ARCHIVIO
della
R. Società Romana
di Storia Patria
Volume XXIV.
Ti
Roma
nella Sede della Società
alla Biblioteca Vallicelliana
I9OI
kox
1121208
Roma. Forzani e C. tip. del Senato.
NUOVI DOCUMENTI
RELATIVI ALLA
Ìihcra^ionc dei principali prigionieri turchi
PRESI A LEPANTO
òfS^^OEL volume XXI. di questo •^rc/jiV/c) pubblicava con
^ì^ ^ ^''^'^'^ illustrazioni alòurii documenti relativi alla
[^'^^' liberazione dei' principali prigionieri turchi presi
a Lepanto e tenuti a Roma parecchi anni per conto della
Lega cristiana. Secondo quei documenti, Gregorio XIII
appariva premuroso di mettere in libertà i Turchi, affinchè
in cambio il sultano rendesse a Venezia alcuni capitani
presi a Cipro, e alla Spagna Gabrio Serbelloni, preso alla
Goletta. Delle due più autorevoli potenze della Lega, Ve-
nezia desiderava ardentemente il cambio, la Spagna si op-
poneva, ed il papa, troy^ndo^ljn mezzo a due Stati cat-
tolici e potenti, di cui desiderava i' amicizia, e che voleva
conservare concordi per ambile guerre contro i Turchi,
proclamava il dovere che di liberare i Cristiani incombeva
a lui, capo della Chiesa, e contro la volontà di Spagna lo
compiva (i).
I documenti pubblicati mettevano in buona luce Gre-
gorio XIII, lasciavano comprendere alcune difficoltà op-
(i) M. Rosi, Alcuni documeiiH relalivi alla liberazione dei princi-
pali prigionieri turchi presi a Lepanto, in Arch. della R. Società romana
di storia patria, XXI, 159 sgg. e documento relativo n. 11, p. 186.
6 qM. T{os{
poste da Filippo II, e in piccola parte anche gli ostacoli
incontrati a Costantinopoli, ma non bastavano per cono-
scere tutto il retroscena delle trattative che si fecero per
il cambio dei prigionieri, né di apprezzare giustamente
r importanza di esso e il posto che occupa nell' agitata
politica europea durante il periodo che corre dalla battaglia
di Lepanto al compimento del negozio concluso nel 1575.
E tale periodo può ben dirsi fecondo di avvenimenti
gravi anche volendosi solo limitare ai rapporti fra l' Europa
e i Turchi. Infatti si concluse la pace tra \'enezia e il
sultano, si tentò un ravvicinamento fra i Turchi e la Spagna,
ravvicinamento che non si potè f:ire e che divenne anzi
difficilissimo per la conquista della Goletta, si resero più
stretti i rapporti tra 1' Oriente e la Francia, la quale con-
cepì disegni sempre più arditi, fitta audace dalla elezione
d' Enrico di Valois a re di Polonia, ed a lungo si trattò
pure delle relazioni fra i Turchi e Roma.
Queste ed altre cose io ben sapeva quando nel 1898 pub-
blicavo i citati documenti, e quindi, pur apprezzando l'im-
portanza di essi, diceva che non tutto lasciavano vedere e che
nuove ricerche avrei fatte per arricchire quello studio (i).
Fedele alla mia promessa, pubblico ora altri documenti
trovati negli archivi e nelle biblioteche di Roma e di Ve-
nezia, non già affermando di aver con questo compiuto
in ogni parte 1' esame (e come potrebbe dirlo chi studia
su materiali inediti ?) di questo argomento, ma solo sicuro
di aver fatto lunghe e diligenti indagini nelle capitali dei
due antichi Stati, che in queste trattative ebbero la parte
maggiore, e lieto di presentare una raccolta, la quale dal
punto di vista politico è molto più importante della pre-
cedente.
Per farla, nulla ho potuto togliere da opere stampate,
non avendone vedute di utili, oltre quelle che adoperai
(i) M. Rosi, op. cit. p. 184.
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 7
per il primo lavoro; dovrà pertanto il nuovo studio pro-
cedere su documenti inediti, illustrati, ove occorra, dal-
l' altro scritto che verrò via via citando.
Dopo la battaglia di Lepanto, i vincitori lasciarono
indivisi una quarantina di prigionieri turchi affidandoli al
pontefice, che avrebbe dovuto custodirli per conto della
Lega(i).
Dei prigionieri due rimasero a Napoli (2), gli altri, il
giorno 8 marzo 1572, accompagnati dai cavalleggieri giun-
sero a Roma (3), dove restarono fino alla loro liberazione
chiusi nel palazzo dell'Aquila in Borgo, sotto la guardia
di ventiquattro alabardieri (4).
(i) M. Rosi, op. cit. p. 141 sgg.
(2) M. Rosi, op. cit. p. 142. Dei due non giunti a Roma, l'uno
era il figlio maggiore di Ali, morto poco dopo a Napoli.
(3) In un avviso di Roma del giorno 8 marzo 1572, conservato
nella biblioteca Vaticana, codice Latino-Urbinate n. 1043, ^^ ^^gg^-
« Hoggi intorno alle 20 bore son entrati in Roma li - Turchi pri-
« gioni accompagnati dalli cavalli leggieri di Napoli, si come gli scrissi,
« son passati per mezzo di Roma a due a due vestiti tutti con la
« veste de sotto de raso ranciato et le di sopra di raso rose secche,
« ma li due principali, cioè il figlio del Bascià, et il governatore del
« Negroponte, con le veste del medesimo colore, ma di velluto. Gia-
ce scheduna di queste coppie havevano dalle bande un cavallo leg-
« giero con le lancio in mano».
(4) Nell'archivio del Capitolo di S. Pietro, che ho potuto visitare
per la cortesia del rev. Galli ad esso preposto, si conserva un volume
manoscritto intitolato: Descriplio purrocbiae et hapti:^atorum, incomin-
ciato nel maggio del 1540. Tra i fabbricati della «strada nova» si
trova indicato « el palazo che se dice de Ioanni Baptista del Aquila ».
Nel medesimo archivio si trova un Libro della parochia di
S. Pietro : Status anitnanim, il quale contiene queste parole riferen-
tisi all'anno 1573: «Infra la strada nova et borgo vecchio seguita
« a l'altra isola dalla strada nova a borgo vecchio il palagio del Aquila
«di M. Hieronimo Geuli alla zecca vecchia, habitato adesso ad in-
« stantia della Lega de Gristiani da M. Giovanni Battista Cossisio
« clerico Ariminensis dioces. mastro de casa con tutta la famiglia in
8 S\l. 1{osi
Durante la prigionia, che durò circa tre anni, vennero
mantenuti dal pontefice, perchè, essendosi presto sciolta la
Lega, che aveva promesso di sostenerne le spese, i singoli
collegati mancarono agi' impegni collettivamente presi (i).
Mentre i prigionieri turchi stavano a Roma, il pontefice
faceva di tutto perchè la guerra continuasse e si tenesse
unita la Lega. Troppi interessi resero vane le cure del
papa, e ciascuna potenza, compresa Venezia, credendosi
sciolta da ogni impegno, pensò a regolare per conto proprio
i suoi rapporti coi Turchi (2).
Anche la Francia volle occuparsene, e mons. d'Ax,
andato a Costantinopoli per conto del suo re, quando già
pensavasi dai Turchi alla pace, ostentava amicizia verso
Venezia, e contenevasi in maniera da far credere che la
città vittoriosa più di tutti desiderasse la pace, e che avesse
affidato l'incarico di concluderla al diplomatico francese (3).
« governo de li turchi prigioni, Angelo spend.r^ dal Casentini, Antonio
e( Maria Boschetto dispensfer, Vincentio d'Urvieto credentiere, Bene-
« detto Atracini, Francesco de Marzo scopatore, Antonio suo fratello
« garzon del tinello, Camilla da Luese (sic) coca vedova ».
(i) Nel citato codice Urbinate n. 104^, leggiamo in un avviso
da Roma del 1572, che per mantenere i prigionieri «la spesa sì farà
«dalla Lega, la quale, per quanto dicono, ascenderà a 500 scudi al
« mese «. Ma nella nostra op, cit. p. 145 dimostrammo che in realtà
spese soltanto il pontefice, senza poter peraltro determinarne la somma,
non avendone trovato sicure notizie né in opere stampate, né in do-
cumenti vaticani e veneziani ricercati con molta diligenza.
(2) Nella mia pubblicazione più volte citata, e specialmente
alla p. 146 sgg. e nelle note relative, parlai brevemente della pace
che il 7 marzo 1575 i Veneziani conclusero coi Turchi, accennando
pure ai lamenti che questa provocò da parte del papa e della Spagna.
Rimando alle varie fonti edite e inedite ivi citate per intendere meglio
quanto ora aggiungerò seguendo nuovi documenti inediti.
(3) Nella biblioteca Marciana, ci. VII . CDVI, in un codice del
secolo xvH si conserva una Scrittura dei bailo Barbaro clic trattò la
p.ice di Cipro. In questa si narrano le vicende delle trattative, e si
ricorda che, mentre Rabbi Salomon, medico ebreo nato a Udine e
La libi;ra\ioìic dei Titrcìii presi a Lcpaulo 9
In tal modo questi riuscì più dannoso che utile a \'e-
nezia, la quale dovette superare diflkoltà maggiori per
concludere la pace del 7 marzo 1573, pace che dispiacque
moltissimo al papa, alla Spagna ed all' impero, senza con-
tentare appieno la diplomazia veneziana (i).
Invano la Repubblica, che prevedeva questo dispiacere,
aveva cercato di provare, che non dispregio verso gli amici
d'Occidente, non desiderio di risparmiarsi brighe per il
bene della Cristianità, ma il bisogno di evitare mali mag-
giori r avevano indotta alla pace, la quale non solo costavate
i sacrifizi noti per mezzo del trattato di pace, ma altri an-
cora che aveva f-itti per guadagnarsi segretamente i per-
sonaggi più autorevoli della corte di Costantinopoli (2).
dimorante a Costantinopoli, come affezionato a Venezia e da questa
largamente regalato, aveva riferito al bailo che il Pascià pensava
alla pace, la quale potevasi così concludere a migliori condizioni per
Venezia, mons. d'Ax parlò in maniera da far credere che i Cristiani
fossero deboli, divisi e desiderosi d'accordarsi coi Turchi. Allora il
Pascià non ne volle più parlare con Rabbi Salomon, credendo di
« trattare con maggior avantaggio che quando egli ne parlasse, non
«come promottore, ma ricercato». E sembra che al sultano s'in-
spirasse tale convinzione, contribuendovi anche il gran cancelliere
turco Floridan Agà col far apparire che «Venezia avesse suppli-
« cata la pace », sebbene i rappresentanti veneziani muovessero vi-
vaci proteste.
(i) Lo dice francamente il Barbaro nella Scrittura citata, la-
mentandosi dell'intempestivo intervento di mons. d'Ax. In una let-
tera scritta da Pera ai capi del Consiglio dei Dieci il 16 ottobre 1572
chiarisce ancor meglio il suo pensiero, dicendo che egli aveva gra-
dita la venuta di mons. d'Ax, sapendo del resto che il doge « aveva
« cercato di riscaldare il re Cristianissimo ad intromettersi nella pace ».
ma solo dichiarava poco abili i modi usati da monsignore, il quale
fra altro s'era messo a trattare incito bene Mustafà, nemico di Me-
hemet, quasi arbitro della pace per la stima professatagli dal sultano.
Questa lettera si conserva nel R. archivio dei Frari, Capi del Con-
siglio dei Dieci, Lettere di ambasciatori a Costantinopoli, busta 4.
(2) Il Barbaro narra nella citata Scritliira quanto aveva do-
vuto faticare per guadagnarsi con denaro la corte di Costantinopoli,
IO e^/, '7^052
Il 4 aprile 1573 il doge in persona spiegava al nunzio
pontifìcio in \'enezia le ragioni della pace e scusavasi di
non aver prima informato il papa delle trattative di essa,
affermando che la pace era « venuta improvvisamente » senza
che alcuno vi pensasse (i). Il nunzio apparve scontento
della pace, scontento della segretezza con cui era stata
trattata, e Gregorio XIII lagnossi apertamente di tutto e
mostrò di credere che Venezia gli avesse mancato di ri-
guardo (2).
Ambasciatori veneziani dettero spiegazioni anche a Fi-
lippo II, il quale peraltro fece comprendere che deplorava
la pace, pur essendo sicuro da un pezzo che Venezia ci
sarebbe arrivata (3).
Credendo poi che la Francia fosse stata fautrice e in-
termediaria della pace, lo stesso re incaricò il suo amba-
sciatore a Parigi di presentarne lagnanze alla regina madre,
senza che un cortigiano sapesse dell'altro, e senza che i) pubblico
ne venisse informato. Lo stesso Barbaro scrive questo ai capi del
Consiglio dei Dieci in diverse lettere conservate nel R. archivio dei
Frari, loc. cit. In una di esse, scritta da Pera il 17 maggio 1375, in-
siste sul bisogno di mantenere il più scrupoloso segreto e si lagna
perchè mons. d'Ax aveva risaputo che per la pace spettavano a
Mehemet Bassa 30 000 ducati. 'Questa lettera, che dovrò altre volte
ricordare, è pubblicata integralmente fra i documenti, n. i.
(i) Venezia, R. arch. dei Frari, Esposiiioni, Roma, Collegio, 111,
Secreta, 1 567-1 574, e. 127, 4 aprile 1573.
(2) M. Rosi, op. cit. p. 147 sgg.
(3) Ecco come Lunardo Donati e Lorenzo Friuli, ambasciatori
veneziani a Madrid, narrano con lettera del 17 aprile 1573 al Senato
il colloquio da essi avuto con Filippo II. Mentre ascoltava le parole
dei Veneziani, il re non « fece mai altro segno con la sua faccia
« se non che quando ultimamente udì le condit'oni della pace esser
« state accettate fece un piccolissimo e ironico movimento di bocca
«leggerissimamente sorridendo. Con il quale pareva quasi clie Sua
«Maestà senza interromperci volesse dire: Morsij voi l'avete fatta
« come tutti mi dicevano che voi fareste ». La lettera si conserva
nel R. arch. dei Frari, Senato, III, Scucia, n. 9, Spagna, 1575-1574.
La liberazione dei Turchi presi a Lepaiilo i r
la quale rispose « che essendo i Venetiani antiqui amici
e della corona di Francia dovevano esser sodisfatti nella
« sua volontà da Sua Christianissima Maestà in cosa spc-
« cialmente nella quale era cagionato il beneficio della
« Christianità » (i).
xMa non per questo la Spagna volle troncare i cordiali
rapporti ufficiali colla Francia ne con Venezia, anzi il suo
ambasciatore in questa città cominciò a recarsi più spesso
del solito a visitare il doge, volendo far capire a Costan-
tinopoli che per la pace « non era diminuita la bona in-
« telligentia con Sua Maestà Catholica « (2).
Nò migliore accoglienza trovarono le spiegazioni ve-
neziane a Vienna. Qui il popolo si uni all' imperatore nel
condannare la pace e nel risentirsi contro Venezia persino
« spargendo molte pasquinate et pitture oscene » (5).
(i) Si leggono queste parole in una lettera degli ambasciatori
veneziani a Madrid che le riferiscono ai capi del Consiglio dei Dieci,
sulla fede dell'ambasciatore francese a Madrid. La lettera, scritta da
questa città il 16 maggio 1573, si conserva nel R. arch. dei Frari,
loc. cit.
(2) Il 25 settembre 1573 l'ambasciatore spagnuolo si presentò al
doge e disse : «... Q.uando ella fece la pace io le dissi più volte che
« tornava bene alla Christianità che il mondo tutto conoscesse che,
« benché s' era dissoluta la Lega, non si era però partita l'amicitia
«che teneva questa Serenissima Signoria con il re mio signore et
« per quella causa io frequentava il venir a lei, seben non havea
« negotii, acciochè a Costantinopoli si potesse dir che per quella
« pace non era diminuita la bona intelligentia con Sua Maestà Ca-
« tholica, ma che si era restati nel stato che si era prima avanti la
« Lega ». R. arch dei Frari, Senato, Colloquia, IH, Secreta, Esposizioni,
Principi, 15 70-1 5 7 3, e. 6g.
(3) Cosi riferisce il nunzio pontificio in Germania al cardinal
di Como, aggiungendo che l' imperatore lagnavasi apertamente dei
Francesi, che accusava d'aver favorito la pace per invidia contro la
Spagna. Il nunzio scrisse a questo proposito due lettere da Vienna
il 23 aprile e il 17 maggio 1^73 conservate nell'archivio Vaticano,
Snn-^ialitra ài Geniuiuia, n. 79, ce. 198 e 212.
12 c^/. 'Jyosi
Quindi soltanto la Francia, tra le potenze che avessero
interessi in Oriente, godeva della pace e assicurava i \'e-
neziani di adoperarsi per calmare il papa(i).
Degli altri Stati la Spagna gridava più di tutti, sebbene
avesse cercato di stringere per proprio conto amicizia coi
Turchi anche prima che questi si fossero accordati col doge,
e non era davvero disposta a favorire i \'eneziani, i quali
avevano bisogno dell' appoggio di essa e del pontefice per
liberare una quarantina di lor capitani tenuti prigionieri
dai Turchi nella torre di Castelnuovo sul Mar Nero (2).
(i) Il 15 aprile 1573 l'ambasciatore francese a Venez'a si ral-
legrava col doge per la pace conclusa cO' Turchi e prometteva di
pregare il proprio re di calmare il papa. Il doge ricordava che la
pace dovevasi anche ai buoni uffici di Francia, la quale aveva sempre
desiderato che amichevoli fossero i rapporti fra il doge e il sultano.
Infatti sino dall'estate del 1571, prima della battaglia di Lepanto,
mons. d'Ax passando da Venezia per recarsi a Costantinopoli diceva
di recarsi in questa città per trattare a nome del suo re la pace fra
i Turchi e i Veneziani. Queste due notizie si traggono dal R. arch.
dei Frari, Colloqui, 111, Secreta, Esposizioni, Principi, 1)70-1573, la
prima alla e. 56 sotto la data 15 aprile 1573, la seconda alla e. 14
sotto la data 6 luglio 1571. Che anche dopo la battaglia di Lepanto
mons. d'Ax continuasse la sua impresa già lo vedemmo a p. 8 di
questo lavoro.
(2) La Spagna si voleva aprir la via a trattative di pace liberando
il figlio di Ali, ch'era il principale dei prigionieri turchi custoditi
nel palazzo dell'Aquila a Roma. Il doge si oppose a questa libera-
zione richiestagli il 9 gennaio 1573 dal nunzio pontificio a Venezia,
temendone le conseguenze (R. arch. dei Frari, Collegio, III, Secreta,
Esposizioni, Roma, 1567-1574, e. 120), ma essa si fece ugualmente
(M. Rosi, op. cit. p. 169) ed il giovane turco arrivato libero a Co-
stantinopoli raccomandò effettivamente di trattare la pace colla
Spagna a Mehemet Bassa. Il bailo veneziano, informato specialmente
dal medico Rabbi Salomon, e mons. d'Ax intralciarono abilmente
le trattative e non si potè concludere nulla. Di tutto questo abbiamo
notizie abbondanti e precise nelle lettere scritte nei primi otto mesi
del 1573 dal bailo M. A. Barbaro ai capi del Consiglio dei Dieci,
lettere conservate nel R. arch. dei Frari, Capi del Consiglio dei Dieci,
Lettere di ambasciatori a Costantinopoli, 1 571-1575, busta 4.
La liberayioue dei Turchi presi a Lepanto 15
Nella pace del 7 marzo 1573 erasi convenuto che si
dovesse fare il cambio od il riscatto dei prigionieri, esclusi
però quelli della torre di Castelnuovo, che il sultano avrebbe
dati soltanto in cambio di prigionieri turchi molto impor-
tanti (i). E diBtti il bailo aveva potuto liberare assai facil-
mente numerosi Cristiani schiavi di particolari capitani (2),
ed aveva cominciato a vincere i gravi ostacoli che impe-
divano la liberazione dei prigionieri cristiani dichiarati
proprietà del sultano, e specialmente di quelli presi a tra-
dimento a Famagosta (3). Quando essi giunsero a Costan-
tinopoli il Barbaro era prigioniero nella sua abitazione, ma
potè loro giovare indirettamente per mezzo del medico
Rabbi Salamon (4), finché, conclusa la pace, ottenne assai
(i) M. Rosi, op. cit. p. 157 sgg.
(2) I primi liberati partono per l'Occidente nel giugno del 1573,
come il bailo Barbaro annunzia al doge con la lettera del giorno 1 1
di questo mese, avvertendo che « per diverse vie si sono con la
« grati a del Signor Dio et con favore et denaro riscattati». Minuta
di questa lettera si conserva nella R. bibl. di S. Marco, Manoscrilti,
ci. VII, cod. 390, Registro di htlere di M. Antonio Barbaro bailo in
Costantinopoli dalli 21 agosto i)6S sino al 2j giugno /jjj.
(5) È noto che i difensori di questa città si arresero al capitano
turco Mustafà Bjssà che, «sulla testa del suo signore», promise a
tutti la libertà. Invece, dopo la resa, il capitano supremo veneziano
ed altri furono uccisi, e i superstiti trasportati a Costantinopoli. Al-
cuni di essi a nome di tutti fino dal 28 ottobre 1571 scrissero al
bailo di far conoscere al sultano l'atto sleale ed inumano compiuto
a loro danno e narrate le vicende della resa di Famagosta, dimo-
strarono che per l'onore del sultano dovevano essere liberati. L'im-
portante lettera, conservata in copia nel cit. Registro di lettere di .\[.
A. Barbaro, mi par degna d'essere integralmente conosciuta, e quindi
la pubblico fra i documentti, n. 11.
(4) Nella cit. Scrittura del bailo M. A. Barbaro, conservata nella
R. bibl. di S. Marco, a proposito di Rabbi, si legge : « Si dimostra di
« buon animo verso questo Dominio, essendo nato suo suddito in
<( Udine, come ho detto, havendo a Verona et Uderzo fratelli, sorelle
« et nipoti, nella rottura poi della guerra, entrando egli solo in casa
« mia sempre mi comunicò i più importanti e veri avvisi che io ha-
14 c^i- 'l{<>si
presto il miglioramento della loro condi;^ione, e nei pochi
mesi passati ancora a Costantinopoli, cercò dimostrare che
i prigionieri di Famagosta dovevano essere liberati in con-
seguenza de' patti della resa conclusi e poi non mantenuti
da Mustafà Bassa. H appunto questi opponeva gli ostacoli
più forti alla liberazione per non convenire d' esser venuto
meno agli accordi stabiliti e per evitare che il suo rivale
Mehemet Bassa si valesse del contegno sleale di lui per
metterlo in cattiva luce presso il sultano, che in qualche
modo veniva moralmente a soffrire per la slealtà del suo
generale (i).
«vessi in quel tempo; mi servi con amore e fedelmente in ben rc-
« capitare molte lettere con molto suo pericolo (Scc. ». In parecchie
lettere lo stesso Barbaro parla bene di questo medico; confessa che
gli costa denari, ma che la sua affezione vai più dei quattrini. In
una lettera poi del n marzo I57;5 dice che Rabbi, in premio dei
servigi resi a Venezia, desidera che questa tratti bene gii ebrei, os-
servando die « se ben ne sono molti [ebrei] di mala natura, che pur
« ve ne sono anco di boni, i quali per altri non devono patire ». Il
bailo approva il desiderio di Rabbi come cosa che gli la certamente
onore, e lo raccomanda alla Repubblica. Copia di questa lettera si
trova nel cit. Registro lìelle lettere di M. A. Barbaro, conservato nella
R. bibl. di S. Marco.
(i) Nei colloqui avuti dal bailo Barbaro intorno ai prigionieri
con Mehemet Bassa, questi si scagliò sempre contro Mustalà. Ricor-
derò ad esernpio quanto il Barbaro riferisce al doge con lettera del
27 marzo 1575: «Qui entrò Soà Magnificentia al biasmar quanto
« più gagliardamente Mustaffa Bassa vituperandolo di cosi iniqua
« operatione con molte efficacissime parole, detestando estremamente
«quel crudel atto del martirio dato al clarissimo Bragadino, dicendo
«che atto tale non si doveva anco far contra qualsivoglia huomo
« preso per forza et che havesse commesso ogni sorte di tradimento,
« afTermandomi che ciò era infinitamente spiaciuto al signor et che
« se ben esso Mustaffa con diverse parole havea cercato di escusarsi,
« però non era Sua Maestà rimasta satisfatta ève. ». La minuta di
questa lettera è nel cit. Regiitro conservato nella bibl. Marciana,
ci. VII, cod. 390. Si vedano pure la lettera del bailo M. A. Barbaro
al doge di Venezia scritta da Pera il 7 maggio 1575 e pubblicata
La liba anione dei Tiirclii presi a Lepanto 13
Il vecchio bailo lasciava Costantinopoli, e nell' autunno
del 1575 il suo successore Antonio Tiepolo e 1' ambascia-
tore Andrea Badocr assumevano il delicato ufficio d' indurre
i Turchi a lasciare i prigionieri e a risolvere la quistione
dei confini. Il Tiepolo d' accordo con Mehemet nell' ottobre
del medesimo anno presenta domanda al sultano per la
liberazione dei prigionieri di Famagosta, e ne manda copia
al doge(i). Sebbene abilmente cercasse di toccare l'amor
proprio del sultano, ci vollero ancora altre domande (2),
nuove trattative e nuovi doni ai cortigiani prima che i pri-
gionieri di Famagosta potessero riavere la libertcà.
Nel frattempo il bailo e l' ambasciatore veneziano parla-
vano della quistione spinosissima dei confini dalmati, libera-
vano con denaro prigionieri cristiani appartenenti a privati, e
trattavano di cambiare i capitani chiusi nella torre di Castel-
nuovo coi prigionieri turchi custoditi nel palazzo dell'Aquila
a Roma. Per il cambio occorreva però il consenso del papa
e del re di Spagna, certo non contenti della pace recente
e quindi non facili a soddisfare i desideri dei Turchi e dei
Veneziani. Questi peraltro ebbero aiuto dai parenti dei pri-
gionieri cristiani, dalla pietà verso essi mostrata da Gre-
gorio XIII e da avvenimenti nuovi, dei quali seppero pro-
fittare il doge Alvise Mocenigo I e i suoi abili diplomatici,
specie il bailo Antonio Tiepolo. Fra i parenti dei prigio-
fra i documenti, n. i, e l'altra lettera dello stesso pure al doge
scritta da Pera il 14 maggio 1573 e conservata nel R. àrdi, dei
Frari, Capi del Consiglio dei Dieci, Lettere di anibascialori a Costanti-
nopoli, 1 574-1 575, busta 4.
(i) Si conserva questa nel R. ardi, dei V rari, Senato, Secreta, n. 6,
Costantinopoli, a. 1575. La lettera colla quale il Tiepolo invia questa
copia porta la data di Pera 28 ottobre 1575, e si conserva nel loc.
cit. dello stesso archivio.
(2) I prigionieri di Famagosta inviarono una domanda al sul-
tano nel luglio del 1374, domanda che conosco per la copia spedita
il giorno II dello stesso mese al doge dal bailo Tiepolo e conscr/
vata nel loc. cit. del R. arch. dei Frari.
i6 9d. '7\osì
nieri deve mettersi in prima linea Giacomo Malatcsta, che
per riavere il figlio Ercole ricorse al pontefice fino dal 1572
presentando un Memoriale, in cui esposte le misere con-
dizioni del tìglio e dei suoi compagni, chiedeva a favore
di tutti r appoggio di Gregorio (i).
Al Malatesta il 5 gennaio 1573 rispondeva il cardinal
di Como dando le più ampie assicurazioni, e dicendo che
il pontefice l'aspettava a Roma per a intendere più parti-
« colarmente la via che si potesse tenere per aiutarli» (2).
Ed il vescovo di ^'icenza si rivolse al cardinal Morone
perchè raccomandasse al papa Gian Tommaso Costanzo,
di cui descriveva il valore dimostrato combattendo nel 1571
un' intera giornata contro i Turchi, mentre si recava di
guarnigione a Corfù (3).
Ed al medesimo cardinale in favore del Malatesta e del
Costanzo scriveva calda raccomandazione pure il duca di
Urbino assicurando che il papa «impiegherà l'autthorità et
« l'opera sua per doi gentilhuomini di molto merito, che
« insieme con le case loro le ne resteranno perpetuamente
« obligati come sarò io » (4). Gregorio XIII per questi
prigionieri, e può dirsi per tutti gli altri, raccomandati o
no, si dava pensiero, spendeva danari, scriveva e faceva
scrivere lettere (5), talvolta forse divenendo anche troppo
(i) Il Memoriale senza data, scritto certo alquanto prima del
3 gennaio 1575, come risulta dalla risposta del cardinale di Como,
si conserva nell'arch. Vaticano, Miscellanea, arni. 11, n. 143, e. 138.
Esteriormente ha l'indicazione: Memoriale del sig. lacomo Malatesta,
e internamente: Memoriale dei^li schiavi che sono in Costantinopoli cbri-
stiani et dAli Turchi sonno qui dato a A'. S. per la loro lil'era:^ione con li
nomi loro.
(2) M. Rosi, op. cit. p. 158 e documenti, n, i, p. 185.
(3) Copia della lettera, senza data, trovasi nell'arch. Vaticano,
Ice. cit. p. 84. La pubblichiamo fra i documenti, n. in.
(4) Arch. Vaticano, loc. cit. e. 154. La lettera porta la data di
Pesaro, 10 maggio 1574.
(;) M. Rosi, op. cit, p. 155.
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 17
molesto, senza ottenere molto (i). Per quanto riguarda i
prigionieri turchi affidati in Roma alla sua custodia, non
rifiutava di cederli in cambio, ed era anzi disposto ad aiutare
i Veneziani in tutto ciò che avrebbe giovato alla libera-
zione de' loro prigionieri. Cosi, avendo capito che la Spagna
si opponeva al cambio, appoggiava la domanda dei Vene-
ziani di dividere tra loro, il papa e Filippo II i Turchi
tenuti prigionieri a Roma, ed al cardinal di Como affi-
dava l'incarico d'indurre a questa divisione il re di Spa-
gna (2). Questi dopo avere tergiversato un pezzo, final-
mente nel settembre del 1573 dichiarò di volere per sé
tutti i prigionieri turchi, sebbene non ignorasse che di
essi ventiquattro erano stati presi dall'ammiraglio veneziano,
soltanto dieci dalle galee spagnuole e che tutti erano stati
mantenuti per lungo tempo a spese del pontefice (3). Se ne
dolse Gregorio XIII (4), e ben sapendo che senza la li-
berazione dei principali prigionieri turchi custoditi a Roma,
i prigionieri veneziani non sarebbero mai stati liberati,
cercò invano d' indurre con argomenti religiosi Filippo II
(i) Mons. Salviati, nunzio in Francia, il 13 gennaio 1574 da
Poissy scrive al cardinal di Como d'aver presentato a corte, come
raccomandato dal pontefice, Pietro Muscorno cipriotto che chiedeva
soccorsi per liberare i suoi parenti prigionieri a Costantinopoli. Seb-
bene il Muscorno qualcosa ottenesse, il nunzio avvertiva che conti-
nuando il papa a far raccomandazioni per i prigionieri, essendo ormai
troppi i raccomandati, questi non sentiranno « frutto dei brevi che
«da Nostro Signore per tale conto gli saranno concessi». Ardi. Vat.
'Sun^iatura di Francia, n. 7, Salviali, a. 1574, e. 61.
(2) Lettere del cardinal di Como al nunzio di Spagna, Roma,
17 aprile e 29 maggio 1573. Arch. Vat. Xiuiiiatura di Spa^^iia,n. 15,
e. 242.
(3) Note nominative dei prigionieri turchi, dalle quali risulta la
proporzione indicata, si conservano nel II. arch. dei Frari, Capi dd
Consiglio dà Dicci, Lettere di ambasciatori a Costantinopoli, a. 1 571-1 575,
busta 4, e nell'arch. Vat. Misceli, arm. 11, n. 143.
(4) Lettera del cardinal di Como al nunzio pontificio a Madrid
Roma, 15 settembre 1375. Arch. Vat. loc. cit. e. 379.
Archivio jclla R. Società romana di slcria patria. \'ol. XXIV. 2
i8 qM. ^l{osi
.1 cedergli la sua parte dei prigionieri turchi per poterli
cambiare coi cristiani (i).
Frattanto il bailo di Costantinopoli seguitava a scrivere
che difficilissimo era il cambio, perchè il sultano mostrava
premura di liberare soltanto il signor di Negroponte e Chiau-
rali, ritenendo di poco valore gli altri, mentre stimava
assai i Cristiani della torre di Castelnuovo, sia perchè come
illustri e ricchi capitani erano stati scelti, sia perchè tali
erano fatti credere dalle premure che per tutti, o per al-
cuni di essi dimostravano prima di tutti i \'ene;^iani, e
poi la Francia, l'impero (2) e specialmente il papa, come
quello che voleva compiere un'insigne opera di carità li-
berando i Cristiani, e far nel tempo stesso cosa gradita a
Venezia anche pel desiderio d' indurla in tempo non lon-
tano a nuova alleanza colla Spagna ed alla guerra contro
i Turchi, che si preparavano ad altre imprese militari,
forse pericolose per il pontefice stesso (3).
(i) Lettere del cardinal di Como al nunzio di Spagna, Roma,
16 ottobre, 16 novembre e 16 dicembre !)73. Arch. Vat. loc. cit.
ce. 356, 367 e 582.
(2) Lettere del bailo di Costantinopoli al doge, scritte nei primi
sette mesi del 1574, e specialmente una in data 11 luglio 1574.
R. arch. dei Frari, Senato, Secreta, 111, Lettere tla Costanlinopoìi, busta 7.
(5) Neil' arch. Vat. Kiiif^iatura di Spagna, n. 15, e nel R. arch.
dei Frari, Esposizioni principi (1574-1575) si trovano molte prove
della premura che Gregorio XIII adoperava per un'alleanza veneto-
spagnuola contro i Turchi, alle quali premure a noi basta di accen-
nare. Il pontefice fin dal principio del 1574 sapeva che i Turchi
preparavano una spedizione verso Occidente e temeva, prima di tutto
per i possedimenti spagnuoli d'Africa, poi anche per il proprio Stato.
La Francia, amica dei Turchi, aveva incaricato di distoglierli da una
spedizione contro il territorio pontificio, come il nunzio in Francia
scrive al cardinal di Como il 15 e il 25 aprile 1574 (arch. Vat. Kun-
:;iatura di Francia, n. 7, ce. 512, 537). Sembra che per trattenere i
Turchi, che difatti non vennero, come si temeva, contro il territorio
pontificio e specialmente contro Ancona, occorressero gl'insistenti uffici
del re di Francia, perchè alle prime parole dette da mons. d'Ax al
La libcra-^ioìie dei Turclii presi a Lepanto 19
Intanto accadevano altri avvenimenti, che in parte gio-
varono alle trattative del cambio. Nell'estate del 1374 la
Goletta era espugnata dai Turchi, che portarono prigioniero
a Costantinopoli Gabrio Serbelloni comandante supremo
del presidio spagnuolo. Verso la fine dell'anno moriva il
sultano Selim, e gli succedeva il figlio Amurat, che in
segno di amicizia mandava uno speciale inviato a Venezia
per notificare al doge la sua assunzione al trono (i).
La prigionia del Serbelloni, nobile milanese fratello del
cardinal S. Giorgio, veniva in buon punto per affrettare le
premure del pontefice, e faceva nascere la speranza di otte-
nere il consenso della Spagna al cambio, se fra i Cristiani
da liberarsi potesse venir incluso il Serbelloni. Né Venezia
si lasciò sfuggire sì bella occasione. Appena l'illustre pri-
gioniero giunse a Costantinopoli nella casa di Mehemet
Bassa, il bailo s'interessò zelantemente di lui, assicurandosi
che fosse ben trattato, e prima che terminasse l'anno, apri
trattative per includerlo fra i Cristiani che dovevano cam-
biarsi coi prigionieri turchi custoditi a Roma (2).
E l'ambasciatore veneziano in questa città, che fino dai
primi di settembre aveva ricevuto l'ordine d' indurre ilponte-
« Bassa per dissuaderlo dal molestare i luoghi di Sua Santità...)),
« questi li haveva risposto che il papa era il maggior inimico che
« havessero ». come il doge scrive all'ambasciatore veneziano a Roma
il 20 marzo 1574, in una lettera di cui si conserva notizia nel R. ardi,
dei Frari, Libio primo da Roma, Secreto del Consii^Ho dà Dieci sotto il
Ser.mo D. Alvise Mocenigo inclito duce di Vene^^ia, mdlxxiii, c. 35.
(i) Lettera del bailo al doge, Costantinopoli, 31 dicembre 1574,
conservata nel R. arch. dei Frari, Senato, III, Secreta, Lettere da Co-
stantinopoli, busta 7. L'inviato Mustafà chiaus il 26 marzo 1575 fu
ricevuto dal doge con molte cerimonie e gentili parole delle quali si
trova ricordo nelle Esposizioni principi (1574-77), e. 54 b, conservate
nel R. arch. d-A Frari.
(2) Lettere del bailo al doge, Pera, 2 settembre e 18 dicem-
bre 1574. R. arch. dei Frari, Senato, III, Secreta, Lettere da Costanti-
ttopoli, 1574, busta 7.
20 (H/. 'T^osi
fice al cambio anche senza il consenso di Filippo II (i), ora
compiva con maggior ardore la sua missione annunziando
che Venezia mostravasi premurosa verso la Spagna trat-
tando il riscatto di Gabrio Serbelloni per danaro e libe-
rando numerosi prigionieri presi, mentre combattevano sotto
le bandiere del re Cattolico. Il pontefice contento finì col
proclamare solennemente, che, avendo egli speso da solo
per mantenere diversi anni i prigionieri, e non potendo
accordarsi in alcun modo colla Spagua, si decideva a com-
piere un atto di carità cristiana rendendo i Turchi chiusi
nel palazzo dell'Aquila in cambio dei Cristiani custoditi
nella torre del Mar Nero (2).
Dopo questo il bailo Tiepolo a Costantinopoli conti-
nuava le trattative con maggior coraggio, ed ai primi
del 1575 riusciva a persuadere il Bassa ad accettare in
massima il cambio dei prigionieri (5), ed a consegnare
Gabrio Serbelloni che sarebbe dovuto rimanere in casa del
bailo finché non fosse partito per l'Occidente (4). Ma ve-
(i) lstru:^ìone dei capi del Consiglio dei Dieci all'ambasciatore vetie-
■:(iaìio a Roma, 4 settembre 1574, R. ardi, dei Frari, c'ìt. Libro primo da
Roma, Secreto del Consiglio dei Dieci, e. 27; documenti, n. iv. Nel me-
desimo archivio, nella corrispondenza del bailo da Costantinopoli si
trovano le prove delle premure da questo usate per riscattare con
denaro prigionieri cristiani presi mentre combattevano a nome della
Spagna, nonché delle notizie delle somme da esso spese. Pubblico
fra i documenti, n. v, l'elenco dei soldati spagnuoli liberati fino al
28 maggio 1575, elenco invinto lo stesso giorno dal bailo Tiepolo
al doge e conservato nel R. ardi, dei Frari, Senato, III, Secreta, Let-
tere da Costantinopoli, a, 1575, busta 8.
(2) Lettera dell'ambasciatore veneziano in Roma al doge, Roma,
23 luglio 1574. R. arch. dei Frari, Senato, III, Secreta, Lettere da Roma,
n. IO. Altre lettere pur riferentisi a questo argomento si conservano
nel medesimo arch. Senato, III, Secreta, Lettere da Costantinopoli, bustay.
(3) Lettera del bailo al doge, Pera, 5 gennaio 1575, R. arch.
dei Frari, loc. cit.
(4) Lettera del bailo al doge. Pera, 15 gennaio 157). R- arch.
dei Frari, loc. cit.
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 21
nendo ai particolari il Bassa oppose degli ostacoli, special-
mente chiedendo che in cambio del Serbelloni sì dessero
i due principali prigionieri turchi di Roma, giacche esso
per le sue parentele e ricchezze valeva molto denaro (i).
Anche per altri prigionieri il Bassa oppose ostacoli, pro-
fittando degl'imbarazzi in cui trovavasi Venezia per risol-
vere la questione dei confini, per liberare i numerosi pri-
gionieri caduti in mano di questi a Famagosta, Antivari e
Dulcigno, e per motivi di commercio (2). iVIa infine il Tie-
polo riuscì ad ottenere il cambio testa per testa ed a
fissare di eseguirlo a Ragusa, dove sarebbero dovuti scen-
dere i prigionieri turchi provenienti da Roma. Questa
condizione posta dal Bassa fu accettata dal Tiepolo, il
quale peraltro non fidandosi troppo dei nuovi amici di
Costantinopoli, scriveva al doge di tenere sulle navi a Ra-
gusa i Turchi finche non fossero giunti in questa città i
Cristiani, solo raccomandandosi di far apparire quest'atto
di diffidenza come imposto dal papa e dalla Spagna e non
dalla « Signoria veneta, la qual non ha causa di diffidarsi
(i) Lettera del bailo al doge, Pera, 31 gennaio 1575. R. arch.
dei Frari, Ice. cit,
(2) II bailo veneziano spese molto denaro per rendersi favore-
voli le persone più potenti presso la corte di Costantinopoli, e certo
questi denari contribuirono ad agevolare il cambio dei prigionieri.
Quanto ai commerci, pur di fare il proprio interesse, i Veneziani non
dubitavano di danneggiare il pontefice proprio nel momento in cui
gli chiedevano la liberazione dei prigionieri turchi custoditi a Roma.
Per esempio, il 15 maggio 157) il doge ordinava al bailo di otte-
nere dal Bassa « commandamenti efficaci per la prohibitione che li
«sudditi di quel signore non vadano in Ancona », affine di attirare
il commercio turco su territorio veneto. Raccomanda di agire con
molta secretezza « per il rispetto che dovemo haver al pontefice.
« Onde bisogna mostrar che la causa venga da Costantinopoli, per
« non esser niente di quel signor che li soi sudditi negociino in
« paese dei soi nemici». Promette ai negozianti turchi ogni cortesia,
ed al Bassa, un premio «fino alla somma di cecchini tremilie».
R. ardi, dei Frari, Libro primo da Roma, Secreto del Consiglio dei Dieci.
2 2 ci/. "J^ìSi
V della promessa di questo signor et del HassA » (i). li l'am-
basciatore veneziano a Roma diceva al papa che il bailo
aveva combinato col Bassa che i prigionieri turchi si sa-
rebbero messi in viaggio dopo i cristiani ed avrebbero
aspettato a Ragusa sopra le galee, finché « non s'imbar-
(( cassero i Cristiani » (2).
Cosi partirono prima i Turchi da Roma mettendosi in
viaggio il 12 di marzo, ma, per ordine del papa, che, pur
essendo da tante parti rassicurato, diffidava un poco di
tutti, non andarono direttamente ad imbarcarsi ad Ancona,
ma si diressero a Fermo per aspettarvi le notizie dell'ar-
rivo dei Cristiani a Ragusa. Bartolomeo Bruti, che per
conto del Governo veneziano li accompagnava, fece cre-
dere ai prigionieri che li avrebbe condotti ad Ancona,
perchè si affrettassero ad esortare il Bassa a lasciar partire
da Costantinopoli i Cristiani, ma invece, obbedendo agli
(i) Lettera del bailo al doge, Pera, 4 febbraio 1575, conservata
nel R. arch. dei Frati, Cupi del Cou-iglio dei Dieci, LelUre da Costaii-
tinopoìi, a. 1571-1575. busta 4, e pubblicata fra i documenti, n. vi. È
facile comprendere che questo contegno dei Veneziani di attribuire
tutta la parte odiosa a Roma ed alla Spagna, avrebbe dovuto rendere
più che mai difficili i rapporti dei Turchi col papa e colla Spagna
con vantaggio di Venezia. Certo simile politica non può dirsi gene-
rosa, specialmente riguardo al pontefice, al quale il doge nel tempo
Slesso chiedeva non solo la liberazione dei prigionieri turchi di Roma,
ma ancora il permesso di riscuotere le tasse sopra i bini del clero,
come faceva al tempo della guerra di Cipro. Lettere del doge al car-
dinale Albani del 13 luglio e del 15 e 25 agosto 1575, delle quali
conservasi not'zia nel R. arch. dei Frari, nel cit. Libro primo da
Roma, Secreto del Consiglio dei Dieci.
(2) Lettera dell'ambasciatore veneziano in Roma al doge in data
5 marzo 1575. R. arch. dei Frari, Senato, HI, Secreta, n. 11, a. 1573.
Il contegno del Governo veneziano fu conosciuto dal cardinal di
Como che se ne mostrò dispiacente, con grave dolore dell'ambascia-
tore veneziano, il quale temette che per questo si mettesse « in mala
« fede il negotio suo ». Lettera dell'ambasciatore veneziano in Roma
al doge, 12 mar/o 1575. R. arch. dei Frari, loc. cit.
La libfì'a-ioìie dei Turchi presi a Lepanto 23
ordini precisi del pontefice, si avviò verso Fermo, dove
rimase finche il commissario pontifìcio Pietro Grosso, presi
gli ordini del suo Governo, non gli permise di partire (i).
La partenza dei Turchi da Roma sollevò le proteste
dell'ambasciatore spagnuolo che non aveva mai voluto
acconsentire al cambio, sebbene sapesse che i Veneziani
avevano giovato alla Spagna riscattando alcuni sudditi
spagnuoli prigionieri dei Turchi e comprendendo nel cam-
bio Gabrio Serbelloni (2). Fortunatamente il papa non si
lasciò smuovere e solo si preoccupò di raccomandare al
proprio commissario che accompagnava i prigionieri turchi
ed ai Veneziani di adoperarsi perchè il cambio si eseguisse
senza incidenti, ripetendo all'ambasciatore spagnuolo gli
stessi pensieri che aveva espressi nel suo breve del 22 lu-
glio 1574 e nella lettera colla quale dal cardinale di Como
lo faceva accompagnare al re di Spagna (3). Frattanto a
Costantinopoli il bailo si affaticava per far partire i Cri-
stiani. Già da un pezzo, il principale di essi, Gabrio Ser-
belloni, trovavasi in sua casa, già dal 4 febbraio 1575
tutto pareva concluso, quand'ecco il Bassa muovere delle
(i) Nel R. arch. dei Frari, Senato, III, Sscrcla, Costantinopoli,
busta 8, si conserva la lettera di Bartolomeo Bruti scritta al doge
da Roma, dalla osteria della Prima Porta, 12 marzo 1575, colla tra-
duzione della lettera dei prigionieri turchi al Bassa, portante la stessa
indicazione di luogo e di giorno. Le pubblico entrambe fra i docu-
menti, VII e vili. Naturalmente i Turchi dichiararono d'essere stati
traditi quando si videro condotti a Fermo e non ad Ancona, ma do-
vettero rassegnarsi, e trovarono forse un conforto nel buon tratta-
mento che vi ebbero. V. M. Rosi, op. cit. p. 169 sgg.
(2) Lettere dell'ambasciatore veneziano in Roma al doge, Roma,
7 maggio e 4 giugno 1575, conservate nel R. arch. dei Frari, Senato,
III, Secreta, Roìiia^ '5 72, busta 11.
(3) M. Rosi, op. cit. p. 159 testo e nota 3.
A conferma di questo si possono addurre anche due lettere scritte
dall'ambasciatore veneziano in Roma al doge nei giorni 11 e 18 giu-
gno 1575 per rassicurarlo intorno ai sentimenti pontifici quali erano
espressi nel breve. Si conservano nel R. arch. dei Frari, loc. cit.
24 ''-M. 'J\osi
obiezioni facendo chiaramente capire che i Turchi crede-
vano d'aver concluso un cattivo affare. Disse che avevano
dapprima creduto che i Turchi di Roma fossero una cin-
quantina, da cambiarsi coi trentanove Cristiani delhi torre
di Castelnuovo, mentre ora sapevasi eh' erano solo tren-
tatre e che con essi il bailo voleva liberare anche due
vecchi spagnuoli fatti prigionieri molti anni prima alle
Zerbe (i). Il bailo, pur di finirla, aiutato da Rabbi Salomon,
il quale veniva ben pagato dai \'eneziani, ed era sempre
caro al Bassa, si mostra arrendevole : rinunzia alla libe-
razione dei due vecchi spagnuoli, e con una domanda sua
e dei prigionieri cristiani presentata al sultano, chiede la
liberazione di questi in numero di trentanove e promette
di dare in cambio i trentatre Turchi di Roma, più altri sei
Musulmani, « tanto che il numero de schiavi d'una parte
« et l'altra sia uguale » (2). Così il 4 giugno 1575 '^ ^^'^'^o
annunzia al doge d'aver ricevuto la consegna dei Cristiani
« la vigilia del Corpo del Salvator nostro lesu Christo ».
Nella medesima lettera parla della gioia provata dai pri-
gionieri che vedendosi dopo quattro anni liberi, nel giorno
successivo al festa del Corpus Domini espressero il loro
contento con vive dimostrazioni di religione (3).
(1) Lettera del bailo al doge, Pera, 26 maggio 1575. R.arch. dei
Frari, Strialo, III, Secreta, Lellere da Costantinopoli, 1575, busta 8.
(2) Art presentato al sultano dal bailo e dai trentanove pri-
gionieri cristiani della torre di Castelnuovo il 29 maggio 1575,
conservato in copia nel R. ardi, dei Frari, Senato, ìli, Secreta, Let-
tere da Costantinopoli, 1575, busta 8. Lo pubblico fra i documenti, ix.
(0 Nella lettera del bailo al doge, conservata nel R. ardi, dei
Frari, loc. cit., si leggono queste parole: «...et il giorno seguente
«[alla liberazione] giorno di solennissima processione a riverenza et
« divotione di quei santissimo corpo tutt' insieme lo habbiamo con
« profusissime lagrime per soverchia allegrezza adorato et ringraziato,
«che dopo la carcere di quattro anni et legami di durissime catene
« al traverso et alli piedi siano finalmente tanti homini valorosi, et
« per sangue, et per manifesta virtù stimabili grandemente, venuti
«alla luce di questo cielo per opera della Serenità Vostra».
La liberaiioìie dei Turclìi presi a Lepaiilo 2
-)
Lo stesso giorno 4 giugno s' incamminano essi verso
Ragusa accompagnati da un chiaus con relativa scorta, e
usciti da Costantinopoli, scrivono al doge per annunziargli
d'essersi messi in viaggio dopo essere stati liberati « con
« l'aiuto dell'onnipotente Dio, et per gratia di Sua Santità,
« di Sua Maestà Catholica et della Serenissima Signoria
(( di \''enetia, per opera del clarissimo Antonio Tiepolo
« cavalier bailo». Pregano di far andare subito i Turchi
a Ragusa, « dove se ha a fare il concambio », e mostrano
come per essere stati in servizio di tutta la Cristianità si cre-
dono degni, « doppo la lunghezza di tante miserie, della
compassione « et della gratia de principi tanto grandi » (i).
Il doge informava sollecitamente il suo ambasciatore a
Roma della partenza dei Cristiani, e presto riceveva l'assi-
curazione che il papa aveva ordinato la partenza dei Turchi
per la marina di Fermo, dove sarebbero stati consegnati
al patrizio veneziano Giovanni Contarini, il quale con tre
galere li avrebbe condotti a Ragiisa (2). Da parte sua il
sultano già aveva scritto ai Ragusei per annunziare l'arrivo
dei trentanove prigionieri cristiani e per indicare le norme
che i Ragusei avrebbero dovuto seguire per consegnarli ai
Veneziani (5). Imponeva il sultano di tenere ben guardati
i Cristiani finché non fossero giunti i Turchi e di verifi-
care bene die questi corrispondessero esattamente a quelli
indicati nella relativa lista. Avvertiva inoltre che, se qual-
(i) La lettera porta le firme di quasi tutti i Cristiani liberati e
la data dal Ponte Picciolo, 4 giugno 1575. Si conserva nel R. arch.
dei Frari, Ice. cit.
(2) Lettera del doge al bailo a Cosiantinopoli, Venezia, 13 lu-
glio 1575. R. arch. dei Frari, Libro primo da Roma, Secreto dei Con-
siglio dei Dieci cit. e. 68.
(3) Lettera del sultano ai signori ragusei, mandata tradotta dal
bailo al doge il 4 giugno 1575 e conservata nel R. arch dei Frari,
Senato, III, Secreta, Lettere da Costaiiiiiiopoli, 1573, busta 8; docu-
menti, n. X.
26 ey\/. 'I^osi
cuno fosse nel frattempo morto, il cambio si sarebbe ese-
guito egualmente (i).
Il 19 luglio sulla spiaggia di Fermo Giovanni Conta-
rini a nome del Governo veneziano riceveva dal com-
missario pontifìcio la consegna dei prigionieri turchi, e
subito scioglieva le vele per Ragusa (2). Il viaggio fino a
questa città si compiva prestissimo, il cambio dei prigio-
nieri colle norme prescritte fiicevasi sollecitamente, e il 29 lu-
glio il Contarini giungeva a Venezia con i Cristiani liberati,
eccettuato Gabrio Serbclloni, che per indisposizione rimase
a Ragusa, donde parti poco appresso per Napoli. Il doge
lietissimo del fausto avvenimento ne faceva tosto avvertire
il papa e il cardinale S. Giorgio (3). L'ambasciatore ve-
neziano a Roma adempiva subito alla gradita missione e
riferiva al doge che il papa si era rallegrato « con fiiccia
« ridente «, e aveva lodato i Veneziani delle premure avute
per tutti i prigionieri e specialmente per il Serbelloni, al
quale avevano usata nuova cortesia conducendolo a Bar-
(i) Quest'avviso fu utile perchè uno dei Turchi fu da un com-
pagno ucciso a Fermo, come narrammo nel nostro lavoro più volte
citato: Alcuni documeiili 8ic. p. 177 sgg. L'ordine del sultano avver-
tiva che trentanove erano i prigionieri cristiani, trentatre i prigio-
nieri turchi mandati da Roma, e altri sei procurati dai Veneziani,
fra cui il figlio di Caramachmuto, schiavo della famiglia Savorgnan
e liberato per accordi presi fra i Savorgnan, il Bassa e il bailo, come
anche quest'ultimo conferma nella citata lettera del 26 maggio 1575
al doge, conservata nel R. ardi, dei Frari, loc. cit.
(2) Lettera dell'ambasciatore veneziano in Roma al doge, Roma,
30 luglio 1)7). R. ardi dei Frari, Seualo, HI, Secreta, 1571, n. 11.
(3) Nel R. arch. dei ]rran, Deliberaiioiii, Senato, 1573-1 580, e. 78,
sotto la data 30 luglio 1575, si leggono queste parole dette dal doge
in Senato: « Hieri sera giunse in questa nostra città il diletto nobile
(f nostro Gio. Contarini con li schiavi christiani, havendo con la molta
« diligentia et virtute sua effettuato questo negoiio con prestezza et
« conforme al desiderio et espctatione delle Signorie Vostre. Et questa
« mattina ci ha esposto haver lassato l'ili."'" sig,"^ Gabrio Serbelone
« ammalato in Ragusi ».
La libera^ioìic dei Tiii'chi pi'esi a Lepanto 27
letta, dopo clie esso, finita la sua inJisposi;^ione, aveva
espresso il desiderio di recarsi a Napoli (i). Anche il car-
dinal S. Giorgio si era mostrato riconoscente delle genti-
lezze usate a suo fratello e ne ringraziava il doire coiì
lettera e per mezzo dell'ambasciatore veneziano in Roma.
I Turchi arrivavano pure presto a Costantinopoli e vi
portavano una gradita impressione della potenza di Venezia
che, com'era naturale, si attribuiva il merito del cambio (2).
In tal modo terminava questo lungo e delicatissimo
negozio a beneficio sicuro di tanti prigionieri cristiani
e turchi, che dopo alcuni anni di prigionia ritornavano
in patria. Venezia ne usciva accresciuta di prestigio in
Oriente, stimata anche in Italia e nella Spagna, dove i
prigioni liberati per il cambio e specialmente gli altri
riscattati coi suoi denari, che solo in piccola parte le fu-
rono resi, dovevano parlare bene della ricca e forte città,
senza contare che la sua diplomazia coU'esser riuscita a
vincere le resistenze spagnuole e la diffidenza turca ed a
guadagnarsi l'appoggio di Gregorio XIII, acquistava un
nuovo titolo all'ammirazione, per tanti titoli già meritatasi
(1) Lettera dell'ambasciatore veneziano in Roma Paolo Tiepolo
al doge, Roma, 6 agosto 1575. R. ardi, dei Frari, Senato, III, Se-
creta, Roma, 1575, busta 11.
(2) Questo apparisce da tutta la corrispondenza del doge e dei
suoi ambasciatori, come s'è avuto occasione di notare nel corso di
questo lavoro. Che i Turchi liberali portassero buona impressione
della potenza veneziana lo dice il bailo in una sua lettera al doge
il 12 settembre 1575 e sembra voglia confermarlo col narrare questo
episodio: « Li schiavi turchi che erano a Roma liberati con il concam-
« bio sono giunti qui, et essendo dui di essi nel publico divano per
« rinovare il loro soldo, essendo avanti il sìg. Bassa gli domandò quello
(■' che si diceva, perchè questo anno Spagnuoli non havevano fatto
('armata, et uno di loro rispose: " Signor, li Spagnuoli non have-
« ranno le ali se Venetiani non potrano volare. " Et trovandosi li a
«caso il Scassi dragomanno, il Bassa lo guardò et rise et non parlò
(' più in quel proposito». Questa lettera si conserva nel R. ardi, dei
Frari, Setialo, III, Secreta, Costantiiiopoli, 1575, busta 8.
28 ci/, "l^osi
in passato. La Turchia cementava la recente pace con
Venezia, e i suoi ministri fiicevano anche in privato gua-
dagni cospicui.
La Francia trovava una buona occasione per mettere
sempre più in cattiva luce la nemica Spagna, e special-
mente per mezzo di monsignor d'Ax, sia nel negozio del
cambio, sia negli affari, che trattando di 'questo accen-
nammo,ebbe modo di attaccare la sua antica nemica, la quale
dovette più che mai diffidare di Venezia e da questa al-
lontanarsi ora che da Francia pareva con tanto zelo difesa.
Filippo II sembra puntiglioso e quasi incurante degli
interessi cristiani in generale e del bene degli stessi suoi
sudditi prigionieri dei Turchi, e tutto trascura pur di op-
porsi a \'enezia, ormai pacificata coi Turchi e amica di
Francia. Quindi nega sempre il suo consenso al cambio
proposto, rendendo così più bella l'opera dei Veneziani e
specialmente di Gregorio XIII, al quale spetta in questo
negozio la parte più generosa. Pure ammettendo, come
ci sembra giusto, che il pontefice aderisse al desiderio dei
\'eneziani anche dopo la sgradita pace da questi conclusa
col Turco, per tenerseli amici, nell'interesse d'una Lega
che avrebbe voluto riannodare contro i Turchi, e desi-
derasse di liberare i Turchi anche per liberare sé dalle
spese che gli costavano; è certo ch'egli osò opporsi alla
Spagna, ascoltò commosso le preghiere dei parenti de'
prigionieri, e per esaudirle pagò denari del proprio, pose
in oblio il rimborso delle spese fatte per mantenere i pri-
gionieri turchi a Roma, e compiacque i Veneziani, i quali
nei rapporti col papa facevano un po' troppo il loro in-
teresse commerciale e politico. Deve dirsi che sostanzial-
mente, per quanto riguarda questo negozio, a Costanti-
nopoli, a Venezia, a Parigi e a Madrid si faceva della
politica più o meno egoistica, e talvolta puntigliosa, a
Roma invece ascoltavasi la voce del cuore e della carità
cristiana. M. Rosi.
l.a libura-ioìie dei Turchi pi-esi a Lcpauio 29
DOCUMENTI
I.
Lettera di Marcantonio Barbaro ai capi del Consiglio
dei Dieci. Pera, 7 maggio 1573.
[Venezia, R. ardi, dei Frari, Capi del Consiglio dd Diea,
Lettere di ambasciatori a Costantinopoli, busta 4.]
Illustrissimi Signori,
Nella audientia che io hebbi col magnifico Bassa, sicome scrivo
al ecc.^^° Senato, quando parlai per la liberatione delli schiavi che
sono in tore presi in Famagosta, so magnificentia si acostò tanto a
me che mi pose quasi la bocca all'orechia, come se io intendessi la
lingua turca, poi facendo anco acostare Orembei disse: Q.uesti schiavi
che tu adimandi sapi certo che li haverai, ma bisogna che babbi un
poco di pacientia fino a tanto che venghi 1' armata, perchè alhora fa-
cendone art al signor per ordine della Signoria io farò officio tale,
che li haverai ; intrando qui soa magnificentia secondo il solito suo
a dir male di Mustafa Bassa, sicome per altre mie so di aver scritto
a V. S.'^ sopra il che mi persuado che la ne haveva hauta conside-
ratione, et me bavera anco dato quel' ordine, che al suo prudentis-
simo giuditio sarei parso. Et per maggior informatione soa le dirò,
che sapendo io che qui vi possono esser più di 600 schiavi di quelli
soldati di Famagosta, et che la maggior parte sono dello signor et
dello mag.'^° Bassa, dovendone egli haver da più di cento, e trat-
tandosi di tanto suo interesse per la molta stima che fano qui de
schiavi, io non ho mai fatto specifica mentione di tanto numero per
non agregar maggior dificohà per l' interesse loro, ma con la ragione
comune del torto fatto a quelli di Famagosta ho fatto instantia di
quelli che sono in tore al mimerò di 40 tra capitani et officiali di compa-
gnia. Ma per ritornar all' intentione del Bassa, che di sopra dicevo, si
scopre chiaramente, che egli cerca con quella occasione di smacar.
