragione  principale  del- 

21(1. 


20.  a.  H. 


§§  8,  9. 


r  indomabile  turbolenza  dei  Kufani,  che  erano  tutti  membri  delle  più  irre-  20.  a.  H. 

,.,,,,.,.„  ['IRAQ.  -   Governo 

quiete  tribù  nomadi  dell  Arabia  Centrale.  di   Sad    b.  abr 

§  9.  —  Queste  poche  tradizioni  danno  un  cenno  assai  incompleto  pur-        Waqqas  m  ai- 

.  -,         .  -11  Kufah.] 

troppo,  ma  anche  assai  significativo  sul  vero  stato  d'animo  degli  eroi  delle 
conquiste,  e  sui  rapporti  reali  tra  loro  ed  il  Califfo.  Cominciamo  a  vedere 
clie  questi  Compagni,  tanto  glorificati  dalla  tradizione,  erano  uomini  come 
tutti  quelli  che  li  seguii'ono,  egualmente  soggetti  a  debolezze  e  difetti.  Più 
avanti  avremo  a  riassumere  il  nostro  giudizio  su  Sa'd  b.  abi  Waqqas,  onde 
ci  asteniamo  pel  momento  dal  dilungarci  su  tale  argomento,  perchè  nel 
corso  della  nostra  analisi  storica  troveremo  altri  elementi  sicuri  per  stabi- 
lire come  Sa.'d,  messo  al  governo  di  al-Kùfah,  manifestasse  alcuni  difetti 
di  carattere,  che  spiacquero  ai  suoi  dipendenti  ed  al  Califfo:  egli  si  mostrò 
sovrattutto  uomo  debole  e  prono  a  subù-e  influenze. 

Quanto  è  contenuto  in  questa  sezione,  e  quanto  già  si  rilevò  a  pro- 
posito della  battaglia  di  al-QàdisÌ3')ah,  sta  a  confermare  tale  asserto:  ad  al- 
Qàdisiyyah  egli  era  malato  e  non  sembra  mostrasse  un  grande  ardore  mar- 
ziale, dacché  la  vedova  di  al-Muthanna  ebbe  motivo  di  fare  un  paragone 
poco  hisinghiero  tra  Sa'd  ed  il  suo  primo  marito  (cfi-.  16.  a.  H.,  §§  10, 
76).  È  certo  altresì  che  Sa'd  si  trattenesse  oziosamente  in  al-Madà-in  dopo 
l'espugnazione  di  essa,  per  un  tempo  considerevole,  e  con  pari  certezza 
possiamo  affermare  che  la  fondazione  di  al-Kùfah  fu  ordinata  dal  Califfo 
'Umar.  appunto  per  sottrarre  gli  Arabi  dall'ambiente  corruttore  di  al-Ma- 
dà'in  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§  4,  9,  10).  Dacché  d'altra  parte  la  tradizione  con 
il  suo  silenzio  sembra  escludere  che  Sa'd  suggerisse  o  chiedesse  tale  misura 
di  precauzione,  avremmo  buone  ragioni  per  ritenere  che  egli  stesso  sia  stato 
più  o  meno  attratto  dalla  civiltà  sassanida,  sino  ad  accettare  in  qualche 
lieve  misura  e  adottare  costumi  sassanidi. 

L'incidente  della  porta  bruciata  per  ordine  del  Califfo  (cfi'.  17.  a.  H., 
§  47.  e  poc'anzi  §§  3  e  4),  è  indizio  sicuro  della  correttezza  di  siffatta  indu- 
zione. Sa'd  adottò  indubbiamente,  in  forma  forse  molto  larvata,  il  concetto 
politico  proprio  dei  Sassanidi,  ed  in  genere  delle  antiche  civiltà  asiatiche, 
che  il  capo  dello  Stato  per  conservare  il  suo  prestigio  sul  volgo,  debba  iso- 
larsi dal  medesimo  e  non  esser  con  esso  in  immediato  e  continuo  contatto. 
Nell'Arabia  primitiva  questo  principio  eia  sconosciuto,  ed  anzi  contrario 
alla  natura  dell'arabo  a  un  tempo  fierissimamente  aristocratico  e  demo- 
cratico. Ogni  arabo  si  crede  superiore  per  virtù  e  lignaggio  a  tutti,  ma, 
per  una  convenzione  che  egli  ritiene  necessaria  al  vivere  sociale,  tollera  di 
essere  trattato  da  eguale  dall'ultimo  dei  suoi  consanguinei  nei  rapporti  della 
vita  quotidiana.  Così  Maometto  viveva  in  stanzuccie,  separate  dalla  corte 

211. 


9,  10. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  della    sua   dimoia,  la   cosi    detta    moschea  di    Madinah,   da    una    semplice 

di   Sad   b.   abi     tenda  di   lana    caprina:    chiunque    aveva   da   parlargli   poteva   presentarsi 
Waqqas  in  al-     ^jj;^  porta  e   chiamarlo,  senza  altri  intermediari  che  un  servo,  e  senza  eti- 

Kufah.l  ,  T  .. 

chetta  di  sorta. 

Questo  era  l'esempio  che  Sa'd  avrebbe  dovuto  seguire,  ma  egli  com- 
prese che  i  tempi  mutavano,  e  nel  seguire  la  corrente  d' imitazione  dei 
vinti,  che  ben  presto  si  delineò  tra  gli  Arabi,  incorse  nello  sdegno  del 
Califfo,  il  quale  lo  voleva  fedele  alle  tradizioni  del  Profeta]  e  non  contami- 
nato da  innovazioni  di  provenienza  straniera.  Da  ciò  le  misure  severe  del 
Califfo.  Se  poi  il  modo  come  'Umar  volle  eseguito  il  suo  ordine  riuscì  a 
una  cocente  umiliazione  per  Sa'd,  la  sola  spiegazione  di  siffatta  condotta 
può  essere  l'aver  Sa'd  adottato  costumi  sassanidi  in  una  misura  ritenuta 
pericolosa  dal  Califfo,  il  quale  mirò  a  infrenare  nella  persona  del  governa- 
tore l'introduzione  di  altre  e  simili  costumanze  persiane  nel  resto  dei  fedeli 
immigrati  in  Babilonide.  Tali  considerazioni  possono  altresì  spiegare  in 
gran  parte  l'accusa  non  ben  chiara  né  intelligilìile,  mossa  a  Sa'd  sul  modo 
di  fare  la  preghiera. 

§  10.  —  Sa'd,  come  uno  dei  primissimi  Compagni  del  Profeta,  avrebbe 
dovuto  essere,  e  fu  certamente  un  tempo,  una  delle  prime  autorità  islamiche 
sul  modo  come  il  Profeta  faceva  le  preghiere.  Le  accuse  quindi  mossegli  dai 
Kufani,  musulmani  tutti  di  recentissima  data,  sul  modo  suo  di  far  le  pre- 
ghiere, sembrano  in  stridente  contradizione  con  il  buon  senso.  Solo  chi 
aveva  maggiore  anzianità  ed  autorità  dottrinale  di  Sa'd  avrebbe  potuto 
muovergli  siffatto  rimprovero.  La  tradizione  specifica  un  'Absita  quale  ac- 
cusatore; ma  si  esprime  anche  in  tal  modo  da  far  intendere  che  l'accusa 
partisse  da  una  convinzione  pressoché  generale,  che  non  ammetteva  discus- 
sione. L'accusa  appare  tra  le  cause  che  portarono  alla  sua  destituzione,  anzi 
è  data  come  la  principale,  l'unica  quasi.  Ciò  si  spiega  soltanto  in  un  modo, 
che  cioè  Sa'd  b.  abì  Waqqas,  nel  compiere  il  suo  dovere  di  direttore  della 
preghiera  pubblica,  non  avesse  seguito  sempre  le  medesime  norme  costanti 
ed  invariabili,  e  che  i  suoi  dipendenti,  più  attaccati  alla  conservazione  di 
usi  arabici,  vedessero  nelle  modificazioni  introdotte  da  Sa'd  alle  formalità 
del  rito,  la  imitazione  di  qualche  consuetudine  d'  origine  straniera.  La  tra- 
dizione si  è  trovata  in  questo  punto  in  grandissime  difiicoltà,  essendo  Sa'd 
uno  dei  più  grandi  e  celebri  Compagni;  e  quindi  ha  sentito .  una  ben  na- 
turale ripugnanza  a  dire  tutta  la  verità,  contentandosi  di  quel  tanto  ne- 
cessai'io  a  spiegare  e  giustificare  la  condotta  del  Califfo  'Umar.  al-Balàdzuri 
ha  tentato  ridun-e  tutta  la  questione  al  modo  come  Sa'd  facesse  la  iqàmah 
(cfr.  §  3).  Spiegazione  che  non  può  essere  accettata  come  sufficiente.  —  E 

212. 


20.  a..  H.  §  10. 

possibile  però  che  Sa  d  —  nonostante  il  suo  carattei'e  venerabile  di  Com-  _20-  a.  H. 

pagno  —  non  avesse  condotta  ii-reprensil^ile  e  nel  dirigere  la  pubblica  pre-  ^i  Sad  b.  abr 
ghiera  si  permettesse  atti  che  offendevano  i  sentimenti  arabici,  piuttosto  Waqqàs  in  al- 
che quelli  islamici  dei  presenti.  Egli  fece  forse  qualche  concessione  agli 
usi  della  Babilonide,  incorrendo  nello  sdegno  degli  Arabi,  e  specialmente 
di  quelli  che  erano  meno  disposti  a  riconoscere  l'egemonia  di  Madinah  e 
meno  proclivi  ad  infatuarsi  di  cose  religiose.  Di  più  non  possiamo  dire, 
sènza  perdersi  in  congetture:  la  tradizione  tace  perchè  ha  qualche  cosa  di 
grave  da  nascondere.     • 

L'incidente  della  deposizione  di  Sad  b.  abi  Waqqàs  è  un'altra  prova 
della  poca  autorità  effettiva,  del  poco  vero  potere  che  aveva  Umar  sui 
Musulmani  nelle  provinole.  Egli  non  potè  imporre  la  sua  volontà  ai  Ku- 
làni  e,  come  vedremo  in  appresso,  dovette  più  volte  cedere  alle  insistenze 
dei  medesimi,  mutando  più  volte  governatore  non  appena  gli  abitanti  non 
volevano  più  subirlo.  —  Ci  troviamo  evidentemente  in  condizioni  ammi- 
nistrative del  tutto  primordiali  e  il  contegno  dei  Kufani  è  identico  a 
quello  che  sarebbe  stata  una  congrega  di  nomadi  nel  deserto;  appena  un 
capo  non  piace  più,  viene  deposto.  Umar  non  poteva  far  altro  che  seguire 
la  corrente.  Gli  abitanti  di  al-Kùfah  erano  quasi  tutti  nomadi  d'Arabia 
centrale  ed  orientale  e  la  loro  ingenita  turbulenza  fu  tramandata  ai  posteri 
loro,  creando  in  al-Kùfah  il  centro  più  irrequieto  dell'Islam.  Solo  gli 
Umayyadi  riuscirono  temporaneamente  a  domarli,  ma  a  costo, di  quali  sa- 
crifizi e...  con  quali  mezzi!  'Umar  non  aveva  né  il  diritto  né  i  mezzi  di 
decapitare  i  disobbedienti  come  fecero  più  tardi  Ziyad  b.  Abihi  in  al-Basrah 
e  al-Haggàg  b.  Yùsuf  in  al-Kùfah. 

Terminiamo  questi  brevi  appunti,  tacendo  notare  come  i  tre  anni  e 
mezzo  che  Sad  b.  abi  Waqqàs  passò  in  al-Kùfah  qual  governatore,  furono 
pressoché  privi  d'incidenti:  Sad,  a  quanto  pare,  non  si  mosse  mai  dalla 
novella  città,  si  astenne  dal  prendere  parte  alcuna  ad  altre  spedizioni  mili- 
tari; talché  quante  se  ne  fecero  da  al-Kùfah  furono  di  poco  o  niun  momento, 
e  condotte  da  luogotenenti.  Quando  tale  contegno  supino  ebbe  rianimato  i 
Permiani,  ed  indotto  il  re  Yazdagird  a  riunire  un  nuovo  esercito,  il  co- 
mando della  novella  spedizione  (nel  21.  H.)  fu  assunto  da  un  membro  oscuro 
della  bellicosa  tribù  dei  Muzaj-nah,  ed  'Umar  depose  Sa'd  dal  governo  di 
al-Kùfah.  Non  abbiamo  bisogno,  io  credo,  di  altre  prove  per  constatare  la 
neghittosità  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  e  la  necessità  risentita  da  Umar  di 
mettere  in  mani  più  competenti  la  direzione  degli  affari  dell'  'Iraq.  Ma  di 
ciò  discorreremo  sotto  l'anno  21.   II.  , 


213. 


S§  U.  !•-'. 


20.  a.  H. 


20.  3.   H. 
[PERSIA-ARABIA. 
•  Precedenti  del- 
la   battaglia    di 
Nihàwand.i 


PERSIA-ARABIA.  —  Precedenti  della  battaglia  di  Nihàwand. 

§  11.  —  Seguono  alcune  notizie  riferite  da  al-Balàdzuri  precisamente 
iicU'anuo  20.  11.  Tale  cronologia  è  probabilmente  corretta,  e  tutto  porta 
a  credere  che  la  grande  battaglia  di  Nihàwand.  combattuta  nel  21.  H,, 
axesse  alcuni  precedenti  immediati  nell'anno  20.  H.,  giacché  è  naturale 
che  dopo  i  grandi  disastri  dell'impero  sassanida,  i  magnati  persiani  pen- 
sassero alla  riscossa  e  radunassero,  forse  ad  istanza  dei  ministri  del  re, 
forze,  danari  e  provviste  per  mi  tentativo  di  riconquista  di  al-Madàùri.  La 
Persia,  come  già  ripetutamente  dicemmo,  era  stremata  di  forze  anche 
prima  che  gli  Arabi  ricadessero.  11  disastro  di  al-Qàdisiy^-ah,  seguito 
dalla  caduta  di  al-Madà-in  e  dalla  disfatta  di  óalùlà-.  inflisse  tali  e  sì  fa- 
tagli perdite  alla  potenza  militare  sassanida,  che  non  dobbiamo  meravi- 
gliarci se  passarono  quasi  cinque  anni  prima  che  la  Persia  sembrasse  risol- 
levarsi dal  suo  stato,  potremmo  dire,  comatoso.  La  difesa  pertinace  del 
Fàris  contro  l'avanzata  araba  fu  fatto  locale,  e  forse  eireremmo  a  colle- 
garla troppo  intimamente  con  la  campagna  di  Nihàwand,  la  quale  fu  l'ultimo 
sforzo  collettivo  di  tutta  l'amministrazione  sassanida.  Su  questo  argomento 
non  occorre  soffermarsi  adesso,  perchè  ne  riprenderemo  l' esame  nell'  an- 
nata seguente,  narrando  la  campagna  di  Nihàwand  con  la  scorta  di  tutte 
le  fonti. 

§  12.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  (il  re)  Yazdagird  fuggì 
da  Hulwàn  nell'anno  19.  H.  (cfi'.  19.  a.  H.,  §  2),  i  Persiani  e  la  gente 
di  al-Rayy,  di  Qùmis  [nel  Tabaristàn:  cfr.  Yàqùt,  IV,  203;  May- 
nard Dict.,  464-465],  di  Isbahàn,  Hamadzàn  e  di  al-Màhayn  [?  i  due 
Mah.?  Màhàn,  nel  Kirmàn:  Yàqùt,  IV,  405]  iniziarono  tra  loro  una 
corrispondenza  e  si  riunirono  numerosi  intorno  a  Yazdagird.  Questo  acca- 
deva nell'anno  20.  H.  Allora  Yazdagird  affidò  il  comando  delle  nuove 
schiere  a  Mardàn.sàh  Dzù-1-Hàgib,  e  fece  di  nuovo  inalberare  lo  (stendardo 
nazionale)  al-Dirafsik  àbiy  àn  (cfr.  16.  a.  H.,  §  16).  Le  forze  persiane 
ragunate  salirono,  chi  dice  a  60,000,  chi  dice  a  100,000  uomini.  'Ammàr 
b.  Yàsir  [governatore  di  al-Kùfah  nel  2L  H.]  scrisse  al  Califfo  'Umar  per 
informarlo  di  questi  preparativi.  Il  Califfo  voleva  assumere  in  persona  il 
comando  della  campagna  persiana,  ma  poi  ebbe  timore  che  crescesse  (iu- 
ta s  a  r  a)  la  faccenda  degli  Arabi  nel  Nagd  (a  m  r  a  1  -  '  A  r  a  b  b  i  -  N  a  g  d 
[significato  oscuro!]),  e  altrove.  Alcuni  gli  consigliarono  di  mandare  rin- 
forzi dalla  Siria  e  dal  Yaman,  ma  d'altra  parte  egli  ebbe  timore  che  i 
G-reci  potessero  minacciare  di  nuovo  la  Siria  e  gii  Abissini  dar  molestia 
nel  Yaman.  Perciò  scrisse  alla  gente  di  al-Kùfah,  di  mandare  due  terzi 
delle  loro  forze  contro  il  nemico  e  lasciarne  un  terzo  a  difendere  il  paese: 


214. 


20.  a.  H. 


12,  13. 


scrisse  anche  alla  gente  di  al-Basrah  di  mandare  un  corpo  di  armati.  Poi 
disse:  «  Voglio  dare  il  comando  ad  un  uomo  che  sarà  il  primo  ad  essere  col- 
«  pito  dalle  lancie  »  f?  versione  incerta)  ('),  e  scrisse  ad  al-Nu'màn  b.  'Amr 
b.  Muqarrin  al-Muzaiii.  che  si  trovava  con  al-Sà-ib  ì).  al-Aqra'  al-Thaqafi, 
conferendogli  il  comando  delle  schiere:  se  egli  era  ucciso,  il  comando  do- 
veva passare  a  Hudzaj'fah  b.  al-Yamàu,  ucciso  lui,  a  Grarir  b.  Abdallah 
al-Bagali.  ucciso  anche  lui.  ad  al-Mughirah  b.  Su'bah,  e  ucciso  infine  anche 
questo,  ad  al-As'ath  b.  Qays.  al-Nu'màn  era  allora  luogotenente  in  Kaskar 
e  suo  territorio:  alcuni  dicono  fòsse  in  Madinah.  e  che  'Umar  lo  nominasse 
direttamente  ed  a  viva  voce  (musàfa  hat*").  al-Nu'màn  partì  perciò  da 
Madinah  (Balàdzuri,  302-303). 

Nota  1.  —  Probabilmente  «che  sia  il  primo  ad  affroutare  le  punte  iBirate  delle  lance.»  (cfr.  lezione 
di  abn  Nu'a3'm,  riferita  nella  nota  e  di  al-Baladzurii,  cioè  un  comandante  valoroso  e  solerte,  che  non  si 
contenti  di  dirigere  da  lontano  la  battaglia  (allusione  indiretta  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs:  cfr.  poc'anzi  §  9 1, 
ma  combatta  lui  stesso  quando  occorra  in  prima  fila,  e  si  faccia  uccidere  come  i  semplici  gregari.  Da 
ciò  la  prevista  e  regolata  nomina  di  altri  quattro  comandanti. 

Questi  cenni  però  sono  tutte  predizioni  e  previsioni  ab  evento,  perchè  i  cronisti  orientali  non  pos- 
sono resistere  alla  tentazione  che  gli  attori  dei  drammi  storici  in  qualche  modo  preveggano  il  futuro  e 
vi  apportino  preventivo  inmedio.  E  residuo  dei  concetti  primordiali,  secondo  i  quali  il  re  o  capo  tribù  ha 
facoltà  divinatorie  speciali,  dovute  all'origine  soprannaturale  dell'autorità  regale.  Questo  stesso  senti- 
mento, nelle  tradizioni  della  scuola  iraqense,  ci  ha  presentato  il  Califfo  abii  Bakr,  il  quale  preordina 
il  piano  di  guerra  dei  suoi  innumeri  luogotenenti,  e  assiste  al  compimento  preciso  del  medesimo,  dando 
rosi  prova  di  aver  tutto  previsto,  e  a  tutto  provveduto.  Se  tal  non  fosse  il  re,  la  mente  dell'uomo  pri- 
mitivo non  potrebbe  acconciarsi  a  riconoscergli  l'autorità  regia:  guai  se  si  convincesse  che  tra  il  re  e 
un  altro  uomo  qualunque  non  esiste,  nei  riguardi  della  conoscenza  e  della  prescienza  delle  cose,  diffe- 
renza alcuna.  Abbiamo  un  senso  affine  presso  i  Latini,  presso  i  quali  tutto  si  aspetta  dallo  Stato,  e  si 
esige  che  tutto  abbia  preveduto  e  disposto. 

PERSIA-MESOPOTAMIA  ORIENTALE.  —  La  conquista  dell'Assiria 
(al-Mawsil). 

§  13.  —  La  notizia  precisa  di  al-Balàdzuri,  e  non  contradetta  da  altri, 
tranne  da  Sayf  b.  Umar,  sulla  conquista  di  al-Mawsil  nel  20.  H.,  ci  dà 
ragione  di  ritener  per  vera  la  cosa.  È  singolare  però  come  la  espansione 
araba  dalla  Babilonide  in  su  verso  il  nord  appaia  essersi  svolta  con  tanta 
lentezza,  se  paragonata  con  gli  eventi  militari  anteriori.  Sembra  quasi 
scorgere  o  un  momento  di  stanchezza,  o  una  sosta  dovuta  a  varie  ragioni 
d'equilibrio  interno.  Gl'invasori  arabi  erano  ben  poco  numerosi  ed  il  paese, 
percorso  dalle  loro  incursioni  vittoriose  sino  a  G-alulà-,  era  assai  più  vasto 
di  quanto  essi  potessero  normalmente  occupare  e  difendere  con  le  loro 
schiere  limitate.  I  militi  musulmani,  rammentiamolo!,  erano  poche  mi- 
gliaia di  uomini  ancora  imperfettamente  disciplinati.  Perciò  vediamo,  dopo 
Gralùlà-,  una  certa  tendenza  a  restringere  il  campo  di  azione,  e  invece  di 
stabilirsi  in  al-Madà-in,  gli  Arabi  fi.ssare  il  loro  centro  amministrativo  in 
al-Kùfah.  Il  moto  d'espansione    era    stato  finora  quasi   esclusivamente  ag- 


20.  a.  H. 
[PERSIA-ARABIA. 
-  Precedenti  del- 
la   battaglia    di 
Nihàwand.l 


•215. 


§§  13, 14.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  «M-es.sivo  e  militare:  gli  emigrati  erano  tutti  soldati;  ma  l'onda  di  emigra- 

POTAMI  A  o-  >'-ioiie  vera  e  propria  comincio  a  muover.si  soltanto  dopo  che  la  notizia  dello 
RiENTALE.-La  vittorie  si  t'u  propagata  in  tutta  la  penisola  arabica.  Per  muovere  le  tribù 
r*As*s'iria*(ai-  occorsc  però  un  certo  tempo,  che  fu  precisamente  quello  del  periodo  di 
Mawsìi).]  sosta  nel  progresso  delle  conquiste  arabo.  Quando  le  tribù  cominciarono  a 

muoversi  dall'  interno  della  penisola  verso  la  periferia  ed  a  premere  sui 
primi  usciti,  allora,  non  bastando  i  tributi  delle  terre  conquistate  a  soppe- 
rire agli  aumentati  bisogni,  fii  necessario  mettere  a  contributo  novelle  re- 
gioni. Così  gli  emigrati  nuovi  si  unirono  ai  primi  e  diedero  prineipio  alla 
nuova  e  lenta  espansione  successiva,  che  evitando  però  le  asperità  dei  monti 
iranici,  preferì  ditìfondersi  prima  per  la  pianura  lungo  le  pendic-i  dell'alti- 
piano irano-armenico:  così  fu  sottomessa  la  regione  tra  il  Zagros  e  il  Tigri, 
poi  Takrit,  ed  infine  al-Mawsil.  La  conquista  di  queste  regioni  fu,  come 
si  disse,  lenta,  ossia  in  stretta  relazione  con  il  moto  d'emigrazione  delle 
tribù  arabe.  Dal  piano  si  tentò  l'assalto  dei  monti  soltanto  quando  la  parte 
pianeggiante  tii  tutta  sottomessa:  allora  fu  giuocoforza  dare  la  scalata  al- 
l'altipiano iranico  ed  armenico. 

La  parte  della  Mesopotamia  in  cui  sorgeva  al-Mawsil  era  la  metà  che 
apparteneva  ai  Persiani  (eh-.  18.  a.  H.,  §  81).  Questo  spiega  come  la  con- 
quista di  essa  sia  avvenuta  con  le  schiere  combattenti  contro  l'impero  per- 
siano e  non  con  quelle  della  Siria.  Gli  Arabi  osservarono  con  singolare 
cura  le  esistenti  circoscrizioni  amministrative  e  politiche,  e  come  'Amr  b. 
al-'Às  neir invadere  l'Egitto  lasciò  a  Mu'àwiyah  la  sottomissione  di  Ghazzah 
ed  'Asqalàn  (cfi-.  19.  a.  H..  §§  31,  38),  così  'lyàd  b.  Ghanm  limitò  nel  18.  H. 
le  sue  conquiste  alla  sola  metà  occidentale  della  Mesopotamia.  Si  vede  che 
su  questo  punto,  per  ragioni  fiscali  sovrattutto,  come  proveremo  ft-a  breve, 
tra  i  comandanti  regnò  sempre  perfetta  e  mai  violata  intesa.  —  Vedremo  più 
tardi,  sotto  'Uthmàn,  che  appena  si  volle  derogare  da  questo  principio  e  si 
unirono,  per  una  conquista  le  schiere  di  varie  provincie,  scoppiarono  vi- 
vissimi attriti  e  minaccio  di  disordini. 

§  14.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'Umar  mandò  'Utbah 
b.  Farqad  al-Sulami  nel  20.  H.  a  governare  al-Mawsil:  'Utbah  aggredito 
dalla  gente  di  Nìnawa,  espugnò  a  viva  forza  il  castello  che  sorgeva  sulla 
sponda  orientale  del  Tigri.  Quindi  passò  il  fiume  e  prese  l'altro  castello 
a  patti:  gli  abitanti  dovevano  pagare  la  gizyah,  e  quanti  preferivano 
emigrare  potevano  farlo  liberamente.  Nel  (territorio  di)  al-Mawsil  'Utbah 
trovò  molti  paesi  (diyàràt)  che  si  sottomisero  pagando  la  gizyah.  Egli 
conquistò  poi  al-Marg  [Y  a  q  ù  t ,  IV,  488]  e  i  suoi  villaggi,  il  territorio  di 
Bàhudzra  fY  a  q  ù  t ,  IV,  683],  Bà'adzra  [ Y  a  q  ù  t ,  I,  472],  Hibtùn  [ Y  a  q  ù  t . 

21fi. 


20.  a.  H.  §§  14-19. 

IL   1931,  al-Hivànah,    al-Ma'allah  liei.,  IV,  6831,  Dàmii-,  e  tutte   le  fortezze  20.  a.  h. 

-        ■■,.    ■/.     T^         T      T^-  ■        ■  ,  T-.     .  ,       /o       /     ^        -r.      T        •  ,r  [PERSIA-MESO- 

(ma  aqil)  dei  Kurdi.  Di  poi  si  recò  a  Ba  aynàtjia(.'')  (cfr.  Bakri  e  Ma-        potamia  o- 
ràsid,  s.  V.)  di  Hazzali  e  la  sottomise.  RiENTALE.-La 

,^'-Ti  'TTi      1    I        1  TX  T       •  1  in  •  conquista  del- 

(Piu   tardi)    balih   b.    Ubadah  al-Hanidàni.  comandante  della  guarnì-        l'Assiria  (ai- 
o-ione   di   al-Mawsil.    sottomise    anche    Tali    al-Sahàrigah    e    Salaq    bani-1-        Mawsil).] 
Harrin  (Bai  a  dz  uri,  331-332). 

Cfr.  anche  Khaldun,  II,  App.,  pag.  107;  Athìr,  II,  408,  lin.  19-24. 

§  15.  —  (Mu'àfa  b.  Tàwus,  dai  dotti  di  al-MawsiJ).  Anche  Urmiyah 
fu  uno  dei  paesi  conquistati  dalle  milizie  di  al-Mawsil  sotto  'Utbah  b. 
Farqad,  e  per  un  certo  tempo  il  kharàg  di  quel  paese  era  versato  in 
al-Mawsil.  Lo  stesso  dicasi  di  al-Hùr  (?  forse  al-Kharaz,  cfr-.  Barbierde 
Meynard,  Dlctionncùre,  pag.  220  e  nota),  Khuwayy  [Yàqùt,  II,  502]  e 
Salamàs  [id,.  III,  120].  Ammettesi  però  che,  secondo  alcuni,  'Utbah  b. 
Farqad  espugnò  Urmiyah,  quando  conquistò  rAdzarbaygàn  (cioè  nell'anno 
22.  H.)  (Baladzuri,  332). 

§  16.  —  (al-'Abbàs  b.  Hisàm  al-Kalbi.  da  suo  padre  ibn  al-Kalbi,  da 
suo  nonno  Muh.  b,  al-Sa-ib  al-Kalbi).  Il  primo  che  fissasse  la  sua  stanza 
fikhtatta)  in  al-Mawsil,  vi  stabilisse  gli  Arabi,  e  ne  facesse  una  città 
(massarahà),  fu  Harthamah  b.  'Arfagah  (o  'Arfagah  b.  Harthamah: 
e-fr.  Durayd,   282)  al-Bàriqi  (Baladzuri,  332). 

§  17.  —  (Ishàq  b.  Sulaymàn  al-Sahruzùri,  da  suo  padre  Sulaymàn,  da 
Muli.  b.  Marwàn,  da  al-Kalbi,  da  uno  degli  Al  'Azrah  al-Bagali).  'Azrah 
b.  Qays  al-Bagali,  luogotenente  del  Califfo  'Umar  in  Hulwàn,  tentò  la  con- 
quista di  Sahruzur  [nel  Gabal:  Yàqut,  III,  340;  Maynard  Dict.,  366- 
358],  ma  non  vi  riuscì.  (Più  tardi)  Utbah  b.  Farqad  al-Sulami  (governa- 
tore di  al-Mawsil)  vi  fece  una  spedizione  e  sottomise  la  città  dopo  un  breve 
combattimento  ed  a  condizioni  simili  a  quelle  alle  quali  si  arrese  Hulwàn. 
1  Musulmani  ebbero  molto  a  soffi-ire  da  punture  di  scorpioni:  quanti  erano 
punti  morivano  (Baladzuri,  333). 

§  18.  —  (Ishàq  [b.  Sulaymàn  al-Sahruzru'i],  da  suo  padre  [Sulaymàn], 
dai  suoi  maestri).  'Utbah  b.  Farqad  al-Sul;imi  sottomise  gli  abitanti  di 
al-Sàmaghàn  [distretto  della  Media,  sul  confine  col  Tabaristàn:  Yàqut, 
III,  364;  Maynard  Dict.,  371]  e  di  Daràbàdz,  pattuendo  che  essi  pa- 
gassero la  gizyah  e  il  kharàg,  ed  in  compenso  avessero  salva  la  vita 
e  i  beni,  ed   avessero  libero  transito  per  il  paese  (Baladzuri,  333-334). 

§  19.  —  (abù  Ragà  al-Hulwàni  [o  al-Fàrisi,  il  cui  nonno  fu  presente 
ad  al-Qàdisiyyah  :  Baladzuri,  269],  da  suo  padre,  dai  dotti  di  Sahruzur). 
Sahiuzìir,  al-Sàmagliàn  e  Daràbàdz  (')  furono  tutte  conquistate  da  'Utbah 
b.  Farqad  al-Sulami  (governatore  di  al-Mawsil):  egli  aggredì  anche  i  Kurdi 

•        -217.  28 


§g  19-21.  ^"'    ^*    **• 


20.  a.  H.  ^>  li   battè  lou  gravi  perdite.  Allora  scrisse  al  Califfo 'Umar  d'esser  giunto 


I  PERSIA-M  ESO 
POTAM I  A    O 


con  U-  sue  conquiste  ai  confini  deirAdzàrba_ygàn  (e  chiese  il  permesso  di 
RiENTALE.-La  invaderò  auclR'  questa  regione).  Umar  gliene  diede  il  governo  (cioè  diede 
r°A"s's'irta^(aV  '^  ^""  ^'unsouso,  e  'Utbah  invase  l'Adzarbaygàn):  al  governo  di  al-Mawsil, 
Mawsii).]  (li\.nuto  ora   vacante,  il  Califfo  propose  Hart^iamah  b.  'Arfàgah  al-Bàriqi 

(Baladzuri,  334). 

XoTA  l.  —  ^al-Balàdzul•i,  senzR  isnàdl.  Sahnizur  e  tutto  il  suo  distretto  non  cessò  dal  restare 
unita  alla  provincia  di  al-Mawsil,  finché  ne  fu  divisa  alla  fine  del  Califfato  di  al-Rasid  :  allora  fu  ccsti- 
tuita  in  una  provincia  separata  sotto  un  proprio  governatore,  unitamente  con  al-Sàmaghàn  e  Daràbàdz. 
Il  governatore  riceveva  come  salario  duecento  dirham  per  ogni  kiìrah  di  al-Mawsil:  perciò  il  novello 
governatore  di  Sahruzfir  eVibe  una  paga  di  (iO(l  dirham  (per  amministrare  i  tre  luoghi  summenzionati) 
(Balàdzuri,  334). 

SIRIA.  —  Mutamento  di  governatori. 

§  20.  —  Nel  mese  di  Miiliarram  dell'anno  20.  H.  il  Califfo  Umar  no- 
minò Sa'id  b.  'Amir  b.  Hidzyam  al-Grumahi,  governatore  di  Hims,  ma  nel 
mese  successivo  di  Grumàda  I.  lo  stesso  governatore  cessò  di  vivere,  con 
sommo  dispiacere  di  tutti,  perchè  si  era  fatto  amare  per  la  bontà  del  suo 
governo.  Altri  pongono  però  la  sua  morte  nel  19.  a.  H.  in  Qa}sàriyyah, 
altri  nel  21.  a.  H.  (Hagar,  II,  197).  Gfr.  più  avanti  §§  25  e  35  e  Ne- 
crologio del  21.  a.  H. 

SIRIA-ASIA  MINORE.  —  Prima  invasione  del  territorio  greco  e  spe- 
dizione marittima. 

§  21.  —  (a)  Già  sotto  l'anno  16.  TI.  (cfr.  16.  a.  H.,  §§  310,  311,  313, 
814)  raccogliemmo  alcune  tradizioni,  che  pretendono  dare  notizia  delle 
prime  incursioni  arabe  nel  territorio  bizantino  oltre  i  confini  della  Siria. 

—  Credo  che  queste  notizie  siano  scorrette  e  risulta  improbabile  che  gli 
Arabi  prima  ancoi-a  di  avere  sottomesso  tutto  il  piano  inesopotamico  si 
siano  slanciati  tra  i  monti  che  chiudono  a  settentrione  l'altipiano  sLrio.  — 
Le  notizie  che  diamo  qui  appresso  sembrano  meglio  autenticate  e  pare  che 
nel  20.  H.  avvenisse  davvero  la  prima  incursione  araba  in  territorio  bizan- 
tino al  di  là  dell' Amanus.  Ciò  va  forse  messo  in  correlazione  con  la  cam- 
pagna d'Egitto  e  può  essere  considerato  come  una  mossa  strategica  per 
dividere  l'attenzione  dei  Bizantini  e  trattenerli  dal  soccorrere  gli  Egiziani. 

—  È  però  degno  di  nota  che  anche  in  questa  cii"COstanza  riappare  il  Ca- 
liffo 'limar  per  vietare  ai  suoi  luogotenenti  d'invadere  nuove  terre.  E  quindi 
da  presumersi  che  vivente  'Umar  non  si  facessero  altre  razzie  oltre  il  confine 
in  Asia  Minore. 

(6)  (al-'Tabari,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  il  generale  abù  Bah- 
riy3^ah  'Abdallah  b.  Qays  al-Kindi  fece  incursione  nel  territorio  greco  in 

•21S. 


20.  a.  H.  §§  21-24. 

Asia  Minore  (Ard    al-Eùm):  si  dice  perciò   che   egli   sia  stato   il   primo  20.  a.  H. 

o-enerale  musulmano  che  invadesse  quella  regione.  Altri  danno  il  merito  di        nore.  -  Prima 
essere  il  primo  invasore  musulmano  dell'Asia  Minore  a  Maysarah  b.   Masrviq        invasione  dei  ter- 

.  \       .  ritorio    greco    e 

al-'Absi.  La  spedizione  ebbe  esito  felice,  ed  i   Musulmani  ritornarono  con        spedizione  ma- 
molto  bottino  (T abari,  I,  2594).  rittima.] 

Cfi'.  Athir,  II.  444. 

§  22.  —  (al-Ya'qubi).  Nell'anno  20.  H.  il  Califeo  Umar  mandò  May- 
sarah b.  Masruq  al-'Absi  nell' Ard  ai-Rum,  e  questo  fu  il  primo  esercito 
che  entrasse  in  territorio  bizantino.  Ordinò  anche  a  Habìb  b.  Maslamah  al- 
Fihri  di  fare  una  razzia  in  terra  nemica,  ma  Habib  preferì  non  muoversi, 
perchè  tra  i  suoi  infieriva  una  malattia  (la  peste?):  dopo  questo  evento 
'Umar  non  ordinò  più  razzie  nel  Bilàd  al-Rùm,  ed  egli  quando  gli  si 
nominavano  i  Greci,  osservava:  «Per  Dio!  Io  amerei  che  il  Darb  (i  passi 
«  del  Taurus)  fosse  tutto  brace  ardente  tra  noi  e  loro  :  a  noi  appartenesse 
«  quanto  è  in  qua,  ed  ai  Greci  quanto  è  di  là  ».  A  lui  infatti  ripugnava 
il  battersi  contro  di  loro  (cfr.  per  una  simile  espressione  16.  a.  H.,  §  220; 
19.  a.  IL,  §   15). 

(In  questo  anno)  egli  mandò  'Alqamah  b.  Mugazziz  al-Mudligi  con 
circa  venti  navi  (a  fare  una  incursione  per  mare  sulle  coste  dell'Asia  Mi- 
nore? o  nel  Mar  Rosso?);  ma  siccome  perirono  tutti,  'Umar  giurò  che  non 
avrebbe  mai  più  permesso  ad  alcuno  dei  suoi  di  navigare  sul  mare  (Y  a  '- 
qubi,  II,   178-179). 

Sulla  antipatia  sentita  da  'Umar  verso  il  mare  e  sul  suo  divieto  di 
altre  spedizioni  cfr.   16.  a.  H.,  §  329. 

Più  avanti  al  §  242  diamo  un'altra  versione  dell'infelice  spedizione 
marittima  del  20.  H.,  dalla  quale  risulta  che  si  compiesse  nel  Mar  Rosso. 

SIRIA  (?).  —  Terremoto. 

§  23.  —  lal-Ya'qùbi;.  In  questo  anno  (20.  H.)  vi  furono  vari  terre- 
moti (violentissimi)  quali  non  si  erano  mai  visti  (Ya'qùbi,  II,   179). 

SIRIA.  —  Istituzione  dei  campi  militari. 

§  24.  —  (Cfr.  16.  a.  H.,  §§  307  e  segg.).  Nell'anno  20.  H.,  dice  al- 
Ya'qùbi,  il  Califfo  'Umar  fissò  le  provincie  (ma  ss  ara  al-amsàrj,  sette 
in  tutto,  ossia  al-Madìnah,  al-Sàm,  al-Gazìrah,  al-Kùfah,  al-Basrah (la- 
cuna), e  fissò  i  campi  militari  (gannada  al-agnàd),  ossia  Filastin,  al- 
Gazh'ah.  ai-Ma wsil  e  Qinnasrin  (Ya'qiibi,  II,   176). 

Sulla  questione  dei  campi  militari  e  la  loro  relazione  con  loidina- 
raento  delle  provincie  e  la  fondazione    delle    città    i-slamiche  di  al-Kùfah. 

219. 


§§  24,  -26.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  al-n;isiali  l'd  al-Fustàt,  discorriamo  ampiamente  in  altro  luogo.  Cfi-.  16.  a.  H., 

[SIRIA.-  Istituzio-  "  .p,  TX       ^n    1  ITU  IT      V.T  1      1  ■!  11 

nedeicampimi-     §?f  •-^41   e  segg.;   17.  a.  H.,  §§  1  esegg.,  e  21.  a.  H.  K  probabile  però  che 
litari.]  al-Va'qril>i  oi-ri  nel  porre  in  questo  anno  la  sistemazione  dei  campi  militari 

della  Siria.  —  al-(Jràbiyah.  come  vedemmo  (cfr.  17.  a.  H.,  §§  120,  121)  tu 
il  più  antico  campo  militare  in  Siria  o  il  suo  trasferimento  altrove  avvenne 
più  tardi  per  opera  di  Mu'àwij'ah,  il  quale,  forse  dopo  la  morte  di  'Umar, 
nel  23.  II.,  modiiìcò  le  disposizioni  ordinate  dal  Califfo  e  preferi  all'aperta 
campagna  del  Hawràn,  le  città  fortificate  della  Sii*ia  settentrionale,  come 
guarnigioni  dei  suoi  militi. 

Vedremo  più  tardi,  per  esempio,  che  il  gund  di  Qinnasrin  fu  fondato 
regnante  "S'azld   I. 


o 


MESOPOTAMIA-ARMENIA.  —  Nuove  conquiste  arabe,  e  morte  di 
lyàd  b.  Ghanm. 

§  25.  —  (a)  Qui  appresso  sono  radunate  le  ultime  tradizioni  riguar- 
danti la  conquista  della  Mesopotamia,  conquista  che  incominciata  nel 
18.  H.  continuò  -attraverso  tutto  l'anno  19.  H.  e  ebbe  fine  nel  20.  H.  Le 
precedenti  tradizioni  furono  da  noi  date  in  due  passi  (cfr.  18.  a.  H.,  §§  So 
e  segg.,  e  19.  a.  H.,  §§  42-43),  e  non  occorre  i-iassumerle.  Nel  corso  del- 
l'anno 20.  H.  cessò  di  vivere  il  primo  invasore,  'lyàd  b.  Ghanm,  e  il  suo 
successore  immediato,  Sa'ld  b.  'Amir  lo  sopravvisse  di  poco,  sicché  in  questo 
stesso  anno  pare  il  governo  passasse  nelle  mani  di  un  terzo,  il  madinese 
'Umaja-  b.  Sa'd,  il  quale  rimase  per  parecchi  anni  in  questa  carica,  ossia 
sino  al  25.  H.,  circa,  quando  cioè  il  Califfo  'Uthmàn  diede  il  governo  anche 
della  Mesopotamia  a  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn.  'Umayr  tei'minò  la  con- 
quista della  provincia,  ossia  della  metà  che  era  stata  possedimento  bizan- 
tino e  poi  si  tenne  tranquillo  ad  amministrare  la  sua  dipendenza  attraverso 
la  quale  —  come  vedremo  —  passaron  ripetutamente  spedizioni  contro 
l'Armenia  e  l'Asia  Minore.  —  È  chiaro  dal  contesto  delle  fonti  che  molte 
notizie  dei  seguenti  paragrafi  appartengono  agii  anni  precedenti. 

(6)  fabù  Ayj'iib  al-Eaqqi  al-Mu-addab,  da  al-Haggàg  [b.  Yiìsuf]  b.  abi 
Mani'  al-Rusàfi  [222],  da  suo  padre  [Yùsuf  b.  abi  Mani'  al-Ru.sàfi],  da  suo 
nonno  [abii  Mani'  'Ubaydallah  ibn  abi  ZÌ3^àd  (Zanàd)  al-RusàfiJ).  In  questo 
anno  (20.  H.)  'lyàd  b.  Ghanm  si  recò  ad  Arzan  [Yàqùt,  I,  206J  e  la  sot- 
tomise alle  stesse  condizioni  di  Nasibin:  poi  penetrò  nel  Darb  e  giunse 
sino  a  Badlis  [id.,  I,  626 j:  passata  quindi  questa  città  si  spinse  fino  a 
Khilàt  [id.,  II,  457],  il  patrizio  della  quale  fece  pace  con  lui.  La  sua  in- 
cursione ebbe  termine  ad  al-'Ayn  al-Hàmidah,  o  la  fonte  amara  in  Ar- 
menia, che  egli  non  oltrepassò.  Durante  il  ritorno  affidò  al  signore  di  Badlis 


20.  a.  H.  i§  .25-27. 

la  riscossione  del  khaiàg   di  Khilàt,  la  tassa  a  capo  (gamàgimlià),  e  20.  a.  h. 

le  somme  die  doveva  versare  il  patrizio  di  quella  città.  Rientrato  infine       Armenia -Nuo- 

ad  al-Eaqqali,  si  recò  a  Hims,  di  cui  'Umar  lo  aveva  nominato  governatore,        ve  conquiste  ara- 
li, ,  ct^     TT  be,  e   morte  dì 

e  poi  mori  m  quell  anno  stesso,  20.   H.  .,  -^  ^^  ^^^^    , 

Ad  'lyàd  b.  Ghaiim  il  CalitTo  diede  come  successore   Sa  id    b.     Amir 

b.  Hidzyam,  ma  questi  morì  dopo  breve   tempo,  ed  'Umar  nominò  allora 

Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri  ('),  (già  governatore  della  G-azirah).  Questi  espugnò 

' Ayn    al-Wardah   [Y  à  q  ù  t ,   III,   764]  dopo    un  violento    combattimento  C^) 

(Balàdzuri,   176). 

Cfi'.  poc'anzi  §  20. 

Nota  1.  —  Secondo  ibu  al-Kalbi,  'Dmayr  b.  Sa'd  b.  Suhayd  b.  'Amr  era  iiao  degli  Aws,  ma  al- 
Wàqidi  lo  chiama  'UmajT  b.  Sa'd  b.  'Ubayd.  Suo  padre  Sa'd  peri  ad  al-Qàdisiyyah,  e  come  affermano 
i  Knfani,  fu  uno  di  coloro  che  sapevano  a  niente  tutto  il  Qur-àn  (gama'a  al-Qur-àni  mentre  vi- 
veva il  Profeta  (Balàdzuri,  177. 

Nota  2.  —  (al-Wàqidii.  Alcuni  sostengono  che  Khàlid  b.  al-Walid  fosse  governatore,  per  'Umar, 
di  una  parte  della  Gazirah,  ma  che  Khàlid  in  un  bagno  caldo  ihammàmj  di  Amid,  o  d'altrove,  si  fa- 
cesse ungere  il  corpo  con  unguento  di  cui  uno  degli  ingredienti  era  del  vino,  e  che  perciò  'Umar  lo 
destituisse.  Questa  notizia  però  non  è  certa  (Balàdzuri,  177-178), 

§  26.  —  (al-Wàqidi,  da  uno  che  udì  Isliàq  b.  abi  Farwah,  da  abù  Wahb 
Daylan  b,  al-Muwassa'  al-Graysàni).  Il  Califfo  'Umar  scrisse  ad  'l3^àd  b, 
Ghanm  di  mandare  'Umayr  b,  Sa'd  contro  'Ayn  al-Wardah,  'Umayr  partì 
e  la  sua  avanguardia  piombò  sulle  campagne  vicine  a  quella  città,  e  de- 
predò i  contadini  del  loro  bestiame.  Gli  abitanti  della  città  chiusero  allora 
le  porte  e  montarono  sulle  mura  le  macchine  di  guerra  (al- '  arràdàt , 
catapulte),  che  lanciando  pietre  e  dardi  uccisero  parecchi  musulmani.  Poi 
giunse  uno  dei  patrizi  della  città  ed  inveì  contro  i  difensori  dicendo:  «.  Noi 
«  non  siamo  pari  (cioè  non  possiam  contrastare  a)  coloro  contro  i  quali 
«  vi  siete  battuti!  »,  E  poco  dopo  la  città  si  arrese  con  un  trattato  (su Ih) 
Balàdzuri,    176). 

Si  rammenti  che  varie  buone  fonti  (cfr,  18,  a,  H,,  §§  85,  86,  88,  ecc.) 
pongono  la  presa  di  Ra's  al-' Ayn  nel  18,  H,  —  La  versione  che  posticipa 
la  resa  sino  al  20,  H,  sembrami  più  verosimile:  cfi-,  più  avanti  il  §  27, 

§  27.  —  (Amr  b.  Muli,,  da  al-Haggàg  [b,  Yiisuf]  b,  abì  Mani'  al- 
Rusàfi,  da  suo  padre  [Yùsuf  b,  abì  Mani'  al-Rusàfi],  da  suo  nonno  [abù 
Mani'  'Ubaydallah  b,  abi  Ziyàd  (Zanàd)  al-Rusàfi]),  Gli  abitanti  di  Ra-s 
al-' Ayn  [Yàqùt,  I,  731]  resistettero  ad  'lyàd  b,  Ghanm,  e  la  città  fu  presa 
soltanto  da  'Umayr  b,  Sa'd,  quando  era  governatore  della  Gazirah  per  il 
Califfo  'Umar,  La  città  cadde  dopo  una  sanguinosa  resistenza,  e  dopo  che 
i  Musulmani  erano  riusciti  a  penetrare  in  essa  d'assalto:  gli  abitanti  ven- 
nero allora  a  patti,  con  i  quali  ritennero  il  possesso  della  terra,  dovettero 
pagare    la   tassa    per    testa    (gizyah   ru- usili  im)  in  ragione  di  quattro 

221. 


•>7-2y. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA- 
ARMENIA.-Nuo- 
ve  conquiste  ara- 
be, e  morte  di 
'lyàd  b.  Ghanm.l 


oro  donne  e  i  loro  tigli  non  tbs- 


dinài-  per  oiascnno,  ed  ottennero  che  le 
soro  tatti  prigionieri  di  guerra. 

Disse  al-Haggàg:  «  Ho  udito  al(  imi  dotti  di  Ra*s  al-'Ayn  ricordare  che 
«  quando  'Uniayr  penetrò  nella  città,  gridasse  agli  abitanti:  «  Niente  timore! 
«  Niente  timore!  A  me!  A  me!  ».  E  qu(\sta  tu  la  sicuiià  che  ottennero  » 
(Balàdzuri,   17G-177). 

Ricordiamo  che  nel  18.  H.  'lyàd  b.  Ghanm  aveva  tentato  di  espugnare 
Ras  al-'Aj'n,  ma  dinanzi  alla  tenace  i-esistenza  degli  abitanti  erasi  ritirato 
(cfi-.  18.  a.  PT.,  §,  104,  (/):  questo  fu  dunque  il  secondo  tentativo.  Rimane 
a  spiegarsi  come  e  perchè  'lyàd  b.  Ghanm  procedesse  sì  lentamente  nella 
sottomissione  delle  varie  città:  si  astenne  egli  da  regolari  assedi  e  pi-eteri 
forse  tormentare  gli  abitanti  con  perpetue  minacce  di  danni  materiali  alle 
campagne  coltivate? 

Sappiamo  da  Yàqùt,  III,  7G4,  lin,  15,  che  Ravs  al'Ayn  è  un  altro 
nome  per  'Ayn  al-Wardah. 

§  28.  —  al-HaytJiam  b.  'Adi  ritiene  invece  che  il  Califfo  'Umar,  dopo 
la  morte  di  lyàd  b.  Ghanm,  mandasse  contro  Ayn  al-Wardah  abù  Musa  al- 
A  s'ari,  il  quale  razziasse  questa  città  con  l'esercito  (gund)  della  Gazirah. 
Questa  notizia,  aggiunge  al-Balàdzuri,  é  data  dal  solo  al-Havtham  b.  Adi: 
mentre  è  cosa  certa  che  'Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri  espugnò  a  viva  forza 
'Ayn  al-Wardah,  non  vi  fece  prigionieri  ma  impose  agli  abitanti  il  kharàg 
e  la  gizyah  (Balàdzuri,   177). 

§  29.  —  (abu  Ayyùb  al-Mu-addab  al-Raqqi,  da  abù  Abdallah  al-Qar- 
qasàni,  dai  suoi  maestri).  Quando  ebbe  espugnata  Ra's  al-'Ayn,  'Umayr 
b.  Sa'd  discese  il  Khàbùr,  e  traversando  il  paese  solcato  da  quel  fiume, 
assalì  Qarqisiyà,  gli  abitanti  della  quale  avevano  mancato  ai  patti  con- 
venuti (con  'lyàd  b.  Ghanm)  :  essi  capitolarono  una  seconda  volta  ed  alle 
stesse  condizioni  del  trattato  primitivo. 

Da  lì  'Umayr  mosse  contro  i  Husiin  al-Furàt  (=  castelli  lungo  il  corso 
dell' Eufi-ate)  e  li  sottomise  l'uno  appresso  all'altro  alle  stesse  condizioni 
di  Qarqisiyà,  senza  incontrai'e  grande  resistenza  in  verun  luogo:  tutto  al 
più  in  certi  luoghi  gli  abitanti  lanciarono  pietre.  Quando  ebbe  terminata 
la  sottomissione  di  Talbas  (?  lettura  incerta:  cfr.  Edrisi,  II,  150)  e  di 
'Anàt  [?  'Anah?,  Yàqùt,  III,  694],  mosse  contro  al-Na-ùsah,  Alùsah  [Yà- 
qùt, I.  65],  e  Hit  [id.,  IV,  997]  (^).  Quindi  s'incontrò  con  'Ammàr  b.  Yàsir. 
che  in  quei  giorni  era  luogotenente  del  Califfo  'Umar  in  al-Kùfah  ed  aveva 
mandato  una  spedizione  a  razziare  il  paese  al  nord  di  al-Anbàr,  sotto  gli 
ordini  di  Sa'd  b.  'Arar  b.  Haràm  al-Ansàri.  Gli  abitanti  dei  suddetti  ca- 
stelli chiesero  ed  ottennero  l'amàn,  o  sicurtà  completa,  ma   Sa'd  fece  ec- 


222. 


20.  a.  H. 


•29,  30. 


cezione  per  Hit,  cui  impose  la  cessione  di  metà    delle  sue  chiese.  'Umayr 
fece  quindi  ritorno  ad  al-Raqqah  (Bai  a  dz  uri,   178-179). 

Dalla  menzione  di  'Ammàr  b.  Yàsir  che  divenne  governatore  di  al- 
Kùfah  alla  fine  del  20.  E.,  o  più  probabilmente  nel  corso  dell'anno  21.  H.. 
si  deve  dedurre  che  vari  fatti  narrati  in  questi  paragrafi  vanno  posti  anche 
sotto  l'anno  21.  H. 

Nota  1.  —  i al-Balà jzuri  da  alcuni  dottii.  Colui  che  conquistò  Hit  ed  i  castelli  lungo  l'Eufrate, 
fino  ad  al-Kufah,  fu,  si  dice,  Midlàg  b.  'Amr  al-Sulami,  un  lialif  dei  banii  'Abd  Sams,  e  Compagno 
del  Profeta.  Egli  fondò  al-liaditjiali  [Yàqut,  II,  2'22],  sull'Eufrate,  ed  i  suoi  discendenti  si  stabilirono 
in  Hit:  uno  di  essi  ebbe  nome  abii  Hàrùu.  —  Si  dice  che  questo  Midlàg  era  un  luogotenente  di  Sa'd  b. 
'Amr  b.  Haràm  (perciò  la  conquista  dei  castelli  dell' Eufi-ate  sarebbesi  compiuta  dalle  milizie  di  al-Kiìfah  e 
non  da  quelle  della  Gazirahì  (Balàdzuri,  179). 

Le  ultime  parole  del  testo  confermano  quanto  si  è  detto  da  noi  poc'anzi  al  §  1:5  sulla  divisione 
delle  Provincie  tra  i  conquistatori.  Nel  caso  dei  castelli  sull'Eufrate  l'incertezza  tradizionistica  proviene 
dal  fatto  che  non  era  ben  conosciuto  dagli  Arabi  il  punto  esatto  del  confine  tra  l'impero  bizantino  e 
quello  persiano.  Cfr.  anche  §  33, 

§  30.  —  (al-Haggàg  [b.  Yùsufj  b.  abi  Mani'  [al-Rusàfi]j.  Una  parte 
degli  al)itanti  di  Ra's  al-'Ayn  (= 'Ayn  al-Wardah:  cfì'.  Balàdzuri,  175, 
lin.  ult.)  abbandonò  il  paese  (dopo  la  conquista):  le  terre  abbandonate  fu- 
rono prese  dai  Musulmani,  i  quali  le  coltivarono  e  le  seminarono,  dividen- 
dole in  lotti  (bi-aqtà')   (Balàdzuri,   177). 

Questo  fenomeno  della  migrazione  di  molti  abitanti  dopo  la  conquista 
è  singolare:  lo  troviamo  ripetuto  in  molte  e  diverse  circostanze  tanto  prece- 
denti che  posteriori  agii  eventi  che  narriamo.  Un  primo  cenno  ne  avemmo 
a  proposito  di  Damasco  (cfr.  14.  a.  H.,  §§  130,  157),  e  poi  in  quasi  tutti  i 
trattati  (cfi-.  14.  a.  H.,  §  213;  IG.  a.  H.,  §  286,  ecc.)  conclusi  dagli  Arabi 
con  gii  abitanti  della  Siria  e  dell'Egitto  troviamo  esplicitamente  messa 
la  condizione  che  ai  vinti  era  lasciata  libertà  d'emigrazione.  Il  fatto  ha 
la  sua  importanza  morale  oltre  che  materiale.  Non  si  tratta  soltanto  di 
milizie  bizantine,  ma  della  parte  più  colta  e  ricca  della  popolazione,  forse 
in  maggioranza  Greci  ed  ortodossi,  che  lasciava  il  paese  per  non  sotto- 
stare al  governo  «  barbaro  »  degli  Arabi.  Forse  in  molti  vi  fu  illusione  che 
l'occupazione  araba  sarebbe  temporanea  e  che,  come  tante  volto  nel  pas- 
sato, anche  ora  Bisanzio,  l'erede  di  Roma,  avrebbe  ripreso  possesso  delle 
sue  terre.  Agii  ortodossi,  non  più  appoggiati  dall'autorità  imperiale,  non 
poteva  riuscire  gradito,  in  tempi  di  fanatismo  religioso,  trovarsi  sotto  do- 
minio anti-cristiano  ed  in  mezzo  a  popolazioni  monofisite,  ostili  all'  orto- 
dossia con  tutto  l'odio  lasciato  da  secolari  persecuzioni.  Nel  posto  dei  di- 
partiti —  per  lo  più  greci,  ariani  e  cristiani  —  vennero  a  porsi  arabi,  semiti 
e  islamici:  ciò  contribuì  alla  rapidissima  diffusione  della  nuova  fede  e  a 
dare  al  paese  conquistato,  sin  dai  primi  tempi,  una  profonda  impronta 
arabo-islamica. 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA- 
ARMENIA. -Nuo- 
ve conquiste  ara- 
be, e  morte  di 
'lyàd  b.  Ghanm.] 


223. 


g§  31-34. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
,  MESOPOTAMIA- 
ARMENIA. -Nuo- 
ve conquiste  ara- 
be, e  morte  dì 
°lyàd  b.  Ghanm.j 


§  31.  —  ('Amr  b.  al-Nàqid,  da  al-Haggàg  [b.  Yùsiif]  b.  abi  Mani'  al- 
Husali,  (la  suo  padre  [Yiisuf  b.  abi  Mani'  al-Rusàfi],  da  suo  nonno  [abù 
Mani'  Ubaydallah  b.  abi  Ziyad  (Zanàdì  al-Rusàfi],  da  Maymùn  b.  Mihiàn). 
Por  un  torto  tempo  gli  abitanti  della  (razirali  dovettero  tornire  olio,  aceto  e 
viveri  per  comodo  dei  Musulmani  nella  Cìazirah;  più  tardi,  per  un  riguardo 
di  "Umar  verso  di  essi  (nazar'*"  min?)  questo  obbligo  fu  alleggerito,  e 
ridotto  (rispettivamente)  a  48,  a  24  e  a  12  dirham.  Ogni  uomo  che 
pagava  la  gizyah  ebbe  allora  da  fare  la  contribuzione  (fissaj  di  uji 
mudd  di  grano  (qamh),  due  qist  di  oli(j  e  due  qist  di  aceto  (Balà- 
dzuri,    178). 

§  32.  —  (Mu'àfa  b.  Ta*ùs,  da  suo  padre  Ta-vis,  da  alcuni  dotti).  A 
proposito  delle  decime  (a'.sàr)  di  Balad,  del  Diyàr  Rabì'ah  [Yàqut,  II. 
637],  e  di  al-Barriyyah  (=  parti  deserte  della  Mesopotamia)  (')  è  detto  elio 
fossero  (terre  gravate  dalle  decime),  quelle  i  cui  abitatori  Arabi  si  erano 
resi  musulmani.  Alla  stessa  categoria  appartenevano  le  terre  incolte  (al- 
ma wàt),  non  possedute  da  alcvmo  e  che  erano  state  messe  sotto  coltura 
(dagli  Arabi  musulmani  della  Grazirah):  e  altrettanto  delle  terre  abbando- 
nate dai  Cristiani,  che  divenute  perciò  incolte  e  coperte  di  macchie  (da- 
ghal),  erano  state  cedute  in  feudo  agli  Arabi  nomadi  (Balàdzuri,  180). 

XoTA  1.  —  Forse  devesi  leggere:  al-Bàdiyah  (Balàdzuri  Add.  et  Em.,  pag.  120). 

§  33.  —  (Muh.  b.  al-Mufaddal  al-Mawsili.  dai  dotti  di  Singàr).  Singàr 
[Yàqùt,  III,  158]  era  un  tempo  in  mano  dei  Greci:  poi  avvenne  che  il 
re  sassanida  Kisra  Abarwiz  meditasse  di  uccidere  cento  Persiani,  menati 
dinanzi  a  lui,  e  colpevoli  di  essersi  ribellati:  alcuni  vollero  intercedere  in 
prò  di  questi  prigionieri;  allora  egli  ordinò  che  fossero  mandati  a  Singàr, 
città  che  in  quei  giorni  egli  si  era  prefìsso  di  espugnare.  Per  istrada  ne 
morirono  due,  e  così  giunsero  a  Singàr  in  soli  98  uomini.  Unitisi  poi  alle 
milizie  che  assediavano  la  città,  prestarono  valido  aiuto  negli  assalti  e  final- 
mente l'espugnarono.  (Per  questo  fatto  ebbero  la  grazia);  ivi  si  fissarono 
e  vi  si  moltiplicarono. 

Quando  poi  lyàd  b.  Ghanm  fece  ritorno  da  Khilàt,  dirigendosi  verso  la 
(Tazìrah,  mandò  una  schiera  contro  Singàr:  la  città  si  arrese  a  patti  (s  u  1  h  *°), 
ed  'lyàd  vi  mandò  a  vivere  vma  tribù  di  Arabi  nomadi  (Balàdzuri,  177). 

Si  noti  in  questo  luogo  come  per  iscusare  la  conquista  di  Singàr  per 
opera  di  milizie  sirie,  si  spieghi  come  anticamente  appartenesse  ai  Greci 
(cfr.  poc'anzi  §§  13  e  29,  nota  1). 

§  34.  —  Alcuni  tradizionisti,  dice  al-Balàdzuri,  affermano  che  Ij^àd 
b.  Ghanm  espugnasse  anche  uno  dei  castelli  di  al-Mawsil,  ma  questo  non 
è  sicuro  (Balàdzuri,   177). 


224. 


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20.  a.  H.  §§  35,  36. 

§  35.  —  (al-Balàdzuri,  da  varie  persone  di  al-Raqqah).  Quando  morì  20.  a.  H. 
'lyàd   b.  (rhanm,  il  governo  della  Gazirah   fu    dato    a    Sa'ìd    b.     Amir    b.  armenia.-Nuo- 
Hidzyam,  il  quale  costruì  la  moschea  di  al-Raqqah  e  poi  quella  di  al-Ruhà.  ve  conquiste  ara- 
Morto  lui  (il  suo    successore)    'Umayr    b.    Sa'd    costruì  varie  moschee    uel  ly^j  b.  Ghanm.l 
Diyàr  Mudar  e  nel  Diyàr  Rabi'ah  (Balàdzuri,   178). 

MESOPOTAMIA-ARMENIA.  —  Incursione  greca  ed  armena  in  Meso- 
potamia. 

§  36.  —  (Michele  Sirio).  In  quest'epoca  un  armeno  chiamato  David 
partì  con  numerosi  [soldati]  dalla  città  imperiale  e  Valentino,  col  suo  eser- 
cito, dalla  regione  occidentale.  Convennero  insieme  di  riunirsi  in  uno  stesso 
luogo  per  tentare  un  colpo  contro  i  Tayyàyé.  Questi,  avutone  sentore,  mar- 
ciarono contro  Valentino  e  lo  sconfissero. 

David,  arrivato  in  Mesopotamia,  vide  che  non  c'erano  Tayyàyé  nel 
paese.  I  suoi  soldati  commisero  un'infinità  di  misfatti  e  di  delitti.  Giun- 
sero ad  un  villaggio  chiamato  Bayt  Ma'dà  e  incominciarono  il  saccheggio; 
fi  soldati]  rubavano  Toro,  l'argento,  i  beni,  il  pane,  il  vino,  la  carne;  col- 
pivano i  Cristiani,  gettavano  loro  l'aceto  e  la  cenere  per  le  narici  per 
obbligarli  a  mostrare  le  loro  ricchezze  e  i  loro  nascondigli  nel  suolo.  Non 
s'udiva  altro  che  grida  di  pianto  e  lamenti,  soprattutto  delle  donne  che 
essi  violavano  sotto  gli  occhi  dei  loro  mariti. 

Tito,  con  le  sue  genti,  vedendo  quello  che  facevano  i  soldati  e  che 
David  non  li  puniva,  andò  a  trovarlo,  e  gli  disse:  «  Non  ti  conviene,  poiché 
«  sei  cristiano,  di  usare  la  tua  spada  contro  i  Cristiani.  L'imperatore  non 
«  ti  loderà  quando  saprà  che  sei  entrato  nel  paese  per  spargervi  saccheggio 
*  e  incendio  ».  Allora  gli  ordinò  di  pi'endere  i  suoi  uomini  e  di  andare  e 
scacciare  quelli  che  facevano  prigionieri  gli  Armeni.  Agendo  così,  Tito 
salvò  uji  gran  numero  di  persone. 

lyàd  avendo  inteso  parlare  a  Damasco  di  David  Urtàyà  aveva  riu- 
nito le  sue  schiere  e  venne  ad  Edessa.  A  tale  annunzio  gli  Armeni  eb- 
bero paura,  abbandonarono  il  loro  riparo  con  tutto  ciò  che  v'era  dentro, 
e  presero  la  fuga.  I  Tayyàj'^é  si  misero  ad  inseguirli  in  gran  ft-etta;  e  li 
raggiunsero.  Li  sorprendevano  a  gruppi  di  cento  o  di  cinquanta.  Allora 
David  si  rivoltò  e  ordinò  all'esercito  di  rivoltarsi  per  dar  battaglia  ai 
Tayyàyé.  Tito  e  i  suoi  occuparono  un'ala;  l'esercito  dei  Tayyàyé  si  pre- 
parava a  venire  alle  mani  con  lui;  ma  vedendolo  accompagnato  da  uomini 
valorosi,  l'abbandonarono  e  marciarono  contro  David  e  il  suo  esercito.  David 
sentendosi  debole  chiamò  Tito  e  disse:  «  Ecco  il  momento  di  mostrare  il 
«  tuo  affetto  per  i  Romani  ».  Questi  rispose:   «  Se  io  ti  soccorro,  non  sarò 

225.  29 


§§  86,  a7. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA- 
ARMENIA.  -  In- 
cursione greca 
ed  armena  in 
Mesopotamia.| 


«soccorso  io  dal  Siguon^  ».  I  gemiti  degl'infelici,  le  impudicizie  riguardo 
alle  (loime  domandavano  un  tal  castigo.  David  fu  ucciso  con  molti  di 
quelli  che  erano  con  lui.  giacché  i  Tayyàyé  non  cercavano  elio  lui;  Tito 
fuggi  ad   Amid  (Michel   Syrien,  II,  443-444). 

Questo  incidente  oscuro,  ignorato  dai  cronisti  uinsiilnuiui,  devo  esser 
avvenuto  circa  l'anno  20.  H.,  o  forse  anche  poco  prima,  perchè  Valentino, 
di  cui  si  parla  in  principio,  prese  le  armi  contro  l'imperatore  Costantino  III 
fra  il  641  e  il  642  dell'Era  Volgare,  ossia  fra  il  21.  e  il  22.  H.  Siccome 
'lyàd  b.  Ghanm  entrò  in  Mesopotamia  nel  18.  H.,  e  probabilmente  nella 
seconda  metà  dell'anno,  è  chiaro  che  tutto  l'incidente  può  essere  caduto 
anche  entro  l'anno   19.    11. 


MESOPOTAMIA.  —  Tradizioni  sulla  sottomissione  dei  Taghlib. 

§  37.  —  Le  tradizioni  che  seguono  sul  trattamento  concesso  alle  tribù 
nomadi  cristiane  dei  Taghlib  in  Mesopotamia  hanno  questo  di  singolare, 
che  por  esso,  in  via  del  tutto  provvisoria,  fu  escogitato  un  accordo  diverso 
da  quello  conchiuso  con  tutte  le  altre  tribù.  Come  si  spiega? 

Ricordiamo  che  in  tutto  il  settentrione  d'Arabia,  nel  cuneo  che  s' in- 
terna in  Siria  tra  la  valle  del  Giordano  e  quella  dell' Buffate,  vivevano 
soltanto  tribù  cristiane,  le  quali  rimasero  cristiane  per  quasi  un  secolo,  corno 
risulterà  da  molte  notizie  che  avremo  da  porre  in  rilievo  durante  il  do- 
minio umayyade.  Di  queste  tribù  le  nostre  fonti  non  fanno  mai  parola 
durante  le  conquiste:  non  ci  dicono  nemmeno  se  fossero  sottomesse:  le  igno- 
rano totalruente. 

Tale  fatto  singolaie  può  darci  lume  indiretto  sul  trattamento  imposto 
ai  Taghlib.  Ritengo  cioè,  come  si  è  già  osservato  altrove  (cfr.  10.  a.  H., 
§  130),  che  le  tribù  cristiane  del  settentrione  si  trovarono  in  una  condizione 
speciale:  dopo  aver  avversato  i  Musulmani  nei  primissimi  anni  dell'Isiàm, 
si  unirono  ad  essi,  senza  mutar  di  fede,  in  parte  durante  e  nel  resto  dopo 
la  campagna  del  Yarmùk.  Gli  Arabi  islamici  in  Siria  —  come  i  loro  col- 
leghi in  Persia  (cfr.  13.  a.  H.,  §  156,  nota  6;  14.  a.  H.,  §§  8,  33,  nota  1: 
16.  a.  H.,  §§  44  e  nota,  21G  e  nota)  —  permisero  ai  connazionali  non  musul- 
mani, purché  Arabi  puri,  di  schierarsi  con  loro  contro  i  nemici  dell'Islam, 
ed  è  probabile  che  furono  trattati  come  se  fossero  Musulmani,  senza  inda- 
gare come  la  pensassero  in  questioni  di  fede.  Questo  era  possibile  quando 
negli  eserciti  islamici  di  conquista  i  veri  musulmani  erano  una  piccola  mi- 
noranza ed  il  resto  aveva  di  musulmano  il  solo  nome.  Quindi  ebbero  tutti 
i  militi  dell'Isiàm  eguale  trattamento  da  parte  dei  veri  Musulmani,  e  nes- 
suno dei  generali  di  Madìnah  pensò  mai  d'invadere,  sottomettere  e  conver- 


226. 


20.  a.  H. 


§  37. 


tire  quella  sterminata  regione  che  forma  il  Bàdij^ah  al-Sàm  o  Deserto  Sirio. 
Per  h;ngo  tempo  la  regione  rimase  del  tutto  indipendente  e  la  conversione 
alla  nuova  fede  vi  fii  graduale  e  spontanea  per  effetto  del  continuo  ami- 
chevole contatto  e  delle  numerose  parentele  per  via  di  donna. 

Diverso  tu  il  caso  dei  Taghlib  che  non  si  unii-ono  ai  Musulmani  nel- 
l'invasione della  Mesopotamia,  onde  fii  necessario  debellarli.  Il  fatto  però 
che  essi  erano  anche  arabi  puri  ed  impai'entati  con  il  ramo  potente  dei 
Bakr  b.  Wàil  guerreggianti  in  Persia  per  l' Islam,  impose  ai  vincitori  mu- 
sulmani certi  riguardi  speciali,  la  memoria  dei  quali  travisata  dalla  tra- 
smissione interessata  dei  tradizionisti,  è  giunta  sino  a  noi  nel  modo  sin- 
golare descritto  nei  seguenti  paragrafi. 

Diciamo  memoria  travisata,  perchè  le  notizie  date  qui  in  appresso  non 
possono  essere  corrette.  Si  dice  che  'Umar  imponesse  ai  Taghlib  una  doppia 
sadaqah:  ma  ciò  ai  tempi  di  'Umar  non  significava  nulla  di  preciso.  La 
sadaqah,  o  tassa  religiosa  dei  Musulmani,  era  un'offerta  volontaria  del 
fedele,  offerta  di  cui  nessuna  prescrizione  quranica  aveva  determinato  l'am- 
montare. Dimostreremo  questo  sotto  l'anno  23.  H.  discorrendo  dell'ordina- 
mento fiscale  dell'impero.  Orbene  è  impossibile  concepire  il  doppio  d'una 
cosa  che  non  ha  misura  unitaria  precisa.  —  La  dicitura  rivela  perciò  ma- 
nipolazione dei  tempi  posteriori,  quando  si  trattò  di  spiegare  il  trattamento 
speciale  concesso  ai  Taghlib.  —  È  probabile  cioè  che  i  Taghlib  venissero 
trattati  come  le  grandi  tribìi  dell'Arabia  Centrale  sottomesse  prima  da 
Maometto  e  poi  da  Khàlid  b.  al-Walid,  e  venissero  obbligate  al  pagamento 
di  un  lieve  tributo,  fissato  alla  maniera  araba,  perchè  la  Mesopotamia,  dove 
vivevano  i  Taghlib,  non  era  afiiitta  da  regolare  amministrazione  fiscale  ; 
in  parte  «  terra  di  nessuno  »  come  campo  di  battaglia  tra  Bisanzio  e  Cte- 
sifonte,  e  per  una  grande  parte  quasi  deserta,  non  pagava  imposte,  e  non 
aveva  catasto  nelle  parti  abitate  dai  Taghlib.  1  primi  musulmani  non 
mettendo  impoi'tanza  in  questioni  di  fede,  non  si  occuparono  che  i  Taghlib 
rimanessero  cristiani,  mentre  le  altre  tribù  arabiche  si  convertirono;  si 
creò  in  tal  modo,  alla  fine  del  i  secolo  delia  Higrah  una  anomalia  fiscale, 
ossia  una  gi'ande  tribù  cristiana  trattata  fiscalmente  come  se  fosse  musul- 
mana. —  I  tempi  erano  allora  mutati  e  passioni  religiose  feroci  dilania- 
vano già  il  mondo  islamico:  fu  necessario  spiegare  il  trattamento  speciale 
di  cui  godevano  i  Taghlib,  e  la  feconda  ingegnosità  dei  legulei  trovò  la 
formola  della  doppia  sadaqah,  diventata  allora  una  quantità  regolata  con 
norme  abbastanza  precise. 

Cfr.  un  esempio  già  dato  in  un'annata  anteriore,  9.  a.  11.,  §  01,  il 
preteso  trattato  con  al-Hàrith  b.   'Abd  Kulàl. 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Taghlib.) 


227. 


§§  37,  38. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Taghiib.l 


li  tiattamentd  speciale  concesso  ai  Tag^}ilih  fn  un  atto  di  accorta  po- 
litila: la  tribù  era  numerosa  e  ricca,  possedeva  immense  distese  di  ottimo 
terreno  pascolivo  in  Mesopotamia,  e,  come  tutti  gli  Arabi,  i  Taglilib  ottimi 
maneggiatori  di  affari,  non  solo  tacevano  un  grande  allevamento  di  be- 
stiami, ma  padroni  delle  rive  dell' Eufrate  traevano  cospicui  guadagni  dal- 
l'intenso traffico  commerciale  che  traversava  il  loro  paese,  sia  con  cara  vane, 
sia  con  imbarcazioni  sull'Eufrate,  dal  Golfo  Persico  al  Mediterraneo  e 
viceversa.  Tale  era  la  loro  importanza  che  fu  necessario  istituire  per  essi 
un  vescovado  speciale  e  questa  carica  fu  tenuta  dal  celebre  scrittore  siriaco 
Giorgio,  contemporaneo  del  poeta  al- A kh tal  e  dei  maggiori  Califfi  umayyadi 
(Lammens,  Un  poète  royaì,  ecc.,  pag.  5,  e  id.,  Le  chantre  des  Ommiades, 
J.  A.,  sèrie  IX,  toni.  IV,  anno   1894,   pag.  96-98). 

Il  governo  di  Madinah  nel  concedere  questo  trattamento  di  favoi'e 
aveva  sperato  di  fondere  i  Taghlib  con  le  altre  tribù  arabo  ed  islamizzarli 
tutti  con  quei  provvedimenti,  di  cui  si  fa  parola  nei  paragrafi  seguenti  : 
ma  tale  speranza  rimase  delusa  ed  i  Musulmani  dei  tempi  successivi  con- 
servarono uno  speciale  rancore  verso  i  Taghlib,  perchè  erano  rimasti  cri- 
stiani, pur  avendo  ottenuto  un  trattamento  di  favore.  Da  ciò  sono  sorte 
molte  tradizioni  speciali  contro  di  loro,  come  quelle  due  attribuite  ad  'Ali. 
In  una  il  futuro  Califfo  avrebbe  dichiarato  di  voler  massacrare  tutti  gli 
uomini  dei  Taghlib  e  rendere  schiava  tutto  il  resto  della  popolazione  ta- 
ghlibita,  perchè  nonostante  il  patto  concluso  con  'Umar  aveva  continuato 
a  battezzare  i  bambini  che  nascevano.  Un'altra  tradizione  di  spregio  all'  in- 
dirizzo dei  Taghlib  e  messa  egualmente  in  bocca  ad  Ali,  è  che  tutta  la  fede 
cristiana  dei  Taghlib  si  riduceva  a  bere  il  vino  (cfr.   14.  a.   H.,  §  240). 

Non  è  escluso  però  che  la  violazione  dei  patti  per  parte  dei  Taghlib 
sia  pure  invenzione  tendenziosa  di  tempi  posteriori  appunto  per  spiegare 
il  privilegio -fiscale  di  cui  godevano.  Aggiungeremo  incidentalmente  che 
tale  condizione  di  favore  può  aver  contribuito  a  lasciare  i  Taghlib  fedeli 
alla  religione  cristiana,  jDcrchè  niun  vantaggio  economico  avrebbero  otte- 
nuto dalla  conversione. 

§  38.  —  ('Abbàs  b.  Hisàm,  da  suo  padre  [Hisàm  ibn  al-Kalbi],  da 
Awànah  b.  al-Hakam,  e  da  abù  Mikhnaf).  'Umayr  b.  Sa'd  scrisse  al  Ca- 
liffo 'Umar,  informandolo  che  era  penetrato  nella  regione  sul  versante  sirio 
dell'  Eufi-ate  (S  i  q  q  a  1  -  F  u  r  à  t  a  1  -  S  a  m  i)  ed  aveva  sottomesso  ' Anàt  e  vai'ì 
altri  castelli  dell' Eufi-ate:  egli  aveva  voluto  costringere  i  banù  Taghlib  di 
quella  regione  a  rendersi  musulmani,  ma  si  erano  rifiutati,  e  tale  era  la  loro 
tenacia  che  meditavano  di  emigrare  in  territorio  bizantino:  nessun  altro 
prima  dei  Taghlib  sul  versante  sirio  dell'Eufrate  aveva  manifestata  tanta 


228. 


20.  a.  H. 


38-40. 


tenacia  nel  resistere:  egli  chiedeva  ora  il  parere  del  Califfo,  prima  di  per- 
mettere ai  Taghlib  di  andarsene.  'Umar  rispose  ordinando  ad  'Uma^r  d'im- 
porre ai  Taghlib  soltanto  la  sadaqah,  doppia  però  di  quella  che  paga- 
vano i  Musulmani  per  ogni  bestia  matricina  e  per  le  terre  occupate  (e  con 
questo  potevano  conservare  la  loro  fede)  :  se  però  respingevano  questa  con- 
cessione, doveva  muover  loro  guerra  a  fondo,  finché,  o  perivano  tutti  o  si 
rendevano  Musulmani.  I  Taghlib  accettarono  le  nuove  condizioni  e  sotto- 
stettero al  pagamento  della  sadaqah  doppia,  dichiarando:  «Se  la  gizyah 
«  non  fosse  stata  identica  alla  gizyah  pagata  dai  non  arabi  fa' lag  pi.  di 
ilg)  l'avremmo  accettata,  pur  di  conservar  la  nostra  religione»  fBalà- 
dzuri,   182j. 

Il  concetto  che  domina  in  queste  tradizioni,  la  superiorità  indiscuti- 
bile dell'arabo  sopra  tvitte  le  nazionalità,  e  l'impossibilità  che  un  arabo, 
anche  non  musulmano,  sia  sottoposto  ad  un  aggravio  che  lo  pareggi  alle 
popolazioni  non  arabe  dell'impero  islamico,  è  sentimento  proprio  di  un 
tempo  posteriore  a  quello  di  cui  discorriamo,  vale  a  dire  ci  fa  scendere  a 
quell'età  —  circa  la  metà  del  secondo  secolo  della  Higrah  —,  quando  i  sud- 
diti non  arabi  dell'impero  volevano  in  tutti  i  modi  affermarsi  gli  eguali 
degli  Arabi,  di  cui  si  ritenevano  sotto  tanti  aspetti  anche  superiori.  Alla 
campagna  anti-araba  di  questi  musulmani  non  arabi,  gli  Arabi  veri  con- 
trapposero tutta  una  letteratura  per  dimostrare  che  essi  ei-ano  la  prima  na- 
zione del  mondo.  Da  siffatto  stato  d'animo  sono  nate  le  espressioni  delle 
pi-esenti  tradizioni. 

Sulla  lotta  tra  gli  Arabi  e  non  arabi  avremo  a  ritornare  in  appresso: 
cfr.  intanto  quanto  ne  ha  scritto  il  Goldziher  Muhamm.  Stud..  I. 
101   e  segg. 

§  39.  —  CSaybàn  b.  Farrùkh.  da  abu  'Awànah,  da  al-Mughh-ah,  da 
al-Saffàh  al-Saybàfni).  Il  Califfo  Umar  b.  al-Khattàb  voleva  imporre  la 
gizyah  ai  Cristiani  delle  tribù  dei  banù  Taghlib,  ma  allora  questi  fug- 
girono ed  una  parte  di  essi  si  ritirò  nelle  contrade  più  remote  del  loro  ter- 
ritorio. al-Nu'màn  b.  Zurah,  o  Zur'ah  b.  al-Nu'màn  intercedette  allora  in 
favore  dei  Taghlib:  «  Essi  .sono  Arabi  »,  disse,  «  ai  quali  ripugna  sottostare 
«  alla  gizyah:  sono  gente  di  grande  valore,  e  non  è  bene  che  i  tuoi  ne- 
«  mici  traggano  vantaggio  da  loro  contro  di  te  ».  'Umar  fu  persuaso  da  queste 
considerazioni  ed  invitò  i  Taghlib  a  ritornare  nelle  loro  terre,  dichiaran- 
dosi sodisfatto,  se  gli  pagavano  una  sadaqah  doppia  (Balàdzuri,   181). 

§  40.  —  fSaid  b.  Sulaymàn  Sa'dawaxh,  da  Husaym,  da  al-Mughirah, 
da  al-Saffàh  b.  al-MutJianna  [al-Saybàni?],  da  Zur'ah  b.  al-Nu'màn).  Zur'ah 
b.  al-Nu'màn  intercedette  presso  il  Califfo    Umar  in  favore    dei   Cristiani 


20.  a.  H. 
I  MESOPOTAMIA. 
-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Taghlib.) 


229. 


§§  -K-MS. 


20.  a.  H. 


20.  a.   H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Taghiib.] 


liaiiù  Taglilib.  e  disse:  «  È  una  gente  araba,  alla  quale  ripugna  (la  umi- 
«  liazione)  di  pagare  la  gizyah  (la  tassa  per  eccellenza  dei  non  arabi)». 
Kssi  orano  proprietari  di  campi  (hurùth)  e  di  bestiami,  ed  il  Cai iifo  vo- 
leva esigere  da  loro  la  gizyah,  ma  quando  ebbe  ragione  di  temere  che 
essi  si  sarebbero  allontanati  dal  paese,  pattuì  con  loro  che  avrebbe  im- 
posto una  tassa  doppia  di  quella  pagata  dai  Musulméini  come  sadaqah 
per  i  loro  campi  ed  i  loro  bestiami,  e  pose  come  condizione  che  non  co- 
stringessero i  loro  figli  a  rendersi  cristiani  (^)  (Balàdzuri,   182-18B). 

È  notevole  che  le  tradizioni  non  parlano  di  piegare  i  Taghiib  con  le 
armi:  si  dice  solo  che  sarebbero  emigrati  se  non  avevano  un  trattamento 
degno  di  Arabi. 

Nota  1.  —  Il  jìatto  riguarilo  il  battesimo  dei  figli  rimase  nullo,  come  dimostra  la  seguente  tra- 
dizione di  al-Mughirah  :  .  Il  Califlo  'Ali  soleva  dire:  se  fossi  libero  di  agire  a  modo  mio  con  i  Taglilib, 
«vorrei  che  si  uccidessero  tutti  i  loro  uomini  atti  a  portare  le  armi,  e  ridurrei  alla  schiavitù  le  loro 
«famiglie,  perchè  essi  hanno  violato  il  patto,  ed  hanno  perduto  la  dzimmah  (protezione  dei  Musulmani) 
«da  quando  hanno  costretto  i  figli  a  rendersi  cristiani»    (Balà(lzuri,  183). 

§  41.  —  ('Amr  b.  Nàqid,  da  abù  Mu'àwiyah,  da  al-Saybàni,  da  al-Saffàh 
[al-Saybàni],  da  Dàwud  b.  Kurdùs).  Il  Califfo  'Umar  concluse  un  accordo 
con  i  banù  Taghiib,  dopo  che  essi  ebbero  varcato  l'Eufi-ate  e  si  accinge- 
vano ad  emigrare  in  territorio  bizantino,  e  fissò  le  seguenti  condizioni: 
non  dovevano  battezzare  i  giovanetti,  né  forzarli  ad  abbracciare  il  cri- 
stianesimo contro  la  loro  volontà:  dovevano  pagare  la  sadaqah  rad- 
doppiata. 

I  Taghiib,  aggiunge  Dàwùd  b.  Kurdùs,  non  hanno  la  dzimmah  (=  pro- 
tezione dei  Musulmani),  perchè  essi  si  battezzano  secondo  la  loro  religione, 
ossia  la  Ma'mùdiyyah  (=  il  battesimo)  (Balàdzuri,   182). 

§  42.  —  (Saybàn  [b.  Farrùkh],  da  'Abd  al-'aziz  b.  Muslim,  da  Layth, 
da  un  tale,  da  Sa'id  b.  Grubayr,  da  ibn  'Abbàs).  Non  si  debbono  mangiare 
le  bestie  macellate  dai  Cristiani  dei  banù  Taghiib,  non  si  debbono  pren- 
dere in  moglie  le  loro  donne:  'essi  non  sono  come  noi,  né  appartengono 
all'Ahl  al-kitàb  (Balàdzuri,   181-182i. 

Questa  tradizione  pone  in  evidenza  la  posizione  singolare  dei  Taghiib, 
cristiani,  ma  trattati  e  consideiati  come  Musulmani.  —  È  un  residuo  delle 
condizioni  anormali  con  le  quali  si  allargò  l'Islam  nei  primi  tempi,  quando 
la  fede  era  l'ultima  delle  considerazioni  da  cui  erano  ispirati  gii  Arabi 
conquistatori. 

§  43.  —  (al-Husayn  b.  al-Aswad.  da  Yahya  b.  Adam,  da  ibn  al-Mu- 
bàrak,  da  Yùnus  b.  Yazid  al-Ayli,  da  al-Zuhri).  La  gente  del  libro.  Ahi 
al-Kitàb,  non  paga  la  sadaqah  sul  suo  bestiame,  tranne  i  Cristiani  dei 
banù  Taghiib,  oppui-e  gli  Arabi  cristiani,  tutta  la  proprietà  dei  quali  con- 


230. 


20.  a.  H. 


§§  43-4(5. 


sisto  in  bestiami:  questi  devono  pagare  il  doppio  di  quanto  pagano  i  Mu- 
sulmani  (Balàdzuri,   182).  Cfr.  §  46,  nota   1. 

Se  questa  tradizione  è  corretta  noi  abbiamo  il  documento  che  prova 
come  tutte  le  tribù  arabe  venissero  trattate  nello  ste.sso  modo  nei  primordi 
dell'  I.slàm,  senza  tenere  in  alcuna  considerazione  se  si  convertissero  o  rima- 
nessero fedeli  alla  religione  avita.  L'importante  era  che  manifestassero  la  loro 
sottomissione  in  modo  tangibile,  con  il  pagamento  cioè  d'un  tenue  tributo. 

§  44.  — Le  seguenti  autorità:  al-Wàqidi,  Sufj'àn  al-Thawri,  al-Awzà'i, 
Malik  b.  Anas,  ibn  abi  Laylah,  ibn  abi  Dzib,  abiì  Hanifah  ed  abù  Yùsuf. 
tutte  concordano  nel  dire  che  dai  Taghlib  si  esigesse  il  doppio  di  quello 
che  si  esigeva  dai  Musulmani,  sulle  loro  tei're,  il  loro  bestiame,  ed  i  loro 
beni  mobili.  Quanto  poi  ai  fanciulli  ed  ai  pazzi,  i  giuristi  delF'Iràq  sono 
del  parere  che  debbano  pagare  il  doppio  della  sadaqah  sulle  terre  di  loro 
})roprietà,  ma  nulla  sui  loro  bestiami.  Invece  i  giuristi  del  Higàz  esigevano 
su  ambedue  la  sadaqah.  Tutti  affermano  che  il  modo  di  esigere  (s a b i  1 
ma  y ù kh a dz)  le  tasse  dai  beni  dei  Taghlib  è  il  modo  stesso  di  esigere 
il  kharàg  (sabil  mal  al- kh  a  rag),  perchè  (l'imposta)  è  in  cambio  della 
gizyah  (Balàdzuri,    183). 

§  45,  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  ibn  abi  Sabrah-.  da  Abd 
al-malik  b.  Xawfal,  da  Muh.  b.  Ibràhim  b.  al-Hàrith).  Il  Califfo  'Utiimàn 
diede  ordine  di  esigere  la  giz^-ah  dai  Taghlib,  e  di  non  accettare  in  pa- 
gamento se  non  il  decimo  dell'oro  e  dell'argento  (dahik  dal  persiano 
d i h  yak  di  ogni  dieci  uno  —  cfi-.  B a  1  à dz  u  r  i  A d d  .  et  E  m  e  n  d .  e  Glos- 
sar ium,  41  ),  ma  poi  venuto  a  sapere  con  certezza  che  'Umar  aveva  esatto 
da  loro  soltanto  il  doppio  della  sadaqah.  rinunziò  al  suo  disegno  (B  a  1  à- 
dzuri.    183). 

§  46.  —  («)  (abù  Nasr  al-Tammàr,  da  Sarik  b.  Abdallah,  da  Ibràhim  b. 
Muhàgir,  da  Ziyàd  b.  Hudayr  al-Asadi).  Zi\-àd  b.  Hudayr  al-Asadi  fu  man- 
dato dal  Califfo  'limar  presso  i  Cristiani  dei  banù  Taghlib  per  riscuotere 
da  essi  la  metà  del  decimo  (=  '/'j^)  dei  loro  beni  mobili,  ma  'Umar  vietò 
di  esigere  il  decimo  dai  Musulmani  o  dai  dzimmi  che  già  pagavano  il 
kharàg  (Balàdzuri,   183). 

(6)  Alle  tribù  cristiane  dei  banù  Taghlib  il  Califfo  'Umar  imposo 
che  non  battezzassero  i  loro  figli:  concesse  però  che  invece  di  pagare  il 
kharàg  pagassero  due  volte  la  tassa,  che  avrebbero  pagata  se  fossero 
stati  musulmani,  vale  a  dire  per  ogni  40  pecore,  due  pecore  invece  di 
una,  e  via  discorrendo  ;  e  così  pure  sulle  loro  terre  invece  del  decimo  si 
prendesse  il  quinto (*)  (Yùsuf,  68-69)  (autorità:  al-Saffah,  da  Dàvvud  b. 
Kardùs,  da  'Ubàdah  b.  al-Nu'màn  al-Taghlibi). 


20.  a.  H. 
MESOPOTAMIA. 
-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Taghlib.) 


231. 


4(i-50. 


20.  a.  H. 


20.  a.   H. 

ìmesopotamia. 

-  Tradizioni  sul- 
la sottomissione 
dei  Tagtiib. 


Cfr.  anche  Yahya,  47,  liii.   18  e  segg.,  ove  è  detto  che  ciò  vonisse 
concesso  lìa  'Umar  per  i  servizi  resi  dai  Taglilib  nel  combattere  i  nemici 
dell' Ishìm.  Cfr.  Yahya,  48,  lin.  3  e  segg.,  ove  si  dice  però  che  i  Tagidib  - 
non  dovevano  abbracciare  alcun'altra  religione. 

Nota  l!  —  Una  ragione  ili  questo  modo  speciale  di  spiegare  le  imposte  pagate  dai  TagJjlili  lun- 
venne  probabilmente  dal  tatto  che  fra  quei  nomadi,  prima  della  conquista  araba,  non  esisteva  tassa  fon- 
diaria, o  che  perciò  i  legislatori  musulmani,  non  avevano  altro  criterio  fiscale  da  applicarsi  ai  Taglili!) 
oltre  quello  che  esisteva  nel  deserto:  si  aggiunse  solo  che  si  era  raddoppiata  l' imposta,  perchè  i  Taglilib 
non  erano  musulmani.  Tu  una  tradizione  (Yahya  b.  Adam,  da  ihn  Mubàrak,  da  YTinus,  da  al-Zuhri)  si 
accenna  al  fatto  che  tutti  gli  Arabi  nomadi  di  fede  cristiana  fossero  sottoposti  a  questo  ti'attamento 
speciale  (Yahya,  46,  lin.  15).  Cfr.  §  43.  —  Per  una  tradizione  affermante  il  contrario  cfr.   il  §  48. 

§  47.  —  (Yahya  b.  Adam,  da  Sarik,  da  Ibrahim  b.  Mnhàgir,  da  Ziyàd 
b.  Hudayr).  11  Califfi)  'Umar  mandò  Ziyàd  b.  Hudayr  fra  i  Cristiani  dei 
banù  Taglilib,  ordinandogli  di  riscuotere  la  metà  del  decimo  (nusf  'usr 
ossia  il  ventesimo)  dai  loro  beni  mobili  (amwàl),  ma  gli  vietò  di  tassare 
con  la  decima  i  Mu.sulmani  ed  i  dzià  dzimmah,  che  pagavano  già,  il 
kharàg  (Yahya,  4(5,  lin.   16  e  segg.). 

Balàdzuri,  183.  In  una  glossa  si  aggiunge  che  con  i  «  Musulmani  » 
s'intendono  quei  Taghlib,  convertiti  all'Islam. 

Se  un  cristiano  taghlibita  comperava  una  terra  musulmana,  sulla  quale 
gravava  l'imposta  del  decimo  (ard  al- 'usr)  la  tassa  veniva  raddoppiata; 
se  però  un  altro  cristiano  o  ebreo  (dzimmi)  comperava  quello  stesso  fondo, 
doveva  pagare  invece  il  kharàg  (')  (Yiisuf,  69,  lin.   10  e  segg.). 

Nota  1.  —  Secondo  abù  Hanifah,  se  il  terreno  musulmano  comprato  da  un  dzimmi  e  perciò  di- 
venuto ard  kharàg,  ritornava  in  mano  di  un  musulmano,  non  si  doveva  più  togliere  il  kliaràg,  e 
questo  doveva  essere  pagato  dal  musulmano  come  facevano  i  non  musulmani,  abù  Yùsuf  sostiene  invece 
che  la  terra  doveva  tornare  a  pagare  soltanto  il  decimo,  come  aveva  fatto  in  principio,  quando  era  in 
mano  di  un  musulmano  (Yùsuf,  69,  lin.  13  e  segg. i. 

Un  esame  critico  di  tutte  queste  questioni  trovasi  sotto  l'anno  23.  H.,  dove  se  ne  spiegheranno 
anche  le  ragioni. 

§  48.  —  (Yahya  b.  Adam,  da  Hasan  b.  Sàlih,  da  ibn  abi  Layla).  I  Ta- 
ghlib cristiani  furono  i  soli  dell'  ahi  a  1  -  dz  i  m  m  a  h  che  pagassero  (come 
tributo)  il  doppio  della  s  a  d  a  q  a  h  :  queste  furono  le  condizioni  convenute 
nel  trattato  di  sottomissione  (Yahya,   10,  lin.  9  e  segg.;  47,  lin.  14-17). 

§  49.  —  (Yahj^a  b.  Adam,  da  Hasan  b.  Sàlih).  Se  un  cristiano  dei 
Taghlib  abbracciava  l'Isiàm,  le  sue  terre  divenivano  ard  'usr,  perchè 
prima  non  erano    ard    kharàg  (Yahya,    10,  lin.   18-20;    47,  lin.   10-13). 

Ai  banù  Taghlib  (cristiani)  il  Califfo  'Umar  impose  una  doppia  tassa 
sadaqah  invece  del  kharàg  (Yùsuf,  38,  lin.   3-4;   78,  lin.  10  e  segg.). 

EGITTO.  —  La  campagna  egiziana  del  20.  H. 

§  50.  —  Gli  avvenimenti  principali  di  questo  anno  in  Egitto  furono 
la  resa  della  fortezza  di  Babilonia  dopo  un  assedio,  si  dice,  di  sette  mesi 


232. 


Zi),  E.  n.  §  50. 


20.  a.   H. 
EGITTO.- La  cam- 
pagna egiziana 


(settembre  640-aprile  641  )  (cfr.  §§  60,  83)  nel  lunedi  di  Pasqua,  il  9  aprile  641 
(=21  Eabi'  II.  20.  H.)  dell'È.  V.  (cfr.  §  150),  e  la  marcia  di  'Amr  b.  al-'As 
su  Alessandria  conquistando  per  istrada  la  città  di  Niqyùs.  In  questo  stesso  «^^i  20.  H. 
anno,  o  il  17  ottobre  641  [=6  Dzu-1-Qa'dali  20.  H.]  o  l'S  novembre  641 
[=26  Dzu-1-Qadah  20.  H.]  (cfr.  §§  162  o  168),  capitolò  anche  Alessandria. 
I  due  eventi  importantissimi  seguiti  ambedue  nell'anno  20.  H.  valgono  a 
spiegar  bene  come  tante  tonti  arabe  abbiano  trasmesso  la  notizia  vaga  che 
gli  Arabi  conquistarono  Misr  nell'anno  20.  H.  :  con  la  presa  delle  due  città 
gli  Arabi  erano  infatti  padi'oni  di  tutto  l'Egitto.  Sulla  cronologia  di  qviesta 
campagna,  grazie  alle  indicazioni  di  Giovanni  di  Niq^-ùs,  possiamo  con- 
siderarci relativamente  sicuri. 

Ciò  non  toglie  però  che  è  opportuno  per  lo  stiadioso,  prima  di  accin- 
gersi alla  lettura  tediosa  dei  minuti  particolari,  sovente  confusi,  contrad- 
dittori ed  erronei  dei  seguenti  paragrafi,  di  avere  un'  idea  generale  precisa 
dell'andamento  generale  della  campagna  secondo  il  consenso  delle  migliori 
autorità.  Tale  cenn(ì  brevissimo  fa  seguito  all'altro  che  noi  abbiamo  pre- 
posto alle  tradizioni  dell'anno  19.  H.  (cfr.  19.  a.  H.,  §§  45  e  segg.)  per  la 
parte  che  riguarda  la  campagna  egiziana. 

Gli  Arabi,  avuti  rinforzi  d'Arabia,  e  sconfitti  i  Greci  presso  Heliopolis, 
avevano  iniziato,  alla  fine  dell'anno  19.  H.  (settembre-dicembre  640  E.  V.), 
l'assedio  della  fortezza  di  Babilonia  dopo  aver  occupato  facilmente  la  città 
copta,  non  vasta,  che  cii'cuiva  la  cittadella  a  nord  e  ad  est,  perchè  ad  oc-  - 
cidente  ed  a  mezzodì  il  corso  del  Nilo,  lambendo  le  mura  dell'antica  rocca, 
la  rendevano  inaccessibile  da  quella  parte  alle  armi  rausulmane.  L'assedio 
regolare  non  fu  incominciato  prima  della  fine  di  settembre  640  È.  V.  perchè 
era  soltanto  possibile  dopo  cessata  l'inondazione  estiva  del  Nilo.  Prima  di 
settembre  l'attesa  degli  Arabi  sul  limite  estremo  del  terreno  inondato  non 
può  chiamarsi  assedio  nel  vero  senso  della  parola. 

Durante  questo  assedio  cessò  di  vivere  Eraclio  (11  febbraio  641  È.  V.), 
e  la  incertezza  politica  del  governo  imperiale  in  Costantinopoli,  fiaccò  lo 
spirito  di  resistenza  dei  Greci,  accrebbe  la  ].assività  ostile  dei  Copti  verso 
Bisanzio,  e  indusse  alcuni  maggiorenti  egiziani  a  trattare  con  gli  Arabi 
direttamente  senza  occuparsi  più  dei  Greci  e  dell'autorità  imperiale.  Una 
persona,  chiamata  dalle  fonti  musulmane  al-Muqawqis,  ma  sicuramente  non 
il  patriarca  Ciro,  trattò  la  resa  di  Babilonia  ed  il  benevolo  trattamento  dei 
Copti,  abbandonando  i  Greci  al  loro  destino. 

I  difensori  di  Babilonia,  dopo  sette  mesi  d'assedio  ossia  dalla  fine  del- 
l'estate dell'anno  19.  H.  (autunno  del  640  È.  V.),  si  arresero  a  patti  nel 
lunedì  di  Pasqua,  9  aprile,  del   641  È.  V.  (=  21  Rabi"  II.  20.  TI.)  dopo  una 

23.3.  30 


s  50.  ^u>  a.*  ri* 

20.  a.  H.  viva  resistenza,  neirultima   parte   della  quale,  durante   l'inverno  640-641, 

pagna  egiziana  gli  Arabi  debbono  aver  stretto  la  cittadella  con  molta  energia  da  tutte  le 
del  20.  H.|  parti,   per    la    magra    del    Nilo,  che    permetteva  ai  Musulmani   di  circuire 

meglio  la  piccola  fortezza. 

Non  si  presti  però  molta  tede  alla  narrazione  musulmana  sull'assalto 
con  le  scale,  in  cui  si  vuole  che  tanto  si  distinguesse  al-Zubayr.  Il  par- 
ticolare (taciuto  in  modo  esplicito  dal  contemporaneo,  Giovanni  di  Niqyùs) 
ricorda  alcuni  particolari  sospetti  dell'assedio  di  Damasco,  e  può  essere 
accolto  solo  in  un  modo  generico  come  la  memoria  di  assalti  impetuosi, 
che  se  intimorirono  forse  i  difensoiù  di  Babilonia,  non  riuscirono  già  ad 
espugnar  la  fortezza.  Le  dimensioni  delle  mura,  giudicate  dai  pochi  resti 
tuttora  esistenti,  rendono  molto  scettici  sul  contenuto  delle  tradizioni  mu- 
sulmane, mentre  l'affermazione  esplicita  e  sicura  di  Giovanni  di  Niq3''ù8 
che  la  cittadella  si  arrese  a  patti  e  con  l'onore  delle  armi,  pone  fine  ad 
ogni  dubbio. 

I  militi  greci  si  ritirarono  da  Babilonia  e  dall'isola,  fortificata  pure  in 
parte,  di  al-Ravvdah,  e  scesero  in  barche  per  il  fiume  fino  a  Niqyùs,  dove 
poi  gli  Arabi  li  raggiunsero  circa  un  mese  dopo  e  li  cacciarono  in  fuga 
con  molta  facilità. 

'Amr  b.  al-'As  aveva  ora  aperta  la  via  su  Alessandria,  dove  sapendo 
essersi  ormai  raccolte  tutte  le  milizie  greche  con  l'abbandono  di  tutte  le 
altre  guarnigioni  nel  resto  del  paese,  decise  di  aggredire  anche  questa 
città  e  così  con  un  colpo  solo  liberare  1'  Egitto  dal  dominio  bizantino.  Il 
numero  scarsissimo  delle  genti  greche  gli  fece  intendere  che  l'impresa  non 
era  difficile,  ed  i  piccoli  scontri  che  ebbe  con  alcune  schiere  bizantine  sul 
cammino  di  Alessandria,  lo  confermarono  in  tale  pei'suasione. 

"Amr  non  errò  nelle  sue  previsioni  :  avvicinatosi  alle  mura  di  Ales- 
sandria circa  la  fine  del  mese  di  giugno  641  (metà  Ragab  20.  H.),  in  poco 
più  di  tre  mesi  con  pochissima  perdita  di  uomini  indusse  gli  abitanti  a 
trattare  con  gli  Arabi  ed  a  promettere  la  consegna  della  città  nelle  mani 
del  vincitore,  a  condizione  che  egli  concedesse  undici  mesi  di  tempo  ai 
Greci,  tanto  privati  che  impiegati  del  governo,  per  liquidare  i  loro  affari 
nella  città  e  x-itirarsi  in  territorio  bizantino. 

Questo  trattato  veniva  concluso  il  17  ottobre  o  l'S  novembre  641 
(=  o  6,  o  28  Dzù-1-Qa'dah  20.  H.)  con  l' intervento  personale  di  Ciro  che 
era  ritornato  ad  Alessandria  il  14  settembre,  mentre  durava  ancora  l'as- 
sedio. Ciro  stesso  concluse  il  trattato,  attirandosi  •  però  l'odio  del  partito 
imperiale  che,  non  volendo  riconoscere  i  propri  torti,  gettò  la  colpa  di  tutto 
sulle  spalle  del   patriarca. 

384. 


20.  a.  H. 
[EGITTO.- La  cam- 
pagna egiziana 


20.  a.  H.  §§  50.56. 

Tale  è  lo  scheletro  della  campagna  militare  dell'anno  20.  H.  :  passiamo 
ora  a  dare  per  disteso  le  fonti  che  porgono  i  particolari  della  drammatica 
lotta  tra  oriente  ed  occidente  sulle  rive  del  Nilo.  ^e'  20.  H.j 

EGITTO.  —  Le  tradizioni  sulla  presa  di  Babilonia  (21  RabT  IL  20.  II. 
=  9  aprile  641  È.  V.j  e  la  prima  resa  di  Alessandria  (6-28  Dzu-l-Qa  dah 
20.  H.  —  ll  ottobre-8  novembre  641  È.  V.). 

§  51.  —  Non  è  stato  possibile  separare  le  tradizioni  sulla  caduta  di 
Babilonia  da  tutte  quelle  sulla  prima  resa  di  Alessandria,  senza  violare 
in  molte  fonti  l'unità  organica  del  testo,  con  tagli  arbitrari.  I  due  eventi 
sono  però  intimamente  connessi  tra  loro  e  spesso  confusi  insieme.  Siccome 
cadono  ambedue  nell'anno  20.  H.,  ne  è  venuta  di  conseguenza  in  molte 
fonti  la  notizia  che  «  Misr  fu  conquistato  nel  20.  H.  »:  con  il  qual  termine 
«  Misr  »  si  comprende  complessivamente  tutto  1'  Egitto  e  sottintendonsi  Ba- 
bilonia ed  Alessandria.  La  confusione  poi  tra  Misr  (città)  e  Misr  (provincia) 
è  frequentissima  nei  testi,  che  rispecchiano  tempi  posteriori  quando  esisteva 
una  città  Misr,  la  capitale  dell'  Egitto. 

§  52.  —  Secondo  ibn  ' Abd  al-hakam  la  conquista  dell'  Egitto  (fa  t  h 
Misr  =>  la  presa  di  Babilonia?)  avvenne  nel  20.  H.  (Mahàsin,  I,  21). 

§  53.  —  Alcune  fonti  (Khalifah  b.  Khayyàt)  riuniscono  la  partenza  di 
'  Amr  b.  al-' As,  l' invio  dei  rinforzi  e  la  presa  di  Bàb  al-Lùq  [sic  :  Babi- 
lonia) nel  20.  H.  (Mahàsin,  I.  23). 

Il  padre  Lammens  mi  scrive  che  il  nome  di  Bàb  al-Lùq  [sic)  esiste 
ancora  al  Cairo  presso  la  stazione  ferroviaria  di  Hulwàn. 

§  54.  —  Secondo  Isà'denah  metropolita  siriaco  di  al-BaSrah,  nel  20.  H. 
'Amr  b.  al-'As  espugnò  Alessandria  e  Misr  (Baethgen,   111). 

§  55.  —  (al-Qudà'i).  Misr  fu  conquistato  di  venerdì,  la  nuova  luna 
(mustahillj  di  al-Muharram,  dell'anno  20.  H. 

Altri  dicono  che  ciò  seguì  nel  16.  H.,  com'è  riferito  da  al-Wàqidi. 

Altri  poi  affermano  che  1'  Egitto  con  al-Iskandariyj^ah  fu  conquistato 
l'anno  25.  H. 

Ma  i  più  s'accordano  nel  dire  che  ciò  avvenne  prima  dell'  '  à  m  a  1  - 
ramàdah,  che  fu  tra  la  fine  del  17.  H.  e  il  principio  del  18.  (Maqrizi 
Khitat,  I,  294,  lin.   12-14). 

§  56.  —  (a)  (al-Kindi,  da  Yazìd  b.  abi  Habìb).  Il  numero  degli  uomini 
con  'Amr  b.  al-'As  era  di  16,500. 

(6)  ('Abd  al-rahmàn  b.  Sa'id  b.  Miqlàs).  Quelli  che  ebbero  la  loro  quota 
di  bottino  nel  forte,  tra  i  Musulmani,  furono  12,300,  essendo  successe  per- 
dite per  malattie  e  per  ferite  durante  l'assedio.  C'è  chi  dice  che  i  Musul- 

235. 


la  prima  resa  dì 
Alessandria. 


§§  50-58.  20.   a.   H. 

20.  a.  H.  mani,  i  ciuali  furono  uccisi   in  quest'assedio,   vennero  seppelliti   ai  piorli  del 

(EGITTO.  -  Le  tra  ...  ^  .      .     t-i    -a       ^       r      .■.<->  i      i  •         o  i  l^^ 

dizioni  sulla  pre-     t'"'^''  (Maqrizi_  Kh  1 1  a  t ,  I,  29-L,  lin.  8-12j. 

sa  di  Babilonia  e  §  57.  —  (Lsa  b.  llammàd).  Mentre  i  Musulmani  stavano  as.sediando  la 

tortezza,  avvenne  che  Ubàdali  b.  al-Sàmit  tosse  occupato  a  preoare  in  un  punto 
dove  era  visto  dai  Greci.  Un  gruppo  di  questi  decise  di  sorprenderlo  mentre 
pregava  e  di  ucciderlo.  Uscirono  dalla  fortezza  e  si  diressero  contro  di  lui. 
'[Tbàdah  però  si  avvide  del  pericolo  ed  interrompendo  la  preghiera  inforcò  il 
cavallo  che  aveva  presso  di  sé  e  si  slanciò  sui  nemici.  (>)uesti  spaventati  si  die- 
dero alla  fuga,  gettando  durante  la  corsa  tutti  gli  armamenti  che  indossavano, 
nella  speranza  che  'Ubàdah  avrebbe  perduto  tempo  a  raccoglierli.  L'arabo  in- 
vece non  se  ne  diede  pensiero,  e  li  incalzò  Hn  sotto  le  muia  :  qui  lo  accolse  una 
]noggia  di  dardi,  che  lo  costrinse  a  retrocedere,  ma  anche  questa  volta  'Ubà- 
dah fieramente  disdegnò  di  raccogliere  gli  oggetti  ])reziosi  gettati  in  terra 
dai  Greci  durante  la  fuga.  Egli  ritornò  al  suo  posto  e  terminò  la  preghiera.  I 
Greci  poterono  perciò  uscire  di  nuovo  dalla  fortezza,  raccogliere  la  roba  get- 
tata e  rientrare  non  molestati  dentro  alle  mura  ('A  b  d  a  1  -  li  a  k  a  ra  ,  92). 
Cfr.  Maqrizi  Khitat,  I,   290,  lin.   7  e  segg. 

§  58.  —  ('Uthmàn  b.  Salili,  [da  ibn  Lahi'ah]).  Dacché  la  vittoria  tar- 
dava ad  arridere  ad  Amr  b.  al-'As,  allora  al-Zuba3'r  b.  al-'Awwàm  \otò 
se  stesso  a  Dio,  nella  speranza  che  in  questo  modo  Dio  avrebbe  alfine  con- 
cesso la  vittoria  ai  Musulmani.  Egli  prese  una  scala  (sullam)  ed  appog- 
giatala alle  mura  della  fortezza  dalla  parte  (detta  più  tardi)  Sùq  al-Ham- 
màm,  montò  su  di  essa  ed  ordinò  ai  suoi  seguaci  di  rispondergli  e  di 
venirgli  appresso  tutti  insieme  non  appena  lo  avessero  udito  lanciare  il 
grido  del  takbir.  al-Zubayr  salì  la  scala  con  tanta  velocità,  che  arrivò 
sul  ciglio  del  muro  prima  che  i  Greci  se  ne  fossero  accorti,  e  con  la  spada 
sguainata  tenne  questi  a  bada,  gridando  il  takbir:  i  compagni  suoi  si 
elanciarono  allora  appresso  a  lui  con  tanto  impeto  ed  emulazione  che  'Amr 
b.  al-'As  temette  di  veder  rotta  la  scala  per  la  ressa  della  gente,  e  li  trat- 
tenne dal  precipitarsi  insieme  con  soverchio  zelo.  I  diténsori  (di  quella 
parte)  della  fortezza  rimasero  atterriti  dall'impeto  dei  Musulmani,  e  udendo 
tante  voci  gridare  il  takbir,  non  dubitarono  più  che  tutti  gli  Arabi  in- 
sieme si  precipitassero  sulla  fortezza  :  si  diedero  allora  alla  fuga,  ed  al-Zu- 
bayr con  i  compagni  fece  impeto  verso  la  porta  della  fortezza  e  l'aprì, 
sicché  ora  tutto  l'esercito  musulmano  irruppe  entro  la  fortezza. 

Allora  al-Muqawqis  ebbe  timore  per  sé  e  per  i  suoi,  e  mandò  a  chie" 
dere  ad  'Amr  b.  al-'As  la  conclusione  di  un  trattato  di  pace.  Egli  propose 
che  i  Copti  pagassero  (annualmente)  due  dìnàr  per  ogni  uomo,  e  la  sua 
offerta  fu  accettata  ('Abd    al-hakam,  92-93). 

236. 


20.  a.  H.  §§  58^1. 

Cfr.  Hubays,  fol.  96,r.-97,v.;   Suyuti  Husn.   I.   52;  Mahasin,   I,  20.  a.  h. 

ti  -      ■    T^i    -1.1.      T     r,r^r\     i-         <<  [EGI TTO.  -  Le  tra- 

11;   Maqrizi  Khitat.  I.  290,  Im.   11   e  segg.  dizioni  sulla  pra- 

L"  intriuseca  contradizione  tra  la  pretesa  espugnazione  d'assalto  e  la  sa  di  Babilonia  e 
domanda  e  conclusione  di  un  trattato  di  pace  alle  condizioni  normali  è  Alessandria.) 
indizio  manifesto  che  la  prima  parte  della  narrazione  è  assai  travisata  e 
esagerata.  —  Tentativi  energici  d'assalto,  ma  non  riusciti,  intimorirono 
i  difensori  e  li  indiissero  a  trattare.  La  leggenda  ha  poi  amplificato  tutto 
descrivendo  la  presa  per  assalto,  ma  allo  stesso  tempo  ha  dovuto  accor- 
dare tale  sua  arbitraria  affermazione  con  il  fatto  noto  e  concreto  del  trat- 
tato. Cfr.  anche  §  70. 

§  59.  —  (Sa'id  b.  (rhufayr).  Insieme  con  al-Zubayr  b.  al-Aw\vàm  (') 
salirono  sulla  scala  anche  Muhammad  b.  Maslamah,  Màlik  b.  abi  Salsalah 
al-Salàmi  e  vari  uomini  dei  bantl  Haràm:  anche  Suràhìl  b.  Haganah(?) 
al-Muràdi  appoggiò  una  scala  alle  mura  della  fortezza  e  precisamente  dalla 
parte  poi  chiamata  al-Zamàmirah,  e  montò  egli  pure  sulle  mura  ('Abd 
al-hakam,  93). 

Cfi-.  Hubays.  fol.  97,r. 

Nota  1.  —  iHisàm  b.  Ishàqi.  Secondo  quanto  credono,  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  era  di  carna- 
gione bianca,  di  bel  portamento,  non  alto,  con  pochi  capelli,  ma  barba  abbondante,  e  corpo  peloso  l'Abd 
al-liakam  .  941. 

§  60.  —  ('Uthmàn  b.  Salih,  da  'Abdallah  b.  Wahb,  da  al-Layth).  1  Mu-  , 
sulmani  rimasero  dinanzi  alla  porta  della  fortezza  (bàb  al-qasr)  in  tutto 
sette  mesi.  —  '[Jtlimàn  però  aveva  udito  tradizioni  sulla  espugnazione 
della  rocca,  attinte  da  altre  fonti,  e  (narranti  la  presa  del  castello)  in 
modo  de]  tutto  contrario  alle  tradizioni  precedenti  ('Abd  al-hakam,  94; 
cfr.  paragrafi  seguenti). 

Suyuti  Husn,  I,   52  ;  M  a  q  r  i  z  i  Kh  i  t  a  t .  I,  290,  lin.  1 7  e  segg. 

§  61.  —  La  versione  che  segue,  assai  più  prolissa,  sembra  a  prima 
vista  più  leggendaria  e  lontana  dalla  verità  :  ma,  se  l'esaminiamo  con 
qualche  attenzione,  veniamo  a  scoprire  che  nonostante  le  sue  imperfe- 
zioni, gli  errori  e  le  confusioni,  rispecchia,  nelle  sue  linee  generali,  la  ver- 
sione più  vicina  e  più  corrispondente  alla  realtà  dei  fatti  avvenuti.  Tra- 
luce cioè  che  la  resa  di  Babilonia  in  mano  agli  Arabi  fu  effetto  assai  più 
di  minacce  e  di  trattative  lunghe  ed  intricate,  che  non  di  gloriosi  fatti 
d'arme  e  d'assalti.  La  nuova  versione  fa  pure  un  cenno  dell'assalto  e  del 
massacro  di  una  guarnigione  greca,  ma  par  quasi  una  interpolazione  arti- 
ficiosa per  glorificazione  degli  Arabi  i-onquistatori.  Erra  infatti  nel  distin- 
guere nettamente  la  resa  dell'isola  al-Eawdah  dalla  espugnazione  d'assalto 
della  fortezza  di  Babilonia.  Da  Griovanni  di  Niqyùs  sappiamo  incontestabil- 

2:^7. 


§§  (il,  t;i.  ■  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  mente  chv  la   tortezza  di  Babilonia  non   fu  presa  d'assalto,  e  quindi  la  ver- 

lEGITTO.-Le  tra-  .       i  •  .  •       j-  i.  il  i         • 

dizioni  sulla  pre-     «lom-  nuova  e  chiaramente    una    specie  di  compromesso  tra    quello   che    i 
sa  di  Babilonia  e     i^ioiiisti  arabi  lianuo  inventato  e  la  realtà  dei  fatti.  Questa  fu  diversa  dalla 

la  prima  resa  di  .  •«■•in  j         i        j- 

Alessandria  1  prima  versione  e  più  simile  alia  seconda  che  diamo  qui  appresso,  m  quanto 

o-li  Arabi  strinsero  e  minacciarono  la  fortezza  per  quanto  era  loro  possi- 
bile, non  essendo  padroni  del  fiume,  ma  operarono  sovrattutto  con  nego- 
ziazioni, intrighi  e  maneggi  d'ogni  specie,  nei  quali  essi  ebbero  sicuramente 
complici  ed  ausiliari  i  Copti.  Ciò  è  provato  dal  trattato  che  fu  fatto  a  solo 
vantaggio  dei  Copti  e  a  danno  dei  Greci.  Questi  vistisi  abbandonati  dai 
Copti  dovettero  cedere  e  si  vendicarono,  come  vedremo,  con  atti  di  cru- 
deltà verso  alcuni  Copti  prigionieri.  Lo  svolgimento  dell'assedio  fu  perciò 
sovrattutto  pacifico  e  diplomatico. 

La  seconda  versione,  che  segue,  confonde  poi  il  periodo  preparatorio 
dell'assedio  —  quello  dell'estate  del  640  È.  V.  —  con  la  fine,  perchè  parla 
d'inondazione  e  di  accerchiamento  degli  Arabi  dalle  acque  del  Nilo.  Ora, 
Babilonia  fu  presa  nell'aprile,  quando  cioè  il  fiume  è  nella  massima  magra, 
e  i  difensori  di  Babilonia  erano  nelle  condizioni  di  massimo  svantaggio 
ed  era  più  facile  accerchiare  la  fortezza  e  minacciare  l'isola  di  al-Rawdah, 
che  le  stava  allora  di  fronte.  Gli  Arabi  furono  invece  contrastati  la  piima 
volta  dalle  acque,  e  ridotti  alla  momentanea  impotenza  ed  inoperosità, 
dalla  battaglia  di  Heliopolis  ed  il  principio  dell'assedio  di  Babilonia,  ossia 
durante  tutta  l'estate  del  640  È.  V. 

È  molto  importante  osservare  come  l'al-Muqawqis  che  trattò  la  resa 
di  Babilonia  fece,  in  questa  versione,  gli  interessi  dei  Copti  e  si  mostrò 
ostilissimo  ai  Greci.  Non  è  dunque  Ciro  il  persecutore  dei  Copti,  ma  un 
maggiorente  copto.  La  versione  distingue  lui  da  al-U'ayrig  il  governatore 
di  Babilonia,  mentre  è  noto  che  altri  li  confondono  insieme  (cfr.  19.  a.  H., 
§§  56,  63). 

§  62.  —  ('Uthmàn  b.  Salili,  da  Khàlid  b.  Nagih,  da  Yahya  b.  Ay3-ùb, 
e  da  Khàlid  b.  Humayd,  ambedue  i  quali  da  Khàlid  b.  Yazid,  da  vari 
t  à  b  i  '  ù  n ,  e  fondendo  insieme  le  lox'O  notizie,  che  taluni  avevano  più  co- 
piose degli  altri  [ba'duhum  yazid  'ala  ba'd"''].  Quando  i  Musulmani 
assediarono  Bàb  Alyun  (al-Yiin?),  in  questa  città  v'erano  molti  Greci, 
e  maggiorenti  (akàbir)  e  capi  dei  Copti,  e  tutti  dipendevano  dagli  or- 
dini di  al-Muqawqis.  Questi  si  difesero  per  un  mese  (salir''",  ossia  per  un 
certo  tempo,  pag.  94,  lin.  10;  cfr.  19.  a.  H.,  §  51,  nota  1),  ma  quando  videro 
l'impeto  e  l'energia  con  la  quale  i  Musulmani  si  accingevano  ad  espugnare 
la  fortezza,  e  la  tenacia,  l'ardire  e  la  passione  nel  battersi,  ebbero  alfine  ti- 
more che  gli  Arabi  sarebbero  riusciti  vittoriosi.  Allora  al-Muqawqis  ed  il 

238. 


20.  a.  H. 


§§  62,  63. 


gruppo  dei  maggiorenti  Copti  (notisi  l'omissione  dei  Greci!)  uscirono  dalla  20.  a.  H. 

porta  meridionale  della  fortezza   (bàb    al-Qasr    al-qibli)  e,  seguiti  da        dizioni  sulla  pre- 
molta altra  gente  che  si  era  battuta  contro  gli  Arabi,  si  ritirarono  sopra        sa  di  Babilonia  a 
un'isola,  dove  ai  tempi  di  ibn   'Abd  al-hakam  era  il  luogo  delle  industrie,        Babilonia.! 
Mawdi'  al-Sinà'ah,  e  tagliarono  il  ponte  che  varcava  il  corso  del  Nilo  (e 
univa  la  fortezza  all'isola).  Alcuni  dotti  dell'Egitto  ritengono  che  al-U'ayrig 
rimase  nella  fortezza  dopo  la  partenza  di  al-Muqawqis.  Anche   al-U'ayrig 
però,  quando  temette  che  i  Musulmani  sarebbero    divenuti    padroni  della 
fortezza,  montò  con  tutti  i  guerrieri  e  le   persone  distinte  (ahi  a  1  - q u w - 
wah  wa-l-.saraf)  sopra  le  navi  ormeggiate   presso  al  forte  e  si  andò  a 
unire  ad  al-Muqawqis  sull'isola  ('Abd  al-hakam,  94-96). 

Cfr.  anche  H  u  b  a  y  s  ,  fol.  97,r.  ;  S  u  y  ù  t  i  H  u  s  n  ,  I,  52-63  ;  M  a  h  a  sin, 
I,  11-12,  che  ha  la  forma  al-Ughayrig;  Dahlàn  Fu  tuli,  I,  41;  Maqrizi 
Khitat,  I,  290,  lin.   19  e  segg. 

A  proposito  di  detta  isola  è  bene  aggiungere  la  versione  di  un  passo 
di  ibn  Duqmàq,  che  chiarisce  meglio  quanto  è  narrato  in  questa  tradizione. 
al-Ra\vdah,  dice  ibn  Duqmàq,  è  un'  isola  in  mezzo  al  fiume,  circondata 
dall'acqua  da  tutte  le  parti.  Essa  giace  tra  al-Fustàt  ed  al-Gìzali,  e  da  una 
parte  in  direzione  di  mezzodì  v'è  il  Dar  al-Miqyàs  (o  Nilometro).  Un  tempo 
era  fortificata.  Essa  contiene  giax'dini  e  frutta,  quali  non  se  ne  trovano 
altrove  in  alcun  sito.  Quando  'Amr  b.  al-'As  conquistò  Misr,  i  Greci  si 
fortificarono  nell'  isola  e  resistettero  per  qualche  tempo.  Ma  quando  l'as- 
sedio tirò  in  lungo  ed  i  Greci  fixggirono  da  ^ssa,  'Amr  b.  al-'As  demoli 
alcune  sue  torri  e  le  sue  mura.  E  queste  mura  la  circondavano  tutta.  — 
Anticamente,  dice  al-Kindi,  si  chiamava  Gazirah  al-Sinà'ah  e  rimase  ro- 
vinata ed  abbandonata  sino  a  quando  Ahmad  b.  Tiìlùn  nel  263.  H.  tornò 
a  fortificarla  per  mettervi  al  sicuro  le  sue  donne  ed  i  suoi  tesori  (D  u  q  - 
màq,   109). 

§  63.  —  (Yahya  b.  Ayyùb,  da  Khàlid  b.  Humayd).  Allora  al-Muqawqis 
mandò  a  dire  ad  'Amr  b.  al-'As:  «  Voi  siete  penetrati  nel  nostro  paese, 
«  vi  siete  messi  a  combatterci  accanitamente,  e  la  vostra  permanenza 
«  nelle  nostre  terre  dura  oramai  da  lungo  tempo.  Ma  voi  siete  una  banda 
«  e  US  bah),  ed  ora  è  imminente  la  venuta  dei  Greci  (si  noti  che  trattano 
«  sempre  i  soli  Copti!),  che  hanno  raccolto  (grande  numero  di)  uomini  ed 
«  armi  e  si  accingono  ad  assalirvi.  Allo  stesso  tempo  questo  (fiume)  il  Nilo 
«  vi  ha  circondati  da  tutte  le  parti  e  voi  siete  prigionieri  nelle  nostre  mani. 
«  Mandateci  perciò  alcuni  vostri  uomini,  dai  quali  possiamo  udire  le  vostre 
«■  proposte,  e  forse  la  faccenda  potrebbe  combinarsi  tra  noi  in  modo  a  voi 
«  conveniente.  Cosi  porremo  fine  alla  guerra,  prima  che  i  Greci  vi  piom- 

23i).     ' 


§  63. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  •  Le  tra- 
dizioni sulla  pre- 
sa di  Babilonia  e 
la  prima  resa  di 
Alessandria.) 


«  bino  addosso:  allora  i  discorsi  non  vi  saranno  più  di  verun  vantaggio  e 
«  \(pÌ  potreste  pentirvi,  se  la  l'accenda  riuscisse  contraria  a  ciò  che  avete*  cer- 
«  cato  e  sperato  ».  Quando  giunsero  gli  ambasciatori  di  al-Muqawqis,  'Anir 
b.  al-'As  li  imprigionò  por  due  giorni  e  due  notti,  sicché  al-Muqawqia  in- 
cominciò a  temere  per  loro.  «  Credete  tbi'se  »,  egli  disse  ai  compagni,  «  che 
«  gli  Arabi  abbiano  ucciso  i  miei  ambasciatori,  e  che  ciò  sia  permesso 
«  dalla  religione?  ».  Scopo  però  di  'Amr  b.  al-'As  era  che  gli  ambasciatori 
vedessero  e  conoscessero  le  condizioni  del  campo  arabo:  ottenuto  questo, 
egli  li  rimandò  con  il  messaggio  che  tra  loro  era  possibile  soltanto  una 
delle  tre  cose:  o  conversione  all'Isiàm,  o  pagamento  della  gizyah,  o 
guerra  a  morte. 

al-Muqawqis,  appena  ritornati  gli  ambasciatori,  li  interrogò  sulle  con- 
dizioni del  campo  musulmano  ed  essi  gli  fecero  la  seguente  descrizione: 
«È  gente  che  ama  la  morte  più  della  vita,  e  l'umiltà  più  della  gloria: 
«  nessuno  aspira  al  possesso  di  beni  terreni.  Quando  si  riuniscono  a  consiglio 
«  si  seggono  sulla  polvere;  e  pongono  le  loro  vivande  sulle  ginocchia.  Il 
«loro  capo  (amir)  è  come  uno  qualunqvie  degli  altri,  né  si  conosce  chi 
«  di  loro  sia  di  rango  più  elevato,  e  quale  d'infimo  stato:  il  signore  non 
«  si  distingue  dal  servo.  Quando  è  l'ora  della  jjreghiera,  nessuno  si  tiene 
«  addietro  e  si  lavano  tutti  con  l'acqua.  Durante  la  preghiera  mostrano  la 
«  massima  umiltà  ».  al-Muqawqis  ed  i  suoi  rimasero  turbati  da  siffatta  de- 
scrizione e  compresero  che  era  impossibile  resistere  a  uomini  simili:  urgeva 
quindi  concludere  la  pace  con  loro,  mentre  erano  ancora  circondati  dalle 
acque  del  Nilo,  perchè  dopo  (ritirate  le  acque)  sarebbero  divenuti  padroni 
del  paese.  al-Muqawqis  rimandò  quindi  i  suoi  ambasciatori  per  insistere  che 
i  Musulmani  inviassero  alcuni  rappresentanti  a  trattare  possibilmente  la 
pace  con  reciproco  vantaggio.  Allora  'Amr  b.  al-'As  scelse  dieci  uomini, 
fra  i  quali  'Ubàdah  b.  al-Sàmit.  —  Sa'id  b.  Grhufayr  afferma  che  'Ubàdah 
b.  al-Sàmit  era  uno  dei  dieci  arabi,  che  alla  comparsa  dell'Isiàm  misuravano 
dieci  palmi  in  altezza (^),  —  e  li  mandò  al  campo  di  al-Muqawqis  ('Abd  al- 
hakam,  96-96). 

Cfr.  Su3"ùti  Husn,  I,  63;  Hubays,  fol.  97, r.  e  segg.  ;  Butler, 
256  e  segg.;  Maqrìzi  Khitat,  I,  290,  lin.  24  e  segg. 

Il  fatto  delle  trattative  lunghe  e  difficili  è  sicuramente  storico,  ma  i 
particolari,  specialmente  gii  elogi  degli  Arabi  e  la  descrizione  dei  loro  in- 
tenti scevri  d'interesse  personale,  sono  aggiunte  e  ricami  di  età  posteriori, 
che  ricordano  le  discussioni  alla  vigilia  della  battaglia  di  al-QàdisÌ3'yah 
(cfr.  14.  a.  H.,  §§  66  e  segg.;  16.  a.  H.,  §§  9,  31  (e),  69,  60,  ecc.).  È  un  tema 
tradizionistico  che  si  ripete  a  sazietà.  Si  ritrova  anche  nel  paragrafo  seguente. 


240. 


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20.  a.  H. 


§§  63,  64. 


Nota  1.  —  La  tradizione  ama  rilevare  che  gli  uomini  da  essa  preferiti  erano  di  statura  eccezio-  20.  a    H. 
naie:    cosi  ci  rappresenta    l'eroe    bagilita    GarTr    b.   'Abdallah   icfr  14.  a.  H.,  §  5,  nota  2),  che  tanto  si  [EGITTO.  -  Le  tra- 
distinse nella  Babilonide,  cosi  è  pure  descritto  il  Caliifo  'Umar  (cfr.  sotto  l'anno  23.  H.  la  descrizione  dizioni  sulla  pre- 
personale del  Califfo  nella  necrologia^  sa  di  Babilonia  e 

§  64.  —  CUthman  b.  Sàlih,  [da  Khàlid  b.  Nagìh,  da  Yahya  b.  Ayyùb.  Alessa^l^dria^r 
e  da  Khàlid  b.  Humayd,  ambedue  i  quali  da  Khàlid  b.  Yazìd,  da  vari 
tabi 'un]).  'Amr  b.  al-'As  ordinò  che  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  parlasse  a  nome 
di  tutti,  e  ritornasse  a  profferire  l'accettazione  di  una  delle  tre  proposte, 
o  conversione  all'Isiàm,  o  pagamento  della  gizyah,  o  guerra  a  morte. 
Gli  ambasciatori  montarono  sopra  alcune  imbarcazioni  e  giunsero  alfine 
presso  al-Muqa\vqis.  Questi  rimase  tiu'bato  vedendo  Ubàdah  b.  al-Sàmit 
che  aveva  la  pelle  molto  scura  (aswad)  e  chiese  che  un  altro  degli  am- 
basciatori gli  rivolgesse  la  parola,  ma  tutti  gli  Arabi  gii  fecero  sapere  che 
«  questo  nero  è  migliore  tra  noi  per  consiglio  e  dottrina:  è  il  nostro  capo 
«  (sayyid)  e  il  piìi  eccellente  tra  noi...:  noi  ci  sottomettiamo  in  tutto  al 
«  suo  parere  ed  ai  suoi  ordini. . .  ».  Quando  al-Muqawqis  tornò  ad  insistere 
(stupito)  che  un  uomo  nero  come  'Ubàdah  potesse  essere  il  loro  capo,  gii  altri 
Arabi  ripeterono  le  loro  precedenti  assicurazioni  con  insistenza  anche  mag- 
giore, e  dissero:  «  Tra  noi  nessuno  ha  ripugnanza  per  il  (color)  nero  (della 
«  pelle)  ».  al-Muqawqis  acconsentì  alfine  a  sentire  il  discorso  di  'Ubàdah,  ma 
non  celò  il  fatto  che  il  colore  della  sua  pelle  gii  ispirava  terrore.  'Ubàdah  si 
affrettò  ad  informare  al-Muqawqis  che  nel  campo  arabo  aveva  lasciato  mille 
compagni  tutti  assai  più  neri  di  lui  (^),  e  che  gii  avrebbero  ispirato  terrore 
an(  he  più  vivo.  Poi  continuò  il  suo  discorso  esponendo  i  motivi  che  sospin- 
gevano gii  Arabi  alle  conquiste:  non  era  passione  di  bottino,  perchè  nessuno 
si  curava  di  esso,  fosse  un  qintàr  (quintale)  d'oro,  o  fosse  un  solo  dirham. 
A  loro  bastava  aver  di  che  saziare  la  fame  e  coprire  le  proprie  nudità, 
in  tutto  il  resto  cercavano  una  cosa  sola,  compiere  gii  ordini  avuti  da 
Dio  per  il  tramite  del  loro  Profeta.  Se  guadagnavano  un  qintàr  d'oro, 
lo  .spendevano  tutto  per  la  causa  di  Dio.  Udendo  questo  discorso  al-Mu- 
qawqis confessò  ai  propri  compagni  che  le  parole  di  'Ubàdah  gl'isph-avano 
anche  più  timore  dell'uomo  che  le  aveva  ]  ronunziate  ;  poi  volgendosi  ad 
Ubàdah  ripetè  che  i  Greci  si  preparavano  a  mandare  contro  gii  Arabi  un 
esercito  irresistibile  per  numero  e  per  valore,  che  certamente  avrebbe  so- 
praffatto i  Musulmani.  «  E  voi. siete  ora  in  grandi  strettezze  per  mancanza 
«  di  viveri,  mentre  noi  abbiamo  compassione  per  la  vostra  debolezza  e  per  la 
«  scarsità  di  provvigioni  nelle  vostre  mani  ».  Perciò  egli  offiiva  di  dare  due 
(1  i  n  à  r  ad  ogni  milite  musulmano,  cento  al  loro  capo  e  mille  al  loro  ca- 
lififo,  perchè  si  fossero  ritirati  dall'Egitto.  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  rispose  che 
la  prossima  vonuta  dei  Greci  non  intimoriva  affatto  gli  Arabi,  perchè  nella 

241.  31 


S  H4. 


20.  a.  H. 


la  prima  resa  di 
Alessandria.! 


20.  a.  H.  peuiìiore  ipotesi  otterrebbero  quello  che  era  il  massimo  loro  desiderio,  mo- 

|EGITTO.-Le  tra-       ^.  " "       ,        ^         .  ,.    ,,.  ,    .  .       ,,  ,, 

dizioni  sulla  pre-     '">'  "^''   ^'ammmo  di  Dio,  ed  m  ogni  altra  avrebbero   carpito    un    grande 
sa  di  Babilonia  e     bottino.   Egli  toniò  quindi  ad  esporre  le  condizioni  dei   Musulmani  perla 
pace,  lasciando  ad  al-Muqawqis  la  scelta  fra  le  tre  proposto,  già    riferite, 
di   'Amr  b.  al-'As. 

al-Muqawqis  si  consultò  con  i  suoi  compagni  e  chiese  a  loro  su  avieb- 
bero  accettato  una  di  quullo  tre  condizioni,  ma  trovò  tutti  irremovibili  nel 
respingere  le  due  prime,  perchè  non  potevano  né  abl)andonare  il  Cristia- 
nesimo, per  seguire  «  la  fedo  di  un  uomo  che  non  conoscevano  »,  né  di- 
ventare nel  proprio  paese  i  servi  di  un'altra  gente.  al-Muqawqis  fece  il 
possibile  por  indurre  i  suoi  a  cedere,  ma  non  vi  riuscì,  e  dacché  'Ubàdah 
b.  al-Sàmit  non  voleva  fare  altre  concessioni,  le  trattative  furono  rotto. 
al-Muqawqis  ordinò  di  tagliare  il  ponte  che  univa  l'isola  ad  al-Fustàt;  e 
cosi  abbandonò  al  loro  destino  tutti  i  Copti  ed  i  Greci  che  in  grande  nu- 
mero si  trovavano  ancora  nella  fortezza,  al-qasr.  Allora  i  Musulmani 
ripresero  l'offensiva  ed  assalirono  la  fortezza  con  tanta  energia  che  alfine 
se  ne  impadronirono,  massacrandovi  moltissima,  gente,  e  facendo  innume- 
revoli prigionieri.  Tutte  le  imbarcazioni  però  erano  state  ritii-ate  ed  ormeg- 
giate sull'isola  (dove  stava  al-Muqawqis),  e  gli  Arabi  si  trovarono  ora  cir- 
condati da  tutte  le  parti  dalle  acque  del  Nilo  senza  poter  avanzarsi  verso 
il  Sa'ìd,  né  dirigersi  verso  alcun  altro  luogo  (perché  privi  d'imbarcazioni). 
—  al-Muqawqis  rivolse  ora  un  nuovo  appello  ai  suoi,  citò  il  destino  toccato 
ai  compagni  nella  fortezza,  ed  espresse  il  timore  che,  se  ora  non  venivano 
a  patti  con  gii  Arabi  sarebbero  stati  costretti  a  cedere  ai  medesimi  a  con- 
dizioni anche  peggiori.  «  Obbeditemi  perciò  »,  egli  disse,  «  prima  che  non 
«  abbiate  ragione  di  pentirvi!  ».  Egli  insistè  perchè  accettassero  di  pagare 
la  gizyah,  e  la  sorte  toccata  ai  difensori  della  fortezza  diede  tanto  peso 
alle  parole  di  al-Muqawqis  che  i  Copti  alfine  accettarono  i  suoi  consigli,  e 
furono  mandati  nuovi  ambasciatori  ad  'Amr  b.  al-'As  per  trattar  la  paco 
sul  pagamento  della  gizyah,  e  chiedere  un  congresso  per  discutere  tutte 
le  condizioni. 

'Amr  b.  al-'As  interrogò  i  compagni,  ma  trovò  che  essi  imbaldanziti 
dalla  presa  della  fortezza  non  volevano  più  parlare  di  trattati  di  pace,  ma 
pretendevano  una  resa  incondizionata,  con  la  cessione  di  tutto  qual  preda 
assoluta,  come  il  castello  già  espugnato.  'Amr  b.  al-'As  non  approvò  tali 
pretese:  egli  addusse  le  istruzioni  avute  dal  Califfo  sulle  tre  diverse  con- 
dizioni da  of&'ii-e  al  nemico,  e  dacché  questo  ne  accettava  una,  bisognava 
accogliere  la  domanda  di  al-Muqawqis:  allo  stesso  tempo  insistè  sulle  loro 
condizioni  precarie,  circondati  come  erano  dalle  acque  del  Nilo  e  nell'im- 

■-•42. 


20.  a.  H. 


64,  65. 


possibilità  di  muoversi.  Con  questi  argomenti   Amr  ottenne  alfine  il  con-  20.  a.  H. 

,.,,,.,  .,,,.•  1  [EGITTO..  Le  tra- 

■senso  dei  eolleghi  ed  apri  trattative  per  la  pace.  dizioni  sulla  pre- 

Le  condizioni  che  furono  alfine  accettate  da  ambedue  le  parti  consi-  sa  di  Babilonia  e 
stevano  dei  seguenti  patti:  tutti  i  Copti  dell'Egitto  tanto  superiore  che  Alessandria, 
inferiore  dovevano  sottostare  ad  una  tassa  annua  di  due  dìnàr  per  testa, 
senza  distinzione  di  classe,  purché  avessero' raggiunto  l'età  virile.  La  tassa 
non  cadeva  però  né  sui  vecchi  decrepiti,  né  sui  fanciulli  adolescenti  non 
ancora  maggiorenni,  né  sulle  donne.  I  Musulmani  dovevano  occupare  mili- 
tarmente tutto  il  paese,  e  gii  abitanti  si  obbligavano  a  dare  ospitalità  per 
tre  giorni  ad  ogni  musulmano  che  traversava  il  paese.  Ai  Copti  rimaneva 
il  possesso  delle  loro  terre  (1  a  h  u  m  a  r  d  u  h  u  m  . . . ,  ecc.)  e  dei  loro  beni 
(amwàl),  e  nulla  di  ciò  doveva  essere  tolto. 

Questi  patti  furono  conclusi  con  i  Copti  in  particolare  (kh  a  s  s  a  t  "  °) 
fvale  a  dire  escludendo  i  Greci  ed  il  governo  greco),  ed  allo  stesso  tempo 
si  procede  a  fare  il  computo  in  particolare  (khàssat"'')  di  quanti  erano 
i  Copti  adulti,  sui  quali  cadeva  la  gizyah;  e  si  trovò,  dopo  compilati  i 
registri  scritti,  che  ammontavano  a  6,000,000:  la  gizyah  quindi  arrivò  a 
12,000,000  di  dìnàr  all'anno   ('Abd  al-hakam,  95-103). 

Cfr.  Hubays,  fol.  98, v.  e  segg.;  Suyiiti  Husn,  I,  53-56;  M alia- 
si n,  I,  13-19,  dove  si  dice,  sull'autorità  di  ibn  Lahi'ah,  che  i  tassati  erano 
8,000,000;  Dahlàn  Futiih ,  I,  42-45;  Maqrìzi  Khitat,  I,  291,  lin.  3; 
293,  lin.  8. 

Nota  1.  —  A  spiegazione  di  tutti  questi  pai-ticolari  rammentiamo  come  gli  Arabi  si  compiaces- 
>iero  di  chiamarsi  neri  e  che  in  genere  descrivessero  i  non  Arabi  come  «rossi»  (liamrà-)  (cfr.  Indice 
ilei  volumi  I  e  II  degli  Annali).  Il  color  scuro  prodotto  dalla  potentissima  luce  del  sole  riflessa  sulla 
superficie  fiammeggiante  del  deserto,  era  appi-ezzato  dagli  Arabi  come  indizio  di  forza  e  di  resistenza 
alle  intemperie:  era  prova  di  virilità  e  di  lunga  esperienza  del  deserto.  Il  Butler,  ignaro  di  tale  senti- 
mento degli  Arabi,  ha  interpretato  il  passo  come  se  'Ubàdah  fosse  di  origine  negra  ed  africana  (pag.  256- 
257),  e  non  avverte  che  'Ubàdah  era  un  madinese,  puro  sangue  arabo,  della  tribù  dei  banu  'Amr  b.  'Awf  '% 

b.  al-Khazrag,  ed  uno  dei  dodici  naqib  eletti,  secondo  la  leggenda,  al  grande  convegno  di  al-'Aqabah 
prima  della  Higrah.  Nulla  perciò  di  più  nobile  e  di  più  genuinamente  arabo! 

§  65.  —  (  Yahya  b.  Ayyub,  e  Khàlid  b.  Humayd).  al-Muqawqis  pattuì 
con  'Amr  b.  al-'As  che  i  Greci  dimoranti  in  Egitto  potessero  o  rimanere 
o  andarsene  liberamente  :  chi  rimaneva  do\eva  sottostare  alle  medesime 
condizioni  dei  Copti.  Anche  quelli  che  dimoravano  in  Alessandria  e  nei 
dintorni  dovevan  pagare  le  tasse  sui  beni  (màluhu  muftarad  'alayhi) 
[posseduti  in  quella  parte  d' Egitto,  dove  dominavano  già  gii  Arabi  —  questo 
patto,  è  chiaro,  fu  stipulato  prima  della  conquista  di  Alessandria].  al-Mu- 
qawqis ottenne  inoltre  da  'Amr  b.  al-'As  il  permesso  di  mandare  il  testo  del 
trattato  all'  imperatore  (m  a  1  i  k  a  1  -  R  ù  m)  prima  che  entrasse  effettivamente 
in  vigore.  La  risposta  di  questo  deluse  tutte  le  speranze  di  al-Muqawqis: 

24.3. 


g  ^  •  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  fErac'liol  respingeva  pionamonte  il  trattato  ed  inveiva  contro  al-Muqawqis, 

'^Jì'zTJnTsuiìapre-     perchè  avcndo  con  so   lOO.lìOO  soldati  greci  veterani  e  forniti  di  tutto,  si 

sa  di  Babilonia  e     ,,,.j^   vilmente  sottomesso  ad  un  pit-colo  esercito  di  12,000  Arabi  (').  —  al-Mu- 

la  prima  resa  di  .,,  ì.-j.  •■j-  j.  j. 

Alessandria!  nawnis  sdegnato  per  questa  risposta,   propose  ai  suoi  di   non   tener  conto 

vi'iinio  dell'imperatore  e  di  stipulare  definitivamente  il  trattato  con  gli 
Arabi.  Ottenuto  il  consenso  dei  suoi,  si  ircò  da  'Amr  b.  al-'As,  gli  lesse  la 
risposta  dell'imperatore  e  gli  propose  di  l'are  a  meno  della  sanzione  impe- 
riale e  di  mettere  in  esecuzione  il  trattato  concluso  tra  loro.  al-Muqawqis 
chiese  inoltre  di  essere  incluso  egli  pure  nel  trattato,  promettendo  che 
egli  ed  i  Copti  avrebbero  adempiuto  integralmente  i  patti  del  medesimo. 
al-Muqawqis  chiese  ad  'Amr  b.  al-'As  anche  altre  due  concessioni:  primo 
di  combattere  i  Greci  senza  tregua  finché  li  avesse  ridotti  schiavi  «  perchè 
«  quando  ho  dato  a  loro  un  buon  consiglio,  mi  hanno  accusato  d'essere  un 
«  traditore»;  secondo,  che  quando  moriva  venisse  sepolto  in. . .  (nel  ms.  due 
parole  non  punteggiate,  una  delle  quali  da  leggersi  forse  Yuhannas 
perciò  alludesi  probabilmente  ad  una  chiesa  dedicata  a  San  Giovanni)  in 
Alessandria.  [Nel  testo  di  al-Maqrizi  è  stampato:  nel  ponte  di  Alessan- 
dria,  Gisr  al-Iskahdariy3'ah]  (cfi-.  Butler,  477). 

'Amr  b.  al-'As  accettò  tutte  le  domande  di  al-Muqawqis,  ma  chiese  che 
i  Copti  assumessero  anche  la  manutenzione  e  l'amministrazione  a  loro  spese 
di  tutti  gli  al-gisrin  (?  i  due  ponti?:  cfr.  Eutychius  a  §  91)  degli 
a  1  -  a  n  z  a  1 ,  l'ospitalità  ai  Musulmani  (a  1  -  d  i  3-  a  fa  h),  i  mercati  (a  1  -  a  s  w  a  q) 
ed  i  ponti  (al-gusùr)  tra  Fustàt  ed  Alessandria.  —  E  così  fu  fatto  ('Abd 
al-hakam,   103-106). 

Cfi-.  Hubays,  fol.  99,r.;  Suyùti  Husn,  I,  56-57,  dove  leggesi  abù 
Hanas  come  nome  del  luogo  dove  al-Muqawqis  voleva  esser  sepolto.  Ma- 
hàsin,  I,  19-20;  Dahlàn  Futuh,  I,  46;  Maqrizi  Khitat,  I,  293, 
lin.  5  e  segg.  Cfi-.  più  avanti  §  72. 

Nota  1.  —  Il  Butler  fa  di  questo  incidente  uno  dei  punti  toudameutali  della  sua  ricostruzione 
della  conquista  e  gli  dà  persino  un  posto  nello  schema  cronologico  della  campagna  (cfr.  18  a.  H.,  §  17.5, 
n.  8,  e  Butler,  pag.  •258  e  segg.i  e  v' intesse  nella  parte  narrativa  una  specie  di  i-omanzo  storico,  :i 
cui  manca,  io  credo,  ogni  base,  per  la  semplice  ragione  che  l'al-Muqawqis  della  resa  di  Babilonia  non 
può  essere  Ciro,  ma  un  suo  dipendente,  forse  un  copto,  o  un  greco  in  simpatia  con  i  Copti.  Se  il  ne- 
goziatore della  resa  di  Babilonia  non  è  Ciro,  tutta  la  ricostruzione  di  Butler,  in  questo  punto,  cade  m 
terra,  e  scompare  ogni  ragione,  perchè  il  trattato  dei  Copti  venisse  sottomesso  all'approvazione  di  Eraclio. 

Le  difficoltà  cronologiche  in  cui  cade  il  Butler  e  che  viziano  la  sua  ricostruzione,  sono  evidenti  e  con- 
fermano sempre  più  il  nostro  convincimento  che  la  notizia  sia  falsa  ed  effetto  d'una  confusione  fatta  dagli 
Arabi  tra  eventi  diversi.  Per  accettare  infatti  il  particolare  del  trattato  da  sottoporsi  all'imperatore  Eraclio, 
il  Butler,  è  costretto  ad  anticipare  la  conclusione  dell'accordo  al  primo  mese  dell'assedio,  ossia  all'ottobre 
del  640  dell'  È.  V.  Ciò  gli  è  imposto  dalla  morte  di  Eraclio  avvenuta  nel  febbraio  del  641  e  dalla  considera- 
zione che  occorreva  molto  tempo,  perchè  il  testo  del  trattato  venisse  portato  sino  a  Costantinopoli,  rinne- 
gato da  Eraclio  e  Ciro,  caduto  in  disgrazia,  venisse  richiamato  dall' Egitto  .come  traditore  dell'impero. 

A  comporre  tale  versione  il  Butler  è  stato  assistito  da  una  imperfetta  intelligenza  del  testo  arabo, 
nel  quale  ha  interpretato  letteralmente  l'espressione  salirai,  che  noi  abbiamo  invece  osservato  essere 

•244. 


20.  a.  H. 


§§  65,  66. 


mi  termine  generico  per  indicare  un  certo  spazio  di  tempo  e  non  mai  «  un  mese  »  ^ct'r.  poc'anzi  19.  a.  H., 
g  51,  nota  li.  Partito  su  questa  falsa  riga,  il  Butler  sforza  la  narrazione  del  nostro  testo  e  v'introduce 
avvenimenti,  a  cui  non  v'è  in  esso  allusione  alcuna.  Cosi  durante  la  lunga  attesa  della  risposta  di 
Eraclio,  tra  le  due  parti  dinanzi  a  Babilonia,  regna  una  specie  di  tregua,  e  quando  viene  alfine  il  rifiuto, 
la  deposizione  di  al-Muqawqis  (Ciro;,  e  la  sua  partenza,  le  due  parti  riprendono  le  armi  e  si  viene  alfine 
alla  caduta  di  Baliilonia  come  è  narrata  nel  testo  di  il)n  'Abd  al-hakam.. Quindi  nuovo  trattato  concluso 
da  Giorgio,  governatore  di  Babilonia  e  non  da  al-Muqawqis,  che  era  già  di  ritomo  a  Costantinopoli.  Lo 
stesso  Butler  (pag.  272,  nota  lì  si  rende  conto  in  parte  delle  grandi  difficoltà  di  siffatta  ricostruzione 
e  non  avverte  che  esse  gli  provengono  dalla  sua  tesi  errata  che  al-Muqawqis  sia  sempre  Ciro  e  dall'aver 
voluto  seguire  troppo  letteralmente  ibn  'Abd  al-liakam  e  non  rimanere  piii  fedele  a  Giovanni  di  Niqyiìs, 
che  sembra  dare  all'assedio  di  Babilonia  un  carattere  pacifico  e  senza  i  drammatici  incidenti  di  eroici 
assalti. 

Per  trovarsi  nel  vero  bisogna  prendere  come  fondazione  storica  la  narrativa  di  Giovanni  di  Niqyus, 
ed  adattarvi  la  narrazione  di  ibn  'Abd  al-hakam,  sopprimendo  in  questa  tutti  gli  elementi  leggendari 
e  glorificatori  dei  Compagni  del  Profeta. 

Non  è  logico  che  i  Copti,  nel  fare  un  trattato  con  gli  Arabi,  si  riserbassero  di  sentire  il  parere 
ed  avere  l'approvazione  di  Eraclio.  E  chiaro  che  Eraclio  l'avrebbe  respinto.  Nel  testo  di  ibn  'Abd  al- 
hakam  si  parla  d'un  solo  trattato  e  non  di  due.  Ciro  al  principio  dell'assedio  di  Babilonia  era  forse  in 
Alessandria  e  le  fonti  bizantine  ignorano  questo  trattato  respinto  da  Eraclio  e  la  deposizione  di  Ciro 
per  effetto  di  esso.  La  disgrazia  di  Ciro,  avvenuta  prima  della  morte  di  Eraclio,  in  Costantinopoli,  fu 
effetto  dello  sdegno  dell'imperatore,  già  malato  e  divenuto  irascibilissimo,  per  l'indirizzo  disastroso  della 
campagna  egiziana  in  generale.  Il  testo  bizantino  (cfr.  19.  a.  H.,  §§  67  e  segg.ì  esclude  assolutamente  ogni 
cenno  di  trattato  di  resa  di  Babilonia:  Ciro  cade  in  disgrazia  perchè  vuol  farsi  lui  iniziatore  d'un  trattato 
con  condizioni,  che  Eraclio  considera  impossibili,  e  ohe  nulla  assolutamente  hanno  che  fare  con  il  trat- 
tato, di  cui  è  menzione  nel  testo  di  ibn  'Abd  al-hakam. 

Appena  morto  Eraclio,  Ciro  tornò  in  favore  e  fu  rimandato  in  Egitto  ;  prova  che  in  Costantino- 
poli non  fosse  considerato  come  un  traditore,  e  che  la  sua  disgrazia  fosse  effetto  soltanto  d'un  risenti- 
mento personale  di  Eraclio.  L'accusa  di  tradimento  gli  fu  fatta  piii  tardi  dopo  il  trattato  di  Alessandria, 
il  solo  che  egli  concludesse,  e  per  il  quale  si  recò  appunto  sino  a  Babilonia  per  stipularlo  con  'Amr 
b.  al-'As.  Da  ciò  la  confusione  del  trattato  di  Alessandria  con  la  resa  di  Babilonia,  e  l'accusa  di  tradi- 
mento affibbiatagli  dopo  la  resa  di  Babilonia,  con  cui  egli  nulla  ebbe  che  fare,  mentre  va  ritardata  a 
dopo  il  trattato  di  Alessandria.  Allora  l'accusa  tanto  lo  afflisse,  che  ne  mori. 

Il  Butler  ha  scritto  un  libro  attraentissimo  sulla  conquista  dell'  Egitto,  ma  in  alcune  parti  è  troppo 
evidente  lo  sforzo  suo  di  rendere  pittoresco  il  racconto  con  l'inclusione  di  materiali  leggendari,  e  così 
pure  il  desiderio  di  colmare  le  lacune,  dovunque  è  possibile,  con  materiali  anche  poco  sicuri. 

Se  si  esamina  bene  il  testo  di  Giovanni  di  Niqyiis  al  §  162,  vediamo  quello  che  può  essere  con- 
siderato come  l'origine  di  questi  errori.  —  Infatti  Ciro  concluse  con  'Amr  una  tregua  di  undici  mesi 
prima  della  resa  di  Alessandria,  e  si  riserbò  di  sentire  il  parere  e  di  avere  la  sanzione  di  Eracleona,  il 
giovinetto  imperatore.  —  Questi  fu  deposto  e  mutilato  poco  tempo  dopo  e  il  trattato  di  resa  di  Ales- 
sandria non  ebbe  mai  la  sanzione  di  Eracleona:  il  suo  successore  Costante  può  forse  aver  rifiutato  di 
dare  ad  esso  la  sua  sanzione.  Da  ciò  tutti  gli  errori  dei  cronisti  che  hanno  come  al  solito  anticipato 
ogni  cosa  al  tiattato  di  Babilonia. 

§  66.  —  (Da  altri  tradiziouisti  oltre  Umar  [sic]).  In  questo  modo  i 
Copti  divennero  ausiliari  (a'vvàn)  dei  Musulmani.  —  Si  dice  che  al-Mu- 
qawqis stipulò  con  'Amr  b.  al-'As  il  trattato  che  regolava  la  sorte  dei  Greci 
in  Egitto,  mentre    Amr  a.ssediava  Alessandria   ('Abd    al-hakam,    106). 

Ecco  una  prova  della  confusione  tra  la  resa  di  Babilonia  e  quella  di 
Alessandria.  Di  questa  fu  negoziatore  principale  al-Muqawqis  {—  Ciro)  e 
non  quello  che  trattò  la  resa  di  Babilonia. 

Forse  si  può  dedurre  da  questa  e  da  altre  tradizioni  che  con  la  resa 
di  Babilonia  i  Copti  obbligaronsi  a  parteggiare  attivamente  ed  aperta- 
mente con  gli  Arabi. 

Su3"ùti  Husn,  I,   57;  Maqrizi  Khitat,  I,  293,  lin.  32  e  segg. 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Le  tra- 
dizioni sulla  pre- 
sa di  Babilonia  e 
la  prima  resa  di 
Alessandria.! 


•245. 


la  prima  resa  di 
Alessandria.] 


g§  (17-70.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  I  67.  —  (al-Balàdznri,  senza  isnad).  Mentre  'Amr  b.  al-'As  as.sediava 

:Un°suiiI  pre-  iUUDia  al-FiistatJo  raggiunse  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  b.  Khuwaylid  con 
sa  di  Babilonia  e  10.000  o  12,000  Uomini  (ofr.  19.  a.  IT.,  §  66),  fi-a  i  quali  erano  Khàrigah 
1).  lludzàfab  al-'Adawi,  e  'Umayr  b.  Wahb  al-Gumahi.  Da  vario  tempo  al- 
Zubavr  aveva  manife.stato  il  desiderio  di  prender  parte  alle  guerre  contro 
i  nemici,  e  voleva  lecarsi  con  questi)  scopo  in  Antiochia.  Allora  il  Calillo 
'Umar  gli  disse:  «Non  vorresti  forse  il  governo  dell'Egitto?».  al-Zubayr 
rispose:  «  Non  ho  bisogno  di  un  governo:  io  desidero  prender  parte  alla 
«  guerra  santa  ed  aiutare  i  Musulmani.  Se  troverò  che  'Amr  ha  già  cou- 
«  quistato  l'Egitto,  non  entrerò  nella  sua  provincia,  ma  anderò  in  un  punto 
«della  costa  per  minacciar  di  là  il  nemico  (ràbattu  bihi):  se  invece 
«  troverò  che  'Amr  combatte  ancora  la  guerra  santa,  rimarrò  con  lui  ». 
al-Zubayr  partì  con  questi  intendimenti  (Balàdzuri,  213). 

§  68.  —  ('Affàn  b.  Muslim,  da  Hammàd  b.  Salamah,  da  Hisàm  b. 
'Urwah).  Quando  al-Zubayr  b.  al-'A\vwàm  fu  mandato  in  Egitto,  gli  dis- 
sero: «In  essa  v'è  la  morte  violenta  e  la  peste  (al-ta'n  w  a-l-tà' un)  ». 
A  questo  al-Zubayr  rispose:  «  In  verità  appunto  per  questo  noi  vi  an- 
«  diamo!  »   (Balàdzuri,  213). 

§  69.  —  (a)  ('Amr  al-Nàqid,  da'Abdallah  b.Wahb  al-Misri,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Yazid^b.  abi  Habìb).  'Amr  b.  al-'As  entrò  in  Egitto  con  3500  uomini: 
ed  il  Califfo  'Umar  s'impensierì  (asfaqa)  quando  fii  informato  delle  fac- 
cende di  'Amr.  Allora  mandò  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  con  12,000  uomini. 
E  al-Zubayr  fu  perciò  presente  alla  conquista  dell'  Egitto  e  vi  prese  un  ter- 
reno (Balàdzuri,  213-214). 

La  stessa  tradizione  è  ripetuta  da  Balàdzuri  (214,  lin.  9  e  segg.)  con 
il  seguente  isnàd:  al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  abù-1-Aswad,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Yazid  b.  abi  Habib.  Aggiunge  solo  che  al-Zubayr  si  appropriò  un  fondo 
anche  in  Alessandria. 

Cfr.  anche  ' A  b  d  a  1  -  h  a  k  a  m  ,   90. 

(6)  Sul  numero  12,000  delle  milizie  musulmane  vedi  quanto  abbiamo 
osservato  altrove  (cfr.  19.  a.  H.,  §  55):  è  numero  convenzionale:  tale  forse 
non  è  il  numero  3500. 

§  70.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Mentre  'Amr  b.  al-'As  assediava 
una  parte  (di  Babilonia),  al-Zubayr  assaliva  un'altra:  poi  al-Zubayr  prese 
(un  giorno)  una  scala  e  montò  sulle  mura  della  fortezza  con  la  spada  sguai- 
nata in  mano,  e  gridando  il  takbìr.  Gli  altri  musulmani  risposero  al 
suo  grido,  lo  seguirono  su  per  la  scala  e  presero  di  assalto  ('anwat"")  la 
fortezza.  I  Musulmani  saccheggiarono  quanto  essa  conteneva,  ma  Amr  b. 
al-'As  concesse  agli  abitanti   la    dzimmah  o    protezione   dei  Musulmani, 

246. 


20.  a.  H. 


70-72. 


e  impose  a  loro    la    gizvah,  o  tassa   per  testa,  ed  il  kharàg  sulle  loro  20.  a.  H. 

.       1    X    ,.™      ,TT  T  •  /i\    /T-.  [EGITTO. -Le  tra- 

terre.  >se  scrisse  poi  al  ualino    umar  ed  ottenne  la  sua  sanzione!  )  (Ba-        dizioni  sulla  pre- 

làdzuri,    213).  sa  di  Babilonia  e 

^    ,,,.         .  T    •  1        •     ,-  •  -I    ■   i'  L    ■  la  prima  resa  di 

bull  intrinseca  contradizione  che  miirnia  la  veracità  dei  tatti  narrati        Alessandria.] 
cfr.  quanto  si  è  detto  poc'anzi  al  §  58. 

Nota  1.  —  lu  Misr,  aggiunge  al-BalàJzm-i,  al-Zubayr  si  prese  un  terreno  (ikhtattaì  e  si  costruì 
una  casa  idàr)  di  poi  ben  conosciuta.  In  essa  dimorò  poi  suo  figlio  'Abdallah  b.  al-Zubayr  quando  fece  la 
spedizione  in  Itriqiyah  con  ibn  ahi  Sarh.  La  scala  con  la  quale  al-Zubayr  entrò  nella  tortezza  era  an- 
cora conservata  in  Egitto,  quando  scriveva  al-Balàdzuri  ffine  m  sec.  H.)  (Balàdzuri,  '213l. 

§  71.  —  (Anir  al-Nàqid,  da  'Abdallah  b.  Wahb  al-Misri,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Yazid  b.  abi  Habib,  da  'Abdallah  b.  al-Mughii-ah  b.  abi  Burdah,  da  Sufyàn 
b.  Wahb  al-Khawlàni).  Noi  conquistammo  Misr  senza  un  patto  (con  gli  abi- 
tanti). Sorse  al-Zubayr  e  disse:  «  0  'Amr  dividila  (tra  noi)!  ».  'Amr  rispose 
con  un  rifiuto,  e  al-Zubayr  tornò  ad  insistere:  «Per  Dio!  Tu  la  devi  di- 
«  videre,  come  l'Inviato  di  Dio  divise  Khaybar  ».  Allora  'Amr  scrisse  al 
Califfo  'Umar  su  questo  argomento,  e  'limar  gli  rispose:  «  Lasciala  (ossia 
«  r  Egitto)  come  è,  affinchè  da  essa  ...  «  y  a  gh  z  ù  m  i  n  h  a  h  a  b  a  1  a  1  -  h  a  - 
baiali...  (=  possano  trarre  profitto  i  discendenti  dei  discendenti?)  »  (Ba- 
làdzuri, 214). 

La  stessa  tradizione  è  confermata  anche  da  un'altra  eguale  con  l'isnad: 
'Abdallah  b.  Walib,  e  ibn  Lahi'ah,  da  Khàlid  b.  Maymùm,  da  'Abdallah 
b.  al-Mughirah.  da  Sufyàn  b.  Wahb.  —  id.  ibid. 

Altrove  al-Balàdzuri  (218,  lin.  6  e  segg.)  ha  la  identica  tradizione  con' 
qualche  variante    [y  a  gh  d  ù    accanto    a   y  a  gh  z  ii]   e    con    l' i  s  n  à  d  :    al-Hu- 
sayn  b.  al-Aswad,  da    Yahya    b.  Adam,    da    'Abdallah    b.    al-Mubàrak.  da 
ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abi  Habib,  da  uno  che  udì  'Abdallah  b.  al-^Iu- 
ghirah  b.  abi  Burdah,  da  Sufyàn  b.  Wahb  al-Khawlàni  (Maqrlzi,  I,  295). 

'Abd  al-hakam,  127,  ha  la  stessa  tradizione  con  simile  isnàd, 
ma  la  tìase  finale  ha  la  versione  b a  '  d  w  a  1  a d  u  h à  h  a  b a  1  a  1  - h  a b  a  1  a  h . 

Non  ne  è  chiaro  il  vero  significato:  è  forse  forma  proverbiale. 

§  72.  —  ('Amr  al-Nàqid,  da  'Abdallah  b.  Wahb  al  Misri,  da  al-Layth, 
da  Yazid  b.  abi  Habib).  al-Muqa\vqis  stipulò  la  pace  con  'Amr  b.  al-'A.s 
alla  condizione  che  quei  Greci  (in  Alyiinah)  che  volessero  andarsene,  fos- 
sero liljeri  di  parth'e,  e  che  quanti  preferissero  rimanere,  potessero  restare 
a  certe  determinate  condizioni.  Ai  Copti  i'u  imposta  una  tassa  di  due 
dìnàr  (per  testa).  —  Quando  fu  informato  di  queste  cose,  l'imperatore 
greco  si  adirò  assai  e  mandò  un  esercito  il  quale  chiuse  la  porta  di  (')  (cioè 
rioccupò)  Alessandria  e  costrinse  'Amr  b.  al-'As  a  riprendere  le  armi.  — 
Allora  al-Muqawqis  si  presentò  ad  'Amr  e  gli  disse:  «  Io  ti  chiedo  tre  cose: 
«  non  essere  generoso  verso  i  Greci  come  sei  stato  generoso  verso  di  me, 

•247. 


72-74. 


20.  a.  H. 


la  prima  resa  di 
Alessandria. 


20.  a.  H.  <(  perchè  essi  mi  liaiino  accusato  di  tradimento:  non  rompere  il  patto  con 

^^i!JJf!i suiil pre-     *  '  <^^'i'pti.   perchè  non  sono  essi  clie  l'anno  violato:   infine  se  muoio,  fammi 
sa  di  Babilonia  e     «  ticppollirc   in  una    chiesa  di    Alessandria»,  e  la    nominò  ('^).   'Arar  gli  ri- 
spose: «Mie  facile  assentire  a  queste  domande»   (Balàdzuri,  21B). 
Maqrizi  Khitat,  I,    1G3,  lin.  22  e  segg.;  cfr.  poc'anzi  §  66. 
Il   tradizionista  confonde  il  trattato  di  Babilonia  con  quello  di   Alcs- 
sandria  e  considera  la  sccowìa  presa  di  Alessandria  (nel  26.  H.)  come  una 
conseguenza  della  resa  di  Babilonia  nel  20.  H.,  ignorando  che  la  seconda 
presa  di  Alessandria  avvenne  circa  cinque  anni  dopo  la  morte  di  Eraclio. 
La  tradizione  è  ripetuta  in  forma  diversa  ai  §§  74,  98. 

Nota  1.  —  II  testo  ambo  lui  il  termine  aghlàqfi  (cfr.  Balàdzuri  Glossari  u  m,  79)  che  ha  il 
significato,  sia  di  riprendere  una  città  ribelle,  sia  di  conquistare  una  città  nemica.  E  manifesto  che  si 
allude  a  fatti  posteriori  alla  prima  resa  pacifica  di  Alessandria  e  si  confonde  la  seconda  presa  (nei  '25.  H.i 
con  gli  avvenimenti  della  conquista  noi  20.  H. 

Nota  2.  —  E  chiaro  che  al-Baladzuri  stesso  non  ha  saputo  leggere  il  nome  della  chiesa  nel  testo, 
di.  cui  si  serviva,  e  non  ha  osato  trascriverlo. 

§  73.  —  (Bakr  b.  al-Haytham,  da  abii  Sàlih  'Abdallah  b.  8àlih,  da 
al-Layth  b.  Sa'd,  da  Yazid  b.  abi  Habib).  La  gente  che  pagava  la  gizyah 
(ahi  al -gizyah)  in  Egitto,  durante  il  Califfato  di  Umar,  dopo  la  con- 
clusione della  prima  pace  (al-sulh  al-awwal),  ottenne  la  concessione 
di  pagare  due  dìnàr  a  testa  in  luogo  delle  contribuzioni  (o  prestazioni 
annue)  di  grano,  di  olio,  di  miele  e  d'aceto.  In  questo  modo  ogni  uomo 
doveva  pagare  quattro  dinar.  Questo  patto  fu  approvato  e  piacque  molto 
agli  abitanti  dell'Egitto  (Balàdzuri,  216). 

Il  significato  della  tradizione  non  è  affatto  chiaro,  e  non  si  comprende 
che  cosa  possa  essere  la  «  prima  pace  ».  Forse  il  trattato  di  Babilonia, 
perchè  il  secondo  trattato  di  pace  fu  quello  conchiuso  alla  prima  resa  di  Ales- 
sandria. Vedremo  sotto  l'anno  23.  H.,  parlando  dell'amministrazione  fiscale 
di  'Umar,  come  potrebbesi  intendere  la  seconda  parte  della  tradizione,  ossia 
la  trasformazione  da  tributo  in  genere  a  tributo  in  contanti.  E  difficile 
però  che  ciò  sia  avvenuto  sotto  'Umar:  è  misura  amministrativa  presa  in 
età  posteriori  e  non  uniformemente  in  ogni  luogo,  come  lo  attestano  i 
papiri  del  tempo  degli  Umayyadi. 

§  74.  —  (abù  'Ubayd,  da  'Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth,  da  Yazid 
b.  abi  Habib).  al-Muqawqis,  signore  d'Egitto,  sàhib  Misr,  concluse  un 
trattato  con  'Amr  b.  al-'As,  pattuendo  che  ogni  copto  dovesse  pagare  due 
dinar  (all'anno).  Risaputo  ciò,  l'imperatore  Eraclio  (Hiraql  sàhib  ai- 
fi  ùm)  ne  fu  grandemente  adirato  e  mandò  un  esercito  contro  Alessandiia 
(a  I  - 1  s  k  a  n  d  a  r  i  y  y  a  h)  e  la  rioccupò  (a  gh  1  a  q  a  —  cfr.  B  a  1  à  dz  u  r  i  G 1  o  s  - 
sarium  s.  v.  ghalaqa).  Allora  'Arar  la  conquistò  a  viva  forza  ('au- 
waf")   (Balàdzuri,  218).  È  una  variante  delle  tradizioni  ai  §§  72.  98. 

248. 


20.  a.  H.  §§  75.79. 

§  75.  —  (ibn  al-Qattàt  [al-Kùfì]  ossia  abù  Mas'ud,  da  al-Haytliam  [1).  20.  a.  h. 

'Adi  al-Tà-i],  da  al-Mugàlid  [b.  Sa'id],  da  al-Sa'bi).  'Ali  b.  al-Husayn  (b.  ahi        dizioni  sulla  pre- 
Tàlib),  o  al-Husayn  (b.  abi  Tàlib)  stesso    intercede    presso  il  Califfo    Mu'-        sa  di  Babilonia  e 
àwiyah  a  proposito  della  gizyali  pagata  dagli    abitanti   del   villaggio  in        Alessandria.! 
Egitto  dove  era  nata  (Màryah  la  moglie  del  Profeta)  la  madre  di  Ibiàhim: 
dietro  questa  istanza  il  villaggio,  per  ordine  di  Mn' àwiyah,  rimase  esente  da 
imposta.  Il  Profeta  intatti  aveva  raccomandato  in  testamento  (!)  di  trattar 
bene  i  Copti  (Balàdzuri,   218-219). 

§  76.  —  Secondo  Yazìd  b.  abi  Habib  15,500  Musulmani  furono  pre- 
senti alla  conquista  dell'Egitto:  secondo  'Abd  al-rahmàn  b.  Sa'id  b.  Miqlàs 
[0  Miqdàm],  il  bottino  preso  nella  fortezza  (di  Babilonia)  fu  diviso  fra  12,300, 
ossia  quanti  erano  rimasti  superstiti  alle  battaglie  ed  all'  assedio.  Alcuni 
perirono  anche  di  peste.  Quelli  periti  nell'assedio  si  dice  venissero  sepolti 
ai  piedi  delle  mura  della  fortezza  (fi  asl  al-hisn)  (Yàqùt,  III,  895-896). 

Su^'ùti  Husn,  I,   62,  lin.  9  e  segg. 

§  77.  —  (Muli.  b.  Sa'd,  da  Muli.  b.  'Umar  al-Wàqidi,  da  Usàmali  b. 
Zayd  b.  Aslam,  dal  padi-e  [Zayd],  dal  nonno  Aslam).  'Amr  b.  al-'As  con- 
quistò r  Egitto  nell'anno  20.  H.  :  con  lui  era  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm. 
Dopo  la  conquista  egli  concluse  con  gii  abitanti  un  trattato,  secondo  il 
quale  questi  si  obbligavano  a  pagare  certe  tasse  (wazifali),  in  ragione 
di  due  dinar  per  ogni  uomo,  ma  escludendo  le  donne  ed  i  bambini.  Cosi 
il  kharàg  dell'Egitto  raggiunse,  sotto  il  governo  di  'Amr,  2,000,000  di 
dìnàr. 

Più  tardi  il  kharàg  arrivò  a  4,000,000  (Balàdzuri,  218). 

§  78.  —  (abù  Ayyùb  al-Raqqi,  da  Abd  al-ghaffàr,  da  ibn  Lahi'ah,  da 
Yazid  b.  abi  Habib).  Le  tasse  gizyali  e  kharàg,  riscosse  da  'Amr  b. 
al-'As  in  Egitto,  ammontarono  (insieme)  a  2,000,000  (dinar?).  Quelle  ri- 
scosse da  'Abdallah  b.  Sa'd  b.  abi  Sarh,  salirono  invece  a  4.000,000.  Allora 
il  Califfo  Uthmàn  disse  ad  'Amr:  «  Le  camele  da  latte  in  Egitto  hanno 
«  dato  latte  in  abbondanza  dopo  di  te!  ».  A  cui  'Amr  rispose:.  «  Questo  è 
«perchè  avete  fatto  smagrire  i  loro  figli!  »  (Balàdz  ur  i ,  216;  Ma  qrìzi 
Khitat,  I,  79). 

Cfr.  però  Yàqùt,  IV,  646,  lin.  18  e  segg.,  il  quale  sull'autorità  di 
abù  Hàzim  al-Qàdi  afferma  che  'Amr  riscotesse  12,000,000,  ibn  abi  Sarh 
14,000,000.  —  La  superficie  coltivata  ammontava  a  28,000,000  di  faddàn 
(id.,  ibid.,  lin.   15). 

§  79.  —  l'Abd  al-malik  b.  Muslimah  [sic—  Maslamah),  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Yahya  b.  Maymiin  al-Hadrami).  Quando  fu  latto  il  computo  dei  Copti 
che  dovevano  pagare  la  gizyah  di  due   dinar,  dopo    la    conquista    per 

249.  32 


§§  7!1,  8(>. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  opera  «li    Aiur  !>.  al-'5.s,  si  trovò  che,  escludendo  lo  donno,'^i  vecchi   ed  i 

'^JizIJn°suMa  ple^     nmciulli.  erano  in   tutto  8,000,000  fAbd   al-hakam.   103). 

sa  di  Babilonia  e  (^;C,-_    ^i   nUOVO    i(l..    120. 

la  prima  resa  di  ^.  .    .  .  .  ,       ^.  ,. 

Alessandria.!  "^1  osservi  lu  ijuesto  e  nei  precedenti   paragrah  come  ritornano  costan- 

temente 1  numeri  4,  8  e   12  e  i  loro  multipli  {cAì:   19.  a.   H.,  §  55). 

§  80.  —  (Ibràhìm  b.  Muslini  al-Khnwàrizmi,  da  'Abdallah  b.  al-Mu- 
bàrak.  da  ibn  Lahì'ah,  da  Yazid  b.  abì  Habìb,  da  abu  Firàs,  da  'Abdallah 
b.  'Anir  b.  al-'As).  Tra  i  dotti  esistono  dubbi  sul  conto  dell'Egitto.  Alcuni 
affermano  che  fu  espugnata  a  viva  fòrza  ('anwat*°),  ed  altri  invece  sono 
del  parere  che  venisse  sottomessa  con  un  trattato  di  pace  (su Ih*")  (con- 
frontisi più  avanti  §§  178  e  segg.).  (Comunque  sia),  certo  è  (al-t_halagj 
che  'Amr  b.  al-'As  invase  l'Egitto,  si  battè  con  gli  abitanti  di  Al3-unah, 
espugnò  questa  d'assalto  e  vi  fece  entrare  i  Musulmani.  al-Zubaja'  fu  il 
primo  a  montare  sulle  mura.  Allora  il  signore  di  Alyùnah  (sàhib  A l}- li- 
na h)  si  volse  ad  'Amr  b.  al-'As  e  gii  disse:  «  Noi  sappiamo  quello  che 
«avete  fatto  in  Siria,  ossia  come  avete  imposto  la  gizyah  sui  Cristiani 
«  e  sugli  Ebrei,  lasciando  la  tei'ra  (i  q  r  a  r  u  k  u  m  a  1  -  a  r  d)  nelle  mani  degli 
«  abitanti,  affincliè  la  coltivassero  e  ne  pagassero  il  kharàg.  Se  voi  agite 
«  con  noi  nello  stesso  modo,  questo  vi  renderà  assai  meglio  (k  a  n  a  a  r  a  d  d  a 
«'ala^'kum)  che  non  ucciderci,  farci  schiavi  e  cacciarci  dal  paese».  Al- 
lora 'Amr  si  consultò  con  i  Musulmani  ed  essi  lo  consigliarono  di  accettare. 
Soltanto  una  minoranza  chiese  che  la  terra  venisse  divisa  tra  loro.  'Amr 
b.  al-'As  impose  allora  sopra  ogni  adulto  (hàlim)  una  gizyah  di  due 
dìnàr,  salvo  che  fosse  un  nulla  abbiente,  ed  a  tutti  i  proprietari  di  terre, 
oltre  ai  due  dinar  impose  (prestazioni  in  natura,  ossia)  tre  aràdib  di 
grano  (h  in  tali),  due  qist  di  olio,  due  qist  di  miele,  e  due  qist  di 
aceto,  che  dovevano  servire  come  vettovaglie  (r  i  z  q)  per  i  Musulmani  ed 
essere  raccolte  nei  magazzini  (dar  a  1  - r i z q)  per  esser  divise  tra  i  Musul- 
mani (viventi  in  Egitto?)  (^).  Poi  furono  contati  i  Mu.sulmani  (in  Egitto), 
e  l'intiera  popolazione  fu  obbligata  a  fornire  ad  ogni  musulmano  un  man- 
tello (gubbah)  di  lana,  un  burnus  o  un  turbante  ('imam ah),  un  paio 
di  pantaloni  (sarà  \v  il)  e  due  paia  di  scarpe  (khaffayn).  Ciò  doveva  es- 
sere consegnato  annualmente,  e  si  ammise  che  invece  della  gubbah  di 
lana,  si  potesse  consegnare  una  veste  copta  (thawb  qibti).  —  'Amr  b. 
al-'As  scrisse  per  i  Copti  un  documento  di  questo  tenore,  ed  assunse  l'im- 
pegno che,  se  essi  compievano  integralmente  i  patti,  le  loro  donne  ed  i 
bambini  non  sarebbero  venduti  né  ridotti  alla  schiavitìi,  e  che  rimarreb- 
bero in  pos.sesso  (tuqarr  fi  aj'dayhim)  dei  loro  beni  mobilie  dei  loro 
tesori.  — -  Di  tutto  ciò  egli  scrisse  al  Califfo  'Umar,  il  quale  diede  all'ac- 


20.  a.  H.  §§  80,  81.  . 

cordo  la  sua  sanzione:  la  terra  dell' Eo-itto  divenne  perciò  terra  di  kliaràór  20.  a.  H. 

,,,-.N  ^,  •  ^  ■  1  (EGITTO.- Le  tra- 

fard kharag).  —  Questo  spiega  come  alcuni  possano  credere  essere  stata        dizioni  sulla  pre- 

r Egitto  sottomessa  con  un  trattato  (sulh"").  sa  di  Babilonia  e 

Quando  il  re  di  Alyùnali  (malik  Alyùnah)  ebbe  finito  di  conclu-  Alessandria.] 
dere  l'accordo  per  sé  e  per  quelli  che  erano  con  lui  nella  città,  stipulò 
un  trattato  per  tutto  il  popolo  dell'Egitto  ed  alle  stesse  condizioni  del 
trattato  di  Alyùnah.  I  Copti  che  prima  avevano  fatto  resistenza  accetta- 
rono ora  i  patti  e  dissero:  «  Noi  ci  contentiamo,  perchè  altro  non  siamo 
«  che  misere  creature  (fars,  letteralmente  bestiame)  che  non  possono  di- 
«  fendersi!  ».  'Amr  b.  al-'As  impose  il  kharag  sulla  terra  d'Egitto,  in 
ragione  di  un  dinar  sopra  ogni  garìb  (di  superficie)  oltre  a  tre  aràdib 
di  vettovaglie  (t  a  '  à  m)  :  sopra  ogni  adulto  (h  a  1  i  m)  mise  una  tassa  di  due 
dinar.  Di  ciò  mandò  rapporto  al  Califfo  'Umar  (Balàdzuri,  214-215). 
In  questa  tradizione  si  osservino  due  cose:  in  primo  luogo  che  s'ignora 
il  nome  di  al-Muqawqis  e  che  lo  si  chiama  il  signore  di  AWiinah  senz'altro 
specificazioni.  Si  parla  poi  di  due  trattati  ben  distinti,  e  qui  noi  scorgiamo 
memoria  dei  due  trattati,  l'uno  concluso  alla  presa  di  Babilonia  con  il  si- 
gnore della  fortezza  (Sàliib  Alyùnah),  e  l'altro  non  specificato  ulteriormente, 
ma  senza  dubbio  quello  di  Alessandria,  stipulato  da  Ciro.  La  nostra  fonte 
non  ha  compreso  come  si  siano  potuti  concludere  in  Egitto  due  trattati 
diversi  da  due  diverse  persone,  e  perciò  ha  attribuito  al  negoziatore  del 
primo  anche  il  secondo,  ed  ha  taciuto  il  nome  di  al-Muqawqis,  perchè  lo 
trovava  forse  nelle  sue  fonti  indicato  per  il  secondo  trattato  e  non  per  il 
primo,  cosa  che  gli  riusciva  oscura  ed  inesplicabile. 

Nota  1.  —  Questo  cenno  fugace  ha  la  sua  importamza :  ecco  un  indizio  abbastanza  esplicito  del 
sistema  fiscale  adottato  dagli  Arabi:  le  provincie  sopperivano  con  i  loro  redditi  a  tutti  i  bisogni  delle 
guarnigioni  arabe  e  poi  mandavano  il  resto  a  Madinah:  di  ciò  parliamo  più  avanti. 

§  81.  —  (al-Ya'qùbi).  'Amr  b.  al-'A.s  venne  presso  il  Califfo  'limar 
(mentre  era  in  al-Cxàbij'ah ?)  e  gli  chiese  il  permesso  di  invadere  l'Egitto, 
affermando  che  la  conquista  di  quel  paese  avrebbe  grandemente  accre- 
sciuta la  potenza  dei  Musulmani,  stante  l'abbondanza  delle  sue  ricchezze 
e  la  debolezza  dei  suoi  difensori.  Né  cessò  egli  dal  perorare  questa  fac- 
cenda, e  descriverne  la  facilità  con  cui  si  compierebbe  la  conquista,  finché 
il  Califfo  cedette  alle  sue  insistenze  conferendogli  il  comando  di  quattro- 
mila uomini,  tutti  degli  'Akk,  ed  aggiunse  le  seguenti  istruzioni:  «  Po- 
«  trebbe  accadere  che  io  avessi  a  mandarti  per  corriere  una  lettera  :  se 
«  essa  ti  raggiungerà  mentre  sei  in  marcia,  ordinandoti  di  retrocedere  dalla 
«  spedizione,  ritirati  qualora  tu  non  abbia  messo  piede  in  Egitto:  se  però 
«  tu  fossi  già  entrato  quando  ricevi  la  mia  lettera, ,  allora  va  pure  avanti 

251. 


S  81. 


20.  a.  H. 


20.  q.  H.  ,  t.^)!!  l'aiuto  (li  Dio  ».    Ainr  b.  al-'As  si  mise  volocemente  in  marcia  e  giunse 

dizioni  sulla  pre-  '^  Rafah,  che  è  l'estrema  borgata  (meridionale)  della  Palestina:  qui  fu  rag- 
sa  di  Babilonia  e  giunto  da  un  messo  di  'limar,  latore  di  una  lettera.  Amr  non  l'apri,  ma 
Alessandria.'  continuò    ad   avanzare    finché    ari-ivò    ad    un    villaggio    nelle    vicinanze  di 

al-'Arìs  (in  Egitto):  allora  aprì  la  lettera  e  di  poi  eliie.se  dove  .si  trovasse 
il  villaggio:  «fa  parte  dell'Egitto»  gli  risposero.  Comunicò  (juindi  alle 
schiero  le  istruzioni  avute  dal  Califfo,  che  se  avesse  varcato  il  confine  non 
doveva  più  ritornare  addietro,  e  diede  l'ordine  di  andare  avanti.  Così  ar- 
rivò ad  al-Faramà-,  dove  fu  trattenuto  ben  tre  mesi  dall'opposizione  degli 
abitanti.  Impadronitosi  però  della  città,  proseguì  la  sua  marcia  fino  ad 
Umm  Dunayn,  dove  incontrò  una  resistenza  tanto  accanita  da  ritardare 
a  lungo  la  vittoria.  In  (][uesto  frangente  egli  scrisse  ad  'limar  chiedendo 
soccorsi  e  il  Califfo  gli  mandò  altri  quattromila  uomini,  divisi  in  quattro 
schiere,  ognuna  sotto  un  capo  diverso,  ossia  al-Zubayr  b.  al-'Aw\vàm,  al- 
Miqdad  b.  al-Aswad,  'Ubàdah  b.  al-Sàmit,  e  Khàrigah  b.  Hudzàfah  (op- 
pure, secondo  altri.  Maslamah  b.  Mukhallad).  Si  rinnovarono  i  combatti- 
menti accaniti  (senza  ottenere  ancora  la  vittoria),  sicché  al-Zubayr  b.  al- 
'Awwàm  giurò  di  votarsi  a  Dio  nella  speranza  che  allora  Dio  avrebbe  con- 
cessa la  vittoria  ai  Musulmani.  Di  notte  tempo  furono  appoggiate  le  scale 
alle  miu'a  della  fortezza  (al-hisn),  ed  al-Zubayr  insieme  con  una  schiera  di 
seguaci  fece  impeto  sulla  rocca,  mentre  i  Musulmani  gridavano  il  takbir: 
al  momento  più  acceso  della  battaglia  (gii  abitanti)  chiesero  di  trattare  la 
pace.  Dice  qualche  autorità  che  al-Muqawqis  trattasse  la  pace  con  'Amr 
b.  al-'As  in  ragione  di  due  dinar  a  testa.  Altri  sostengono  che  non  vi 
fosse  trattato  e  che  (la  fortezza)  venisse  espugnata  d'assalto. 

Di  poi  'Amr  b.  al-'As  mosse  contro  al-Iskandariyyah,  dove  erano  ra- 
dunati i  Greci,  difesi  da  ti-e  fortezze.  Qui  di  nuo^•o  incontrarono  gli  Arabi 
una  vivissima  resistenza,  che  si  protrasse  per  tre  mesi  (nei  codici  è  detto 
tre  anni),  finché  al-Muqawqis  chiese  ad  'Amr  di  trattare  la  pace  e  la  resa 
di  Alessandria  con  la  condizione  che  fosse  libero  di  partire  chi  voleva  an- 
darsene e  ritrarsi  nel  Bilàd  al-Rùm,  e  che  il  kharàg  (sic,  ossia  tributo, 
pag.  170,  lin.  1)  ammontasse  a  due  dinar  (per  testa).  In  queste  condi- 
zioni convenne  'Amr,  ma  quando  l'imperatore  Eraclio  ne  ebbe  contezza,  si 
adirò...  (lacuna)...  Disse  al-Muqawqis  fad  'Amr):  «Io  ho  dato  ad  essi  il 
«  mio  consiglio,  ma  mi  considerarono  come  un  traditore:  perciò  non  con- 
«  cedere  ad  essi  quanto  tu  concede.sti  a  me  »  (Ya'qùbi,  II,   168-170). 

Siccome  poc'anzi  al- Ya'qùbi  (II,  pag.  166,  lin.  penult.)  pone  la  data 
16.  H.,  e  a  pag.  170,  lin.  4,  prosegue  a  narrare  i  fatti  che  egli  esplici- 
tamente  pone   nel   17.   H.,   la   narrazione   della   conquista   dell'Egitto,   tra 


20.  a.  H.  §§si-85. 

queste    due    date.   deve,   nel   concetto   del   cronista,   cadere   probabilmente  20.  a.  h. 

,       _      j^  .  [EGITTO. -Le  tra- 

"^^    ^'-    ^^-  dizioni  sulla  pre- 

§  82.  —  L'altro    antico    cronista    egiziano    al-Kindi  (350)   non    porge        sa  di  Babilonia  e 
elementi  nuovi  di  ragguaglio:   ha   per    prima    autorità,   il   solito    Yazid    b.        A^essa^^driir 
abi  Hablb.  e   quindi    porge    la  solita    versione:    apei'tura    della    lettera    di 
'Umar  oltrepassato  Wàdi  al-' Aris,  e  vittoria  sui  (xreci  in  al-Faramà  (Kindi, 
ibi.  2,r.-2,v.). 

(ibn  Lahi'ah.  al-Layth,  ed  ibn  'Ufavr).  Gli  Arabi  vincono  di  nuovo  i 
Greci  a  Bilbaj^s,  e  poi  penetrati  sino  ad  Umm  Dunayn.  si  cimentano  ad 
una  nuova  e  sanguinosa  battaglia,  di  cui  non  narrasi  l'esito.  Gli  Arabi 
però  chiesero  rinforzi  ad  'Umar,  e  poi  avanzarono  sul  castello,  al-hisn, 
al  quale  posero  assedio. 

Preposto  alla  fortezza  era  al-Mandaqùr.  detto  al-A'rag,  luogotenente 
di  al-Muqawqis  b.  Qarqab  al-Yùuàni,  che  a  sua  volta  comandava  a  nome 
dell'imperatore  Eraclio  (Kindi.  fol.  ■2,v.). 

§  83.  —  Secondo  al-Kindi,  le  schiere  con  ' Amr  b.  al-' As  contavano 
3500  uomini,  di  cui  un  terzo  erano  Arabi  Ghàfiq:  i  soccorsi  mandati  dal 
Califfo  ammontarono  a  12,000,  e  l'assedio  della  fortezza  durò  sette  mesi. 
Misr  fu  espugnata  il  primo  di  Muharram  dell'anni)  20.  H.  Le  schiere  che 
si  batterono  in  Egitto  furono  15,000,  ma  soli  12,500  furono  presenti  alla 
divisione  della  preda  della  fortezza.  Nel  Eabi'  I.  del  20.  H.  'Amr  b.  al-'A.s 
marciò  su  Alessandria  il  cui  assedio  durò  tre  mesi,  e  la  città  cadde,  presa 
d'assalto,  il  primo  di  Muharram  del  21.  H.  Alla  fine  dello  stesso  anno 
'Amr  b.  al-'As  sottomise  Antàbulus,  con  trattato  di  pace,  e  Taràbulus 
d'as,salto  nel  22.  H.  oppure,  secondo  al-LaytJi  b.  Sa'd  nel  suo  Ta-rikh. 
nel  23.  H.  (Kindi,  fol.  2,v.-3,r.). 

Cfr.  Maqrizi    Khitat,  I,   166,  lin.   29-31. 

§  84.  —  fal-Qudà'i,  da  al-LaytJi).  'Amr  b.  al-'As  assediò  Alessandria 
per  sei  mesi  prima  di  espugnarla,  poi  si  trasferi  ad  al-Fustàt  e  ne  fece 
la  sua  sede  nel  mese  di  Dzù-1-Qa'dah  (del  20.  H.)  (Maqrìzi  Khitat,  I, 
165.  lin.  31-32). 

§  85.  —  (ibn  al-Gawzi).  Ricorda  ibn  Ishàq  che  nell'anno  20.  H.  fu 
espugnata  Qaysàriyyah,  fuggi  Eraclio,  e  fu  conquistato  l'Egitto.  Secondo 
abù  Ma'sar  invece  Qaysàriyyah  fu  espugnata  nel  19.  H.  Sayf  b.  'Umar 
pone  la  presa  di  Qaysàrijyah  e  la  conquista  dell'Egitto  nell'anno  16.  H. 
abù  Ma'sar  afferma  che  Alessandria  tu  espugnata  nel  20.  IL:  anche  al- 
Wàqidi  dice  che  l'Egitto  (Misr)  fu  sottomesso  in  quell'anno.  Yazid  b.  abi 
Habil)  pone  la  presa  di  Mi.sr  nel  venerdì  primo  Muharram  del  20.  H.  ('); 
Sayf  b.    Umar  dice  che  Misr  ed  Alessandria  furono  espugnate  nel  16.  H. 

•253. 


§§  85-87.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  Dice  iufine  Ziyàd  b.   (jrarà  (?)  al-Zubaydi  che  Misr  ed  Alessandria  fiirono 

[EGITTO.  -  Le  tra-  ,     -^  „_      tt      /A  "r      ,•  i      -r^      \ 

dizioni  sulla  pre-     espugnate  nel  21.  o  22.  H.   (Gawz  i,   T,  iol.   u8,r.). 

sa  di  Babilonia  e 

la  r.rimo  roco  rii  NoTA  1.  —  Il  -  MuliarrEm  del  20.  H.  cade  infatti  sopra    un   venerdì;  ijuesto   potrebbe   sembrare 

•  a    p  ri  Illa    icSo    Ql 

Alessandria  1  ""  indizili  in  tiivoru  di  detta  data  propria  delle  fonti  musulmane,  se  la  testiumnianza  esidlcita  dì  Gio- 

vanni di  Niqyiìs  non  ci  vietasse  di  acroglìerla. 

§  86.  —  (ibii  al-(;a\vzi  narra  tutti  griucidcnti  della  presa  dell'Egitto 
sotto  il  20.  H.:  in  questo  anno  fu  espugnato  il  Bàb  al-Bùn  (sic)  ossia  Bab 
al-Yùn,  poi  'Aiur  trattò  con  al-Muqawqis  la  resa  dell'Egitto  ai  noti  patti, 
e  nel  Rabi'  I.  partì  da  al-Fustàt  per  Alessandria  (autorità:  abù  'Amr  Mu- 
hammad  b.  Sayf  al-Tugibi,  da  Sa'id  b.  Ghufayr)  (Grawzi,  fol.  58,r.-58,v.). 

§  87.  —  Trupit  nella  sua  versione  segue  per  lo  più  ibn  'Abd  al-hakam 
negli  incidenti  che  portarono  alla^ invasione  dell'Egitto.  La  quale  ebbe 
principio  nel  18.  H. :  in  al-Faramà  si  combattè  due  mesi:  poi  'Amr  avan/x') 
su  Bilbaj's  [Yàqùt,  I,  712],  dove  si  combattè  per  un  altro  mese  circa. 
Da  Bilbays  avanzò  su  Umm  Dunayn  [id.,  I,  359],  ossia  al-Maqs  fid.,  IV,  60G], 
senza  incontrare  alcuna  seria  resistenza,  ma  dinanzi  ad  Umm  Dunayn  si 
battè  per  due  mesi.  Allora  chiese  ed  ottenne  rinforzi  da  'limar,  in  tutto 
più  di  12,000  uomini  sotto  i  quattro  Compagni  del  Profeta,  al-Zubayr,  al- 
Miqdàd,  'Ubàdah  b.  al-Sàmit,- e  Maslamah  b.  Muk liallad  (opp.  Khàrigah  h. 
Hudzàfali).  Gli  Arabi  assediarono  la  fortezza  (al-hisn),  di  cui  era  a  capo 
al-Mandafur,  detto  anche  al-U'ayrig,  un  luogotenente  di  al-Muqawqis  b. 
Qurqub  al-Yùnàni:  quest'ultimo  dimorava  generalmente  in  Iskandariyyah 
e  dominava  in  Egitto  a  nome  di  Eraclio,  ma  quando  gii  Arabi  assediarono 
la  fortezza,  egli  trovavasi  colà.  'Amr  b.  al-'As  piantò  la  sua  tenda  nel  luogo 
detto  più  tardi  Dar  Isrà-il,  sulla  Bàb  Zuqàq  al-Zuhri.  L'assedio  della  for- 
tezza durò  sette  mesi.  Segue  la  narrazione  dell'assalto,  che  sarebbe  av- 
venuto per  opera  di  al-Zubayr  dalla  parte  della  fortezza,  che  tocca  al  Dar 
abi  Sàlih  al-Harràni  attigua  al  Hammàm  abì  Nasr  al-Sarràg  presso  il  Sùq 
al-Hammàm.  La  scala  con  la  quale  al-Zubayr  entrò  nella  fortezza  fu  poi 
conservata  nella  sua  casa  che  si  trovava  nel  Sùq  Wardàn,  finché  una  parte 
della  casa  rimase  distrutta  in  un  incendio:  il  resto  di  essa  perì  nell'altro 
incendio  avvenuto  sotto  il  governo  di  'Abd  al-'azìz  b.  Muhammad  b.  àl- 
Nu'màn  qàdi  degli  al-Ismà'iliyyah  nel  390.  H. 

Quando  al-Muqawqis  vide  che  gli  Arabi  si  erano  impadroniti  della 
fortezza,  montò  con  la  sua  gente  meglio  armata  (ahi  al-quwwah)  in 
una  barca,  ormeggiata  alla  porta  della  fortezza  sul  suo  versante  occiden- 
tale, varcò  il  fiume,  sbarcò  sull'isola,  tagliò  il  ponte  e  vi  si  fortificò.  Il 
fiume  Nilo  era  allora  in  piena.  Secondo  alcuni,  al-U'ayrig  uscì  dalla  for- 
tezza con  al-Muqawqis,  secondo  altri  invece  rimase  nella  fortezza. 

254. 


20.  a.  H.    "  §§  87-89. 

Allora  al-Muqawqis  chiese  di  far  la  pace,  ed   Amr  accettò  di  trattare,  20.  a.  H. 

•  T-r,  -  T   ,     1      r        •  TU  1         [EGITTO. -Le  tra- 

mandando   come    ambasciatore     Ubadali    b.    bàmit.  uomo    di    pelle    molto        dizioni  sulla  pre- 

oscm-a  ed  alto  dieci  palmi  (asbàr,  plur.  di  s  ibr).  Si  convenne  che  al-Mu-        sa  di  Babilonia  e 

j-^         ■  ,-.  ■  .,  1        ■   /^  ■  j.  '^  prima  resa  di 

qawqis  trattas.se  per  Copti  e  Cxreci.  ma  con  il  patto  che  1  Ureci  potessero  Alessandria.' 
aspettare  fino  ad  avere  la  sanzione  del  loro  sovrano:  se  l'imperatore  la 
negasse,  doveva  cessare  ogni  impegno  per  i  Greci,  ma  rimaneva  sempre 
valido  quello  per  i  Copti.  Questi,  tanto  dell'alto  quanto  del  basso  Egitto 
dovevano  pagare  per  ogni  persona  adulta  due  dìnàr  (din àràn)  all'anno: 
erano  esenti  dalla  tassa  a  capo  i  vecchi,  i  fanciulli  é  le  donne.  I  Musul- 
mani avevano  diritto  a  tre  giorni  di  ospitalità  ovunque  si  fermassero.  Ai 
Copti  rimaneva  il  possesso  della  loro  terra  e  dei  loro  beni  mobili  (amwàl), 
da  cui  nulla  doveva  e.s.ser  tolto.  I  Copti  contavano  allora  più  di  sei  milioni, 
mentre  i  Musulmani  erano   15,000  (Yàqùt,  III,  893-895). 

§  88.  —  Nell'anno  20.  H.  dice  Abulfeda,  'Amr  b.  al-'As  e  al-Zubayr 
b.  al-'Aw\vàm  conquistarono  Misr  ed  Alessandria.  Assediarono  'Ayn  Sams, 
presso  al-Matariyyah  [Yàqùt,  IV.  564],  dove  era  un  esercito  greco,  eia 
espugnarono.   'Amr  b.  al-'As  mandò    Abrahali   b.  al-Sabbàh  ad  al-Faramà,  - 

e  piantò  la  sua  tenda  dove  poi  sorse  la  moschea  Grami'  'Amr.  Di  poi  'Amr 
assalì  Alessandria  e  la  prese  d'assalto  dopo  un  combattimento  molto  san- 
guinoso (A  bui  feda,  I,  244-246). 

§  89.  ^  Qui  appresso  diamo  per  intero  la  versione  del  cronista  cri- 
stiano Eutichio,  che  pur  attingendo  a  fonti  musulmane,  come  attestano 
varie  ■  sue  notizie,  aggiunge  alcuni  particolari  d'origine  forse  copta,  o  cri- 
stiana in  genere. 

La  sua  cronologia  è  erronea,  perchè  pone  la  presa  di  Alessandria  al 
r  Muharram  del  20.  H.,  sia  notizia  presa  a  fonti  musulmane,  sia  confon- 
dendo la  presa  di  Alessandria  con  quella  di  Babilonia. 

La  figura  di  al-Muqawqis,  come  è  tratteggiata  da  Eutichio,  rivela  l'ori- 
gine musulmana  di  molti  particolari,  ma  allo  stesso  tempo  tradisce  alcuni 
elementi  o  particolari  che  hanno  una  sospettosa  somiglianza  con  quanto  lo 
stesso  Eutichio  narra  a  proposito  della  presa  di  Damasco  e  del  governa- 
tore Mansùr  (cfr.  14.  a.  H.,  §  153).  Anche  in  questo  caso  è  un  luogotenente 
di  origine  locale  che  cospira  con  il  nemico  per  nascondere  le  frodi  com- 
messe. Questa  notizia  sul  conto  di  al-Muqawqis.  accoppiata  all'altra  che  lo 
dice  un  copto  e  un  giacobita,  sono  la  conferma  di  quanto  abbiamo  arguito 
intórno  a  questo  misterioso  al-Muqawqis,  sotto  il  quale  noi  abbiamo  più 
d'una  persona,  ossia  il  patriarca  Ciro  e  un  rappresentante  dei  Copti.  La 
nazionalità  copta,  attribuita  ad  al-Muqawqis  è  un  suggerimento  forse  delle 
fonti  musulmane,  le  quali  in  al-Muqawqis  hanno  confuso  insieme  vari  in- 

•255. 


§§  89,  90.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  diviilui.  copti   e  greci,  con  cui  i  conquistatori  ebbero  a  trattare,  e  ne  hanno 

[EGITTO.-  Le  tra-  , 

dizioni  sulla  pre-     'atto  una  persona  sola. 

sa  di  Babilonia  e  [^-y  parte  cronologica  alla  fine  del  paragraiò  è  chiaramente  tutta  errata. 

la  prima  resa  di  _-.  t-i.'i-nt^ìì  t-i-ìi        -i  i  i-t         •  ,. 

Alessandria.]  §  ^O.  —  (BiUticliio).  Entrato  in  Egitto,    Amr  b.  al-  As  si  avanzo  sino 

ad  al-Faramà  [Yàqùt,  III,  882],  alla  quale  egli  pose  assedio  per  un  certo 
tempo,  e  poi  la  espugnò.  Da  lì  avanzò  su  Misr.  I  Greci  si  erano  fortitìcati 
nella  fortezza,  attorno  alla  quale  avevano  scavato  una  trincea,  chiudendo 
tutti  gli  accessi  con  punte  di  ferro.  Dinanzi  alla  fortezza  gli  Arabi  rima- 
sero per  sette  mesi  combattendo  con  grande  accanimento.  Poiché  tardò 
la  conquista,  Amr  scrisse  al  Califfo  chiedendo  rinforzi:  'Umar  gli  mandò 
4000  uomini,  tra  i  quali  erano  al-Zubayr  b.  al-'Aw\vàm,  'Ubàdah  b.  al-Sàmit 
e  Maslamah  b.  Muqallad  {jììc,  correggi:  Mukhallad).  Siccome  'Amr  aveva 
già  con  sé  4000  uomini,  le  forze  musulmane  in  tutto  salirono  ora  a  8000. 
A  nome  di  Eraclio  era  luogotenente  per  le  imposte,  àmil  al-kharàg, 
al-Muqawqis,  un  giacobita,  ostile  ai  Greci,  ma  che  non  osava  manifestare 
pubblicamente  la  sua  fede  -  giacobita  per  timore  di  essere  mandato  a  morte 
dai  Greci  (malchiti).  al-Muqawqis  si  era  inoltre  ritenuto  per  sé  l' importo 
delle  tasse  d'Egitto  (iqtata'a  amwàl  Misr)  sin  da  quando  il  re  di 
Persia  aveva  posto  assedio  a  Costantinopoli.  Temendo,  per  tale  misfatto, 
di  cadere  nelle  mani  di  Eraclio,  che  lo  avrebbe  mandato  a  morte,  egli 
tese  un  inganno  ai  Greci  e  si  mise  a  tramare  contro  di  loro.  Egli  disse  ai 
Greci,  che  siccome  gli  Arabi  avevano  ricevuto  rinforzi  non  v'era  più  modo 
di  resistere,  né  maniera  d' impedire  la  caduta  della  fortezza  ed  il  mas- 
sacro dei  difensori:  perciò  propose  di  murare  le  porte  della  fortezza,  e  di 
lasciarvi  un  certo  numero  di  difensori.  Egli  però  proponeva  di  ritirarsi 
(con  gli  altri j  sull'isola  (lì  vicina)  e  di  fortificarvisi,  valendosi  del  riparo 
offerto  dal  fiume.  I  Greci  uscirono  con  al-MuqaAvqis  ed  una  comitiva  di 
maggiorenti  copti  per  la  porta  meridionale  (qibli),  mentre  gli  altri  con- 
tinuavano a  battersi  con  gli  Arabi.  Varcato  il  fiume  e  sbarcati  nell'isola, 
nei  luogo  dove  ai  tempi  di  Eutichio  era  l'al-Sinà'ah,  tagliarono  il  ponte. 
Questo  avvenne  mentre  il  Nilo  era  in  piena. 

Allora  al-Muqawqis  mandò  a  dire  ad  'Amr  b.  al-'As  ed  ai  suoi  seguaci: 
«  Voi  siete  entrati  nel  nostro  paese,  ci  avete  mosso  guerra,  ma  le  cose 
«  hanno  tirato  in  lungo.  Voi  siete  ora  circondati  dalla  piena  del  Nilo  e 
«  come  prigionieri  nelle  nostre  mani  :  perciò  mandate  qualcuno  a  trattare 
«  con  noi  ».  Amr  mandò  'Ubàdah  b.  al-Sàmit,  che  era  di  pelle  molto  scura, 
come  ambasciatore  nel  campo  greco:  egli  trattò  con  al-Muqawqis  e  gli 
propose  la  scelta  fra  le  tre  solite  condizioni:  o  conversione  e  pareggia- 
giamento  agl'invasori,  o   sottomissione    con    pagamento    della    gizyah    e 

•256. 


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MURO  OCCIDENTALE  DELLA  FORTEZZA  DI  BABILONIA 


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PORTA  E  TORRIONI  MERIDIONALI  DELLA  FORTEZZA  DI  BABILONIA 


Dantei  -  Koma 


20.  a.  H. 


§§  9(J,  91. 


diritto    alla    protezione,  o  sruerra  sino  a  morte.  al-Muqawqis  dichiarò  che  20.  a.  H. 

,     .  .    „         .  .       ,  .,  /  ,11,,  [EGITTO.  -  Le  tra- 

egli  ed  1  suoi  Copti  erano  pronti  ad  accettare  il  secondo  patto,  quello  della        dizioni  sulla  pre- 
sottomissione, ma  i  Greci  si  opposero  alla  resa  ed  al  trattato  di  pace,  al-        sa  di  Babilonia  e 

la  prima  resa  di 

Muqawqis  agiva  in  siffatto  modo  perchè  voleva  espellere  i  Greci  dalla  Alessandria.] 
fortezza  e,  concludendo  la  pace  con  gli  Arabi,  ritenere  il  possesso  delle 
ricchezze.  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  fece  ritorno  al  campo  con  la  risposta  di 
al-Muqawqis  e  riportò  la  notizia  che  nella  fortezza  erano  rimaste  poche 
milizie  a  difenderla  (dacché  tante  erano  ricoverate  nell'isola).  Allora  gli 
Arabi  rinnovarono  gli  assalti  con  maggior  vigore  che  mai  dalla  parte  del 
Sùq  al-Hammàm  dei  tempi  di  Eutichio,  impiegando  catapulte  (al-man- 
ganiqàt)  e  tettoie  coperte  (al- '  arr  a  dàt):  così  fvi  alfine  possibile  ad 
al-Zubajn-,  con  l'aiuto  di  una  scala  montare  di  sorpresa  sulle  mura  dalla 
detta  jjarte,  e  penetrare  nella  fortezza.  I  Greci  superstiti  abbandonarono 
allora  la  fortezza  e  si  riunirono  con  i  colleghi  sull'isola.  Gli  Arabi  diven- 
nero padroni  della  rocca,  uccisero  uomini,  ridussero  schiave  le  donne,  e 
rapirono  molto  bottino.  I  Greci,  finenti  del  rovescio,  accusarono  al-Mu- 
qawqis di  averli  tratti  in  inganno,  facendoli  uscire  dalla  fortezza  prima 
che  gli  Arabi  vi  fossero  entrati,  e  di  aver  perciò  tradita  e  consegnata  la 
rocca  nelle  mani  degli  Arabi. 

Temendo  ora  la  vicinanza  dei  Musulmani,  i  Greci  montarono  sulle 
imbarcazioni  e  andarono  a  fissare  il  loro  campo  in  Kawm  (nel  testo  er- 
roneamente Karam)  Sarik.  al-Muqawqis  si  unì  allora  con  'Amr  b.  al-'As 
e  concluse  con  lui  il  patto  convenuto,  alla  condizione  cioè  che  tutti  i  Copti 
dell'alto  e  basso  Egitto  dovessero  pagare  due  dìnàr  annui  ciascuno  qua- 
lunque fosse  la  sua  condizione,  purché  arrivato  all'età  della  pubertà.  Dalla 
tassa  erano  esclusi  i  vecchi,  i  fanciulli  minorenni  e  le  donne  (E  u  1 3'  e  li  i  u  s  , 
ed.  Cheikho,  II,  22-24). 

§  91.  —  (Eutichio).  Allora  al-Muqawqis  si  presentò  ad  Amr  b.  al-'As 
e  gli  spiegò  nulla  aver  egli  più  che  fare  con  i  Greci,  «  perchè  la  mia 
«  religione  non  è  la  religione  loro,  e  perchè  la  mia  dottrina  non  è  la 
«  loro  dottrina.  Io  aveva  grande  timore  di  essere  mandato  a  morte  da  loro: 
«  perciò  avevo  nascosto  la  mia  religione  e  la  mia  dottrina  ».  Quindi  fece 
ad  'Amr  tre  domande,  che  egli  pregò  venissero  esaudite:  1°  di  non  sepa- 
rarlo dai  Copti,  ma  di  trattarlo  come  uno  di  essi,  dacché  era  stato  lui  a 
concludere  il  patto  con  il  quale  i  Copti  si  erano  sottomessi,  ed  i  Copti 
avrebbero  mantenuto  fedelmente  il  patto;  2°  se  i  Greci  venivano  a  chie- 
dere di  far  la  pace  con  loro,  egli  pregava  di  non  accettare  finché  non  li 
avesse  tutti  dispersi  o  ridotti  schiavi;  3"  alla  sua  morte  al-Muqawqis  pre- 
gava di  esser  sepolto  nella  chiesa  Kanisah  ahi  Yùkhannas  {sic:  San  Gio- 

257.  33 


§  91. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  vanni)  in  Alessandria.   Amr  assentì  a  queste  domande,  purché  i  Copti  assu- 

dizioni sulla pre-     messeio  la  ricostruzione  intera  ilei  due  ponti    (sul  Nilo  presso  al-Fustàt?, 

sa  di  Babilonia  e     ^.f,.    ^  (35^^  ofifrissei'o   alloggio  od  ospitalità  ai  Musulmani,    mantenessero  i 

Alessandria.!  mercati  ed  i  ponti  tra    al-Fustàt  ed  Alessandria.   Così  fu  convenuto,  ed  i 

capi  dei  Copti  si  misero  all'opera  per  accomodare  le  strade  pubbliche:  essi 

curarono  i  ponti,  i  mercati  e  l'alloggio    por  i  Mu.sulmani,  e  prestarono  il 

pili  valido  appoggio  agli  Arabi    in    tutto   quanto   volevano   per  la   guerra 

contro  i  Greci. 

Or  'Amr  b.  al-'As  si  mise  in  marcia  (verso  Alessandria),  imbattendosi 
nelle  schiere  rivmite  dei  Greci  in  Kawm  Sai'ik  [Yàqùt,  IV,  330],  dove  si 
combattè  per  tre  giorni.  Sconfitti  i  Greci,  avvenne  un  nuovo  scontro  in 
Saltas,  dove  i  conflitti  si  rinnovarono  per  diciannove  giorni.  Una  battaglia 
sanguinosissima  fu  combattuta  in  al-Kiryawn,  ma  i  Greci  rimasero  di  nuovo 
soccombenti  e  dovettero  ritirarsi  entro  la  città  di  Alessandria,  che  si  ap- 
prestò ora  ad  una  valida  difesa.  Gli  Arabi  da  parte  loro  si  animarono  più 
che  mai  al  cimento,  ed  attorno  alla  città  si  venne  a  molti  ed  accaniti  con- 
flitti. Quasi  ogni  giorno  avvenivano  sortite,  e  molti  furono  i  morti  da  ambo 
le  parti.  In  uno  di  questi  combattimenti  gii  Arabi  riuscirono  a  penetrare 
entro  la  fortezza  di  Alessandria,  ma  poi  i  Greci  ritornati  alla  riscossa  ri- 
cacciarono fuori  i  Musulmani  ed  accerchiarono  'Amr  b.  al-'As,  Maslamah 
b.  Mukhallad,  Wardàn,  ma  wla  di  'Umar,  ed  un  altro  arabo.  Questi  quattro 
uomini,  sebbene  i  Greci  ignorassero  chi  fossero,  corsero  gravissimo  pericolo 
di  cadere  nelle  loro  mani,  e  di  esser  trucidati.  Grazie  però  al  coraggio  ed 
all'astuzia  di  Wardàn,  il  patrizio  greco  si  lasciò  indurre  a  lasciarli  par- 
tire nella  speranza  che  sarebbero  ritornati  menandosi  appresso  i  veri  capi 
dell'esercito  musulmano,  e  così  Amr  ed  i  suoi  compagni  riescirono  a  met- 
tersi in  salvo. 

Furono  ripresi  i  combattimenti  con  più  furore  che  mai,  ed  i  Greci  scon- 
fitti si  salvarono  chi  su  navi  per  mare,  chi  per  via  di  terra.  I  Musulmani 
entrarono  allora  in  Alessandi'ia  dopo  un  assedio  che  era  durato  quattor- 
dici mesi. 

'Amr  b.  al-'As  insegui  i  fuggiaschi  evasi  per  via  di  terra,  ma  intanto 
le  schiere  che  si  erano  allontanate  su  navigli,  fecero  improvvisamente  ri- 
torno ad  Alessandria  e  massacrono  i  Musulmani  che  vi  trovarono.  'Amr 
b.  al-'As  fu  però  pronto  a  ritoi-nare  e,  dopo,  un  combattimento  dei  più  ac- 
caniti attorno  alla  fortezza,  sconfisse  i  Greci  e  li  costrinse  a  ripigliare  nuo- 
vamente la  via  del  mare. 

'Amr  b.  al-'As  ragguagliò  ora  il  Califfo  'Umar  descrivendo  le  bellezze  di 
Alessandi'ia,  e  riferendogli  la  notizia  che  i  Musulmani  volevan  divider  tra 

■208. 


20.  a.  H.  §§  91-93. 

loro  la  città  dacché  era  stata  presa  con  la  forza.  'Umar  rispose  di  non  di-  20.  a  H. 

videre  la  città,  ma  di  lasciarla  com'era   affinchè   il   suo   kharàg   andasse        dizioni  sulla  pre- 
a  profitto  dei  Musulmani  ed  a  fortificarli  nella  guerra  santa  contro  i  ne-        sa  di  Babilonia  e 
mici.  Così  fece  'Amr,  il  quale  ordinò  di  contare  gii  abitanti  e  distribuì  su        Alessandria.! 
di  loro  il  kharàg. 

Tutto  l'Egitto  fu  dunque  terra  presa  con  trattato  di  pace  .al  patto 
di  due  dìnàr  a  testa,  ed  a  carico  di  nessvmo  doveva  esser  aumentata 
cosa  alcuna  nella  sua  gizj^ah  ra'sihi:  nel  caso  però  che  ad  alcuno  ve- 
nisse aumentata  l'imposta,  doveva  esser  fissata  in  proporzione  delle  terre 
e  dei  campi  seminati.  Eccezione  era  fatta  per  gii  abitanti  di  Alessandria, 
i  quali  dovevano  pagare  khaiàge  gizyah  a  discrezione  di  colui  che  li 
governava,  perchè  Alessandria  era  stata  presa  d'assalto  e  non  con  trattato. 

Alessandria  fu  espugnata  il  primo  di  Muharram  del  20.  H.,  nel  ven- 
tesimo anno  del  regno  di  Eraclio,  e  nell'ottavo  anno  del  Califfato  di  'Umar 
(Eutvchius,  II,  pag.  24-26). 

§  92.  —  (Eutichio).  Contati  quelli  sui  quali  doveva  cadere  la  tassa, 
il  numero  totale  ammontò  a  6,000,000,  il  tributo  dei  quali  perciò  salì 
a   12,000,000  (Eutychius,  ed.  Cheikho,  II,  24,  lin.   6-7). 

Eutichio  confonde  la  prima  con  la  seconda  resa  di  Alessandria,  e  pro- 
lunga l'assedio  a  quattordici  mesi  perchè  somma  la  durata  del  primo  as- 
sedio (tre  mesi)  con  la  durata  dell'armistizio  (undici  mesi)  che  seguì  la 
stipulazione  del  trattato  e  precedette  la  consegna  effettiva  della  città  nelle 
mani  degli  Arabi. 

Il  cenno  ai  due  ponti  fche  noi  supponiamo  essere  quelli  che  univano 
l'isola  di  al-Rawdah  alle  due  rive  del  Nilo,  spiega  forse  una  parola  oscm-a 
nel  precedente  §  65  :  ma  non  sono  sicuro  dell'  interpretazione. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sulla  presa  di  Alessandria. 

§  93.  —  È  tale  la  confusione  delle  notizie  nelle  nostre  fonti  e  l' in- 
treccio delle  varie  versioni,  che  non  è  stato  possibile  riunire  qui  appresso 
tutte  le  notizie  sull'assedio  di  Alessandria  0  la  presa  della  città.  Molte  tra- 
dizioni che  ne  trattano  sono  state  già  citate  nei  precedenti  paragrafi 
(§§  64,  64,  65,  66,  71,-  72,  73,  74,  77,  80,  81,  83,  84,  85,  86,  87,  88,  91), 
e  fra  quelle  che  noi  diamo  qui  appresso  ve  ne  sono  non  poche  che  alludono 
ben  chiaramente  alla  seconda  presa  di  Alessandria,  assai  comunemente  con- 
fusa con  la  prima. 

Le  migliori  tradizioni,  tanto  arabe  che  copte,  come  è  palese  leggendo 
i  seguenti  paragrafi  (§§  94,  97),  confermano  che  la  prima  resa  di  Ales- 
sandria fu  operazione  militare  facile  e  relativamente  poco  sanguinosa:  ba- 

259. 


§§  93,  t»4. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
(EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  presa 
di  Alessandria.] 


starono  tre  s.»li  mesi  d'assedio  (§§  81,  83,  91,  92,  97,  liil),  perchè  i  diten- 
sori, searsi  in  numero,  turbati  dalla  caduta  di  Babilonia  e  dalla  sconfitta 
di  Kawm  Sarik.  e  vistisi  abbandonati  da  Costantinopoli,  dove  la  morte  di 
Kraidio.  la  malattin  mortale  di  Costantino  e  la  rivalità  per  la  successione 
distraevano  gli  animi  dalla  ciii-a  della  difesa  nazionale,  si  perdettero  dì 
animo  e  vennero  ad  un  pacifico  accordo  con  gli  invasori.  In  una  tradizione 
di  ibii  'Abd  al-liakam  (eli'.  §  107)  si  all'erma  elie  la  morte  di  Eraclio,  ap- 
pena saputa  in  Alessandria,  fosse  la  causa  immediata  della  resa.  Ma  ciò 
non  può  essere  vero,  ammeno  di  riferirlo  a  Babilonia,  perchè  Eraclio  morì 
due  mesi  prima  che  gli  Arabi  espugnassero  la  fortezza  di  Babilonia. 

§  94.  —  (ibn  Ishàq,  da  al-C^asim  b.  Quzmàn  al-Misri,  da  Ziyàd  b.  Graz 
al-Zubaydi,  che  fu  presente  alla  spedizione  in  Egitto).  La  città  di  Ales- 
sandria fvi  pi'esa  nell'anno  '21.  o  22.  H.  Gli  Arabi,  dopo  che  ebbero  espu- 
gnata Bàb  al-Yun  (Babilonia),  avanzarono  poco  per  volta  in  direzione  di 
Alessandria,  sottomettendo  i  vari  paesi  del  Delta  (qura  al-rif),  che  gia- 
cevano sul  loro  cammino,  e  giungendo  in  siffatto  modo  fino  a  Balhib  [Ya- 
q  u  t ,  I,  733],  uno  dei  paesi  del  Delta,  detto  anche  Qaryah  al-Ris.  In  questo 
luogo  incontro  agi"  invasori  venne,  a  nome  del  signore  d'Alessandria,  un 
ambasciatore,  il  quale,  presentatosi  ad  'Amr  b.  al-'A.s,  offerse  di  trattare 
la  resa  della  città:  «  Noi  abbiamo  pagato  tributo  »,  egli  disse,  «  ai  Greci 
«  ed  ai  Persiani,  persone  a  noi  più  odiose  degli  Arabi:  se  tu  accetti,  noi 
«  siamo  disposti  a  concederti  il  tributo  (gizyah),  a  condizione  che  tu  ci 
«  restituisca  tutti  i  prigionieri  fatti  nel  nostro  territorio  ».  'Amr  b.  al-'As 
gli  rispose  che  dietro  a  lui  v'era  un  capo,  senza  il  quale  egli  non  poteva 
decidere  l'accettazione  di  siffatto  trattato:  propose  perciò  che  vi  fosse  una 
tregua  tra  le  due  parti  in  attesa  di  quello  che  avrebbe  risposto  il  Califfo.  Il 
signore  d'Alessandiia  consentì,  ed  'Amr  b.  al-'As  mandò  un  corriere  a  Ma- 
dinah  per  informare  il  Califfo  delle  proposte  degli  Alessandrini.  I  Musul- 
mani avevano  molti  prigionieri  egiziani  nel  campo  di  Balhib,  ma  molti 
altri  ei-ano  già  inviati  in  Arabia  e  dispersi  fi-a  Madinah,  Makkah  e  il  Ya- 
man.  Il  Califfo  prese  concscenza  di  questa  difficoltà,  e  rispose  ad  'Amr  b. 
al-'As,  che  era  rimasto  inoperoso  nel  campo  di  Balhib,  in  attesa  della  ri- 
sposta, dichiarando  che  egli  accettava  l'offerta  del  signore  di  Alessandria 
di  pagare  la  gizyah,  ma  che  non  poteva  in  alcun  modo  restituire  i  pri- 
gionieri già  dispersi  in  Arabia:  assentiva  però  che  i  prigionieri  ancora  de- 
tenuti nel  campo  di  Balhib  venissero  restituiti  agli  abitanti  di  Alessandria, 
ma  con  la  condizione,  che  quei  prigionieri,  ai  quali  fosse  stato  proposto 
r  Islam,  e  l'avessero  abbracciato,  non  dovessero  essere  riconsegnati.  Il  si- 
gnore di  Alessandria  accettò  queste  condizioni  e  la  pace  fu  conclusa  nei 


260. 


20.  a.  H.  §§  94-97. 

detti  termini.   Prima  di  essere  riconseonati  ao-li  Alessandrini  i  prioionieri  20.  a.  h. 

•  ,  ,,  •  ,.T  ,  TEGITTO.  -  Tradi- 

vennero individualmente    interrogati    se    volevano    abbracciare    1  Islam,  e        zj^nj  sj^,,^  p^gg^ 

quanti  accettavano  la  proposta  erano  accolti  da  grida  esultanti  dei  Mu-  di  Alessandria.) 
sulmani:  uno  di  questi  fu  abù  Marvam  'Abdallah  b.  'Abd  al-rahmàn.  il 
quale  si  fece  musulmano  nonostante  che  suo  padre,  sua  madre  ed  i  suoi 
fratelli  si  adoperassero  in  tutti  i  modi  a  dissuaderlo  dal  rinnegare  il  Cri- 
stianesimo, lacerandogli  perfino  i  vestiti  che  aveva  indosso.  Egli  resistè 
alle  pressioni  e  fu  poi  nominato  arif,  o  comandante  dei  banù  Zubayd. 
Quelli  che  non  vollero  mutare  la  loro  fede,  furono  invece  accolti  da  grida 
di  gioia  dai  loro  compatriotti.  Terminata  la  riconsegna  dei  prigionieri,  i 
Musulmani  entrarono  pacificamente  in  Alessandria,  e  mentisce  colui,  che 
afferma  che  Alessandria  venisse  presa  d'assalto  (^).  Gli  Umayyadi,  in  se- 
guito, commisero  quindi  un'ingiustizia,  quando,  scrivendo  ai  loro  luogote- 
nenti in  Alessandria,  affermavano  che  essa  venisse  presa  d'assalto  e  che 
perciò  era  nell'arbitrio  del  governo  di  aumentare  a  volontà  le  tasse,  e  di 
fare  quello  che  volevano,  perchè  gli  abitanti  erano  gli  schiavi  degli  Umay- 
yadi (T  a  bari.  L  2581-2584). 
Cfi-.  Athir,  II,  453. 

Nota  1.  —  Questa  tradizione,  che  combina  in  molti  particolari  con  la  versione  di  Giovanni  di 
di  Niqyus,  deve  probabilmente  la  sua  conservazione  al  desiderio  degli  Alessandrini  di  dimostrare  che 
la  condotta  dei  Califfi  Umayyadi  verso  di  loro  era  ingiusta  e  contraria  ai  patti  stipulati  in  antico. 
Detta  tradizione  perciò  espressamente  ignora  la  seconda  presa  di  Alessandria,  avvenuta  pochi  anni  dopo, 
quando  essa  venne  presa  d'assalto  e  tu  sottoposta  a  tutti   i  rigori  della  guerra. 

§  95.  —  al-Dzahabi  pone  la  presa  di  Alessandria  nel  21.  H.  (Dzah  a  bi 
Paris,  I,  fol.   136,1-.). 

§  96.  —  (a)  ('Abd  al-rahmàn  b.  Sa'id  b.  Miqdàm).  Amr  b.  al-As 
mosse  contro  Alessandria  nel  mese  di  Rabi'  I.,  o  nel  Uumàda  II.  del  20.  H.: 
espugnò  la  città,  vi  si  trattenne  qualche  tempo  e  poi  ritornò  ad  al-Fustàt 
nel  Dzù-1-Qa'dah  del  20.  H.  (Suyùti  Husn,  I,  62,  lin.   12  e  segg.). 

Lo  stesso  afferma  al-Maqrizi  sull'autorità  di  al-Kindi  (Ma qrizi  Khi- 
tat,  I,   163,  lin.   17-18). 

(6)  (al-Layth,  citato  da  al-Qudà'i).  Amr  b.  al-'As  consumò  sei  mesi 
nell'assedio  di  Alessandria  e  nella  dimora  in  essa  dopo  la  résa  (Suyùti 
Husn,  I,  62.  lin.   17). 

§  97.  —  fYahya  1).  Khàlid  ai-Adavvi,  da  al-Layth  b.  Sa'd).  Quando 
giunse  ad  Alessandria,  Amr  I).  al-'As  assediò  la  città  per  tre  mesi  con 
tanta  energia  che  gli  abitanti  s'impaurirono.  Allora  al-Muqawqis  chiese  ad 
'Amr  b.  al-'As  di  concedere  agli  abitanti  le  stesse  condizioni  già  date  ai 
Copti,  e  di  attendere  la  sanzione  dell'imperatore  ('Abd  al-hakam,  106), 

Cfi-.  Ma  qrizi    Khitat,  I,   163,  lin,  20-22. 

■>(ii. 


§§  98-100.  '  20.  a.  H. 

2C.  a.  H.  §  98.  _  CAbdallali   b.   Salili,   da   al-Layth   h.   Sa'd,    da    Yazid    b.    abi 

z.oni  suiiap?es'a  Habib).  al-Miiqawqis  al-Kiìmi,  il  signore  dell'Egitto  (malik  'ala  Misi) 
di  Alessandria.]  coiu'luse  con  'Aiiir  b.  al-'As  im  trattato  di  pace,  pattuendo  che  i  Greci 
in  Egitto  fossero  liberi  di  rimanere  o  andarsene,  e  fissando  le  condizioni 
alle  quali  dovevano  sottostare  volendo  rima  nere  nel  paese.  L'imperatore 
Eraclio  tu  molto  adirato  quando  ebbe  conoscenza  di  questo  trattato,  e 
mandò  un  esercito  clu'  riprese  (aghlaqù)  Alessandi'ja. . . ,  ecc.,  come  in 
al-Baladzuri:  soltanto  alla  fine  si  ha  il  termine  abù  Vuhannas  come  luogo 
di  sepoltura  chiesto  da  al-Muqawqis  ('Abd  al-hakam,   108). 

In  Maqrlzi  Khit'it?  !>  l^^i  'in-  ^-  ^'  ^^gS-i  abbiamo  la  stessa  tra- 
dizione, ma  nel  testo  stampato  invece  di  abù  Yuhannas  leggcsi  Bakhnas 
come  luogo  di  sepolt\na   chiesto  da  al-Muqawqis. 

Cfr.  §§  72,  74. 

§  99.  —  ('Utlimàn  b.  Salili).  (Dopo  conclusa  la  pace  con  al-Muqawqis) 
"Ann-  b.  al-'As,  appena  gli  fu  possibile  di  uscire  (dall'isola  nella  quale  si 
trovava  per  l'inondazione  annuale  del  Nilo),  si  mosse  accompagnato  dai 
capi  dei  Copti  (ru-sà  al-Qibt)  che  gli  avevano  accomodate  le  sti-ade,  ri- 
staurati  i  ponti,  e  stabiliti  i  mercati:  i  Copti  assistettero  oi-a  i  Musulmani 
in  tutto  ciò  che  volevano  per  combattere  i  Greci  (').  Questi  allora  fecero 
grandi  preparativi  militari,  e  mandarono  dall'Ard  al-Rùm  moltissime  .navi 
(ad  Alessandria)  cariche  di  soldati,  di  provviste  e  di  armi.  Contro  di  loro 
mosse  ora  'Amr.  b.  al-'As  dii'igendosi  da  al-Fustàt  su  Alessandria,  ma  non 
incontrò  resistenza  di  sorta  prima  di  giungere  a  Tarniit  [Yàqùt,  I,  845J. 
Qui  trovò  una  schiera  di  Greci,  ma  dopo  un  breve  e  facile  combattimento 
li  mise  in  fuga.  Avanzandosi  ancora,  s'imbattè  in  un  esercito  pili  potente 
presso  Kawm  Sarik  e  v'impegnò  una  battaglia  durata  tre  giorni,  ma  termi- 
nata con  la  vittoria  completa  dei  Musulmani  ('Abd  al-hakam,  lOG-107). 

Cfr.  Hubays,  fol.   100,r.;  Maqrizi  Khitat,  I,   163,  lin.   27  e  segg. 

Nota  1.  —  In  questo  passo  ed  in  molti  altri  seguenti,  dove  abbiamo  notizie  di  tonte  locale  egi- 
ziana, è  chiaro  come  anche  gli  scrittori  musulmani  abbiano  subito  l' influenza  indiretta  dei  Copti,  i 
quali  sebbene  cristiani,  sono  posti  in  luce  favorevole  presso  tutti  i  Musulmani  come  fautori  efficaci  e 
fedeli  alleati  ed  amici  di  'Amr  b.  al-'As  e  dei  suoi  Arabi.  Anche  tutta  l'introduzione  di  ibn  'Abd  al- 
hakam  è  imbevuta  di  questo  concetto:  perciò  adduce  numerose  tradizioni,  testimonianti  lo  speciale  af- 
fetto, che  si  vuole  Maometto  nutrisse  per  i  Copti,  e  le  ragioni  di  questo.  Moltissimi  egiziani  erano 
copti  convertiti;  ond'è  naturale  che  cercassero  di  proteggere  i  loro  consanguinei  dalle  crudeli  persecu- 
zioni dei  governatori  e  degli  esattori  delie  imposte,  sovente  invisi  a  tutti  egualmente,  e  Cristiani  e  Mu 
sulmani. 

§  100.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Labiali,  da  Yazid  b.  abi 
Habìb).  Nel  muovere  su  Alessandria,  'Amr  b.  al-'As  mandò  innanzi  Sarik 
b.  Sumayy  che  doveva  inseguire  i  Greci  fuggiti  da  Tarniit  (o  Marbùt,  se- 
condo al-Maqrizi);   Sarik  s'imbattè  nell'esercito  greco  in  al-Kawm,  che  poi 

262. 


20.  a.  H.  §§  100-104. 


prese  da    lui   il  nome:    Kawm   Sarìk,  lo   assalì    e  lo  mise   in   fut^a   ('Abd  20.  a.  H. 

^,     .       ,  ,„_.  [EGITTO.  -  Tradi- 

al-hakam,    10/).  zioni  sulla  presa 

Cfr.  Hubays,  tòl.   100,i-.;   Maqrizi  Khitat.   1,   163;  lin.  32  e  segg.        di  Alessandria.] 

Su   Kawm  Sarik  vedi  pure  Maqrizi  Khitat,   I,   183,  lin.  22-25. 

§  101.  —  (Altri  tradizionisti,  oltre  'Abd  al-malik  b.  Maslamah).  Sarìk 
incontrò  i  Greci  in  Kawm  Sarìk,  mentre  era  al  comando  dell'avanguardia 
di  'Amr  b.  al-'As,  e  questi  trovavasi  ancora  in  Tarnut.  I  Greci  erano  tanto 
numerosi  che  accerchiarono  Sarìk  ed  i  suoi,  ed  il  comandante  arabo  vide 
la  necessità  di  chiedere  immediato  soccorso.  Per  questo  compito  ditììcile 
e  periglioso  scelse  abu  Na'àmah  Màlik  b.  Na'àmah  al-Sadafi,  possessore  di 
un  cavallo  (fa  r  a  s)  di  mantello  rossastro  (a  s  q  a  r,  alézan)  detto  Asqar 
Sadaf,  velocissimo  corridore,  abù  Na'àmah  spinse  il  suo  destriero  di  gran 
corsa  su  Taruùt  lasciando  facilmente  dietro  di  sé  i  Greci  che  tentarono 
inseguirlo:  egli  giunse  felicemente  al  campo  di  'Amr,  e  portò  la  notizia 
del  pericolo  in  cui  versava  l'avanguardia.  'Axav  mosse  subito  in  soccorso 
di  Sarìk,  costringendo  così  i  Greci  a  ritirarsi. 

Da  questo  celebre  cavallo  di  ibn  Na'àmah  prese  poi  nome  la  Khaw- 
khah  al-Asqar  in  Misr,  perchè,  quando  morì,  il  suo  padrone  lo  seppellì  in 
quel  luogo  ('Abd  al-hakam,   107). 

Cfr.  Hubays,  fol.   150, r.;    Maqrizi  Khitat,  I,   163,  lin.  33  e  segg. 

§  102.  —  (Yahya  b.  Ayyìib.  e  Khàlid  b.  Humayd).  I  Greci  ed  i  Mu- 
sulmani vennero  di  nuovo  alle  mani  in  Saltìs:  dopo  un  combattimento 
accanito,  i  primi  furono  disfatti.  Poi  vi  fu  di  nuovo  battaglia  in  Kiryawn 
{sic,  nel  ms.  [Yàqùt,  IV,  271]:  in  Suyiìti:  Karbawn),  dove  le  due  parti 
si  batterono  per  dieci  giorni.  L'avanguardia  musulmana  era  comandata  da 
'Abdallah  b.  'Amr  b.  al-'As;  e  porta  stendardo  era  in  quel  giorno  Wardàn, 
il  mawla  di  'Amr  b.  al-'As  (^'Abd  al-hakam,   107-108). 

Cfr.  Suyìiti  Husn,  I,  57;  Maqrizi  Khitat,  I,  163,  lin.  36  e  segg. 

§  103.  —  (Talaq  b.  al-Saykh,  e  Yahya  b.  'Abdallah  b.  Bukayr,  da  Di- 
màm  b.  Ismà'il  al-Ma'àfiri,  da  abrì  Qabìl  {sic),  da  'Abdallah  b.  'Amr  [b. 
al-'As]).  Nella  Ijattaglia  di  al-Kiryawn,  'Abdallah  b.  'Amr  si  battè  con 
grande  valoi'e  e  riportò  molte  ferite,  riscotendo  l'ammirazione  del  padre, 
che  esclamò:   «Egli  è  figlio  mio  per  davvero!»   ('Abd  al-hakam,  108). 

Cfi-.  Hubays,  fol.   100,r.;  Maqrizi  Khitat,  I,   163,  lin.  38-39. 

§  104.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahì'ah,  da  Yazìd  b.  al)i  Habib). 
Nella  battaglia  di  al-Kiryawn  (tanto  fu  il  pericolo  corso  dai  Musulmani) 
che  'Amr  b.  al-'As  fece  recitare  la  preghiera  della  paura  (s  a  1  a  h  a  1  -  Idi  a  w  f ) 
TAbd  al-hakam,  108). 

Cfr.  Suj-ùti  Husn,  1,  57;  Maqrizi  Khitat,  1,   164,  lin.   13. 

263. 


§9  105-107.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  §  105.  —  (Yahya  b-  Ayj'ùb,  e  Khàlid  b.  Humayd).  Quando  finalmente 

?iLT.y?.'.M/nr«'J     i  Giovi  fuiDiH)  sconfitti  fon  grande  strage,  e  fuggirono  verso  Alessandria, 

2IOni   SUIIcl   p  Iti  a  a 

di  Aiessandria-i  j  Musnliiiaiii  li  inseguirono  fin  sotto  le  mura  della  città,  e  poi  posero  as-- 
sodio  alla  incdi:sinia.  I  («reii  si  fortificarono,  ed  i  Musulmani  si  disposero 
lungo  tutta  la  linea  delle  mura,  che  corre  tra  Hulwàn  e  Qasr  Fàiis  ed 
anche  oltre  questo.  Con  i  Musulmani  trovavansi  i  capi  dei  Copti  che  li 
aiutavano  in  tutti  i  modi,  procurando  loro  tutto  ciò  che  occorreva  in  si- 
veri  e  toraggi  ('Abd  al-hakara,   108-109). 

Cfi-.  Suyùti  Husn,  I,  57;  Hubays,fol.  100,r.;  Maqrizi  Khitat, 
I,  164,  lin.  14  e  segg. 

§  106.  —  (Hàni  b.  al-Mutawakkil,  da  Muli.  b.  Yahya  al-lskandaiàni). 
'Amr  b.  al-'As  rimase  accampato  per  circa  due  mesi,  e  poi  si  ritirò  in  di- 
rezione di  Misr.  Allora  un  corpo  di  cavalleria  greca  piombò  sui  Musulmani, 
assalendoli  dalla  parte  del  lago  (buhayrah)  adiacente  alla  fortezza,  e  do- 
dici Musulmani  rimasero  uccisi  nella  Kanisah  al-Dzahab  (la  Chiesa  d'oro) 
('Abd  al-hakam,   110). 

Cfr.  Hubays,  fol.  100,v.;  manca  in  Suyùti  Husn;  Maqrizi  Khitat, 
I,   164,  lin.   16. 

§  107.  —  (Yahya  b.  Ayyiib,  e  Khàlid  b.  Humayd).  Gl'inviati  speciali 
dell'imperatore  non  cessarono  mai  dal  seguirsi  l'un  l'altro,  portando  ad 
Alessandria  su  navi  sempre  nuovi  rinforzi.  L'imperatore  aveva  grande  ti- 
more di  perdere  Alessandria:  «  Se  gli  Arabi  »,  egli  diceva,  «  s'impadi-oni- 
«  scono  di  Alessandria,  sarà  la  fine  dell'impero  greco,  perchè  i  Greci  non 
«  hanno  schiere  maggiori  di  quelle  di  Alessandria!  »  Lo  stesso  egli  disse, 
mentre  si  celebrava  in  Alessandria  una  grande  cerimonia  religiosa,  du- 
rante la  conquista  araba  della  Siria.  Perciò  egli  aveva  allestito  grandi 
forze  per  la  difesa  di  Alessandria,  ed  aveva  in  mente  di  dirigerne  in  per- 
sona la  difesa,  tanto  era  il  pregio  che  egli  dava  a  quella  città.  Quando 
però  furono  terminati  i  preparativi  (e  stava  per  partire)  l'imperatore  morì 
—  questo  accadeva  nel  19.  H.  —  e  la  sua  morte  fiaccò  la  resistenza  dei 
Greci:  molti  fra  questi  che  erano  andati  in  Alessandria,  ritornarono  (a  Co- 
stantinopoli)  ('Abd  al-hakam,   110-111). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  57-58;  Hubays,  fol.  100,v.;  Maqrizi  Khi- 
tat, I,   164,  lin.   17-22. 

Il  testo,  sebbene  non  lo  dica,  intende  Eraclio,  ma  questi  era  già  morto 
nel  febbraio  641,  almeno  tre  o  quattro  mesi  prima  che  'Amr  b.  al-'As  fo.sse 
arrivato  ad  Alessandria. 

Potrebbe  riferirsi  a  Costantino  che  morì  appunto  quattro  mesi  (cfi'.  Ce- 
drenus,  I,  753)  dopo  Eraclio. 

204. 


20.  a.  H.  §§  108-U3. 

§  108.  —  (Yahya  b.  Bakr,  da  Layth  b.  Sa'd).  Eraclio  morì  nel  20.  H..  20.  a.  h. 

nello  stesso  anno  in  cui  fii  espugnata  Qaysàriyy  ah  in  Siria  (' A  b  d   al -ha-        zioni  suiia  p'^r^s'a 

kani,    111).  di  Alessandria.) 

Cfi-.  Suyùti  Husn,  I,  58;  Maqrizi  Khitat,  I,   164,  lin.  22-23. 

§  109.  —  (Yahya  b.  Ayyùb,  da  Khàlid  b.  Humayd).  Per  la  morte  di 
Eraclio  gli  Arabi  rinnovarono  con  più  ardore  che  mai  gii  assalti  su  Ales- 
sandria, e  si  venne  a  pugne  assai  sanguinose    ('Abd    al-hakam,    11  Ij. 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  58;  Hubays,  fol.  100,v;  Maqrizi  Khitat, 
I,    104,  lin.   23-24. 

§  HO.  —  ('Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  b.  Sa'd,  da  Yazìd  b.  abi 
Hablb).  I  Greci  fecero  una  sortita  dalla  fortezza  di  Alessandiia,  uccisero 
un  uoruo  dei  Mahrah,  e  tagliata  al  cadavere  la  testa,  la  portarono  via  e 
rienti-arono  in  città.  I  Malu-ah  furibondi  giurarono  di  vendicare  l'aflfronto 
e  di  non  voler  seppellire  il  compagno  senza  la  testa.  Amr  b.  al-'As  con- 
sigliò alloi'a  ai  Mahrah  di  uccidere  alcuni  nemici,  e  tagliate  loro  le  teste, 
lanciarle  invece  di  pietre  contro  le  mura:  i  Greci  per  vendicarsi  a\Tebbero 
rimandato  nello  stesso  modo  la  testa  del  mahi'ita  ucciso.  I  Mahrah  accetta- 
rono il  consiglio  e  nella  .successiva  sortita  dei  Greci  uccisero  un  patrizio, 
lo  decapitarono  e  scagliarono  la  testa  contro  le  muia  della  città.  Ottennero 
così  il  desiderato  effetto,  i  Greci  scagliarono  la  testa  del  malii'ita,  ed  i  com- 
pagni dell'estinto  poterono  seppellirlo  intero  come  avevano  giurato  di  fare 
('Abd  al-hakam.   111-112). 

Cfr.  Hubays,  fol.   100,v.;  Maqrizi  Khitat,  I,   164,.  lin.  24-28. 

§  111.  —  Da  una  tradizione  (di  'Abdallah  b.  Maslamah,  da  ibn  La- 
liì'ah,  da  aì-Hàrith  b.  Yazìd)  in  cui  si  fanno  gii  elogi  delle  tre  tribù  dei 
Mahrah,  dei  Ghàfiq  e  dei  Bali,  si  viene  a  sapere  che  tutte  e  tre  emi- 
grarono in  gran  numero  in  Egitto,  perchè  'Amr  b.  al-'As  li  definisce  come 
qabà-il  min  Misr  ('Abd  al-hakam,   112). 

Cfr  Hubays,  fol.   100, v.;  Maqrizi  Khitat,  I,    164,  lin.  28-30. 

§  112.  —  ('Uthmàn  [b.  Salili],  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazìd  b.  abì  Habìb). 
Siccome  l'assedio  d'Alessandria  durava  da  parecchio  tempo  (ashur"",  ossia 
da  vari  me.si)  (cfr.  19.  a.  H.,  §  51,  nota  1)  il  Califfo  'Umar  scrisse  ad 
Amr  b.  al-'As  rimproverandogli  di  non  essei'e  ancora  riuscito  ad  espugnai" 
la  città:  «  Se  tardate  tanto  ad  impadi'onfrvene,  ciò  vuol  dire  che  (gli  Arabi 
«del  tuo  esercito)  hanno  commesso  delle  novità  riprovevoli»  (ahdathù) 
('Abd  al-hakam,   114-115). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  58;  Maqrizi  Khitat,  I,   165,  lin.   13-15. 

§  113.  —  (Yahya  b.  Khàlid,  da  Abd  al-rahmàn  b.  Zayd  b.  Aslam,  da 
suo  padre  Zayd  b.  Aslam).  Quando  la  conquista  dell'Egitto  incominciò  a 

265.    -  34 


iia-115. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  presa 
di  Alessandria.] 


tirare  in  lungo,  il  Califfo  'limar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'Às  rimproverandogli 
di  iioii  esservi  ancora  riuscito,  benché  guerreggiasse  da  due  anni,  e  di- 
chiarò che  la  causa  di  ciò  erano  le  novità  iniziate  (ahdat_htum)  dagli 
Arabi,  i  quali  avevano  cessato  dal  combattere  per  la  fede,  ed  aspiravano 
ora  soltanto  a  bottino  e  ricchezza,  come  i  Gioci:  perciò  Dio  negava  loro 
la  vittoria.  Gli  ordinò  quindi  di  sollecitare  la  fine  della  gueira,  e  gli  mandò 
quattro  guerrieri  di  provato  valore,  ognuno  equivalente  a  mille  uomini,  e 
quejsti  dovevano  dare  il  buon  esempio  e  trascinare  gli  altri  a  battersi  con 
più  ardimento.  Allora  ebbe  termine  la  conquista  (' Abd  al-hakam,   115). 

Cfr.  Suyùti  Husn.I,  58;  nubays,fol.  101, v.;  Maqrizi  Ivhitat, 
I,    U)5,   [in.    15-23. 

Questa  tradizione  è  chiaramente  una  variante  di  quella  sui  rinfòrzi 
mandati  da  'Umar  durante  l'assedio  di  Babilonia,  quando  pure  furono  spe- 
diti quattro  valenti  capitani,  ognuno  con  mille  uomini  (cfr.  19.  a.  H.,  §  60). 
Il  parallelismo  getta  però  scredito  sulle  notizie  precedenti  e  sembra  dare 
a  queste  un  carattere  convenzionale,  mettendo  in  dubbio  la  loro  verità 
storica. 

§  114.  —  (Uthmàn  b.  Sàlih).  Amr  b.  al-'As  si  consultò  con  Maslamah 
b.  Mukhallad,  e  seguendo  il  suo  consiglio,  invitò  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  a 
prendere  il  comando  dell'assalto.  'Ubàdah  accettò,  e  messosi  alla  testa  di 
quelli  scelti  per  l'assalto,  espugnò  alfine  Alessandria  (Abd  al-hakam, 
115-116). 

Maqrizi  Khitat,  I,   165,  lin.  23  e  segg. 

Come  per  Babilonia,  così  anche  per  Alessandria,  è  sempre  uno  dei 
quattro  eroi  mandati  in  soccorso  che  entra  per  primo  nella  città  assediata 
e  ne  assicura  la  conquista. 

§  115.  —  (Khàlid  b.  Nagih,  da  un  informatore  fidato).  Durante  l'as- 
sedio di  Alessandria  i  Greci  fecero  una  volta  una  sortita,  ed  uno  di  loro 
in  singoiar  tenzone  con  Maslamah  b.  Mukhallad  lo  rovesciò  di  sella,  e  1q 
malmenò  con  la  spada:  se  un  compagno  non  fosse  venuto  in  soccorso 
a  trarlo  in  salvamento,  Maslamah  sarebbe  stato  conciato  in  malo  modo. 
I  Greci  si  rallegrarono  di  tale  successo,  ma  non  così  'Amr,  il  quale,  va- 
lendosi del  fatto  che  3Iaslamah  era  viomo  di  carni  abbondanti  e  molto 
greve,  disse:  «  Perchè  mai  quell'uomo,  con  il  suo  grosso  deretano,  che  lo 
«  rende  simile  ad  una  donna,  viene  ad  occuparsi  delle  faccende  proprie 
«  di  uomini,  e  cerca  di  somigliarli?  ».  Di  queste  parole  offensive  Maslamah 
risentì  vivissimo  rincrescimento,  ma  non  tardò  a  presentarsi  un'occasione 
in  cui  gli  fu  possibile  lavarsi  l'onta.  Infatti  egli  ed  'Amr  dui-ante  una  sca- 
ramuccia rimasero  circondati  dai  Greci  e  costretti  a  ricoverai-si  in  un  sito 


266. 


20.  a.  H.  §§  115^119. 

fortificato  dei  Greci  stessi,    nel    Di  mas,    dove    sarebbero    forse    periti,    se  20.  a.  h. 

•  [EGITTO.  -  Tradi- 

Maslamah  non  avesse  mostrato  un  grandissimo  coraggio  ed  avesse  abbat-  ^jonj  s^na  p^gsa 
tuto  un  greco  in  singoiar  tenzone,  previo  accordo  che  il  vincitore  avrebbe  ^'  Alessandria.] 
deciso  la  sorte  dei  due  arabi  sperduti  e  separati  dal  resto  dell'esercito.  I 
Greci  ignoravano  chi  fossero  i  due  uomini,  sicché  quando  Maslamah  ebbe 
abbattuto  il  greco,  gli  altri  lasciarono  partire  'Amr  e  Maslamah.  Solo  più 
tardi  scoprirono  chi  erano  i  due  e  si  pentirono  amai-amente  di  averli  la- 
sciati partire.  Dopo  questo  incidente  ad  'Amr  dispiacque  aver  detto  quelle 
parole  crudeli  sul  conto  di  Maslamah,  e  gli  chiese  perdono.  Quando  Ma- 
slamah glielo  concesse,  'Amr  esclamò:  «  Tre  volte  ho  io  fatto  uso  di  male 
«  parole:  due  volte  ai  tempi  pagani,  ed  ora  in  questa  occasione:  ogni  volta 
«  mi  sono  pentito  di  quanto  ho  detto,  ma  mai  come  adesso,  e  spero  che 
«non  lo  farò  più  una  quarta  volta  finché  io  vivo»   (Hubays,  fol.   101, r.). 

Maqrizi   Khitat,  I,   164,  lin.  32  e  segg.  [H.]. 

§  116.  —  ('Abdallah  b.  'Abd  al-hakam).  Quando  incominciò  a  tirare 
in  lungo  l'assedio  di  Alessandria,  'Amr  b.  al-'As  ebbe  improvvisamente  una 
idea  :  «  Io  ho  meditato  questa  faccenda,  e  (mi  sono  persuaso)  che  la  fine  di 
«  essa  non  sarà  menata  a  buon  termine,  se  non  da  quelli  che  ne  assicura- 
«  rono  il  principio!  ».  E  con  ciò  alluse  agli  Ansar  (che  avevano  assistito  Mao- 
metto al  principio  della  vita  politica  dell'Islam  in  Madinah).  Egli  chiamò 
allora  Ubàdah  b.  al-Sàmit  al-Ansàri,  gli  conferì  il  comando,  e  quel  giorno 
stesso  fu  espugnata  Alessandria  ('Abd  al-hakam,   116). 

Cft-.  Suyùti  Husn,  I,  68;  Maqrizi  Khitat,  I,    165,  lin.  25-28. 

§  117.  —  (Yahya  b.  Ayyùb,  e  Khàlid  b.  Humayd).  Alessandria  fu  asse- 
diata per  nove  mesi  prima  e  cinque  mesi  dopo  la  morte  di  Eraclio,  e  fu  espu- 
gnata il  venerdì  T  Muharram  dell'anno  20.  H.   ('Abd  al-hakam,   116). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  58;  Wust.  S.  A.,  pag.  10,  interpreta  il  testo: 
V  Muharram  21.  H.,  ossia  10  dicembre  641  a.  È.  V.  Così  ha  Maqrizi 
Khitat,  I,   165,  lin.  28-29. 

Per  comprendere  gii  errori  di  questa  tradizione  si  rammenti  come 
Eraclio  sia  morto  nel  febbraio  del  641,  mentre  dm-ava  ancora  l'assedio  di 
Babilonia. 

§  118. —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  Màlik  b.  Anas).  L'Egitto 
(Misr)  fu  conquistato  nell'anno  20.  H.  ('Abd  al-hakam,  117). 

Cfi\  Suyùti  Husn,  I,  68. 

-     §  119.  —  ('Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  [b.  Sa'd]).  Quando  i  Greci 

furono  sconfitti  e  gli  Arabi  espugnarono  Alessandria,  i  difensori  della  città 

si  misero  in  salvo  in  parte  sulle  navi  e  in  parte  sulla  terra  ferma.  'Amr 

b.  al-As  lasciò  in  Alessandria  mille  uomini  ed  inseguì  i  Greci  fuggiti  in 

267. 


§§  119-122.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  tt'na   ferina.   AUma  qiiolli   lieoveratisi  in  maiv  sulU'    navi    ritornarono    ad 

EGITTO.  -  Tradì-        .  ,  ,    •  i  i  i  -,  ,  , 

zioni  sulla  presa  Alo.'^sandria,  mas.sacrarono  la  guarnigione  musulmana  e  ripresero  la  città, 
dì  Alessandria.;  'Anir  b.  al-'A.s  ritornò  ad  Alessandria  e  la  espugnò  (una  seconda  volta), 
scrivendo  poi  al  Califfo  'Limar:  «Ho  preso  Alessandria  d'assalto  (an- 
«wat"")  e  senza  trattato  (bi-ghayr  ai^d'"  w  a  làalid'°)».  Allora  il 
Calitlo  Umar  gli  scrisse  disapprovando  i!  suo  modo  di  vedere  ed  ordinan- 
dogli di  non  trattare  la  città  come  se  fosse  stata  presa  d'assalto.  Ma  con 
questo  —  nota  ibn  Lahi'ah  —  si  allude  alla  seconda  prosa  di  Alessandria 
(e  non  alla  prima)  ('  A  b  d  a  1  -  h  a  k  a  m  ,   117). 

Cfr.  Suyfiti  Husn,  I,  ó8:  Hubay.s.  fol.  101, v.;  Maqrizi  Khitat, 
I.   165,  lin.  32  e  segg. 

§  120.  —  (Ibràliim  b.  Sa'ld  al-Balùlij.  Un  uomo  per  nome  ibn  Bassa- 
mali  era  custode  di  una  delle  porte  (di  Alessandria):  egli  chiese  ad  'Amr 
b.  al-'As  l'amàn  (o  sicurtà)  per  sé,  la  sua  terra,  e  la  gente  della  sua  fa- 
miglia, alla  condizione  di  aprirgli  la  porta.  Amr  accettò,  e  così  i  Musul- 
mani entrarono  (nella  città).  Questa  volta  i  Musulmani  entrarono  dalla 
parte  del  ponte  detto  poi  Qantarah  Sulaymàu.  La  prima  volta  'Amr  pe- 
netrò nella  città  dalla  parte  della  Chiesa  d'Oro,  Kanisah  al-Dzahal). 
ibn  Bassàmah  lasciò  discendenti  che  esistevano  ancora  ai  tempi  di  ibn 
'Abd  al-hakam  ('Abd  al-hakam,   117). 

Cfi-.  Suv'ùti  Husn,  I,  59;  Hubays,  fol.  101, v.;  Maqrizi  Khitat, 
I,   166,  lin.   i>7  e  segg. 

Si  confondono  i  particolari  della  seconda  presa  di  Alessandria  (per 
assalto  e  tradimento  nel  25.  H.)  con  la  prima,  avvenuta  pacificamente  nel 
20.  H. 

§  121.  —  (Hàni  b.  al-Mutawakkil,  da  Damàmir  b.  Ismà'il  ai-Ma  àfiri). 
Dal  principio  della  faccenda  di  Alessandria,  fino  a  quando  fu  espugnata, 
perirono  uccisi  ventidue  Musulmani  ('Abd  al-hakam,   118). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  58;  Hubays,  fol.  102, r.;  Maqrizi  Khitat, 
I,   165,  ult.  lin. 

Ciò  è  prova  evidente  che  i  combattimenti  intorno  ad  Alessandria  fu- 
rono ben  poco  cruenti,  e  debole  la  difesa  dei  Greci.  Furono  ragioni  mo- 
rali e  non  l' assalto  degli  Arabi  che  indussero  i  difensori  ad  arrendersi 
a  patti. 

§  122.  —  (Utjimàn  b.  Salili,  da  ibn  Lahi'ah).  La  notizia  della  vittoria 
(=  la  presa  di  Alessandria)  fu  mandata  da  Amr  b.  al-'As  al  Califfo  'Umar 
per  mezzo  di  Mu'àwiyah  b.  Khudayg.  Questi  domandò  ad  Amr  di  conse- 
gnargli una  lettera  per  il  Califfo,  ma  'Amr  gii  rispose:  «  Che  ne  faccio  di 
«  una  lettera?  Non  sei  tu  uomo  eloquente  e  non   hai  tu  visto  ogni  cosa? 

•268. 


20.  a.  H. 


122-l-2(;. 


«  Non  tòsti  presente?  »   'Umar  festeggiò  la  notizia  della  presa  di  Alessan-  20.  a.  h. 

dria,  mettendosi  a  pregare  e  ringraziando  Dio  (')  e  A bd  al-hakam,   118).  '  zionì  sulla  presa 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I.  58-59;  Hubays,  fol,   102,r. ;  Maqrizi  Khi-  di  Alessandria.] 
tat,  T,    166,  lin.    1   e  segg. 

Nota  i.  —  In  uu"altia  tradizione  più  prolissa  ida  Miih.  b.  Yazid  al-Muqri,  da  Musa  b.  'Ali,  da 
suo  padre  'Ali  i  l'arrivo  di  Mu'àwiyab  a  Madinah  è  narrato  con  copia  assai  maggiore  di  particolari  : 
si  descrive  il  suo  ingresso  nella  moschea,  il  suo  fortuito  incontro  con  una  serva  del  Caliiì'o,  che  an- 
nunzia ad  'Umar  la  venuta  del  messo  dall'  Egitto  e  poi  ritorna  a  chiamare  Mu'àvyiyah.  Poi  si  narra  la 
cerimonia  pubblica  nella  quale  il  Califfo  fa  annunziare  la  vittoria  e  quindi  dirige  la  preghiera  di  ringra- 
ziamento: infine  con  minuti  particolari  abbiamo  la  narrazione  della  parca  mensa  allestita  dal  Calitì'o  e 
dalla  sua  schiava  per  Mu'àwiyah,  il  quale  tutto  vergognoso  e  pieno  di  rispetto  divora  il  modesto  pasto 
di  pane,  olio  e  datteri  l'Abd  al-hakam,  119). 

§  123.  —  (Ibràhìm  b.  Sa'ìd  al-Balùlij.  Amr  b.  al-As  scrisse  al  Califfo 
Umar:  «  Io  ho  espugnato  una  città,  sul  conto  della  quale  ti  dirò  soltanto 
«che  vi  ho  trovato  4000  giardini  (?  ms.  mu  nyali),  4000  bagni  (ham- 
<,<  màm),  12,000  venditori  di  legumi,  40,000  Ebrei  che  pagano  la  gizyah. 
«e  400  luoghi  di  divertimento  [?  mal  ha]  che  appartengono  ai  principi 
«(mulùk)»   ('Abd  al-hakam,   119). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  69;  Hubay.s,  fol.  102, r.;  Maqrizi  Khi  tat, 
I,  166.  lin.   14  e   segg. 

§  124.  —  (_'Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  Damàmir  b.  Ismà'xl,  da  abù 
QabilJ.  In  Alessandria  'Amr  b.  al-'As  trovò,  al  momento  della  conquista, 
12,000  mercanti  di  legumi  (baqqàl)  che  vendevano  legumi  verdi  (' A  bd 
al-hakam,   119). 

Lo  stesso  è  confermato  in  una  tradizione  di  Yahya  b.  Bukayr,  da  ibn 
Miqlàs,  da  Yahya  b.  'Abdallah  b.  Dàwùd,  da  Haywah  b.  Surayh  ("Abd 
al-hakam,   119). 

Cfr.    Suyuti    Husn.  I.   59;    Maqrizi    Khitat,   I,   166,    lin.   16-17. 

§  125.  —  (Hàui  b.  al-Mutawakkil,  da  Muli.  b.  Sa'id  al-Hàsimi,  da  un 
abitante  di  Alessandria).  Nel  giorno  in  cui  gli  Arabi  entrarono  in  Ales- 
sandi-ia  v'erano  nella  città  70,000  Ebrei  (Wbd  al-hakam,   119-120). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  69;  Maqrizi  Khitat,  I,   166,  lin,   18. 

§  126.  —  (Hàni  b.  al-Mutawakkil,  da  Musa  b.  Ayyùb,  e  Easid  b.  Sad. 
da  al-Khams(?)  b.  Thawbàn,  da  Husayn  b.  Safa  b.  'Ubayd).  Nelle  terme  (ham- 
màmàt)  di  Alessandria  v'erano  dodici  di  mas,  o  stanze  coperte,  la  più 
piccola  delle  quali  conteneva  mille  vani  (maglis),  ed  ognuna  di  queste  po- 
teva contenere  un  numero  considerevole  di  persone.  I  Greci  ammontavano 
a.  200,000  uomini,  e  tra  questi  quanti  erano  soldati  si  ritii'arono  in  territorio 
bizantino  (ard  al-Rùmj  facendo  vela  su  cento  grandi  navi  ormeggiate  nel 
porto:  in  queste  navi  partirono  30,000  persone  con  tutti  i  beni  mobili  che 
hi  possibile  di  asportare.  La  gente    rimasta  in  Alessandiia  e  che  dovette 

26». 


§§  126-128.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  pajrare  il  kharàg   amuiontò  a  000,000  uomini,  oltre  le  donne  ed  i  bam- 

[EGITTO.  -  Tradì-       ,  .     .      ^  T  ^    ^^ ,.  j     ■    Tir         i  ■    •       •    j.    ^^ 

zioni  sulla  presa  bini.  Questi  oiaiio  tutti  prigionieri  di  guerra  ed  i  Musulmani  insistettero 
di  Alessandria.;  presso  "Amr  b.  al-'As  perchè  li  dividesse  tra  loro  come  bottino  di  guerra: 
tale  era  il  parere  della  maggioranza  tra  i  vincitori.  'Amr  rispose  di  non 
poter  fare  la  divisione  se  prima  non  scriveva  al  Califfo.  Così  fece,  ma  la 
risposta  del  Calilfo  fu  di  non  dividere  (i  prigionieri)  e  di  lasciarli  affinchè 
il  loro  kharàg  divenisse  l'ay  (o  preda  indivisa  e  reddito)  dei  Musulmani 
per  assisterli  in  avvenire  nella  guerra  santa  contro  i  loro  nemici.  Gli  ordini 
di  'Umar  furono  eseguiti,  fu  fatto  il  computo  dei  vinti  e  s'impose  a  loro 
la  ta.s.sa.  Così  tutto  l'Egitto  divenne  (terra  sottomessa  con  trattato)  su  Ih'*", 
obbligata  a  pagare  due  dinar  per  ogni  uomo  e  nulla  di  più  come  gizyali , 
astrazion  fatta  per  la  tassa  sui  terreni  in  ragione  della  estensione  della  loro 
cultura.  In  Alessandria  però  il  kharàg  e  la  gizyah  furono  imposti  in 
ragione  di  quanto  appariva  ibsse  lo  stato  di  fortuna  (w  aliyy  uh  um), 
perchè  Alessandria  fii  espugnata  d'assalto  e  senza  patto  (bighayr  'ahd 
wa  là  'aqd),  e  non  ebbene  trattato  (su  Ih),  né  protezione  (dz  ini  mah) 
('Abd  al-hakam,   120-121;   ripetuto  poi  a  pag.   122-123). 

Cfi-.  Suyuti  Husn,  I,  59;  Hubays,  fol.  102,r.-102,v.;  Maqrizi 
Khitat,  I,   166,  lin.   18-28. 

Vedremo  sotto  l'anno  23.  H.  gli  errori  per  la  parte  lìscale:  nel  resto 
è  palese  il  costante  errore  di  confondere  la  seconda  con  la  prima  resa  di 
Alessandria. 

§  127.  —  (Uthmàn  b.  Salili,  da  ibn  Lahì'ah,  da  Yazid  b.  abi  Habib). 
'Amr  b.  al-'As  ridusse  schiavi  gli  abitanti  di  Balhà(?),  di  Sultays  [Yàqùt, 
III,  116],  di  Qartasà  [id.,  IV,  61]  e  di  Sakhà  [id..  Ili,  51],  e  li  disperse. 
Alcuni  dei  principali  tra  questi  furono  mandati  a  Madinah,  ed  il  Califfo 
'Umar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As,  ordinandogli  di  rimetter  tutti  in  libertà. 
L'ordine  fu  eseguito  con  quanti  'Amr  riusci  a  ritrovare  ('Abd  al-ha- 
kam,  126). 

§  128.  —  In  una  tradizione  (di  'Uthmàn  b.  Sàlih,  da  Yahya  b.  Ayyùb) 
i  tre  villaggi  sono  chiamati  Sàtìs,  Masil  (?)  e  Malhìb  (o  Balhìt),  e  si  dice 
furono  puniti,  perchè  gli  abitanti,  aiutati  dai  Greci,  sopraffecero  un  distac- 
camento dei  Musulmani:  ma  'Umar  volle  che  venissero  trattati  come  gli 
abitanti  di  Alessandria,  e  tutti  considerati  come  ahi  al-dzimmah  (') 
('Abd  al-hakam,   121,  e  di  nuovo  a  pag.   126). 

Cfr.  Suyuti  Husn,  I,  59,  ha:  Balhìt,  al-Khays  [Yàqùt,  II,  507], 
Saltìs  e  Qartasà;  Maqrizi  Khitat,  I,  166,  lin.  28,  ha:  Balhib,  al-Khays 
e  Saltìs:  in  un  passo  seguente;  ibid.,  lin.  30,  ha:  Saltìs,  Qartayà,  Balhib 
e  Sakhà. 

270. 


20.  a.  H.  §§  128-130. 


Non  mi  è  riuscito  ancora  a  scoprire  le  ragioni   per  le  quali  in  queste  20.  a.  H. 

e  in  tante  altre  tradizioni  si  ritorni  con  singolare  insistenza  a  rammentare  2.j(,nj  sulla  presa 
il  trattamento  speciale  accordato  agli  abitanti  di  questi  paesi  oscuri  e  di  '*'  Alessandria.) 
secondaria  importanza.  Trattasi  evidentemente  di  qualche  particolare  della 
conquista,  sul  quale  per  ragioni  speciali  si  è  tornato  a  discutere  in  tempi 
posteriori.  Sospetto  che  sotto  ad  esse  si  asconda  qualche  intricata  questione 
legale  sulla  proprietà  di  fondi  di  quelle  parti,  questione  forse  portata  in- 
nanzi ai  tribunali  nei  tempi  in  cui  furono  composte  queste  tradizioni,  ossia 
circa  cento  cinquant'anni  dopo  la  conquista. 

La  questione  delle  borgate  fruenti  di  diritti  speciali  ritoma  più  avanti 
sotto  i  §§   184  e  segg. 

Nota  1.  —  Tra  i  prigionieri  di  questi  villaggi  trovavansi  'Imràu  b.  'Abd  al-rahmàn,  la  madre  di 
'Ivàd  b.  'Uqbah,  il  padre  di  TJbaydali  b.  'Dqbah,  la  madre  di  'Awn  b.  Khàrigah  al-Qurasi  al-'Adawi,  la 
madre  di  'Abd  al-rahmàn  b.  Mu'awiyali  b.  Khudayg,  ed  altri  che  furono  più  tardi  vari  eminenti  ma- 
wàli  alla  corte  di  ind  ibn  al-Hakam,  ossia  Abàn,  suo  zio  paterno  abù  Tyàd,  'Abd  al-rahmàn  al- 
Balhibi,  ed  alti-i  l'Abd  al-hakani,  122). 

§  129.  —  (ibn  Lahi'ah).  L'importo  della  gizyah  pagata  da  Alessan- 
dria ad  Amr  b.  al-'As  ammontò  a  600,000  dìnàr,  perchè  vi  trovò  300.000 
degli  ahi  a  1  -  dz  i  m  m  a  h  ,  che  pagavano  due  dinar  a  testa.  Altri  abbas- 
sano il  tributo  sino  a  18,000  dìnàr.  Ai  tempi  del  Califfo  Hisàm  b.  'Abd 
al-malik  il  tributo  era  di  36,000  dìnàr  (^Maqrìzi  Khitat,  I,  166,  linea 
penult.  e  seg.). 