30 c^/. 'Ti usi
e di haver modo di offender Mustafa Bassa, perche dalle sue parole,
et dalli moti del corpo ciò si scopriva chiaramente, sforciandosi soa
magnificentia di persuadermi che si do%'esse far Vari gagliardo, et
dolersi vivamente di esso Mustafa, ampliandolo con dire ch'egli ha-
vea usurpato et nascosto molto tesoro di Cipro ; alle qua) cose io
risposi che poteva bastar a fare questo officio con il serenissimo si-
gnor r autorità di so magnificentia per farmi haver questi poveri,
i quali sono tenuti con carico di coscientia et contra 1' honor della
promessa di so magnificentia. 11 Bassa tuttavia rinforzava la soa in-
stantia, a tal che sempre più chiaramente si scopriva 1' affetto de
l'animo suo; ondechè conoscendo io di non poter far frutto alcuno,
lassai cosi cadere questo proposito non mi obligando a cosa alcuna,
si per poter di novo secondo l'occasione rinforzar gli officii, come
anco per lasciar la Serenità Vostra in libertà di far quello che meglio
le parerà. Et per maggior soa informatlone non le tacerò che tanto
è r odio tra questi doi Bassa, che è dificil cosa da creder come non
ne venghi la rovina di uno di loro: è vero che Mustafa Bassa ha per
inanti hauti molti favori dal signor, ma si conosce anco che è assai
grande l' autorità del mag.'^° Mehemet, con tutto che egli la usi
molto temperatamente, et per il vero questa pace perchè è seguita
con universal satisfattione de Turchi ha posto esso mag.'^° Mv^hemet
in grandissima riputatione, il che forse lo invitterà ad usar nell'ave-
nire più vivamente la soa autorità, la qual per molti rispetti, come
ho ditto, ha fin hora usata assai temperatamente, et Mustafa Bassa
è sempre stato alla scoperta contrario alle cose di Vostra Serenità, o
sia per propria soa natura, o pur per opponersi al mag.*^" Mehemet
Bassa, et all'incontro esso niag.'^" Mehemet si è del continuo mo-
strato favorevole, et nelli negotii parmi che sia proceduto meco con
termini tali che non può quel serenissimo Dominio se non tenir
grata memoria di lui, il che ho voluto dirle per informatione soa.
Rabi Salamon ha fatto meco con molta passione uno grave risenti-
mento et con libera affettione mi disse: Io ho sempre pensato che
nelle cose importanti quelli ili.""' Signori procedessero con molta se-
cretezza, ma in effetto non ritrovo che così sia, soggiungendo saper
che monsignor d'Ax mi ha mostrato una litera da Venetia, nella
qual, oltra che vi sono scritte le conditioni della pace, vi è anco uno
particolare di più, che mi è dispiaciuto assai, perchè el potrebbe
far malissimo effetto de qua per le emulationi di questi Bassa, et è
che in quella litera vien scritto che quelli Signori sono obligati dare
al mag." Bassa 30 mila ducati, dicendomi : Tu sai quanto mons. d'Ax
è in disgratia di esso Bassa et come egli procede senza rispetto al-
cuno, a tal che ogni giorno el si (:\. più odioso, massime perchè ha
La liberazione dei Tiucìii presi a Lepanto 31
preso per pnrtito valersi di Mustafa I^assà, per il che si può facil-
mente creder che esso monsignor non si contcniva di ragionar tal
cosa, et farla saper a detto Mustafa, il che venendo alle orechie del
mag.'^" Mehemet, el si potrà doler assai. Io cercai con molte ragioni
di acquietar il dottor, dicendo che questa non può esser venuta dalla
Serenità Vostra ma per altra via, perciochè cose tali sono tenute se-
cretissime nell'ill'"° Consiglio de X, ne che mai si sano, né meno
si dicono al Senato, ancorché io fra me stesso pensando non mi ho
potuto assicurar se talvolta comunicando le S. V. 111.'"* le litere mie
ad esso ecc."'" Senato fasse anco stato lasciato liberamente publicar
quella parte del donativo del Bassa, et che a questo modo ciò si
fusse poi divulgato, il che in vero mi dispiacerebbe infinitamente per
il disordine che ne potrebbe succeder a pregiuditio delle cose di Vo-
stra Serenità. Per me, S/' IH.'"', sarebbe stato carissimo haver hauto
con la venuta di mio figliolo qualche ordine di usar a Firidum Aga
quella gratitudine che le fusse parso conveniente, perchè certo costui
è sopra l'ordinaria natura de Turchi avidissimo al danaro, et ha
presa tanta autorità appresso al Bassa in questo suo carico di gran
cancelliere, che scopertamente egli contradice alla volontà di soa
magnificentia, cosa che niuno altro ardisce di fare nepur un minimo
ceno, et sia sicura la Serenità Vostra che nel formar li capitoli con-
vene al Bassa farli viiania et scaciarlo da se con parole ingiuriose,
perchè havea scritto con modi tanto alteri che non Io potendo io
soportare, ne feci risentimento tale, che il Bassa per la soa bona di-
spositione gli fece una grave riprensione, et con tutto che esso Fi-
ridun sia più volte stato querelato stranamente al signor per le sue
mangiarle, et che egli s'a caduto in disgratia tale di soa magnifi-
centia che più di una fiata ha date strane commissioni di lui, pur
il Bassa lo ha sostentato con dire che per la sufficientia del carico
che egli tiene vi è gran bisogno della persona soa. Per il che dico
che mi sarebbe stato carissimo haver hauto hora quest"" ordine, per
ciò che havendosi a far al presente la expeditione di tanti compo-
nimenti importa assai a farlo favorevole, et per intertenirlo grata-
mente mandai mio figliolo a visitarlo et a farli parole gratissime
con darli ferma intentione che dalla Serenità Vostra sarà ben co-
nosciuta r amorevolezza soa, essortandolo a diportarsi cortesemente,
si come infine si è offerto di fare; et quando nell' espedire li compo-
nimenti delle cose, che io ho proposto al mag.*^" Bassa, conoscessi
ricercar così il beneficio publico prima che venisse altro ordine di
lei, io con buona intentione mi prenderò sicurtà di usare quella di-
mostratione verso di lui che giudicassi a proposito, persuadendomi
che così possi esser di sua satisfatione, pur volentieri mi anderò in-
32 ^I. 'llosi
tertenendo per aspettare con mio maggior contento ordine da Vo-
stra Serenità. Di V. S. ecc.™»
Di Pera a 7 di maggio 1575.
humil servitor Marco Antonio Barbaro
bailo.
IL
Lettera che alcuni ufficiali veneziani caduti prigionieri
dei Turchi a Famagosta e condotti a Costantinopoli scris-
sero al bailo il 28 ottobre 1571.
[R. bibl. Marciana, Registro di lellere ài M. Antonio Bai baro
bailo in Costantinopoli, ci. Vt[, cod. 590.]
Cl."° S/ nostro et patron nostro osservand."
Dio sa con quanto nostro dolore et passione di core si siam
posti a scriver questa per andar rinnovando tanti travagli, faticlie
et vigilie, et poi remunerati d'ingiurie et villanie usatene da inimici,
pure sforzatone al piij che habbiam possuto, si è rissolto a scriverli,
prima per far riverenza a V. S. 111.""" come nostro patrone et pro-
tettore, apresso poi per darle raguaglio al meglio che habbiam pos-
suto della sventurata resa di Famagosta, a tal che sapendo lei noi
esser stati i primi gionti in questo loco, ne incolpasse di negligenti
et poco amorevoli al nostro Ser.""" Principe et 111."'* Signoria.
Et prima l'ha da sapere che prima che ne cominciassero a battere
la città, r essercito turchesco n' intorniò con 9 bastioni dalla parte
di Limissò fino al scoglio ; nelli quali vi erano fra tutti 74 pezzi,
cioè basilischi, canoni et colubrine. Et il batter loro è stato con
tanta vehementia et furore, che non è stato nissun di che fra notte
et giorno non habbiano tirrato al continuo 2000 tirri. Alla parte di
Limissò era battuto con 52 pezzi da quattro bastioni; la mezzaluna
che viene apresso della qual ne havea cura la buona memoria del-
l' ili.*""* nostro s.*" Ettore Baglione, era battuta da uno bastione con
8 pezzi. Battevano anco con altri tanti pezzi in un altro bastione la
mezzaluna che veniva apresso, che ne havea cura la felice memoria
del d.""" di Famagosta. Battevano anco 1' altra mezzaluna che viene
apresso, che ne havea cura il ci."''* bona memoria di Baffo. Da un
altro bastione battevano anco la cortina clie viene apresso alla so-
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto ^^
pradetta mezzaluna con alcuni pezzi ch'erano posti a piano Ira
gabbioni. Ne battevano con tanto furore che quasi sino al fondo ne
batterno più della metà della cortina, del qual loco ne havea cura
il cavalier dalle Aste, il capitano Antonio del revellino, et io Matteo
da Capua. Battevano anco la mezzaluna dell' arsenale dal scoglio et
da un altro bastione con 12 pezzi, del qual loco havea cura la buona
memoria del maestro di campo, che era il capitan David dalla
Noce da Crema. Et la batteria incominciò dalli 19 di maggio al fare
dell' alba con tanto fracasso, ruina et mortalità di noi altri, che non si
ricorda da coloro che son più vecchi di noi, d' haver vista tal cosa
in altre città assediate. Con tutto ciò noi cominciannno a farli con-
trabatteria da tutti i luoghi. Né anco loro potevano apena comparir né
bombarderò, né altra persona, che subito non fusse tolto di mira da
nostri pezzi. Et credo certo che del tirrare pareggiavimo a loro, et
quando Dio ne avesse concesso che quel loco fusse stato munitionato
di polvere sicome ogn" un credeva et che anco il loco richiedeva,
i nemici haveriano perso di ta! modo la scrima che non harian
saputo che farsi. Però essendosi noi accorti che havendo tirrati
1500 tirri fra notte et di in 8 giorni havevimo consumati 4000 barilli
di polvere, s'incominciò andar un poco più posato, essendosi fatto il
calcolo della polvere et quel che poteva bastare. Della qual cosa avi-
stosi i nemici incominciorno avvicinarsi, et con più furor a bat-
terne, che in termine di un mese et dieci giorni spianarono li sopra-
nominati lochi quanto potevano scoprirne, et la ruina di dette mu-
raglie ad essi haver fatto si facile salita et dar 1' assalto, che li carri
et per dir meglio li cavalli con le some potevano montar su, ma le
nostre retirrate fatte in tutti li sopradetti lochi davano a loro tanto
terrore, che mai li bastò 1' animo de montarvi; et certo molte volte
ne sforzavimo uscire fuori per tuor via la ruina, che ne veniva fatta,
ma con nostro grandissimo danno ne bisognava ritirrare per essersi
tanto avvicinati alla fossa, che in brevi giorni vennero al muro di
detta fossa, et sbusorno in più loco il muro di detta fossa fino al
fondo, buttando sempre il terreno che de li cavavano dentro la fossa.
Di tal sorte che il ruinazzo della muraglia et il terreno che butta-
vano, haveano fatto una altura in detta fossa, che non poteva nes-
suno comparir di dentro, chg subito di frezza o d' archibusata non
fusse ferito. Niente de meno mai in quatro assalti che in questo
termine diedero fu visto virtù d'animo nelli nemici, ma come galline
destese in giù venivano quelli loro stendardi, con tutto che da noi
fussero chiamati che venissero inanti. Però come si avidero non po-
terne far altro pervia del batter, si posero a far mine nelli medesimi
sopradetti lochi, et la prima la fecero alla mezzaluna dell'arsenale et
Archivio della R. Società romana di storia yatria. \o\. \\{\ . 3
34 ^^- 'Tiosi
havendovi dato fuoco, buttorno tutta la tVomc a terra, né per questo
fu visto nissuno accostarsi; la seconda fu quella del cl."^° di Fama-
gosta, la qual per esser contraminata da noi, fé' poco effetto. Minorno
anco la mezzaluna del ci.™" di Baffo, che essendo ritrovata da noi,
li fu tolta la polvere che haveano posta, et mortovi dieci Turchi; la
terza mina che derno fuoco fu quella del revellino, cosa che at-
terrì molto r animo de Greci per esser spianato sino al fondo. Pur
noi havevimo una mina nel medesimo loco, la qual era in posto per
darli fuoco il medesimo giorno quando che la ruina non havcsse
impedita la scmentella per darli fuoco ; pur con gran nostra fatica
fu trovata, et datovi fuoco fé' poco effetto. La causa fu per esservi
stata poca polvere. Ma con tutto ciò diede gran terrore alli nemici,
dubitando che non fossero delle altre; pur essendo fuggiti di dentro
alcuni Greci, li assicurorno che non vi era altro, talché si risolse di
provare di poterlo acquistare, et al far della diana ne diedero un
assalto generale da tutte le bande, ma più dal revellino, il quale
essendovi pochi Italiani per esserne assai morti et pur assai Greci in-
cominciorno a retirrarsi dando animo alli nemici. Né essi havendo
perso tempo montorno sopra con loro bandiere, et ributtati i nostri
s' impadronirno con gran nostra mortalità. Della qual cosa vistosi
il s'' Alvise Martinengo che di quel loco havea cargo diede fuoco
alla mina che era fra la porta et revellino, non curando ch'erano
di nostri da 150 rimasti fuori, i quali restorno tutti parte morti et
altri feriti; et dubitando che non intrassero dentro per la porta la
fece serrare. De la qual perdita tutti li Greci et anco Italiani si tur-
barono assai essendosi perso quel loco per poca cura de chi '1 go-
vernava. Stando noi in questo modo serrati cercavimo defendersi al
meglio che si poteva; li nemici accostatisi alla porta ferno tre mine
in detta porta, una per fianco et l'altra ad una batteria del cavai-
liere di detta porta, et lavoravano fortemente. Non contenti di questo,
ferno un' altra mina alla medesima mina che haveano fatto all'arse-
nale, et un' altra alla cortina dell' arsenale dove era la batteria et
tutte queste cinque mine noi sapevimo che vi erano; però posero
anche dui pezzi sul revellino che havevano guadagnato et tirravano
alia nostra porta: la qual noi havevimo murata et piena di terra et
gottone; et oltra al terrar de due pezzi posero fuoco con legne et
altre misture a detta porta, durando tre giorni di continuo un fuoco
tanto grande che abrusciava tutta la fabrica. Per la qual cosa li Greci
si lassaro intender in publico et in secrctto, et in alcuni ridotti che
loro facevano, che era bene arendersi et che loro non volevano
veder le loro mogli, figli e fratelli et sorelle in man de Turchi
malmenate, ma che se si fussimo arresi se saria stato osservato
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto ^)
*.]uanto ne veniva promesso dal Bassa. Et se ciò non volcvimo fare
non erano per combatter più, perchè dicevano che noi havevimo
ragione essendo persone che li non havevimo nessuno de nostri, ma
la nostra vita sola; la qual cosa diede molto da pensare alli animi
nostri et più alli signori che havevano a governare. Et come volse
la nostra disgratia in questo mezzo scampò dalla città un soldato
fiorentino, il qual diede raguaglio minutamente alli inimici della
•solevatione de Greci et della polvere che ne era mancata, si clie
cominciorno un' altra volta a dimandar parlamento, essendo che
prima da noi non li fu dato orecchio, anzi con 1' artigliarla et ar-
chibusate scacciati senza nlun rasonamento. Et così si stete tre giorni,
-et alli 23 di luglio fu a tutte le cinque mine di sopra dette dato
fuoco, et gettata tutta la porta giù con grandissime ruine. Con tutto
-questo facessimo delle altre reterrate al meglio che potevimo centra
il volere delli terrazzani, non g'à del popolo, ma della nobiltà, la
•qual gettata ogni vergogna, a viso aperto andorno dal cl."'° della
i;erra e dallo ill."^° sig. Ettor, et dissero che non erano per più re-
sistere, vedendo che non era più ordine a casi loro, prima per esser
tutti i luoghi aperti da batterie, poi per esserne morti tanti Italiani
et Greci: l'altro per non vi esser più polvere per ditìendersi, et poi
quello che più importava, dicevano, che essendo tanto fìdelissimi si ve-
devano abbandonati dalla 111.™^ Signoria che in tanto tempo non havea
[mandato] altro che un poco di soccorso, senza mai avisar cosaniuna
ne haver nova alcuna; sì che per le sopradette cose dicevano voler
concorrere una medesima fortuna con Rodiotti, et che pensassero
bene sopra tal cosa. Per le qual parole fra il ci.™" Famagosta, il
c]."'° di Baffo et lo ill."'° sig. Ettor fu concluso che se non si fus-
simo arresi haveriano havuti dui nemici, 1' uno alle spalle et l'altro
dinanzi, contro la volontà certo di tutti gli Italiani che se ben non
vi era altro che sei barilli di polvere et a terra ogni cosa, si era atti
con le armi da fuoco, et sassi che terravano le donne, deffendendosi
sino a settembre, che de li poi Dio haveria provisto; ma l'animo
de terrazzani buttò a terra ogni disegno, sicché fu concluso fra essi
signori che se fussero venuti per far più parlainento, che si fusse
cercato attaccarsi a qualche partito honorato, et che de dui mali si
fusse eletto il minore. Tal che non passorno dui giorni che venne
un cameriero d'un Bassa di Nicosia per parlamento et pian piano si
accostò, dubitando che non si fusse fatto come per il passato. Fu
alzata la bandiera da noi et interrogato che domandava, disse che
noi già vedevimo apertamente in che modo se ritrovava la città,
però die pensassimo bene a casi nostri, perchè se si fusse entrato
per forza non si haveria havuto rispetto a niuna sorta di persona;
^6 <^1. \l^osi
et che se noi si havessimo voluto arrender al (ìran Signore ne lia-
veria concesso tutto quello che havessimo saputo addimandare. Nò
liavessimo havuto risguardo che noi eranio de diversa fede perchè
era chiaro per tutto el mondo che di quanto è stato promesso dalli
Gran Signori è stato osservato con inviolabil fede, tanto più che
loro si offerivano che si fussero dati ostaggi da una parte et dal-
l'altra; et che quando noi altramente havessimo fatto, li haveria di-
spiaciuto come cristiano che è, benché per forza si sia fatto turco.
Così li fu risposto che quando si fusse stati certi che la fede fusse
per mantenersi, che si sariamo arresi al Gran Signore sopra la parola
del quale si sono arrese tante città et regni, ma sopratutto volevimo
ostaggi. La qual cosa subito referita a Mustaffa Bassa dal sopradetto,
subito ne mandò un foglio di carta bianca, attaccatovi sotto il bollo
del Gran Signore dove vi era scolpita la sua testa d' oro fino, et che
noi havessimo scritto su quello tutto il nostro volere, et che a con
firmatione de capitoli lui haveria mandati dentro per ostaggi l'aga de
giannizzeri et il suo chiecagià, et che noi havessimo mandato dui
di nostri. Et cosi la mattina mandamo fuori il conte Hercole Marti-
nengo et un altro cittadino famagostano Mattio di Colti, et di loro
vennero dentro li sopradetti aga et chiecagià accompagnati da una
bellissima cavalleria et molti pedoni, pur andorno a dismontar in
casa dell' ili.""" sig. Ettor Baglione, dove continuamente fattali bo-
nissima cera et donatoli di molti doni, incominciorno de passar li
capitoli : Che essi ne davano il passaggio salvo et sicuro sino a Settia
con caramussali a bastanza, salve le nostre arme, tamburi, insegne
et cinque pezzi d'artigliarla; salve tutte le famiglie et le nostre fa-
cultà.* Et di più havendo concesso al cl."'° di Baffo .xii. sachi
di gottone che erano suoi che li potesse levar via. Tra questo s'in-
cominciò ad imbarcar la detta artigliaria con il gottone, stando però
le banderuole di tregua intorno la muraglia. Noi tutti Italiani e Al-
banesi, et alcuni pochi Greci s' imbarcammo nelli caramussali che
ne haveano mandato dentro il porto. Vi erano venute ancorade 7 ga-
lee non dismontando però ninno di loro; il cl."'° capitano di Fa-
magosta et quello di Baffo con lo ili."'" signor Ettor et lo ill.'''^ sig.
conte Alvise Martinengo con 200 archibusieri restarono dentro per
consignar le chiave della fortezza et munitione al Bassa et farli ri-
verentia. Et così la sera alle 21 hora si partirono fuori della città
per la porta del Diamante, et andarono al campo; laonde li venne
incontro una buona flotta di giannizzeri et spai. Giorni al padiglione
del Bassa, dismontarno et intrato dentro prima il CI.'"" fé riverenza
al detto Bassa ; et ragionando con esso lui non più di dieci parole,
senza altro dire alzò la mano, et gli diede un schiaffo : et havendoli
La libera\ione dei Turchi presi a Lepanto 37
fatto dar di mano comandò ad un suo buffone die gli tagliasse tutte
due le orecchie; et gridò che fusse tagliata a pezzi tutta la compa-
gnia eh' era venuta con lui, et subito venero correndo verso la città,
et quanti Italiani trovavano che per sorte non erano imbarcati, tutti
tagliorno a pezzi, et alli Greci diedero un sacco leggiero, usando con
loro mogli et loro figliole in loro presentia; et la mattina venero
nelli castelli dove noi erimo, et prima ne tolsero le mogli a chi le
haveva, figli et fratelli, et li mandarno tutti entro uno serraglio, et
poi caporno chi pareva meglio per remo. Et come si hebbero piene
tutte le galere, ne mandorno nelle maone et nelle navi, havendone
prima spogliati nudi come ne partorì ncstre madri. Et stando noi
cosi .XI. giorni, alli 15 d'agosto un venerdì da mattina a bon hora
la galera del capitano di Rodi piena di tutte le nostre insegne alla
riserva partì dalli giardini et andò al porto, et fatto legare il Cl."^"
sopra una cariega di veludo cremisino, fatto prima cicogno dell'an-
tenna, lo fé tirrar su di là onde lo fé stare più di un hora, poi ve-
nuto il Bassa con una barchetta, facendolo calar et fattolo desmon-
tar dal molo lo fece ligar con le mani da dietro, et condotto dentro
la città, essendo battuto da diversi Turchi, lo menarono intorno le
mura, et per ogni batteria lo fecero portar cinque coffe di terra ;
poi lo menomo in piazza et ligatolo alla colonna della berlina, dui
incominciorno con dui coltelli a scorticarlo dalla schiena, et stete
vivo fino che gionsero al bellicolo, né mai da quel benedetto corpo
si fu sentito mai lamentarsi pur una parola, ma come martire di
Chrìsto sopportò il tutto. Questo fu l'infelice successo di noi altri
poveri Italiani, li quali (si come ho detto) essendo noi stati posti
in diversi vasselli siamo gionti costì da 400 Italiani : vi sono 6 ca-
pitani soli, li quali sono il capitano Lorenzo Fornarino da Bologna,
il capitano Angelo da Orbietto, il capitano Gian Battista Squar-
zone che hebbe la compagnia del capitano Francesco Bogone: vi è
il capitano Hercole da Perosa che hebbe la compagnia del capitano
David Nose, il capitano Tomaso Flessa, et cinque son io capitano
Mattio da Capua ; il resto de capitani et altri soldati erano nelle
altre maone et galee di Avapacmat, che per un poco di burasca in
Rodo si persero di vista da noi. Quello che vogliam ora pregare
V. S. III.'"'' si è che ne habbia per raccomandati, né si voglia scordar
di noi altri servitori, come nostro patrone che ci è, suplicandola che
se possibil fusse far intender al Gran Signore il torto che ne è stato
usato, che essendosi noi arresi alla testa del Gran Signore, non già di
Mustaffà, che a lui non li hariamo mai creduto, ne dovesse usar tal
torto. Et che si doverla reccordar ciò che usò sultan Soliman a Rodi,
Strigonia et Napoli di Romania, né voglia per 1 500 uomini che fus-
38 cH/. 'I{osi
Simo macchiar il nome di un tanto Gran Signore. Ht quando altra-
mente gli paresse la voglia con suo lettere avisar lo ill.""^ Senato
che ne vogli haver per raccomandati, et procurar la nostra libertà
per via di cambio o di riscatto, sicome è il solito, et come ha fatto
quella Ecc.™' Republica, a tal che il mondo possa conoscere che
non si scorda de chi la serve. Et perchè V. S. III."" sappia, siamo
in mano di .Mehemet Bassi cinque capitani con 200 soldati italiani,
il resto al bagno del Gran S-gnore et altri lochi. Et acciò che V,
S. III."'' sappia la nostra necessità, siamo serrati nel bagno senza
praticar con ninno, et con doi pani al giorno, sicome ogni altro povero
schiavo. Et non habbiamo dove ricorrere se non a lei, perchè oltra
che ogn' uno di noi habbia rimesso nella camera di Famagosta quelhì
sostantia che si è possuto per la incommoda moneta di rame che
in quel regno correva, come appar per parte delle polizze di detta
camera, che sono apresso di noi. Et perchè quello con che si po-
tevamo soccorrer siamo stati svaliggiati et spogliati nudi, a tal che
non havemo di che potersi riparare, la supplichiamo che ne vogli
soccorrer per poter passare la m-sera vita sino che piacerà a Dio.
Et oltra che faremo buono tutto quello che sera servito soccorrerne
senza ninno interesse, in perpetuo saremo tenuti pregar el .S ■" Dio
per la salute et felice prosperità di V. S. IH."'' et vittoria di quella
benigna Republica. Dal bagno di Mehemet Bassa alli 28 d'ottobre 1571.
Di V. S. 111.™' affettionatissimi servitori, suplicandola fare la risposta.
Io capitano Mattio da Capua. Io capitano Camillo Squarzon vesen-
tino. Io capitano Hercole Andriani da Perugia. Io Simon Bagnese da
Firenze. Io capitano Tomaso Flessa capitano de Stradiotti.
III.
Lettera colla quale il vescovo di Vicenza prega mon-
signor Morone di raccomandare al papa la liberazione di
Gian Tommaso Costanzo prigioniero dei Turchi. Senza
data.
[Arcb. Vat. Mise. arra, ii, n. 152, e. liS.]
Il sig. Gio. Thomaso Costanzo figliuolo unico al padre l'anno 71
essendo giovane di diciasette anni fu spedito con caricco di colon-
nello di alquante insegne di infanteria, con parte de quali andando
al presidio di Corfii in bonaccia calma fu assalito da tutta l'armata
turchesca con la quale combattendo valorosamente per spatio d'un.i
La libcì\i\ione dei Turcìii presi a Lepanto 39
gioniata intiera, non potendo con una sola nave resister a tanta
forza restò prigione di Lucciali et fu mandato in capo al settimo
giorno a donar al Gran Signor in Costantinopoli, il quale havendolo
veduto comandò a Mehemet Bassa di sua propria bocca che lo fa-
cesse far turco, il che havendosi tentato con ogni arte posibile et
con offerte di grandissimi premi! non volse mai acconsentire, onde
minacciarono di tagliargli la testa, il che egli allegramente accettò
pur che morisse Christiane. Ma i Turclii convertirono il tagliargli la
testa in circonciderlo per forza ; onde egli finita la circoncisione,
buttò con admiratione dello stesso Bassa il turbante in terra per di-
sprezzo, et stracciò la casacca d'oro, della quale lo havevano vestito,
chiamando sempre il nome di Christo, et dicendo che sotto questa
santissima fede nella quale era nato intendeva voler morire, come
più chiaramente appar nella istessa letera autentica del figliuolo del
dar.'"» bailo di Costantinopoli la quale in Roma sarà mostrata per
il s.'' abbate Podocataro suo cugino. Egli è nella torre del mar mag-
giore, et è in grandissima stima, anzi incomparabile dagl' altri schiavi
tutti, cos'i per il grado eh' esso solo fra tutti quelli tiene di colonello,
come per esser nato di famiglia nobile et non meno per il valore
dimostrato in quella battaglia nella quale era principal nel comando,
et insieme per la costanza d'animo che ha dimostrato perseverante-
mente nella sua fede, il che deve farlo meritevole sopra ognuno
cosi appresso la S.* di N. S. et suo sacro colleggio, come appresso
tutti i principi di Christianità, poiché virtuosamente et col proprio
sangue se 1' ha acquistato, et già gl'altri schiavi gli cedono il primo
posto.
IV.
Istruzioni del Governo veneziano al suo ambasciatore
a Roma, 4 settembre i 574.
[R. Ardi, dei Frari, Libro primo da Rotita, Secreto del Consiglio dei Dieci
salto il ser.mo D. Alvise Mocenigo, e. 47. 1
Perché Rabi Salomon, nel licentiarsi da Noi, ne ha confermato
che quando siano dati li schiavi turcheschi, che sono in Roma, et
particolarmente quelli doi, sopra quali scrivete esservi stata fatta
qualche difficultà, a lui basta 1' animo di far liberar tutti quei poveri
Christiani che sono in torre a Costantinopoli cosi miseramente trat-
tati in loco del honorato servitio che hanno prestato alla republica
Christiana; havemo voluto col consiglio nostro di Dieci et Zonta coni-
40 €M. %os{
mettervi, che debbiate rinovar con Sua Santità li odici altre volte
fatti, perchè si risolvi in materia così pia, et che ha da esser tanto
grata al S.""" Dio, et di tanta satisfattione a tutti quelli che portano
il nome di Gesù Christo, che siano liberati li soldati di sua divina
Maestà i quali hanno pur col petto, per quanto è stato in loro, de-
fcso la Christianità. Lassamo star, che tra questi meschini ne siano la
maggior parte sudditi del Stato di S.'"* Chiesa. Et lassamo ancor passar
con silentio, che nelli schiavi turchi ne havemo pur noi ancora la no-
stra parte. Ma non dovemo già tacere questo, che se non si fa ogni
opera per liberar questi tanto benemeriti soldati, non si troverà nel-
r avvenir chi voglia più servir contra Turclii, vedendo che sia te-
nuto si poco conto di loro, che per non liberar alquanti pocchi Tur-
chi, se lassano morir molti Christian! in servitù; con queste et altre
ragioni, che la pietà Christiana vi sumministrerà, vi sforzarete persua-
der Sua S.'* a non tardar più questa fruttuosa et santa delibera-
zione. Non restando de dir quest' altra ragione, che si corre pericolo
che li suddetti schiavi vedendo di non poter in alcun tempo esser
liberat", perchè li schiavi del Signor non se liberano mai, se non
con permuta, per disperatione si potriano far turchi, il che apporte-
rebbe poi sommo dispiacer alla S.«à Sua.
V.
« Polizza degli Spagnoli et Italiani presi in servitio di
<i Sua M.*^ Cath." liberati et andati in ChristianitA col mezzo
« e con 1' aiuto del bailo della Ser.""" Signoria di Venezia
(( e dal bailo stesso inviata al doge il 26 maggio 1575 ».
[R. Arci), dei Frari, Senato, Seci eia. III, Lettere da Costantinopoli,
a. i>75, busta 8.]
Il sj don Garsia de Toledo capitano di fantaria et covezo delli
Spagnoli del verso di Napoli.
Christoforo Agiigar suo altiere.
Francesco suo creato.
Il sig. D. Alfonso de Fonseca cavaliero intertenuto de Sua
Altezza.
Alonzo de Toledo preso alle Gierbe.
Il sig. Andrea de Salazar maestro di campo della fantaria spa-
gnola de Tunisi.
L' alfier Mugnos suo intertenuto.
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 41
Giovanni Mendoza alfier di cavalli leggieri in Tunesi.
Sig. Martin da Cugne capitano della fantaria spagnola.
Capitano Gio. de Quinteuca capitano di fantaria spagnola.
Sig. Laurenzo de Negherà alfier de Moreno Maldonado.
Alonzo de Salamanga maggiordomo dell' hospitale della Goletta.
Francesco Casanza della compagnia de Arsiedo.
Gio. Arbisio creato del signor Pietro Portacarero.
Laurenzo Hernandes creato del sudetto.
Francesco Ortis creato del sudetto.
Diego de Oviedo sergente maggior delli Spagnoli del terzo de
Figaroa.
Petro de Monterosso aiutante del sudetto sergente.
Don Diego Brochel cavalier di Malta preso con le galee di
Malta,
Diego Ximenes preso alle Glerbe.
Francesco Reinera sbroggiato presso alle Gierbe.
Francesco Dias presso alle Gierbe.
Il sig. Giovanni de Marigliano capitano de fantaria italiano.
Gio. Stefano de Ferrari suo alfiere.
Antonio Bragnuos suo soldato.
Caserno da Milan suo soldato.
Gio. Antonio de Uzegna suo soldato,
Camillo Poppa de Milan suo soldato.
Bartolomeo Glesis de Biensa suo soldato.
lacometto de Bezoso suo soldato.
Antonio Colla suo soldato.
Giuseppe Cavallo suo soldato.
Capitano Antonio Tasso capitano de fantaria italiano.
Balarin da Milano suo soldato.
Capitano Cesare del Conte capitano de fantaria italiano.
Gio. della piazza de Treccilio suo soldato.
Capitano Hercule da Pisa capitano de fantaria italiano.
Bernardino de Palazzo suo soldato.
Flaminio del Verde da Perugia suo soldato.
Horatio da Nibale de Giorgi alfier del capitano Paulo Serbel-
lone morto.
Gio. Andrea Colombo de Gradisca suo soldato.
Cola calabrese suo soldato.
Battista Panar de Benivento suo soldato.
Gio. del Monte suo soldato.
Franzin Dalech luogotenente della compagnia del sig. Pagano
Doria.
42 ^1- 'J\}^si
Prospero Doria officiale di detta compagnia.
Giulio Cesare de Giorgi da Pavia gentiihonio del sig. Pagano.
Porro del Borgio Pelio in luogo del capitano Masino.
Gio. Domenico Aniena do Carina luogotenente del capitano
Aloisio Belviso.
Gio. Battista Artusio de Torriccta alfier del sudetto.
Capitano Ilario Trombino gentiluomo.
Francesco Ongaro gentiluomo.
Fieramonte Castiglione officiale de Bovi.
Cornelio Petriziolo officiale principale sopra la fabrica.
Vincenzo Cacenzo officiale sopra l' instrumenti de la fabrica.
lacomo Crospuso genovese soldato del capitano Hippolito Doria.
Matteo d'Antonio Calvo da Piacenza soldato del capitano .Vn-
nibal Beccaria.
Antonio Belette del Busachin da Trapano mulatier.
lacobo Surboli.
Michele da Trapano vecchio stato schiavo doi anni.
Francesco Marabotta de Trapano mercante alla Goletta.
Giacomimo Bolin de Navarra cavalier de Malta presso alla
giornata navale.
Filippo de Sermine di Sicilia stato schiavo anni 55 et tre anni
eh' era libero et non se n' era potuto andar.
Laurenzo Favo de Camerata de Sicilia stato schiavo anni 35,
fu preso sopra Agosta, et già tre anni ch'era libero et non se n'era
potuto andar.
Antonio Serranova trapanese presso alle Gierbe.
Il padre vicario della Goletta.
Fra Filippo portughese della Goletta che andò a predicare a
Scio.
Fra Gio. della Goletta dell'ordine di S.'° Agostino della Sicilia,
Fra Cicc." de Trapano della Goletta.
Fra lacobo di Messina della Goletta.
Fra Lodovico della Goletta dell' ordine di S. Francesco.
Fra Francesco Tuscomalo de Tunesi.
Fra Francesco de Pistoia capuccino del sig. Pagan Doria.
Catherina Ponsa de Leon mogliere del Marco de Sesna della
Goletta.
Antonia Diego moglie di Alonzo de Aiora della Goletta.
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 45
VI.
Lettera di Antonio Tiepolo bailo a Costantinopoli al
doge circa le modalità da seguirsi per il cambio dei pri-
gionieri a Ragusa. Pera, 4 febbraio 1575.
[R. Ardi, dei Frari, Capo del Consiglio dei Dieci, Le'.tere di aiiil'nscialori
a Coslaulinopoli, a. 1571-75, busta ^.j
... Non ho potuto ottenere quella condictione che io voleva nel
concambio, cioè che si obblighi il signor includere tutti quei schiavi,
che per la loro qualità appartenessero a lui, tutto che fussero in
mano a privati, perchè è paruto ancor al Bassa far tropo di con-
descendere a così fatto concambio, essendo detto da tutti che se egli
sapeva fare, col Serbellone solo haverebbe ottenuti li due Turchi
più principali; et certo che va tanto inanzi quest' opinione, che io ho
ragione di dubitare di qualche mutatione nel Bassa, et però bisogna,
che in nessun modo si manchi di diligentia nell' assicurarsi con
tutti i modi non volendo restar di dire, che se il papa et Spagna si
resolverà, che i schiavi turchi si conservino tuttavia in galea a Ra-
gusi per non fidarsi de' Ragusei, sia ottimamente fatto, che si vegga
chiaro questa essere sola opinione del papa, et de' ministri del re
di Spagna, et non già della Signoria di Venetia, la qual non ha
causa di diffidarsi della promessa di questo signor et del Bassa, che
cosi potrò io difendere questa diffidentia, quando pure se ne volesse
lamentar il Bassa (i). Io ho pensato per maggior sicurezza, et per
fuggir il contender col Bassa, di dire a V. S. III.™^ che non si dia
in alcun modo fede a quelle mie lettere, che io scrivessi a Ra-
gusi, se non hanno nel loro principio queste parole. Intanto io me
confido, acciò che io sia sicuro, che quei Turchi non restino liberi,
se questi di qua non siano prima a Ragusi dove si faccia il con-
cambio, ovvero siano già partiti di qua con qualche nave, et occor-
rendo che io scriva senza il contrasegno trovmo qualche causa ap-
parente di non esseguirla, non palesando il secreto del Bassa, et
tardino nondimeno in quel luogo fino che vadino nuove mie lettere.
(i) Il resto della lettera è fra parentesi con questa osservazione:
« Le parole fra li [ ] sono state levate acciocché non siano lette
« in Senato ».
44 ^' Tiosi
Tanto è il timore clic io ho dell' inganno di costoro, che ancora non
mi pare di essere assicurato compitamente.
In Pera, 4 febbraio 1574.
Antonio Tiepolo cavalier
bailo.
VII.
Lettera colla quale il commissario Bartolomeo Bruti
annunzia al doge la partenza da Roma dei prigionieri
turchi. Roma, dall'osteria della Prima Porta, 12 marzo 157J.
[R. Ardi, dei Frari, Senato, III, Secreta, Coslaiilinopoli, a. 1575, busta 8.]
Ser."'** Principe, ,
Essendo io partito da Roma oggi a i8 hore in compagnia delli
Turchi che erano preggioni in quel locco con ordine dell' ili.""' sig.
ambasciator sicome la Serenità Vostra appieno intenderà per le let-
tere di Sua Signoria 111.'"" per inviarmi la volta di Fermo di dove
non partirò senza altro ordine di Vostra Serenità, mando alla Sere-
nità Vostra la litera delli Turchi l'atta al mag."° Mehcmet Bassa con
la sua traducione, per la qual fanno fede che sono stati liberati, et
anco suplicano Sua Maestà che quanto prima faccia inviar gli schiavi
di Costantinopoli. Non occorrendomi altro alla Serenità Vostra humi-
lissimamente mi raccomando pregandoli da Nostro Signore longa
vitta et agumento di statto.
Dall' ostaria della Prima Porta gli .xii. marzo 1575.
Di Vostra Serenità
Devotiss." vassallo et servitor
Bartolomeo Bruti.
Vili.
Traduzione della lettera scritta dai prigionieri turchi al
Bassa dall' osteria della Prima Porta presso Roma per in-
formarlo della loro partenza da questa città, 12 marzo 1575.
LR. Arch. dei Frari, Senato, HI, Secreta, Costantinopoli, a. 1575, busta 8.]
Alla polvere delli piedi di V. Ecc. quel che supplicano li suoi
schiavi è questo: che alli 25 della luna passata dalla eccelsa Porta
è venuta da parte del bailo Bartolomeo Bruti aricordandoci per mezo
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 4;
di Sun Ecc.'' della gratia fataci dai Gran Signor di riscattare per
coniniutazione del General de Tunesi clie è pregione là, et insieme
con quelli clie erano prigioni nella torre nuova del Mar Nero, noi 3 5
che eravamo qui pregioni della lega. Eccellentia Sua, questa buona
nuova quasi à data la vita alli nostri corpi morti, per la perpetuità
della grandezza del nostro imperatore, et per la longa vita et sanità
di Vostra Eccellenza al tribunal della Divina Maestà stanno sempre
pregandola et rengratiandola.
Quel huomo del balio mandato a questo negotio secondo l'or-
dine di V. Ecc. à fatto che noi 55 nel principio di questa luna siamo
partiti da Roma et giunti a un luogo clie si chiama Prima Porta,
di là ad Ancona, et di Ancona piacendo a Dio dicono che anda-
remmo a Aragugia; però pregamo S.Ecc. che secondo la sua pro-
messa mandi quelli pregioni verso Aragugia, acciocché quanto prima
possiamo gitarsi alla polvere delli piedi di V. Ecc. I nomi dei nostri
sono scritti in una altra carta, delli quali nessuno manca.
Umiliss."^' schiavi
Mahamet figliolo di Sali.
Hacmet figliolo di Gucrem,
Ali Misculman.
IX.
Art (domanda) presentato al sultano dal bailo e dai
trentanove prigionieri cristiani della torre di Castelnuovo per
la liberazione di questi. Costantinopoli, 29 maggio 1575.
[R. Ardi, dei Frari, Senato, III, Secreta, Lellere da Costantinopoli, a. 1575, busta 8.]]
Altissimo, Potentissimo, Invittissimo et Felicissimo Imperatore.
Atteso che li schiavi musulmani della Lega, che erano in Roma,
quali si deono cambiare con li schiavi christiani, che sono nella
torre del Mar Negro, secondo il patto fatto son già incaminati verso
Ragusi, io Antonio Tiepolo cavalier balio alla Vostra Eccelsa Porta
della Ser."^' Signoria di Venetia vostra buona et perfetta amica prego
la Imperiai Maestà Vostra voglia ella anchora inviare questi Chri-
stiani verso Ragusi, contentandomi io che vadino in compagnia di
suo chiaus, acciochè esso cambio, che è cosa tanto pia, segui
quanto prima. Per li quali schiavi christiani io balio sopradetto
resto piezo che non fuggiranno. Et perchè li schiavi musulmani
della Lega sono 53 et li Christiani della torre 39, io balio sopra-
4^ c^/. %osi
detto mi obligo a supplir a dotto numero in Ragusi de altri tanti
Musulmani tanto che il numero de schiavi d' una parte et 1' altra
sia uguale.
Li schiavi musulmani della Lega sopradetti sono gì' infrascritti
Mchemet Bey figliuolo di Sali Bascià. Hacmat Bey. Musulman Ali.
Il resto delli nomi di detti schiavi fino al numero di trentatre
sono descritti alla lista, che è in m:ino del sig. Mehemet Bascià,
primo Visir, sottoscritta di mano dclli tre sopra detti et sigilata col
sigillo di Mehemet Bei sopradetto.
Li schiavi christiani della detta torre sono gì' infrascritti:
Gabrio de' Cerbelloni. Lodovico Birago. Manoli Mormoni.
Tomaso Constanzo. Giorgio Chelnii. Alvise Pisani. Antonio
d'Ascoli. Ercole Malatesta. Paolo Del Guasto. Murgante Man-
dola. Bastiano di Pastrale d'.\scoli. Tiberio Ceruto Mantovano.
Carlo Naldi Padovano. Pietro .'\ntonio Margarucci. Giorgio Tosclii
.\lbanese. Giovanni di Capo d' Istria. Cintio da Terni. Mario
Rigo da Fabriano. Gian Antonio Piacenso da Crema. Ulisse dal
Sol da Crema. Federigo Durante da Santo Agnolo. Giovanni Maria
Rossano. Giovanni Battiste dal Aquila. Giovanni Maria Carnati
Veronese. Angelo da Lago da Treviso. Horatio Federini. Meo
Cassini da Viterbo. Anibal Solza da Bergamo. Rinaldo da Fer-
rara. Giacomo de Grassi da Modena. Pietro Bertolacci. Galgano
(ialgani. Paolo Cuci. Tarolfo .Monte Marte. Angelo Gato. Paolo
Mei. Beraldo di Ugon. Lorenzo Seregna. Giacomo da Capo
d' Istria.
X.
Lettera del sultano ai signori Ragusei per il cambio
dei prigionieri, mandata tradotta dal bailo al doge il
4 giugno 1575.
l^R. Ardi, dei Frari, Senato, III, Secreta, Lettere da Costantinopoli, a. 1575, busta 8.]
Alli Sig.'"' Ragusei
Dopo che haverete ricevuto questo imperatorio eccelso segno
vi sia noto, come innanti d' adesso havendo mandato Mehemet Bei
che mentre era sanzacco di Negropontc fu fatto schiavo da Cliri-
stiani et il sig. sanzacco di Cavachisar Harcmatbei, et altri alla mia
Ecc.* Porta la lista di trentatre schiavi, che erano in Roma della
Lcgha di Spagna et Venetiani, et havendoci pregato per la lor libe-
La liberazione dei Turchi presi a Lepanto 47
raiione : et ancliora liavendoci fatto intendere il balio Je Venetiani
di cambiar li sopradetti con li schiavi christiani che sono nello ca-
stello dello Stretto ; et siando che inanti de adesso, quando fu fatto
art di questo negotio alla mia Felice Porta, il mio alto comanda-
mento fu in questo modo: che con li 50 schiavi musulmani sopra-
detti si scambiassero li schiavi che erano prigioni nel Castel novo.
Et da poi che questi saranno mandati di qua, et che quelli saranno
giunti, quelli che sono mandati di qua, siano consegnati. H doppo il
nostro alto comandamento fu: che per quelli che moriranno in questo
mezzo il patto non sia guasto, e non sia causa né lite. Cosi siando,
secondo il nostro eccelso comandamento, 39 schiavi, che erano pri-
gione in detto castello, si sono mandati con l'onorato fra i suoi si-
mili Mustafà uno delli ciasci della mia Eccelsa Porta, che sempre
sia in maggior grado. Comando doppo che sarà giunto da voi, che
s' anchora li schiavi mussulmani non saranno giunti, che salvando li
sopradetti in luogo a proposito, quando saranno venuti li schiavi
musulmani da quelle bande si domanderà se tutti li schiavi della
mandata lista, che erano in potere della Lega di Spagna et Venetia
si sono liberati, et inoltra di questi il figliolo di Caramachmuto, et
di più 5 altri schiavi musulmani che in tutto siano liberati 39 schiavi.
Et doppo che saran venuti in compagnia del sopradetto mio
chiausse, li manderete et li mandate da questa banda, a quelli con-
segnando li manderete {sic), et fino a tanto che li schiavi della man-
data lista, et inoltre il figliolo di Caramachmut con cinque altri
schiavi, che in tutto saranno 39 schiavi musulmani, quelli che di
qua si mandano non li lasserete andare. Cosi vi sia noto, allo ec-
celso segno crederete.
Dato in Costantinopoli 1' anno 983 in nelli ultimi della luna.
ITER I TA LI C U M
DI A. VON BUCHELL
Contiiuiaz. vedi voi. XXIII, p. 5
XVI. Olim, tempore Plinii, Roma .xxxiv. portas habuit, nunc
vero minor .xx. tantum habet, quarum nomina et authores vide apud
Solinum, Victorem et Neotericum, Onuphrium, Marlianum, Blon-
dum, Fabritium, Albertum Leandrum, Martinum Polonum.
Muros habet et turres ex cocto lapide, fossas aut aggeres nullos,
nisi forte in Leonina urbe. Turres nunc habet .ccclx. et tempore
Martini Poloni, qui dicit circuita esse 22 millia, praeter Transtybe-
rinara regionem et Leoninam ; vide etiam Itinerur. Beniainin. fol. 20 (i).
De antiquitatibus romanis scripsere: Benedictus Aegius, Andreas
Fulvius, Mapheus Vegius, M. Fabius Calvus, Pyrrhus Ligorius, la-
cobus Boisartus (2).
XVII. Amphiteatrorum quoque tum oculis meis occurrebant
pergratum spectaculum. Quis nam Titi molem non mirabitur, a tam
longo aevo, et post varias urbis vastationes exstantem, quam
Non tameii aniiorum series, non fiamma, nec ensis
abolere potuit? cuius formam et descriptionem vide amplam apud
Lipsium (3) Vocatur hodie CoUiseum, quia colossus, cum capite Ne-
ronis in vicinia, ut Dion autor est. Scribit quoque Tranquillus, Ve-
spasianum colossi refectorem magna mercede donasse. Graeci vocant
Sjj'aTpo-' y.uvT,-|£T'.x.òv, id est theatrum venatorium, ab eius usu. Vespa-
(1) Cf. Benjamin de TuJela's Reisen, ed. Asher, l8^o.
(2) Vedi Canina, Indie. ìopogr. di Roma aulica, Prefaz. p. 5 sg.
(3) lusTUS Lii'Sius, De amphithecilro in Grevio, Thesniir. IX, 1292, capp. xi-xv.
A.rchivio della R. Società ramava di stcria patria. Voi. XXIV. 4
50 0^4. 'Bucìiellius
sianus, Suetonio teste, fecit in urbe media ubi destinasse compercrat
Augustum, non perfecit, sed Titus filius, qui et dedicavit, ingentibus
edificis niuneribus, ut meniinere Xiphilinus et Suetonius.
De lioc niirabundus Martialis canit:
Barbara pvramiduni sileant miraciila Mempliis,
Assidims iactet nec Babilona labor &c.
Omnis Caesareo cedat labor ampliytcatro,
Unum prò cunctis fama loquatur opus.
Est liodie informi forma, cum practer Gotliorum aliorumque
Barbarorum iniurias, tempore Leonis X, m.igna pars sit demolita, ad
vicecancellariatum extruendum, et liic Sixtus V dicitur quoque hinc
voluisse sumere lapides ad structuram templi Vaticani, sed a Romanis,
antiquitatis suae monumenta conservari cupientibus, impeditus, abs-
tinuit (i).
Est et aliud amphvteatrum, quod Castrense vocant, sed non eius
magnitudinis aut pulchritudinis, qua prius, maiori ex parte ruinis
consumptum id conspicitur, intra portam Naeviam et Coelimontanam,
moenibus contiguuni, cui inaedìficatum templum Sanctae Crucis in
Hierusaleni, autor eius incertus quamvis Lipsius putet Tiberium, qui
castra non procul construxerat. Theatri tantum unius exstant rei-
liquìae, ubi hodie palatium clarissimae gentis Sabellae, ab Augusto
quondam in lionorem Marcelli, ut author Suetonius, conditum, ìuxta
quod crat porticus Octaviae. De huius dedicatione videndus Plinius,
qui et huic impositam pietatis aedem narrat, ac cum eo Suetonius,
restauratum per Vespasianum indicans. Est vero in monte Aventino,
plurimisque gradibus ascenditur, ad portam hoc legitur distichum:
Amphiteatra prius, mox propugnacula, rursus
Diruta restituit clara Sabella domus.
Statuas hic antiquas, undique collectas, quam plurimas vidi. Scul-
pturae autem usus Romae incoepit post Syracusas a Marcello captas.
Sunt hae ut sequitur: duodecim Caesarum marmorea, item deorum
simulachra ex marmore candidissimo: Bacclii, Apollinis, Mercuri!,
Martis, Herculis cum Caco pugnantis, Veneris, Cereris, Pomonae ;
hominum vero: Hadriani imperatoris, Cleopatrae morientis, statua
etiam piane faeminea. sed vestes elevans virilia ostendit, Hcrmaphroditi
arbitrantur; porphyret'ca virilis togata, cuius effigies et manus pe-
desque ex candido marmore restaurati, cum altera nonduni restau-
rata, manibus, pedibus, capite mutilata, et videbantur fuisse senatorum
(l) Cf. Lanciani, Notizie inejilt sulV anf. Flavio \n Rtiidiconli Accad. Lineò, voi. V,
fase. 1, 19 gennaio 1896.
Iter Itali e II in 5 i
romanoruni, pleiaeque nani Graecorum statuae nudae. Lapis porphy-
reticus, Clini sit durissiniiis, eiiis usus sculpendi vel piene vel penitus
interiit. Spectabantur et ibidem tumbae marmoreae, suis simulacris
ruditcr ornatae, quaedam etiam elegantiores. Harum statuarum plu-
rinias aeneis typis excusas vidi, quemadniodum et ipsum Marcelli
theatrum (i).
Prope hoc theatrum olim career Tullianum fuit, de quo Livius a
Tullio pars in publico carcere facta, vide Feslum in' Tulliano (2).
In Aventino fuit olim aedis lunonis reginae, in qua duo signa
Deae cupressea, de quibus quaedam Livius. Habeo et ego numisma
argenteum Faustinae ubi haec inscriptio: Il'NONI reginae (3).
Fuit et aedes Minervae Aventinae, Livii Andronici donariis Ce-
lebris, cuius et meminit Ovidius:
Coepit Aventina Palìas in arce coli.
Libertati aedem in Aventino T. Gracchi pater ex multatia pe-
cunia faciendam curavit, dedicavitque, in qua Gracchus simulachrum
festivitatis militum Beneventi post victoriam centra Poenos Brutios-
que intrantum depingi iussit.
Hodie adhuc in usu mos antiquus cuius olim meminit Martialis
commutandi vitra confracta prò sulphure, lib. I, epigr. 98 (4).
« Romam in montibus positam, et convallibus coenaculi subla-
« tam atque suspensam non optimis viis, angustissimis semitis », scribit
Cicero.
XX. Pontem lanuensem transivi, nunc Sixtum, ubi haec in
marmore inscriptio:
Xystus ]II1 Pont. Max. ad utilitatem populi Romani perogrinaeque muhitudinis ad
iubilaeum venturae, ponleni liuiic quem merito ruplum vocant, a fiindamentis
magna cura et impensa restituit; Xystumque suo de nomine appellali voluit.
Ab altero pontis latere hoc legebatur:
McccLxxv. Qui transis Xysti quarti bencfìtio Deum roga ut Pont. Opt. Max. diu
servet incolumem.
Caetera coeno obducta legere non potui (5).
(i) Sulla raccolta antiquaria del palazzo Savelli al teatro di Marcello cf. coJ.
Barb. XXX, 89, e. S3tB; Giovanni Colonna in cod. Vat. 7721, ce. 9-11B; cod. Berlin,
ce. 48, 319 b; Hondio, p. 21; Piranesi, Vasi, tav. 7 &c.
(z'i L' ipogeo del tempio della Pietà (?) nel foro olitorio, trasformato in prigione
nel periodo bizantino. Vedi Cancellieri, Nolì{ie del carcere Tulliano, cap. II; Gregoro-
viLS, Storia, ed. it. IV, 424.
(5) Cohen, Monn. imp. I, 507.
(4) Allusione agli Ebrei girovaghi, vulgo robivecchi.
(5) Queste iscrizioni isioriclie stanno ora abbandonate nel museo Municipale al
Celio, tutti gli sforzi fatti dal Comune perchè fossero nuovamente collocate nel luogo
loro essendo riusciti vani.
52 (Vi. "Biichellius
luxta hunc pontem pontifex Sixtus V insigne xenodochium prò
mendicis debilibus et invalidis fecit, ac .xv. coronarum millibus per-
petuo censii dotavit. Aedes vero tam sunt spatiosae ut bis mille lio-
mines commodc capiant (i).
XXI. In Aventino, nomen habente ab Aventino Latinorum rege
ibidem sepulto, tempia aliqua vidi antiqua, ruinisque proxima, ubi
et aedificium turris instar rotundum, quod Solis fuisse volunt. Aure-
lianus Soli templum fecit, ut testes Vopiscus et Eutropius, sed non
ausim de hoc affirmare. Sunt et hic antiquae aedes in christianum
usum translatae, S. Alexii olim Herculis victoris, non procul a porta
Trigemina, quam olim mulieres ingredi non poterant, quem morem
Romani etiamnum in plurimis observant. Vide Georgii Fabritii Ro-
iiiatii. Fuit et alia eiusdem aedis nunc S. Priscae, S. Sabinae olim
Dianae Auentinae, S. Mariae Aventinae olim Bonae Deae.
Non procul hinc oppidum ludaeorum; hos nam Pius V muro
et portis a reliqua urbe claùsit, eorum numerus milliarium supcrat;
vestes et supellectilem semitritas vendunt; immobilia nulla possident.
Habcnt suas nundinas in foro Agonali (2).
Hinc per forum ludeorum ad piscarium pervenimus, ubi ichtio-
polae plerique habitant, ubi templum D. Angeli in pescarla vulgo
olim Mercurio attributum, a Severo vel conditum vel instauratum,
ut habet vestibuli marmorei inscriptio. Est adhuc cum porticu satis
integrum. Tum per viam satis longam ad forum vel campum Florae,
in quo heretici comburuntur, et famuli conductores dominos quae-
runt, olim maior, nunc domibus hinc inde occupatur, et pars forum
ducale dicitur, la piace del duce, in quo duo vasa marmorea
colore serpentino, ex balneorum usu translata. Aedes hic habet am-
plissimas necdum tamen perfectas Alexander Farnesius cardinalis et
vicecancellarius, ex lapide tyburtino et marmore summae pulcritu-
dinis, et sumptubus immensis, sunt quadratae formae, ut typis excusae
habentur (5), magno antiquitatis thesauro refertae; ibi nam quicquid
antiquitatis Paulus III collegerat conservatur. Sunt in porticu inferiore
Hercules duo. ex Graecorum officina, eximiae artis, autore Glycone
Atheniensi, quod nomen davo insculptum legitur (4). SuntCommodi
marmorei duo nudi, unus puerum a se occisum manibus tenens,
alter pugiotieni. Et Dea florum. Reliquae statuae non omnibus patent,
inter quas historia sive fabula Dirces tauro alligatac, a fiiiis Antiopcs
(1) L'ospizio poi detto dei «Cento Preti». Vedi Huebner, Sixte-Quinl, II, 159.
(2) Vedi BiRLiNi.R, Gesch. der Juden in Rotti, li, 16.
(3) Prima stampa di Ant. Salamanca, riprodotta da Ant. Lafreri nel 1549, da Cario
Los! nel 1773 &c.
(4) Vedi la stampa di Ant. Lafreri del 1560 riprodotta da Paolo Oraziani nel 1602.
Iter Itali e imi J3
Zctho et Amphioiie, cuius in hacc verba meminit Plinius: « Zetiis
«et Amphion et Dirce et taurus viiiculuni; que ex eodem lapide a
« Rhodo advecta, opera Apollonii et Taurisci ». Fasti quoque Capi-
tolini ab Alexandre Farnesio e foro eruti, de quibus epigramma non
indoctum Flaminii vidi et hic bases marmorcas graecis latinis-
que epigrammatis titulisque notatas, ex quibus haec notavi (i):
Paci aeternae | Domus | Imp. Vespasiani ] Caesaris Aug. | Liberorumq. eiiis.
Victoriae | Imp. Caes. Vespasiani | Augusti | Sacrum [ Trib. sue. corp. luliani | C.
lulius Hermes mcnsor | Ris Hon. ineurat functus et nomine ; C. iulii Regilli
fil. de suo fecit j Cui pop. eius corporis immuniiatem i sex centuriarum de-
ci'evit.
Fortunae reduci | Domus Augustae I Sacrum ; Trib. sue. corp. foederat &c. (2).
Eodem in loco est archicancellariatus cum aede D. Laurentii
in Damaso, quae iani restauratur a Farnesio, ubi et forum omnis
generis fructuum refertum, ubi ad domum angularem haec legitur
de viis ampliatis inscriptio :
Alexander ^'I Pont. Max. post restitutam Hadriani molem lias vias latiores fecit.
Anno .MCcccLxxxxvii.
Hinc ad forum Agonale perveni amplum formamque circorum egregie
exprimit; habet duos fontes marmoreis ornamentis lympidissimos
et templum D. lacobi cum hospitali Hispanorum. Hi fontes restau-
rati anno iv. pontificatus Pii IV, anno vero Christi .mdlxiii. de-
ducta in Urbem aqua Salonica quam quidam Alsietinam alii Appiani
credunt, ut Ferrutii additiones ad Marlianum, lib. IV, 22 (3).
XXII. E Campo Florae ad pontem Aelium festinans, plateam
luliam (4) transiendo perlustravi, ubi ad pontem Xystum xenodochium
fieri curat Sixtus V, ubi pauperes omnis generis alantur, et certis
operibus exerceantur prò membrorum et valetudinis qualitate, nemini
nam mendicare licet. Est et collegium et templum Anglorum. Item
career Sabellianum, cuius meminit Boisartus hoc versu :
Et quotquot duri vinxit domus alta Savelli (5);
templum archiconfraternitatis Mortis, plurima etiam alia aedificia et
tempia; et non procul a ponte Triumphali, fundamcnta ingentis
(i) Sull'antiquario Farnesiano, vedi specialmente Fiorelli, -Docttw. /-fr ìa storia dei
musei &c. II, 377; III, 81, 1S8; Bull ardi. com. a. 1S99, p. 6 sg. &c.
(2) C. /. L. VI. nn. 200, 198, 196. Queste tre ed una quarta base (n. 197) furono
trovate l'anno 1549 presso 1' arco di Severo. L'edizione principe, non ricordata dal Corpus,
è quella di Ant. Lafreri nella tavola del Marforio del 1560.
(j) Vedi Giovanni Beltrami, Leonardo Bufaliui, Firenze, 1880, p 36 sgg.; L\N
CIANI, / Coniìnmentarii di Frontino, p 129.
(4) La strada Giulia.
(5) La via di Monserrato portava allora il nome di « via Curiae de Sabellis ».
54 C/^- ^ucìicllius
.ledificii, in quo ex lulio papa omncs notarios urbis Romac inclu-
Jere destinasse videtur, sed morte inipeditum opus. Huic vici-
num palatium a Cosmo Mediceo exaedificatum, ubi pictura Io. Me-
dices gesta militaria referens, addito lioc elogio:
Militiiie parcns, qui prò libertate et gloria Italiae adversus Gcrmanos, aiiimum
cftlavit (i>.
Tuni ad pontcm .\nglicum perveniens, locum vidi supplitiis dcsti-
natum, et ab utroque latere statuas marnioreas divorum Petri et Pauli
inscriptas hoc elogio:
Hinc liumilibus venia Clemens VII Pont. Max. anno .mdxxxiiii. F'ontif. .x. Divis
Petro et Paulo Urbis patronis.
Utrelligio loci conservaretur duobus sacellis vi bellica et fluminis dirutis sta-
tuas P. C. (2).
Inde per plateam, Banco vocant, ubi notarii et coUibistac seu
nunimularii habitaiit. Hic occurrit teinplum luliani et Gelsi, sequitur
Parione, ubi publicorum instrumentorum scriptorum et notarii plu-
rimi habitant. Hinc locus quem vocant Montcm lordani, a nobilissima
Ursinorum familia, quorum et ibi palatium ubi Paulus lordanus iani-
pridem mortuus Patavii, dicitur habitasse. Habet hic aedes suas car-
dinal loiosius Gallus, apud quem est Leoncucetius cardinal Gallus (5).
Hic olini fuit villa publica. Post haec phrygionum qui acu pingunt
officinae et tempia varia, inter quae: ApoUinii Germanorum, ubi et
habent suum coUegium, et templuni cum coenobio (4) Augustini,
ubi sepulcrutn Monicae, matris ut fertur divi Augustini, cum hoc
cpitaphio :
Hic .\ugustini Santam venerare parentem
Votaque ter tumulo quo iacet ilia sacro
Quae quondam gnato loti nunc Monyca mundo
Succurit precibus prestar opemque suis.
Ibidem nigro in marmore aureis literis est coenotaphium Onu-
phrii Panvinii, viri in otnni antiquitate doctissimi, cum effigie. In-
scriptio est in libris meis Epilaphionim.
Est et hic Guillielmi Durandi I. C. sepulcrum cum epitaphio (5).
(i) Il palazzo dei Medici nel rione di Ponte, gii appartenente ai De Rossi, fu preso
in affitto dal cardinale Innocenzo c'è! Monte del is6;.
(2) Vedi Valentino Leonardi ntW'Arle, anno II, 1900, p. 261.
(3) Gli « oratori > di Francia presero sovente in affitto il palazzo di Monte Gior-
dano. Vi abitò il cardinale Claude de Guiche nel i;42. Della residenza del cardinale di
Joyeuse non ho alirimenti notizia.
(4) S. Apollinare, donato da Giulio III a sant' Ignazio da Loyola, che vi fondò il
collegio Germanico. Il collegio passò nel 1570 nelle dipendenze del palazzo Colonna,
dove prima abitava l'oratore dì Spagna.
($) Vedi Forcella, op. cit. V, 59, n. 170.
Iter Italici: in ^y
Ad dextrum flectenles latus est templum D. Mariae Animarum
cum hospital! Teutonicorum. In choro sunt sepulcra Adriani VI Ul-
traiectensis, pontificis maximi, ex marmore, cum simulacro ut typis
excusum habeo, quod Encofortius Derthoniensis episcopus et car-
dinalis unicus ab eo creatus Belga, gratitudinis ergo fieri curavit, hoc
addito Pliniano elogio: « Heu quantum refert in quae tempora virtus
« cuiusque indicata. Huc ex D. Petro translatum corpus. Obiit vix
.II. pontificatus annum ingressus. Cardinalis vero Guillielmus Enco-
fortius, qui et episcopus Ultraiectensis post Henricum Bavarum .lix.
sepulcrum ad dextrum arac summae sibi posuit Adriani oppositum.
Est totum quoque marmoreum sepulchrum Caroli, ducis Guillielmi
Clivensis filii, qui summo Gregorii XIII et multorum Romanorum
dolore obiit Romae. De cuius peregrinatione, morbo et obitu amplus
Ste. Vinand. Pighius. Curam hospitalis huius habent sacerdotes
Belgae, qui et sacra celebrant, licitumque Germanis quorum iam
pecunia deficit triduum munere, vino, pane, et lecto gaudere. A quo
conditum ignoro, quamvis multa Hadrianum nostrum addidisse con-
stet, Germanum tamen conditorem facile agnovi, ex teutonicis rith-
mis supra portam lapidi incisis (i).
Contiguum est templum pulcherrimum, multis marmoreis se-
pulcris ornatissimum, a Xvslo IIII pontifice D. Virgini eiusque paci
dicatum.
Tum templum D. Ludovici Francorum pulcherrimum, vicinum-
que palatium legati Francici, ubi ut passim varia epitaphia quae apud
Schraderum extant.
Non procul hinc statua mutilata naso auribusque, nescio an
Martis olim aut Romuli, certe est armata, nunc Pasquinum vocant:
huicque solent probrosa carmina famosique libelli affigi, qui hinc
pasquilli vulgo dicuntur. Hieronimus Ferrutius in supplemento ad
Marlianum dicit, quosdam credere gladiatoris aut militis cuiusdam
esse simulacrum ferire volentis, eo nam gestu spectatur, et ex mar-
moreo fragmento cui incumbit, constat cum alio dimicasse. Non-
nuUos vero credere, idem putat, esse simulacrum unius ex ducibus
Alexandri Magni, nomine etiam Pasquini ; in tantum quidam se tor-
quent in nugis ne quidquam ignorasse videantur. Videtur vero ut
idem testatur cum aedibus ipsis hoc loco erecta, ducentibus ab hinc
annis, quando Franciscus Ursinus Urbis praefectus, ut ex epigram-
mate in ostii supercilio legitur, has aedes fieri curavit. Refert lovius,
(i) Sui sepolcri di Adriano VI, del cardinale Enckenvoort, e di Guglielmo duca di
Cleves vedi Forcella, op. cit. Ili, 451, n. 1051; p. 447, n. 1078, e p. 466, n. 1152
Il duca di Cleves aveva abitato il palazzo dei Cibo in piazza di S. Pietro.
5(3 QA. "Buchellius
quod cum Adrianum VI pontificem varii versus lascivi huic affixi
lacerarent, illud voluisse in Tyberim deiicere (i). Inde ad scolas
Romanas, Sapientiam vocant, a Gregorio nuper XIII, et nunc Sixto V
restauratas, ubi omnium artium praelectiones quotidie fieri solcnt.
Gymnasium Romanum Leo X instauravit, accitis undequaque prac-
stantissimis professoribus : Augustine Supho pliilosopho, Christo-
phoro Aretino medico, Hieronimo Butigclla I.C , lano Parrhasio, Ba-
silico Chondile graecaruni hic, ille latinarum literarum professore.
Ex hoc prodiere docti viri: Virginius de Boccatiis I.C, Guiliiel-
mus Giscaferius medicus, Salustius Salvianus medicus, lulius Caesar
Stella poeta, Nicolaus Valla, Paulus de Roma augustinianus, Leo-
nardus Furtius qui scriptor de re militari, Ludovicus Pontanus I.C.,
Horatius Mandosius I.C , Marius Salomon Albertisco I.C., Thadaeus
Romanus (2).
Linguam vero latinam inclinante iam imperio in pretio habcri
coepta, a tempore nani lustiniani contractus a tabellariis eo fere ser-
mone quo nunc utuntur perscribebantur.
XXIII. Visum pellustratumque ivi pulchcrrimum integerrimum-
que ex antiquitate opus, templum olim matri deorum Cibeli con-
secratum, quod hodie, propter circularem formam, S. Mariae Rotundae
nomen possidet, D. Virgini et omnibus santis a Bonifacio III di-
catum. lovi quoque Ultori, Marti et Veneri Romae conditoribus sa-
cratum fuisse videtur. A M. olim Agrippa conditum ut inscriptio
vestibuli talis :
M. Agrippa L. F. Cos. Tertium fecit
indicat, restauratum per Septimium Severum et Aureliura Antonium,
ut haec indicat semirasa inscriptio:
Imp. Caes. L. Septimius Scverus Piiis, Persicus Arabiciis Brittannicos Parthecos
H i a i i Pont. Max. Fr. Pot. XII Cos 1 B S P. P. l'rocos (3).
Imp. Caesar M. Aurclius Antoninus Pius Felix Aug. Cos. P O |i 1 Ant g g 1
vetustate GHISE cultu restaurarunt.
Tegulas aereas deauratas Constantinus III imperator detractas,
cum omnibus fere acreis ac marmoreis statuis ad ornatum Urbis
pertinentibus, navi impositas abstulit, ut Paulus Diaconus author est.
Hic autem, ut referunt Blondus et Platina, plus octo diebus orna-
menti Romae detraxit, quam Barbari totis ducentis quinquaginta
octo annis; cuius etiam meminit Martinus. Restituere Nicolaus V
(1) Vedi Gmoli, Le origini di iiiaeslro Pasquino in Nuova Antologia, i-i6 gemi. .'890,
e l'incisione di Ant. Salamanca del i;42, nell'album Lafreri.
(») Vedi Renazzi, Storia dell'Unii', degli studi di Roma.
(}) C. /. L. I, n. 896.
Iter Italicitm 57
pontifex et Innocemius Vili, estque nunc nltum pedes .cxLiv.,
totidem latum, contignaliones aeneis trabibus canalium modo com-
pactae, pedes .xl., ut testis est Baptista Leo. Valvae iteni ingentcs ex
aere corinthiaco (i); lithostratum varii marmoris, arac duae maximae
marmoreae seu marmoratae. Nullam habet fenestram, sed lumen re-
cipit per sphericum foramcn, quod est in medio tecti, ad quod .XL. gra-
dibus plumbeis adscenditur. Vide Georgium Fabricium quare tempore
aestivo valde frigidum, et caveae instar, parietes olini niarmore in-
crustati, nunc lateritii, acdiculae tamen adhuc ex marmorc, in quibus
statuac deorum olim locatae videntur; inter quas Pallas eburnea
opus Phidii, et Venus aurea, ornata unione illa notissima Cleopa-
trae, cuius meminisse videtur Dionis abbreviator, cum dicat: « Augu-
« stum post victoriam Actiacam Romani reversum, ornamenta Cleo-
« patrae in tempio posuisse », et ampie Plinius Maior, qui scribit,
hanc unionem unicum fuisse naturae miraculuni. Habet nunc varia
sepulcra et epithaphia, ut Taddaei Zuccari pictoris excellentis et
Raphaelis Santii Urbinatis, quorum epithaphia in meis libris Epita-
phiorum. Ad aram cum statua D. Virginis ac infantis lesu, est epi-
taphium Mariae Bibiennae Anton F. Raphaelis sponsae quae virgo,
ut continetur epitaphio, obiit. Sunt et alia, id est Bartholomei Baro-
nini architecti Celebris, cum simulachro marmoreo, Rufinorum item,
Marii pont. Melpomit. et Aureli! ac Alexandri (2).
Porlicus olim .xvi. habuit columnas, quarum adhuc .xiii. sum-
mae crassitudini marmoreae extant. Meminit harum Martialis lib. IV,
epigr. .xviii., qui ubi viam ad hortos suos demonstrat, plura urbis
loca describit, lib. I, ep. 144:
Qua vicina pluit \'ipsanis porta columnis (s).
Templi huius forma aeneis circumfertur typis, et est in numi-
smatibus antiquis apud Caulaeum, qui Romanorum veterum religio-
nem studiose perscrutatur ex numniis et antiquis monumentis. In
area huius templi, quae hodie olitorum videtur forum, est labrum
porphyreticum: et duae sphinges ex ophite, quae ex Aegipto trans-
latae videntur, ex literis sacris sive hierogliphicis quibus notantur.
Cur vero olim sphinges ante tempia? Explicavit in Embkmatibus In-
nius. Nunc Sixtus pontifex ad restaurationem aquaeductus veteris
(i) Delle porte antiche di bronzo non rimane quasi vestigio. Vendute o rubate a
pezzi, per farne opere nuove di metallo, furono rifatte da papa Pio IV.
(2) Vedi Broli, Iscri:^ioni pagane e cristiane lu'l Pantheon, p. 415 (Zuccari), p, 435
(Raffaele), p. 433 (Maria Bibbiena), p. 444 (Baronino), p. 442 (Rufini).
(3) Le tre colonne mancanti al tempo del Bucliell, sostituite dai papi Barberini e
Chigi con fusti delle vicine terme .alessandrine.
58 qA. "Biic/iclliiis
non procul a tlierniis Diocletianis eiusqiie usuni transtulit. Pictura
labri est apud Caulaeum de Balitcis auliqiiis (i).
Extant hic ampLie relliquiae thermarum Agripplnarum retro Pan-
theon, quarum usum popiilo per anniim gratis concessit, teste Dione,
ubi hodie fons lavandaruni vcstium desiinatus (2).
Vicinae sunt aedes Mapheorum, iani rcstauratae, habitatae ab
episcopo Patavino et cardinali, ubi bases niarmoreae quamplurimae
in via, nescio an noviter inventae, ex quibus duas has dcscripsi in-
scriptiones :
TIBKIMlil KAATAiai
Praesentibus ' luvenco Corneliano et | lulio Felicissimo | D. Neronis [ Quiiiqueiina-
libus i Claudio Quintiliano et j Plotio Aquilino ] Curatoribus [ Aelio Augustale
et I Antonio Vitale et I Claudio Crispo.
lovi O. M. Ft Deae Suriae Ft elenio Venaliiio ('. Gianius Hilarus j Cum Lessia
Sabina ; V. \. (3).
Epitaphia quae nullo ordine coUegit Nathan Chytraeus haec: Ho-
norae Quinteriae, Alexandri Pavonii, Dcmetrii Cabacii Rhalli, Ni-
colai Sudorii mus., lacobi Mentebonae, Guidonis Pisani, Eduardi
Carni, Io. Frane. Poggii, Andreae de Castro.
XXIV. Ingressus templum D. Mariae ad Minervam Doininica-
norum collcgium celebre, plura notavi epitaphia. Ohm hic Mincrvae
fanuni exstitisse, et nomen, et relliquiae, tum veteruni monumenta
probant; in quo breviariuni rerum in Oriente a Pompeio gestarum.
De quo vide Plinium Maiorem. Apud Dionis abbreviatorem haec
leguntur: « Consul nos convocai in templum Minervae », quod nomen
traxit ab exercitatione eorum qui in eo erudiuntur. Pompeius vero
ex manubiis dedicavi!.
In hoc tempio Calixtus III Borgia sepultus, teste Platina, et
horum legi epitaphia, vidi sepulcra (4):
(1) Vedi la bella incisione edita da Ant. Lafreri nel 1549, e quella di Nicolò Bea-
trizet, riprodotta dal De Rossi alla Pace e dal van Aelst.
(2) Non credo si abbia altrimenti notizia di questo lavatoio pubblico fra i ruderi
delle terme Agrippianc.
(}) Ciò che dice l'autore circa le basi marmoree della raccolta MalTei messe in
istrada davanti al palazzo, è confermato dal Ksiuuio, Ber!. A. 6\ e, f. j6, il quale tra-
scrisse ben ventisei iscrizioni « in casa del cardinal Mafei » ovvero <> su la strada intorno
« la ditta casa Mafei ■>. La fondazione del museo e della biblioteca rimonta ai tempi di
Mario Maflei da Volterra, vescovo di Cavaillon, uno dei più valenti e perfetti trascrittori
di codici del sec. xv. Nel settembre del 1893 vidi nella libreria (guariteli un mirabile
codice in pergamena tutto di suo pugno (Cicerone, Driitm, sta de claris oratjribui; De
perfeclo oratore ai Brulnm) con lo stemma della famiglia sulla coperta. L' iscrizione di
Giove e della dea Siria (C. I. L. VI, n. 399) era stata vista anche dal Lipsia « in loco
CI qui vulgo Chambela dicitur, in via publica •>.
(4) Le spoglie del primo papa Borgia, Callisto III, sepolte presso S. Maria della
Febbre in Vaticano, furono trasferite da Sisto V in altro luogo della stessa basilica
Iter II alien ni 59
Anastasei de Pessatis, cum simulacro; Francisci Marii, cum
marmore effigie: Antoni! Carafcllae cohortium pracfecti; Lactancii
Nencionii Pisani ; Detissalvi Neronis F. Fiorentini eqiiitis, cuius me-
minit Faciiis lib. X; Ioan. Bapt. Guillini Pisani; Bernardi Nicolini
Fiorentini, cum sinuilachro; Antoni! Castalionis; Hieronimi Buti-
gellae I. C. Papiensis, cum effigie; Hieronimi Caenae, cum effigie;
Benedicti Chari Veronensis; Francisci Tornaboni Fiorentini; Vin-
centi! Macaron! Romani cum effigie; Cherubini Bonanni; Portiorum
familiae, Antoni! Francisci et lulii, cuius hoc lapidi inscriptum di-
sti eh um :
Patria Roma fuit, gens Porti.i nomea Iiiliis
Mars puerum instituit, M;irs puorum rapuit
et hoc :
Augustinus Maphaeus plumbarii fisci .iii. vip, aliisque lioiioribus egregie functus,
boiiarum literarum custos, in quo fortunae non cessit virtus, licic sepultiis
est. Vixit annos .i-xv. m. d. .xxv.
Huius nis! fallor meminit Politianus in Epistol.
Paulo Manutio Aldi F. | Aldus filius, ex test, j F. C. i Natus pi'id. id. iunii .ciD.n.xiii.|
Ob. .nx. id. aprii, .m.d.lxxiv. (i).
Dicitur hic conservar! pars praesepe Christi. Sequitur arcus Gor-
diani, quem nescio an ali! Camilli putent (2). Vicinutn huic templum
D. Stephani in Caco, ubi olim antrum Caci fuisse volunt, cuius
Ovidius et Virgilius memlnere, nunc restaurabatur. Sunt qui dubitant
an sit S. Maria in inferno. Sed ego haec aliis relinquo discutienda,
cum mihi tantum otii in urbe Rotna non fuerit. Non procul ab arcu,
pes iacet marmoreus ingens, colosseae alicuius, ut videtur, statuae.
Deinde ad collegium Romanum novum pervenimus, et hinc ad
templum lesuitarum pulcherrimum, totum ex lapide tiburtino, opera
et impensis Alexandri Farnesii cardinalis, qui huic nondum manum
imposuit ultimam, ubi haec legebatur in frontispitio inscriptio:
Alexander Farnesius card. S. R. E. vicecancejlarius, Pauli III Pont. Max. nepos,
cuius authoritate Societas lesu recepta primum fuit, et decretis amplissimis
ornata, templum hoc suae monumentum et religionis et perpetuae in cum or-
dinem voluntatis, de fundamentis exstruxit, anno iubilei .mdlxxv (3).
nel 1585, e quindi da G. B. Vives in S. Mari.-i di Monserrato nel 1610, dove rimasero
abbandonate sopra una panca della sagrestia vecchia sino al 1889. Ora hanno trovato
riposo in un piccolo monumento nella cappella di S. Diego. Sbaglia dunque l'autore
dicendole tumulate nella Minerva.
(i) Vedi FoHCELLA, op. cit. I, par. v, p. 41) sg. Molte lapidi sepolcrali viste dal-
l'autore sono andate a male nei restauri del 1853.
(2) Il noto arco di Camilliano, nel recinto dell' Iseo.
(3) Il disegno originale della facciata del Gesù secondo il pensiere del Vignola fu
inciso in rame da Mario Canari nel 1573. Quello della goffa facciata fatta eseguire dal
«Gran Cardinale» fu pubblicato la prima volta da Nicolao van Aelst nel 1559.
^o
Q/i. 'Biic/ielliiis
Sunt lesuitae duplicis generis, Theaiini a Pctro Tlieatino episcopo
Caraffa qui Paulus IV pomifcx, et Farnesiani a Paulo III ante ap-
probati
XXV. Per viam Conservatorum ad Capitolium pervcni, a Bar-
baris disiectum, inde restauratum, olim rupes Tarpcia, nomcn Livio,
Plutarcho, aliisque Ronianae rei scriptoribus notum, et ab Arnobio
v»^ iy.iv. TxtC' '
explicatum; Priscus Tarquinius inchoavit regni sui .xxxviii. anno;
sub Sulla conflagravit fortuito et ignoto incendio, anno quadringen-
tesimo postquam fuerat condituni, eaiidem fortunam sub Vitellio
tulit, restauratumque pentilitio marmore per Domitianum fuit. Sub
Tacito hinc imperatore restauratuni autor Vopiscus (i).
Ascenditur aliquot gradibus ad dextrum, utrimque statuae niar-
moreae virorum equos ducentium, Castoris et Pollucis putant, in
basi addita haec inscriptio:
S. P. Q. R. Simulacra Castorum ruderibus in theatro Pompcio egestis reperta,
restituii et in Capitolium posuit.
In areae medio, ubi olim asylum fuisse existumant, statua equestris
aenea deaurata M. Antonii vel Aurelii, ut creditur, insignis, quani
Sixtus IV poniifox in area Lateranensi ex antiquitate superstitem
ercxerat, ubi basis marmorea cum titulo. In liunc vero locum iussu
(l) La >ies;rizioiie del Campidoglio data dall'autore non contiene particolari meri-
tevoli di comento. Vedi Forcill*, op. cit. I, e Lvnciani, // cod. Barherin. XXX, 9S,
io Arthivio, 1883, fase. VI.
Iter 11 alien ìli 6i
Pauli III translam. Est in cadcm arca statua Mincrvac marmorea,
lioc notata cpigrammate:
S. F', Q. R. Sigimm Miiiervae do parietinis urbis enitiim et in Capitolium l'aulo III
poiititìce ma\imo translatum in illiistrioii areac loco Ciicgorius XIII P. iM.
posuit ac restitiiit. Ocruvio GuiJotto et Io. Bapt. Aliovita Coss.
Utrimque adiaccnt simiilacra marmorea Tyberis et Nili.
In ipso vero Capitolii acdificio, sunt variae statuae antiquae,
inter quas una Marii top;ata, cum lioc titulo: « S. P. Q.. R. Mario
(f .VII. Cos. ». Praeterea Florae, Hadriani, relliquiae et colossi mar-
morei, a quo fortean amphiteatruni Titi nomen niutavit, d'giti pedis
erant longitudine pcdi3 cum dimidio, monstrabaturque caput integrum
summae magnitudinis; quemadniodum et aencum alteruni. Tum in
pila marmorea hanc legi inscriptionem:
Ossa I Agrippinae M. Agrippae F. [ Divi .Vugiisti neptis ] Uxoris j Germanici Cae-
saris j Matris C. Gaesaris .\ug. ' Germanici principi*.
Sunt et antiquissima monumenta trophei victoriae navalis
C. Duelli! contra Poenos quae Victoria contigit anno .v. belli poe-
nici primi, cui tum erat collega Cornelius Asina, ut authores sunt
Eutropius et Plinius.
Item aenea lupa, lactantesque Romulus et Rhemus. Lex etiam
regia in aere, praeterea antiqua tabula marmorea quae sic incipiebat:
«Imperatore Caesare Augusto P. Helvio Pertinace .11. Cos ordo cor-
ee poratorum lenunculariorum, tabulariorum, auxiliariorum, ostien-
« slum » &c.
Item statuae lunonis et Uraniae, ac Deae unius larvam tenentis,
tum Constantini triumphantis.
In aula Capitolina sunt pontificum quorundam statuae positae,
ut mannorea Pauli III pontificis hoc elogio:
Paulo HI PP. Max. Quod eius iussu auspitiis atque aere conlato urbem situ et
diverticulis viarum deformem, atque imperviam, disiectis male positis aeditkiis,
in meliorem formam redegeat, viis, areisque cum veteribus directis et am-
pliatis, tum novis constitutis auxeriut ornaveriiitque Latinus luvenalis Mar-
mectus, Hieronimus Maphaeus curatores viarum urbe instaurata offilii et mc-
moriae ergo statuam in Capitolio optimo pontifici posuere. Anno Cliristi .mdxliii.
Inde ad statuam marmoream, opus Pauli Oliverii, haec legebantur:
Gregorio XIII Pont. Max. Opt. principi Hugoni Boncompaigno Bononicnsi, qui per
Rom. magistratus, et ecclesiasticas dignitates, iustitiam et pictatem coleus, ad
pont. sedem evectus, universam rcmpublicam Christ. summa prudentia et cha-
rìtate moderatur: S. P. Q. R.
Gregorio ob farinae vecligal sublatum urbem templis et operibus magnitkentiss.
exornatam, H S octingentìes singulari beneficentia in egenos distributum.
62 (ò4. "Buchellius
Ad Leonis X itcm marmoream hoc ndJitum est elogium:
Oplumo principi Leoni X Mcvl. loan Pont. Mnx. oh restitiitam instaiiratamqiie
urbem, aucla sacra, benofitia, arlos, ascitos patrcs, siiblatum vectigal, datiimque
conj-iarium, S. P. Q. R. H.
AJ aercum Xysti V simulachrum haec leguntur:
Xysto V Pont. Max. ob quietem publicam, compressa sicariorum exulunique licentia,
res'iintam, aiinonae innpiani sublevatam, urbem acdifìcìis, viis, aquaeductu il-
Instratam S. P. Q. R.
SequitLir hinc statu.i antiquior Caroli Siculi regis, qui oliin se-
nator Urbis a Clemente IV papa declaratus, et Hierosolimorum ac
utriusque Siciliae rex, cuni fuissct Amlegaviae conies et Ludovici
Francoruni regis consobrinus, et vixit anno circiter .mccl.x.., cuius
et res gestas conscripscre Blondus, Platina, ad liane hi versiculi le-
guntur restauratali! :
llle ego praeclari tuleram qui sceptra senatus
Rex Siculis Caroins iura dedi popiilis,
Obrutus lieu iacui saxis fiinioque dedcrunt
Hunc tua conspicuum tempora Sixte locum.
Hac me Tuscanus posuit Malheus im aula
Et pairiae et geniis gloria magna suae:
Is dedit et populo post me bona inra senator,
Insignis litulis dotibns aique animi.
Ad de.xtrum Capitolii est templum olini lovis Feretrii sive Ca-
pitolini, quod condidit Superbus, licet Suetonius author sit Augustuni
lovi Tonanti in Capitolio aeJeni fecisse, illudque postea per Vitel-
l'anos incensum et Vespasianum restauratuni scribat, in quo ara Vi-
ctoriae, cuius meminit Symniachus oratione prò gentilium relligione,
et Prudentius ac Anibrosius in eius refutatione, nunc vero restaura-
tum et Franciscanis fratribus concessum, vocnturque Ara Coeli, estque
pulcherrimum, ad quod ex platea Conservatorum centuni pluribus
gradibus marmoreis, ex Quirini ut creditur tempio translatis, adscen-
ditur(i). In hoc oratorium marmoreum, in quo haec sepulcra, epi-
taphiaquc:
Rodiilplii Carporum principis et card cui Pius V monimentum lioc posuit. Vixit
ann. .lxiiii. Nat. .m.d.viii. ob. .m.d.lxfiii , .vi. N. mail
et
Ccciliae Ursinae Alberti Pii Carporum principis uxoris, quae obiit anno aetat.
.LXXXII. (3).
(i) Qaesro paragrafo relativo al tempio di Giove O. M. e alla chiesa dell'Aracoeli
e dei più scorretti e confusi. L'ara della Vittoria non appartiene al Capitolium tna alla
Curia. La scila saliva alla chiesa non dalla piazza di Campidoglio, ma da quella del Mer-
cato ìlc
(a) Il cardinale Rodolfo Pio dei principi di Carpì (y 1564) fu sepolto non in Ara-
Iter Italicum 6}
Sunt ibidem ad templi parietes dune statuae marmoreae, Coii-
stantini imperatoris et fragmenta leonis equum devorantis (i).
Retro Capitolium, si ad forum Boarium pergas, locus est, ubi
olim lacus Curtius, de quo variae opiniones, et Varrò de lingua lathia
quarto, tres inter se pugnantes, porcilii qui in eo loco dehisisse ter-
ram, et ob id ex S. consuluisse haruspices, relatum esse responsum
deum manium: postulare civem fortissimum eo mitti; tum Curtium
quendam armatum ascendisse equum, et in co praecipitatum (quam
sequuntur Festus, Livius, Valerius Maximus) tradidit. Pisonis in J^ìi-
ualibii; scribcntis, Sabino bello quod fuit Romulo et Tatio, virum
fortissimum Metium Curtium cuni Romulus cum suis ex superiore
parte inipressionem fecisset, in locum palustrem, qui tum fuit in foro
antequam cloacae sint factae secessisse, atque ad suos in Capitolium
se recepisse, ab eo lacum invenisse nomen. Cornelii et Lucei, qui
scriptum reliquere, eum locum fulguratum esse, et ex senatuscon-
sulto septum, iJque a consule Curtio cui Marcus Genutius fuit col-
lega, ab eoque Curtium appellatum. Vide Plutarchum in Roiiudo. In
area Capitolina ante introitum templi Arac Coeli, tempore Georgi
Fabritii erat sepulcrum Biondi Flavi! cum epitaphio ; Vallarum vero
est in tempio Nicolai, Bartolomei, Retri, Philippi, Andreae, item
lacobi Buccabellae poetae; Ludovici Grati Murganii mathematici,
Seraphini Oductii philosophi, Manilii Britanorii, fatorum praescii (2).
Sunt in Capitolio adhuc statuae, praeter iamdictas, aeneae duo
stantis servi habitu, et sedentis curvato corpore e pianta pedis spinam
evellentis (5).
In descensu Capitolii career Romanus, hodie crupta S. Retri in
carcere, ubi divos Petrum et Paulum fuisse incarceratos narranti est
coeli, ma nella cappella di S. Micliele della Trinità sul monte Pincio. Quivi pure si tro-
vano il busto e r elogio di Cecilia figliuola del cardinale Franciotto Orsini, e vedova del
principe Alberto Pio. Forcella, op. cit. Ili, 125, n. 424; p. 132, n. 344.
(1) Vedi C. I. L. VI, nn. 1149, 1150. Sul gruppo del leone e del cavallo, che
non era collocato « ad templi parietes », come dice l'autore, ma nel « loco del Lione «
alle scale della loggia del palazzo Senatorio, vedi Helbig, Guide, ed. inglese, 189;, I,
494, n. 541.
(2) Il sepolcro della famiglia Biondo di Forlì (Flavio -\- 1463, Angela -}- 1390 &c.)
sta nell'ultimo ripiano della scala davanti alla porta maggiore. Al tempo del P. Casimiro
era stato trasferito nell'interno della chiesa, davanti alla cappella di S. Pasquale. L'ul-
tima discetidente del grand; archeologo. Gloria, moglie di Clemente Buccelleni, mori
nel 1624 e fu sepolta sotto il pavimento della nave maggiore, presso l'ultima colonna a
destra. Sulle altre ircrizioni sepolcrali dei Vall.i, Boccabella iS:c. vedi Fouci-lla, op. cit.
I. '«3 sg
(j) « La Zingara » o Camillo, e il <■ I"anci-illo dalla Spina». Vedi HtLDic, loc. cit.
I, 451, n. 607, e p. 457, n. 617.
64 C/^. "Bitchellius
autem ad pedem Capitolii cum liodie sit career in ipso Capitolio: in
vestibulo legebatur:
C. Vibius C. F. Ruftnus M. Cocceius S E Coss. ex S. C (i).
Puto primum hunc et unicum olim carcerem romanum, de quo Sa-
tyricus :
Felicia dicas
Saecula, quae quondam sub regibus atque tribuiiis
Viderunt uno contentam carcere Romam.
Sub Capitolio extant plurimae columnae marmoreae, ubi olim
porticus et templum Concordiae, teste Appiano, post C. Gracchi
necem Senatus sibi in foro aeJem Concordiae erigi mandavit. Ti-
berius quoque Caesar bine Concordiae aedem dedicasse scribitur.
Plutarchus vero author est Camillum, post reconciliationem plebis
cum patribus, ex voto Concordiae templum posuisse. At Livius bello
poenico secundo, duumviros creatos narrat, ad aedem Concordiae in
arce faciendam, quam L. Manlius, praetor in Gallia vovisset, huius
meminit saepius Cicero in Orut. Alterius vero, cuius sunt .viii. illae
columnae, meminit Plutarchus et habet hanc inscripiionem:
Senatus Populusque Romanus incendio consumptum restituit (2).
Hinc inter Capitolium et Palalinum, forum occurrit Romanum, in
quo ad Capitolii radices arcus Septimii Severi imperatoris marmo-
reus, cuius forma cum inscriptione aere incisa extat. Huic adiacent
varia marmora, inscriptionibus notata, ex quibus excerpsi sequentes:
Restauratori urbis Romae aJque Urbis et extinctori pestiferae tyrannidis D. N. FI.
Fui. Constantio victori et triumfatori semper Augusto Neraiius Cerealis V. C.
praefectus.
Neratius Cerealis W C. Cons. Ord.
Conditor Balnearum Censuit.
lieo Herculi Invicto C. Julius Pomponius Pudens Sevcrianus V.C. Praef. Urb. (3).
In foro quoque olim conspicicbatur templum Castoris et Pol-
lucis a Tiberio suo fratrisque nomine de manubiis dedicatum, quod
demolitus est Caligula. Nero statuas Castoris conflavit.
(0 C. /. /.. VI, n. 1539.
(2) È l'iscrizione del tempio di Saturno (C. /. L. VI, 957) che l'autore scambia
per quella della Concordia.
(}) Il rame dell'arco di Settimio visto dall'autore è quello edito dal Lafreri nel i$47,
riprodotto da Chiude Ducliet nel 1585 e più tardi da Enrico v. Schoel, d.i Nicolao v. Aelst
e da G G. De Rossi alla Pace. Il piedistallo della statua equestre di Constanzio, sco-
perto negli scavi del 1547, fu trasportato al Palatino dal cardinale Farnese al tempo di
Sisto V. Sulla base di Nerazio Cercale pr. Urb. a. 352-}$), vedi le osservazioni del
Corfrns, VI, n. 1744, Ictt. f. L'ara di Pudcnte Severiano (ivi, n. 3 17) str.va nel palazzo
dei Conservatori sin dal tempo di fra Giocondo e di Pietro Sabino.
Iter Italicuni
65
Fuit et huìc vicinimi templum lovis possessoris, in quo Bibuliis
ab amicis deductus, proptcr vim Caesarianorum. Tcmpluni Augusti,
quod incoeptum a Tiberio, perfecit Caius, intra Palatinum et Capi-
tolinum montes fuisse videtur; cum Suetonius author sit, Caiuni
super templum divi Augusti ponte transmisso Palatiuni Capitoiiumque
coniunxisse, cuius dicuntur hodie quae extant columnae marmorenc.
Vicinum Romano fuit forum Caesaris, a lulio Caesare de ma-
nubiis inclioatum, cuius area constitit supra * * millies, in quo
porticus et templum divi Antonini ei Faustinae, hodie S, Laurcntii
in Miranda, iuxta quod olmi arcus Fabianus, cuius meminit Trebel-
lius Pollio, fuit. Ante porticum vero fuit turiis rotunda, quani putant
Palladis fuisse aedem, quae a Paulo IH pontifice demolita (ij.
}k
Non procul hinc, nescio an in foro Romano, templum antiquum,
rotundum, valvis aeneis; quod credunt fuisse Saturni, in quo aera-
rium instituit Publicola. Condidit hoc L. Munacius Plancus ex manu-
biis, ut liabet inscriptio Caietana.
L. Munatius PI. F. L. N. L. Pron. Plancus .v. cos. cens. imp. iterum .vii. vir.
Fpul. triumpli. de Riioetis aedem Saturni F. de manubiis &c.
Hic censores ohm iurare mos, incensum fuit. Meminit huius Sueto-
nius in Claudio, qui curam aerarli Saturno reddidit, idem in Otbom,
aedem Saturni in foro esse scribit. Legitur in antiquis monumentis,
ii quis aut testamenta corrupisset, aut violasset sepulcra, mulctam
(l) Probabilmente la torre dell' Ifiscrra 0 sita in contrata trium Colupnarum in op-
a positu ecclesie Sancii Laurentii in Miranda», la quale era piantata sugli avanzi del
tempio di Cesare. Le sue fondamenta, scoperte negli scavi del 1899, sono state confuse
con quelle del tempio stesso.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. >
66 Ci-/. 'Biichelliiis
inferret aerarlo populi Romani, aut aorario Saturni, quin et acta c]uae
susceptis libcris parentes faciebant. In eotleni conservabantur etiam
omnium civium romanorum nomina. Erant et magistratus, ut prae-
fectus aerarlo, curatores aerarli, scribae aerarli, quaestores item et
tribuni. Saturnus nani, quem et alii lanum vocant, primus aereum
nummum feclt. Vide Canterum. Apud Romanos vero Servius primus
aes signavit. Vide Lipsium. Hodie vocatur templum D. Hadrianl in
trlbus foris. Platina, ab Honorio primo pontifice Romano, hoc tem-
plum aedificatum scribit, In relliquiis veteribus potius cxcltatum
credo. Llvius ab A. Sempronio et M. Minutio consulibus alt esse
dedicatum, a Fianco vero restitutum Vide Sextum Pompelum et
Plutarchumln Prohkh. et Macrobium, Cvprlanum, Ciceronem &c. (i).
Non procul a Saturni aede versus clivum Capitolir.um, sunt tres
columnae marmoreae, ubi fuisse credltur templum Veneris genetrlcis;
in quo (ni fallor) aurea Cleopatrae effigies fuit. De plctura huius
templi multa Plinius. Fult et hic aedes Veneris Capitolinac, cuius me-
mlnerunt Sueton. in CaVh^itìa et Giiìha Livius lib. XXIX.
His duobus foris tertium addltit Augustus, Suetonio teste. De
tribus foris his Martialis, iib. V, epigram. lxxxviii:
Atque erit in triplici par milii nemo foro.
Contiguum est pallatium, quod vulgo Malus vocant, fabulis multis
celebratum, opus, ut eius indicant ruinae, stupendum, vixque hu-
mani ingenil. De nomine paliatii sic Dionls abbreviator: «Porro
« regiae pàlatia appellantur, non quod sint ita casu aut fortuito no-
ce minatae, sed quod Caesar habitabat in pallatio, ubi et Komulus
« domum habuit » &:c. In palatio templum Apollinis feclt Augustus,
cuius meminit iudex Anticyranus, qui cxtat apud Andream Schottum
in annotatis in Aurei. Victorem, ab aeterna oblivione per ci. heroem
Aug. Gislen. Busbequium redemptus: « Tcmplumque ApoUonis In
« palatio et porticus »;addidit nam aulam cum porticu et bibliothecam
famosissimam, quam Gregorius V pontifex dicitur igne corrupisse,
summo mehercule rei literariae dammo. Defendit Gregorium Platina,
et quae ipsi obiiciuntur negat. Templum praeterea in Palatino olim,
\'ictoriac, Cereris, lunonis Sospltae matris Deum, Libertatis SiC, quae
apud Marlianum, Iib. III.
Palatium tempore Augusti incendio consumptum, scribit Dion.
Adsunt et horti Palatini Farnesiorum celeberrimi. In Palatino quoque
ohm iheatrum Tauri, quod incendio Ilio Neronis famoso deflagravit.
(i) L' autore fa confusione tra le due cliiese di S. Adriano e dei Ss. Cosm.T e Da-
miano. Le sue osservazioni sul tempio ed erario di Saturno si riferiscono (erroneamente)
alla seconda.
Iter Ilaliciiììi
61
Porticus etiam Lunae hoc in loco erat, et domus PoUionis, quarti
Augustus propter eiiis cruJelitntem, quamvis sibi legatam, delevit.
Praeterea domus Crassi oratoris, Ilortensii, Ciceronis, L. Annati Se-
necae, de qua ipse lib. 7 ad Ijtcìl. epist. 57 et horti Varroneani, aedes
Magnac Matris, ut Livius tradii lib. 29; aedes Victoriae, ut idem re-
fert codem. Formam liortorum Palatinorum in additamentis Hiero-
nimi Ferrutii ad Marlianum (i).
Contiguum foro Augusti templum Pacis, a Vespasiano impera-
tore condituni, ut testis est Suetonius Tranquillus in liaec verba:
« Fecit et nova opera templum Pacis foro proximum » et Sextus Au-
rclius Victor « Capitolium, aedem Pacis Claudiique monumenta re-
•^fl^i^i
« paravit »; Dion, Vespasiano .vi. et Tito .iv. consulibus templum Pacis
dedicatum scribit: Plinius inter mirabilia Urbis posuit. Incensum id
tempore Commodi, quod in haec verba (ut transtulit Politianus) narrat
Herpdianus : « Totum de improviso templum Pacis consumptum
« incendio est ...» &c.
Ruinae huius exlant ingentes, qua iam posui forma, ac columna
quaedam marmorea summae pulcritudinis, cuius spirae summae la-
titudinis ex solido, ut videtur, lapide, tantae crassitudinis ut tribus
ulnis vix amplectatur. Vide losephum, Hieronimum, luvenalem, Mar-
lianum lib. Ili (2).
Proximum est coenobìum S. Mariae Novae, quod et Oliveti no
men habet. In hortis duo fornices vetustate collapsi, e regione inter
(i) Questo breve cenuo del n palazzo Maggiore » e talmente infarcito di errori che
non merita esame.
(2) La colonna della basilica Massenziana trasferita a S. Maria Maggiore da Paolo V.
6S qA. "Buchellius
se positi conspiciiintur, quos Victor videtur Isidis et Serapidis di-
cere, cuius porticum fccerat Doniitianus imperator. Marlianus vero
relliquias putal templi Solis et Lunae; quae tamen divcrsis nominibus
conveniunt codem significatu. Pomponiiis Laetus Aesculapii et Sa-
lutis dicit; Poggius, Castoris et Pollucis. Hic exorcismata peraguntur
et daemones imniundi, ut narrant, eiiciuntiir, cuius rei vide prolo-
gum cum epilogo. Est et hic ex candidissimo marmore restauratum
sepulcrum cum epitaphio Gregorii XI Lenionicensis papae qui ex
Avenione sedem Romam reduxit. Quod vide in meis Epitaphiorum
libellis (0.
Hinc arcum Titi Vespasiani imperatoris, cuius scuiptura excel-
lens apud Caulaeum videre est, et passim ivpis aeneis circumfcrtur
expiessa (2). Transiens, statini eius principia amphiieatri apparcnt am-
plissima vestigia, cui is et addiderat thermas, quarum meminere Sue-
tonius et A. Gellius. Appiae quoque aquae nonnullae relliquiae,
quam CI. Appius Caecus primus in urbem invexit, ut populo rem
gratam faceret, per .vili, vel .x. mill. sine Senatus authoritate et
invita nobilitate, cuius originem et formam vide apud Frontinum, qui
addit et liane ab Agrippa restauratam, quod et Dion in Octavio vidc-
tur innuere, cursumque Aventinum et Tyberim versus deflectit (3).
Circa liortos Mariae Novae versus amphiteatrum fuere busta
Gallica, qui locus nunc vulgo dicitur Portogallo. De carinis, quae
prope Telluris aedem et Pompeiorum domibus, quae circa Capito-
lium videndi Victor, Marlianus, Laetus et Suetonius in lib. De illti-
strib. grammalicis. Arcum inde Constantini marmoreum pulcherri-
mum, cuius forma cum elogio lypis excusa habctur, transivi (4): ubi
ad viam Novam (5) est monasterium D. Gregorii, cui est opposita
pars Septizonii, cuius descriptionem vide apud Georgium Fabritium,
qui dicit Severi sepulcrum esse, fuitque septemplici columnarum
altitudine, ex qua populus Romanus mare prospicere poterat. Mcminit
liuius Spartianus et Platina, quamvis duo fuisse videatur, et alterum
ab altero loco distinctum ; meminit namque Suetonius et Septizonii
apud quod natus fuit Titus, diu ante Severi imperium, estque illud
in Roma Ligorii prope Circum maxumum, ut hoc nostrum, cum
Severi fuerit non procul thermis Antonianis.
(1) Vedi LvCAHO, 5. Maria olitn Atitiqua vuiic Nofa al Foro Romano, Roma, 1900.
Sul sepolcro di Gregorio XI vedi Lakciaki in Bull. ardi. coni. XXI, 189;, p. 272, tav. xii.
(2) Rame del Lafreri IS4S.
(3) Forse allude alla Meta Sudarne, non essendovi altra fcqua vicina al Colosseo.
{t) Il rame originale del Lafreri, riprodotto qu.ittro volte prima della fine del se-
colo XVI.
(5) Credo intenda r'cordare la via di S. Gregorio, spianata e dirizzata per la venuti
di Carlo V.
Iter Italicum
69
Si post D. Gregoriuni asccndas, stabit ob oculos templum
DD. Ioaiinis et Pauli, quo titillo full cardinaiis Adrianus popularis no-
ster, eius nominis VI pontifex Romanus (i), et post cum Enchafortius
episcopus Traiectensis. Huìc vicinum templum D. Mariae in domi-
nica, in cuius area est navis marmorea, cuius rei symbolum nescio,
hinc cogiiomen Navicellae adeptum.
Nec longe abest templum D. Petri ad vincala, ubi cathenae,
quibus ille dicitur vinctus in carcere (ut in apostolorum Actis le-
gitur), reservantur. Item pars clavis Domini, et relliquiae Machabeo-
rum fratrum (2). Sepulcrum hic quoque lulii II pontificis maximi exi-
miae sculpturae marmoreum Michaelis Angeli Bonarotae manu
artificiosissima factum monstratur.
Sunt in Urbe duo lurres, gotticis vel germanicis saltem tempo-
ribus erectae, et ut videtur factiosorum civium propugnacula, Co-
mitum una, Militiae altera dieta fuit, non procul a foro olim Nervae,
cuius extant adhuc haec relliquiae.
Inchoaverat id, teste Suetonio, Domitianus, perfecitque Nerva.
Vide Pausaniam,Spartianum in Alexandro Severo. Vulgus vocatur hic
locus prò arca Nervae, arca Nohe, errore in multis usitato. Vicus
Cyprius qui et Sceleratus dictus, ab impio Tulliae facinore, non
(i) La dignità cardinalizia col titolo dei Ss. Giovanni e Paolo fu conferita al Flo-
rent da Leone X, a richiesta dell' imperatore Massimiliano che già gli aveva aifidata l'edu-
cazione di Carlo (V) suo nipote.
(2) Il sarcofago diviso in sette ricettacoli, nei quali o condita erant ossa et cineres
« sanctorum septeni fratrum Machabeorura » fu scoperto a pie dell'altare maggiore nella
prim.ivera del 1S76.
70 q4. ^itchclliiis
procul a clivo olim fuissc, qui nunc :\d tcmpkini D. Pctri (cuius
.XV. ab hinc linea meniini) in vinculis ducit. Vide Marlianum libro III
Antiq. Rem. cap- .XXIV.
December.
Fxiil Hyenis Latium trepidaiis vix intrai in orhcm,
Komaqiic Vestali tuta sat igne calet.
Kal. Descedens Capitoliuni, ad radiceni ubi nunc sunt liorti
virides (O, inter aedem S. Hadriani in tribus foris, olim Saturni, a
Pascali II pontifico Romano consecrati et templum Basilii, optunii
imperatoris \ervae t'ori relliquias calcavi, quod a Domitiano inchoatum
puto. et ad forum Traiani perveni, quod ut miraculum mundi cele-
brat Cassiodorus, et gigantaeis operibus comparatur a Marcellino.
Formnm ex nunmio aureo dat Gabriel Sitnoneus Florentinus in Dialogis.
Vopiscus praeterea author est clarorum virorum statuas, quemad-
modum et in Augusti foro, fuisse collocatas. In huius medio coiumna
stat ex pario marmore mirabilis, artilìciosissima manu et sculpturae
rationibus illustris, cuius forma typis excusa fertur. De hac sic Xy-
philinus: «In foro suo columnam maximam collocavit partim se-
« peliendi sui causa, partim ut opus quod ipse circa forum fecerat
« posteris ostenderet Nam eum locum tnontosuin quanta est altltudo
« columnae perfodit, forumque eo pacto complanavit ». Statuam huic
super ìmpositam scribit Victor, ac sub eo sepultum Traianum. Eutro-
pius hunc solum in urbe (an vere nescio) sepultum tradit in urna
aurea, columnamque altam dicit .CXL. pedes, quem sequitur Platina;
Marlianus vero .cxxviii., alii .cxxiii. pedum faciunt. De qua plura
vide apud Georgium Fabritium, aliosque Rotnanae urbis illustratores,
Marlianum, Flavium &c., Angelum Roccam, Modium Triumph. pandect.
tom. I, lib. I.
Vicinum est templum rotundum novum quod sodalitas Loretana
condidit, a quo ad pallatium D. Marci (ut vocant), a Veneto ponti-
ficc Romano extructum, deveni, cui adstat templum aliquod, ubi vidi
sepulcra Fregepanorum, Marii Francisci aliorumque eiusdetn fami-
liae ac epitaphium Petri Gillii, multis pcregrinationibus illustris,
quod est in Epitaphionnii meorum libellis (2).
Hinc per viam Flaminiam, quam nunc Curtiain (3), a Bacchan-
(l) Gli orti del Pantano, prosciugato e colmato da Pio V e dal cardinale Bonelli.
(l) I sepolcri della famiglia Frangipane, e quello dell' archeologo esploratore Pierre
Gilles da Alby, fitto erigere dal cardinale Giorgio d' Armagnac, non istanno in S. Marco
come vuole l'autore, ma in S. Marcello. Vedi Fokcklla, op. cit. M, ;o6, 307.
(j) Questi aggettivi alla AJinolfi sono molto graditi all'autore, al quale si deve
pure la creazione del « mons Ciballinus », della ■• S. Maiia Populana » &c.
Iter Italicum 71
tium cursubiis, vocant, ad Canipum olini Martium veni; nam post
exactos reges, populus direpta domo regia, agruni Tarquiniorum
Marti sacravit, qui inde dictus Campus Martius, fuitquc extra urbis
portas, ut videtur innuere Appianus ; de quo plura apud Strabonem.
Vocatus fuit et Tvberinus a flumine cui adiacet. Incipiebat ubi nunc
S. Laurcntii aedesin Lucina et ad pontem usqueMilviuni protendebatur.
Fiebant in eo exercitia quacque ludicra, de quibus Horatius:
Cur apriciim
Oderit campimi paticiis piilveiis atque solis &c.
In eundem Julius Caesar locum effodit et naumachian edidit, ubi post
templum Martis quantum nusquam esset fecit. Huius naumachiae
putant relliquias extare, non procul a monte Trinitatis, olim Collis
Hortulorum (i). Hic quoque tribus vocabantur ad comitia, ad novos
magistratus creandos, virorum quoque illustrium cadavera crema-
bantur, ut de Svila Appianus scribit, et hic funera imperatorum in
divorum numerum referendorum ecferebantur, ut late apud Hero-
dianum et Lipsium in Satnnidlihus. In hoc etiam loco, Sulla quatuor
hominum millia ut Florus, vel .ix. millia ut author Fironim ilhistr.
et ut Valerius Maximus, quatuor legiones Marianas, contra fidem
publicam, trucidari iussit (2).
Tribunal in Campo Martio fuisse refert Vopiscus in Taciti vita.
Ad septa campi Martii, columna est coclidis Antonini (3), a qua haec
regio nomen habet, altitudine 176 pedum, cum interiori cochlea et
gradibus 104, fenesteljis 156. luxta septa olim via Lata usque ad
Capitolium, cuius relliquiae hodie extant in platea Sciarrae (4).
Fuit et hic via fornicata ad usum militum.
Templum olim Lucinae, de quo supra, sacellum habet, ubi olim
basis illa nominatissima et horologium quod superioribus annis ef-
fossum, miraculi instar fuit (5).
Huic prope est arcus Domitiani, qui nunc vulgo Tripolii et Por-
tugalli, quod Lusitanorum habitationes hic fuerint. Dionis abbreviator:
(i) Su pretesi avanzi della « Naumacliia inter Hortos » vedi Bull. arch. corti. 1894,
XXII. 297.
(2) Queste vaghe erudizioiii dell' autore si riferiscono rispettivamente alle « Septa
" lulia », alla piramide o mela di S. Maria de' Miracoli, all' ustrino Augusteo ai o Quattro
u Cantoni » ed alla Villa pubblica, teatro delle stragi sillane.
(3) Corr. <i divi Marci ».
(4) Forse allude all' arco o fornice di Claudio, gli avanzi del quale sono stati ca-
vati in piazza di Sciarra. Uno de' bassorilievi (HtLBiG, Guide, I, 407, n. $47) dell'arco
stava ancora affisso sul prospetto della casa Cafano, quando l'autore visitava Boma.
(5) Sul pavimento del « Solarium Augusti » con i segni dei venti a mosaico, e con
le linee della meridiana di metallo dorato vedi Dl Rossi, Noie di lopogr. romana in Sludi
t doc. di slorla, a. i88j, p. 49 sg.
72 QA. anelici li US
« Fuere », inquit, « arcus triuniphales qiios ei [Domitiani] pliirimos
« fecerant, disturbati»; de hoc Martialis:
Siat sacer et domitis gentibus arcus ovaiis.
Vide de hoc Fabritiuni in Roma, et Marlianum (i).
Non procul hinc, legi in marmore hanc inscriptionem sepul-
craleni:
Dis Manibus : Ceroniae L. F. Thaidis | Uxoris optimae | Agatho Aug. lib. {2).
Hinc tempia D. Augustini et S. lacobi Incurabiliuni, cuni nosocomio
miserabilium conspiciuntur. Circum haec loca et versus coUem Hor-
tulorum habitant mulieres publicae, quemadmodum in Esquiiiis olim
et ad Circum in ccllis antrisque subterrancis, ut autores sunt Lam-
pridius et luvenalis (j).
Proximum est templum S. Rochi, ubi ruinae mausolei Augusti
Caesaris sepulturae destinati, in quo plerique omnes Caesarianae fa-
niiliae conditi. Nani Suctonius scribit: « Caium matris patrisque ci-
« neres mausolaeo condidisse », quod et in Carmine ad Liviam innuit
quisquis fuerit author; quin et successore» imperatores eo condi so-
lere indicare videtur Xyphilinus, qui dicit Adrianum molem suam
sepulcralem eo extruxisse, quod mausoleum iam esset plenum. Hoc
ad exemplum Cariae regis Augustus .vi. consulatu fecerat, circumie-
ctasque silvas et ambulationcs in usuni populi iam tum publicarat,
unde miror quid Xyphilinus Dionis epitomator scribat, Liviam et
Tiberium ei in Urbe sepulcrum aedificasse, idque Senatus decreto.
Occupabant eius nemora totani planitiem quae est inter Tyberim
et S. Mariam Populanam. Descriptionem huius vide apud Fabritium.
Obeliscus hic alter latet, alter vero qui diu ante templum in multas
confractus partes iacuit in area D. Mariae maioris erectus conspi-
citur (4).
Cum pergerem ad portam Flaminiam, templum huic fere con-
tiguum S. Mariae de Populo, a quo et porta hodie nomen habet,
intravi, ubi plurimas votivas tabellas suspensas vidi, et marmor quo
Sixtus IlII hoc plurimis privilcgiis ornarat (5); quem eius nominis
quintus pontifex hodiernus insecutus, in locum D. Sebastiani extra
(1) Sull'arco di Portogallo vedi Bull. aich. com. 1891, XIX, 18 sg.
(2) Vedi Corpus, n. 1463S.
(}) Il quartiere delle cortigiane, gi.i all'Ortaccio nelle vicinanze di piazza Condo-
pula (Monte d'Oro), passò dall'altra parte del Corso, tra gli Orti alle Fratte e la via
Paolina (del Babuino), sul principio del Seicento.
(4) Il secondo obeli;co del mausoleo fu cavato nel 1781 da Pio VI, e collocato tra
i colossi del Quirinale.
(5) Vedi Forcella, cp. cit. I, 319, nn. 1196, 1197.
Iter Italicuììi 73
muros substituit, et patriarcali honore celebravit. De nomine Populi
haec narrantur: hic olim populum ingentem stetisse Neroni dicatam,
quam postea quidam pontifex quod ex ea demon christianos praete-
reuntcs saepe laederet, sustulit et templum in honorem D. Virginis
Matris fecit. In hac aede lacob. Sansovinus fecit ex marmore duo
sepulcra illustri artificio : Ascanio Mariae Sfortiae et Hieronimo Sa-
vonensi cardinalibus. Hic quoque sepulcrum cum epitaphio Hermolai
Barbari Veneti, viri clarissimi doctissimique (i). Pius IV pontifex
portam Flaminiam aperuit, ut refert Ferrutius in additamentis ad
Marlianum, et viam Flaminiam stravit, multisque in locis renovavit,
ac ipsi portae imposuit marmor lioc epigrammate :
l^ius IllI Pont. Max. portam in liane amplitudinem extulit, viam Flaminiam stra-
vit, anno .m. (2).
Sixtus V ante tetnplum D. Mariae Populanae erigi curavi: obe-
liscum ex Circo Maximo traductum et literis hverogliphicis notatum,
altum .evi. palmas, citra basim, in qua antiqua inscriptio:
Augusti Caesar. imp .xii. Cos. .xi. Trib. pot. .xiv.
Extat haec apud Angelum Roccam lib. de bibì. Valic. et in ap-
pendice.
Eodem die Urbem egressus porta Flaminia, per pontem Milvium
ultra .M. passus ab Urbe distantem, et a M. Scauro Sullae tempo-
ribus primum factum, deinceps multotiens ruptum restauratumque,
ut indicant vestigia, transiens, iter Fiorentiam versus arripui; ubi .v.
ab Urbe lapide, iuxta viam Aemiliatn, vidi marmoreum sepulcrum,
emblematibus ornatum et epigrammate, quod vix legere potui. Credo
tamen ab aliis cum sit publicum lectum et collectum, quare ne frustra
laborem, hoc tantum principium descripsi:
E). M. S. : C. Vibi P. F. Mariani &,c. \ Reginae maximae matri | karissimae (4).
Paulum progresso occurrebat Alexander Farnesius cardinal diu in
Urbe expectatus (4).
In vinea Carpensi est inscriptio, cuius meminit Smetius fol. 23,
huic addita sculptura Herculis contra Geriones, tres viros armatos,
pugionibus et galeis pugnantes.
(i) Sulle mirabili opere del Sansovino in S, Maria del Popolo, vedi Enrico Mac-
CARi nel periodico L'Arie, a. Ili, fascicoli v-vui, maggio-agosto 1900, p. 241 sg. Sul
sepolcro del Barbaro vedi Forcella, op. cit. I, 327, a. 1732.
(2) Nel 1561.
(3) Dato in rame da Antonio Lafreri nel 1551.
(4) Il « Gran Cardinale » tornava probabilmente dal suo castello di Caprarola.
Mori in Roma nel 1589, circa un anno dopo l'incontro col Buchell alla « Sepoltura di
« Nerone ».
74 C/^- 'Bitc/iL'lIiiis
II. Aliquot vicos ignobiles prnetergrcssus, ad Montem Kossum
perveni, ubi cum ex spina pedcs lacsissem, ac inde ulcus natum
esset, de reditu cogitavi (i).
Summa olim Romae fuerit cloncarum largitas neccsse est, cum
Dionis epitoniator dicat, Neronom media nocte per cioacam in Ti-
berim navigasse.
De martyrum cultu qualis olim fuerit testatur Cyprianus, me-
minil Marcellinus ethnicus author his verbis: « Q.uorum memoriam
« apud Mediolanum colentes nunc usque Ciiristiani, iocum ubi se-
« pulti sunt ad Innoccntes appellant » et quae paulo post.
Nescio an Montem Rossum dicam Saxa rubra esse, quorum
meminit Cicero in Philippicii et Livius, lib. 2.
[Secundo ab liinc folio, ubi de tempio S. Petri ad vincla ago,
hoc addendum epitaphium, quod in antiqua tabula pavimenti exstat:
Io. II P. R. Salbo papa N. lohanne cognomento Mercurio ex sanctae licci. Pom.
presbiteris ordinato ex tit. S. Cleiiiciitis ad gloriam pontifìcalem promoto
beato Petro ap. patrono suo a vinculis eius Scverus presb. otTert et it. P. C.
Lampadi et Oresiis ..mcc. urbiciilus C'erdinus est (2).
Est in vinea Carpensis, cuius hoc folio supra memini, Herculis statua
Hvdram crinibus tenentis, quae usque ad pubem tota foemina est pe-
dibus in angues duos desinentibus] (5).