Cfr.  anche  Maqrizi  Khitat,  I,  98,  Un.   32-35. 

I  primi  numeri  sono  fantastici  e  non  meritano  veruna  fede  :  ben  altro 
è  il  caso  con  i  18,000  dìnàr  che  mi  sembrano,  con  molta  probabilità,  la 
memoria  della  prima  indennità  pagata  dagli  Alessandrini  agli  Arabi  vit- 
toriosi nella  prima  resa  della  città.  Cfr.  più  avanti  i  13,000  ed  i  18,000 
dìnàr  ricordati  da  al-Balàdzuri  (§§   132,   133). 

§  130.  —  Tabù  Ayyùb  al-Raqqi,  da  'Abd  al-ghaffar  al-Harràni,  da  ibn 
Lahi'ah,  da  Yazìd  b.  abì  Habib.  da  al-Graysàni,  da  alcuni  che  furono  pre- 
senti alla  conquista  dell'Egitto).  Quando  ebbe  espugnata  al-Fustàt  (=  Alyù- 
nah),  'Amr  b.  al-'As  mandò  ad  Ayn  Sams  'Abdallah  b.  Hudzàfah  al-Sahmi 
che  sottomise  tutto  il  suo  territorio  (ard)  e  stipulò  con  gli  abitanti  dei 
suoi  villaggi  un  accordo  simile  a  quello  concluso  con  gli  abitanti  di  al- 
Fustàt.  Mandò  poi  Khàrigah  b.  Hudzàfah  al-'Adawi  verso  al-Fayyùm  [Y  à- 
qùt,  III,  933],  al-U.smùnayn  [HermopoUs:  id.,  I,  283].  Ikhmim  [id.,  I,  165], 
al-Basarùdàt  ed  i  villaggi  del  Said,  e  furono  stipulate  le  medesime  con- 
dizioni. Lo  stesso  avvenne  nel  corso  di  una  spedizione  di  'Umayr  b.  Wahb 
al-Gumahi  a  Tinnis  [id..  I,  882],  Dimyàt  [id.,  II,  602],  Tùnah,  Damìrah 
[id.,  II,  602],  Satà  [id.,  Ili,  288],  Diqaldah  [id.,  II,  581],  Banà  [id.,  I,  738] 

271. 


§§  i3(t,  131.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  ^  Bùsir  [id.,  1,   7U0],  e  di  un'altra  di  'Uqbali   b.  'Amir  al-Guhani  (oppine 

zioni  sulla  pr*sa  Waidaii.  il  HI  a  w  1  a  di  'Amr  I).  al-'As  dal  quale  prese  nome  il  Sùq  Wardàu 
di  Alessandria.,       [j^   ;\Iisr|  ai   villaggi  nella  parte   inferiore  del  paese  (a  sfai   al-ard). 

Cosi  'Amr  compiè  la  conquista  dell'Egitto  e  tutto  il  paese  divenne 
ard    kharàg  o  terra  pagante  l'imposta  Idiaràg  (Balàdzuri,  216-217). 

La  tradizione  ha  importanza  perchè  descrive  come  Amr  b.  al-'As,  ap- 
pena padrone  di  Babilonia,  e  forse  durante  l'assedio  di  Alessandria  e  la 
tregua  di  undici  mesi  che  la  seguì,  si  affrettasse  a  mandare  spedizioni  nelle 
varie  parti  del  paese  per  stabilire  l'autorità  musulmana  e  regolare  il  pa- 
gamento nel  tesoro  islamico  delle  tasse  versate  sinora  nel  tesoro  bizantino. 

§  131.  —  (al-Balàdzuri,  senza  i  snàd).  Quando  ebbe  conquistato  l'Egitto 
(Misr,  forse  =  al-Fustàt)  'Amr  b.  al-'As  vi  foce  sosta,  poi  scrisse  al  Califfo 
'Umar,  chiedendo  l'ordine  di  fare  una  punta  (fì-1-zahf)  su  Alessandria; 
ed  ottenutolo,  partì  lasciando,  come  luogotenente  in  Misr,  Khàrigah  b. 
Hudzàfah  b.  Ghànim  b.  'Amir  b.  'Abdallali  b.  'Ubayd  b.  'Awig  b.  'Adi  b. 
Ka'b  b.  Lu-ayy  b.  Ghàlib.  Questo  avveniva  nel  21.  H.,  e  gli  abitanti,  e 
Greci  e  Copti,  al  di  là  (duna)  di  Alessandria  si  erano  riuniti  in  armi 
contro  'Amr  avendo  in  mente  di  assalirlo  in  al-Fustàt  prima  che  egli  si 
fosse  accinto  ad  espugnare  Alessandria.  'Amr  b.  al-'As  venne  alle  mani 
con  queste  schiere  in  al-Kiiyawn  [Yàqtit,  IV,  271]  ed  inflisse  loro  una 
sanguinosa  disfatta,  con  grande  strage  dei  vinti.  Fra  coloro  che  furono 
battuti  in  questa  battaglia  si  ricordano  gli  abitanti  di  Sakhà,  di  Bilhit. 
di  al-Khays,  di  Sultays  e  di  altri  luoghi,  che  avevano  seguito  e  dato  mano 
ai  precedenti  (cfi-.  pocanzi  §§  127,   128). 

Poi  'Amr  si  avanzò  (senza  incontrare  altra  resistenza)  fino  ad  Ales- 
sandria, dove  trovò  gii  abitanti  pronti  e  preparati  a  resistergli.  Senonchè 
i  Copti  volevano  far  pace  con  'Amr:  perciò  al-Muqawqis  scrisse  al  generale 
arabo  chiedendo  la  pace  ed  una  tregua  per  un  certo  tempo.  'Amr  rispose 
con  un  rifiuto.  Allora  al-Muqawqis  ordinò  alle  donne  di  salire  sulle  mura 
della  città  con  le  fàccie  rivolte  verso  l'interno,  e  dispose  gli  uomini  pari- 
menti sulle  mura,  ma  rivestiti  delle  loro  armi  e  con  le  faccie  rivolte  verso 
il  nemico  :  egli  voleva  intimorire  così  i  Musulmani  (dando  a  credere  d'avere 
un  numero  assai  grande  di  difensori).  'Amr  non  si  lasciò  né  intimorire  né 
ingannare  da  al-Muqawqis  e  gii  scrisse  che  non  si  dava  pensiero  del  numero 
dei  difensori:  si  ricordasse  che  i  Musulmani  si  erano  battuti  con  lo  stesso 
loro  so\Tano  Eraclio,  ed  era  avvenuto,  quello  che  era  avvenuto  (ossia  la 
conquista  della  Palestina  e  della  Siria).  al-Muqawqis  impensierito  da  questa 
risposta  propose  di  espellere  dal  Dar  al-mamlakah  (palazzo  del  go- 
verno) il  loro  principe  e  di  rimandarlo  a  Costantinopoli,  affinché  gii  abi- 


ù^' 


^r 


'Annali  deir  Islam  ...  Voi.  IV 


Fortezza  romana  di  Babilonia   Bàb-ai-Yùn'^ 
(  Q,asr-al-Sam*i 

PIANTA   DELLE   KOVINK   K.^^IsrKMi    XKL   1HK2 
(-Ril.iYMln/,i..iir  lU-llii   ],u,utn   inihì,ìu-.it:,   .tal    Hiitler:    «  Tli..   Anih   C.n.iiu-si    „i  Ki^pt  »,  paK.  -MO 


20.  a.  H. 


131-134. 


tanti  di  Alessandria  fossero  i  primi  a  sottomettersi  (ed  ottenessero  patti 
migliori).  I  suoi  colleghi  adirati  respinsero  la  proposta  e  insistettero  nel 
volersi  battere.  Allora  'Amr  b.  al-'As  assalì  la  città  con  grande  vigore  du- 
rante tre  mesi  ed  infine  la  espugnò  d'assalto,  predando  quanto  v'era  in 
essa.  Eisparmiò  però  gli  abitanti,  ninno  dei  quali  fii  ucciso  o  ridotto  schiavo. 
Egli  li  dichiarò  protetti  (ahi  al-dzimmah)  come  gli  abitanti  di  Alyiinah. 
'Amr  inviò  quindi  la  notizia  della  vittoria  insieme  con  il  quinto  del  bot- 
tino al  Califfo  'Umar  per  mezzo  di  Mu'àwiyah  b.  Khudayg  al-Kindi  (Ba- 
làdzuri,  220-221). 

§  132.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Si  dice  che  al-Muqawqis  pattuì 
con  'Amr  (un  tributo  annuale)  di  13,000  dinar  (cfr.  §  129),  stipulò  che 
gli  abitanti  erano  liberi  di  rimanere  o  d'emigrare,  e  che  ogni  copto  adulto 
dovesse  pagare  (annualmente)  due  dinar.  In  questo  senso  'Amr  stese  in 
iscritto  un  documento  per  gli  abitanti.  Quando  'Amr  lasciò  Alessandria,  vi 
pose  una  guarnigione  musulmana  di  frontiera  (ràbitah)  sotto  il  comando 
di  'Abdallah  b.  Hudzàfah  b.  Qays  b.  'Adi  b.  Sa'd  b.  Sahm  b.  'Amr  b. 
Husaj^s  b.  Ka'b  b.  Lu-ayy:  egli  fece  ritorno  ad  al-Fustàt  (Balàdzuri,  221). 

§  133.  —  (Bakr  b.  al-Haytham,  da  'Abdallah  b.  Salili,  da  Musa  b.  'Ali, 
da  suo  padre  ['Ali]).  La  gizyah  riscossa  (in  principio)  nella  città  di  Ales- 
sandi-ia  ammontava  a  18,000  dinar,  ma  più  tardi  durante  il  Califfato  di 
Hisàm  b.   'Abd  al-malik  salì  a  36,000  (Balàdzuri,  223). 

§  134.  —  ('Amr  [b.  Muh.]  al-Nàqid,  da  ['AbdaUah]  b.  Wahb  al-Misri, 
da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abi  Habib).  'Amr  b.  al-'As  espugnò  Alessan- 
dria, ed  i  Musulmani  vi  si  stabilirono  in  guarnigione.  Avvenne  però  che 
quando  i  Musulmani  si  allontanavano  sia  per  un  viaggio,  sia  per  una  spe- 
dizione militare,  ritornando  alle  case  abitate  (manàzil)  prima,  le  trova- 
vano occupate  da  altri  musulmani,  che  vi  si  erano  stabiliti  durante  la  loro 
assenza.  'Amr  volle  porre  rimediò  a  questo  inconveniente,  mh-ando  sovrat- 
tutto  a  che  le  case  non  andassero  in  rovina  per  il  succedersi  continuo  di 
nuovi  inquilini  (tata warùuahà).  Perciò  quando  si  venne  alla  spedizione 
che  portò  alla  battaglia  di  al-Kiiyawn  (confusione  degli  eventi  della,  prima 
con  la  seconda  presa  di  Alessandria  nel  26.  a.  H.)  egli  ingiunse  ai  suoi  di 
scegliersi  ognuno  la  propria  dimora  piantando  una  lancia  in  terra  nella  casa 
scelta.  Questa  doveva  rimanere  per  sempre  adibita  all'uso  suo  e  dei  suoi 
consanguinei  e  discendenti.  Così  avvenne  (dopo  la  ripresa  di  Alessandria) 
che  ognuno  si  scelse- una  dimora  e  vi  piantò  la  lancia  (in  segno  del  suo 
diritto  acquisito).  Quando  in  alcune  case  parecchi,  o  due,  o  tre,  piantavano 
le  loro  lancie,  allora  i  vari  musulmani  si  dividevano  la  casa  (dar  real- 
mente: gruppo  di  case  collegate  assieme  da  una  corte  comune);  e  quando 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  presa 
dì  Alessandria.] 


273. 


35 


^  iai-137.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  ,m,)  ^[  allontanava  (con  la  sua  famiglia),  i  Greci  abitavano  le  stanze  vuote 

zioni  sulla  presa       lì'^"  ''^  ritorno  dei  Musulmani  ì.  E, -aggiunge  Yazid  b.  abi  Habib,  non  era 

di  Alessandria.)       |)erniesso  ad  alcuno  riscuotere  un  attìtto  por  lo  case,  o  venderle,  o  riceverle 

in  eredità,  perchè  esso  erano  state  dimora  (dei  Musulmani)  nei  giorni  in 

cui  foiinavan  la  guarnigione  di  ti'ontiera   (ayyàm    ribàtihim)    (Balà- 

(jz  u  r  i  ^  222). 

Maqrizi   Khitat,  1,   107. 

La  stessa  tradizione  trovasi  in  ibn  Abd  al-hakam  con  parecchie  va- 
l'ianti  e  qualche  abbreviazione:  ma  il  senso  è  il  medesimo.  Invece  di  al- 
Kir3-awn,  abbiamo  nettamente  Karyùn  :  il  testo  conferma  la  correzione  del 
De  Goejo  alla  pag.  222,  Un.   12  ('Abd  al-hakam,   180-181). 

§  135.  —  Secondo  al-Ya'qùbi,  la  presa  di  al-Iskandariyyah  per  opera 
di  Amr  b.  al-'As  cadde  nell'anno  20.  H.  allo  stesso  tempo  del  resto  del- 
l'Egitto: dal  paese  fu  riscosso  come  kharàg  ru'visihim  (palese  confu- 
sione dei  concetti  di  tassa  fondiaria  e  di  tassa  per  testa:  in  questo  caso 
kharàg  .significa  soltanto  tributo)  la  somma  di  14,000,000  di  dìnàr  in 
ragione  di  duo  dinar  per  testa,  e  con  un  tributo  (kharàg)  preso  sul  rac- 
colto in  ragione  di  due  irìiabb  {sic)  per  ogni  cento  irdabb.  'Amr  espulse 
i  seguaci  di  Eraclio,  il  quale  cessò  di  vivere  accrescendo  la  debolezza  ed 
il  turbamento  morale  dei  Greci. 

Terminata  la  conquista,  'Amr  b.  al-'As  mandò  al  Califfo  'Umar  come  am- 
basciatore Mu'àwiyah  b.  Hudaj'g  al-Kindi,  il  quale  fece  tale  una  descrizione 
dell'Egitto  da  indmre  'Umar  ad  ordinare  l'invio  di  vettovaglie  dall'Egitto 
in  Arabia  per  via  del  Mar  Rosso,  Qulzum,  ed  al-Gàr.  'Amr  spedì  venti  navi 
cariche  di  3000  irdabb.  Per  mettere  a  coperto  tutta  questa  roba  il  Ca- 
liffo ordinò  la  costruzione  di  due  castelli  (qasr),  e  diede  istruzioni  a  Zayd , 
b.  Thàbit  di  iscrivere  la  gente  secondo  il  loro  grado  (per  la  distribuzione 
delle  vettovaglie)  e  di  mandare  ad  ognuno  un  avviso  scritto  sopra  pezzi  di 
carta  (qaràtìs),  rendendoli  atti  autentici  con  l'apposizione  in  basso  di  un 
sigillo.  Questi  furono  i  primi  atti  autenticati  (sikàk)  con  apposizione  in 
basso  di  un  sigillo  (Ya'qiibi,  II,   176-177). 

§  136.  —  'Amr  conquistò  i  paesi  d'Egitto  pacificamente  (sulh""), 
tranne  al-Iskandariyj'ah,  contro  cui  rimase  a  combattere  per  tre  anni,  e 
poi  la  prese  nell'anno  23.  H.,  perchè  non  c'era  nella  contrada  altra  città 
che  le  fosse  pari  in  sicurezza,  in  dimensione  e  in  abbondanza  di  preparativi 
(Ya'qùbi  Buld..  pag.   331,  lin.  5-7). 

§  137,  —  Tutti  i  paesi  d'Egitto  vennero  conquistati  sotto  il  califfato 
di  'Umar  b.  al-Khattàb,  essendo  amir  'Amr  b.  al-'As  b.  Wàil  al-Sahmi. 
Il  kharàg  d'Egitto  per  opera  di  'Amr  sotto  il  califfato   di  'Umar,  toccò 

274. 


20,  a.  H. 


§§  137-141. 


nel  primo  anno,  con  la  giz^-ali  per  testa,  quattordici  milioni  di  din  ài-. 
Poi  'Amr  nel  secondo  anno  ne  cavò  dieci  milioni.  Allora  'limar  gli  scrisse 
dandogli  dell'imbroglione  (khà-in)  (Ya'qiibi  Buld.,  pag.  339,  lin.  11-15). 

Vedremo  anche  da  altre  notizie  ed  indizi  che  gii  ultimi  momenti  del 
governo  di  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto  furono  amareggiati  dai  sospetti  e  dal- 
l'accusa di  disonesta  amministrazione.  Purtroppo  l'accusa  ed  i  sospetti 
sembrano  fondati  e  'limar  fu  giustificato  nell'agire  con  molta  severità. 

§  138.  —  Narrata  la  conclusione  del  trattato  di  Misr  attingendo  a  Sayf 
b.  'limar,  ibn  Khaldùn  dice  che  'Amr  mosse  contro  Alessandria,  sconfisse 
un  esercito  di  Greci  e  Copti  e  poi  assediò  Alessandria  dove  era  al-Muqawqis. 
L'assedio  durò  tre  mesi,  alla  fine  dei  quali  la  città  o  fu  presa  d'assalto  e 
saccheggiata,  o  con  regolare  trattato  (12,000  dinar  e  la  libera  partenza 
dei  Greci). 

Poi  seguì  la  spedizione  contro  la  Nubia  (Khaldùn,  II,  App.,  115). 

§  139.  —  (Yàqùt,  senza  isnàd).  Nel  Rabf  del  20.  H.  'Amr  b.  al-'Às, 
dopo  presa  la  fortezza  (di  Babilonia),  marciò  su  Alessandria,  che  fu  asse- 
diata per  sei  mesi  ed  espugnata  (Yàqiit,  III,  896,  lin.  2-6). 

§  140.  —  Anche  Yàqùt  si  sofferma  sulla  questione  se  l'Egitto  fu  con- 
quistato a  forza,  o  con  trattato  di  pace  (cfi-.  §§  182  e  segg.).  La  maggior 
parte  dei  dotti  egiziani,  egli  dice,  ossia  'Uqbah  b.  'Amir,  ibn  ahi  Habib, 
al-Layth  b.  Sa'd  ed  altri  sono  del  parere  che  l'Egitto  venisse  conquistato 
per  trattato  come  è  nella  versione  della  conquista  data  da  Yàqùt.  Altri 
invece,  tra  cui  'Abdallah  b.  Wahb,  Màlik  b.  Anas  ed  altri  sostengono  che 
tutto  l'Egitto  fino  alla  presa  della  fortezza  fu  conquistato  con  la  forza,  e 
che  perciò  tutto  il  resto  del  paese  seguì  la  medesima  sorte.  Una  terza 
scuola,  alla  quale  appartengono  ibn  Sihàb,  ibn  Lahi'ah  ed  altri,  dicono 
che  la  fortezza  fu  presa  d'assalto  ed  il  resto  fu  sottomesso  con  un  trattato 
concluso  il   1°  Muharram  del  20.  H.  (Yàqùt,  III,  895,  lin.   15-20). 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradi- 
zioni sulla  presa 
di  Alessandria.] 


EGITTO.  —  Presa  di  Alessandria  {versione  di  Severus  di  al-Usmu- 
nayn). 

§  141.  —  I  particolari  narrati  qui  appresso  si  riferiscono  quasi  intera- 
mente alla  seconda  presa  di  Alessandi'ia  nel  25.  H.  :  Severus  cade  negli 
stessi  errori  dei  suoi  colleghi  i  cronisti  musulmani. 

Nell'anno  360  di  Diocleziano,  nel  mese  di  dicembre,  tre  anni  dopo  che 
'Amr  (b.  al-'As)  ebbe  occupata  Misr,  i  Musulmani  s'impadronirono  della 
città  di  Alessandria,  ne  distrussero  le  mura,  incendiarono  molte  chiese, 
tra  le  quali  anche  la  chiesa  di  San  Marco  costruita  sulle  rive  del  mare  dove 
era  riposto  il  corpo   suo.  Esso   era  il  luogo   dove   andò  il  patriarca  Pietro 


275. 


[EGITTO.  -    Presa 
di  Alessandria. 


20.  a.  H.  \\   niaitiro  prima  del  suo  iiiaitivio.  bciiedi.s.se  San  Marco  ed  il  gregge,  con- 

sco-nandogli  il  gregge  come  era  .stato  consegnato  a  lui.  E  gli  Arabi  incen- 
diarono Innesto  luogo  e  tutti  i  conventi  che  erano  attorno. 

Durante  l'incendio  di  detta  chiesa  avvenne  un  miracolo  compiuto  da 
Dio:  uno  dtM  capitani  deUe  navi,  ossia  il  capitano  della  nave  di  al-Duqas 
SànutÌ3'ùs,  valicò  il  muro,  scese  nella  chiesa,  si  recò  al  santuario,  dove 
trovò  che  i  parati  erano  stati  rapiti,  perchè  ritenevano  che  nel  santuario 
vi  fossero  tesori,  ma  non  vi  trovarono  nulla:  perciò  rapirono  i  manti  che 
coprivano  i  resti  di  San  Marco  e  lasciarono  le  ossa.  Quando  il  capitano 
della  nave  introdusse  la  mano  entro  il  santuario,  trovò  il  cranio  del  santo, 
lo  prese  e  ritornò  al  battello  segretamente  e  nessuno  ne  ebbe  contezza: 
egli  nascose  la  testa  nella  stiva  tra  i  suoi  bagagli. 

Quando  'Amr  prese  possesso  della  città  e  sistemò  lo  sue  faccende,  il 
miscredente  governatore  di  Alessandiia  (cioè  QLrus)  ossia  colui  clic  ne  era 
governatore  e  patriarca  allo  stesso  tempo  per  i  Greci,  temette  che  'Amr 

10  avrebbe  mandato  a  morte:  egli  succhiò  un  anello  avvelenato  e  morì 
istantaneamente.  Allora  Sànùtiyùs,  l'al-takas  (?  duca)  buon  credente 
informò  'Amr  dei  casi  del  patriarca  Banyamin  e  come  fosse  fuggito  dai 
Greci  per  timor  di  loro.  'Amr  b.  al-'As  scrisse  alle  provincie  dell'Egitto 
una  lettera  nella  quale  diceva:  «  Il  luogo,  in  cui  è  Banyamin  patriarca  dei 
«  Cristiani  copti,  è  luogo  di  sicurtà  e  di  pace  da  Dio:  perciò  egli  venga  fuori 
«  sicuro  e  tranquillo  ed  amministri  le  faccende  della  sua  chiesa,  e  il  go- 
«  verno  della  sua  gente  ».  Allora  Banyamin  ritornò  ad  Alessandria  dopo 
un'assenza  di  tredici  anni,  di  cui  dieci  erano  gli  anni  del  miscredente 
Eraclio  e  tre  quelli  del  dominio  musulmano  sino  alla  presa  di  Alessandria  : 
il  takas  credente  Sànùtiyùs  regolò  tutta  la  faccenda  del  ritorno  e  pro- 
curò il  salvacondotto  dal  comandante  musulmano  'Amr.  Grande  fu  la  gioia 
dei  Copti:  quando  arrivò  Banyamin,  Amr  b.  al-'As  avvertito  di  ciò  diede 
ordini  che  venisse  trattato  con  tutto  il  dovuto  rispetto  ed  onore.  Quando 
'Amr  stesso  lo  vide,  lo  onorò  e  disse  ai  compagni  ed  intimi  suoi:  «  In 
«  tutta  la  provincia  che  abbiamo  conquistata  fino  ad  ora  non  ho  visto  un 
«  uomo  di  Dio  somigliante  a  questo  ».  E  Banyamin  era  uomo  bellissimo 
d'aspetto,  eccellente  nel  discorso,  e  parlava  con  calma  e  dignità. 

A  lui  'Amr  disse:  «  Riprendi  l'amministrazione  della  tua  chiesa  e  delle 
«  tue  genti,  accudisci  alle  loro  faccende:  e  se  tu  farai  preghiere,  affinchè 
«  io  possa  andar  verso  il  Maghrib  e  l'al-Khams  Mudun  (Pentapolis),  ed 
«  impadronirmene,  come  ho  fatto  dell'Egitto,  e  ritornarmene  da  te  sano 
«  e  salvo  e  rapidamente,  allora  farò  per  te  tutto  quello  che  mi  chiederai  ». 

11  santo  Banyamin  pregò  allora  per  lui  con  tanta  eloquenza,  che  'Amr  ed 

276. 


20.  a.  H.  §§  141-143. 

i  suoi  Hi-  rimasero  maravigliati.  Egli  rivelò  anche  ad  'Amr  molte  cose,  che  20.  a.  H. 

•  i.  Ì.X  \.  ^i.  [EGITTO.  '   Presa 

risultarono  poi  pertettamente  esatte.  ^-^  Alessandria.) 

Grrande  fu  poi  la  gioia  dei  Copti  per  il  ritorno  del  loro  padre  spiri- 
tuale: tutti  quelli  che  avevano  rinnegata  la  fede  sotto  i  tormenti  riabbrac- 
ciarono la  fede  antica,  e  del  pari  ritornarono  in  patria  quelli  che  erano 
fuggiti  fuori  dell'Egitto,  nel  Maghrib  e  nella  Pentapolis. 

Dopo  questi  fatti  Amr  b.  al-'As  e  la  sua  gente  lasciarono  Alessandria. 
Quando  poi  le  navi,  con  le  provviste  ed  il  bottino  delle  genti  armate  ed 
il  bagaglio  del  takas  (Sànùtiyùs)  si  accinsero  a  salpare  da  Alessandria, 
tutte  poterono  partire,  ma  quella  di  Sanùtivùs  non  fu  possibile  rimuoverla: 
tutti  i  tentativi  riuscirono  vani:  quando  il  Sàniitiyùs  maravigliato  diede 
ordine  di  scaricare  quanto  era  nella  nave  (per  lasciarla  dov'era),  il  capitano 
attenuto,  confessò  il  suo  fiu-to  della  testa  di  San  Marco.  Con  grande  pompa, 
al  cospetto  del  Patriarca  Banyamin  la  testa  fu  riconosciuta  per  quella  del- 
l'Evangelista, e  ripresa  in  consegna  dal  clero  copto:  messa  in  una  cassa  di 
legno,  si  attese  che  vi  fossero  danari  sufficienti  per  ricostruire  la  chiesa 
distrutta  ed  incendiata  (Severus,  231-236). 

EGITTO.  —  Campagna  di  conquista  dell'Egitto  {versione  del  cronista 
copto  abJi  Scilih). 

§  142.  —  Nella  storia  della  Chiesa  (copta)  e  nelle  biografie  dei  pa- 
triarchi copti  (di  Severus  di  Usmùnayn)  è  raccontato  che  'Amr  b.  al-'As 
e  gli  Arabi  che  invasero  con  lui  1'  Egitto,  presero  la  via  della  montagna, 
finché  arrivarono  ad  una  fortezza  costruita  di  pietra  tra  1'  Egitto  Superiore, 
Sa'ìd,  ed  il  Basso  Egitto,  al-Rif,  fortezza  chiamata  Bàblùn.  Qui  essi  pian- 
tarono le  loro  tende  e  si  prepararono  tutti  ad  incontrare  ed  a  combattere 
gli  al-Rùm.  A  questo  luogo  diedero  il  nome  di  al-Fustàt,  nel  loro  lin- 
guaggio, il  che  significa  «  tenda  ».  Allo  stesso  modo  alla  fortezza  Qasr  al- 
Sam'  (nel  testo  erroneamente:  G-am)  diedero  il  nome  di  Fustàt  Bàblùn 
(abù  Sàlih,  pag.  27-28  del  testo  arabo,  e  pag.  71-72  della  versione 
inglese). 

Il  Biitler  in  una  nota  spiega  il  nome  Qasr  al-Sam'  come  una  corru- 
zione del  nome  copto  dell'Egitto,  Semi  (abù    Salili,  pag.  72,  nota  4). 

§  143.  —  Nel  libro  di  al-ó-anàh  —  dice  abù  Salili  —  ho  trovato  men- 
zione della  conquista  dell'Egitto.  Si  dice  che  'Amr  b.  al-'As  conquistò  Misr 
nel  19.  H.:  egli  fissò  il  campo  fuori  del  luogo  detto  Granàn  al-Rayhàn,  ed 
ivi  gli  Arabi  presero  stanza  per  assediare  la  città  di  Misr.  Ed  il  vescovo  degli 
al-Rùm  in  Misr  ed  in  al-Iskandariyyah  era  chiamato  Qurrah  (sic:  Cirus).  La 
gente  di  al-Fustàt  aveva  scavata  una  trincea  (khandaq)  contro  gli  Arabi,  ed 


§§  143-145.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  il  nome  di  al-Fustat  era  al-Luniyah,  e  gli  aiabi  lo  chiamarono  al-Fustàt, 

pagnadiconqui-  P«i'<-'liè  dissoio:  questo  è  il  fustàt  della  gente  ed  il  loro  luogo  di  riunione, 
sta  dell' EgiHo.:  Ed  'Amr  giunse  costì  con  3600  uomini  e  poi  lo  raggiunse  al-Zubayr  b.  al- 
'Awwam  con  altri  12,000  uomini.  Egli  s'impadronì  del  castello  e  lo  espugnò 
d'assalto  e  mise  a  sacco  tutto  quello  che  Conteneva,  concedendo  però  si- 
curtà agii  abitanti  alla  condizione  che  divenissero  dzimmah  e  pagassero 
Ja  gizyah  ed  il  kharàg  sulle  loro  terre.  Il  signore  di  al-Lùniyah,  ossia 
di  al-Fustàt  confermò  sopra  ogni  adulto  la  tassa  di  due  dinar,  ossia 
27  dirham  meno  un  terzo:  erano  esenti  gii  adulti  poveri,  ma  i  ricchi 
erano  obbligati  al  pagamento  annuale  di  due  dinar  e  di  tre  ardab  di 
hintah.  Ed  'Umar  liscosse  da  Misr  e  dalla  sua  gizyah  due  milioni  di 
dinar,  mentre  'Abdallah  b.  Sa'id  b.  Mufarrag  riscosse  4,000,000  di  dinar. 
Il  governo  di  Amr  b.  al-'As  durò  dieci  anni  e  suo  figlio  Abdallah  (go- 
vernò) per  due  anni  (abù    Salili,   pag.  28). 

L'ultimo  periodo  contiene  un  errore:  'Abdallah,  il  figlio  di  'Amr,  non 
tenne  il  governo  dell'Egitto  per  più  di  poche  settimane  dopo  la  morte  del 
padre  nel  43.  H.  (cfr.  Wiist.    S.    A.,  fase.  I,  pag.  28). 

§  144.  —  (d)  (abù  Sàlih).  'Amr  b.  al-'As  conquistò  Misr  il  venerdì 
1"  Muharram  dell'anno  20.  H.  durante  il  califfato  di  'Umar  b.  al  Khattàb . . . 
tra  il  castello  detto  Hisn  al  Hammàm . . .  (dev'esservi  una  lacuna  del  testo). 
Ed  il  numero  dei  Copti  in  Egitto,  oltre  gii  uomini  vecchi  e  deboli,  ed  i 
giovani  non  arrivati  alla  pubertà,  era  di  6,000,000.  Sopra  ognuno  di  questi 
impose  annualmente  una  tassa  di  26  (d  i  r  li  a  m)  e  due  terzi  :  sui  ricchi 
impose,  su  ognuno,  due  dìnàr  e  tre  ardab  di  qamh  in  ogni  luogo  in 
cui  abitava:  il  prodotto  totale  da  questa  gente  ammontò  a  12,000,000  di 
dinar,  oltre  la  gizyah  riscossa  dagli  Ebrei  in  Misr  e  nelle  sue  Pro- 
vincie. La  somma  fu  portata  ad  'Umar  b.  al-Kliattàb,  e  questo  fu  il  primo 
danaro  portato  al  Califfo  da  Misr.  'Amr  b.  al-'As  era  stato  in  Egitto  du- 
rante la  Gràhiliyyah,  e  ne  conosceva  le  vie  commerciali,  che  egli  aveva 
percorso  con  vari  uomini  dei  Qurays  (abù  Salili,  pag.  28-29  del  testo 
arabo). 

(6)  (abù  Sàlih).  Gli  al-Rùm  riscossero  20,000,000  di  dìnàr  dall'Egitto. 
Il  paese  fu  posto  da  Eraclio  sotto  il  governo  di  Giorgio  b.  Mina  al-Mu- 
qawqis  alla  condizione  di  riscuotere  annualmente  18,000,000.  'Amr  b. 
al-'As  riscosse  nel  20.  H.  un  milione,  ma  nel  22.  H.  ne  riscosse  12,000,000 
(abù    Sàlih,  pag.  30  del  testo  arabo). 

§  145.  —  (abù  Sàlih).  I  combattenti  presenti  alla  conquista  di  Misr 
furono  12,300,  senza  contare  quelli  che  furono  uccisi  durante  l'assedio  (di 
Babilonia)  (abù    Sàlih,  pag.  29). 

278. 


20.  a.  H.  §§  145-147. 

Nel  testo  è  messo  erroneamente   al-qatà-il    ossia  gli  uccisi:  devesi  20.  a.  H. 

1  ^1  -*-i      I  •  1     ^^       i.-     T    ^  i-i.-    -.  (EGITTO.   -  Cam- 

leggere   o   qutul,    o    maqatiian,    ossia    combattenti.  Infatti  il  numero        pagnadi  conqui- 

12,300  è  incirca  il  numero  di  combattenti  che  abù  Sàlih  in  un  altro  pas.so        sta  deir  Egitto.] 

dice  si  battessero  sotto  gli  ordini  di  'Amr:  è  inconcepibile  che  lo  scrittore 

copto  affermi  che  tutto  l'esercito  di  'Amr  rimanesse  distrutto  nell'atto  di 

conquistare  1'  Egitto. 

EGITTO.  —  Presa  di  Babilonia  e  di  Alessandria  {versione  di  Gio- 
vanni (li  yiqyus)  (ct'r.   19.  a.   H.,  §§  70  e  segg.). 

§  146.  —  La  rubrica  del  capo  CXV  (CXVI)  (pag.  357)  porta:  Della 
morte  dell'imperatore  Eraclio:  del  ritorno  del  patriarca  Ciro  dall'esilio,  e 
la  sua  partenza  per  Misr  nello  scopo  di  pagare  tributo  ai  Musulmani. 

§  147.  —  (Capo  CXVI).  Eraclio  rimase  molto  addolorato  dalla  morte 
di  Giovanni  capo  delle  milizie,  e  di  Giovanni  il  generale  ucciso  dai  Mu- 
sulmani, oltre  che  della  sconfitta  dei  Greci  in  Egitto.  Di  poi,  conforme  il 
decreto  di  Dio  che  toglie  (dalla  vita)  i  capi,  i  generali  ed  i  guerrieri, 
come  toglie  anche  i  re.  Eraclio  si  ammalò  d'una  infiammazione  e  morì  nel 
trentunesimo  anno  del  suo  regno,  nel  mese  (etiopico)  di  Yakàtit  degli  Egi- 
ziani (intende  il  mese  egiziano  Mekhir),  che  corrisponde  al  febbraio  dei 
Romani,  nel  quattordicesimo  anno  del  ciclo,  ossia  il  357  di  Diocleziano 
(cioè  esattamente:  FU  febbraio  641  a.  È.  V.,  XIV  Indizione,  357  dei  Mar- 
tiri). Si  raccontava  allora  ch'egli  fosse  morto,  perchè  aveva  fatto  coniare 
una  moneta  d'oro  con  la  figura  dei  tre  "imperatori,  ossia  la  propria  e  dei 
suoi  due  figli,  l'uno  a  dritta  e  l'altro  a  sinistra,  in  modo  che  non  rimaneva 
più  posto  per  incidervi  il  nome  dell'impero  lomano.  Dopo  la  sua  morte 
le  tre  figure  furono  distrutte. 

Dopo  la  morte  di  Eraclio  seniore  (cioè  Eraclio  I),  Pirro  patriarca  di 
Costantinopoli,  mettendo  in  disparte  Martina,  la  figlia  della  sorella  del- 
l'imperatore, ed  i  suoi  figli  (dei  quali  il  maggiore,  Eracleona,  doveva,  per 
testamento  di  Eraclio,  partecipare  all'impero),  proclamò  Costantino,  figlio 
dell'imperatrice  Eudocia,  imperatore  e  successore  del  padre.  I  due  Cesari 
furono  trattati  con  rispetto  ed  onore.  Allora  David  e  Marino  (che  avevano 
la  dignità  di  Cesari)  arrestarono  PiiTO  il  patriarca  greco  calcedoniano  e 
lo  fecero  trasportare  in  un'isola  dell'Africa  occidentale ('j,  senza  che  alcuno 
avesse  compreso  esser  ciò  il  compimento  d'una  profezia:  dacché  nessuna 
parola  dei  santi  si  perde.  Infatti  avvenne  che  il  grande  Severo,  patriarca 
d'Antiochia,  aveva  scritto  alla  patrizia  Cesarla,  in  questi  termini:  «  Nessun 
«  figlio  d'un  imperatore  romano  occuperà  mai  il  trono  di  suo  padre,  fin 
«  tanto  che  la  setta  dei  calcedoniani  regnerà  nel  mondo  ». 

■279. 


§§  147,  MB.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  Costantino  figlio  d'Eraclio,  dopo  esser  salito  sul  trono,  fece  radunare 

lEGITTO    -    Presa  ,  ,.  .       ,  i  ■      xv?  i  .        t'-     -io    i-i     •-      /<■  i 

di  Babilonia  e  di     ^^^  grande  numero  di  navi,  che  egli  atndo  a  Kirius  ed  a  balakrius  (torse  (la 
Alessandria.]  corregger.><i  in  un  nome  solo:  Marianus  il  Cubiculario,  secondo  Nicephorus 

Coustantinopolitanus,  pag.  28)  e  li  spedì  presso  il  patriarca  Ciro  per 
ricondurlo  (a  Costantinopoli)  ed  avere  con  lui  una  conferenza.  (Egli  rac- 
comandò al  generale  di  non?)  pagare  tributo  ai  Musulmani  e  di  resistere 
se  poteva,  altrimenti  di  ritornare  alla  capitale,  alla  festa  della  Santa  Risur- 
rezione: allora  tutti  gli  abitanti  di  Costantinopoli  avrebbero  dovuto  con- 
correre a  questa  impresa.  Egli  mandò  anche  ordine  ad  Anastasio  di  ritor- 
nare, lasciando  Teodoro  a  custodire  la  città  di  Alessandria  e  le  città  della 
costa:  allo  stesso  tempo  fece  sperare  a  Teodoro  che  gli  avrebbe  mandato, 
durante  l'estate,  molte  genti  armate,   per  combattere  i  Musulmani. 

Di  poi,  quando,  conforme  all'ordine  dell'imperatore,  si  erano  già  alle- 
stite le  navi  per  partire,  Costantino  si  ammalò  gravemente,  vomitò  sangue, 
e  quando  si  fu  dissanguato,  morì.  La  sua  malattia  aveva  durato  cento 
giorni,  ossia  tutto  il  tempo  del  suo  regno,  dalla  morte  del  padre  Eraclio 
in  poi.  La  gente  si  beffava  dell'imperatore  Eraclio  e  di  suo  figlio  Costan- 
tino (Niqj'ùs,   563-566). 

(La  fine  di  questo  capo  è  formata  nel  testo  dall'episodio  di  Dafasir  ('), 
che  è  ivi  certamente  fuori  posto:  altra  prova  della  confusione  in  cui  si 
trovano  gli  ultimi  capi  della  cronaca  e  l'impossibilità  di  accettarli  nell'or- 
dine del  testo). 

Nota  1.  —  L'imperatore  Eraclio  nel  suo  testamento  aveva  deciso  che  suo  figlio  maggiore,  Co- 
stantino dovesse  regnare  insieme  con  Eracleona  figlio  di  Martina.  Il  patriarca  Pirro  favoriva  gì'  inte- 
ressi dell'imperatrice  Martina  e  dei  suoi  figli. 

Ctr.  Theopbanes,  ann.  6132-6133;  Nicephorus,  1.  e. 

II  testo  di  Giovanni  di  Niqyùs  contiene  quindi  vari  errori:  David  e  Marino  erano  i  due  Cesari 
figli  dell'imperatrice  Martina,  quindi  è  assurdo  che  proprio  essi  (t'anciulli)  arrestassero  e  punissero  Pirro. 
Il  traduttore  arabo,  seguito  dal  traduttore  abissino,  ha  storpiato  tutto  questo  passo. 

Nota  2.  —  L'episodio  di  Dafasir  è  il  seguente:  la  gente  della  setta  degli  al-Ghaynàniyj'Qn  si 
riunì  nella  loro  chiesa,  situata  nella  città  di  Dafasir,  presso  il  Ponte  di  San  Pietro  l'Apostolo,  delibe- 
rando di  attentare  alla  persona  del  patriarca  Ciro,  il  quale,  al  tempo  della  persecuzione,  aveva  rapito 
alle  chiese  molte  ricchezze,  senza  l'autorizzazione  dei  magistrati.  Non  appena  Eudocianus,  fi'atello  del 
prefetto  Domentianus,  fu  informato  di  tale  assembramento  vi  mandò  schiere  d'armati  con  l'ordine  di  tirare 
sugli  insorti  con  le  treccie  e  d'impedir  loro  d'eseguire  il  voluto  disegno.  Alcuni  di  questa  gente  furono 
si  malamente  feriti  che  morirono  lì  sul  posto:  due  altri  ebbero  le  mani  tagliate,  senza  giudizio.  Nella 
città  per  mezzo  d'un  araldo  fu  bandito:  «Che  ognuno  di  voi  si  renda  nella  sua  chiesa,  e  che  nessuno 
«commetta  alcun  atto  di  violenza  contro  un  altro!».  Ma  Dio  guardiano  della  giustizia  non  abbandonò 
il  mondo  e  vendicò  gli  oppressi:  egli  negò  ogni  grazia  a  quelli  che  l'avevano  provocato,  e  li  abbandonò 
in  potere  degli  Arabi:  i  Musulmani  entrarono  in  campagna  e  fecero  la  conquista  di  tutto  l'Egitto.  Dopo 
la  morte  di  Eraclio,  quando  il  patriarca  Ciro  ritornò  (in  Egitto),  non  rinunziò  ad  insevire  contro  il 
gregge  di  Dio  ed  a  perseguitarlo,  anzi  moltiplicò  gli  atti  di  violenza  (Niqyùs,  566). 

§  148.  —  La  data  della  morte  di  Eraclio —  11  febbraio  641  =23  Safar 
20.  a.  H.  —  confermata  da  tante  fonti  indipendenti  (cfi-.  piìi  avanti  §§  364- 
362),  è  dunque  sicura  e  al  di  sopra  di  ogni  dubbio. 

280. 


20.  a.  H. 


148-150. 


Ciò  premesso  ne  deduciamo  varie  conclusioni  importanti,  in  primo 
luogo  Eraclio  è  morto  circa  due  mesi  prima  che  fosse  presa  la  cittadella 
di  Babilonia  :  egli  ebbe  soltanto  notizie  della  disfatta  di  Heliopolis.  Tale 
constatazione  fa  cadere  tutto  l'edifìcio  storico  di  alcuni  cronisti  secondo  i 
quali  il  trattato  con  i  Copti  dopo  la  caduta  di  Babilonia  fii  concluso  da 
al-Muqawqis,  e  quando  fu  sottoposto  ad  Eraclio,  questi  non  lo  volle  ricono- 
scere, facendo  cadere  tutta  la  sua  ira  su  al-Muqawqis.  Il  testo  del  cronista 
copto  ignora  poi  la  presenza  di  Ciro  =  al-Muqawqis  alla  resa  di  Babilonia. 

'Amr  trattò  la  resa  con  un  comandante  bizantino  e  per  la  sola  fortezza: 
non  per  tutto  1"  Egitto.  Le  fonti  arabe  fanno  comparire  colui  che  trattò 
questa  resa  come  un  amico  dei  Copti  e  un  copto  pur  egli,  e  includono  nel 
trattato  condizioni  speciali  per  i  Copti.  È  possibile?  —  Il  testo  di  Cxio vanni 
di  Niqyus,  che  ricorda  sevizie  a  danno  di  Copti  per  opera  di  coloro  che 
cedettero  Babilonia  agli  Arabi,  lo  escluderebbe.  Forse  'Amr  concluse  con- 
temporaneamente qualche  accordo  provvisorio  con  i  capi  dei  Copti,  qualche 
vescovo  forse,  garantendo  l'incolumità  dei  Copti,  accordo  che  fii  poi  in- 
cluso nel  testo  del  trattato  di  Ciro.  Questo  fu  il  grande  trattato,  che  gli 
scrittori  arabi  hanno  anticipato  alla  presa  di  Babilonia,  ossia  il  trattato  sti- 
pulato da  Ciro  alla  resa  di  Alessandria,  nel  novembre  dello  stesso  anno  641, 
circa  sette  mesi  dopo  la  caduta  di  Babilonia. 

Quando  questa  fortezza  si  arrese,  pare  che  Ciro  non  fosse  in  Egitto. 
L'al-Muqawqis  quindi  che  trattò  la  resa  di  Babilonia  non  fu  Ciro,  ma  come 
correttamente  affermano  le  fonti  arabe,  il  governatore  di  Babilonia,  un  bi- 
zantino, forse  non  egiziano  di  nascita.  Il  breve  lasso  di  tempo  che  corse 
tra  la  resa  di  Babilonia  ed  il  trattato  di  Alessandria  ha  indotto  le  fonti 
musulmane  a  confondere  insieme  i  due  eventi  in  uno  solo  e  trasportare  i 
fatti  principali  alla  resa  di  Babilonia-.  Questo  fu  processo  naturale  e  spon- 
taneo, perchè  il  possesso  di  Babilonia  determinò  la  vera  conquista  di  tutto 
l'Egitto  dai  confini  della  Palestina  sino  alle  mura  di  Alessandria.  La  ca- 
duta di  quest'ultima  città  fu  conseguenza  necessaria  dell'avvenimento  pre- 
cedente, e  militarmente  assai  meno  importante  per  gli  Arabi. 

§  149.  —  La  rubrica  del  capo  CXVI  (CXVII)  (pag.  357)  porta:  Come 
Dio  consegnò  i  Greci  in  potere  dei  Musulmani  e  li  ripudiò  per  effetto 
della  loro  miscredenza,  della  loro  eresia  e  della  pei'secuzione  che  essi  ave- 
vano fatta  dei  Cristiani  d'Egitto. 

§  150.  —  (Capo  CXVII).  'Amr  (b.  al-'As)  capo  dell'esercito  musul- 
mano, avendo  stabilito  il  suo  accampamento  dinnanzi  alla  cittadella  di 
Babilonia  [Bàbilyun  :  Yàqùt,  I,  450],  vi  assediava  i  soldati  che  vi  erano 
rinchiusi.  Avendo  questi  ottenuta  alfine  da  'Amr  la  promessa  di  avere  salva 


20.  a.  H. 
(EGITTO.  -    Presa 
di  Babilonia  e  di 
Alessandria.] 


■2Hl. 


36 


§  i5o.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  ];,  vita,  ed  essendosi  impegnati  da  parte  loro  ad  abbandonargli  tutto  il  mate- 

di  Babilonia  e  di     ''^>'''  ^i  guerra  che  era  molto  considerevole,  egli  ordinò  loro  di  uscire  dalla 
Alessandria.!  cittadella.  I  soldati  asportarono  uhm  piccola  quantità  d'oro  o  partirono.  Questo 

fu  il  modo  con  cui  la  cittadella  di  Babilonia  d'Egitto  fu  espugnata,  il  giorno 
dopo  la  Festa  della  Risurrezione  (').  Così  punì  Dio  gli  uomini  che  non  avevano 
rispettato  la  Passione  Redentrice  di  Nostro  Signoro  e  Salvatore  Gesù  Cristo, 
che  dc\  la  vita  a  chi  crede  in  lui,  e  li  fece  fuggire  dinanzi  ai  loro  nemici. 
TI  giorno  stesso  della  festa  della  Santa  Risurrezione,  nel  porro  in  libertà  i 
prigionieri  ortodossi  (ossia  i  Copti  monofisiti),  quei  nemici  di  Cristo  (ossia 
i  Cristiani  Malchiti  seguaci  della  dottrina  ufficiale  di  Costantinopoli,  i  duo- 
fisiti)  non  li  lasciarono  partire  senza  maltrattarli:  li  avevano  flagellati  ed 
avevano  tagliato  a  k>n)  le  mani:  od  in  quel  giorno  quegF  infelici  avevano 
la  faccia  inondata  di  lacrime  e  furono  cacciati  con  disprezzo.  Difàtti,  a 
proposito  di  questi  malfattori  (ossia  i  duofìsiti)  è  scritto:  «  essi  hanno  pro- 
«  lanate  la  chiesa  con  una  credenza  corrotta:  essi  hanno  commesso  tutti 
«  i  delitti  e  tutte  le  violenze  della  setta  di  Ario,  e  quali  non  erano  stati 
«  commessi  né  da  pagani,  né  da  barbari:  essi  hanno  disprezzato  il  Cristo 
«  ed  i  suoi  servi,  e  noi  non  avevamo  trovato  nemmeno  tra  gli  adoratori 
«  di  false  divinità  simili  malfattori.  Or  Dio  nella  sua  longanimità  tollerava 
«  gli  apostati  e  gli  eretici,  i  quali,  per  sottomettersi  a  potenti  imperatori, 
«  erano  stati  battezzati  due  volte.  Ma  questo  stesso  Dio  retribuisce  ognuno 
«  secondo  le  sue  opere  e  fa  riparazione  a  quelli  che  hanno  subito  ingiu- 
«  stizia.  Allora  non  è  tòrse  preferibile  di  sopportare  con  pazienza  le  prove 
«  ed  i  tormenti  che  essi  c'infliggono?  Essi  credevano  in  questo  modo  d'agii'e, 
«■  d'onorare  il  Cristo  Nostro  Signore,  ma  invece  si  trovavano  essere  mal- 
«  fattori.  Essi  non  si  credevano  eretici  e  perseguitavano,  al  contrario,  quelli 
«  che  non  erano  d'accordo  con  loro  nella  fede.  Che  Dio  ci  tenga  lontani 
«  da  simile  accordo!  ».  Essi  infatti  non  erano  servi  di  Cristo:  s'immagina- 
vano soltanto  d'essere  (-)  (Niqj'ùs,  556-567). 

Nota  1.  —  Da  quanto  abbiamo  detto  altrove  i  cfr.  19.  a,  H..  §  78),  risulta  che  il  cronista  allude 
al  lunedi  dopo  Pasqua  di  Risurrezione  dell'anno  641  dell' E.  V..  ossia  il  9  aprile  641,  corrispondente  al 
21  Rabi'  II.  20.  H. 

Nota  2.  —  Ho  dato  la  versione  di  tutto  questo  capo,  perchè  costituisce  un  pregevole  documento 
sullo  stato  degli  animi  in  Egitto  durante  la  conquista  araba.  Noi  appuriamo  in  primo  luogo,  che  mentre 
gli  Arabi  erano  alle  porte,  i  rappresentanti  del  governo  di  Bisanzio  persistevano  a  perseguitare  assai 
crudelmente,  perfino  con  mutilazioni,  i  Copti  seguaci  della  dottrina  -monofisita.  Che  maraviglia  che  i 
Copti  propendessero  anche  apertamente  in  favore  degli  Arabi,  nonostante  le  loro  depredazioni?  Nella 
cronaca  di  Giovanni  di  Niqyus  ai  manifesta  un'animosità  altrettanto  intensa  verso  i  Greci  Malchiti, 
quanto  verso  gli  Arabi  invasori,  depredatori  e  seguaci  d'una  nuova  religione  che  un  giorno  si  sarebbe 
rivelata  ostilissima  al  Cristianesimo.  E  palese  da  ciò  che  nella  conquista  ai'aba  predominassero  ancora  i 
fattori  militari  e  politici,  il  desiderio  di  bottino  e  di  conquiste,  e  che  il  fattore  religioso  e  propagan- 
dista fosse  ancora  in  seconda  linea,  oflfuscato  dalle  passioni  materiali  dei  conquistatori,  per  la  maggior 
parte  ignari  della  nuova  dottrina  che  professavano. 

•382. 


20.  a.  H.  §§  150-153. 


Sebbene  non  sia  eletto  nel  testo,  è  palese  cbe  tra  Arabi  e  Greci  si   stabilisse   anche   un   accordo  20.  a.  H. 

rispetto  ai  Copti  carcerati  per  motivi  religiosi:  la  loro  libei'azione,  il  giorno  prima   della   resa   fu   prò-       (EGITTO.  -    Presa 
babilmente  richiesta  dal  conquistatore,  il  quale  agi  in  questo  senso  dietro  suggerimento  dei  Copti  suoi  di  Babilonia  e  di 

amiri,  e  nell'intento  di  cattivarsi  le  simpatie  degli  Egiziani,  e  distaccarli  del  tutto  da  Bisanzio.  Alessandria.] 

Non  è  nemmeno  esclusa  la  probabilità  che  nell'  inferocire  dei  Greci  verso  i  Copti  si  annidasse 
anche  una  forte  passione  politica,  giacche  i  Greci  sentivano  quanta  fosse  la  simpatia  dei  Copti  verso 
il  conquistatoi-e  arabo,  e  come  tale  simpatia  facilitasse  immensamente  il  compito  degli  Arabi,  che  do- 
vunque trovavano  amici,  fornitori  di  vettoglie  e  spie. 

§  151.  —  La  rubrica  del  capo  CXVII  (CXVIII)  (pag.  357)  porta: 
Come  '  Amr  (b.  al-'As)  s' impadronì  di  Ab.sàdi  o  Niqyùs.  Della  fuga  del 
generale  Domiziano  e  come  il  suo  esercito  perì  nel  fiume.  Del  grande  mas- 
sacro che  avvenne  in  Absàdi  ed  in  tutte  le  altre  città  della  dipendenza 
di  Absày  e  della  sua  isola,  il  18  del  mese  di  Guenbót  nel  quindicesimo 
anno  del  ciclo  lunar.e,  fino  a  che  'Amr  (b.  al-'As)  andò  a  Sawna. 

Nel  testo  del  capo  seguente  CXVIII  (cfr.  §  153)  è  precisato  ancora 
meglio  che  la  presa  di  Niqyùs  [Yàqùt,  IV,  810]  avvenne  in  una  dome- 
nica. Or,  siccome  il  18  Guenbót  corrisponde  al  13  maggio,  e  questo  cadde 
in  una  domenica  soltanto  nel  641  È.  V.  (=  26  Grumàda  I.  20.  H.),  la  pre- 
sente data  è  un'  altra  prova  dell'  esattezza  dei  dati  cronologici  del  cro- 
nista copto. 

Il  testo  del  capitolo  al  quale  apparteneva  l'intestazione  pare  sia  scora-- 
parso  e  perduto.  Il  disordine  della  cronaca  copta  è  grande  e  complica  di 
non  poco  il  nostro  lavoro  di  ricostruzione. 

§  152.  —  La  rubrica  per  il  capo  CXVIII  (pag.  358)  porta:  Come  i 
Musulmani  s' impadi'onirono  di  Cesarea  in  Palestina  [cfr.  paragrafi  prece- 
denti, dove  si  parla,  come  di  cosa  sincrona,  della  presa  di  Cesarea]  e  la  sorte 
che  toccò  alla  città. 

§  153.  —  (Capo  CXVIII).  La  presa  della  cittadella  di  Babilonia  e 
della  città  di  Niqyùs  per  opera  dei  Musulmani  afflisse  assai  i  Greci.  'Arar 
(b.  al-'As),  terminato  il  conflitto,  fece  il  suo  ingresso  nella  cittadella  di  Ba- 
bilonia, riunì  un  grande  numero  d'imbarcazioni,  grandi  e  piccole  e  le  as- 
sicurò presso  il  forte  (?  il  palazzo?)  che  egli  occupava  (^). 

Menas  capo  della  fazione  dei  Verdi,  e  Cosma  figlio  di  Samuele  capo 
della  fazione  degli  Azzurri,  avevano  bloccato  la  città  di  Misr  ed  avevano 
dato  fastidio  ai  Greci,  al  tempo  dei  Musulmani:  alcuni  guerrieri,  pieni 
d'ardire  venivano  in  battelli  dalla  riva  occidentale  del  fiume  e  percorre- 
vano questo  durante  la  notte  ('"). 

'Amr  e  l'esercito  Musulmano,  pigliando  il  cammino  di  terra,  marciando 
a  cavallo,  arrivarono  alla  città  di  Kebryàs  di  Abàdyà  (Coprithèós,  del  nome 
di  Tenetó?  —  Zotenberg)  ('*).  In  questa  occasione  essi  assalirono  il  ge- 
nerale Domentianus,  il  quale  saputo  l'aiTivo  dell'esercito  musulmano,  .salì 

•283. 


§  iw.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  siipra  una  un  bare  azione  e  si  diedo  alla  fuga  abbandonando  l'esercito  e   la 

j  D  K  i       ^^^^     riotta.    Kirli   voleva  entrare  nel  piccolo  canale  che  Eraclio  aveva  fatto  sca- 

ul   DclDIIOni&  6  0 1  e^  *■ 

Alessandria.!  \:uv  durante  il  suo  regno,  ma  trovandolo  chiuso,  si  recò  ad  Alessandria.  I 

.soldati,  vedendo  il  loro  generale  prendere  la  fuga,  gettarono  le  ai  ini  e  pre- 
cipitarono nel  liumc  in  presenza  del  nemico.  I  Musulmani  li  massacrarono 
in  mezzo  al  ti  urne,  e  sfuggì  un  solo  uomo,  cliiamato  Zaccaiia,  un  prode 
guerriero.  I  maiinari,  fuggito  l'eson'ito.  si  diedero  pur  essi  alla  fuga  e  ri- 
tornaronu  nella  loro  provincia.  1  Musulmani  vennero  di  poi  a  Niqyfts  e  si 
impadronirono  della  città  senza  trovare  un  solo  soldato  che  la  difendesse. 
Essi  massacrarono  tutti  quelli  che  incontrarono,  nelle  vie,  nelle  chiese, 
nomini,  donne  e  bambini,  senza  risparmiare  alcuno.  Poi  andarono  in  altii 
siti,  li  saccheggiarono  ed  uccisero  tutti  quelli  che  vi  provarono.  Nella  città 
di  Sa  (cft'.  Maqrizi  Khitat,  I.  182,  lin,  7-22 j  incontrarono  Ksipìtàos  e 
le  sue  genti,  che  erano  della  famiglia  di  Teodoro  il  generale,  nel  recinto 
di  un  vigneto  e  li  massacrarono.  Ma  ora  sarà  bene  tacere,  perchè  è  im- 
possibile raccontare  gli  orrori  commessi  dai  Musulmani,  quando  occuparono 
l'isola  di  Niqyùs,  la  domenica,  decimottavo  giorno  del  mese  di  Gruenbót. 
nel  quindicesimo  anno  del  ciclo  (*),  come  non  è  possibile  (descrivere)  !•■ 
scene  terribili  che  avvennero  in  Cesarea  di  Palestina. 

(Infatti)  Teodoro,  comandante  della  città  di  Kiliinàs  (testo  corrotto, 
correggi:  Cesarea),  era  partito  da  questa  città  lasciandovi,  per  custodirla 
e  per  respingere  i  Musulmani,  una  guarnigione  sotto  gli  ordini  di  Stefano, 
ed  era  andato  in  Egitto.  Con  i  Musulmani  v'era  un  ebreo  che  si  recò  in 
Egitto  (testo  corrotto,  alludesi  a  qualche  atto  di  tradimento:  cfi-.  Ba- 
làdzuri.  141  e  19.  a.  H.,  §§  21  e  segg.).  Quando,  dopo  lunghi  tentativi, 
i  Musulmani  ebbero  fatto  cadere  le  mura  della  città,  se  ne  impadronirono 
d'assalto,  uccisero  migliaia  di  abitanti  e  di  soldati,  fecero  un  enorme  bot- 
tino, menarono  schiave  le  donne  ed  i  bambini,  che  si  divisero  tra  loro  >• 
lasciarono  la  città  completamente  vuota.  Poco  tempo  dopo  andarono  a  Cipro 
e  vi  uccisero  Stefano  e  le  sue  genti  (Niqyùs,  567-569). 

Nota  1.  —  Dal  testo  di  Strabene  è  noto  che  la  cittadella  di  Babilonia  arrivava  fino  alle  rive  del 
Nilo:  cfr.  anche  Maqrizi  Khitat,  I,  290. 

Nota  2.  —  Questo  inciso  sul  contegno  tenuto  dai  Verdi  e  dagli  Azzurri  —  le  due  celebri  fazioni 
di  Costantinopoli,  riprodotte  qua  e  là  nelle  altre  città  dell'impero  —  durante  la  conquista  dell'Egittu 
non  e  affatto  chiaro  e  non  si  capisce  in  che  rapporto  si  trovi  con  quanto  precede.  I  Verdi  e  gli  Azzurri 
potevano  esser  soltanto  cittadini  di  Alessandria,  perchè  solo  in  questa  città  d'Egitto  abbiamo  notizia 
esistessero  questi  due  partiti  del  circo.  La  presenza  loro,  in  armi,  presso  Babilonia,  aiutando  gli  Arabi 
nell'assedio  della  fortezza,  è  un'affermazione  che  non  si  spiega.  Si  noti  che  tra  i  vari  nomi  dati  ad  al-Mu- 
qawqis  v'è  quello  di  Mina:  un  Cosma  iìglio  di  Samuele  ebbe  una  parte  importante  negli  eventi  egi- 
ziani trenta  anni  prima,  come  avversario  di  Eraclio:  siccome  anche  in  questo  passo  egli  combatte  contro 
Eraclio,  è  la  stessa  persona  di  quella  menzionata   nella   cronaca  di  Giovanni  di  Niqyiis  alla  pag.  544  V 

In  ogni  caso  l'inciso  dei  Verdi  e  degli  Azzurri  è  un'altra  prova  della  confusione  regnante  nel  testo. 

Nota  3.  —  Di  questa  città  Kabryàs  di  Abàdyà  non  si  hanno  altre  notizie:  era  vicina  a  Niqyùs. 

28-4. 


20.  a.  H.  §§  153-155. 

Nota  4.  —  CtV.  poc'anzi  il  g  147.  Da  questo  passo  impariamo  che  la  presa  di  Niqyiis  avvenne  due  20.  a.  H. 

mesi  dopo  quella  della  cittadella  di  Babilonia:  lo   Zotenberg   vorrebbe   sostenere   che   dalle   parole   del  [EGITTO.  -    Presa 

testo  Cesarea  sarebbe  stata  espugnata  allo  stesso  tempo  di  Niqyiìs.  Tale  legame  non  mi  riesce  evidente  di  Babilonia  e  di 

e  mi  sembra   che  il  cronista   non   accenni   ad    una   contemporaneità   di   fatti,   ma   piuttosto   alla   somi-  Alessandria.) 
glianza  delle  circostanze,  del  disastro  che  colpi  Niqyus  e  Cesarea.  Una  certa  prova  l'abbiamo  nella  men- 
zione di  Cipro,  dove,  come  è  noto,  i  Musulmani  approdarono  solo  parecchi  anni  dopo. 

§  154.  —  La  rubrica  per  il  Capo  CXIII  (CXIV)  (pag.  357j,  porta: 
Come  gli  abitanti  di  Samanùd  resistettero  ad  Amr  ih.  al-'As)  e  rifiutarono 
(li  jieeverlo.  Del  ritorno  di  Kalàgi  nelle  file  dei  Cfreci.  Come  flirono  arre- 
state la  madre  e  la  moglie  di  lui,  che  si  tenevano  nascoste  in  Alessandria, 
perchè  egli  si  era  unito  ai  Musulmani  e  prestava  loro  soccorso. 

§  155.  —  (Capo  CXIV).  Quando  i  Musulmani  accompagnati  dagli  Egi- 
ziani che  avevano  rinnegato  il  Cristianesimo  ed  avevano  abbracciato  la 
religione  di  quella  creatura  esecrata  (Maometto)  f^  I  arrivavano  (nelle  città), 
s' hnpadronivano  dei  beni  di  tutti  .quei  Cristiani  che  erano  fuggiti,  ed  ai 
servi  di  Ciisto  davano  il  nome  di  nemici  di  Dio. 

'Amr  (b.  al-'As),  lasciato  un  numeroso  distaccamento  del  suo  esercito 
nella  cittadella  di  Babilonia  d'Egitto,  si  mise  in  marcia,  seguendo  la  riva 
orientale,  in  direzione  dei  due  fiumi  (ossia  il  Delta),  nell'intento  di  assa- 
lire il  generale  Teodoro.  (Questi)  fece  partire  Yakbari  e  Satfari  per  occu- 
pare la  città  di  .Samanùd  [Yàqùt,  III,  165J  ed  opporsi  all'avanzata  dei 
Musulmani.  Quando  (i  due  detti  capitani)  raggiunsero  il  corpo  delle  mi- 
lizie, scoprirono  che  queste  si  rifiutavano  tutte  di  battersi  con  i  Musulmani. 
(Nondimeno?)  essi  (i  due  capitani?)  impegnarono  battaglia  (con  le  altre 
genti  che  avevano  seco?)  ed  uccisero  un  grande  numero  di  Musulmani  e  di 
quelli  fi  Copti?)  che  erano  con  loro.  I  Musulmani  non  potendo  molestare 
le  città  poste  sul  territorio  dei  due  fiumi  (il  Deltaj,  perchè  circondate  dalle 
acque,  che  servivano  ad  esse  di  riparo  ed  impedivano  ai  cavalli  d'avvicinarsi, 
abbandonarono  ogni  disegno  su  di  loro,  si  diressero  verso  il  Rif  e  giunsero  a 
fìiisii'.  Essi  fortificarono  la  città  ed  i  luoghi  occupati  precedentemente. 

In  questo  momento  il  generale  Teodoro  si  recò  presso  Kalàgi,  e  gli 
disse  con  vive  preghiere:  «  Ritorna  a  noi:  ritorna  nelle  file  dei  Greci  ». 
Kalàgi,  temendo  che  avrebbero  messo  a  morte  sua  madre  e  sua  moglie,  le 
ijuali  vivevano  nascoste  in  Alessandria,  diede  a  Teodoro  una  grande  somma 
di  danaro.  Il  generale  Teodoro  lo  rassicurò  (sul  conto  della  sua  famiglia). 
Allora  Kalàgi  parfi  di  notte,  mentre  i  Musulmani  dormivano,  e  venne  a 
piedi,  con  i  suoi  uomini  al  campo  del  generale  Teodoro:  poi  andò  a  rag- 
giungere, nella  città  di  isiq^yus.  (il  generale)  Domentianus  per  combattere 
i  Musulmani. 

Avvenne  dipoi  che  Sabendis  ebbe  la  buona  idea  di  fuggire  dai  Mu- 
sulmani, durante  la  notte:  egli  si  recò  a  Damietta,  presso  il  generale  (Jio- 

•iHó. 


§§  155,  156.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  vaimi   (quak'?  iion  uno  di  quelli  già  uccisi?),  il  quale  lo  mandò  ad  Ales- 

lEGlTTO.  -    Presa  ,    .  ,    ,.  in    i  •       •  i%  x>  i        i  i 

di  Babilonia  e  dì     mandria    con    una    lettera.    Lgli    si    pre.sento    contcssando    la   propria  colpa 
Alessandria.,  innanzi  ai  governatori,  e  nel   versare  lagrime  abbondanti,   disse:    «  Io    ho 

*  agito  così,  perchè  ero  stato  umiliato  da  Giovanni  (quale?),  il  quale  senza 
«riguardi  per  la  mi^  età.  m'aveva  schiaffeggiato:  allora  io,  clic  aveva 
«  pur  servito  prima  i  Greci  con  devozione,  mi  sono  unito  ai  Musulmani  » 
(Niqyùs.   6GO-501). 

Nkta  J.  —  K  importante  preiulere  nota  ironie  già  sin  ila  ora  vi  fossero  tra  i  Copti  alcuni  clie 
apertamente  e  attivamente  parteggiassero  per  hi  causa  dell'  Isiàm  e  degli  Arabi.  Erano  conversioni  poco 
sincere,  ma  sintomatiche! 

§  156.  —  (Capo  CXV).  'Amr  (b.  al-'As),  il  capo  dei  Musulmani,  lottò 
per  due  (nel  testo  erroneamente:  dodici)  anni  contro  i  Cristiani  nel  nord 
dell'Egitto,  senza  riuscire  a  conquistare  la  loro  provincia.  Nel  tjuiiidice- 
simo  anno  del  ciclo  (ossia,  secondo  quanto  si  disse  nel  19.  a.  H.,  §  80;  nel- 
l'anno  041  doli' È.  V.  =  20.  H.j  durante  l'estate,  'Amr  marciò  contro 
Sakhà  e  Tukhu-Damsis,  desideroso  di  sottomettere  gli  Egiziani  prima  della 
piena  (annuale)  del  fiume  (Nilo)  (=  Gumàda  I.-Ragab  20.  H.,  ossia  dopo  la 
caduta  di  Babilonia).  Ma  gli  tii  impossibile  d'intraprendere  checchessia 
contro  di  loro:  egli  tu  parimenti  respinto  in  un  assalto  contro  Damietta, 
dove  voleva  incendiare  i  raccolti.  Allora  egli  andò  a  raggiungere  le  sue 
schiere  stabilite  nella  cittadella  di  Babilonia  d'Egitto,  e  consegnò  tutto  il 
bottino  che  aveva  fatto  in  Alessandria  (^).  Egli  fece  distruggere  tutte  le 
case  degli  abitanti  di  Alessandria,  che  avevano  preso  la  fuga,  e  con  i  le- 
gnami ed  i  ferri  che  provennero  da  tali  demolizioni,  fece  costruire  un  pas- 
saggio, che  univa  la  cittadella  di  Babilonia  alla  città  dei  due  fiumi  (=  Ni- 
qyùs? o  Rawdah?)  (^),  e  diede  ordine  d' incendiarla.  Gli  abitanti,  avvertiti 
del  pericolo,  salvarono  i  loro  beni  ed  abbandonarono  la  loro  città,  alla  quale 
i  Musulmani  misero  allora  il  fuoco.  Durante  la  notte  gli  abitanti  fecero  li- 
torno  e  spensero  l'incendio.  I  Musulmani  si  volsero  (di  poi)  contro  altre 
città,  spogliarono  gli  Egiziani  dei  loro  beni  e  commisero  contro  di  loro 
atti  di  violenza.  Il  generale  Teodoro  e  Domentianus  non  potevano  mole- 
stare gli  abitanti  nella  città  (??),  a  cagione  dei  Musulmani,  che  si  trova- 
vano in  mezzo  a  loro  (forse  gli  abitanti  di  Babilonia  già  sottomessi  agli 
Arabi). 

'Amr,  nel  lasciare  l'Egitto  settentrionale,  e  nel  muovere  a  far  guerra 
uell'al-Eìf  aveva  mandato  una  piccola  schiera  d'armati  ad  Antinoe.  Scor- 
gendo quanta  era  la  debolezza  dei  Greci,  e  quanta  l'ostilità  degli  abitanti 
verso  l'imperatore  Eraclio,  a  causa  della  persecuzione  che  egli  aveva  ordinato 
in  tutto  l'Egitto,  contro  la  religione  ortodossa  (ossia  i  Copti  monofisiti) 
dietro  istigazione  di  Ciro,  il  patriarca    Calcedoniano,  i  Musulmani   diven- 

286. 


20.  a.  H. 


156-158. 


nero  più  arditi  e  gueiTeggiarono  con  più  vigore.  Gli  abitanti  della  città  (di 
Antinoe)  tennero  consiglio  con  Griovanni,  il  loro  prefetto,  e  decisero  di  resi- 
.stere  ai  Musulmani.  Nondimeno  improvvisamente  Giovanni  si  rifiutò  di  farlo, 
abbandonò  la  città  in  grande  fretta,  con  le  sue  genti  armate,  portandosi 
via  tutto  l'importo  delle  tasse  riscosse  dalla  città  e  si  recò  ad  Alessandria. 
Egli  inlàtti  sapeva  di  non  avere  mezzo  di  resistere  ai  Musulmani,  ed  aveva 
timore  che  gli  accadesse  quello  che  era  accaduto  alla  guai-nigione  di  al- 
Fayyiim.  Difatti  tutti  gli  abitanti  di  questa  provincia  si  erano  sottomessi 
(in  quei  giorni?)  ai  Musulmani,  ed  avevano  pagato  a  questi  il  ti'ibuto  : 
per  di  più  essi  (gli  abitanti?)  uccidevano  tutti  i  soldati  greci  che  incon- 
travano. Alcuni  soldati  erano  rimasti  in  una  fortezza  (d' Antinoe,  o  di  al- 
Fayymn?):  i  Musulmani  li  assediarono,  s'impadronirono  delle  loro  macchine, 
demolirono  le  mura  e  costrinsero  (i  soldati)  ad  abbandonare  la  fortezza. 
Essi  (i  musulmani)  fortificarono  la  cittadella  di  Babilonia,  j^resero  la  città 
di  Niqyùs  e  vi  si  stabilirono  (Niqyìis,  661-563). 

Nota  1.  —  Le  espressioni  'il  bottino  di  Alessandria»  e  «abitanti  di  Alessandria»  devon  esser 
certamente  un  errore  del  traduttore:  ciò  riesce  chiaro  dalla  frase  che  segue,  con  la  quale  è  evidente 
s'intenda  quegli  abitanti  del  paese  che  fuggendo  innanzi  agli  Arabi  erano  ricoverati  in  Alessandria. 
In  Egitto  gli  Arabi  tennei-o  la  medesima  condotta,  già  da  noi  osservata  in  Siria  ed  in  Persia  :  vale  ■  a 
dire  essi  confiscarono  tutti  i  beni  di  quelli  che  fuggivano  al  loro  comparire  e  si  rifiutavano  di  sotto- 
stare al  nuovo  dominio. 

Nota  "2.  —  Non  è  chiaro  che  cosa  s'intenda  per  «la  città  dei  due  fiumi»  e  lo  Zotenberg  si  ma- 
raviglia che  i!  cronista  dia  questo  nome  all'  isola  di  al-Iiawdah,  prospiciente  Babilonia,  e  pei-ciò  la 
sola  che  potesse  esser  unita  con  un  ponte  a  Babilonia.  Probabilmente  anche  in  questo  passo  il  testo  e 
eoiTotto. 

§  157.  —  La  rubrica  del  Capo  CXIX  (pag.  368),  porta:  Del  grande 
sconvolgimento  e  delle  numerose  vittime  tra  gli  abitanti  di  Creta  (??),  nella 
loro  isola  e  nelle  città  del  loro  territorio. 

§  158.  —  (Capo  CXIX,  prima  parte).  Or  l'Egitto  era  in  preda  a  Sa- 
tana. Una  grande  discordia  regnava  tra  gli  abitanti  del  Basso  Egitto, 
che  erano  divisi  in  due  partiti,  di  cui  uno  era  con  Teodoro,  mentre  l'altro 
voleva  unirsi  ai  Musulmani.  Allora  i  partigiani  di  uno  di  questi  partiti 
si  gettarono  sui  partigiani  dell'altro,  saccheggiarono  i  loro  beni  ed  incen- 
diarono la  loro  città.  I  Musulmani  avevan  timore  di  questa  gente  (^ciò 
deve  significare  che  nel  suddetto  conflitto  i  partigiani  degli  Arabi  ebbero 
la  peggio). 

'Amr  (b.  al-'As)  inviò  contro  Alessandria  un  grande  numero  di  Mu- 
sulmani, i  quali  s'impadronirono  del  sobborgo  di  Karyùn:  la  cui  guarni- 
gione, comandata  da  Teodoro,  si  ritirò  entro  Alessandria.  I  Musulmani 
si  accinsero  ad  assalire  gli  abitanti  della  città,  ma  non  poterono  avvici- 
narsi, perchè  (i  difensori)  lanciavano  pietre  contro  di  loro  dall'alto  delle 
mura  e  1i  respinsero  lontani  dalla  città  (Niqyùs.   669-570). 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -    Presa 
di  Babilonia  a  di 
Alessandria.! 


■287. 


§§  158, 159.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  1,;,   piima   paitf  di  qiusto   paiagiat'o  ci  fa  intendere  una  cosa,  che  era 

diBabiionia'ed^     ^''^•'   naturale  che  avvenisse,  ossia  che  una    parte    della  popolazione  copta 
Alessandria.]  apertamente  si  schierasse  in  favore  degli  Arabi  per  liboiarsi  dai  Bizantini, 

mentre  un'altra,  per  timore  dei  Musulmani,  considerati  come  barbari  — 
e  non  senza  ragione  (cfr.  4j  163)  —  non  volesse  passare  sotto  i  nuovi  padroni. 
Tutto  ciò  riforiscesi  naturalmente  a  quelle  parti  d<>I  paoso  che  ancora  non 
erano  state  sottomesse  da    Ami-  b.  al-'As. 

§  159.  —  (Capo  CXiX,  parte  seconda).  (ìli  abitanti  della  (provincia 
di)  Misr  erano  in  guerra  con  quelli  del  Basso  Egitto,  e  tra  le  due  parti 
avvennero  molti  atti  d'ostilità  (').  Poco  tempo  dopo  essi  fecero  la  pace.. Es- 
sendo cessata  questa  discordia,  Satana  ne  destò  un'altra  nella  città  d'Ales- 
sandria. Domentianus.  il  prefetto,  e  Menas  (^),  il  generale,  erano  nemici  per 
ambizione  di  comando  e  per  altri  motivi.  Il  generale  Teodoro  parteggiava 
per  Menas:  egli  era  scontento  di  Domentianus,  perchè  questi  era  fuggito 
da  Niqyùs  ed  aveva  abbandonato  l'esercito.  Menas  eia  anche  irritato  contro 
Eudocianus,  tiatello  maggiore  di  Domentianus,  che  aveva  fatto  violenza 
contro  i  Cristiani  (Copti  monofisiti)  durante  il  tempo  della  Santa  Passione 
(allusione  evidente  alle  barbarie  commei^e  nella  cittadella  di  Babilonia 
prima  della  resa;  cfì-.  poc'anzi,  §  150)  con  grande  malcontento  di  Menas. 
Or,  avendo  Domentianus  radunato  una  schiera  numerosa  di  partigiani 
della  fazione  azzuira,  Menas  arrolò  molti  uomini  della  fazione  verde  e  vari 
soldati  che  erano  nella  città:  essi  rimasero  così  in  ostilità  tra  loro,  (xiunse 
allora  (ad  Alessandria)  il  prefetto  d'Arcadia,  Philiades.  Orbene,  Domen- 
tianus era  l'avversario  del  patriarca  Ciro,  al  qviale  egli  non  tributava  ri- 
guardo veruno  e  che  detestava  senza  motivo,  sebbene  tosse  suo  cognato 
e  prima  fosse  stato  a  lui  unito  da  vincoli  di  amicizia.  Menas  d'altra  parte 
proteggeva  Philiades,  volendo  fare  atto  di  carità,  e  pieno  di  rispetto  per 
la  dignità  sacerdotale,  e  siccome  Philiades  era  fi-atello  del  paitriarca  Giorgio 
(il  predecessore  del  patriarca  Ciro),  l'invitava  sovente:  Menas  era  infatti 
caritatevole  e  pio  ed  aveva  pietà  per  gli  oppressi. 

Ma  Philiades  non  rimase  fedele  all'amicizia:  egli  era  di  natura  per- 
versa, e  nutriva  in  segreto  disegni  malvagi.  Quando  ai  tempi  del  comando 
del  generale  Teodoro  si  discuteva  la  questione  d'una  borgata  detta  Ma- 
munah,  del  soldo  dei  soldati  e  delle  teiTe  su  cui  il  soldo  era  assegnato, 
quell'uomo  malvagio  prese  la  parola  e  disse:  «  Invece  di  dodici  uomini 
«  sarebbe  meglio  averne  uno  solo,  il  quale  riceverebbe  il  soldo  di  dodici, 
«e  le  spese  in  viveri...  sarebbero  minori».  Menas  trovò  in  questo  inci- 
dente un  pretesto  contro  Domentianus.  Egli  era  amato  dai  soldati  che  ave- 
vano fiducia  in  lui,  perchè  cercava    d'esser    stimato  da    tutti,    non    per  il 

■2H8. 


20.  a.  H. 


§   lóii. 


desiderio  d'una  gloria  vana,  ma  per  saggezza  e  modestia.  Orbene,  mentre  20.  a.  H. 

egli  si- trovava  nella  grande  chiesa  del  Cesarion,  con  l'as-semblea  dei  fedeli,        di  Babilonia  e  di 

o-li  abitanti  della  città  insorsero  contro  Philiades  e  vollero  ucciderlo.  Pili-        Alessandria.] 

liades  si  diede  alla  fuga,  nascondendosi  in  una  casa.   GÌ'  insorti  si  diressero 

allora  verso  la  sua  dimora,  vi  misero  fuoco  e  saccheggiarono  tutti   i    suoi 

beni,  pur  risparmiando  la  vita  alle  persone  che  vi  eran  dentro.  Ricevuta 

questa  notizia,  Domentianus  mandò  contro  i  tumultuanti  i  partigiani  della 

fazione  azzurra:  s'impegnò  una  lotta  accanita  tia  i  due  partiti,  sei  uomini 

fm-ono    uccisi    e    vi   fa    un    gran    numero   di   feriti.  Solo  con  grandi  sforzi 

potè  Teodoro  ristabilire  la  pace  tra  i  combattenti.  Egli  destituì  il  generale 

Domentianus   e   nominò  Artànà  (??)  decurione,  ossia  capo  di  dieci  ordini 

(V  testo  corrotto).  Fu  anche  restituito  a  Philiades  tutto  quello  che  ei-a  stato 

tolto  alla  sua  casa.  Si  afferma  altresì  che  questa  sommossa  sanguinosa  avesse 

anche  per  motivo  dissensi  religiosi. 

Dopo  la  morte  di  Costantino,  figlio  di  Eraclio,  fecero  salire  sul  trono 
Eraclio  (Heracleonas)  suo  fratello  di  altro  letto,  un  giovinetto,  il  quale, 
come  Costantino,  non  riuscì  mai  ad  esercitare  il  potere.  Il  patriarca  Pirro, 
vedendo  che  Eraclio  ancora  infante,  aveva  ottenuto  la  corona  dietro  istiga- 
zione della  madre  Martina,  mentre  egli  stesso  era  in  esilio...  (lacuna,  o  per 
colpa  del  copista,  o  forse  anche  del  traduttore  arabo  od  etiopico)...  Dopo 
il  suo  avvento  al  potere,  dietro  consiglio  del  Senato,  egli  richiamò  Pirro 
(contusione  con  Ciro  ?)  dall'esilio  ed  abolì  il  decreto  scritto  da  suo  fi-atello 
Costantino  e  dagl'imperatori  suoi  predecessori.  Fu  abolito  a  causa  dell'in- 
giusta accusa  di  Philagrius  il  tesoriere.  Per  colpa  sua  le  chiese  furono  sprov- 
viste di  tutto:  egli  sospese  gli  atti  generosi  che  gl'imperatori  erano  soliti 
fare,  ed  aumentò  i  gravami  (tutto  questo  passo  di  Giovanni  di  Niqj'ùs 
è  pieno  di  errori). 

Di  poi  r  imperatore  (Eracleonas)  ristabilì  Ciro  e  lo  rimandò  ad  Ales- 
sandria, insieme  con  i  preti  che  lo  accompagnavano,  e  gli  conferì  pieni  poteri 
di  concludere  la  pace  con  i  Musulmani,  di  non  offi-ir  loro  resistenza  e  di 
costituire  un'amministrazione  regolare  per  l'Egitto.  Il  generale  dell'esercito, 
Costantino,  che  era  comandante  delle  milizie,  partì  pure  con  Ciro(*).  L'im- 
peratore fece  venire  l'esercito  di  Tracia  a  Costantinopoli  ed  esiliò  Philagiius 
il  tesoriere  mandandolo  in  Africa.  Allora  vi  fu  un  grande  malcontento  ed 
una  sommossa  nella  città  (di  Costantinopoli)  contro  Martina  ed  i  suoi 
tìgli  a  causa  dell'esilio  di  Philagrius,  che  era  molto  amato  (Niqyùs, 
570-573). 

Nota  1.  —  È  probabile  che  il  conflitto  sia  dipeso  dall'invasione  araba  e  si  accendesse  per  le  ra- 
gioni di  cui  si  fa  cenno  nel  precedente  §  158,  ossia  perché  una  parte  della  popolazione  voleva  il  dominio 
arabo  per  liberarsi  da  quello  bizantino. 

289.  37 


§§  i5ii-if,i.  20.  a.  n. 


20.  a.   H.  Nota  'J.  Su  qiio.sto  nome  elio  ai)puie  nei  tosti  nial)ì  iiellii  formii  di  Mina.  cfr.  18.  a.  H.,  §§  Itil, 

[EGITTO.  -  Presa  nota  1,  lliiJ;  è  tra  i  nomi  counossi  con  quello  di  al-Muqawqis.  Dei  vari  Menas  che  appariscono  nelle 
di  Babilonia  e  di  touli  sulla  storia  dell'Egitto  in  questo  periodo  di  tempo  il  Butlor  ne  distingue  sei  diversi  (ct'r. '•Un- 
Alessandria.'  tler,   18.   173,  184,   206,   !3U>-311,  3lì'2,  vedi    anche   pag.  511-512,   515,   517i.  —  Si    vegga   anche   poc'anzi 

§§  11-J  (6),  153. 

Nota  3.  —  Siccome  Costantino  regnò  circa  tre  mesi  dopo  la  morte  di  Eraclio  di  febbraio  alla 
metà  di  maggio  <i41  E.  V.),  e  Eraeleonu  regnò  dopo  di  lui  per  circa  sei  mesi,  la  nomina  di  Ciro  avvenne 
dopo  il  maggio  (ìjl,  forse  nel  giugno  o  luglio,  quando  Alessandria  era  già  assediata  dagli  Arabi.  Il  viaggi. ■ 
di  Ciro,  le  trattative  con  'Amr  b.  al-'As  e  la  conrlusiouo  della  pace  avvcnncni  tutti  entro  l'anno  (i'U  E.  \'. 
regnante  Eracleona.  Cfr.  §  161,  nota  l. 

§  160.  —  La  rubrica  per  il  Capo-CXX  (pag.  ;368),  porta:  Di  Ciro  il 
patriarca  dei  Calcedoniani,  il  medesimo  che  si  era  recato  a  Babilonia, 
presso  .\ini-  di.  al-'As)  il  capo  dei  Musulmani,  ed  aveva  portato  soprn 
una  imbarcazione,  ed  aveva  consegnato  nelle  sue  mani  il  tributo.  Come 
'Amr  aumentò  il  tributo  dei  Copti.  Della  morte  di  Ciro  il  Calcedouiano 
con  il  rimoi'so  d'aver  consegnato  la  città  d'Alessandria  in  potere  dei  Mu- 
sulmani. 

§  161.  ^  (Capo  CXX).  Ciro,  il  patriarca  calcedoniano,  non  era  il  .solo 
che  desidera.sse  la  pace:  gli  abitanti,  i  governatori  e  Domentianus,  che  era 
in  favore  presso  l'imperatrice  Martina,  si  riunirono  e  deliberarono  con  il 
patriarca  Ciro  di  concludere  la  pace  con  i  Musulmani. 

Tutto  il  clero  si  pronunziò  contrario  al  governo  di  Eraclio  (Eracleonas) 
il  giovane,  dicendo  che  era  ingiusto  lasciare  il  trono  occupato  da  un  impe- 
ratore nato  da  un'unione  riprovevole  (di  Eraclio  con  la  nipote  Martina  i. 
e  che  l'impero  doveva  ritoi'nare  ai  figli  di  Costantino  nato  da  Eudocia. 
E  fu  respinto  il  testamento  di  Eraclio  il  vecchio.  Valentino,  visto  che 
tutti  erano  ostili  a  Martina  ed  ai  suoi  figli,  prese  grandi  somme  di  da- 
naro dal  tesoro  imperiale  di  Philagrius  e  le  distribuì  all'esercito  eccitandolo 
conti'O  Martina  ed  i  suoi  figli.  Allora  l'esercito  cessò  di  battersi  contro  i 
Musulmani  e  si  voltò  contro  i  propri  concittadini.  Di  poi  si  spedì,  segreta- 
mente, un  messo  all'isola  di  Rodi  per  indurre  le  schiere  che  erano  partite 
con  il  patriarca  Ciro,  a  ritornare  nella  capitale,  e  si  fece  dire  a  Teodoro, 
prefetto  d'Alessandria:  «  Non  ascoltare  Martina,  e  non  obbedire  agli  ordini 
«  dei  suoi  figli  ».  Messaggi  simili  furono  mandati  in  Africa  ed  in  tutte  le 
Provincie  sottomesse  all'  impero  romano.  Il  generale  Teodoro,  molto  contento 
di  siffatte  notizie,  le  tenne  segrete  e  partì  durante  la  notte,  nascondendosi  a 
tutti  per  recarsi  dall'isola  di  Rodi  alla  Pentapolis. 

Ma  il  capitano  del  vascello,  il  solo  al  quale  comunicasse  il  suo  disegno 
(si  rifiutò  di  condurlo),  dicendo  che  il  vento  era  contrario.  Egli  arrivò 
dunque  ad  Alessandria  (insieme  con  il  resto  della  flotta)  nella  notte  del  17 
del  mese  di  Maskaran,  la  festa  della  Santa  Croce  (14  settembre  G41  dell'Era 
Volgare;  cfi-.  Butler,  536,  130-137)  (').  Tutti  gli  abitanti  della  città,  uomini 

29(>. 


20.  a.  H.  §  161. 

e  donne,  giovani  e  vecchi,  accorsero  presso  il  patriarca  Ciro  e  manifestarono  20.  a.  H. 

■  -1  •.  rr,       1  ...  ,  -,         ,    •  [EGITTO.  -    Presa 

la  loro  gioia  per  il  suo  ntoi'no.    ieodoro  si  reco  m  segreto  con  il  patriarca        di  Babilonia  e  di 
alla  chiesa  dei  Tabionesioti,  di  cui  fece  chiudere  la  porta,  e  mandò  a  chia-        Alessandria.] 
mare  Menas,  lo  nominò  generale  ed  espulse  Domentianus  dalla  città.  Tutti 
ffli  abitanti  gridavano:    «  Fuori  della  città!  ». 

[Prima  dell'arrivo  del  patriarca  Cii'o,  Giorgio,  (vicario?)  nominato  da 
Eraclio  il  giovane,  era  stato  trattato  con  rispetto  dal  governatore  Ana- 
stasio: da  vecchio,  la  sua  autorità  (spirituale)  si  estese  su  tutti  gli  affari. 
Lo  stesso  patriarca  (Cii'o)  gli  lasciò  la  sua  autorità]  (-). 

Quando  il  patriarca  Ciro  si  recò  alla  chiesa  del  Cesarion,  tutta  la  strada 
fii  coperta  con  tappeti,  si  cantarono  inni  in  suo  onore,  e  (la  folla  fii  sì 
grande)  che  la  gente  si  schiacciava  (per  le  vie  1  :  solo  a  stento  potè  Cii'O 
giungere  alla  chiesa.  Egli  fece  aprire  (?)  la  cisterna  nella  quale  si  trovava 
la  Santa  Croce  eh'  egli  aveva  ricevuta,  durante  1'  esilio,  dal  generale  Gio- 
vanni. Egli  aveva  anche  presa  la  venerabile  croce  del  convento  dei  Tabio- 
nesioti. Quando,  nel  giorno  della  Santa  Risurrezione  (^),  cominciarono  a  ce- 
lebrare la  messa,  invece  di  cantare  il  salmo  del  giorno,  ossia:  «  Ecco  il 
«  giorno  che  Dio  ha  fatto:  rallegriamoci  e  siamo  pieni  di  letizia!  »  (Salmo 
CXVni,  24-26),  il  diacono,  per  celebrare  il  patriarca  e  per  felicitarlo  del 
suo  ritorno,  scelse  un  altro  canto  che  non  era  prescritto  (per  quella  festa). 
Il  popolo,  quando  avvertì  il  mutamento  del  canto,  disse:  «  Questo  canto, 
«  fuori  di  regola,  non  è  di  buon  augm-io  per  il  patriarca  Cii'o:  egli  non 
♦  vedrà  un'altra  volta  la  festa  della  Risurrezione  in  Alessandiia  ».  Tutti  i 
fedeli  presenti  ed  i  frati  ripeterono  pubblicamente  questa  predizione,  (di- 
cendo) che  egli  aveva  agito  contrariamente  alle  prescrizioni  canoniche,  e, 
quelli  che  le  udivano,  non  volevan  crederci  (Niq\'ùs,   573-574). 

Nota  1.  —  La  data  è  corretta  e  confermata,  osserva  lo  Zotenberg,  da  altre  cii'costanze  menzio- 
nate nella  narrazione.  Difatti  l'imperatore  Eraclio  mori  l'il  febbraio  641  dell" E.  V.,  e  suo  figlio  Co- 
stantino regnò  soli  tre  mesi  (marzo,  aprile  e  maggio  i.  Eraclio  II  il  giovane  (Heracleonas  i  fu  imperatore 
dal  mese  di  giugno  in  poi.  e  regnò  soli  sei  mesi  giugno-novembre).  La  sommossa  di  Costantinopoli 
avvenne  nell'agosto,  mentre  Ciro  e  Teodoro  erano  in  alto  mare  in  viaggio  verso  Alessandria.  —  Con- 
frontisi §  159,  nota  1. 

Nota  2.  —  Il  passo  è  certamente  corrotto,  e  molto  priibabilmente  fuori  dal  suo  posto:  Io  Zoten- 
berg suppone  possa  trattarsi  di  un  vicario  che  avrebbe  amministrata  la  chiesa  di  Alessandria  durante 
l'assenza  del  patriarca  Ciro:  invece  di  Eraclio  il  giovane  bisognerebbe  leggere  Eraclio  il  vecchio. 

Nota  3.  —  Anche  in  questo  passo  il  testo  è  corrotto:  Ciro  arrivò  ad  Alessandria  il  14  settembre 
del  641  dell' È  V.  :  la  festa  detta  della  Croce,  nella  quale  si  commemorava  il  riscatto  della  Croce  dalle 
mani  dei  Persiani  e  la  riconsegna  della  Santa  Reliquia  nel  tempio  di  Gerusalemme,  appunto  il  14  set- 
tembre 629  dell' È.  V.,  per  opera  dell'imperatore  Eraclio  cfr.  Butler,  132).  Il  senso  vorrebbe  che  sic- 
come nel  precedente  a  capo  si  narra  la  prima  parte  delle  feste  per  l'arrivo  di  Ciro,  nel  presente  capo- 
verso si  trovasse  la  continuazione  del  racconto,  dopo  l' inciso  su  quel  Giorgio,  di  cui  si  è  discorso 
nella  nota  precedente.  Invece  il  testo  d' un  tratto  ci  trasporta  a  sei  mesi  di  distanza,  alla  festa  di 
Pasqua  di  Risurrezione.  Lo  Zotenberg,  in  una  nota,  si  meraviglia  di  trovare  nel  testo  il  ripetersi  delle 
feste  per  il  ritorno  di  Ciro  sei  mesi  più  tardi.  «Il  faut  supposer  »  egli  aggiunge  «  que  Von  rendait  ces 
«  actions  des  gràces  à  cause  de  la  solemnité  particiiliènf  de  la  fète  de  Pàques.  la  première  à  laquelle 
«  le  patriarche  assistait,  à  Alexandrie,  après  son  exil  » . 

291. 


ijj;  1,;,  i,;.>  20.  a.  H. 


20.  a.   H.  Il   Hiitli-r  crilini  molto  uoiitiiinciite  tutto  questo  pnsso  di  Giovanni  di  NiqyHs  p  stabilisce,  dunque, 

[EGITTO  -  Presa  l'arrivo  dì  Ciro  ad  Alessamlria  il  It  settembre»  fi-ll,  0  la  sua  morte,  comò  vedremo  icfr.  §  16()1,  il  21  marzo  i'A'2 
di  Babilonia  e  di  doli'  K.  V.  In  lineato  porioilo  non  v'è  una  Pasqua  di  Risurrezione:  dunque  il  testo  è  in  errore.  Il  Hutlnr, 
Alessandria.]  esaminando  il  testo,  trova  che  la  festa  cui  si  allude  non  è  già   quella   di    Pasqua   di    Risurrezione,   ma 

precisamente  (|uella  dell'esaltazione  della  Croce  (il  14  settembre).  Infatti  il  passo  segnato  da  un  punto 
•■  interrogativo  dallo  Zotenberg  devesi  tradurre:  «Ora  egli  fece  alti  elogi  del  pozzo  in  cui  la  Santa  Croce 
•  fu  trovata»:  quindi  è  evidente  che  Ciro  nella  sua  predica  ha  fatta  la  storia  del  linveniniento  della 
Croce.  Poi  è  detto  ohe  Ciro  portò  in  processione,  dal  convento  dei  Tabionesioti,  quella  ])orzion6  della 
Santa  Croce  che  il  generale  Oiovanni  aveva  portato  a  Ciro  prima  dell'esilio.  E  dal  convento  dei  Tabio- 
nesioti appunto  che  Ciro  si  mosse  nella  processione,  ma  ivi  pure,  secondo  Giovanni  di  Niqyiìs,  Ciro  si 
recò  con  il  generale  Teodoro  appena  sbarcato.  Il  nesso  quindi  tra  la  festa  e  la  Santa  Croce  è  cosi  evi- 
dente da  lasciar  poco  adito  a  dubbi  nonostante  lo  stato  frammentario  del  testo  iButler,  53G-540).  .\1 
traduttore  o  arabo  o  etiopico  devesi  probabilmente  l'errore  ili  avere  confuso,  nello  scrivere,  la  festa  della 
Croce  con  la  Pasqua,  confusione  facile  ad  avvenire  presso  uno  scrittore  che  non  sapesse  più  della  festa 
ordinata  da  Eraclio. 

§  162.  —  (Seconda  parte  del  Capo  CXX).  Il  patriarca  Ciro  si  recò  di 
poi  a  Babilonia,  presso  i  Musulmani,  per  domandare  ad  essi  la  pace,  of- 
frendo di  pagar  loro  tributo,  aftinché  facessero  cessare  la  guerra  in  Egitto. 
Amr  (b.  al-'As)  lo  accolse  benevolmente  e  gli  disse:  «Tu  hai  fatto  ijene 
«  di  venire  verso  di  noi  ».  E  Ciro  rispose:  «  Dio  vi  ha  donato  questo  paese: 
«  d'ora  innanzi  non  vi  sia  più  ostilità  tra  voi  ed  i  Greci.  Altre  volte  non 
«  abbiamo  avuto  ostilità  prolungate  con  voi  ».  Fissando  il  tributo  che  egli 
(Ciro?)  pagherebbe,  fii  stipulato  che  gli  Arabi  non  sarebbero  intervenuti  in 
alcun  modo  (nelle  faccende  di  quelli  ancora  non  inclusi  nel  dominio  diretto 
arabo),  e  si  terrebbero  in  disparte  per  undici  mesi:  i  soldati  greci  in  Ales- 
sandria si  sarebbero  imbarcati  portando  via  i  loro  beni  ed  i  loro  oggetti 
preziosi:  nessun  altro  esercito  greco  sarebbe  ritornato  (in  Egitto):  quelli 
che  volessero  partire  per  la  via  di  terra,  pagherebbero  un  tributo  mensile 
(durante  tutto  il  tempo  che  viaggiavano  in  terra  musulmana?):  i  Musul- 
mani avrebbero  preso  come  ostaggi  cinquecento  militari  e  cinquanta  abi- 
tanti, e  farebbero  la  pace:  i  Greci  cesserebbero'  dal  combattere  i  Musul- 
mani, mentre  questi  non  s'impadronirebbero  più  delle  chiese  e  non  ai 
occuperebbero  affatto  delle  faccende  (religiose)  dei  Cristiani  :  e  infine  (gli 
Arabi)  avrebbero  permesso  agli  Ebrei  di  dimorare  in  Alessandria. 

Condotti  a  termine  questi  negoziati  il  patriarca  ritornò  ad  Alessandria 
e  comunicò  i  patti  ottenuti  a  Teodoro,  ed  al  generale  Costantino,  pregandoli 
di  partecipare  le  condizioni  all'  imperatore  Eraclio  (il  giovane)  e  di  racco- 
mandarne l'accettazione.  Di  poi  (i  capi  dell')  esercito  ed  i  cittadini  di  Ales- 
sandria, insieme  con  Teodoro  l'Augustale,  si  recarono  presso  il  patriarca 
Ciro  e  gli  offrirono  i  loro  omaggi.  Egli  spiegò  a  loro  il  trattato  concluso  con 
i  Musulmani  e  li  esortò  ad  accettarlo.  Durante  queste  operazioni  arrivarono 
i  Musulmani  per  riscuotere  il  tributo,  mentre  che  gli  abitanti  ignoravano 
ancora  (il  trattato).  Vedendo  comparire  il  nemico,  gli  abitanti  si  prepara- 
rono alla    difesa,    ma    l'esercito  ed  i  generali,   insistendo  nella  risoluzione 

292. 


20.  a.  H. 


§§  i>;-2-ir,4. 


presa,  dichiararono  che  era  impossibile  lottare  contro  i   Musulmani  e  che  20.  a.  H. 

1  •  •  1  •    1-       j    1  X    •  /-i-  *  Il  1  11         [EGITTO.  -   Presa 

bisognava  seguire  il  consiglio  del  patriarca  Ciro.  Allora  il  popolo  si  sol-  di  Babilonia  e  di 
levò  e  volle  lapidare  il  patriarca.  Ciro  arringò  i  ribelli  e  disse  a  loro:  «  iu  Alessandria.] 
«  ho  fatto  questo  accomodamento  per  salvare  voi  ed  i  vostri  figli  »,  e  pian- 
gendo dirottamente  li  implorò  e  manifestando  un  grande  dolore  (di  ac- 
consentire). La  gente  di  Alessandria  ebbe  vergogna,  ofii'ì  al  patriarca  molto 
oro  per  consegnarlo  agli  Aral)i  insieme  con  il  tributo  che  era  stato  im- 
posto agli  abitanti  di  Alessandria  (^)  (Niq\  ùs.  575-576). 

Il  trattato  di  Alessandria  fu  firmato  da  Ciro  e  da  Amr  b.  al-'A.s  in 
Babilonia,  secondo  il  Butler  l'S  novembi-e,  e  secondo  il  Brooks  il  17  set- 
tembre G41  È.  V.  — Cfr.  le  ragioni  per  l'uno  e  per  l'altro  più  avanti  al  §  168. 

Nota  1.  —  Si  tenga  presente  che  questa  narrazione  è  scritta  da  un  fiero  nemico  del  patriarca: 
Ciro  era  stato  feroce  persecutore  dei  Copti.  L'assenza  (ii  ogni  cenno  ad  un  tradimento  o  corruzione  da 
parte  del  patriarca  è  assai  degna  di  nota,  e  dimostra  —  nota  giustamente  lo  Zotenberg  —  come  le 
accuse  lanciate  contro  il  patriarca  dai  cronisti  greci  non  abbian  fondamento,  e  rappresentano  forse 
soltanto  le  voci  maligne  dei  nemici  di  Ciro  in  Costantinopoli,  se  pure  lo  sdegno  dell'  imperatore  verso 
Ciro  si  riferisca  ad  un  qualche  fatto  anteriore. 

§  163.  —  (Terza  parte  del  Capo  CXX).  Gli  Egiziani,  che  per  timore 
dei  Musulmani  erano  venuti  a  rifugiarsi  in  Alessandria,  domandarono  al 
patriarca  d'ottenere  dai  Musulmani  che  fosse  a  loro  permesso,  sottomet- 
tendosi alla  dominazione  araba,  di  ritornare  ai  loro  paesi.  Ch'o  intavolò  le 
trattative  conformemente  alle  loro  domande.  Ed  i  Musulmani  presero  pos- 
sesso di  tutto  l'Egitto,  del  mezzodì  e  del  settentrione,  e  triplicarono  le  im- 
poste ( X  i  k  y  ù  s  ,  677). 

§  164.  —  (Quarta  parte  del  Capo  CXX).  Un  uomo,  a  nome  Menas, 
era  stato  nominato  dall'imperatore  Eraclio  prefetto  del  Basso  Egitto:  uomo 
presuntuoso  sebbene  ignorante,  profondo  odiatore  dei  Copti,  fu  mantenuto 
dai  Musulmani  nella  carica,  quando  essi  occuparono  il  paese  (^).  Ne  scelsero 
un  altro,  chiamato  Sinódà  come  prefetto  della  provincia  di  al-Eìf.  ed  uno 
chiamato  Philoxonos  come  prefetto  d'Arcadia,  ossia  del  Fayyùiu.  Questi 
tre  uomini  amavano  i  pagani  (ossia  gli  Arabi  musulmani),  ed  odiavano  i 
Cristiani.  Costrinsero  questi  a  portare  (ai  Musulmani)  il  foraggio  per  le 
bestie,  ed  esigevano  da  loro  di  fornire  latte,  miele,  fiaitta,  «  poireau  »  (? 
sarkhad)  e  molta  altra  roba,  oltre  alle  razioni  ordinarie  (che  dovevano 
consegnare  alle  schiere  arabe).  I  Copti  eseguirono  questi  ordini,  perchè 
erano  in  preda  ad  uno  spavento  continuo.  (I  Musulmani)  li  forzarono  (al- 
tresì) a  scavare  il  canale  di  Traiano,  che  era  stato  distrutto  (ossia  col- 
mato di  melma)  da  lungo  tempo,  perchè  volevan  condurre  l'acqua  da  Ba- 
bilonia d'Egitto  fino  al  Mar  llosso.  Il  giogo  che  (gli  Arabi)  facevano  pesare^ 
sugli  Egiziani  era  più  greve  di  quello  che  era  stato  imposto  da  Faraone 

293. 


es  i(>4-ii!(;. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  su  Tsraelo . . .  Che  la   punizione  di  Dio  venga  a  colpirò  gl'Ismaeliti  (Arabi), 

'  zioni  sulla  presa     ^'  f'''^'  *"acc'ia  loro  quello  che  fece  al  Faraone  antico. . .  (Nitiyus.  577-578). 
di  Alessandria.!  Questi   tatti  .si   riferiscono  ad   uno  degli  anni  .successivi,  torse  al  21.  II., 

dopo  la   pivsa  di    Alessandria. 

Nota  1.  —  Si  nuti  come  i  Musulmani  nel  sottoinetteie  il  (laese  lasciassero  tutta  l'anuninistra- 
zione  esistente  e  cout'erraassero  talvolta  per.sino  i  capi  jiiù  importanti  noni  insiti  ilal  govei-no  pvet^edente. 
A  loro  bastava  assicurarsi  la  rii3COSSione  delle  imposte  ed  avere  in  mano  tutta  l'autorità  militare,  che 
li  rendeva  sicuri  padroni  del  paese. 

§  165.  —  (Quinta  parte  del  Capo  CXX).  Amr  (b.  al-'As),  dopo  aver 
sottomesso  l'Egitto,  mandò  le  genti  che  teneva  in  questo  paese,  contro  gli 
abitanti  della  Pentapoli  (cti-.  21.  a.  H.),  e  dopo  averli  vinti,  non  permise 
loro  di  dimorarvi  in  pace,  perchè  asportò  da  quel  paese  un  immenso  bot- 
tino e  grande  numero  di  prigionieii.  Abùlyànòs  (forse  intendesi  CJiuliano), 
governatore  della  Pentapoli,  le  sue  schiere  ed  i  magnati  della  provincia 
si  erano  ritirati  nella  città  di  Teucheira  (?  Tripoli),  che  era  tbrtemente 
munita,  e  vi  si  erano  rinchiusi.  I  Musulmani  ritornarono  nel  loro  paese 
(l'Egitto?)  con  il  bottino  e  i  prigionieri  di  guerra  (Niqyùs,  578). 

Cfr.  J.  A.,  1844,   pag.  335  e  segg. 

Anche  questo  brano  tratta  un  argomento  che  noi  vedremo  narrato 
dalle  fonti  arabe  sotto  gli  anni  21.,  22.  e  23.  H. 

§  166.  —  (Sesta  parte  del  Capo  CXX).  II  patriarca  Ciro  fu  profonda- 
mente afflitto  dalle  calamità  dell'Egitto:  infatti  Amr,  (b.  al-'As)  trattava 
i  Copti  senza  pietà  e  non  osservava  i  patti  che  erano  stipulati  con  lui,  perchè 
era  di  razza  barbara.  Il  giorno  della  Festa  delle  palme,  Ciro,  sopraffatto  dal 
dolore,  si  ammalò  d' una  dissenteria,  e  morì  nel  giovedì  di  Pasqua,  il  ven- 
ticinque del  mese  di  Magàbit  [=  24  marzo  642  È.  V.]  (').  Come  l'avevano 
predetto  i  Cristiani  (cfr.  §  161),  egli  non  rivide  più  la  festa  della  Santa 
Eisurrezione  di  N.  S.  Gresù  Cristo.  Questo  avvenne  sotto  il  regno  di  Co- 
stantino figlio  di  Eraclio  (Niqyùs,  578). 

Nota  1.  —  Il  25  Magàbit,  secondo  lo  Zotenberg  (pag.  578,  nota  4)  corrisponderebbe  al  "2  aprile, 
ma  in  verità  nessun  giovedì  di  Pasqua  cade  sul  2  aprile,  nel  periodo  su  cui  ora  discorriamo. 

Il  patriarca  Ciro  era  venuto  ad  Alessandria  nel  mese  di  settembre  dell'anno  in  cui  era  morto 
l'imperatore  Eraclio,  cioè  nel  settembre  dell'anno  641  dell' E.  V. 

Lo  Zotenberg  ritiene  cbe  l'altra  festa  a  cui  si  allude  nel  testo  di  Niqyùs  (al  §  161  —  cfr.  ibid., 
nota  3)  fosse  la  Pasqua  del  642  dell' E.  V.,  e  quella  nel  presente  paragrafo,  la  Pasqua  del  643  che  cadde 
sul  13  aprile,  onde  il  giovedì  di  Pasqua  sul  10  aprile.  Or  è  palese  che  la  cronologia  dello  Zotenberg  e 
quella  di  Giovanni  di  Niqyùs  non  combinano.  Lo  Zotenberg  è  perciò  costretto  a  ritenere  che  invece  di 
Costantino,  figlio  di  Eraclio,  bisognerebbe  leggere  nel  testo  Costante,  figlio  di  Costantino:  ma  ciò  non 
combina  con  il  testo  del  brano  seguente  nel  medesimo  capo,  in  cui  si  allude  alle  guerre  civili  per  causa 
dei  figli  dell'imperatrice  Martina. 

Se  però  accettiamo  la  correzione,  giustissima,  proposta  dal  Butler,  ed  interpretiamo  la  festa  reli- 
giosa, nel  corso  della  quale  Ciro  rientrò  in  Alessandria,  come  la  festa  della  Croce,  che  si  solennizza  il 
14  settembre,  allora  avremmo  che  la  data  del  14  settembre  611  dell' E.  V.  fu  quella  immediatamente 
successiva  al  suo  arrivo  in  Alessandria;  quindi  la  Pasqua   di    ijuesto    paragrafo   sarebbe  quella  del  642 

20  I. 


20.  a.  H. 


§§  166-ies. 


dell' E.  V.,  ossia  il  24  marzo  (=16  Rabi'  II.  21.  a.  H.',  ed  il  giovedì  di  Pasqua  il  21  marzo  i=:  13  Rabi'  II. 
21.  a.  H.»,  non  già  il  2  aprile,  come  vuole  lo  Zotenberg  fct'r.  anche  Broriks  Byz.  Zeitsch.,  IV,  442. 

§  167.  —  Quanto  segue  ora  nel  lunghissimo  capo  CXX  della  cronaca 
di  Giovanni  di  Niqyiis,  e  precisamente  tra  la  fine  della  pag.  578  e  quasi 
tutta  la  pag.  582,  è  palesemente  una  raccolta  molto  confiisa  di  appunti  del 
nostro  cronista  copto,  appunti  però  non  bene  coordinati,  con  conti-adizioni 
e  ripetizioni:  la  lettura  di  queste  pagine  convince  che  l'ultima  parte  della 
cronaca,  ossia  quella  per  noi  di  maggior  pregio,  non  fii  elaborata  dall'au- 
tore, e  che  i  copisti  e  traduttori  hanno  considerato  gli  appunti  come  parte 
integrante  del  testo,  ed  hanno  messo  un  appunto  appresso  all'altro  come 
se  costituissero  una  narrazione  continua,  il  che  certamente  non  è. 

Narrasi  in  principio,  «  dopo  la  morte  di  Cii'o  ».  la  guerra  civile  di  Va- 
lentino e  Philagrius  contro  i  figli  dell'imperatrice  Martina,  nello  scopo  di 
destituire  questi  e  poire  sul  trono  imperiale  i  figli  di  Costantino.  Eraclio  il 
giovane  si  reca  a  Calcedonia  e  riesce  a  mantenere  la  fedeltà  delle  sue 
schiere:  conclude  infijie  la  pace,  promettendo  di  adottare  come  suo  collega 
nell'impero  il  proprio  nipote,  Costantino  il  giovane,  uno"dei  figli  di  Costan- 
tino figlio  di  Eraclio  il  Grande.  Poi  si  narra  la  nuova  guerra  civile,  la 
deposizione  di  Martina  e  dei  .suoi  figli  per  opera  di  Teodoro,  il  figlio  di 
Costantino,  che  sevizia  i  figli  di  Martina,  taglia  loi'o  il  naso  e  fa  morire 
il  più  giovane,  barbaramente  castrandolo.  Sale  sul  trono  allora  l'impera- 
tore Costante,  figlio  di  Costantino.  Segue  la  nuova  rivolta  di  Valentino  (nel 
644  dell" È.  V.).  e  si  torna  a  ripetere  la  storia  della  morte  di  Ciro,  attin- 
gendo a  qualche  nuova  fonte  probabilmente  greca  ed  ostile  al  patriarca, 
mentre  la  precedente  gli  era  favorevole. 

La  cronaca  continua  cioè  nei  seguenti  termini  : 

§  168,  —  Ciro,  il  patriarca  calcedoniano  (ossia  ortodosso)  d'Alessan- 
dria, fu  molto  afflitto  nell'udire  la  notizia  dei  predetti  eventi:  l'esilio  di 
Martina  e  dei  .suoi  figli,  che  avevano  richiamato  lui  stesso  dall'esilio:  la 
deposizione  di  Pirro,  patriarca  di  Costantinopoli,  ed  il  ritorno  di  Phila- 
grius suo  nemico:  la  morte  del  vescovo  Arcadius  ed  il  trionfo  e  la  potenza 
di  \'alentino.  Egli  piangeva  continuamente,  ed  in  tanta  afflizione  egli  cessò 
di  vivere  per  morte  naturale.  Ma  il  suo  più  grande  dolore  era  stato  di  ve- 
dere i  Musulmani  che  non  accoglievano  punto  le  sue  domande  in  favore 
dei  Copti.  Prima  della  sua  morte  egli  faceva  opera  di  eretico  e  persegui- 
tava i  Cristiani:  e  Dio.  il  giudice  giusto,  lo  punì  per  il  male  che  aveva  fatto. 

Il  generale  Valentino  e  le  sue  schiere  non  potevano  apportare  alcun 
soccorso  ai  Copti.  Questi  al  contrario,  in  ispecie  nella  città  d'Alessandria, 
continuavano    ad    essere  bersaglio  delle  sevizie  dei   Musulmani,  e  soccom- 


20.  a.  H. 
[EGITTO.  -   Presa 

di  Babilonia  e  di 
Alessandria.] 


295. 


§  itìtì.  ^U»   Si'   M. 

20.  a.  H.  bovaiK^  sotto  il  pondo  gravoso  delle  contribuzioni  chv  gli  Arabi  esigevano, 

di  Babilonia  e* d^  ^  ricchi  della  città  (di  Alessandria)  si  nascosero  dinante  dieci  mesi  nelle 
Alessandria.!  isole  (alle  bocche  del   Nilo?). 

Di  poi  Teodoro  l'Augustale,  e  Costantino  generale  dell'esercito,  ed  i 
soldati  die  erano  rimasti,  nonché  quelli  che  erano  stati  nelle  mani  dei 
Musulmani  quali  ostaggi,  s'imbarcarono  e  vennero  ad  Alessandria  (')  (scen- 
dendo il  fiuine?).  Dopo  la  festa  della  Croce,  il  20  del  mese  di  Hamlé(*),  festa 
del  Santo  Teodoro  martire,  essi  nominarono  il  diacono  Pietit)  pati-iarca 
(di  Alessandria)  e  lo  installarono  sul  seggio  pontificale.  Il  20  del  mese  di 
^laskaram,  Teodoro  lasciò  la  città  di  Alessandria  con  tutte  le  sue  schiere 
ed  i  suoi  ufficiali,  e  si  lecò  a  Cipro.  Amr  (b.  al-'As),  il  capo  dei  Musul- 
mani, entrò  allora  nella  città  di  Alessandria  senza  colpo  ferire.  Gli  abi- 
tanti nella  loro  sventura  o  nella  loro  afflizione  li  accolsero  con  rispetto 
(Niqyùs,   582-583). 

Il  Butler  (pag.  541),  fondandosi  sull'asserzione  di  al-Maqrizi,  che  Ales- 
sandria cadde  in  potere  dei  Musulmani  nove  mesi  e  cinque  giorni  dopo  la 
morte  di  Eraclio  (avvenuta  l'il  febbraio  041  È.  V.  =  2B  Safar  20.  H.),  cal- 
cola che  la  stipulazione  della  resa  debba  porsi  il  28  Dzii-1-Qa'dali  20.  H., 
pari  a  giovedì  8  novembre  641  È.  V.  :  undici  mesi  dopo,  passata  cioè  la 
tregua  (cfi*.  §  162)  sarebbe  avvenuta  la  capitolazione  effettiva  e  l'ingresso 
degli  Arabi  nella  città:  ciò  sarebbe  1*8  ottobre  642  È.  V.,  data  che  non 
corrisponde  esattamente  con  l'altra  di  Giovanni  di  Niqj'iis.  —  Infatti  se- 
condo l'Art  de  verifler  les  dates  (cfr.  pag.  52)  il  20.  Hamlé  =  14  luglio,  e  il 
20  Maskaram  =  17  settembre  (cfì\  anche  Brooks  Byz.  Zeitsch.,  IV,  443). 

Le  parole  «  dopo  la  festa  della  Croce  »  danno  perplessità  perchè  non 
si  sa  a  che  alludano:  il  Brooks  suppone  che  siano  fuori  posto  e  vadano 
invece  mes^e  prima  delle  altre  parole:  «  Il  20  del  mese  di  Maskaran  »  che 
è  appunto  tre  giorni  dopo  la  festa  della  Croce  (14  settembre).  —  Il  Brooks 
fondandosi  su  questo  passo  di  Giovanni  di  Niqyùs  pone  la  consegna  di 
Alessandria  nelle  mani  di  'Amr  nel  17  settembre  642  È.  V.  —  Siccome 
poc'anzi,  al  §  162  è  detto  che  tra  la  conclusione  del  ti'attato  di  Alessan- 
dria e  la  resa  effettiva  della  città  passarono  undici  mesi  di  tregua,  il 
Brooks  (1.  e,  pag.  442),  calcola  che  la  stipulazione  della  resa  sia  avvenuta 
il   17  ottobre  641. 

V'è  quindi  tra  il  Butler  ed  il  Brooks  un  divario  di  opinione  sulla  sti- 
pulazione della  resa:  la  differenza  non  è  molta,  17  ottobre-8  novembre 
=  21  giorni.  Anzi  la  differenza  è  così  piccola,  che  ammessi  i  possibili  ei'- 
rori  di  copisti,  le  varie  notizie,  da  cui  tragghiamo  questi  calcoli,  interiore- 
tate  con  ragionevole  larghezza,  risultano  di  reciproca  conferma. 

29(i. 


20.  a.  H. 


§§  1G8-170. 


Nota  1.  —  Questo  ritorno  pacifico  di  generali,   ufficiali,  soldati  ed  ostaggi  dall' interno  del  paese  20.  a.  H. 

e  la  loro  susseguente  partenza,  pure  pacifica,  da  Alessandria,  è  la  conferma  dell'accordo  intervenuto  tra       [EGITTO.  -    Presa 
gli  Arabi  e  la  guarnigione  greca  per  gli  undici  mesi  di  tregua,  di  cui  si  fa  parola  nel  precedente  §  102;  di  Babilonia  e  di 

tregua  che  mirava  a  concedere  tutto  il  tempo  necessario,  perchè  chi  volesse  andarsene  avesse  il  tempo  Alessandria.) 

di  regolare  le  sue  faccende.  Alla  fine  degli  undici  mesi  gli  Arabi,  senza  colpo  ferire,  entrarono  in  Ales- 
sandria, abbandonata  dalle  ultime  milizie  greche. 

Nota  2.  —  Il  '20  del  mese  di  Hamlè  corrisponde,  dice  lo  Zotenberg,  al  2fi  luglio.  La  festa  della 
Croce,  a  cui  allude  il  cronista,  è,  secondo  lo  stesso  orientalista  francese,  quella  dell'apparizione  della 
Croce  sul  Golgotha,  festa  che  la  Chiesa  giacobita  celebra  il  19  maggio.  Il  20  del  mese  di  Maskaram 
corrisponde  al  29  settembre  (del  G43  dell' E.  V.,  secondo  lo  Zotenberg  i.  Per  la  confutazione  dei  vari  errori 
commessi  dallo  Zotenberg  in  questi  calcoli  veggasi  il  Brooks  il.  e,  pag.  443,  nota  2). 

§  169.  —  Nella  rubrica  del  testo  (pag.  358)  per  il  capo  CXX,  è  detto: 
Del  ritorno  di  Abbà  Beniamino,  patriarca  d'Egitto,  dal  suo  esilio  nella  pro- 
vincia di  al-Rif,  dove  egli  era  rimasto  durante  quattordici  [sic)  anni,  esi- 
liato durante  dieci  anni  dagl'imperatori  romani,  e  quattro  anni  sotto  il 
dominio  dei  Musulmani. 

§  170.  —  (Capo  CXXI).  Abbà  Beniamino  patriarca  dei  Copti,  ritornò  ad 
Alessandria  tredici  (sic)  anni  dopo  che  egli  ebbe  presola  fuga  per  sfuggire 
ai  Greci,  e  visitò  tutte  le  chiese.  Tutti  dicevano  che  l'espulsione  dei  Greci  e 
la  vittoria  dei  Musulmani  erano  l'effetto  della  tirannia  dell'imperatore  Era- 
clio e  delle  vessazioni  che  egli  aveva  inflitte  agli  ortodossi  (ossia  i  Copti  mo- 
nofisiti),  per  mezzo  del  patriarca  Ciro:  «  Ecco  »,  dicevano,  «  le  cause  della  ro- 
«  vina  dei  Greci,  ecco  perchè  i  Musulmani  sono  divenuti  padroni  dell'Egitto  ». 

La  posizione  di  'Amr  (b.  al-'As)  diventava  ogni  giorno  più  forte.  Egli 
riscosse  le  imposte  che  aveva  stipulate,  ma  non  pigliò  cosa  alcuna  dei  beni 
delle  chiese  e  non  commise  alcun  atto  di  spoliazione  e  di  saccheggio,  anzi 
protesse  questi  beni  ecclesiastici  durante  tutta  la  durata  del  suo  governo  ('). 
Dopo  aver  preso  possesso  di  Alessandria,  fece  mettere  a  secco  il  canale 
della  città,  imitando  l'esempio  dato  da  Teodoro  l'eretico.  Egli  elevò  il  tri- 
buto alla  somma  di  ventidue  b  a  t  r  (significato  incerto,  probabilmente  una 
quantità  determinata,  cioè  un  migliaio,  di  monete)  d'oro,  di  modo  che  gli 
abitanti  schiacciati  sotto  il  peso  delle  imposte,  ed  incapaci  di  pagare,  si 
nascosero.  Nel  secondo  anno  del  ciclo  (ossia,  secondo  lo  Zotenberg,  l'anno 
644  dell'E.  V.  Indizione  seconda)  arrivò  Giovanni,  da  Damietta,  il  quale 
al  momento  in  cui  'Amr  faceva  ingresso  nella  città,  era  stato  nominato 
prefetto  di  Alessandria  da  Teodoro  l'Avigustale,  e  prestò  soccorso  ai  Mu- 
sulmani, mu-ando  così  ad  impedire  che  (i  Musulmani)  distruggessero  la 
città.  Giovanni,  pieno  di  commiserazione  per  i  poveri,  distribuì  largamente 
i  propri  beni,  e  vedendo  la  triste  condizione  degli  abitanti,  li  consolò  e 
li  rimpianse  per  il  loro  destino. 

'Amr  (b.  al-'Às)  destituì  Menas  e  surrogò  a  lui  Giovanni.  Difatti  Menas 
aveva  aumentato  il  tributo  della   città,  fissato  da  'Amr  in  ventidue  mila 

297.  38 


§§  17(1,  171.  20.  a.  H. 

t : — '■ 

20.  a.  H.           ne/.zi  d'oro:   invece  di    questa   somma,    Menas    l' oietico   aveva  radunato  e 
di  Babiionia'edl     consegnato  agli  Arabi  trentadue  mila  e  cinquantasette  pezzi  d'oro.  È  im- 
Aiessandria.]           possibile  narrare   il  lutto  e  i  gomiti  che  riempivano  la  città:  gli  abitanti 
arrivarono  al   punto  di  offrire  i  loro  lìgli  in  cambio  di  somme  enormi  che 
avevano  mensilmente  a  pagare.   Nessuno  era  11  per  soccorrerli:  Dio  li  ab- 
bandonò e  consegnò  i  Cristiani   in  potere  dei  loro  nemici (riflessioni 

devote). 

Orbene,  molti  Copti,  che  erano  falsi  cristiani,  rinnegarono  la  santa 
religione  ortodossa  ed  il  battesimo  che  dà  la  vita,  abbracciarono  la  reli- 
gione dei  Musulmani,  i  nemici  di  Dio,  ed  accettarono  la  dottrina  odiosa 
di  quel  mostro,  ossia  Maometto  (").  Essi  parteciparono  agli  errori  di  quegli 
idolatri  e  presero  le  armi  contro  i  Cristiani.  Uno  di  essi,  Giovanni,  un 
calcedoniano  (ossia  seguace  della  tede  ufficiale  di  Costantinopoli)  del  con- 
vento del  Sinai,  avendo  abbandonato  l'abito  monacale  ed  abbracciato  l'Islam, 
ed  essendosi  armato  d'una  sj)ada,  perseguitò  i  Cristiani  rimasti  fedeli  al 
nostro  Signore  Gresil  Cristo  (Niqyùs.   583-585). 

Nota  1.  —  E  chiaro  clie  nel  testo  di  Giovanni  di  Niqyus  troviamo  mescolate  insieme  varie  fonti: 
una  delle  quali  riconosce  il  buon  governo  degli  Arabi  ed  il  rispetto  del  trattato  per  parte  di  'Amr;  un'altra 
invece,  in  questo  stesso  paragrafo  e  in  quello  precedente  (§§  153,  168),  accusa  gli  Arabi,  'Amr  e  persino 
i  suoi  luogotenenti  copti  di  aver  ingiustamente  aumentato  i  tributi  in  misura  oppressiva.  Forse  la  notizia 
è  vera,  ma  non  e  improbabile  che  accecati  da  passioni  religiose,  lo  scrittore,  o  gli  scrittori  della  fonte  di 
Giovanni  di  Niqyus  abbiano  anticipato  ai  primi  anni  della  conquista  quei  gravami  fiscali,  che  afflissero 
più  tardi  la  popolazione  copta.  Nella  narrazione  di  questo  paragrafo  v' è  sicuramente  qualche  esagera- 
zione (vendita  dei  figli  per  pagare  le  imposte). 

Nota  2.  —  Anche  in  questa  notizia  vi  può  es.sere  una  anticipazione  di  eventi  posteriori,  ma  dacché 
essa  ci  viene  da  uno  scrittore  copto,  ed  è  riferita  a  disonore  della  gente  copta,  deve  fondarsi  su  fatti 
veri.  Abbiamo  perciò  una  singolare  prova  della  rapidità  con  la  quale  la  nuova  fede,  (jer  l' intenso  odio 
religioso  e  nazionalista  dei  Copti  verso  i  Greci,  si  propagò  sin  dai  primi  giorni  nella  nuova  provincia 
musulmana,  sebbene  i  conquistatori  non  sollecitassero  le  conversioni,  anzi  le  avversassero.  Le  prime 
conversioni  furono  però,  è  inutile  illudersi,  atti  di  opportunismo  egoistico:  era  un  modo  per  esimersi 
dalle  tasse  dei  vinti  ed  entrare  nelle  file  dei  vincitori  che  incassavano  il  tributo.  L'aumento  delle  ira- 
poste,  di  cui  si  lagna  la  nostra  fonte,  fu  effetto  di  queste  conversioni:  il  tributo  complessivo  dei  vari 
distretti  rimaneva  lo  stesso,  ma  siccome  i  convertiti  non  pagavano  più  le  imposte,  quelli  rimasti  fedeli 
alla  fede  avita  dovettero  pagare  di  più  per  colmare  le  deficienze  dei  rinnegati. 

L'ultima  frase  del  paragrafo  è  di  singolare  rilievo:  il  fanatismo  religioso  non  venne  dagli  Arabi, 
ma  dai  no7i  arabi  convertiti  all'Islam,  i  quali  introdussero  nella  nuova  fede  quel  sentimento  fanatico 
che  fu  la  piaga  morale  dei  popoli  orientali  prima  dell'Isiàm  e  tornò  ad  esserlo  appena  la  nuova  fede 
ebbe  compiuto  il  suo  trionfo. 

§  171.  —  Il  MilUer  segue  il  cronista  copto  nella  sua  ricostruzione  della 
prima  resa  di  Alessandria,  ed  aggiunge  alcune  considerazioni  che  sono  utili 
come  commento  a  quanto  è  contenuto  nei  paragrafi  precedenti.  Egli  cioè 
rileva  che  i  cronisti  arabi  hanno  manifestamente  confuso  insieme  la  prima 
con  la  seconda  resa:  questa  avvenne  con  la  violenza,  e  quindi,  per  molte 
ed  ovvie  ragioni,  alla  tradizione  storica  non  dispiacque  attribuire  alla  prima 
resa  alcuni  aspetti  propri  soltanto  della  seconda.  Secondo  lui  Alessandria 
si  aiTese  senza  colpo  ferire,  per  effetto  di  un  trattato  concluso  da  Ciro  dopo 

2S»8. 


20.  a.  H. 


§§  ITI,  172. 


che  ogni    speranza  di  soccorso  da    Costantinopoli   era  svanita.    Prima-  che  20.  a.  h. 

entrassero  gli  Arabi,  le  schiere  bizantine,  che  munivano  il   grande    porto        di  Babilonia  e  cM 
egiziano,  s'imbarcarono  con  tutta  la  loro  roba.  Alessandria.] 

La  conquista  araba  di  Alessandria  diede  il  tracollo  alla  prosperità  già 
vacillante  del  grande  emporio  afiicano:  la  prosperità  di  Alessandria  dipen- 
deva interamente  dallo  scambio  continuo  di  merci  tra  l'Oriente  e  l'Occidente, 
riunendo  quella  città  tutto  il  commercio  che  su  per  il  Mar  Rosso  tendeva 
verso  l'Europa.  La  conquista  araba  perturbò  profondamente  questo  flusso 
regolare,  perchè  per  molto  tempo  non  si  poterono  probabilmente  stabilire 
rapporti  tali  con  l'Occidente  da  riavvivare  gli  scambi  internazionali  quali 
erano  prima.  Molti  mei'canti,  come  in  Siria,  emigrarono  dal  paese  insieme 
con  tutti  gl'impiegati  superiori  dell'amministrazione  bizantina,  che  non 
volevano  sottostare  ai  nuovi  padi'oni,  considerati  come  barbari  devastatori. 
'Amr  b.  al-'As  avrebbe  voluto  fissare  in  Alessandria  la  sua  dimora,  ma 
l'ordine  di  'Umar  di  prendere  una  posizione  più  accessibile  dall'Arabia, 
contribuì  pure  grandemente  alla  decadenza  di  Alessandria  nel  vii  secolo 
dell' È.  V.  Altro  fattore  importante  fu  la  cessazione  del  grande  commercio 
di  esportazione  di  cereali,  che  partivano  tutti  da  Alessandria,  quando 
l'Egitto  mandava  a  Roma  prima  e  poi  a  Costantinopoli  l'avanzo  dei  suoi 
immensi  raccolti.  Ora  questo  l'ivo  di  cereali  fu  deviato  verso  le  regioni  più 
povere  d'Arabia,  e  il  primo  pensiero  di  Amr  b.  al-'As  fu  di  nutrire  l'arida 
penisola  con  i  raccolti  d' Egitto,  come  prima  da  essi  erano  state  nutrite 
Roma  e  Costantinopoli.  La  nuova  capitale  arabo-egiziana  fu  piantata  pre- 
cisamente là  dove  il  canale  di  comunicazione  tra  il  Nilo  ed  il  Mar  Rosso, 
lascia  il  Nilo  e  traversa  il  deserto  (Miiller,  I,  265-266). 

EGITTO.  —  Invasione  e  conquista  dell'  Egitto  {versione  di  Sayf  b. 
'Umar). 

§  172.  —  Le  tradizioni  seguenti  di  Sayf  b.  'Umar  hanno  un'impor- 
tanza speciale,  perchè  conservano  quanto  si  pretende  sia  il  trattato  genuino 
concluso  tra  'Amr  b.  al-'A.s  ed  i  Copti  dopo -la  caduta  di  Babilonia.  Poc'anzi, 
narrando  della  resa  di  Gerusalemme  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§  109  e  segg.),  tro- 
vammo un  caso  identico,  ossia  un  documento  conservato  dalla  scuola  tradizio- 
nistica  meno  degna  di  fiducia  e  che,  se  autentico,  avi'ebbe  una  importanza 
del  tutto  capitale.  Dicemmo  altrove  che  la  maggioranza  degli  storici  occi- 
dentali era  disposta  ad  accogliere  come  autentico  il  trattato  di  Gerusa- 
lemme: lo  stesso  possiamo  ripetere  a  proposito  del  seguente  trattato  di 
Amr  b.  al-'As.  È  stato  tradotto  già  dal  Lane-Poole  nella  Ht story  of 
Egypt  Middle  Ages,  pag.  5-6,  e  poi  dal    Butler  (pag.  324-325)  che  lo  con- 

299. 


§s  17J,  iTii.  20.  a.  H. 

. •  -  -    •  —  —        ■      -■   ■  ■ — — 

20.  a.  H.  sidora  quale  trattato  di  Alessandria  e  non  già  di  'Ayn  iSams  come  vorrebbe 

'^  "^^      Savt' b.  'limar.  Infine  è  stato  nuovamente  tradotto  (con  nuove  varianti,  nel 

sta  dell' Egitto.)  volume  XXIV  dei  Proceedings  of  the  Royal  Ir/'sh  Academy,  1904,  pag.  227 
e  segg.)  dal  Lane-Poole;  il  quale  (pag.  227)  considera  questo  trattato  come 
documento  autentico,  come  «  evidence  that  cannot  be  disputed  »,  e  fa  se- 
guire il  testo  da  una  discussione  interessantissima,  che  sarà  nostro  compito 
di  esaminare  ora  con  qualche  attenzione,  dacché  non  in  tutto  conveniamo 
con  l'illustre  orientalista  e  storico  inglese. 

Cominciamo  con  il  premettere  che  tutte  le  nostre  conclusioni,  senza 
eccezione,  sono  state  contrarissime  alla  veracità  della  scuola  iraqense,  a 
cui  appartiene  Sayf  b.  'Umar.  Abbiam  trovata  errata  di  fondo  la  sua  cro- 
nologia in  tutti  i  suoi  punti  cardinali  (cfr.  11.  a.  TI.,  §§  70,  72,  nota  2. 
80;  12.  a.  H.,  §§  185  e  segg.;  376  e  segg.j,  e  solo  qua  e  là,  con  debite  corre- 
zioni, è  stato  possibile  ammettere  con  riserva  qualche  sua  data  come  com- 
plemento della  cronologia  altrui.  Abbiam  visto  che  la  sua  narrazione  dei 
fatti  è  pure  quasi  sempre  errata,  confonde  eventi  tra  loro,  omette  intera- 
mente fatti  di  sommo  rilievo  e  ne  porge  altri  che  hanno  palesi  caratteri 
apocrifi.  Siamo  stati  quindi  costretti  ad  aggruppare  separatamente  tutte  le 
tradizioni  della  sua  scuola  e  dar  ad  esse  un  valore  assai  minore,  per  ogni 
serie  di  eventi  (cfr.  13.  a.  H.,  §§  49  e  segg.;  171  e  segg.,  ecc.,  ecc.).  Senza 
proseguire  oltre  in  questa  analisi  demolitrice  della  scuola  tradizionistica 
iraqense  come  fonte  storica,  rimane  evidente  che  le  tradizioni  iraqensi  non 
possono  mai  porgere  lo  scheletro  dello  svolgimento  storico  delle  conquiste 
arabe,  ma  soltanto  fornire  qua  e  là  qualche  illustrazione  di  fatto,  qualche 
notizia  suppletiva;  e  solo  rarissimamente  colmano  qualche  lacuna  della 
scuola  più  antica  e  degna  di  fede,  la  madinese. 

Premesso  ciò,  in  che  modo  dobbiamo  noi  accogliere  il  documento  di 
cui  diamo  qui  appresso  la  versione  e  che  ci  è  trasmesso  come  il  testo  au- 
tentico del  trattato  definitivo  della  sottomissione  degli  Egiziani  al  dominio 
dell'  Islam? 

§  173.  —  Non  ripetiamo  quel  che  si  disse  a  proposito  del  trattato  di 
Grerusalemme,  ma  teniamo  ad  affermare  che  quanto  si  osservò  allora  in 
tesi  generale  è  valevole,  a  nostro  modo  di  vedere,  anche  nel  caso  presente. 
Vale  a  dire  è  tendenza,  o  meglio  carattere  tendenzioso  della  scuola  u-a- 
qense,  di  avvalorare  la  sua  versione  dei  fatti  con  l'introduzione  nella  parte 
narrativa  di  pretesi  documenti  e  trattati  (cfr.  17.  a.  H.,  §  171),  allo  stesso 
modo  che  cita  versi  e  brani  di  prosa  rimata  popolare.  In  quasi  tutti  i  casi 
noi  abbiamo  omessa  la  versione  dei  versi  citati  da  Sayf,  perchè  palesemente 
apocrifi,  produzioni  letterarie  non  già  dei  contemporanei  e  testimoni  ocu- 


20.  a.  H.  §§  17H,  174. 

lari  degli  eventi,  ma  bensì  del  popolo  iraqeuse  olie  delle  memorie  lontane  20.  a.  H. 

della  conquista  aveva  fatto  una  specie  di  storia  poetica  a  brani  staccati.        gj^ng  g  conqui- 
uua  specie  di  epopea  del  genere  misto  di  rima  e  prosa,  come  è  stato  caro  •     sta  dell'Egitto.] 
all'Oriente,  specialmente  iranico,  da  tempo  immemorabile  fin  anco  ai  no- 
stri giorni. 

La  stessa  misura  draconiana  non  può  certamente  essere  estesa  anche 
ai  documenti  contenuti  nel  testo,  sebbene  molti  siano  apocrifi,  come  quelli 
che  troveremo  in  grande  numero  nelle  tradizioni  sulla  conquista  dell'Iran. 
Se  alcuni  meritano  più  attento  esame,  non  è  già  perchè  li  riteniamo  in- 
tegralmente autentici,  ma  perchè  da  certi  dati  di  fatto  contenuti  nel  testi) 
dobbiamo  venire  alla  conclusione  essere  i  documenti  composti  di  alcuni 
elementi  antichi  e  parzialmente  autentici.  Ignoriamo  però,  fino  a  novelle 
prove,  quanta  parte  di  essi  sia  veramente  copia  fedele  di  un  documento 
originale,  e  se  il  testo,  o  parte  del  testo  fedelmente  conservato,  si  riferisca 
lealmente  al  trattato  di  sottomissione  dell'  Egitto. 

Il  Lane-Poole  (pag.  243),  ignaro  probabilmente  delle  critiche  demoli- 
trici del  Wellhausen  sul  conto  della  scuola  iraqense,  pone  grande  valore 
neir  i  s  n  a  d  della  tradizione  (dove  correggi  l'erroneo  abù  'Ottiinàn  in  abù 
'Uthmàn),  ma  credo  che  quanti  avranno  avuta  la  pazienza  di  seguirci  nel 
lungo  cammino,  dal  principio  della  conquista  in  poi,  rammentando  quale 
cumulo  di  errori  siano  stati  raccolti  dopo  quei  nomi,  saranno,  come  noi, 
disposti  a  non  mettere  alcun  peso  sull'  i  s  n  a  d  .  Il  Lane-Poole  ignora  del 
tutto  i  lavori  del  Wellhausen  (Sk.  u.  Vorarb,  VI,  pag.  89-94)  sulla  con" 
quista  egiziana,  mentre  una  lettura  di  quelle  pagine  gli  sarebbe  stata  utile 
per  chiarire  più  di  un  particolare.  Osserviamo  intanto  che  il  dotto  critico 
tedesco  non  menziona  nemmeno  il  trattato  e  lo  sorvola  come  non  degno  ' 
di  particolare  esame. 

Tale  contegno  di  ipercritica  è  forse  soverchiamente  ed  ingiustamente 
severo,  perchè  il  documento  contiene  varie  cose  degne  di  minuto  esame  e 
rispecchianti  condizioni  di  fatto  forse  realmente  esistenti  al  momento  della 
conquista.  Ecco  intanto  il  testo  completo  di  tutte  le  tradizioni  di  Sayf  sulla 
conquista  dell'  Egitto. 

§  174.  —  (Sayf  b.  Umar.  da  al-Rabì'  padre  di  Sa'id,  e  da  altri).  Al- 
lorché il  Califfo  Umar  ebbe  terminata  la  conquista  di  Iliyà  (Gerusalemme) 
e  concluso  il  trattato  con  gli  abitanti,  dopo  una  dimora  di  alcuni  giorni 
in  quella  città,  ordinò  ad  'Amr  b.  al-'As  di  marciare  contro  l'Egitto,  dan- 
dogli il  comando  della  spedizi(me  ed  inviandogli'  appresso  soccorsi  sotto 
al-Zubayr  b.  al-'Awwàm.  Di  poi  mandò  anche  abù  'Ubaydah  b.  al-óarràh 
ad  al-Ramàdah  (Ramàdah  al-Ramlah:  cfii'.  Muqaddasi,  24,  lin.  12;  Yà- 

;«ll.        . 


174,  175.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  cjfit,   IT.  81  i3.  lui.   13),  artiiichè  vi  rimanesse  in  osservazione  di  quello  che 

|E  IT  .  -  inva-  J.^^.^.^.(^^,^>^^.  in  pvitto:  se  'Amr  b.  al-'A.s  riusciva  vittorioso,  abiì  'Ubaydali 
sta  dell' Egitto.!       doveva  ritornare  al  suo  posto  (Hims?)  (Tabari,  I,  2584). 

Cfr.   Athir.  II,  440;  Khaldùn,  II,  App.,   114;  Maliàsiii,  1,24-26. 

§  175.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  abù  'Uthniàn,  da  Khàlid,  e  da  altri). 
Allorché  il  Califfo  'Umar  ebbe  fatto  ritorno  a  Madìnah,  'Ami'  b.  al-'As 
invase  l'Egitto  e  si  spinse  lino  a  Bàb  al-Yùn,  seguito  da  al-Zubaj^-.  che 
lo  raggiunse  in  quel  luogo.  Ivi  vennero  contro  agli  Arabi  abù  Maryaiu 
Crathalìq,  e  il  vescovo  (al-usquf)  [detto  abù  Martàm,  secondo  ibn  Taghri- 
birdi  —  Mahàsin,  I,  26,  lin.  1],  con  una  schiera  di  valorosi,  inviati  da  al- 
Muqawqis  per  arrestare  l'invasione  nemica.  I  Greci  ed  i  Copti  volevano 
assalire  subito  gli  Arabi,  ma  'Amr  b.  al-'As  pregò  i  comandanti  nemici 
di  sospendere  le  ostilità  e  di  prestare  ascolto  alle  sue  spiegazioni  e  pro- 
poste, chiedendo  un  abboccamento  diretto  con  loro.  I  comandanti  nemici 
accettarono,  trattennero  le  genti;  e  abù  Maryam  ed  abù  Maryàm  ['r*  Mar- 
tàm] si  presentarono  al  convegno,  dopo  che  le  due  parti  ebbero  reciproca- 
mente preso  le  necessarie  garanzie  di  sicurezza  personale.  'Amr  b.  al-'As 
parlò  per  primo  ed  arringò  a  lungo  i  suoi  avversari  esponendo  la  dottrina 
musulmana  ed  invitandoli  a  sottomettersi  e  convertirsi  facendo  appello  alla 
parentela  esistente  tra  i  Copti  e  gli  Arabi,  perchè  Hàgar,  la  madre  di 
Ismà'il,  era  egiziana,  e  affermando  le  simpatie  speciali  del  Profeta  verso 
i  Copti  per  questo  motivo.  Gli  uditori  di  'Amr  furono  talmente  commossi 
dalle  sue  parole,  che  chiesero  una  tregua  di  cinque  giorni  per  darne  rag- 
guaglio ai  loro  superiori  e  sentii'e  se  questi  fossero  disposti  ad  accettare 
le  proposte  di  'Amr.  al-MuqaAvqis  prestò  ascolto  benevolo  alle  parole  di  abù 
Maryam  Gàtjialìq  e  del  vescovo,  ma  il  generale  Artabùn  [nel  testo  di  Tagh- 
ribirdi  è  scritto  al-Aritiyùn]  si  oppose  vivamente  a  questa  condotta  conci- 
liativa e  perorò  la  guerra  fino  all'ultimo.  Anzi,  non  contento  d'imporre  il 
suo  modo  di  vedere  ad  al-Muqawqis,  ideò  di  valersi  proditoriamente  della 
tregua  di  cinque  giorni,  dei  quali  uno  solo  era  trascorso,  per  tentare  con 
un  subitaneo  assalto  la  sorpresa  del  campo  arabo.  Il  tentativo  tallì,  perchè 
'Amr  b.  al-'As  e  al-Zubayr  erano  sempre  vigili  e  pronti,  onde  Farqab  (') 
[o  Artabùn?]  e  tutti  i  suoi  perirono  nel  tentativo.  Gli  Arabi,  rompendo  ora 
gl'indugi,  si  avanzarono  fino  ad  'Ayn  Sams  (~),  ove  era  riunito  un  forte 
esercito  nemico.  Allo  stesso  tempo  'Amr  b.  al-'As  inviò  altre  due  spedi- 
zioni, ossia  una  sotto  Abrahah  b.  al-Sabbàh  contro  la  città  di  al-Faramà,  e 
l'altra  sotto  'Awf  b.  Màlik  contro  al-Iskandariyyah  (Alessandria)  [^).  Queste 
due  città,  a  invito  dei  due  generali  arabi,  acconsentirono  a  trattare  pacifi- 
camente la  resa  ("T abari,  I,  2584-2587). 

30-2. 


20.    a.    H.  §§  175,  I7t;. 

Cfr.  Athìr,  II,  440-441;  Khalduii,   II,   App.,    114-116;    Mahàsin,  20.  a.  H. 

I.  25-26;  Maqrizi  Khitat,  I,   103,  lin.   18-20.  ^^^I,nI°e  coiqut 

Nota  1.  —  Nel  testo  abbiamo  anche  un'allusione  oscura  ad  una  sorpresa   notturna     bayàt     da  sta  dell'Egitto.) 

Farqab  (min  Farqabi.  Cosi  il  Prym  l'icostruisce  il  testo  corrotto  ed  incomprensibile,  citando  a  propria 
conferma  quanto  ha  scritto  su  questo  nome  il  Karabacek  nel  Mitth.  aus  der  Sammul.  der  Pap.  Erz- 
berzog  Rainer,  I,  pag.  3.  Il  solo  modo  di  spiegare  il  passo  è  di  ritenere  che  Farqab  sia  un  altro  nome 
per  Artabùn  [Aratyun],  sebbene  ciò  non  sia  detto  in  nessun  luogo.  Ve  molto  disordine  nel  testo  di  Sayf  : 
anche  ibn  al-Athir,  II,  441,  lin.  5,  non  ha  capito  il  testo:  nel  suo  riassunto  ha  soppresso  perciò  quanto 
non  gli  riusciva  intelligibile,  ibn  Khaldùn  parimenti  sopprime  la  menzione  di  Fai-qab  e  per  le  stesse 
ragioni  non  dice  che  Artabiìn  [Aratyiin]  sia  stato  ucciso. 

Nota  2.  —  Sayf  b.  'Umar  confonde  non  solo  le  date,  ma  commette  anche  errori  geografici:  per 
arrivare  a  Bàb  al-Yiin  (incirca  dove  sorge  oggi  la  città  del  Cairo j,  gli  Arabi  dovevano  passare  per  'Ayn 
.<ams  (Eliopoli).  Risulta  perciò  logicamente  che  gli  Arabi,  per  poter  assediare  Bàb  al-Yun,  avrebbero 
dovuto  prima  liberarsi  del  nemico  accampato  in  Eliopoli.  L'espressione  usata  da  Sayf  fqasada  li-'Ayn 
Samsi,  indica  chiaramente  che  egli  ritenesse  'Ayn  Sams  più  remota  dalla  frontiera,  che  non  Bàb 
al-Yun  i Babilonia,  ossia  Cairo).  La  naiTazione  di  Sayf  b.  Umar  sarebbe  soltanto  possibile,  supponendo 
che  gli  Arabi  si  fossero  spinti  su  Bàb  al-Yun  evitando  la  città  di  Eliopoli  con  una  marcia  attraverso 
il  deserto,  ma  che  i  Greci  ed  i  Copti  occupando  in  forza  Eliopoli,  tagliassero  ad  'Amr  le  comunica- 
zioni con  la  Palestina  e  lo  costringessero  alfine  a  retrocedere.  Se  questa  supposizione  fosse  vera,  Sayf 
avrebbe  certamente  usato  il  termine  raga'a,    ritornare   addietro,  e  non    qasada,  ossia  andare  avanti. 

Nota  3.  —  Questa  allusione  fugace  al  fatto  di  somma  importanza,  la  presa  di  Alessandria,  non 
ha  origine  da  una  vera  r'eminiscenza  storica,  ma  bensì  da  una  finzione  genealogica  di  età  più  moderne, 
perchè,  secondo  quel  grande  inventore  di  favole  che  fu  al-Kalbi  [f  146.  a.  H.]  CT  ab  ari,  I,  2578  lin.  3-11 1, 
Alessandro  il  Gi'ande  sarebbe  stato  fratello  di  al-Faramà  ed  ambedue  avi'ebbero  fondato  una  città  in 
Egitto,  ognuno  dandole  il  proprio  nome.  Sayf,  nella  citata  tradizione  rammenta  questo  fatto,  e  tradisce 
quindi  la  natura  fittizia  delle  notizie  che  pretende  darci  sulla  aggressione  e  sulla  resa  simultanea  delle 
due  città,  come  due  eventi  d'importanza  del  tutto  secondaria.  —  Questo  è  il  metodo  storico  di  Saji:". 

§  176.  —  (a)  (Saj-f  b. 'Umar,  da  abù  'Uthmàn,  e  da  altri).  Quando  'Amr 
b.  al-'As  insieme  con  al-Zubayr  .si  accampò  di  fi-onte  all'esercito  egiziano 
in  'Ayn  Sams,  gli  abitanti  dell'Egitto  dis.sero  al  loro  re  (^)  che  non  metteva 
conto  di  tentare  una  resistenza  contro  quei  guerrieri,  i  quali  avevano  fugato 
gli  eserciti  del  re  di  Persia  e  dell'imperatore  Eraclio:  perciò  credevano  fosse 
più  opportuno  venire  ai  patti  con  gì'  invasori,  valendosi  della  tregua  com- 
binata (da  abù  Maryain)  e  di  cui  scadeva  allora  il  quarto  giorno.  Il  re  non 
acconsenti  a  queste  proposte,  e  si  venne  alla  pugna.  Gli  Arabi  mossero  al- 
l'assalto delle  mura  di  'Ayn  Sams:  da  una  parte  al-Zubayr  potè  superare 
le  mura  e  penetrare  nella  città:  allora  gli  abitanti  dell'altra  parte  aprirono 
le  porte  ed  offrirono  la  pace  ad  'Amr  b.  al-'As  che  l'accettò.  Intanto  però 
al-Zubayr  occupava  militarmente  tutta  la  città  e  veniva  poi  fuori  incontro 
ad  'Amr  b.  al-'As,  uscendo  per  la  medesima  porta  per  la  quale  erano  usciti 
gli  abitanti  per  trattare  la  pace  (").  Nonostante  questi  fatti  'Amr  b.  al-'As 
preferì  concludere  con  gli  abitanti  un  ti-attato  regolare,  come  se  la  città  non 
fosse  stata  presa  d'assalto,  e  stipulò  un  trattato  generale  con  gli  Egiziani, 
che  era  del  seguente  tenore  :  ' 

In  nome  di  Dio  clemente  e  misericordicso: 

1"  Questo  è  quanto  concede   'Amr  b.  al-'As  alla  gente   di    Misr    di 
siciu'tà  per  le  loro  persone,  per  la  l(jro  religione,  per  i  loro  beni,  per  le  loro 

303. 


§  170.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  (biese,  per  le  loro  croci,  le  loro  terre  e  le  loro  acque.  In  niuna  di  queste  cose 

s°l,nl°e  conq'ut     entrerà  (il  governo  arabo)  e  nulla  sarà  tolto: 

sta  dell" Egitto.]  2"Nou   sarà    permesso    alle    guarnigioni    [?  nnwab:   o  N  u  b  =  Nu- 

biani?) di  stabilirsi  in  mezzo  a  loro; 

3"  E  la  gente  di  Misr  ha  l'obbligo  di  con.segnare  la  gizyah,  quando 
sono  venuti  tutti  d'accordo  (igtama'ù)  su  questo  trattato  (su Ih)  e  sarà 
cessata  la  piena  del  loro  fiume,  (per  l'ammontare)  di  cinquanta    milioni: 

4''  Ed  essi  sono  responsabili  per  quanto  commettono  i  loro  briganti 
(a  danno  dei  Musulmani); 

5"  Onde  se  uno  di  loro  si  rifiuta  (di  accettare  questo  trattato),  (è 
convenuto)  che  sia  concesso  di  scemare  il  complesso  dei  tributi  (al-gizà-) 
per  quelli  (che  vi  devono  sottostare)  in  proporzione  di  quanti  (si  sono  ri- 
fiutati di  addivenire  all'accordo).  E  noi  non  siamo  più  obbligati  alla  prote- 
zione (dzimmah)  di  quanti  si  rifivitano; 

0"  E  se  il  loro  fiume  avrà  una  piena  annuale  inferiore  alla  normale, 
allora  la  somma  (dei  tributi)  sarà  diminuita  per  loro  in  proporzione  (della 
piena)  ; 

7"  E  quanti  dei  Romani  e  delle  guarnigioni  [?  a  1  -  n  u  w  a  b  ;  o  N  ù  b 
=  Nubiani?]  accetteranno  questo  trattato,  avranno  gli  stessi  diritti  che  esso 
concede  (ai  Copti)  e  gii  stessi  obblighi; 

8"  E  chi  non  lo  accetta  e  preferisce  andarsene,  sarà  sicuro  finché 
giungerà  in  luogo  di  sicm'tà  o  lascierà  il   nosti'O   dominio   (sultànunà): 

9"  (Ed  il  tributo  imposto)  a  loro  lo  devono  essi  (versare)  in  tre  (rate 
eguali  all'anno,  pagando)  ad  ogni  scadenza  del  tributo  (thultji  gibàyah) 
il  terzo  di  quanto  ad  essi  incombe; 

10"  Per  qiianto  è  in  questo  scritto  (stanno  a  garanzia)  il  patto  di 
Dio  e  la  sua  protezione  e  la  protezione  (dz  i  m  m  a  h)  del  suo  Inviato  e  la 
protezione  del  Califfo,  Principe  dei  c*-edenti,  e  le  protezioni  (dzimam) 
dei  Musulmani; 

11"  Ed  ai  Nubiani  (al-Niibah)  (^)  che  accettano  (questo  trattato) 
è  imposto  di  venire  in  aiuto  (dei  Musulmani)  con  tanti  e  tanti  .capi  (di 
bestiame)  e  con  tanti  e  tanti  cavalli;  (e  in  compenso  di  ciò  è  pattuito)  che 
essi  non  debbano  essere  molestati  da  spedizioni  militari  (dei  Musulmani), 
e  che  ad  essi  non  sarà  vietato  il  commercio  tanto  di  esportaziane  che  d' im- 
portazione. 

Furono   testimoni:   al-Zubayr,    e    'Abdallah    e    Muhammad    suoi    figli: 
scrisse  (il  trattato)  Wardàn,  e  fu  presente. 

Gli  abitanti  di  Misr  accettarono  tutti  questo  trattato.  E  si  radunarono 
i  cavalli  (dei  Musulmani)  ed  'Amr  fondò  al-Fustàt,  dove  i  Musulmani  si  sta- 

304. 


20.  a.  H. 


§  1T6. 


biliiono.  Allora  comparve  abù  Maryam  ed  abù  Maryàm  [Martàm]  e  rivoi-  20.  a.  h. 

sere  dimanda  ad  'Amr  per  la  restituzione  dei  prigionieri  che  erano  stati  gjo^g  g  conqul- 
presi  dopo  l'incontro:  'Amr  li  cacciò  via  ricordando  come  essi  avessero  vio-  sta  dell'Egitto.] 
lato  i  patti  convenuti,  assalendo  proditoriamente  il  campo  musulmano  du- 
rante la  tregua.  Ma  i  due  uomini  ritornarono  dicendo:  «  Tutto  quello  che 
«  voi  avete  catturato  fino  al  nostro  ritorno  trovasi  sotto  la  vostra  prote- 
«  zione  (dzimmah)  ».  A  cui  'Amr  rispose:  «  Non  ci  avete  aggrediti  mentie 
«  essi  erano  sotto  la  protezione  (nostra)?  ».  Bisposero  di  sì.  Allora  'Amr 
divise  questi  prigionieri  tra  la  gente  e  così  furono  ripartiti  e  dispersi  nelle 
terre  degli  Arabi.  Intanto  la  bviona  notizia  giungeva  al  Califfo  'Umar  in- 
sieme con  il  quinto  del  bottino:  ed  'Amr  spedì  anche  le  ambascerie,  che 
furono  interrogate  da  'Umar,  sinché  alfine  gii  narrarono  il  fatto  dell'al-Grà- 
tjialiq  e  del  suo  collega.  Su  questa  faccenda  il  Califfo  stabilì  che  fossero 
privi  dell'  a  m  a  n  quelli  che  avevan  preso  arme  contro  i  Musulmani,  ma 
quanti  abitanti  dei  villaggi  non  avevano  combattuto  contro  i  Musulmani 
ed  erano  stati  fatti  prigionieri  nei  cinque  giorni  di  tregua,  quelli  dove- 
vano avere  l'amàn  ed  esser  rimessi  in  libertà. 

Siccome  gli  Arabi  erano  tutti  sudici  e  malvestiti,  il  che  produceva  una  • 
cattiva  impressione  sugli  animi  dei  Copti  e,  generando  in  essi  il  disprezzo 
per  i  vincitori,  poteva  eccitarli  alla  ribellione;  Amr  ricorse  ad  uno  strat- 
tagemma: in  un  giorno  egli  ordinò  un  grande  festino  all'araba  nel  suo 
campo  e  permise  ai  Copti  di  assistervi:  il  secondo  giorno  richiamò  i  Copti 
e  mostrò  loro  quegli  stessi  arabi  vestiti  all'egiziana  che  banchettavano  alla 
maniera  copta:  il  terzo  giorno,  quando  rivennero  i  Copti,  trovarono  gli  Arabi 
in  pieno  assetto  di  guerra.  Grazie  a  quest'astuzia  di  'Amr,  i  Copti  rima- 
sero colpiti  da  queste  ti'asformazioni  e  nel  loro  animo  scomparve  quel  senso 
di  disprezzo  che  prima  aveva  generato  in  loro  l'aspetto  povero  e  sudicio  dei 
guerrieri  arabi.  Il  Califfo  'Umar  fu  tanto  colpito  anche  lui  da  questo  ripiego 
pacifico  di  'Amr  per  sedare  nei  Copti  i  sentimenti  di  possibile  rivolta,  che 
lo  nominò  governatore  dell'Egitto  (T abari,  I,   2587-2592). 

Cfi'.  Athir,  II,  441-442,  che  riassume  soltanto  il  trattato. 

(b)  ibn  Khaldiin,  II,  App.,  115,  lin.  4  e  segg.,  riproduce  testualmente 
l'intero  documento,  e  aggiunge  infine  di  averlo  attinto  alla  cronaca  di  al- 
Tabari  (ibid.,  lin.  14-15).  Egli  chiama  il  negoziatore  greco  abù  Maryam 
al-GràtJialiq,  ed  al  suo  compagno  tributa  soltanto  il  titolo  di  vescovo  (us- 
guf)  senza  darne  il  nome. 

Subito  dopo,  ibn  Khaldùn  aggiunge  la  presa  di  Alessandria  per  opera 
di  'Amr  e  la  spedizione  contro  la  Nxibia. 

Mahàsin,  I,  2G-27. 

305.  39 


§  1"C>. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  Y]  i^dtevole  che  il  trattato  conservato  da  Sayf  non  è  citato  in  al-Ma- 

"  sione  e  conqut     <liizi,  P«i  tN  ignorato  da  ibn    'Ahd    al-hakam,    le  nostre  due    migliori  fonti 

sta  dell'Egitto.)         p^.]-    l'Egitti». 

Nota  1.  —  Non  è  detto  chi  tosse  questo  re  iinalik),  ma  poc'anzi  Sayt'  premotto  che  il  potere 
(ni-mulk)  trovavasi  nelle  mani  dei  Copti  e  dei  Nubiani  ibayu  al-Qibt  wa-1-Nubi,  atFermazione 
tanto  poco  comprensibile,  cho  in  uno  dei  codici  ai  aggiunge  in  marinine:  «forse  intcndunsi  i  Greci». 
Cfr.  T  a  bari,  I,  "2587,  nota  »j. 

Il  Lane-Poole  (l'roceediìigti  A'«//.  Iiìk/i  Acaiìcmi/,  \iil.  XXIV',  pag.  '236-237)  assai  ingegnosamente 
corregge  in  questo  passo  e  nel  testo  del  trattati)  al-Nfib  in  al-nuwab,  termine  che  può  significare 
anche  «guarnigione».  Cosi  scompare  queir atì'ermaziono  chiaramente  assurda,  esser  stato  il  dominio 
dell'Egitto  diviso  tra  Copti  e  Nubiani,  e  risulta  invece  che  con  al-nuwab  s' intendono  le  guarnigioni 
greche,  -allora  la  frase  con  cui  ha  principio  la  tradizione,  serve  espressamente  a  chiarire  quanto  è  nar- 
rato poi  e  quanto  è  detto  nel  trattato  stesso:  si  vuol  cioè  chiarire  come  'Amr  abbia  trattato  con  i 
Copti  direttamente  e  non  per  il  tramite  dei  Greci:  si  vuol  insistere  cioè  sul  fatto  che  i  Greci  erano 
stranieri  nel  paese  e  che  perciò  il  trattato  dovè  esser  fatto  con  i  Copti  e  non  con  i  Greci. 

Bimane  una  ditiicoltà  su  cui  il  Lane-Poole  ha  sorvolato.  Il  termine  al-nuwab  nel  senso  di  guar- 
nigione figura  nei  testi  arabi  soltanto  in  tempi  posteriori:  il  Dozy  (Suppl.  II,  731-732)  lo  cita  come 
adoperato  da  al-6akri  nell'undecime  secolo  dell' E.  V.  Non  abbiamo  prove  letterarie  che  sia  stato  usato 
in  quel  senso  nel  secolo  delle  conquiste,  ossia  circa  cinque  secoli  prima.  L'obbiezione  è  grave,  perchè 
il  siglfificato  di  guarnigione  è  il  risultato  finale  di  una  evoluzione  di  concetti  che  doveva  essere  scono- 
sciuta agli  Arabi  delle  conquiste.  Per  esempio,  nei  geografi  più  anticlii  (cfr.  De  Goeje,  Bibl.  Geogr., 
voi.  IV,  pag.  3t5B),  i  termini  al-nawbali  o  al-nuwab,  specialmente  nell'espressione  'ala-1-nuwab 
o  bi-1-nuwab,  avevano  sempre  il  significato  del  «turno»,  sia  nel  prendere  acqua  per  irrigazione,  sia 
in  altri  servizi  pubblici:  cosi  in  Istakhri  si  parla  (pag.  230,  lin.  penult.ì  di  soldati  che  a  turno  Cala-l- 
nuwabi  montavano  la  guardia  nei  fortini  di  confine.  L'istituzione  di  un  esercito  regolare  mercenario, 
che  a  turno  pi-esidiava  i  punti  strategici  del  paese  era  ignota  agli  Arabi,  che  in  quei  tempi  costitui- 
vano la  vera  nazione  armata  ignara  di  siffatti  particolari  tecnici  propri  di  nazioni  più  civili.  Quando, 
più  tardi,  essi  adottarono  molte  istituzioni  romane,  greche  e  persiane,  ed  ebbero  eserciti  regolari  di  mer- 
cenari, seguirono  essi  pure  la  consuetudine  di  distribuire  a  turno  le  guarnigioni  fisse  nelle  varie  città, 
e  cosi  dall'espressione  avverbiale  'ala-1-nuwab  formarono  alfine  il  sostantivo  nawbali,  e  nuwab 
per  significare  guarnigioni.  Tale  concetto  erasi  già  formato  nei  tempi  in  cui  viveva  il  geografo 
al-Bakri  [f  487],  ma  mi  sembra  assai  difficile  farne  rimontare  l'esistenza  fino  ai  tempi  delle  conquiste. 
Dacché  il  concetto  era  estraneo  agli  Arabi,  sarebbe  da  presumersi  che  essi  avrebbero  adottato  un'espres- 
sione locale  che  rendesse  bene  il  concetto,  anzi  che  coniarne  una  nuova  sconosciuta  a  tutti  nella  sti- 
pulazióne del  trattato. 

Comunque  sia,  noi  non  mettiamo  innanzi  queste  obbiezioni  per  respingere  la  correzione  dell-i 
emerito  orientalista  inglese,  ma  solo  per  stabilire  che  la  spiegazione,  da  noi  accolta  come  la  migliore 
finora  a  noi  conosciuta,  non  sia  da  accettarsi  che  in  via  provvisoria:  ammettiamo  però  che  la  spiega- 
zione del  Lane-Poole  chiarisce  alcune  cose,  ma  aumenta  forse  le  difficoltà  in  altre. 

Cosi,  per  esempio,  nell'articolo  2»  del  trattato  è  detto  che  queste  nuwab  (guarnigioni  grechel, 
non  debbano  stabilirsi  in  mezzo  ai  Copti.  Ciò  pare  logico:  i  Copti  esigevano  che  le  odiate  guarnigioni 
greche  non  venissero  a  vivere  più  tra  loro.  D'altra  parte  però,  perchè  mai  dovevano  i  soldati  greci  vi- 
vere (y  usàkin  uh  u  m,  si  noti  clie  questa  terza  forma  del  verbo  sakana  è  assai  rara:  manca  nella 
maggior  parte  dei  lessici  tanto  arabi  che  occidentali i  in  Egitto'?  Se  però  ammettiamo  che  in  questo 
articolo  è  dato  lo  sfratto  alle  guarnigioni  greche,  come  si  spiega  che  l'articolo  9"  ammetta  che  queste 
guarnigioni  (ora  sotto  la  forma  nawbah,  e  non  più  nuwab)  possano,  volendo,  rimanere  nel  paese'? 
Non  v'è  forse  contradizione  di  patti?  Non  è  chiaro  nemmeno  perchè  queste  guarnigioni  dovessero  ri- 
manere costituite  a  sé  in  modo  distinto  dal  resto  della  popolazione.  Avvenuta  la  conquista  araba,  quei 
gruppi  di  militi  greci  che  avessero  preferito  rimanere  in  Egitto,  cessavano  di  fatto  dall'essere  più  soldati 
e  scomparivano  nel  resto  della  jjopolazione.  Gli  articoli  2°  e  11°  invece  presuppongono  la  loro  conser- 
vazione in  enti  separati  dal  resto  della  popolazione,  e  l'articolo  11°  impone  ad  essi  un  tributo  speciale. 
È  logico  che  queste  guarnigioni  non  pigliassero  parte  alle  spedizioni  militari  degli  Arabi,  ma  allora 
che  cosa  significano,  che  rapporto  possono  avere  queste  guarnigioni  con  il  commercio  d'imi^ortazione  e 
di  esportazione?  È  chiaro  dunque  che  nell'articolo  11°,  invece  della  correzione  proposta  dal  Lane-Poole, 
sarà  bene  ritoi-nare  al  significato  antico  dei  Nubiani.  Cosi  il  verbo  ly  ughzawa)  si  lascia  nella  sua  forma 
passiva,  e  si  intende  che  i  Nubiani  dovevano  dare  un  tributo  di  bestiame  e  cavalli,  non  essere  molestati 

306. 


20.  a.  H. 


176,  177. 


con  razzie  e  poter   continuare  il  loro   commercio  con  l'Egitto.  Il  tatto  poi  che  questo  articolo  si  trovi  20.  a.  H. 

posto  in  fine,  quasi  come  interpolazione,  fa  sospettare  che  sia  veramente  preso  di  peso  da  qualche  trat-       [EGITTO.    -    Inva- 
tato  antico  con  i  Nubiani,  ed  introdotto  nel  presente  per  effetto  del   mal  compreso  sostantivo  nuwab  sione   e   conqui- 

dell'articolo  2°.  sta  dell'Egitto.] 

ibi  Anche  autori  tardi  come  ibn  al-AtJùr  hanno  letto  la  parola  Niibah,  intendendo  i  Nubiani 
(cfi\  Athir,  n,  441,  lin.  quintul.l:  dunque  l'errore  è  molto  antico. 

Nota  2.  —  Innanzi  tutto  si  noti  che  Sayf  b.  'Umar  nel  suo  racconto  confonde  due  cose  ben  di- 
stinte, ossia  la  battaglia  di  Eliopoli  e  l'assedio  e  la  presa  della  foi-tezza  di  Bàb  al-Yun.  Egli  omette 
menzione  di  ((uest' ultimo  episodio  e  lo  trasporta  erroneamente  in  'Ayn  Sams,  ignorando  che  i  fatti  da 
lui  attribuiti  ad  'Ayn  Sams,  dovrebbero  invece  trovar  posto  nella  storia  dell'assedio  e  della  pi-esa  di  Bàb 
a)-Yan. 

I  fatti  stessi  che  egli  narra,  hanno  però  un  carattere  altamente  apocrifo;  sono  in  verità  nuU'altro 
che  una  ripetizione  dei  particolari  leggendai-i,  che  accompagnarono  la  presa  di  Damasco  icfr.  14.  a.  H., 
§§  161,  168,  1851,  ove  si  vuole  pure,  che  mentre  da  una  parte  i  Musulmani  sotto  Khàlid  espugnavano 
la  città  per  assalto,  dall'altra  gli  abitanti  si  affi-ettassero  a  concludere  un  trattato  con  il  comandante 
supremo  abù  TJbaj'dah,  annullando  cosi  i  vantaggi  e  i  diritti  ottenuti  dagli  assalitori  dall'altra  parte. 
Se  la  narrazione  è  inverosimile  _nel  caso  di  Damasco  icfr.  14.  a.  H.,  §§  149  e  segg.),  tanto  più  abbiamo 
ragione  di  sospettare  qui  l' autenticità  di  questo  racconto,  già  errato  in  tante  altre  sue  parti,  ed  eviden- 
temente foggiato  a  sembianza  del  precedente. 

In  questa  tradizione  è  forse  più  evidente  che  altrove  il  processo  di  rimpinzamento  tradizionistico 
per  colmare  le  grandi  lacune  della  vera  storia. 

Nota  3.  —  Il  Lane-Poole  traduce  questo  articolo:   «And  [it  is  pi-escribed]  for  the  gan-isons  who 

<  consent    [to    this    Treaty] that  they  he   not  plundered  »  ;  ed  in  una  nota  aggiunge  :   «  The  whole 

t  clause  is  obscure».  Della  sua  versione  al-nawbah  =  guarnigioni,  abbiamo  già  discorso  in  una  nota 
precedente,  dove  adducemmo  le  ragioni  per  preferire  la  lezione  al-Niìbah  o  Nubiani.  Il  Lane-Poole, 
dando  il  senso  di  guarnigioni  alla  parola  discussa,  avrebbe  dovuto  intendere  il  verbo  yughzawa,  non 
già  in  forma  passiva,  ma  bensì  intransitiva,  perchè  non  ha  senso  che  le  antiche  guarnigioni  gi'eche, 
cessate  di  esistere  per  effetto  della  conquista,  potessero  essere  oggetto  di  una  razzia,  dacché  formavano 
parte  della  popolazione  della  provincia.  Più  logico  invece  sarebbe  stato  intendere  che,  avendo  cessato 
di  sussistere  come  militari,  non  avessero  diritto  di  partecipare  alle  spedizioni  militari.  Perciò,  chi  pre- 
ferisce leggere  nawbah  invece  di  Nubah  ed  intendere  guarnigioni,  dovrebbe  tradurre:  «Le  guami- 
«  gioni non  debbono  prender  parte  alle  spedizioni  militari  (dei  Musulmani)». 

§  177.  —  Non  è  questo  il  luogo  per  un  e.saine  completo  del  documento: 
le  parti  che  riguardano  il  trattamento  dei  vinti  e  le  condizioni  fiscali  dei 
medesimi  saranno  esaminate  da  noi  con  maggiore  precisione  ed  il  neces- 
sario corredo  di  notizie  supplementari  sotto  l'annata  23.  H.,  discorrendo 
della  sistemazione  delle  provincie  conquistate  sotto  'Umar  b.  al-Khattàb. 

Ci  contenteremo  perciò  di  studiare  quegli  elementi  che  ci  porgono 
lume  sull'autenticità  più  o  meno  grande  del  documento. 

Cominciamo  con  dire  che  Sayf,  come  al  solito,  erra  nel  posto  assegnato 
al  documento  nell'ordine  di  tempo  della  narrazione.  Egli  pone  la  conclu- 
sione del  trattato  dopo  la  resa  di  'Ayn  Sams  (che  egli  confonde  con  Misr), 
nja  pone  eiToneamente  la  resa  di  Misr  dopo  quella  di  Alessandria  e  di  al- 
Faramà.  Non  è  chiaro  quindi  se  sia  il  testo  stipulato  alla  caduta  di  Babi- 
lonia o  a  quella  di  Alessandria.  Il  Butler  (pag.  324)  è  decisamente  del 
parere  che  sia  il  trattato  finale  di  Alessandria,  con  cui  ebbe  termine  la 
dominazione  bizantina  in  Egitto.  Il  Lane-Poole,  invece  (pag.  240-241), 
dopo  aver  rilevato  alcuni  errori  piuttosto  gravi  del  Butler,  che  ha  igno- 
rato il    testo  arabo  di  al-Tabari,  e  si  è  fidato  del  rifacimento  e  riassunto 

307. 


§§  177,  178.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  persiano  (Iella  cronara,   edito  in   versione  francese  tlallo  Zotenberg,    è    del 

EGITTO.    -    Inva-  •     ,    ,    ,       ^^    ^  •    i  .  n        '  t  -i*^-  . 

sione  e  conqui-  l'aroro  si  tratti  d<d  trattato  speciale  concluso  alia  resa  di  Misr,  e  che  nulla 
sta  deir  Egitto.!  abbia  a  vedere  con  il  trattato  di  Alessandria,  onde,  secondo  quanto  afferma 
il  vescovo  di  Niqyus,  fu  pattuita  una  tregua  di  undici  mesi  o  molte  altre 
condizioni  per  la  partenza  della  guarnigione  greca,  di  cui  mi  documento 
sayiiano  non  si  fa  parola.  Il  Laue-Poole,  trascinato  dal  desiderio  di  attri- 
buire al  documento  un  valore  storico  sicuro,  tenta  poi  di  ricollegare  la 
narrazione  savliana  con  quella  di  al-Maqrizi  (che  copia  ibn  Abd  al-hakam), 
ma  non  vi  riesce.  Strano  a  dirsi,  egli  non  si  vale  delle  prezioso  notizie 
tornite  da  al-Balàdzuri;  onde  ignorando,  come  si  disse,  le  critiche  del  Well- 
hausen,  non  riesce  a  metter  d'accordo  le  varie  autorità.  Siffatto  accordo, 
attribuendo  eguale  valore  a  tutte  le  fonti  indistintamente,  come  fa  il  Lane- 
Poole,  non  è  possibile:  è  fatica  sprecata  il  tentarlo. 

Meglio  sarà  spazzare  il  terreno  da  inutili  ingombri  e  porre  in  disparte 
le  grandi  linee  della  narrazione  sayfiana:  come  queste  furono  errate  in  Siria, 
così  sono  in  Egitto:  troviamo  Sa^M'  coerente  a  sé  stesso  nella  sua  cono- 
scenza imperfetta  degli  eventi  e  nel  suo  modo  di  ricostruirli  arbitraria- 
mente con  elementi  solo  in  parte  buoni,  ma  gettati  assieme  nel  massimo 
disordine.  Così  nel  caso  presente  la  resa  di  Alessandria  e  di  al-Faramà 
prima  della  caduta  di  Misr  è  un  punto  gravissimo  nella  narrazione  say- 
fiana, contrario  a  tutte  le  altre  fonti  e  che  il  Lane-Poole  non  ha  creduto 
di  analizzare.  Il  documento  si  presenta  quindi,  si  può  dire,  in  cattiva  com- 
pagnia, e  ci  crediamo  perciò  giustificati  nel  sospettare  che,  come  regna  il 
disordine  e  la  confusione  nella  parte  narrativa,  altrettanto  debba  essere 
seguito  nel  documento. 

§  178.  —  Le  osservazioni  al  testo,  apposte  nelle  note  alla  tradizione, 
hanno  già  indicato  i  punti  più  deboli  del  documento.  L'ultimo  articolo  (11"), 
come  già  si  notò,  è  un  grave  scoglio  su  cui  deve  naufragare  la  tesi  del- 
l'autenticità assoluta  del  documento.  L'articolo  è  certamente  interpolato. 
Interpretato  come  vorrebbe  il  Lane-Poole,  ossia  traducendo  «  guarnigioni  » 
invece  di  Nubiani,  abbiamo  un  accozzo  di  notizie  senza  senso  comune,  e 
che  lo  stesso  Lane-Poole  (pag.  238)  ammette  «  is  not  very  intelligible  ». 
Nondimeno  egli  fa  del  suo  meglio  (pag.  238),  per  metter  d'accordo  la  su^ 
tesi  con  il  testo,  ma  non  vi  riesce.  I  quattro  concetti  aiutare,  razziare, 
commercio  e  guarnigioni  greche  sotto  il  dominio  islamico,  sono  concetti 
che  non  possono  in  alcun  modo  andare  insieme.  Il  Lane-Poole  arriva  perfino 
a  supporre  che  gli  Arabi  permettessero  ad  alcuni  gruppi  di  Greci  amici 
di  proteggere  le  cara  vane  trafficanti  tra  l'Egitto  e  la  Siria,  ma  poi  egli 
stesso  ammette  che  tale  ipotesi  non  può  reggere  in  verun  modo. 

3fi8. 


20.  a,.  H.  §  178. 

Dunque  la  correzione  del  Lane-Poole  per   l'articolo   il"  non    elimina,  20.  a.  H. 

ma  aumenta  srli  errori  e  si  deve  scartare.  Ritornando  ora  al  concetto  an-     ^    .         '  '  '"''^" 

°  sione  e   conqui- 

tieo,  e  leggendo  al -N  ubati,  allora  abbiamo  palesemente  un  anacronismo,  sta  deli' Egitto.) 
ossia  l'interpolazione  nel  trattato  di  resa  di  ^lisr  di  una  condizione  d'un 
altro  trattato  concluso  più  tardi  dagli  Arabi  con  i  Nubiani,  dopo  la  con- 
quista dell'Alto  Egitto.  Tale  risultamento  è  importante:  non  abbiamo  cioè 
il  testo  autentico  del  trattato  di  Misr,  ma  un  testo  messo  insieme  dalle 
autorità  della  scuola  iraqense  con  elementi  in  parte  antichi  e  forse  con- 
temporanei alla  conquista,  ma  di  diversa  provenienza. 

Ciò  è  palese  anche  da  altre  considerazioni.  L'articolo  2".  accettando 
anche  la  correzione  di  Lane-Poole,  non  può  esser  del  tempo  della  conquista, 
ma  deve  certamente  appartenere  ad  un'età  molto  posteriore  e  dev'esser 
perciò  interpolato  pur  esso.  Abbiamo  cioè  tra  la  frase  con  cui  si  apre  la 
tradizione  e  gli  articoli  2"  e  11"  una  correlazione,  che  implica  una  genesi 
comune  ad  un  processo  d'interpolazioni,  dovuto  tòrse  all'ignoranza  delle 
autorità  che  trasmisero  la  tradizione  e  che  non  si  rendevano  conto  del  vero 
significato  di  tutte  le  parole. 

Se  sopprimiamo  però  gii  articoli  2"  e  11",  quanto  rimane  ha  caratteri 
genuini,  e  conformi  ad  altre  nostre  conclusioni,  che  esporremo  sotto  l'anno 
23.  H.  :  potremmo  perciò  ammetterli,  non  già  letteralmente  autentici  fino 
all'ultima  parola,  ma  in  modo  relativo  e  con  quella  larghezza  di  concetto, 
che  è  sempre  necessario  aver  presente  nella  disamina  di  fonti  orientali,  in 
particolar  modo  qui,  trattandosi  di  documenti  forniti  dalla  scuola  iraqense 
e  di  cosi  dubbia  provenienza  e  composizione.  Inoltre,  come  sono  interpo- 
lati gli  art.  2"  ed  11",  e  forse  anche  in  parte  il  7",  così  pure  è  assai  proba- 
bile che  altre  parti  e  patti  siano  stati  soppressi,  o  per  negligenza,  o  perchè 
non  più  intelligibili. 

Assai  importante,  a  nostro  m(jdo  di  vedere,  è  l'omissione  manifesta  di 
un  patto  specificante  la  tassa  per  testa.  Nello  studiare  le  condizioni  fiscali 
dell'impero  sotto  Umar,  noi  vedremo  che  la  tassa  per  testa,  come  fu  in- 
tesa più  tardi,  non  esisteva,  ma  gii  Arabi  riscossero  in  principio  soltanto 
un  tributo  complessivo,  il  prodotto  congloliato  di  tutte  le  svariatissime  im- 
poste esistenti  nelle  provincie  di  Persia  e  di  Bisanzio.  Se  quindi  i  copisti 
non  lianno  dimenticato  o  soppresso  alcuni  fatti,  gli  articoli  3"  e  6"  rispec- 
chiano le  vere  condizioni  del  trattato  arabo-copto  di  sottomissione,  ed 
hanno  caratteri  di  schietta  autenticità,  perchè  ignorano  la  tassa  per  testa. 

Alcuni  patti  del  trattato  ricordano  quelli  della  resa  di  Alessandria 
conservati  da  Giovanni  di  Niqyùs  (cfi-.  §  162),  ma  nel  complesso  è  assai 
notevole    che  le  condizioni   fondamentali   della   resa   dell'  Egitto,  quali  ci 

309. 


es  178-180.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  .•^oiio  riferite  dalle  altre  fonti  nostre  arabe,  hanno  poco  o  nulla  di  comune 

[EGITTO.    -    Inva-  .,     ,  j.  ^ 

Siene  e  conqui-     ^-^^^   '^  doc-uinento  .savtiano. 

sta  dell' Egitto.!  §   179.  —  Con  questi  accertamenti  .sulla  autenticità  dubbia — e  nella 

migliore  ipotesi  solo  parziale  —  del  docinnento  sayfiano,  possiamo  ritornare 
brevemente  .su  quanto  già  si  scrisse  (cfr.  17.  a.  H.,  §§  169  e  segg.)  in- 
torno al  preteso  trattato  di  Gerusalemme,  pure  trasmesso  dal  solo  Sayf 
b.  'Umar. 

Vvr  questo  documento  la  nostra  conclusione  generale  è  stata  ben  poco 
favorevole  e  noi  abbiamo  ritenuto  più  probabile  il  suo  carattere  apocrifo 
per  r  insieme,  pxn-e  accettando  la  possibilità  che  alcune  parti  siano  tratte 
da  documenti  antichi  ed  autentici.  Quasi  identiche  conclusioni  c'ispirano 
l'esame  interno  del  documento  egiziano,  tale  somiglianza  di  carattere,  e 
la  provenienza  dalla  medesima  fonte  assai  sospetta,  che  ha  per  sua  carat- 
teristica la  conservazione  di  trattati  e  documenti  apocrifi.  Tanto  nel  ti'at- 
tato  gerosolimitano,  quanto  in  quello  egizio,  abbiamo  a  chiare  note  la  me- 
scolanza artificiale  di  patti  forse  avitentici  con  altri  apocrifi,  e  con  patti 
che  essendo  comuni  a  tutti  i  trattati  non  hanno  alcun  valore  nei  due  casi 
ora  in  esame. 

Possiamo  concludere  in  via  generale  che  i  trattati  predetti  sono  do- 
cumenti composti  artificialmente  in  tempi  posteriori  con  elementi  di  varia 
provenienza  e  di  ben  diverso  valore.  Lo  storico  non  li  deve  perciò  igno- 
rare, ma  deve  valersene  con  molte  cautele,  evitando  di  fondarsi  su  di  essi 
per  alcuna  conclusione  importante  :  l'appoggio  è  malfido. 

§  180.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  abù  Sa'ìd  al-Eabi'  b.  al-Nu'màn,  da  'Amr 
b.  Su'a3'b).  Quando  'Amr  b.  al-'As  venne  alle  mani  con  al-Muqawqis  presso 
'Ayn  Sams,  la  cavalleria  araba  durante  il  conflitto  con  la  cavalleria  egi- 
ziana (^),  incominciò  a  cedere  dinanzi  all'impeto  dei  nemici.  'Amr  b.  al-'As 
si  gettò  allora  in  mezzo  ai  suoi  cavalieri  e  li  esortò  a  resistere  ed  a  far 
fronte  al  nemico,  ma  un  cavaliere  yamanita  lo  interruppe  e  gli  gridò: 
«  Noi  non  siamo  fatti  di  pietra  o  di  ferro!  ».  —  «  Taci!  »,  rispose  'Amr, 
«  perchè  tu  sei  un  cane!  ».  —  «  E  tu  »,  gridò  il  yamanita,  «  sei  il  principe 
«  dei  cani!  (amir  al-kilàb)  ».  Vedendo  che  i  cavalieri  non  gli  prestavano 
ascolto,  Amr  convocò  allora  tutti  i  Compagni  del  Profeta,  che  si  trova- 
vano nell'esercito,  ossia  abù  Burdah,  abù  Barzah  e  molti  altri,  e  raduna- 
tili intorno  a  sé,  li  esortò  a  dare  il  buon  esempio  e  a  gettarsi  sul  nemico. 
Cosi  fu  fatto:  l'esempio  valoroso  dei  Compagni  rianimò  gli  altri  combattenti, 
e  l'esercito  egiziano  venne  messo  in  fuga.  L'Egitto  fu  conquistato  nel  mese 
di  Eabi'  I.  dell'anno  16.  H.  (-)  (Tabari,  I,  2592). 

Cfr.  Athir,  II,  441. 

aio. 


20.  a.  H.  §§  180-183. 


Nota  1.  —  Contrariamente  a  quanto  è  detto  nella  precedente  tradizione,  in  questa  abbiamo  una  20.  a.  H. 

reminiscenza  del  fatto  storico,  che  presso  'Ayn  Sams  si  combattesse  una  vera  battaglia  campale,  e  che  [EGITTO.    •    Inva- 

quel  luogo  non  fosse  la  scena  di  un  semplice  assedio  e  di  un  assalto  delle  mura  fortificate  di  una  città.  sione   e   conqui- 

NoTA  2.  —  L'assurdità  di  questa  data,  che  contradice  tutte  le  altre  fonti  assai  migliori,  oltre  che  sta  dell'Egitto.] 
dei  particolari  narrati  nel  paragi-afo  seguente,  non   merita   nemmeno   di    essere   discussa,   dopo   quanto 
abbiamo  detto  altrove  sotto  Tanno  18.  a.  H.,  §§  168  e  segg. 

§  181.  —  (Sayf  b.  'Umar.  senza  isnàd).  Nel  cor.so  dei  mese  Dzu-1- 
Qa'dah  dell'anno  16.  H.  (!),  il  Califfo  Umar  distribuì  una  quantità  di  guar- 
nigioni lungo  tiitta  la  costa  dell'Egitto,  perchè  l'imperatore  Eraclio  fece 
in  quell'anno  una  spedizione  per  mare  contro  le  coste  della  Siria  e  del- 
l'Egitto, mirando  specialmente  alla  ripresa  di  Hims  (cfr.  18  a.  H.,  §§  126 
e  segg.).  Ciò  accadde  tre  anni  e  tre  mesi  dopo  che  limar  era  divenuto 
Califfo  (T  a  bari.  I,  2594.  lin.   1-4). 

EGITTO.  —  Tradizioni  sul  modo  come  fu  sottomesso  l'Egitto. 

§  182.  —  Il  desiderio  di  dare,  per  quanto  sia  possibile,  ed  in  misura 
utile  agli  studi,  i  materiali  completi,  aggiungiamo  qui  appresso  una  co- 
piosa scelta  di  tradizioni  che  riguardano  il  modo  e  le  condizioni  alle  quali 
l'Egitto  passò  sotto  il  dominio  arabo.  Gli  appunti  che  facciamo  più  avanti 
(cft-.  §  183,  nota  1  (b)  )  chiariscono  le  ragioni  giuridiche  che  indussero  i 
tiadizionisti  a  compilare  le  seguenti  tradizioni,  e  quindi  il  loro  scarsissimo 
valore  storico  diretto  per  illuminare    l'argomento    che    trattiamo,  ossia  la  -' 

conquista  dell'  Egitto.  Ma  crediamo  di  adempiere  ad  un  dovere  di  anna- 
lista imparziale  nel  dare  tutti  i  migliori  materiali  delle  nostre  fonti:  anche 
in  quelli  che  la  nostra  critica  potrà  demolire,  si  ascondono  molti  e  molti 
elementi  di  studio  e  di  confronti,  elementi  che  saranno  forse  inutili  per 
illuminare  immediatamente  le  circostanze  speciali,  alle  quali  le  tradizioni 
cronologicamente  e  storicamente  vanno  unite,  ma  servii-anno  per  altri  studi 
riguardo  a  questioni  di  tempi  posteriori.  Quando  verremo  all'esame  di  queste 
apprezzeremo  meglio  l'utilità  delle  raccolte  sistematiche  di  cui  i  seguenti 
paragrafi  porgono  un  largo  e  ricco  saggio. 

§  183.  —  Quanti  sostengono  che  l'Egitto  non' si  sottomettesse  con  un 
trattato,  ma  cedendo  alla  violenza,  e  perciò  fosse  preda  assoluta  dei  Mu- 
sulmani ('),  adducono  le  seguenti  tradizioni: 

(a)  (al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  Abd  al-ghaffàr  al-Harràni,  da  ibn  Labiali, 
da  Ibràhìm  b.  Muh.,  da  Ayyùb  b.  abi-l-'Aliyah,  da  suo  padi-e  abù-l-'Aliyah). 
Il  quale  raccontava  d'aver  udito  Amr  b.  al-'As  pronunziare  le  seguenti 
parole  dal  min  bar  (in  Misr):  «  Io  mi  son  seduto  su  questo  seggio  (maq'ad) 
«  [=  ossia  sono  divenuto  governatore  dell'Egitto]  senza  che  alcun  copto  del- 
«  l'Egitto  abbia  stipulato  con  me  verun  trattato  (ma...  'ahd  \va  là  'aqd): 
«  se  avessi  voluto,  avrei  potuto  uccidere,  dividere  in  cinque  parti,  e  vendere 

311. 


I  igjj.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  «  (tutto)  fuorché  con  la  gente  di  Antàbulus,  perchè  con  questi  v'è  un   patto 

zioni  sul  modo     *('ah(l)  o  dovesi  rispettare  integrahnente   »   (Balàdzuri,    127). 
come  fu  sotto-  Alni  al-hakam,   128. 

messo  l'Egitto.  -^^  (al-Qà.sim    1).  Sallam,  da   'Abdallah    b.  Salih,    da    Musa    b.  'Ali    b. 

Rabàh  al-Laldinù,  da  suo  padre  'Ali  b.  Rabàh  al-Lakhrai).  Tutto  il  Ma- 
ghrib  (=  Africa  settentrionale  e  perciò  anche  l'Egitto)  fu  preso  con  le  armi 
("anwat*"). 

(e)  (abù  'Ubayd.  da  Saul  b.  abi  Maryam,  da  ibn  [jahi'ab,  da  al-Salt 
b.  abi  Asim  kàtib  o  segretario  di  Hayyan  b.  Surayh).  In  una  lettera  del 
Califfo  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz  [t  101]  a  Hayyan  b.  Surayh,  suo  luogotenente 
in  Egitto,  era  scritto:  «L'Egitto  fu  conquistato  con  la  forza  (anwat*"). 
«senza  patto  di  sorta  (bighayr  'ahd   vva  la   'a([d}   (Balàdzni-i,  217). 

(rf)  ('Amr  [b.  Muli.]  al-Nàqid.  da  'Abdallah  b.  Wahb,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Abdallah  b.  Hubayrah).  L' Egitto  fu  conquistato  con  la  forza  ('  a n  vv  a  t  *") 
(Balàdzuri,  219). 

{e)  ('Amr  [b.  Muli.  al-Nàqid)  da  'Abdallah  b.  Wahb.  da  ibn  Lahi'ah, 
da  ibn  An'am  [cioè  Abd  al-rahmàn  b.  Ziyàd  b.  An'ani|,  da  suo  padre 
[Ziyàd  b.  An'am],  da  suo  nonno  [An'am],  che  fu  presente  alla  conquista  del- 
l'Egitto). L'Egitto  fu  conquistato  con  la  forza  ('anwat"")  e  senza  trattato 
(bighayr  'ahd  wa  là  'aqd)   (Balàdzuri,  219-220). 

Suyùti  Husn,  I,  61-62,  ha  un  capitolo  speciale  in  cui  raccoglie  tra- 
dizioni sulla  questione  della  natura  della  conquista  d'Egitto. 

Cfr.  anche  Mahàsin,  I,  20:   Maqrìzi  Khitat,  I,   294-295. 

Nota  1. —  (aj  L'incertezza  dei  dotti  Musulmani  del  III  secolo  sulle  condizioni  con  le  quali  l'Egitto 
passò  in  potere  degli  Arabi,  proviene  dal  tatto  che  essi  confondono  gli  incidenti  della  prima  parte  del- 
l'invasione, ossia  dalla  presa  di  al-'Aris  fino  alla  resa  di  Alyiìnah  (Babilonia),  con  quelli  che  avvennero 
di  poi.  Vale  a  dire  gli  Arabi  conquistarono  a  viva  forza  ('anwataD)  una  grande  parte  della  campagna 
egiziana,  ma  poi  dopo  la  sconfitta  di  Heliopolis  e  il  principio  dell'assedio  di  Babilonia,  infranta  ogni 
possibilità  di  seria  resistenza,  al-Muqawqis  trattò  con  'Amr  la  resa  pacifica  di  tutto  il  resto  del  paese, 
ed  alle  condizioni  più  o  meno  indicate  nelle  precedenti  tradizioni.  Le  notizie  sulla  caduta  di  Alessan- 
dria, quando  perirono  soli  22  Musulmani,  rivelano  che  la  sottomissione  di  tutto  il  restante  Egitto  si 
svolse  in  modo  incruento,  e  le  spedizioni  dei  luogotenenti  di  'Amr  furono  fatte  nel  solo  scopo  di  im- 
piantarvi l'amministrazioiie  fiscale  musulmana  e  di  accertare  la  sottomissione  del  paese  alle  condizioni 
pattuite  con  al-Muqawqis,  Una  frase  poi  della  precedente  tradizione  (kàna  aradda  'alaykum,  ecc.> 
allude  evidentemente  al  tratto  di  paese  egiziano  sottomesso  a  viva  forza  tra  al-'Aris  e  Alvunah,  e  che 
per  patto  espresso  doveva  entrare  nel  godimento  delle  stesse  condizioni  pattuite  per  il  resto  del  paese. 
I  tradizionisti  musulmani  non  hanno  compreso  che  nella  conquista  dell'Egitto  vi  fossero  queste  due 
fasi  nettamente  distinte,  e  con  poca  intelligenza  geografica  e  ninna  critica  storica  hanno  confuso  le 
due  fasi  insieme  cadendo  cosi  in  una  contradizione,  dalla  quale  non  hanno  saputo  distrigarsi.  —  Si 
noti  che  fino  alla  caduta  di  Alvunah  gli  Arabi  erano  in  possesso  soltanto  d'una  sottile  striscia  di  terra, 
lungo  il  deserto  tra  il  Sinai  e  l'Egitto,  e  che  la  vera  sottomissione  del  paese  si  fece  dopo  la  caduta  di 
Alyiinah:  per  convincersene  basta  studiare  la  tradizione  al  §  130,  dove  si  enumerano  le  spedizioni  in- 
viate da  'Amr,  e  le  città  che  furono  occupate  militarmente  dagli  Arabi. 

(b)  Infine  si  ricordi,  come  chiariremo  meglio  trattando  tutto  il  problema  nel  suo  insieme  sotto 
l'anno  23.  H.,  gli  Arabi  durante  la  conquista  non  si  diedei-o  alcun  pensiero  del  modo  come  avvenisse  la 
sottomissione  del  paese.  Con  le  armi  o  per  trattato  era  la  stessa  cosa  allora  :  l' importante  era  che  il 
paese  si  sottomettesse  e  pagasse  agli  Arabi  tutto  ciò  che  pagava  prima  al  tesoro  bizantino.  Tranne  le 

312. 


20.  a.  H.  §§  183-186. 


perdite   naturali   di   guerra,  e  qualche   penale  straordinaria  e  temporanea  inflitta  ad  alcuni  per  la  loro  20.  a.  H. 

tenace  resistenza,  lo  stesso  trattamento  generale  fu  esteso  tanto  ai  vinti  con  trattato,  quanto  a  quelli  [EGITTO.  -  Tradi- 

i-ottomessi  con  la  forza.  La  distinzione  fu  elucubrazione  dei  teorici  posteriori,  quando  si  volle,  per  ra-  zioni    sul    modo 

gioni  fiscali  e  per  questioni  teoriche  di  diritto  pubblico  stabilire  il  carattere  legale  delle  varie  terre  sotto  come    fu    sotto- 

il  dominio  musulmano.  messo    l' Egitto.) 

§  184.  —  (a)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  I  villaggi  dell'Egitto,  dove  i 
Musulmani  incontrarono  resistenza  e  dovettero  impiegare  le  armi  facendo 
prigionieri,  furono  i  seguenti:  Bilhit,  al-Khays  e  Sultays.  Gli  abitanti  ri- 
dotti schiavi  furono  menati  a  Madinah,  ma  il  Califfo  'Umar  (li  rimise  in 
libertà  e)  li  rimandò  in  Egitto.  Tutti  i  Copti,  al-Qibt,  sono  ahi  al-dzim- 
mah,  e  posseggono  un  patto  (lahum  'ahd),  che  non  hanno  violato.  Or 
'Amr  b.  al-'As  scrisse  al  Califfo  annunziandogli  la  presa  di  Alessandria 
nei  seguenti  termini  :  «  Dio  ci  ha  concesso  la  conquista  di  Alessandria  a 
«viva  forza  ('anwat*")  e  senza  patti  di  sorta  (bi-ghayr  'ahd  wa  là 
«  'aqd)  ».  —  Invece  Yazid  b.  abì  Habib  sostiene  che  tutto  (l'Egitto)  fu  sot- 
tomesso a  patti  (sulh"")  (Balàdzviri.  215-216). 

Cfr.  §§   127,   128. 

(h)  La  prima  parte  della  tradizione  trovasi  anche  in  ibn  'Abd  al- 
hakam  con  il  solo  divario  che  invece  di  Sultays  abbiamo  la  variante  Sàti.s: 
r  isnàd  è:  'Abdallah  b.  Salili,  da  Layth  b.  Sa'd,  da  Yazid  b.  abì  Habib 
(Abd  al-hakam.   121). 

S  u  y  ù  t  i  H  u  s  n  ,  I,  57. 

§  185.  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  Isliàq  b.  Abdallah  b.  abi 
Farwah,  da  Hayyàn  b.  Surayh,  da  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz).  «  Noi  non 
«abbiamo  conqui.stato  un  -borgo  del  Maghrib  con  trattato  di  pace  ('ala 
«  sulh),  se  non  tre,  ossia  Alessandria,  Kafartis  e  Sultays  ».  Il  Califfo  'Umar 
(b.  'Abd  al-'azizj  soleva  dh-e:  «Chi  si  converte  della  gente  di  quei  luoghi, 
«  faccia  di  sé  e  dei  suoi  beni  (mài)  quello  che  vuole  »   (Balàdzuri,  222). 

Cfr.  anche  'Abd  al-hakam,  121-122.—  Suyùti  Husn,  I,  60,  ha 
però  i  nomi  di  Alessandria,  Saltis  [Sultays?],  Masil  (?)  e  Balhìt. 

La  questione  oscura  delle  borgate  aventi  privilegi  speciali  in  Egitto 
si  è  già  presentata  in  alcuni  paragrafi  precedenti  (cfr.  §   128). 

§  186.  —  ibn  'Abd  al-hakam  adduce  })0Ì  varie  tradizioni  che  affer- 
mano semplicemente  essere  stato  l'Egitto  sottomesso  con  le  armi  senza 
patti  di  sorta.  Gli  isnàd  di  queste  varie  tradizioni,  in  tutto  tredici, 
eguali  nel  contenuto  sono  : 

1"  'Abd  al-malik  b.  Maslamah  e    Uthmàn  b.  Sàlih,  ambedue  da  ibn 
Lahi'ah,  da    Abdallah  b.  Hubayrah  ; 

2°    Abd  al-malik  [b.  Maslamah],  da  ['Abdallah?]  ibn  Wahb,  da  Abd 
al-rahmàn  b.  Ziyàd  b.  An'am,  da  alcuni  dotti; 

313.  40 


§§  itì*;,  187. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
EGITTO.  -  Tradi- 
zioni   sul    modo 
come    fu    sotto- 
messo   r  Egitto.', 


3°  'Uthiuàn  b.  Salili,  da  Ziyàd  b.  Walib,  da  ibn  An'am; 
4"  'Abd   al-malik   b.    Maslamah,  da   ibn   Laliì'ah,  da  'Urwah   [b.  al- 
Ziibayr]; 

5"  'Abd  al-inalik  b.  Maslamah,  da  ibn  Wahb,  da  'iyàd  1).  'Abdallah 
al-Fihri,  da  Rabi'ali  b.  abi  'Abd  al-rahmàu;  dove  si  aggiunge  che  lo  .stato 
legale  degli  abitanti  e  delle  terre  d'Egitto  fu  un  atto  spontaneo  del  Ca- 
liffo 'Umar  per  il  bene  della  causa  musulmana  (e  non  conseguenza  di  un 
patto  con   i   vinti),  ecc.   ('Abd  al-hakam,   127-129). 

Cfr.  anche  S  u  y  u  t  i  H  u  s  n ,  I,  60,  il  quale  adduce  una  tradizione  se- 
condo la  quale  il  Califfo  'Umar  b.  'Abd  al-'azìz  [f  101]  avrebbe  informato 
Hayyàn  b.  Surayh  che  l'Egitto  era  stato  preso  d'assalto  e  senza  trattato. 

§  187.  —  Quanti  sostengono  essersi  l'Egitto  sottomesso  con  regolare 
trattato  e  perciò  non  essere  preda  assoluta  dei  Musulmani,  adducono  le 
seguenti  tradizioni: 

{a)  (abù  'Ubayd,  da  Sa'id  b.  abi  Maryam,  da  Yahya  b.  Ayyùb,  da 
'Ubaydallah  b.  abi  Gra'far).  Il  Califfo  Mu'àwiyah  b.  abi  Sulyàn  scrisse  a 
Wardàn  mawla  di  'Amr  b.  al-'As,  ordinandogli  di  aumentare  (la  tassa 
a  capo)  sui  Copti  di  un  qiràt  per  ogni  uomo.  Allora  Wardàn  gli  rispose: 
«Come  posso  aumentare  le  tasse  sui  Copti,  se  nel  loro  patto  ('ahd)  è  sti- 
«  pulato  che  non  possano  essere  aumentate  le  imposte  a  carico  loro?  » 
(Balàdzuri,   217). 

Cfr.  anche  'Abd  al-hakam,   124-125.—  Cfr.  §  194. 

(b)  (Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  'Abd  al-hamid  b.  Gra'far,  da  suo 
padre  ó-a'far,  da  'Urwah  b.  al-Zubayr).  Questi  disse:  «  Io  ho  passato  sette 
«  anni  in  Egitto  (Misr)  e  vi  ho  tolto  anche  moglie:  allora  ho  visto  la  po- 
«  polazione  esausta  (magàhid),  perchè  gravata  da  imposte  superiori  alle 
«loro  forze.  E  in  verità  'Amr  sottomise  gli  abitanti  con  un  trattato  (bi- 
«sulh)  e  stipulò  un  patto  ('ahd)  e  li  obbligò  a  pagare  (soltanto)  una 
«cosa  (=  tassa)  fissa»   (Balàdzuri,  217-218). 

(e)  (Bakr  b.  al-Haytliam,  da  'Abdallah  b.  Salili,  da  al-LaytJi  b.  Sa'd, 
da  Yazìd  b.  abi  'Ilàqah,  da  'Uqbah  b.  'Amir  al-Gruhani).  Gli  abitanti  del- 
l'Egitto ottennero  un  trattato  regolare  ('ahd  wa  'aqd)  che  fu  scritto 
per  loro  da  'Amr  b.  al-'As;  dove  era  pattuito  che  dovessero  godere  della 
sicurtà  (à  m  i  n  ù  n  a)  per  i  loro  beni  (a  m  w  à  1),  per  le  loro  persone,  per  le 
loro  donne  e  per  i  loro  figli:  nessuno  di  essi  poteva  essere  venduto  come 
schiavo,  ma  dovevano  pagare  un  tributo  fisso  (kharàg)  che  non  era  lecito 
aumentare.  I  Musulmani  avevan  l'obbligo  di  tener  lontano  da  loro  il  timore 
dei  nemici.  E,  aggiunse  'Uqbah  b.  'Amir,  «  io  fai  testimonio  a  questo  (trat- 
«  tato)  »  (Balàdzuri,  218). 


314. 


20.  a.  H. 


§§  187-190. 


L"  importanza  di  questa  tradizione  sta  anche  nel  fatto  che  ignora  la  20.  a.  h. 

questione  dei  due  dinar  a  testa  per  adulto,  invenzione  di  tempi  poste-  ^jo^j  g^,  ^^^^ 
riori,  ma  ripetuta  come  verità  storica  in  tante  tradizioni  sulla  resa  di  Ba-  come  fu  sotto- 
bilonia  e  in  altri    pretesi    testi    del    trattato  egiziano.  Cfr.  §§   64,  72,  73,  *         ^'  ° 

74.  ecc. 

Ve  inoltre  una  tradizione  conservata  da  Suyùti  Husn,  I,  61,  se- 
condo la  quale  al-Zubaj-r  b.  al-'Awwàm  avrebbe  voluto  la  divisione  delle 
terre  d'Egitto,  ma  a  ciò  si  opposero  prima  'Amr  b.  al-'As  e  poi  il  Califfo 
'limar.  La  notizia  viene  dal  libro  di  Muhammad  b.  al-Rabi'  al-Crizi  sui 
Compagni  del  Profeta  che  si  stabilirono  in  Egitto,  con  l' i  s  n  à  d  :  'Abdallah 
b.  al-Mughìiah  b.  abi  Burdah,  da  Sufyàn  b.  Wahb  al-Khawlàni. 

§  188.  —  ('Uthmàn  b.  Salili,  da  al-Layth  b.  Sa'd,  da  Yazìd  b.  abi 
HabibV  Tutto  l'Egitto  fu  sulh  (terra  conquistata  con  trattato),  tranne 
Alessandria  che  fu  presa  d'assalto  ('anwat*°)  ('Abd   al-hakam,   123). 

§  189.  —  (^' Abdallah  b.  Sàlih,  da  Yahya  b.  Ayyùb,  da  'U1)aydallah 
b.  abi  Gra'far,  da  un  vecchio  tra  i  comandanti  della  guarnigione  [egiziana]). 
Il  trattato  concluso  con  gli  abitanti  dell'Egitto  trovasi  presso  i  loro  capi 
(kubarà-uhum)  ('Abd  al-hakam,   123). 

§  190. . —  (Hisàm  b.  Ishàq  al-' Amiri,  da  al-Layth  b.  Sa'd,  da  'Ubay- 
dallah  b.  abi  Cxa'far,  da  un  vecchio  contemporaneo  della  conquista  del- 
l'Egitto). La  copia  dello  scritto  (kit ab)  concesso  agli  abitanti  dell'Egitto 
trovasi  presso  Talmà  signore  di  Ahnà,  presso  Qarmàn  signore  di  Rasìd, 
[Yàqùt,  II,  781]  e  presso  Yuhannas  signore  di  al-Barullus  [Yàqiit,  I, 
593]:  i  patti  erano  due  dìnàr  per  ogni  uomo,  e  la  forni tui-a  delle  prov- 
viste (a  r  z  à  q)  alle  (milizie)  musulmane  :  non  potevano  essere  espulsi  dal 
loro  territorio  (diyàr),  non  dovevano  essere  rapite  le  loro  donne,  i  loro 
villaggi  (kufùr)  e  le  loro  terre  (ard),  né  potevansi  aumentare  (ad  arbitrio) 
le  loro  tasse  (')   ('Abd  al-hakam,   123). 

Cfr.  M  a  h  à  s  i  n  ,  I,  20,  dove  è  scritto  Ikhnà,  invece  di  Ahnà,  Fannàn 
invece  di  Qarmàn. 

Il  pregio  storico  di  questa  tradizione  sta  in  ciò,  che  tradisce  uno  dei 
sistemi  prediletti  con  cui  si  mettevano  in  (;ii-colazione  le  tradizioni  false: 
si  esumavano  presso  qualche  illustre  sconosciuto,  che  affermava  avere  una 
copia  autentica  d'un  documento  antico,  e  si  trovava  sempre  un  giurista  o 
tradizionista  compiacente,  il  quale  per  una  generosa  propina  dava  tutto  il 
peso  della  sua  autorità  all'autenticazione  della  tradizione,  o  documento.  Un 
altro  caso  tipico  di  queste  falsificazioni  lo  avemmo  già  nella  biografia 
del  Profeta  (cfr.  9.  a.  H.,  §§  69  e  nota  2;  70,  nota  1).  La  falsità  della 
presente  tradizione  si  rivela  anche  con  l'imperfezione  dell'i sn ad  (cfr.  In- 

315. 


messo    l'Egitto. 


§§  lyo-i'j-i.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  t  roil  uzioii  L! ,  ìjij  !•  e  segi»-.),   in  cui  il  primo  auellu  di  cuUi>iuiizione  è  una 

EGITTO.  -  Tradi-  .  ■     '         -^  ^    -^     [       •      i    ,,       .        t    •  , 

zioni  sul  modo  autorità  anonima:  i  lalsmcaton  delia  tradizione  hanno  avuto  un  resto  di 
come  fu  sotto-  pudore  e  di  sincerità  religiosa,  non  hanno  voluto  aggravare  la  propria  co- 
scienza addebitando  ail  un  Compagno  del  Profeta  una  tradizione  falsa.  È 
noto  come  la  coscienza  jjubblica  musulmana,  conscia  dell'assiduo  lavoro  di 
falsiticazionc  di  tradizioni,  creasse  tutte  quelle  sentenze  del  Profeta  com- 
minanti pene  terribili  nell'inferno  ai  pi^palatori  di  hadith  apocrifi  (con- 
frontisi, per  esempio,  ibn  Ha  ubai,  Musnad,  I,  46.  lin.  30:  66,  lin.  21; 
70,  lin.  8,  ecc.,  ecc.). 

Di  vero  però  nella  tradizione  deve  essere  il  fatto  che  gli  Arabi  lascia- 
rono in  carica  i  capi,  o  prefetti  copti  che  avevano  l'ammiiirstrazione  del 
paese  sotto  i  Bizantini.  Essi  erano  i  depositari  di  tutti  i  documenti  am- 
ministrativi e  degli  archivi:  perciò  appunto  potevano  essi  facilmente  in- 
ventare documenti  falsi   e  metterli  in  circolazione. 

Nota  1.  — A  sostegno  della  tesi  che  l'Egitto  fosse  sottomesso  con  un  trattato,  ibn  'Abd  al-hakam 
cita  altre  due  tradizioni,  l'una  di  Yaliya  b.  'Abdallali  b.  Bukayr,  e  l'altra  di  'Abd  al-malik  b.  Màlik,  ognuna 
con  isnàd  diversi,  e  nelle  quali  si  rammentano  le  discussioni  suscitate  su  questo  argomento,  quando 
il  Calilì'o  Mu'àwiyah  concesse  a  'Uqbah  b.  Amir  una  terra  in  Egitto,  e  come  i  mawàli  del  Califfo  gli 
rammentassero  le  condizioni  pattuite  con  i  Copti,  quando  si  arresero  ad  'Amr  b,  al-'As  l'Abd  a  1  -  li  a- 
kàm,  124). 

§  191.  —  (Zayd  b.  Aslam).  Il  Califfo  Umar  aveva  una  cassa,  in  cui 
teneva  tutti  i  trattati  conclusi  da  lui:  un  trattato  con  l'Elgitto  non  esi- 
steva in  quella  cassa  (Hubays,  fol.   102, v.)  [H.]. 

Cfr.  S  u  y  ii  t  i  H  u  s  n  ,  I,  60. 

Aveva  dunque  il  Califfo  un  archivio  in  Madinah? 

§  192.  —  (Yahya  b.  Khàlid,  da  Ra.sid  b.  Sa'd,  da  'Aqil  b.  Khàlid,  da 
ibn  Sihàb  [al-Zuhri]).  L'Egitto  fu  conquistato  in  parte  con  trattato,  in  parte 
con  le  armi  :  allora  il  Califfo  '  Umar  dispose  che  tutto  il  paese  tosse  dz  i  m- 
mah.  —  Così  fu  fatto,  e  così  rimase  di  poi  fino  ad  oggi  ('Abd  al-ha- 
kam, 129). 

S  u  3^  ii  t  i  H  u  s  n  ,  I,   61. 

§  193.  —  (Arad  b.  Musa,  da  ibn  Lahi'ah,  da  'Amr  b.  Su'ayb,  da  suo 
padre  Su'ayb,  da  suo  nonno).  'Amr  b.  al-'A.s  scrisse  al  Califfo  'Umar  b.  al- 
Khattàb  a  proposito  di  quei  (Copti)  che  si  facevano  trati  in  Egitto  e  poi 
morivano  senza  eredi.  Il  Califfo  rispose  che  quelli,  i  quali  erano  discen- 
denti, dai  defunti,  dovevano  ereditarne  la  sostanza:  se  però  non  v'erano  di- 
scendenti i  beni  lasciati  dovevano  andare  a  beneficio  del  tesoro  (bayt 
mài),  perchè  i  Musulmani  ei-ano   i  padi'oni  ('Abd  al-hakam,   129). 

§  194.  —  ('Abdallah  b.  Salili,  da  Yahya  b.  Ayyùb,  da  Ubaydallah  b. 
abì  Gra'far,  da  uno  dei  kubarà  al-gund,  o  anziani   della  guarnigione). 

3ie. 


20.  a.  H.  §  194. 

Quando  il  Califfo  Mu  àwiyah  scrisse  a  Wardàn  (in  Egitto)   di   aumentare  20.  a.  H. 

(la  gizyah)  di  un  qirat  per  ogni  uomo,  Wardan  gli  rispose  che  ciò  non        ^ioni  sui  modo 

era  possibile  secondo  i  patti  nella  resa  dei  Copti;  e  Mu'àwiyah  irritato  de-        come  fu  sotto- 

-iTT       1-         -AiT       11       1  ir^j\  messo    l'Egitto.) 

pose  Wardan  (Abd  a  1 -ha k ani,   124).  ' 

Cfi-.  anche  §   187. 

Questa  tradizione  dà  lume  su  molte  questioni  :  con  essa  vediamo  la 
principale  ragione  per  la  quale  i  tradizionisti  musulmani  si  affannano  a 
confortare  con  tante  varie  tradizioni  la  famosa  condizione  dei  due  dinar 
a  testa  da  pagarsi  in  Egitto  da  tutti  i  Copti  adulti,  condizione  che,  come 
vedremo,  non  è  esistita  nei  primitivi  trattati  di  sottomissione  ;  la  tassa  fu 
introdotta  come  fase  finale  di  lunghe  trasformazioni  alla  fine  del  dominio 
Uma3'yade,  o  forse  anche  piìi  tardi.  Quando  gli  Arabi  riformarono  i  tri- 
buti locali  e  cercarono  di  uniformarli  tra  loro,  dando  spesso  a  tributi  nuovi 
nomi  antichi,  ebbero  a  dipanare  un'  intricatissima  matassa,  e  tutti  coloro 
che  subirono,  o  temettero  subire  un  maggiore  aggravio,  protestarono  ener- 
gicamente. L'unica  arma  del  tempo  per  dare  consistenza  ed  efficacia  alle 
proteste  ed  alla  voce  dei  partiti  d'oppo.sizione  era  la  coniazione  di  tradi- 
zioni apocrife.  Esse  riuscivano  utili  ogni  qualvolta  il  governo,  sempre  a 
corto  di  mezzi,  cercava  di  incrudelire  le  imposte:  allora  le  vittime  del 
fisco  facevano  la  voce  grossa,  adducevano  abbondante  copia  di  tradizioni, 
che  fissavano  l'ammontare  primitivo  delle  tasse  e  sostenevano  inoltre  la 
tesi  arrischiata,  essendo  l'ammontare  delle  tasse  fissato  per  patto  esplicito 
della  sottomissione,  non  fosse  lecito  aumentarlo  ;  pretesa  discutibile,  perchè 
giuridicamente,  entro  certi  limiti  lo  Stato  ha  il  diritto  di  mettere  nuo\'e 
imposte  e  di  aumentare  le  antiche.  Il  partito  contrario,  quello  governa- 
tivo e  fiscale,  ricorreva  per  difendersi  agli  stessi  mezzi,  ossia  metteva  in 
circolazione  altre  tradizioni  che  sostenevano  tutto  il  contrario,  vale  a  dire 
che  affermavano  la  resa  a  discrezione  del  paese  in  potere  degli  Arabi  e 
quindi  implicitamente  la  facoltà  del  governo  islamico  di  imporre  nuove 
imjwste. 

A  questo  giuoco  d"  interessi  tra  loro  in  conflitto  partecipavano  indi- 
stintamente Musulmani  e  non  musulmani,  non  solo  perchè  tanto  gli  uni 
che  gli  altri  avevano  egualmente  interesse  a  non  essere  dissanguati  dal 
crudele  fisco,  ma  anche  per  la  ragione  —  chiarita  meglio  in  appresso  — 
che  stante  la  confusione  creata  nel  regime  fiscale  dalle  conversioni  dei 
sudditi  all'  Islam,  molti  fedeli  pagavano  tasse  che  secondo  la  legge  più 
ortodossa,  si  sarebbero  dovute  pagare  dai  soli  non  musulmani.  Come  si 
facessero  queste  falsificazioni  di  tradizioni  è  chiarito  abbastanza  bene  dal 
contenuto  del  precedente  §  190. 

817. 


195-197. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
(EGITTO.  -  Tradi- 
zioni   sul    modo 
come    fu    sotto- 
messo   l'Egitto.) 


§  195.  —  ('Ami-  fb.  Miih.  al-Nàqid],  da  'Abdallali  b.  Wahb,  da  Màlik 
[b.  AnasJ;  o  al-Layth  [b.  Sa'd|  da  al-Zuhri,  da  un  figlio  di  Ka'b  b.  Màlik). 
Il  Profeta  disse:  «  Quando  conquisterete  l'Egitto,  ti-attate  bene  i  Copti, 
«perchè  essi  hanno  diritto  alla  dziminah  (protezione  dei  Musulmani)  e 
«sono  nostri  congiunti  (1  a  h  u  m  . . .  rahim*")  ».  E  disse  al-Layth:  «  Di- 
«  tatti  la  madre  di  Isma'ìl  (figlio  del  Profeta,  cioè  Màrij-ah)  era  una 
«copta»   (Balàdzuri,  219). 

§  196.  —  (ibn  Huba3-s,  senza  isnàd).  La  maggior  parte  della  gente 
voleva  che  'Amr  dividesse  il  fay  (=  reddito  globale  delle  imposte  pagate 
dai  non  musulmani),  ma  'Amr  b.  al-'As  rispose  che  non  poteva  farlo  se 
prima  non  interrogava  il  Califfo.  Egli  informò  'Umar  del  desiderio  dei 
Mu.sulmani  di  dividersi  Alessandria,  ma  'Umar  rispose  di  non  dividere  (gli 
abitanti),  sì  di  lasciarli  (come  erano),  atfinchè  il  kharàg  che  essi  avreb- 
bero pagato  fosse  andato  come  fa  y  •  (—  reddito)  dei  Musulmani  e  li  aiutasse 
a  muover  guerra  santa  (gihàd)  contro  i  loro  nemici.  'Amr  b.  al-'As  contò 
allora  gli  abitanti  di  Alessandria  ed  impose  a  loro  il  kharàg.  Tutto  l'Egitto, 
essendo  preso  per  trattato,  dovette  sottostare  ad  una  tassa  di. due  dinar 
a  testa:  la  gizyah  non  superò  mai  questa  somma,  fatta  eccezione  per  ciò 
che  ad  ognuno  incombeva  per  le  sue  terre  e  seminati.  Gli  Alessandrini 
hanno  invece  da  pagare  gizyah  e  kharàg,  in  proporzione  di  ciò  che 
il  loro  wali  o  governatore  stabilisce,  perchè  fu  presa  d'assalto  e  senza 
trattato,  e  gli  abitanti  non  ebbero  né  s  u  1  h  né  dz  i  m  m  a  li  (H  u  b  a  y  s , 
fol.   102,v.)  [H.]. 

Cfi'.  Suyùti  Husn,  I,  59,  pure  senza  isnàd. 


EGITTO.  —  Riepilogo  critico  delle  tradizioni  sulla  conquista  araba 
dell'  Egitto. 

§  197.  —  La  prima  resa  di  Alessandria  nel  20.  H.  segna  la  fine  della 
campagna  con  la  quale  'Amr  b.  al-'As,  nel  corso  di  due  anni,  riuscì  a  sta- 
bilire il  dominio  arabo  in  Egitto,  e  siccome  nel  precedente  esame  delle  tónti 
abbiamo,  secondo  il  nostro  meglio,  tentato  di  chiarire  i  punti  più  oscuri 
della  narrazione  e  della  cronologia,  è  nostro  dovere  riassumere  ora  le  con- 
clusioni di  tutte  le  critiche  e  porgere  in  forma  organica  e  con  nesso  conse? 
cutivo  le  linee  generali  e  sintetiche  dei  risultamenti  ottenuti  mediante  la 
nostra  faticosa  cernita  del  vero  dal  falso  e  dall'  improbabile. 

Dicemmo  già  brevemente  quali  furono  le  ragioni  dell'  invasione  araba 
dell'Egitto.  L'impetuoso  movimento  di  espansione  militare  del  califfato 
madinese,  la  caduta  della  Siria  e  della  Palestina  nelle  mani  dei  conqui- 
statori arabi,  la  decrepitezza  politica  e  militare  dell'impero  bizantino,  e  lo 


318. 


20.  a.  H.  §§  197, 198. 

sgomento  prodotto  dai  disastri  in  Siria  sull'animo  dei  Bizantini,  erano  av-  20.  a.  h. 

venimenti  di  tale  natui'a,  che  non  sarebbe  concepibile  presumere  presso  gli        i^g^  critico  delie 
Arabi  un  periodo  di  sosta.  Tutto  invece  doveva  necessariamente  indurre        tradizioni  sulla 
i  vincitori  ad  invadere  senza  indugio  anche  l'Egitto  che  giaceva  loro  di-        deir Egitto! 
nanzi,  facile,  ricchissima  ed  ambita  preda  per  schiere  ormai  avvezze  a  vin- 
cere e    sicure  della  loro  immensa  superiorità  militare.  Ma   alcune  ragioni 
di  carattere  personale  accelerarono,  o  precipitarono  gli  eventi. 

Le  vittorie,  i  lìottini  e  le  conquiste  degli  ultimi  anni  avevano  destato 
molte  ambizioni,  creando  tra  i  vari  capitani  dell'  Islam  una  specie  di  gara, 
ispirata  non  tanto  dal  desiderio  di  servire  disinteressatamente  la  causa 
della  nuova  fede,  quanto  da  ragioni  —  del  resto  ben  naturali  —  di  vanità 
e  di  vantaggio  personale.  Ogni  nuova  vittoria  ed  occupazione  significava  la 
creazione  di  un  nuovo  distretto  amministrativo,  affidato  per  lo  più  al  coman- 
dante militare  che  aveva  avuto  il  merito  della  conquista.  Questa  diventava, 
considerata  nei  suoi  aspetti  più  particolari,  una  specie  di  proconsolato  per- 
sonale, fonte  non  solo  di  sodisfazioni  morali,  ma  anche  di  cospicui  vantaggi 
materiali.  L'amministrazione  fiscale  del  tempo,  in  ispecie  dopo  la  grande 
confusione  della  invasione,  trovavasi  in  tale  disordine,  e  la  riscossione  dei 
tributi  si  prestava  a  tanti  abusi  e  favoritismi  a  danno  dell'amministrazione 
centrale  in  Madinah,  che  i  governatori  quasi  senza  volerlo  si  trovavano  ar- 
bitri nel  disporre  d'ingenti  somme  di  danaro,  senza  avere  a  render  conto 
delle  medesime  a  nessuno.  Di  questo  fatto  e  delle  sue  conseguenze  avremo 
a  discorrere  ampiamente  in  altro  luogo. 

§  198.  —  Da  tale  stato  di  cose  era  naturale  nascesse  nell'animo  di 
ogni  capitano  di  numerose  schiere  il  desiderio  di  carpire  anche  lui  gii 
onori  e  le  ricchezze  degli  altri  colleghi  più  fortunati,  e  sospingesse  alcuni 
ad  iniziare  nuove  conquiste  anche  senza  il  previo  consenso  del  Califfo. 
Questo  fu,  come  già  dicemmo,  il  caso  della  spedizione  nel  Fàris  (cfi'.  19.  a.  H., 
§§  66  e  segg.)  ed  anche  dell'  Egitto  (cfr.  18.  a.  H.,  §  176),  e  forse  in  larga 
mism'a  di  quasi  tutte  le  conquiste  arabe  in  Siria  e  in  Persia. 

Il  terribile  flagello  della  peste  nell'anno  18.  H.  aveva  mietuto  innu- 
merevoli vittime  nelle  file  dei  Musulmani,  senza  risparmiare  né  i  coman- 
danti né  i  governatori  né  i  semplici  gregari.  Quando  fu  necessario  prov- 
vedere con  nuove  nomine  ai  posti  vacanti,  il  Califfo  'Umar,  per  ragioni 
particolari  che  non  ci  vengono  riferite,  ma  sono  bene  intelligibili,  non 
volle  dare  alcuna  preferenza  all'astuto  ed  ambiziosissimo  Amr  b.  al-'As. 
che  pure  aveva  reso  tanti  servigi  come  capitano  di  schiere  sin  dai  primi 
giorni  delle  conquiste.  Al  posto  ambito  di  governatore  della  Siria,  e  più 
specialmente   di   Damasco,    fu   nominato  il  giovane   ed  intelligente  Mu'à- 

819. 


§§  198, 199.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  wivali   1).  all'i  Sutyan,  per  evidenti  ragioni   di   opportunità  politica  e  di  ri- 

i*^ogrc?itìco"dene  ii"ardi  verso  raristoerazia  makkana  (cfr.  18.  a.  H.,  §  75;  19.  a.  H.,  §§  16-18); 

tradizioni  sulla  Ann-  b.  al-'A.':  videsi  perciò  lasciato  nelle  medesime  condizioni  di  prima,  e 

conquista  ara  a  ^^       |j  ,,,.,ij,,|  ,1,1  sik.  più  fortunato  colleefa.  A  lui  tu  affidato  solo  rine-rato 

oell  cgiTto.|  "  o  '  o  e 

incarico  di  (ìro.scguire  con  altri  il  tedioso  assedio  di  Cesarea,  che  presentava 
agli  Arabi,  imperfetti  conoscitori  dell'arte  d'espugnare  piazzcfoi'ti,  difficoltà 
eccezionali. 

'Amr  b.  al-'A.s  non  eia  uomo  da  sottostare  passivamente  a  un  simile 
trattamento:  pur  nascondendo  il  suo  risentimento  e  mostrandosi  ossequioso 
ai  voleri  del  Califfo,  concepiva  intanto  e  maturava  un  ambizioso  disegno, 
torse  già  di  antica  data,  e  che  volle  mettere  poi  in  esecuzione  con  qiiella 
abilità  e  con  quell' anlirc  l'he  tanto  lo  distinguevano.  Insofferente  della 
idea  di  sottostare  agli  ordini  del  più  fortunato  Mu'àwiyah,  decise  di  con- 
cpiistarsi  da  solo  una  provincia  e  di  rendersene  il  governatore,  emancipan- 
dosi dalla  tutela  di  giovani  ed  ambiziosi  colleghi.  I  suoi  sguardi  si  rivolsero 
All'Egitto,  che  'Amr  ben  conosceva  per  esservi  stato  forse  come  mercante 
nei  primi  anni  della  sua  gioventù,  quando  ancora  non  aveva  abbracciato 
l'Islam  (cfi'.  18.  a.  H.,  §§  181,'  191,  ecc.).  Egli  era  consapevole  delle  vere 
condizioni  interne  del  paese,  della  debolezza  militare  dei  Bizantini,  del 
profondissimo  malcontento  dei  Copti  contro  il  governo  imperiale,  ed  infine, 
come  ragione  massima,  dell'immensa  ricchezza  della  valle  niliaca.  Anche 
la  stagione  scelta  da  'Amr,  il  cuor  dell'inverno,  è  indizio  che  egli  cono- 
scesse il  paese  che  voleva  invadere,  e  sapesse  come  l'inverno  e  la  prima- 
vera siano»  il  tempo  della  maggior  magra  del  Nilo. 

§  199.  —  È  pi'obabile  che  quando  Umar  venne  in  Siria  nel  17.  H.,  per 
il  convegno  di  al-Gàbiyah,  o  dinante  le  trattative  per  la  resa  di  Gerusa- 
lemme, o  nel  corso  della  visita  del  Califfo  alla  santa  metropoli  palestinense, 
Amr  avesse  occasione  di  parlare  ad  'Umar  dell'  Egitto  e  di  esplorarne  i 
sentimenti  nei  riguardi  d' una  spedizione  di  conquista.  Sembra  accertato 
che  'Umar,  il  quale  non  amava  avventure  e  voleva  coscienziosamente  ordi- 
nare ed  organizzare  le  provincie  già  conquistate  prima  di  estendere  ancora  la 
potestà  politica  dell'Islam,  non  jìrestasse  benevolo  ascolto  ai  suggerimenti 
del  suo  capitano:  il  Califfo  rispose  con  un  diniego  esplicito,  che  'Amr  ac- 
cettò senza  maggiori  insistenze,  perchè  forse  contava  di  strappare  più  tardi 
in  compenso  qualche  altra  concessione;  ma  quando  dopo  pochi  mesi  ai 
vide  posposto  a  Mu'àwiyah  nel  conferimento  delle  cariche,  ne  sentì  vivo 
dispetto:  cedendo  al  sentimento  d'istintiva  diffidenza  verso  'Umar,  con  il 
quale  non  era  affatto  legato  da  vincoli  di  amicizia,  venne  alla  grave  deci- 
sione di  agire  di  propria  iniziativa  e  senza  darsi  alcun  pensiero  degli  or- 
dini del  Califfo. 

320. 


20.  a.  H.  §  199. 

Nelle  luno;he  veslie  deirassedio  di  Cesarea  di  Palestina,   ripreso  con  20.  a.  H. 

.  .     ,    1,  ^  1  •  lEGITTO.  -   Riepì- 

maggiore  intensità  non  appena  cessate  le  stragi  della  peste,  tu  combinato        i^g^  critico  delie 
da  'Amr  il  piano  d'invasione,  con  la  massima   segretezza    ^Dossibile    (con-        tradizioni  sulla 

conquista  araba 

tì-ontisi  18.  a.  H.,  §§  193,  194),  confidandone  l'ardito  proposito  solo  ai  capi  dell'Egitto.: 
maggiori  delle  proprie  schiere,  di  quelle  medesime,  sicuramente,  che  lo 
avevano  seguito  in  tutte  le  campagne  contro  i  Bizantini  in  Palestina,  dal- 
l'anno 12.  H.  in  poi.  Gli  infimi  gregari  furono  tenuti  al  buio;  ma  pare 
che  trapelasse  qualche  sospetto  delle  vere  intenzioni  di  'Amr  nonostante 
tutte  le  precauzioni  e  che  un  avviso  ne  giungesse  forse  sino  all'orecchio 
del  Califfo  in  Madinah.  In  questo  modo  soltanto  si  spiega  la  storiella  della 
lettera  scritta  da  'limar  per  impedire  ad  'Amr  di  partii-e. 

Ditàtti.  quando  tutti  gli  accordi  furono  presi,  di  notte  tempo,  all'in- 
saputa dei  colleghi,  'Amr  riunì  le  schiere  che  gli  erano  fedeli,  e  le  menò 
via  con  sé  in  modo  misterioso  dalle  trincee  di  Cesarea  prendendo  la  via 
dell'Egitto.  Non  sappiamo  con  certezza  chi  fosse  al  comando  delle  forze 
islamiche  sotto  le  mura  di  Cesarea,  :forse  lo  stesso  Mu'àwij-ah  b.  abi  Sufyàn, 
ma  nessuno  pensò  di  opporsi  alle  decisioni  dell'insubordinato  comandante: 
allora  i  vincoli  disciplinari  erano  assai  elastici  e  inoltre  non  è  nemmeno 
escluso  che  Mu'àwiyah  fosse  segretamente  d'accordo:  'Amr  era  sempre  un 
dipendente  o  un  collega  incomodo.  Il  suo  allontanamento  lasciava  mag- 
giore autorità  a  Mu'àwiyah.  L'aver  lasciate  Ghazzah  ed  'Asqalàn  —  an- 
cora difese  dai  Bizantini  —  alle  proprie  spalle,  indica  un  tacito  accordo 
con  Mu'àwiyah,  perchè  le  due  città  erano  nel  distretto  palestinense,  di 
cui  Mu'àwiyah  da  poco  tempo  era  stato  nominato  governatore.  'Amr 
parti  quindi  senza  aver  o  nemmeno  temer  molestie.  Quando  fu  solo  con  le 
sue  genti,  rivelò  apertamente  il  suo  piano  ed  invitò  tutti  a  seguiiio  nella 
disegnata  conquista  dell'  Egitto.  La  impresa  poteva  apparire  ardita,  ma  i 
compensi  erano  grandi  ed  attraenti:  in  tutti  ardeva  viva  la  fede  nella  ca- 
pacità del  capitano  e  nei  destini  della  nazione  araba.  Sebbene  i  presenti 
ammontassero  a  poco  più  di  3000  uomini  (cfr.  18.  a.  H.,  §  18),  le  schiere 
aderirono  con  generoso  slancio  alla  proposta  e  si  misero  senza  indugio  in 
cammino,  movendo  rapidamente  verso  i  confini.  È  particolarmente  degno 
di  nota  che  in  larghissima  misura  queste  genti  partite  con  'Amr  venivano 
dal  Yaman  (delle  tribù  di  'Akk  e  di  Ghàfiq),  e  che  quindi  sono  da  consi- 
derarsi come  volontari  arrolatisi  spontaneamente  sotto  gli  ordini  del  co- 
mandante musulmano,  senza  diretti  obblighi  di  speciale  deferenza  verso  la 
persona  di  'Umar,  a  loro  forse  quasi  sconosciuto.  Nel  gruppo  che  seguì 
'Amr  al  di  là  del  confine  pare  che  non  vi  fosse  alcun  arabo  dei  dintorni 
di  Madinah.    Nel    narrare  la    fondazione  di  al-Fustàt,  e  nel    descrivere  la 

3*21.  41 


lyy,  -jui. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  topoirratia   della   nuova    capitalo    egiziana    troveremo   notizie   e   prove   che 

[EGITTO.  -  Rìepi-  ^    °  ,.    ,,  .,.\  ,         /-,  •  -r^        •        • 

logo  critico  delle     nelle  schiere  di    Amr  militassero  anche  (jrreci  e  ii'ersiani,   non   convertiti 
tradizioni  sulla     all'Isiàm,    noncliè    membri    dello    tribù    d'Arabia    settentrionale   (Qudà'ali, 

conquista   araba         .  t-.i'\i  ■  ■  -i  •     ,  ■,•  -, 

dell'Egitto.)  Uudzam,  Ball,  ecc.),  che  ancora  non  si  consideravano  interamente  dipendenti 

da  Madiiiah.  Ciò  varrà  anche  a  spiogaro  hv  condotta  posteriore  del  Califfo. 
§  200.  —  Da  Cesarea  di  Palestina  al  confino  egiziano  in  Wàdi  ai- 
'Aris  [Baedeker,  Palestina  und  Syricn,  6"  ed.  ted.,  143]  la  distanza  è 
di  soli  200  chilometri  circa,  distanza  che  mi  esercito  di  Arabi  bene  forniti 
di  cavalli  o  di  cameli,  e  con  marcie  forzate,  nelle  rigide  giornate  di  di- 
cembro, quando  appunto  'Amr  si  mosse  da  Cesarea,  poteva  assai  facil- 
mente percorrere  in  una  settimana  od  anche  meno.  Se  perciò  la  tradizione 
che  Umar,  in  Madinah,  informato  della  partenza  di  'Amr,  gli  scrivesse 
per  trattenerlo,  e  che  la  lettera  del  Califfo  arrivasse  quando  Amr  era  già 
prossimo  al  confine  egiziano,  se  la  tradizione,  dico,  ha  fondamento  di  vero, 
essa  può  soltanto  accogliersi  come  tale,  premettendo  che  'Umar  avesse 
avuto  sentore  del  piano  d'invasione  molto  prima  della  partenza  di  Amr: 
altrimenti  la  lettera  non  avrebbe  potuto  raggiungerlo.  È  allora  anche  ra- 
gionevole supporre  clie  la  partenza  precipitosa  di  'Amr  dalle  mura  di  Ce- 
sarea fosse   dovuta  alla  segreta    informazione    che  il    Califfo    aveva    preso 

•  misure  per  impedirgli  di  partire.  Tra  i  Compagni  del  Pi'ofeta  ardevano  già 

vivissime  le  gelosie  e  non  sarà  mancato  chi  sperava  impedire  ad  'Amr  il 
raggiungimento  del  suo  ambizioso  disegno.  Pare,  per  esempio,  che  'Uthmàn 
b.  'Affàn  osteggiasse  i  propositi  di  'Amr.  Tra  i  due  uomini  non  regnò  mai 
cordiale  accordo  (cfr.  18.  a.  H.,  §  186),  e  vedremo  che  Uthmàn  quando 
divenne  Califfo  accolse  l'accusa  di  disonesto  amministratore  lanciata  contro 
'Amr  e  lo  destituisse. 

La  lettera  di  Umar  che  vietava  ad  'Amr  d'invadere  l'Egitto  non 
arrivò  in  tempo  per  fi-enare  l'ambizioso  qurasita  ed  i  suoi  non  meno  ir- 
requieti seguaci:  Amr,  così  narra  la  tradizione,  ebbe  la  lettera  in  Rafali, 
ad  un  giorno  di  marcia  dal  confine  egiziano  nel  10  Dzii-1-Higgah  dell'anno 
18.  H.,  il  12  dicembre  639  È.  V.  (cfr.  18.  a.  H.,  §  190),  ma  non  volle 
aprirla  se  non  quando  era  già  in  terra  egiziana.  La  tradizione  vuol  fare 
intendere  che  'Amr  intuisse  il  contenuto  della  lettera  e  studiasse  il  modo 
di  non  obbedirla,  nel  caso  che  gli  ordinasse  di  ritornare  addietro.  Se  era 
già  in  terra  nemica  non  era  più  possibile  ritornare  indietro.  Ma  la  tradi- 
zione ignora  che  'Amr  anche  prima  di  varcare  il  confine  egiziano  era  già 
in  teiTa  nemica.  Infatti  tutta  la  parte  meridionale  della  Palestina,  attra- 
versata da  'Amr  non  era  ancora  sottomessa  all'Islam,  e  le  due  città  di 
Ghazzah  e  di  '  Asqalàn  erano  ancora   munite  di  guarnigioni  greche  :  vi  è 

322. 


20.  a.  H.  §§  200,  201. 

inoltre  da  osservare  che  'Amr  non  era  uomo  da  tenere  gran  conto  del  lon-  20.  a.  h. 

^    ..rp  j-  ■  •  .  1    X        •     j-  [EGITTO.  -  Riepi- 

tano  Galino,  e  sapeva  di  avere  1  mezzi  per  agire   con    completa    mdipen-        i^gg  critico  delie 
denza,  quando  ciò  gli  convenisse.  Se  la  storia  della  lettera  è  vera,    Amr        tradizioni  sulla 
non  aspettò  il  confine  per  aprii^la,  ma  semplicemente  ne  ignorò  il  conte-        dell'Egitto.] 
mito  e  andò  oltre.  L'aver  trascurato  di  sottomettere  la  Palestina  meridio- 
nale è  prova,  come  già  dicemmo,  che  egli  volesse  lasciare  al  suo  collega, 
al  legittimo  governatore  della  Palestina,    Mu'àwij^ah,  il  compito  di  finii-e 
la  conquista  della  sua  provincia,  e  preferisse  concentrare  tutte  le  sue  forze 
sul  solo  Egitto,  a  fine  di  conservarne  per  sé  solo  tutto  il  dominio.  Vedemmo 
anche  in  altre  circostanze,  in  Mesopotamia,  per  esempio,  che  gli  Arabi  ri- 
spettarono sempre  i  confini  antichi  delle  varie  provincie  ed  i  vari  luogo- 
tenti  dei  Califii    ebbero    ognora    cura  di  non    molestarsi    l'un  l'altro   nelle 
regioni  di  reciproca  spettanza. 

In  conclusione,  dunque,  'Umar  cercò  di  fermare  con  una  lettera  la  spe- 
dizione di  'Amr,  perchè  egli  la  considerava  imprudente  e  difficile,  ma  'Amr 
non  volle  prendere  in  veruna  considerazione  gli  ordini  del  Califfo  ed  entrò 
in  Egitto.  A  scusare  l'atto  di  'Amr,  ed  a  velare  l' insubordinazione  di  uno 
dei  maggiori  Compagni,  la  tradizione  ha  aggiunto  tutti  quei  ritocchi  sul 
contenuto  della  lettera,  che  hanno  il  solo  scopo  di  esonerare  'Amr  da  ogni 
accusa  di  aperta  ribellione  e  di  nascondere  l'impotenza  e  la  poca  autorità 
di  'Umar  sopra  i  suoi  luogotenenti. 

E  qui  è  opportuno  ripetere  ancora  una  volta,  che  per  bene  intendere 
la  verità  sui  primi  tempi  dell'  Isiàm,  occorre  svestire  la  nostra  mente  ed 
il  nostro  giudizio  da  tutti  quei  falsi  suggerimenti  della  tradizione,  secondo 
la  quale  il  Califfo  godeva  d' indiscussa  ed  assoluta  autorità  su  tutti  i  suoi 
dipendenti.  Invece  la  verità  è  ben  diversa,  perchè  il  Califfo,  appunto  per 
il  carattere  elettivo  della  sua  carica,  la  precarietà  e  la  provvisorietà  della 
medesima,  e  per  il  grande  prestigio  personale  degli  altri  Compagni,  go- 
deva di  autorità  molto  limitata  ;  questa  era  grande  solo  quando  aveva  dietro 
di  sé  il  pieno  consenso  dei  colleghi  in  Madinah.  che  gli  fungevano  da 
senato,  o  consiglio  superiore  dell'  impero.  Tanto  limitata  era  1'  autorità  per- 
sonale di  'Umar,  che  sul  letto  di  morte  non  osò  nemmeno  consigliare  un 
successore  :  gli  Umayyadi,  tramutando  il  carattere  elettivo  del  califfato  in 
ereditario  e  ponendo  le  basi  amministrative  e  militari  dell'autocrazia  mu- 
sulmana, godettero  d'autorità  assai  maggiore  di  'Umar.  Questo  aspetto  sin- 
golarf  dei  primordi  dell'  Islam  fii,  per  ragioni  ovvie,  attentamente  taciuto 
dai  trasmettitori  delle  tradizioni  islamiche. 

§  201.  —  'Amr  entrò  in  Egitto  con  un  piano  di  campagna  bene  pre- 
stabilito, piano  che  nella  sua  efficace  semplicità  non    solo   rivela   l'accor- 

823. 


«  -joi. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  tozza   del   generale,    ma   anche  la  conoscenza  del  paese  e  dei  sentimenti 

logo  critico  dtn'e     <iegli  abitanti.   Egli  si  prefisse  di  appurare  di  quali   forze    effettive  dispo- 
tradizioni  sulla     nossero  i  Bizantini    jier  la    difesa   dell'Egitto,  e  di   gettare   il  panico  con 

conquista   araba  .     , .    „  .     ,>,         .  ■    /-^       ^  •  i  i  t,  ,       ^ 

dell'Egitto;  ''tti  di  feroce  rapina  nei  (ireci  e  nei  uopti,    colpendo  arditamente  le  po- 

sizioni strategiche  della  valle  niliaca  nel  loro  punto  più  vitale.  Allo  stesso 
tempo  egli  doveva  premunirsi  contro  tutte  le  possibili  conseguenze  d'un 
rovescio  o  di  qualche  ingrata  sorpresa,  se,  per  esempio,  i  Bizantini  riuni- 
vano contro  ili  Ini  forze  assai  superiori  a  quelle  die  gli  erano  state  rife- 
rite dai  suoi  segreti  informatori. 

Non  escludo  affatto  la  probabilità  che  alcuni  Copti  scontenti,  trasci- 
nati dall'esempio  dei  loro  vicini  della  Palestina,  e  consci  che  l' invasione 
e  la  conquista  araba  erano  fatalità  cui  ninna  forza  umana  sarebbe  stata 
capace  di  allontanare,  si  fossero  rivolti  segretamente  ad  'Amr  per  indurlo 
ad  invadere.  Era  (juesto  il  modo  più  sicuro  per  garantu-si  l'avvenire.  Non 
è  nemmeno  esclusa  la  possibilità  che  tali  segreti  rapporti  avessero  la  prima 
origine  in  amicizie  o  in  conoscenze  personali  dovute  ad  antiche  relazioni 
d'affari,  quando  'Amr  era  semplice  mercante  in  Egitto.  Tale  sospetto  è 
confermato  da  tutto  quell'  insieme  di  tradizioni  artificiose,  che  mettono 
innanzi,  non  è  chiaro  per  quale  altro  motivo,  la  conoscenza  intima  e  le 
precedenti  visite  di  'Amr  in  Egitto.  Né  possiamo  ignorare  quel  gruppo  sin- 
golare di  tradizioni  tanto  musulmane  che  bizantine  (cfr.  13.  a.  H.,  §§  232, 
233;  19.  a.  H.,  §§  67,  68,  e  più  avanti  §  208),  secondo  le  quali  sin  da 
qualche  tempo  esisteva  un  accordo  tra  gii  abitanti  dell'Egitto,  ossia  Ciro 
il  patriarca,  e  le  tribù  nomadi  del  confine,  accordo  secondo  il  quale  i  Bi- 
zantini, pagando  una  somma  annuale,  erano  riusciti  a  salvare  il  Delta  da 
incursioni  di  nomadi.  Era  questo  uno  stato  d'equilibrio  instabile,  una  ma- 
nifestazione di  debolezza  che  invitava  i  nuovi  padroni  dell'Asia  Anteriore 
a  gettarsi  sulla  ricca  e  facile  preda. 

'Amr,  dunque,  sapeva  che  suo  primo  dovere  di  abile  stratega  era  di 
colpire  la  regione  invasa  nel  punto  suo  più  vitale,  al  vertice  del  Delta 
egizio,  dove  l'antica  tradizione  militare  dei  Romani,  sempre  mantenuta 
dai  loro  degeneri  successori,  aveva  stabilito  una  fortezza  eccezionalmente 
ben  munita,  in  modo  da  dominare  le  comunicazioni  tra  l'Alto  ed  il  Basso 
Egitto,  ed  impedire  a  chicchessia  di  penetrare  nel  Delta.  La  fortezza  di 
Babilonia  [Baedeker.  Egypt,  à"  ed.  ingl.,  1902,  pag.  32,  71]  era  la 
chiave  strategica  dell'  Egitto,  perchè  da  questo  punto,  su  barche,  lungo 
gì'  innumerevoli  canali  del  Basso  Egitto,  si  poteva  giungere  in  qualunque 
punto  della  detta  regione,  e  valendosi  dei  corsi  fluviali  tagliare  fuori  qua- 
lunque nemico  incauto  che  avesse  osato,  o  da  oriente  o  da  occidente,  in- 

3-24. 


20.  a.  H.  §  201. 

ternarsi  direttamente  nel  Delta.  Un  solo  sguardo  alla  carta  rivela  la  giù-  20.  a.  H. 

stazza  di  tale    considerazione,    se  si  osserva    come    Babilonia    sia  posta  al        ,^gg  critico  delie 
perno  centrale  di  quella  specie  di  ventaglio  di  corsi  d'acqua,  che  si  irradia        tradizioni  sulla 

T    ,  T     ^    T    r^    •  conquista  araba 

a  bre\»e  distanza  a  nord  del  Oairo.  dell' Egitto. i 

Primo  compito  di  Amr  era  dunque  di  assalire  Babilonia,  e,  minac- 
ciando questa,  scoprire  le  fòrze  del  nemico.  Allo  stesso  tempo  doveva  man- 
tenersi aperte  e  facili  le  comunicazioni  dirette  attraverso  il  deserto  con 
l'Ai'abia,  per  ritirarsi  in  caso  di  pericolo,  o  per  averne  rinforzi  nel  caso 
che  la  fortuna  venisse  ad  arridergli.  Questo  spiega  perchè  Amr  si  avan- 
zasse dil'ettamente  su  Babilonia,  tenendosi  sul  limitare  del  deserto,  e  con- 
tentandosi di  sopprimere  quelle  piccole  guarnigioni  di  confine,  poste  dal 
governo  bizantino  nei  punti  dove  le  terre  coltivate  del  Delta  erano  esposte 
a  depredazioni  di  nomadi. 

I  pochi  difensori  di  al-Faramà  e  di  Bilbays  furono  sopraffatti  senza 
grandi  difficoltà,  ed  'Amr,  sorprendendo  i  Bizantini  con  il  suo  ardire, 
giunse  sin  nei  pressi  del  Cah-o  odierno,  sconfisse  una  piccola  schiera  che 
cercava  opporgli  resistenza,  ed  occupò  alcune  di  quelle  grosse  borgate  sorte 
al  nord  di  Babilonia,  tra  cui  in  primo  luogo  Unim  Dunayn,  o  Tandùnyàs, 
che  sorgeva  dove  oggi  stendesi  la  parte  centrale  e  più  abitata  del  Cairo, 
il  giardino  dell' Esbekiyya.  Nell'altra  borgata  di  Mi.sr,  propriamente  detta, 
che  cingeva  a  settentrione  ed  a  oriente  la  cittadella  di  Babilonia,  egli  non 
tentò  di  entrare,  perchè  in  essa  eransi  ricoverate  le  schiere  scacciate  da 
Umm  Dunayn,  ed  egli  non  voleva  ancora  immobilizzarsi  in  un  assedio 
regolare.  Amr  mirò  nella  prima  fase  della  campagna  ad  intimidire  e  per- 
turbare i  Bizantini  con  la  grande  mobilità  delle  sue  schiere  e  con  atti- 
improvvisi  e  feroci  di  guerriglia  barbara.  Non  volle  tentare  conquiste  ed 
occupazioni  definitive,  ma  preferi  valersi  dei  liberi  spazi  del  deserto  che 
tocca  le  pianure  irrigate  del  Nilo,  per  minacciare  la  ricca  valle  in  molti 
punti  allo  stesso  tempo,  senza  mai  lasciarsi  cogliere  da  forze  superiori.  Dal 
confine  palestinense  sino  all'Alto  Egitto  le  sue  schiere  avevano  libertà  di 
lazziare  e  molestare  gii  abitanti  senza  tema  di  vedersi  tagliate  le  vie  di 
comunicazione  con  l'Arabia. 

II  possesso  di  Umm  Dunayn  bastava  per  ora  al  piano  predatorio  di 
campagna  escogitato  da  Amr,  perchè  la  borgata  giaceva  sulle  rive  del  Nilo 
e  nel  porto  fluviale  erano  ormeggiate  molte  imbarcazioni.  Nella  sua  avan- 
zata diretta  sì.  ma  prudente  da  al-'Aris  sino  a  Babilonia,  una  distanza  di 
200  chilometri  cii'ca,  Amr  si  era  persuaso  che  i  Bizantini  disponevano  di 
pochissime  forze  e  che  gli  era  perciò  possibile  tentare  un  qualche  ardito 
colpo  di  mano;  incutendo  lo  spavento  a  Greci  e  Copti,  si  lusingava  predi- 

325. 


5^  2(11    202.  ^U.    ci.    n. 


conquista  araba 
dell' Egìtio.ì 


2C.  a.  H.  spoili  ail    aiiendersi  con  il  minimo    indugio    possibile.   Egli  lanciò  quindi 

lEGiTTO  -  Riepi-     ^^.jjjpj.j^  volanti  in  tutte  le  direzioni  lungo  il  limitare  del  deserto,  non  solo 
logo  criTico  delle  '-' 

tradizioni  sulla  sulla  riva  arabica  del  Nilo,  ma  anche  su  quella  opposta,  la  libica.  Con  le 
navi  catturate  in  Umni  Dunayn  fece  trasportare  alcune  schiere  sulla  riva 
occidentale,  sguernita  di  difensori,  e  gli  arditi  avventurieri  del  deserto  raz- 
ziarono la  valle  niliaca  e  l'oasi  del  Fayyum,  giungendo  sino  ai  pressi  di 
Asyùt. 

I  Bizantini  cercarono  di  fermarli  ponendo  un  fólte  posto  militare  nel 
villaggio  di  Làhùn,  dove  si  entra  nell'oasi  del  Fayyum  dalla  valle  del  Nilo. 
Oli  abitanti  di  una  contrada  vicina,  l'isola  di  Loqyòn,  erano  in  armi  contro 
i  Greci  (cfr.  19.  a.  H.,  §  72),  i  quali  temevano  perciò  che  Copti  ed  Arabi 
si  unissero  contro  di  loro.  Gli  Arabi  ebbero  vari  scontri  con  piccole  schiere 
di  Bizantini,  e  sebbene  costretti  a  retrocedere  in  una  prima  avanzata  sul 
Fayyum,  ripresero  ben  presto  la  rivincita,  sgominarono  una  schiera  di  Bi- 
zantini comandata  dal  generale  Giovanni,  forse  il  Duca  di  Barqah,  il  co- 
mandante in  capo  delle  schiere  bizantine  in  Egitto,  e  uccisero  lui  e  gran 
parte  dei  suoi  nella  strage.  Grazie  a  questa  prima  vittoria  gli  Aiabi  en- 
trarono trionfanti  in  Bahnasà  e  vi  fecero  scempio  degli  abitanti.  Poi  inse- 
guirono attraverso  i  campi  coltivati  ed  i  giardini  della  valle  niliaca  l'altro 
capitano  Giovanni  di  Màrós,  fin  presso  Buwayt,  a  200  chilometri  a  sud  del 
Fayyum,  ed  assistiti  da  traditori  copti,  già  in  simpatia  con  gl'invasori, 
piombarono  anche  su  questo  distaccamento  e  lo  distrussero,  massacrando 
tutti  i  militi.  Il  cadavere  di  Giovanni  di  Màròs  fu  gettato  nel  fiume  e  ri- 
pescato pili  tardi  con  una  rete  dal  generale  Teodoro.  I  primi  felici  successi 
delle  armi  islamiche  lasciarono  temporaneamente  i  nomadi  Arabi  padroni 
del  paese,  ed  essi  se  ne  approfittarono  per  commettere  ogni  specie  di  sevizie 
(cfr.  19.  a.  H..  §§  72,  73),  trucidando  anche  donne  e  bambini  ed  abban- 
donandosi allo  sfogo  dei  più  bassi  istinti. 

§  202.  —  I  Bizantini,  già  da  tempo  deboli  ed  avviliti,  ed  ora  anche  tur- 
bati da  queste  improvvise  calamità,  tentarono  invano  di  opporre  un  argine 
al  flagello  arabo,  che  veniva  improvvisamente  a  colpirli  e  sì  ferocemente 
inseviva  sin  nel  cuore  del  paese.  E  ben  poco  potevano  fare,  perchè  le  schiere 
sparpagliate  di  'Amr,  mobilissime,  inafferrabili,  valendosi  del  deserto  come 
di  via  di  comunicazione  su  ambedue  le  rive  del  fiume,  riuscirono  ad  eludere 
ogni  tentativo  di  sorpresa,  e  predando  ora  un  sito  ora  l'altro,  demoraliz- 
zarono tanto  i  Copti,  quanto  i  Bizantini.  Questi  ultimi,  vedendo  che  non 
era  possibile  affeiTare  il  nemico,  inseguendolo  di  villaggio  in  villaggio,  mu- 
tarono piano  e  concentrarono  quelle  poche  forze,  di  cui  disponevano,  in  un 
punto  presso  Babilonia,  nel  palese  intento  di  tagliare  ad  'Amr  le  sue  co- 

326. 


20.  a.  H.  §  202. 

raunìcazioni  con  l'Arabia.  I  Bizantini   mirarono    a   riprendere    Urani    Dn-  20.  a.  H. 

nayn  (Tandùnyàs)  il  porto  fluviale  di  'Amr  e  rendere  così  difficile  al  gè-     ^  ^       critico  delie 
nerale    arabo  la  riunione    delle    sue    forze    sparpagliato   sulle  due  rive  del        tradizioni  sulla 
fiume  e  in  vari  punti  della  valle  niliaca.  La    mossa    strategica    fu    anche        deii'^Egitto  1  "^ 
suggerita  dall'imminenza  dell'inondazione  annuale  del  Nilo,  che,  rendendo 
impossibile  la  continuazione    delle   razzie,  avrebbe  imposto  agli  Arabi  un 
riconcentramento  nel  deserto  ad  est  del  Delta. 

Ma  intanto,  mentre  le  sue  schiere  scorazzavano  le  campagne,  'Amr 
non  era  rimasto  inoperoso,  né  si  era  contentato  di  fare  il  semplice  predone. 
Egli  aveva  potuto  conoscere  l'ammontare  approssimativo  delle  forze  ne- 
miche e  quindi  stabilire  il  numero  di  uomini  che  gli  occorreva  per  sopraf- 
farli con  sicurezza.  Aveva  avvertito  il  Califfo  'Umar  di  quanto  accadeva 
in  Egitto  e,  ponendo  in  rilievo  la  facilità  della  conquista,  aveva  solleci- 
tato il  pronto  invro  di  rinforzi.  Non  è  improbabile  che  il  Califfo  avrebbe 
amato  infliggere  ad  Amr  una  qualche  lezione  per  la  sua  condotta  insu- 
bordinata, ma  'Umar  non  aveva  ancora  i  mezzi  materiali  per  imporre 
sempre  la  sua  volontà,  e  mettendo  per  ora  a  tacei-e  il  suo  risentimento  e 
il  desiderio  d'inculcare  la  necessità  di  maggior  disciplina  nei  dipendenti, 
comprese  che  non  poteva  abbandonare  al  suo  destino  una"  schiera  tanto 
cospicua  di  buoni  Musulmani.  Allo  stesso  tempo  egli  tu  abbastanza  avve- 
duto da  intuire  che  gii  eventi  in  Egitto  gli  aprivano  anzi  l'adito  a  ri- 
prendere un  po'  di  quella  autorità  che  gii  era  sfuggita  per  l'azione  quasi 
ribelle  di  'Amr.  Questi,  per  mettere  in  atto  il  suo  disegno  si  era  valso  di 
genti  yamanite  e  di  volontari  di  ogni  fede  e  provenienza,  che  nei  riguardi 
di  Madìnah  e  del  Califfo  non  si  sentivano  obbligati  a  rispettare  un'autorità 
di  origine  tanto  novella  e  cosi  imperfetta.  Forse  con  gente  delle  tribù  del 
Higàz,  da  più  tempo  addomesticate  nell'Islam,  'Amr  non  avrebbe  potuto 
tentare  la  spedizione  senza  qualche  parvenza  di  consenso  del  Califfo.  Ora 
che  'Amr  si  trovava  a  disagio  e  poteva  essere  costretto  a  retrocedere  se 
non  aveva  l'appoggio  del  Califfo,  tutto  doveva  indurre  Umar,  nell'inte- 
resse dello  stato  islamico  e  dell'unità  dell'  impero,  ad  intervenii-e  in  modo 
efficace  e  con  forze  tali  da  controbilanciare  quelle  dell'ambizioso  'Amr  e 
da  ricuperare  l'autorità  direttiva,  che  talvolta  le  circostanze  improvvisa- 
mente gli  rapivano. 

E  lecito    anche    sospettare    che  'Umar  non   aspettasse  le  domando  di 

soccorso  di  'Amr:  la  necessità  di  rinforzi  per  la  conquista  era    sì    palese, 

dato  l'esiguo  numero  delle  prime  schiere  della  spedizione,  da  non  lasciar 

•  dubbi  che  'Amr  non  avrebbe  tardato  a  chiederli.   'Umar  può    anche  aver 

allestito  i  rinforzi  per  imperli  ad  'Amr  e  rimetterlo  così  in  istato  di   do- 

8-27. 


K     •>^V2.  ^U«       R>       ila 

20.  a.  H.  veiosa    soggezione.   Per  queste  ragioni,  vediamo  'Umar,    poio   tempo  dopo 

'^1  ili     deu'  '^  partenza  di   'Ami-  1).  al-'As,  raccogliere   forze   novelle   in   nnmeio  inag- 

tradizioni  sulla  triore  di  quelle  agli  ordini  di  'Ami-,  e  dar  loro  per  comandanti  al-Zubayr 

conquista  ara  a  ^^    'Awwàm,  un  membro  dell'aristocrazia  makkana,    'Ubàdali    b.    al-Sàmit, 

dell  cgitto.J  ~ 

un  prode  guerriero  degli  Ansar  di  Madinah  ed  altri  Compagni  minori,  di 
quella  categoria,  più  de\'^ota  alla  memoria  di  Maometto  e  più  gelosa  dei 
neo-musulmani  di  Makkali,  quali  'Amr  e  Khàlid  b.  al-Walid,  divenuti  isla- 
miti per  pure  ragioni  di  opportunità.  Ma  guidato  anch'egli  da  quell'anti- 
chissinia  norma  di  governo  del  divide  et  impera,  Umar  non  concesse  ad 
alcuno  il  comando  su  tutti  i  rinforzi:  ogni  compagno  ebbe  ima  schieia  a 
sé.  Anche  lasciando  la  direzione  generale  ad  'Amr,  le  rivalità  personali 
dei  luogotenenti  erano  sufficienti  a  creare  un  equilibrio  interno  instabile 
che  bastava  a  rendere  decisiva  ed  esecutiva  la  volontà  del  Califfo.  Con 
tali  arti  di  governo  egli  sperava  di  ristabilire  un  nesso  di  dipendenza  tra 
Madinah  e  quel  fi-ammento  staccato  di  genti  islamiche  che  si  era  gettato 
nella  temeraria  avventura  della  spedizione  egiziana. 

Le  fonti  non  dicono  qual  fosse  la  composizione  delle  lìovelle  schiere  di 
rinforzo,  e  tale  silenzio  è  sintomatico,  perchè  ne  prova  la  oscura  origine: 
d' altra  parte  noi  sappiamo  con  precisione  che  le  prime  schiere  di  'Amr 
appartenevano  ad  alcune  delle  tribù  più  aristocratiche  del  Yaman.  Delle 
gesta  dei  rinforzi  nella  guerra  che  seguì  sino  alla  completa  conquista  non 
si  fa  mai  parola  :  tranne  un  incidente  di  carattere  un  po'  leggendario,  sul 
conto  di  al-Zubayr,  che  riferiremo  a  suo  tempo,  e  alcune  prodezze  di 
'Ubàdah  tanto  come  guerriero  quanto  come  ambasciatore  con  i  Copti,  la 
tradizione  non  si  dà  verun  pensiero  di  conservare  memoria  delle  gesta 
speciali  dei  rinforzi.  È  chiaro  che  l'opera  loro  fosse  altrettanto  di  aiuto 
contro  i  nemici,  quanto  di  sorveglianza  e  di  tutela  su  'Amr  e  i  suoi.  Per 
rendere  la  tutela  più  effettiva  valsero  molto  le  qualità  dei  Compagni,  ossia 
l'alterigia  aristocratica  del  ricchissimo  al-Zubayr,  l'ardore  battagliero  del 
madinese  'Ubàdah  b.  al-Sàmit,  conosciuto  e  temuto  per  la  statui-a  e  forza 
fisica,  e  per  il  colore  scuro  della  sua  pelle,  nonché  infine  lo  stato  di  con- 
tinua, viva  e  pungente  gelosia  che  scindeva  in  tante  fazioni,  tra  loro  ostili, 
il  gruppo  dei  vecchi  e  maggiori  Compagni. 

Questi  uomini  si  vigilavano  e  tenevano  a  bada  l'un  l'altro  :  erano 
perciò  adattatissimi  a  controbilanciare  l'eccessiva  indipendenza  di  'Amr, 
senza  però,  prendere  essi  quel  predominio  che  avrebbe  potuto  creare  altre 
complicazioni  per  il  Califfo. 

Le  schiere  di  rinfòrzo  sembra  venissero  tutte  insieme,  circa  il  mese  di 
giugno  del  640  É.  V.   (=  Gumàda  II.   19.  H.j  fcff.   19.  a.  H.,  §  66,  nota  1) 

.S28. 


20.    a.    H.  §§  202,  203. 

attraverso  il  deserto  del  Sinai,  volgendo  i  passi  direttamente  al  cuore  del-  20.  a.  H. 

r  Egitto,  a  Babilonia,  dove  appunto  'Amr  aveva  inférto  il  primo  colpo  al        log^,  critico  delie 
nemico  e  dove  i  Greci  si  preparavano  a  rispondere  con  tutte  le  forze  di  cui       tradizioni  sulla 

conquista  araba 

disponevano.  deir  Egitto.] 

§  203.  —  Durante  i  sei  mesi  spesi  da  Amr  a  scorrazzare  i  lembi  de- 
sertici dell'  Egitto  con  le  schiere  sparpagliate  a  bande,  e  mentre  nuove 
schiere  di  Arabi  si  apprestavano  ad  accorrere  compatte  in  aiuto  dei  primi 
invasori,  che  cosa  facevano  i  Greci?  Nei  primi  mesi  adottarono  un  piano 
di  guerra  puramente  difensivo:  già  fin  dal  termine  della  conquista  araba 
della  Palestina,  l'imperatore  Eraclio  aveva  mandato  in  Egitto  quel  Gio- 
vanni Duca  di  Barqah,  che  era  soggiaciuto,  come  si  disse,  ad  uno  dei  primi 
scontri  con  gli  Arabi:  egli  avrebbe  dovuto  assumere  il  comando  genei-ale 
delle  forze  militari;  ma  non  è  chiaro  in  quali  rapporti  costui  si  trovasse  con 
il  patriarca  Ciro,  che  aveva,  la  carica  di  suprema  autorità  civile  e  reli- 
giosa in  Egitto.  Il  timore  di  una  invasione  araba  aveva  indotto  i  Greci  a 
restaurare  le  fortificazioni  in  vari  punti  del  confine  oi'ientale,  e  special- 
mente quelle  di  Babilonia,  che  i  Greci  ben  sapevano  essere  di  grandissima 
importanza  strategica  per  la  difesa  dell"  Egitto. 

Nelle  fonti  greche  (cfr.  19.  a.  H.,  §  67)  ed  arabe  (cfi-.  13.  a.  H.,  §§  232, 
233)  abbiamo  una  singolare  notizia,  che,  essendo  confermata  —  sebbene 
con  varianti  —  da  due  parti  in  apparenza  indipendenti  l' una  dall'  altra, 
non  può  essere  ritenuta  come  falsa  ed  assurda  (così  la  giudica  il  B  u  1 1  e  r, 
pag.  207-208 j,  ma  ha  forse  un  qualche  elemento  di  verità,  seppure  travi- 
sato fino  al  punto  di  essere  irriconoscibile.  Trattasi  di  un  accordo  (eli',  po- 
c'anzi §  201)  che  si  dice  fosse  intervenuto  frqi  il  governo  islamico  e  l'am- 
ministrazione egiziana,  forse  all'  insaputa  del  governo  centrale  bizantino  in 
Costantinopoli,  accordo  mercè  il  quale  il  governo  provinciale,  con  il  paga- 
mento annuo  di  una  forte  somma  si  era  garantito  da  un'invasione  araba. 
Non  so  dire  fino  a  qual  punto  possiamo  fidarci  di  tale  notizia,  ma  è  pro- 
babile che  in  realtà  si  trattasse  di  un  patto  di  natura  molto  più  modesta, 
forse  una  misura  poliziesca  di  tutela  dei  confini,  un  pagamento  di  qualche 
annualità  ai  nomadi  della  penisola  sinaitica  e  della  Palestina  meridionale 
nello  scopo  di  non  essere  molestati  da  scorrerie  predatorie  dei  nomadi. 
È  possibile  che  Ciro,  sprovvisto  di  forze  militari  necessarie  ad  affrontare 
una  vera  e  propria  invasione  nemica,  avesse  stipulato  un  accordo  con  i 
nomadi  di  confine  per  garantil-si  da  sorprese,  e,  siccome  questi  nomadi 
furono  poi  assorbiti  nell'  Isiàm,  possiamo  supporre  che  si  confondessero 
nella  memoria  dei  posteri  con  le  schiere  vere  del  Califfo,  le  quali  com- 
pieron  la  conquista. 

329.  42 


§§  '208,  '2()4.  '^^'    3-    n. 

20.  a.  H.  In  o»ni  caso  da  questa  notizia  noi   vogliamo  trarre  una  sola   conclu- 

logo  critico  den'e  sioui'  sicura,  vaio  a  dire  una  testimonianza  indiretta  che  i  Bizantini  si 
tradizioni  sulla  trovavano  in  condizioni  militari  deplorevoli,  condizioni  ben  comprensibili 
deU-'Egìtio r^  ^  quando  si  ricordi  quanto  al)l>iam  detto  altrove  (cti-.  12.  a.  IT.,  §§  237  e 
sogg-.)  sullo  stato  generale  dell'impero  bizantino,  e  sullo  stato  particolare 
dell'Egitto  (cfr.  18.  a.  H.,  §§  143  e  segg.).  Si  aggiungano  poi  tutte  le  cun- 
seguenzc  della  disastrosa  campagna  in  Palestina  e  lo  sfacelo  totale  delle 
forze  militiui  dcir  impero,  ridotto  in  uno  stato,  direi  quasi,  di  coma  dai 
teri  ibili  salassi  di  Agnàdayn  e  del  Yarmiik.  È  comprensibile  allora  come 
l'amministrazione  dell'  Egitto  si  appigliasse  alle  ultime  risorse  dei  deboli, 
e  cercasse  comperarsi  quella  sicurezza  che  oramai  non  aveva  più  il  modo 
d' imporre  con  la  fòrza.  Forse  anche  Ciro,  o  chi  per  lui,  concludenrlo  il 
patto,  s' illuse  di  aver  trattato  con  membri  influenti  della  comunità  isla- 
mica, mentre  erano  tribù  che  ancora  non  facevano  parte  dello  stato  di 
Madìnah,  ma  simpatizzavano  con  esso.  Più  tardi  si  confusero  questi  accordi 
con  il  trattato  finale  di  resa  dell'Egitto,  e  si  coinvolse  tutto  in  un  biasimo, 
in  una  condanna  generale  di  Ciro,  dell'  uomo,  cioè,  che  ebbe  la  sventura 
di  unire  il  suo  nome  alla  perdita  dell'Egitto. 

Intanto  però  i  difensori  dell'  Egitto,  e  questo  è  fatto  degno  di  nota, 
nulla  osarono  durante  la  lunga  campagna  quinquennale  in  Palestina,  dal 
12.  al  18.  H.,  per  venire  in  aiuto  di  Eraclio  e  delle  schiere  bizantine  le 
quali  si  l)attevano  per  l' impero  e  la  fede.  Ciò  è  prova  dei  sentimenti  della 
popolazione,  che  odiava  il  governo  di  Eraclio,  e  della  impotenza  militare 
dell'amministrazione  imperiale  in  Egitto  e  forse  anche  di  questo  accordo 
-provvisorio  con  le  tribù  ara,be  di  confine. 