IV. Per viam Cassiam non procul a monte Mario, in quo olim
Marianus exercitus priusquam Urbem intraret se continuit, porta Petri
Romam reversus sum. Quo die tria haec vidi: Sixtum V cum suo
comitatu ad templum Virginis maioris pergentom, hoc ordine: prae-
cedebant cardinales multi suis lecticis et vehiculis, cum omni famu-
latu sequebantur insidentes mulis episcopi, galeris viridi colore fim-
briatis ; inde familia pontificia in equis, purpureis vestimentis conspicua;
post hos ipse pontifex in lectica holoserica, familiari habitu, duobus
mulis portabatur, et facto digitis primis signo crucis, circumstanti
populo benedicere videbatur, ad cuius adspectum genua in terram
flectebantur. Circuibant lecticam corporis custodcs Helvctii milites,
tergumque daudebat ala equitum lanceatorum saga purpurea in si-
gnis. In oppido hinc Leonino genus supplirli Italis familiare, quod
vocant la corde; condemnatus vinctis in tergum manibus inverso
(1) Allude probabilmente all'osteria di Grotta Rossa sulla Flamini.-!.
(2) Vedi Armellini, Chiesi, p. 209. L'iscrizione, che appartiene all'.-inno 532, è
pessimamente trascritta dall'autore
(]) La descrizione di questo gruppo manca nel catalogo dell' Hondio (p. 16 sg.).
Il cardinale possedeva due antiquari!; il primo nelle « dilitie antiche >• sul dorso del Qui-
rinale, gli « horti Carpenses » degli epigrafisti: il secondo nel pala^czo e giardino del
Campo Marzio, passato dopo la sua morte a Baldovino del Monte.
Iter halicum 75
ordine, fune ex alto violcnter deniittebatur ad terram usque qua vi
brachiorum iuncturae rumpebantur (i). Et circa vesperum funus car-
dinalis Sabelli. lacebat in Icctulo cadaver liabitu solcnini cardineo,
dormire credidisses, mortis ignarus ; praecedebant taedae innumerae;
sequcbantur atrati ex familia cuncti (2).
V. Pontifex cum statuam aeream D. Petri columnae Traiani
ìmposuisset, tormentis bombardariis ex mole Hadriaiii explosis aliis-
que ceremoniis dedicavit (j).
[T. Rhenessius (4) mihi narravit se vidisse Romae lapidem anti-
quum in quo mentio fiebat magistri Campi et Ballionum, unde con-
staret clini plures ibi fuisse ludaeorum synagogas] (5).
VI. Hoc die tractum Urbis versus portam Collatinam, quae
simul cum via Collatitia, ab oppido Collatia non procul Urbe deno-
minata fuit; nunc vero Pinciana, a Pinciano senatore dieta, peram-
bulavi. Circa liane, Sulla gravissimo praelio contra Marianos duces
conBixit. Mons hic Pincius, qui et collis Hortulorum, ubi templum
Trinitatis, fratrum franciscanorum, liberalitate regis Francoruni alio-
rumque piorum non ita dudum rcstauratum, pulcherrimaque pictura
ornatum. Sub hoc tempio locant quidam naumachiam Augusti (cuius
supra memini) et extant fornicum relliquiae et multa concavitas (6).
luxta hoc templum sunt horti Mediceorum pulcherrimi, ubi leones
aliaque animalia exotica servantur (7). Nec procul bine, ad montis
radicera est coUegium templumque Graecorura, a Gregorio XllI Ro-
mano pontifice conditum.
Sixtus V anno 1588 templum Hieronimianum (aedicula fuerat
vetusta, cuius tutelaris F. Felix de Montealto cardinalis) a funda-
mentis erexit (8).
(i) Di questi luoghi destinati alla punizione dei contravventori agli editti del go-
vernatore di Roma rimane tuttora memoria nel « Forno della Corda » in via del Corso,
nel 11 vicolo della Corda » nelle piante prospettiche del Seicento iic. La Cord.i di Borgo
stava di contro alla n Curia » o ufficio di polizia, con le annesse carceri, residenza del
bargello, e archivio del notariato criminale.
(2) Il cardinale Giacomo morto a 65 anni nel 1587. Ai suoi tunerali assisterono
trentanove cardina'i e cinquanta prelati, per udire 1' elogio funebre scritto da Pompeo
Ugonio. Fu sepolto nella chiesa del Gesù, a piedi dell'altare di sant'Ignazio,
(3) Vedi FtA, Misceìlanta, II, g sg. ; Bertolotti, Artisti lombariìi, I, 75 sg.
(4) Compatriota e amico di Buchellio.
(5) Allude alla pietra sepolcrale di Betulia Paula (tra i proseliti, Sara), morta a
86 anni e 6 mesi rivestendo la dignità di madre della « Synagoga Campi et Bolumni».
Vedi BtRLiNLp, Gcschichte der Jiulen in Rom, I, 76, n. 27.
(6) Vedi Lanciani, Gli orti Acilioruin sul Piucio in BuH. arch. coni. 1891, XX,
132 sg ; Id. Forma urbis Romae, tav. I.
(7) Credo inedita questa notizia sujla ireiingerie del cardinale Ferdinando.
(8) S. Girolamo degli Schiavuni.
7 6 C^. "Buche! lì US
VII. Per forum olim Suarium iuxta palatium Columnensium,
recta via tetendi in montem Qiiirinnlem. Forum hoc iam maxima
ex parte hortìs est occupatum. Mons vero Quirinalis nunc Caballinus,
ab equis marmoreis, quos sessores pedites frenis rctincnt, vocatur.
Opus hoc Praxitelis et Phidii ccleberrimorum sculptorum dicunt, a
Tiridatc, Armeniorum rege, Romam deiatum. Quirini nomen a tempio
Quirini defluxisse refert Varrò, cui adstipulatur Ovidius:
Tempia Deo faciunt, Collis quoque dictus ab ilio est.
Xyphilinustamen scribit Augustum templum Quirini extruxisse, 76 co-
lumnis, quot annos vixerat, nisi hanc restaurationem dixeris. Huius
quaedam vestigia extare dicuntur, quemadmodum et peramplae rel-
liqiiiae thcimarum Constantiarum.
Palatium hic suum habet pontifex aestivale, ob aurae frigidioris
lenimentum, multis arboribus hortisque cultissimis insigne. Est et hic
turris, quam ex ornamentis Soli attribuunt. Est item aedes S. Vi-
talis, quam olim Salutis fuisse credunt, ab lunio Bubulco dicatam et
a Fabio pletore coloribus ornatam.
Hinc versus portam Salariam undc via Salaria extra Urbem, a
sale, quod e Sabinis adveheretur, dictam, olim etiam Quirinalis et
Agonalis, nunc Collina. Extant vestigia hortorum Salustianorum in
valle profunda, vulgo Salusticum vocant, cui adhaerebat forum Sa-
lustii, inter templum S. Susannae et portam Salariam. Hoc emit
Salustius post practuram Africanam cuni hortis, de quibus Plinius et
Vopiscus. Nec procul ab hoc fuit templum Veneris, ubi ingens proe-
lium dubia Victoria inter SuUam et Marianos accidit, ut Appianus
author, qui et portam crate iam tum ferrea munitam refert
Vili. Vidi Ugoncm Lobencum Alvernum, magnum Rhodiorum
magistrum, Romam quam plurimis comitatum sacris cquitibus Me-
litanis intrantem, occurrentibus purpurei Scnatus in mulis domino-
rum famulis, galeris cardineis in tergum pendentibus ornatis. Ubi in
Capitolium perventum esset, variis musicis instrumentis, quibus ite-
rum ad molem Hadriani pontemque Aelium exceptus fuit (i).
Quo tempore templum DD. Bonifacii et Alexii perlustrando, vidi
Alexii, ut mystogogi narrabant, corpus, dicebaturque D. Virginis
imago, quae in Edissa urbe locuta fuerat, ibidem conservare Huius
(1) Ugo de Loubens de Verdalle, gran priore di Tolosa, generale di artiglieria e
gii ambasciatore di Malta a Roma, eletto gran maestro il 12 gennaio 1582. L'ingresso
trionfa'e del quale parla l'autore ebbe luogo sui primi del 1587. 11 gran maestro era
accompagnato da trecento cavalieri, e prese alloggio in Vaticano nell'appartamento già
abitato da Carlo V e da Cosimo I. Sisto V lo creò cardinale dell'Ordine dei diaconi
nel concistoro del 18 dicembre 1S87-
Iter Italicum 77
fabulae vcl ut nilhi vidctur ab inipcritis honiinibus confictac historiae
meminerunt legendae istiusmodi superstitiosis prodigiis plenae, et
testatur Cbroiiicon Martinianum eiusmodi nugis refertum (i).
In pavimento lioc legebatur mediae antiquitatis epitaphium:
Heu scelus elusae verbis fallairibus Evae
Quo quasi fermento solvitur omnis lioino,
Forma venusta nimis putris est sub marmore pulvis,
Squallet et in tencbris forma venusta nimis,
Dum steterat solido pioducta geniminc claro,
Clarior ipsa quidem vicerat ore diem
Foemina divcs opum, divcs quoque foeniina niorum,
Ubertim binis accumulata bouìs
Quae miserans multis, multum dispersi! egcnis,
Non abigens Christi membra minora Dei.
Domum redicns praeterivi templum Crucifìxi; quod est pulchris
inventionis S. Crucis picturis ornatum, in cuius vestibulo legebatur:
Santissimi Crucilìxi ; ampliss. sodalitas [ Alexandre et Ranutio | Farnesiis | S. R. E.
episcopis I Cardinalibus patronis | Adiuvantibus | Oratorium hoc extruxit et |
ornavit ann. 1568 (2).
IX. Ut in praxi Romana me exercerem paululum, conveni, in-
tercedente Philippe Hurnio Buscumducensi amanuensi, cum Antonio
Guidotto Romani archivii notarlo, de dando ei scribendo operani.
Fuerat hoc archivium, non ita nuper a Celesio Franco-Gallo, e variis
scribarum officinis, in unum, pontificis authoritate, collectum (3).
X. Per altani semitam a thermis Constantinianis et dorso Qui-
rinali, ad portam Viminalem, ob viminum propinquis in locis fre-
quentiam sic dictam, oliin perveni, quae et Figulensis, quod extra
eam primo essent figulinae, et Nomentana, ut nunc D. Agnetis et
Pia, vocabatur. Nomen ultimum, a restauratore Pio IV papa, possidet,
ut ex marmore ibi collegebatur:
Pius mi pontifex maximus pcrtam Piam sublata Nomentana exstruxit, viam Piam
aequata alta semita duxit.
Hinc via Nomentana ad primum milliare ingressus sum templum, satis
pulchrum, variis ex marmore colurnnis musiveisque picturis ornatum,
quamvis longa vetustate gravatum, restauratore opus habeat. Dicitur
(i) Sulla falsità delle leggende riferibili ai Ss. Bonifacio ed Alessio, vedi Duciitsxt,
in Mèlanges d'arch. ei d' hisloire , X, 225 sg.
(2) L'oratorio detto di S. Marcello.
(3) La notizia si riferisce forse all' archivio urbano degli atti notarili, benché la sua
istituzione dati non dal tempo di Sisto V ma di Pio IV. Questo pontefice aveva nominato
nel 1562 Giulio dell'Orologio e Vincenzo Stampa o custodes archivii in curia Capitolii
« erigendi prò scripturis notariorum defunctorum ». Vedi Ardi, di Stato, voi. 5920, e. 49:.
78 qA. "Bue he Ili US
Agnetae virgini dicatum. Aliquot ad lioc gradibu? ascenditur (i) ino-
nasterium, vero huic additum, ruinis iam proximuin, descrtumque pene
videtur. Honoriiis I pontifcx condidisse fertur, Biondo et Platina te-
stibus. In eius septis, turris est roiunda sanctae Constantiae, divi
Constantini filiae, dicala. Dicitque Platina, cui adstipulatur in fron-
tispicio niarmor, ab Alexandre IIII pontifice teniplum lioc testu-
dineum redditum, et ad cultuni divinimi translatum, qui, et suis ma-
nibus, Constantiae aram dicavit, cuius corpus, ad Urbem translatum
ab imperatore Gallo, et in suburbano viae Nomentanae post pri-
nium lapidem sepulcro maiorum illatum est, ut author est Pompo-
nius Laetus. Bacchi hoc templum fuisse antiquariorum omnium
consensus est, duplici ordine columnarum varii marmoris ornatur,
sepulcrumque Constantiae porphyreticum ibi spectatur, ctiamnum
pukhcrrimum, pueris vinis ferentibus et pavonibus ornatum; quare
vulgus imperitum Bacchi sepulcrum vocat.
In hoc tempio papa feriis divae Agnetae solet conficere et con-
sccrare lanani, ex qua pallia episcoporum iìunt, hoc modo: cum in
niissa canitur Agnus Dei, super altare ponuntur duo agni candidi,
qvii hinc traduntur subdiaconis S. Petti, hi mittunt illos in pascua,
suoque tempore tondent, ex qua lana permixta reliquae lanae quum
in filum deducta fuerit parantur pallia, latitudinis 3 digitorum, ab
humeris propendunt in pectus, atque renes, ad extremum sunt la-
minae plumbeae tenues eiusdem latitudinis. Ad hunc modum contesta
deferuntur ad corpora Petti et Pauli, ac certis ibi precibus expeditis
rclinquuntur per noctem unam. Altera die subdiaconi recipiunt et
honesto loco reponunt, quousque quis archiepiscopus opus habet,
qui vel per procuratorem vel per se dari petit, traditis autem multis
cum caeremoniis deferentibus mandatur, ne supra noctem unam, si
modo fieri possit, in eodem loco subsistant. Ceremoniae hae cum
nugarum instar videantur et si puritatem christianae fidei inspicias,
certissima censura, alia ratione nec argumento malori probatas iri
arbitror, quam hac Livii scntentia : « Eludant nunc licei relligionem
« Romani, quid nam est si pulii non pascentur, si ex cavea tardius
« exierint, quid si accinerit avis? Parva haec sunt; sed parva ista
« non contemncndo, maiores nostri maxumam hanc rempublicam
« fecere » (2).
(i) Corr. « descenditur •. La basilica era stata devastata nel Sacco del i$27. La
restaurò il cardinale Spada Vcralli nel 1620, nella quale occasione furono ritrovali gli
otto mirabili rilievi marmorei, che si conservano ora nel vestibolo del palazzo Spada-
Capodiferro (Helbic, Guidi, II, 161 sg.), l'Ercole che uccide 1' Idra ora nel museo Ca-
pitolino rivi, I, 29;) ed altri marmi scritti e scolpiti.
(2^ Sulla cerimonia degli agnelli e dei palili vedi te notizie ricavate dall' Armellini
{CbUie, p. 8j4) dall'archivio di S. Pietro in vinculis.
Iter Italicuììi 79
XVI. Obambulans in Exquiliis, ubi Propertius olini habitasse
dicitur, qui lias vocat aquosas hoc versu :
Disco quid Exquìlias liac nocte fugarat aquosas
Cum vicina iiie:s turba cucurril agris.
Post varios viarum amphractus, intravi locum vulgo Septem sale
dictum, a FI. Vespasiano, ut ereditar, ad usum pontificum factum;
quod videtur indicare marmor ibidem rcpertum, hac inscriptione :
Iinp. Vespasianus Aiig. Vro Collegio Pontificum 1 l'ecit (i).
Cum tamcn sit vicinum tlicrmis Titianis, ex eius relliquiis putarem.
Sunt cubiculi oblongi .ix., quorum .vii. intravi, Singuli erant longi
137 pedes, largi 17, alti 12, erantque fornicato et reticulato opere
pulcherrimi, et ostia dexterrime collocata ad invicem spectantia, ita,
ut quocunque oculos diverteres, idem ordo et numerus ostiorum
conspiceretur.
In reditu templum D. Silvestri ingressus. Diomedis Caraffae
cardinalis, qui multis hoc ornaverit monumentis, vidi sepulcrum et
liane de fundatione templi inscriptionem:
Templum lioc beatus Silvester in praedio Exquitii extruxit, vasis aureis honestavit,
eisdemque nec non fructibus Constantinus imperator copiose dotavit. Sym-
machus pontifex diruptum restituit, a Sergio luniore in liane formam redactum
iliustratumque Sanctorum relliquiis S. Martini PP. et Silvestri item pontificis,
sub Leone IIII picturis ornatum.
Santoruni hic praeterea corpora conservar! dicuntur pontificum Fa-
biani, Stephani, Soteris, Innocentii, Anastasei; episcoporum vero
Leonis et Quirini.
In pavimento hoc est antiquo in marmore epitaphium :
C. Cameri[nn]us | Crescens [ Archigallus Matris Deum ] Magnae Ideae |l||gy|| |
Attis = Populi Romani | Vivus sibi fecit et [ Camerio Ecuratiano Lib. suo ce-
teris 1 Autem libertis utrius | Que sexus loca singula 1 Sepulturae causa H. M.
H. E. N. S.
Idest hoc monumentum heredes eius non sequitur.
Est et hoc :
Positus est hic Leontius presbiter olim Stiliconis Cons. .11. (2).
Tum per radices Esquiliarum via quae olim Suburra, impudicis mu-
lieribus et foro rerum furtivarum famosa, ad portam Laurentianam
(1) Pessimamente trascritta. L'ara era stata sroperta «in una vigna appresso alle
11 Capocce o 1' 8 gennaio 1509. Vedi Buìl, ardi, com, 1891, XIX, 199, e il C. I. L,
VI, n. 569.
(2) Sulle iscrizioni di S. Martino ai Monti vedi Forcella, op. cit. IV, 1-51; C. I.
L VI, n. 2183, e Fn.lPPiNi, Rislretlo di tulio quello che appartiene &c. Roma, Pei, 16}').
So
OA. T^iiclicUiiis
olim Esquilinam, Mctiam quoque tlictam putat Fabritius, eandcmquc
Praenestinam Procopius, Tiburtinam Fulvius et alii vocant, Tauri-
nani etiani dictam ob tauri caput quod etiamnuni in prima eius facie
cclatum videtur, putat Leander, perveni, extra quam de nocentib'is
supplitium sumptum olim indicant Tacitus, Plautus, Horatius (i). Hic
formas aquaeductus Martii vidi, quae sunt extra muros via Tiburtina.
Aqua autem Martia ex Fucino lacu post Appiam et Annienem, anno
ab U. C. .Dcviii. a Marco Titio praetore in Urbem ex senatusconsulto
deducta, et in Capitolium delata, ut latius Frontinus refert, inde per
Augustum et M. Aurelium iniperatores, restaurata est (2). Extat et
apud Dupois, nummus Martii Philippi, hac iiiscriptione: aq.va mar.
Non procul hinc in Roma Ligorii est templum D. Bibianae, quod
sacrum Aesculapio fuisse quidam volunt
XVIII. Romanus pontifex maximus Sixtus V. ante pontificatum
Felix de Monte alto ex Sabinis, ordinis rranciscanorum generalis, octo
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in Senatum purpureum allegit, presbitcros .vi , diaconos duos, ncmpc
Fredericuni Boromaeum, iuvenem adhuc, Mediolanensom et Ugoneni
Lobencum Alvernum, Melitensium equitum praefectum, tuni Schipio-
nem Gonzagam patriarcham Alexandrinum, Petrum Gondium, FIo-
(i) Confonde la porta Tiburtina delie mura di Aureliano e di Onorio con la port.!
Eiquilina delle mura di Servio. Sul <i Forum Tauri in Hxquiliis i> vedi De Rossi, Bull,
arch. com. 1890, XVIII, 2R0 sg.
(2) È superfluo notare gli errori contenuti in questo paragrafo.
Iter Italiciim 8i
reminum cpiscopum, Parisiensem, lohanncni Mciuiozam, Hispanum,
archiepiscopuni Genuensem et Gnbrieleni Paleotum monachuni (i).
XXII. Arcum Galieni imperatoris transiens, in dorso Esquilii.
prope templum D. Viti in Marcello, templum D. Praxii.lis intravi, pul-
criim sic satis et ornatum, in quo 2300 martvrum relliquiae conser-
var! dicuntur. Estque ibidem oratorium qiiod foeminis intrare non
permittitur; ubi columna quaedam marmorea (huius qua hic deli-
neatur forraae), ad quam tiagellatum Christum servatorem a ludeis
ferunt, Hierosolymisque per lohannem Columnam cardinalem trans -
latam, pontifice Honorio III sedente, anno christiano 1223. Templi
vero huius caetera memorabilia ab Onuphrio Panvinio satis enar-
rantur.
Hac quoque iter ad S. Mariana Maiorem ad praesepe, ubi prao-
sepe Servatoris nostri summa relligione servari creditur, cuius ora-
torium candidissimo politissimoque marmore restauravi! Sixtus V pon-
tifex maximus in coque sepulcrum sibi et Pio V papae facit, addita
statua cum rebus ab ipso olim vivo gestis, ex marmore expressis,
ac praecipue bellum Gallicum et Turcicum. Epitaphii vero hoc est
caput :
l'io V Pont. Max. | Ex ordine Praed : [ Sixtus V Pont. Max. [ Ex ordine Minor. |
Grati animi monumentum.
Pius V gente Gisleria l5osci in Liguria natus theologus eximius &c.
Fuerat Sixtus in cardinalitium ordinem per Pium hunc lectus.
In eodem tempio sepulcrum marmoreum elegantis sculpturae
Martini V pontificis, ex familia Colutnnensium. Alexandro quoque
Sfortiae cardinali monumentum inveni. Caetera ampie apud Onu-
phrium.
In huius templi area Sixtus V papa erexit obeliscum, ex Augusti
mausoleo transvectum, cuius iam memini. Color est ut Vaticani, minor
vero est nec integer, quamvis vario artifìcio coniunctus. Huic quae
sequuntur inscripta nigro colore leguntur:
Christum Dominum | Quem Augustus \ De Virgine [ Nasciturum | Vivens adoravit
Seque deinceps | Dominum j Dici vetuit j Adoro.
(1) Federico Borromeo fu creato cardinale del titolo di S. Marij in Domnica, a
soli 23 anni, il giorno i6 dicembre del 1587. Nella stessa occasione ricevettero la por-
pora Ugo de Loubens de Verdalle, gran maestro dei cavalieri di Malta, Scipione Gon-
zaga del titolo di S. Maria del Popolo, candidato al trono pontificio dopo la morte di
Urbano VII, Pietro Gondi, o Gondy, oriundo fiorentino ma francese di nascita, vescovo
di Parigi per lo spazio di ventotto anni, cui Sisto V fece dono di un celebre quadro Ji
Michelangelo nel giorno della sua creazione a cardinale del titolo di S. Silvestro in Ca-
pite, e Giovanni Mendoza da Guadalajara, il più venusto membro del sacro collegio.
Quanto a Gabriele Paleotto 1' autore è caduto in errore, avendo ricevuta la porpora e
il titolo dei Ss. Nereo ed .achilleo, non da Sisto V, ma da Pio IV ai 12 marzo del 1565.
Archivio delLi R. Società romana Ji storia patria. Voi. XXIV. 6
82 qA. \Bitc/iellius
Sixtus V Pont. .Max. Obeliscum | Aegipto advectum ; Augusto i In eius Mausoleo I
Dicatum | Evcrsum deinde et { in plures confractum partes | In via ad San-
'ctum Rochum iacentem In pristinam facieni ! Restitutum Salutiferae cruci |
Felicius Hic erigi iussit An. D. .mdlxxxviu., F'ont. .11.
Ciiristus 1 Per invictam | Crucem 1 Populo pacem | praebuit ; Qui | Augusti pace ; In
praesepe nasci j voluit.
Christi Dei In aeternum viventis | Cunabula | Laetissime colo, | Qui mortui | Se-
pulcro Augusti ; Tristis | Serviebam.
Non procul hinc templum Antonii, ubi pridem Antoniana tem-
ptatio depicta conspicitur, iuxta quod olim lucus lunonis Lucinae.
Est et ibidem in domo privata statua quaedam marmorea, nescio an
Commodi Antonini, et antiquum marmor quod Fabritius extra portam
CoUinam via Salaria inventum tradit, quod lioc ordine ibi legitur
inscriptum :
Imp. Caesar M. .\urclius Antoninus Augustus Germanicus, Sarmaticus et | Imp.
Caesar I,. Aurelius ! Commodus .Vugustus i Germ. Sarm, &c. Hos lapides con-
stitui iusserunt , Propter controversias quae inter 1 .Mercatores et Mancipes Ortae
erant uti finem Demonstrarent vectijjali Forencularii et Ansurii i Promerca-
lium secundum ■ \'eterem legeni semel dum- ! taxat exigundo (1).
Ultra Esquilias locus erat olim Puticuli vocatus, ubi commune
scpulcrum erat miserae plebis, a corporum putredine sic dictus, quamvis
ex sepulcrorum ornatu, ut Marlianus vidisse se testatur, posterioribus
temporibus et divites illic fuerint sepulti.
XXIIII. Apophoreta mittuntur, et in Capitolio tribus ac tribuni
dulcibus et ientaculis excipiuntur.
XXV. Statua Marfori quam Maris fluvii antiquitus fuisse cre-
dant, famosis libellis vulgo Celebris, quae diu in angulo quodam retro
Capitolium iacuerat, loco mota, ubi et inventum labrum marmoreum
summae magnitudinis, ac deinde ad Capitolium translata, ut fonti
serviret, quem eo pontifex non exiguo sumptu deduxerat, unde sum-
pserant quidam occasionem, ut querentem de vini caritate Marforium
inducerent (2).
XXVII. Ingressus thermas Diocletiani circa templum D. Su-
sannae, cuius Pollio, Vopiscus, Laetus, Victor, Marlianus et alii ampie
meminerunt, tanti operis ruinas obstipui, et vix lacrimas tenui ob
temporum rerumque tam variam vicissitudinem. Q.uidne non consu-
mitis anni?
(1) L.I e domus privata», nella quale non una, ma moltissime opere d'ar:e eran
conservate, apparteneva a Federico Cesi. Più tardi prese il nome di villa Caserta. Vedi
C. / A. VI, n, 1016 a. La villa Cesi occupava suolo gii appartenente a Vezzto Agorio
Pretestato. Vi fu ritrovata nel 1591 la st.itua della vestale Celia Concord'a. \' edi Koli^if
df^li icavi, 1885, tav. xviii, n. 4.
(2) Vedi Bu'.I. arJi. com. 1900, XXVllI, 3 sg.
Iter Italicuìu 83
Certe Roma olim non homlnum sed immortalium potius Dcorum
viJetLir fuisse habitaciilum. Extant vestigia tubarum, vasorum, fistu-
larum, oppidi instar. In ruinis coenobium Cartusiorum monacliorum
exstructuni, cum olim aedes S. Crucis inhabitarint, ut tcstatur Onu-
phrius (i). Xunc lemplum amplum ex muris thermarum, auspitiis
Pii mi pontificis extruitur; cuius nomen a S. Maria Angelorum
sumptum. Ep'tnphia hic leguntur Pii I\' Medices pontificis maximi
et Alciati cardinalis. Pictura quoque conspicitur venusta lulii Par-
mensis et Pauli Palmalinensis clarorum pictorum (2).
luxta has termas est monasterium D. Bernardi a Sixto V pon-
tifice Romano exstructum, ad cuius frontispicium haec legitur in-
scriptio:
Si<ito V Potit. Opt. Max. Qiiod pauperihus virginibus viduisqii3 servandis conser-
vandisque monasterio collegio atque instituto aedes donavit; sodalitas D. Ber-
nardi P. 15S7 (3).
Sunt etiam in ipsis thermarum ruinis granaria romana hoc epi-
grammate notata:
Gregorius XIII Pont. Max. adversus annonae difficultatem subsidia pracparans, hor-
reum In tliermis Diocletianis exstruxit, anno iub. 1575. Pont. .1111.
Sixtus vero V ad thermas deduxit et restauravi: aquam Clau-
d'am, opere nondum adhuc perfecto, ad cuius ornatum Sphinges quae
ante porticum Agrippae eo transtulit. Hanc Claudius imperator, teste
Frontino, primus in Urbem ex fontibus Curtio et Cerulio deduxit. Sue-
tonius a Caio (in Caio, cap. xx) inchoatum et Claudio (in Claudio,
cap. xix) perfectum eius aquaeductum scribit. De hac haec legitur ibi
inscriptio:
Tibcrius Claudius Drusi FU. Caes. Aug. &c. aquas, Claudiam ex fontibus qui vo-
cabantur ' Ceruleus et Curtius a. mill. .xxxxv., item \ Anienem novam &c.
impensa sua in urbem perducenda'; curavit.
Vespasianus inde et Titus Caesares collapsas restaurarunt, ut ex
epigrammatibus huius urbis colligitur, et iis quae ad portam Neviam
extant. Sixtus V liunc aquaeductum suo nomine Feliceni dixit, de
quo videndus Ferrutius ad Marlianum et extat inscriptio ad portam
S. Laurentii arcui ipsi erecto inscuipta, qua continetur Sixtum pon-
tificem aquaeductum Felicem subterraneo rivo millium passuum 15
(i) Vedi Buìl. arch. coni. 1S95, XXIIF, S7.
(2) Il c.irJ:nale Francesco Alciato era stato protettore dell'Ordine dei Certosini, e
perciò ebbe sepoltura in S. Maria degli Angeli.
(5) La chiesa e il monastero di S. Bernardo furono edificati non da Sisto V, ina
da Caterina Sforza contessa di S. Fiora l'anno 1594, nel sito già occupato dai giardini
Beliay.
84 Ci/. "Buchellins
suhstructione arcuata .vii. suo sumptu extruxisse anno 1)85, pontitì-
caius .T. (i).
XXVIII. Ad portani S. Mariae Maioris ambulando deveni, quani
olim Neviam, propter vicinani silvani Neviam; a Plinio vero Labi-
canani, ab aliis Radusculam et Arcuariani, diversis opinionibus di-
ctam tradunt, quam cum viis restauravi! Sixtus V pontifex, opera
condemnatoruni, ubi in arcu marmorea haec legitur inscriptio:
Sixtus V Pont. .Max. vias utrasque ad Santam Mariam Maiorem et ad S. Mariani
Angelorum, ad populi commoditatem et devotionem longas latasque sua im-
pensa stravit, anno Doni. 1585, pontilicatiis .1. (2).
Revertens deinde via ad S. Mariam Maiorem, vidi trophaea
C. Marii de Cimbris satis integra, de quibus Suctonius (in /;//. cap. xi,
et Velleius, lib. 2) ad haec verba: « Tropliaea C. Marii de lugurtha
« deque Cimbris atque Teutonis olim a Sulla disiecta restituit »,
et aquae Virginis aquaeductum (liane nunc Triviam vocant) quam
M. Agrippa, C. Sentio, et Sp. Lucretio consulibus ex agro Lucullano
Romani traduxit. Nomenque habet a virguncula quae venas mon-
straverit, ut scribit Frontinus et Claudius imperator restituit, quem-
admodum ultimo Julius II pontifex maximus cum hoc ep'grammate:
« Publicae commoditati » (5).
Meminit huius quoque Martialis.
Feclt et Sixtus viam Felicem ex suo nomine dictani, de qua
haec inscriptio:
Sixto V ponti ìci maximo quod viam Felicem apeniit, stravitqae, pontificatus sui
anno .1. 1.^85.
Pontifex circa hoc tempus solet imagunculas quasdam effingere,
in formam agni, ex alba caera oleo delibuta, has affirmat de collo
suspensas peccata hominum aeque purgare ac Christi sanguis &c.
ut in libro Caeremoniarum poiit. I (sect. 7) scribitur:
Balsamus et caera munda cum chrismatis unda
Conlkiunt agnum; quod munus do tihi magnum.
Fonie velut natiim per mystica sanclilìcatnm,
Fulgura de sursum depellit, omne maiignum
F'eccatum frangit, ut Christi sanguis et angit,
Praegnans servatur simul et partus llberatur &c.
(i) Si traila dell' amica Alessandrina, non della Claudia. Sui lavori di Sisto V, sul
fornice presso porta S. Lorenzo, sulla mostra di Termini, vedi Lanciani, / Commentarii
a Fronlino, cap. X, p. ì" .
(a) Vedi HiEtjtiR, Sixle Ciiiq, II, 75 sg. (livre sixième, L' A i g u i 1 I e) e Sit-
vf.xsoN, Top, e mon. di Roma nelle pitture a fresco di Siilo V Sci.
(5) I due trofei marmorei che ornavano la fontana d'Orfeo, furon tolti di posto
nel 1591 e trasferiti alla piazza del Campidoglio. Vedi Heldig, Guide, I, 268 sg.
Iter Italicum
De his quoque scribit Hcnr. Coni. Agrippa, lib. Ili Occuìluc Phil.
cap. 65, quales ex donatione Cuijnrctorvii non superstitionis, sed
demonstrationis ergo habeo (i).
XXIX. In Esquilinis obambulans liortos vidi Moecenatis, in
quibus olini privatus adhuc Tyberius habitavit, teste in eius vita
Suetonio (cap. xvi): ubi et turris illa Moecenatis, ex qua Nero in-
cendium Urbis famosum spectasse (Suet. in Ner. cap. 38), et Ilii exci-
diuni exultans cecinisse legitur. In reditu vidi hortos quos magnificos
prope aedem D. Mariae Maioris exstruit pontifex, et iam ante pri-
vatus senator purpureus incoeperat. Supra facultatum magnitudinetn,
ut ferunt, Gregorium Boncompaignum ante liunc pontificeni Roma-
num obambulantem hos inspexisse et interrogasse cuius essent? eique
redditum Gregorium pontifice dignum opus, et supra vires pauperis
senatoris, praesagio, ut quidam interpraetabantur, futurorum. Veruni
siqui sibi hac pontificiorum pompa plaudunt, Cvprianum adversus
Nonatianum scribentem de simplicitate praelatorum legissent, me-
cum non tam improbarent quam prorsus damnarent omnium nostro-
lum antistitum fastum, regiae vitae imo tyrannide quam pontificiae
verae proximiorem (2).
XXX. De regimine Urbis, pauca addam. Loco consulum nunc
sunt duo conservatores; sunt praetores item duo et gubernator unus
qui ius reddunt et res Urbis curant praeter minorem magistratum.
ludices rerum causarumque civilium sunt multi, qui auditores
vel iudices referendarii dicuntur. Horum collegium Rotae nomine
notatur, his pontifex ad quem omnes primum supplicationes et li-
belli diriguntur causas controversas committit, et ab eorum sententiis
ad eundem appellatur. Horum iudicum offitia sunt pontifici lucrosa
admodum, venduntur enim aliquot millibus ducatorum. Ex his quoque
saepenumero cardinales creantur, qui nescio cuius instituto, vel no-
biles vel doctores esse solent.
Lorarii qui Italis isbirri dicuntur magno ab hoc pontifice nu-
mero aucti, ad reprimendam exulum licentiam, qui grassando infe-
stam totani tenent Italiani. Hos vero optumo, olini a Venetis exco-
gitato commento, comprimit Sixtus V pontifex tribus publicatis
edictis, primo veniam delictorum poenitentibus indulget; secundo
praemium occisoribus promittit; tertio, impunitatem et praeniia mul-
taque privilegia poUicetur; quo postremo mutuo ipsis diffidentiam
et nietum socialem incutit. Leges romanae de servis olim fugitivis
(i) Sul rito degli Agnus Dei lii cera vedi Bibliografia in Moroni, Dizionario,
I, 128-130.
(2) Sugli 0 horti Montaltìni » a S. Maria Maggiore e sull'incidente di Gregorio XtlI
vedi HuEBNER, op. cit. I, lib. II, 5 IV, p. 234.
S6 d-l. '■Biichcllius
Lu.ie adsimiles, nam cavent, ne fugitivi admittantur in s.iltuni, nec
protegantur a villicis aut procuratoribus possessionum, et muleta sta-
tuunt, qui nugistratui exhibuisset veniani in anteactum dedere adi-
tLinique militi vel pagani aperuere, ad investigandum in praedia vcl
senatorum vel paganorum (lib. I, Di servis fiio.) (i),
XXX. Hic pontifex Romanus Sixtus V, ante pontificatum, Felix
de Monte Alto, sunimus Franciscanorum praefectus, et haereticae pra-
vitatis inquisitor, cuius posterioris niunus infelicitcr in Venetos
tentavit, cum ibidem quemdam ex senatorio ordine virum suspectac
relligionis reum fecisset, eumque propria autoritate custodiae tradi-
disset; cuius rei tanquam insolitae Senatus Venetus impaiiens, nihil
òbstante pontificia authoritate, hominem tradita caerea ante eius exi-
tuni e finibus Venetis decedere iubent (2). Obscuris admodum nata-
libus ortum fama publica probat, et pauperculi villici e Monte Alto,
oppido in Brutiis (5) (cuius imperium cum titulo ducatus filio suo
notho dedit Ferrandus, primus Arragonius rex Neapolitanus), filiuni
qui cum oves paternos pasceret admodum puer, a fratribus franci-
scanis assumptus ob indolcm et educatus fuit, quamvis non desint,
qui falsissime a ducibus Montealtanis eius originem deducunt.
Initio pontificatus, cum Urbs inopia frumenti laboraret, naves et
mercatores qui Anconam appulerant detineri Romamque deduci cu-
ravit, tanta nam fuerat annonae inopia, ut Romae cum pontifici ac-
clamaretur more solito, hae voces audirentur: « patre sante fatte la
« paniotte grande »; eoque facto, populi favorem sibi demeruit, quamvis
alioqui vir austerus et senectutis vitio morosior haberetur. Quaedam
enim ab initio severitatis edidit esempla; Henricos Borbonios Xa-
varraeum scilicet et Condaeum excommunicavit, cuius exemplar
apud me habeo, etiam per Hotomannum oppugnatum, Pauloque
lordano Ursino ad se venienti, et de pontificatu gratulanti, veniamque
anteactorum iam condonatorum (cum eius Consilio Corambonus pon-
tificis sororis maritus a patre Ursino fuisset trucidatus) petenti re-
spondit: « Cardinales facile vindictam remittere », quo ille responsu
nil pacatum ab ipso exspectans, cum familia Patavium discessit. Edidit
quoque buUam Pii V, de filiis presbiterorum, quam Cjregorius iam
improbaverat et multi adhuc ut iniquam damnant. J^dictum praeterea
contra validos mendicantes edidit, et invalidos condito collegio con-
gessit, quibus necessaria tribuit. In consanguineos et amicos fuit
summe liberalis; ex sorore nepotes, unum fecit Romanac urbis gu-
fi) Vedi HuEBNER, op. ih. X, llb. IH, Les BanJits.
(2) Vedi HuiBMEii, op. rit. I, lib. Il, Le Conclave.
(5) Avrebbe dovuto dire • in Piceno o.
Iter Italicum 87
bernatorem; altcrum carclinalcni, -.xc Bononiae nomine pontificio re-
ctorem; neptem etiam pauperculae et extrcmae sortis mulieris, quae
linteamina purgare erat solita, filiam, ut principem mulierem obser-
vari iussit, nec nisi esseda et multo famulatu in publicum procedere
voluit, ac prò ea ducum tilios matrimoni! causa sollicitavit. Aeter-
nitatis fuit admodum avidus, et famam etiam operibus publicis pe-
rennem quaerere studiit, eamque ad rem profusissimae lìberalitatis
fuit; caeterum privatus rei videbatur attentior.
Cum quodam die Farnesius prò captivo precaturus pontificem
adiisset, idque ipse suspicaretur, cuidam ex sua familia in aurem dixit,
ut statim captivo laqueo vita adimeretur, ac tum audiit cardinalem
mortemque captivo deprecanti, reddidit, se id eius precibus conces-
surum si viveret; gratias egit pontifici Farnesius, et subito ad car-
cereni properans strangulatum invenit; quare iratus, monachi hanc
esse gratiam dixit; quod ad pontificem deferens carceris custos, misit
qui Farnesium accerserent, qui cum de more ad eius pedes procum-
beret, sic sinit per mediani horam iacere, ac causam admirantem,
hoc responso dimisit: « haec monachi est iam gratia, quem si iterum
« irritaveris poena pontificia in te insurrecturum noveris ».
Sixtus, inter alia quae suo pontificatu statuit, vetuit ne cardina-
lium numerus septuagesimum excederet, item nullos nisi mense de-
cembri creandos, certos etiam cognationis gradus expressit, in quibus
constituti duo cardinales esse non possent.
Amnus christianus 1588.
Hunc variis lacerai viilgus discursibus annum.
Da Deus infaustum longius omeri eat.
Ianuarius..
Me lanus veteri Romana vidit in urbe.
Kal. Novi urbis Romanae magistratus creati, qui in habitu
solemni ordini ante pedes pontificis procumbentes, ex more iura-
mento praestito inaugurati sunt, deinde circa vesperum tormenta
bellica ex arce summo tonitru explosa.
II. Perambulavi Coelium montem, olim Querquetulanum a
Silva, inde a Coele Vibenna duce Etruscorum, teste Tacito, sic di-
ctum, et a Tiberio qui hunc ab incendio deformatum restaurarat
montis Augusti nomenclatura indigetatum, in quo templum Claudii,
ab Agrippina incoeptum, a Nerone funditus eversum et Vespasiano
restauratum; et Lateranenslum aedes, quarum olim percelebris fa-
88 CA. "Bucliellins
milia, meniinit Laternnensis cuiusdam senatoris Appianus. Fasti prae-
terea consulares, lulius Capitolinus, Tacitus, Hieronimus, Aurelius
Victor, Rut'us Lateranenses nunierant, et luvenalis in satyris
Et cgregias Lateranorum obsides arces,
ubi nunc a Constantino, ut volunt, teniplum S. Salvaioris vel
D. Ioannis Lateranensis, multis celebre relliquiis, de quibus videndus
Onuphrius, qui peculiareni de septem Urbis basilicis edidit libelluni.
Vulgus imperitum nescio quid fabuletur de rana Keronis, quae ibi
latuerit, unde nomen deducit. Est in hoc tempio sepulcrum Laurentii
Vallae, aliorumque tam virorum doctorum, quam pontificum. Por-
ticum novo opere restaurai pontifex Sixtus V, et palatium purgata
eius area extruit. Ibidemque obeliscura ex Circo Maximo advectum,
et in plures confractum partes hverogliphicis literis venerandum adu-
natis fragmentis, erigi curat. Hic olim statua illa quae nunc in Ca-
pitolio, cuius adhuc basis conspicitur.
Tum quoque libuit Sancta Sanctorum (qui locus admodum re-
ligiosus) visitare, ubi magnae indulgentiae donabantur. Intrare hunc
mulieribus non licet nisi certo tempore. Ante ostium hoc est di-
stichon :
Circumcisa caro Christi sandalia clara
Ac umbilici viget hic praecisio cliara.
In monte Coelio fuere olim quoque aedes Tetrici tyranni, in quibus
pictura niusea admodum egregia. Hinc ad portam Coelimontanam,
quae et Asinaria olim, nunc vero Lateranensis, et Latina (i). Vidi
cratorium non adeo magnum, quod ingressus, hos versus parieii
inscriptos legi :
Martirii calicem bibìl hic athleta Ioannes
Principii verbum cernere qui meruit.
Verberat hic fuste proconsul forcipe tondit
' Quae fervens oleum loedere non potuit.
Conditur hic oleum dolium cruor alque capilH
Quae consecrantur inclyta Roma tibi.
Deinde praeterivi ruinas veteris palati! et monasterii (2) quibus est
contiguum xenodochium aegrotantium S. Mariae, et in colle templum
cum coenobio Quatuor Coronatorum, ab Honorio pontifice Romano
eius nominis primo fundatum (3), ubi olim castra peregrina, inde per
(1) L'autore veramente distingue la porla Latina dalla Asinaria, come apparisce
cliiaro dal ricordo che segue, relativo alla edicola di S. Giovanni in Oleo, che sta nel
piazzale intemo della porta Latina.
(») Il patriarchio con le varie sue dipendenze, distrutto da Sisto \ .
(j) Onorio I ristauró il titolo Cclimontano gii esistente. Gli avanzi delle « Castra
» peregrina» sono stati ritrovati nel sito dell' « orto basso» dei Casali.
Iter Italiciim 89
emporium quod olim fuit Inter Aniphiteatrum et Santam Mariam no-
vani, cuius pars hortis eius monasterii occupatur, domum properavi.
Mirabar ego infantcs duorum vel trium annorum cucullatos
conspici; sed respondebant parentes, se ex voto hoc facere, cum
filium nasciturum certis de causis Deo vovissent, forte an exeniplo
veterum ludeorum, ut Bibliae testantur sacrae, iustam tamen aetatem
requiruiit canones, cap. « ad nostrani » cap. 51 Decret. de reguìarih.
In Luterano, die lovis, ante festum Pascatis, pontifex execratur
omne genus liumanum, propter ingratitudinem erga Christum, cuìus
vide formulam apud Sleidum, lib. Ili historiarum sui temporis in
princ.
Innocentius II, in Laterano curavit depingi Lotharium impera -
torem quasi vasalluni ad ipsius pedes prostratum, et imperii coronam
ab eo accipientem, hoc verso addito:
Rex venit ante fores, purans pi'ius urbis honores
Post homo fit papae: sumit quo dante coronam.
IV. Pontifex legem tulit de bacchantium insolentia compri-
menda, ne mulieres nudae aut personatae discurrerent, ne larvati
telis armarentur, ne sacris diebus in publicum procederent, diebusve
Veneris. Ab hoc nam tempore incipiunt, equites, pedites, in curribus,
in vehiculis, in mulis, in asinis, exotico et quam maxime barbarico
habitu, per omnes urbis vicos et compitas discurrere, hi tura somma
in quosque licentia verboromqoe petulantia uti, comoedias agere, in-
strumentis ludere, disputare, ad amicarum fenestras piangere, lam.en-
tari, et similia facere solent tanta copia, ut viae quotidie occupentur
totae, ac praecipue Flaminia qoae et Curtia, cum ultimo bachina-
liorum ibi variis cursibus certetur, quod fortean originem habeat a
Paulo II papa, de quo ita Platina : « Paulus ad otium conversus, po-
« pulo Romano ad imitationem veterum ludos et cpulum instituit:
« ludi erant pallia octo, quae cursu certantibus in carnisprivio pro-
« ponebantur, singulis diebus. Currebant senes, adolescentes, iuvenes,
« ludaei ac seorsim pastillis primo pieni, ut tardiores in cursu essent;
« currebant equi, equae, asini, bubali, tanta cum omnium voluptate
« ut prae risu (ut inquit poeta) vix ilia ferrent ». Videtur olim ludeis
Mosaica lege id prohibitum cum legatur in Deuteronomio (cap. 12):
« Non induetur mulier veste virili, nec vir utetur veste foeminea,
« abominabilis nam apud Deum est qui facit illud ». Nunc de sede
marmorea perforata quae est in Laterano, cuius meminere Onuphrius
et Platina, et vulgo fertur olim pontificem hic coUocari recenter
creatum solitum, cuius pudenda ab ultimo cardinalium, ne deceptioni
locus foret, attrectari. In libro vero caeremoniarum haec leguntur.
90 0,'!. IBiic/u'lìiiis
Pontifex creatus ducitur a priore et canonicis ecciesiae Lateranensis
:\i marmoream sedeni, quae stercoraria appcUatur, et ibi euni sedere
faciunt, qui ita tamen sedet ut magis iacore videatur; ad quem mox
accedentes cardinales clevant euni honorifice, dicentes: « Suscitat de
« pulvere egenum et de stercore erigit paupercni, ut sedeat cum
>T principibus et solium gloriae teneat». Tum surgens, accipit de gre-
niio camerarii quantum pugno potest complecti pecuniarum, ubi
tamen nihil auri aut argenti, ac spargit in populum dicens : « Argen-
« tum et aurum non est mihi, quod autem liabeo hoc tibi do»(i).
VI. Ex mole Hadriani, cum essent epiphaneorum feriae tor-
menta explosa sunt; tum etiam epulum regale in multos dies datur.
Ad portam Capenam seu Triumphalem quam et olim Appiani
(cum ibi sit initium viae Appiae, quae Roma Capuam usque, 126 mi!,
ab Appio Caeco deducta fuerat) nunc divo Sebastiano sacram, ut
basilicam D. Sebastiani extra Urbem viderem, perveni, sed cum serius
csset redii, et in via intravi templum ornatum recenti pictura mar-
tvrum multorum tormenta secundum imperatorum ordinem expri-
mente. Erat rotundum columnis aliquot marmoreis sustentatum. Olim
Fauni capreoli aedem fuisse constai et terno ambitu quasi porti-
cibus ut ex vestigiis apparet amplissimam. Huius cura incumbit col-
legio Germanico (2).
[Dicebantur aliquot millia Turcarum ab exercitu imperatorio in
Ungaria ex improviso coesa.]
Dies hic sunt breviores aestate quam in nostra provincia, et in
hveme longiores. De horis vero Italicorum vide Ruscellum ad Ptol.
(lib. I, pag. 25).
Non procul a porta Capena olim fuit aedes Honori et Virtuti a
Marcello bello gallico vota, et dedicata bello poenico fervente An-
nibale duce, ut author est Livius (lib. XXVII), liane quidam divi nunc
Sixti arbitrantur, Fabritius dissentii; in via Appia ponit Marlianus,
lib. IV, cap. XXIV (3).
VII. Sixtus V tres currus auro onustos ad castrum velli curavit,
et scrinia tliesaurarii ampliora fecit. Ex Capitolio descendens versus
Tyberim ad forum Boarium deflexi, quod olim maxunium. In lioc
templum D. Georgii in Velabro, ubi dicunt apud rudera Palatini
draconem quendam olim totani Urbem pestilenti flatu affecisse, quem
Gregorius fugavit. Videturque ibi ante aliquod templum caput mar-
(1) Vedi Armellisi, Chiese, pp. 96-97.
(2) Intorno l' edificio di S. Stefano Rotondo vedi Lanciami, L' Itinerario lìi Ein-
sieìiln, p. 71 sg.
(3) Il tempio dell'Onore e della Virtù toccava quasi la porta Capena, mentre la
chiesa di S. Sisto ( • titulus Tigridis •) ne dista di 45Q metri.
Iter Italiciim 91
moreum, quod vulgo Bocca della verità, collocatum, de quo
mira fabulantur, ut pcriurii vindice. Nec lune procul arcus marmo-
reus, variis sacritìcantium sculpturis circum ornatus. Ad hunc argen-
tarios et negotiantcs convenire solitos, ex inscriptione Severo disci
videtur, quae talis:
Imp. L. Septimio Severo Partinaci &c. Argentarii et negotiantes boarii hiiiiis
loci DI), (i).
De hoc arca eiusque sculturis quaedam apud Caulaeum in
Rell. Rota. ani. (2) et Marlianuni et Fahritium.
Prope in Velabro scaturii fons aquae luturnae, quam Turni so-
rorem fabulatur Virgilius. Haec olim faciebat lacum in foro, iuxta
templum Vestae, ubi nunc Silvestri aedes in lacu, quae hodie detorto
aquaeductu hic scaturit fonte profundo, sed ad usum lavandi tan-
tum (5).
Est et ibi arcus marmoreus quadratus, nulla inscriptione; cre-
dunt olim templum fuisse lani quadrifrontis, de quo vide Martialem
et Ovidium. Vicinus ac palatio continuus videtur fuisse Circus Maxu-
mus, inter Aventinum et Palatinum medius, cuius magna etiamnum
exstant vestigia. Longus erat 3 stadia, latus unum. Claudius impe-
rator in hoc carceres fecit marmoreos et metas auratas, ut author
est Suetonius, restauravitque Domitiauus. Vide Ang. Roccam lib. di
hibl. Val. embì. XI.
Iuxta Circum aedes Liberi Liberae et Cereris quas A. Posthu-
mius dictator voverat, dedicavit Tiberius, quam et Florae aedem a
L. et M. Publiciis aedilibus constitutam.
Tum ad montem Testaceum sive Doliolum, qui a testis et frag-
mentis fictilium in tantam magnitudinem excrevit, ut iusti montis sit
instar, deveni. In eo ambitu tabernas figulinas constitisse perhibetur.
Hinc non procul in ipsis moenibus, apud portani D. Pauli, olim
Ostiensem et Trigeminam, est pyramis ex quadratis lapidibus, se-
pulcrum C. Cestii .vii. viri epulonum, ut hae indicant literae:
Opus absolutum diebus 330 ex testamento C. Cornelii tr. pleb. septemviri epu-
lonum (4).
Hanc apertam ingressam se mihi narravit Theodorus Rhenes-
sius, variis picturis antiquis adhuc ornatam sacrarli cuiusdam mor-
tuari! instar (5).
(0 Vedi C. I L. VI, n. 1035.
(2) Vedi Bull. Inst. a. 1S71, p. 247.
(3) Confonde l'autore la sorgente di Giuturna con la cosi detta r. Acqua di Mer-
li curio ». Vedi Laxciani, Acque.
(4) Vedi C. /. L. VI, n. 1374.
(5) L' ingresso antico alla cella sepolcrale non è stato mai scoperto (vedi Nibby,
92 qA. ^UcJlL'llillS
IX. Pontifex Sixtus V festum instituit hunc diem, in translatione
Pii V pontitìcis maximi, cuius cadaver ex Vaticano nd S. Mariani
maiorem transtulit, inque sepulcro a se condito coUocavit.
XI. Pontit'ex, astantibus cardinalibus, sacrum solemne mortua-
rium celebravi! in aede D. Mariae maioris, et manes Pii quinti pla-
cavit.
Hinc obambulans ripam Tyberis, vidi relliquias navaliorum ve-
terum, et horreorum quae olim fuere ad radices mentis Testacei, et
Aventini versus tìumen numero 140. Vidique acatum (navis genus
vulgo galera dictuni) magnis sumptubus et ingentis magnitudinis
extrui, ad pyrataruni, ut dicebatur, excursiones reprimendas, sed cre-
debatur a quibusdam in augmentum classis Hispanicae fieri.
Pro summo munere ut olim ita et nunc alieni ob eruditioneni
vel singularia merita tribuunt Romani civitatis suae ius, civenique
< ARCV/ fMv? i2\'MK{Tn^P:-T'
l.nciunt, ut nuper Hubertu- 1 Go'.tzium, Paullum Melissum, Alduni
Manutium, M. Antonium Muretum fecerunt.
XVI, Vidi hoc die quendani Graecum patriarcham, dicebatur
vulgo Constantinopolitanus, sed falso habitu erat simplici de familia.
Sixtus pontifex legem tulit adversus adulteros, qua luliam re-
novavit, iam penitus superioribus saeculis exstinctam, et ultore gladio
puniendos decrevit. Idem astrologiam iuditiariam nisi quae circa
medicinam et agriculturam versaretur sustulit.
Rema ani. Il, 540). Il taglio violento pel quale si entra attualmente è opera del i6é; e
di Alessandro VII. E probabile che il Renesse abbia potuto calarsi nella cella per mezzo
del foro aperto nel lato settentrionale della piramide, vicino al suo innesto con le mura
della citii.
lUr Ita licitili 93
XVII. D. Antonio haec Jie sacra, qui ìr.c p.itronus equorum
audiebat, quemadmodum Duaci Elgidius, qutm vulgo S'. Eloy
vocant.
XVIII. Pontifex ut larvatorum comprimerct insolentiam eos
edicto ut supra rettuli coercuit.
Vidi tum temporis Academiam Romanam veterem, quam Sa-
pientiam vocant, per Pium V pontificem anno 1566 restauratam,
cum tum fere fuisset coUapsa, eiusque proventus ab aliis occuparentur
inique, liane et hoc tempore vidi restaurari ad pristinumque nitorem
reduci.
(Continua).
LA POLITICA RELIGIOSA
DI COSTANTINO IL GRANDE
E
LA PROPRIETÀ DELLA CHIESA
OPl patrimonio della Chiesa cristiana entrò ai tempi
di Costantino nell' ordine giuridico romano. Se
r elemento patrimoniale ebbe occasione di deter-
minarsi subito nel campo delle antiche comunità cristiane,
entro alle quali largamente e presto il principio di carità
e di soccorso, che d' altronde era uno degli insegnamenti
più belli della nuova dottrina, ebbe applicazione, e cui la
classe indigente, schiava ed oppressa, che in queste reli-
giose associazioni trovava fraterno accoglimento non solo,
ma assistenza e conforto, forniva ampio contributo di per-
sone e dava ampia forza di divulgazione e di sviluppo (i),
r importanza economica e sociale di tal fatto non rispec-
chiavasi gran che nell' ordine giuridico, dove questo ele-
mento economico delle società cristiane ebbe appena una
indiretta ed incerta organizzazione, e pur quando potè
(i) Sopra questo elemento sociale delle antiche comunità cri-
stiane, oltre alle opere indicate nel mio voi. I sulla Proprietà eccle-
siastica, Torino, Unione tipogr. editr. 1899, cf. il recente articolo di
Knopf, Ueber die so-^iale Znsaiiniìenset^^iin^ der iiltesten heidenchrisllicheu
Gemeinden, nella Zeitschrift f. Theol. iind Kirche di Gottschick, Tùb.
und. Leipz. 1500, p. 325 sg.
9^ C Cj russai
togliere a prestito la veste e la significazione giuridica dei
colIei:;ia temnonim.
Il suo modo di esplicarsi fu certo nella più gran parte
quello più semplice di spontanea o regolata colletta e d'im-
mediata distribuzione, anche nei più inoltrati periodi (i),
e quindi la pratica sua significazione ci sfugge al calcolo
positivo: ma la sua importanza si può supporre, se la pu-
rità della cristiana dottrina aveva, come è da credere, il
più fedele riflesso nella vita e nei costumi di quei primi
cristiani. Un vero e proprio patrimonio, che facilmente
poteva essere 1' effetto di straordinarie entrate, e special-
mente di donazioni e lasciti, che in forme indirette pote-
vano trovar luogo, dovette però aver modo di costituirsi
e anche di trasparire esternamente nei periodi in cui la
vita di queste comunità ebbe campo di svolgersi con si-
curezza e con tranquillità : ma questa proprietà collettiva,
di cui il luogo di ritrovo, la chiesa, il convcnticiiìum era
il primo elemento, veniva distrutta e dal fisco assorbita
nei moiiienti di persecuzione. Della sua esistenza e di
questa sua fine possiamo essere certi, perchè ce ne danno
riprova 1' editto di Calerlo e le altre disposizioni imperiali
che, dopo r ultima persecuzione di Diocleziano, ne ordi-
narono la restituzione ai cristiani (2).
(i) Eusebio, Storia ecchs. lib. IX, cip. i : [dopo lo disposizioni
òi tolleranza date da Massimino, in parziale attuazione dell'editto di
Galerio al prefetto Sabino] . . . /.aTà TTxaav ttóX'.v (JU•^^y,:5T0•ja£Na; T:a.z%-t
l'/ri i/./.Xr.'ji-xi, cjvs'òij; -i TTaa-.rXr.Seì;, y.ai rà; ì~i ts'Jtw è; ISiu; Ètti-
zù.yrj.iifx', (j-j-*a-^(of d; {cjtili'.;) [« ecclesias in singulis civitaiibus con-
(t gregatas et frequentissimos christianorum concursus, et coUectas
«ibidem ex more fieri solitas cernere licebat»].
(2) Editto di Galerio nel De titorlibiis peiscciiiorum [Lattanzio],
cap. 4 {Pulroì. lai. Migne, voi. VII): «ita sibimet legcs facerent,
« quas observarcnt, et per diversa fioca, cf. sotto, et conventicula sua
« componant] varios populos congregarent ». Editto di Milano od or-
dinanza di Nicomedia (cf. appresso): «... statuendum esse ccnsui-
<< mus quod si eadem loca, ad quae antea convenire consueverunt . . .
La politica religiosa di Costantino ecc. 97
Ma può d' altro canto ritenersi che tale proprietà non
rappresentasse gran cosa, perchè il rinnovarsi delle perse-
cuzioni deve averne ben presto dimostrato ai cristiani la
precaria e pericolosa esistenza; e perchè, in fatto, gli storici
delle persecuzioni non accennano di proposito né a questa
proprietà, né a questi straordinari incassi del fisco nel mo-
mento della sua violenta soppressione. L' autore del De
mortibiis persecntoriini, tutto intento a narrare le gesta dei
persecutori e il martirio dei fedeli, accenna appena alla di-
struzione delle chiese (i): cosi nella storia di Eusebio ad una
rilevante proprietà ecclesiastica, che fosse andata distrutta e
fosse stata usurpata dal fisco, menomamente non si accenna.
L' ingresso delle comunità cristiane nell' ordine giuri-
dico romano con 1' essere riconosciute come coìlegia licita
e con r acquistare perciò i diritti di corporazione avvenne,
com' è noto, sul principio del iv secolo con gli editti di
tolleranza: con l'editto, cioè, di Galeno dell'anno 311 (2),
» restituantur ». Ibid.: «... et quoniam iidem christiani non ea loca
a tantum, ad quae convenire consueverunt, sed alia etiam habuisse
« noscuntur ad ius corporum » iScc. Anche nella costituzione di Mas-
simino (da non confondersi col rescritto a Sabino, Eusebio, Storia
cccles. lib. IX, cap. io) è ripetuto il concetto: .../.ai tjùts -jsasSeTrsai
xxTTiv.cóffau.ev, Tv' =1 t'.-'£? sticiai )4aì "/.wpia tsù òiy.aiov tììv /a'.ffTiaNtSv ttoò
TSUTO'j ÈTUT/^aNO-/ 5-<Ta... raùra -rrdcNTa si? ts k^yjxXfìH 8ixaio^ -Stn j^p'.a-
TtavÙN àvaii^TiS^Nai ly.sXsuaav.sv, Nel Liber pontificalis in Vita Sil-
vestri tra i fondi donati da Costantino alla basilica di S. Lorenzo
sulla via Tiburtina in Campo Verano è notata la « possessio .\ugusti
« in territorio Sabinense praestans nomini christianorum &c. » (cf. Du-
chesse, Le Liber ponlificaìis, p. 182). Q.uesta intestazione « praestans
« nomini christianorum » ci riporta ad un'epoca piuttosto anteriore che
posteriore alla persecuzione di Diocleziano, come lo stesso Duchesne
osserva (Pref. pp. cl-cli) ; si tratterebbe perciò di uno di quei beni per-
tinenti « ad ius corporum eorum [christianorum] idest ecclesiis non ho-
« minum singulorum » dal fisco restituiti in seguito agli editti di tolleranza.
(i) Cf. il cap. 1 2. Al cap. 15, riguardo a Costanzo, riferisce « con-
venticula, idest parietes quae restituì poterant, dirui passus est».
(2) Lattanzio, De. niort. persec. cap. 34. Il secondo editto del-
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 7
gS C. Car assai
e con l'editto di Milano dell' anno 313. Di questo secondo
editto, però, fu recentemente dal Seeck negata l'esistenza (i).
Indipendentemente dalla forma della disposizione impe-
riale, se di editto o di lettera, poiché 1' editto, se si di-
stingue per la solennità della forma, ha in sostanza la
medesima forza legislativa, Seeck osserva innanzi tutto che
il documento contenuto nel cap. 48 del De viort. persie.
ed inoltre, però con qualche variante, nella storia di Eu-
sebio (2), non può essere il testo primitivo ed originale del
preteso editto di Milano, poiché questo non poteva nel-
r anno 313 essere emanato da una città d'Italia da Co-
stantino e da Licinio per esser fatto valere nella Bitinia,
provincia soggetta allora a Massimino, E la differenza del
testo nel De inori, perscc. e nella storia di Eusebio dimo-
stra che i due autori hanno avuto sott' occhi due lezioni
differenti del testo stesso, penetrato diversamente e con
disposizioni diverse nelle provincie dove essi scrivevano.
Ma tutto sta a vedere se queste ordinanze identiche per-
fettamente nella sostanza, pubblicate nelle provincie orien-
tali, siano la riproduzione, più o meno genuina, di un
editto emanato per le provincie occidentali da Costantino
l'anno 512 (Eusebio, Star. eccl. lib, IX, cap. io) fu dimostrato in-
sussistente. Cf. C. Anton'iades, Kaiser Licinins. Etne hisl. L'ntcrsitch.
uach d. hest. altcn unii ncturen Queìlen, Mùnchen, 1884, pp. 79-81.
L'opinione è ammessa dai più ortodossi critici dei documenti del-
l'epoca: cf. A. HiLGENFELD in Zt!i75c/j;//'//. IFissetisch. Theologie, 1885,
XXVIir, 508-512; GòRRES, stessa Zeitschrifl, 1892, XXXV, 282-83.
Notevole è infatti che l'autore del De mori, pers., che scriveva poco
appresso, non ne faccia assolutamente menzione.
(i) Seeck, Das sogenannle Edikt voii Mailand, nella. Zeitschrift f.
Kircbengescbichte di Brieger, a. 1890, XII, 381-86: contro Gòrres,
Eine B^sluitnug des Edikts von Mailand dnrch 0. Seeck, in Zeitschrift f.
l^issensch. Theohgie di Hilgenfeld, a. 1892, XXXV, 282-95; Cri-
vellucci, L'Edilio di Milano, in Sliuli slorici, a. 1892, I, 239-250;
a. 1S95, IV, 267-273.
(2) Stor. eccles. lib. X, cap, 5.
La politica religiosa di Costantino ecc. 99
e Licinio a Milano. Ora, osserva Seeck, un editto dato
a Milano nell'anno 313 doveva esserlo non solo a nome
di Costantino e di Licinio, ma a nome anche di Massimino,
e cioè di tutto il collegio imperiale: sia ciò per i rapporti
fra i tre imperatori, allora tali che il tiranno d'Oriente non
poteva essere posto fuori di considerazione; sia per il testo
dell' editto e per la dizione « tam ego Constantinus Augu-
« stus quam etiam ego Licinius Augustus », poiché questa
ripetizione dei nomi dei due imperatori nel dare la notizia
« cuni apud Mediolanum convenissemus » chiaramente
dimostra che la intestazione dell' editto doveva contenere
un terzo nome, e questo non poteva essere che di Mas-
simino. Ciò posto, il seguito della lettera « quare scire
« Dicationem tuam convenit, placuisse nobis, ut amotis
« omnibus condicionibus, quae prius scriptis ad officium
<( tuum datis super christianorum nomine [continebantur et
(( quae prorsus sinistrae et a clementia nostra alienae (i)]
« videbantur nunc vere &c. » è tale che, accennandosi alle
condizioni cavillose e alle limitazioni imposte da Massimino
nell'attuare non con atto formale, ma con istruzioni al pre-
fetto Sabino 1' editto di tolleranza galeriano, non potevano
queste essere chiamate dallo stesso imperatore, che le aveva
emanate, sinistre e contrarie alla imperiale clemenza. Ed ap-
punto nuli' altro scopo poteva avere quel documento che
di togliere queste condizioni e queste odiose limitazioni.
Perciò, conclude il Seeck, quella legge riguarda non tutto
r impero, ma solo 1' Oriente: essa fu emanata non da
Costantino, ma da Licinio, e, quando si voglia darle un
nome, non più editto di Milano, ma solamente ordinanza
di Nicomedia può chiamarsi. Questa è la sostanza della
sua dimostrazione, cui si accenna di sfuggita anche nella
Geschichte des Untergangs der antiken Welt (2).
(1) Nel testo d'Eusebio: /.ai ari-^a ttìtj Gx-ar/. x.a; t-?; rasTEpa;
(2) Anhang. z. est. Band. I, 457.
100 e. Car assai
Il Gòrres contesta al Seeck innanzi tutto la possibilità
che una legge di tolleranza potesse contenere il nome di
Massimino: « sarebbe un controsenso », egli scrive, « di ri-
« tenere che il nipote di Calerlo, questo brutalissimo tra i
« persecutori dei cristiani, avesse potuto contrassegnare una
« sitHitta legge »; ma in verità ciò rafforza, piuttosto che
contraddire, l' argomentazione del Seeck. Sia (come vuole
il Seeck) o non sia (come sostiene poi il Gòrres), che
quelle parole e amotis omnibus conditionibus &ic. » si ri-
feriscano ad atti di intolleranza dello stesso Massimino,
r argomentazione del Seeck resterebbe sempre perfetta-
mente convalidata da quell'osservazione d'indole storica
più generale : tanto che è costretto il Gòrres a discono-
scere quella induzione, molto logica, benché tutta formale,
come egli osserva, del Seeck, che il testo dell'editto, cui
l'ordinanza di Nicomedia si riferisce, dovesse contenere di
necessità un terzo nome (i).
Piuttosto due osservazioni molto importanti oppone
lo stesso Gòrres: la prima (2), che è in sostanza rilevata
anche dal Crivellucci (3), riflette l' obbiezione prelimi-
nare della diversità delle due lezioni del testo in Eusebio
e nell' autore del De mortìhus, che i due autori avessero
sott' occhi due testi diversi dell' editto, tradotti in greco,
e penetrati in periodi diversi nelle provincie orientali, os-
servazione di cui il Seeck stesso non disconosce in ve-
rità, come si è visto, la ragionevolezza.
La seconda (pp. 293-94), anch'essa di molta impor-
tanza, oppugna la conclusione del Seeck che la legge
avrebbe riguardato non tutto l'impero, ma le provincie
orientali, e sarebbe stata opera non di Costantino, ma
di Licinio. Orbene, egli osserva, una legge siffatta, se si
(i) Op. cit. p. 290 in fine.
(2^ Op. cit. p. 288.
(5) Op. e loc. cit.
La politica religiosa di Costantino ecc. loi
spiega con l'educazione e con le tendenze religiose, nonché
con la politica di Costantino, male si attribuisce a Licinio e
male risponde al carattere della sua politica, all' educazione
e all' indole di lui.
Questa osservazione ha molto valore per respingere a
priori la conclusione del Seeck ; ma due punti rimangono
da spiegare, nei quali crediamo che effettivamente il Gòrres
non sia riuscito a convincere contro le geniali argomen-
tazioni del Seeck stesso, e cioè che l' editto contenesse,
in realtà, anche il nome di Massimino, e che quell' « amotis
« omnibus condicionibus » si riferisse veramente alle tergi-
versazioni di Massimino a porre in atto l'editto o gli editti
di tolleranza, di cui parla Eusebio nel lib. X, cap. 5 della
Storia ecclesiastica.
Ma non ci sembra difficile di dare anche a ciò una
convenevole spiegazione. Ed innanzi tutto una premessa :
che r editto di Milano non avesse ragione di esistere dopo
r editto di Calerlo, è effettivamente un' inesatta afferma-
zione del Seeck. Non è difScile rilevare il carattere diverso
dell' uno e dell' altro; atto di toìkrania il primo, è in vero
atto di riconoscimento pieno, giuridico e politico, il secondo;
di carattere generico il primo, è specifico il secondo e
disciplina nel campo più pratico patrimoniale, per cui
r altro aveva fatto riserva, le conseguenze del nuovo prin-
cipio, della nuova posizione fatta alla classe cristiana. L'e-
ditto di Milano non è una superfluità dopo 1' editto di
Calerlo, ma ne è un complemento, e insieme è un passo
innanzi nella politica cui era 1' editto galeriano ispirato ;
un punto di partenza per l' ulteriore manifestazione della
politica religiosa costantiniana.
Ciò posto, è da riflettere che il testo dell' editto, tra-
mandatoci da Eusebio e da Lattanzio, non è l' originale
testo di Milano, ma il testo pubblicato nelle rispettive
Provincie in cui i due autori scrivevano: ciò è pacifico
anche tra gU oppositori del Seeck. Ora questo decreto
102 C. Car assai
prototipo, che noi non conosciamo, conteneva forse, come
vuole il Seeck, anche il nome di Massimino, e poteva
però, d* altro canto, non contenere quell' inciso « amotis
« omnibus condicionibus » &c., che sarebbe stato in
contraddizione con la intestazione dell' editto ai nomi della
triade imperiale. Massimino, che non aveva pubblicato
l'editto di Calerlo, non pubblicò neppure quello di Milano:
ciò avvenne in seguito per opera di Licinio e con l'or-
dinanza che conosciamo di Nicomedia, ed in questa quelle
parole « amotis » &c., come qualche altra, possono essere
state facili e spiegabili interpolazioni. Anzi, ponendo in raf-
fronto l'editto di Calerlo, che ci dà lo stile di questi editti
generali, e le due lezioni del testo dell'editto di Milano, in
Eusebio ed in Lattanzio, si potrebbe intravedere, su per giù,
il vero testo dell' editto di Milano, attraverso queste in-
terpolazioni, che dovevano essere state aggiunte e non po-
tevano svisare la fisionomia anche letterale dell' editto
stesso.
Tralasciamo infatti l'esordio che è in Eusebio e non
trovasi in Lattanzio: esso è una ripetizione del principio
che verrà affermato in appresso, e accenna a quelle « con-
« diciones » [aipéac:;], per le quali aveva ragione di par-
lare r ordinanza di Licinio, ma non l' editto di Milano,
e cui rifcriscesi 1' altra interpolazione « amotis omnibus
« omnino condicionibus » &c. L' editto di Milano doveva
cominciare, come nel De nwrlibiis, col ricordo della cir-
costanza del convegno di Milano, dove, tra le altre cose
che interessavano la cosa e la quiete pubblica, si provvide
alla pace e alla tranquillità religiosa, allo scopo e per la
ragione già da noi rilevati: e si afferma il principio di
libertà religiosa. Seguono poi nel testo di Eusebio, cui
corrisponde su per giù quello di Lattanzio, tre periodi
esplicativi: "Axcva o-jtw; àpÉaxstv 6ic., in cui lo stile stesso
e il nesso logico distaccansi manifestamente dai periodi
precedenti. La interpolazione di questi periodi, che pren-
La politica religiosa di Costaiiliiio ecc. 103
dono marcatamente lo stile di lettera più che di editto,
che contengono quelle famose parole « ut amotis omni-
« bus )> (Scc, ci sembra molto appariscente. Riprende l'e-
ditto a disporre la restituzione dei beni dei cristiani :
seguono le esplicazioni epistolari; si osserva lo stesso di-
stacco di stile e di concetti, meno generici e più specificata-
mente cristiani nella lettera che nell' editto. Si notano qui
le frasi « sicut dictum est» [xax^òj^ 7ip0£cp-/,7.a|jiev ; xaO'WS xal
TtpOìtpr^O'ac], « supradicta ratione servata» [xoù Tìpoecpr^iJLSvo'j
Xoyca^Jioij orjXaOY] cpoXaxO-Évxo?], che ribadiscono il carattere in
questi periodi di parti e di osservazioni esplicative. Con-
clude r ultimo periodo 1' editto e 1' epistola.
In verità queste parti, che consideriamo come inter-
polazioni, sono, come abbiamo osservato, o ripetizioni o
esplicazioni più o meno necessarie, di quanto è premesso
nel supposto testo dell' editto. E, così denudato, questo
ha più connessione con lo stile imperativo e conciso, come
r atto meritava, dell' editto di Calerlo.
Il principio di tolleranza è concretato specialmente
neir editto di Calerlo, ed in verità esso non starebbe a
rappresentare per sé una grande evoluzione nel sistema
politico-religioso dei Romani, né una grande e speciale
conquista della religione cristiana. Il tempio di Cristo ve-
niva ad acquistare quella posizione che da tempo già
lungo godevano i templi di molte divinità forestiere, che
già godeva lo stesso tempio di Cerusalemme. Osserva
argutamente Cibbon (i): «i diversi culti religiosi che si
« osservavano nel mondo romano erano tutti considerati dal
«popolo come egualmente veri; dal filosofo come egual-
« mente falsi e dai magistrati come egualmente utili. Di
« tal modo la tolleranza produceva, non solo una scam-
(i) Storia della decaden-^a e 1 ovina delVimpero romano, ediz, ita.'.
Bettoni, voi. I, cap. 2, p. 43.
104 ^- Car assai
(( bievole indulgenza, ma, eziandio, una religiosa con-
«cordia». La quale osservazione solo relativamente è
vera, tanto che appunto quelle classi, che erano secondo
Gibbon le più indifferenti o le più scettiche, opposero più
viva e più lunga resistenza alla rovina e alla distruzione
del paganesimo (i). Ciò non fu solo per tornaconto, e,
del resto, gli adepti utilitaristi non mancavano nell' una
come nell' altra religione. È che il panteismo romano aveva
oramai in sé un elemento disgregativo e dissolutivo per la
negazione delle vecchie divinità; ma, insieme, un elemento
di elaborazione e di costruzione di un concetto nuovo di
una divinità superiore, da cui le altre venivano assorbite;
sia pure che in sostanza fosse questa un' astrazione, come
è anche oggi per molti il sentimento religioso, un'idea.
Come tale anzi non distrugge, come non ne è distrutta,
qualsiasi concezione religiosa popolare, dal cui morfismo
è plasmata e materializzata, ma non è snaturata. La reli-
gione, o meglio il culto, dà una veste all'idea; l'immagi-
nazione e il sentimento fanno assorgere il materialismo di
questa veste all' idealità del pensiero e della pura conce-
zione religiosa. Sulla base di ciò può esser vero per i
Romani, come per tutti i popoli, quello che dice il Gibbon,
che la maggioranza sia credula, le classi agiate e pensanti
sieno indifferenti al formalismo religioso, i filosofi cerchino
di assorgere dal culto all'idea, dal materialismo allo spi-
rito, di adattare a questo le forme e le concezioni pratiche
popolari.
In fondo all' indifferenza religiosa dei Romani nei più
avanzati periodi può trovarsi nascosto, pertanto, un con-
cetto monoteistico puro ; e gli antichi dei nelle loro forme
antropomorfe, come ogni nuova divinità, non costituiscono
(r) Cf. gl'importanti lavori speciali sulla rovina del paganesimo
e del mondo greco-romano del Beugnot, del Boissier, dello Schuitzc,
del Seeck, del Mariano.
La politica religiosa di Costantino ecc. 103
che altrettante forme, realizzazioni e individualizzazioni del
culto, la cui sostanza è poi l* adorazione di un dio supe-
riore, r osservanza delle sue leggi, conosciute in quanto
sono r esplicazione della natura e delle tendenze spirituali
dell' uomo, per rispondere alle supreme leggi dell' universo,
per rendere il dio stesso propizio all' uomo, alla società,
allo Stato. E il concetto che rispecchiasi nella famosa ora-
zione di Simmaco, che fu tra le difese estreme del paga-
nesimo (i). È vero che la religione pagana ai tempi di
Simmaco nell' estrema lotta contro il cristianesimo atteg-
giavasi ad un eclettismo, che riuniva fraternamente nel
pericolo comune tutti i minacciati culti dell' impero ; ma è
pur vero che Simmaco era ancora un' espressione sincera
di questa religione cadente.
Ciò non solo nei filosofi: in Costanzo, padre di Co-
stantino, si ha un' incarnazione di queste tendenze mono-
teistiche, che ebbero riflesso diretto sulla sua politica reli-
giosa e sulla sua condotta verso il cristianesimo.
Comunque, la politica religiosa dei Romani era la più
elastica e la più larga di fronte ai culti nazionali, e certo
il fanatismo religioso non era il tarlo che rodeva la com-
pagine del vasto impero. Sopraggiunto il cristianesimo, la
ragione delle persecuzioni, oramai fu largamente ripetuto,
fu più politica e sociale che religiosa. Analogamente a ciò,
appunto, r importanza dell' editto di Galeno va più consi-
derata dal punto di vista politico-sociale che religioso. Gli
eventi con Costantino precipitarono, e gli effetti del prin-
cipio di toììeranxfi sfuggono all'osservazione esatta per es-
sere stati assorbiti dalla politica costantiniana, più che di
tolleranza, di parificazione. Ma, certo, se F editto di Galeno
(i) « Aequum est quicquid omnes colunt unum putari. Eadem
« spectamus astra, commune caelum est: idem nos mundus involvit :
<f quid interest, qua unusquisque prudentia verum inquirat? Uno iti-
t' nere non potest perveniri ad tnm grande secretum».
10^ e. Car assai
sta a rappresentare un grande progresso politico della Chiesa,
e, se non altro, la sua vittoria sulla politica delle persecu-
zioni; e, comunque possa riannodarsi al sistema politico-
religioso romano, restava pur sempre una grande novità,
perchè spingeva la tolleranza religiosa fino a riconoscere
un culto non nazionale ma universale, non adattabile alle
comuni credenze ma negazione di ogni altra divinità,
degli altri culti e del culto stesso di Roma, se non politi-
camente, sìrìctù scìisn, socialmente sovversivo, pure la sua
esplicazione non avrebbe rappresentato che uno stato at-
tuale di pacificazione - che ne costituiva V intento -, e,
quando fosse stato sinceramente applicato, solo uno stato
adatto e favorevole alla Chiesa per svolgere le sue intime
energie di propaganda e di conquista.
Il seguito di una politica di tolleranza sull'indirizzo dato
dall' editto di Calerlo non sarebbe andato forse più in là
della politica religiosa, nei momenti buoni, incerta, inte-
ressata e sospettosa di Massimino e di Licinio, ne i pe-
riodi di traversia sarebbero finiti per la Chiesa. Ma politi-
camente il principio di tolleranza non rappresentò che un
momento fuggevole e transitorio; tuttavia dal lato giuri-
dico e dal lato dell'economia della Chiesa ebbe positiva
esplicazione e reale importanza. Esso sta a rappresentare
giuridicamente il riconoscimento della personalità della
Chiesa; economicamente il consolidamento dei suoi inte-
ressi patrimoniali, che si erano nel corso di tre secoli de-
terminati e svolti: sotto questi due aspetti in esso sta la
base, od il germe, dell'ulteriore progresso e dell' ulteriore
significazione della proprietà ecclesiastica.
È da intendersi. Dall' editto di tolleranza uscì fuori la
personalità della Chiesa o, meglio, dell' associazione dei fe-
deli come coUegiuin Ucitmii, cioè come corporazione, in
quanto che al substrato di Auto, che è il presupposto di
ogni persona giuridica, venne ad aggiungersi quella san-
La politica religiosa di Costantino ecc. 107
zione pubblica, che è l' elemento complementare, pub-
blico o politico, della persona stessa giuridica. La somma
degli interessi singoli o l' elaborazione dell' interesse col-
lettivo, cui corrisponde la delineazione del modo di essere
e del modo di agire dell'associazione corporativa, si era
"ià nell'associazione cristiana lar^^amente conformata nel
corso di tre secoli ; e 1' elemento anzi collettivo tanto
aveva preso il sopravvento da presentare natura istituzio-
nale con la costituzione episcopale. Più o meno in tutte le
persecuzioni, ma maggiormente, perchè posteriore, nella per-
secuzione di Diocleziano, non tanto la professione di fede
in sé, quanto l' associazione religiosa fu combattuta, e i
primi allarmi di essa consisterono appunto nell' abbattere i
convcnticula, nel bruciare i libri, nell' imprigionare i vescovi,
nel distruggere cioè e nello spostare i centri della comu-
nità cristiana (i). Ciò spiega come la violenza e la resi-
stenza fossero in questa persecuzione maggiori : ma da
ciò apprendiamo anche come 1' atto reazionale, che a questa
violenza pose fine, portasse al riconoscimento esplicito
della corporazione cristiana.
L' elemento economico o patrimoniale, che noi an-
diamo esaminando, e che è nella quasi generalità dei casi
essenziale e connaturale a ciò che abbiamo chiamato il
substrato di fatto di una persona morale, per mOlte ra-
gioni si era largamente costituito nella comunità cristiana,
con quali forme e con quali mezzi indiretti non importa.
Ma appunto perchè la forma giuridica è a questo elemento
patrimoniale più necessaria, con l' editto di tolleranza o
meglio con l'editto di restiUi:iwnc. di Milano ebbe essere
una vera proprietà corporativa cristiana, la cui prima base
(i) L'editto di Galerio nel caratterizzare il contenuto della pro-
fessione del cristianesimo ricorda gli elementi della associazione cri-
stiana : « ita [christiani] sibimet leges facerent, quas observarent, et
« per diversa [loca] varios populos congregarent ».
loS C. Carassai
fu perciò il consolidamento degli interessi patrimoniali
preesistenti, che, spogliate le inadatte parvenze, acquista-
rono così forme, modo di essere e modo di svilupparsi,
convenienti all'indole loro collettiva.
Abbiamo richiamato 1' editto di Milano accanto al-
l' editto di Galerio, perchè sono due atti che, dal punto di
vista giuridico, sono 1' uno all' altro coordinati, 1' uno com-
plemento dell'altro: e perchè l'editto di Milano, oltreché
alle premesse declaratorie della libertà del culto, ha riguardo
anche specialmente all'elemento patrimoniale e al conso-
lidamento degli interessi patrimoniali preesistenti, l'abbiamo
chiamato «editto di restituzione». Ma, dal punto divista
politico, è da riconoscere la loro speciale e diversa natura,
perchè r editto di Milano segna nell' affermazione pubblica
della Chiesa un nuovo progresso, poiché, non più il prin-
cipio di tolleranza, contiene ed afferma il principio di libertà
religiosa. La sanzione pubblica della personalità giuridica
delle comunità cristiane è cosi più completa e solenne;
se col principio di tolleranza era una conseguenza, col prin-
cipio di libertà religiosa era una condizione: dopo l'editto
di xMilano la Chiesa stette oramai perfettamente nell' or-
dine giuridico romano. Posta questa avvertenza, ecco cosa
r editto di Milano disponeva circa la proprietà cristiana :
innanzi tutto essa era considerata come proprietà corpora-
tiva della comunità cristiana, del coetus christianorKm: « ipsis
« christianis restituant... ea protinus christianis reddant...
« quae quidem omnia protinus sine ulla dilatione corpori
« christianorum.. . iisdem christianis idest corpori et con-
« venticulo ipsorum restituì iubebis » (i).
Quanto poi alle cose singole, che costituivano questa
proprietà cristiana prima della persecuzione, ciò che era
(i) Costituzione di Massimino, EusEBio,5/or. eccles. l\h. IX, cap. io:
. . . EÌ T'.-'i; siy.tat /.'/! x<D;ia tsvì òf/.atou to-ì -/pidTia-cÒv irpò vj'jto'j Ètu-j-
■/7.i'^i ivTX . . . ci; T5 ipxaìs-* Siy.aio-* àvajtXT.Srvat ey.cXeuaau.ev (cf. sopra).
La politica religiosa di Costantino ecc. 109
stato tolto dal fisco, e soprattutto i luoghi di riunione (i
conventicuìa), e da questo era ancora detenuto doveva
essere direttamente restituito: ciò che era passato in altre
mani per donazione o per vendita doveva essere senza
prezzo, salvo gl'indennizzi da parte del fisco, restituito (i).
Queste disposizioni possono trovare dilucidazioni da
un atto posteriore, che sarebbe stato emanato da Costan-
tino nel 324(2) « provincialibus Palaestinae », e che, tra i
vari obbietti, avrebbe avuto quello di disporre la ridu-
zione /// pristiniim della proprietà cristiana dopo la perse-
cuzione di Licinio, negli ultimi anni del suo regno. Ab-
biamo usato il condizionale perchè di questa persecuzione
stessa di Licinio fu tentato di dimostrare fosse esagerata
l'importanza e l'entità, e di quella costituzione di Costan-
tino fosse molto dubbia 1' esistenza (3).
Se però questi dubbi possono essere più o meno fon-
dati rispetto in genere alla persecuzione liciniana, hanno
(i) Cf. Editto di Milano e Costituzione di Massimino.
(2) Eusebio, Vita Constanlbii, lib. Il, capp. 24-42.
(5) Cf. specialmente Crivellucci, D(;//a/<;rf^ rf/ Eusebio nella Vita
di Costantino, Append. al I voi. della Storia delle relazioni tra Stato e
Chiesa, Livorno, 1888. Egli ragiona lungamente di quella costituzione
« provincialibus Palaestinae » per rilevarne la falsità sia con ragioni
stilistiche e formali, sia con riguardi al contenuto, e prima di tutto
alla inesistenza della persecuzione liciniana. In ordine a questo punto
sono da riscontrare però gì' importanti scritti di Antoniades, Kaiser
Licinins, Mùnchen, 1884 (recensioni di Hilgenfeld e Gorres in Zeit-
schrift f. Wissensch. Theolog. XXVIII, n. 4, 508-512, ed in Gòttinger
philol. An^eiger, XVI, n. 9, 560-566); V. Schultze, D^r Uebergang des
Licinius, in Zeitschrift f. Kirchengeschichte d'i BmEGERjYlll, n. 4, 534-
542; GòRRES, Lìcinianischen Christenverjolgiing, in Zeitschrijt f. Wis-
sensch. Theol. XIX, n. i, 159-167; id. Kriiische untersuchungen iiher
die licinianische Christenverfolgung, Jena, 1875. Cf. inoltre Doulcet,
Essai sur les rapports de l'Ei^lise chrctienne avec l'Ètat roniain, Paris,
1883; Burckhardt, Die Zeit Constantin's des Grossen, Lipsia, 1880,
cap. vili; Seeck, Geschichte des Untergangs der antiken ÌVelt, Berlino,
1895, cap. V.
no C Car assai
invece molto valore rispetto a quella costituzione costanti-
niana che nella sua prolissitcà e nelle sue considerazioni
religiose apparisce di leggieri di tutt' altri opera che di Co-
stantino. Però, ammesso anche che Eusebio avesse di sana
pianta inventato quella costituzione imperiale, il suo con-
tenuto, almeno per quanto riguarda gli effetti patrimoniali,
può ritenersi non sia altro che la ripetizione degli editti di
reslitu:^ioiìi\ siansi o meno questi rinnovati dopo la vittoria
sopra Licinio, il che dipende appunto dal credere come
Licinio si comportasse verso i cristiani; e, sotto questo
punto di vista, esso può essere preso in considerazione per
illustrare qualche particolarità dell' applicazione di quegli
editti. Perciò, se Eusebio riferiva in ogni modo, com'è pro-
babile, il sistema degli editti di restituzione, da quella co-
stituzione apprendiamo: che questa reintegrazione dei beni
era f;uta non solo al corpus cbristianontin, ma altresì ai sin-
goli cristiani i cui beni erano stati nel periodo di persecu-
zione confiscati (cap. ^^); e ciò è perfettamente rispondente
allo spirito e allo scopo degli editti medesimi : che in caso
di morte, fosse avvenuta per martirio o per natura, dei
cristiani stessi i beni ritornavano ai loro legittimi succes-
sori, ovvero, in mancanza di questi, alla chiesa locale (i);
che la ripetizione avveniva dal fìsco e dai privati che da
esso avessero avuto causa, salva però la congrua ricom-
pensa, e ferma la detenzione dei frutti percetti (capp. 37,
38, 41); che la restituzione comprendeva non solo i beni
in qualunque modo confiscati, ma, a maggior ragione, i
« coemeteria ;>, i « martyria » e gli altri luoghi di carattere
sacro, che fossero stati occupati dal pubblico e ad altro
profano uso destinati (capp. 39-40).
(\) Capp. ^5-36: cf. al riguarJo il Liber ponlificaìis, in Vita
Silvestri, «[fondo donato alla chiesa di S. Lorenzo]' quod fiscus
aoccupaverat tempore persecutionis ».
La politica religiosa di Costaìiliiio ecc. iir
La conversione di Costantino portò con sé, non solo
il passaggio dalla politica di tolleranza a quella di libertà
religiosa; non solo la masraior Mranzia che la Chiesa
avesse il tempo di consolidarsi oramai nella civile società
in modo stabile e sicuro, ma segnò altresì il suo ingresso
nel mondo politico ufficiale come religione pubblica, nel
concetto pubblico religioso dell' epoca, come religione di
Stato. Il prof. Crivellucci afferma essere malagevole di
formarsi un'idea di ciò che potesse essere allora il cristia-
nesimo, considerato come religione dello Stato. Certo non
s' intenderà nel senso, come egli avverte, che chi ad esso
non apparteneva non potesse godere dei diritti politici:
ma nemmeno dovrà intendersi che la nuova religione pren-
desse il posto dell' antica, e che quegli atti pubblici, che
prima venivano accompagnati da cerimonie pagane, fossero
per opera di Costantino consacrati con riti cristiani (i).
L'importanza politica del cristianesimo ebbe allora per
forza di cose una ragione punto formale, che richiede
tutt' altra spiegazione, da basare sopra una sostanziale con-
siderazione degli atti, degli scopi e degli effetti della po-
litica costantiniana.
Il Seeck d' altro canto accenna (2) che non si po-
trebbe parlare di una vera religione di Stato, il cui con-
cetto non fu neir antichità mai conosciuto. Un' uniforme
religione di Stato, egli scrive, non fu mai data a Roma,
ma una pluralità di singoli culti di Stato (Staatskulte),
la cui nota distintiva nuli' altra era che quella di essere
provveduti dei pubblici mezzi. In questi termini, forse
troppo generali, accenna indubitatamente il Seeck al tempo
dell'impero, in cui era avvenuta una certa fusione delle
varie membra del mondo romano e una certa mescolanza
(i) CRnELLucci, Storia delle relazioni tra Stato e Chiesa, Bologna,
1886, I, cap. 5, p. 133 sg
(2) Seeck, Gescìiichle &c. I, 457, Appendice.
112 C. Car assai
anche delle varie religioni, concatenate, come ho già os-
servato, da un concetto superiore, nuovo e monoteistico.
Che non vi fosse allora una religione romana praticata da
tutto il vasto impero, ma che vi fossero egualmente riguar-
dati tutti i culti delle singole provincie (Staatskulte) e in-
dubbio. Ma che questi culti, coesistenti tra loro con mira-
bile spirito di tolleranza, e in gran parte come fraternizzanti,
servissero tutti allo scopo dello Stato, e i loro sacerdoti e
le loro pratiche entrassero a far parte del diritto pubblico,
o almeno entrassero in una certa più o meno larga
maniera nella esplicazione del diritto pubblico, non è
pure da dubitare. A parte la considerazione maggiore
che potesse avere il culto di Roma, le vestigia di uno
Stato quasi teocratico, in cui l'ordinamento religioso si con-
fondeva con l'ordinamento politico, i culti dei singoli Stati
entravano a far parte delle istituzioni politiche degli Stati
stessi, a regolare le loro relazioni con Roma. E molte di
queste divinità passarono a Roma, come molte deità e
molte pratiche religiose romane passarono alle provincie :
il concetto pubblico dell' epoca non scindeva, e non po-
teva scindere ancora, il principio religioso dal principio
politico: la religione era un elemento dello Stato, il culto
un' istituzione di esso, e lo Stato stesso annoverava tra
le sue funzioni quella religiosa. Qualunque il culto, l' im-
peratore era sempre il gran pontefice in vita e dopo morte
ascendeva all' Olimpo, e a Roma, come nelle provincie,
nel tempio era collocata la sua statua. Xon vi fu che il
tempio di Gerusalemme che resistesse a questa infiltra-
zione dell' elemento romano.
La Chiesa cristiana, riconosciuta come tale, ebbe perciò
la sua importanza politica; fece, come tale, il suo in-
gresso nel mondo politico e pubblico romano: e, del resto,
vi era già preparata.
Fu assodato che la ragione vera delle persecuzioni tu,
in fondo, essenzialmente politica. È esatto, e non poteva
La politica religiosa di Costaiilino ecc. ii^
essere altrimenti, che nell' adattarsi l' idea religiosa cristiana
al mondo romano acquistasse un fondamento ed una
tendenza politica: lo spirito pratico dei Romani non al-
trimenti comprendeva la religione che quale mezzo ai
fini dello Stato, il quale, secondo le loro credenze, per
volere della divinità con avvenimenti straordinari e con
destini superiori anzi era sorto: l'intima spiritualità e l'u-
niversalismo della dottrina cristiana dovevano a Roma
adattarsi ad una più concreta significazione nazionale: il
romanismo da una parte, come il giudaismo con le sue
tradizioni dall'altra, non potevano non imprimere alla
Chiesa cristiana un carattere nazionale politico (r). L'or-
ganizzazione stessa della Chiesa dal primo al secondo se-
colo ebbe sviluppo su base e su impronta romana, su
riflesso delle istituzioni romane.
La Chiesa cristiana era preparata ad entrare nel mondo
politico romano, a fungere da religione di Stato : tale fu
con Costantino, e accennò presto a divenire la religione
dominante dello Stato.
A ciò bastò, nonostante le naturali e allora grandi resi-
stenze del vecchio mondo pagano, fino a pochi anni in-
nanzi trionfatore, o, meglio, indisturbato dominatore, la
conversione dell'imperatore: l'elemento imperiale era
troppo preponderante sugli altri elementi dello Stato, perchè
il principio di tolleranza non fosse che transitorio ed effi-
mero, e non si producesse subito uno squilibrio a favore
del culto personale dell'imperatore. Tanto più con Co-
stantino, col suo temperamento fiualista e superstizioso,
ambizioso, se vuoisi, e perciò energico, assorbente e tenace.
La significazione pubblica della Chiesa in quel tempo
non fu effetto immediato dell' editto di Milano, o d'altro
(i) Cf. sopra questo punto delle osservazioni di Tschirn, Die
entstehung d^r ròmischen Kirche ini ^eiU christl. Jabr. in Zeilìcìirijt f.
Kirchengeschiclile, a. 1891, XII, 215-244.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. ^
114 C. Car assai
formale e pubblico riconoscimento; m:i avvenne in fatto
per effetto del governo, della vita e delle opere dell'im-
peratore. Che questa tendenza e questo carattere per-
sonale di Costantino fossero sinceri o meno, poco im-
porta: basta, come ha rilevato Schultze (i), di constatare
il f;itto. E questo apparisce da tutta la vita di Costantino,
non quale altresì ci è presentata da Eusebio, ma quale
può pure risultare dalla moderna critica.
Dopo la battaglia di Ponte Milvio, a parte la nota
visione della croce, che ci narra Eusebio, ebbe luogo la
prima estrinsecazione ufficiale del sentimento di Costan-
tino, la prima manifestazione pubblica ufficiale del cristia-
nesimo: sulla insegna di Roma si aggiunse, per ordine
dell' imperatore, come è noto, il monogramma di Cristo.
Osservano Burckhardt (2) e Zahn (3) che una cifra
molto simile a quella del monogramma costantiniano sa-
rebbe già stata posta nel tempo anteriore a Cristo nelle
insegne delle milizie orientali, come abbreviatura di Giove:
il fatto, ove questo fosse dimostrato, non sarebbe nuovo;
ma influisce ciò sulla significazione dell'atto costantiniano?
Ma, segue Burckhardt, è da considerare che questo atto
non ha l'importanza attribuitagli tradizionalmente, in con-
seguenza del racconto di Eusebio : Costantino si rivolgeva
non al popolo, ma alle milizie, alle sue fedeli e sperimen-
tate milizie, reduci dalla guerra da lui condotta contro i
Franchi, che avrebbero facilmente accolto qualsiasi novità
e qualsiasi emblema che fosse piaciuto al loro duce di
prescrivere. Tra di loro erano molti cristiani e molti in-
differenti pagani : Cristo poteva entrare nel loro culto
come una nuova divinità, se vuoisi, come un dio pro-
pizio nella battaglia. E forse, Burckhardt non ne nega la
(i) ScHULTi^, Gisch.des UnUrgangs des giiech.-i òmisch Htidmitbums.
(2) Op. cit. p. 350.
(5) Konsiantin dcr Cross uiid die Kirche, p. 14 (citato dal Burck-
hardt).
L.a politica religiosa di Costantino ecc. 115
possibilità, tale superstizioso sentimento a favore di Cristo
poteva esser proprio di Costantino, e poteva spingerlo a
collegarne il nome con quello di Giove nel suo confuso
sentimento religioso. In Roma e nell' Italia questa inno-
vazione militare sarebbe stata accolta come un sei^no di
vittoria e di valore; o, tutt'al più, da un punto di vista re-
ligioso, come segno di pacificazione e di tolleranza, bene
accetto in quanto la maggioranza dei pagani era aliena certo
dalla persecuzione.
Ma, come emblema di pacificazione, sarebbe stato pro-
prio il monogramma di Cristo il più adatto e il più accetto
alla maggioranza pagana? Del resto, esso fu precipuamente
accolto e destinato ad insegna militare, e quivi non entrava
di certo la questione della persecuzione; tanto più che
oramai la pacificazione era un fatto compiuto, e non per
opera di Costantino, ma per effetto dell'editto di Calerlo.
L'avere poi accolto il monogramma nelle insegne di guerra
aumenta, più che diminuire, l' importanza del fatto, perchè
era il partito militare allora preponderante, e base quasi
esclusiva della potestà imperiale.
Riteniamo che tale atto di Costantino ebbe siijnifica-
zione esclusivamente cristiana, e con riconoscenza e con
entusiasmo fu accolto dai cristiani. Xon dico ciò a caso.
Mi pare significante un fatto : nelle iscrizioni funerarie fino
dagli inizi del cristianesimo erano usati, com' era costume
anche pagano (i), segni o simboli speciali, un pesce, una
<:olomba, dei fuscelli di olivo ed altri; dopo l'innalzamento
del monogramma di Cristo trovasi invece in quasi tutte le
iscrizioni^ in qualche modo adornate, questo emblema,
universale, oramai, ed accetto stemma del cristianesimo.
Non può trarsi da ciò significantissima induzione per ac-
certare il vero significato di quell'atto di Costantino? (2)
(i) Esistono esempi innumerevoli nel museo Lapidario Vaticano.
(2) Cf. De Rossi, Inscriplioius cbrist. urbis Romae, voi. I (p. es.
nn. IO, 26, 39); numerosi riscontri nello stesso museo Lapidario.
ii6 C. Car assai
Qualunque fosse l' interno suo sentimento, fosse egli un
ispirato dal cielo, come da Eusebio in poi hanno creduto
o fatto credere gli storici ortodossi, od un furbo ed abile
politicante, come ci e presentato da Zosimo(i) in poi da
tutti quelli che non hanno creduto alle sue virtù religiose (2),
certo Costantino ufficialmente fu cristiano ed anzi accen-
tuatamente cristiano. Per mio conto, credo che per questa
condotta molto concorresse un personale ed intimo con-
vincimento (3): in mezzo a tutte le attrattive che il pa-
ganesimo offriva alla potestà imperiale, innalzata tra gli dei,
in mezzo a tutti i ricordi e alle tradizioni più gloriose della
Roma pagana; in mezzo e di fronte al mondo ufficiale
tutto pagano, alla maggioranza della popolazione pagana,
alla maggioranza stessa delle truppe pagana, nulla più che
r idea cristiana, che così fresca e forte era uscita da tre
secoli di traversie e di lotta, incarnata in uno spirito certo
elevato, tenace e fiero come quello di Costantino, poteva
(1) Historia, II, 18, 28, 29.
(2) « In einem genialen Menschen », osserva Burckhardt (op.
cit. p. 548), e il suo apprezzamento ripete Crivellucci {Storia &.c.
p. 128), « dem der Ehrzeiz und die Herrschsucht keine ruhige Stunde
■'gònnen, kann von Christenthum und Heidenthum, bewutzter Rc-
« ligiositit und Irreligiositiit, gar nicht die Rede sein ; ein Soichcr
« ist ganz wesentlich unreiigiòs, selbst wenn er sich einbilden solite,
<( mitten in einer kirchlichen Gcmeinschaft zu stehen ». Il giudizio,
di piccante sapore moderno, t superiore al tempo, poiché se un .ts-
soluto scetticismo religioso nella politica, come nella scienza e nel-
l'arte, potesse risalire cosi addietro, non sarebbe proprio di un'epoca
di vivo contrasto religioso, come quella in cui visse Costantino;
ed è superiore all'uomo, che, appunto sorto in tempo di aspra lotta
religiosa e cresciuto in mezzo alle armi ed alle imprese guerresche,
in quell'ambiente, cioè, più adatto a determinare e a sviluppare il
sentimento religioso, aveva mostrato anzi fin dalla giovinezza, come
liuRCKHARDT stesso riconosce (p. 24S), di interessarsi e di portare,
come il padre suo Costanzo, sentimenti e convinzioni proprie in
questo contrasto religioso.
(3) La figura di Costantino è cosi più finita ed artistica, e cosi
apparve naturalmente al Boissier (Hist. de ìu fin du paganisme).
La politica religiosa di Costantino ecc. iij
dare una cosi energica e costante manifestazione ai senti-
menti e alle predilezioni cristiane dell'imperatore. Le cir-
costanze non giustificano un così forte ed immediato tor-
naconto politico, che il cristianesimo potesse offrirgli (i), da
tener luogo esso di quel sentimento e di quell'idea.
Farmi anzi quasi strano, ed in ogni modo cosa note-
vole, che una più forte reazione non avvenisse subito e un
grave contrasto non insorgesse tra la potestà imperiale e
gli altri ordini dello Stato e la maggioranza della popola-
zione e delle truppe, queste allora più che ogni altra cosa
potenti; e ciò richiede forse un'intima spiegazione nei sen-
timenti della gran massa popolare, che nell' introduzione
del cristianesimo non scorgeva probabilmente che 1' accre-
scimento di una nuova divinità alle altre deità dell'Olimpo,
lungi dal conoscere l' intima essenza e lo spirito riforma-
tore ed esclusivista della nuova dottrina (2). Perciò Costan-
tino si guardò bene dal dar di cozzo con dirette proibi-
zioni col paganesimo, che rimase pur sempre sotto di lui
religione ufficiale: e non è da far le meraviglie e conside-
rare quasi contraddizioni della sua coscienza se si conia-
rono ancor monete con i consueti e tradizionali emblemi ed
iscrizioni pagane (3), se, con o senza il suo piacimento (4),
si eressero templi pagani, se si celebrarono giuochi e festi-
vità pagane, se furono onorati notabilità e filosofi pagani
(i filosofi neoplatonici non furono discari financo a sant'A-
gostino) (5), se r imperatore restò sempre il « summus
« pontifex » dei pagani (6).
(i) Bene in proposito il Seeck, op. cit. pp. 56-59.
(2) Cf. Seeck, op. cit. p. 59.
(5) Cf. Crivellucci, op. cit. p. 129; Burckhardt, op. cit. p. 349
e, specialmente, p. 352.
(4) Cf. ScHULTZE, op. cit. p. 54.
(5) Città di Dio, liix Vili, capp. 6 a 13. Anche Teodosio il
Grande ebbe cari Temistio, Libanio e Simmaco.
(6) Intorno a ciò e al riconoscimento per parte di Costantino dei
collegi di sacerdoti cf. Schultze, op. cit. p. 61 sg.
iiS e (Jamssaì
A questa necessiti politica devono ascriversi anche
alcuni generici ed indeterminati atti di Costantino, la pre-
scrizione del (ìies solis come giorno festivo (i), la preghiera
stabilita per le truppe, di indeterminata tendenza religiosa,
che Burckhardt attribuisce, traendone nuova conferma, al
vago ed incerto sentimento religioso dell' imperatore (2).
Ma, salvo una forma indeterminata che è frutto, come ab-
biamo osservato, di una necessità politica, anche questi
fatti rispecchiano invece, secondo noi, la tendenza cristiana
della politica di Costantino, senza di che nessun bisogno
avrebbe avuto l' imperatore di portare novità nelle con-
suetudini festive pagane e nel rituale di quella invocazione
divina.
Se alcuni atti di crudeltà, dovuti pure in gran parte
a quella specie di machiavellismo politico, che guidava
alla conquista e al mantenimento della porpora imperiale (3),
macchiarono presso i contemporanei e più forse presso i
posteri la memoria di Costantino (4), se menomano essi
il suo ardore e la sua purità di neofita e se attestano V in-
tima ambiziosità del suo temperamento, non escludono il
suo sentimento di cristiano, anzi possono in certo modo
giustificarne lo zelo, successivamente a quei fatti, come
Zosimo ci insegna (j).
(i) Cod. Theod. II, 8, d. f^riis, 1. i.
(2) Burckhardt, op. cit. p. 354.
(3) Eutropio, lib. X, cap. 6: « verum insolentia rerum secun-
» darum aliquantum Constanthius ex Illa favorabili animi docilitatc
« mutavit ».
(4) È da consultare in proposito Gòrres, Die Verwundleiiinorde
Constantin's des Grosseii, in Zcilscbrift f. IVissensch. Tbeol. XXX, n. 3,
345-377. Nella stessa e suU' argomento, StECK, XXXIII, n. i, 63-77;
Górre?, Einc Enivid^ruit<; &c. X.XIII, n. 3, 320-328.
(5) Zosimo (op. cit. II, 29) narra in tal modo la storia della con-
versione di Costantino che, essendo egli tormentato dai rimorsi per
l'uccisione di Crispo e di Fausta e non ottenendo dai sacerdoti Fla-
mini il mezzo di purgarsi da si gravi delitti, un tale egiziano (prò-
La politica religiosa di Costantino ecc. 119
Riteniamo che Costantino fu cristiano per sentimento
e per intima opzione della nuova dottrina (i): del resto, lo
fosse pure stato per politica, ciò spiegherebbe maggior-
mente r importanza e i rifiessi, dal punto di vista politico,
dei suoi atti.
Se un sentimento religioso muoveva l'opera di Costan-
tino, esso doveva condurre per intrinseca sua natura alla
propaganda e al trionfo delle proprie dottrine; se uno
scopo politico, gli stessi effetti, come mezzi al raggiungi-
mento migliore e più completo di quello scopo, dovevano
manifestarsi (2).
Ecco il succo della politica ecclesiastica di Costantino:
porre in linea parallela la vecchia e la nuova religione in
via di principio; allargare il campo di questa, in via di
£nto, a tutto scapito dell'altra.
In consonanza al primo ordine d' idee vediamo riam-
messi i cristiani nelle pubbliche cariche (3), rese loro inac-
cessibili da Diocleziano; vediamo riconosciuti i giorni di
babilmente an certo Osio), a Roma tradotto dalla Spagna, indicogli
la religione cristiana come quella che concedeva il modo di lavare
ogni misfatto. Ed egli si fece cristiano.
(i) Ciò risponde meglio al carattere di Costantino; se sono esa-
gerate le lodi di Eusebio, è pure esagerato il biasimo di Zosimo, e,
se non è possibile fare una media delle une e dell'altro (Gibbox',
op. cit.), si può ritenere più giusto e temperato il giudizio di un
altro storico, Eutropio, che, indipendentemente dalla questione re-
ligiosa, che egli non rileva, ci presenta con miglior criterio il ca-
rattere in sostanza elevato e non comune di Costantino (X, 7).
(2) A questa conclusione arriva in sostanza, nonostante il suo
contrario punto di partenza, anche Burckhardt (op. cit.).
(3) Eusebio, Vita Constant, lib. II, cap. 44: y-y-i irp^Òra 'j.ii tìÌ";
x.oct' iTTapy^iai; òtvipYiy.svoi? l'Ssviatv r,-^£_aova? t(.o.TÌ—ziJ.Ttz, 'f, uuTT.p'.u tti-
cTsi /caS(d(j'.(oy.£%s'j; tsù? wXstou; » &c. ; III, 1 : 01 (persecutores) y-ì'i
TO'JTOt? òt=7iXc'. Sappw";, vj-iO'Ji a'JT'ò y.aì tt'.sts'J; óltzÓ.'i-wi jj.àXXo'< ts'j-
120 C. Car assai
feste religiose cristiane (i); vediamo cadere in desuetudine
molte cerimonie religiose, che accompagnavano gli atti
pubblici; vediamo semplificate e rese come generiche le
cerimonie religiose guerresche, riconosciuta la santità dei
templi cristiani e rese valide le manumissioni ivi fatte avanti
al vescovo (2), pagati o sussidiati i sacerdoti cristiani in
molte occasioni con i denari pubblici, esentati i vescovi,
come le autorità più eminenti dello Stato, dai carichi per-
sonali, poiché, dice Eusebio (3), anch'eglino, col propiziare
la Divinità alla Repubblica, rendono a questa un grande
servigio (4).
Sotto il secondo aspetto, la politica costantiniana si ap-
palesa con un complesso di fatti, personali dell' imperatore,
o anche di governo e di legislazione, tutti non di natura
privata ma d' indole ufficiale, tendenti ad allargare il campo
del cristianesimo, a restringere quello del paganesimo.
Era il carattere stesso dell'imperatore che portava a
ciò, perchè era egli una di quelle personalità che sanno
imporsi agli altri, imporre la propria volontà e le proprie
convinzioni, imprimere un carattere particolare e tutto per-
sonale al governo della cosa pubblica. Egli aveva tutte le
qualità che non devono mancare in uomini siffatti. Era
superstizioso e come convinto di avere quasi una missione
da compiere per volere della Divinità ; i suoi sogni e le sue
visioni potevano essere astuzia politica, potevano anche
(i) Eusebio, Vita Const. lib. IV, cap. 2;: /.ai toT; x.aT' és/s;
ò' àp/^ioaf*, óaoiw; rry K'j-A(x/.ht raspa-* -'s'ao; È'fO'.Ta •^•EpatsEiv (cf. osser-
vazioni fatte sopra) tÒ vEuy.art [iactX-'oj; xaì aaiTupwv r.(j.£;a; STtaw-*,
y-atpi'j; s' éostwv Èy.xXroia-.;.
(2) Due leggi di Costantino degli anni 316 e 321 riguardano le
manomissioni fatte nelle chiese cristiane (1. i, 2 Cod. Giust. I, 13).
La prima di queste leggi, cominciando con le parole « iam dudum
« placuit ut in ecclesia » &c., fa supporre che ne esistesse ancora
una terza.
(3) Stor. eccìes. lib. X, cap. 7.
(4) Riscontrare la 1. i Cod. Theod. XI, i, De aiittoiia et tribiiHs.
La politica religiosa di Coslautino ecc. 121
essere effetti suggestivi di quella superstiziosità e di quella
convinzione; in ogni modo erano da lui stesso narrati e
presi a base delle determinazioni più importanti (i). Questa
specie di predestinazione divina è affermata e forse cre-
duta non solo dagli scrittori cristiani (2) ma dagli stessi
pagani, e forse loro era meno difficile, che volevano dir
cosa gradita all' imperatore (3). Era amante di novità e
compiacevasi di essere quasi singolare : era arguto e anche
pungente motteggiatore (4): di facile ingegno, era amante
di occuparsi di molte cose, anche estranee alle armi e alla
politica; fu egli perciò amante delle belle arti (5), retore
e declamatore nonostante che nella sua prima età non fosse
stato iniziato alle lettere (6), ed amò e protesse i filosofi
e i letterati del suo tempo, Sopatro, Porfirio, Optaziano,
Eumene, Lattanzio ed Eusebio. Fu legislatore attivissimo e
molte sue leggi sono pervenute a noi nei Codici Teodosiano
e Giustinianeo (7): egli amava di riformare molte cose, di
(1) Oltre alla nota visione della croce nella battaglia di ponte
Milvio (Lattanzio, De mori. pers. cap. 44; Eusebio, Vita Const. lib. I,
capp. 2<S e 29), basti ricordare un altro sogno che l' imperatore at-
testò di avere avuto per la fondazione di Costantinopoli. Se la te-
stimonianza di SozoMENO è sospetta (II, 3), abbiamo l'attestazione
dell'imperatore stesso (Cod. Theod. XIII, 5, 7 « iubente Deo »).
(2) Lattanzio, De mort. pers. cap. 44; Eusebio, Land. Const.
lib. XI, cap. i ; lib. XVIII, cap. i ; Vita Const. lib. I, cap. 47 ; lib. II,
cap. 12.
(3) Eu.MEX. Paneg. IX, 2 : « habes profecto aliquod cum illa mente
« divina, Constantine, secretimi, quae delegata nostri dis minoribus
«cura uni se tibi dignatur ostendere». Cf. Seeck, op. cit. p. 54; Ap-
pendice, pp. 438-39.
(4) VicT. Ep. 41, 18: « irrisor potius quam blandus, unde pro-
« verbio vulgari Trachala ».
()) EuTROP. loc. cit. X, 7; EusEB. Vita Const. lib. I, capp. 2,
19; lib. IV, cap. 29, p. 5).
(6) Anon. Vales. II, 2: « litteris minus instructus ».
(7) « Multas leges rogavit, multas ex bono et aequo, plerasque
superfluas»; Eutrop. loc. cit.
122 C. Car assai
far valere il suo giudizio e il suo sentimento contro ogni
costume od ogni regola di diritto, per cui Giuliano lo
chiamò poi « novator turbatorque priscarum legum et moris
« antiquitus recepti » (i); e ciò non solo nell'ammini-
strazione, dove pur dimostra sagacità ed in fondo un animo
giusto, ma anche nel campo strettamente giuridico, dove
la pratica decisione che egli dettava fu osservato non ri-
spondesse sempre alla tradizione del puro diritto romano (2).
Anche nella penale giustizia il suo sentimento personale
prevaleva sull'equità, e talvolta mostravasi severissimo, pre-
cipitato e quasi feroce, e talvolta di larga blandizie (3),
Era dunque Costantino, « vir ingens et omnia efficere
« nitens quae animo praeparasset » (4), l' uomo adatto a
concepire e ad effettuare il proposito di sollevare il cri-
stianesimo alla pari e quindi al di sopra del paganesimo,
e con costanza e tenacia in tutto l' insieme del suo go-
verno porlo definitivamente su quella via che doveva avere
per meta prossima il suo trionfo completo, nella rovina
del paganesimo, dell'antica civiltcà e dell'antico mondo.
Le manifestazioni pubbliche del cristianesimo e le sue
influenze sulla vita pubblica ufficiale furono sotto Costan-
(i) Amm. XXI, IO, 8.
(2) Importante sarebbe la seguente notizia data da Seeck (op.
cit. pp. 52-55), ma non è indicata e non ho trovato la fonte: « wohl
« aber fehlte iliin das geschultc Rechtsgefùhl, welches auch den ge-
« stàndigen Verbrecher der schùtzenden Formen dea Prozesses nicht
« zu berauben gestattet. Wo er von der Schuld ùberzeugt war, schien
« ihni cine Untersuchung ùberflùssig, und ob der Henker odcr Mcn-
<v chelmórder das Urtheil voUzog, betrachtete er als cine gleichgil-
« tige Fo! mfrage. In Fcldlager aufgewaclisen und von lugcnd auf an
« Blut und Wunden gewòhnt, batte er das Mitleid fruii verlernt ».
(j) Cf. i due passi in Eutropio (X, 6): « primum necessitudines
a persecutus Crispum filium egregium virum et sororis filium com-
« modae indolis iuvenem, interfecit: niox uxorem; post numeros
« aniicos »; (X, 7): «... ingentcmque apud barbaras gentes mcnioriae
a gratiam collocavi! ».
(4) Eutropio, X, 5.
La polìtica religiosa di Coslaiitiiio ecc. 123
tino manifeste e continue. Incominciarono, si è detto, con
r innalznmento della croce sul labaro, suU' emblema della
romana grandezza che a tante vittorie aveva guidato le
fortunate armi romane; e dopo la battaglia di ponte Milvio
non furono celebrati giuochi, contrari ai rigidi costumi
cristiani.
La lotta con Licinio, che nascondeva l'aspirazione di
Costantino a riunire nelle sue mani tutto l'impero (i), fu
combattuta sotto l'invocazione della protezione degli dèi
da una parte, di Cristo dall'altra, e fu riguardata quasi come
una prova della verità e della potenza dell'una e dell'altra
religione (2).
Dopo ciò e dopo le fortunate vittorie, le truppe rico-
nobbero Cristo, almeno nella loro rozzezza, accamo ai loro
dèi; era già questo un passo verso la loro cristianizzazione,
era già un' affermazione importante del Cristianesimo che
doveva portare i suoi frutti.
Le controversie religiose, che con tanta violenza sor-
sero e si combatterono in quell'epoca, ebbero un riflesso
(1) EUTKOPIC, X, ).
(2) Eusebio, Slor. eccks. lib. X, cap. 9; Vìla Coint. lib li, cap. 5.
È interessante di rilevare che, invero, questo principio di giudicare
della verità o falsità delle religiose credenze dall' influenza buona o
sinistra del principio stesso religioso sulle cose umane e sulle cose
dell'impero, che in sostanza riduceva la questione religiosa ad una
discussione storica, ponendola sopra una base di fatto, trasparisce in
tutta la lunga lotta religiosa fino alla rovina completa del pagane-
simo. Sl! questo principio e su questo scopo s' incardinano il De nior-
tihiis perseciitornm, come più lardi la Città di Dio di sant'Agostino:
questo principio trasparisce continuamente negli scritti di Eusebio: in
una lettera di Costantino tramandataci nella 5/or/a (jcc/di^/a^z/ca (lib. X,
cap. 7) non altrimenti si osserva: 'E-siSr, i/. TrXsisvw* Trpa-jry.dTuv <pai-
■icTai Tvape^i'jSScvTiSrerorav ■:•}■,•* Spr.a/.iiav ìi fi r, jcosucpaia tx? à-j-utoàTVi;
sTTO'jpavio'j alòd); cp'jXàTTSTat, y.SYOcXo'j; )«f(5uN0u; ì'^-n-ioyj'i'x'. tsÌ; Sviu.oaiot;
Tzoó.'^y.'xrsvi, aÙTTiv t; -oiùzr.'i IvS/cao); àvaXYicpScìca-j /-ai {p'AaTT0;.;.c'v7iv,
a£-^iaTr,-; còiu/^iav tm 'Puy.aVy.w ivs'y.aTt, x.aì uù'J.noia'. T5Ì: rù-i k'tXtwTTwt
■jrpà'Y;-'-aci^ s^atpsTS-* eùòaiaj'ia-/ izy.fzayjr.'J.i-i'xi, &C.
124 ^- Car assai
diretto nel campo dello Stato, e in gran parte invero in-
teressavano la pace e la tranquillità pubblica (i): lo Stato
intervenne a mezzo dell'imperatore, non con mezzi esclu-
sivamente di polizia, ma con mezzi altresì e con riguardi
inerenti all' organizzazione della Chiesa cristiana.
È da riflettere al riguardo che l' azione di Costan-
tino si esplicava come cristiano e come uomo di governo.