§  204.  —  Le  fonti  arabe  menzionano  al-Muqa\vqis  come  colui  che 
personalmente  diresse  i  preparativi  della  difesa  di  Babilonia,  quasiché  si 
trovasse  in  questa  anteriormente  alla  comparsa  degli  Arabi.  E  palese  che, 
nella  prima  fase  della  campagna,  con  al-Muqawqis  s'intende  una  persona 
diversa  da  Cii'O  il  patriarca  (cfr.  18.  a.  H.,  §  166):  ciò  è  confermato  anche 
da  quanto  ci  dicono  i  cronisti  arabi  (cfr.  6.  a.  H.,  §  49;  19.  a.  H.,  §§  56, 
64;  e  poc'anzi  §  82)  sul  nome  proprio  del  cosi  detto  governatore  di  Ba- 
bilonia, che  ricorda  pure  alcuni  nomi  di  comandanti  d'ordine  inferiore  nelle 
schiere  dei  Bizantini,  menzionati  da  Giovanni  di  Niqyùs  (cfr.  poc'anzi 
§§   153,   169  nota  2). 

Quando  gli  Arabi  entrarono  in  Egitto,  pare  che  lo  sgomento  dei  Bi- 
zantini e  dei  Copti  fosse  grande:  questi  viltimi,  checché  si  voglia  sostenere 
in  contrario,  iniziarono  subito  segrete  e  personali  trattative  di  accomoda- 
mento, indipendentemente  dai  Bizantini  e  tramando  anche  contro  di  essi: 

33(1. 


20.  a.  H. 


§§  204,  205. 


alcuni  passi  tanto  dei  cronisti  arabi  (cfr.  19.  a.  H.,  §§  53,  59,  64  e  nota  3:  20.  a.  H. 

e  poc'anzi  §§  62,  63,  64,  65,  80,  90,  99,  105,  ecc.)  quanto  di  Giovanni  di        log^  crìtico  delie 
Niq3nis  (cft\  19.  a.  H.,  §  79;  e  poc'anzi  §§   148,  158)  chiaramente  lo  fanno        tradizioni  sulla 
intendere.  I  Bizantini  tentarono  difendere  con  quelle   forze  che  avevano,        deii''Eg!tto.?'^^ 
i  punti  più  importanti  della  valle  niliaca.  ma  nulla  d'efficace  poteron  fare. 
Non  solo  gli  Arabi  varcarono  il  Nilo,  minacciarono  il  Fayyiim,  ed  arriva- 
rono sino  quasi    ad    Asyùt,  ma  massacrarono   gli  abitanti   di  alcuni  paesi 
minori  e  sopraffecero  una  schiera  di  Bizantini,  uccidendo  anche  il  coman- 
dante in  capo,  forse   lo   stesso    Giovanni    Duca  di  Barqah,    che   era    stato 
mandato  appositamente  da  Eraclio  per  allestire  la  difesa. 

Colui  tra  i  Greci  che  ora  assunse  il  comando  —  non  è  certo  chi  fosse: 
forse  un  certo  Teodoro,  se  bene  intendiamo  le  oscure  allusioni  della  nostra 
fonte  copta  (cfr.  19.  a.  H.,  §  72) —  comprese  l'inutilità  di  rincorrere  le 
bande  sparpagliate  degli  Arabi:  forse  avvertito  dall'approssimarsi  di  altri 
rinforzi  d'Arabia,  in  vista  altresì  dell'  imminente  inondazione  del  Nilo, 
ordinò  di  concentrare  tutte  le  schiere  che  aveva  potuto  riunire,  in  Ba- 
bilonia, nelle  vicinanze  della  quale  necessariamente  si  sarebbero  dovuti 
riunire  gli  Arabi  nei  mesi  estivi,  se  volevano  continuar  la  campagna  du- 
rante l'inondazione. 

§  205.  —  'Amr  dunque,  in  attesa  delle  schiere  di  rinforzo  che  gli  ve- 
nivano d'Arabia,  e  per  non  lasciarsi  sorprendere  dall'inondazione  annuale 
con  le  schiere  sparpagliate  su  ambedue  le  rive  del  Nilo,  anch'egli  si  decise 
a  riunire  le  sue  genti  sulla  riva  orientale  e  abbandonando  la  borgata  di 
Umm  Dunayn,  sulle  rive  del  Nilo,  andò  a  prendere  posizione  tra  Babilonia 
e  l'Arabia  nel  manifesto  proposito  di  assicurarsi  il  congiungimento  con  le 
schiere  mandate  da  'Umar,  prima  di  venire  al  cimento  con  le  radunate 
forze  dei  Greci. 

Questi  per  debolezza  intrinseca  e  per  incapacità  vera  dei  comandanti 
militari,  avevano  commesso  gravi  eiTori  e  trascurato  con  fatali  effetti  la 
difesa  del  paese.  Sotto  la  sferza  dolorosa  delle  razzie  arabe  si  erano  scossi 
e  tentavano  ora  di  rimediare  ai  falli  comm'ssi,  pigliando  l'iniziativa  della 
offesa.  Sebbeiie  i  nemici  fossero  in  Egitto  da  più  di  sei  mesi,  la  guarni- 
gione non  era  riuscita  ancora  a  riunire  i  mezzi  per  battersi,  e  ancora  non 
aveva  osato  arrischiare  una  vera  battaglia:  tutti  i  fatti  d'arme  riducevansi 
sinora  ad  alcune  schiere  che  si  erano  lasciate  sopraffare  in  piccoli  gruppi 
senza  alcun  vantaggio  per  la  causa  dei  Greci.  Ora  sembravano  mutate  le 
intenzioni  dei  Greci  e  mutato  il  loro  piano  di  difesa;  onde  'Amr,  lieto,  accolse 
la  sfida  che  gli  faceva  balenare  la  speranza  di  distruggere  in  una  sola  gior- 
nata le  maggiori  forze  nemiche  ed  appianare  il  compito  della  conquista. 

331. 


20.  a.  H.  L;j   luaicia  dogli  Arabi  dal  coiiliuc    .sino   a    L'inni    Duiiayn    aveva    li- 

lEGITTO.  -  Riepi-         ,  .  ,       .  ,   .  ,  ^^  ,j_  -,       ,■     . 

logo  crìtico  delle     rlucsto  uu  certo  tenxpo  perchè  avevano  avuto  a  sottomettere  le  tortezze  di 
tradizioni  sulla     loiiliiie.  al-Farainà,  al-Qa\vàsir  e  Bilbays  (efr.  19.  a.  H.,  §§53  e  segg.);  ma  in 

conquista  araba  ,  i  •   j.  j.    j."  ■  •  • 

dell'Egitto!  lu'ssim    luogo    la    resistenza    era    stata    sena  e  poi   per  vari  mesi  avevano 

scorrazzato.il  paese  senza  perdite  e  quasi  senza  rischi.  I  Greti  non  orano 
proparati  a  resistere  e  gli  Arabi  erano  forse  molto  più  numerosi  delle  pic- 
cole guarnigioni  bizantino  sul  limitare  orientale  del  Delta.  Nondimeno  le 
operazioni  militari  o  le  trattative  di  resa  delle  predette  guarnigioni  di  con- 
fine richiesero  parecchie  settimane  dei  primi  mesi  dell'anno  19.  IL,  e  negli 
altri  tre  o  quattro  successivi  gli  Arabi  eransi  spinti,  come  già  si  disse,  in 
])arti  anche  remote  della  valle  niliaca:  verso  la  fine  di  maggio  640  (=  (jru- 
màda  I.  19.  11.)  Amr  aveva  iniziato  il  movimento  di  concentrazione;  e  nei 
piinii  giorni  del  giugno  successivo,  quando  pare  giungessero  i  rinforzi  di 
Arabia  (efr.  19.  a.  H.,  §  66),  mandati  per  maggiore  sicurezza  in  un  corpo 
riunito,  si  compiè  la  fusione  di  tutte  le  schiere  arabe  nei  pressi  di  Helio- 
polis,  a  breve  distanza  da  Babilonia  [Baedeker,  107].  Dopo  circa  un 
mese  di  sosta  si  venne  alla  pugna,  ben  nota  come  la  battaglia  di  Ilelio- 
polis, .  combattuta  e  vinta  probabilmente  circa  la  metà  del  mese  di  lu- 
glio 640  (=Eagab  19.  H.). 

Quali  ne  furono  lo  fasi  principali  e  la  ragione  strategica?  Heliopolis 
non  ha  alcun  valore  come  posizione  militare,  ma  può  essersi  offerta  agli  Arabi 
quale  comodo  luogo  di  concentramento,  perchè  in  quel  punto  avevano  alle 
spalle  la  via  aperta  del  deserto  ed  un'abbondante  provvista  d'acqua.  Allo 
stesso  tempo  era  vicina  a  Babilonia,  sicché  gli  Arabi  potevan  facilmente 
sapere  che  cosa  accadeva  nella  principale  fortezza  dei  Bizantini  e  interve- 
nire prontamente  in  ogni  circostanza  favorevole. 

Se  facciamo  astrazione  da  alcuni  incidenti  minori,  che  sono  oscuri  e 
difficili  a  spiegare,  ma  non  hanno  grande  intrinseca  importanza,  l'anda- 
mento generale  della  battaglia  è  abbastanza  chiaro.  È  palese  cioè  che  i 
Greci,  dopo  un  periodo  di  esitazione  e  di  sosta,  si  decisero  ad  aggredire 
gii  Arabi,  i  quali  avevano  assai  accortamente  adottato  il  piano  di  guerra 
di  paziente  attesa,  di  continua  minaccia  e  di  piccole  offese,  per  attirare  i 
Bizantini  alla  battaglia  soltanto  in  quelle  condizioni  che  fossero  favorevoli 
agl'invasori.  Agli  Arabi  era  facile  e  logico  attendere  con  il  grosso  delle 
forze  in  posizione  vantaggiosa,  e  screditare  e  demoralizzare  la  difesa  con 
razzie  continue  ed  improvvise,  dove  meno  erano  attese.  Per  il  governo  del- 
l' Egitto  un'acquiescenza  a  tale  piano  strategico  non  era  né  materialmente 
né  moralmente  possibile  :  equivaleva  ad  una  dichiarazione  d' impotenza  po- 
litica e  militare  ed   avrebbe  prodotto  lo  sfacelo  generale  dell' amministra- 

332. 


20.    a.    H.  §§  205,  -2(16. 


zione,  tenuta   in  sospeso  da  una  terribile  e  continua  minaccia.  Un  lungo  20.  a.  h. 

indugio  poteva  anche  permettere  agl'invasori  di  raccogliere  nuove  forze"  e  logo  critico  delie 
di  muovere  alfine  all'assalto  con  schiere  tanto  numerose  da  sopraffare  sicu-  tradizioni  sulla 
ramente  i  difensori  dell'Egitto.  dell'Egitto.] 

§  206.  —  Sospinti  da  queste  ragioni  imperiose  i  Greci  alfine,  lasciando 
le  comode  e  sicure  fortificazioni  di  Babilonia  e  della  città,  Misr,  che  la 
cingeva,  mossero  verso  il  nord  contro  le  posizioni  arabe  in  Heliopolis, 
cadendo  così  in  pieno,  quasi  fatalmente,  nella  insidia  abilmente  tesa  da 
'Amr  con  calcoli  ben  studiati  e  preparati.  Nell'avanzare  su  Heliopolis  per 
distruggere  il  nido  di  nemici,  i  Bizantini  si  distaccarono  molto  dalla  loro 
base  in  Misr,  e  permisero  ad  'Amr,  con  la  comoda  solitudine  del  deserto, 
che  stendevasi  a  man  dritta  delle  posizioni  greche,  di  aggirare  queste  non 
visto  da  alcuno  e  piombare  sulle  spalle  dei  Bizantini,  dovunque  ciò  fosse 
più  conveniente  per  colpirli  con  effetti  fatali  e  sicuri. 

La  battaglia  si  svolse  come  Amr  aveva  desiderato  e  previsto:  i  Grreci 
si  lasciarono  attrarre  sino  ad  Heliopolis  e  furono  indotti  a  tentarne  l'as- 
salto. Mentre  il  grosso  delle  schiere  di  'Amr  impegnava  gii  assalitori  nella 
pianura  che  stendesi  tra  il  Cairo-  odierno  ed  Heliopolis,  un  corpo  di  milizie 
arabe,  comandate  da  Khàrigah  b.  Hudzàfah,  e  composte  per  lo  più  di  ca- 
valieri, piombò  sul  fianco  dritto  dei  Bizantini,  minacciando  di  tagliar  loro 
le  comunicazioni  con  Babilonia.  Le  varie  versioni  della  battaglia,  sfron- 
date dalle  solite  esagerazioni  inevitabili  in  ogni  fonte  orientale,  lasciano  • 
la  convinzione  che  la  mischia  non  fosse  realmente  aspra  e  che  bastasse 
l'assalto  improvviso  ed  inatteso  dei  cavalieri  di  Hudzàfah  per  deciderne  le 
sorti.  Scompigliate  le  schière  greche,  pare  che  su  queste  piombasse  un 
terzo  cor^JO  neinico  nascosto  forse  in  qualche  avvallamento  del  deserto  nei 
pressi  dell'  odierna  cittadella  del  Cairo  :  allora  la  confusione  dei  Greci  si 
tramutò  in  disastro  completo  e  terribile:  si  può  dire  che  in  una  giornata 
sola  perdessero  tutte  le  migliori  forze  militari,  alle  quali  era  affidata  la 
difesa  dell'Egitto.  Il  disastro  dimostrò  ancora  una  volta  la  intrinseca  de- 
bolezza dei  Bizantini  e  la  grande  incompetenza  dei  loro  generali. 

Fu  tale  lo  sgomento  degli  abitanti,  che  tutte  le  borgate  tra  Heliopolis 
e  la  fortezza  di  Babilonia  si  arresero  senza  fare  più  alcuna  resistenza;  e  seb- 
bene tanto  Umm  Dunayn,  quanto  Misr,  avessero  fortificazioni,  nessuno  osò 
più  tentarne  la  difesa  e  le  guarnigioni  dell'una  e  dell'altra  si  diedero  alla 
fuga.  I  superstiti  della  battaglia  si  precipitarono  a  cercare  salvezza  dietro 
le  grosse  mura  e  dentro  i  massicci  torrioni  di  Babilonia,  eretti  sulle  rive 
stesse  del  Nilo  con  tanta  arte  e  dispendio  da  non  avere  a  temei*e  gli  as-  _ 

salti  'di  nemici  anche  assai  più  temibili  degli  Arabi. 

333. 


§§  ^(k;,  -ioi.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  XjO  perdite  da  ambedue  le  parti  non  sono  ricordate  dalle  fonti  e  noi 

logo  critico  delle     11^'    possiamo    ((mcludere    die    la    mischia  non  costasse  gravi    perdite   agli 

tradizioni  sulla     Arabi.  Tutti  i  comandanti  greci  si  salvarono  con  la  fuga,  e  le  fonti  arabe 

de ii''e elite  r*  ^     ^^'■'^^  liauno  memoria  luMimumo  di  un  solo  Compagno  morto  nella  battaglia. 

Non  abbiamo  bisogno  di  altra  prova  per  arguire  che  la  vittoria  fosse  facile 

e  per  gli  Arabi  sicuramente  incruenta. 

§  207.  —  Nonostante  tali  circostanze  gli  effetti  morali  e  materiali  della 
vittoria  furono  grandissimi  e  ridussero  i  Greci  all'impotenza:  sebbene  Ba- 
bilonia fosse  ancora  in  mano  ai  Bizantini,  oramai  l'esito  finale  della  cam- 
pagna, sinora  incerto,  poteva  dirsi  assicurato  in  favore  degli  Arabi.  Essi 
erano  padroni  della  intera  riva  dritta,  o  orientale  del  Nilo,  tranne  quel 
punto  difeso  dai  muraglioui  di  Babilonia:  alla  quale  avevano  posto  ora 
immediatamente  assedio.  La  notizia  del  disastro  aveva  gettato  lo  agonrento 
in  tutta  la  valle  del  Nilo:  le  poche  guarnigioni,  che  erano  rimaste  nel- 
r  Egitto  superiore,  abbandonarono  precipitosamente  le  loro  posizioni,  per 
andarsi  a  riunire  nel  punto  più  minacciato  del  Delta.  Tutto  l'Egitto  al 
sud  di  Babilonia  fii  abbandonato,  e  gli  Arabi,  ripassando  ancora  una  volta 
il  tìume,  prima  che  incominciasse  l'inondazione  annuale,  imposero  il  loro 
dominio  sul  Fayyùm  e  su  tutta  la  regione  tra  questo  e  la  Babilonia.  I  Bi- 
zantini si  concentrarono  in  parte  in  Babilonia  e  in  parte  in  Niqyùs,  vicino 
al  punto  dove  il  Nilo  si  apre  a  ventaglio  nel  Delta  egizio.  Non  essendo 
ancora  molto  numerosi,  gli  Arabi  non  si  diedero  verun  pensiero  del  nucleo 
di  Niq3'ias  e  concentrarono  i  loro  sforzi  sulla  fortezza  di  Babilonia,  che  ora 
costituiva  l'ultimo  e  maggiore  ostacolo  per  la  conquista  definitiva.  Alla 
vittoria  quindi  di  Heliopolis  seguì  un  primo  movimento  di  violenta  espan- 
sione militare  degli  Arabi,  cui  successe  a  breve  intervallo  di  tempo  un 
nuovo  moto  di  concentrazione  intorno  alla  fortezza.  La  battaglia  di  Helio- 
polis fu  combattuta  e  vinta  non  più  tardi  della  metà  di  luglio  del  640  (fine 
Ragab  19.  H.),  e  verso  la  fine  dello  stesso  mese,  sui  primi  di  Sa'bàn,  gli 
Arabi  si  avvicinarono  alle  mura  di  Babilonia,  non  già  per  iniziare  un  re- 
golare assedio,  ma  come  atto  di  minaccia  verso  i  difensori.  Il  vero  assedio 
non  era  possibile  ancora  perchè  era  anche  il  momento  della  inondazione 
annuale  del  Nilo,  quando  la  maggior  jDarte  del  paese  rimane  sommersa 
dalle  acque.  In  questo  periodo  la  fortezza  aveva  poco  da  temere,  perchè 
bagnata  da  due  parti  dalle  acque  del  fiume  ed  allo  stesso  tempo  agli  Arabi 
importava  sicui-amente  di  essere  riuniti  in  un  punto  che  avesse  le  comu- 
nicazioni aperte,  libere  e  continue  con  l'Arabia.  Questo  punto  era  preci- 
samente quello  adiacente  a  Babilonia,  che  a  oriente  toccava  al  deserto, 
e  che  anche  per  questa  ragione,  oltre  che  per  quelle  strategiche,  si  offriva 

834. 


20.    a.    H.  §§  207,  206. 


come   luogo  propizio   a   molestare  il  nemico  ed  attendere   la   stagione    au-  20.  a.  h. 

,  [EGITTO.  -  Riapi- 

tUUnale.  I^g^  crìtico  delie 

§  208.  —  Per  ben  comprendere  gli  eventi  che  dobbiamo  narrare,  occorre  tradizioni  sulla 
descrivere  brevemente  il  luogo  dove  sorge  la  celebre  fortezza  egiziana,  Fui-  dell'Egitto] 
timo  valido  baluardo  contro  la  marea  montante  degli  Arabi  conquistatori. 
Fino  a  pochi  anni  or  sono  della  fortezza  rimanevano  ancora  resti  cospicui, 
perchè  entro  le  mura  antiche  si  erano  annidati,  sin  dai  primi  tempi  della 
occupazione  araba,  i  Copti  della  regione;  e  mentre  i  vincitori  estendevano 
la  loro  metropoli  nella  pianura  al  nord,  gli  abitanti  rimasti  attaccati  alla 
fede  degli  avi  ed  alle  tradizioni  del  luogo,  trasformarono  la  fortezza  in 
quartiere  murato  dei  Cristiani  egizi. 

Questi,  pur  non  avendo  alcuna  tendenza  militare,  trovavano  comodo  e 
rassicurante,  in  mezzo  ad  una  popolazione  sì  spesso  fanatica  ed  aggressiva, 
avere  tutto  intorno  alle  proprie  dimore  le  alte  e  salde  mvira  della  fortezza. 
Chiudendo  una  bassa  porticina,  potevano  impedire  a  chicchessia  di  entrare: 
pur  non  usando  armi,  né  manifestando  spirito  ribelle,  potevano  contare 
sulla  protezione  delle  mura  per  premunirsi  da  improvvisi  e  violenti  tumulti 
popolari.  Cosi,  mentre  nelle  sue  lunghe  e  tempestose  vicende  la  capitale  del- 
l'Egitto musulmano  migrò  lentamente  verso  il  nord,  staccandosi  dalle  mura 
di  Babilonia  e  andando  ad  occupare  la  pianura  a  occidente  dell'odierna  cit- 
tadella del  Cairo,  i  Copti  rimasero  sempre  tenacemente  annidati  nella  loro 
fortezza,  senza  mai  dar  sospetto  ai  padroni,  perchè  mai  nulla  osarono  ten- 
tare per  scuoterne  il  giogo,  ben  dissimili  da  quel  che  facevano  i  loro  fra- 
telli in  tante  altre  parti  dell'Egitto.  Fino  al  giorno  dell'occupazione  inglese 
il  senso  di  pericolo  continuo  dei  Musulmani  indusse  i  Copti  a  conservax'e 
gelosamente  le  mura  di  Babilonia  ;  ma  in  questi  ultimi  anni,  per  il  sen- 
timento generale  di  sicurezza  ispiz'ata  dai  nuovi  padroni,  la  popolazione 
non  si  è  più  curata  delle  antiche  mura,  le  quali  da  tutte  le  parti  sono  state 
demolite  dai  proprietari  e  speculatori,   per  aprire   strade  e  costruire  case. 

Fortunatamente  il  governo  è  intervenuto  a  tempo  a  salvare  una  parte 
delle  rovine,  di  cui  uniamo  nel  testo  le  fotografie,  sicché  riesce  ancora  pos- 
sibile di  ricostruire  le  linee  generali  dell'antico  odifizio  e  rappresentarci  le 
principali  vicende  del  così  detto  assedio  di  Babilonia. 

Non  fu  infatti  un  vero  e  proprio  assedio,  ma,  come  nel  caso  di  Damasco 
e  di  Cesarea  di  Palestina,  una  specie  di  continua  sorveglianza  aggressiva, 
sopra  una  parte  delle  mura.  Ai  tempi  dell'invasione  araba  il  Nilo  aveva 
un  corso  diverso  dal  presente  e  lambiva  tutto  il  lato  occidentale  della  for- 
tezza, facendo  anche  una  curva  a  mezzodì  di  Babilonia,  per  modo  che, 
quando    veniva  la   stagione    dell'inondazione  annuale,   anche  il  lato  della 

3o.i. 


§§  2ti8,  209.  20.  a.  H. 


0.  a.  H.  fortezza  prospicieiito  verso  il  sud  era  lambito  dalle  acque:  al  nord  e  ad  est 


lEGITTO.  -  Riepi 
logo  critico  delle 


della  fortezza  stendevasi  allora  molto  probabilmente,  come  se  ne  fa  cenno 
tradizioni  sulla  jn  un  passo  di  Giovanni  di  Niqyùs,  la  piccola  Misr,  città  che  pare  venisse 
den-'EgiUo r*''^  "ccupata  dagli  Arabi  immediatamente  dopo  la  vittoria  di  Heliopolis./Amr 
b.  al-'As  lissò  il  suo  quartier  generale  fuori  di  Misr,  al  nord,  dove  poi  sorse 
al-Fustàt,  nelle  immediate  vicinanze  dell'odierna  moschea  di  'Amr,  ed  in 
Misr  stessa  intorno  alU'  mui-a.  al  nord  e  ad  est,  dispose  le  schiere  che  do- 
vevano, stringere  e  minacciare  i  pochi  difensori  di  Babilonia.  In  queste 
condizioni  l'energica  azione  offensiva  fu  soltanto  possibile,  qviando  nell'au- 
tunno calarono  le  acque.  Le  mura  pare  avessero  dinanzi  un  profondo  fos- 
sato, pieno  d'acqua  durante  l'inondazione,  ma  nel  tempo  di  magra  i-imaneva 
a  secco;  allora  soltanto  orano  possibili  serie  operazioni  d'assalto. 

In  mezzo  al  corso  del  Nilo,  quasi  di  ti-onte  alla  fortezza,  soigeva  al- 
bera un'isola,  ora  scomparsa,  perchè  il  fiume  si  è  discostato  dalle  mura  della 
rocca,  e  il  letto  antico  è  diventato  terra  ferma;  è  probabile  però  che  questa 
isola  fosse  mi  prolungamento  verso  mezzodì  di  quella  odierna  detta  al- 
Rawdah.  Un  ponte  di  barche  univa  l'isola  alla  fortezza  e  serviva  proba- 
bilmente di  transito  ai  viaggiatori  da  una  parte  all'altra  della  valle  niliaca, 
unendo  forse  un  altro  ponte  l'isola  con  la  riva  occidentale  del  Nilo.  Dal 
contesto  della  narrazione  risulta  chiaro  che  i  Greci  rimasero  in  possesso 
dell'isola  durante  tutto  l'assedio  di  Babilonia  e  che  le  comunicazioni  tra 
Babilonia  ed  il  Delta  restarono  sempre  libere,  sicché  i  difensori  erano  pa- 
droni di  entrare  ed  uscire  dalla  parte  del  fiume.  Risulta  egualmente  ma- 
nifesto che  gli  Arabi  non  si  trovavano  in  condizioni  di  contrastare  ai  Greci 
la  libera  circolazione  sul  Nilo:  è  anzi  evidente  dalla  narrazione  delle  fonti 
musulmane,  che  gli  abitanti  sull'isola,  dinanzi  a  Babilonia,  si  ritenevano 
anche  più  sicuri  dagli  Arabi  che  non  gli  stessi  difensori  della  fortezza. 
L'isola  era  munita  di  fortificazioni,  forse  meno  importanti  di  quelle  di  Ba- 
bilonia; ma  inespugnabili  per  gii  Arabi,  lambite  com'erano  tutte  intorno 
dalle  acque  correnti  del  Nilo.  Nondimeno,  caduta  Babilonia,  i  difensori 
dell'isola  non  tentarono  nemmeno  di  continuare  la  resistenza  ed  abban- 
donarono tutto  ai  vincitori. 

§  209.  —  In  queste  condizioni  è  chiaro  come  l'azione  militare  diretta 
dagli  Arabi,  poco  destri  nell'arte  d'espugnare  piazze  forti,  non  potesse  es- 
sere molto  efficace:  quello  che  rimane  oggi  delle  mura  di  Babilonia,  e 
per  spessore  e  per  altezza,  persuade  facilmente  che  i  nomadi  del  deserto 
arabico  ben  poco  potessero  fare  contro  quelle  masse  imponenti  di  pietra.  La 
tattica  araba  consistè  in  tenace  attesa,  in  continua  insistente  minaccia  ed 
in  perpetue  molestie  lungo  tutto  il  confine  orientale  delle  terre  egiziane. 

.336. 


20.  a..  H.  §  209. 


20.  a.  H. 
EGITTO.  -  Riepi- 


Nella  fortezza  però  era  una  guarnigione  greca  non  molto    numerosa, 
sotto  il  comando  di  una  persona,  alla  quale  le  fonti  arabe  danno  vari  nomi      "logó  cTitico  deUe 
ed  alcune  quello  di  al-Muqa\vqis :  che  probabilmente  non  è  la  stessa  persona        tradizioni  sulla 
di  quell'al-Muqawqis  che  si  ripresenta  più  tardi  nelle  cronache  arabe  all'as-        dell'Egitto.] 
sedio  ed  alla  resa  di  Alessandria.  Da  Giovanni  di  Niqyùs  appuriamo  con 
.sicurezza  che  in  Babilonia  non  si  trovava  Ciro  il  patriarca,  e  quelle  fonti 
arabe  che   identificano  l'al-Muqawqis  in  un  Giorgio,  intendono  molto  proba- 
bilmente il  comandante  militare  che  diresse  la  difesa  di  Babilonia. 

Le  fonti  arabe  vogliono  far  comparire  questo  comandante  militare 
come  il  padi'one  dell'Egitto,  perchè  trattò  poi  con  gli  Arabi  per  la  resa 
di  Babilonia  ;  ma  siccome  da  altre  fonti  risulta  che  il  finale  trattato  di 
resa  dell'  Egitto  si  stipulasse  dopo  l'assedio  di  Alessandria,  le  trattative 
che  si  conclusero  in  questa  ultima  circostanza  non  ebbero  verun  riguardo 
per  quelle  intervenute  alla  resa  di  Babilonia.  Nel  19.  H.  le  trattative 
ebbero  di  mira  la  sola  fortezza  e  non  l'Egitto  intero.  È  certo  che  mentre 
si  assediava  Babilonia  e  vari  mesi  prima  che  si  trattasse  la  resa,  Ciro 
dovette  allontanarsi  dall'Egitto,  per  recarsi  a  Costantinopoli  a  conferire 
con  Eraclio  sulla  difesa  del  paese.  La  resa  di  Babilonia  fu  opera  forse 
nemmeno  del  comandante  generale  delle  milizie  bizantine,  Teodoro,  ma 
del  solo  governatore  di  Babilonia.  Ciro  non  ebbe  nulla  direttamente  che 
fare  con  i  patti  conclusi  in  Babilonia. 

Se  non  calcoliamo  il  tempo  a  partire  dalla  battaglia  di  Heliopolis  smo 
alla  fine  dell'  inondazione,  il  vero  assedio  della  fortezza  ebbe  principio  verso 
l'ottobre  640  dell'È.  V.  (=  Sàwwàl  19.  H.),  e  siccome  sappiamo  con  perfetta 
sicurezza  da  Giovanni  di  Niqyùs  che  la  resa  seguì  nel  lunedì  dopo  Pasqua 
dell'anno  successivo  (9  aprile  641  dell'È.  V.  =  21  Eabi'  II.  20.  H.)  (con- 
frontisi §  150),  ne  risulta  che  l'assedio  durò  circa  sette  mesi  come  più  fonti 
arabe  esplicitamente  affermano  (cfr.  §  50). 

Durante  l'agosto  e  il  settembre  gli  Arabi  rimasero  inoperosi,  in  con- 
tegno di  minaccia,  tagliando  le  comunicazioni  per  terra  con  il  resto  del 
paese:  in  ottobre,  calate  le  acque,  si  avvicinarono  di  più  alle  mura  e  strin- 
sero più  davvicino  i  difensori.  Ma  gli  Arabi  non  fecero  affatto  operazioni 
regolari  di  approccio  e  di  assalto  alle  mura  della  rocca  con  scale  e  con 
macchine  d'assedio  per  prenderla  a  viva  forza.  Abbiamo,  è  vero,  notizia 
di  un  assalto  con  l'aiuto  di  scale  (cfi-.  §§  57-59,  ecc.),  ma  merita  pochissima 
fede  codesta  tradizione.  Babilonia  fu  presa  pacificamente  con  un  trattato 
e  non  a  mano  armata:  su  questo  punto  Giovanni  di  Niqyùs  è  esplicito,  e 
la  sua  testimonianza  è  di  tanto  peso  che  dobbiamo  respingere  tutte  le  ver- 
sioni contrarie  dei  cronisti  arabi,  tutti  posteriori  al  vescovo  giacobita.  'Amr 

337.  .  43 


§§  209,  210.  ^"'    ^'    "' 


20.  a.  H.  pmS  aver  mostrata  molta  tenacia  aggressiva,  e  non  è  esclusa  la   probabi- 

logo  critico  deHe  ''^i»  —  come  SÌ  potrebbe  inferire  da  alcuni  cenni  delle  tradizioni  arabe  — 
tradizioni  sulla  ^■\^^;.  g\[  assediati  tentassero  qualche  sortita  in  momenti  propizi  e  forse  in 
deM''Egltu> r^  ^  ""''^  circostanza  vi  può  essere  stato  un  vero  tentativo  di  assalto,  quello  in 
cui  i  due  Compagni  del  Profeta,  al-Zubayr  e  'Ubàdali  specialmente  si  distin- 
sero, ma  dobbiamo  andar  guardinghi  nell'accogliere  i  particolari  tradizioni- 
stlci  che  servono  a  glorificazione  dei  due  antichi  seguaci  di  Maometto.  Le 
loro  gesta,  l'assalto  felice  delle  mura  di  Babilonia  con  l'aiuto  di  scale,  riferi- 
sconsi  di  sicuro  a  qualche  incidente  secondario,  che  la  manìa  magnificatrice 
dei  posteri  collegò  erroneamente  con  l'atto  di  resa.  Alcune  contradizioni 
(efr.  §§  58,  64, 81,  ecc.)  nei  testi  arabi  confermano  la  giustezza  di  tale  sospetto. 
§  210. — La  verità  vera  dei  fatti  fu  diversa  da  quella  generalmente 
accettata  sulla  falsariga  dei  copiosi  particolari  forniti  dal  cronista  egiziano, 
ibn  'Abd  al-hakam:  i  lunghi  mesi  del  così  detto  assedio  furon  consumati 
per  la  massima  parte  in  negoziati  tra  gl'invasori,  i  Copti  del  Delta  e  la  pic- 
cola guarnigione  greca  rimasta  a  difesa  di  Babilonia  e  dell'  isola  nel  fiume, 
dirimpetto  alla  fortezza.  Se  studiamo  criticamente  le  tradizioni  conservate 
da  ibn  'Abd  al-hakam,  sfrondandole  di  tanta  nlateria  interpolata,  traluce 
come,  nella  lunga  attesa  dinanzi  alle  mura,  le  trattative  intavolate  a 
proposta  dei  difensori  di  Babilonia  fossero  il  solo  fatto  importante  che 
rompesse  la  monotonia  dell'assedio.  Si  noti  anzi  a  questo  proposito  che  nel 
testo  arabo  si  menziona  esplicitamente,  quale  minaccia  a  danno  degli  Arabi, 
l'imminente  inondazione  annuale  del  Nilo:  ciò  significa  che  le  trattative 
furono  iniziate  sin  dal  principio  dell'assedio,  quando  appunto  stavano  cre- 
scendo le  acque  del  Nilo  e  gli  Arabi  vedevansi  in  procinto  di  rimanere 
immobilizzati  dalla  piena  che  presto  avrebbe  coperto  tutto  il  paese. 

Le  fonti  arabe  condensano  tutto  il  corso  delle  trattative  in  un  periodo 
di  tempo  molto  breve,  ma  è  questa  una  caratteristica  della  tradizione 
popolare,  la  quale,  non  avendo  mai  un  concetto  chiaro  del  tempo,  tende 
sempre  a  raccogliere  nello  spazio  di  pochi  giorni  o  mesi  eventi  che  tal- 
volta abbracciano  vari  anni  di  tempo.  Così  abbiam  visto  Sayf  b.  'limar 
condensare  nel  primo  anno  d'invasione  tutti  i  fatti  che  si  prolungarono 
invece  per  ben  quattro  anni  in  Siria  e  neir'Iràq:  lo  vedremo  ripetere  il 
medesimo  errore  anche  per  la  conquista  dell'altipiano  iranico. 

Così  fu  nel  caso  di  Babilonia,  dove  ibn  'Abd  al-hakam  riunisce  in  al- 
cuni prolissi  episodi  di  trattative  e  di  banchétti  la  materia  di  molti  mesi 
di  penosi  negoziati,  forse  spesso  interrotti  da  scaramuccie,  sortite,  e  mi- 
nacce di  assalti  generali,  e  i-ipresi  poi  durante  le  sospensioni  di  ostilità, 
tanto  spontanee  che  concordate. 

838 


20.  a.  H.  §§  210,  211. 

I  difensori  della  fortezza  sperarono  tòrse  di  stancare  il  nemico  e  con-  20.  a.  H. 

tinuai'ono  a  resistere,  fiduciosi  che  un  giorno  sarebbero  venute  le  schiere        i^go  critico  delie 
da  Alessandria  per  ricacciare  gli  Arabi  dalle  mura  e  fuori  del  paese.  Ma        tradizioni  sulla 

T  •  •  1  1        .  »  n  1  conquista  araba 

non  tardarono  ad  appurare  m  primo  luogo  che  Amr  era  lermamente  de-  dell'Egitto.] 
ciso  alla  conquista  e  che  nulla  valeva  a  stancarlo:  in  secondo  luogo  do- 
vettero ben  presto  persuadersi  che  l'impero  non  aveva  più  i  mezzi  per 
soccorrerli,  che  la  popolazione  copta  simpatizzava  tutta  con  gli  Arabi, 
e  che  perciò  abbandonati  a  loro  stessi  dovevano  cercare  di  concludere  i 
migliori  patti  possibili  con  il  vincitore.  La  lunghezza  dell'assedio  provenne 
dalla  difficoltà  di  accordarsi  sulle  condizioni  della  resa.  Questa  fu  sicura- 
mente la  mèta  ultima  dei  difensori  di  Babilonia,  ma  forse  in  principio 
grandi  furono  le  pretese  degli  Arabi  e  grandi  quelle  dei  Greci:  solo  il 
tempo  e  il  tedio  della  lunga  attesa  smorzarono  le  richieste  estreme  e  ridus- 
sero le  pretese  di  ambedue  le  parti  contrattanti  a  termini  più  ragionevoli. 
§  211.  —  Che  parte  ebbe  Ciro  in  queste  trattative?  Dal  testo  di  Gio- 
vanni di  Niqj-ùs,  per  quanto  fi'ammentario  e  confuso,  par  evidente  che 
Ciro  niuna  parte  diretta  prendesse  a  questa  fase  della  campagna.  Egli  entra 
in  scena  e  tratta  la  resa  dell'  Egitto  con  grande  solennità  con  'Arar  b. 
al-'As,  quando  questi  era  dinanzi  alle  mura  di  Alessandria  otto  mesi  dopo 
la  caduta  di  Babilonia  ;  mentre  in  questa  circostanza  Giovanni  di  Niqj'ùs 
esplicitamente  dichiara  e  racconta  che  Ciro  fosse  fuori  dell'Egitto  e  ritor- 
nasse appunto  per  conchiudere  il  trattato  circa  due  mesi  prima  della  sti- 
pulazione definitiva.  Molto  probabilmente  Ciro  non  era  in  Egitto,  quando 
gli  Arabi  strinsero  più  davvicino  l' assedio  di  Babilonia  nell'  autunno  del 
640  È.  V.,  perchè  egli  deve  esser  partito  da  Alessandi-ia  sul  cadere  del- 
l'autunno, richiamato  da  Eraclio.  Mi  pare  facile  arguire  che  l'invasione 
araba  dell'Egitto,  nel  dicembre  del  639,  la  disfatta  di  Heliopolis  nel  luglio 
del  640,  l'inizio  dell'assedio  di  Babilonia  e  la  minaccia  di  perdere  anche 
l'Egitto  turbassero  profondamente  l'animo  esulcerato  dell'infelice  imperatore, 
già  gravemente  malato  e  moralmente  disfatto  dopo  i  disastri  militari  in  Siria, 
e  lo  sospingessero  a  richiamare  Ciro  per  consultarsi  con  lui.  Quando  il  pa- 
triarca giunse  in  Costantinopoli  ed  ebbe  rivelato  ad  Eraclio  il  vero  stato 
delle  cose  in  Egitto,  l'imperatore  irritato,  esasperato,  dal  male  e  dalle  scia- 
gure, volle  gettare  tutta  la  colpa  su  Ciro,  lo  diffamò  pubblicamente  e  lo  fece 
carcerare  sottoponendolo  ad  ignominiosi  trattamenti  e  forse  persino  a  tor- 
ture. Eraclio  non  era  più  padrone  di  sé  e  la  sua  inumana  condotta  verso 
il  luogotenente  merita  —  dati  i  tempi  —  tutte  le  possibili  attenuanti  nel 
nostro  giudizio.  Ma  intanto  le  pene  inflitte  da  Eraclio  a  Ciro  non  giova- 
vano alla  difesa  dell'Egitto  e  dal  silenzio  delle  fonti,  nonché  dagli  avve- 
rsa. 


conquista  araba 
dell'Egitto 


6   211.  iuU>      R*      II» 

20.  a.  H.  nimonti  .successivi  v'è  motivo  di  credere  che  non  si  provvedesse  con  altri 

»„  ^,:.,L  h!m'I     rinforzi  alla  difesa  di  Babilonia.  La  si  ritenne  forse  perduta  ed  Eraclio  era 

tradizioni  sulla     troppo  sofferente  per  occuparsi  della  sorte  delle  lontane  provincie.  Un  do- 

Uìiosissimo  male  alla  vescica  e  una  mostruosa  enfiagione  idropica  del  corpo 

rapidamente  travolsero  il  grande  capitano  alla  sua  triste  e.  dolorosa  fine. 

Per  tante  sventure  accumulate  alla  corte  di  Costantinopoli  tutto  era 
confiisione:  la  terrilnle  malattia  di  Eraclio,  che  tutti  prevedevano  mortale, 
la  profonda  demoralizzazione  dovuta  agli  spaventosi  disastri  della  Siria,  le 
sorde  macchinazioni  che  già  si  tramavano  per  la  successione,  il  caos  am- 
ministrativo, il  fallimento  finanziario,  lo  sgomento  universale,  sono  ragioni 
sutficienti  per  ispiegare  come  durante  l'inverno  G40-641  (=  inverno  19. -20.  H.) 
nulla  si  concludesse  per  soccorrere  l'Egitto  e  si  lasciasse  ai  comandanti  mi- 
litari nella  provincia  di  agire  come  meglio  potevano  e  credevano. 

Le  faccende  dello  Stato  precipitarono  in  tal  modo  di  male  in  peggio, 
finché  giunse  redentrice  la  morte  a  togliere  l'imperatore  ai  suoi  indicibili 
tormenti  fisici  e  morali.  Egli  si  spense  V  1 1  di  febbraio  641  È.  V.,  mentre 
gli  Arabi  batte vansi  ancora  sotto  le  mura  di  Babilonia;  ma  le  trattative 
di  pace  e  di  resa  erano  già  avviate  da  ambedue  le  parti  ad  una  finale 
conclusione. 

La  morte  di  Eraclio  nulla  mutò  d'essenziale  nella  sorte  dell'Egitto, 
perchè  il  figlio  e  successore,  Costantino,  malato  anch'esso,  regnò  soli  tre 
mesi,  nei  quali  nulla  fece  né  per  Ciro  né  per  l'Egitto. 

Per  effetto  di  tanta  impotenza  e  colpevole  trascuranza  la  difesa  della 
valle  del  Nilo  fu.  gravemente  compromessa,  anzi  addirittura  resa  impossibile, 
perchè  i  pochi  difensori  di  Babilonia  nel  sentirsi  abbandonati  a  loro  stessi, 
fui'ono  trattenuti  dall' an-endersi  soltanto  dal  timore  che  gii  Arabi  non 
rispettassero  i  patti:  ai  Grreci  ed  ai  Copti  niun  mezzo  più  rimaneva  per  pu- 
nire gii  Arabi  di  una  possibile  violazione.  Cos'i  passati  i  lunghi  mesi  del- 
l'inverno, lo  sgomento  entrò  nel  cuore  dei  difensori  e  venne  meno  ogni 
speranza  di  salvezza.  Gli  Arabi,  ricevendo  fors'anche  nuovi  rinforzi,  strin- 
sero più  dappresso  la  cittadella,  la  quale  con  il  calar  delle  acque,  in  au- 
tunno avanzato,  poteva  essere  circuita  meglio  dalla  parte  meridionale,  pur 
rimanendo  sempre  libera  dal  lato  occidentale,  prospiciente  sul  fiume,  che 
bagnava  i  piedi  delle  mura.  Con  le  trattative  intavolate  a  varie  riprese 
durante  l' inverno  i  difensori  avevano  cercato  di  guadagnar  tempo,  ma 
ogni  giorno  che  passava  diminuiva  le  speranze,  perchè  mai  nessun  soc- 
corso veniva  d'Alessandria  e  le  notizie  sempre  peggiori  che  giungevano 
da  Costantinopoli  preparavano  gli  animi  all'annunzio  di  altri  e  più  temi- 
bili disastri. 


340. 


20.  a.  H. 


§  ai'. 


§  212.  —  Quando  le  speranze  cominciarono  a  declinare  e   i  difensori  20.  a.  h. 

si  persuasero  della  difficoltà  di  continuare  nella  inutile  resistenza,  dinanzi        i^gj,  critico  delie 
all'imminenza  del  disastro  e  nel  timore  di  una  qualche  sorpresa,  o  di  un        tradizioni  sulla 

T  -1  li  1  T,T  111^  conquista  araba 

tradimento,  u  comandante  generale  ordinò  di  trasportare  dalla  fortezza  e        dell' Eeitto.l 
di  allocare  nella  vicina  isola  una  buona  parte  della  popolazione  che  prima 
era  ricoverata  nella  rocca,  e  dopo  questa  misura  di  precauzione  riprese  con 
miglior  animo  le  trattative  con  gli  Arabi. 

Alla  fine  gli  eventi  precipitarono:  i  Copti  in  molte  parti  del  paese 
intorno  a  Babilonia  incominciarono  ad  intendersi  direttamente  con  gl'in- 
vasori, e  su  verbali  accordi  d' immunità  incominciarono  a  fornirli  di  viveri 
e  di  aiuti  di  tutte  le  specie,  rendendo  così  la  posizione  araba  molto  più 
comoda  e  sicura,  perchè  non  più  minacciata  di  scarsità  di  vettovaglie.  Il 
tracollo  che  seguì  la  morte  di  Eraclio  nel  febbraio  del  641,  la  malattia  di 
Costantino  il  successore,  gì'  intrighi  della  vedova  Martina,  ed  il  conflitto 
dei  vari  partiti  in  Costantinopoli -e  infine  la  diserzione  totale  dei  Copti, 
passati  dalla  parte  araba,  diedero  il  colpo  di  grazia  alla  difesa  di  Babi- 
lonia. La  guarnigione  si  perdette  d'animo  ed  appena  passata  la  festa  pa- 
squale, il  lunedì  9  aprile  641  [=21  Rabi'  II.  20.  a.  H.j,  dopo  essersi 
barbaramente  vendicata  su  alcuni  poveri  carcerati  copti,  aprì  le  porte  agli 
Arabi  consegnando  a  questi  tutte  le  munizioni  di  guerra:  i  Bizantini  s'im- 
barcarono su  una  flotta  di  barche  fluviali,  e  abbandonando  la  chiave  strate- 
gica dell'Egitto  in  mano  dei  Musulmani,  si  ritirarono  a  Niqj-ùs  nel  Delta. 

È  possibile  che  negli  ultimi  tempi,  consapevoli  della  morte  di  Eraclio 
e  dell'effetto  morale  della  notizia  sui  difensori,  gli  Arabi  abbiano  incusso 
terrore  più  vivo  nei  Greci,  minacciando  quasi  di  prender  d'assalto  la  for- 
tezza e  di  massacrare  tutti  gii  abitanti.  Con  questi  assalti,  di  cui  è  rimasta 
memoria  nella  tradizione  musulmana  già  ricordata,  gli  Arabi  indussero  i 
Bizantini  a  sollecitare  la  conclusione  delle  interminabili  trattative  e  ad 
ottenere  quei  patti  che  meglio  agii  invasori  convenivano. 

L'accordo  fu  stretto  per  la  sola  resa  di  Babilonia  e  nulla  più:  fu  pat- 
tuito che  i  Bizantini  dovessero  uscire  dalla  fortezza  e  cederne  il  pos.sesso 
agli  Arabi  al  patto  di  avere  la  vita  salva  e  di  consegnare  tutte  le  loro 
armi  e  bagagli.  Altro  non  fu  stipulato,  ed  i  comandanti  greci  niun  pen- 
siero si  dettero  della  sorte  dei  Copti,  e  degli  agricoltori  del  Delta.  Può 
essere  quindi  che  qualche  vescovo  monofisita  pattuisse  con  gli  Arabi,  pro- 
mettendo la  docile  sottomissione  dei  Copti,  se  gì'  invasori  non  li  molesta- 
vano e  non  li  trattavano  come  nemici  in  attesa  della  conclusione  finale 
della  campagna  contro  i  Bizantini,  accordo  provvisorio  indispensabile  per 
la  tutela  dei  contadini  copti  finché  Greci  ed  Arabi  si  contendevano  il  pos- 

S41. 


§§  212,  213.  ^"*    ^'    "• 

20.  a.  H.  .sesso  dell'Egitto.  La  condotta  degli  Arabi  verso  i  Copti  durante  l'assedio 

'  'ogo  critico  deMe     ^^  Babilonia  e  nella  campagna  successiva  fino  alla  resa  di  Alessandria,  e 

tradizioni  sulla     \^,  vaghe  e  contradittorie  notizie  in  alcune  fonti  arabe  rendono  molto  plau- 

deH''Egittor  sibile  tale  supposizione,  avvalorata  da  una  intelligente  interpretazione  delle 

lunghe  storie  di  trattative  narrate  da  ibn  'Abd  al-hakam  (cfr.  §§  02  e  segg.). 

'Amr,  edotto  anche  da  quanto  di  simile  era  accaduto  in  Siria,  ebbe 
in  questo  periodo  l'accortezza  di  fare  sempre  netta  distinzione  tra  gli  abi- 
tanti del  paese,  tutti  monofisiti,  recisamente  e  profondamente  ostili  al  go- 
vèrno bizantino,  e  la  guarnigione  ed  amministrazione  greca,  composta  in 
maggior  parte  di  funzionari  greci  ed  ortodossi.  Con  questa  abile  politica 
egli  mirava  ad  appianarsi  la  campagna  che  doveva  seguire  la  caduta  di 
Babilonia  e  a  rendersi  facile  la  marcia  su  Alessandria.  L'amicizia  dei  Copti 
significava  abbondanza  di  viveri  per  le  genti  armate,  guide  esperto  e  fedeli 
attraverso  il  paese,  e  la  sicurtà  completa  nelle  l'etrovie.  Questo  accordo  di- 
retto con  i  Copti  all'insaputa  dei  Greci,  è  stato  poi  confuso  dagli  Arabi  di 
generazioni  posteriori  con  il  trattato  finale  di  resa  dell'Egitto  concluso  da 
Ciro  dopo  l'assedio  di  Alessandria.  Perciò  la  tradizione,  descrivendo  come 
un  copto  colui  che  stipulò  la  resa  finale  dell'  Egitto,  coglie  forse  parzial- 
mente nel  vero,  ma  en-a  nel  dargli  pure  il  nome  di  al-Muqawqis,  perchè 
con  questo  nome  intendesi  Ciio  che  era  greco-ortodosso.  Nella  narrazione 
della  resa  di  Babilonia  presso  le  fonti  arabe  noi  crediamo  perciò  pos- 
sibile che  sotto  il  nome  di  al-Muqawqis,  siano  da  intendersi  due  persone 
distinte  e  diverse,  le  quali  nulla  hanno  che  fare  con  Ciro  ossia  il  coman- 
dante militare  greco  che  consegnò  la  rocca  di  Babilonia,  e  un  qualche 
vescovo  copto  che  ottenne  un  accordo  provvisorio  per  la  protezione  dei 
Copti  sino  alla  fine  della  campagna  contro  i  Greci.  Siccome  Ciro  infine 
riappare  sicuramente  nei  cronisti  musulmani  come  al-Muqawqis  alla  resa 
di  Alessandria,  è  evidente  che  sotto  un  solo  nome  si  ascondono  per  lo  meno 
tre  persone  distinte. 

§  213.  —  La  grandissima  importanza  militare,  strategica  e  morale 
della  fortezza  di  Babilonia  è  dimostrata  a  chiare  note  da  quanto  avvenne 
dopo  la  resa,  perchè  vediamo  'Amr  b.  al-'As,  dopo  esser  rimasto  immobile 
per  tanti  mesi  dinanzi  alle  mura  di  Babilonia,  acquistare  immediatamente 
un'estrema  mobilità  e  spingere  innanzi  la  campagna  egiziana  con  singo- 
lare energia  ed  efficacia. 

Assicuratesi  le  spalle  con  la  sottomissione  del  circostante  paese,  'Arm* 
da  Babilonia  mosse  dii-ettamente  su  Niqyùs,  città  di  grande  importanza, 
fortificata,  posta  sulla  riva  destra  del  ramo  occidentale  (detto  il  ramo  di 
Rosetta)  del  Nilo.  Ivi  erano  convenute  le  genti  armate  fuggite   da  Babi- 

342. 


20.  a.  H. 


§  -213. 


Ionia,  ed  ivi  pure  erano  raccolte  quelle  poche  schiere   bizantine,   che   an-  20.  a.  h. 

cera  osavano  o  pretendevano  difendere  V  Egitto.  L'energia  e  la  prontezza        logo  critico  den'e 

con  la  quale    Arar  mosse  su  Niqj'us,  turbò  l'animo  del  comandante  bizan-       tradizioni  sulla 

tino.   Domentianus,  e  lo  indusse  a  cercar   salvezza    nella   fuga.    Gli  Arabi        dell'Egitto.; 

furono  più  pronti  che  mai  ad  assalirlo  e  sorprenderlo,  e  mentre  tentava  di 

passare    sull'altra    riva   del    Nilo,  piombarono  sui  militi  e  li  massacrarono 

tutti.  Questo  accadeva  nella  domenica  del  13  maggio  641  È.  V.  [=  26  G-u- 

màda  I.  20.  a.   H.],  e  fu  seguito  da  eccidi,  rapine  e  violenze   senza  nome 

a  danno  degli  abitanti  greci  e  copti  d'ambo  i  sessi.  L'accordo   tra  Arabi 

e  Copti  non  estendevasi  ai  centri  abitati  difesi  dai  Bizantini,  ma  soltanto 

a  quelle  borgate  e  città  che  nulla  facevano  contro  l'invasore. 

Con  tale  felice  successo,  preceduto  dallo  spavento  del  suo  nome,  'Amr 
ebbe  aperta  e  piana  la  via  su  Alessandria,  contro  la  quale  senza  alcun 
indugio  egli  ora  si  mosse,  sbaragliando  una  piccola  schiera  bizantina  in 
Kawm  Sarik,  a  mezza  strada  tra  Babilonia  ed  Alessandria,  mettendo  poi  in 
fuga  a  Suntays  un  secondo  distaccamento  greco  e  sconfiggendo  infine  l'ul- 
timo loro  esercito  a  Karj^ùn  a  breve  distanza  da  Alessaudi'ia. 

Tutti  i  fatti  d'arme  si  svolsero  rapidamente  uno  appresso  all'  altro 
grazie  al  concorso  dei  Copti  che  fornivano  le  vettovaglie,  restaui'avano  i 
ponti  e  assistevano  gli  Arabi  anche  con  guide  e  mezzi  di  trasporto.  Tutti 
i  fatti  d'arme  fui'ono  altrettanti  colpi  mortali  che  aumentarono  lo  sgomento 
dei  Greci  ed  il  panico  dei  Copti,  preparando  gli  animi  di  tutti  i  difensori  di 
Alessandria  a  miti  consigli  di  moderazione  e  di  resa,  non  appena  dalle  alte 
mura  della  città  videro,  per  la  prima  volta,  le  schiere  bianco-vestite  dei 
guerrieri  dell'  Islam. 

Anche  per  l'assedio  di  Alessandria  il  cronista  copto  mette  a  posto  le 
cose  e  sfionda  la  versione  musulmana  di  molte  fiabe.  Non  fu  nemmeno  in 
questa  circostanza  un  vero  assedio.  La  posizione  di  Alessandria  in  riva  al 
mare,  con  canali  larghi  e  profondi  che  servivan  da  fossato,  era  tale  da 
rendere  vana  ogni  idea  di  un  breve  assedio  o  di  un  facile  assalto.  Gli  Arabi 
non  lo  tentarono  nemmeno  e  l'assedio  di  tre  mesi  costò  a  loro  sole  ven- 
tidue vite  umane  (cfr.  §  121).  D'altra  parte  gli  abitanti  non  avevano  più 
nessuna  fede  nel  governo  di  Ccstantinopoli,  dove  tutto  era  confusione, 
preoccupati  gli  animi  soltanto  da  questioni  dinastiche  e  dalla  successione 
al  trono  imperiale. 

Siccome  Costantino  sopravvisse  appena  tre  mesi  al  padre  Eraclio  mo- 
rendo nel  maggio  641,  Amr  b.  al-'As  nel  giungere  innanzi  ad  Alessandria 
nel  mese  di  giugno  venne  ad  aggi-avare  il  turbamento  generale  prodotto 
dalla  notizia  della  morte  di  Costantino  e  dell'accessione  al  trono  del  fan- 

S48. 


§§  213,  214.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  eiullo  Eracleoiias,  sotto  la  tutela  dell'ambiziosa  Martina.  La  quale,  come 

'^iogyc?itico''den'e     protettrice  di  Ciro  il  Patriarca,  appena  venuta  al  potere,  dispose  che  egli 

♦radizioni  sulla     ritonia.sse  con  una  flotta  in  Egitto  per  rimediare    po.ssibilmente   a  tutti,  i 

^°",?g'*^^P  f "^^  ^     disastri  e  per  trattare  con  gli  Arabi.  Martina,  desiderosa  di  assicurarsi  il 

potere  in  Costantinopoli,  non  voleva  complicazioni  militari  in  Egitto. 

§  214.  —  Questo  periodo  della  campagna  egiziana  è  molto  oscuro,  e 
non  si  comprende  che  cosa  facesse  'Amr  nell'estate,  se  cioè  rimanesse  ac- 
campato dinanzi  ad  Alessandria  durante  i  mesi  estivi  e  l' inondazione 
annuale,  o  ritornasse  indietro.  Il  Butler  (pag.  296  e  segg.)  interpretando 
con  una  certa  libertà  il  testo  del  capo  CXV  (cfi-.  §  1B6)  di  Giovanni  di 
Niqyùs,  sostiene  che  lasciasse  una  schiera  a  sorvegliare  Alessandria,  e  con 
il  resto  delle  sue  forze  scorresse  il  Delta,  facendo  ritorno  a  Babilonia  du- 
rante i  mesi  dell'  inondazione.  Io  .sarei  più  disposto  a  credere  che  '  Ami- 
pigliasse  posizione  presso  Alessandria,  dove  grazie  all'accordo  con  i  Copti 
poteva  avere  le  provviste  necessarie  e  ripetere  la  tattica  di  paziente  at- 
tesa, che  aveva  ft-uttato  in  Palestina  la  resa  di  Cesarea,  ed  in  Egitto 
quella  di  Babilonia:  egli  poteva  sperare  di  ottenere  lo  stesso  risultato 
anche  con  Alessandria. 

Né  s'ingannò  molto:  il  14  settembre  del  641,  circa  tre  mesi  dopo  la 
venuta  di  'Amr,  Ciro  sbarcava  in  Alessandria,  dove  trovava  lo  sgomento 
negli  animi  e  l'anarchia  nell'amministrazione,  scissa  tra  fì'azioni  avverse 
tra  loro  sino  al  punto  di  usare  le  armi.  Comprese  l'inutilità  di  continuare 
una  difesa  con  quasi  niuna  speranza  d'esito  felice,  e  conformandosi  alle 
istruzioni  avute  dall'  imperatrice,  cercò  soltanto  di  concludere  i  migliori 
patti  possibili  per  Alessandria,  prima  che  un  assalto  improvviso  o  un  tra- 
dimento ne  aprissero  le  porte  al  nemico  con  licenza  di  trattare  la  grande 
città  come  preda  di  guerra  e  perciò  esposta  al  saccheggio  ed  alle  peggiori 
violenze.  Le  condizioni  militari  dell'impero  bizantino  erano  tali,  e  tali  anche 
le  condizioni  politiche,  da  non  lasciar  adito,  nella  mente  di  Ciro,  alla  spe- 
ranza di  una  sana  e  viva  riscossa  in  tempo  utile  per  salvare  Alessaudi'ia. 
Cno  non  solo  per  le  istruzioni  avute  a  Costantinopoli,  ma  fors'anche 
per  propria  convinzione,  appena  giunto  in  Alessandria  aprì  negoziati  con 
'Amr,  ed  il  patto  finale  fa  concluso  nel  seguente  8  di  novembre  del  641 
[=  28  Dzù-1-Qa'dah  20.  a.  H.],  strano  a  dirsi,  non  in  Alessandria,  ma  in 
Babilonia.  Non  v'è  dubbio  che  il  governo  bizantino  e  Ciro  diedero  prova 
di  debolezza  e  di  soverchia  sfiducia,  perchè  Alessandria  avrebbe  potuto 
resistere  molto  più  a  lungo;  ma  si  deve  altresì  riconoscere  che  il  risultato 
finale  non  sarebbe  stato  diverso,  come  è  provato  dagli  eventi  che  porta- 
rono, dopo  la  rioccupazione  bizantina  di  Alessandria  nel  24.  H.,  alla  ricon- 

344. 


20.    E.    H.  §  214. 

quista  a  mano  armata  per  opera  di    Amr  nel  25.  H.,  onde  noi,  giudicando  20.  a.  H. 

gli  eventi  a  tanti  secoli  di  distanza,  possiamo  dire  che  Ciro,  se  pur  fece  |og(,  critico  delie 
moralmente  male,  praticamente  scelse  la  via  migliore  e  la  meno  disastrosa  tradizioni  sulla 
per  il  fatale,  irrimediabile  passaggio  dal  dominio  bizantino  a  quello  arabo.        dell'Egitto.] 

I  patti  del  trattato  che  definitivamente  riconosceva  il  dominio  musul- 
mano in  Egitto,  furono  del  seguente  tenore  : 

(1)  Pagamento  d'un  tributo  agii  Arabi  da  tutti  quelli  compresi  nel 
trattato. 

(2)  Un  armistizio  di  circa  undici  mesi,  che  doveva  finire  il  17  set- 
tembre 642  (=16  Sawwàl  21.  a.  H.). 

(3)  Da  ambedue  le  parti  dovevano  cessare  tutte  le  ostilità,  e  gii 
Arabi  pigiiavauo  impegno  di  non  avvantaggiare  la  loro  posizione  dinanzi 
ad  Alessandria. 

(4j  La  guarnigione  alessandrina  e  tutte  le  milizie  bizantine  dove- 
vano imbarcar.si  in  Alessandria  durante  l'armistizio,  portando  via  tutti  i 
loro  beni  :  se  alcuni  preferivano  di  prendere  la  via  di  terra,  dovevano  pa- 
gare tributo  a  rate  mensili  fintantoché  si  trovavano  su  territorio  mu- 
.sulmano. 

(5)  Niun  esercito  greco  doveva  approdare  in  Alessandria  durante 
l'armistizio  e  tentare  la  riconquista  dell'  Egitto. 

(6)  I  Musulmani  dovevano  rispettare  le  chiese  dei  Cristiani  e  non 
immischiarsi  nelle  faccende  di  questi. 

(7)  Agii  Ebrei  doveva  esser  concesso  di  rimanere  in  Alessandria. 

(8)  I  Greci  dovevano  consegnare  un  certo  numero  di  ostaggi,  ossia 
150  militari  e  50  civili  per  l'osservanza  del  trattato. 

Questi  patti,  tramandati  da  Giovanni  di  Niqyiis,  richiedono  alcuni  brevi 
commenti.  Essi  illuminano  tutti  quei  vari  trattati  conservatici  dalle  fonti 
arabe,  e  che  si  fondano  in  parte  sopra  un  concetto  errato  del  patto  fon- 
damentale. 

Si  noti  innanzi  tutto,  come  fatto  principale,  che  non  si  fa  menzione 
del  celebre  patto  dei  due  dinar  a  testa  per  ogni  maschio  adulto,  patto 
che  è  fondamentale  in  tutte  le  tradizioni  musulmane  su  questo  argomento 
(cfi-.  19.  a.  H.,  §  64;  20.  a.  H.,  §§  64,  70,  72,  ecc.).  È  chiaro  che  il  go- 
verno arabo  si  sostituiva  semplicemente  al  governo  bizantino  come  ente 
amministrativo  e  riscuoteva  le  imposte,  non  introducendo  per  ora  veruna 
imposta  musulmana:  che  se  questo  fosse  seguito,  la  fonte  copta  quasi  con- 
temporanea ne  avrebbe  fatta  menzione  (cff.  anche  §  187  (e). 

Altro  punto  di  singolare  rilievo  è  che  Ciro  si  facesse  intermediario 
dei  Copti  da  lui  prima  tanto  perseguitati,  e  degli  Ebrei:  ciò  si  spiega  sol- 

:545.  44 


ss  "ili,  "il").  ^U.  ti.   n. 

20.  a.  H.  tanto  snppoiiondu  che  Ciro  volesse  stabilire  tolleranza  assoluta  per   tutti, 

(EGITTO.  -  Riepi-  ,^,       ,   .  ,  •  i.    ìì.-  i  i-  .l    j         •       ,  n 

logo  critico  delle     affinchè  nel   novero  venissero  protetti  anclie  gh  ortodossi,  che  erano  nella 

tradizioni  sulla      niiiidi-anza    in   Egitto. 

conquista  araba  ,       .  ,  ...  i    m  •    j.-    •        t  j-    ■  ■     j.       t  i 

dell' Egitto!  liiliiK'   la  c'oiulizione  dell  armistizio  di  undici    mesi   tradisce  la  preoc- 

lupazione  maggiore  dei  Greci,  che  cioè  gli  Arabi  penetrassero  in  Ales- 
sandria prima  che  i  lunzionari  bizantini  avessero  terminato  lo  sgombero 
(li  tutti  gli  uffici  e  beni  immobili,  o  avanti  che  gli  innumerevoli  mercanti 
alessandrini  avessero  liquidato  i  loro  atfari,  adattandoli  al  novello  stato  di 
cose.  È  bene  rammentare  a  questo  proposito  che  Alessandria  era  allora  il 
massimo  centro  commerciale  del  Mare  Mediterraneo  :  in  essa  affluiva  quasi 
tutto  il  commercio  dell'estremo  oriente  che  veniva  su  per  il  Mar  Rosso, 
dacché  le  terribili  guerre  tra  Greci  e  Persiani,  e  poi  infine  l' invasione 
araba,  avevano  deviato  dall'antica  via  commerciale  attraverso  la  Mesopo- 
tamia  e  la  Siria,  tutto  il  traffico  proveniente  dall'India  e  dall'estremo 
oriente  verso  l'Europa.  Alessandria  era  altresì  il  grande  centro  d'esporta- 
zione granaria  dall'Egitto  verso  Costantinopoli  e  forse  anche  altrove.  Il 
dominio  arabo  significava  modificare  radicalmente  questo  stato  di  cose  : 
anche  se  si  ristabiliva  il  commercio  indo-asiatico,  l'esportazione  dei  grani 
sarebbe  cessata,  perchè  il  sopravanzo  dei  prodotti  agricoli  dell'  Egitto  si 
sarebbe  riversato  non  più  verso  i  paesi  soggetti  al  dominio  bizantino,  ma 
invece  in  terra  musulmana  e  particolarmente  araba,  per  conseguenza  natu- 
rale della  carestia  nel  18.  H.  e  dei  suoi  terribili  ammaestramenti.  Ciò  era 
ben  noto  ai  Greci  ed  ai  Copti,  perchè  in  quello  stesso  inverno  in  cui  si 
strinse  il  trattato  di  resa,  'Amr  b.  al-'As  faceva  riaprire  il  famoso  canale 
di  Traiano,  che  portava  le  acque  del  Nilo  al  Mar  Rosso,  e  serviva  come  via 
di  transito  per  le  merci  da  trasportarsi  per  mare  dall'Egitto  all'Arabia  e 
l'India  e  viceversa  (cfr.  21.  a.  H.).  Era  dunque  palese  e  pubblica  l' inten- 
zione di  deviare  il  commercio  alessandrino  verso  altri  lidi:  nella  qual  pre- 
visione tutto  in  Alessandria  doveva  mutarsi,  ed  ingenti  vitali  interessi  do- 
vevano spostarsi  e  liquidarsi.  Due  anni  di  guerra  quasi  continua  in  Egitto 
avevano  intanto  già  tagliate  le  comunicazioni  tra  l'Egitto  e  il  resto  del 
mondo  bizantino  e  cristiano. 

È  bene  rammentare  che  nella  conclusione  del  trattato  considerazioni 
di  carattere  militare,  e  specialmente  economiche,  debbono  aver  primeggiato 
su  tutte  per  indurre  Ciro  a  stringere  con  tanta  sollecitudine  i  patti  elen- 
cati da  Giovanni  di  Niqj^ùs. 

§  215.  —  Il  trattato  di  Alessandria  fu  conchiuso  dunque  in  Babilonia 
tra  r  ottobre  ed  il  novembre  641  (=  Dzu-1-Qa'dah  20.  H.)  e  notizia  di  ciò 
fu  immediatamente  mandata  ad  'limar  in  Madìnah  per  avere  il  consenso 

34G. 


20.  a.  H. 


§  21Ó. 


del  Califfo.  Quando  il  Patriarca  Ciro  ritornò  ad  Alessandi'ia  e  comunicò  la  2°-  ^-  '^• 

conclusione    definitiva    della    resa,  pare    che    sorgesse  nel  primo  momento        logo  critico  delie 
una  vivissima  reazione  contro  colui  che  aveva   stretto  il  patto   e  che  pò-        tradizioni  sulla 

.    -  conquista  araba 

teva  m  questa  circostanza  apparire  come  un  traditore,    vi  rarono   violen-        dell'Egitto.) 

tissime  dimostrazioni  popolari  ed  il  Patriarca  corse  il  rischio  di  morte,  ma 

poi  gli  animi  si  sedarono  :  i  comandanti  militari  in  Alessandria  diedero  il 

loro  appoggio  all'opera  di  Ciro  e  l'annunzio  dei  patti  ottenuti  fu  mandato 

all'  imperatore  Heracleonas  in  Costantinopoli  per  averne  il  consenso.  Allo 

stesso  tempo,  conforme  alla  parola  data.  Ciro  fece   consegnare  agli  Arabi 

una  prima  ingente  somma  d'oro,  q.uale  acconto  del  tributo  definitivo  che  la 

fitta  avrebbe  dovuto  pagare  ai  novelli  padroni. 

Da  questi  eventi  alcuni  autori  occidentali,  ed  in  particolar  modo  il 
Butler  (eli-,  pagg.  334  e  segg.),  hanno  voluto  concludere  che  Ciro  abbia 
tradito  il  suo  paese,  l' Egitto  e  l' imperatore.  Anzi  il  Butler  vorrebbe  so- 
stenere che  Ciro  tramasse  il  tradimento  sin  da  molti  mesi  prima  dei  ne- 
goziati della  resa.  Come  è  possibile,  così  ragiona,  che  si  potesse  pensare 
alla  resa,  quando  i  Greci  erano  padroni  del  mare,  quando  Alessandria  era 
militarmente  quasi  inespugnabile,  e  quando  sarebbe  stato  facile  resistere 
per  più  anni  ad  un  continuato  assedio  degli  Arabi? 

Ritengo  però  che  un'accusa  tanto  grave  sia  voler  vedere  nella  magra 
tela  dei  fatti  a  noi  conosciuti  ben  troppe  cose  ;  basta  leggere  le  pagine 
del  Butler  (pagg.  337  e  segg.)  per  constatare  in  quante  difficoltà  si  cade 
qualora  si  vogliano  spiegare  trojDpe  cose  e  si  tenti  porre  innanzi  una  tesi 
non  sufficientemente  avvalorata  da  notizie  dirette  e  sicure. 

Che  non  fosse  un  tradimento  è  provato  dalla  facilità  con  la  quale  gli 
abitanti  di  Alessandria  accettarono  finalmente  il  trattato,  ed  infine  dalla 
sanzione  che  vi  diede  1'  imperatore  in  Costantinopoli,  forse  ancora  Hera- 
cleonas. 

Noi  per  varie  ragioni  crediamo,  come  già  si  disse,  che,  senza  vedere 
tanti  drammi,  tenebrosi  raggiri  e  tradimenti,  la  resa  di  Alessandria  sia 
stata  semplicemente  un  atto  di  buon  senso,  l'espressione  d'un  convincimento 
che  tutto  era  perduto,  e  che  non  giovasse  a  nulla  aggravare  il  disastro  con 
una  disperata  ed  inutile  difesa.  Infatti,  se  vi  fosse  stato  tradimento,  non  si 
sarebbe  rispettato  dai  Greci  il  lungo  armistizio  ed  in  quel  periodo  di  tempo 
r  imperatore  ed  il  popolo  avrebbero  scacciato  Ciro  e  rafforzata  la  guarni- 
gione di  Alessandria,  sfidando  apertamente  gli  Arabi.  Nulla  si  fece  di  tutto 
questo,  e  undici  mesi  dopo  tutti  i  Greci  erano  tranquillamente  partiti,  per- 
mettendo agli  Arabi  di  prendere  pacificamente  possesso  della  città  e  di 
porvi  una  piccola  guarnigione. 

347. 


§§  2iti,  -iiT.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  §  216.  —  Queste  sono  le  grandi  linee  della  campagna,  con  la  quale 

logo  cr.tico  deMe     l'Kgitto  passò,  in  poco  più  di  due  anni,  sotto  il  dominio   arabo.   Volendo 
tradizioni  sulla     nariaro  soltanto  quello  che  a  noi  ò  sembrato  storicamente  sicuro,  abbiamo 

conquista   araba  .  ,.  i  i    i^-     t  ll  i        •  ^■  ^  ì 

dell' Egitto!  omesso  Ogni  menzione  di  aneddoti  di  carattere  personale,  i  quali,  sebbene 

diano  colorito  alla  nan-azione,  ci  portano  in  un  campo  di  fatti  e  di  affer- 
mazioni che  hanno  poco  o  uiun  fondamento  storico.  Se  accettiamo  i  par- 
ticolari aneddotici,  dovremmo  accettare  in  larga  misura  altre  notizie  cer- 
tamente false  della  stessa  origine.  11  compito  nostro,  ora  che  la  materia 
storica  si  va  allargando  in  proporzioni  ogni  momento  maggiori,  deve  re- 
stringersi a  ricostruire  in  forma  completa  e  precisa  lo  schema  storico 
sicuro,  sul  quale  poi  lo  storico  dell'avvenire  potrà  innestare  quanto  gli 
parrà  degno  di  nota  e  di  fede,  della,  parte  aneddotica  e  pittorica  delle  tra- 
dizioni musulmane  da  noi  raccolte  e  tradotte  per  disteso  nei  precedenti 
paragrafi. 

Più  avanzeremo  ora  nella  storia  dei  popoli  che  divennero  musulmani, 
più  sarà  difficile  tracciare  una  storia  generale  dell'impero,  e  la  narrazione 
di  necessità  si  dividerà  in  tante  storie  locali,  che  solo  per  brevi  istanti  e 
per  ragioni  eccezionali,  si  troveranno  coinvolte  in  qualche  grande  evento 
comune.  Per  lo  più  le  varie  provincie  dell'impero  incomincieranno  ora 
ad  avere  una  vita  propria,  locale,  nel  vero  senso  della  parola,  ed  in  larga 
misura  indipendente  e  indifferente  da  quanto  succede  nel  centro  dell'im- 
pero. Ciò  diviene  specialmente  vero  per  le  provincie  africane,  l' Egitto, 
l'Arabia  e  le  pi'ovincie  persiane. 

Tutte  le  storie  occidentali  del  califfato  hanno  perciò  il  difetto  d'ori- 
gine di  essere  costituite  da  molte  storie  locali  assai  imperfettamente  unite 
.  insieme.  Ciò  pi'oviene  dalla  condizione  slegata  delle  varie  parti  dell'  im- 
pero, onde  solo  uno  studio  minuto,  coscienzioso  ed  indefesso,  può  riuscire  a 
riconnettere  nella  memoria,  contemporaneamente,  tanti  fatti  diversi.  Noi 
.saremo  perciò  costretti  d'ora  innanzi  a  trattare  sommariamente  e  sinteti- 
camente le  vicende  principali  di  ogni  parte  dell'impero,  provincia  per  pro- 
vincia, e  tenteremo  una  larga  sintesi  dell'insieme  soltanto  alla  fine  d'ogni 
singolo  califfato. 

ARABIA.  al-Bahrayn  e  Uman:  deposizione  del  governatore  Qu- 
dàmah  e  mutamenti  nel  governo  delle  due  provincie. 

§  217.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  il  Califfo  'Umar 
depose  Qudàmah  b.  Maz  un  dal  governo  del  Bahrayn  per  punirlo  di  aver 
bevuto  vino  contrariamente  alle  prescrizioni  contenute  nel  Qur'àn  (con- 
frontisi 14.  a.  H.,  §§  232  e  segg).  Il  governo  del  Bahrayn  e  della  Yamàmah 

848. 


20.  a.  H.  §§  217-219. 

venne    conferito   ad   abù   Hurap-ah  (il  celebre   ti-adizionista)  fT  abari,  I,  20.  a.  h. 

^-r,  I     1-         r»  \  (ARABIA.  -  al-3ah- 

2o94,  Im.  9  e  segg.).  ^^^^  ^   .^^^^^ 

Cfr.    Athir,    II,    444.  deposiziona    dal 

ibn  al-Gawzi  aggiunge  che  Umar  diede  la  prefettura  della  Yamàmah        dàml^Tm^ta- 
ad  abù  Bakiali  (Grawzi,  I,  fol.   59, v.).  menti  nei  gover- 

r^^.■         ■'  i.-    PO    or--     n-!o  no  delle  due  oro- 

Cfr.  più  avanti  §§  3/o,  3^6.  ^.^^.^^ 

§  218.  —  (cfr.  14.  a.  H.,  §§  226-227)  fal-Balàdzuri).  Dopo  la  Riddali 
gli  abitanti  del  Bahrayn  chiesero  al  Califfo  abù  Baki-  che  rimandasse  fra 
loro  come  governatore  al-'Alà  b.  al-Hadrami,  (che  vi  era  stato  vivente  il 
Profeta),  abù  Bakr  acconsentì,  e  al-'Alà  governò  T'Umàn  fino  all'anno  20.  H., 
quando  egli  cessò  di  vivere  ed  il  Califfo  'Umar  mandò  abù  Huraj-rah  al- 
Dawsi  a  succedergli  in  quella  carica.  Alcuni  affermano  però  aver  'Umar 
mandato  abù  Hurayrah  a  governare  T'Umàn  prima  della  morte  di  al-'Alà. 
Allora  questi  si  recò  a  Tawwag  nel  Fàris,  avendo  intenzione  di  rimanervi, 
ma  poi  tornò  nel  Bahraj'n  e  vi  morì  (Balàdzuri,  81). 

§  219.  —  Bisogna  confrontare  queste  notizie  contradittorie  con  quelle 
altre  che  abbiamo  sotto  l'anno  14.  H.  (§§  225-228)  e  si  a\Tà  un'idea  di 
quante  confusioni  ed  errori  si  abbiano  nelle  nostre  fonti  a  proposito  del- 
l'amministrazione delle  due  provincie  arabe  del  Bahrayn  e  Umàn.  Queste 
due  Provincie  domate  con  molta  difficoltà,  con  lunghi  ritardi  e  forse  anche 
assai  imperfettamente,  lontane  dal  centro  dello  stato  Islamico  e  fuori  dalla 
grande  scena  politica  dell'Asia  Anteriore,  ebbero  vicende  oscure  e  poco  liete. 
Le  tradizioni  date  sotto  l'anno  14.  H.  rivelano  come  grazie  alla  posizione 
appartata  delle  due  provincie  i  governatori  delle  medesime  si  siano  per- 
messa ogni  sorta  di  licenza  dal  bere  il  vino,  all'appropriarsi  i  fondi  pub- 
blici, mentre  altri,  contro  la  volontà  del  Califfo,  intrapresero  anche  spedi- 
zioni perigliose  e  conquiste  (cfr.   16.  a.  H.,  §§  328-330;  19.  a.  H.,  §§  6-15). 

Qui  apj)resso  diamo  in  una  tabella,  per"  maggiore  chiarezza,  i  vari  mu- 
tamenti nel  governo  del  Bahra^'ii  e  dell'  'Umàn,  come  risultano  dalle  fonti 
migliori,  con  tutte  le  discrepanze:  queste  provengono,  per  esempio,  in  al- 
Tabari,  dal  fatto  che  gli  stessi  nostri  informatori  hanno  attinto  a  fonti 
diverse.  Gli  specchi  annuali  dei  governatori  che  ci  porge  al-Tabari  sono 
di  origine  diversa  dalle  tradizioni  narrative.  Nello  specchio  abbiamo  però 
omesso  le  varianti  date  dalla  versione  di  Sayf  b.  'Umar  (cfr.  19.  a.  H.. 
§§  12  e  15),  perchè  gli  errori  storici  della  sua  scuola  sono  tanti  e  tali  da 
gettar  scredito  sulle  sue  informazioni. 


34». 


§§  219,  220. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
(ARABIA.-  al-Bah- 
rayn  e  Umàn: 
deposizione  del 
governatore  Qu- 
dàmah  e  muta- 
menti nel  gover- 
no delle  due  Pro- 
vincie.! 


GOVERNATORI   MUSULMANI. 


al'Bahrayn 

Umàn 

1_'.  n.  H. 

al--Al.ì  l).  Rl-Hadrami  (eli-.  12.  a.  H.,  §§  39-58 

■Ikrimah  b.  «hi  éahl  (cfr.  12.  a.  H.,  §§  59-62| 

16.  a.  H. 

Iti.  (cfr.  18.  a.  H.,  §  230,  n.  5) 

Hudzayfah  b.  Mihsan  (cfr.  13.  a.  H.,  §§  93  (b); 
230,  n.  4i  [al-Ya'qubi] 

14.  a.  H. 

'Uthmàn  b.  abi-l-'As  al-Thaqafi, 
(cfr.  14.  a.  H.,  §  '. 

(Qiulàmah   b.  Maz'ùn,  esattore  delle  imposte] 

(cfr.  14.  a.  H.,  §  226) 
[abu  Hnrayrah,  polizia  e  preghiera]  (cfr.  14.  a.  H., 

§  226) 

governatore  delle  due  provincie 
26i   [abiì  Miklinaf] 

15.  a.  H. 

'Utjiinàn  b.  abì-l-'Às  (cfr.  15.  a.  H.,  §  129,  n.  3) 
al-Hakam  b.  abì-l-'As,  luogotenente  di  'Uthmàn 
(cfr.  16.  a.  H.,  §  329i 

[Hudzayfah  b.  Mihsan]  (cfr.  15.  a.  H.,  §  129,  n.  4) 
TJtJimàn  b.  abi-l-'As  (nel  16.  H.)  (cfr.  16.  a.  H., 
§  329  ;  secondo  altri  però  lo  dicono  governa- 
tore di  al-Tà-if,  cfr.  16.  a.  H.,  §  347,  n.  2). 

16.  a.  H. 

[al-'Ala  b.   al-Hadramiì  (cfr.  16.  a.  H.,  §  847, 
secondo  altri  morto  nel  14.  a.  H.j 

17.  a.  H. 

'Uthmàn  b.  abi-l-'As  (cfr.  17.  a.  H.,  §  199,  n.  4) 

[Hudzayfah  b.  Mihsan]  (cfr.  17.  a.  H.,  §  199,  n.  5) 

18.  a.  H. 

Id.  (cfr.  18.  a.  H.,  §  204) 

[al-'Alà  b.  Hadrami,  cfr.  19.  a.  H.,  §  7] 

[Id.]  (cfr.  18.  a.  H.,  §-204) 

19.  a.  H. 

[al-Mughirah  b.  abi-l-'Às,  luogotenente  mentre 

'Uthmàn  era  nel  Fàris]  (cfr.  14.  a  H.,  §  227) 

'Uthmàn  b.  abi-l-'As  (cfr.  19.  a.  H.,  §§  7  e  85) 

'Utlimàn  b.  abi-l-'As  (cfr.  19.  a.  H.,  §  7) 
[Hudzayfah  b.  Mihsan]  (cfr.  19.  a.  H.,  §  85) 

20.  a.  H. 

[al-'Alà  b.   al-Hadrami,   governatore  dal   12.- 
20.  H.]  (cfr.  §  218,  confermante  Sayf  b.  'Umar, 
19.  a.  H.,  §§  7  e  85) 

Qudàmah  b.  Maz'iìn  (cfr.  §  217-218) 

aba  Hurayrah  (cfr.  §  217-218) 

[al-'Alà  b.  al-Hadrami, governatore  dal  12.-20.  H.] 

(cfr.  §  218)' 

abù  Hurayrah  icfr.  §  218) 

Dal  contesto  delle  notizie  risulta  che  le  fonti  hanno  confuso  insieme 
i  governatori  dell' Umàn  con  quelli  del  Bahrayn. 

ARABIA.  —  L'espulsione  dei  Cristiani  ed  Ebrei  d'Arabia. 

§  220.  —  L'argomento  dei  seguenti  paragrafi  non  è  facile  a  chiarire: 
né  è  palese  il  motivo  per  cui  furono  espulsi  gli  Ebrei  da  Khaybar;  ma 
noi  avemmo  già  occasione,  in  due  circostanze  (cfi\  7.  a.  H.,  §  83,  e  10.  a.  H., 
§  101),  di  discutere  questo  argomento  e  trarne  le  conclusioni  più  sicure 
o  probabili   sull'atto   crudele   ed   ingiusto   del  Califfo    'Umar.  Oscurissima 


350. 


20.  a.  H. 


§  220. 


rimane  invece  la  vera  ragione  per  la  quale  il  governo  di  Madinah   volle  20.  a.  H. 

espellere  gli  Ebrei  ed  i  Cristiani  da  Nagràn.  Una  tradizione  fa  rimontare  sione  dei  Cristia- 
il  motivo  dell'espulsione  ad  una  sentenza  detta  dal  morente  Profeta:  «  Due  niedEbreid'Ara- 
«  religioni  non  possono  sussistere  insieme  in  Arabia  ».  Una  fonte  più  an- 
tica, Musa  b.  Uqbah  (cfi-.  Sachau  Musa,  pag.  22),  attribuisce  più  ve- 
rosimilmente tale  sentenza  ad  'Umar.  Non  possiamo  dire  se  Maometto  od 
Umar  dicessero  una  cosa  simile,  o  se  la  pretesa  ordinanza  sia  fi-utto  dei 
tradizionisti  di  generazioni  posteriori;  ma  anche  nel  caso  che  Umar  affer- 
masse un  principio  tanto  intransigente  in  un'età  in  cui  l'Arabia  non  era 
ancora  accesa  da  cieche  passioni  religiose,  la  notizia  non  può  essere  accet- 
tata senza  alcune  spiegazioni,  le  quali  mettano  le  parole  di  'Umar,  se  egli 
mai  le  pensò  o  pronunciò,  nella  loro  vera  luce. 

Cominciamo  con  dù-e  che  ancora  non  esisteva  fanatismo  religioso  presso 
i  Musulmani.  Musulmani  e  Cristiani  si  battevano  insieme  nell'esercito  del- 
l'Islam  in  Persia  (eli'.  13.  a.  H.,  §  155,  nota  5;  14.  a.  H.,  §  32  e  nota; 
16.  a.  H.,  §§  44  e  nota;  216  e  nota)  e  in  Egitto  (cfr.  21.  a.  H.):  le  tribù 
avevano  abbracciato  l'Isiàm,  ma  la  loro  conversione  era  ancora  una  forma 
esteriore,  una  dichiarazione  più  politica  che  religiosa.  In  Arabia  si  può 
dire  che  la  maggioranza  fosse  ancora  fedele  alle  usanze  e  credenze  an- 
tiche, sebbene  in  apparenza  si  dichiarasse  musulmana.  Il  rito  islamico  era 
ancora  embrionale,  e  tranne  una  minoranza  fedele  alle  tradizioni  di  Mao- 
metto, perchè  legata  a  lui  da  intime  i-elazioni  personali,  il  resto  dei  così 
detti  fedeli  non  si  curava  di  osservare  nemmeno  imperfettamente  gii  ol:)- 
blighi  religiosi  delle  preghiere  e  dei  digiuni.  Nemmeno  i  Beduini  d'oggi 
li  osservano  dopo  tredici  secoli  d' Islam.  E  palese  dunque  che  tanto  meno 
potevasi  chiedere  iale  osservanza  ai  Beduini,  componenti  gli  eserciti  di  con- 
quista, uomini  rimasti  quelli  che  erano  prima  dell'  Islam  :  una  dichiarazione 
formale  di  fede  detta  con  le  labbra  e  non  con  il  cuore,  nulla  cambiava 
nel  loro  modo  di  vita. 

Inoltre,  consta  da  vari  indizi,  che  anche  dopo  l'espulsione  degli  Ebrei 
e  dei  Cristiani  d'Arabia,  molti  di  questi  continuassero  ancora  a  vivere  nella 
penisola,  tanto  a  Madinah,  che  nel  Yaman  ed  altrove.  I  particolari  sull'as- 
sassinio di  'Umar,  nel  23.  H.,  rivelano  che  Madinah  era  piena  di  gente 
straniera  di  ogni  razza  e  di  ogni  fede:  tanto  che  'Umar  dovette,  per  mi- 
sura di  precauzione,  vietare  agii  Ebrei  ed  ai  Cristiani  di  fermarsi  in  Ma- 
dinah più  di  tre  giorni  (cfr.  Sachau  Musa,  pag.  22)  (').  È  palese  inoltre 
che  la  misui-a  di  'Umar  colpì  soltanto  i  Cristiani  di  Nagràn  e  nemmeno 
tutti,  perchè  Busr  b.  Artàh  ne  trovò  ancora  molti  in  Nagràn  nel  40.  H., 
come  vedremo  a  suo  tempo.  Il  Califfo  fii  assassinato  da  un   cristiano.  La 

351. 


20.  a.  H.  lelebre  chiesa  di  San'à,  nel  Yaman,  quella  che  la  leggenda  descrive  come' 

^ -,„^  wL  r!ff.!!.      una  (Ielle  ragioni  indirette  della  spedizione  dell'Eletante  prima  della  na- 
ni  ed  Ebrei  d'Ara-     scita  del  Profeta,  continuò  ad  essere  luogo  venerato  di  culto  per  i  Cristiani 
'^■'  sin  sotto  i  primi  'Abbasidi  (cfr.  Intr. ,  §  117,  nota  4).  Le  numerose  colonie 

ebraiche  del  Yaman  non  furono  molestate  e  sono  rimaste  sino  ad  oggi.  Così 
pure,  come  attestano  alcune  tradizioni  date  più  avanti  (§  240j,  gli  Ebrei  di 
AVàdi  al-Qura,  pur  vicinissimi  a  Madinah,  non  furono  espulsi  regnante  'Umai-, 
ma  molto  più  tardi.  Dunque  anche  dopo  l'espulsione  dei  Cristiani  ed  Ebrei 
per  ordine  di  limar,  seguaci  dell'una  e  dell'altra  fede  continuarono  a  vivere 
non  molestati  in  Arabia.  Ciò  vuol  dire  che  la  misura  presa  da  'Umar  non  fu 
generale  contro  tutti  i  seguaci  di  altre  fedi,  ma  particolare,  un  provvedi- 
mento eccezionale,  di  natura  locale,  ed,  io  temo,  poco  decoroso  ed  onesto. 

Nota  1^.  —  Il  Lammeus  ritiene  questo  divieto  un'invenzione  di  tempi  posteriori  e  adduce  (Mù'- 
àwiyah  ,  pagg-  401419)  un  copioso  corredo  di  prove,  d'indizi  e  di  notizie  per  dimostrare  come  e  quanto 
t'ossero  e  rimanessero  numerosi  i  Cristiani  in  Arabia  nonostante  il  divieto  di  'Umar.  Non  avrei  però  dif- 
tìcoltà  ad  accogliere  la  notizia  come  vera  e  non  mi  dà  verun  pensiero  che  l'ordine  rimanesse  lettera 
morta.  —  Rammentiamoci  ancora  una  volta  che  'Umar  era  senza  i  mezzi  per  mettere  in  atto  i  decreti 
del  suo  potere  esecutivo  e  doveva  cantare  sovrattutto  sul  sentimento  di  solidarietà  regnante  tra  i  primi 
musulmani,  e  sulla  comunanza  degli  interessi  per  farsi  obbedire  e  rispettare.  Ma  se  quanto  il  Califfo 
ordinava  non  conveniva  alla  comunità,  questa  lo  ignorava.  Cosi  fu  per  i  Cristiani,  che  godevano  di 
molte  simpatie  e  rendevansi  utili,  per  la  loro  superiore  coltura,  ai  consanguinei  e  connazionali  islamici 
di  nome,  e  ancora  pagani  di  fatto. 

§  221.  —  Quali  furono  queste  ragioni  particolari,  locali?  Su  quelle  ri- 
guardanti l'espulsione  degli  Ebrei  da  Khaybar  abbiamo  già  discorso  in 
altro  luogo:  sembra  che  le  persone,  che  traevano  da  Khaybar  una  lauta  ren- 
dita per  effetto  della  divisione  fatta  da  Maometto  nell'anno  7.  H.,  non  sazi 
di  quanto  avevano,  ambissero  cacciare  gli  Ebrei  che  coltivavano  il  suolo  e 
prendersi  anche  l'altra  metà  del  reddito,  lasciato  agli  Ebrei  dal  Profeta 
Maometto  in  compenso  della  lavorazione  del  suolo.  Quando  l'abbondanza 
degli  schiavi  di  guerra  permise  ai  padroni  musulmani  di  fare  a  meno  dei 
lavoratori  ebraici,  si  offerse  la  possibilità  di  ottenere  dalle  terre  un  red- 
dito molto  maggiore,  espellendo  gli  Ebrei  e  sostituendo  schiavi  ad  essi.  In 
un  passo  di  ibn  Sa'd  questo  concetto  è  fi-ancamente  ammesso  e  si  disse 
(Saad,  II,  1,  pag.  82,  ult.  lin.  e  segg.)  che  il  Califfo  'Umar  lasciò  gli 
Ebrei  fino  a  quando  «  regnando  'Umar,  crebbero  gli  artefici  (ossia  schiavi, 
«  al-'ammàl)  nelle  mani  dei  Mu.sulmani,  e  si  rafforzarono  nel  lavoro  della 
«  terra,  e  allora  'Umar  cacciò  gli  Ebrei  in  Siria  e  divise  i  beni  tra  i  Mu- 
«  sulmani  ».  Fu  ideata  quindi  una  vera  e  propria  spoliazione,  di  cui  la 
colpa  ricade  in  grande  parte  su  'Umar  e  lo  pone  in  una  luce  poco  favo- 
revole. Forse  l'avidità  e  l'insistenza  dei  vari  pensionati  di  Khaybar  ebbero 
molta  influenza  sulle  decisioni  del  Califfo,  e  l'unica  scusa  che  noi  possiamo 
addurre  in  sua  difesa  è  quella,  già  più  volte  menzionata,  della  natura  pre- 

3.52. 


20.  a.  H. 


§  •2-21. 


caria  e  poco  .sicura  della  sua  autorità  diretta  sui  maggiorenti  dell'Islam.  20.  a.  H. 

per  1  quali  u  suo  doniinio  era  quasi  un  usurpazione,  rer  smorzare  1  opposi-  sione  dei  Cristia- 
zione  e  l'cstilità  sorda  di  questi  potenti  intriganti  egli  si  vide  costretto  niedEbreid'Ara- 
talvolta  ad  atti  di  debolezza,  di  cui  la  cacciata  degli  Ebrei  di  Khaybar  è  "' 

l'esempio  più  doloroso  e  biasimevole. 

Le  ragioni  addotte  per  l'espulsione  dei  Cristiani  di  Xagràn  sono  pure 
di  natura  poco  decorosa:  si  dice  che  praticassero  l'usura  e  fossero  diven- 
tati troppo  numerosi.  L'usura  era  praticata  in  tutta  l'Arabia  e  fuoi'i  della 
penisola  a  dispetto  del  Qur-àn.  Il  divieto  divino  rivelato  nel  testo  sacro 
(II,  276)  negli  ultimi  giorni  della  vita  di  Maometto  (Hanbal,  I,  49.  liii.  31) 
non  cambiò  in  nulla  questa  consuetudine  antichissima  e  demoralizzante. 
Il  numero  cresciuto  dei  Cristiani  sembra  pure  un  falso  motivo,  perchè 
in  pochi  anni,  dalla  morte  del  Profeta  in  poi  non  potevano  essere  tanto 
aumentati:  la  nascita  di  molti  bambini  non  può  aver  impensierito  il  Califfo. 
Probabilmente  nel  Xagràn  influirono  motivi  di  losco  interesse  locale,  si- 
mili a  quelli  di  Khaybar.  Forse  qualche  potente  partito  del  Yaman  con- 
vertito —  superficialmente!  —  all'Isiàm,  desideroso  d'impossessarsi  delle 
ricche  terre  del  Xagràn,  potè  imporsi  al  Califfo,  e,  come  nel  caso  di  Khaybar, 
indurlo,  con  false  e  speciose  ragioni,  a  commettere  qui  un'altra  ingiustizia 
(cfr.  più  avanti  §  222  e  nota  Ij.  Il  Lammens  mi  ha  ricordato  che  gli  abi- 
tanti cristiani  del  Xagràn  erano  in  gran  parte  ricchi  banchieri:  egli  sospetta 
quindi  che  i  loro  debitori  musulmani,  con  il  pretesto  dell'usura,  siano  stati 
gì'  ispiratori  dell'espulsione.  Solo  in  questo  modo  si  potrebbe  spiegare  l'ac- 
cusa dell'usura. 

Dalle  nostre  fonti  sembra  che  ambedue  le  misui-e,  contro  i  Cristiani 
del  Xagi'àn  e  contro  gli  Ebrei  di  Khaybar,  fossero  prese  contemporanea- 
mente: il  che  dimostra  come  i  provvedimenti  ordinati  dal  Califfo  si  pro- 
mulgassero per  lo  meno  apparentemente  rivestiti  da  pretesi  motivi  generali 
di  ordine  pubblico,  quantunque  in  realtà  ascondevano  ragioni  meno  pure. 
E  molto  probabile  tuttavia  che  1'  espulsione  degli  Ebrei  e  dei  Cristiani  fa- 
cesse parte  del  programma  politico  esclusivista  del  Califfo,  il  quale  miiando, 
con  misure  progressive,  ad  epurare  veramente  l'Arabia  da  elementi  non 
musulmani,  accettasse  più  volentieri  di  commettere  le  predette  ingiustizie. 
Forse  allora,  come  già  aveva  fatto  altra  volta  per  impedire  l'adulterio 
(cfi-.  17.  a.  H.,  §  80)  e  l'abuso  del  vino  (cfr.  14.  a.  H.,  §  252),  egli  coniò 
quella  celebre  sentenza  che  due  .religioni  diverse  non  potessero  sussistere 
insieme  in  Arabia:  un  ben  tenue  velo  per  coprire  un  atto  iniquo.  Xon  è  da 
altra  parte  improbabile  che  gli  eccezionali  e  arbitrari  provvedimenti,  quasi 
senofobi,  contro  Ebrei  e  Cristiani,  si  collegassero    con   misure  generali  di 

353.  45 


§§  221    222.  ^U.    a<    n» 

20.  a.  H.  oicliuL'    discipliiiaro  o  morale,    formando,   nel  pensiero  direttivo  di  'Umar, 

'  sione  dèi  c^rfstia-     '•"   proseguimento  delle  norme  già  adottate  dal  Profeta,  quando,  a  propo- 
ni ed  Ebrei  dAra-     sito  del  divieto  del  vino,  sconsigliava  e  proibiva,  implicitamente,  il  com- 
'^■'  mercio    dei    Musulmani  con  El>rei  e  con   Ciistiani  (cfr.   14.  a.  H.,  §  243). 

Forse,  quanto  più  fuori  d'Arabia  si  sbrigliavano  le  passioni  gaudenti  degli 
^\rabi  conquistatori;  tanto  più  il  Califfo  avrà  sentito  la  necessità  di  strin- 
gere il  freno  nella  penisola,  con  la  speranza  —  pur  troppo  illusoria  —  di 
serbare  attorno  a  sé  un  nucleo  d'Islam  scevro  da  ogni  contatto  contami- 
nante e  degeneratore,  centro  d'irradiazione  moderatrice  e  moralizzatrice 
verso  i  lontani  confini  dell'impero  musulmano.  Ma  di  ciò  tratteremo  am- 
piamente in  luogo  più  opportuno. 

ARABIA.  —  Espulsione  dei  Cristiani  da  Nagràn. 

§  222.  —  Fra  i  Cristiani  di  Nagràn  e  Maometto  era  stato  concluso 
un  trattato  speciale,  secondo  il  quale  Maometto  garantiva  loro  la  più  com- 
pleta protezione,  ed  il  diritto  di  esercitare  liberamente  il  loro  culto  senza 
molestia.  Da  nessuna  fonte  musulmana  appare  che  i  Cristiani  abbiano  mai 
mancato  ai  patti  del  trattato,  e  questo  è  tanto  vero,  che  abù  Bakr  sembra 
aver  confermato  a  loro  la  protezione  concessa  dal  Profeta  [cfr.  12.  a.  H., 
§§  74-75].  Non  fu  così  sotto  il  Califfo  'Umar. 

Ecco  che  cosa  narra  ibn  Sa'd: 

«  Dipoi  gli  abitanti  di  Nagràn  si  resero  colpevoli  di  usura  (ribà-)  ('), 
«  ed  Umar  li  espulse  dal  loro  paese,  concedendo  però  ad  essi  il  seguente 
«  scritto: 

«  Questo  è  quanto  scrisse  'Umar,  Principe  dei  Credenti,  per  quelli  fra 
«  i  Nagràni  che  se  ne  andarono.  Essi  sono  sicuri  nella  protezione  di  Dio: 
«  nessun  musulmano  deve  far  loro  del  male,  affinchè  venga  esattamente 
«compiuto  quello  che  scrisse  per  essi  il  Profeta  di  Dio  (Rasùl  Allah) 
«  e  abù  Bakr.  E  in  seguito:  quei  governatori  della  Sii'ia,  e  quei  gover- 
«  natori  deir'Iràq,  con  i  quali  essi  s'incontreranno,  hanno  l'ordine  di  con- 
«  segnare  ad  essi  tanta  terra,  da  arrivare  fino  a  un  garìb:  quanto  essi 
«  ne  potranno  ricavare  con  la  coltivazione,  deve  esser  per  loro  un'elemo- 
«  sina  e  un  compenso  in  luogo  della  terra  (che  essi  hanno  dovuto  abban- 
«  donare  in  Nagràn)  :  nessuno  potrà  pretendere  diritti  di  possesso  (su  quella 
«  terra)  o  rimborsi  di  crediti  su  di  essi.  E  in  seguito:  quei  Musulmani  che 
«  sì  troveranno  presenti  (vicini),  dovranno  assisterli  contro  ognuno  che  com- 
«  mettesse  ingiustizia  a  loro  danno:  essi  sono  gente  che  hanno  diritto  alla 
«  protezione  (dei  Musulmani).  La  tas.sa  al-gizyah  verrà  condonata  ad  essi 
«  per  ventiquattro    mesi    dacché    saranno    venuti   sul  luogo:    non   saranno 

U54. 


20.    a.    H.  §§  222-2-24. 

«  tenuti  a  pagare,  se  non  quelle  imposte  che   gravano  il  fondo  che   colti-  20.  a.  H. 

.,  ,.  ......  r.,        .  [ARABIA.  .  Espul- 

«  veranno,  ma  ciò  senza  subu-e  ne  ingiustizia  ne    oppressione,     lestimoni        sione  dei  Cristia- 
«  sono:  'Uthmàn  b.   'Affan,  Mu'ayqib  b.  abi  Fàtimah  ».  ni  da  Nagràn.] 

I  Cristiani  si  recarono  in  gran  parte  nell'  'Iraq  e  si  stabilirono  in  al- 
Xagrànij-yali,  nei  dintorni  di  al-Kùfah  (Sa'd,  77,  §  143,  pag.  193  della 
traduzione. 

Cfi-.  Hisàm,  401:  Athir,  II,  223:  Balàdzuri,  63;  Aghàni,  X, 
143;  Sprenger,  III,  504,  il  quale  però  dà  del  passo  una  versione  molto 
scoiTetta. 

Nota  1.  —  L'accusa  di  usura  lanciata  contro  i  Cristiani,  come  è  messa  qTii  nel  nostro  testo,  non 
può  avere  alcuna  serietà,  ed  è  una  finzione  fiacca  per  spiegare  e  scusare  l'atto  arbitrario  ed  ingiusto 
di  'TJmar  nell'espellere  gente  inoffensiva,  che  era  sotto  la  protezione  formale  del  Profeta  e  del  suo  primo 
successore.  Il  documento  riportato  da  ibn  Sa'd  ha  tutti  i  caratteri  della  genuinità,  perchè  racchiude  in  sé, 
da  parte  di  TJmar,  la  confessione  della  ingiustizia  commessa.  In  questo  documento  non  v'è,  per  comin- 
ciare, alcun  accenno  ad  una  colpa  o  ad  una  violazione  qualsiasi  dei  patti,  commessa  dai  Cristiani  :  è 
invece  evidente  la  premura  da  parte  di  Tlmar  di  rendere  ai  Cristiani  meno  penosa  che  fosse  possibile  la 
emigrazione  forzosa  dal  loro  paese:  il  condono  delle  tasse  e  la  concessione  libera  di  terre,  esenti  per 
decreto  speciale  da  qualsiasi  diritto  di  creditori,  o  di  antichi  proprietari,  non  possono  essere  interpre- 
tati in  altro  modo  che  qual  compenso  imposto  dal  Califfo  per  un  diritto,  del  quale  i  Cristiani  erano 
in  possesso,  e  che  'TJmar  non  poteva  negare.  'TJmar  stesso  nel  documento  rammenta  e  conferma  la  pro- 
tezione concessa  dal  Profeta  e„da  abù  Bakr. 

E  probabile  che  'Umar,  per  ragioni  sue  speciali  volle  allontanare  i  Cristiani  dall'Arabia,  ma  d'altra 
parte  non  poteva  ignorare  i  diritti  acquisiti  dai  Cristiani,  e  dai  quali  essi  in  verun  modo  erano  deca- 
duti. Per  uscire  da  questa  difficoltà  egli  sciolse  con  la  spada  il  nodo  gordiano:  fissò  arbitrariamente 
quale  fosse,  a  suo  parere,  il  valore  commerciale  del  diritto  dei  Cristiani,  ed  impose  con  la  sua  autorità 
l'accettazione  del  compenso.  I  Cristiani  piegarono  il  capo  dinanzi  al  destino,  nulla  potendo  contro 
colui,  che  era  in  quel  giorno  il  più  potente  sovrano  d'Asia  Anteriore. 

§  223.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Salii  b.  Yiisuf,  da  al-Qàsim,  e  da  altri). 
La  prima  .spedizione  inviata  dal  Califfo  'Umar  fu  quella  di  abù  'Ubayd 
b.  Mas'ùd  neir  'Iraq  (cti*.  13.  a.  H.,  §§  140  e  segg.),  e  la  seconda  fu  quella 
di  Ya'la  b.  Umayyali  nel  Yaman  per  espellere  i  Cristiani  da  Nagràn. 

Per  giustificare  questo  atto  'Umar  affermò  che  metteva  in  esecuzione 
le  ultime  volontà  del  Profeta,  riconfermate  dalle  ultime  volontà  del  Califfo 
abù  Baki-,  che  cioè  nella  penisola  degli  Arabi  non  dovessero  esservi  due 
religioni  diverse.  Nessuno  dei  Cristiani  doveva  però  esser  costretto  a  rin- 
negare la  sua  fede,  ma  tutti  quelli  che  non  volevan  rendersi  Musulmani, 
dovevano  emigrare  fuori  d'Arabia.  I  Cristiani  potevano  recarsi  in  qualunque 
paese  essi  volessero,  e  gli  agenti  musulmani  dovevano  prendere  misura 
esatta  dei  loro  beni  immobili  in  Nagràn  e  dare  a  loro  l'esatto  equivalente 
nel  paese,  che  essi  avrebbero  scelto  per  dimora.  In  questo  modo  Umar 
promise  di  continuare  a  tenerli  sotto  la  protezione  islamica  (dz  i  m  m  a  h) 
(T abari,  I,  2162). 

Cfr.  anche  Athir,  II,  333,  lin.   13  e  segg. 

§  224.  —  (al-Balàdzuri).  Quando  divenne  Califfo  'Umar  b.  al-Khattàb 
i  Cristiani  del  Nagràn  crebbero  in  tal  numero  e  praticarono  l'usura  in  tal 

3o5. 


ss  --4-"i"-W.  ZU.    a,,    fi. 

20.  a.  H.  modo,  cho  'Umar  ebbe  timore  l'Islam  ne  soffrisse  danno:  perciò  li  espulse 

(ARABIA. -Espui-         /[[^.^^■,  loro  il  seffuente  scritto:   «Quanti  abitanti  della  Siria  e  dell'Iraq 

sione  dei  Cnstia-       ^     ^m  viv     lui^    ■■      --e,  v  t. 

ni  da  Nagràn.i  «  s'  iml)atteranno  in  essi,  devono  cedere  a  loro  terra  da  coltivare  e  quanta 
«  ne  potianuo  mettere  sotto  coltura.  Tanto  a  loro  appartiene  in  compenso 
«  di  quello  che  avevano  nel    Yaman  ». 

Alltn;»  questi  Ci'istiani  si  dispersero:  alcuni  si  stabiliiono  in  Siria, 
altri  nei  pressi  di  al-Kùt'ah  in  al-Nagraniy3'ah,  paese  al  quale  essi  diedero 
questo  nome.  Gli  Ebrei  del  Naù,ràn  avevano  fatto  un  patto  con  i  Cristiani 
ed  erano  come  loro  servi  (Baladzuri,  66). 

L'ultimo  periodo  è  di  senso  molto  oscuro  :  non  s' intende  quali  pos- 
sano essere  stati  i  rapporti  tra  Cristiani  ed  Ebi-ei  in  Nagràn,  salvo  a  su[)- 
porre  che  durante  l'occupazione  abissina  del  Yaraan  i  Cristiani  di  Nagràn 
abbiano  violentemente  spogliati  i  loro  vicini  Ebrei.  Forse,  come  mi  sug- 
gerisce il  Lammens,  in  Nagràn  esisteva  una  colonia  ebraica  prima  del- 
l'Isiàm, ma  sottomessa  ad  un  regime  speciale,  d'eccezione.  Cosi  era,  per 
esempio,  in  al-Tà-if  (cfr.  Lammens,  Taif,  pag.   11). 

§  225.  —  (al-Balàdzuri).  Secondo  altri  lo  scritto  di  'Umar  era  nei  se- 
guenti termini:  «Quegli  aiutanti  della  Siria  e  deH"Iràq  con  i  quali  fi  Na- 
«  grani)  s'incontreranno,  devono  dar  loro  terra  da  coltivare»,  oppure  «terra 
«incolta»  (kharib  al-ard:  forse  da  correggersi  garib,  misura  di  su- 
perficie)  rBalàdzuri,   66). 

§  226.  —  (ibn  Sa'd.  senza  isnàd).  Il  Califfo  'Umar  espulse  gli  Ebrei 
dal  Higàz,  e  li  mandò  fuori  dalla  penisola  degli  Arabi  (Grazi r ah  al- 
'Arah)  in  Siria.  Espulse  anche  gli  abitanti  di  Nagràn  e  li  stabilì  nel 
distretto  di  al-Kufah  (Sa ad.  III,  1,  pag.  203,  lin.   16-17). 

§  227.  —  (Abd  al-a'la  b.  Hammàd  al-Narsi,  da  Hammàd  b.  Salamah, 
da  Yahya  b.  Sa'id,  da  Ismà'il  b.  Hakim,  da  'Umar  b.  'Abd  al-'azìz).  Il 
Profeta  nell'iiltima  sua  malattia  disse:  «  Non  devono  coesistere  due  reli- 
«  gioni  nella  terra  degli  Arabi  ».  Quando  divenne  Califfo  'Umar  espulse  gli 
abitanti  di  Nagràn,  e  li  mandò  ad  al-Nagràniyj^ah,  comperando  i  loro  beni 
immobili  e  mobili  (Baladzuri,  66-67). 

§  228.  —  (^al-Husa}'n  b.  al-Aswad,  da  Waki'  b.  al-Grarràh,  da  al-A'mas. 
da  Sàlim  b.  abi-l-Gra'd).  Gli  abitanti  del  Nagràn  erano  diventati  40,000 
persone,  e  tra  loro  erano  sorti  dissensi:  essi  vennero  perciò  al  Califfo  'Umai- 
e  gli  dissero:  «  Mandaci  fuori  dal  paese  ».  E  'Umar  aveva  temuto  della 
influenza  loro  sui  Musvilmani;  perciò  si  valse  dell'occasione  offertagli  e  li 
espulse  dal  loro  paese.  In  appresso  fi  Cristiani)  si  pentirono  !■  vennero 
dal  Califfo  e  lo  pregarono  di  disdire  il  convenuto  con  essi  (aqilnà),  ma 
egli  si  rifiutò  (Baladzuri,  67). 

856. 


20.    a.    H.  §§  228-'23". 

Queste  notizie  mi  sembrano  raccolte  per  iscusare  la  condotta  ingiusta  20.  a.  H. 

T    -TT  •  '  •        «  •  ^-      NT  .    1.         x-      X      x-         [ARABIA.  -  Espul- 

di    Umar,  e  non  appaiono  ne  veraci  ne  convincenti.   JNessun  altra  tonte  la        sione  dei  Cristia- 
cenno  a  questo  desiderio  dei  Nagràni  di  emigrare,  né  dissensi  interni  pò-        "'  ^a  Nagràn.] 
trebberò  mai  essere  stati  un  motivo  verosimile.  Altra  cosa  un  conflitto  con 
gli  abitanti   circostanti,  seguaci   dell'Isiàm,  ma    di   ciò  non  si  fa  veruna 
parola. 

Anche  il  numero  40,000  ha  carattere  apocrifo:  4,  40,  4000,  ecc.,  sono 
i  numeri  preferiti  dai  Semiti  e  non  hanno  un  preciso  valore  aritmetico  : 
equivalgono  al  concetto  di   «  moltitudini  ». 

§  229.  —  (Qualche  tempo  dopo  la  sua  elezione)  il  Califfo  'Uthmàn 
(dopo  il  35.  H.)  scrisse  ad  al-Walid  b.  'Uqbah  b.  abi  Mu'ayt  suo  governa- 
tore in  al-Kùfah,  nei  seguenti  termini:  «L'al-'Aqib  (il  principe),  l'al- 
«  U  s  q  u  f  (vescovo)  ed  i  S  a  r  a  t  (le  cime  —  i  capi)  di  Nagràn  sono  venuti 
«  a  me  con  uno  scritto  dell'  Inviato  di  Dio,  e  mi  mostrarono  le  condizioni 
«  concesse  da  'Umar.  Io  ho  interrogato  'Uthmàn  b.  Hunayf  su  questa  fac- 
«  cenda,  ed  egli  mi  ha  riferito  d'aver  esaminato  i  loro  affari  e  d'aver  tro- 
«  vato  che  questi  erano  nocivi  ai  d  a  h  a  q  ì  n  perchè  li  teneva  lontani  dalla 
«loro  terra.  Orili  verità  io  li  ho  esentati  dalla  gizyah  per  l'ammontare 
«di  duecento  liallah  (mantelli?)  al  cospetto  di  Dio:  essi  hanno  il  diritto 
«  di  ereditare  le  loro  terre,-  ed  io  te  li  raccomando,  perchè  sono  una  gente, 
«a  cui  spetta  la  dzimmah  (=  protezione)  »   (Balàdzuri,  66). 

§  230.  —  (al-Balàdzuri).  I  primi  a  pagare  la  gizyah  tra  quelli  aventi 
Sacre  Scritture  (min  ahi  a  I-kit  ab)  furono  i  Cristiani  di  Nagràn:  poi  gli 
abitanti  di  Aylah,  di  Adzruh  e  di  Adzri'àt  nella  spedizione  di  Tabùk  (B  a  - 
làdzuri,  68). 

Infatti  la  sottomissione  di  Nagràn  al  Profeta  è  questione  controversa, 
perchè  il  contesto  delle  notizie  indurrebbe  a  efedere  che  il  Nagràn  pas- 
sasse sotto  il  vero  dominio  islamico  soltanto  alla  fine  della  guerra  della 
Eiddah.  ossia  nel  12.  H.  (cfi-.  12.  a.  H.,  §  73).  Se  prima  della  Riddali  vi 
fu  realmente  qualche  rapporto  di  soggezione  tra  il  Nagràn  e  Madinah 
(cfr.  10.  a.  H.,  §§  59-61;  11.  a.  H.,  §§  189  e  segg.)  fu  di  brevissima  du- 
rata e  di  natura  forse  del  tutto  nominale.  In  Nagràn  tre  mesi  prima  che 
morisse  Maometto  scoppiò  la  ribellione  di  al-Aswad,  e  passarono  più  di  due 
anni  prima  che  l'autorità  dell'Islam  si  riaffermasse  nel  Yaman.  Le  altre 
città  menzionate,  Aylah,  Adzruh  e  Adzri'àt.  per  la  loro  posizione  geografica, 
entro  il  territorio  bizantino,  non  possono  aver  mai  pagata  la  gizyah  a 
Maometto.  I  pretesi  trattati  conclusi  alla  spedizione  di  Tabùk  (cfr.  9.  a.  H., 
§§  38,  39,  40)  con  Aylah  e  Adzruh  f ammessa  la  loro  autenticità,  che  è 
molto  dubbia),  tutto  al  più  potrebbero  dimostrare  che  per  una  volta  tanto 

357. 


§§  230,  231.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  pagarono  qualche  lieve   tribiito   onorifico  al  Profeta  in  Tabuk,   ma   nulla 

sione  dei  Cristìa-  pì"-  Adzn'àt,  infine,  passò  sotto  dominio  arabo  soltanto  nel  13.  H.,  quando 
ni  da  Nagràn.i  entrarono  in  Siria  le  prime  schiere  dell'Islam,  sotto  Suialibìl  b.  Hasanah 
(cfr.  12.  a.  TI..  §§  31G,  («);  32G,  327,  ecc.),  e  da  quel  momento  in  poi  gli 
Arabi  non  l'abbandonarono  più:  nemmeno  alla  battaglia  del  Yarmùk,  perchè 
in  questa  bathaglia  Adzri'àt  rimase  alle  spalle  delle  schiere  ramite  di 
Ivhàlid  b.  al-Walid  e  di  abu  'Ubaydah  (ctr.  15.  a.  H.,  §  64  e  carte  al 
voi.*  Ili,  pag.  512  degli  Annali).  Quindi  il  pagamento  regolare  di  gizyah 
come  imposta  gravante  i  non  Musulmani,  appimto  per  il  loro  divario  di  fede, 
avvenne  soltanto  dal  13.  TI.  in  poi  e  non  prima.  Questa  constatazione  ha 
molta  importanza  storica:  ritorneremo  sull'argomento  sotto  l'anno  23.  IT. 

È  bene  aggiungere  però  sin  d'ora  che  questa  gizyah  va  intesa  nel 
suo  significato  più  antico,  ossia  non  come  tassa  per  testa,  ma  come  con- 
tributo globale  pagato  dai  vinti  per  avere  la  sicurezza  nella  vita,  nei  beni 
e  nella  loro  attività  commerciale,  industriale  e  agricola.  La  tradizione  ha 
travisato,  come  vedremo,  questo  carattere  della  gizyah  per  giustificare 
le  condizioni  di  tempi  posteriori. 

§  231.  —  (abù  Yùsuf).  Il  Califfo  'Umar,  dopo  aver  assunto  il  potere, 
espulse  i  Cristiani  da  Nagràn  al  Yaman  e  li  fece  emigrare  a  Nagràn  al- 
'Iràq,  perchè  ne  temeva  per  i  Musulmani.  Egli  scrisse  per  i  Nagràni  il 
seguente  scritto: 

«  In  nome  di  Dio  clemente  e  misericordioso. 

«  Questo  è  quanto  ha  scritto  sull'argomento  'Umar,  Principe  dei  Cre- 
«  denti  (Amìr  al-Mu-minin)  alla  gente  di  Nagràn.  Quelli  fra  loro 
«  die  pai'tiranno  (man  sarà  minhu m)  saranno  sicuri  nella  sicurtà 
«(a man)  di  Dio:  nessuno  dei  Musulmani  potrà  dar  loro  molestia.  Essi 
«  hanno  il  diritto  al  piedo  adempimento  di  quello  che  fu  scritto  a  loro  da 
«  Muhammad  al-Nabi,  e  da  abù  Baki-.  E  in  seguito:  Gli  am ir  della  Siria 
«e  gli  amir  deH"Iràq  che  s'incontreranno  con  loro,  dovranno  assegnare 
«  ad  essi  teira  da  coltivare,  e  quanta  di  questa  essi  potranno  lavorare  sarà 
«  loi'O  proprietà:  elemosina  al  cospetto  di  Dio,  e  sua  retribuzione  in  cambio 
«  della  loro  terra  (lasciata  in  Nagràn).  Nessuno  potrà  nulla  contro  di  essi, 
«  né  far  valere  alcun  credito.  E  in  seguito:  i  Musulmani  presenti  fi'a  loro, 
«  devono  assisterli  contro  chi  commette  ingiustizie  a  loro  danno,  perchè 
«  (i  Cristiani  di  Nagràn)  hanno  diritto  alla  protezione  (dzimmah).  Essi 
«  sono  esenti  dal  pagamento  della  gizyah  per  ventiquattro  mesi  dacché 
«  sono  venuti  alla  nuova  dimora.  Non  devono  esser  tassati  se  non  in  ra- 
«  gione  di  quello  che  può  rendere  la  loro  terra  né  devono  essere  trattati 
«  con  ingiustizia  e  inimicizia  ». 

358. 


20.  a.  H.  g§  -231-236. 

Testimoni    furono:    'Uthmàn  b.   'Affàn  e  Mu'ayqib,  il  quale  fu  anche  20.  a.  H. 

"■  J -1.  -1  [ARABIA.  -  Espul- 

scriba  (lusut.  41,  Im.  24  e  segg.).  sione  dei  Cristia- 

§  232.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  U  Califfo  'limar       "'  '^^  Nagràn.] 

espulse  gli  Ebrei  (^)  da  Nagràn,  facendoli  emigrare  ad  al-Kùfah  (Tabari, 

I,  2595.  lin.  3). 

Cfr.  Athir,  11/444. 

Nota  1.  —  Nei  paragrafi  precedenti  è  narrato  che  il  CaliiFo  'Umar  espellesse  i  Cristiani  dal  Nagrau. 
In  questa  tradizione  al-Wàqidi  menziona  gli  Ebrei  invece  dei  Cristiani.  Nelle  altre  tradizioni  più  an- 
tiche sulla  biografia  di  Maometto  e  sui  suoi  l'apporti  con  gli  abitanti  del  Nagràn  abbiamo  soltanto  notizia 
di  Arabi  pagani  e  Arabi  cristiani  :  di  Ebrei  del  Nagràn  non  esiste  memoria.  Ciò  però  non  esclude  che  ve 
ne  siano  stati  nel  circondario,  come  parrebbe  risultare  dall'ultimo  periodo  del  pi-ecedente  §  224 :  si  con- 
fronti anche  i  §§  284,  2B5.  Non  è  però  nemmeno  esclusa  la  possibilità  che  i  nostri  informatori  abbiano 
confuso  insieme  gli  Ebrei  di  Khaybar  ed  i  Cristiani  di  Nagràn,  e  per  inavvertenza  abbiano  scritto 
«  Ebrei  »  invece  di  «  Cristiani  »  parlando  di  Nagràn.  A  Khaj-bar  non  esistevano  Cristiani  :  questo  è  fatto 
sicuro. 

Per  gli  Ebrei  a  Nagràn  cfr.  Lammens,  Mu'àwiyah,  pag.  43o. 

§  233.  —  fYa'la  b.  'Ubayd,  da  Sufyàn,  da  'Abdallah  b.  Musa,  da  Isrà-il, 
da  abù  Ishàq,  da  abù  Uba3'dah,  da  'Ubajdallah,  da  'Abdallah).  Accadde 
una  volta  ad  'Umar  nel  cavalcare  che  gli  si  scoprì  dalla  tunica  una  parte 
della  coscia,  sulla  quale  la  gente  di  Nagràn  avendo  scorto  un  neo  nero: 
«  Ecco  »,  dissero,  «  colui  che,  come  troviamo  nel  nostro  Libro,  ci  scaccerà 
«dalla  nostra  terra»   (Sa ad,  III,   1,  pag.  236,  lin.  4-8). 

ARABIA.   -   Espulsione  degli  Eorei  da  Khaybar. 

§  234.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  il  Califfo  'Umar 
espulse  gli  Ebrei  da  Khaybar  e  divise  la  terra  fì"a  i  Musulmani.  Mandò 
quindi  abù  Habibah  a  Fadak  (pure  per  espellerne  gli  Ebrei)  e  concesse 
(agli  Ebrei)  la  metà  (^) ...  Il  Califfo  si  recò  poi  anche  a  Wàdi  al-Qura  e 
la  divise  fra  i  Musulmani  (Tabari,  I,  2594-2595j. 

Cfi-.  Atjiìr,  II,  444;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  133, v.,  il  quale  aggiunge 
che  'Umar  nello  stesso  tempo  cacciò  gli  Ebrei  (sic)  da  Nagràn  ad  al-Kùfah. 

ibn  al-Cirawzi  completa  il  testo  di  al-Tabari,  perchè  dice:  'Umar  mandò 
abù  Habibah  alla  gente  di  Fadak  e  diede  loro  metà  della  tei'ra  (G-awzi, 
I,  fol.  59,v.). 

Nota  1.  —  Nel  testo  di  al-Tabari  v'è  una  lacuna,  che  il  Prym  suppone  si  possa  colmare  con  le 
parole:    «  dei  frutti  e  della  terra  in  oro  •,  fondandosi  su  quello  che  narra  Balàdzuri,  29  e  32. 

§  235.  —  Secondo  Isò'deanah,  metropolita  siiiaco  di  al-Basrah,  Umar 
espulse  gli  Ebrei  da  Nagràn  e  li  trasportò  ad  al-Kùfah  nell'anno  20,  H. 
(Baethgen,  111). 

§  236.  —  Abbiamo  già  notato  altrove,  parlando  della  conquista  di 
Khaybar  (ctr.  7.  a.  H.,  §  33),  che  i  tradizionisti  hanno  cercato  di  falsi- 
ficare le  notizie  riguardanti  la  resa  di  quella  terra,  allo  scopo  di  dimostrare 

359. 


g  istì.  20.  a.  H. 

2^-  ^-  ^-  vhr  respulsioiio  de^li  Ebrei,  ordinata  da  'Umar,  fosse   atto   corretto  e  le- 

lARABIA.  -  EspuI-  ^,  ,.    .  ,  ,    ^  •     ,      ^.  ^  ,  ,•     x^,        •        . 

Siene  degli  Ebrei  gittiiuo.  La  tradizione  Ila  voluto,  Cloe,  lar  credere  che  gli  Jlibrei  al  mo- 
da Kfaybar.i  nu'uto  della  conquista  avessero  perduta  la  proprietà  delle  terre  e  che  per 
un  sommo  favore  di  Maometto  venisse  loro  concesso  di  coltivarle,  pren- 
dendo come  retribuzione  per  le  fatiche  della  coltivazione  la  metà  sola  del 
raccolto  annuo.  Invece  devesi  ritenere  che,  nel  concetto  di  Maometto  e  nei 
patti  della  resa,  il  fondo  fosse  rimasto  di  proprietà  degli  Ebrei,  ma  che 
per  patto  espresso  della  resa  i  proprietari  dovessero  sottostare  alla  servitù 
di  metà  del  raccolto  verso  i  Musulmani.  In  altre  parole  Maometto  aveva 
tolto  agli  Ebrei  la  metà  sola  della  proprietà  e  non  tutta.  Uno  dei  princi- 
pali atti  di  politica  interna  del  Califfo  Umar  fu  di  ordinare  la  espulsione 
degli  Ebrei  di  Khaybar  (').  Per  giustificare  questa  misura  che  equivaleva 
alla  confisca  della  rimanente  proprietà  degli  Ebrei,  si  sostenne,  per  princi- 
piare, che  la  terra  fosse  tutta  di  proprietà  dei  Musulmani  e  che  gli  Ebrei 
fossero  soltanto  affittuari  del  fondo.  Si  aggiunsero  altre  affermazioni,  che 
tendevano  a  considerare  come  soltanto  precaria  la  residenza  degli  Ebrei  in 
Khaybar;  si  disse  che  Maometto  concedesse  la  dimora  agli  Ebrei  in  Khaybar 
solo  finché  a  Dio  piacesse.  Poi,  non  bastando  questo,  si  inventò  che  Mao- 
metto morendo  avesse  detto  non  desiderare  che  due  fedi  diverse  esistessero 
allo  stesso  tempo  in  Arabia  (Hisàm,  779). 

Wàqidi  Wellhausen,  287;  Khamis,  II,  62. 

Nel  testo  di  ibn  Sa'd,  che  ha  visto  la  luce  dopo  che  avevamo  pubbli- 
cato il  secondo  volume  degli  Annali,  abbiamo  alcune  tradizioni,  dalle  espres- 
sioni delle  quali  parrebbe  che  i  Musulmani,  nella  conquista  di  Khaybar 
non  agissero  Qorrettamente,  ossia  non  conforme  ai  patti  ed  alle  promesse. 
Da  un  passo  (Sa  ad,  II,  1,  pag.  77,  lin.  22  e  segg.)  parrebbe  che  i  Mu- 
sulmani mettessero  a  moite  novantatre  maggiorenti  Ebrei  di  Khaybar  e 
non  traluce  chiaramente  se  s' intenda  che  la  loro  morte  avvenisse  in  le- 
gittima pugna,  o  se  fosse  eccidio  di  gente  inerme.  I  sospetti  prevalgono 
per  la  spiegazione  meno  bella  perchè  in  un  passo  seguente  (Saad,  II,  1, 
pag.  80,  lin.  1  e  segg.)  parrebbe  che  dopo  la  vittoria  Maometto  si  appro- 
fittasse d'un  patto  della  resa,  e  di  una  pretesa  violazione  della  medesima 
per  agii'e  come  ai  Musulmani  meglio  conveniva,  ossia  impadi'onendosi  di 
■  tutto.  Si  dice  cioè  che  gli  Ebrei  avessero  pattuito  di  cedere  tutti  gli  ori, 
gli  argenti  e  le  armi,  senza  ritenere  o  nascondere  cosa  alcuna.  Agli  Ebrei 
doveva  rimanere  di  proprietà  soltanto  quello  che  i  loro  cameli  potevano 
asportare  (ma  hamalat  rikàbuhum),  e  dovevano  rimanere  senza  pro- 
tezione (là  dzimmah  lahumj  e  senza  un  trattato  speciale  di  resa  (wa 
là    'ahd).  Ma  quando  fu  scoperto  che  avevano  nascosto  il  danaro  in  una 

360. 


20.  a.  H. 


236.  237. 


pelle  di  camelo  ucciso  di  fresco,  allora  Maometto  ridusse  schiave  le  loro 
donne,  confiscò  la  terra  e  le  palme,  e  le  consegnò  agli  Ebrei  alla  coudi- 
zione di  cedere  la  metà  del  reddito  lordo  ('ala-satr). 

I  tradizionisti  non  si  contentarono  nemmeno  di  queste  ragioni  per  cosi 
dire  legali;  vollero  anche  dimostrare  che  gli  Ebrei  erano  volgari  mall'at- 
tori  e  meritevoli  perciò  della  pena  di  espulsione.  Si  rinfi'escò  la  memoria 
del  musulmano  'Abdallah  b.  Salii  ucciso  a  Khaybar  (cfi-.  7.  a.  H.,  §  68), 
e  si  sostenne  di  nuovo  che  egli  era  stato  vittima  degli  Ebrei.  Si  ritornò 
sull'accusa  già  spesso  ventilata  ai  tempi  di  Maometto  (v.,  per  esempio,  la 
Sur  ah,  CXIII),  che  gli  Ebrei  usassero  incantesimi  a  danno  dei  Musul- 
mani, e  si  dichiarò  che  'Abdallah  b.  'Umar,  il  figlio  del  Califfo,  visitando 
Khaybar,  si  trovasse  la  mattina  con  ambedue  le  mani  paralizzate  da  un 
incantesimo  degli  Ebrei,  e  che  a  stento  i  suoi  compagni  poterono  prestargli 
soccorso   (Hisàm,   779-780;  Wàqidi  Wellhausen,  294). 

Cti-.  anche  Balàdzuri,  23,  24,  28;  Khamis,  II,   62. 

Nota  1.  —  La  tradizione  afferma  nettamente  (Hisàm,  779  e  Tabari,  I,  1590j  che  prima  abù 
Baki-  e  poi  'Umar  confermassero  agli  Ebi-ei  i  patti  ilell'aiBtto  concesso  dal  Profeta,  ma  che  poi  venisse  a 
conoscenza  di  'Umar  che  il  Profeta  morendo  aveva  dichiarato  di  non  volere  due  religioni  diverse  in  Arabia. 
Questa  tradizione  fu  inventata  allora  per  bassi  motivi  di  cupidigia,  perchè  è  inverosimile  che  'Umar 
venisse  a  conoscere  le  ultime  volontà  di  Maometto  vari  anni  dopo  la  sua  morte.  Egli  ed  abii  Bakr  avreb- 
bero dovuto  esser  i  primi  a  sapere  le  ultime  volontà  del  Profeta.  Questo  dimostra  come  già  pochi  anni 
dopo  la  morte  di  Maometto  si  incominciasse  a  inventare  tradizioni,  e  duole  appurare  come  'Umar  si 
prestasse  a  questo  genere  di  inganni,  che  servivano  a  coprire  ingiustizie  e  misfatti. 

Cfr.  anche  Balàdzuri,  28,  25,  26,  27,  ove  sono  addotte  molte  tradizioni  riunite  con  l'intento  di 
giustificare  e  di  spiegare  l'operato  di  'Umar,  e  nella  speranza  di  eludere  l'accusa  di  rapina,  suggerita 
dalla  condotta  del  Califfo.  Chi  si  scusa,  si  accusa! 

§  237.  —  Se  dobbiamo  credere  in  tutto  alle  tradizioni  del  tempo,  l'agi- 
tazione contro  gii  Ebrei  era  giunta  al  colmo  per  un  misfatto  attribuito  ai 
medesimi  mentre  regnava  Umar.  Muzahhar  b.  Ràfi'  al-Hàrithi  era  venuto 
con  dieci  schiavi  cristiani  dalla  Siria  a  visitare  le  sue  terre  in  Arabia  con 
lo  scopo  di  lasciarvi  questi  schiavi  a  lavorare  per  suo  conto.  In  Khaybar 
fece  sosta  per  tre  giorni,  durante  i  quali  gli  Ebrei  del  luogo,  se  la  tradi- 
zione dice  il  vero,  indussero  gli  schiavi  ad  assassinare  il  padrone,  e  for- 
nirono ai  medesimi  i  coltelli,  per  compiere  il  misfatto.  Quando  Muzahhar 
cessò  di  vivere,  crivellato  di  colpi,  gli  Ebrei  donarono  agli  assassini  viveri 
e  animali  da  sella,  con  i  quali  gii  schiavi  poterono  fuggire  e  giungere  in 
salvo  in  Siria.  Questo  delitto,  di  cui  l'intiera  colpa  fu  gettata  sugli  Ebrei, 
destò  una  grande  commozione  in  Madinah;  il  Califfo  'Umar,  cogliendo  la 
occasione  di  tanto  spontaneo  scoppio  di  animosità  contro  gli  Ebrei,  con- 
vocò i  fedeli,  li  arringò  in  una  lunga  predica,  nel  corso  della  quale  ram- 
mentò tutti  i  delitti  attribuiti  agli  Ebrei,  ed  annunziò  la  risoluzione  presa 
di  espellerli  da  Khaybar,  adducendo  come  argomenti  finali  le  due  sentenze 


20.  a.  H. 
[ARABIA.  -  Espul- 
sione degli  Ebrei 
da  Khaybar.] 


361. 


46 


S  .i3T 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
[ARABIA.  -  Espul- 
sione degli  Ebrei 
da  Khaybar.| 


già  menzionate  del  Pi-oleta:  annunziò  quindi  che  si  accingeva  a  recarsi  a 
Khaybar  per  ndistril)uire  le  terre  tenute  finora  dagli  Ebrei  come  affittuari 
e  consognarle  definitivamente  ai  veri  proprietari,  ai  Musulmani.  Il  Califtb 
'Umar  volle  esser  presente  alla  divisione  delle  terre,  ma  incaricò  Farwah 
b.  'Amr,  Grabbàr  b.  Sakhr,  abu-1-liaytjiam  e  Zayd  b.  'Jhàbit  di  fare  il  lavoro 
matei'iale  della  divisione  alla  presenza  dei  pensionati  stessi  del  Profeta,  o 
dei  loro  eredi  o  rappresentanti.  Vennero  lasciate  intatte  le  disposizioni  fatte 
dal  Profeta  delle  18  parcelle  grandi,  composte  ognuna  di  100  lotti  (con- 
frontisi 7.  a.  H.,  §§  41,  42);  e,  come  in  quella  circostanza,  si  tirò  a  sorte 
con  pezzi  di  sterco  disseccato  di  cameli.  Le  parcelle  erano  13  nella  regione 
di  Khaybar  detta  al-Siqq,  e  5  in  quella  Natàt.  L'ordine,  nel  quale  vennero 
estratte  e  assegnate  lo  parcelle,  fu  il  seguente: 

(1)  al-Zubayr; 

(2)  banù  Bayàdah,  amministrata  da  Farwah  b.  'Amr; 

(3)  Usayd  b.  Hudayr; 

(4)  banù-l-Hàrit_h,  amministrata  da  'Abdallah  b.  Rawàhah  (questa 
notizia  non  j3uò  essere  esatta  perchè  ibn  Rawàhah  fu  ucciso  ad  al-Mu'tah 
nell'anno  8.:  — e*.  8.  a.   H.,  §  10); 

(6)  Nà'im; 
che  erano  le  cinque  parcelle  di  Natàt.  Le  tredici  di  al-Siqq  vennero  fuori 
nell'ordine  seguente: 

(6)  'Asim,  che  fu  estratta  per  prima,  come  avvenne  nella  divisione 
fatta  da  Maometto; 

(7)  'Ali; 

(8)  ibn  'Awf; 

(9)  Talhah; 

(10)  banù  Sà'idah,  amministrata  da  Sa'd  b.  'Ubàdah  (che  aveva  già 
cessato  di  vivere  da  vari  anni  in  Siria!  Cfr.  15.  a.  H.,  §§  132  e  segg.); 

(11)  al-Naggàr; 

(12)  Hàrithah; 

(13)  Aslam  e  Ghifàr,  amministrata  da  Buraydah  b.  al-Husayb; 
(14-15)  Salamah; 

(16)  'Ubayd  al-Sihàm; 

(17)  'Ubayd; 

(18)  A  WS,  che  andò  poi  tutta  insieme  in  possesso  di  'Umar. 
Durante  la  divisione  delle  terre,  il  Califfo  lasciò  alle  vedove  del  Pro- 
feta la  scelta,  sia  di  avere  netta  la  rendita  in  datteri  e  in  grano,  oppure 
la  porzione  di  terra  con  la   relativa  dote  di  acqua  per   irrigarla.    'A-isah 
e  Hafsah  preferirono  la  terra,  le  altre  scelsero  invece  la  pensione.  Di  poi 


.862. 


20.    a.    H.  §§  237,  238. 

'A'isah  si  vantò  della  sua  accoi'tezza  nell'aver  preferita  la  teri'a,  perchè  più  20.  a.  h. 

tardi  il  governatore  Marwàn  b.  al-Hakam  si  permise  talvolta  non  solo  di  "  sione  degli  Ebrei 
diminuii-e  l'entità  della  pensione,  ma  in  alcuni  casi  di  sopprimerla  addi-  ^a  Khaybar.] 
rittura.  Anche  agli  altri  fa  permesso  il  cambio,  ed  allo  stesso  tempo  il 
Califfo  autorizzò  la  vendita  dei  lotti.  Così  avvenne  che  gli  As'ariti  e  i 
Euhàwiti,  che  avevano  avuto  un  lascito  speciale  di  100  wasq  ciascuno  dal 
Profeta  (^),  vendettero  questo  diritto  di  pensione  a  'Uthmàn  e  a  Mu'àwij'^ah, 
ognuna  delle  due  parti  per  5000  dìnàr  (Wàqidi  Wellhausen,  294-296). 

Hisàm,  780,  narra  che  'Umar  fii  aiutato  nella  divisione  da  Gabbar 
b.  Sakhr,  il  sopraintendente  generale  e  contabile  di  Khaybar,  e  da  Yazid 
b.  Thàbitf). 

Balàdzuri,  28:  fino  ai  tempi  di  'Umar  II  [f  101.  a.  H.],  quando  il 
fondo  di  al-Katìbah  era  amministrato  da  un  certo  Humaj^d,  esistè  un  re- 
gistro regolare  dei  pensionati. 

Athir.  IL   171;  Khamis,  II,  62. 

Nota  1.  —  Come  al  solito,  le  fonti  sono  incomplete  ed  oscure  nelle  informazioni  che  ci  danno. 
Esse  infatti  dimenticano  che  la  divisione  fu  di  due  specie  diverse.  Il  bottino  territoriale,  per  così  dii-e, 
di  Khaybar.  era  infatti  di  due  specie  :  la  prima  era  quella  formata  dal  grande  gruppo  dei  quattro  quinti, 
al  quale  ebbero  diritto  e  parte  i  membri  della  spedizione  ;  la  seconda,  che  fu  parimenti  divisa,  era  quella 
del  quinto  ritenuto  da  Maometto,  ossia  tutto  il  fondo  di  al-Katibah,  i  redditi  del  quale  erano  stati  distri- 
buiti dal  Profeta  di  suo  completo  arbitrio  nel  modo  descritto  in  un  passo  precedente.  Cfr.  7.  a.  H.,  §  42. 
Da  alcune  espressioni  dei  testi  citati  si  viene  indirettamente  a  sapere,  che  morto  il  Profeta,  e  morti 
alcuni  degli  usufruttuari  delle  pensioni  date  da  Maometto,  fu  sollevata  la  questione  della  proprietà  più 
o  meno  valida  di  queste  pensioni  e  sul  diritto,  o  no,  di  lasciare  le  medesime  ad  eredi.  Risulta  che  man- 
cavano veri  documenti  ufficiali  per  dimostrare  la  validità  dei  diritti,  e  si  può  dedurre  dai  testi,  che  la 
questione  venisse  risoluta  in  via  amichevole  fra  il  governo  centrale  e  gli  aventi  diritto.  Questa  maniera 
di  accomodamento  fu  possibile  per  le  condizioni  eccezionalmente  floride,  nelle  quali  si  trovava  il  bilancio 
dello  Stato,  ed  è  molto  probabile  che  la  necessità  di  por  fine  una  volta  per  sempre  ad  una  questione 
difficile  e  spinosa,  fosse  uno  dei  moventi  secondari  della  espulsione  degli  Ebrei. 

Nota  2.  —  L'elenco  delle  18  parcelle  di  cento  lotti,  che  qui  abbiamo  riprodotto,  combina  con 
quello  dato  da  noi  sotto  l'anno  7.  a.  H.,  §  41,  e  perfino  l'ordine  è  quasi  il  medesimo  ;  è  probabile  che 
il  secondo  sia  stato  compilato  posteriormente  su  quello  definitivo  ai  tempi  di  TJmar.  Le  tradizioni  sulla 
spedizione  di  Khaybar,  che  vorrebbero  dimostrare  gli  Ebrei  fossero  soli  affittuari  e  i  Musulmani  i  veri 
proprietari  per  diritto  di  conquista,  sono  recisamente  contradette  dalle  tradizioni  del  tempo  di  'Umar. 
Il  tenore  di  queste  ultime  dimostra  che  ai  tempi  di  MaomettcJ  si  dividessero  soltanto  le  rendite,  e  non 
i  fondi.  Il  CaliiFo  Tlmar  dovè  ridividere  tutto,  perchè  nel  caso  presente  si  trattò  di  spartire  material- 
mente la  terra,  senza  impegno  sul  reddito  della  medesima.  In  ogni  caso  le  informazioni  che  abbiamo  sono 
molto  deficienti  e  non  ci  permettono  di  venire  a  conclusioni  precise.  E  assai  probabile  che  gli  stessi 
tradizionisti,  sia  per  inavvertenza,  sia  premeditatamente,  abbiano  confuso  insieme  le  due  divisioni  di 
Maometto  e  di  'Umar:  lasciando  così  confusione  ed  iucertezza  nelle  notizie,  hanno  tentato  di  togliere 
all'atto  arbitrario  di  'Umar  il  forte  sapore  di  tirannica  ingiustizia. 

§  238.  —  Da  Khaybar  il  Califfo  'Umar  si  recò  anche  a  Wàdi  al-Qura, 
durante  il  viaggio  di  ritorno,  ed  ivi  procede  alla  divisione  delle  terre  nello 
stesso  modo,  che  aveva  fatto  a  Khaybar,  con  l'aiuto  di  quattro  agronomi. 
Furono  in  tutto  ventotto  le  parcelle,  kh  a  t  a  r  ;  assegnate  per  sorte  ai  se- 
guenti, nell'ordine  che  diamo  qui  appres.so: 
(1)   'Uthmàn; 

363. 


§  238. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  (2)  ibii   'Awf; 


(ARABIA.  -  EspuI-  „x  .,t  i  i  -    e    i  i 

sione  degli  Ebrei  (3)  Umar  b.  ahi  Salaiuah; 

da  Khaybar.]  (4)  \^mii-  b.  Rabi'ah; 

(6)  i\Iu'ayqib; 


(6)  ibn  al-Arqam; 

(7)  gli  credi  di  (la' far  (b.  abi  Tàlib): 

(8)  'Amr  b.  Suràqah  ; 

(9-10)  'Abdallah  e  'Ubaydallah  (figli  del  Califfo  'Umar); 

(11)  Suj'aym  (Sautam?); 

(12)  ibii  'Abdallali  b.  àahs; 

(13)  ibn  abi  Bakr; 

(14)  •Umar; 

(16)  Zayd  b.   Thàbit; 

(16)  Ubayy  b.  Ka'b; 

(17)  Mu'àdz  b.  'Afra; 

(18)  abù  Talliah  e  Grubayr; 

(19)  G-abbar  b.  Sakhr; 

(20)  Gabbar  b.  'Abdallah; 

(21)  Màlik  b.  Sa'sa'ah  e   Gàbir  b.   'Abdallah  b.   'Amr; 

(22)  Salamah  b.  Salàmali; 

(23)  'Abd  al-rahmàn  b.   Thàbit  e  ibn  abi  Sariq; 

(24)  abù  'Abs  b.   Gabr; 

(25)  Muhammad  b.  Maslamah; 

(26)  'Abbàd  b.  Tàriq; 

(27)  Gabr  b.  'Atik  e  ibn  al-Hàrith; 

(28)  ibn  Garmah  e  al-Dahhàk. 
(Wàqidi  Wellhausen,   296). 

L'elenco  trasmesso  da  ibn  Ishàq  è  leggermente  diverso: 

(1)  =  (1)  di  al- Wàqidi; 

(2)  =  (2)  id.: 

(3)  =  (3)  id.; 

(4)  =  (4)  id.; 

(5)  'Amr  h.  Suràqah  e  al-Asyam; 

(6)  =  (7)  di  al- Wàqidi; 

(7)  =  (5)  id.  ; 

(8)  =  (6)  id.  ; 

(9)  e  (10)  =  (9)  e  (10)  di  al-Wàqidi; 

(11)  =  (12)  di  al-Wàqidi; 

(12)  ibn  al-Bukayr  e  Mu'tamir; 


364. 


20.  a.  H. 


238,  239. 


(13)  =  (16)  di  al-Wàqidi; 

(14)  =  (16)  id.; 

(15)  =  (17)  id.; 

(16)  =  (18)  di  al-Wàqidi,  con  la  differenza  che  il  nome  del  compro- 
prietario, invece   di   G-ubajr,  è  Hasan ; 

(17)  =  (19)  di  al-Wàqidi,  con  l'aggiunta  del  nome  di  Gràbir  b.  'Al)- 
dallali  b.  Riàb; 

(18)  =  (21); 

(19)  (Usaj'd)  b.  Hudayr; 

(20)  ibn  Sa'd  b.  Mu'àdz; 

(21)  =  (22)  di  al-Wàqidi: 

(22)  =  (23)  di  al-Wàqidi.  con   la  differenza  che   invece   di   ibn   abi 
Sariq  abbiamo  abù  Sarik; 

(23)  =  (24)  di  al-Wàqidi; 

(24)  =  (25)  id.; 

(25)  'Ubàdah  b.  Tàriq,  ossia  una  vei'sione   diversa  del  n.  26  di  al- 
Wàqidi  ; 

(26)  =  (27)  di  al-Wàqidi,  con  la  differenza  che  invece  del  figlio  di 
al-Hàrit^,  è  detto  dei  due  figli  del  medesimo; 

(27)  =  (28)  di  al-Wàqidi,  con  la  differenza  che  invece  di  ibn  Grar- 
mah  abbiamo  ibn  Hazamah. 

In  tutto  dunque  una  parcella  di  meno  che  nella  lista  di  al-Wàqidi,  va- 
riante che  si  spiega  facilmente  con  raddoppiamento  del  n.  12  della  nota 
di  ibn  Ishàq.  Infatti  il  numero  dei  nomi  nelle  due  liste  è  eguale  (Hisàm, 
780-7811. 

§  239.  —  Furono  espulsi  anche  gli  Ebrei  di  Fadak,  ma  verso  di  essi 
'Umar  usò  un  trattamento  diverso  (^),  vale  a  dire  non  li  cacciò  come  in- 
trusi come  quelli  di  Khaybar,  ma  volle  che  alcuni  periti  stimassero  il  valore 
dei  fondi  da  essi  tenuti,  gravati  della  servitù  di  metà  del  reddito  di  cor- 
risposta, e  pagassero  loro  il  valore  della  terra  cosi  espropriata.  Gli  agenti 
e  periti  nominati  da  'Umar  furono  abù-l-Haj'thani  b.  al-Tavyihàn  (o  al- 
Nayyihàn),  Farwah  b.  'Amr  e  Zayd  b.  Thàbit  :  alcuni  invece  di  abù-1- 
Haytham,  pongono  il  nome  di  abù  Khaythamah  al-Hàrithi.  Il  valore  delle 
ten-e  espropriate  fu  calcolato  a  circa  50,000  dirham;  'Umar  fece  versare 
questa  somma  nelle  mani  degli  Ebrei  e  li  costrinse  ad  emigrare  in  Siria 
(Wàqidi    Wellhausen,  291). 

La  somma  menzionata  ci  sembra  irrisoria:  il  valore  delle  terre  col- 
tivabili in  Arabia  era  molto  elevato,  cfr.  Lammens,  Mu'àwiyah, 
pag.  243-244. 


20.  a.  H. 
[ARABIA.  -   EsDul- 
sione  dagli  Ebrei 
da  Khaybar.] 


365. 


§§  239-242.  20.    a.    H. 


20.  a.  H.  Bai  ad/,  uri,    29,  dite    che   i    nomi    dei    periti    erano:   abu-1-Haytham 

sione  degli  Ebrei     ^fàlik  b.  al-Tay  viliAii,  Sahl   b.   abi  Khaythamah  e  Zayd  b.   Thàbit. 
daKhaybar.l  A  th  ì  r  .    II.    172;   Kh  a  111  i  s  ,   II,   C4. 

Nota  1.  —  Siccome  j^H  abitanti  di  Fmlak  non  si  erano  arresi  in  conseguenza  ili  una  spedizione  ar- 
mata, ma  per  conti-atto  spontaneo  con  il  Profeta,  torse  non  fu  possibile  di  sostenere,  die  Maometto 
fosse  divenuto  il  proprietario  di  tutto  il  tei-ritorio  di  Padak,  nello  stesso  modo  con  cui  i  Musulmani 
erano  stati  dichiarati  proprietari  di  Kbaybar.  Ma  poiché  Fadak  faceva  parto  del  demanio,  'Umar,  stante 
le  condizioni  Horidisaimo  dell'erario,  usò  verso  gli  Ebrei  di  quell'oasi  una  larghezza,  che  gl'innumerevoli 
proprietari  dei  lotti  di  Khaybar  non  avrebbero  mai  riconosciuta  od  accettata.  Le  stesse  fonti,  lo  quali  ci 
dichiarano  che  gli  abitanti  di  Fadak  trattarono  con  il  Profeta  sulle  stesse  condizioni  concesse  a  JCiaybav, 
non  sanno  e  non  tentano  nemmeno  di  dare  una  spiegazione,  perchè  il  trattamento  fosse  tanto  diverso 
all'epoca  della  espulsione. 

§  240.  —  Non  è  certo  qual  fosse  la  sorte  degli  Ebrei  di  Wàdi  al-Qura, 
perchè  se,  dobbiamo  credere  ad  al-Wàqidi  (  W  a  q  i  d  i  W  e  11  h  a  u  s  e  n  ,  292), 
il  Calitìb  'Umar  li  lasciò  nelle  terre  di  Wàdi  al-Qura,  perchè  allora  quella 
regione  faceva  parte  della  provincia  della  Siria,  e  il  confine  del  Higàz  pa.s- 
sava  a  mezzogiorno  di  Wàdi  al-Qura.  al-Balàdzuri,  invece,  menzionando 
la  conquista  dai  tempi  del  Profeta,  aggiunge:  «  Si  dice  che  'Umar  espel- 
«  lesse  gli  Ebrei  di  Wàdi  al-Qura  e  dividesse  il  paese  fra  i  Musulmani,  che 
«  avevano  partecipato  a  quella  spedizione  di  conquista;  altri  però  dicono 
«  che  egli  non  li  espellesse,  perchè  allora  Wàdi  al-Qura  non  faceva  parte 
«  del  Higàz,  ma  soltarfto  oggi  (ossia  circa  260.  a.  H.)  è  stata  unita  al  di- 
«  stretto  amministrativo  di  Madinah  »  (Balàdzuri,  34),  le  parole  del  quale 
fanno  supporre,  che  gli  Ebrei  di  Wàdi  al-Qura  fossero  stati  cacciati,  ma  che 
non  si  sapesse  chi  precisamente  ne  aveva  ordinata  l'espulsione.  Ai  tempi 
di  al-Balàdzuri  non  v'erano  più  Ebrei  in  Wàdi  al-Qura  ('). 

E  noto  però  che  al-Maqdisi  tre  secoli  dopo,  trovò  l' Higàz  pieno  di 
Ebrei  (cfr.  Muqaddasi,  pag.  96,  lin.   1 6). 

Nota  1.  —  Un'altra  tradizione  conservata  da  Balàdzuri,  dice  che  'Umar  espellesse  gli  Ebrei  di 
Fadak,  di  Khaybar  e  di  Taymà,  conti'ariamente  a  quanto  afferma  al-Wàqidi,  il  quale  sostiene  che  Taymà, 
trovandosi  entro  i  confini  d'allora  della  Siria,  non  venne  inclusa  nel  decreto  di  espulsione  (Balà- 
dzuri, 34-35). 

Wàqidi  Wellhausen,  292. 

§  241.  —  (al-Ya'qùbi).  (Nell'anno  20.  H.,  così  deducesi  dai  tre  cenni 
cronologici  nel  testo  a  pag.  175,  lin.  4;  178,  lin.  13,  e  179,  lin.  4)  il  Califfo 
'Umar  espulse  gii  Ebrei  di  Khaybar  dall'al-Higàz,  allorché  fu  ucciso  Mu- 
zahhar  b.  Ràfi'  al-Hàrithi.  'Umar  disse:  «  Ho  udito  il  Profeta  che  diceva: 
«  nella  penisola  degli  Arabi  non  possono  coesistere  due  religioni  ».  Egli 
divise  Khaybar  in  sédici  porzioni  (Ya'qùbi,  II,   178). 

ARABIA-ABISSINIA.  —  Disastro  navale  arabo. 

§  242.  —  È  probabile  che  l'oscura  notizia  contenuta  nel  presente  pa- 
ragrafo si  riferisca  ad  una  spedizione  contro  un  punto  della  costa  africana 

36i5. 


20.    a.    H.  §§  242,  243. 

ver  punire  qualche  atto  di  pirateria  di  marinari  neo;ri,  probabilmente  isti-  20.  a.  H. 

^        ^         ,.      7;  .      .     .  o     '    r  [ARABIA-ABISSI- 

gatl   dagli   Abissini.  N|A.  .  Disastro 

Flotta    abissina,    a   ogni    modo    è    termine    improprio,   perchè    non    ci        navale  arabo.) 
consta  che  gli  Abissini  fossero  marinari:  quando  invasero  il  Yaman  prima 
dei  tempi  di  Maometto  si  valsero  in  parte  di  navi  fornite  dall'imperatore 
Giustiniano. 

(al-Wàqidi?).  In  questo  anno  il  Califfo  'Umar  mandò  ad  assalire  una 
flotta  abissina,  che  scorreva  le  coste  d'uno  dei  paesi  musulmani  (Arabia?): 
la  flotta  araba  era  comandata  da  'Alqamah  b.  Mugazziz  al-Mudligi,  ma 
siccome,  essa  perì  miseramente  (in  una  tempesta?),  il  Califfo  stabilì  che  non 
avrebbe  mai  mandato  alcuno  a  navigare  sul  mare  (T  a  bari,  I,  2595,  lin.  6 
e  segg.)  (>). 

Cfr.  Athir,  II,  444. 

ibn  al-Grawzi  dice  che  erano  duecento  uomini  su  quattro  navi  (Gfawzi, 
I.  fol.  59,v.). 

Cfr.  §  22. 

Nota  1.  —  Secondo  una  tradizione  di  abn  Ma'sar,  la  cosi  detta  Ghazwah  al-Asàwidah  o 
spedizione  dei  negri  i nella  Somalia  settentrionale?),  inviata  per  mare,  avvenne  soltanto  nel  31.  a.  H. 
(labari,  I,  2595,  lin.  9). 

Cfr.  Atjiir,  n,  444. 

ARABIA.  —  Madlnah:  matrimonio  del  Califfo    Umar. 

§  243.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Neiranno  20.  H.  il  Califfo 'Umar 
si  unì  in  matrimonio  con  Fàtimah  bint  al-Walid,  la  madre  di  'Abd  al- 
rahmàn  b.  al-Hàrith  b.  Hisàm  (T  abari,  I,  2594,  lin.   12). 

Cfi-.  Athir,  II,  444. 

Kicordiamo  che  'Umar  contava  allora  circa  60  anni,  ed  il  suo  gineceo 
aveva  numerose  abitatrici.  È  strano  che  non  si  dice  se  la  nuova  sposa  fosse 
vedova,  né  quale  la  sua  età.  È  noto  che  il  primo  marito  al-HàritJh  b.  Hisàm, 
secondo  alcune  fonti,  viveva  ancora  ai  tempi  del  Califfo  'Utjimàn  (Hagar. 
I,  601,  lin.  18),  sebbene  altri,  è  vero,  lo  dicono  morto  o  al  Yarmùk,  o  nella 
peste  dell'anno  18.  H.  (Hagar,  I,  601,  lin.  13-14).  Secondo  al-Wàqidi 
(Dzahabi  Tagrid,  I,  370-371,  n.  3564),  Fàtimah,  che  era  sorella  di 
Khàlid  b.  al-Walid,  partorì  'Abd  al-rahmàn  nel  primo  anno  della  Higrah. 
Quindi  non  era  più  donna  fi-esca  e  piacente  :  in  Arabia  le  donne  deperi- 
scono presto.  Ancora  non  si  è  data  una  spiegazione  convincente  delle  ra- 
gioni per  le  quali  sì  spesso  Maometto  ed  i  suoi  Compagni  togliessero  in 
moglie  donne  anziane,  vedove  o  divorziate.  Erano  matrimoni  politici?  Ebbe 
questo  matrimonio  di  'Umar  alcun  legame  intimo  con  la  condotta  del  Ca- 
liffo rispetto  a  Khàlid  b.  al-Walid? 

367. 


§§  244-247.  20.  a.  H. 


20  a.  H.  ARABIA.  —  Pellegrinaggio  annuale. 

(ARABIA        Pelle- 
grinaggio an-  §  244.  —  (al-Tabaii,  senza  isnàd).  Nel  presente  anno  20.  H.   il  Ca- 

"uaie-j  liflb    Umar  diresse  il  pellegrinaggio  annuale  (T  a  bari,  I,  2695). 

Ctr.  Mas'udi,  IX,  55;  Athir,  II,  444.   , 

ARABIA.  —  Terremoto. 

§  245.  —  Nell'anno  20.  H.  vi  fu  un  terremoto  in  Madinah  (Grawzi, 
I,  fol.  59,r.-59,v.). 

Luogotenenti  del  Califfo    Umar. 

§  246.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  In  questo  anno  vi  furono  i  mede- 
simi luogotenenti  ed  i  medesimi  qàdi  dell'anno  precedente,  ad  eccezione 
di  quelli  di  cui  è  fatto  menzione  nelle  notizie  precedenti  (Tabari,  I,  2595). 

Cfr.  Athir,  II,  444. 

ARABIA.  —  Istituzione  del  Diwàn  o  ruolo  di  pensioni. 

§  247.  —  L'istituzione  del  dìwàji  (')  non  sorse  come  la  tradizione  ce  lo 
presenta,  ossia  tutta  d'un  pezzo  dal  cervello  di  'Umar  e  dei  suoi  consi- 
glieri. Sembra  certo  che  provenisse  quasi  naturalmente  da  una  fusione  di 
quanto  si  faceva  negli  anni  precedenti  con  la  distribuzione  del  quinto  del 
bottino  e  di  quanto  esisteva  nelle  provincie  bizantine  e  sassanide  per  il 
pagamento  regolare  del  ruolo  ai  militi  dei  due  imperi.  Maometto  soleva 
fare  la  distribuzione  della  preda  molto  a  modo  suo,  e  la  maggior  parte  delle 
rivelazioni  quraniche  su  questo  argomento  furono  suggerite  da  violazioni 
del  diritto  ed  uso  comune  esistente  in  Arabia:  basta  rammentare  il  suo 
rontegno  alla  resa  dei  banù-1-Nadìr  (cfi-.  4.  a.  H.,  §  13),  alla  presa  di  Fadak 
(cfr.  7.  a.  H.,  §  47)  e  nella  spartizione  del  bottino  dopo  la  battaglia  di 
Hunayn  (cfr.  8.  a.  H.,  §  164),  quando  egli  comperò  la  conversione  dei 
principali  Quraj^s  con  vma  parte  cospicua  della  preda  sollevando  le  pro- 
teste dei  fedeli.  Siccome  in  quest'ultima  circostanza  la  sua  condotta  fu 
contraria  ai  precedenti  soliti,  e  alla  legge  del  deserto,  e  siccome  grande 
fu  la  fama  dell'evento,  risultò  necessaria  anche  una  speciale  rivelazione 
divina  per  attutire  i  malumori.  Persino  alla  battaglia  di  Badr  la  rivela- 
zione (Vili,  42),  riguardante  il  bottino,  era  per  decretare  una  nuova 
usanza,  il  quinto  riservato  al  Profeta.  I  tradizionisti  vorrebbero  sostenere 
che  prima  dell'  Islam  il  capo  della  spedizione  avesse  il  quarto  invece  del 
quinto  (cfi-.  Freitag.  Einleit.,  pag.  266 ) ;  ma  è  meglio  prestarvi  poca 
fede.  È  più  probabile  che  la  spartizione  fosse  del  totale  e  eguale  per  tutti. 
È  palese  dunque  che  Maometto    avesse  la  consuetudine  di  agire,    quando 

368. 


sioni. 


20.  a.  H.  §  247. 

gli  era  comodo  e  quando  gli  era  possibile,   in  modo   molto    arbitrario.  La  20.  a.  H. 

morte  del  Profeta  lasciò  quindi  una  certa  vaghezza  sulla  spartizione  del  zj^ne  dei  Diwàn 
bottino,  e  in  particolare  sulla  destinazione  da  darsi  al  quinto,  di  cui  egli  °  '"°^°  «^'  p^"- 
disponeva  a  volontà  e  che  gli  serviva  come  cassa  di  guerra,  come  stru- 
mento di  persuasione  e  come  fondo  di  beneficenza.  Il  Qur-àn  porge  varie 
indicazioni  sul  modo  di  disporre  di  questo  quinto  (per  es..  Vili,  42),  ma 
il  Profeta  non  seguì  sempre  queste  norme  e  le  violò  quando  gli  convenne, 
abù  Bakr  alla  fine  della  Eiddah  si  trovò  in  possesso  già  di  molto  bottino, 
per  la  maggior  parte  il  quinto  della  preda  rapita  agli  apostati  dell'Arabia 
Centrale,  e  pare  che  egli  seguisse  la  norma  di  dividerlo  in  porzioni  eguali 
tra  i  fedeli   (cfr.   §  2G0). 

Tale  sistema  primitivo  doveva  presentare  molti  inconvenienti,  e  dege- 
nerare in  abusi,  ingiustizie  e  favoritismi,  perchè  la  tradizione  non  chia- 
risce chi  fossero  propriamente  quelli  che  trassero  beneficio  dalla  ripartizione 
del  quinto.  Non  possono  esser  stati  tutti  i  sudditi  dell'Islam  in  Arabia, 
nemmeno  tutti  i  Musulmani  nella  penisola:  forse  la  distribuzione  beneficò 
specialmente  i  Compagni  più  antichi  del  Profeta.  Le  grandi  fortune  rac- 
colte da  alcuni  di  questi  senza  prender  parte  alle  guerre,  fan  sospettare 
che  nell'amministrazione  degli  immensi  danari  pubblici  avvenissero  grossi 
abusi  anche  sotto  il  regno  di  'Umar.  Non  accusiamo  nessuno,  ma  insistiamo 
sopra  un  fenomeno  talmente  umano,  un  fenomeno  di  tanta  frequenza  nella 
storia  di  tutti  i  popoli,  che  non  possiamo  ragionevolmente  dubitarne.  Noi 
riteniamo  perciò  che  l'istituzione  del  dìwàn  s'imponesse  come  una  neces- 
sità imperiosa  per  metter  termine  ad  infiniti  abusi,  per  distrigare  l'ammi- 
nistrazione delle  finanze  da  sperperi  e  confusioni,  e  per  giustificare  ed  in 
un  certo  modo  condonare  le  colpe  del  passato.  Se  perciò  Umar  volle  con 
r  istituzione  del  diwàn  fissare  esattamente  la  quota  che  ognuno  doveva 
ricevere,  è  manifesto  che  negli  anni  precedenti  alcuni  privilegiati  si  presero 
più  degli  altri.  Egli  sanzionò  gli  abusi  passati,  ma  volle  infi-enare  quelli 
futuri,  insistendo  perchè  ai  grandi  lucri  partecipassero  anche  le  milizie  dei 
campi  militari  nelle  provincie,  ossia  quelli  che  erano  i  veri  artefici  duella 
grande  ricchezza. 

La  tradizione  vede  nell'istituzione  del  dìwàn  soltanto  le  pensioni 
distribuite  ai  Compagni  ed  ai  guerrieri  dell'Islam.  In  verità  però  l'istitu- 
zione non  solo  abbracciò  le  uscite,  le  pensioni,  ma  comprese  anche  la  sor- 
veglianza e  l'ordinamento  sistematico  delle  entrate:  significò  la  vera  e 
propria  istituzione  del  primo  bilancio  dello  stato  musulmano. 

Siffatto  ordinamento  resosi  assolutamente  necessario,  quando  le  ren- 
dite dello  Stato    non    furono  più  costituite  dal  solo  quinto  del  bottino  di 

369.  47 


sioni. 


g  247.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  ouena.  ma  dall'atìiuenza  i-egolare  delle  tasse  pagate  dai  sudditi  uon  musul- 

òn^dei  D^wali  "i^i"'-  Ki'»  quosto  UH  cespite  iiuovo,  al  quale  il  Profeta  aveva  solo  vaga- 
o  ruolo  di  pen-  mente  pensato  accennando  alla  tijizyah  in  una  dello  ultime  sue  rivela- 
zioni (IX,  29),  senza  determinare  l'uso  che  se  ne  dovesse  tare.  I  gover- 
natori dello  Provincie,  riscuotendo  le  imposte,  non  potevano  mandare  a 
Madhiah  l'intero  tributo,  perchè  le  milizie,  tutti  volontari  venuti  d'Arabia, 
dovevau  essere  mantenuti,  nutriti  e  vestiti,  quando  non  erano  in  cam- 
pagna contro  il  nemico.  Negar  loro  qualsiasi  sovvenzione  tranne  quella 
del  bottino  di  guerra  sarebbe  stato  sospingere  tutti  quei  militi  al  brigan- 
taggio e  por  fine  allo  Stato  musulmano  sin  dal  suo  nascere. 

È  evidente  che  sin  dai  primissimi  tempi  si  venisse  praticamente  ad 
una  qualche  norma,  mercè  la  quale  il  governatore  con  le  imposte  provvedeva 
a  tutte  le  spese  necessarie  inerenti  al  mantenimento  dell'esercito  perma- 
nente in  assetto  di  guerra,  e  mandasse  il  sopravanzo  a  Madinah  (-).  Poi  forse 
nacquero  lagnanze:  quelli  nelle  provincie  si  dichiarano  altrettanto  degni, 
se  non  più  degni,  del  sopravanzo  defluente  a  Madinah,  e  nacque  il  sospetto 
che  i  colleghi  oziosi  in  Madinah  godessero  una  parte  troppo  grande  delle 
entrate  dello  Stato.  Da  ciò  attriti,  sospetti,  accuse  e  recriminazioni.  Allora 
'limar  sentì  che  bisognava  sottoporre  tutta  la  faccenda  ad  un  regolamento 
fisso,  il  quale  desse  sodisfazione  a  tutti  e  precludesse  almeno  nominal- 
mente abusi  ed  ingiustizie. 

Nota  1.  —  Sull'origine  della  parola  diwàn  regna  molta  oscurità.  Possiamo  respingere  le  infan- 
tili etimologie  delle  fonli  arabe,  ma  è  manifesto  come  la  parola,  insieme  con  l'istituzione  che  essa 
descrive,  sia  di  origine  non  araba.  Il  Vollers  iZDMG.,  voi.  L,  pag.  641)  ritiene  che  possa  essere  di  ori- 
gine persiana,  sassanida,  ma  niun  indizio  abbiamo  che  ci  permetta  di  fissare  con  qualche  precisione  la 
vei-a  etimologia.  È  una  parola  che  ha  subito  nell'uso  molte  variazioni  di  senso,  ma  nel  suo  primitivo 
significato  non  fu  tanto  l'istituzione,  ma  piuttosto  l'oggetto  materiale  che  dava  corpo  ad  essa.  Diwàn 
è  il  fascio  di  carte  volanti  rilegate  insieme  in  modo  da  formare  un  volume.  In  tale  registro  erano  rac- 
colti non  solo  i  nomi  dei  pensionati  e  stipendiati  del  primitivo  Stato  islamico,  ma  tutti  gli  atti  ufiìciali 
del  governo,  tutti  i  conteggi  e  tutti  i  documenti  a  giustificazione  delle  spese  e  degli  incassi.  Il  diwàn 
fu,  ai  tempi  di  'Umar,  l'archivio  contabile,  fiscale  ed  amministrativo  dello  Stato.  Le  carte  raccoglievausi 
forse  periodicamente  in  fascicoli  rilegati,  ossia  appunto  in  diwàn.  Tale  concetto  primitivo  è  rimasto 
nell'uso  del  termine  diwàn  per  descrivere  la  raccolta  di  poesie  d'un  autore,  uso  che  è  costante  in 
Persia  e  meno  frequente  per  i  poeti  arabi,  i  più  antichi  dei  quali  lo  ignoravano. 

Dal  volume  delle  carte  rilegate,  la  parola  è  passata  all'ufiicio  in  cui  i  volumi  erano  conservati; 
poi  dall'ufficio  si  è  esteso  anche  agli  impiegati  che  ne  facevano  parte  ed  infine,  in  uno  dei  suoi  signi- 
ficati più  moderni  —  quello  con  cui  è  entrato  nell'u-so  comune  italiano  —  applicasi  alla  mobilia  (i  di- 
vani i  di  cui  si  servivano  gl'impiegati  nel  disbrigare,  radunati  in  consiglio,  le  faccende  dell'ufficio. 

Cfr.  Lane  Arab.  Engl.  Lex.,  939;  Balàdzuri,  Glossarium,  41;  Kremer  C  u!  t  u  rg,  I,  64; 
Berchem,  Proprieté  territoriale,  pag.   46. 

Nota  2.  —  Sul  modo  come  veniva  regolato  e  ripartito  il  reddito  delle  terre  conquistate  può  dar 
lume  la  seguente  tradizione: 

(abu  Mas'ud  al-Kiìfi,  da  al-Mubàrak  b.  Sa'id,  dal  padre).  Nihàwand  era  delie  terre  conquistate  dai 
KCifiti  e  al-Dinawar  delle  conquiste  dei  Basriti.  Quando  i  Musulmani  di  Kufah  furono  soverchi,  deside- 
rarono di  avere  più  terre,  il  cui  kharàg  fosse  tra  loro  diviso.  E  a  loro  toccò  il  Dinawar  (quantunque 
fosse  conquista  Basritai,  e  ai  Basriti  toccò  il  Nihàwand,  perchè  dipendeva  da  Isbahàn.  E  il  di  più  che 
correva  tra  il  kharàg  di  Dinawar  e  quello  di  Nihàwand  era  dei  Kilfiti. 

370. 


sioni. 


20.    a.    H.  .  §§  247,  248. 

Nihàwand  fu  detto  Mah  al-Basrah  e  al-Dinawar  Mah  al-Kfifah  (secondo   l'ultimo   scambio  fatto'.  20.  a.  H. 

E  ciò  fu  sotto  Mu'àwiyah    BaUdzuri,  306,  lin.  8-13i.  [ARABIA.   -   Istitu- 

zione del   DTwàn 

§  248.  —  Per  mettere  completamente  in  atto  qnesto  gigantesco  sistema  °  f"°'°  ^i  pen- 
di pensioni  fti  necessario  compilare  alcuni  registri  nei  quali  s' iscrissero 
tutti  quelli  che  avevano  diritto  alla  dotazione  annuale,  aggruppandoli  se- 
condo le  tribù  e  tenendo  regolare  memoria  delle  nascite  e  delle  morti.  In 
principio  il  registro  generale  fu  tenuto  probabilmente  in  modo  assai  appros- 
simativo, ma  con  l'andar  del  tempo  il  sistema  si  perfezionò,  e  da  una  tradi- 
zione conservata  da  al-Suyiiti  risulta  che  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn,  in  Egitto, 
preponesse  a  ogni  tribù  un  sorvegliante  che  quotidianamente  faceva  il  giro 
delle  dimore  delle  singole  famiglie  e  s'informava  esattamente  delle  nascite 
e  delle  morti  (Suyùti    Husn,  I,  pag.   71,  lin.  8-11). 

I  primi  musulmani  consideravano  l'Isiàm  come  un  privilegio  di  spet- 
tanza dei  soli  Arabi  :  Infatti  al  Profeta  si  fa  dire  :  «  È  mio  desiderio  che 
«  gli  Arabi  abbiano  tutti  una  sola  fede,  e  che  gli  'Agam  (=  i  non  Arabi) 
«paghino  ad  essi  la  gizyah  »  (Hanbal,  I.  227,  penult.  linea):  ossia 
unico  compito  dei  non  arabi  doveva  essere  di  fornire  un  copioso  reddito 
a  vantaggio  dei  veri  credenti  nell'Islam.  In  principio  infatti  nessun  non 
arabo  poteva  diventare  musulmano  senza  appartenere  ad  una  tribù  araba, 
o  senza  unirsi  ad  una  tribù  con  i  vincoli  della  clientela.  Bisognava  ara- 
bizzarsi  per  diventare  anche  musulmani.  Arabismo  ed  Islamismo  divennero 
una  cosa  sola  (cfr.    Wellhausen    Eeich,  pag.   18). 

Nessuno  fu  costretto  a  convertirsi:  le  po^Dolazioni  sottomesse  dovevano 
venire  a  far  parte  dell'impero  arabo  in  una  condizione  ben  distinta  da 
quella  dei  vincitori.  L' impero  fu  costituito  di  due  classi  distinte  per  fede 
e  per  condizione  politica,  ed  in  principio  anche  per  razza.  I  padroni  erano 
gli  Arabi,  tanto  come  musulmani  quanto  come  guerrieri  e  conquistatori. 
La  comunità  di  Maometto,  come  osserva  acutamente  il  Wellhausen  (1.  e, 
pag.  16)  erasi  completamente  tramutata  in  un  esercito,  e  tutte  le  funzioni 
religiose,  tutti  gli  obblighi  del  culto  erano  passati  in  seconda  linea  dinanzi 
a  quello,  di  combattere  per  la  causa  di  Allah,  il  Grihàd.  Sotto  questa 
forma  l'Isiàm  presenta  vasi  attraente  anche  ai  Beduini,  per  i  quali  era  una 
bandiera  che  li  menava  alla  vittoria,  al  bottino  ed  alla  ricchezza,  mentre 
gli  aspetti  religiosi  erano  tenuti  ancora  in  pochissimo  conto. 

Crii  Arabi  emigrati  dalla  penisola  furono  organizzati  militarmente: 
non  si  apparteneva  alla  classe  dominante  se  non  in  quanto  si  era  guer- 
riero regolarmente  iscritto  nei  ruoli  dei  combattenti  (muqàtilah).  La 
tradizione  di  Yahya  b.  Adam  (pag.  5,  lin.  18;  pag.  59,  lin.  16)  lo  afferma 
chiaramente:  soltanto  quelli  che  lasciavano  la  patria  (i  nuovi  muhàgirùn), 

371. 


§§  •UH.  jiii.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  ^>  andavano  a  stal)ilii-si    nvì    Lampi    militari    tiiovi  della   penisola,  potevan 

[ARABIA.   .    Istitu-  ,  -  ■      ,  ^  •  1         ,■  .  ,     . 

zione  del  Diwàn     iist'uotcro  la   pensione  ed  erano    realmente  considerati  come  veri  membri 
o  ruolo  di  pen-     della  comunità  islamica.  Gli  altri,  che  rimanevano  inattivi  a  casa,  nel  de- 


sioni 


serto  presso  i  greggi,  non  si  tenevano  in  veruna  considerazione,  (^uasichò 
non  facessero  propriamente  parto  della  comunità  musulmana.  La  Higrah 
significò  ora  realmente  emigrazione  non  più  a  Madinah,  iiwi  alle  città  ed 
ai  campi  fortificati  militari  fuori  della  penisola.  Cosi  il  poeta  Hakìm  b. 
Qabìsah  b.  Diràr  potè  dire  a  sut)  tìglio  Bisr  che  aveva  emigrato  (q  a  d 
hàgara...  ila-1-amsàr)  nei  campi  della  Siria:  «  Tu  non  hai  lasciata  la 
«  patria  per  desiderio  del  giardino  del  paradiso,  ma  invece  ti  ha  chiamato, 
«  io  credo,  il  pane  ed  i  datteri  »  (Hamàsali,  792,  lin.  19;  WeUhause  ii 
Reich,  16,  nota  1).  Il  verso  è  documento  anche  delle  passioni  poco  reli- 
giose, ma  molto  materiali  e  pratiche  dei  juiiui  musulmani  conquistatori. 
I  Musulmani,  o  più  correttamente  gli  Arabi,  si  mossero  dai  pascoli  nativi 
perchè  li  attirava  la  speranza  di  bottino,  di  ricchezza  e  forse  anche  della 
pensione  i  '). 

Nota  I.  —  Più  tardi,  eoa  l'andar  del  tempo,  il  titolo  di  Muhàgir  significò  semplicemente  sol- 
dato in  attività  di  servizio,  perchè  era  il  rappresentante  di  quella  classe  di  guerrieri  arabi  che  erano 
emigrati  per  la  causa  dell'Islam  e  per  essa  facevano  regolare  servizio. 

§  249.  —  Con  questo  sistema  il  dominio  arabo,  emanante  da  campi 
militari  in  mezzo  a  territorio  conquistato  con  guerrieri  assoldati,  divenne 
un  vero  e  proprio  dominio  militare,  in  cui  il  supremo  comandante  delle 
milizie  era  anche  il  capo  di  tutta  l'amministrazione  militare,  civile,  reli- 
giosa e  fi^scale.  Il  governatore  comandante  fungeva  anche  da  giudice,  e  la 
scissione  delle  varie  attribuzioni  avvenne  soltanto  con  il  tempo  mediante 
un  processo  di  differenziazione.  Il  fattore  maggiore  di  tale  differenziazione 
fu  l'azione  indiretta  delle  conversioni  all'Islam  dei  non  arabi,  come  dimo-, 
streremo  a  suo  tempo. 

Di  fronte  all'aristocrazia  militare  (K r i e g e r a d e  1  :  eli-.  Wellhausen 
Reich,  pag.  18)  erano  i  sudditi  dell'impero,  i  popoli  vinti.  Questi  costi- 
tuivano la  base  finanziaria  dell'  impero,  perchè  con  il  pagamento  delle 
varie  imposte  dovevano  sopperire  a  tutti  i  bisogni  dei  loro  padroni.  I  quali 
in  principio  senza  nulla  produrre,  succhiavano  tutto  il  prodotto  netto  delle 
Provincie:  solo  compito  dei  padi'oni  era  di  mantenere  l'ordine  all'interno 
e  di  estendere  i  confini  dell'impero:  il  che,  considerato  sotto  questo  aspetto 
costituiva  una  stupenda  e  lucrosissima  speculazione. 

Verso  i  popoli  sottomessi,  se  le  tasse  erano  puntualmente  pagate,  T am- 
ministrazione araba  agi  in  modo  piuttosto  liberale,  non  s'immischiò  affatto 
nelle  loro  faccende  interne  (cfr.  Lammens,Qorra  ibnSarik    d'après 


sioni. 


20.    a.    H.  §§249,250. 

les  papyius  arabes,  paffs,'.  5  e  segg.)  •  e  mentre  nelle  antiche  Provincie  20.  a.  H. 

^      ^  .  .  ,  .  .  .  .  [ARABIA.   -   Istitu- 

deir  impero  bizantino  lasciarono  1  vescovi  per  lo  più  come  capi  e  rappre-  zjone  dei  Diwtn 
sentanti  delle  popolazioni,  nelle  provincie  dell'  impero  persiano  non  muta-  °  '■"°'°  '^^  p^"- 
rono  affatto  l'istituzione  locale  dei  dihqàn,  che  gli  Arabi  si  contentarono 
di  dichiarare  responsabili  per  la  riscossione  delle  imposte.  Questo  era  il 
pensiero  fondamentale  dell'amministrazione  araba:  la  riscossione  delle  im- 
poste. Da  principio  il  comandante  militare  accudiva  anche  a  raccogliere  i 
tributi,  ma  con  il  tempo  si  constatò  ■  che  l'unione  di  tante  funzioni  ammi- 
nistrative nelle  mani  di  un  solo  uomo  menava  a  molti  abusi,  e  fu  nomi- 
nato un  impiegato  .speciale  per  la  riscossione  dei  tributi.  Il  governatore 
aveva  soltanto  a  mantenere  l'ordine  pubblico.  In  questo  modo,  dice  arguta- 
mente il  Wellhausen  togliendo  un'  immagine  in  prestito  ad  'Amr  b.  al-'As, 
il  governatore  aveva  soltanto  a  reggere  le  corna  della  vacca,  per  tenerla 
ferma,  mentre  un  altro  la  mungeva  (Wellhausen   Reich,   18). 

§  250.  —  I  precedenti  messi  dal  diritto  predatorio  del  deserto  e  dagli 
atti  del  Profeta  in  alcune  circostanze,  farebbero  arguire  che  gli  Arabi  con- 
quistatori volessero  chiedere  la  divisione  delle  terre  conquistate.  Io  dubito 
che  ciò  sia  avvenuto,  e  ritengo  che  la  domanda  di  divisione  delle  terre 
sia  interpolazione  tradizionistica,  per  spiegare  come  venissero  accomodato 
le  faccende  delle  provincie  conquistate  e  per  dare  ad  'limar  il  merito  dei 
provvedimenti  stabiliti.  La  divisione  della  terra  importava  un  mutamento 
di  proprietà  di  proporzioni  sì  gigantesche  e  di  conseguenze  sì  molteplici 
e  complesse  da  riuscir  materialmente  impossibile,  anche  se  le  classi  infe- 
riori, che  avrebbero  occupato  e  lavorato  il  suolo  senza  possederlo,  non  fos- 
sero state  colpite  troppo  duramente  dalla  misura.  Dividersi  a  lotti  la  metà 
dell'Asia  Anteriore  avrebbe  significato  rovinare  tutto  il  paese  (Well- 
hausen   Reich,   19). 

È  più  probabile  che  i  guerrieri  non  abbiano  mai  chiesto  la  divisione 
della  terra  conquistata  :  i  nomadi  venuti  dal  cuore  d'Arabia  non  sentivano 
alcun  desiderio  di  possedere  un  campicello,  perchè  ciò  significava  un  de- 
siderio di  vita  tranquilla  e  laboriosa  in  campagna,  desiderio  del  tutto  alieno 
alla  natura  araba.  Mi  sembra  più  logico  invece  ritenere  che  'Umar  sem- 
plicemente riconobbe  ed  approvò  le  condizioni  di  fatto  che  trovò  come  risul- 
tato della  conquista.  La  discussione,  se  ve  ne  fu  alcuna,  si  accese  solo  per 
le  teiTe  confiscate,  le  sawàfi,  e  la  domanda  può  esser  partita  da  qualche 
antico  Compagno  del  Profeta,  avido  di  terre,  come  ve  ne  furono  molti, 
ma  non  dalla  moltitudine  dei  guerrieri,  che  si  battevano  sui  confini. 

Le  ragioni  messe  in  bocca  ad  'Umar  furono  piuttosto  escogitate  dai 
tiadizionisti  come  quelle  che  a  loro  modo  di  vedere  più  probabilmente  egli 

373.  .  t^ 


§§  250,  261.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  avrebbe  potuto  addurre,  .se  qualcuno  avesse    chiesto   di   dividere   la  terra. 

zìone  del  Diwàn     i-"'*  ^1"'^^  richiesta  è  pure  una  deduzione  logica  dei  teorici  islamici,  i  quali, 

0  ruolo  di  pen-     ragionando  per  anak)gia,  e  paragonando    quanto   era  avvenuto    intorno  a 

Madinah  vivente  il    Profeta,   supposero    che  i  guerrieri   avrebbero    dovuto 

chiedere  anche  fuori  d'Arabia  la  divisione  della  terra. 

Era  invece  di  primaria  e  assoluta  importanza  per  gli  Arabi,  se  vole- 
vano conservare  il  dominio  del  paese,  di  rimanere  uniti  in  punti  strate- 
gici e  non  di  sparpagliarsi  per  le  contrade.  La  sola  forza  d'  im])ero  era 
qiiella  delle  armi:  «La  conservazione  della  mia  comunità»,  si  fa  dire  a 
Maometto,  «  ripo.sa  sulle  unghie  dei  .suoi  cavalli  e  sulle  punte  delle  sue 
«  lancie,  fintantoché  non  coltivano  la  terra  :  se  però  cominciano  a  far 
«questo,  allora  diverranno  come  gli  altri  uomini»  (Yahya,  69). 

§  251.  —  Il  pagamento  del  tributo  per  parte  dei  popoli  soggetti  fu 
già  allora  considerato  come  compenso  per  l'esenzione  dal  servizio  militare: 
le  tribii  anche  non  musulmane  sulla  frontiera,  che  accudivano  alla  difesa 
dei  confini,  erano  esonerate  dalle  imposte  (Wellhausen  Rei  eh,  19  e 
nota  1).  Anche  oggidì  in  quelle  parti  d'Arabia  settentrionale,  per  esempio 
il  Gawlàn  ed  alcune  contrade  del  Hawràn,  dove  le  popolazioni  musulmane 
sono  esentate  dal  servizio  militare,  pagano  la  tassa  a  capo  come  i  Cristiani 
e  gli  Ebrei.  Il  termine  classico  di  gizyah  è  scompar.so  oggi  dall'u-so  vol- 
gare, sostituito  dal  moderno  '  a  s  k  a  r  i  y  y  a  h  :  la  sola  differenza  tra  la  '  a  s  k  a- 
riyyah  pagata  dai  Cristiani  ed  Ebrei,  e  quella  pagata  dai  Musulmani 
esenti  dal  servizio  militare,  è  che  la  askariyyah  di  questi  ultimi  è  meno 
gravosa.  In  ambedue  i  casi  però  il  concetto  del  tributo  è  l'esenzione  dal 
servizio  militare. 

L'ordinamento  dunque  delle  pensioni,  o  stipendi  che  si  voglia  dire, 
esigeva  però  una  contabilità  molto  estesa  e  perfezionata,  la  quale  non  solo 
doveva  regolare  la  distribuzione  dei  danari,  ma  anche  possedere  uno  specchio 
preciso  delle  riscossioni,  o  entrate  dello  Stato.  La  distribuzione  delle  pen- 
sioni in  somme  fisse  ben  determinate  non  potè  avverarsi  se  non  quando 
'Umar  ed  i  suoi  consiglieri  ebbero  sotto  gli  occhi,  in  uno  specchio  gene- 
rale del  bilancio  dello  Stato,  gli  elementi  per  compilare  un  bilancio  pre- 
ventivo delle  entrate  :  senza  questo  era  impossibile  stabilire  l'ammontare 
delle  pensioni  da  distribuire.  Siffatto  bilancio  non  potè  esser  compilato  se 
non  dopo  qualche  anno  di  dominio  sulle  provincie  conquistate:  si  com- 
prende perciò  come  l'istituzione  del  diwàn  avvenisse  solo  nel  20.  H., 
ossia  dopo  circa  quatti'o  anni  di  dominio  in  Siria  e  nell'  'Iraq.  Nessuno  può 
dire  che  cosa  avvenisse  delle  grandi  somme  raccolte  in  questi  anni  e  chi 
se  le  appropriasse.    Dobbiamo    supporre  che  nascesse  tale  una  confusione, 

374. 


sioni. 


20.  a.  H.  §  251. 

e  si    verificassero    tali  e  tanti   abusi,  che  uu  riordinamento  radicale  delle  20.  a.  h. 

entrate  e  delle  spese  dello  Stato  s'impose  urgentemente  al  Califfo  ed  ai        j,ione  ^^^  Dfwan 
suoi  più  fidati  consiglieri.  °  •■"°'o  «"'  P^n- 

Neir istituire  il  ruolo  dei  pensionati  e  .stipendiati  il  Califfo  'limar  im- 
maginò una  cosa  che  fu  in  realtà  una  fusione  dell'antico  concetto  arabico 
della  divisione  del  bottino,  con  l'istituzione  antichissima  in  Asia  del  soldo 
regolare  delle  milizie  combattenti  e  dell'esercito  permanente.  Le  rendite 
dello  Stato  furono  considerate  come  il  fì-utto  di  un  grande  bottino,  e  perciò 
da  distribuirsi  coii  certe  regole  fìsse  a  quelli  che  avevano  cooperato  a  con- 
quistarlo. Se  gli  elenchi  incompleti  che  abbiamo  nelle  fonti  corrispondono 
alla  verità,  parrebbe  che,  come  misura  nella  distribuzione  di  questi  danari, 
prevalesse  il  concetto  dei  servizi  maggiori  o  minori  resi  alla  causa  del- 
l'Isiàm. Chi  aveva  maggiori  benemerenze  doveva  incassare  maggiori  somme. 
Chi  non  aveva  servito  la  causa  dell'Islam,  non  si  meritava  nulla.  Le  rendite 
dell'immenso  patrimonio  acquisito  dovevano  andare  ad  esclusivo  beneficio 
di  una  ristretta  minoranza  e  non  nell'interesse  della  comunità.  Questa  mi- 
noranza era  composta  esclusivamente  dei  guerrieri  ed  amministratori  delle 
Provincie.  In  alcune  tradizioni  abbiamo  vaga  menzione  di  distribuzione  di 
danari  alle  tribù  nomadi  dei  dintorni  di  Madìnah,  fatte  dal  Califfo  TJmar 
in  persona  (cfi'.  più  avanti  i  §§  313,  325);  ma  queste  notizie  sono  contra- 
dette da  altre,  secondo  le  quali  le  pensioni  erano  distribuite  soltanto  ai 
guerrieri  in  servizio  attivo  (eli-.  §  334).  Altre  tradizioni  che  contengono  i 
voti  di  'Limar  per  l'avvenire  quando  tutti  i  Musulmani  sarebbero  pensio- 
nati (cfi-.  g§  314,  316,  316,  331,  ecc.)  sono  la  prova  che  molti  erano  senza 
pensione.  È  assai  improbabile  che  le  tribù  rimaste  nei  dintorni  di  Madinah 
ricevessero  questo  soldo  senza  prender  parte  alla  guerra  ed  alle  fatiche  del- 
l'amministrazione. Si  potrebbe  spiegare  l'apparente  contradizione  suppo- 
nendo che  fra  le  tribù  nei  dintorni  di  Madìnah  si  fossero  ritirati  alcuni 
veterani  delle  campagne  di  conquista:  la  supposizione  non  è  però  fondata 
su  alcuna  prova  concreta. 

Nonostante  il  numero  delle  tradizioni  che  diamo  qui  appresso,  tutto 
fargomento  è  ancora  avvolto  in  molta  oscurità.  Una  parte  del  ruolo  fu  di 
natura  sua  temporanea,  ed  abbiamo  persino  notizia  che  sotto  gii  Umayyadi, 
forse  per  rappresaglie  politiche,  alcune  pensioni  vennero  falcidiate  o  per- 
sino soppresse  (cfr.  §§  266,  nota  3;  288,  ^28  e  nota  1),  quando  la  morte 
ebbe  rapito  i  massimi  beneficiati,  ossia  i  Padri  fondatori  dell'Islam,  quelli 
che  vennero  dopo  si  fusero  tutti  in  una  classe  sola  di  salariati  :  come  questo 
fosse  regolato  non  sappiamo,  e  del  pari  pure  ninna  notizia  ci  viene  su  ciò 
che  il  Califfo  facesse  degli  avanzi  nel  bilancio.  Pare  spendesse  qualche  buona 

375. 


^  251    '2b'2.  ^u.    8..    M. 


20.  a.  H.  sctninia  noi   lostauri  della  moschea  di  Madinah  e  del  santuario  di  Makkah. 

zione  del  D^wàn     ^'«^   ^•*''  <lif*p('"<li   eraiio  minimi  in  confronto  dei  probabili  avanzi  limasti 


sioni. 


o  ruolo  di  pen-  a  disposi/Jone  del  Califfo  'Umar.  Che  uso  ne  fece?  Furono  adoprati  per  cor- 
lonipore  i  maggiori  Compagni  e  tenerli  tranquilli  nell'oscurità?  Nonostante 
tutte  le  aftermazioni  in  contrario  non  è  improbabile  che  'Umar  se  ne  ap- 
propriasse una  discreta  parte,  o  almeno  permettesse  a  quanti  lo  circonda- 
\  ano  di  attingeie  nella  cassa  pubblica.  Non  vogliamo  accusare  'Umar  di 
disonestà,  ma  la  cura  mossa  dalla  tradizione  a  dimostrare  il  contrario  di 
iiuanto  noi  affei-miamo,  è  fatto  sospetto:  sappiamo  clic  'Umar  noi  pionder 
moglie  donasse  ingentissime  somme  alla  sposa  (cti-.  17.  a.  H.,  §§  194  (ò), 
196),  e  suo  figlio  'Abdallah  b.  'Umar  fu  uomo  anch'egli  assai  ricco.  So- 
spetta inoltre  è  l'affermazione  che  l'iscrizione  delle  tribù  e  dei  guerrieri 
i  quali  dovevano  percepire  gli  stipendi,  avvenisse  con  gradi  di  precedenza 
fissati  dalla  maggiore  o  minore  prossimità  di  parentela  con  il  Profeta.  Questa 
notizia  e  lo  stipendio  attribuito  allo  zio  al-'Abbàs  potrebbero  essere  inter- 
polazioni tf^ndenziose  del  periodo  'Abbàsida. 

§  252.  —  Il  Califfo  'Umar  probabilmente  intese  soltanto  di  compen- 
sare quegli  Arabi  che  o  rendevano,  o  avevano  resi  servigi  alla  causa  isla- 
mica, e  particolarmente  compensare  in  modo  regolare  i  guerrieri,  perchè 
le  rendite  delle  terre  conquistate  erano  da  considerarsi  teoricamente  come 
bottino  di  guerra,  che  si  doveva  distribuire  per  quattro  quinti  tra  i  guer- 
rieri. Nei  trattati  teorici  di  tempi  posteriori  troviamo  enunciato  il  prin- 
cipio che  il  prodotto  complessivo  dei  tributi  pagati  all'erai'io  islamico  do- 
veSse  andare  a  vantaggio  di  tutti  i  Musulmani  :  ma  questa  è  teoria  di 
tempi  posteriori,  perchè  'Umar  intese  per  «  Musulmani  »  soltanto  coloro 
che  rendevano  servigi  allo  Stato:  questi  non  potevano  essere  equiparati  a 
quelli  che  non  facevano  nulla. 

Il  problema  che  'Umar  ebbe  a  risolvere  e  che  gli  suggerì  la  distribu- 
zione delle  pensioni,  era  anche  più  complesso  che  non  sembri  a  prima  vista. 

Vedremo  in  appresso,  con  il  necessario  corredo  di  documenti  che  il 
Profeta,  nel  fondare  la  nuova  religione,  impose  ai  fedeli  una  specie  di 
contributo  volontario,  come  prova  di  fede  sincera  e  come  atto  di  beneme- 
renza innanzi  a  Dio,  e  dispose  che  tale  contributo  venisse  devoluto  in 
parte  a  soccorrere  i  poveri,  ma  in  principal  misura  a  sopperh'e  alle  spese 
generali  della  comunità  musulmana,  per  la  maggior  parte  di  carattere 
puramente  militare.  Questo  s' impose  per  la  lotta  contro  i  Qurays,  e  per 
la  povertà  del  minuscolo  Stato  musulmano.  Quando  venne  l'èra  delle  grandi 
conquiste  e  degli  immensi  bottini,  le  cose  mutarono  interamente  d'aspetto: 
alla  miseria  seguì  la  eccessiva   abbondanza.  Prima  vennero  i  grandi  bot- 

376. 


sioni. 


20.  a.  H.  §  25-2. 

tini  dopo  le  vittorie  sui  campi  di  battaglia,  e  poi  venne,  cosa  non  preve-  20.  a.  H. 

'  ^  ,  '    .  [ARABIA.  -   Istitu- 

duta  dal  Profeta,  l' importo  ingente  delle  imposte  che  ainuivano  con  corso        zj^ne  jgi  oTwàn 
regolare  nelle  casse  dello  Stato  dell'Islam.  Su  questo  reddito  costante,  che        °  ''uoio  di  pen 
non  poteva  propriamente  essere  considerato  quale  vero  e  pi'oprio  bottino, 
sorse  qualche  incertezza  nell'animo  dei  capi  della  comunità  islamica.  Come 
.  ra  da  considerarsi?  Che  uso  era  lecito,  od  obbligatorio,  farne? 

È  manifesto  che  come  prima  conseguenza  di  siffatto  stato  di  cose  ces- 
sarono del  tutto  i  contributi  volontari  alla  cassa  dello  Stato,  perchè  il 
quinto  del  bottino  aveva  colmato  il  tesoro  ed  era  cessata  ogni  necessità 
di  fornirlo  con  oblazioni  dei  fedeli  :  le  prede  dei  vinti  erano  ampiamente 
.sufficienti  a  tutti  i  bisogni  e  lasciavano  un  sopravanzo  ingentissimo. 

In  secondo  luogo  i  guerrieri,  conquistatori  delle  provincie,  considera- 
rono non  solo  il  bottino  delle  vittorie,  ma  anche  il  reddito  delle  imposte, 
come  loro  legittima  proprietà,  e  vollero  dividerselo  tra  loro.  Questo  era  ma- 
terialmente impossibile  per  mille  ovvie  ragioni.  Era  impossibile  stabilire 
con  precisione  chi  fossero  gli  aventi  dii'itto.  Altrettanto  indeterminata  era 
la  circoscrizione  militare  ed  amministrativa  che  dipendeva  da  ogni  gnippo 
o  nucleo  militare  di  guarnigione.  Il  numero  dei  militi  variava,  si  può  dire, 
quotidianamente,  e  le  circoscrizioni  erano  d'estensione  e  di  reddito  svaria- 
tissimo,  ed  accettando  il  concetto  primitivo  dei  militi,  che  le  rendite  delle 
singole  Provincie  dovessero  devolversi  a  vantaggio  della  sola  guarnigione, 
si  sarebbero  verificate  discrepanze  e  ingiustizie  stridenti.  Alcune  guarni- 
gioni avrebbero  avuto  il  decuplo  di  altre.  Da  ciò  malumori,  dissensi  e  con- 
flitti d' interesse  in  forma  acutissima. 

S' impose  quindi  di  necessità  l'accentramento  di  tutti  questi  redditi  e 
la  loro  ridistribuzione  in  modo  e  misura  eguale  e  giusta  per  tutti.  Ma  ciò 
non  fu  possibile  sin  dal  primo  giorno:  la  tradizione  rivela  a  chiare  note 
che  il  governo  di  'limar  venne  a  tale  determinazione  dopo  vari  anni  di 
confusione  amministrativa,  e  sospinto  dal  caos  delle  finanze  generali  delle 
Provincie,  nelle  quali  si  commisero  sicuramente  i  più  sconfinati  abusi  da 
tutti  quelli  che  in  vario  modo  e  misura  si  occuparono  delle  campagne  di 
conquista.  La  distribuzione  delle  così  dette  pensioni  fu  il  risultato  di  un'  in- 
finità di  errori,  di  ripieghi,  di  conflitti  tra  governatori.  Califfo  e  militi,  con- 
flitti, su  cui  la  tradizione  stende  con  cura  un  velo  discreto  di  oblio.  Ma 
tutto  non  ha  potuto  nascondere. 

È  palese  però  da  vari  indizi,  tratti  da  eventi  posteriori,  che  le  rendite 
delle  Provincie  non  andavano  intatte  a  riversarsi  nelle  casse  centrali  dello 
Stato  per  essere  poi  egualmente  distribuite  tra  tutte  le  milizie  musulmane 
e  le  loro  famiglie.  Le  somme  giungevano  a  Madinah  diminuite  di  quanto 

H77.  48 


sioni. 


§§  252,  253.  20.   a.   H. 

20.  a.  H.  ^i  ej-a  dovuto  dare  alle  milizie    della  provincia  e  delle   spese   generali  di 

one  dei  Di'^àn  amnuiiistrazione.  È  chiaro  che  se  le  milizie  di  guarnigione  in  una  provincia 
o  ruolo  di  pen-  conq distata  erano  pagate  ad  arbitrio  dei  luogotenenti,  si  avveravano  paten- 
tissime  ingiustizie.  Il  reddito  delle  .singole  provincie  era  diversissimo  l'uno 
dall'altro,  e  diver.so  altresì  era  il  numero  dei  soldati  di  guarnigione.  Per 
togliere  ogni  ingiusta  sperequazione  si  ricorse  al  ruolo  delle  pensioni,  ma 
permase  sempre  il  concetto  primitivo  come  base  del  sistema;  onde  dovendo 
ogni  provincia  mantenere  le  proprie  guarnigioni,  ne  venne,  per  effetto  della 
imperfezione  dei  congegni  amministrativi,  che  la  sperequazione  si  riavve- 
rasse per  altre  vie.  I  militi  d'una  provincia  molto  ricca  avevano  sempre 
maggiori  comodità  e  larghezza  di  mezzi,  mentre  altre  provincie  più  povere 
potevano  non  dare  un  reddito  d'imposte  sufficiente  a  pagare  tutte  le  spese 
di  occupazione  ;  perciò,  non  avendo  il  modo  di  far  intendere  i  loro  bisogni 
in  Madinah,  i  militi  delle  provincie  meno  ricche  erano  indotti  ad  inge- 
gnarsi e  accomodarsi  in  altro  modo. 

Da  un  pas.so  di  Yàqùt  —  per  citare  un  solo  esempio  (Yàqut,  IV,  827, 
Un.  14  e  segg.  =  §  247,  nota  1)  —  è  chiaro  che  a  un  certo  momento  tanti 
furono  gl'immigrati  arrolati  sotto  le  armi  nella  provincia  di  al-Kufah,  che 
le  rendite  della  provincia  non  bastavano  più  a  pagare  tutti  gì'  iscritti  negli 
eserciti  regolari  dell'  Islam.  Allora  prevalse  il  concetto  di  allargare  le  con- 
quiste per  aumentare  la  quantità  dei  tributi,  e  così  sorse  per  la  prima 
volta  la  gelosia  tra  gli  abitanti  di  al-Kùfah  e  di  al-Basrah,  i  quali  si  di- 
sputarono le  conquiste  come  acquisti  fatti  non  per  l'impero,  ma  per  pro- 
prio vantaggio  personale:  furono  intraprese  spedizioni  allo  scopo  di  au- 
mentare i  cespiti  della  provincia  e  si  guardò  con  allarme  e  gelosia,  anzi 
con  vera  ostilità  ogni  vantaggio  acquistato  dalla  provincia  confinante.  Con- 
quistare una  regione  significava  largheggiare  in  guadagni,  perchè  è  quasi 
certo  che  una  grandissima  parte  delle  imposte  non  arrivava  all'erario,  ma 
rimaneva  nelle  tasche  degli  amministratori  e  dei  loro  dipendenti,  impie- 
gati civili  e  .soldati. 

§  253.  —  Questo  ci  spiega  il  processo  continuo  di  espansione  araba, 
dovuto  all'emigrazione  costante  delle  tribù,  al  loro  accumularsi  nei  centri 
arabici  fuori  della  penisola,  e  all'  impossibilità  di  sodisfai-e  tutte  le  esigenze 
degli  emigrati  con  le  rendite  delle  singole  provincie.  Appena  il  soldo  delle 
milizie  superava  l' importo  delle  tasse,  s' imponeva  la  necessità  di  nuove 
conquiste.  Ciò  noi  dobbiamo  arguire  fosse  la  vera  ragione  della  campagna 
del  21.  H.,  che  portò  alla  vittoria  di  Nihàwand,  e  di  tutte  le  campagne 
successive  in  Persia  ed  altrove,  durante  il  califfato  di  'Uthmàn.  Analoghe 
ragioni  economiche  influirono  anche  sulla  decisione  di    Amr  ad  invadere 

378. 


20.    a.    H.  §§  253,  254. 


r  Esritto    specialmente  nel  18.  H.,  quando   Umar  non  aveva  ancora  siste-  20.  a.  H. 

°  ,.  ,        ,    „  .       .         ^  .  T    ,1      .  TARABIA.   -    Istitu- 

mato  la  laccenda  delle  pensioni,  e  torse  una  vistosa  parte  delle  imposte  era     '  ^jone  dei  Diwan 


sioni. 


appropriata  come  bottino  dai  vincitori,  che  diventavano  perciò  tutti  ricchi        °  '■"°'°  ^''  p^"- 
capitalisti  in  breve  tempo. 

Non  dobbiamo  però  figurarci  che  'Umar  entrasse  in  molti  particolari, 
né  è  probabile  che  nelle  provincie,  date  le  condizioni  generali  dell'ammi- 
nistrazione islamica,  si  tenesse  grande  conto  delle  ordinanze  del  Califfo. 
La  sua  autorità  non  era  ancora  molto  efficace  e  gli  mancava  ogni  mezzo 
diretto  per  invigilare  i  suoi  luogotenenti  ed  impor  loro  la  sua  volontà. 
I  governatori  potevano  fare  quello  che  a  loro  piaceva,  purché  osservassero 
rerte  apparenze:  le  pene  che  il  Califfo  'Umar  inflisse  ad  alcuni  governatori, 
confiscando  una  parte  dei  loro  beni,  come  narreremo  a  suo  luogo,  sono 
prova  che  avvenissero  molti  e  grandissimi  abusi  nella  riscossione  delle  im- 
poste, nella  distribuzione  delle  pensioni  e  nell'  invio  del  residuo  a  Madìnah. 

Ne  risultò  che  i  conquistatori,  avendo  le  mani  libere  e  intenti  solo  a 
riscuotere  danari  e  ad  arricchu'si,  per  mestiere  soltanto  gueiTieri  ed  avversi 
ad  ogni  professione  civile,  lasciarono  tutta  l'amministrazione  nelle  mani 
dei  pubblici  ufficiali  o  impiegati  locali  già  esistenti  al  momento  della  con- 
quista. I  conquistatori  formarono  una  vera  casta  militare  che  riscoteva 
tutti  i  redditi  e  viveva  alle  spalle  della  popolazione  soggetta:  questo  ag- 
gravò i  rapporti  tra  arabi  e  non  arabi.  I  primi  avevano  tutti  i  diritti,  tutti 
i  godimenti;  gli  altri  erano  condannati  a  rimanere  perennemente  tributari 
e  servi  di  rapaci  padroni. 

Il  sistema  delle  pensioni  ideato  da  'Umar  e  dai  suoi  consiglieri  nel 
concetto  che  queste  condizioni  non  si  avessero  mai  a  mutare,  risultò  nella 
pratica  poco  elastico  e  di  durata  molto  breve.  Appena  incominciarono  le 
conversioni,  appena  i  vinti,  adottando  l'usanza  araba,  si  iscrissero  come 
clienti  nelle  tribù  arabe  e  quindi  si  trovarono  equiparati  in  tutto  ai  padroni, 
e  perciò  aventi  diritto  alla  pensione,  tutto  il  sistema  si  sfasciò.  Tutti  i 
vinti  vollero  essere  equiparati  ai  vincitori  o  al  pari  di  essi  godere  di  tutti 
i  dii'itti  islamici,  compresa  la  esenzione  da  ogni  imposta  :  il  che  signifi- 
cava la  fine  dello  Stato  islamico,  perchè  non  è  concepibile  un  organismo 
.sociale  dove  tutti  hanno  diritti  e  nessuno  obblighi  e  doveri.  Chi  rimaneva 
a  pagare  le  imposte  ? 

Vedremo  più  avanti  come  fu  l'isolto  il  problema;  ma  intanto  non  ci 
occorre  aggiungere  altro  per  dimostrare  che  l' istituzione  delle  pensioni 
come  fii  attuata  da  'Umar  fosse  necessariamente  di  breve  durata. 

§  254.  —  Le  tradizioni  che  seguono  quasi  concordemente  affermano 
aver    Umar  ordinato  di  compilare  i  ruoli  dei  pensionati  in  ragione   della 

379. 


sioni. 


§§  iù-l,  255.  _20.   a.   H. 

20.  a.  H.  prossimità  di  parentela  con  il  Profeta.  Questa  ù  interpolazione  artifiziosa  delle 

'^Tne  del  otylian  «cuole  tradizionistiche  del  II  secolo,  nelle  quali  aveva  finito  per  prevalere  il 
o  ruolo  di  pen-  concetto  dinastico  ed  ereditario  degli  antichi  imperi  asiatici.  Si  trattava  di 
dar  fondamento  storico  e  giuridico,  confortandola  con  l'autorità  di  'Umar, 
all'opinione  che  i  vicini  parenti  del  Profeta  (ossia  i  figli  di  Fàtimali,  e  i  banù 
Hàsim  o  'Abbàsidi)  avessero  sin  dai  primordi  il  primato  in  tutto,  la  prece- 
denza nel  grado  e  la  preferenza  negli  onori  e  nei  vantaggi  materiali. 

Tale  concetto  è  invece  totalmente  estraneo  al  modo  di  pensare  degli 
Arabi  antichi,  ed  ai  contemporanei  di  Maometto:  è  altresì  contradetto  da 
tutto  il  tenore  dei  fatti  veri  svoltisi  in  Madlnah  sino  all'uccisione  di  'Uthmàn 
e  più  tardi  ancora  sotto  i  Califfi  umayyadi  sino  al  principio  della  grande 
propaganda  legittimista  degli  Si'iti.  Anche  allora  la  tendenza  legittimista 
e  dinastica  rimase  lungamente  circoscritta  alla  Babilonide  ed  alla  Persia  : 
solo  tardi  e  lentamente  penetrò  nei  sentimenti  e  nelle  convinzioni  delle 
altre  popolazioni  musulmane. 

Né  la  precedenza  nell'ordine  di  iscrizione  nei  ruoli  ha  alcun  altro  va- 
lore reale,  né  alcun  significato,  tranne  che  nel  concetto  e  nelle  consuetu- 
dini amministrative  e  cerimoniali  di  uno  Stato  monarchico  a  regime  asso- 
luto, nel  quali  i  membri  della  famiglia  regnante  hanno  il  primo  posto  nei 
convenevoli  di  corte,  e  in  tutti  i  documenti  ufficiali.  Riportare  questi  con- 
cetti, o  preconcetti,  ai  tempi  rozzi  democratici  e  quasi  comunistici  del 
Califfato  di  'limar,  é  fraintendere  tutto  il  vero  carattere  di  quel  momento 
politico  e  lo  stato  d'animo  dei  fondatori  dell'  impero. 

Infine  la  ricostruzione  genealogica  delle  tribù  arabe  e  la  loro  suddi-  - 
visione  in  due  grandi  alberi  di  discendenza  é  per  la  massima  parte  fin- 
zione e  rifacimento  arbitrario  di  dotti  ed  archeologi  arabi  del  ii  secolo  della 
Higrali.  Ai  tempi  di  'Umar  non  se  ne  aveva  ancora  alcun  concetto  tranne 
in  un  modo  assai  vago  ed  indeterminato  ;  e  se  la  nostra  tesi  che  Maometto 
fòsse  di  origine  oscura  o  anche  ignota,  ha  anche  solo  un  parziale  fonda- 
mento di  vero,  tutto  l'albero  genealogico  musulmano,  con  la  discendenza 
di  Maometto  quale  tronco  principale,  precipita  come  un  castello  di  carte. 
Allora  il  contenuto  di  moltissime  tradizioni  date  qui  appresso  va  cancellato 
come  invenzione  di  tempi  posteriori. 

§  255.  —  Lasciando  per  ora  in  disparte  questi  ed  altri  minori  problemi, 
è  chiaro  che  l' istituzione  del  d  1  w  a  n  formava  e  sanzionava  uno  stato  di 
cose  molto  singolare,  uno  squilibrio  sociale  d'una  minoranza  gaudente  a 
spese  di  una  immensa  maggioranza. 

Il  Kremer  (Culturg,  I,  70-71)  ha  quindi  ragione  nel  rilevare  come 
siffatta  politica  con  la  quale  'Umar  maritava  sì  bene  la  fede  con  gì'  interessi 

880. 


20,  a.  H. 


§  255. 


sioni. 


materiali  dei  fedeli  ed  assicurava  a  questi  un  sì  comodo  e  lauto  manteni-  20.  a.  H. 

mento,  dovette  esercitare  un  fascino  Lrresistibile  non  solo  sugli  Arabi,  ma  ^jong  jgi  oìv^an 
su  tutti  indistintamente.  Il  forte  guadagno  pecuniario  che  veniva  dall'es-  °  '^°^°  di  pen- 
sere  musulmano  indusse  senza  dubbio  molti  Arabi  a  mostrare  un  ardore 
per  l'Islam,  che  sarebbe  stato  d'altronde  alieno  al  loro  spirito,  privo  di 
vera  passione  religiosa.  Le  condizioni  privilegiate  dei  Musulmani  contri- 
buirono anche  a  scuotere  la  fede  di  molti  non  arabi  e  non  musulmani  e  a 
dare  inizio  alle  conversioni.  I  vantaggi  del  divenir  musulmano  erano  troppo 
evidenti,  troppo  attraenti  perchè  molti  tra  i  novelli  sudditi  dell'Islam  non 
aspirassero  ad  elevarsi  dalla  soggezione  politica,  economica  e  fiscale,  alla 
condizione  privilegiata  di  uomo  libero,  padi'one,  e  mantenuto  a  spese  pub- 
bliche. Il  mezzo  per  riuscire  in  questo  intento  fu  facilmente  trovato.  L'aspi- 
rante si  dichiarava  musulmano,  e  dava  il  nome  in  una  delle  tribù  rego- 
larmente iscritte  nel  ruolo  e  stabilitesi  fuori  della  penisola,  nei  campi  mi- 
litari. Crii  Arabi  non  avevano  alcuna  simpatia  per  questi  clienti,  i  poi  ce- 
lebri m  a  w  à  1  i  di  cui  ben  intendevano  i  veri  motivi,  e  non  li  considerarono 
mai  come  veramente  equipollenti  ai  membri  veri  della  tribù.  D'altronde 
però  tornava  conto  alle  singole  tribù  di  veder  aumentare  la  loro  forza  nu- 
merica onde  dobbiamo  sospettare  che  tra  Arabi  e  clienti  si  venisse  molte 
volte  a  convenzioni  poco  decorose  e  per  nulla  disinteressate.  Ma  sulle  con- 
dizioni dei  mawàli,  i  futuri  padroni  dell'Isiàm,  avremo  lungamente  a 
discorrere  in  altro  luogo. 

Prima  di  dare  la  versione  delle  numerose  tradizioni  conservate  dalle 
fonti  sull'argomento  delle  pensioni,  dobbiamo  aggiungere  ancora  una  parola. 
Alcuni  potrebbero  osservare  che  abbiamo  abbondato  nelle  versioni  e  che 
forse  avremmo  potuto  condensare  le  notizie  in  uno  spazio  minore.  Non  ho 
creduto  di  seguire  questo  criterio,  perchè  nonostante  le  inevitabili  ripeti- 
zioni, i  materiali  dati  qui  appresso  contengono  molte  notizie  illustrative 
dei  tempi  posteriori,  documenti  delle  lotte  tra  i  partiti  sotto  il  dominio 
degli  'Abbàsidi,  quando  le  seguenti  tradizioni  furono  messe  in  iscritto. 

Le  condizioni  generali  dello  Stato  islamico  quali  appaiono  dal  ruolo 
delle  pensioni  regnante  'Umar,  sono  radicalmente  diverse  da  quelle  sotto 
gli  'Abbàsidi.  I  Musulmani  invece  di  essere  ricompensati  per  i  servigi  resi 
alla  causa  della  fede,  erano,  dominanti  gli  'Abbàsidi,  schiacciati  sotto  il 
pondo  delle  imposte  :  i  danari  pubblici  invece  di  essere  devoluti  a  profitto 
dei  Musulmani,  dichiarati  esplicitamente  proprietari  dei  medesimi  (con- 
frontisi, per  esempio,  §  330),  erano  presi  tutti  dai  califfi  e  spesi  per  il 
mantenimento  dellt>  loro  fastosissime  reggie,  per  il  godimento  personale 
dei  sovrani  e  dei  loro  amici  personali  e  per  il  soldo  dato,  in  misura  di  pazza 

381. 


sioni. 


§§  25B-257.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  proditcalitA.  allo  milizie  mercenarie  e  straniere,  che   come  i  pretoriani  di 

[ARABIA.    -    Istitu-       '  "  .-    ^  /co    orv-\ 

zìone  del  Diwàn     Roma  roggcvaiio  il  trono  (cfr.  §  òOt). 

o  ruolo  di  pen-  Nelle  tradizioni  che  seguono  abbiamo  quindi  traccia  di  vari  altri  con- 

flitti politici  e  sociali  dei  tempi 'abbasidi  :  abbiamo  da  una  parte  la  palese 
affermazione  del  partito  arabo  che  vuole  mettere  in  ì'iliovo  quali  e  quanti 
siano  stati  i  servigi  resi  dagli  Arabi  alla  causa  dell'Isiàm,  tacendo  anche 
la  graduatoria  di  questi  servigi.  Abbiamo  altresì,  abilmente  interpolate  dal 
partito  avverso  quelle  affermazioni  miranti  a  provare  che  non  vi  dovesse 
esistere  differenza  alcuna  tra  Arabi  e  non  Aiabi,  e  più  volte  leggiamo  che 
non  venisse  fatta  distinzione  tra  i  veri  membri  delle  tribù  arabe  ed  i  loro 
clienti  (cfi-.  §§  2G6  e  nota  2,  274,  286,  311,  312).  Tale  affermazione  era 
pleonastica  per  i  tempi  di  'Umar  quando  i  clienti  e  confederati  di  una  tribù 
erano  Ai'abi  anch'essi  e  nella  legge  del  deserto  erano  considerati  in  tutto 
e  per  tutto  come  identici  ai  loro  patroni,  senza  bisogno  di  speciali  disposi- 
zioni a  loro  favore.  Più  tardi  invece  i  clienti  erano  tutti  non  Arabi  ed 
allora  con  il  termine  di  clienti  (mawàli)  si  venne  ad  intendere  una  classe 
di  persone  molto  diversa  da  quella  dei  primi  tempi.  Da  questi  fatti  sono 
ispirate  anche  quelle  tradizioni  che  rammentano  come  alcuni  non  Arabi, 
anzi  Persiani  genuini,  come  al-Hurrauzàn  (cfi-.  §§  285,  304,  333,  33G), 
ricevessero  pur  essi  dotazioni  *annuali  a  carico  dello  Stato,  attingendo  a 
danari  di  proprietà  di  tutti  i  Musulmani. 

Da  ciò  r  importanza  storica  delle  tradizioni,  anche  nei  riguardi  di 
eventi  posteriori  e  la  necessità  di  darle  per  disteso  nei  seguenti  paragrafi. 

§  256.  —  (a)  (al-Wàqidi,  senza   isnàd).  Nell'anno   20.  H.   il   Califfo 
Umar  istituì  i  dawàwìn  (registri  di  pensionati)  (T  a  bari,  I,  2595,  lin.  4). 

(6)  ibn  Khaldùn,  seguendo  Sayf  b.  'Umar,  dice  che  la  istituzione  del 
diwàn  fu  fatta  nel  15.  H.  (Khaldùn,  App.,  106). 

(e)  al-Ya'qùbi,  attingendo  certamente  ad  al-Wàqidi,  pone  il  fatto  nel 
20.  H.  (Ya'qùbi,  II,   176,  lin.  4). 

Cfi-.  anche  Gr  a  w  z  i ,  fol.  24, v. 

§  257.  —  Una  semplice  e  chiara  esposizione  della  riforma  di  'Umar 
ci  è  offerta  dallo  storico  ibn  al-Tiqtaqa,  del  cui  passo  perciò  mette  il  conto 
di  dar  la  versione  completa. 

Durante  il  califfato  di  Umar  furono  impiantati  i  diwàn  e  furono 
distribuite  le  pensioni  (furida  al-'atà')  ai  Musulmani,  i  quali  prima  di 
questo  tempo  non  sapevano  che  cosa  fosse  il  diwàn.  —  Esponiamo  ora 
come  venissero  i  dawàwìn. 

I  Musulmani  costituivano  l'esercito  combattente  (al-gund):  questi 
si  battevano  per  la  causa  della  religione  e  non  per  alcun  vantaggio  terreno. 

382. 


sioni. 


20.  a.  H.  §257. 

Né  mancava  mai  tra  loro  chi  distribuisse    spontaneamente   una  parte  dei  20.  a.  H. 

.,...,  .  T       li.    •  •         ••     •     j-  .L-N  [ARABIA.  -    Istitu- 

suoi  beni  m  gmsta  proporzione  agii  altri  compagni  (più  indigenti),  o  per  ^ione  dei  Diwàn 
fare  opera  di  beneficenza,  o  per  vincoli  di  parentela.  Nessuno  di  loro  esi-  °  ruolo  di  pen- 
geva  per  devozione  al  Profeta  alcun  compenso  per  l'opera  prestata,  tranne 
quanto  Dio  avrebbe  dato  di  ricompensa  (nell'altra  vita).  Il  Profèta  non  fece 
perciò  mai  alcuna  distribuzione  di  pensioni  o  compensi  (al-'atà')  fissi,  né 
la  concesse  mai  abù  Baki"  quando  facevano  una  spedizione  e  carpivano 
bottino,  i  guerrieri  pigliavano  ognuno  la  sua  parte  del  bottino  nella  mi- 
sura fissata  dalla  legge  divina.  Quando  (il  quinto  del  bottino  spettante  a 
Dio)  arrivava  a  Madiuah  da  uno  dei  paesi  conquistati,  veniva  portato  alla 
moschea  del  Profeta  e  diviso  tra  i  fedeli  nei  modi  e  nella  misura  che  sta- 
biliva il  Profeta.  Nella  medesima  maniera  si  svolsero  le  faccende  sotto  il 
califfato  di  abù  Baki\  Quando  si  venne  all'anno  15.  H.,  regnante  Umar, 
ossia  allorché  furono  compiute  le  grandi  conquiste  ed  i  Musulmani  si  erano 
impadroniti  dei  tesori  degli  Akàsirah  (Sassanidij,  e  (quantità  dij  ori,  ar- 
genti, pietre  preziose  e  vesti  splendide  cominciarono  ad  affluire  in  Madinah 
con  flusso  costante:  allora  (il  Califfo  Umar)  comprese  l'opportunità  di  au- 
mentare il  benessere  dei  Musulmani  e  di  distribuire  tra  loro  siffatti  tesori, 
ma  non  seppe  come  risolvere  il  problema  della  distribuzione,  come  fare 
la  divisione  e  né  darle  un  assetto  regolare.  V'era  allora  in  MadLnah  un 
mar z ubali  della  Persia,  il  quale  avvertite  le  difficoltà  nelle  quali  'Umar 
si  dibatteva,  gii  raccontò  che  i  re  sassanidi  (al-Akàsirah)  avevano  una 
istituzione  che  essi  chiamavano  diwàn,  nella  quale  erano  notate  tutte  le 
spese  e  nulla  di  tutto  ciò  era  omesso:  la  gente  che  doveva  riscotere  le 
somme  pagate  (ahi  al-'atà")  erano  ordinate  in  classi  (maràtib)  (sì  ben 
compilate)  che  non  era  possibile  nascesse  veruna  confusione.  'Umar  con- 
centrò subito  la  sua  attenzione  sulla  cosa  e  chiese  al  inarzubàn  nuovi 
e  maggiori  schiarimenti:  il  persiano  glieli  diede.  Intuito  cosi  il  modo  di 
impiantare  il  dìvvàn,  il  Califfo  si  mise  immediatamente  all'opera,  orga- 
nizzò i  dawàwin  e  distribuì  le  pensioni. 

Segue  nel  testo  l'esposizione  delle  norme  a  cui  si  attenne  'Umar  nella 
divisione:  prime  le  vedove  del  Profeta,  e  poi  gli  altri  in  ragione  dei  ser- 
vizi resi  alla  causa  dell'Islam.  Egli  non  volle  che  rimanesse  parte  alcuna 
delle  ricchezze  nel  tesoro  pubblico,  come  gii  suggeriva  qualcuno  in  pre- 
visione di  fatti  insoliti:  egli  respinse  la  proposta  come  suggerimento  di 
Satana,  e  come  principio  che  in  avvenu'e  avrebbe  prodotto  dissensi  tra  i 
suoi  successori:  la  riserva  per  le  novità  imprevidibili  dell'avvenire  può 
solo  essere  la  obbedienza  perfetta  a  Dio  ed  al  suo  Profeta.  Nell'ordina- 
mento contabile  delle  classi  di  pensionati  il  Califfo  ordinò  dhe  venissero 

'dSó. 


sicni. 


§§  2Ó7-269.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  isci'itte  le  tribù  in  ragione   della   loro  maggiore  o  minore  consanguineità 

[ARABIA.   -   Istitu-  .,    --       ... 

2 ione  del   Diwàn       ^"'l    '1    Proteta. 

o  ruolo  di  pen-  Così  rimasero  le  cose    sotto  il  califfato    di   'Umar  e  di   'Utjimàn:  alla 

tiue  del  califfato  di  'Umar  questi  si  prefisse  di  mutare  il  sistema  (di  pen- 
sioni diverse  in  ragiono  dei  servizi  resi  alla  causa  dell'Islam),  od  espresse 
il  desiderio  che  la  pensione  fosse  per  tutti  egualmente  di  quattio  mila 
(dirham).  Mille  dovevano  essere  per  la  famiglia  mentre  il  capo  di  questa 
era  alla  guerra:  mille  erano  per  i  preparativi  militari:  mille  dovevano  ri- 
manere con  il  guerriero,  e  mille  dovevano  servire  per  atti  di  carità.  Il 
Califfo  'Umar  cessò  di  vivere  prima  però  di  dar  esecuzione  a  siffatto  inten- 
dimento (F  a  kh  ri,   116-117). 

Una  lunga  esposizione  sulla  istituzione  d^l  diwàn  leggesi  in  M;t- 
qrizi    Khitat,  I,  91,  Un.  ult.-94,  lin.  4. 

§  258.  —  Per  comprendere  bene  la  natura  primitiva  dell'istituzione 
di  'limar,  è  opportuno  stabilire  che  cosa  divenisse  poi  il  così  detto  diwàn: 
su  che  ibn  Khaldùn  ci  porge  alcuni  particolari  di  molto  rilievo.  Più  tardi  il 
diwàn  conteneva  tra  le  altre  cose  la  lista  nominativa  dei  soldati  di  cui  si 
componeva  l'esercito:  fissava  la  quantità  delle  loro  razioni,  e  le  istruzioni 
per  pagare  ai  soldati  il  loro  soldo  alle  scadenze  debite.  Tale  registro  era  for- 
mato dagli  elementi  forniti  da  certe  tavole  preparate  dai  vari  capi  di  ser- 
vizio . . .  Queste  tavole  eVano  poi  raccolte  in  un  libro . . .  che  fu  chiamato 
diwàn  ossia  registro.  Sull'origine  di  questa  parola  si  narra:  Kisra  (uno 
degli  ultimi  re  di  Persia,  ossia  Kisra  Abarwiz)  avendo  visto  un  giorno  i  com- 
messi del  diwàn  che,  nel  fare  i  loro  calcoli  a  mente,  sembravano  come  se 
ciascuno  parlasse  a  sé  stesso,  gridò  in  lingua  persiana  diwàn  ah  {sic:  sono 
demoni,  o  matti).  Di  poi  il  nome  di  diwànah  fu  dato  a  quei  luoghi  dove 
era  l'ufficio  di  quegli  scrivani,  e  siccome  il  termine  divenne  di  uso  molto 
comune,  fu  soppressa  la  lettera  finale  per  facilitare  la  pronunzia  (sic!).  Di 
poi  il  termine  fu  impiegato  per  designare  il  libro  che  conteneva  i  servizi 
finanziari  dello  Stato,  e  che  conteneva  le  tavole  con  le  formolo  di  calcolo. 
Secondo  altri,  diwàn  significa  demonio  in  persiano:  i  commessi  dell'am- 
ministrazione, così  dicono,  ebbero  questo  nome  a  cagione  della  loro  pron- 
tezza a  sbrigare  gli  affari  più  oscuri  ed  a  radunare  (le  indicazioni)  sparse 
e  disperse.  Più  tardi  la  parola  diwàn  servì  a  designare  il  luogo  dove 
questi  impiegati  tenevano  le  loro  sedute,  e  poi  per  analogia  alla  riunione 
degli  scrivani  ed  al  luogo  dove  si  sedevano,  presso  l'ingresso  del  palazzo 
(del  governatore?)  (Khaldun  Prol.,  II,  pag.   19-20), 

§  259.  —  ia)  (ibn  Khaldùn).  L'amministrazione  delle  finanze  fu  intro- 
dotta nell'impero  musulmano  dal  (Califfo)  'Umar,  e  ciò,  si  dice,  per  la  ragione 

884. 


20.    a.    H.  §§  259,  260. 


sioni. 


che  abù  Huravrah  aveva  apportato  dal  Bahravn  una  somma  di  danaro  tal-  20.  a.  H. 

•  ■'■"/■   ^r  ^  ■^    /-w  [ARABIA.    -    Istitu- 

mente  cospicua,  che  non  si  sapeva  come  dividerla  (tra  i  Musulmani).  Questo        zjone  dei  Diwan 

fece    desiderare  un    sistema  di  tenere  i  conti  di    siffatte    somme,  di    regi-        °./_".°'°  ^'  ^^"' 

strare  i  pagamenti  dei  soldi  e  di  garantire  i  diritti  dello  Stato.  Khàlid  b. 

al-Walid  raccomandò  lo  stabilimento  di  un  d  i  \v  à  n  ,  tale  quale  egli  aveva 

visto  funzionare  presso  i  principi  (i  governatori  greci)  della  Siria,  ed  'Umar 

accettò  il  consiglio.  Secondo  un'altra  tradizione  le  cose  si  svolsero  in  modo 

diverso:    al-Hurmuzàn,   vedendo   'Umar   che   spediva    un    corpo    di   milizie 

senza  averne  compilata  la  lista  nominativa  (d  i  w  à  n),   gli  disse  :    «  Se   un 

*  soldato  scompare,  come  si  accorgeranno  della  sua  assenza?  Per  ogni  sol- 

«  dato  che  si  assenta,  si  crea  un  vuoto  nei  ranghi.  Solo  i  commessi  scri- 

«  vani  potrebbero  tenerla  in  ordine.  Stabilisci  dianque  un  dìwàn  ».  'Umar 

chiese  che  cosa  significasse  quella  parola,  e  quando  ne   ebbe   compreso  il 

significato,  diede    ordine  ad  'Aqìl  b.  abi  Tàlib,  a  Makhramah  b.    Nawfal, 

ed  a  Grubayr  h.  Mut'im   di   prepararne   uno.  Questi   tre  uomini,  che  erano 

tra  i  pochi  Qurays  capaci  di  scrivere,  misero  insieme  il  diwàn  di  tutte  le 

milizie  musulmane  per  ordine  di  famiglie  e  di  tribù.  Incominciarono  dai 

parenti  del  Profeta,  poi  passarono  ai  parenti  di  questi,  e  così  via.  Tale  fu 

rorigrae  del  diwàn  nell'esercito.  al-Zuhri   riferisce,  sull'autorità  di  Sa'id 

b.  ai-Musa}  yab,  che  ciò  avvenne  nel  mese  di  Muharram  dell'anno  20.  H. 

(Khaldun  Proleg.,  II,  20-21). 

(6)  Il  d  i  w  a  n  a  1  -  kh  a  r  a  g  w  a  - 1  -  g  i  b  à  y  à  t,  (ossia  l'ufficio  dell'  imposta 
fondiaria  e  dei  tributi)  rimase  dopo  il  trionfo  dell'Isiàm  tale  quale  era  stato 
prima.  Negli  uffici  delF'Iràq  si  fece  uso  deUa  lingua  persiana,  ed  in  quelli 
della  Siria  della  lingua  greca  (al-r umiy y ah).  Gl'impiegati  degli  uffici 
(kuttàb  al-dawàwin)  erano  tutti  membri  delle  genti  tributarie  (ahi 
al-ahd)  deU'una  e  dell'altra  nazione. 

Così  durò  sino  ai  tempi  di  'Abd  al-malik  (Khaldun  Proleg.,  II, 
20-21). 

Vedremo  piìi  avanti  quale  grande  im})ortanza  storica  abbia  questa 
notizia,  che  gli  Arabi  nulla  mutassero  all'amministrazione  fiscale  dei  vinti 
e  tutto  accettassero  tale  quale  era  prima.  Fu  senza  dubbio  la  soluzione 
migliore  e  più  pratica  dell'  intricato  problema  ;  ma  se  poniamo  bene  in 
rilievo  la  cosa,  vedremo  crollare  molte  arbitrarie  affermazioni  di  autori 
musulmani  che  riportano  ai  primi  tempi  molte  teorie  e  istituzioni  di  età 
posteriori. 

§  260.  —  (abù  Yùsuf  [f  182  a.  H.],  da  ibn  abì  Nagih).  Il  Califfo  'Umar 
non  volle  più  dividere  il  bottino  in  parti  eguali  come  aveva  fatto  abù  Bakr, 
e  dichiarò:   «  Io  non  porrò  nello  stesso  rango  quelli  che  si  batterono   con 

386.  49 


sioni. 


§§  •2(iiV264.  20.    a.    H. 

20.  a.  H.  „  il   Pi-ofeta,  con  quelli  che  si  battorono  contro  di  lui!  ».  Fece  perciò  una 

zione  del  Dtiiàli  «listribuzione  di  assegni  in  ragione  dell'anzianità  di  conversione  e  dei 
o  ruolo  di  pen-  servizi  resi  all'Isiàm.  Nella  prima  categoria  pose  quegli  al-Muhàgirùn  e 
quegli  An.sàr,  che  si  erano  battuti  a  Badr,  ed  assegnò  ad  ognuno  di  loro 
6000  (dirliam  all'anno):  a  quelli  che  non  furono  presenti  a  Badr,  diede 
soli  4000  (dirham  all'anno):  gli  altri  tutti  furono  disposti  in  categorie  a 
seconda  dell'epoca  in  cui  avevano  abbracciato  l'Islam  (Yùsuf,  24,  lin.  20 
e  segg.). 

§  261.  —  (Muli.,  da  al-Wàqidi,  da  Usàmah  b.  Zaj'd  b.  Aslam,  dal 
padre,  dal  nonno).  I  banù  'Adi  andarono  da  'Umar,  e  gii  dissero:  «  Tu 
«  sei  il  vicario  del  Profeta,  e  vicario  di  abii  Bakr,  che  è  vicario  del  Pro- 
«  feta.  Perchè  non  sei  rimasto  là  dove  ti  avevano  proposto  i  registratori?  ». 
—  «  No,  no  »,  rispose  Umar,  «  o  banu  Adi,  voi  vorreste  mangiare  alle  mie 
«  spalle  e  eh'  io  spendessi  a  favor  vostro  i  miei  benefizi.  No,  per  Dio, 
«  neanche  se  andaste  gli  ultimi  nel  registro  !  Ho  avuto  due  predecessori 
«  retti,  se  io  disubbidisco  a  loro,  si  disubbidirà  a  me.  Per  Dio,  non  ab- 
«  biamo  ricevuto  l' eccellenza  nel  mondo  e  non  speriamo  la  ricompeiisa 
«  nell'altra  vita  se  non  per  Maometto,  che  è  la  nostra  gloria,  e  la  sua  fa- 
«  miglia  è  la  gloria  degli  Arabi.  E  poi  vengono  i  parenti  suoi  più  stretti 
«  e  poi  i  meno  stretti.  Per  Dio,  se  i  Persiani  vanno  con  un  governo,  e  noi 
«  andiamo  senza,  essi  saranno  più  vicini  a  Maometto  di  noi  nel  dì  del  giu- 
«  dizio,  giacché  quegli  per  cui  si  restringe  il  potere  non  può  fare  avanzare 
«il  suo  nasab»  (Balàdzuri,  449,  lin.  21;  450  lin.  9). 

§  262.  —  (abù  'Ubayd,  da  'Abdallah  b.  Salili,  da  al-Layth,  da  Mu- 
hammad  b.  'Aglàn).  Quando  Umar  ebbe  steso  i  diwàn,  domandò:  «Da 
«  chi  cominciamor'  ».  —  «  Da  te  »,  gii  fu  risposto.  —  «  No  »,  egli  rispose  «  il 
«  Profeta  è  il  nostro  imam,  cominciamo  dal  suo  ralit  (famiglia)  e  poi  di 
«parente  in  parente»   (Balàdzuri,  454,  lin.  7-10). 

§  263.  —  (al-Husayn  b.  Ali  b.  al-Aswad,  da  "Waqì",  da  Sufyàn  al- 
Thawri,  da  Gfa'far  b.  Muli.,  dal  padi-e).  Quando  'Umar  ebbe  redatto  il 
diwàn,  domandò  agli  altri  da  chi  dovesse  incominciare.  Gli  fu  risposto: 
«  Da  te  ».  —  «  No  »,  disse,  «  ma  comincio  dai  parenti  più  stretti  del  Pro- 
feta »  (Balàdzuri,  454,  lin.  12-15). 

§  264.  ~  (abù  Yùsuf  [f  182  a.  H.],  da  abù  Masar,  dal  mawla  di 
'Amrah).  Il  Califfo  distribuì  gli  assegni  in  questo  modo: 

1°  Diede  5000  (dirham    all'anno)  ad  ogni    Muhàgir  e  Ansar,  che 
si  era  battuto  a  Badr. 

2"  4000,  ad  ognuno  che  era  musulmano  al  tempo  di  Badr,  ma  non 
fa  presente  alla  battaglia. 

886. 


20.    a.    H.  §§  264,  265. 


3"  Ad  ognuna  delle  vedove  del  Profeta  assegnò  12,000  (diiham),  20.  a.  h. 

salvo  che  a  Safiyyah  e  Gruwaj'riyah,  alle  quali  assegnò  solo  6000  per  eia-  ^ione  dei  D^Twàn 
scheduna.  Queste  due  donne  rifiutarono  di  accettare  siffatta  diminuzione  °  ""uoio  di  pen- 
e  protestarono:  'Umar  sostenne  che  le  altre  avevano  diritto  a  più  perchè 
avevan  fatto  la  Higrah.  Le  donne  risposero  che  l'assegno  era  loro  do- 
vuto non  per  anzianità  di  conversione,  ma  per  il  solo  tatto  che  esse  erano 
vedove  del  Profeta.  'Umar  riconobbe  la  giustezza  di  queste  osservazioni  e 
diede  anche  alle  due  donne   12.000  (dirham). 

4"  12.000  (dirham)  ad  al-'Abbàs  come  zio  paterno  del  Profeta. 

5"  4000  a  Usàmah  b.  Zayd  b.  Hàrithah. 

6°  3000  al  proprio  figlio  'Abdallah  b.  'Umar,  il  quale  protestò  e  volle 
essere  equiparato  a  Usàmah,  dicendo  che  il  padi'e  di  Usàmah  non  era  stato 
migliore  del  suo.  'Umar  rispose  che  il  padre  di  Usàmah  era  stato  assai  più 
caro  al  Profeta,  che  non  il  padre  suo,  «  e  perciò  suo  figlio  fu  pure  più  caro 
«  a  lui.  che  non  fosti  tu!  ». 

7"  5000  per  uno  ad  al-Hasan  e  al  Husayn,  figli  di  'Ali  e  di  Fàtimah, 
oltre  a  quello  che  pigliava  il  padre  e  ciò  in  considerazione  della  loro  parentela. 

8"  2000  ad  ognuno  dei  figli  dei  Muhàgir  e  degli  Ansar.  Quando 
però  si  presentò  'Umar  b.  abì  Salamah,  il  Califfo  gridò:  «  Dategli  altri 
«  mille!  ».  Il  seguente  Muhammad  b.  Abdallah  b.  Gah.s,  ricevendo  soli 
2000,  protestò  e  chiese  di  essere  equiparato  a  ibn  abi  Salamah,  perchè  il 
padre  di  costui  non  era  stato  migliore  del  suo.  Alla  quale  osservazione  il 
Califfo  rispose:  «  A  ibn  abi  Salamah  ho  dato  2000  per  il  padre  ed  ho  ag- 
«  giunto  altri  1000  per  la  madide  imam  Salamah:  se  tu  avessi  una  madre 
«  come  umm  Salamah,  farei  per  te  il  medesimo  aumento  ». 

9*^'  800  ad  ognuno  della  gente  di  Makkah  (=  convertiti  alla  presa 
di  Makkah):  al-Nadr  b.  Anas  ebbe  però  2000  perchè  suo  padi-e  (pagano) 
s'imbattè  in  Umar  durante  la  battaglia  di  Uhud,  e  sentita  la  voce  che  il 
Profeta  era  stato  ucciso,  manifestò  il  più  vivo  rincrescimento:  rotta  la 
guaina  della  spada  esclamò:  «  Se  Maometto  è  ucciso,  Dio  almeno  vive  e 
«  non  muore!  »  e  si  gettò  nella  mischia  finché  fu  ucciso  (dai  Musulmani) 
(Yùsuf,  24,  lin.   24;   25,  lin.   13). 

§  265,  —  (abù  Yùsuf  [f  182.  a.  H.],  da  ibn  Ishàq  [f  151.  a.  H.],  da 
abù  Ca'far).  Quando  si  accinse  a  distribuu-e  le  pensioni,  il  Califfo  Umar 
fu  consigliato  da  alcuni  ad  incominciare  con  la  propria  persona.  Questo 
egli  respinse,  e  disse  che  avrebbe  incominciato  con  i  parenti  più  vicini 
del  Profeta.  Cominciò  quindi  con  'Abbàs,  e  poi  con  'Ali,  e  poi  diede  la 
precedenza  a  cinque  altre  tribù  prima  di  arrivare  a  quella  degli  Adi  b. 
Ka'b  (alla  quale  apparteneva  il  Califfo)  (Yùsuf,  25,  lin.   13-16). 

367. 


ss  2w,  -M'i.  20.  a.  H. 


sioni. 


20.  a.  H.  §  266.  —  (al-Mugàlid  b.  Sa'id.   da    al-Sa'bi).   L'idea   di  riunire   l'im- 

•       ^  ,  r>**''"      uorto  totale  del  (iiiinto  di  Dio  e  distribuirlo  con  arradazioni  diverse   fra  i 
o  ruolo  di  pen-     Compagni  venne  dal  Califfo  'Umar:  i  Compagni  approvarono. 

Fece  venire  una  taliella  (lawli)  e  vi  fece  scrivere  i  nt)mi  nel  seguente 
di-dine: 

1"  I  banù  Hàsini  perchè  parenti  del  Profeta,  e  mise  in  prima  linea 
quelli  fra  loro  che  si  erano  battuti  a  Badr,  insieme  con  i  loro  clienti:  a 
ognuno  fece  assegnare  5000  (d  i  r  h  a  m  all'anno). 

2'^  al-'Abbàs  ebbe  12.000  ('). 

3"  i  banu  Uniayj'ah  b.  'Abd  Óams  presenti  a  Badr  (5000  dirham 
per  uno),  e  poi  le  altre  tribù  una  appresso  all'altra  in  ordine  della  loro 
parentela  con  il  Profeta.  Tutti  questi  presenti  a  Badr  ebbero  5000  l'uno. 

4"  (xli  Ansar  ebbero  4000  (dirham)  per  uno:  il  primo  nome  nella 
lista  fu  quello  di  Muliammad  b.  Maslamah. 

5°  Le  vedove  del  Profeta  ebbero  10,000  (dirham)  per  ognuna: 
'A-lsah  ebbe  però  12,000. 

6°  Gli  Emigrati   in  Abissinia  ebbero  4000  (dirham)  per  uno. 

7°  'Umar  b.  abl  Salamah  ebbe  4000  (dirham)  in  considerazione 
della  sua  madre,  umm  Salamah. 

8"  al-Hasan  e  al-Husajm,  nipoti  del  Profeta,  ebbero  5000   per   uno. 

9°  Alti-a  gente  ebbe  chi  400,  chi  300  dirham  per  uno  equiparando 
sempre  quelli  della  tribìi  ai  clienti,  fra  i  quali  non  fu  mai  fatta  differenza  ("). 

10"  Le  donne  dei  Muhàgiriin  e  degli  Ansar,  ebbero  talune  tìOO, 
altre  400,  altre  300,  altre  infine  200  per  una. 

ir  I  Muhàgirùn  e  gli  Ansar  2000  per  uno  (^)  (Yùsuf,  25-26). 

Nota  1.  —  Questa  notizia  è  certanaente  un'interpolazione  per  far  piacere  ai  Califfi  'Abbàsidi,  ad 
uno  dei  quali  (Hàrùn  al-Rasid)  l'opera  di  abiì  Yiisuf  era  appunto  dedicata:  essa  è  contradetta  da  moke 
altre  fonti  dei  paragrafi  seguenti,  nei  quali  non  si  fa  veruna  menzione  di  tale  trattamento  di  grande 
favore.  al-Wàqidi  (cfr.  §  271)  gli  attribuisce  soltanto  5C)00  dirham;  al-Ya'qiibi  soli  3CKX)  icfr.  §  286). — 
Sarebbe  incomprensibile  che  'Ali,  cugino,  genero  e  protetto  del  Profeta,  uno  dei  più  antichi  musulmani, 
guerriero  presente  a  tutte  le  battaglie  venisse  lasciato  da  'Umar  nella  categoria  dei  .5(iOO,  e  che  Abbàs, 
rimasto  pagano  fino  alla  presa  di  Makkab  nell'anno  8,  e  che  si  battè  per  l'Islam  in  una  sola  battaglia, 
ricevesse  più  che  il  doppio. 

Nota  2.  —  Altra  notizia  interpolata  per  effetto  di  passioni  e  polemiche  di  tempi  posteriori.  Nei 
tempi  di  'Omar  i  clienti  erano  arabi  quanto  i  patroni  e  in  pratica  non  esisteva  tra  loro  differenza  al- 
cuna: questa  si  affacciò  più  tardi  quando  moltissimi  non  arabi  si  fecero  clienti  delle  tribù  arabe.  Con- 
frontisi la  fine  del  §  286  ed  anche  i  §§  271,  274,  286,  310. 

Nota  3.  —  Il  Califfo  'Umar,  aggiunge  Mugàlid,  fece  allora  dono  ad  una  mia  zia  paterna  di 
200  dirham:  Sa'id  b.  al-'As  nel  venire  come  governatore  ad  al-Kùfah  le  tolse  cento  dirham  dalla 
pensione:  quando  però  divenne  Califfo  'Ali,  la  zia  venne  a  reclamare  ed  ottenne  di  riavere  i  suoi 
200  dirham  all'anno  iTiìsuf,  2(>,  lin.  3-5 1. 

§  267.  —  (Muhammad  b.  Umar  b.  'Alqamah,  da  abii  Salamah  b.  Abd 
al-rahmàn  b.  'Awf,  da  abù  Hurayrah).  Secondo   questa  tradizione  il  Califfo 


20.    a.    H.  §§  267--270. 


sioni.i 


'Uiiiai'  fece  l'elenco  delle  pensioni  (nel  modo  che  segue),  quando  abù  Hu-  20.  a.  H. 

rayrah  venne  dal  Bahrayn  con  500,000  d  i  r  li  a  m  :  j.ione  dei  Diwàn 

r  Muhàgimn,   5000:  o  ruolo  di  pen- 

2''  Ansar.   3000; 

3"  Le  vedove  del  Profeta,  12,000:  ma  Zaynab  bint  Grahs  appena 
ebbe  il  danaro  nel  suo  grembiule,  regalò  tutto  a  varie  per.sone,  aggiun- 
gendovi perfino  85  dirliam  che  aveva  con  sé  del  suo. 

La  distribuzione  del  danaro  fi-a  gli  Ansar  fu  affidata  a  Zayd  b.  Thàbit, 
il  quale  cominciò  con  l'Ahl  al-'Awàli,  o  abitanti  dei  quartieri  alti,  e  pre- 
cisamente con  gli  'Abd  al-Ashal:  fece  quindi  tutti  gli  Aws  nell'ordine  delle 
l(jro  abitazioni,  e  poi  i  Khazrag  nello  stesso  modo.  Gli  ultimi  a  ricevei'e 
la  pensione  furono  i  Màlik  b.  al-Naggàr,  che  erano  quelli  che  vivevano 
intorno  alla  moschea  (Yùsuf,  26,  lin.  5-23). 

§  268.  —  (Abdallah  b.  al-Walìd  al-Madani,  da  Musa  b.  Yazidj.  La 
prima  distribuzione  delle  pensioni  fu  fatta  quando  arrivò  a  Madìnah  abù 
Musa  al-As'ari  con  1,000,000  di  dirham.  Il  Califfo  stabilì  che  se  ne  do- 
vesse fare  \ma  distribuzione  regolare  affinchè  anche  il  pastore  nel  Yaman 
avesse  la  sua  parte  (Yùsuf,  26,  lin.  23-27). 

Cfr.  anche  27,  lin.  1,  ove  è  detto:  «  affinchè  la  sua  quota  giunga  anche 
al  pastore  sul  monte  di  San'à  ». 

§  269.  —  (Uno  saykh  di  Madinah,  da  Ismà'il  b.  Muliammad  b.  al- 
Sà-ib,  da  Zayd,  da  suo  padre).  Il  Califfo  limar  volle  che  la  divisione  fosse 
fatta  in  ragione  dei  meriti  e  dei  servizi  resi. 

Inoltro,  ai  comandanti  degli  eserciti  ed  ai  luogotenenti  nei  villaggi, 
vennero  distribuite  somme  varianti  dai  9000  ai  7000  dirham,  in  propor- 
zione dei  viveri  di  cui  avevano  bisogno  fper  le  milizie)  e  delle  faccende 
che  avevano  da  liquidai'e. 

Un  bambino  appena  nato  aveva  diritto  a  100  dirham:  quando  ar- 
rivava ai  10  o  ai  12  anni,  la  pensione  saliva  a  200;  si  dice  poi  che  il  Ca- 
liffo 'Uraar,  vedendo  crescere  le  rendite  dello  Stato,  esprimesse  la  speranza 
di  dare  agli  ultimi  quanto  dava  ai  primi,  ma  morì  prima  che  potesse  met- 
tere in  atto  siffatto  disegno  (Yùsuf,  26,  lin.  26-27,  lin.   5). 

§  270.  —  (al-Wàqidi,  da  A-idz  b.  Yahya,  da  abù-1-Huwayrith,  da  Gu- 
bayr  h.  al-Huwayrith  b.  Nuqayd).  Il  Califfo  'Umar  b.  al-Khattàb  chiese 
consiglio  ai  Musulmani  sull'istituzione  del  ruolo  dei  pensionati  (ai-dì  w  a n).- 
Ali  b.  abi  Tàlib  propose  di  dividere  ogni  anno  tutto  quello  che  si  racco- 
glieva nelle  mani  del  Califfo,  e  di  non  trattenerne  parte  alcuna.  'Uthman 
b.  'Affali  fu  di  altro  parere:  «  Io  veggo  »,  egli  disse,  «  che  il  danaro  è  molto, 
«  tanto  da    bastare  a  tutta  la  gente:  ma  se  tu  non  fai  un   conto  preciso, 

389. 


§§  270,  271.  ^^'    ^'    "• 

20.  a.  H.  ^  artiiK-hò  tu  sappia  distinguere  chi  ha  avuto  da  chi  ikhi  ha  avuto  niente, 

,^„»  ^=i  n!l!,^"„  «  teum  che  nasceranno  complicazioni».  Infine  parlò  al-Walìd  b.  Hisàm  b. 
o  ruolo  di  pen-  al-Mugjiirah :  «  O  Priiu'ipt'  dei  Credenti,  io  .sono  stato  in  Siria  ed  ho  visto 
*'°"''-'  <v  i  IV  di  essa  che  avevano  un  luoh)  regolare  con  il  quale  assoldavano  le 

«genti  (e  tbrnuivano  i  quadri).  Fa  tu  pure  un  ruolo  (al -d  i  w  a  n),  inscrivi 
«  soldati  ».  Il  Califlb  aci'cttù  la  proposta  di  al-Walid,  e  chiamati  Aqil  b. 
abi  Talib,  Makhramah  b.  Nawfal  e  G-ubayr  b.  Mut'im,  ossia  i  migliori  co- 
noscitori delle  gejiealogie  dei  Qurays,  ordinò  loro  di  compilare  un  registro 
della  gente  secondo  le  loro  dimore  (manàzil),  cioè  secondo  le  tribù,  (perchè 
ogni  tribù  viveva  a  parte  dalle  altre).  Essi  si  misero  all'opera  e  comincia- 
rono con  i  banù  Hàsim,  poi  elencarono  abù  Bakr  e  la  sua  gente,  e  poi 
'Umar  con  tutta  la  sua  gente,  seguendo  così  l'ordine  dato  dalla  successione 
al  Califfato.  Quando  'Umar  si  avvide  di  questo  ordinamento,  esclamò: 
«  Avrei  ben  amato  che  fosse  così,  ma  (sarà  meglio)  che  incominciate  con  i 
«  congiunti  del  Profeta,  e  che  proseguite  nell'ordine  della  parentela,  par- 
«  tendo  dai  più  prossimi  e  passando  a  quelli  più  lontani:  così  metterete 
«'Umar  dove  lo  ha  messo  Dio!  »  (Saad,  III,  1,  pag.  212,  lin.  5-lG). 
Cfi'.  Ya'qùbi,  II,  175;  Balàdzuri,  449,  lin.  9  e  segg. 
§  271.  —  ibn  Sa'd  ci  porge  una  lunga  tradizione  sull'affare  dello  pen- 
sioni stabilite  da  Umar,  tradizione  che  egli  dice  d'aver  composta  fondendo 
insieme  le  notizie  date  da  al-Wàqidi  attraverso  tutte  le  seguenti  autorità 
tradizionistiche:  (1)  al  Wàqidi,  da  Usàmah  b.  Zayd  b.  Aslam,  da  Yahya 
b.  'Abdallah  b.  Màlik,  da  suo  padre  'Abdallah  b.  Màlik,  da  suo  nonno 
Màlik;  (2)  al-Wàqidi,  da  Sulaymàn  b.  Dàwud  b.  al-Husayn,  da  suo  padre 
Dàwvid  b.  al-Husayn,  da  'Ikrimah,  da  ibn  'Abbàs;  (3)  al-Wàqidi,  da  'Ab- 
dallah b.  (xa'far,  da  'Uthmàn  b.  Muhammad  al-Akhnasi;  (4)  al-Wàqidi,  da 
Musa  b.  Muhammad  b.  Ibràhìm,  da  suo  padre  Muhammad  b.  Ibràhim; 
(5)  al-Wàqidi,  da  Muhammad  b.  'Abdallah,  da  al-Zuhri,  da  Sa'id  b.  al- 
Musayyab. 

Quando  il  Califfo  'Umar  b.  al-Khattàb  decise  di  procedere  alla  compo- 
.sizione  dei  ruoli  dei  pensionati  (dìwàn),  e  questo  avveniva  nel  mese  di 
Muharram  dell'anno  20.  H.,  incominciò  con  i  banù  Hàsim  e  dispose  tutti 
gli  altri  in  ordine  di  precedenza  secondo  la  loro  parentela  con  il  Profeta.  Se 
certe  genti  avevano  pari  grado  di  parentela  con  il  Profeta,  metteva  innanzi 
quelli  che  vantavano  maggiore  anzianità  di  conversione.  Quando  giunse 
agli  Ansar  ordinò  che  s' incom.inciasse  il  ruolo  con  la  famiglia  di  Sa'd  b. 
Mn'àdz  al-A.shali,  e  dispose  tutti  gli  altri  secondo  la  precedenza  della  loro 
parentela  con  Sa'd  b.  Mu'àdz.  Di  poi  'Umar  assegnò  le  pensioni  alla  gente 
iscritta  nei  ruoli  (ahi  al-diwàn),  dando  la  preferenza  a  quelli  che  ave- 

390. 


20.  a.  H. 


§  -271. 


sioni. 


vano  maggiore  anzianità  di  conversione  ed  a  quanti  avevano  preso  parte  20.  a.  H. 

alle  spedizioni  del  Profeta.  Il  CalilTo  abù  Bakr  al-Siddìq  aveva  prima  di-  ^ione  dei  DTwan 
viso  tutto  egualmente  tra  la  gente,  e  questo  fatto  fu  rammentato  ad  'limar,  °  '■"o'°  ^i  pen- 
ma  egli  prontamente  rispose  :  «  Io  non  porrò  nello  stesso  grado  quelli  che 
«  hanno  ct)mbattuto  conti'O  il  Profeta,  con  quelli  che  hanno  combattuto 
«  con  lui  ». 

Le  pensioni  più  elevate  fiu-ono  date  agli  Emigrati  makkani  ed  agli 
Ansar  che  erano  stati  presenti  alla  battaglia  di  Badr,  equiparando  ad  essi 
i  loro  mawàli  ed  i  loro  confederati  (halif)  (cfr.  §  266,  nota  2):  ad  ognuno 
di  essi  assegnò  5000  d  i  r  h  a  m  all'anno. 

A  quelli  che  avevano  anzianità  di  conversione  all'Islam  (concessione, 
pensione)  pari  a  quella  degli  emigrati  in  Abissinia,  dei  combattenti  di 
Badr(V);  ed   ai  veterani  di   Uhud,  assegnò  4000  dirham  (annui)  a  testa. 

Ai  figli  dei  veterani  di  Badr  diede  2000  dirham  a  testa  (all'anno) 
facendo  eccezione  per  Hasan  e  Husayn  i  due  figli  di  'Ali  e  di  Fàtimah, 
ai  quali  assegnò  una  pensione  pari  a  quella  del  loro  genitore,  perchè  erano 
tanto  strettamente  imparentati  con  il  Profeta  (loro  nonno),  ossia  assegnò 
a  loro  due  5000  dirham  a  testa  (all'anno).  Ad  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Mut- 
talib'assegnò  5000  dirham  all'anno  (cfr.  §  266,  nota  1)  per  la  sua  pa- 
rentela stretta  con  il  Profeta.  Alcuni  sostengono  che  egli  abbia  ricevuto 
una  pensione  di  7000  dirham,  mentre  altri  affermano  che  nessuno  rice- 
vesse una  pensione  maggiore  di  quella  data  ai  veterani  di  Badr,  fatta  ec- 
cezione per  le  vedove  del  Profeta,  ognuna  delle  quali  ricevette  12,000  dir- 
ham, annoverando  fra  le  vedove  anche  G-uwayriyah  bint  al-HàritJi,  e 
Safiyyah  bint  Hm^ayy. 

Quanti  emigrarono  a  Madinah  prima  della  presa  di  Makkah  ebbero 
3000  dirham  a  testa  (all'anno). 

Quelli  che  si  convertii'ono  alla  presa  di  Makkah  ricevettero  ognuno 
2000  dirham. 

Ai  ghilmàn  ahdàt_h  (giovani  guerrieri?)  tra  i  figli  degli  al-Muhà- 
girùn  e  degli  Ansar  fri  data  una  pensione  eguale  a  quella  dei  convertiti 
alla  presa  di  Malckah,  ossia  2000  dirham. 

Ad  'Umar  b.  abi  Salamah  il  Califfo  volle  si  assegnassero  4000  dir- 
ham all'anno:  contro  tale  misura-  protestò  Muhammad  b.  'Abdallah  b. 
Grahs,  chiedendo  le  ragioni  per  le  quali  era  preferito  il  figlio  di  abù  Sa- 
lamah, visto  che  il  padre  non  aveva  fatto  più  del  suo:  'Umar  spiegò  di 
avergli  data  la  preferenza  per  il  grandissimo  luogo  ch'egli  aveva  presso 
il  Profeta  :  «  Venga  pure  innanzi  chi  può  vantarsi  di  una  madre  come  umm 
«  Salamah.  e  chiegga  un  favore,  ed  io  glielo  concederò  ». 

391. 


sioni. 


§  271.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  \^  l'sàmah  b.   Zayd    assegnò    4000    di  ih  a  ni:    quando    'Abdallah    b. 

zione  del  D^wàn  Hmar  protestò  presso  il  padi(\  il  Califfo  'Uniar,  chiedendo  perchè  ad  Usà- 
o  ruolo  di  pen-  ,iij,ii  concedeva  4000,  mentre  al  proprio  figlio  passava  soli  3000,  sebbene 
avesse  fatte  assai  più  campagne  di  Usàmah,  il  Califfo  rispose:  «  Io  gli  ho 
«  dato  di  più,  perchè  era  più  caro  di  te  al  Profeta,  e  suo  padre  (Zayd  b. 
«  Haritjiah)  era  più  caro  a  Maometto  di  tuo  padre  ». 

Al  resto  della  gente  concesse  le  pensioni  secondo  le  loro  dimore  (ma- 
nàzil,  ossia  secondo  le  tribù),  la  valentia  loro  nel  leggere  il  Qur-an,  ed 
i  servigi  resi  nella  gnerra  santa. 

Poi  pose  tutti  gli  altri  sotto  un  capo  (bàb)  solo,  unendovi  i  Musul- 
mani venuti  a  Madinah,  ed  assegnò  ad  ognuno  25  dinar:  con  essi  iscrisse 
i  liberti   iinu  harrarùn). 

Ai  membri  delle  tribù  Yamanite,  o  ahi  al-Yaman,  ed  ai  Qays 
nella  Siria  e  nelF 'Iraq  assegnò  ad  ognuno  (secondo  il  suo  grado),  o  2000, 
o  1000,  o  900,  o  500,  o  300  (dirham).  Ne.ssuno  ricevette  meno  di  300 
(dirham  all'anno). 

Il  Califfo  disse:  «  Se  i  danari  fossero  più  abbondanti,  assegnerei  ad 
«  ogni  uomo  4000  dirham,  di  cui  1000  dovrebbero  servire  per  i  suoi  viaggi, 
«  1000  per  le  sue  armi,  1000  per  quello  che  lascia  a  casa  della  sua  famiglia, 
«  e  1000  per  il  suo  cavallo  ». 

Assegnò  pensioni  anche  alle  donne  degli  Emigrati  makkani:  assegnò 
6000  dirham  a  Safìyyah  bint  'Abd  al-Muttalib,  ad  Asma-  bint  'Umays 
assegnò  1000  dirham,  ad  umm  Kult^iùm  bint  'Uqbah  1000  dirham  e 
ad  umm  'Abdallah  b.  Mas'ùd  pure   1000  dirham. 

Alcuni  affermano  che  egli  assegnasse  3000  dirham  all'anno  ad  ognuna 
delle  donne  degli  Emigrati  makkani. 

Fece  iscrivere  anche  le  famiglie  dell'Ahl  al-'Awàli  ed  assegnar  loro 
la  fornitura  degli  alimenti  (al-qùt):  più  tardi  il  Califfo  Uthmàn  fu  più 
generoso  con  loro  negli  alimenti  e  concesse  anche  un  mantello  (qisw ah) 
ad  ognuno. 

Ai  neonati  il  Califfo  assegnò  100  dirham:  quando  erano  più  grandi 
200,.  e  dava  infine  l'aumento  (completo  che  loro  spettava)  quando  diventa- 
vano maggiorenni. 

Ai  trovatelli  (laqit)  assegnò  100  dirham  ed  i  viveri  che  erano  con- 
segnati mensilmente  al  tutore  per  il  mantenimento  in  modo  convenevole, 
curandoli  costantemente  di  anno  in  anno,  dalla  nutrice  in  poi,  a  spese 
dello  Stato  (^)  (Saad,  III,  1.  pag.  213-214). 

Cfr.  Balàdzuri,  450,  lin.  9-461,  lin.  22. 

Nota  1.  —  Sono  da  notarsi  le  seguenti  cose: 


20.    a.    H.  |§  271-273. 


I!  genero  del  Profeta,  'Ali  b.  abi  Tàlib,  non  figura  in  verun  modo  tra  quelli  *he  sarebbero  stati  20.  a.   H. 

preteriti,  perchè  più  cari  ai  Profeta.  I  suoi  figli  ancora  minorenni,  per  il  solo  fatto  che  sono  nipoti  del       [ARABIA.   -    Istitu- 
Profeta,   vengono  equiparati  al  padre,  un  fatto  che  costituisce  un'evidente  umiliazione  per  il  genitore.  zione  del  Divvàn 

La  lista  rivela  quali  fossero  le  persone  veramente  preferite  ed  amate  dal  Profeta,  ossia  Usàmah  o    ruolo   di    pen- 

b.  Zayd  b.  Hàritjiah.  sionl. 

Che  al-'Abbàs,  lo  zio  del  Profeta,  il  quale  si  converti  alla  presa  di  Makkah,  e  perciò  sulla  sincerità 
della  cui  conversione  era  lecito  avere  dei  dubbi,  e  ben  pochi  erano  i  servizi  da  lui  resi  all'Isiàm,  sia 
equiparato  ai  primi  e  valenti  veterani  del  Profeta,  ai  veterani  di  Badr  è  interpolazione  dei  tempi  ab- 
bàsidi  ^cfr.  §§  266,  341  e  nota  1). 

Notevole  che  dei  servizi  resi  dai  Compagni  prima  della  venuta  a  Madinah  non  si  tiene  verun 
conto.  Questo  fu  forse  suggerito  al  Califfo,  non  solo  perchè  egli  non  vi  faceva  una  bella  figura,  essendo 
stato  tra  i  più  tardi  a  convertirsi,  ma  in  particolar  misura  perchè  non  voleva  avvantaggiare  i  Makkaui 
a  danno  dei  Madinesi,  onde  preferì  prendere  le  mosse  dal  momento  in  cui  Makkani  e  iladinesi  erano 
uniti  sotto  il  Profeta.  Facendo  una  prima  classifica,  la  più  elevata,  per  i  servizi  resi  in  Makkah,  avrebbe 
dovuto  necessariamente  escluderne  tutti  i  Madinesi.  Questo  sarebbe  stato  atto  impolitico  e  sarebbe  sem- 
brato un  favore  molto  parziale  in  prò  dei  propri  consanguinei. 

E  palese  che  la  prima  parte  dell'elenco  era  di  natura  puramente  transitoria,  perchè  con  lo  spe- 
gnersi progressivo  di  tutti  i  testimoni  della  genesi  dell'Islam,  avevano  fine  anche  tutte  le  pensioni  dei 
veterani  delle  varie  classi.  E  evidente  che  le  tradizioni  qui  raccolte  rappresentano  una  memoria  incom- 
pleta del  modo  come  il  Califfo  introdusse  nell'Isiàm  il  sistema  delle  paghe  ai  soldati  per  i  servizi  resi 
allo  Stato:  siccome  in  principio  tutti  gli  emigrati  erano  guerrieri  in  servizio  continuo  dell'Isiàm,  il 
loro  assegno  era  di  necessità  annuale:  più  tardi,  come  vedremo,  dovettero  introdursi  modifiche,  e  quanti 
non  servivano  sotto  le  armi  furono  esclusi  dal  benefizio  delle  pensioni,  e  cosi  con  l'andar  del  tempo 
rimase  il  solo  soldo  delle  milizie  e  null'altro.  Le  proporzioni  immense  prese  dalla  diffusione  dell'  Isiàm 
resero  materialmente  impossibile  la  continuazione  del  sistema  di  TJmar.  Questo  era  attuabile  quando  i 
Musulmani  contavano  poche  migliaia  di  fronte  ai  milioni  di  non  musulmani  che  pagavano  le  tasse  : 
ma  allorché  queste  turbe  si  resero  musulmane,  divenne  materialmente  impossibile  attuare  un  sistema 
generale  di  pensioni  che  abbracciasse  tutti  i  Musulmani.  Essendo  non  musulmani  la  minoranza,  chi 
avrebbe  pagato  le  tasse? 

Dna  conclusione  importante  che  si  deve  trarre  da  siffatta  considerazione  è  che  il  Califfo  'Umar 
nello  stabilire  il  ruolo  delle  pensioni  non  può  mai  aver  pensato  alla  possibilità  che  i  popoli  vinti  si 
sarebbero  convertiti,  perchè  allora  tutti  sarebbero  divenuti  pensionati  e  non  vi  sarebbe  rimasto  più 
alcuno  a  fornire  il  denaro  necessario  per  le  pensioni.  Dunque  nel  Califfo  'Umar  non  vi  fu  mai  un  con- 
cetto di  conversione  all'Islam  da  parte  dei  non  arabi.  Questo  fatto  è  molto  importante  e  si  ricollega 
con  quanto  si  disse  del  programma  del  Profeta,  il  quale  non  si  sognò  mai  di  estendere  l'Isiàm  oltre  i 
confini,  non  dico  dell'Arabia,  ma  forse  nemmeno  di  quella  parte  occidentale  in  cui  egli  visse. 

§  272.  —  ("Abdallah  b.  Sàlih  b.  Muslim  al-'Igli,  da  Isma  il  b.  al-Mu- 
gàlid,  dal  padre  al-Mugàlid  b.  Sa'id,  da  al-Sa'bi).  Quando  'Umar  ebbe  con- 
quistato r 'Iraq  e  la  Siria  e  raccolto  il  kharàg,  riunì  i  Compagni  del 
Profeta,  e  disse  loro:  «Io  ho  pensato  di  dare  T'atà-  a  chi  spetta».  E 
quelli  :  «  È  una  idea  giusta  !  » .  —  «  Da  chi  ho  da  cominciare  ?  » .  —  «  Da 
«  te  ».  —  «  No  »,  rispose  il  Califfo,  «  io  resto  come  ha  disposto  Iddio,  e 
«  incomincio  dalla  famiglia  del  Profeta  ».  E  così  fece. 

'A'isah  ebbe  12,000  dirham. 

Le  altri  mogli  ebbero   10,000. 

'Ali  b.  abi  Tàlib  5000. 

Ai  banù  Hàsim  presenti  a  Badr  altrettanto  (Balàdzuri,  448,  lin.  20; 
449,  lin.   7). 

§  273.  —  (al-Husayn  b.  al-Aswad,  da  Waqi',  da  Sufyàn,  da  abù  Ishàq, 
da  Mus'ab  b.  Sa'd).  'Umar  assegnò: 
ai  Badriti  GOOO  dirham; 

398.  50 


§§  27S-280.  20.   a.   H. 

20.  a.  H.  ^]l^,  vedove  del  Profeta  10.000: 

zione  del  Diwan  ^^  '.Risali  no  diede  12,000  per  l'amore  speciale  che  aveva  per  lei 

o  ruolo  di  pen-     [\  Profeta  ; 

a  Safi}\yali  e  Gru\vayrÌ3-ah  6000; 

ad  alcune  donne  emigrate  1000  (tra  cui  umm  'Abd,  che  sarebbe  la 
madre  di  'Abdallah  b.  Mas'ùdì  (Balàdzuri,  454,  Un.    16-21)  [M.J. 

§  274.  —  (abu  'Ubayd,  da  'Abdallah  b.  Salili  al  Misri,  da  al-Layth  1). 
Sa'd,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Khàlid  al-Fahrai,  da  ibn  Sihàb).  Quando  'Umar 
distribii'i   i  diwàn.  assegnò: 

alle  mogli  del  Profeta,  ch'egli  aveva  regolarmente   sposate,   12,000 
d  i  r  h  a  m  : 

a  Gruwayiiyah  e  a  Safìyyah  GOOO,   perchè    erano    delle    prede    asse- 
gnate al  Profeta  : 

ai  Muhàgirfin,  presenti  a  Badr,   5000; 
agli  Ansar,  presenti  a  Badr,  4000: 
senza  far  distinzioni    ti-a    nativi,  mawla    o    halif;  e  non    prepose    l'uno 
all'altro  (Balàdzuri,  455,  Un.   7-15)  [M.]. 

§  275.  —  (Amr  b.  al-Nàqid  e  abù  'Ubayd,  da  Ahmad  b.  Yùnus,  da 
abù  Khaytjbamah,  da  abù  Ishàq,  da  Mus'ab  b.  Sa'd).    Umar  assegnò: 
a  tutti  i  Badriti,  Muhàgirùn  e  Ansar,   6000  dirham; 
alle  mogli  del  Profeta  10,000; 
ad  'A-isah  12,000; 
a  Gruwayriyah  e  Safìyyah  6000; 

alle  prime  emigrate,  Asma-  bint   Umays,  Asma-  bint  abi  Bakr  e  umm 
'Abdallah  b.  Mas'ud   1000  a  ciascuna  (Bai  àdz uri ,  456,  lin.   15-21)  [M.]. 

§  276,  —  (al-Husaj-n,  da  Waqi',  da  Ismà'il  b.  abi  Khàlid,  da  Qays 
b.  abi  Hàzim).  I  Badriti,  ingenui  (arab)  e  clienti,  ebbero  5000  dirham. 
E  disse  Umar  che  li  voleva  distinguere  su  tutti  gli  altri  (Balàdzuri, 
454,  lin.  21-455,  lin.  2). 

§  277.  —  (al-Wàqidi).  Secondo  alcuni  assegnò  alle  Emigrate  3000  dir- 
ham a  ciascuna  (Balàdzuri,  451,  lin.  21-452,  lin.   1). 

§  278.  —  ('Amr  al  Nàqid,  da  Abd  al-wahhàb  al-Thaqafi,  da  Gra'far 
b.  Muh.,  dal  padre).  'Umar  mise  Hasan  e  al-Husayn  alla  pari  del  padre, 
a  6000  dirham  (Balàdzuri,  454,  lin.   10-12). 

§  279.  —  (al-Husayn  b.  al-Aswad,  da  Waqi',  da  Muh.  b.  Qays  al-Asadi, 
dalla  madre  umm  al-Hakam).  Ali  diede  100  di  'atà-  a  umm  al-Hakam 
(Balàdzuri,  456,  lin.  21-456,  lin.  2). 

§  280.  —  (Qabisah  b.  Uqbah,  da  Suf^-àn,  da  al-Aswàd  b.  Qa^s,  da  uno 
dei  loro  saykh).  Disse   Umar  b.  al-Khattàb:   «  Se  io  vivrò,  porterò  a  2000 

394. 


20.  a.  H.  §§  sso-asé. 


«  la  pensione  ('ata  j  della  più  bassa  classe  del  popolo  (sa filala  al-nàs)  » 


sioni. 


20.  a.  H. 
[ARABIA.   -    Istìtu- 

(Saad,  III,   1,  pag.  219,  Im.  21-23)  [G.].  zione  dei  Diwàn 

In  un'altra  tradizione,  ibid.,  lin.   19-21,  abbiamo  3000  invece  di  2000        °  '^°}°  di  pen- 
dirham  [G.]. 

§  281.  —  (Khàlid  b.  Mukhallad.  da  'Abdallah  b.  Umar,  da  Sa'id  b. 
Zayd,  da  Sàlim,  il  padi-e  di  'Abdallah).  'Umar  b.  al-Khattàb  distribuì  le 
pensioni  ai  Musulmani,  né  lasciò  uno  che  non  gli  assegnasse  la  sua  quota, 
tanto  che  restarono  solo  quelli  privi  di  famiglia  e  di  clienti,  ed  a  questi  as- 
segnò (il  minimo,  cioè)  tra  250  e  300  dirham  (Saad,  III,  1,  pag.  219, 
lin.   5-9)  [G.J. 

§  282.  —  (al-Hasan  b.  Musa,  da  Zuhayr  b.  Hayyàn,  da  abù  Ishàq,  da 
Mus'ab  b.  Sa'd).  'Umar  fu  il  primo  ad  assegnare  le  pensioni  (far  a  da):  ai 
reduci  di  Badi-,  Emigrati  e  Ansar,  assegnò  6000  (d  i  r  h  a  m)  a  ciascuno  ; 
alle  mogli  del  Profeta,  e  per  prima  ad  'A'isah,  cui  assegnò  12,000,  alle  altre 
10,000,  tranne  Guwayriyah  e  Safiyyah,  per  le  quali  fissò  6000.  Stabilì 
anche  assegni  alle  donne  emigrate,  e  per  prima  ad  Asma  bint  'Umays, 
Asma  bint  abi  Bakr  e  umm  'Abd,  la  madre  di  'Abdallah  b.  Mas'ùd:  1000 
per  ciascuna  (Saad,  III,   1,  pag.  219,  lin.  13-19)  [G.]. 

§  283.  —  (Yazid  b.  Hàrùn,  da  Hammàd  b.  Yazid,  da  Hisàm  b.  Hassàn, 
da  Muh.  b.  Sirin).  Si  presentò  a  'Umar  b.  al-Khattàb  un  suo  consanguineo, 
e  gli  propose  che  gli  desse  del  denaro  pubblico  (bay  t  al-màl);  ma  'Umar 
lo  respinse,  dicendogli:  «Vuoi  tu  ch'io  mi  faccia  incontro  a  Dio  qual  re 
«  perfido?  ».  Ma  dopo  diedegli  del  suo  proprio  avere  (min  sulbi  mali  hi) 
10,000  dirham  (Saad,  III,   1,  pag.   219,  lin.  2-6)  [G.]. 

La  tradizione  ci  fa  toccar  con  mano  una  delle  tentazioni  a  cui  fu 
esposto  'Umar,  ossia  le  richieste  dei  membri  della  sua  tribù  e  famiglia.  La 
tradizione  vorrebbe  provare  che  'Umar  resistesse  a  queste  tentazioni,  ma 
si  rivela  poi  in  contradizione  con  sé  stessa,  perchè  'TJmar  non  poteva  esser 
tanto  povero,  se  poteva  dare  del  suo,  per  ragioni  sì  futili,  una  somma  non 
piccola. 

§  284.  —  (Wahb  b.  Baqiyyah  e  Muh.  b.  Sa'd,  da  Yazid  b.  Hàrùn,  da 
Muh.  b.  Amr,  da  abù  Salimah,  da  abù  Hurayrah).^  Si  recò  da  'Umar  dal 
Bahrayn  e  racconta:  Lo  trovai  all'ultima  preghiera  vespertina  e  lo  salutai. 
Mi  domandò  notizie  e  poi  volle  sapere  quello  che  avessi  con  me.  Io  dissi:. 
«Cinquecento  mila  dirham».  (Qui  la  tradizione  s'allunga  per  mostrare 
lo  sbigottimento  di  'Umar  davanti  a  una  simile  cifi-a,  e  come  egli,  non 
credendo  vero  il  parlare  di  abù  Hurayrah,  glielo  facesse  ripetere  più  volte, 
e  anche  lo  mandasse  a  dormire  per  saper  meglio  la  mattina  dopo  l'ammon- 
tare del    peculio).    'Umar    disse    allora    alla    gente  (in  pubblico?  o  ai  suoi 

395. 


•J84-2!S(!. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  con.si<'lieri':'  al-nas):   «  È  venuta  una  grande  somma,  se  volete,  ve  la  con- 


[ARABIA.   -    Istitu- 
zione del  Diwàn 


•o 


sioni. 


«v  tiaino.  so  no  ve  la  misuriamo  a  capacità  ».  E  uno  gli  disse;  «  0  Principe 
o  ruolo  di  pen-  »  ,|ei  Credenti,  ho  visto  che  quei  Persiani  tengono  un  registro  (diwàn). 
«e  danno  'atà-  secondo  questo  diwàn». 

Ed  egli  fece  un  diwàn,  e  assegnò  ai  primi  Muli  agir  un  5000,  e 
agli  -Ansar  4000,  e  alle  mogli  del  Profeta  12,000  dirhani  (Balàdzuri, 
463,  Un.  6-18)  [M.]. 

§  285.  —  (al-'Umari,  dà  abù  'Abd  al-rahmàn  al-Tà-i,  da  al-Mugàlid, 
da  ai-iSa'bi).  Quando  Umar  nell'anno  20.  H.  volle  impiantare  i  diwàn, 
chiamò  Makhramah  b.  Nawfal  e  Grubayr  b.  Mut'im,  e  ordinò  loro  di  pren- 
dere nota  di  tutti,  secondo  la  loro  dignità. 

Essi  scrissero  [primi]  i  baiiu  Hàsim,  e  vi  fecero  seguire  abu  Bakr  e  la 
sua  gente,  e  'Umar  e  la  sua  gente.  Quando  'Umar  vide  il  libri)  disse: 
«  Amerei  d'essere  nella  parentela  del  Profeta,  ma  voi  andate  per  ordine  di 
«  parentela,  e  ponete  me  dove  mi  lia  posto  Iddio  ».  al-'Abbàs  fu  grato  ad 
'Umar  e  dis.se:  «Ti  ha  attratto  la  parentela?  (wasalatka  rahim"": 
«  l'fr.  11.  a.  IT.,  §  46  e  Hota  1)  ».  Quando  'Umar  ebbe  istituito  il  diwàn. 
abii  Sufjàn  b.  Harb  domandò:  «E  un  diwàn  come  quello  dei  banù-1- 
«  Asfar?  (Greci).  Se  tu  dai  alla  gente  un  fisso,  mangiano  lì  sopra,  e  lasciano 
«  la  mercatura  ».  Rispose  'Umar:  «  Non  e" è  altra  via  d'uscita,  la  preda  dei 
«  Musulmani  .sovrabbonda  ». 

E  'Umar  assegnò  al  diliqàn  del  Nahr  al-Malik  e  ad  ibn  al-Nakhir- 
khàn,  e  a  Khàlid  e  a  Gramìl,  figli  di  Busbuhra,  dihqàn  di  al-Falàlig,  e 
Bistàm  b.  Narsi,  dihqàn  di  Bàbil  e  di  Khutarniyah,  ad  al-Rufajl,  dihqàn 
di  al-' Al,  e  ad  al-Hurmuzàn,  e  a  Grufaynah  al-'Ibàdi   1000  dirham. 

Secondo  altri  ad  al-Hurmuzàn  ne  diede  2000  (Balàdzuri,  467, 
lin.    10-458,  lin.    1)  [M.J. 

§  286.  —  Le  cifre  date  da  al-Ya'qùbi  non  corrispondono  esattamente  con 
quelle  di  al-Wàqidi:  la  sua  versione  rivela,  com'è  naturale,  influenze  si'ite. 

Primo  nella  lista  fu  messo  Ali  b.  ahi  Tàlib  con  5000,  e  poi  al-Hasan 
b.   'Ali  ed  al-Husayn  b.   'Ali,  ognuno  con  3000  (dirham). 

Altri .  mettono  capo  lista  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Muttalib  con  3000  (con- 
fi'ontisi  §  266  e  nota  1). 

Veterani  di  Badr.  Qurays,   8000. 

Veterani  di  Badr,  Ansar,  4000  (si  ricordi  che  gli  Ansar  furono  i  par- 
tigiani devoti  di  'Ali,  e  che  perciò  gli  scrittori  si 'iti,  come  al-Ya'qùbi, 
mostrano  una  certa  preferenza  per  i  Madinesij  (cfr.  §  296). 

I  Magnati  di  Makkah  convertiti  neir8.  H.,  5000  (?!)»  e  poi  secondo  il 
loro  grado  tutti  i  Qurays  cìm  non  avevano  combattuto  a  Badr. 

896. 


20.    a.    H.  §§  286-288. 


Vedove  del  Profeta,  6000;  ma  'A-isah,  urani  Habibah  e  Hafsali.  12,000:  20.  a.  H. 

r,    n  ì  /^  -1        -r\r\n  [ARABIA.   -    Istitu- 

Safiyyah  e  Gruwajn-ij-ah,  oOOO. 


sioni. 


zione  del  Diwàn 

'Umar  b.  al-Khattàb.  5000.  o  ruolo  di  pen- 

Suo  figlio    Abdallah  b.   'Umar.   5000. 

Makkaui  che  non  fecero  la  Higrah,   (300  e  700. 

Ahi  al-Yaman,  400. 

Ahi  al-Mudar,  300. 

(banu)  Rabì'ah,  200. 

La  prima  somma  distribuita  fu  quella  di  700,000  dirham,  portata  da 
abu  Hurayrah  dal  Bahrayn. 

Le  donne  degli  Emigrati  makkani.  2000  e  1500  (tra  le  quali  erano: 
Asma  bint  'Umays,  umm  Kulthum  bint  'Uqbah  b.  abi  Mu'ayt,  Khawlah 
bint  Hakini  b.  al-Awqas,  la  moglie   vedova  di   'Uthmàn  b.  Maz'ùn). 

umm  'Abd  (la  madre  di  'Abdallah  b.  Mas'ùd,  detto  ibn  umm  'Abd),  1500. 

Diede  anche  pensioni  agli  Asràf  al-A'àgim,  o  più  distinti  tra  i  non 
arabi  (convertiti?),  come  Fayrùz  b.  Yazdagird  dihqàn  di  Nahr  al-Malik, 
e  di  al-Nakhlrkhàn,  Khàlid  b.  Busbuhra,  al-Gramìl  b.  Busbuhra,  dihqàn 
di  al-Fallùgah.  al-Hurmuzàn,  Bistàm  b.  Narsa,  dihqàn  di  Bàbil,  (xufaynah 
al-'Ibàdi:  ad  ognuno  assegnò  2000  (cft-.  §  336). 

'L^mar  dicliiarò  di  aver  fatto  queste  classificazioni  secondo  il  merito 
per  attirare  la  gente  (all'Isiàm)  con  simili  favori,  ma  sperava  con  il  tempo 
di  pareggiare  le  pensioni  tra  musulmani  senza  dai'e  pi-eferenza  al  rosso  sul 
nero,  nò  all'arabo  sul  non  arabo  (cfr.  §  266,  nota  2)  (Ya'qùbi,  II,  175-176). 

§  287.  —  (al-Wàqidi).  Per  ordine  di  'Umar,  gli  scrissero  i  prefetti  delle 
parti  alte  (a  1  -  '  a  w  à  1  i)  [lo  stato  dei  sudditi],  ed  egli  passava  loro  il  nutri- 
mento. Poi  venne  'Utlimàn,  e  largheggiò  con  essi  in  alimenti  e  in  vestiti. 

'Umar  dava  ad  ogni  neonato  100  dirham,  e  dopo  ci-esciuto,  questi 
ne  aveva  duecento  ;  dopo  giunto  alla  pubertà,  cresceva  ancora  di  stipendio. 

Quando  poi  si  portava  un  trovatello,  egli  gli  assegnava  100  dirham 
e  un  alimento  che  prendeva  il  tutore,  a  rate  mensili,  e  poi  lo  portava  su 
[in  contributo?]  di  anno  in  anno.  E  raccomandava  loro  il  bene;  l'alimen- 
tazione e  le  altre  spese  le  pagava  con  la  bayt  al -mài  (Balàdzuri, 
451,  lin.   1-452,  Un.   7)  [M.]. 

§  288.  —  (Bakr  b.  al-Haj'tham,  da  Abdallah  b.  Salili,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  abù  Qabij).  'Umar  assegnava  al  neonato  10  (dirham)  e  quando  giun- 
geva all'età  della  faridah,  glie  la  dava.  Quando  fu  califfo  Mu'àwÌ3'ah, 
<liede  questo  ad  ogni  piccolo  .slattato,  e  quando  fu  califfo  'Abd  al-malik 
b.  Marwàn,  .soppre.s.se  tutto,  eccezion  fatta  per  chi  voleva  (Balàdzuri, 
459.  lin.   1-5). 

sol. 


«s  aas-ass.  20.  a.  H. 


sioni. 


20.  a.  H.  I  289.  —  ('Affàn,  da  Yazid,  da  Yahya  b.  al-Mutawakkil,  da  'Abdallah 

^  ir.*'-"„     b.  Nàti',  da  ibn  'Umar).   'Uniai-    non  dava    nulla  al  bambino    finché   fosse 

o  ruolo  di  pen-     svezzato.  E  poi  gi'idò  il  banditore:   «.  Non  tirate  via  a  svezzale  i  bambini, 

«  thè  daremo  stipendio  ad  ogni  bambino  che  sia  nell'Isiàm  »  (Balàdzuri, 

459,  lin.   6-8). 
§  290.  —  ('Amr  al-Nàqid,  da  Ahmad    b.  Yùnus,  da  Zubayr   b.  Mn'à- 

wiyali,  da  abn  Ishàq).  Il  nonno  suo  andò  da  'Uthmàn,  che  gli  disse: 
«Quante  persone  hai  di  famiglia,  o  sa3^kh?».  —  «Tante»,  rispose.  — 
«Ebbene  do  cento  a  te  e  cento  a  [ciascuno  della]  tua  famiglia»  (Balà- 
dzuri, 459,  Un.  8-11). 

§  291.  —  (a)  (abù  'Ubayd,  da  Marwan  b.  Suga'  al-Oazari).  'Abd  al- 
'aziz  mi  pose,  quando  fui  svezzato,  a  dieci  dinar  (Balàdzuri,  469, 
lin.   11-13). 

(è)  (Ibràhim  b.  Muh.  al-Sàmi,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Mahdi,  da  Sufyàn 
al-Thawri,  da  abù-1-Grahhàf,  da  uno  dei  Khath'am).  Mi  nacque  un  bambino; 
lo  presentai  ad  'Ali,  e  lo  pose  a  100  (dirham)  (Balàdzuri,  469,  lin.  13-15). 

(e)  ('Amr  al-Nàqid,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Mahdi,  da  Sufyàn,  da  'Ab- 
dallah b.  Sarik  da  Bisr  b.  Ghàlib).  Fu  chiesto  ad  al-Husayn  b.  'Ali  (o,  du- 
bita 'Amr,  ad  al-Hasan  b.  'Ali):  «Quando  ha  il  bambino  la  sua  parte"?». 
Rispose:   «Quando    manda   il   primo   vagito»    (Balàdzuri,    459,  lin.    15- 

460.  lin.    1). 
§  292.   —   (abii  'Ubayd,   da    ibn  abi   'Adi,   da    Sufyàn,  da    Zubayr    b. 

Thàbit  o  ibn  abi  Dzi-b,  da  Dzuhl  b.  Aws).  Fu  condotto  ad  'Ali  un  trova- 
tello (manbùdz),  ed  egli  gli  assegnò  100  (dirham)  (Balàdzuri,  460, 
lin.  4-6). 

§  293.  —  (al-Dawlàbi).  Quando  il  tesoro  musulmano  divenne  molto 
grande,  'Umar  decise  di  spartirlo  tra  i  Musulmani.  Allora  Hisàm  b.  al- 
Walid  gli  disse  che  aveva  visto  presso  i  principi  della  Siria  alcuni  registri 
per  iscrivervi  i  nomi.  'Umar  accettò  il  consiglio,  e  chiamati  'Aqil  b.  abi 
Tàlib,  Makhramah  b.  Nawfàl  e  Gubayr  b.  Mut'im,  ordinò  loro  d' iscri- 
vere in  v^n  ruolo  tutti  i  Musulmani  secondo  il  loro  rango.  Furono  messi 
prima  i  banù  Hàsim,  poi  abù  Bakr  e  la  sua  famiglia,  poi  'Umar  e  la  sua 
famiglia.  Gli  altri  vennero  secondo  il  loro  grado  di  parentela  con  il  Pro- 
feta, ossia  nell'ordine  seguente  :  banii  Abd  Sams,  banù  Nawfal,  banù  Abd 
al-Dàr,  banù  Asad,  banù  'Abd  b.  Qusayy,  banù  Zuhrah,  banù  Tamìm,  banù 
Makhzùm,  banù  'Adi,  banù  Grumah,  banù  Sahm,  banù  'Amir,  banù-1-HàritJi 
b.  Fihr.  Seguivano  gli  Ansar,  cominciando  con  la  famiglia  di  Sa'd  b. 
Mu'àdz,  poi  le  Qabà-il  al-Khandaq,  poi  i  Mudar,  poi  i  Rabi'ah  ed  infine 
le  tribù  del  Yaman. 

398. 


20.  a.  H.  §§  293-29»;. 


Quando  il  califfato  venne  in  potere  di  Marwàn  b.  al-Hakam  al-Uma\vi,  20.  a.  H. 

oppure  secondo  altri  ai  tempi  di  al-Haggàg  b.  Yùsuf,  si  cominciò  il  ruolo  ^jona  dai  Dfwan 
con  i  banù  Marwàn.  Regnante  'limar  b.  Abd  al-'aziz  si  ritornò  all'ordine  °  '■"°'°  '^^  p^"- 
antico  (Furàt,  fol.   114,r.). 

§  294.  —  ('Umàr  b.  'Asini  al-Kilàbi,  da  Sulaymàn  b.  al-Mughirah,  da 
Humayd  b.  Tlilàl,  da  Zuhayr  b.  Hayyàn,  da  ibn  'Abbàs,  il  quale  narra:)  Mi 
fece  chiamare  'Umar  b.  al-Khattàb,  ed  io  mi  presentai  a  lui,  che  aveva 
dinanzi  un  tappeto  di  cuoio  (nat'  o  nit'),  su  cui  era  sparso  l'oro  in 
hathth,  cioè  in  verghe  o  pezzi  non  coniati  (tibr):  «Vieni»,  mi  ordinò 
il  Califfo,  «  e  dividi  codesto  fi-a  la  tua  gente.  Dio  sa  dove  mai  tenne  codesta 
«  roba  nascosta  al  Profeta  e  ad  abù  Baki*;  e  se  invece  fu  concesso  a  me  (e 
«  non  a  loro,  lo  fu)  in  bene  o  in  male?  ».  Io  mi  chinai,  continua  ibn  Abbàs, 
a  dividere  e  scompartire,  quando  udii  la  voce  di ''Umar  che  diceva:  «  Per 
«  colui  in  potere  del  quale  sta  la  mia  anima!  no  certo  non  nascose  (questo 
«  tesoro)  al  suo  Profeta  e  ad  abù  Bakr  per  il  male,  né  lo  diede  a  me,  'Umar, 
«per  il  bene!  »   (Saad,  III,   1,  pag.  218,  lin.  20-219,  lin.  2)  [G.]. 

Con  questa  tradizione  si  vuol  rispondere  a  quelle  obbiezioni  fatte 
da  alcuni  credenti:  perchè  tanti  tesori  furono  negati  al  Profeta  e  ad 
abù  Bakr  e  concessi  ad  'Umar?  È  possibile  che  'Umar  li  ricevesse,  di- 
cono i  fedeli,  perchè  Dio  voleva  metterlo  alla  prova,  e  tal  prova  non  era 
necessaria  per  il  Profeta  o  per  abù  Bakr,  sul  conto  dei  quali  Dio  era 
più  sicuro. 

§  295.  —  (Ishàq  b.  Mansùr,  da  Zubayr  b.  Hay3'àn,  da  abù  Ishàq,  da 
Hàrithah  b.  Mudarrab).  Ordinò  'Umar  di  (prendere)  un  garib  di  frumento 
(ta'àm),  impastarlo  e  farne  pane:  ridotto  quindi  in  pezzi  e  fattolo  inzup- 
pare nel  l)rodo  (thurida),  lo  diede  a  mangiare  a  trenta  uomini  a  desi- 
nare e  a  cena.  Quindi  disse:  «  Bastano  per  gli  uomini  due  garib  al  mese  ». 
E  forni  due  garib  mensili  a  ogni  uomo,  e  altrettanto  a  ogni  donna  e 
schiavo  (Saad,  III,   1,  pag.  219,  lin.  26-220,  lin.  3)  [G.]. 

§  296.  —  (Ahmad  b.  'Abdallah  b.  Yùnus,  da  'Abdallah  b.  al-Mubàrak, 
da  Yùnus,  da  al-Zuhri,  da  Sa'id  b.  al-Musayyab).  Umar  b.  al-Khattàb,  nel 
dare  le  pensioni  ai  reduci  di  Badr,  assegnò  5000  (dirham)  agli  Emigrati 
Qurays,  agli  Arabi  nomadi  ed  ai  clienti,  ma  4000  agli  Ansar  e  ai  loro 
clienti  (Saad,  III,   1,  pag.  219,  lin.  9-13)  [G.]. 

Si  noti  come  questa  notizia  che  dà  agli  Emigrati  una  precedenza 
sugli  Ansar  sia  precisamente  il  contrario  di  quanto  afferma  il  cronista 
si'ita  al-Ya'qùbi  in  un  paragi-afo  antecedente  (cfi-.  §  286).  Nella  tradizione 
di  ibn  Sa'd  prevalgono  i  sentimenti  delle  classi  sunnite  dei  fedeli,  che 
vedevano  negli  Ansar  gli  alleati  di  'Ali  e  degli  .si'iti  (cfr.  però  §  323). 

399. 


§§  •297-3(.ii>.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  §  297.  —  ("Abd  al-A'la  b.  Hammàd  al-Narsi,  da  Hammàd  b.  Salamali, 

zione  del  Diwàn  *^''^  h1-11ì>A>?'\^  ^^-  Aitàh.  da  Habib  b.  abi  'Phabit).  Le  iiu)gli  del  Profeta 
©ruolo  di  pen-  u^jii  facevano  c/te  chiedere  T'atà-  (tatàbi  '  aii  iia  ila)  (oppure  andavano 
a  gradazione  riguardo  air'atà-)   (Balàdzuri,  44!»,   liii.   7-9)  [M.]. 

§  298.  —  (Ya//ul.  ila  Muh.,  da  ibn  Khusayfali,  da  'Abdallali  b.  Ràfi', 
da  Barzah  hi  ut  Hàli').  Quando  uscì  rata-,  'Umar  mandò  a  Zaynab  bint 
Crahs  quello  che  le  spettava.  Ed  essa  disse:  «  Sia  misericordioso  Iddio  con 
'Umar;  le  altre  mie  sorelle"  sarebbero  più  abili  di  me  nel  dividero!  ».  E 
quando  le  tu  detto:  «  È  tutto  per  te  »,  esclamò:  «  Dio  mi  guardi!  (.subii  àn 
Allah!)».  E  ai  coprì  con  un  velo  per  non  vederlo.  E  poi  lo  fece  versare 
('  coprire,  e  a  me  disse  di  prenderne  una  manata  e  portarla  ai  tali  o  ai  tali 
altri  dei  suoi  parenti  o  ad  orfani  ch'essa  aveva  (aytàm  lahà  =  che  essa 
allevava  o  proteggeva).  Ed  io  ne  presi  fino  a  che  non  fu  i-imasto  un  pic- 
colo resto  sotto  quel  panno.  E  allora  Barzah  disse:  «  Madre  dei  credenti, 
«  abbiamo  diritto  [anche]  noi  a  questo  danaro  ».  Ed  essa:  «  Piglia  il  resto  ». 
E  c'erano  sotto  il  panno  580  dirli  a  m. 

Essa  poi  alzò  le  mani  al  cielo,  e  disse:  «  Allaliumm,  non  mi  venga 
«più  'ata-  da  'Umar».  E  difatti  morì  (Balàdzuri,  453,  lin.  18-454, 
lin.   7)  [M.|. 

§  299.  —  (abù  'Ubayd,  da  Sa'id  b.  abi  Maryam,  da  abù  Labiali,  da 
Yazid  b.  abi  Habib).  'Umar  diede  ad  'Amr  b.  al-'As  200,  perchè  era 
amir;  a  Umayr  b.  Wahb  al-Grumalii  200  per  la  sua  pazienza  nelle  av- 
versità; a  Busr  b.  abi  Art  ah  200  perchè  aveva  riportata  una  vittoria.  E 
disse:  «  Quante  vittorie  ha  procurato  Iddio  per  mano  sua!  ».  E  abù  'Ubayd 
commenta  che  si  trattava  di  dìnàr  (Balàdzuri,  456,  lin.  4-9)  [M.]. 

La  tradizione  vorrebbe  porre  in  rilievo  la  grande  semplicità  e  parsi- 
monia dell'età  d'oro  dell'  Islam,  quando  governatori  di  provincie  come 
l'Egitto  si  sarebbero  contentati  di  stipendi  di  soli  200  dinar,  somma 
equivalente  a  circa  2500  franchi.  È  inutile  aggiungere  che  questa  età  d'oro 
non  è  mai  esistita  e  che  altre  fonti  —  come  vedremo  discorrendo  della 
deposizione  di  'Amr  b.  al-'As  nel  25.  H.  —  provano  come  avvenissero  in- 
numerevoli abusi  nella  gestione  delle  rendite  della  provincia,  nella  quale 
'Amr  si  fece  una  bella  fortuna.  Il  Califfo  dovette  confiscargliene  la  metà. 

§  300.  —  (abù  'Ubaj'd,  da  'Abdallali  b.  Salili,  da  al-Layth  b.  Sa'd,  da 
Yazid  b.  abi  Habib).  'Umar  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As:  «  Dà  200  a  quelli 
«  che  hanno  prestato  omaggio  sotto  l'albero  [di  al-Hudaybivyah:  confi-on- 
«  tisi  6.  a.  H.,  §  33]  (si  trattava  di  dinar),  e  piglia  altrettanto  per  te  es- 
«  sendo  amir,  e  dà  anche  il  massimo  dell'  'atà-  a  Khàrigah  b.  Hudzàfah  » 
(Balàdzuri,  466,  lin.   9-13). 

4r/). 


20.  a.  H. 


§§  301-307. 


§  301.    —   (a)   (abù   'Ubayd,    da   'Abdallah    b.    Salili,    da    al-Layth    1).  20.  a.  h. 

Sa'd,  da   Muh.  b.   'Aglàn).   'Umar  diede   ad   Usàmali   b.  Zayd  più   che   ad        ^ione  dei  D^wàn 
'Abdallah  b.  'Umar.  La  gente  tanto  fece  che  'Abdallah  parlò  ad  'Umar        »  ruolo  di  pen- 


e  gli  disse:  «  Tu  mi  mandi  avanti  chi  non  è  più  degno  di  me;  a  lui 
«dai  2000  e  a  me  1500  ».  'Umar  dà  la  solita  risposta  (Balàdzuri,  456, 
lin.   13-19) 

(6)  Yahva  b.  Mu  in,  da  Yahya  b.  Sa'id,  da  Khàrigah  b.  Mus'ab,  da 
'Ubaydallah  b.  Umar,  da  Xàfi').  Stessa  tradizione  (Balàdzuri,  456, 
ììn.   19-457.   lin.   1)  [M.]. 

§  302.  —  (abù  Ubayd,  da  Khàlid  b.  'Amr,  da  Isràil.  da  'Ammàr  al- 
Duhni,  da  Sàlim  b.  abi-1-Ga'd).  'Umar  assegnò  ad  'Ammàr  b.  Yàsir  6000 
dirhain  (Balàdzuri,  457,  lin.  4-6)  [M.]. 

§  303.  —  (abù  'Ubayd,  da  Khàlid,  da  Isrà-il,  da  Ismà'il  b.  Sumay',  da 
Muslim  al-Batìn).  A  Salmàn  toccarono  4000  dirham  (Balàdzuri,  457, 
lin.   6-8)  fM.]. 

§  304.' —  (Rawh  b.  'Abd  al-mu-min,  da  Ya'qùb,  da  Hammàd,  da  Hamid, 
da  Anas).  Umar  diede  ad  al-Hurmuzàn  2000  di  'atà  (Balàdzuri,  457, 
lin.  8-10)  [M.]. 

Ma  pare  fosse  non  musulmano,  e  fosse  convertito  in  punto  di  morte, 
come  diremo  discorrendo  dell'assassinio  del  Califfo  'Umar  nel  23.   H. 

§  305.  —  (Sula^'màn  b.  Harb,  da  abù  Hilàl,  da  al-Hasan).  'Umar  b. 
al-Khattàb  scrisse  ad  abù  Musa  (al-As'ari):  «  Or  io  fisso  un  giorno  dell'anno 
«in  cui  non  resti  all'erario  neppur  un  dirham,  talché  vi  si  possa  per 
«  tutto  .spazzare,  e  sappia  Iddio  ch'io  ho  dato,  a  ciascun  avente  diritto, 
«quanto  spettavagli  »   (Saad,  III,   1,  pag.   128,  lin.   16-20)  [G.]. 

§  306.  —  (al-Husayn,  da  Waqì',  da  Sufyàn,  da  al-Aswad  b.  Qaj-s,  da 
un  loro  saykh).  Udì  dire  da  'Umar:  «  Se  restassi  in  perpetuo  (?  ila  qàbil 
«=a  lungo),  darei  ai  più  bassi  trai  Muhàgirùn  2000  dirham»  (Ba- 
làdzuri, 455,  lin.   5-7). 

§  307.  —  (Ya'la  b.  'Ubayd,  da  Hàrùn  ai-Barbari,  da  'Abdallah  b.  'Ubayd 
b.  'Umayr).  Disse  'Umar  b.  al-Khattàb  :  «  Io  accrescerò  le  (pensioni),  se- 
«  condo  che  cre.sceranno  le  rendite  dello  Stato  (=al-màl);  conterò  io  ad 
«  essi  il  danaro,  e  se  diverrò  stanco  (dalla  quantità  del  danaro  da  di- 
«  stribuire),  lo  darò  a  peso,  e  se  mi  stancherò  anche  di  questo,  lo  getterò 
«senza  contarlo»   (Saad,  III,    1.  pag.  218,  lin.   13-16)  [G.]. 

Cfi-.  anche  ibid.,  210,  lin.  23-26,  una  tradizione  quasi  identica  con 
diverso  isnàd   (Qabisah  b.    Uqbah,  da  Hàrùn  ai-Barbari,  da  'Abdallah  b. 

'Ubayd  b.  'Umayr)  e  l'aggiunta :  «Esso  è  loro  avere  ed  hanno  perciò 

«  il  diritto  di  prenderlo  ». 

401.  51 


sioni. 


§§  ao7-3iii.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  Tutti'  qui'sti'   tradizioni  debbono  intendersi  come  espressioni  pubbliche 

''^rione'dei  D^wali     'l^l  sentimento  dei  partiti  d'opposizione  sotto  gli  'Abbasidi,  quando  le  ren- 

o  ruolo  di  pen-     ^\[l^  dello  Stato  vennero  ad  essere  considerate    come  danaro  di  proprietà 

^'""'■^  (lei  CalitH  o  quando  questi  ne  tacevano  il  più  largo    uso    per  sodisfazioni 

di  interessi   personali,  gravando  la  mano  con  imposte  sui  sudditi.  A  questi 

partiti  importava  assai  porre  in  rilievo  il  contrasto  tra  le  condizioni  sotto 

'Umar  e  quelle  dei  tempi  posteriori.  Da  ciò  il  numero  stragrande  di  siffatte 

tradizioni.  Anche  il  partito   arabo,  anti-persiano,  se  ne   valse   largamente 

per  i  propri  fini.  In  queste  tradizioni  c'è  grande  copia  di  materiali  per  la 

storia  successiva,  perciò  abbondiamo  nelle  citazioni. 

[Lammens].  Le  tradizioni  sulla  volontà  di  'Umar  a  disti'ibuire  ogni 
cosa  ai  fedeli  sono  espressione  dello  spirito  democratico  che  prevalse  so- 
prattutto neir  'Iraq,  per  ragioni  chu  studieremo  in  appresso.  I  governatori 
umayyadi  si  adoperarono  calorosamente  a  combatterlo,  sostenendo  i  di- 
ritti del  Principe  dei  Credenti  :  sovrattutto  Haggàg  b.  Yùsuf  nell'  'Iraq  e 
Qui-rali  b.  Sarik  in  Egitto  furono  i  campioni  dei  diritti  del  governo  cen- 
trale di  fronte  alle  tendenze  che  miravano  alla  spartizione  tra  i  fedeli  di 
tutto  il  tesoro  pubblico. 

§  308.  —  (Ma'n  b.  'Isa,  da  Màlik  b.  Anas,  da  Yahya  b.  Sa'ìd).  'Umar 
b.  al-Khattàb  soleva  adoperare  ogni  anno  40,000  cameli  per  il  trasporto 
(della  gente  che  soleva  emigrare  fuori  d'Arabia  e  calcolava  tale  concessione 
in  ragione  di)  un  camelo  per  uomo  pel  trasporto  in  Siria,  e  uno  per  due 
uomini  pel  trasporto  nell'  'Iraq.  Si  presentò  a  lui  un  'iràqense  e  disse  : 
«  Dammi  un  animale  da  trasporto  per  me  e  per  Suhaym  ».  Domandò  'Umar: 
«In  nome  di  Dio,  è  forse  Suhaym  uno  schiavo  (nel  testo  ziqq,  correggi 
«riqq)?  »   e  quello  risposegli  di  sì  (Saad,  III,  1,  pag.  218,  lin.  7-11)  [G.]. 

Cfr.   De  Goeje,  in  ZDMG.,  LIX,  pag.  391-392. 

Si  tratta  di  stabilire  se  gli  schiavi  dei  Musulmani  potevan  parteci- 
pare direttamente  o  indirettamente  ai  privilegi  dei  loro  padroni.  Confron- 
tisi anche  il  §  312. 

§  309.  —  (Yala  b.  'Ubayd,  da  Hàrùn  ai-Barbari,  da  'Abdallah  b. 
'Ubayd  b.  'Umayr).  Disse  'Umar:  «  Io  spero  che  misurerò  (un  giorno)  ai 
«  Musulmani  il  denaro  delle  pensioni  (al -mài)  con  lo  staio  (propr.  al-sà') 
(Saad,  III,  1,  pag.  218,  lin.  5-7)  [G.]. 

§  310.  —  (Muli.  b.  al-Sabbàh  al-Bazzàz,  da  Husaym,  da  Mansùr,  da 
al-Hasan).  Alcuni  andarono  da  un  agente  di  'Umar,  e  questi  diede  F'atà- 
agli  Arabi,  e  lasciò  i  ma w ali.  E  'Umar  scrisse:  «E  crede  l'uomo  esser 
«mala  cosa  che  un  musulmano  -  disprezzi  il  fi-atello  »  (Balàdzuri,  457, 
lin.   1-4)  [M.].  —  Cfi-.  §  2GG,  nota  2. 

402. 


20.  a.  H. 


3ii-3i(;. 


§  311.  —  (abù  Ubayd  da  Ismà'il  b.  'Ayyàs,  da  Artàh  b.  al-Mundzir, 
da  Hakìm  b.  'Umayr).  'limar  b.  al-Kliattàb  scrisse  ai  capi  degli  eserciti  : 
«  Quelli  che  voi  avrete  affrancati  degli  stranieri,  e  che  abbiano  accettato 
«  r  Islam,  poneteli  coi  vostri  mawàli;  con  gli  stessi  diritti  e  gli  stessi  do- 
«  veri.  Ma  se  amano  meglio  di  fare  una  qabilah  a  sé,  sia  loro  concesso, 
«  ma  siano  simili  ai  m  a  w  a  1  i  nell'  '  a  t  a  •  »  (B  a  1  a  dz  u  r  i ,  458,  lin.  1-5)  [M.]. 

§  312.  —  ('Amr  al-Nàqid,  da  Sufyàn  b.  'Uyaynah,  da  'Amr  b.  Dinar, 
da  al-Hasan  b.  Muli.).  Tre  schiavi  (marni  ùkin)  dei  banù  'Affàn  presero 
parte  a  Badr,  e  'Umar  dava  loro  ogni  anno  3000  dirham  (Balàdzuri, 
460.  lin.   1-4)  [M.].  —  Cfi-.  il  §  308. 

§  313.  —  ('Arim  b.  al-Fadl,  da  Hammàd  b.  Zaj-d,  da  'Amr).  'Umar 
b.  al-Khattab  divise  una  volta  le  pensioni  fra  la  gente  di  Makkah  riunita 
a  gruppi  di  dieci:  cosi  avvenne  che  egli  desse  una  quota  ad  un  uomo,  che 
poi  gii  fu  detto  essere  uno  schiavo  (mamlùk):  «Fateglielo  rendere!  Fa- 
«  teglielo  i"endere!  »,  esclamò  il  Califfo,  ma  (poi  ripensatoci  su)  soggiunse: 
«Lasciatelo  stare»   (Saad,III,   1,  pag.  218,  lin.  2-6)  [G.]. 

È  bene  intendersi  che  queste  ed  altre  simili  tradizioni  non  sono  da 
prendere  nel  senso  letterale  come  incidenti  realmente  avvenuti.  Molte 
purtroppo  sono  teorie  di  giudizi  sistematici  di  tempi  posteriori,  presentate 
nella  veste  di  aneddoti  personali  con  lo  scopo  di  dimostrare  che  certi  con- 
cetti, come  in  questo  caso  sarebbe  la  partecipazione  degli  schiavi  alla  di- 
visione del  mal  al-muslimin,  abbiano  in  loro  favore  tutta  l'autorità 
ortodossa  del  Califfo    Umar. 

§  314.  —  ('Amr  b.  'Asim  al-Kilàbi,  da  abù-1-Ashab,  da  al-Hasan). 
Disse  'Umar  b.  al-Khattàb:  «  Se  io  sapessi  fare  interamente  la  parte  che 
«  mi  spetta  in  questa  faccenda,  il  pastore  sui  colli  di  Himyar  (Sarawàt 
«  Himyar)  riceverebbe  la  sua  porzione,  senza  sudor  della  fronte  »  (S  a  a  d  , 
III,   1,  pag.  217,  lin.   27-218,  lin.  2)  [G.]. 

Esagerazione  posteriore,  di  provenienza  probabilmente  yamanica,  e 
ispirata  agli  stessi  sensi  dei  §§  302,  309,  315  e  segg.  e  330,  331. 

§  315.  —  ('Abdallah  b.  Numayr,  da  Hisàm  b.  Sa'd,  da  Zayd  b.  Aslam, 
da  suo  padre  [Aslam]).  Ho  udito  'Umar  b.  al-Khattàb  che  diceva:  «  Per 
«  Dio!  s'io  rimango  (in  vita)  sino  a  questo  prossimo  anno,  vorrò  assegnare 
«  all'ultimo  degli  uomini  la  pensione  del  primo  fifa  essi,  e  ridurli  tutti  a 
«  un  uomo  solo  (cioè,  ad  una  sola  ed  unica  classe  di  uomini)  »  (S  a  a  d ,  III, 
1,  pag.  217,  lin.  19-22)  [G.]. 

Cfr.  anche  ibid.,  lin.  22-24. 

§  316.  —  ('Ubaydallah  b.  Musa,  da  Isrà-il,  da  abu  Ishàq,  da  Hàrithah 
b.  Mudarrab).  'Umar  disse:  «  Se  io  vivo  finché  si  accresca  l'avere  (al -mal. 


20.  a.  H. 
[ARABIA.   -    Istitu- 
zione del   Diwàn 
o   ruolo   di    pen- 
sioni.] 


403. 


sioni. 


§§  :Vkì-;ì2<>.  20.   a.   H. 

20.  a.  H.  ^  ossia  dello  Statn  musuhuano),  tarò  por  ogni  uomo  musulmano  la  pensione 

zione  del  Diwàn  «('atà-)  di  3000  d i r h a m :  1000  pel  (mantenimento  di)  un  cavallo  ed 
o  ruolo  di  peti-  ^  armi.  1000  per  le  sue  spese,  e  1000  per  quelle  della  sua  famiglia  »  (Saad, 
III,   1.  pag.  217.   lin.  24-27). 

Cfr.  anelli^  il)id..  210,  lin.  10-21,  con  isnàd:  (al-Ha.san  b.  MiLsa,  da 
Znliayr,  da  abù  Ishàq,  da  Hàritjiah  h.  Mudarrab). 

§  317.  —  (abu  Ubayd  al-Qàsim  li.  Sallàm,  da  'Abd  al-ralimàn  b.  Mahdi, 
da  Su'bah,  da  'Adi  b.  Thabit,  da  abi  ITazim,  da  abii  Hurayrah).  TI  Pro- 
feta disse:  «  Se  uno  lascia  del  foraggio  (kalà*),  sarà  per  noi;  se  uno  lascia 
del   danai-o.  sarà  degli  eredi»   (^lialàdz  ur  i ,  458,  lin.   12-15)  [M.J. 

§  318.  —  (Hisàm  b.  'Ammàr  al-Dimasqi,  da  al-Walid  1).  Muslim,  da 
Sulaymàn  b.  abi-l-'5.tikah  e  Kultjiùm  b.  Zi^'àd,  da  Sulaymàn  b.  Habìb). 
'Umar  assegnò  allo  famiglio  dei  combattenti  e  ai  loro  tìgli  lo  decime  (al- 
'asaràt).  E  'Utjimàn  o  i  Calififì  seguenti  mantennero  quest'uso,  e  resero 
ereditarie  le  decime,  siccliè  potessero  riscuoterle  gii  eredi  del  morto,  che 
non  avessero  atà*,  e  ciò  fino  ad  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz.  Dice  Sulaymàn: 
Egli  mi  domandò  informazione  a  questo  riguardo.  Ed  io  gii  riferii  così.  Ma 
egli  non  voleva  ammettere  l'ereditarietà,  e  diceva:  «  Io  le  sopprimo  o  do 
«  a  tutti  la  faridah  (pensione)  ».  Ed  io  obiettai:  «  Temo  che  i  tuoi  suc- 
«  cessori  seguano  il  tuo  esempio  nella  diminuzione  dell'eredità,  e  non  fac- 
«  ciano  altrettanto  con  la  estensione  della  faridah».  Mi  die  ragione,  e 
lasciò  come  stava  (Baiàdzuri,  458,  lin.   15-459,  lin.   1)  [M.]. 

§  319.  —  (abù  'Ubayd,  da  ibn  abì  Zàidah,  da  Ma'qil  b.  'Ubaydallah, 
da  'Umar  b.  Abd  al-'aziz  i.  Quando  [Umar]  dava  aduno  1' '  a  t  a*  e  questi 
moriva,  l"atà-  passava  agii  eredi  (Baiàdzuri,  461,  lin.  8-5)  [M.J. 

§  320.  —  (a)  ('Affàn  e  Khalaf  al-Bazzàr  (sic)  e  Wahb  b.  Baqiyyah,  da 
Yazid  b.  Ilàrùn,  da  Ismà'ìl  b.  abi  Khàlid,  da  Qays  b.  abi  Hazim).  al-Zubayr 
b.  al-'Awwàm  disse  ad  'Uthmàn  b.  'Affàn,  dopo  la  morte  di  'Abdallah  b. 
Mas'ud,  che  gli  desse  T'atà"  di  Abdallah,  giacché  la  sua  famiglia,  diceva, 
n'è  più  degna  che  la  bayt  al- mài.  Ed  egli  gli  diede  15,000  dirliam 
(Baiàdzuri,  461,  lin.   5-9). 

(6)  (Yazid,  da  Ismà'ìl).  al-Zubaj'r  era  erede  testamentario  (wasi)  di 
ibn  Mas'ùd  (Baiàdzuri,  461,  lin.  9-10). 

(e)  (ibn  abì  Saybah,  da  'Ubaydallah  b.  Musa,  da  'Ali  b.  Sàlih  b.  Hayy, 
da  Simàk  b.  Harb).  Uno  mori  nella  [sua]  famiglia  (al-haj^y)  dopo  otto 
mesi  dalla  scadenza  d'un  anno.  E  'Umar  gii  diede  i  due  terzi  del  suo 
'atà-  (Baiàdzuri,  461,  lin.   10-12). 

Queste  tradizioni  stanno  a  testimoniare  tutte  le  confusioni,  le  incer- 
tezze, le  contradizioni  e  le  ingiustizie  nelle  quali  caddero  i  successori  di 


404. 


20.  a.  H. 


320-323. 


sioni 


TJmar  nell' interpretare  il  vero  significato  del  diwàn.  Il  Califfo  lo  intese  20.  a.  H. 

forse  come  un  diritto  di  tutti   i  guerrieri  dell'Isiàm  e  di  tutti  i  benemeriti        zionedei  OTwan 
nella  causa  musulmana,  e  perciò  ereditaria.  Pili  tardi  quando  degenerò  per        °  ^uoio  di  pan- 
necessità  di  cose  in  semplii-e  soldo  alle  genti  armate,  mercenarie,  il  con- 
cetto della   ereditarietà    dovette    scomparire.  —  Le    tradizioni    precedenti 
sono  documenti  del  [ìeriodo  di  transizione  da  una  fase  all'altra. 

§  321.  —  fQabisah  b.  'Uqbah,  da  Suf\'àn.  da  Gra'far  b.  Muli.,  da  suo 
padre  [Muli.]).  'Umar  domandò  da  chi  dovesse  cominciare  nello  stabilire 
gli  assegni:  «  Comincia  da  te  stesso  »,  gli  dissero.  Ma  egli  cominciò  invece 
dai  congiunti  dell'Inviato  di  Dio.  prima  che  dalla  sua  gente  (Saad ,  I,  1, 
pag.  217,  lin.   16-19). 

§  322.  —  fibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  'À-idz  b.  Yahya,  da  abù-l-Hu- 
wayrith,  da  Grubayr  b.  al-Huwayrit_h  b.  Nuqayd).  Il  Califfo  limar  interpellò 
i  Compagni  suoi  consiglieri  sulla  distribuzione  del  quinto  del  bottino  tra 
i  fedeli:  varie  proposte  furono  fatte  da  'Ali  e  da  'Ut_hmàn,  ma  la  sola  che 
piacesse  al  Califfo  fu  quella  di  al-Walìd  b.  Hisàm  1).  al-Mughirah,  il  quale 
era  stato  in  Siria  ed  aveva  visto  come  i  Greci  pagassero  regolai'mente  uno 
stipendio  alle  milizie  nelle  varie  guarnigioni.  Egli  propose  quindi  che  si 
compilassero  i  ruoli  degli  Arabi  di  guarnigione  nei  vari  campi  armati  fuori 
<rArabia,  e  si  distribuisse  in  modo  uniforme  e  regolare  una  pensione  o  sti- 
pendio ai  soldati  ( d  a \v  w in  di  w à n * "  w a  g a n n  i d  g u n  d •' °).  Per  ef- 
fetto di  questa  proposta,  accettata  dal  Califfo,  fu  nominata  una  commis- 
sione composta  di  'Aqìl  b.  abì  Tàlib,  di  Makhramah  b.  Nawfal  e  di  Grubayr 
b.  Mut'im,  che  erano  fra  i  più  valenti  genealogi  dei  Qurays  ;  questa  com- 
missione ebbe  ordine  di  compilare  un  registro  dei  componenti  delle  varie 
tribù,  secondo  i  campi  militari  (gund)  nei  quali  si  trovavano.  I  membri 
della  commissione  diedero  il  primo  posto  nel  ruolo  alla  famiglia  dei  banù 
Hàsim,  il  secondo  ai  membri  della  famiglia  di  abù  Bakr  (i  banù  Taj^m),  ed 
in  terzo  luogo  posero  la  famiglia  del  Califfo  'Umar  (i  banù  'Adi).  'Umar 
non  approvò  tale  ordine  di  precedenza  e  lo  fece  immediatamente  mutare, 
ordinando  ai  membri  della  commissione  di  dare  la  precedenza  secondo  il 
grado  della  parentela  con  il  Profeta  (T  a  bari,  I,  2750). 

§  323.  —  (Yazid  b.  Hàrùn,  da  Muli.  b.  'Amr,  da  abù  Salamah,  da  abù 
ITurayrah).  Si  presentò  abù  Hurayrah,  reduce  dal  Bahrayu,  ad  'Umar,  nel- 
r[ora  dellja  ultima  preghiera  della  sera  (.sai ah  al-'isà  al-àkhirah). 
Poi  che  l'ebbe  salutato,  Umar  gli  dimandò  della  gente  della  sua  pi'ovincia 
e  quindi  disse  :  «  Che  hai  portato?  ».  —  «  500,000  d  i  rham  ».  —  «  Sai  quel 
«  che  ti  dici?  ».  —  «  Ilo  portato  .500,000  di  rham!  ».  —  «  Che  dici?  ».  — . 
«  100,000  più   100,000,  più   100,000,  ecc.  »,  finché  ebbe  contato  cinque.  — 

405. 


§§  :V23,  Sii.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  ^  Tu  sei    assonnato.  Va  ora    dai  tuoi  e  dormi:    vieni  da  me    domattina  ». 

zìone  del  D^vlfàn     ^^  mattino  abu  Huravrali.  si   presentò  a  lui:  «Che  hai   portato?».—  «Ho 


sioni. 


o  ruolo  di  pen-  «  portato  500,000  (lirham  ».  —  «  Di  quelli  buoni?  »  -  «  Sì,  non  ne  rico- 
«  noset)  altri  ».  Disse  allora  Umar  alla  gente:  «  Ci  è  arrivata  una  grossa 
«  somma.  Come  vi  piace,  ve  la  spartiremo  a  contanti  od  a  peso  ».  Sog- 
giunse uno:  «  O  Principe  dei  Credenti:  ho  veduto  i  Persiani  che  avevano 
«  un  registro  (yud  a  \v  w  i  n  u  n  a  d  i  w  àn  ""),  sul  quale  pagavan  (gli  stipendi) 
«  agli  uomini  ».  ('Umar)  allora  fece  compilale  un  registro  e  fissò  a  5000  dir- 
ham  (la  porzione  o  assegno)  degli  Emigrati  (per)  primi,  4000  agli  Ansar 
(cft-.  §§  28(3,  29G),  12,000  alle  mogli  del  Profeta  (S  a  a  d  ,  III,  1,  pag.  216, 
lin.  7-20Ì  fO.]. 

§  324.  —  (al-Wàqidi,  da  Usàmah  b.  Za3'd  b.  Asiani,  da  suo  padre 
Zayd  b.  Asiani,  da  suo  nonno  Aslam).  Quando  il  Califfo  'Umar  trovò  nel 
ruolo  delle  pensioni  i  banù  Taym  messi  appresso  ai  banù  Hàsim,  ed  i  banù 
'Adi  messi  appresso  ai  banù  Taym,  e  quando  egli  ordinò  di  posticiparli 
al  loro  posto  in  ragione  della  loro  parentela  con  il  Profeta,  vennero  i 
suoi  consanguinei,  i  banù  'Adi,  a  protestare  e  ad  insistere  che  fossero  di 
nuovo  rimessi  ai  pinmi  posti  nell'ordine  di  precedenza.  Il  Califfo  esclamò: 
«  Bravi!  Bravi!  i  banù  Adi!  Voi  volete  mangiare  alle  spalle  mie,  affinchè 
«  io  vi  passi  i  miei  benefizi!  No!  Per  Dio!  Voi  andrete  al  vostro  posto, 
«anche  a  rischio  d'esser  esclusi  dal  registro  dei  ruoli  (al-daftar),  e  di 
«  esser  posti  per  gli  ultimi.  Prima  vi  sono  stati  due  miei  compagni,  che 
«  hanno  seguito  un  cammino:  altri  succederanno  a  me  (perciò  debbo  con- 
«  tinuare  il  buon  esempio).  Né  in  questa  vita  né  nell'altra  possiamo  avere 
«  alcun  vantaggio  o  ricompensa,  se  non  ci  unifoi'miamo  all'esempio  di  Mu- 
«  hammad,  la  gloria  nostra  e  del  popolo  suo,  il  più  nobile  degli  Arabi... 
«  Le  precedenze  genealogiche  hanno  poco  valore:  se  verranno  non  Arabi 
«  con  buone  opere  e  verremo  noi  (Arabi)  senza  buone  opere,  allora  essi  e 
«  non  noi  avranno  la  precedenza  presso  Maometto  nel  giorno  del  giudizio. 
«  In  quel  giorno  non  si  guarderà  alla  sua  parentela  con  il  Profeta,  ma  alle 
«  opere  compiute  presso  Dio:  chi  sarà  deficiente  nelle  opere,  non  troverà 
«  verun  compenso  nella  propria  genealogia  »  (Saad,  III,  1,  pag.  212-213). 

Lo  spirito  tendenzioso  di  questa  tradizione  é  tanto  palese  in  favore 
dei  Musulmani  non  arabi,  che  è'  quasi  inutile  insistei'vi  in  questo  punto: 
la  tradizione  appartiene  al  ciclo  di  quelle  composte  nello  scopo  di  combat- 
tere il  concetto  della  superiorità  degli  Arabi  su  tutti  gli  altri  popoli  del 
mondo.  Si  è  già  alluso  a  questa  grande  polemica  nei  nostri  commenti  alla 
•predica  del  Profeta  nel  Pellegrinaggio  d'Addio  (cfr.  10.  a.  H.,  §  77  e  nota  1, 
si  legga  pure  Goldziher,  Muli.   St.,  I,  69  e  segg.  e  poc'anzi  §  255). 

40G. 


20.  a.  H. 


325-328. 


§  325.  —  (al-Waqidi,  da  Hizam  b.   Tlisam  al-Ka'bi,  da  suo  padre  Ili-  20.  a.  H. 

^^     ,,    .,      _-r               -,               ,T-r         '                                   -1       1             -           1     •    TT-i              •     1      /<         1    -      T  [ARABIA.    -    Istitu- 

§am  al-Ka  bi).  Ho  veduto    Limar  portare  il  diwan  dei  Knuzà  ah  nnche  di-  ^ione  dei  Diwan 

scese  a  Quda}-d;  la  tribù  venne  da  lui  a  Qudayd,  né  gli  si  sottrasse  donna,  °  '■"°'°  ^i  pen- 


vergine,  divorziata  o  vedovata,  ch'egli  non  consegnasse  nelle  loro  mani 
(quanto  spettava  a  ciascuna).  Dopo  riposatosi  passava  da  'Ustan  e  faceva 
altrettanto;  e  ciò  fino  alla  sua  morte  (Saad,  III,   1,  pag.  214,  Un.  24-27). 

[G_.]. 

Questa  tradizione  vorrebbe  far  credere  che  le  tribù  del  Higaz  riceves- 
sero tutte  una  pensione,  alla  quale  avrebbero  partecipato  tutte  le  classi 
della  popolazione  e  persino  le  donne.  Ciò  è  contradetto  esplicitamente  da 
notizie  sicure  che  diamo  in  appresso  (cfi*.  §  334),  dalle  quali  risulta  come 
dell'assegno  annuale  godessero  soltanto  gli  Arabi  in  attività  di  servizio  e 
quella  minoranza  dei  grandi  Compagni  che  avevano  reso  segnalati  servigi 
all'  Islam  mentre  viveva  Maometto,  e  che  ora  per  la  gelosia  di  'limar 
erano  costretti  a  consumare  la  loro  esistenza  nell'ozio  e  nella  ricchezza. 
Una  pensione  a  tutti  gli  abitanti  d'Arabia,  anche  nella  ragione  del  saggio 
minimo,  avrebbe  implicato  una  spesa  annuale  di  tante  centinaia  di  milioni, 
che  le  rendite  dello  Stato  musulmano  non  sarebbero  bastate  nemmeno  per 
una  piccola  parte. 

§  326.  —  (al-Wàqidi,  da  abu  Bakr  b.  Abdallah  b.  abì  Sabrah,  da  Muh. 
b.  Zaydj.  Il  diwan  dei  Him3'ar  al  tempo  di  'limar  era  tenuto  separato 
dagli  altri  fai  a  hidat'°;  cfr.  Lane  s.  v.  hadd)  (Saad,  III,  1,  pa- 
gina 214.  Un.  27;  215,  lin.   1).  Balàdzuri,  452,  lin.   11-12  [G.]. 

§  327.  —  (ibn  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  Hizàm  b.  Hisàm  al-Ka'bi,  da  suo 
padre).  Hisàm  al-Ka'bi  si  ricordava  di  aver  visto  il  Califfo  'limar  (quando  si 
recava  a  Makkah  per  compiervi  il  pellegrinaggio)  portarsi  appresso  il  ruolo 
degli  stipendiati  fra  i  Khuzà'ah  (diwàn  Khuzà'ah):  arrivato  a  Qudayd, 
fece  la  distribuzione  senza  omettere  alcuno,  nemmeno  le  ragazze  da  marito, 
e  le  donne  divorziate,  e  dava  ad  ognuno  lo  stipendio  con  le  proprie  mani: 
lo  stesso  faceva  anche  in  'Usfàn  e  così  via:  questo  continuò  fino  al  giorno 
della  sua  morte  (T  abari,  I,  2571-2572). 

Cfr.  anche  Balàdzuri,  452,  lin.  7-11. 

§  328.  —  (al-Wàqidi,  da  'Abdallali  b.  'limar  al-'llmari,  da  Uahm  b. 
abi  Grahm).  Si  presentò  Khàlid  b.  'Urfutah  al-'Udzri  ad  'limar,  e  questi 
gli  domandò  di  ciò  che  s'avesse  lasciato  dietro  (nelF  'Iraq)  :  «  Principe  dei 
«  Credenti  »  rispose  quello,  «  io  ho  lasciato  dietro  di  me  quelli  che  pregan 
«  Dio  di  accrescere  con  la  loro  la  tua  vita.  Nessuno  dei  guerrieri  di  al-Qà- 
«  disiyyah  ha  una  pensione  ('atà-)  minore  di  2000  o  1500  (dirham), 
«  né  nasce  figlio  —  o  maschio  o  femmina  —  che   non  gli  si  assegni   100 


^&' 


sioni. 


407. 


§§  H28,  329.  20.  a.  H. 


stoni 


20.  a.  H.  «  (d  i  r  li  a  ni)  o  due  gaiil»  al   niose;  ne  maschio  di  noi  arriva  alla  pubertà 

[ARABIA.    -    IstìtU-  ,.         •  ■      -  .r.r^     ,1-1  N       r^  t  .  i 

zione  del  Diwàn  «  flu'  noli  gli  Si  assegni  ()  o  000  (airhara).  Ur  quando  questo  (denaro) 
o  ruolo  di  pen-  „  yj^.^  sborsato  a  una  lamiglia,  dove  sia  chi  mangia  cibo  e  sia  chi  non 
«  mangia  cibo  (cioè  lattanti),  che  ne  pensi  tu?  Poiché  per  certo  (l'erario) 
«  lo  spende  in  quel  che  bisogna  e  in  quel  che  non  bisogna  ».  'Umar  ri- 
spose in  questo  -modo:  «  Allah  sia  invocato  in  soccorso!  Ad  essi  (ai  sud- 
«  diti)  vien  dato  solo  quel  che  loro  spetta:  ed  io  sono  più  felice  in  darlo  ad 
«  essi,  che  essi  in  prenderlo.  Nò  me  ne  lodare,  giacché  se  tosse  proprietà 
«  di  al-Ivhattàb,  non  ve  lo  darei.  Io  so  per  vero  che  vi  è  del  superfluo 
«  (nella  misura  delle  pensioni),  ma  non  conviene  ch'io  a  loro  lo  trattenga 
«(alibi  sali  n  'anhum).  Giacché,  quando  uno  di  codesti  cari  Arabi  (al - 
«'Urayb;  dim.  di  affezione)  riscuote  la  sua  pensione,  con  essa  dovrebbe 
«comperarsi  qualche  pecora  e  porla  nel  suo  podere  (sawàd);  poi,  alla 
«  .seconda  riscossione,  dovrebbe  comperarsi  un  montone  (al-ra"s)  e  portar- 
«  velo.  Imperocché,  ohimè,  Khàlid  b.  'Urfutah,  io  temo  che  vi  reggano  dopo 
«  di  me  reggitori  ai  cui  tempi  non  si  pagheranno  più  pensioni  (^)  ;  talché, 
«  se  resta  alcuno  di  essi  (cioè  di  voi),  o  dei  loro  (vostri)  figli,  è  bene  abbia 
«  qualcosa  sulla  quale  fare  assegnamento  e  appoggiarsi.  Tale  é  dunque  il 
«  mio  consiglio  a  te,  che  mi  siedi  vicino,  quale  ad  uno  dei  Musulmani  della 
«  più  remota  fiontiera,  giacché  Allah  mi  ha  dato  potere  dell' affar  loro. 
«  (Giacché),  disse  l'Inviato  di  Dio:  chi  muore  ingannando  i  suoi  sudditi, 
«non  godrà  il  profumo  del  Paradiso»  (Saad,  III,  1,  pag.  216,  lin.  1-18). 
Balàdzuri,  462,  lin.   11;  468,  lin.  2  [G.]. 

Nota  1.  —  Questa  predizione  di  'Umar  tradisce  un  rifacimento  posteriore  della  presente  tradi- 
zione, del  tempo  cioè  quando  non  si  pagavano  più  pensioni:  per  noi  però  siffatto  cenno  è  utile,  perchè 
abbiamo  una  prova  come  in  una  certa  età  si  riconoscessero  le  condizioni  assolutamente  anormali  della 
finanza  pubblica  islamica,  che  permetteva  pensionare  i  sudditi  invece  di  tassarli. 

§  329.  —  (al-Walid,  da  Muh.  b.  'Amr  al-Sumay'i,  da  al-Hasan).  'Umar 
scrisse  a  Hudzayfah:  «Dà  agli  uomini  i  loro  stipendi  e  razioni  (a'ti^à- 
«  tahum  wa-arzàqahum)  ».  —  «  L'ho  già  fatto  »,  risposegli  quello,  «  e 
«  n'é  avanzato  gran  somma  ».  Riscrisse  'Umar:  «  Essa  é  proprietà  loro,  ri- 
«  messa  loro  da  Dio  (fayuhum  alladzi  afa-  Allahu  'alayhim),  e 
«  non  di  'Umar  né  della  famiglia  di  'Umar.  Partiscila  tra  essi  ».  Ed  egli 
la  divise  tra  loro  [i  .soldati  suoi](')  (Saad,  III,  1,  pag.  216,  lin.  19-22). 
Balàdzuri,  453,  lin.   2-6  [G.]. 

Nota  1.  —  Il  carattere  tendenzioso  di  questa  tradizione  non  richiede  quasi  commento:  già  il  ter- 
mine fay,  messo  in  bocca  ad  'Umar,  è  particolare  sospetto,  nonché  la  citazione  quranica  impropi-ia.  In 
secondo  luogo  le  ultime  parole  sono  una  frecciata  contro  gli  Umayyadi  ed  anche  gli  'Abbàsidi,  che 
considerarono  le  rendite  dello  Stato  come  rendite  personali  (cfr.  L  a  m  m  e  n  s  M  u  '  a  w  i  y  a  h ,  II,  23t)  ; 
Ya'qubi,  II,  277-2781. 

4(18. 


20.  a.  H. 


§§  330-334. 


§  330.  —  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  Ga'far  al-Zuhri  e   da    'Abd    al-  20.  a.  h. 

malik  b.  Sulaymàn,  da  Isma'il  b.  Muli.  b.  Sa'd,  da  al-Sà-ib  b.  Yazid).  Ho        ^jone  dei  D^wàn 


sioni. 


udito  'limar  b.  al-Khattàb  che  diceva:   «  Per  colui  che  è  unico  Dio!  »  (ri-        °  '"°^°  ^i  pen- 

petendo  l'esclamazioue)  tre  volte.   «  Non  v'è  alcuno  che  non  abbia  diritto 

«  a  queste  sostanze  —  ne  riceva  di  fatto  o  gli  sia  negato,  —  né  alcuno  vi 

«  ha  maggior  diritto  di  un  altro,  eccetto  il  servo  schiavo;  né  io  in  ciò  sono 

«  altro  che  uno  di  essi  (cioè  non  ho  privilegi,  ma  egual  diritto).  Ognuno 

«di  noi  lia  il  suo  rango  ('ala  manàzilnà)  fissato  nel  Libro  di   Dio.    e 

«la  sua  porzione  (qism)  conferitagli  dall'Inviato  di  Dio. 

«L'uomo  ha  nell'Islam  le  sue  prove,  la  sua  nobiltà  di  natali  (qida- 
«muhu),  la  sua  ricchezza,  il  suo  fabisogno.  Per  Dio!  se  io  rimango  (in 
«  vita),  avrà  il  pastore  sui  monti  di  San'à  la  sua  porzione  di  questo  pa- 
«  trimonio,  giacché  quello  é  il  suo  posto  »  (Saad,  III,  1,  pag.  215,  lin.  22- 
216,  lin.  3)  [G.]. 

§  33L  —  Questo  ugual  diritto  di  ogni  musulmano  libero  alla  proprietà 
comune  o  bottino  tolto  al  nemico  (fay)  é  affermato  da  'Umar  in  un'altra 
tradizione  quasi  identica,  dove  il  Califfo  avrebbe  aggiunto  (al-Wàqidi.  da 
'Usàmah  b.  Zayd  al-Laythi,  da  Muh.  b.  al-Munkadir,  da  Màlik  b.  Aws  b. 
al-Hadathàn)  :  «  Che  se  io  vivo,  avrà  il  pastore  del  Yaman  quel  che  gli  spetta, 
«  avanti  che  la  sua  faccia  arrossisca,  cioè  nel  richiederlo»  (Saad,  III,  1, 
pag.  216.  lin.  3-7)  \G.]. 

§  332.  —  Alcuni  proposero  al  Califfo  di  lasciare  una  certa  somma  (per 
riserva)  nel  tesoro  pubblico,  ma  egli  si  rifiutò  di  farlo:  («  Se  lascio  una 
«  somma  »)  egli  disse,  «  diverrà  fonte  di  corruzione  e  di  discordia  (fitnah) 
«  fi-a  quelli  che  mi  seguiranno»   (Khaldiin,  II,  App.,   106). 

Tutte  queste  tradizioni  sono  fi-ecciate  e  proteste  contro  le  consuetu- 
dini amministrative  introdotte  dai  Califfi  posteriori,  specialmente  gli  'Ab- 
basidi,  che  accumularono  ingenti  ricchezze  nel  tesoro  imperiale. 

§  333.  —  (Yahya  b.  Adam,  da  Hasan  b.  Sàlih,  da  Isma'il  b.  ahi 
Khàlid).  Quando  si  converti  all'Islam,  (il  persiano)  al-Hurmuzàn  ricevette 
dal  Califfo  'Umar  una  pensione  di  2000  (dirham)  (Yahya,  42-43). 

§  334.  —  (Yahya  b.  Adam,  senza  isn:ìd\  Dai  precedenti  fi.ssati  dal 
Profeta  si  è  stabilito  che  nessun  arabo  musulmano  (')  possa  partecipare  al 
godimento  della  gh  ani  mah  (bottino)  e  del  fay,  se  egli  non  abbia  preso 
parte  alla  guerra  sacra  insieme  con  gli  altri  Musulmani.  Chi  non  ha  fatto  la 
gueiTa  sacra,  chi  non  è  povero,  i  mercanti,  gli  artefici  ed  altri  simili  non 
possono  partecipare  né  alla  ghanimah,  né  al  fay.  Se  però  uno  di  questi 
esclusi  cade  nella  miseria,  allora  può  essere  annoverato  fi-a  i  poveri,  ahi  al- 
hàgah  (e  perciò  ricevere  una  quota)   (Yahya,   5-6  e  6,  lin.  5  e  segg.). 

409.  52 


§§  :wi-iiii.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  Nota  1.  —  L'espressione  usata  è  ti  a'riili  al -in  n  sii  in  i  n  ,  ossia  i  nomadi  convertiti   all'Isiàm. 

(ARABIA.   -    Istitu-       Essa  rispecchia  i  primi  tempi  dell'Islam,  quando  gli  eserciti  orano  composti  esclusivamente  da  nomadi 

zione  del  DIwàn       ambi:  s'inteso  cioè  di  escludere  dalla  partoeipazioiie  tutti  quegli  Arabi  B(3iluini,   che  in  luogo   di  euii- 

o    ruolo   di    pen-       grare  e  battersi  per  la  fede,  preterirono  di  rimanere  in  patria.  A  questi  non  venne  data  veruna  quota 

slonl.]  del  bottino.  Vedi  poc'anzi   §§  .'331,  332,  ecc.,  tradizioni   che   vorrebbero   affermare   tutto   il   contrario,   e 

ctV.  paragrafo  seguente. 

§  335.  —  (Yahya  b.  Àdaiu,  senza  isiiàd).  Altri  sostengono  invece, 
sull'autorità  del  Califfo  'Umar,  che  tutti  i  Musulmani,  senza  distinzione, 
abbiano  diritto  al  fa}--   (Yahya,  (J,  lin.  6-8). 

§  336.  —  (al-Husayn,  da  Waqi',  da  Tsrà-il,  da  (iàbir,  da  'Amir).  C'erano 
tra  loro  [=  tra  quelli  che  riscote  vano  una  pensione  vivente  'Umar)  cinque 
persiani,  tra  cui  Tamim  al-Dàri  e  Bilàl.  Waqi'  dice  che  al-Dàr  è  di  Lakhm, 
ma  al-Sa'bi  dice  così  (Balàdzuri,  455,  lin.  3-5)  [M.]. 

Cfr.  §§  255,  28G. 

§  337.  —  (al-Husayn,  da  Waqi',  da  Sufyàn,  da  al-Saybàni,  da  Yusayr, 
b.  'Amr).  Sa'd  assegnò  a  chiunque  leggeva  il  corano  2000  dirham.  E 
'Umar  gli  scrisse:  «  Non  dare  a  nessuno  per  via  del  corano  »  (Balàdzuri. 
456,  lin.  2-4)  [M.]. 

§  338.  —  (Hisàm  b.  Ammàr,  da  Baqiyyah  b.  abi  Bakr,  da  'Abdallah 
b.  abi  Maryàm,  dal  padre,  da  abù  'Uba3dah).  Alcuni  Beduini  domanda- 
rono il  r  i  z  q ,  ed  egli  :  «  Per  Dio,  io  non  ve  lo  darò  fino  a  che  non  abbia 
«provvisto  ai  cittadini  (ahi  al-hàdirah,  ossia  i  sedentari)  »  (Balà- 
dzuri, 458,  lin.  5-7)  [M.J. 

§  339.  —  (abù  'Ubayd,  da  abù-l-Y''amàn,  da  Safwàn  b.  'Amr).  'Umar 
b.  'Abd  al-'aziz  scrisse  a  Yazid  b.  Husayn  :  «  Fa  dare  all'esercito  la  fa- 
«  ridali  e  tu  pensa  ai  cittadini  sedentari»   (Balàdzuri,  458,  lin.  8-10) 

[M.J. 

§  340.  —  (abu  'Ubayd,  da  Sa'id  b.  abi  Maryam,  da  'Ubaydallah  b. 
'Umar  al-'Umari,  da  Nàfi',  da  ibn  'Umar).  'Umar  non  dava  a  quelli  di 
Makkali  alcun  'atà-  (vedremo  poi  come  'Utjamàn  si  contenne)  uè  asse- 
gnava loro  alcuna  spedizione.  E  diceva:  «  Essi  sono  questo  e  questo  » 
(Balàdzuri.  458,  lin.   10-12). 

§  341.  —  (Sayf  b.  Umar).  In  questo  anno  (intende  erroneamente 
l'anno  15.  H.)  il  Califfo  fissò  le  leggi  che  dovevano  stabilire  con  norma 
regolare  la  distribuzione  delle  pensioni  (f arada  al-furùd),  ed  allestì 
gli  uffizi  che  dovevano  curare  la  distribuzione  delle  medesime  con  la  com- 
pilazione di  ruoli  regolari  (d  a  w  w  a  n  a  a  1  -  d  a  w  à  w  ì  n).  Fece  anche  la  di- 
stribuzione di  doni  speciali  (a  '  t  à  al-a'tàyà),  regolandosi  però  in  questi 
strettamente  secondo  l'anzianità  di  conversione  ('ala  al-sàbiqah  fi-1- 
Islàm)  e  non  secondo  i  meriti  personali  dei  vari  credenti.  Alcuni,  per 
esempio,  come  Safwàn  b.   Umayyah,  al-Hàrit_h  b.   Hisàm,  Suhayl  b.    Amr 

410. 


sioni. 


20.  a.  H.  §  341. 

ed  altri  Qurays  che  si  erano  convertiti  soltanto  alla  presa  di  Makkah,  ri-  20.  a.  H. 

tennero  come  un'offesa  ricevere  meno  di  tanti  altri,  e  rifiutarono  i  doni  jjione  dei  DTwan 
esclamando:  «  Noi  non  conosciamo  alcuno  che  sia  più  generoso  di  noi!  »  0  ruolo  di  pen- 
(e  perciò  più  meritevole  di  essere  a  sua  volta  trattato  generosamente).  Il 
Califfo  dovette  spiegare  che  egli  non  poteva  distribuu'e  le  pensioni  e  i  doni 
secondo  i  meriti  personali,  ma  soltanto  secondo  il  grado  di  anzianità  nel- 
l'aver  abbracciato  l' Islam,  onde  quelli  che  erano  stati  i  primi  Musulmani  do- 
vevano ricevere  una  retribuzione  maggiore  degli  altri  convertitisi  più  tardi. 
Dinanzi  a  queste  ragioni  i  reclamanti  non  poterono  fare  altre  obbiezioni 
ed  accettarono  quello  che  'Uniar  offriva.  al-Hàrith  e  Suhayl  andarono 
quindi  in  Siria  con  le  loro  genti  e  si  batterono  da  prodi  nelle  guerre  di 
conquista  contro  i  Greci:  altri  però  affermano  che  perissero  nella  grande 
peste  di  'Amawàs. 

Quando  il  Califfo  si  accinse  a  comporre  i  ruoli  dei  pensionati  (w  a  d  a  '  a 
ai-di w a n),  'Ali  ed  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf  tentarono  di  persuaderlo  a 
mettere  il  proprio  nome  in  capo  alla  lista,  ma  egli  ricusò  fermamente  di 
farlo,  e  sostenne  che  bisognava  compilare  il  ruolo  soltanto  secondo  la  vi- 
cinanza di  parentela  con  il  Profeta,  e  secondo  l'anzianità  di  conversione: 
il  primo  nome  nella  lista  fu  quindi  quello  dello  zio  paterno  del  Profeta, 
al-'Abbàs,  che  figurò,  sia  per  24,000  sia  per  12,000  (dirham  all'anno)  ('). 
Gli  altri  Musulmani  vennero  nell'ordine  seguente  C^)  : 

V  I  combattenti  di  Badr,  5000  (dirham)  per  uno. 

2"  Quelli  che  si  batterono  nei  fatti  d'arme  fra  Badr  e  al-Huday- 
biyyah,  4000. 

3"  Quelli  che  si  batterono  nelle  spedizioni  fra  al-Hudaybiyyah  e  la 
grande  insurrezione  dell'anno  11.  H.,  e  nelle  guerre  di  c'onquista  fino  alla 
battaglia  di  al-QàdisÌ3'3'ah,  3000. 

4"  Ai  combattenti  di  al-Qàdisiyyah  (ahi  al-Qàdisiy  y  ahj  e  delle 
altre  battaglie  in  Siria  (ahi  al-Sàm)('^),  2000,  ma  a  quelli  che  si  erano 
specialmente  distinti,  aggiunse  altri  500  (dirham),  portando  così  la  loro 
pensione  a  2500  (^). 

5°  Ai  combattenti  nelle  battaglie  dopo  al-Qàdisiyyah  e  al-Yar- 
mùk,   1000. 

6"  Agli  al-rawàdif  (^j  di  al-Muthanna,  500. 

7°  Agli  al-rawàdif  di  terzo  grado  (al-thalìth),  300,  senza  far 
distinzioni  fra  deboli  e  forti,  fì-a  Arabi  e  non  Arabi. 

8°  Agli  al-rawàdif  di  quarto  grado  (al-ràbi'),  250. 
Alla  classe  dei  combattenti  di  Badr,  il  Califfo  volle  che  si  aggiunges- 
sero i  nomi  di  al-Hasan,  di  al-Husajm,  di  abù  Dzarr,  e  di  Salmàn  {^). 


111. 


§  841.  2^*    ^*    **• 

20.  a.  H.  Le  vedove  del  Profeta,  eccettuate  quelle  elio  possedevan  fondi  propri, 


[ARABIA.    -    Istitu 
zione  del  Dìwàn 


sioni. 


ebbero  ognuna  10,000,  e  vennero  trattate  tutte  egualmente  senza  distin- 
o  ruolo  di  pen-  /joiii:  il  Califfo  'Limar  avrebbe  voluto  dare  ad  'A'isah  2000  di  più  che  alle 
altre,  in  memoria  della  predilezione  mostrata  vei'so  di  lei  dal  Profeta,  ma 
'A-isali  si  rifiutò  di  accettare. 

Le  donno  dei  combattenti  di  Badr  ebbero  ognuna  500:  quelle  della 
seconda  classe,  400:  quelle  della  terzÉf  classe,  300:  quelle  dei  combattenti 
di  al-Qàdisiyyah,  200:  e  quelle  di  tutte  le  altre  classi,  senza  distinzione 
di  sorta,  ebbero  100,  allo  stesso  modo  di  tutti  i  bambini,  che  ebbero  tutti 
indistintamente  100  ognuno. 

Infine  riunì  sessanta  poveri,  diede  loro  da  mangiare  del  pane  e  poi 
fece  il  conto  del  grano  consumato:  visto  che  ammontava  incirca  a  due 
garibah,  concesse  ad  ognuno  di  essi  ed  allo  loro  famiglie  due  garlbah 
di   frumento  al  mese. 

yi  dice  che  'limar  prima  di  morire  avesse  espresso  la  speranza  di 
poter  un  giorno  aumentare  ai  Musulmani  la  pensione  (annua)  fino  a  4000: 
1000  avrebbero  dovuto  servu-e  per  il  mantenimento  della  famiglia,  1000 
per  le  provviste  di  guerra,  1000  per  le  armi,  e  1000  per  permettere  atti  di 
generosità  e  di  carità.  La  morte  gì' impedì  di  mettere  in  esecuzione  questo 
disegno  (T  a  bari,  I,  2411-2414). 

Cfi-.  Athir,  II,  391,  lin.  3;  392,  lin.  6.  Secondo  alcune  fonti  (Saad, 
VITI,  pag.  4G,  lin.  7-8:  78,  lin.  6),  le  vedove  del  Profeta  ebbero  tutte 
12.000  dirham. 

Cfr.  anche  Khaldun,  II,  App.,  106-107;  'Iqd,  II,  205;  Athir,  II, 
391-393,  che  pone  questi  fatti  sotto  l'anno   15.  H. 

Nota  1.  —  Questo  nome,  come  già  si  disse  poc'anzi,  è  un'interpolazione  abbasida:  la  vaghezza 
della  somma  è  anche  un  particolare  sospetto  nella  sua  t'orma  dubitativa  (§§  260  e  nota  1,  271  e  nota  li. 
Per  molte  ragioni  'Ali  b.  abì  Tàlib  avrebbe  dovuto  avere  parimenti  un  luogo  di  favore  nel  ruolo;  invece 
il  suo  nome  non  figura  affatto.  Si  consideri  d'altronde  che  la  parentela  fra  al-'Abbàs  e  il  Profeta  non  è 
un  fatto  dei  più  sicuri,  e  che  al-'Abbàs  fu  anche  l'ultimo  dei  parenti  del  Profeta  a  rendersi  musulmano. 

Nota  2.  —  Il  concetto  predominante  di  questa  lista,  quello  che  costituisce  la  norma  direttiva 
della  gradazione  non  è  tanto  l'anzianità  di  conversione,  quanto  quella  dei  servizi  militari  resi  alla  causa 
dell'Isiàm.  Le  pensioni  erano  distribuite  con  l'ammontare  delle  prede  di  gueiTa,  ed  era  ben  naturale  che 
coloro,  i  quali  avevano  contribuito  alla  conquista  delle  medesime,  ne  fossero  anche  gli  usufruttuari:  in 
altre  parole  la  presente  lista  è  un  ruolo  di  pensioni  militari  sopra  il  fondamento  dei  servizi  resi  com- 
battendo per  l' Isiàm.  I  primi  nella  lista  sono  perciò  i  combattenti  di  Badr,  benché  fra  questi  vi  fossero 
alcuni  convertiti  all'Isiàm  molti  anni  prima  degli  altri.  Le  altre  classi  sono  distinte  dall'ordine  crono- 
logico delle  battaglie. 

Siccome  però  tutti  i  Musulmani  erano  obbligati  a  battersi,  erano  tutti  soldati,  in  principio  questo 
ruolo  abbracciava  praticamente  la  maggior  parte  dei  Musulmani.  Con  l'andar  del  tempo  il  numero  di 
quelli  non  inclusi  nelle  liste  andò  sempre  aumentando;  tutti  coloro  cioè  che  convertiti  dopo  l'anno 
11.  H.,  sia  per  una  ragione  sia  per  un'altra,  non  presero  parte  alle  conquiste.  In  questa  condizione  si 
trovavano  moltissime  tribù  d'Arabia,  che  nonostante  il  trionfo  dell'Isiàm,  e  le  conquiste  e  la  loro  i no- 
minale) conversione,  non  avevano  avuto,  sia  la  voglia,  sia  l'occasione  di  lasciare  i  pascoli  aviti  e  cer- 
care fortuna  fuori  d'Arabia. 

112. 


20.    a.    H.  §§  341-343. 


L'istituzione  delle  pensioni  fu  dunque  soltanto  temporanea:  quando  i  Musulmani  aumentarono  a  20.  a.  H. 

migliaia  ed  a  diecine  di  migliaia  nelle  varie  provincie  dell'impero,  il  sistema  delle  pensioni  si  tramutò  iu       [ARABIA.   -    Istitu- 
un  pagamento  regolare  di  soldo  alle  sole  milizie  combattenti.  Ben  pochi  anni  dopo  la  morte  di  'Umar,  zione  del  Dìwàn 

il  creatore  di  queste   pensioni,  di  gran   lunga  la  maggioranza  dei  Musulmani,  nonché  ricevere  pensioni,  o   ruolo   di    pen- 

erà costretta  a  pagare  gravose  imposte.  L'istituzione  di  'Umar  si  spense  da  sé.    quando  la  morte  ebhe  sioni.] 

rapito  uno  appresso  all'altro  tutti  i  Compagni  del  Profeta  e  tutti  i  veterani  delle  conquiste  menzionati 
nei  ruoli  delle  pensioni.  Difatti  è  molto  dubbioso  se  si  provvedesse  a  mantenere  la  pensione  alle  %-edove 
ed  agli  eredi,  che  non  prestarono  servizio  militare.  Le  tradizioni  su  questo  argomento  icfr.  §§  818-320) 
fanno  supporre  con  sicurezza  tutto  il  contrario,  perché  appartengono  ai  tempi  di  TJmar  U  (f  101.  a.  H.) 
e  rivelano  che  ottant'anni  dopo  l'istituzione  del  diwàn,  s'ignorava  come  avesse  deciso  il  Califfo  IT  mar. 
Nell'anno  KX).  H.  le  condizioni  generali  dell'impero,  e  il  significato  e  la  funzione  del  diwàn  si  erano 
già  profondamente  mutate. 

Nota  i).  —  Questa  espressione  usata  nel  testo,  non  significa  che  la  serie  dovesse  comprendere 
tutti  i  combattenti  di  al-Qàdisiyyah,  ma  quelli  che  si  erano  battuti  per  la  prima  volta  per  l'Islam 
nella  battaglia  di  al-Qàdisiyyah:  la  medesima  osservazione  vale  per  le  classi  tanto  precedenti  che  suc- 
cessive. 

Nota  4.  —  In  un'altra  tradizione  di  Saj-f  b.  'Umar  ida  'Ubaydah,  da  Ibràhim,  e  da  'Àmir  al- 
Sa'bii  siamo  informati  che  questi  privilegiati  fra  i  combattenti  di  al-Qàdisiyyah,  fossero  in  tutto  ven- 
ticinque persone,  fra  le  quali  sono  menzionati:  (1)  Zuhrah  (b.  Hawiyyah?),  (2j  'Ismah  al-Dabbi,  e  (3)  al- 
Kalag  (Tabari,  I,  2343,  lin.  4-7). 

Nota  5.  —  Il  termine  rawàdif  in  vari  passi  di  al-Tabari  ha  il  significato  preciso  di  militi  ar- 
rolati  nelle  schiere  musulmane  dopo  la  battaglia  di  al-Qàdisij-j'ah  (Cfr.  Tabari,  I,  2450,  nota  /;  2490. 
lin.  13-15;  2496,  lin.  6.  ecc.  ;  cfr.  anche  Tabari,  Glossarinm,  pAg.  cci,\i).  Da  ciò  venne  il  nome  di  G  a  j-s 
al-RawàdH"  (cfr.  Noeldeke,  Delectus;  85,  lin.  13),  menzionato  dal  poeta  al-Farazdaq.  Dal  testo  par- 
rebbe che  ve  ne  fossero  varie  categorie  secondo  il  momento  in  cui  vennero  sotto  le  armi.  Il  senso 
specifico  è  «quelli  che  vennero  dopo»,  e  il  termine  radif,  in  un  passo  di  al-Tabari  (1,2212,  lin.  ult.ì, 
significa  colui  che  sotto  un  Califib  é  considerato  dai  contemporanei  come  il  successore.  Di  questi  al- 
rawàdif  torneremo  a  parlare  nei  volumi  seguenti. 

Nota  6.  —  [Lammens].  Questi  nomi  tradiscono  l'origine  si 'ita  di  queste  notizie,  perché  abfi 
Dzarr  e  Salmàn  sono  Compagni  altamente  onorati  da  tutte  le  sette  si 'ite,  inclusevi  anche  quella 
degli  al-Nusayri  che  abitano  nei  monti  della  Siria. 

§  342.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  La  distribuzione 
delle  ricompense  (al-'atày  à'),  per  ordine  del  Califfo  Umar  era  fatta  sempre 
nel  mese  di  Muharram.  La  prima  distribuzione  nell'esercito  musulmano  del- 
l''Iraq  avvenne  nel  mese  di  Muharram  dell'anno  16.  H.,  mentre  le  genti  si 
trovavano  dinanzi  a  Bahurasir:  la  seconda  fu  fatta  in  al-Madà-in  nel  Mu- 
harram del  17.  H.  avanti  di  trasmigrare  ad  al-Kufah;  sicché  prima  della 
fondazione  di  que.sta  città  vi  furono  due  distribuzioni  delle  atàyà-.  La 
divisione  annuale  del  bottino  (fayj  invece  compievasi  ogni  anno  quando 
sorgeva  la  costellazione  a  1  -  .s  i  '  r  a  ,  ossia  del  Cane,  vale  a  dire  appena  ter- 
minato il  raccolto  dei  cereali  (Tabari,  I,  2486,  lin.  2-3,  e  lin.  13-15). 

Tutte  queste  date  meritano  poca  fiducia,  perchè  sono  in  contradizione 
con  le  notizie  cronologiche  sicure  di  al-Wàqidi.  Qualche  particolare  può 
riferirsi  ad  usi  di  tempi  posteriori. 

§  343.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad,  da  Ubaydallah  b.  L'mar, 
da  Nàfi',  da  ibn  Umar:  riassunto  di  tre  tradizioni).  Nello  stabilii'e  infine 
quale  parte  delle  prede  accumulate  dovesse  spettare  al  Califfo,  Umar  con- 
sultò il  parere  degli  altri  Compagni  e  tutti  furono  d'accordo  con  'Umar  e 
con  'Ali  b.  abi  Tàlib  che    il  Califfo  dovesse   prendere  soltanto  quello  che 

413. 


343^7. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H. 
[ARABIA.   ■   Istitu- 
zione del  Diwàn 
o   ruolo   di    pen- 
sioni.] 


era  necessario  per  il  mantenimento  proprio  e  della  famiglia,  pili  un  man- 
tello per  l'estate,  uno  per  l'inverno,  una  cavalcatura  per  fare  i  pellegri- 
naggi e  compiere  i  suoi  doveri  pubblici,  ed  un'altra  per  i  suoi  bisogni  ed 
affari  privati  (T  a  bari,  I,  2416-241G). 

§  344. —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  II  Califfo  volle 
che  tutto  quanto  trovavasi  nel  tesoro  pubblico  venisse  distribuito  fra  i 
Musulmani,  e  respinse  come  proposta  diabolica  e  perniciosa  il  consiglio 
di  tenere  un  fondo  di  riserva  por  qualche  evenienza,  che  potesse  sorgere 
(T  a  bari,  I,  2414,  lin.   17  e  segg.). 

§  345.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'Umar  scrisse  a 
Sa'd  b.  abì  Waqqàs  in  al-Kùfah,  e  ad  'Utbali  b.  Ghazwàn  in  al-Basrah,  di 
fissare  i  quartieri  della  gente  (y  atara  bba'  bi-1  nàs)  nella  parte  migliore 
della  terra,  dove  esisteva  maggior  verdura.  Ordinò  parimenti  di  consegnar 
loro  i  soccorsi  in  viveri  (?  ma'àwinihim)  nella  primavera  (fi-l-rabì')  di 
ogni  anno  distribuir  le  ricompense  (al-'atàyà')  nel  Muharram  di  ogni 
anno,  ed  infine  dividere  il  reddito  delle  terre  conquistate  (a  m  a  r  a . . .  b  i  - 
f  a  y  •  i  h  i  m)  quando  il  sole  entrava  nella  costellazione  del  Cane  (a  1  -  s  i  '  r  a) 
di  ogni  anno,  ossia  appena  terminato  il  raccolto.  Prima  della  fondazione 
di  al-Kùfah  vi  furono  due  distribuzioni  di  al-'atàyà-    (T  a  bari,   I,  2486). 

§  346.  —  ('Ali  b.  'Abdallah,  da  al-Zuhri,  da  Sa'id  b.  al-Musayyab). 
Quando  arrivò  a  Madìnah  il  bottino  della  Persia,  il  Califfo  'Umar  esclamò 
che  la  roba  non  sarebbe  riposta  sotto  ad  un  tetto  prima  di  essere  divisa. 
Tutto  fu  accumulato  perciò  nella  corte  aperta  della  moschea  (baj'n  saffay 
ai-mas gid),  e  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf  e  'Abdallah  b.  Arqam  passarono 
la  notte  sul  luogo  per  custodire  la  roba.  Il  mattino  seguente  'Umar  ordinò 
di  togliere  i  grandi  mantelli  (g  a  1  a  b  i  b)  che  coprivano  la  roba  :  e  quando 
i  suoi  sguardi  caddero  su  quelle  cose  che  non  aveva  mai  viste  prima,  su 
quei  mucchi  di  pietre  preziose,  perle,  ori  e  argenti,  si  mise  a  piangere. 
'Abd  al-rahmàn  maravigliato  chiese  il  motivo  delle  sue  lagrime;  non  do- 
veva piuttosto  rendere  grazie  a  Dio?  'Umar  rispose:  «  Dio  non  dà  questa 
«  roba  alla  gente  se  non  gettando  anche  in  essa  le  inimicizie  e  gli  odi!  ». 
La  roba  venne  immediatamente  distribuita.  Ciò  avveniva  però  prima  che 
fossero  organizzate  le  pensioni   (Yùsuf,  27,  lin.  5-13). 

§  347.  —  (al-A'mas,  da  abù  Ishàq,  da  Gràriyah  b.  Mudarrab).  Prima  di 
distribuire  le  pensioni  fece  prendere  un  g  a  r  ì  b  di  gTano,  composto  di  sette 
aqfizah  (pi.  di  qafiz),  e  fattolo  tramutare  in  pane,  nutrì  con  esso  fino 
a  sazietà  trenta  mendicanti,  dando  loro  da  mangiare  due  volte  al  giorno: 
su  questa  esperienza  stabilì  che  due  g  a  r  ì  b  al  mese  bastavano  a  mante- 
nere una  famiglia  ('ayyil)   (Yùsuf,   27,  lin.   13-15). 


414. 


sioni. 


20.    a.    H.  §§  348-352. 

§  348.  —  ('Ami-  e  al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  Alimad  b.  Yuuus,  da  Zuhayr.  20.  a.  h. 

da    Abdallah  b.  Salili  ai-Muqri,  da  Zuhayr   b.  Mu'àwiyali,  da    abu   Ishàq,        zione  dei  D^wà"n 
da  Hài-ithah  b.  al-Mudarrib).   'Umar  b.  al-Khattàb  fece  impastare  e  cuocere        °  '■"<>'°  •^'  p^"" 
e  poi  inzuppare    nell'olio    un    garib    di  pane,  e,  chiamati  trenta  uomini, 
glie  lo  diede  per   colazione,  e  li   saziò.  E  fece    altrettanto  a  cena.  E  così 
vide  elle  due  garìb  al  mese  bastavano  per  un  uomo.  E  dava  ad  ognuno, 
uomo  o  donna  o  schiavo,  due  garìb  al  mese. 

'Abdallah  b.  Sàlih  racconta  che  s'usava  imprecare:  «  Levi  Iddio  i  tuoi 
«  due  garib  »;  oppure:  «  Te  li  tolga  con  la  morte  ».  E  la  fi-ase  è  rimasta 
fino  ad  ora  nell'uso  (Balàdzuri,  460,  lin.   6-14)  [M.]. 

§  349.  —  (abù  'Ubayd,  da  abù-1-Yamàn,  da  Safu'àn  b.  Amr,  da  abu-1- 
Zahiriyyahì.  abu-1-Darda-  disse:  «  Parecchie  belle  cose  ha  introdotte  'Umar 
«nel  popolo  di  Muhammad,  tra  culi  due  in  u  d  d  e  i  due  qist»  (Balà- 
dzuri, 460,  lin.   14-16)  [M.]. 

§  350.  —  abu  'Ubayd,  da  Sa'id  b.  abì  Maryani,  da  ibn  Lahi'ah,  da 
Qays  b.  Eàfi',  da  Sufyàn  b.  Wahb).  'Umar  disse,  prendendo  da  una  jmrte 
il  raudy  e  dall'altra  il  qist  (due  misure):  «  Io  intendo  di  dare  ad  ogm 
«musulmano,  al  mese,  due  mudd  di  pane  e  due  qist  d'olio  e  due  qist 
«d'aceto».  E  uno  domandò:  «Anche  allo  schiavo?».  —  «Sì,  anche  allo 
«schiavo»,  rispose  'Umar  (Balàdzuri,  460,  lin.   16-20)  [M.]. 

§  351.  —  (Hisàm  b.  'Ammàr,  da  Yaliva  b.  Hamzah,  da  Tamim  b. 
'Atiyyah,  da  'Abdallah  b.  Qays).  'Umar  salì  il  min  bar,  e,  lodato  e  rin- 
graziato Iddio,  disse:  «  Noi  vi  passiamo  i  vostri  'atà-  e  i  vostri  rizq  ogni 
«mese».  E  aveva  in  mano  il  mudd  e  il  qist;  e  li  scosse.  E  poi  disse: 
«  E  chi  li  fa  più  piccoli,  faccia  a  lui  Iddio  così  e  così  »,  e  lo  maledisse 
(Balàdzuri.  470.  lin.   20-461.  lin.  3). 

IRAQ.  —  Distribuzione  delle  pensioni  fra  gli  abitanti  di  al-Kufah. 

§  352.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Per  facilitare  la  distribu- 
zione delle  pensioni,  gli  abitanti  di  al-Kùfah  furono  divisi  in  gruppi,  detti 
'iràfah:  ogni  'ir afa h  riceveva  centomila  dirliam  da  dividersi  fra  i  com- 
ponenti della  'irà  fa  h . 

La  'irà  fa  h  dei  veterani  di  al-Qàdisi\Tah  era  composta  di  quarantatre 
uomini,  quarantatre  donne  e  cinquanta  membri  delle  famiglie,  e  riceveva 
centomila  dirham  (^). 

La  'iràfah  dei  veterani  delle  precedenti  battaglie  (ahi  al -a}' y  ami, 
che  dovevano  ricevere  ognuno  3000  dirham,  era  composta  di  venti  uomini 
e  venti  donne:  gli  altri  membri  delle  medesime  famiglie  ricevevano  cento 
dirham  ognuno:  tutta  la     iràfah  riceveva  centomila  dirham  (^). 

415. 


§352. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  x^ji    'ira  t'ali    degli    al -rad  itali    al-ula    si    componeva    di    se.ssanta 


uomini,  .se.ssanta  donne  e  quaranta  membri  delle  loro  famiglie,  ognuno  dei 


IRAQ.  -  Distribu- 
zione delle  pen- 
sioni fra  gli  abi-     qxiali  aveva  mille  e  cinquecento  dirham  di  pensione:  questa  '  ir àfah  ri- 

fah"i  '     '  ^     ""     ceveva  pure  centomila   dii-liam   (•')  (Tabari,  I,  249G). 

Cti-.  Maqrlzi  Khitat,  I.  93. 

Nota  1.  —  11  vei-o  significato  di  questa  tradizione  non  mi  è  chiaro,  e  non  sono  perciò  sicuro 
della  versione. 

Nella  'irafah  dei  veterani  ili  al-Qàdisiyj'ah  ogni  uomo  doveva  ricevere  una  pensione  di  30()0 
dirham,  e  se  gli  uomini  componenti  la  'iràfah  erano  4'à  avrebbero  dovuto  ricevere  insieme  43  X 
X  3(100  :=  129,000  dirham:  a  questo  aggiungasi  che  le  donne  avrebbero  dovuto  ricevere  ognuna 
200  dirham  e  quindi  le  43  donne  richiedevano  un  totale  di  8600  dirham.  Gli  altri  membri  della  fami- 
glia avevano  diritto  a  KK)  dirham,  sicché  i  50  della  'iràfah  avrebbero  richiesto  altre  5000  dirham. 
Sommando  ora  insieme  le  pensioni  degli  uomini  1 129.000),  quelle  delle  donne  iSliOOi  e  quelle  degli  altri 
membri  della  famiglia  (500t)i,  abbiamo  un  totale  di  142,000  dirham.  Come  è  possibile  di  combinare 
questo  risultato  con  rafltrmazione  che  la  'iràfah  riceveva  la  cifra  tonda  di  100,(_KJ0  dirbamV  Come  si 
spiega  l'errore  di  42,000  dirham?  Le  altre  notizie  frammentarie  di  questa  tradizione  sono  egualmente 
scorrette  e  ci  dimostrano  ancora  una  volta  quanto  poco  dobbiam  fidarci  anche  dei  più  innocenti  par- 
ticolari della  scuola  storica  rappresentata  da  Sayf  b.  'Umar,  nella  quale  apparentemente  erano  ignorato 
le  regole  più  elementari  dell'aritmetica. 

Nota  2.  —  La  pensione  dei  venti  veterani  di  questa  'iràfah,  calcolata  a  3000  di  rhani  a  capu, 
come  dice  correttamente  il  testo,  ammontava  in  tutto  a  60,000  dirham.  La  pensione  delle  venti  donne, 
a  cento  dirham  l'una,  ammonta  a  2000  dirham.  Insieme  perciò  le  pensioni  degli  uomini  e  delle 
donne  ammontavano  a  62,0<J0  dirham:  siccome  però  la  'iràfah  riceveva  centomila  dirham,  rima- 
nevano ancora  disponibili  38,000  dirham,  che  presumibilmente  dovevan  dividersi  fra  gli  altri  membri 
delle  famiglie;  ma  giacche  questi,  come  sappiamo,  ricevevano  ognuno  soltanto  cento  dirham,  e  la  detta 
'iràfah  avrebbe  dovuto  comprendere  altre  380  persone:  ciò  è  impossibile,  perchè  la  'iràfah  prece- 
dente ne  conteneva  soltanto  cinquanta,  e  in  proporzione  avrebbe  dovuto  comprendere  poco  più  di  una 
ventina  di  membri  a  cento  dirham. 

Dunque  anche  queste  indicazioni  di  Sayf  sono  errate. 

Nota  3.  —  Quest'ultima  'iràfah  è  calcolata  pure  con  elementi  scorretti,  perchè  sappiamo  che 
questa  classe  di  pensionati  non  era  in  base  a  1500  dirham,  ma  soltanto  in  base  a  IW).  Correggendo 
però  anche  questo  errore,  non  salviamo  il  resto:  60  uomini  a  1000  dirham,  fanno  60,000  dirham: 
60  donne  a  100  dirham,  e  quaranta  membri  delle  famiglie  pure  a  100  dirham,  fanno  insieme  sol- 
tanto 10,000  dirham.  Quindi  questa  'iràfah  avrebbe  dovuto  ricevere  soltanto  70,000  dirham  e  non 
lOO.OfX)  come  dice  il  testo. 

È  probabile  però  che,  facendo  astrazione  da  questi  errori  di  computo,  esistesse  un  sistema  pratico 
di  dividere  i  pensionati  in  grandi  gruppi  e  di  dare  ad  ogni  gruppo  approssimativamente  eguale  una  me- 
desima somma  tonda,  lasciando  ai  capi  minori  la  cura  di  fare  la  divisione  personale  del  danaro  fra  gli  aventi 
diritto.  Tale  concetto  è  confermato  dal  tenore  della  tradizione  contenuta  nel  paragrafo  seguente  (§  353 1 
e  da  quanto  risulterà  dalle  tradizioni  sulla  fondazione  di  al-Fustat,  di  cui  tratteremo  nella  seguente  an- 
nata. Sayf  nel  voler  spiegarci  materialmente  il  sistema  di  distribuzione,  ha  fatto  male  i  suoi  calcoli  ed  ha 
commesso  gli  errori  aritmetici  da  noi  notati.  Bisogna  sempre  diffidare  della  precisione  delle  cifre  di  Sayf, 
ma  in  questo  caso  è  possibile  trovare  una  specie  di  giustificazione  per  gli  ei-rori  di  Sayf.  E  lecito 
cioè  supporre  che  la  distribuzione  delle  pensioni  non  avvenisse  con  impeccabile  regolarità,  perchè  il 
numero  degli  aventi  diritto  era  costantemente  mutato  da  morti,  da  assenze,  e  da  aggiunte  lecite  ed 
illecite.  La  lista  quindi  delle  pensioni  data  altrove  non  deve  essere  presa  nel  senso  letterale,  ma  l'am- 
messa la  sua  autenticità  assoluta)  piuttosto  come  una  regola  di  proporzioni  da  osservarsi  nel  distribuire 
le  pensioni.  Quelle  cifre  perciò  dovranno  essere  prese  con  molta  larghezza,  e  certamente  in  pratica,  nel- 
l'atto materiale  della  distribuzione,  la  cifra  reale  ed  effettiva  della  pensione  deve  essere  stata  molto 
variabile  e  diversa  da  quella  data  nella  celebre  lista.  Si  consideri  infatti  che  fra  gli  Arabi  non  v'erano 
scrivani  di  sorta,  ed  il  numero  immenso  dei  pensionati,  il  continuo  mutare  del  medesimo,  ed  il  tatto 
importantissimo  che  la  maggior  parte  di  queste  pensioni  veniva  distribuita  in  genere  a  stima  e  non  in 
moneta  contante;  tutto  ciò  fa  credere  con  assoluta  sicurezza  che  nella  distribuzione  si  usasse  in  lar- 
ghissima misura  l'arbitrio,  regolandosi  sull'opportunità  e  sulle  circostanze.  Per  non  cadere  in  inestri- 
cabili impicci  burocratici  si  ricorse   al   sistema   che  Sayf  ha  tentato  di   descriverci:    i   Musulmani   ven- 

4L6. 


20.    a.    H.  §§  352-356. 


nero  divisi  in  gruppi  amministrativi  formati  in  modo  che   approssimativamente   ogni  gruppo  ricevesse  20.  a.  H. 

una  somma  tonda  eguale    Savfla  pone  a  100,000  dirhami:  i  componenti  di  ogni  gruppo  l'iràfah)  si       ['IRAQ.  -  Dìstribu- 
dividevano  poi  fra  loro  come  meglio  potevano  la  loro  quota,  osservando  la  regola  delle  proporzioni  fis-  zione  delle  pen- 

sata nella  tante  volte  citata  lista  di  pensioni  del  Califfo  'Umar,  ma  senza  attenersi  ad  una  somma  precisa  sioni  fra  gli  abi- 

per  ogni  pensionato.  tanti    di    al-Kù- 

Queste  spiegazioni  d'indole  generale  non  erano  possibili  al   tradizionista  popolare   orientale,  per  fah.] 

il  quale  occorre  sempre  il  fatto  materiale,  specifico  e  personale  :  per  spiegare  materialmente  il  sistema 
effettivo  di  distribuzione  Sayf,  o  la  scuola  alla  quale  egli  ha  attinto,  ha  voluto  descrivere  un  caso  real- 
mente avvenuto:  l'ignoranza  accumulata  del  creatore  primo  della  tradizione,  di  coloro  che  l'hanno  tra- 
smessa oralmente  ed  infine  degli  scrivani  che  hanno  copiato  e  storpiato,  perchè  non  comprendevano 
quello  che  era  scritto,  ha  generato  icfine  quel  pasticcio  aritcìetico,  che  noi  qui  abbiamo  tentato  di 
chiarire. 

§  353.  —  (Saj'f  b.  'Umar,  da  'Atnn^ah  b.  al-Hàrith).  In  al-Basrah  si 
agiva  nel  medesimo  modo:  gli  'atà"  (doni,  pensioni  date  sul  prodotto  della 
preda  di  gueiTa  e  sui  tributi)  erano  consegnati  agli  u  m  a  r  a  a  1  -  a  s  b  à  ' 
(ai  capi  degli  asbà'),  ai  porta  stendardi  (ashàb  al-ràyàt)  che  erano 
tutti  Arabi,  e  questi  poi  li  passavano  agli  'urafà  (plurale  di  'arif  il 
capo  delle  'iràf'ah),  ai  nuqabà  (o  rappresentanti  delle  varie  tribù)  ed 
alle  persone  di  fiducia  (umana),  i  quali  eseguivano  la  distribuzione  dei 
doni  nelle  case  del  popolo  (T  ab  ari,  I,  2496). 

BISANZIO.  —  Morte  di  Eraclio  e  torbidi  interni. 

§  354.  —  La  corretta  intelligenza  della  storia  musulmana  esige  che 
si  abbia  presente  la  tela  generale  delle  vicende  interne  dell'impero  bizan- 
tino, particolarmente  nel  caso  presente,  perchè  la  conquista  dell'Egitto  è 
strettamente  connessa  con  i  conflitti  per  la  successione  al  trono  di  Eraclio. 
Diamo  perciò  qui  appi-esso  le  notizie  di  fonte  araba  .sulla  fine  di  Eraclio,  e 
poi  aggiungeremo  da  altre  fonti  un  cenno  sintetico  delle  vicende  politiche 
della  prima  annata  che  segui  la  sua  morte. 

§  355.  —  In  questo  anno  (il  20.  H.)  cessò  di  vivere  Eraclio  (Hiraql) 
e  gli  successe  il  figlio  Costantino  fQustantiu)  (Athir,  II,  444,  lin.   15). 

Cfr.  Khond,  I,  4,  pag.  18,  lin.  14;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  133,v.; 
Gawzi.  I.  fol.   62,v.;  Baethgen,   111;  Mahàsin,  I,  84. 

§  356.  —  Il  Pernice  (Eraclio,  301)  pone  la  morte  di  Eraclio  nel- 
l'I 1  febbraio  del  641  deU'È.  V.  (=  23  Safar  20.  H.).  Egli  ricorda  che  al- 
cuni autori  lo  vogliono  morto  di  idropisia,  ma  nota  che  questo  termine 
non  aveva  alcuna  significazione  patologica  ben  definita  e  poteva  indicare 
qualunque  distensione  anormale  del  ventre.  Il  Pernice  cita  poi  varie  fonti  bi- 
zantine (Nicephorus,  pag.  31;  Cedrenus,  pag.  732;  Leo  Grammat. , 
in  Cramer  Anecdota  Graeca,  tom.  II,  pag.  339;  Georgius  Monachus, 
in  Migne  Patrol.  Graeca,  tom.  CX,  col.  836)  per  rilevare  che  sembra  esser 
Eraclio  morto  di  una  complicazione  gravissima  alla  vescica:  pare  si  trat- 

417.  53 


351Ì-3GO. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  tasso  di  una  ntensiono  d  orma  con  torte  distensione  del  ventre,  si  da  far 

[BISANZIO.-  Mor-  .,..,,.,  .       .  ,  . 

te  di   Eraclio  e     somigliare  il  malato  ad  un  vero  e  proprio  idropico. 

torbidi  interni.]  Qf,.    anche  Niqyùs,  pag.  562,  563,  sulla  morto  di  Eraclio. 

§  357.  —  (Sobeos).  In  quel  tempo  il  benemerito  Eraclio  cessò  di  vi- 
vere, in  età  avanzata,  dopo  aver  regnato  HO  anni.  Egli  fece  giurare  a  suo 
figlio  Costantino  d'esser  misericordioso  verso  tutti  i  criminali  che  erano 
stati  esiliati  per  ordine  suo  e  permettere  a  tutti  di  rientrare  nelle  loro 
famiglio.  Gli  ordinò  altresì  di  far  ritornare  l'aspet  con  la  moglie  ed  i 
figli  e  ristabilirlo  nelle  sue  antiche  funzioni  (in  Armenia).  «  Se  egli  vuol 
«  andare  nel  suo  paese,  io  gliel'ho  promesso  con  giuramento.  Che  il  mio 
«  giuramento  non  sia  falso.  Permettegli  di  andare  in  pace  ».  Eraclio  morì 
e  suo  figlio  Costantino  divenne  imperatore.  In  Armenia  nessun  generale 
fu  eletto,  perchè  gli  i  s  y  a  n ,  scissi  tra  loro,  si  tenevano  lontani  gli  uni  dagli 
altri  (Sebeos,  99-100). 

§  358.  —  Nell'anno  962  dei  Greci  (ossia  dei  Seìeucidi),  19.  dei  Taj-yàyé 
e  8  di  'Umar,  morì  Eraclio  dopo  aver  regnato  per  30  anni  e  cinque  mesi. 

Allora  cominciò  a  regnare  suo  figlio  Costantino-Eraclio,  ed  Eraclio  il 
Giovane  (Heracleonas).  Ma  Martina,  la  vedova  di  Eraclio,  avvelenò  Co- 
stantino e  fece  regnare  il  proprio  figlio,  il  giovane  Heracleonas.  Ciò  dispiacque 
ai  membri  del  Senato,  i  quali  deposero  questo  Heracleonas  e  fecero  regnare 
Costante  figlio  di  Costantino  (Michel  Syrien,  II,  426). 

§  359.  —  Alla  morte  di  Eraclio,  narra  Sebeos,  suo  figlio  Costantino 
divenne  imperatore  e  nominò  Valentino,  detto  l'Arsacida,  general  capo 
dell'esercito,  ordinandogli  di  recarsi  in  oriente. 

Costantino  regnò  soltanto  alcuni  giorni  (dall'  1 1  febbraio  al  23  giu- 
gno 641),  e  morì  vittima  della  furberia  di  Martina  la  (seconda)  moglie  di 
Eraclio. 

Allora  regnò  Eraklos  (Heracleonas)  il  figlio  di  Eraclio  e  di  Martina 
Augusta,  perchè  Costantino  era  figlio  della  prima  moglie  di  Eraclio  (ossia 
Eudocia).  Valentino  marciò  con  il  suo  esercito  contro  (Eraklos,  Heracleonas) 
in  Costantinopoli,  s'impadronì  di  Martina,  le  tagliò  la  lingua  e  la  mandò 
a  morte  con  i  suoi  due  figli.  Valentino  nominò  Kostas  (Constante),  figlio 
di  Costantino,  imperatore  e  lo  chiamò  Costantino  dal  nome  di  suo  padre. 
Poi  radunò  le  sue  schiere  e  marciò  verso  l'oriente  (Sebeos,   103-104). 

§  360.  —  Nell'anno  del  mondo  5132  (640  dell' È.  V.)  nel  mese  di 
marzo  cessò  di  vivere  l'imperatore  Eraclio,  dopo  un  regno  di  trent'anni 
e  dieci  mesi,  per  effetto  d' idropisia. 

Suo  figlio  Costantino  regnò  per  quattro  mesi  dopo  di  lui,  e  poi  morì 
per  un  veleno  propinatogli  dalla  matrigna  Martina  e  dal  patriarca  Pirro: 

418. 


20,    a.    H.  §§  360-362. 


gli  successe  Eracleona  fierlio  di  Martina,  sotto  la  tutela  della  madre  (Theo-  20.  a.  h. 

^^       .  -  -       ^       -_-  ,  (BISANZIO.  -  Mor- 

phanes,  pag.  o22  ;  id.  ed.  de  Boor,  pag.  341).  ,e  dì   Eraclio  e 

§  361.  —  Nell'anno  del  mondo  6133  (641  dell' È.  V.)  il  senato  (di  <°fbidi  interni., 
Costantinopoli)  depose  l' imperatore  Eracleona,  sua  madre  Martina  ed  (il 
comandante  generale)  Valentino  dal  governo:  fu  tagliata  la  lingua  a  Mar- 
tina e  troncato  il  naso  ad  Eracleona,  ed  ambedue  furono  cacciati  in  esilio. 
Sul  trono  imperiale  fu  messo  Costante  figlio  di  Costantino  e  nipote  di 
Eraclio,  principe  che  rimase  sul  trono  per  ventisette  anni.  Nel  mese  di 
ottobre  della  XV  Indizione  il  patriarca  Pirro  fu  deposto  e  gli  successe 
Paolo,  presbitero  ed  economo  (Theo phan e s,  pag.  523;  id.  ed.  de  Boor, 
641-642). 

§  362.  —  In  realtà  Eraclio  era  già  spento  da  un  pezzo:  da  quando, 
ruinato  a  un  tratto  —  con  l'irrompere  vittorioso  degli  Arabi  in  Siria  — 
l'edifizio  del  ricostituito  impero,  cui  egli  aveva  dedicato  tutta  la  sua  mi- 
gliore vita  di  soldato  e  di  capitano,  il  vecchio  e  stanco  imperatore  s'era 
sentito  travolto  anche  lui  dalla  bufera  islamica  nell'impotenza  più  dispe- 
rata. Il  precipitare  ormai  vertiginoso  degli  eventi,  e  il  miserevole  tramonto 
del  basileo,  non  ci  permettono  di  soffermarci  sulla  morte  di  Eraclio,  altro 
che  per  riannodare  ad  essa  la  serie  obbrobriosa  di  violenze,  di  viltà  e  di 
delitti  che  offuscarono  ormai  quasi  senza  interruzione  il  trono  di  Bisanzio. 
Anche  il  Bury  accetta  la  data  dell' 11  febbraio  641  come  quella  della  morte 
di  Eraclio,  corrispondente  secondo  la  cronologia  araba  al  23  Salar  del  20.  H. 
Su  questa  data  dunque  non  restan  dubbi  di  sorta.  Sulla  natura  del  male 
che  uccise  il  celebre  imperatoi'e  le  fonti  danno  alcuni  particolari  orribili: 
egli  fu  affetto  di  idropisia,  ma  con  complicazioni  alla  vescica  e  ritensione 
d'orina:  «  usque  adeo  invaluerat  »,  narra  Niceforo,  «  ut  quoties  meiere  vellet, 
«  ventriculo  asserem  imponeret  :  etenim  distorsum  pudendum  urinam  sursum 
«  in  faciem  emittebat  »  (Nicephorus,  pag.  31)  gli  stessi  particolari  son  dati 
anche  da  Theophanes,  622,  id.  ed.  de  Boor,  I,  331;  Cedrenus,  752- 
753:  Zonaras,  III,  215-216.  I  quali  autori  aggiungono  che  questo  male 
fu  l'effetto  del  suo  incestuoso  matrimonio  con  la  nipote  Martina,  perchè  Dio 
lo  volle  punire  nel  membro  che  materialmente  aveva  commesso  la  colpa. 
È  bene  rammentare  a  questo  proposito  che  dopo  la  morte  della  sua 
prima  moglie,  Eudocia,  nel  612,  Eraclio  era  passato  a  seconde  nozze  con 
la  nipote  Martina.  Il  mondo  ortodosso  rimase  fortemente  scandalizzato,  con- 
siderando il  connubio  incestuoso,  e  le  polemiche  accesero  la  fantasia  popo- 
lare prona  alle  superstizioni:  perciò  attribuirono  ad  ira  divina  il  fatto  che  i 
due  primi  figli  avuti  da  Martina  fossero  deformi,  e  la  natura  speciale  e 
crudele  del  male,  al  quale  egli  soggiacque.  È  degno  però  di  nota  che  Mar- 

419. 


3G'. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  tina  dev'esser  stata  donna  di  molto  carattere  e  deve  avere  esercitato  una 

[BISANZIO.  -  Mor-  .      .     „  „,.  ,  i«         v  cj  i»       •     •  i  li- 

te di   Eraclio  e     grande  influenza  suil  imperatore, perche  egli  osasse  sfidare  1  opinione  puDDlua 

torbidi  interni. 1       in  modo  tanto  palese  e  con  tanta  tenacia  continuata  (cfr.  Burv,  II,  213). 

Dalla  sua  prima  moglie,  Eudocia,  Eraclio  aveva  avuto  un  maschio 
Costantino,  e  da  Martina  aveva  avuto  un  altro  figlio  chiamato  dai  cronisti 
Heracleonas,  per  distinguerlo  forse  dal  padre,  di  cui  probabilmente  portava 
il  nome  stesso.  Il  vecchio  imperatore  prima  di  morire  aveva  fatto  un  te- 
stamento assai  infelice,  nel  quale  si  vede  che  non  era  più  padrone  delle 
propiie  facoltà  ed  aveva  l' animo  diviso  tra  l'affetto  al  suo  primogenito 
Costantino  ed  il  desiderio  di  sodisfare  l'ambizione  insaziabile  dell'amata 
Martina.  Lasciò  quindi  che  fosse  imperatore  Costantino,  ma  assistito  dal 
fratellastro  Heracleonas  e  da  Martina.  Appena  morto  Eraclio  si  delinea- 
rono due  partiti  tra  loro  ostilissimi;  quelli  che  volevano  dare  a  Costantino 
il  piimato  assoluto  e  porre  in  disparte  Martina  con  suo  figlio;  e  l'altro 
invece  che  voleva  mettere  innanzi  il  figlio  di  Martina,  Heracleonas.  Sic- 
come Costantino  era  ortodosso  e  non  seguiva  le  eresie  monoteletiche  del 
genitore,  egli  venne  in  conflitto  col  patriarca  di  Costantinopoli  Pirro,  di 
dottrina  monoteletica,  il  quale  si  schierò  con  Martina;  e  così  il  conflitto  po- 
litico degenerò  anche  in  conflitto  religioso. ,  Le  parti  di  Costantino  erano 
validamente  sostenute  dal  tesoriere  (Comes  sacrorum-  largifionum)  detto 
Philagrius.  Il  conflitto  non  ebbe  però  lunga  durata,  perchè  dopo  tre  mesi 
e  mezzo  di  regno  Costantino,  che  era  di  gracile  salute,  morì,  non  senza 
sospetto  di  veleno  propinatogli  da  Martina.  Prima  di  morire  Costantino 
aveva  affidata  la  causa  dei  propri  figli  minorenni  al  generale  Valentinus, 
che  comandava  le  schiere  greche  in  Asia  Minore.  Così  alla  morte  di  Co- 
stantino (circa  fine  aprile  641),  in  Costantinopoli  fu  proclamato  imperatore 
Heracleonas,  che  aveva  allora  circa  ventisei  anni;  ma  la  presenza  sul  Bo- 
sforo, sulla  riva  asiatica,  delle  milizie  fedeli  al  defunto  Costantino  sotto 
gli  ordini  di  Valentinus,  costrinse  Martina  ed  i  suoi  amici  a  riconoscere  i 
diritti  al  trono  anche  dei  figli  minorenni  di  Costantino.  Così  si  venne  un 
momento  ad  avere  tre  imperatori  simultaneamente  nella  stessa  città.  Questo 
accadeva  nel  mese  di  ottobre  641  =  Dzìi-1-Qa'dah  20.  H. 

Siffatta  situazione  non  potè  durare  a  lungo:  non  sappiamo  bene  che 
cosa  accadesse,  ma  circa  un  anno  dopo  la  morte  di  Eraclio  il  Grande,  (feb- 
braio 641  È.  V.  =  Rabi'  I.  21.  H.)  una  rivoluzione  di  palazzo  abbattè  la 
potenza  di  Martina  e  di  suo  figlio  Heracleonas.  Alla  povera  imperatrice  fu 
tagliata  la  lingua,  e  ad  Heracleonas,  per  renderlo  deforme  e  perciò  inca- 
pace di  più  regnare,  secondo  l'antichissimo  canone  asiatico  di  governo, 
fu  sfi'egiato  il  naso. 

420. 


20.    a.    H.  §§  362-364. 

Il  figlio  undicenne  di  Costantino,  Constante  II,  fu   proclamato  impe-  20.  a.  h. 

[BISANZIO. -Mor- 
ratore.  te    di    Eraclio    e 

Pino,   il  fautore  di  Martina,  fuggì  a  Cartagine  per  non  venir  messo        torbidi  interni.) 
a  morte  dalla  plebe  ortodossa  di  tendenze  (Bury.  pag.  273,  281-287). 

NECROLOGIO.  —  Anas  b.  abì  Marthad. 

§  363.  —  abù  Yazid  Anas  b.  abì  Martjiad  Kannàz  b.  al-Husayn  b. 
Jarbii  b.  Tarìf  b.  Kharasah  al-'Auawi  (o  Ghanawi)  dei  Qays  'A3-làn  b. 
Mudai'  Compagno  del  Profeta. 

Regna  grande  incertezza  sul  nome  suo:  alcuni  vogliono  (opinione  di 
ibn  'Abd  al-barr  [f  463.  a.  H.j)  si  chiamasse  con  il  diminutivo  Unays  ; 
altri,  come  al-Baghawi,  fanno,  distinzione  fra  Anas  b.  abì  Marthad  e  Unays 
b.  abì  Marthad;  ibn  Sàhin,  fa  ancora  altre  distinzioni,  cioè  fra  Anas  b. 
abì  Martliad  al-'Anawi  e  Unays  b.  Martjiad  b.  abi  Marthad.  Secondo  ibn 
al-AtJiìr  (II,  444),  la  sua  nisbah  è  Baghawi  e  non  Anawi;  al-Bukhàri 
dice  che  Anas  e  Unays  era  una  e  la  stessa  persona.  Di  Anas  o  Unay.s, 
poco  è  noto:  fu  Compagno  del  Profeta  al  pari  del  padre  e  dell'avo,  aveva 
ventun  anno  di  m.eno  del  padre  (ucciso  ad  al-Ragi'  nelFanno  4.  H.)  e  par 
che  morisse  nell'anno  20.  H.   (Athir,  II,  444;  Hagar,  I,  142-143,  n.  278). 

ibn  Hagar  ha  anche  un  secondo  capitolo  sotto  l'intestazione  Unays, 
nel  quale  ripete  più  o  meno  quello  che  ha  detto  nel  primo,  ma  vi  aggiunge 
che  ibn  Hibbàn  [f  354.  a.  H.]  sostiene  l'esistenza  di  due  diverse  persone, 
cioè  di  Anas  e  di  Unays,  chiama  il  primo  Compagno  del  Profeta  e  il  se- 
condo uno  dei  tàbi'iin  più  sicuri  (Hagar,  I,   150-151,  n.   292). 

Dzahabi  Paris,  I,  fol.  134,v.  Difese  il  Profeta  a  Hunayn  e  mori 
nel  Ral)i"  I.  del  20.  H. 

Cfi-.  Athìr  Usd.  I,  129-130;  Dzahabi  Taùrìd,  I,  32,  n.  273;  34, 
n.  287;  a  l'Isti   ab.  30,  n.  30. 

al-Barà  b.  Malik. 

§  364.  —  ai-Bara  b.  Malik  b.  al-Nadr  b.  Damdam  al-Khazragi  al-Ansàri, 
Compagno  del  Profeta,  fratello  del  celebre  Anas  b.  Malik  [f  90.-93.  a.  H.],  ma 
da  madre  diversa:  quella  di  Anas  era  umm  Sulaym,  quella  di  al-Barà  fu 
Samba. 

Era  uomo  dotato  di  grande  coraggio,  e  fece  lungo  tempo  da  condu- 
cente del  camelo  per  il  Profeta. 

Siccome  possedeva  una  bellissima  voce,  soleva  recitare  versi  a  Mao- 
metto nelle  lunghe  ore  di  marcia  nel  deserto.  Tranne  che  a  Badr,  egli  fu 
presente  a  tutte  le  spedizioni  militari  comandate  dal  Profeta;  ma  nella  ce- 

421. 


5§  364,  3G5.  20.    H.    H. 


20.  a.  H.  lebre    battaglia  di  al-Yamàmah    contro   il   falso   profeta   Musaylimah  (nel 

ai-Barà  b  Ma-     ^~-  ^-  ^^•'  'i^^lss  in  modo  particolare  il  suo  grande  coraggio.  Gli  atti  di 

lik-l  eroico    valore,  da   lui    compiuti   in  quella    i'ainosa   giornata,  sono  ricordati 

nelle    cronache  e  si  dice  che  si  dovesse  al   suo  indomito  ardire,  se   alfine 

le  schiere  ribelli  si  piegarono  dinanzi  a  quelle  dei  Musulmani. 

Egli  uscì  da  quella  battaglia  con  più  di  ottanta  ferite  e  dovette  essere 
portato  al  campo  dai  suoi  compagni  d'arme.  È  probabile  che  per  effetto  di 
queste  ferite  egli  non  prendesse  più  una  parte  attiva  alle  campagne  nel- 
r'Iràq  e  in  Siria. 

Fu  però  presente  alla  battaglia  di  Tustar  in  Persia  nel  20.  a.  H., 
mentre  regnava  'Umar,  e  combattè  sempre  in  prima  fila,  uccidendo  il 
m  a  r  z  u  b  a  :i  al-Zàrah,  uno  dei  grandi  nobili  persiani  ;  ma  trascinato  dal 
suo  ardire  eccessivo,  in  quella  stessa  battaglia  trovò  anche  la  morte,  per 
le  mani  del  persiano  Hurmuzàn. 

Secondo  altri,  questo  avvenne  o  l'anno  prima  o  nel  23.  a.  H. 

Suo  fratello  Anas  conservò  molte  tradizioni  tramandate  da  al-Barà 
(Hagar,  I,  290-292,  n.   616). 

Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  134,v.;  Balàdzuri  Index;  Khall., 
n.  280;  Mahàsin,  I,  83;  Athìr  Usd,  I,  172-173;  Yàqùt,  1,511,849: 
Dzahabi  Tagrid,  I,  48,  n.  420;  al-Istì'àb,  58,  n.   163. 

ibn  al-Grawzi  pone  la  presa  di  Tustar  nel  17.  H.,  e  perciò  sotto  questo 
anno  dà  la  biografia  di  al-Barà  (Grawzi,  I,  fol.  40,r.). 

La  presa  di  Tustar,  come  vedremo,   va  posta  nel  21.  H. 

Bilal  b.  Rabàh. 

§  365.  —  (a)  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  20.  H.  morì  Bilàl  b. 
Rabàh  e  venne  sepolto  nel  cimitero  di  Damasco  (Ma qb arali  Dima.sq) 
(T abari,  I,  2594,  lin.   14). 

(6)  abù  'Abdallah  Bilàl  b.  Rabàh,  un  meticcio  di  al-Saràh  (nato  di  padre 
arabo  e  di  madre  abissina),  ebbe  a  madre  Hamàmah,  donna  di  uno  dei 
banù  Gumah  (Sa ad.  III,   1,  pag.  165,  lin.   12-14)  [G.]. 

(e)  (Ismà'ìl  b.  Ibràhim,  da  Yùnus,  da  al-Hasan).  Disse  l'Inviato  di  Dio: 
«  Bilàl  è  l'antesignano  delli  Abissini  »   (Saad,  III,  1,  pag.  165,  lin.  14-15) 

[G.] 

(d)  (al-Waqidi,  da  Mu'àwiyah  b.  'Abd  al-rahman  b.  abì  Muzarrid,  da 
Yazid  b.  Rùmàn,  da  'Urwah  b.  al-Zubayr).  Bilàl  b.  al  Rabàh  era  dei 
Musulmani  detti:  al-mustad'afùn,  (ritenuti  deboli?);  e  fu  sottoposto 
a  molestie  (e  tormenti:  yu'adzdzabu)  quando  abbracciò  l'Isiàm,  da  parte 
del  (suo  primo  padrone)  Umayyah  b.  Khalaf,  perchè  apostatasse,  ma  egli 

422. 


20.  a.  H. 


365,  36»?. 


non  accondiscese  loro  nemmeno  a  una  parola  di  quel  che  volevano  (Saad.  20.  a.  h. 

[NECROLOGIO. 

in,   1,  pag.   165,  lin.   16-19)  [G.].  Biiài  b.  Rabàh. 

Cfr.  Intr.,  §§  251-252. 

(e)  ('Uthniàn  b.  'Umar  e  Muli.  b.  Abdallah  al-Ausàri,  da  ibn  'Awn,  da 
'Umayr  b.  Ishàq).  Quando  raddoppiavano  su  di  lui  i  tormenti,  egli  diceva: 
«  Uuo,  uno  (è  Dio)  »:  e  quando  insistevano:  «  Di'  come  noi  diciamo  »,  egli 
rispondeva:  «La  mia  lingua  non  lo  sa  fare»  (Saad,  III,  1,  pag.  165, 
lin.  20-22)  [G.]. 

(/■)  ('Arim  b.  al-Fadl.  da  Hammàd  b.  Zayd.  da  Ayyùb  da  Muh.).  Bilàl 
era  preso  dalla  sua  gente  e  disteso  (per  terra),  e  gli  gettavano  addosso 
sabbia  del  torrente.  Poi  cominciavano  a  dire:  «  Tuo  padrone  è  al-Làt  e 
«  al-'Uzza  »;  ma  egli  diceva:  «  Uno,  uno!  ».  abù  Bakr.  che  si  trovò  a  pa.«!- 
sare,  domandò:  «  Perchè  mai  tormentate  costui?  ».  E  lo  compei'ò  per  sette 
oncie  (ovvero  cinque  oùcie:  lin.  28,  e  pag.  166,  lin.  2)  e  lo  fece  liberto. 
Avendone  poi  parlato  al  Profeta,  questi  gli  disse  :  «  In  società  (a  1  -  .^  a  - 
rikah),  o  abù  Bakr  (cioè  gli  oflEi-ì  di  partecipare  alla  spesa  del  riscatto?)  ». 
—  «  L'ho  già  liberato,  o  Inviato  di  Dio»  (Saad,  III,  1,  pag.  166,  lin.  22-26). 

§  366.  —  (a)  (al-Fadl  b.  Dukayn  e  'Abd  al-malik  b.  'Amr  al-'Aqadi 
e  Ahniad  b.  Abdallah  b.  Yùnus,  da  Abd  al-'aziz  b.  abi  Salamah,  da  Mu- 
hammad  b.  al-Munkadir,  da  Gràbir  b.  Abdallah).  Umar  diceva:  «  abù  Bakr 
«  è  il  nostro  sayyid  ed  ha  emancipato  il  nostro  sayjMd  cioè  Bilàl» 
(Saad,  in.   1,  pag.   166,  lin.  2-6j. 

(6)  I  (xarir  b.  'Abd  al-hamid  al-Dabbi,  da  Laytji,  da  Mugàhid  a  proposito 
del  passo  qur-ànico  XXXVIII,  62-63).  Dice  abù  G-ahl  (nell'inferno:)  «  Dov'è 
«  Bilàl  e  il  tale  e  il  tal  altro,  che  nel  mondo  noi  annoveravamo  tra  i  mal- 
«  vagi?  ed  or  non  vediamo  nel  fuoco?  Sono  tòrse  in  un  luogo  che  noi  non 
«vediamo?  o  stanno  nel  fuoco  e  noi  non  ne  vediamo  il  posto?»  (Saad. 
m,   1,  pag.   166.  lin.   6-10). 

(e)  (Grarir  b.  'Abd  al-hamìd,  da  Mansùr,  da  Mugàhid).  I  primi  che  pro- 
clamarono l'Isiàm  furono  sette:  l'Inviato  di  Dio,  abù  Bakr,  Bilàl,  Khabbàl). 
Suhayb,  'Ammài-  e  Sumayyah  umm  Ammàr.  L'Inviato  di  Dio  trovò  pro- 
tezione nel  suo  zio  paterno;  abù  Bakr  nella  sua  gente.  Grli  altri  furono 
presi,  rivestiti  di  corazze  di  ferro  ed  esposti  al  sole  fintanto  che  la  loro 
pena  raggiunse  il  massimo  grado  (sopportabile). 

Quando  venne  la  sera,  arrivò  abù  (lahl  e  prese  a  insultare  e  violen- 
tare oscenamente  Sumayyah,  poi  la  colpì  e  l'uccise,  ed  ella  fu  il  proto- 
martire dell'Isiàm. 

Quanto  a  Bilàl,  il  suo  spirito  trovò  forza  in  Dio  per  disprezzarc  i  tor- 
menti, finché  quelli  che  lo  straziarono  si  furono  annoiati:  allora  gli  legarono 

423. 


§§  3(5rv868.  20.  a.  H. 


[NECROLOGIO. 
Bilàl  b.   Rabàh.] 


20.  a.  H.  jjI  collo  una  corda,  e  la  diedero  in  mano  ai  loro  figli  che  lo  trascinassero 

correndo  su  per  il  snolo  roccioso  tra  i  due  Akhsabà}-  di  Makkah.  Ma  tut- 
tavia egli  ripeteva:  «  Uno,  uno  (è.Iddio)  »  (Sa ad,  III,  1,  pag.  166,  lin.  10-20). 

{(I)  (al-Waqidi,  da  Muli.  b.  Sàlih,  da  'Asim  b.  'Umar  b.  Qatàdah).  Emi- 
grato in  Madinah,  Bilal  prese  stanza  presso  Sa'd  b.  Kha3^tliamali  (Sa ad, 
III,   1,  pag.   166,  lin.   20-21). 

§  367.  —  (a)  (al-Waqidi,  da  Musa  b.  Muli.  b.  Ibràliim,  da  suo  padre 
[Muh.  b.  Ibràliim]).  L'Inviato  di  Dio  strinse  in  fratellanza  Bihd  con  Ubay- 
dah  b.  al-Hàritb  b.  al-Muttalib. 

al-Wàqidi  riferisce  l'altra  versione,  secondo  la  quale  il  fratello  adot- 
tivo di  Bilàl  sarebbe  stato  abù  Euwayliali  al-Khath'ami;  ma  dichiara  questa 
notizia  non  sicura,  e  afferma  che  abù  Ruwayhah  non  111  presente  a  Badr. 

Muh.  b.  Ishàq  conferma  invece  il  legame  di  fiatellanza  tra  Bilàl  e 
abù  Ruwayhah  'Abdallah  b.  'Abd  al-rahmàii  al-Khath'ami,  poi  con  uno  di 
al-Fur'.  E  aggiunge  che,  quando  'Umar  fece  il  ruolo  dei  Musulmani  resi- 
denti in  Siria,  Bilàl  militava  colà;  dimandato  dal  Califfo  a  chi  volesse  egli 
essere  aggregato  nel  suo  ruolo,  rispose:  «  ad  abù  Ruwayhah,  da  cui  non 
«  mi  dividerò  mai,  per  la  fratellanza  stabilita  fra  noi  dall'Inviato  di  Dio  ». 
Perciò  'Umar  lo  unì  a  lui,  e  aggregò  il  ruolo  degli  Abissini  a  quello  dei 
Khath'am,  com'è  tuttora  in  Siria  (Sa ad.  III,  1,  pag.  166,  lin.  22;  167,  lin.  3). 

(6)  (Muh.  b.  'Ubayd  al-Tanàfusi  e  al-Fadl  b.  Dukayn,  da  al-Mas'ùdi, 
da  al-Qàsim  b.  'Abd  al-rahmàn).  Bilàl  fu  il  primo  mu-adzdzin  (Saad, 
III,  1,  pag.   167,  lin.  3-5). 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Musa  b.  Muli.  b.  Ibràhim  b.  al-Hàrith  al-Taymi,  da 
suo  padre  [Muli.  b.  Ibràhim]).  Quando  Bilàl  finiva  di  chiamare  alla  pre- 
ghiera, e  voleva  avvertire  il  Profeta,  si  fermava  sulla  porta  e  diceva:  «  Su 
«  alla  preghiera!  Su  alla  salute  alla  preghiera!  ». 

Aggiunge  al-Wàqidi:  Or  quando  l'Inviato  di  Dio  usciva,  e  lo  vedeva 
Bilàl  cominciava  a  recitare  l'ultima  parte  dell'appello  alla  preghiera  (al- 
iq  amali)   (Saad,  III,   1,  pag.   167,  lin.   5-9). 

(d)  ('Ubaydallah  b.  Musa,  da  Isrà-ìl,  da  G-àbir,  da  'Amii').  L'Inviato 
di  Dio  aveva  tre  mu-adzdzin:  Bilàl,  abù  Mahdzùrah  e  'Amr  ibn  umm 
Maktùm.  Quando  mancava  Bilàl,  chiamava  abù  Mahdzùrah,  e  in  assenza 
di  costui,  gridava  l'appello  alla  preghiera  'Amr  ibn  umm  Maktùm  (Saad, 
III,   1,  pag.   167,  lin.   10-12). 

§  368.  —  (a)  ("Arim  b.  al-Fadl,  da  Hammàd  b.  Zayd,  da  Ayyùb,  da 
ibn  ahi  Mulaykah  o  da  altri).  L'Inviato  di  Dio,  il  giorno  della  conquista 
di  Makkah,  ordinò  a  Bilàl  di  gridar  l'appello  alla  preghiera  da  sul  tetto 
della    Ka'bah.    Cosi    fece    Bilàl.    Stavan    seduti  (non  lontano)  al-Hàrith  b. 


424. 


20.    a.    H.  §§  368,  369. 


Hisam  e  Safwàn  b.  Ummayyah;  dei  quali  l'uno  disse   all'altro:    «  Guarda  ^o.  a.  h. 

"     .      .  .  .         .  [NECROLOGIO. 

«  codesto  abissino I  ».  Soggiunse    l'altro:   «  Se  gli  spiacesse,  Dio  lo  avrebbe        Biiài  b.  Rabah. 
«mutato»   (Saad,  III,   1,  pag.   167,  lin.  13-17). 

(b)  (abù  Ghassàn  Ismà'ìl  al-Nahdi,  da  Sarik,  da  Simàk  b.  Harb,  da 
Gràbii'  b.  Samurah).  Bilàl  chiamava  alla  preghiera  quando  il  sole  decli- 
nava (3adhadu),  e  ritardava  un  po' la  chiusa  dell'appello  (al-iqàmah), 
ma  nel  far  l'adzàn  non  usciva  mai  dall'ora  prestabilita  (Saad,  III,  1, 
pag.   167,  lin.   17-20). 

(e)  ('Affàn  b.  Muslim  e  'Arim,  da  Hammàd  b.  Salamah,  da  Thàbit,  da 
Anas  b.  Màlik).  Bilàl  saliva  a  far  l'appello  e  diceva:  «  Aiuta  (o  Dio)  Bilàl: 
«la  madre  di  lui  ne  sarà  orbata,  e. la  fronte  di  lui  bagnata  dall'effusione 
«del  suo  sangue»   (Saad,  III,   1,  pag.   167,  lin.  20-23). 

(fZ)  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  'Umar,  da  Nàfi',  da  ibn  abì  'Umarj. 
Nel  giorno  di  festa  (al-'id)  era  portato  innanzi  all'Inviato  di  Dio  il  lan- 
ciotto al-'anazah,  e  portavalo  Bilàl  il  mu"adzdzin  (Saad,  III,  1, 
pag.   167,  lin.   24-26). 

al-Wàqidi  aggiunge:  e  lo  piantava  dinanzi  a  lui  nella  musalla,  che 
era  allora  un  vasto  recinto  (fadà^  (Saad,  III,   1,  pag.   167,  lin.  26-27). 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Ibràhìm  b.  Muli.  b.  'Ammàr  b.  Sa'd  al-Qurazi,  da 
suo  padre  [Muh.  b.  'Ammàr],  da  suo  avo  ['Ammàr  b.  Sa'd  al-Qurazij).  Bilàl 
portava  il  lanciotto  dinanzi  all'Inviato  di  Dio  il  giorno  di  festa  e  (nella 
funzione)  delle  rogazioni  (Saad,  III,  1,  pag.  167,  lin.  27;   pag.  168,  lin.  1). 

Cfr.  2.  a.   H.,  §  91. 

§  369.  ^  (Ismà'il  b.  'Abdallah  b.  abi  Uways  al-Madani,  da  'Abd  al- 
rahmàn  b.  Sa'd  b.  'Ammàr  b.  Sa'd  b.  'Ammàr  b.  Sa'd  al-Mu-adzdzin,  da 
'Abdallah  b.  Muh.  b.  'Ammàr  b.  Sa'd  e  'Ammàr  b.  Hafs  b.  'Umar  b.  Sa'd 
e  'Umar  b.  Hafs  b.  'Umar  b.  Sa'd,  dai  loro  padri,  dai  loro  avi).  Il  Nagàsi 
abissino  mandò  (in  dono)  all'Inviato  di  Dio  3  lanciotti:  uno  ne  prese  per 
•sé  il  Profeta;  ne  diede  uno  ad 'Ali  b.  abì  Tàlib,  e  l'altro  ad  'Umar  b.  al- 
Khattàb.  Questo  lanciotto,  che  l'Inviato  di  Dio  tenne  per  sé,  era  portato 
da  Bilàl  dinanzi  a  Maometto  nelle  due  festività,  della  rottura  del  digiuno 
e  dei  .sacrifizi,  finché,  giunto  nella  musalla,  piantavalo  in  terra  e  pre- 
gava dinanzi  ad  esso.  Fece  altrettanto  con  (il  Califfo)  abù  Bakr,  dopo  (la 
morte  dell')  Inviato  di  Dio;  e  poi  Sa'd  al  Qurazi  con  'Umar  b.  al-Khattàb 
e  con  'Utjimàn  b.   'Affàn  nei  due  giorni  di  festa  suddetti. 

'Abd  al-rahmàn  b.  Sa'd  aggiunge:  Questo  è  appunto  il  lanciotto  che 
vien  portato  anche  oggi  avanti  ai  reggitori  (Saad,  III,  1,  pag.  168, 
lin.   1-14)  [G.]. 

Cfr.  2.  a.  H.,  §§  67,  91   e  nota  1. 

425.  54 


ss  :iTo,  :iTl. 


20.  a.  H. 


20.  a.  H.  8  370.  —  (iSanano):  Quando  1  Inviato  di  Dio  mori,  Bilàl  andò  da  alni 

(NECROLOGIO.    -,,,.,,  ,•      t  i-,      i-x-  i        -i    ii,t        -,         t    t^-         -, 

Bilàl  b.  Rabàh.i  liakr  al-^iddiq  e  gli  di.sse:  «  o  Iv  hai  itali  dell  inviato  di  Dio,  io  ho  udito 
«  l'Inviato  di  Dio  che  diceva:  La  più  egregia  azione  del  credente  è  di 
«  combattere  nella  via  di  Dio.  »  —  «  Che  vuoi  fare,  o  Bilal?  ».  —  «  Voglio 
«  arrolarmi  (uràbit)  nella  via  di  Dio  sino  alla  morte  ».  abù  Bakr  lo  pregò 
allora  in  nome  di  Dio  e  pel  rispetto  a  lui  ed  al  suo  diritto  (di  non  par- 
tire): «  Io  sono  vecchio  e  debole,  e  già  vicino  al  mio  termine  ».  Così  Bilàl 
restò  con  abù  Bakr  sino  alla  morte  del  Califfo,  dopo  la  quale  egli  venne 
ad  'Umar  e  gli  tenne  il  medesimo  discorso.  !Umar  gli  rispose  allo  stesso 
modo  di  abù  Bakr;  ma  Bilal  non  acconsentì.  Allora  'limar  gli  domandò  a 
chi  si  dovesse  affidare  l'ufficio  dell'appello  sacro  (al -n  ad  a);  e  Bilàl  pro- 
pose Sa'd,  già  stato  gridatore  dell'Inviato  di  Dio.  'Umar  chiamò  Sad  e 
rassegnò  l'adzàn  a  lui  ed  alla  sua  progenie  dopo  di  lui  (Saad,  HI,  1, 
pag.   168,  lin.   14-23)  [G.]. 

§  371.  —  (a)  (al-Wàqidi,  da  Mùsab.  Muli.  b.  Ibràhim  b.  al-Hàritli  al- 
Taymi,  da  suo  padre  [Muli.  b.  Ibràhim]).  Quando  morì  l'Inviato  di  Dio. 
Bilàl  fece  l'appello  alla  preghiera,  prima  che  Maometto  fosse  sepolto:  e 
quando  egli  disse:  «  Attesto  che  Muhammad  è  l'apostolo  di  Dio  »,  la  gente 
scoppiò  a  singhiozzare  nella  moschea.  Allorché  poi  l'Inviato  di  Dio  fu  se- 
polto, abù  Bakr  disse  a  Bilàl:  «Grida  l'appello»;  ma  quello  gli  rispose: 
«  Se  tu  mi  riscattasti  perchè  io  restassi  con  te  (al  tuo  servizio),  questa  è 
«  la  (mia)  via;  se  invece  tu  mi  liberasti  per  Iddio,  lasciami  (andare).  Per 
«  chi  dunque  mi  hai  tu  riscattato?  ».  —  «  Per  Iddio  ».  —  «  Ed  io  non  farò 
«il  mu-adzdzin  per  alcuno  dopo  l'Inviato  di  Dio».  —  «Questo  è  affar 
«  tuo  »  rispose  il  Califfo.  Bilàl  restò,  finché  partirono  gli  eserciti  j^er  la 
Siria,  ed  egli  si  accompagnò  con  loro  (Saad,  IH,  1,  pag.  168,  lin.  2'd- 
169,  lin.  2)  [G]. 

Non  è  improbabile  che  la  partenza  di  Bilàl  sia  dovuta  a  screzi  sorti 
fi-a  lui  ed  il  Califfo  'limar,  perché  appena  lontano  da  Madinah,  di  Bilàl 
non  si  parla  più  e  il  Califfo  non  gii  conferì  in  Siria  alcun  grado  degno 
della  sua  posizione  eminente  di  antichissimo  Compagno  e  devotissimo  se- 
guace del  Profeta.  Bilàl  andò  in  Siria  a  dispetto  di  'Umar  e  questi  appo- 
sitamente lo  ignorò.  Bilàl  non  volle  nemmeno  rimanere  in  Madinah  nella 
posizione  umiliante  degli  altri  Compagni  a  consumarsi  in  sterili  e  bassi 
intrighi. 

(6)  (Wahb  b.  Garir,  da  Su'bah,  da  Mughirah  e  da  abù  Salamah,  da  al- 
Sa'bi).  Bilàl  e  suo  fratello  chiesero  la  naano  di  alcune  donne  di  una  fa- 
miglia yamanita.  Egli  disse:  «  Io  sono  Bilàl  e  questo  è  mio  fi-atello,  già 
«  schiavi  abissini.  Eravamo  nell'errore,  ma  Dio  ci  guidò;  eravamo  servi  e 

42t>. 


20.    a.    H.  §§  371-373. 


«  Dio  ci  liberò.  Se  ci  accettate  in  parentado,  sia  lode  a  Dio;  se  ci  respin-  20.  a.  h. 

_  [NECROLOGIO. 

«  gete,  più  grande  di  tutti  è  Iddio  »   (Saad,  III,  1,  pag.  169.  lin.  /-Il)  [G.].        Biiài  b.  Rabàh. 

(e)  ('Arim  b.  al-Fadl,  da  'Abd  al-\vàhid  b.  Zi}  ad,  da  'Amr  b.  Maymiin, 
da  suo  padre  [Maymùu]).  Bilàl  aveva  un  fi-atello  il  quale  faceva  risalire 
la  .sua  origine  a  sangue  arabo  e  davasi  per  uno  di  essi.  Or  avendo  egli 
domandato  in  sposa  una  donna  araba,  gli  dissero:  «  Ti  accettiamo,  se  sarà 
«presente  Bilàl».  Questi  intervenne,  pronunziò  la  sahàdah,  e  disse: 
*  Io  sono  Bilàl  e  questo  è  mio  fratello:  egli  è  poco  di  buono  nei  costumi 
«  e  nella  religione.  Se  lo  volete,  sposatelo;  se  volete  piantarlo,  piantatelo  ». 
—  «  No  »,  risposero,  «  quando  uno  è  tuo  fratello,  noi  lo  sposiamo  ».  E  lo 
sposarono  (Saad,  III,   1,  pag.   169,  lin.   11-16)  [G.]. 

§  372.  —  (a)  ('Affàn  b.  Muslim,  da  abii  Hilàl,  da  Qatàdah).  Bilàl  sposò 
una  donna  araba  dei  banù  Zuln-ah    (Saad,    III,   1,  pag.   169,   lin.  25-26). 

(6)  (Ma'n  b.  'Isa,  da  Hisàm  b.  Sa'd,  da  Zayd  b.  Aslam).  L'Inviato  di 
Dio  congiunse  in  matrimonio  con  Bilàl  la  figlia  di  al-Bukayr  (Saad,  III, 
1.  pag.   169,  lin.   22-23,  23-25  [con  altro  isnàd]). 

(e)  (Mah.  b.  Ismà'il  b.  abì  Fudayk,  da  Hisàm  b.  Sa'd,  da  Zayd  b.  Aslam). 
(Il  matrimonio  avvenne;  dopo  che  per  tre  volte  i  banù  abì-1-Bukayr  eb- 
bero chiesto  all'Inviato  di  Dio  uno  sposo  per  la  loro  sorella,  e  che  Mao- 
metto ebbe  risposto  tre  volte:  «  Qual  miglior  partito  di  Bilàl?»  (Saad, 
III,   L  pag.   169,   16-21)  [G.]. 

Queste  tradizioni  debbono  sicuramente  la  loro  origine  a  qualche  que- 
stione sorta  nei  secoli  posteriori  sulla  convenienza  e  opportunità  di  dare 
in  moglie  ad  un  non  arabo,  e  schiavo  liberato,  e  per  giunta  di  origine 
africana  una  libera  donna  araba.  La  scuola  ostile  agii  Arabi  e  avversa 
alla  loro  pretesa  preeminenza  ha  coniato  queste  tx-adizioni  per  rispondere 
con  il  precedente  illustre  di  Bilàl  alle  insinuazioni  e  polemiche  degli  ara- 
bisti puri,  che  combattevano  contro  la  frisione  della  razza  arabica  con  le 
altre,  e  ne  predicavano  il  carattere  speciale  e  le  qualità  eccelse,  ond'era 
biasimevole  ogni  concessione  ai  non  arabi. 

§  373.  —  (a)  (abù-1-Yamàn  al-Himsi,  da  Garfr  b.  'Uthmàn,  da  'Abd 
al-rahmàn  b.  Maysarah,  da  ibn  Marwàn).  A'ennero  alcuni  da  Bilàl,  e  men- 
zionavano i  suoi  meriti  e  la  parte  di  bene  che  Iddio  avevagli  dato.  Ma 
quello  disse:  «  Io  non  sono  che  un  abissino,  che  ieri  era  uno  schiavo  » 
(Saad,  IIL   1,  pag.   169,  lin.  26-170,  lin.   1). 

(6)  (al-Wàqidi,  da  Musa  b.  Muli.  b.  Ibràhìm  b.  al-Hàrith  al-Taymi,  da 
suo  padre  [Muh.]).  Bilàl  morì  in  Damasco  l'anno  20.  H.,  in  età  di  una  .ses- 
santina di  anni,  e  fri  sepolto  nel  cimitero  damasceno  presso  la  porta  Bàb 
al-Saghir  (Saad,  III,   1,  pag.   170,  lin.  4-7). 

427. 


§  873.  20.  a.  H. 

. V . 

20-  a-  H.  (>.)  (al-Wàqidi,  da  Suayb  b.  Talhali,   da  un  tiolio  di  abù  Bakr  al-Sid- 

[NECROLOGIO.    -  ,        '.,    .  ,  /■  •      ,  v      ,•       ,  1     ,^    , 

Biiài  b.  Rabàh.i     <^^iq)-  Bilàl  era  coetaneo  (tirb)  di  abu  Bakr. 

(d)  al-Wàqidi  osserva:  Se  la  cosa  è  così,  poiché  abù  Bakr  mori  nel 
13.  a.  11.  in  età  di  63  anni,  e  tre  (?  sette!)  corsero  fra  la  morte  di  abù  Bakr 
e  quella  di  Bilàl:  Su'ayb  avrà  probabilmente  inteso  di  dire  che  abù  Bakr 
e  Bilàl-  nacquero  il  medesimo  anno  (Saad,  III,   1,  pag.    170,  lin.  7-12). 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Sa'id  b.  'Abd  al-'aziz,  da  Makhùl,  da  uno  che  vide 
Bilàl).  Era  Bilàl  uomo  dalla  tinta  fortemente  brnnastra,  magro,  lungo,  ri- 
curvo, dai  molti  capelli,  dalle  guancie  infossate  (khafif  al- '  àr  id  ay  n), 
con  brizzolatura  fitta  e  inalterata. 

Soggiunge  al-Wàqidi:  Bilàl  fu  presente  a  Badr,  a  Uhud,  all'assedio  di 
Madinah,  ed  a  tutti  gli  altri  fatti  d'arme  con  l'Inviato  di  Dio  (Saad,  III, 
1,  pag.   170,  lin.   12-16)  [G.]. 

(/■)  Sul  conto  di  Bilàl  b.  Rabàh  morto  in  Halab  o  in  Damasco  nel 
20.  a.  H.  cfr.  Atjiìr,  n,  444;  Khond.,  I,  4,  pag.  18,  lin.  15;  Abulfeda, 
I.  246;  Hagar,  I,  336-337,  n.  731;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  133,v.-134,r.; 
cVawzi,  I,  fol.  59,v.-60,v.:  Nawawi,  176-178;  Khamis,  II,  273-274: 
Athir  Usd,  I,  206-209;  Berlin,  MS.  Sprenger,  271,  fol.  69,v.;  al- 
Istì'àb,  68,  n.  164;  Dzahabi  Tagrid,  I,  59,  n.  626;  Hagar  Tahdzib, 
I,  502,  n.  931;  Sprenger,  I,  463;  Muir,  II,  107,  109;  III,  54;  IV,  68, 
87,  128,  172,  220,  233,  266;  Yàqùt,  II,  595;  III,  244,  593,  854;  IV,  421. 
618;  Qutaybah,  88;  Balàdzuri,  11;  Azraqi,  186,  192;  Hi.sàm,  206, 
346,  414,  448,  .763,   767,  822,  917. 

Cfi-.  anche  Indice  Annali,  voi.  I-II;  Mahàsin,  I,  83. 

{g)  E  prudente  non  dare  soverchia  importanza  ai  particolari  delle  pre- 
cedenti tradizioni  su  Bilàl.  La  maggior  parte  sono,  se  non  invenzioni  com- 
plete, .per  lo  meno  rifacimenti  artificiosi  di  generazioni  posteriori;  rifaci- 
menti che  si  proponevano:  1"  di  fissare  alcune  modalità  dell'appello  dei 
fedeli  alla  preghiera;  2"  stabilire  con  l'esempio  dato  dal  Profeta  che  tutti 
i  Musulmani  erano  eguali,  e  che  la  nazionalità  araba  non  implicava  ve- 
runa superiorità,  né  alcuna  precedenza  dinanzi  a  Dio. 

Premesso  questo,  è  chiaro  che  la  persona  di  Bilàl,  tranne  per  il  fatto 
di  essere  stato  il  primo  mu-adzdzin  dell'Isiàm,  non  ha  alcuna  impor- 
tanza storica  :  non  tenne  alcuna  carica  pubblica,  né  esercitò  veruna  in- 
fluenza sul  corso  delle  vicende  politiche  o  militari.  Era  un  abissino,  aveva 
pelle  scura,  capelli  ricciuti  ed  una  voce  stentorea  che  lo  rendeva  molto 
adatto  a  chiamare  i  fedeli  alla  preghiera;  ma  probabilmente  era  poco  in- 
telligente, e  tranne  la  bella  voce  e  la  fedeltà  cieca  al  Profeta,  pare  non 
avesse  altre  qualità  che  lo  distinguessero. 

428. 


20.    a.    H.  §§  373^75. 


Per  ultimo  è  da  osservarsi  che  l'esser   egli   emigrato  da  Madiuali  in  20.  a.  h. 

Siria  dm-ante  il  Califfato  di  'Umar.  genera  il  sospetto  che  non  andasse  siiai  b.  Rabah. 
bene  d'accordo  con  questo.  Il  silenzio  delle  fonti  sulle  ragioni  che  indussero 
Bilàl  ad  emigrare,  conferma  il  sospetto.  Infatti  tutto  porterebbe  a  credere 
che  Bilàl  avrebbe  preferito  rimanere  in  Madinah  presso  la  tomba  dell'amato 
Maestro,  compiendo  al  cospetto  dei  fedeli  quella  funzione  per  la  quale  era 
divenuto  celebre,  invece  di  lasciare  l'Arabia  e  andare  a  finire  oscuramente 
i  suoi  giorni  in  Siria. 

al-Gàrud  b.    Amr. 

§  374.  —  al-Grài'ùd,  cioè  Bisr  b.  'Amr  b.  Hanas  b.  al-Mu'alla  al-Hàrith 
b.  Zayd  b.  Harithah  b.  Mu'àwiyah  b.  Tha'labah  b.  Gradzìmah  b.  'Awf  1). 
Bakr  b.  'Awf  b.  ' Ammàr.  L'origine  della  sua  denominazione  al-Cràrùd  è  la 
seguente:  Avendo  il  paese  degli  'Abd  al-Qays  perduto  per  una  epizoozia  tutto 
il  suo  bestiame,  Bisr  b.  Amr  con  un  camelo  che  gli  restava  emigrò  presso 
i  suoi  zii  materni,  i  banù  Hind  dei  banù  Saybàn  e  si  stabilì  tra  essi.  Ma 
avvenne  che  il  suo  camelo  comunicò  il  male  alle  altre  bestie  del  luogo, 
che  ne  perirono,  sicché  la  gente  disse:  «  Li  ha  spogliati  (gara  da,  cioè  li 
«  ha  fatti  morire)  Bisr  »,  il  quale  ne  ebbe  il  nome  di  Gràrùd;  onde  un  poeta 
disse,  parlando  dei  suoi  nemici:  «  Li  abbiamo  spogliati  con  la  spada  da 
«  ogni  lato,  come  al  (ràriid  spogliò  i  Bakr  b.  Wà-il  ». 

La  madre  di  al-Gràrùd  era  Darmakali  bint  Ruwaym.  sorella  di  Yazid 
b.  Ruwaym  abi  Hawsab  b.  Yazid  al-Sayliàni. 

al-Gràrùd  era  illustre  arabo  del  Bahrayn  nell'età  preislamica,  ed  era 
cristiano.  Venuto  a  Madinah  dall'Inviato  di  Dio  con  l'ambasceria  (degli 
'Abd  al-Qays),  fu  invitato  ad  abbracciare  l'Isiàm  che  il  Profeta  gli  espose. 
«Io  ho  già  una  religione»,  rispose  al-Gràriid:  «se  io  la  lascio  per  la  tua, 
«mi  resti  tu  garante  (tadmin)  per  la  mia  religione?  ».  —  «  Io  ti  assicuro 
«  che  Iddio  ti  ha  guidato  da  una  a  un'altra  migliore  ».  Allora  al-Gràrùd 
abbracciò  l'Isiàm  con  coscienza  e  sincerità. 

Egli  volle  quindi  tornarsene  al  suo  paese,  ed  era  ancor  vivo  quando 
scoppiò  la  Riddah  (nell'll.  a.  H.).  Mentre  la  sua  gente  apostatava  con  ai- 
Ma' rùr  b.  al-Mundzh-  b.  al-Nu'màn,  al-Gràrùd  restò  fedele,  dando  testimo- 
nianza della  verità,  ed  invitando  i  suoi  a  non  tradire  Iddio  unico  ed  il 
suo  Profeta  Maometto  (Saad,  V,  pag.  407.  lin.  22-27;  pag.  408,  lin.   1-15). 

§  375.  —  (al-Wàqidi,  da  Mamar  e  da  Muh.  b.  'Abdallah  e  da  'Abd 
al-rahmàn  b.  'Abd  al-'aziz,  da  al-Zuhri,  da  Abdallah  b.  Amir  b.  Rabi'ah). 
'Umar  b.  al-Khattàb  nominò  governatore  del  Bahrayn  Qudàmah  b.  Maz'ùn. 
il  quale  nella  sua  amministrazione  non  fu  mai  accusato  di  alcuna  ingiu- 

42St. 


§§  375-377.  20.   a.   H. 

20.  a.  H.  stizia  e  non  gli  lu  addebitata  alcuna    sconcezza;  se  non  elio   non  interve- 

ai-GàrùdbAmri  "^^'^  ^1^''  preghiera.  al-(jrarùd  capo  degli  'Abd  al-Qays  si  presentò  da  'Umar 
ed  accusò  Qudàniah  di  bere  (vino):  «Or  io  so  che  una  delle  prescrizioni 
«  di  Dio  mi  dà  diritto  di  accusar  costui  a  te  ».  —  «  Chi  dà  testimonianza 
«  su  quanto  tu  mi  dici?  »  domandò  il  Califfo.  —  «  abù  Hurayrah  n'è  testi- 
«  mone  ».  —  'Umar  scrisse  a  Qudàmah  di  venire  (a  discolparsi).  al-Gràrud 
insisteva:  «  Giudica  contro  costui  secondo  il  libro  di  Dio  ».  —  Ma  Umar 
domandò:  «  Sei  tu  testimone  o  accusatore?  ».  —  «  Sono  testimone  ».  — 
«  Ma  tu  liai  già  addotta  la  tua  testimonianza  ».  —  Gràrud  tacque,  ma, 
qualche  tempo  dopo,  si  ripresentò  a  'Umar:  «  Pronunzia  giudizio  contro 
«  costui  ».  —  Ma  'Umar:  «  Io  ti  considero  solo  come  accusatore,  e  contro 
*  di  lui  depone  un  solo  testimone.  Or,  per  Iddio!  se  tu  non  tieni  a  fi-euo 
«  la  lingua,  te  ne  verrà  male  ».  —  Allora  al-Oàrùd  protestò:  «  Per  Iddio, 
«  non  è  giusto  che,  se  il  tiglio  del  tuo  zio  paterno  ha  bevuto,  tu  me  ne 
«e  abbia  a  render  male  ».  Tuttavia 'Umar  lo  tenne  a  freno  (vpaza'a?)  (Sa ad, 
V,  pag.  408,  lin.   16-28)  [G.]. 

Cti'.  poc'anzi  §§  217  e  segg. 

§  376.  —  (al-Wàqidi,  da  'Abdallah  b.  (ra'far,  da  'Utlimàn  b.  Muli.,  da 
'Abd  al-rahmàn  b.  Sa'id  b.  Yarbù').  Quando  al-(ràrrid  al-'Abdi  venne  (a 
Madinah,  per  accusar  Qudàmah),  Abdallah  b.  'Umar  gli  andò  incontro  e 
gli  disse:  «  Per  Iddio!  l'emiro  dei  credenti  ti  farà  dar  le  sferzate!  ».  —  «  Le 
«  darà  al  tuo  zio  materno,  o  tuo  padre  sarà  empio  verso  il  suo  Signore!  ». 
Poi  si  presentò  da  'Umar,  chiedendogli  di  giudicare  contro  Qudàmah  a 
tenore  del  Libro  di  Dio.  Ma  il  Califfo  lo  trattò  aspramente:  «  Se  non  fosse 
«  per  Dio,  io  ti  concerei  per  bene  ».  —  E  al-G-àrùd:  «  Se  non  fosse  per  Dio, 
«  io  non  mi  occuperei  di  costui  ».  —  «  Tu  hai  ragione  »,  disse  'Umar.  E 
chiamato  Qudàmah,  lo  fece  sferzare  (Saad,  V,  pag.  409,  lin.  1-7)  [CI.]. 

§  377.  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  Ali  b.  Muli.).  Diceva  al-Gràrùd:  «  Dopo 
«  'Umar,  io  non  cesserò  più  dal  temere  (di  far)  testimonianza  contro  un 
«  Quray.sita  presso  un  Quraysita  »  ('). 

al-Hakam  b.  abi-l-'As  mandò  al-óàrùd  a  combattere  alla  giornata  di 
Suhrak  (o  Sahi-ak:  cfi".  19.  a.  H.,  §  10);  ed  egli  fu  ucciso  martire  in  'Aqabah 
al-Tìn  (Yàqùt,  III,  692),  che  fii  anche  detto  'Aqabah  al-Gàrud,  nel 
20.  a.  H. 

al-Gàrùd  aveva  tre  figli,  al-Mundzir,  Habìb  e  Ghiyàth,  generati  da 
Umàmali  bint  al-Nu'màn-b.  al-Hasafat  dei  Gadzìmah;  'Abdallah  e  Salm 
generati  da  ibnah  al-Gadd,  figlia  di  uno  dei  banù  'A'is  degli  'Abd  al- 
Qays;  inoltre  Muslim,  e  al-Hakam  che  non  ebbe  progenie  e  che  fii  ucciso 
nel  Sigistàn.  I  figli  di  al-Gàrùd  furono  persone  ragguardevoli.  al-Mundzir 

430. 


20.    a.    H.  §§  377-379. 

fu  sayyid  generoso  preposto  da    Ali  b.  abi  Tàlib  ad  Istakhr.  dove  non  si  20.  a.  h. 

.  .  ~  "■    —  [NECROLOGIO.    • 

stabilirono  che  quelli  della  sua  stirpe,  e  poi  da  'Ubaydallah  b.  Ziyàd  alla        ai-Garud  b.  Amr.] 
frontiera  dell'India.  Quivi  egli  mori  il  61.  o  62.  a.  H.  in  età  di  60  anni 
(Sa ad.  V.  pag.  409,  Un.  8-18)  [G.]. 

Nota  1.  —  Questa  prima  parte  della  traciizione  spiega  in  parte  il  pensiero  che  si  asconde  nelle 
tradizioni  immediatamente  precedenti:  si  tratta  non  solo  di  punire  i  bevitori  di  vino  contro  i  quali  si 
possono  addurre  più  testimoni,  ma  un  non  arabo  può  anche  essere  accusatoi-e  e  testimone  d'accusa  di 
un  qurasita.  Siccome  poi  le  tradizioni  di  questo  genere  presuppongono  l'avverarsi  del  caso  contrario  a 
quello  voluto  dalla  tradizione,  si  deve  arguire  che  un  tempo  le  classi  dominanti  nello  Stato  musulmano, 
e  tra  queste  in  primo  luogo  i  Qurays,  si  abbandonavano  a  stravizi  anche  nel  bere  e  rimanevano  impu- 
niti, perchè  nessuno  osava  tradurli  in  tribunale  e  testimoniare  sulle  loro  violazioni  della  legge.  E  chiaro 
altresì  che  un  tempo  non  si  ammettesse  dagli  Arabi  che  uno  non  arabo,  o  un  arabo  non  nobile,  al  pari 
di  un  qurasita  potesse  testimoniare  contro  di  un  membro  della  aristocrazia  makkana. 

§  378.  —  al-Gràrùd  b.  al-Mu'alla  o  al-Gràrùd  b.  al-' Ala-  o  al-(jràrùd  b.  Amr 
b.  al-Mu'alla  al-'Abdi,  degli  Abd  al-Qa3s.  Aveva  kunyah  abù-1-Mundzir,  se- 
condo altri  abù  Ghiyàth,  o  abù  ' Attàb  ;  ma  uno  dei  due  temo  sia  mi  errore  di 
scrittura,  dice  ibn  al-Athii".  Secondo  altri  si  chiamava  Bisr.  La  madre  era 
Duraymakah  bint  Ruwaym  dei  banù  Saybàn.  Fu  soprannominato  al-Gràrùd 
perchè  al  tempo  della  gàhilij^yah  fece  incursione  tra  'i  Bakr  b.  Wà'il 
e  li  vinse  e  li  spogliò  (gara da).  Andò  dal  Profeta  in  ambasceria  Tanno 
10.  H.  con  gii  'Abd  al-Qays.  E  si  rese  musulmano  da  cristiano  che  era.  Il 
Profeta  ne  fii  lieto  e  lo  onorò,  e  se  lo  fece  star  vicino.  Trasmise  tradizioni 
ad  Aljdallah  b.  'Amr  b.  al-  As,  ad  abù  Muslim  al-Uadzami,  a  Mutarrif  b. 
'Abdallah  b.  Sikhkhìr,  ad  abù  al-Qamùs  Zayd  b.  Ali  ed  ibn  Su'ìn.  Rimase 
ad  al-Basrah,  e  fu  ucciso  nel  Fàris.  Secondo  altri  fu  ucciso  in  Nihàwand  in- 
sieme con  al-Nu'màn  b.  Muqarrin.  Secondo  altri  'Uthmàn  b.  abì-l-'A.s 
mandò  al-Gàrùd  con  una  spedizione  sulla  costa  del  Fàris,  e  fu  ucciso  in 
un  luogo  chiamato  'Aqabali  al-Gràrùd.  o  Aqabah  al-'l'in  (Atjiìr 'Usd .  I. 
260,  lin.  quartult.-26L  lin.   18). 

Si  cfr.  anche:  Dzahabi  Tagrid.  I,  79,  694:  Dzahabi  Paris,  I, 
fol.  137,v.-138,r.;  Hagar,  I,  440-442,  n.  1037;  Hagar  Tahdzib,  II, 
53-54,  n.  81;  al-Isti'àb,  96,  n.  348;  Sprenger,!,  104,  436;  III,  372, 
373;  Bukhàri   Tarikh.  27. 

lyad  b.  Ghanm  b.  Zuhayr. 

§  379.  —  (</)  Ivàd  b.  Ghaum  b.  Zuhaj'r  b.  abi  Saddàd  b.  Rabi'ah  b.  Hilàl, 
al-Qurasi  al-Fihi'i  detto  anche  (erroneamente)  'lyàd  b.  Zuhayr,  ecc.,  emigrò 
in  Abissinia  e  poi  a  Madinah:  si  battè  a  Badr,  a  Uhud,  all'assedio  di  Ma- 
dinah,  ed  a  tutte  lo  spedizioni  del  Profeta.  Prese  poi  parte  alle  guerre  di' 
conquista  in  Siria,  ed  abù  'Uba3-dah,  che  era  suo  cugino  o  zio  materno, 
poco  prima  di  morire  lo  nominò  governatore  di  Hims,  carica  che  gli  venne 
confermata  dal  Califib  'Limar,  ibn  Sa'd  lo  annovera  fra  i  Compagni,  che 


§  379.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  si  stabilirono  in  Siria,  e  dice  che  ora  uomo  con  carattere  dolce  e  devoto, 

lyàd  b  Ghanm  Secondo  ibn  Ishaq,  'lyàd  faceva  parte  invece  dell'esercito  musulmano  nel- 
b.  Zuhayr.i  T'Iràq:  si  racconta  che  il  Califfo  'Umar  ordinò  a  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  nel 

19.  H.  di  mandare  'lyàd  b.  (ìhanm,  o  Khàlid  b.  'Urfutah  o  Hàsim  b  'Ut bah 
con  ima  spedizione  (non  è  detto  dove).  Secondo  altri  si  battè  al  Yarmùk. 
'lyàd  b.  Ghanm  conquistò  la  Mesopotamia  (=  al-Uazirah),  concluse  il  trat- 
tato con  gli  abitanti  e  si  dice  sia  stato  il  primo  che  valicasse  al-Darb  (=  il 
passo  attraverso  la  catena  dell'Amanus  che  conduce  in  terra  bizantina: 
prima  dei  tempi  di  Mu'àwiyah  non  è  certo  che  gli  Arabi  varcassero  la 
catena  del  Taurus  il  vero  Darb).  Moiù  nel  20.  H.,  o  in  Madinah,  o  in 
Siria,  senza  lasciare  discendenti,  in  età  di  (JO  anni  (Hagar,  III,  97-98, 
n.  258). 

Ctr.  Athir,  II,  444;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.   136,r.-135,v. 

(6)  ibn  al-Clawzi  riporta  anche  una  tradizione  dalla  quale  risulterebbe 
che  lyàd  durante  la  sua  amministrazione  resistesse  a  tutti  i  tentativi  fatti 
dai  suoi  consanguinei  per  strappargli  speciali  concessioni.  Morì  poveris- 
simo, ma  senza  un  debito,  in  età  di  60  anni  (Gawzi,  I,  fol.  62,r.-G2,v.). 

(e)  abii  Sa'd  (secondo  altri  abù  Sa'id)  'lyàd  b.  Ghanm  b.  Zuhayr  h.  abi 
Saddàd  b.  Rabi'ah  b.  Hilàl  b.  Wuhayb  b.  Dabbah  b.  al-Hàrith  b.  Fihr  al- 
Qurasi  fu  Compagno  del  Profeta.  Convertito  prima  di  al-Hudaybiyyah,  vi 
prese  parte.  Fu  in  Siria  insieme  col  cugino  abu  Ubaydah  b.  al-Garràh; 
secondo  alcuni  sarebbe  stato  figlio  della  moglie  di  lui.  E  quando  abù 
'Ubaydah  morì,  lo  lasciò  in  sua  vece  sulla  Siria,  e  'Umar  lo  confermò  go- 
vernatore con  un  assegno  di  un  dinar,  oppure  di  una  pecora,  al  giorno. 
Il  Califfo  disse  :  «  Io  non  voglio  cambiare  nessun  a  m  i  r ,  nominato  da  abii 
«  'Ubaydah:  egli  infatti  ha  conquistato  il  paese  dell'al-Gazrrah  e  s'è  accor- 
«  dato  con  quella  popolazione  ».  Quando  morì,  'Umar  pose  in  sua  vece  sopra 
la  Siria  Sa'id  b.  Amir  b.  Hidzyam.  lyàd  morì  nel  20.  H.  Era  uomo  probo, 
di  molto  merito,  generoso.  Ed  era  chiamato  zàd  al-rakb  (viatico  della 
caravana),  giacché  dava  agli  altri  le  sue  provviste,  e  quando  le  aveva 
finite,  scannava  loro  il  proprio  camelo. 

(d)  ( ab jj-l-Mu gh irah ,  da  Safwàn,  da  Surayh  b.  'Ubayd,  da  Gubayr  b. 
Nufayr).  lyàd  b.  Ghanm  frustò  il  capo  di  Darà,  quando  la  conquistò. 
Hisàixi  b.  Hakim  lo  svillaneggiò,  e  lyàd  si  risentì.  Dopo  qualche  giorno, 
Hisàm  gli  andò  a  chieder  scusa.  E  Hisàm  disse  ad  'I^-àd  :  «  Non  hai  udito 
«  dir  dal  Profeta  :  Tra  quelli  che  saranno  più  puniti  sono  coloro  che 
«avi-anno  più  incrudelito  con  gli  altri  su  questa  terra?».  E  lyàd:  «  Ab- 
«  biamo  udito  quello  che  hai  udito  tu,  e  visto  quello  che  hai  visto  tu.  Ma 
«  non  hai  posto    mente   a  quello    che   il  Profèta    ha  [pur]  detto  :  Chi  vuol 

432. 


20.    a.    H.  §§  379.382. 


«  consigliare  un  uomo  che  riveste  potere  pubblico,  non  lo  abbordi  in  pub-  20.  a.  h. 

*  blico,  bensì  gli  parli  in  segreto.  Se  egli  accetta,  bene:  se  no,  il  suo  do-        lyàd  b.  Ghanm 
«  vere  è  compiuto.  Or  tu  Hisàm,  quando  ti  sei  avventato  contro  l'autorità        ''•  Zuhayr.] 
«  di  Dio,  non  dovevi  temere  che  ti  uccidesse  l'autorità  e  cadessi  vittima 
«dell'autorità  di  Dio?». 

'lyàd  b.  Ghanm  mori  nel  20.  H.  (Athir  Usd,  IV,  164,  lin.  22- 
166,  lin.  9). 

Cfi-.  Balàdzuri,  Index,  492-493;  Nawawi,  492-493;  Athir,  II, 
444;  Mahàsin,  I,  83;  Yàqùt,  Index,  pag.  594;  Dzahabi  Tagrid, 
I.  462;  n.  4586;  al -Isti 'ab,   510,  n.  2080. 

Khuwaylid  b.  Murrah. 

§  380.  —  abù  Khiràs  Khuwaj-lid  b.  Murrah  al-Hudzali,  un  valente 
poeta  degli  al-Hudzayl,  nato  ai  tempi  del  paganesimo,  visse  durante  i  pri- 
mordi dell'Islam  e  si  rese  anche  musulmano.  Nessuno  però  lo  menziona  tra 
i  Compagni  del  Profeta,  sebbene  egli  sia  sopravvissuto  a  Maometto:  morì 
mentre  regnava  il  Califfo  'Umar,  (ed  ibn  al-Grawzi  lo  annovera  tra  i  morti 
dell'anno  20.  H.).  Mori  per  gli  effetti  del  morso  di  una  vipera.  Era  comu- 
nemente chiamato  con  il  nome  di  abù  Khiràs  al-Hudzali  (G-awzi,  I, 
fol.  60, V. 

Cfr.  Necrologio  23.  a.  H. 

Malik  b.  al-Tayyihàn. 

§  381.  —  abù-1-Haytham  Màlik  b.  al-Tayyihàn  al-Ansàri,  già  ai  tempi 
pagani  aveva  preso  in  odio  il  culto  degli  idoli,  associandosi  in  ciò  a  As'ad 
b.  Zuràrah  :  fu  quindi  il  primo  tra  gli  Ansar  che  abbracciarono  l' Isiàm 
quando  incontrarono  il  Profeta  in  Makkah.  Fu  presente  con  i  sessanta  al 
convegno  di  al-'Aqabah,  dove  fu  scelto  come  uno  dei  dodici  naqìb.  Par- 
tecipò a  Badr  ed  a  tutti  i  fatti  d'arme  successivi:  fu  amministratore  del 
Profeta  in  Khaybar,  e  morì  nell'anno  20.  li.  (Gfawzi,  I,  fol.  62, v.). 

Era  .specialmente  noto  sotto  la  sua  kunyah  abii-1-Haytham. 

Si  vuole  che  fosse  uno  dei  Compagni  che  sapevano  scrivere. 

Musa  b.  'Uqbah  lo  annovera  tra  i  presenti  a  Badi"  (Hagar,  III, 
687,  n.   1714). 

Altri  lo  fanno  morire  nel  37.  H.  alla  battaglia  di  Siffin  (Hagar,  IV, 
403,  lin.   17). 

§  382.  —  (a)  abù-1-Haytham  b.  al-Tayyihàn  al-Bala\vi,  halìf  dei  banù 
'Abd  al-Ashal,  uno  dei  naqib  degli  al-Ansàr,  si  battè  a  Badr  e  nelle 
campagne  successive.  Celebre  è  una  tradizione  in  cui  si  nan-a  come  egli 

483.  55 


^  8«2-384.  20.   a.   H. 


20.  a.  H.  ospitasse   il  Profeta.  Il  suo  nome  propiio  era  Màlik  b.  al-Tayyihàn  1).  Malik 

Màiik  b.  ai-Tay-     ^^-    Ubavd  al-Balawi  al-Quda'i.   Alcuni  lo  dicono  morto  nel  21.  TI.:  errano 

yihàn.l  qui'lli  ilir  lo  dicono  ucciso  alla  battaglia  di  Siffin:  alcuni  pronunziano  il 

suo    iu)i;ie    paterno:  Tajhàn,   ma    ihn    al-Ivall)i    lo    pronunzia    al-Tavyiliàn 

(Dzahabi  Paris,  I,  fòl.   136,r.). 

Cfr.  anche:  Qutaybali,  136;  Hisam,  289,  29(5,  298,'  492;  Athir, 
IH,  294;  Vaqut,  III,  693:  al-Isti'àb,  260,  n.  1017;  Dzahabi  Ta- 
grid,  II,  45,  n.  466. 

(b)  abu-1-Haytham  Màlik  b.  al-Tayyihàn  b.  Màlik  b.  Atik  b.  'Amr  b. 
'Abd  al-a'lam  b.  Amir  li.  Za'ùrà-  b.  (rusam  b.  al-Hàrith  b.  al-Khazrag 
b.  'Amr  b.  Màlik  b.  al-Aws  al-Ansàri  al-Awsi  fu  alI'al-'AqaViah  e  tra  i  n  u  - 
qabà-.  Erano  naqlb  dei  banù  'Abd  al-Ashal,  Usayd  b.  Hudayr  ed  al)ù-l- 
Haytham  b.  al-Ta_yyiliàn.  NeUVlenco  di  quelli  che  presero  parte  a  Badr, 
sono  menzionati  egli  e  il  fratello  'Atik.  Fece  le  campagne  col  Profeta,  e 
*  mori  Tanno  20.  H.  o  il  21.  H.  Secondo  altri  avrebbe  preso  parte  a  Siffin, 

tenendo    da     Ali,   e    vi    avrebbe    lasciato   la    vita    (Athir    Usd,    V,    318, 
lin.    16-24). 

al-Muzahhar  b.  Ràfi . 

§  383.  —  al-Muzahhar  b.  Rati'  ai-Ansàri  venne  dalla  Siria  con  una 
quantità  di  nativi  (schiavij  ('ulùg)  di  quella  regione  e  si  recò  a  Khaybar: 
egli  fu  assassinato  dagli  Ebrei  insieme  con  i  suoi  seguaci.  Questo  fu  il 
motivo  per  l'espulsione  degli  Ebrei  da  Khaybar  (Athir,  II,  446). 

Cfi-.   poc'anzi  al  §  237. 

Nawfal  b.  al-Harith. 

§  384.  —  abù-1-Hàrith  Nawfal  b.  Hàrith  h.  'Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim 
al-Hàsimi,  cugino  del  Profeta,  fu  il  più  anziano  dei  banti  Hàsim  che  ab- 
bracciasse l'Isiàm:  era  stato  fatto  prigioniero  alla  battaglia  di  Badr,  ma 
fu  poi  riscattato  da  al-'Abbàs.  Emigrò  a  Madinah  nell'anno  dell'assedio  ed 
il  Profeta  lo  unì  in  fi'atellanza  con  al-'Abbàs,  che  era  suo  associato,  quando 
ambedue  erano  pagani.  Nawfal  fu  presente  ad  al-Hudajbiyyah,  alla  presa 
di  Makkah,  e  die  mano  al  Profeta  a  Hunayn  contribuendo  tremila  lancie. 
Secondo  alcuni  morì  nell'anno  15.  H.  in  Halab:  secondo  altri  nell'anno 
20.  H.   (Dzahabi  Paris,  I,  foL   129,r.). 

Cfr.  14.  a.  H.,  §  264,  dov'è  da  aggiungere  la  biografia  che  gli  dedica 
Saad,  IV,  1,  30-32,  secondo  il  quale  Nawfal  sarebbe  morto  un  anno  e 
tre  mesi  dopo  l'accessione  di  'Umar  al  califfato;   16.  a.  H.,  §   131. 


20.    a.    H.  ss  385-388. 


Safiyyah. 


20.  a.  H. 
[NECROLOGIO. 

§  385.  —  Sali}  yah  bint  'Abd  al-Muttalib,  zia  del  Profeta,  sorella  di  safiyyah.] 
Hamzali,  di  abù  Grahl  e  di  al-Muqa\v\vam:  loro  madre  era  Zuhrah.  SafÌ3yah 
andò  prima  moglie  di  al-Hàrith  b.  Harb  b.  Umayyali  e,  rimasta  vedova 
di  lui,  passò  a  seconde  nozze  con  al-'Awwàm,  al  quale  partorì  il  celebre 
al-Zuba3'r  ed  'Abd  al-Ka'bah.  Essa  tu  la  .sola  zia  del  Profeta,  che  abbia 
abbracciato  l'Islam.  Grande  fu  il  suo  dolore  per  la  morte  del  ti-atello 
Hamzali  ad  Uhud:  all'assedio  di  Madìnali  essa  si  ricoverò  nella  fortezza, 
hisn,  di  Has.sàu  b.  Tliàbit.  Si  vuole  che  essa  uccidesse  in  quella  circo- 
stanza un  ebreo  che  vagava  sospettosamente  intorno  alla  fortezza,  colpen- 
dolo in  testa  con  un  bastone  di  ferro.  Mori  nell'anno  20.  H.  e  fu  sepolta 
nel  cimitero  di  al-Baqì' :  aveva  più  di  settanta  anni  (Dz ahabi  Paris, 
I,  fol.   136,r.). 

Athìr,  IL  445. 

§  386.  —  Safiyyah  bint  'Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim  b.  ;Abd  Manàf  b. 
Qusayy,  e  figlia  di  Hàlah  bint  Wuhayb  b.  'Abd  Manàf  b.  Zuhrah  b.  Kilàb, 
fu  sorella  uterina  di  Hamzah  b.  'Abd  al-Muttalib  (e  perciò  zia  del  Profeta): 
andò  sposa  nell'età  della  barbarie  ad  al-HàritJi  b.  Harb  b.  Umayyah  b. 
'Abd  al-Sams  b.  'Abd  Manàf  b.  Qusayy,  a  cui  partorì  il  figlio  Safiyy;  poi, 
vedova,  fu  sposata  da  al-'A\vwàm  b.  Khuwaylid  b.  Asad  b.  'Abd  al-'Uzza 
b.  Qusayy,  a  cui  generò  al-Zubayr,  al-Sàib  e  'Abd  al-Ka'bah.  Abbracciato 
l'Islam  e  riconosciuto  l'Inviato  di  Dio,  Safiyj'^ah  emigrò  a  MadLuah;  Mao- 
metto le  assegnò  una  pensione  di  40  (wasq)  e  un  terreno  irriguo  in 
Khaybar  (Saad,  Vili,  pag.   27,  lin.   17-24)  [G.]. 

§  387.  —  Tabù  Usàmah  Hammàd  b.  Usàmah,  da  Hisàm  b.  'Urwah,  da 
suo  padre  ['Urwah]).  Quando  il  Profeta  usci  per  combattere  e  respingere 
da  Madinah  i  nemici  assedianti,  fece  salire  le  sue  mogli  e  le  sue  donne 
nel  fortino  di  Hassàn  b.  Thàbit,  che  era  uno  dei  meglio  muniti  della  città. 
Questo  Hassàn  era  rimasto  indietro  nella  giornata  di  Uhud.  Or  venne  un 
giudeo  e  s'attaccò  (alla  porta)  del  fortino  pei-  origliare  e  raccoglier  notizie. 
Disse  Safiyyah  bint  'Abd  al-Muttalib  a  Hassàn:  «  Scendi  contro  codesto 
«  giudeo  e  uccidilo  ».  Ma  poiché  egli  sembrava  esitasse  per  paura,  brandì 
essa  un  palo  c^a  tenda,  e,  discesa,  tese  al  giudeo  un'insidia:  fatta  aprire  a 
poco  a  poco  la  porta,  gli  piombò  addosso  e  a  colpi  di  palo  lo  accoppò  (Saad, 
Vili,  pag.  27,  lin.  24-pag.   28,  lin.  3)  [G.]. 

§  388.  —  ('Affàu  b.  Muslim,  da  Hammàd  b.  Zayd  b.  Salamah,  da  Hisàm 
b.  'Urwah).  Safiyyah  bint  'Abd  al-Muttalib,  presente  a  Uhud,  mentre  i  Mu- 
sulmani erano  volti  in  fuga,  con  una  lancia  che  aveva  in  mano,  colpiva 
in  faccia  i  fuggenti  e  gridava  ad  essi:   «  Voi  fuggite   via    dall'Inviato    di 

4:65. 


§§  388,  sa*).  '  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  «  Dio?  ».  Quando  Maometto  la  vide,  disse  (al  figlio  di  lei):   «  0  Zubayr  [b. 

Safiyyah.i  al-'A wwam],  la  donna!  ».  Hamzali  era  già   stato  sventrato;  e  l'Inviato  di 

Dio  non  voleva  che  ella,  sorella  dello  estinto,  ne  vedesse  il  cadavere  (così 
mutilato!).  al-Zubayr  gridò  allora:  «O  mamma,  a  te!  a  te!  ».  —  «Tu  non 
«  hai  madre  »,  le  rispose  lei  con  voce  cavernosa;  e  s'avanzò,  e  guardò  (il 
cadavere  di)  Hamzah. 

Safiyyah  l^iut  Abd  al-Muttalib  morì  sotto  il  califfato  di  'Umar,  e,  dopo 
il  lavacro  fxmebre,  fu  sepolta  in  al-Baqi'  nel  recinto  della  casa  di  al-Mu- 
ghìi-ah  b.  Su'bali. 

Safi3^3-ah  trasmise  tradizioni  dal  Profeta  (Saad,  Vili,  pag.  28,  lin.  3-11). 

Cfr.  anche  Dzahabi  Tagrid,  II,  298,  n.  3413;  al-Istiàb,  764, 
n.  3365;  Sprenger.  I,  527;  Muir,  HI,  178;  IV,  277;  Hagaa-,  IV,  670, 
n.   649. 

Sa  ìd  b.    Àmir. 

§  389.  —  (a)  Sa'id  b.  'Amir  b.  Ilidzj'am  b.  Salàmàn  al-Grumahi,  Com- 
pagno del  Profeta,  combattè  alla  presa  di  Khaybar,  e  durante  il  califfato 
di  'Umar  fu  governatore  di  Hims  fino  alla  sua  morte,  che  avvenne  o  nel 
19.,  o  nel  20.,  o  nel  21.  a.   H.   in  età  di  40  anni  (Athir,  II,  444). 

Era  uno. degli  asràf  o  nobili  eminenti  dei  banù  Gumah.  Trasmise 
tradizioni  ad  'Abd  al-rahmàn  b.  Sàbàt,  a  Sahr  b.  Hawsab,  a  Hassàn  b. 
'Atij-yali,  ma  tutte  mursal  (ossia  senza  diretto  collegamento  isnadicoj. 
Secondo  Khalifah  b.  Khayyàt  egli  insieme  con  Mu'àwiyah  espugnò  Qay- 
sàriyyah  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   135,r.). 

Cfr.  G-awzi,  I,  fol.  61,r.-62,r.;  Hisàm,  641;  Mahàsin,  I,  83;  Ba- 
làdzuri,  172;  Yàqut,  II,  74;  IV,  256;  Dzahabi  Tagrid,  I,  240, 
n.  2231;  al-Istì'àb,  556,  n.  2318. 

(6)  Sa'id  b.  'Amir  b.  Hidzjam  b.  Salàmàn  b.  Rabì'ah  b.  Sa'd  b. 
Gumah  b.  Amr  b.  Husays  b.  Ka'b  ebbe  a  madre  Arwah  bint  abi  Mu'a3t 
b.  abi  'Amr  b.  Umayj'ah  b.  'Abd  Sams  b.  Abd  Manàf  Egli  non  ebbe 
figli  né  discendenza;  sì  l'ebbe  il  fratello  di  lui  Gamil,  tra  i  cui  discendenti 
fu  quel  Sa'id  b.  'Abd  al-rahmàn  b.  'Abdallah  b.  Gamil  preposto  alla  ca- 
rica di  giudice  in  Baghdad  nell'esercito  di  al-Mahdi. 

Sa'id  b.  'Amir  abbracciò  l'Islam  prima  della  spedizione  di  Khaybar: 
emigrò  a  Madìnah,  e  partecipò  col  Profeta  a  Khaybar  ed  agii  altri  fatti 
d'arme,  ibn  Sa'd  dice  non  conoscersi  in  Madinah  una  casa  che  fosse  ap- 
partenuta a  lui  (Saad,  IV,  2,   13-14). 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Sa'id  b.  'Abd  al-rahmàn  al-Gumalii).  Alla  morte  di 
*Iyàd  b.  Ghanm,  'Umar  b.  al-Khattàb  prepose  Sa'id  b.   'Amir  b.  Hidzyam 

436. 


20.  a.  H.  §§  389^91. 


al  governo  di  Hims  e  adiacenti  contrade  in  Siria;  e  gli  scrisse  una  lettera,  20.  a.  H. 

nella  quale  gii  raccomandava  il  timor  di  Dio,  lo  zelo  nella  cosa  di  Allah,         said  b.  Amir.i 
l'osservanza  a    lui    spettante    del    diritto,    la    diminuzione    (bi-wad')    del 
Idia  rag  e  la  benevolenza  verso  i  governati.    Sa'id  b.  'Amir  rispose  sullo 
stesso  tenore  (Saad,  IV,  2.   14:  la  biografia  è  monca)  [G.]. 

abu  Sufyàn  b.  al-Hàrith. 

§  390.  —  (a)  abù  Sufyàn  al-Mughirah  b.  al-Hàrith  b.  Abd  al  Muttalib  b. 
Hàsim  b.  'Abd  Manàf  b.  Qusayy,  era  un  cugino  del  Profeta.  Alla  spedi- 
zione di  Hunayn  egli  reggeva  la  briglia  del  Profeta:  i  suoi  fratelli  erano 
Nawfal  b.  al-HàritJi  e  Eabi'ah  b.  al-HàritJi. 

Trasmise  tradizioni  a  suo  figlio  'Abd  al-malik  b.  abi  Sufyàn.  Egli  era 
fratello  di  latte  del  Profeta,  perchè  ambedue  erano  stati  allattati  da  Hali- 
mah  al-Sa'diyyah.  Si  dice  che  tra  le  persone  che  più  si  somigliassero  nel- 
l'aspetto al  Profeta,  erano  Gra'far  b.  abi  Tàlib,  al-Hasan  b.  'Ali,  Qutham 
b.  al-'Abbàs  ed  abu  Sufyàn  b.  al-Hàrit_h.  abù  Suf^-àn  era  uno  dei  migliori 
poeti  tra  i  banù  Hàsim,  e  si  converti  soltanto  alla  presa  di  Makkah.  Egli 
compose  persino  alcune  satire  contro  il  Profeta.  Si  dice  che  abù  Sufyàn, 
nel  fare  il  pellegrinaggio  a  Makkah,  si  fece  radere,  come  d'uso,  la  testa, 
e  che  il  barbitonsore,  durante  l'operazione,  gli  tagliasse  un  bottone  che 
aveva  in  testa:  di  ciò  egli  si  ammalò  e  mori  durante  il  ritorno  dal  pel- 
legrinaggio in  Madinah  [nel  20.  H.],  ed  'Limar  pregò  su  di  lui  (Dzahabi 
Paris,  I,  fol.    135, V. -136, r.). 

Cfr.  Athìr,  n,  444,  445. 

(6)  ibn  al-Grawzi  pone  la  sua  biografia  tra  i  morti  in  Madinah  nel- 
l'anno 15.  H.,  ma  osserva  che  altri  la  pongono  nel  20.  H.  Si  vuole  che 
egli  stesso,  tre  giorni  prima  di  morire,  si  scavasse  la  propria  fossa.  Egli  si 
convertì  pochi  giorni  prima  della  resa  di  Makkah,  ma  si  battè  valorosa- 
mente alla  battaglia  di  Hunayn  (Gawzi,  fol.  28,r.-28,v.). 

(e)  ibn  Hagar  rileva  il  fatto  non  esser  certo  che  il  nome  di  abù  Sufyàn 
fosse  al  Mughìrah,  ma  aggiunge  ignorarsi  del  pari  l'esistenza  di  un  fra- 
tello di  abù  Sufj'àn,  avente  nome  al-Mughirah  (Hagar,  III,  927,  n.  4089'). 

§  391.  —  («)  Nacque  da  Ghaziyj'ah  bint  Qaj's  b.  Tarìf  b.  'Abd  al-'Uzza 
b.  'Amirah  b.    Umayrah  b.   Wadi'ah  b.  al-Hàrit_h  b.  Fihr. 

Egli  ebbe  numerosi  figliuoli:  (1)  Gra'far,  da  (xumànah  Innt  abi  Tàlib 
b.  'Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim  b.  'Abd  Manàf  b.  Qusayy;  (2)  abù-1-Hayyàg 
'Abdallah;  (3)  Grumànah  e  (4)  Hafsah  o  Hamidah,  da  Faghmah  liiut  Hu- 
màm  b.  al-Afqam  b.  abi  Amr  li.  Zuwaylam  b.  Gru'ayl  b.  Duhmàn  b,  Nasr 
b.  Mu'àwiyah:  secondo  altri,  madre  di  Hafsah  sarebbe  stata  Grumànah  bint 

487. 


§  391.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  j,iìi  Tàlib;  (6)  'Atikali.  da  umm  'Amr  bint  al-Miiqaw\vim  b.  'Abd  al-Mut- 

Bbu  Sufyàn  b.  al-     t«lil^  l»-  Hiìsini;  (G)   Umayyah,  da  umm  Walid  o  da  umm  abì-1-Hayyàg;  e 

Hàrith.i  ^^7^  umm    Ivulthùm,  da   umm  Walid.   Tutta   questa  ligliuolanza  si   estiuse, 

yeilza  ilie  nv  restasse  discendenza  (Saad,  IV.   1.   pag.  34,  lin.  4-11)  [Cr.j. 

abù  iSufyàn  era  poeta,  e  componeva  satiie  Luutro  i  Compagni  dell" In- 
viato di  Dio.  Per  lungo  tempo  restò  lontano  dall'Islam  e  fu  violento  contro 
chi  lo  professasse.  Egli  era  Iratclh»  di  latte' dcirinviato  di  Dio,  avendo  per 
alcuni  giorni  succhiato  da  Halimali:  suo  coetaneo  e  domestico,  io  a\\ersò 
quand'egli  ricevette  la  missione  (profetica),  derise  in  versi  lui  e  i  suoi 
Compagni,  e  per  venti  anni  gli  restò  nemico,  non  mancando  a  nessuno 
dei  luoghi  dove  i  Qurays  uscivano  a  combattere  l'Inviato  di  Dio.  Final- 
mente, quando  l'Isiàm  ebbe  la  sua  crisi  decisiva  (d  araba  bu  li  là  na  huj, 
e  si  sparse  la  notizia  —  l'anno  della  presa — che  l'Inviato  di  Dio  avan- 
zava su  Makkah,  gettò  Iddio  l'Isiàm  nel  cuore  di  abù  Sutyàn  b.  al-Hàritji. 

Il  quale,  vedendo  imminente  l'arrivo  di  Maometto,  gli  mosse  incontio 
con  la  sua  famiglia,  e,  travestitosi  perchè  sapeva  che  il  suo  capo  era  stato 
messo  al  bando,  s'imbattè  in  al-Abwà  prima  con  l'avanguardia  musulmana 
e  poi  con  l'Inviato  di  Dio.  Gli  si  presentò  dinanzi  all'improvviso,  tenendo 
per  mano  il  figlio  Ga'fàr;  ma  Maometto  volse  altrove  lo  sguardo  da  essi  più 
volte  e  non  si  degnò  di  guardarli  neppure  quando  abù  Sufyàn,  «  pensando  di 
«  far  piacere  all'Inviato  di  Dio  »,  si  professò  musulmano.  Così  negletto  seguì 
abù  Sufyàn  il  Profeta  nella  presa  di  Makkah,  e  poi  a  Hunayn;  in  questa 
battaglia  finalmente,  —  mentre  saltato  da  cavallo  afiErontava  la  morte  con 
la  spada  sguainata  —  Maometto,  per  intercessione  di  al-'Abbàs,  si  volse 
benignamente  verso  di  lui  e  lo  riconobbe  fratello,  implorando  il  perdono 
da  Dio  alla  inimicizia  con  cui  lo  aveva  per  tanto  tempo  avversato,  abù 
Sufyàn  baciò  il  piede  del  Profeta  nella  staffa  (S  a  a  d ,  IV,  1 ,  pag.  34, 
lin.   11-35,  lin..  7)  [G.]. 

[b)  ('Ubaydallah  b.  Musa,  da  'Amr  b.  ahi  Zà-idah,  da  abù  Ishàq).  abù 
Sufyàn  satii^eggiava  i  Compagni  del  Profeta.  Ma  quando  si  fé'  musulmano, 
disse  tre  versi  di  ritrattazione  (Sa ad,  IV,   1,  35,  lin.  7-13). 

(e)  'Ali  b.  'Isa  al-Nawfali,  dal  padre,  da  Ishàq  b.  'Abdallah  b.  al-Hà- 
rith,  dal  padre),  abù  Sufyàn  b.  al-Hàrith  rassomigliava  al  Profeta.  Ed 
essendo  andato  in  Siria,  quando  si  vedeva,  gli  si  diceva:  «  Ecco  il  cugino 
«  di  quell'al-Sàbi  »  (cosi  eran  spesso  chiamati  i  Musulmani  nei  primissimi 
tempi.  De  Goeje,  in  ZDMG.,  LXI,  472)  (Saad,  IV,, 1,  35,  lin.   19-26). 

(f?)  Secondo  altre  tradizioni,  abù  Sufyàn  b.  al-Hàrith  a  Hunayn  traeva 
per  la  briglia  la  mula  del  Profeta;  e  dopo  la  battaglia  —  che  egli  cantò 
nei  suoi  versi  —  ebbe  il  soprannome  di  Leone  di  Allah  e  Leone  dell' In- 

438. 


20.    a.    H.  §§  391-393. 


viato,   Asari  Allah  e  Asad  al-Rasùl  (Saad.  IV,  1,  pag.  35.  lin.   13-19:   3G,  20.  a.  H. 

^  INECROLOGIO.    - 

Im.    tì-1/)    [Lr.J.  abùSufyànb.al- 

lu  modo  alquanto  diverso  è  anche  narrato  il  primo  incontro  di  Mao-        Harith.] 
metto  con  abù  Sufyàu  convertito. 

§  392.  —  (a)  Questi  con  il  figlio  G-a'far  si  presentò  con  il  capo  coperto 
di  turbante:  «  Salute  a  te,  o  Inviato  di  DioI  ».  —  «  Scopritevi  su,  e  datevi 
«  a  conoscere  ».  ordinò  Maometto.  Essi  dichiararono  la  loro  genealooria  e 
si  scopersero  il  viso,  dichiarando:  «  Non  vi  è  Dio  altro  che  Allah!  e  tu 
«  sei  rinviato  di  Dio  ».  —  «Come  o  quando  tu  mi  hai  dato  la  caccia,  abu 
«  Sufyàn  »,  domandò  il  Profeta,  alludendo  a  certe  espressioni  di  alcuni 
versi  composti  dal  makkano  contro  di  lui.  —  «  Non  farmi  rimprovero,  o  In- 
«  viato  di  Dio  ». —  «  Non  te  ne  fo,  abù  Sufvan  ».  —  Poi  ordinò  ad  'Ali  b. 
abì  Tàlib,  di  aprir  gli  occhi  del  figlio  di  suo  zio  al  lavacro  rituale  ed  alla 
s  u  n  n  a  h ,  e  dopo  menarglielo  davanti  a  sera.  Così  fu  fatto,  e  quando  il  Pro- 
feta gli  vide  compir  la  preghiera  insieme  con  'Ali,  ordinò  a  costui  di  gridare 
alla  gente:  «  Iddio  e  il  suo  Inviato  si  sono  compiaciuti  di  abù  Sufyàn.  Com- 
«  piacetevi  anche  voi!  »   (Saad,  IV.  1.  pag.  35,  lin.  26-28;  36,  lin.  1-6)  [G.j. 

(6)  L' Inviato  di  Dio  in  Khavbar  dotò  abù  Sufyàn  b.  al-Hàrith  di  un  red- 
dito annuo  di  cento  wasq  (di  datteri)  (Saad,  IV,  1,  pag.  36,  lin.  18-19). 

(e)  (Affàn  b.  Muslim  e  'Arim  b.  al-Fadl,  da  Hammàd  b.  Salamah.  da 
'Ali  b.  Zayd,  da  Sa'id  b.  al-Musayyab).  abù  Sufyàn  b.  al-Hàrith  soleva 
pregare  nella  state  fino  a  mezzo  il  giorno,  quando  la  preghiera  diventa 
sgradevole  (tukrah),  poi  dal  pomeriggio  sin  verso  il  tramonto.  Una  volta 
'Ali  lo  incontrò  che  s' era  partito  (dalla  moschea)  prima  del  solito,  e  gli 
domandò  la  causa  di  questo  mutamento  d'orai'io.  abù  Sufyàn  raccontò  di 
essere  andato  da  'Utjimàu  I3.  'Affàn  pei'  richiedergli  la  mano  della  figliuola, 
ma  di  non  aver  avuto  alcuna  risposta,  sebbene  fosse  rimasto  lì  a  sedere 
un  bel  pezzo.  Disse  allora  Ali:  «  Ti  darò  prima  io  la  mia  figliuola  »;  e 
gliela  diede  in  moglie  fSaad.  IV.    1,  pag.  36,  lin.   19-25)  [G.j. 

§  393.  —  {a)  (Yazid  b.  Hàrùn  e  'Affàn  b.  Muslim,  da  Hammàd  b.  Sa- 
lamah, da  Hisàm  b.  'Urwah,  da  suo  padre  ['Urwah]).  Disse  l'Inviato  di  Dio: 
«abù  .Sufyàn  b.  al-Hàrith  sarà  il  signore  degli  adolescenti  (fit3'àn)  del 
«  Paradiso  ». 

Una  volta,  mentre  compiva  il  pellegrinaggio  solenne,  il  barbiere  in 
Mina,  nel  radergli  il  capo,  gli  tagliò  un  porro  (thu'lùl)  ch'egli  aveva; 
onde  ne  morì,  alcuni  dicono  martii'e,  e  destinato  al  Paradiso  (Saad,  IV, 
1,  pag.  36,  lin.  25-28-pag.  37,  lin.   1-2)  [G.]. 

ih)  Tal-Fadl  b.  Dukayn,  da  Sufyàn,  da  abù  Ishàq).  Quando  fu  presso  a 
morire,  abù  Sufyàn  disse  ai  suoi:   «  Non    piangete  su  di    me.    giacché,  da 

439. 


§§  393,  394.  20.   a.   H. 


?o.  a.  H.  n  quando  ho    abbracciato   l'Islam,  io  non  ho  più  avnto  propensione  (lam 


(NECROLOGIO, 
abu  Sufyàn  b.  al- 


a  t  a  n  a  1 1  a  t)  al  poccato  ». 
Hàrith.]  abù  Siiiyaii  morì  in  Madìnah  quattro  mesi  meno  tredici  giorni  dopo 

il  fi-atollo  suo  Nawtal  b.  al-Hàrit_h  (perciò  nell'anno  14.  H.?).  Altri  dice 
ch'ei  mori  nell'anno  20.  TT.,  e  che  'Umar  b.  al-Khattàb  recitò  le  preghiere 
su  di  lui.  Fu  sepolto  all'angolo  della  casa  di  Aqil  b.  abì  Talib  in  al-Baqi'; 
e  tre  giorni  jn-inia  della  propiia  morte  egli  sopraintese  allo  scavo  della 
propria  fossa.  Quindi  disse:  «  0  mio  Dio,  non  mi  lasciare  in  vita  dopo  la 
«  morte  del  Profeta  e  quella  di  mio  fratello;  nia  fa  che  io  li  raggiunga  ». 
Né  tramontò  il  sole  di  quel  giorno,  prima  che  egli  morisse.  La  sua  casa  era 
vicina  a  quella  di  'Aqìl  b.  abì  Tàlib,  ed  era  chiamata  (al  tempo  di  ibn 
Sa'd)  Dar  al-Karàhi  ed  era  attigua  a  quella  di  'Ali  b.  abi  Talib  (Saad, 
IV,  1,  pag.  37,  lin.  2-11)  [G.]. 

Cfi'.  anche  Hisàm,  461,  607,  667,  713,  811,  845;  Balàdzuri,  19; 
Athir,  II,  445;  III,  102;  Mahàsin,  I,  83;  Hagar,  IV,  162;  Yàqùt, 
T,   766;  IV,  860. 

(e)  abii  Sufyàn  b.  al-Hàrith  b.  'Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim,  fratello  di 
al-Tufayl  muore  nell'anno  31.  H.   (Athir,  III,   102). 

(d)  abù  Sufyàn  b.  al-Hàrith  b.  'Abd  al-Muttalib  b.  Hàsim  b.  'Abd 
Manàf  fu  cugino  del  Profeta.  C  è  discrepanza  sul  suo  nome  Hisàm  ibn 
al-Kalbi,  Ibràhim  b.  al-Mundzir,  al-Zubayr  b.  Bakkàr  ed  altri  :  al-Mughirah. 
Secondo  altri  :  il  suo  nome  era  la  sua  k  u  n  y  a  h ,  e  non  ne  aveva  altro.  Era 
fratello  di  latte  del  Profeta,  essendo  stati  allattati  da  Halimah.  E  somi- 
gliava al  Profeta  egli  come  Gra'far  b.  abi  Tàlib  e  al-Hasan  b.  'Ali  e  Qutham 
b.  al-' Abbàs.  Era  poeta.  Professò  l' Isiàm  e  bene.  Fu  col  Profeta  a  Hunaj-n, 
da  prode.  È  dei  più  degni  Compagni,  abù  Sufy'àn  disse:  «  Dopo  la  morte, 
«  non  piangete,  che  non  ho  commesso  peccato  da  quando  ho  fatto  profes- 
«  sione  d'Isiàm  ».  Morì  a  Madìnah  il  20.  H.  Pregò  su  lui  'Umar  b.  al- 
Khattàb.  Secondo  altri  morì  il  25.  H.   (Nawawi,  725-726). 

Cfr.  Athir  Usd,  V,  213-215;  Qutaybah,  61;  Dzahabi  Tagrid, 
IL   185,  n.  2024;  al-Istì'àb,  707,  n.  3115;  Khamìs,  II,  286. 

Cfì-.  Annali,  Indice  ai  volumi  I-II. 

Tamìm  b.  lyàs  b,  al-Bukayr  al-Laythi. 

§  394.  —  Figlio  di  un  Compagno  del  Profeta,  lyàs  b.  al-Bukayr 
[t  34.  a.  H.],  Tamìm  nacque  mentre  viveva  ancora  Maometto,  prese  parte 
insieme  con  il  padre  alla  spedizione  in  Egitto,  e  meno  fortunato  di  lui,  fu 
tra  quelli  che  perirono  alla  prima  campagna  dell'anno  20.  H.  (Hagar,  I, 
379,  n.  853). 

440. 


20.  a.  H. 


§§  395.  396. 


Usayd  b.  Hiidayr. 


20.  a.  H. 

§395.  —  abù  Yahj'a  [anche  abù-1-Hudajr  e  abù'Atik]  Usayd  b.al-Hudayr        usayd  b.  hu^ 
b.  Simàk  b.  'Atìk  b.  Imri-lqays  b.  Zayd  b.  'Abd  al-Ashal  ebbe  per  madre,        ^ay-l 
secondo  al-Wàqidi,  unim  Usayd  bint  al  Nu'màn  b.  Imri-lqays  b.  Zayd  b. 
'Abd  al-Ashal,  e,  secondo  Muh.  b.   'Umàrah  al-Ansàri,    nmm    Usayd    bint 
Sakan  b.  Kurz  b.  Za'ùra  b.   'Abd  al  Ashal.  Da  una  Kindita  ebbe  un  figlio 
a  nome  Yahya;  ma  non  lasciò  prole  alla  sua  morte. 

Suo  padre  Hudayr  al-Katà-ib  fu  uomo  illustre  nella  Gràhiliyyah  e  con- 
dottiero degli  Aws  nella  giornata  di  Bu'àth,  che  fu  la  seconda  delle  due 
battaglie  combattute  tra  Aws  e  Khazrag,  mentre  in  Makkah  l'Inviato  di 
Dio  proclama  vasi  Profeta  e  predicava  l'Islam,  sei  anni  avanti  ch'egli  emi- 
grasse in  Madìnah.  Hudayr  al-Katà-ib  perì  a  Bu'àth;  su  di  lui  compose 
un'elegia  il  poeta  Khufàf  b.  Nudbah  al-Sulami.  Si  chiamava  Wàqim  la 
casa  mvu-ata  (utum)  di  Hudayr  al-Katà-ib  nel  territorio  dei  banù  'Abd 
al-Ashal. 

Anche  Usayd  b.  al-Hudayr  fu,  dopo  il  padre,  persona  eminente  tra  i 
suoi  avanti  e  dopo  l'Isiàm:  era  annoverato  tra  gli  uomini  ingegnosi  e  di 
senno:  sapeva  scrivere  l'arabo,  già  prima  dell'Isiàm,  quando  l'arte  dello 
scrivere  era  poco  nota;  era  destro  nel  nuoto  e  nel  tirar  d'arco.  Riunendo 
in  sé  queste  qualità  aveva,  come  il  padre,  l'appellativo  di  perfetto  (al- 
kàmil),  come  era  uso  nell'età  della  barbarie  (Saad,  III,  2,  pag.  135, 
lin.   17-136,  lin.   1)  [G.]. 

§  396.  —  Quando  ritornarono  a  Madinah  i  primi  convertiti  all'Isiàm, 
Usayd  b.  Huda^-r  seguiva  ancora  la  religione  pagana,  e  si  adontò  che  As'ad 
b.  Zuràrah  avesse  osato  ospitare  in  casa  sua  il  makkano  Mus'ab  b.  'Uma^'r 
e  facilitasse  così  la  conversione  di  altri  madinesi  alla  religione  musulmana. 
Si  rivolse  perciò  a  Sa'd  b.  Mu'àdz,  gli  fece  notare  il  pericolo  che  corre- 
vano per  l'introduzione  delle  nuove  dottrine,  che  condannavano  la  fede 
dei  loro  avi,  e  lo  invitò  a  prendere  una  qualche  energica  misui-a  per  ar- 
restare il  movimento.  Essi  erano  allora  i  due  capi  più  autorevoli  della  tribù 
dei  banù  'Abd  al-Ashal,  e  Sa'd,  mosso  dalle  parole  del  suo  congiunto, 
approvò  di  agire  energicamente  contro  questi  innovatori,  che  arrecavano 
tanto  turbamento  in  seno  alla  loro  famiglia.  Mus'ab  b.  'Umayr  si  trovava 
in  quel  momento  insieme  con  As'ad  b.  Zuràrah,  in  un  recinto  mm-ato, 
appartenente  ai  banù  Zafar,  e  Usayd  condusse  Sa'd,  che  aveva  presa  con 
sé  una  lancia  per  uccidere  As'ad  suo  cugino,  e  gli  indicò  il  luogo  dove 
erano  convenuti  i  novelli  musulmani  a  spiegare  e  a  diffondere  le  nuove 
dottrine.  Mus'ab  b.  'Umayr  si  accorse  subito  che  i  due  uomini  avevano 
intenzioni  poco  benevole  verso  di  lui,  ma  seppe  abilmente  calmare  i  loro 

4il.  56 


§§  a!)iw5!)8.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  sospetti  o  invitarli  in  tono  cortese  a  udire  quello  che  egli  aveva  da  dimo- 

Usayd   b    Hu-     «traro,  piiiiia  di    condannare  lui  e  i  suoi  proseliti:  Sa'd  e   Usayd  accetta- 

dayr.i  vono  di  attendere  e  di  sentire,  e  il  risultato  delle  eloquenti  e  affascinanti 

paiole  di  Mus'ab  fu  di  convertire  anche  questi  due  uomini  alla  nuova  fede 

(T  a  bari.  I.   1214-1215). 

Morì  nel  mese  di  Sa'bàu  del  20.  H.   (T  a  bari,  I,  2595,   lin.   12). 

§  397.  —  (a)  (al-AVaqidi,  da  Ibràhìm  b.  Ismà'il  b.  abi  Habibali,  da 
Wàqid  b.  Ann-  b.  Sa'd  b.  Mu'àdz).  Usayd  b.  al-HudajT  e  Sa'd  b.  Mu'adz 
si  professarono  Musulmani  nelle  mani  di  Mus'ab  b.  'Umayr  al-'Abdari  nel 
medesimo  giorno,  ma  Usayd  un  po'  prima  di  Sa'd.  Dal  secondo  convegno 
di  al-'Aqabah  —  dove,  come  attestano  concordemente  i  tradizionisti,  as- 
sistè Usayd  con  i  70  Ansar  e  qualcuno  dei  dodici  naqib  —  Mus'ab  aveva 
preceduto  gli  altri  nel  ritorno  a  Madinah  per  predicare  l'Islani,  insegnando 
il  Qur-àn  o  istruendo  nella^  religione. 

Usayd  fu  poi  dal  Profeta  congiunto  in  fratellanza  con  Zayd  b.  Hà- 
ritjiah.  Egli  non  fu  presente  a  Badr,  essendo  rimasto  indietro  con  altri 
dei  maggiori  Compagni  e  n  u  q  a  b  a  ,  giacché  non  pensavano  che  l' Inviato 
di  Dio  vi  avrebbe  incontrato  insidie  e  battaglia  (Saad,  III,  2,  pag.  136, 
lin.  8-22)  [G.]. 

(6)  Quando  Maometto  tornò  da  Badr,  Usavd  gli  mosse  incontro  e  si 
scusò  della  sua  assenza  da  un  luogo,  dove  aveva  creduto  andasse  incontro 
a  una  caravana,  non  ad  un  nemico.  Il  Profeta  gli  rispose:  «  Tu  hai  detto 
«il  vero»   (Saad,  III,  2,  pag,   136,  lin.  23-28)  [G.]. 

(e)  (al-Wàqidi  senza  isn ad).  Usayd  prese  parte  a  Uhud,  e  vi  riportò 
sette  ferite:  tuttavia  stette  saldo  accanto  all'Inviato  di  Dio,  finché  accor- 
sero i  Musulmani.  Partecipò  poi  all'assedio  di  Madinah  e  a  tutti  gli  altri 
fatti  d'arme  col  Profeta,  di  cui  fu  tra  i  più  eminenti  Compagni  (Saad, 
III,  2,  pag.   130,  lin.  28-137,  lin.  2)  [G.]; 

(d)  tanto  che  Maometto  avrebbe  detto  di  lui:  «  Eccellente  uomo  Usayd 
«b.  al-Hudayr!  »   (Saad,  III,  2,  pag.   137,  lin.  2-6)  [G.]. 

(e)  (Yazid  b.  Hàrùn  e  Afifàn  b.  Muslim  e  Sula^màn  b.  Harb,  da  Ham- 
màd  b.  Salimah,  da  Thàbit  al-Bunàni,  da  ibn  Màlik).  Usayd  b.  al-Hudayf 
e  'Abbàd  b.  Bisr  stettero  a  conversare  con  l'Inviato  di  Dio  in  una  notte 
buia  e  tenebrosa;  e  quando  si  partirono  (da  lui),  diedero  luce  i  bastoni  di 
entrambi,  ed  essi  camminarono  nella  luce;  poi,  quando  le  loro  vie  diver- 
sero, continuò  a  dar  luce  ad  ognuno  di  essi  due  il  suo  bastone,  e  ciascuno 
camminò  nella  sua  luce  (Saad,  III,  3,  pag.   137,  lin.   6-11)  [G.]. 

§  398.  —  (a)  (al-Fadl  b.  Dukayn,  da  Sufyàn  b.  'Uya}nah,  da  Hisàm 
b.  'Urwah,   da  suo  padre  ['Urwahj;  e  'Abdallah  b.  Maslamah  b.  Qa'nab  al- 

44-2. 


20.  a.  H. 


§§  398,  399. 


Hàrithi,  e  Khàlid  b.  Mukhallad,  da  Sulaymàn  b.  Bilàl,  da  Yahya  b.  Sa'id,  20.  a.  h. 

da  Basir  b.  Yasàr).    Usayd  b.  al-Hudayi"    dirigeva  la    preghiera    della  sua        usayd   b.   Hu- 
gente,  e,  poiché  era  sofferente  (delle  ferite  riportate),  pregava  con  essi   se-        ^^y-1 
duto.   Sulaymàn  b.  Bilàl  aggiunge  che,  dietro  di  lui,  (anche  gli  altri)  pre- 
ga van  seduti  (Sa ad,  IIL  2,   pag.   137,  lin.   11-16)  [G.]. 

(b)  (al-Wàqidi,  da  Ibràhim  b.  Ismà'il  b.  abi  Habibah,  dai  su(»i  compagni; 
al-Wàqidi,  da  Muh.  b.  Salili  e  Zakariyj-à  b.  Zayd,  da  'Abdallah  b.  abi 
Sufyàn,  da  Mahmud  b.  Labid).  Usayd  morì  nello  Sa'bàn  del  20.  a.  H., 
e  'limar  b.  al-Khattàb  lo  portò  tra  i  due  sostegni  (o  braccia  della  bara? 
al,-'amuday  n)  dei  banù  'Abd  al-Ashal,  finché  lo  depose  in  al-Baqi',  e 
colà  recitò  su  di  lui  le  preghiere  (Saad,  III,  2.  pag.   137,  lin.   16-21)  [G.]. 

(e)  (Khàlid  b.  Mukhallad  al-Bagali,  da  'Abdallah  b.  'Umar,  da  Nàfi',  da 
ibn  'Umar).  Quando  Usayd  morì  lasciò  4000  dirham  di  debito.  Or  i  suoi 
beni  davan  la  rendita  di  1000  dirham  annui.  I  creditori  volevano  ven- 
derli; ma  'Umar  b.  al-Khattàb,  informato  della  cosa,  propose  loro  di  ri- 
scuoter per  quattro  anni  1000  dirham  e  così  soddisfarsi  per  intero.  Essi 
accettarono,  e  diedero  dilazione  (Saad,  III,  2,  pàg.   137,  lin.  21-26)  [G.]. 

Su  Usaj'd  vedi  anche  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  184,r.-134,v.;  Hagar, 
I,  92-94,  n.  182;  Gawzi.  I,  fol.  59, v.,  dove  é  detto  che  morì  nello  Sa'bàn 
del  20.  H.  :  H  i  s  a  m  Indi  e  e  ,  pag.  226  ;  B  a  1  à  dz  u  r  i  Indice;  A  th  i  r ,  II, 
444:  Yàqut,  I,  670;  II,  6;  T  a  bari,  I,  2595,  lin.   12-13. 

Muir,  II,  218:  III,  247;  al-Isti'àb.  27,  n.  6:  Hagar  Tahdzib, 
I,  347,  n.  633:  Dzahabi  Tagrid,  I,  22,  n.  179;  Sprenger,  I,  411; 
III,  111,  212,  213;  Aìinali,  Indice,  volumi  I  e  IL 

umm  Waraqah  bint  al-Hàrith. 

§  399.  —  umm  Waraqah  bint  al-Hàrith  si  convertì  all'Islam  nelle 
mani  stesse  del  Profeta,  e  si  occupò  di  raccogliere  il  Qur"àn,  sicché  il 
Profeta  le  diede  ordine  di  fare  da  imam  alla  gente  della  sua  casa  (dar). 
Altri  la  chiamano  umm  Waraqah  bint  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b.  'Umayr  al- 
Ansàriyyah.  Seguì  Maometto  nella  spedizioiie  di  Badr  e  curò  i  feriti  ed 
i  malati  (G-awzi,  I,  fol.  62,v.-63,r.). 

Alcuni  la  chiamano  umm  Waraqah  bint  Nawfal,  ed  era  chiamata  al- 
Sahidah.  Da- lei  tramandò  tradizioni  'Abd  al-rahmàn  b.  Khallàd,  tradizioni 
conservate  nei  S u  n  a  n  di  a b ù  Dà  w  u  d  .  Un  suo  gh u  1  à m  la  tormentò 
(ghammahà,  la  coprì?)  con  una  qatifah  (?  veste  di  seta?)  ed  il  Califfo 
'Umar  la  fece  crocifiggere (! ?)  (Dzahabi  Tagrid,  II,  355,  n.  4118). 

al-Isti'àb,  806,  n.  3584.  Accompagnò  il  Profeta  nella  spedizione 
per  curare  i  feriti  ed  i  malati.  Fu  assassinata  da   uno    schiavo  e  da    una 

413. 


M  ;{99-4i>2.  ^U.    3..    H. 

20.  a.  H.  schiava  di  sua  proprietà,  ed  il  Califfo  fatti  arrestare  i  due  colpevoli,  che 

umm  Waraqah     volevaiio .  salvarsi  coii  la  fuga,  li  crocifisse  entrambi.  Furono  i  due    primi 
bint  ai-Hàrith.i       a  subire  quBsta  pena  nell'Islam.  (La  notizia  meriterebbe  conferma,  perchè 
la  fonte  non  è  sicura)  (Hagar.  IV,  98,  n.   1533). 

Zaynab  bint  Gahs. 

§  400.  —  (a)  Zaynab  bint  ó-ahs  b.  Ri  ab  b.  Ya'mar  b.  Sabrah  b.  Hurrah 
al-Asadiyyah,  degli  Asad  Khuzaymah,  sorella  di  abù  Ahmad  e  di  Habbah: 
ebbe  a  madre  Umayyah  bint  al-Muttalib  b.  Hàsim.  Diventò  moglie  del 
Profeta  quando  aveva  35  anni;  nel  3.  a.  H.,  o  4.,  o  5.  H.:  l'anno  4.  H.  è 
la  data  più  probabilmente  vera.  Prima  ossa  era  appartenuta  a  Zayd  b. 
Hàrithah,  il  cliente  del  Profeta.  Mori  nel  20.  H.;  alcuni  pongono  la  morte 
nel  21.  H.  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.  134,v.-136,r.). 

(b)  Per  causa  sua  fu  rivelato  il  versetto  sul  velo  alle  donne.  Essa  amava 
vantarsi  e  diceva  alle  sue  compagne:  «  I  vostri  mariti  vengono  dalle  vo- 
«  stre  famiglie,  ma  il  mio  marito  è  Allah  da  sopra  sette  cieli  »  ;  morì  in 
età  di  53  anni  (Grawzi,  I,  fol.  60,v.-61,r.). 

(e)  Zaynab  fu  calata  nella  tomba  da  Usàmah  b.  Zayd  e  dal  suo  nipote 
Muhammad  b.    Abdallah  b.  Grahs  (Athir,  II,  444). 

§  401.  —  (Yazìd  b.  Hàrùn,  da  Muh.  b.  'Amr,  da  Yazìd  b.  Khusayfah, 
da  'Abdallah  b.  Ràfi',  da  Barzah  bint  Ràfi').  Quando  fu  fatta  la  divisione 
delle  pensioni  ('atà")  dal  Califfo  'Umar,  questi  mandò  a  Zaynab  bint  Gfahs 
quel  che  le  spettava;  la  quale,  vedendolo  portar  da  lei,  disse:  «  Dio  per- 
«  doni  a  'Umar!  Altra  delle  mie  sorelle  ha  più  forza  e  salute  per  spartir 
«  questa  somma  ».  Le  fu  detto:  «  Ma  è  tutta  tua!  ».  —  «  Lode  a  Dio!  »,  ella 
esclamò  allora;  e  poi  che  si  fu  coperta  con  un  abito  (thawb),  disse:  «  Ver- 
«  satelo  e  gettateci  sopra  un  panno  ».  Si  rivolse  quindi  a  Barzah:  «  Cac- 
«  ciavi  la  mano,  prendine  una  manciata  e  portala  ai  tali  »,  che  eran  suoi 
parenti  ed  orfani.  Continuò  così  a  dividere,  finché  ne  restò  un  resto  sotto 
il  panno.  Allora  Barzah  bint  Ràfi':  «  Dio  ti  perdoni  »,  le  disse,  «  o  Madre 
«  dei  credenti,  per  Dio!  A  questo  abbiam  diritto  noi  ».  —  «  A  voi  quel 
«  ch'è  rimasto  sotto  il  panno  ».  Scopertolo  vi  si  trovò  85  dirham.  Quindi 
Zaynab  alzò  le  mani  al  cielo  e  disse:  «  O  mio  Dio!  fra  un  altro  anno  non 
«  mi  raggiungerà  altra  distribuzione  di  'Umar  ».  E  così  fu,  che  ella  morì 
nel  primo  anno  dalla  distribuzione  delle  pensioni  (ossia  il  20.  H.  :  Saad, 
III,   1,  pag.  216,  lin.  20-217,  lin.  3). 

§  402.  —  (a)  (al-Wàqidi,  da  'Amr  b.  'Uthmàn  al-Grahsi,  da  suo  padre 
[Ut^màn  al-Grahsi]).  Il  Profeta  venne  a  Madinah,  e  tra  gli  Emigrati  che 
lo  accompagnarono  era  Zaynab  bint  Grahs,  donna  di  belle  forme,  cui  l'In- 

f 

444. 


20.    a.    H.  §§  402,  403. 

viato  di  Dio    richiese  la  mano    per   Zayd   b.  Hàrithah.  Ella   disse    che    lo  20.  a.  h. 

sposo  non  era  di  suo  gradimento,  a  lei  vedova  d'un  Quraysita.  Ma  Mao-        zaynab    bint 
metto  dichiarò  che  egli  approvava    1'  unione,  e  Zaynab  lo   sposò    (S  a  a  d ,        óahs.] 
Vili,  71,  lin.  12-19)  [G.]. 

(6)  Come  e  in  quale  occasione  il  Profeta  s'innamorasse  di  lei  e  come 
permettesse  al  suo  devoto  Zayd  di  ripudiarla,  per  poi  sposarla  egli  stesso, 
dopo  una  particolare  rivelazione  divina  [XXXIII,  31-36],  è  narrato  negli 
Annali,  5.  a.  H.,  §  20.  ibn  Sa'd  descrive  l'evento  con  molteplici  tradizioni 
(pag.  71-76),  tra  cui  ne  scegliamo  alcune:  Zaj'nab  gradi  immensamente 
l'ambita  unione,  e  ne  fa  orgogliosa,  specialmente  per  la  singolare  rivela- 
zione che  l'aveva  autorizzata,  e  per  la  quale  vantavasi  poi  presso  le  altre 
donne  di  Maometto  di  essere  stata  a  lui  sposata  non  già  da  genitori  o 
parenti,  ma  da  Dio  stesso,  «dall'alto  dei  sette  cieli»  (pag.  73,  lin.  17; 
75,  lin.  8)  [G.]. 

§  403.  —  (a)  Passato  il  periodo  di  'iddah,  Maometto  incaricò  lo 
stesso  suo  figlio  adottivo  Zayd  di  richiedere'  per  lui  la  bella  Zaynab  e  la 
sposò,  festeggiando  le  nozze  con  un  solenne  banchetto  di  carne  e  pane, 
nel  quale  una  semplice  pietanza,  hays,  fatta  con  datteri  e  burro,  e  pre- 
parata per  i  due  sposi  soltanto,  fu  miracolosamente,  al  tocco  delle  dita  del 
Profeta,  moltiplicata,  e  bastò  a  72  convitati,  alle  donne  tutte  di  lui,  e  ne 
avanzò.  Poi,  come  i  convitati  tardavano,  dopo  il  festino,  a  ritirarsi,  l'im- 
paziente sposo  li  licenziò  con  una  nuova  rivelazione  [XXXIII,  51],  che  si 
disse  «  il  versetto  della  cortina  »,  perchè  stabiliva  l'obbligo  per  i  fedeli  di 
non  parlare  alle  donne  del  Profeta  se  non  attraverso  una  cortina  (àyah 
al-higàb)  (Saad,  VIII,  74-75)  [G.]. 

(6)  A  proposito  di  Zaynab  bint  Gi-ahs  e  di  una  bevanda  di  miele,  che  il 
Profeta  bevve  presso  di  lei,  fu  rivelato  un  altro  versetto  [LXVI,  1],  per 
rimproverare  le  altre  mogli  invidiose  e  pettegole,  specialmente  'A'isah  e 
Hafsah  (Saad,  Vili,  76,  lin.  6-13)  [G.]. 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Abd  al-hakìm  b.  'Abdallah  b.  abi  Farwah,  da  'Abd 
al-rahmàn  al-A'rag  nel  suo  maglis  in  Madinah).  L'Inviato  di  Dio  assegnò 
a  Zaynab  bint  Gahs  in  Khaybar  80  wasq  di  datteri  e  20  di  frumento, 
ovvero  di  orzo  (Saad,  Vili,  76,  lin.   13-16)  [G.]. 

{d)  Altre  tradizioni  (Saad,  Vili,  76-77)  riferiscono  a  Zaynab,  anziché 
a  Sawdah,  e  con  più  verosimiglianza,  la  promessa  di  esser  la  prima  delle 
mogli  del  Profeta  a  raggiungerlo  in  Paradiso  :  promessa  fatta  da  Maometto 
a  quella  delle  sue  donne' che  fosse  «più  lunga  di  braccio»,  cioè  —  come 
poi  s'interpretò  —  più  operosa  e  generosa.  Infatti  Zaynab,  che  (per  con- 
corde  testimonianza   degli   antichi    tradizionisti)    fu   prima   a  morire,  era 

44.5. 


§§  4o;v405.  20.  a.  H. 


20.  a.  H.  donna  piuttosto  piccola,  ma  industriosa,  conciava  e  cuciva  il  cuoio,  ed  era 

[NECROLOGIO.    -  ,  , 

Zaynab    bint     molto  olemo.smiera. 

óahs.ì  I  404.  —  (a)  (al-AVaqidi,  da  'Abdallah  b.  'Umar,  da  Yah3-a  b.  Sa'id, 

da  al-Qàsim  b.  Muli.).  Quando  Zaj'nab  fu  presso  a  morire,  disse:  «  Io  ho 
«  prepai'ato  il  mio  lenzuolo.  Forse  Umar  ne  manderà  un  altro:  datene  via 
«uno  per  carità;  e  quando  m'avrete  calata  nella  fossa,  date  via  anche  la 
«mia  cintura  «.   K  così  fecero  (Saad,  Vili,  77,   liu.  8-12)  [G.]. 

(b)  (al-Wàqidi,  da  abfi  Bakr  b.  'Abdallah  b.  abi  Sabrah,  da  Yazid  h. 
"Abdallah  b.  al-llàdi,  da  Muli.  b.  Ibràhim  b.  al-Hàrit-h  al-Taymi).  Zaynab 
raccomandò  morendo  di  esser  deposta  sul  sarìr  (bara)  dell'Inviato  di  Dio. 
sul  quale  si  collocava  il  n a' s  (feretro?).  Prima  di  lei  vi  era  stato  deposto 
abu  Bakr.  e  dopo  di  lei  vi  fu  deposta  ogni  donna  che  mori.sse,  fino  a 
Marwàn  b.  al-Hakam,  il  quale  stabili  che  solo  gli  uomini  illustri  godessero 
di  questo  privilegio,  e  strappò  le  coltri  funerarie  adoperate  in  Madìnah 
per  adagiarvi   i  morti   (Saad,  VIII,   77,  Un.   12-18)  [G.J. 

(e)  (al-Wàqidi,  da  Sàlih  b.  Khawwàt,  da  Muli.  b.  Ka'b).  La  pensione 
('atà')  di  Zaynab  bint  G-ahs  era  di  12,000  dirham,  ma  non  ne  godè  che 
un  anno  solo.  Quando  le  fu  portata:  «  Mio  Dio!  »  ella  disse,  «un'altra  volta 
«questo  denaro  non  mi  i-itroverà  più:  esso  è  corruzione  (fitnah)  ».  Poi 
lo  divise  tra  i  parenti  suoi  e  persone  bisognose.  Il  Califfo  'Umar,  quando 
ne  fu  informato,  mandò  altri  1000  dirham  alla  mirabile  donna;  la  quale 
ne  fece  il  medesimo  uso  (Saad,  Vili,  78,  lin.  5-11)  [G.]. 

(d)  (al-Wàqidi,  da  Musa  b.  Muh.  b.  'Abd  al-rahmàn,  da  suo  padre  [Muli, 
b.  'Abd  al-rahmàn],-  da  'Amrah  bint  'Abd  al-rahmàn).  'Umar  mandò  dai 
magazzini  ideilo  Stato?)  cinque  scelte  vesti  perchè  se  ne  rivestisse  il  ca- 
davere di  Zaynab  bint  Grahs,  e  la  sorella  di  lei  Hamanah  diede  per  ele- 
mosina il  lenzuolo  che  Zaynab  aveva  da  sé  preparato  per  suo  sudario.  Alla 
morte  di  Zaynab,  'A-isah  disse:  «  Abbiam  perduto  una  degna  d' (ogni) 
«  elogio  e  rimpianto,  una  mediatrice  (?  mifra')  degli  orfani  e  degl'indi- 
«  genti»   (Saad,  Vili,  78,  lin.   11-16)  [G.]. 

§  405.  —  (a)  (al-Wàqidi,  da  abù  Bakr  b.  Abdallah  b.  abi  Sabrah,  da 
abù  Musa,  da  ibn  Ka'b).  (Morendo)  Zajniab  raccomandò  di  non  essere  ac- 
compagnata col  fuoco  (degli  incensieri).  Le  fu  scavata  la  fossa  in  al- 
B  a  q  i  '  presso  Dar  '  A  q  i  1,  fra  questa  e  la  D  à  r  ibn  a  1  -  H  a  n  a  f  i  y  y  a  h.  Fu 
portato  il  latte  da  Sumaynah  e  messo  presso  il  suo  sepolcro,  in  un  giorno 
d'estate  (Saad,  Vili,  77,  lin.  18-21)  [G.]. 

(b)  Sulla  fossa,  per  il  gran  caldo  della  giornata,  fa  teso  uno  schermo, 
od  ombrello,  simile  a  una  tenda  di  fustagrro  (fustàt);  e  fu  la  prima  volta 


446. 


20.  a.  H.  §§  4(j5,  40G. 


che    ciò    si    facesse.    'Uthman    fece  poi  altrettanto  quando  morì  al-Hakam  20.  a.  H. 

b.  abi-l-'Às  (Saad,  Vili,  80,  lin.  G-20).  ''^Za^n^a^b'^'b^ni 

(e)  ibn  Sa'd  riporta  molte  tradizioni  (Vili,  78-81)  e  riferisce  molti  parti-  óahè.] 
colari  intorno  al  funerale  di  Zajaiab.  Fu.  per  proposta  di  bint  'Uma3^s, 
adottato  per  la  prima  volta  l'uso  die  avevano  gii  Abissini  nelle  esequie 
delle  loro  donne,-  di  coprire  cioè  il  cadavere  sulla  bara  con  una  coltre  o 
thawb;  così  poterono  prender  parte  all'accompagnamento,  come  prima  si 
faceva,  tutti  quanti,  uomini  e  donne  egualmente,  non  soltanto  i  parenti 
della  defunta,  come  da  principio  il  Califfo  aveva  ordinato.  Per  consiglio 
delle  altre  vedove  del  Profeta,  che  'Umar  fece  espressamente  consultare, 
si  stabilì  che  solo  gl'intimi  parenti  (quelli  a  cui  era  lecito  in  vita  di  en- 
trare da  Zaynab  o  vederla  a  viso  scoperto?)  potessero  però  discendere  nel 
sepolcro  e  posar  (nudo?)  nella  terra  il  corpo  di  Zaynab:  uflScio  che  'Umar 
avrebbe  desiderato  di  compier  lui  stesso.  'Umar  precedette  il  corteo  fu- 
nebre, e    recitò   le  preghiere  sulla  tomba,  pronunziando  quattro  takbir. 

§  406.  —  (a)  (al-Wàqidi,  da  Musa  b.  'Imràn  b.  'Abdallah  b.  'Abd  al-rah- 
man  b.  ahi  Bakr  al-Siddiq,  da  'Asim  b.  'Ubaydallah  b.  'Abdallah  b.  'Amis 
b.  Eabi'ah).  Recitate  le  preghiere  mortuarie  sull'orlo  della  fossa,  all'ombra 
del  riparo  teso,  insieme  col  cieco  abù  Ahmad  b.  Ualis  e  i  maggiori  Com- 
pagni. 'Umar  ordinò  a  Muli.  b.  'Abdallah  b.  (xalis.  a  Usàmah,  ad*  'Abdallah 
b.  abi  Ahmad  b.  Grahìs,  e  a  Muh.  b.  Talhah  b.  Ubaydallah,  figlio  di  Ha- 
manah,  sorella  dell'estinta,  di  calar  nella  fossa  il  cadavere  di  Zaynab  (Saad, 
Vili,  80,  lin.  26;  87,  lin.   6)  [G.]. 

Cfr.  anche  T  a  bari,  I,  2595,  lin.   12-1  a. 

(6)  (al-Waqidi.  da  'Umar  b,  'Uthman  b.  'Abdallah  al-Grah.si,  da  suo 
padre  ['Uthman  h.  'Abdallah],  ed  altri  isnàd).  L'Inviato  di  Dio  sposò 
Zaynab  bint  al-Gahs  al  novilunio  del  Dzù-1-Qa'dah  del  5.  a.  H.  quando  ella 
aveva  35  anni,  al  ritorno  dalla  spedizione  di  al-Muraysì',  o  poco  di  poi 
(Saad,  VIII,  81,  lin.  6-9,  9-13,   13-15)  [G.]. 

(e)  Zaynab  aveva  circa  30  anni  quando  fece  la  Higrah,  e  mori 
nell'anno  20.  H.,  cinquantenne  (Saad,  Vili,  81,  82)  [G.j. 

(d)  Stando  alla  confessione  di  'A"i.sah,  interrogata  da  'Urwah,  le  donne 
più  fi-equentate  dal  Profeta  e  a  lui  più  dilette  —  «  dopo  di  me  »  —  erano 
umm  Salamah  e  Zaynab  bint  Gahs,  donna  pia  e  rifugio  dei  poveri. 

(e)  (al-Wàqidi,  da  'Umar  b.  'Uthman  b.  'Abdallah  al-Gahs).  Di  tutti  gli 
averi  di  Zaynab,  ch'ella  aveva  adibiti  ad  elemosine,  non  rimase  che  la 
casa,  la  quale  fu  comprata  per  50,000  dirham  da  al-Walìd  b.  'Abd  al- 
malik,  quando  demolì  la  moschea  (Saad,  Vili,  81,   lin.   15-19)  [G.]. 


4-17. 


§  406.  20.  a.  H. 

20.  a.  H.  Per  altre  fonti  su  Zaynab  bint  (rahs  vedi  Qutaybah,  276,  lin.  4-6; 

''^z"°Ì'b°'b°nt"     Nawawi,    841-843;    Tabari,    III,   2147-2149;  Aghàni,    Index,    36B; 

éahs.i  Hagar,  IV,  600-603,  n.  467;  al-Isti'àb,  753,  n.  3318;  Dzahabi  Ta- 

grid,   II,  286,  n.  3274;    Hagar   Tahdzìb,    XII,   420,  n.  2801;    Muir, 

II,   109;  III,  228,  230;  IV,   114,   144,   161;    Sprangar,    I,  400,  403;  III, 

76,  331;  Mahàsin,  I,  83. 


448. 


21.  a.  H. 


IO  dicembre  ©4:1  —  2Q  novembre  642 


57 


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450. 


21.  a.  H. 


IRAQ.  —  Governo  di  Ammàr  b.  Yasir  in  al-Kufah,  e  nomina  di  al- 
Mughirah  b.  Su  bah. 

§  1.  —  La  nomina  di  'Ammàr  b.  Yàsir  e  la  deposizione  di  Sa'd  b. 
abì  Waqqàs,  secondo  l'ottima  autorità  di  al- Wàqidi,  vanno  messe  nel  21.  H., 
come  attesta  la  seguente  tradizione.  La  notizia  è  importante,  perchè  costi- 
tuisce un  punto  fermo  nella  incerta  cronologia  di  questo  periodo.  —  La 
deposizione  di  'Ammàr  e  la  successione  di  al-Mughii-ah  a  lui,  raccontata 
qui  appresso  come  avvenuta  poco  dopo  la  nomina  di  'Ammàr,  apparten- 
gono probabilmente  all'anno  seguente. 

Sulla  deposizione  di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  e  le  ragioni  di  essa  abbiamo 
già  dato  varie  tradizioni  e  schiarimenti  in  un  passo  precedente.  Cfi-.  20.  a.  H., 


1  e  segg. 


§  2.  —  (al- Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  21.  H.  il  Califfo  'Umar 
nominò  'Ammàr  b.  Yàsir  governatore  di  al-Kùfah,  dandogli  come  colleghi 
ibn  Mas'ùd,  che  doveva  fungere  da  cassiere  ('ala  bayt  al-màl),  e  'Uth- 
màn  b.  Hunayf,  il  quale  doveva  sopraintendere  alla  misura  dei  terreni 
("ala  misàhah).  Gli  abitanti  di  al-Kùfah  incominciarono  ben  presto  a  la- 
gnarsi del  nuovo  governatore,  il  quale  allora  offerse  le  sue  dimissioni  al 
Califfo.  Di  quei  giorni  si  trovava  in  Madìnah  Grubayr  b.  Mut'im  senza  oc- 
cupazione, ed  'Umar  decise  di  affidare  a  lui  la  carica  di  governatore  di  al- 
Kùfah,  ma  gli  ordinò  intanto  di  non  parlarne  con  alcuno.  al-Mughirah  b. 
Su'bah,  che  pure  si  trovava  in  Madinah,  essendo  venuto  a  sapere  che  Gu- 
bayr  b.  Mut'im  era  stato  in  segreto  colloquio  con  il  Califfo,  e  sospettando 
che  questi  gli  avesse  conferito  il  governo  di  al-Kùfah,  decise  di  scoprire  di 


4.51. 


§§  2,  8.  ^1.3..   H. 

21.  a.  H.  che  cosa  si  fosse  trattato;  si  rivolse  perciò  alla  propria  moglie  e  le  disse  di 

di  •Ammàr°b*Yà°     recarsi  a  far  visita  alla  moglie  di  (jubayr  b.  Mut'im  e  scoprire  da  lei  che 
sir  in  ai-Kufah,     cosa   fosse  avveiiuto,  otfrendole  in  dono  provviste  da  viaggio  (era  questo  un 

e  nomina  di  al-  ,  •  •  ■  •  -,  •  •    \       /^      < 

Mughirah  b  Su'-     uiodo  per  scoprire  se  si  accingevano  a  compiere  un  lungo  viaggio).    Cosi 
bah.]  fu  fatto,  e  la    moglie  di  Gubayr,    dopo  aver  manifestato  qualche  sorpresa 

per  l'insolita  offerta,  si  confuse  e  commise  l'imprudenza  di  accettare  il 
dono.  Da  ciò  al-Mughirah  fu  pronto  ad  arguire  che  Grubayr  dovesse  fi-a  poco 
partire,  perchè  destinato  dal  Califfo  al  governo  vacante  di  al-Kùfah:  al- 
lora andò  direttamente  da  'Umar  per  complimentarlo  sulla  scelta  di  Gru- 
bayr quale  governatore  di  al-Kùfah.  Umar  fu  tanto  irritato  da  ciò  che 
egli  considerava  come  un'  indiscrezione  commessa  da  Grubayr,  contraria- 
mente ai  suoi  ordini,  che  gli  tolse  la  nomina  e  conferì  ad  al-Mughìrah  b. 
Su' bah  il  governo  di  al-Kùfah.  al-Mughìrah  ritenne  quel  posto  fin  tanto 
che  visse  "Umar  (T  a  bari.  I,  2645-2646). 

Cfr.  Khaldùn,  II,  App.,  118;  Atjaìr,  III,  15,  il  quale  aggiunge  che 
altri  pospongono  questo  evento  sino  al  22,  H.;  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  136,r.; 
Gawzi,  I,  fol.  63,r.-64,r.;  Mahàsin,  I,  84,  lin.  8-12. 

Sulle  funzioni  speciali  che  spettarono  ad  'Uthmàn  b.  Huna3'f  per  ac- 
certare il  reddito  delle  imposte  nella  Babilonide  (al-' Iraq)  avremo  a  ritor- 
nare sotto  l'anno  23.  H.,  discori'endo  della  sistemazione  fiscale  del  novello 
impero. 

§  3.  —  (al-Ya'qùbi).  Dopo  che  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  ebbe  fatta  la  sua 
dimora  in  al-Kùfah,  delimitati  i  terreni  tra  le  tribù,  costruite  le  case  ed 
i  quartieri,  gii  abitanti  di  al-Kùfah  incominciarono  a  lagnarsi  di  Sa'd  b. 
abì  Waqqàs,  accusandolo  che  non  compiesse  bene  le  preghiere  (cfi\  20.  a.  H., 
§§  1  e  segg.).  Il  Califfo  allora  lo  depose,  e  Sa'd  pregò  Dio  che  in  avve- 
nire non  concedesse  mai  ai  Kufani  un  governatore  a  loro  piacente,  né  mai 
un  governatore  rimanesse  di  loro  soddisfatto.  Al  posto  di  Sa'd  il  Califfo 
nominò  'Ammàr  b.  Yàsir...  (lacuna)...,  e  poi  si  presentò  al  Califfo  una 
commissione  di  Kufani,  ai  quali  il  Califfo  chiese  come  avessero  lasciato 
'Ammàr  b.  Yàsir,  il  loro  governatore.  «  Musulmano  debole  »,  gli  risposero. 
Allora  'Umar  depose  anche  lui  e  mandò  in  sua  vece  Grubayr  b.  Mut'im: 
al  quale  però  tessè  un  inganno  al-Mughirah,  e  gli  fece  la  spia  presso  'Umar, 
aggiungendo:  «  Nomina  me  governatore,  o  Principe  dei  Credenti!  ».  Ed 
Umar:  «  Ma  tu  sei  uomo  libertino  e  corrotto  (fàsiq)!  ».  A  cui  al-Mu- 
ghìrah rispose:  «  La  mia  immoralità  è  cosa  che  riguarda  me  personalmente, 
«  a  te  possono  solo  importare  le  mie  qualità  sufficienti  (idoneità)  per  la  carica 
«  ed  il  mio  carattere  maschio  »  (versione  incerta).  Ed  'Umar  lo  nominò 
governatore  di  al-Kùfah.  Più  tardi  il  Califfo  interrogò  i  Kufani  sul  conto 

45-2. 


21.  a.  H. 


4. 


di  al-Mughirah.  ed  essi  gli  risposero:  «  Tu  conosci  meglio  di  noi  e  lui  e 
«la  sua  immoralità  ».  E  allora  Umar  esclamò:  «O  gente  di  al-Kùfah!  Se 
«  vi  do  un  governatore  che  è  musulmano  timoroso,  dite  che  è  debole,  se 
«  ve  ne  do  uno  che  è  peccatore,  allora  dite  che  è  immorale  ».  E  si  dice 
che  dopo  questo  rimandò  (ad  al-Kufah)  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  (Ya'qùbi, 
II,   177-178). 

§  4.  —  yi  rammenti  che  soli  quattro  anni  prima  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§  55 
e  segg\)  al-Mughirah  b.  Su' bah  era  stato  destituito  dal  governo  di  al-Basrah 
per  gravi  mancanze  commesse  contro  il  buon  costume.  Se  ora  venne  cosi 
facilmente  rimesso  da  'Umar  al  governo  di  una  provincia  tanto  importante 
quanto  quella  di  al-Kufah,  superiore  a  quella  di  al-Basrah,  è  probabile  che 
il  Califfo  riconoscesse  nelle  accuse  lanciate  contro  al-Mughirah  molta  esa- 
gerazione partigiana.  L'avere  poi  al-Mughirah  tenuto  il  governo  di  al-Kùfah 
senza  contrasti  per  circa  quattro  anni  è  argomento  in  favore  della  sua  ca- 
pacità ed  intelligenza  (sembra,  per  esempio,  che  egli  conoscesse  e  parlasse  il 
persiano;  cfr.  §§  30,  nota  1,  42,  nota  2).  La  tradizione  ha  riconosciuto  larga- 
mente i  meriti  dell'intelligenza  eccezionale  di  al-Mughìrah,  e  quindi  ha 
introdotto  il  suo  nome  dovunque  si  voleva,  nella  narrazione,  presentare 
un  fecondo  oratore  arabo,  dimentica  dei  vizi  pagani  dell'uomo.  Così,  per 
esemjjio,  egli  è  messo  tra  gii  oratori  arabi  alla  vigilia  di  Nihàwand  (cfr.  più 
avanti  §  42),  ma  ciò  è  molto  improbabile.  E  piìi  verosimile,  ed  in  accordo 
con  le  precedenti  tradizioni,  che  al-Mughìrah  fosse  rimasto  in  Madìnah  in 
attesa  di  carpire  un  qualche  lucroso  posto  di  governatore.  —  Nelle  tradizioni 
sullo  scandalo  di  al-Basrah  vi  è  molta  animosità  partigiana.  —  Rammen- 
tiamoci elle  al-Mughirah  era  nativo  di  al-Tà'if  (cfr.  8,  a.  H.,  §§  146,  149; 
9.  a.  H.,  §  158).  che  ha  dato  tanti  uomini  di  valore  alla  causa  dell'Isiàm, 
ma  i  Thaqif  di  al-Tà"if  furono  caratteri  energici  e  poco  scrupolosi:  la  tra- 
dizione, come  vedremo,  li  ha  presi  in  odio. 

V  è  però  un  altro  fatto  importante  da  osservare.  'Umar  nella  scelta 
dei  suoi  governatori  segue  norme  molto  singolari.  Grubayr  b.  Mut'im,  che, 
se  la  moglie  avesse  avuto  più  accortezza,  sarebbe  stato  governatore  di  al- 
Kùfah,  era  uno  dei  più  antichi  e  accaniti  nemici  di  Maometto  (cfr.  Intr., 
§  645;  1.  a.  H.,  §  17,  n.  6;  2.  a.  H.,  §  80,  nota  1,  n.  3;  3.  a.  H.,  §§  14, 
15,  61).  Lo  stesso  'Ammàr  b.  Yàsir,  sebbene  antico  musulmano,  era  persona 
senza  importanza,  schiavo  in  origine  e  uomo  di  poca  intelligenza.  Infine 
al-Mughìrah,  lo  sapj)iamo,  non  era  uno  stinco  di  santo.  —  È  costante  quindi 
in  'Umar  la  condotta  di  escludere  gli  antichi  Muhàgirùn  da  ogni  parte- 
cipazione al  potere.  In  essi  'Umar  vedeva  nemici  personali,  e  forse  anche 
uomini  pericolosi  per  V  integrità  dello  Stato  islamico. 


21.  a.  H. 
'IRAQ.  -  Governo 
di  'Ammàr  b.  Yà- 
sir in  al-Kufah, 
e  nomina  di  al- 
Mughìrah  b.Su- 
bah.ì 


453. 


s"^  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  IRÀQ-KHUZISTÀN.  —  La  conquista  definitiva  del  KhOzìstàn  e  la 

•IRAQ-KHUZI-  j.    m       * 

STÀN.  -la  con-  P^esa  di  Tustap. 

quista  definitiva  §  5,  —  Di.sconondo  della  cronologia  di  questa  parte  «Ielle  conquiste 

del  Khùzistàn  e  ,  m    i.-    •  ■         •  /    <■       i  r-  tt      <.f.  or>  \     ■,■ 

la  p7esa  di  Tu-  àvahe  nell  altipiano  iranico,  osservammo  (etr.   li.  a.  H.,  §§  89  e  segg.),  di 

s'ar.j  accordo  con  il  Wellhausen,  come  la  conquista  della  regione  si  svolgesse  len- 

tamente e  con  molte  difficoltà,  e  che  il  merito  principale  di  tutte  le  vit- 
torie spettasse  ad  abù  Musa  al-As'ari.  L'ultimo  atto  del  dramma,  la  scena 
tinaie  della  conquista  fu  la  caduta  di  Tustar  e  la  cattura  di  al-Hurmuzàn: 
su  questo  evento  i  cronisti  arabi,  confusi  dalle  tante  notizie  contradittorie 
e  privi  della  guida  di  una  sicura  cronologia,  non  ci  hanno  dato  una  precisa 
indicazione  cronologica.  Se  però  tacciono  sull'anno,  siccome  tutte  le  fonti 
sono  d'accordo  nell' affermare  che  Ammàr  b.  Yàsir  vi  prendesse  parte  qual 
governatore  di  al-Kùfah,  venuto  in  soccorso  di  abù  Musa  e  delle  genti  di 
al-Basrah,  ne  segue  che  la  presa  di  Tustar  debba  mettersi  dopo  la  desti- 
tuzione di  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  e  prima  della  battaglia  di  Nihàwand.  Ciò 
pone  sicuramente  la  presa  di  Tustar  nel  21.  H.,  forse  mentre  altre  schiere 
di  al-Kùfah  si  preparavano  a  partire  per  l'altipiano  iranico  alla  vigilia  di 
Nihàwand. 

La  presa  di  Tustar  e  la  prigionia  di  al-Hurmuzàn  segnano  la  fine  della 
lunga  campagna  con  cui  gii  Arabi  di  al-Basrali,  sotto  abù  Musa  al-As'ari, 
conquistarono  il  Khùzistàn.  Forse  qualche  parte  minore  della  regione  ri- 
mase ancora  ad  essere  debellata,  ma  fu  poca  cosa  :  il  dominio  arabo  era 
arrivato  oramai  anche  da  questo  canto  sino  alle  pendici  dell'altipiano  ira- 
nico. D'ora  innanzi  del  Khùzistàn  non  si  fa  più  parola,  e  sotto  il  succes- 
sore di  'Umar,  'Uthmàn,  dal  23.  al  29.  H.,  abbiamo  vaghe  e  confuse  notizie 
di  guerre  e  ribellioni  nel  Fàris  :  dove  gii  Arabi  vennero  a  cozzare  contro 
r  ostacolo  più  resistente  alla  loro  avanzata  vittoriosa  verso  oriente.  —  De- 
vesi  però  riconoscere  che  anche  nel  Khùzistàn  gii  Arabi  incontrarono 
una  viva  resistenza,  che  fa  nobile  contrasto  con  l'infelicità  della  cam- 
pagna della  Babilonide.  In  questa  regione  i  Persiani  sentivansi  però  in 
terra  straniera,  ed  i  contadini,  per  lo  più  cristiani  arameo-semiti,  simpa- 
tizzavano con  gli  Arabi:  invece  nel  Khùzistàn  e  nel  Fàris  i  Persiani  difen- 
devano terra  nativa,  e  perciò  la  contesero  palmo  a  palmo  con  gli  Arabi. 
Dalle  tradizioni  che  seguono  non  si  può  dire  con  sicui'ezza  in  quale 
ordine  avvenisse  la  sottomissione  delle  varie  città  del  Khùzistàn.  Da 
una  tradizione  data  prima  (cfr.  17.  a.  H.,  §  97),  si  dovrebbe  arguire  che 
al-Sùs  venisse  assalita  nei  primi  tempi  (cfi".  anche  §  9),  ma  senza  felice 
risultato,  perchè  altra  menzione  di  questo  fatto  si  ritrova  più  avanti  ai 
§§  28  e  seguenti. 

454, 


21.  a.  H.  §§  5,  6. 

La  prima  tradizione  che  segue  (§  6)  dà  il  seguente  ordine  di  precedenza:  21.  à.  h. 

/1N       1    Al       -  [IRAQ-KHUZI- 

(1)  al-Aliwaz;  stàn.  -  La  con- 

(2)  Nahr   Til-a;  quista  definitiva 
,„v     A,         -,          -,  _  del  Khuzistàn  a 

(3)  Gundaysabur;  i^  p-^  ^.  j^_ 

(4)  Ràmhurmuz.  e  star.] 
(6)  Tustar. 

Altrove  (cfi-.  17.  a.  H.,  §  97)  dopo  la  presa  di  al-Aliwàz  vien  posta 
quella  di  Manàdzir.  Poi  fu  presa  Nahr  Tira  (cfr.   17.  a.  H.,  §  94). 

Nella  versione  del  solo  al-Balàdzuri  abbiamo  il  seguente  ordine  dei  fatti  : 

(1)  Suq  al-Ahwàz  nel  17.  H.  (cfr.   17.  a.  H.,  §94); 

(2)  Manadzù-  (cfr.   17.  a.  H.,  §  97); 

(3)  Nahr  Tfra  (cfr.   17.  a.  H.,  §  94); 

(4)  Eàmhurmuz  (cfr.  §.11); 

(5)  Surrak  (cfr.  §   12); 

(6)  Tustar  (cfr.  §§  13,   15); 

(7)  G-undaysàbm-  (cfr.  §§   lo,   16); 

(8)  al-KalbànÌ3^yah  (cfr-.  §   15); 

(9)  al-Sus  (cfr.  §  17). 

al-Sùs  pare  sia  stata  l'ultima  città  presa  da  abù  Musa  (cfr.  §  17, 
nota   Ij;  ma  altre  fonti  aggiungono: 

(10)  al-Thibàn   (cfr.  §   18); 

(11)  Mihrigànqadzaq  (cfr.  §  20); 

(12)  Mah'  Dzubyàn  (cfr.  §  21). 

Secondo  al-Madà-ini  (cfr.  §  23),  aJ-Sùs  fri  espugnata  prima  di  Tustar. 

n  fatto  che  Ammàr  b.  Yàsir  fosse  personalmente  occupato  attorno  a 
Tustar  alla  vigilia  di  Nihàwand,  è  un'altra  conferma  della  tesi  che  la  cam- 
pagna di  Nihàwand  si  sia  svolta  in  modo  diverso  da  quello  descritto  nelle 
tradizioni,  vale  a  dire  non  sia  stata  irua  campagna  organizzata  ufficial- 
mente con  tutte  le  forze  della  provincia  kufana,  ma  invece  una  sorpresa 
tentata  da  un  ardito  capitano  arabo. 

IRÀQ-KHUZISTÀN.  —  Tradizioni  sulla  spedizione  e  presa  di  Gun- 
daysabur, di  Tustar  e  di  Ràmhurmuz. 

§  6.  —  Secondo  al-Walìd  h.  Hisàm  al-Qahdami,  abù  Musa  al-As'ari, 
dopo  aver  terruinata  l'impresa  di  al-Ahvvàz,  di  Nahi*  Tira,  di  Grundaysàbùr 
e  di  Eàmhurmuz,  si  avviò  marciando  su  Tustar  e  si  accampò  dinanzi  alla 
porta  Bàb  al-Sarqi  di  quella  città,  abù  Musa  scrisse  al  Califfo  chiedendo 
rinforzi,  ed  Umar  mandò  ordini  ad  Ammàr  b.  Yàsir  ed  a  Grarir  b.  Ab- 
dallah  di  andargli  in  soccorso:  Grarir,  che  trova  vasi  in  Hvdwàn,  partì  con 

455. 


§§  0-11. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRÀQ-KHÙZI- 
STAN.  -  Tradi- 
zioni sulla  spe- 
dizione e  presa 
di  óundaysàbùr, 
di  Tustar  e  di 
Ràmhurmuz.l 


mille  nomini,  ma  qneste  prime  schiere  non  fecero  impressione  svigli  asse- 
diati, onde  abn  Musa  tornò  a  chiederne  altre.  'Umar  dovette  scrivere  allora 
ad  ' Animar  b.  Yàsir  ordinandogli  di  recarsi  in  peisona  ad  assistere  abù 
Musa:  egli  stesso  mandò  rinforzi  da  Madinah,  ma  alfine  la  città  fu  presa 
.soltanto  per  tradimento  di  uno  dei  difensori  (nel  21.  H.?).  Alla  prosa  di 
Tustar  fu  ucciso  al-Barà  b.  Màlik:  il  primo  ad  entrar  nella  città  fu  'Ab- 
dallah  b.  Ma'qil  al-Muzani.  Secondo  al-Hasan,  l'assedio  di  Tustar  durò  due 
anni.  al-Sa'bi  dice  ehera.ssedio  durasse  diciotto  mesi  (Dzahabi  Paris, 
I,  fol.  133,r.-133,v.,  dove  questi  fatti  sono  narrati  sotto  l'a.  20.  H.). 

§  7.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  Secondo  alcuni  la  presa  di  al-Sus, 
di  Ràmhurmuz  e  l'invio  di  al-TIurmuzàn  dalla  città  di  Tustar  al  Califfo 
Umar  in  Madinah  avvennero  nel  corso  dell'anno  20.  II.  (T  a  bari,  I, 
2669,  lin.   14-16. 

§  8.  —  Secondo  Sa-yf  b.  'Umar,  la  presa  di  Tustar  avvenne  nell'anno 
17.  H.,  ma  altri  l'anticipano  all'anno  16.  H.,  ed  altri  infine  la  pongono 
nel  19.  H.  (T  ab  ari,  I,  2542). 

§  9.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  La  presa  di  Ràmhurmuz,  di 
al-Sùs  e  di  Tustar,  e  la  prigionia  di  al-Hurmuzàn  seguirono  nel  corso  del- 
l'anno 17.  H.  (T  a  bari,  I,  2661,  lin.  8-9). 

§  10.  ^  Nell'anno  21.  H.  fu  espugnata  Tustar  (Mahàsiu,  I,  84, 
lin.   14j. 

§  11.  —  (a)  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  abù  Musa  al-As'ari  concluse  un 
trattato  con  gli  abitanti  di  Ràmhurmuz  (^)  :  più  tardi  essi  violarono  i  patti 
e  si  ribellarono  (-).  Allora  abù  Musa,  mandò  contro  di  loro  abù  Maiyam  al- 
Hanafi,  il  quale  li  indusse  ad  arrendersi,  con  l'obbligo  di  pagare  (annual- 
mente) 800,000  dirham  (Baia dz uri,  379). 

(6)  (Rawh  b.  'Abd  al-mu-min,  da  Ya'qùbi,  da  abù  'Àsini  al-Ràmhur- 
muzi,  che  contava  circa  cento  anni),  abù  Musa  al-As'ari  fece  un  trattato  con 
la  gente  di  Ràmhurmuz,  secondo  il  quale  la  città  doveva  pagare  (annual- 
mente) sia  800,000,  sia  900,000  (d  i  r  h  a  m)  :  di  poi  gii  abitanti  mancarono 
ai  patti,  e  Ràmhurmuz  fu  presa  d'assalto  negli  ultimi  giorni  del  governo 
di  abù  Musa  in  al-Basrah  (Balàdzuri,  379). 

Nota  1.  —  Ràmhurmuz,  detta  anticamente  Ràmliurmuz  Ardasir,  una  celebre  città  del  Khfizistan:  il 
popolo  per  indolenza  ha  abbreviato  il  nome  in  Ràmuz.  Attorno  alla  città  si  stendevano  magnifici  giar- 
dini e  frutteti,  i  più  belli  di  tutto  il  Khuzistàn  (Yàqut,  II,  738,  lin.  7-12;  Meynard  Dict.,  254-255). 

Nota  2.  —  Le  continue  insurrezioni  delle  città  sottomesse  costituirono  la  maggiore  difficoltà  in- 
contrata dagli  Arabi.  Questi  non  potevano  guernire  tutte  le  città  che  si  arrendevano,  e  perciò  dovevan 
lasciare  da  per  tutto  una  larga  misura  di  autonomia  locale,  contentandosi  di  riscuotere  il  tributo  pat- 
tuito nella  resa.  Quando  gli  abitanti  non  pagavano  più,  gli  Arabi  erano  costretti  a  riprendere  le  armi. 
Lo  spirito  fiero  dei  Persiani  e  la  irresistibile  ripugnanza  a  vedersi  sottomessi  a  predoni  del  deserto, 
erano  fomite  continuo  di  queste  ribellioni  parziali,  che  prive  d'ogni  unione  con  le  altre  venivan  tutte 
facilmente  domate  dagli  Arabi. 


456. 


21.  a.  H. 


12.  13. 


8  12,  —  (al-Baladzun,  senza  isnad).  abu  Musa  al-As  ari  prese  Surraq  21.  a.  h. 

,.  ,  T    •        ~T    T-,         ,  .,  T  ,  ,■       ,  ■  •     ,.       ['IRAQ-KHÙZI- 

alle  stesse  condizioni  di  Kamhurmuz,  ma  più  tardi  anche  gli  abitanti  di       stan.  -  Tradi- 
(|uesta  città  si  ribellarono,  ed  abù  Miìsa  dovè  mandare  contro  di  loro  Ha-        ^'o"'  ^uiia  spe- 

1     1     1       -n     1         1  /-n       1-     •         •  •  T         n  '  dizione   e   presa 

rithah  b.  Badr  ai-Cxhudani:    siccome   però  questi  aveva  poche  forze  a  sua        di  Gundaysàbur, 
disposizione,  non  riusci  ad  espugnarla,  e  la  città  rimase  ribelle,  finché  venne        '^''  Tustar  e  di 
da  al-Basrah    Abdallah  b.   Amir  e  la  prese  d'assalto  (-').  Allora  lo  stesso  Hà- 
rithah  vi  fu  messo  come  governatore:  il  che  suggerì    ad    abù-1-Aswad   al- 
Du-ali    alcuni    versi    riportati    nel    testo    di    al-Balàdzuri,    insieme    con   la 
risposta,  parimenti  in  versi,  di  Hàrithah  (Balàdzuri,  379-380). 
Cfr.  Yàqut,  I,  849,  liu.   10  e  segg. 

Nota  1.  —  Sun-aq  era  uno  dei  distretti  ikuwan  di  al-Ahwàz  lYàqùt,  111,80,  liii.  14-15;  May- 
nard Dict.,  309-310). 