Non è da esagerare il valore di questa sua intromissione
nel governo della Chiesa e riannodarla troppo ai concetti
dell' antica teocrazia, perche Costantino non si arrogò
anzi mai il diritto di far da pontefice nella Chiesa cri-
stiana, nonostante che le circostanze e le condizioni della
Chiesa in quell'epoca, dopo la persecuzione diocleziana, gH
avessero anzi offerto il destro di estendere la sua inge-
renza (2). Egli convocava i sinodi ed i concilii, ne stabiliva
le modalità; faceva obbligo ai vescovi d'intervenirvi, li
esortava alla concordia, esercitava un'autorità provviden-
ziale allora per l'unità della Chiesa e della fede cristiana,
mostrando anzi in questa sua condotta molto tatto, come
Burckhardt riconosce (3). Due sinodi (ece egli convocare
in occasione della controversia donatista di Cartagine "(4),
poiché a lui ambo le parti avevano ricorso per averne il
giudizio e l'appoggio (5). Egli assistette al sinodo di Ar-
(i) Lo dice !o stesso Costantino nella lettera a Milziade, con
la quale fu sottoposta al giudizio di questo e di altri vescovi (tw*
y.'/KXr.-^ut 'iy-wv), Reticio, Materno e Marino, la questione di Ceciliano
cartaginese (cf. Eusebio, Slor. cecia, lib. X, cap. 5): /.ai ts-jtì asi
papj (j'yiòpa òo/.i', T9 £v ra'JTai; ii:%zyj.a\% a; ttì ìj-t, /.aSoctróasi aùsai-
seTOu; r, 5eia npivsia à/E/^eipiTS, y.à/.iìa» iri^J ttX-^So; Xaoi3, ó^^sv l-i
ri oa'jXsTEpj"' tTt'.'J.iiTit'i- cJp'.ay.cjSat woa><ci òf/^oa-aTSÙvra &C.
(2) Bene in proposito il Sheck, op. cit, pp. 60, 62.
(3) Op. cit. p. 365.
(4) Mansi, II, 434 e 456. Cf. le lettere di Costantino a Milziade
papa e ad Onesto vescovo, in Eusebio, Stor. eccks lib. X, cap. 5.
(5) Cf. le notizie sull'origine del Donatismo nella Zeilschrijt f.
Kiichengischichli, X, '^o\ sg Inoltre Wòlter, Dcr Urspning da Do-
La politica religiosa di Costantino ecc. 125
les (i), f cosi al grande concilio di Nicea, che fu per suo
ordine convocato (2). Ma, oltre a ciò, le decisioni di questi
concilii erano fatte da lui valere con la forza pubblica (3);
questi concilii stessi erano adunati a spese pubbliche (4):
sotto tali aspetti queste controversie interne della Chiesa
rientrarono nella competenza dello Stato, e contribuirono
perciò ad una nuova affermazione pubblica del Cristia-
nesimo.
Molte pratiche religiose e molte feste pagane, che più
contrastavano per la loro licenziosità con la morale cristiana,
vennero dall'imperatore sospese o addirittura proibite (5):
nalismiis iiach deii Oucìlen unlcnncìit iind dai-i^cstt'ìlt, Freib. und Tu-
bing, 1883 (riguardo a Costantino specialmente pp. 134-194).
(i) Eusebio, Vila ConsL lib. I, cap. 44; Zeitschrift, ivi, p. 507.
(2) Seeck, Untersuchuiigen :(. Gescli. d. Kicdeuiris Kon^iJs, in Ztiit-
schrift f. Kirchengeschìcbte, XVII, n. i, 319 sg.
(3) Rilevasi specialmente riguardo alla controversia di Atanasio
ed al concilio di Nicea {Vita Const. lib. III).
(4) Eusebio, Star, eccìes. lib. X, cap. 5.
(5) Eusebio, Vita Const. lib. IV, cap. 25 (cf. 1. i Cod. Tlicod.
De gladiatorihiis, XII, 15; 1. i Cod. Giust. XI, 43: «Cruenta spe-
« ctacula in otio civili et domestica quiete non placent. Quapropter,
« qui omnino gladiatores esse prohibemus, eos qui forte delictorum
« causa hanc conditionem atque sententiam mereri consueverant, me-
te tallo magis facies inservire, ut sine sanguine suorum scelerum poenas
«agnoscant». Due leggi di Costantino proibiscono la consultazioni-
privata degli aruspici, non potendo compiersi le pratiche relative che
nelle pubbliche are a ciò destinate (Cod. Theod. IX, 16, i, 2). Una
legge di Costanzo riferisce un'altra legge di Costantino che proibiva
i sacrifici (Cod. Theod. XVI, io, 2): « cesset superstitio, sacrificiorum
« aboleatur insania. Nam quicumque contra legem divi princi-
«pis parentis nostri et hanc mansuetudinis nostrae ausus fuerit
« sacrificia celebrare » &c. Mi pare molto probabile che questa legge
di Costantino effettivamente esistesse e proibisse alcuni speciali sacrifici
cruenti e contrari alla nuova morale. Ne dà, del resto, notizia anche
Eusebio, Vita Const. lib. IV, cap. 23: ... Sjcia? -i rpi-s; à.T:r,'p-
piUETs -òt; • È ricordata anche nel lib. II, cap. 45 :..• y-r'^ i^-'h S'je'.-*
126 e. Car assai
del resto Costantino in questa piiri^a:;^ioìie del rito pagano
non faceva che seguire, e magari estendere, l'esempio dei
più austeri, o meno corrotti, suoi predecessori. A quest'ordine
di provvedimenti sono da riferire i suoi ordini di chiusura
di alcuni templi pagani (i). Questi templi, consacrati nella
maggior parte a \'enere, nelle provincia orientali, in Fenicia,
in Cilicia, neir Egitto, erano centri di gravissime immo-
ralità e turpitudini: xo) \xr^òiyx ac[Jivà)v àvòptov aùxóS-: ToX|xàv
7ìaj>i£va'. (2).
È da ritenere, peraltro, a questo proposito non essere
comprovato che sotto Costantino e nella stessa cittA di
Costantinopoli non fossero eretti nuovi tempi pagani (3).
Altri attentati o altre noie non ebbero a soffrire questi
tempi sotto Costantino : il racconto di Eusebio (4) che
molte statue di dèi sarebbero state fuse per destinarne
l'oro e l'argento, di cui erano composte, a sostenere le
gravi spese ordinate dall' imperatore, e che molte statue
sarebbero state tolte dai rispettivi tempi per essere traspor-
tate ad adornare la nuova città di Costantinopoli, raccolto
da Schultzc (5), non ha importanza, perchè, tolta l'esage-
razione che qui manifestamente trasparisce, si tratta della
fusione e della spogliazione di quei tempi, di cui fu ordi-
nata la chiusura (6); e il trasporto di statue artistiche (-/aXxoO
'^:/.07.7./.''a:; à'f.sprojxivtov) a Costantinopoli è un fatto che si
spiega con ragioni, che nulla hanno a vedere con la ragione
(i) Eusebio, Fila Comi. lib. Ili, capp. 5 1-5 5-56, 58.
(2) Eusebio, ivi, cap. 55.
(3) La lepge 3, Cod. Theod. XV, i, citata da Scliultze, non può
avere questa interpretazione.
(4) Vila Censi, lib. Ili, cap. 3;: ... 'EirXr,:&5T0 òè òiiXju irSaa f.
fiaiO.Sù); Èttwvo Ai; ttìXi; -w y.t-'ìt. -à-; ÉSvs; svTSy^vot; yaXx.ov» ca-.yoxaXiat;
()) Op. cit pp. 50, 51.
(ój Le ultime parole di quel capo della storia di Eusebio lo di-
mostrano : As'J./.'.i'. ò^Ta /.ai 'y.ii •j.ùUmi 5j;: ^'E-j'Tsa/.jTcìJv, •:pr/'7>i >^à-
C'j.olg:i T.7ÌVT; -2;tJì>,r,53/T£;.
La politica religiosa di (Costantino ecc. ii'j
religiosi!, e che riflettono al « su m munì ius » della città
che, come Roma, era, o veniva ad essere, il « caput »
dell' impero (i).
Alcune cerimonie tradizionali pagane non furono com-
piute da Costantino: cosi non si ascese il Campidoglio
dopo la vittoria su Massenzio, né alla ricorrenza dei Ludi
Capitolini furono celebratele consuete cerimonie, con grande
disdegno, come Zosimo narra (2), del Senato e del popolo.
Le ricorrenze solenni con le quali, secondo il costume,
si celebrava il compimento di ogni lustro di regno dell' im-
peratore, e si facevano voti per il nuovo lustro che comin-
ciava (0 quinquennalia, decennalia, quindicennalia, vicen-
nalia») furono dall'imperatore solennizzate con feste religiose
cristiane, con conviti, ai quali, giusta il racconto di Euse-
bio, tutti i vescovi erano invitati (3): ciò non esclude che
feste pagane fossero altresì celebrate, essendo giorni di fe-
stività universale, ma queste non avevano, come quelle,
tutto il favore e la partecipazione dell' imperatore. Nei
(i) Ammiano Marcellino, XVII, 92 (ediz. Parisiis, 1631) par-
lando dell'obelisco trasportato nel Circo Massimo di Roma da Co-
stanzo nell'anno 557 (v. Henzex e De Rossi, Inscript. tirh. Rotiiae,
ediz. Bormann ed Henzen, VI, par. i, n. 1163) dalla città egiziana
Eliopoli, accenna che già Costantino aveva tentato di farne il trasporto
a Costantinopoli. L'obelisco era consacrato al dio Sole, ed era posto
entro alle rovine del tempio, ma, dice A. Marcellino, « Constanti-
« nus, id parvi ducens, avulsam hanc molem sedibus suis, nihilque
«committere in relisrionem recte exsistimanssi abla-
«tum. uno tempio miraculum Romae sacrarci [invece a
«Costantinopoli] idestin tempio mundi totius, iacere diu
« perpessus est, dum translationi pararentur utilia » &c. Intorno a ciò
cf. anche, in generale, Burckhardt, op. cit., e Crivellucci, Della
fede storica di Eusebio, pp. 10-27.
(2) ZOSIMO, II, 29: Tr.i òi -jraTpis'J y.aTaXapj-jijr.; ioz-r,^, /.aS' ■/■•<
àsi'^y.r, tò a-^y-riT^zòoi r.'i ;'=-/a'. =;; ~i KaTTiTwXts-*, ivoòo-; i-W-òi^wi àvai-
Òrrt, /.OLÌ -r,i isià; àTvsGTXTria;, il; y-ì'ffs; ~r,'i -^spo-jdia-* /.ai -zb-i òr.v.sv
aNiOTTiCS-^
(3) l'ita Const. lib. I, cap. 48; lib. III, cap. 15.
128 e Car assai
« decennalia » e « vicennalia » le sue lodi furono dette da
Eusebio (i).
Le leggi di Costantino, da quanto ne conosciamo per
esserci state conservate dal Corpus iiiris e per il giudizio
che ne apprendiamo da contemporanei, rispondono molto
alla morale cristiana (2). In verità l'indirizzo ci traspa-
risce da parecchie, che troviamo nel Corpus liiris. Siste-
matica è la protezione delle donne, dei minorenni, delle
vedove, degli orfani, e il miglioramento in questa materia,
su larga base di equità, del diritto antico è evidente ; tale
protezione si estendeva nel campo penale, processuale e pa-
trimoniale, e specialmente aveva di mira di por limiti alle
cattive e voraci amministrazioni dei tutori e curatori (3).
Né solo in fatto di amministrazione ed in materia patri-
moniale aveva riguardo alla tutela: una legge dell'anno 320
commina severe pene, la deportazione ed il sequestro di
tutti i beni, a quel tutore che avesse abusato della sua
pupilla (4). Il pudore della donna, in generale, sugge-
risce a Costantino alcune disposizioni che accordano pri-
vilegi alle giovanette e alle matrone « propter pudorem
(i) Vita Const. lib. I, cap. i. Si può confrontare anche Eusebio
{Laud. Const.), cap. 2: iravri-Y'jpi' te Taótr.v u-i-m sjts; t'ov TrwTTUTE rr.i
'P'ij'Aaitov y.i'isr.'fvj.o-ivjci-nii)'! pac.XE'a;, ri'.TTaT; r,ò% irspiiòsi; òsiiaStov Trpò;
■zcZ way.paciXj'to; 0:Oj Tty.r.Sct;, où /^Sovisi; y.aTà tsò; iraXdiou; a'j^rsXeì
77<2uu.ac;v, 5'jòi X7.0KXitu)t tpaay.aci &atao'*ti)'< . . . a'J'/y;a37iy,='-(5{ 7<5v eì;
a'jTÒv )Cc/_ipT.-]frac'va)v à-^a5ò'(, àTTSÒiòwaiv •
(2) Oltre che in Eusebio, leggiamo nel panegirico di Nazario,
cap. 38: « Novae leges regendis moribus et frangendis vitiis consti-
« tutae. Veterum calumniosae ambages recisae, captandae simplici-
« tatis laqueos perdiderunt. Pudor tutus; munita coniugia» &c.
(3) Cod. Theod. I, 22, De o[ìicio iudkuin omnium, r, 2 (Cod.
Giust. I, 48, i; III, 14, i); III, 30 Dà aJminìslratione et peiicnlo tu-
torum etcìiratornm, 1-5 (Cod. Giust. V, 37, 20-23); IX, 21, De (alni
moneta, 4, |] i ; XLII, De bonis proscriptorum et damnatorum, i (Cod.
Giust. IX, 24, i; V, 16, 24).
(4) Cod. Theod, IX, 8, i (Cod. Giust. IX, io, i: « pupillani
quondam suani »).
La politica religiosa di Costantino ecc. 129
«et verecundiam » (i), « considerato sexu » (2). L' influenza
della morale cristiana è qui manifesta, e tanto più essa
ci trasparisce, se teniamo d'occhio un'altra legge di Co-
stantino che vuol salvaguardare dalla prostituzione la donna,
ancor schiava, che all' osservanza della rigida e pura cri-
stiana legge si fosse dedicata (3): « nemo alter coemendi
« habeat facultatem », dispone la legge, « nisi aut hi, qui
« ecclesiastici qssq noscuntur, aut christiani homines de-
ce monstrantur, competenti pretio persoluto ». Altra severa
legge dell'anno 320 commina punizioni ai rapitori di fan-
ciulle, e disciplina le conseguenze di cotali reati (4). Un
rinnovamento della legislazione sotto l' impulso di una più
sana morale ci apparisce da altre disposizioni che riflettono
il matrimonio. Una legge dell'anno 331 disciplina i casi di
legittimo ripudio (5): un'altra dell'anno 32^(6) proibisce,
durante il matrimonio, di tenere presso di sé una concu-
bina. Alcuni rapporti di obbligazione dipendenti dalla pro-
messa di matrimonio hanno suggerito a Costantino sei
buone leggi che ci sono conservate nel lib. Ili, titolo V,
del Codice Teodosiano ; quattro di esse sono trascritte
nel Codice Giustinianeo.
Da un frammento di una legge dell' anno 33^(7) rilevasi
r esclusione dal diritto di ereditare dei figli illegittimi; con
altra dello stesso anno (8) sono puniti i senatori ed altre
persone che, rivestite di pubblica autorità, avendo illecito
commercio con una schiava o liberta, o con donna di cat-
tivi costumi, volessero annoverare tra la prole legittima i
(i) Cod. Theod. II, 17, I, 5 I (Cod. Giust. II, 44, 2).
(2) Cod. Theod. I, 22, i, (Cod. Giust. I, 48, i).
(5) Cod. Theod. XV, 8, i.
(4) Cod. Theod. IX, 24, i.
(5) Cod. Theod. Ili, 16, i.
(6) Cod. Giust. V, 26, I.
(7) Cod. Theod. IV, 6, 2.
(8) Cod. Theod. ivi, 3 (Cod. Giust. V, 27, i).
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV.
ijo e. Car assai
fii-li in tal modo avuti, e annulla le donazioni che in via
diretta o indiretta loro volessero fare. L' ordine interno
della famiglia è così concepito da Costantino che in caso
d' adulterio, che era considerato pubblico delitto, proibisce
che intervengano estranei a farsi accusatori; ma ordina che
ciò sia riservato al marito e agli stretti parenti (i)
Anche all' immoderata potestà del paterfaniiìias riflette
un'opportuna legge di Costantino, e a grave pena fu sot-
toposto quegli che fosse convinto di parricidio verso quelle
persone che alla sua affezione avevano naturale diritto (2).
La vendita, come la cessione in pegno, dei fanciulli
era pure proibita: già Diocleziano e Massimiano avevano
dichiarato nell'anno 294 essere evidente (3) che l'alie-
nazione dei figliuoli per parte dei parenti non fosse
dal diritto permessa. Ma, poiché era tuttavia ammessa la
vendita dei figli appena nati {sanguinoìcntos) per estrema
miseria (4), Costantino provvide che il fisco intervenisse
a sussidiare siffatti indigenti per impedire quella nequi-
zia (5): in ogni caso dispose che, ove pure la vendita ve-
nisse in tal modo effettuata, fosse sempre lecito al venditore
o allo stesso alienato di riscattare la libertà. Saviamente
dispose Costantino intorno agli esposti, nell'anno 331,
che quegli che li avesse raccolti ed educati, sciente anche
il padre o il padrone, li ritenesse presso di sé in quello
stato che egli avesse creduto di assegnar loro (6). Altre
disposizioni riguardano il trattamento più umano degli ar-
restati e sottoposti a processi (7) ; volle Costantino che i
processi fossero con sollecitudine istruiti e svolti, e che
(i) Cod, Theod. IX, 7, 2, anno 326 (Cod. Giust. IX, 9, 29).
(2) Cod. Theod. IX, I), I (Cod. Giust. IX, 17, i).
(5) «Manifesti iuris », Cod. Giust. IV, 43, i.
(4^^ Cod. Theod. V, 8, i (Cod. Giust. IV, 45, 2).
(5) Cod. Theod. XI, 27, i, 2.
(6) Cod. Theod. V, 7, i.
("]) Cod. Theod. IX, 3, i e 2 (Cod. Giust. IX, 4, i, 2.
La politica religiosa di Costantino ecc. 131
intanto non fossero i processati malmenati né avvinti a
dure catene, ma solo per quanto fosse necessario alla loro
custodia.
h noto quanto l' ordinamento finanziario si avvantag-
giasse sotto Costantino; in questo luogo ricorderemo quat-
tro sue leggi, che fanno obbligo ai pubblici riscuotitori,
sotto comminatoria di severe punizioni, di essere giusti ed
umani, alieni da qualsiasi concussione ; e proibiscono per
i morosi la pena del carcere o di sottoporli a dure sevi-
zie (i): « nemo carcerem plumbatarumque verbera aut
« pondera aliaque ab insolentia iudicum reperta supplicia
« in debitorum solutionibus vel a perversis vel ab Iratis
« iudicibus expavescat. Career poenalium, career ho-
«minum noxiorum est» &c. (2).
Un' altra legge dell'anno 519 (3) punisce i padroni di
schiavi che usassero verso i loro servi eccessive sevizie, e
li rendeva colpevoli di oinicìdio se li avessero scientemente
torturati fino all'uccisione. Né é questa la sola legge che in
fritto di schiavitù ispirasi ad umani principi ; 1' imperatore
riconosce anche in qualche modo la famiglia del servo, e
vuole che in caso di divisione di fondi rimanga presso un
medesimo possessore tutta un' agnazione di servi: « quis
« enim ferat», dice l'imperatore, a liberos a parentibus, a
« fratribus sorores, a viris coniuges separari ? » (4)
Un' altra legge di Costantino, accolta nel Codice Giu-
stinianeo, proibisce, sotto pena di morte, la formazione di
eunuchi (5).
Una grande conquista della dottrina cristiana sulla le-
gislazione del tempo fu quella di togliere gli antichi di-
(i) Cod. Theod. XI, 7, De exactioìjihus, 1-4 (Cod. Giust. X,
19, I, 2).
(2) Ibid. 1. 5.
(5) Cod. Theod, IX, 12, i (Cod. Giust. IX, 14, i).
(4) Cod. Theod. II, 23, i.
(5) IV, 42, I.
n2 C. Car assai
vieti e certo pene contro i celibi, e, in genere, ciò che era
più grave e severo, contro coloro che eran privi di prole.
La legge è di Costantino e dell'anno 320 (i); e non
taccieremo qui di esagerazione e di adulazione Eusebio so,
con poche considerazioni sulla virtù dell' astinenza e della
verginità, fa risaltare il valore e il contenuto cristiano di
sifF;Uta legge. Legge dura ed ingiusta (à7:y]vy); vópio^), egli
la chiama, di punire come volontaria colpa l' orbita,
quando por molte cause tìsiche non fosse dato di otte-
nere della prole; ma anche quando alcuno per sentimento
morale (v' a'^oSpoxàtw cp'.Àoao^'a; eptoi:) amasse astenersi
dalla copula carnale : e ciò specialmente riguardo a molte
donne che, al divino culto consacrate, coltivarono in sif-
fatto modo la castità e il sentimento verginale, da dedi-
care a incorrotta e santissima vita il loro corpo e l'anima
loro (2).
È manifesta, quindi, l'influenza del cristianesimo nella
legislazione di Costantino sia nel campo pubbhco che nel
campo privato, nella sfera e negli istituti i quali, più che
ai rapporti strettamente privati, s attengono a principi di
ragion pubblica : e, se consideriamo cosa fosse il diritto
per Roma, quanta parte costituisse della vita, del pensiero,
del sentimento della nazione, come fosse sostanzialmente
compenetrato nelle istituzioni e nella vita politica dello
Stato, ci apparirà l' importanza di quella influenza e di
quella compenetrazione del cristianesimo negli elementi
pubblici dell' impero. L' epoca costantiniana segna l' inizio
di questa trasformazione del diritto pubblico romano, che
progredisce largamente fino e oltre Giustiniano, sotto
r ispirazione di un « diritto divino » che rompe lo resi-
stenze del vecchio mondo e adatta la vita giuridica sopra
una nuova base etica. Costantino appartiene, con la sua
(1) Cod. Theod. 1. un. Vili, 16 (Cod. Giust. Vili, 57. i).
(2) ViUi Const. lib. IV, cap. 26.
La politica religiosa di Costantino ecc. 133
legislazione, all'epoca nuova; e noi quindi non erravamo
affermando che la religione cristiana fu da lui sollevata
non solo al grado di religione di Stato, con tutte le in-
fluenze correlative e necessarie, coscienti e incoscienti,
sulla vita pubblica; ma ebbe da lui il primo impulso a
quella rapida evoluzione che, per forza di cose, doveva
condurla a battere in breccia il vecchio mondo, i suoi
principi e i suoi costumi. Di questa evoluzione, che dal
campo morale entra nel campo esecutivo e materiale già ai
tempi di Valentiniano, mancherebbe la base storica e man-
cherebbe un anello di congiunzione e di attacco, se si di-
sconoscesse l'opera e l'influenza cristiana di Costantino.
Giusta il concetto romano, cui più volte si è accen-
nato, della religione di Stato, il culto pubblico era man-
tenuto a carico del pubblico erario ; i sacerdoti erano uflì-
ciali pubblici e percepivano un pubblico stipendio. Intorno
a ciò abbiamo ragionato in un precedente nostro lavoro (1),
ed ivi abbiamo anche dimostrato come, anche allorquando,
specialmente con l' allargarsi dell' impero, i templi vennero
acquistando una certa personalità propria, con un patri-
monio loro determinatamente destinato e con certe ren-
dite, ed anche i sacerdoti vennero costituendo una specie
di corporazione con una cassa propria, «arca pontificum»,
il fondamento pubblico di questa proprietà restò sempre
invariato sia per la origine di queste rendite, sia per la
natura speciale di molte di esse (come multe e pene pecu-
niarie nei processi, ed altre di origine contravvenzionale o
penale), sia per le loro guarentigie, per la loro amministra-
zione e in sostanza anche per la loro disponibilità (2). Ma
abbiamo pure ivi accennato come le cose cambiassero con
la proprietà cristiana : « la Chiesa passò sotto Costantino
(i) La proprietà ecclesiastica, par. I.
(2) Ivi, cap. I.
134 ^- Car assai
(( dal campo privato al campo pubblico, ed entrò allora in
(( rapporto con lo Stato, venendo quindi a consolidarsi
« come istituto giuridico nello Stato stesso ; ma vi entrò
« con un organismo giA formato e socialmente stabilito,
0 indipendente dallo Stato medesimo, al quale richiese il
«riconoscimento formale e la protezione giuridica» (i).
Il primo elemento che è da considerare nei riguardi
pubblici della proprietà della Chiesa sotto Costantino è
quindi l'elemento storico, l'elemento che lo Stato subisce
nello stabilire i suoi rapporti con la Chiesa cristiana. E
questo elemento è sostanza e forma : è sostanza, in quanto
trovò allora riconoscimento una vera e speciale proprietà
ecclesiastica, che sorgeva da fonti che nulla avevano da
vedere con le risorse pubbliche e con lo Stato; ed è forma
in quanto questa proprietà costituivasi assolutamente indi-
pendente da ogni carattere pubblico statuale, assumesse o
meno, fino da allora, un carattere pubblico ecclesiastico.
Il fondamento di tutto ciò trovasi negli editti di resti-
iuTJonc, sui quali ci siamo già soffermati, che restituirono
alla Chiesa come conciìiiuìi, come corpus cbristianoniìn, cioè
come corporazione, i beni sacri e non sacri che nel corso
di tre secoli, secondo le leggi interne della Chiesa, si erano
costituiti. Questi beni formarono la prima base economica
del nuovo culto, e il diritto romano solo allora conobbe
una vera proprietà ecclesiastica di natura corporativa, cui
solo una tendenza, più o meno accentuata, il diritto an-
tico aveva dimostrato. E fu cura dello Stato, per opera
del suo imperatore, che questo patrimonio si costituisse
nelle sue basi più larghe, profittando nella maggior misura
dell'evoluzione anteriore, ed aprendo la via più larga al pro-
gresso futuro col riconoscimento della facoltà di ereditare,
che era, del resto, una mera conseguenza logica.
Non ci è d'uopo di ripetere qui il contenuto degli editti
(i) La proprietà ecclesiastica cit. p. 67.
La politica religiosa di Costantino ecc. 135
di restituzione: Eusebio ci fii conoscere da un documento
di Costantino, trascritto questa volta nella sua Storia ec-
clesiastica, come r imperatore intendesse che essi doves-
sero trovare applicazione (i). 11 riconoscimento del pos-
sesso della Chiesa e la restituzione di quanto le era
stato confiscato non era una concessione dello Stato, ma
una questione di giustizia; ed era nello stesso tempo il più
esplicito disconoscimento di qualsiasi elemento pubblico e
di qualunque ingerenza pubblica in questa proprietà: al
principio della più lata esplicazione della legge di resti-
tuzione rispondono i termini larghi e generici di questa
lettera (2). Del resto che tale larga estensione ricevessero
sii editti di restituzione ci è confermato dalla testimo-
nianza del Liber pontijicalis. Nella vita di papa san Silvestro
il compilatore di quel libro, annoverando i fondi donati
da Costantino alla chiesa di S. Lorenzo in Roma, nel-
r agro Verano, ricorda la « possessio cuiusdam Cyriacae
« religiosae feminae, quod fiscus occupaverat tempore per-
« secutionis Veranum fundum ». Ora, fu questa signora
Ciriaca vedova e martire ai tempi della persecuzione di
Valeriano, che costrusse coi suoi beni il cemeterio di S. Lo-
renzo, dove furono riposte le ceneri di questo martire.
Dunque la restituzione si estendeva anche alle confische
avvenute nelle persecuzioni anteriori all'ultima di Diocle-
ziano.
(i) Lettera nd Anulino (Eus. Slor. eccUs. lib. X, cap. 3): "R^t'./
(l'AXornlm TiQoaìjy.ei, y.r, y.oNo-j a-À hioyì.tìa^ixt., aXXà )caS ànoxa^iaTcìy
^ovXea&ca ry.à;.
(2) Cosi prosegue l'imperatore (loc. cit.): "Ossv PsuXóasSa h,
ÓTCOTav 7au7a xà 'Yoaa'j.axa -/.oj-iari i'. ii^ia. va tsutwv tww -zrt Ex/.Xr.ota
T^ i4a5so>'.)c^ Twv Xp'.ortavSv hi éxccarciu no'/.faty ri >caì ('"/.'Àoig ónoii;
òiicpisov, x.aì TiOLxiy^ivi-o vij-( r, ùirà itsXtTw'^ x vnó xii'iai' u/.'tMV, raura
((TioxuiaaTtjyfa 7rapa/^p-^y.a xaì; oùrtÒ"* 'Exy.Xr.diai; Twonóffr,; ' ÈTretòr.Trsp
w30Tior,y.£3a Tauxa aTrsp olì aùrai ì/.y.Xr.aioii TtpOTcps-; Icy^^ns^saav, t'Ò òì-
xatw a'jTwv x7:i/.'x-yics-:r,tct<..
13 6 C. Car assai
Ad un'altra designazione pure di un fondo donato dallo
stesso Costantino alla medesima chiesa di S. Lorenzo,
posto nel territorio sabinese, segue l' indicazione « prae-
« stans nomini christianorum »; e questo termine « nomen
« christianorum » per designare la comunità cristiana ci
riporta a un tempo piuttosto anteriore, come Duchesne
avverte, all' epoca di Diocleziano (i). Se ciò consolidava
nella Chiesa gli interessi economici che nel corso dei tre
secoli di vita cristiana si erano esplicati, era altresì fonda-
mento assoluto e arra di sicurezza pei nuovi acquisti, pel
futuro possesso: ed ecco che si aggiunge la capacità di
ereditare, la fonte più diretta e più efficace di acquisto,
il complemento e la perfezione ultima, come si è detto,
della personalità giuridica delle chiese. A. 321 Costantino
« ad populum . . . Habeat unusquisque licentiam, sanctis-
« simo catholicae (catholico) venerabilique concilio dece-
« deus honorum, quod optavit, relinquere. Non sint cassa
« iudicia. Nihil est, quod magis hominibus debeatur, quam
« ut supremae voluntatis, postquam aliud iam velie non
« possunt, liber sit stilus, et licens, quod iterum non redit,
« arbitrium » (2).
La giustificazione giuridica data, che risponde alle idee
di Costantino, esplicate in altre disposizioni relative ai
testamenti, nulla toglie al valore ecclesiastico e politico
rispetto alle chiese della concessa facoltà di ereditare : facoltà
che il diritto classico riconosceva solo in via eccezionalis-
sima ad alcuni templi, indicati in un celebre frammento
di Ulpiano, sotto il nome dei loro dèi (3).
Tuttavia, se la base economica del nuovo culto costi-
tuivasi indipendente dallo Stato, là dove circostanze stra-
ordinarie di dispendio verificavansi, o dove 1' economia
della Chiesa non aveva potuto ancora sufficientemente
(i) Cf. Introd. al IJher pontificalis, p. cl.
(2) Cod. Theod. XVI, II, 4 (Cod. Giust. I, II, i).
(3) Cf. mia opera cit. cap. i.
La politica religiosa di Costantino ecc. 137
affermarsi, a mezzo dell' imperatore intervenne lo Stato.
Ne abbiamo veduto un esempio in occasione dei concili!,
le cui spese per il trasporto e per il soggiorno dei vescovi
furono sostenute dall' erario pubblico: ce ne dà notizia
certa Eusebio, anche nella sua Storia ecclesiastica, lib. X,
cap. 6; ce ne danno genericamente conferma Zosimo,
Giuliano ed Aurelio Vittore, accennando di proposito a
queste liberalità di Costantino.
Ora, ci sembra di poter affermare che questo intervento
dello Stato nelle spese del culto cristiano, allorquando l'or-
ganizzazione finanziaria della Chiesa non provvedeva, fu
considerato come una logica fnn:^ionc dello Stato stesso, coe-
rente a quei principi della politica ecclesiastica costanti-
niana, che abbiamo sopra illustrato. E di questi principi
stessi abbiamo così una nuova conferma. Nell'ordinare il
pagamento di queste spese o di queste elargizioni al culto
cristiano Costantino si rivolge ai pubblici ufficiali delle
Provincie, che con l'una o l'altra carica, o procuratioiies,
amministravano il patrimonio pubblico, 0 ne disponevano.
Tale doveva essere quell' Urso, di cui si fa menzione nel
capo VI, lib. X della Storia di Eusebio; e tale forse anche
queir Eraclida, xou ènixpÓKO'j xwv r^\i.^xipo)y xxr^\i.ó(.zii)v, nello
stesso capo menzionato, accennandosi alla concessione di
sussidi straordinari, poiché fjixsxspwv non tiene luogo di
privataritììi (^siibstantianun) o privatorum (^praedioriim),
come interpreta il traduttore della Patrologia, aggettivo clas-
sico per accennare alla cassa privata dell' imperatore (i).
In simigliante modo per il trasporto dei vescovi al luogo
dei concili! è il correttore delle pubbliche strade che deve prov-
vedere, ivoc Xajjòjv Tcapà toO Icc^xTzpox'xxov Aa-pwvcavoO toO
xz^br/,xopo; EtVvSPia; 5rj[i.óa'.ov o/r^[xa &c. (2).
(i) SozoMENO dice che analoghi ordini Costantino dava ai pre-
sidi delle Provincie (ts~; 'r.~(o-yj.i'io'.; tw-< isvwv); similmente Eusebio,
Vita Const. lib. Ili, cap. 50: tsì; tw-» ISvùv apy^oucj'.'^.
(2) Eusebio Stor. ecclcs. lib. X, cap. 5, Costantino a Cresto.
ijS e Car assai
Del resto, la dizione generica del citato capo vi ci
conferma la nostra interpretazione: scrivendo a Ciciliano
di Cartagine per annunziargli di aver posto a sua disposi-
zione del denaro, Costantino premette di aver disposto che
per tutte le provincie dell'Africa, della Numidia e della Mau-
ritania fossero concessi sussidi (xl, «aliquid») a certi sacer-
doti bisognosi (e:; àvaX(ó[xaxa) (i). Infine non altrimenti ci
narra Zosimo, il quale e queste elargizioni ci conferma e
queste loro modalità, che noi abbiamo interpretato. Egli
naturalmente ne fa un appunto a Costantino, e osserva
che con queste sue elargizioni a uomini indegni ed inuiììi
(eìi; àvaz'Jot; xal àvorfiXet; àvi^ptÓTCcci;) egli esauriva la pub-
blica finanza e rendeva gravissimi i tributi (II, xxxviii).
Egli teneva, conclude Zosimo, la prodigalità per muni-
ficenza.
Xel passo precedentemente citato di Eusebio è da porre
attenzione a quella frase zt^c, £v9-£a[A0'j xal àyuoxàxYjs xxfìo-
X'.xr^; O-pr^axcia; («legitimae et sanctissimae religionis catho-
« licae »): quell'aggettivo àvS-iajxo'j (« legitimae») non e ca-
ratteristicamente corrispondente alla natura pubblica di
queste elargizioni, e alla loro giustificazione nella posizione
ufficiale e legittima della Chiesa, e nella funzione religiosa
dello Stato ?
Sotto un secondo aspetto e per un altro scopo aveva
Costantino occasione di largheggiare di soccorsi pecuniari
verso la Chiesa cristiana, per il soccorso cioè dei poveri,
che costituiva, com' è noto, uno dei precipui compiti so-
ciali ed umanitari del cristianesimo. Dell' animo liberale di
Costantino abbiamo larga testimonianza non solo in Eu-
(l) ^Emiòr.nif rpeoe, jcarà jiaoa; ÈTrap/^ia;, rà; te 'Acpsi/.à;, kolì -rà;
NiU'Aiòiaj, jcai tì; .Ma'j_;tTa-(ia;, pr.Tjr; Tiai TU'» 'JTrnpsT'Òv t^; àvSEay.o'j
/.ai à-]^t(i>TàTT,; y.aSiXi/.-^; 5p7ia/.EÌa;, ec; àNaX'iu.ara èwi/^oprì-jf/irrvai n,
Èòu/.a 'Ypày.y.aTa rpi; OùpasN ts"* òiaffTiy.órxrsN y.xSjXiJCÒu tt.ì 'Acppi/.^;,
/.sci iòiiX<i}ai otJT'Ò, Ì7T(u; Tpii/^tXii'j; <j)ó>,>.£t; t^ o^ oTEppÓTr.Ti àirapi3y.^ffai
«9;5>TÌffr,.
La politica religiosa di Costantino ecc. 159
sebio (i), ma altresì in Eutropio (2) e in Zosimo (3): come
il sole sorgendo irradia e riscalda tutte le cose, così Co-
stantino, dice Eusebio (4), a tutti i bisognosi che a lui ricor-
revano impartiva i raggi della sua beneficenza.
Il sistema della beneficenza di Stato non era sviluppato,
è noto, presso i Romani; pure, sotto Costantino, accenna
questa funzione pubblica a delinearsi. Le leggi i, 2, Cod.
Theod. XI, 27, fanno obbligo nei casi di somma indigenza,
in cui l'impossibilità del mantenimento della prole ne spin-
gesse i genitori alla vendita, che questi fossero soccorsi dal-
l'erario pubblico: in questo caso v'ha di mezzo un inte-
resse ed uno scopo morale; in ogni modo delineasi però
sempre il concetto di una funzione sociale, per il solleva-
mento della più grave indigenza, nella finanza pubblica. Più
tardi fu opera della Chiesa di sviluppare le svariate forme
di pubblica beneficenza in modo da costituire un ordinato
e complesso sistema; ma lo Stato, col suo riconoscimento
e coi suoi favori, ebbe in questo sviluppo la sua parte im-
portante.
Sotto un terzo riguardo il patrimonio della Chiesa ebbe
ad avvantaggiare sotto Costantino dall' erario pubblico e
dall'erario privato imperiale, rispetto, cioè, al patrimonio
sacro, propriamente detto, agli edifizi sacri ed alle loro do-
tazioni di sacre suppellettili. Ne abbiamo la testimonianza
di Eusebio per l'Oriente e del Liber pontificalis per l'Oc-
cidente e più specialmente per Roma.
Della liberalità di Costantino a questo riguardo ci parla
in linea generale più volte Eusebio; e qui la sua testimo-
nianza ha, in verità, riscontro in ciò che dissero concor-
demente i contemporanei, cristiani e pagani, del carattere
di Costantino, in ciò che egli fece di grandioso, immagi-
(i) Vita Const. lib. I, cap. 45 ; lib. Ili, capp. 4, 58; lib. IV, cap. 28.
(2) Eutropio, X, 7.
(3) Zosimo, II, 29.
(4) Vita Comi. lib. I, cap. 45.
140 e. Car assai
nando e reali/czando la costruzione di una nuova Roma.
Nulla di più facile che nei luoghi, dove egli ebbe a soffer-
marsi, con siffatte costruzioni intendesse e abbellire la città
e tramandare, come egli amava, la sua memoria, e sod-
disfare i vescovi che l'attorniavano, che, di fronte all'ar-
tistica venustà dei templi pagani, dovevano per l'abbelli-
mento delle loro chiese o basiliche intercedere presso
l'imperatore. Il nostro Eusebio deve essere sincero quando
con storica parsimonia, così rara nella sua rita di Costati'
tino, ci narra al capo xlii del lib. I, che Costantino fu largo
di sovvenzioni alle chiese sia ampliando e costruendo i
sacri edifici, sia arricchendo le ristrette loro dotazioni. Non
cosi però gli presteremo completa fede, quando ci trascrive
una lettera a lui diretta dall' imperatore, con cui, dopo un
ampolloso discorso sulla necessità che gli antichi sacri
edifizi, diruti o men che decorosamente costrutti per la
nequizia de' tempi di persecuzione, fossero sollecitamente
restaurati ed ornati convenientemente, si ordina a tutti i
vescovi di porre la maggior cura e diligenza nella fabbrica
delle chiese, riparando le esistenti, o ampliandole, curandone
la costruzione là dove occorresse ; si dà loro autorizzazione
a richiedere e ottenere i mezzi dai presidi delle provincie o
dalla prefettura pretoriana. Di vero in ciò non deve esserci
altro che quanto abbiamo rilevato dal citato testo del
libro primo: le lettere inviate ai presidi dello provincie o
ai prefetti del pretorio non devono essere altro che gli
ordini di pagamento di quei sussidi che alle fabbriche delle
chiese, su richiesta dei vescovi, come abbiamo appreso,
erano talvolta concessi. Ciò che narra lo stesso Eusebio
nella Storia ecclesiastica ci conforta in questa interpretazione:
ivi si parla invero di queste elargizioni e di questi sussidi,
come abbiamo veduto (X, vi, èTri/oprjYriOfjVai t'.) in genere
per i bisogni delle chiese (tic, àvaXf')|Aat7, « ad sumptus ne-
« cessarios n).
Però la costruzione di alcune grandi chiese è da Eu-
La politica religiosa di Costantino ecc. 141
sebio attribuita a Costantino, e in verità non sembra che
qui egli non debba esser veritiero. Egli scriveva di cose
contemporanee a contemporanei, e le esagerazioni pane-
giriche non avrebbero potuto estendersi a descrivere templi
in realtà non esistenti; anche qui la retorica non fa difetto,
ma in sostanza dobbiamo trovarci di fronte a costruzioni
effettivamente eseguite.
Ed innanzi tutto osservo che nella Storia ecclesiastica
non se ne fa cenno: esse devono riferirsi all'ultimo periodo
del regno di Costantino, dopo la sconfitta di Licinio, cioè
dopo il 324; ed è naturale, si tratta di chiese costruite
nelle provincie orientali.
Questi edifici annoverati da Eusebio sono : il tempio
di Gerusalemme o Martirio del Salvatore, il tempio di
Nicomedin, quello di Antiochia, quello di Mambre o Te-
rebinto in Palestina, quello di Eliopoli, alcune chiese ed
oratori di Costantinopoli e specialmente il « Martyrium
« Apostolorum ». Sono attribuiti ad Elena, madre di Co-
stantino, quelli di Betlemme e del Monte degli Olivi.
Eusebio lungamente si sofferma a narrare l'origine e
a dare la descrizione del tempio di Gerusalemme : egli
narra come dagli empi Gentili fosse stato ricoperto di terra
il luogo dove Cristo era stato sepolto e donde era risorto,
e vi avessero costruito un tempio dedicato agU impuri
sacrifici di Venere; come l'imperatore ordinasse che e
questo tempio fosse distrutto e con profonde escavazioni
il sacro sepolcro di Cristo fosse rimesso alla luce (III, 26-28);
come, essendo stato per volontà divina questo scopo rag-
giunto, ivi ordinasse a Macario, vescovo di Gerusalemme,
che un sontuoso tempio, degno della sacra reliquia, fosse
costrutto (29-32); come in siffatto modo sorgesse il tempio
che fu appellato, giusta la profezia dell'Apocalisse (XXI),
« Nova lerusalem » (cap. ^^): e minuziosamente ne descrive
la fabbrica, l'atrio e il portico, le pareti e il tetto e i loro
ricchi ornamenti, le tre sacre porte e l'emisferio adorno di
142 e Car assai
dodici colonne, e l'interna area del tempio (capp. 34-39);
infine avverte che questo magnifico tempio Costantino
arricchì di ornamenti e di donativi, probabilmente la dota-
zione di sacre suppellettili, di grande valore (cap. 40). Del-
l'esistenza di questo tempio, così minuziosamente descritto,
non è possibile dubitare: lo ricorda più tardi Sozomeno
(II, 26) e avverte che anche allora esso esisteva, ed era
chiamato « il grande Martirio » (0 ixÉya MapiOptov Ttpoaa-
vopc-jETat). Socrate (^Hist. I, ^^) ne dà pure ampia descri-
zione ed aggiunge nuovi particolari di miracolosi avveni-
menti, che condussero al rinvenimento della sacra Croce;
ma avverte che siffatte religiose pratiche e la erezione del
tempio si dovette a Elena, madre di Costantino. La con-
traddizione tra Socrate ed Eusebio riguardo a questo par-
ticolare non è di difficile spiegazione: vi accenneremo tra
poco; notiamo ora solamente un'altra particolarità della
narrazione di Socrate che avverte tuttavia come V impera-
tore stesso somministrasse ì materiali per la costruzione (i).
Il tempio di Xicomedia fu costruito, giusta quanto narra
Eusebio (IH, 50), dopo la vittoria riportata sopra Licinio;
esso è semplicemente ricordato da Sozomeno (11,3): quello
di Antiochia (Eus. ivi; Soz. ivi) aveva forma di ottaedro
(« octachorum ») ed era all'esterno adornato di cubicoli ed
esedre: ambedue ebbero molti doni di oro ed argento;
quello di Antiochia, in special modo, per i suoi ricchi ador-
namenti fu detto Domimciiin aureiim. Questo fu però com-
piuto sotto Costanzo, cinque anni dopo la morte di Co-
stantino.
La chiesa di Mambre o Terebinto fu da Costantino co-
strutta in quel luogo dove la Genesi narra riposasse Abramo
e avesse la visione degli angeli, non molto lungi da Geru-
salemme; anche ivi, narra Eusebio, si compievano dai pa-
(l) Ivi, 'Eyjpr^et ['•'i'* ov»< -àuot; tì; CXa; ó (ìao-.X^J; «i; tt.v /.V-ia.-
La politica religiosa di Costantino ecc. 145
gani impuri sacrifici, e Costantino volle fosse così il luogo
purgato e fosse onorata la tradizione storica della celeste
apparizione (i).
La basilica di Eliopoli fu, sempre secondo Eusebio, co-
struita da Costantino dopo di avere distrutto il tempio di
Venere, e allorché venne sorgendo anche in quel luogo una
comunità cristiana.
Se queste costruzioni erano da Costantino eseguite nelle
principali città delle provincie di Oriente, non è da far me^
raviglia che altre basiliche sorgessero a Costantinopoli, nella
nuova Roma, che il suo genio destinava a seconda città e
seconda capitale dell'Impero ; tra queste Eusebio descrive
specialmente la chiesa o martirio degli apostoli (IV, 58-60).
Della splendidezza di questo tempio scrisse Gregorio Na-
zianzeno nel canto Sopto sulla chiesa di Anastasia (2):
2ÒV -ole, xai jiEyxXa'jyov 'éòr^c, XpiaToIo [jiaSYjtwv
TiXsupalj o-caupoTilTco'.; zizpayoL tsyvóij.evov
ed Eusebio ne dà particolareggiata descrizione, e ci narra
che il tetto era ricoperto di una rete di bronzo e d'oro, che
rifletteva da lungi con mirabile splendore i raggi del sole.
Molte altre chiese di Costantinopoli sono attribuite a
Costantino, e tra queste quella di Sant'Irene, ricordata da
Socrate (I, 16), e di Santa Sofia, la quale però fu con-
sacrata ai tempi di Costanzo (3).
Ad Elena, madre di Costantino, sono attribuite le chiese
di Betlemme e del Monte degli Olivi, a ricordo dei due
grandi episodi della vita di Cristo (4).
Abbiamo premesso che è nostra persuasione che Eu-
sebio in queste descrizioni non narrasse cose false, data la
(i) Eusebio, lib. Ili, capp. 51-53; SozoM. II, 4.
(2) Cf. nota in Patrologia del Migne.
(3) Cf. in proposito Dufresne Carolus Du Gange, Historia
hy^ant'ma, par. II, Coiistantinopolis Christiana, Parigi, 1729. Anche Ciam-
PINI, De aedificiis sacris a Conslaritino Magno conslruclis, Roma, 1693.
(4) Eus. lib. Ili, cap. 41 ; Sozom. II, 2.
144 ^' Cav assai
natura del racconto, sopra cui non parrebbe possibile che egli
si proponesse di ingannare, sia pure a titolo di lode di Co-
stantino, i suoi contemporanei. Ma possiamo darne la ri-
prova. Nella città d'Antiochia furono trovate nel cemeterio
o presso la città cinque iscrizioni (i) (ved. a, h, e, d, e) che
credo dovessero certamente riguardare il tempio di Costan-
tino; quelle e, d, e sono certamente connesse tra loro, e
devono riguardare una grande costruzione di Costantino
eseguita da un tal Diogene; qudV A fnndamento ne dà l' in-
dizio sicuro; l'essere questi preside della provincia, come
ci indica la iscrizione e, conferma anche quanto abbiamo
sopra rilevato, pure da Eusebio, che l'ordine di queste co-
struzioni era dato dall' imperatore ai presidi delle provincie,
che alla loro esecuzione dovevano sopraintendere. L'essere
stato il tempio compiuto e consacrato ai tempi di Costanzo,
dopo la morte di Costantino, come abbiamo accennato, ci
spiega perfettamente l'iscrizione a e la riconnettc quindi,
insieme alla b, alle altre. Ed inoltre, l'essere state tre di
queste iscrizioni rinvenute nel cemeterio potrebbe confer-
mare, se tale destinazione di quel luogo fosse antichissima,
com'è probabile, che ivi appunto sorgesse il tempio di Co-
stantino, che anche allora conteneva indubitatamente luoghi
(i) MoMMSEN', HiRSCHFELD e DoMASZEWSKi, Corpus Juscripl. lai.
voi. Ili, Supplemento, parte I (Arch.aeological Institute of America,
Papers &c. II, nn. 122, 123, 124; III, n. 348):
a) X. 6S05. Columna rotunda: imp-caesari- avg-j parenti -patriae.
/') N. 6805. Basis quadrata: imperatori • cahsari • | Flavio -Valerio-'
CONSTANTINO-j PIO-FEL-INVICTO | AVGVSTO.
c) N. 6807. Cippus quadratus: pietati-, avcvstorvm- | nostrorvm-J
VAL-DIOGEXES-V-P- /)rAES-PROVIN • PISID.
<0N 6806. Fragmentum:PN...o-i onstan/ìh-] victo aits^ val-cU\oGEìi.
<;) N. 6S0.S, Fragmcntum epistylii: . . ./>ro?itia-maiestate-dd-nn«
SEmper atigg. \ fvndamento - diogenes • v • p . . .
La politica religiosa di Costanlino ecc. 145
di seppellimento. A ciò servivano certamente quelle esedre,
oTxo:; Ò£ TiXei'oacv, è^sÒfai; zz b/ y.'jyjM ÙTTEptócov, di cui, ac-
cenna Eusebio, il tempio era adornato; ci dice infatti il
concilio di Nantes (i): « Prohibendum etiam, maiorum in-
« stituta, ut in ecclesia nullatenus sepeliantur, sed secundum
« in atrio aut porticu, aut in exhedris ecclesiae ».
E veniamo al Libcr pontificai is. Anche questo documento
contiene molte notizie false, inesatte, e maggiormente, s'in-
tende, per i tempi più antichi; pure le notizie che esso dà
in ordine agli edifici sacri hanno, come il suo illustratore,
il Duchesne, ha osservato, più che il resto, una grande
autorità (Introd. p. cxli).
Per quanto riguarda le fondazioni di chiese da parte di
Costantino, sono a lui attribuite (in Fifa Silvestri) :
La basilica Costantiniana o Lateranense; la basilica di
S. Pietro; la basilica di S. Paolo; la basilica di S. Croce in
Gerusalemme; la basilica di S. Agnese; la basilica di S. Lo-
renzo; la basilica dei Ss. Pietro e Marcellino. Tutte queste
in Roma; al di fuori : la basilica dei Ss. Pietro, Paolo e Gio-
vanni in Ostia; la basilica di S. Giovanni Battista in Albano;
la basilica degli Apostoli in Capua; la basilica di Napoli.
Questa lista, osserva ancora il Duchesne, deve essere
stata compilata dall' autore del Libcr in seguito a pub-
blica notorietà, in base al nome che avevano gli edifici,
ad iscrizioni in essi certamente contenute ; e la sua fede
storica per questa parte non può esser posta in dubbio.
Tanto più che la notorietà pubblica non poteva qui es-
sere fuorviata o flilsata con intenti laudatori del primo
imperatore cristiano: 1' autore del Libcr ponlijicalis non
fa della storia; raccoglie delle compilazioni, degli elenchi.
Dice il Liber pontificalis : « Huius (Silvestri) tempo-
te ribus fecit Constantinus Augustus basilicas istas quas et
« ornavit: ... Basilica Constantiniana ». Tra gli edifici più
(i) A. 896, secondo il Mansi (XVIII, 131); a. 359, secondo
Hefele (Vili, 645).
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. TO
1^6 C. Car assai
antichi e più illustri di Roma era V « aedes « Lateranense
di un' antica famiglia romana, il cui stipite, che si conosca,
« Lucius Sextus Sextinus Lateranus », risale all' anno 380 di
Roma. Di questa famiglia altri tre nomi si ricordano nella
storia: Plauto Laterano, Sestilio Laterano e Appio Claudio,
tutti e tre consoli.
L' « aedes Lateranorum « è ricordata da Giovenale
{Snt. io).
Ai tempi di Costantino non è più menzionata la fi-
miglia Lateranense, e si trova la celebre « aedes » in pos-
sesso di Fausta, moglie di Costantino : i tre vescovi Ma-
terno, Reticio e Marino della Gallia che insieme ad altri
quindici vescovi italici dovevano giudicare nella causa di
Ceciliano di Cartagine, « convenerunt in domum Faustae
« in Laterano ». Orbene, questa « aedes » più tardi, e non
sarei alieno dal credere dopo 1' uccisione di Fausta, fu da
Costantino ceduta ai vescovi di Roma, e ivi fu edificato
un tempio del Salvatore, che dai suoi ornamenti fu detto
basilica aurea, e fu poi conosciuto sotto il nome di basi-
lica Coustantiniana. Che ciò avvenisse effettivamente viene
comprovato da due note iscrizioni rinvenute nell'anno 1595
in due tubi di piombo nei pressi della chiesa, posti nella
sacrestia della basilica con apposita iscrizione dal cano-
nico Fulvio Ursino, cultore di cose antiche (i).
Sorvoliamo sopra queste particolarità conosciute: la
costruzione di questa « basilica magna » costantiniana nel
palazzo di Fausta non può avere qualche relazione col
racconto di Zosimo, e avere in qualche modo originato
la vera o maligna supposizione di lui, che alla conversione
dell'imperatore desse origine o, come piuttosto è da rite-
nere storicamente più probabile, alle sue manifestazioni
(i) Queste iscrizioni suonavano:
SEXTl-LATERANI
SEXTI • L.\TERAKI • 1 TOKQ.VATI • ETIAM • \ LATERANI
La politica religiosa di Costaiilino ecc. 147
cristiane desse impulso il rimorso per le uccisioni della
moglie Fausta e del figlio Crispo ?
Segue nel JJber pontificaìis l'enumerazione dei dona-
tivi che Costantino fece a questa basilica.
Prosegue il Liher stesso : « Eodem tempore Augustus
« Constantinus fecit basilicam b. Petro apostolo in templum
« Apollinis, cuius loculum cum corpus sancti Petri ita re-
«condit: ipsum loculum undique ex aere cypro conclusit,
« quod est immobile: ad caput, pedes .v.; ad pedes, pedes .v.;
« ad latum dextrum, pedes .v.; ad latum sinistrum, pedes .v.;
« subter, pedes .v.; supra, pedes .v.; sic inclusit corpus beati
« Petri apostoli et recondit. Et exornavit supra columnis
« purphyreticis et alias columnas vitineas quas de Grecia
« perduxit.
« Fecit autem et cameram basilicae ex trimma auri ful-
« gentem et super corpus b. Petri, supra aera quod con-
ce clusit, fecit crucem ex auro purissimo, pens. lib. .cl., in
« mensurae locus, ubi scriptum est hoc: Constantinus Au-
a gustus et Elena Augusta hanc domum regalem simili
« fulgore coruscans aula circumdat, scriptam ex litteris ni-
« gellis in cruce ipsa ».
La tradizione cristiana attribuisce a Costantino la prima
fondazione di questa chiesa, che tutte le altre per splen-
dore e per venerazione doveva in seguito sorpassare; e
in verità, come anche Gregorovius osserva, non v' ha
testimonianza contraria o raizione di non ritenere ciò come
molto probabile. Il tempio sorse nella valle Vaticana a
destra del Tevere, nel luogo dove erano gh orti di Nerone.
Dell' aspetto che presentava il tempio in quella sua an-
tica costruzione parlano isuoi antichi storici, quali ilMallio,
il A'egio, il Torrigio, il De Angelis: a loro testimonianza
sappiamo che V edificio fu costruito ed ornato di materiali
tolti da antichi edifizi pagani, ed, oltre che esso perciò
mancava di unità e uniformità architettonica, in esso si
raccolsero e si conservarono, tra gli altri adornamenti.
1^8 C. Car assai
iscrizioni, figure e simboli pagani (i); in verità, peraltro, per
questo fatto, che è più caratteristico di un' epoca, benché
nel suo inizio di poco, posteriore a Costantino, non sarei
alieno dal credere che anche questa descrizione non ri-
monti, almeno in tutte le sue particolarità, all'epoca costan-
tiniana, e che proporzioni anche più modeste avesse allora
la basilica, tale da rispondere, più che ad intento d' arte,
al sentimento di venerazione dei cristiani per quel luogo,
dove i loro martiri erano caduti, e dove la tradizione vuole
riposasse anche il corpo di Pietro. Le accertate leggende
intorno a talune particolarità di quella costruzione pos-
sono spingerci a credere e spiegare come si possa avere
avuto r intento di magnificare e ingrandire in qualche
modo r origine del tempio, che era, già al tempo del-
l'autore del Libcr pontifìcaìisjìl santuario massimo di Roma.
Ad ogni modo ci narra, come si e visto, 1' autore del
Liba-, che Costantino eresse nel tempio, sopra 1' area che
racchiudeva il corpo di san Pietro, una croce d' oro di
centocinquanta libbre, e nella medesima era 1' iscrizione :
Coììslaniinus Augustas ci Hclena Angìisla haiic àoiìiiim rc-
'-aleìii simili fnìgorc coruscaiis aula circunidat. E donò alla
chiesa stessa candelabri, calici, patene d'oro e d'argento
ed altre sacre suppellettili, come pure ne aveva donato
alla chiesa Lateranense; inoltre aggiunse vasti possedimenti.
La terza basilica che il Libcr attribuisce a Costantino
è quella di S. Paolo, ancor questa costruita « ex sugge-
« stione Sylvestri ». San Paolo era 1' apostolo, che, come
san Pietro, aveva, giusta hi tradizione, bagnato del suo
sangue la terra di Koma: il suo corpo giaceva nel cimi-
terio di Lucina, nobile matrona romana, dove altri corpi
di martiri pur riposavano; ed ivi fu eretta la nuova basi-
lica. Effettivamente credo che il luogo rispondesse a questa
(i) Cf. il Severano (Memorie sacre, p. 40): anche il Gkegoro-
vius, loc. cir.
La politica religiosa di Costaìitino ecc. 149
tradizione, e non a quella che ivi fosse srato il Santo mar-
tirizzato, e ne argomento dal carattere generale, come anche
tornerò a rilevare, di queste prime basiliche cristiane di
sorgere là dove erano le tombe e il culto dei martiri. E
forse nulla toglie che i due fatti ancora si corrispondessero.
Modesta era la costruzione di Costantino e poco si
conosce della sua ampiezza e della sua forma, che peraltro
è da supporre non fosse dissimile dalle altre prime costru-
zioni ordinate da quell'imperatore; circa la sua precisa po-
sizione ragiona lungamente il Nicolai (i), concludendo
che «la direzione dell'antica basilica fosse da levante a
«ponente, e che il suo dorso, ossia la tribuna, esistesse
« dalla banda dell' attuale portico e della faccia dell' at-
« tuale basilica, vale a dire da quel lato medesimo dove
« trovavasi 1' antica strada ». Del resto le memorie di quel-
r antica chiesa sono molto vaghe, perchè dopo pochi anni
fu interamente ricostruita da Valentiniano, Teodosio e Ar-
cadio; il Baronio (2) ci fa conoscere il relativo rescritto
dagli imperatori diretto al prefetto della città Sallustio.
Nel grande arco della navata di mezzo, che fu chiamato
arco trionfale, ornato in mosaico, si leggeva l'iscrizione:
THEODOSIUS CEPIT PERFECIT HONORIUS AULAM
DOCTORIS MUNDI SACRATUM CORPORE PAULI.
Da allora la basilica, che ispirò una bella descrizione di
Prudenzio (Pcrìstephan. hymn. XII), fu una delle più son-
tuose e più belle di Roma: « Regia pompa loci est; prin-
« ceps bonus has sacravit arces - lusitque magnis ambitum
« talentis ».
Anche a questa basilica Costantino, avverte sempre
l'autore del Lihcr, donò i sacri vasi d' oro, d'argento e di
bronzo che erano stati dati anche alla basilica di S. Pietro,
(i) Ddla basilica di S. Paolo, Roma, 181 5, pp. 6, 7.
(2) Ann. eccles. a. 586.
rjo C. Cai'a.'^saì
e assegnò inoltre possedimenti presso Tarso in Cilicia, e
presso le città « T3TÌa « ed «Aegiptia».
Viene poi la chiesa di S. Croce in Gerusalemme:
« Eodem tempore fecit Constantinus Augustns basilicam
« in palatio Sessoriano, ubi etiam de ligno Sanctae Crucis
« Domini nostri lesu Christi in auro et gemmis conclusit,
« ubi et nomen Ecclesiae dedicavit, quae cognominatur in
« hodiernum diem lerusalem ; in quo loco hoc constituit
«donum: candelabra, farà canthara, calices, scyphos, pa-
ce tenam, altarem ». Inoltre « dono dedit omnia agrorum
« iuxta ipsum palatium », e le « possessiones: Sponsas in via
« Lavicana; Patras in civitate Laurentum, Anglesis et Ce-
te rega sub civitate Nepesina; Nymphas et HercuU sub
« civitate Falisca, Angulas sub civitate Tuder ». Cosa fosse
questo palazzo Sessoriano, che diede poi il nome anche
alla chiesa e, più tardi, anche alla porta Maggiore, non
si sa, e probabilmente non ha mai esistito. La basilica
che fu chiamata « lerusalem » conservava una parte del
legno della Santa Croce, che era stata trovata miracolo-
samente, giusta la tradizione, da Elena madre di Costan-
tino in Palestina, e che anche in Oriente aveva dato ori-
gine, come si e visto, al tempio del Salvatore, o « nova
«lerusalem». Anzi la stessa basilica sarebbe stata edifi-
cata da Elcna, e perciò era anche chiamata, posteriormente,
« Heleniana » (cosi è chiamata nel e. V, concilio Romano
del 433(1)). Come abbiamo promesso di spiegare già
altra volta, alcuna contraddizione esiste tra le due tradi-
zioni che attribuiscono la fondazione della chiesa a Co-
stantino e ad Elena. Le notizie storiche ci presentano la
madre di Costantino come piissima donna e fervente cri-
stiana ; larghissima di elemosine e di benefiche opere, mu-
nifica nel concedere doni e sussidi alle più grandi basiliche
(i) Mansi, V, 1163.