Nota  2.  —  La  notizia  ha  molta  importanza,  perchè  è  documento  del  modo  disordinato,  incom. 
pleto,  con  cui  si  compieva  la  conquista  arabo-musulmana.  'Abdallah  b.  'Amir  venne  a  governare  la 
provincia  di  al-Basrah  soltanto  nel  29.  H.,  perciò  Ràmhurmuz  rimase  indipendente  nel  mezzo  del  terri. 
torio  musulmano  per  otto  anni,  mentre  gli  Arabi,  senza  curarsi  di  quanto  rimaneva  da  far  dietro  le 
spalle,  si  affannavano  a  conquistare  il  Fàris.  Quale  prova  migliore  si  potrebbe  avere  per  dimostrare  la 
mancanza  d'ordine,  di  unità  e  di  piani  sistematici  da  parte  degli  Arabi?* 

§  13.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  abù  Musa  al-As'ari  si  accinse  ora 
ad  assediare  la  città  di  Tustar(^),  e  dacché  quivi  erano  radunate  le  maggiori 
schiere  del  nemico,  scrisse  al  Califfo  Uniar  di  mandargli  altri  rinforzi.  'Umar 
scrisse  allora  ad  'Ammàr  b.  Yàsir  (governatore  di  al-Kùfah)  ordinandogli  di 
.soccorrere  abù  Musa  con  genti  di  al-Kùfah,  e  per  effetto  di  questi  ordini  fu 
mandato  intanto  Grarir  b.  Abdallah  al-Bagali  con  altre  genti  in  aiuto,  abù 
Musa  ordinò  ora  le  sue  schiere,  ponendo  al-Barà  b.  Màlik,  fratello  di  Anas 
b.  Màlik,  al  comando  dell'ala  dritta;  Magzàh  b.  Thawr  al-Sadùsi  della  sini- 
stra; Anas  b.  Màlik  a  capo  della  cavalleria:  da  parte  sua  Ammàr  b.  Yàsir, 
seguendo  l'avanguardia  mandata  innanzi  sotto  Grarir  b.  'Abdallah  al-Bagali, 
prepose  al-Barà  b.  'Azib  al-Ansàri  alla  propria  ala  dritta;  Hudza^fah  b.  al-Ya- 
màn  al-Absi  all'ala  sinistra,  e  Qarzah  b.  Ka'b  al-Ansàri  alla  cavalleria,  mentre 
al-Nu'màn  b.  Muqarrin  al-Muzani  comandava  la  fanteria.  Si  venne  allora  ad 
una  grande  battaglia,  in  cui  gli  abitanti  di  Tustar  si  batterono  con  vivo  acca-  ■ 
nimento,  e  le  milizie,  tanto  di  al-Basrah  quanto  di  al-Kùfah,  respinsero  i  Per- 
siani fino  alle  mura  della  città.  Dinanzi  alla  porta  di  questa  al-Barà  b.  'Àzib 
si  battè  finché  cadde  ucciso,  ma  al-Hurmuzàn  ed  i  suoi  seguaci  poterono 
ricoverarsi  entro  la  città,  seppure  in  cattive  condizioni.  I  Persiani  avevan 
perduto  900  uccisi  e  600  prigionieri,  ai  quali  tutti  fu  tagliata  la  testa. 

al-Hurmuzàu,  che  dirigeva  la  difesa  di  Tustar,  era  nativo  di  Mihri- 
gànqadzaf  (^),  ed  era  stato  presente  alla  battaglia  di  Gralùlà-.  Incominciato 
ora  l'assedio  regolare  di  Tustar,  uno  dei  Persiani  rinchiusi  venne  nel  campo 
musulmano,  e  promise  che,  se  gli  si  garantiva  la  sicurtà,  avrebbe  rivelato 

457  58 


§§  !:•>,  11- 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-KHUZI- 
STÀN.  -  Tradi- 
zioni sulla  spe- 
dizione e  presa 
di  Gundaysàbiir, 
di  Tustar  e  di 
Ràmhurmuz.l 


un  punto  debole  degli  assediati.  Ottenuta  questa  assicurazione,  il  persiano 
al)l>raceiò  l'Islam,  e  pose  come  condizione  che  egli  e  suo  figlio  avessero 
(lii-itto  ad  uno  stipendio,  esigendo  che  il  patto  venisse  messo  in  iscritto. 
A  questo  acconsentì  abu  Musa,  e  con  lui  mandò  un  uomo  degli  Saybàn, 
detto  Asras  b.  'Awf  al-Saybàni.  I  due  uomini  guadarono  il  Dugayl  in  un 
punto  dove  erano  alcune  pietre  in  fila  nel  letto  del  fiume,  e  poi  entrarono 
nella  città,  dove  il  persiano  mostrò  all'arabo  al-Hurmuzàn:  quindi  lo  ricon- 
dusse al  campo.  Allora  abù  Musa  scelse  quaranta  uomini  sotto  gli  ordini 
di  Magzah  b.  Thawr,  e  li  mandò  innanzi,  facendoli  seguire  (ad  una  certa 
distanza)  da  altri  duecento.  Questo  avvenne  durante  la  notte,  e  la  prima 
schiera  si  avanzò  guidata  dal  traditore  persiano,  il  quale  li  fece  entrare  tutti 
entro  la  città:  gli  Arabi  uccisero  le  guardie,  e  saliti  sulle  mura  lanciarono 
tutti  insieme  il  grido  del  t  a  k  b  i  r .  Udito  questo,  al-Hurmuzàn  spaventato 
fus'irì  ricoverandosi  nella  cittadella,  dove  teneva  i  suoi  tesori  ed  i  suoi  beni 
mobili.  Allo  spuntar  del  giorno  abii  Musa  varcò  il  fiume  ed  entrò  nella  città, 
e  tutto  quello  che  essa  conteneva  cadde  in  suo  potere.  al-Hurmuzàu  com- 
prese che  la  città  cadeva  per  tradimento,  onde  abbandonando  ogni  speranza 
di  resistere,  mandò  a  chiedere  ad  abù  Miisa  l'amàn;  ma  abù  Musa  non 
olielo  volle  concedere,  se  non  a  condizione  che  si  rimettesse  alla  discrezione 
assoluta  del  Califfo  IJmar.  Così  fu  fatto,  ed  il  Califfo  non  solo  lo  lasciò  in 
vita,  ma  gli  assegnò  anche  una  pensione  (^).  Tutti  gii  altri  difensori  della 
cittadella  furono  passati  da  abù  Musa  a  fil  di  spada  (*)  (B  a  1  à  dz  u  r  i ,  380- 
381). —  Cfi-.  Yàqùt,  I,  849,  lin.   10  e  segg. 

Nota  1.  —  Tustar,  ai  tempi  di  Yàqùt,  era  la  città  più  grande  del  Khùzistàn:  la  t'orma  persiana  del 
nome  era  Sustar.  Attraverso  la  città  scorre  il  fiume  maggiore  del  Khùzistàn,  il  Nahr  Tustar  (Yàqùt, 
I,  847-849).  Cfr.  anche  Istakhri,  Hawqal,  Muqaddasi,  Hamadzàni,  Khurdàdzhih  nei  rispet- 
tivi indici  sotto  la  voce  Tustar,  e  l'ampia  descrizione  in  Meynard  Dictiou,  135-14fi. 

Nota  2.  —  Mihrigànqadzaq  o  Mihrigànqudzaq  (più  frequentemente  con  q  anziché  con  f 
per  lettera  finale),  cioè,  in  persiano,  «amore»  o  «sole»  dell'anima  di  Qadzaq,  ameno  e  largo  di- 
stretto con  città  e  borghi  presso  al-Saymarah,  in  Media. 

Cfr.  Yàqùt,  IV,  668;  Muqsddasi,  257,  2.58,  386;  Khurdàdzbih,  20,  46,  ecc.;  Index,  300; 
Hamadzàni,  209,  210,  236;  Meynard  Diction,  .552. 

Nota  3.  —  Nel  testo  abbiamo  qui  la  notizia,  che  il  traditore  persiano  si  mettesse  egli  stesso  ad 
uccidere  la  sua  famiglia  ed  il  suo  figlio,  gettando  i  cadaveri  nel  fiume,  afiinchè  non  cadessero  in  mano 
del  nemico;  ma  tale  notizia  mi  pare  in  contraddizione  con  quella  precedente,  in  cui  si  dice  che  egli 
ottenne  da  abù  Musa  la  promessa  di  uno  stipendio  per  se  e  suo  figlio. 

Nota  4.  —  Nel  testo  aggiungousi  anche  le  seguenti  notizie,  che  si  riferiscono  ad  un  momento  po- 
steriore: quando  fu  assassinato  il  Califfo  'Umar  (nel  23.  a.  H.)  da  abù  Lu'lu'ah,  lo  schiavo  di  al-Mu- 
ghirah  b.  Su'bah,  il  figlio  del  Caliiìb,  Ubaydallah  b.  'Umar,  sospettò  che  vi  fosse  connivenza  tra  al- 
Hurmuzàn  e  l'assassino,  perciò  corse  presso  il  persiano,  che  non  sospettava  di  nulla,  e  lo  uccise  di 
sorpresa.  Vedi  sotto  l'annata  28.  H. 

§  14.  —  al-Balàdzuri  adduce  un'altra  tradizione  (da  abù  TJbayd  [al- 
Qàsim  b.  Sallàm],  da  Marwàn  b.  Mu'àwiyah,  da  Humayd  [al-Tawil],  da 
Anas    b.  Màlik),  in  cui  Anas  b.  Màlik  pretende  di  aver  condotto  al-Hur- 


458. 


21.  a.  H. 


§§  15,  IG. 


muzàn  a  Madìnah,  e  d'essere    stato    egli,    mediante    la    sua    intercessione.  ?1-  a-  H. 

colui  il  quale  ottenne  la  grazia  per  il  persiano  (Balàdzuri,  381).  stàn.  ~  Tradi- 

§   15.  —  (Ishàq  b.  abì  Isrà-il,  da  ibn  al-Mubàrak,  da  ibn  Grurayg,  da  z'oni  sulla  spe- 

.  à.  1  T-i        -    -     -x     cT  •  1        1         -i .  .      T    m      ,  •  1  ■  dizione  e  presa 

Atà  al-lvhurasani).  oi    assicura  che  la  citta  di  Tustar  si  arrese  la  prima  ^j  óundaysàbur, 

volta  a  patti    (su Ih*"),    ma.   poi    essendosi    ribellata    (cfr.    poc'anzi  §   il,  «*'  Tustar  e  di 


nota  2),  fu  ripresa  d'assalto,  e  questa  volta  gli  Arabi  massacrarono  gli  uo- 
mini e  ridussero  schiavi  le  donne  ed  i  bambini,  che  rimasero  nelle  naani  dei 
vincitori,  finché  giunse  un  ordine  del  Califfo  di  rimetterli  in  libertà. 

Presa  Tustar,  abù  Musa  mosse  contro  Grundaysàbur  ('):  gli  abitanti  della 
quale,  turbati  dai  precedenti  disastri,  chiesero  l'amàn  e  vennero  a  patti 
con  il  generale  arabo,  ottenendo  che  nessuno  di  essi  venisse  o  ucciso,  o  reso 
schiavo,  o  spogliato  dei  suoi  beni:  si  obbligarono  soltanto  alla  consegna  delle 
armi.  Una  parte  degli  abitanti  migi-ò  aUora  ad  al-Kalbàniyyah :  ma  appresso 
ad  essi  abù  Musa  mandò  al-Eabi'  b.  Zij  ad,  che  li  uccise  e  s' impadi'onì  di 
al-Kalbàniyyah.  Gli  al-Asàwirah  chiesero  allora  ed  ottennero  1'  a  ni  a  n  ,  ren- 
dendosi tutti  musulmani  (cfi'.  17.  a.  H.,  §§  105  e  segg.).  Altri  sostengono 
che  gli  al-A.sàwirah  ottennero  1'  a  m  a  n  prima  della  presa  di  Tustar.  e  par- 
teciparono all'assedio  di  quella  città  (Balàdzuri,  381-382). 

Cfr.  anche  Yàqùt,  II,  131,  lin.  10  e  segg.,  il  quale  invece  di  al-Kal- 
bànij'yah  ha  la  lezione  al-Kaltàniyyah:  in  un  altro  passo  (lY,  299,  lin.  10-12) 
questo  ultimo  sito  è  descritto  come  un  luogo  giacente  tra  al-Sùs  ed  al-Say- 
marah.  —  Cfr.   Hamadzàni,   210. 

Nota  1.  —  Gundàysàbru-  era  una  città  dei  Khùzistàn  fondata  da  Sàbùr  b.  Ardasir,  dal  quale  prese 
il  nome.  Secondo  Hamzah,  il  nome  ai-abo  è  una  corruzione  dell'  antico  nome  persiano  Bih-az-.\ndiw- 
Sàfiir,  che,  dice  quella  medesima  autorità,  significa  «  meglio  di  Antàkiyah  >  (?).  Era  città  ben  fortificata, 
vasta,  con  copiosi  palmeti,  campi  seminati  ed  acqua  sorgiva  (Yàqfit,  II,  130,  lin.  6-9,  e  14-15). 

Cfr.  Hamadzàni,  IstaUiri,  Hawqal.  Muqaddasi.  Kh urdàdzbih ,  nei  rispettivi  Indici, 
s.  V.:  e  Meynard  Diction.,  169-170. 

§  16.  —  Il  geografo  Yàqiit  (probabilmente  attingendo  ai  Fu  t  uh  di 
Sayf:  cfr.  Heer,  83j  porge  una  versione  della  presa  di  Gundaysàbùr  che 
è  ben  diversa  dalla  precedente,  e  che  per  i  suoi  particolari,  un  po'  singo- 
lari, non  merita  forse  molta  fede.  Secondo  tale  versione  la  città  fu  con- 
quistata nel  medesimo  anno  della  battaglia  di  Nihàwand  (nell'anno  19.  H., 
aggiunge  il  testo,  il  che  è  errato,  perchè  Nihàwand  fu  combattuta  nel 
21.  H.).  I  Musulmani  avevano  posto  assedio  alla  città  e  la  tenevano  stretta 
da  parecchio  tempo,  quando  un  giorno  all'improvviso  gli  abitanti  aprirono 
le  porte,  mandarono  fuori  gli  animali  al  pascolo,  e  riaprirono  i  mercati 
disperdendosi  in  tutte  le  direzioni.  Gli  Arabi  non  poterono  capire  che  cosa 
fosse  avvenuto  ed  inten-ogarono  gli  abitanti:  scoprirono  così  che  questi 
erano  stati  ingannati  da  uno  schiavo  per  nome  Maknif,  nativo  della  città, 

459.   - 


Ràmhurmuz.] 


§§  1«,  i7. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRÀQ-KHUZI- 
STÀN.  -  Tradi- 
zioni sulla  spe- 
dizione e  presa 
di  óundaysàbùr, 
di  Tustar  e  di 
Ràmhurmuz.l 


il  ijualc  a\x-\;i  scritto  a  loro  dal  campo  mnwulmaiio  offrendo  l'aman  se  si 
l'ossero  arresi:  il  che  avevan  subito  accettato  senza  esitazione;  e  quando 
gli  Arabi  fecero  rilevare  che  Muknif  era  uno  schiavo  non  avente  veruna 
autorità,  essi  risposero:  «  Noi  non  riusciamo  a  distinguere  tra  voi  il  servo 
«  dal  padrone  ».  Crii  Arabi  furono  generosi,  lasciarono  in  pace  gli  abitanti 
e  scrissero  al  Califfo  chiedendo  istruzioni:. egli  rispose  di  accettare  l'aman 
(Yaqùt.  II,   130,  Un.   19  e  segg.).  —  Cfr.  anche  §  31. 

§  17.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isuàd).  abù  Musa  al-As'ari  mosse  contro 
al-Sus,  e  vi  pose  assedio,  finché  agii  abitanti  vennero  meno  le  vettovaglio  e 
fui-ono  costretti  a  domandare  l'aman.  Il  m  a  r  z  u  b  a  n  non  chiese  F  a  m  a  n 
per  tutti  gli  abitanti,  ma  offrì  di  aprire  le  porte  della  città,  se  abu  Musa 
concedeva  la  sicurtà  nella  vita  e  nei  beni  ad  ottanta  persone  da  lui  nomi- 
nate, escludendo  però,  per  isbagiio,  il  proprio  nome  dall'elenco,  abù  Musa 
accettò,  la  città  fu  occupata  dagli  Arabi  e  le  ottanta  persone  ebbero  ciò 
che  fu  pattuito,  ma  al  marzubàn  il  generale  arabo  fece  troncare  la 
testa  ('■)  :  allo  stesso  tempo  mandò  a  morte  un  grande  numero  di  guerrieri, 
che  avevano  difesa  la  città:  i  beni  (di  questi)  furono  confiscati  e  le  loro 
famiglie  ridotte  in  schiavitù. 

Si  narra  che  abù  Musa  vedesse  nella  cittadella  di  al-Sùs  una  casa 
(bayt),  coperta  da  un  velo  (sitr),  e  quando  chiese  che  cosa  nascondesse, 
gli  dissero  che  ivi  riposavano  i  resti  del  profeta  Dànyàl  (Daniele).  Se- 
condo la  tradizione,  Daniele  fatto  prigioniero  (dopo  la  presa  di  Grerusa- 
lemme  :  Yàqùt,  III,  189,  lin.  16)  da  Bukht-Nassar  e  deportato  in  Bàbil, 
erasi  recato  in  al-Sùs  per  richiesta  degli  abitanti  afflitti  da  una  grande 
siccità,  nella  speranza  che  le  sue  preghiere  avrebbero  indotto  Dio  a  mandar 
la  pioggia,  e  colà  aveva  cessato  di  vivere,  abù  Musa  scrisse  al  Califfo, 
chiedendo  che  cosa  dovesse  fare,  ed  'limar  rispose  di  dare  sepoltura  ai 
resti  del  profeta,  abù  Musa  deviò  allora  il  corso  del  canale:  nel  letto  pro- 
fondo del  medesimo  scavò  una  fossa,  ed  ivi  seppellì  i  resti  di  Daniele:  di 
poi  rimise  il  canale  nel  suo  corso  antico  (Balàdzuri,  378). 

Nota  1.  —  al-SQs  era  uu  paese  nel  Khùzistàn  iu  cui  è  la  tomba  del  profeta  Daniele.  al-SCis, 
dice  Yàqùt,  fu  l'ultima  città  espugnata  da  abù  Musa  al-As'ari  (nella  sua  spedizione  nel  JKhuzistàn ; 
(Yàqùt,  m,  188,  lin.  penult.  e  189,  lin.  13  e  segg). 

Cfr.  Istakhri,  Hawqal,  Muqaddasi,  Kh  urdàdzbih,  Hamadzàni  nei  relativi  Indici;  e 
Meynard  Diction.,  326-327  con  le  citazioni  relative  alla  pretesa  tomba  di  Daniele. 

Nota  2.  —  Un'altra  tradizione  (abù  'Ubayd  al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  Marwàn  b.  Mu'àwiyah,  da 
Humayd  al-Tawil,  da  Habib,  da  Khàlid  b.  Zayd  al-Muzani,  cbe  perdette  un  occhio  all'assedio  di  al-Sùsi, 
conferma  l'incidente  del  Marzubàn,  con  la  differenza,  che  invece  di  ottanta  furono  cento  le  persone 
che  ebbero  la  grazia,  e  si  afferma  che  egli  nel  fare  l'elenco  omettesse,  per  dimenticanza,  il  proprio 
nome.  Quando  si  vide  perduto,  il  Marzubàn  offri  ingenti  somme  ad  abù  Musa  per  la  propria  vita, 
ma  il  generale  arabo  non  gli  prestò  ascolto  e  lo  fece  decapitare  (Balàdzuri,  378-3791. 

Abbiamo  trovato  un  episodio  identico  nella  storia  della  Riddah,  quando  il  traditore  al-As'ath 
b.  Qays  omise  nello  stesso  modo  il  proprio  nome  (cfr.  12.  a.  H.,  §§  79,  80).  La  grande  somiglianza  delle 


s    460. 


21.  a.  H. 


17-1!). 


line  naiTazioni  non  sembra  corrispondere  alla  verità,  e  fa  nascere  il  sospetto  che  l' incidente,  più  che 
un  fatto  reale,  debba  essei'e  uno  dei  tanti  temi  tradizionistici,  da  cui  lo  storico  dell'Islam  deve  stare 
perpetuamente  in  guardia  nello  studio  delle  tradizioni  islamiche  (cfr.  anche  §  20).  Nell'esporre  le  vicende 
del  califfato  di  'Ali  e  uell'esaminare  l'odio  ti'adizionistico  contro  al-As'ath  b.  Qays,  dimostreremo  l'in- 
sussistenza delle  accuse  di  tradimento  a  suo  i-iguardo. 

§  18.  —  ('Umar  b.  Hafs  [Hafs  b.  'Umar?]  al-'Umari,  da  abù  Hudzaj-fah. 
da  abu-1-Ashab,  da  abù  Ragàj.  al-Rabi'  b.  Ziyàd  espugnò  anche  al-Thibàn 
(o  al-Thibyàn)  per  ordine  eli  abu  Musa:  più  tardi  la  città  si  ribellò,  e  fti 
riconquistata  da  Mangùf  b.   Thawr  al-Sadùsi  (^)   (Balàdzuri,  382). 

Nota  1.  —  Nel  testo  aggiungesi,  che  le  conquiste  fatte  da  abù  Musa  furono  al-Sùs,  Tustar  e 
Dawraq  (Yàqut,  II,  618;  Meynard  Dict.,  241-242),  tutte  tre  prese  d'assalto.  Poi  si  dice  che  'Abdallah 
b.  'Amir  espugnò  Sanbil  e  al-Zutt,  gli  abitanti  delle  quali  eransi  ribellati,  ed  eransi  uniti  ai  Kurdi:  egli 
espugnò  anche  Aydzag  (Idzag,  cfr.  §  25)  dopo  un  vivo  combattimento.  Queste  ultime  notizie  riferi- 
sconsi  però  ad  una  età  posteriore,  regnante  'Uthmàn,  come  avremo  occasione  di  narrare. 

Appresso  alle  precedenti  notizie  al-Balàdzuri  aggiunge  una  tradizione  di  al-Madà-iui,  in  cui  si 
afferma  che  TLàt  b.  Dzi-l-Harrah  al-Himyari  espugnò  la  fortezza  Qal'ah  Dzi-l-Ranàq,  ma  non  si  dice  né 
quando  ciò  avvenisse,  né  dove  sorgesse  questa  fortezza  (Balàdzuri,  382). 

Né  in  Yàqut  né  in  altra  fonte  geografica  a  mia  conoscenza  esiste  menzione  di  Thibàn  o  Thibyàn. 
né  di  Qal'ah  Dzi-al-Ranàq. 

§  19.  —  (abù  Hanifali  al-Dìnawari).  Allorché  i  Persiani  profughi  di 
(Talùlà-  giunsero  a  Hulwàn,  il  re  Yazdagird  partì  -fuggendo,  seguito  dai 
maggiorenti  e  più  nobili  della  sua  famiglia,  e  andò  a  fissarsi  in  Qumm  e 
Qàsàn(^):  in  questa  circostanza  uno  dei  suoi  più  intimi  seguaci  e  consan- 
guinei, un  certo  al-Hurmuzàn,  zio  materno  di  Sirwayh  (nel  testo  Sii-ùyah, 
la  forma  persiana)  b.  Kisra  Abarwiz,  rivolse  la  parola  al  re  e  gli  fece  osser- 
vare come  gli  Arabi  non  solo  minacciassero  la  regione  intorno  a  Hulwàn, 
ma  un  loro  distaccamento  minacciasse  anche  le  parti  di  al-Ahwàz,  dove 
non  era  alcuno  che  li  respingesse.  al-Hurmu.zàn  alludeva  cioè  alle  schiere 
di  cavalleria  comandate  da  abù  Musa  al-As'ari  (che  invadevano  il  regno 
persiano  dalla  parte  confinante  con  il  distretto  di  al-Basrah).  Al  re  che 
gli  chiese  che  parere  avesse  sul  conto  di  quest'altra  aggressione,  al-Hm*- 
muzàn  rispose  offrendo  di  andar  egli  in  persona  a  ricacciare  indietro  gii 
Arabi,  se  il  re  gii  avesse  dato  le  necessarie  milizie,  e  promettendo  di  cu- 
stodire quei  confini  e  di  mandare  l' importo  delle  tasse  del  Fàris  e  di  al- 
Ahwàz.  Yazdagird  approvò  molto  il  disegno,  e  gli  afiìdò  il  comando  di  una 
})iccola  schiera  d'armati  (cfi*.   17.  a.  H.,  §  109). 

Con  questa  al-Hurmuzàn  si  recò  a  Tustar,  dove  si  adoperò  a  restaurare 
le  fortificazioni  ed  a  raccogliere  vettovaglie  in  previsione  d'un  assedio:  allo 
stesso  tempo  chiamò  la  gente  dei  dintorni  sotto  le  armi  e  radunò  un  in- 
gente numero  di  armati,  abù  Musa  al-As'ari  non  tardò  ad  esserne  informato 
ed  a  mandarne  quindi  rapporto  al  Califfo  'Umar:  questi  comunicò  ogni  cosa 
ad  'Ammàr  b.  Yàsir  (governatore  di  al-Kùfah)  ordinandogli  in  pari  tempo 
di    mandare    al-Nu'man    b.    Muqarrin    con    mille    uomini    in    aiuto  di  abù 


21.  a.  H. 
[IRAQ-KHUZI- 
STAN.  -  Tradi- 
zioni sulla  spe- 
dizione e  presa 
di  GundaysàbGr, 
di  Tustar  e  dì 
Ràmhurmuz.l 


461. 


§19  21.  a.  H. 

21.-  a.  H.  Musa.  'Amniàr  scrisse  allora  a  Garir  b.  'Abdallah   al-Bagali,    che   era   ri- 

STÀN  "^"rla^d'i-  Inasto  in  óalfila-,  di  andarsi  a  unire  con  abu  Musa.  Grarir,  lasciato  'Urwah 
zìoni  sulla  spe-  b.  Qavs  al-Bagali  con  2000  uomini,  tutti  Arabi  nomadi,  a  custodire  Gra- 
di TuTda^  sa  bor^  1"1^''  ^"^^^  ^°^^  ^^  rimanente  a  congiungersi  con  abii  Musa.  Questi  però 
di  Tustar  e  di  non  sodisfatto  dei  rinforzi  avuti,  tornò  ad  insistere  presso  'limar  per  averne 
Ramhurmuz.]  ^j^^.  ^j^j^^j.^^  sicchè  il  Califfo  scrisse  ad  'Ammàr  b.  Yàsir  ordinandogli  di 
lasciare  in  al-Kùfah  la  metà  delle  sue  milizie  .sotto  Abdallah  b..Mas'ùd  e 
di  andare  con  l'altra  a  raggiungere  abù  Musa.  Avvenuta  così  alfine -la  riu- 
nione di  tante  schiere,  abù  Musa  mosse  contro  la  città  di  Tustar,  alla  quale 
pose  assedio:  al-Hurmuzàn  rinchiuso  entro  le  mura  si  difese  con  grande 
accanimento.  L'ala  dritta  musulmana  era  agli  ordini  di  al-Barà  b.  Màlik. 
un  ft-atello  di  Anas  b.  Màlik,  l'ala  sinistra  sotto  Magzàh  b.  Thawr  al- 
Bakri:  su  tutte  (?)  le  schiere  (abù  Musa)  pose  Anas  b.  Màlik,  sulla  fan- 
teria Salamah  b.  Ragà*.  Dinanzi  alla  città  si  venne  ad  ima  grande  e  san- 
siuinosa  battaglia,  in  cui  i  Musulmani  vinsero  i  Persiani  e  li  ricacciarono 
entro  le  mura  della  città,  dove -i  superstiti  si  fortificarono  e  prepararono 
a  difendersi.  Nella  battaglia  perirono  al-Barà  b.  Màlik  e  Magzàh  b.  Thawr. 
mentre  i  Persiani  perdettero  mille  uomini  uccisi  e  seicento  prigionieri. 
A  questi  ultimi  abù  Musa  fece  tagliare  la  testa.  I  Musulmani  rimasero 
molti  giorni  accampati  dinanzi  a  Tustar,  proseguendo  le  operazioni  di 
assedio,  ed  alfine,  durante  ima  notte,  un  uomo  dei  nobili  (asràf)  del 
paese  venne  a  trovare  in  segreto  abù  Musa  e  gli  disse  che,  se  garantiva 
la  sicurtà  (a man)  per  sé,  per  la  sua  famiglia,  per  suo  figlio  e  per  i  suoi 
•  beni  tanto  mobili  che  immobili,  allora  gli  avrebbe  dato  modo  di  pren- 
dei-e  la  città  d'assalto,  abù  Musa  accettò  le  condizioni  e  promise  di  con- 
cedergli quanto  chiedeva.  Il  persiano,  che  aveva  nome  Sinah,  chiese  che 
un  arabo  lo  accompagnasse,  abù  Musa  invitò  uno  dei  presenti  a  seguire 
il  persiano,  facendo  rilevare  il  periglio  estremo  dell'impresa  e  l'assenza  di 
(Qualsiasi  garanzia,  però...  «se  muore,  il  compenso  è  il  paradiso;  e  se  la 
«  impresa  riesce,  il  vantaggio  suo  diviene  il  vantaggio  di  tutti  i  Mu.sul- 
«  mani  ».  Si  offerse  allora  come  volontario  al-Asras  b.  'Awf  al-Saybàni,  e 
salutato  da  abù  Musa  con  le  parole:  «  Che  Dio  ti  guardi!  »,  parti  con  il 
persiano,  guadò  il  Dugayl,  e  per  mezzo  di  un  passaggio  sotterraneo  (sarab) 
arrivò  alla  casa  del  persiano  (entro  la  città  di  Tustar).  Sinah  gettò  allora 
sulle  spalle  di  al-Asras  un  mantello  (t  a  y  1  a  s  à  n)  e  gii  disse  :  «  vienmi  ap- 
«  presso  come  se  tu  fossi  uno  dei  miei  servi  >  ;  poi  si  mise  in  giro  per  la 
città  traversandola  tutta  per  lungo  e  per  largo,  finché  arrivò  al  sito  dove 
stavano  le  guardie  a  custodia  delle  porte:  poi  proseguì  finché  giunse  con 
lui  presso  la  porta  del  suo  castello  insieme  con  vari  maràzibah.  Aven- 

462. 


21.  a.  H. 


§  19. 


dogli  mostrato  così  ogni  cosa,  il  persiano  Sinah  ricondusse  al-Asras  a  casa, 
e  fattolo  uscire  per  il  sotteri-aneo,  lo  rimenò  al  campo  musulmano.  al-Asras 
informò  abù  Musa  di  tutto  quello  che  aveva  visto  e  disse:  «Dammi  due- 
«  cento  uomini:  piomberò  sulle  guardie,  le  ucciderò  e  ti  aprirò  la  porta 
«  della  città:  tu.  sii  pronto  a  prestarmi  man  forte  con  tutta  la  tua  gente  ». 
abu  Musa  gii  affidò  il  comando  di  duecento  volontari,  i  quali  seguirono 
Sinah  ed  al-Asras,  entrando  nella  galleria  sotterranea  (n  a  q  b)  e  riuscendo 
nella  casa  di  Sinah,  dove  si  prepararono  alla  lotta.  I  duecento  uomini 
guidati  da  Sinah  e  da  al-Asras  si  diressero  ora  verso  la  porta  della  città 
allo  stesso  momento  in  cui  abù  Miisa  vi  si  avvicinava  dal  di  fuori,  piom- 
barono sulla  guardia,  e  lanciarono  il  grido  convenuto,  a  cui  risposero  gii 
Arabi  dalFesterno.  Dopo  un  aspro  combattimento,  gli  Arabi  entro  le  mura 
spezzarono  la  serratura  e  spalancarono  la  porta  ai  compagni,  i  quali  tutti 
insieme  irruj)pei-o  nella  città.  al-Hurmuzàn  con  i  maggiori  suoi  maràzi- 
bah  si  rifugiò  nella  fortezza,  che  sorgeva  nel  centro  della  città.  La  quale 
tutta,  con  quanto  conteneva,  cadde  in  potere  dei  Musulmani. 

al-Hurmuzàn,  rinchiuso  nella  cittadella,  continuò  a  difendersi  finché 
ebbe  viveri:  quando  questi  gii  vennero  meno,  chiese  l'amàn.  abù  Musa 
rispose  che  egli  doveva  arrendersi  alla  mercè  di  'Umar,  ed  al-Hunnuzàn 
accettò.  Il  persiano  uscì  quindi  con  la  sua  famiglia  e  con  i  suoi  m  a  r  a  - 
zi  bah,  ed  abù  Musa  inviò  tutti  a  Madinah  dal  Califfo  'limar,  facendoli 
accompagnare  da  trecento  uomini  comandati  da  Anas  b.  Màlik.  Durante 
il  viaggio  giunsero  ad  una  sorgente,  al-Sumaynah  (in  Arabia)  (^),  ma  gli 
abitanti  non  vollero  permettere  ai  viaggiatori  di  fermai-si  per  timore  che 
inquinassero  le  acque:  saputo  però  che  la  gente  era  comandata  da  Anas 
b.  Màlik  non  fecero  più  opposizione.  Gli  Arabi  della  scorta  proposero  ad 
Anas  di  sporgere  lagnanze  al  Califfo  e  pregarlo  di  allontanare  quella  gente 
dal  pozzo  per  punirli  di  quanto  avevan  fatto.  al-IIurmuzàn  disse  :  «  Se 
«  il  vostro  intento  è  di  farli  trasferire  in  un  sito  peggiore,  sarà  possi- 
«  bile  trovarlo?  ».  Arrivati  a  Madinah  al-Hurmuzàn  fri  costretto  a  vestirsi 
con  tutti  gli  ornamenti  e  la  pompa  spettanti  al  suo  grado,  affinchè  il  Ca- 
liffo vedesse  la  foggia  di  vestirsi  e  di  ornarsi  dei  magnati  persiani,  ed  in 
tale  arnese  fu  menato  innanzi  al  Califfo.  Il  resto  dei  fatti,  termina  abù 
Hanifah.  è  noto  a  tutti  (Hanifah,   136-140). 

Nota  1.  —  Qumm  e  Qasàn  sono  due  città  della  Media,  distanti  l'una  dall'altra  dodici  parasanghe, 
ricche  di  acque  dolci  e  di  giardini;  ampiamente  descritte  in  Yàqfit,  IV,  15  e  175(Meynard  Dict., 
434-435,  4.56-460).  Cfr.  Hamaiiziini,  268-265;  Istakhri,  Hawqal  e  Muqaddasi,  hidfx,  pag.  102,  108; 
Khurdàdzbih,  Index,  295. 

Nota  2.  —  al-Sumaynah,  sorgente  dei  banù-l-Hugaym,  prima  tappa  di  chi  da  al-Nibàg  si  dirige 
ad  al-Ba.s.rah  (Yaqnt,  HI,  153;  M  u  q  ad  d  asi ,  190,  251;  Khurdàdzbih,  146,  190). 


21.  a.  H. 
[IRAQ-KHUZI 
STÀN.  -  Tradi- 
zioni sulla  spe- 
dizione e  presa 
di  Gundaysàbur, 
di  Tustar  e  di 
Ràmhurmuz.! 


463. 


§S  •-'<),  -il. 


21.  a.  H. 


21-  a.  H.  §  20.  —  (abù  Hanìfah  al-Dinawari).  Dopo  la  presa  di  Tustar,  'Ammàr 

stàn"  -^T^'dì-  ^^'  ^^^^^'  l'itf^iii*^  ^'011  i  suoi  soldati  e  seguaci  ad  al-Kùfah:  intanto  abu  Musa 

zioni  sulla  spe-  al-As'aii  da  Tustar  moveva  contro  al-Sus  e  vi    poneva    assedio.    Il    mar- 

izione  e  presa  ^  ^,  jj  ^  ^  della  città  chiese  ad  abu  Musa  l'amàn,  o  sicurtà  per  sé  ed  altri 

di  Gundaysabur,  '  '^ 

di  Tustar  e  di  uieiubri  della  sua  làmiglia  e  i  suoi  amici  intimi,  in  tutto  ottanta  persone  : 
am  urmuz.)  -^  pj^^^^  j-jj  accettato  6  concluso,  ed  uscii-ouo  per  i  primi  le  persone  per 
cui  il  marzubàn  aveva  chiesto  l'amàn:  il  traditore  però  aveva  dimen- 
ticato di  porre  sé  stesso  tra  gli  ottanta,  sicché  quando  abù  Musa  ebbe 
contato  le  ottanta  persone  e  veduto  che  il  m  a  ]■  z  u  b  à  n  non  era  compreso 
nel  novero,  lo  fece  agguantare  e  decapitare  (cfi-.  §  17  e  nota  2):  agli  altri 
diede  la  promessa  libertà.  Di  poi  entrò  nella  città  e  rapi  tutto  quello  che 
conteneva. 

Da  al-Sùs  mandò  Mangùf  b.  Thawr  contro  Mihrigànqadzaq,  ed  anche 
detto  paese  fu  espugnato.  Con  questa  spedizione  era  anche  al-Sà-ib  1). 
al-Aqra',  il  quale  (durante  una  razzia)  si  spinse  fino  al  castello  di  proprietà 
di  al-Hurmuzàn,  il  vinto  signore  di  Tustar,  la  patria  del  quale  era  al-Say- 
marah  (^):  il  capitano  arabo  entrò  nel  castello,  discosto  circa  un  miglio  dalla 
città.  In  una  delle  case  del  castello  al-Sà-ib  vide  un'immagine  ritratta 
sul  muro,  con  le  dita  aperte  che  puntavano  verso  terra:  egli  sospettò  su- 
bito che  nel  punto  indicato  vi  fosse  qualche  cosa  sotterrata,  e  difatti  trovò 
una  cassetta  (safat)  di  proprietà  di  al-Hurmuzàn,  piena  di  pietre  preziose. 
al-Sà-ib  ritenne  per  sé  una  pietra  sola  foggiata  a  sigillo  (fiss  khàtim)  e 
spedì  tutto  il  resto  ad  abù  Musa,  informandolo  di  quanto  aveva  sottratto 
e  pregandolo  di  lasciargli  la  pietra  scelta,  abù  Musa  acconsentì  ed  a  sua 
volta  mandò  la  cassetta  al  Califfo  'limar.  Questi  a  sua  volta  mandò  tutto 
ad  al-Hurmuzàn,  domandandogli  se  riconosceva  la  cassetta.  Il  persiano  ri- 
spose di  sì,  ma  osservò  che  mancava  una  pietra:  quando  il  Califfo  gli  ebbe 
.spiegato  come  ciò  fosse  avvenuto,  al-Hurmuzàn  osservò:  «  Il  vostro  seguace 
«s'intende  davvero  di  pietre  preziose!»   (Hanìfah,   140). 

Nota  1.  —  al-Saymarah,  cantone  tra  la  Media  e  il  Khuzistàn,  e  città  presso  Mihragànqadzaq,  a 
sinistra  di  chi  va  da  Hamadzàn  a  Baghdad  :  Yàqùt,  III,  442  (Maynard  Dict.,  373);  Istakhri. 
Hawqal,   Muqaddasi,  Index,  90-91;  KhurdàdzLih,  41,  142,  244;  Hamadzàni,  209,  227. 

§  21.  —  (Mugàlid  b.  Sa'id,  da  Amir  b.  al-Sà'ib).  abù  Musa  al-As'ari 
conquistò  Tustar,  Isbahàn,  Mihrigànqadzaq  e  Mah  Dzubyàn  (Yùsuf,  34, 
lin.  9-10). 

Queste  notizie  si  riferiscono  però  a  tutta  la  durata  del  governo  di 
abù  Musa  al-As'ari,  e  quindi  alludono  a  fatti  di  annate  successive.  L'or- 
dine nel  quale  sono  messi  i  nomi  non  corrisponde  affatto  alla  serie  cro- 
nologica degli  avvenimenti. 

464. 


21.  a.  H. 


§§  -irì,  23. 


21.  a.  H. 
(IRÀQKHUZI- 
STÀN.  -  La  con- 


IRÀ Q-KHUZISTÀN.  —  La   conquista   del  Khùzistan  {versione  di  al- 
MadTrini). 

§  22.  —  Le  notizie  narrate  da  al-Madà'ini  non  sembrano  dettate  con  quìsta  dei  KhQ- 
lo  scopo  di  conservare  memoria  delle  vicende  musulmane  nel  Khùzistan, 
ma  per  porre  in  rilievo  i  grandi  meriti  ed  i  particolari  personali  riguar- 
danti alcune  famiglie  persiane.  —  Sembiano  notizie  foggiate  posteriormente 
per  glorificazione  di  famiglie  musulmane  di  oi'igine  persiana,  che  avevano 
appunto  per  capostipiti  o  Siyàh  o  uno  di  coloro  che  con  lui  passarono 
alla  fede  musulmana.  I  due  tradimenti  di  Siyàh,  perchè  avvenuti  a  van- 
taggio della  causa  islamica,  sono  narrati  come  atti  meritori,  perchè  la  vera 
fede  va  innanzi  a  tiitto  e  per  essa  è  lecito  violare  qualunque  impegno, 
rompere  qualunque  vincolo  umano  e  sociale. 

§  23.  —  (abù  Zayd  'Umar  b.  Sabbah,  da  al-Madà-ini).  Quando  i  fug- 
giaschi della  rotta  di  Galùlà-  arrivarono  presso  il  re  Yazdagird  in  Hulwàn, 
il  re  riunì  a  consiglio  i  suoi  intimi  e  al-Mawbadz  (il  sommo  pontefice  del 
clero  mazdeista)  per  decidere  su  qviello  che  conveniva  di  fare.  al-Mawbadz 
propose  che  il  re  trasferisse  la  sua  dimora  nella  foltezza  di  Istakhi'  (nel 
Fàris),  la  sede  antica  della  sua  casa  (bayt  al-mamlakah),  adunandovi 
i  suoi  tesori,  e  dirigendo  da  lì  la  campagna  contro  gli  Arabi.  Questo  con- 
siglio fu  approvato  da  Yazdagird,  il  quale  perciò  andò  prima  ad  Isbahàn, 
e  chiamato  Siyàh,  gli  ordinò  di  recarsi  nel  Fàris  con  trecento  uomini,  ù-a 
i  quali  si  trovavano  settanta  fi:a  i  più  nobili  del  regno,  e  di  fare  un  appello 
generale  di  tutti  i  Persiani,  perchè  venissero  sotto  le  armi.  Yazdagird  pro- 
segui con  Siyàh  fino  ad  Istakhi',  e  mentre  egli  vi  stabiliva  la  sua  corte, 
Sij'àh  continuò  verso  il  Fàris,  dove  abù  Musa  (al-As'ari)  stava  assediando 
la  città  di  al-Sùs.  Sij^àh  si  spinse  in  direzione  di  al-Sùs,  mentre  al-Hur- 
muzàn  prese  il  cammino  di  Tustar. 

Siyàh  avanzò  fino  ad  al-Kalbànij-yah.  Intanto  però  gii  abitanti  di 
al-Sùs,  avendo  avuto  notizia  della  disfatta  di  Gralùlà*,  e  della  fuga  di  Yaz- 
dagird fino  ad  Istakhi-,  aprirono  trattative  con  abù  Musa  al-As'ari  e  si  ar- 
resero al  generale  arabo;  il  quale  si  spinse  ora  contro  Ràmhurmuz.  Siyàh, 
nel  suo  campo  in  al-Kalbàniyj-ah,  turbato  da  questo  nuovo  successo  delle 
armi  musulmane,  ed  aiTÌvato  oramai  alla  conclusione  che  gli  Arabi  fos- 
sero invincibili,  si  tenne  inoperoso  nel  proprio  campo,  mentre  abù  Musa 
al-As'ari  si  avanzava  anche  contro  Tustar,  e  riceveva  altri  rinforzi  coman- 
dati da  Ammàr  b.  Yàsir.  Siyàh,  trasferito  dunque  il  suo  campo  in  un  sito 
fi'a  Ràmhurmuz  e  Tustar,  convocò  ora  a  consiglio  i  suoi  colleghi,  e  fatta 
esposizione  dello  stato  disperato  delle  cose,  propose  di  unirsi  ai  Musulmani 
e  di  abbracciare  la  loro   religione.    Ottenuta    l'approvazione   dei   colleglli, 

46.5.  59 


§§  :J:1,  :il. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-KHUZI- 
STAN.  -  La  con- 
quista  del    Khu- 
zistàn.j 


SìnAIi  iiiaiidò  ^irawayli  e  nove  altri  cavalieri  in  missione  presso  abu  Musa 
por  trattare  la  conversione  dei  Persiani  del  suo  distaccamento.  I  Persiani 
rliiedevano  condizioni  di  favore:  erano  pronti  a  battersi  con  non  arabi,  ma 
non  volevano  essere  obbligati  a  combattere  contro  altri  Arabi  (cfr.,  per 
identica  condizione,  evidentemente  interpolata,  17.  a.  H.,  §§  108,  109,  111): 
volevano  potersi  stabilire  ed  unirsi  a  chi  e  dove  loro  piacesse,:  pretesero 
inoltre  di  essere  iscritti  nel  ruolo  dei  pensionati  più  alti  e  di  avere  per 
capo  soltanto  la  persona  superiore  ad  abù  Musa,  alludendo  così  al  Califfo 
stesso,  abù  Musa  non  voleva  impegnarsi  a  questi  patti,  ma  siccome  i  Persiani 
ricusavano  d'altra  parte  di  convertirsi  ad  altre  condizioni,  abù  Musa  scrisse 
al  Califfo,  informandolo  di  tutto,  ed  'Umar  rispose,  ordinandogli  di  accettare 
le  condizioni  chieste  dai  Persiani.  In  questo  modo  Sij^àh  con  tutti  i  suoi  ab- 
bracciarono l'Isiàm:  cento  fra  i  convertiti  furono  iscritti  nel  ruolo  dei  pen- 
sionati, che  ricevevano  2000  dirham  all'anno:  sei  persiani,  ossia  Khusraw, 
detto  anche  Miqlàs,  Sahriyàr,  Sahrawayh,  Sii-awayh,  Afrùdzìn  e  Siyàh  ri- 
cevettero invece  la  pensione  di  favore  di  2500  dirham  all'anno  (cfr.  anche 
20.  a.  H.,  §§  255,  286,  336)0. 

Essi  presero  parte  alle  guerre  successive  e  si  distinsero  per  il  loro 
grande  valore.  Durante  l'assedio  d'una  fortezza,  che  secondo  alcuni  fu  quella 
di  Tustar,  Siyàh  si  spinse,  vestito  alla  persiana,  sotto  le  mura  della  rocca, 
mostrando  i  suoi  vestiti  tutti  macchiati  di  sangue:  i  difensori  prendendolo 
per  uno  dei  loro  compagni,  ed  ingannati  dalla  sua  foggia  di  vestire,  gli 
aprirono  la  porta  deUa  fortezza.  Egli  allora  afferrò  la  spada,  si  gettò  sulle 
guardie  e  le  uccise,  rendendosi  padrone  della  porta  :  continuò  quindi  a  bat- 
tersi, tenendo  aperta  la  porta,  finché  arrivarono  gli  altri  Musulmani  in  suo 
soccorso  e  la  fortezza  venne  espugnata  (T abari,  I,  2561-2564J. 

Nota  1.  —  È  lecito  avere  dubbi  su  questi  particolari.  Tutte  le  condizioni  messe  da  Siyàh  per 
convertirsi  mi  sembrano  poco  degne  di  fede.  È  inconcepibile  che  gli  Arabi  accettassero  di  trattare  le 
condizioni  per  una  conversione:  dovevano  sicuramente  essere  eguali  per  tutti.  Anche  questo  cenno  delle 
pensioni  alle  quali  avrebbero  preteso  i  Persiani,  ha  l'aria  di  essere  interpolazione  posteriore,  quando 
si  discuteva  se  un  arabo  musulmano  t'osse  pari  ad  un  musulmano  non  arabo.  Non  si  può  mai  essere 
abbastanza  guardinghi  nell'accogliere  il  contenuto  delle  tradizioni,  perchè  notizie  tendenziose  sono  state 
introdotte  con  arte  ed  astuzia  dovunque  era  possibile  e  di  preferenza  là  dove  non  si  potesse  sospettare 
l'inganno  e  l'interpolazione.  Si  leggano  le  .icute  osservazioni  e  gli  esempi  addotti  dal  Horovitz  nel 
Voricorf  di  Saad,  IL  1,  pag.  v-vi. 

IRÀQ-KHUZISTÀN.  —  La  conquista  del  Khuzistan  [versione  di  Sayf 

b.  '  Umav). 

§  24,  —  Dopo  quanto  si  è  detto  e  ripetiito  più  volte  sulla  scuola  ira- 
qense  rappresentata  da  Sayf  b.  'Umar,  la  seguente  versione  non  merite- 
rebbe forse  nemmeno  di  essere  minutamente  confutata  :  gli  errori  e  le  palesi 


46G. 


Zi.    a..    H.  ss  24    25. 

finzioni    tradizionistiche  sono  tanto  numerose  da  poreere  della  campagna  21.  a.  H. 

,,,1,..  ,,  ^    °  (IRAQ-KHUZI- 

un  quadro  totalmente  diverso  dal  vero.  stàn  -Ta  con- 

Invece  di  'Ammàr  b.  Yàsir   si    sostituisce    Sa'd  b.  abi  Waqqas  come        quìsta  dei  Khu- 
governatore  di  al-Kùfah   alla   presa  di  Tustar.  Ad  abù  Musa  al-As'ari,  il        ^'     " 
vero  conquistatore    del  Khùzistàn,  Sayf  toglie    ogni    merito  e.   desideroso 
sempre  di  elevare  la  dignità  di  al-Kùliah   sopra   quella  di  al-Basrali.  pone 
abù  Musa  tra  i  capitani  dipendenti  da  abii  Sabrah,  un  oscuro  luogotenente 
di  Sa'd  b.  abi  Waqqas  in  al-Kùfah. 

Mentre  le  fonti  migliori  lasciano  abù  Musa  al-As'ari  governatore  di 
al-Basrah  senza  alcuna  interruzione  dal  17.  H.  in  poi,  Sayf,  seguendo  la 
tendenza  della  sua  scuola  di  moltiplicare  i  nomi  d'  illustri  ignoti  inve- 
stiti di  cariche  importanti,  afferma  che  due  volte  'Umar  togliesse  ad  abù 
Musa  il  governo  di  al-Basrah  e  ne  investisse  altri.  Le  ragioni  di  questi 
mutamenti  non  sono  specificate  :  si  tratta  in  realtà  di  glorificare  un 
preteso  antenato  di  qualche  famiglia  contemporanea  di  Sayf.  Così,  per 
esempio,  è  per  'Umar  b.  Suràqah  menzionato  al  §  27.  Anche  qui  final- 
mente il  Califfo  è  rappresentato  dirigere  da  Madinah  tutte  le  mosse  della 
campagna! 

§  25.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  Afiflitto  dai  tanti 
rovesci  sofferti  dalle  armi  persiane,  il  re  Yazdagird  si  adoperò  in  ogni 
modo  per  rianimare  i  suoi  sudditi  a  riprendere  le  armi  ed  espellere  gli 
invasori.  Dalla  regia  di  Marw,  ove  egli  si  era  ricoverato  (dopo  i  rovesci 
di  Gralùlà,-),  scrisse  ora  agli  abitanti  del  Fàris,  sollecitandoli  ad  impedire 
altre  invasioni  degli  Arabi,  avvertendoli  che  se  'non  provvedevano  ur- 
gentemente alla  difesa,  i  cavalieri  arabi  non  avrebbero  tardato  ad  in- 
vadere il  resto  del  paese,  e  distruggere  i  loro  beni.  Animati  dalle  solle- 
citazioni del  re,  gii  abitanti  del  Fàris  si  misero  in  rapporti  con  quelli 
di  al-Ahwàz  e  formarono  un'alleanza,  promettendosi  reciprocamente  soc- 
corso. I  Persiani  di  al-Ahwàz  avevano  però  concluso  un  accordo  con  i 
Musulmani  di  al-Basrah,  e  perciò  si  rendevano  colpevoli  di  diserzione  e 
tradimento.  Notizia  di  queste  mene  ribelli  giunse  all'orecchio  di  Hurqùs 
b.  Zuhayi-,  ed  i  capi  delle  tribù  dei  banù-l-'Ama  ricevettero  anch'essi  infor- 
mazioni in  conferma  del  meditato  tradimento  di  al-Hurmuzàn  e  degli  abi- 
tanti di  al-Ahwàz.  Sulma  e  Harmalah,  che  comandavano  i  posti  sul  confine, 
ne  mandarono  immediatamente  ragguaglio  ad  'Umar. 

Il  Califfo  scrisse  a  Sa'd  (b.  abi  Waqqas,  governatore  di  al-Kùfah),  oi" 
dinaudogii  di  spedire  con  la  massima  sollecitudine  verso  al-Ahwàz  una  pie' 
cola  schiera  di  soldati  sotto  il  comando  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin:  gli 
ordinò  di  mandare  anche  Suwajd  b.  Muqarrin,  'Abdallah  b.  Dzi-1-Sahmayn, 

467. 


2'-  a  H.  (iarir  b.   'Abdallah  al-liiinyari,  Garir  b.   'Abdallah   al-Bagali  ed  altri,  e  gli 

'IRÀO-KHUZI-  ■./  o  'o 

STAN.  -  La  con-     ingiunse  di  andarsi  ad  accampare  di  fronte  ad  al-IIurmuzàn. 

quista  del  Khu-  \\\q  stesso  toiupo  ordinò  ad  abu  Musa  (al-As'ari,  govtujiatorc    di    al- 

liasrah)  di  mandare  un  piccolo  esercito  verso  al-Ahwàz,  affidandone  il  co- 
mando  a  Sahl  b.  'Adi,  fratello  di  Suhayl  b.,  'Adi,  e  di  inviare  con  lui  ai- 
Bara  b.  Màlik,  'Àsini  b.  'Ami-,  Magzah  b.  Thawr,  Ka'b  b.  Sur,  Arfagah 
b.  riartliamah,  lludzavl'ah  b.  Milisan,  'Abd  al-rahmàn  b.  Sahl,  al-Husayn 
b.  Ma'bad  ed  altri.  Il  comandante  delle  schiere  unite  di  al-Kùfah  e  di 
al-Basrah  doveva  essere  abù  Sabrah  b.  abì  Ruhm,  il  quale  rimaneva  in- 
vestito del  comando  quali  che  fossero  i  rinforzi. 

al-Nu'màn  b.  Muqarrin  lasciò  al-Kùfah,  e  traversando  il  centro  del 
Sawàd,  varcò  il  Tigri  nei  pressi  di  Maj^sàn.  Prendendo  la  via  diretta 
attraverso  la  pianura,  si  spinse  verso  al-Aliwàz,  ^^assando  prima  per  Nahr 
Th-a,  poi  per  Manàdzir  ed  infine  per  Sviq  al-Ahwàz,  ove  lasciò  Hurqùs, 
Sulma  e  Harmalah.  Giunse  così  dinanzi  al  campo  di  al-Hurmuzàn,  che  si 
trovava  in  Ràmhurmuz,  fiducioso  della  vittoria  per  l'arrivo  di  molti  rin- 
forzi dal  Fàris,  l'avanguardia  dei  quali  era  già  in  Tustar.  al-Nu'màn  b. 
Muqarrin  con  le  genti  di  al-Kiifah  assalì  senza  indugio  i  Persiani,  ed  una 
battaglia  molto  sanguinosa  combattuta  nei  pressi  di  Arbuk  C)  terminò  con 
la  disfatta  di  al-Hurmuzàn,  che  abbandonando  Ràmhurmuz,  si  ritirò  in 
Tustar.  al-Nu'màn  avanzò  ancora,  ma  avvicinandosi  a  Idzàg  (^),  s' incontrò 
con  Tu'awayh,  che  chiese  ed  ottenne  di  far  la  pace  a  nome  degli  abitanti 
del  paese.  al-Nu'màn  ritornò  quindi  addietro  fino  a  Ràmhurmuz,  dove  si 
fermò  per  qualche  tempo  (T  a  bari,  I,  2551-2553). 

Cfr.  Athìr,  II,  426-427;  Khaldùn,  II,  App.,   112. 

Nota  1.  —  Arbuk  o  Arbak,  contrada  di  Ahwàz,  con  villaggi  e  seminati:  Yàqut,  I,  186  (Mey 
nani  Di  et.,  18),  clie  però  attinge  al  medesimo  Sayf  b.  'Umar. 

Nota  2   —  Su  ìdzàg  non  ti-ovo  notizie  nelle  fonti  geogi-aflche.  Cfr.  §  18,  nota  1. 

§  26.  —  (Sayf  b.  Umar,  senza  isnàd).  Le  milizie  partite  da  al- 
Basrah  per  ordine  del  Califfo,  sotto  il  comando  di  Sahl  b.  'Adi,  giunsero 
a  Sùq  al-Ahwàz  quando  vi  arrivò  la  notizia  della  prima  vittoria  già  otte- 
nuta da  al-Nu'màn  b.  Muqarrin.  Saputo  che  al-Hurmuzàn  si  era  ritfrato  a 
Tustar,  le  genti  di  al-Basrah  si  accinsero  a  marciare  direttamente  da  Sùq 
al-Ahwàz  su  Tustar  senza  passare  per  Ràmhurmuz,  ove  erano  accampato 
le  milizie  kufane.  Anche  queste  si  accinsero  ora  a  marciare  su  Tustar, 
sicché  intorno  a  detta  città  affluirono  tutte  le  schiere  musulmane  della 
regione:  vi  giunsero  non  solo  i  Basrensi  sotto  Sahl  b.  'Adi,  ed  i  Kufani' 
sotto  al-Nu'màn  b.  Muqarrin,  ma  anche  le  altre  schiere  sotto  Hurqùs,  Gaz, 
Sulma  e  Harmalah.  Nella  città  erano  radunate  molte  milizie  provenienti 

468. 


21.  a.  H. 


■26,  27 


dal  Fàris,  dal  Gribài  e  da  al-Ahwàz,  le  quali  difendendosi  con  molto  valore 
dietro  forti  trincee,  costrinsero  i  Musulmani  a  chiedere  altre  milizie  al  Ca- 
liffo 'Umar:  questi  ordinò  ad  abu  Musa  (governatore  di  al-Basrah)  di  man- 
dare altri  rinforzi  ad  abù  Sabrah,  che  teneva  il  comando  delie  forze  riunite 
musulmane  sotto  le  miu'a  di  Tustar.  Le  schiere  di  al-Basrah  partirono  sotto 
gli  ordini  dello  stesso  abù  Musa,  il  quale  assunse  il  comando  di  tutte  le 
genti  basrensi,  pur  lasciando  il  comando  generale  ad  abù  Sabrah  b.  abi 
Ruhm. 

L'assedio  tirò  in  lungo  per  vari  mesi,  con  ripetuti  assalti,  nei  quali 
perirono  moltissimi  Musulmani:  fra  gii  uccisi  si  fanno  i  nomi  di  al-Barà 
b.  Màlik,  di  Magzàh  b.  Thawr,  di  Ka'b  b.  Sur  e  di  abù  Tamimah,  tutti 
uomini  di  al-Basrah.  Dei  Kufani  perirono:  Habìb  b.  Qurrah,  Rib'i  b.  Amir, 
'Amir  b.    Abd  al-Aswad. 

L'assedio  sarebbe  durato  ancora  molto  a  lungo,  se  uno  dei  difensori, 
disertando  nel  campo  musulmano,  non  avesse  rivelato  un  punto  debole 
delle  fortificazioni,  là  dove  usciva  il  fiume:  con  un  corpo  scelto  di  volon- 
tari, fra  i  quali  si  trovavano  'Amir  b.  'Abd  Qays,  Ka'b  b.  Sur,  Magzàh 
b.  Thawr,  Hasakah  al-Habati  e  molti  altri,  il  disertore  penetrò  nella  città 
di  notte,  spalancò  le  porte,  e  chiamati  gli  altri  con  il  segnale  convenuto 
del  takbir,  permise  agii  as.sedianti  di  penetrare  entro  la  città  e  d' impa- 
dronirsene dopo  un  lungo  e  sanguinoso  conflitto  notturno,  nel  quale  pe- 
rirono Maijzàh  b.  Thawr  e  al-Barà  b.  Màlik,  uccisi  dallo  stesso  al-Hur- 
muzàn,  comandante  delle  forze  persiane. 

I  Musulmani  massacrarono  tutti  i  combattenti  trovati  nella  città,  e 
la  stessa  sorte  sarebbe  toccata  anche  ad  al-Hurmuzàn,  il  comandante  in 
capo  dei  Persiani,  se  egli  non  avesse  saputo  salvarsi  grazie  alla  sua  astuzia. 
Rifugiatosi  nella  cittadella,  accanitamente  inseguito  dagli  Arabi,  fece  fronte 
ai  nemici,  e  li  tenne  indietro,  annunziando  che  aveva  nel  turcasso  cento 
dardi,  e  che  se  si  avanzavano,  avrebbe  o  ucciso  o  ferito  cento  persone. 
Gli  Arabi,  pur  di  farlo  prigioniero,  acconsentirono  di  trattare  e  chiesero 
le  sue  condizioni.  Egli  volle  avere  un  salvacondotto  per  arrivare  fino  al 
Califfo  'Umar,  alla  clemenza  del  quale  era  pronto  a  rassegnarsi.  Gli  Arabi 
accettarono  il  patto  e  al-Hurmuzàn  gettato  via  l'arco  ed  i  dardi  si  consegnò 
nelle  mani  dei  nemici  e  venne  da  essi  fortemente  legato. *"  Il  bottino  preso 
in  Tustar  fix  molto  copioso;  ogni  pedone  ebbe  per  sua  quota  mille  (d  ir- 
li a  m)  ed  ogni  cavaliere  tre  mila  (T  abari,  I,  2553-2556j. 

Cfr.  Athir,  II,  427-428;  Khaldùn,  II,  App.,   112. 

§  27.  —  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Appena  padrone  della  città, 
abù  Sabrah,  che  comandava  l'esercito  musulmano,  ordinò    l'inseguimento 


21.  a.  H. 
i  IRAQ- KMQ  Zl- 
STÀN.  -  La  con- 
quista  del    Khù- 
zistàn.] 


469. 


zistan. 


21.  a.  H.  Jei  fuggiaschi,  i  quali  si  precipitavano  in  direzione  di  al-Sùs:  con  lui  anda- 

STÀN  -Ta^con-  ^'^^^"^  anche  al-Nu'màn  ed  abvi  Musa  e  al-Hurmuzan  prigioniero.  I  Musul- 
quista  del  Khu-  mani  circondai'ono  la  città  (di  al-Sùs)  ed  inconiinciarnno  le  operazioni  di 
assedio. 

I  Musulmani  inviarono  ora  una  relazione  degli  avvenimenti  al  Califfo 
'Umar,  il  quale  allora  richiamò  'Umar  b.  Suràqah  (da  al-Basrah)  a  Madinalì, 
ed  ordinò  ad  abu  Miisa  di  i-itornare  ad  al-Basrah  o  riprendervi  il  governo 
della  città.  Questa  era  la  terza  volta  che  il  Califfo  mandava  abù  Musa  ad 
al-Basrah.  'Umar  b.  Suraqah  vi  fu  mandato  invece  due  volte  dal  Califfo. 
Il  quale  intanto  spedì  ordine  a  Zarr  b.  'Abdallah  b.  Kulayb  al-Fuqa3ani  (') 
di  recarsi  a  Gunday  Sàbùr:  dove  Zarr  si  recò  senza  indugio  cingendo  d'a.^- 
sedio  la  città. 

abu  Musa  ritornò  ad  al-Basrah,  e,  per  ordine  del  Califfo,  al-Muqtarib 
al-Aswad  b.  Rabi'ah,  dei  banù  Rabi'ah  b.  Màlilv  (^),  assunse  il  comando 
delle  milizie  basrensi  (che  assediavano  al-Sùs)  (T  ab  ari,  I,  2556). 

Nota  1.  —  Zan-  era  uno  dei  Mu  hàgiru  n,  o  Emigrati,  Compagni  del  Profeta,  dice  (scorretta- 
mente) Sayf.  Egli  venne  con  una  delle  ambasciate  a  Madìnah  per  vedere  il  Profeta,  ed  essendosi  lamen- 
tato perchè  la  morte  aveva  rapito  tanti  membri  della  sua  famiglia,  il  Profeta,  a  sua  istanza,  pregò  Dio 
che  la  famiglia  di  Zarr  tornasse  a  moltiplicarsi  (T  ab  ari,  I,  2556-2657). 

Nota  2.  —  Secondo  Sayf  b.  'Umar,  anche  al-Aswad  era  un  Compagno  del  Profeta  ed  uno  dei 
Muhàgiriin.  Egli  venne,  narra  Sayf,  a  Madinah  con  una  delle  ambasciate,  e  si  prese  il  cognome  di 
al-Muqtarib,  perchè  dichiarò  al  Profeta:  «Io  sono  venuto  per  avvicinarmi  (li-aqtaribj  a  Dio,  diven- 
tando tuo  compagno!»   (Tabari,  I,  'iSóT). 

§  28.  —  (Sayf  b.  Umar,  senza  isnàd).  abù  Sabrah  b.  abi  Ruhm 
cinse  dunque  d'assedio  la  città  di  al-Sùs,  ma  trovò  che  i  difensori,  comandati 
da  Sahriyàr,  un  fì-atello  di  al-Hurmuzàn,  opponevano  forte  resistenza. 
Questa  fu  anzi  tanto  vigorosa  e  felice,  che  i  preti  ed  i  frati  (cristiani?) 
andarono  ripetendo  la  tradizione,  che  nessuno  avrebbe  potuto  espiìgnare  la 
fortezza  di  al-Sùs,  se  non  l'Anticristo,  al-Daggàl.  Durante  l'assedio  di 
al-Sùs  avvenne  il  cambio  nel  governo  di  al-Basrah:  abù  Musa  lasciò  l'eser- 
cito sotto  al-Sùs  e  anelò  a  riprendere  l'amministrazione  in  al-Basrah,  mentre 
al-Muqtarib  assumeva  il  comando  delle  schiere  basrensi:  quelle  kufane  ri- 
masero sempre  al  comando  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  ;  ambedue  però  sotto 
gli  ordini  di  abù  Sabrah.  Intanto  giungeva  notizia  che  i  Persiani  an- 
davano riunendo  armati  in  Nihàwand,  sicché  fu  necessario  spedire  un  di- 
staccamento sotto  Zarr  a  sorvegliare  le  mosse  del  nemico  da  quella  parte, 
e  fu  d'uopo  diramare  un  nuovo  appello  sotto  le  armi  in  al-Kùfah  per 
l'invio  di  un  altro  esercito  da  al-Kùfah  sotto  gli  ordini  di  Hudzayfah;  il 
quale  unitosi  a  Zarr  doveva  assalire  i  Persiani  in  Nihàwand.  Anche  al- 
Nu'màn  si  accinse  ora  a  lasciare  il  campo  di  al-Sùs  per  muovere  su  Ni- 
hàwand, ma  prima  di  partire  volle  ancora  tentare  un  assalto  della  fortezza. 

470. 


zìstàn. 


21.    a.    H.  §§  28-30. 

I  preti    ed   i  ft-ati    tornarouo  a  ripetere    che    soltanto  l'Anticristo  avrebbe  21.  a.  h. 

potuto  impadronirsi  della  rocca,  in  quel  giorno  però  fra  1  cavalieri  di  al-        stàn.  -  La  con- 

Nu'màn    si   trovava    8àfi    Ij.  Sa3'yàd:    questi  si  slanciò   fino    alla    porta  di        quista  dei  Khu- 

al-Sùs  e  con   im^^eto  tui'ioso  battè  con  il  piede-  contro  di  essa;    come   per 

incanto  s" infransero  le  catene  e  le  serrature,  e  la  porta  si  spalancò  da  sé:  i 

Musulmani  si  precipitarono  nell'  interno  ed  incontrarono  gli  abitanti,  i  quali 

con  alte  grida  chiedevano  la  pace,  che  venne  genei'osamente  concessa  dal 

vincitore,  benché   al-Sùs   fosse   stata   espugnata  con  la  forza.  Conquistata 

così  la  città,  al-Nu'màn  alla  testa  delle   genti  kufane   lasciò  al-Ahwàz  e 

si  spinse  fino  a  Mah,  a  cui  pose  assedio:  intanto  abù  Sabrah  mandava  al- 

Muqtarib  ad  assalire  la  città  di  Gunda3-Sàbùr  insieme  con  Zarr.  al-Nu'màn, 

espugnata   Mah,  vi  si  trattenne  finché  fu  raggiunto  dai  rinforzi  venuti  da 

al-Kùfah,  con  i  quali  si  mise  anch'egli  in  marcia  su  Nihàwand. 

Sàfi,  al  quale  si  doveva  la  presa  di  al-Sùs,  ritornò  a  Madinah  e  vi 
mori  (T  a  bari,  I.  2664-2566). 

Cfi-.  Athir,  II,  430;  Khaldùn,  II,  App.,   113. 

§  29.  —  l^Sayf  b.  Umar.  da  'Atiyj-ah,  e  da  altri).  Quando  abù  Sa- 
brah espugnò  al-Sùs,  gli  fri  portata  la  notizia  che  in  quella  città  si  tro- 
vava il  corpo  del  profeta  Dàniyàl  (Daniele),  abù  Sabrah  non  volle  inca- 
licarsene:  «  Non  abbiamo  che  fare  con  questo!  ».  egli  disse,  e  lasciò  la 
tomba  in  potere  degli  abitanti.  La  tradizione  era  che  il  profeta  Dàniyàl 
fosse  morto  e  sepolto  in  al-Sùs  dopo  aver  sofferto  molte  vessazioni  per 
opera  del  re  Buklit-Nassar  (Nabuccodonosor). 

Allorché  abù  Sabrah  lasciò  al-Sùs  per  recarsi  a  Grunda3'-Sàbùr,  abù 
Musa  al-As'ari  prese  il  governo  della  città  e  scrisse  al  Califfo  'Umar,  in- 
formandolo della  scoperta  della  tomba  di  Dàniyàl:  il  Califfo  mandò  ordine 
di  riporre  il  corpo  del  profeta  in  luogo  sicuro  e  nascosto.  In  ossequio  alla 
volontà  di  Umar  il  cadavere  venne  dissotterrato,  avvolto  in  altri  panni 
funerari  e  sepolto  nuovamente  dai  Musulmani,  abù  Musa  trovò  sulla  mano 
del  defunto  un  anello,  sul  quale  era  efiìgiato  up  uomo  fi'a  due  leoni,  abù 
Musa  si  prese  l'anello  e  ne  scrisse  al  Califfo,  il  quale  gli  ordinò  di  metter- 
selo al  dito  e  di  usarlo  come  sigillo  (T  a  bari,  I,  2566-2567). 

Cfr.  Athìr,  II,  431. 

§  30.  —  (Sa3'f  b.  'Umar,  senza  isnàdj.  Dopo  la  presa  di  Tustar,  il 
generale  abù  Sabrah  spedì  un'ambasciata  al  Califfo,  fra  i  componenti  della 
quale  erano  Anas  b.  Màlik  e  al-Ahnaf  b.  Qa3^s:  con  loro  mandò  anche  il 
prigioniero  al-Hurmuzàn.  L'ambasciata  lasciò  il  campo  di  al-Sùs  insieme 
con  abù  Musa  al-As'ari  e  fece  con  lui  il  viaggio  fino  ad  al-Basrah:  donde 
proseguì  diretta  sino  a  Madinah.  Al  momento  di  arrivare  in  questa  città,  i 


471. 


ti  :tii. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H.  membri  dell  ambasciata  rivestirono  al-Hnrmuzau  con  i  vestiti  più  ricchi  e 

[•IRÀQ-KHÙZI-         „  .      .       ,  0.       j.  j.  1  1    .L. 

STÀN. -Lacon-  sfarzosi,  in  broccato  doro  e  seta:  sul  suo  capo  posero  una  corona,  detta 
quista  del  KhQ-  a  1  -  a  dz  i  u  (in  persiano:  «  ornato  »?),  fi-egiata  di  pietre  preziose,  e  coprirono 
il  magnate  persiano  di  ornamenti  e  di  gioie,  quali  il  Califfo  non  aveva 
mai  \  isto.  In  questo  abbigliamento  traversarono  la  città,  dirigendosi  all'abi- 
tazione di  'Umar,  ma  non  lo  trovarono  in  casa.  Avendo  chiesto  informa- 
zioni ai  vicini,  seppero  che  il  Califfo  teneva  udienza  nella  moschea  per 
un'ambasciata  venuta  in  quel  giorno  da  al-Kutàh.  L'ambasciata  corse  alla 
moschea,  ma  neanche  lì  trovò  il  Califfo,  benché  lo  cercassero  da  ogni  parte. 
Uscendo  dal  tempio,  due  fanciulli  madinesi,  che  giocavano  per  istrada  e  che 
si  erano  avveduti  delle  difficoltà  nelle  quali  versavano  gli  ambasciatori,  indi- 
carono agli  stranieri  che  il  Califfo  era  un  uomo,  al  quale  gii  ambasciatori 
non  avevano  fatto  attenzione,  perchè  giaceva  solo  in  terra,  addormentato, 
in  un  angolo  della  moschea,  con  la  testa  appoggiata  al  mantello  arroto- 
lato a  mo'  di  cuscino.  Il  Califfo  aveva  ricevuto  poco  prima  l'ambasciata 
di  al-Kùfah,  e  dopo  aver  udito  i.  discorsi  ed  aver  congedato  gli  ambascia- 
tori si  era  adagiato  in  terra  e  si  ei'a  addormentato.  Nessun  altro  si  tro- 
vava nella  moschea,  ed  il  Califfo  dormiva  solo  in  terra,  reggendo  con  la 
mano  il  solito  suo  nerbo  (dirrah).  al-Hurmuzàn,  avvezzo  alla  pompa  dei 
sovrani  sassanidi,  non  poteva  persuadersi  che  quell'uomo  fosse  il  Calitfc), 
senza  guardie,  senza  cortigiani.  Gli  ambasciatori  aspettarono  rispettosa- 
mente che  il  Califfo  si  svegliasse  da  sé,  ciò  che  avvenne  in  breve  per  lo 
accorrere  di  una  folla  di  curiosi  intorno  al  prigioniero  persiano  e  per  il 
grande  strepito  delle  voci,  che  turbarono  la  quiete  della  moschea,  'limar, 
destatosi  alfine,  si  mise  a  sedere,  e  senza  altra  pompa  o  cerimonia,  tenne 
udienza  alla  missione  venuta  con  il  prigioniero.  Quando  però,  messo  gii 
occhi  su  al-Hurmuzàn,  ebbe  osservato  il  suo  modo  sfarzoso  di  vestire,  si 
rifiutò  di  parlargli,  finché  non  avesse  deposto  tutti  gli  ornamenti  che  in- 
dossava. al-Hurmuzàn  gettati  via  i  vestiti,  si  ripresentò  al  Califfo  avendo 
soltanto  un  panno  intorno  ai  lombi,  ed  un  mantello  di  stoffa  grossolana 
sulle  spalle.  Il  Califfo  acconsentì  allora  ad  interrogarlo,  domandandogli 
quale  scusa  e  quale  giustificazione  potesse  addurre  in  difesa  delle  sue 
ripetute  violazioni  di  fede.  al-Hurmuzàn  ofi&ì  di  dare  ogni  spiegazione, 
«  ma  »,  egli  aggiunse,  «  temo  che  tu  mi  abbia  a  mettere  a  morte  prima 
«  che  io  t'informi  dei  fatti!  ».  —  «  Non  aver  paura  di  questo  »,  gli  disse  il 
Califfo.  Allora  al-Hurmuzàn  disse  di  avere  molta  sete,  e  chiese  da  bere. 
Gli  portarono  una  tazza  grossolana  piena  d'acqua,  ma  egli  la  rifiutò  sde- 
gnosamente: «  Anche  se  dovessi  morir  di  sete,  non  potrei  bere  in  una 
«  cosa  simile  ».   Gli  portarono   allora  l'acqua  in  un  vaso  grande,  che  egli 

472. 


21.  a.  H. 


30,  31. 


accettò.  Quando  però  si  accinse  a  bere,  le  mani  gi' incominciarono  a  tre-  21.  a.  H. 

mare,  mostrando  che  egli  si  trovasse  in  preda  ad  una  grande  paura.  «  lo  stàn.  -Ta  con- 
«  temo  »,  egli  disse,  «  che  mi  uccidano,  mentre  sto  bevendo!  ».  —  «  Non  quista  dei  Khu- 
«  aver  paura  »,  esclamò  'Umar,  «  finché  lo  hai  bevuto!  ».  Udite  queste 
parole,  al-Hurmuzàn,  invece  di  bere,  versò  tutta  l'acqua  in  terra,  e  disse 
al  Calitfo:  «Io  non  ho  più  bisogno  dell'acqua:  io  voleva  avere  da  te  un 
«  salvacondotto,  ed  ora  sono  sodisfatto  ».  —  «  Ma  io  ti  farò  mettere  a 
«  morte!  »,  rispose  'Umar.  —  «  Non  puoi!  Mi  hai  garantita  la  salvezza  della 
«  vita!  ».  —  «  Tu  menti!  ».  —  «  Io  dico  la  verità,  o  Principe  dei  Credenti! 
«  Tu  mi  hai  concesso  la  salvezza  nella  vita!  ».  Il  Califfo  volle  negare  di 
aver  fatto  siffatta  concessione  all'uccisore  di  Magzàh  e  di  al-Barà,  ma 
quando  al-Hurmuzàn  gli  rammentò  le  formali  assicurazioni  date  prima  di 
dissetarlo,  il  Califfo  dovette  ammettere  di  essere  stato  tratto  in  inganno 
dall'astuto  persiano  e  di  aver  promessa  la  sicurezza  ad  al-Hurmuzàn  (^). 
Questi  però  non  volle  più  a  lungo  affliggere  il  Califfo  con  siffatta  umi- 
liazione e  si  dichiarò  musulmano.  Umar  gli  concesse  una  pensione  di 
due  mila  dirham  all'anno,  e  al-Hurmuzàn  prese  stanza  in  Madinah  (T  a- 
bari,  I,  2557-2569). 

Cfr.  anche  Abulfeda,  I,  240-242;  Athir,  IL  428-429;  Khaldùn. 
IL  App.,   112-113. 

Nota  1.  —  lu  un'altra  tradizione  di  Sayf  b.  'Umar  (da  abfi  Sufyàn  Talhah  b.  Abd  al-rahmàn. 
da  ab»  Isa;  è  detto  che  l' interprete  fra  il  Califfo  e  al-Hurmuzàu  in  questa  conversazione  fosse  al-Mu- 
ghirah  b.  Su'bah,  il  quale  aveva  imparato  (in  al-Basrah)  un  poco  della  lingua  persiana  (Tabari,  I. 
2559-2560). 

Sulla  intelligenza  di  al-Mughirah  abbiamo  attirato  l'attenzione  in  un  paragrafo  precedente  (con- 
frontisi §  4i:  Sayf  gli  attribuisce  meriti  speciali:  rammentiamo  infatti  che  nelle  tradizioni  sulla  batr 
taglia  di  al-Qàdisiyyah  il  nome  di  al-Mughirah  ritorna  più  volte  come  oratore  eloquente  degli  Arabi 
nelle  trattative  con  i  Per.siani  (cfr.  16.  a.  H.,  §§  58,  59,  60,  69j. 

§  31.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  Muhammad,  e  da  altri).  Nel  corso  del- 
l'anno 17.  H.  venne  concluso  il  trattato  con  gli  abitanti  di  Grunday-Sàbùr 
(Tabari.  I,  2567,  lin.   12). 

Quando  abù  Sabrah  ebbe  terminata  la  conquista  di  al-Sùs,  si  avanzò 
con  tutto  l'esercito,  ed  accompagnato  da  Zarr  b.  Abdallah  b.  Kulayb  andò 
a  porre  assedio  alla  città  di  Grunday-Sàbur  :  questa  fu  cinta  da  tutte  le 
parti,  ma  resistè  a  lungo  e  fu  alfine  presa  soltanto  dopo  la  conclusione  di 
un  regolare  trattato.  La  presa  di  Grunday-Sàbùr  e  la  vittoria  di  Nihàwand 
si  seguirono  l'una  l'altra  a  due  mesi  di  distanza  (Tabari,  I,  26G7,  lin.  19). 

Si  narra  altresì  che  la  resa  di  Gunday-Sàbùr  avvenisse  p,er  effetto  di 
un  equivoco,  cagionato  da  un  servo  dei  Musulmani  che  lanciò  con  una 
freccia  nella  città  nemica  l'offerta  della  sicurezza  nella  vita  e  nei  beni  : 
gli  abitanti  accogliendo  l'offerta  aprirono  le  porte,  e  si  accinsero  a  riatti- 

473.  60 


zistàn. 


§§  ;>l,  '■'•'2.  "^'    ^'    **• 

21.  a.  H.  vaiv  i  mercati  come  se  fosse  tempo  di  pace,  con   grande   meraviglia   dei 

STAN  -  La  con-     Musulmani.  Quo.sti    chiesero  ai  Pcr.siani    che    cosa    facessero,  ed    avuta   la 
quista  del  Khu-     spicga/ionc,   vollero   in  principio  negare  ogni  validità    alla    proposta  fatta 
dallo  schiavo:  gli  abitanti  risposero  che  essi  non  sapevan  distinguere  fra 
Musulmani  liberi  e  schiavi:  se  i  Musulmani  non  si  attenevano   alle    con- 
dizioni   dell'offerta,  li   avrebbero    considerati    come    violatori    della    parola 
data;  e  si   ritirarono  entro  la  città.  I  Musulmani  ne  scrissero  al  Califfo  in 
Madinah.  La  risposta  fii  di  accogliere  e  mantenere  i  patti  della  resa,  quali 
■^gli  abitanti  li  avevano  accettati,  e  cosi  fu  fatto  (T abari,  I,  25G7-25G8). 
Cfi-.  Athìr,  II,  432,  e  poc'anzi  §  16. 

Tutta  la  versione  di  Sayf  b.  'limar  sulla  presa  di  Tustar  è  ampia- 
mente riassunta  in  Tabari  Zotenberg,  III,  465-461. 

IRAQ-PERSIA.  —  I  precedenti  della  battaglia  di  Nihàwand. 

§  32.  —  Nonostante  le  notizie  in  apparenza  copiose  sulla  battaglia 
di  Nihàwand,  la  vera  natura,  o  ragione  storica  di  questo  fatto  d'arme,  è 
relativamente  molto  oscura,  pei'chè  mal  si  collega  con  quanto  sappiamo 
dei  fatti  anteriori  e  posteriori  alla  battaglia. 

È  certo  che  i  Persiani,  dopo  il  rovescio  di  Gralulà-  e  l'avanzata  araba 
su  Hulwàn  (cfi-.  16.  a.  H.,  §§  134-237),  abbandonarono  la  difesa  dei  con- 
traffoi'ti  inferiori  dell'altipiano  iranico,  e  si  ritirai'ono  in  alto  fra  le  gole 
dello  Zagro.s,  lasciando  il  piano  mesopotamico  al  suo  destino.  Pare  che 
Yazdagird  desse  ai  suoi  l'esempio  nel  fuggire  da  Hvilwàn  verso  paesi  più 
sicuri,  e  che  i  Persiani  tutti  lo  seguissero:  rimasero  soltanto  le  poche  guar- 
nigioni nel  Khùzistàn,  a  battersi  con  gli  Arabi.  Questi,  come  già  si  disse 
più  volte,  non  si  sentirono  disposti  a  tentare  i  rischi  dei  monti  iranici, 
finché  rimanevano  a  conquistare  le  comode  pianure  della  Mesopotamia  e 
dell'Assiria.  I  Musulmani  si  gettarono  fi-a  i  monti  solo  quando  tutto  il 
piano  era  in  loro  potere,  e  per  estendere  le  conquiste  era  giuocofoi'za  af- 
frontare i  brutti  rischi    della  guerra  in  'montagna  (cfr.   16.  a.  H.,  §  237). 

Il  punto  oscuro  della  campagna  di  Nihàwand  è  il  campo  stesso  di  bat- 
taglia. Chi,  come  l'Annalista,  ha  fatto  la  scalata  dell'altipiano  iranico  per 
la  via  solita  di  Hulwàn  e  Karmansàhàn,  vale  a  dire  appunto  la  via  battuta 
dall'esercito  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  nel  21.  H.,  deve  necessariamente 
maravigliarsi  come  gli  Arabi  siano  potuti  giungere  sino  alle  pianure  di 
Nihàwand,  sull'altipiano  stesso,  senza  incontrare  la  menoma  resistenza.  L'an- 
tica via  commerciale  è  ripida,  penosa  e  diffìcile,  ed  in  un  punto  la  condi- 
zione dei  luoghi  si  presta  tanto  poco  al  passaggio  di  cara  vane,  che  in  età 
assai  remote,  forse  al  tempo  degli  Achemenidi,  o  anche  prima,  degli  Assiri, 

474. 


21.  a.  H. 


§§  32,  33. 


sui  fianchi  del  monte  fii  scavato,  nella  viva  roccia,  un  angusto  passaggio, 
dove  nulladimeno  il  transito  è  sempre  difficile  e  pericoloso.  Riesce  perciò 
incomprensibile  come  i  Persiani  non  abbiano  pensato  a  munire  questo  passo, 
dove  pochi  uomini  sarebbero  stati  capaci  di  respingere  eserciti  assai  nu- 
merosi. 

Dall'insieme  dei  fatti  e  da  quanto  seguì  la  battaglia,  sembra  giusti- 
ficato il  supporre  che  gli  eventi  si  svolgessero  in  modo  diverso  dalla  ver- 
sione tradizionale.  L'aver  gli  Arabi  varcato  senza  resistenza  i  passi  più 
difficili  dello  Zagros  e  l'aver  essi  data  battaglia  ai  Persiani  nella  pianura 
di  Nihàwand,  nel  cuore  dell'altipiano  iranico,  fa  sospettare  che  l'avan- 
zata musulmana  fosse  un  ardito  colpo  di  mano,  con  il  quale  al-Nu'màn  b. 
Muqarrin  (generale  del  resto  sconosciuto,  un  beduino  qualunque  dei  banù 
Sulaym),  forse  comandante  militare  di  secondo  ordine  in  qualche  posto  di 
confine,  tentò  qualche  pazza  impresa  nell'altipiano  persiano,  per  emulare 
Khàlid  in  Siria,  ed  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto.  I  Persiani  sorpresi  corsero 
alla  riscossa,  ed  il  luogo  della  battaglia  è  indizio  che  le  forze  sassanidi 
venissero  per  la  massima  parte  dal  mezzogiorno,  dal  Fàris,  la  culla  antica 
della  dinastia,  e  la  regione,  dove,  come  vedremo,  più  tenace  e  limga  fu 
la  resistenza  contro  l'avanzata  degli  Arabi  :  lì  forse  più  che  altrove  ardeva 
ancora  viva  la  devozione  alla  dinastia  nazionale.  Notevole  è  infine  la  con- 
siderazione che  tutte  le  versioni  della  battaglia  hanno  una  caratteristica 
comune:  gli  Arabi  aggrediscono  ed  i  Persiani  si  difendono  in  una  posi- 
zione fortificata  nel  cuore  del  loro  paese.  Non  furono  dunque  gli  Arabi 
che  si  mossero  per  resistere  ad  una  tentata  invasione  persiana  della  Ba- 
bilonide,  come  vorrebbero  i  cronisti  arabi,  ma  il  contrario  ossia  un'aggres- 
sione degli  Arabi  che  i  Persiani  tentarono  di  respingere. 

§  33.  —  La  tradizione  parla  di  grande  vittoria,  ma  tale  notizia  deve 
essere  accettata  cum  grano  salis.  Nella  battaglia  i  Musulmani  perdettero 
il  comandante  generale  e  vari  altri  tra  i  principali  capitani  :  dunque  la 
mischia  fu  ferocissima  e  dm-ante  un  certo  periodo  addirittura  sfavorevole 
agli  Arabi.  Se  però  accettiamo  parzialmente  la  versione  tradizionistica  ed 
ammettiamo  una  vittoria  araba,  dobbiamo  intenderla  in  un  senso  assai 
limitato,  vale  a  dire  che  le  perdite  degli  Arabi  furono  tali  da  rendere  quasi 
vani  tutti  gli  effetti  della  vittoria. 

Sayf  b.  'Umar,  che  accomoda  ogni  cosa  per  aggiustare  organicamente 
il  suo  artificiale  quadro  storico,  narra  come  dopo  la  vittoria  di  Nihàwand 
seguisse  la  conquista  sistematica  dell'altipiano  iranico.  Egli  pone  cioè  la 
battaglia  di  Nihàwand  nel  17.  H.,  mentre  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  era  ancora 
governatore  di  al-Kùfah,  e  fa  seguire  nell'anno  18.  H.  come  conseguenza 


21.  a.  H. 
1  IRAQ-PERSIA.- I 
precedenti    della 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.] 


475. 


§  3;t. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.-  I 
precedenti    della 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.l 


imiiii'diata  della  vittoria,  l'invasione  dell' Tran  e  la  sottomissione  completa 
(li  esso,  nel  breve  corso  di  un  st)lo  anno.  Le  altre  fonti,  come  diremo  fra 
l)iovo.  narrata  la  battaglia  di  Nihàwand  nel  21.  li.,  posticipano  la  con- 
quista dell' Iran  sino  al  biennio  29.-31.  H.  —  Dunque  la  versione  di  Sayf 
1).  'Umar  è  contraria  a  quanto  risulta  dalle  affermazioni  delle  altre  fonti 
più  fide,  e  possiamo  sicuramente  respingerla.  Nonostante  la  vittoria  di  Ni- 
hàwand il  progresso  delle  armi  arabe  nell'altipiano  fu  molto  lento.  Nel 
settentrione  i  Musulmani  poterono  penetrare  neH'Adzarbaj'gàn  ed  occupare 
temporaneamente  tutta  la  regione  sino  ai  piedi  dei  monti:  ma  nel  mez- 
zodì, nel  Fàris,  trovarono  una  salda  opposizione  che  sfidò  durante  lunghi 
anni  tutti  gli  sforzi  per  abbattere  la  patriottica  disperata  resistenza  di 
quei  montanari. 

La  battaglia  di  Nihàwand  fu  quindi  un  trionfo  d' importanza  minoro 
di  quanta  gliene  attribuiscono  le  fonti  arabe,  perchè  le  perdite  subite  dai 
vincitori  impedirono  a  loro  un'energica  avanzata.  Piìi  tardi  però  i  cronisti 
arabi  scoprirono  che  a  Nihàwand  era  perito  l'ultimo  grande  esercito  dei  Sas- 
sanidi  e  quindi  magnificarono  l'evento,  perchè  ne  intuirono  tutto  l'intimo 
significato,  che  sfuggì  agli  attori  stessi.  Con  la  disfatta  di  Nihàwand  cessò 
infatti  sin  l'ultima  parvenza  d'un  legame  tra  le  varie  parti  dell'  impero 
sassanida  :  ogni  provincia,  quasi  ogni  città  fece  da  sé.  Ninno  ebbe  piìi 
fiducia  nei  destini  della  patria  e  della  dinastia,  e  Yazdagird  vide  ridotto 
il  suo  regno  effettivo  alla  sola  provincia  del  Fàris  :  jijuando  ebbe  perduta 
anche  questa,  errò  ramingo  per  la  Persia  come  un  profugo,  e  dovè  cercare 
rifugio  in  Asia  Centrale,  tra  i  barbari,  dove  almeno  esisteva  un  forte  go- 
verno centrale. 

Alcuni  scrittori,  come  il  Muller,  hanno  parole  di  sdegno  (Mùller,  I, 
245-246)  per  i  satrapi  delle  provincie  più  remote  che,  secondo  lui,  avreb- 
bero abbandonato  il  re  al  suo  destino,  accecati  da  uno  stupido  egoismo, 
illusi  che  i  deserti  della  Persia  Centrale  e  meridionale,  e  la  grande  distanza 
li  mettessero  al  sicuro  dalle  aggressioni  arabe.  Ciò  è  forse  vero,  ma  è  anche 
certo  che  l' impero  si  trovava  in  tali  condizioni  da  non  poter  piìi  opporre 
veruna  resistenza  organica  e  compatta.  Dopo  Nihàwand  si  dissolvette,  come 
un  corpo  decomposto,  privo  di  ogni  vita  propria. 

L'azione  fiacca  degli  Arabi  dopo  Nihàwand  si  può  spiegare  facilmente 
e  con  varie  ragioni.  Fu  vittoria  ottenuta  da  un  distaccamento  arabo  di 
poca  importanza  e  pagata  a  carissimo  prezzo.  Né  il  Califfo,  né  il  gover- 
natore di  al-Kùfah  dopo  questo  sanguinoso  saggio  della  resistenza  persiana 
vollero  mettere  a  repentaglio  le  proprie  forze  in  avventure  militari  che 
sembravano  assai  rischiose,  iarnari    foi-se    che  Yazdagird   non    aveva    altri 


476. 


21.  a.  H. 


S§  :53,   34- 


grandi  eserciti  da  oppoiTe.  Inoltre  nel  Fàris  i  Persiani,  assistiti  dalla  dif- 
licilissima  natura  dei  luoghi,  opponevano  una  accanita,  gloriosa  resistenza, 
che  per  quasi  dieci  anni  rimase  come  una  spina  nel  fianco  degli  Arabi,  fu 
rargine  precipuo  contro  ogni  loro  ulteriore  avanzata.  I  capi  dello  Stato 
musulmano  non  osarono  avventurarsi  alla  conquista  dell'  Iran  prima  che 
la  rocca  nazionale  nel  Fàris  fosse  abbattuta.  Ciò  avvenne  soltanto  nel  29.  H., 
e  perciò  soltanto  nei  due  anni  successivi  seguì  la  sottomissione  della  Persia 
sino  ai  monti  dell'Asia  Centrale. 


§  34.  —  La  cronologia   della 


giornata 


di  Nihàwand  è  sicura:  tutte 
le  fonti  migliori  concordemente  affermano  che  la  battaglia  fii  combattuta 
mentre  'Ammàr  b.  Yàsii-  era  governatore  in  al-Kùfah,  e  abbiam  visto  che 
ciò  cade  nel  21.  H.  Nello  stesso  anno  altre  fonti  (cfr.  §§  35,  37,  38)  pon- 
gono la  battaglia  di  Nihàwand,  la  quale  avvenne  perciò,  poco  tempo  dopo 
la  presa  di  Tustar,  nel  21.  H.  'Ammàr  b.  Yàsir  fu  governatore  per  un 
tempo  brevissimo,  e  gli  successe,  come  già  si  disse  (eh'.  §§  2  e  segg.),  al- 
Mughirah  b.  Su' bah,  l'adultero  di  al-Basrah,  l'astuto  Thaqafita. 

Il  AVellhausen  (Sk.  u.  Vorarb.,  VI,  108)  vuol  metter  in  correla- 
zione la  campagna  di  Nihàwand  con  la  presa  di  Tustar  e  vedere  in  ambedue 
i  fatti  d'arme  le  manifestazioni  di  uno  stesso  moto  di  resistenza  araba  ad 
una  grande  riscossa  iranica  contro  gli  Arabi:  ipotesi  che  a  noi  non  sembra 
accettabile  (cfr.  §  33).  Egli  insiste  sul  fatto  che  il  centro  dell'azione  per- 
.siana  fino  a  tutto  il  21.  H.  fosse  ancora  il  Fàris  e  più  precisamente  la  ca- 
pitale antica  dei  Sassanidi,  Istakhr,  dove  il  re  Yazdagird  si  ricoverò  quando 
gli  Arabi  lo  forzarono  ad  abbandonare  Hulwàn.  La  presa  di  Tustar  sembra 
esser  avvenuta  prima  di  Nihàwand,  perchè  si  vuole  da  alcune  fonti  che 
al-Nu'màn  b.  Muqarrin  fosse  presente  a  Tustar  e  si  sa  che  trovò  la  morte 
a  Nihàwand. 

Alla  vittoria  di  Nihàwand  presero  parte  schiere  di  al-Kùfah  e  di  al- 
Basrah.  ma  dopo  la  battaglia  gli  eserciti  si  separarono:  i  Basrensi  pie- 
Lcarono  verso  il  mezzogiorno,  e  le  schiere  kufane  verso  il  settentrione.  Nella 
cronologia  dei  fatti  successivi  abbiamo  molte  incertezze  e  confusioni,  che 
dipendono  in  parte  dalle  difficoltà  incontrate  dagli  Arabi  nell'avanzare,  e 
dalle  continue  rivolte  delle  città  conquistate.  Alcune  fonti  pongono,  è  vero, 
la  conquista  della  Media  (Hamadzàn)  subito  dopo  Nihàwand,  'ma  altre  la 
posticipano  sino  al  23.  H.  Allora  però  non  è  chiaro  come  si  potesse  fare 
V  invasione  dell'Adzarlìaygàn  nel  22.  H.,  se  la  Media,,  non  era  sottomessa. 
Il  Wellhausen  (1.  e,  pag.  108)  ritiene  che  queste  prime  conquista  fossero 
molto  superficiali,  e  adduce  in  prova  che  la  stessa  Nihàwand  dovette  esser 
ripresa  dagli  Arabi  nel  24.  H.  fBalàdzuri,  pag.   309). 


21.  a.  H-. 
[  IRAQ-PERSIA.- I 
precedentj    della 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.] 


477. 


§§  rti-j«s. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.- I 
precedenti    della 
battaglia    di    Ni- 
hàwand.] 


Gli  Arabi,  dopo  la  vittoiia,  turbati  dalle  grandi  perdite,  ebbero  un 
momento  di  trepidante  esitanza,  e  permisero  e  invogliarono  gli  abitanti 
della  Media  a  liprendere  le  armi  e  ribellarsi.  Gli  Aiabi,  dinanzi  alla  resi- 
.•^tenza  tenace  degli  abitanti  delle  città  iraniche,  si  contentarono  di  razziare 
una  piccola  parte  del  paese,  lasciando  per  ora  in  disparte  le  città,  come 
avevan  fatto  nei  primi  tempi  anche  in  Palestina  ed  in  Siria,  e  non  tenta- 
rono di  estendere  maggiormente  i  loro  confini  verso  oriente.  Tali  osserva- 
zioni spiegano  tutte  le  con  tradizioni  e  le  incertezze  delle  fonti,  sulla  resa 
delle  varie  città  della  Media,  perchè  confondono  trattati  temporanei  per 
indennità  di  guerra  con  la  resa  definitiva  delle  città.  Questa  avvenne  dopo 
che  gli  Arabi  furon  rimasti  parecchio  tempo  padroni  della  campagna.  La 
natura  pianeggiante  della  Media,  simile  in  ciò  a  grandi  parti  d'Arabia,  .si 
prestava  a  questo  sistema  di  gueiTeggiare. 


IRAQ-PERSIA.  —  Tradizioni  sulla  battaglia  di  Nihàwand. 

§  35.  —  Secondo  ibn  Isliàq,  abù  Ma'.sar  ed  al-Wàqidi,  la  battaglia  di 
Nihàwand  (^)  fu  combattuta  nell'anno  21.  H.  Il  solo  Sayf  b.  'Umar  sostiene 
che  la  battaglia  avvenisse  nell'anno  18.  H,,  nel  sesto  anno  del  Califfato 
di  'Umar  (T abari,  I,  2596). 

Cfi'.  anche  Yàqùt,  IV,  827,  lin.  9  e  segg.,  il  quale  dice  che  secondo 
abù  Bakr  al-Hudzali  (da  Muh.  b.  al-Hasan)  la  battaglia  fu  vinta  nel  21.  H.; 
e  perciò  il  testo  di  al-Balàdzuri,  più  avanti  al  §  36,  può  esser  errato  dove 
ha:  20.  H. 

ó-awzi,  I,  fol.  48,r.,  pone  però  l'evento  sotto  l'anno  19.  H.  :  la  sua 
lunga  narrazione  della  battaglia  nulla  aggiunge  di  notevole  a  quanto  si 
trova  nei  paragrafi  seguenti  (id.,  foli.  48,r.-53,v.). 

Nota  1.  —  Niliàwaud  era  una  grande  città  a  mezzodì  di  Hamadzàn  a  tre  giornate  di  distanza 
da  essa  (Yàqùt,  IV,  406,  lin.  7  e  segg.;  827,  lin.  3-4;  Meynard  Dict.,  57:^-576). 

§  36.  —  (ibn  al-Kalbi,  da  abù  Mikhnaf).  La  vittoria  di  Nihàwand 
avvenne  in  un  mercoledì  del  19.  H.  :  alcuni  però  la  pongono  nel  20.  H. 
(Balàdzuri,   305). 

Cfr.  Yàqùt,  IV,  827,  lin.  9  e  segg. 

§  37.  —  Nell'anno  21.  H.  fu  vinta  la  battaglia  di  Nihàwand,  nella 
quale  perirono  il  comandante  generale  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  al-Muzani 
e  Talhah  b.  Khuwaylid  b.  Nawfal  (Mahàsin,  I,  84,  lin.   12-14). 

§  38.  —  ibn  Hibbàn  confonde  la  battaglia  di  Nihàwand  con  quella 
di  al-Qàdisiyyah  e  pone  quest'ultima  nel  21.  H.  (Hagar,  II,  332,  lin.  8), 
mentre  è  noto  che  al-Qàdisiyyah  fu  vinta  nel  16.  H.  (cfr.  16.  a.  H.,  §§  1 
e  segg.). 


478. 


21.  a.  H.  §§  39,  40. 

8  39.  —  (fabu   Hàsim   Ruh    b.   'Abd   al-mù-minl  al-Rifa'i   fal-Basri  al-  21.  a.  h. 

['IRAQ-PERSIA.  - 

Karàbisi]  [f  248.  a.  H.],  da   [Mu'àdz    b.   Mu  àdz]   al-'Abqari,   da   abù  Bakr        Tradizioni  sulla 
al-Hudzali,   da    al-Hasan   [al-Basri],    e    da    Muhammad  [b.   Ka'bj).   La   bat-        battaglia  di  Ni- 
taglia  di  Xihawand  fii  combattuta  nel  20.  H.  (B  a  1  a  dz  u  r  i ,  305,  dove  si 
adduce  anche  il  seguente  isnàd:  al-Rifa'i,  da  al-'Abqari,  da  abù  Ma'sar, 
da  Muhammad  b.  Ka'b,  per  confermare  questa  data). 

Cfr.  però  poc'anzi  il  §  35,  dove  Yàqùt,  citando  la  stessa  tradizione,  ha 
la  data  21.  invece  che  20.  H. 

§  40.  —  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  al-Xu'màn  b.  Muqarrin  era  gover- 
natore di  Kaskar  e.  non  essendo  contento  del  suo  ufficio,  scrisse  al  Ca- 
liffo 'Umar,  informandolo  che  egli  era  stato  messo  da  Sa'd  b.  abì  Waqqàs 
(governatore  di  al-Kùfah)  come  esattore  dell'imposta  fondiaria  (kharàg)  in 
Kaskai-  e  che  tale  occupazione  non  gli  andava  affatto  a  genio,  perchè  pre- 
feriva la  guerra  santa  contro  gì'  infedeli.  Il  Califfo  scrisse  allora  a  Sa'd 
b.  abi  Waqqà.s,  ordinandogli  di  togliere  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  dal  suo 
posto  di  esattore  in  Kaskar  e  di  mandarlo  con  un  esei-cito  verso  quel  punto 
della  fì-ontiera  persiana  dove  il  nemico  era  più  minaccioso,  ossia  contro  la 
fitta  di  Nihàwand  C).  In  questa  città  infatti  da  parecchio  tempo  i  Pei'- 
siani  avevano  radunato  uomini,  armi  e  provviste,  ed  allestivano  un  nuovo 
e  grande  esercito  per  la  rivincita  contro  gii  Arabi.  Comandante  del  nuovo 
esercito  persiano  era  Dzù-1-Hàgib,  uno  dei  più  nobili  fra  i  Persiani.  Prima 
che  al-Nu'màn  j^artisse  per  la  Persia,  il  Califfo  gli  mandò  una  lettera  di 
raccomandazioni,  affìncliè  non  esponesse  troppo  la  vita  dei  Musulmani, 
rammentandogli  che  la  vita  di  un  musulmano  gii  era  più  cara,  che  non 
cento  mila  dirham.  Con  al-Nu'màn  partii'ono  molti  Compagni  del  Pro- 
feta, e  ft-a  questi  è  fatta  speciale  menzione  di  : 

(1)  Hudzayfah  b.  al-Yamàn,  il  comandante  in  seconda  dell'esercito 
musulmano,  il  quale  doveva  assumere  il  comando,  qualora  al-Nu'màn  ve- 
nisse ucciso  ; 

(2)  Graru'  b.  'Abdallah  al-Bagali,  che  doveva  assumere  il  comando 
nel  caso  perisse  anche  Hudzayfah; 

(3)  Qays  b.  Maksùh  al-Muràdi  (non  Compagno!?),  che  doveva  co- 
mandare le  genti  nel  caso  che  anche  G-arh-  venisse  ucciso  (^)  ; 

(4)  al-Mughii-ah  b.  Su'bah  ; 

(5)  'Amr  b.   Ma'dikarib  al-Zubaydi  ; 

(6)  Tulayhah  b.  Khuwaylid  al-Asadi:  •     - 

(7)  'Abdallah  b.   'Umar  b.  al-Khattàb,  ed  altri. 

al-Nu'màn  varcò  il  confine  e  penetrò  nell'altipiano  persiano,  finché 
giunse  nei  pressi  di  Nihàwand  :  in  questo  luogo  le  sue  spie,  avanzandosi 

479. 


§  4(1. 


21.  a.  H. 


2\.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Tradizioni   sulla 
battaglia    di    Ni- 
hàwand.l 


per  esplorare  il  terreno,  trovarono  che  i  Persiani  avevan  munito  tutte 
le  vie  d'accesso  con  punte  di  ferro,  i  quali,  penetrando  nelle  zampe  dei  ca- 
valli, rovinavano  ed  azzoppavano  tutte  le  bestie  che  avessero  osato  avvi- 
cinarsi. Al  ricevere  tali  informazioni,  al-Nu'màn  non  osò  più  proseguire:  i 
suoi  colleghi  e  consiglieri  immaginarono  quindi  uno  stratagemma  e  pro- 
posero che  al-Nu'màn  fingesse  una  fuga  precipitosa  ed  attirasse  così  i  Per- 
siani fuori  dalle  loro  posizioni.  al-Nu'màn  accettando  il  consiglio  finse  di 
ritirarsi.  I  Persiani,  ingannati  dalle  apparenze,  si  decisero  a  prendere  im- 
mediatamente l'offensiva,  e  tolte  dalle  vie  tutte  le  punte  di  ferro  dissemi- 
nate sulle  naedesime,  si  misero  ad  inseguire  rapidamente  gli  Arabi.  Non 
appena  lo  strattagemma  fu  completamente  riuscito.  al-Nu'màn  arrestò  la 
mai'cia  dell'esercito,  e  fatta  fronte  al  nemico,  offerse  battaglia.  al-Mughh-ah  ' 
b.  Su' bah  consigliò  ad  al-Nu'màn  b.  Muqan-in  di  assalire  il  nemico  al- 
l'alba, ma  al-Nu'màn  ricusò,  perchè  il  giorno  era  un  venerdì  ed  egli  voleva 
che  i  Musulmani  non  si  accingessero  alla  mischia  senza  aver  compiuto 
la  solita  cerimonia  feriale  del  mezzodì.  I  Musulmani  attesero  quindi  l'ora 
canonica  della  preghiera  feriale  del  mezzodì  e  poi  si  schierarono  in  batta- 
glia. al-Nu'màn  stabilì  che  le  genti  non  dovessero  muovere  all'assalto  se 
non  al  terzo  takbìr:  «  Al  primo  takbìr  assicuratevi  le  correggia  dei 
«  sandali,  al  secondo  takbìr  toglietevi  i  mantelli  e  preparatevi  alla  mi- 
«  schia,  ed  al  terzo  takbìr  gettatevi  sul  nemico,  perchè  io  farò  impeto  su 
«  di  lui  ».  I  Persiani  fecero  pure  grandi  preparativi,  e  le  loro  schiere  si 
legarono  assieme  con  catene  per  non  fuggire.  Quando  i  Musulmani  mossero 
alfine  all'assalto,  una  freccia  ferì  mortalmente  il  generale  musulmano  al- 
Nu'màn  :  suo  fratello  Suwayd  b.  Muqarrin  riviscì  però  a  tenerne  nascosta 
la  morte  all'esercito,  avvolgendo  il  cadavere  nel  proprio  mantello,  e  la  no- 
tizia fu  soltanto  conosciuta  da  tutti,  dopo  che  la  battaglia  era  vinta.  Allora 
B[udza)dah  b.  al-Yamàn  assunse  il  comando  dell'esercito.  Nella  rotta  dei 
Persiani  perì  anche  il  comandante  in  capo  dei  medesimi,  Dzvi-1-nàgib  :  dopo 
il  disastro  i  Persiani  non  riunh"ono  più  un  esercito  per  resistere  all'inva- 
sione araba  (Tabari,  I,  2696-2598). 
Cfr.  anche  Yùsuf,   18-19,   19-20. 

Nota  1.  —  Le  ragioni  della  nomina  di  al-Nu'màn  date  da  ibu  Ishèq  trovano  ima  pont'erma  in 
lina  tradizione  di  abù  'Awànah  (da  Husayn  b.  'Abd  al-i-ahmàn,  da  abu  Wà'il).  al-Nu'niiin  si  trovava  in 
Kaskar  e  scrisse  al  Califfo  :  «  Io  sono  come  un  giovanotto,  al  fianco  di  una  prostituta,  che  si  è  tutta 
«tinta  e  profumata  per  fai-gli  piacere!  Ti  scongiuro,  per  Dio!,  di  depormi  dal  governo  di  Kaskar  e 
«di  mandai'mi  in  uno  degli  eserciti  musulmani!».  Allora  'Umar  gli  diede  il  comando  della  spedizione 
contro  Nihàwand  (Tabari,  I,  261.5). 

Ct'r.  anche  una  tradizione  di   Sayt'  b.  'Umar  (l'abari,  I,  2(537,  liu.  3  e  segg.). 

Tali  indicazioni  tradizioni stiche  sembrano  ampiamente  confermare  la  nostra  tesi,  che  la  battaglia 
di  Nihàwand  fosse  conseguenza  d'una  iniziativa  locale  d'un  capitano  o  luogotenente  oscuro  posto  a 
guardia  dei  confinì.  —  al-Nu'màn  comparisce  ora  per  la  prima  volta  come  capitano  di  eserciti  islamici 


480. 


21.  a..  H.  §§  40, 41. 

nelle  nostre  fonti  migliori.  —  II  suo  nome  è  menzionato  da  Sayf  b.  'Umar  tra  i  comandanti  musulmani 
durante  la  Riddab  (ofr.  11.  a.  H.,  §  119i,  ma  ciò  è  artificiosa  anticipazione  di  eventi  fatta,  secondo  il 
suo  soiito  sistema,  dalla  scuola  iraqense.  Questa  ha  voluto  glorificare  in  anticipazione  quel  capitano  che 
doveva  piii  tardi  tenere  il  comando  a  Nihàwand.  È  stato  un  modo  per  spiegare  come  un  comandante 
cosi  oscuro  avesse  la  direzione  della  battaglia  che  la  tradizione  iraqense  ha  voluto  innalzare  alla  stessa 
importanza  di  quella  di  al-Qàdisiyj'ah.  —  Ma  non  vi  è  riuscita:  i  fatti  sono  troppo  evidenti  e  conclu- 
denti in  senso  contrario. 

Anche  ibn  IshTiq  cade  neireiTore  di  narrare  la  battaglia  di  Nihàwand,  quando  Pa'd  1).  abi  Waqqàs 
era  governatore  di  al-Kvifah,  anticipando  perciò  soverchiamente  la  data  del  conflitto. 

Nota  2.  —  Sono  tutte  predizioni  ab  eventu:  la  narrazione  elenca  infatti  la  uccisione  dei  Com- 
pagni nell'identico  ordine,  nel  quale  è  stabilita  ora  la  loro  precedenza.  L'inverosimiglianza  di  questi 
particolari  non  richiede  speciali  commenti.  L' Islam  primordiale  ignorava  queste  gerai-chie  militari 
precise. 

§  41.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'Umar  nell'allestire  la 
spedizione,  che  terminò  cori  la  vittoria  di  Nihàwand,  aveva  incaricato  al- 
Sà-ib  b.  al-Aqra',  un  mawla  dei  Thaqif,  ottimo  segretario,  scrivano  e  con- 
tabile, di  seguire  le  schiere  e  di  curare  la  divisione  del  bottino.  «  Se  però 
«  un  disastro  colpisce  questo  esercito,  sprofóndati  nelle  viscere  della  terra. 
«  perchè  dopo  una  disfatta  è  meglio  essere  sotto  che  sopra  alla  terrai  ». 
La  spedizione  riuscì  assai  meglio  che  non  fosse  previsto  dal  Califfo,  ed 
al-Sàdb  b.  al-Aqra'  ebbe  un  gran  da  fare  per  dirigere  in  modo  regolare 
la  divisione  del  bottino  di  Nihàwand  fì-a  i  combattenti.  Mentre  era  occu- 
pato in  questa  faccenda,  un  persiano  gli  si  })resentò  e  '  gli  disse  che,  se 
concedeva  a  lui,  alla  sua  famiglia  ed  ai  suoi  parenti  la  salvezza  nella  vita 
e  nei  beni,  gii  avrebbe  rivelato  il  luogo  di  nascondiglio  del  tesoro  dei  re 
Sassanidi  (kunùz  ài  Kisra),  detto  anche  kunùz  al-Nakhirgàn 
(tòrse  perchè  tenuti  in  custodia  da  al-Nakhii'gàn).  al-Sà"ib  promise  al  per- 
siano ,la  chiesta  immunità,  e  questi,  avuta  la  necessaria  scorta,  ritornò 
in  breve  con  due  enormi  casse,  che  al-Sà'ib  scoprì  essere  piene  di  perle 
(lu"lu'),  di  topazi  (zabargad)  e  di  giacinti  (yàqùt).  al  Sà"ib  non  parlò 
ad  altri  di  questa  scoperta  e  l'aggiunse  al  quinto  del  bottino  di  Nihàwand, 
neir  idea  di  lasciarne  il  guadagno  interaraente  al  tesoro  pubblico.  Con 
tutta  questa  roba  al-Sà-ib  ritornò  a  Madinah,  direttamente  dal  campo  di 
battaglia,  portando  al  Califfo  la  notizia  della  grande  vittoria  e  della  morte 
del  prode  al-Nu'màn  b.  Muqarrin.  Il  Califfo  pianse  amaramente  la  perdita 
di  al-Nu'màn,  e  quando  al-Sà'ib  gli  annunziò  di  aver  portato  con  sé  un'im- 
mensa quantità  di  roba  preziosa,  e  gii  narrò  l'incidente  del  tesoro  dei  sas- 
sanidi, il  Califfo  ancora  molto  commosso,  lispose  brevemente:  «  Metti  ogni 
«  cosa  nel  tesoro  pubblico  (bayt  al -mài),  e  noi  vi  provvederemo:  tu  ri- 
«  torna  subito  a  raggiungere  il  tuo  esercito  ».  al-Sà'ib  consegnò  senza  in- 
dugio ogni  cosa  al  tesoro  e  ripartì  immediatamente  con  la  massima  sol- 
lecitudine, dirigendosi  su  al-Kùfah.  In  quella  stessa  notte,  nella  quale 
al-Sàib  parti,  il  Califfo  ebbe  un  pentimento  riguardo  al  tesoro  dei  Sassa- 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Tradizioni   sulla 
battaglia    di    Ni- 
hàwand.] 


481. 


61 


^ 


§g  n.  42.  -Il .  a.  H. 

21-  a.  H.  nidi;  o  il  mattino  seguente  mandò  uno  a  richiamar  al-Sà'ib,  il  quale  viag- 

Tradizioni  sulla  gi'ìva  intanto  con  tanta  celerità,  che  solo  in  al-Kùtah  il  messo  potè  raggiun- 
battagiia  di  Ni-  glorio  e  comunicargli  le  volontà  di  'limar.  al-Sà'ib  si  rimise  subito  in  cammino 
o  rifece  tutta  la  strada  fino  a  Madinah,  dove  trovò  il  Califfo,  che  non  aveva 
voluto  toccare  il  contenuto  delle  due  grandi  casse,  ma  desiderava  invece 
che  al-Sà"ib  le  riportasse  nell'  Iraq,  no  vendesse  il  contenuto,  e  dividesse 
il  prezzo  fra  i  soldati  presenti  alla  battaglia  di  Nihàwand.  al-Sà-ib  obbedì, 
riportò  le  due  casse  ad  al-Kùfah  e  le  vendè  a  'Amr  b.  Hurayth  al-Makhzùmi 
per  due  milioni  di  dirh]am.  Questa  somma  fu  divisa  fra  le  milizie.  'Amr 
b.  Huraytji  vendè  poi  il  contejiuto  delle  casse  in  Persia  (ard  al  -  A  àgi  m), 
e  ne  ricavò  quattro    milioni  (T  ab  ari,  I,  2698-2600). 

Sul  valore  storico  di  questa  tradizione  è  lecito  avere  qualche  grave 
dubbio  (cfv-  §§  47,  52,  nota  1)  ('):  essa  non  apparisce  come  narrazione  di 
fatti  storici,  ma  come  documento  tradizionistico  mirante  a  dimostrare  in 
qual  modo  il  Califfo,  o  capo  dello  Stato,  dovrebbe  intendere  la  divisione 
del  bottino.  Si  vuole  inculcare  la  necessità  di  tenere  sempre  nettamente 
distinto  quanto  spetta  ai  Musulmani,  mài  al-muslimin,  da  quello  che 
spetta  al  governo  centrale  per  la  causa  dell'Isiàm,  il  quinto  del  bottino, 
che    poi    eufemisticamente  si  chiama  l'avere  di  Dio,  mài    Allah. 

Quando  si  trattava  di  divisione  del  bottino  d'un  nemico  sconfitto  in 
battaglia,  la  distinzione  e  la  divisione  erano  facili.  Le  controversie  e  i 
dubbi  sorsero  vivaci  quando  si  ti'attò  di  stabilire,  secondo  i  rozzi  criteri 
del  deserto,  la  natura  vera  del  reddito  delle  imposte  :  erano  queste  da 
considerarsi  come  bottino?  —  Da  tutte  le  polemiche  che  sorsero  da  sif- 
fatte questioni  hanno  avuto  origine  le  tradizioni  della  classe,  alla  quale 
questa  sicuramente  appartiene  (cfì'.  20.  a.  H.,  §§  247  e  segg.). 

Nota  1.  —  Il  prof.  Horovitz  mi  fa  osservare  che  l'aneddoto,  sicuramente  apocrifo,  è  forse  ispirato 
dal  capo  VII  del  libro  di  Giosuè  nella  Bibbia.  In  genere  si  è  osservato  che  i  racconti  biblici  delle  guerre 
hanno  avuto  considerevole  influenza  sulla  naiTazioue  delle  conquiste  musulmane. 

§  42.  —  (al-Rabi'  b.  Sula^màn,  da  Asad  b.  Miisa,  da  al-Mubàrak  b. 
Fudàlah,  da  Ziyàd  b.  Grubayr,  da  suo  padre  presente  alla  battaglia).  Il 
persiano  al-Hurmuzàn,  quando  fu  menato  prigioniero  a  Madinah,  ove  si  con- 
vertì all'  Isiàm,  interrogato  dal  Califfo  Umar,  rivelò  che,  se  volevasi  schiac- 
ciare per  sempre  la  forza  dei  Persiani,  si  doveva  assalire  e  distruggere 
l'esercito  persiano  raccolto  in  Nihàwand  sotto  gli  ordini  di  Bundàr,  e 
composto  dei  più  prodi  cavalieri  del  re  di  Persia  (asàwirah  Kisra)  e 
degli  abitanti  di  Isbahàn.  Quell'esercito  era  la  testa  del  nemico:  troncata 
quella,  il  resto  del  regno  persiano  sarebbe  rimasto  inerte  come  un  cada- 
vere decapitato  (^).  Avute  queste  notizie  il  Califfo  'Umar  si  prefisse  di  al- 

482. 


21.  a.  H. 


§  42. 


lestii'e  una  spedizione  cóntro  la  città  di  Nihàwand,  e  di  assumerne  egli 
stesso  il  comando.  I  suoi  consiglieri  lo  dissuasero  però  energicamente  dal- 
l'esporsi  a  simili  rischi,  perchè,  dicevano,  se  egli  fosse  perito  in  qualche 
disastro,  i  Musulmani  non  avrebbero  più  avuto  alcun  appoggio.  Allora  il 
Califfo  scrisse  ad  abù  Miisa  al-As'ari  in  al-Basrah,  ed  a  Hudzayfah  b.  al- 
Yamàn  in  al-Kùfah  di  riunu'e  genti  armate  e  di  marciare  insieme  su  Ni- 
hàwand,    mettendosi  ambedue  sotto  gii  ordini  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin. 

Anche  'Abdallah  b.   'limar  b.  al-Khàttàb  prese  parte  alla  spedizione. 

Quando  le  forze  unite  dei  Musulmani  si  presentarono  dinanzi  a  quelle 
dei  Persiani  in  Nihàwand,  Bundàr,  il  comandante  sassanida,  mandò  un 
ambasciatore  nel  campo  musulmano,  per  chiedere  l'invio  di  un  rappresen- 
tante, perchè  egli  desiderava  parlargli  ed  interrogarlo.  al-Nu'màn  scelse 
come  rappresentante  al-Mughirah  b.  Su'bah  (^),  il  quale,  entrato  nel  campo 
peisiano,  trovò  il  generale  Bundàr  seduto  sopra  un  trono  d'oro,  con  una 
corona  in  testa  e  circondato  da  tutti  i  suoi  ufficiali.  Il  generale  persiano 
prese  per  primo  la  parola  e  domandò  ad  al-Mughìrah  b.  Su'bah  come  gii 
Arabi,  che  di  tutti  i  popoli  erano  i  più  miserabili,  i  più  affamati,  i  più 
angustiati  e  i  più  sozzi,  avessero  mai  osato  assalire  la  maestà  dell'  im- 
pero persiano  :  qualora  però  gii  Arabi  si  fossero  ritirati  prontamente,  egli 
prometteva  di  lasciarli  in  pace.  al-Mughìrah  rispose  a  Bundàr,  ammet- 
tendo che  un  tempo  la  descrizione  da  lui  fatta  degli  Arabi  corrispondeva 
alla  verità,  ma  aggiunse  che  alfine  era  venuto  fra  loro  mi  Profeta  a  ri- 
velare la  verità  suprema,  il  quale  li  aveva  sollevati  dall'ignoranza  e  bar- 
barie, aveva  loro  insegnato  la  vera  religione  ed  aveva  a  loro  ordinato  di 
diffondere,  anche  a  rischio  della  vita,  la  nuova  fede  per  tutto  il  mondo. 
Le  parole  fiere  di  al-Mughìrah  ispirarono  tanto  terrore  nell'animo  di  Bundàr, 
che  al-Mughìi-ah  potè  alzarsi  e  andarsene  dal  convegno  senza  essei-o  mo- 
lestato. 

Le  due  parti  si  prepararono  ora  alla  battaglia,  nella  quale  i  Persiani 
furono  i  primi  all'assalto.  al-Nu'màn  diede  però  ordine  ai  suoi  di  non  muo- 
versi dal  posto,  se  non  al  suo  terzo  segnale  e  prese  le  disposizioni  per  sta- 
bilire chi  dovesse  assumere  il  comando  generale,  qualora  egli  venisse  a  mo- 
rire :  nominò  sette  diverse  persone,  alle  quali  successivamente,  in  caso  di 
morte,  sarebbe  dovuto  passare  il  comando  dell'esercito  :  l'ultimo  nella  serie 
era  al-Mughìiah  b.  Su'bah  ed  il  primo  Hudzayfah  b.  al-Yamàn.  I  Persiani 
presero  pure  energici  provvedimenti  per  la  imminente  battaglia:  si  lega- 
rono insieme  in  gruppi  di  sette  con  catene  per  impedirsi  reciprocamente  di 
darsi  alla  fuga,  ed  allo  stesso  tempo  colorirono  tutto  il  terreno  alle  loro  spalle 
con  punte  acuminate  di  ferro,  sulle    quali  era   impossibile  fuggfre:  i  Per- 


21.  a.  H. 
[IRAQ-PERSIA. 
Tradizioni   sulla 
battaglia   di    Ni- 
l^àwand.1 


483. 


§§  •!•-'.    l-<. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Tradizioni   sulla 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.ì 


■^iaui  sapevano  quindi  di  dovor  o  \  lucere  u  monre.  La  mLsehia  fn  peiciò 
sani>uinosiysima  oi\  i  ^Iii.suliuaui  ^sul)i^ono  ingenti  perdite  di  uomini:  quando 
pelò  i  Persiani  si  furono  convinti  l'iie  in  nessun  modo  potevasi  spez- 
zare la  resistenza  dei  Musulmani,  cedettero  essi  per  i  primi  e  la  mischia 
si  tramutò  In  un  liuiuane  eccidio:  legati  fra  loro  con  catene,  se  uno  cadeva 
ferito,  gli  altri  compagni  non  potevano  salvarsi  e  soccombevano  vittime 
inermi  sotto  i  colpi  degli  Arabi  vittoriosi.  Quanti  tentarono  di  fuggire,  pre- 
cipitarono sulle  punte  acuminate  di  ferro  sparse  dietro  alle  loro  spalle  e 
lerendosi  gravemente  e  non  potendo  più  salvarsi,  caddero  egualmente  sotto 
le  spade  dei  vincitori.  Al  momento  però,  in  cui  la  fortuna  si  volgeva  pro- 
pizia agli  Arabi,  una  fi'eccia  nemica  ferì  a  morte  il  generale  musulmano 
al-Nu'man,  conficcandosi  nel  suo  fianco.  Il  fi-atello,  Ma'qil  b.  Muqarrin, 
accorse  prontamente  presso  al  moribondo  e,  quando  al-Nu'màn  ebbe  reso 
il  suo  ultimo  respiro,  avvolse  il  cadavere  nei  suoi  panni  e  tenne  celata  la 
notizia.  1  Musulmani  seppero  che  il  loro  comandante  era  morto,  soltanto 
qnando  la  battaglia  tu  terminata.  Hudzayfah  b.  al-Yamàn  assunse  allora  il 
comando. 

Il  messo  che  portò  la  notizia  della  vittoria  al  Califfo  in  Madìnah,  do\è 
enumerare  al  Califfo  i  nomi  dei  Musulmani  uccisi.  Saputo  che  al-Nu'màn 
b.  Muqarrin  era  perito  anch'egii,  Umar  si  mise  a  piangere  dirottamente, 
e  poi,  piangendo  sempre,  chiese  al  messo  di  dirgli  gli  altri  nomi  degli 
uccisi  :  il  messo  gliene  enumerò  molti  di  persone  conosciute  dal  Califfo,  e 
infine  aggiunse  che  v'erano  molti  altri  uccisi,  che  il  Califfo  non  conosceva. 
«  Ciò  non  li  danneggia  affatto  »,  esclamò  il  Califfo:  «  se  'Umar  non  li  co- 
«  nosce,  Dio  li  conosce  tutti!»  (T  ab  ari,  I,  2600-2605). 

Nota  1.  —  (Cfr.  §§  43,  44;  23.  a.  H.,  §  22).  Questo  preteso  consiglio  di  al-Hurmuzàn  è  in  realtà 
lina  prcilizioue  ab  eveiitu,  con  la  quale  si  vuole  rammemorare  come  la  distruzione  delle  forze  persiane 
in  Nihàwand  significasse  la  soppressione,  l'annichilimento  dell'ultimo  esercito  sassanida  in  tutto  l'impero 
riunito.  —  In  tutti  i  combattimenti  successivi  che  si  ripeterono  sino  al  31.  H.,  si  trattò  sempre  di  schiere 
locali,  delle  quali  ognuna  tentava  difendere  i  focolari  aviti  e  la  zolla  di  terra  ereditata  dagli  antenati. 
Ogni  provincia,  dopo  Nihàvrand,  fece  da  sé:  ad  una  ad  una  caddero  sotto  il  dominio  del  novello  conqui- 
statore dell'Asia. 

Nota  2.  —  Ciò  non  è  storia,,  ma  svolgimento  del  solito  tema  tradizionistico  delle  trattative  pre- 
cedenti alla  battaglia  nello  scopo  di  indurre  gli  Arabi  a  desistere,  o  i  Persiani  a  convertirsi.  Il  nome 
quindi  di  al-Mughirah  b.  Su'bah,  quale  oratore  dei  Musulmani,  apparisce  in  questo  caso  come  figura  o 
finzione  tradizionistica.  —  Cfr.  però  quanto  abbiamo  detto  poc'anzi  al  §  5  riguardo  alla  nomina  di  al- 
Mughirah  al  governo  di  al-Kìifah. 

§  43.  —  (Saybàn  b.  abì  Saybah  Farrukh  al-Ubulli,  da  Hammàd  b. 
Salamah,  da  abù  'Imràn  al-G-awni,  da  Alqamah  b.  'xAbdallah,  da  Ma'qil 
b.  Yasàr).  Il  Califfo  'Umar  chiese  consiglio  ad  al-Hurmuzàn,  e  volle  sa- 
pere se  era  meglio  incominciare  (la  nuova  campagna)  con  Isbahàn  o  con 
l'Adzarbaygàn.  al-Hmmuzàn  rispose  :   «  Isbahàn  è  la  testa,  e  l'Adzarbaygàn 


484. 


21.  a.  H. 


§§  434i>. 


«  è  le  due  ali:  se  tagli  la  testa,  cadono  anche  le  ali  insieme  con  la  testa  » 
(Balàdzuri,   303). 

§  44.  —  ('Alqaniali  b.  Abdallah  al-Muzani,  da  Ma'qil  b.  Yasàr).  11 
Califto  Umar  chiese  il  parere  di  al-Hurmuzàn  sul  (modo  di  conquistare  il; 
Fàris,  Isbahàn  e  l'Aclzarbaj-gàn.  al-Hurmuzàn  rispose:  «  Isbahàn  è  la  testa, 
«  mentre  il  Fàris  e  1"  Adzarbaygàn  sono  le  due  ali  :  se  tu  tagli  una  delle 
«due  ali.  la  testa  potrebbe  salvarsi  con  l'altra  ala,  ma  se  tagli  la  testa, 
«  cadranno  ambedue  le  ali,  perciò  comincia  con  la  testa  »  (M  a  s  ù  d  i . 
IV,  230j.  —  Cfr.  §§  42,  43. 

§  45.  —  (Hammàd  b.  Salamah,  da  abù  'Imràn  al-Grawni,  da  'Alqamah 
b.  Al^dallah,  da  Ma'qil  b.  Yasàr).  Il  Califfo  'limar  entrò  nella  moschea 
(di  Madinah)  e  visto  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  andò  a  sedersi  al  suo  fianco: 
terminata  la  sua  preghiera,  gli  disse:  «  Ti  nomino  comandante  generale  ». 
al-Nu'màn  gli  rispose  :  «  Se  è  per  riscuotere  tasse  ;  non  accetto,  ma  se  è 
«per  combattere  il  nemico  (accetto)». —  «Tu  andrai  a  combatterei  ». — 
Allora  il  Califfo  lo  mandò  (nell'Ii'àq),  e  scrisse  alla  gente  di  al-Kùfah  di 
fornirgli  rinforzi:  con  questi  v'era  anche  al-Mugliirah  b.  Su'bah  (Balà- 
(Izuri.  303). 

§  46.  —  (Hammàd  b.  Salamah,  da  abù  'Imràn  al-Gawni,  da  'Alqamah 
b.  Abdallah,  da  Ma'qil  b.  Yasàr,  presente  alla  battaglia).  (Quando  al-Nu'màn 
b.  Muqarrin  ebbe  assunto  il  comando  delle  genti  nel  Sawàd)  mandò  al-Mu- 
.ghirah  b.  Su'bah  a  Dzù-1-Hàgibayn  [detto  anche  Dzù-l-Hàgib  Mardànsah. 
cfr.  Balàdzuri,  303,  nota  e],  il  capo  dei  Persiani  ('azim  al-'Agam), 
che  era  in  Nihàwand.  (al-Mughii-ah),  mentre  era  in  piedi  innanzi  al  per- 
siano, si  mise  a  forare  il  tappeto  con  la  lancia,  e  poi  si  sedette  anch'egli  sul 
trono:  il  persiano,  adfrato,  diede  ordine  di  espellerlo.  al-Mughirah  esclamò: 
«  (Rammentatevi)  che  io  sono  un  ambasciatore!  ». 

Poi  Musulmani  e  Persiani  vennero  tra  loro  alle  mani,  ed  (i  Persiani) 
.si  legarono  assieme  con  catene  a  gruppi  di  dieci  e  di  cinque  per  rendere 
impossibile  la  fuga.  La  battaglia  incominciò  con  nugoli  di  freccie  scagliate 
«lai  Persiani  onde  molti  Arabi  rimasero  feriti.  Questo  avvenne  prima  che  le 
(lue  parti  si  dessero  di  cozzo  l'una  contro  l'alti'a.  Il  comandante  arabo,  al- 
Nu'màn  b.  Muqarrin,  fondandosi  sopra  una  sentenza  del  Profeta,  dichiarò 
che  se  la  battaglia  non  aveva  principio  nelle  prime  ore  del  giorno,  era 
meglio  attendere  che  il  sole  tendesse  a  calare,  e  che  soffiassero  i  venti 
del  pomeriggio):  allora  verrebbe  la  vittoria.  Egli  diede  ordine  che. nessuno 
si  movesse  prima  che  la  bandiera  dell'esercito  fosse  stata  agitata  tre  volte. 
Alla  prima  volta  dovevano  fare  le  abluzioni  e  compiere  le  cose  necessarie  ; 
alla  seconda  rivedere  le  armi  e  prepararsi  al  cimento,  ed  alla  terza  alfine 


21.  a.  H. 
[IRAQ-PERSIA. 
Tradizioni  sulla 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.] 


485. 


hàwand.l 


§§  4(hI!i.  21.    a.    n. 

21.  a.  H.  u-ettarsi  con  impeto  senza  guardare  né  a  dritta  né  a  sinistra.  Così  fu  fatto, 

■IRAQ- PERSIA.  -         mentre  ali  Arabi  precipitavano  sul  nemico,  al-Nu'niàn  vestì  la  corazza 

Tradizioni   sulla  ìh>-ìav.^    o  x  r 

battaglia  di  Ni-  ^  «i  slanciò  con  gii  altri  nella  mischia.  Egli  fu  perciò  il  primo  musulmano 
che  rimanesse  ucciso  :  il  comandante  persiano  Dzii-1-Hàgibayn  cadde  dalla 
sua  cavalcatura  e  fii  sventrato.  —  Ma'qil  b.  Yasàr,  che  narra  questi  fatti, 
afferma  d'essere  accorso  in  aiuto  del  morente  al-Nu'màn  e  avergli  lavata 
la  faccia  con  un  po'  d'acqua  che  aveva  con  sé:  «  Clii  sei?»  chiese  al- 
Nu'mau.  —  «  Sono  Ma'qil  !  ».  —  «  Che  cosa  fanno  i  Mu.sulmani?  ».  —  «  Ral- 
«  legratil  Dio  ha  concesso  la  vittoria!  ».  —  «  Sia  ringraziato  Dio  »  disse  il 
morente;   «scrivetelo  ad  'Umar  »  (')  (Balàdzuri,  303-304). 

Nota  1.  —  (Saybàn  b.  abi  Saybah  FaiTfikh  al-Ubulli,  da  Hammàd  b.  Salamah,  da  Ali  b.  Zayd  li. 
(riid'àn,  da  abù  "Utliman  al-Nahdi).  abù  'Utjimàn  al-Nahdi  portò  l'annunzio  della  vittoria  al  Califfo  'Umar, 
il  quale,  quando  seppe  che  al-Nu'niàn  era  perito,  si  mise  a  piangere.  (Balàdzuri,  304,  dove  a  conferma 
di  ciò  sono  addotte  anche  altre  tradizioni  con  lunghi    isnàd). 

§  47.  —  (al-Qàsira  b.  Sallam,  da  Muli.  b.  Abdallah  al-Ansàri,  da  al- 
Nahhàs,  b.  Qahm,  da  al-Qàsim  b.  'Awf  [al-Saybàni],  da  suo  padre  'Awf, 
da  al-Sà-ib  b.  al-Aqra';  oppure  da  Umar  b.  al-Sà-ib,  da  suo  padre  al-Sà-ib 
b.  al-Aqra').  Conferma  i  particolari  della  tradizione  precedente  sui  prepa- 
rativi e  lo  svolgimento  della  battaglia  :  alla  morte  di  al-Nu'màn,  lo  sten- 
dardo (ossia  il  comando)  fu  preso  da  Hudzayfah  b.  al-Yamàn.  al-Sà'ib  b. 
al-Aqra',  che  era  stato  preposto  dal  Califfo  alle  prede,  per  mezzo  di  una 
.spia  (dzù-l-'u waynatay n)  scoprì  il  tesoro  di  al-Nakliirkhàn  nella  for- 
tezza. Consisteva  in  due  cas.se  (safatayn)  piene  di  pietre  preziose  di  non 
mai  vista  bellezza.  al-Sà-ib  le  portò  a  MadinaÈ,  ed  il  Califfo  dopo  udita 
la  narrazione  di  tutto,  gii  ordinò  di  vendere  il  contenuto  delle  due  casse 
e  dividerne  l' importo  tra  i  Musulmani.  al-Sàib  andò  ad  al-Kùfah  e  vendè 
le  due  casse  ad  un  giovane  makkano,  'Amr  b.  Hurayth  al-Qurasi,  il  quale 
pagò  l'importo  con  lo  stipendio  della  (propria)  famiglia  e  dei  guerrieri 
(della  medesima)  :  'Amr  portò  le  due  casse  ad  al-Hìrah  e  le  vendè  per  il 
doppio  che  le  aveva  pagate.  Questa  fu  la  prima  somma  della  grande  for- 
tuna accumulata  di  poi  da  'Amr  b.  Hmayth  (Balàdzuri,  804-305). 

Cfi-.  anche  id.  Glossarium,  97,  s.  v.  lahwah,  e  Wiistenfeld 
Eegister,  75. 

Per  un  episodio  simile  —  è  in  verità  uu  tema  tradizionistico  —  vedi 
anche  la  tradizione  sulla  prima  campagna  nel  Fàris  contro  Istakhr  nel 
23.  a.  H.  ;  cfr.  anche  §§  41   e  62,  nota  1  dell'annata  presente. 

§  48.  —  (Uno  storico,  ba'd  ahi  al-sirah).  La  battaglia  cominciò  un 
mercoledì,  durò  tvitto  il  giovedì  e  fu  vinta  il  venerdì  (Balàdzuri,  305). 

§  49.  —  (ibn  al-Kalbi,  da  abù  Mikhnaf).  Il  campo  di  al-Nu'màn  1). 
Muqanin  fu  fissato  in  al-Isbidzahàr  (=  Isbidzahàn):  l'ala  diitta  era  coman- 

■ 

486. 


21.  a.  H. 


§§  49-52. 


data  da  al-As'atJi  b.  Qays,  la  sinistra  da  al-Mughii-ah  b.  Su'bah.  —  Fu  uc- 
ciso al-Nu'màn,  e  vinsero  i  Musulmani  :  la  battaglia  si  chiamò  «  la  Vittoria 
delle  Vittorie  »   (fa  t  h  a  1  -  f u  t  ù  h  i   (  B  a  1  a  dz  u  r  i ,  305) . 

§  50.  —  al-Mas'ùdi  ha  una  lunga  tradizione  sulla  battaglia  di  Nihà- 
wand  :  non  fa  cenno  sulle  ragioni  della  nuova  campagna,  ma  si  contenta 
ili  narrare  la  nomina  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin,  e  di  aggiungere  che  'Umar 
gli  diede  come  colleghi  al-Zubajr  b.  al-'Awwàm  (che  era  in  Egitto!),  'Amr 
b.  Ma'dikarib,  Hudzayfah  b.  al-Yamàn,  'Abdallah  ibn  'Amr,  al-As'ath  b. 
Qays  ed  al-Mughìi-ah  b.  Su'bah.  Segue  poi  la  narrazione  dell'incontro  di 
al-Mughìrah  con  il  generale  persiano  Dzù-l-Grinàhayn  (l'uomo  dalle  due  ali), 
ed  abbiamo  una  variante  dei  soliti  discorsi  sulla  povertà  antica  degli  Arabi 
e  sulla  rivoluzione  prodotta  dalla  predicazione  del  Profeta:  le  solite  pro- 
poste dei  Persiani  per  indm-re  gli  Ai'abi  a  retrocedere,  ecc.,  in  altre  parole 
il  già  noto  téma  tradizionistico,  che  ritorna  tante  volte  ad  ogni  vigilia  di 
grande  battaglia  in  Persia.  Sulla  battaglia  stessa  al-Mas'iidi  non  dà  nuovi 
particolari,  e  la  sua  descrizione  è  incompleta:  dice  però  che  in  essa  peri- 
rono vari  Compagni  del  Profeta,  tra  i  quali  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  ed 
Amr  b.  Ma'dikarib.  Ai  tempi  di  al-Mas'iidi  mostravansi  ancora  le  tombe 
di  questi  guerrieri,  ad  un  farsakh  circa  da  Nihàwand,  sulla  via  che  con- 
duce ad  al-Dinawar  (Mas'iidi.  IV,  230-236). 

§  51.  —  (al-Ya'qùbi).  Nell'anno  21.  H.  seguì  la  battaglia  di  Nihàwand 
vinta  dagli  Arabi  sotto  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  contro  i  Persiani  di  al- 
Ray}-,.  Qùmis,  Isbahàn  e  vari  altri  luoghi,  sotto  il  comando  di  Dùnar 
(Dìnàr?  cfr.  Balàdzuri,  306,  lin.  5,  oppure  Rù-ìn).  Durante  la  mischia 
'Umar  era  sul  min  bar  in  Madinah,  e  nel  mentre  predicava,  s' interinippe 
per  gridare  :  «  0  Sàriyah,  il  monte  !  il  monte  !»  ;  e  si  vuole  che  Sàriyah, 
presente  al  combattimento,  udisse  la  voce  del  Califfo  e  seguendo  il  con- 
siglio, salvasse  i  suoi  da  un  grave  pericolo  di  accerchiamento  nemico 
fYa'qùbi,  II,    179). 

Per  l'episodio  di  Sàriyah  cfr.  quanto  narra  Sayf  b.  'Umar  alla  presa 
di  Fasà  sotto  Tanno  23.  H. 

§  52.  —  (abù  Hanifah  ai-Dina wari).  La  battaglia  di  Nihàwand  fu 
combattuta  nell'anno  21.  H.  Dopo  la  disfatta  di  Gralùlà-  il  re  Yazdagird 
•era  fuggito,  ricoverandosi  in  Qumm  :  da  questo  luogo  aveva  mandato  messi 
nelle  varie  provincie  chiedendo  soccorsi  di  genti  armate.  I  Persiani  pre- 
sero molto  a  cuore  la  causa  del  loro  re,  ed  attorno  a  lui  affluirono  le  genti 
del  regno  da  tutte  le  parti,  ossia  genti  da  Qiimis,  dal  'Tabaristàn,  da  Gurgàn, 
da  Dunbàwand  ('),  da  al-Rayy,  da  Isbahàn,  da  Qumm,  da  Hamadzàn,  da 
al-Màhayn  e  da  Màsabadzàn,  sicché  si  costituì  un  esercito  molto  conside- 


21.  a.  H. 
[IRAQ- PERSIA.  - 
Tradìzionj   sulla 
battaglia   di    Ni- 
hàwand.] 


487. 


§  5i.  21'.  a.  H. 

21.  a.  H.  revole.  Al  comando  di  esso  il  re  pose  Mardàusàh  b.  Hurmuz,  e  lo  mandò 

IRAQ-PERSIA.  -  _ 

Tradizioni   sulla       «*    >.Ulàwana. 

battaglia  di  Ni-  D\    siffatti    preparativi    'Animai-    b.    ^'àsir    (governatore    di    al-Kùfali) 

'  inviò  notizia  al  Califfo    Umar,  il  quale  allarmato  salì  sul  pulpito  leggendo 

in  mano  la  lettera  di  Ammàr  ed  arringò  la  gente.  Comunicò  ai  presenti 
il  contenuto  della  medesima  ed  invitò  gli  Arabi  a  muoversi  in  soccorso  dei 
fratelli  in  al-Kùfah  e  in  al-Basrah.  Cliiese  anche  il  parere  dei  presenti  su 
quanto  convenisse  di  fare.  Talhah  b.  'Uba^'dallali  invitò  il  Califfo  a  deci- 
dere come  credeva,  assicurandolo  che  tutti  avrebbero  spontaneamente  ob- 
bedito ai  suoi  cenni.  Uthmàn  b.  Affàn  gli  suggerì  di  far  venire  rinforzi 
dalla  Siria,  dal  Yaman  e  da  al-Basrah  {sic!),  di  mettersi  alla  testa  dei  me- 
tlesiiui  per  recarsi  indi  ad  aiutare  la  gente  di  al-Kùfali:  con  tali  mezzi  la 
vittoria  era  assicurata.  Tutti  i  presenti  espressero  la  loro  approvazione  per 
le  proposte  di  Uthmàn,  ma  il  Califfo  volle  ancora  sentire  il  parere  di  'Ali 
b.  abi-Tàlib,  il  quale  fece  rilevare  al  Califfo  come  fosse  imprudente  sguer- 
nire la  Siria  di  milizie  per  timore  dei  Greci,  ed  il  Yaman  per  timore  degli 
Abissini,  mentre  il  suo  allontanamento  da  Madìnah  avrebbe  potuto  creare 
altre  complicazioni.  Suggerì  di  chiamare  dalle  varie  provincie,  come  la 
Siria  e  1'  'Uniàn,  soltanto  un  terzo  delle  forze  ivi  stanziate  e  non  tuite.  Ciò 
fu  approvato  da  'Umar,  il  quale  conferi  il  comando  delle  nuove  schiere  ad 
al-Nu'màn  b.  Muqarrin  al-Muzani,  che  in  quei  giorni  sopraintendeva  alla 
riscossione  del  kh«^^"^g  di  Kaskar.  La  lettera  con  la  nomina  di  al-Nu'màn 
fu  data  perciò  dal  Califfo  ad  al-Sà-ib  b.  al-Aqra'  affinchè  la  recapitasse. 
Dispose  allo  stesso  tempo  che,  nel  caso  venisse  ucciso  al-Nu'màn,  gli  succe- 
desse nel  comandò  Hudzayfah  b.  al-Yamàn  ed,  ucciso  anche  lui,  Grarìr  b. 
'  Abdallah  al-Bagali  :  ucciso  Grarìr,  doveva  il  comando  passare  ad  al-Mu- 
ghii-ah  b.  Su'bali,  ed,  ove  cadesse  perfino  questo,  ad  al-As'ath  b.  Qays.  Nel 
mandare  poi  le  istruzioni  ad  al-Nu'màn,  il  Califfo  gli  raccomandò  di  tener 
conto  dei  consigli  di  'Amr  b.  Ma'dìkarib  e  di  Tulayhah  b.  Khuwaj'lid,  seb- 
bene non  dovesse  dar  loro  alcun  comando  sulle  genti  (per  il  loro  passato 
ostile  all'Isiàm?). 

Prese    tali    disposizioni,    il    Califfo    fece  partire  le  milizie,  ed   al-Sà-ib 
b.  al-Aqra'  andò  a  raggiungere  le  genti  di  al-Kufah    ed  a  consegnare  ad 
'  al-Nu'màn  le  istruzioni  scritte  del  Califfo,  abù  Musa  al-As'ari,  lasciati  due 

terzi  delle  sue  genti  in  al-Basrah,  andò  con  l'altro  terzo  a  raggiungere,  le 
schiere  di  al-Kvifah:  raccolti  tutti  i  rinforzi,  l'esercito  mosse  verso  Nihà- 
wand  andando  a  fissare  il  campo  in  un  luogo  detto  al-Isfìdzahàn,  nei 
pressi  di  Nihàwand' a  tre  farsakh  di  distanza.  Lì  vicino  era  il  villaggio 
di   Qudaysigàn    (luogo   sconosciuto  ai   lessici   geografici).  I  Persiani  sotto 

488. 


21.  a.  H. 


S  5-2. 


Mardan.sah  b.  Hvirmuzacl  (sic)  vennero  incontro  agli  Arabi  e   posero  il  loro  21.  a.  H. 

,.     „  ,,  ,  o  ,      n  j.        1  [IRAQ-PERSIA. 

campo  trincerato  di  ii^onte  a  quello  musulmano,  begui  allora  una  sosta,  du-        Tradizioni 


sulla 


rante  la  quale  i  Persiani  continuarono  a  ricevere  rinforzi,  sicché  il  generale        battaglia  di  Ni- 

p  .  -r-,        .        .  hawand.l 

arabo  credè  opportuno  ricorrere  ad  uno  stratagemma  per  lorzare  1  Fersiani 
a  cimentarsi  in  una  battaglia:  seguendo  il  consiglio  di  Amr  b.  Ma  di- 
karib,  al-Nu'màn  fece  divulgare  la  notizia  che  era  ^ morto  il  Califìb  ed  or- 
dinò una  immediata  rith-ata.  Ingannati  dalla  falsa  voce  e  dall'  improvvisa 
ritirata,  i  Persiani  uscirono  dal  loro  campo  fortificato  e  si  misero  ad  in- 
seguire gii  Arabi:  questi  fecero  fronte  ed  impegnarono  con  i  Persiani  un 
sanguinosissimo  combattimento,  con  gravi  perdite  da  ambedue  le  parti. 
La  notte  separò  i  combattenti.  Il  mattino  seguente,  che  era  un  mercoledì, 
fu  ripresa  la  mischia  con  grande  ferocia  fino  a  sera.  Lo  stesso  accadde  nel 
seguente  giorno:  il  venerdì  per  la  quarta  volta  fu  ripresa  la  battaglia.  Il 
generale  al-Nu'màn,  percorse  le  file  dei  suoi,  li  incorò  a  battersi  con  no- 
vello ardore  e  diede  le  opportune  indicazioni  ed  istruzioni  perchè  ad  un 
determinato  segnale  tutte  le  schiere  arabe  facessero  contemporaneamente 
impeto  sul  nemico.  Il  piano  riuscì,  ed  alfine  le  schiere  dei  Persiani  furono 
rotte  e  fugate.'  Purtroppo  nella  mischia  al-Nu'màn  rimase  ucciso  ed  il  fì-a- 
tello  Suwaj'^d  b.  Muqarrin  riuscì  a  portarne  via  il  cadavere  (dando  ad  in- 
tendere che  fosse  soltanto  ferito);  trasportatolo  nella  tenda,  si  vestì  dei 
panni  e  delle  armi  del  defunto  e  ritornò  alla  mischia.  Grli  Arabi  non  eb- 
bero sospetto  della  sostituzione  e  continuarono  a  battersi  fiduciosi,  finché 
ebbero  completamente  fugato  il  nemico. 

I  Persiani  fuggendo  innanzi  agli  Arabi  si  ritrassero  in  un  villaggio 
di  Nihàwand,  discosto  due  farsakh  da  questa  città,  e  detto  Dazizìd  fluogo 
sconosciuto  ai  lessici  geografi):  ivi  si  fermarono,  perchè  il  castello  di  Ni- 
hàwand non  era  grande  abbastanza  da  contenerli  tutti.  Intanto  Hudzayfah 
b.  al-Yamàn  veniva  appresso  alla  testa  degli  Arabi,  essendo  succeduto  al 
defunto  al-Nu'màn,  e  cingeva  d'assedio  i  Persiani.  Durante  uno  dei  com- 
battimenti attorno  al  paese,  combattimento  in  cui  i  Persiani  furono  scon- 
fitti, uno  dei  maggiorenti  sassanidi,  detto  Dìnàr,  rimase  tagliato  fuori  dai 
compagni,  e  fu  inseguito  da  Simàk  b.  'Ubayd  al-'Absi.  Fatto  prigioniero  e 
condotto  innanzi  al  generale  Hudzayfah,  si  oflErì  di  ottenere  la  resa  pa- 
cifica di  Nihàwand  se  gli  promettevano  la  libertà,  perchè  egli  si  dichia- 
rava signore  del  paese.  Hudzayfah  accettò  la  proposta,  e  Dìnàr  concluse 
un  trattato  di  resa  con  gli  Arabi:  con  esso  si  presentò  innanzi  alle  mura 
della  fortezza,  e  spiegati  i  patti  ottenuti,  ordinò  ai  suoi  di  aprire  le  porte 
e  di  arrendersi.  Essi  obbedirono  all'ordine  avuto,  quando  seppero  d'aver 
ottenuto  l'amàn.  Da  questo  incidente  il  paese  fu  chiamato  Mah  Dìnàr  ("^) 
(Hanifah.   141-146). 

489.  62 


5"2-ò5 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Tradizioni   sulla 
battaglia    di    Ni- 
hàwand.' 


Nota  1.  —  Dunbiiwnml,  Demavend,  cantone  e  montagna  celebre  nelle  vicinanze  di  al-Rayy,  ricca 
ili  minerali,  specialmente  di  solfo.  Yàqiìt,  II,  WHJ-tiKt  (Meyuard  Dict.,  2ii(i-239);  Hamadzilui, 
■JTl-JT!t,  307-309;  Istakhri  e  Ilaw-qa!,  hìdea;  C,-2;  Klui  rdadzbi  h ,  118,  244,  2.50;  Le  Strange 
Xiizhah,  29,  94. 

Nota  2.  —  Alla  fine  della  narrazione  abii  Hanifah  al-Dinawari  aggiunge  un  lungo  auediloto,  di 
cui  abbiamo  già  dato  due  versioni  nei  paragrafi  precedenti   (cfr.  §§  41,  47  e  vadi  ancbe  §  (iS). 

Dopo  la  battaglia  di  Nihiiwand  un  iionio  tra  i  più  nobili  (asràf)  del  paese  si  presentò  ad  al-Sà'ib 
b.  al-A<ira',  che  era  stato  preposto  al  bottino,  e  gli  disse  die,  se  gli  garantiva  la  sicurtà  per  sé  ed  i  suoi 
e  gli  assicurava  il  possesso  di  tutti  i  suoi  beni  mobili  ed  immobili,  gli  avrebbe  indicato  il  nascondiglio 
di  uu  tesoro  immenso  che  sarebbe  andato  tutto  intero  a  vantaggio  del  loro  capo  maggiore  (il  Califfo). 
Questo  tesoro  aveva  avuto  la  seguente  origine:  al-Nukhàrigiin  era  il  nome  di  un  persiano  di  nobilissimo 
lignaggio,  che  era  accorso  con  i  rinforzi  alla  battaglia  di  al-Qiìdisiyyali  e  vi  aveva  trovata  la  morte 
combattendo  da  prode  fino  all'ultimo.  Nei  tempi  anteriori  egli  era  stato  molto  intimo  od  amico  del 
Kisra  Barwiz,  ma  purtroppo  si  era  accorto  che  il  re  non  era  rimasto  insensibile  dinanzi  alla  grande 
bellezza  di  sua  moglie,  una  delle  più  belle  donne  del  tempo.  Egli  non  volle  fare  scandalo  e  preferì 
separarsi  dalla  moglie  senza  scalpore  e  non  avere  pivi  contatti  con  lei.  Di  questo  fu  informato  il  re, 
il  quale  un  giorno,  quando  al-Nukhàrigàu  bi  presentò  in  udienza  con  altri  magnati  della  corte,  si  volse 
a  lui  e  gli  disse:  «E  venuto  a  mia  conoscenza  che  tu  possiedi  una  sorgente  di  acqua  dolcissima,  ma 
«che  tu  più  non  vi  ti  disseti».  Ed  al-Nukliàrigàn  di  risposta  a  Kisra:  «  O  re.  è  giunto  infatti  a  mia 
«  conoscenza  che  il  leone  viene  di  tanto  in  tanto  a  dissetarsi  in  quella  fonte,  perciò  mi  sono  tenuto 
•  lontano'  per  timore  del  leone  » .  Al  re  piacque  la  risposta  felice  del  magnate  persiano  e  rimase  mara- 
vigliato della  sua  saggezza:  entrato  indi  nel  suo  gineceo  dove  teneva  ben  tremila  donne  per  sé  solo, 
ordinò  che  si  riunissero  tutte  e  tolse  loro  tutte  le  gioie  che  portavano  indosso  e  le  mandò  tutte  insieme 
alla  moglie  di  al-Nukhàrigàn.  Poi  chiamò  anche  gli  orefici  ed  ordinò  a  loro  una  corona  (tàg)  d'oro 
massiccio  tutta  tempestata  di  pietre  preziose  di  grandissimo  valore  e  mandò  anch'essa  in  dono  alla 
moglie  di  al-Nukhàrigàu.  Tutta  questa  roba  preziosa  rimase  presso  i  discendenti  della  donna,  e  quando 
sopravvennero  le  guerre  in  quella  contrada,  i  figli  si  recarono  in  un  villaggio  già  appartenuto  al  loro 
padre  e  chiamato  al-Khuwàrigàn,  dove  ergevasi  un  tempio  pirolatrico,  bayt  nàr,  tolsero  dal  suo  posto 
l'altare  (kàniin)  su  cui  ardeva  il  fuoco,  sotto  di  esso  seppellirono  la  roba  preziosa  e  rimisero  poi  tutto 
nel  pristino  stato.  Quando  fu  a  conoscenza  di  tutto  ciò,  al-Sà'ib  b.  al-Aqra'  promise  al  persiano  sicurtà 
per  sé,  i  suoi  beni  mobili  ed  immobili,  la  sua  famiglia  e  i  suoi  figli,  se  fosse  risultato  vero  quanto  egli 
narrava.  Recatosi  sul  luogo  con  il  persiano,  al-Sà-ib  trovò  sotto  l'altare  due  ceste  (safat)  contenenti  l'una 
la  corona,  l'altra  i  gioielli  reali  e  confiscò  ogni  cosa.  Terminata  la  distribuzione  delle  spoglie,  al-Sà'ib 
caricò  sul  camelo  le  due  preziose  ceste  e  venne  con  esse  al  Califfo  'Umar  in  Madinah.  Quanto  accadde  è 
cosa  celebre  (e  non  merita  narrarla,  dice  il  cronista).  Le  due  ceste  furono  comperate  da  'Amr  b.  al-Hàrith 
con  l'impoi'to  delle  gratificazioni  (atà')  dei  guerrieri  e  dei  figli  loro  (cioè  della  sua  tribù)  riunite  insieme. 
Egli  poi-tò  tutto  ad  al-Hirah  e  véndè  la  roba  con  un  grande  profitto.  Con  la  somma  di  danaro  cosi  gua- 
dagnata 'Amr  b.  Hàritli  si  comperò  un  fondo  nell'  'Iraq,  ed  egli  fu  il  primo  qurasita  che  facesse  acquisto 
di  un  fondo  nell''Iràq  (Hanifah,  145-146,  dove  aggiungonsi  undici  distici  attribuiti  ad  'Urwah  b.  Zayd 
al-Kliayl,  nei  quali  si  fa  allusione  al  fatto  d'arme  di  al-Madà'iu,  detto  di  ìwàn  Sirin,  e  quello  di  (lalulà.j. 

L'episodio  proviene  sicuramente  (?)  da  quel  ciclo  di  storie  fantastiche  che  (sin  da  circa  il  'àW  H. 
in  al-Basra:  cfr.  Noldeke,  ZOMG.,  XLII,  69)  si  aggruppano  intorno  al  nome  di  Sindbàd  Syntipas),  e 
che  forma  parte  della  grande  raccolta  delle  Mille  ed  una  notte.  —  Nel  caso  presente  a  Sindbàd  sembra 
essersi  sostituito  il  re  di  Persia  [J.  Horovitz]. 

§  53.  —  al-Dzahabi  riassume  sotto  l'anno  21.  H.  i  particolari  della 
vittoria  di  Niliàwand,  senza  aggiungere  cosa  che  metta  il  conto  di  rile- 
vare in  special  modo  (Dzahabi    Paris,  I,  fbl.   136,r.-137,r.). 

§  54.  ■ —  al-Khuwàrizmi  non  menziona  la  battaglia  di  Nihàwand,  ma 
dice  che  nell'anno  21.  H.  il  re  Yazdagird  fuggì  a  Marw  (Baethgen,   IH). 

Cfr.  anche  Barhebraeus,  III,   127. 


IRAQ-PERSIA.  —  Battaglia  di  Nihàwand  {versione  di  Sayfh.'Umar). 

§  55.  —  Neil' esaminare    le    tradizioni    sulla    conquista    dell'altipiano 

iranico  il  Wellhausen  giustamente  rileva  e  dimostra  poi  con  lucidi  argo- 


490. 


21.  a.  H. 


55-57. 


menti  che  la  versione  data  da  Sayf  b.  'Umar,  tranne  qualche  particolare 
di  secondaria  importanza,  non  ha  alcun  valore  storico.  È  errata  tutta  la 
cronologia,  e  la  tela  generale  è  messa  sopra  una  base  falsa,  compressa 
in  un  breve  periodo  d'anni  e  come  una  continua  progressione  vittoriosa 
degli  Arabi.  Caratteristica  generale  della  narrazione  è  poi  che  gii  Arabi 
abbiano  ognora  iniziato  le  campagne  non  già  per  desiderio  d'espansione, 
ma  per  ineluttabile  bisogno  di  difesa  contro  i  Persiani,  che  mai  posavano, 
continuamente  tramavano  contro  i  Musulmani,  sollevavano  torbidi  lungo 
i  confini,  e  con  chiamate  generali  sotto  le  armi  periodicamente  venivano 
a  mettere  a  repentaglio  tutte  le  conquiste  degli  Arabi  (W  eli  ha  use  n 
Sk.  u.  Vorarb.,  VI,  pag.  94-101).  Tutta  la  tela  è  dello  stesso  stampo 
artificiale  che  si  rilevò  nelle  tradizioni  sulla  partenza  degli  eserciti  mu- 
sulmani ai  primordi  del  Califfato  di  abù  Bakr!  Non  è  necessario  ripetere 
in  questo  luogo  tutti  gii  argomenti  efficacissimi  raccolti  dal  Wellhausen 
(1.  e,  pag.  101  e  segg.):  nessuno  potrà  mai  demolire  la  sua  critica,  che  ri- 
mane durevolmente  acquisita  alla  scienza  storica  dell'  Islam. 

§  56.  —  (Il  Califfo  toglie  il  divieto  di  nuove  conquiste). 
(Sa5^f  b.  Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  Nell'ambasciata,  che  aveva  me- 
nato al-Hurmuzàn  prigioniero  a  Madinah,  v'era  il  celebre  al-Ahnaf  b.  Qays 
(capo  dei  Tamìmiti  di  al-Basrah),  il  quale  espose  al  Califfo  tutti  i  pericoli, 
ai  quali  erano  esposti  i  nuovi  possedimenti  musulmani  nell'  'Iraq,  se  era 
mantenuto  il  divieto  di  fare  altre  conquiste  in  Persia.  I  Persiani,  lasciati  in 
pace  nei  loro  monti,  si  preparavano  sotto  il  loro  re  ad  una  grande  gvierra 
di  rivincita  :  era  perciò  nell'  interesse  dei  Musulmani  di  aggredii-e  il  ne- 
mico prima  che  avesse  terminato  i  suoi  preparativi  offensivi.  II  Califfo  'Umar, 
avuta  la  conferma  dell'agglomerazione  di  genti  armate  in  Nihàwand,  tolse 
ora  il  divieto  e  diede  il  permesso  di  invadere  il  territorio  nemico  (T  a  b  a  r  i , 
I,  2560-2661). 

Cfr.  Khaldùn,  II,  App.   113. 

Abbiamo  già  fatto  allusione,  e  ne  faremo  ancora,  a  questo  preteso  divieto 
di  Umar  (cfr.  16.  a.  H.,  §  230;  19.  a.  IT.,  §  15;  20.  a.  H.,  §  22;  23.  a.  H., 
§  19):  le  informazioni  date  da  Sayf  in  questa  e  nelle  seguenti  tradizioni 
sono  piene  di  eiTori,  che  esamineremo  partitamente  quando  avremo  a  stu- 
diare i  precedenti  e  la  cronologia  della  quarta  campagna  persiana. 

§  57.  —  (Partenza  delle  schiere).  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad 
e  da  altri).  Il  permesso  dato  dal  Califfo  Umar,  dietro  istanza  di  al-Ahnaf 
b.  Qays,  di  estendere  le  conquiste  verso  oriente  nel  Fàris,  venne  concesso 
nel  corso  dell'anno  17.  H.,  ma  il  principio  delle  varie  spedizioni  seguì  sol- 
tanto nel   18.  H. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA. 
Battaglia  di   Ni 
hàwand.l 


491. 


§§  57,  ijy.  21.  a.  n. 

21.  a.  H.  ;,1)Q  Musa   al-As'ari  (governatore    di    al-Basrali)  el)be   l'ordine    di   var- 

Batt  lia  di  Ni-  '  '^''^'  '  confini  del  territorio  persiano,  che  si  trovava  sotto  la  protezione 
hàwand.]  aiaba,  al -dz  immah  ,  e  di  attendervi  nuovi  ordini.  Allo  stesso  tempo  il  Ca- 

liffo inviò  Suliayl  b.  'Adi.  liallt  o  confederato  dei  banù  'Abd  al-A.shal 
(Ansar),  con  i  vari  stendardi  ai  diversi  capitani,  che  dovevano  iniziare  la 
conquista  dell' 'Iraq.  Lo  stendardo  per  la  conquista  del  Khuràsàn  (liwa 
TChuràsàn)  fu  aftidato  ad  al-Alinaf  b.  Qays;  quello  di  Ardasir-lvhurrah  e 
di  Sàbur,  a  Mugàsi'  b.  Mas'ud  al-Sulami  ;  quello  di  Istakhr,  a  Utlimàn  b. 
abi-l-'A.s  al-Thaqafi  ;  quello  di  Fasà  e  di  Daràbgird,  a  Sàriyah  b.  Zunaym 
al-Kinàni  ;  quello  del  Karman,  a  Suhayl  b.  'Adi  ;  quello  del  Sigistàn  a 
'  Asim  b.  '  Amr  Compagno  del  Profeta  ;  e  quello  del  Mulu'àn  ad  al-Hakani 
b.  'Umayr  al-Tagblibi. 

Tutti  questi  eserciti  si  misero  in  moto  soltanto  nel  corso  dell'anno  18.  H., 
ed  il  Califfo  mandò  loro  molti  rinforzi  raccolti  in  al-Kùfah. 

Tn  aiuto  di  Suha_yl  b.  'Adi  mandò  'Abdallah  b.  'Abdallah  b.  'Itbàn  ; 
in  aiuto  di  al-Almaf  mandò  'Alqamah  b.  al-Nadr,  'Abdallah  Ij.  abi  Uqaj-l, 
Rib'i  b.  'Amir  ed  ibn  umm  Ghazàl:  in  aiuto  di  'Asini  b.  Amr  mandò 
'Abdallah  b.  'Umayr  al-Asga'i:  in  aiuto  di  al-Hakam  b.  Umayr  mandò 
Sihàb  b.  al-Mukhàriq  al-Màzini  (T  a  bari,  I,  2568-2B69). 

Cfr.  Athìr,  II,  432-433;  Khaldùn,  App.,  113,  il  quale  però  ag- 
giunge che  questa  avanzata  generale  è  rimessa  da  altri  al  21.  e  al  22.  II. 

§  58.  —  (Cause  della  battaglia:  preparativi:  accuse 
contro  Sa'd  b.  abi  Waqqàs,  e  sua  deposizione  dal  go- 
verno di  al-Kùfah).  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  e  da  altri).  Le 
guerre  contro  al-Hui-muzàn  nel  Fàris  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§  101  e  segg.,  e 
21.  a.  H.,  §  25  e  segg.),  l'invasione  del  Fàris  per  opera  di  al-' Ala  gover- 
natore del  Bahrayn  (cfr.  19.  a.  H.,  §  15),  e  la  spedizione  di  schiere  da  al- 
Basrah  per  soccorrere  quelle  del  Bahrayn,  turbarono  talmente  gli  abitanti 
del  Fàris,  che  ne  scrissero  al  re  Yazdagird,  allora  dimorante  in  Marw,  e 
lo  pregarono  di  venire  in  loro  soccorso.  Il  re  ordinò  un  nviovo  appelli) 
generale  sotto  le  armi  nelle  provincie  della  Persia,  nell'al-Bàb,  nel  Khu- 
ràsàn, nel  Sind,  ed  in  tutti  i  paesi  fra  queste  regioni  e  Hulwàn.  Come 
luogo  di  riunione  fu  fissata  la  città  di  Nihàwand.  Mentre  fervevano  i  pre- 
parativi, notizia  di  essi  giunse  a  Qubàdz  al-Khuràsàni  signore  di  Hulwàn 
(cfr.  16.  a.  H.,  §  219),  il  quale  ne  mandò  subito  rapporto  a  Sa'd  b.  abi 
Waqqàs  governatore  di  al-Kiifah.  Questi  a  sua  volta  ne  scrisse  al  Califfo 
Umar,  il  quale  provvide  immediatamente  per  il  pronto  invio  di  rinforzi. 
Schiere  d'armati  incominciarono  ad  affluire  in  al-Kùfah  da  varie  parti 
d'Arabia,  e  fra  le  altre  anche  schiere  di  Asaditi  sotto  al-Garràh  b.  Sinàn 

492. 


21.  a.  H. 


§§  5«,  59. 


al-Asadi.  Per  ordine  del  Califfo  venne    ad  al-Kùfah  anche  Muhammad  b.  21.  a.  H. 

Maslamah  con  altre  milizie:  Muhammad  duiante  tutto  il  Califfato  di  'Umar  Battaglia  di  Ni- 
tenue  la  carica  di  ispettore  dell'opera  dei  vari  governatori,  e  soleva  rac  hawand.j 
cogliere  i  reclami  dei  sudditi  e  farne  rapporto  al  Califfo.  Venuto  ora  ad 
al-Kufah,  si  valse  della  circostanza,  che  tante  schiere  erano  riunite  per 
r  imminente  spedizione,  allo  scopo  d' interrogare  tutti  sul  governatore  Sa'd 
e  raccogliere  i  giudizi  degli  abitanti  sul  conto  suo.  Tutti  ne  fecero  elogi 
sinceri:  soli  gli  Asad  e  gli  'Abs  gli  mossero  molte  accuse:  Sa'd  non  divi- 
deva il  bottino  imparzialmente,  non  era  giusto  verso  i  sudditi,  e  non  amava 
.«ìpedizioui  militari,  preferendo  alle  fatiche  della  guerra,  i  piaceri  della  caccia. 
Infine  Sa'd  era  accusato  di  non  fare  la  preghiera  nel  modo  prescritto,  perchè 
distratto  dalle  sue  occupazioni  cinegetiche  (cfì-.  20.  a.  H.,  §§  2  e  segg.). 
>^a'd,  saputo  quello  che  gli  si  attribuiva,  respinse  energicamente  le  accuse, 
rievocando  tutti  i  servizi  eminenti  da  lui  resi  al  Profeta,  e  l' intimità  nella 
quale  aveva  vissuto  con  lui,  e  rammentando  che  egli  (Sa'd)  era  stato  il 
primo  a  versare  sangue  per  la  causa  dell'Isiàm  (cfr.  Introd.,  §   233). 

La  gravità  delle  accuse  rese  però  necessario  che  Muhammad  b.  Ma- 
-lamah  si  recasse  a  Madinah  insieme  con  Sa'd  b.  abì]  Waqqàs  per  sotto- 
porre la  questione  al  Califfo.  Questi  troncò  tutto,  togliendo  a  Sa'd  il  go- 
verno di  al-Kùfah,  e  conferendo  l'amministrazione  ad  Abdallah  b.  Abdallah 
1'.  Itbàn,  che  era  stato  lasciato  da  Sa'd  come  luogotenente  nella  città, 
mentre  egli  si  recava  a  Madinah  a  discolparsi.  Si  vuole  che  Sa'd  b.  abi 
Waqqàs  lanciasse  la  maledizione  contro  i  suoi'calunuiatori  e  che,  per  effetto 
di  questa,  i  suoi  due  maggiori  accusatori,  Arbad  e  al-Grarràh  b.  Sinàn, 
perissero  ambedue  in  modo  ignominioso,  l'uno  calpestato  dai  cavalli,  l'altro 
con  la  testa  rotta  dalle  pietre,  in  Sàbàt,  nel  giorno  in  cui  la  gente  volle 
aggredire  al-Hasan  b.    Ali  (cfr.  41.  a.   H.). 

In  questo  modo  i  preparativi   per    la    l)attaglia    di    Nihàwand    furono 
latti  mentre  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  era  al  governo  in  al-Kùfah,    ma  la  bat- 
taglia stessa  fu  combattuta  sotto  il  governo  di    Abdallah  b.    Abdallah  1). 
Itbàn   (T abari.  I.  2605-2608). 

Cfr.  Athìr,  III,  3-4;  Khaldùn,  II,  App.,   115-11-6. 

Cfr.  anche  23.  a.  H.,  §  20,  dove  ripetonsi  queste  notizie  sul  muta- 
mento del  governatore  di  al-Kùfah.  I  particolari  non  sono  confermati  da 
altre  fonti  e  non  meritano  veruna  fiducia.  A  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  successe 
immediatamente  'Ammàr  b.  Yàsir,  tra  la  fine  del  20.  e  il  principio  del  21. 

§  59.  —  (Desiderio  del  Califfo  di  accompagnare  la  spe- 
dizione). (Sayf  b.  'limar,  da  Musa,  da  Hamzah  b.  al-Mughìrah  b.  Su'bah, 
da  abù  Tu'mah  al-'^Thaqafi).  La  notizia    che    centocinquantamila    Persiani 

493. 


§«&«^2. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H 
[IRAQ- PERSIA 


si  riunivano  iu  Nihàwaud  per  aggredire  gli  Arabi,  fu  portata  a  Madinah 
Battaglia' di'Ni-  '^'^  ^^^  luosso  a  uoiue  Qarìb  b.  Zafar  al-'Abdi,  ed  'Umar  nel  ricevere  F  in- 
hàwand.j  formazione   trasse   dal  nome  del  messo  un  felice  presagio,  che  la  vittoria 

(lovesse  essere  vicina  (^qarib  significa  vicino,  e  zafar,  vittoria).  Di  poi 
dal  min  bar  della  moschea  annunziò  la  sua  intenzione  di  accompagnari' 
le  schiere,  che  mai'ciavano  contro  il  nemico,  ma  allora  si  alzarono  vari  Com- 
pagni, come  'Utjimàn  b.  'Affàn,  Talliah  b.  ' Ubay dallah,  al-Zubayr  b.  al- 
Awwàm,  ed  Abd  al-rahmàn  b.  ' Awf  a  protestare  contro  un  simile  disegno, 
ed  il  Califfo  si  piegò  al  loro  parere,  rinunziando  alla  sua  idea  (T  a  bari, 
I,  2608-2G10). 

Cfì".  anche  altre  prolisse  tradizioni  di  Sayf  su  questo  medesimo  argo- 
mento (Tabari,  I,  2610-2614). 

Cfi-.  Athìr,  III,  4-5. 

§  60.  —  (Nomina  di  al-Nu'm.àu  b.  Muqarrin  al  comando 
della  spedizione).  (Sayf  b.  Umar,  da  abù  Bakr  al-Hudzali.  Per  la 
scelta  del  generale,  al  quale  affidare  il  comando  dell'esercito,  il  Califfo 
Umar  si  rivolse  ai  colleghi  e  consiglieri,  ma  questi  insistettero  che  la  scelta 
venisse  spontaneamente  dal  Califfo,  il  quale  finalmente  si  decise  per  al- 
Nu'màn  b.  Muqarrin  al-Muzani,  che  trovavasi  allora  nella  provincia  di  al- 
Basrah  con  le  schiere  kufane,  inviate  dietro  ordine  di  Umar  per  aiutare 
i  Basrensi  nella  conquista  di  Ràmhurmuz,  di  Idzàg,  di  Tustar,  di  Grunda}- 
Sàbùr  e  di  al-Sùs  (cfì-.  poc'anzi  §§  24  e  segg.).  La  nomina  fu  annunziata  ad 
al-Nu'màn  da  Zarr  b.  Kulayb,  e  da  al-Muqtarib  b.  al-Aswad  b.  Rabl'ah,  che 
erano  venuti  in  missione  presso  il  Califfo:  al-Nu'màn  doveva  recarsi  a  Mah 
ed  ivi  assumere  il  comando  generale  di  tutto  l'esercito,  che  si  sarebbe  colà 
raccolto  tanto  da  al-Basrah,  quanto  da  al-Kùfah  (Tabari,  I,  2613-2G14). 

Cfr.  Athìr,  III,   5-6;  Khaldùn,  II,  App.,   116. 

§61.  —  (Preparativi  e  forze  dei  Persiani).  (Sayf  b.  'Umar, 
senza  isnàd).  Il  luogo  di  riunione  di  tutte  le  schiere  persiane  fu  la  città 
di  Nihàwand,  nella  qviale  accorsero  tutte  le  milizie  esistenti  nella  regioiie 
compresa  fra  l'al-Bàb,  il  Khuràsàn,  il  Sigistàn,  il  Fàris  e  Hulwàn.  Dalle 
regioni  verso  il  Gribàl  vennero  30,000  uomini,  dal  Khuràsàn  vennero  60,000, 
e  dal  Sigistàn  e  dal  Fàris  altri  60,000.  Il  comando  generale  fu  assunto  in 
Nihàwand  da  al-Faja-uzàn  (Tabari,  I,   2608). 

§  62.  —  (Marcia  degli  eserciti  musulmani  su  Nihàwandj. 
(Saj'f  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Il  Califfo  'Umar  mandò  Rib'i  b.  'Amir  con 
una  lettera  ad  Abdallah  b.  'Abdallah  b.  'Itbàn,  nuovo  governatore  di  al- 
Kùfah,  annunziandogli  la  nomina  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin,  ed  ingiungen- 
dogli di  mandare  le  genti  di  al-Kùfah  sotto  gli  ordini  di  Hudzayfah  b.  al- 

494. 


21.  a.  H. 


§  62. 


Yamàn  alla  città  di  Mah.  ove  si  sarebbero  incontrate  con  al-Nu'màn,  che 
veniva  da  al-Ahwàz  ;  il  Califfo  stabili  altresì,  che  se  al-Nu'màn  venisse  uc- 
ciso, il  comando  dell'  intiero  esercito  doveva  passare  a  Hudzayfah  b.  al- 
Yamàn,  e  nel  caso  di  morte  di  costui,  a  Nu'aym  b.  Muqarrin.  Il  Califfo 
rimandò  inoltre  ad  al-Kùfah  Qarib  b.  Zafar  al-'Abdi,  ed  al-Sà"ib  b.  al-Aqra'. 
al  quale  affidò  la  cura  di  dividere  il  bottino  fra  i  soldati:  questi  due  uomini 
arrivarono  in  al-Kùfah  con  lettere  del  Califfo,  che  esortavano  gli  abitanti  a 
sollecitare  i  preparativi.  Le  varie  tribù  fecero  a  gara  nel  rispondere  all'ap- 
pello :  i  più  pronti  furono  però  gli  a  1  -  r  a  w  à  d  i  f  (ossia  gli  Arabi  emi- 
grati dopo  la  campagna  di  conquista),  desiderosi  com'erano  di  distinguersi 
nella  guerra  per  la  religione,  e  di  cai'pire  un  bel  bottino.  Le  milizie  di 
al-Kùfah,  sotto  Hudzayfah  b.  al- Yamàn,  si  congiunsero  con  al-Nu'màn  b. 
Muqarrin  in  al-Tazar,  mentre  la  cavalleria  sotto  al-Nusayr  si  dispose  nel 
piano  detto  Marg  al-Qal'ah. 

Intanto  il  Califfo  'Limar  aveva  scritto  a  Sulma  b.  al-Qayn,  a  Har- 
malah  b.  Muraj'tah,  a  Zarr  b.  Kulayb,  ad  al-Muqtarib  al-Aswad  b.  Rabi'ah, 
ed  agli  altri  generali  che  custodivano  le  frontiere  del  Fàris  dalla  parte  di 
al-Ahwàz,  di  stare  in  guardia  contro  possibili  aggressioni  e  di  attendervi 
le  sue  istruzioni.  Ordinò  quindi  a  Mugàsi'  b.  Mas'ùd  al-Sulami  di  recarsi 
ad  al-Ahwàz,  e  da  lì  avanzare  verso  Mah.  Così  fece  Mugàsi'.  e  quando 
giunse  in  Gliudav}'  Sagar  (uno  dei  monti  nel  deserto  dalle  parti  di  al- 
Basrah:  cfi-.  Yàqùt,  III,  806),  ricevette  l'ordine  di  non  muoversi  più,  ma 
di  tenere  in  osservazione  tutto  il  tratto  fi-a  Ghudayy  Sagar  e  Marg  al- 
Qal'ah.  L'attitudine  minacciosa  presa  da  tanti  capitani  lungo  i  confini  del 
Fàris  e  della  provincia  di  Isbahàn  (takhùni  Isbahàn  wa  Fàris),  im- 
pedì che  il  contingente  persiano  del  Paris  si  potesse  recare  in  aiuto  del- 
l'esercito persiano  di  Nihàwand. 

Conformandosi  ad  istruzioni  ricevute  dal  Califfo,  il  generale  al-Nu'màn 
inviò  ora  da  al-Tazar  i  seguenti:  Tulayhah  b.  Khuwaylid,  'Amr  b.  abi 
Sulma  al-'Anazi  ed  Amr  b.  Ma'dìkarib  al-Zubaydi,  ad  esplorare  il  terri- 
torio nemico.  I  due  'Amr  ritornarono  in  breve  al  campo  senza  aver  sco- 
l)erto  cosa  alcuna  di  rilievo,  e  dopo  un'assenza  di  poco  più  che  venti- 
quattro ore;  invece  Tulayhah,  con  grande  ardimento,  si  avanzò  solo  sempre 
più  avanti  nel  territorio  persiano,  percorrendo  tutti  i  venti  e  più  farsakh 
che  separavano  al-Tazar  da  Nihàwand  :  egli  potè  così  appurare  che  i  Per- 
siani si  erano  ritirati  da  tutta  la  regione,  e  che  gli  Arabi  potevano  avan- 
zarsi senza  opposizione  o  molestia  fino  a  Nihàwand  ('). 

al-Nu'màn  diede  allora  il  segnale  di  avanzare  su  Nihàwand:  lasciando, 
come  abbiamo  già  detto,  Mugàsi'  b.  Mas'ùd  a  proteggergli  la  retroguardia. 


21.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Battaglia   di   Ni- 
hàwand.] 


495. 


§§  ii-2,  oa.  21,  a.  H. 

21.  a.  H.  poso  Nu'aym  b.  Muqarrin  al  comando  deiravanguaidia :  Hudzayfah  b.  al- 

Batiaeiia  di  Ni-     Yamàn,  e  Suwaj'd  b.  Muqarriu  ebbero  il  comando  delle  due  ali,  e  al-Qa'qà' 
hàwand.)  b. 'Amr  fu  messo  alla  testa  della  mugarradali  (=  distaccamento  di  ca- 

valleria leggiera:  ctr.  §  G3).  Ormai  le  forze  musulmane  trovavansi  al  com- 
pleto, perchè  erano  arrivate  pui-e  le  schiere  inviate  da  Madinah,  nelle 
quali  eransi  arrolati  anclie  al-Mugliìrah  b.  Su'hali  e  Abdallah  b.  'Umai 
b.  al-Ivhattàb,  il  figlio  del  Califfo. 

Quando  giunsero  ad  al-Isbìdzahau  (Y  a  q  u  t ,  I,  239;  Din  a  vv  ari,  143. 
lin.  14;  ibn  al-Faqih,  211,  lin.  10,  e  269,  lin.  10),  gli  Arabi  trovarono 
i  Persiani  sotto  al-Fayruzàn  già  schierati  in  l)attaglia  al  di  qua  (duna) 
di  Way  Khm-d  (cfr.  Yàqùt,  IV,  896,  lin.  5  e  11). 

Le  due  ali  persiane  erano  comandate  da  al-Zarduq,  e  da  Bahmàn  Gfàdza- 
wayh,  il  (^uale  aveva  assunto  il  posto  già  tenuto  da  Dz^ù-l-Hàgib.  Le  schiero 
erano  costituite,  oltreché  di  milizie  nuove,  anche  di  tixtti  i  siaperstiti  delle 
precedenti  battaglie  neir'Iràq:  alla  cavalleria  era  preposto  Anù.saq  (Ta- 
bari,  I,  2G15-2G19).  —  Cfr.  Athir,  III,  6-7;  Khaldùn,  II,  App.,   116. 

Nota  1.  —  Si  rilevi  come  ora  di  nuovo,  combattendo  contro  i  Persiani,  si  pongano,  da  Sayf  b.  'Umar, 
in  prima  linea  le  prodezze  personali  di  Tulayhah,  il  falso  profeta  che  tanto  si  era  battuto  contro  l'Islam 
durante  la  Riddali  icfr.  11.  a.  H.,  §§  132  e  segg.).  Alla  battaglia  di  al-Qàdisij-yah  (cfr.  16.  a.  H.,  §§  53,  85) 
e  passim)  abbiamo  le  medesime  caratteristiche. — D'altra  parte  Tulayhah  appartiene  agli  Asad,  e  sono, 
appunto  membri  di  questa  tribù  che  maggiormente  criticano  l'opera  amministrativa  del  governatore  Sa'd 
(cfr.  poc'anzi  §  58l.  —  Possiamo  noi  accogliere  queste  affermazioni  della  scuola  iraqenseV  Nelle  tradi- 
zioni di  Sayf  palesemente  si  confondono  due  diverse  tendenze  della  tradizione  popolare  di  al-Kiìfah. 
L'una  di  provenienza  degli  Asad  immigrati  in  al-Kiifah,  i  quali,  desiderosi  di  cancellare  la  memoria  poco 
bella  della  Riddah,  hanno  glorificato  il  loro  eroe  Tulayhah,  che,  anche  divenuto  semplice  milite  del  g' - 
verno  madinese,  aveva  conservato  una  larghissima  influenza  personale  tra  i  suoi  consanguinei.  L'altr.-x 
tendenza  è  quella  ostile  agli  Asad,  addebitando  ai  medesimi  le  irrequietezze  anarcoidi  e  perpetuamente 
turbolente  della  popolazione  kufana. 

§  63.  —  (Battaglia  di  Nihàwand).  (Sayf  b.  'Umar,  senza 
isnàd).  al-Nu'màn,  alla  vista  del  nemico,  lanciò  un  poderoso  takbìr, 
al  quale  rispose  in  coro  tutto  l'esercito  musuln^ano,  gettando  lo  sgomento 
nelle  file  dei  Persiani.  Quindi  egli  diede  ordine  di  deporre  i  bagagli  e  di 
piantare  le  tende  :  l'ordine  fu  eseguito  con  grande  celerità,  e  si  distinsero 
specialmente  i  seguenti  nella  rapidità  di  fissare  il  campo:  (1)  Hudzayfah 
b.  al-Yamàu,  (2)  'Uqbah  b.  'Amr,  (3)  al-Mughìrah  b.  Su'bah,  (4)  Basir  b. 
al-Khasàsiyyah,  (6)  Hanzalah  al-Kàtib  b.  al-Rabi',  (6)  ibn  al-Hawbar. 
(7)  Rib'i  b.  'Amir,  (8)  'Amir  b.  Matar,  (9)  Grarìr  b.  'Abdallah  al-Him3'ari, 
(10)  G-arir  b.  'Abdallah  al-Bagali,  (11)  al-Asath  b.  Qays  al-Kindi,  (12)  Sa'id 
b.  Qays  al-Hamdàni,  e  (13)  Wà-il  b.  Hugr. 

Dopo  queste  disposizioni  al-Nu'màn  ordinò  di  incominciare  la  bat- 
taglia, e  i  due  eserciti  si  batterono  per  tutto  il  mercoledì  ed  il  giovedì: 
ciò  avveniva  nel  settimo  anno  del  Califfato  di  'Umar,  nell'anno  19.  H. 
(T abari,  I,  2619,  lin.   11). 

496. 


hàwand. 


21.  a.  H.  §  .;;5 

Nel  venerdì  seguente  però  i  Per.siani  si  rintanarono  nel   loro    campo  _2i-  a-  H- 

or  ...  [IRAQ-PERSIA.  - 

fortificato  e  non    uscirono    più    dal    ricovero    sicuro    delle    trincee,  se   non        Battaglia  di  nì- 
quando  ciò  a  loro  conveniva:  i  Musulmani  fui-ono  perciò  costretti  a  porre 
assedio  al  campo  nemico,  e  le  operazioni  militari  incominciarono  a  tirax-e 
molto  in  lungo,  cagionando  gravi  inconvenienti  ai  Musulmani.  al-Nu'màn 
convocò   allora  a  consiglio  i  suoi    capitani   per   sentire   il   parere    dei    mi- 
gliori sul  modo  di  uscire  dalla  difficoltà.  'Amr  b.  Thubayv,  il  più  vecchio 
dei  capitani,  fii  il  primo   a   prendere    la    parola:   dopo    di   lui    parlò  'Amr 
b.  Ma'dikarib,  ma  ambedue  le  proposte  non  piacquero  agii  altri  e  furono 
respinte.   Si  alzò  allora   il  .prode    Tulayhah,  e  propose  che  gii  arcieri    niu- 
sulniani  si  avvicinassero    al    campo   nemico  e  cercassero  con  un  tiro  con- 
tinuo di  freccie  di  dare    tanta   molestia    ai    difensori   delle   trincee  da  co- 
stringerli a  fare  una  sortita.  Attirati  i  Persiani  fuori  dalle   loro  posizioni 
fortificate,  gii  arcieri  dovevano    fingere   una    ritirata    precipitosa  e   trasci- 
nare  i   Persiani   a   tentare   un    inseguimento   per   cosi   attirarli    all'aperto, 
dove  al-Nu'man  sarebbe  stato    pronto    ad    assalirli.  Il    piano  di   Tulayhah 
piacque  ai  capitani  e  ad  al-Nu'màn  b.  Muqarrin,  il  quale  diede  subito  istru- 
zioni, perchè  venisse  messo  in  esecuzione.  al-Qa'qà'  b.  .'Amr  come  capo  della 
mugarradah  si  avanzò  con  gii  arcieri  contro  le  trincee  nemiche  e  seppe 
tanto  bene  molestare  i  Persiani  con  un  tiro  continuo  di  dardi,  che  questi 
alfine  fecero  una  sortita  in  forza,  irritati  dalla  continua  molestia  delle  frecce. 
al-Qa'qà'  in  conformità  degli  ordini  avuti,  si  ritirò  precipitosamente,  e  riuscì 
a  far  credere  ai  suoi  avversari  che  egli  fuggiva,  inducendoli  a  venir  fuori 
e  ad  inseguirlo    con    accanimento.  In   tal    modo    tutto    l'esercito    persiano 
fti  trascinato  fuori  dalle  sue  posizioni  fortificate,  e  condotto    di]ianzi    alle 
forze  schierate  e  pronte    dei   Musulmani,  che    sotto    al-Nu'màn    erano  già 
disposte  per  la  battaglia.  al-Nu'màn  aveva  già  passato  in  rivista  tutte  le 
singole  schiere,  ed  aveva    dato    istruzioni    che    soltanto    al   terzo    t  a  k  b  ì  r 
dovessero  muovere  all'assalto  ;  egli  poi  si  era   ritirato    sulla   vetta  di  una 
collina,  dove  era  ben  visibile  con  il  suo  mantello  bianco  niveo,  e  con  il  suo 
berretto,  q  a  1  a  n  s  u  w  a  h ,  dello  stesso  colore.  I  Persiani  vennero  innanzi  ed 
incominciarono  a  tempestare  i  Musulmani  di  dardi,  ma  nessuno  si  mosse, 
finché  non  ebbe  sentito  il  terzo  takbìr  del  comandante  in   capo:  allora 
incominciò  sul  serio  la  grande  battaglia,  combattuta  dalle  due   parti  con 
grandissimo  accanimento.  Tale  era  la  quantità  di  sangue    umano    che  in 
breve  coprì  tutto  il  suolo,  che  la  gente  ed  i  cavalli    scivolavano   e   cade- 
vano facilmente.  Anche  il  cavallo  di  al-Nu'màn  scivolò  sul  sangue,  ed  uno 
dei  nemici  lo  trafisse    mortalmente.  Nu'aym    b.  Muqarrin    afferrò  lo  sten- 
dardo, e  coperto  il  cadavere  di  al-Nu'màn,  afiinchè  la  notizia  della  morte 

497.  63 


§5  (KVi;5. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H.  uQij  s[  propagasse  fra  le  milizie  combattenti,  corse  a  consegnare  lo  stendardo 

Battaglia  di  Ni-  =''  nuovo  -comandante  nudzayfah  b.  al-Yamàn,  elio  pei'  ordine  del  Ca- 
hàwand.)  jjffo   doveva  assumere   il  romando  nel  caso  al-Nu'màii  fosse  morto.  I  Mu- 

sulmani, ignari  della  sorte  del  loro  generale,  si  batterono  con  tanto  va- 
lore, che  aitine  sgominai'ono  le  schiere  nemiche  e  le  volsero  in  disastrosa 
tuga,  nella  quale  perirono  più  di  centomila  uomini,  senza  contare  quelli 
che  caddero  durante  il  combattimento.  Pochissimi  poterono  salvarsi  (Ta- 
bari,  I,  2619-2626). 

Cfr.  Athir,  III,   7-9;  Khaldùn,  II,  App.,   116-117. 

§  64.  —  (Numero  degli  uccisi).  (Saj^f  b.  'Umar,  da 'Amr  b.  Mu- 
hammad,  da  al-Sa'bi).  Nella  gola  fra  i  monti  (fi  - 1  - 1  i  h  b)  furono  uccisi  ben 
80.000  Persiani,  senza  contare  gli  altri  30,000  periti  nel  combattimento  e 
tutti  quelli  che  furono  uccisi  durante  l'inseguimento.  I  Musulmani  in  lutto 
erano  soltanto  30,000  uomini. 

La  città  di  Nihàwand  fu  espugnata  nel  settimo  anno  del  Califfato 
di  'Umar,  sia  alla  fine  dell'anno  18.  H.,  sia  al  principio  dell'anno  19.  H. 
(Tabari,  I,  2632). 

Cfr.  Athir,  III,  9;  Khaldun,  II,  App.,   117. 

§  65.  —  (Inseguimento  dei  fuggiaschi,  presa  di  Hama- 
dzàn,  divisione  del  bottino).  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd).  Il  ge- 
nerale in  capo  dei  Persiani,  al-Fayruzàn,  si  salvò  dalla  strage,  fuggendo 
alla  testa  di  una  piccola  schiera  verso  Hamadzàn  :  giunto  però  alla  col- 
lina, che  sovrasta  alla  città  di  Hamadzàn,  la  schiera  si  incontrò  con  una 
caravana  di  muli  e  di  asini  che  portava  un  grande  carico  di  miele,  sicché 
i  fuggiaschi  si  trovarono  impediti  nella  corsa:  alle  calcagna  dei  fuggenti 
venivano  Nu'aj^m  b.  Muqarrin  e  al-Qa'qà'  b.  Arar,  i  quali  perciò  piom- 
barono sui  Persiani  incapaci  di  muoversi  e  li  uccisero  tutti.  Il  solo  Fay- 
ruzàn  potè  salvarsi  inerpicandosi  su  per  il  monte,  ma  inseguito  da  al- 
Qa'qà'  fu  fatto  prigioniero  anch'egli  e  messo  a  morte.  In  seguito  a  questo 
fatto  la  collina  presso  Hamadzàn  venne  chiamata  Th  a  n  i  y  y  a  h  a  1  -  'A  s  a  1 , 
o  collina  del  miele,  e  si  disse  che  Dio  per  aiutare  i  Musulmani  inviasse 
anche  eserciti  di  miele  (cfr.  Maydàni,  I,  10).  Lo  sgomento  portato  dai 
ftiggiaschi  di  Nihàwand  fu  tale,  che  quando  i  superstiti  poterono  ricove- 
rarsi in  Hamadzàn,  Khusrawsunùm,  prefetto  della  città,  mise  innanzi  pro- 
poste di  pace  e  chiese  l' a  m  à  n  e  la  sicurezza  nella  vita  e  nei  beni,  per 
sé  e  per  tutti  quelli  che  da  lui  dipendevano,  promettendo  di  amministrare 
per  conto  dei  Musulmani  le  due  città  di  Hamadzàn  e  di  Dastabay,  purché 
i  Musulmani  non  invadessero  la  città.  Questi  patti  furono  accettati  ('), 
e   le   varie    schiere    predatrici    musulmane   ripiegarono    su    Nihàwand.  ove 

498. 


21.  a.  H. 


§  Ho. 


fu  fatta  ora  la  ragunata  di   ti;tto  il  bottino  e  la  divisione   del    medesimo  _2i.  a.  H. 

secondo  le  solite  norme,  per  opera  del  sàliib  al-aqbàd  al-Sàib  b.  al-  Battaglia  di  Ni- 
Aqra'  nominato  dallo  stesso  Califfo  (-).  Mentre  questi  era  intento  alla  di-  hàwand.] 
visione,  si  presentò  a  lui  il  noto  al-Hirbidz,  priore  del  tempio  del  fuoco 
(saliib  bayt  al-nàr),  ed  offerse  di  rivelare  ove  si  trovasse  il  tesoro  na- 
scosto da  al-Nukhayrgàn  (sic)  ed  appartenente  ai  re  persiani,  se  i  Musul- 
mani avessero  garantita  la  sicurezza  sua  e  di  quanti  egli  desiderava  pro- 
teggere. Questo  venne  concesso,  ed  al-Hirbidz  consegnò  ad  al-Sà'ib  due 
grandi  casse  piene  di  pietre  preziose,  che  in  conformità  del  parere  della 
maggioranza  vennero  aggiunte  al  quinto  del  bottino,  che  dovevasi  inviare 
a  Madìnah  (cfi-.  §§  41,  47,  52  nota  1).  Con  questo  al-Sà"ib  b.  al-Aqra'  si 
mise  in  viaggio  verso  Madinah,  accompagnato  da  Tarif  b.  Sahm,  che  doveva 
portare  la  notizia  della  vittoria. 

L'annunzio  della  vittoria  era  però  già  arrivato  misteriosamente  a  Ma- 
dinah sole  tre  notti  dopo  la  battaglia  :  un  cavaliere  sconosciuto  incontrò 
un  musulmano  fuori  della  città  e  gli  partecipò  la  notizia,  che  i  Musulmani 
avevano  vinto  a  Nihàwand,  e  poi  scomparve.  La  notizia  si  sparse  per  la 
città  ed  arrivò  fino  al  Califfo,  il  quale,  interrogato  l'arabo  che  aveva  ri- 
cevuto l'annunzio,  dichiarò  che  egli  aveva  detto  il  vero:  «  Il  messaggero 
«è  'Uthaym,  il  messaggero  dei  demoni!  (barid  ai-ginn)».  Quando  ar- 
rivò alfine  al  Sà-ib  b.  al-Aqra'  con  il  latore  del  lieto  annunzio,  il  Califfo 
Umar  volle  essere  informato  minutamente  di  tutto,  e  sapere  il  numero 
ed  i  nomi  degli  uccisi.  Il  quinto  del  bottino  fu  deposto  nella  corte  della 
moschea  dove  'Abd  al-rahmàn  b.  Awf  e  'Abdallah  b.  Arqam  dovettero  pas- 
sare la  notte  a  custodirlo.  Saputa  però  l'esistenza  delle  due  casse  piene 
di  pietre  preziose,  il  Califfo  insistè  che  al-Sà'ib  ritoi-nasse  con  le  medesime 
al  campo  di  Hudzayfah,  ne  vendesse  il  contenuto  e  distribuisse  l' importo 
fi-a  i  guerrieri.  Cosi  fu  fatto,  e  la  vendita  fi'uttò  quattro  milioni  (di  dir- 
ham)   (T  abari.  I,  2626-2630;  cfr.  anche  2648  e  2649,  liu.  6-10). 

Cfr.  Athir,  III,  9-11;  Khaldùn,  II,  App.,   117. 

Nota  1.  —  Gli  abitanti  di  al-Màhayn,  saputa  la  resa  di  Haniadzan,  si  afl'rettaroiio  anch'essi  a  trat- 
tare la  pace  alle  medesime  condizioni,  e  le  loro  oflferte  furono  accettate.  Allo  stesso  modo  si  arresero 
Bahracizàn,  ed  una  fortezza  che  fu  poi  detta  Qal'ah  al-Nusa\T,  dal  nome  di  al-Nusayr  b.  Thawr,  che  la 
espugnò  (Tabari,  I,  2627-2628;  cfr.  anche  2647-2648!. 

Cfr.  Atjiir,  ni,  12. 

Con  al-Màhayn,  intendonsi  i  due  paesi  che  avevano  nome  Mah  :  Mah  Bahràdzàn,  e  Mah  Dinar. 
Sayf  b.  'Umar  ^da  Mubammad  e  da  altri)  dà  il  testo  dei  due  trattati  conclusi  con  gli  abitanti  delle  due 
città.  Il  preteso  trattato  di  Mah  Bahràilzàn  è  in  nome  di  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  (ucciso  nella  battaglia 
e  che  perciò  non  poteva  firmare  un  trattato!)  il  quale,  in  correspettivo  dei  soliti  patti  di  pagamento  rego- 
lare di  tributo  da  parte  degli  abitanti,  promette  loro  la  sicurezza  nella  vita  e  nei  beni  ;  gli  abitanti  do- 
vevano inoltre  ospitare  i  viaggiatori  musulmani  e  mantenere  la  sicurezza  delle  strade.  Il  documento 
pretende  di  essere  datato:  Muharram  19.  H.  e  di  ayere  avuto  come  testimoni  'Abdallah  b.  Dzi-1-Sah- 
mayn,  alQa'qà'  b.  'Aiur  e  Garir  b.  'Abdallah.  Il  preteso  trattato  concesso  agli  abitanti  di   Mah  Dinar  è 

499. 


§§  t;."vTii.  21 .  a.  H. 

21.  a.  H.  in  nome  di  Hiujzaythh  b.  al-Yamiin  e  contiene  in  forma  leggermente  diversa  i  medesimi   patti  del  do- 

'IRAQ- PERSIA.  -       iiimento  precedente.  Anche  questo  documento  porta  la  data  del  Muliarram  19.  H.  ed  ha  per  testimoni 
Battaglia   di    NI-       al-lìa'qà'  b.  "Ami",  Nu'avm  b.  Mnqarrin  o  Suwayd  b.  Muqarrin  iTabari,  I,  263'2-2(iHi!). 
hawand.l  N<it.\  2.  —  Ogni  cavaliere  musulmano  ebbe  per  sua  quota  tìOiiO  dirham,  ed   ogni   pedone  •200f) 

(Tnbari,  I,  2t>27,  lin.  10-11,  e  '2(!'_>!t,  lin.  ól. 

rtr.  Atiiir,  III,  11;  IClialdun,  II,  App.,  117. 

§  66.  —  (I  prigionieri  persiani  a  Madinah:  abù  L  ii  ■  1  u  •  ah). 
(Sa}-t'  b.  'Umar,  da  'Amr  b.  Muliammad,  da  al-Òa'bi).  Quando  vennero  con- 
dotti a  Madinah  i  prigionieri  fatti  alla  battaglia  di  Nihàwand,  abu  Lu-krah 
Favruz,  il  servo  (ghulàm)  di  al-Mughirah  b.  Su' bah,  ogni  volta  che  in- 
contrava uno  dei  prigionieri  più  giovani,  soleva  sempre  carezzare  loro  il 
capo  e  piangendo  esclamare:  «  'limar  mi  divora  le  viscere!  ».  Difàtti  Fa3'ruz 
era  un  nativo  di  Nihàwand,  ed  in  antico  era  stato  tatto  prigioniero  dai 
Greci,  ai  quali  era  stato  rapito  in  seguito  dagli  Arabi  (Tabari,  I,  2632). 

Cfr.  Athir,  III,  11-12;  Khaldun,.  II,  App.,   117. 

Nota  1.  —  Questo  abu  Lu-lirah  Favruz  è  colui,  il  qualo  due  anni  dopo  assassinò  il  Califfo  'Umar 
ict'r.  23.  a.  H.j. 

La  tradizione  ha  lo  scopo  tendenzioso  di  far  credere  che  abu  Luluali  fosse  ispirato  da  passione 
nazionalista  ad  assassinare  il  capo  dei  nemici  della  Persia,  il  Calitìb  'Umar.  Vedremo  più  avanti  che 
le  vere  x-agioni  furono  ben  diverse,  e  si  comprenderà  perchè  la  scuola  iraqense  cercasse  celare  la  verità 
e  suggerire  altre  ragioni  del  misfatto. 

§  67.  —  (Premi  ai  vincitori).  (Sayf  b.  'Umar,  senza  isnàd). 
A  coloro  fra  gli  al-rawàdif,  che  si  erano  maggiormente  distinti  nella 
battaglia  di  Nihàwand,  il  Califfo  concesse  una  pensione  di  2000  dirham 
equiparandoli  ai  veterani  di  al-Qàdisiyyah  (Tabari,  I,  2633,  lin.  16-17). 

Sulla  battaglia  di  Nihàwand  dà  un  ampio  ragguaglio  anche  il  tradut- 
tore persiano  di  al-Tabari:  cfr.  Tabari    Zotenberg,  III,  467-480. 

'IRAQ-PERSIA.  —  Battaglia  dì  Nihàwand  {fonti  diverse). 

§  68.  —  Mirkhuwànd  dà  una  versione  molto  ampia  e  fantastica  della 
campagna  persiana  del  21.  H.  e  della  vittoria  di  Nihàwand:  non  mette  il 
conto  di  riassumerla,  perchè  egli  attinge  la  maggior  parte  delle  notizie, 
come  egli  stesso  ammette,  da  abù  Hanìfah  al-Dinawari  ;  il  resto  compo- 
nesi  soltanto  di  ricami  fantastici  di  argomento  sovrattutto  personale,  ossia 
riguardanti  le  prodezze  di  alcuni  guerrieri  musulmani  (Mirkh.,  II,  279-283). 

§  69.  —  Sulla  battaglia  di  Nihàwand  si  può  leggere  pure  Khond.. 
I,  4,  pag.  26,  lin.  4  e  segg.,  il  quale  però  nulla  contiene  che  non  si  trovi 
nelle  altre  fonti  già  citate.  Altrettanto  si  dica  di  A  b  u  1  f  e  d  a ,  I,  246-248. 

§  70.  —  (Sebeos).  Nel  primo  anno  di  Costantino  (Constante,  che  regnò 
dal  641  al  668  dell' È.  V.)  imperatore  dei  Greci,  ed  il  decimo  anno  di 
Yazket  (Yazdagird)  re  dei  Persiani,  le  schiere  persiche,  forti  di  60,000  uo- 
mini, ben  organizzate  ed  armate,  furono  riunite  per  combattere  gli  Ismae- 

500. 


21.  a.  H.  §§  7<)-T2. 

liti  (Arabi).  Quando  "oi' Ismaeliti  (forti    di)    40,000    uomini,  con    le    spade  21.  a.  H. 

Il  RAO -PERSIA.  - 

nude  in  mano,  si  furono  scliierati  in  ordine  di  battaglia  contro  i  Persiani.        Battaglia  di  nì- 

vennero  alle  mani  tra  loro  nel  distretto  di  Marses  (intendesi  forse  la  Media,        hàwand.j 

o.ssia  dove  giaceva  Nihàwand:  cfì'.  Hiibschmann,  Zur  Geitchichte  Arme- 

nìens,  pag.  20,  nota   1),  finché    dopo    un    combattimento    di  tre  giorni,  la 

fanteria  da  ambo  le  parti  rimase  distrutta.  D'un  tratto  l'esercito  persiano 

seppe  che  gii  Ismaeliti  (Arabi)  avevano  ricevuti  rinforzi.  Allora  le  schiere 

persiane  fuggirono  dal  campo  durante  la  notte:  il  mattino  seguente,  quando 

i  resti    dell'esercito    ismaelita  si  mosse    contro   i   Persiani,  non    trovò    più 

alcuno  nel  campo.  Allora  invasero  tutta  la  regione,  passarono  a  fil  di  spada 

uomini  e  bestie.  S' impadronirono  di  ventidue  fortezze,   e   misero  a  morte 

tutti  o-li  esseri  viventi  che  vi  trovarono. 

Ma  chi  potrà  mai  raccontare,  prosegue  Sebeos,  l'orrore  dell'  invasione 
degli  Ismaeliti,  che  abbracciarono  il  mare  e  la  terra?  Il  Profeta  Daniele 
aveva  previsto  e  profetizzato  simili  mali,  ecc.,  e  il  testo  si  sofferma  a  pa- 
rafrasare-il  noto  passo  di  Daniele,  VII,  passim.  Il  quarto  mostro  con  i 
denti  di  ferro,  ecc.,  è  il  regno  di  Ismaele,  ossia  dei  Saraceni  (Sebeos, 
104-105). 

§  71.  —  La  grande  campagna  di  Nihàwand  è  narrata  anche  in 
Weil,  I,  pag.  88-94:  Muir  Annals,  265-258;  Muir  The  Caliphate, 
178-180;  Sedillot  Hist.  d.  Arabes.  I.  pag.  167-168;  Rampoldi, 
II,   132-134:    Muller   Islam,  L  244-246;    Dahlàn  Futuhàt,  I,  80-85. 

PERSIA.  —  Presa  di  Nihàwand,  al-Dìnawar  e  Masabazdàn,  e  prima 
spedizione  contro  al-Rayy. 

§  72.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  fu  messo  in  fuga  l'eser- 
cito persiano,  Hudzayfah  b.  al-Yamàn  (^),  che  teneva  allora  il  comando  delle 
genti,  pose  assedio  a  Nihàwand.  Gli  abitanti  fecero  numerose  sortite,  ma 
i  Musulmani  le  respinsero  tutte.  Un  giorno  Simàk  b.  'Ubayd  al-'Absi  in- 
seguì un  persiano  che  fuggiva  con  altri  otto  cavalieri,  ed  uno  appresso 
all'altro  uccise  i  seguaci  del  persiano.  Questi,  rimasto  solo,  si  arrese  e  gettò 
via  le  proprie  armi.  Simàk,  fattolo  prigioniero,  non  potè  comprendere  quello 
che  diceva,  perchè  parlava  persiano:  chiamò  uno  per  interprete,  e  così 
appurò  che  il  prigioniero  lo  pregava  di  menarlo  innanzi  al  comandante 
musulmano  per  trattare  la  resa  di  Nihàwand,  promettendo  di  pagare  la 
gizj-ah  e  di  dare  a  Simàk  un  compenso  per  averlo  catturato  e  non 
messo  a  morte.  Il  persiano,  che  aveva  nome  Dìnàr,  fu  condotto  dinanzi  a 
Hudzayfah  e  stipulò  con  lui  la  resa  di  Nihàwand  con  l'obbligo  di  pagare 
il  kharàg  e  la  gizyah:  gii  abitanti    ottennero    sicurtà   (a man)    per  la 

501. 


tri)  rJ-75.  ^1.    &•    n. 

21.  a.  H.  Iqi-o  vita  e  i  beni.  Perciò  Nihàwaiid  fii  chiamata  Mali  DLaàr.  Più  tardi  Dinar 

'  dì  Nihawand  al-     andò  a  trovare  Simàk  e  gli  fece  generosi  doni   (Balàdzuri,   ìJOB-BOG). 


Nota  1.  —  [Uà  vari  ilottii.   HiuUayt'ali  b.  al-Yamàii  era  tiglio  di  Husayl  |Jlisl|   I).  Uabir  al-'Absi  ; 


Oinawar  e  Màsa- 

~..    .'  eia  bnlif  o  coni'eilerato  ilei  banfi   'Abd  al-Aslial  (Ansar):  sua  madre  al-Rabàb  bint  Ka'b  h.  'Adi  appar- 

.  _        .  teneva  pure  agli  'Abd  al-Ashal.  Suo  padre  Husayl  fu  ucciso  per  eiTore  a  Uliud  da  'Abdallah  b.  MasTid 

al-Hudzali,  che  lo  prese  per  un  pagano.  Il  Profeta  costrinse  l'uccisore  a  pagare  il  prezzo  di  sangue,  ma 
Iludzayfab  ne  distribuì  l'importo  tra  i  Musulmani. —  Secondo  al-Wàqidi,  Husjiyl  fu  chiamato  al-Yamrui, 
porcile  un  tempo  commerciava  nel  Yanian,  e  quando  venne  a  Madinah  la  t;ente  prese  a  chiamarlo  al- 
Yamnni  ^da  cui  poi  per  conuzione  Yamiin).  —  Secondo  al-Kalbi  invece  In  genealogia  di  Hudzayt'ali 
era  Hudzajfah  b.  Husayl  b.  Gàbir  b.  Rabi'ali  b.  (iurwah,  e  fu  Gurwali  che  ebbe  il  cognome  al-\^amàn; 
nel  chiamarlo  quindi  Hudzayfah  b.  al-Yamàn  si  omettevano  i  nomi  di  parecchi  suoi  antenati.  —  Hu- 
lizayfah  quando  era  pagano  aveva  commesso  un  delitto  di  sangue  e  perciò  era  fuggito  a  Madinah,  dove 
divenne  confederato  dei  banu  'Abd  al-Aishal.  Secondo  la  sua  famiglia  il  nome  al-Yamiin  venne  dal  fatto 
che  i(^urivahy  o  Hudzayfah V)  erasi  confederato  con  gli  al-Yamàniyyah  (Bai  Sclzuri ,  R0(!-307ì. 

§  73.  —  Secondo  al-Wàqidi,  Nihawand  fu  espugnata  da  Garir  b.  Ab- 
dallah al-Jiagali  nel  24.  H.,  sei  mesi  dopo  la  morte  del  Califfo  'Umar  (Ba- 
làdzuri, B09,  lin.  7-8). 

Trattasi  molto  probabilmente  d'una  seconda\  presa  di  Nihawand.  Ma 
non  è  escluso  nemmeno  che  nonostante  la  vittoria  gli  Arabi,  soverchia- 
mente indeboliti  dalle  grandi  perdite,  non  potessero  tentare  l'assedio  della 
città.  —  In  ambedue  i  casi  noi  constatiamo  un  fatto  già  segnalato,  quanti 
scarsi  vantaggi  immediati  gii  Ai-abi,  stremati  di  forze,  ricavassero  dalla 
vittoria,  sebbene  i  Persiani  avessero  perduto  il  loro  ultimo  grande  esei"- 
cito.  —  Bastavano  ancora  le  sole  forze  locali  per  tenere  a  bada  gli  Arabi. 

§  74.  —  (abù  Mas'ùd  b.  al-Qattàt  al-Kùfi,  da  al-Mubàrak  b.  Sa  id,  da 
suo  padre  Sa'id).  La  vittoria  di  Nihawand  fu  opera  della  gente  "di  al-Kùfah, 
e  la  presa  di  al-DLnawar  opera  della  gente  di  al-Basrah.  Quando  crebbero 
assai  i  Musulmani  di  al-Kùfah,  ebbero  bisogno  di  un'estensione  maggiore 
di  terra  pagante  il  kh  a  r  à  g  che  doveva  essere  diviso  tra  loro  :  perciò  al 
territorio  di  al-Kùfah  fu  aggiunto  il  distretto  di  al-Dinawar,  ed  alla  gente 
di  al-Basrah  fu  dato  in  cambio  (il  distretto  di)  Nihawand  perchè  faceva 
parte  della  (provincia  di)  Isbahàn.  Perciò  il  sopravanzo  del  kharàg 
(fa  di...  kh  a  r  a  gj  di  al-Dìnawar  sopra  quello  di  Nihawand  fu  chiamato 
Mah  al-Basrah,  e  al-Dìnawar,  Mah  al-Kùfah.  —  Questo  accadde  durante  il 
Califfato  di  Mu'àwiyah  (Balàdzuri,  306). 

Cfr.  20.  a.  H.,  §  247,  nota  2,  e  22.  a.  H.,  §  39.  Per  altre  notizie  sulla 
presa  di  al-Dinawar  cfi'.  22.  a.  H.,  §  2. 

§  75.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  abù  Musa  ['Abdallah  b.  Qays] 
al-As'ari  era  venuto  in  persona  a  Nihawand  con  i  soccorsi  di  al-Basrah: 
(vinta  ora  la  battaglia)  si  volse  contro  al-Dinawar,  che  assediò  per  cinque 
giorni  :  in  uno  di  questi  giorni  ebbe  anche  una  mischia  con  i  difensori. 
Di  poi  gli  abitanti  si  arresero,  chiedendo  sicurtà  (a  m  a  n)  per  le  loro  per- 

502. 


21.    a.    H.  §§  75,  76. 

sone.  le  famielie  e  i  beni,  ed  ofiì-endo  di  pagare  la  ó-izvah  ed  il  kharàir:  21.  a.  h. 

11  1  -    -»r-  •    1         •,  T  11      •  .  ,  1  [PERSIA.   -    Presa 

stipulata  la  pace,  abu  Musa  vi  lascio  un  corpo  di  cavalleria  sotto  un  lue-        di  Nihawand,  ai- 
gotenente    ed    assalì  Màsabadzàn.  gli    abitanti    della    quale    non    opposero        Dinaware  Masa- 
resistenza,  (ma  si  arresero  ai  medesimi  patti)    [cti-.   16.  a.  H.,  §§  259-260,        spedizione  con- 
sulla presa  di   Màsabadzàn  nel  16.  H.].  Gli  abitanti  di  al-Sirawàn  si  arre-        fo  ai-Rayy.] 
sero  alle  stesse  condizioni  di  quelli  di  al-Dina\var,  e  schiere  volanti  man- 
date da  abù  Musa  sottomisero  tutto  il  distretto  di  al-Sirawàn.  —  Vi  sono 
alcuni  che  affermano  aver  abù -Musa  sottomesso  Màsabadzàn  prima  della 
vittoria  di  Nihawand.  —   Di  poi  abù  Musa  al-As'ari    mandò    suo    suocero 
al-Sà-ib  b.  al-Aqra'  al-Thaqafì  (la  cui  figlia,  umm  Muhammad  b.  al-Sà-ib,  era 
moglie  di  abù  Musa)  contro  al-Saj^marah,  una  città  del    Mihrigànqadzaf  : 
gli  abitanti    si    arresero    alle    solite    condizioni    (sicm-tà    nella    vita    e    nei 
beni,   pagamento  della  gizyah  e  del  kharàg,  ecc.),  e  di  poi  tutti  idi- 
stretti,  kuwar,  del  Mihrigànqadzaf  furono  pure  sottomessi. 

È  certa  anche  la  notizia,  che  al-Sà-ib  facesse  tali  conquiste  partendo 
da  al-Ahwàz  (Balàdzuri,   307). 

§  76.  —  (al-'Abbàs  b.  Hisàm  al-Kalbi.  da  suo  padre  [Hisàm  ibn  al- 
Kalbi],  da  abù  Mikhnaf).  Due  mesi  dopo  la  vittoria  di  Nihawand  il  Ca- 
liffo Umar  scrisse  ad  Ammàr  b.  Yàsir  suo  luogotenente  in  al-Kùfah,  di 
mandare  Urwah  b.  Zayd  al-Kliayl  al-Tà-i  contro  la  città  di  al-Rayy(^)  e 
Dastaba  ("■)  con  8000  uomini.  Questi  ordini  furono  eseguiti,  ed  'Urwah  invase 
ora  la  regione  indicatagli:  contro  di  lui  insieme  con  la  gente  di  al-Ray}- 
si  unirono  anche  i  Daylam,  ma  'Urwah  sconfisse  le  loro  schiere,  e  fece  strage 
dei  fuggiaschi.  —  Ottenuta  questa  vittoria  'Urwah  lasciò  suo  fratello  Han- 
zalah  b.  Zayd  al-Khayl  al-Tà'i  e  ritornò  (ad  al-Kùfah)  presso  Ammàr  b. 
Yàsir  (^),  pregando  di  essere  mandato  al  Califfo  'Umar:  egli  era  stato  il 
messo  che  aveva  portato  ad  'Umar  la  triste  notizia  del  disastro  del  Ponte 
(cfr.  13.  a.  H.,  §§  155.  158),  e  voleva  ora  essere  latore  di  una  notizia  lieta, 
che  rallegrasse  l'animo  del  Califfo.  'Ammàr  lo  lasciò  andare,  ed  'Umar  ve- 
dendolo giungere  senti  una  viva  emozione  (temendo  che  gli  portasse  una 
cattiva  notizia);  ma  'Urwah  si  affi-ettò  a  narrargli  la  sua  grande  vittoria  ed 
a  spiegargli  le  ragioni  della  sua  venuta.  'Umar  rassicurato  e  contento  gli 
diede  il  soprannome  al-Basir  (apportatore  di  buone  notizie)  (B  a  1  à  dz  u  r  i , 
317,  dove  sono  anche  citati  quattro  versi  attribuiti  ad  Urwah  in  questa 
CLi-costanza). 

Nota  1.  —  La  presa  di  al-Rayy  è  narrata  nuovamente  sotto  l'anno  23.  H.  (ct'r.  2'ò.  a.  H.,  §§  4  e 
s*gg.;,  come  se  questa  del  21.  H.  non  fosse  mai  avvenuta.  Forse  trattasi  dello  stesso  evento,  ma  errato 
cronologicamente:  siccome  i  nomi  dei  generali  conquistatori  sono  diversi  nel  23.  H.  da  quelli  del  21.  H., 
potremmo  inferirne  che  la  presa  del  21.  H.  fosse  non  definitiva  e  si  trattasse  soltanto  di  scaramuccie, 
razzie  e  pagamenti  d'indennità  di  guerra,  non  di  vera  conquista. 

503. 


s^  Tii-TH.  ^1  •    ^-    "' 

21.  a.  H.  Nota  2.  —  Secomlo  Yaqut,  li,  833  (Meviiard  Dict.,  268),  Dastaba  è  un  quartiere,  o  piuttoso 

[PERSIA.   -    Presa       w-n  villaggio  ili  nl-Ruy.v.  t'tV.  Hainaijziin  i,  •23!)-'27H;  Kltu  rdail/.b  i  h ,  22;  Istaklni,  Tlawqale  Mu- 
di  Nìhàwand,  al-       <|aililusi,  ìniìv.v,  pag.  72. 

Dinavvar  e  Màsa-  Nota  3.  —  (Bakr  h.  al-IInytliani,  da   Yaliya   b.   Durays   al-Qàdi).  'Ann-   b.   Ma'dikarib   al-Zuì)aydi 

badzàn.  e  prima       prese  parte  alla  prima  spedizione  contro  al-Rayy:  al  ritorno  da  essa  mori  e  tu  .sepolto  sopra  Rfidzah  e 
spedizione    con-       Biìsanah,  iu  un  luogo  detto  Kinnansahàn  (Baliidzuri,  320). 
tre  al-Rayy.)  Cfr.  Bakri    s.  v.  Rùilzah. 

Busanah,  da  coi-reggere  in  Bfistab.  <U)veva  essere  attigua  a  Rudzah,  con  cui  forma  in  Kluir- 
dadzbiìi  (22-200)  un  solo  nome  di  luogo:  Rudzali  wa-Biìstat  o  Bùstat  wa-Rùdzah,  distante  tre  parasanghe 
da  al-Asiiwirali  e  quattro  da  Dinvudabii.l/.  CtV.  Istakliri.  U'S;  Hawqal,  260;  Muqaddasi,  Til 
Add.,  38(i  Add.,  391. 

§  77.  —  (al-Balàdznri,  senza  isnàd).  Ritornato  'Urwah  (a  Madiuah), 
Hudzaytah  (b.  al-Yamàn,  che  comandava  le  schiere  vincitrici  a  Nihàwand), 
mandò  Salamah  b.  Amr  b.  Diràr  al-Dabbi  (oppure,  secondo  altri,  al-Barà 
b.  'Azib)  ad  assumere  il  comando  delle  schiere  di  'Urw^ah.  La  vittoria  già 
ottenuta  sui  Da3^1amiti,  ne  aveva  spezzato  le  forze  (cfi-.  più  avanti  §  78), 
ed  aveva  fiaccato  la  resistenza  di  al-Rayy,  sicché  quando  Salamah  b.  'Amr 
pose  assedio  alla  tortezza  (hisn)  di  al-Farrakhàn  (?  cfr.  Qutaybah,  211), 
ibn  al-Zaynabadi  (che  gli  Arabi  chiamarono  ibn  al-Zaynabi,  e  che  aveva 
anche  nome  'Arin),  dopo  breve  resistenza  fece  pace,  accettando  la  dzimmali 
o  protezione  dei  Musulmani  e  l'obbligo  di  pagare  la  gizyah  ed  il  kharàg. 
—  Egli  pattuì  per  la  gente  di  al-Rayy  e  di  Qùmas  (^),  che  avi-ebbero  pa- 
gato 500,000  (dirham  all'anno)  (-),  a  condizione  che  nessuno  venisse  ucciso 
o  ridotto  schiavo,  che  nessun  tempio  del  fiacco,  b  a }"  t  n  a  r ,  fosse  demolito, 
e  che  pagassero  il  kharàii,-  come  gli  abitanti  di  Nihàwand.  Egli  trattò  pa- 
rimenti per  Dastaba  al-Ràzi  :  Dastaba  si  componeva  infatti  di  due  parti, 
quella  spettante  ad  al-Rayy,  e  quella  spettante  a  Hamadzàn. 

Sulaymàn  b.  'Umar  al-Dabbi  (sic;  poc'anzi  Salamah  b.  'Amr)  oppure 
al-Barà  b.  'Azib,  lanciò  una  schiera  di  cavalleria  contro  Qùmas,  ma  gli 
abitanti  non  fecero  alcvma  resistenza.  I  Musulmani  espugnarono  anche 
Abwàb  al-Dàmghàn  (^)   (Balàdzuri,  317-318).   . 

Nota  1.  —  Qùmas,  o  Qfimis,  vasto  distretto  con  città,  borghi  e  seminati  ai  piedi  delle  montagne 
del  Tabaristàn,  avente  per  città  principale  Dàmaghàn  fra  al-Raj'y  e  NisàbCir.  Cfr.  YàqQt,  IV,  208-204 
(Maynard  Dict.,  464465);  Istakliri,  Hawqal  e  Muqaddasi,  Index,  110;  Hamadzàni,  Index, 
347;  Khurdàdzbih,  Index,  295.  • 

Nota  2.  —  Il  tributo  di  al-Rayy  fu  poi  aumentato,  se  è  corretta  la  seguente  notizia  data  da  al-Ba- 
làdzuri,  senza  isnàd:  le  tasse  (wazifahj  di  al-Rayy  non  cessarono  dall'essere  12,000,0(M)  di  dirham 
finché  vi  giunse  al-Ma-raun  di  ritorno  dal  Khuràsàn  mentre  si  dirigeva  su  Baghdad.  Allora  egli  abbonò 
agli  abitanti  della  città  una  parte  del  tributo,  diminuendolo  di  2,000,000  di  dirham,  e  confermò  questo 
atto  con  un  documento  munito  del  suo  sigillo  (Balàdzuri,  320j. 

Nota  3  —  Non  essendo  nei  testi  geografici  menzione  di  un  luogo  speciale  di  nome  Abwàb  al- 
Dàmghàn,  sembra  debba  qui  intendersi  che  i  Musulmani  si  rendessero  padroni  di  un  valico  che  conduce  a 
Dàmghàn,  città  grande  e  fruttifera  (Yàqut,  II,  539;  MeynardDict.,  223-224;  Istakhri,  Hawqal 
e  Muqaddasi,  Index,  60;  Hamadzàni,  318;  Khurdàdzbih,  244;  Le  S  tran  gè  Nuzhah,  74,  102). 

§  78.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  il  Califfo  'Umar  depose 
'Ammàr  b.  Yàsir  dal  governo   di  al-Kùfah  e  nominò  a  quel   posto  al-Mu- 

.504. 


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21.  a.  H.  g§  78,so.  , 

ghù-ali  b.  Su  ball,  questi  mandò  Kathii-  b.  Sihàb  al-Hàrithi  ad  al-Rajy  e  a  21.  a.  H. 

Dastaba.  Kathir,  che  si  era  grandemente  distinto  alla  battaglia  di  al-Qà-  di  Nihàwand,  ai- 

disiyyah,  trovò  che  gli  abitanti  di  al-Rayy  eransi  ribellati  ('):  egli  pronta-  Dìnaware  Masa- 

mente  li  assalì  e  li  costrinse  di  nuovo  all'obbedienza  ed  al  pagamento  del  spedizióne  con- 

kharàg  e  della  gizyah.  Egli   mosse    poi    contro  i  Daylam,  inflisse  loro  tro  ai-Rayy.] 
considerevoli  perdite  (awqa'a  bihim),  e  poi    razziò    al-Babar  (Babr?j  e 
al-Taylasàn  (B  a  1  a  dz  u  r  i ,  318). 

Nota  1.  —  Non  si  trattò  di  una  conquista  in  questo  anno,  ma  di  guerra  guerreggiata,  in  cui  dopo 
ogni  pagamento  d'indennità  gli  abitanti  ritenevansi  liberi  di  riprendere  le  armi  contro  gli  Arabi  (con. 
frontisi  '23.  a.  H.,  §§  4  e  segg.). 

Nota  2.  —  al-Babar  e  al-Taj-lasàn  sono  nomi  che  ricorrono  insieme  nei  geografi  per  designare 
ima  contrada  attigua  al  paese  dei  Daylam.  Cfr.  Yaq  ut,  III,  271  (Mej-nard  Di  et.,  401);  Khurdàdzbih, 
57,  119,  245,  261;  Hamadzàni,  209,  282,  302.  •    ' 

§  79.  —  (Hafs  b.  'Umar  al-'Umari,  da  al-Haytham  b.  Adi,  da  ibn 
Ayyàs  al-Hamadzàni,  e  da  altri).  Kathir  b.  Sihàb  assunse  ora  il  governo 
di  al-Rayy,  Dastaba  e  Qazwìn,  ed  amministrò  con  molta  saggezza  e  tenne 
le  milizie  musulmane  sotto  ai  suoi  ordini,  assai  ben  fornite  di  armi:  aveva 
però  natura  avara  e  non  amava  dare  del  suo  ad  altri.  Si  narra  anche  come 
un  giorno  chiamasse  il  servo  per  avere  da  mangiare.  Il  servo  gli  rispose  : 
«  Non  ho  che  pane  ed  erbaggi  ».  —  «  Ho  forse  io  »,  esclamò  Katjiù',  «  com- 
«  battuto  contro  Persiani  e  Greci,  solo  per  aver  pane  ed  erbaggi?  ».  Più 
tardi,  regnante  Mu'àwiyah,  egli  tornò  a  governare  un  tempo  al-Rayy  e 
Dastaba  e )  (Balàdzuri,  318-319). 

Nota  1.  —  Dal  testo  della  tradizione  da  noi  riassunta  brevemente  traluce  che  il  guerriero  mu- 
sulmano avesse  allora  le  seguenti  armi  : 

turs,  o  scudo; 

dir',  o  corazza  ; 

baydah.  o  elmo  di  ferro; 
ed  aveva  nel  bagaglio: 

m  i  s  a  1 1  a  h ,  grossi  aghi  ; 

cinque  ibar,  o  aghi  piccoli; 

khayut  kattàn,  o  filo  di  lino 

mikhsaf,  o  lesina; 

m  i  q  r  a  d ,  o  forbici  ; 

mikhlàh,  un  sacchetto  (per  munizioni?  o  per  erba  da  pascolo  per  le  cavalcature?); 

tillisah,  sacco  o   «traliccio»,  per  viveri  (specie  di  tascapane?). 

ARABIA-FÀRIS.  —  Incursione  araba. 

§  80.  —  In  questo  anno  (21.  H.),  dice  ibn  al-Athii-,  'Uthmàn  b.  abì-l-'As 
mandò  (dal  Bahrayn)  una  spedizione  contro  la  costa  persiana,  Sàhil  Fàris, 
dove  fu  vivamente  combattuto  (^).  Con  gli  Arabi  era  al-Gràrùd  al-'Abdi  che 
rimase  ucciso  nella  gola,  detta  poi  da  lui  'Aqabah  al-Gàriid.  Altri  affer- 
mano che  perisse  a  Nihàwand  con  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  (Athir,  III, 
15-16).  Cfì-.  Dzahabi   Paris,   I,  fol.  136,r.  —  Cfì-.  Necrologio,  §§  309-313. 

Nota  1.  —  Le  notizie  sì  riferiscono  a  quanto  abbiamo  già  narrato  altrove  (cfr.  19.  a.  H.  §§  (i 
e  segg.t. 

505.  64 


21.  a.  H.  SIRIA.  —  Presa  di  Antiochia. 

Antiochia^*^^    '  §  ^^'  —  Secoudo  alcuui   in  questo  anno  (21.  H.)  abù  Hàsim  b.  'Utbah 

b.  Rabl'ah  b.  'Abd  Sams  concluse  un  trattato  di  pace  con  Antàkiyah, 
Qalaqiyab  (sic  presso  ibn  al-Athir;  Malaqiyab,  nel  testo  di  al-Dzaliabi)  e 
Maanali  Masrin   (Atbir.  Ili,   16). 

Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.  137,r.;  Mahasin,  I,  84,  Un.  14-1(5. — 
Cfr.  più  a\-anti  §  84. 

Altri  anticipano  la  prosa  di  Antiochia  sino  alla  prima  conquista  della 
Siria  (cfr.   16.  a.  H.,  §§  287,  288,  296,  297). 

La  notizia,  se  è  corretta,  comprova  il  modo  superficiale  ed  incompleto, 
privo  di  un  piano  concreto,  con  cui  gli  Arabi  fecero  la  loro  conquista  della 
Siria.  In  mezzo  al  loro  territorio  lasciarono  città  di  fatto  ancora  per  lungo 
tempo  indipendenti. 

SIRIA-ASIA   MINORE.  —  Incursioni  estive  nel  territorio  bizantino. 

§  82.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Nell'anno  21.  H.  il  Califfo  Umar 
mandò  'Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri  nel  Bilàd  al-Rùm  con  un  grande  esercito, 
conferendogli  la  direzione  generale  della  scorreria  estiva  (a  1  -  s  a  •  i  f  a  h)  :  e 
questa  fu  la  prima  incursione  estiva  dei  Musulmani.  Ordinò  a  'Umayr  di 
agire  benevolmente  verso  ó-abalah  b.  al-Ayham  (cfi-.  7.  a.  H.,  §§  80,  81; 
12.  a.  H.,  §  113,  nota  1  e;  17.  a.  H.,  §§  136,  137)  e,  conciliandoselo  per 
mezzo  della  parentela  (fi-a  'Umar  ed  il  G1iàssanida)(^),  persuaderlo  a  ritor- 
nare in  terra  musulmana  (bilàd  a  1  - 1  s  1  a  m)  :  egli  doveva  proporre  a  Ga- 
balah  di  conservare  pure  la  sua  religione,  pagando  la  sola  sadaqah. 
'Umayr  nell'entrare  in  territorio  greco  ebbe  un  abboccamento  con  Gabalah 
e  gli  comunicò  le  offerte  del  Califfo,  ma  òabalah  rispose  con  un  rifiuto,  pre- 
ferendo rimanere  entro  i  confini  bizantini.  'Umayr  giunse  poi  ad  un  luogo 
detto  al-Himàr,  una  valle,  piombò  sugli  abitanti  e  distrusse  tutto  il  paese. 
Da  questo  fatto  venne  poi  il  proverbio  :  a  kb  r  a  b  u  min  g  a  w  f  i  h  i  m  à  r , 
ossia  più  desolato  della  valle  di  al-Himàr  (^)  (Balàdzuri,   136-137). 

Nota  1.  —  [H.  Lammens]  Deve  piuttosto  significare  la  consanguineità  nazionale,  perchè  è  sco- 
nosciuto ogni  legame  di  parentela  tra  'Umar  ed  i  frhassanidi.  Tutto  al  più  potrebbe  essere  allusione 
alla  comune  origine  genealogica. che  i  Madinesi  (per  nobilitarsi!)  pretendevano  aver  con  i  membri  della 
casa  di  Gafnah  (Ghassàni. 

Nota  2.  —Il  De  Goeje,  nella  nota  al  testo  di  al-Balàdzuri  (137,  nota  a),  rimanda  ai  proverbi  citati 
in  Amthàl,  I,  231  (n.  66);  335  fn.  187);  462  (n.  122);  II,  384  (n.  222),  e  Bakri,  254,  Un.  3  e  segg.  Da 
queste  citazioni  risulta  che  la  notizia  data  da  al-Balàdzuri  non  può  essere  corretta,  e  che  il  proverbio  sìa 
nato  da  qualche  sito  in  Arabia  e  per  incidenti  forse  anteriori  alla  comparsa  dell'Islam. 

Himàr  infatti  era  una  valle  del  Yaman  (Yàqùt,  II,  328,  Mn.  3). 

§  83.  —  (ibn  Ishàq,  senza  isnàd).  Nell'anno  21.  H.  l'arair  Mu'àwiyah 
b.  abi  Sutyàn  fece  incursione  nel  territorio  greco  ("T  ab  ari,  I,  2646,  lin.  7). 

.506. 


21.    a.    H.  §§  82-87. 

Non  è  verosimile   che    il  contenuto  dei  due  ijii  82  e  83  possa  accor-  ^i.  a.  H. 

j    .     1  1  ,        .  -r  •  ,       ■       ISIRIA-ASIA    Ml- 

darsi:  uno  dei  due  deve  essere  cronologicamente  errato.  Le  razzie  regolari        nore.  -  incur- 
di  Mu  àwiyah  in  Asia  Minore  furono  allestite  più  tardi:  è  prematuro  parlarne        s'°"'   ^^*'^®  "^' 

iruTTTi  i  j.       1    T    n  r,  4  •         t  i       ^  r    •  -      ■       i  territorio    bizan- 

già  nel  21.  H.  il  contenuto  del  §  84  sta  poi  a  dimostrare  che  Mu  awiyah  non        tino.] 
avrebbe    potuto  razziare  l'Asia  Minore,  perchè  non  confinava  con  essa  la 
sua  provincia.  Ciò  era  possibile  soltanto  ad  'Umajr  b.  Sa'd. 

SIRI^.  —  Luogotenenti  del  Califfo  in  Siria. 

§  84.  —  Nell'anno  21.  H.  in  Sù-ia  erano  i  seguenti  luogotenenti: 
Umayr  b.  Sa'd  al-Ansàri,  in  Damasco,  in  al-Bathaniyyah,  nel  Hawràn, 
Hims.  Qinnasrin  e  al-Grazii-ah.  , 

MuàwÌ3'ah  b.  abì  Sufyàn,  nell'al-Balqà,  nell'Urdunn,  nella  Palestina 
(Filastin),  lungo  le  coste  della  Siria  (al-Sawàhil),  in  Antiochia,  Ma'- 
arrah  Masrin  e  Qiliqiyyah. 

abù  Hà.sim  b.  Utbah  b.  Rabì'ah  b.  Abd  Sams  fu  colui  che  aveva 
sottomesso  con  trattato  Qiliqiyyah,  Antiocliia  e  Ma'aiTah  Masrin  (con- 
ti-ontisi  poc'anzi  §  81)  (T  a  bari,  I,  2646,  lin.  8  e  segg.). 

SIRIA.  —  (Hims):  morte  di  Khàlid  b.  al-Walld. 

§  85.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàdj.  Nell'anno  21.  H.  morì  in  Hims 
il  celebre  generale  Khàlid  b.  al-Walid,  lasciando  tutta  la  sua  fortuna  al 
Califfo  'Umar  (T abari,  I,  2645,  Hn.  5-6). 

Cfr.  anche  Khond.,  I.  4,  pag.  18,  lin.  20  e  segg.  Cfr.  più  avanti 
§§  317-332. 

§  86.  —  Nel  dare  notizia  degli  eventi  dell'anno  23.  H.,  al-Ya'qùbi 
dice  che  Umar  nominò  Khàlid  b.  al-Walìd  governatore  di  al-Ruhà,  Harràn, 
al-Raqqah,  Tali  Mawzin  ed  Amid.  Khàlid  tenne  questa  carica  per  un 
anno,  poi  diede  le  sue  dimissioni  che  fui-ono  accettate  :  allora  venne  a  Ma- 
dinah  e  vi  rimase  qualche  giorno  ;  poi  vi  morì. 

Secondo  al-Wàqidi,  prosegue  al-Ya'qùbi,  Khàlid  b.  al-Walid  mori  in 
Hims  lasciando  erede  suo  il  Califfo  Umar.  Quando  giunse  la  notizia  della 
sua  morte  a  Hafsah  (in  Madinah),  questa  e  tutta  la  famiglia  di  'Umar 
piansero  assai,  ed  il  Califfo  approvò  che  le  donne  sue  piangessero  la  morte 
di  Khàlid  :   il  Califfo  stesso  si  mostrò  molto   afflitto  (Ya'qùbi,    II,   180). 

PALESTINA.  —  Erezione  della  moschea  al-Masgid  al-Aqsa  in  Ge- 
rusalemme. 

§  87.  —  Nell'anno  del  Mondo  6136  (643  dell' È.  V.  -  22.-23.  a.  H.)  il 
Califfo   Umar  incominciò  a  restaurare  il  tempio  di  Gerusalemme,  ma  l'edi- 

507. 


§§  UT.  Hs.  21.  a.  H. 

2'-  a-  H.  tizio  non  potè  poggiarsi  su  fondazioni  sicure  e  rovinò  in  terra.  Avendone 

Erezione  della     ''  ^-''«liffo  clliesta  la  ragione,  gli  Ebrei  insinuarono  che  l'edifizio  non  avrebbe 
moschea  ai-Mas-     ^lai   p(.»tuto  elevarsi,  qualora  egli  non  iaeesse  abbattere  la  croce  che  sorgeva 
Gerusalemme  1       ^"^^^  Monte  degli  Ulivi  (presso  Gerusalemme).  Per  effetto  di  questo  sugge- 
rimento la  croce  fu  abbattuta,  e  l'edifizio  dei  Musulmani  potè  sicuramente 
costruirsi.  Per  la  stessa  ragione  i  neiuiti    di  Cristo  demolirono  innumere- 
voli altre  croci  (Theophanes,  pag.  624;  id.  ed.  De  Boor,  pag.  342). 

Questo  stesso  fatto  è  stato  già  narrato  da  noi  sotto  l'anno  17.  H., 
attingendo  a  Michele  Sirio  (cfr.  17.  a.  H.,  §  145),  il  quale  afferma  che 
ciò  avvenisse  nell'anno  18.  II.  Purtroppo  la  cronologia  di  Teofane  è  a 
volte  molto  sospetta,  ed  in  questo  caso  più  che  mai  ;  basta  rilevare  corno 
racconti  la  uccisione  di  'Umar  nell'anno  del  Mondo  6137,  pari  a  25.  H., 
ossia  commettendo  un  errore  di  due  anni.  Se  osserviamo  che  egli  narra 
r  incidente  del  tempio  di  Gerusalemme  due  anni  prima  della  morte  di 
Umar  (avvenuta  nel  23.  H.),  può  essere  che  l'incidente  della  Croce  sia 
da  porsi  nel  21.  H.  Con  maggiore  precisione  non  è  lecito  stabilire  quando 
'Umar  facesse  erigere  un  tempio  musulmano  sulla  platea  dell'antico  tempio 
di  Erode  in  Gerusalemme:  fu  tra  il  18.  ed  il  22.  H.,  ma  l'edificio  era  di 
struttura  assai  rozza  e  primitiva,  forse  costruito  interamente  in  legno. 

Ne  abbiamo  la  sommaria  descrizione  fatta  dal  pellegrino  Ai'culfus  che 
visitò  Gentsalemme  circa  l'anno  670  È.  V.  {—  50.  H.),  quando  regnava  il 
Califfo  Mu'àwiyah:  descrizione  che  merita  di  essere  riprodotta  integral- 
mente : 

«  Ceterum  in  ilio  famoso  loco,  ubi  quondam  templum  magnifice  con- 
«  structum  fuerat,  in  vicinia  muri  ab  oriente  locatum,  nunc  Sarraceni 
«  quadi-angolam  orationis  domum,  quam  subrectis  tabulis  et  magnis  tra- 
«  bibus  super  quasdam  ruinarum  reliquias  construentes,  vili  fabricati  sunt 
«  opere,  ipsi  frequentant  :  que  utique  domus  tria  hominum  millia  simul, 
«  ut  fertur,  capere  potest  »  [Minerà  Hierosolymitana,  PSOL-SG,  I,  pag.  145; 
Palestine  Pilgrims  Text  Society,  voi.  Ili,  pag.  4-5). 

§  88.  —  Il  testo  non  lascia  verun  dubbio  trattarsi  dell'edificio  pri- 
mitivo che  sorgeva'  dove  più  tardi  fu  costruito  il  presente  al-Masgid  al- 
Aqsa.  Ai  tempi  di  Arculfus,  e  quindi  anche  prima,  ai  tempi  di  'Umar,  non 
si  annetteva  ancora  veruna  importanza  alla  roccia  sacra  al-Sakhi'ah,  nel 
centro  del  tempio  di  Salomone,  là  dove  oggi  elevasi  la  bella  cupola,  la 
Qubbah  al-Sakkrah.  Allora  il  piazzale  del  tempio  era  deserto  e  quando 
'Umar  conquistò  Gerusalemme,  nel  17.  H.,  tutto  il  piano  del  tempio  era 
un  ammasso  informe  di  rottami  e  di  macerie.  All'estremità  orientale,  presso 
al  ciglio  che  sovrasta  alla  valle  di  Kidron,  sorgevano  le  rovine  di  una  ba- 

508. 


21.    a.    H.  §§  88,  89. 

silica  costruita  costà  daìl' imperatore  Giustiniano  e  descritta  da  Procopio,  21.  a.  H. 

[PALESTINA.  - 

dedicata  alla  Madonna  e  un  tempo  riccamente  ornata.  I  Persiani  nel  614        Erezione  delia 
avevano  distrutto  questa  chiesa  insieme  con  tutte  le  altre  di  Gerusalemme,        moschea ai-Mas- 
ma  la  fama  della  basilica  era  grande    in    tutta    l'Asia  Anteriore,  sin    nel        Gerusalemme.] 
cuore  d'Arabia.  Infatti  nel  sogno    famoso  di  Maometto,  quando  gli  parve 
di  essere  trasportato  da  Makkah  al  santuario  «  estremo  »  al-Aqsa  (confron- 
tisi Qur-àn,  XVII,  1  e  segg.),  il  Profeta  pensava  appunto  alla  basilica 
cristiana  sovrastante  alla  vallata  di  Kidron. 

Fu  spontaneo  quindi  il  pensiero  di  'Umar  di  restituire  alle  rovine  il 
loro  antico  decoro,  ed  egli  fece  adattare  l'edificio  alla  meglio  con  legnami 
appoggiati  alle  rovine  della  basilica  e  con  tettoie  provvisorie,  trasforman- 
dolo in  luogo  di  culto  e  di  riunione  per  i  fedeli  Musulmani.  La  favola 
della  caduta  del  primo  edificio  costruito  da  'Umar  può  esser  surta  da 
qualche  incidente  nella  costruzione,  se,  per  esempio,  gli  operai  addetti  alla 
costruzione  si  valsero  di  qualche  parte  mal  sicm-a  delle  rovine  esistenti, 
e  lo  fecero  precipitare  in  terra,  quando  ad  essa  si  appoggiarono  i  legnami 
della  moschea  nascente.  L'edificio  oggi  esistente  è  poco  diverso  come  pianta 
da  quello  che  fu  adattato  da  'Umar_,  sebbene  abbia  subito  molti  restauri, 
ed  abbia  sofferto  varie  rovine  per  guerre,  e  sovrattutto  per  frequenti  terre- 
moti (cfr.  Baedeker,  Pala estina  u.  Syrien,  ediz.  1904,  pag.  52-53). 

È  bene  aggiungere  che  persino  Eutychiu's  ha  fatto  lo  sbaglio  di  credere 
che  il  Califfo  'Umar  abbia  costruito  la  prima  moschea  di  Gerusalemme 
sopra  la  roccia  sacra,  al-Sakhrah  (cfr.  17.  a.  H.,  §  138),  errore  ripetuto 
anche  da  altri  scrittori  musulmani  (cfr.  17.  a..  H.,  §§  167,  168):  il  testo 
di  Arculfus  non  lascia  però  alcun  dubbio  che  il  solo  tempio  musulmano 
tra  le  rovine  del  tempio  di  Salomone  e  di  Erode  nel  670  era  il  Masgid 
al-Aqsa. 

L'altro  tempio,  quello  sulla  al-Sakhrah,  sorse  più  tardi  sotto  i  primi 
Umayyadi,  quando  durante  le  guerre  civili  tra  i  califfi  ed  il  controcaliffo 
ibn  al-Zubayr,  insediato  in  Makkah,  ai  Musulmani  della  Siria  fu  vietato 
Faccesso  al  tempio  makkano,  e  tornò  il  conto  di  ripristinare  l'antica  roccia 
sacra  degli  Ebrei  nel  centro  del  tempio  di  Salomone  e  di  metterla  in  con- 
correnza con  la  Pietra  Nera  di  Makkah.  Ma  di  ciò  parleremo  a  suo  tempo, 
regnante  'Abd  al-malik  b.  Marwàn. 

§  89.  —  Che  valore  dobbiamo  dare  alla  notizia  che  'Umar  facesse  de- 
molire i  crocefissi  eretti  in  varie  parti  del  paese,  e  sovrattutto  quello  sulla 
vetta  del  Monte  degli  Ulivi?  Parrebbe  quasi  di  avere  la  notizia  d'un  primo 
atto  d'intolleranza  religiosa.  Essa  è  data  pure  da  Michele  Sirio  (cfr.  17.  a.  H., 
S   145),  ma  è  bene  aggiungere  che  un  contemporaneo  di  'Umar,  il  cronista 

509. 


§§  «)-i»l. 


21.  a.  H. 


21-  a.  H.  armeno  Seboos,  ignora  il  particolare  del  crocefisso  e  narra  i  tatti  in  tutto 

[PALESTINA    -  o  i 

Erezione  della  altro  modo  (cfi'.  17.  a.  H.,  §  144).  Dubitiamo  che  sì  presto  incominciassero 
moscheaai-Mas-  atti  di  persecuzione  religiosa:  questi  vennero  più  tardi,  quando  l'islamismo 
Gerusalemme  1  '-'^'^  penetrato  più  addentro  nella  popolazione  suscitando  contese  religiose. 
Ai  tempi  di  cui  discorriamo,  tranne  le  milizie  d'occupazione,  non  esiste- 
vano Musulmani,  ed  altri  autori  cristiani  stanno  a  testimoniare  che  il 
dominio  arabo  segnò  il  principio  d'un'èra  di  vera  tolleranza  religiosa,  che 
faceva  contrasto  con  le  persecuzioni  dei  Bizantini  (cfi-.   12.  a.  H.,  §  265). 

ARMENIA.  —  Invasione  araba  e  presa  della  città  di  Tevin  (Dwin). 

§  90.  —  In  un'annata  precedente  (cfr.  18.  a.  H.,  §§  120  e  segg.;  ab- 
biamo raccolto  alcune  notizie  di  fonte  armena  sulle  prime  incursioni  arabe 
in  Armenia,  avvenute,  a  quanto  pare,  nella  tarda  primavera  del  19.  H.  Esse 
non  fanno  menzione  della  presa  di  Tevin,  sono  quindi  da  porsi  cronologi- 
camente prima  di  quella,  che  Sebeos  ci  narra  nel  passo  più  giù.  Il  silenzio 
delle  tonti  arabe  tanto  sul  contenuto  dei  brani  tradotti  sotto  l'annata  18.  H., 
quanto  su  quello  che  aggiungiamo  qui  appresso  aumenta  di  molto  le  difiìcoltà 
di  una  corretta  e  sicura   ricostruzione  storica  di  tutti  gli  avvenimenti. 

Le  seguenti  notizie  di  Sebeos  sono  date  senza  precisa  indicazione  del- 
l'annata, ma  soltanto  con  quella  del  mese;  siccome  però  seguono  immediata- 
mente la  morte  di  Eraclio,  e  si  riportano  alle  età  dei  due  cattolici  Esdra  e 
Narsete,  parrebbe  che  il  Dulaurier  (Chronol.  Armen.,  pag.  227)  ponen- 
dole sotto  l'anno  642  dell' È.  V.  debba  essei-  corretto  nella  sua  supposizione  e 
nei  suoi  calcoli.  Rimane  però  sempre  un'ombra  di  dubbio,  perchè  le  fonti 
arabe  ignorano  la  presa  di  Tevin  nell'a.  21.  H.  I  cronisti  musulmani  possono 
aver  confuso  insieme  la  spedizione  naiTata  da  Sebeos  con  quelle  che  segui- 
rono, dal  24.  H.  in  poi,  sotto  il  califfato  di  'Uthmàn,  e  dirette  in  parte  da 
Habib  b.  Maslamah.  In  tutto  ciò  che  riguarda  il  progresso  delle  armi  isla- 
miche verso  il  settentrione  regna  grandissima  oscurità  presso  le  nostre  fonti. 

Per  la  presa  di  Tevin  i  particolari  forniti  da  Sebeos  sono  abbastanza 
ampi,  sebbene  le  indicazioni  geografiche  ci  riescano  oscure  per  la  difficoltà 
d'identificare  i  luoghi  menzionati  nel  testo.  Ecco  la  versione  letterale  della 
narrazione  del  cronista  armeno. 

§  91.  —  L'esercito  devastatore  (degli  Ismaeliti)  partì  dall' Asorestan 
(Assiria,  ossia  Mesopotamia)  prendendo  il  cammino  di  Dzor  [Bitlis-ciai  :  Gh  a- 
z  a  r  i  a  n  ,  28]  (per  recarsi)  nella  contrada  di  Taròn.  S' impadronirono  di 
questa,  come  pure  di  Bzunis  [Khilàt]  (Peznuonik')  e  di  Aliovit  [oggi  Badnoz: 
Ghazarian,  28]  (Agli'vid):  poi  dhigendosi  verso  la  vallata  di  Berkri  (Pergri, 
nsf>%f/t  =  ar.  Barakri,  nel  Vaspurakan)  attraverso  Ordspoy  (Ortorou,  un  vil- 

510. 


21.  a.  H.  §  91. 

laggio  nel  distretto   di  Pacén    nell'Ararad:    cft-.    Dulaurier    Chronol.  21.  a.  H. 

Armen..  367)  e  Gogovit  [oggi  Bayazid]  (Gokovid),  si  dispersero  nell'Ararat.        gjone   araba  e 
Nessuno  dei  soldati  armeni  potè  portare  la  triste  notizia  nella  città  di  Dwin        p''^*^  '^®"'  '^'^^ 

.     ,  /n\  ■     ■■  "  \        1  1  ■  di  Tevin  (Dwin).] 

(Tevm),  tranne  tre  (r)  capi  (isxan),  che  accorrevano  allora  per  radunarvi 
le  schiere  sparse  :  (erano)  Theodoros  (Theodosius)  Vahewuni  fVahévounij, 
Xachean  (Katchian)  Araweleau  (Ar'avegh'ian)  e  Sapuh  (Schabouh)  Ama- 
timi (Amadouni),  i  quali  si  af&ettarono  a  fuggire  a  Dwin. 

Arrivati  al  ponte  di  Mecamawr  (Medzamór  [ossia  grande  pantano], 
detto  anche  Azad  (o  libero:  è  un  grande  fiume  che  scende  verso  ovest, 
nelle  vicinanze  di  Dwin  e  si  unisce  all'Arasse  un  po'  al  di  sopra  di  questa 
città)  i  principi  armeni  distrussero  il  ponte  dietro  alle  loro  spalle  ed  arri- 
varono nella  città  ("di  Dwin)  per  apportarvi  la  triste  notizia.  Essi  raduna- 
rono nella  fortezza  tutte  le  genti  del  paese,  venuti  lì  per  la  vendemmia 
delle  viti.  Invece  Theodoros  (R'éschdouni)  si  recò  nella  città  di  Naxcawan 
(Nakhdjawan  =  Nasawà). 

Quando  i  nemici  ebbero  raggiunto  il  ponte  di  Mecamawr,  essi  non 
poterono  varcarlo,  ma  guidati  da  Vardik  (Vartig)  il  principe  di  Mokkh 
(Mogk'),  soprannominato  Aknik  (Agnig),  varcarono  il  ponte  (?),  saccheggia- 
rono tutta  la  contrada,  fecero  molto  bottino  e  molti  prigionieri,  e  vennero 
ad  accamparsi  sul  lembo  della  foresta  di  Xosrakert  (Khosravaguerd:  con- 
fiontisi  Hubschmann  Armen.  Grramm.,  tom.  I,  pag.  44:  la  foresta 
giaceva  nelle  vicinanze  di  Dwin  ed  era  un  parco  cinto  di  mura  e  pieno 
di  caccia  riservata  per  i  re  d'Armenia,  creata  dal  re  persiano  Khusraw  II, 
(fi-.  Dulaurier.  Chronol.  Armen.,  357).  Il  quinto  giorno  (giovedì) 
essi  assalirono  la  città  (di  Dwin),  che  cadde  in  loro  potere.  Essi  l'avevano 
avvolta  di  fiamme,  e  respinsero  i  difensori  delle  mura  con  il  fumo  e  con  nugoli 
di  frecce:  quindi  appoggiarono  le  scale,  diedero  la  scgJata  alle  mura  e  pene, 
trarono  nella  città,  di  cui  aprii'ono  la  porta.  L'esercito  nemico  irruppe  nella 
città  e  ne  distrusse  la  popolazione.  Dopo  aver  saccheggiata  la  città,  l'abban- 
donarono, e  ritornarono  al  loro  accampamento.  Ciò  accadeva  il  venerdì  20 
del  mese  di  Tré  (Dre,  equivalente  al  6  ottobre  642  È.  V.,  ossia  6  Dzu-1- 
Qa'dah  21.  H.  secondo   Dulaurier   Chronol.  Armen.,    pag.  231)  ('). 

Dopo  aver  goduto  qualche  giorno  di  riposo,  gl'Ismaeliti  ripresero  il 
cammino  per  il  quale  erano  venuti,  menandosi  via  una  folla  di  prigio- 
nieri, 35,000  persone.  Il  principe  degli  Araerii  (Teodoro  signore  di)  Rstunis 
(R'éschdounik),  che  si  era  messo  in  un'  imboscata  con  alcune  schiere  nel 
distretto  di  Gogovit,  piombò  su  di  essi:  ma  (gli  Arabi)  ebbero  il  soprav- 
vento ed  il  principe  dovette  fuggire.  Gli  Arabi  lo  inseguirono,  uccisero 
molti  (Armeni)  e  polsi  diressero  suU'Asorestan  (Assia,  Mesopotamia).  Questo 

511. 


di  Tevìn  (Dwin).| 


^  MI    9"2.  ^1.    3..    ri. 

21.  a.  H.  accadeva  ai  tempi  del  Catholicos  Ezr  (Esdras,  Ezér).  Per  effetto  di  detta 

sione  araba^^e  guerra  Theodoios  signore  di  Estunis  tu  nominato  generale  in  capo  dall' impe- 
presa  della  città  latore  (bizantino),  e  ricevette  la  dignità  di  patrizio.  Ciò  avvenne  dietro  isti- 
gazione del  Catholicos  Nersés  (ossia  Nersés  III,  patriarca  tra  il  640-649,  detto 
Sinawl  o  il  costruttore:  cfr.  Saint  Martin  Mémoires,  I,  pag.  438),  il  quale 
nello  stesso  anno  succedette  ad  Ezr  nel  seggio  cattolicale  (Sebeos,  100-101)(-). 
Cfi.  D  u  1  a  u  r  i  e  r  C  h  r  o  n  o  1 .  A  r  m  e  n  .  T  nomi  tra  parentesi  tonde 
nella  versione  data  in  questo  paragrafo,  sono  secondo  la  trascrizione  del 
Dulaurier:  del  quale  accettiamo  anche  la  cronologia. 

Nota  1.  —  Sulla  data  precisa  della  presa  di  Dwin  (Tevin  =;  As/.iv  =  Dabil :  cfr.  Hagob  Thopd- 
schian,  Die  iniìeren  Zusftìnde  ron  Armenìcn  unter  Asot  1.,  in  MSOS,Yn  (1904),  II,  e  anche  a  parte, 
pag.  14-15)  regna  divario  nelle  fonti  armene.  Il  Dulaurier  ne  stabilisce  la  cronologia  con  il  seguente 
ragionamento.  Lo  storico  armeno  Afogh'ig,  iu  contradizione  con  se  stesso,  fissa  la  prima  presa  di  Dwin 
(Tevin)  nell'anno  i'ù  dell'Era  Armena,  pari  al  64tì-(i47  dell' E.  V.  (([uasi  in  accordo  con  le  fonti  arabe  che 
esamineremo  sotto  l'annata  25.  H.ì,  ed  una  seconda  e  terza  volta  nel  secondo  anno  di  Costante  impei'atore, 
ossia  nel  G43  dell' È.  V.  Un  altro  autore,  Mose  Gagh'angadouatsi  (parte  III,  cap.  XIV)  dice  che  ciò  av- 
venne nel  sesto  anno  di  Costante,  ossia  nel  647  dell' E.  V.  Il  giorno  della  settimana  venerdì,  indicato  da 
Sebeos,  si  adatta  bene  a  questa  data  e  sembra  renderla  più  probabile  delle  altre.  Infatti  il  20  di  Dré,  che 
nella  tetraeterida  644-647  dell'E.  V.,  corrisponde  al  5  ottobre,  può  soltanto  cadere  sopra  un  venerdì 
nel  647,  anno  che  fu  il  dodicesimo  del  ciclo  solare  ed  ebbe  G  come  lettera  dominicale.  D'altra  parte  però 
il  cronista  siriaco  Dionigi  di  Teli  Mahré  (Talmahar)  (in  Asseman.  Biblioth.  Orien t.,  II,  pag.  lOb) 
dà  l'anno  952  dell'Era  dei  Seleucidi  (640-641  dell'E.  V.),  e  perciò  una  data  anteriore  di  vari  mesi  al 
regno  di  Costante.  In  mezzo  a  tutte  queste  contradizioni,  se  si  tien  conto  che  la  presa  di  Tevin  è  riferita 
da  tutti  gli  storici  armeni  prima  della  spedizione  diretta  contro  la  fortezza  di  Ardzaph',  che  fu  certa- 
mente nel  643  dell'  E.  V.,  e  che  essi  riportano  come  avvenuta  sotto  il  regno  di  Costante,  si  sarà  indotti 
ad  ammettere  che  la  spedizione  di  Dwin  (Tevin)  può  esser  avvenuta  soltanto  nel  primo  anno  di  questo 
principe.  Noi,  rimandando  a  più  tardi  la  discussione  generale  di  tutta  la  cronologia  sulla  conquista  del- 
l'Armenia, la  fisseremo  per  ora  in  ottobre,  che  coincide  allora  con  il  20  di  Dré  di  questo  anno  medesimo 
()42  =  fine  del  21.  H.  Questa  data  accetta  anche  il  (jhazarian  (29,  nota). 

Infine  il  Dulaurier  aggiunge  che  il  comandante  arabo  fosse  Habib  b.  Maslamah,  governatore  di  Qiu- 
nasriu  in  Siria:  egli  aveva  come  luogotenente  Salmàu  b.  Rabi'ah,  che  conduceva  un  corpo  di  ausiliari 
venuto  dall'  'Iraq.  Donde  egli  abbia  attinto  queste  notizie  non  dice.  Ma  egli  cade  probabilmente  in 
errore:  Habib  e  Salmàn  presero  una  parte  attiva  alle  guerre  in  Armenia  sotto  il  Califfato  di  'Uthmàn 
nel  25.  H.  e  anni  seguenti.  Le  fonti  nostre  arabe  ignorano  l' invasione  dell'Armenia  di  Habib  nel  21.  H. 

Il  Kaestner  {De  imperio  ^onstantini  IH,  pag.  .39)  accetta  l'anno  642  E.  V.  come  quello  della  presa 
di  Tevin  (Dwin)  in  Armenia. 

Nota  2.  —  Alla  fine  del  capitolo  in  cui  tratta  di  questa  spedizione,  dopo  alcune  notizie  d'ordine 
diverso,  che  diamo  in  altro  luogo,  Sebeos  aggiunge:  Noi  abbiamo. appreso  questi  fatti  dai  prigionieri 
(ritornati)  d'Arabia,  che  ne  sono  stati  testimoni  oculari  e  ce  l'hanno  raccontati  (Sebeos,  102). 

§  92.  —  (AsoÀik).  Nell'anno  95  dell'Era  Armena  (18  giugno  646-17  giu- 
gno 647  dell'E.  V.  =  26.-26.  H.)  gli  Arabi  tornarono  ad  invadere  (cfr.  18.  a.  H., 
§  124)  l'Armenia  con  forze  considerevoli  ed  espugnarono  Tevin.  Il  numero 
dei  prigionieri  che  menarono  via  fu  di  35,000.  Di  poi  estesero  il  loro  dominio 
sull'Ai-menia,  sulla  Georgia  ed  il  paese  degli  Agh'uan.  Intanto  però  gli  Ar- 
meni scossero  il  giogo  degli  Arabi  e  si  misero  sotto  l'autorità  dell'impera- 
tore. Dietro  domanda  del  Catholicos  Nersés,  Hamazasb  fu  nominato  principe 
d'Armenia  nell'anno  104  (pari  a  16  giugno  655-14  giugno  656  dell'E.  V. 
=  34.-35.  H.).  A  questa  notizia  l'amii-abed  (il  Califfo,  cioè  'Uthmàn)  initato 

512. 


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21.    a.    H.  §1  92-94. 

fece  mandare  a  morte  gii  ostaggi  armeni,  in  numero  di  777:  ma  egli  stesso  21.  a.  H. 

perì  subito  dopo  massacrato  dalle  sue  proprie  schiere  (Acogh'igh,   127).        gjong  araba^^e 
Cfr.  anche  Dulaurier  Chronol.  Armen.,  229.  presa  delia  città 

Il  cronista  armeno  Aso/.ik  ha  quindi  una  cronologia    ben    diversa  da  '    **'"     *"" 

quella  che  secondo  il  Dulaurier  si  dovrebbe  arguire  dal  testo  di  Sebeos. 
Aso)dk  pone  la  presa  di  Tevin  nell'estate  del  647  {=  26.  H.),  ma  tale  af- 
fermazione non  può  avere  un  valore  sicuro  (*),  perchè  in  contradizione  con 
la  tradizione  del  paragrafo  seguente  ;  salvo  che  si  riferisca  a  una  seconda  o 
piuttosto  a  una  terza  invasione,  quella  ben  nota  alle  fonti  arabe.  Le  prime 
notizie  sicure  di  fonte  araba  sulle  incursioni  arabe  in  Armenia  cadono,  come 
vedremo,  sotto  Tanno  25.  H.,  ma  non  può  mettersi  in  dubbio  che,  prima  di 
quell'anno  ed  anche  piima  del  califfato  di  'Uthmàn,  gli  Arabi  entrassero  in 
Armenia.  —  Eitengo  che  Tevin  debba  essere  stata  espugnata  prima  della 
morte  di  Umar.  —  Le  notizie  contenute  nel  paragrafo  seguente  sembrano 
in  parte  una  ripetizione  delle  precedenti. 

Nota  1.  —  E  noto  che  la  cronologia  di  AsoXik,  essendo  le  date  state  scritte  nel  testo  originale  con 
lettere  armene,  è  andata  soggetta  a  facili  alterazioni  sotto  lapenna'dei  copisti.  Cfr.  T^opdschian,  op.  cit.,  10. 

§  93.—  (Aso/dk).  Le  incursioni  degli  Arabi  (nell'impero  greco  e  persiano) 
cessarono  durante  tre  anni  (cfi-.  il  passo  precedente,  e  18.  a.  H.  §  125)('), 
alla  fine  dei  quali,  nell'a.  26.  (cioè  21.  H.)  del  dominio  Arabo,  e  nel  secondo 
(nella  versione  di  Aso)àk  abbiamo,  erroneamente,  terzo)  anno  di  Costantino 
(leggi  Costante  II)  nipote  di  Eraclio,  gii  Ismaeliti  uscirono  dall'Assiria.  Per 
il  cammino  di  Tzòr  essi  penetrarono  nel  paese  di  Darón,  e  attraverso  il 
distretto  di  Péznotinik'  e  la  valle  di  Pergri,  nella  provincia  d'Ararat.  Im- 
padronitisi di  Tevin,  vi  massacrarono  gii  uomini  che  erano  nella  città  e 
menarono  via  prigionieri  le  donne  ed  i  bambini,  in  numero  di  35,000.  Era 
il  20  'del  mese  di  Dré,  al  tempo  della  vendemmia. 

Il  principe  d'Armenia  Theodoro,  signore  di  R'éschdounik',  colui  che 
costruì  gii  edifizì  nell'isola  di  Agh'thamar,  assalì  gli  Arabi  a  Gokovid, 
ma  non  potè  vincerli.  Questo  accadeva  nei  tempi  del  Catholicos  Esdras 
(Acogh'igh,   152).  —  Cfr.  Dulaurier  Chronol.  Armen.,  229. 

Nota  1.  —  Se  abbiamo  avuto  ragione  a  pon-e  le  prime  incursioni  arabe  in  Armenia  nel  18.  a.  H. 
tre  anni  dopo  ci  portano  al  21.  H.,  in  cui  sarebbe  stata  espugnata  la  città  di  Tevin.  Ciò  confermerebbe 
allora  la  cronologia  del  Dulaurier  sul  racconto  di  Sebeos,  che  pone  appunto  tale  evento  nel  21.  H.  La  data 
del  mese  »  20  di  Drè  »   è  prova  che  in  questo  capitolo  si  allude  allo  stesso  evento  ricordato  da  Sebeos 

§  94.  —  (Guiragos  o  Ciraco,  del  sec.  vii  H.).  Il  Catholicos  Esdras  ebbe 
a  successore  Nersés,  che  pontificò  per  venti  anni.  Nersès  restaurò  la  chiesa 
di  S.  Sergio  (Sarkis)  a  Tevin.  Quando  gii  Arabi  passarono  a  tìl  di  spada  gli 
abitanti  di  questa  città  in  numero  di  12,000,  l'altare  ed  il  battisterio  furono 
coperti  di  sangue.  Il  resto  degli  abitanti  fu  ridotto  in  schiavitù  in  numero 

513.  65 


di  Tevin  (Dwin).| 


^  ;tl-',*S.  ^'■'    ^'    ^' 

21.  a.  H.  di  più  che  35,000.  Nersès  riunì  in  questo  tempio  le  ossa  dì  quelli  che  erano 

;ARMENiA.-inva-     ..^.j.^^i  (Q  u  i  r  a  ^o  s  citato  in  Dulaurier  Chronol.  Armen.,  229-230). 
presa  della  città  §  95.  —  A  scliiariiuento  delle  precedenti  notizie  aggiungiamo  anche 

alcune  usyervazioni  di  carattere  topogratico  raccolte  dal  Dulaurier. 

Se  seguiamo  l'itinerario  degli  Arabi  dall'Assù-ia  (Mesopotamia)  .sino  a 
Te\in,  noi  vediamo  che  essi  in  principio  varcarono  la  catena  dei  monti  Gor- 
diani, e  lungo  una  valle  descritta  con  il  nome  di  Tzòr.  vallata  o  gola  nei 
monti,  forse  la  così  detta  Valle  degli  Armeni,  al  sud  ovest  del  lago  di  Van, 
penetrarono  nel  distretto  di  Daròn,  di  cui  essi  s'impadronirono.  Da  lì  si  vol- 
sero per  il  distretto  di  Péznounik',  che  costeggia  il  lato  occidentale  del  lago, 
arrivarono  al  distretto  di  Agh'iovid,  al  nord,  e,  rimontando  fino  ad  Ortorou, 
nel  distretto  di  Pacèn,  ridiscesero  poi  verso  sud-est  per  il  distretto  di  Gokovid, 
sul  versante  occidentale  del  Macis  o  Ararad,  fino  a  Pergri,  al  nord-est  del 
lago  di  Van.  Allora,  spingendosi  verso^nord-ovest,  varcarono  l'Arasse,  ed  an-i- 
varono  infine  dinanzi  a  Tevin  (Dulaurier  Chronol.   Armen.,  230). 

EGITTO.  —  Resa  di  Alessandria  {Sawwal  21.  H.  =  Settembre  642  È.  V.). 

§  96.  —  Nell'annata  precedente  (cfr.  20.  a.  H.,  §§  51  e  segg.,  §§  93  e  segg.) 
abbiamo  dato  tutte  le  notizie  riguardanti  l'assedio  e  la  resa  di  Alessandria, 
perchè  nei  testi  tradotti  non  era  possibile  separare  esattamente  le  parti  ri- 
guardanti la  resa  effettiva  della  città  in  mano  degli  Arabi,  avvenuta  nel- 
l'a.  21.  H.,  dalla  conclusione  del  trattato  di  capitolazione  stipulato  undici 
mesi  prima,  il  6-28  Dzu-1-Qa'dah  20.  H.  =  17  ottobre-8  novembre  641  del- 
l'È.  V.,  Ci  basta  rammentare  in  questo  luogo  che  nel  presente  anno  21.  H. 
in  modo  pacifico  e  tranquillo  tutte  le  milizie  bizantine  e  molti  abitanti  e  mer- 
canti greci  lasciarono  Alessandria  durante  la  lunga  tregua  concessa,  e  che 
alla  fine  degli  undici  mesi  gli  Arabi  presero  possesso  della  città  (17  settem- 
bre 642  dell'È.  V.  =  16  Sawwal  21.  H.:  cfr.  20.  a.  H.,  §  168)  e  vi  stabilirono 
una  guarnigione  di  mille  uomini.  La  esiguità  di  questa  guarnigione  fu  atto 
imprudente,  e  gli  Arabi  dovettero  pagarne  in  breve  il  fio;  ma  è  anche  pro- 
babile che  le  schiere  islamiche  in  Egitto  fossero  ben  poco  numerose  e  che 
'Amr  b.  al-'As  non  potesse  perciò  disporre  d'un  numero  maggiore  per  la 
tutela  della  città. 

Seguono  alcune  notizie  relative  in  particolare  alla  resa  di  Alessandria 
o  a  fatti  sicuramente  contemporanei. 

§  97.  —  Nel  primo  giorno  dell'a.  21.  H.  fu  espugnata  Alessandria  per  opera 
di  'Amr  b.  al-'As  dopo  vari  incidenti  e  combattimenti  (Mahàsin,  I,  84,  lin.  6-7). 

§  98.  —  (al-Kindi).  Alessandi'ia  fu  presa  d'assalto  dopo  tre  mesi  di 
assedio  il  1"  Muharram  21.  IT.:  e  questo  fu  il  primo  assedio  (Kindi, 
fol.  3,r.). 

514. 


di  Alessandria.' 


21.  a.  H. 

§  99.  —  Nella  collezione  di  papiri  ritrovati  in  Egitto  e  facenti  parte  21.  a.  H. 

della  celebre  raccolta  del  Granduca  Rainer  in  Vienna  ve  ne  sono  alcuni  che 
si  riferiscono  ai  primi  tempi  della  conquista  araba.  Un  papiro  (n.  553,  cfr. 
Karabacek  Flihrer,  pag.  138)  contiene  uno  scritto  del  governatore  cri- 
.stiano  d'Arcadia  (Medio  Egitto)  Philoxenos,  con  il  quale  si  certifica  come 
la  contribuzione  di  guerra  della  parte  settentrionale  del  nomos  Heracleo- 
politano  era  stato  consegnato  dal  pagarco  Apa  Kyros  al  quartiere  gene- 
rale arabo  in  Babilonia  nelle  mani  di  Khàrigah  b.  Hudzàfah,  luogotenente 
del  governatore  generale  ('Amr  b.  al-'As),  e  ciò  nel  mese  Mechir  della 
XV  Indizione  (=25  gennaio-24  febbraio  642  dell' È.  V.  =  Safar  21.  H.). 
La  contribuzione  ammontava  a  3164  misure  di  grano. 

Il  documento,  scritto  in  greco,  appartiene  dunque  al  periodo  durante 
il  quale  gli  Arabi  erano  ancora  dinanzi  ad  Alessandria  in  attesa  della  fine 
della  tregua  per  entrare  in  possesso  della  città. 

Il  nome  Apa  Kyros,  da  noi  già  incontrato  nella  forma  Abàkiri  nel  testo 
di  Giovanni  di  Niqyùs  (cfì'.  19.  a.  H.,  §  79  e  nota  1),  fii  quindi  sicuramente 
di  un  personaggio  assai  conosciuto  durante  la  conquista.  Il  documento  di- 
mostra come  gli  Arabi  avessero  prontamente  regolato  tutte  le  principali 
faccende  del  paese  ed  il  normale  funzionamento  dell'esazione  delle  imposte, 
lasciando  tutta  intera  l'amministrazione  esistente  sotto  i  Bizantini. 

Un  altro  papiro  (n.  554)  porge  una  ricevuta  testimoniante  l'eseguito  pa- 
gamento d'una  rata  d'una  tassa  speciale  versata  nelle  mani  di  Cristoforo  il 
figlio  di  Apa  Kyros,  pagarco  del  nomos  Heracleopolitano  il  1°  Phamenoth 
della  XV  Indizione  (=  25  febbraio  642  È.  V.  =  19  Eabì'  I.  21.  a.  H.).  Il 
pagamento  è  fatto  da  Giovanni  figlio  di  Pietro,  sovraintendente  di  Onné 
e  dal  suo  aiutante  Menas. 

Un  terzo  documento  datato  il  30  Clioiak  della  I  Indizione  (=  26  di- 
cembre 642  È.  V.  =  27  Muliarram  22.  H.),  ha  speciale  importanza  perchè  è 
un  ordine  del  capitano  'Abdallah  b.  Gàbir  al  sovraintendente  di  Psophtis  di 
vendere,  contro  consegna  di  monete  d'oro,  una  certa  quantità  di  fieno  al  sot- 
toluogotenente 'Amir  b.  al-Asla',  che  si  avvicinava  alla  testa  d'un  distacca- 
mento di  Arabi  della  tribù  di  Qudà'ah.  Siccome  sappiamo  (18.  a.  H.,  §  182) 
che  le  prime  schiere  di  'Amr  b.  al-'As  erano  composte  di  'Akk,  provenienti 
dal  Yaman,  questa  menzione  di  Arabi  Qudà'ah,  abitanti  nella  parte  setten- 
trionale del  Higàz,  fa  supporre  che  essi  formassero  parte  delle  schiere  di  rin- 
forzo mandate  dal  Califfo  'Umar,  sulla  composizione  delle  quali  schiere, 
come  già  dicemmo,  le  fonti  storiche  non  ci  porgono  veruna  notizia  Q). 

Siccome  un  altro  documento  (n.  551)  contiene  l'ordine  di  Khàrigah 
b.  Hudzàfah  ad  Apa  Kyros  il  pagarco  di  Heracleopolis  Magna,  di  vendere 

515. 


§§  ii'j-ioi.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  J,^^.J•  (|nattro  soldi  d'oro  una    quantità   di    foraggio   a   certo    Dzu-ayb    dogli 

dì  Alessandria.!  -Arabi  Qudà'ah,  noi  veniamo  a  so.spettare  che  il  contingente  degli  Arabi 
C^udà'ah  fosse  cimsiderevole  e  che  una  parte  di  essi  fosse  delegata  a  guer- 
nire  il  nomos  Heracleopolitano. 

Importantissima  è  poi  la  constatazione  che  gli  Arabi  pagavano  pun- 
tualmente in  denaro  contante  tutto  quello  che  pigliavano  dagli  abitanti.  Ciò 
piova  come  dopo  il  momentaneo  scatenamento  delle  passioni  belligere, 
durante  la  campagna,  i  comandanti  arabi  avessero  la  più  meticolosa  cura 
.nel  pagare  le  provviste  e  cercassero  di  cattivarsi  con  tale  contegno  le 
simpatie  dei  Copti.  Si  comprende  come  tale  condotta  abbia  contribuito 
potentemente  ad  agevolare  la  conquista. 

NoT.v  1.  —  [H.  LammensJ.  La  maggior  parte  degli  Arabi  immigrati  in  Siria,  come  i  Kall),  i 
(ludzàni,  ecc.,  erano  frazioni  della  grande  famiglia  etnica  dei  Qudà'ah:  perciò  questi  Qudà'iti  ausiliari  di 
'Amr  potevano  essere  venuti  anche  dalla  Siria  con  'Amr  stesso.  E  i)robabile  che  la  notizia  sugli  'Akk, 
sia  esagerazione,  o  anche  interpolazione  posteriore. 

EGITTO.  —  Conquista  del  Fayyum. 

§  100.  —  Narrammo  già  come  nel  primo  aniio  dell'invasione  araba 
dell'Egitto  (cfr.  19.  a.  H.,  §§  71  e  segg.)  alcune  schiere  razziassero  il 
Fayyum  prima  che  'Amr  b.  al-'As  cingesse  d'assedio  la  fortezza  di  Babi- 
lonia, ossia  tra  il  mai'zo  e  il  luglio  del  640  È.  V.  Questa  notizia,  ignorata 
dalle  fonti  arabe,  ci  è  fornita  da  Giovanni  di  Niqyùs.  La  stessa  fonte  narra 
altres'i  che,  caduta  Babilonia  —  il  lunedì  di  Pasqua  del  641  E.  V.  — ,  gli 
Arabi  tornassero  a  razziare  il  Fayj'ùm.  Non  possiamo  dire  se  il  testo  di 
ibn  'Abd  al-hakam  riportato  qui  appresso  alluda  a  questo  avvenimento  o 
ad  imo  posteriore,  ibn  'Abd  al-hakam  pone  la  presa  del  Fayyum  un  anno 
intero  «dopo  la  conquista  di  Misr  »,  con  cui  s'intende  la  caduta  di  Ba- 
bilonia; ma  la  notizia  tale  quale  è  data  nella  nostra  fonte,  considerate 
specialmente  le  caratteristiche  semi-leggendarie  della  spedizione,  merite- 
rebbe di  essere  confermata  più  seriamente  prima  di  venire  accolta.  —  La 
informazione  che  per  un  anno  gii  Arabi  ignorassero  persino  l'esistenza  del 
Fa3'yùm  risulta  falsa  dal  tenore  delle  notizie  di  Giovanni  di  Niqyùs.  Il 
preteso  incidente  del  miraggio  non  corrisponde  nemmeno  alla  natura  dei 
luoghi,  perchè  il  Fayyum  è  facilmente  accessibile  dalla  valle  del  Nilo  se- 
guendo le  sponde  del  Bahr  Yùsuf,  un  canale  che  immette  le  acque  del 
Nilo  nella  bassura  fayyùmica. 

§  101.  —  (ibn  Ghufayr,  ed  altri).  QuJlndo  ebbe  termine  la  conquista 
di  Misr  (=■  Alyùnah  =  al-Fustàt),  Amr  b.  al-'As  inviò  schiere  leggiere  di 
cavalleria  (garà'id  al-khayl)  ai  villaggi  che  giacevano  intorno  alla 
città.  Il  Fayyum  rimase  però  per  tutto  un  anno  ignorato  dai  Musulmani, 

516. 


21.  a.  H. 


ii>l  10-2. 


vale  a  dire  finché  venne  un  tale  ad  informarli   (della  sua  esistenza).  Allora  21.  a.  H. 

_  .       .  V         .  [EGITTO.   -    Con- 

'Amr  b.  al-'As  mandò,  insieme  con  l'informatore,  Rabì'ah  b.  Hubays  b.  'Urfu-  quista  dei  Fay- 
tah  al-Sadafi  :  ma  quando  i  Musvilmani  giunsero  nelle  vicinanze  (di  al-Fayyiira).  V"""! 
non  vedendo  nulla,  meditavano  già  di  ritornare.  (Il  loro  capo)  li  pregò  di  non 
precipitare  il  ritorno,  perchè  se  quello  che  vedevano  (ossia  il  deserto  nebbioso) 
fosse  stato  per  avventura  un  miraggio  (kadzb)  (che  nascondeva  il  Fayyum), 
[ritornando  addietro]  avrebbero  perduto  quello  a  cui  mii'avano.  La  gente  fu 
pez-suasa  a  j^roseguire.  e  dopo  aver  fatto  un  brevissimo  cammino  scoprirono 
il  Sawàd  al-Fayyùm.  I  Musulmani  irruppero  allora  sul  paese  e  lo  sottomi- 
sero senza  difi&coltà,  perchè  gli  abitanti  non  opposero  alcuna  resistenza. 

Altri  affermano  che  nel  Fayyum  si  recasse  (per  il  primo)  Màlik  b. 
Na'àmah  al-Sadafi,  il  padrone  del  cavallo  al-Asqar:  egli,  cavalcando  un 
giorno,  scoprì  attraverso  un  miraggio  la  regione  di  al-Fayj-ùm,  di  cui  igno- 
rava l'esistenza,  e  ritornò  immediatamente  ad  informarne  Amr  b.  al-'As 
(il  quale  allora  allestì  la  spedizione). 

Altri  dicono  ancora  che  'Amr  b.  al-'As  mandasse  Qays  b.  al-Hàrith 
verso  il  Sa'id:  questi  si  avanzò  allora  fino  ad  al-Qays,  dove  egli  si  fermò, 
e  che  prese  da  lui  il  nome.  Rabi'ah  b.  Hubays  (?)  si  ofiErì  di  portar  la  no- 
tizia ad  'Amr,  e  varcò  il  fiume  a  nuoto  con  la  sua  cavalla;  altri  dicono 
invece  che  il  suo  fosse  un  cavallo  a  nome  al-A'ma  e  che  varcasse  (il 
Nilo)  dalla  riva  orientale  e  giungesse  fino  ad  al-Fayyùm  (Abd  al-ha- 
kam,  230-231). 

Cfr.  Suyuti  Husn,  I,  67;  Maqrizi  Khitat,  I,  249,  lin.   22-31. 

EGITTO-NUBI  A.  —  Prime  razzie  in  Nubia. 

§  102.  —  («)  Dalle  informazioni  che  ci  fornisce  ibn  'Abd  al-hakam  rile- 
viamo come  durante  il  breve  governo  di  'Amr  b.  al-'As,  ossia  sin  verso  il 
25.  H.,  gli  Arabi  non  si  curassero  di  sottomettere  la  Nubia,  la  quale,  come 
è  noto,  comincia  a  mezzodì  della  prima  cataratta  del  Nilo.  Fu  conside- 
rata soltanto  come  paese  di  razzia,  dove  fare  bottino  e  procurarsi  schiavi 
negri.  —  La  conquista  definitiva  fu  compiuta  solo  dopo  il  26.  H.,  quando  ibn 
abi  Sarh  concluse  un  trattato  speciale. 

(6)  (ibn  'Abd  al-hakam,  senza  isnàd).  'Amr  b.  al-'As  mandò  Nàfi'  b. 
'Abd  al-Qays  al-Fihri,  fratello  uterino  di  al-'As  b.  Wà-il,  con  una  schiera 
di  cavalleria  a  razziare  la  Nubia;  Nàfi'  tornò  poi  a  razziare  ogni  estate 
la  Nubia,  allo  stesso  modo  con  cui  i  Musulmani  di  Siria  razziavano  l'Asia 
Minore,  e  così  fu  fatto  senza  interruzione  fino  alla  destituzione  di  'Amr 
b.  al-'As  (dopo  il  25.  H.),  quando  il  nuovo  governatore,  'Abdallah  b.  Sa'd 
b.  abi  Sarh,  concluse  un  trattato  coni  Nubiani  ('Abd  al-hakam,  231). 

Cfr.  Suyuti  Husn,  I,  68. 

517. 


l      -105. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H.  §  103.  —  al-Ya'qubi,  confeniiando  questi  particolari,  e  dicendo  che  i 

lEGITTO-NUBIA.-       ,,  ,  ii.ii-  ...  i.  •    xt    i  •        • 

Prime  razzie  in     Mu.suliiuini    Vinsero    ima    battaglia    saiignmosissima    contro  i  Nubiani,  ag- 
Nubia.)  giunge    che    i   Musulmani    al'  loro  ritorno  dalla  Nubia  (al-Nùbah)   presero 

stanza  in  al-(jrìzah,  e  vi  delimitarono  i  propri  terreni.  Il  Califfo  'Umar, 
informatone  per  mezzo  di  Amr  b.  al-'As,  risposegli  che  non  permettesse 
di  fi'apporre  un  corso  d'acqua  tra  lui  ('Umar)  e  loro  (i  Musulmani  in 
Egitto):  «Stabilitevi  in  un  luogo  dove  io  possa  venire  montato  sul  mio 
«  camelo,  se  tale  fosse  il  mio  desiderio»   (Ya'qùbi,  II,   179-180). 

Dalle  ultime  parole  è  evidente  che,  secondo  al-Ya'qùbi,  al-Fustàt  fu 
fondata  nel  21.  H. 

§  104.  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  Muh.  b.  'Umar  al-Wàqidi,  da  al-Walid  b. 
Kathir,  da  Yazid  b.  abi  Habib,  da  abu-1-Khayr).  Quando  i  Musulmani  con- 
quistarono Misr,  'Amr  b.  al-'5s  mandò  la  cavalleria  nei  paesi  dintorno  per 
dominarli.  Mandò  dunque  'Uqbah  b.  Nàfi'  al-Fihri,  il  cui  padre  Nafi'  ora 
fratello  per  parte  di  madre  di  'Amr,  e  i  cavalieri  loro  [Arabi]  entrarono 
nella  terra  della  Nubia,  come  entravano  le  sawà-if,  o  spedizioni  estive 
(nel  paese)  dei  Rum.  I  Musulmani  ebbero  in  Nubia  uno  scontro  violento,  in 
cui  i  Nubiani  li  sorpresero  con  molte  trecce  :  i  Musulmani  riportarono  quasi 
tutti  ferite  ed  ebbero  le  pupille  accecate,  onde  (i  Nubiani?)  furono  chiamati 
i  rumali  al-hadaq  (arcieri  delle  pupille). 

Questo  durò  finché  non  fu  capo  d'Egitto  'Abdallah  b.  Sad  I).  abi  Sarh, 
quando  (i  Nubiani)  domandarono  accordo  e  pace.  Egli  consentì  a  ciò  senza 
gizyah,  ma  purché  consegnassero  ogni  anno  trecento  uomini  (ra-s).  e 
i  Musulmani  avrebbero  provvisto  ad  essi  (Nubiani)  le  vettovaglie  ft  a  '  a  m) 
in   proporzione  (Balàdzuri,  236,  lin.   18;  237,  lin.   6). 

§  105.  —  (Muhammad  b.  Sad,  da  al-Wàqidi,  da  Ibràhìm  b.  Gra'far, 
da  'Ami-  b.  al-Hàrith,  da  abù  Qabil  Hu\'a3'y  b.  Hàni  al-Ma'àfiri,  da  uno 
saykh  himyarita)  il  qviale  racconta:  Fui  in  Nubia  due  volte,  sotto  il  ca- 
liffato di  'Umar,  e  non  vidi  gente  più  di  quella  acre  alla  pugna.  Ho  visto 
uno  che  diceva  a  questo  o  quel  musulmano:  «  Dove  vuoi  che  io  ti  cacci 
«  questa  freccia?  ».  Talora  qualcuno  di  noi,  giovanotto,  ci  scherzava,  e  ri- 
spondeva: «  Qui!  ».  E  non  sbagliava.  Essi  tiravano  frecce  a  migliaia,  eppure 
non  se  ne  vedeva  nessuna  per  terra.  Ci  ruossero  contro  un  giorno,  e  ci 
si  schierarono  di  fronte.  Noi  volevamo  dare  un  solo  assalto  con  le  spade, 
ma  non  riuscimmo  a  vincere  le  loro  fi-ecce.  Gli  occhi  se  ne  andavano:  e 
contammo  150  occhi  trafitti. 

Noi  si  disse:  «  Che  vantaggio  c'è  a  stringere  accordo  con  questi?  La 
«  preda  che  ci  possono  dare  é  poca,  e  la  resistenza  é  aspra  ».  E  'Amr  non 
venne  ad  accordo;  ma  non  cessò  di    tormentarli  fino  a  che  fu  destituito. 

518, 


21.  a.  H.  §§  105-108. 


Quando  'Abdallali  b.  abì  Sarli  fu  nominato  in  sua  vece,  conchiuse  il  trat-  21.  a.  H. 

/TI       1  -   J  •        nor-       T         'n-in\  lEGITTO-N  U  Bl  A.- 

tato  (Baladzuri,   23/,  lin.  6-16).  ^  p,i„,  ,,„,,  ,„ 

§  106.  —  (al-Wàqidi).  In  Nubia    perde  l'occhio   Mu'awiyah    al-Kindi,        Nubia.l 
che  era  losco  (Balàdzuri,  237,  liu.   16-17j. 

§  107.  —  (abù  Ulmj-d  al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  'Abdallah  b.  Sàlih,  da 
ibn  Lahì'ah,  da  Yazìd  b.  abi  Habib).  Tra  noi  e  i  neri  non  e'  era  né  ac- 
cordo né  patto  (là'ahd  walà  mitjiàq).  C'era  solo  una  tregua,  col  patto 
che  noi  dessimo  loro  qualche  po'  di  grano  e  di  lenticchie,  ed  essi  ci  da- 
vano degli  schiavi,  non  importa  se  fossero  i  migliori  di  loro  o  di  altri 
(Balàdzuri,  237,  lin.   17-21). 

§  108.  —  (a)  (abi  'Ubayd,  da  'Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  b.  Sa'd). 
Il  nostro  patto  coi  Nubiani  era  che  loro  non  combattessero  noi,  e  noi  non 
combattessimo  loro,  e  ci  dessero  degli  schiavi,  e  noi  avremmo  dato  in  pro- 
porzione le  vettovaglie  (ta'àm).  E  se  vendevano  le  loro  mogli  o  i  loro  figli, 
non  ho  visto  che  se  la  pigliassero  affatto  (Balàdzuri,  237,  lin.  21- 
238,  lin.  2). 

(6)  (Da  al-Bakhtari,  e  altri).  'Abdallah  b.  Sa'd  b.  abi  Sarh  fece  un 
trattato  coi  Nubiani  con  la  condizione  che  essi  avrebbero  dato  400  schiavi 
e  ne  avrebbero  avuto  in  compenso  delle  vettovaglie  (B  a  1  a  dz  u  r  i ,  238, 
lin.  2-4). 

§  109.  —  (Del  tributo  al-baqt).  (al-Maqrizi,  senza  isnàd).  al- 
ba qt  è  la  quantità  di  prigionieri  che  i  Nubi  prendevano  ogni  anno  e 
portavano  in  Egitto  come  tributo  loro  imposto.  E  una  parola  araba  (in- 
vece é  il  pactum-tz'xy-ÓQ),  che  essi  (gli  Arabi)  adoprauo  nel  significato  di 
porzione  o  frazione  di  sostanze,  come  quando  dicono  del  suolo  baqt  di 
un  orto  o  di  un  prato,  cioè  porzione  di  un  pascolo,  ovvero  quando  dicono, 
per  esempio,  che  i  banù  Tamim  sono  baqt,  cioè  ramo  o  sezione  (=  b  a  t  n) 
dei  Rabì'ah.  Così  si  dice  baqt  della  terra  o  di  una  cosa,  una  porzione  di 
essa.  È  al-baqt  la  quantità  di  grani  che  si  dà  (come  tributo  in  natura?): 
il  terzo  o  il  quarto,  per  esempio  (del  raccolto)  ;  e  si  dice  al-baqt  anche 
la  porzione  di  datteri  che  nella  raccolta  cadono  fuori  della  cesta.  Nel 
nostro  caso  al-baqt  sarebbe  una  certa  quantità  delle  sostanze  dei  Nu- 
biani, che  essi  consegnavano  (ogni  anno)  nel  borgo  detto  al-Qasr,  distante 
cinque  miglia  da  Aswàn,  tra  File  e  la  Nubia.  Questo  al-Qasr  era  una  rada 
(fard ah  laqùsPj.  Siffatto  baqt  o  tributo  fti  imposto  per  la  prima  volta 
ai  Nubiani  sotto  U  governo  di  'Amr  b.  al-'As,  quando  questi,  dopo  la  con-  * 

quista  di  Misr,  mandò  contro  la  Nubia  'Abdallah  b.  abi  Sai'li,  nel  20.  o 
nel  21.  H.,  a  capo  di  20  mila  guerrieri(!).  'Abdallah  restò  colà  per  qualche 
tempo,  finché  'Amr  gli  scrisse  di  tornare  indietro. 

519. 


«§  UH»,  un.  21.  a.   H. 

21.  a.  H.  Alla    morto  di    Amr  i  Nubiani  violarono  il  trattato  (su Ih)   concluso 

'^p!im\°ra»"ife'tn     con  ■Abdallali  b.  Sa'd  (Maqrizi  Khitat,  I,  199,  lin.  37;  200,  lin.  7)  [G.]. 
Nubia.j  g  HO.  —  (fl.)  (al-Maqrìzi,  senza  isnàd).  Prima  di  violare  il  trattato,  i 

Nubiani  avevano  (regolarmente)  rimesso  ad  Amr  b.  al-'As  il  baqt  pat- 
tuito, aggiungendo  in  regalo  per  lui  quaranta  schiavi,  che  però  Tarn  ir 
non  aveva  accettati,  ma  aveva  restituito  il  regalo  al  soprintendente  (nu- 
biano) del  tributo  (kabir  al -baqt),  di  nome  Samqus;  e  questi  ne  comprò 
provvigioni  (o  mercanzie,  gahàz:  cfr.  Dozy  Suppl.,  s.  v.)  e  vino,  che 
mandò  ad  essi  (leggi  ilayhim  invece  di  ilayhi).  Abdallali  b.  Sa'd  ri- 
mise ad  essi  quanto  aveva  loro  promesso  di  grani,  fi'uraento,  orzo,  len- 
ticchia, di  stoffe  e  cavalli.  Questo  assegno  (rasm)  si  continuò,  e  divenne 
consuetudine  che  ogni  anno,  quando  consegnavano  il  tributo,  ritirassero 
le  provvigioni.  11  regalo  di  40  capi  offerto  ad  'Amr,  lo  prendeva  di  poi  il 
governatore  (wàli)   d'Egitto  (Maqrizi  Khitat,  I,  200,  lin.  28-32). 

(6)  (al-Maqrizi,  da  abu  Khalìfah  Humayd  b.  Hisàm  al  Buhtui'i).  Fu  pat- 
tuito nel  trattato  di  pace  che  i  Nubiani  fornissero  (ogni  anno)  alla  pro- 
prietà comune  o  fisco  (fa  y  •)  dei  Musulmani  360  schiavi,  e  40  al  reggente 
(sàhib)  d'Egitto,  e  ricevessero  mille  ardabb  di  grano  per  il  popolo,  e 
300  per  i  delegati  del  loro  (re);  altrettanto  di  orzo;  mille  iqtiz  (')  di 
vino  per  il  sovrano  e  300  per  i  suoi  delegati  ;  due  destrieri  di  produzione 
equina  governativa  (?  min  nitàg  khayl  al-imàrah:  cioè  di  quelli 
che  adopravano  gli  emiri  ?)  ;  inoltre  (quanto  a  tessuti),  100  th  a  w  b  di  stoffa 
varia,  4  di  stoffa  qabàti  per  il  l'e,  3  per  i  delegati,  8  di  al-buqt uriyyah, 
5  di  stoffa  operata  (a  1  m  u  '  a  1 1  a  m  a  h  ?),  una  g  u  b  b  a  h ,  o  soprabito,  di  gala 
per  il  re,  10  di  stoffa  detta  «  camicia  di  abù  Buqtur  »,  e  10  di  ahàs,  che 
è  un  tessuto  assai  spesso. 

Dice  abù  Khalifah  :  Né  il  kit  ab  di  'AbdaUah  b.  Wahb  [f  197.  a.  H.]  né 
quello  di  al-Wàqidi  contengono  la  lista  su  riferita,  che  io  ho  tolta  da  abii 
Zakariyyà  (?).  Questi  dice  di  aver  udito  parlarne  suo  padre  'Amr  b.  Sàlih,  e 
aver  ritenuto  distintamente  ciò  che  da  lui  aveva  inteso.  Raccontava  infatti 
di  essersi  trovato  una  volta  nel  consiglio  (maglis)  dell'emiro  'Abdallah  b. 
Tàhir  (t  230.  a.  H.)  governatore  d'  Egitto,  il  quale  gli  domandò  :  «  Sei  tu 
«  'Uthmàn  b.  Sàlih,  a  cui  abbiam  mandato  per  informazioni  sul  kitàb  baqt 
«  al-Niibah  (sul  documento  relativo  al  tributo  dei  Nubiani)?  ».  Avendo 
egli  risposto  di  sì,  si  volse  (l'emiro)  a  Mahfuz  b.  Sulaymàn  e  disse:  «  Strano 
«  paese  eh'  é  questo  !  Noi  ci  rivolgiamo  a  costoro  per  domandar  cosa  di  loro 
«  conoscenza,  e  a  codesto  saykh  in  particolare;  ma  nessuno  di  essi  ci  è  ve- 
«  nuto  in  aiuto  (sa fan  a)  >. —  «  Dio  faccia  prosperare  l'Emiro  »,  disse  allora 
ibn  Sàlih,  «  le  notizie,  che  tu  hai  domandate,  sui  Nubiani,  io  le  ho.  Le  appresi 

520. 


21.  a.  H. 


§§  no,  111. 


«  da  alcuni  vecchi,  cui  le  riferirono  i  vecchi,  stati  presenti  sul  luogo  alla  tregua  ^^-  ^-  ^■ 

«  (hudnali)  ed  al  trattato  conchiuso  tra  'Abdallah  b.  Sa'd  ed  i  Nubiani  ».        prime  razzie  in 

Gli  comunicò  quindi  le  informazioni  sul  loro  conto  quali  avevale  udite;  ma        Nubia.] 

l'emiro  disapprovò  la  fornitura  ('atiyyah)  del  vino.  «  Anche  'Abd  al-'aziz 

«  b.  Marwàu  la  disapprovava  »,  soggiunse  l'altro.  —  Questa  riunione  aveva 

luogo  in  Fustàt  Misr  l'anno  211.  H.  dopo  che  fo  couchiuso  il  trattato  tì-a 

'Abdallah  b.  Sa'd  e  il  precedente  Emiro  dell'  Egitto  'Abdallah  b.  ai-Sari  b. 

al-Hakam  al-Tamìmi.    Uthmàn  [o  'Amr?]  b.  Sàlih  aggiungeva  che  l'Emiro 

mandò  a  chiedere  sui  Nubiani  informazioni  al  Dìwàn  (segreteria  di  Stato 

ed  archivio)  che  era  allora  fuori  della  moschea  congregazionale  in  Misr,  e 

ne  ricevette  conformi  a  quelle  riferite    da    ibn  Sàlih;  di  che  fu  contento 

(Maqrizi,  I,  200,  lin.  32;   201,  lin.   7). 

Nota  1.  —  Non  trovo  in  nessun  dizionario,  e  nemmeno  nelle  ricerche  di  metrologia  del  Sauvaire, 
il  significato  e  l'equivalenza  di  detta  misura.  In  complesso  il  baqt,  più  che  un  tributo  imposto  ai  Nu- 
biani, era  un  vero  «  patto  »  o  trattato,  sia  pur  solamente  consuetudinario,  di  scambio,  come  noi  diremmo 
commerciale  e  industriale;  per  il  quale  i  Nubiani  fornivano  schiavi  negri  ai  dominatori  d'Egitto,  e  ne  rice- 
vevano in  permuta  equivalente  vettovaglie,  specialmente  cereali,  e  tessuti  o  manufatti. 

[E.  Schiaparelli].  Il  baqt  di  al-Maqrizi  sta  in  diretta  relazione  con  il  vocabolo  bak  dell'antica 
lingua  egizia,  che  significa  tributo  in  genere,  per  quanto  sia  più  particolarmente  usato  ad  indicare  il 
tributo  del  Sudan  e  della  Nubia.  Esso  figura,  ad  esempio,  negli  annali  di  Tutmasì,  m,  e  ripetuto 
più  volte.  La  corri-spondenza  parrebbe  dunque  evidente:  baqt  dovrebbe  indicare  esplicitamente  il  tributo. 

EGITTO-AFRICA.  —  Le  condizioni  generali  dell'Africa  Settentrionale 
ed  il  principio  della  conquista  arabo-musulmana. 

§  111.  —  Alla  stuiia  dell' Afi'ica  settentrionale  dai  tempi  Bizantini  in 
poi  hanno  dedicato  molti  lavori  alcuni  valenti  scrittori  fi-ancesi:  si  può 
anzi  due  che  essi  hanno  quasi  assunto  il  dominio  assoluto  della  materia; 
onde  la  letteratura  occidentale  .sull'Africa  Settentrionale,  specialmente  per 
la  parte  che  riguarda  il  dominio  musulmano,  si  può  considerare  come  quasi 
esclusivamente  francese.  Le  ragioni  di  tale  preferenza  sono  facili  ad  in- 
tendere, se  si  considera  quanti  incalcolabili  tesori  di  danaro  e  quante  vite 
umane  e  quante  generose  energie  morali,  amministrative,  finanziarie  e  so- 
ciali il  popolo  francese  ha  dedicato  alla  conquista  dell'Algeria,  ad  un'opera 
cioè  che  è  stata  sovrattutto  di  gloria  e  di  civiltà,  più  che  di  vantaggio  mate- 
riale. Perciò  noi,  uomini  di  lavoro  e  di  studio,  siamo  grati  al  popolo  francese 
che,  con  il  dispendio  di  tante  energie,  ha  aperto  alla  civiltà  una  magnifica 
regione  del  mondo  e  vi  ha  per  sempre  abbattuto  e  sepolto  un  regime  bar- 
barico, che  era  un'onta  per  l'Europa  di  aver  tollerato  per  tanti  secoli. 

Con  tali  premesse  miriamo  a  indicare  con  quali  sentimenti  di  simpatia 
noi  giudichiamo  l'opera  storica  dei  Francesi  nel  campo  africo-musulmano, 
e  ad  allontanare  il  sospetto  di  parzialità  nelle  altre  considerazioni  che  se- 
guono. Vogliamo  cioè  d'altra  parte  rammaricarci  che  la  letteratura  storica 

521.  66 


§  III. 


21.  a.  H. 


sta  arabo-musul 
mana. 


21.  a.  H.  francese  sulle  conquiste  musulmane  in  Africa,  pur  riconoscendo  l'alto  valore 

Le  condizioni     'Iella  civiltà  musulmana,  non  dimostri  tutte  quelle  qualità  necessarie   per 

generali  deiTA-     ogni  accurata  ed  illuminata  analisi  critica  e  storica  delle  fonti. 

naie  ed  il  princi-  ^'^  ^'^^^  ™^^'^  giudi/io  io  oscludo  interamente  opere  magistrali  e  classiche, 

pio  della  conqui-     rumc  quella  del  Diehl  sull'Africa  Bizantina  (Ch.  Diehl,  L'Afriqìic  Byzantinr. 

Histoire  de  la  domination  Byzantine  en  Afrlque  |633-709],  Paris,   189(3),  che 

sono  monumenti  letterari  del  miglior  genere,  ma  penso  piuttosto  ad  opere  più 

direttamente  relative  al  dominio  musulmano,  come  quelle  del  Fournel  {Les 

Borhers.  Étude  sur  la  conquète  de  V Afrlque  par  Ics   Arabes,  Paris,   1875), 

del  Piquet  {Les  civilisations  de  V Afrlque  du  Nord,),  del  Mercier  [Histoire 

de  V Afrlque  Septentrlonale,  1888-91),  del  Caudel  [Les  premières  invasions 

arabes  dans  V Afrlque  du  Nord,  Paris,  1900)  e  di  altri,  nelle  quali,  nonostante 

l'abbondanza  d' informazioni,  fa  purtroppo  difetto  una  conoscenza  critica  del 

valore  relativo  delle  fonti,  che  sono  tutte  considerate  di  eguale  valore,  senza 

far  distinzione,  per  esempio,  tra  ibn  'Abd  al-hakam,  ibn  al-Atliir,  al-Nuwayri 

ed  ibn  Khaldùn.  Ne  risulta  che  alcuni  avvenimenti  sono  trattati  in  modo  non 

corrispondente  alla  verità  storica,  e  si  accoglie  in  altri  per  fatto  storico  quello 

che  è  soltanto  ricamo  leggendario. 

Per  citarne  uno  solo,  il  Caudel,  uno  dei  più  recenti,  nella  prefazione 
(pag.  ii-iii)  discorre  con  disprezzo  della  critica  scientifica  delle  fonti,  «  qu'une 
«  certaine  fréquentation  a  depouillée  à  mes  yeux  de  tout  prestige  »:  egli 
dichiara  di  accingersi  a  narrare  le  vicende  della  conquista  araba,  valendosi 
dei  racconti  dei  cronisti  arabi,  tali  quali  si  trovano  nelle  fonti,  e  lascierà 
giudice  il  lettore  senza  aggravare  la  narrazione  con  il  «  faux  éclat  de  l'ap- 
«  pareli  scientifique(!)  ». 

Questo  disprezzo  per  le  ricerche  scrupolose  delle  verità  storiche,  porta 
però  i  suoi  amari  frutti,  e  se  ne  può  render  conto  chi  legge  con  qualche  at- 
tenzione la  fiorita  narrazione  del  Caudel.  Cosi,  per  esempio,  egli  dà  per  sicui'o, 
non  sappiamo  da  quale  fonte,  che  al  Pellegrinaggio  d'Addio  del  Profeta  in 
Makkah  accorressero  esattamente  114,000  Musulmani:  dà  un  grande  valore 
alle  storico  makkano  Dahlàn,  scrittore  del  secolo  scorso,  che  ha  riepilogato 
al-Tabari;  ed  ignora  del  tutto  questo  antico  e  grande  cronista,  sebbene  la  ma- 
gistrale edizione  di  Leida  ne  abbia  da  un  pezzo  reso  la  monumentale  opera 
accessibile  a  tutti  gli  arabisti.  Così,  per  esempio,  a  pag.  45-46  delle  sue  cita- 
zioni è  chiaro  che  il  Caudel  ignora  come  ibn  'Abd  al-hakam,  da  lui  ricordato 
quasi  incidentalmente,  sia  la  fonte  pressoché  unica  alla  quale  hanno  attinto 
tutti  i  cronisti  posteriori  per  la  storia  primitiva  di  Egitto  e  dell'Africa  del 
nord  nel  periodo^  arabo-musulmano.  A  pag.  59,  dando  ad  Abdallah  ibn  abi 
Sarh  la  nisbah  al-Qarchi  (sic!),  ignora  che  si  debba  leggere  al -Qu rasi, 

52-2. 


21.  a.  H. 


§  112 


ossia  che  dal  nome  Qurays  venga  la  forma  relativa  al-Qurasi,  come  da  óu- 
haynah  viene  al-Gruhani.  A  pag.  42  abbiamo  la  singolare  affermazione:  che 
'Amr.  dopo  un  lungo  assedio  espugnò  al-Fustàt,  la  capitale  (sic!)  di  al-Mu- 
qawqis.  Egitto.  E  così  di  seguito. 

§  112.  —  È  manifesto  che  da  opere  di  simil  genere  possiamo  rica- 
vare ben  poco  costrutto  per  le  nostre  ricerche,  ma  è  bene  aggiungere  che 
d'altra  parte  l'estrema  magrezza  delle  fonti  rende  sterile  di  frutto  ogni 
lavoro  di  minuta  ricerca:  né  si  deve  ignorare  come  la  natura  e  le  carat- 
teristiche del  popolo  berbero  offrano  sì  scarse  e  povere  attrattive  da  giu- 
stificare la  pochissima  attenzione  rivolta  allo  studio  dei  Berberi  all' infuori 
d'una  ristretta  cerchia  di  scrittori  francesi. 

Date  queste  condizioni  generali,  data  anche  l'importanza  relativa  assai 
minore  delle  vicende  storiche  nell'Africa  del  nord,  rispetto  alle  sorti  generali 
dell'impero  islamico,  ci  sarà  lecito  di  essere  molto  brevi  nel  riassumere  le  con- 
dizioni interne  dell'Africa  Settentrionale  alla  vigilia  della  conquista  araba. 

I  due  capitoli  speciali  che  abbiamo  dedicato  alle  condizioni  generali  del- 
l' impero  bizantino  in  Asia  ed  in  Egitto  ci  esimono  inoltre  dall'obbligo  di  diffon- 
derci in  molte  spiegazioni  sullo  stato  politico,  militare  e  morale  dell'Africa  bi- 
zantina alla  vigilia  della  conquista  araba.  Su  questo  argomento  esiste  un'opera 
magistrale,  quella  già  citata  del  Diehl  che,  nonostante  l'aridità  della  materia, 
è  lavoro  di  alto  valore  letterario  e  scientifico,  e  di  dilettevole  lettura. 

Ma  una  considerazione  generale  ci  sia  permessa,  perchè  sarà  tema  sul 
quale  dovremo  molte  volte  ritornare  nelle  pagine  seguenti,  se  avremo  la 
buona  ventura  di  poter  narrare  la  lunga  guerra  tra  i  Califfi  e  Bisanzio  in 
Asia  Minore.  Vogliamo  cioè  porre  anche  noi  in  rilievo  il  singolarissimo 
contrasto  che  s'impone  all'attenzione  dello  storico  ad  ogni  istante  delle 
tempestose  vicende  bizantine. 

Da  una  parte  abbiamo  un  ordine  amministrativo,  politico  e  militare, 
che  aveva  conservato  le  tradizioni,  gli  usi,  i  principi  e  le  norme  di  go- 
verno del  più  maraviglioso  e  piìi  perfetto  organismo  sociale  del  mondo 
antico,  dell'  Impero  Romano.  Dall'altra  parte  abbiamo  tale  stupendo  mec- 
canismo di  Stato  nelle  mani  d'un  popolo,  o  meglio  d'un'accozzaglia  di 
razze  diverse,  che  portava  il  nome  di  Romano,  senza  avere  di  sangue 
romano  nemmeno  una  stilla:  una  miscela  etnica  insenilita,  decrepita,  di- 
sfatta. La  scorza  è  magnifica,  in  apparenza  perfetta,  il  cuore  è  marcio.  L'eser- 
cito era  l' immagine  più  tangibile  di  questo  contrasto  :  in  esso  erano  im- 
piegate le  armi,  e  gli  ordinamenti  più  perfezionati  :  i  militi  splendevano 
per  il  ftilgore  delle  corazze,  degli  elmi,  per  la  tempra  mirabile  delle  spade  : 
l'esercito  aveva  a  sua  disposizione  tutti  i  migliori  mezzi  di  offesa  e  di  di- 


si, a.  H. 
lEGITTO-AFRICA. 
-  Le  condizioni 
generali  dell'A- 
frica settentriO' 
naie,  ed  il  princi- 
pio della  conqui- 
sta arabo-musul- 
mana-1 


528. 


8  ll-J. 


21.  a.  H. 


mana. 


21.  a.  H.  tesa.   Ma   i  militi  che  indossavano  queste  anni,  che  avrebbero  dovuto  essere 

(EGITTO-AFRICA.       ,.        .  u  4.         l       r  J"  4--  ......  •      ,     ,^ 

Le  condizioni     '  anima    Vibrante   degli    ordinamenti,    erano    uomini    privi    di    quasi    tutto 
generali  deii'A-     \^^  qualità  che  fomiain)   il  buon   soldato:   indisciplinati,  poco   amanti  delle 

f  rlca  settentrio-  .      ,  .  •  >     i>  i       .      ■  n  i  i  tu 

naie  ed  il  princi-  im^t'hie  corpo  a  corpo,  piu  uduciosi  nella  saldezza  della  propria  corazza, 
pio  della  conqui-  ,.  hqI  tiro  degli  arcieri,  che  nella  propria  vigoria  personale,  più  proclivi 
ai  godimenti,  alle  violenze  ed  alle  rapine,  che  non  alla  disciplina  ed  al 
compimento  dei  propri  doveri  :  una  calamità,  non  si  sa  se  maggiore  per 
quelli  (ho  l'esei'eito  aveva  a  combattere,  o  |)er  gli  altri  che  sarebbe  stato 
suo  dovere  di  difendere  (cfi'.  Die  hi,  pag.  45-46,   53  e  segg.). 

Lo  stesso  dicasi  dell'  amministrazione,  che  quantunque  maravigliosa 
0  perfetta  com'era  ancora,  appunto  perchè  retta  da  uomini  di  gran  lunga 
inferiori  al  compito  loro,  invece  di  riuscire  un  beneficio,  si  tramutava,  per 
la  potenza  e  vitalità  del  suo  congegno,  in  uno  spietato  strumento  di  op- 
pressione, in  una  vera  e  grande  sciagura  per  i  popoli  a  lei  sottoposti. 

E  in  siffatto  singolare  contrasto  la  nostra  più  viva  impressione  è  l'am- 
mirazione per  la  insuperabile  bontà  degli  ordinamenti  romani,  la  virtù  dei 
quali  era  sì  grande  da  reggere  ancora  solidamente  per  secoli  una  società 
oramai  fatalmente  destinata  a  morire.  Se  i  Bizantini  non  fossero  stati  gli 
eredi  diretti  di  Roma,  l' impero  di  Costantinopoli  sarebbe  caduto  e  scom- 
parso come  le  tenebre  innanzi  al  sole,  anche  molto  prima  che  la  terribile 
idra  islamica  sorgesse  in  Arabia  per  divorarlo.  Contro  di  essa  solo  gli  ordi- 
namenti romani  permisero  ai  Greci  una  gloriosa  resistenza  di  otto  secoli. 

Altro  non  vogliamo  aggiungere,  per  non  diffonderci  in  soverchie  pre- 
liminari considei'azioni  :  visto  che  la  storia  dell'Africa  bizantina  prima 
della  conquista  araba  non  ha  per  noi  uno  speciale  interesse,  possiamo  rias- 
sumerla in  poche  parole.  La  parte  principale  dell' Afiica  bizantina  era  quella 
che  oggi  ha  nome  Tunisia,  e  che  ai  tempi  di  cui  discorriamo  aveva  per 
capitale  la  città  di  Cartagine  e  si  chiamava,  nella  parte  settentrionale, 
Africa,  e  in  quella  meridionale,  Byzacene.  Questa  regione  era  il  cuore 
amministrativo  e  il  centro  morale  di  tutta  l'Africa  Settentrionale:  la  Tri- 
politania  da  una  parte  e  la  Mauretania  (oggi  Algeria  e  Marocco)  dell'altra 
ne  erano  dipendenze.  Il  dominio  diretto  delle  razze  europee,  dopo  la  caduta 
dell'Impero  Romano  in  occidente  era  effettivo  nella  parte  centrale  anzi- 
detta e  nella  Tripolitania,  meno  sicuro  nella  Numidia,  che  giaceva  a  oc- 
cidente dell' Afiica,  e  nella  parte  più  occidentale,  in  Mauretania,  era  ridotto 
alla  costa,  nei  suoi  punti  più  popolosi.  Tutta  la  regione,  passata  sotto  il 
dominio  dei  Vandali  nel  415  È.  V.  durante  lo  sfacelo  dell'impero  d'occi- 
dente, fii  conquistata  dai  Bizantini  nel  533  È.  V.,  ossia  quando  il  governo  di 
Costantinopoli  si  accinse  all'opera  gloriosa  ma  vana  di  ricostruire  l'impero 


524. 


21.  a.  H. 


112,  113. 


romano  in  occidente,  distrutto  dai  Barbari,  riconquistando  ad  una  ad  una 
le  province  che  l'avevan  costituito.  Quello  stesso  Belisario  che  ebbe  l'in- 
carico di  .strappare  l'Italia  ai  Goti,  ricevette  ordine  di  togliere  l'Afi-ica  ai 
Vandali  che  da  più  di  un  secolo  la  dominavano.  Belisario,  superando  gra- 
vissime difficoltà,  compiè  la  missione  avuta  da  vero  uomo  di  genio  ed  im- 
piantò una  nuova  e  regolare  amministrazione,  fissando  anche  le  linee  ge- 
nerali della  difesa  del  paese. 

§  1 13.  —  La  campagna  di  Belisario  in  Afi'ica  era  durata  soltanto  sei  mesi, 
e  questo  breve  spazio  di  tempo  bastò  a  cancellare  per  sempre  ogni  traccia  del 
dominio  vandalo,  tranne  le  devastazioni  di  cui  i  Vandali  si  erano  resi  colpe- 
voli nel  perseguitare  i  Cristiani  di  fede  ortodossa.  La  pazza  politica  di  perse- 
cuzione religiosa  dei  re  vandali  —  ariani  di  fede  —  aveva  portato  i  suoi  frutti, 
e  la  popolazione  ortodossa  accolse  con  giubilo  la  cessazione  del  governo  di 
quei  barbari  oramai  anche  decaduti  e  corrotti  ;  ma  purtroppo  i  padroni  che 
dovevano  succeder  loro  erano  di  tal  natura  pur  essi,  che  alcuni  avrebbero 
avuto  ragione  di  rimpiangere  il  passato  dinanzi  agli  strazi  del  presente. 

Al  primo  governatore  dell'Africa  bizantina,  Salomone,  entrato  in  ca- 
rica non  appena  Belisario  ebbe  fatto  vela  per -Costantinopoli,  spettò  il  duro 
compito  di  terminare  la  conquista  e  di  porre  l'amministrazione-  novella  su 
basi  solide  ed  organiche.  Tutta  l'Africa  fu  divisa  in  sette  grandi  circo- 
scrizioni, una  delle  quali  era  l'isola  di  Sardegna,  unita  all'Africa  per  ra- 
gioni di  opportunità  amministrativa  e  militari  ;  la  prima  circoscrizione  però 
era  la  Tripolitania,  abbracciante  la  Pentapolis,  ossia  la  regione  che  doveva 
per  la  prima  subire  gli  assalti  degli  Arabi.  È  bene  tuttavia  aggiungere  che 
i  nomi  grandiloquenti  di  queste  province  bizantine,  Byzacene,  Tangitana. 
Numidia,  Mauretania.  erano  per  lo  piìi  espressioni  geografiche,  mentre  in 
realtà  nella  maggior  parte  del  paese  i  Bizantini  avevano  appena  qualche 
guarnigione  in  centri  urbani,  per  lo  più  sul  littorale,  e  solo  in  Africa  pro- 
priamente detta,  nella  Byzacene  ed  in  una  parte  della  Numidia,  alcune  guar- 
nigioni furono  sospinte  sin  nel  cuore  delle  provincie. 

L'amministrazione  bizantina  preparò  un  perfetto  sistema  di  difesa  mili- 
tare, studiata  fino  ai  più  minuti  particolari  (cfr.  Diehl. ,  pag.  119  e  segg.)^ 
e  curò  la  costruzione  di  un  sistema  maraviglioso  di  fortezze  disseminate 
in  tutta  l'Africa  Settentrionale,  con  una  cura  ed  una  scienza  che  fa  onore 
allo  Stato  che  lo  ideò  e  lo  mise  in  atto  (cfr.  Diehl.,  pag.  146  e  segg.). 
In  queste  fortezze  furono  spese  somme  molto  rilevanti,  ma  mancava  l'ele- 
mento più  prezioso  per  renderne  valido  l'uso.  I  soldati  non  erano  più  quelli 
né  in  numero,  né  in  vigoria  d'animo  e  di  corpo,  e  rifuggivano  il  più  che 
fosse  possibile  da  battaglie  campali,  onde  la  norma  costante  dei  capitani  era 


21.  a.  H. 
[EGITTO-AFRICA. 
-  Le  condizioni 
generali  dell'A- 
frica settentrio- 
nale, ed  il  princi- 
pio della  conqui- 
sta arabo-musul- 
mana.) 


525. 


lllì.  ut. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO-AFRICA. 
-  Le  condizioni 
generali  dell'A- 
frica settentrio- 
nale, ed  il  princi- 
pio della  conqui- 
sta arabo-musui- 
mana.l 


(li  tenerli  al  sicuro  dietro  le  trincee  e  le  alte  mura  merlato  (cfr.  Di  e  hi., 
pag.  146).  L'autorità  quindi  del  governo  bizantino,  nella  maggior  parte 
dello  quattro  province  militari  di  difesa  (Tripolitania,  Byzacene,  Numidia. 
"Nfaurotania)  non  si  estendeva  molto  lontana  dalle  belle  mura  dei  posti 
militari  e  dello  fortezze. 

Il  restante  del  paese  fu  lasciato  in  mano  dei  Berbeii.  h\iì  quali  l'auto- 
rità bizantina  rimase  sempre  assai  vacillante,  ed  a  volte  puramente  nomi- 
nale: anzi  molta  parte  della  popolazione  indigena  sedentaria,  che  sotto  lo 
scettro  di  Roma  era  diventata  pacifica  coltivatrice  del  suolo,  sotto  l'anarchia 
Yandala  s'era  fatta  anch'essa  ribelle  e  turbolenta. 

Appena  però  insediata  in  Aft-ica,  l'amministrazione  bizantina  non  di- 
menticò le  sue  irremovibili  tradizioni  d'intransigenza  religiosa,  od  iniziò 
la  persecuzione  sistematica  di  tutti  quelli  che  non  erano  ortodossi  secondo 
il  verbo  imperante  in  Costantinopoli.  Cosi  fu  data  la  caccia  agii  Arii.  o 
Ariani,  i  seguaci  di  Arius:  banditi  dal  consorzio  umano,  messi  fuori  della 
legge,  spogliati  di  tutti  gli  averi  e  impediti  di  osservare  le  prescrizioni  del 
loro  culto.  Altre  misure  di  poco  meno  severe  furono  prese  contro  i  Dona- 
tisti, gii  Ebrei  e  varie  sette  minori  di  eretici."  Ogniino  può  figurarsi  quale 
abbondante  e  funesto  lievito  d'odio  tali  misure  spargessero  in  Afiica  sin 
dal  primo  giorno  del  dominio  bizantino,  e  come  questo,  con  i  primi  suoi 
atti,  già  si  preparasse  la  propria  rovina. 

§  114.  —  L' imprvidenza  di  simile  condotta  fu  avvertibile  sin  dai  primi 
giorni  dell'occupazione  bizantina,  quando  l'amministrazione  di  Salomone 
dovè  dolorosamente  constatare,  come  i  veri  padroni  del  paese  fossero  non 
già  gl'impiegati  civili  e  militari  venuti  da  Costantinopoli,  ma  qviei  nomadi 
indomabili,  i  Berberi;  i  quali,  valendosi  dello  sfacelo  dell'impero  romano 
e  della  lunga  anarchia  che  lo  seguì,  avevan  distrutto  tutta  la  mirabile 
opera  civilizzatrice  dei  Romani,  ed  i  tentativi  di  questi  di  sostituire  alla 
popolazione  nomade  e  turbolenta,  un'altra  estranea  al  paese,  sedentaria, 
agricola  e  laboriosa. 

Scoppiarono  immediatamente  le  ribellioni  dei  Berberi,  e  pìjco  più  di  \xn 
anno  dopo  la  conquista  i  nomadi  erano  in  armi  contro  il  governo  nella 
Byzacene:  Salomone  si  trovò  impigliato  in  una  campagna  difficilissima  di 
repressione,  in  cui  anche  le  vittorie  riuscivano  di  nocumento  al  prestigio 
dei  Bizantini.  A  ciò  si  aggiunsero  altre  gravi  complicazioni,  ossia  la  rivolta 
delle  stesse  milizie  bizantine,  per  effetto  delle  stolte  misure  di  persecuzione 
prese  a  danno  degli  Ariani.  Salomone  potè  salvarsi  a  stento,  fuggendo  a 
precipizio  dall'Africa;  e  per  ridurre  all'obbedienza  la  provincia  fu  necessario 
il  ritorno  del  grande  Belisario.  Ma  nemmeno  egli  potè  ottenere  tutto  ciò 


526. 


21.  a.  H. 


114,  115. 


ohe  da  lui  si  aspettava,  perche  uua  rivolta  del  suo  esercito  in  Sicilia  lo  co-  21.  a.  H. 

j  1  •      -,     11-    •»,.-.  •  [EGITTO-AFRICA. 

strinse  a  sospendere  ia  campagna  contro  1  ribelli  m  Amca  ed  a  ripassare        .  |_e  condizioni 
lo  stretto.  Germano,  nipote  dell'imperatore  Giustiniano,  terminò  l'opera  di        generali  deii'A- 

.„  .  T    T»   1-         •  ...'..,  .^    -  frica  settentrio- 

pacincazione  di  Belisario  e  rimise  111  carica  il  governatore  Salomone.  ^aie  ej  j|  princi- 

Ma  i  guai  non  dovevan  mai  finire:    non    solo   Salomone  si  trovò  iin-        pio  delia  conqui- 

,•  J.T-.I-Ì-  111-  i  sta  arabo-musul- 

pegnato  m  nuove  guerre  contro  1  Berberi  insorti,  ma  quando  1  imperatore        mana.l 

distaccò  dalla  provincia  d'Africa  la  Tripolitania  e  la  Pentapolis,  affidandole 

ad  altri  due  governatori,  le  imprudenze  e  le  inutili  sevizie  di  questi  contro 

i  Berberi  accesero  anche   da  quella  parte  un  pauroso  incendio  di  rivolta, 

che  travolse  tutta  l'amministrazione  non  solo  delle  due  province,  ma  anche 

del  resto  dell'Africa.  Salomone,  sbaragliato  anche  lui  dai  Berberi  vittoriosi, 

fu  massacrato,  e  già  nel  545  dell'Era  Volgare,    appena    undici  anni  dopo 

l'occupazione   bizantina,    tutto  il  paese    era    piombato    nella    anarchia  più 

completa.    Solo  con  grandi  stenti  e  superando  mille  difficoltà  fu  possibile 

all'imperatore  Giustiniano  di  ristabilire  un  sembiante  d'autorità  in  Africa, 

dopo  alcune  sanguinose  vittorie  sui  Berberi. 

Ma  tali  vicende  avevano  lasciato  uno  strascico  fatale  nelle  loro  con- 
seguenze: il  paese  era  interarhente  rovinato,  e  dopo  venti  anni  di  ammi- 
nistrazione bizantina  l'Africa  si  può  dire  fosse  diventata  una  grande  so- 
litudine, nella  quale  per  le  colpe  del  governo  di  Bisanzio  erano  periti,  si 
dice,  ben  cinque  milioni  d'uomini  (Gibbon,  tom.  Y,  capo  XLIII;  M or- 
ci er,  I,   175). 

§  115.  —  Non  occorre  dilungarsi  a  narrare  i  tediosi  particolari  delle 
vicende  politiche  della  regione:  monotona  ripetizione  di  quella  lugubre 
cronaca  di  misfatti  e  di  errori,  d'incapacità  politica  e  di  cieca  e  stolta 
passione  settaria  e  religiosa,  che  è  l'argomento  principale  e  l'episodio  im- 
mancabile della  cronistoria  bizantina.  Anche  in  Africa,  come  in  Asia,  si 
ebbero  gli  eterni  conflitti,  nazionalisti  e  religiosi,  tra  la  jirovincia  e  la  ca- 
pitale; ma  nell'Africa  bizantina,  o  Mauretania,  che  si  voglia  chiamare,  en- 
trava il  terzo  fattore  estraneo,  terribilmente  doloroso  :  la  nazione  berbera, 
la  popolazione  originaria  e  la  vera  padrona  del  paese,  per  la  quale  tutti. 
Romani,  Greci,  Bizantini,  Arabi  e  Turchi,  furono  sempre,  e  sono  oggi 
ancora,  intrusi,  tiranni  e  nemici. 

I  Berberi  furono  la  croce  dell'amministrazione  bizantina  in  Africa, 
come  gli  Avari,  gli  Slavi  e  gli  altri  Barbari  lo  furono  per  Bisanzio  nella 
penisola  Balcanica  ed  i  Persiani  in  Asia.  Perpetuamente  in  armi  contri) 
il  governo,  nulla  valse  a  tenerli  costantemente  in  soggezione:  le  più  feroci 
repressioni  non  riuscirono  mai  a  sedare  durevolmente  l'istinto  ribelle  della 
popolazione.  Si  può  dire  che  l'amministrazione  bizantina  in  Africa  ebbe  un 

527. 


sta  arabo-musul 
mana. 


§§  116,  iiii.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  solo  pensiero  di  resistere  ai  Berberi,  e  dinanzi  a  tanto  pericolo  ogni  altra 

[EGITTO-AFRICA.  ,  .  ^  ,       ,. 

Le  condizioni     eura  doveva  necessariamente  passare  in  seconda  linea, 
generali  dell 'A-  Slccome  questi  iiiedesinii  Berberi  avevano  dato  tanto  filo  da  torcere 

naie,  ed  II  princi-  pi'ima  ai  Cartaginesi,  poi  ai  Romani' ed  ai  Greci,  e  dovevano  darne  altret- 
pio della conqui-  tanto  anche  agli  Arabi,  è  necessario  fermarci  assai  brevemente  a  descri- 
verli, e  tale  obbligo  è  tanto  più  doveroso  per  noi  in  quanto  agli  Arabi  riuscì 
possibile  di  ottenere  sui  Berberi  un  dominio  quale  fu  negato  a  tutti  i  po- 
poli che  prima  di  loro  avevan  tentato  di  soggiogare  l'Africa  Settentrionale. 
§  116.  —  Popolo  singolare,  il  Berbero!  E  rimasto  lo  stosso  in  ogni 
tempo,  sotto  ogni  nuovo  padrone,  dal  1000  avanti  Cristo,  quando  invasero 
l'Egitto  Faraonico  e  si  batterono  con  i  Fenici,  sino  alla  conquista  fian- 
cese  nel  secolo  xix:  il  Marocco  odierno,  con  la  sua  anarchia  politica  è  la 
immagine  fedele  di  quello  che  è  sempre  stato  il  paese  berbero  ogniqual- 
volta una  forte  potenza  straniera  non  ha  saputo  imporre  a  quelle  popola- 
zioni il  rispetto  delle  leggi. 

Popolo  sovrattutto  nomade,  turbolentissimo,  insofferente  di  ogni  au- 
torità: «  genus  hominum  mobile,  infidum  »,  come  diceva  giustamente  Sal- 
lustio (Bell.  Jug.,  X,  1),  ribelle  ad  ogni  influenza  esterna,  tenacissima- 
mente conservatore  delle  sue  abitudini  barbariche  e  nomadi,  avverso  ad 
ogni  miglioramento  della  propria  condizione  morale,  popolo  quasi  senza 
religione,  senza  arte  e  senza  letteratura.  Tale  sua  avversione  alla  civiltà 
ed  al  progresso,  avversione  ingenita,  incorreggibile,  va,  strano  a  dirsi, 
unita  ad  una  vivace  intelligenza,  ad  una  singolare  forza  di  carattere,  e  ad 
una  capacità  di  resistenza  che  a  volte  appare  meravigliosa.  Il  suo  ideale  è 
sempre  stato  d'arricchirsi  e  di  godere,  raccogliendo  i  mezzi  per  tali  ambi- 
zioni, con  il  metodo  più  semplice  di  tutti,  togliendo  cioè  al  vicino  con  la 
violenza  e  con  l'inganno  tutto  ciò  che  gli  abbisognava.  Stoffa  meravigliosa 
di  soldato,  il  quale,  se  è  animato  da  un  sentimento  vivo,  si  acconcia  tem- 
poraneamente al  giogo  della  disciplina;  ma  avversario  com'è  ad  ogni  norma 
di  vita  civile,  laboriosa  e  feconda,  fii  sempre  e  rimane  ancora  oggi  il  più 
indomabile  ed  il  più  incomodo  dei  sudditi. 

Di  questa  popolazione  numerosissima,  che  si  estendeva  dai  confini 
dell'Egitto  sino  alle  rive  dell'Atlantico,  la  parte  più  ricca  ed  agiata  me- 
nava vita  nomade,  ossia  la  vita  più  comoda  e  confacente  ai  gusti  del 
berbero,  perchè  vivendo  principalmente  di  carne  e  di  latticini,  ambedue 
le  vivande  erano  a  sua  disposizione  senza  l'impiego  di  alcun  lavoro  ma- 
nuale umiliante  e  tedioso.  Bastava  avere  copiosissimi  armenti  e  disporre 
di  larghezza  di  pascoli,  perchè  il  proprietario  potesse  vivere  felicemente 
nell'agiatezza.  Il  solo  incomodo  o  pericolo  era  la  razzia  della  tribù  nomade 

528. 


21.  a.  H. 


§§  Ut;.  UT. 


mana. 


vicina,  ma  di  ciò  il  Berbero  non  si  dava  pensiero:  guerriero  per  istinto  e  21.  a.  H. 

^        T    •  n  •        ..    1  -1  •     .  n  •  [EGITTO-AFRICA. 

per  tradizione  millenaria,  tale  pencolo  porgeva  un  acre  interesse  alla  vita,  .  lq  condizioni 

rompendo  la  malinconia  dell'esistenza  pa.storale  con  l' incognita  pungente  generali  dei l'A- 

del  rischio  di  ogni  momento.  Perciò  il  Berbero,  nonché  preoccuparsi  della  naie,  ed  il  princi- 

propria  difesa,  viveva  soviattutto  con  l'animo  intento  a  nuove  avventure  pio  delia  conqui- 

,  .,       .    .  sta  arabo-musul- 

ed  a  rapinare  il  vicino. 

La  parte  più  povera  della  popolazione,  quella  nella  quale  abbondava 
anche  maggiormente  il  sangue  negro  sudanese,  non  avendo  i  mezzi  per 
vivere  signorilmente  con  la  pastorizia,  strappava  un  magrissimo  nutri- 
mento all'arida  terra  della  Mauretania  nelle  contrade  più  remote,  e  valendosi 
di  tutte  le  irregolarità  del  terreno  per  stabilire  la  propria  misera  dimora .  in 
luoghi  sicuri  da  improvvise  razzie.  Ancor  oggi  il  viaggiatore  nella  regione 
dell'Aures,  rimane  maravigliato  a  vedere  in  quali  siti  in  apparenza  impos- 
sibili si  annidano  i  villaggi  miserrimi  dei  coltivatori,  rifugi  tutti  d'estrema 
antichità,  e  che  nemmeno  oggi,  dopo  quasi  ottanta  anni  di  dominio  fran- 
cese, gli  abitanti  osano  abbandonare  per  altri  luoghi  meglio  adatti  alle 
occupazioni  pacifiche. 

§  117.  —  La  popolazione  nomade  dei  Berberi  è  però  quella  che  più 
attira  la  nostra  attenzione,  perchè  essa  più  assai  che  l'altra  foggiò  le  tristi 
e  sanguinarie  vicende  dell' Affica  Settentrionale  sotto  tutti  i  domini.  Essa 
ci  attrae  poi  in  particolar  modo  per  molti  punti  di  somiglianza  che  aveva 
nell'viii  secolo  dell'È.   V.  con  la  popolazione  nomade  degli  Arabi. 

Essi  non  avevano  alcuna  vera  costituzione  politica,  ma  si  reggevano 
con  il  vecchio  sistema  patriarcale  dei.  nomadi,  con  capi  indipendenti  per 
ogni  tribù  :  sistema  che  nell'unità  etnica  della  tribù  porge  un  sembiante 
d'ordine  sociale  e  sodisfa  largamente  all'esigenze  civili  d' una  popolazione 
che  ha  ben  pochi  bisogni  ;  ma  considerato  complessivamente,  nei  riguardi 
di  tutta  la  nazione,  questo  sistema  equivaleva  jilla  più  estesa  anarchia 
stataria.  A  volte,  è  vero,  alcune  tribù  vantanti  un'origine  comune,  si  col- 
legavano sotto  un  capo  più  intraprendente  e  ardito  degli  altri  e  sem- 
brava come  se  i  Berberi  si  accingessero  ad  uscire  dal  caos  primordiale, 
nel  quale  si  compiacevan  di  vivere;  ma  siffatta  tendenza  progressiva  il  più 
delle  volte  cessava  anche  prima  che  scomparisse,  per  morte  o  por  altra 
ragione,  colui  che  era  stato  temporaneamente  il  fattore  principale  della 
fortuita  unione. 

Lo  stato  normale,  dal  quale  i  Berberi  non  volevano  in  alcun  modo 
distaccarsi,  era  quello  nomade,  di  assoluta  indipendenza  da  qualsiasi  auto- 
rità, con  libertà  di  poter  considerare  ogni  vicino  come  un  nemico,  e  .se 
conveniva,  di  ucciderlo  o  di  predarlo. 

.529.  67 


«^  UT.  US. 


21.  a.  H. 


mana. 


21-  a.  H.  Tj'Arabo  in  questo  gli  somigliava  e,  come  lui  insofferente  di  ogni  do- 

lEGITTO-AFRICA.  ,.  j     ■    ^-     i.-     x        .    ì-  ■       j  •    ì.-  i,  a        i 

Le  condizioni  niuiio,  eia  pi'oclive  ad   istmti   brutali,  rapaci  ed  egoisti;  ma  1  Arabo  aveva 

generali  deiTA-  intelligenza  di  molto    superiore  ed  aveva    quella    qualità    preziosissima  di 

naie,  ed  il  princì-  «'ssere  facilmente  perfettibile  e  singolarmente  suscettibile  ad  adottare    ci- 

pio  della  conqui-  viltìi    straniere,    e    prenderne    il    meglio,   pur   conservando    una    indelebile 

sta  arabo-musul-  .  ..  ^-j.  i_  t^  n  •li- 

mi pronta  propria:  impronta  si  tenacemente  radicata  nella  psiche  da  im- 
porsi trionfante  su  tutte  le  razze  sottomesse  agli  Arabi,  come  lo  attesta 
il  trionfò  della  fede,  della  lingua,  delle  tradizioni,  della  scrittura  e  della 
coscienza  araba  su  tanta  cospicua  parte  del  mondo. 

§  118.  —  I  Berberi  non  ebbero  poesia:  nulla  crearono  che  sia  diven- 
tati) patrimonio  morale  dell'umanità,  ed  il  movimento  religioso  che  parti 
tre  volte  dalla  Mauretania,  quello  dei  Fàtimiti,  quello  degli  al-Mm'àbitim 
(Almoravidi)  e  quello  degli  al-Muwahhidùn  (Almohadi)  furono  deboli  imi- 
tazioni del  movimento  islamico  primitivo,  ebbero  sovrattutto  contenuto 
politico  e  gravitarono  fatalmente  verso  i  centri  più  civili,  il  primo  verso 
r  Egitto,  e  gli  altri  duo  verso  la  Spagna.  Ebbero  brevissima  durata  nella 
patria  d'origin(»  e  scomparvero  dall' Africa  senza  lasciarvi  traccia  di  bene. 

Per  quanto  gravi  e  numerosi  siano  i  difetti  e  le  incorreggibili  imper- 
fezioni della  razza  berbera,  pure  nei  suoi  stessi  difetti  rivela  una  forza  di 
carattere,  una  tenacia  morale,  e  l'impiego  di  tanta  intelligenza  nell'ab- 
bandonarsi  ai  propri  vizi,  che  nonostante  l'istintiva  ritrosia  ispirata  dalla 
sua  condotta,  lo  studio  delle  sue  vicende  s'impone  allo  storico.  Ultima- 
mente tale  studio  è  divenuto  piìi  attraente  per  i  risultati  dell'antropologia 
e  dell'archeologia  moderna,  che  indicano  i  Berberi  come  la  razza  primitiva 
dell'Egitto,  e  come  quella  che  ha  copiosamente  infuso  il  suo  sangue  nelle 
antichissime  popolazioni  dell'Europa  meridionale  e  dell'Egeo.  Per  noi  Ita- 
liani i  Berberi  hanno  un'importanza  tutta  speciale,  perchè  l'elemento  ber- 
berino  primitivo  predomina  ancor  oggi  negli  strati  inferiori  della  popola- 
zione calabrese  e  siciliana.  E  questo  sangue,  che  si  rivela  ancora  nel  colore 
e  nella  natura  dei  capelli,  costituisce  uno  degli  ostacoli  maggiori  alla  re- 
denzione morale  del  Mezzogiorno  italiano  :  ostacolo  che  le  nostre  leggi 
speciali  per  l'Italia  Meridionale  varranno  solo  in  parte  ad  abbattere. 

Tali  sono  dunque,  nelle  loro  grandi  linee,  le  caratteristiche  maggiori 
della  popolazione  berbera,  che  a  guisa  di  mare  in  perpetua  burrasca  cin- 
geva e  spesse  volte  minacciava  di  sommergere  la  popolazione  agricola  e 
cittadina  ricoverata  nei  centri  urbani  della  Mauretania,  minoranza  per  lo 
pili  di  origine  straniera,  miscuglio  indistinguibile  di  tutti  i  popoli  che 
hanno  tentato  di  dominare  e  colonizzare  l'Africa  dai  tempi  dei  Cartagi- 
nesi in  poi.  La  storia  della  Mauretania  si  può  quindi  riassumei'e  nella  lotta 

53<;). 


21.  a.  H. 


US,  U9. 


perpetua  tra  la  popolazione  sedentaria,  quasi  tutta  straniera,  e  quella  no-  21.  a.  h. 

^       ,       ^    ,,        .      ,.  •       u      1  T^  ■       ■         j-  .  •     j-  (EGITTO-AFRICA. 

macie  tutta  indigena,  ossia   berbera.  E  se  noi  ricordiamo  quanto    si    disse        .  Le  condiziom 

altrove  sull'inettezza  dell'amministrazione  bizantina,  non  occorre  un  grande        generali  deii'A- 

sforzo  dell'immaginazione  per  comprendere  quali  debbono  essere   state  le        naie.ed  il  princi- 

condizioni  reali  dell' Afi-ica  bizantina  e  della  Mauretania  alla  vigilia  della        pio  delia  conqul- 
.    .  ,  staarabo-musul- 

conquista  araba.  ^^^^j 

§  119.  —  Il  compito  di  tenere  a  fieno  i  Berberi  fu  superiore  ai  mezzi 
morali  e  materiali  dei  Bizantini,  impotenti  oramai  a  dominarli  con  le  sole 
armi,  perchè  l'impero  era  esausto  di  uomini  e  di  danaro.  In  tali  condizioni  ai 
dominatori  non  rimase  più  altro  che  l'ultima  risorsa  dei  popoli  deboli,  ossia 
le  transazioni  e  gii  accomodamenti,  onde  coloro  a  cui  spettò  di  reggere  le 
Provincie  afi-icane  cercarono  di  mantenersi,  venendo  a  patti  con  i  capi  dei 
Berberi:  si  cornippero  gli  uni  con  titoli  onorifici  e  compensi  pecuniari,  e  si 
cercò  di  metterli  su  contro  gli  altri,  affinchè  reciprocamente  si  equilibras- 
sero. Ma  tale  politica  umiliante  di  concessioni  non  fece  che  aggravare  le 
condizioni  di  prima,  perchè  da  essa  un'amministrazione  si  riscatta  soltanto 
con  l'impiego  di  uno  sforzo  assai  superiore  a  tutti  i  suoi  mezzi.  Siccome 
questo  era  impossibile,  tale  politica  sospinse  verso  una  china  che  terminò 
fatalmente  con  l'abisso. 

Difatti  i  Bizantini,  messi  sulla  via  delle  concessioni,  videro  decadere 
sempre  più  la  loro  autorità,  ed  alla  vigilia  delle  conquiste  arabe  si  trova- 
rono in  una  condizione  singolare  di  dipendenza  da  quegli  .stessi  che  essi 
nominalmente  affermavano  essere  sudditi  dell'  impero. 

Alla  fine  le  condizioni  generali  della  regione  divennero  insostenibili, 
perchè  l'impero  bizantino,  impegnato  in  mortale  conflitto  con  gli  Arabi, 
in  Sii'ia  prima  e  poi  in  Egitto,  subiva  da  per  tutto  disastrosi  rovesci.  È 
probabile  che  l'imperatore  Eraclio  si  rivolgesse  all'Afi'ica  per  avere  uomini 
e  danari,  ma  è  probabile  altresì  che  il  governatore  dell'Africa  nulla  avesse 
da  offirhgii,  perchè  la  sua  posizione  era  delle  più  precarie:  la  caduta  d'Ales. 
sandi'ia  fu  anche  per  l'Afiica  un  gravissimo  evento,  perchè  oramai  non 
esisteva  più  veruna  baiTiera  che  impedisse  agli  Arabi  di  gettarsi  sulla 
Mauretania  e  di  ripetere  in  essa  le  prode;«e  compiute  già  in  Sii'ia  ed  in 
Egitto. 

Ditàtti  gli  Arabi  non  perdettero  tempo  ad  avvalersi  del  trionfo  in 
Egitto,  e  poco  dopo  la  presa  di  Alessandria  si  slanciarono  verso  occidente 
sulla  Pentapolis.  o  Cu'enaica:  forse  il  loro  piano  era  di  razziare  ed  esplo- 
rare il  paese  in  previsione  di  nuove  conquiste,  o  per  premunirsi  da  sor- 
prese, ma  trovarono  sì  poca  resistenza,  che  sottomisero  addirittura  la  pro- 
vincia ed  imposero  un  tributo.  Dal  tenore  delle  tradizioni  pare  accertato 

531. 


ll!>-l->2. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO-AFRICA. 
•  Le  condizioni 
generali  dell'A- 
frica settentrio- 
nale, ed  il  princì- 
pio della  conqui- 
sta arabo-musul- 
mana.! 


elle  la.sc lasserò  una  guani i<;ioiu'.  ma  le  espressioni  singolari  di  una  tradi- 
zioni' di  al-Baladzuri  (efr.  §§  12'J-]30,  145)  lascian  la  convinzione  che  gli 
Arabi  si  contentassero  del  tributo,  esigendo  che  gli  abitanti  stessi  lo  por- 
tassero in  Egitto. 

11  carattere  dell'aggri'ssione  araba  verso  occidente  traluce  anche  dal 
tatto  che  l'avanzata  fu  fatta  a  gradi  successivi:  Barqaìi  nel  21.  II.,  Tripoli 
nel  23.  H.,  e  la   pi-ima  conquista  della   Tunisia  nel  25.-27.    II. 


EGITTO-AFRICA  SETTENTRIONALE.  —  Tradizioni  sulla  presa  di 
Barqah  (Pentapolis,  o  Cirenaica)  e  di  Zawilah. 

§  120.  —  il  Mailer  ritiene  che  la  prima  incursione  araba  in  Africa  Set- 
tentrionale e  la  presa  di  Barqah  debbano  essere  precedenti  alla  resa  di  Ales- 
sandria: egli  pone  questa,  interpretando  erroneamente  il  testo  di  Giovanni  di 
Niqyus,  nella  fine  del  643  dell' È.  V.  (fine  22.  H.),  mentre,  come  è  noto,  gli 
Arabi  entrarono  in  Alessandria  nel  21.  H.  Da  questa  (errata!)  cronologia  e 
dal  fatto  che  gli  Arabi  pongono  la  presa  di  Taràbulus  nel  22.  H.,  potrebbe 
essere,  dice  il  Miiller,  che  'Amr,  subito  dopo  la  resa  di  Alessandria,  si  sia 
avviato  su  Taràbulus,  o  forse  anche  in  questo  evento  v'è  errore  di  un  anno, 
un'anticipazione  (Miiller,  I,  568,  e  nota  3). 

Il  Butler  (pag.  427  e  segg.)  pone  la  spedizione  nella  Pentapolis  dopo 
l'occupazione  definitiva  di  Alessandria  avvenuta  alla  fine  della  tregua  degli 
undici  mesi,  ossia  dopo  il  settembre  642  È.  V.  {—  Sawwàl  21.  H.):  perciò, 
secondo  il  Butler,  la  spedizione  nella  Pentapolis  e  la  presa  di  Barqah  sa- 
rebbero avvenute  nell'inverno  642-643  È.  V.,  tra  la  fine  del  21.  e  il  prin- 
cipio del  22.  H.  —  Non  è  escluso  pex'ò  che  gli  Arabi  possano  essete  an- 
dati a  Barqah  prima  della  materiale  presa  di  possesso  di  Alessandria,  ossia 
durante  la  ti-egua  degli  undici  mesi.  Tale  supposizione  non  è  destituita  di 
fondamento  perchè  tutte  le  fonti  arabe  nel  discorrere  della  resa  di  Ales- 
sandria la  pongono  sempre  nel  20.  H.  :  esse  quindi  alludono  tutte  alla 
stipulazione  del  trattato  e  ignorano  la  tregua,  perchè  si  chiuse  in  modo 
pacifico  e  del  tutto  conforme  ai  patti.  Nel  porre  quindi  la  spedizione  di 
Barqah  dopo  la  resa  di  Alessandria  possono  intendere  dopo  la  stipulazione 
del  trattato  e  non  già  dopo  la  resa  materiale.  Nel  qual  caso  la  spedizione  a 
Barqah  si  sarebbe    svolta  durante  l'estate  del  21.  H.  e  non  nell'inverno. 

§  121.  —  (al-Kindi).  Dopo  la  presa  di  Alessandria  'Amr  b.  al-'As  si 
recò  ad  Antàbulus  (nel  ms.  Aftàbulusj,  ossia  Barqah,  e  la  sottomise  alla 
fine  dell'anno  21.  H.  (Kindi,  fol.  3,r.). 

§  122.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  21.  H.  Amr  b.  al-'As 
marciò  su  Antàbulus  (IkvxdroXic),  detta  anche  Barqah,  e  la  espugnò,  con- 


532. 


Zawilah.] 


21.    a.    H.  §§  122-121. 

(lucleudo  con  arli  abitanti  un  trattato,  nel  quale  essi  si  obbligavano  ad  un  ^^-  ^-  '^■ 

^  '  H  o  [EGITTO-AFRICA 

tributo  di  13,000  dinar,  con  il  permesso  di  vendere  quanti  loro  figli  vo-        settentrio- 
levano  per  completare  la  somma  (T  a  bari,  I,  2645,  lin.   10  e  segg.).  nale.  -  Tradi- 

^  _  zioni  sulla  presa 

Cfi-.  anche  Khond.,  I,  4,  pag.   18,  lin.   19  e  segg.;  Yàqut,   I,    574,        dì   Barqah  e  di 
lin.  5-6,  pone  la  presa  di  Barqah  nel  21.  H.  Altrettanto  fa  al-Khuwàrizmi 
(Baethgen.    111). 

§  123.  —  Bakr  b.  al-Haytjiam  chiese  ad  'Abdallah  b.  Sàlih  chi  erano 
gli  al-Barbar  (=  i  Berberi):  «Essi  credono»,  gli  rispose,  «d'essere  discen- 
«  denti  di  Barr  b.  Qay.s,  ma  Dio  non  ha  dato  a  Qays  alcun  figlio  per  nome 
«  Barr.  In  verità  essi  debbono  essere  (i  discendenti  da  quegli)  a  1  -  g  a  b  b  à- 
«rùn  (=  giganti  =  prepotenti:  i  Filistei)  che  si  batterono  contro  David,  e 
«  abitarono  un  tempo  la  Palestina:  ossia  la  gente  della  tenda  (ahi  amud 
<  —  gente  dei  pali  di  tenda),  che  poi  emigrò  nel  Maghrib,  ed  ivi  si  modificò 
«nelle  seguenti  generazioni»   (Balàdzuri,  225). 

§  124.  —  (ibn  Abd  al-hakam,  senza  isnàd).  I  Berberi  (al-Barbar j 
abitavano  un  tempo  la  Palestina,  ed  il  loro  capo  (mala")  era  Gràlùd  (il 
gigante  Goliaj  :  quando  David  lo  uccise,  i  Berberi  emigrarono  verso  occi- 
dente, finché  giunseiT)  a  Labiyah  (Libia)  e  Maraqiyah,  due  paesi  (kùra- 
t  à  n)  deir  Egitto  occidentale,  irrigati  soltanto  da  acqua  piovana  e  non  dal 
Nilo.  In  questo  luogo  essi  si  dispersero.  Gli  Zanàtah  ed  i  Maghilah  si  spin- 
sero verso  il  Maghrib  (occidente  =  Marocco  odierno)  e  fissarono  la  loro 
stanza  nei  monti  (la  catena  dell' Atlas).  I  Luwàtah  si  stabilirono  nell'Ard 
Antàbulus  (=  Pentapolis),  ossia  Barqah,  e  si  dispersero  in  questa  parte 
dell'occidente,  moltiplicandosi  poi  in  tal  modo  da  estendersi  fino  ad  al-Siis. 
I  Hawàrah  si  stabilhono  nella  città  di  Banali  Labdah  (?  nel  ms.  b-n-fi 
1-b-d-h  =  Leptis  Magna):  i  Nafusah  nella  città  di  Sabrah  (Sabratha),  donde 
migrarono  i  Rum:  ma  (vi)  rimasero  gli  Afariq  (gli  AMcani).  Ed  (i  Berberi) 
divennero  i  servi  dei  Greci,  conquistatori  del  paese,  pagando  un  tributo 
fissato  da  trattato  (su Ih). 

Amr  b.  al-'As  entrò  ora  nel  paese  con  la  sua  cavalleria  e  giunse  a 
Barqah,  con  gli  abitanti  della  quale  concluse  un  trattato;  essi  si  obbliga- 
rono a  pagare  una  gizyah  di  13,000  dinar  (all'anno),  con  la  facoltà  di 
vendere  quanti  volevano  dei  loro  figli  per  pagare  la  tassa (')  ('Abd  al-ha- 
kam, 232j.  —  Cfr.  Khaldùn  Berbers,  I,  301-302;  Suyùti  Husn,  I, 
68;    Hubays,  fol.   106, r.;  Fournel,  I,  pag.    17. 

Nota  1.  —  Le  condizioni  della  vendita,  dei  figli  non  sono  chiare  :  i  Berberi  non  avevano  da  chie- 
dere agli  Arabi  veruna  licenza  per  vendere  i  figli:  purché  pagassero  il  tributo  ai  Musulmani,  poco  im- 
portava se  i  Berberi  vendessero  o  no  i  loro  figli-  Nessuno  di  essi  era  musulmano,  e  la  legge  islamica  vieta 
soltanto  che  un  musulmano  venda  i  suoi  figli.  Il  patto  dei  Berberi  si  potrebbe  intendere  come  un  di- 
ritto di  consegnare,  invece  di  danaro  contante,  giovani  schiavi  d'ambo  i  sessi  per  un  valore  fisso  pre- 

533. 


§5 1-24-129.  21.  a.  H. 


21.  a.   H.  stabilito.    Questa    specie    ili    tributo    in    natura  era,  vedeninio  (§   l(l!M,  pattuito  con  i  Nubiani.  Ancbe  in 

[EGITTO-AFRICA       .Vnnenia   alcune   regioni   erano   obbligate   alla   consegna  annuale  di  un  numero  prestabilito  di  giovani 
SETTENTRIO-       d'arabo  i  sessi  aventi  certe  qualità  fisiche  ben  definite. 

.    .  ■  ,",     "^^  '"  8  125.  —  (Miih.   b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  ISuiahbil  b.  abì  'Awn,  da 

zioni  sulla  presa  o  •  \  ■  >  i       '  > 

di  Barqah  e  di      Abdallah  b.  Hubayrali).  Quando    Amr  b.  al-'As  ebbe  espugnata  Alessan- 
^*"  ^  ■  dria,  si  avanzò  con  il  suo  esercito  dirigendosi  verso  il    Maghrib  e  giunse 

alla  città  di  Barqah,  detta  anche  Antabulus  (==  Pentapolis)('):  con  gli  abi- 
tanti stipulò  un  trattato,  secondo  il  quale  essi  dovevano  pagar  la  gi- 
zyah,  che  ammontò  a  13,000  dìnàr,  con  il  permesso  di  vendere  quanti 
volevano  dei  loro  figli  (Balàdzuri,  224). 

Nota  1.  —  Forse  i  Copti  convertiti  all'Islam  credettero  che  il  t  pe  »  di  Pentapoli  tosse  l'arti- 
colo copto,  e  che  perciò  il  nome  del  luogo  tasse  Antapolis  (J.  Horovitz]. 

§  126.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah).  Antàbulus  fti  sottomessa 
con  un  trattato  stipulato  da  'Amr  b.  al-'As  (*)   ('Abd   al-hakam,  232). 

Nota  1.  —  A  conferma  di  ciò  adducesi  anche  la  seguente  tradizione:  j'Abil  al-malik  b.  Maslamali, 
da  ibn  Lahi'ali,  da  Zayd  b.  'Abdallah  al-Hadrami '.  Quando  ibn  Dayàs  assunse  il  governo  di  Antàbulus, 
gli  fu  mostrato  il  trattato  scritto  stipulato  dagli  abitanti  icon  'Amr  b.  al-'As)  l'A  bd  al-hakam,  23'2\. 

§  127.  —  (Bakr  b.  al-Haytham,  da  Abdallah  b.  Sàlih,  da  Suhayl  b. 
Hubayrah).  Amr  b.  al-'As  fece  un  trattato  con  gli  abitanti  di  Antàbulus 
(=  Barqah),  che  giace  tì'a  l'Egitto  e  l'Ifrìqiyah,  dopo  aver  assediato  un 
tempo  la  città:  gli  abitanti  si  obbligavano  al  pagamento  della  gizyah 
e  potevano  vendere  quanti  volevano  dei  loro  figli  per  pagare  la  gizyah; 
e  scrisse  loro  un  documento  di  questo  tenore  (Balàdzuri,   224). 

§  128.  —  Secondo  al-Ya'qùbi,  nel  21.  H.  Amr  b.  al-'As  conquistò 
Barqah  e  fece  pace  con  gli  abitanti  con  il  patto  che  avessero  a  pagare 
13,000  dìnàr,  e  potessero  vendere  quanti  volevano  dei  loro  figli  per  il 
pagamento  della  gizyah,  in  questo  anno.  Poi  sottomise  Atràbulus  Ifi;-!- 
qiyah  e  chiese  al  Califfo  di  proseguh-e  le  sue  conquiste  verso  occidente, 
ma  'Umar  gli  rispose  che  il  paese  era  troppo  remoto  e  finché  egli  viveva 
non  avrebbe  permesso  altre  spedizioni.  Fu  mandato  però  Busr  b.  ahi  Ar- 
tà'ah  a  trattare  con  gli  abitanti  di  Waddàn  e  di  Fazzàn  (M  (Ya'qùbi, 
II.   179).  —  Cfi-.  Fournel,  I,  pag.   17-18. 

Nota  1.  —  Sono  due  regioni  al  sud  di  Tripoli  che  serbano  ancora  oggi  lo  stesso  nome. 

Secondo  al-Bakri,  Waddàn  è  una  città  dell' Ifriqiyah  a  dieci  giorni  di  cammino  da  Zawilah,  mu- 
nita di  una  fortezza.  II  cammino  da  Tripoli  a  Waddàn  richiede  sei  giorni  (Yàq  ut,  IV,  911,  lin.  8  e  segg.;. 
Il  Fazzàn  è  una  provincia  (wilàyah)  vastissima  che  si  estende  dal  Fayyum  sino  a  Taràbulus  al-Gharb, 
e  la  sua  capitale  ha  nome  Zawilah  al-Sudàn.  E  popolata  da  una  gente  in  maggioranza  negri,  ed  è  ricca 
di  palme  e  di  datteri  (Yàq  ut.  III.  890,  Hn.  1(5  e  segg.l 

§  129.  —  (Muh.  b.  Sa'd,  da  al-Wàqidi,  da  Maslamah  b.  Sa'id,  da 
Ishàq  b.  Abdallah  b.  abi  Farwah).  Gli  abitanti  di  Barqah  mandarono  di 
poi  il  loro  tributo  (kharàg)  con  grande  regolarità  al  governatore  d'Egitto, 
senza  che  mai  alcuno  dovesse  recarsi  da  loro  per  sollecitarne  il  pagamento 

584. 


21.  a.  H. 


§§  129-132. 


(hàtht_h   aw    mustah  athth).    Gli  abitanti   erano  la  e-ente  più  generosa  21.  a.  H. 

/'lì  1  \     j    1    UT       i_    -1,"  •     •  ,  ,••■.,,  [EGITTO-AFRICA 

(akhsab)  del  Maghrib,  e  mai  m  essa  penetrarono  le  passioni  della  guerra        settentrio- 

civile  (fitnali)O   (Balàdzuri,  224).  nale.  -  Tradi- 

zioni sulla  presa 
Notai.  —  La  tranquillità  di    Barqali  era   cosi    beu  nota   che,    secondo   al-Wàqidi,    Abdallah    b.        .  di    Barqah    e   di 
'Arar  b    al-'As  soleva  dire:   «  Se  i  miei  beni  (mali)  non  fossero  nel  Higàz,  io  mi  stabilirei  in   Barqah,  Zawilah.l 

•  perchè  non  conosco  una  dimora  più  pacifica,  e  non  me  ne  anderei  più  via»   (Balàdzuri,  224). 

§  130.  —  ("Uthmàn  b.  Salili,  ed  altri).  Nessun  esattore  delle  tasse 
(gàbi  kharàg)  si  presentava  mai  in  quei  tempi  in  Barqah,  perchè  gli 
abitanti  alle  relative  scadenze  mandavano  regolarmente  la  gizyah  (al 
governatore  d'Egitto)  ('Abd  al-hakam,  232). 

§  131.  —  (Bakr  b.  al-Haytbam,  da  'Abdallah  b.  Salili,  da  Mu'àwiyah 
h.  Salili).  'Amr  b.  al-'As  scrisse  al  Califfo  'Umar  informandolo  d'aver  no- 
minato 'Uqbah  b.  Nàfi'  al-Filiri  governatore  del  Maghrib.  e  che  questi  si 
era  spinto  innanzi  fino  a  Zawilah:  tutti  gli  abitanti  tra  Barqah  e  Zawilah 
avevano  stipulato  una  bella  pace,  secondo  la  quale  i  Musulmani  della  re- 
gione pagavano  la  s  a  d  a  q  a  h  .  ed  i  m  u  '  a  h  i  d  (=  i  non  musulmani  inclusi 
nel  patto)  la  gizyah:  egli  aveva  imposto  alla  gente  di  Zawilah  ed  a 
cbloro  che  vivevano  tra  l'Egitto  e  Zawilah  un  tributo  in  proporzione  dei 
loro  mezzi,  ed  aveva  dato  ordine  ai  suoi  luogotenenti  di  riscuotere  la  §  a  - 
d  a  q  a  h  dai  ricchi,  e  di  versarla  tutta  a  beneficio  dei  poveri  ('),  ma  di  rac- 
cogliere la  g i z y a h  dalla  gente  della  dzimmah  e  di  mandargliela  in 
Egitto:  dalle  terre  dei  Musulmani  riscoteva  il  decimo,  e  dalla  gente  del 
trattato  (ahi  al-sulh)  il  loro  tributo  pattuito  (su Ih)  (Balàdzuri, 
224-225). 

Cfi'.  'Abd  al-hakam  232  [da  Utliiiiàn  b.  Salili),  ha  le  ste.s.se  notizie, 
ma  assai  più  succinte. 

Cfi-.  anche  'Adzàri,  1,2;  Khaldun  Ber  hors,  I,  302;  Fournel, 
I.  pag.   17-18. 

Nota  1.  —  Questa  norma,  che  rappresenta  la  condizione  ideale  dello  Stato  musulmano,  è  stata 
t'ovse  applicata  qualche  volta  ai  tempi  del  Profeta  in  Madiuah,  ma  poi  è  rimasta  come  un  pio  desiderio 
<iei  teorici  dell'Islam.  Nel  caso  presente  la  condizione  enunciata  è  un  indizio  che  il  documento  qui  citato 
non  è  tutto  autentico. 

§  132.  —  fabù  Ubajd  al-Qàsim  b.  Sallàm,  da  'Abdallah  b.  Salili,  da 
al-Layth  b.  Sa'd,  da  Yazid  b.  abi  Habìb).  'Amr  b.  al-'As  scrisse  un  docu- 
mento per  la  gente  di  Luwàtah  dei  Berberi  di  Barqah:  «  A  voi  è  imposta 
«  e  a  1  a  y  k  u  m)  la  vendita  dei  vostri  figli  e  delle  vostre  donne  per  ii  paga- 

*  mento  della  vostra  gizyah»   (Balàdzuri,  225). 

Abd  al-hakam,  232,  ha  la  medesima  tradizione  con  il  medesimo 
isnàd,  soltanto  a  lui  essa  è  venuta  da  al-Layt]i  b.  Sa'd  per  il  solito  tra- 
mite di  'Abd  al-malik  b.  Maslamah. 

536. 


§§  1JW.137.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  g   133,  —  L.a  presa  di  Barqah  per  opera    di   'Arar  b.  al-'As  avveimo 

SETTENTRio-     '^'l'^   ^ì"^'  dell'anno  21.  H.  e  con  il  pagamento  di   13,000   dinar    (Mahà- 
NALE.   -   Tradì-     sin,    I,   84,   lin.   7-8). 

di° Barqah Td^  §  134.  —  (Presa     di    Zawilah)  (cft-.  §  126  e  nota  1).  (al-Wàqidi, 

zawMah.i  senza    isnild).   Nell'anno  21.  H.   'Amr  b.  al-'5s,  governatore  dell'Egitto, 

mandò  'Uqbah  b.  Nàti'  al-Fihri  ad  estendere  le  conquiste  verso  occidente, 
ed  'Uqbah  sottomise  Zawilah  con  un  trattato  regolare,  e  tutto  il  resto  del 
paese  ti-a  Zawilah  e  Barqah  riconobbe  il  dominio  musulmano  (T  a  bari, 
I,  2646,  lin.  5  e  segg.). 

Cfr.  Athir,  III,  15,  il  quale  aggiunge  clie  secondo  alcuni  ciò  avvenne 
già  nel  20.  H. 

§  135.  —  (Eutichio).  (Dopo  la  presa  di  Alessandria)  'Amr  b.  al-'As 
mandò  'L'qbah  b.  Nàti'  contro  Zawilah;  e  tutta  la  regione  che  giace  tra 
Barqah  e  Zawilah  divenne  proprietà  dei  Musulmani.  Nessuno  entrava  in 
Barqah  in  quei  giorni  per  riscotere  la  gizyah,  perchè  quando  giungeva 
la  scadenza  gli  abitanti  stessi  provvedevano  a  mandare  l'importo  dell 
tasse  (Eutychius,  ed.  Cheikho,  TI,  pag.  26). 

EGITTO-ARABIA.  —  Importazione  in  Arabia  dei  generi  raccolti  in 
Egitto  e  scavo  del  grande  canale. 

§  136.  —  (abù  Ayjiib  al-Raqqi,  da  Abd  al-ghaffàr,  da  ibn  Lahì'ah, 
da  Yazìd  b.  abì  Habìb).  In  questo  anno  (21.  H.)  il  Califfo  'limar  scrisse 
ad  'Amr  b.  al-'5s  (governatore  d'Egitto),  esponendogli  le  strettezze  nelle 
quali  si  trovavano  gli  abitanti  in  Madinah  ed  ordinandogli  perciò  di 
mandare  per  mare  quelle  vettovaglie  (ta'àm)  che  egli  riscote  va  come 
pagamento  del  kharàg  (fì-1-kharàg).  'Amr  mandò  i  viveri  ed  anche  una 
quantità  d'olio,  e  quando  il  carico  fii  sbarcato  in  al-Gràr,  fu  preso  da  Sa'd, 
e  portato  via  da  al-Gài-  a  Madinah  e  depositato  in  una  casa,  'limar  ne 
curò  di  poi  la  divisione  con  ima  misura  (mikyàl)  fissa.  Durante  la  prima 
guerra  civile  (dopo  la  morte  di  'Uthmàn,  nel  35.  H.)  l'importazione  dei 
viveri  dall'Egitto  a  Madinah  cessò,  ma  poi  fu  ripresa  sotto  il  Califfato  di 
Mu'àwiyah  e  di  Yazìd  (41.-64.  H.).  Rimase  di  nuovo  interrotta  durante  le 
seguenti  guerre  civili,  ma  ristabilita  infine  dal  Califfo  'Abd  al-malik  (dopo 
il  73.  H.):  da  quel  tempo  fino  all'avvento  degli  'Abbàsidi,  ed  anche  dopo 
non  cessò  più  il  regolare  invio  di  viveri  dall'Egitto  a  Madinah  (Balà- 
dz.uri,  216). 

§  137.  —  Il  canale  riattivato  da  Amr,  e  detto  comunemente  ora  ca- 
nale di  Traiano,  partiva  anticamente  dal  Nilo  in  un  punto  un  poco  al 
nord  di  Babilonia,  toccava  Heliopolis,  e  per  il  Wàdi  Tumilat,  ed  al-Qan- 

536.. 


21.  a.  H. 


§§  137,  138. 


tarah  dei  giorni  nostri,  sboccava  in  al-Qulzum  (cfi*.  Qua  treni  ère,  Mém. 
Géogr.,  voi.  I,  176  e  segg.)  nel  Mar  Rosso.  Scavato  in  grande  parte  ai 
tempi  dei  Faraoni,  forse  da  Necho,  fu  riattivato  in  parte  da  Tolomeo  Phi- 
ladelphus  II,  ma  sotto  i  Romani  fu  lasciato  cadere  in  abbandono  e  rimase 
otturato  in  alcuni  punti  dalle  sabbie  del  deserto  che  traversa.  Il  canale, 
quando  fu  scavato,  ebbe  scopi  puramente  commerciali  e  non  servi  ad  usi 
irrigui:  finché  grandi  furono  gl'interessi  che  Io  volevano  tenere  aperto, 
gli  abitanti  ebbero  cura  di  mantenerlo  :  quando  decadde  il  commercio, 
anche  il  canale  fu  trascurato  e  si  chiuse.  Il  canale  faceva  parte  di  tutta 
quella  politica  commerciale  e  militare  dei  padroni  dell'Egitto,  che  mirava 
a  dominare  il  Mar  Rosso  e  ad  attirare  direttamente  sino  in  Egitto  tutto 
il  commercio  asiatico,  che  un  tempo  era  in  mano  degli  Arabi  del  Yaman. 
Il  fatto  che  'Amr  appena  arrivato  in  Egitto  pensasse  a  rimetterlo  in  fun- 
zione, nonché  la  rapidità  con  la  qv\ale  gli  Arabi  —  in  meno  di  un  anno 
—  lo  riattivarono,  danno  luogo  a  supporre,  che  gli  Arabi  facessero  lo  scavo 
con  mano  d'opera  obbligatoria,  come  si  usa  in  Egitto  da  tempo  immemo- 
rabile, e  che  il  canale  non  fosse  completamente  otturato,  ma  ancora  libero 
in  lungo  tratto  del  suo  corso. 

Sulla  storia  precedente  del  canale  di  comunicazione  tra  il  Nilo  ed  il 
Mar  Rosso,  si  può  leggere  quanto  è  scritto  iiiMannert,  Geographie  der 
Griechen  und  Romer,  voi.  X,  I,  pag.  503  e  segg.;  Gahr,  Commento  ad 
Erodoto,  11,  158;  Letronne,  nella  Revue  des  Deux  Mondes,  voi  XXVII, 
pag.  215;  Weil,  I,  120-122  e  nota  1,  della  pag.  121;  Langl|es,  in  Xo- 
tices  et  Extraits,  voi.  VI,  pag.  341;  abù  Sàlih,  pag.  172-173;  Butler, 
345-348). 

§  138.  —  ('Abdallah  b.  Salili,  da  al-Layth  b.  Sa'd).  Durante  il  Calif- 
fato di  'Umar  b.  al-Khattàb,  nell'anno  detto  san  ah  al-ramàdah(*),  gli 
abitanti  di  Madinah  fiuono  colpiti  da  una  terribile  carestia,  per  cui  il  Ca- 
liffo scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  in  Egitto  ordinandogli  di  mandare  provviste, 
perché  l'Egitto  di  tutte  le  province  era  quella  che  si  prestava  meglio  a 
porgere  i  soccorsi.  'Amr  ne  mandò  tanti,  che  quando  il  primo  camelo  ca- 
rico di  provviste  giungeva  in  Madinah,  Tultirao  lasciava  allora  l'Egitto. 
Il  Califfo  ordinò  allora  ad  'Abd  al-rahmàn  b.  'Awf,  ad  al-Zubayr  b.  al- 
'Awwàm  e  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  di  far  la  distribuzione,  ed  ogni  famiglia 
di  Madinah  e  dei  dintorni  ebbe  un  camelo  con  tutto  il  suo  carico  di  prov. 
viste.  'Umar  fu  tanto  soddisfatto  di  questo,  che  chiamò  'Amr  b.  al-'As  a 
Madinah,  e  nel  proporre  che  l'invio  di  provviste  fosse  annuale  e  costante, 
suggerì  di  scavare  un  canale  (kh  a  1  i  g),  che  unendo  il  Nilo  al  Mar  Rosso, 
avrebbe  permesso  di  trasportare  le  vettovaglie  nel  Higàz  per  via  di  mare 


21.  a.  H. 
[EGITTO-ARABIA. 
-Importazione  in 
Arabia  dei  generi 
raccolti  in  Egitto, 
e  scavo  del  gran- 
de canale.] 


537. 


68 


i;»8,  i:ìO. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO-ARABIA. 
-  Importazione  in 
Arabia  dei  generi 
raccolti  in  Egitto, 
e  scavo  del  gran- 
de canale.] 


maggiore. 


'Amr  ritornò  in  Egitto  con  tali  istruzioni  e 


con  economia  assai 
si  consultò  con  i  suoi  colleglli.  Questi  però  si  spaventarono  all'idea,  cre- 
dendo che  avrebbe  rovinato  l'Egitto  tentare  una  simile  impresa.  'Umar 
insistette  però  nel  suo  disegno,  ed  ordinò  anzi  che  il  lavoro  venisse  ter- 
minato in  quell'anno  medesimo.  'Amr  obbedì,  e  difatti  in  quell'anno  stesso 
fu  terminato  lo  scavo  del  canale  Khalìg  Amir  al-Mu"minìn,  per  il 
quale  l'acqua  del  Nilo  arrivava  ad  al-Qulzum,  e  le  navi  seguendo  il  canale 
cominciarono  a  portare  le  provviste  nel  Higàz.  Il  canale  rimase  in  uso  fino 
ai  tempi  di  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz,  dopo  il  quale  i  governatori  dell'Egitto  lo 
fecero  cadere  in  abbandono  ed  una  parte  si  riempì  di  sabbia.  Allora  la  sua 
estremità  giungeva  allo  Dzanab  al-Timsàh  (=  la  coda  del  coccodrillo),  dalla 
parte  di  Tahà  al-Qulzum  (Abd  al-liakam,  222-224). 
Cfr.  Suyùti   Husn,  I,  73,  lin.   13;  74,  lin.  9. 

Nota  1.  —  Sull'errore  di  confondere  l'anno  della  moria  (18.  a..  H.i  con  il  primo  in  cui  'Amr  b. 
al-'As  mandò  provviste  in  Egitto,  ossia  il  21.  H.  abbiamo  già  parlato  (cfr.  18.  a.  H.,  §  6),  e  narrando 
della  carestia  abbiamo  data  la  versione  di  altre  tradizioni  sul  primo  invio  di  vettovaglie  dall'Egitto  in 
Arabia  (cfr.  18.  a.  H.,  §§  11,  12,  20,  ecc.).  Ricordiamoci  che  'Amr  b.  al-'Às  parti  per  l'Egitto  dopo  che 
la  carestia  e  la  peste  erano  terminate. 

§  139.  —  (al-Maqrizi).  (Il  Khalig  al-Qàhirah).  Questo  canale,  che 
si  trova  fuori  di  al-Qàliirah,  dalla  sua  parte  occidentale,  tra  essa  ed  al- 
Maqs,  era  conosciuto  nei  primi  tempi  dell"  Islam  con  il  nome  di  Khalig 
Amir  al-Mu-minin,  ed  ai  tempi  di  al-Maqrizi  con  quello  di  al-Khalìg  al- 
Hàkimi  e  di  Khalig  al-Lu*lu'ah.  Il  canale  era  antichissimo,  essendo  stato 
scavato  da  "Tùtis  b.  Màliyà,  ossia  uno  dei  re  d'  Egitto  che  abitarono  Memfi, 
contemporaneo  di  Abramo  il  profeta,  quando  questi  venne  in  Egitto.  Da 
lui  anzi  si  prese  la  moglie  Sarah,  dandole  per  schiava  Hàgar  la  madre  di 
Ismà'il.  Quando  Hàgar  fu  cacciata  da  Abramo  nel  deserto  a  Makkah  in- 
sieme con  suo  figlio,  essa  mandò  a  informare  Tùtis  del  luogo  sterile  ed 
inospite  dove  si  trovava,  e  lo  invitò  a  mandarle  soccorsi.  Il  re  egiziano 
ordinò  allora  di  scavare  il  canale,  per  mezzo  del  quale,  su  navi,  potè 
mandare  a  Hàgar  cereali  ed  altre  vettovaglie,  che  furono  sbarcate  in 
Gruddah.  In  questo  modo  fu  risuscitato  il  Higàz.  Di  poi  Andarùmàniis, 
conosciuto  anche  con  il  nome  di  Yulij^à  (Giulio  Cesare?),  uno  dei  re  degli 
al-Rùm  dopo  al-Iskandar  b.  Filibbus  al-Mahdùbi,  riscavò  questo  canale, 
lungo  il  quale  tornarono  a  navigare  le  navi  più  di  quattrocento  anni  prima 
della  missione  profetica  di  Maometto. 

'Amr  b.  al-'As,  quando  ebbe  conquistato  1'  Egitto  riaprì  il  canale,  ter- 
minandone lo  scavo  in  soli  sei  mesi,  e  le  navi  tornarono  a  portare  per  via 
di  esso  le  vettovaglie  nel  Higàz.  Allora  fu  chiamato  Khalig  Amir  al-Mu- 
minin,  ossia  di  'Umar  b.  al-Khattàb,  perchè  egli  appunto  consigliò  di  farne 


638. 


21.  a.  H. 


139-141. 


lo  scavo.  Le  navi  non  cessarono  dal  percorrere  questo  canale  da  Fustàt  Misr 
sino  ad  al-Qulzum,  città  che  sorgeva  sullo  sbocco  marittimo  del  canale,  sulla 
riva  del  mare  al-Bahr  al-Sarqi,  in  un  luogo  conosciuto  ai  tempi  di  al-Maqrizi 
con  il  nome  di  al-Suwis  (=  Suez).  Le  acque  del  Nilo  non  cessarono  dal  ver- 
sarsi nel  mare  presso  al-Qulzum  sino  ai  tempi  del  Califfo  abù  Ga'far  al-Man- 
sùr,  il  quale  nell'anno  105  (sic,  correggi  150)  della  Higrah  ordinò  di  chiu- 
derlo (Maqrizi  Khitat,  I,  pag.   71,  lin.  26-37;  Maqrìzi  Eg.,  I,  202). 

§  140.  —  Secondo  un'altra  tradizione  (da  ibn  Wahb,  da  ibn  Lahi'ah, 
da  Muhammad  b.  'Abd  al-rahmàn,  da  'Urwah  b.  al-Zubaj'r)  non  è  specifi- 
cato Tanno  in  cui  'Amr  b.  al-'As»  mandò  nel  Higàz  le  provviste,  ma  si 
narra  che  'Amr,  facendo  visita  a  Madìnah  e  vedendo  le  strettezze  degli 
abitanti,  offiisse  di  mandare  viveri  dall'  Egitto  in  un  modo  che  egli  sapeva 
essere  stato  usato  prima  dell'  Isiàm,  vale  a  dire  per  mare  ;  questo  mezzo 
era  ora  abbandonato  durante  la  conquista  ed  egli  offi'ì  di  riaprire  il  ca- 
nale al-Khalìg.  Gli  Egiziani  si  allarmarono  però  dalla  proposta,  perchè 
temettero  che  tale  esportazione  avrebbe  prodotto  una  carestia  nel  paese; 
ma  'limar  per  calmarli  promise  che  si  sarebbe  esportato  soltanto  quello 
che  serviva  per  il  sostentamento  degli  abitanti  di  Makkah  e  di  Madìnah  (^) 
('Abd  al-hakam,  224-225). 

Cfi'.  S  u  y  ù  t  i    H  u  s  n  ,  I,   74. 

Nota  1. —  Un'altra  tradizione  da  Sutyàn  b.  'Uj'aynah,  da  ibn  abi  Nagihi  atìerma  che  dopo  il  primo 
invio  di  provviste  a  Madinah  un  copto  insegnasse  ad  'Amr  b.  al-'As  il  luogo  dove  passava  l'antico  ca- 
nale e  gli  suggerisse  di  farlo  scavare.  Volle  però  come  compenso  l'esenzione  dalla  g  i  z  y  a  h  per  sé  e  per 
la  sua  famiglia  ('Abd  al-hakam.  226).  —  Cfr.  Suyuti    Husn,  I,  74. 

EGITTO-ARABIA.  —  Punizione  d'un  agitatore  religioso. 

§  141.  —  ('Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  b.  Sa'd,  da  Nàfi'  mawla 
di  'Umar).  Un  certo  Dubay'  al-'Iràqi  cominciò  a  girare  per  le  guarnigioni 
musulmane,  ponendo  delle  questioni  (non  ortodosse)  sul  Qm-àn.  Venne 
anche  in  Egitto,  ed  'Amr  b.  al-'As  lo  fece  arrestare  e  mandare  a  Madinah. 
dove  il  Califfo  'Umar  gì'  inflisse  una  solenne  e  crudele  battitura  con  verghe. 
Quando  le  piaghe  sul  dorso  erano  sanate,  il  Califfo  ordinava  che  gli  ve- 
nisse applicata  una  nuova  battitura  e  così  di  seguito  varie  volte,  finché 
l'uomo  pregò  il  Califfo  di  ucciderlo  addirittura  invece  d'infliggergli  tanti 
tormenti.  Allora  'Umar  lo  rimandò  al  suo  paese,  ma  diede  ordini  severi 
ad  abù  Musa  al-As'ari  di  sorvegliarlo  sempre  e  di  non  permettere  ad  al- 
cuno di  avvicinarglisi.  Alfine  però  Dubay'  al-'Iràqi  diede  prove  di  con- 
dotta tanto  regolare,  che  il  Califfo  per  intercessione  di  abù  Musa  gli  tolse 
il  divieto  ('Abd   al-hakam,  229-230). 

Cfr.  Suyuti   Husn,  II,  2. 


21.  a.  H. 
[EGITTO-ARABIA. 
-Importazione  in 
Arabia  del  generi 
raccolti  in  Egitto, 
e  scavo  del  gran- 
de canale.] 


63<>. 


§  j4'J.  Al .   3..   ri. 

21.  a.  H.  §  142.  —  Sebbene  pxirtroppo  il  nostro  testo  non  dica  con  precisione 

(EGITTO-ARABIA.       .  ,  .    ,  i,  •        ,         -  .  -x      j    ir        -x    x 

-  Punizione  di  '"  ^^^^'^  ^^^^  consistesse  1  eresia  tanto  severamente  punita  dell  agitatore  re- 
un  agitatore  re-  ligioso,  la  tradizione  ha  per  noi  molto  rilievo,  e  pur  facendo  riserve  su 
qualche  particolare,  ne  possiamo  trarre  varie  conclusioni  di  non  poco  mo- 
mento, se  abbiamo  presenti  i  fatti  delle  annate  posteriori.  Per  coininciare 
non  si  tratta  di  un  ^■ero  arabo,  ma  di  un  iraqense,  ed  in  Dubay'  al-'Iràqi 
incontriamo  il  primo,  nella  storia  dell'Isiàm,  che  abbia  la  nisba  h  al- 
'Iràqi,  ossia  da  una  regione  non  araba,  e  senza  alcuna  designazione  di 
tribù,  come  era  la  consuetudine  presso  tutti  gli  altri  contemporanei  arabi. 
Egli  era  perciò  un  convertito  all'  Isiàm*  non  legato  ad  alcuna  tribù.  Ecco 
dunque  il  primo  indizio  palpabile  di  un  fatto  nuovo,  di  quanto  abbiamo 
tante  volte  sostenuto  in  questi  Annali,  che  cioè  l'agitazione  veramente 
religiosa  traesse  il  suo  più  forte  alimento  dalle  condizioni  d'animo  delle 
popolazioni  non  arabe  sottomesse  durante  le  conquiste.  Grli  Arabi  emigrati  si 
mossero  poi  anch'essi,  ma  fu  per  riflesso,  e  per  effetto  del  nuovo  ambiente, 
vivamente  infatuato  di  problemi  religiosi,  in  mezzo  al  quale  gli  Arabi  si 
trovarono  immersi,  e  dal  quale,  in  un  certo  modo,  contrassero  il  contagio. 

In  secondo  luogo  vorrei  far  notare  come  la  menzione  di  questo  non 
arabo,  propagandista  indipendente  del  Qur-àn,  e  propugnatore  di  alcune 
sue  personali  interpretazioni  del  testo  sacro,  sia  una  prova  come  la  fede 
islamica  —  forse  appunto  perchè  i  creatori  di  essa  non  se  ne  davano 
grande  pensiero  —  colpisse  già  favorevolmente  l' immaginazione  delle  na- 
zioni non  arabe  e  le  commovesse  al  punto  di  agire  con  la  passione  di 
proselitismo,  prevenendo  anche  nelle  mire  e  nel  pensiero  coloro  stessi  che 
erano  i  depositari  del  nuovo  verbo.  Dunque,  a  dispetto  degli  Arabi,  anzi 
contrastato  crudelmente  da  essi,  erasi  iniziato  un  movimento  di  conver- 
sione e  di  propaganda,  che  sotto  'Uthmàn»  doveva  poi  prendere  propor- 
zioni perigliose,  mutare  parzialmente  d' indirizzo  e  con  i  suoi  effetti  indi- 
retti menare  dritto  ad  una  dolorosa  tragedia  e  poi  alla  guerra  civile. 

In  terzo  luogo  ha  un  certo  rilievo  il  fatto  come  questo  agitatore,  seb- 
bene di  origine  iraqense,  abbia  compiuto  o  tentato  in  Egitto  un'opera  spe- 
ciale di  propaganda  e  di  agitazione  :  un  altro  agitatore,  di  cui  parleremo 
narrando  il  califfato  di  'Utjimàn,  operò  pui"e  in  Egitto  e  vi  trovò  —  si  dice  — 
terreno  fecondo  e  propizio.  Dall'  Egitto  partì  la  schiera  più  temibile  dei  rivol- 
tosi che  mandò  a  morte  il  Califfo  'Uthmàn.  L'  Egitto  dunque  era  considerato 
terreno  favorevole  ad  agitazioni  di  simil  genere  :  sicuramente  retaggio  delle 
passioni  religiose  dell'ultimo  peiiodo  bizantino. 

In  questa  circostanza,  come  in  altre  che  avremo  a  narrare  sotto  il 
califfato  di  'Uthmàn,  risulta  che  l'Arabia  si  considerasse  come  luogo  sicuro 

540. 


21.  a.  H. 


§§  142,   143. 


per  relegare  agitatori  molesti  di  ogni  genere.  Ciò  vuol  dii'e  che  l'Arabia 
non  si  prestava  a  cotali  agitazioni  di  carattere  religioso  complesso,  appunto 
per  l'areligiosità  dei  suoi  abitanti.  Non  v'era  timore  che  il  contagio  ere- 
tico si  propagasse  tra  popolazioni  che  di  questioni  religiose  sì  poco  si  davan 
pensiero. 

In  fine  ci  dobbiamo  domandare  :  qual  può  esser  stato  il  contenuto 
delle  dottrine  di  questo  Dubay'  al-'Iràqi?  Su  di  esso  è  impossibile  espri- 
mersi, per  difetto  assoluto  d' informazioni  e  d' indizi  ;  ma  l' indirizzo  gene- 
rale della  sua  propaganda  pare  non  fosse  contrario  all'Islam:  dal  tenore 
della  tradizione  potremmo  arguire  che  fosse  anzi  favorevole  al  testo  sacro, 
ma  ne  facesse  a  modo  suo  la  propaganda,  in  modo  cioè  contrario  ai  desi- 
deri dei  nuovi  padi'oni  dell'Asia.  Orbene,  data  la  generale  condizione  po- 
litica dell'  impero,  e  le  istituzioni  finanziarie  del  Califfo  'Umar  tendenti  a 
creare  una  casta  privilegiata  dei  conquistatori,  non  è  improbabile  che  l'agi- 
tatore iraqense  rivolgesse  la  sua  attività'  riformatrice  non  già  tra  gli  Arabi 
conquistatori,  ma  nel  popolo  non  arabo,  e  cercasse  di  indurlo  ad  abbracciare 
r  Isiàm,  spiegando  il  Qur'àn  a  modo  suo  come  vangelo  di  eguaglianza 
umana,  e  perciò  venisse  in  conflitto  con  le  autorità  islamiche,  che  vede- 
vano con  sospetti  ed  avversione  la  trasformazione  dei  sudditi  paganti  im- 
poste, in  correligionari  aspiranti  ad  eguale  trattamento  ed  agli  identici 
privilegi.  L' Islam  per  i  primi  musulmani  fu,  non  già  una  bandiera  reli- 
giosa, ma  una  condizione  politica  di  privilegio,  un'insegna  di  dominio: 
ei'a  intollerabile  il  pensiero  che  questa  stessa  fede  potesse  servire  ai  sudditi 
vinti  per  uguagliarsi  ai  padi'oni.  Il  peso  di  queste  considerazioni  e  la  proba- 
bilità che  esse  si  possano  riferire  al  contenuto  della  propaganda  di  Duba}' 
è  reso  maggiore  dal  fatto,  che  in  Iraq  ed  in  Egitto  le  conversioni  all'Isiàm 
furono  sin  dai  primordi  più  numerose  che  nelle  altre  parti  dell'  impero. 


21.  a.  H. 

[EGITTO-ARABIA 
-  Punizione  di 
un  agitatore  re- 
ligioso.) 


EGITTO.  —  La  fondazione  dì  al-Fustàt. 

§  143.  —  al-Fustàt  è  la  terza,  in  ordine  di  tempo,  delle  grandi  città, 
<i  meglio  campi  militari  (al-amsàr),  fondati  dai  conquistatori  musulmani 
nella  rapidissima  espansione  militare  dello  Stato  di  Madinah:  delle  altre 
due  abbiamo  già  discorso  a  lungo,  e  rilevammo  le  condizioni  speciali*  nelle 
quali  ebbero  prmcipio  al-Basrah  (cfi-.  16.  a.  H.,  §§  238  e  segg.)  ed  al-Eùfah 
(cfi-.  17.  a.  H.,  §§  1  e  segg.).  Le  lunghe  dilucidazioni  che  dovemmo  pre- 
mettere alle  tradizioni  riguardanti  la  fondazione  delle  due  città  furono  ri- 
chieste dalla  necessità  di  dimostrare  come  fossero  speciali  e  diverse  le  ragioni 
))er  le  quali  ognuna  iniziò  la  sua  esistenza.  Delle  ragioni  locali,  morali,  geo- 
grafiche e  commerciali,  per  le  quali  esse  ebbero  sì  immediata  e  rigogliosa 


611. 


5§  143,  144.  21.  a.  H. 

21-  a.  H.  vita  I^^,l^  occorre  ripotere  resposizioiu'  anche  sommaria.  Ci  basti  dire  che. 

dazione  di  ai-Fu-  fatta  astrazione  dello  cause  per  le  quali  al-Basrah  ed  al-Kùfah  sorsero  in 
•tati  quel  modo  speciale  e  in  quei  luoghi    speciali    piuttosto  che   altrove  ed  in 

altro  modo,  rimane  quale  fatto  comune  e  generalo  la  necessità  sentita 
dagli  Arabi  di  costituire  nei  paesi  conquistati  un  centro  amministrativo, 
un  quartier  generale,  una  specie  di  guarnigione  centrale,  posta  in  un  campo 
armato,  e  separata  dal  resto  dei  centri  abitati  della  regione. 

Noi  già  osservammo  in  altro  pas.so  precedente  (cfi-.  17.  a.  H.,  §§  120-121) 
come  gli  Arabi  fondassero  molti  campi  fortificati  per  le  loro  genti  armate 
in  terra  straniera,  e  come  al-Basrah  ed  al-Kùfah  siano  soltanto  i  due  che 
hanno  avuto  maggiore  fortuna  degli  altri:  perciò  con  il  tempo  esse  di- 
vennero grandi  e  famose  città,  mentre  gli  altri  campi,  in  ispecie  quelli 
della  Siria  (distinti  più  particolarmente  con  il  nome  di  agnàd,  mentre 
al-Basrah,  al-Kùfah  e  al-Fustàt  furono  chiamate  amsàr)  siano  scomparsi 
senza  lasciare  traccia  di  sé,  perchè  topograficamente  avevano  posizione 
meno  felice  e  non  corrispondevano  ad  un  bisogno  vero  e  sentito  delli- 
popolazioni.  In  Siria  il  primo  campo  di  al-Gràbiyah  ebbe  vita  brevissima: 
il  numero  degli  Arabi  nomadi  immigrati  in  Siria  fu  inferiore  assai  a  quello 
immigrato  in  Babilonide,  ed  i  Yamaniti,  che  in  prevalenza  erano  venuti 
in  Siria,  apj)artenevano  a  tribù  più  civilizzate  e  progredite  delle  altre. 
I  nuovi  venuti  si  sentirono  più  sollecitamente  a  loro  agio  nei  graijdi  centri 
urbani  della  Siria,  e  la  loro  trasformazione  in  cittadini  tranquilli  ed  amanti 
dell'ordine  fu  facilitata  ed  incoraggiata  dal  grande  numero  degli  Arabi  già 
immigrati  prima  dell'  Islam  e  parzialmente  addomesticati  dall'amministra- 
zione bizantina.  In  Siria  i  campi  militari  separati  ebbero  brevissima  esi- 
stenza e  gii  accorti  governatori  umayyadi,  forse  edotti  da  quanto  accadeva 
nella  turbolenta  al-Kùfah,  saggiamente  curarono  la  traslazione  dei  campi 
armati  entro  alcune  città  della  Siria,  in  Damasco,  in  Hims,  in  Qinnasrin 
e  via  discorrendo  (eli'.   16.  a.  H.,  §  307). 

Con  questo  sistema  li  Umayyadi  senza  compromettere  l'arabicità  delle 
loro  genti,  evitavano  che  si  formassero  centri  speciali  d'agglomerazione  di 
elementi  turbolenti  del  deserto,  e  addomesticavano  quelli  più  molesti  e  peri- 
colosi, annegandoli  in  mezzo  alla  popolazione  •arabica  che,  già  da  tempo 
in  Siria,  si  era  ammansita  ed  era  diventata  più  rispettosa  dell'ordine  e 
delle  esigenze  della  vita  civile.  Il  contegno  dei  Siri  nelle  guerre  civili, 
che  speriamo  fra  breve  di  narrare,  prova  quanto  fosse  saggia  in  ciò  la 
politica  di  Mii'àwiyah  e  dei  suoi  successori. 

§  144.  —  In  Egitto,  nella  fondazione  di  al-Fustàt,  agirono  le  stesse 
cause  generali  che  portarono   alla    fondazione  di  al-Basrah  e  di  al-Kùfah, 

542. 


21.  a.  H.  §  144. 

e  le  condizioni  locali  che  cooperarono  ad  essa  richiamano  in  parte  quelle  21.  a.  H. 

1   11       1  •+*%    1     1-1       •    1  i  ^  [EGITTO..  La  fon- 

delle  due  città  babiloniche.  dazione  di  «1- 

II  concetto  di  'Ami-  e  dei  suoi  fu,  come  nel  caso  delle  due  predette  Fustat.] 
città,  semplicemente  di  stabilire  un  campo  armato  separato  e  distinto,  in 
cui  tenere  raccolti  il  quartier  ^-enerale  e  la  guarnigione,  o  almeno  la  parte 
principale  della  guarnigione  araba,  a  tutela  della  nuova  conquista.  Ciò 
spiega  anche  la  ragione  per  la  quale  'Amr  ed  i  suoi  scegliessero  il  sito  di 
al-Fustàt,  al  nord  di  Babilonia,  avendo  dall'esperienza  della  precedente 
campagna  imparato  a  conoscere  l' importanza  strategica  del  luogo  dove 
sorgeva  la  fortezza  di  Babilonia. 

E  vero  che  'Amr  un  tempo  vagheggiò  l'idea  di  stabilirsi  in  Ales- 
sandria (cfr.  §§  162,  158),  sedotto  dalla  magnificenza  della  città  e  dalla 
sua  grande  ricchezza  :  cosi  pure  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  aveva  un  tempo  fissato 
la  sua  dimora  in  al-Madà'iii  dopo  la  vittoria  di  al-Qàdisiyyah  (cfr.  17.  a.  H., 
§  4),  ma  poi  per  ordine  avuto  dal  Califfo  si  ritirò  ad  al-Kùfah  sul  limitare 
del  deserto.  Qualche  cosa  di  simile  sembra  sia  avvenuto  in  Egitto;  le  dif- 
fidenze di  Umar  e  le  ragioni  strategiche  e  politiche  prevalsero  alfine  su 
quelle  commerciali  e  voluttuarie  che  in  principio  avevano  ispfrato  Amr 
nel  dare  la  preferenza  ad  Alessandria. 

La  pianura  al  nord  di  Babilonia  aveva  per  gii  Arabi  tali  vantaggi, 
che  la  scelta  non  poteva  essere  più  felice,  e  la  lunga  e  gloriosa  storia  di 
al-Fustàt,  diventata  poi  l'odierna  Cairo,  la  maggiore,  la  più  prospera  e  la 
più  progredita  delle  città  dell'  Isiàm,  è  l'eloquente  conferma  dell'avvedu- 
tezza dei  primi  fondatori  di  al-Fustàt.  In  principio  fu  un  semplice  campo 
militare,  un  attendamento  dei  militi  arabi,  anzi  quello  stesso  che  gli  Arabi 
avevano  formato  durante  il  tedioso  assedio  di  Babilonia.  Il  sito  comuni- 
cava da  una  parte  direttamente  con  gli  spazi  liberi  del  deserto  che  sten- 
desi  sino  all'Arabia,  e  dall'altra  toccava  al  fiume,  all'arteria  principale 
dell'  Egitto  precisamente  nel  punto  in  cui  esso  si  dirama  nel  Delta,  e 
quindi  dominava  questo  interamente  e  ne  diventava  il  centro  morale,  po- 
litico e  militare.  Perciò,  rovinato  il  commercio  d'esportazione  d'Alessandria, 
al-Fustàt  divenne  anche  il  centro  a  cui  affluivano  i  generi  dell'  Egitto 
prima  di  essere  spediti  in  Arabia  ed  in  Siria. 

Non  v'  è  quindi  da  maravigliarsi  se  il  campo  di  tende  tale  rimanesse 
sinché  gli  abitanti  conservarono  gli  usi  del  deserto,  ma  come  poi  rapida- 
mente si  trasformasse  in  città  appena  gì'  invasori  si  furono  adattati  a  vita 
più  civile,  e  come  infine  sia  diventata  la  capitale  dell'Egitto  musulmana. 
Potrebbe  invece  essere  motivo  di  meraviglia,  perchè  mai  simdi  ragioni  non 
prevalessero  sui  destini  dell'Egitto  nei  millenni  che  precedettero   la   con- 

543. 


§^  HI.  Ito 


21.  a.  H. 


21-  «•  H.  quista   miisulniana,  e  perchè   presso   Babilonia   non  sorgesse   in  antico  la 

dazion»  di  al-  capitale:  si  osservi  nondimeno  che  le  stesse  ragioni  operarono  anche  nel- 
Fu«tàt.]  l'Evo  antico,  ed  a  queste  dovette  la  sua  origine  la  città    di  Memfi,  vici- 

nissima ad  al-Fustàt,  sulla  riva  occidentale  del  Nilo,  e  che  l'esistenza  di  Tebe 
e  di  Alessandria  come  capitali  dell'Egitto  furono  dovute  a  causa  di  natm-a 
temporanea,  sulle  quali  non  è  qui  il  luogo  di  discutere.  Intanto  rilevei-emo 
che,  appena  queste  cause  eccezionali  cessarono  d'agire,  prevalsero  di  nuovo 
le  più  antiche,  vere  e  naturali,  e  sorse  al-Fustàt  non  lontano  da  dove  per 
lunghissimi  secoli  era  esistita  la  città  di  Memfi,  ossia  la  città  di  maggiore 
estensione  dell'Evo  antico,  eccettuata  forse  la  sola  Babilonia  sull' Eufi-ate. 

§  145.  —  Non  possiamo  esimerci  dall'aggiungere  alcune  note  sul  nome 
di  al-Fustàt,  che  gli  Arabi  spiegano,  more  solito,  a  modo  loro,  come  diremo 
tra  breve.  Intanto  a  schiarimento  di  quanto  segue  diamo  la  versione  del 
testo  di  Yàqut,  che  si  trattiene  con  maggiore  am^^iezza  sull'argomento  e 
ci  porge  indizi  preziosi. 

Gli  Arabi,  egli  dice,  hanno  sei  modi  di  pronunziare  al-Fustàt,  ossia 
oltre  il  termine  consueto  al-Fustàt,  anche  Fistàt,  o  Fussàt,  o  Fissàt,  o 
Fustàt,  o  Fastàt.  Al  plurale  il  nome  sarebbe  Fasàtit,  e,  secondo  al-Farrà- 
nei  suoi  N  a  w  à  d  i  r ,  bisognerebbe  che  vi  fosse  anche  la  forma  Fasàtit,  ma 
egli  non  aveva  mai  udito  cotale  forma  Fasàsit.  Il  significato  del  nome  (di 
ahFustàt)  è  il  fustàt  di  'Amr  b.  al-'As,  ossia  una  tenda  fatta  di  cuoio  o 
di  lana.  Secondo  l'autore  dell'  a  1  -  '  A  y  n ,  al-Fustàt  è  una  specie  di  costru-. 
zione  (darb  min  al-abniyah),  ed  anche  significa  luogo  di  riunione 
(mugtami)  della  gente  del  contado  intorno  alla  moschea,  per  cui  i  com- 
ponenti della  riunione  sono  detti  ahi  a  1  -  f  u  s  t  a  t  ossia  la  gente  della  riu- 
nione. Nel  hadìth  la  parola  al-fustàt  è  usata  anche  per  significare  la 
città  in  cui  si  raccoglie  la  gente:  ogni  città  è  un  fustàt  (Yàqùt,  III, 
896,  lin.  14  e  segg.)  ('). 

Analoghe  informazioni  ci  porge  il  Tàg  al-'Arùs  (V.  pag.  198-199) 
aggiungendo  che  si  trova  anche  l'espressione  Fustàt  al-Basrah;  il  passo  di 
al-Maqrizi  Khitat  (I,  296,  lin.  27  e  segg.)  non  agggiunge  altro  lume. 

Il  nome  non  ha  struttura  né  radice  schiettamente  araba,  e  le  indica- 
zioni apparenti  sono  tutte  in  favore  d'un'origine  non  araba.  Anzi  le  varie 
forme  che  Yàqut  attribuisce  ad  esso,  fanno  pensare  immediatamente,  come 
ha  già  rilevato  il  Butler  (pag.  339-340),  al  termine  militare  'fóaaatov  usato 
dai  Bizantini  e  che  viene  dall'antico  termine  militare  fossatum,  o  trincea, 
con  cui  i  Romani  cingevano  i  loro  campi  militari. 

La  supposizione  del  Butler  si  trova  confermata  dai  papiri.  Infatti  in 
un  papiro  greco-arabo  del  90.  H.  (cfr.  Becker,  ZA.,  1907,  pag.  91,  93-94), 

544. 


21.    a.    H.  §§  145,  146. 


ed  in  un  altro  simile  del  91,  H.  (clfr.  Papyri    Scliott-E  einhardt ,  I,  21.  a.  H. 

pag.  90),  noi  abbiamo    Bàb    al^Yun  = '^óaaaTov  =  al-Fustàt.  Ciò  fa  supporre        dazione  di  al- 
che il  nome    yóaaatov   jjreesistesse  alla   fondazione    di   al-Fustàt  e  che  gli        Fustàt.] 
Arabi  possano  avere  occupato  un  campo  militare  che  esisteva  prima  della 
loro  venuta,  conservandone  l'appellativo. 

Nota  1.  —  [H.  Lammens].  Per  la  formazione  filologica  di  ^soaaTsv,  fustàt  cfr.  anche  liss   (bri- 
gante» da  y.T.GTT.::  in  arabo  si  trova  anche  la  forma  list,  con  il  plurale  lussut. 
In  alcune  tradizioni  anche  il  campo  di  al-Gàbiyah  è  chiamato  fustàt. 

§  146.  —  Sulla  fondazione  di  al-Fustàt  esiste  un  lungo  articolo,  fi-utto 
di  accurati  studi  e  di  una  conoscenza;  intelligente  dei  luoghi,  pubblicato 
nel  Journal  R.  Asiatic  Society  of  Great  Britain  (1907,  pag.  49-83;  dal 
Gruest,  il  quale  ha  aggiunto  anche  una  carta  topografica  dei  luoghi,  da 
noi  riprodotta  con  qualche  leggera  modificazione  nel  testo  di  questo  vo- 
lume degli  Annali.  Un  esame  dell'articolo  varrà  a  chiarii*e  vari  punti  di 
rilievo  per  il  nostro  argomento. 

Il  Guest  si  dà  molta  pena  a  stabilhe  la  data  precisa  della  fonda- 
zione di  al-Fustàt,  passando  in  rivista  le  varie  versioni  che  ricoiTono  nelle 
nostre  fonti,  ed  incontrando  non  poche  difllcoltà  a  conciliare  le  varie  con- 
tradizioni cronologiche.  Tali  contradizioni  sono  inevitabili  in  opere  orien- 
tali, se  si  vogliono  interpretare  certe  espressioni  dei  testi  con  soverchia 
minuzia.  Infatti  la  maggior  parte  delle  notizie  pone  la  fondazione  di  al- 
Fustàt  dopo  la  presa  di  Alessandria,  e  precisamente  nell'anno  21.  H.  Or- 
bene Alessandria  fu  occupata  dagli  Arabi  nello  Sawwàl  del  21.  H.  (=  set- 
tembre 642  deU'È.  V.:  cfi-.  20.  a.  H.,  §  168),  e  dopo  questo  fatto  riman- 
gono soli  74  giorni  sino  alla  fine  dell'anno.  In  detto  intervallo  di  tempo  molto 
ristretto  non  è  possibile,  dice  il  Guest,  che  si  siano  svolte  tutte  le  circo- 
stanze narrate  da  alcune  fonti  :  la  dimora  di  'Ami-  in  Alessandria,  l'ordine 
mandato  dal  Califfo  da  Madinah  perchè  la  sede  del  governo  fosse  in  luogo 
più  vicino  all'Arabia,  e  di  più  facile  accesso,  perchè  Alessandria  nei  mesi 
dell'  inondazione  era  tagliata  fuori  dalle  dirette  comunicazioni  con  il  con- 
tinente asiatico:  ed  infine  l'operazione  materiale  di  trasferii'si  da  Ales- 
sandria ad  al-Fustàt.  Se  si  ammettono  tutte  queste  circostanze,  la  fonda- 
zione di  al-Fustàt  andrebbe  necessariamente  a  cadere  nel  22.  H.  e  non 
nel  21.  H. 

Il  Guest  stesso  ha  nondimeno  intuito  correttamente  la  verità  rinun- 
ziando a  cercare  notizie  troppo  precise  nei  testi  dei  cronisti  :  le  difiìcoltà 
cronologiche  si  risolvono  in  modo  piano,  ammettendo  —  il  che  è  confer- 
mato anche  da  altri  indizi  —  che  i  cronisti  abbiano  confuso  la  stipula- 
zione del  trattato  di  resa  con  la  resa  materiale  della  città  di  Alessandria 

515.  69 


Mli.   I  IT. 


21.  a.  H. 


Fustàt.j 


21.  a.  H.  midici    iiu'si   dopo.   Se   U-  nostre  fonti   hanno  avuto  in  mente  solo   il  primo 

dazione  di  al-  '^'tto.  iillora  ne  vorrebbe  di  conseguenza  che  al-Pustat  t'osse  fondata  nel 
■2\.  11.  <liiiaiitt'  gli  undici  mesi  di  tregua  che  separarono  la  stipulazione 
del   trattato  dalla   lesa  definitiva. 

V  è  anclu'  da  considerare  come  le  stesse  fonti  sembrano  porgere  la 
spiegazione  risolutiva  di  queste  piccole  difficoltà:  infatti  la  leggenda  che 
Anir  b.  al-'A.s,  per  lispettai'c  il  nido  della  colomba  sulla  propria  tenda 
non  la  tacesse  smontare  e  la  lasciasse  in  piedi  durante  tutta  la  sua  as- 
senza per  l'assedio  di  Alessandria,  non  è  in  realtà  altro  che  una  memoria 
come  l'accampamento  di  al-Fustàt  dinanzi  alle  mura  di  Babilonia  non  sia 
jiiai  cessato  desistere  dal  giorno  in  cui  gli  Arabi  incominciarono  l'assedio 
della  vecchia  fortezza  bizantina.  E  questa  è  la  soluzione  più  naturale.  Nel 
campo  di  Babilonia  dovettero  di  necessità  rimanere  alcune  schiere  per 
custodire  le  conquiste  fatte  e  per  assicurare  le  comunicazioni  tra  l'esei- 
cito  assediante  Alessandria  e  l'Arabia.  La  vera  fondazione  di  al-Fustàt  va 
messa  quindi  alla  metà  dell'anno  19.  TT.,  quando  ivi  piantarono  le  tende 
gli  Arabi  assedianti  Babilonia:  la  fondazione,  alla  quale  alludono  i  cro- 
nisti arabi,  fu  più  un  atto  morale  che  materiale,  in  quanto  deve  signifi- 
care che  nel  21.  H.  il  governo  arabo  dichiarò  che  il  campo  di  al-Fustàt 
era  la  sede  del  governo,  ed  un  attendamento  in  apparenza  provvisorio  di- 
venne una  dimora  stabile  e  ufficiale  della  suprema  autorità  nel  paese. 
Considerata  in  questo  modo  e  semplificata  in  ordine  ai  fatti  realmente 
avvenuti,  risulta  evidente  che  si  può  benissimo  accettare  la  data  del  "21.  H. 
come  quella  del  riconoscimento  di  al-Fustàt  qual  sede  ufficiale  del  governo: 
lidotta  a  tali  minimi  termini,  non  v'è  più  nemmeno  difficoltà  di  porre  il 
fatto  negli  ultimi  giorni  dell'anno  21.   If. 

§  147.  —  Lo  studio  del  Guest  solleva  anche  altre  questioni  impor- 
tanti :  il  modo  cioè  come  fu  fondata  al-Fustàt.  Le  notizie  più  particolareg- 
giate dimostrano  che  in  queste  «  fondazioni  »  di  città  vigesse  una  specie 
di  diritto  del  deserto,  inquantochè  si  considerava  come  proprietà  pex'sonale 
dell'occupante  quell'appezzamento  di  terra  sul  quale  il  milite  o  meglio 
tutta  la  tribù  cui  egli  apparteneva,  aveva  piantato  la  tenda.  Tale  proprietà 
era  valida  solo  fin  tanto  che  il  suolo  era  tenuto  dalla  tribù  che  vi  aveva 
fissata  la  sua  stanza.  Nessuno,  nemmeno  il  comandante  generale,  aveva  l'au- 
torità di  rimuovere  dal  suo  posto  chi  vi  si  era  insediato.  L'episodio  di  Qay- 
sabah  b.  Kulthùm  (cfr.  Maqrìzi  Khitat,  II,  246=  §  179)  ne  è  la  prova. 
Tale  constatazione  di  fatto  vale  anche  a  spiegare  la  leggenda  della  tenda 
di  Amr,  rimasta  piantata  sul  luogo  durante  la  spedizione  di  Alessandria: 
non  si  trattava  di  rispettare  il  nido  di  una  colomba,  ma  di  mantenere  al 

546. 


21.  a.  H. 


117.  148. 


luogotenente  generale  del  Calitfo  il  diritto  di  occupare  una  determinata 
area,  (^iiitto  che  sarebbe  decaduto,  se  egli  avesse  tolto  la  tenda. 

or  incidenti  inoltre  dell'occupazione  di  al-Grìzah  (§  161)  stanno  a  diuic- 
.strare  come  il  luogotenente  generale  non  avesse  alcuna  autorità  di  costrin- 
gere le  tribù  a  stabilirsi  in  un  luogo  piuttosto  che  un  altro,  e  come  le  tribù 
nel  fissare  lo  loro  stanze  agissero  con  criteri  perfettamente  indipendenti,  onde, 
una  volta  stabiliti  in  un  luogo,  preferissero  non  più  muoversi.  Anche  altri 
particolari  sulla  topografia  di  al-Fustàt,  contenuti  nei  paragrafi  seguenti, 
sono  la  manifesta  dimostrazione  che  la  sistemazione  topografica  .delle  tribù 
intorno  alla  tenda  del  comandante  generale  avvenisse  in  modo  assai  arbi- 
trario, senza  che  le  tribù  fossero  in  verun  modo  dùcette  o  disciplinate  da 
una  autorità  superiore.  Tutto  si  svolgeva  come  sarebbe  avvenuto  in  un 
attendamento  del  deserto,  dove  il  suolo  è  di  nessuno,  e  il  pieno  ed  incon- 
trastabile diritto  d'uso  senza  limite  di  tempo,  al  primo  che  lo  copre  con 
la  sua  tenda  ed  i  suoi  bagagli.  È  da  escludersi  quindi  che  'Amr  avesse 
mai  in  mente  di  disporre  in  modo  razionale  ed  organico,  secondo  i  propri 
criteri,  la  distribuzione  delle  tribù:  anche  se  l'avesse  voluto,  non  l'avrebbe 
potuto  mettere  in  atto. 

Il  suolo  di  al-Fustàt  limase  distribuito  fia  le  tribù  nel  modo  come 
fortuitamente  risultò  assegnato  quando  gli  Arabi  vi  piantarono  le  tende 
per  iniziare  l'assedio  di  Babilonia,  ignari  che  quell'attendamento  provvi- 
sorio doveva  tramutarsi  in  definitivo  e  perpetuo.  Varie  volte  è  detto  nelle, 
tradizioni  che  la  casa  del  tal  dei  tali  sorgeva  là  dove  aveva  piantato  la 
sua  tenda  durante  l'assedio  di  Babilonia.  Questo  fii  il  caso  per  il  generale 
'Amr  b.  al-'As,  per  Qaysabah,  per  i  quartieri  di  al-Qabad,  di  Ràsidah,  dei 
Riyàh.  dei  Wà'il,  degli  al-FàrisÌ3'yùn,  e  degli  Ahi  al-Ràyah.  La  memoria 
dell'  intervento  di  Amr  b.  al-'As  nelle  assegnazioni  delle  aree  tra  gli  oc- 
cupanti, riferiscesi  sempre  a  (fasi  in  cui  v'erano  contestazioni,  ed  in  cui  il 
luogotenente  generale  assumeva  le  sue  funzioni,  riconosciute  concordemente 
da  tutti,  di  paciere  e  di  giudice. 

§  148.  —  Gli  appezzamenti  di  terreno  occupati  dalle  tende,  durante 
l'assedio  ed  anche  posteriormente,  hanno  il  nome  generico  di  khittah  nei 
nostri  testi,  e  i  dizionari  ci  avvertono  che  la  radice  verbale  kh  a  1 1  a  ha  si- 
gnificato di  «  tracciare  i  limiti  di  un  ten-eno  sino  ad  allora  non  occupato 
«  e  prenderne  possesso  »  :  specie  di  tèiisvoc-  In  questo  termine  noi  dobbiamo 
però  rintracciare  anche  un'altra  reminiscenza  del  deserto,  perchè  è  usato 
soltanto  rispetto  alla  fondazione  di  al-Basrah,  di  al-Kùfali  e  di  al-Fustàt, 
ossia  di  quelle  città  create  dall'agglomeramento  fortuito  di  tribù  nomadi  nei 
primissimi  tempi  dell'Islam.  Una  moschea  detta  khitti  significa  che  sor- 


21.  a.  H. 
EGITTO.- La  fon- 
dazione di    al- 
Fustàt.l 


.547. 


§  MS. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 


geva  là  (love  eia  stata  tracciata  la  prima  volta  al  momento  della  fondazione, 
dazione  di  "al-  ^''"■1  tardi,  quando  mutarono  lo  condizioni  generali  della  società  islamica, 
Fustàt.]  scomparve  l'uso  di,  questo  termine  desertico,  e  gli  Arabi  inciviliti  adottarono 

il  termine  occidentale  di  i  u  b'  o  quartieri  per  designare  le  varie  parti  della 
città,  tanto  antiche  che  nuove.  1  geografi  arabi  posterioi-i  notaroncj  (con- 
frontisi I  s  t  a  kh  r  i ,  pag.  49)  come  al-Basrah,  al-Krifah  ed  al-Fustàt  aves- 
sero la  singolare  divisione  in  khittah  (al  plurale  khitat)  e  tutte  le  altre 
città  in  rub',  ma  non  ne  seppero  dare  la  spiegazione. 

Con  il  nome  di  khittah  si  definiva  non  solo  il  suolo  occupato  da 
una  stirpe,  ma  anche  tutte  le  suddivisioni  minori  dello  stesso  suolo  fra  le 
tribù  facenti  parte  della  stirpe  e  persino  tra  le  famiglie  e  gl'individui. 
È  probabile  però  che  entro  la  grande  khittah  occupata  dalla  stirpe,  le 
khitat  minori  siano  state  di  natura  piti  provvisoria  e  mutevole,  adattan- 
dosi ai  continui  mutamenti  per  morti,  emigrazioni  ed  altre  vicende. 

Comprendendo  il  termine  khittah  nel  suo  significato  più  ampio,  lo 
studio  degli  appunti  da  noi  raccolti  nei  paragrafi  •  sulla  khittah  di  al- 
Fustàt  rivela  una  certa  mancanza  di  omogeneità  nelle  designazioni:  alcuni 
nomi  di  grandi  tribù  sono  a  lato  di  altri  designati  aggruppamenti  minori  : 
in  alcune  kh  i  t  a  t  abbiamo  la  unione  di  vari  elementi  di  diversissima  ori- 
gine in  una  specie  di  associazione  per  l'occupazione  del  suolo  di  una 
kh  i  1 1  a  h  :  altrove  abbiamo  invece  la  divisione  in  due  o  più  kh  i  t  a  t  di 
una  stessa  tribù,  che  avremmo  invece  creduto  di  dover  trovare  unita  in 
una  khittah  sola. 

La  fusione  in  un  medesimo  luogo  di  varie  tribù  distinte  è  cosa  con- 
traria allo  spirito  arabo,  che  ama  conservare  le  distinzioni  fra  tribù  e  tribù, 
e  aborre  la  fusione  in  una  massa  grigia  omogenea,  come  succede  nelle 
grandi  città.  Nelle  fonti  noi  troviamo  tre  casi  di  fusioni  di  gruppi  per  l'oc- 
cupazione di  una  khittah,  e  ci  viene  data  in  ogni  caso  la  particolareg- 
giata spiegazione  dell'eccezione.  La  khittah  della  Ahi  al-Ràyah  abbracciò 
molte  unità  minori  di  disparata  origine,  che  erano  troppo  meschine  di  nu- 
mero per  star  ognuna  da  sé  e  dovettero  di  necessità  unirsi  per  avere  una 
kh i 1 1 a h  ed  essere  iscritti  nel  diwàn.  La  khittah  degli  al-Lafif  ebbe 
vin'origine  personale,  il  desiderio  cioè  di  varie  frazioni  di  tribù,  imparen- 
tate con  altre  stirpi  aventi  già  kh  i  t  a  t  proprie  in  al-Fustàt,  di  unirsi 
sotto  un  capo  speciale,  che  godeva  di  particolare  prestigio  personale.  I  com- 
ponenti di  questa  specie  di  associazione  chiesero  un  ruolo  a  parte  nel 
diwàn  per  il  pagamento  del  soldo,  ma  non  poterono  ottenerlo,  perchè  i 
consanguinei  non  appartenenti  all'associazione  elevarono  protesta  ed  in- 
sistettero che  continuassero  ad  essere  registrati  nel  ruolo  della  stirpe  alla 

548. 


21.    a.    H.  ss  148,  149. 


21.  a.  H. 


quale  oo;iiuno  apparteneva.  Tale  discussione  ed  incidente  e  indizio  che  ad 

.    ,,    .  ,  .  ,  ,  ,        T      .     ,  1  ,  [EGITTO. -La  fon- 

ogni  khittali  corrispondeva  normalmente  un   ruolo  distmto  per  le  paghe        dazione  di  ai- 
dei soldati  e  delle  loro  famiglie.  Fustat.] 

Infine  menzionasi  la  khittah  dell' Ahi  al-Zàhii-,  che  consisteva  di 
gruppi  di  emigranti  arabi  arrivati  in  ritardo,  i  quali  trovando  le  khitat 
delle  proprie  tribù  interamente  occupate,  avevan  dovuto  riunirsi  in  un 
gruppo  speciale  e  costituire  una  khittah  a  parte. 

§  149.  —  I  predetti  particolari  appaiono  indizi  abbastanza  espliciti 
per  arguire  che  la  khittah  fosse,  in  pratica,  un'unità  anche  amministra- 
tiva e  forse  in  alcune  circostanze  anche  morale.  Da  quei  cenni  all'  iscri- 
zione nel  ruolo  delle  paghe  (diwàn)  è  necessità  concludere  che  all'unità 
topografica  della  kh  i  1 1  a  h  corrispondesse  una  equivalente  suddivisione  nel- 
l'organamento militare  dell'esercito.  E  ciò  si  adatta  a  pennello  con  la  tra-  . 
dizione  sicura  che  al-Fustàt  nacque  dall'accampamento  militare  formato 
per  l'assedio  di  Babilonia.  La  città  ereditò  l'ordinamento  primitivo  di  quel 
campo  militare  da  cui  trasse  le  sue  origini. 

Ma  concludiamo  altresì  dai  vari  particolari  poc'anzi  elencati  che,  allo 
stesso  modo  con  cui  nessuno  poteva  far  parte  dell'ordinamento  sociale  e 
militare  dell'  Islam  primitivo  senza  essere  membro  regolare  di  una  tribù, 
con  un  ruolo  suo  speciale,  e  cioè  membro  sia  per  consanguineità  sia  per 
clientela  (wilà-),  così  egualmente  in  principio,  quando  al-Fustàt  era  an- 
cora un»  quartiere  militare,  nessuno  poteva  stabilirsi  nella  città  senza 
appartenere  regolarmente  ad  una  kh  i  1 1  a  h  ,  ed  essere  iscritto  nel  ruolo 
delle  paghe  della  khittah  stessa.  Né  vi  era  libertà  di  costituzione  delle 
kh  i  t  a  t  :  bisognava  sottostare  a  varie  condizioni,  prima  tra  le  quali  il  nu- 
mero dei  componenti,  ed  in  secondo  luogo  il  consenso  dei  membri  delle 
stesse  tribù,  se  queste  eransi  già  costituite  in  una  khittah  propria. 

Tali  particolari  ci  rammentano  alcune  notizie  della  biografia  del  Pro- 
feta, dove  è  narrato  che,  per  avere  uno  stendardo  e  formare  un  corpo  di 
combattenti  a  sé,  era  necessario  raggiungere  un  certo  numero  e  solo  in 
questo  caso  il  Profeta  concede.va  uno  stendardo,  insegna  di  unità  militare 
e  di  comando  (cfr.  3.  a.  H.,  §  66).  D'altra  parte  le  notizie  sulle  khitat  ci 
rivelano  che,  se  il  numero  dei  componenti  di  una  era  soverchio,  s' impo- 
neva la  regola  di  dividerla  in  due  o  più  sezioni  separate.  Non  potremmo 
avere  indizi  più  evidenti  che  tra  kh  i  1 1  a  h  ed  ordinamenti  militari  dovesse 
esistere  una  strettissima  correlazione  :  in  nessun  esercito  regolare  si  am- 
mette l'aggregamento  di  corpi  disorganizzati,  né  é  opportuno  che  batta- 
glioni e  reggimenti  siano  di  varia  fòrza  a  capriccio  di  coloro  che  li  com- 
pongono. In  tal  modo   veniamo  a  constatare,  a  rintracciare,  l'eco  remota 

549. 


6$   1  lit.  l.")(i.  ^1»    ^«    "■• 


21.  a.  H.  f]i  ordinamenti  militari  siciiramente  imposti  dai  fondatori  dell' Islam,  forso 

[EGITTO.-  La  fon- 
dazione di    al- 


dallo  stesso  'Umar.  visto  ohe  le  medesime  condizioni  dellc^  khittah  si  ripe- 
Furtàt.]  tono  in  al-Basra^i  ed   in   al-Kufah  e  quindi    erano    diramate  da  un  centro 

solo,  da  Madinah. 

Il  («nest  ha  ragione  perciò  nel  lonchiudere  che  la  khittaii  dovesse 
essere  una  unità  militare  costituita  di  un  certo  numero  di  persone,  sicché 
dal  numeio  delle  khitat  e  dai  nomi  dati  ad  ognuna  si  potrebbe  tòrse  de- 
terminare l'ammontare  non  solo  delle  tbrze  di  Amr.  ma  anciie  il  numero 
delle  persone  emigrate  dall'Arabia  in  Kgitto,  e  gli  elementi  precisi  di  cui 
la  corrente  nrigratoria  fosse  composta. 

Dal  testo  delle  tradizioni  die  diamo  qui  appresso  taluni  p(.)trebbero 
supporre  che  la  descrizione  delle  khitat,  quale  abbiamo  estratta  .sun- 
teggiando da  ibn  'Abd  al-hakam,  sia  quella  che  si  formò  in  'al-Fustàt  al 
momento  della  conquista,  quando  'Amr  ne  fece  il  quartiere  generale  e  la 
sede  del  governo.  È  probabile  però,  per  non  dire  sicuro,  che  la  descrizione 
corrisponde  a  quanto  esisteva  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam,  ossia  due  se- 
coli e  mezzo  dopo,  e  quindi  rispecchi  condizioni  in  gran  parte  modificate 
dalle  vicende  posteriori.  Alcune  parti  erano  ancora  rimaste  nei  contini 
delle  khitat  primitive  sino  ai  tempi  di  al-Maqrìzi,  ma  si  debbono  consi- 
derare come  eccezioni.  Il  nucleo  primitivo  di  al-Fustàt  era  senza  dubbio 
di  proporzioni  molto  modeste  e  di  condizioni  assai  rustiche:  né  la  posi- 
zione, né  lo  sviluppo  posteriore  della  città  si  livelò  molto  felice.  Per  con- 
seguenza gli  abitanti  non  tardarono  ad  abbandonarla,  movendo  lentament» 
verso  il  nord,  ed  i  Fàtimiti,  trasferendo  la  sede  del  governo  là  dove  oggi 
sorge  il  Cairo,  mirarono  a  migliorare  le  condizioni  igieniche  e  l'apparenza 
esteriore  della  capitale. 

§  150.  —  Il  Guest  é  d'accordo  con  il  Butler  —  ambedue,  io  credo, 
con  buone  ragioni  —  nel  ritenere  che  l'isola  nominata  nelle  tradizioni 
della  conquista,  e  detta  o  semplicemente  al-Grazìrah,  o  Grazirah  Misr,  sia 
l'odierna  isola  di  al-Eawdah  (cfi-.  Maqrizi  Khitat,  II,  177,  lin.  16-19). 
ma  in  quei  tempi  era  più  prolungata  verso  mezzodì,  in  modo  da  trovarsi 
di  fi'onte  alla  fortezza  di  Babilonia,  e  per  lo  meno  accorciata  di  altrettanti) 
verso  settentrione.  Io  riterrei  inoltre  che  l'isola  possa  avere  avuto,  durante- 
la  conquista,  una  dimensione  minore  di  quella  presente,  ma  fosse  più  popo- 
lata, perchè  era  cinta  da  mura  fortificate.  Sul  corso  del  Nilo  nel  vii  secolo 
abbiamo  già  discorso  prima  di  dare  le  versioni  dell'assediodi  Babilonia  (con- 
frontisi 19.  a.  H.,  §  46):  il  Nilo  lambiva  allora  le  mura  della  rocca  di  Babi- 
lonia, mentre  oggi  in  media  se  n'é  discostato  di  circa  260  metri.  Più  al 
nord,  dove  è  il  Caii-o,  lo  spostamento  del  fiume  verso  occidente  è  stato  anche 


21.  a.  H. 


§g  150,  151. 


maggiore.  Nel   secolo  xiv  la  punta  dell'isola  di  al-Rawdali  giungeva,  dalla  2i.  a.  H. 

sua  parte  settentrionale,  là  dove  oggi  sorgono  le  rovine  dell'acquedotto  sulla        dazione  di  ai- 
via  tra  il  Cairo  e  al-Fustàt   (Duqniàq.    [V.   116j.  Fustàt.] 

Nello  spazio  aperto  tra  la  fortezza  di  Babilonia  e  la  odierna  cittadella 
del  Cairo,  ossia  nel  piano  dove  sorse  al-Fustàt,  erano  allora  tre  piccole  al- 
ture, chiamate  Uabal,  cioè  Yaskur,  Sarai"  Zayn  al-'Abidìn,  e  Saraf  al-Rasad 
iììvmi  posteriori  alla  fondazione  di  al-Fustàt),  alture  oggi  difficilmente  os- 
servabili per  l'accumulamento  smisurato  di  detriti  che  ha  elevato  di  molti 
metii  tutto  il  piano  al  nord  di  Babilonia.  II  Gì-abal  Yaskur  s'elevava  vicino 
al  sito  dove  sorgo  ora  la  moschea  di  ibii  Tulùn  (cfr.  Maqiizi  Kh  i  t  a  t . 
I.    125.   lin.    lB-14;  II,   2«5.   lin.   -jò,. 

Dal  modo  come  si  disposero  le  kh  i  t  a  t  nel  piano  di  al-Fustàt  abbiamo 
la  sicurezza  che  il  piano  tosse  in  grande  parte  libero  di  abitazioni  agglome- 
rate, ma  abbiamo  già  detto  come  i  documenti  del  tempo  lascino  intendere 
(Ile  addosso  alla  fortezza  di  Babilonia  si  trovasse  un  centro  abitato,  chia- 
mato Misr  da  Giovanni  di  Niqyùs,  e  che  faceva  parte  del  medesimo  gruppo 
abitato  che  copriva  V  isola  di  al-Rawdah.  Al  nord,  dove  è  oggi  incirca  il 
Caii'O,  era  la  borgata  di  Umm  Duuayn.  la  Tandunyàs  di  Giovanni  di  Niqyvis. 
Tra  questi  due  centri,  addosso  a  Misr  ed  alla  fortezza  di  Babilonia,  si  ac- 
comodarono gli  Arabi  sotto  'Amr  b.  al-'As.  Il  Butler,  come  è  noto,  sostiene 
che  la  città  pre-araba  di  Misr  sorgesse  sull'altura  di  Rasad,  ma  il  Guest  ha 
tatto  rilevare  che,  secondo  fonti  antiche  (Duqmàq,  IV,  91,  lin.  22),  in 
al-Hamià  al-Quswa  ai  tempi  dei  Bizantini  trovavasi  il  maggior  numero  di 
edifizi:  il  che  \uol  dire  che  ivi  fosse  la  parte  centrale  della  città  bizantina 
prima  della  conquista  araba.  Or  questo  punto  è  molto  distante  da  al-Rasad. 
D'altra  parte  nna  borgata  bizantina  staccata  dalla  fortezza  è  pure  poco  ve- 
rosimile, e  se  abbiamo  notizia  che  alcune  khitat,  come  per  esempio  quelle 
dei  Mahrah  e  dei  Tugìb,  toccavano  alla  fortezza,  ciò  non  si  deve  intendere 
come  se  l'area  fosse  interamente  libera  da  case.  Siccome  non  è  presumibile 
che  gli  Arabi  si  attendassero  sotto  le  mura  della  fortezza,  è  da  conchiudere 
che  queste  khitat  si  formarono  in  tempi  posteriori  all'assedio,  e  probabil- 
mente dopo  l'occupazione  delle  case  bizantine  e  copte  addossate  alla  for- 
tezza ed  al)bandonate  dagli  abitanti  durante  il  lungo  assedio. 

§  151.  —  Il  Guest,  dopo  un  minuto  esame  delle  varie  khitat  di 
al-Fustàt,  e  della  lo)o  posizione  topogiaHca.  riesce  a  fissare  (pag.  77)  gii 
estremi  limiti  deiraccampamento  militare  tramutato  in  città,  e  grazie  alla 
sua  intima  conoscenza  dei  luoglii  dimostia  che  la  lunghezza  totale  di  al- 
Fustàt  dovesse  salire  a  ciica  cinque  chilometri,  distanza  ■fissata  dai  due 
estremi   \)\\\  remoti,  Dayr  al-Tin  e   l'altura    di  Gabal  Yaskur,  sulla    quale 

551. 


§  151. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO. -La  fon- 
dazione di    al- 
Fustàt.l 


sorse  poi  la  moschea  (rami'  ibn  Tulùn.  Sulla  larghezza  di  al-Fustàt  non 
si  hanno  notizie  così  precise,  ma  data  la  configurazione  dei  luoghi  e  la 
probabilità  che  tutti  gli  abitanti  preferissero  trovarsi  il  più  che  fosse  pos- 
sibile nei  pressi  del  fiume,  è  improbabile  che  la  larghezza  fosse  superiore 
ai  mille  metri.  Su  questi  cinque  chilometri  quadrati  in  principio  vennero 
a  spandersi  un  numero  abbastanza  limitato  di  abitanti.  Dai  nostri  studi 
precedenti  pare  sicuro  che  le  forze  militari  con  le  quali  'Amr  b.  al-'5s 
fece  la  conquista  dell'Egitto  fossero  assai  modeste,  forse  nemmeno  dieci 
mila  uomini.  Se  consideriamo  che  questi  si  menarono  appresso  le  loro  fa- 
miglie, potremmo  porre  a  40,000  circa  gi' immigrati  Arabi,  calcolando  in 
media  che  ogni  uomo  adulto  avesse  una  moglie  e  due  figli.  Se  conside- 
riamo che  questi  immigrati  vivevano  sotto  tende,  con  tutti  i  loro  bestiami 
e  bagagli  secondo  l'uso  antico  dei  nomadi,  ossia  in  ordine  molto  sparso,  è 
facile  intendere  che  nei  primi  tempi,  nonostante  la  vasta  superficie,  gli  abi- 
tanti di  al-Fustàt  non  trovassero  lo  spazio  eccessivo  ai  loro  bisogni;  onde 
fu  necessario  in  breve  sostituire  alle  tende  altre  dimore  più  solide  e  ca- 
paci di  permettere  un  agglomeramento  maggiore  in  uno  spazio  minore.  In 
tal  modo  si  crearono  nella  nascente  città  molti  spazi  liberi  tra  i  fabbri- 
cati, spazi  che  in  oriente  sono  immediatamente  popolati  da  venditori  am- 
bulanti, mercati  di  vettovaglie  e  di  bestiami  e  simile  gente.  Questi  spazi 
si  chiamavano  comunemente  f  a  d  à ,  ed  il  Guest  ne  cita  parecchi,  che  esi- 
stevano ancora  parecchi  secoli  dopo  la  fondazione  di  al-Fustàt  :  ve  n'  era 
uno  presso  la  porta  meridionale  della  moschea  di  'Amr  (Duqmà-q,  IV, 
5,  7)  ;  un  altro  al  nord,  il  Fadà  al-Ràyah,  presso  la  chiesa  di  Sanùdah 
(Duqmàq,  IV,  106);  un  terzo  divideva  la  khittah  al-Ràyah  da  quella  dei 
Tugìb  (Duqmàq,  IV,  17);  ed  altri  ancora  erano  il  Fadà  al-Hamrà  al- 
Dunyà  (abù  Sài  ih,  fol.  32, b),  Fadà  al-Hamrà  al-Wusta  (Duqmàq,  IV, 
86),  Fadà  al-Qabà-il  (abù  Sàlih,  fol.  33, a),  Fadà  Sùq  AVardàn  (Duqmàq, 
IV,  106),  Fadà  Khawlàn  (abù  Sàlih,  fol.  32,b),  Fadà  Mawqif  (Duq- 
màq, IV,  34)  e  via  discorrendo  (Guest,  JRA8.,  1907,  pag.  77-78).  Vi 
sono  poi  i  mercati,  menzionati  nelle  fonti,  ma  è  certo  che  alcuni  sono  nomi 
diversi  per  gli  stessi  spazi  liberi,  perchè  tutti  gii  spazi  aperti,  come  già 
si  disse,  si  tramutano  naturalmente  in  mercati. 

Con  il  tempo  questi  spazi  liberi,  tranne  i  più  necessari,  si  andarono 
restringendo  per  il  continuo  influsso  di  immigrati  e  per  l' alto  valore 
che  acquistarono  le  aree  fabbricabili  con  l'aumento  della  popolazione  e 
degli  scambi.  In  tal  modo  molte  kh  i  t  a  t  separate  da  larghe  piazze  al  mo- 
mento della  fondazione  di  al-Fustàt  finirono,  con  l'estendersi  delle  costru- 
zioni, a  toccarsi  l'una  con  l'altra,  disgiunte  soltanto  da  anguste  viuzze,  che 


562. 


21.  a.  H. 


§§  151-153. 


servivano  anche,  nell'interno  delle  kliitat  maersriori,  a  mantenere  i  confini  21.  a.  h. 

,    ,,  n —     -      -  toto  [EGITTO..  La  fon- 

delle  .suddivisioni  minori.  dazione  di  ai- 

§  152.  —  Grazie  a  questi  spazi  liberi  la  nascente  città  si  trovò  prov-  Fustàt.] 
vista  naturalmente  di  strade,  le  quali  però,  formate  dal  fortuito  agglome- 
ramento  delle  unità  militari  dell'esercito  di  conquista  durante  un  lungo 
assedio,  risultarono  prive  di  qualsiasi  coordinamento  organico:  perciò  riu- 
scii'ono  tortuose  ed  irregolari  nel  più  alto  grado;  onde  il  piano  edilizio, 
con  la  noncuranza  propria  dell'oriente  anarchicamente  individualista,  fu  la 
risultante  naturale  di  mille  forze  diverse,  non  di.sciplinate  e  sovente  tra 
loro  in  libero  contrasto. 

Sebbene  il  nome  di  al-Fustàt,  se  l'etimologia  ricordata  poc'anzi  è  cor- 
retta, implicherebbe  il  concetto  di  un  campo  militare  circondato  da  un 
fossato,  risulta  dalle  notizie  storiche  su  Misr  che  i  fondatori,  non  senten- 
dosi minacciati  da  verun  nemico  da  parte  di  ten-a,  non  provvidero  ad 
alcuna  opera  di  difesa.  Un  muro  di  cinta  fu  poi  costruito,  ma  in  età  po- 
steriore, non  ben  determinata,  ed  abbracciò  soltanto  una  parte  dei  cinque 
chilometri  quadrati  della  al-Fustàt  antica.  Quando  Marwàn  b.  al-Hakam, 
il  Califfo  umayyade,  invase  l'Egitto  nel  64.  H.  il  luogotenente  di  Misr,  ibn 
Grahdam,  rappresentante  dell' anti-califfo  ibn  al-Zubap-,  fece  scavare  un 
fossato  al  nord  della  città,  e  sono  rimasti  proverbiali  gli  sforzi  con  i  quali 
l'opera  fu  compiuta  in  un  mese  (Maqrìzi  Khitat,  II,  468).  Ciò  dimostra 
che  prima  non  esistesse  opera  difensiva.  Lo  zarb  di  cui  parla  abù  Sàlih 
narrando  la  conquista  (abù  Sàlih,  fol.  2 l,b)  era  probabilmente  la  stessa 
cosa  di  quello  che  oggi  si  suol  chiamare  in  oriente  z  a  r  i  b  a  h ,  ossia  una 
rozza  muraglia  di  spini  e  pezzi  di  legno,  protetta  da  un  piccolo  scavo  di 
terra,  che  gli  Arabi  probabilmente  si  fecero  intorno  all'accampamento  du- 
rante l'assedio,  quando  avevan  ragione  di  temere  sorprese. 

§  153.  —  Rimangono  a  dire  sole  poche  parole  sul  contenuto  delle 
.seguenti  tradizioni  riguardanti  la  topografia  dell'antica.  al-Fustàt  :  l'espo- 
sizione delle  notizie  è  composizione  tradizionistica  di  tempi  molto  poste- 
riori alla  fondazione  della  città,  e  quindi  jnobabilmente  contiene  non  poche 
inesattezze  là  dove  ricorda  le  condizioni  dii  primissimi  tempi.  Ha  però  un 
tale  fondamento  di  verità  da  meritare  in  larga  misura  la  nostra  fiducia, 
ed  è  complessivamente  un  quadro  abbastanza  conforme  al  vero  del  modo 
come  Amr  b.  al-'As  ed  i  suoi  amici  fecero  —  molto  a  casaccio  —  il  piano 
regolatore  del  campo  militare  egiziano. 

Di  rilievo  per  noi  è  il  pregio  grandissimo  che  la  tradizione  dà  a 
tanti  minuti  particolari  ;  e  l' importanza  attribuita  ad  essi  è  indizio  del 
carattere  estremamente  particolarista  della  scuola   storica  di  Misr.  gelosa 

553.  70 


§§  l."i:!.   irv). 


21.  a.  H. 


2).  a.  H.  ilcll,.    glorie    egiziane,  e  custode    pi-emurosa  di   tutti    i    particolari    che    ii\ 

^  dazione  di  al-     '|""''*''*^  tnodo  potessero  contribuire  al  prestigio  della  i-ittà. 
Fuslàli  Sebbene  l'elenco  delle  tribù  e  dei  loro  quartieri  in  al-Fustàt  sia  com- 

pilato molto  tempo  dopo,  e  comprenda  i  nomi  di  stirpi  che  vennei-o  in 
Egitto  parecchi  anni  dopo  la  conquista,  esso  ha  sempre  pei'  noi  un  pregio 
particolare,  perchè  è  documento  comprovante  quali  tribù  venissero  in  Egitto, 
porgendo  anche  un'  idea  approssimativa  del  numero  degli  immigranti  che 
alìbandouarono  la  patria  penisola  per  cercar  fortuna  in  terre  più  beneficate 
dalla  natura  e  dal  destino. 

È  notevole  a  questo  riguardo  come  la  maggioianza  pi'ovenga  dal  Yaman, 
e  che  in  Egitto  come  in  Siria  il  maggior  contributo  migratorio  sia  stato  dato 
da  quella  estrema  terra  d'Arabia.  Se  teniamo  conto  di  quant<^  tribù  ave- 
vano già  abbandonato  il  Yaman  anche  prima  della  comparsa  di  Maometto, 
non  possiamo  esimerci  da  un  senso  di  maraviglia,  pensando  quanto  il  Ya- 
man  sia  stata  feconda  matrice  di  turbe  umane,  e  quanta  parte  della  terra 
asiatica  ed  africana  essa  abbia  popolato  con  i  suoi  generosi  figliuoli. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sulla  fondazione  di  al-Fustàt  (Misr)  e  della 
moschea  di    Amr. 

§  154.  —  (Utjimàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazìd  b.  abi  Habibj. 
Quando  ebbe  espugnata  Alessandria,  vista  la  grandezza  e  magnificenza  dei 
suoi  edifizi,  Amr  b.  al-'As  concepì  l'idea  di  farne  la  sua  stanza  (e  la  sede 
del  governo),  dacché  v'erano  tante  dimore  da  bastare  per  tutti  i  Musul- 
mani. Scrisse  perciò  al  Califfo  'Umar  chiedendo  il  permesso  di  mettere  in 
atto  il  suo  disegno.  Umar  interrogò  allora  il  latore  della  lettera,  e  volle 
sapere  se  la  città  era  divisa  dall'Arabia  da  alcun  corso  d'acqua.  Saputo  che 
in  mezzo  scorreva  il  Nilo,  rispose  ad  'Amr  di  non  approvare  la  scelta  di 
una  sede  separata  da  un  corso  d'acqua.  Allora  Amr  b.  al-'Às  si  ritirò  da 
Alessandria  ad  al-Fustàt  f  A  b  d    a  1  -  h  a  k  a  m  ,   1 32). 

Cfr.  anche  Suyùti  Husn,  I,  62;  Yàqiit,  111,896;  Maqrìzi  Khi- 
tat.  I.  296.  Un.   15-19:   Nuwayri    Leid.  I,  fòl.  77,r. 

§  155.  —  Eutichio  pone  la  costruzione  della  moschea  di  al-Fustàt  per 
opera  di  Amr  b.  al-'As  nel  22.  H.  (Eutychius,  ed.  Cheikho,  II,  pag.  27, 
lin.  6-7).  L'erezione  della  celebre  moschea  costituì,  per  così  dire,  l'atto  ut- 
tìciale  con  cui  fu  inaugurata  la  fondazione  definitiva  di  al-Fustàt,  la  quale 
perciò,  secondo  questa  fonte,  apparterrebbe  propriamente  all'anno  22.  IT. 
La  fondazione  della  moschea  nel  22.  H.  combina  bene  nella  cronologia 
della  conquista,  perchè  seguirebbe  subito  dopo  la  presa  di  Alessandria  avve- 
nuta nell'ultimo  trimestre  del  21.  H.  (cfr.  però  §   144). 

554. 


21.    a.    H.  §§  156-158. 

§   156.    -   ('Abdallah  b.  Sàlib,  da   al-Layth   b.  Sa  VI.  da    Yazìd    b.  abi  21.  a.  h. 

Habibi.   Il  Califfo    Umar   scrisse  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs    che  si   era  fissato        jj^nj  guiia  fon- 
in  ai-Ma dà-iii,  al  suo    luogotenente    in  al-Basrah  e  ad  'Amr  b.  al-'As  che        dazione  di;  ai- 

,„  -Al  1-T1  xt"  ,  1  "•  Fustàt    (Misr)   e 

sera  lermato  in  Alessaiidi-ia.  dicendo:   «  Non  permettete  che  tra   me  e   voi        delia  moschea 
«  scorra  acqua,  perchè  se  verrò  a  vedervi  viaggiando  sul  mio  camelo,  voglio        «*'  Amr.j 
«  venire  senza  smontare  dalla  mia  cavalcatura  ».  In  seguito  a   questa  let- 
tera Sa'd  b.  abi  Waqqàs  si  ritirò  da  Madàùn  Kisra  ad  al-Kùtàli,   il  luogo- 
tenente di  al-Basrah  dal  sito  dove  era  ad  al-Basrah,  ed    Amr  b.  al-'As  da 
Alessandiia  ad  al-Fustàt  ('Abd    al-hakam,   132). 

Cfr.  anche  Suyùti  Husn,  I,  62;  Yàqiìt,  III,  896:  Maqrizi  Khi- 
tat.  I,  296.  Un.   19-22. 

§  157.  —  (Sa'id  b.  Ghufayr).  La  nuova  città  fu  chiamata  al-Fustàt, 
perchè  quando  Amr  b.  al-'As  volle  muovere  (da  Babilonia)  contro  i  Greci 
riuniti  in  Alessandria,  ordinò  di  togliere  la  sua  tenda  (fustàtuhu);  ma 
ecco  si  scopri  che  un  piccione  selvatico  (yamàm)  vi  aveva  fatto  il  nido 
ed  allevato  dei  colombini.  Allora  'Amr  dichiarò  che  il  luogo  era  divenuto 
.sacro  (haram ,  segue  nel  manoscritto  una  lacuna; ...  e  ordinò  che  la  tenda 
venisse  lasciata  li  sul  luogo  tale  quale  era,  affidandone  la  custodia  al  co- 
mandante della  fortezza  (sàhib  al-Qasr).  Quando  i  Musulmani  fecero 
ritorno  da  Alessandi'ia,  domandarono:  «  Dove  faremo  il  campo?  »  ed  (i  ca- 
pitani) risposero:  «  (Presso)  la  tenda  (al -fustàt)  »  ('),  alludendo  alla  tenda 
di  Amr  che  era  sempre  rimasta  nello  stesso  luogo.  Essa  era  piantata  là 
dove  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam  era  la  casa  detta  Dar  al-Hisa  presso 
il  Dar    Amr  al-Saghii-ah  ('Abd  al-hakam,  132-133). 

Gli-.  Suyuti  Husn,  I,  62;  Yàqùt,  III,  896,  lin.  3  e  segg.  ;  Ma- 
qrizi Khitat,  I,  296,  lin.   22-26;  Muqaddasi.   59-60. 

Nota  1.  —  Secondo  ibn  Quta3-bah,  gli  Arabi  nomadi  solevano  dare  il  nome  di  fust'àt  a  tutte  le 
città  (che  essi  fondavano?)  (Suvuti  Husn,  I,  (>2.  lin.  15). 
Cfr.  anche  Muqaddasi,  67,  lin.  2-:^. 

§  158.  —  Sul  luogo  preciso  dove  sorgeva  la  tenda  di  'Amr  b.  al-'As 
e.sÌ8te  divario  di  opinioni  tra  le  fonti.  Si  menzionano  quattro  siti  diversi: 

(1)  Dar  al-Hi.sàd,  detto  anche  Hisa,  o  Hisàr  (Mahàsin.  I.  73; 
Suyùti  Husn.  I,  79;  Maqrizi  Khitat,  I,  296  e  paragi-afo  prece- 
dente). Secondo  altre  fonti  il  Dar  al-Hisàd  è  la  stessa  cosa  del  Dar  ibn 
abi  Eazzàm  (Duqmàq,  IV,  6j. 

(2)  Dar  Isràll  (Suyùti  Husn,  I,  77),  casa  attigua  alla  precedente, 
e  si  trovava  nel  punto  poi  conosciuto  con  il   nome    di    Bayn    al-Qasra3n. 

(3)  Dar  Hammàm  Samùl,  che  si  trovava  tra  Bayn  al-Qasrayn  e  la 
moschea  di    Amr  (Maqrizi    Khitat,  I,  296:   Duqmàq,  IV,   101). 

.555. 


§§  i5is-it;ii.  21.  a.  n. 


21.  a.  H.  (4)  Dar  'Amr  b.  al-'As  al-Sughra,  che  fu  inclusa  nella  moschea  du- 


[EGITTO.  -  Tradì 
zioni    sulla   fon- 


laute  uno  dei  restauri  (Duqmàq,  IV,  3). 


dazione  di  al-  i^e  prime    tre    case    giacevano  a  NNE  a   non    grande    distanza    dalla 

delVc'lche:     nu.schoa  (Guest,  JEA8.,   1907,  pag.  G4). 

di  -Anir.]  §   159.  —  (al-Quda  i).  Quando  'Amr  b.  al-'As   ritornò  da  Alessandria 

e  si  stabilì  nel  luogo  (dove  prima  aveva  piantato  la  sua)  tenda,  a  lui  ven- 
nero ad  unirsi  le  trii)ù  una  appresso  alle  altre  e  tutte  insieme  occuparono 
i  luoghi  circostanti.  Allora  'Amr  b.  al-'As  nominò  Mu'àwiyah  b.  Khudayg 
sopraintendente  della  divisione  dei  terreni  (al-khitat),  e  volle  che  fosse 
assistito  da  Sarik  b.  Sumay}'  al-Qatifi  dei  Muràd,  da  'Amr  b.  Makhziim  al- 
Khawlàni,  e  da  Hawil  b.  Nàsirah  al-Ma'àfiri.  Questi  uomini  regolarono  tutta 
la  faccenda  della  distribuzione  dei  terreni:  ciò  avvenne  nel  21.  H.,  come 
afferma  al-Kindi  (Suyuti  Husn,  I,  63,  lin.  2  e  segg.). 

Cfr.  Maqrìzi  Khitat,  I,  297,  lin.  1-4;  Mahàsin,  I,  74,  lin.  2-7; 
Yàqut,  III,  896,  il  quale  ha  (ribra-il  b.  Nàsirah  al-Ma'àfiri. 

§  160.  —  (al-Mas'ùdi).  La  terza  [tra  le  grandi  città  che  furono  create 
neir  Isiàm]  è  Fustàt  Misr.  La  fondò  'Amr  b.  al-'As  l'anno  20.  II.  Egli  andò 
là  e  combattè  nell'anno  19.  H.,  sebbene  su  questo  punto  sia  discordia  [tra 
gli  storici].  Cosi  ricorda  Ahmad  b.  Yahya  b.  Gràbir  al-Balàdzuri,  nel  suo 
libro  sulle  conquiste  delle  regioni.  Il  nome  della  fortezza  contro  la  quale  si 
combattè,  e  che  si  trova  in  mezzo  ad  al-Fustàt  ed  oggi  è  conosciuta  come 
il  Qasr  al-Sam',  era  Bàbaliin,  altri  dicono  Alyùnah,  ei  Musulmani  la 
chiamarono  al-Fustàt,  perchè  dissero  ch'essa  era  il  padiglione  (fustàt)  e  il 
convegno  (magma')  della  gente. 

'Abd  al-rahmàn  b.  'Abdallah  b.  al-Hakam  [sic;  correggi  'Abd  al-hakam] 
al-Misri  dice  nel  suo  libro  sulle  conquiste  dell'Egitto  e  di  al-Iskandariyyah, 
del  Maghrib  e  dell' Andalus  e  sulle  loro  vicende,  che  'Amr  consumò  nel- 
l'assedio di  quel  forte  sette  mesi  prima  di  conquistarlo,  e  poi  si  diresse  ad 
al-Iskandariyyah.  Quand'ebbe  presa  questa,  e  ne  vide  le  abitazioni  e  gli 
edifizì  tutti  tanto  bene  costruiti,  pensò  d'abitar  qui,  e  disse:  «  Ecco  le  case 
«che  fan  per  noi!  ».  E  scrisse  ad  'Umar  chiedendogliene  licenza:  'Umar 
domandò  al  messo  se  tra  lui  e  i  Musulmani  fosse  un  corso  d'acqua.  «  SI, 
«  Principe  dei  Credenti  »,  rispose  il  messo,  «  c'è  il  Nilo  ».  E  allora  'Umar 
scrisse  ad  'Amr:  «  Non  mi  sodisfa  che  i  Musulmani  stiano  in  un  luogo, 
«  dove  li  separi  da  me  l'acqua  d'inverno  e  non  d'estate  (?  wa  là  sayf)  ». 
'Amr  così  lasciò  al-Iskandariyyah  per  tornare  ad  al-Fustàt. 

(Da  'Abd  al-rahmàn  ed  altri).  La  città  fu  detta  al-Fustàt  per  il 
fatto  che  'Amr  b.  al-'As,  quando  volle  spingersi  verso  al-Iskandariyyah  per 
combattere  i  Rum  che  l'abitavano,  ordinò  di  scomporre  il  suo  padiglione 

556. 


21.  a.  H. 


liìO,  161. 


(fustàt)  e  vi  trovò  un  piccione  che  aveva  i  piccoli  (^).  Or  'Amr  disse:  «  S'è  21.  a.  H. 

1      "  .  .       ,  ,,      ,  u  •  i.      ì  in^  [EGITTO.  -  Tradi- 

«  posto  al  sicuro  m  luogo  sacro  (taharrama  bi-mutaharram'"|  »,  e  ^jg^i  g^n^  ^^^_ 
così  lo  fece  rimanere  come  stava,  e  ne  affidò  la  custodia  al  comandante  dazione  di  ai- 
del  Qasr  al-Sam'.  Quando  tornarono  i  Musulmani  da  al-Iskandariyyah,  si        a^^,^  J'^J:2A 

^    -  ^  •' -^        '  della   moschea 

domandarono  dove  abitare,  e  alcuni  dissero:   «  Al  padiglione  (al-Fustàt)  »,        di  'Artir.] 
intendendo  il  padiglione  di  'Amr  che  egli  aveva  lasciato  dietro  a  sé.  Abi- 
tarono là,  e  posero  mano  a  costruire,  e  «Amr  rimase  fino  a  che  non  fu  posta 
la  qiblah  del  masgid  (Tanbìh,  pag.  358,  lin.   14-359,  lin.  16)  [M.]. 

NuTA  1.  —  E  strano  che  questo  piccione  che  ha  figli  abbia  diritto  a  immunità.  Ci  corre  il  pen- 
siero a  certe  colombe  di  al-Madinah,  che  'Utjimàn  s'oppose  a  che  fossero  uccise  fcft-.  Tabari.  I,  3027-28). 
Colombe  poi  si  trovavano  indisturbate  anche  nel  santuario  di  Makkah.  Uno  dei  lati  belli  del  hadith 
islamico  è  l'importanza  che  si  dà  al  trattamento  degli  animali.  A  Maometto  si  attribuisce  la  sentenza 
ohe  il  maltrattamento  degli  animali,  ad  esempio  di  un  gatto,  sia  sufficiente  per  mandare  un  fedele  all'in- 
terno (cfr.  Bulvhàri,  ed.  Krehl,  II,  329,  lin    1-5Ì. 

§  161.  —  Narra  al-Quda'i  [abù  Abdallah  Muharamad  b.  Salàmah, 
t  454.  a.  H.,  nel  suo  libro  K.  al-mukhtàr  fi  dzikr  al-khitat  wa-1- 
akhbàr:  cfi-.  Maqrizi,  I,  5,  lin.  1]:  Quando  'Amr  b.  al-'As  di  ritorno 
da  Alessandria  fece  sosta  in  al-Fustàt,  collocò  in  al-Grizah  una  parte  del 
suo  esercito  per  timore  di  vm  repentino  assalto  dei  neraici  da  quella  parte, 
e  stabilì  colà  la  famiglia  himyarita  molto  numerosa  degli  Al  Dzì  Asbah,  i 
Yàfi'  b.  Zayd  b.  Ru'ayn,  i  Hamdàn,  e  una  frazione  degH  azditi  discendenti 
da  al-Hagar  b.  al-Habn  b.  al-Azd  insieme  con  un  certo  numero  xli  Habasah  o 
Abissini  inscritti  nel  ruolo  degli  Azd.  Quando  'Amr  decise  di  fissar  la  sua 
sede  in  al-Fustàt,  diede  ordine  a  quelli  lasciati  indietro  in  al-Grizah  di  raggiun- 
gerlo. Ma  a  quelli  non  piacque:  —  «  Questo  è  l'avamposto  che  noi  abbiamo 
«  occupato  marciando  all'avanguardia  nella  via  di  Dio  ;  dacché  ci  siamo  da 
«  più  mesi,  non  abbiam  nessuna  voglia  d'andarcene  ».  —  Scrisse  allora  'Amr 
b.  al-'As  ad  'Umar  b.  al-Khattàb  della  cosa,  informandolo  come  Hamdàn 
e  Al  Dzì  Asbali  e  Yàfi'  e  i  loro  compagni  amavan  di  restare  in  al-Grizah. 
Gli  rispose  il  Califfo  :  «  Come  puoi  tu  consentire  che  si  separino  da  te  i 
«  tuoi  compagni,  e  che  tra  te  ed  essi  sia  interposto  un  corso  d'acqua  (bahr)? 
«  Tu  non  sai  quel  che  può  loro  sopravvenire  d' improvviso,  quando  tu  forse 
«  non  sarai  in  grado  di  portar  loro  aiuto.  Riuniscili  dunque  a  te,  e  non  li 
•«  tener  separati.  Che  se  rifiutano,  preferendo  il  loro  posto,  fabbrica  a  loro 
«difesa  una  fortezza  a  spese  dell'erario  (min  fay  al-muslimìn)  ». 
Amr  allora  li  riunì  e  comunicò  loro  la  lettera  di  'Umar;  ma  poiché  ricu- 
savano di  abbandonare  al-ó-izali,  l'Emiro  diede  ordine  di  fabbi'icare  a  loro 
difesa  la  fortezza.  Ma  non  vollero  nemmeno  questa,  dicendo  :  <  Non  vi  è 
«  fortezza  più  foi'te  per  noi  delle  nostz'e  spade  ».  Dissentirono  da  ciò  Hamdàn 
e  Yàfi'  ('accettando  la  proposta  della  fortificazione  ?),  ed  'Amr  tirò  a  sorte 

557. 


5§  i«;i.  uij.  21.  a.  H. 

21- a.  H.  jj.rj  tìssi  :   la  sortn  (.adde  su    \'alì',   il   qualt;  costruì  tra   l'ssi    la    lurtr/.za    uel- 

lEGITTO.  -  Tradi-       ,.  ,,      u  i       x  v  i    oo 

zioni  sulla  fon-     lamio  '21.   H.  e  la  terminò  nel  22. 

dazione  di  al-  Ordinò  quindi    Amr  la  delimitazione  delle  terre  oeeupatc  lal-khitat). 

della  moschea     '   Qzù  Asbali  dei  Himvariti  oceiiparoiio   il  terreno  da  oriente  ad  occidente 

di  Amr.)  ^^ìjjq  j,]];,   terra  lavorata  e  seminata,  ma  non  vollero  che  si  costruisse  la  cit- 

tadella sul  loro  territoiiu.  I  Vati'  b.  al-HàritJi  dei  Hu'avn  occuparono  il 
centro  di  al-Oizah  e  nel  proprio  territorio  eressero  la  cittadella;  ma  una 
frazione  di  essi,  avendo  a  sdegno  la  cittadella,  .se  ne  allontanò,  prendendo 
stanza  con  i  Bakil  b.  (xusam  b.  Nawf  dei  TTamdàn  a  sud-est  di  al-Oizali. 
mentre  Hàsid  b.  Gusam  b.  Nawf  si  stabiliva  a  nord-ovest.  Agli  al-CJ-iyà- 
wiyyah  banù  'Amir  b.  Bakil  e  i  banù  Hagar  b.  Arhab  b.  Bakil  toccò  il 
sud  (fi  qibli?)  di  al-Crizali.  1  banù  Ka'b  b.  Màlik  b.  al-Tlagar  b.  al-IIabn 
b.  al-Azd  tennero  il  luogo  libero  tra  i  Bakil  e  i  Yàfi',  o  gli  al-Haba.sah 
occuparono  la  più  grande  arteria  (della  futura  città)  (Maqrizi  Khitat. 
I.  20G.  Un.    13-29)  [G.]. 

§  162.  —  (al-Ya'qubij.  Chi  parte  da  Filastin  verso  occidente,  «li- 
retto  per  l'Egitto,  lasciata  al -Rara  lab,  trova  la  città  di  Yubnà.  poi  la 
città  di  Asqalàn,  la  quale  giace  sulla  riva  del  mare,  poi  la  città  di 
Ghazzah,  che  giace  pure  sulla  riva,  poi  Rafah,  cb'è  l'ultimo  circon- 
dario (amai)  di  Siria.  Poi  s' incontra  un  luogo  chiamato  a  1  -  S  a  g  a  i  a  t  a  y  n 
(=  i  due  alberi),  da  cui  incomincia  l'Egitto.  Segue  al-  Aris,  cli'è  la  prima 
sede  di  guarnigione  e  il  primo  circondario  d'Egitto.  È  abitata  da  una 
popolazione  di  Grudzàm  e  da  altre  genti,  ed  è  sulla  ii\  a  del  mare.  Da 
al-  Aris  si  va  ad  un  villaggio  chiamato  al-Baqqàrah.  di  11  ad  un 
altro  detto  al-Warr  àdah .  posto  sopra  monti  di  sabbia.  Si  trova  poi 
ai-Fara  ma,  eh' è  la  prima  città  d'Egitto,  e  lì  sono  mescolanze  di  uomini, 
e  tra  essa  e  il  mar  Rosso  (Bahr  al-Akhdar)  sono  tre  miglia.  Da  al- Fa- 
rama  ad  un  villaggio  detto  Grurgir  c'è  una  giornata  (mar  hai  ah).  Da 
questo  a  un  altro  villaggio  chiamato  F  a  q  ii  s ,  un'altra  giornata.  Si  trova 
poi  un  villaggio  chiamato  Gh  a  y  f a  h .  Quindi  siamo  ad  a  1  -  F  u  s  t  à  t .  a  1- 
F  u  s  t  a  t  è  nota  come  B  a  b  a  1  -  Y  ù  n  ,  ed  è  il  luogo  celebrato  per  il  ca- 
stello. Quando  'Amr  b.  al-'As  espugnò  Bàb  al-Yvin  sotto  il  califfato  di 
Umar  b.  al-Khattàb  nell'anno  20.  H.,  le  tribù  degli  Arabi  costruirono  din- 
torno al  padiglione  (fustàt)  di  'Amr  b.  al-'As,  e  la  città  fu  chiamata  per 
questo  al-Fustàt.  Poi  [gli  Arabi]  si  sparsero  per  il  territorio,  e  costrui- 
rono sul  Nilo,  e  le  [varie]  tribù  degli  Arabi  costruirono  nei  vari  luoghi  che 
prendono  nome  rispettivamente  da  esse.  Amr  b.  al-'As  edificò  il  gran 
m  a  s  g  i  d  (m  a  s  g  i  d  g  à  m  i  '  u  h  à)  e  il  palazzo  del  governo  noto  come  Dar 
a  1  -  R  a  m  1 ,  e  dispose  i  mercati    tutt'  intorno    al  gran    m  a  s  g  i  d   sulla  riva 

.558. 


21.  a.  H. 


162-164. 


oriL-ntaie  del  Nilo,  e  assegnò  ad  ogni  tribù  iq  a  bìla  li)  un  luogo  di  guardia 
(mah ras)  con  un  sorvegliante  ('arìfj.  Edificò  anche  il  forte  di  al-G-ìzah 
sulla  riva  occidentale  del  Nilo,  e  ne  fece  una  guarnigione  di  Musulmani, 
e  ci  mise  ad  abitare  della  gente.  Poi  ne  scrisse,  ad  'Umar  1>.  al-Khattàb, 
il  quale  gli  rispose  di  non  porre  tra  Uii  e  i  Musulmani  un  corso  d'acqua 
(Yàqùbi  Buldàn,  pag.   ;330.  lin.  4;   331.  lin.   oi. 

§  163. —  al-Maqrizi.  senza  isnàd).  Secondo  al-Crawliari,  al -fustàt 
significa  tenda  di  pelo,  e  da  questo  significato  è  venuto  il  nome  di  al- 
Fustat  alla  città  di  Misr.  Fustàt  Misr  fu  fondata  (ikhtatta)  nei  tempi 
dell'Isiàm,  dopn  che  fu  conqui.stato  l'Egitto  fard  Misr)  e  divenne  terri- 
torio musulmano,  Dar  al-Islàm.  Prima  era  stato  nello  mani  degli  al-Eùui 
e  degli  al-Qubt.  i  quali  erano  cristiani  M  alkàii  i}' va  h  (=  ortodossi), 
^'  a  ■  q  ù  b  i  y  y  ah  l  =  monotìsiti)  e  M  a  y  ani  y  y  a  h  (  =  manichei  ).  Or  quando 
i  Musulmani  ebbero  fondato  al-Fustàt,  la  sede  del  governo  vi.  fu  trasportata 
da  Alessandria,  dopo  che  era  stata  dimora  del  potere  (manzi  1  al-mulk) 
e  sede  del  governo  (Dar  al-Imàrah)  per  più  di  novecento  anni.  Or  al- 
Fu.stàt  divenne  il  Dar  al-Imàrah.  nel  quale  avevan  sede  gli  a  ni  ir  del- 
l'Egitto, senza  interruzione  sino  al  tempo  in  cui  fu  fondato  il  campo  mi- 
litare, al-' Askar,  fuori  di  al-Fustàt,  e  vi  andarono  a  dimorare  gli  amir 
dell"  P]gitto.  sebbene  taluni  tia  essi  tornarono  ad  abitare  in  al-Fustàt  (Ma- 
qrizi  Khitat.  I.  pag.  2ì-!5.  quintult.  linea  e  segg. :  Maqrizi  Eg., 
III.    103). 

Cti'.  anche  Maipizi  Khitat.  I,  135.  lin.  20-24.  dove  è  detto  che 
in  al-Fustàt,  dopo  la  sua  fondazione,  accorsero  numerosi  ad  abitare  anche 
i   non  Arabi,  a  1  -A  g  a  m  . 

§  164.  —  (al-'Maqrizi.  .senza  isnàd).  Il  luogo  di  al-Fustàt.  che  oggi 
chiamasi  Madlnah  Misr.  era  anticamente  una  pianura,  f  a  d  à  ,  con  cam))i 
seminati  in  tutto  quello  spazio  che  si  estende  tra  il  Nilo  ed  il  monte  ad 
oriente  chiamato  Grabal  al-Muqattam.  In  questo  spazio  non  sorgevano 
fabbricati  né  abitazioni  tranne  la  fortezza,  chiamata  oggi  da  alcuni  Qasr 
al-Sani'  ed  al-Mu'allaqah  :  in  essa  aveva  stanza  la  guarnigione,  sihnah, 
degli  al-Rùm.  che  dominava  l'Egitto  a  nome  degl' imperatoli  re  degli 
al-Rùm  quando  il  governatore  lasciava  Alessandria  e  veniva  a  stare  per 
un  certo  tempo  nella  fortezza  anzidetta.  Poi  il  governatore  ritornava  ad 
Alessandria,  che  era  la  sede  del  governo.  Questa  rocca  sovrastava  alle 
acque  del  Nilo,  e  le  imbarcazioni  fluviali  potevano  approdare  alla  porta 
occidentale,  che  aveva  nome  Bàb  al-Hadid.  Da  questa  porta  salpò  al-Mu- 
•  lawqis  con  le  imbarcazioni  sul  Nilo,  allorché  i  Musulmani  stavano  per 
impossessarsi  della  fortezza,  ed  approdò    all'isola    che   giacc\;i    rlirimpettó 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Tradì- 
zioni  sulla  fon- 
dazione di  al- 
Fustàt  (Misr)  • 
della  moschea 
di  'Amf.] 


h-,U. 


§§  uM-itìi;.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  iiiia  fortezza,  chiamata   auche   oggi  al-Rawclah,  di  fronte  a  Misr.  Il  Nilo- 

'    ioni  sulla  Tori-     metro,  M  i q y  à s  al-Nil.  era  ai  fianchi  della  fortezza  (Maqriz  i   Khitat, 

dazione   di    al-       [.    286,    liu.     14-21). 

."f""        '-[.   *  8   165.  —  (ibn  al-Mutawwaji;,  senza  isnàd).  La  colonna  che  funt^eva  da 

della   moscnea  o  •  \  o'  j  o 

di  Amr.]  Nilouietro  ai  tempi  dei  Greci  fu  più  tardi  conservata  nello  Zuqàq  Masgid 

ibn  al-Nu'man,  dove  esisteva  ancora  mentre  scriveva  al-Maqrizi,  ossia  nel- 
r820.  IT.  (Maqrizi  Khitat,  1.  pag.  286,  lin.  21-22;  Maqrizi  Eg.,  105). 

§  166.  —  (al-Maqrìzi,  senza  isnàd).  La  fortezza  anzidetta  continuò 
ad  essere  munita  di  guarnigione  (sino  ai  tempi  dell'  invasione  araba),  e  di 
essa  parliamo  in  altro  luogo.  Dalla  parte  della  tortezza  che  guarda  verso 
il  mare  (^lediterraneo),  ossia  al  nord,  il  piano  era  tutto  pieno  di  alberi  e 
vigneti  (kifrùm),  ed  es.si  coprivano  tutto  il  terreno  dove  poi  sorse  Tal- 
Grami'  al-'Atiq.  Tra  la  fortezza  ed  il  monte  sorgevano  numerose  chiese  e 
conventi  (diyàràt)  dei  Cristiani,  e  precisamente  nel  luogo  detto  di  poi 
Kàsidah.  Ai  fianchi  della  fortezza,  in  quel  tratto  tra  i  vigneti  prossimi 
ad  essa  e  quella  riva  elevata  (al-Gurf)  che  di  poi  tu  conosciuta  con  il 
nome  di  (xabal  Yaskur,  ossia  dove  sorge  la  moschea  Grami'  ibn  Talùn,  ed 
(il  castello)  al-Kabs,  esistevano  numerose  chiese  e  conventi  dei  Cristiani, 
luoghi  che  fiii'ono  conosciuti  nei  primissimi  tempi  dell'Islam  con  il  nome 
di  al-Hamrà-,  e  più  tardi  con  il  nome  di  Khatt  Qanàtir  al-Sibà'  (ossia  delle 
macchine  per  elevare  l'acqua  del  fiume).  In  al-Hamrà-  rimasero  in  piedi 
molti  conventi  sino  a  quando  furono  demoliti,  sotto  il  governo  del  sultàn 
al-Màlik  al-Nàsir  Muhammad  b.  Qilàwun  (693-694  a.  H.). 

Or  quando  'Amr  b.  al-'As  espugnò  la  città  di  Alessandria  per  la  prima 
volta,  si  stabilì  nei  pressi  di  questa  fortezza  (Babilonia)  e  fondò  la  moschea 
congregazionale,  al-Gràmi'  al-'Atiq,  detta  anche  Grami'  Amr  b.  al-'As;  in- 
torno alla  quale  le  tribù  degli  Arabi  si  stabilirono,  e  cosi  sorse  quella  città 
conosciuta  poi  con  il  nome  di  al-Fustàt,  e  la  gente  vi  prese  stanza. 

Negli  anni  che  seguirono  la  conquista,  le  acque  del  Nilo  si  allonta- 
narono dal  terreno  .sul  quale  sorgevano  la  fortezza  e  la  moschea  Grami 
al-'Atiq,  lasciando  uno  spazio  aperto,  dove  i  MusiTlmani  tennero  un  tempo 
le  loro  cavalcature;  ma  poi  un  poco  per  volta  anche  questo  terreno  si  coprì 
di  fabbricati  ed  il  fiume  si  allontanò  sino  al  punto  che,  vivente  al-Maqrizi, 
si  chiamava  al-Ma'àrig,  sino  ad  al-Kawm,  che  si  trova  a  mano  sinistra  di 
chi  entra  per  la  porta  Bàb  Misr,  all'estremità  di  al-Kibàrah.  In  questo 
luogo,  su  questo  al-Kawm  (ossia  altura  piccola),  sorgevano  un  tempo  case 
sovrastanti  alle  acque  del  Nilo,  e  le  rive  del  fiume  estendevansi  dal  Bàb 
Misr  anzidetto  sino  al  Bustàn  ibn  Kaysàn,  giardini  ai  tempi  di  al-Maqrizi 
con  il  nome  di  Bustàn  al-Tawàsi,  al  principio  di  Maràghah  Misr.  E  tutto 

560. 


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21.  a.  H. 


166-168. 


lo  spazio  conosciuto  di  poi  con  il  nome  di  Maiàghali  Misi-  ed  al-Grurf  sino  21.  a.  H. 

all'al-Khalig,  in  larghezza,  nonché  dalla  Qantarah  al-Sudd  sino  al  Sùq  al-        ^j^nj  ^^^]^g^  7o*n- 
Ma'àiig  in  lunghezza,  era  inondato  costantemente  dalle  acque  del  Nilo  sino        dazione  di  al- 
a  che  il  fiume  si  fu  allontanato    dopo   il   vi  secolo  della  Higrah,  e  quello        deiir moschea 
diventò  terreno  sabbioso.  Allora  in  esso  terreno  gli  amir  fondarono  case        di  Amr.] 
sul  Nilo  allo  stesso  tempo  che  al-Malik  al-Sàlih  Nagm  ai-din  Ayyùb  (564-589) 
costruì  la  Qal'ah  al-Rawdah,  ed  alcuni  vi  eressero  magazzini  e  granai,  sùna, 
che  rimasero  in  piedi  sino  a  che  al-Malik  al-Nàsir  Muhammad  b.  Qilàwun 
edificò  la  sua  moschea  congregazionale.  detta  al-Gràmi'  al-Gradid  al-Nàsiri, 
fuori  di  Misr,  ed  allora  sorsero  intorno  ad  essa  tutti  gli  edifici  che  la  cir- 
condano. 

Ai  tempi  della  conquista  dell'  Egitto  vari  luoghi  che  si  estendono  da 
al-Munsà-ah  al-Mahràni  sino  alla  Birkah  al-Habas  in  lunghezza,  e  dalla  riva 
del  Nilo  presso  Mawridah  al-Hulafà  (?  Khulafà)  e  di  fi-onte  all'al-Gràmi' 
al-Gradid  sino  al-Sùq  al-Ma'àrig,  e  quello  che  è  sulla  sua  strada  sino  di- 
nanzi alla  moschea  Masgid  al-Ràs,  detto  volgarmente  Mashad  Zaj-n  al- 
'Abidin  (in  larghezza):  tutto  questo  era  sommerso  dal  fiume  (Maqrìzi 
Khitat,  I,  pag.  286,  lin.  22-287,  lin.   6;    Maqrizi    Eg.,    Ili,   105-106). 

§  167,  —  Dice  ibn  Sa'ìd  [abii-1-Hasan  'Ali,  f  673.-685.  a.  IT.]  attingendo 
al  Kitab  al-Kamà-im  ('):  Quanto  a  Fustàt  Misr,  le  sue  costruzioni  in 
antico  si  stendevano  sino  a  toccare  quelle  della  città  di  'Ayn  Sams.  Ve- 
nuto l'Islam,  v'era  colà  un  edificio  detto  al-Qasr  intorno  a  cui  s'aggrup- 
pavano delle  abitazioni.  Quivi  fece  sosta  'Amr  b.  al-'As  e  piantò  la  sua 
tenda  dove  (poi  sorse)  la  moschea  congregazionale  che  porta  il  suo  nome. 
Compiuta  la  conquista,  divise  fra  le  tribù  le  sedi  ;  e  la  città  prese  da  lui 
il  nome  di  Fustàt  'Amr  (Maqrizi    Khitat,  I,  340,  lin.  28-31)  [G.]. 

Nota  1.  —  In  qualche  ms.  leggesi  al-t  ama- i  m,  e  potrebbe  intendersi,  come  ha  proposto  il  Casa- 
nova, in  Bull,  de  l'Insf.  frang.  d'arch.  orient.  dii  Caire,  I,"  1901,  pag.  154,  nota  1,  il  Kitàb  tamà'im 
al-hamà-im  o  «  sui  colombi  »  opera  di  ibn  'Abd  al-zàhir  [f  69'2.  a.  H.],  citata  in  un  altro  luogo  dello  stesso 
Maqrizi,  II,  231,  lin.  7.  'Abdallah  ibn  'Abd  al-zàhir  fu  storiografo  e  si  occupò  specialmente  della  to- 
pografia del  Cairo:  cfr.  De  Sacy,  Chresf.,  II,  151,  e  Mem.  de  la  miss,  frane,  d'arch.  orient.,  VI,  idi-50ò 
Tuttavia,  siccome  l'opera  storico-topografica  di  ibn  'Abd  al-zàhir  sul  Cairo  s'intitolava,  come  Io  stesso 
Maqrizi  la  cita  (I,  5,  lin.  20),  Kitàb  al-rawdah  al-babij^yah  al-zàhirah  fi  Khitat  al-Mu'iz- 
ziyyah  al-Qàhirah  (cfr.  Hagi,  III,  499,  n.  6637;  Brockelman  n ,  I,  319),  e  d'altra  parte  anche  in 
Maqqari  Dozy,I,  685,  lin.  10,  nel  passo  identico  su  riferito  di  ibn  Sa'id,  il  titolo  della  sua  fonte 
è  al-Kamà'im  non  al-Tamà'im,  è  probabile  si  tratti  qui  di  un'altra  opera,  su  cui  non  possediamo 
veruna  informazione  [G.]. 

§  168.  —  (al-Maqrìzi,  senza  isnàd).  Fu  già  detto  che  la  città 
Fustàt  Misr  fu  costruita  dai  Musulmani  attorno  alla  moschea  di  Amr  b. 
al-'As  ed  al  Qasr  al-Sam',  e  come  il  fiume  Nilo  arrivava  sino  alla  porta 
occidentale  del  Qasr  al-Sam'  chiamata  Porta  Nuova.  Al  momento  della  con- 
quista dell'  Egitto  non  v'era  tra  (il  sito  del)la  moschea  di  'Amr  ed  il  Nilo 

561.  71 


g§   liiS  ITI.  ^^'    ^'    "• 

21.  a- H.  .ilfuii   iiitorvallo  o  separazione;  di  poi  l'acqua  del  Nilo  lasciò  a  secco  un 

zioni  sulla  fon-     Piatto  di  terra  davanti  alla  moschea  ed  al  Qasr  al-Sam'.  sulla  quali'  odificò 
dazione  di  al-       Abd   ;»I-'a/i/,  b.    Marwau  (Maqrizi,  I,   343,   liu.   32-34)  |(f.|. 
deUa^ moschea  §   ^^^'  —  (abù  Sàlih).  lSi  dice    che  i  Musulniani,  quando    giunsero  a 

di  Amr.]  Misr.  fecero  uno  zirb  (recinto  spinato)  con  canne   palustri,  che  si  esten- 

•  deva  dal  Khatt  al-Farr  sino  al  luogo  detto  Dawrah  Khalaf,  ed  ivi  si  riu- 
nirono, e  fu  chiamato  al-Fustàt  ossia  il  luogo  di  viunione,  magma',  della 
gente  :  ma  gli  Arabi  non  vi  piantarono  tende,  perchè  non  ne  conosce- 
vano {sic)  (abu    Sàlih,  pag.  28). 

§  170.  —  (al-Maqrìzi,  senza  isnàd).  al-Maqs  è  antica:  era  nell'età 
prt'islamica  un  villaggio  chiamato  umm  Dunayn,  od  è  ora  (al  tempo  di 
al-ì\Iaqrlzi  )  un  quartiere  fuori  di  al-Qàhirah  sulla  sponda  occidentale  del 
Khalig.  Quando  fu  fondata  al-Qàhirah,  esso  (cioè  al-Maqs  costituiva)  la 
sponda  del  Nilo  [il  cui  antico  corso  s'accostava  assai  più  di  ora  al  Khalig: 
(fr.  Casanova,  Hlstoire  et  description  de  la  citadelle  du  Caire,  MMFAO, 
\'I.  tav.  3"),  ed  ivi  l'imam  abù  Tamim  al-Mu'izz  li-din  Allah  [il  4"  fà- 
timida:  341.-365.  a.  H.]  fece  sorgere  un  ma'add  al- san  a' ah  (porto, 
darsena,  scalo  con  arsenale),  e  l'imam  abù  'Ali  Mansùr  al-Hàkim  bi-amr 
Allah  [6''  fati  mi  da:  386.-410.  a.  H.]  eresse  il  Grami'  al-Maqs,  che  al  tempo 
di  al-Maqrizi  la  gente  di  Misr  chiamava  volgarmente  moschea  al-Maqsi,  e 
che  guardava  sul  Khalig  al-Nàsiri. 

abù-1-Qàsim  Abd  al-rahmàn  b.  Abdallali  ibn  Abd  al-hakam,  narrando 
la  spedizione  di  'Amr  b.  al-'As  per  la  conquista  di  Misr,  racconta  come 
Aiur  avanzasse  senza  incontrare  altro  che  leggera  resistenza  finché  arrivò 
in  Bilbaj's  (?),  dove  (li  Egiziani)  gli  tennero  testa  per  circa  un  mese  (o  un 
certo  tempo).  Riuscito  vincitore,  'Amr  proseguì  superando  ancora  qualche 
altra  lieve  resistenza,  finché,  arrivato  a  umm  Dunayn,  dovette  sostenere 
accanito  combattimento.  E  poiché  la  vittoria  tardava  (a  venire),  scrisse 
per  rinforzi  al  comandatore  dei  credenti  'Umar  b.  al-Khattàb,  e  questi  gli 
mandò  in  aiuto  4  mila  guerrieri,  portando  così  a  8  mila  il  numero  delle 
sue  genti,  con  le  quali  egli  diede  battaglia;  ecc.  ecc. 

Dice  il  qàdi  abù  Abdallah  al-Qudà'i  :  al-Maqs  era  un  villaggib 
(day' ah)  di  nome  umm  Dunayn.  Il  nome  al-Maqs  é  un'alterazione  di 
al-Maks,  che  era  la  tassa  di  dogana  o  diritto  di  mercato,  prelevato  dal 
percettoi-e  della  decima  che  chiamavasi  sàliib  al-maks  (esattore  della 
dogana),  e  che  risiedeva  appunto  colà  (Maqrìzi,  II,  121,  liu.  5-15)  [G.J. 
§  171.  —  Il  nome  al-Maqs,  dice  al-Maqrizi,  era  pronunziato  da  alcuni 
al-Maqsim  (')  (o  al-Maqsam),  con  un  m  finale,  ibn  'Abd  al-zàhir  nel  suo  libro 
sui  Khitat  al-Qàhirah  riferisce  di  averlo  udito  pronunziare  al-Maqsani, 

.^62. 


21.  a.  H. 


17!.   IT-J. 


e  spiefiraisi  il  nome  come  del  luoeo  dove  si  tacesse  la  divisione  (qismah)  ^i.  a.  h. 

^     °  v-i  /       [EGITTO.  -  Tradi- 

dei  bottini  dopo  le  vittorie  di  conquista    (Maqrìzi,  II,  123,  liu.   19-21).        zjonj  sun^  ,on. 

Nota  1.  —  Il  Casanova,  nella  citata  memoria  osserva:   ^  Serait-ce  la  vraie  prononciation V  et  fan-  dazione   ai    al- 

«  drait-il  V  voir  le  souvenir  de  quelque  gouvemeur  romain  dn  nom  de  Maxime?».  rustat    (Misr)    e 

della  moschea 

§  172.  —  (Fondazione  della  moschea  di  al- Fu  stàt).  Si  può  d*  Amr.i 
dire  che  il  primo  edilìzio  pubblico  eretto  in  al-Fustàt  sia  .stata  la  moschea, 
celebre  con  il  nome  di  Moschea  di  Ami-  b.  al-'As  dal  nome  del  suo  fon- 
datore. Essa  fii  chiamata  la  masgid  al-gàmi',  o  moschea  congregazio- 
nale,  perchè  quella  in  cui  i  fedeli  dovevano  riunirsi  nella  cerimonia  religiosa 
pubblica  del  venerdì,  quando  il  luogotenente  del  Califfo  faceva  anche  l'ora- 
zione o  predica  ufficiale.  L'edifizio  era  molto  semplice  in  origine  e  coperto 
da  una  rozza  tettóia.  Il  pavimento  era  acciottolato  con  breccia,  e  le  mura 
interne  nemmeno  coperte  d' intonaco.  Nessuna  suppellettile  ornava  l' in- 
terno, perchè  il  Califfo  Umar  non  consentì  l'uso  del  min  bar  o  pulpito, 
ed  il  mihràb,  o  nicchia  in  dkezione  di  Makkah,  è  istituzione  di  tem])i 
posteriori.  La  moschea  era  in  sé  sì  poco  attraente  che  nei  giorni  di  festa 
e  riunione  i  fedeli,  terminate  .le  cerimonie  ufficiali,  preferivano  intratte- 
nersi nel  luogo  aperto  intorno  alla  moschea. 

Il  modo  pi'imitivo  con  cui  fu  eretta  la  moschea  risulta  anche  dalla 
preziosa  notizia  che  l'orientamento  di  essa,  fatto  da  persone  inesperte  riusci 
errato,  onde  i  fedeli  dovettero  disporsi  di  sbieco  per  pregare,  come  è  pre- 
scritto, in  direzione  esatta  di  Makkah. 

Contemporaneamente  con  la  costruzione  della  moschea  principale  furono 
fondate  in  ogni  khittah  le  moschee  particolari  di  ogni  stirpe  e  tribìi,  e 
queste  masàgid,  alcune  delle  quali,  descritte  con  l'aggettivo  khit ti.  ri- 
montavano ai  primissimi  tempi  della  fondazione  (Maqrìzi  Khitat,  II, 
246:  Duqmàq,  IV,  62),  servivano  non  soltanto  come  luogo  di  preghiera, 
ma  principalmente  come  posti  di  riunione  e  di  convegno  dei  capi  delle 
tribù  per  decidere  le  loro  faccende.  Allo  stesso  modo  la  moschea  princi- 
pale serviva  per  le  riunioni  generali  dei  capi  tribù,  per  le  solenni  comu- 
nicazioni ufficiali,  e  per  le  cerimonie  di  carattere  pubblico  e  d' interesse 
generale,  come  il  mutamento  di  governatori,  la  partecipazione  di  ordini 
del  Califfo,  la  successione  d'vm  califfo  all'altro  e  via  discorrendo.  Tutte  lo 
moschee  erano  piccoli  parlamenti  locali. 

V'era  inoltre  la  grande  Musai  la,  come  a  Madinah,  ossia  uno  spazio 
aperto  nel  quale  il  popolo  conveniva  in  alcune  circostanze  speciali  del- 
l'anno, nelle  quali  il  concorso  dei  fedeli  era  specialmente  grande  e  quando 
si  compievano  cerimonie,  alle  quali  la  moschea  congregazionale  non  si  pre- 
stava :  questo  era,  per  esempio,  il  caso  nel  giorno  del  sacrifizio,  il  10  Dzu-1- 


^  172-175.  21.  a.  H. 

2'-  •■  ^-  lliggah,  quando  si  sacrificavano  le  vittime  in  ossequio   alla  solenne  ceri- 

zioni  sulla  fon-     mouia  analoga  che  si  svolgeva  nello  stesso  giorno  nella  valle  di  Mina  presso 
dazione  di  al-     Makkali   durante  il  grande  pellegrinaggio. 

della  moschea  §   ^'^^'  —  (Hisàm  b.  Animar,  da  al-Mugbìrah  b.  al-Mughirah,  da  Yahva 

di  'Amr.]  1,     Atfr  al-KJiuràsàni,  da  suo  padre).  Quando  'limar  conquistò  i  paesi  (al- 

buldan),  scrisse  ad  abù  Musa  governatore  di  al-Basrah,  ordinandogli 
di  disporre  per  la  costruzione  di  un  masgid  per  la  collettività  (al-ga- 
mà'ali)  e  di  altri  masgid  (minori)  per  le  tribìi:  nel  giorno  di  venerdì 
tutti  dovevano  riunirsi  nella  masgid  al-gamà'ah.  Ed  'Umar  scrisse 
a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  governatore  di  al-Kùfah,  e  ad  Amr  b.  al-'As  gover- 
natore di  Misr  nello  stesso  senso:  (invece  sci'isse)  agli  umarà  agnàd 
al -Sani,  o  luogotenenti  militari  in  Siria,  di  non  sparpagliarsi  nei  vil- 
laggi, ma  di  prendere  stanza  nelle  grandi  città  ('),  ed  in  ognuna  di  queste 
fondare  una  masgid,  vietando  però  alle  tribù  di  farsi  delle  masgid 
proprie.  E  gli  ordini  del  Califfo  furono  rigorosamente  osservati  (Maqrìzi 
Khitat,  II,  pag.  246,  lin.   12-17). 

È  singolare  l'affermazione  contenuta  in  questa  tradizione,  che  il  Ca- 
liffo ordinasse  norme  diverse  per  1'  'Iraq  e  per  l' Egitto  da  quelle  stabilite 
per  la  Siria  in  ciò  che  riguardava  la  costruzione  delle  moschee  minori. 
Né  ci  vien  data  la  spiegazione.  Nella  tradizione  abbiamo  chiara  memoria 
del  fatto  che  in  origine  la  grande  moschea  congregazionale  doveva  servire 
soltanto  per  la  cerimonia  solenne  settimanale  del  venerdì,  quando  il  capo 
della  comunità  aveva  l'obbligo  di  recitare  una  conciono  di  carattere  mo- 
rale. Le  piccole  masgid  servivano  invece,  in  ogni  tribù,  per  il  disbrigo 
degli  affari  e  non  soltanto  per  le  preghiere  :  in  esse  si  trattavano  in  riu- 
nioni plenarie  tutte  le  faccende  riguardanti  la  tribù.  —  Il  divieto  attribuito 
ad  'Umar  è  assai  verosimile,  perchè  egli  al  pari  di  Maometto  diflfìdava 
delle  riunioni  particolari  che  potevano  generare  secessioni  e  scissioni. 

Nota  1.  —  Vi  sono  però  ragioni  per  credere  che  la  verità  fosse  tutto  il  contrario,  cioè  che  per 
gli  Arabi  del  primo  secolo  il  soggiorno  nelle  città  rinsciva  incomodo  e  sgradevole:  sul  quale  argomento 
si  legga  il  bellissimo  lavoro  del  Lammens,  Jm  Badia  et  la  Hìra  sous  les  Omaiyades  nei  Melanges 
de  la  Faculìé  orientale,  IV,  pag.  91  e  segg. 

§  174.  —  (Abd  al-malik  b.  Maslamah  da  al-Layth  b.  Sa'd).  Amr  b. 
al-'As  costruì  anche  la  moschea:  tutto  intorno  v'erano  recinti  murati  (ba- 
da-iq)  e  vigneti  ('?  a'nàb):  allora  tesero  le  corde  (?  nasabù  al-hibàl 
forse  per  determinare  i  confini  del  tempio),  finché  tutto  fu  a  posto,  ed 
'Amr  b.  al-'As  non  si  allontanò  finché  non  fu  fissato  il  luogo  della  q  i  - 
blah  ('Abd  al-hakam,   133).  —  Cfr.  Suyuti  Husn,  I,  63. 

§  175.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahi'ah,  da  abù  Tamìm 
al-Graysàni).   'Amr  b.  al-'As  ed  i  Compagni    del    Profeta   che   insieme  con 

564. 


21.  a.  H. 


§§  175-178. 


lui  costruirono  la  moschea,  fecero    anche    un    min  bar.  Quando   ne   ebbe  21.  a.  h. 

•1    /^    ,  .jY.      -TX  •  1    •  A  1  -x  -»r-     .        •  •    •  [EGITTO.  -  Tradì 

notizia,  il  Calmo    Umar  scrisse  ad    Amr  b.  al-As:   «  Mi  e  giunta  notizia        ^ionì  sulla  fon- 
«  che  tu  ti  sei  preso  un  minbar  per  elevare  te  stesso  sopra  alle  teste  dei        dazione  di  ai- 

-,,,  .  .  „  T-i"  ...,.  Fustàt    (Misr)    e 

«Musulmani:  or  non  conviene   torse  meglio  che  tu  stia  m  piedi,  mentre        delia  moschea 
«  i  Musulmani  stanno  dietro  alle  tue  spalle?  Perciò   ho   deciso  che  tu    lo        ^i  Amr.] 
«debba  rompere»  (versione  incerta)  ('Abd  al-hakam,  133). 

Cft-.  Suyùti  Husn,  I,  63. 

§  176.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b. 
abì  Habib,  da  abù-1-Khayr).  abù  Salim  al-Ghàfiqi,  Compagno  del  Profeta, 
fece  da  mu-adzdzin  per  'Amr  b.  al-'As,  ed  abù-1-Khayr  dichiarava  di 
averlo  visto  profumare  con  l'incenso  la  moschea,  ma  la  gente  era  in  er- 
rore e  confusione  (i  kh  t  a  1  a  t  a)  (^)  ('Abd  al-hakam,   1 33). 

Cfr.  Suvùti  Husn,  I,  63. 

Nota  1.  —  Gli  Arabi  di  natura  sensuale  amavano  assai  i  profumi,  e  Maometto  non  faceva  ecce- 
zione: si  vuole  anzi  che  li  raccomandasse  quando  si  frequentava  la  moschea  nei  venerdì  {Lammens, 
Moawiya,  pag.  167,  nota  2). — Il  divieto  però  dell'incenso  proviene  dal  timore  dei  puritani  islamici  che 
usi  e  riti  cristiani  entrassero  nel  culto  musulmano. 

§  177.  —  (Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Wahb,  da  Yahya  b. 
Azhar,  da  al-Haggàg  b.  Saddad,  da  abù  Sàlih  al-Gliifè-rj).  'Amr  b.  al-'As 
scrisse  al  Califfo  'Umar  :  «  Ti  abbiamo  assegnata  una  casa  presso  la  mo- 
«  schea  congregazionale  (a  1  -  m  a  s  g  i  d  a  1  -  g  a  m  i  ')  » .  'Umar  rispose  che  ad 
uno  che  viveva  nel  Higàz  non  occorreva  una  casa  in  Misr,  e  ordinò  che 
venisse  tramutata  in  un  mercato  per  i  Musulmani.  Questa  divenne  poi, 
secondo  ibn  Lahi'ah,  il  Dar  al-Barakah,  ossia  quel  mercato  dove  ai  tempi 
di  ibn  Abd  al-hakam  si  vendeva  la  farina  fina  detta  daqìq  (^)  (Abd  al- 
hakam,   133-134). 

Cfi-.  Suyùti  Husn,  I,  64. 

Nota  1.  —  Altre  tradizioni,  che  risalgono  ad  'Abd  al-malik  b.  Maslamah  e  ad  ibn  Sihàb  al-Zuhri, 
affermano  essere  stato  il  Dar  al-Barakah  l'abitazione  posseduta  da  'Abdallah  b.  "Umar  b.  al-Khattab, 
quando  visse  in  Egitto,  e  da  lui  donata  senza  compenso,  secondo  il  primo,  ad  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn, 
secondo  l'altro  a  Mu'àvriyah  b.  ahi  Sufyàn  {'Abd   al-hakam,  134). 

§  178.  —  (ibn  Lahi'ah).  'Amr  b.  al-'As  prese  stanza  (ikh fatta)  presso 
la  moschea  (di  al-Fustàt),  nelle  vicinanze  della  porta  d'ingresso  e  separato 
dalla  medesima  dalla  via  pubblica.  Un'altra  sua  casa  era  aderente  alla 
moschea,  ed  ivi  si  dice  venisse  poi  sepolto  suo  figlio  'Abdallah  b.  'Amr 
('Abd  al-hakam,   139). 

Questo  è  uno  dei  rari  casi  di  un  proprietario  sepolto  nella  propria 
dimora.  Il  primo  caso  che  ci  è  occorso  negli  Annali  è  quello  del  Profeta 
Maometto.  Anticamente,  presso  gli  Arabi  sedentari,  era  forse  uso  seppel- 
lii'e  i  morti  o  nella  camera  in  cui  avevano  reso  l'ultimo  respno,  oppure 
nei  pressi  della  casa  (WeUhausen   Reste,  178).  Ciò  si  potrebbe  desu- 

565. 


21.  a.  H.  more  dal  coutestd  di   ima  narrazione    nel   Kitàb  al-AgJjàni  (11,    KiO):   una 

2ioni  sulla  Ton-  donna  rimpiangendo  la  moi-te  del  marito  e  del  suocero  in  terra  lontana, 
dazione  di  al-     fg^g  line  unicelii  di  terra   innanzi  alla  porta  di  casa  e  disse:  «  Queste  sono 

Fustàt    (Misr)    e  ,  ,  -i    •      ,        ,  o-     •     ,•      •  i  ^ 

della  moschea  *  ^^  tombe  dei  due  I  ».  bi  intensci'  la  stessa  co.sa,  ma  con  maggiore  sicu- 
dl  Amr.]  rezza,  da  alcune  tradizioni,  secondo    le  quali    Ausali,   la   vedoNa    di    Mao- 

metto, ^/r<7Ò  di  noti  essere  sepolta  nelle  vicinanze  del  Profeta  (Hukh ari , 
I,  350,  ult.  liii.),  ma  nel  cimitero  lomune.  In  al-Kufah  pare  si  seppellisse 
im  tempo  nelle  case,  o  almeno  entro  la  città,  perchè  si  narra  clic  Khal)bàb 
b.  al-Aratt  tósse  il  primo  a  t'arsi  seppellire  fuori  dell'abitato,  e  gli  abitanti 
si  conformarono  al  suo  esempio  negli  anni  seguenti. 

§  179.  —  (abù  Umar  Muliammad  1).  Yùsuf  b.  Ya'qùb  I).  Hats  al-lvindi, 
nel  suo  libro  Kitàb  akhbàr  masgid  ahi  al-Eày.ah,  da  Ilubayrah 
b.  Ab3'ad,  da  uno  saykh  dei  Tugib).  Qaysabah  b.  Kulthùm  al-Tugibi 
era  uno  dei  banù  Sùm  (Sawm).  che  accompagnarono  '.Amr  b.  al-'As  dalla 
Siria  quando  fece  la  spedizione  contro  l' Egitto.  Egli  aveva  con  sé  cento 
cameli,  cinquanta  servi  e  trenta  cavalli.  Quando  i  Musulmani  si  riunirono 
per  l'assedio  della  fortezza  (di  Babilonia),  nell'esaminare  i  dintorni  egli 
prese  nota  di  un.  giardino  nelle  vicinanze  della  fortezza  ed  ivi  piantò  le  sue 
tende  con  tutti  gli  schiavi  e  con  la  propria  famiglia  (^  seguaci,  l^i  rimase 
durante  tutto  l'assedio,  e  dopo  l'espugnazione  di  Babilonia  andò  con  Ann 
b.  al-'As  alla  spedizione  di  Alessandria,  lasciando  la  sua  gente  nell'anzi- 
detto giardino.  Dopo  la  conquista  di  Alessandria  Qaysabah  fece  ritorno 
alla  sua  dimora  nel  giardino  presso  la  tortezza,  ed  'Amr  b.  al-'As  delimitò 
la  propria  casa  di  fronte  a  quel  giardino  di  Qaysabah.  I  Musulmani  ten- 
nero allora  consiglio  per  stabilire  dove  avrebbero  posto  la  moschea  con- 
gregazionale  e  videro  che  il  miglior  sito  era  il  giardino  di  Qa3^sabah.  Amr 
b.  al-'As  lo  interpellò  in  proposito,  offrendogli  in  cambio  un  terreno  do- 
vunque egli  lo  desiderasse.  Qaysabah  generosamente  ne  fece  cessione  alla 
comimità  musulmana^  e  la  moschea  fu  fondata  nel  21.  H.  (Maqrizi  Kb  i- 
tat,  II,  pag.  246,  lin.  17-33,  dove  sono  anche  citati  i  versi  di  abù  Qabbàii 
b.  Nua3^m  b.  Badr  al-Tugibi,  di  abù  Mus'ab  Qays  b.  Salamah,  ambedue 
panegiristi  del  dono  di  Qaysabah). 

InJVIahàsin,  I,  75,  lin.  16  e  segg.,  il  donatore  dell'area  della  mo- 
schea è  chiamato  abù  'Abdallah  Qutaybah  b.  Kulthùm  al-Nugaybi. 

Cfr.  Yàqùt,  III,  898;  Suyùti    Husn,  I,   103. 

§  180.  —  (al-Layth  b.  Sa'd).  Il  luogo  dove  sorge  la  moschea  era  un 
tempo  tvitto  recinti  murati  e  vigneti. 

(al-Sarif  Muhammad  b.  As'ad  al-Grawàni).  Dei  campi  seminati  (della 
pianura  di  al-Fustàt)  faceva  parte  anche  il  tei-reno  dove  poi  sorse  la  Grami 


21.  a.  H.  |§  itìo-183. 


Misr.  Una  porzione  del  fondo  con  tutte  le  piante  che  ne  facevano  parte  rimase  21.  a.  h. 

a  lungo  intatta  dietro  al  muro  della  moschea  contro  il  quale  erano  appog-        2^Q„^  ^^^'^^^  ,0^. 
giati  l'al-Mihràb  al  kabìr  ed  il  minbar.  Anzi  alcuni  dotti  sostenevano        dazione  di  al- 
che gli  alberi  che  crescevano  in  quell'appezzamento  rimontassero  ai  tempi        deila^ moschea 
di  Mosè.  Altri  alberi  appartenenti  al  giardino   primitivo  del  fondo   sorge-        ^i  'Amr.] 
vano  nel  quartiere  degli  al-Warràqin  e  furono  distrutti  dalle  fiamme  nel 
grande  incendio  del  564.  H.  Nella  moschea  stessa  per  lungo  tempo  fu  vi- 
sibile  il   pozzo    antico    del  giardino,   clie  servì  a  dissetare  i   credenti,  e  si 
trovava  nel  luogo  preciso  di    riunione    del    giurista    ibu    al-óizi    al-Màliki 
(Maqrizi    Khitat,  IL   pag.   246,  lin.  33-38). 

Il  rispetto  per  gli  alberi  rivelato  in  questa  tradizione  è  una  memoria 
della  venerazione,  propria  di  tutti  i  Semiti  pagani,  per  gii  alberi  in  genere, 
considerati  come  luoghi  di  dimora  prediletti  degli  esseri  soprannaturali. 
Cfr.  Robertson  Smith,  Lecfiires  on  the  Relìgion  of  the  Semites,  178  e  passim. 

§  181.  —  (al-Kindi,  da  Yazid  b.  abi  Habib).  La  qiblah  della  rao- 
h;chea  di  Misr  fu  fissata  con  l'assistenza  di  ottanta  Compagni  del  Profeta, 
tra  i  quali  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm,  al  Miqdàd,  Ubàdah  b.  al-Sàmit,  abù-1- 
Dardà,  Fadàlah  b.  Ubayd,  Uqbah  b.  Amir  ed  altri.  Le  fondazioni  della 
moschea  furono  messe  da  quattro  Compagni  del  Profeta,  abù  Dzarr,  abu 
Basirah.  Mahmi^ah  b.  Caz-  al-Zubaydi,  e  Nubayh  b.  Sawàb  fMJaqrizi 
Khitat,   li.  pag.  -246,  lin.   38;   pag.  247,  lin.  2). 

Mah  a  sin,  I,  76,  lin.  1-6,  aggiunge  che  la  qiblah  volta  verso  oriente 
sorse  poi  di  fronte  all'Aywàn  di  Qurrah  b.  Sarik,  quando  fu  demolita  e 
ricostruita  la  moschea,  regnante  il  Califfo  al-Walid  (86.-96.  H.),  ma  fu  ri- 
jiiegata   un   poco  più  verso  man  dritta. 

§  182.  —  (a)  ('Abdallah  b.  abi  Ga'far,  senza  isuad).  Il  mihràb  della 
moschea  di  Misr  fu  messo  da  'LTbàdah  b.  al-Sàmit.  da  Ràfi'  b.  Malik,  am- 
bedue n  a  q  ì  b  . 

(6)  fDàwvid  b.  'Uqbah.  senza  isnàd).  Amr  b.  al-'As  mandò  Rabi'ah 
b.  Surahbil  b.  Hasanali,  e  Amr  b.  'Alqamah  al-Qurasi  al-'Adawi  ad  erigere 
la  qiblah.  dicendo  loro  di  orientarla  al  momento  in  cui  tramontava  il 
sole  oppure  a  mezzodì  preciso  ed  «  allora  ponetela  ala  hàgibaykumà  (?)  ». 
E  così  fecero  (Maqrizi    Khitat,  IL  pag.  247.  lin.  2-5). 

§  183. —  (al-Layth).  Amr  b.  al-'As  stese  le  corde  (kàna  yamudd 
ai-hibàlj  finché  ebbe  impiantata  la  qil)]ali  della  moschea.  Egli  disse: 
«  Volgete  la  qiblah  interamente  ad  oriente  (sarriqù  al-qiblah)  e  co- 
glierete l'al-Haram  (di  Makkah)  ».  E  la  (|  i  b  1  a  h  fu  volta  assai 
(gidd"")  verso  oriente.  Quandc)  (fu  fatto  governatore)  Qurrah  b.  Sarik, 
egli  piegò    la    qiblah    un    poco    più   verso  il  Yaman.    Lo    stesso  'Amr  b. 


21.  a.  H.  al-'5s,  quando  pregava  nel  masgid  al-gàmi'  (di  Misr),  pregava  in  di- 

zioni  sulla  Ton-     lezione  d'oriente  con  una  leggera  deviazione  (verso  il  Yaman,  o  il  sud). 

dazione  di  al-     Disse  un  uomo  dei  Tugib   di    aver   visto  'Anir   b.  al-'As  entrare    iu    una 

deitr  moschea     l'^iesa  (k  ani  sali),  e  pregare  in   essa,  e  non   deviava   se   non  poco  dalla 

dì  Amr.i  4  ibi  a  11   loi'O  (ossia  dei  fedeli  che    la   frequentavano)  (').  al-Layt_h    ed  ibu 

Lahì'ali,  quando  pregavano,  si  piegavano  un  poco  verso  il  Yaman.   Umar 

b.  Marwàn  lo  zio  dei  Califfi,  quando  pregava  nella  moschea,  si  piegava  un 

poco  verso  il  Yaman  (Maqrizi   Khitat,  li,  pag.  247,  lin.  6-12). 

Cfr.  Ma  ha  sin,  I,  76,  lin.  6-8. 

Questa  tradizione  è  nata  dal  fatto,  appurato  in  appresso,  quando  si 
adoprarono  mezzi  più  perfetti  per  stabilire  la  direzione  di  Makkah  ri- 
spetto a  Misr,  che  la  q  ibi  a  li  della  moschea  congregazionale  di  al-Fustàt 
non  era  messa  iiolla  giusta  direzione.  La  tradizione  vorrebbe  addebitare 
la  responsabilità  dell'errore  ad  'Amr  b.  al-'As,  il  quale,  secondo  questa 
tradizione,  avrebbe  ordinato  di  erigere  la  q  ibi  ah  in  direzione  esatta 
verso  l'oriente,  ossia  in  termini  astronomici,  direttamente  verso  est,  in 
linea  parallela  al  meridiano  di  latitudine.  Basta  uno  sguardo  alla  carta 
per  comprendere  che  tale  direzione  è  sbagliata,  perchè  il  fedele  pregando 
da  al-Fustàt  in  direzione  est,  non  si  volge  verso  Makkah,  come  gii  pre- 
scrive la  sua  fede,  ma  verso  la  parte  settentrionale  d'Arabia.  Per  correg- 
gere questo  errore  il  fedele  deve  volgersi  pregando  un  poco  più  verso  il 
sud,  ossia  verso  man  dritta  se  guarda  l'oriente,  ossia  più  verso  il  Yaman, 
che,  come  lo  indica  il  nome,  giace  a  man  diitta,  per  eccellenza,  secondo 
il  concetto  primitivo  arabo  :  l'orientamento  primordiale  dell'Arabo  antico 
era  verso  il  sole  nascente. 

È  però  certo,  come  risulta  anche  da  una  seguente  tradizione,  che  il 
primo  mihràb  in  al-Fustàt  fu  eretto  dal  grande  governatore  Qurrah 
b.  Sarik  dopo  il  90.  H.  Il  mihràb  o  nicchia  nel  muro  della  moschea,  in- 
dicante la  direzione  di  Makkah,  è  istituzione  di  un  periodo  posteriore  del 
rito  musulmano,  e  fu  ignorato  da  Maometto  e  dai  suoi  primi  successori. 
La  q  i  b  1  a  h  nel  suo  significato  più  antico,  quale  noi  troviamo  anche  nel 
Qur-àn  (II,  138,  139,  140,  e  X,  87),  non  era  una  cosa  materiale,  ma  una 
regola  morale,  in  quanto  implicava  di  pregare  in  direzione  di  Makkah. 
Questa  era  conosciuta  da  tutti  in  Madinah  e  non  occorreva  indicarla  con 
costruzioni  speciali  nelle  pareti  della  moschea  del  Profeta.  Tale  necessità 
s'impose  più  tardi,  quando,  estendendosi  i  possedimenti  musulmani  tutto  in- 
torno a  Makkah,  in  tutte  le  possibili  direzioni  del  compasso,  occorsero  prov- 
vedimenti speciali,  perchè  la  direzione  della  qiblah  variava,  rispetto  al  com- 
passo, in  ogni  luogo  del  mondo  musulmano.  In  tal  modo  sorse  la  necessità 

568. 


K-t^ 


"Annali  delllslam  ...  Voi.  IV 


Al-Fustàt 
ai  tempi  della  sua  fondazione  nel  21.  H. 


^ 


I 


N.  B.  Le  linee  rosse  secano  il  profilo  presente  dei  luoghi,  del  Nilo  e  della  città  del  Cairo.  Le  linee  nere  il  profilo  proKibile  del   Nilo  e  dell"  isola 
Rau^ah  ai  tempi  della  conquista. 
I  nomi  delle  tribù  segriano  il  luogo  dove  esse  si  stabilirono  nei  primi  lempi  della  fondazione  <cfr.  Ques;.  R.  Asiat.  Soc.  Gennaio  iqot.  p.  841. 


ISTITUTO  GEOGRAFICO  DE  AGOSTINI      NOVARA 


21.  a.  H. 


§§  183-187. 


di  stabilire  con  precisione  in  ogni  luogo  dove  e  come  pregare,  e  di  lasciare  21.  a.  H. 
un'indicazione  permanente  e  sicura  nell'edificio  stesso  per  maggior  comodo  ^joni  suiia  Ton- 
dei   fedeli.    Da    questo   bisogno  nacque  il  mihràb,  che  si  affermò,  come  dazione  di  ai- 
parte   integrante   della   moschea  solo  verso  la  fine  del  primo  secolo  della  deilà^  moschea 

Higrah.  di  'Amr.] 

Nota  1.  —  Non  si  comprende  come  né  perchè  'Amr  b.  al-'Às  entrasse  nelle  chiese  cristiane  a 
pregare.  Si  potrebbe  spiegare  interpretando  il  testo  nel  senso  che  si  tratti  di  chiese  cristiane  adibite  ai 
culto  musulmano,  incidente  che  fu  molto  comune  ai  primi  tempi  dell'Isiàm.  Ed  allora,  per  intendere  il 
passo,  bisogna  ricordare  quanto  avemmo  già  occasione  di  porre  in  rilievo  discorrendo  della  moschea  di 
Damasco  icfr.  14.  a.  H.,  §§  171,  172,  173),  ossia  che  le  chiese  cristiane  in  oriente  erano  tutte  volte  con 
l'altare  all'estremità  orientale  della  navata,  in  modo  che  il  prete  officiante  avesse  il  volto  in  direzione 
del  sole  al  momento  di  spuntare  sull'orizzonte.  Quindi  'Amr  b.  al-'Às,  usando,  in  Egitto,  una  chiesa  cri- 
stiana come  luogo  di  preghiera,  doveva,  per  essere  corretto,  non  accettare  l'orientamento  della  chiesa, 
ma  piegarsi  un  poco  verso  il  Yaman. 

§  184.  —  (ibn  Lahi'ah).  La  moschea  di  'Amr  b.  al-'Ss  non  aveva 
m  i  h  r  a  b  concavo  (m  u  g  a  w  w  a  f  =  costruito  nel  muro)  :  esso  fu  costruito, 
non  è  certo  se  da  Maslamah  (b.  Mukhallad,  quando  era  governatore  di 
Misr,  tra  il  47.  ed  il  62.  H.),  oppure  da  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn  (gover- 
natore di  Misr  tra  il  65.  e  V8Q.  H.)  (Maqrizi  Khitat,  II,  pag.  247, 
lin.   14-16). 

Cfr.  Mahasin,  I,  76,  lin.  8-12. 

§  185.  —  (ibn  Lahi'ah?).  Il  primo  che  ponesse  un  mihràb  nella 
moschea  di  'Amr  fii  Qurrah  b.  Sarìk  (governatore  di  Misr  tra  il  90.  ed  il 
96.  H.)  (Maqrizi    Khitat,  I,  pag.  247,  lin.   16). 

§  186.  —  (al-Wàqidi,  da  Muhammad  b.  Hilàl).  Il  primo  che  introdu- 
cesse la  novità  di  porre  il  mihràb  concavo  (mugawwaf),  fu  'Umar  b. 
'Abd  al-'azìz  (quando  era  governatore  di  Madinah),  allorché  fece  i  restauri 
alla  moschea  del  Profeta  (tra  il  91.  ed  il  93.  H.,  per  ordine  del  Califfo 
al-Walìdj   (Maqrizi    Khitat,   II,  pag.  247,  lin.   16-18). 

§  187.  —  (abù  Sa'id  Salaf  al-Himyari).  La  moschea  di  'Amr  b.  al-'As 
fii  costruita  della  lunghezza  di  cinquanta  dzirà'  (cubiti)  e  della  larghezza  di 
trenta  dzirà'.  Una  strada  girava  tutto  intorno,  e  due  porte  si  aprivano  dalla 
parte  della  casa  di  'Amr  b.  al-'As.  Altre  due  porte  aprivansi  dalla  parte 
settentrionale  (bah ri)  e  due  altre  dalla  parte  occidentale.  Colui  che  usciva 
dallo  Zuqàq  al-Qanàdil  trovava  l'angolo  (rukn)  orientale  della  moschea 
di  fionte  all'angolo  occidentale  della  casa  di  'Amr  b.  al-'Às,  e  questo  era 
lo  stato  di  cose  prima  che  si  espropriasse  la  casa  di  'Amr.  La  lunghezza 
della  moschea  dalla  qiblah  sino  alla  .sua  estremità  settentrionale  era 
eguale  alla  lunghezza  della  casa  di  'Amr  b.  al-'As.  Il  tetto  della  moschea 
era  molto  basso,  e  non  v'era  cortile  (sahn).  Durante  l'estate  la  gente  si 
sedeva  nello  spazio  aperto  (fan a)  che  aprivasi  tutto  intorno  alla  moschea. 

669.  72 


S§  18T-1!>1. 


21.  a.  H. 


21- a.  H.  I,;,   distanza   tra   la   uu>schea  e  la  casa  di    Ami-  era  di  sette  dzirà'    (Ma- 

lEGITTO.  -  Tradì-  .      ^,,    .  .  .^  r^ .-     t  -  ^  r^-^ 

zioni  sulla  fon-     M '!>'■'    [vh  1 1  a  t .   II.  pag.  24^  Im.   19-2o). 

dazione  di  al-  ('f,-.  MaliAsin,  1.   7ò,   Un.   nlt.:   70,   lin.    l.    12-18. 

Fustàt    (Misr)    e  .  __  /,-.«■         -    -v      n  i  i  /•       n     •.,     s        i         •       ■ 

della  moschea  9   loo- —  (al-M-Hqrizi).  11  primo  che  SI  sedesse  (m  Egitto)  sul  minbar 

«*'  A"!'!  e  sopra   un  trono  di   legno    (sarir    dz  u    a'wàd)  tu    Habi'ah    h.   Mahàsiu 

(Maqrizi   Ivh  i  t  a  t ,    li.   pag.  247,  lin.  26). 

§  189.  —  (al-Quda'i.  nel  suo  Kitàb  al-Khitatj.  Quando  Amr  I). 
al-'As  si  fece  un  minbar,  il  Califfo  Umar  gli  .scrisse  ordinandogli  di 
romperlo  a  pezzi,  dicendogli:  «  Credi  forse  conveuiente  che  tu  stia  in  piedi, 
«  e  che  i  Musulmani  stiano  seduti  sotto  i  tuoi  due  calcagni?  ('aqybay  ka)  ». 
Ed  il  minbar  fu  rotto  (Maqrìzi  Khitat,  II,  pag.  247,  Un.  25-27). 
Cfr.  Mahàsin.  1,   7(;.   lin.   18-20. 

EGITTO.  —  Sistemazione  edilizia  della  città  di  al-Fustat. 

§  190.  —  (ibn  Sa  id.  nel  suo  Kitàb  al-Mughribj.  Le  case  e  gli 
edifici  di  Fustàt  Misr,  nei  tempi  antichi,  arrivavano  sino  alle  case  di  Ajn 
Sams,  e  quando  sopravvenne  l' Islam  sul  luogo  v'erano  costruzioni  cono- 
sciute con  il  nome  di  al-Qasr,  ciicondate  da  case.  In  queste  case  pi-ese 
stanza  'Amr  b.  al-'As,  il  quale  piantò  il  suo  fustàt,  là  dove  sorse  poi  la 
moschea  che  da  lui  prese  il  nome. 

Quest'ultima  notizia,  aggiunge  al-Maqrizi,  è  sbagliata,  perchè  'Amr  b. 
al-'As  piantò  il  suo  fustàt  presso  il  Darb  Hammàm  Samùl,  come  è  scritto 
nell'autografo  di  al-Sarìf  Muhammad  b.  As'ad  al-Grawàni  il  genealogo 
(t  588  a.  II.).  miglior  conoscitore  delle  khitat  di  Misr  e  più  dotto  di  ibn 
Sa'id.  Inoltre  il  luogo  dove  sorse  la  moschea  era  tutto  vigneti  e  giardini, 
e  ne  era  proprietario  Qaysabah  al-Tugìbi,  il  quale  ne  fece  dono  ai  Musul- 
mani (Maqrizi   Kliitat,  II,  pag.  288,  lin.  6-11). 

§  191.  —  (ibn    Abd  al-hakam,  .senza  isnàd).  (a)  Intorno  alla  ca.sa  di 

Amr  ed  alla  moschea  (di  al-Fustàt)  presero  stanza  i  Qurays,  gli  Ansar,  gli 

A.slam,  i  Gjjifar,   i  (xuhaynah.  e  molti  altri   che    non    erano    radunati   per 

tribù  sotto  una  propria  insegna,  perchè  non  abbastanza  numerosi.  Questi 

si  chiamavano  gli  Ahi  al-Ràjah  o  gente  dello  stendardo. 

Wardàn,  mawla  di  Amr,  prese  stanza  nella  torre  detta  poi  Qasr 
'Umar  b.  Marwàn,  perchè  alla  morte  di  Wardàn  divenn.e  proprietà  di  'Umar 
b.  Marwàn,  fratello  di    Abd  al-'azìz  b.  Marwàn. 

Qays  b.  Sa'd  b.  'Ubàdah  prese  stanza  nel  Dar  al-Fulful  nella  q ibi  a  li 
della  moschea. 

ibn  'Abd  al-hakam  continua  poi  a  narrare  molti  particolari  sulle  varie 
case  che  sorsero  intorno  alla  moschea,  i  loro  proprietari  e  le  vicende  dei 


21.  a.  H. 


»   liU. 


:fiibbricati.  Parla  così  del  Dar  al-Zilàbiyyah  (pag.  142  e  143)  vicino  al  Dar 
al-Fulful  (pag.  141-143).  del  Dar  al-Fihriyyin  (pag.  142),  del  Dar  al-Fundu(i 
(pag.  142j,  del  Dar  al-Raml  (pag.  143,  144-145),  del  Dar  Dzàt  al-Hammàni 
(pag.  143),  del  Dar  al-Maghazil  (pag.  144j,  del  Dar  Uqbah  b.  Amir  (pa- 
gina 144ì.  del  Dar  Mahfùz  b.  Snlaymàn  (pag.  144),  del  Dar  abi  Ràfi' 
(pag.  144),  del  Dar  al-Ramlali  il)n  al-Mu'àwij^ah  (pag.  144)  detto  poi  Dar  al- 
Raml;  quindi  del  Dar  ibn  Rnmànah  (pag.  147),  del  Dar  al-Baydà  (pag.  153), 
del  Dar  ai-Ma  àfiri  (pag.  154),  del  Dar  al-Salsalah  (pag.  154),  del  Dar  abl 
Zakariyj^à  (pag.  154),  del  Dar  abi  Aràbah  (pag.  155),  del  Dar  al-'Abbàs  b. 
Surahbil  (pag.  155),  e  via  discorrendo:  il  numero  è  tale  che  non  mette  il 
conto  di  darle  tutte,  dacché  non  abbiamo  la  pianta  di  al-Fustàt  ai  tempi 
di  ibn  'Abd  al-hakam.  La  descrizione  è  a  volte  assai  minuta:  vi  si  aggiunge 
la  storia  delle  case,  come  e  da  chi  furono  fondate,  ed  in  quali  mani  pas- 
sarono sia  per  dono,  sia  per  compera,  sia  per  eredità. 

Così  siamo  informati  anche  dei  nomi  di  molti  che  si  costruirono  case 
intorno  alla  moschea:  ne  citiamo  alcuni: 

(1)  'Abdah  b.   'Abdah  (pag.   143); 

(2)  Maslamah  b.  Mukhallad   (pag.   143); 

(3)  abu  Ràfi'   (pag.   144): 

(4)  'Uqbah  b.  'Amir  (pag.   144); 
(6)  al-Miqdàd  b.   'Amr  (pag.   144); 

(6)  Qays  b.  abi-l-'As  (pag.   149); 

(7)  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b.   Gar  [o   Gaz-]  al-Zubaydi  '  (pag.   149); 

(8)  'Ubàdah  b.  al-Sàmit   (pag.   149): 

(9)  Khàrigah  b.  Hudzàtah  (pag.   149): 

(10)  Abd  al-rahmàn  b.    Udays  al-Balawi  (pag.   153-164): 

(11)  abù-1-Huwayrith  al-Sahmi  (pag.   154); 

(12)  Zakarijyà  b.  al-Gahm  al-Abdari  (pag.  155); 

(13)  'Abd  al-rahmàn  b.  Rabi'ah  b.  Surahbil  b.  Hasanah  (pag.  155j; 

(14)  abù  Dzarr  al-Ghifari  (pag.   165); 

(15)  Ruwayfi'  b.   Thàbit  al-Ansàri  (pag.   156); 

(16)  'Uqbah  b.  Karim  al-Ansàri  (pag.   167); 

(17)  lyàs  b.   'Abdallah  al-Qàri  (pag.   166); 

(18)  abii  Fàtimah  al-Azdi  (pag.   156); 

(19)  'Abdallah  b.  Sa'd  b.  abi  Sarh  (pag.   166-167); 

(20)  Ka'b  b.  Sannah  [Dannah.  coiTegg.  Dabbah]  (pag.    157): 

(21)  ibn  'Abdah  (pag.   158); 

(22)  Gahm  b.  al-Salt  (pag.   159): 

(23)  lyàs  b.  al-Bukayr  e 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -   Siste- 
mazione edilizia 
della  città  di  al- 
Fustàt.1 


S71. 


191. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -   Siste- 
mazione edilizia 
della  città  di  ai- 
Fu  stàt.] 


(24)  Tamim   b.   lyas   b.  al-Huka}!'  suo  figlio  (pag.   159); 

(26)  Mugàhid  b.   (labr,  mawla  di  bint  Ghazwàn  (pag.   1(30); 

(26)  abiì  Samir  b.  Abrahah  (pag.   160); 

(27)  abu  Wa'lah  (pag.   160); 

(28)  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  (pag.   161); 
(20)  abù  Basrah  al-Ghifavi  (pag.  162); 
(30)  Busi-  b.  abi  Artah  (pag.   163). 

(6)  A  questi  nomi  se  ne  potrebbero  aggiungere  molti  altri  che  omettiamo 
per  non  allungare  soverchiamente  l'arido  elenco.  Chi  volesse  maggiori  par- 
ticolari potrà  consultare  il  paragrafo  seguente,  dove  troverà  un  ampio  rias- 
sunto di  tutto  questo  lungo  capitolo  di  ibn  ,'Abd  al-hakam. 

Diamo  ora  un  elenco  delle  varie  tribù  immigrate  intorno  alla  moschea 
di  al-Fustàt,  con  le  relative  pagine  del  testo  di  ibn  'Abd  al-hakam: 


(1 
(2 

(4; 

(5 
(6 
(7 
(8 
(9 

(io; 
(11 

(12 
(13 
(14 
(15 
(16 

(17 
(18 
(19 
(20 
(21 
(22 
(23 
(24 
(25 
(26 


bamì  ^lliaqif  (pag.   154-155); 
banu  Aslam  (pag.   163); 
bau  fi   Khuzà'ah  (pag.   163); 
banù  al-Layth  (pag.   163); 
banù  Bali^(pag.   163); 
banù  Bahr  (?)  (pag.  164); 
(banù)-l-Hamrà  (pag.   164); 
banù  Fa  Imi  (pag.  164); 
banù  Kinànah  (pag.   164); 
banù  Sagà'ah  (?)  (pag.   165,   169); 
banù  Bawàdah  (pag.   165); 
banù  Hudzayl  (pag.    165,   169); 
banù  Salàmàii  (pag.   165,   166); 
banù  Raqà  (?)   (pag.   165); 
banù    Adwàn  (pag.   166); 
baoù  Lakhm  (pag.   166,   167,   169,   178); 
banù  Mahi-ah  (pag.  166,   167,   169,   170,   171,   174); 
banù  Grudzàm  (pag.   167); 
banù-1-Azd  (pag.   167,   168); 
banù  Tanùkh  (pag.   168); 
banù  Sabàbah  (pag.   169); 
banù  Yaskur  (pag.   169); 
banù  Ghàfiq  (pag.   169,   170); 
banù-1-Sadaf  (pag.   169,   170,   171,   172,   174); 
Hadramawt  (pag.   171-172.   173,   174). 
(pag.   173); 


banu  Tugib 


57'>. 


21.  a.  H. 


191,  19-2 


(27)  banù    Amir  (Tugìb)  (pag.   174);  .  21.  a.  h. 

(28)  banù  Walàn  (pag.   174,   175);  mazione  ediiTzTa 

(29)  bauù  Muràd  (pag.   174);  delia  città  di  ai- 

(30)  banù  Khawlàn  (pag.   174,   176,   177);  """^^^-'^ 

(31)  banù  Salham  (pag.   174); 

(32)  benù  Madzhig  (pag.   175); 

(33)  banù  (rhntayf  (pag.   175); 

(34)  banù  Eu'ajm  (P^^g-   175); 

(35)  banù  Mawhab  (Ma'àfir)  (pag.   175); 

(36)  banù  Himyar  (pag.   175.-  176); 

(37)  banù  Yàfi'   (pag.   175): 

(38)  banù  Ma'àfir  (pag.    176); 

(39)  banù  As'ar  (pag.   176,   177); 

(40)  banù-1-Sakàsik  (pag.   176,   177); 

(41)  banù  Gruhaynah  (pag.   176); 

(42)  Qurays  (pag.  176); 

(43)  banù  Wa-il  (pag.   177.   178). 

La  lunga  descrizione,  che  per  noi  ha  un  pregio  come  documento  per 
fissare  le  modalità  delle  emigrazioni  arabe  dopo  la  conquista,  e  la  fusione 
delle  tribù  tra  di  loro  e  con  le  popolazioni  soggette,  termina  con  le  se- 
guenti parole:  «  E  fi-a  ogni  tribù  v'era  uno  spazio  libero  (fa dà),  ma  quando 
«  vennero  i  nuovi  rinforzi  (ossia  le  nuove  ondate  di  emigrazione)  ai  tempi 
«  del  Califfo  Uthmàn  e  più  tardi,  le  tribù  (emigrate)  crebbero  in  numero 
«  e  si  moltiplicarono  i  discendenti:  crebbero  perciò  anche  le  costruzioni  e 
«tutto  lo  spazio  libero  fu  occupato»  ('Abd  al-hakani,   140-178). 

Da  questo  veniamo  a  sapere  che  la  prima  ondata  d'emigrazione  si 
svolse  con  le  conquiste,  e  la  seconda  sotto  'Uthmàn  b.  'Affàu  ed  i  suoi 
successori. 

EGITTO.  —  Descrizione  topografica  di  al-Fustat. 

§  192.  —  La  lunga  descrizione  che  ibn  'Abd  al-hakam  fa  del  modo 
come  gli  Arabi  si  stabilirono  intorno  alla  moschea  di  'Amr  in  al-Fustàt  con- 
tiene tante  notizie  storiche,  che  sarà  forse  opportuno  darne  qui  un  ampio  rias- 
sunto, considerando  anche  il  fatto  che  il  testo  dello  storico  egiziano  è  ancora 
inedito;  molte  notizie  possono  essere  ad  altri  di  qualche  utilità,  benché 
quanto  segue  non  si  riferisca  tutto  al  momento  storico  che  noi  qui  studiamo. 

(1)  Wardàn  mawla  di  'Amr  prese  stanza  nel  castello  detto  poi  Qasr 
'limar  b.  Marwàn,  da  'limar  b.  Marwàn,  e  costruito  per  il  governatore 
supremo  dell'Egitto  (sàhib   al-gund    wa-1-kharàg).  Maslamah  b.  Mu- 

573. 


£   i(|>>  ^  1  •     a*     Xl* 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Descri 
2ione  topografica 


Ivhallad  (quando  ovìì  gu verna toif  d'Egitto)  scrisse  al  Calift'o  Mn'àwÌ3'ah  di 
concedergli  una  iliniora  nelle  vicinanze  del  diwàn.  Il  Califfo  rispose  or- 
dì ai-Fustàt.i  dinandogli  di  comperare  la  dimora  di  Wardàn  e  di  concedere  a  cjuesto  un 
t'ondo  dove  egli  volesse.  Così  fu  tatto,  e  Maslamah  mandò  un  suo  mawla, 
al-Samt,  con  Wardàn  perchè  si  scegliesse  un  nuovo  sito,  dandogli  tanta 
terra  «pianto  era  lungo  un  tiio  «li  freccia  (in  quadrato).  I  due  uomini  si 
recarono  nel  luogo  dove  si  tenevano  legati  i  cameli,  un  sito  aperto  e  libero 
per  tutti  i  Musulmani,  tra  le  ahitaziimi  ed  il  fiume  (balir;.  al-Samt  diss»^ 
a  Wardàn:  «Oggi  vedremo  la  superiorità  del  giovane  (gliulàmj  \)ev- 
<v  siano  su  quello  greco  ».  Egli  era  infatti  di  nazionalità  persiana  e  W^ar- 
dàn  greco.  al-Samt  tii'ò  l'arco  e  lanciò  il  dardo.  Wardàn  si  prese  il  ter- 
reno così  delimitato. 

Alla  morte  di  Wardàn.  che  axeva  cognome  abù  'Ubayd,  il  teireno  fu 
dato  in  feudo  ad  'Umar  b.  Marwàn. 

Altri  affermano  che  il  qasr  era  una  khittah  degli  .Azd,  che  fu 
comp«n-ata  da  Abd  al-'azìz  b.  Marwàn  e  donata  a  suo  fratello  Umar:  tale 
notizia  viene  dal  fatto  che  le  vie  (zuqàqì  che  si  trovano  tra  il  Qasr  'Umar 
b.  Marwàn  fino  ad  al-Istabl  (=  la  stalla)  facevano  parte  della  khittah  degli 
Azd  (pag.   140-141). 

(2)  Qays  b.  Sa'd  b.  'Ubàdah  occupò  un  sito  dalla  parte  delia  qiljlali 
della  moschea  congi-egazionale,  ossia  il  Dar  al-Fulful.  Questo  era  un  luogo 
aperto  (fa dà),  e  Qays  (vi)  si  costruì  la  casa  quando  'Ali  b.  abi  Tàlib  lo  fiece 
governatore  dell'Egitto:  poi  fu  deposto  (ed  egli  ritenne  il  possesso  della 
casa),  sicché  la  gente  parlava  di  essa  come  se  gli  appartenesse.  Venuto 
però  a  sapere  questo,  egli  negò  di  esserne  il  proprietario  e  dichiarò  di 
averla  eretta  con  danaro  pubblico,  e  di  non  avere  su  essa  alcun  diritt<j. 
Altri  però  narrano  che  egli  confessasse  d'averla  eretta  in  parte  con  danari 
del  tesoro  pubblico  soltanto  quando  fu  pei-  morire,  e  perciò  la  lasciò  a  tutti 
i  Musulmani.  In  essa  abitarono  di  poi  i  governatori  d'Egitto.  Le  scuole 
tradizionistiche  egiziane  conservarono  due  tradizioni  che  Qays  aveva  tra- 
smesse dal  Profeta  (pag.  141-142). 

(3)  Secondo  altri,  il  Dar  al-Fulfiil  e  il  Dar  al-Zalàbiyyah  che  gli  sor- 
geva accanto,  erano  appartenuti  a  Nàfi'  b.  'Abd  al-Qays  al-Fihri,  oppur.' 
a  'Uqbah  b.  Nàfi',  e  (Dar  al-Fulful)  gli  fii  tolto  da  Qays  b.  Sa'd  il  quale 
in  cambio  diedegli  il  Dar  al-Fihriyyìn,  che  si  trova  nel  Zuqàq  al-Qanàdil 
(pag.   142). 

(4)  Altri  dicono  che  il  Dar  al-Fulful  appartenesse  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs, 
il  quale  ne  fece  cessione  a  vantaggio  del  pvibblico  e  si  contentò  della  casa 
che  era  in  al-Mawqif  (pag.   143). 


.574. 


21.  a.  H. 


§  192. 


(5j  La  casa  nel  Mawqif,  detta  Dar  al-Funduq,  secondo  .altri,  non  fu  21.  a.  H. 

una  khittah  di  Sa'd  b.  abì  Waqqàs,  ma  di  un   suo    mawla.  dal   quale        zione topografica 
la  ereditò  la  famiglia  di  Sa'd  (pag.   142).  di  ai-Fustàt.) 

(())  Il  Dar  al-Fulful  prese  questo  nome  dal  fatto  seguente:  quando 
Usàmah  b.  Zayd  al-Tanùkhi  era  governatore  del  kharàg  d'Egitto,  com- 
però da  Miisa  b.  Wardàn,  per  20,000  dinar,  del  pepe  (fulful)  che  il  Califfo 
al-Walid  b.  'Abd  al-malik[t  96.  a.  H.]  aveva  intenzione  di  mandare  in  dono  al- 
l'imperatore  greco.  (Ma  il  dono  non  fu  mandato)  e  il  pepe  fu  immagazzinato 
in  quella  casa  ed  ivi  rimase,  finché  Musa  b.  Wardàn  ne  mosse  lagnanza  a 
'Umar  b.  'Abd  al-'azìz,  quando  questi  divenne  califfo  ed  ottenne  che  la 
merce  gli  venisse  restituita  (forse  perchè  non  gli  era  stata  pagata)  (pa- 
gina  142). 

(7)  (Talaq  b.  al-Samh.  da  Damàmir  b.  Lsmà'il,  da  Musa  b.  Wardànj. 
Musa  b.  Wardàn  ebbe  molte  difficoltà  a  riscuotere  i  danari  per  il  pepe. 
Egli  andò  in  Siria  e  si  rese  prima  intimo  del  Califtb.  narrandogli  tradizioni 
da  lui  raccolte  da  Compagni  del  Profeta.  Quando  ebbe  ottenuto  d'essere 
un  intimo  del  Califfo,  tanto  da  poter  entrare  ed  uscii'e  dai  suoi  apparta- 
menti come  e  quando  voleva,  allora  soltanto  chiese  al  Califfo  di  scrivere 
al  suo  governatore  Hayyàn  b.  Surayh,  perchè  gli  consegnasse  la  somma 
dovutagli,  'limar  non  ne  sapeva  nulla  e  volle  essere  informato  di  tutto, 
rimanendo  molto  turbato  quando  Musa  gli  confessò  che  il  credito  gli  era 
venuto  dall'aver  fatto  il  mercante  (tàgir).  'limar  esclamò  :  «  Il  mercante 
*è  un  mentitore  (tàgir  fa  gir),  e  il  mentitore  finisce  nell'inferno!». 
Diede  allora,  è  vero,  ordine  a  Hayjàu  b.  Sui-ayh  di  regolare  la  faccenda, 
ma  Musa  b.  Wardàn  non  osò  più  presentarsi  ed  il  Califfo  ordinò  al  suo 
ciambellano  di  non  ammetterlo  più  alla  sua  presenza  (pag.  142-143). 

(8)  Il  Dar  al-Zalàbiyah  (casa  dei  pasticci  dolci  al  burro j  appartenne, 
chi  dice  ad  al-Hakam  h.  abl  Bakr.  chi  invece  ad  Abdah  b.  'Abdah  (pa- 
gina 143). 

(9)  Maslamah  b.  Mukhallad  prese  stanza  nel  Dar  ai-Rami,  insieme 
con  abù  Ràfi'  mawla  del  Profeta,  e  'Uqbah  b.  Amir  al-Gruhani.  Quando 
Maslamah  divenne  governatore,  il  Califfo  Mu'àwiyah  gli  chiese  la  sua  casa 
e  Maslamah  gliene  fece  dono,  erigendosi  una  nuova  casa,  il  Dar  Dzàt  al- 
Hammàm.  dove  allora  era  una  pianura,  e  poi  divenne  il  Sùq  Wardàn.  La 
<  asa  passò  poi  di  proprietà  dei  banù  abi  Bakr  b.  'Abd  al-'aziz,  e  quindi 
agli  'Abbàsidi,  quando  questi  confiscarono  i  beni  dei  banu  Marwàn.  — 
Quando  ibn  Sàfi'  compose  un'ode  in  lode  di  Salili  b.  Ali,  questi  gli  cede 
Ì7i  feudo  la  casa.  La  casa  entrò  in  possesso  dei  Marvvànidi.  perchè  Mas- 
lamah b.  Mukhallad  morì  senza  lasciare  figli  maschi,  e  suoi  eredi   fux'ono 

.575. 


§  i<)2.  21.  a,.  H. 

21-  a.  H.  la  figlia  nmm  Sahl  bint  Maslaraah  —  dalla  quale  pi'ese  il  nome  la  Miinyah  (?) 

[EGITTO. -Descri-  ,,  ,  ,  i-       ,  i       ,..,_,,.,  , 

zione topografica     nuiiu  ^^iihl  — ;  '»-'  sue  ilue  mogli  e  la  sua  parentela  tra  i  banu  abl  Dugànah. 

di  ai-Fustàt.]  (  )ia  'Abd  al-'azìz  b.  Marwàn  sposò  le  due  vedove  di  Maslamah  estinguendo 

un  debito  di  20,000  dìnàr  che  gravava  l'eredità,  ed  abù  Bakr  b.  'Abd 
al-'azIz  sposò  la  tiglia  umm  Sahl  bint  Maslamah,  e  così  ereditò  la  casa. 
Questa  si  stendeva  dal  molino  Rahà  al-Ka'k  fino  al  Hammàm  Sùq  Wardàn 
per  la  parte  che  apparteneva  ad  'Abd  al-'azìz  ed  al  figlio  abù  Bakr,  e  il 
resto  della  Munyah  umm  Sahl  divenne  pioprietà  di  abù  Bakr  che  l'ere- 
ditò dalla  umm  Sahl. .La  rimanente  proprietà  alla  morte  di  Maslamah  passò 
ad  ibn  al-Astar  al-Sadafi,  ad  ibn  Wardàn,  a  Hammàdah  b.  Muhammad,  e 
a  Musa  b.  'Ali,  che  appaitenevano  alla  asabah  (parentela)  del  defunto; 
la  parte  loro  fa  presa  in  consegna  da  Yahya  b.  Sa'ìd  al-Ansàri,  quando 
venne  in  Egitto  e  la  vendette  a  ibn  Wardàn  e  ad  ibn  Maskìn  (pag.  143-144). 

(10)  Il  Califfo  Mu'àwiyah  comperò  anche  il  Dar  'Uqbah  b.  Amir,  ce- 
dendo ad  'Uqbah  b.  'Amir  lo  spazio  aperto  che  stava  di  fi-onte  alla  strada 
che  menava  al  Dar  Malifùz  b.  Sulaymàn,  ed  era  una  delle  khitat  più 
grandi  dalla  parte  del  fiume  (bahr)   (pag.   144). 

(11)  Altri  affermano  però  che  Maslamah  b.  Mukhallad  la  desse  in  feudo 
ad  'Uqbah  b.  Amh-,  il  quale  la  lasciò  alla  propria  figlia  umm  Kulthùm 
bint  'Uqbah  (pag.  144). 

(12)  La  cessione  in  feudo  fu  fatta,  si  dice,  da  Maslamah  a  'Uqbah  b. 
'Amir  per  ordine  del  Califfo  Mu'àwiyah,  in  cambio  della  casa  che  gii  tolse 
(pag.   144). 

(13)  Il  Dar  abi  Ràfi'  passò  da  abù  Ràfi'  al  suo  mawla  al-Sà'ib,  dal 
quale  lo  comperò  Mu'àwiyah,  dando  ad  al-Sà'ib  in  feudo  lo  spazio  aperto 
(fa dà)  presso  Hizàlùz  (?)  (pag.   144). 

(14)  al-Miqdàd  b.  al-Aswad  si  costruì  una  casa  presso  il  Dar  al-Raml, 
e  dall'altra  parte  aveva  la  casa  di  'Uqbah  b.  'Amir:  di  poi  'Uqbah  si  com- 
però il  Dar  al-Miqdàd,  lo  demolì  allo  stesso  tempo  della  propria  dimora  e 
ricostruì  tutto,  erigendo  il  Dar  al-Ramlah  bint  Mu'àwiyah.  —  Mu'àwiyah 
gli  scrisse  allora  che  al-Ramlah  non  aveva  bisogno  della  sua  casa,  e  che 
la  cedesse  per  l'uso  di  tutti  i  Musulmani  (pag.   144). 

(16)  Da  al-Ramlah  prese  nome  Dar  al-Raml,  perchè  la  gente  cominciò 
col  dire  Dar  àl-Ramlah,  e  poi  corrompendo  il  nome  ne  fece  Dar  al-Raml. 
Altri  dicono  che  il  noirie  venisse  dal  fatto  che  poi  ivi  si  raccoglieva  la 
sabbia  (rami)  che  serviva  per  la  Zecca  (Dar  al-Darb)   (pag.   145). 

(16)  Altri  narrano  che  Mu'àwiyah  nel  divenire  Califfo  scrisse  a  'Uqbah 
b.  'Amir  pregandolo  di  cedere  la  sua  casa  a  Yazìd,  a  causa  della  sua  vi- 
cinanza alla  moschea,  ed  offi-endo  di  dargli  un  sito  anche  migliore.  Cosi 

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21.  a.  H. 


§  iy-2. 


fu  fatto  e  Mu'àwiyah   diede   in   feudo   la   casa   nel   Sùq  Wardàn  e  gliela  ^i.  a.  H. 

costruì  egli  stesso:  costruì  pure  la  parte  bassa  del  Dar  al-Raml  per  Yazid.'       zionetopogr^aficà 
A  questo  cede  altresì  in  feudo  uno  dei  villaggi  del  Fayyùm,  ma  tale  atto       ^i  ai-Fustat.] 
destò   molte    critiche  e  discussioni,  sicché  Mu'àwiyah    stimò  opportuno   di 
restituu-e  il  villaggio  al  kharàg  (*),  e  pose  il  Dar  al-Raml  ad  uso  dei  Mu- 
sulmani, facendone  la  dimora    dei  governatori. 

Il  piano  superiore  della  casa  fu  edificato  da  al-Qàsim  h.  Ubaydallah 
b.  al-Habhàb  (pag.   146). 

Nota  1.  —  Divenne  consuetudine  molto  comune  cedere  terreni  demaniali  in  feudo  i ossia,  in  realtà 
in  dono)  a  persone  favorite,  privandone  l'erario  pubblico.  Ai  tempi  di  Mu  awiyah  esisteva  ancora  una 
opinione  pubblica  che  poteva  apertamente  manifestarsi  e  imporre  la  sua  volontà.  Contro  di  essa  tentò 
lottare  il  Califfo  'TJthmàn  e  fu  ucciso. 

(17)  Qays  b.  abì-l-'As  al-Sahmi  si  costruì  una  casa  presso  il  Dar  ibn 
Rumànah  che  si  trovava  tra  essa  e  la  moschea:  una  parte  di  essa  fu  inclusa 
poi  nella  moschea,  quando  fu  ingrandita  da  'Abdallah  b.  Tàhir,  e  preci- 
samente fu  quella  parte  che  divenne  la  corte  ('arsali).  —  'Amr  b.  al-'As 
affidò  a  Qays  b.  abi-l-'As  l'amministrazione  della  giustizia  durante  il  suo 
governo.  Quest'ultima  notizia  è  confermata  da  una  tradizione  di  Sa'id  b. 
Ghufayr  (da  ibn  Lahì'ah)  (pag.   167). 