La politica religiosa di Costantino ecc. 151
e agli umili oratori (i). Certo è da ritenere che gran parte
di queste costruzioni, attribuite a Costantino, devono es-
sere state eseguite a preghiera di Elena, e quindi il nome
dell' imperatore e della sua madre furono spesso congiunti
a proposito delle medesime opere. L' un nome e l'altro ab-
biamo trovato nella iscrizione che il Lihcr pontificaìis ci
attesta esistesse nella croce aurea, donata alla basilica di
S. Pietro. Il nome di Elena troviamo altresì in due iscri-
zioni trovate nei pressi l' una appunto della chiesa di
S. Croce in Gerusalemme, l'altra della chiesa Latcra-
nense (2). Esse sono le seguenti:
a) N. II34: DOMINAE-XOSTRAE-FL-IVI (^sic) \ HELENAE • PIIS-
SIMAE • AVG- [ GENETRICI • D • N • CONSTAN|tINI • MAXIMI-
VICTORIS • I CLEMENTISSIMI • SEMPER • | AVGVSTI • AVIAE •
CONSTAN ! TINI • ET • CONSTANTI • BEATIS i SIMORVM • CAESA-
RVM • I IVLIVS • MAXIMILIANVS • VC • COMES • j PIETATI • EIVS •
SEMPER «DICATIS-
b) N. II 35 : DOMINAE-NOSTRAE- VENERABILI • | HELENAE-
AVGVSTAE' GENITRICI «D-N'CONSTANTINI- MAXIMI • I VI-
CTORIS • ET • TRIVMPHATORIS • SEMPER • AVGVSTI • j fL-PLStWS •
V • P • P • P • RERVM • PRIVATARVM • ! PIETATI • EORVM • SEMPER •
DEVOTISSIMVS •
Le quali per la loro dizione, e dato il luogo dove fu-
rono rinvenute, debbono riferirsi indubitatamente a quelle
due basiliche Costantiniane.
Ma è da tener conto di un' altra notevole osservazione.
Nella circostanza di opere siffatte, di carattere pubblico, era
costume nelle iscrizioni di far menzione non solo del pre-
side della provincia o del funzionario che aveva ordinato
e sovrinteso alle opere stesse, ma, a molto maggior ragione,
(i) EusEB. lib. Ili, capp. 44, 45; Socrate, I, 17; Sozom. II, 2.
(2) Hexzen e De Rossi, Inscript. urbis Roiuae latinae,vo\. VI, par i.
152 e. Car assai
era ricordato il nome del membro o dei membri della fa-
miglia imperiale, che fossero presenti nella cittA. Ora è
certo elle Hlena visse lungamente a Roma; certo in tutto il
periodo di queste costruzioni; e non deve far meraviglia se
il suo nome, non solo per l' intervento diretto col chiedere
e sollecitare dall' imperatore 1' esecuzione di tali opere, ma
anche per questa ragione si trovasse ricordato insieme a
quello di Costantino, Il nome di Elena era però collegato
più strettamente alle basiliche della S. Croce, in Gerusa-
lemme e in Roma, e ciò ha connessione con la tradizione
del rinvenimento della Croce, attribuito all'opera della re-
gina e al suo viaggio nella Palestina.
A Roma poi l' opera di Elena non può essere disco-
nosciuta, e anche in un'altra grande costruzione pubblica
di carattere non sacro, di cui abbiamo certa memoria, le
terme Eleniane, ne abbiamo la riprova. Una iscrizione
trovata nei pressi di S. Croce in Gerusalemme, dove assQ
erano situate, dà la notizia certa e dell' esistenza di queste
terme e che esse si dovessero ad Elena:
N. 113^. Frammenti varii che s'interpretano: d-n-he-
LENA • VENERABILIS • DOMIN • N • CONSTANTINI • AVG • MA-
TER • ET • AVIA • BEATISSIMORVM-ET ■ 1 LORENTISSIMORVM •
CAESARVM -NOSTRORVM- THERMAS- INCENDIO • DESTRVCTAS •
RESTITVIT'
Queste stesse iscrizioni possono dimostrarci adunque
che anche questa chiesa di S. Croce in Gerusalemme sia
stata effettivamente costruita ai tempi di Costantino (i).
(i) Cf. Gregorovius, ivi, p. 118: «Già molto per tempo la
<' Croce di Cristo, quale altissimo simbolo della religione, poteva
«esser titolo ad una propria basilica: ma la storia ignora il tempo
« preciso in cui venne fabbricata (?). Fondata in un quartiere deserto
«e bello di Roma, era assai prossima a quell'angolo delle mura di
«Aureliano, che volge a nord-est, presso l'anfiteatro Castrense, e
La politica religiosa di Costantino ecc. 155
Queste sono le principali basiliche erette da Costan-
tino Magno, rispondenti al culto di Cristo Salvatore, della
sacra reliquia della sua croce, degli apostoli Pietro e Paolo,
che avevano bagnato del loro sangue il suolo di Roma.
Altre basiliche minori rispondono al culto, già molto svi-
luppato presso i cristiani, dei loro martiri : vi erano luoghi
sacri dove i corpi di questi erano stati dalla pietà dei loro
correligionari sepolti e custoditi, luoghi riposti e sicuri,
da cui partivansi diramazioni più o meno importanti di
catacombe. Ed alcuno di questi luoghi conteneva il corpo
di martiri, che eccellevano nella memoria dei cristiani per
la crudeltà della loro morte, per la serenità con cui questa
era stata subita, per qualche circostanza che aggiungesse un
contorno di fortezza, di virtù, di eccelso sentimento e di
ardore cristiano al tragico avvenimento. Celebre e vivo il
ricordo era di san Lorenzo che in mezzo a cripte di molti
altri martiri riposava nelle cave di Campo Verano; di
sant' Agnese, il cui corpo era custodito in altro luogo si-
mile sulla via Nomentana, di Pietro esorcista e Marcellino
sulla via Labicana.
Il culto di questi martiri esisteva, i luoghi erano ceme-
teri dalle forme strane e nascoste: restituita la quiete, ap-
parivano segni aperti della santità del luogo; sorgeva il
tempio. Chi metterà in dubbio che ai tempi di Costan-
tino, allora che la Chiesa respirava finalmente aure di li-
bertà e si incamminava alla conquista vittoriosa del mondo
romano, sorgessero queste basiliche più o meno sontuose,
ma donde spirava la più elevata poesia e il più puro e
forte sentimento di fede cristiana? Qual meraviglia che il
romano pontefice ottenesse da Costantino che, per la ve-
nerazione di quei luoghi, le cappelle fossero ampliate, arric-
« nelle vicinanze dei bagni di Elena e del ninfeo di Alessandro Se-
« vero, che fu per qualche tempo reputato tempio di Venere e di
« Cupido ».
154 ^- Car assai
cliite, che anche ivi sorgesse la nuova costruzione cristiana,
la basilica? (i)
Passiamo sopra alle modalità, riteniamo il fatto che
ai tempi di Costantino sorgessero queste basiliche, che l'im-
peratore ne agevolasse con larghi doni la elevazione in
modo che ne restasse loro con diritto il suo nome colle-
gato : e questa era la tradizione al tempo in cui venne
alla luce il Libcr Pontificai is.
Questo infine fa cenno di altre basiliche costruite da
Costantino Magno, dei beati apostoli Pietro e Paolo e
Giovanni Battista ad Ostia, presso il porto di Roma; di
S, Giovanni Battista ad Albano; degli Apostoli a Capua,
che fu pure chiamata Costantiniana; un' ultima, di cui il
Libcr non dice la dedica, a Napoli (il Ciampini suU' au-
torità del Chioccarello, scrittore napoletano deli<i43, reputa
fosse dedicata ai Ss. Apostoli e Martiri). Anche a propo-
sito di queste chiese il Liber annovera le donazioni Hitte
da Costantino; ed è notevole al riguardo un'osservazione
del Duchesne: tra le cose donate alla chiesa d'Albano si
trovano « omnia sceneca deserta vel domos civitatis in
«urbe Albanense»: questi sceneca erano cattive abitazioni
o baracche ove era ricoverata la II legione Partica, istal-
lata da Settimio Severo ad Albano; questa legione rimase
colà fino alla fine del ni secolo o ai principii del iv, e
anche questa circostanza ci riporta all'epoca costantiniana,
come il Duchesne osserva, poiché siffatte abitazioni non
sarebbero state tali, dopo qualche tempo, da avere un va-
lore ed esser donate ad una chiesa.
(:) « Eodem tempore », narra il Libcr pontifìcalis, « Constantinus
« Augustus fecit basilicam B. Laurentio Martyri via Tiburtina in
« agrum Veranum supra arenario cryptae et usque ad corpus S. Lau-
« renti martyris fecit graaos ascensionis et descensionis . . . fecit ba-
(' silicam beatis martyribus Marcellino presbitero et Petro exorcistae
'< in territorio inter Duos lauros et Mytileum, ubi mater ipsius sepulta
« est Helena Augusta, via Lavicana, miliario .in. ».
La politica religiosa di Costantino ecc. 155
E da fare qualche osservazione sopra quegli elenchi di
doni da Costantino fatti alle chiese, che abbiamo ricordato.
Si tratta in sostanza di due ordini di donativi : di sup-
pellettili liturgiche occorrenti per l'esercizio del culto (« pa-
« tena, scyphus, calices ministeriales, ansae^ altare, thimia-
« materium, aquamanile &ic.yì^; di fondi stabili attribuiti a
ciascuna chiesa, 1' autore del Lihcr dice « in servitio lumi-
« num ». Di questi fondi sono ordinariamente indicati il red-
dito e la ubicazione: sono chiamati secondo la importanza
« massae, fundi, possessiones, agri » : essi eran posti d'ordi-
nario nei dintorni della chiesa, ovvero trattavasi di possedi-
menti lontani, della bassa Italia, o delle provincie orientali
(« in ci vitate Antiochia, sub civitatem Antiochiam, sub civi-
« tatem Alexandriam, per Aegyptum, sub civitatem Arme-
« nia, in provincia Euphratense, sub civitate Cyro »), di cui
sono ricordati i rari ed apprezzati prodotti. Che 1' autore del
Liher nel dare queste notizie abbia attinto da cataloghi od
elenchi, compilati in epoca certo non di molto posteriore
a Costantino, è cosa che ha dimostrato il Duchesne. Ma
due osservazioni importanti occorre a questo proposito
di fare. Questi fondi, si è detto, e l'osserva anche il Du-
chesne, se non appartenevano a lontane provincie erano
situati nei dintorni di ciascuna chiesa, cui erano attribuiti ;
•d'altro canto queste chiese, abbiamo pure rilevato (i),
eran costruite in luoghi lontani ed eccentrici, quasi tutti
negli antichi cimiteri e catacombe; di più per due volte
all'indicazione di questi fondi segue la frase « praestans
«nomini christianorum » o l'altra « quod fiscus occupa-
« verat tempore persecutionis ». Tutto ciò fa ritenere che
in verità molti di essi non fossero altro che possedimenti
di antica proprietà cristiana che erano riconsegnati per
forza degli editti di restituzione, e che furono facilmente
confusi nella compilazione di questi elenchi tra le dona-
(1) Ci", pure Gregorovius.
1)6 C. Car assai
zioni di Costantino, il ciò non deve far meraviglia, poi-
ché essi avevano, come apparisce anche dal Liber, tutto
il carattere d'inventari, più che di documenti storici.
É da porre attenzione, in secondo luogo, a quella espres-
sione « constituit in servitio luminum ». Che questa espres-
sione sia propria del diritto canonico posteriore per desi-
gnare l'assegnazione di certe proprietà al mantenimento
di una chiesa e al servizio del culto, compreso in seguito
l'assegno al sacerdote officiatore, è cosa comprovata e
nota. È facile anche spiegare come di essa si serva l'autore
del Libcr nel ricordare queste donazioni costantiniane; ma
non deve dedursene, come a torto fa il Duchesne (p. cxlv),
né che essa si usasse già ai tempi di Costantino, né che in
verità ciascuna chiesa acquistasse fino d'allora, con questa
specializzazione di beni, una personalità propria ben di-
stinta. Si può ritenere che ai tempi di Costantino il
« corpus christianorum » abbia ceduto man mano il campo
al « sacro, venerabili concilio »,al collegio dei sacerdoti (i);
ma un'ulteriore evoluzione nel concetto degli istituti ec-
clesiastici, che avvenne in seguito per forza soprattutto
delle chiese locali, non fu propria di quel tempo. Le dona-
zioni alle chiese, che allora come in seguito erano fatte
più spesso, com' è naturale, per atti testamentari, ai tempi
di Costantino e in forza della ricordata legge dell'anno 320
erano fatte al « sancto concilio »: le donazioni del genere
della Charla cornntiana (2) rispondono a condizioni, interne
della chiesa ed esterne dei suoi rapporti con lo Stato, po-
steriori certo al secolo iv.
Ed ora una conclusione. Se la Chiesa con gli editti
di restituzione ebbe riconosciuta la capacità di possedere
accanto alla libertà di esistere e di propagarsi, fu effetto
(i) Cf. anche Burckhardt, op. cit. p. 364.
(2) Cfr. DCCHESNE, loc. cit.
La politica religiosa di Costaiiluio ecc. 157
della politica costantiniana che il suo patrimonio, sacro
propriamente detto e non sacro, si costituisse fino d' al-
lora su larga base ; ed inoltre, se anche attingesse ai mezzi
dello Stato ed al patrimonio specialmente imperiale, si co-
stituisse con una perfetta indipendenza da ogni ingerenza
nella sua amministrazione e nella sua disponibilità dal po-
tere pubblico. Privilegi allora non ne ebbe, ne la Chiesa
ne pretese: fu erronea esagerazione degli storici eccle-
siastici, come Crivellucci ha notato (i), di far credere che
ai tempi di Costantino le fosse accordata una esenzione
dalle imposte: le fonti romane non ci autorizzano a rite-
nere che ciò avvenisse né per le indizioni ordinarie e nep-
pure per le superindizioni, nel qual campo, del resto, non
avrebbe pur costituito un privilegio speciale.
Ai tempi ben mutati di sant'Ambrogio la Chiesa stessa
in questo campo non accampò ancora dei privilegi (2); e
possiamo anzi dire che essa in sostanza di speciali non
ne avesse in tutto il periodo romano.
Accanto alle ragioni del suo sviluppo, private e pub-
bliche, riteniamo questa base tutta giuridica e privata della
proprietà ecclesiastica sotto Costantino : per altre ragioni
e per altre condizioni le cose cambiarono nel periodo po-
steriore.
Carlo Carassai.
(i) Op. cit.
(2) S. Ambrogio, Comm. in cpist. ad Romanos, cap. 15, v. 6.
Tiihiiliirìiiììì S. 0\{anae TSLovae
AB AN. 982 AD AN. I200
ContiiKiaz. e fine; vedi voi. XXIII, p. 171
XXXII.
1105, aprile 14.
Il clero di S. Maria Nova loca ai figli « Petri Petro
« de Fayda » ed ai figli loro una casa posta nella regione
di S. Maria, « in ascensa Palati! Maioris ».
I. >x< In nomine Domini. Anno quarto pontificatus domni Pa-
schali secundi papae, indictione undecima, mense G'^) 2. aprelis,
die quarta decima. Ego Benedictus archipresbiter ecclesi? sanct?
Mari? Nov?, insimul 3. mecum rogantibus Theodoro et Albe-
ricus clericis suprascript? ecclesi?, hac di? locamus et concedi
4. [mus prop]rie spontane? nostr? voluntatis, vobis omnibus filiis
Petri Petro de Fayda qu? nunc abet et 5. [B]esansecta nati erunt,
et in vestri filii tantum. Idest domus una terrinea carticinia [cum]
6. ortuo et curte ante se cum introitu suo et exitu et cum omni
sua pertinentia. Posita Rome 7. regio sanct? Marie Nove in
ascensa Palatii Maioris, cuius finis isti sunt: a primo latere (b) tenet
8. Alexius naturalis filius lohannis scriniarii, et a secundo tenet mona-
sterium Mirandi, et a tertio 9. vel a quarto sunt vie publice. luris
cuius existit. Q.ualiter nobis per dieta ecclesia pertinere vi io. de-
tur taliter vobis sicut dictum est loco, prò eo quia recepimus a vobis
tres solidorum dena 11. riorum papiensium, et omni anno unum
denarium prò pensione in Assumtione sanct? Marie. Et si 12. [cam
(a) fa (b) Xel testo he
i6o "P. fedele
volueritijs vendere, vestro placito vendatis suprascript? ecclesiy no-
str? ìusto pretio niinus duobus solidis; 13. qiiod si ecclesia no-
liierit emere, vendatis vestro placito tali persone ut dict? ecclesia*
pia 14. [ceat et] suprascriptuni comminus in ecclesia tribuatur.
Hec omnia a presenti die teneatis 15. [possidjeatis et ad melio-
rem cultum Deo iuvante perducatis, et cum ex hoc seculo 16. obie-
ritis vos et vestri filii, tunc suprascripta domus sicut fuerit meliorata
ad iiis 17. suprascript? ecclesÌ9 sine mora revertat. Ambobus
partibus observare et de 18. fendere promittimus. Kam quod absit
si quis vero pars contra promissa ve 19. [nir]e temtavcrit. tunc
det pars inlìdelis pani promissa servanti 20. [prò pena vjiginti
solidorum denariorum papiensiuni, et soluta pena maneat firmus con
21. [tractus.] De quibus rebus facte sunt duo carte uno tenore con-
scripte per 22. [ma]nus Bonihomini scriniarii sanct^ Romana
Ecclesia, in mense et indictione suprascripta undecima.
[Signujm >ji manus Sassi filii Petri qui prò se et suis fratribus
hunc appare rogavit.
Patio lohannis Vetuli, testis.
Ravnerius Billane, testis.
Benedictus de Ruta, testis.
Rufinus filius eius, testis.
Bonus filius Octaviani, testis.
Bobulus Cencii de Frosina, testis.
^ Ego Bonashomo scriniarius sanct? Roman9 Ecclesi? compievi et
absolvi (i),
XXXIII.
1104, dicembre 12 (2).
Pietro, suddiacono, offrendosi alla chiesa di S. Maria
Xova, nel cui clero, col consenso di Riccardo, vescovo
d'Albano, e di papa Pasquale II, ottiene il terzo grado,
le fa donazione di case e di terre.
I. >2< In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo, anno vero sexto pontificatus domai Paschalis 2. se-
(i) Nel verso della pergamena « rallad[ii] ».
(2) Segno questa data corrispondente al sesto anno del pontifi-
cato di Pasquale II ed all'indizione xni, ritenendo sicuramente errata
o incompleta la notazione degli «anni dominicac incarnationis».
Tabulariiim S. cMariae V^i^ac i6i
cundi pap9, indictione tcrtiadecima, mense decembri (»), die duo-
decima. Ego Petrus subdiaconus natus Albano de genealogia
3. quae dicitur Dimidia Maza ex sparte patris et ex sparte matris
Carucini, offero me huic W sanct? ecclesiae Dei genitricis semperquc
4. virginis Marie domine nostre quae dicitur Noba cuntis diebus
vite me?: et per consensum et voluntatem Richardi venerabilis Al-
bani episcopi et 5. per preceptum sanctissirai pape Paschalis se-
cundi, ego Benedictus archipresbiter insimul cum Theodero secundo
concedimus huic 6. Petrus subdiaconus tertium gradum, quia anteCO
riordinati non erant. Post exspetionem unius anni ego ian dictus
Petrus 7. et diaconus considerans ad remedium anime me? et
ad salutem corporis et prò remissione homnium W peccatorum avi et
avi? mee 8. parentumque meorum, do in ecclesia iam supradicta
ad presens sub usufructu vite me? in primis totam portionem meam
9. videlicet de terra sementaricia que ponitur in pastina de Anna in
territorio Albanense, inter os affines: ad petium io. de valle ad
tribus lateribus tenet heredes Benedicti Dimidie Maze (e), a quarto
vero latere est vinca Mari? neptis 11. mee. Ad petium qui est
in plano ante mandram in qua est medietas mea de ipsa mandra,
i sunt affines: ad duobus lateribus tenet 12. heredes Dimidia
Maza et heredes Cenci de Massarello, a tertio latere est via que
est inter ipsam terra et terra sancti Pancratii, a quarto latere est
13, communis (f) mandra. Similiter dono medietatem (s) domus maioris
et totam cameram superius et subterius, et do me 14. dium ca-
sulare ante maiorem W domum ubi Albertus modo habitat, et do par-
tem casularis que dicitur actegia, item et par 15. tem canapine
que est ad posatorium, nec non et partem orticelli qui est ad lacum
Turnum. Hec omnia que suprascripta sunt 16. laudavit Benedi-
ctus Leonis Carucii abunculus meus causidicus et comfìrmavit et
ratum habitum (0 ab ilio est. 17. Post hec veni in ecclesia sanct?
Mari? que nunc patur(k) Nova, comfirmavi omnia que superius no-
tata 18. sunt ante corani subscriptis tesstibus, scilicet Leonem
Fraiapanem et lohannem Berardi et Gregorium 19. filium eius
et Petrum Mancinum et Octabianum Theubaldi filium et Belizonem
(a) decemb (b) h aggiunta dalla prima ìnanoneW interlineo. (e) ante ?
Pare una corre:iione non fatta completamente. (d) homiù (e) Dopo
dimidie maze seguono nel testo le parole et heredum Cenci de massarello,
cancellate dalla prima mano. (f ) com (g) Xel testo medietatem (h) La
r corretta su n (i) u , habitum 0 hab con h cancellata ? (k) Nel testo
nnc patur
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. H
i62 T. Jedcle
cum fraire suo Bono 20. et loliannem boctiliario et lohaniiem de
Maria et loliannem de Franca et Hbriele cum Pctruziouc.
Ego Henricus scriniarius sanct? Roman? Ecclesiae sicut supra-
scripto Petrus michi precepit, et in suis preteritis promissionibus
oblatio continetur, ita compievi et absolvi (i).
XXXIV.
1 108, marzo 2.
'>
Maria, vedova di Giovanni de Baldo, insieme con i
tìgli vende a Benedetto suo genero quindici ordini di
vigna posti in Basiliolo.
I. [^ I]n nomine Domini. Anno nono pontificatus domni Pa-
schalis secundi pap§, indictione prinu, mense 2. [mjartio, die
secunda. Ego quidem Maria vidua olim lohannis de Baldo et Petrus
ad 3. [que LJaurentius et Benedictulo mater quoque et fili, hac
presenti die propria 4. [sponjtaneaque nostra voluntate damus
cedimus tradimus et ad propriam heredita 5. [tem ijnrevocabiliter
vendimus, tibi Benedicto genero et connato nostro etiam 6. tuis-
que heredibus in perpetuum vel cui largire et concedere volueris.
IdestW videlicet ad quin 7. decim ordines vinee (b) cum versula-
riis (0 et introitum et exitum suo et cum suis omnibus perti[nentiis].
8. Positi in Basiliolo, afiìnes vero a primo latere tenet i^) tu emtore
alia medietatem(«), 9. a secundo sancta Maria de lo Portico, a
tertio hcredum Bonizo de Landò, a quarto est via io. plubica.
Hhec predicta vinea sicut nobis pertinere videtur sic eam tibi inre
II. vocabiliter vendimus prò sex solidorum denariorum papiensium
(a) Sei testo idest (b) vin ; qui ed in seguito. (e) vors, (d) Cosi
nel testo. (e) medietatem
(1) Nel verso della pergamena di mano del xiii secolo: « Car-
« tuia ofiertionis Petri supdiaconi Albancnsis et terra posila in pastina
« de Anna, et medietatem domus maioris et cameram .1. superius et
ffsupterius, et dimidium casulare et medietatem de duobus casarinis,
« et partem canapine et orticelli ad lacum Turnum ». Di un' altra
annotazione molto svanita riesco a leggere le parole « In presentia
« G. iudicis cepimus . , . denarium .1. in argento (?)... Benedictus . . .
« Maxim[o] de ... ».
Tabìllariiim S. oMariae V^vae 16}
quas proinde [a te] 12. recepimus corani subter scriptis tesstibus
nobis placabilem prò roto pretio, ita ut a pre 15. senti die li-
cemtia («) et potestatem(b) abeatis in suprascripti qiiindecim ordincs
vince in 14. trandi tenendi fruendi possidendi vendi donandi coni-
mutandi vel quicquit tibi tuisqiie lieredibus 15. et successoribiis
piacuerit in perpetuum faciendum. Et insuper (■-■) ego Petrus obbligo
tibi Benedicto 16. connato W meo totam mea portionem de domo
solarata ubi abitamus prò Bene 17. dictulo fratri meo si aliquo
tempore litem tibi vel tuis heredibus fecerit, ego facio 18. re-
manere et comfirmare ista cliartula ; quod si non et in dannum ve-
neritis, vin 19. dicetis in mea portione. Et omnibus nos et nostris
lieredibus promittimus 20. tibi tuisque heredibus suprascripta
omnia defendere et observare sicut dictum est; quod 21. si non
fecerimus vel si aliquo litem exinde proposuerimus, componamus
vobis prò 22. penam solidos viginti denariorum, et soluta penam
hec venditio firma permaneat, 25. Q.uam scribendam rogavi
Enricus(s) scriniarius in mense et indictione suprascripta prima.
Signuni manum suprascripta Maria cum suprascripti filli sui qui
hec chartula venditio fieri rogaverunt.
Nicolaus grecus, testis.
Bonosulo filius lohannis Bonosi, testis.
lohannis calziolarius, testis.
Pagano de Berta, testis.
Romanus filius laquinta, testis.
Ego Enricus scriniarius sancte Romane Ecclesiae compievi et
absolvi.
xxx\\
I no, gennaio 30.
Benedetto, arciprete di S. Maria Nova, per comando
di Teobaldo, diacono del sacro Palazzo Lateranense, loca
a Teodoro « Grize » ed a Paolo ed ai loro figli una pezza
di vigna fuori della porta di S. Lorenzo nel monte di
S. Ipolito.
I. In nomine Domini. Anno .xr. pontificatus donini Paschalis
secondi papae, indictione .111., mensis 2. ianuarii die .xxx. Placuit
(a) 'Sei testo ìicema (b) potestatem (e) in sopra la linea. (J) Nel
testo ove era stato scritto conganato, ga fu cancellato dalla prima viano.
'(e) Sopra la n di Enricus due segni a ino' di virgolette.
1^4 "P- Jt'^Vc'/e
quidem donino Benedicto Dei gratia archipresbitcr venerabili diaconie
5. beate Maria? domin? nostr? que appellatur Nova, per iussionem
donini Theobaldi 4. diaconi sacri Lateranensis Palatii et diete
diaconia? et per consetisum clericorum meorum fra 5. trum, dare
per hoc instrumentum locationis in Theodorus Griz? ac Paulo vitrico
ac 6. privigno et eorum legitimis liberis vite eorum tantum.
Unam videlicet petiam vinea? cum intro 7. itu commune simul'
et vasscario cum omni suo usu vel pertinentia. Posita («) extra porta
sancti Laurentii 8. in montem sancii Ypolili: fines eius a duobus
partibus possidet monasterio beati Laurentii, a teriio 9. Johannes
Bonelle, a quarto est criptam sancti Ypoliti. Hanc autem locationem
vobis facio IO. eo quod dieta vinea laborare et restaurare debetis
ex omni vestro expendio 11. et labore, et per singulos annos per
lempus vindemi? quartam partem 12. vini mundi et acquati nobis-
nostraque 9cclesia tribuatis, et manducar?, 13. ac bibere ad no-
strum niinistrialem dum ipsa quarta ad recipiendum 14. vcnerit.
Irem et si per vestram culpam vel offensa in deserto ierit, piene
1 5. ad nos revertatur. Item et si vendere volueritis, nobis vendatis iusto
pretio minus 16. .xxx. denarios; quod si emere noluerimus, detis-
nobis dictum comminus et vendatis 17. tali persone que omnia
nobis persolvat. Item nos autem defendimus vobis 18. si opus
luerit. Q.uecumque ergo pars contra hec omnia que dieta sunt
19. venerit aut observare noluerit, componat pars infidelis 20. partis
lìdem servantis prò poena tres auri uncias, et soluta 21, poena
hae W due cartule secundum earum tenore maneant firma?. 22. De
qua re due facte cartula? uno tenor? conscripte a me Johannes
23. scriniarius rogatu utrarumque partium in mense et indictione su-
prascripta tertia.
Signum y^ y^ manuum suprascriptorum huius appar rogantiunu
EgusW lohannis Berardi.
Bovus Petri Cyceronis.
Rainerius Billane. Alexander nepos diaconi.
Octavianus Theobaldi.
Antoninus Marie Alberti filius.
Petrus adulterinus.
f^ Ego Johannes per divinam gratiani sancta? Romana? Ecclesia?
scriniarius compievi et finivi (i).
(a) Sei lato l'ita (b) li (e) Così nel testo.
(i) Nel verso della pergamena una mano del secolo segnò le
seguenti annotazioni : « g. [GJegorgi .1, d. {lìenariuni), Martinu .1.,
Tabiilarium S. €Mariae V^opae 16)
XXXVI.
II 16, luglio 23.
Vendita fatta alla chiesa di S. Maria Nova di un filo
salinario nella pedica « de Baccaris ».
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis mille-
simo centesimo sexto decimo, pontificarus vero domni Pa[schalis]
2. secundi pap? anno eius septimo decimo, indictione .vini., mense
iuleo, die .xxiii. Ego quidem Petrus... 3. grada, hac die nullo
prohibente nec contradicente mea vero propria et spontanea volun-
tate do publice vendo et 4. investiens corporaliter trado vobis
domne Teobalde Dei gratia diacono sacri Palatii Lateranensis rector
5. et yconome ecclesi? sanct? Marie virginis domine nostre que di-
citur Nova, et dorano Benedicto archipresbitero eiusdem ecclesie et
per vos . . . (^) 6. ecclesia et eius servitoribus ad proprietatem in
perpetuum. Unam videlicet partem de filo salinario cum omnibus
sibi pertinentibus, 7. positam in pedica de Baccaris, Inter hos affi-
nes: ab uno latere tenet Durus lohannis Cariti?, ab alio Bobo Be-
nedicti 8. fornarii, a tertio similiter Durus, a quarto autem latere
est fossatum Hostiense. Qualiter per su[c] 9 cessionem parentum
meorum vel alio quolibet modo pertinere mihi videtur et nunc quiete
teneo, io. tnliter prò quattuordecim solidis denariorum papien-
sium quos Dulca quondam uxor lohannis buptilliri W ob amorem
omnipotentis Dei 11. et prò anima prefati lohannis et Landolphi (<:)
(a) Dopo vos è nel testo di, seguito da tracce di altra lettera: da leg-
gersi forse diete (b) Sic, per buptilliari (e) Landolphi] La p aggiunta
dopo dalla stessa matto,
« M. de Crescentio .1., Guardascerpa .11. d., Beneincasa .ir. d., Inga
« .ir. d., Saso macellaro .1. d., Rainaldo fabularo i. d., P. Ocilenda
« .11. d., Leo .X. d., Petrus Palumbi .11. d., Bonus filius Pablo .1. d.,
« Diviczo .11. d., Petrus Infinitus .11. d., Bernardus .111. d., Gerardus
« Mancini .111. d., Benedictus Milvie .111, d., Johannes Saniermano .11. d.,
« Orrita .1. d., M. Petro Alamanna .11. d. ».
Di altra mano, di poco posteriore: « In cannape .mi. d., in cla-
« mistari .viii. d., cecendeuli .111. d., in vino .11. d., prò runcune .11. d.»;
di una terza mano : « In candele .xii., in octaba sancte Marie .xii.
« in convivio ».
i66 T. Jcdele
lìlii sui ut aliquantulum indulgentic a domino nostro Christo Icsu
futuro iu 12. dice conscquantur, prò toto prctio corani subscriptis
testibus mihi dedit, ad presens do et largiens concedo ad 13. usus
et sumptus clericorum in perpetuum prò futurum. Ego igitur una
cuni heredibus ac succssoribus 14. meis ab omni homine gratis
defendere vobis vestrisque (*) succssoribus promilto; quod si non
I). fecero, si ego aut heredes mei vel aliqua hominum persona a
nobis summissa adversus .16. huius venditionis chartulam aliquo
modo venire temptaverimus, componamus vobis vestrisque succcs-
soribus 17. poene nomine pretium in duplum, et poena soluta
cartula hec secundum suum tenorem mancat fir 18. ma. Quam
scribere Petrum infimum scriniarium sancte Romane Ecclesie ro-
gavi in men 19. se et indictione suprascripta .vini.
Signum ^ manus prelibati Petri qui hanc venditionis chartulam
fieri rogavit.
Robertus lohannis Fraiapanem vel
Fragentis pancm W. Leo Guidonis de Anna, testis.
Octavianus. Gualterius, testis.
Briele. Gregorius lanista, testis,
Johannes de Franca. Rofinus de Benedicto de Ruta, testis.
Ego Petrus iniìmus scriniarius sancte Romane Ecclesie huius
rei rogatus compievi et absolvi (i).
(a) Dopo vestrisque e nel testo hd abraso. (b) vel fragentis panem
aggiunto nell' interlineo.
(i) Nel verso della pergamena di mano del secolo xii: « [Car]-
« tuia de filis saline ad Hostiam ». Il verso di questa pergamena
fu poi adoprato per segnarvi la seguente notizia dell'anno 1163
o 64 (r indiz. e il pontificato non concordano) :
a In nomine Domini. Anno sexto ponlificatus domni Alexandri
« tertii pape, indictione .xi., mense septembri, die .vii. Ego Johannes
« Betti I de Cisterna a presenti die (") nullo me cogente aut vim fa-
ce ciente set propria spontanea mea voluntate do concedo | trado W
« et ad perpetuam hereditatem dono, venerabili ecclesie sancte Marie
« que prenominatur Nova. Idest unum petium terr? | ad .viii. rinti-
« quas quartas sementis («), positum territorio Cistcrnensi ad Pisca-
« riam Oddonis de Berga iuxta rivum Dorriga W, Inter hos affines,
«a I primo latere tenet Bittus de Deleita (.'=). Q.ualiter mihi
(a) Dcpo die, propri cantellalo, (b) Dopo trado, dono cancellalo. (e) K et lesto
semenc (d) iuxta rivum Dorrig nell' interlineo. (e) Lacuna nel testo.
TabuUvHum S. oMariaeV^pae i6j
XXXVII.
1118.
Notizia di una sentenza data dal priore e dai rettori
della « Schola salinariorum ».
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo octavo decimo, indictione undecima. 2. Ego Dux prior
salinariorum cum Crispotto, Benedicto de Stephano, Caro lohanne,
lohanne de Basilio et Romano 3. de Guittone, rectoribus supra-
dicte scoi? nostr?, laudamus et iudicamus ut de illa lite quam Be-
niamin 4. faciebat centra lohannem de Barone et Rainaldum
de partibus duabus fili salinarii, prius de calumpnia 5. iuret, et
postea Rainaldus iuret tam prò se quam prò lohanne Baronis pre-
dictum Beniamin per mandatum ipsius (=») Rainal 6. di ad ca-
piendum anditum in quo sunt prenominate partes, ivisse et tria carra
salis tam prò lohanne de Barone 7. quam Rainaldo et Beniabin (b)
prò introitu Obicioni de Leone data fuisse: quod sacramentum de
calupnia 8. sepe dictus Beniamin renuit et renuntiavit. Et post
hec indictione duodecima iterum adivit 9. Durum priorem et
Octavianum Obicionis paterentem supradict? artis et conquestus est
ut iusti IO. tiam sibi facerent. Q_uibus auditis et diu molestati
atque tessi sunt. Die .xv. mensis iunii cum 11. Dominico qui di-
ctus est prior ipsius fossati, et Erro ac Stephano lohannis Cariti?
(a) ipsius neir interlineo. (b) Cosi nel testo.
« pertinet per successionem mei W nepotis Petrucii de Taliacozo |
« (b) taliterC^) illud ut suprascriptum est inrevocabiliter trado.
« Hoc actum est W in manu domni Widonis predicte ecclesie
« canonici et sacerdotis, in presentia domni L. archipresbiteri Hostien-
« sis. I Testes : Cencius de Cimino et Bobacianus filius eius, Petrus
(f Ovicionis de Octaviano, Nicolaus Romani (e) de Valentino | Ru-
« sticus murator de Campitello ».
(a) mei é ripetuto. (b) Prima di taliter, filii licioli (? ì cancellato. (e) La sillaba
tal ripetuta nel testo fu poi cancellata. (d) Neil' interlineo sopra hoc actura est son le
parole hec donatio facta est (e) La i pare correità su u
1^8 1\ Jedcle
rectoribus lauda 12. veruni et confirmaverunt supradictam sen-
tentiam. Qui Beniamin siniiliter fugivit et sacra i^. mentum ca-
lumpni^' noluit subire (i).
XXXVIII.
II 19, marzo ^,
Germano di Germano e Petrocio, suo figlio, vendono
alla chiesa di S. Maria Nova una pezza di vigna, posta
nel territorio di Albano, nel fondo Moniano.
I. Anno dominice incarnationis millesimo centesimo nono de-
cimo, 2. mense martio, die tertia, indictione .xii. Ego quidem
Germanus Germani vero filius, 3. hac denique presenti die, nullo
me cogente neque contradicente haut vim facien 4. te, set pro-
pria et spontanea nostra bona voluntate, cessissemus et cessimus
atque tradidimus simul 5. cum Petrocio filio meo, nec non et
venundavimus tibi domina nostra et totius mundi regina 6. Dei
genitrix virgo Maria et per te namque in tua sacraiissima 9cclesia
que vocatur Nova, 7. posita intra menia Romane urbis, in qua
nunc preest dompnus Tebbaldus cardinalis dia 8. conus, et in
dompno Benedicto archipresbitero eiusdem ecclesie et in cunctis aliis
clericis ibidem Deo 9. servientibus in perpetuum, Idest unam
petiam vinee plus ve! minus cum introitu et exitu eius cum vascario
IO. et vasca commune cum Tebbaldo iener Bovonis (") ferrarii, cum
arboribus propriis diversis naturis, 11. cum omni utilitate et
pertinentia sua. Posita territorio Albani in fundum qui vocatur Mo-
niano, et 12. terminatur his finibus: a primo latere tenet Litolfus
Sinioretti, a secundo via publica, 15. a tertio heredes Cafare, a
quarto sanctus Benedictus in Caccavari. Pro eo quod dedistis nobis
14. quinquaginta solidos denariorum in omni vera decisione et dif-
finitione. et de iure et dominio no 15. stro in iure et dominatione
vestra transmittimus, et sicut nobis evenit iure emptionis 16. vel
quemadmodum usque modo nostris detinuimus manibus, taliter eam
vobis concedimus tradimus 17. atque venundamus prò supra-
scripto pretio, et moniminas antiquas et nostre acquisitionis simul cum
(a) bovonis corretto da bononis
(1) Nel verso e Salini ».
Tabiilarium S. ^ariae '^N^vae i6<)
chartula (») ista i8. vobis contradidimus. Et ab odierna die licen-
tiam et potestatem vobis concedimus ibidem intrare 19. tenere
possidere vendere donare commutare et facere quodcumque facere
sive peragere volueritis in vestra vestro 20. rumque successo-
rum W concedimus potestate: et numquam a nobis ncque ab here-
dibus nostris neque etiam 21. a nulla magna parvaque persona
hominum a nobis submissa aliqua aliquando habebitis que 22.stio-
nem aut calumpniam; set si opus vel necesse fuerit, stare nos pro-
niittimus cum nostris heredibus et de 25. fendere vobis vestrisque
successoribus ab omni persona liominum litigantium gratis. Si enim
quod absit 24. et cuncta non opservaverimus que superius dieta
sunt, tunc coniposituri nos promlttimus cum nostris bere 25. dibus
vobis vestrisque successoribus ante omne litis iaitium prò pena su-
prascriptum pretium duplum, et soluta pena 26. hec chartula
perpetuo (<=) in sua maneat firmitate. Quam scribendam rogavimus
Gregori 27. um scriniarium sancte Romane Ecclesi? in mense et(d)
indictione suprascripta .xii.
Signum ^H manus suprascripti Germani 28. venditoris atque
rogatoris. Signum )^ manus suprascripti Petrocii filii eius consentiens
huic (0 venditioni.
Residente dompno Benedicto iudice.
>^ Leo filius eius causarum patronus, testis.
)^ Petrus Attonis, testis.
tj< lohannis Attonis, testis.
y^ Carucius, testis.
Yji Johannes Bonus Anastasii, testis.
>J< Tebbaldus Guittonis, testis.
Ego Gregorius Palatinus huius albe proprie notarius compievi
et absolvi (i).
(a) Nel testo cnr (b) rùq, success in rasura. (e) o corretto forse
da u (d) Nel testo menset (e) Nel testo buine
(i) Nel verso della pergamena « aUr ». Una mano contempo-
ranea segnò poi a pie del verso: « Ad notarium d. .v. inter palos
« et frasca » .
lyo T. fedele
XXXIX.
iii9?-ii2o? agosto 25(1),
Stefania, figlia di Giovanni « de la Plana », con suo ma-
rito, vende a Romana, figlia di Gregorio « de lohannis
« iiono de Arno », una casa con la metà di un orto e
della corte attigua, posta «in Pede silice».
I. In nomine Domini. Anno secundo pontificatus domni Ca-
lixtis («) secundi pap?, indictione tertia decima 2. mense (*>) agusto,
die vicesima quinta. Ego quidem Stehania (e) filia olim lohannis de
la Plana consentiente 3. et simul niecum rogante lohannis filius
Petri de Beno de Marino viro meo, hac die propria spon 4. tanfa
mea voluntate ac presenti di? do cedo trado et ad propriam here-
ditatem inrevocabili 5. ter vendo et corporaliter investiens publice
tradimus, tibi Romana filia Gregorius 6. de lohannis Bono de
Arno etiam tuisque heredibus ac sucessoribus in perpetuumC'^) vel cui
largire et conce 7, dere volueris, et per sacramentum ego Stehania
ista venditionis ex ore meo comfirmo. Idest 8. videlicet domum
una in integrum terrineam teguUciam scandoliciam et cartiquineam
coper 9. ta cum medietatem (0 de ortuo pomato et medietatem
de curte ante se cum arboribus io. et vitibus ante se et introitum
et exitum suo et usum et utilitate per ipsa curte usque in 11. via
publica, et cum omnia sua pertinentia; siculi vero ipso dicto ortuo
cum arboribus et curte esse communem (f) 12. ad dividendum
cum Constantia (g) mea tia. Posita in Pede silice: affines vero a
duobus lateribus tenet 13. Nicolaus de Damara, a tertio tenet
sanctorum Cosmas et DamianiW ad totum ortuo et doni 14. inio(')
circundantes, a quarto vero latere est via publica (k). Qualiter pre-
la) Cosi nel testo. (b) n corretto da u (cj Così nel testo qui ed in
seguito. (dj j^pmu «</ lesto. (e) ìsel testo medittnùm; qui ed in seguito.
(f) com (g) Nel testo Constati» (li) L' ultimo i corretto da o (i) Nel
testo dominio (k) Nel testo putii; seguono due lettere cancellate e poi la
sillaba ca
(i) Noto con un segno di dubbio queste due date che corri-
spondono alle note cronologiche del documento, discordanti fra di
loro.
Tabiilariiim S. oMariae V^vac 171
dieta donium I5.cum medietatem de ortuo adque medietatem de
curte cum medietatem de arboribus sicut dieta sunt et 16. miehi
ex sparte Bona mater mea michi pertinere videtur, sie eam tibi in
17. revocabiliter vendimus prò decem et oeto solidorum papiensium
denariorum quas ego iS. recepi a te eoram subseriptorum testibus
miehi placabilem prò toto pretium et istis vero denariis 19. ego
Stehania do in .xi. ordines vineas ad meum opus da Petrus de Beno
de Ma 20. rino quod meliorem lucro est 'me quas predicta domos
et ortuos. Hac presenti die su licentiam W et potestatem habeatis
in suprascripta domum et ortuo medietatem et medieta 22. tem de
sua curte cum sua omnia pertinentia sicut dieta sunt intrandi tenendi fru
25. endi possidendi vendi donandi eommutandi et faeiendi quod-
cumque volueritis tu et tuis heredibus ae 24. sucessoribus in per-
petuum (!') et per sacramento ista chartula venditionis ex ore meo
comfirmo 25. ut numquam in tempore ego vel meis heredibus
et sucessoribus vel aliqua persona ominum a 26, me sumissa
litem (<:) vel requisiticnem de suprascripta omnia faeere presunse -
rimus. Quod 27. si absit feeerimus in periuri incurramus, ve-
rum etiam daturi esse prò 28. mittimus tibi tuisque heredibus
et sucessoribus prò pena suprascripto pretium duplum et soluta
29. pena hee venditionis chartula perpetuum stabilis et C*!) firma per-
maneat. Quam seri 50. bendani rogavi Enrieus scriniarius in mense
et indictione suprascripta .xiii. decima. 31. Signum manum su-
prascripta Stehania cum viro suo consentiente hac venditionis char-
tula 32. sponte fieri rogaverunt. Ego Romana de predictis
33. denarii(e) quod abstulit de terra mea de Marana dedit in prefata
domum 34. decem et oeto solidos papiensium et duo solidos in
lename prò melioratione iam 35. dieta domo.
Guido de Benizzo, testis.
Benecasa de Maxaro, testis.
lohannis Mo pò, testis.
Odaldo sutore, testis.
Lipriniano, testis.
Ego Enrieus scriniarius sancte Romane Eeelesiae compievi et ab-
solvi (i).
(a) Nel testo licna (b) AV/ testo in p^mu (e) AV/ testo litùr
(d) et e ripetuta. (e) 'Sei testo denrii
(i) Nel verso di mano del xiii secolo: <f Cartula de una
« domo cum medietate orti et cum curte ante ecclesiam nostram »
172 '7'. JcJclc
XL.
1 120, decembre 7.
Pietro « de Francuccio Gabulluto » concede ai figliuoli
di Pietro de Bona due parti di un orto, fuori della porta
Latina « ad montem Albinum », col patto di ridurle a vigna
e di pagare un annuo canone.
I. In nomine Domini. Anno secundo pontificatus domni Ca-
lixti (») secundi pap?, indictione .xnii., mcnsis 2. decembris die .vii.
Ego quidem Petrus de Francuccio Gabulluto ad pastinan ^. dum
loco et largiens concedo vobis filiis Petri de Bona, Alexio scilicet et
4. Nicolao, vestrisque lieredibus ac sucessoribus in perpetuum. Idest
duas partes unius orti cum 5. fontana et rases, cum introitu et
exitu suo et cum omni suo usu et utilitate atque peni 6. nentiis.
Positas extra portain Latinani ad montem Albinum; affines totius
orti 7. de quo duas partes vobis loco, ab uno latere tenet sanctus
Sebasiianus, ab alio heredes 8. de Gottifredo, a tertio lieredes
lohannis Fragentis panem et heredes lohannis Rainerii, a quar 9. to
autem latere sanctus lohannes ante portam Latinam. luris nostri do-
mini!. Ad tenendum utendum io. fruendum ex omni vestro
expendio vineam C») pastinandum allevandum congregandum et a
ri. vobis vestrisque lieredibus ac sucessoribus perpetuo possidendum,
et omni anno in sanct? Crucis Exalta 12. tione .xxx. duos denarios
papiensium prò redditu nobis detis amodo donec vindcmiam exinde
13. habueritis; postea sit in mea voluntate si volucro, tollere quar-
tam. Vos 14. quartam partem vini mundi et acquati et canistrum
unum iustum uvis pie 15. nuni per petiam et quartam partem
fructus arborum quas illic possueritis 16. michi meisque reddatis
heredibus, et manducare et bibere nostro detis supriste (<=) 17. sicut
vestris vindemiatoribus. Et quando vascam ex novo feceritis denarios
octo pa i8. pienses prò adiutorio vobis et Nicolao vestro con-
socio dabimus. Et si fuerit tantum una 19. pars orti pastinata,
de altera parte inpastinata .xvi. denarios papiensium prò redditu nobis
detis. 20. Et si postquam vinca fuerit allevata neglegentiam ibidem
(ay Cali (b) vifi (e) Xel testo supste
Tabulariìiììi S. oMariae V^opae 175
commixeritis, per annum unum sustinere 21. debemus; quod si
in secando anno neglegentiam commixeritis, plenam vobis tollamus.
Et si per hostem publicum 22. vel irritum romanum seu celi
piagam in desertum ierit et per trium annorum spatium vestra ne-
glegentia 23. non fuerit relevata, ad nos revertatur. Et si aliquit
auri argenti ferri lapidis seu alterius spe 24. elei metalli valens M
plus .XII. denariis, dimidium nobis dctis, et si vendere volueritis, prius
nobis vendatis 2).iusto pretio quo apretiatum fuerit minusduobus
solidis denariorum papiensium per petiam; quod si coni 26. pa-
rare noluerimus, tunc vendatis persone que nobis placcat sine ma-
litia, et ipsos duos 27. solidos detis nobis prò consensu pcr
petiam, nuUoque modo alieni pio loco dimittatis. Si qua igitur
28. pars adversus (idem huius locationis aliquo modo venire tem-
ptaverit, aut si ego vel 29. heredes mei ab omni homine vobis
vestrisque heredibus non defenderimus si hopus et necesse fuerit,
componat 30. alteri parti fidem servanti prò poena dimidiam boni
auri libram, et poena soluta he due cartule 31. uno tenore con-
scripte per manus Petri scriniarii sanct? Roman? Ecclesi? secundum
hearum tenorem 32. perpetuo maneant firme. In mense et indi-
ctione suprascripta .xiiii.
Signum >x< rnanus predicti Petri qui hanc locationis chartulam
sponte fieri rogavit.
Beliczo de Beliczo, testis.
Seniorilis frater eius, testis.
Romanus lohannis Boni, testis.
Guido frater eius, testis.
Johannes Bonus prior ortulanorum (b), testis.
Adammus (<=) murator secundus, testis.
Johannes Cava casatam, testis.
Ego Petrus notarius regionarius et infimus scriniarius sanct? Roman?
Ecclesi? utriusque partis rogatu compievi et absolvi (r).
(a) vat (b) or neW interlineo. (e) Adàmus
(i) Nel verso: «Monte Albino». Di questo documento esiste
nello stesso archivio una copia fatta da « Obicio imperialis aule
« scriniarius » (secolo xiii ine).
174 T- Jc'cA'/t'
XLI.
1123, aprile 8.
Concessione enfiteutica di una casa posta nella regione
innanzi alla chiesa di S. Maria Nova.
I. y^ In nomine Domini. Anno quinto pontificatus domni Ca-
lixsti secundi pape, indictione prima, mense aprelis, die octava.
2. Ego quidem Bcnedictus Dei gratia archipresbiter adquae rector
vcnerabilis ecclesia sanct? Mariae domine nostre quae 5. mine
patur (a) Noba conscntientibus michi Girardi presbitero et Bonosulo
adque Benedictus et Leutherius nec non Rimanno, 4. hac die io-
camus et concedimus propria spontanea nostra voluntate libi Briele
et Zita tua vero coni[uge] 5. et de vestris filiis et filiabus quod
modo habetis de isto coniugio et in anteam de vos ambobus Deus
de 6. derit in antea tantum. Idest viJelicet domum unam in inte-
grum solaratam teguliciam et scandoliciani sicuti clausam 7. [esse
vi]detur cum modico orticello pò se Cbi cum sua curte ante se adque
introitu et exitu suo vel cum 8. [omnija sua pertinentia. Positam
in regione ante ian dieta ecclesia; affines vero a duobus laleribus
tenet dieta [ecclesia] 9. [a tertio] tenet lohannis Pilio, a quarto
latere est via publica. luris suprascripta vestra ecclesìa, ad tenendum
colendum fr[uendum] io. possidendum meliorandumque in omni-
bus (0 diebus vite nostre sicut que supra dieta sunt tantum. Et prò
uno (<•) loeatum 11. prebuimus vobis introitu solidos sex papien-
sium denariorum prò utilitate suprascripta ecclesia, et omni anno
aniodum 12. in anteam duos denarios papiensium in fcstivitate
sancte Marie de suprascripta domu tribuamus. Et si vendere 1 5 . vo-
luerimus ipsa domu nostro placito primus venundemus ad servitores
dieta ecclesia comminus tres solidos; 14. quod si emere nolue-
ritis demus vos dieto comminus et licentiaW habeamus vendere in
tali vero persona quae 1 5. ad servitores dieta ecclesia plaeead
sine malitia excepto (S) in aliam ecclesiam non vendamus nec prò
anima 16. dimittamus nisi predicta ecclesia, et post exsplete pre-
diete nostre persone dieta domum sieut meli 17. orata fucrit in
(a) Così nel lesto. (b) Così nel testo. ic) omnibus è ripetuto nel
testo. (d) .\V/ testo uno (e) licna (f) "Nel testo exepto
Tabiilariuin S. <zMariae V^vae 175
predictam W sino mora eis revertatur. Nos autem 0>) una cum nostris
heredibus 18. ac sucessoribus promittimus vobis et vestris suc-
cessoribus suprascripta omnia observare et adinpiere si 19. cut
dieta sunt; quod si non fecerimiis et qua dieta sunt ('^) non obser-
vaverimus, 20. componamus vobis et vestris sucessoribus ad
opus et proficuum ian dictam ecclesiam prò pena solidos quad
21. raginta papiensium denariorum, et soluta pena hec due chartule
facte uno tenore sit firme. Scripte i'^) 22. per manum Henricus scri-
niarius in mense et indictione suprascripta prima.
Signum manum ►J^ suprascripto (e) et Zita uxori sua hanc
apare sponte fieri rogavi.
Petrus de Baldino, testis.
Sasso de Petrus Mancino, testis.
Petrus de Penacelo, testis.
Sasso macellarius, testis.
Donadeus suo germano, testis.
Romanus de Carvone, testis.
Ardino, testis.
Ego Henricus scriniarius sancte Romane Ecclesiae compievi et ab-
solvi.
XLII.
1126, maggio.
Giudicato di Onorio II sopra il possesso della massa
Careia.
I. In nomine Domini. Anno secundo pontìficatus domni Hono-
rii secundi papa?, indictione .mi., mensis madii die . . . (0 Benedictus
archipresbiter sanct? Marie Nove conquestus est domno papa?
2. Calixto de massa que dicitur Careia diu iniuste possesa a Gale-
ranis comitibus et ab aliis hominibus, quam dicebat iuris sante Marie
Nov[e ess]e. Unde d[omno papa? Calixto] (g) 3. instrumenta
ostendit. Tunc domnus papa auditis instrumentis et visis rationibus
(a) Dopo predictam e nel testo la parola ecclesiam cancellata ; dovevano
essere evidentemente cancellate anche le parole in predictam (b) 'Nel testo
autèm (e) A sunt seguono le parole que supra missa sunt cancellate.
(d) Questa parola e resa nel testo in maniera affatto irregolare. (e) La-
cuna nel testo. (f) Lacuna nel testo. (g) Inferiormente ad uno strappo
della pergamena si vedono le appendici inferiori delle due p della parola papae
17^. T. fedele
quallter dieta massa iuris ecclesie esset, niisit littcras comitibiis Ga-
leri? ut massa illa ecclesie restituerent. 4. Set comites precepto
domni papa? obtemperantes, Benedictum archipresbiterum de massa
illa statim investierunt ("). Post paucum tempus domnus papa Ca •
lixtus diem suum obiit. Dicti comites massam 5. illam invaserunt.
Postea vero idem archipresbiter de massa a comitibus rctenta aput
domnum Honorium secundum papam restitutionem petiit, simulque
sententiam domni Calixti et instrumenta iuris 6. ecclesie curie
ostendit, Quibus rationibus domnus papa motus misit comitibus atquc
precepit ut massam ecclesie restituerent, et sic sententiam papa?
Calixti per Ugonem diaconem cardinalem ecclesie sancii Theo-
dori 7. et Cencium Roizonis romanum consulem effectui man-
cipavitC»). Set monachi S. Sabe hoc audientes et instrumenta secum
ferentes ante presentiam domni papa? venerunt et massam illam iuris
8. monasierii esse atque per centum anr.os eam possedisse dixerunt:
qua de causa ipsius masse restitutionem petierunt. Set cum monachi
quoddam instrumentum legissent, pars S. Marie respondit: 9. in-
strumentum illud iuris ?cclesie Sanct? Mari? Nove non voceni
quia que ibi leguntur fines masse Careie (<=) esse instrumenta sancte
Marie ostendunt. Domnus papa audientes (J) utriusque partis alle
IO. gationes In quinta feria indutias dedit, atque precepit ut instru-
menta et rationes que inde haberent prò causa cito finienda secum
utraque pars duceret. Ad terminum ambe partes 11. in curia
representate sunt. Tunc domnus papa sicut preceperat instrument.i
prò causa citius tcrminanda a partibus quesivit. Benedictus archi-
presbiter instrumenta ?cclesie sancte Marie statim 12. represen-
tavit. Monachi vero nisi possesio ipsius prius restitula fuisset, instru-
menta monasteri! estendere omni modo rennuerunt. Altera pars
respondit: masse restitutionem nequaquam peti posse, 15. quia
eius proprietas ?cclesie sancte Mari? esse cernitur, et hoc per instru-
mentum a lohanne tertio decimo papa confectum. Quod coram
donino papa recitatur et («) comprobatur. Pars monasteri! masse
14. restitutionem iterum petiit per legem illam: si quis non per vini
sed sententia iudicis eam rem detinuit. Altera pars restitutionem (O
(ieri his rationibus negabat quia 15. domnus papa Calixtus post
citationem a Petro prefecto legitime confectam, visis instrumentis et
rationibus sancte Mari? non propter contumaciam adversariorum
set propter 16. rationes diete ?cclesie bene prospectans Bcne-
(a) Kil testo investierum (b) Nel testo mancipavi (e) Carcic cor-
retto dalla prima mano da Careve (d) Così nel testo. (e) t per cor-
rezione, (f) o sopra la linea.
Tabiilariuììi S. ^larìaeV^vae 177
dictum archipresbiterum de massa Careia per Galeranos coniites in-
vestivit. Quam sententiam domnus Honorius sequens eam 17. ad
effectum (a) perduxit. Iterum et si possesio aput monasterium esser,
ecclesie sancte Mari? restitui deberet; inulto plus si possesio aput
ecclesiam maiiet, ab ea retineri potest, 18. quia dolo facit qui
petit ea que restituturus est. Cumque partes super hoc diu certarent,
domnus papa precepit iudicibus ut ad consilium irent et cause (ìnem
inponereiit. 19. Set Bencdictus dativus W index et Litardus et tres
iudices Beneventani (0 prò ecclesia sanct? Marie in unam sententiam
concordati sunt. Ferrucius vero iudex propter 20. feudum quod
habebat a monasterio illis concordati noluit. Set dicti iudices eorum
concordiam domno pape dixerunt. Cum sero esset, domnus papa in
sequenti die negotium pò 21. suit, et partibus precepit ut ad
curiam prò sententia recipienda redirent. Ferrucius iudex iudicum con-
cordiam monachis patefaciens ad curiam redire noluerunt. 22. Pars
sancte Marie in presentia donmi papa^ representata est. Tunc domnus
papa videns alteram partem se absentantem dixit Benedicto archi-
presbitero: uti possides 2;;. possideas. Scriptum per manum Fal-
conis scriniarii sancte Romane Ecclesie in mense et indictione supra-
scripta .1111. (i).
xLrii.
1 127, marzo i j.
Vendita di una vigna posta « foris portam Metromi
« iuxta muros huius alme urbis », obbligandosi il compra-
(a) Nel testo efFetù (b) dativus ripetuto ed espunto. (e) Corretto
dalla prima mano da benevanteni
(i) Nel verso, di mano del secolo xiii: «In hac carta conti-
« netur quod Benedictus archìpresbiter sancte Marie Nove conquestus
« est domno Calixto pape de comltibus Galerie qui detinebant massam
« Carreiam iniuste: qui comites ex precepto dicti domni pape resti-
« tuerunt eam predicto Benedicto archipresbitero. Mortuo vero domno
« papa Calixto predicti comites invaserunt predictam massam, unde
« dictus Benedictus archipresbiter . . . conquestus est domno pape
« Honorio secundo qui restituit eam predicto Benedicto, contradicen-
« tibus monacis sancti Sabe ».
Di un'altra annotazione dello stesso tempo intendo solo le pa-
role: « Calixtus papa et Honorius papa ... Et est quartus thomus
« in ».
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 12
lyS T. Jcdele
tore a rendere ogni anno alla chiesa di S. Maria i dovuti
diritti.