(18)  Presso  Qays  b.  abi-l-'As  al-Sahmi  prese  stanza  'Abdallah  b.  al- 
Hàrith  b.  Grar  [o  Gaz-]  al-Zubaydi,  dalla  parte  dello  Zuqàq  al-Balàt,  del  Dar 
ibn  Rumànah  e  vicinanze.  Questo  fondo  fu  poi  comperato  da^'Abd  al-'aziz  b. 
Marwàn;  la  parte  fabbricata  fu  da  lui  poi  donata  ad  ibn  Rumànah  quando 
venne  (a  Misr),  ed  il  resto  appartenne  ad  al-Asbagh  b.  'Abd  al-'aziz  (b. 
Marwàn).  —  La  casa  di  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b.  Gaz-  al-Zubaydi  confi- 
nava con  la  moschea,  a  mezzodì  (q  i  b  1  i)  della  porta  di  essa,  dove  ai  tempi 
di  ibn  'Abd  al-hakam  erano  le  latrine  (mirhad)  del  tesoi-o  pubblico 
(Ba3't  al-màl).  —  ibn  Rumànah  era  molto  amico  di  'Abd  al-'aziz  b. 
Marwàn,  e  con  lui  era  iscritto  nel  libro  (?  fi-1-kitàb).  'Abd  al-'azìz  donò 
ad  ibn  Rumànah  un  suo  anello,  e  quando  'Abd  al-'azìz  divenne  governatore 
d'Egitto,  ibn  Rumànah,  che  era  assai  povero,  lasciò  il  Higàz  e  lo  andò  a 
trovare.  Allorché  il  governatore  rivide  l'amico  e  riconobbe  l'anello,  colmò 
ibn  Rumànah  di  favori,  gli  costruì  la  ca.sa  ed  a  sue  spese  gli  piantò  un 
giardino  di  palme  in  Hulwàn.  Lo  stesso  'Abd  al-'azìz  piantò  un  palmeto 
per  'Umayr  b.  Mudrik  in  al-Grìzah,  palmeto  che  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al- 
hakam  era  chiamato  Grinàn  'Umayr,  o  i  giardini  di  'Umayr  (pag.  147-148). 

(19)  Vicino  ad  'Abdallah  b.  al-Hàrith  prese  stanza  Thawbàn  mawla 
del  Profeta,  oppure  secondo  altri  'Aglàn  mawla  di  Qays  b.  abi-l-'As;  la 
sua  casa  fu  inclusa  nella  moschea  da  Salimah  mawla  di  Salili  b.  Ali 
(pag.   148-149). 

.577.  73 


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21.  a.  H. 


21-  a-  H.  ,-201  Presso   ibn  Rnmànah    prese    stanza  'Ubàdah   b.  al-Sàmit:  questa 

(EGITTO. -Descri  i  -xx  -i  i      t     •        A  ■ 

zionetopografica     umiora  consisteva  ai  due  case:   m  una  abito  poi  il  muadzdzm  Cmwgaw 
di  ai-Fustàt.;  (  (.tùiìu  :   una  di  esse  fu  ooniperata  da  'Abd  al-'azìz  b.  Marwàn,  l'altra  ap- 

partenni' poi  ad.  ibn  Maskin  (pàg.   149). 

(21)  Khàrigah  b.  Hudzàfali  prese  stanza  a  occidente  della  moschea, 
dalla  quale  era  sepal-ata  da  una  strada.  al-Rabì'  b.  Khàrigah  b.  Hudzàfah  ri- 
masto orfano  fu  allevato  da  Abd  al-'aziz  b.  Marwàn,  il  quale,  quando  al-Rabi' 
diventò  maggiorenne,  comperò  da  lui  la  casa  del  padre  per  10,000  dinar, 
ò  la  cedo  ad  al-Asbagh  b.  Abd  al-'aziz.  Per  il  possesso  di  questa  casa 
sorsero  poi  liti  interminabili,  che  principiate  sotto  il  califfato  di  'Umar  b. 
'Abd  al-'aziz.  continuarono  sotto  Yazid  b.  Abd  al-malik  e  liisàm  b.  'Abd 
al-malik  (pag.   149). 

(22)  Secondo  Su'ayb  b.  Layth  e  'Abdallah  I).  Salili  (da  al-Laytli  b. 
Sa'd,  da  ^'azid  b.  abi  Habìb),  Khàrigah  b.  Hudzàfah  fu  il  primo  che  si 
costruisse  in  Kgitto  una  ghurfah  (sala  elevata?  belvedere?  cfr.  Lane, 
s.  V.  )  :  quando  il  Califfo  '  Umar  b.  al-Khattàb  ne  ebbe  notizia,  disapprovò 
l'atto  di  Khàrigah  b.  Hudzàfah,  accusandolo  di  mirare  in  tal  modo  a  ve- 
dere la    nudità  (awràt,  segreti)  dei    suoi    vicini,  e  ordinò  di  demolirla. 

—  Khàrigah  tramandò  in  Egitto  una  tradizione  del  Profeta  sui  pregi  della 
preghiera,  che  non  fii  conservata  da  verun  altro  Compagno:  ibn  'Abd  al- 
hakam  ne  aggiunge  il  testo  (pag.    149-150). 

(23)  Tradizioni  sulla  morte  di  Khàrigah  b.  Hudzàfali  (pag.   150-163). 

—  Cfr.  40.  a.  H. 

(24)  Altri  dicono  che  non  solo  Khàrigah  b.  Hudzàfah,  ma  anche  Murr 
b.  Adi  b.  Ka'b  si  costruì  una  ghurfah,  dalla  quale  si  poteva  vedere  nelle 
case  dei  vicini,  e  che  questi  sporsero  lagnanze  al  Califfo.  'Umar  decise  che 
se  un  uomo  di  media  statura,  montato  sopra  una  sedia  poteva  guardare 
entro  le  case  vicine,  allora  l' inconveniente  doveva  essere  soppresso  (pa- 
gina 153). 

(26)  'Abd  al-rahmàn  b.  'Udays  al-Balawi  fissò  la  sua  dimora  sul  luogo 
del  Dar  ai-Bay  dà.  Questo  sito  era  una  corte  aperta  (s  a  h  n)  tra  la  moschea 
e  la  casa  di  'Amr  b.  al-'As,  ed  ivi  era  una  stazione  (mawqif)  per  i  ca- 
valli, presso  la  porta  della  moschea.  Così  rimase  fino  ai  tempi  di  Marwàn 
b.  al-Hakam.  il  quale,  venuto  in  Egitto  nel  65.  a.  H.,  vi  si  costruì  una  casa 
nello  spazio  di  due  mesi,  ti'ovando  egli  sconveniente  che  il  Califfo  non 
avesse  una  casa  propria,  quando  viveva  in  un  paese.  —  ibn  'Udays  era  uno 
dei  Compagni  del  Profeta,  che  avevano  giurato  fedeltà  sotto  l'albero  di  al- 
Hudaj^biyyah :  egli  lasciò  una  tradizione  in  Egitto.  Ne  segue  il  testo  (pa- 
gine 153-154). 

.578. 


21.  a.  H. 


»  li  1-2. 


(26)  'Abdallah  b.    Udays  al-Balawi,  fratello    del    precedento  'Alxl  al-  21.  a.  H. 
lahmàn  b.  'Udays,  fissò  la  sua  dimora  presso  la  'Aqabah  (dove   poi  sorse)        zionetopografica 
il  Dal-  al-Ma'àfiri  (pag.   154).                                                                                              di  ai-Fustàt.] 

(27)  Il  Dar  ibn  Grumah  era  anticamente  uno  stagno  l)iikalii.  in 
cui  si  raccoglievano  le  acque.  'Amr  b.  al-'As,  volendo  avere  vicino  a 
sé  suo  cugino  Wahb  b.  'Uma}^-  al-Ciumahi,  che  aveva  preso  parte  alla 
conquista,  fece  colmare  lo  stagno  e  accomodarvi  un'abitazione  per  il  cu- 
gino (pag.   154). 

(28)  Altri  affermano  però  che  (il  donatario)  fosse  'Umayr  b.  Wahb  1). 
'Umayr,  ed  altri  ancora  dicono  (il  terreno)  fosse  un  feudo  concesso  da  (qa- 
ti'ah  min...)  Mu'àwÌ3'ah  b.  abi  Sufyàn.  'Umayr  infatti  venne  in  Egitto 
mentre  regnava  Mu'awiyah  e  volle  allora  costruirvisi  una  casa.  Egli  scelse 
come  sito  lo  spazio  aperto  (fa  d  à)  dove  non  abitava  nessuno  e  dove  si  racco- 
glievano le  acque  (presso  la  moschea).  Ciò  prova,  dice  ibn  'Abd  al-hakam,  che 
intorno  alla  moschea  era  un  tempo  tutto  spazio  libero  come  .stazione  rmavvqifi 
per  i  cavalli  dei  Musulmani.  —  Cosi  fece  Amr  b.  al-'As  per  i  banù  Sahm, 
i  quali,  essendo  venuti  a  Misr  dopo  la  conquista,  furono  stabiliti  nel  Dar 
al-Silsilah,  che  egli  edificò  per  loro  a  occidente  della  moschea  (pag.  154). 

(29)  Secondo  Yahya  b.  Bukayr  (da  al-Layth  b.  Sa'd),  il  predetto  Wahb 
b.  Umayr  fu  coniandante  del  contingente  egiziano  nella  razzia  di  Am- 
mùriyah  nel  23.  a.  H.,  mentre  abu-1-A'war  al-Sulami  comandava  la  milizia 
siria  (pag.   154). 

(30)  abù-l-Huwayrith  al-Sahmi  prese  stanza  vicino  al  Dar  bani  Gfu- 
mah  [sic),  e  al  sud  (qibli)  del  Dar  abi  Zakariyyà  si  stabilì  ibn  al-Gahm 
al-'Abdari  (pag.   154). 

(31)  I  Thaqif  fissarono  la  loro  stanza  all'angolo  (rukn)  orientale  della 
moschea  e  fino  agii  al-Sarràgin  (pag.   154-155). 

(32)  Il  Dar  abi  'Aràbah  fu  fondato  da  Habìb  b.  Aws  al-Thaqafi,  presso 
il  quale  prese  stanza  Yùsuf  b.  al-Hakam  ibn  abi  Aqil  al-Thaqafi,  insieme 
con  suo  figlio  al-Haggàg  b.  Yùsuf,  quando  Marwàn  b.  al-Hakam  venne  in 
Egitto  (nel  65.  a.  H.)  (pag.   155). 

(33)  Ai  Thaqif  appartenne  anche  tutto  quel  tratto  che  arriva  sino  al 
Dar  abi    Aràbah  sulla  via  che  mena  al  Dar  Farg  (pag.   155). 

(34)  [abii?]  Zakariyyà  b.  al-Gahm  al-'Abdari  fissò  la  sua  stanza  sulla 
via  Zuqàq  al-Qanàdìl,  e  la  sua  casa  divenne  poi  il  Dar  al-'Abbàs  al-Su- 
rahbil,  dzàt  al-haniyyah  (?  munita  di  vòlte:  nel  ms.  mancano  i  punti 
diacritici)  (pag.   155). 

(35)  'Abd  al-rahmàn  e  Rabì'ah  figli  di  Surahbìl  b.  Hasanah  fissarono 
la  loro  stanza  (là  dove  sorsero  poi)  gli  altri  Dar  'Abbàs  b.  Surahbil,  ai  lati 

579. 


fi  10-2.  2l  '    ^*    H. 

21.  a.  H.  ilei  quali  sorse  poi  anche  il  Dar  Salimah  b.  'Abd  al-malik  al-Tahàwi  pa- 

lEGITTO.  -  Descri-  .  ,(._s 

.      .  ..        ialina  loo). 

zione  topografica        »  •' 

di  ai-Fustàt.)  (36)  abù  DzaiT  al-Ghitari  prese  stanza  (là  dove  sorse  poi)  la  Dxat  al- 

'Amad.  di  cui  una  parte  s'apre  sullo  Zuqàq  al-Qanàdil,  e  l'altra  dalla  parte 
del  Dar  Barakah  (al-Kàtib)  (pag.   165). 

(37)  Da  questo  punto  ritornando  addietro  verso  il  Sùq  Barbar,  dicesi 
che  quel  tratto  che  arriva  fino  al  Qasr  ibu  Grubayr  era  kh  i  1 1  a  h  dei 
Ghifar  (pag.   155). 

(38)  Questo  ibn  ó-ubayr  comandava  ai  Ghifàr,  e,  secondo  i  Copti,  fu 
l'ambasciatore  di  al-Muqawqis  che  ricondusse  al  Profeta  Màryah,  sua  so- 
rella e  gli  altri  doni:  essi  sostengono  quindi  che  ibn  Grubayr  sia  stato  un 
Compagno  del  Profeta:  ma  in  verità  fanno  confusione  tra  ibn  Grubayr  ed 
alui  Dzarr  (pag.   165). 

(39)  Ruwayfi'  b.  Thàbit  al-Ansàri,  e  Uqbah  b.  Karim  al-Ansàri  pre- 
sero stanza  insieme  con  Rabì'ah  ed  Abd  al-rahmàn  b.  Surahbìl  b.  Ha- 
sanah  (pag.   166). 

(40)  lyàs  b.  'Abdallah  al-Qàri  prese  stanza  a  occidente  della  casa  di 
ibn  Surahbìl  b.  Hasanah.  Ruwayfi'  b.  Thàbit  si  delimitò  un  terreno  dove 
poi  sorse  la  casa  di  ibn  al-Sammah:  Ruwayfi'  morì  in  Barqah,  mentre  ne 
era  governatore.  Egli  governò  Antàbulus  nel  43.  H.  (pag.   166). 

(41)  abii  Fàtimah  al-Azdi  si  delimitò  il  terreno  (dove  poi  sorse)  il  Dar 
al-Dawri,  e  il  dar  in  cui  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam  vivevano  gli 
Ashàb  al-Hamà-il  (fabbricanti  di  cinture  per  spade),  abù  Fàtimah 
trasmise  in  Egitto  una  tradizione  del  Profeta  (pag.   166). 

(42)  La  casa  abitata  da  Amr  b.  Khàlid  fu  in  principio  la  khittah 
di  un  uomo  dei  banìi  Tamim.  Anche  (il  sito  degli)  Ashàb  al-Sawìq 
fu  in  origine  la  kh.ittah  di  un  Tamimita  che  fa  presente  alla  presa  di 
Makkah:  il  fondo  fa  poi  comperato  da  'Amr  b.  Suhayl  (pag.   166). 

(43)  'Abdallah  b.  Sa'd  h.  abi  Sarh  si  delimitò  una  casa  aderente  al 
Qasr  al-Rùm,  detta  poi  Dar  al-Haniyyah  (casa  delle  vòlte),  e  un'altra  casa, 
il  Dar  al-Mùz  (Miìn?).  Il  grande  castello  detto  Qasr  al-Grinn,  non  fu  da 
lui  fondato  (allora),  ma  più  tardi,  durante  il  Califfato  di  Utlimàn,  ne  or- 
dinò la  costruzione,  quando  partì  per  la  spedizione  nel  Gharb  (pag.  166-157). 

(44)  'Abdallah  b.  Sa'd  trasmise  in  Egitto  una  tradizione  del  Profeta 
(pag.  157). 

(46)  Ka'b  b.  Dabbah,  detto  anche  Ka'b  b.  Yasàr  b.  Dabbah  al-'Absi, 
si  fondò  una  casa  dal  lato  (della  moschea  verso)  lo  Zuqàq  al-Qanàdil,  dove 
confina  con  il  Sùq  Barbar,  e  fu  chiamata  Dar  al-Nakhlah.  Egli  era  figlio 
di  una  sorella  del  (celebre)  Khàlid    b.  Yasàr  (sic;  leggi:   Sinàn)   al-'Absi. 

5»». 


21 .    E.    H.  §  192. 

che  si  crede  fosse  un  profeta  durante  la  fatrah  (cfi-.  Introd.,  §§   131,  21.  a.  H. 

nota  1  ;  211,  nota  1  ;  217)  tra  Gesù  e  Maometto.  A  Ka'b  b.  Dabbali  (o  Dannali)       zìonetopogrl^fiM 
fu  offerto  dal  Califfo  'Umar  la  carica  di  qàdi  in  Egitto,  ma  egli  la  rifiutò.       di  ai-Fustat.] 
Egli  era  stato  giudice  (hakam)  ai  tempi  pagani  (pag.  157-158). 

(46)  A  Qays  {sic)  appartenne  pure  la  casa  poi  conosciuta  con  il  nome 
di  Dar  al-Zabarùhi,  e  che  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam  era  proprietà 
dei  banù  Wardàn  (pag.   158). 

(47)  Lo  Zuqàq  al-Qanàdil  fu  chiamato  un  tempo  Zuqàq  al-Asràf,  o  la 
via  dei  nobili,  perchè  'Amr  b.  al-'As  abitava  dal  lato  di  essa  verso  la 
moschea,  Ka'b  b.  Dabbah  dall'altro,  verso  il  Siiq  Barbar,  e  nello  spazio 
intermedio  era  la  dimora  di  'lyad  b.  Khuraybah  j(?  nel  testo  mancano  i 
punti  diacritici)  al-Kalbi,  donatagli  da  'Abd  al-'azìz  b.  Marwàn,  poi  la  casa 
di  ibn  Muda^'liqah  al-Kalbi,  quella  di  ibn  Firàs  al-Kinàni,  quella  di  Nàfi' 
b.  'Abd  al-Qays  al-Fihri,  o  di  'Uqbah  b.  Nàfi',  quella  di  Muhammad  b.  'Abd 
al-rahmàn  al-Kinàni,  quella  di  abù  Dzarr  al-Ghifàri,  quella  di  Rabi'ah  e  di 
'Abd  al-rahmàn  b.  Surahbil  b.  Hasanah,  quella  di  Zakariyyà  b.  abì-1-Grahm  al- 
'Abdari,  quella  di  lyàs  b.  Abdallah  al-Qàri,  e  quella  di  ibn  Hakim  mawla 
di  'Utbah  b.  abi  Sufyàn,  costruitagli  dal  suo  patrono  (pag.   158). 

(48)  ibn  'Abdah  si  fondò  la  sua  dimora  nel  (quartiere  degli)  al-Sar- 
ràgin,  quella  cioè  dove  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam  abitavano  gli  al- 
'Aqqàbìn  (?):  appartenne  un  tempo  ai  banù  Maskin  (pag.   158). 

(49)  Il  Dar  Nasr  apjDartenne  a  un  qurasita,  alla  cui  morte  fu  com- 
perato da  Abd  al-'azìz  b.  Marwàn  e  donato  ad  al-Asbagh  suo  figlio  (pa- 
gine 158-159). 

(50)  Il  Dar  Salii  nel  (quartiere  degli)  al-Sarràgin  e  il  Hamniàm  Sahl, 
appartennero  un  tempo  ad  'Abdallah  b.  'Amr  b.  al-'As  che  li  comperò, 
facendone  poi  dono  alla  propria  figlia  umm  'Abdallah  bint  'Abdallah  b. 
'Amr  al-'As:  questa  andò  moglie  di  'Abd  al-*aziz  b.  Marwàn  e  gli  partorì 
Sahl  e  Suhayl.  I  due  figli  ereditarono  la  casa  dalla  madre  (pag.  158-159). 

(51)  Il  Qasr  Mary  ah  fu  una  khittah  di  ibn  Rifa'ah  al-Fahmi,  rega- 
lata dal  medesimo  ad  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn.  Questi  vi  costruì  una  casa 
per  una  sua  concubina  greca  detta  Màryah.  —  In  cambio  Abd  al-'azìz 
diede  ad  ibn  Rifa'ah  un  luogo  in  al-Hamrà.  Quando  'Isa  b.  Mazyad  al-Gra- 
lùdi  entrò  in  Egitto  con  'Abdallah  b.  Tallir,  egli  demolì  la  casa  e  vi  costruì 
una  prigione,  quella  che  sorge  presso . . .  (nel  ms.  mancano  al  nome  i  punti 
diacritici)...  presso  il  Manzil  'Amr  b.  Sawàd  al-Sarlii  (?  Sargi)  (pag.   159). 

(52)  Grahm  b.  al-Salt  al-Muttalibi  si  prese  una  dimora  presso  (il  quar- 
tiere degli)  Ashàb  al-Zayt  (o  mercanti  d'olio),  di  fronte  al  Hammàm 
Bisr  (pag.   159). 

581.  • 


§  192.  ^i*    3.«    11* 

21.  a.  H.  (53j  ibii  Mulgam  prese  stanza  nel  (quartiere  degli)   Ashàb  al-Za yt, 

2  ione  topografica     "ella  casa  che  aveva  la  facciata  in  pietra  (pag.  159). 

di  ai-Fustàt.)  (54)  lyàs  b.  al-Bukayr  b.    Abd  Yalil,  e  suo  tiglio  Tamim  1).  lyàs  si  fis- 

sarono nella  casa  presso  il   Dar  ibn   Abrahah,  ossia  quella  che  fu  poi  degli 
Ashàb  al-Awtàd.  e  che  si  estendeva  tino  al  mercato  (pag.  159-160). 

(56)  Mugàhid  b.  Habr  mawla  di  bint  Ghazwàu  si  prese  una  dimora 
nella  casa  (nel  quartiere)  degli  al-Nahhàsun,  che  poi  appartenne  a 
Salili  Sàhib  al-Sùq  (il  Siiq  Salili)  (pag.   ItìO). 

(66)  abu  Samir  b.  Abrahah  si  fissò  al  lato  del  Dar  Saythani  al-Laythi 
(pag.   160). 

(67)  ibn  Wa'lah  si  stabilì  vicino  al  precedente,  ed  egli  e  quanti  erano 
con  lui  si  estesero  fino  al  Suq  al-Hammàm  ed  alle  abitazioni  clic  furono 
poi  dei  bauu  Marwàn  (pag.   160). 

(58)  Altri  atfermano  però  che  ibn  Abrahah  b.  al-Sabàh  ed  i  suoi  non 
presero  dimora  in  al-Fustàt  ma  in  al-Grizah,  e  che  i  fondi  di  cui  vennero 
in  possesso  in  al-Fustàt  erano  dapprima  della  famiglia  di  ibn  Wa'lah  e 
passarono  poi  come  eredità  alla  tamigiia  di  ibn  Abrahah,  perchè  erano 
unite  tra  loro  per  via  di  matrimonio.  —  I  figli  di  Abrahah  furono  quattro  : 
Kurayb  il  padre  di  Rasid,  abu  Samir,  Ma'dikarib  e  Yaksiim  (pag.  160). 

(59)  I  quattro  fratelli  emigrarono  e  si  convertirono  (hàgara)  ai  tempi 
del  Califfo  limar.  Kurayb  b.  Abrahah  era  ancora  un  ragazzo  quando  Limar 
tenne  la  sua  (celebre)  predica  (khutbah)  in  al-Gàbiyah  (cfi-.  17.  a.  H., 
§  121),  e  poi  divenne  uno  degli  intimi  di  'Abd  al-aziz  b.  Marw^àn  in  Egitto 
(pag.   160-161). 

(60)  Ka'b  b.  Adi  al-'Ibàdi  si  prese  una  dimora  nella  al-Qaysàriyyah, 
ed  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn  quando  volle  costruire  (la  Qaysàriyyah),  gli 
comperò  il  fondo,  dando  a  lui  ed  ai  suoi  in  cambio  una  dimora  nel  (quar- 
tiere dei)  banii  Wà-il  (pag.   161). 

(61)  Il  Hammàm  abì  Hurrah  fu  in  origine  un  fondo  occupato  per 
jn-imo  da  un  uomo  dei  Tanùkh,  avo  o  padre  di  ibn  'Alqamah.  'Abd  al-'aziz 
b.  Marwàn  lo  pregò  di  cederglielo,  dandogli  in  cambio  quei  giardini  di 
palme  in  al-GrIzah,  che  furono  poi  conosciuti  con  il  nome  di  Grinàn  Ka'l) 
(pag.   161). 

(62)  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm  si  prese  una  dimora  là  dove  più  tardi 
era  il  Sùq  Wardàn:  ivi  fu  conservata  la  scala,  con  la  quale  egli  montò 
per  il  primo  sulle  mura  della  fortezza  (di  Alyùnah:  cfr.  20.  a.  H.,  §  70). 
Colà  abitò  poi  'Abdallah  b.  al-Zubayr,  quando  venne  in  Egitto.  Più  tardi 
'Abd  al-malik  confiscò  (istafàha)  il  fondo,  e  solo  Hisàm  b.  'Abd  al-malik 
lo  restituì  (alla  famiglia).  Yazid  b.  al-Walid  tornò  a  confiscarla.  Ai  tempi 

582. 


21.  a.  H. 


§  192. 


•1<4  Califfo  abù  Gra'far  (al-Mansùi-),  HisAm  b.  'Urwah  che    era    intimo    del 
Califfo,  ne  chiese  ed  ottenne  la  restituzione  (pag.   161-162). 

(63)  abù  Basrah  al-Grhifari  prese  stanza  presso  la  dimora  di  al-Zubayr 
b.  al-'Awwam  (pag.   162). 

(64)  abù  Basrah  al-Ghifàri  tra.smise  in  Egitto  varie  tradizioni  (pa- 
gine  162-163). 

(65)  Amr  b.  al-'As  lasciò  il  Qasr  (di  Alyùnahj  come  era,  e  non  lo 
divise:  ne  fece  un   vvaqf  (pag.   162). 

Nota  1.  —  Nel  testo  l'ordiue  della  descrizione  topografica  non  è  chiaro,  e  non  è  possibile  ren- 
dersi conto  di  tutte  le  notizie.  A  questo  punto  però  ibn  'Abd  al-hakam  sembra  aver  finito  la  descri- 
zione dei  luoghi  nelle  vicinanze  immediate  della  moschea  di  'Amr,  e  passa  alla  descrizione  assai  più  sol- 
lecita e  superficiale  del  resto  della  città  di  al-Fustàt,  tralasciando  i  piccoli  fatti  personali  e  dando  di 
preferenza  notizie  sulle  stanze  delle  tribìi.  Le  notizie  semltrano,  in  alcuni  punti,  messe  l'una  appresso 
all'altra  senza  ordine  interno. 

(66)  I  banù  Aslam  si  presero  una  dimora  presso  quella  di  abù  Dzarr 
al-Ghifaii.  ed  in  questo  tondo  sorse  poi  il  Dar  al-Sabàh  e  corse  la  via  sulla 
quale  trovavasi  il  Dar  ibn  Balàdah.  A  loro  appartenne  pure  il  tratto  tra 
il  Qasr  ibn  Gabr  ed  (il  quai'tiere  degli)  al-Haggàmùn  nel  Sùq  Barbar 
(pag.   163). 

Nota  1.  —  Foi-se  (juesti  Aslam  tacevano  parte  di  quelle  schiere  che  'Umar  mandò  in  soccorso  di 
'Ainr  b.  al-'As  prima  della  vittoria  di  Heliopolis.  Lo  stesso  dicasi  dei  seguenti:  i  Khuzà'ah.  i  Layth,  i 
Bali,  ecc.  (cfr.  '20.  a.  H.,  §§  199,  202). 

(67)  I  Khuzà'ah  ebbero  due  case,  il  Dar  ibn  Nìrak  (?),  che  appartenne 
a  un  certo  al-Hàrith  b.  Fulàn  b.  Fulàn  b.  al-HàritJa  al-Khuzà'i,  e  l'altro 
dar  che  confinava  con  (la  dimora  degli)  al-qudàh  (i  giudici)  (pag.  163). 

(68j  I  banù-1-Layth  che  erano  con  Amr  b.  al-'As,  ossia  gli  Al  Amr 
b.  Saytham,  presero  stanza  presso  gli  Ashàb  al-Qaràtis  (pag.   163). 

(69)  Appresso  a  loro  si  fissò  Busr  b.  abì  Ai-tàh  (pag.   163). 

(70)  I  banù  Mu'àdz  b.  Mvidlig  si  presero  due  dimore,  l'una  nello  Zuqàq 
'Abd  al-malik  b.  Maslamah,  (che  poi  appartenne)  al  giureconsulto  al-Ashab 
al-Faqih,  e  l'altra  nella  'Aqabah  Sùq  Barbar,  nella  strada  in  cui  sorse  poi 
il  Dar  Mus'ab  al-Zuhri  (pag.   163). 

(71)  'LTtbah  b.  Rabi'ah  possedè  una  diecina  di  case  riunite  insieme, 
ed  una  moschea  sor.se  al  principio  del  declivio  ('aqabah)  presso  il  Dar 
ibn  Sàmit  (pag.   163). 

(72)  I  Bali  presero  stanza  appresso  ai  Khàrigah  b.  iludzàfah,  ed  il 
loro  fondo  si  estendeva  dal  Dar  'Amr  b.  Yazid  fino  al  Dar  Maslamah  e  al 
Dar  Wiidih,  tanto  da  oltrepassare  il  Dar  Mugàhid  b.  Gabr,  fino  al  Darb 
al-Zagàg,  e  da  toccare  il  (quartiere  degli)  Ashàb  al-Zayt:  toccavano 
poi  anche  la  qiblah  (punto  più  meridionale)  del  Sùq  Wardàn  fino  a  rag- 
,uiungere  la  moschea    Masgid    al-Qurun.  Poi    lambivano   la   strada    fino   al 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Descri- 
zione topografica 
di  al-Fustàt.1 


.583. 


21.  a.  H.  Masgid  baui    Awt  dei  Bali.  I  Bali  avevano  posto  a  man  dritta  dello  sten- 

'z'ioIJt^pogr^afìca     ^liii^^o  di  'Anir  b.  al-'As,  perchè  la  madre  di  al-'As  b.  AVàil  era  della  loro 
di  ai-Fustàt.|  tribù.  I  Bali  costituivano  la  terza  parte  dei  Qudà'ah,  e  prima  erano   im- 

migrati in  Siria,  ma  avendovi  essi  creato  qualche  disordine,  il  Califfo  'Umar 
li  mandò  in  Egitto,  ove  si  moltiplicarono  assai  (pag.   1 68- 164). 

Cfr.  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  70;  Maqrizi   Khitat,  I,  298. 

(73)  I  banu  Bahr,  un  ramu  dei  Lakhm  [Azd],  si  stabilirono  presso  i 
Bali,  e  il  loro  fondo  si  estendeva  sino  al  fiume  (bahr)  (pag.   164). 

(74)  Appresso  ai  Bahr  si  stabilirono  gli  al-Hamrà  (pag.   164). 

(76)  Con  questi  confinava  un  gruppo  dei  banù  Salàmàn,  che  si  sten- 
devano sino  al  fiume  (pag-  164). 

(76)  Poi  venivano  gruppi  dei  banu  Fahm,  e  Kinanàh  Fahm  (sic),  e  di 
nuovo  gli  al-Hamrà  fino  al  ponte  al-Qantarah  (pag.  164). 

(77)  Quando  'Amr  b.  al-'As  invase  l'Egitto,  aveva  con  sé  un  gruppo  for- 
mato da  membri  di  varie  tribù  (afnà  a  1-qabà- il),  e  siccome  ninna  tribù 
vi  era  rappresentata  da  un  numero  sufficiente  d'uomini  tanto  da  avere  un 
proprio  stendardo,  e  ninno  voleva  mettersi  sotto  lo  stendardo  di  un'altra 
tribù,  'Amr  b.  al-'As  diede  a  loro  uno  stendardo  speciale.  Questo  stendardo 
fu  chiamato  al-Ràyah,  o  lo  stendardo  per  eccellenza,  e  intorno  ad  esso  si 
aggrupparono  tutti  i  membri  di  tribù  diverse  non  abbastanza  numerosi  da 
costituire  un  corpo  separato  (pag.   164-165). 

Cfr.  poc'anzi  §  191,  e  più  avanti  §  193. 
'  (78)  Poi  venivano  i  banù-1-Hagar  [Azd],  la  moschea  Masgid  al-'Aytham 
fino  allo  Zuqàq  al-Sahmi,  quindi  i  (banù)  Raqà,  i  (banù)  Bawàdah,  che  con- 
finavano con  i  Hudzayl  ed  i  Fahm.  Più  tardi  i  Hudzayl  ebbero  in  feudo 
il  tratto  che  li  separava  dai  Salàmàn,  sicché  arrivarono  fino  al  Suwayqah 
'Adwàn  sullo  Zuqàq  al-Makki.  Poi  venivano  i  Sabrah  (pag.   165). 

(79)  Il  Masgid  al-Aytham  fu  costruito  da  al-Hakam  b.  abì  Baki-  b. 
'Abd  al-'aziz  sopra  una  parte  della  stalla  (istabl)  degli  Azd,  dai  quali 
al-Hakam  comperò  il  terreno.  Nella  moschea  fu  depositata  una  copia  del 
Qur-àn  detta  Mushaf  Asma,  il  lettore  della  quale  riceveva  uno  stipendio 
di  tre  dìnàr  al  mese.  Tale  viso  fu  mantenuto  anche  dal  Califfo  abù-1- 
'Abbàs(?),  che  fece  pagare  i  tre  dìnàr  dal  tesoro  pubblico. 

(80)  L'origine  di  questa  copia  é  narrata  nel  seguente  modo  da  Yah3a 
b.  Bukayr  e  da  altri.  al-Haggàg  b.  Yùsuf  fece  preparare  vin  certo  numero 
di  esemplari  (corretti)  del  Qur-àn  e  ne  mandò  uno  in  ogni  provincia.  'Abd 
al-'azìz  b.  Marwàn  fu  offeso  da  questo  atto,  ed  a  sua  volta  fece  preparare 
in  Misr  una  copia,  che  egli  si  vantò  non  contenesse  un  solo  errore  di 
lettera,  promettendo  trenta  dìnàr  a  chi   avesse   scoperto   un   errore.  Un 

584. 


21.  a.  H. 


§  192. 


uomo  però  degli  al-Hamrà  riuscì  a  scoprire  una  parola,  in  cui  era  stato 
invertito  l'ordine  di  due  lettere,  e  'Abd  al-'aziz,  pagata  la  promessa  ricom- 
pensa, fece  correggere  l'errore.  Alla  morte  di  Abd  al-'aziz  la  copia  passò 
nelle  mani  di  suo  figlio  abù  Bakr  b.  Abd  al-'aziz,  che  la  comperò  dall'ere- 
dità per  1000  dinar,  ed  alla  sua  morte  fu  comperata  da  sua  figlia  Asma 
bint  abi  Bakr  b.  'Abd  al-'aziz  per  700  dìnàr.  Essa  fu  quella  trascritta 
in  appresso  dai  copisti  e  prese  il  nome  della  sua  ultima  proprietaria  Asma. 
Morta  Asma,  la  comperò  al-Hakam  b.  abì  Bakr  (b.  'Abd  al-'azìz),  e  la 
depose  nella  moschea  (da  lui  costruita,  Masgid  al-'Aytham),  fissando  un 
compenso  di  tre  dìnàr  per  colui  che  (quotidianamente)  l'avesse  letta  (ad 
alta  voce)  (pag.   165-166). 

(81)  al-Hakam  b.  abì  Bakr  costruì  anche  la  moschea  detta  poi  Qubbah 
Sùq  Wardàn  (pag.  166). 

(82)  I  banu  'Adwàn  si  estendevano  fino  al  mercato,  al-Sùq,  dove  toc- 
cavano i  banù  Salàmàn.  Il  Dar  ibn  abì-1-Kuniid  toccava  alla  Suwayqah 
'Adwàn  (pag.   166). 

(83)  Poi  venivano  (di  nuovo)  i  banù  Salàmàn  che  lambivano  il  fiume 
e  giungevano  sino  ai  Ginàn  Hawi  (?):  quindi  trovavansi  i  Fahm  Kinànah, 
che  si  estendevano  dallo  Zuqàq  ibn  Rifa'ah  sino  al  fiume,  e  toccavano  ai 
Salàmàn  nei  Grinàn  Hawi,  dove  giungevano  pure  i  banù  Yaskur  dei  Laklim. 
I  Grinàn  Hawi  e  le  falde  del  colle  Gabal  al-Farìn  (?  nel  ms.  mancano  i 
punti  diacritici)  appartenevano  ai  banù  Yaskur  b.  Gadìlah  dei  Lakhm 
(pag.-  166). 

(84)  Seguiva  il  fondo  di  'Ali  b.  Rabàh  al-Lakhmi  in  al-Hamrà,  presso 
i  Grinàn  Hawi,  a  mano  sinistra  di  chi  si  dirige  verso  il  ponte  al-Qantarah 
(pag.   166). 

(85)  I  Mahrah  occuparono  la  parte  anteriore  del  Dar  al-Khayl  e  quella 
circostante  sulle  ultime  pendici  del  Grabal  Yaskur,  dalla  parte  del  fossato 
a  oriente  del  campo  fino  ai  ó-inàn  ibn  Maskìn.  La  moschea  dei  Mahrah 
era  costì  e  conteneva  una  bassura  di  pietre  nere  (sud),  finché  Tarìf  al- 
Khàdim  l'mcluse  nel  Dar  al-Khayl,  quando  lo  costruì  (pag.  166)  (Maqrizi 
Khitat,  I,  pag.  297,  lin.  13-17;  Maqrizi  Eg.,  HI,  144;  Guest, 
JRAS.,  1907,   pag.  65,  74;  Duqmàq,  IV,  33,  80,  82). 

(86)  Il  (jrabal  banù  Maskìn  fii  in  principio  un  fondo  di  al-Garràh  al- 
Mahri,  e  quando  egli  morì  senza  discendenti,  Surayh  b.  Maymùn  al-Mahri 
ereditò  il  terreno  e  sposò  la  vedova  (pag.   166). 

(87)  Il  quartiere  dei  Mahrah  si  stendeva  fino  a  quello  dei  Ghàfiq  a 
oriente,  ed  aiTÌvava  fino  ad  al-Sùf,  ed  (al  quartiere  dei?)  Ghab.sà  (?  nel 
ms.  abbiamo  Ghaysà)  a  occidente  (pag.  167). 


21.  a.  H. 
(EGITTO. -Descri- 
zione topografica 
di  al-Fustàt.{ 


585. 


74 


S    1!'-' 


21.  a.  H. 


21- a.  H.  (88)   l\>i   veniva  lil  quartiere  dei)  Lakhm,  delimitato  dai 'rhaqil  al  siul 

ziono topografica       4Ì''li)  dalla   parte  degli  al-Sarràgùn:  la  casa  che  fu  poi   il  Dar 'Ayyàs  b. 
di  ai-Fustàt.i  'l'qbah  apparteneva  ai  Laldim,  e  cosi  pure  il  Dar  al-ZalAbiyah:  il  quartiere 

lakhniita  si  estendeva  sino  alla  Aqabah  Mahrah,  ed  allo  Zuqàq  abi  Hakini. 
Con  loro  abitavano  alcuni  dei  bauù  Cxudzàm.  Il  quartiere  scendeva  poi  sino 
allo  Zuqàq  Wardàn  mawla  ibn  abi  Sarh,  od  al  Masgid  Abdallah.  An- 
dando verso  la  moschea  congregazionale  dal  Masgid  'Abdallah  alle  case 
dei  Wardàniyyùu,  a  mano  dritta  era  dei  Lakhm,  a  sinistra  dei  Ghàtiii.  11 
terreno  lakhmita  giungeva  hno  ai  Dar  Matar  nel  Sùq  Barbar,  perchè  gli 
Azd  erano  di  fronte  a  loro  nei  Dar  abi  Maryam  (pag.  167)  (Maqrìzi 
Khitat,  1,  297,  lin.  19-26;  Maqrìzi  Kg.,  Ili,  145;  Guest,  ./RAS., 
1907.   pag.   70-71;  Duqmàq,  IV,  22). 

(89)  Segue  una  descrizione  topografica  del  quartiere  degli  Azd  simile 
alla   precedente  (pag.   168-169). 

i90)  Nelle  pagine  seguenti  del  testo  troviamo  indicazioni  anche  più 
minute  sui  luoghi  occupati  da  altre  tribù;  ma  privi,  come  siamo,  di  una 
pianta  dell'antica  città  di  al-Fustàt  ai  tempi  di  ibn  'Abd  al-hakam,  dai  soli 
nomi  di  case  e  di  strade  e  di  piccole  moschee,  non  ci  è  possibile  compren- 
dere il  vero  significato  della  descrizione  topografica  :  non  possiamo  infatti 
stabilire  in  verun  modo  nemmeno  il  sito  approssimativo  dei  nomi  dati.  Rias- 
sumeremo perciò  molto  brevemente  le  restanti  indicazioni  topografiche. 

(91)  Appresso  agli  Azd  venivano  i  Sagà'ah  nella  Saqifah  al-Grhazl,  i 
Fahm  presso  il  Kuttàb  (=  scuola)  Ismà'ìl,  ed  i  banù  Sabànah  (Azd)  presso 
il  Dar  Hawi:  a  questi  ultimi  appartenevano  la  moschea  con  il  minareto 
verso  la  Saqifah  Tarki,  e  quella  nelle  vicinanze  di  al-Sùsa.  Partendo  da 
lì  per  il  Darb  Hawi  al-Bahri  si  arrivava  ti'a  i  Hudzayl  a  man  dritta  ed 
i  f  banù)  Hadanah  (Azd)  a  sinistra,  e  andando  olti-e  si  trovavano  i  Yaskur 
dei    Lakhm  fpag.  169j. 

(92)  I  Ghàfiq  erano  tra  i  Mahrah  e  i  Lakhm,  si  estendevano  dal 
Darb  al-Sarràgìu  fino  ai  Dar  banì  Wardàn,  includevano  il  Masgid  Fahm 
al-Hamràt  (sic),  e  toccavano  il  Masgid  (bani)  Hadràu  [i  Hadràn  erano  un 
ramo  dei  Ghàfiq],  il  Masgid  Ahdab,  il  Masgid  al-Zamàm  dove  poi  fu  sepolto 
Muhammad  b.  abi  Bakr  al-Siddiq,  il  bagno  Hammàm  Sahl  usato  soltanto 
dalle  donne,  il  Masgid  abi  Musa  al-Ghàfiqi,  ecc.  (pag.  109-171).  La  descri- 
zione del  quartiere  dei  Ghàfiq  è  assai  lunga  perchè  erano  molto  numerosi 
fcfi-.  169,  lin.  8)  (Maqrìzi  Khitat,  I,  pag.  298,  lin.  6-7;  Maqrìzi 
Eg.,  III,   147;  Guest,  JRAS.,   1907,  pag.   72-73;  Duqmàq,  IV,  51). 

(93)  Al  sud  (qibli)  dei  Mahrah  erano  i  Sadif,  che  confinavano  poi 
con  i  Hadramawt.    Il    capo   f  arìf)   dei    Sadif  era  'Imràn    b.    Rabì'ah  al- 

586. 


21.  a.  H. 


11)2. 


Sadafi  (pag.   171)  (Maqiizi   Khitat.    I,    298.  liii.  7-8:  Maqrizi    Eg..  21.  a.  H. 

Ili,   148  e   nota  1;   Guest,  JRAS.,   1907,  pag.   72).  '^z'^òne^opog'afica 

(94)  I   Hadramawt,    vicini    dei    precedenti,    occuparono    il    terreno    ai       di  ai-Fustat.] 
tempi  di   'Uthmàn  b.    Affàn:  alcuni  però  come  'Abdallah  h.  Kulayb,  Màlik 
b.  al-Agda',  Malàmis    b.  Hudzayfali    b.  Sari',  al-A'yan   b.   Namir   b.  Sari', 
ed  abù-l-'Aliyvah  al-Haddàni  loro  mawla,    vennero  in    Egitto   con  'Arar 
b.  al-'ls. 

La  maggioranza  (màddah)  venne  regnante  'Uthmàn,  e  si  stabilì  a 
oriente  dei  Salham  e  dei  Sadif  (pag.  171-174)  (Duqmàq,  IV,  51;  Guest, 
JRAS.,  1907,  pag.  73). 

(96)  I  Tugib  confinavano  con  i  Mahrah  e  i  Sadif  al  nord,  con  i  Salham 
a  oriente,  con  i  Wa'làn  (Muràd)  ed  i  Khawlàn  al  sud  (pag.  174)  (Ma- 
qrizi Khitat,  I,  297,  lin.  17-19;  Maqrizi  Eg..  Ili,  145;  Guest, 
JRAS.,  1907,  pag.  66). 

(96)  I  Khawlàn  confinavano  con  i  banù  Wà-il,  gli  al-Fàrisiyyun,  [—  i  Per- 
siani di  Bàdzàn  resisi  musulmani  in  Siria],  i  Tugib,  i  Ru'ajai  ed  i  Ghutayf 
fpag.  174-176)  (Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  65;  Duqmàq,  IV,  24).  In 
questa  khittah  era  pure  quella  degli  al-Gu'àliyyin  (Duqmàq,  IV,  26.  36; 
Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  65).  Cfr.  §  196. 

(97)  I  Madzhig  erano  tra  i  Khawlàn  ed  i  Tugib  (pag.  176)  (Maqrizi 
Khitat,  I.  298,  lin.  11-12:  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  72:  Duqmàq, 
IV,  4). 

(98)  I  Wa'làn  toccavano  il  castello,  al-Qasr  (pag.  176)  (Maqrizi 
Khitat,  I,  298,  lin.   12-15;  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  65). 

(99)  I  Ghutayf  b.  Muràd  si  estendevano  fino  a  toccare  i  Yàfi'  ed  i 
Ru'ayn  (pag.   175)  (Maqrizi    Khitat,  I,  pag.  298,  lin.   12). 

(100)  I  Himyar  al  sud  (qibli)  dei  Khawlàn  (pag.   175). 

(101)  I  Yàfi'  ed  i  Ru'ayn  a  oriente  dei  Khawlàn  (pag.  175-176)  (Ma- 
qrizi   Khitat,  I,  298,  lin.   16-17). 

(102)  Gli  al-Ma'àfir,  ossia  gli  al-As'ar  ed  i  Sakàsik,  erano  ad  oriente 
degli  al-Kalà'  :  un  tempo  stavano  presso  il  fiume,  ma  tale  era  ivi  il  tor- 
mento delle  zanzare  (ba'iid)  che  ottennero  il  permesso  da  'Arar  b.  al-'As 
di  muoversi  in  un  altro  sito  (pag.  176-177)  (Maqrizi  Khitat,  I,  298, 
lin.   17-19;  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.   71). 

(103)  I  banù  Wà'il  erano  più  a  mezzogiorno  ed  arrivavano  fino  ai 
(banii)  Ràsidah  dei  Lakhm  dalla  parte  di  al-Istabl,  e  fra  loro  e  i  Yahsub 
che  stavano  sul  colle  v'erano  gli  al-Fàrisiyyiìn,  ma  questi  contavano  poche 
persone  (pag.  177-178)  (Maqrizi  Khitat,  I,  298,  lin.  20-21;  Guest, 
JRAS.,  1907,  pag.  65-66). 

587. 


§§  i9>,  193.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  (104)  Dietro  ai  Wà-il  v'era  un  altro  gruppo  di  Lakhm,  che  occupava 

'  zionetopog'a^fk'a     '1"  terreno  fino  alle  rive  del  Nilo;  essi  vennero  poi  in  conflitto  con  i  Yahsub 
di  ai-Fustàt.|  sul  colle  (pag.   178). 

(106)  Nel  prendere  questi  terreni  in  al-Fustàt,  le  tribù  laaciaiouo 
.sempre  vasti  campi  aperti  tra  un  terreno  e  l'altro:  ma  quando  vennero 
gli  altri  rinforzi  ai  tempi  di  'Ut^màn  b.  'Aifàn,  ed  anche  pii'i  tardi,  i 
nuovi  venuti  si  unirono  ai  consanguinei  già  immigrati  nel  paese  e  ci'eb- 
bero  talmente  in  numero,  che  gli  spazi  aperti  tra  ogni  terreno  furono 
tutti  occupati  e  ricoperti  di  costruzioni  (pag.  178)  ('Abd  al-hakam, 
136-170). 

§  193.  —  (Khittah  Ahi  al-Ràyah).  La  Ahi  al-Ràyah  era  costituita  da 
un  aggruppamento  di  Qurays,  al-Ansàr,  Khuzà'ah,  Aslam,  Gbilar,  Muzajnah 
Asga',  Guhaynah,  Thaqif,  Daws,  Abs  b.  Baghid,  una  turba  (hars)  dei  band 
Kinanali,  Layt_h  b.  Bakr  ed  a  questi  appartennero  anche  gli  al-'Utaqà, 
ossia  i  liberti.  Ma  questi  ultimi  avevano  una  dimora  diversa  da  quella 
della  Ahi  al-Ràj^ah.  La  Ahi  al-Ràyah  si  prese  questo  nome,  e  la  khittah 
pure  ebbe  da  loro  tale  denominazione,  perchè  i  componenti  dell'aggruppa- 
mento provenivano  da  tante  frazioni  di  tribìi  (batn),  nessuna  delle  quali 
però  era  tanto  numerosa  da  poter  figurare  da  sola  nel  dìwàn.  D'altra 
parte  ogni  frazione  non  voleva  esser  convocata  sotto  il  nome  di  una  tribù 
(q  ab  il  ah)  che  non  era  la  sua,  ed  allora  'Amr  b.  al-'As  diede  loro  uno 
stendardo,  senza  assegnarlo  in  particolare  a  veruna  tribù,  e  disse  ai  con- 
venuti che  il  loro  luogo  di  convegno  (m  a  w  q  i  f )  era  sotto  quello  stendardo. 
Detto  stendardo  ebbe  funzione  di  riunire  in  un  solo  gruppo  tanti  ele- 
menti diversi  e  porli  riuniti  in  un  solo  registro  del  d  i  w  a  n .  Tale  aggrup- 
pamento risaliva  ai  tempi  del  Profeta,  ad  una  occasione  in  cui  Maometto 
affidò  il  comando  militare  d'una  spedizione  ad  'Amr  b.  al-'As.  La  khittah 
della  Ahi  al-Ràyah  abbracciava  la  moschea  congregazionale  da  tutte  le 
parti:  cominciando  dal  luogo  di  combattimento  (al-masàff),  dove  i  com- 
ponenti del  gruppo  si  trovavano  nel  momento  in  cui  assediavano  la  for- 
tezza, ossia  dinanzi  alla  porta  del  castello  detta.  Bàb  al-Sam'.  arrivavano 
con  la  loro  khittah  sino  al  Hammàm  al-Fàr  e  si  estendevano  ad  occi- 
dente sino  al  fiume  Nilo.  Quando  (la  khittah?)  giungeva  agli  al-Nahhàsin. 
ambedue  i  lati  (della  strada)  erano  della  Ahi  al-Ràyah  sino  al  Bàb  al- 
Masgid  al-Gràmi',  chiamata  Bàb  al-WaiTàqìn.  Poi  risaliva  fino  al-Hammàm 
Samiil.  In  questa  khittah  era  contenuto  il  Zuqàq  al-Qanàdìl  sino  alla 
Turbah  'Affàn,  al  Sùq  al-Hammàm  e  sino  alla  porta  della  fortezza,  con 
la  quale  abbiamo  incominciato  la  nostra  descrizione  (M  a  q  r  i  z  i  Kh  i  t  a  t , 
I,  pag.  297,  Un.  4-13);  cfr.-poc'anzi  §   191,  e   192  n.  77. 

688. 


21.    a.    H.  §§  193-195. 


Cfr.  G-uest.  JRAS.,  1907,  pag.  64-65;  Maqrizi  Eg.,  Ili,   143-144;  21.  a.  h. 

Duqmàq.    IV.   17.    105.   106;    Suyùti    Husn,    I,    65.   77:  JRAS.,   1903,     '^°oIJ°pogr\'fica 
pag.    803.  di  al-Fustàt.] 

§  194.  —  (Khittah  al-Lafìf).  Prese  questo  nome  per  il  fatto  che  si  uni- 
rono insieme  (iltifàf)  gli  uni  con  gli  altri.  Quando  ebbe  espugnata  Ales- 
sandria, 'Amr  b.  al-'5.s  fu  informato  che  le  navi  dei  Greci  si  avviavano 
verso  Alessandria  per  combattere  i  Musulmani  :  egli  spedì  allora  'Amr  b. 
Gamàlah  al-Azdi  al-Hagari  a  diffondere  la  notizia:  accorsero  in  fretta  le 
tribù  che  furono  poi  chiamate  al-Lafif,  si  unirono  per  andare  a  raggiun- 
gere 'Amr  b.  Gamalah,  e  chiesero  ad  'Amr  b.  al-'As  il  permesso  di  met- 
tersi sotto  gli  ordini  dell' Azdita.  Amr  b.  al-'As  diede  il  permesso,  ed  erano 
Tina  turba  molto  numerosa.  'Amr  b.  Gamàlah  fu  molto  contento  di  questo 
e  ringraziò  i  convenuti,  tessendo  anche  il  loro  elogio,  e  dacché  nel  discorso 
che  egli  rivolse  ad  essi  fece  cenno  con  la  menzione  di  un  versetto  Cora- 
nico (XVII,  106)  al  fatto  della  loro  fusione  (lafìf*°),  presero  questa  espres- 
sione come  denominazione  del  loro  aggruppamento.  Essi  allora  chiesero 
ad  'Ami-  b.  al-'As  che  li  isolasse  nell'appello  (yafrid  lahum  da' w ah, 
cioè  assegnasse  loro  un  posto  di  convocazione  speciale,  ossia  costituisse 
un  ruolo  separato  di  essi  per  la  distribuzione  della  paga):  a  che  i  loro  com- 
pagni di  tribù  (non  associati  nell'aggruppamento)  si  opposero.  Richiesero 
ad  'Amr  clie  concedesse  a  loro  almeno  di  poter  rimanere  riuniti  come  di- 
mora in  un  luogo  separato  dagli  altri,  là  dove  già  si  trovavano,  ed  a  ciò 
egli  acconsentì.  Così  avvenne  che  questi  uomini  fossero  stanziati  tutti  in 
un  luogo  solo,  ma  divisi  tra  loro  nei  riguardi  del  d  i  w  a  n  (ossia  figuravano 
per  le  paghe  nei  ruoli  delle  varie  tribù,  alle  quali  appartenevano).  Quando 
veniva  chiamata  ogni  frazione,  batn,  (per  il  pagamento  del  soldo),  ognuno 
andava  ad  unirsi  ai  suoi  consanguinei.  L'aggruppamento  era  composto  di 
Arabi  degli  al-Azd  di  al-Hagr,  dei  Ghassàn,  dei  Sagà'ah,  membri  sparsi  dei 
Gudzàm,  dei  Lakhm,  degli  al-Zuhàf,  dei  Tanùkh  (Qudà'ah).  La  khittah 
aveva  principio  presso  quella  della  Ahi  al-Ràyah  e  risalendo  verso  il  nord 
arrivava  al  Naqqàsi  al-Balàt  :  in  essa  erano  contenute  le  case  dal  Dar  ibn 
'Asràt  sino  alle  vicinanze  circa  di  Sùq  Wardàn  (Maqrizi  Khitat,  I, 
pag.  297,  lin.  26-36;  Maqrizi  Eg.,  III,   146). 

Cfi'.  Guest.  JRAS.,  1907,  pag.  70. 

§  195.  —  (Khittah  Ahi  al-Zàhir).  Questo  quartiere  (manzil)  «  esterno  » 
prese  il  nome  di  al-Zàhir.  perchè  le  tribù  che  vi  si  stabilirono  erano  prima 
in  Alessandria,  e  poi  si  trasportarono  in  al-Fustàt  dopo  che  'Amr  b.  al-'As 
era  migrato  nella  nuova  città,  e  dopo  che  le  tribù  si  erano  delimitate  in 
'  H.-a  i  loro  terreni.  Esse  vennero  allora  a  protestare  presso  'Amr  b.  al-'Ae; 

589. 


59  1H6-197.  21.   a.   H. 

21.  a.  H.  j.  Mu'àwiyah   b.   Khudayg.  preposto  alla  si.stoniazionc  delle   Idiit^t,  li  in- 

2  Ione  topografica  ^ '*<^  ^  preiidorsi  UH  teiTono  alla  periferia  (al-zahir)  delle  Idiitat  già 
di  ai-Fustàt.i  sistemato.   Le  tribù  (a  1 -qabà- il)  che   occuparono  questa  khittali  erano 

gli  al-'Utaqà,  ossia  nna  riunione  di  tribù  che  ai  tempi  del  Profeta  ave- 
vano tatto  il  ineatiere  di  biiganti.  ed  erano  stati  ridotti  alla  schiavitù: 
Maometto  ridiede  loro  la  libertt)  e  perciò  furono  complessivamente  chia- 
mati al-Ttaqa,  ossia  liberti.  Il  loro  diwàn  era  con  quello  della  Ahi  al- 
Hàyah.  o  la  loro  khittah  alla  periferia  ed  eia  di  media  grandezza.  Kra 
composta  di  var!  elenrenti  degli  al-Azd  e  P^ahm.  La  khittah  aveva  prin- 
cipio a  oriente  della  khittah  dei  Lakhm  ed  arrivava  sino  ad  al-'Askai-. 
In  essa  era  la  Suwayqah  al-'Iràqiyyin,  così  detta"  perchè,  quando  Mu'àwiyah 
b.  alti  Sufyan  diede  il  governo  di  al-Basrah  a  Ziyàd,  questi  maudò  in  esilio 
in  Egitto  un  certo  numero  di  al-Azd,  nel  53.  H.,  mentre  1"  Egitto  ora  go- 
vernato da  Maslamah  b.  Mukhaliad  :  i  nuovi  venuti  si  stabilirono  in  quel 
luogo  ed  erano  circa  centotrenta  persone.  Da  ciò  il  uonie  Suwayqah  al- 
'Iràqiyyìn  a  quel  sito  del  quartiere  suburbano  (Maqrìzi  Khitat.  1, 
pag.  297,  lin.   36;  298,  lin.  6;  346:  Maqrizi   Eg..  TU,   146-147). 

Cfr.  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  73. 

§  196.  —  (Khittah  al-Fàrisiyyìn).  Gli  al-Fàrisiyyun  erano  i  superstiti 
delle  schiere  di  Bàdzàn,  il  luogotenente  del  Kisra  nel  Yaman  prima  del- 
l'Isiàm  (cfi-.  10.  a.  H.,  §  82,  nota  2:  11.  a.  H.,  §§  186,  187,  ecc.).  Si  converti- 
rono in  Siria  e.  desiderando  fare  la  guerra  santa,  partirono  ccn  Amr  b. 
al-'As  nella  spedizione  d'Egitto.  Essi  si  stabilirono  ai  piedi  del  monte  Grabal 
Bàb  al-Biin  (Babilonia),  che  sorge  a  oriente  dietro  la  Khittah  Grami'  ibn 
Tùlùn,  e  la  terra  loro  è  detta  al-Ard  al-Saft-a  e  fa  parte  dell'al-'Askar  (Ma- 
qrizi Khitat.  I,  pag.  298,  lin.  8-11;  Maqrìzi  Eg.,  Ili,   148). 

Cfr.  Guest,  JRAS.,  1907,  pag.  66;  Duqmàq,  IV,  4,  126;  e  §  192,  n.  97. 

§  197.  —  (Khitat  delle  tre  al-Hamràwàt).  (al-Kindi).  Gli  al-Hamrà 
erano  di  tre  specie  :  i  banù  Yannah,  i  Eùbil  e  gli  al-Azraq.  Essi  erano  di 
quelli  venuti  con  'Amr  b.  al-'As  dalla  Siria  in  Egitto  ed  ei-ano  non  arabi 
nativi  della  Siria,  'Agam  al-Sàm  (^),  e  precisamente  quelli  che  avevano  mo- 
strato propensione  per  l' Islam  prima  della  battaglia  del  Yarmùk  :  v'erano 
militi  (greci?)  di  Qaysàriyyah  ed  altri.  Secondo  al-Qudà'i,  il  quartiere  prese 
il  nome  di  Hamrà  perchè  in  esso  stabilironsi  gli  al-Rùm.  Esse  erano  le 
khitat  dei  Bali  b.  Amr  b.  al-Hàf  b.  Qudà'ah,  dei  Fahm,  degli  'Adwàn, 
d'una  frazione  di  al-Azd  ossia  i  Thuràd,  dei  banu  Bahr,  banù  Salàmàn, 
Yaskur,  Hudzayl,  banù  Yannah,  e  banii-l-Azraq  ossia  un  gruppo  di  Greci 
(al-Rùm),  e  dei  banù  Rùbìl,  ossia  un  gruppo  di  Ebrei  convertiti...  I  Greci 
dei  banù  Nabah  erano  un  centinaio  e  presero  parte  alla  conquista.  I  banù-1- 

.5!KJ. 


21.  a.  H. 


§§  197-199. 


Azraq,  pui-  essi  Greci,  erano  quattrocento  uomini,  che  fecero  pure  tutta  la 
campagna  di  conquista.  I  banù  Rùbil,  Ebrei  convertiti,  erano  un  migliaio, 
tutti  presenti  alla  campagna  di  conquista  ...  Le  tre  Khitat  dalli  al-Hamrà 
erano  distinte  con  l'indicazione  di  più  vicina  (al-dunya),  media  (al- 
wusta),  e  più  lontana  (a  1-qus  wa) . . .  (Maqrizi  Khitat,  I.  pag.  298, 
lin.  24-35;  Maqrizi  Eg.,  Ili,  151-153,  dove  sono  anche  riportati  due 
passi  di  abù  Salili  (pag.  101-102,  108-110)  sui  Hamrà,  a  complemento 
delle  notizie  di  al-Maqrizi). 

Cfi-.  Guest,  JRAS.,  1907.   pag.  67-68. 

Nei  testi  noi  abbiamo  «  banù  Nabah  »,  o  «  banù  Yanad  »  :  bisoirna 
correggere  in  banù  Yannah  secondo  Qàmùs,  IV,  274;  Guest,  JEAò'., 
1907.  pag.   69.  nota    1. 

Nota  1.  —  Il  Lammeiis  mi  osserva  che  nei  documenti  più  antichi  la  Siria  viene  chiamata  Ard 
Hl-Rfim  o  terra  dei  Rfim,  e  che  perciò  può  esservi  confusione,  nelle  memorie  più  antiche,  tra  i  Siri 
(chiamati  Riìm,  perchè  sudditi  di  Bisanzio^  ed  i  Greci  (i  veri  al-Rnm).  Gli  ausiliari  di  'Amr  1>.  al-'Às 
non  potevano  esser  Greci,  naturalmente,  ma  Siri. 

§  198.  —  (abù  Sàlihj.  I  luoghi  conosciuti  per  il  nome  di  coloro  tra 
gli  Arabi  che  li  occuparono  per  la  prima  volta,  durante  la  conquista  del- 
l'Egitto  nel  Muharram  del  20  H.,  sono  quelli  denominati  da  (1)  Mahiah 
b.  Haydàn  b.  'Umar  b.  al-Hàf  b.  Qudà'ah,  (2)  Tugib,  (3)  Lakhm  e  Gudzàm 
figli  di  'Adi  b.  Murrali,  (4)  Ràsidah  b.  Gazilah  b.  Lakhm,  (5)  banù-1-Ma'àtìr 
b.  Ya'far,  (6)  banù  Wàùl . . .  (dev'esservi  una  lacuna)...,  (7)  Hubayb  b. 
Mughaffal  Sàhib  Wàdi  Hubayb,  (8)  al-Qaràfah,  (9)  banù  Hagas  (?)  b.  Yùsut 
Ij  Wà-il,  (10)  al-malik  abù-1-Khayr  b.  Saràhil,  (11)  Wardàn  al-Rùmi  com- 
pagno di  'Amr  b.  al-'As,  (12)  Sagà'ah  !>.  Mandaghàn  b.  Màlik  b.  Ka'b  b. 
al-Hàrith  b.  Ka'b,  (13j  Sùq  Barbar  ebbe  questo  nome  da  Barbar  ibn  abi 
Habìb,  (14j  Darb  al-Khudaygi  b.  Hagr  amir  di  Misr  durante  il  califfato 
di  'Abdallah  b.  al-Zubayr  in  Makkah  e  di  Marwàu  in  Siria  (ossia  tra  il 
64.  ed  il  65.   H.j  (abù    Salili,  pag.  29). 

Questo  passo  di  abù  Sàlih  sembra  assai  corrotto  e  manchevole,  perchè 
il  testo  non  ha  senso  ed  i  nomi  si  susseguono  in  modo  insolito  senza  la 
solita  congiunzione  wa:  parrebbe  quasi  che  nel  manoscritto  originale  i  nomi 
fossero  scritti  in  colonna,  l'uno  sotto  l'altro,  in  attesa  di  aggiunte,  che  di 
poi  non  furono  mai  fatte. 

§  199.  —  (Le  chiese).  ('Abd  al-rahmàn,  da  Humayd  b.  Hisàm  al- 
Himyari).  Ogni  moschea  di  al-Fustàt  d'Egitto,  in  cui  sono  colonne  di 
marmo,    non  è  di  mio  disegno  (?  laysa    bi    khatti  [67cJ). 

La  prima  chiesa  edificata  in  al-Fustàt,  come  racconta  'Abd  al-rahmàn 
(da  Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahi'ah,  da  alcuni  saykh  di 
Egitto)  fn   la  chiesa  clic  è  dietio  il   ponte,-  al   tempo  di  Maslamah  b.  Mii- 


21.  a.  H. 
[EGITTO. -Descri- 
zione topografica 
di  al-Fustàt. I 


591. 


§§  iiKi-201.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  khallad.  L'esercito  non  voleva    questo  da  Maslamah,  e  gli  dissero   di  im- 

zionetopoKra'f'ica     P^'dire  loro  la  costruzione  di  chiese.  Ma  per  poco  non  successe  tra  lui  e  i 

di  ai-Fustàt.]  soldati  qualche  cosa  di  serio.  E  quel    giorno   Maslamah   citò   loro:    «Esse 

«non  sono  nei  vostri  quartieri:  ma    escono    nella  loro  terra  »(?).  E   quelli 

tacquero  allora  ("Abd    al-hakam,   182,  Un.   11-183,  lin.   1)  fM.j. 

§  200.  —  (Feudi  di  al-Fustàt).  ('Abd  al-rahmàu).  Quando  i  Mu- 
sulmani delimitarono  al-Fustàt,  lasciarono  tra  loro  e  il  fiume  Nilo  e  il  castello 
(hisn)  una  pianura  (fa dà)  per  tenervi  le  bestie  e  domarle,  e  cosi  dura- 
rono Io  cose  fino  a  che  fu  wali  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn,  il  quale  comprò 
dal  proprietario  la  khittah  che  aveva  occupata  Maslamah  b.  Mukhallad, 
cui  die  in  feudo  il  suo  dar,  che  si  trova  nel  sùq  Wardàn.  Poi  comprò 
la  khittah  di  'Uqbah  b.  'Amir,  e  gli  diede  infeudo  il  dar  che  si  trova 
in  al-Fustàt  presso  quelli  dalla  paglia  (Ashàb  al -liba)  ed  ora  è  in  mano 
di  Farag.  Quindi  comprò  il  dar  di  ibn  Ràfi',  che  poi  passò  ad  al-Sà'ib,  suo 
•  ma w la  (di  b.  Ràfi"),  e  diede    in    feudo   ad   al-Sà-ib  il    dar   che  si  trova 

presso  Hayyiz  al-wazz  (il  posto  dell'oca?).  Di  poi  costruì  Abd  al-'aziz  il 
dar  che  serviva  per  gli  ospiti  di  'Abd  al-'aziz (?).  E  sempre  Mu'àwiyah  as- 
segnò un  feudo  a  Sàriyah  m  a  w  1  a  di  Umar  b.  al-Khattàb  nella  strada 
(zuqà'q)  chiamata  Hayyiz  al-wazz,  e  il  figlio  lo  vendè  vincolato  a  feudo. 
'Abd  al-'aziz  assegnò  in  feudo  a  Khàlid  b.  'Abd  al-rahmàn  b.  al-Hàrith  b. 
Hisàm  la  casa  di  Makhiamah  che  è  nel  Fadà*.  Ed  egli  pure  aveva  il  dar 
Musa  b.  Isa  che  è  nel  Mawqif.  Khàlid  e  'Umar,  figli  di  'Abd  al-rahmàn 
b.  al-Hàrith  b.  Hisàm,  furono  partigiani  di  Abdallah  b.  al-Zubayr;  e  abù 
Bakr  b.  'Abd  al-rahmàn  era  fì-atello  di  'Abd  al-malik  b.  Marwàn,  e  suo 
amico.  Or  quando  'Abd  al-malik  salì  al  potere,  disse  :  «  Non  e'  è  modo  di 
«  prendersela  con  Umar  e  Khàlid  per  via  di  abù  Bakr,  ma  faccio  voto 
«  che  non  resteranno  nel  Higàz  ».  Scrisse  allora  ad  al-Haggàg  di  far  loro 
scegliere  la  città  che  volevano  e  vi  andassero.  Khàlid  si  strinse  ad  'Abd 
al-'aziz  b.  Marwàn,  il  quale  gli  assegnò  il  dar  Makhramah  nel  Fadà. 
Egli  aveva  [anche]  ildàrMiisa  b.  'Isa  che  è  in  al-Mawqif  'Umar  invece 
andò  da  Bisr  b.  Marwàn  nell'  'Iraq,  il  quale  aveva  a  Wàsit  molte  fon- 
dazioni. E  diede  ad  'Umàrah  b.  al-Walid  b.  'Uqbah  b.  abi  Mu'ayt  Abàn 
i  dar  vicini  agii  Ashàb  al-Tibra  ('Abd  al-hakam,  183,  lin.  2;  184, 
lin.   1)  [M.j. 

§  201.  —  Poi  ('Abd  al-malik)  comprò  il  dar  ibn  Ràfi',  che  passò  ad 
al-Sàib  mawla  di  ibn  Ràfi',  ed  assegnò  ad  al-Sà"ib  il  dar  che  è  presso 
Hayyiz  al-wazz.  Abd  al-'aziz  b.  Marwàn  costruì  il  dar  al-Adyàf,  che  ser- 
viva per  gli  ospiti  (dìfàn)  di  'Abd  al-'azìz.  Mu'àwiyah  assegnò  un  feudo 
a  Sàriyah,  mawla  di  'Umar  b.  al-Khattàb. 

592. 


21.  a.  H. 


§§  201-2(J3. 


» 


Khàlid  e  'Umar,  figli  di  'Abd  al-rahmàn  b.  al-Hài'ith  b.  Tlisàm,  furono  21.  a.  H. 

partigiani  di  ibn  al-Zuba\'r  (tra  il  64.-73.  a.  H.),  e  abù  Bakr  b.  'Abd  al-  zionetopogra^fka 
rahmàn  era  ft-atello  di  'Abd  al-malik  b.  Marwàn  e  suo  compagno.  Quando  ^i  ai-Fustàt.j 
'Abd  al-malik  b.  Marwàn  mosse  contro  ibn  al-Zubayr,  disse  :  «  Non  si  può 
«  far  torto  a  Khàlid  e  'Umar  per  via  di  abù  Bakr.  Ma  giuro  a  Dio  che 
«non  abiteranno  l'Higàz».  Scrisse  ad  al-Haggàg  allora  di  farli  scegliere 
il  paese  che  volevano.  Khàlid  andò  con  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn,  il  quale 
gli  assegnò  il  dar  Makkramah  che  è  nel  Fadà-,  ed  aveva  il  dar  Musa 
b.  'Isa  che  è  nel  Mawqif.  'Umar  invece  andò  da  Bisr  b.  Marwàn  ch'era 
neir  'Iraq  e  aveva  molte  fondazioni  a  Wàsit. 

al-Walid  b.  'Uqbah  assegnò  ad  ibn  abi  Mu'ayt  Abàn  in  feudo  i  dar 
che  sono  vicini  agli  Ashàb  al-Tibn  ('Abd  al-hakam,   187,  lin.  1-10)  [M.]. 

§  202.  —  ('Abd  al-rahmàn,  da  Muhammad  b.  Idris  al-Ràzi  da  Diràr 
b.  al-Khattàb,  il  quale  disse  :) 

0  occhio,  piangi  per  'Uqbah  b.  Abàn,  ramo  del  Fihr,  e  cavaliere  dei  cavalieri. 

E  di  lui  pure  dice  un  poeta  : 

Chi  gode  del  grasso  e  della  carne  abbondante,  quegli  vada  al  piatto  di  'Uqbah  b.  Abàn. 

('Abd    al-hakam,  187,  lin.   11-15)  [M.]. 

§  203.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah).  Dice  'Abd  al-malik  b.  Mas- 
lamah.  Abd  al-'aziz  al-Fihri  assegnò  un  feudo  al  mawla  di  ibn  Ra- 
mànah  quando  andò  da  lui,  e  gliela  edificò  Yazid  b.  Ramànah,  ed  era  il 
dar  che  oggi  si  chiama  dar  al-Silsilah.  La  famiglia  di  'Abd  al- 
rahmàn  b.  Zayd  b.  Unays  al-Fihri  nega  questo,  ed  'essi  sono  i  meglio  infor- 
mati. Essi  dicono  che  era  una  khittah  di  abù  'Abd  al-rahmàn  al-Fihri,  il 
quale,  occupatala  l'anno  della  conquista  dell'Egitto,  non  vi  aveva  costruito 
altro  che  i  mui'i.  Poi  andò  in  Siria,  e  là  ottenne  il  martirio.  Poi  vennero 
i  figli  suoi,  al-' Ala  e  'Ali;  al-' Ala'  era  il  più  attempato  e  aveva  anche  visto 
il  Profeta.  Andarono  dunque  in  Egitto  e  costruirono  quell'edifizio  sul  tipo 
grande  m  i  r  b  a  d ,  0  scuderia  per  carnali,  e  non  vi  fecero  che  un  solo 
m  a  n  z  i  1 ,  in  cui  posero  ad  abitare  un  loro  mawla,  chiamato  Yuhannas. 
al-' Ala-  andò  poi  ad  al-Madinah  e  fu  ucciso  l'anno  della  Harrah  (— •  63.  H.) 
lasciando  il  figlio  al-Hàrith  b.  al-'Alà*.  Andò  questi  in  Siria  e  morì  là. 
Rimasto  erede,  'Umar  b.  'Ali  ebbe  una  carica  alla  corte  di  'Abd  al-malik. 
Allora  mandò  a  chiamare  ibn  Ramànah  e  gli  mandò  del  danaro,  e  gli 
domandò  che  gli  costruisse  il  dar  del  nonno  il  meglio  che  potesse  e  vi 
ponesse  un  hammàm  con  una  finestruccia  nel  dar,  da  cui  entrare  quando 
voleva.  E  ao:giunse:  «  Tutto  ciò  è  stato  detto  a  te  e  al  tuo  maestro  >.  ibn 
Ramànah  fu  toccato  sul  vivo,  e  lo   costruì  e  ne  fece  i  .muri  più  grandi 

593.  75 


§§  'Jii;»,  •-'•M.  21.   a.   H. 


2'- a-  H.  ,.),,,  jIjijì  dzira     i)er  un   dzira  ,  o   vi   pose    intorno    colonne    ili   manne»,  e 

(EGITTO. -Doscri-  .  .,~  •,,-.,  T       .         i  •         • 

zìono topografica     '"'  ^'^»''^  i'  t'<*i"t^'i<-^  (^  3   « 'v)  lotondo,  o  non  VI  mise  sopra  alcuna  costruzione. 

di  ai-Fustàt.;  Audò  poi   ìli   Egitto  'Umar  b.  'Ali,  che  ibn  Ramànali  aveva  finito,  e  "Umar 

gli    disse:   «  Il    tuo    lavoro  è   perfetto,   però  manca  la  moschea».  E   allora 

c-ostrui   la  moschea,  che  oggi  ai  chiama  Masgi<l  al-Qurùn,  a  guisa  del 

dul<han    al-kaliii-  (il   negozio  grande),  e  la  tenne   discosta  dal  dar. 

In  seguito  vi  costruì  (nella  moschea?)  abù  Awn  'Abd  al-malik  b.  Yazid 
e  poi  la  accrebbe  al-Muttalib  b.  'Abdallah  al-Khuzà'i.  Distrutta  da  un  in- 
cendio (la  moschea?),  ricostruì  al-8ari  b.  al-Hakam  questo  edilizio.  Poi  mori 
'Umar  b.  'Ali,  e  al-Hàrit_h  b.  al-' Ala,  figlio  di  suo  fi-atello  (non  era  morto?), 
ereditò  tutto  quello  che  aveva.  Egli  assegnò  in  pio  lascito  il  dar  ai 
vecclii  in \  alidi  della  famiglia  di  al-Hàrith  b.  al-' Ala;  ai  maschi,  escluse  le 
donne,  finché  avessero  figli.  Dovevano  essere  preferite  tutte  le  genera- 
zioni [i)iii  dirette]  ai  parenti  meno  diretti.  Se  si  estinguessero  i  maschi 
tutto  passava  alle  femmine  che  potessero  dire  d'esser  nate  da  lui.  Se  si 
estinguessero  le  femmine,  allora  il  dar,  il  hammàm  e  il  kùm,  chia- 
mato da  abu  Qasràs  (?),  dovevano  essere  divisi  in  tre  parti:  una  sulla  via 
di  Dio  (cioè  all'erario),  un'altra  per  i  poveri,  l'ultima  per  i  mawàli  suoi 
e  dei  suoi  figli  e  ai  figli  dei  figli  loro,  e  così  via  fino  a  che  lasciavano 
figli,  detratta  la  manutenzione,  e  per  loro  alimento  (?).  Se  si  estinguevano 
i  mawàli  e  non  restava  nessuno  di  loro,  allora  il  terzo  sarebbe  andato 
ai  poveri  di  Fustàt  Misr  e  di  Madinah  nella  misura  che  pareva  giusta 
all'amministratore. 

n  nome  di  abù  'Abd  al-rahmàn  era  Yazid  b.  Unays  b.  'Abdallah  b. 
'Amr  b.  Habib  detto  Akil  al-saqb,  cioè  che  mangia  il  camolino,  b.  'Amr  b. 
Saybàn  b.  Muhàrib  b.  Fihr,  e  sua  madre  era  chiamata  al-Sawdà,  figlia  di 
Zuhrah  b.  Kilàb.  Egli  è  colui  del  quale  dice  il  poeta  : 

1  figli  di   Akil  al-saqb,  i  quali   rassomigliano  a  stelle  che  per  gli  spazi  celesti  dàn  luce. 

Era  presso  il  dar  al-Silsilah  —  e  non  so  se  sia  questi  o  altri  —  un 
recipiente  di  marmo,  che  veniva  l'iempito  nei  dì  di  festa  di  latte  (?  talà: 
rugiada?  sangue?)  e  vi  si  ponevano  accanto  le  tazze  e  la  gente  beveva. 
Tutto  questo  durò  fino  ad  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz,  che  lo  ruppe. 

In  al-Fustàt  poi  c'è  più  d'un  dar  che  si  chiama  dar  al-Silsilah:  al- 
l'infuori  del  dar  al-Fihri,  che  è  al  limite  (hadd),  e  il  dar  in  cui  abitava 
Asbagh  il  giurista  nella  strada  dei  candelieri  (zuqàq  al-qanàdìl)  ('Abd 
al-hakam,   188,  lin.   15-191,  lin.   1)  [M.]. 

§  204.  —  Le  qaysàriyyat:  sono  la  qaysàriyyah  del  miele,  la 
qaysàriyyali  delle  corde  e  la  qaysàriyyah  degli  arieti,  sono  porzione 

594. 


21.  a.  H. 


§§  ■_'iH--J*j7. 


di  terra  d'una  gente  di  Bali  chiamata  al-Wakliarigah  (altrove  abu  Khàrigah):  21.  a.  H. 

1  -      •  I       •  ■       •  j       1  i."^      /     1     1  ox  ^        T         .         EGITTO. -Descri- 

la  qaj'sariyyah    m   cui   si   vende   la   stoffa  (al-bazz?)  e   quella  che   e       zione topografica 
chiamata  Qaysàrij'yah  'Abd  al-'aziz.  Essa  fece  parte  della  Khittah  al-Ràyah.        t^'  ai-Fustàt.j 
Lì  era  la  casa  di  Ka'b  b.    Adi  al-'Ibàdi,  per  cui  gli  diede  in  compenso  il 
dar  che  si  trova  tra  i  hauù  Wà-il. 

Hisàm  b.  'Abd  al-malik  edificò  la  qaysàriyyah  cliiamata  qaysa- 
riyyah  Hisàm,  in  cui  si  vende  la  stoffa  fustàti,  tra  il  fafjà,  il  qasr 
e  il  fiume. 

Restava  però  del  fadà  un  avanzo  tra  i  banù  Wà-ilah  e  il  fiume,  e  i  banù-1- 
'Abbàs  l'assegnarono  in  feudo  a  porzioni  ('Abd  al-hakam,  191,  lin.  1-7)  [M.J. 

§  205.  —  Per  una  descrizione  di  al-Fustàt  in  tempi  posteriori  veg- 
gasi  Istakhri,  48,  lin.  17-49,  lin.  11;  Hawqal,  96,  lin.  1-97.  lin.  13; 
Muqaddasi,   197-200:  Rustah,   115-116. 

EGITTO.  —  Tradizioni  sul  cimitero  di  al-Muqattam. 

§  206.  —  ('Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  b.  Sa'd).  Si  narra  che  dopo  la 
conquista  dell'Egitto  al-Muqawqis  chiedesse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  vendergli  le 
ultime  pendici  del  monte  al-Muqattam  (vicino  ad  al-Fustàt)  per  70,000  dinar. 
Dacché  questo  terreno  era  sterile,  non  coltivabile,  e  incapace  di  produn-e 
vegetazione,  'Amr  volle  saperne  il  motivo,  e  così  fu  informato  che,  secondo 
i  libri  dei  Cristiani,  ivi  erano  gli  aghràs  al-gannah  (le  piante  del  pa- 
radiso). —  Ne  fu  informato  il  Califfo  'Umar,  il  quale  decise  che  il  terreno 
non  si  dovesse  vendere,  ma  che  servisse  come  cimitero  musulmano  (').  —  Il 
primo  ad  esservi  sepolto  fu  un  certo  ' Amir  della  tribù  dei'Ma'àfir  ('Abd 
al-hakam,  216)  (2). 

Cfr.  Suyùti   Husn.'I,   65;  Maqrìzi  Khitat,  I,   124,  lin.  16-22. 

Cfi-.  anche  Istakhri.   51,  lin.  3. 

Nota  1.  —  Secondo  Muhammad  b.  Sàlih  (da  ibn  Lahi'ah,  dalle  sue  fonti  i  nel  cimitero  di  al-Mu- 
qattam furono  sepolti  cinque  Compagni  del  Profeta: 

(1)  'Amr  b.  al-'As  al-Sahmi; 

(2)  'Abdallah  b.  Hudzàfah  al-Sahmi  ; 

(3)  'Abdallah  b.  al-HàritJh  b.  éaz-  al-Zubaydi; 

(4)  abiì  Basrah  al-Crhifari  ;  ' 

(5)  'Uqbah  b.  'Àmir  al-Guhani  ('Abd    al-liakain,  217). 
Cfr.  Suyuti   Husn,  I,  65. 

Nota  2.  —  Secondo  ibn  Lahi'ah,  al-Muqattam  è  (quel  tratto  di  terrenoi  tra  al-Qusayr  e  la  cava 
di  pietre  fmaqta'  al-higà  rah).  Quello  che  si  estende  al  di  là  fa  parte  di  al-Yahmum.  —  V'è  però 
dissenso  dove  giaccia  al-Qusa3T  ('Abd   al-hakam,  217). 

Ctr.  Suyuti   Husn,  I,  65;  Maqrizi    Khitat.  I,  124,  ult.  lin.;  125,  lin.  2. 

EGITTO.  —  Proprietà  e  dimora  di  musulmani  in  Alessandria. 
§  207.  —  (abù-1-Aswad  Nasr    b.    Abd  al-gabbàr,  da   ibii    Lahi'ah,  da 
Yazid  b.  abi  Habib).  In  Alessandria  ben  pochi  musulmani  fissarono  la  loro 

595. 


§§ 'jtiT-ioit.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  stanza  (ikhtatta):  si  ha  notizia  soltanto  di  al-Ziibayv  b.  al-'Awwàm  che 

prietà  e  dimora  \'  "^i  stabili,  ma  il  teiTcno  da  lui  posseduto  era  uno  degli  akhà'idz  (feudi?) 
di  musulmani  in  presi  come  dimora.  Su  di  esso  dimorarono  lui  ed  i  suoi  fratelli  e  discendenti 
(banu  abihi). — Quando 'Amr  b.  al-' A.s  espugnò  Alessandria,  egli  ('Amr 
b.  al-'As)  andò  innanzi  con  'Ubàdali  b.  al-Sàmit  e  salì  sull'altura  (kawm), 
sulla  quale  sorse  poi  la  moschea  di  'Amr  b.  al-'As.  —  Mu'àwÌ3'ah  b.  Khu- 
da^-g  disse:  «  Fissiamoci  in  questo  sito!»,  ed  'Amr  prese  dimora  (nazala) 
nel  castello  (al-qasr),  che  poi  appartenne  ad  'Abdallah  b.  Sa'd  b.  abì 
Sarh.  Alcuni  affermano  che  gliene  facesse  dono,  quando  ("Abdallah)  di- 
venne governatore  del  paese.  —  abii  Dzarr  al-Ghitari  prese  stanza  (nazala) 
in  una  casa  a  occidente  della  Musalla  che  è  presso  la  moschea  di  'Amr, 
Masgid  'Amr,  là  dove  confina  con  la  riva  del  mare:  era  una  casa  caduta 
in  rovina  (die  abù  Dzarr  restaurò).  —  Mu'àwij'ah  b.  Khudayg  si  [prese  una 
dimora  sulla  cima  di  quella  altura  (al- tali).  —  'Ubàdah  b.  al-Sàmit  si  co- 
struì una  casa  (d araba  bina),  e  non  cessò  dall'abitarvi,  finché  lasciò 
Alessandria.  —  Si  dice  che  abù  Dzarr  vivesse  con  lui  (nella  stessa  dimora) 
('Abd  al-hakam,  179-180). 
Cfr.  Suyuti  Husn,  I,   03. 

EGITTO.  —  Fondazione  di  al-Gìzah  ed  immigrazione  in  Egitto. 

§  208.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abì  Habib, 
e  ibn  Hubayrah).  I  Hamdàn  e  molte  tribù  con  loro  congiunte,  tra  le  altre 
i  Yàfi',  si  stabilirono  in  al-Grizah,  preferendo  quel  luogo  alle  vicinanze  della 
moschea  di  al-Fustàt.  'Amr  b.  al-'As  ne  scrisse  al  Califfo,  chiedendo  istru- 
zioni, ed  'limar  rispose  disapprovando,  perchè  i  Hamdàn  erano  così  sepa- 
rati dagli  altri  dal  fiume,  e  sarebbe  stato  impossibile  soccorrerli  nel  caso 
di  un  assalto  improvviso  di  nemici.  Aggiunse  però  che,  se  i  Hamdàn  si 
rifiutavano  di  obbedire  all'invito  di  ripassare  il  fiume,  allora  a  spese  pub- 
bliche doveva  erigere  un  castello  per  la  loro  difesa.  'Amr  cercò  di  persua- 
dere i  Hamdàn  ed  i  loro  collegati,  ma  quando  vide  che  persistevano  nella 
loro  idea,  diede  ordine  di  costruire  il  castello,  che  fu  quello  poi  ben  co- 
nosciuto in  al-Grazirah.  La  costruzione  ebbe  principio  nel  21.  H.  e  fu  ter- 
minata nel  22.  H.  ('Abd  al-hakam,   178). 

Cfr.  Maqrizi  Khitat,  I,  206,  lin.  3-10;  e  §   161. 

§  209.  —  Secondo  altre  fonti,  i  Hamdàn  e  gli  altri  stabilitisi  in  al- 
Grìzah  ottennero  da  'Amr  b.  al-'As  il  permesso  di  rimanervi  a  condizione 
che  non  si  spingessero  a  maggiore  distanza  da  al-Fustàt:  questo  accordo 
fu  concluso  solo  dopo  che  riuscirono  vani  tutti  i  tentativi  di  'Amr  per  in- 
dmii  ad  unh-si    con    gli    altri    in    al-Fustàt.  Tra   questi   emigrati,  stabiliti 

596. 


21.  a.  H.  §s  209-2H. 


in  'al-Grizah,  v'erano:  abu  Samir  b.  Abrahah,  e  un  oiuppo  degli  al-Ha^ar,  ^^-  *•  '^• 

°      ^^  °  ■     .  [EGITTO.- Fonda- 

tra  cui  'Alqamah  b.  Grunàdah  dei  banu  Malik  b.  al-Hagar.  Una  frazione  zionedi  ai-Gizah 
però  dei  Hamdàu  prese  stanza  in  al-Fustat,  al  di  sotto  (asfai)  della  edjmmigrazione 
'Aqabah  Tanùkh  ('Abd  al-liakam,   179). 

Cfr.  Suyiiti  Husn,  I,  64;  Maqrìzi  Khitat,  I,  206.  lin.   11-13. 

§  210.  —  (ibn  'Abd  al-hakam,  senza  isnàd).  Con  'Anir  b.  al-'As  en- 
trarono in  Egitto  anche  alcuni  gruppi  di  non  arabi,  Agam,  detti  al-Hamrà 
e  al-Fàrisiyyun.  Gli  al-Hamrà  erano  gente  di  origine  greca  (cioè  della  Siria: 
cfr.  §  197  e  nota)  e  tra  loro  si  trovavano  i  banù  Nìh.  (?),  i  banù-1-Azraq, 
ed  i  banù  Rùbil  (=  Ruben?  mancano  nel  manoscritto  i  punti  diacritici). 
Gli  al-Fàrisiyyùn  erano  invece  Persiani  al-Fui"s,  e  tra  loro  si  crede  fossero 
molti  Persiani  di  quelli  stabiliti  in  San'à  (ossia  gli  Abnà):  il  loro  sten- 
dardo era  retto  (durante  la  conquista)  da  Abrinah  (?  nel  manoscritto 
mancano  i  punti  diacritici),  da  cui  prese  nome  la  Saqifah  Abrinah  (?)  in 
al-Fustàt  nel  (quartiere  degli)  al-Hamrà.  Questi  Greci  e  Persiani  non  si 
fidavano  però  degli  Arabi,  e  temevano  da  essi  un  tradimento  :  perciò  di- 
scussero tra  loro  come  e  dove  fosse  pivi  sicui'O  il  fissare  la  loro  stanza. 
Alcuni  proposero  come  più  prudente  che  gli  uni  si  stabilissero  da  una 
parte,  e  gli  altri  dall'altra  degli  Arabi,  in  modo  da  avere  questi  nel  mezzo 
tra  loro  nel  caso  di  qualche  atto  proditorio.  Altri  però  fecero  l'osserva- 
zione che  in  questo  modo,  se  qualcuno  li  aggrediva  proditoriamente,  si 
trovavano  proprio  nella  criniera  del  leone;  era  meglio  fidarsi  intieramente 
degli  Arabi.  Allora  i  Greci  al-Hamrà  si  stabilirono  nel  quartiere  di  al-Qan- 
tarah,  ed  i  Persiani  dalla  parte  dei  banù  Wà- il  ('Abd  al-hakam,   179). 

Il  contenuto  smgolare  di  questa  tradizione  e  in  particolar  modo  i 
timori  di  questi  non  Arabi,  lasciano  l' impressione  che  si  tratti  di  corpi 
militari  greci  e  pei'siani,  forse  mercenari,  che  senza  essere  convertiti  si 
battevano  per  la  causa  dell'  Isiàm.  Se  fossero  stati  Musulmani,  avrebbero 
fatto  parte  per  clientela,  come  mawàli,  di  tribù  arabe,  e  dispersi  in  queste 
non  ne  avremmo  sentito  mai  parlare.  Isolati  così  a  parte,  debbono  essere 
rimasti  gli  uni  Cristiani  e  gli  altri  Mazdeisti.  Ciò  spiega  altresì  perchè 
non  si  unirono  in  una  sola  khittah:  erano  tenuti  separati  dalla  diffe- 
renza di  fede. 

Di  militi  cristiani  combatteiiti  nelle  schiere  dell'Islam  abbiamo  già 
avuto  ripetuta  menzione  in  paragrafi  precedenti  (cfr.  13.  a.  H.,  §  155, 
nota  5;  14.  a.  H.,  §§  8,  14  (e),  32  e  nota  1;,16.  a.  H.,  §  45  e  nota  1, 
218  e  nota  1). 

§  211.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahi'ah,  da  uno  say  kh 
dei  mawàli,  da  'Ali  b.  Rabàh).   'Amr  b.  al-'As  menò  con  sé  dalla  Siria 

597 


§§  •.'ii-_>i:t.  21.  a.  H. 


gli  al-Hauirà  ed  i  Fàrisiyyun.  1  primi,  dice  ibu  Lahì'ah.  t'urouo  chiamati 
z^onédiai-óìzah     a  l-Hamrà,  perchè  essi  erano  non  arabi  ('agami  (Abd  al-liakam,   179). 


21.  a.   H. 
[EGITTO  -  Fonda- 


ed  Immigrazione 
In  Egitto.) 


EGITTO.  —  Compagni  del  Profeta  presenti  alla  conquista  del- 
l' Egitto. 

§  212.  ^  Su  questo  argomento  le  fonti  egiziano  si  ditfoudcmo  a  lungi», 
perchè  considerano  assai  importante  stabilire  quanti  Conipagni  del  Profeta 
prendessou)  parte  alla  conquista  dell' Egitto:  i  cronisti  musulmani  hanno 
considerata  una  ragione  di  onore  per  l'Egitto  che  la  lista  fosse  la  più  lunga 
possibile,  ed  hanno  poi  compilato  anche  l'elenco  dei  Compagni  che  vi  immi- 
grarono (d  a  kh  a  1  a)  dopo  la  conquista.  Il  giurista  Muhammad  b.  al-Rabi' 
al-(jizi  [t  circa  300  a.  II.]  ha  scritto  un  libio  in  cui  dà  i  nomi  di  140  Compagni 
del  Profeta  che  entrarono  in  Egitto.  —  La  lista  più  completa  è  quella  com- 
pilata da  al-Suyùti,  messa  insieme  con  l'aiuto  di  tutte  le  opere  biografiche 
conosciute  (cfr.  Suyùti  Husn,  I,  78-112);  i  nomi  elencati  ammontano 
a  più  di  trecento.  Le  sue  fonti  principali  .sono  ibn  Abd  al-hakam,  ibn 
Yùnus(t  347.a.H.),  ibnSa'd.  il  Kitab  al-ansàb  di  al-Rusati  (t642.a.  H.), 
il  Tagrid  di  al-Dzahabi,  e  specialmente  il  Kitàb  fi  man  dakhal  Misr 
min  al-Ashàb,  di  Muh  ibn  al-Rabi'  al-Gizi.  Noi  la  riportiamo  qui  dopo 
quella  molto  più  sobria  di  ibn    Abd  al-hakam. 

§  213.    ^   (Da    varie    fonti:    'Ali    b.    al-Hasan    b.    Qadid   [?   Qudayd,] 
Ahmad  b.  'Amr,   'Abd    al-malik    b.  Maslamah    ed    alti'i).  Furono    presenti 
alla  conquista  dell'  Egitto  i  seguenti  Compagni  del  Profeta  Qurasiti  : 
1"  al-Zubayr  b.  al-'Awwàm; 

2°  Sa'd  b.  abì  Waqqàs,  sul  quale  però  vi   sono  dubbi:  si  dice  ve- 
nisse dopo  la  conquista; 
3°  'Amr  b.  al-'As; 
4°  'Abdallah  b.   'Amr  b.  al-'As; 
5"  Khàrigah  b.  Hudzàfah  al-'Adawi; 
6°  'Abdallah  b.   'Umar  b.  al-Khattàb; 
7°  Qays  b.  abì-l-'As  al-Sahmi; 
8°  al-Miqdàd  b.  al-Aswad; 
9°  'Abdallah  b.  Sa'd  b.  abi  Sarh  al-' Amiri; 
10°  Nàfi'  b.  'Abd  al-Qays  al-Fihri  (oppure:  'Uqbah  b.  Nàfi'); 
11°  abù  'Abd  al-rahmàn  Yazid  b.  Anas  [o  Unays]  al-Fihri; 
12°  abù  Ràfi',  mawla  del  Profeta; 
13°  ibn  'Abdah; 

14°  'Abd  al-rahmàn  b.  Surahbil  b.  Hasanah; 
15°  Rabi'ah  b.   Surahbil  b.  Hasanah; 

598. 


21.  a.  H.  §§  213-2H;. 

16°  Wardan,   mawla  di   Amr  b.  al-Às  o  portastendardo  dell'eser-  21.  a.  H. 

cito  di  conquista  f  ' A  b  d    a  1  -  h  a  k  a  m ,   134-135).  '^pjgn^°dei  PrlZ- 

Cù:  Maqrizi    Khitat,  I,   pag.  295,  lin.  30-36.  <a  presenti  alia 

§  214.  —  (Abd   al-malik  b.   Maslamah,    da   al-Layth    b.  Sa'd).  Degli        ?E"gmor*  **" 
Ansar  furono  presenti  alla  conquista  dell'Egitto: 

1"    Ubàdali  b.  al-Sàmit: 

2"  Muhammad  b.  Maslamah,  che  per  ordine  del  Califfo  confiscò  una 
parte  dei  beni  di  Amr  b.  al-'As,  e  fu  uno  di  coloro  che  montarono  sulle 
mura  della  fortezza  con  al-Zubayr  b.  al-'A\vwàm; 

3°  Maslamah  b.  Mukhallad; 

4"  ahu  Ayyub  Khàlid  b.  Zayd  al-Ansàri; 

5°  abù-1-Darda  TJwaymir  b.    Amir  [o  Zayd]; 
e  dei  membri  di  varie  tribù  (afnà  qabà'il)  furono  presenti: 

6°  abù  Basrah  [o  Nasrah]  Gramil  b.  Basrah  [o  Nasrah]  al-Ghifàri: 

7°  abù  Dzarr  Grundab  [o  Barbar]  b.  Gunàdah  al-Ghifari  (Abd  al- 
hakam,   135)  {^). 

Cfi-.   Maqrizi    Khitat,  I.  pag.  295.  lin.  37-296,  lin.  3. 

Nota  l.  —  In  altre  tradizioni  che  seguono  nel  testo  di  ibn  'Abd  al-hakam  abbiamo  anche  men- 
zione dei  seguenti  Compagni  del  Profeta  presenti  alla  conquista  delP  Egitto  : 

(1)  Hubayb  b.  Mughaffal  [o  Mu'aqqal]  (pag.  136)  ; 

(2)  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b.  éaz-  al-Zubaydi  (pag.  136;; 

(3)  Ka'b  h.  Dabbah  al'Absi   [o  Ka'b  h.  Yasar  h.  Dabbali]  (pag.  136); 

(4)  abu  Zam'ah  al-Balawi  (pag.  136ì: 

(5)  Barh  b.  Haskal  [o  'Askar]   tpag.  136); 

(6)  Gunàdah  b.  ahi   L'mayyah  al-Azdi  ipag.  137); 

(7)  Sufyàn  b.  Wahb  al-Khawlàni  (pag.  137); 

(8)  Mu'àwiyah  b.  Kliudayg  al-Kindi  (pag.  137)  : 

(9)  'Àmir  Hamal,  mawla  di  Hamal,  detto  anche  'Àmir  Gamal  (pag.  138); 

(10)  'Ammàr  b.  Yàsir,  che  venne  però  in  Egitto  ai  tempi  di  'Uthmàn  (pag.  138). 
Il  cronista  Taghrìbirdi  aggiunge  i  seguenti  nomi: 

(11)  Faslah  b.  'Ubayd; 
(12Ì  'Amr  b.  'Alqamali  : 

(13)  Nàfi'  b.  Màlik(=Abd  Qays)  ; 

(14)  Khàlid  b.  al-Walid  i!i  (Mahàsiu,  I,  .53-54 1. 

(15|  'Uqbah  b.  'Amir  al-Guhani,  il  messo  del  Profeta  alla  partenza  di  'Amr  e  latore  della  let- 
tera del  Califlfo  TTmar  (cfr.  18.  a.  H.,  §§  183  e  segg.  (Maqrizi  Khitat,  I,  pag.  296,  lin.  3-10). 

Nel  Ms.  di  ibn  'Abd  al-liakam  a  partire  dalla  pag.  342  sino  a  447  abbiamo  una  raccolta  di  nomi  di 
Compagni  del  Profeta,  uniti  a  tradizioni  che  essi  trasmisero.  Tutti  i  nomi  si  trovano  nell'elenco  del  §  216. 

§  215.  -  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  21.  H.  Abdallah  b.  Amr 
ed  'Abd  al-rahmàu  b.  'Amr,  si  recarono  in  Egitto  presso  il  loro  padre  'Amr 
b.  al-'As  per  guerreggiare  contro  il  nemico:  con  loro  andò  in  Egitto  "anche 
abù  Sarù'ah.  'Abd  al-iahmàn  b.  Amr  e  abù  Sarù'ah  violarono  la  legge 
musulmana,  bevendo  vino  (T  a  bari,  I,  2645,  lin.   7  e  segg.). 

§  216.  —  Per  maggior  comodo  degli  studiosi  diamo  qui  appresso 
l'elenco  alfabetico  (secondo  l'ordine  arabico)  completo  dei  nomi  raccolti  da 

5i)y. 


5   -JK!. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Com- 
pagni del  Profe- 
ta presenti  alla 
conquista  del- 
l' Egitto.] 


al-Suyuti  :  ai  nomi  è  aggiunta,  quando  è  indicata  nella  fonte,  anche  la 
(lata  di  morte  :  indico  anche  il  numero  della  pagina  del  testo  di  al-Suyùti 
appresso  al   primo  nome  che  appare  sopra  ogni  pagina  : 


(1)  Abiahah  b.  Surahbil  al-Himyari  (pag.  78). 

(2)  Abyatj  b.  Haramiil  b.  Martliad  al-Sabài. 
|3)  Abyad  (Aswadi. 

(4)  Abyad  b.  Hannn  b.  Mu'àwiyah. 

(6|  Ubayy  b.  'Uiuarah  [o  'Irailrah]  (pag.  79). 

((il  Agmad  b.  TJgyan  al-Hanidani. 

(7ì  al-Ahabb  (?)  b.  Màlik  b.  Sa'dallah. 

[6i  Ahmar  b.  Qatau  al-Haindàni. 

(9)  Adhani  h.  Kliatavab  al-Lakhnii. 

(10)  al-Arqam  b.  Hanifab  al-Nagibi. 

(11)  As'ad  b.  'Atiyyah  b.  'Ubayd  al-Qudà'ì. 

(12)  Imiu-alqays  b.  al-Fiikhir  al-K}ia\vlàni. 

(13)  Aws  b.  'Anir  b.  'Abd  al-Qàri. 

(14)  lyàs  b.  al-Biikayr  al-Laythi  [t  34.  a.  H.]. 

(15)  lyàs  b.  'Abd  al-Asad  al-Qàri. 

(16)  Aj'man  b.  al-Kliuraym  al-Asadi. 

(17j  al-Akdai-   b.    Ilumàiu    al-Lakhnii    [f   05.   a.  H.] 
(pag.  80). 

(18)  Buhur  (sic)  b.  al-Asbagh  al-Ru'ayni. 

(19)  Birtà   b.  al-Aswad   al-Qudai    [f  25.  a.  H.]  (pa- 

gina 81). 

(20)  Birh  b.  'Uskur  al-Qiidà'i. 

(21)  Busi-  b.  Artàh  [f  86.  a.  H.]. 

(22)  Bisr  b.  Rabi'ah  al  Khath'ami. 

(23)  Basir  b.  éàbir  b.  Ghuràb  al-'Absi. 

(24)  Basrah  b.  abi  Basrali  al-G-hifari. 

(25)  Bilàl  b.  Hàrith  b.  'Àsim  al-Muzani  [f  6(».  a.  H.] 

(pag.  82). 

(26)  Badi-  b.  'Ainir  al-Hudzali. 

(27)  Tamiin  b.  Aws  b.  Haritliah  al-Dari  [f  4".  a.  H.]. 

(28)  Tamim  b.  lyàs  b.  al-Bukayr  al-Laythi. 

(29)  Tubay'  b.  'Amir  al-Himyari  [f  101.  a.  H.]. 

(30)  Thàbit  b.  al-Hàrith  al-Ansari. 

(31)  Thàbit  b.  Rmvayfi'  al-Ansàri. 

(32)  Thàbit  b.  Tarif  al-Muràdi  (pag.  88). 

(33)  Thàbit  b.  al-Nu'màn  b.  Umayyah. 

(34)  'Thàbit  mawla  al-Akhnas. 

(35)  Tha'labah  al-Ansàri. 

(36)  Thawbàn  b.  Mugaddar. 

(37)  Thumàmah  b.  al-Radmàni. 

(38)  Thumàmah  b.  abi  'Thumàmah  al-Gudzàmi. 

(39)  Gàbir  b.  Usàmah  al-Guhani. 

(40)  éàbir  b.  'Abdallah  b.  'Amr   al-Ansàri  [f  63.  o 

^  74.  a.  H.]. 

(41)  Gàbir  b.  Màgah  al-Sadafi  (pag.  85). 

(42)  Gàbir  b.  Yàsir  b.  'Uways  al-Ru'ajTii. 

(43)  Gàhil  abu  Muhammad  al  Sadafi. 

(44)  Gibàrah  b.  Zuràrah  al-Balawi. 

(45)  éabr  b.  'Abd  al-Qibti   [f  63.  a.  H.]. 

(46j  Gabalah   b.  'Amr   b.   'Tha'labah   al-Ansàri    (pa- 
gina 86). 

(47)  Gudrah  b.  Sabrah  al-'Thaqafì. 

(48)  Guday'  b.  Nudayr  al-Muràdi. 


.H.l 


H.l 


H.l 


(49)  éarhad  b.  Khuwaylid  al-Aslami  [t  61.  a 
(60)  óa'uam  al-Kliayr  b,  KJialibah  al-Sadafi. 
^51)  (Tamil  b.  Ma'mar  al-(^uinahi  [t  39.-43.  a. 

(52)  éauàdih  b.  May m un. 

(53)  GiuiHdah  b.  abi  Umayyah  al-Azdi  [f  80 

(pag.  87i. 

(54)  (Tunàdah  b.  Màlik  al-Azdi. 

(55)  Ganàb  b.  Marthad  al-Ru'ayni. 

(56)  Hàbis  b.  Rabi'ah  al-Tamimi. 

(67)  Hàbis  b.  Sa'id  al-l'liumàli. 

(68)  al-Hàrith  b.  Ttibay'  al-Ru'ayni. 

(69)  al-Hàrit_h  b.  Habib  b.  Khuzaymah  al-Qurasi. 

(60)  al-HàritJi  b.  al-'Abbàs   b.  'Abd   al-Muttalib   al 

Hàsimi. 

(61)  Hàtib  b.  abi  Balta'ah   al-Lakhmi  [f  30.  a.  H.] 

(62)  Hibbàn   (o  Ilabbiìn)  b.  Buhh  al-Sudà-i. 
(()3)  Hibbàn  b.  abi  Gabalah  (pag.  88). 

(64)  Habib  b.  Aws  al-'Thaqafì. 

(65)  al-Haggàg  b.  Khalla  al-Sulafi. 

(66)  Hudzayfah  b.  'Ubayd  al  Muràdi. 

(67)  Hizàm  b.  'Awf  al-Balawi. 

(68)  Haimalah  b.  Salma  al-Burdi. 

(69)  al-Hakam  b.  al-Sàmit  al-Qurasi. 

(70)  Hamzah  b.  'Amr  al-Aslami  [t  61.  a.  H.j. 

(71)  Humrah  b.  'Abd  Kulàl  al-Ru'ayni. 

(72)  Humayl  b.  Basrah  b.  abi  Basrah  al-Ghifàri. 

(73)  Hayyàn  b.  Kurz  al-Balawi. 

(74)  Huyyayy  b.  Haràm  al-Laythi  (pag.  89). 

(75)  Hanzalah. 

(76)  Hayuwayl  b.  Nà.sirah  al-Kanafi. 

(77)  Haywah  b.  Martliad  al-Tugibi. 

(78)  Kiàrigah  b.  Hudzàfah  al-'Adawi. 

(79)  Khàlid  b.  'Thàbit  b.  Zà'in  al-'Aglàni. 
(80j  Khàlid  b.  al-Qaysi. 

(81)  Kharasah  b.  al-Hàrith  al-Muhàribi  al-Azdi. 

(82)  Khuzaymah  b.  al-HàritJi  (pag.  90). 

(83)  Khulayd  al-Misri. 

(84;  Khàrigah  b.    Iràk  al-Ru'ayni. 

(85)  Khiyàr  b.  Martliad  al-Tugibi. 

(86)  Dihyah  b.  Khalifah  al-Kalbi  [f  60.  a.  H.]. 

(87)  Damyùn. 

(88)  Daylam  b.  Hawsa'  al-Gaysàni. 

(89)  Dzu  Qarabàt  al-Himyari. 

(90)  Bàfi'  b.  'Thàbit. 

(91)  Ràfi'  b.  Màlik. 

(92)  Rabi'ah  b.  Zur'ah  al-Hadrami  (pag.  91). 

(93)  Rabi'ah  b.  Surahbil  b.  Hasanah. 

(94)  Rabi'ah  b.  'Abbàd  al-Daylami  [f  96.  a.  H.]. 

(95)  Rabi'ah  b.  al-Firàs  al-Fàrisi. 

(96)  Rasid  b.  Màlik  al-Muzani. 

(97)  Rasdàn  al-Misrl. 

(98)  Raqab  al-Misri. 

(99j  Ruwayfì'  b.  'Thàbit  b.  al-Sakan  al-Naggàri. 


600. 


/ 


21.  a.  H. 


§  216. 


(imi  al-Zubayr  b.  al'Awwàm  (f  36.  a.  H.].  (154 

(101)  Zuhayr  b.  Qays  al-Balawi  (pag.  92).  (155 

(102)  Ziyàd  b.  a)-Hàrith  al-Sudà-i.  (156 

(103)  Ziyàd  al-Ohifari. 

(104)  Ziyàd  b.  Qàid  al-Lakhmi  [f  65.  a.  H.].  ^157 

(105)  Ziyàd  b.  Nu'aym  al-Hadiami.  (158] 

(106)  Ziyàd  b.  Óawhar  al-Lakbmi.  (159 

(107)  Zubayd  b.  'Abd  al-KLawlàni. 

(108)  al-Sàib  b.  Khallàd  b.  Suwayd  al-Ansàri.  (160 
(1(39)  a)-Sà-ib  al-Ghilari  (pag.  93).  (161 
(110)  al-Sà-ib  b.  Hisàm  a!-'Amiri.  (162 
lUl)  Sakbdfu-  b.  Màlik  al-Hadrami.  1^163 

(112)  SuiTaq  b.  Usayd  aJ-Guhani.  (164 

(113)  Sa'd  b.  abi  Waqqàs  [f  55.  a.  H.]  (pag.  94).  (165; 

(114)  Sa'd  b.  Sinàn  a'-Kiudi.  (166 

(115)  Sa'd  b.  Màlik  al-Uqaysiv  al-Azdi. 

(116)  Said  b.  Yazid  al-Azdi.  (167 

(117)  Sufyàn  b.  Hàni  b.  Gubayr  al-éaysàni.  (168; 

(118)  Sufyàn  b.  Wabb  al-KhawIàni  [f  91.  a.  H.]. 

lll9)  Salàmah  b.  Qaysar  al-Hadrami.  (169; 

(120)  Silkàn  b.  Màlik.  (170 

(12))  Sàlim  b.  Nudzayr.  (171 

(122)  Salamah  b.  al-Akwa'  ('Amr)  al-Aslami   (t  nel  (172 

77.  a.  H.].  Il78 

(123)  Sandar  abS  'Abdallah.  (174 

(124)  Sahl  b.  Sa'd  al-Ansàri  [f  88.  a.  H.]  (pag.  95).  il75 

(125)  Sabl  b.  abi  Sahl.  (176 

(126)  Sayf  b.  Màlik  al-Ru'aj-ni.  (177 

(127)  Sith  b.  Sa'd  al-Balawi.  (178 

(128)  Sakhdur  b.  Màlik  —  cfr.  Sakbdur  (n.  111).  (179 
(129;i  Surabbil  b.  Hasanah  [f  18.  a.  H.].  (180 

(130)  Siirayh  b.  Abrahab.  «  ,L81 

(131)  Surayh  al-Yàfi'i.  (182; 

(132)  Sarik.'b.  abI-1-A'qal  alTugibi.  (183 
(133i  Sarik  b.  Sumayy  al-Gbutayfi.  (184' 
(134)  Safa  b.  Qàni'  al-Asbahi  [f  105.  a.  H.].  (185; 
,135)  Sibàb.                       "      "  (186 

(136)  Sàlih  al-Qibti.  (187; 

(137)  Sakhkbàr  b.  Sakhr  al-'Abdi.  (188 

(138)  Silah  b.  al-Hàrith  al-Ghiffiri.  (189 

(139)  Damrah  b.  al-Husayn  al-Balawi.  (190; 

(140)  'Àmir  b.  al-Hàrith  (pag.  96).  (191 

(141)  'Àmir  b.  'Abdallah  b.  éuhayrah  al-Khawlàni.  ;192 

(142)  'Àmir  b.  'Amr  al-Tugibi.  (193 

(143)  'A-idz  b.  'Iha'labah  al-Balawi  [f  53.  a.  H.]. 

(144)  'Ubàdah  b.  al-Sàmit.  (194 

(145)  'Abdallah  b.  Unays  al-Guhani  [t  54.  a.  H.].  (195 
(146y  'Abdallah  b.  Burayr  b.  Rabi'ah.  (196 

(147)  'Abdallah   b.  al-Hàrith  b.  Hazm    al-Madzhigi  (197 

[t  86.  a.  H.].  (198 

(148)  Abdallah  b.  Hudzàfah  al-Sahmi  [f  36.  a.  H.].  (199 

(149)  'Abdallah  b.  Hawàlah  al-Azdi  [t  d.  58.  a.  H.].  i200 
(15fJ)  'Abdallah  b.  a!-Zubayr  b.  al-'Awwàm    [f  nel  (201 

73.  a.  H.].  (202 

(151)  'Abdallah   b.    Sa'd   b.   abi   Sarh    [t  36.  a.  H.]  (203 

(pag.  97).  (204; 

(152)  'Abdallah  b.  Sa'd.  (205 

(153)  'Abdallah  b.  Sandar.  (206 


'Abdallah  b.  Safa  al  Ru'ayni. 

'Abdallah  b.  Sammar  (o  Samràn)  al-Khawlàni. 

'Abdallah     b.    'Abbàs     b.      Abd     al-Muttalib 

[t  68.  a.  H.]. 
'Abdallah  b.  'Udays  al-Balawi. 
'Abdallah  b.  'Umar  b.  al-Khattàb  [f  73.  a.  H.]. 
'Abdallah    b.    'Amr   b.    al-'As"  [f    65.    a.   H.] 

(pag.  98). 
'Abdallah  b.  'Anamah  al-Muzani. 
'Abdallah  al-Ghifari. 

'Abdallah  b.  Qays  al-'Utaqi  [t  49.  a.  H.]. 
'Abdallah  b.  Màlik  al-Ghàfiqi. 
'Abdallah  b.  al-Mustawrid  al-Asadì. 
'Abdallah  b.  Hisàm  b.  Zuhrah  al-Taymi. 
'Abd  al-rahniàn  b.  abi    Bakr  al-Siddiq  [f  nel 

53.  a.  H.']. 
'Abd  al-rahmàn  b.  Surahbil  b.  Hasanah. 
'Abd  al-rahmàn  b.  al-'Abbàs   b.  'Abd   al-Mut. 

talib. 
'Abd  al-rahmàn  b.  'Udaj's  al-Balawi  [f  36.  a  H.] . 
'Abd  al-rahmàn  b.  'Usaylah  al  Sàlihi. 
'Abd  al-rahmàn  b.  limar  b.  Khattàb. 
'Abd  al-rahmàn  b.  Ghanm  al-As'ari  [f  78.  a.  H.]. 
'Abd  al-rahmàn  b.  Mu'àwiyah  (pag.  99i. 
'Abd  Rudà  al-Khawlàni. 
'Abd  al-'aziz  b.  Sakhbarah  al-Ghàfiqi. 
'Ubayd  b.  Qusayr. 
'Ubayd  b.  Ma'mar  al-Ma'àfiri. 
'Anbasah  b.  'Arar  al-Ru'ayni. 
'Ubayd  b.  al-Nudar  (sic)  al-Sulami  [f  84.  a.  H.]. 
'Utjimàn  b.  'Affàn. 

TJthmàn  b.  Qays  b.  abi-l-'Às  al-Sahmi. 
'Ugra  b.  Mani'  al-Saksaki. 
'Adi  b.  'Amirnh  alKindi  [f  40.  a.  H.]. 
al-Ghurs  [sic,  leggi  :  'Ursì  b.  'Amirah  a!-Kindi. 
'Urwah  al-Fuqaymi. 
'Asgada  b.  Mani'  al-Saksaki. 
TJqbah  b.  Bagrah  al-Kindi. 
'Uqbah  b.  Hàrith  b.  'Amir. 
TFqbah  b.  Hàritji  al-Fihri  [f  58.  a.  H.]. 
'Uqbah  b.  Karim  al-Ansàri  (pag.  100). 
TTqbah  b.  Nàfi'  al-Fihri  [f  62.  a.  H.]. 
'Ikrimah  b.  'Ubaj-d  al-Khawlàni. 
al-'Alà  b.  abi  'Abd  al-rahmàn   al-Fihri  [t  nel 

63.  a.  H.]. 
'Ulaysah  b.  'Adi  al-Balawi. 
'.\lqamah  b.  Gunàdah  al-Azdi  [f  59.  a.  H.]. 
'Alqamah  b.  Ramithah  al-Balawi. 
'Alqamah  b.  Sumayy  al-Khawlàni. 
'Alqamah  b.  Yazid  al-Muràdi. 
'Ammàr  b.  Yàsir  al-'Absi  [f  37.  a.  H.]. 
'Uraàrah  b.  Sabib  al-Sabài. 
'Umar  b.  al-Khattàb  [t  23.  a.  H.]  (pag.  101). 
'Amr  b.  Màlik  al-Ansàri. 
'Amr  b.  al-Hamiq  al-Khuzà'i   [f  63.  a.  H.|. 
■Amr  b.  Sa'id  b.  al-'Às  [f  69.  a.  H.]. 
'Amr  b.  Safw  al-Yàfi'i. 
'Amr  b.  al-'Às  b.  Wà-il   [f  43.  a.  H.]. 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Com- 
pagni del  Profe- 
ta presenti  alla 
conq  u  ista  del- 
l' Egitto.] 


601. 


76 


s  -.'li; 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[EGITTO.  -  Com- 
pagni del  Profe- 
ta presenti  alla 
conq  u  ista  del- 
l'Egitto.] 


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(■244 
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'24^! 
1-249, 
(■250 
(251 
(252 
(253 

f254 
(255 

(•2.56 
(257 
(•258; 
(•259 
(260 
(•261 
(262 


Amr  l>.  Miunili  al-liiilmui   |t  86.  a.   H.].  ('263 

'Auiv  al-Gimii.  (264; 

T'uiayr  h.  Walili  ;il-(iiiliaiii.  ('265 

'AnlKisah  1).  '.■Vili  nl-Ralawi.  r266 

'ITuays  b.  Tlja'lalmìi  al-Balawi.  ('267 

XwCh.  Mi'ilik  al-ASga'i  li"  7;t.  a.  ll.|.  (2G8 

■Awf  1).  NaRwnh  (pag.  lt)2).  (269 

■Ivilil  1).  Sa'i.l  al-Az(li.  (270 
(rharat'ah  b.  al-Huritli  al-Kindi. 

(Hiaiii  b.  Qutayli.  (271 

Fadàlah  b.  •Ubaydallah  al  Ansavi  [t  53.  a.  H.].       (272 

Fatjalali  al-Laytlii.  (273, 

Qatiulah  b.  Qays  al-Sadafi.  (274 

Qiulàmali  li.  Màlik.  (275 

Qays  b.  Tliavvr  al-Kimli.  ('276 

Qays  h.  Sa'd  b.  'Ubadah  al-Ansàri  [f  .59.  a.  H.).       ("277 

Qays  b.  abi-l-'Às  al-Sahmi  (pag.  103).  (278 

Qays  b.  'Ali  al-Sahmi.  ('279; 

Qaysabah  b.   Kulthrmi.  (280 

Katliir'^b.  abi  Katliir  al-Azdi.  ('281 
Kiiiayb    b.    Abiahah    b.    :il-Sabbàli    al-Asbalii       ('282 

[-^  77.  a.  H.|.                                   '  '      '         ('28B 

Ka'b  b.  'Asini  al-As'ari.  (284) 

Ka'b  b.  'Adi  al-Tanfikhi.  ('285 

Ka'b  b.  Yasjir  b.  Dinnah  al-'Absi.  ('280 

Labdah  b.  Ka'b  (pag.  104).  ('287 

Labid  b.  'Uqbah  al-Tugibi.  (-288 

Lusaj-b  lì.  Giithaym.  (•289 

Laqit  b.  'Adi  al-Lakhmi.  (290 

Li.srah  (?)  b.  Luhayj'  al-Rn'ayiii.  ("291 

Màbur  al-Khftsi.  ('292 

Màlik  b.  Zàhir.  (293 
abi  -Silsilali  al-A^di. 

'Abdallah  al-Ma'àfiri.  (294 
'Atàliij'ali  al-Kindi. 

Qudàiuali.  ('295 

Hubayrah  al-Kindi   [f  65.  a.  H.].  i'296 

Harim  al-Tugibi.  ('297 

Mabvah  b.  Sihàb  al-Yàfi'i.  (298; 

Muhammad  b.  lyàs  b.  al-Bnkayr.  (299 

Muh.  b.  Basir  al-Ansari.  (800) 

Mub.  b.  abì  Bakr  al-Siddiq  [f  38.  a.  H.].  (301 

Muli.  b.  Gabir  b.  Ghuràb.  (302 

Muh.  b.  abi  Habib  al-Misri  (pag.  105).  (303 

Muh.  b.  abi  Hudzayfah  b.  'Utbah  [f  36.  a.  H.]. 

Muh.  b.  'Ulayj'ah  al-Qurasi.  (304 

Muli.  b.  'Amr  b.'al-'Às  al-Sahmi.  (305 

Muh.  b.  Maslamah  b.  Khàlid  al-Ansàri  [f  nel       (306 

4-3.  a.  H.]. 

Mahmud  b.  Rabi'ah  al-Ausàri.  (307 

Mahmiyah  b.  Gaz-  al-Zubaydi.  (308 

Marwàn  b.  al-IIakam  b.  abi  al-'As  [f  65.  a.  H.].       (309 

al-Mustawrid  b.  Salàmah  al-Fihri  [f  45.  a.  H.].       (310 

al-Mustawrid  b.  Saddad  al-Fihri.  (311 

Masruh  h.  Saudar  al-Khasi.  (312 

Mas'iid  b.,a]-Aswad  al-Balawi.  (313 

Mas'iìd  b.  Aws  al-Ansàri  (pag.  106).  (314 

Maslamah  b.  Mukhallad  [f  62.  a.  H.l.  (315 


Màlik  b. 

Màlik  h. 

Màlik 

Màlik 

Màlik 

Màlik 


al-Mìswar  b.  Makhramah  al-Znhri  [t  64.  a.  H.] 
al-Musayyab  b.   Hazn  al-Makhzumi. 
Mut'im   b.  'Ubayd  al-Balawi. 
al-Muttalib  b.  abì   Wadà'ah. 
Mu'àdz  b.  Anas  al-(!uhani. 
Mu'àwiyah  b.  Kluidayg  al-Sakiìui  [t  52.  a.  H.|. 
Mu'àwiyali  b.  abì  Sufyàn   (f  60.  a.  H.]. 
Ma'bad  b.  al-'Abbàs  b.  'Abd  al-Muttalib  [f  nel 

35.  a.  H.]. 
Ma'n  b.   Harmalah  al-Miidligi  [f  40.  a.  H.|. 
Mu'ayqib  b.  abi  Fàtiniali  al-Dawsi. 
al-Mughirah  b.  Su'bah  (t  50.  a.  H.]  (pag.  107). 
al-Miqdàd  b.  al-Aswad   |t  31.  a.  H.l. 
al-Mundzir  (O  al-Munaydzii|  al-.'^slami. 
Muhàgir  (abCi   Hmjzayt'ah  i. 
Nàsirah  b.  Sumayy  al-Yazaiii. 
Nubayh  Vi.  Sawàb  al-Mahri. 
al-Nu'màn  b.  al-Hurr  al-Qàtiti  (pag.   108). 
Nu'aym  b,  Khabljàb  al-'Àmiri. 
Hàni  b.  Guz-  al-Muràdi. 
Hubayb  b.  Mughattal. 
Hawdzah  b.  'Urfutah  al-Himyari. 
■Wàfid  h.  al-Hàrith  al-Ansàri. 
Wahb  b.  Mughaffal  al-Ghitari. 
Làhib  b.  Màlik  al-Balawi. 
Yazid  b.  Unays  al-Fihri. 
Yazidjb.  'Abdallah  b.  al-Garràh. 
Yazid  b.  abi   Ziyàd  al -Aslami. 
Ya'qub  al-Qibti. 

abiì-l  Aswad  Marthad  b.  Gàbir  al-'Abdi. 
abù-1-A'war  al-SuIami  'Amr  b.  Sufyàn. 
abfi    'Dmàmah    al-Bàhili     Sudayy    b.    'Aglàn 

[t  82.  a.  H]. 
abfi  Ayyub  al-Ansàri  Khàlid    b.  Zayd  [f  nel 

52.  a.  H.].  ' 

abù  Burdah  al-Ansàri  (pag.  109). 
alili  Basrah  al-Ghifari  Humayl  ti.  Basrah. 
abu  Ndr  al-Fahmi. 
abii  Gabr. 

abu  Gam'ah  al-Ansàri  Habib  b.  Sibà'. 
abii  Gundub  al-'Utaqi. 
abù   Hammàd  al-Ansàri. 
abu    Khiràs  alSularai. 
aliu-1-Dardà    'Uwaymir    b.     'Àinir     al-Ansàri 

[t  32.  a.  H.]. 
ab  a  Dui-rah. 

abfi  Dzarr  al-Ghifari  [f  32.  a.  H.]. 
abu    Dzi-b   alHudzali   Khi'waylid   b.   Khàlid 

[t  35.  a.  H.]  (pag.  110). 
abu  Ràe'  al  Qibti  [t  35.  a.  H.). 
abu  Ramithah  al-Balawi. 
abn-l-Ranidà  al-Balawi. 
abu  Ruhm  al-Samà'i. 
abù  Rayhàuah  al-Azdi. 
abii-1-Za'urà  {'?  Za'rà'). 
abii  Zam'ah  al-Balawi 
abù-1-Zahrà  al-Balawi. 
abù  Zayd  al-Ciliàfigi. 


Ubayd  b.  Arqam. 


602. 


21.  a.  H. 


ss  -in;.  217. 


(316)  abiì  Su'àii.  335)  abiì  Mulaykah  al-Balawi.                                                    21.  a.  H. 

(317)  abù  Sa'id  al-Khayr  al-Anmaii.  !836)  abu  Mansur  al-Fàrisi  (pag.  112).                               EGITTO.    -   Com- 

(318)  abu  Sa'ìd  al-Iskandari  (pag.  111.  (337)  abu  Musa  al-Ghàfiqi  Màlik  1).  'Ubàdah  ff  nel           pagni  del  Profe- 

(319)  abu-l-.Samus  al-Balawi.  58.  a.  H.].                                                                       ta    presenti    alla 

(320)  abu  Sirmah  al-Ansàri.  (338)  abu  Hurayrah  al-Dawsi.                                                 conquista  del- 
(821)  abu  Ijubays  al-Baiawi.  (339)  abu  Hind  al-Dàri.                                                             I'  Egitto.] 

(322)  abu    Abd  al-rahmàn  al<Tuhani.  i340i  abù-l-Haythara. 

(.323)  abu  'Abd  al-rahmàn  al-Fihri.  (341i  abii  Wahwah(?)  al-Balawi. 

(324j  abu  'Abd  al-rahmàn  al-Qayni.  (342)  abù-1-Yaqzàn.                   ' 

(325)  abu  'Uthmàn  al-Asbahi.  (343)  un  uomo  dei  Suda. 

(326)  abu  'Atiyyah  al-Muzaui.  (.344)  abù  éuday'  al-Mnradi. 

(327)  abu  'Amirah  al-Muzani.  1^345)  Màriyah  al-Qibtiyyah   |t  15.  a.  H.j  ipag.  113i. 

(328)  abu  Fàtimah  al-Dawsi.  .                              (346)  Sirin. 

(329)  abù  Fàtimah  al-Damri.  (347)  umm  Zakariyyà. 

(330)  abù  Fàtimah  al- Ai 'ari  [t  23.  a.  H.].                       (348)  umm  'Abdallali  biut  Nubayh. 

(331)  abù  Màlik.  (349)   umm  Dzarr. 

(332)  abù-l-Mubtadzil  Khalaf.  (350)  Fàdilah  al-Ansàriyyah. 

i333)  abù  Muslim  al-Ghàfiqi.  (351)  Sawdah  bint  Dubays  al-(}uhaniyyah. 
(334)  abù  Miknaf. 

Secondo  ibn  al-Rabi',  con  'Amr  b.  al-'As  entrarono  in  Egitto  cento 
Compagni  tra  quelli  che  giurarono  sotto  l'albero  di  al-Huda3'biyyah :  al- 
cuni riducono  questo  numero  a  soli  settanta  (Suy ut i  Husn,  I,   78-113 1. 

§  217.  —  Questo  elenco,  che  a  taluni  potrà  sembrare  una  eccessiva 
minuzia,  ha  invece  il  .suo  valore  come  documento  morale  della  psicologia 
i.slamico-egiziana  nei  primi  secoli  del  nuovo  regime  politico-religioso  in 
Asia  Anteriore  ed  in  Egitto  in  particolare. 

Nella  lista  trovansi  nomi  che  sicuramente  dovrebbero  essere  cancellati, 
e  questo  valga,  per  esempio,  per  i  due  Califfi,  Umar  ed  'Uthmàn.  che  non 
visitarono  certamente  l'Egitto  dopo  la  promulgazione  dell'Isiàm;  ma  tale 
è  il  desiderio  di  nobilitare  la  lista,  e  quindi  anche  l'Egitto  nei  rispetti  del-' 
l'Islam,  che  a  giustificazione  dei  due  nomi  si  dice  nell'elenco  essere  am- 
bedue veniiti  in  Egitto,  come  mercanti  ai  tempi  della  GràhilÌ3yah.  Strana 
affei-mazione,  perchè  dal  punto  di  vista  islamico  non  ha  alcun  \alore. 

L'elenco  ha  però  il  suo  pregio  anche  per  quello  che  non  contiene  e 
per  quello  che  tradisce.  Se  sopprimiamo  quei  pochi  nomi  conosciuti  che 
sono  comuni  alle  liste  più  brevi  dei  precedenti  paragrafi,  vediamo  come  i 
nomi  siano  tutti  di  persone  sconosciute,  una  prova  che  gli  elementi  con 
cui  fu  conquistato  l' Egitto  non  erano  quelli  in  immediato  e  diretto  con- 
tatto con  Madinah,  ma  persone  per  la  massima  parte  estranee  a  Madinah, 
le  quali  non  avevano  mai  visto  e  conosciuto  il  Profeta,  checché  l'elenco 
dica  in  contrario:  in  altre  parole  elementi  essenzialmente  pagani,  e  solo 
verniciati  assai  leggermente  d' islamismo.  Di  questo  conoscevano  ed  ave- 
vano forse  poco  più  che  il  semplice  nome. 

Se  esaminiamo  più  attentamente  l'elenco,  noi  rileviamo  che  esso  è 
meno  artificiale  che  non  si    creda,    porgendo    un    sicuro    documento    sulla 

eaò. 


§§  -iiT,  ila  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  costituziono  (Iella  grande  maggioranza  degli  Arabi  che  seguirono  'Amr  in 

pagni  del  Profe-     l^gìtto.  Noi  vediamo  cioè  che  i  più  venivano  o  dal  Yaman,  o  dallo  tribù 
ta  presenti  alla     (IpH'ostremo  settentrione  d'Arabia  (Bali,  Qudà'ah,   Grudzam,  ecc.),  ossia  da 
r  Egitto'r  ^    ^       tribù  che  riconobbero  l' Isiàm  solo  dopo  la  morte  di  Maometto.  A   questo 
proposito  è  degnissimo  di  nota  che  i  Bali    erano    imparentati    per  via   di 
donne   con  'Ann-  b.  al-'As  (ct'r.  8.  a.  H.,  §  30),  cui  tale  parentela  era  stata 
già  utile  nel  passato  per  compiere  una  spedizione  ordinata  da  Maometto. 
Le  forze  di  'Amr  erano  dunque  composte  di  avventurieri  del  Yaman, 
di  suoi   remoti    consanguinei   tra  i  Bali,  e  di   altri    elementi   assai    etero- 
genei (persino  Gi'eci  o  Siri  non  Arabi  e  Persiani,  cfr.  poc'anzi  §  210),  vale 
a  dire  da  gruppi  etnici  che  ninna  dipendenza  diretta  riconoscevano  dal  Ca- 
liffo in  Madinah,  ma  erano  liberi  abitanti  d'Arabia,  aspiranti  a   soli  godi- 
menti materiali  e  ricchezze,  la  maggior  parte  Musulmani  solo  di  nome,  ed 
una  parte  forse  nemmeno  di  nome. 

In  alcune  precedenti  tradizioni  abbiamo  trovato  menzione  di  un  fatto, 
che  cioè  i  3500  uomini  con  cui  partì  'Amr  da  Qaysàrij^yah  per  la  con- 
quista dell'Egitto,  erano  quasi  tutti  della  tribù  di  'Akk  provenienti  dal 
Yaman.  L'elenco  non  conforta  affatto  tale  asserzione,  e  non  conserva  il  nome 
di  un  solo  membro  della  tribù  di  'Akk,  dando  invece  molti  nomi  di  Arabi 
Himyariti,  che  sebbene  pur  essi  del  Yaman,  non  hanno,  secondo  i  genea- 
loghi,  verun  legame  di  sangue  con  gii  'Akk.  È  singolare  altresì  che  la 
j)redominanza  di  elementi  Akk  non  risulta  nemmeno  dalla  descrizione 
topografica  di  al-Fustàt.  La  notizia  perciò  riguardante  gli  'Akk  va  molto 
modificata,  nel  senso  che  una  parte,  e  forse  molto  esigua,  delle  schiere  di 
'Amr  erano  composte  di  essi. 

V'è  però  da  aggiungere  che  questo  elenco  ha  le  sue  limitazioni,  in 
quanto  esso  è  sicuramente  messo  insieme  a  posteriori  dai  discendenti  dei 
primi  invasori,  e  da  quelli  che  j)er  arrogarsi  un  prezioso  titolo  di  eccel- 
lenza islamica  pretesero  discendere  dai  seguaci  di  'Amr  nella  gloriosa 
campagna  di  conquista. 

EGITTO.  —  Disposizioni  generali  per  la  dimora  in  Egitto  delle  tribù 
immigrate. 

§  218.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abi  Habib, 
e  da  ibn  Hubayrah).  Quando  gli  Arabi  divennero  permanentemente  pa- 
di-oni  dell'Egitto,  'Amr  b.  al-'As  prese  le  'disposizioni  per  la  custodia  del 
paese  e  fissò  la  guarnigione  (ribàt)  che  doveva  proteggere  Alessandria. 
Un  quarto  delle  sue  forze  fu  stabilito  in  Alessandria;  l'altro  quarto  lungo 
la  costa,  al-Sawàhil,  e  la  rimanente  metà  rimase  con  'Amr.  La  guar- 

(Ì04. 


21.  a.  H. 


§§  218-222. 


nigione  di  Alessandria  stanziava  però  in   questa   città  soltanto   durante  i  21.  a.  h. 

...  ,    .       ...  „,.     ^  .      ,  X  T       li.    •  •  •    •  [EGITTO.  -  Dispo- 

1  sei  mesi  estivi,  e  (si  ritirava  nell  interno)  durante  gii  altri  sei  mesi  m-  sizioni   generali 

vernali  (*).  Ogni  comandante  ('arlf)  aveva  in  Alessandria  una  casa  forti-  per  la  dimora  in 

ficata  (qasr),  nella   quale  stanziava  con  i  suoi  immediati  dipendenti,  ed  immigrateci 
ognuno  di  essi  si  prese  un  feudo  (akhà'idz)  ('Abd  al-hakam,  180). 

XoTA  1.  —  La  ragione  è  evidente  :  nell'  inverno  i  venti  forti  e  le  tempeste  erano  la  migliore 
difesa  della  città  contro  sorprese  da  parte  di  mare.  Nell'estate  invece  durante  la  lunga  bonaccia  era 
facile  per  una  flotta  di  piombare  sulla  città.  E  così  avvenne  nel  25.  H. 

§  219.  —  (Abdallah  b.  Sàlih,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Surayh.  da 
abù  Qabìl).  Quando  ritornavano  dalle  spedizioni  militari,  le  genti  musul- 
mane solevano  radunarsi  tutte  in  al-Fustàt  (a  svernare).  Quando  poi  so- 
praggiungeva la  primavera  (liadara  maràfiq  al-rìf),  'Amr  b.  al-'A.s 
arringala  i  fedeli  nella  moschea  e,  dando  loro  l'annunzio  ufiSciale  della  nuova 
stagione,  ordinava  di  andarsene  (e  di  rimanere)  con  gli  animali  al  pascolo, 
«  tinche  s'inagrisce  il  latte,  e  s'impone  il  ritorno  e  si  moltiplicano  le  mosche: 
«  allora  tornate  al  vostro  campo  (fustàtukum);  ma  non  voglio  sapere  di 
*  alcuno  fi-a  voi  che  abbia  ingrassato  sé  stesso  e  abbia  lasciato  smagrire  il 
«suo  cavallo!»   (Abd  al-hakam,   196). 

§  220.  —  (Ahmad  b.  Amr,  da  ibn  Wahb,  da  ibn  Lahiah,  da  Yazid 
b.  abi  Habìb).  'Amr  b.  al-'As  .soleva  dire  alla  sua  gente,  quando  ritornava 
dalle  spedizioni  militari:  «È  tornata  la  primavera  (hadara  al-rabi'): 
«  chi  fra  voi  vuole  andarsene  con  il  suo  cavallo  al  suo  accampamento  di 
«primavera  (rab'uhu),  lo  faccia;  ma  non  voglio  sapere  di  alcun  uomo 
«  che  ha  ingrassato  sé  stesso  ed  ha  lasciato  smagrire  il  suo  cavallo.  Quando 
«  però  il  latte  comincia  ad  inagrirsi,  e  si  moltiplicano  le  mosche,  allora 
«ritornate,  e  rivenite  al  vostro  campo  principale  (qayrawàn,  o  cara- 
«  vana)  »  ('Abd  al-hakam,  196). 

Cfr.  S  u  y  u  t  i  H  u  s  11 ,  I,  72. 

§  221.  —  Una  tradizione  di  Maslamah  b.  'Abd  al-malik  (da  al-Layth 
b.  Sa'd)  conferma  le  notizie  precedenti,  con  la  diffei'enza  che  'Amr  b.  al-'As 
dice  alla  gente:  «Andatevene  ai  vostri  pascoli  lungo  il  fiume  (aryàf)», 
e  ordina  loro  di  ritornare  al  loro  campo  (fu  s  t  a  t  u  k  u  m)  «  quando  ven- 
«  gono  le  mosche  (idza  gà'anà  al-dzubàb)»  ('Abd  al-hakam,  196). 

§  222.  —  Presso  ibn  'Abd  al-hakam  abbiamo  anche  un'altra  lunga  tradi- 
zione di  Sa'id  b.  Maysarah  (da  Ishàq  b.  al-Gruràt,  da  ibn  Lahì'ah,  da  al- 
Asvvad  b.  Màlik  al-Himyari,  da  Bahìr  b.  Màlik  al-Himyari,  da  Bahir  1). 
Dàkhh-(?)  al-Ma'àfiiij,  nella  quale  si  narra  con  molti  particolari  una  riu- 
nione del  venerdì  nella  moschea  di  al-Fustàt,  alla  fine  dell'inverno,  pochi 
giorni  dopo  il  Hamim  al-Nasàrà  (?  il  hamlm  o  periodo  più  caldo  dei  Cri- 

l;o.^. 


§?  '^22.  "J".*:!.  i^  1  •     3,.     M. 

21.  a.  H.  stiani?),  quando  'Anir  ontra  nel  tempio  preceduto  da  soldati  della  guardia 

sizioni    generali     («urtah)  che  con  verghe  in  mano  fanno  largo  nella  folla.  Quindi  seguono 
per  la  dimora  in     biani  della  predica  di  'Amr,  in  cui  si  fanno  molte  racconiandazioui  morali, 

Egitto  delle  tribù  ,  ,.  i  t  -•        •    i  ■  •    'a  ■        -,       i 

immigrate.)  ^^'^    1^    altro    anche    di    avere  una  tamigluì  numerosa:  poi    Ann    invita   la 

gente  a  recarsi  al  loio  rif,  aiunumendola  però  di  trattare  con  tutti  i  ri- 
guardi i  Copti,  conformemente  alle  istruzioni  lasciate  dal  Profeta  ('Abd 
al-hakani.   197-198). 

Per  confermare  questa  tradizione  ibn  'Abd  al-hakam  ne  adduce  un'altra, 
che  si  pretende  risalga  ad  'Umar  b.  al-Khattàb,  e  nella  quale  si  mettono 
in  bocca  al  Profeta  le  stesse  raccomandazioni  per  la  custodia  e  la  cura 
dei  cavalli,  e  lo  stesso  ordine  di  trattare  bene  i  Copti,  attribuito  altiove 
ad  'Amr,  con  l'aggiunta  che  i  Copti  sono  dichiarati  parenti  dei  Musulmani 
per  via  di  donne,  e  gente  sotto  la  dz  i  m  m  a  h  o  protezione  dei  Musulmani 
(Abd  al-hakam,   198). 

In  questa  ed  in  altra  tradizione  quasi  eguale  il  Profeta  predice  la 
conquista  dell'Egitto,  e  dichiara  che  la  guarnigione  di  essa  è  la  migliore 
delle  guarnigioni  della  terra  (khayr  agnàd  al-ard)  ('Abd  al-haka  m. 
168-169). 

§  223.  —  (ibn  Abd  al-hakam,  senza  isnàd).  Quando  veniva  la  pri- 
mavera (waqt  al-rabi'  wa-l-laban.  la  stagione  delle  pioggie  e  del 
latte),  Amr  b.  al-'As  mandava  le  tribù  ai  pascoli  primaverili,  lasciando 
loro  libertà  di  andare  dove  volevano.  La  maggior  jjarte  di  essi  ('  u  z  m  a- 
hum,  maggiorenti?)  si  recava  a  Manùf,  a  Dzù  Sandabas  (?),  ad  Ahnàs, 
ed  a  Tahà  ;  gli  ahi  al-ràyah  si  disperdevano  un  po'  da  per  tutto,  se- 
condo il   seguente  elenco  : 

(1)  Le  famiglie  di    Amr  b.  al-'As,  e  di  'Abdallah  b.  Sa'd  solevano 
recarsi  a  Manùf  e  Wasim. 

(2)  Gli  al-Hudzayl,  a  Banà  e  Bùsìr. 

(3)  Gli  'Adwàn,  a  Bù.sii-  e  Qurà  'Akk  (?). 

(4)  I  Bali,  a  Manf  e  Taràbiyah  (?). 

(5)  I  Fahm,  a  Artib  (?),  'Ayn  Sams  e  Manùf. 

(6)  I  Mahrah,  a  Tana  e  Tami  (?). 

(7)  Gli  al-Sadaf,  nell'al-Fayyùm. 

(8)  I  Tugib,  in  Tami  (?),  e  Bastah  (?)  e  Wasìs. 

(9)  I  Lakhm,  nell'al-Fayyùm,  a  Taràbiyah  (?)  e  Qarnit  (?). 

(10)  I  Ó^udzàm,  in  Taràbiyah  (?)  e  Qarnit  (?). 

(11)  I  Hadramawt  in  Tana,    Ayn  Sams  e  Atrib  (?). 

(12)  I  Muràd,  in    Manf  e   al-Fayyùm,   e   con   loro   erano   anche   gli 
'Abs  b.  Zùf  (?). 

60«. 


21.    a.    H.  |§  223,  324. 

(13)  I  Him^-ar,  in  Bu.sìr  e  i  Qurà  Ahiiàs.  21.  a.  H. 

(14)  I  Khawlàn,  nei  Quia  Ahnàs,  e  in  al-Bahnasà.  sizioni    generaci 

(15)  Gli  al-Qays  e  gli  ÀI  Wa'lali,  a  Saft  di  Bùsir.  per  la  dimora  in 

(16)  Gli  Al  Abrahah,  in  Manf.             "     '              "  SITi^fat/''' 

(17)  Gli  Asiani  ed  i  Ghifar,  insieme  con  i  Wàùl,  i  Gudzàm  ed  i 
Sa'd,  in  Bastah  (?)  e  Qarnit ,(?)  e  Tarabiyah  (?). 

(18)  Gli  Al  Yasàr  b.  Dannah,  in  Atrìb  (?). 
(là)  I  Ma  àfir,  in  Atrib  (?),  Sakhà,  e  Manuf. 

(20)  Una  parte  dei  Tugib  e  dei  Mm-àd,  in  al-Bàqur. 

Alcune  tribù  si  scambiavano  i  luoghi  di  pascolo,  ma  per  la  maggior 
parte  si  attenevano  alla  distribuzione  del  precedente  elenco. 

(21)  I  Ghifar  ed  i  Layth  andavano  anche  a  passar  la  primavera  in 
Atrìb  {?):  ed 

(22)  i  Mudlig,  in  Khabatà  (?  Khartabà,  u  Kharbatà,  nel  ms.  man- 
cano i  punti  diacritici),  dove  si  stabilirono  insieme  con  alcuni  Himyar  ed 
altri  che  li  seguirono. 

(23)  I  Hubays  (?)  ed  alcuni  Lakhm  e  Gudzàm  si  stabilh'ouo  in 
Aknàf  Sàr  (?),  in  Iblìl  e  in  Tarabiyah  (?). 

(24)  I  Qays  non  si  fissarono  anticamente  nell'al-Hawf  al-Sarqi,  ma 
liensì  vi  furono  mandati  più  tardi  dal  (governatore)  ibn  al-Habhab,  il  quale 
ebbe  ordine  dal  Califfo  Hisàm  b.  Abd  al-malik  di  mandarvi  o  3000,  o 
5000  uomini,  che  il  governatore  scelse  tra  i  QaAS,  e  mandò  nell'al-Hawf 
al-Sarqi  ('Abd  al-hakam,    199-200). 

La  maggior  parte  di  questi  nomi  è  senza  punti  diacritici,  e  perciò 
difficilissimi  a  deciffare.  È  chiaro  che  il  copista  -stesso  non  riconosceva 
più   i  nomi. 

§  224.  —  (ibn  Abd  al-hakam,  senza  isn a d).  I  cavalli  dell'Egitto  di- 
scendono (usui  khayl  Misr)  da  un  cavallo  ('),  Asqar  Sadaf,  che  apparte- 
neva ad  abii  Na'àmah  Malik  al-Sadafi.  Da  questo  cavallo  prese  nome  la 
Khùkhah  al-Asqar  in  al-Fustàt,  perchè  quando  mori  il  cavallo,  il  suo  pa- 
drone non  volle  gettar  via  il  cadavere,  come  si  faceva  per  le  altre  bestie, 
ma  scavò  una  tossa  e  lo  sepelli  in  essa  nel  luogo  dove  poi  fu  la  Khùkhah 
al-Asqar  (Abd  al-hakam,  201)  ('). 

Nota  1.  —  ibn  Abd  al-hakam  cita  anche  una  tradizione  di  'Abdallah  b.  'Abd  al-hakam,  con- 
tenente un  episodio  della  guerra  di  conquista  fcfr.  §  1011  in  cui  abiì  Naamah  montato  su  al-Asqar  riusci 
s  raggiungere  nella  corsa  un  greco  l'ilgi,  «he  nessun  altro  cavallo  dei  Musulmani  era  stato  capace  di 
uccidere  perchè  montato  sopra  un  destriero  velocissimo:  in  questa  corsa  al-Asqar  stesso  afferrò  con  i 
denti  il  cavallo  greco  e  lo  uccise.  Da  al-Asqar  discesero  i  seguenti  famosi  destrieri  ffarasi: 

il)  Daqq  al-Rìs,  di  al-'Aw\vàm  b.  Habib  al-Yahsubi  (nel  ms.  Talisubii. 

(2|  al-Hattàn   [o  Kliallàr],  di   Labid  b.  'Uqbah   al-Sawmi   (V). 

(3ì  al-Da'luq,  di  Himyar  b.   Wà-il  al  Sawmi. 

4)  'Aglà,  di  Akàb  lÀbd  al-hakam.  201-202.. 


^  ■J'JtS^T.  ^l.    3,.    il» 

21.  a.  H.  In  un'altra   tradizione,  senza   isnad,   ibn  'Abil   al-liakam    dà   altri   particolari  su  'Aglà  (il  n.  4i, 

[EGITTO.-  Dispo-       famoso  cavallo,  e  su  al-Kliattàr  (il  n.  2).  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn  volle  comperare  quest'ultimo  da  Labid 

sizioni     generali       li.  'Uqbah,  che  però  uou  volle   cederlo.  —  Qualche   tempo   dopo  Labid  fu  ucciso   nella  guerra  d'Africa, 

per  la  dimora  In       e  Musa  b.  Nusayr  incluse  il  destriero  al-Kliattiìr  tra  i  doni  mandati  ad  'Abd  al-'aziz.  Siccome  però  giunse 

Egitto  delle  tribù       insieme  con  altri  cavalli,  nessuno  sapeva  dire  quale  di   essi  fosse   al-Kliattàr:  fu  chiamata  la   figlia  di 

lmmigrate.1  Labid,   atìinchè   riconoscesse  il  cavallo,   ma   essa,  desiderosa  che  nessun  altro  dopo  suo  padre  montasse 

(|uel  destriero,  indicò  quale  fosse,  m*  allo  stesso  tempo  con  un'astuzia  gli  tagliò  le  orecchie  e  strappò 

i  crini  della  coda.  —  Nondimeno  'Abd  al-'aziz  ritenne  il  cavallo  a  causa  della  sua  velocità.  Da  al-Kliattàr 

discese  (5/  al-Dzà-id,  e  da  Dzà-id  [ii)  al-Farqad,  dal  quale  venne  la  razza  equina  al-Farqadiyyah.  Anche  i 

Lakhni  avevano  un  cavallo  famoso  detto  \Tl  Ablaq  Lakhm  ('Abd    al-liakani,  202). 

EGITTO.  —  Sistemazione  fiscale  della  provincia. 

§  225.  —  Sul  contenuto  delle  seguenti  tradizioni  r  sul  valore  intrin- 
seco delle  medesime  non  mette  il  conto  di  soffermarsi  ora,  perchè  sotto 
l'anno  23.  H.  esamineremo  più  attentamente  tutto  intero  il  problema 
tìscale  che  avvolge  e  rende  di  difficile  intelligenza  l'attività  ordinatrice 
del  Califfo  'limar.  Allora,  con  l'ausilio  di  tutte  le  altre  fonti,  cercheremo 
di  poiTe  in  chiaro  le  grandi  linee  dei  nuovi  ordinamenti  amministrativi 
inaugurati  dall'impero  arabo-islamico,  ed  allora  soltanto  potremo  stabilire 
il  valore  storico  dei  particolari  dati  qui  in  appresso  con  la  solita  orientale 
abbondanza  e  ripetizione, 

§  226.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  ahi  Habib). 
Amr  b.  al-'As  soleva  mandare  ad  Umar  l'importo  della  gizj^ah  dopo 
averne  detratto  quello  di  cui  aveva  bisogno  (per  la  guarnigione  e  l'ammi- 
nistrazione dell'Egitto).  La  spesa  che  gravava  l'Egitto  (faridah  Misr) 
per.  lo  scavo  dei  canali  (khulug),' per  mantenere  i  ponti  vecchi  (gu sur), 
costruire  i  ponti  nuovi  (qanàtir)  e  riparare  gli  argini  (qat'  gazà'i- 
rihà)  ammontava  a  120,000  (dìnàr),  ed  oltre  a  ciò  v'era  (la  conserva- 
zione dei)  termini  (al-tawr)  e  le  misure  di  terreno  (al-misàha),  con  (la 
manutenzione)  degli  istrumenti  (al-adàh)  che  a  ciò  servivano:  lavori  che 
dovevano  compiersi  senza  interruzione  d'inverno  e  d'estate  (Abd  al- 
hakam,  209-210). 

Cfr.  Suyùti  Husn,  I,  68;  Maqrìzi  Khitat,  I,  pag.  76,  lin.  32-35. 

§  227.  —  ("Abd  al-malik  b.  Masìamah,  da  al-Qàsim  b.  'Abdallah,  da 
'Abdallah  b.  Dinar,  da  'Abdallah  b.  'Umar).  Il  Califfo  'Umar  scrisse  (ai  luo- 
gotenenti) che  appendessero  al  collo  della  gente  protetta  (ahi  al-dzim- 
mah)  un  sigillo  di  piombo  (come  prova  d'aver  pagato  la  tassa);  che  questi 
(dovessero  vestirsi  in  maniera)  da  mostrare  le  loro  cinture  (manàtiq), 
tenessei'o  divisi  i  ciuffi  dei  capelli  sulla  fronte  (nawàsi),  cavalcassero 
usando  soltanto  dei  basti  (ukuf,  e  non  sella  come  i  Musulmani)  e  in  modo 
visibile  ('ard'").  La  gizyah  doveva  essere  pagata  soltanto  dagli  uomini, 
sul  pube  dei  quali  era  passato  il  rasoio,  e  non  dalle  donne,  né  dai  bam- 

608. 


21.  a.  H. 


§§  227-2-29. 


bini:    né    doveva    essere    permesso    che   gii    ahi    al-dzimmah  vestissero  21.  a  H. 

come  i  Musulmani   (Abd    al-hakam.  210 1.  „o,„„'»  «J-f  ^ 

inazione    fiscale 

Cft-.  Maqrizi    Khitat,  I,  pag.   76,   lin.  B5-B7.  delia  provincia.] 

Sulle  disposizioni  riguardanti  i  non  Musuliuaui  cti-.  17.  a.  H..  §§  174- 
175:  sono  notizie  ed  oi-dinanze  che  si  riferiscono  a  tempi  molto  posteriori, 
quando  la  conversione  di  centinaia  di  migliaia  di  vinti  creò  confusione 
tra  Musulmani  e  non  Musulmani  che  non  erano  Arabi.  Vivente  il  Ca- 
liffo 'Umar.  tranne  rare  eccezioni,  gii  Arabi  erano  i  soli  Musulmani,  e 
tra  loro  ed  i  sudditi  non  Arabi  e  non  Musulmani,  tale  era  la  differenza 
nella  foggia  del  vestire,  che  ninna  ordinanza  eia  necessaria  per  distinguere 
i   padroni  dai  servi,  i  vincitori   dai   vinti. 

§  228.  —  (Su'ayb  b.  al-Layth.  da  Ubayy,  da  Muli.  b.  Abd  al-rahmàn 
b.  Anag,  da  Nàfi',  e  da  'Abdallah  b.  'Umar,  da  Nàti',  da  Aslam,  mawla 
di  Umar).  Il  Califfo  Umar  mandò  le  seguenti  istruzioni  ai  suoi  luogote- 
nenti (  u  m  a  r  a  •  a  1  -  a  g  n  à  d)  :  la  g  i  z  y  a  h  doveva  imporsi  soltanto  a  quelli 
sul  pube  dei  quali  era  passato  il  rasoio,  ed  in  ragione  di  40  dirham  per 
Tabi  al-wariq  (—  i  possessori  di  capitale  in  danaro  argenteo),  di  4  dinar 
per  Talli  al-dzahab  (possessori  di  capitale  in  danaro  aureo):  questi  me- 
desimi dovevano  fornire  anche  le  vettovaglie  (arzàq)  per  le  milizie  musul- 
mane, ossia  grano  hintah.  òlio,  in  ragione  di  due  mudddi  grano  e  di  tre 
aqsàt  (pi.  di  qistj  di  olio  ogni  mese:  tale  era  la  legge  per  gli  abitanti 
della  Siria  e  della  Grazìrah.  Inoltre  una  certa  quantità  di  grasso  (\va]dakj  e 
di  miele  [«  non  so  quanto  »,  dice  Aslam].  e  stoffa  (bazz)  per  fare  i  man- 
telli (kiswah).  che  il  Califfo  'Umar  distribuiva  ai  soldati.  Poi  dovevano 
ospitare   pei-  tre  giorni  i  Musulmani  che  si  fermavano  nei  loro  paesi. 

La  gente  dell' Iraq  doveva  invece  consegnare  quindici  sa'  (misura 
di  cereali)  ad  ogni  musulmano,  e  una  certa  quantità  [«  non  so  quanto  »] 
di  grasso.  Dalla  gizyah  erano  esenti  le  donne  e  i  bambini:  quando  uno 
aveva  pagato  la  gizyah.  gii  si  a]ipondeva  al  collo  un  sigillo  ('Abd  al- 
hakam,  210-211). 

Cfr.  Maqrizi    Khitat.  I,   pag.   70,  liii.   '61-77.   liu.   5. 

§  229.  —  (a)  (al-Layth  b.  Sa'd,  da  'Abdallah  b.  Grafar,  da  uuu  dei 
vecchi  che  nella  gioventù  prese  parte  alla  conquista  dell'Egitto).  A  pro- 
vare che  l'Egitto  si  arrese  per  trattato  esistono  tre  scritti  (kitàb,  ossia 
trattati  scritti):  uno  conservato  da  Talmà.  signore  di  Ahna.  l'altro  in 
mano  di  Qarmàn,  signore  di  Rasìd,  ed  il  terzo  presso  Yuhannas,  signore 
di  al-Barallus  (cfi-.  20.  a.  H.,  §  190).  I  patti  erano  che  gii  uomini  do- 
vevan  pagare  due  dinar  a  capo  come  gizyah  e  provvedere  i  viveri  (ar- 
zàq) dei  Musulmani.  V'erano  inoltre  sei  (ma   se   ne  menzionano    soltanto 


61(9.  77 


§§  229-232.  21.    a.    H. 

21.  a.  H.  cinque)  condizioni  principali  (a  favore  dei  vinti):  non  cacciare  gli  abitanti 

'^™,,i„„'o  ♦ie'A'fl     dalle  loro    terre,  non  rapir    loro   le  donne,  né  i  tesori,  né   le  terre,  e  non 
della  provincia.]     aumentare  i  gravami  fiscali. 

(6)  Secondo  "Uqbah  b.  'Amir.  le  sei  condizioni  erano:  non  rapir  loro 
nulla  delle  terre,  non  aumentare  i  gravami  fiscali,  non  opprimerli  oltre  i 
loro  mezzi,  non  rapir  loro  i  figli,  e  difenderli  dai  nemici. 

(e)  Secondo  Yahya  b.  Maymùn  al-Hadrami,  la  condizione  della  resa 
era  che  ogni  maschio  pubere  pagas.se  due  dìnàr  all'anno,  ma  dalla  tassa 
fossero  esenti  i  fanciulli,  le  donne  ed  i  vecchi:  i  maschi  puberi  ammon- 
tarono a  3,000,000  e  furono  contati  ai  tempi  di  'Amr  b.  al-'As  (Y  àqùt , 
III,  897-8!)8). 

§  230.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah.  da  Layth  b.  Sa'd).  La  waybah 
(misura  di  capacità)  durante  il  califfato  di  Umar  conteneva  sei  mudd 
("Abd  al-hakam,  211). 

Cti'.  Maqrizi    Khitat,  I,  pag.  77,  lin.   5. 

§  231.  —  D'un' importanza  del  tutto  eccezionale  è  la  seguente  tradi- 
zione antichissima,  di  difficile  interpretazione,  conservata,  per  nostra  for- 
tuna, da  ibn  'Abd  al-hakam,  e  ripetuta  più  tardi  con  errori  ed  imperfezioni 
da  al-Maqrìzi  ed  al-Su}  ùti.  Il  valore  di  essa  sta  nel  fatto  che  porta  impronta 
sicura  di  autenticità  e  rivela  il  carattere  apocrifo  di  tante  altre  notizie  pre- 
cedenti sulle  condizioni  fiscali  imposte  ai  Copti  con  la  conquista. 

Due  fatti  principali  spiccano  per  primaria  inaportanza  tra  tutti  gii  altri: 
1"  che  gii  Arabi  lasciarono  senza  mutar  nulla  il  sistema  fiscale  vi- 
gente sotto  i  Bizantini:  vari  indizi  stanno  a  dimostrare   che  non  aumen- 
tarono  nemmeno  la  somma  totale  delle  imposte; 

2°  che  la  g  i  z  y  a  h  di  due  dinar  per  testa,  su  cui  insistono  le  fonti 
arabe  (cfr.  20.  a.  H.,  §§  64  e  segg.)  é  una  fiaba  inventata  in  tempi  po- 
steriori, fiaba  creata  sicuramente  dai  teorici  sistematici  del  diritto  musul- 
mano, i  quali  o  non  poterono  o  non  cercarono  di  comprendere  le  vere 
condizioni  dell'Isiàm  primitivo. 

Ma  di  questo  parleremo  a  suo  tempo:  diamo  ora  la  versione  della 
tradizione. 

§  232.  —  (Asad,  da  Sufyàn  b.  Uyaynah,  da  ibn  Ishàq,  da  Hàrithah 
b.  Mudarrib).  Il  Califfo  'Umar  impose  alla  gente  del  Sawàd  l'ospitalità  di 
un  giorno  e  una  notte  (ad  ogni  musulmano  che  passava):  se  però  (il  mu- 
sulmano) era  trattenuto  (più  a  lungo)  dalla  pioggia,  allora  doveva  pagare 
le  proprie  spese. 

Quando  'Amr  b.  al-'As  ebbe  assicurato  il  dominio  dell'Egitto,  confermò 
sui  Copti  il  sistema  fiscale    dei    Greci    (aqarra —    'ala    gibàyah    al- 

610. 


21 .  a..  H.  §  232. 

Rum):  questo  sistema  era  giusto  ed  equamente  fissato  l'bi-1- 1  a  *dil).  Se  21.  a.  H. 

.,,  .  11-  /      1         [EGITTO.  -   Siste- 

mi villaggio  era  prospero,  e  la  popolazione  cresceva,  crescevano  anche  le        mazione  fiscale 

tasse:  se  invece  la  popolazione  diminuiva  e  il  villaggio  andava  in  rovina,  '^^''^  provincia.] 
diminuivano  anche  le  tasse.  Si  riunivano  gli  arrafù  (?  "urafà"?;  o 
mazut,  jj.aC(»"ìpoc,  ossia  capo  di  villaggio  )  di  ogni  villaggio  e  gii  a  m  ì  r 
ed  i  capi  del  paese  (ru-sà  ahlihàj,  e  tacevano  un'ispezione  di  quello  che 
era  in  buono  stato  e  di  quello  che  era  in  rovina  :  se  coneludevano  che 
[in  complesso]  le  quote  (qisam,  di  una  certa  regione)  dovevano  essere 
aumentate,  ritornavano  con  la  [nuova]  quota  [da  imporsi]  ai  paesi  (kuwar) 
[da  tassare].  Poi  tenevano  un  congresso  con  i  capi  dei  villaggi  (r  u  •  s  a 
al-qura)  [ed  assegnavano  a  loro  la  nuova  quota]  e  [questi  ultimi  d'ac- 
cordo con  gl'ispettori]  distribuivano  equamente  la  quota  tra  i  vari  villaggi 
in  ragione  della  facoltà  di  sostenere  l'aggravio  e  in  proporzione  dell'esten- 
sione dei  campi  seminati.  Così  ogni  villaggio  riceveva  la  sua  quota,  ed 
[i  capi  dei  villaggi]  riunivano  le  loro  quote  ed  il  kharàg  di  ogni  vil- 
laggio, e  di  quel  tanto  che  v'era  in  ogni  villaggio  di  terra  coltivata.  [Dal 
totale  così  composto]  cominciavano  ora  a  togliere  dalla  terra  le  supeiiicie 
(faddàdin)  appartenenti  alle  loro  chiese,  ai  loro  bagni  ed  alle  loro  im- 
barcazioni: poi  sottraevano  le  somme  destinate  alle  spese  di  ospitalità  ai 
Musulmani  e  alla  dimora  della  persona  investita  del  potere  (a  1  -  s  u  1 1  a  n  = 
il  governatore,  espressione  usata  anche  nei  papiri).  Quando  avevano  finito 
[questa  parte  del  lavoro,  i  capi  dei  villaggi]  facevano  un'ispezione  delle 
varie  industrie  e  delle  mercedi  guadagnate  dagli  operai  (al-ugaràj  e 
distribuivano  su  questi  la  tassa  in  ragione  di  quanto  potevan  sopportare. 
Se  nei  villaggi  vi  erano  anche  i  sbanditi  (g  a  1  i  y  a  h  =  ossia  coloni  servi 
della  gleba  fuggiti  dalle  loro  terre;,  imponevano  "anche  a  questi  la  tassa 
in  ragione  di  quanto  potevan  sopportare,  ma  soltanto  agli  adulti  ed  agli 
ammogliati.  Poi  vedevano  quanta  parte  rimaneva  ancora  del  kharàg  da 
riscuotere  e  lo  distribuivano  sul  numero  delle  terre  ('ala  idad  al-ard), 
quindi  la  distribuivano  su  quelli  che  volevano  (nel  testo  yarid,  forse  da 
leggersi  3' a z ìd  =  aumentavano  la  superficie  seminata)  seminare  in  propor- 
zione dei  loro  mezzi.  Se  qualcuno  non  era  in  grado  di  pagare  e  si  lagnava 
d'essere  troppo  debole  e  incapace  di  seminare  la  propria  terra,  ridistribui- 
vano il  soverchio  della  sua  quota  proporzionalmente  sugli  altri.  Se  però 
v'era  uno  che  voleva  aumentare  (il  terreno  coltivato),  a  lui  si  addebitava 
quello  che  gli  altri  non  potevano  pagare  per  il  loro  stato  di  miseria  e  de- 
bolezza. Se  nascevan  tuttavia  contestazioni  (per  queste  deficienze),  allora 
le  distribuivano  secondo  il  numero  delle  persone.  Le  quote  erano  calcolate 
in   qaràrit   (pi.  di  qiràt),  di  cui    ventiquattro  formavano  un   dìnàr. 

Gii. 


§§  2S-2-235.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  Questo  era  in  conformità  di  una  tiadiziouc  scfouilo  la  i|uale  il  Profeta 

lEGITTO.  -    Siste-  ,,         ,    .  r^  ■   .        ^  .       -         . 

fiscale     avrebbe  detto:   «Conquisterete   un  yioino   un    paese  in   cui    \i.L!,e   ilcjirat: 


mazione 


della  provincia.)  «trattate  bene  la  popolazione:  questa  dovrà  pagare  per  ogni  f  ad  clan 
«mezzo  ardab  di  grano  (qamli)  e  due  vvaybah  di  sa' ir  (orzo),  ma 
«suU'al-qurt  {=  ir/foliiun  Alexandrinum)  nulla  v'è  da  pagare»  ('Abd 
al-hakam,  211-212). 

Ctì-.  Su  3^  ufi  Husn,  I,  68-69;  Maqrizi  Khitat.  I.  pag.  77.  lin.  ò-18; 
Becker,  Beitrage  Gesch.  Aeg.,  pag. -90-91.  e   Becker,  ZA.,  1907,  pag.  76. 

§  233.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahì'ah.  da  Yazid  h. 
abi  Habib).  Il  Califfo  'Umar  b.  Abd-  al-'aziz  disse:  «Se  un  dzimmi  si 
«converte  all' Islam,  la  sua  conversione  protegge  la  sua  persona  ed  i  suoi 
«  beni  mobili  (mal),  ma  no]i  la  terra  (di  sua  proprietà)  perchè  essa  è  f a 3' • 
«dei  Musulmani»   ('Abd  al-hakam,  212-213). 

Cfr.  Maqrizi   Khitat,  I,  pag.  77,  lin.  23-25. 

§  234.  —  (Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lahi'ah,  da  al-La\th 
b.  Sa'd).  Il  Califfo  'Umar  b.  Abd  al-'aziz  disse:  «  Se  si  converte  un  indi- 
«  viduo  tra  una  gente  che  ha  pattuito  il  pagamento  della  giz^ah,  allora 
«la  sua  casa  e  la  sua  terra  vanno  per  il  suo  sostentamento  f!)  »  f'Abd 
al-hakam,  213). 

Cfi-.  ^laqrizi    Khitat,  I,  pag.   77.  lin.  25. 

§  235.  —  Disse  Yah_ya  b.  Sa'ìd  [contemporaneo  del  Califfo  'Limar  b. 
Abd  al-'aziz]:  «Noi  riconosciamo  nella  gizj^ah  due  specie  diverse:  l'nna 
«è  quella  che  grava  singolarmente  sopra  ogni  testa,  l'altra  è  la  gizyah 
«  globale  che  grava  (nel  loro  insieme)  gli  abitanti  di  un  villaggio.  Se  in 
«  questo  secondo  caso  muore  un  abitante  senza  figli  ed  eredi,  la  sua  terra 
«  diviene  proprietà  comune  del  villaggio  per  il  pagamento  della  tassa  glo- 
«  baie.  Se  però  muore  nno  sulla  testa  del  quale  pesa  la  gizyah  della 
«  prima  specie,  e  non  lascia  eredi,  allora  la  sua  terra  diviene  proprietà  dei 
«Musulmani»   ('Abd  al-hakam,  213). 

Cfi-.  Maqrizi    Khitat,  I,  pag.   77.  lin.  29-32. 

Il  pregio  di  questa  tradizione  sta  nel  conservare  memoria  del  modo 
come  i  teorici  dell'Islam  spiegarono  la  trasformazione  della  gizyah  da 
quale  la  intese  Maometto  nel  Qur'àn.  in  quella  che  divenne  con  il  tempo 
nell'impero  islamico:  ossia  come  da  imposta  o  tributo  globale  dei  non  Mu- 
sulmani divenne  la  tassa  per  testa  su  quelli  che  non  erano  Musulmani 
e  perciò  non  servivano  nell'esercito  musulmano.  Per  maggiori  schiarimenti 
veggasi  sotto  l'anno  23.  H.  Intanto  rammentiamo  quanto  si  è  detto  sulla 
gizyah  e  sul  kharàg  in  un  passo  precedente  (cfi-.  12.  a.  H.,  §  162  e 
nota  6). 

612. 


21.  a.  H. 


236.  237. 


§  236.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibu  Lahi'ah,  da    Abd    al-  21.  a.  H. 


EGITTO.  -    Siste- 
mazione   fiscale 


malik  b.   Gunadah).  Il  Califfo    Umar  b.    Abd  al-'aziz  scrisse  a  Hayyàn  b 

Surayh:   «Ripartisci  la  gizyah  pagata  dai  Copti  defunti  tra  i  vivi».  ''«"a  provincia.] 

Questa  tradizione,  aggiunge  ibn  Abd  al-hakam,  dimostra  che  Umar 
b.  Abd  al-aziz  fosse  del  parere  esser  l'Egitto  un  paese  conquistato  con 
la  forza,  e  che  la  gizyah  pagata  da  ogni  villaggio  fosse  una  somma  (fissa) 
che  non  doveva  diminuire  se  qualcuno  degli  abitanti  veniva  a  morire. 
Dice  'Abd  al-rahmàn  b.  'Abdallah:  consta  come  fatto  sicuro  che  l'Eaitto 
fu  sottomesso  con  regolare  trattato  e  questo  rimane  valido  per  quelli  tra 
i  Copti  che  sono  rimasti:  la  somma  che  devono  pagare  per  trattato  non 
può  essere  in  nulla  diminuita,  se  la  morte  ha  diminuito  il  numero  degli 
abitanti  (1)  (Abd  al-hakam.  213-214). 

Cfr.  Maqrizi    Khitat,  I,   77.  lin.   33-87. 

Nota  1.  —  'Uthinàn  b.  Salili  e  'Abdallah  b.  Salih,  entrambi  ila  al-Layth  1».  SaVr.  Quando  ibn 
Rifa'ah  divenne  governatore  dell'Egitto  nel  97.  a.  H.  ,  egli  volle  verificare  in  persona  il  numero  della 
popolazione  e  ridistribuire  equamente  il  kharàg.  Fece  quindi,  accompagnato  da  tutti ' gì' impiegati  e 
dal  ruolo  generale  delle  tasse,  un  giro  d' ispezione  fino  ad  Uswàn,  e  dopo  aver  passato  sei  mesi  nel 
Sa'id,  e  tre  mesi  nella  parte  interiore  (asfai  al-arJ),  verificò  che  vi  erano  più  di  li  t,(Xjij  villaggi,  senza 
contare  quei  piccoli  centri  abitati,  nei  quali  ei-ano  meno  di  .5<H»  persone  paganti  la  gizyah  l'Abd 
al-liakam,  215-21iii. 

Ctr.  Suviìti  Husn,  I.  «i. 

§  237.  —  (Abdallah  b.  Salili,  da  al-Layth  b.  Sa'd).  Quando  il  Califfo 
'Umar  trovò  che  il  kharàg  dall'Egitto  veniva  con  lentezza  (istabtà) 
dalla  parte  di  '  Amr  b.  al-'As,  gii  scrisse  :  «  In  nome,  ecc.,  ecc.  Ho  riilet- 
«  tuto  sul  tuo  modo  d'agire,  e  sul  tuo  contegno,  e  vedo  che  la  tua  terra 
«  è  ampia  ed  estesa,  e  Iddio  ha  dato  alla  sua  popolazione  numero  e  fòrza 
«  e  potenza  per  suolo  e  per  acqua  ;  l' hanno  coltivato  i  Faraoni,  e  ne 
«  hanno  tratto  frutto  considerevole,  nonostante  la  loro  fierezza  e  la  loro 
«  empietà.  Ora  io  mi  meraviglio  di  ciò  e  specialmente  che  essa  non  dia  la 
«  metà  di  quello  che  dava  prima  in  kharàg,  senza  carestia  e  senza  .sic- 
«  cita.  Io  da  un  pezzo  ti  scrivo  a  questo  proposito,  e  credevo  che  ciò  sa- 
«  rebbe  venuto  senza  nostra  domanda,  e  speravo  che  ti  movessi  e  mi  rife- 
«  rissi;  ma  quando  tu  vieni  a  me  con  discorsi  incerti  e  astuti,  si  conferma 
«  quello  che  io  ho  in  mente,  e  io  non  accetterò  se  non  il  kharàg  di  prima. 
«Io  non  so,  oltre  a  questo,  che  cosa  ti  abbia  urtato  della  mia  lettera  e 
«  scosso.  Se  tu  sei  sincero,  e  devoto,  la  discolpa  basterà;  ma  se  sei  male 
«  intenzionato  e  mal  sicuro,  la  cosa  non  andrà  come  tu  pensi.  Io  ho  tra- 
«  scm-ato  di  metterti  alla  prova  l'anno  scorso,  nella  speranza  che  ti  ravve- 
«  dessi  e  mi  mandassi  tutto,  giacché  sapevo  che  l'unico  impedimento  erano 
«  per  te  i  tuoi  agenti,  agenti  cattivi,  e  secondo  quello  che  tu  fingevi  e 
«  mentivi  ^oppure   «.  quando  facevano  il  male  »),  si  coprivano  col  tuo  nome. 

613. 


§  237.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  ^  Ora   io.  col  volere  di   Dio,  ho  pronta  una  medicina  che  cura  bene  quello 

maziona  fisM^e     *  ^^^^  ^'^  ^^  chiedo.  Non   ti  dispiaccia,  o  abu  'Abdallah,  chg  ti  si  chieda  e 
della  provìncia.)     «  ti  si  dia  il  giusto.  Il  fiume  rivela  le  perle,  e  [cosi]  la  verità  risplende. 

«  Lascio  di  ripetere  quello  che  tu  vai  ripetendo  :  che  il  velo  è  tolto. 
«  Addio  ». 

'Amr  b.  al-'As  rispose  :  <  In  nome,  ecc.  Ho  ricevuto  la  lettera  del  Prin- 
«  cipe  dei  Credenti  con  le  accuse  ch'egli  mi  muove  riguardo  al  kharàg  e 
«  sull'opera  dei  Faraoni  prima  di  me  e  sulla  sua  meraviglia  del  kh  a  r  à  g 
«  ch'essi  percepivano  e  sulla  diminuzione  avvenuta  dopo  l' Islam.  Por  Dio, 
«  il  kharàg  in  quel  tempo  era  più  abbondante  e  piìi  ricco  e  la  terra  più 
«  fertile,  perchè  essi  erano,  nonostante  la  loro  empietà  e  prepotenza,   più 

<  proclivi  a  coltivare  la  loro  terra  da  quando  è  venuto  l' Isiàm.  Tu  dici 
«  anche  che  il  fiume  tà  uscir  le  perle.  Io  1'  ho  munto  assai,  e  questo  ne 
«  ha  rovinato  il  vitello. 

«  E  tu  hai  scritto  molto  e  iiai  ingiuriato  e  hai  ripreso,  e  ho  capito 
«  che  tutto  ciò  viene  da  qualche  motivo  non  bello  a  noi  nascosto,  (lai 
«  portato,  per  la  mia  vita,  le  ingiurie  e  le  offese,  mentre  potevi  usare  un 
«  parlai-e  energico  e  reciso  ed  eloquente.  Siamo  stati  prefetti  del  Profeta 
«  e  dei  suoi  successori  e,  grazie  a  Dio,  abbiamo  mantenuta  la  nostra  fede, 
«  e  conservato  ciò  che  Iddio  ha  innalzato  tra  i  suoi  diritti.  L'operare  di- 
«  versamente  ci  pare  vergognoso  e  malvagio.  Ci  riconoscerai  qviesto,  e  mi 
«  darai  ragione.  Mi  liberi  Iddio  da  quei  guasti  e  da  istinti  perversi  e  dal- 
*.  l'affrontare  ogni  crimine.  Riprenditi  dunque  il  tuo  governo,  giacché  Iddio 
«  mi  ha  liberato  da  questi  gusti  terreni,  dopo  quella  lettera  in  cui  non 
«  badi  ad  onore,  né  onori  con  essa  un  fi-atello.  Quando  vedo  come  mi  si 
«  tratta,  io  m' infiammo  d' ira  e  di  disprezzo  per  il  danaro  e  di  sdegno. 
«  Io  non  ho  mai  gestito  un  potere  in  cui  fosse  cosa  da  riprendere.  Ma  io 
«  ho  mantenuto  ciò  che  tu  non  hai  mantenuto;  e  se  fossi  stato  un  ebreo 
«  di  Yathrib,  non  avresti  fatto  peggio  :  perdoni  Iddio  a  te  e  a  noi  !  E  mi 
«  son  taciuto  di  cose  che  so,  e  che  la  mia  lingua  ha  ritegno  ad  esporre. 
«  Ma  Iddio  ha  innalzato  il  tuo  Stato  al  posto  che  nessuno  ignora  ('). 

«  Addio  ». 

Allora  Umar  b.  al-Khattàb  riscrisse  (la  lettera  é  riportata  da  Yahya 
b.  Abdallah  b.  Bukayr,  da  Ubaydallah  b.  abi  Gra'far,  da  abù  Marzùq  al- 
Tugibi,  da  ibn  Qays,  mawla  di  Amr  b.  al-'As)  :  «Ti  meravigli  ch'ioti 
«scriva  tanto  per  via  del  kharàg  e  che  tu  mi  scriva,  per  chiarire  ogni 
«  cosa  (?).  Mi  sono  accorto  che  la  mia  idea  su  te  era   giusta.  Ora  io  non 

<  ti  ho  mandato  in  Egitto,  perché  ci  mangiassi  tu  o  la  tua  gente  (-).  Ma 
«io    ti   ho    mandato,    perché    speravo    che    tu    .spedissi    tutto   il    kharàg, 

mi. 


21.  a.  H. 


§§  237-239. 


«e  governassi  bene.  Appena  ricevuta  questa  lettera,  manda  il   kharàg,  21.  a.  H. 

«  giacché  tra  i  Musulmani  quelli  che  so  che  s' intendono  di  governo  sono        mazione  fiscale 
«  parecchi  ».  della  provincia.) 

E  ' Amr  rispose  :  «  Ad  'Umar  b.  al-Khattàb,  da  'Amr  b.  al-'As,  ecc. 
«  Ho  ricevuto  la  lettera  del  Principe  dei  Credenti  che  si  lamenta  perchè 
«  tardi  il  kharàg,  e  ritiene  che  io  devio  dalla  giustizia  e  dalla  retta 
«  strada.  Io  per  me  poi  non  voglio  un  accordo  su  ciò  che  sai,  ma  la  po- 
«  polazione  mi  ha  chiesto  d'attendere  fino  al  tempo  del  raccolto.  Io  ho 
«  avuto  riguardo  ai  Musulmani,  e  ho  trovato  miglior  partito  attendere  il 
«  momento  del  raccolto  sicché  dovessero  vendere  quello  di  cui  non  pote- 
«  vano  fare  a  meno.  Salute  »  ('Abd   al-hakam,  218,  lin.  5-220,  lin.  16). 

Cfr.  Maqrizi    Khitat,  I,   78,  lin.   11-79,  lin.  4. 

Nota  1.  —  Questa  lettera,  se  fosse  trascritta  iu  modo  più  chiaro,  illuminerebbe  alcuni  lati  della 
vita  di  'Umar.  Un  ebr«o  di  Yatjirib  non  poteva  far  peggio.  Egli  ha  assunto  impegni  e  non  li  ha  man- 
tenuti. 

Si  noti  il  tono  della  risposta  che  è  di  pari  a  pari.  «Tu  reggi  Madinah,  io  reggo  l'Egitto»,  pare 
quasi  venir  fuori  dalla  lettera.  Si  noti  poi  la  finale! 

Nota  2.  —  In  queste  parole  abbiamo  esplicita  l'accusa  di  furto  e  di  appropriazione  indebita  dei 
redditi  della  provincia  egiziana  per  vantaggio  proprio  e  della  sua  gente,  nella  quale  va  messa  forse 
anche 'la  stirpe  dei  Bali,  imparentati  con  'Amr  b.  al-'As  per  via  di  donne.  —  È  inoltre  esplicita  l'accusa 
che  i  dipendenti  di  'Amr  rubavano  anch'essi,  sicché  il  ritardo  nell'invio  sembra  provenire  dal  fatto  che 
gli  abusi  nell'amministrazione  egiziana  erano  di  tal  natura  da  assorbire  quasi  tutti  i  redditi. 

§  238.  —  ('Abdallah  b.  Sàlih,  da  al-Layth  b.  Sa'd).  'Amr  b.  al-'As 
riscosse  (annualmente)  in  Egitto  12,000,000  (di  dinar).  Secondo  altre 
autorità.  al-Muqawqis  l' anno  prima  della  conquista  ne  aveva  riscossi 
20,000.000:  perciò  il  Califfo  'Umar  gli  scrisse  in  proposito.  Più  tardi,  se- 
condo al-Layth  b.  Sa'd,  Abdallah  b.  Sa'd  b.  abi  Sarh,  quando  assunse 
il  governo  nell'Egitto  sotto  il  Califfo  'Uthmàn,  riscosse  14,000,000,  per  cui 
'Utjimàn  disse  ad  'Amr  b.  al-'As:  «  La  camela  dà  ora  più  latte  di  prima!  ». 
E  'Amr  rispose:  «  Ma  a  danno  del  suo  vitello!  ».  Secondo  altre  fonti  'Amr 
rispose:   «Purché  non  muoia  il  vitello!»   ('Abd  al-hakam,  220-221). 

Cfr.  Suyùti  Husn.  I,  69;  Maqrizi    Khitat,  I,   79,  lin.  5-9. 

§  239.  —  (Hisàm  b.  Ishàq  al-' Amiri).  Il  Califfo  'Umar  b.  al-Khattàb 
scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  interrogare  al-Muqa\vqis  sul  modo  di  conser- 
vare il  paese  in  buona  condizione  ed  impedire  che  andasse  in  rovina.  al- 
Muqawqis  diede  cinque  norme  principali:  (1)  Calcolare  l'imposta  in  una 
sola  circostanza,  vale  a  dire  quando  gli  abitanti  hanno  terminato  la  se- 
mina. (2)  Esigerla  in  una  sola  circostanza,  quando  è  terminato  il  raccolto. 
(3)  Scavare  in  ogni  anno  i  canali.  (4)  Riparare  gli  argini  dei  serbatoi  ed 
i  ponti.  (6)  Non  permettere  agli  abitanti  atti  sediziosi  (Abd  al-ha- 
kam, 221). 

Cfr.  Suyùti  Husn,    I,   70. 

615. 


§§  •J4t»-i43.  21.  a.  H. 

21-  a.  H.  §  240.  —  (Dal  libro  di  abù  Bakr.  dato  ad   ihii    Abd  al-hakam  da  ibn 

[EGITTO.  -   Siste-  .  ^ 

mazione  fiscale  Vazid  I).  Sulaymàn,  da  suo  padre).  Quando  il  ('alit'fo  'Uniar  I).  al-Kliattab 
della  provincia.i  gerisse  ad  'Auir  b.  al-'As  a  proposito  del  ritardo  nell'invio  del  kharàg, 
'Amr  gli  rispose  che  gli  mandava  uno  del  paese  (per  spiegargli  meglio  la 
faccenda):  un  vecchio  copto  si  recò  alloi-a  a  Madìnah,  e  spiegò  ad  'Limar 
che  prima  dell'Isiàm  non  si  riscoteva  la  tassa  se  non  alla  fine  della  col- 
tivazione: (se  si  faceva  come  \  ole  va  il  Califfo)  allora  il  luogotenente,  non 
tenendo  conto  della  coltivazione,  avrebbe  preso  quello  che  a  lui  sembrava 
(e  non  la  quantità  corretta),  come  se  dovesse  riscuotere  la  tassa  per  un 
anno  solo.  Allora  limar  riconobbe  la  giustezza  delle  scuse  di  'Amr  ('Abd 
al-hakam.  221). 

§  241.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslanuih.  da  il)n  VV'ahb,  da  Uaywaii  b. 
Surayh,  da  Bakr  b.  Umar,  da  'Abdallah  b.  Hubayrah).  'Umar  b.  al-Khattàb 
mandò  poi  gli  stendardi  ai  capi  degli  eserciti,  ordinando  che  avvertissero 
i  sudditi  che  il  loro  atà-  era  fisso  e  gli  alimenti  delle  loro  famiglie  sa- 
rebbero stati  pagati,  ma  non  lavorassero  [i  campi]  né  li  facessero  lavorare 
('Abd    aL-hakam.   221,   lin.    15-222,  lin.   S). 

§  242.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  ibn  Wahb,  da  Ifaywah  I). 
Surayh,  da  Bakr  b.  'Qmar,  da  Abdallah  b.  'Umarj.  Il  Calili'o  Uniar  b. 
al-Khattàb  scrisse  ai  suoi  luogotenenti  nelle  provincie,  umarà  al-agnàd, 
dando  severe  'istruzioni  che  le  guarnigioni  avrebbero  ricevuto  regolarmente 
il  soldo  e  le  provviste  per  se  e  per  le  tàmiglie,  ma  non  dovevano  in  alcun 
modo  dedicarsi  all'agricoltura  e  seminare  le  terre:  questo  era  il  compito 
del  contadini  (ra'iyyah).  Un  tale  Sarik  b.  Sumav}'  al-Ghutayfi,  che  agi 
contro  quest'ordine,  fu  costretto  a  recarsi  in  persona  a  Madìnah  e  giustifi- 
carsi dinanzi  al  Califfo  (Abd  al-hakam,  222). 

Cfr.  Suyùti    Husn,  I,   73,  lin.  4-11:  Hagar.  Il,  416,  n.  8392. 

§  243.  —  (ibn  Wahb,  da  Sarik  b.  Abd  al-rahmàn  al-Muràdi).  Sarìk  ibn 
Suniav}'  al-'Atìfì  (o  al-Ghutayfi)  si  recò  da  'Amr  b.  al-'As,  e  disse  loro:  «  Voi 
«  non  ci  date  quello  che  ci  spetta:  ci  permetti  [almeno]  di  coltivare?  ».  'Amr 
rispose:  «  Non  posso  ».  E  Sarik  coltivò  senza  il  permesso  di  'Amr.  Quando 
'Amr  lo  seppe,  scrisse  ad  'Umar  che  Sarìk  disubbidiva.  Umar  gli  scrisse 
di  mandarglielo.  Amr  fece  leggere  a  Sarik  la  lettera  di  Umar,  e  Sarik 
disse:  «  Mi  hai  ammazzato,  o  Amr  ».  E  'Amr:  «  Non  io  ti  uccido;  ma  tu 
«  hai  fatto  questo  di  testa  tua  ».  E  l'altro  allora  :  «  Se  questo  è  il  tuo  av- 
«  viso,  permettimi  di  andar  da  lui  senza  lettera,  e  io  ti  giuro  che  porrò 
«  la  mia  mano  nella  sua  ».  Egli  lo  permise.  Giunto  che  fu  da  'Umar,  disse: 
«  Dammi  l'amàn,  o  Principe  dei  Credenti  ».  —  «  Di  che  esercito  .sei  tu?  » 
domandò.  —  «  Dell'esercito  d'Egitto  ».  —  «  Forse  sei  Sarìk  b.  al-'Atìfi?  ». 

616. 


21.    a.    H.  §§  243-245. 

—  «  Sì,    o    Principe    dei    Credenti  ».  —  «  No  »,  disse    allora   'Umar.    «  vo-  21.  a.  H. 

1-  •    •  •  1  -  n  T-,    ,,    1  A  ,1  [EGITTO.  -    Siste- 

«  giiamo   porti   ni  esempio  a  chi  verrà  dopo».   E  1  altro:   «Accetta    allora        mazione  fiscale 
«da  me  quelli)  che    accetta    Iddio    dagli    schiavi».  —  «E  lo  farai?».  —        delia  provincia.) 
«  Sì  ».  Allora   'Umar  scrisse  ad  'Amr  che  Sarik  si  era  presentato  pentito, 
e  che  egli  lo  aveva  perdonato  ('Abd    al-hakam,  222,  lin.  3-12)  [M.]. 

Su  questo  argomento,  il  divieto  di  'Umar  agli  Arabi  di  coltivare  la 
terra,  ci  toccherà  di  ritornare  sotto  l'anno  23.  H.  per  sostenere  ch'esso  è 
finzione  tradizionistica  di  tempi  posteriori,  per  ragioni  che  avremo  allora 
agio  di  esporre  con  sufficienti  particolari. 

§  244.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  Màlik  b.  Anas).  È  lecito 
air  ahi  a  1  -  s  u  1  h  di  vendere  le  loro  terre,  ma  quelli  che  sono  stati  sotto- 
messi con  la  forza  ('anAvat*"^)  non  possono  né  vendere  né  comprare  nulla 
delle  terre  che  sono  «sotto  le  loro  mani».  Se  uno  dell' ahi  sulh  si  con- 
verte all'Isiàm,»  egli  ha  dii'itto  (kàna  ahaqq)  alla  sua  terra  ed  ai  suoi 
beni  mobili  (mài):  se  però  si  converte  uno  dell'ali]  al-'aii\vah.  la  sua 
conversione  copre  (ahraza)  soltanto  la  sua  persona;  la  sua  terra  diviene 
proprietà  di  tutti  i  Musulmani,  perché  questi  conquistarono  con  la  forza 
il  loro  paese,  che  era  divenuto  in  tal  modo  proprietà  inalienabile  (fay)  di 
tutti  i  Musulmani.  La  gente  dell' ahi  al -sulh  é  formata  invece  da  quelli 
che  difesero  il  loro  paese  e  poi  stipularono  per  esso  un  trattato:  essi  perciò 
non  sono  obbligati  se  non  per  quello  che  hanno  pattuito,  e  da  loro  non 
si  riscuote  se  non  quello  che  impose  (if  tara  da)  il  Califfo  'Umar  b.  al- 
Khattàb.  «Quanto  poi  alla  gizyah  al-ard»,  aggiunse  Màlik  b.  Anas, 
«  non  ho  notizie,  né  so  come  facesse  'Umar,  se  non  che  confermò  la  terra 
«  nel  possesso  di  quelli  che  la  tenevano  (a  q  a  r  r  a  a  1  -  a  r  d  )  e  non  la  divise 
«  tra  i  Musulmani  che  l'avevano  conquistata. . .  »  (lacuna  per  testo  corrotto 
ed  oscuro)  ('Abd    al-hakam,  214-215). 

Le  ultime  parole  si  riferiscono  alle  indagini  fatte  per  conoscere  i  fatti, 
senza  aggiungere  alcuno  schiarimento.  —  Si  noti  la  confessione  preziosa 
che  Màlik  b.  Anas  «non  aveva  notizia  come 'Umar  regolasse  la  giz3-ah 
al-ard  »,  ossia  il  tributo  da  pagarsi  dai  non  musulmani.  —  Dunque  niente 
«due  dinar  per  testa»:  tutto  ciò  é  finzione  posteriore.  In  questo  passo 
gizyah  é  usato  nel  suo  vero  .senso  primitivo  di  tassa  globale  dei  non 
musulmani,  e  non  in  quello  più  moderno  di   «  tasse  per  testa  ». 

§  245.  —  ('Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  al-Layth  [b.  Sa'd]).  Il  Ca- 
liffo 'Umar  b.  'Abd  al-'aziz  esentò  in  Egitto  quelli  dell' a  h  1  al-dzimmah, 
che  si  convertivano,  dal  pagamento  della  gizyah.  e  .sài  ih  quei  con- 
vertiti che  facevano  parte  degli  asa-ir  dei  convertiti  nello  mani  sue  (? 
versione  incerta)  iscrisse  nel  d  ì  w  à  11 . . . 

617.  78 


§§  itó-s-iT.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  Altre    autoritA    aftermano    che    prima   di   questo  era  uso  riscuotere  la 

mazione  fiscale  gizyah  auclie  da  quelli  che  si  convertivauo.  Narra  'Abd  al-malik  b.  Mas- 
deiia  provincia.  lamah  (da  ibn  Lahì'ah,  da  Razin  b.  'Abdallah  al-Mnràdi)  che  il  primo  il 
quale  riscotesse  la  gizyah  da  quelli  dell' ahi  al-dzimmah  che  si  con- 
vertivano (all'Isiàm),  fu  al-Haggàg  b.  Yùsut'.  Di  poi  il  Califfo  Abd  al-malik 
b.  Marwàn  scrisse  ad  'Abd  al-'aziz  b.  Marwàn  (governatore  d' Egitto)  di 
esiger  la  gizyah  da  quelli  che  si  convei'tivano  tra  gli  ahi  al-dzim- 
mah. Allora  ibn  Hugayrah  {?  nel  ms.  mancano  i  punti  diacritici)  protestò 
contro  questa  misura  e  disse  ad  Abd  al-'aziz:  «Ti  guardi  Dio,  o  amìr, 
«  dall'essere  il  primo  ad  introdurre  tale  usanza  in  Egitto.  In  verità,  sono 
«  soltanto  l'ahl  al-dzimmah,  e  quelli  tra  loi-o  che  si  fanno  fi'ati,  i  (jxiali 
«devono  sopportare  la  gizyah:  come  mai  puoi  imporla  anche  a  quelli 
«che  si  convertono?».  Ed  Abd  al-'aziz  rinunziò  all'idea  (')  ('Abd  al- 
hakam,  215). 

Nota  1.  —  Uu'altra  tradizione  di  'Abd  al-malik  b.  Maslamah  ida  ibn  Lahi'ah,  da  Yazid  b.  abi 
Habib)  conferma  che  il  Caliifo  'Umar  b.  'Abd  al-'aziz  ordinasse  a  Hayyàn  b.  Siirayh  di  non  gravare 
più  i  convertiti  con  la  tassa  gizyah  in  Egitto  ('Abd   al-liakam,  215Ì. 

§  246.  —  (al-Walid  b.  Sàlih,  da  al-Wàqidi,  da  ibn  abi  Sabrah,  da 
al-Miswar  b.  Eifa'ah,  da  'Umar  b.  Abd  al-'aziz).  Ai  tempi  del  Califfo 
'Umar  b.  al-Khattàb,  il  kliaràg  del  Sawàd  ammontava  a  100,000,000  di 
dirham,  ma  durante  il  governo  di  al-Haggàg  scese  a  40,000,000  (Ba- 
làdzuri,  270). 

Queste  poche  parole  spiegano  tutta  la  finanza  umayyade  :  si  dovet- 
tero tassare  i  Musulmani,  perchè  tutti  i  contribuenti  non  musulmani  ab- 
bracciavano la  nuova  fede  per  non  pagare  piti  imposte. 

EGITTO.  —  Misure  disciplinari  del  Califfo  Umar  contro  Amr  b. 
al-  Às  ed  altri  luogotenenti. 

§  247.  —  (Mu'àwiyah  b.  Sàlih,  da  Muhammad,  da  ibn  Samà'ah  al- 
Ramli,  da  'Abdallah  b.  'Abd  al-'aziz  dotto  degno  di  fede).  Il  Califfo  Umar 
mandò  Muhammad  b.  Maslamah  con  una  lettera  ad  'Amr  b.  al-'As:  in 
questa  lettera  era  scritto:  «  Voi  governatori  siete  seduti  sulle  sorgenti 
«delle  ricchezze  ('uyiin  al-amvvàl),  riscotete  il  proibito  (haràm),  di- 
«  vorate  il  proibito  ed  ereditate  il  proibito.  Perciò  mando  a  te  Muhammad 
«  b.  Maslamah  al-Ansàri,  affinchè  confischi  una  parte  dei  tuoi  beni  (y  u  q  à  - 
«  simak  màlak):  presentagli  quello  che  possiedi;  e  ti  saluto!  ».  Quando 
giunse  Muhammad  b.  Maslamah,  'Amr  b.  al-'As  (tentò  corromperlo)  of- 
frendogli dei  doni,  ma  Muhammad  li  rifiutò:  di  questo  si  adirò  'Amr,  e 
disse:  «  0  Muhammad,  tu  respingi  i  miei  doni,  eppure  io  ho  offerto  doni 
«  all'Inviato    di   Dio   ed    egli  li   accettò,  al    mio   ritorno    dalla    spedizione 

t;i8. 


21.    a.    H.  §§  247,  248. 


«  di    Dzat   al-Salasil!  ».    E    Muliaiamad    rispose:   «  L  Inviato   di  Dio  accet-  21.  a.  H. 

~  ...,..■,,  ,  „  (EGITTO.- Misure 

€  tava  per  ispirazione  divina  quello  ehe  voleva,  e   respingeva  puro  quello        disciplinari   dei 
«che  voleva.   (Nel  caso  nostro)  io  avrei    accettato  i  doni,  se   fossero  stati        Califfo    Umar 

.,.,.  contro 'Amr  b.  al- 

«  di  un  fratello  a  un  altro,  ma  essi  sono  i  doni  di  un  imam:  malanno  -Asedaitriiuogo- 
«  ne  segue,  fsarr  khalfahà)  ».  'Amr  soggiunse:  «  Dio  maledica  il  giorno  tenenti.] 
«  in  cui  divenni  luogotenente  di  Umar  b.  al-Khattàb!  Mi  ricordo  di  aver 
«  visto  (mio  padre)  al-'As  b.  Wà"il  vestito  di  broccato  con  bottoni  d'oro 
«  (d  i  b  a  g  m  u  z  a  r  r  a  r  b  i  - 1  -  dz  a  li  a  b),  mentile  al-Khattàb  (padre  di  '  Umar) 
«portava  legna  da  ardere  sopra  un  asinelio  in  Makkah  !  *.  —  «  Ma  tuo 
«  padre  e  suo  padre  »,  ribattè  Muhamraad,  «  sono  nel  fuoco  dell'  inferno, 
«  ed  'Umar  è  migliore  di  te!  Se  non  fosse  per  quel  giorno,  che  tu  po- 
«  c"anzi  hai  maledetto,  non  ti  avrei  forse  trovato  legando  un'asinella  ('ayr), 
«  labbondanza  di  latte  della  quale  sarebbe  stata  la  tua  sola  gioia,  ed  i 
e  suoi  pianti  il  tuo  (massimo)  dolore!».  Allora  Amr  si  rabbonì,  ammise 
di  aver  parlato  in  un  improvviso  accesso  d'ira,  e  consegnò  tutti)  quello 
che  aveva;  Muhammad  ne  confiscò  una  parte  (conformemente  agli  ordini 
del  CaliflEb),  e  poi  ritornò  (a  Madinah)  CAbd  al-hakam.  203-204). 

§  248.  —  (al-Madàini,  da  'Ali  b.  Hammàd  e  Suhaym  b.  Hafs  e  altri). 
abù-1-Mukhtàr  Yazid  b.  Qays  b.  Yazid  b.  al-Sa'iq  disse  alcune  parole  in 
cui  si  toccavano  i  prefetti  di  al-Ahwàz  e  altri,  dirette  ad  'Umar. 

;1)  Fa  giungere  al  Principe  dei  Credenti  una  lettera,  che  tu  sei  il  fido  di  Dio  nel 
comando  e  nel  diniego. 

(2)  E  tu  sei  il  fido  di  Allah  tra  noi,  e  a  chi  è  fido  del  Signore  del  trono,  si  confida 
il  mio  petto. 

(3)  Non  lasciare  che  quelli  delle  contrade  e  dei  villaggi  inghiottano  il  denaro  di  Dio 
nelle  pelli  numerose  (=  borse?). 

{4j  Manda  da  al-Haggàg  (b.  'Atik  al-Thaqafi}  e  sappi  il  suo  conto,  e  manda  da  Craz- 
ib.  Mu'àwij'ah  •  e  manda  da  Bisr  ib.  al-Muhtafiz). 

(5)  E  non  ti  scordar  dei  due  Nati'  ne  dell'uno  né  dell'altro,  e  neppure  di  ibu  (>halab 
b.  Sarah  dei  baniì  Nasr, 

16)  E  neppure  'Àsim  (b.  Qays)  tra  essi  ha  vuote  le  sue  valige,  come  neanche  quello 
che  sta  nel  suq,  il  mawla  dei  banu  Badr. 

(7)  Manda  anche  da  al-Nu'màu  e  sappi  il  suo  conto;  e  al  cognato  (sihri  dei  bamì 
Ohazvràn,  che  io  lo  conosco. 

(8)  E  a  Sibl  domanda  il  danaro;  e  ad  ibn  Muharris,  giacche  era  noto  tra  quelli  delle 
contrade. 

(9)  E  dividi  tra  loro  —  ti  sia  riscatto  la  mia  gente!  —  che  essi  saranno  contenti  se 
tu  li  obblighi  a  fare  a  mezzo. 

(10)  E  non  chiamar  me  in  testimonio,  giacché  io  sono  nascosto,  e  pur  vedo  la  me- 
raviglia del  tempo. 

(11)  Torniamo,  quando  essi  tornano,  e  facciamo  razzie  quando  essi  razziano:  or  com'hanuo 
essi  ricchezza,  se  noi  non  siamo  ricchi? 

(12)  Quando  il  mercante  di  Dàrìn  viene  con  una  fàrah  (aniuialei  da  muschio,  scorre 
[il  profumo]  sui  loro  scriminali. 

Allora  Umar  confiscò  a  quelli  ricordati  da  abù-1-Mukhtàr  una  metà  dei 
loro  beni  fino  a  prendere  una  scarpa  e  a  lasciarne  un'altra  (cfr.  15.  a.  H..  §  40). 

tjif). 


^ 


§§  248,  249.  21.    a.    h. 

21.  a.  H.  Xra  questi  èva  abii  Bakiali.   r\u-  disso:    «  lo  non  aniniinistro  nulla   per  Te  ». 

'?'^^?"„=,i'^"I!     K  l'altro:    «Tuo  ti-atello  però  è  capo  della   hayt  al-màl  e  delle  decime 

o  I  se  ipiin3riQ6i  -^  ^  ** 

Califfo    Umar     .^  j^j  j\l-Ubullali,  e  lui  ti  dà    il  danaro  per  i  tuoi  traffici  ».  E  gli   prese  dieci 
^AsVcTaithLog^o-     '"'1^  (dirli  ani),  o.  secondo  altri,  gli  prese  una  metà  delle  sostanze, 
tenenti.]  al-Haggag  qui  nominato  è  al-IIaggàg  b.    Atik  al-Thaqafi,  ch'era  sopra 

l'Euti-ate.  da/.-  b.  Mu'avviyali  era  zio  paterno  di  al-Ahnaf  e  reggeva  Surraq; 
Bisr  b.  al-Muhtatìz  era  su  CTundaysàbùr;  e  i  Nàfi'àn.  erano  Nufay'  abu  Ba- 
krah  e  Nali'  !>.  al-HàritU  b.  Kaladali.  suo  fratello;  ibn  Ghalàb  era  Klialid 
b.  al-Hàrith  dei  banù  Dulimàn,  che  reggeva  la  bayt  al -ni  al  di  Isbahàn, 
e  'Asini  b.  Qays  b.  al-Salt  al-Sulami  era  sopra  Manadzii':  quello  che  sta 
nel  suq  era  Samurah  b.  (iundab,  capo  del  Sùq  al-Ahwàz,  e  al-Nu'màn 
b.  'Adi  b.  Nadlah  b.  'Abd  al-'Uzza  b.  liurtliàii,  uno  dei  banù  'Adi  b.  Ka'b 
b.  Lu'ayy,  era  sui  villaggi  del  Tigri,  ed  è  lui  che  disse: 

Chi  fa  sapere  ad  al-Hasnà  che  al  suo  innamorato  in  Maysàn  si  dà  da  bere  col  vetro 
(cioè  in  coppa  di  cristallo)  e  col  hantam"?  {garrah  verde). 

Quando  io  voglio,  mi  cantano  i  dahàqin  d'un  villaggio,  e  il  sonatore  di  cemliHlo 
danza  in  ogni  guisa. 

Forse  al  Principe  dei  Credenti  non  piace  questa  nostra  comitiva  nel  belvedere  ab- 
battuto. 

Or  quando  'Umar  seppe  di  questa  poesia,  disse:  «Certo  che  non  mi 
«  piace!  ».  E  lo  destituì. 

Il  cognato  dei  banù  Ghazwàn  era  Mugàsi'  b.  Mas'ùd  al-Sulami,  che 
aveva  presso  di  sé  la  figlia  di  'Utbah  b.  Ghazwàn  ed  era  sulla  teiTa  di 
al-Basrah  e  le  sue  sadaqàt;  Sibl  b.  Ma'bad  al-Bagali,  poi  al-Ahmasi,  di- 
rigeva la  divisione  del  bottino,  e  ibn  Muharris  abù  Maryam  al-Hanafi  era 
sopra  Rama  Hurmuz  (Balàdzuri,   384,  lin.   7-385,  lin.   18). 

Cfr.  Hisàm,  786;  Yàqùt,  IV,  716;  Nòldeke  e  Muller,  Delecius, 
28-29  (con  diverse  varianti). 

§  249.  —  ('Abd  al-rahmàn,  da  abù-1-Aswad  Nasr  b.  Abd  al-gabbàr 
e  'Abd  al-malik  b.  Maslaniah,  da  ibn  Lahì'ah,  da  Yazid  b.  abì  Habib,  da 
Khàlid  b.  al-Sa'iq).  Egli  disse  una  poesia  che  fu  scritta  ad  'Umar. 

(Seguono  dieci  versi  il  cui  senso  e  gran  parte  delle  parole  corrispon- 
dono ai  dodici  versi  dati  da  al-Balàdzuri  (pag.  384).  Nel  Ms.  di  Parigi 
sono  scritti  con  molti  errori:  dove  si  comprende  chiaramente  il  senso,  si 
trovano  varianti  insignificanti.  Più  giù  si  danno  gli  stessi  dieci  versi  in 
altro  ordine  e  con  qualche  aggiunta  o  soppressione). 

Le  aggiunte  notevoli  al  testo  dato  da  al-Balàdzuri  sono  due  versi 
(pag.  205,  lin.  3-4;  206,  lin.  2-3)  che  enumerano  le  ricchezze  dei  gover- 
natori (cavalli,  vesti  d'ogni  qualità,  giardini,  ecc.). 

Dopo  finita  la  prima  lezione  di  versi,  si  spiegano  in  'Abd  al-Hakam 
alcuni  nomi  (=  al-Balàdzuri)  ;  ma  non  coincidono  le  spiegazioni  con  quelle 

620. 


21.  a.  H. 


§§  249-251. 


di  al-Balàdziui:  al-Numàn  =  al-Nu'màu  b.  Basii-,  che  governava  Hims.  Il 
cognato  dei  'bauù  Ghazwàu  =  abù  Tlura3'rah,  ch'era  sul  Bahrayn. 

E  si  continua. 

Secondo  Abd  al-ralimàn.  da  Mu'riwiyah  b.  Sàlih,  da  Yahya  b.  Muq'ìn, 
da  Wahb  b.  Grarir,  dal  padre,  da  al-Zubayr  b.  al-Hurayth,  (l'accusatore)  era 
abu-1-Mukhtàr  al-Numaja-i. 

E  si  lidanno  i  soliti  dieci  versi. 

'Umar  disse:  «Io  certo  lo  dispenso  dal  testimoniare  (ctr.  il  ver.so  in 
«  cui  il  poeta  prega  di  non  essere  citato  in  testimonio),  e  prenderemo  da 
«  loro  la  metà  dei  loro  beni  ».  E  prese  loro  la  metà.  'Umar  aveva  eletto  quella 
gente  (')  ('Abd    al-hakam,  204,  lin.    12:  206,  lin.  8). 

Nota  1.  —  Questa  esplicita  (li<-hiaiiizioin-  in  questo  luogo,  che  'Umar  avesse  scelto  quei  prefetti, 
mi  pare  misteriosa.  È  una  pura  constatazione  storica  senza  riferimento  a  quel  che  precede?  Oppure  è 
una  macchia  che  si  getta  su  Umar  per  scusarne  abiì  BakrV  0  è  una  giustificazione  d'un  atto  sì  radi- 
cale, come  quello  ch'egli  commetteva,  dicendosi  che  in  qualche  modo  il  Califfo  che  nominava   aveva  il 

diritto  di  far  cosi? 

§  250.  —  ('Abd  al-nialik  b.  Maslamah,  da  ibn  Lalii'ah.  da  (ia'far  b. 
Rabi'ah,  da  suo  padre  Rabì'ah).  Il  nonno  di  Gra'far  b.  Eabì'ah,  che  era  stato 
governatore  di  un  distretto,  lasciò  in  testamento  clie  la  metà  dei  propri 
beni  venisse  consegnata  al  Califfo  'Umar.  Questi  infatti  lo  aveva  nominato 
governatore  di  una  delle  province  (Abd  al-hakam,  20(5,  lin.  8-10). 

Il  contenuto  di  questa  tradizione  è  del  pari  un  po'  misterioso.  Rivien 
sempre  fuori  questo  fatto  singolare  che  sotto  'Umar  i  governatori  erano  co- 
stretti a  dare  al  Califfo  la  metà  dei  loro  averi:  quando  egli  non  toglieva  la 
metà  con  la  forza,  i  governatori  la  consegnavano  spontaneamente.  E  allora 
non  è  forse  lecito  il  sospetto  —  giusto  o  ingiusto?  - —  che  'Umar  vendesse  le 
cariche  di  governatore,  sapendo  che  ogni  governatore  si  arricchiva  nell'am- 
ministrare  i  danari  pubblici  ?  Queste  storie  di  confische  parziali,  o  di  cessioni 
in  eredità,  non  nascondono  forse  qualche  brutta  verità  sotto  vesti  ortodosse? 
La  tentazione  di  sospettarlo  è  grande,  specialmente  se  si  legge,  dopo  ciò,  la 
lettera  di  Amr  da  noi  riportata  al  §  237,  dove  sono  quelle  enigmatiche 
espressioni:  «  Io  ho  mantenuto  ciò  che  tu  non  hai  mantenuto;  e,  se  fossi  stato 
«  un  ebreo  di  Yat_hrib,  non  avresti  fatto  peggio...  >.  Si  potrebbe  parlare  più 
chiaro  di  così,  per  accennare,  con  studiata  vaghezza,  a  un  fatto  occulto  che 
legasse  il  Principe  al  governatore?  Ma  non  vogliamo  fondar  sospetti  né  for- 
mulare accuse  su  vaghi  indizi  e  su  espressioni  la  cui  interpretazione  è  già  per 
sé  molto  dubbia  od  ambigua. 

§  251.  —  ('Abd  al-rahmàn,  da  Asad  b.  Musa,  da  Sulaymàn  b.  abì  Su- 
laymàn,  da  Muh.  b.  Sirin,  da  abù  Hurayrah,  il  quale  racconta).  Quando 
tornai  dal  Bahra3'n,  'Umar  mi  chiamò  nemico  di  Dio  e  dell'Isiàm  accusan- 


21.  a.  H. 
lEGITTO.-  Misure 
disciplinari  del 
Califfo  Umar 
contro  'Amr  b.  al- 
'Àsed  altri  luogo- 
tenenti.! 


621. 


§§  'òi-ass.  21-  a.  H. 

21.  a.  H.  dolili   (l'civtut'  preso  il  danaro  ili    Dio.  lo  respinsi   l'offesa  e  dis.si  che  avevo 

[EGITTO.  -  Misure        ,  ,,.       ,  ,>   ,  ,  .,     , .  ,„.       ,  ... 

disciplinari  del  *^^^^  cose:  cavalli  che  avevano  tatto  razzale  capitali  (.-')  die  avevo  riuniti. 
Califfo  Umar  Egli  insistè  iieiroffesa  ed  io  risposi  ugualmente,  e  così  per  tre  volte.  E  mi 
•Às  ed  altri  luogo-  «jl^bligò  a  pagare  dodici  mila  (dirliam).  Or  quando  fu  la  preghiera  della  sera, 
tenenti.]  io  dissi:  «  Allàhumm,  perdona  al  Principe  dei  Credenti!  ».  Dipoi  egli  voleva 

rifarmi  capo  d'una  provincia,  ma  io  non  accettai.  Mi  obiettò  che  Yùsuf  (Giu- 
seppe Ebreo),  il  quale  puro  era  migliore  di  me,  aveva  accettato.  Ed  io  : 
«  Certo,  egli  era  figlio  e  nipote  di  profeta,  ma  io  temo  di  tre  cose  (da  parte 
«  tua)  e  due  (da  parte  mia)  :  di  non  parlare  con  clemenza  e  non  giudicare 
«  con  scienza,  e  poi  che  mi  si  batta  il  dorso,  mi  si  attenti  all'onore  e  mi  si 
«prenda  il   danaro»   ('Abd  al-hakam,  20G,   liii.    lO;  207.  lin.   5). 

§  252.  —  (abù-1-liasan  al-Madà-ini,  da  'Abdallah  b.  al-Mubàrakj.  Il 
Califfo  Umar,  quando  concedeva  ad  uno  il  governo  di  una  provincia,  pren- 
deva nota  in  iscritto  di  tutti  i  suoi  beni  (amwàl)  e  poi  toglieva  loro 
una  parte  di  quello  che  risultava  in  più  (alla  fine  della  sua  amministra- 
zione), e  talvolta  gli  confiscava  tutto  quello  che  trovava  in  |)iù.  Egli  scrisse 
ora  ad  'Amr  b.  al-'As:  «  Si  è  divulgata  la  notizia  che  tu  sei  in  possesso 
«  di  merci,  di  schiavi,  di  suppellettili  e  di  animali,  che  non  avevi  quando 
«  ti  feci  governatore  d'Egitto  ».  Amr  gli  rispose:  «  La  nostra  terra  è  una 
«  terra  di  semente  e  di  commercio,  e  ci  viene  perciò  un  avanzo  oltre  quanto 
«  ci  serve  per  le  nostre  spese  ».  Allora  il  Califfo  gli  scrisse  di  nuovo:  «  Io 
«  ne  so  già  abbastanza  di  cattiverie  sul  conto  dei  governatori,  e  la  tua  let- 
«  tera  a  me  è  la  lettera  di  uno  insofferente  (aqlaqahuj  di  prendere  quanto 
«  gli  spetta  (ovvero,  di  uno  cui  rende  impaziente  [il  timore]  che  [gii]  si  tolga 
«  quanto  è  giusto  [togliergli]).  Mi  son  fatto  perciò  una  cattiva  opinione  sul 
«  conto  tuo  ed  ho  mandato  a  te  Muhammad  b.  Maslamah,  che  ti  confischi  una 
«  parte  di  quello  che  tu  hai  :  mettilo  perciò  a  giorno  di  tutto,  consegnagli 
«  quello  che  ti  chiederà,  e  non  avergli  rancore  per  la  violenza  che  ti  fa,  perchè 
«  è  finito  il  mistero  »  (espressione  proverbiale;  cfi-.  Amthàl,  I,  160,  n.  33). 
E  Maslamah  confiscò  una  parte  dei  beni  di    Amr  (Balàdzuri,   219). 

§  253.  —  (al-Madà"ini,  da  Isa  b.  Yazid).  Quando  Muhammad  b.  Mas- 
lamah confiscò  una  parte  dei  beni  di  'Amr  b.  al-'As,  questi  gli  disse  :  «  Un 
«  tempo  in  cui  ibn  Hantamah  (=  il  Califfo  'Umarj  ci  ha  trattato  in  questo 
«  modo  è  in  verità  un  tempo  cattivo  (?).  (Mio  padre)  al-'As  ha  indossato 
«  vesti  di  seta  con  orli  di  broccato!  ».  E  Muhammad  b.  Maslamah  gli  ri- 
spose: «  Basta!  Se  non  fosse  per  questa  età  di  ibn  Hantamah  che  tu  tanto 
«  deplori,  tu  saresti  con  una  capra  legata  nella  corte  della  tua  casa,  e  la  tua 
«  felicità  dij)enderebbe  dall'abbondanza  del  suo  latte,  e  la  tua  infelicità  per 
«  la  sua  scarsezza  di  latte  ».  Allora  'Amr  gii  disse:  «  Ti  scongiuro  di  non 

(522. 


21.  a.  H. 


§§  253-255. 


«far  paiola  dei  miei  discorsi  ad  'Umar:  perchè  v' è  immunità  per  quello 
«  che  si  dice  nei  consigli  ».  —  «  Non  dirò  niente  »,  rispose  Muhammad,  «  di 
«quanto  avvenne  fra  noi,  finché  vive  'Umar»   (Balàdzuri,  219). 

EGITTO.   —  Provvedimenti  contro  antiche  superstizioni  pagane. 

§  254.  —  (Uthmàn  b.  Salili,  da  ibn  Lahi'ah,  da  Qays  b.  al-Haggàg,  da 
quelli  che  lo  raccontavano).  Quando  'Amr  b.  al-'As  ebbe  terminata  la  con- 
quista dell'Egitto,  gii  abitanti  del  paese,  al  principio  del  mese  non  arabo 
(copto)  di  Bà'wùnah,  si  presentarono  ad  'Amr  e  gli  annunziarono  che  esisteva 
un'usanza  (sunnah),  che  se  non  veniva  osservata,  il  fiume  Nilo  non  avrebbe 
più  fatto  la  sua  consueta  inondazione.  Ai  dodici  del  mese  di  Bà-wùnah  biso- 
gnava gettare*  nel  fiume  una  fanciulla  vergine  al  cospetto  dei  suoi  genitori, 
e  tutta  ornata  di  gioielli  e  di  vestiti  di  lusso.  'Amr  si  oppose  a  questa  usanza, 
dichiarando  che  l'Isiàm  aboliva  tutto  ciò  che  era  esistito  prima.  Cosi  passa- 
rono i  tre  mesi  di  Bà'wùnah  (—  Pasons),  Abib  (=  Epep)  e  Musra  (=  Mesóré): 
gli  abitanti  spaventati  osservarono  che  le  acque  del  Nilo  non  davan  cenno 
d'incominciare  la  consueta  inondazione,  e  si  accinsero  a  fare  i  preparativi 
per  emigrare  tutti  dal  paese  (dacché  senza  l'annuale  inondazione  non  era 
possibile  vivere  in  Egitto).  Allora  Amr  scrisse  ad  'Umar  informandolo  di 
tutto,  ed  il  Califfo  gli  rispose  approvando  1'  abolizione  della  barbara  usanza,  e 
mandaiidogii  un  biglietto  scritto  (bitàqa  h)  che  doveva  lanciare  nel  fiume: 
il  biglietto  conteneva  le  seguenti  parole:  «  Dal  servo  di  Dio  Umar  Principe 
«  dei  Credenti  al  Nilo  della  gente  d'Egitto:  se  le  tue  acque  hanno  avuto 
«  corso  per  l' innanzi  ed  ora  non  corrono  più,  sappi  che  era  Dio  l'unico  il  vit- 
«  torioso  che  le  faceva  correre.  Ora  noi  preghiamo  Dio  l'unico  il  vittorioso, 
«  che  faccia  correre  le  tue  acque  (s=  ci  dia  la  consueta  inondazione)  ».  'Amr 
lanciò  nel  fiume  il  biglietto  un  giorno  prima  del  Yawm  al-Salib  (il  giorno 
della  esaltazione  della  croce,  14  settembre:  cfr.  Butler,  130  e  segg.),  e  du- 
rante la  notte,  mentre  gli  Egiziani  già  si  disponevano  ad  emigrare,  le  acque 
del  fiume  salirono  sedici  cubiti  fdzirà').  Così  ebbe  fine  la  barbara  usanza 
degli  abitanti  d'Egitto  ('Abd  al-hakam,   208-209). 

EGITTO.  —  Nomina  dei  primi  giudici,  qudàh,  d'Egitto. 

§  255.  —  Diamo  qui  appresso  alcune  tradizioni  che  troviamo  nelle 
fonti  egiziane  sulle  prime  nomine  di  qà,di  in  Egitto.  Le  riportiamo  con  lo 
scopo  di  porgere  tutti  i  materiali  storici,  ma  è  bene  premettere  altresì  che 
l'istituzione  regolare  di  qàdi.  o  giudice  ufficiale,  fu  di  età  meno  antica, 
forse  soltanto  del  califfato  di  Mu'àwiyah  (cti-.  11.  a.  U.,  §  200;  13.  a.  H., 
§  94  e  nota  1).  È  utile  però  dare  la  versione  di  queste  tradizioni,  che  illu- 


21.  a.  H. 
[EGITTO.-  Misure 
disciplinari  del 
Califfo  Umar 
contro 'Amr  b.  al- 
Às  ed  altri  luogo- 
tenenti.! 


e*}. 


§§  255-259.  21.    a.    H. 


21-  a-  H.  minano  indi  rottamente  le  ciondizioni  del  tempo  di   Limar  t'  sovratutto  lineile 

EGITTO.-  Nomi-  •       •     m    •   ..  ■   j-   tt  i  x-        •   .l  i 

na dei  primi  giù-  dei  tempi  ]K)steriori.  Nei  tempi  di  Umar  le  questioni  tra  nmsnlmani  erano 
dici,  qàdi,  d'E-  (^^cise  dai  capi  dei  singoli  grappi  di  tribù:  nelle  faciende  più  gravi  inter- 
veniva il  Inogoteneute  del  Califfo,  e  in  tine  ipiesti  [)ersonalmente  nelle  più 
grandi  di  tutte.  Vigeva  ancora  il  vero  sistema  patriarcale.  Presso  molte 
tribù  forse  coutinnavano  a  t'ungere  come  giudici  quegli  stessi  che  facevano 
tale  mestiere  nei  tempi  pagani.  Ciò  è  evidente  dal  contenuto  di  una  delle 
seguenti  tradizioni  (cfr.  §  257  e  segg.)  che  rivela  come  Umar  volesse  nominai- 
giudice  uno  dei  liakam  del  paganesimo.  —  Non  è  vero,  come  vuole  la 
tradizione,  che  i  qudàh  uscirono  dulia  mente  di  Umar  perfetti  e  completi, 
quali  divennero  dopo  ;  anche  questo  importantissimo  istituto  subì  un  pro- 
cesso di  trasformazione  e  di   evoluzione. 

§  256.  —  (abù-l-Qasira.  da  'Ali  b.  al-Hasan  1).  Ivhalf  b.  Qadid  al-Azdi, 
da  'Alid  al-rahmàn  b.  'Abdallah  b.  Abd  al-hakam,  da  'Abd  al-'aziz  b. 
'Abdallah  al-Uwaysi,  da  'Abdallah  b.  Ga'far  al-Zuhii.  (h>  Uthmàn  1).  Mu- 
hamniad  al-Uhaysi,  da  Sa'id  al-Miqbari,  da  abù  Huravrali.  dal  Profeta): 
«Chi  è  fatto  qàdi  in  mezzo  agli  uomini,  è  come  se  lo  scannino  senza 
«coltello*  ('Abd  al-hakam.  pag.  i308,  lin.  1-818,  lin.  1)  (dove  seguono 
altri  haditjj  sia  del  Profeta  sia  di  altri  Compagni  antichi  suuli  uffici  del 
qàdi  e  sulle  gravi  sue  responsabilità). 

§  257.  —  (Abd  al-rahmàn,  da  Sa'id  b.  Ghufayr).  Il  primo  qàdi  che 
sede.sse  in  Egitto  fu  Qays  b.  abi-l-'As  al-Sahmi.  Quando  egli  mori.  'L mar  b. 
al-Khattàb  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  nominare  a  queirufficio  Ka'l)  h.  Yasàr 
b.  Dabbah  al-'Ab.si,  ibn  abi  Maryam  (cioè  il  figlio  della  sorella  di  Khàlid 
b.  Sinàn  al-'Absi,  che  Sa'id  vorrebbe  fosse  stato  Profeta  nel  tempo  fi-a  Mao- 
metto e  Gesù;  e  intorno  a  Khàlid  b.  Sinàn  c'è  un  hadith  lungo).  Ka'l)  non 
volle  accettare  il  q  a  d  a ,  e  disse  :  «  Ho  fatto  il  qàdi  nella  g  à  h  i  1  i  y  y  a  h  , 
«  non  voglio  ora  ridiventarlo  nell'Isiàm  »  ('Abd  al-hakam,  313,  lin.  3-9). 

§  258.  — ('Abd  al-rahmàn,  da  Sa'id  b.  Ghufayr,  da  ibn  Lahì'ah).  Qays 
b.  abi-l-'As  era  in  Egitto  preposto  alla  giudicatura  da  'Amr  b.  al-'As.  'Abd 
al-rahmàn  dice  che  il  primo  ad  esser  nominato  qàdi  in  Egitto  fa  Ka'b  b. 
Dabbah  [?  Dinnah],  per  lettera  di  'Umar,  ma  non  accettò  (Abd  al-ha- 
kam, 313,  lin.  9-12). 

§  259,  —  ('Abd  al-rahmàn,  dal  muqri  ■Abdallah  b.  Yazìd,  da  Hayyàh 
b.  Surayh,  da  al-Dahhàk  b.  Surahbil  al-Ghafiqi,  da  Ammàr  b.  Sa'id  al- 
Tugibi).  'Umar  b.  al-Khattàb  scrisse  ad  'Amr  b.  al-'As  di  porre  Ka'b  b. 
Dabbah  al  posto  di  qàdi.  E  'Amr  lo  mandò  a  chiamare,  e  gli  fece  leggere 
la  lettera  del  Principe  dei  Credenti.  Ma  Ka'b  disse:  «  Dio  non  salva  mai  alcuno 
«  dalla  gàhiliyyah  e  dalla  perdizione  di  essa  per  poi  farlo  ricadere  nel- 

624. 


21.    a.    H.  §§  259-265. 


*  l'errore!  ».  E  non   volle  accettare  l'ufficio  di  qàdi.  Arar  lo  lasciò  libero  ^^-  *•  "• 

^      "  [EGITTO.  -  Nomi- 

('Abd   al-hakam,  313,  hn.  12;   314.  lin.  2).  —  Cfi-.  Kindi  Qudàli,  4.  na  dei  primi  gìu- 

§  260.—  (ibn  Ghufavr).  Era  Uakam  nella  gahiliyyah;  e  l'abita-        dici,  qàdi,  d'E- 

-,-  '  _         "^  _  gitto.] 

zioue,  khittah  di  Ka'b  bv  Dabbah  era  in  Egitto  nel  suq  Barbar,  nel  dar 
detto  «  della  palma  ».  Quando  Ka'b  non  volle  accettare  la  giudicatura, 
'Amr  b.  al-'As  prepose  'Uthmàu  b.  Qays  b.  abì-l-'As. 

'Umar  b.  al-Khattàb  aveva  scritto  ad  'Amr  b.  al-'As  di  onorarlo  par- 
ticolarmente ('Abd    al-hakam,  314,  lin.  2-6). 

§  261.  —  (Abd  al-rahmàu,  da  Su'ayb  b.  al-Layth  e  'Abdallah  b.  Sillih 
e  Yahya  b.  Abdallah  b.  Bukayr  e  'Abd  al-malik  b.  Maslamah,  da  al-Layth, 
da  Yazid  b.  abi  Habìb).  Umar  b.  al-Khattàb  scrisse  ad  'Amr  b.  al-A.s  di 
dare  in  più  a  ciascuno  di  quelli  che  avevano  giurato  obbidienza  sotto  l'al- 
bero di  al-HudaybÌ3'yah  duecento  (dirli am)  di  'atà,  «e  tu  prenditi  al- 
«  trettanto  in  grazia  della  tua  carica,  e  usa  particolari  onori  a  Khàrigah  b. 
«  Iludzàtah  per  la  sua  bravura,  e  al  qàdi  'Utjimàn  b.  Qays  per  la  sua  ospi- 
«  talità  »   ('Abd    al-hakam,  314,  lin.   6-11). 

EGITTO.        Disposizioni  amministrative  e  fiscali. 

§  262.  —  ('Abd  al-rahmàn).  (Amr  b.  al-'As)  chiamò  'Amr  b.  Khàlid  b. 
Thàbit  al-Fahmi  per  porlo  sopra  le  dogane  (al-maks),  ma  chiese  di  essere 
dispensato.  E  fu  Suralibil  b.  Hasanah  capo  delle  dogane,  e  Maslamah  b.  Mu- 
khailad  sui  mulini  di  al-Balqas  ('Abd  al-hakam,  314,  lin.    11-13). 

§  263.  —  (Abd  al-rahmàn,  da  Sa'id  b.  Ghufayr,  da  ibn  Lahi'ali,  da 
ibn  Hubayrah).  'Amr  chiamò  Khàlid  b.  Thàbit  al-Fahmi,  nouuu  di  ibn 
Rifa' ah,  per  porlo  sulle  dogane,  ed  egli  domandò  d'essere  esonerato.  'Amr 
gliene  domandò  perchè.  E  l'altro:  «  Ka'b  ha  detto:  Non  ti  avvicinare  alla 
«dogana,  perchè  il  suo  capo  sarà  nel  fuoco»  ('Abd  al-hakam.  314, 
lin.   13;   316,  lin.   1). 

§  264.  —  ('Abd  al-rahmàn,  da  'Ali  b.  Ma'bad.  da  Abdallah  b.  Amr 
al-Grurari,  da  Muli.  b.  Isliàq.  da  Yazid  b.  abi  Habib,  da  'Abd  al-rahmàn 
al-Tugibi.  da  'Uqbah  b.  Amir,  e  un  altro  isnàd  con  altro  liadith  del 
Profeta).  L'uno  e  l'altro  conti-o  i  capi  di  dogane.  Nel  secondo  si  dico  te- 
stualmente: «Quando  incontrate  un  esattore,  ammazzatelo!»  ("Abd  al- 
hakam,  315,  lin.  2-8).  —  È  quasi  inutile  aggiungere  che  il  hadith  è 
apocrifo,  ed  esprime  soltanto  i  sentimenti  di  esasperazione  dei  poveri  con- 
tribuenti musulmani  di  età  posteriore. 

§  265.  —  (Abd  al-rahmàn  da  ibn  Ghufayr,  da  ibn  Lahi'ah).  Hurahbil 
b.  Hasanah  era  sopra  la  dogana,  e  Maslamali  b.  Mukhallad  sui  mulini 
('Abd   al-hakam,  316,  lin.  8-10;. 

625.  79 


ss  26*5-273.  21.   a.   H. 

21.  a.  H.  EGITTO.  —  Inondazione  annuale  del  Nilo. 

EGITTO.  -  inon-  266.-   Nt'll'anuu  21.  H.  la   ma-ra  dol   Nilo  .scese  a  6  dziva    e  due 

dazione  annuale  »    *-ww.  o  — 

del  NUo.j  t^lita   (asba),  e  la  piena  massima  sali  a   17  dzliil'   e  cinque  dita  (Ma ba- 

sili, I.  86,  liii.   (i-8). 

ARABIA.  —  Pellegrinaggio  annuale. 

§  267.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnad).  Nell'anno  '21.  II.  il  Califfo 'U mar 
diresse  il  pellegrinaggio  annuale,  lasciando  Zaj'd  b.  Thàbit  quale  suo  luo- 
gotenente in  Madìnah  (T  a  bari,   I,  2646,  lin.   16). 

Cfr.  Mas'udi,  IX.  56:  Athir,  III,   lo. 

ARABIA  E  PROVINCIE.  —  Luogotenenti  del  Califfo. 

§  268.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàdj.  in  questo  anno  (21.  H.)  vi  furono 
i  medesimi  luogotenenti  dell'anno  precedente,  ad  eccezione  di  al-Kùfah, 
ove  ' Ammàr  b.  Yàsii-  aveva  il  comando  degli  a  1  -  A  h  d  a  tli  (le  reclute  del 
paese),  'Abdallah  b.  Mas'ùd  aveva  cura  del  tesoro,  'Utlimàn  b.  Hunayf  prov- 
vedeva alla  riscossione  del  kharàg  (imposta  fondiaria),  e  Surayh  era  qàdi 
(T  a  bari,  I,  2646-2647). 

§  269.  —  Secondo  ibn  al-Athìr  i  governatori  erano: 

(1)  'Umayr  b.  Sa'd  governatore  di  Damasco,  del  Hawràn,  di  Hims, 
di  Qinnasrin  e  della  Mesopotamia  (al-Grazirah)  ; 

(2)  Mu'àvviyali  b.  abi  Sufyàn  in  al-Balqà,  al-Urdunn,  Palestina,  le 
regioni  in  riva  al  mare  (al-Sawàhil),  Antiochia,  Qalaqiyyah  [sic  =  Cilicia?), 
e  Ma'arrah  Misrin. 

abù  Hàsim  b.  Utbah  b.  Rabi'ah  aveva  concluso  la  pace  con  Qala- 
qiyyah, Antiochia  e  Ma'arrah  Misrin. 

I  governatori  delle  altre  regioni  erano  gli  stessi  dell'anno  precedente. 

(3)  'Animar  b.  Yàsir,  di  al-Kùfah; 

(4)  Surayh,  capo  dei  qàdi  di  al-Basrah  (Athir,  III,   15). 

ARABIA.  —  Eventi  minor!. 

§  270.  —  (a)  Il  poi  celebre  al-Hasan  al-Basri  [f  110.  a.  H.]  dicesi  na- 
scesse due  anni  prima  della  morte  del  Califfo   Umar  (Hai ab,  II,  243). 

(6)  Nell'anno  21.  H.  nacquero  al-Hasan  al-Basri  e  al-Sa'bi  (T  a  bari, 
I,  2646,  lin.   14).  —  Cfr.  Atiiìr,  III,    15. 

§  271.  —  Secondo  alcuni,  nel  21.  H.  morì  abù-1-Mundzir  Ubayy  b.  Ka'b  b. 
Qays:  ma  altri  ritardano  questo  evento  sino  al  30.  H.  (Abulfeda,  I,  250). 

§  272.  —  In  questo  anno  21.  H.  il  giorno  di  Nawrùz,  la  festa  an- 
nuale persiana,  cadde  sul  venerdì  [sic)  29  (xumàda  I.  (=  5  maggio  642, 
domenica)  (Hamzah,   160). 

626. 


21.    a.    H.  §§  273-276. 


ARABIA.  —  Coniazione  di  monete  musulmane.  21.  a.  h. 

§  273.  —  Secondo  KhuwàudamLr  nel  21.  H.  furono  coniate    monete        ^jone  di  monete 
d'argento  (dirham)  e  d'oro  (dinàrj  con  le  formole  islamiche  la-ila  li  ah-        musulmane.] 
illa- allah,  al-hamdu  li-llah  e  con  il  nome  di  'Umar  (Khond.,  I, 
4,  pag.  26,  lin.  20  e  segg.). 

ibn  al-Grawzi  dice  che  in  questo  anno  21.  H.  furono  coniate  monete 
d'argento  (dirham)  con  i  coni  usati  dai  Sassanidi,  aggiungendovi  però 
alcune  formole  musulmane,  ecc.,  come  sopra  ((xawzi,  I,  fol.  64, v.). 

NECROLOGIO.  —  al-Aghlab  b.  Gusam. 

§  274.  —  al-Aghlab  b.  Gusara  b.  Amr  b.  'Ubaydah  b.  Hàrithah  b.  Dulaf 
al-'Igli,  celebre  versificatore  (ràgiz).  abbracciò  l'Islam  al  tempo  di  Mao- 
metto, e  fuggì  dalla  sua  gente  per  seguire  il  Profeta. 

Fu  tra  coloro  che  accompagnarono  Sa'd  K.  abì  Waqqàs  nella  sua  spe- 
dizione contro  i  Persiani  l'anno  16.  H. 

Si  stabilì  quindi  in  al-Kùfah  e  morì  combattendo  nella  grande  bat- 
taglia di  Nihàwand  l'anno  21.  H.  :  il  suo  nome  non  figura  ti-a  i  Compagni 
di  Maometto,  perchè  la  sua  «  fuga  »  avvenne  dopo  la  morte  del  Profeta 
(Hagar,  L   108-109,  n.   222). 

ibn  al-Grawzi,  che  pone  la  battaglia  di  Nihàwand  nel  19.  H.,  sotto  questo 
anno  parimenti  dà  la  biografia  di  al-Aghlab  (Grawz]i,  I,  fol.  63,r.-54,r.). 

Cfr.  anche  Yàqut.  I.  857,  913j;  II,  13;  IV,  895;  Athir  Usd.  I,  105; 
Dzahabi  Tagrid.  I.   26:  Aghàni.  XVIII.   164. 

al-  Ala  b.  al-Hadrami  (cfr.  14.  a.  H..  §  256). 

§  275.  —  al-Alà  b.  al-Hadrami  era  figlio  di  'Abdallah  b.  'Abbàd  b.  Akbar 
b.  Rabìah  b.  Muqanna'  b.  Hadramawt,  halif  di  abii  Umayyah.  Da  suo  fra- 
tello Maymùn  prese  nome  il  pozzo  Bi-r  Maymùn,  che  si  trova  nella  parte 
superiore  di  Makkah  (sulla  via  degriraqensi,  aggiunge  ibn  Sa'd),  e  fu  da  lui 
scavato  nei  tempi  della  Cfàhiliyyah.  Ebbe  altri  due  fi-atelli,  'Amr  ed  'Amir. 
al-' Ala  fu  governatore  di  al-Bahrayn  sotto  i  due  Califii  abu  Bakr  ed  Umar, 
il  secondo  dei  quali  lo  nominò  poi  governatore  di  al-Basrah:  al-' Ala  morì 
però  nel  21.  H.  prima  di  raggiungere  il  nuovo  posto;  e  nel  Bahi-ayn  fu  man- 
dato a  governare  abù  Hurayrah.  Trasmise  tradizioni  ad  al-Sà-ib  b.  |Yazìd,  a 
Hayyàn  al-A'rag,  e  a  Ziyàd  b.  Hudayr  (Dzahabi   Paris,  l,  fol.  137, v.). 

§  276.  —  al-' Ala  figlio  di  al-Hudrami,  cioè  di  'Abdallah  b.  Dimàd  b. 
Salma  b.  Akbar,  dei  Hadramiti  del  Yaman,  fu  dal  Profeta,  al  suo  ritorno 
da  al-Grirànah,  mandato  a  Mundzir  b.  Sawa  al-' Abdi  nel  Bahrayn  con  norme 
precise  sulla  esazione  della  sadaqah  sul  bestiame  grosso  e  minuto,  le 
frutta  e  le  sostanze.  Con  al-'Alà  il  Profeta  mandò    anche    abu  Hurayrah, 

H27. 


§§  -271!,  .277.  21.    a.    n. 

21.  a.  H.  il  quali-  c'hio.se  ed  ottenne  ilall"  ani  i  1  o  ^governatore  lìi  essei  ^no  m  ii' adz- 

INECROLOGIO.    -        ,     /  _,  ^  •  .     j.        i  •  m      i-        i  i  i-  t    -aij       w^ 

al- Ala  b  ai-Ha-  (\x\u.  Tornato  pni  tardi  a  Madmali  eon  due  seluere  di  Abd  al-t^ays  co- 
drami.,  mandati  da   'Abdallah  b.   'Awf  al-Asagjj;,  questi   mossero    lagnanze  contro 

al-'Alà  al  Profeta,  il  quale  l(j  revocò  nominando  al  suo  posto  Abàn  b.  Sa'd 
h.  al-'As  (cfi-.   11.  a.  H..  §   124,  nota  3;   12.  a.  H.,  §§  39-51). 

Quando,  alla  morte  di  Maometto,  insorti  nel  Bahrayn  gli  'Abd  al-Qays, 
Abàn  si  ridusse  in  Madinah,  e  rifiuta  vasi  di  obbedire  all'ordine  di  abù 
Bakr  di  tornare  nel  Bahrayn,  al-'Alà  fu  mandato  a  domar  la  rivolta 
con  16  (!)  cavalieri  guidati  da  Furàt  b.  Ha3\yàn  al-'Igli.  L'esiguo  drappello, 
ingrossato  per  via,  giusta  l'ordino  di  abù  Bakr,  di  tutti  i  musulmani  (?) 
che  s' incontravano,  fu  condotto  da  al-'Alà  alle  vittorie  di  Hawàtjiah  {sic), 
al-Qatif,  al-Zàrah,  al;Dàrin  (cfi-.   12.  a.  H.,  paragrafi  su  indicati). 

Nell'anno  14.  H.  (cfi-.  14.  a.  H.,  i;  226)  il  Califfo  'Umar  diede  ordine 
ad  al-'Alà  di  marciare  in  aiuto  di  'Utbah  b.  Ghazwàn  verso  al-Basrah. 
Prontamente  egli  si  mise  in  viaggio  con  abù  Hurayrah  ed  abvi  Bakrah  ; 
ma  giunto  in  Liyàs  presso  al-Si'àb  in  territorio  dei  banù  Tamìm,  al-'Alà 
morì,  e  fu  colà  sepolto. 

Egli  trasmise  dal  Profeta  una  tradizione,  secondo  la  quale  i  pellegrini 
dovevano  far  sosta  di  3  giorni  in  Makkah  dopo  il  ritorno  dalle  compiute 
cerimonie.  Si  racconta  che  Maometto,  avendo  un  giorno  visto  al-'Alà  che 
indossava  una  camicia  di  maniche  larghe  e  lunghe  (qamìs  san  bùi  ani), 
gliele  scorciò  (cfi-.  Dozy    Vétements,  s.  v.). 

al-'Alà  fu  prode  gueiTiero,  musulmano  docile,  disinteressato  e  pio:  morì 
in  fama  di  santità,  e  fu  taumaturgo,  se  possiamo  prestar  qualche  fede  ai  mira- 
coli che  il  ciarlatano  abù  Hurayrah  racconta  di  aver  veduti  (Saad,  IV,  2, 
76-79,  riprodotto  quasi  per  intero  nell'Inhalt-ausgabe,  LXXIV-LXXVII). 

Cfr.  anche  Atiiìr,  III,  16;  Yàqùt,  I,  436,  466,  508;  II,  136,  537;  IH, 
6,  837;  IV,  954;  Athir  Usd,  IV.  7-8;  Dzahabi  Tagrìd,  I,  419;  Isti'àb, 
518-519;  Nawawi,  432;  Quta3^bah,  144;  Mahàsin,  I,  84;  Balàdzuri, 
cfi-.  Indice;  Khamìs,  II,  275,  lin.  30-31;  Annali,  Ind.  ai  voi.  I-II. 

Amr  b.  Ma  dikarib. 

§  277.  —  abù  Thawr  'Amr  b.  Ma'dikarib  b.  Abdallah  b.  'Amr  b.  'Usm 
b.  Zubayd  al-As^ar  b.  Eabi'ah  al-Zubaydi,  della  grande  stirpe  dei  Sa'd  al- 
'Asìrah,  famoso  guerriero  e  poeta  tanto  nel  paganesimo  quanto  nell'Isiàm, 
sul  conto  del  quale  si  sono  inventate  molte  tradizioni.  La  fama  del  suo  nome 
lece  sì  che  i  tradizionisti  lo  inclusero  fra  i  Compagni  del  Profeta,  e  trasmi- 
sero tradizioni,  che  pretendono  narrare  la  sua  venuta  a  Madinah  e  la  conver- 
sione all'Isiàm  al  cospetto  dello  stesso  Maometto  (Hagar,  III,  33-34).  Se- 

(i-28. 


21.  a..  H.  §  277. 

condo  ibn  Ishàq,  ugii  venne  a  Madinah  con  l'ambasciata  dearli  Zubayd  (Ha-  21.  a.  H. 

TTT    00'  T        1..  1  ,         ■     ,•       (NECROLOGIO.    - 

gar,  ili,  óà.  lin.  l<i  e  segg.j,  ma  altre  notizie  più  sicure  negano  che  egli  Amr  b.  Ma  di- 
abbia mai  incontrato  il  Profeta  (Hagar,  III,  M,  lin.  10),  e  dicono  che  venisse  ^^'ib-] 
a  Madinah  soltanto  in  seguito  alla  comparsa  di  al-Muhàgir  b.  abì  Umayyah 
nel  Yaman  (alla  fine  del  12.  H.).  e  quindi  dopo  la  morte  del  Profeta  (Ha  ga  r , 
III,  34.  lin.  11).  Come  è  noto,  Sayf  b.  Uraar  afferma  che  Amr  b.  Ma'dikarib 
apostatasse  durante  la  Riddali,  e  venisse  mandato  da  al-Muhagir  come  pri- 
gioniero di  guerra  a  Madinah  presso  il  Califfo  abù  Baki-  (Ha  gai-.  III,  34, 
lin.  7  e  segg.).  Nel  Ta-rildi  di  ibn  abi  Saybah  è  detto  che,  quando  il  Profeta 
mandò  nel  Yaman  Khàlid  b.  Sa'id  b.  al-'As,  questi  s'incontrò  con  Amr  b. 
Ma'dikarib  e  ricevè  da  lui  in  dono  la  famosa  spada  al-Samsàmah  (Hagar, 
III,  34.  lin.  penult.  e  segg.).  La  manìa  di  glorificare  questo  eroe  d'Arabia 
antica  ha  indotto  i  tradiziónisti  ad  affermare  che  'Amr  b.  Ma'dikarib  fosse 
presente  a  tutte  le  grandi  battaglie  delle  conquiste  tanto  in  Siria  che 
nell'Iraq  (Hagar,  III,  35,  lin.  3  e  segg.):  vengono  anche  narrate  le 
su*e  grandi  prodezze  al  Yarmùk,  nella  qual  giornata  al-Haytham  b.  Adi 
[t  206.  a.  H.]  afferma  perfino  che  egli  perdesse  un  occhio* (Ha gar,  III,  35, 
lin.  9-10).  Bisogna  difiìdare  però  di  tante  notizie  glorificatrici,  perchè  consta 
soltanto  con  sicm-ezza  che  'Amr  prendesse  parte  alle  guerre  neH"Iràq,  in 
particolar  modo  alla-  battaglia  di  al-Qàdisiyyah,  ove  compiè  atti  di  grande 
valore  fHagar.  Ili,  34,  lin.  11;  3(5.  lin.  15).  Narra  anzi  ibn  'A-idz  che, 
dopo  la  vittoria  di  al-Qàdisi\^yah.  Sa'd  b.  abi  Waqqas  mandasse  'Ainr  b. 
al-Ma'dikarib  a  Madinah  con  un'ambasciata  e  nel  suo  rappoi-to  al  Califfo 
Umar  facesse  particolar  menzione  delle  prodezze  di  Amr  (Hagar,  III, 
36,  lin.  15  e  segg.).  Si  afferma  altresì  (da  autori  seriori,  e  non  degni 
di  molta  fiducia)  che  Amr  sedesse  anche  nei  consigli  (maglis)  del  Ca- 
liffo 'limar  (Hagar.  Ili,  37,  lin.  16).  Secondo  al-Wàqidi,  quando  nel 
21.  H.  fii  allestita  la  campagna  che  menò  alla  battaglia  di  Nihawand,  il 
Califfo  'Umar  mandò  al  generale  in  capo  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  i  due 
guerrieri  'Amr  b.  Ma'dikarib  e  Tulayhah  b.  Khuwaylid.  con  le  istruzioni 
ad  al-Nu'màn  di  consultarsi  sempre  con  loro  in  tutte  le  faccende  di  maggior 
momento  fHagar,  III.  36,  lin.  8  e  segg.).  In  questa  battaglia  di  Nihawand 
'Amr  compiè  altre  prodezze,  ed  abvi  Bisr  al-Dawlàbi  [f  320.  a.  H.J  racconta 
(nella  sua  storia)  che  quando  fu  ucciso  il  generale  al-Nu'màn  b.  Muqarrin, 
ed  i  Musulmani  si  diedero  alla  ffiga,  'Amr  salvò  la  giornata,  perchè  egli 
si  slanciò  contro  le  schiere  nemiche  e  diede  tempo  ai  ^lusulmani  di  ria- 
versi e  di  riprendere  la  lotta:  a  lui  fii  dovuta  la  vittoria.  Pur  troppo  rice- 
vette tante  ferite,  che  poco  tempo  dopo  cessò  di  vivere  nel  villaggio  di 
Rawdah  (?  Rùdah)  (Hagar.  Ili,  37.  lin.  17  e  segg.).  Come  a  molti  uomini 

629. 


277,  278. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H.  famosi  del  paganesimo  antico,   i  tiadizionisti  hanno  attribuito  ad   Amr  b. 

•Amr  b  Madi-  Ma'dikaiib  un'età  assai  avanzata  al  momento  della  morte.  al-Mar/Aibàni, 
karib.)  per   esempio,    che    pone    la    sua    morte    durante    il    Califfato    di     (JtJhmàn 

(23.-36.  a.  H.),  afferma  esser  egli  morto  in  età  di  120,  o  150  anni.  Nel 
Kitàb  al- Mu  ammarili,  di  ibn  abi-1-Dunyà,  si  aggiunge  che  Amr  tosse 
presente  alla  battaglia  di  Siffin  (nel  36.  H.)  contando  150  anni,  'limar  b. 
Sabbali,  infine,  lo  dice  morto  durante  il  Califfato  di  Mu'àwiyah  (40.-60.  a.  H.), 
in  età  assai  avanzata  (H  a  g  a  r .  Ili,  38,  lin.  4  e  segg.). 

Cfi-.  Gawzi,  I,  fol.  64,r.-57,v. 

§  278.  —  (a)  abu  Thawr  'Amr  b.  Ma'dikarib  b.  'Abdallah  b.  Amr,  ecc. 
b.  Zubaj'd  ossia  Munabbih  al-Zubaydi  al-sà'ir.  Questo  è  il  nasab  da- 
toci da  abu  Khalifah  .sulla  fede  di  Muhammad  b.  Sallàm.  Invece  'Umar 
b.  Sabbah  riferisce  da  abu  Ubaydah  quest'altro  nasab:  Amr  b.  Ma'di- 
karib b.  Rabi'ah  b.    Abdallah  b.    Amr,  ecc.  b.  Zubayd  b.  Munabbih,  ecc 

b.  Qahtàn.  Sua  madre,  che  era  anche  la  madre  di  suo  fratello  'Abdallah, 
era  una  donna  della  tribù  di  (rarm,  a  quanto  si  riferisce,  celebrata  come 
una  delle  donne  che  ebbero  i  tìgli  più  nobili. 

(ò)  (Muhammad  b.  Durayd,  da  abu  Hàtini,  da  abu  'Ubaydah).  'Amr 
b.  Ma'dikarib  era  il  cavaliere  (l'eroe)  del  Yaman,  ritenuto  superiore  anche 
a  Zayd  al-Khayl  per  impetuosità  e  coraggio. 

(e)  ('Ali  b.  Muhammad  al-Madà-ini,  da  Zayd  b.  Quliayf  al-KiIài)i,  che 
diceva):  Sentii  affermare  ai  nostri  Saykh  che  Amr  h.  Ma'dikarib  era  chia- 
mato lo  sciocco  (mà'iq)  dei  banù  Zubayd.  Una  volta  costoro,  avendo 
avuto  sentore  che  i  Khatli'am  intendevano  aggredirli,  si  prepararono  per 
resistere,  e  Ma'dikarib,  padre  di  'Amr,  raccolse  sotto  la  sua  condotta  i 
banù  Zubayd.  'Amr  si  recò  (alla  vigilia  dell'assalto)  da  sua  sorella  e  le 
disse:  «  Dammi  da  mangiare  a  sazietà  per  il  caso  che  domani  venga  la 
«  schiera  dei  nemici  ».  Essendo  venuto  a  casa  Ma'dikarib,  sua  figlia  gii 
riferì  la  cosa,  ed  egli  disse:  «Questo  sciocco  dice  di  queste  cose?». — Ri- 
spose: «  Proprio  lui  ».  —  «  Domandagli  »,  le  disse  Ma'dikarib,  «  che  cosa 
«  vuole  per  saziarsi  ».  — Essa  glielo  chiese,  ed  Amr  disse:  «  Una  porzione 
«  (firq)  di  melica  (dzurrah),  e  una  capra  che  ha  perduto  i  denti  ».  —  In 
quel  tempo  il  firq  era  di  ben  tre  sa'.  Ciò  che  egli  voleva  fu  latto,  gii 
si  aramazzò  una  capra  e  gli  si  preparò  il  cibo,  ed  egli  sedutosi  lo  ingoiò 
fino  all'ultimo  boccone.  Al  mattino  seguente  li  assalirono  i  Khath'am,  e 
i  banii  Zubayd  li  affrontarono.  'Amr  venne  e  si  scagliò  [nel  folto  della  mi- 
schia], quindi  levò  il  capo  e  vide  lo  stendardo  di  suo  padre  eretto,  ma, 
avendo  abbassato  il  capo,  trovò  (quando  lo  rialzò  una  seconda  volta)  lo 
stendardo  di  suo  padre  caduto.  Allora  si  levò  come  un  albero  gigante  (?), 

6bO. 


21.  a.  H. 


§§  278-280. 


e  affrontato  suo  padre  mentre  era  con  i  suoi  in  fuga,  gli  disse:  «  Lascia 
«  la  bandiera,  poiché  oggi  è  giorno  di  violenza  (?)  ».  —  Gli  fece  suo  padre: 
«  Va  via,  o  .sciocco!  ».  —  Ma  i  banu  Zubayd  dissero  a  Ma'dikarib  :  «  0  tu, 
«  lasciagli  un  po'  fare  ciò  che  vuole  :  se  egli  è  ucciso,  sarai  liberato  da  lui  : 
«  se  trionfa  è  per  te  ».  —  Allora  suo  padi-e  gli  lasciò  le  armi,  ed  'Amr, 
salito  a  cavallo,  si  lanciò  contro  i  Khath'am,  fino  ad  oltrepassare  le  loro 
file,  quindi  ritornò  su  di  essi,  e  ripetè  questo  più  volte,  finché  i  banu  Zu- 
bayd fecero  una  carica  e  misero  in  fuga  e  soggiogarono  i  Khatji'am.  Quel 
giorno  gii  fiT  dato  il  nome  di  «cavaliere  di  Zubayd»  (Aghàni,  XIV, 
pag.  25-26).  (Il  testo  è  riprodotto  sino  al  §  275,  in  traduzione  quasi  let- 
terale, per  dar  saggio  di  questa  fonte  nella  parte  biografica)  [T.]. 

§  279.  —  (abu  'Amr  al-Saybàni).  Si  racconta  di  Amr  b.  Ma'dikarib 
b.  Rabi'ah  b.  'Abdallàh  b.  Zubayd  b.  Munabbih  b.  Sa'b  b.  Sad  'al-'Asii-ah  b. 
Màlik  ossia  Madzhig  b.  Udad  b.  Zayd-  b.  Ya.sgub  b.  Ya'rub  b.  Zayd  b.  Kahlàn 
b.  Saba  b.  Yasgub  b.  Ya'rub  b.  Qahtàn,  che  egli  disse  a  Qays  ibn  Maksùh 
al-Muràdi,  figlio  di  sua  sorella,  quando  giunse  loro  la  notizia  del  Profeta: 
«  O  Qays,  tu  sei  il  capo  della  tua  gente;  ora  ci  hanno  raccontato  che  un 
«  uomo  dei  Qurays,  chiamato  Muhammad,  è  sorto  nel  Higàz  e  lo  chiamano 
«  Profeta;  vieni  perchè  possiamo  conoscerlo,  ed  afifrettati,  prima  che  egli 
«abbia  il  sopravvento  su  di  te».  —  Qays  rifiutò  la  proposta  giudicandola 
sciocca,  e  non  lo  seguì.  'Amr  invece  si  mise  a  cavallo  per  raggiungere  il 
Profeta,  e  disse:  «  Non  hai  voluto  darmi  ascolto,  o  Qays?  ».  —  E  sul  pro- 
posito   Amr  disse  questi  versi: 

Io  ti  invitai  il  giorno  di  Dzu  San'à  ad   una  impresa  di  evidente  giustezza. 
Ti  invitai  a  temere  Allah,  recandoti  da  lui  e  promettendogli  [il  tuo  culto]. 
Ma  tu  hai  fatto  come  chi  ha  un  asino  e  si  lascia  ingannare  (?  afi'ascinare)  dal   palo 
del  suo  membro  (??). 

(Aghàni,  XIV,  26,  lin.   1-11)  [T.]. 

§  280.  —  (a)  (abù  'Ubaydahj.  Ci  nai-rarono  parecchi  individui  di 
^Madzhig:  Si  recò  'Amr  con  una  deputazione  dei  Madzhig  insieme  con 
Farwah  b.  Musayk  al-Muràdi  dal  Profeta,  e  tutti  abbracciarono  l'Islam. 
Il  Profeta  mandò  Farwah  a  raccogliere  le  sadaqàt  di  quelli  fra  i  suoi  che 
avevano  abbracciato  l'Islam,  e  gii  disse:  «  Raccogli  la  gente  e  intrattienila 
«  amichevolmente,  finché,  quando  li  troverai  distratti,  sorprendili  e  preda  ». 

(b)  (abù  Amr  al-Saybàni).  Farwah  era  partito  in  discordia  con  i  re 
(m  u  1  u  k)  di  Kindah  e  in  ostilità  con  essi,  quando  andò  dal  Profeta.  Già  prima 
dell'Islam  era  avvenuta  tra  i  Muràd  e  i  Hamdàn  una  battaglia  in  cui  i 
Hamdàn  avevano  riportato  un  successo  sopra  i  Muràd  facendone  massacro,  in 
una  giornata  che  fu  detta  la  giornata  dei  Greci  o  Y  a  w  m  a  1  -  R  ù  m.  Colui 
che  guidò  i  Hamdàn  contro  i  Muràd,  fu  al-Agdza'  b.  Màlik  b.  Khuzaym  al- 


21.  a.  H. 
INECROLOGIO.    - 
Amr   b.    MadF- 
karib.l 


«31. 


§§  28ij-.>8a.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  Sà'ir  al-Haiudfini  h.  Masruq  li.  al-Agdza';  costui  quel  gioino  ne  fece  scempio; 

INECROLOGIO.    -  .       x   ì.ì.         •        x-     •  i  vi-.  ,      .       ,r  ,        i  T»r  t 

Amr  b.  Madi-     ^^  ''  ^ii^sto  tatto  SI  riterisce   il   veiso  di    baiwali   b.    Musayk  al-Muiàdi  : 

''^'''''•l  Glie  se  noi  siaiii'i  stati   vinti,  noi  eravamo  piinifi   aKitiuiti   ,i  vincere;  e  sk'  siamo  stati 

sconfitti,  non  fnmnio  mai  [per  l' innanzi]  sconfìtti. 

Quando   poi    Favwali  si  recò  dal    Profeta,   preso  a  dire: 

Quando  vidi  cìic  i  ve  di  Ivindah  erano  venuti  meno  alla  loro  fede,  come  il  piede  ohe 
col  suo  nervo  sciatico  tradisce  l'altro  piede  (non  lo  segue  nel  camminare  per  il  dolore), 

spinsi  la  mia  cavalcatura  alla  volta  di  Muliammad,  sperando  che  farà  eccellente  prova 
e  che  compirà  felicemente  il  viaggio. 

Griunto  che  fii  dal  Profeta,  questi  gli  disse,  secondo  quanto  ci  è  stato 
raccontato:  «  Ti  lia  addolorato  ciò  die  colpì  la  tua  gente  nella  giornata 
«di  al-Rumy  ».  —  Rispose:  «O  rasul  di  Allah,  chi  è  colni  che,  vedendo 
«  colpita  la  sua  gente  come  è  stata  colpita  la  mia,  non  si  addolorerebbe?  ». 
—  Allora  gli  disse  il  Profeta  :  «  Questo  fatto  non  farà  che  accrescere  la 
«  fortuna  deWd  tua  stirpe  nell'Isiàm  »  —  e  lo  noràinò  suo  agente  sopra  tutti 
i  Muràd,  i  Zubayd  e   i  Madzhig  (Aghàni.   XIV.   26,  lin.    12-13)  [T.]. 

§  281.  —  (abu  'Ubaydah).  Non  passò  molto  tom|)(i  che  'Amr  rinnegò 
l'Isiàm,  e  disse  quando  lo   rinnegò: 

Noi  abbiamo  trovato  il  potere  di  Farwali  il  peggiori'  dei  poteri:  asino  le  mi  mirici 
sollevsno  (frugando)  il  concime. 

E  tu,  se  ci  pensassi  bene,  o  abfi  'L'mayr,  hai  empiuto  le  tue  mani  di  tividimeuto  e 
di  perfidia. 

(Aghàni.   XIV,   20,  lin.   23-25)  [T.J. 

§  282.  —  Soggiunge  abu  'UbaAdah:  Quando  'Amr  insieme  con  altri 
dei  Madzhig  rinnegò  l'Isiàm,  Parwali  diiese  rinforzi  al  Profeta,  e  questi 
spedì  contro  di  essi  Khàlid  b.  Sa'id  b.  al-'A,s  e  Khàlid  b.  al-Walìd,  e  disse 
loro:  «  Quando  raccoglierete  le  vostre  forze,  sia  'Ali  b.  abi  Tàlib  il  vostro 
«amir  e  duce  dei  combattenti»,  e  spedi  'Ali.  1  combattenti  s'incontra- 
rono in  una  sinuosità  del  suolo  nel  Yaman  e  impegnarono  battaglia;  parte 
dei  ribelli  fu  uccisa  e  parte  si  salvò  [con  la  fuga]:  e  d'allora  i  Gra'far,  Zu- 
bayd e  Udad,  tutti  banù  Sa'd  al-'Asirah,  non  cessarono  di  essere  scarsi  di 
numero.  In  questa  battaglia  la  spada  detta  al-Samsàmah  passò  in  mano 
della  famiglia  di  Sa'id.  Il  motivo  di  questo  passaggio  fu  il  seguente:  Ra}-- 
hànah  bint  Ma'dikarib  quel  giorno  fu  fatta  prigioniera,  ma  Khàlid  la  ri- 
scattò e  ciò  gli  valse  le  guaina  della  Samsàmah,  la  quale  (guaina)  fu  da 
lui  ceduta  a  suo  fratello  Sa'id.  Sa'id  poi  fu  trovato  ferito  nell'assedio  subito 
insieme  con  (il  Califfo)  'Uthmàn  b.  Affan  (nel  36.  H.),  e  guaina  e  spada  an- 
darono così  perdute.  Di  poi  la  guaina  fu  ritrovata,  e  quando  Mu'àwiyah 
salì  al  potere,  venne  da  lui  un  beduino  con  la  spada  senza  guaina.  Sa'id, 
che  era  presente  esclamò:  «  Questa  è  la  mia  spada  ».  Siccome  il  beduino 
contestava  le  sue  parole,  Sa'id  disse:   «  Per  provare  che  essa  è  la  mia  spada, 

ti:i2. 


21.  a.  H. 


282,  283. 


21.  a.  H. 
[NECROLOGIO. 


«  manda  tu  (o  Mu'àwÌ3^ah)  a  prendere  la  guaina,  introducila  in  es.sa.  e  la 
«  vedrai  corrispondere  ».  Muàwiyah  mandò  a  prendere  la  guaina  a  ca.sa  '"•AmV'b^^Ma'' di- 
di  Sa'id,  e  come  essa  venne,  si  trovò  corrispondere  alla  spada.  Allora  il  •^^^'''-l 
beduino  confessò  di  averla  presa  il  giorno  di  Yawm  al-Dàr  (uccisione  del 
Califfo  'Utiiman  nel  35.  H.).  e  Sa'id  gliela  ripi-ese,  ricompensandolo.  Essa 
restò  in  loro  possesso,  finché  al-Mahdi  fece  il  suo  viaggio  da  al-Ba.srah; 
giunto  in  Wàsit.  mandò  a  chiederla  a  Sa'id  (un  discendente  di  Sa'id  b. 
al-'As),  dicendo:  «  Essa  mi  serve  per  il  viaggio  ». [^Quegli  rispose':  «Cinquanta 
«  spade  taglienti  valgono  meglio  di  una  sola  ».  Allora  al-Mahdi  diodo  loro 
50,000  dirham  e  l'acquistò  (Aghàni,  XIV,  26-27j. 

Cfi-.   12.  a.   H.,  §  65,  nota  3  [T.]. 

§  283.  —  Narra  ibn  al-Nattàh  che  al-Madàini  raccontava  da  abu-l- 
Yaqzàn,  da  Gruwayriyah  b.  Asma:  Mentre  il  Profeta  tornava  dalla  spe- 
dizione di  Tabùk  diretto  a  Madinah,  lo  raggiimse  'Amr  b.  Ma'dikarib 
al-Zubaydi  con  un  gruppo  dei  banu  Zubayd.  'Amr  si  fece  innanzi  per  avvi- 
cinare il  Profeta,  ma  questi  si  tenne  a  parte,  finché  non  fu  informato  sul 
suo  conto.  Quando  poi  il  Profeta  si  avanzò  per  rimettersi  in  cammino,  'Ami- 
gli disse:  «  Allah,  il  tuo  Dio,  ti  sia  benigno,  e  possa  t\i  evitare  la  maledi- 
«zione!».  — Il  Profeta  rispose:  «La  maledizione  di  Allah,  degli  angeli 
«  e  degli  uomini  tutti  .sopra  coloro  che  non  credono  in  Allah,  né  nella  vita 
«  futura;  credi  dunque  in  Allah,  perchè  egli  ti  assicuri  contro  il  giorno  del 
«  grande  terrore  ».  —  Domandò  Amr  b.  Ma'dikarib:  «  Che  cosa  è  il  grande 
«  terrore?  (al-faza'  al-akbar:  Qur'àn,  XXI,  103;  cfr.  anche  CI,  1-4)». — 
Rispose  il  Profeta:  «  È  un  terrore  diiferente  da  ciò  che  si  ritiene  e  s'imma- 
«  gina:  un  primo  grido  sai'à  lanciato  sugli  uomini,  tale  clie  tutti  i  vivi  mor- 
«  ranno,  salvo  quelli  che  Allah  vorrà  risparmiare,  quindi  un  secondo  grido 
«  sarà  lanciato  sugli  uomini,  e  tutti  i  morti  risusciteranno.  Quindi  questa 
«  terra  sarà  oppressa  da  un  fragore  insistente,  nel  quale  il  suolo  si  gonfierà, 
«  le  montagne  crolleranno  e  il  cielo  si  fenderà  come  si  fende  la  q  u  li  t  i  y  a  h 
«  (specie  di  tela  molto  fina)  nuova  (?  da  leggero  al -gadidah?),  e  ciò 
«  finché  Allah  vorrà.  Quindi  apparirà  il  fuoco,  che  apparirà  /lett.  e  tu  lo 
«  vedrai)  rosso,  oscuro:  esso  formei-à  delle  lingue  fino  al  cielo,  e  le  sue  scin- 
«  tille  lanceranno  come  dei  cocuzzoli  di  monti  (—  manderà  scintille  grandi 
«  come,  ecc.).  Non  rimarrà  essere  vivente  il  cui  cuore  non  si  sposti,  e  non  ri- 
«  cordi  le  sue  colpe;  dove  sarai  tu.  o  'Amr?  ».  —  Rispose:  «  Io  ascolto  una  cosa 
«  terribile  ».  — Allora  il  Profeta  disse:  «  O'Ami-,  accogli  la  fede  e  sarai  salvo  ». 
—  'Amr  accolse  la  fede  e  dichiarò  per  i  suoi  la  loro  adesione  all'Isiàm.  Questo 
accadeva  durante  il  ritorno  del  Profeta  dalla  s]iedizione  di  Tabùk.  che  era 
accaduta   nel  Ragab  dell'anno  9.  H.  (Aghàni.  XIV,  27)  [T.]. 

e,m.  80 


lis  ■-'ì>4-2«7.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  §  284.  —  Narrava  alni   llàrùii  al-iSakìsaki   al-tìasii,  da  abù    Amr  (da?) 

Amr  b.  Ma  di-     al-Madà"iiii    che    'Umar   al-Khattàb,    quando   guardava   'Amr,    esclamava: 
karib.l  «  Lode  sia  ad  Aliali,  che  creò  noi  e  creò  'Amr  »  —  meravigliato   dinanzi 

all'enorme  statura  di   hii  (Aghàni,  XIV,  27)  [T.J. 

§  285.  —  Ci  narrò  Ahmad  b.  Abd  al-'aziz  al-Gawhari,  da  'Umar  b. 
Sabbah.  da  Khalid  b.  Khidas.  da  abù  Numaylaìi,  da  Rumayh,  da  suo  padre; 
diceva  costui:  Vidi  'Amr  b.  Ma'dikarib  durante  il  calitfato  di  Mu'àwiyah; 
egli  era  un  vecchio  dalle  proporzioni  le  più  colossali  che  fossero  mai  esi- 
stite, e  dalla  voce  lude;  quando  si  voltava,  si  voltava  con  tutta  la  persona. 
Ma  questo  è  un  errore  di  tradizione  :  la  realtà  è  che  egli  morì  sulla  fine  del 
califfato  di  Umar,  e  fu  sepolto  in  Eawdzah,  tra  Qumm  e  al-Rayy.  Vi  sono 
di  quelli  che  dicono  fu  ucciso  alla  battaglia  di  Nihàwand,  e  che  il  se- 
polcro si  trovava  nei  dintorni,  in  un  luogo  chiamato  Qabdìsakhàn(?),  e  che 
egli  fii  sepolto  quivi  con  al-Nu'man  b.  Muqarrin.  Si  nari'a  anche  da  fonte 
non  degna  di  eccessiva  fidvicia,  che  egli  avrebbe  raggiunto  il  califfato  di 
'[Jthmàn;  riferisce  ciò  ibn  al-Nattàh,  da  Marwàn  b.  Diràr,  da  abù  lyàs 
al-Basri,  da  suo  padre,  da  Guwayriyah  al-Hudzali  in  un  lungo  hadìth. 
Costui  avrebbe  detto:  Vidi  Amr  b.  Ma'dikarib,  mentre  io  era  nel  tempio 
di  al-Kùfah,  sotto  il  califfato  di  'Uthmàn,  quando  il  Califfo  lo  spedì  in 
al-Rayy:  egli  sembrava  un  camelo  unto  di  pece.  Narrava  altresì  ibn  al- 
Kalbi,  da  As'ar,  da  Amr  b.  (rarir  al-Gu'fi,  da  Khalid  b.  Qatan:  Partì 
Amr  b.  Ma'dikarib  sotto  il  califfato  di  'Uthmàn  per  al-Rayy  e  Dusta,  ma 
durante  il  viaggio  fu  colto  da  paralisi,  e  morì  in  Rawdzah  (Aghàni, 
XIV.  27-28)  [T.]. 

§  286.  —  Ci  narrò  Ahmad  ibn  'Abd  al-'aziz  (da  Umar  b.  Sabbah,  da 
Khalid  b.  Khidàs,  da  Hìammàd  b.  Zayd,  da  Mugàlid,  da  al-Sa'bi)  che  Umar 
b.  al-Khattàb  assegnò  ad  'Amr  b.  Ma'dikarib  2000  dirham  come  sti- 
pendio. 'Amr  gii  disse:  «0  amir  dei  Credenti,  1000  qua»  —  e  in  cosi 
dire  accennava  alla  metà  destra  del  suo  ventre  —  «  e  1000  qua  »  —  accen- 
nando alla  metà  sinistra  del  medesimo:  —  «  che  cosa-  resterà  per  qua?  »  —  e 
accennava  al  centro  del  suo  ventre.  —  Allora  'Umar  si  mise  a  ridere,  e 
gii  accrebbe  altri  500  dirham  (Aghàni,  XIV,  28)  [T.]. 

§  287.  —  Narra  'Ali  ibn  Muhammad  (=  al-Madàini),  da  abù-1-Yaqzàn  : 
diceva  Amr  b.  Ma'dikarib:  «  Se  andassi,  tutto  solo,  in  una  lettiga  attra- 
«  verso  le  acque  di  Ma'add,  non  temerei  d'impadronh'mene,  nessuna  esclusa, 
«  finché  non  mi  affrontassero  i  due  liberi,  o  i  due  schiavi  di  Ma'add  ».  I  due 
liberi  sono  'Amr  b.  al-Tufayl  e  Utaybah  b.  al-Hàrith  b.  Sihàb  ;  i  due 
schiavi  sono  il  negro  dei  banù  'Abs  —  intendendo  dire  Antarah  —  e  al- 
Sulayk  b.  al-Salakah.   «  Io  mi  sono  battuto  con  tutti  costoro.   'Amir  b.  al- 

634. 


21.  a.  H. 


287-290. 


21.  a.  H. 
NECROLOGIO. 


«  Tufa}'!  è  veloce  nel  menare  colpi  di  lancia  ed  ha  la  voce  tonante:  Utaybah 
«  è  il  primo  tra  i  cavalieri,  quando  muovono  all'assalto,  e  l'ultimo  quando     ^"■ArnVb^^^Ma'd 
«ritornano;    Antarah  incespica  raramente  e  fa  molto' fracasso;  e  al-Sulayk        ^^^'^ 
«  spinge  lontano  i  suoi  assalti,  simile  al  leone  rapace  ».  —  Allora  gli  dis- 
sero:  «E  che  cosa  pensi  di  al-'Abbàs  b.  Mirdàs?  ».  —  Rispose:   «Penso  di 
«  lui  ciò  che  egli  ha  detto  di  me: 

«Quando    morrà    Amr,    ilirò   ai   cavalli:   Calpestate   gli   Ziibayd,   poiché   in    'Ann-   e 
«  morto  l' unico  valoroso  tra  loro  » . 

Quindi  si  levò  irritato,  essendosi  accorto  che  essi  volevano  pungerlo 
col  ricordo  di  al-'Abbàs.  —  Soggiunge  'Ali:  Osservava  abu-l-Yaqzàn :  Ritengo 
che  ci  sia  un  errore  di  espressione,  e  che  egli  abbia  detto:  i  due  bastardi 
di  Mudar  (ha  gin  a  Mudar),  perchè  'Antarah  era  uno  schiavo,  mentre  al- 
Sulayk  non  fu  affatto  in  schiavitù  (Aghàni  XIV,  28)  [T.]. 

§  288.  —  Ci  narrò  abu  Khalifah  (da  Ahmad  b.  'Abd  al-'aziz,  da  'limar 
b.  Sabbah,  da  Ahmad  b.  Hubàb,  da  'Isa  b.  Yùnus,  da  Isma'il,  da  Qays) 
che  'Umar  scrisse  a  Sa'd  b.  abi  Waqqàs:  «  Ti  manderò  in  rinforzo  [due 
«  individui  che  valgono]  due  mila  uomini ('):  'Amr  b.  Ma'dikarib  e  Tulayhah 
«  b.  Khuwa\iid  »  —  cioè  Tulayhah  al-Asadi  — :  «  consultali  nelle  operazioni 
«  militari,  senza  però  loro  affidare  alcun  governo  »  (Aghàni,  XIV,  28)  [T.]. 

Nota  1.  —  Il  concetto  di  un  guerriero  che  vale  mille  uomini  è  molto  comune:  lo  ali1)i;inu)  già 
incontrato  in  altre  tradizioni,  nelle  quali  poi  questo  paragone  si  è  trasformato  in  mille  uomini  sotto 
il  comando  dell'eroe  ictr.  19.  a.  H.,  §  55;  20.  a.  H.,  §  111). 

§  289.  —  Ci  narrò  Ahmad  b.  Abd  al-'aziz  (da  'Umar  b.  Sabbah.  da 
Ahmad  b.  Hubàb,  da  'Isa  b.  Yùnus,  da  Isma'il,  da  Qays,  il  quale  raccontai: 
Fui  presente  alla  battaglia  di  al-Qàdisiyyah :  Sa'd  comandava  i  nostii.  al- 
lorché venne  Rustum,  passando  sulla  nostra  fronte.  'Amr  b.  Ma'dikarib 
scorreva  le  nostre  file,  incoraggiando  i  combattenti  e  dicendo:  «  0  Muhà- 
«  giriti,  siate  leoni,  intendo  dire  costanti  (a 'ni  thàbitah,  cattiva  lezione 
«in  cui  invece  abù  Yùsuf  ha  'anàbisah);  il  persiano  non  è  clif  mi  ca- 
«  prone:  appena  si  trova  di  fronte  al  nemico,  cade  sui  suoi  ginocchi». — 
Aggiunge  Qays:  Con  Rustum  era  un  arciere,  di  cui  nessuna  freccia  cadeva 
[a  vuoto],  e  gli  disse  {sic,  ma  è  da  correggere  in  q  u  1 1  u ,  io  gli  dissi)  : 
«  Gruardati  da  questo,  o  abù  Thawr  ».  —  Mentre  noi  gli  dicevamo  ciò,  l'ar- 
ciere gli  tirò  un  colpo,  ferendo  il  suo  cavallo.  Allora  'Amr  gli  mosse  contro, 
lo  strinse  fra  le  sue  braccia,  quindi  lo  sgozzò,  e  lo  spogliò  di  due  braccia- 
letti d'oro  che  egli  portava  e  di  un  mantello  di  seta  (Aghàni,  XIV, 
28-29)  [T.]. 

§  290.  —  Narrava  abù  Zayd  ("Umar  b.  Sabbah):  Racconta  abù  'Ubay- 
dah,  che    Amr  quel  giorno  investì  un  avversario  e  l'uccise,  quindi  gridò: 

635. 


§§  290-29'2.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  «  ()  voi   bauli  Zubayd,  tatovi  da  cauto  pcitlir  (jiiesta  gente  possa  morire  » 

NECROLOGIO.  ,,,,     _^„-    .„,  . 

Amr   b.    Mad..      (A  gh  a  n  1  .    XI\  ,    29)    [l.j. 

karib.i  |  291.  —  Narra    Ali   1).   Muhamiuad    al-Madàini:  Ci   raccontano  Mu- 

hanimad  b.  al-Fadl  e  "Abd  rabbihi  b.  Nafi',  da  Isma'il,  da  Qays  b.  abì  Hàzim: 
'Ann-  si  trovava  in  mezzo  ai  combattenti,  allorché  un  arabo  (ft-a  gli  av- 
versari) gii  lanciò  una  freccia  che  lo  colpì  alla  spalla,  ma  come  egli  indos- 
sava una  corazza  ben  solida,  la  freccia  non  la  passò.  Allora  egli  si  slanciò 
contro  l'infedele,  lo  strinse  al  collo,  e  ambedue  caddero  in  terra.  Quindi  lo 
uccise,  lo  spogliò  e  tornò  con  le  sue  spoglie  dicendo: 

Io  sono  abiì  'l'iiawr  t-  In  mia  spada  v  Dz  ù  - 1  -  N  fi  n  ,  in  ci>lpisco  gli  avversai'!  conu^ 
colpisce  un  pazzo. 

0  gente  di  Zubayd,  e.isi  vanno  a  morire. 

Soggiunge  abù  'Ubaydah:  Disse  su  ciò    Amr  b.   Ma'dikarib: 

Avvicinati  a  Salma,  prima  che  essa  parta:  il  suo  amore  è  divenuto  per  noi  una  ne- 
cessità. 

Salma  e  le  sue  vicine  sanno  bene  come  il  cavaliere  iraio  avversario)  grondasse  (sangue): 
sol  io  no. 

Io  lacerai  con  la  lancia  il  suo  jietto,  mentre  i  cavalli  correvano  alla  rinfusa  fra  di  noi. 

(Aghàni,  XIV,  29)  [T.]. 

§  292.  —  Narra  abù  'Ubaydah,  nella  versione  data  da  abu  Zaj'^d  'Umar 
b.  Sabbah:  Amr  b.  Ma'dikarib  aveva,  quando  intervenne  alla  battaglia  di 
al-Qàdisiyyah,  centosei,  altri  dice  centodieci  anni.  Soggiunge:  Quando  'Amr 
uccise  l'infedele,  passò  il  fiume  di  al-Qàdisij^yah,  insieme  con  Qays  b. 
Maksùh  al;Muràdi  e  Màlik  b.  al-HàritJ}  al-Astar.  Soggiunge:  Mi  narrò 
Yùnus  che  'Amr  b.  Ma'dikarib  era  l'ultimo  fra  essi,  il  suo  cavallo  era  de- 
bole ed  egli  ne  cercò  un  altro.  Gli  portarono  un  cavallo  ed  egli  lo  prese 
per  il  ciuffo  della  coda  e  lo  battè  al  suolo;  il  cavallo  allora  si  chinò  a  terra 
ed  'Amr  allora  lo  rimandò.  Fattone  venire  un  altro,  ripetè  la  stessa  opera- 
zione, e  il  cavallo  resistè  senza  piegarsi,  per  il  che  egli  disse:  «  Questo  in 
«  ogni  caso  è  più  forte  del  precedente  ».  —  Quindi  disse  ai  suoi:  «  Se  vi  af- 
«  frettate  a  venire  nel  tempo  che  è  necessario  per  scannare  un  animale, 
«  mi  troverete  con  la  spada  in  mano  a  combattere  di  fronte  a  me;  gli 
«  avversari  mi  hanno  ferito,  ma  io  mi  sostengo  fi"a  loro  ed  ho  ucciso  e 
«  spogliato;  ma  se  tardate,  mi  troverete  ucciso  fra  di  loro,  colpito  e  spo- 
«  gliato  ».  —  Quindi  avanzò  fra  gli  avversari  investendoli,  e  uno  dei  suoi 
disse:  «  O  banù  Zubayd,  volete  voi  lasciare  il  vostro  fratello!  In  verità  non 
«  crediamo  che  voi  lo  troverete  vivo  ».  —  Essi  allora  mossero  alla  carica, 
e  quando  giunsero  da  lui,  lo  trovarono  che  era  già  stato  buttato  giù  dal 
suo  cavallo  e  aveva  afferrato  il  piede  del  cavallo  di  uno  degli  avversari, 
tenendolo  férmo.  Il  cavaliere  batteva  il  cavallo,  ma  questo  non  riusciva  a 

636. 


21.  a.  H. 


§§  292-295. 


muoversi  dalla  sua  mano.  Quando  uoi  arrivammo,  il  persiano  si  buttò  giù 
dal  cavallo,  e  '  Amr  vi  montò,  e  disse  :  «  lo  sono  abù  Thawr,  per  poco  voi 
non  mi  avete  perduto  ».  —  Gli  dissero:  «  Dov'è  il  tuo  cavallo?  ».  —  Rispose: 
«  È  stato  colpito  da  una  freccia,  e,  di-izzatosi  sulle  gambe,  mi  ha  rovesciato, 
«  e  si  è  messo  a  correre  all'impazzata  ». 

Questo  stesso  racconto  riferirono  Muhammad  b.  'limar  al-Khayyàt.  e 
ibn  abi  Muhammad,  da  Murrah,  da  abu  Ismà'il  al-Hamadzàni,  da  Talhah 
b.  Musarrit'   in  termini  analoghi  (Aghàni,   XIV,  29)  [T.]. 

§  293.  —  Soggiunge  al-Wàqidi:  Mi  narrò  Usàmah  b.  Zayd,  da  Abàn 
b.  Sàlik:  Disse  'Amr  b.  Ma'dikarib  il  giorno  di  al-Qàdisiyyah:  «  Applicate 
«  le  spade  alle  proboscidi  degli  elefanti,  poiché  le  proboscidi  sono  il  solo 
«punto  per  cui  li  si  può  uccidere».  Quindi  si  slanciò  contro  Rustum,  il 
quale  era  sopra  un  elefante,  e  colpì  il  suo  elefante,  recidendogli  il  tendine. 
L' elefante  si  ripiegò  e  Rustum  fu  trasportato  sopra  un  cavallo.  Allora  di 
sotto  a  lui  cadde  una  borsa  contenente  40,000  dìnàr,  che  i  Muslim  rac- 
colsero. Rustum  cadde  poi  dal  cavallo,  e  [il  cavallo]  l'uccise. 

Narra  'Ali  b.  Muhamad  al-Madà-ini,  da  Ali  b.  Mugàhid,  da  ibn  Ishàq: 
Quando  'Amr  colpì  l'elefante,  e  Rustum  cadde,  cadde  sopra  di  Rustum 
una  borsa  che  stava  sul  dorso  dell'eletànte  e  conteneva  40,000  dìnàr* 
sotto  il  suo  peso  morì  Rustum  e  gì' infedeli  presero  la  fuga  (A  gh  ani, 
XIV,  29-30)  [T.]. 

§  294.  —  Narra  al-Wàqidi,  da  ibn  abi  Sabrah,  da  Musa  b.  'Uqbah,  da 
abù  Habibah  mawla  di  al-Zubayr,  da  Niyàr  b.  Mukrani  al-Aslami;  diceva 
costui:  Ero  presente  alla  battaglia  di  al-Qàdisiyyah,  e  un  giorno  in  cui  il 
combattimento  era  più  violento  tra  noi  e  i  Persiani,  vidi  un  individuo  che 
operava  contro  i  nemici  ogni  sorta  di  prodigi:  un  momento  egli  combat- 
teva a  cavallo,  quindi  si  slanciava  giù  dal  suo  cavallo,  legandosene  la 
cavezza  alla  cintura  e  combatteva  [così].  Allora  chiesi:  Chi  è  costui?  che 
Allah  lo  ricompensi! — Risposero:  È  'Amr  b.  Ma'dikarib  (A gh  ani,  XIV, 
30)  [T.]. 

§  295.  —  Ci  narrò  Muhammad  b.  al-Hasan  b.  Durayd,  da  al-Sakan  b. 
Sa'ìd,  da  Muhammad  b.  'Abbàd,  da  al-Kalbi,  da  Khàlid  b.  Sa'ìd,  da  abù 
Muhammad  al-Marhabi;  diceva  costui:  C'era  uno  saykh  che  soleva  visi- 
tare 'Abd  al-malik  b.  'Umayr  e  gli  sentii  raccontare  una  volta  quanto 
segue:  Venne  'Uyaynah  b.  Hisn  in  al-Kùfah  e  vi  restò  alcuni  giorni, 
quindi  disse:  «  Per  Allah,  non  ho  più  visto  abù  Thawr,  da  quando  ve- 
«  nimmo  insieme  [per  la  prima  volta]  in  questa  pianura  »  —  intendendo 
abù  Thawr  Amr  b.  Ma'dikarib.  —  «  Sellami  una  cavalcatura,  o  gì»  u  - 
«  làm  ».  Il  domestico  gli  sellò  una  delle  sue  cavalle,  e  quando  gliela  av- 


21.  a.  H. 
(NECROLOGIO.    - 
Amr   b.    Ma'di- 
karib.] 


637. 


*  §  295.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  vicinò,  'Uyaynali  gli  disse:   «Olà,  mi    hai    mai    visto    cavalcare    ima    giu- 

^^.       .-    ..     !■        «  menta  nella  óàhil  i  yy  a  li .  che  debba  cavalcarla  nell'Islam?  ».  —  Allora 

Amr   b-    Ma  di-  '^  ■'  • 

karib.)  gli  sellò   un   cavallo   maschio,  ed  egli    montatovi    su.  si  diresse    alla    ma- 

lia Ila  h  dei  banù  Zubayd.  e  (jui  chiese  della  mah  ali  ah  di  'Amr.  Essa 
gli  fu  indicata,  ed  egli  si  presentò  alla  sua  porta  e  gridò:  «  O  abù  Thawr! 
«  vien  fuori».  — Questi  venne  fuoi'i  avvilluppato  nel  suo  izàr,  come  se 
avesse  subito  una  fi'attura  e  se  la  fosse  fasciata,  e  gli  disse:  «  Buon  mat- 
«  tino  (an'ama  sabàh*")('),  o  abiì  Malii<  ».  —  Disse  'Uj^aynah:  «  Non  ci 
«  ha  dato  Allah  in  cambio  di  questa  formola  di  saluto,  quest'altra:  Salute 
«  a  te  (a  1  -  s  a  1  à  m  al  a  y  k  u  m)?  » .  —  Rispose  :  «  Lascia  andare  queste  espres- 
se sioni  che  noi  non  conosciamo,  smonta;  da  me  c'è  un  montone  errabondo (? 
«  che  si  disperde  continuamente  e  che  io  voglio  ammazzare?)  ».  —  'Uya}-- 
nah  scese,  e  'Amr  andò  dal  montone,  l'uccise,  l'aprì  e  lo  squartò,  poi  lo 
gettò  in  una  pentola  ampia  e  lo  cucinò,  finché  quando  fu  cotto,  portò  una 
grande  scodella,  vi  fece  della  zuppa  e  versò  in  essa  tutto  il  contenuto  della 
pentola.  I  due  sedettero  e  -mangiarono;  quindi  Amr  gli  disse:  «  Quale  be- 
«  Vanda  ti  è  più  gradita,  il  latte  o  quella  che  noi  solevamo  bere  in  com- 
«  pagnia  durante  la  gàh  il  iy  y  a  h?  ».  —  Disse  Uvaynah:  «Non  ce  l'ha 
«forse  proibita  Aliali  nell'Islam?». —  Rispose  'Amr:  «Sei  tu  più  vecchio 
«.  di  età-,  o  io?  ».  —  Disse:  «  Tu  ».  —  «  È  il  tuo  Isiàm  precedente  al  mio, 
«  o  il  mio  anteriore  al  tuo?  ».  —  «  Il  tuo  è  anteriore  ».  —  «  Ebbene  »,  con- 
chiuse 'Amr,  «  io  ho  letto  tutto  quanto  il  Libro  dalla  prima  pagina  all'ul- 
«  tima,  e  non  ho  trovata  altra  proibizione  di  essa  (bevanda),  salvo  che  egli 
«disse:  «Non  smetterete  voi  (di  bere  il  vino)?»  (Qur-àn,  V,  93).  Noi 
«  i-ispondemmo  di  no.   Egli  tacque,  e  noi  tacemmo  »  ('^). 

Allora  Uvaynah  disse:  «  Tu  sei  più  vecchio  di  età  e  il  tuo  Isiàm  è 
«  anteriore  ».  —  Quindi  si  recarono  [dov'era  il  vino]  e  si  misero  a  scambiar 
versi  e  a.  bere  e  a  ricordare  i  giorni  della  gàhilij-y  ah ,  finché  venne  la 
sera.  Quando  'U,ya3"nah  volle  tornare,  Amr  gli  disse:  «  Se  abù  Malik  an- 
«  dasse  via  senza  un  dono,  sarebbe  un  disonore  per  me  ».  e  fece  venire  una 
sua  camela  arhabita  (derivante  dallo  stallone  Arhab),  che  sembrava  una 
scatoletta  (?)  d'ai'gento,  la  fece  apparecchiare  e  gliela  diede  per  cavalcatura, 
poi  disse  :  «  0  gh  u  1  à  m  ,  porta  la  borsa  da  viaggio  ».  —  Il  domestico  portò 
una  borsa  che  conteneva  quattro  mila  d  i  r  h  a  m ,  ed  'Amr  gliela  presentò. 
Ma  'Uyaynah  disse:  «  Per  Allah  il  denaro  non  lo  prenderò  ».  —  Disse  'Amr: 
«Per  Allah,  é  un  dono  di  'Umar  b.  al-fvhattàb  ».  —  Ma  'Uj^aynah  non  lo 
volle  accettare,  e  partì  dicendo: 

Sii  ricompensato,  o  abù  Thawr,  della  ricompensa  dovuta  alla  generosità:  quale  eccel- 
lente persona  sei  tu  cui  visitare  e  a  cui  chiedere  ospitalità! 

638, 


21.  a.  H. 


§§  295,  296. 


Tu  CI  desti  il  cibo  ospitale,  e  in  larga  misura,  e  ci  desti  un  saluto  già  noto,  che 
oramai  non  è  più  ricordato. 

E  dichiarasti  lecito  il  far  girare  il  vino  [brillante]  come  il  lampo  che  si  sprigiona 
dalle  tenebre  della  notte. 

E  hai  portato  in  suo  favore  una  giustificazione  in  lin^jua  araba  (quranica),  costrin- 
gendo con  essa  ad  esser  giusti  chi  non  suol  esserlo. 

Tu  sei.  per  Allah  che  siede  sul  trono,  di  esempio  a  noi,  quando  i  zelanti  ci  voles- 
sero impedire  di  bere. 

abu  Thawr  dice:  Io  dichiaro  lecito  quel  vino  che  altri  proibisce,  e  il  detto  di  abiì 
'rhawr  è  il  più  giusto  e  ragionevole. 

(Aghàni,  XIV,   30-31).  L'intero  passo  fu  già   tradotto  dal  Goldziher, 
in  Mith.  Stud.,  I.  30  [T.]. 

Nota  1.  -Per  ragioni  che  non  ci  sono  ben  chiare  l'Isiàm  volle  soppresso  l'antico  saluto  pagano 
che  significava  augurio  di  godere  la  mattinata.  Forse  al  saluto  univasi  il  nome  di  qualche  divinità 
pagana,  per  esempio:  an'ama  Hubal  sabàhan  o  simili.  La  soppressione  è  attribuita  al  Profeta  dalla 
tradizione,  ma  la  notizia  non  è  sicura.  La  formola  al-sa!àm  'alaykum,  la  pace  sia  con  voi,  è  molto 
probabilmente  di  origine  cristiana  e  fu  adottata  perchè  forse  l'antico  saluto  pagano  implicava  qualche 
uso  o  concetto  pagano  che  gli  ortodossi  vollero  soppresso. 

Nota  2.  —  La  tradizione  non  è  da  prendersi  in  senso  letterale  come  fatto  storico.  Si  sapeva  che 
'Arar  b.  Ma'dikarib  era  uno  dei  più  famosi  ed  impenitenti  guerrieri  padani,  che  misero  la  loro  spada 
al  servizio  della  causa  politica  dell'Isiàm.  —  Ai  tradizionisti  dei  primi  tempi  abbàsidi,  quando  ebbe 
principio  la  reazione  religiosa  e  teologica,  dovuta  specialmente  ad  influenze  non  arabe  (aramaiche  e  per- 
siane) e  si  volle  inculcare  il  rispetto  della  legge  islamica,  fu  comodo  alludere  a  questi  eroi  pagani  del- 
l'Islam. L'opposizione  liberale  araba,  per  reagire  contro  la  tendenza  fanatica  del  governo,  coniò  queste 
tradizioni,  con    le  quali   mirò  in  modo  indiretto  a  difendere  l'uso  del  vino. 

§  296.  —  Narra  'Ali  b.  Muhammad  [al-Mada-ini,  da  Abd  b.  Muliain- 
mad  al-Thaqafi,  da  suo  padre;  e  al-Hudzali,  da  al-Sa'bi].  Dopo  al-Qàdi- 
siyyah  venne  da  parte  di  'Umar  un  rinforzo  di  milizie,  e  allora  'Amr  b. 
Ma'dikarib  disse  a  Tulayhah  :  «  Vedi  tu  come  questi  pigmei  aumentano  in 
«  numero,  e  noi  non  aumentiaiuo?  Andiamo  da  quest'individuo  (=  'Umar) 
«  per  parlargli  ».  —  Ma  Tulayhah  ri-spose  :  «  Tutt'altro,  io  non  l'andi'ò  mai 
«  a  trovare  per  un  motivo  simile:  io  ricordo  che  una  volta  l'incontrai  in 
«  una  delle  vie  di  Makkah,  e  mi  disse:  0  Tulayhah,  tu  hai  ucciso  (leggi 
«  aqtalta)  'Ukkàsah  (eh-.  11.  a.  H.,  §  146,  nota  2  6);  —  e  mi  fece  tali  mi- 
«  nacce  che  io  pensai  mi  volesse  uccidere,  perciò  io  non  mi  fido  di  quel- 
«  l'uomo  ».  —  Disse 'Amr:  «Tuttavia  io  voglio  andare  da  lui».  —  «Fa 
pure»,  rispose  Tulayhah. —  Amr  si  recò  a  Madinah  e  andò  da  'Umar,  il 
quale  era  appunto  intento  a  dar  da  mangiare  alla  gente,  avendo  fatto  servire 
per  serie  di  dieci  persone  ;  ma  quando  gli  altri  ebbero  mangiato  e  andaron 
via,  'Amr  non  si  levò.  Allora  Umar  fece  sedere  altri  [nove]  per  completare 
la  serie  di  dieci,  e  'Amr  mangiò  con  trenta  persone  (cioè  con  tre  gruppi  suc- 
cessivi). Levatosi  quindi  disse:  «  O  Principe  dei  Credenti,  nella  gàhiliyyah 
«  io  aveva  diversi  cibi,  che  l'Isiàm  ha  interdetto:  ora  io  ho  già  riempiuto 
«  nel  mio  ventre  due  borse,  ma  ho  lasciato  fi"a  esse  un  vuoto,  riempilo  »  ('). 
—  Rispose  'Umar:  «  Tu  hai  a  disposizione  le  pietre  della  Hairah:  riempilo 
«con  esse  (bihà),  o  'Amr;  mi  riferiscono  che  tu  dici:  Io  ho    una   spada, 


21.  a.  H. 
ìNECROLOGIO.    - 
Amr   b.    Ma'di- 
karlb.i 


639. 


21.  a.  H.  «  ohiaraata  al-Samsiìmah  (la  ben   tagliente):  ebbene,  aneli' ìd  ho  una  spada 

4ECROLOGIO.  -     ^    j^^,    ^^j    chiama    al-Musammim  (la   penetrante l,  e  .se    raftoiuio  tra  le  tne 

Amr    D.    Ma  di-  "  ' 

karib.j  «  due  orecchie,  non   la  solleverò  se  non   quando  si  sarà  mescolata  ai  tuoi 

«denti*    (Aghàni.    XIV.   81,    lin.  4-14)  [T.]. 

Nota  1.  —  Agli  .\rabi  riuscirono  uggiose  molte  prescrizioni  dell' Islam  nei  riguardi  uou  solo  del 
vino,  ma  anche  delle  vivande  ;  onde  abbiamo  notizia  di  vari  Arabi,  che.  quando  si  volle  inculcare  l'os- 
servanza di  questi  divieti,  preterirono  migrare  e  rendersi  cristiani.  —  K  probabile  però  che  tali  divieti 
pesassero  assai  leggermente  sulla  coscienza  dei  primi  musulmani,  lontani  da  Madinali  e  dal  Califfo 
'Umar.  Non  v'era  chi  si  adoperasse  a  farli  rispettare.  —  Sotto  gli  Abbasidi  invece  cominciarono  i  rigo- 
rismi, le  vere  persecuzioni. 

§  297.  —  Narra  abù-1-Minhàl  Uyaynah  b.  al-Minhal,  da  suo  padre: 
Venne  un  uomo  mentre  'Amr  b.  Ma'dikarib  era  in  al-Kunàsah  presso  il 
suo  cavallo,  e  disse:  «  Voglio  vedere  che  cosa  è  rimasto  della  forza  di  abù 
«  Thawr  »,  e  collocò  la  sua  mano  tra  una  delle  gambe  di  lui  e  la  sella.  'Amr, 
che  comprese,  la  strinse  contro  la  sella  e  spronò  il  cavallo,  e  l'individuo  si 
mise  a  correre  col  ca.allo,  incapace  di  estrarre  la  mano  (dalla  stretta), 
finché  quando  l'ebbe  .stancato  abbastanza,  Amr  gli  dis.se:  «  Che  cosa  hai. 
fratello?  ».  —  Quegli  rispose:  «  Ho  la  mano  .sotto  le  tue  gambe  »  {'■).  —  Amr 
lo  lasciò  libero  e  gli  disse:  «  Fratello,  il  tuo  parente  ha  ancora  della  forza  » 
(Aghani,  YIV,  31-32). 

Nota  1.  —  Ricordiamo  a  questo  proposito  quanto  è  narrato  del  vecchio  Durayd  b.  al-Simniiih 
(cfr.  8.  a.  H  ,  §  128),  il  deretano  del  quale  era  tutto  un  callo,  effetto  del  continuo  cavalcare  sul  dorso 
nudo  di  cavalli. 

§  298.  —  Malgiado  ciò  che  abbiamo  narrato  della  considerazione  di 
cui  godeva.    Amr  era  tuttavia  noto  per  le  sue  menzogne. 

Ci  narrò  'Ali  b.  Sulaj'màn  al-Akhfas,  da  Muhammad  b.  Yazid  al-Nahw  i; 
il  resto  dell' isn ad  non  è  menzionato;  nai'ra  inoltre  ibn  al-Nattàh,  da  Mu- 
hammad b.  Sallàm  lo  stesso  racconto,  ma  in  forma  meno  ampia  di  quella 
di  al-Mubarrad: — I  cittadini  più  insigni  (al-asràf)  di  al-Kufàh  solevano 
recarsi  fuori  della  città,  scambiando  dei  versi,  conversando  e  raccontando 
le  campagne  combattute  (ayàm  al-nàs).  'Amr  si  trovava  una  volta  a 
fianco  di  Khàlid  b.  al-Saq'ab  al-Nahdi  e  rivoltosi  a  lui  (senza  riconoscerlo) 
si  mise  a  raccontargli,  dicendo:  «  Feci  una  incursione  contro  i  banù  Nahd, 
«  ma  questi  mi  vennero  incontro  preceduti  (?)  da  Khàlid  b.  al-Saq'ab  che  li 
«  comandava.  Io  però  gli  a.ssestai  un  colpo  di  lancia,  e  caduto  che  egli  fu, 
«lo  colpii  con  la  Samsàmah,  finché  esalò  lo  spirito».  —  Allora  l'altro  gii 
«  disse:  «  0  abù  Thawr,  io  sono  quell'ucciso  di  cui  tu  racconti  »:  poi  sog- 
giunse: «  O  Allah,  perdonalo  di  ciò  che  egli  racconta  ed  io  ascolto (??);  egli 
«  racconta  queste  e  simili  cose  per  spaventare  questi  Maadditi  ».  Aggiunge 
Muhammad  b-  Sallàm:  Diceva  Yùnus:  Gli  Arabi  tutti  sono  concordi  nel  ri- 
conoscere che    Amr  era  un  mentitore.  Io  dissi  a  Khalaf  al-Ahmal,  che  era 

tìiO. 


21.    a.    H.  §§  298-301. 


mawla  degli  As'ariti,  e  fiero  partigiano  dei  Yamàniti:  'Arar  mentiva;  ed  21.  a.  H. 

egli  mi  rispose:  «  Mentiva  con  la  lingua,  ma  diceva  davvero  con  i  fatti  »       '^»^''°u'"°«'°!4  ' 

<^  r  t)       '  /^rr,r    b.    Ma  di- 

(Aghàni,  XIV,  32)  [T.].  .  karib.) 

§  299.  —  Ci  narrò  Ibràhim  b.  Ayyùb,  da  ibn  Qutaybali,  che  Sa'd  (b. 
abi  Waqqàsj  scrisse  ad  'Umar  lodando  Amr  b.  Ma'dìkarib,  e  'Umar  do- 
mandò a  costui  di  Sa'd.  Amr  rispose:  «Egli  è  per  noi  come  un  padre, 
«  beduino  fi-a  tigrif?),  leone  fi-a  uomini,  spartisce  con  equità,  usa  giustizia 
«  nei  giudizi,  corre  veloce  nelle  spedizioni (?),  e  ci  apporta  il  nostro  dritto 
«  con  la  stessa  cura  con  cui  ci  portano  le  razioni  dei  cereali  (dzurrali)  ». 
—  Allora  'Umar  gli  disse:  «Che  sorta  di  testimonianze  vi  fate  l'un  con 
l'altro!»   (Aghàni,  XIV,  32)  [T.]. 

§  300.  —  Ci  narrò  al-Hasan  b.  Ali.  da  al-Hàritli,  da  ibn  Sa'd.  da  al- 
Wàqidi,  da  Bukayr  b.  Yasmàr,  da  Ziyàd  mawla  di  Sa'd;  diceva  costui: 
Sentii  dire  a  Sa'd,  essendogli  stato  detto  che  'Amr  b.  Ma'dikarib  si  era 
precipitato  nell'ebrietà  ed  aveva  perduto  l'intelletto:  «  Egli  diede  delle 
«  belle  prove  la  giornata  di  al-Qadisiyyah,  mirabili  di  ardire  (sufficienza  a 
«  sé  stesso,  ghanà),  terribile  per  lo  strazio  che  fece  dei  nemici  [perciò  non 
«  lo  punirò]  ».  Allora  gii  fu  detto:  «  E  Qays  ibn  Maksùh,  allora?  ».  —  Sad 
rispose:  «  Costui  era  più  audace  di  Qays,  benché  Qays  sia  anch'egli  mi 
valoroso»   (Aghàni.   XIV,  32)  [T.]. 

§  301. — Ci  narrò  Ahmad  ibn  'Abd  al-'aziz  al-Grawhari.  da  'Umar  b. 
Sabbah;  ci  narrò  inoltre  Ibràhim  b.  Ayyùb,  da  ibn  Qutaybah:  essi  duu 
hanno  riferito  questo  aneddoto  senza  indicare  le  loro  fonti;  inoltre  trascri- 
viamo lo  stesso  dalla  riwàyah  di  ibn  al-Kalbi,  al  quale  lo  raccontò  As'ar 
b.  'Amr  b.  Grarìi-,  da  Khàlid  b.  Qatan,  da  uno  che  fu  presente  alla  morte  di 
Amr  b.  Ma'dikarib;  questa  terza  versione  é  analoga  alle  due  precedenti. 
Raccontano  dunque  le  fonti:  Il  campo  delle  operazioni  militari  degli  Arabi 
era  allora  al-Rayy  e  Dasta  (correggi  :  Dastaba),  e  Amr  usci  con  alcuni 
giovani  di  Madzhig,  e  li  fermò  nel  khan  (fondaco)  che  c'è  prima  di  arri- 
vare in  al-Rawdzah.  Quivi  la  compagnia  fece  colazione,  poi  si  misere»  a 
dormire,  e  infine  ciascuno  si  levò  per  fare  i  propri  bisogni.  Quando  Amr 
era  a  fare  un  bisogno,  nessuno  osava  chiamarlo,  anche  se  ritardava;  perciò 
la  gente  andò  a  sellare  gii  animali  e  partirono,  salvo  coloro  che  erano 
[ancora]  nel  khan  in  cui  era  Amr.  Tuttavia,  come  costui  ritardava,  gri- 
dammo: «  0  abù  Thawr  »,  ma  egli  non  rispose,  e  invece  sentimmo  un  vocìo 
e  un'agitazione  nel  luogo  dove  egli  era  enti'ato.  Tornammo,  e  lo  trovammo 
con  gli  occhi  iniettati  di  sangue,  con  gli  angoli  della  bocca  rilassati,  col- 
pito da  paralisi.  Lo  caricammo  sopra  un  cavallo,  e  ordinammo  ad  un  gio- 
vane vigoroso  di  braccia  di  sostenerlo  di  dietro  per  mantenerne  l'equilibrio. 

fin.  81 


§5  301,  3(>-J. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H. 
[NECROLOGIO.    - 
'Amr  b.    Ma'di- 

karib.l 


p]gli  morì  iu  al-Kawdzali  e  fu  sepolto  lungo  la  via.  Lo  compianse  sua  moglie 
al-Gru'fiyyah  nei  seguenti  versi: 

I  cavalieri  lasciarono  dietro  a  aè,  partendo,  in  al-Ravvdzali  una  persona  né  debole  né 
inesperta. 

Dici  perciò  ai  Zubayd,  anzi  a  tutti  i  Madzliig:  Voi  avete  perduto  la  vostra  lancia  in 
abu  'rhawr  'Amr. 

Se  voi  vi  attristate,  ciò  non  vi  servirà  »  nulla  :  chiedete  piuttosto  al  Misericordioso 
che  vi  conceda  pazienza. 

(AgViAni.  XIV,  32-33)  [T.]. 

§  302.  —  Narrava  abu  'Ubaydah,  da  Yfmus  e  da  abu-1-Khattàb:  Alla 
battaglia  tli  al-Qàdisiyyah,  i  Muslim  presero  una  quantità  di  armi,  di  corone 
(diademi),  di  cinture  e  di  schiavi,  e  il  tutto  ammontava  ad  una  somma 
enorme.  Sa'd  mise  da  parte  il  quinto  (quello  fi  sabili -11  ah)  e  distribuì 
il  resto:  toccò  a  ogni  cavaliere  sei  mila  dirham,  e  ad  ogni  fante  due  mila. 
Restò  denaro  in  abbondanza,  e  Sa'd  scrisse  ad  'Umar  dandogli  conto  di 
quanto  aveva  fatto,  ed  'Umar  gli  riscrisse:  «  [Di  questo  che  rimane]  riserba 
«  il  quinto  ai  Muslim  (all'erario),  e  del  resto  danne  a  coloro  che  incontri  e 
«  che  non  hanno  preso  parte  alla  battaglia  ».  Sa'd  obbedì  e  trattò  costoro 
alla  stessa  stregua  di  quelli  che  erano  intervenuti  alla  battaglia,  e  comunicò 
la  cosa  ad  'Umar,  il  quale  gli  rispose:  «  Distribuisci  ciò  che  rimane  ai  por- 
«  tatori  del  Qur'àn  (a  quelli  che  conoscono  e  recitano  il  Qur-àn)  ».  —  Allora 
venne  da  lui  'Amr  b.  Ma'dìkarib,  e  Sa'd  gli  disse:  «  Che  cosa  porti  con 
«  te  (=  possiedi,  conosci)  del  Kbro  di  Allah?  ».  —  Amr  rispose:  «  Io  ho  ac- 
«  Gettato  l'Islam  nel  Yaman,  quindi  ho  combattuto:  ciò  mi  ha  impedito 
«  d'imparare  il  Qur-àn  ».  —  Sa'd  gli  disse:  «  Tu  non  hai  nulla  a  preten- 
«  dere  in  questo  denaro  ».  —  In  seguito  venne  Bisr  b.  Rabì'ah  al-Kha- 
th'ami  col  suo  amministratore  (?  .sàhib  gabàyah  Bisr);  e  Sa'd  gli 
disse:  «Che  cosa  sai  tu  del  libro  di  Allah?».  —  Rispose:  «In  nome  di 
«  Allah  clemente  e  misericordioso  ».  —  I  presenti  si  misero  a  ridere;  ma 
Sa'd  non  gli  diede  nulla.  Allora    Amr  disse: 

Se  noi  siamo  uccisi,  nessuno  ci  piange,  e  i  Qurays  dicono:  Sono  questi  i  destini. 
Noi   contribuiamo  in  parte  eguale  con  colpi  di  lancia  che  trapassano,  ma  quando  si 
distribuiscono  i  dìnàr,  non  abbiamo  parte  eguale. 

E  Bisr  b.  Rabì'ah  disse: 

Io  ho  fatto  fermare  la  mia  camela  alla  porta  di  al-Qàdisiyyah,  mentre  Sa'd  b.  Waqqàs 
era  nostro  amir. 

Ma  Sa'd  è  un  amir  di  cui  è  più  facile  incontrare  il  male  che  il  bene:  presso  un 
amir  neir'Iràq  vale  come  cosa  buona  (bella)  anche  una  corda. 

Ma  presso  il  Principe  dei  Credenti  vi  sono  doni,  mentre  presso  al-Muthanna  {vi 
era)  argento  e  seta. 

Ricorda  dunque,  —  che  Allah  ti  guidi!  —  il  ferire  delle  nostre  spade  alle  porte  di 
Qudays  (=  di  al-Qàdisiyyah),  dove  fu  così  difficile  l'assalto: 

La  sera  in  cui  una  parte  dei  combattenti  avrebbe  voluto  prendere  a  prestito  delle 
ali  dì  uccello  e  volare. 


64-2. 


21.  a.  H. 


§§  303^S04. 


Quando  avevamo  finito  di  sconfiggere  uno  squadrone,  marciavamo  contro  un  altro, 
travolgendoli  come  se  fossimo  montagne. 

Tu  vedevi  in  essa  i  combattenti  ansanti  i^à  iiimi  nV),  come  se  fossero  cameli  soffianti 
sotto  i  loro  pesi. 

Allora  Sa'd  scrisse  ad  'Umar  esponendo  ciò  che  egli  aveva  loro  detto, 
le  loro  repliche  nonché  le  due  qaside,  e  'Umar  gli  rispose:  «  Dà  loro  qual- 

*  cosa  in  considerazione  delle  loro  prove  di  valore  ».  —  E  Sa'd  diede  a  cia- 
scuno due  mila  dirham  (Aghàni,  XIV,  40-41)  [T.]. 

§  303.  —  Aggiunge  [abù  'Ubaydah]:  Mi  narrò  abù  Hafs  al-Sulami: 
Scrisse  'Umar  a  Sulaymàn  b.  Rabì'ah  al-Bàhili:  «  Nel  tuo  esercito  ci  sono 
« 'Amr  b.  Ma'dìkarib  e  Talhah  b.  Khuwaylid  al-Asadi;  quando  le  forze 
«  saranno  giunte,  avvicinali  a  te  e  consultali;  spediscili  pure  nei  servizi 
«  di  esplorazione,  ma  quando  la  guerra  avrà  sciolto  le  sue  vesti  (=  quando 
«  s'impegneranno  le  battaglie),  confinali  nel  posto  in  cui  si  confinarono 
«  essi  stessi  »,  volendo  alludere  con  queste  parole  alla  loro  diserzione  dal- 
l'Islam. Infatti  'Amr  aveva  rinnegato  l'Isiàm,  e  Tulayhah  si  era  procla- 
mato profeta  (Aghàni,  XIV,  41)  [T.]. 

§  304.  —  Soggiunge  :  Ci  narrò  abù  Hafs  al-Sulami  :  Sulaymàn  b.  Ra- 
bì'ah passò  in  rivista  l'esercito  nell'Armenia,  e  rifiutò  tutti  i  cavalli  che 
non  fossero  di  razza.  Essendo  passato  dinanzi  a  lui  'Amr  b.  Ma'dìkarib 
con  un  cavallo  rozzo,  Sulaymàn  gli  disse:  «Questo  è  bastardo».  —  'Amr 
replicò:  «Il  bastardo  conosce  il  bastardo».  —  Essendo  dette  parole  giunte 
all'orecchio  di  'Umar,  questi  gii  scrisse:  «  Tu  hai  osato  dire  queste  parole 
«  all'  a  m  i  r  ?  Mi  hanno  detto  che  tu  possiedi  una  spada  che  chiam'i  al- 
«  Samsàmah,  ma  io  ho  una  spada  che  si  chiama  al-Musàmmim,  e  giui'o  che 
«  se  l'abbasserò  tra  le  tue  orecchie,  non  m'arresterò  finché  non  ti  abbia 
«  fenduto  il  cranio  ».  —  Scrisse  poi  a  Sulaymàn  rimproverandogli  di  non 
averlo  punito.  Aggiunge  inoltre  (abù  Hafs?):  Dicono  che  'Amr  sia  stato 
presente  alle  vittorie  del  Yarmùk,  di  al-Qàdisiyyah  e  di  Nihàwand,  questa 
ultima  sotto  al-Nu'màn  b.  Muqarrin  al-Muzani,  quando  'Umar  scrisse  ad  al- 
Nu'màn  :  «  Nel  tuo  esercito  ci  sono  due  individui,  'Amr  b.  Ma'dìkarib  e  Tu- 
«  layhah  b.  Khuwaylid  al-Asadi,  dei  banù  Qu'ayn.  Falli  intervenù-e  alla 
«  battaglia  e  consultali  nelle  operazioni,  ma  non  dare  a  loro  alcitn  comando. 

*  Salute  »   (Aghàni,  XIV,  41)  [T.].. 

Cfi-.  Yàqùt,  I,  71,  535,  569,  744;  II,  286,  360,  375,  ecc.;  Indice, 
pag.  591;  Hisàm.  27,  28,  127,  951;  Saad,  V,  383-384  (dov'è  data  la 
seguente  genealogia  del  Fàris  al-'Arab  o  «  Cavaliere  degli  Arabi  »  :  'Amr 
b.  Ma'dìkarib  b.  'Abdallah  1).  'Amr  b.  Usm  b.  'Amr  b.  Zubayd  al-Saghìr 
[=  Munabbih]  b.  Rabì'ah  b.  Salamah  b.  Màzin  b.  Rabì'ali  b.  Munabbih)  ; 
Mas'ùdi.  TV.  245;  Balàdzuri,   119.    120.  257.  268,  259,  264,279.320; 


21.  a.   H. 
[NECROLOGIO.    - 
'Amr   b.    Ma'dT- 
karib.l 


G43. 


§§  304,  306. 


21.  a.  H. 


21.  ..  H.  Hagi.    lo3i»:    A  t  h  ì  r    Usd.    TV.    132-134:    IV.ahal.i    Tagrid,    I.    449: 

Amr  b.  Ma  di-     Istì'àb,  451-463;  Nawaui,  482-483;  Ba^haqi  Mahàsin,  142,  Un.  ult.- 

'<*'''>•  143,  lin.  7.  —  Cfr.  Cauissin,  Ind.\  Perx-on,  Les  femm.es  arabes,  Ind.\ 

rvhizànah.   I.    166,  422-425;  II,  62-57,  446-446;  III,   75-80,  460-464,  520, 

673:  IV,  62-56,  281,  446.  488;     Ayni,  II,  436. 

§  305.  —  Un  giudizio  su  'Amr  b.  Ma'dìkarib,  un  beniamino  della  più 
antica  tradizione  .storico-letteraria  dell'Isiàm,  è  molto  difficile  a  formulare. 
Dovendo  vedere  sempi'e  nella  tradizione  islamica  un  secondo  fine,  perchè 
essa  non  è  ispirata  dal  solo  desiderio  di  conservare  memorie  storiche,  ma  ha 
come  ragion  principale  la  documentazione  —  spesso  apocrifa  —  di  tesi  morali, 
religiose,  teologiche  e  giuridiche  di  tempi  posteriori,  è  nostro  obbligo  stabi- 
lire, come  prima  cosa,  perchè  sopra  una  determinata  persona,  o  sopra  un  certo 
evento  si  sono  moltiplicate  assai  più  che  su  altri  l'attenzione  dei  tradizio- 
uisti.  Questa  domanda  s'impone  in  modo  specialmente  imperioso  in  casi  come 
il  presente,  analogo  a  quello  di  Tulayhah,  su  cui  discorriamo  più  avanti. 
11  caso  di  Khàlid  b.  al-Walid,  diverso  sotto  molti  punti  di  vista,  ha  però 
alcuni  aspetti  comuni  con  quello  di  'Amr  b.  Ma'dìkarib  e  di  Tulayhah. 

La  genesi  di  queste  tradizioni  è  molto  complessa  ed  ha  somiglianze 
e  contatti  con  la  genesi  delle  tradizioni  da  noi  classificate  e  raccolte  sotto 
il  nome  di  ragguagli  della  scuola  iraqense,  la  quale  è  rappresentata  sovrat- 
tutto  dall'autorità  tradizionistica  di  Sayf  b.  'Umar.  In  altre  parole  è  la 
espressione  d'un  confuso  ma  fortissimo  senso  nazionalista  arabo,  che  cercò 
di  affermarsi  specialmente  nelF  Iraq,  dove  la  razza  araba  si  trovò  in  aspris- 
simo  conflitto  con  quella  persiana  e  dovette  alfine  soccombere.  L'assenza 
di  condizioni  simili  in  Siria  ed  in  Egitto  non  rese  necessaria  la  nascita  di 
una  simile  scuola  anche  in  questi  due  paesi,  che  in  breve  completamente  si 
arabizzarono.  Tutta  la  letteratura  pseudo-wàqidea,  di  cui  ci  siamo  occupati 
durante  la  conquista  della  Siria,  nacque  solo  dopo  le  Crociate,  quando  pre- 
cisamente anche  in  Siria  si  creò  un  asprissimo  conflitto  tra  Europei  ed  Orien- 
tali, tra  Cristiani  e  Musulmani.  Da  ciò  le  caratteristiche  speciali  di  quella 
letteratura,  di  cui  abbiamo  dato  altrove  amplissimi  saggi. 

Il  merito  letterario  e  storico  della  tradizione  iraqense-sayfiana,  e  di 
quella  che  fiorì  intorno  alle  figure  di  'Amr  b.  Ma'dìkarib  e  di  Tulayhah, 
.sta.  in  ciò,  ch'essa  appartiene  ad  un'età  di  vari  secoli  più  antica  rispetto  a 
quella  che  generò  la  letteratura  pseudo-wàqidea.  La  tradizione  iraqense  — 
di  cui  appunto  quella  su  Amr  b.  Ma'dìkarib  è  un  ramo  parallelo  —  per 
combattere  il  nascente  predominio  iranico-sassanida  che  trionfò  sotto  i 
primi  abbasidi,  trovò  che  i  tradizionisti  non  arabi  avevano  mietuto  tutto 
il  campo  religioso,  sostenendo  in  tutte  le  forme  ed  in   tutti  i  modi   l'uni- 

644. 


NECROLOGIO.    - 
Amr   b.    Madi- 


21.    a.    H.  §1  305_  goy 

versalità  dell'Islam:  contro  tale  tesi  era  ben  difficile  combattere,  volendo  _3}_^_^- 
sostenere  il  primato  arabo.  Il  concetto  primitivo  degli  Arabi  che  l'Islam 
fosse  un  loro  privilegio  nazionale,  era  rimasto  sopraffatto  e  sommerso  dalla  ^^"^ 
marea  irresistibile  delle  conversioni  all'Isiàm  di  tutte  le  popolazioni  del- 
l'impero nel  corso  del  primo  secolo  della  TTigrah.  Per  tenere  alta  la  ban- 
diera del  primato  arabico  non  rimaneva  allora  più  che  un'arma  sola,  ri- 
tornare alle  vicende  storiche  delle  prime  conquiste  ed  inneggiare  alle  pro- 
dezze dei  guerrieri  arabi,  trionfatori  gloriosi  di  Greci  e  di  Persiani.  I  non 
Arabi  potevano  pure  sgolarsi  a  dimostrare  clie  tutti  i  Musulmani  eran 
fi-atelli,  e  che  innanzi  a  Dio  valevano  soltanto  la  bontà  e  sincerità  della 
fede  e  non  la  razza  :  rimaneva  sempre  il  fatto  che  un  tempo  i  soli  Arabi 
erano  stati  Musulmani  ed  i  soli  Arabi  avevano  trionfato  su  tutti  i  fnipoli 
alloi'a  conosciuti. 

Il  bisogno  di  idealizzare  e  glorificare  le  prodezze  arabiche  dei  primis- 
simi tempi  trascinò  allora  anche  i  devoti  Musulmani,  se  arabicamente  ispi- 
rati, a  tessere  le  glorie  persino  degli  Arabi  pagani.  Ma  .'siccome  occorreva 
non  venire  in  conflitto  con  la  loro  coscienza  religiosa  e  non  esporsi  nlle 
critiche  degli  avversari,  in  un'età  appunto  —  tra  il  ii  ed  il  in  secolo  della 
Pligrah  —  in  cui  la  fiamma  venefica  del  fanatismo  religioso  aveva  inco- 
minciato ad  ardere  con  intensità  funesta,  si  sottoposero  tutte  le  memorie 
d'Arabia  pagana,  contemporanea  al  Profeta,  ad  un  processo  di  radicale 
islamizzazione,  pur  lasciando  qua  e  là  qualche  elemento  pagano  antico, 
allo  scopo  di  dare  alla  tradizione  quel  sapore  di  autentico  e  quell'  im- 
pronta di  genuinità  senza  la  quale  avrebbe  perduto  niolta  parte  del  suo 
valore  e  della  sua  efficacia. 

§  306.  —  Mercè  questo  accomodamento  artificioso  tra  Isiàm  e  paga- 
nesimo per  la  glorificazione  della  razza  araba,  noi  abbiamo  ottenuto  che 
molti  valentissimi  guerrieri  pagani,  i  quali^dell' Isiàm  mai  nulla  vollero  sa- 
pere, anzi  ne  furono  sempre,  sino  alla  morte,  acerbi  oppositori,  venissero 
idealizzati  ed  acconciati  alle  esigenze  morali  di  tempi  posteriori,  solo  perchè 
dopo  il  grande  trambusto  degli  anni  11.  e  12.  H.  si  unirono  agli  eserciti 
di  Madinah,  e,  senza  menomamente  curarsi  o  intendersi  di  religione  in 
generale  e  d' Isiàm  in  particolare,  presero  con  vivissimo  slancio  larga  parte 
alle  guerre  di  conquista.  Tutti  gli  elementi  piìi  irrequieti,  ma  anche  più 
arditi  e  bellicosi  della  penisola  corsero  ad  ingrossare  le  file  degli  eserciti 
conquistatori,  e  mentre  da  una  parte  il  loro  singolare  valore  militare  con- 
tribuì in  misura  grandissima  ai  maravigliosi  trionfi,  l'abbondanza  dei  bottini 
e  la  possibilità  offerta  di  sodisfare  le  più  sfrenate  passioni  materiali,  pla- 
smarono ([ueste  schiere  a  strumenti  efficacissimi  e  micidiali  di  lotta,  creando 

645. 


§§  iUKi.  ao7.  21.  a.  n. 

21.  a.  H.  tra  t^ssf  un  rozzo  ma  valido  sistema  disciplinare,  che  temporaneamente  li 

Amr  b   Madi-     'f*"'  uniti,  solidali  ed  obbedienti  ai  luogotenenti  di  Madinah. 

•«arib.l  A   questo  gruppo  di  pagani  appartenne  'Anir  b.  Ma'dikarib  sul  qiialc 

abbiamo   dato    tutti  i   precedenti    particolari,    estratti    principalmente    dal 

K  i  t  à  b    a  1  -  A  gb  à  n  i .  Lo    stesso    avremo  a  dire   sul  conto  di  Tulayhali  e 

(li  Khàlid  b.  al-Walid,  i  quali  ci  porgeranno  altri  casi  somigliantissimi  a 

.quelli  di  'Amr  h.  Ma'dikarib. 

Scartiamo  quindi,  senza  timore  di  errare,  tutto  il  colorito  islamico 
della  tradizione  sul  figlio  di  Ma'dikarib,  sopprimiamo  pure  l'asserzione  che 
egli  .-^ia  stato  Compagno  del  Profeta,  ed  abbia  abbracciato  V  Isiàm,  e  poi 
abbia  apostatato  durante  la  Riddali.  Tutto  ciò  è  ricamo.  'Amr  può  forse 
aver  avuto  rapporti  diph)matici  segreti  con  Maometto,  ma  non  abbracciò 
la  nuova  fede  ed  osteggiò  l' Isiàm,  vivente  e  morto  il  Profeta.  Quando 
vide  —  dopo  le  vittorie  della  Riddah  —  che  lo  Stato  di  Madinah  riusciva 
totalmente  vittorioso,  e  che  il  suo  indirizzo  prevalentemente  politico  e 
militare  faceva  passare  in  seconda  linea  ogni  questione  religiosa,  allora, 
senza  occuparsi  affatto  di  abbracciare  la  nuova  fede,  e  senza  menomamente 
curarsi  di  conformarsi  ai  precetti  della  medesima,  'Amr  si  arrolò  sempli- 
cemente con  i  suoi  nelle  schiere  combattenti.  Qviando  dinanzi  alle  piccole 
schiere  di  Madinah  si  drizzarono  le  temute  e  fulgenti  falangi  della  Persia, 
chi  si  curò  d'imporre  ai  volontari  d'Arabia  il  gravame  degli  obblighi  re- 
ligiosi? Bisognava  vincere,  vincere  a  qualunque  costo,  ed  allora...:  ognuno 
la  pensasse  pure  come  meglio  voleva! 

§  307.  —  Il  pregio  delle  memorie,  seppure  travisate,  sul  conto  di  'Amr 
b.  Ma'dikarib  sta  dunque  in  ciò,  che  per  un  angusto  spiraglio  abbiamo 
un  barlume  di  verità  sulle  vere  condizioni  moi'ali  dei  combattenti  del- 
l'Islam nei  primi  tempi  delle  conquiste.  Niente  fervore  religioso!  Niente 
appassionato  desiderio  di  offrirsi  come  martiri  al  nemico  per  arrivare  in 
paradiso!  Niun  desideiùo  di  convertire  il  mondo  al  nuovo  verbo! 

Pagani!  Schiettamente  pagani,  fino  all'intimo  dell'animo  loro,  gau- 
denti sitibondi,  famelici  di  ricchezze,  di  donne,  di  sangue  e  di  violenze  ! 
Tutto  il  mondo  era  un  campo  sterminato  in  cui  rapire  e  godere  senza 
limiti  e  senza,  freni:  la  meravigliosa  unità  morale  che  le  singolari  vicende 
dell'  Isiàm  in  Madinah  avevano  generata  nel  cuore  dell'Arabia  più  pu- 
gnace ed  ardita,  aveva  '  foggiato  un'arma  invincibile,  insuperabile  di  vit- 
toria: tutto  intorno  all'Arabia  i  vecchi  doimini  e  le  insenilite  società  crol- 
lavano demolite  e  travolte  dalla  forza  fatale  delle  cose  nuove.  Le  bande 
conquistatrici,  composte  di  avventurieri,  per  i  quali  le  commoventi  vicende 
di  conflitti  sanguinosi  erano  altrettanto  desiderate  quanto  gli  spasimi  del- 

646. 


NECROLOGIO.    - 
'Amr   b.    Ma'dì- 


21.  a.  H.  .  ^„. 

l'amore  e  !«  voluttà  della  ricchezza,  erano  perciò  musulmane  .solo  di  nume  21.  a.  H. 

e  pagane  di  fatto  e  di  sentimento.  Esistevano,  è  vero,  ovunque  nuclei  di 
uomini  pili  osservanti  degli  obblighi  religiosi; ma   erano  pochissimi  in  con-        karib 
fronto  agii  altri,  che  di  nulla  si  curavano,  uomini  in  tutto  simili  ad  'Amr 
b.  Ma'dikarib,  ma  di  lui  meno  famosi  per  nascita,  e  meno    ammirati  per 
ingegno  e  per  ardire  belligero. 

In  quei  tempi,  come  avremo  occasione  di  esporre  in  altro  luogo,  il 
rito  islamico  era  ancora  embrionale,  era  per  cosi  dire  ancora  allo  stato  di 
cera  molle,  pronta  a  subire  influenze,  ma  per  fatale  necessità  di  cose,  ten- 
dente a  cristallizzarsi  ed  a  figgersi  in  una  forma  rigida  ed  angolosa.  La 
comunità  islamica,  che  prima  si  era  contentata  di  seguire,  senza  discutere, 
l'esempio  ed  i  consigli  del  Profeta  nell'adempimento  dei  doveri  religiosi, 
trova  vasi  ora  come  suol  dii-si,  in  alto  mare:  sentiva  che  tutto  era  in  sub- 
buglio ed  in  trasformazione;  e  quella  minoranza  che  sinceramente  mirava 
a  conservare  V  eredità  morale  e  religiosa  del  Profeta,  si  dava  molto  da 
fare  per  raccogliere  le  memorie  degli  atti  di  Maometto,  conservarne  il  ri- 
cordo e  mantenerne  l'osservanza. 

L'istituzione  più  importante,  quella  che  si  può  dii-e  salvasse  l'Islam, 
in  quanto  era  fede  e  rito,  dallo  scomparire  nell'indifferenza  areligiosa  delle 
masse  combattenti,  fu  la  festa  settimanale  del  venerdì,  in  cui  si  fondevano 
insieme  armonicamente  funzioni  politiche,  militari  e  religiose. 

In  queste  riunioni  si  prendevano  importanti  deliberazioni:  il  Califfo 
in  Madinah  ed  i  suoi  luogotenenti  nelle  provincie,  negli  amsàr  della 
Babilonide  e  dell'Egitto,  come  negli  agnàd  della  Sù-ia,  tenevano  la  con- 
sueta allocuzione  settimanale,  pubblicavano  gii  atti  più  importanti  del  go- 
verno, sottoponevano  all'assemblea  generale  dei  convenuti  l'approvazione  di 
quelle  deliberazioni,  che,  per  divenire  esecutive,  avevan  bisogno  del  con- 
senso generale  ;  ed  infine,  incidentalmente,  in  omaggio  all'abitudine  messa 
dal  Profeta  più  che  per  bisogno  religioso,  si  compieva  la  cerimonia  della  pre- 
ghiera pubblica,  fatta  con  una  certa  pompa  ed  un  certo  cerimoniale  che 
aveva  un  altissimo  valore  morale  e  disciplinare.  I  fedeli  dovevano  allinearsi 
dietro  al  luogotenente  e  seguirlo  nelle  formalità  del  rito. 

Nel  significato  intimo  della  cerimonia  la  grande  maggioranza  non 
entrava,  ma  nei  suoi  aspetti  esteriori  la  cerimonia  sin  dai  primordi  ac- 
quistò un  altissimo  valore  come  manifestazione  di  solidarietà,  come  atto 
che  distingueva  i  vincitori  dai  vinti,  i  padroni  dai  servi.  Ciò  è  tanto  vero 
che  nei  casi,  in  cui  i  rappresentanti  del  Califfo,  o  per  trascurataggine  o 
per  stato  di  ebrietà,  o  per  semplice  senso  di  noia  e  di  avversione,  non 
compievano  tutti  gli  atti  essenziali  della   cerimonia   con   quel   necessario 

647. 


gg  :i(i7,  .'ics.  ^i«    3-'    H. 

21.  a.  H.  (locoit),   i   |>i\'.sonti,    anche  gli  areligiosi,    vivamente    protestavano,  non  già 

[NECROLOGIO.    -  ■         xi.  n  r  J  l+>  l    li  i-        i    i 

Amr  b  Madi-  V^^'  iispetto  iilla  iiuova  tocie,  ma  per  (Illesa  (lolla  maestà  del  nuovo  im- 
karib.]  perio  sul   mimdo  o   prv  il   Imoii   nome  della  razza  araba  (cfr.  20.  a.  H.,  §§  3 

e  segg.).  Le  pompose  cerimonie  religiose  dei  Cristiani  nelle  grandi  basi- 
liche dell'Asia  Anteriore  dovettero  colpire  l'immaginazione  dei  vincitori,  ed 
i  capi  del  movimento  politico  non  s'ilhisei-o  sul  pregio  singolare  di  queste 
funzioni  collettive  per  mantenere  l' intima  coesione  della  comuiiità.  Da  ciò 
l'importanza  della  tlinzione  del  venerdì,  difesa  e  mantenuta  come  atto  di 
affermazione,  diri'i  tiuasi  di  concorrenza,  di  fronte  all'esempio  dato  dai  Cri- 
.stiani  la  domenica,  dagli  Ebrei  il  sabato. 

§  308.  —  Alle  cei'imonie  settimanali  accorrevano  tutti  i  combattenti: 
era  una  specie  di  li vista  delle  milizie,  e  più  solenne  riusciva,  più  ispirava 
fiducia  ai  Musulmani  nelle  proprie  forze,  più  incuteva  rispetto  nei  vinti 
che  ne  erano  muti  testimoni.  La  cerimonia,  che  Maometto  non  inventò 
ex  novo  per  l'  Lslàm.  ma  prese  dalle  antiche  consuetudini  arabiche,  e  solo 
colorì  islamicamente,  e  disciplinò  meglio  per  alti  scopi  politici,  non  era 
una  novità,  ma  faceva  parte  delle  tradizioni  antiche  del  popolo  arabo,  e 
le  aggiunte  islamiche  erano  di  tal  natura,  che  costituivano  forse  una 
nuova  attrattiva  anche  per  quei  guerrieri  dell'Islam  i  quali,  come  Amr 
b.  Ma'dikarib  e  Khàlid  b.  al-Walid,  erano  nell'animo  ancora  pagani  im- 
penitenti,  inconvertibili. 

In  tal  modo,  con  un  processo  spontaneo  e  singolare,  noi  vediamo  molto 
chiaramente  una  delle  fasi  di  maggior  rilievo  attraverso  le  quali  l'antico 
mondo  d'Arabia  pagana  penetrava  fin  nel  cuore  dell'antico  mondo  cristiano 
d'Asia  Anteriore,  e  come  il  cristianesimo,  alleato  inconsapevole,  cooperava 
all'affermarsi  della  nuova  fede,  e  come  questa,  non  solo  per  mille  sottili  meati 
s' internasse  nella  psiche  delle  rozze  generazioni  pagane,  ma  faceva  altresì 
propaganda  efficacissima  tra  le  nazioni  vinte,  che  nella  cerimonia  solenne 
del  venerdì  videro  il  simbolo  primo  e  maggiore  del  nuovo  ordine  di  cose. 

Dinanzi  all'  importanza  capitale  di  queste  osservazioni,  che  lumeg- 
giano le  prime  fasi  d'uno  tra  i  jhù  straordinari  fenomeni  della  storia  del- 
l'Asia e  del  mondo,  i  particolari  liiografici  sul  conto  di  'Amr  b.  Ma'di- 
karib passano  interamente  in  seconda  linea,  onde  non  mette  il  conto  di 
illustrai'li  partitamente  dopo  l'integrale  versione  dei  testi  nei  paragrafi 
precedenti.  Tale  illustrazione  è  anche  in  sé  inutile  per  varie  ragioni.  In- 
nanzi tutto  le  notizie  di  vero  carattere  biografico  sono  assai  scarse,  e  in 
secondo  luogo  il  contenuto  delle  precedenti  tradizioni  rivela  numerosi  ri- 
tocchi e  artificiose  interpolazioni  per  sodisfare  esigenze  politiche  e  pregiu- 
dizi dogmatici.  Quando  abbiamo  detto  che   Amr  era  un  ribelle,  un  nemico 

G48. 


21.  a.  H. 


^  SOSSIO. 


dell'  Islam,  oriundo  dell'Arabia  meridionale,  divenuto  guerriero  dello  Stato 
islamico  per  ragioni  opportunistiche  allorché  cominciarono  le  conquiste,  si 
è  riassunto  tutta  la  biografia  sicura.  Solo  possiamo  aggiungere  che  egli 
spiegò  la  sua  attività  principalmente  nel  combattere  i  Persiani,  e  che,  pur 
rimanendo^  sempre  pagano  nel  cuore,  compiè  atti  di  valore,  si  distinse  per 
il  suo  ardire  ed  il  suo  spirito  bellico,  tiovando  la  sua  morte  in  una  delle 
grandi  battaglie,  forse  in  quella  di  Nihàwand.  Del  resto  'Amr  b.  Ma'di- 
karib  tenne  sempre  un  posto  secondario  nei  comandi  militari,  e  l'attività 
sua  non  ebbe  veruna  influenza  sulle  grandi  vicende  della  conquista  della 
Persia:  egli  fu  soltanto  uno  dei  molti,  ma  più  in  vista  di  tutti  per  la  nobiltà 
della  sua  stirpe  e  per  la  sua  fama  di  guerriero,  ma  non  di  capitano.  La 
sua  biografia  ha  valore,  lo  ripetiamo,  come  documento  sicuro  delle  condi- 
zioni reali  della  coscienza  nazionale  araba  nell'accingersi  a  conquistare  il 
mondo  per  godei'ne  i  più  dolci  frutti. 

Le  tradizioni  anche  artefatte  su  Amr  b.  Ma'dikarib  hanno  altresì  il 
loro  pregio,  perchè  permettono  di  determinare  con  maggiore  precisione 
la  posizione  eccezionalmente  difficile  in  cui  si  trovava  il  Califfo  'limar, 
e  quanto  fossero  duri  a  maneggiare  ed  a  guidare  gli  elementi  ribelli  sui 
quali  egli,  in  grande  parte  solo  nominalmente,  imperava,  e  quali  infine  i 
mezzi  di  cui  egli  si  valeva  per  far 
elevatissima  carica. 


21.  a.  H. 
[NECROLOGIO.    - 
'Amr   b.    Ma'dT- 
karib.1 


fi'onte  a  tutte  le    esigenze    della   sua 


al-Garud  al-  Abdi  (cfi-.  20.  a.  H.,  §§  374  e  segg.). 

§  309.  —  al-Gràrùd  al-' Abdi,  il  Sayyid  degli  'Abd  al-Qays.  chiama- 
vasi  più  esattamente  abù  Atà,  o  abù-1-Mundzir  al-Gràrùd  b.  al-Mu'alla. 
Alcuni  dicono  che  il  suo  vero  nome  fosse  Bi.sr  b.  Hanas,  e  che  al-Gràrùd 
fosse  un  soprannome  (laqab)  datogli  dopo  una  razzia  fatta  contro  i  Bakr  b. 
Wà.il  per  averli  spogliati  di  tutto  (gara da).  Prima  di  convertirsi  era  cri- 
stiano e  venne  nell'anno  10.  H.  con  un'ambasceria  presso  il  Profeta.  Egli 
trasmise  varie  tradizioni  ad  'Abdallah  b.  'Amr  b.  al-'As,  a  Mutarrif  b.  ' Ab- 
dallah  b.  al-Sikhkhù-.  a  Zayd  b.  'Ali  al-Qamù.si  e  ad  abii  Muslim  al-Gu- 
dzàmi.  Fu  ucciso  nell'anno  21.  H.,  secondo  gli  uni  nel  Bilàd  Fàris,  secondo 
gli  altri  alla  battaglia  di  Nihàwand  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   138,r.). 

Cfì\  Mahàsin,.L  86,  lin.  2-6. 

§  310.  —  Il  suo  nome  era  abù  Ghiyàth  o  abù-1-Mundzir  Bisr  b.  Amr 
b.  Hanas  b.  Mu'alla  [cioè  al-Hàrith]  b.  Zayd  b.  Hàrithah  b.  Mu'àwiyah  b. 
Tha'labah  b.  Gadzimah  b.  'Awf  b.  Bakr  b.  Awf  b.  Anmàr.  Fu  chiamato 
al  (xàrùd,  perchè,  essendo  morto  per  una  epizoozia  molto  bestiame  degli 
'Abd  al-Qays,   egli,    con   un  suo  camello,  andatosene  ti-a  i  suoi  congiunti, 


649. 


82 


s§  3HXS1-2.  21.  a.  H. 


21.  a.  H.  [  baiiù  Ilind  (Saybàii),  attaccò  il  morbo  alle  loro  bestie  e  le  fece  perire. 

M6l?u'"d°al°Ab-  K  si  disse:  Bisr  li  ha  rapiti  (garadalium  Bisr)  (cfr.  Qutaybah,  172, 
«*]•  lin.    10-12). 

La  madre  aveva  nome  Darmakah  biut  Ruwaym,  sorella  di  Yazìd  b. 
Kuwaym  abi  Hawsab  b.  Yazid  al-Saybàni. 

Egli  era  sarìf  nella  gàhiliyyah,  e  di  fede  cristiana. 

Andò  dal  Profeta  col  wafd,  e  il  Profeta  lo  invitò  all'Islam,  e  glielo 
espose.  Ed  egli:  «  Io  lio  una  fede,  or  devo  lasciar  la  mia  fede  per  la  tua? 
«  Mi  puoi  tu  garantire  la  mia  fede?».  E  il  Profeta:  «Io  posso  garantirti 
*  che  Iddio  ti 'ha  guidato  a  qualche  cosa  ch'è  meglio  di  essa  ».  E  poi  al- 
(jràrùd  fé'  professione  e  fu  buon  musulmano  e  dell'  ortodossia  più  pura 
(ghayr  maghmùs  'alayh). 

Vide  la  Riddali,  e  quando  la  sua  gente  si  ribellò  con  al-Ma'rùr  b.  al- 
Mundzir  b.  al-Nu'màn,  al-Gàrùd  fé'  professione  della  verità,  e  propugnò  la 
causa  dell'Isiàm  (Saad,  V,  407,  lin.  23-408,  lin.   16). 

§  311.  —  (Muli.  b.  'Umar,  da  Ma'mar  e  Muli.  b.  'Abdallah,  e  Abd  al- 
rahmàn  b.  'Abd  al-'aziz,  da  al-Zuhri,  da  'AbdaUah  b.  'Amir  b.  Rabi'ah). 
'Umar  prepose  al  Bahrayn  Qudàmah  b.  MazTin,  il  quale  andò  nella  sua 
prefettura,  dove  nessuno  sporse  lagnanze  contro  di  lui  per  delitti  o  altro, 
ma  solo  perchè  non  assisteva  alla  preghiera. 

al-(xàrùd  sayyid  degli  'Abd  al-Qays  andò  da  'Umar  b.  al-Khattàb, 
e  disse  :  «  O  Principe  dei  Credenti,  Qudàmah  ha  bevuto,  ed  io  conosco 
«  una  delle  proibizioni  del  Profeta  che  io  doveva  riferirti  ».  'Umar  disse: 
«Chi  testimonia  ciò  che  tu  dici?».  —  «  abù  Hurayrah  ».  'Umar  scrisse  a 
Qudàmah  di  venire,  ed  egli  venne.  Allora  al-Gràrùd  prese  a  parlare,  e  a  dire: 
«  Applica  a  lui  il  Libro  di  Dio  ».  E  'Umar:  «  Ma  tu  sei  testimonio  o  av- 
«  versarlo  (cioè  accusatore)?  ».  —  «  Son  testimonio  ».  E  Umar:  «  Ma  ben  hai 
«  già  addotta  la  tua  testimonianza  » .  Allora  al-Gràrùd  si  tacque.  Poi  tornò 
da  lui  la  dimane,  e  gli  disse:  «  Segui  il  precetto  riguardo  a  ciò  ».  E  'Umar: 
«  Tu  non  sei  che  un  avversario,  e  uno  solo  fa  testimonianza.  O  tu  ti  taci, 
«  o  ti  farò  pentii'e  ».  E  al-Gàrùd:  «  Per  Dio,  ciò  non  è  giusto,  che  beva  il 
«  tuo  cugino,  e  tu  punisca  me  ».  E  'Umar  lo  sgTÌdò  (waza'ahu)  [Qudàmah] 
(Saad,  V,  408,  lin.  16-409,  lin.  1). 

§  312.  —  Mvih.  b.  'Umar,  da  'Abdallah  b.  Gra'fàr,  da  'Uthmàn  b.  Mu- 
hammad,  da  'Abd  al-rahmàn  b.  Sa'id  b.  Yai-bù').  Quando  venne  al-Gràrùd 
al-'Abdi,  s'incontrò  con  'Abdallah  b.  'Umar,  che  gli  disse:  «Per  Dio,  il 
«  Principe  dei  Credenti  ti  fi-usta  ».  Ma  al-Gràrùd  rispose  fieramente:  «  Tocca 
al  tuo  zio  materno  [Qudàmah]  ad  esser  frustato  ;  o  tuo  padre  è  un  empio  »  — 
...  E  fu  punito  Qudàmah  (Saad,  V,  409,  lin.   1-4). 

650. 


21.    a.    H.  §§  3i3_  314. 


§  313.  —  (a)  (Muh.  b.  Sa'd,  da    Ali  b.  Muh.).  al-G-àrud  diceva:  «  Avrò  ^-  *•  h. 

«  sempre  paura  di  far  testimonianza  contro  un  qurasita  presso  un  qurasita,        a^.óà?ad°  ai-°Ab- 
«  dopo  'Umar  »  (Sa ad,  V,  409,  lin.  7-9).  di.) 

(6)  al-Hakam  b.  abi-l-'Às  mandò  al-ó-àriid  a  combattere,  la  giornata  di 
Suhvak  (sic),  e  venne  ucciso  ad  Aqabah  al-Tiu  l'anno  20.  H.  Quella  collina 
fii  poi  detta   'Aqabah  al-Gràrùd. 

(e)  Ebbe  come  figli  : 

(1)  al-Mundzir. 

(2)  Habìb, 

(3)  Ghiyàth.  dalla  moglie  Umàmali  bint  al-Nu'màn  delle  al-Khasafat 
di  Grathimah  : 

(4)  'Abdallah, 

(5)  Salm,  dalla  moglie  ibnah  al-Gradd,  il  cui  padre  era  dei  banu  'Ai.s 
degli  '  Abd  al-Qays  ; 

(6)  Muslim,  e 

(7)  al-Hakam,    senza   discendenza,  di  poi  fu  ucciso  nel   Sigistàn.  I 
figli  suoi  erano  asràf. 

al-Mundzir  b.  al-Gràrùd  fu  sayyid  generoso,  preposto  ad  Istakhr  da 
'Ali  b.  abi  Tàlib:  da  lui  non  andava  alcuno  che  non  ne  avesse  doni.  Poi 
'Ubaydallah  b.  Ziyàd  gli  die'  il  governo  della  marca  al-Hind.  dove  morì 
nel  61.,  o  al  principio  del  62.  H..  in  età  di  60  anni  (Saad.  V,  pag.  409, 
lin.  9-18). 

Cfr.  Qutaybah,  172,  dove  si  parla  dei  figli:  Abdallah,  crocefisso  da 
al-Haggàg,  di  al-Mundzir  e  del  figlio  di  costui  al-Hakam  b.  al-Mudzir  b. 
al-Gràrùd. 

Anche  al-Gràrùd  appartiene  a  quella  categoria  di  illustri  guerrieri  pa- 
gani che  servirono  l' Islam  nelle  conquiste  e  furono,  come  '  Amr  b.  Ma'di- 
karib,   idealizzati  dalle  generazioni  posteriori. 

Cfi-.  anche  Hagar  Tahdzìb.   H,  53-54,  n.  81. 

Gu  ài  b.  Suràqah. 

§  314.  —  Gru'àl  b.  Suràqah  al-Damri  era  anche  chiamato  (col  dimi- 
nutivo) (xu'ayl,  ed  il  Profeta  gli  mutò  il  nome  in  Amr  (onde  fu  poi  detto 
Gru'ayl  'Amr  o  per  canzonatura  Gru'ayl  'limar):  fii  uomo  di  apparenza  in- 
l'elice  e  miserabile,  ma  buon  musulmano,  semplicione,  convertito  nei  primi 
tempi,  presente  ad  Uhud  ed  ai  fatti  d'arme  successivi.  Fu  messo  del  Pro- 
feta a  Madinah  durante  la  spedizione  di  Dzàt  al-Riqà',  ed  alla  spedizione 
di  Hunayn  non  ricevette  alcun  dono  in  più,  perchè  Maometto  afifermò  che 
era  sicuro  della  .sua  fede  (e  perciò  non  occorreva    assicurarselo  con  doni) 

661. 


§9  314-317.  21.  a.   H. 

21.  a.  H.  (Or a w zi,  1,  fol.    (}4,v.-6ò,r.,  il  quale  cronista  lo  annovera  tra  i  morti  del 

NECROLOGIO.    -       ^ 
ÓuàI    b.    Surà-       -^  ■    H-^- 
qa^^i  ibn   Hagar  dice  che  alcuni  gli  danno  la  nisbah  al-Ghifàri,  o  al-Tha- 

labi:  sospetta  poi  che  (ju'ayl  l'osse  un  fratello  di   (xu'àl   (Hagar,    1,  480- 

481,  n.   1160). 

Cfr.  Athir  Usd,  I,  383-84;  Dzahabi  Tagrìd,  I,  90;  Isti'àb,  101; 

Saad,  IV,   1,   180-81. 

al-Hàrith  b.  Zayd. 

§  315. — abù  Attàb  al-Hàrith  b.  Zayd  b.  Hàrithah  b.  Muàwiyah  b. 
Tha'labali  b.  (xadzìmah,  Compagno  del  Profeta,  tu  ucciso  nell'anno  21.  H. 
(forse  alla  battaglia  di  Nihàwand)  (Hagar,  I,  570,  n.   1406). 

Cfi-.  Athir  Usd,  I,  329;  Dzahabi  Tagrid,  I,   107. 

Humamah. 

§  316.  —  Humamah  fu  un  Compagno  del  Profeta  morto  ad  Isbahàn  dopo 
la  presa  della  città  nel  21.  H.   (Athir,  HI,   16). 

Gii-.  Grawzi,  I,  fol.  66,r. 

Humamah  al-Dawsi  (Yàqut,  I,  923;  IV,  4^2). 

Cfr.  Khall.  Wlist,  n.  273;  Hagar,  I,  730;  Bukhàri  Tarikh, 
26;  Athir  Usd,  II,  53;  Dzahabi  Tagrid,  I,  150;  Isti'àb,  152;  Ha- 
gar, I,  730  (per  la  vocalizzazione  cfr.  Durayd,  173). 

Khàlid  b.  al-Walid. 

§  317.  —  abii  Sulaymàn  Khàlid  b.  al-Walid  b.  al-Mughirah  b.  Abdallah 
b.  Umar  b.  Makhziim  al-Makhzùmi,  detto  Sayf  Allah,  o  spada  di  Dio,  dallo 
stesso  Profeta,  ebbe  per  madre  Lubàbah  al-Sughra  bint  al-Hàrith  b.  Harb 
al-Hilàliyyah,  sorella  di  Lubàbah  al-Kubra,  moglie  di  al-'Abbàs  b.  Abd  al- 
Muttalib,  e  di  Maymiinah,  una  delle  mogli  del  Profeta. 

Fu  uno  dei  più  insigni  e  più  famosi  Qurays  nei  tempi  pagani  e  si 
distinse  già  nelle  guerre  contro  Maometto  prima  di  convertirsi  all'Islam: 
il  suo  famoso  movimento  aggirante,  alla  testa  della  cavalleria  Makkana,  tra- 
volse i  Musulmani  a  Uhud  e  assicurò  la  vittoria  ai  Qurays.  Egli  rimase 
pagano  fino  all'anno  7.  H.,  nel  quale  si  converti  insieme  con  'Ami'  b.  al-'Às, 
non  è  ben  certo  se  prima  o  dopo  la  spedizione  di  Khaybar  (cfr.  però  8.  a.  H., 
§§  1  e  segg.)  :  è  errata  in  ogni  caso  la  tradizione  che  pone  la  sua  conver- 
sione nell'anno  5.  H. 

Diventato  musulmano,  prese  una  parte  attiva  a  tutte  le  spedizioni  del 
Profeta:  in  quella  di  Mù-tah,  egli  fu  il  terzo  amir  che  afferrò  lo  stendardo, 

652. 


21-    a.    H.  §§  317^  318. 


e  si  battè   cou    tanto    valore    che.   si  dice,  nelle  sue  mani  si  ruppero  ben  21.  a.  H. 

nove  spade:  al  suo  grande  valore  si  deve  che  il  disastro  non  fosse  anche     ''*'^^àhd^b°ai-Wa- 
maggiore;  onde,  in  riconoscenza  per  i  suoi  servigi.  Maometto  fece  speciale        "«'•] 
menzione  di  lui  nella  predica  che  tenne  dopo  il  rovescio. 

Accompagnò  poi  il  Profeta  durante  la  presa  di  Makkah,  ove  si  di- 
stinse contro  i  banù  Gadzimah:  si  trovò  a  Huna\'n  e  ad  al-Tà-if  e  andò 
a  distruggere  l'idolo  al-'Uzza  (Hagar,  I,  848-849,  n.   2190,  pag.  852j. 

ibn  al-Grawzi  dice  che  sua  madie  avesse  nome  Asma  (?  'Usmà),  ossia 
Lubàbah  al-Sughra  (Grawzi,  I,  fol.  65,r.). 

§  318. —  Le  violenze  commesse  arbitrariamente  da  Khàlid  alla  spedi- 
zione dei  banù  Gradzimah  (cfi-.  8.  a.  H.,  §§  107  e  segg.)  fiirono  completa- 
mente perdonate  ed  ammesse  dal  Profeta,  il  quale,  desideroso  di  conservarsi 
l'aiuto  prezioso  del  valente  guerriero,  era  disposto  a  tollerare  tutti  gli  ec- 
cessi del  suo  carattere  rimasto  sempre  paganamente  feroce.  Gli  conservò 
per  questo  motivo  il  comando  dell'avanguardia  non  solo  dopo  la  presa  di 
Makkah  e  durante  la  spedizione  di  Hunayn.  ma  anche  di  poi  nella  spedi- 
zione di  Tabùk.  Gli  affidò  inoltre  il  comando  della  spedizione  contro  Ukaydir 
(cfi-.  9.  a.  H.,  §  45),  e  di  quella  contro  i  banù-1-Hàrith  b.  Ka'b  (cfi-.  10.  a.  H., 
§  3).  Dm-ante  il  pellegrinaggio  d'Addio,  il  Profeta  onorò  Khàlid  con  il  dono 
di  un  ciuffo  di  capelli,  che  .si  era  tagliato  alla  fine  delle  cerimonie  del 
hagg,  e  Khàlid  portò  quel  ciuffo  riposto  gelosamente  nel  proprio  elmo. 
Alla  battaglia  del  Yarmùk  l'elmo  gli  cadde  in  terra,  e  Khàlid,  disperato  di 
non  più  ritrovarlo,  andò  en-ando  attraverso  il  campo  gridando:  «  Il  mio 
«  elmo!  Il  mio  elmo!  »,  e  nessuno  poteva  capire  il  motivo  del  suo  dolore 
e  della  sua  agitazione. 

Quando  morì  e  venne  lavato  il  cadavere,  si  scoprì  che  nessuna  parte 
del  corpo  era  intatta,  ma  tutto  coperto  di  cicatrici  per  ferite  di  spade, 
lancie  e  freccie  nemiche. 

In  principio  i  rapporti  suoi  con  'Umar  furono  cattivi,  ma  di  poi  mi- 
gliorarono (Wàqidi  Wellhausen,  354). 

Il  Profeta  lo  mandò  anche  contro  Ukaydù-  in  Uùmah  al-Gandal;  ma 
astenendosi  dal  versare  sangue  inutilmente,  Khàlid  accettò  le  offerte  di 
Ukaj-dir,  e,  .stipulata  la  pace,  lo  fece  prigioniero  fHagar,  I,  850j. 

La  fama  maggiore  di  Khàlid  provenne  dalla  .sua  stupenda  campagna 
contro  le  tribù  ribelli  nell'anno  11.  H.,  quando  per  ordine  del  Califfo  abù 
Baki-  represse  la  grande  insun-ezione,  sbaragliò  Tulayhah,  sconfisse  e  uccise 
Màlik  b.  Xuwayrah,  abbattè  e  uccise  Musaylamah.  La  sua  fama  crebbe  poi 
ancora  con  le  sue  gesta  famose  qual  comandante  la  gi-ande  campagna  vitto- 
riosa del   12.  H.  contro  i  Persiani,  del   13.  TI.  contro  i  Greci,  e  prendendo 

653. 


ss  :;isj>2(.i. 


21.  a.  H. 


lid. 


2'-  a.  H.  mm  parte  principale  ali"  espugnazione  di  Damasco  e  alla  sottomissione  della 

NECROLOGIO.     -         ^.     .     '      „        -  t      orr>      orr.oroN 

Khàiid  b.  ai-Wa-     ^"la   (Hagar,  I,  850,  852-860). 

§  319.  —  Non  fu  però  scevro  di  colpe  e  incorse  piìi  volte  nell'ira  del 
Cai  irto  abu  Baki-  e  destò  lo  sdegno  di  'Umar,  clie  aveva  grande  influenza 
sull'animo  di  abu  Bakr.  Vergognosa  fu  la  sua  condotta  verso  Màlik  b.  Nu- 
wayrah,  che  egli  fece  uccidere  per  sposarne  la  vedova:  abu  Bakr  sdegnato 
lo  costrinse  a  ripudiarla  e  a  pagare  il  prezzo  di  sangue  a  Mutammim  b. . 
Nuwayrah  (Hagar,  I,  852). 

Egli  si  rese  poi  specialmente  inviso  per  i  suoi  modi  prepotenti  e  per 
la  sua  poca  onestà  nella  divisione  delle  spoglie,  delle  quali  non  rese  mai 
conto  al  Califfo  abù  Bakr.  Questi  intuì  il  grande  valore  di  Khàlid  come 
generale,  e  sorvolò  a  molte  mancanze  di  lui,  sapendo  quanto  necessario 
fosse  il  suo  genio  militare  per  il  ti'ionfo  dell'Isiàm.  Non  così  remissivo  fu 
'Umar,  il  quale  voleva  che  Khàlid  venisse  destituito  a  ogni  costo  e  chia- 
mato a  rendere  conto  delle  sue  azioni,  abu  Bakr,  cedendo  alle  insistenze 
di  'Umar,  aveva  accettata,  si  dice,  l'idea  di  deporre  Khàlid  e  sostituirgli 
Umar,  ma  alfine,  essendo  il  parere  concorde  di  tutti  gli  altri  Compagni 
contrario  a  questo,  'Umar  dovè  rinunziare  al  suo  disegno  e  rimanere  in 
Madinah  presso  abii  Bakr  per  assisterlo  con  i  suoi  consigli  (Hagar,  I, 
852,  853). 

§  320.  —  Secondo  la  tradizione,  uno  dei  primi  atti  di  'Umar,  quando 
divenne  Califfo  —  cfi-.  però  15.  a.  H.,  ■§§  31  e  segg.  —  fii  di  destituire 
Khàlid  dal  comando  dell'esercito  in  Siria  e  surrogargli  abù  Ubaydah; 
ma  non  osò  mettere  in  atto  altre  minacele  formulate  un  tempo  contro  di 
lui.  perchè  la  causa  dell'Isiàm  aveva  ancora  troppo  bisogno  del  genio  stra- 
tegico del  grande  generale.  Tale  deposizione  ebbe  però  vasti  effetti,  e  non 
pochi  criticarono  molto  aspramente  la  condotta  vendicativa  di  'Umar,  nella 
quale  non  era  difficile  scorgere  una  manifesta  invidia  per  la  gloria  del 
grande  qurasita.  abù  'Amr  b.  Hafs  b.  al-Mughirah,  un  cugino  di  Khàlid,  gli 
rimproverò  di  aver  tolto  un  comando  dato  dal  Profeta,  e  di  avere  abbas- 
sato uno  stendardo  che  lo  stesso  Profeta  aveva  innalzato.  Il  passo  sembrò 
tanto  grave,  che  'Umar  dovè  spiegarsi  e  giustificarsi  in  pubblica  conclone 
in  Madinah.  In  seguito  Umar  insistè  sempre  di  aver  agito  a  quel  modo 
verso  Khàlid  per  la  sua  arrogante  prepotenza,  e  per  la  sua  gestione  diso- 
nesta delle  prede  di  guerra  (Hagar,  I,  852,  863). 

La  figura  di  Khàlid  occupa  una  j30SÌzione  eminente  nella  tradizione  mu- 
sulmana, la  quale  ha  ritenuto  che  Dio  per  mezzo  del  Profeta  gli  conferisse 
favori  e  poteri  speciali,  fino  a  quello  di  fare  miracoli.  Innanzitutto  ha  colpito 
la  immaginazione  dei  posteri  il  fatto  che  in  qualunque  battaglia  comandasse 

654. 


Ild. 


21.  a.  H.  §§  s-2ivfì>2. 

Khàlid,  0  fosse  soltanto  presente,  la  vittoria  arrise  sempre  ai  Musulmani,  21.  a.  h. 

mentre  lui  assente  giavi  rovesci  afflissero  le  loro  armi.  Si  narra  che  ''*Kifànd^b°ai-Wa- 
alla  giornata  del  Yarmiik  egli  smarrisse  la  sua  qalansuwah,  o  copri- 
capo, e  che  la  facesse  inutilmente  cercare  sul  campo  di  battaglia,  perchè 
connetteva  ad  essa  un  pregio  speciale:  in  essa  aveva  riposto  i  capelli  do- 
natigli dal  Profeta,  un  giorno  che  questi  si  era  fatto  radere  il  capo:  egli 
non  soleva  mai  prendere  parte  ad  una  battaglia  senza  quel  copricapo,  che 
a  suo  parere  gli  assicurava  la  vittoria  (').  Quando,  addolorato,  aveva  già 
abbandonata  la  speranza  di  ritrovare  la  preziosa  reliquia,  scoprì  che  era 
attaccata  miracolosamente  dietro  alle  sue  spalle  (Hagar,  I,  851). 

Cfr.  anche  Athir,  III,  16,  che  dice  aver  Khàlid  lasciato  la  sua  for- 
tuna in  eredità  al  Califfo  'Umar:  il  che  è  confermato  da  altre  fonti. 
Cfr.  Khamìs,  I,  276,  lin.  20-24,  dove  è  detto  che  morisse  povero,  ossia 
lasciando  soltanto  un  cavallo,  le  sue  armi  ed  una  casa  in  Madinah. 

Nota  1.  —  Ancor  oggi  è  superstizione  comunissima  in  Siria  di  portare  nei  turbanti  reliquie  di 
questo  genere  (cfr.  Curtis,  Ursemitische  Religion.  pag.  97). 

§  321.  —  A  lui  si  attribuiscono  anche  miracoli:  una  volta  nell"Iràq. 
un  tale  gli  mise  un  veleno  nelle  bevande,  ma  egli  le  bevette  senza  risen- 
tirne danno  alcuno.  Un'altra  volta  colse  in  flagrante  un  soldato  con  un  otre 
pieno  di  vino,  e  supponendo  che  questi  volesse  godere  della  bevanda  proi- 
bita, lo  fermò  e  gli  domandò  che  cosa  vi  fosse  nell'otre:  il  soldato  per  scol- 
parsi dichiarò  che  v'era  aceto,  e  Khàlid  soggiimse:  «  E  Dio  lo  renda  aceto!  ». 
Quando  il  soldato  apri  l'otre,  trovò  che  il  vino  era  diventato  aceto  (Ha- 
gar, I,  852). —  Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.   137,v. 

Khàlid  aveva  la  passione  delle  armi  e  soleva  dire  che  per  lui  la  notte 
più  deliziosa  non  era  già  quella  passata  per  la  prima  volta  nelle  braccia 
della  sposa,  ma  la  vigilia  dei  più  aspri  combattimenti  per  la  fede;  e  ripetè 
questo  pensiero  sul  suo  letto  di  morte  (Hagar,  I,  852). 

§  322.  —  Khàlid  cessò  di  vivere  nel  21.  a.  H.  nella  città  di  Hims  in 
Siria  ;  spirò  rimpiangendo  la  propria  sorte  di  dover  morire  sopra  un  letto, 
quando  aveva  cercato  tante  volte  la  palma  di  un  glorioso  martirio  sui  campi 
di  battaglia,  e  diede  istruzioni  precise  ai  pi'esenti  che  le  sue  armi  e  i  suoi 
cavalli  venissero  impiegati  per  la  guerra  contro  gì'  infedeli.  Esistono  poi 
tradizioni  che  affermano  essere  egli  morto  in  Madinah.  e  che  'Umar  se- 
guisse il  suo  feretro,  e  infine  altre  che  sostengono  aver  Khàlid  lasciata 
tutta  la  sua  sostanza  al  Califfo  medesimo  (')  (Hagar,  I.  853-854). 

Quando  morì  aveva  60  anni  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   137, r.). 

Nota  1.  —  II  Lammens  sospetta  in  questa  notizia  una  invenzione  tendenziosa  della  scuola  orto- 
dossa per  provare  ohe  i  grandi  santi  dell'Islam  erano  morti  amici  e  concordi,  sebbene  avversari  e  divisi 
mentre  erano  in  vita. 

655. 


323,  324.  21.    a.    H. 


21.  a.  H.  §  323.  —  Il  Profeta  di  Dio  ha  detto:  «  Non  dite  male  di  Khàlid,  perchè 

'Khàiid  b  al-Wa-  *  ^8'^i  ^  ^^  spada  di  Dio  »  (Balàdzuri  Ansàb,  fol.  809,r.):  tradizione  im- 
lid.]  portante  perchè  rivela  come  sia  esistito  un  partito  tijwiizioni.stico  che  ha 

calunniato  Khàlid  forse  per  le  sue  disposizioni  soverchiamente  pagane. 

Khàlid  mori  nel  21.  H.  in  Hims  e  fu  sepolto  in  una  città  distante 
un  miglio  da  Hims.  al-Wàqidi  ha  detto:  «  Io  ho  domandato  dove  fosse 
«questa  città,  ed  allora  dissero:  è  finita  in  polvere».  Nel  suo  testamento 
egli  lasciò  i  suoi  beni  al  Califfo  'limar  (Balàdzuri  Ansàb,  fol.  809, v.). 

(Da  Màlik  b.  Anas).  Khàlid  b.  al-Walid  si  somigliava  molto  ad  limar: 
una  volta  'limar  usci  di  buon'ora  e  s'incontrò  con  un  tale,  che  (scambian- 
dolo per  ivhàlid)  gli  disse:  «  Benvenuto,  o  abù-1-Walìd!  »;  ed  'limar  rispose 
al  saluto.  Allora  quegli  disse:  «  ibn  al-Khattàb  ti  ha  destituito!  ». —  «  Sì  ». 
—  «  Ma  egli  non  è  sazio  ancora?  Che  Dio  non  gli  renda  mai  sazio  il 
«  ventx'e!  ».  —  «  Che  cosa  può  questo  importare  a  te?  ».  —  «  Io  non  ho 
«  che  da  udire  ed  ubbidire  ».  —  Il  mattino  seguente  il  Califfo  'Umar  raccontò 
la  storiella  e  rise  e  disse  :  «  Io  non  ho  agito  contro  Khàlid  se  non  perchè 
«  era  preoccupato  a  causa  del  danaro»   (Balàdzuri  Ansàb,  fol.  809,  v.). 

Egli  trasmise  tradizioni  a  Abdallah  b.  'Abbàs  |t  68.  a.  H.],  a  Gràbir,  ad 
al-Miqdàm  b.  Ma'dikarib,  a  Qays  b.  abì  Hàzim,  ad  Alqamah  1>.  Qays,  ed  a 
molti  altri  (Hagar,  I,  849). 

Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.   137,r. 

Secondo  Mirkhawànd,  Khàlid  morì  nel  quinto  anno  di  Umar  (Mir^ 
khawànd,  II,  246):  notizia  errata,  perchè  lo  farebbe  morire  nel  18.  H, 
(Gawzi.  I,  foL  66,r.-66,v.). 

Cfi-.  Khamis,  II,  72-73. 

§  324.  —  Suo  padre,  al-Walid,  era  uno  dei  più  insigni  Qurasiti,  e 
uno  dei  generosi  fra  i  loro  generosi:  lo  chiamavano  al-Wahid' —  l'unico — . 
Sua  madre  era  Sakhrah  bint-al-Hàrith  b.  Abdallah  b.  Abd  Sams,  donna  di 
Bagilah,  pel  ramo  dei  Qaj's.  Quando  morì  al-Walid  b.  al-Mughirah,  i  Qu- 
rasiti per  la  considerazione  che  avevano  di  lui,  datarono  le  epoche  dalla 
sua  morte;  quindi,  quando  fu  l'anno  dell'elefante  (àm  al-fìl)  datarono 
da  esso  :  così  racconta  almeno  ibn  Da'b.  Invece  al-Zubayr  b.  Bakkàr  af- 
ferma, sulla  fede  di  'Amr  b.  abi  Bakr  al-Mawsili,  che  essi  segnarono  per 
sette  anni  la  data  dalla  morte  di  Hisàm  b.  al-Mughirah,  finché  venne 
l'anno  in  cui  costruirono  la  Ka'bah,  e  allora  datarono  da  quell'anno. 

Khàlid  b.  al-Walid  occupa  un  posto  ben  noto  come  Compagno  del 
Profeta  e  per  la  sua  bravura  militare.  Il  Profeta  lo  soprannominò  «  la 
«  Spada  di  Allah  »  s  a  y  f  Allah;  egli  emigrò  verso  il  Profeta  nell'anno 
della  conquista  ('àm  al-fath)  e  dopo  al-Hudaybiyyah:  egli,  'Amr  b.  al-'As 

6.56. 


^1 .    £1.    H.  s  324. 

e  'Uthmàn  b.  Talhah.  Il  Profeta,  quando  li  vide,  disse  ai  suoi:   «  Ecco  che  21.  a.  h. 

«  Makkah  vi  manda  le  sue  viscere  più    interne  (il  suo   meglio)  ».    Khàlid     '  ^hàiid  b.  ai-Wa- 

intervenne  alla  j^resa  di  Makkah  eoi    Profeta,  e  fu  il    primo   degli   Arabi        ''«^l 

emigrati  che  entrò  nella  città,   penetrando  dalla  parte  bassa    di    Makkah. 

Presente  alla  giornata  di  Mutah.  quando  furono  uccisi  Zayd  b.  Hàrithab. 

Gra'far  ibn  abi  Tàlib  e  'Abdallah  b.  al-Rawàhah,  e  vide  che  i  nemici  stavano 

per  avere  buon  gioco  dei  Muslim,  si  strinse  ad  essi  (cioè  ai  superstiti)  e  li 

protesse  finché  furono  salvi.  In  quel  giorno  il  Profeta  lo  nominò  «  Spada 

«  di  Allah  ».  Ci  narrarono  tutto  questo  al-Harami  b.  abi-l-'Alà  e  al-Tusi,  da 

al-Zubayi'  b.  Bakkàr. 

Ivhàlid,  nella  giornata  di  Hunayn,  era  all'avanguardia  del  Profeta  con 
i  banu  Sulàym,  e  fu  colpito  quel  giorno  di  molte  ferite.  Dopo  la  sconfitta 
degl'infedeli,  il  Profeta  si  recò  da  lui,  sotfiò  nelle  sue  ferite  e  Khàlid  si 
levò  guarito.  Sono  note  le  sue  gesta  nella  guerra  contro  gli  apostati  (a  h  1 
al-riddahj  durante  i  giorni  di  abu  Bakr.  Fu  lui  che  conqui-stò  a!-Hìi-ah.  i 
cui  cittadini  gli  mandarono  'Abd  al-Masih  b.  Amr  b.  Buqaylah;  ivhàlid 
parlamentò  con  lui,  e  'Abd  al-Masih  gli  dimandò:  «Donde  vieni?».  — 
«  Da  dietro  a  me  ».  —  «  Dove  vuoi  andare?  ».  —  «  Avanti  a  me  ».  —  «  Di 
«  quanti  anni  .sei  tu  figlio?  ».  —  «  Di  un  sol  uomo  ed  una  donna  ».  — 
«  E  qual' è  l'estrema  tua  mèta?  ».  —  «  L'ultimo  termine  della  mia  vita  ». 
—  «  Puoi  pagare  il  aql?  (hai  tanti  cameli,  sei  così  ricco  da  poter  pagare 
«  un  uomo  ucciso  da  qualcuno  della  tua  famiglia?)  ».  —  «  Sì.  posso  pagare 
«il  'aql  e  il  qawad».  —  Allora  chiese  Khàlid  :  «Che  cosa  sono  queste 
«  fortezze?  ».  —  «  Ne  abbiamo  costruite  per  difenderci  in  esse  dai  deboli, 
«  finché  li  respinga  il  forte  (??)  ».  —  «  Certo  non  senza  motivo  scelse  te  la 
«  tua  gente;  che  cosa  hai  tu  nella  mano?  ».  —  «  Un  veleno  che  uccide  in 
«  un'ora  ».  —  «  E  che  cosa  vuoi  farne?  ».  —  «  Voglio  prima  vedere  come 
«  (con  quali  concessioni;  tu  mi  rinvierai.  e  se  otterrò  patti  favorevoli  por 
«  il  mio  popolo,  ritornerò  ad  essi  :  altrimenti  lo  beverò  e  ucciderò  me  stesso, 

*  non  volendo  tornare  a  loro  con  patti  dannosi  ».  Disse  Khàlid:  «  Fammelo 
«  vedere  ».  Abd  al-Masih  glielo  porse,  e  Khàlid  disse:  «  Nel  nome  di  Allah, 
«  col  cui  nome  nulla  è  dannoso  in  terra  e  in  cielo  ;  poiché  egli  ascolta  e 

*  conosce  tutto  »  ;  quindi  lo  ingoiò  e  fu  preso  da  uno  svenimento,  poi  si  destò 
e  si  asciugò  il  sudore  della  faccia.  Allora  ibn  Buqaylah  si  recò  dalla  sua  gente, 
narrò  loro  l'accaduto,  e  disse  :  «  Costoro  non  possono  essere  che  dei  -diavoli, 
«  non  è  possibile  aver  ragione  di  loro,  accordatevi  con  essi  alle  condizioni  che 
«  crederete  (?  o  crederanno?)  ».  Così  infatti  fecero.  Ci  narrò  tutto  ciò  Tbràhim 
b.  ai-Sari  b.  Yahya  al-Tamimi,  da  Su'ayb,  da  Yùsuf:  ce  lo  narrò  inoltre  al- 
Hasan  b.  'Ali.  da   al-Hàrith  b.  Muhammad  I).  Sa'd,  da  al-Wàqidi. 

6.57.  83 


fi  1^24  ^1  •    ^*    il* 

21.  a.  H.  abii   liaki'  lo  costituì    coinaiulanto    di    tutti  gii  eserciti  da  lui  spediti 

Khiìd  b  ai-w        u*'lla    Siria    per    combattere    gli    al-Rùm,  benché    fra    essi    vi    fossero    abu 

lid.]  ■Fbaydalì  b.  al-Crarràh  e  Mu'àdz  b.   Gabal,  i  quali    accettarono    di    essere 

al  suo    comando.  Il    Profeta   un    giorno    si    era   fatti    tagliare    i   capelli,  o 

Khàlid  prese  i  suoi  capelli  e  li  mise  in  un  suo  berretto,  e  tutte  le  volte 

che  affrontò  un  esercito  con  questo  berretto  in  capo,  lo  mise  in  rotta. 

Khàlid  riferì  hadith  dal  Profeta,  hadìtli  che  furono  riportati  ulte- 
riormente sulla  sua  fede. 

Una  volta  il  Profeta  lo  vide  pendere  ad  un  harsi  (??),  ed  esclamò: 
«Qua!  uomo  Khàlid  b.  al-Walìd!».  Ci  narrò  questo  al-Tùsi  e  al-Harami, 
da  al-Zubayr  b.  Bakkàr,  da  Ya'qub  b.  Muhammad  al-Zuhri,  da  Abd  al- 
'aziz  b.  Muhammad,  da  Abd  al-wàhid  b.  abi  'Awn,  da  Sa'id  al-Maqburi,  da 
abù  Huiajrah. 

Soggiunge  al-Zubayr  :  Mi  narrò  Muhammad  b.  Sallàm,  da  Abàn  b.  Uth- 
màn  :  Quando  morì  Khàlid  b.  al-Walìd,  non  ci  fu  donna  dei  banù-1-Mughìrah, 
che  non  deponesse  la  sua  capigliatura  sulla  sua  tomba,  cioè  a  dire  che  si 
tagliarono  i  capelli  (in  segno  di  lutto)  e  li  deposero  sulla  sua  tomba. 

Soggiunge  ibn  Sallàm  :  Narra  Yùnus  al-Nahwi  che  'limar  disse  in 
quell'occasione  :  ,«  Lasciate  che  le  donne  dei  banù-1-Mughirah  piangano 
«  sopra  abù  Sulaymàn  e  versino  uno  o  due  secchi  delle  loro  lagrime,  purché 
«  non  siano  singhiozzi,  né  gemiti  ». 

Narra  al-Zubayr,  secondo  quanto  ci  riferivano  le  nostre  fonti:  Mi  rac- 
contò Muhammad  b.  al-Dahhàk,  da  suo  padre,  che  'Umar  b.  al-Khattàb 
aveva  una  somiglianza  perfetta  con  Khàlid  b.  al-Walìd.  Ora  una  volta 
essendo  egli  uscito  all'alba,  l' incontrò  un  vecchio  che  gli  disse  :  «  Benve- 
«  nuto,  o  abii  Sulaymàn  ».  'Umar  lo  guardò  e  riconobbe  in  lui  Alqamah 
b.  'UlàtJ.iah.  Gli  restituì  il  saluto,  e  'Alqamah  gli  disse:  «'Umar  b.  al- 
«  Khattàb  ti  ha  destituito  ».  —  «  Proprio  così  »,  gli  rispose  'Umar.  Disse 
'Alqamah  :  «  Non  é  una  cosa  che  possa  saziarlo  :  che  Allah  non  sazii  mai  il 
«  suo  ventre!  ».  Gli  disse  Umar:  «  E  il  tuo  sentimento  qual  é?  ».  Rispose: 
«  Null'altro  che  la  più  completa  dipendenza  dai  tuoi  voleri  ».  Quando  fu 
la  mattina,  'Umar  fece  chiamare  Khàlid,  mentre  c'era  'Alqamah  b.  Ulà- 
thah  ;  quindi  rivoltosi  a  Khàlid,  gli  disse  :  «  Che  cosa  é  che  ti  ha  detto 
«  'Alqamah?  ».  Rispose  :  «  Non  mi  ha  detto  nulla  ».  Disse  'Umar:  «  Dimmi 
«  la  vei'ità  ».  Khàlid  giurò  per  Allah  che  non  l'aveva  incontrato  e  non  gli 
aveva  detto  nulla.  Allora  gli  disse  'Alqamah:  «  Poni  un  limite  nel  fare 
«  un  giuramento  (ossia  aggiungi:  se  Dio  lo  vuole),  o  abù  Sulaymàn  ». 
'Umar  sorrise  e  Khàlid  comprese  allora  che  'Alqamah  aveva  sbagliato  ; 
perciò  lo  fissò  in  viso  ;  e  'Alqamah  comprese  e  disse  :   «  Ciò  che  é  avvenuto 

668. 


21.    a.    H.  §§324,  325. 


21.  a.  H. 
FNECROLOGIO. 


«  è  avvenuto,  o  Principe  dei  Credenti:  perdonami,  che  Allah  ti  perdoni  » 

'Umar  si  mise  a  ridere,  e  raccontò  l'avventura  a  Khàlid  (Aghàni,  XV,     '"Khàì'id''b!'ai-Wa. 

pag.   11,  Un.   14:  pag.  12,  "lin.  ìil).  nd-l 

Cfi-.  Yàqut,  I,  72,  137,  158,  210,  363,  ecc.,  vedi  Indice,  pag.  412; 
Hisàm,  273,  275,  561.  576,  717,  795.  833,  839,  903,  968,  999;  Qutay- 
bah,  136;  Balàdzuri,  Indice,  pag.  481;  Abulfeda,  Indice,  V, 
473:  Mahàsin,  I,  84;  Athir  Usd,  II,  101-104;  Dzahabi  Tagrid,  I. 
166;  Isti  ab,  167-158;  Hagar  Tahdzib,  III,  124-126;  N a wawi.  224- 
225;  Saad,  IV,  2,   1-2  (tronco  di  biografia);  Khamis,  II,  275,  lin.  15-29. 

§  325.  —  Il  Mtìller  nel  riassumere  l'opera  di  Khàlid  b.  al-Walid  spiega 
la  oscm-ità  in  cui  visse  l'illustre  stratega  dopo  le  grandi  conquiste  con 
supposizioni  di  varia  natura  che  vicendevolmente  si  completano.  Cessava 
il  compito  del  guen-iero,  e  doveva  incominciare  quello  dell'amministratore 
ed  organizzatore:  al  quale  ufiScio  la  natura  selvaggia  e  per  nulla  scrupo- 
losa della  «  Spada  di  Dio  »  non  era  adatta.  Khàlid  b.  al-Walid  si  trattenne 
tranquillamente  in  Siria  nel  periodo  che  corse  dalla  seconda  caduta  di  Da- 
masco sino  alla  morte  nel  21.  H.  senza  dar  segno  aperto  del  suo  risenti- 
mento e  tenendosi  lontano  dalla  vita  pubblica.  Può  essere,  dice  il  Mùller, 
che  Khàlid  tenesse  siffatto  contegno  esemplare  nella  spei'anza  di  riprendere 
nuovamente  una  posizione  di  grande  importanza  qualora,  per  la  morte  di 
Umar,  altri  più  benevolmente  disposti  fossero  saliti  al  potere.  Può  anche 
essere  che  Khàlid  si  sia  incontrato  con  'Umar  in  al-Gàbiyah  ed  abbia  fatta 
la  pace  in  tale  circostanza.  Tale  supposizione  del  Mùller  potrebbe'  avere 
molto  valore,  se  si  potesse  dimostrare  che  le  così  dette  confische  fatte 
da  Umar  a  carico  dei  suoi  governatori  in  generale  e  di  Khàlid  in  par- 
ticolare, fossero  avvenute  prima  del  18.  H.  Queste  confische  però  av- 
vennero, a  quanto  pare,  dopo  il  18.  H.:  e  se  è  vero  che  Khàlid  fu  una 
delle  vittime  del  rigore  califfale.  sembra  poco  probabile  che  nel  18.  U. 
i  due  uomini  avessero  fatta  interamente  la  pace  tra  loro.  In  quest'  ul- 
timo caso  Umar  non  avrebbe  insevito  contro  Khàlid  subito  dopo.  Il 
Mùller  ha  di  Khàlid  un'altissima  opinione  come  genio  militare,  ma  lo 
considera  perciò  un  uomo  simile  a  Napoleone,  in  quanto  niun  pensiero 
si  diede  delle  sofferenze  umane  cagionate  dall'esplicazione  delle  sue  pro- 
digiose qualità  strategiche.  Il  Mùller  riconosce  in  lui  la  fusione  di  tutte 
le  qualità  proprie  di  un  guerriero  e  di  un  generale,  uomo  d'immense 
instancabili  energie,  il  quale  sapeva  ispirare  nei  suoi  dipendenti  la  pili 
illimitata  fiducia.  Ammette  però  che  Khàlid  fu  soltanto  grande  alla  testa 
dei  suoi  Beduini,  ed  in  quel  posto  fu  grande  come  niun  altro  mai  (Mùl- 
ler, I,  256-257). 


659. 


§§*3-2i>,  3-27.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  g  326.   —  Se,   iieiresaniiuare  criticameute  l'opera   dei  foudatori  prin- 

Khaiìd  b  ai-Wa-     <^ipali  dello  Stato  islamico,  il  lómpito   nostro  si  limitasse  a  riassumere  le 
Uà.]  tiallaci  vesti  leggendarie  delle  tradizioni,  il  lavoro  di  sintesi  storica  sarebbe 

lelativamcnte  facile,  ma  altrettanto  inutile  e  lungi  dal  vero.  Inoltre  tali  sin- 
tesi biografiche  dei  grandi  Compagni  del  Profeta  avrebbero  tra  loro  tanta 
somiglianza  di  caratteristiche,  che  immediata,  lampante,  scaturirebbe  la 
lonclusione,  aver  la  tradizione,  nel  ritrattare  le  grandi  figure  dell'  [slam 
primitivo,  piuttosto  che  ispirarsi  alla  verità  dei  fatti,  ripetuto  per  ognuno 
lo  svolgimento  d'un  tema  tradizionistico,  che  pervade  tutta  la  materia  sto- 
rica e  biografica.  Il  preconcetto  travisatore,  che  corrompe  tutte  le  tradi- 
zioni del  tempo  di  cui  ora  ci  occupiamo,  è  principalmente  quello  di  credere 
che  nei  primordi  tutti  i  Compagni  del  Profeta  fossero  uomini  perfetti,  osser- 
vatori scrupolosi  e  coscienziosi  dei  più  minuti  obblighi  dell'Isiàm,  e  tutti 
senza  distinzione  animati  da  fiammante  ardore  per  la  nuova  fede,  e  perciò 
disposti  ai  massimi  sacrifizi  personali  in  prò  di  essa.  Orbene  la  critica  dimo- 
stra che  questa  età  d'oi'o  dell'  Isiàm  non  è  mai  esistita  :  è  un  sogno  fantastico  di 
teologi  e  tradizionisti  posteriori,  dal  cui  ideale  il  mondo  in  cui  visse  ed  operò 
Maometto  era  molto  e  molto  lontano.  Gli  uomini  che  fondarono  l'Islam  furono 
per  molti  riguardi  simili  a  tutti  quelli  che  li  precedettero,  ed  a  tutti  quelli  che 
li  seguirono,  un  impasto  cioè  variabilissimo  di  virtù  e  di  difetti,  di  sane  energie 
e  di  colpevoli  debolezze.  Nemmeno  il  Profeta  Maometto  costituì  un'eccezione 
a  tale  regola.  Perciò,  se  vogliamo  avvicinarci  maggiormente  al  vero,  dob- 
biamo umanizzare  il  più  che  sia  possibile  quei  laceri  brandelli  di  verità  che  ci 
è  concesso  di  strappare  alle  nostre  fonti,  liberandoci  interamente  dai  precon- 
cetti tradizionistici,  che  hanno  contorto  e  falsato  tutte  le  ricostruzioni  sto- 
riche dell'  Isiàm  primitivo  sino  agli  ultimi  anni  del  secolo  scorso,  il  xix. 

La  critica  storica  del  primo  periodo  islamico  ha  fatto  grandi  progressi  in 
questi  ultimi  anni,  ma  non  ha  saputo  trascinarsi  appresso  i  rappresentanti 
più  insigni  di  quella  generazione  che  noi  dobbiamo  con  venerazione  ammi- 
rare quali  nostri  maestri.  Così,  per  esempio,  il  testé  defunto  De  Goeje  ed  il 
grande  Th.  Noeldeke  non  hanno  accettato  tutte  le  conclusioni  della  nuova 
scuola,  preferendo  rimanere  più  fedelmente  attaccati  alla  versione  tradizio- 
nale che  considera  l' Isiàm  come  moto  prevalentemente  religioso,  mentre 
il  Wellhausen  ed  il  Goldziher  segnano  il  principio  dell'evoluzione  verso  la 
nuova  scuola,  nella  quale  mi  compiaccio  di  ricordare  principalmente  C.  H. 
Becker  ed  il  padre  H.  Lammens,  quali  più  insigni  porta-stendardi  del 
nuovo  indirizzo,  considerato  quasi  rivoluzionario  dalla  scuola  più  antica. 
§  327.  —  I  principi  fondamentali  della  nuova  scuola  sono  stati  ampia- 
mente svolti  in  molti  passi  precedenti  dei  nostri  Annali,  e  perciò  basterà 

660. 


21.    a.    H.  ^§  3-27,  S-28. 

rammentarne  qui  il  concetto  ispiratore  e  trasformatore:  essere  stato  il  moto  21.  a.  h. 

islamico  in  Arabia  movimento  sovrattutto  politico,  militare,  economico  «>  Khàiid  b.  ai-Wa- 
sociale;  movimento  al  quale  il  sentimento  religioso  cooperò  in  misura  del  ''«'•1 
tutto  secondaria,  anzi  in  alcune  circostanze  in  modo  sì  lieve  da  potersi 
quasi  trascurare.  In  altre  parole  l'Islam,  in  Arabia,  nulla  mutò  d'essenziale 
nello  stato  più  intimo  degli  animi,  ma  servì  in  principal  modo  come  forza 
accentratrice  ed  eccitatrice  delle  energie  già  esistenti.  La  vasta  rivoluzione 
religiosa,  che  prese  poi  il  nome  di  Islamismo,  e  tutti  quei  grandi  fenomeni 
morali,  sociali,  letterari,  artistici,  teologici,  filosofici,  economici,  politici  che 
noi  chiamiamo  civiltà  musulmana,  furono  la  risultante  consecutiva  d'una 
serie  numerosissima  di  coefficienti  diversi,  ossia  dei  residui  di  tutte  le  ci- 
viltà che  successivamente  avevano  dominato  in  Asia,  dai  primi  tempi  ba- 
bilonesi sino  all'  ellenismo  dei  Diadochi,  al  Romanismo  imperiale  ed  al 
Cristianesimo  con  tutte  le  site  eresie. 

La  prima  fase  dell'  Islam,  quella  schiettamente  araba,  fii  quindi  ben 
diversa  da  tutte  le  successive,  nelle  quali  andarono  affermandosi,  e  final- 
mente trionfarono  le  tendenze,  che  oggi  per  noi  sono  le  caratteristiche  es- 
senziali dell'  Islamismo.  Nel  quale,  e  più  precisamente  in  quello  dei  giorni 
nostri,  le  caratteristiche  dell'  Isiàm  primordiale,  di  quello  in  mezzo  a  cui 
fiorì  Maometto,  sono  talmente  diluite  nella  grande  massa  di  coefiicienti 
estranei:  che  solo  l'occhio  e  la  mente  più  esperta  è  capace  di  scorgerne 
la  traccia.  Esse  sfuggono  alla  percezione  dei  più.  Nell'enorme  miscela  dei 
più  variopinti  ed  eterogenei  elementi  che  costituisce  l'Islamismo  moderno, 
quello  primitivo  antichissimo,  che  noi  ora  ci  affatichiamo  a  rintracciare, 
ebbe  la  principale  funzione  di  eccitante  fermentatore,  come  la  stilla  di  caglio 
dà  il  fermento  e  poi  coagula  la  massa  del  latte  nelle  vasche  dei  caseifici. 

§  328.  —  Queste  succinte  considerazioni  che  avremo  a  dilucidare  ed 
illustrare  più  minutamente  in  seguito  con  la  scorta  dei  documenti,  alla 
luce  di  cento  diversi  indizi,  erano  indispensabili  per  chiarire  il  nostro  con- 
cetto, diverso  da  tutti  i  nostri  predecessori,  sul  conto  di  tre  illustri  guei- 
rieri  arabi  morti  in  quest'anno,  Khàiid  b.  al-Walid,  'Amr  b.  Ma'dìliarib, 
e  Tulayhah,  ma  più  specialmente  sul  c;onto  del  primo.  Di  'Amr  abbiamo 
già  discorso. 

Ci  occuperemo  di  Khàiid  ora  più  specialmente,  e  molte  osservazioni 
che  varranno  a  descrivere  questa  singolare  figura,  assurta  nella  tradizione 
all'altissima  vetta  di  eroe  quasi  leggendario,  avranno  valore  in  una  ragione 
più  forte  ancora  per  gli  altri  due. 

Non  mette  il  conto  di  ritracciare,  nemmeno  sinteticamente  le  grandi 
linee  della  biografia  di  Khàiid  b.  al-AValìd,  perchè  esse    sono    già   da  per 

(361. 


lìd. 


21.  a.  H.  s,'.  cvidiMiti  uelle  versioni  da  noi  date  nei  paiagrafi  precedenti,  e  l'indict- 

Khàiìd'b  ai-Wa-  iilthbetico  alla  fine  del  secondo  volume  degli  Annali,  nonché  quello  elio 
speriamo  pubblicare  alla  fine  dell'anno  28.  11.  per  tutto  il  Califfato  di 
'Uniar.  potranno  facilmente  fornire  al)bondante  copia  di  notizie  biografichti 
che  sarebbero  necessarie  per  chi  volesse  addentrarsi  nello  studio  minuto 
della  biografia  e  della  persona  di  Khàlid  b.  al-Walid.  Noi  ci  contenteremo 
degli    aspetti    più    generali   e   storicamente  più  importanti  della  sua  vita. 

Nello  studio  degli  ultimi  anni  del  Profeta,  e  delle  vicende  delle  guerre 
civili  in  Arabia  durante  la  così  detta  Riddah,  noi  crediamo  di  aver  di- 
mostrato con  prove  sicure  e  convincenti  che  il  processo  di  conversione 
della  più  glande  parte  d'Arabia  fosse  allora  ai  suoi  primi  inizi,  e  che  le 
tribù  bellicose  o  turbolenti  della  penisola,  anche  dopo  il  trionfo  degli  eser- 
citi di  Madinah  nell'anno  12.  II.  e  seguenti,  rimasero  pagane.  La  pre- 
tesa conversione  è  arbitraria  affermazione  delle  nostre  fonti,  se  interpre- 
tiamo la  parola  conversione  nel  suo  significato  più  proprio  e  stretto.  In 
realtà  le  tribù  si  sottomisero  all'autorità  politica  del  Califfo  in  Madinali, 
o  meglio  dei  suoi  luogotenenti  :  si  unirono  ai  loro  nviovi  padroni,  tramu- 
tandosi da  sudditi  in  compagni  d'arme  e,  senza  nemmeno  ricorrere  alla 
finzione  di  dirsi  Musulmani  — ,  per  tale  ipocrisia  verbale  non  esisteva  ve- 
runa necessità  —  si  gettarono  alla  conquista  dell'Asia.  Più  che  Musulmani, 
più  che  seguaci  di  Maometto,  essi  si  sentirono  sovrattutto  Arabi,  e  come 
tali  agirono,  considerando  tutto  il  mondo  quale  loro  legittima  preda;  ben 
lungi  dal  predicare  un  nuovo  verbo  religioso,  cui  essi  ignoravano  forse 
altrettanto  quanto  i  popoli  che  sottomettevano,  operarono  nel  concetto 
che  tutti  i  popoli  non  arabi  dovessero  esistere  nel  solo  scopo  di  produrre 
in  copia  ricchezze  per  il  mantenimento  ed  il  godimento  dei  nuovi  signori 
dell'orbe  terraqueo. 

Grlt  Ai-abi  nel  complesso  rimasero  dunque  invariati  i  pagani  del  tempo 
antico,  quasi  in  niiUa  mutati  dalla  predicazione  di  Maometto. 

Lo  studio  della  figura  di  Khàlid  b.  al-Walìd  ha  qviesto  special  pregio 
di  farci  scendere  dalle  affermazioni  generali  su  questo  argomento  al  caso 
particolare,  il  quale  poi,  nella  persona  di  Khàlid,  acquista  un  valore  altis- 
simo. Se  constatiamo  l' intrinseco  paganesimo  di  questo  grande  figlio  di 
Arabia,  e  Compagno  del  Profeta,  a  fortiori  dovremo  riconoscere  l'essen- 
ziale paganesimo  delle  figure  minori  nel  dramma  islamico  e  sovrattutto  di 
quegli  uomini  che  assai  meno  di  Khàlid  ebbero    contatto  con    Maometto. 

§  329.  —  Khàlid  b.  al-Walìd  non  fii  mai  musulmano  :  dell'Isiàm  non 
seppe  mai  nulla,  né  mai  si  curò  di  sapere.  Quando  insieme  con  'Amr  b. 
al-'As,  nell'anno    S.  H.  (cfr.  8.  a.  H.,  §§    1    e  segg.)   abbandonò  i  consaii- 

«ti2 


21.    3..    H.  g  ;-;-2H. 

guinei  in  Makkah  e  si  unì   al   Profeta  in  MadLnali,  non  si  eroda  alla  sua  21.  a.  H. 

,,,-,..  1  rr.  ^  n       ■  ,      ■  [NECROLOGIO.    - 

conversione,  quale  la  tradizione  ce  la  raffigura.  E  finzione  posteriore,  orto-        Khaiid  b  ai-Wa- 

dossa,  che  Maometto  esigesse  la  conversione  dei  suoi  seguaci,  e  respingesse        ''«*•] 

ogni  contatto  con  i  pagani,  rifiutandone  persino  i  doni.  Quando  Khàlid  venne 

a  Madinali,  il   Profeta  si  contentava  oramai    della  sola  fedeltà    politica  e 

permise  apertamente  che  la  dichiarazione  di  fede  musulmana  si  riducesse 

ad  una   pura    formalità    esteriore.  La    sua    condotta    verso  i  Quiays    nello 

stesso  anno  8.  H.  in  cui  Khàlid  ed  'Amr  b.  al-'As  vennero  a  Madinah  è, 

per  chi  sa  intendere  e  leggere    nei    fatti  il  vero    intimo  ed  ascoso,   prova 

più  che  sufficiente. 

Il  paganesimo  di  Khàlid  riviene  alla  luce  dopo  la  presa  di  Makkah 
nella  spedizione  dei  banii  (Tadzìmah,  nella  quale  il  capitano  qurasita,  alla 
testa  di  una  banda  di-  quei  famigerati  predoni,  i  Sulaym,  di  triste  me- 
moria islamica,  si  vendicò  di  antichi  torti  dei  tempi  pagani  e,  contraria- 
mente alla  volontà  del  Profeta,  fece  massacrare  molta  gente  del  tutto  in- 
nocente (cfì-.  8.  a.  H.,  §§  107  e  segg.). 

Dell'  incidente  luttuoso  si  menò  allora  grande  scalpore,  e  la  tradizione 
posteriore  piìi  ortodossa,  che  non  ammirava  il  paganesimo  brutale  del  grande 
soldato,  ha  fatto  sforzi  acrobatici  per  liberare  il  Profeta  da  ogni  parteci- 
pazione al  fatto  di  sangue.  Già  allora  cominciò  a  manifestarsi  l' intimo  in- 
sanabile dissidio  tra  gli  antichi  Compagni  emigrati  con  Maometto  durante  la 
Higrah,  e  gli  altri  venuti  dopo  non  per  sentimento  disinteressato  di  fede, 
ma  per  opportunismo  politico  e  febbrile  ambizione. 

Se  continuiamo  a  seguire  l'attività  di  Khàlid  b.  al-Walid,  in  parti- 
colar  modo  dmante  la  Riddali  nell'll.  e  nel  12.- H.,  rivien  fuori  sempre 
la  medesima  caratteristica:  il  paganesimo  feroce,  e  la  pagana  mancanza  di 
qualsiasi  scrupolo  di  carattere  religioso,  e  di  ogni  riguardo  per  le  leggi 
dell'Isiàm,  anche  per  quelle  solennemente  enunciate  nel  Qur-àn.  Sorvolando 
a  incidenti  minori,  mii'iamo  sovi-attutto  a  ricordare  l'episodio  di  Màlik  b.  Nu- 
wa^rah,  ucciso  per  ordine  di  Khàlid;  il  quale  immediatamente  si  prese  in 
moglie  la  vedova  e  giacque  con  lei,  sebbene  il  Quràn  prescriva  che  una 
donna  prima  di  passare  a  seconde  nozze  debba  attendere  il  periodo  detto 
la  'iddah,  ossia  quel  tempo  necessario  a  stabilire  che  non  è  incinta  dal 
primo  marito  (cfr.   11.  a.  H.,  §§   180  e  segg.). 

"L'incidente  dell'uccisione  di  Màlik  b.  Nuwayrah,  sul  quale  la  tradizione 
per  vari  motivi  ha  ricamato  con  molta  fantasia  e  poco  fedelmente  al  vero, 
ha  poi  un  singolare  pregio,  perchè  pone  per  la  prima  volta  in  evidenza  il 
fatto,  sinora  inavvertito  dalla  tradizione,  di  un  latente  conflitto  tra  Khàlid 
b.  al-Walid  ed  'Umar.  La  tradizione  spiega  ogni  cosa  con  l'orrore  risentito 

663. 


21.  a.  H.  ,1jj   'Umar  por  l' infami'  condotta  di  Khàlid;  ma  se  tale  .spiegazione  ha  un 

lECROLOGIO.    -        .        ,         ,.  i'      1  1         1  ì  ■      ■  t-         ■   ^ 

Khàlid  b  ai-Wa-  tonilo  di  vero,  essa  non  tu  la  sola  clie  creasse  la  scissione  tra  i  due  nomini, 
lid.)  scissioni'  elio  ò  realmente  esistita  ed  è  stata  a  volte  assai  vivace. 

§  330.  —  In  Khàlid  ottendeva  l'animo  sincero  di  'Umar  quello  spu- 
(loiato  paganesimo,  che  chiaramente  rivelava  le  ragioni  interessate,  per  le 
tinali  Ivi  là  lid  si  era  associato  al  movimento  politico  di  Maometto.  V'erano 
nondimeno  anche  altri  motivi  di  divergenza  e  quasi  di  antipatia:  'Umar, 
con  tutte  le  sue  qualità,  era  uomo  assai  geloso  e  sospettoso,  o  come,  vi- 
vente Maometto,  tu  gelo.so  del  favore  di  cui  Ivbàlid  godeva  presso  il  Pro- 
feta, cosi  morto  costui  egli  vide  in  Khàlid  un  possibile  rivale  e  competitore 
nella  successione  al  califfato.  Il  favore  di  abfi  Bakr,  i  maravigliosi  successi 
ottenuti  nella  repressione  dei  moti  anti-islamici  delle  tribù  accesero  sempre 
più  i  sentimenti  ostili  del  futuro  Califfo,  sebbene  non  li  manifestasse  e 
non  agisse  come  la  tradizione  lo  descrive.  Khàlid  stesso  comprese  che  in 
Madinah  non  spirava  aria  a  lui  favorevole,  e  dopo  che  ebbe  lasciata  Ma- 
dinah  nella  seconda  metà  dell'anno  11.  H.  non  volle  più  farvi  ritorno, 
tranne  per  una  hi'eve  scorsa,  dopo  l'incidente  di  Màlik  b.  Nuwayrah,  quando 
tra  lui  ed  'limarsi  venne  ad  un  vivace  scambio  di  parole,  sedato  dall'in- 
tervento autorevole  del  Califfo  abù  Bakr. 

Khàlid  intuì  che  in  Madinah  tutto  era  nelle  mani  del  triumvirato 
abù  Bakr,  'Umar  ed  abù  Ubaydali;  onde  con  arabica  e  pagana  fierezza 
e  indipendenza  volse  la  fronte  verso  quel  grande  mondo  che  circuiva 
l'Arabia  e  disse  per  sempre  addio  al  patrio  Higàz. 

Cominciò  allora  quella  maravigiiosa,  seppur  brevissima,  appai'izione  di 
Khàlid  sulla  scena  mondiale  come  il  massimo  stratega  che  l'Arabia  abbia 
mai  prodotto.  Abbiamo  la  vittoria  di  al-Yamàmah  su  Musa^limah,  la  sua 
alleanza  con  le  tribù  pagane  del  confine  persiano,  e  l'ardita  incursione  nel 
principato  arabo-sassanida  di  al-Hìrah.  Dipoi,  sia  avesse  sentore  dei  pre- 
parativi gueiTeschi  in  Madinah,  sia  perchè  fosse  sospinto  da  un  pazzo  spi- 
rito di  avventure  e  naturalmente  propendesse  per  la  Siria  piuttosto  che 
altrove,  sia  infine  che  ricevesse  l'ordine  del  Califfo  —  e  questa  supposi- 
zione ritengo  la  meno  probabile  —  fece  quella  corsa  maravigiiosa  attra- 
verso terra  nemica  e  con  largo  circuito  che  lo  portò  sino  alla  riva  del- 
l'Eufrate,  opposta  quasi  alla  città  di  al-Raqqah,  piombò  come  fulmine  a 
ciel  sereno  nei  dintorni  di  Damasco  e  si  unì  ai  suoi  colleghi  che  già  guer- 
reggiavano in  quei  paraggi  alla  fine  del   12.  H. 

Poche  spedizioni  militari  possono  paragonarsi  con  questa  per  Tardi- 
mento  con  cui  fu  concepita,  l'abilità  e  la  prontezza  con  cui  fu  messa  in 
atto  e  menata  a  buon  fine  ;  ma  se  ne  esaminiamo  bene    l' intimo    signifi- 

G64. 


21.    a.    H.  §§  33,j,  ;-i3i. 

cato,   comprendiamcj  come  essa  sia  indizio  della  completa  indipendenza  di  21.  A.  h. 

IN POHrt I  rtf* IO 

Khàlid  da  (jgiii  tutela  o  ingerenza   di    Madinah   nelle   sue  faccende.  Egli        Khaiid  b  ai-Wa- 
non   voleva  dipendere  da  nessuno,  e  per  evitare    ogni    contatto    con   quei        ''<*•] 
pochi  che  dominavano  nella  città  del  Profeta,  preferì  farsi  da  sé,  la  spada 
in  mano,  con  poche  centinaia  di  seguaci,  una   via  attraverso  il  cuore  del 
paese  nemico. 

§  331.  —  Ma  i  maggiori  trionfi  di  Khàlid  lo  aspettavano  in  Siria, 
dove  egli  incontrò  vari  colleghi  intenti  a  razziare  i  confini  della  provincia 
bizantina.  I  col  leghi  che  trovò  in  Siria  e  Palestina  erano  uomini  di  tempra 
e  di  sentimenti  simili  ai  suoi,  uomini  islamici  solo  di  nome,  appartenenti 
alla  stessa  classe  e  stirpe  alla  quale  egli  era  tanto  fiero  di  appartenere. 
Erano  'Ami-  b.  al-'As  suo  compagno  di  emigrazione,  e  l'umayyade  Yazid 
b.  abi  Sufyàn,  il  giovane  che  riscoteva  tra  i  Qurays  le  maggiori  simpatie. 
Con  questi  uomini  e  con  gli  altri  minori  guerreggianti  in  Siria,  Khàlid 
s' intese  perfettamente,  e  seppe  agire  in  ottimo  accordo.  I  due  Qurays 
poc'anzi  menzionati  l'iconoscevano  in  lui  incontestabili  meriti  di  stratega, 
e  quando  le  fortunose  vicende  della  guerra  di  conquista  della  Siria,  da  noi 
narrate  altrove,  resero  necessario  che  le  schiere  islamiche  si  adunassero  per 
ischiacciare  l'avversario,  l'accordo  di  riunirsi  sotto  gli  ordini  di  Khàlid  fu 
sempre  fàcile  e  sincero.  In  Khàlid  tutti  riconoscevano  un  uomo  superiore, 
e  quelle  bande  tra  loro  indipendenti  furono  pronte  ad  obbedire  durante 
una  battaglia  al  grande  capitano,  perchè  la  sua  direzione  era  arra  sicura 
di  vittoria. 

Nei  tre  anni  della  famosa  cam|)agna,  dalla  fine  del  12.  alla  fine  del 
15.  IL.  tutte  le  grandi  battaglie  vinte  in  Siria  furono  per  la  parte  diret- 
tiva sicuramente  opera  di  Khàlid  b.  al-Walid,  ed  opera  spontanea  indipen- 
dente delle  milizie  combattenti  senza  veruna  diretta  ingerenza  da  Madinah. 
Molti  rinforzi  che  la  tradizione  attribuisce  alla  volontà  del  Califfo,  furono 
concorso  volontario  delle  tribù  attirate  dalla  gloria  delle  vittorie  e  dalla 
fama  dei  pingui  bottini,  probabilmente  anche  dal  nome  del  grande  ca- 
pitano. 

Di  Madinah  non  si  occupava  nessuno  :  dopo  la  morte  di  abii  Bakr, 
Khàlid  .'ientiva  che  al  potere  era  salito  un  uomo,  con  il  quale  egli  noi^  po- 
teva in  verun  modo  andar  d'accordo:  perciò  preferì  rimanere  a  combattere 
i)i  Siria  e  godersi  la  sua  indipendenza  e  le  vibranti  sodisfàzioni  della  gloria 
e  del  comando.  L'autorità  morale  acquistata  da  Khàlid  sulle  schiere  com- 
battenti fu  grande,  assai  più  grande  che  la  tradizione  non  ami  confessare, 
e  dovette  porgere  gravi  e  forti  moti\i  di  preoccupazioni  al  Califfo  ;  il  quale 
j)!')-  impedire  che  gli  eserciti  in  Siria  si  emancipassero  totalmente  da  lui, 

665  84 


§§  331,  o3-2.  21.   a.   H. 

21.  a.  H.  intervenne  con  azione  diretta    nelle    faccende    della  Siria   nella    crisi  clu^ 

Khài'id'b  ai-wa-     precedette  la  battaglia  del  Yannùk,  al  principio  del  16.  H.  Tanto  sembrò 

lìd.]  orave  ad  'Umar  la  condizione    morale   degli  eserciti  riuniti  sotto  Ivhàlid, 

che  fu  indotto  a  mandare  in  Siria  il  suo  più  fido  compagno  ed  amico,  abù 

Ubaydah.  È  palese   die    Umar    temesse    un    distacco   degli    eserciti  dallo 

Stato  di  Madinah  sotto  Khalid  b.  al-Walìd,  oppure  la  costituzioue  di  una 

specie  di  luogotenenza  siria,  che  avrebbe  servito  di  base  politica  e  militare 

a  Khalid  pei-  aspirare  al  califfato  alla  morte  di  'Umar,  se  non  anche  prima. 

§  332.  —  Non  ii[)etiamo  quanto  ampiamente  si  espose  in  altro  luogo 
(cfi-.  15.  a.  11..  §§  ìil  e  segg.)  sul  modo  come 'Umar  sapesse  riprendere  in 
mano  le  redini  del  potere  sui  suoi  eserciti  in  Siria,  e  come  riuscisse  ad 
imporsi  a  Khalid,  costringendolo  a  ritirarsi  a  vita  quasi  privata.  A  tale 
rapida  caduta  contribuì  anche  il  carattere  di  Khalid,  il  quale  seppure  avido 
di  emozioni  e  di  godimenti,  e  bramoso  di  gloria,  con  tutta  la  sua  manv- 
vigliosa  genialità  come  stratega,  non  era  uomo  astuto  e  calcolatore,  ma 
solo  interessato  ed  impulsivo.  Perciò  quando  vide  terminata  la  fase  eroica 
della  conquista,  quando  si  sentì  circondato  dal  plauso  festante  dei  militi  \it- 
toriosi  per  virtìi  sua,  ad  altro  non  aspirò;  e  dinanzi  alla  palese  ostilità  ed 
agli  umilianti  sospetti  di  'Umar,  agì  con  uija  dignità  e  con  uno  spirito  di 
indifferenza  di  sé  e  di  rispetto  per  il  bene  della  grande  causa  araba,  che 
gli  fa  il  più  alto  onore. 

Accettò  con  fiera  serenità  le  condizioni  che  gV  imponeva  il  Califfo  : 
obbedì  senza  esitare  contentandosi  di  lanciare  un'aere  parola  di  rimpro- 
vero contro  il  suo  nemico  per  la  nera  ingratitudine  con  la  quale  erano 
ricompensati  i  servigi  impareggiabili  da  lui  resi  all'impero  islamico;  ed 
abbandonando  per  sempre  la  patria,  si  fissò  in  Siria.  Nemmeno  l' umilia- 
zione della  parziale  confisca  dei  suoi  beni  ordinata  dal  Califfo  valse  a 
smuoverlo  dal  suo  contegno  di  nobile  isolamento.  Si  piegò  alla  spoliazione, 
riconoscendo  forse  nell'atto  del  Califfo  una  ragione  politica  e  morale  sì 
forte,  che  contro  di  essa  non  volle  insorgere  e  preferì  dare  un  esempio  mira- 
bile di  disciplina  e  di  solidarietà,  che  eleva  moralmente  la  sua  figura  foi.se 
non  meno  delle  sue  prodezze  quasi  leggendarie  sui  campi  di  battaglia. 

Poco  sappiamo  su  quanto  avvenne  di  lui  negli  ultimi  anni:  crediamo 
però  di  non  errare,  leggendo  tra  le  righe  che  nei  quattro  anni  di  vita 
oscura  in  Hims,  allontanato  ad  arte  da  ogni  ingerenza  nelle  vicende 
militari  e  politiche  del  novello  impero,  il  grande  capitano,  amareggiato 
dalla  avversità,  si  abbandonasse  alla  sodisfazione  più  materiale  dei  sensi, 
quasi  volesse,  da  vero  pagano,  annegare  il  dispiacere  che  gli  rodeva  il 
cuore  nelle  ebbrezze  del  vino  e  negli  spasimi  dell'amore  sensuale.  La  sua 

666. 


21.  a.  H. 


§§  332-334. 


morte  relativainente  in  giovane  età  fa  pnie  sospettare   una   salute   scossa  21.  a.  H. 

-,       T       .  (NECROLOGIO.    - 

daoii  stravizi.  '  l^u-i  ^  u    ,  .a/ 

»  Khalid  b.  al-Wa- 

Così  cessò  di  vivere  una  delle  più  smaglianti  e  geniali  figure  d'Arabia  ''«^l 
antica,  uno  di  quegli  uomini  che  attraverso  le  nebbie  oscm-anti  della  leg- 
genda, a  un  tempo  glorificatrice  e  difì'amatrice,  esercita  ancora  un  fascino, 
e  desta  simpatie.  Chissà  mai  quale  fosse  la  potenza  attrattiva  della  sua 
persona,  tredici  secoli  or  sono,  quando  menava  gii  Arabi  del  deserto  di 
vittoria  in  vittoria  e  sgominava  le  schiere  del  più  potente  sovi-ano  del 
mondo.  Ancor  oggi  in  Siria  discendere  da  Khàlid  b.  al-Walid  è  uno  dei 
più  pregiati  titoli  di  nobiltà  ('). 

Khàlid  h.  al-Walìd  fu  l'ultimo  ed  il  maggiore  dei  pagani  d'Arabia. 
Egli  fu  l'esemi^io  più  tipico  di  quella  razza  maravigliosa  che  popolava  i 
deserti  della  penisola,  ed  alla  quale  per  un  breve  secolo  doveva  spettare 
il  dominio  del  mondo  dallt  rive  dell'Atlantico  ai  confini  della  Cina. 

Nota  1.  -  Tali  pretese  discendenze,  mi  osserva  il  Lammens,  non  hanno,  naturalmente,  veruu  fon- 
damento di  verità.  Tutti  i  pretesi  discendenti  da  Khàlid  b.  al  Walid  sono  i  discendenti  di  un  Khà'id 
qualunque,  o  originari  di  un  villaggio  chiamato  Khaldah,  nome  di  luogo  molto  comune  in  Sirih. —  Khàlid 
è  però  ancora  molto  famoso  e  venerato  in  .Siria:  a  lui  sono  consacrati  parecchi  santuari,  ed  abbondano  le  sue 
tombe!  Io  ne  ho  visitata  una  nelle  vicinanze  del  campo  di  battaglia  del  Yarmuk,  a  Kafr  Hàrib,  nel  1908. 

Muh.  b.  Ga  far  b.  abi  Talib. 

§  333.  —  Muliammad  b.  (.rafar  1>.  abi  Tàlib,  un  nipote  di  'Ali  b.  abi 
Talib,  mori  ucciso  all'assedio  di  al-Tustar  (nel  21.  H.)  (Athir,  II,  430). 

Cfr.  Istlàb,  242:  Athir  Usd.  IV,  313;  Dzahabi  Tagrid,  II, 
GO:  Hagar.  Ili,   753. 

al-Nu  man  b.  Muqarrin. 

§  334.  —  abù  Amr,  o  abù  Hakini,  al-Nu'xaàn  b.  Muqarrin  b.  'A-idz 
al-Muzani.  uno  degli  antichi  Compagni,  tenne  lo  stendando  dei  Muzaynah 
alla  presa  di  Makkah:  trasmise  tradizioni  al  proprio  figlio  Mu'àwiyah,  a 
Ma'qil  b.  Yasàr.  a  Muslim  b.  al-Haydam,  a  Grubaj-r  b.  Habbah  al-Thaqafi. 
Comandò  le  schiere  musulmane  alla  battaglia  di  Nihàwand.  Moiì  in  un 
giorno  di  domenica  (Dzahabi  Paris,  fol.   138,r.) 

ibn  al-Orawzi  lo  chiama  al-Nu'màn  b.  'Amr  b.  Muqaiiin  i  (  f  a  w  z  i .  1, 
fol.   57,v.-58,r.). 

Fratello  di  Suwayd,  tenne  lo  stendardo  dei  Muzaynah  alla  spedizione 
di  Makkah:  poi  prese  parte  alla  conquista  dell' 'Iraq,  e  si  distinse  molto 
nelle  guerre:  egli  portò  a  Madinah  l'annunzio  della  vittoria  di  al-Qàdi- 
siyyah.  In  seguito  si  stabili  un  tempo  in  al-Basrah,  e  poi  si  trasferì  ad 
al-Kùfah.  Egli  comandò  la  grande  spedizione,  terminata  con  la  vittoria 
di  Nihàwanil.   ma   vi   perdette  la   vita.  Si  dice  che  trasmettesse  tradizioni 

667. 


§§  ;wi-)W(;.  21.  a.  H. 

21.  a.  H.  al   proprio  figlio  Muawiyali,  a  Mnslim  b.  al-Haytham.  a  Gnbayr  b.  Hayyab 

'''.^i^N°'^mT°b'     ^'  aa  altri  iHa.óar.   HI.   II 04-11 05,  n.  8209)." 
Muqarrìn.l  CtV.   Yàqut.   1.   185,   744,  849;  III,   5B7,   086,  804,  800;  1\  .   191,488, 

827:    B  II  Idi  a.  li    Tarikb,    25.  30;  Qutaybah.    152;    Balàdzuri,  302-" 
306.    307.    308.  380;  Istì'ab.    307-308;    Mahàsin,  I,  84:   Athìr    Usd, 
W   30-31:   Dzababi   Ta^rid.    11.    118. 


o 


Sa'ìd  b.    Àmìr. 

§  335.  —  Sa'ìd  h.  Amii-  li.  TTidzyam  b.  Salàmàn  b.  Rabi'ali  b.  Sa'd 
b.  (.Tumah  b.  'Anir  b.  Husays  b.  Ka'b  al-Quiaìsi  al-Griimahi,  uno  dei  mag- 
giori fra  i  Compagni  del  Profeta,  dei  più  intelligenti  e  .sagaci,  ebbe  per 
madre  Arwa  bint  abi  Mn'aA^t  b.  abì  'Amr  b.  Umayyah  b.  Abd  Sams  b. 
'Abd  Manàf.  Si  convertì  prima  della  presa  di  Khaybar,  fuggì  a  Madinah 
e  seguì  tutte  le  campagne  di  Maometto.  Aveva  un  carattere  dolce  e  buono: 
quando,  alla  morte  di  'lyàd  b.  Ghanm,  il  Califfo  'Umar  lo  nominò  gover- 
natore di  Hims,  ove  egli  si  era  andato  a  .stabilire,  si  fece  universalmente 
amare  da  tutti  i  suoi  dipendenti  e  dal  popolo.  È  probabile  che  egli  sia 
stato  governatore  anche  di  altre  regioni  della  Siria:  tuttavia  non  tenne  la 
carica  di  governatore  di  Hims  nemmeno  per  sei  mesi,  perchè,  nominato  nel 
Muharram  del  20.  a.  H.,  cessò  di  vivere  nel  Grumàda  I.  di  quello  stesso 
anno.  Alcuni  pongono  però  la  sua  morte  nel  19.  a.  H.  (versione  di  al- 
Haj'tham  b.  Adi),  altri  invece  nel  21.  a.  H.  e  dicono  che  spirasse  in  Qay- 
sàriyyah.  Non  lasciò  discendenza,  né  ebbe  casa  in  Madinah,  almeno  che 
si  conoscesse  al  tempo  di  ibn  Sa'd  (Hagar,  II,  192-197,  n.  5000:  Sa  ad. 
IV,  2,   13-14:  biografia  mutila). 

Cfi-.  Yàqùt,  IL  74;  IV,  250;  Hisàm,  041;  Balàdzuri,  172.  170, 
178;  Athir,  II,  444;  Mahàsin,  I,  83:  Athir  Usd,  II,  311-312;  Bu- 
khàri  Ta-rikh,  20;  Dzahabi  T  agrìd ,  I,  240;  Isti'àb,560;  Hagar 
Tahdzib,  IV,  51.  —  Clr.  anche  20.  a.  H.,  §§  20,  25,  35. 

Thawr  b.    Ufayr. 

§  336.  —  Thawr  b.  'Utàyr  al-Sadùsi  al-Basri  padre  di  Saqiq;  tradi- 
zionista  discepolo  di  abù  Hurayrah,  trasmise  tradizioni  al  proprio  figlio 
Saqiq  e  morì  ucciso  alla  presa  di  Tustar,  mentre  si  batteva  sotto  gli  or- 
dini di  abii  Musa  al -A  s'ari. 

ibn  Hagar  solleva  però  qualche  dubbio  sulla  data  della  morte  e  il  suo 
maestro  tradizionista,  perchè,  se  morì  a  Tustar  (nel  21.  H.),  non  può  essere 
stato  discepolo  di  abù  Hurayrah  che  morì  nel  69.  H.  (Hagar  Tahdzib, 
II,  32,  n.   50). 


668. 


21.    a.    H.  §5  337.  338. 


Tulayhah.  21.  a.  h. 

§  337.  —  Tulayhah  (Talhah)  b.  Khuwaylid  b.  Nawtal  b.  Nadlah  b.  ''^Tu^ry^hth.f^' 
al-Astar  b.  G-ahwàn  b.  Faqas  al-Asadi  al-Faq'asi,  secondo  ibn  Sad  (da 
ibn  al-Kalbi),  fece  parte  dell'ambasciata  degli  A  sad  b.  Khuzaymah,  che 
venne  da  Maometto  e  si  condusse  con  tanta  alterigia,  da  destare  l'ira 
del  Profeta  e  provocare  una  rivelazione  (cfr.  9.  a.  H.,  §  11).  Secondo  Mu- 
hammad  b.  Ka'b  (al-Qurazi),  nessuno  degli  ambasciatori  si  convertì,  tranne 
Tulayhah,  il  quale  abbracciò  V  Isiàm,  ma  poi  lo  rinnegò  e  si  mise  alla  testa 
della  ribellione,  terminata  con  la  battaglia  di  Buzàkhah  (cfi-.  11.  a.  H., 
§§  127  e  segg.).  Per  gli  altri  incidenti  della  sua  biografia  dopo  la  disfatta 
di  Buzàkhah  cfi-.  11.  a.  H.,  §  146,  nota  2  (6).  Dopo  la  sua  (seconda?)  con- 
versione prese  parte  alle  guerre  di  conquista  combattendo  con  molto  va- 
lore: fti  presente  ad  al-Qàdisiyyah  ed  alla  battaglia  di  Nihàwand.  dove 
si  dice  trovasse  la  morte  (Hagar,  II,  696-698,  n.  8779). 

Dzahabi  Paris,  1,  fol.  137, r.,  dove  è  detto  che  riabbracciasse  la  fede 
islamica  soltanto  dopo  la  morte  di  abù  Bakr,  e  che  dopo  la  sua  disfatta  presso 
Buzàkhah  aveva  cercato  rifugio  in  Damasco  (Gawzi,  I,  fol.  64,r.). 

Cfr.  Yàqut  (Ind.j,  VI,  487;  Hisàm,  462;  Balàdzuri,  95,  96,  268- 
261,  264,  322;  Athir,  IL  260;  Khaldùn,  II,  App.,  70;"Athir  Usd, 
111,26-26;  Dzahabi  Tagrid,  1,299-300;  Isti'àb,  220-221:  Nawawi, 
327-328. 

§  338.  —  Tulayhah  è  sicuramente  uno  di  quelli  che  si  batterono  con 
i  Musulmani  in  Persia  conti'o  i  Sassanidi  senza  mai  convertirsi  alla  fede 
di  Maometto.  Capo  di  uno  dei  movimenti  insurrezionali  più  gravi  che  scop- 
piasseio  contro  l'egemonia  politica  di  Madinah  alla  morte  del  Profeta 
(cfi".  11.  a.  H.  §§  127  e  segg.),  fu  sconfitto  e  costretto  a  fuggire,  ed  a  na- 
scondersi per  qualche  tempo  sul  confine  arabo-bizantino.  Il  carattere  reli- 
gioso attribuito  alla  sua  attività  tra  i  banù  Asad,  è  vero  solo  in  quanto 
in  Arabia  nessuno  poteva  assumere  veste  di  pastore  di  popoli  e  capo  di 
eserciti,  se  in  lui  non  si  riconoscevano  manifestazioni  di  una  volontà  demo- 
niaca che  lo  ispirasse,  lo  guidasse  e  gli  rivelasse  il  futuro.  Tulayhah  non 
fu  un  falso  profeta  nel  vero  senso  della  parola,  ma  un  ambizioso  indovino, 
il  quale  con  molta  abilità  ed  ardire  seppe  raccogliere  intorno  a  sé  nume- 
rose schiere  di  uomini  scontenti  e  turbolenti.  Non  è  dubbio  che  una  delle 
ragioni  dei  suoi  primi  felici  successi  sia  da  porsi  nel  sentimento  di  gelosia 
ispii-ato  nelle  tribù  dell'Arabia  centrale  dai  trionfi  di  Maometto  e  nel  de- 
siderio di  emularli.  Doleva  alle  tribù  guerriere  del  Nagd  di  piegare  la  testa 
dinanzi  a  quelle  del  Higàz  :  quindi  il  moto  diretto  da  Tulayhah  fu  essen- 
zialmente politico,  con  aspirazioni  nettamente  separatiste. 


rt(iO. 


«§  8:^8.  !«9. 


21.  a.  H. 


21.  a.  H.  Xq„  fu  ditticile  a  Khàlid  b.  al-Walid  di  scoufiggere  le  schiere  di  Tu- 

Tuiayhahi  l;»\liali   lu'lla   battaglia   di  al-Bnzàkhah,  ed  è  lecito  spigolare  dal   raceontu 

contuso  di  quogli  eventi  che  nel  campo  asadita  non  regnasse  molta  con- 
cordia, e  non  in  tutti  fosse  eguale  la  fede  nei  poteri  soprannaturali  di  Tu- 
ia vhah.  Egli  stesso,  quando  si  vide  abbandonato  dagli  alleati,  fu  pi-onto  a 
mettersi   in  salvo. 

Non  appena  cominciarono  le  guerre  d' invasione  e  di  conquista  in 
Babilonide,  Tulayhah  si  affrettò  ad  unirsi  alle  schiere  di  Madinah,  forse 
con  una  schiera  di  antichi  amici  e  seguaci,  e  la  sua  cooperazione  fu  accet- 
tata senza  difficoltà  dai  luogotenenti  del  Califfo.  La  guerra  contro  i  Per- 
siani aveva  assunto  carattere  di  lotta  nazionale  araba  contro  il  nemico 
ereditario  delle  tribù  orientali,  e  la  campagna  era  condotta  in  modo  solo 
nominalmente  dipendente  da  Madinah.  Essa  aveva  spiccato  carattere  spon- 
taneo, ed  ai  combattenti  arabici  si  unirono  armonicamente  Musulmani,  Pa- 
gani e  Cristiani.  Pagano  era  Tulayhah  e  j)agano  rimase;  e  se  la  tradizione 
nonpertanto  ha  gloritìcato  le  sue  azioni,  ciò  dipende  da  quelle  ragioni  già 
da  noi  esposte  in  un  precedente  paragrafo,  nel  quale  abbiamo  discorso  di 
'Amr  b.  Ma'dikarib. 

Fu  forse  un  valente  guerriero,  ma  non  si  distinse  per  virtù  di  stra- 
tega, come  appare  evidente  dalla  sua  disfatta  ad  al-Buzàkhah,  e  dalla  po- 
sizione di  modesto  guerriero  che  conservò  sino  all'ultimo  nelle  file  musul- 
mane. È  però  anche  da  osservarsi  che  il  governo  di  Madinah  non  poteva 
conferire  importanti  comandi  a  chi  era  stato  alla  testa  d'un  moto  ribelle 
così  pericoloso  come  quello  di  Tulayhah,  onde  la  sua  posizione  umile  fu 
effetto  di  prudenza  di  governo. 

È  degno  però  di  nota  come  e  quanto  la  guerra  di  Arabia  contro  tutto 
il  mondo  conosciuto  potesse  prontamente  unire  in  un  solo  fascio  tutte  le 
forze  nazionali  d'Arabia,  al  dimani  dei  più  sanguinosi    conflitti  fratricidi. 

Umayr  b.  Sa'd. 

§  339.  —  ilm  al-Grawzi  annovera  tra  i  morti  del  21.  H.  anche  Umayr 
b.  Sa'd  b.  al-Nu'màn  b.  Qaj's:  dice  che  suo  padre,  chiamato  Sa'd  al-Qàri, 
fu  presente  a  Badr,  ed  i  tradizionisti  della  scuola  di  al-Kùfah  affermano 
che  egli  sia  il  famoso  abù  Zayd  al  tempo  del  Profeta  che  raccolse  il 
Qur-àn:  è  noto  che  Sa'd  fu  ucciso  alla  battaglia  di  al-Qàdisijyah.  'Umayr 
fu  anche  lui  Compagno  del  Profeta,  ed  il  Califfo  'Umar  lo  nominò  suo 
luogotenente  in  Hims:  fu  amministratore  integerrimo  e  visse  sempre  pove- 
rissimo (ó-awzi,  I,  fol.   66,v.-67,v.). 

La  .sua  biografia  ritorna  sotto  l'anno  23.  H. 

1370. 


Umayr  b.  Sa'd. 


21.  a.  H.  §§  ^,.  341. 

§  340.  —  'Umayr  b.  Sa'd  b.  'Ubayd  b.  al-Nu'màn  b.  Qays  b.  'Amr  b.  Zayd  21.  a.  h. 

b.  Umayyah  b.  Zayd  b.  Màlik  b.  'Awf  b.  'Amr  b.  'Awf,  tenne  una  volta  um"=.°r^h°sa'f 
dal  pulpito  della  moschea  di  Hims  questo  edificante  discorso  (riferito  ad 
ibn  Sa'd  da  'Abdallah  b.  Sàlih,  da  Mu'àwiyah  b.  Sàlih,  da  Sa'd  b.  Suwayd): 
«  Non  è  forse  l' Isiàm  un  muro  inespugnabile  e  una  porta  ben  salda  ?  Ma 
*  il  muro  dell'  Isiàm  è  la  giustizia,  e  la  sua  porta  è  la  verità.  Or  quando 
«  il  muro  sia  espugnato  e  infranta  la  porta,  l' Isiàm  è  bello  e  preso.  Ma 
«  l'Islam  non  cesserà  di  essere  imprendibile  finché  la  sovranità  (al-sultàn) 
«  è  forte.  E  la  fortezza  della  sovranità  non  consiste  nell' uccidere  con  la 
«  spada  né  nel  fustigare  col  nerbo;  bensì  nel  giudicare  il  duitto  e  nel 
«prendere  con  giustizia»   (Sa ad,  IV,   1,  88). 

Cfr.  Yàqùt,  I,  928;  IV,  66;  Hisàm,  355;  Balàdzuri,  136,  154, 
157,  164,  174,  176-179,  182,  183;  Athir  Usd,  IV,  143-144;  Dzahabi 
Tagrid,  I,  453;  Hagar  Tahdzìb,  Vili,  144-145;  Bukhàri  Ta-rikh,  26. 

Usayr  b.    Urwah. 

§  341.  —  Usayr  b.  Urwah  b.  Sawàd  b.  al-Haytham  b.  Zafàr  al- 
Ansàri  àl-Zafari,  Compagno  del  Profeta,  fu  presente  alla  battaglia  di  Uhud 
nel  3.  a.  H.  e  a  tutte  le  spedizioni  militari  successive;  fu  ucciso  nella  bat- 
taglia di  Nihàwand  (Hagar,  I,  96.  n.   193). 

Cfr.  Dzahabi  Tagrid,  I,  23,  n.  185;  Athir  Usd,  I,  96-96;  al- 
iati'ab,  pag.   32,  n.   34. 


t>71. 


22.  a.  H. 


30  Novembre  642  -  18  Novembre  643 


85 


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674. 


22.  a.  H. 


IRAQ-PERSIA.  —  Operazioni  militari  degli  Arabi  di  al-Basrah  contro 
l'altipiano  iranico. 

§  1.  —  Dopo  la  battaglia  di  Niliàwand  la  parte  più  difficile  della 
conquista  persiana  rimase  alle  schiere  di  al-Basrah,  le  quali  si  videro  co- 
strette a  tentare  la  sottomissione  di  tutta  la  regione  montuosa  a  mez- 
zodì di  Isbahàn,  ossia  il  Fàris.  Isbahàn  era  considerata  allora  il  centro 
principale  della  Persia:  ciò  risulta  anche  dalle  parole  di  al-Hurmuzàn  al 
al  Califfo  Umar,  quando  gli  disse  di  non  occuparsi  delle  due  ali  (Fàris  ed 
Adzarbaygàn),  ma  di  colpire  il  nemico  al  cuore,  ossia  Isbahàn.  Con  questo 
nome,  come  ha  correttamente  intuito  il  Wellhausen  (Sk.  u.  Vorarb., 
VI,  pag.  108,  nota  3),  si  deve  intendere  tuttala  regione  attorno  ad  Isbahàn, 
la  quale  doveva  la  sua  importanza  alla  posizione  centralo  tra  la  Media, 
Ahv^ìàz  (Khfazistàn).  il  Fàris  ed  il  Khuràsàn. 

Il  compito  che  spettava  alle  genti  di  al-Basrah,  presentava  speciali 
difficoltà  naturali,  per  la  natura  alpestre  e  poco  accessibile  di  tutta  la 
regione  che  s' interpone  tra  la  bassura  tigro-eufratica  e  l'altipiano  iranico. 
A  ciò  si  veniva  ad  aggiungere  l'esito  poco  fortunato  della  battaglia  di 
NihàAvand,  che  era  rimasta  sterile  di  risultati.  Gli  Arabi  avevano  sofferto 
tante  perdite  ed  avevano  incontrato  tali  resistenze,  che  l'esercito  pur  vit- 
torioso di  Nihàwand  non  aveva  potuto  trarre  profitto  dai  vantaggi  della 
mischia.  Le  notizie  incerte  e  contradittorie  su  ciò  che  seguì  Nihàwand, 
sono  l'eloquente  dimostrazione  che  dopo  la  battaglia  le  armi  arabe  tor- 
nassero a  sostare,  o  tutto  al  piii  avanzarono  con  grande  prudenza  in  quelle 
parti  del  paese  dove  speravano  d'incontrar  minore  opposizione.  Molti  siti 

67.=>. 


£   1  dtù*     ci»     il* 

22.  a.  H.  occupati  ucl  corso  dei  due  anni  21.  e  22.  H.  in  Persia  furono  o  perduti  o 

''^^?l,i„.,i  .^iii      abbandonati,  sebbene  gli  Arabi  con  la  vittoria  di  Nihàwand  avessero  posto 

tari  degli  Arabi     piede  sul  ciglio  del  grande  altipiano  e  da  Nihàwand  verso  oriente  non  vi 

tr'o*  l'ai  Spiano"     tbssero  più  ostacoH  naturali,  ma  un    pianoro  smisurato  che    giungeva    sin 

Iranico.)  nel  cuore  dell'Asia  Centrale. 

L'espansione  arabo-islamica  entro  Taltipianu  iranico  presenta  alcune 
singolari  anomalie,  che  debbono  la  loro  origine  non  soltanto  a  ragioni  mi- 
litari, ma  anche  a  ragione  d'equilibrio  interno.  Esaminiamo  brevemente 
le  grandi  linee  del  moto  arabico  verso  oriente,  che  si  estendeva  sopia  una 
fronte  larghissima  dai  monti  dell'Armenia  al  nord  alle  rive  del  Golfo  Per- 
sico al  sud. 

Verso  il  nord  gli  Arabi  entro  il  22.  H.  occuparono  quasi  tutto  l'Adzar- 
baygàn  senza  incontrare  gravi  diflScultà  e,  sebbene  una  parte  della  pro- 
\  incia  scotesse  il  giogo  arabo  per  un  certo  tempo,  gii  eserciti  di  al-Kùfah, 
ai  quali  spetta  il  merito  della  conquista,  riaffermarono  l'autorità  del  Califfo 
in  una  bi'eve  e  non  difficile  campagna.  Il  felice  successo  delle  armi  isla- 
miche nell'Adzarbaygàn  fu  eff"etto  dell'abbandono  da  parte  dei  Sassanidi 
d'ogni  velleità  di  difendere  la  provincia,  la  quale  con  le  sole  forze  locali 
nulla  potè  opporre  all'  impeto  dei  guerrieri  dell'  Islam.  Facile  ne  fu  l'oc- 
cupazione e  facile  la  conservazione,  ma  le  milizie  di  al-Kùfah  non  erano 
numerose,  non  erano  ancora  rinsanguate  da  copiose  onde  migratorie  :  quindi 
ancora  impossibile  una  larga  espansione  verso  oriente. 

Sulla  parte  centrale  della  fi-onte  araba,  da  Hamadzàn  sino  ad  Isbahàn 
ed  alle  frontiere  del  Fàris,  ossia  nella  parte  che  spettava  per  una  metà 
alle  milizie  di  al-Kùlàh  e  per  l'altra  metà  a  quelle  di  al-Basrah,  tutto  è 
incertezza  e  confusione  nelle  fonti.  Pare  che  gii  Arabi  avanzassero  nel 
22.  H.,  ma  poi  dovessero  ripiegarsi  indietro,  ed  abbiamo  notizia  che  persino 
Nihàwand,  il  campo  stesso  di  battaglia  del  21.  H.,  ritornasse  sotto  dominio 
sassanida.  Ciò  dipese  dal  fatto  che  tra  Isbahàn  ed  Istakhr  si  stabili,  sotto 
la  personale  direzione  del  re  Yazdagird,  il  centro  dfrettivo  della  campagna 
di  difesa  dell'altipiano.  Gli  Arabi  erano  poco  numerosi,  le  guarnigioni 
scarse  e  lontane  le  une  dalle  altre,  non  essendo  appoggiate  da  schiere  d'im- 
migranti, trovaronsi  sovente  isolate  e  perdute  in  mezzo  a  vastissimo  paese 
nemico  e  in  armi;  onde  fu  più  prudente  ritirarsi. 

In  tali  condizioni  era  perciò  militarmente  impossibile  avanzare  verso 
oriente.  Occorreva  agii  Arabi  avere  assai  maggiori  forze  a  loro  disposizione 
per  dominare  paese  sì  vasto,  e  bisognava  prima  di  ogni  altra  cosa  tenere 
il  completo  e  sicuro  dominio  del  Fàris,  ossia  della  rocca  sassanida,  il  centro 
della  resistenza  nazionale  persiana  contro  l' frruenza  semitica. 

676. 


22.  a.  H.  ^<  1 

La  lotta  quindi  tra  Arabi  e  Persiani  si  accentrò  nei  monti  del  Fàris,  22.  a.  H. 


IRAQ-PERSIA.  - 

Operazionj  mili- 


tia  i  quali  si  decisero  le  sorti  dell'Iran.  Ma    tale    fu  la  tenacia    dei  Per- 
siani, tante  le  difficoltà  naturali  del  luogo,  che  la  gueri-a  si  protrasse  senza        'a^i  degli  Arabi 
tregua  per  dieci  anni  prima  che  gii  Arabi  definitivamente  trionfassero.  K        u'o^'i't?trp^irn"o 
trionfarono  alfine  per  opera  delle  milizie  di   al-Basrah,  perchè    da    questa        iranico.] 
parte,  come  la  più  vicina  ai  centri   d'emigrazione    arabica,  più   numerose 
affluhono  le  turbe  dei  nomadi  che  l'una  l'altra  si  sospingevano  per  uscire 
dalla  penisola. 

Gli  Arabi  di  al-Basrah  furono  materialmente  cacciati  entro  il  Fàris 
dalla  pressione  continua  crescente  delle  tribù  che  accorrevano  alla  più 
prossima  porta  d'Arabia,  la  basrense,  preferita  ad  al-Kùfah,  perchè  più 
prossima  al  cuore  della  penisola. 

I  Basrensi  conquistarono  perciò  al-Dlnawar  verso  il  nord,  Mahsabadzàii 
e  Milirigànqadzaq  più  a  mezzogiorno,  e_terminarono  la  conquista  del  Khù- 
zistàn  (cfr.   Balàdzuri,   pag.   312,  lin.  2  e  3). 

Anche  Qumm  e  Qàsàn  sull'altipiano  furono  conquistate  dai  Basrensi: 
la  presa  di  Isbahàn  avvenne,  a  quanto  pare  per  opera  di  Kufani  e  di. 
Basrensi  riuniti. 

Poi  incominciò  il  regolare  assalto  ai  monti  del  Fàris,  che  si  svolse  con 
varia  vicenda  di  vittorie  e  di  sconfitte,  di  conquiste  e  di  ribellioni,  con 
le  quali  si  logorarono  le  energie  giovanili  degli  Arabi  e  le  ultime  forze 
dei  Sassanidi.  Ma  mentre  i  primi  erano  costantemente  rinsanguati  da 
nuove  schiere,  i  Persiani  consumarono  in  una  gloriosa,  ma  vana  [lotta,  le 
ultime  risorse,  e  soccombettero  alfine  per  vero  esaurimento  materiale  e 
morale. 

Della  lunga,  difficile  ed  ingrata  campagna  fu  duce  costante  l'arabo 
yamanita  abù  Musa  al-As'ari,  il  benemerito  governatore  di  al-Basrah,  il 
quale  tenne  tale  carica  forse  senza  inteiTUzione  (o  tranne  almeno  una  bre- 
vissima), dal   17.   II.  sino  al  29.  H. 

Egli  con  mirabile  tenacia,  nella  buona  e  nella  cattiva  fortuna,  per- 
severò nel  suo  compito;  e  sebbene  le  memorie  del  tempo  siano  singolar- 
mente magre  e  la  storia  o  la  tradizione  si  mostrino  ingrate  verso  la  sua 
memoria,  non  v'è  dubbio  che  sia  d'ascriversi  a  sua  lode  ed  a  suo  merito 
se  alfine  dopo  più  di  un  decennio  gli  Arabi  si  videro  padroni  del  paese. 
Allora  —  come  narreremo  a  suo  tempo  —  al  momento  di  cogliere  il  frutto 
ambito  di  tante  ingrate  fatiche,  abù  Musa  si  vide  improvvisamente  desti- 
tuito e  dovette  cedere  ad  un  giovane  successore  il  raccolto  della  copiosa 
messe,  che  egli  aveva  seminata  ed  avviata  con  tante  cure  e  fatiche  ed  a 
costo  di  tanti  immani  sacrifizi. 

ti77 


no  iranico  e  nel 
Khùzistàn. 


22.  a.  H.  PERSIA  IRAQ.  —  Operazioni   militari   nell'altipiano  iranico   e  nel 

PERSIA-  IRAQ.  -       ,,,  _    .    .^-  ..       iì,  ri        L.L>    -o  \ 

Operazioni  miii-     Khuzistan  (t'ir.  21.  a.   W..  fei?   /2  e  segg.). 

tari   neii'aitipia-  |  2.  —  (al-Dzahat)i).   Nell'anno  22.  H.,  Hudzayfah  [b.  al-Yaraàn]  fece 

mia  spedizione  contro  al-Dinawai"  e  la  prese  con  le  armi:  prima  era  stata 
cspiionata  da   Sa'd  (b.  abl  Waqqàs)  e  si  era  di  poi  ribellata. 

Quindi  Hudzayfah  fece  una  spedizione  contro  Màh-Sandàn  [sic)  e  la 
prese  d'assalto:  altri  dicono  che  fosse  stata  già  espugnata  da  Sa'd  (b.  ahi 
Wacjqàs)  e  che  gli  abitanti  si  fosstìro  ribellati  (Dzahabi  Paris,  I, 
11.1.    138.r.). 

Anclie  altre  fonti  pongono  in  questo  medesimo  anno  la  presa  di  ai-Di- 
na war  e  di  Mah  Sabadzàn  per  opera  di  Hudzayfah  b.  al-Yamàn.  Si  dice 
però  che  ambedue  le  città  erano  state  sottomesse  prima  da  Sa'd  b.  abì 
Wacjqàs,  e  poi  si  erano  ribellate  (Mahàsin,^!,  86). 

§  3.  —  Secondo  al-Khuwàrizmi,  nell'anno  22.  H.  abù  Musa  al-As'ari 
conquistò  il  distretto  di  al-Ahwàz  (Baethgen,  111):  allusione,  forse,  alla 
presa  di  Tustar,  che    avvenne   nel    21.  H.  Cfr.  21.  a.  H.,  §§  5  e  segg. 

Tustar  «iace  non  lontano  da  al-Ahwàz. 

Sulla  presa  di  al-Dinawar  cfr.  anche  21.  a.  H.,  §  74. 

§  4.  —  (Tàriq  b.  Sihàb).  La  gente  di  al-Basrah  fece  una  spedizione 
contro  Mah  e  fu  assistita  dalle  genti  di  al-Kùfah  comandate  da  'Ammàr 
b.  Yàsir.  Queste  ultime  vollero  avere  la  parte  loro  nelle  prede,  ma  a  ciò 
si  opposero  le  genti  di  al-Basrah.  Fu  interpellato  il  Califfo  'Umar,  il  quale 
sentenziò  che  tutti  quanti  avevan  preso  parte  alla  spedizione  dovessero 
avere  la  loro  quota  nel  bottino  (Dzahabi  Paris,  I,  fol.   138,r.). 

PERSIA.  —  Presa  di  Qumm  e  Qàsàn. 

§  5.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  abù  Miisa  Abdallah  b. 
(Jays  al-As'ari  ritornò  da  Nihàwand  (cfr.  21.  a.  H.,  §  75),  si  recò  ad  al- 
Ahwàz,  e  vi  fece  sosta  per  qualche  tempo.  Di  poi  andò  a  Qumm  e  dopo 
qualche  giorno  di  assedio  so  ne  impadronì:  da  lì  inviò  al-Ahnaf  (al-Dahhàk) 
b.  Qays  al-Tamim  contro  Qàsàn.  che  fu  presa  d'assalto:  ivi  abù  Musa  si 
riunì  con  al-Ahnaf  (B  a  1  à  dz  u  r  i ,   312). 

Yàqùt  (IV,  176,  lin.  9  e  segg.)  nel  dare  queste  iiotizie  le  pone  nel 
23.  H.   —  Cfr.   anche  Y^àqùt,  IV,   15,  lin.   2  e  segg. 

PERSIA.  —  Presa  di  Hamadzàn  e  di  altre  città  dell'Iran  occidentale. 

§  6.  —  Sulla  presa  di  Hamadzàn  regna  qualche  incertezza:  alcuni  la 
ritardano  sino  al  24.  H.  La  data  22.  H.  ha  qualche  probabilità,  perchè 
parrebbe   difficile    che    gli   Arabi    avessero    conquistato   l'Adzarbaygàn.    la- 

t;78. 


22.  a.  H. 


§S  «-IO. 


tale. 


sciando  alle    spalle    la    città    di  Hamadzan    in    mano  al  nemico.  For.se   la  22.  a.  h. 

città  trattò  più  volte  con  gli  Arabi  prima  di  essere  completamente  sotto-        di  Hamadza'n** 
messa  a  regolare  amministrazione  islamica.  d'  a"fe  città  dei- 

§  7.  —  Secondo  Rabi'ah  b.  'Uthmàn,  la  conquista  di  Hamadzan  av- 
venne nel  mese  di  Grumàda  I.  (del  23.  H.),  sei  mesi  (prima  o  dopo?  min) 
uccisione  del  Califfo  limar:  presa  Hamadzan  (Hudzayfali?),  espugnò  al- 
Rayy  (Gawzi,  I,  fol.   68, r.). 

Cfr.  21.  a.  H.,  §§  77-79;  24.  a.  H.,  e  Yàqùt,  IV,  981. 

§  8.  —  (abù  TJbaydali).  Di  poi  Hudzayfah  fece  una  spedizione  contro 
Hamadzan  e  la  prese  d'assalto  per  la  prima  volta:  e  qui  terminarono  le 
conquiste  di  Hudzayfah  (verso  oriente?).  Ciò  avvenne  nell'anno  22.  H. 
Altri  però  afferma,  prosegue  abù  Ubaydah,  che  Hamadzan  venisse  espu- 
gnata da  al-Mughirah  b.  Su'bah  nell'anno  24.  H.  Alcuni  dicono  che  il  con- 
quistatore fosse  Grarlr  b.  'Abdallah  sotto  gli  ordini  di  al-Mughrrah  b.  Su'bah 
(Dzahabi  Paris,  I.  fol.  138,r.). 

Cft-.  anche  Mahàsin,  I,  85,  che  pone  nel  22.  H.  la  presa  di  Ha- 
madzan, di  al-Rayy  e  della  circostante  regione. 

PERSIA-FÀRIS  —  Morte  di  al-Garùd  al-  Abdi. 

§  9.  —  (Mainar  b.  al-Muthanna  ed  altri).  'Umar  b.  al-Khattàb  nel- 
l'a.  22.  H.  diede  ordine  che  al-(jràrùd  al-' Abdi,  partisse  per  le  rocche  del 
Fàris.  Quand'egli  fu  tra  Grirrah  e  Siràz,  una  mattina,  rimasto  indietro  dai 
suoi  compagni,  sopra  una  collina  del  luogo,  per  un  suo  bisogno,  fu  circon- 
dato da  una  torma  di  Kurdi,  e  ucciso.  Perciò  quella  collina  si  chiamò  poi 
dal  suo  nome  'Aqabah  al-Gràrùd  (Balàdzuri,  389,  lin.  2-5). 

Abbiamo  visto  che  altre  fonti  (cfi-.  19.  a.  H.,  §  13.;  20.  a.  H.,  §§  374 
e  segg.;  21.  a.  H.,  §§  309-313)  pongono  la  morte  di  al-Gàrùd  tre  o- due 
anni  prima.  Queste  incertezze  e  contradizioni  sono  ben  naturali,  data  la 
vaghezza  grande  di  tutta  la  cronologia  delle  conquiste  arabe  in  Persia. 

'IRAQ.  —  al-Kùfah.  Deposizione  dì  Ammàr  b.  Yaslr.  Mutamenti  nel 
governo  di  al-Kufah. 

§  10.  —  (Sayf  b.  'limar,  senza  isnàd).  Abbiamo  già  narrato  in  un 
paragrafo  precedente  (cfr.  21.  a.  H.,  §  3),  come  'Ammàr  b.  Yasir,  gover- 
natore di  al-Kùfah,  si  rendesse  poco  popolare,  rifiutando  d' interessarsi 
nelle  faccende  che  più  stavano  a  cuore  ai  Kufàni.  Avvenne  ora  che 
'Utàrid  ed  altri  Kufani  scrivessero  al  Califfo  in  Madinah,  dichiarando  che 
'Ammàr  non  ex'a  capace  di  amministrare  la  provincia,  e  che  si  era  reso 
inviso  agii  abitanti.  Il  Califfo   limar  scrisse  allora  ad  'Ammàr,  ordinandogli 

679. 


§§  i(i.i:ì.  ^^'    3-    "• 

22.  a.  H.  ,ii   veiiiiH'  subito  a  Madinah  per  giustificarsi.   'Animar  nel  conformarsi  agli 

Deposizione    di     >">li'ii   del  Califfo  pensò  di  menar  con  sé  una  quantità  di  persone,  che  egli 

Ammàr  b.  Yasir.     riteneva  a  sé  favoivvoli,  affinchè  deponessero  in  suo  favore:  fra  queste  erano 

go"verno  di  al-     ^«  ^   b.  Mas'ùd  al-'rhaqatì,  zio  paterno  di  al-Mukhtàr,  e  ó-arir  b.  'Abdallah. 

Kufah.j  I  testimoni  a  discarico  arrivando  in  Madinah,  invece  di  difendere  'Ammàr, 

dissero  di  lui  cose  assai   peggiori   che  non  avessero  detto  gli  altri  rimasti 

ili  al-Kufah,  e  denunziai'ono    alcune    azioni  di    Ammàr,   che    dispiacquero 

molto  a    Umar.    'Ammàr   fu    senz'altro   deposto   dal   governo  di  Madinah 

(T abari,  I,  2676). 

Cfr.  Athir,  III,  24-26. 

Anche  al-Dzahabi  pone  la  deposizione  di  Ammàr  nel  22.  II.  (Dza- 
iiabi    Paris,  I,  fol.    138,r.). 

§  11.  —  (Sayf  b.  Umar,  da  al-Walid  b.  Grami',  da  abu-1-Tufàyl).  Chie- 
sero ad  Ammàr,  se  fosse  addolorato  della  deposizione.  Egli  rispose:  «  Non 
«  fui  certamente  lieto  quando  mi  nominarono  governatore:  ma  ho  sentito 
«  dispiacere  quando  sono  stato  destituito  ». 

Tabari,  I,  2676. 

§  12.  —  Altre  tradizioni  di  Sayf  b.  Umar,  che  non  meritano  di  essere 
date  per  intiero,  vorrebbero  dimostrare  che  Ammàr  fosse  un  uomo  del 
tutto  inetto  a  governare,  e  così  privo  d'interesse  nella  carica  affidatagli, 
da  ignorare,  quando  fu  interrogato  dal  Califfo,  quale  fosse  il  nome  del 
paese  che  egli  era  stato  mandato  a  governare. 

Le  tradizioni  di  Sa^f  mirano  a  scusare  i  Kufani.  e  ci  rafifigurano 
'Ammàr  come  un  uomo  incapace  di  amministrare,  ignorante  e  di  mente 
ottusa.  Interrogato  sul  nome  dei  distretti  da  lui  amministrati,  menzionò 
al-Hìrah,  Bàbil,  al-Madà-in  e  Mihrigàn  Qadzaq,  dimenticando  al-Kùfah. 
Garir  b.  Abdallah  lo  definì  «  inefficace,  inetto  e  ignorante  nella  scienza 
di  governare»   (Tabari,  I,  2676-2678). 

§  13.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Khulayd  b.  Dzafarah  al-Namari,  da  suo 
padre).  Dopo  la  deposizione  di  Ammàr,  il  Califfo  chiese  ai  Kufani  chi 
volessero  per  governatore,  ed  essi  si  dichiararono  favorevoli  alla  nomina 
di  abu  Musa  al-As'ari.  Il  Califfo  accettò  le  loro  dimande  e  nominò  gover- 
natore abù  Miisa:  ma  anche  questi  rimase  poco  al  suo  posto,  perchè  circa 
un  anno  dopo  i  Kufani  scoprirono  che  un  servo  (ghulàm)  di  abù  Miisa 
faceva  commercio  di  foraggi  (speculava  forse  in  tempi  di  carestia?)  (*),  ed  al- 
Walid  b.  Abd  Sams  lo  denunziò  al  Califfo,  come  uno  che  permetteva  ai 
suoi  servi  di  speculare  in  foraggi.  Il  Califfo  depose  abii  Miisa  dal  governo 
di  al-Kiìfah  e  lo  mandò  a  governare  al-Basrah,  donde  tolse  'Umar  b.  Su- 
ràqah,    mandando    questo  a  governare  la   Gazirah    (Mesopotamia).    Al  go- 

6»). 


22.  a.  H. 


§§  13-16. 


verno  di  al-Kùfah  il  Califfo  prepose    al-Mughìrah   b.  Subah    fTabari,   l. 
2678-2679). 

Cfr.  Athìr,  III,  25. 

'     Nota   1.  —  Tutti  i  governatori    del   tempo   tacevano  il  commercio  e  traevano  tutto  il  vantaggio 
possibile  dalla  loro  posizione  ufficiale  per  aumentare  le  proprie  fortune. 

§  14.  —  (Savf  b.  'limar,  da  Muhammad  b.  Abdallah,  da  Said  b.  'Amr). 
Prima  di  nominare  al-Mugliirah  b.  Su'bah  governatore  di  al-Kùfah.  il  Ca- 
liffo disse  ai  presenti:  «Che  cosa  direste  voi  che  sarebbe  meglio:  nomi- 
«  nare  un  governatore  che  fosse  uomo  debole  ma  buon  musulmano,  oppm-e 
«un  uomo  forte,  ma  violento  (musad  did)?  ».  A  questa  domanda  al-Mu- 
ghìrah argutamente  rispose:  «  Un  governatore  debole,  ma  buon  musulmano, 
«  gioverà,  a  sé  stesso  con  la  sua  fede,  ma  nuocerà  a  te  con  la  sua  debo- 
«  lezza.  Invece  un  governatore  forte,  ma  violento,  nuocerà  a  sé  stesso  con 
♦  la  sua  violenza,  ma  gioverà  ai  Musulmani  in  generale  con  la  sua  forza!  ». 
Questa  risposta  decise  il  Califfo  a  scegliere  al-Mughirah.  Al  momento  di 
partire  da  Madìnah,  al-Mughirah  si  presentò  al  Califfo,  e  questi  come  ul- 
tima raccomandazione  gli  disse:  «  Che  gli  uomini  puri  abbiano  fiducia  in 
«  te.  e  che  i  malvaggi  ti  temano!  ». 

Più  tardi  il  Califfo  'Umar  avrebbe  voluto  depoi-re  al-Mughirah  C)  e  ri- 
mandare  Sa'd  b.  abì  Waqqàs  al  governo  di  al-Kùfah,  ma  fu  assassinato 
prima  che  potesse  mettere  in  esecuzione  il  suo  pensiero  (T  a  bari.  I, 
2679-2680). 

Ctr.  Athir.   III,   25. 

La  tradizione  pai-rebbe  dimostrare  che  al-Mughirah  fosse  uomo  ener- 
gico ed  abile.  Egli  fu  senza  dubbio  una  delle  figure  più  eminenti  del- 
l'Islam primitivo,  uomo  eloquente  ed  astutissimo,  ma  anche  paganamente 
.sensuale  e  indifferente  alle  leggi  dell'Isiàm,  come  attesta  lo  scandalo  di 
al-Basrah  (cfr.  17.  a.  H..  §§  55  e  segg).  Di  lui  avremo  a  parlare  ripetuta- 
mente in  appresso.  Lo  stesso  dicasi  di  abù  Musa  al-As'ari.  Si  noti  come 
queste  persone,  che  rimasero  oscure  ed  ignorate  vivente  il  Profeta,  emer- 
sero per  le  loro  non  islamiche  virtù  in  questo  primo  periodo  preparatorio 
del  dominio  islamico.  Erano  pagani  di  cuore,  sebbene  musulmani  di  nome 
^cfr.  23.  a.  H.). 

Nota  1.  —  Secondo  Sayf  b.  'Umar  Tabari,  I,  -ifiSC»,  lin.  4j,  al-Mug^hirali  fu  governatore  di  al- 
Kiìiali  per  più  di  due  anui. 

IRAQ-PERSIA.  —  Conquiste  arabe  nella  Persia  Settentrionale. 

§  15.  —  La  battaglia  di  Nihàwand,  vinta  dagli  Arabi  con  gravi 
perdite,  apri  loro  le  pianure  immense  dell'altipiano  iranico:  i  Persiani 
avevan  perduto  l'ultimo  esercito  che  potevano  schierare  in  aperta  campagna. 


22.  a.  H. 
IRÀa  -  al-Kufah 
Deposiziona  di 
'Ammàr  b.  YasTr. 
Mutamenti  nel 
governo  di  al- 
Kùfah.l 


681. 


86 


§§  15-18.  22.  a.  H. 

22.  a.  H.  sicché  gli  Arabi  nou  avevano  a  temere  nuove  battaglie  campali.  Se  però 


IRAQ- PERSIA. 
Conquiste  arabe 


■lauo  liberi  di  scorrere  le  campagne,  non  e  probabile  che  trovas.sero  eguaio 
nella  Persia  set-  facilità  a  veiiiic  in  possosso  dclls  città.  Qui,  come  in  Palestina  ed  in  Siria 
t«n  ronae.j  ^^^  periodo  tra  il  12.  ed  il  16.  H.,  gli  Arabi  attraversarono  il  paese  in  tutti  i 

sensi  e  si  curarono  delle  città  solo  dopo  aver  infierito  sulle  campagne  e  su 
gl'inermi  villaggi.  Così  ci  spieghiamo  come  nel  22.  H.  gii  Arabi  siano 
entrati  sicuramente  nell'Adzarbaygàn  e  persino  in  Armenia,  e  come  Ha- 
madzàn,  al-Rayy  ed  Isbahàn  siano  state  sottomesse  a  qualche  specie  di  tri- 
buto, ma  non  realmente  unite  all'impero.  Le  fonti  parlano  di  conquista 
dell' Adzarbaj-gàn,  ma  quelle  armene  ci  fanno  più  chiaramente  intendere 
che  fosse  scorreria  devastatrice  nel  solo  intento  di  fare  preda.  Infatti  ve- 
dremo che  nel  26.  H.  gli  Arabi,  sotto  al-Walid  b.  Uqbah  dovettero  ripren- 
dere possesso  dell'Adzarbaygàn.  E  così  pure  tutte  le  città  che  si  dicono 
espugnate  in  Persia  nel  22.  e  nel  23.  H.,  furono  più  tardi  riprese  una  se- 
conda volta.  Anche  il  contenuto  del  §  26  è  prova  che  nel  22.  H.  i  Mu- 
sulmani si  contentassero  di  semplice  razzia.  Pochi  mesi  dopo  la  prima 
incursione  il  paese  era  già  in  armi  contro  gli  Arabi;  i  quali,  nel  22.  H., 
dopo  aver  riscosso  le  indennità  di  guerra  dagli  abitanti  delle  grandi  città, 
si  ritirarono  entro   i  l'onfini  veri  dell'impero,  nel  Sawàd. 

IRAQ-PERSIA.  —  Conquista  dell'Adzarbaygàn. 

§  16.  —  Secondo  abù  Ma'sar  ed  al-Wàqidi,  la  conquista  dell'Adzar- 
baygàn avvenne  nell'anno  22.  H.,  e  per  opera  di  al-Mughirah  b.  Su'bah. 
Invece  Sayf  b. ,. 'Umar  afferma  che  seguisse  nell'anno  18.  H.,  dopo  che 
furon  conquistate  Hamadzàn,  al-Eayy,  Gmgàn  e  dopo  la  conclusione  della 
pace  fra  l'Isbahbadz  del  Tabaristàn  ed  i  Musulmani  fT  abari,  I,  2647, 
lin.  6  e  segg.)   (cfr.  23.  a.  H.  e  30.  a.  H.). 

Cfr.  Athir,  III,  6;   Gawzi,  I,  fol.  43,v.  ;  Mahàsin,  I,  85. 

§  17.  —  Secondo  al  Wàqidi,  al-Mughìi-ah  b.  Su'bah  invase  l'Adzar- 
baygàn,  partendo  da  al-Kùfah,  nel  22.  a.  H.:  sottomise  (in  persona)  la 
provincia  con  la  forza  ('anwat*")  e  impose  su  di  essa  il  kharàg  (Ba- 
làdzuri,  326). 

Cfr.  Yàqùt,  I,   173,  lin.   17  e  segg. 

§  18.  —  (a)  (ibn  Ishàq).  Nell'anno  22.  H.  fu  conquistato  l'Adzarbaygàn 
per  opera  di  al-Mughfrah  b.  Su'bah.  Altri  affermano  che  la  provincia  si 
arrese  con  trattato,  obbligandosi  al  pagamento  di  800,000  dirham  (al- 
l'anno). 

(6)  (abù  'Ubaydah).  L'Adzarbajgàn  fu  conquistato  da  Habib  b.  Mas- 
lamah  al-Fihri  con  le  armi    ('anwat*")   con  milizie  della  Siria,  assistite 

'         682. 


22.  a.  H.  §§  18-24. 

da  alcune  provenienti  da  al-Kùfah.  Tra  queste  era  Hudzaj'fah  b.  al-Yamàn.  _22.  a.  H. 

La    conquista    avvenne    dopo    combattimento    sanguinosissimo    fDzahabi        conqufl'ta'dai- 

Paris,    I,    fol.    138,r.).  l'Adzarbaygàn.] 

§  19.  —  al-Yaqubi,  seguendo  probabilmente  al-Wàqidi,  pone  la  con- 
quista dell'Adzarbaygàn  nel  22.  H.,  quando  al-Mughirah  b.  Su'bah  era  il 
comandante  delle  schiere  musulmane  (amìr  al-nàs):  aggiunge  però  che 
secondo  altri,  fu  opera  invece  di  Hàsim  b.  'Utbah  b.  abi  Waqqàs  (Ya- 
qiìbi,  II.    180;. 

§  20.  —  I  al-Mada-ini,  da  Ali  b.  Mugàhid,  da  Muh.  b.  Ishàq,  da  al- 
Zuliri).  Quando  furono  vinti  i  Persiani  a  Nihàwand,  le  varie  milizie  ritor- 
narono alle  loro  rispettive  provincie:  rimasero  però  le  genti  di  al-Kùfah, 
le  quali  insieme  con  Hudzajfah  b.  al-Yamàn  invasero  l'Adzarbaygàn,  e 
fecero  un  trattato  con  gli  abitanti:  questi  si  obbligarono  al  pagamento 
(annuale)  di  100,000  (leggi:  800,000.  cfr.  nota  a)  [dirham]  (Balàdzuri, 
327,  lin.  1-4  e  lin.  17,  dove  l'isnàd  è:  'Abdallah  b.  Mu'àdz  al-'Abqari, 
da  suo  padre  Mu'àdz  al-'Abqari,  da  Sa'd  b.  al-Hakam  b.  Utbah,  da  Zayd 
b.  Wahb). 

Cfr.  Yàqùt.  I.   173,  lin.   22  e  segg. 

§  21.  —  (ibn  al-Kalbi,  da  abù  Mikhnafj.  al-Mughlrah  b.  Su'bah  invase 
l'Adzarbaygàn  nel  20.  a.  H.  e  lo  conquistò.  Di  poi  gli  abitanti  si  ribel- 
larono, e  al-As'ath  b.  Qays  al-Kindi  fu  mandato  a  debellai"li  :  egli  espugnò 
la  fortezza  di  Ràgarwàn,  e  concluse  una  pace  alle  stesse  condizioni  di 
quella  conclusa  prima  da  al-Mughirah  (sulh  al-Mugh  irah).  Il  trattato 
di  al-As'ath  era  ancora  in  vigore  ai  tempi  di  ibn  al-Kalbi  (B  a  1  a dz  u  r  i ,  326). 
Cfr.  Yàqut,  I,  173,  lin.  19  e  segg.,  dove  la  fortezza  è  chiafeiata  Gàbrawàn. 

§  22.  —  (Eutichio).  al-Mughirah  b.  Su'bah  conquistò  l'Adzarbaygàn  con 
la  spada.  al-Mughirah  fu  il  primo  che  desse  al  Califfo  Umar  il  titolo  di 
A  m  i  r  a  1  -  M  u  •  m  i  n  ì  n  (E  u  t  y  e  h  i  u  s  ed.  Cheikho,  II,  pag.  20). 

§  23.  —  Secondo  al-Khuwàrizmi,  nell'anno  22.  H.  al-Mughiiah  b.  Su'bah 
conquistò  l'Adzarbaygàn  (Baethgen,   111). 

§  24.  —  (Vari  dotti  di  Qazwin,  e  Bakr  b.  al-Haytham,  da  un  dotto 
di  al-Rayy).  Il  castello  (hisn)  di  Qazwin  era  chiamato  in  persiano  Kaswin, 
che  significava:  il  confine  munito:  tra  il  castello  e  i  Daylamiti  v'era  un 
monte  sul  quale  i  Persiani  non  cessarono  mai  dal  tenere  una  guarnigione 
di  cavalleria  per  difendersi  dai  Daylam  quando  non  v'era  con  essi  una 
tregua,  perchè  (quei  montanari)  solevano  commettere  continue  rapine. 
Anche  in  tempo  di  pace  vi  era  sempre  una  guarnigione.  Dastaba  era  di- 
visa in  due  parti  tra  al-Rayy  e  Hamadzàn,  e  l'una  perciò  aveva  nome  al- 
Ràzi  e  l'altra  al-Hamadzàni. 

683. 


:>4,  :>5. 


22.  a.  H. 


22.  a.  H.  Quando  al-Miigliìiah  b.  Su' bah  assunse  il  governo  di  al-Kufah,  nominò 

IRAQ-PERSIA 

Conquista  del-  ''i^in"  b.  'Abdallab  al-Bagali  governatore  di  TTamadzan,  o  niandc)  ai-Bara 
l'Adzarbaygan.i  |,.  Azib  contro  Qazwin,  ordinandogli  di  razziare  i  Daylain,  se  (espugnava  la 
città;  prima  si  moveva  sempre  da  Dastab'a  per  razziare  i  Dajdani.  al-Barà 
parti  accompagnato  da  Hanzalali  b.  Zayd  al-KUayl,  e  giunse  prima  ad 
Abhar.  Ivi  sorgeva  un  castello,  che  era  stato  costruito  dai  Persiani  presso 
ad  alcune  soi'genti  regolate  da  chiuse  (per  scopi  d'irrigazione).  Dopo  una 
breve  resistenza  la  guarnigione  si  arrese  alle  stesse  condizioni  di  Nihà- 
vvand,  ed  al-Barà  sottomise  anche  tutto  il  territorio  circostante;  gli  Arabi 
avanzarono  ora  sul  castello  di  Qazwin,  gii  abitanti  del  quale  avevano 
intanto  invocato  il  soccorso  dei  Daylani,  promettendo  un  lauto  compenso 
per  i  rinforzi.  I  Daylam  promisero  di  venire  e  le  loro  schiere  giunsero  in- 
fatti sul  colle  presso  Qazwin,  ma  da  lì  non  si  mossero  più,  nemmeno 
quando  comparve  l'esercito  musulmano.  Gli  abitanti  di  Qazwin,  disgustati 
dal  contegno  dei  Daylam,  entrarono  subito  in  trattative  con  i  Musulmani  ; 
questi  proposero  un  trattato  simile  a  quello  di  Abhai,  ma  agli  abitanti 
non  piacque  l'idea  di  pagare  la  gizyah  e  preferirono  rendersi  invece  mu- 
sulmani. Si  dice  che  la  guarnigione  di  Qazwin  si  arrese  alle  stesse  con- 
dizioni degli  al-Asàwirah  di  al-Basrah,  vale  a  dire  riserbandosi  il  diritto  di 
fissare  la  loro  stanza  dove  volevano:  andarono  perciò  ad  al-Kùfah  e  diven- 
nero confederati  di  Zuhrah  b.  Hawiyyah.  Presero  il  nome  di  Hamrà  al- 
Daylam.  Altri  narrano  invece  che  si  convertirono  e  rimasero  là  dove  erano: 
le  loro  terre  divennero  perciò  'usriyyah  (ossia  paganti  le  decime,  ma' 
non  il  kharàg).  Con  loro  al-Barà  lasciò  500  Musulmani,  tra  i  quali  (\\ 
celebre)  Tulayhah  b.  Khuwaj^lid  al-Asadi  (*),  dando  ai  medesimi  in  feudo 
terre  sulle  quali  nessuno  aveva  diritto. 

al-Barà  razziò  di  poi  i  Daylam  e  li  costrinse  a  pagare  un  tributo  (^ità- 
wah):  quindi  fece  una  spedizione  contro  i  Grilàn,  al-Babar  e  al-Taylasàn, 
e  prese  d'assalto  Zangàn  (Balàdzuri,  321-322). 

Cfr.  Yàqut,  IV,  88,  il  quale  nai'ra  gii  eventi  sotto  l'anno  24.  H. 

Nota  1.  —  Abbiamo  visto  che  Tulayliah  è  già  annoverato  tra  i  morti  dell'anno  "il.  H.  (contron- 
tisi  21.  a.  H.,  §  337). 

§  25.  —  (al-Husayn  b.  'Amr  al-Ardabìli,  da  Wàqid  al-Ardabili,  da 
alcuni  dotti).  al-Mughirah  b.  Su'bah  nel  venire  come  governatore  ad  al- 
Kiifah,  portò  seco  un  ordine  del  Califfo  'Umar,  che  Hudzayfali  b.  al-Yamàn 
sottomettesse  l'Adzarbaygàn:  Hudzayfah,  che  era  allora  in  Nihàwand  o  nelle 
vicinanze,  ricevuto  questo  ordine,  si  avanzò  contro  Ardabil,  la  capitale 
dell' Adzarbaygàn,  dove  risedeva  il  m  a  r  z  u  b  a  n  ,  e  dove  raccogiievasi  l' im- 
porto del    kh  a  r  à  g .    Il    m  a  r  z  u  b  a  n    di  Ardabil    aveva  intanto  radunato 

084. 


molti  guerrieri  da   Bàgarwàn,  Maymadz,  al-Narir,  Saràli,  al-Siz  (cfr.  Noi-  22.  a.  h. 

deke,  Perser,  100,  nota  Ij.  al-Mayànig  e  da  altri  luoghi,  e  con  essi  ' 'conqu^tTdei- 
venne  alle  mani  con  gli  Arabi:  il  combattimento  durò  tutto  un  giorno  e  l'Adzarbaygàn.] 
fu  molto  .sanguinoso.  Alfine  il  niarzubàn  trattò  la  pace  con  Hudzaytah, 
accettando  di  pagare  (ogni  anno)  per  tutto  l'Adzarbaygàu  800,000  dirham, 
del  peso  di  otto;  ma  d'altra  parte  i  Musulmani  non  dovevano  o  uccidere 
o  ridurre  alcuno  alla  schiavitù,  né  distruggere  veruu  tempio  del  fuoco, 
bayt  nàr.  Inoltre  (il  tempio  del  fuoco?)  non  doveva  essere  esposto  (agli 
assalti  dei)  Kurdi  di  al-Balàsagàn,  Sabalàn  e  Sàtrùdàn  [?  Sanzùdàn,  o 
Miyànrùdzàn]  (convertiti  da  tempo  all'Isiàm,  cfi*.  Balàdzuri,  203),  e  do- 
vevano permettere  in  particolare  agli  abitanti  di  al-Siz  i  balli  religiosi 
(zafn)  che  facevano  nelle  loro  feste,  e  di  mostrare  in  pubblico  quelln  che 
mostravano  (in  quelle  circostanze). 

Di  poi  Hudzayfah  razziò  Miiqàn  e  Grilàn,  e  piombando  sugli  abitanti 
li  costrinse  a  pagare  un  tributo  (itàwah)  (Balàdzuri,  325-326). 

In  Yàqùt,  I,  173,  lin.  4  e  segg.,  abbiamo  la  stessa  tradizione,  ma 
con  qualche  variante  nei  nomi  dei  luoghi  che  mandarono  milizie  in  aiuto 
del  marzubàn  di  Ardabìl,  ossia:  Bàgii-wàn,  Mimadz  (s/c),  al-Badzdz, 
Saràw,  Siz  e  al-Maj-ànig.  E  più  sotto,  i  luoghi  da  non  darsi  ai  Kurdi  sono 
scritti:  Balàsàgàn,  Sabalàn  e  Miyàn  Rùdzàn.  —  Per  questi  luoghi  dell' Adzar- 
baygàn  cfr.  Yàqut,  I,  454,   624;  III,  34,   64,  353;  IV,   708,   717. 

§  26.  —  (al-Balàdzui'i,  senza  isnàd).  Più  tardi  il  Califfo  Umar  depose 
Hudzayfah  b.  al-Yamàn  dal  governo  dell'Adzarbaygàn  e  vi  mandò  come 
luogotenente  Utbah  b.  Farqad  al-Sulami.  Questi  penetrò  nella  provincia, 
secondo  gli  uni,  da  ai-Ma wsil  ;  secondo  gli  altri,  da  Sahruzùr,  attraverso  la 
pianura  ferace  (salaq),  che  più  tardi  prese  il  nome  da  Mu'àwiyah  al-Awdi. 
Giunto  ad  Ardabil,  trovò  che  gli  abitanti  si  erano  ribellati,  e  perciò  do- 
vette sottometterli  di  nuovo,  facendo  anche  parecchio  bottino.  Con  lui  si 
trovava  allora  'Amr  b.   'Utbah  al-Zàhid  (Balàdzuri,  326). 

Ctr.  anche  Yàqùt,  I,   1 73. 

§  27.  —  (al-Madàini,  da  Ali  b.  Mugahid,  da  'Àsim  al-Ahwal,  da  abù 
'Uthmàn  al-Nahdi).  Il  Califfo  'Umar  destituì  Hudzayfah  b.  al-Yamàn  dal 
governo  dell'Adzarbaygàn  e  vi  mandò  come  luogotenente  'Utbah  b.  Fai-qad 
al-Sulami   (Balàdzuri,  327). 

Nota  1.  —  Si  narra  (al-'Abbàs  b.  al-Walid  al-Narsi,  da  'Abd  al-wàhid  b.  Ziyàd,  da  'Àsim  al-Abwal, 
da  abù  'Uthmàn  al-Nahdii,  che  'Utbah  b.  Farqad,  dopo  la  riconquista  dell'Adzarbaygàn,  mandasie  in 
dono  al  Califfo  'Umar  alcune  vivande  delicate  del  paese,  ina  che  'Umar  si  rifiutasse  di  assaggiarle, 
quando  seppe  che  erano  state  preparate  soltanto  per  lui,  e  che  tutti  i  Musulmani  non  potevano  saziarsi 
con  esse.  Latore  delle  pietanze  era  Suhaym,  mawla  di  'Utbah  (Balàdzuri,  328l.  —  Cfr.  \'ò.  a.  H., 
g§  179,  180. 

G85. 


ma. 


^     O^       04|  ^Ù*        Ci*        ria 

22.  a.  H  PERSIARMENIA-ADZARBAYGÀN.  —  Incursione    araba    nell'Adzar- 

PERSIARME-       ^         ,_  j    .         .  .  ,•     o  I-        ^ 

NiA-ADZAR-     baygan  ed  in  Armenia  {versione  di  bebeos). 

BAYGAN.  -  In-  g  28.  —  Il   cioiiista   Sobeos,  nel  secondo    anno  dell"  impero  di  Costan- 

nei^rAdzaVb^ay^  '  i"^*  i^ossia  ()4-2-()-43  dell' È.  V.  =  21.-22.  a.  H.)  pone  la  sommossa  di  Va- 
gàn  ed  in  Arme-  lentino  (cfr.  20.  a.  H.,  §  362)  contro  l'imperatore,  e  dopo  aver  ricordato 
che  il  popolo  infuriato  arse  vivo  Valentino  per  aver  osato  aspii-are  alla 
potestà  imperiale,  si  diffonde  a  narrare  gli  eventi  dell'Armenia  che  de- 
scrivono le  condizioni  di  quella  regione  prima  dell'  incursione  araba  narrata 
nei  seguenti  paragrafi. 

Nel  secondo  anno  dunque  di  Costantino,  domata  la  rivolta  di  Valen- 
tino, l'imperatore  nominò  Teodoro,  principe  armeno,  capo  dell'esercito 
greco  in  Armenia.  Questi  allo  scopo  di  calmare  il  paese  e  predisporlo  in 
favore  del  giovane  imperatore,  chiese  ed  ottenne  che  alcuni  principi  ar- 
meni, esiliati  in  Afiica,  tra  cui  principalmente  Smbat,  tìglio  di  Khusraw 
Snum,  facessero  ritorno  a  Costantinopoli.  Il  principe  armeno,  intollerante 
di  essere  tenuto  in  Costantinopoli,  riusci  con  uno  stratagemma  a  fuggire 
ed  arrivare  in  Armenia  ed  ivi  farsi  riconoscere  come  principe  della  re- 
o-ione. Per  calmare  una  commozione  che  minacciava  di  diventare  rivolta 
generale,  l' imperatore  fu  costretto  a  riconoscere  il  fatto  compiuto  ed  a 
proclamare  Smbat  Kuropalates  d'Armenia.  Volle  però  il  destino  che 
Smbat  appena  assunto  a  questa  carica  si  ammalasse  e  morisse  subitamente. 
Fu  sepolto  presso  suo  padre  in  Dariwnkh,  e  l'imperatore  Costantino  conferi 
al  figlio  di  lui  primogenito,  chiamato  pur  egli  Smbat,  la  stessa  carica  del 
padre  con  la  dignità  di  a  s  p  e  t  ed  il  titolo  di  drungarius.  Gli  diede  anche 
in  moglie  una  principessa  arsacida.  Mandò  nondimeno  in  Armenia  anche 
Teodoro,  signore  dei  Rstuni,  con  grandi  onori,  lo  elevò  alla  carica  di  ge- 
nerale in  capo  e  gli  fece  assumere  il  comando  di  tutte  le  schiere  in  Ar- 
menia  (Sebeos,  pag.   105-108). 

§  29.  —  (Sebeos).  L'anno  seguente  (intendesi  il  643  dell' È.  V.  =  22.  H.) 
l'esercito  ismaelita  entrò  in  Atrpatakan  (=  Adzarbaygàn)  e  si  divise  in  tre 
corpi.  Una  parte  andò  verso  l'Ararat,  un'altra  verso  il  territorio  dei  Seph- 
hakan-Gund,  ed  il  terzo  nel  paese  degli  Aluan  (Agh'ouan).  Quelli  che  si 
erano  recati  nel  territorio  dei  Sephliakan-Gund,  si  sbandarono  appena  arri- 
vati,, distrussero  con  la  spada  e  fecero  bottino  e  prigionieri.  Di  poi  marcia- 
rono insieme  su  Eriwàn  ed  assalirono  la  fortezza,  ma  non  poterono  impadro- 
nirsene. Essi  partirono  e  vennero  ad  Ordspu  (Ortorou),  ma  costi  pure  essi  non 
poterono  far  niente.  Di  là  andarono  ad  accamparsi  presso  Arcaph  (Ardzaph!), 
di  contro  alla  fortezza,  sulle  rive  dell'acqua  (fiume ?j.  Essi  incominciarono 
ad   assalire    la    fortezza,    ma    subirono  grandi  perdite.  V'era  per  di  dietro 

686. 


22.  a.  H. 

PERSIARM  E- 
N  I  A-ADZAR- 


nia.] 


2à2à.    a..    li.  §g  -29-31. 

un'uscita  per  la  quale  era  possibile  uscire  dalla  parte  della  Siria,  e  che  si 
chiamava  Kaxanaktuch  (Gakhauagdouts).  Alcuni  uomini  discesero  dalla 
fortezza  lungo  questa  strada  per  cercare  un  rinforzo  nella  fortezza  di  Daravvn  bayóàn.  -  in- 
(Tarónk').  Smbat  Bagratuni,  il  figlio  di  Varaz  Sahak,  diede  a  loro  quaranta  ne[r'Adza*b"ay' 
uomini.  Essi  partirono  di  notte  ed  uscirono  dalla  fortezza,  ma  non  furono  gàn  ed  in  Arme- 
abbastanza  prudenti.  Gli  Ismaeliti  scoprirono  il  punto,  e.  seguendo  le  loro 
tracce,  montarono  sulla  cittadella:  essi  occuparono  il  luogo  durante  la  notte. 
I  vincitori  arrestarono  dieci  uomini  preposti  alla  guardia  del  luogo,  e  che  dor- 
mivano, e  li  mandarono  a  morte  (Sebeos,   108-109).  Cfr.  20.  a.  H.,  §  125. 

§  30.  —  (Sebeos).  Nel  secondo  anno  del  regno  di  Costantino  (Con- 
stante II),  nel  giorno  23  del  mese  di  Hori,  una  domenica  mattina  (ossia 
il  10  agosto  643  dell'È.  V.  =  18  Ramadàn  22.  H.,  secondo  Dulaurier, 
Chronol.  Armen.,  231),  gli  Ismaeliti  lanciarono  grandi  grida  tutto  in- 
torno alla  cittadella,  e  passarono  i  difensori  a  fil  di  spada.  Molti  si  preci- 
pitarono dall'  alto  delle  mura  e  perirono.  Fecero  discendere  dalla  cittadella 
le  donne  ed  i  bambini,  avendo  in  mente  di  trucidarli  tutti.  (Gli  Arabi)  fecero 
un  numero  grandissimo  di  prigionieri  ed  vm  bottino  ingente  di  bestiami.  Ma 
il  mattino  seguente  il  capo  dell'esercito  armeno  arrivò  contro  (questi)  ne- 
mici ed  inflisse  loro  una  grave  disfatta.  Di  tre  mila  uomini  bene  armati,  la 
scelta  delle  schiere  Ismaelite,  non  fuggì  nessuno,  salvo  alcuni  fantaccini, 
che  riuscirono  a  raggiungere  Samb  (Schampi)  ed  a  fortificar  visi.  In  quel 
giorno  il  Signore  liberò  numerosi  prigionieri  dalle  mani  degli  Ismaeliti,  ed 
annientò  Ismael  con  una  grande  disfatta.  Due  dei  capi  ismaeliti,  Otjhman 
CUthmàn)  ed  Ogomay  (in  altri  testi  Ogbay,  ossia  'Uqbah)  perirono.  Fu 
una  grande  vittoria  per  il  generale  armeno  (Theodoros).  Questi  mandò  a 
Costantino  (Costante  II),  come  dono  proveniente  dal  bottino  della  batta- 
glia, cento  magnifici  cavalli  da  corsa:  l'imperatore  se  ne  rallegrò  con  tutta 
la  sua  corte  e  gli  fece  esprimere  la  sua  riconoscenza. 

L'esercito  (arabo)  che  era  nell'Ararat  penetrò  con  la  spada  in  mano  fino 
al  territorio  dei  Tayl,  dei  Georgiani  e  degli  Aluan,  e  fece  bottino  e  prigio- 
nieri. Poi  si  diresse  verso  Naxcawan  contro  l'esercito  che  assediava  la  città 
di  Naxcawan,  senza  poterla  prendere.  Nondimeno  espugnarono  la  città  di 
Xram,  uccisero  la  guarnigione  e  portarono  via  prigionieri  le  donne  ed  i 
bambini  (Sebeos,   109-110). 

§  31.  —  A  comprovare  la  data  il  Dulaurier  osserva:  gli  elementi  cro- 
nologici che  accompagnano  la  data  della  presa  della  fortezza  di  Ardzaph 
sono  perfettamente  esatti.  L'imperatore  Costante  salì  sul  trono,  secondo 
Theophanes  e  Cedrenus,  nei  primi  giorni  del  gennaio  dell'anno  del  Mondo 
6133,  Indiz.  XV,  pari  642  dell'È.  V.  Nel  suo  secondo  anno,  ossia  643,   il 


687. 


§§   SI  sii. 


22.  a.  H. 


22.  a.  H.  primo  ilei  mese  di  Nava^art  cadde  sopra  il  !!•  giugno,  ed  il  23  di  Hori  sul 

PPRSIARME-  'c:' 

NiA-ADZAR-      '^  agosto,  clu'  fu  effettivamente  una  domenica  (Dulaurier.  1.  e,  232). 
BAYÓAN.  -  In-  Oli  eventi  narrati   in   questi  paragrafi  ricordano  un  poco  quanto  è  nar- 

cursione   araba  .,  ,  ■     i       .^       !■   i       tt  n  •    ,         i    m    i  t»-> 

neir  Adzarbay-     ''''^"   1""  !»^<i"ti  da  Savi  1).     Limar  sulla  conquista  dell  al-Bab. 

gàn  ed  in  Arme- 

"'*■'  PERSIA.  —  Conquista  dell'Adzarbaygàn  {versione  di  Sayf  b.  ' Umar). 

§  32.  —  (Sayf  b.  Umar.  senza  isiiàdj.  Quando  Nu'aym  b.  Muqarrin 
ebbe  conquistato  Hamadzàn  per  la  seconda  volta,  e  si  fu  incamminato 
verso  al-Rajw,  passando  per  Wàg-i-Rudz,  il  Califfo  'Umar  scrisse  a  Nu'aym 
b.  Muqarrin,  ordinandogli  di  mandare  Simàk  b.  Kharasah  al-Ansàri  in 
aiuto  di  Bukayr  b.  'Abdaliah,  che  invadeva  l'Adzarbaygàn.  Questo  ordine 
non  fu  eseguito  da  Nu'aym  b.  Muqarrin  se  non  dopo  la  conquista  di  al- 
Ra\v.  Intanto  Bukayr  era  già  arrivato  neH'Adzarbaygàn,  in  Garmìdzàn; 
ove  poco  tempo  prima  di  avere  i  rinforzi  da  al-Rayy  assali  Isfandiyàdz  b. 
al-Farrukhzàd.  il  quale  ritornava  neH'Adzarbaygàn  dopo  la  sconfitta  patita 
a  Wàg-i-Rùdz  per  opera  di  Nu'aym  b.  Muqarrin.  I  Musulmani  vinsero  nuo- 
vamente il  nemico  e  Bukayr  fece  prigioniero  Isfandiyàdz.  Dopo  la  battaglia 
giunsero  i  rinforzi  comandati  da  Simàk  b.  Kharasah,  che  avevano  intanto 
sottomesso  tutto  il  paese  da  al-Rayy  in  poi.  Allo  stesso  tempo  'Utbah  l>. 
Farqad,  che  aveva  avuto  l'ordine  d'invadere  l'Adzarbaygàn  dalla  parte  occi- 
dentale, partendo  da  al-Mawsil,  aveva  sottomesso  tutto  il  paese  a  lui  desti- 
nato. Bukayr  b.  'Abdaliah,  desideroso  di  spingersi  ancora  pivi  al  settentrione 
contro  l'al-Bàb,  chiese  ed  ottenne  dal  Califfo  di  cedere  a  'Utbah  b.  Farqad 
tutto  il  paese  conquistato.  In  questo  modo  Utbah  b.  Farqad  divenne  gover- 
natore di  tutto  l'Adzarbaygàn:  anche  il  prigioniero  Isfandiyàdz  fu  con- 
segnato nelle  mani  di  'Utbah  b.  Farqad,  il  quale  continuò  allora  solo  la 
conquista  del  paese  ed,  assalito  da  Bahràm  b.  al-Farrukhzàdz,  fratello  di 
Isfandiyàdz,  sconfisse  anche  lui,  e  j)otè  poi,  grazie  all'intervento  di  Isfan- 
diyàdz, concludere  un  trattato  nel  quale  venne  abbracciato  tutto  l'Adzar- 
baj-gàn.  Di  tali  fatti  venne  mandato  rapporto  al  Califfo  'Umar  in  Madinah, 
insieme  con  il  solito  quinto  del  bottino.  Sayf  b.  'Umar  pretende  dare  il  testo 
autentico  del  trattato,  datato  con  l'anno  18.  H.,  e  con  la  firma  dei  seguenti 
testimoni:  frundub,  che  lo  scrisse,  Bukayr  b.  'Abdaliah  al-Laythi,  e  Simàk 
b.  Kharasah  al-Ansàri  (T  abari,  I,  2660-2662). 
Cfr.  Athir,  III,  20-21. 

PERSIA-ADZARBAYGÀN-AL-BÀB.  —  Conquista  dell'al-Bàb  ('). 

§  33.  —  (Sa^'f  b.    Umar,  senza    isnàd).   La  conquista  dell'al-Bàb  av- 
venne  nell'anno  22.  H.  Quando,  per  ordine  del  Califfo  'Umar,  abij  Musa 

fi88. 


dell'al-Bàb. 


22.  a.  H.  I  33 

al-As'aii  riprese  il  governo  di  al-Basrah,  Suràqah  b.    Arar  detto  Dzù-1-Nùr,  22.  a.  h. 

fu  mandato  dal  Califfo  in  comando  di  ima  spedizione,  che  aveva  per  cóm-  baygan  -al- 
pito  la  conquista  della  regione  detta  al-Bab.  L'avanguardia  per  disposizione  bab.- Conquista 
del  Calitfo  era  comandata  da  Abd  al-rahmàn  b.  Rabi'ali,  detto  egli  pure 
Dzu-1-Nùr,  ad  una  delle  due  ali  era  preposto  Hudzayfah  b.  Asid  al  Ghi- 
tari;  l'altra  doveva  essere  comandata  da  Bukayr  b.  'Abdallah  al-Laythi, 
appena  Suràqah  lu  avesse  raggiunto.  Difatti  Bukayr  b.  'Abdallah  si  tro- 
vava allora  al  settentrione  dell'Adzarbaygàn,  dinanzi  alla  regione  al-Bàb 
in  attesa  dei  rinforzi.  La  divisione  della  preda  (ala  al-maqàsim)  per 
ordine  del  Califfo,  doveva  essere  fatta  da  Salmàn  b.  Rabi'ah.  Suràqah  rag- 
giunse Bukayr  b.  'Abdallah  e  con  lui  invase  l'al-Bàb:  in  suo  soccorso  il 
Califfo  mandò  anche  Habib  b.  Maslamah,  trasferendolo  dalla  carica  che 
occupava  nella  Graziiah  e  nel  posto  vacante  fu  mandato  Ziyàd  b.  Hanzalah. 
Il  signore  di  al-Bàb  era  allora  Sahrbaràz,  un  persiano  di  nobile  stirpe,  discen- 
dente da  quel  Sahrbaràz,  che  prima  dei  tempi  di  Eraclio  aveva  invaso  e  de- 
predato la  Siria  (cfi".  Nòldeke  Sas.,  290).  Questo  Sahrbaràz  non  aveva 
però  alcuna  intenzione  di  resistere  ai  Musulmani  e  venne  incontro  al  gene- 
rale arabo  con  le  più  amichevoli  proposte  di  accordo:  fu  così  concluso  un 
trattato  fra  i  Musulmani  e  Sahrbaràz,  che  rappresentava  gli  abitanti  dell'Ar- 
menia e  gli  Armeni.  Anche  di  questo  trattato  Sayf  pretende  darci  il  testo 
autentico  (senza  data),  per  il  quale  si  dice  fossero  testimoni:  'Abd  al-rahmàu 
b.  Rabi'ah,  Salmàn  b.  Rabi'ah  e  Bukayr  b.  'x4bdallah:  il  documento  si  dice 
fosse  scritto  da  Mardi  b.  Muqarrin,  il  quale  fu  anche  testimone. 

Ottenuto  così  il  pacifico  possesso  di  al-Bàb,  Suràqah  b.  'Amr  organizzò 
varie  spedizioni  contro  gli  altri  paesi  del  settentrione  nei  monti  dell'Ai'- 
menia  (e  dell' Anti-Caucaso).  Bukayr  b.  'Abdallah  fu  mandato  nel  Mùqàn, 
Habib  ]).  Maslamah  contro  Tiflis,  Hudzayfah  b.  Asid  nei  monti  degli  al- 
Làn,  e  Salmàn  b.  Rabi'ah  in  un'altra  direzione.  Salvo  la  spedizione  di  Bu- 
kayr b.  'Abdallah,  che  arrivò  fino  a  Miiqàn  e  fece  un  trattato  con  gli 
abitanti  (dato  pure  da  Sa^f  nel  preteso  testo  autentico)  C^),  gli  altri  ritoi- 
narono  addietro  senza  aver  concluso  nulla. 

Intanto  moriva  Suràqah  b.  'Amr,  lasciandcj  la  direzione  della  guerra 
ad  'Abd  al-rahmàn  b.  Rabi'ah  (T  a  bari.  I,  2663-2667;. 

Cfi-.  Athir.  III.  21-22;   Gawzi,  I.  fol.   68,r. 

La  divisione  in  tre  eserciti  delle  forze  arabe  al  di  là  dell'al-Bàb  coi- 
1  isponde  al  tripartito  esercito  arabo  di  cui  fa  parola  Sebeos  in  due  pre- 
cludenti paragrafi. 

Nota  1.  —  al-Bab,  o  Bab  al-.A.b\vàb,  è  la  regione  al  nord  deirAdzarbaygan,  u  più  precisamente 
quella  del  Caucaso  orientale,  avente  por  capitale  la  città  di  Bàb  al-Abwàb,  il  Darband  dei  Persiani.  La 
città  dominavii  bi  stretta  zona  di  terreno  piano  tra    il  Mar  Caspio  e  le   giogaie   del    Caucaso,  e  face\^ 

G8!>.  87 


$s  !i3-88.  22.  a.  H. 

22.  a.   H.  jiHrte  ili   mi  sisteiim  ili  antiche  fortificazioni  erette  con  lo  scopo  d'impedire  ai  li.irbari  del  nord  d'irrom- 

•ERSIA- ADZAR-       pere  al  sud  del  Caucaso.  —  CtV.  Yàqfit,  1,  437-441;  Barbier   de   Meynard    Dict.,  68  78.  —  Avremo 
BAYÓAN-AL-       a  ritornare  sull'argomento  nel  califiato  di  'Ut^iwiàn. 

BAB.- Conquista  Not.\  "2.  —  Il  trattato  di  Mùqàn,  che  troviamo  nel  testo  di  Sayt'  ha  le  tirme   di    al-Sanimàkh  b. 

dell'al-Bàb.l  Diriir,  di  al-Rusiiris  b.  Uunàdib  e  di  Hamalah  b.  (ruwayyah;  è  inoltre  datato  con  l'anno  21.  H.,  il  che 

non  è  possibile,  perchè  in  aperta  contradizioue  con  «luanto  lo  stesso  Sayf  aiìerma  altrove  (Tabari.  I, 
1,  '2()(>.S,  lin.  l-3\  che  al-Ràb  venisse  conquistata  nell'anno  2"2.  H. 

§  34.  —  C^ayf  b.  'Uniar,  senza  isnad).  Il  Califfo  'Umar  confermò  'Abd 
al-iahmàn  h.  llabi'ah  nelle  funzioni  affidategli  dal  defunto  Suràqah,  e  gli 
ordinò  d'invadere  il  paese  dei  Turchi  al  nord  di  al-Bàb.  Abd  al-iahmàn 
invase  il  paese  di  Balangar,  e  le  sue  schiere  di  cavalleria  .si  spinsero  fino 
ad  al-Baydà,  a  circa  duecento  farsakh  (al  nord?)  di  Balangar. 

Il  paese  di  Balangar  fu  invaso  una  volta  durante  il  califfato  di  'Umar, 
ina  più  volte  durante  quello  di  'Uthmàn  (^):  da  tutte  queste  spedizioni  i 
Musulmani  ritornarono  indietro  sani  e  salvi,  finché  alfine  in  una  di  queste 
rimase  ucciso  il  generale  'Abd  al-rahmàn  (Tabari,  I,  2667-2668). 

Cfr.  Dzahabi  Paris,  I,  fol.   138,r.-138,v. 

Nota  1.  —  Che  vi  fosse  iiìia  sola  spedizione  durante  il  califfato  di  'Umar,  e  parecchie  durante 
quello  di  'Uthmàn,  ci  aiuta  a  fissare  la  cronologia  degli  eventi,  e  ci  fa  ritenere  che  la  prima  spedi- 
zione di  'Abd  al-rahmàn  oltre  Balangar  avvenisse  in  uno  degli  ultimi  due  anni  di  'Umar,  ossia  fra 
il  22.  ed  il  23.  H. 

PERSIA-KHURÀSÀN.  —  Invasione  del  Khuràsàn. 

§  35.  —  (Epoca  dell'invasione).  (al-Tabari,  senza  isnad).  Al- 
cuni pongono  r  invasione  del  Khuràsàn  per  opera  di  al-Ahnaf  b.  Qays,  ed 
il  combattimento  con  il  re  Yazdagird  nell'anno  22.  H.,  ma  invece,  secondo 
Sayf  b.  'Umar,  ciò  avvenne  nell'anno  16.  H.  (Tabari,  I,  2680,  lin.  11-13). 

Vedremo  più  avanti  che  la  conquista  del  Khuràsàn  si  svolse  tra  il 
30.  e  il  31.  H. 

PERSIA-GURGÀN. 

§  36.  —  (ibn  al-Grawzi).  Alcuni  pongono  la  presa  di  Gurgàn  nel  22.  H., 
ma  secondo  al-Madàini  fu  invece  conquistata  regnante  Uthmàn  nell'anno 
30.  H.   (Gawzi,  I,  fol.  43,v.). 

§  37.  —  (al-Dzahabi).    Neil'  anno  22.   H.  fu   conquistato  il  Grvugàn.   In 
questo  stesso  anno  Suwa37d  b.  Muqarrin  espugnò  al-Eay}'  e  poi  'Askar(?), 
e  da  lì  marciò  su  Qùmis,  che  fu  pure    sottomessa    (Dz  a  h  a  b  i    Paris,    I 
fol.   138,r.). 

PERSIA-TABARISTÀN. 

§  38.  —  (ibn  al-Grawzi).  Alcuni  pongono  la  conquista  del  Tabaristàn 
nel  18.  H.,  oppure  nel  22.  H.   (Gawzi,  I,  fol.  44,r.). 

690, 


22.  a.  H. 


39. 


IRAQ-PERSIA.  —  Riordinamento  delle  provincie  conquistate  e  loro 
divisione  fra  al-Basrah  ed  al-Kufah. 

§  39.  —  (Sayf  b.  'limar,  da  Muhammad  e  da  altri).  In  questo  anno 
(22.  H.)  il  Califfo  'limar  divise  egualmente  ('addala)  le  conquiste  fatte  fi-a 
le  due  città  di  al-Kùfah  e  al-Basrah.  'Ammàr  b.  Yasir  fii  governatore  di  al- 
Kixfah  per  circa  un  anno,  ma  la  sua  amministrazione  non  piacque  agli  abi- 
tanti della  città.  Difatti  'Umar  b.  Suràqah,  allora  governatore  di  al-Basrah 
(cfr.  21.  a.  H.,  §  27),  scrisse  al  Califfo  Umar,  lagnandosi  che  gli  abitanti  di 
al-Basrah  erano  molto  numerosi,  ma  tanto  poveri  da  non  poter  pagare  una 
copiosa  tassa  fondiaria  (agz  kharàgihim):  per  rimediare  a  questa  defi- 
cienza il  governatore  chiese  al  Califfo  di  aggiungere  alla  provincia  di  al- 
Basrah  alcune  delle  regioni  conquistate  in  Persia,  e  che  si  trovavano  in 
mano  dei  Kvifani.  Egli  chiese  uno  dei  due  al-Màhayn,  oppure  Màsabadzàn. 
Quando  i  Kufani  ebbero  notizia  di  queste  trattative,  si  rivolsero  al  loro  go- 
vernatore 'Ammàr  b.  Yasir,  e  lo  invitarono  a  protestare  presso  il  Califfo 
contro  qualunque  diminuzione  del  loro  territorio,  rammentando  che  Ràmhur- 
muz  e  Idzàg,  alle  quali  miravano  i  Basrensi,  erano  state  espugnate  dai  Ku- 
fani senza  l'assistenza  dei  Basrensi,  accorsi  in  aiuto  quando  tutto  era  finito. 
Ammàr  dichiarò  che  questo  non  lo  riguardava,  e  non  volle  fare  passo  al- 
cuno presso  il  Califfo  (^),  suscitando  in  tal  modo  vivissimo  malcontento  fra  i 
Kufani.  Avvenne  perciò  che  i  Basrensi  poterono  menare  testimoni  dinanzi 
al  Califfo  e  dimostrare  che  Idzàg  e  Ràmhurmuz  fossero  state  espugnate 
dai  Basrensi  e  non  dai  Kufani.  Su  queste  testimonianze  il  Califfo  passò  i 
due  distretti  all'amministrazione  di  al-Basrah  con  grande  dispetto  dei  Ku- 
fani. I  Basrensi  pretesero  ora  di  avere  diritto  per  le  medesime  ragioni  al 
possesso  di  vari  villaggi  di  Isbahàn,  occupati  da  abù  Musa  al-As'ari  nello 
accorrere  in  soccorso  di  Abdallah  b.  'Abdallah  b.  Itbàn.  Contro  queste 
nuove  pretese  i  Kufani  protestarono  vigorosamente  sostenendo  che  i  Ba- 
.srensi  fossero  arrivati  a  battaglia  finita:  il  Califfo  diede  ragione  ai  Kufani. 

Allora  i  veterani  delle  guerre  di  conquista  (ahi  a  1  -  a  y  y  à  m)  ed  i  ve- 
terani  di  al-Qàdisiyyah  (ahi  al-Qàdisiyyah),  che  si  erano  stabiliti  in 
al-Basrah,  insistettero  presso  il  Califfo,  perchè  alla  provincia  di  al-Basrah 
venisse  aggiunta  una  parte  delle  terre  conquistate,  in  compenso  dei  ser- 
vigi resi  dai  Basrensi  nell'assistere  i  Kufani  nelle  conquiste.  A  questa  do- 
manda i  Kufani  non  fecero  opposizione  e  lasciarono  al  Califfo  che  deci- 
«lesse  quello  che  gli  sembrava  giusto.  Il  Califfo  'Umar  stabili  allora  che 
i  veterani  predetti,  stabiliti  in  al-Basrah,  avessero  il  distretto  di  Mah  Dinar 
come  loro  quota  delle  terre  conquistate  (T  a  bari,  I,  2672-2673). 

Cfr.  Atliir,  III,   23-24;  Mahàsin,  I,  85. 


22.  a.  H. 
[IRAQ-PERSIA. 
Riord  i  n  a  mento 
delle  provinole 
conquistate  e  lo- 
ro divisione  fra 
al-Basrah  ed  al- 
Kùfah.l 


691. 


§^  ;;>i.    In  CàLi,    R>    ri. 

22.  a.  H.  A  questi  fatti  allude  .sicuramente  la  tradizione  che  noi  abbiamo  data 

Riordinamento     ^"'tto  l'anno  20.  H.  discorrendo  della  sistemazione  del  di  wàn  (cfr.  20.  a.  H., 
delle   Provincie     ij  -247.   nota  2:  21.  a.    IT..  §  74). 

conquistate  e  lo-  ^,  „  .  ,     ,  ,      ..  ,     „     . 

..  .   . .„  ISoT.\   I.  —   Poco    prima    e   iletto  clie    Amimvr  b.  Yasir  non    si    curasse   di    sostenere    gl'interessi 

ro    divisione   tra  ■,,.,.     tt  i  . 

al  Basrah  ad  aU       •<"*'»">  dinanzi  al  Calino    Umar,  ma  dal   presente   passo  veniamo  a  scoprire   che   il   rifiuto   di   'Ammàr 

JJ-.  .",  fosse  soltjuilo  un  incidente.  I  Kufani  furono  regolarmente  interrogati  dal  Califio,  e  gli  avvocati  difen- 

sori dei  loro  interessi  si  trovarono  a  Madinali  a  perorare  per  al-Kfifah.  Sarebbe  stato  assai  inverosimilt- 
ed  improbabile  che  il  Calilì'o  osasse  offendere  interessi  cosi  potenti  senza  consultarsi  con  i  maggiori 
interessati.  Vi  furono  probabilmente  lunghi  congrossi  e  vivaci  discussioni  in  Miidiiiah  dinanzi  al  tribu- 
nale supremo  del  Califfo,  prima  clie  la  questiono  venisse  decisa. 

§  40.  —  11  vero  significato  di  (][uesta  tradizione  non  ò  perfettamente 
romprensibile  senza  qualche  schiarimento,  che  in  parte  è  però  ripetizione 
di  quanto  si  è  detto  sotto  l'anno  20.  H.  a  proposito  del  ruolo  pei  pensio- 
nati (cfr.  20.  a.  H.,  §§  352-363).  Nelle  tradizioni  .sulle  conquiste  fatte  in 
Persia,  cojne  vedremo  meglio  in  appresso,  Sayf  b.  'Umar  ha  sempre  avuto 
attenzione  di  spiegare  chiaramente  a  chi  spettasse  il  merito  delle  varie  con- 
quiste, se  cioè  ai  Kufani  od  ai  Basrensi.  Nel  corso  di  quelle  tradizioni  è 
facile  scorgere  la  spiccata  predilezione  di  Sayf  per  i  Kufani  ed  il  tenta- 
tivo di  far  credere  che  ed  essi  fosse  dovuto  tutto  il  merito  delle  conquiste 
in  Persia.  Dal  tenore  di  tali  tradizioni  non  si  deve  desumere,  che  lo  scopo 
di  Sayf  b.  'Umar  fosse  soltanto  morale,  la  glorificazione  cioè  maggiore  dei 
Kufani,  mostrandoceli  come  i  veri  eroi  dell'  Isiàm,  ma  sotto  ad  un'appa- 
rente ragione  morale  si  asconde  anche  un  fine  interessato  e  motivi  di 
ordine  materiale  e  pecuniario  :  se  i  Kufani  protestavano  tanto  vigorosa- 
mente contro  ogni  diminuzione  del  loro  territorio,  ciò  succedeva  sovra t- 
tutto  per  ragioni  materiali.  Si  deve  cioè  arguire  che  le  varie  conquiste 
fatte  dai  due  centri  militari  di  al-Basrah  e  di  al-Kiifah,  non  andavano  a 
vantaggio  diretto  dell'intiera  comunità  musulmana,  ma  in  larghissima 
misura  soltanto  delle  guarnigioni  militari,  dalle  quali  partivano  le  spedi- 
zioni. al-Kùfah  e  al-Basrah  erano  due  grandi  campi  militari,  che  assorbivano 
per  la  propria  sussistenza  enormi  somme  di  danaro:  il  frutto  di  quattro 
quinti  del  bottino  preso  in  battaglia,  costituiva,  è  vero,  una  cospicua  ren- 
dita, ma  questo  cespite  era  incerto,  variabile  e  temporaneo.  Le  vere,  ren- 
dite sicure,  che  potevano  far  fronte  alle  continue  ed  ingenti  spese  per  il 
mantenimento  della  nazione  armata,  erano  le  tasse  pagate  annualmente 
dai  popoli  vinti  sui  registri  o  ruoli  delle  tasse  fondiarie  dei  regni  decaduti, 
e  in  conformità  dei  trattati  speciali  conclusi  tra  i  vari  popoli  vinti,  i  quali 
stabilivano  in  ogni  caso  l'ammontare  preciso  della  somma  che  i  vinti  do- 
vevano pagare  come  tributo  annuale  ai  Musulmani.  Il  tenore  della  pre- 
sente tradizione  fa  vedere  che  le  milizie  di  ogni  singolo  campo  militare 
traevano     la  loro  sussistenza  dalle  rendite  più  o  meno  grandi  che  potevan 

692. 


22.  a.  H. 


40. 


KDfahJ 


oodere  dai    territoii  a  loro    sottomessi.   Il  danaio   dalle    provincie  (tasse  e  22.  a.  h. 

tributi)  non  correva  alle  casse  dell'impero  in  Madinah.  né  era  da  questo  Riordinamento 
poi  distribuito  in  modo  regolare  ed  uniformie  a  tutti  i  Musulmani,  che  si  delie  provincia 
battevano  perla  loro  fede.  Siffatto  giro  o  norma  accentatrice  distributiva  ro  "divisione*  fra 
avrebbe  richiesto  un  sistema  contabile  molto  complesso,  del  quale  gii  Arabi  ai-Basrah  ed  ai- 
erano  ancora  del  tutto  incapaci.  Ogni  campo  militare  riscoteva  invece  tutti 
i  tributi  e  tutte  le  tasse  d'I  teri'itorio  da  esso  dipendente,  e  provvedeva 
con  questi  cespiti  alle  proprie  spese  direttamente  e  senza  ingerenza  did 
potere  centrale.  Il  punto  molto  oscuro  è  di  sapere  quanta  parte  delle  somme 
riscosse  rimanesse  realmente  nelle  casse  provinciali,  e  quanta  ne  venisse 
mandata  a  Madinah  al  Califfo.  Su  questo  argomento  non  abbiamo  alcuna 
notizia  diretta  che  ci  dia  lume,  e  ne  discutemmo  a  lungo  sotto  Fa.  20.  H., 
parlando  dell'istituzione  del  diwàn  (cfr.  20.  a.  H.,  §§  262  e  segg.).  È 
probabile  che  in  larga  misura  il  danaro  venisse  considerato  come  i  frutti 
del  bottino  di  guerra.  Da  ciò  infiniti  abusi  nonostante  i  regolamenti  imposti 
da  "Umar  per  il  diwàn.  ed  è  presumibile  che.  data  la  confusione  conta- 
bile ed  amministrativa,  quanto  maggiore  fosse  l'estensione  del  territorio 
dipendente  da  uno  dei  campi  militari,  come  al-Basrah  o  al-Kùfah,  tanto 
più  abbondante  riuscisse  il  reddito  di  cui  ogni  campo  godeva,  e  perciò  più 
ricco  fosse  ogni  membro  della  detta   comunità   militare. 

Partendo  da  tale  supposizione  il  significato  della  presente  tradizione 
riesce  più  chiaro:  vediamo  cioè  che  nel  corso  delle  conquiste  in  Persia  il 
campo  militare  di  al-Kùfah  si  trovasse  in  una  condizione  molto  più  av- 
vantaggiata, e  che  i  Kufani  avessero  ottenuto  la  parte  del  leone  nella  di- 
visione delle  spoglie  del  nemico.  Riferendoci  altresì  a  quanto  abbiamo  detto 
in  ini  paragrafo  precedente  sopra  la  più  numerosa  emigrazione  verso  al- 
Basrah,  è  probabile  che  in  questa  città,  per  il  soverchio  affollamento,  si 
sentisse  ristrettezza  di  proventi,  mentre  in  al-Kùfah  l'ampiezza  del  terri- 
torio in  rapporto  al  numero  degli  emigrati,  porgeva  larghezza  di  redditi. 
È  persino  probabile  che  a  un  certo  momento  le  rendite  di  al-Basrah  non 
bastassero  più  ai  bisogni  dei  guen-ieri  e  delle  loro  famiglie.  E  allora  gli 
abitanti  di  al-Basrah,  venendo  a  scoprire  che  i  soldati  del  campo  militare 
di  al-Kùfah  incassavano  una  rendita  maggiore,  insistettero  sopra  una  ri- 
partizione più  equa  delle  provincie,  in  modo  che  i  singoli  Musulmani  del 
campo  di  al-Basrah  avessero  una  rendita  annua  incirca  eguale  a  quella 
goduta  dai  loro  colleghi  di  al-Kùfah.  Il  Califfo  nel  sistemare  queste  irre- 
golarità fu  costretto  però  ad  accogliere  l'ordine  d'idee  dei  suoi  dipendenti. 
I  paesi  conquistati  dai  Basrensi  dovevano  essere  proprietà  loro,  e  lo  stesso 
doveva  valere  per  i  Kufani,  uè  osò  egli  togliere  sia  ai   Kufani,  sia  ai  Bas- 


«93. 


K  )  -l-J. 


22.  a.  H. 


22.  a.  H. 
IRAQ-PERSIA.  - 
Riord  i  n  a  mento 
delle  Provincie 
conquistate  e  lo- 
ro divisione  fra 
al-Basrah  ed  al- 
Kùfah.l 


i-ousi,  quello  che  essi  potevan  dimostrare  con  testimonianze  di  aver  con- 
quistato senza  ausilio  di  altri.  Il  Califfo  non  potè  perciò  eguagliare  perfet- 
ta nienti'  le  quoto,  ma  si  contentò  di  un  pareggio  approssimativo,  perchè 
non  osò  togliere  ai  Kufani,  se  non  pai-te  di  quello  che  i  medesimi  ave- 
vano conquistato  con  l'aiuto  dei  Basrensi.  Se  la  fortuna  delle  armi  aveva  ai 
Kufani  procurato  un  dominio  più  esteso,  il  Califfo  non  osò  farne  partecipi  nei 
riguardi  dei  redditi,  gli  altri  Musulmani  che  non  avevano  personalmente 
contribuito  alla  conquista.  Il  concetto  del  bene  universale  della  comunità 
musulmana  non  poteva  più  esistere,  come  ai  tempi  del  Profeta,  quando  i 
fedeli  erano  poche  centinaia  di  uomini.  L' antico  particolarismo  arabo  ri- 
sorgeva più  forte  che  mai,  come  novella  fenice,  dalle  ceneri  dell'incendio 
che  sembrava  aver  distrutto  l'antico  mondo   pagano  in  Arabia. 


SIRIA-ASIA  MINORE.  —  Incursione  araba. 

§  41.  —  (^al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  22.  H.,  si  crede  che 
Mu'àwivah  b.  abì  Sufj^àn  comandasse  una  spedizione  estiva,  invadendo  il 
territorio  greco  alla  testa  di   10,000  viomini  (Tabari,  I,  2671,  Un.  12). 

Cfr.  Athir.  Ili,  30;   Gawzi,  I,  fol.  67,v. 

§  42.  —  A  proposito  di  questa  spedizione  esiste  anche  un  racconto  un 
poco  leggendario,  in  cui  si  pretende  dare  la  versione  d'una  avventura  toc- 
cata ad  'Abdallah  b.  Hudzàfah  al-Sahmi:  l'autorità  è  purtroppo  ibn  'Abbàs, 
onde  non  abbiam  ragione  sufficiente  di  accettarla  come  vera.  'Abdallah 
b.  Hudzàfah  fu  fatto  prigioniero  dai  Greci,  e  siccome  non  voleva  a  veruu 
conto  abbracciare  la  fede  cristiana,  si  prepararono  a  gettarlo  in  una  vasca 
di  bronzo  (?  baqarah  al-nahhàs)  che  doveva  esser  empita  di  olio 
da  cocersi  poi  sul  fuoco  finché  bollisse.  Al  momento  del  supplizio  'Ab- 
dallah si  mise  a  piangere  :  i  Greci  credettero  che  fosse  per  commozione  e 
spavento,  ma  egli  affermò  che  gli  dispiaceva  di  esser  una  persona  sola  per 
soffrire  tanto  tormento  per  la  propria  fede  :  «  Vorrei  aver  tante  anime, 
«  quanti  ho  capelli  e  sottoporre  tutte  al  tormento  per  la  fede!  ».  Il  capo 
dei  Greci  colpito  da  tanto  coraggio,  rinunziò  al  supplizio  :  perciò  gli  disse  : 
«Baciami  la  testa  e  sei  libero!  ».  Abdallah  rifiutò:  allora  gli  fu  offerta 
una  figlia  del  capo  ed  una  partecipazione  ai  beni  di  lui,  se  si  faceva  cri- 
stiano; ma  anche  questo  Abdallah  ricusò.  Infine  il  capo  dei  Greci  gli  disse: 
«  Se  tu  mi  baci  la  testa,  ti  lascierò  libero  con  altri  ottanta  prigionieri 
«  musulmani  ».  Questo  patto  alfine  fu  accettato  da  'Abdallah,  il  quale  potè 
partire  con  i  suoi  correligionari  e  ritornare  a  Madìnah.  Per  compensarlo 
dell'umiliazione  subita,  il  Califfo  'Umar  gli  baciò  anch'egli  la  testa,  ap- 
pettalo vide  (Gawzi .  I,  fol.   67,v.-68,r.). 


«94. 


22.  a.  H.  g§  43.47. 

SIRIA.  —  Morte  di  Khàlid  b.  al-Walìd.  22.  a.  h. 

§  43.  —  (al-Wàqidi,  senza  isuàclj.  Secondo  alcuni  la  morte  di  Khàlid  Khàlid  b.  ai-w«- 

b.  al-Walìd  avvenne  nell'anno  22.  H.  (cfr.  21.  a.  H..  §§  317  e  segg.).  (Ta-  "^-l 
bari,  I,  2671,  Un.   14). 

SIRIA.  —  Nascita  di  Yazid  e  di    Abd  al-malik. 

§  44.  —  (al-Wàqidi,  senza  isnàd).  Nell'anno  22.  H.  nacquero  Yazid 
b.  Mu'àwiyah  b.  abi  Sufyàn,  e  Abd  al-malik  b.  Marvvàn,  i  quali  ambedue 
dovevano  diventare  poi  Califfi  (T  a  bari,  I,  2671,  lin.   15). 

Cfr.  Athir,  III,  30;   Dzahabi  Paris,  I,  fol.  138,r.  ;  Gawzi,  I,  tol.  68, v. 

MESOPOTAMIA-ARMENIA.  —  Incursione  bizantina  e  armena  in  terra 
musulmana. 

§  45.  —  Nell'anno  dei  Seleucidi  965,  ossia  643-644  dell' È.  V.,  corri- 
spondente al  22.-23.  H.,  il  patrizio  Valentino  (cfr.  Lebeau,  tom.  XI, 
pag.  266),  comandante  generale  dei  Greci,  venuto  per  combattere  gli  Arabi, 
fri  preso  dallo  spavento  non  appena  si  trovò  di  fronte  ad  essi  e  si  diede 
alla  ftiga,  abbandonando  tutte  le  sue  ricchezze,  di  cui  gli  Arabi  s' im- 
padronirono. —  Cfr.  20.  a.  H.,  §  36. 

Nello  stesso  anno  Procopio  e  Teodoro  (il  R  a  s  d  u  n  i  a  n  o  ,  principe 
armeno)  fecero  un'incm-sione  impetuosa  sino  a  Batna-Sarùg  (al  sud  di 
Hierapolis,  o  Mabiig,  all'ovest  dell'  Eufrate,  in  Siria).  Essi  devastarono  e 
saccheggiarono  la  città  e  s' impadronirono  di  tutto  ciò  che  volevano  :  poi 
ritornarono  nel  loro  paese  (Denys,  pag.  6-7).  —  Cfr.  20.  a.  H.,  §  125. 

MESOPOTAMIA.  —  Sistemazione  di  al-Mawsil. 

§  46.  —  (abù  Musa  al-Harawi,  da  abù-1-Fadl  al-Ansàri,  da  abfi  Mu- 
hàrib  al-Dabbi).  Il  Califfo  'Umar  tolse  ad  'Utbah  b.  Farqad  al-Sulami  il 
governo  di  al-Mawsil  (cfr.  20.  a.  H.,  §  14)  e  vi  mandò  Hartjiamah  b. 
■  Arfagah  al-Bàriqi.  —  In  al-Mawsil  era  allora  un  castello,  h  i  s  n  ,  una  chiesa 
cristiana  e  qualche  casa  di  Cristiani  aggruppate  intorno  alla  chiesa,  uni- 
tamente ad  un  quartiere  di  Ebrei.  Harthamah  decise  di  erigere  il  paese 
in  città,  e  vi  stabilì  le  dimore  degli  Arabi,  delimitando  (ikhtatta)  ad  • 
ognuno  i  terreni  che  doveva  occupare.  Di  poi  vi  eresse  la  moschea  (Ba- 
làdzuri,  332). 

§  47. — ^  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Quando  Hartliamah  occupò  per 
la  prima  volta  (ikhtatta)  al-Mawsil,  e  vi  fece  abitar  gli  Arabi,  andò  al 
(sito  di)  al-Hadit^ah,  dov'era  un  villaggio  antico  con  due  chiese  e  con  la 
casa  dei  Cristiani,  e  là  costruì,  e  vi  fece  abitare  parecchi  Arabi;  e  fu  chia- 

695. 


§§  IT-.M.  22.   a.   ri. 

22.  a.  H.  mata  al-liatlithali  {=  la  recente),  perchè  venne  dopo  al-MawHÌl.  Egli  costruì 

ESOPOTAMIA.  ^.         ■  .       r       nr  i  ol 

Sistemazione  d,     ""'^   tortezza  accauto  [a  Mawsil?]. 

ii-Mawsii.,  Altri  dicono  che  Harthamah  scese  da  piiucipio  ad  al-Hadithah,   e   la 

costruì  e  la  disegnò  prima  di  ai-Ma wsil:  fu  chiamata  Hadìthah  quando  \i 
si  trasferirono  parecchi  di  al-Anbài",  dopo  che  ne  assunse  la  prefettura  ibii 
al-Rufayl  al  tempo  di  al-Haggàg  b.  Yùsuf,  e  la  governò  con  violenza.  Tra 
questi  (immigrati)  erano  alcuni  di  Hadìthah  di  al-Anbàr,  che  vi  costrui- 
rono un  masgid,  e  diedero  alla  città  il  nome  di  al-Hadìthah  (Balà- 
dzuri,  liSS,  lin.   3-9). 

§  48.  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  'Utbaii  b.  Parqad  conquistò  al- 
TLrliàn  e  Takrit  e  die  l'amàn  a  quelli  della  fortezza  di  Taki-it  per  loro 
e  per  i  loro  beni;  poi  andò  nel  villaggio  di  Bàgarmay,  e  di  lì  a  tSahrazùr 
(Balàdzuri,  333,  lin.  9-11  j  [M.j. 

§  49.  —  (al-Balàdzuri,  senza  isnàd).  Uno  saykh  di  Takrit  racconta 
ch'essi  avevano  una  lettera  di  a  man,  con  più  condizioni.  Ma  al-Cfurasi  la 
bruciò,  quando  ebbe  distrutti  i  villaggi  di  ai-Ma  wsil,  Narsàbàdz  e  Ha  alali  (?) 
e  le  loro  dipendenze  (Balàdzuri,   333,  lin.   11-12)  [M.j. 

§  50.  —  al-Haytham  b.  Adi  crede  che  'Iyàd*b.  Ghanm,  quando  con- 
quistò Balad,  andò  anche  ad  al-Mawsil,  e  prese  una  delle  due  fortezze. 
Iddio  poi  lo  sa  (Balàdzuri.   333,  lin.   12-13).  —  Cfr.  20.  a.  H.,  §§  32,  34. 

§  51.  —  (al-Mu'àfa  b.  Tàvvus).  Chi  lastricò  Mavvsil  con  pietre  fu  ibn 
Talìd,  capo  della  surtah  di  Muh.  b.  Marwàn  b.  al-Hakam.  Muhammad 
era  stato  wàli  di  Mawsil  e  dell'al-Gazìrah  e  dell'Armenia  e  dell'Adzai- 
baygàn  (Balàdzuri,  332,  lin.   13-15). 

§  52.  —  (al-Wàqidi).  Abd  al-malik  b.  Marwàn  mandò  il  figlio  Sa'id 
b.  Abd  al-malik  b.  Marwàn,  quello  del  nahr  Sa'id,  in  al-Mawsil,  e  pre- 
pose Muh.,  suo  fratello,  alla  Grazirah  e  all'Armenia.  Sa'id  costruì  il  muro 
di  al-Mawsil,  quello  che  poi  distrusse  Hàrun  al-Rasìd,  quando  passò  di  là, 
giacché  [gli  abitanti]  s'erano  rivoltati.  E  Sa'id  la  lastricò  di  pietre  (Ba- 
làdzuri.  332,  lin.   15-19). 

§  53.  —  (Da  qualcuno  degli  abitanti  di  Bàbaghìs).  I  Musulmani  cer- 
cavano un'occasione  in  cui  non  badassero  loro  gli  abitanti  d'una  di  quelle 
regioni,  vicina  a  Dàmir,  chiamata  Zaràn,  e  vi  andarono  in  un  giorno  di 
festa,  quando  (la  gente)  non  era  armata.  Si  posero  tra  loro  e  la  cittadella, 
e  la  presero  (Balàdzuri,  332,  lin,   19-333,  lin.   2). 

EGITTO.  —  La  piena  annuale  del  Nilo. 

§  54.  —  Il  Nilo  nella  massima  magra  scese  a  4  dzirà'  e  9  dita:  nella 
piena  salì  a   17  dzirà  e  21   dita  (Mahàsin,  I,  86). 

096. 


•  22.  a.  H.  g  55 

EGITTO-AFRICA.  —  La  conquista  di  Taràbulus  (Tripoli).  22.  a.  h. 

§  55. — L'esito  felice  della  spedizione  contro  la  Pentapolis  nell'anno  .  La  conqui' 
precedente,  e  dell'alti-a  spedizione  di  'Uqbah  b.  J^àfi'  sino  a  Zawìlah  nel  di  Taràbui 
Fazzàn  (al  sud  di  Tripoli)  (cfr.  21.  a.  H.,  §§  120  e  segg.)  invogliò  gli  ("^"P""'-! 
Arabi  a  ripetere  i  tentativi,  che  erano  state  sole  spedizioni  esploratrici. 
Quando  'Amr  b.  al-'As  potè  assicurarsi  che  da  quella  parte  il  progresso 
delle  armi  arabe  non  avrebbe  trovato  veruna  seria  resistenza,  è  manifesto 
che  alla  prima  spedizione  ne  avrebbe  fatto  seguire  altre.  Il  testo  delle  nostre 
fonti  non  è  molto  esplicito  e  preciso,  ma  si  può  credere  che  le  due  spe- 
dizioni, quella  del  21.  H.  nella  Cirenaica,  o  Pentapolis,  e  quella  del  22. 
o  del  23.  H.  sino  a  Tripoli,  fossero  realmente  ideate  nella  forma  di  razzie 
predatrici,  senza  occupazione  permanente  del  paese  con  insediamento  di 
guarnigioni  regolari.  La  presa  però  di  Tripoli,  ottenuta  mercè  tradimento 
e  sorpresa,  può  aver  modificato  i  piani  degli  aggressori,  e  sebbene  le  fonti 
non  lo  dicano,  si  può  arguire  che,  occupata  Tripoli,  vi  venisse  insediato 
un  posto  di  difesa.  Nella  spedizione  precedente,  come  vedemmo,  le  genti 
arabe,  terminata  la  campagna  erano  ritornate  tutte  in  Egitto.  La  spinta 
aggressiva  verso  occidente  non  era  ancora  diventata  una  necessità  im- 
periosa, come  fu  più  tardi,  quando  in  Egitto  incominciarono  ad  affluire 
turbe  d'Arabi  incolti  ed  irrequieti,  in  cerca  di  ricchezze  e  di  violenze,  ed 
era  indispensabile,  per  la  quiete  interna  del  paese,  di  lanciarle  ad  imprese 
guerresche  lontane,  nelle  quali  avrebbero  trovato  sodisfazione  per  tutti  i 
selvaggi  appetiti,  un  mezzo  di  sostentamento,  e  nella  peggiore  ipotesi  la 
morte:  soluzione  quest'ultima  che  da  molti  rimasti  in  Egitto  non  era  con- 
siderata come  la  peggiore. 

Il  vero  moto  d'espansione,  accompagnato  da  ondate  migratorie  di  tribù, 
avvenne  sotto  il  califfato  di  'Utjamàn,  quando  ebbe  realmente  principio  il 
grande  movimento  d'emigrazione  delle  tribù  d'Arabia. 

Le  tradizioni  affermano  che  'Amr  b.  al-'As,  dopo  aver  espugnata  Tri- 
poli, chiedesse  al  Califfo  'Umar  di  proseguii'e  la  sua  marcia  verso  occidente, 
e  d'invadere  l'Ifriqiyah,  ossia  la  Tunisia,  ma  che  'Umar  assolutamente 
glielo  vietasse.  A  dire  il  vero  non  merita  grande  fede  tale  notizia,  perchè, 
se  rammentiamo  come  avvenisse  la  conquista  dell'Egitto,  ossia  contro  gli 
ordini  di  Umar,  noi  comprendiamo  che  Amr  non  era  uomo  da^rispettare 
le  proteste  e  gli  ordini  del  Califfo,  se  gli  metteva  il  conto  di  disobbedire. 
Riterrei  piuttosto  che  ad  'Amr  non  sembrasse  opportuno  ancora,  per  sue 
ragioni  particolari,  di  spingersi  |jiù  verso  occidente,  e  non  è  escluso  che 
per  calmare  l'impeto  dei  suoi  trovasse  comodo  di  schermirsi  con  un  pre- 
teso ordine  del  Califfo.  Da  una  tradizione  parrebbe  che  vi  fosse  il  timore 

697.  88 


ripoli). 


§§  55-57.  22.  a.  H. 

22.  a.  H.  d'uua  insurrezione  in  Egitto,  o  che    Amr  facesse  ritorno  ad  al-Fustàt,  ap- 

La  conquista  puuto  per  trovarsi  sul  luogo  se  fossero  scoppiati  disordini.  Questi  non  ven- 
ia rabuius  nero,  e  ciò  fu  forse  una  conseguenza  del  ritorno  di  'Amr:  non  è  impro- 
babile che,  se  egli  si  fosse  allontanato  di  soverchio  in  Africa,  coloro  che 
in  Alessandria  cospiravano  contro  il  dominio  degli  Arabi,  avrebbero  ten- 
tato di  anticipare  la  spedizione  navale  di  Manuel,  che  piombò  su  Ales- 
sandria tra  il  24.  e  il  26.  H.  come  narreremo  a  suo  tempo. 

EGITTO-AFRICA.  —  Le  tradizioni  sulla  conquista  di  Tarabulus. 

§  56.  —  Secondo  ibn  'Abd  al-hakam  (senza  isnàd),  'Amr  b.  al-'As 
mosse  contro  Tarabulus  nel  22.  H.  —  Invece  Yahya  b.  'Abdallah  b.  Bu- 
kayr  (da  al-Laytli  b.  Sa'd)  pone  la  scorreria  di  'Amr  nel  23.  H.  ('Abd  al- 
hakam,    232-233). 

Cfi-.  Yàqùt,  III,  522,  lin.  4  e  segg.  ;  Abulfeda,  1,248;  Mahàsin, 
I,  86;  Bakri  Masàlik,  8;  JA.,  V  serie,  voi.  XII,  436;  Khaldun 
Berb.,  I,  302;  Fournel,  I,  18;  Mercier,  I,  194-196;  Caudel,  Prem. 
In  v  . ,  45. 

§  57.  —  ('Utlimàn  b.  Salili).  ('Amr  b.  al-'As,  essendosi  mosso  contro 
Tarabulus),  fissò  il  campo  sull'altura  (qubbah,  realmente:  cupola)  che 
sorge  a  oriente  della  città;  ma  l'assedio  durò  tutto  un  mese  senza  verun 
vantaggio.  Accadde  ora  un  giorno  che  un  arabo  dei  Mudlig  con  sei  altri 
compagni  andò  a  cacciare  dal  lato  occidentale  della  città,  allontandosi 
di  molto  dall'accampamento.  Nel  ritornare  furono  sopraggiunti  dal  caldo 
(delle  ore  meridiane)  e  presero  quindi  la  via  lungo  la  marina,  (finché 
giunsero  presso  le  mura  della  città  dalla  parte  opposta  a  quella-  minac- 
ciata dagli  Arabi).  In  quei  tempi  il  mare  giungeva  fino  alle  mura  della 
città,  ma  nel  tratto  in  cui  il  mare  lambiva  la  città  non  sorgevano  mura: 
ivi  i  Greci  tenevano  ormeggiate  le  loro  navi,  desiderosi  di  averle  nelle 
immediate  vicinanze  delle  loro  case.  Il  mudligita  ed  i  suoi  compagni  sco- 
prii'ono  ora  che  a  marea  bassa  il  mare  si  discostava  dalle  mura,  lasciando 
un  passaggio  attraverso  il  quale  si  poteva  entrare  in  città  (passando  tra 
l'estremità  delle  mura  di  cinta  e  le  onde  del  mare).  I  sette  Arabi  entra- 
rono nella  città  e  giunsero  fino  alla  chiesa.  Quivi  alzarono  il  grido  Al- 
lahu  Akbar!  ed  ai  Greci  non  rimase  altro  scampo  che  le  loro  navi. 
'Amr  b.  al-'As  ed  i  suoi  compagni,  accortisi  allora  anch'essi  del  passaggio 
che  conduceva  lungo  il  mare  entro  la  città,  irruppero  attraverso  la  me- 
desima e  tutto  cadde  in  potere  dei  Musulmani  :  si  salvarono  soltanto 
quei  Greci  che  fecero  in  tempo  a  fuggire  sulle  navi.  —  Tutta  la  roba 
entro  la  città    divenne    preda    dei  vincitori.  —  Appena    espugnata    Tarà- 

698. 


22.  a.  H.  §§  57-62. 

bulus,  'Arar  b.  al-'Às  spedì  in  quella  stessa  notte  una  piccola  schiera  di  22.  a.  H. 

cavalleria  contro  la  vicina  città  di  Sabrah.  Gli  Arabi  marciarono  con  la  Le  tradì zion 
massima  sollecitudine  e  sorpresero  gli  abitanti,  mentre  ignari  di  quanto  ^uiia  conquisti 
era  accaduto,  tenevano  negligentemente  aperte  le  porte  della  città.  —  I  Mu- 
sulinani  piombarono  così  repentinamente  sulla  città  da  sorprendere  gli 
abitanti  prima  che  avessero  agio  di  chiudere  le  porte.  La  città  fu  espu- 
gnata, nessuno  potè  fuggire,  ed  i  Musulmani  raph-ono  tutto  quello  che  era 
in  essa.  —  Poi  ritornarono  presso  'Amr  ('Abd    al-hakam,  233-234). 

Cfr.  anche  Yàqùt,  III,  522;  Khaldùn  Berb.,  I,  302-304. 

§  58.  —  Anche  ibn  'Abd  al-hakam  riferisce  varie  tradizioni  secondo 
le  quali  'Arar  b.  al-'As  chiese  al  Califfo  'Umar  di  poter  invadere  l' Ifri- 
qiyyah,  discosta  solo  sette  giornate  da  Taràbulus,  ma  'Umar  rispose  con 
un  rifiuto,  temendo  la  malafede  degli  abitanti  ('Abd    al-hakam,  234). 

Cti-.  Khaldun  Berb.,  I,  303-304;  'Adzàri,  I,  3;  Mercier,  I, 
195;  Fournel,  I,   19. 

§  59.  —  ('Uthmàn  b.  Sàlih).  (Mentre  'Amr  b.  al-'As  era  in  Taràbulus) 
gli  giunse  una  lettera  di  al-Muqawqis,  dandogli  la  notizia  che  i  Greci  vo- 
levano violare  i  patti  conclusi.  Tra  'Amr  e  al-Muqawqis  era  stato  con- 
cluso un  accordo,  secondo  il  quale  al-Muqawqis  si  obbligava  a  non  tener 
celata  alcuna  novità  che  avesse  a  sorgere:  perciò  'Amr  fece  immediata- 
mente ritorno  (in  Egitto)  ('Abd  al-hakam,  234-236). 

§  60.  —  (Khalifah  b.  Khayyàt).  Nell'anno  22.  H.  'Amr  b.  al-'As  con- 
quistò Atràbulus  al-Maghrib  :  alcuni  però  ritardano  l'evento  all'anno  se- 
guente (23.  H.)  (Dzahabi    Paris,  I,  fol.   138,r.). 

§  61.  —  (Eutichio).  Nell'anno  22.  H.,  corrispondente  al  ventesimo  se- 
condo anno  del  regno  di  Eraclio,  al  decimo  anno  del  califfato  di  'Umar, 
fa  espugnata  Taràbulus  per  opera  di  'Amr  b.  al-'As  (Eutychius,  ed. 
Cheikho,  II,  pag.  27). 

§  62.  —  (Bakr  b.  al-Haj^tham,  da  'Abdallah  b.  Sàlih,  da  Mu'àwiyah 
b.  Sàlih,  da  'Ali  b.  abì  Talhah).  'Amr  b.  al-'As  penetrò  (nel  Maghrib) 
finché  giunse  sotto  le  mura  di  Atràbulus  nell'anno  22.  H.  Gli  abitanti 
opposero  viva  resistenza,  ma  la  città  fu  presa  d'assalto.  In  essa  'Amr  trovò 
i  carichi  dei  mercanti  di  stoffe  (b  a  z  z  i  y  i  n)  in  mano  dei  loro  venditori  :  ne 
ordinò  la  vendita  e  distribuì  l' importo  tra  i  Musulmani.  Poi  scrisse  al  Ca- 
liffo 'Umar  chiedendogli  il  permesso  d'invadere  l' liriqiyyah  (Tunisia  e 
Mauretania),  discosta  solo  nove  giornate  da  Atràbulus;  ma  'Umar  rispose 
vietandogli  la  nuova  spedizione  perchè  era  un  paese  molto  lontano  e  la 
natura  degli  abitanti  era  molto  traditrice  :  egli  infatti  aveva  saputo  che 
essi  un  tempo  pagavano  tributo  all'imperatore,  ma  lo  avevano   anche  so- 

699. 


62-67. 


22.  a.  H. 


22.  a.  H.  veute  tradito.  Poi  il  re  di  Spagna  aveva  concluso  con  loro  un  trattato,  ed 

iiTTo-AFRiCA.  avBvano  violato  (Balàdzuri,    225-22G). 

e  t  r  a  d  I  2  I  o  n  1  ^  —  ' 

uiia   conquista  §  63.  —  ('Aiur  [b.  Muh.j  al-Nàqib(?),  da  'Abdallah  b.  Walib,  da  al-Layth 

I  Tarabuius.)        ^  Sa'd,  dai  suoi  dotti).  Atràbulus  tu  conquistata  mediante  un  trattato  ('ahd) 
stipulato  con  'Anir  b.  al-'As  (Balàdzuri,  226). 

ARABIA.  —  Il  pellegrinaggio  come  obbligo  politico. 

§  64.  —  (Sayf  b.  Uniar,  senza  isnàd).  In  questo  anno  venne  a  Ma- 
dinah  anche  'Utbah  b.  Farqad,  governatore  dell' Adzarbaygàn:  il  Califfo 
imponeva  ai  suoi  governatori  di  compiere  ogni  anno  il  pellegrinaggio, 
perchè  in  tal  modo  egli  poteva  osservarli  più  da  vicino  ed  impedire  che 
commettessero  ingiustizie  (T  a  bari,  I,  2G62).    , 

§  65.  —  (Sayf  b.  'Umar,  da  Muhammad  b.  'Abdallah,  da  Sa'id  b. 
'Amr).  Una  delle  usanze  stabilite  dal  Califfo  'Umar  fu  di  costringere  tutti 
i  suoi  luogotenenti  a  presentarsi  ogni  anno  dinanzi  a  lui  durante  le  feste 
del  grande  pellegrinaggio  annuale  in  Makkah,  nello  scopo  di  separarli  dai 
loro  dipendenti  e  di  permettere  a  questi  di  venh-e  anch'essi  in  pellegri- 
naggio e  di  accusare  pubblicamente  i  governatori  dinanzi  a  lui,  se  aves- 
sero commesso  ingiustizie  (T  a  bari,  I,  2680,  lin.  7-10). 

ARABIA.  —  Sulle  inondazioni  di  Makkah  (cfr.  17.  a.  H.,  §  183). 

§  66.  —  Per  completare  le  notizie  che  abbiamo  date  altrove  sulla  ce- 
lebre piena  di  umm  Nahsal  in  Makkah  nel  17.  H.,  aggiungiamo  i  seguenti 
appunti.  In  al-Azraqi  (cfr.  Azraqi,  pag.  27B,  lin.  2  e  segg.)  abbiamo  la 
ripetizione,  con  qualche  particolare  maggiore,  di  quanto  si  è  narrato  già 
altrove  con  tanta  sufficiente  ampiezza,  da  non  richiedersene  qui  una  com- 
pleta versione.  La  notizia  è  ripetuta  nella  stessa  fonte  in  un  altro  passo 
•  (Azraqi,  pag.  394-395). 

§  67.  —  (al-'Abbàs  b.  Hisàm,  dal  padi-e  Hisàm  b.  Muli.,  da  ibn  Khar- 
rabùdz  al-Makki  ed  altri).  Le  inondazioni  di  Makkah  furono  quattro,  di  cui 
(prima)  quella  di  umm  Nahsal,  che  al  tempo  di  'Umar  b.  al-Khattàb  entrò 
nella  moschea  da  Makkah  alta.  'Umar  fece  le  due  dighe  (al-Radmayn), 
insieme:  la  più  alta  tra  il  dar  di  Babbah  (cioè  'Abdallah  b.  al-Hàrith  b. 
Nawfal  b.  al-Hàrith  b.  'Abd  al-Muttalib  b.  'Abd  Manàf,  il  quale  resse  Mak- 
kah sotto  la  fitnah  dell' (anticaliffo)  ibn  al-Zubayr,  essendosi  quegli  abi- 
tanti accordati  sul  suo  nome),  e  il  dar  di  Abàn  b.  'Uthmàn  b.  'Affàn;  come 
pure  l'altra  diga  più  bassa  presso  i  Hammàrin  (asinai),  che  è  conosciuta  col 
nome  di  diga  degli  Al  Asìd.  Egli  ricacciò  le  acque  dal  sacro  tempio. 

700. 


22.  a.  H.  §§  67-72. 

Quanto  ad  umm  Nahsal  bint  'Ubaydah  b.  Sa'id  b.  al-'As  b.  Umayyah,  20.  a.  H. 

fu  travolta   dalla   corrente  da  Makkah   alta,  e   le   diede   il   nome   (Baia-  inondazioni  di 

dzuri,  53,  Un.   12-54,  lin.   1).  Makkah.) 

Per  altre  inondazioni  cfr.  80.  a.  H. 

ARABIA.  —  Pellegrinaggio  annuale. 

§  68.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  In  questo  anno  il  Califfo  'limar 
diresse  il  grande  pellegrinaggio  annuale  (T  a  bari,  I,  2671,  lin.  ultima  e 
2693,  lin.   10). 

Cfr.  Mas'udi,  IX,  55;  Athir,  III,  30. 

Luogotenenti  del  Califfo. 

§  69.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  Erano  luogotenenti  del  Califfo  nel 
presente  anno:  in  Makkah,  'Attàb  b.  Asid;  nel  Yaman,  Ya'la  b.  Umayyah 
e  negli  altri  paesi  quelli  che  erano  in  carica  l'anno  prima  (T  ab  ari,  I, 
2671-2672). 

§  70.  —  (al-Tabari,  senza  isnàd).  In  questo  anno  i  luogotenenti  del 
Califfo  furono  i  medesimi  dell'anno  precedente,  ad  eccezione  di  al-Kùfah 
e  di  al-Basrah,  perchè  in  comando  degli  al -ah  dà  th  (reclute)  di  al-Kùfah 
era  al-Mughirah  b.  Su'bah,  e  governatore  di  al-Basrah  abù  Musa  al-As'ari 
(T abari,  I,  2693). 

Cfr.  Athir,  III,  30. 

NECROLOGIO. 

§  71.  —  Secondo  al-Wàqidi,  Muhammad  b.  'Abdallah  b.  Numayr,  Mu- 
hammad  b.  Yahya  al-Dzuhli  ed  al-Tirmidzi,  nell'anno  22.  H.  cessò  di  vi- 
vere Ubayy  b.  Ka'b,  del  quale  si  è  già  fatta  parola  sotto  l'anno  19.  H. 

Nella  spedizione  dell' Adzarbaygàn  di  questo  anno  peri  anche  Mi'dad 
b.  Yazid  al-Saybàni,  che  però  non  era  Compagno  del  Profeta. 

Dzahabi  Paris,  I,  fol.  138,r.;  Mahàsin,  1,85-86;  Dzahabi  Ta- 
d^kirah,  I,   15. 

§  72.  —  Secondo  ibn  al-Grawzi  non  si  ha  notizia  di  alcuno  che  sia 
morto  in  questo  anno  (Grawzi,  I,  fol.  69, r.). 


701. 


Incominciato  a  stampare  nel  gennaio  1910. 
Terminato  di  stampare  il  7  aprile  1911. 


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