I. In nomine Domini. Anno tertio pontitìcatus (*) domni Ho-
norii secondi pap9, indictione quinta, mensis martii die .xiii. Ego
quidem 2. de Maria de Goio, liac die propria mea volun-
tate, consentientibus mecumque rogantibus Benedicta scilicet uxore
me[a et Bene] j. dicto Dei gratia archipresbitero ecclesi? san-
ct? Mari? Nov? suisque clericis, et consensum a me habentibus lo-
caloribus meis do ven[do] 4. trado tibi lolianni de Bulcharello
tuisque heredibus ac sucessoribus in perpetuum. Idest petiam vinee
unam quam olim noviter pastinavi [cum] 5. introita et exitu (b)
suo et cum omni suo usu et utilitate atque pertinentiis (0. Positam
foris portam Metromi iusta muros huius alni? urbis; Inter hos af-
fines, ab uno latere teneo 6 ego venditor, ab alio est murus huius
civitatis, a tertio tenet Litolphus, a quarto autem latere Rufinus de
Benedicto de Ruta W. 7. Q.ualiter vita mea meorumque heredum ac
sucessorum in perpetuum haheo, taliter predictis locatoribus consen-
tientibus tibi tuisque heredibus ac sucessoribus 8. vendo et trado
prò .vii.(') solidis et dimidio(f)denariorum papiensium, quos placabiles
prò roto pretio mihi et in meis dedisti manibus, ut dehinc licentiam
et 9. potestatem habeatis intrandi utendi fruendi et annualiter in
tempore vindemiarum quartam partem totius vini mundi et acquati
IO. quod Deus vobis ibidem donaverit, predicte ecclesie sancte Marie
reddatis, et de omni vasca piena denarium unum papiensum prò va-
scatico detis, 11. et quartam fructus nucum ibidem stantium red-
datis, et si illic inveneritis aliquit auri argenti ferri lapidis seu alte-
rius (g) 12. speciei metalli valens plus .xn. denariis dimidium ipsi
ecclesie detis, et si vendere eam volueritis prius illi vendatis iusto
pretio quo apreti i3.ata fuerit minus .xxviiii. denariis papiensium.
Quod si comparare noluerit tunc vendatis persone sibi piacenti sine
malitia et ipsos 14. .xxviiii. denarios detis heidem ecclesie prò
consensu. Nulloque modo alicui pio loco dimittatis nec concedatis
nisi prenomina 15. te ecclesie sancì? Marie. Nos igitur una cum
heredibus meis nec non cum supradicto archipresbitero et suis clericis
ab omni homine 16. defendere tibi tuisque heredibus promittimusCO
(a) Seti' interlineo. (b) introita et exit su rrtjura. (e) introitu - per-
tinentiis Oj^giunto con inchiostro diverso ina dalia prima mano su lacuna.
(d) ab alio - de ruta aggiunto dalla slessa mano ma con altro inchiostro come
sopra. (e) /;( rasura. (f) Jim (g) Kel testo altius (h) // secondo
ì corretto su rasura di o
Tabiilarium S. •zMan'ae V^vac 179
si opus et necesse fuerit; quod si non fccerimus aut non potue-
rimus, si qua 17. ergo pars adversus fidcm huius conventionis
sive venditionis chartulam aliquo modo vel in toto seu (*) in parte
venire temptaverit 18. componat pars infidclis partì fidem ser-
vanti prò poena dimidiam boni auri libram, et poena soluta he due
19. chartulc uno tenore conscripte per manus Petri scriniarii sanct?
Roman? Ecclcsi? secundum hearum tenorem maneant firme. 20. In
mense et indictione suprascripta .v. Signum >^ manus prcdicti lo-
hannis Bulgarelli qui hoc appar fieri rogavit W.
Gregorius de Bona de Georgio, testis.
Donumdei de Sinebaldo, testis.
Girardus de Mancino, testis.
Johannes Mutus, testis.
Robertuccius de Robertello, testis.
Ego Petrus notarius regionarius et scriniarius sanct? Roman? Ec-
■clesi? utriusque partis rogatu compievi et absolvi (i).
XLIV.
1127, aprile 8.
Concessione enfiteutica di una casa innanzi alla chiesa
<ii S. Maria Nova, fatta dall'arciprete Benedetto ai figli di
•Gregorio lanista ed ai figli loro,
I. In nomine Domini. Anno tertio pontificatus domni Honorli
secundi papa?, indictione .v., men 2. sis aprelis die .viii. Ego
quidem domnus Benedictus Dei gratia humilis archipresbiter ve-
nerabili 3. diaconi? sancte Mari? Nov? consentientibus clericis
predicte ?cclesie, damus atque concedimus et Io 4. camus in
•omnibus filiis legitimisCO et fili? quos vel quas nati et nascituri sunt
de Grego 5. rio lanista et in omnibus filiis et filie legitimis
quos de ipsis filiis tuis nascituri 6. sunt tantum. Idest unam do-
mum cum terra vacante iusta se cum curte ante se cum introitu
7. et exitu suo cum omni suo usu et utilitate et cum omnibus suis
(a) Dopo s di seu f' è la lettera i abrasa. (b) Da signum, aggiunto
Jalla stesso mano con altro inchiostro. (e) Kel testo legiinis
(i) Nel verso di mano contemporanea: « He sunt carte de port.i
-<tMetrovi»; di mano del secolo xni: «Porta Mitroni ».
iSo T. fedele
pertinentiis. Positam Rome ante 8. predicta ecclesia; inter lios af-
tìnes, a primo latere tenet Addasela comitissa, a secundo et 9. a
tertio latere tenet predicta fcclesia, a quarto via publica, iuris pre-
dicte ecclesie. At tenendum io. habitandum meliorandiim et sicut
dictuni est tantum fruendam et possidendum, prò eo tibi lo 11. Ca-
mus eo quod predictam domum a noviter fecisti, et omni anno dare
debetis in predicta 12. ecclesia denarios duos nomine pensionis
in Assumptione sancte Marie ("). Et nulli alii ecclesie detis liane lo-
cationem 15. nisi nostre, et nulli persone vendatis nisi nobis iusto
pretio quo apretiata fuerit minus 14. duo solidis (•>) si sic com-
parare noluerimus detis nobis comminus et vendatis eam tali persone
ut nobis I). placeat sine malitia, et omnia que dieta sunt nobis
adinpleat et persolvat. 16. Nos autem et nostri successores de-
fendere eam vobis ab omni homine si opus et necesse 17. fuerit.
Si qua vero pars contra fidem huius chartule venire voluerit, com-
ponat alteri 18. parti fidem servanti poene nomine solidos pa-
piensium denariorum triginta, et soluta 19. poena chartula hec
firma permaneat. Q.uam scripsit Falconem scriniarium sanct? Ro-
man? 20. Ecclesi?, in mense et indictione suprascripta .v.
Signum i~^ manus dicti Benedicti arcliipresbiteri rogatoris char-
tule huius.
Romanus de Oliverio, testis.
Sasso de Mancino, testis.
Theofilactus filius Theofilacti, testis.
Litulfus Spada Marra, testis.
Leo Manduca ronzoni, testis.
Leo lohannis Christiani, testis.
Theoderellus, testis.
►^ Ego Falconius scriniarius sancte Romane Ecclesie compievi et
abiolvi (i).
XLV.
1 127, settembre 17.
Ottaviano fiirlio di Obicione ed Obicione di Teubaldo,
tutori e curatori della figlia di Gregorio « lohannis de Be-
(») In assumptione sancte Marie aggiunto in margine dalla prima maiia
con un segno ili richiamo al Icslo. (b) sof
(i) Nel verso di mano del xiii secolo: « Cartula de domo
« Romani Bonelle ».
Tabulariiim S. oMariae U^orae i8i
« rardo », vendono a Gregorio, giudice dativo, una «carn-
ee minatam, solaratam teguliciam », posta in Roma « in
« Caldararii ».
I. In nomine Domini. Anno tertio pontificatus domni Honorii
secundi pape, indictione .vi., mense septembri, die .xvii. Nos quidcm
Octavianus filius domni Ovicionis et Ovicione de Teu 2. baldo (^)
tutores et ciiratores filie Gregorii (b) loliannis de Berardo denique
dati sumus in hac re a domno Guittone primo defensore indice sacri
Palatii. 3. Hac die nullo proibente nec contradiccntc propria no-
stra (^) voluntate insimul cum ipse puelle vendimus et publice inve-
stientes tradimus atque concedimus tibi domno 4. Gregorio da-
tivo indice et filio Raduphi (<i) et tuis heredibus ac successoribus («) vel
cui largire et concedere volueritis im perpetuum. Idest camminatam
unam solaratam teguliciam subtus et desuper cum scala ante se
5. et suo vallatorio et cum suis petris et cum (O orto post sc(s), si-
militer cum suis petris cum introytu et exitu suo cum omni suo usu
et utilitate et cum (h) omnibus suis pertinentiis et sicut 6. Gregorius
lohannis de Berardo detinet. Positam Rome v') in Caldararii; inter hos
fines, a primo latere tenet ecclesia sancte Marie Nove, a secundo la-
tere est ortus heredes de Repleta, 7. a tertio latere tenet ecclesia
sancte Adon Ssannes, a quarto latere est via publica. Sicut nobis per-
tinet per curara et tutelam et puelle per successionem patris earum
8. sic tibi ut dictum est vendimus et publice investientes tradimus
atque concedimus (k) prò octo libris denariorum papiensium quas tu
nobis dedistis (') prò toto pretio nobisque 9. placentem, et nos
recepimus ad maritatione predictarum puelle in omnem veram dici-
sionem. Ut ab hac bora ("0 licentiam et potestatem habeatis in eam
intran io. di tenendi fruendi (") possidendi vendendi donandi com-
mutandi vel quicquid exinde facere volueritis in tuam tuisque here-
dibus ac successoribus sit potestatem im perpetuum. Et numquam a
nobis nec ab heredibus ac successoribus 11. nostris nec etiam ab
(a) Xel testo teubado (b) Nel testo greorii fc) nostra neW interli-
neo, (d) Le parole et filio raduphi furono aggiunte dalla prima mano in
fondo al documento prima dell' escatocollo con un segno di richiamo nel testo.
(e) Nel testo, qui ed in seguito, le parole ac successoribus sono rese irrego-
larmente con accb (f) cum neW interlineo. (g) Nel testo pos se (h) cum
nelV interlineo. (i) rome neW interlineo. (k) .Ve/ /c5<o cocedimus {\) Nel
testo distis (m) bora nelT interlineo, (n) tenendi fruendi aggiunto dalla
prima mano dopo il testo del documento prima dell' escatocollo, con un segno
di richiamo.
i82 T. Jcdelc
al-qua persona a nobis sunimissa habebitis exinde aliquani requisi-
tionem aut litis calupniam. Q.uam si quod absit aliquo modo 12. fo-
cerimus et si opus et necesse fuerit et cani a vobis ab omni hominc
non defenderimus vel noluerimus aut non potuerimus vel plus prc-
tiuni ei exigerimus, componannis vobis prò poena predictum 1 3. pre-
tium duplum, et soluta pena niancat firnius contractus. Quani rogavi-
nius scribere Falconem scriniarium sancte Romane Ecclesie in mense
et indictione suprascripta .vi.
Signum >J< manus dicti Octaviani Ovicionis et puelle rogato-
rum (») cartule huius. Et predicte puelle per sacramentum iureiurando
confirmaverunt.
Petrus Fraiapane, testis.
Cencius Patius, testis.
Petrus Romani de Micino, testis.
Gerardus lohannis Tiniosi, testis.
Gerardus fiiius Ottonis de Gerardo, testis.
Ego Gregorius iudicis sacri romani imperii scriniarius sicut inveni
in cartola scripta per Falconem scriniarium bone memorie cuius
anima benedicatur, ita scripsi et fideliter exemplavy (b) (r).
XLvr.
1 157, gennaio 31.
Testamento di Adelasia, figlia del «quondam» Cencio
Frangipane, vedova di Ranieri, conte di Cornazzano.
r. [►x^ In] nomine Domini. Anno septimo pontificatus domni In-
nocentiiC'^) secundi pape, indictione .xv.,mensis ianuarii die .xxxi. l:go
quidem Adilascia filia quondam Cinthii Fra 2. [iapanis rejlicta
vidua a Rainerio comite de Cornazzano, intestata decedere nolens,
nuncupativum et sine scriptis testamentum facio. Ne 3. [ta]men
temporum longinquitate aliqua oblivione tradatur, publicis litteris
commendare curavi. In primis filios meos 4
...(<*) heredes instituo, et relinquo eis medietatem mee dotis, vide-
(a) rog (b) Kel lesto exeplavy (e) .\'«/ teslo IN'NOC. (d) La-
cuna nel testo alla fine del rigo } ed al princìpio del rigo 4.
(i) Nel verso di mano del secolo xiii : « [In] caldari de ca-
« minata in Colixeo ».
Tabiilaì'iuìii S. oMariae V^oi'ae 183
lictt quinquaginta libras denariorum papiensium; aliam naiiique me-
dietatem donatione Inter 5. vivos iam donavi. Et obtuli simul et
personam meam et domum meam cum omnibus suis pertinentiis et tria
vinealia in territorio Albancnsi in colle de Seraphia 6. in venerabi-
leni ecclesiam sancte Marie que vocatur Nova, quam donationem nunc
meo ultimo testamento confirmo, sicut in ipsius donationis chartula con
7. [tinejtur. Volo autem et precipio ut si filii mei sine legitimis filiis
hobierint vel si eius filii sine legitimis liberis obierint, et sic semper
ita quod nulla 8. [legijtima proles ex me descendentibus supcrsit,
tunc prefatc quinquaginta libre vel quarta pars castelli Cornazzani
que ex eis empta fuit 9. cum omnibus suis pertinentiis integre
deveniant in prefatam ecclesiam sancte Marie que dicitur Nova. Q.uod
scribendum rogavi lohannem scriniarium in mense et indictione
IO. suprascripta .xv. Signum >J< manus suprascripte Adelasciae filie
quondam Cinthii Fraiapanis huius testamenti rogatricis.
Girardus de Mancino, testis.
Gregorius de Georgio, testis.
Gregorius de Benedicto Cinthii iudicis, testis.
Johannes de Rainerio, frater eius, testis.
Sasso macellarius, testis.
[RJainaldus de Falena, testis.
Giso sutor, testis.
>J< Ego Andreas scriniarius sanctae Romane Ecclesie et sacri Late-
ranensis Falatii, sicut inveni in dictis domni lohannis scriniarii pa-
tris mei, ita scripsi compievi et absolvi (i).
XLVII.
II 39, gennaio 22.
Pietro, figlio del « quondam » Pietro Mancino, vende
a Giovanni, acolito del sacro palazzo Lateranense, ed a
Benedetta sua moglie un casalino posto in Roma nella re-
gione di S. Maria Nova.
I. >x< In nomine Domini. Anno dominicae incarnationis mille-
simo centesimo .xxxviiii., anno nono pontitìcatus domni Innocentii
secundi pape, indictione 2. secunda, mensis ianuarii die .xxii. Ego
(i) Nel verso di mano del secolo xii: <f Testamentum comi-
« tisse de Cornazzano ». Una mano posteriore aggiunse : « de Galera ».
i84 'P. Jedele
quidem Petrus filius quondam Pctri Mancini, consentiente et omni
iuri quod sibi pertinuit renunti (,») 5. ante Tlieodora coniuge mea,
hac dio propria mea vohmtate concedo trado et vendo tibi lolianni
acolito sacri 4. Laterancnsis l'ahuii et Benedictae uxori tuae tuis-
que heredibus ac successoribus et cui diebus vitae meae et omnium
fratrum 5. ac sororum meorum nec non et vita omnium filiorum
meorum et filiorum (b) fratrum ac sororum meorum largir! et conce-
dere volueris. 6. Idest unum modicum casalinum in iiitegrum cum
pariete communi i^) inter te et Gerardum fratrem meum, atque aliis
parietibus suis propriis ante 7. et retro sive ex latere cum hor-
ticello post se, sicut ipsum casalinum retro extenditur cum corticella
ante se usque 8. in viam publicam et omnibus suis pertinentiis.
Positum Romae in regione Sanctae Mariae Xovae in ascensu Palatii:
sub his affinibus, 9. a duobus lateribus tenet ecclesia sancti Lau-
rentii de Mirandi quae est episcopium Sabinense, a tertio latere tenet
Gerardus frater io. nieus. a quarto latere est via publica que
ascendit in Palatium. Qualiter nobis competit iure locationis a pre-
dieta ecclesia 11. sanctae Mariae Novae, taliter predictum casa-
linum ut dictum est tibi vendo et trado prò quatuor solidis et dimi-
dio (<^) denariorum papiensium quos in 12. presentia subscriptorum
testium michi dedisti prò toto pretio valde placabili. Et ab hodierna
itaque die licentiam et 15. potestatem habeas eum intrandi utendi
fruendi possidendi vendendi donandi commutandi et quicquid in vita
mea et fratrum ac so 14. rorum meorum et omnium filiorum
nostrorum placuerit faciendi, et omni anno in Assumptione sanctae
.Mariae unum rotomagense 15. nomine pensionis in prefatam ec-
clesiam quae dicitur Nova persolvatis. Quod si contra hec que dieta
sunt quolibet modo 16. venire («) temptavero, et si opus et necesse
fuerit si ea defendere noluero aut non poterò, tam ego quam mei
heredes componamus 17. tibi tuisque heredibus prò poena supra-
scriptum pretium duplum, et soluta poena hec venditionis chartula
firma permaneat. 18. Quam scribere rogavi lohannem scrinin-
rium sanctae Romanae Ecclesiae in mense et indictione supra-
scripta secunda.
Signum ^ manus suprascripti Petri de Mancino consentiente
Theodora uxore sua huius chartule rogatoris.
Caruslco de Barone, testis.
Sasso de Mancino, testis.
Sasso de Sinibaldo macellario, testis.
(a) Kel testo renti (b) ùVìoram nell' interlineo. (e) com (d) JirTi
{e) venire iw rasura.
Tabnlarium S. oMariae \N^pac 185
Romanus de Bonella, testis.
Sebastianus de lolianne de Basilio, testis.
Nicolaus de Gregorio Casata, testis.
Romanus de lohanne de Labinia, testis.
>5< Ego lohannes scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae compievi et
absolvi (1).
XLVIII.
1 139, novembre 12(2).
« Instrumento di enfiteosi a seconda generazione d'una pezza di
« vigna posta fuori di porta S. Lorenzo a Baccoli, fatto da Niccolò
« arciprete di S. Maria Nuova col consenso di Giovanni prete e
« delli altri chierici a favore di Enrico di Giovanni Mancini ad 4.
« [quartam] reddendum del mosto. Rogato da lohannes scrin. »
XLIX.
1 1 39, decembre 22.
«Instrumento di vendita d'una casa solarata vicina a S. Maria
«Nuova fatto da Gervasio figlio di Giovanni Pilgi a favore di Od-
« done e Cencio Frangipani illustri consoli de Romani, figli a Leone
«Frangipane per 100 soldi den. pap. Rogato da lohannes scrin.»
(i) Nel verso: « Palladii ».
(2) Tolgo il transunto di questa pergamena e delle altre due se-
guenti dall'indice del Rosini, p. io, nn. 4 e 5 ; p. 1 1, n. i. Alla
cortesia del cav. Alessandro Corvisieri debbo la notizia che queste
pergamene, come le altre che furono riportate in parte od in tran-
sunto sotto i numeri ix, X, xi, xii di questo Tabularium, in-
sieme con l'originale della bolla di Alessandro III dell'anno 1161
(cf. voi. XXIII di questo Archìvio, p. 175), furono sottratte al mo-
nastero di S. Maria Nova nel 1862 da tale di cui è bene tacere il
nome. Insieme con le pergamene fu pure sottratto un codice mem-
branaceo del secolo xiv contenente la Bibbia Sacra in testo ebraico.
II codice fu però ricuperato. Cf. R. Archivio di Stato di Roma, Tri-
bunale criminale di Roma, 138 A, Proc. n. 8655.
i86 T. fedele
L.
1140, gennaio 4.
« Instrumento di vendita di due pciticbe di terra senientarioia
« posta fuori di porta S. Giovanni distante otto miglia in circa, vicine
« alla torre di Pietro de Astaldo a Colosseo ed alla strada publica
«quf pergit iuxta rivum qui decurrit ad lacum Domni
« Pape fatto da Porpora vedova di Pietro de Alberico di Leone
« Cece a favore di Niccolò arciprete di S. Maria Nuova e per lui al car-
« dinaie diacono della stessa chiesa, Almerico cancelliere di S. Chiesa,
«per 58 libre di denari pavesi. Rogato da Johannes scriniario ».
LI.
1140, settembre 19.
Col consenso di Aimerico, diacono cardinale di S. Ma-
ria Nova e cancelliere della Sede Apostolica, 1' arciprete
Niccolò loca ad un tal Runcino, per diciannove anni da
rinnovarsi poi sempre, due casalini con una cripta ed un
orto posti presso S. Maria.
I. >p In nomine Domini. Anno dominicae incarnationis millesimo
centesimo .XL , anno undecimo pontificatus domni Innocentii secundi
papae, indictione quarta, 2. mensis scptembris die .xvini. E:c li-
centia et conssensu domni Aimerici venerabilis diaconi cardinalis ve-
nerabilis ecclesie sanctae Dei genitricìs semperque virginis 5. Ma-
riaedominac nostraequae d"citurNova,et .\postolicae Sedis sagacissimi
cancellarli, ego quidem Nicolaus Dei gratia eiusdem ecclesiae 4. ar-
chipresbiter, consenticntibus lohanne et Nicolao atquc alio lohanne
presbiteris ceterisque clericis eiusdem venerabilis ecclesiae,hac die pro-
pria nostra voluntate 5. nomine libelli locamus et concedimus aique
tradimus, tibi cuidam qui vocaris Runcino tuisque heredibus ac suc-
cessoribus in perpetuum in decem 6. et novem annos complendos
et renovandos etomni tempore in alios tantos decem et novem annos
complendos et semper in perpetuum renovandos. 7. Idest unum
casalinum in integrum cum cripta infra se in quo domum solaratam
edificatam habes, cum alio casalino iuxta se et horto 8. post se
Tabiilariiiìii S. oMan'ae 'U^oi'ae 187
et omnibus suis pertinentiis Posituni prope nostrani ecclesiam sub
his affinibus: a primo latere tenet Sasso macellarius et filli Grcgoril
fratris eius, 9 a secundo tenet Nlcolaus filius Nicolai de Silvio
et Morontus, omnes iuris nostre ecclesiae, a tertio tenet dictus Sasso
macellarius et est alia domus nostra io. quam tenuit Bernardus
iuris nostrac ecclesie. Ad tenendum, utendum, fruendum, melioran-
duni et sicut dictum est nomine libelli in perpetuum possidenduni. A
quarto i i. vero latere est via publica. Pro eo quod dedisti nobis
causa ipsius locationis vlginti solidos denariorum papiensium, et omni
anno in Assumptione sancte Mariae 12. duos denarios papiensium
prò pensione nobis et nostrae ecclesie dare debetis et promittitis (^),
scniper tempore renovationis quod est .xviin. annorum, duodecim
denarios papiensium 13. prò innovatione libelli nostre ecclesie
detis. Et non liceat vobis predicta omnia ulli alii pio loco aliquo
modo dare vel concedere 14. nec etiam alicui persone vendere
prius quam nobis nostrisve successoribus insto videlicet pretio minus
duodecim denariis papiensium. Quod si emere noluerimus, dedis
nobis 1 5. duodecim denarios papiensium, et vendendi licentiam ha-
beatis tali tamen persone que nobis placeat sine malitia. Et si inte-
status et 16. sine legitimis liberis decesseris et ipsam domum
quolibet titulo alienatam alicui non habueris, tunc cum omnibus suis
pertinentiis ad nostram ry. deveniad ecclesiam. lUud quoque di-
cimus de eo cui primum eam alienaveris, ut si intestatus et sine le-
gitimis liberis decedat, ante 18. quam eam quolibet titulo alienct,
quod ad nostram similiter deveniat ecclesiam. Ulterius namque hec
condicio in nullum alium postmodum 19. extendatur vel teneat.
Nos autem et nostros successores defensuros hanc locationem vobs
promittimus ab omni homine si necesse fuerit 20. Si qua vero
pars centra fidem huius locationis venire temptaverit, vel si ego Run-
cinus conductor aut mei successores 21. omnia quae dieta sunt
vobis et vestre ecclesie non persolverimus et observaverimus, tunc
det pars infidelis parti fidem servanti 22. prò poena dimidiam
auri libram, et soluta poena hee due chartule uno tenore conscripte
per manum lohannis scriniarii in mense et indictione 23. supra-
scripta quarta secundum earum tenorem firme permaneant. Signum y^
manus suprascripti Runcini huius apparis rogatoris.
Domnus Oddo Fraiapanis, testis.
Carusleo de Barone, testis.
Gerardus de Mancino, testis.
Oliverius de Romano Oliverii, testis.
(a) Kcl testo promittis
i88 T. Jedcle
Guido frater eius, testis.
Petrus de Cencio Cymini, testis.
►•Jh Ego lohannes scriniarius sanctae Romanae Hcclesie compievi et
absolvi (i).
LIL
1141 ? 1142? maggio I (2).
Porpora, vedova di Bovone de Sansetta, loca in per-
petuo a Divizo ed ai suoi eredi una pezza di vigna fuori
della porta Latina col patto che le si dia, dopo i primi due
anni, la quarta del vino.
I. ►x^ In nomine Domini. Anno .xii. pontificatus domni Inno-
cente II pape, indictione .v., 2. mense madio, die .1. Ego quidem
domna Purpura relieta a Bovone de San 3. setta, conseasu filiorum
meorum, hac die propria spontaneaque mea voluntate loco 4. atque
concedo tibi Divizo tuisque etiam heredibus et successoribus in 5. per-
petuum. Idest unam petiam vinee in desertis posita cum introitu et
exitii 6. suo cum vasca et tinis et cum omnibus suis pertiiientiis.
Positam extra portam 7. Latinam Inter hos affines: a primo latere
tenet lohanne («) Granello, a secundo latere 8. Octavianus Cinthii
Petriricii, a tertio Cinthius dello Arco, a .un. 9. vero latere est
via publica. luris nostri domini!. Ad tenendam colendam io fruen-
dam restaurandam bene laborandam et ut d'ctum est in perpetuum
pos II. sidendam, prò eo quod in is primis a duobus annis
nichil nobis reddatis, de 12. inde in antea omni anno reddatis
nobis quartam vini mundi et aquati 15. et unum canistrum de
uvis quod .V. volvat palmos et unum altum 14. atque .1. denarium
vascaticum. Si aurum argentum plumbum aut bonum 15. lapi-
dem quod plus valeat .xii. denariis, ibi invencritis, medietatem W nobis
(a) Nel testo olie (b) m
(i) Nel verso: « Ante nostram ecclesiam ». Dall' indice del Ro-
siNl (p. II, n. 3) appare che esisteva ai suoi tempi nell'archivio una
copia del presente documento.
(2) Noto con un segno di dubbio queste due date che corri-
spondono alle note cronologiche del documento discordanti fra di
loro.
Tabulariiiììi S. £Man'ae V^Quae 189
detis. 16. Si vero oste publico aut celi plaga in desertum icrit, spa-
tio trium 17. annorum eam relevetis, sin autem ad nos rcvertatur.
Preterea non liceat 18. vobis eam alicui ecclesie aliquo modo dare,
nec alii persone prius ven 19. dere quam nobis minus .xxx. dena-
riis papiensium; si sic emere noluerimus detis nobis 20. ibsum
comminns et vendatis tali tamen persone que nobis placeat sine
ma 21. litia, et omnia nobis alimpleat et persolvat. Si qua vero
pars con 22. tra fidem huius locationis venire temptaverit W,
vel si ego (b) 23. conductor omnia que dieta sunt non observa-
vero, componamus 24. vobis prò poena .11. auri uncias, et soluta
poena ec tamen chartula 25. stabilis et firma permaneat. Signum fj-t
manus supradicti Divizi huius abparis rogatoris
Johannes Rubeus, testis.
Johannes lohannis Massarelli, tcsiis.
Guilielmus, testis.
Benedictus de M'Ivia, testis.
Filippus (0 testis.
Ego Paulus saacte Romane Ecclesie scriniarius compievi et
absolvi (i).
LUI.
1 141, maggio 27.
Locazione perpetua di due pezze di pastino fuori della
porta Latina fatta dai fratelli Alessandro e Corvo a Od-
done di Niccolò di Giovanni « de Pipa » ed a Pietro di
Cencio.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo quadrigesimo primo, pontificatus vero dompni Innocenti! se-
cundi pape anno .xii., indictione 2. quarta, mense madii, die .xxvii.
Nos quidem Alexander et Corvus fratres W filli quondam Gregorii
Romani de Corvo, hac die propria et spontanea nostra 3. voluntate
locamus et secundum subscribtum tenorem concedimus vobis Oddoni
(a) Nel testo tepmtaverit (b) Dopo la parola ego è nel testo la prima
sillaba della parola locator cancellata. (e) Dopo pp della parola Filippus
vi e un e cancellato. (J) Nel testo fres
(i) Nel verso, di mano contemporanea: «Cartula de vinea extra
« portam Latinam ».
190 'P. Jcdclc
Nicolai lohannis >.ic Pipa adque Petro de Cencio vestrisquc herc-
dibus vel successoribus in perpctuum. Idest 4. duas pctias pa-
stini noviter ex isto anno pastinatas cuni duabus vascis ciini introi-
tibus et exitibus suis W et cuni omnibus suis usibus et utlitatibiis et
cum omnibus suis pertinentiis. 5. Positas foris portam Latinam
inter hos affines: ab uno iatere tenent heredes lonathc de Tito, ab
alio tenet Petrus de Mancino, a terlio nos tenemus, 6. et a quarto
est via publica. luris nostri dominii. Ad tenendum colendum pro-
paginandum cultandum bene laborandum et ad bonam vineam per-
ducendum. Pro qua 7. denique locatione none nobis dedistis so-
lidos sex papiensium denariorum, et de bine ad expletos sex annos
nichil nobis reddatis, deinde vero in antea omni anno in tempore
8. vindemic quartam partem de toto vino niundo et aquato quod
exinde liabueritis nobis nostrisque heredibus vel successoribus in per-
petuum reddatis, et unum canistrum uvis 9. per petiam vol-
vens in circuitu palmos quinque, allum vero uno summisso. Iteni si
aurum argentum ferrum es plumbum vel aliquod metallum io. seu
petram ultra duodecim denarios valentem (b) ibi inveneriiis, medieta-
tem nobis deti>, altera vestra sit. Preterea si vinea ipsa per hostem
rcgis II. incisa vel celesti plaga deleta fuerit, indutiam liabeatis
trium annorum ad eam relevandam ; quod si eam relevare nolue-
riiis ad nos 12. revert.Uur. Et si neglegentiam Iaborandi (<=) in uno
anno in ipsa vinea miserit's, et in sequenti anno eam non restaura-
veritis, 15. ad nos revertatur. Itemque si quandoque eam vendere
voluerìtis, nobis vendatis insto pretio comminus denariorum papien-
sium viginti quattuor per peliam; 14. quod si nos emere nolue-
rimus, vendatis cum nostro consensu tali persone que nobis placeat
sine malitia, et que omnia que vos 15. debetis, nobis adimpleat
et persolvat, et tunc ipsum comminus nobis detis, excepta ecclesia
cui nullo modo eam detis vel relinquatis. 16. Nos igitur cum
heredibus nostris defendamus eam vobis ab omni homine si opus
et necesse fuerit, et vos omnia que dieta sunt, nobis adimpleatis
et 17. persolvatis. Si qua vero pars contra tenorem huius loca-
tionis venire temptaverit, componat alteri parti prò poena tres auri
uncias, 18. et soluta poena hec cartula maneat firma. Q.uam
scribere rogavimus lohannem scriniarium sancte Romane Ecclesie,
in mense 19. et indictione suprascripta .1111. Signum tj( manus
supradicti Alexandri et Corvi huius cartule rogatorum.
ȓ< Petrus cambiator, testis.
(a) suis neW interlineo. (b) \>\k (c) Et si neglegentiam labo su
rasura.
Tabu lai'! lini S. oMariae V^oi^ae 191
tj< Deusteguardi aurifex, testis.
tj< Stcphanus de Ceco, testis.
>J< Rainerius Romani de Meta, testis.
>^ Johannes Rusticelli, testis.
*~i Angelus de Bonitatulo, testis.
>J< Ego Enricus Oddonis sancte Romane Ecclesie scriniarius sicut
inveni in cartula scribta per manus lohanni scrin'arii Abundis W ita
scribsi et exemplavi (b) (i).
LIV.
1142, marzo 14.
Locazione di una vigna posta nel territorio d' Albano
« in capite Laurenzani loco qui vocatur Moniano », fatta
dal priore di S. Maria Nova ai fratelli Niccolò, Giovanni
e Donadei ed ai loro figli e nepoti, obbligandosi essi a
dare ogni anno la quarta parte del vino e delle frutta.
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo .XLii., anno xin. pontificatus dompni Innocenti! secondi
pape, indictione 2. quinta, mensis martii die .xiiii. Ego quidem
Rainerius prior venerabilis ecclesiae beate Marie Novae, consentienti-
bus 3. lohanne presbitero et Paulo subdiacono ceterisque fratribus,
hac die propria nostra voluntate locamus et concedimus vobis Ni-
colao 4. et lohanni atque Donadei (0 filiis Retri vaccarii, et om-
nibus filiis ac nepotibus vestris legitimis tantum. Idest unam petiam
vinee 5. et plus cum vasca et omnibus suis pertinentiis. Positam
territorio Albanensein capite Laurenzani loco qui vocatur 6. Mo-
niano, sub his affinibus: a primo latere tenet ecclesia sancti Bene-
dicti de Caccabariis, a secundo latere tenet 7. Seniorictus de Li-
tolfo, a tertio latere tenet Rainina, a quarto est via publica carraria.
8. luris nostrae ecclesiae. Ad tenendam colendam meliorandam et
sicut dictum est tantum possidendam, et omni anno quartam 9. par-
tem vini mundi et aquati et medietatem de fructibus arborum nunc
(a) undis su rasura. (b) extmpla su rasura. Segue poi una rasura di
circa quindici lettere. (e) Dona su rasura.
(i) Nel verso: «De vineis extra portam Lat'nam ». Mano
del sec. xiii.
192 T. fedele
ibi siantium et de illis quas io. ibi ullevaveritis quartam parteni
nobis reddatis, etsuperiste nostro et bestie eius detis manduca 1 1. re
et bibere sicut mos est agricolorum Albnnensium et aliis superistis
Romanoruni. Et si vinca 12. ipsa per hostcni vel irritiim aut celi
plagam retroierit et per trium annorum spatium vestra ncglegcntia
15. non fuerit relevata fructibus piena, ad nostrani revertatur eccle-
siam. Et non liceat vobis ulli 14. alii pio loco aliquo modo dare
vel concedere nec etiam alicui personae vendere prius quani nobis
I). insto videlicet pretio minus sicut in locationae facta de vinea
lohannis Casei contìnetur ; 16. quod si emere noluerimus, detIs
nobis ipsum comminus, et vendatis tali personae que nobis pla-
ceat 17. sine malitia. Mortuis vobis et omnibus vestris legitimis
tìliis ac nepotibus, pretata vinea prout fu 18. erit meliorata sine
mora ad nostram(») revertatur ecclesiam. Nos autem et nostros suc-
cessores defensuros eam vobis promittimus ab omni homine si ne-
cesseC») fuerit. Si 19. qua vero pars centra (idem huius locationis
venire temptaverit aut si nos conductores 20. aut nostri heredes
vel successores omnia que dieta sunt et vestrae ecclesiae non per-
solverimus et 21. observaverimus, tunc det pars infidclis parti
(idem servanti prò pena viginti solidos denariorum papiensium, 22. et
soluta pena hee duae chartulae uno tenore rogate a lohanne scri-
nìarioin mense et indictione suprascripta quin 25. ta, secundum (<:)
earum tenorem firme permaneant. Signum y~i manuum suprascripto-
rum scilicet Nicolao et lohanne atque Gregorio liuius apparis roga-
torum.
Sasso de Mancino, testis.
Marmannus, testis.
Benedictus qui et Moronto, testis.
Ego Petrus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae sicut inveni in
dictis lohannis scriniarii ex precepto suo ita compievi et scripsi (i).
(a) nra nel testo. (b) defensuros - iiecesse nelV interlineo. (e) Nel
testo secunda
(1) Nel verso, di mano del tempo: « de Albano .1111. denari! » ;
di mano posteriore: «de Albano vinea ».
Tabiilariuìii S. zMaraie ZS^opae 193
LV.
1 142, ciecembre 26 (i).
Amato Castelluzzo, col consenso dell'arciprete di S. Gio-
vanni a porta Latina, vende a Giovanni di Lione « de Cer-
ee raccla )> i suoi diritti su di una pezza di vigna posta « in
« monte Albini ».
I. In nomine Domini. Anno dominice incarnationis millesimo
centesimo .xlui., anno .xiii. pontifìcatus dompni Innocentii secondi
pape, in 2. dictione sexta, mensis decembris die .xxvi. Ego qui-
dem Amatus Castelluzzo consentiente domno Cencio archipresbi-
tero 5. ecclesiae sancti lohannis ante portani Latinam, hac die
propria mea voluntate do cedo trado et vendo tibi lohanni 4. Leo-
nis de Cerraccla tuisque heredibus ac successoribus in perpetuum.
Idest squatratani petiam vince cum intro 5. itu et exitu suo et
omnibus suis pertinentiis, positam in monte Albini sub his affinibus:
a primo latere tenent 6. heredes lohannis Peponis, a secundo la-
tere est rivus, a tertio latere tenet Petrus Varzone, iuris nostrae ec-
clesiae, 7. a quarto latere est via publica. Pro eo quod dedisti nobis
novem solidos denariorum papiensium, et omni anno quar 8. tam
partem vini mundi et aquati predicte ecclesiae reddatis, et superiste
suo detis 9. manducare et bibere secundum quod prò vobis ibi
habueritis, et omnia secundum ipsius lo io. cationis tenorem
adinpleatis. Quod si contra hec que dieta sunt quolibet 11. modo
venire temptaverimus, et si opus et necesse fuerit, si eani defendere
noluerimus 12, aut non potuerimus, tam nos quam nostri heredes
componamus vobis et vestris heredibus ac 13. successoribus prò
pena suprascriptum pretium duplum, et soluta pena hec chartula
firma permaneat. 14. Quam scribendam rogavi lohannem seri-
niarium sanctae Romanae Ecclesiae in mense et indictione 1 5. su-
prascripta sexta. Signum ^ manus suprascripti Amati Castelluzzi
huius chartulae rogatoris.
Romanus de Recelle, testis.
Nicolaus lohannis de Rosa, testis.
(i) L'anno 1143 segnato nel protocollo del documento va in-
teso secondo il computo degli anni bicurnalionis vulgares.
Archivio della R. Società romana di storia p.Uria. Voi. XXIV. 13
194 '^' J^'-^*-'^^
Petrus Castellanus. testis.
Romanus de V'iscelIoC»), testis.
Johannes de Presbitero, testis.
Petrus de dompno lohanne, testis-
Ego Petrus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae sicut invcni
in dictis lohannis scriniarii ex ipsius precepto ita scripsi compievi et
absolvi (i).
LVI.
1 145. settembre 20.
Oddone, figlio del « quondam Sassonis lohannis Albe-
« rici a Colosseo » vende alla chiesa di S. Maria Nova
una pezza di vigna fuori della porta di S. Giovanni, nel
luooo chiamato: « Prata Decii ».
I. y~{ In nomine Domini. Anno dominicae incarnationis mil-
lesimo centesimo .xlv., anno primo pontificatus domni Eugenii tertii
pape, indictione nona, niensis septembris die .XX. 2. Ego quidem
Oddo filius quondam Sassonis lohannis Alberici a Colosseo, hac
die propria spontaneaqiie mca voluntate concedo et ve[ndo ajtque
corporaliter 5. investiens ad veram proprietatem publice trado,
(a) O luscello?
(i) Nel verso, di mano contemporanea: « Johannes Leonis de
« Cerraccla archipresbiter de ecclesia sancii lohannis ante portam
« Latinam accepi a te Johannes de Leo prò pensione .1. denarium
«per indictionem .xn. » ; e d'altra mano: « Similiter Petrus diaco-
« nus per indictionem .xiii. ; similiter per indictionem .xiiu. Ego Pe-
« trus [diaconus similiter] accepi per indictionem .xiiiii. (?) ».
Ed un' altra annotazione dice: « Hec est cartula de vinea in monte
<f Albini quam dedit nobis cum duabus aliis Scorta de lohanne de
« Leo que habitat in foce Maynis, cum duabus aliis prò .1111. solidis
« papiensium. lusta istam vincam est alia vinea nostra quam tenet
« nunc lohannes Tiburtinus».
Di questo atto si conserva anche l'altra copia « uno tenore con-
« scripta », dove appare come autore dell'atto quello che nella prima
era il destinatario. Si ha difatti nel!' escaiocollo; « Signum >~< manus
« suprascripti domni Rainerii prioris huius chartulae rogatoris».
Tabularium S. oMariac V^ovae 195
tibi dompno Rainerio venerabili priori et rectori venerabilis ecclesiae
beatae Dei genitricis semperque vir 4. ginis Mari? dominae no-
strae quae dicitur Nova, ceterisque fratribiis ibidem regulariter Deo
famulantibus et per vos eidem venerabili ecclesiae eiusque servito-
ribus ini perpetuum. 5. Idest unam petiaiu vlneae in integrum
cum versulariisW suis et tertia pane de vasca quam communem
habeo cum Sassone et Petro de Mancino cum introitu et exitu 6. suo
et omnibus suis pertinentiis. Positam extra portam sancii lohannis loco
qui vocatur Prata Decii, sub bis affinibus: a primo latere tenet ve-
nerabilis basilica beati Laurentii de 7. Palatio Lateranensi, a se-
cando predictus Petrus de Mancino, a tertio heredes Damiani de
Gombizzo, a quarto latere (b) 8. Qualiter michi
competit hereditario iure sive quolibet modo, taliter predictam vi-
neam ut dictum est tibi vendo et trado prò tribus libris et (<=) sex so-
lidis denariorum papiensium g. quas michi dedisti prò toto pretio
valde placabili, ex quibus etiam reddidi tres libras clericis sancti
Gregorii a Ponte ludeorum qui eandem vineam ex io. longo tem-
pore a patre meo ohligatam detinebant. Et ab hodierna itaque die
licentiam et potestatem habeatis eam intrandi utendi ii.fruendi
possidendi vendendi locandi permutandi et quicquid in usum et uti-
litatem prefatae vestrae ecclesiae placuerit faciendi, ad veram pro-
prietatem 12. im perpetuum. Et quoniam instrumentum ipsius
proprietatis vobis dare acqueo prò aliis possessionibus quae in eo pa-
riter continentur (J), promitto vobis ut si aliquo 13. tempore ad
vestram defensionem opus fuerit quod eum vobis gratis tribuemus,
et ipsam vineam ab omni homine si necesse fuerit defendemus.
14. Quod si contra hec quae dieta sunt quolibet modo venire tem-
ptavero, et si opus et necesse fuerit, si ea defendere noluero aut non
potuero, tam ego quam mei heredes 15. componamus tibi tuisque
successoribus prò poena suprascriptum pretium duplum, et soluta
poena hec venditionis chartula perpetuo firma permaneat. Quam
scribere rogavi lohannem (e) 16. scriniarium sanctae Romanae Ec-
clesiae in mense et indictione suprascripta .vini. Signum y^ manus
suprascripti Oddonis de Sassonae lohannis Alberici venditoris et huius
chartulae rogatoris.
Sasso de Mancino, testis.
(a) vers, (b) Lacuna nel testo di circa venti lettere. (e) Dopo et è
nel testo dim cancellato. (d) Nel testo quae in eo " continentur " pariter
(e) Qui e nella e 0 m p l e ti 0 il nome dello scrittore è rappresentato da un mo-
nodramma.
1^6 T. fedele - Tabiilarium ecc.
Sassolinus filiiis eius, tcstis.
Johannes lie Tento, testis.
Angelus de Alamanna, testis.
Stefanus de Imiliola, testis.
y^ Ego lohannes scriniarius sanctae Romanac Ecclesiae compievi et
absolvi (i).
P. Fedeliì.
(i) Nel verso, di mano contemporanea: « Cartula de vinea in
« pratis Decii » ; di mano posteriore : « Cartula de vinea de prata
i< Decii ».
Le croìiiche di Viterbo
SCRITTE DA FRATE FRANCESCO D'ANDREA
I.
gf?
^ ox questa nuova stampa della cronaca di frate
Francesco d'Andrea, intendo di porgere un aiuto
a chi si voglia accìngere ad uno studio intorno
ai cronisti viterbesi del secolo xv, per prepararne un'edi-
zione la quale ci mostri più schietta e sincera l'effige dei
loro diari, finora a noi presentata come riflessa in specchi
difettosi (i). Gli annali del nostro frate in ispecial modo
(i) La cronaca viterbese e quella italiana di Nicola della Tuc-
cia, parte di quella di luzzo, parte dei ricordi di casa Sacchi, si
trovano riunite nel volume di Ignazio Ciampi, Cronache e statuti della
città di Viterbo, in Docnnieiiti di storia italiana, pubblicati a cura della
R. Deputazione di storia patria per la Toscana, le Marche e l'Um-
bria, voi. V, Firenze, Cellini, 1872. È la migliore edizione; certo
superiore a quella precedentemente fatta da F. Orioli della cronaca
italiana di Nicola [Cronaca dei principali fatti d' Italia dall' a. J41/
al 146S pìihhl. per la prima volta da un vis. di Montefiascone nel Gior-
nale Arcadico, Roma a. 1852] e a quella posteriore della cronaca
viterbese, curata da F. Cristofori, [Le croniche di Anijllolto viterbese
dall' a. ii6c) continuale da \icola di Nicola della Tuccia sino alV a. 147^,
nel giornale II Buonarroti, serie iii, III e IV, a. i889-i!^'9i] ; ma pure
assolutamente insufficiente, perchè basata sul ms. Montefiasconese
che risale al sec. xvii ex. se non al xviii in. macchiato di contami-
nazioni non lievi (indicherò qui solo quella della comparsa dei
198 T. Egidi
ebbero avversa la fortuna : pochissimo curati dai con-
temporanei e dagli studiosi dei secoli scorsi, tanto che
ci furono tramandati in unico esemplare (per quanto a
me consta), trovarono nel nostro o chi li studiò e li diede
alla luce solo parzialmente, o chi non si peritò di presen-
tarli in forma a tal punto scorretta da renderli assoluta-
mente inservibili.
Xe diede la prima notizia Francesco Orioli or fa mezzo
secolo (i) ^ ^^^^ notizia fece seguire a breve distanza l'edi-
zione di quella parte che riguarda l'assedio sostenuto dalla
città contro Federico II (2): un quarto di tutta la cronaca,
ma senza dubbio la parte più interessante. Il testo, se non
di gran perfezione, è almeno sufficiente: l'Orioli vi attese
già quasi settantenne, e se talora gli occhi del vecchio
studioso, indeboliti dall' indefesso lavoro cui erano costretti
da tenace volontà, rimasero ingannati, si può ben perdo-
nare. L' età, la malferma salute, le fatiche dell' insegna-
mento, le preoccupazioni per gli avvenimenti politici non
lasciarono all' illustre viterbese che scarsi ritagli di tempo
da impiegare nelle investigazioni della storia cittadina, nelle
quali, come in ogni altro suo studio, come in ogni altra
cosa, gli mancò l'unità, la continuità che sono date dalla
severa costanza della vita e del metodo. Fu egli piuttosto
un geniale dilettante, che un vero scienziato; pure a lui
demoni, ed. Ciampi, p. 35, e quella dei miracoli dei mammolini,
p. 56) e perchè condotta col confronto di soli otto codici; mentre
si sarebbe dovuto fare scelta migliore nel Riccardiano 1941, del
sec. xv-xvi, senza confronto più corretto e purgato, ma che dal
Ciampi forse fu conosciuto solo per mezzo della collazione fatta
dall' Orioli con la copia tratta dal Montefiasconese per darla alle
stampe, e mentre sono tanto più numerosi gli esemplari sparsi negli
archivi e nelle biblioteche.
(i) Buìldtino Archeologico, Roma, 1850, p. 52.
(2) La guerra di Federico II contro Viterbo in GioniaU Arcadico
di scienie, lettere ed arti, Roma, 1850, CXX-CXXI. Sono le ce. 12 a,
r. 6 - 22 B, r. 21 de! ms.
Le croniche di Viterbo 199
ed a lui solo si deve, se alla fine, dopo secoli di vaneggia-
menti, la storiografia paesana si liberò dalla sciocca mania di
cercar nelle tenebre glorie f;ivolose, e fu ricondotta ad attin-
gere a fonti non inquinate. Con l'opera copiosa, sebbene
frammentaria, indicò la via, illuminando più e più oscuri
momenti con la scintillante vivacità del suo ingei^no cor-
redato di cultura larga e variata (i). Però di questa non
si valse per accompagnare di adatte illustrazioni il racconto
del frate: si accontentò di farlo precedere dalla relazione
dell'assedio stesa da un testimonio oculare (2) e di met-
terle a fronte il racconto datoci dall'altro cronista viterbese
Nicola della Tuccia.
Una metà circa della nostra cronaca trovò posto,
l'anno 1868, nel quarto volume delle FonUs rerum Gcrma-
ìiicariiììi, per cura dell' Hùber, secondo la trascrizione fatta
dal Ficker. Essa comprende tutta la parte diciotto anni
prima edita dall'Orioli (della cui edizione né il Ficker né
r Hùber ebbero notizia) preceduta dalle notizie più antiche
e seguita dalle poche altre che la conducono sino al 1 254 (3).
L'edizione è buona, non però quanto ci darebbero diritto
a sperare il nome di chi la curò, e l'autorità della raccolta
in CUI fu inserita: essa è talora macchiata di errori non
facilmente evitabili da uno straniero che si trovi di fronte
ad uno scritto come il nostro, ripieno di elementi ver-
nacoli (4).
(i) Si può vedere 1' elenco de' suoi scritti di storia viterbese
in Savignoni, L'archivio Storico del comune di Viterbo, pubblicato in
questo Archivio, XVIII sgg. p. 241 dell'estratto, cui mi riferisco d'ora
innanzi.
(2) Cod. Palat. della bibl. Vaticana n. 955.
(5) Fontes rerum Germanicarum, Geschichlsquellen Denlschìandì,
4 voli. Stuttgart, 1843 -1868; IV, 686 sgg. Ne diede annunzio il
Reumoxt ntW Archivio storico italiano, ser. iii, XII, par. I, p. 202;
tra le pubblicazioni di Germania riguardanti la storia d' Italia.
(4) Ecco le varianti introdotte nel testo delle prime pagine del-
l'edizione (r. IO di p. 686, pp. 687-88): «Ricordi antiqui». Ricordi
2 00 'V. Fi; idi
A queste edizioni assai pregevoli, sebbene parziali, tenne
dietro dopo venti anni una che pretese di darci il testo tutto
intiero e con la massima fedeltà: la curò il cav. Francesco
Cristofbri e vide la luce wtW Archivio storico per ìe Marche
e per r Umbria (^i). Disgraziatamente l'opera riusci immen-
samente inferiore alle intenzioni, anzi, lo si può dire senza
tema d'errare, e con esse in perfetta e completa antitesi.
Lasciamo da parte la mancanza assoluta o quasi di illu-
strazioni, anche dove si rendono necessarie e facili per gli
errori grossolani del cronista, illustrazioni tanto più agevoli
a Francesco Cristofori, che da decenni si occupava di studi
viterbesi, dei quali ha dato saggi numerosi ed eruditi, per
quanto informi e disordinati (2); lasciamo da parte le ar-
bitrarie modificazioni della grafia e della interpunzione,
sebbene giustamente censurabili in chi, come lui, credeva
avere per le mani un originale; lasciamo da parte la non-
curanza che gli ha permesso di accingersi al lavoro senza
leggere neppure le poche parole dall' Hùber premesse al
brano pubblicato, tanto da fargli dubitare che questo fosse
tratto da altro codice e non dall' Angelicano (3) ; ma come
di antiqui; « l' archa », harcba ; « secondo n, provò (però in nota : « dieses
« wort ist mehr als unsicher »); « Curclia », Eiirdia; « in populi », i
popiili; a rilevato », riteiriito; «andare in campagnia » (campagna),
andare in compagnia; « bactisimo », haclismo; « ferno li una chiesa
« la quale hoggi si chiama S. Maria delia Cella, poi ferno un' altra
« chiesa fore del castello nella strada romana, la quale hoggi si
«chiama S. Pietro de l'olmo», ferno l'i un'altra chiesa la quale ho;;.;i
si chiama S. Pietro del Colmo; «Arrigo», Augusto; « paupcrem de
<f ceno », pauperem ceno.
(i) Cronaca inedita di frate Francesco di Andrea da Viterbo, dei
Minori, trascritta dal tns. originale del sec. XV della hibl. Angelica di
Roma, Foligno, Salvati, 1888, voi. IV di detto Archivio, pp. 261-538.
(2) Vedine l'elenco in SAvrcNONi, op. cit. p. 259 e il giudizio
ivi a p. 55.
(5) e D'onde l'Hùber trasse il brano di questa Cronaca che
« stampò fra i Monumenti della storia Germanica noi dice »; Cri-
stofori, op. cit. p. 262. Senza notare la confusione tra i Monumenta
Le croniche di Viterbo
201
scusare gli strani e continui mutamenti di forma delle pa-
role e specie dei nomi di persona o di luogo, in modo
da renderli irriconoscibili ; come 1' omissione di frasi, di
intere proposizioni, talvolta assolutamente necessarie per
cavare qualsiasi senso; come la disinvolta preterizione di
quattro intere pa^^ine del manoscritto ? Che la mia non sia
esagerazione, eccone qualche prova:
[Ediz. Cristofori p. 270, r. 20]
Hercule... edificò li un bel
castello de Herculc.
[Cr. p. 271, r. 21]
e ferno assai torri per difendersi
da' Romani, secondo dice uno
valente.. .
[Cr. p. 272, r. 15]
per lo comandamento del con-
suli.
[Cr. p. 273, r. 21]
dopo la morte del dicto Felice
figliolo de Federico Barbaroscia,
[Ms. e. I B, r. 21]
Hercule... edificò li un bel
castello al quale non volse
mutare nome, si non ch'el
fé chiamare el castello de
Hercule.
[Ms. e. 2 A, r. 26]
da Romani t r a 1 e q u a 1 i e i f u -
rono assai cettadini de
Tivoli in quel tempo ne-
mici de Romani secondo di-
ce...
[Ms. e. 2 B, r. 26]
per lo comandamento del con-
sulo con volontà de tutto
el popui o.
[Ms. e. 4 A, r. 18]
dopo la morte del dicto Felice
fu electo imperadore lo
dicto Enrico fisfliolo...
Gennaniae historìca e le Fontes citate, si badi che la prefazione del-
l'Hùber comincia: «In Rom Bibl. Angelica B.7.25 befindet sich
« eine bis zum Jahre 1450 reichende aus verschiedenen alteren Chro-
« nichen compilirte Chronik von Viterbo».
Il Cristofori non lesse nemmeno la notizia data di questa edizione
dal Reumont (v. p. 199, nota 3), poiché la dice eruditisiima recensione ;
mentre ecco le parole del Reumont: « Croniche di Viterbo 1080-
« 1254, porzione di cronica viterbese che giunge sino al 1450, ma rac-
« coglie in se scritture molto più antiche, di maggiore importanza
«per gli anni 1245-47 ». Neppure una parola di più!
202
'P. Egidi
[Cr. p. jSo, r. 29]
fu elccto imperatore ci dicto Bi-
tervo chiamalo in latino Uetus
Vtrbiini et ciisi poi da lui sono
discesi l'altri imperatori di Co-
stantinopoli chiamati della casa
de Paleologo.
[Ms. e. 8 A, r. 15]
fu electo imperatore el dicto Vi-
terbo, chiamato in latino Vetus
Verbum e in greco el chia-
mavano P a 1 i o 1 o e o , che
tanto viene addire Palo-
loco, quanto in latino ve-
tus verbum e cusì de lui
sono discesi l'altri . . .
[Cr. p. 280, r. 38]
... socto el Castel d'Hercule ad
guerregiar con le genti...
[Cr. p. 184, r. 4]
. . . tutti li cavalieri de Roma allo
Jmperadore Federigo . . .
[Ms. e. 8 A, r. 24]
. . . el Castel d' Hercule e conti-
nuamente uscivano fu ore
ad guerregiare. ..
[^Ms. e. IO A, r. I$l
. . . tutti li cavalieri de Roma, e t
200 cavalieri senesi, et in
quello anno li Viterbesi
mandarono .xii. ambascia-
tori allo imperadore Federico...
[Cr. p. 28S, r. 19]
. . . i quali non ci volsero dar
niente. Nel dicto anno li Viter-
besi cavalcamo in quel de Cor-
neto.
[Ms. e. \o B, r. 30]
. . . dar niente ;nel dicto anno
li Viterbesi distrussero Vi-
glianello e Raniianu. Nel
dicto anno li Viterbesi cavalca-
rono . . .
[Cr. p. J95, r. 23]
Anno Domini 124V Fue pote-
stà de Viterbo Fabo de Bono-
gna ... et cosi fue facto (i).
[Ms. e. 18 A, r. Il]
... Fubo de Bologna e ordinò
che le misure di m u 1 i n a r i
fussero facti di rameecusi
fu facto.
[Cr. p. 295. r. 28]
il papa... coniise in vice sua in
Roma Mons.re Ranieri Card. le in
[Ms. e. 18 ^, r. lé]
...comise in vice sua in Roma
m e s s e r R i e a r d o d ' .\ n e o n a
(i) Anche i puntini sono nell'edizione.
Le croniche di Viterbo
203
Toscana ed Ducato de Spoleto
et la Marcha d'Ancona.
[Cr. p. 296, r. 30]
lacobo da Morrò anche se ne
fuggì e andò per Puglia.
cardinale e commise in
vice sua in Campagnia
ni esser Raniero diachene
e in Toscana e ducato di
Spoleti e la Marella d' A n -
e o n a .
[Ms. e. 18 B, r. 17]
e lacobo da Morrò anche si ne
fugì e andò ad Roma, e lo
imperatore adunò grande
exercito e andò per ra-
q u i s ta r e Puglia.
[Ms. e. 20 B, r. 14]
et mandarno uno messo ad
niesserM. et all'altri che
erano in Palenzana che
devessero venire al de-
cto ponte ad parlare con
loro, allora el decto Ma.
la. con tutti quelli di Pa-
lenzana vennero al decto loco.
Basti ormai, sebbene non siamo alla metà della cronaca
(nell' ediz. Cristofori mancano ancora ima quarantina di
pagine) e sebbene questa parte fosse molto più facile a ben
pubblicare dopo le buone edizioni dell'Orioli e dell' Hùber.
Né è da credere che anche nei fogli che ho scorsi, si tro-
vino soltanto le omissioni qui segnate, che per amor di
brevità- quelle ho scelte che mi parvero di maggiore im-
portanza. Sono poi senza numero le parole malamente tra-
scritte o corrette ad arbitrio, le date errate, i nomi alterati (i).
[Cr. p. joo, r. 6]
niandorno uno mastro ad mes-
ser Alexandro et altri che erano
in Palentiana, vennero al dicto
loco.
(i) Eccone alcuni esempi : Trusco diviene Tusco - Presola, Fie-
sola - Parti, Partegn - Ianni, Vanni - Viterbo, BiUrvo - Mavente,
BinnenU - Bragaiolo, Bragaiisolo - Azalitio, Aialitio - iudice, sindico -
Cavelli, Cavalli - Tadeo conte di Tollerano, Sancle conte di Val-
Urano - Parangano, PalanTfina - Campuvaro, Carnpaonano - de Qui-
leia, de Guihia - obtinuisset, ohninluisset - Federigo, Fedingo - 1196,
204 ^' Egidi
Ben si comprende che molti e molti di tali errori non
siano da segnare a carico dell' editore, ma del tipografo
da cni fu malamente servito; gran parte però delle mende
si sarebbe potuto evitare con una più attenta e ripetuta
correzione delle prove di stampa, che dubito sia stata fatta
con cura (i). Forse in ciò il Cristofori si è valso dell'opera
di altri, che non seppe far quel che doveva, e ne tradì la
fiducia ; non saprei in altro modo spiegarmi il valore ne-
gativo della pubblicazione.
Come scusare però la omissione del Lamento di Goti-
fredo e di Lancillotto, che nel manoscritto occupa quasi
quattro pagine, e cioè dalla linea ottava della carta dodi-
cesima (jeri^o) alla ventiquattresim.i della carta quattordi-
cesima? Come comprenderla, dopo che l'avevano edito e
l'Orioli e l'Hùber e il Waitz? (2) come scusarla mentre è
uno dei pochi tratti rimastici della cronaca originale e
perciò importantissimo? Mi perdoni l'egregio editore, se
mi si affaccia il dubbio che egli il manoscritto lo abbia
veduto solo quel tanto che basta a descriverlo esternamente,
come ben h, e che si sia valso per la sua pubblicazione
di una copia qualunque capitatagli in mano, e forse di
quella del canonico Ceccotti, ora conservata nell'archivio
Comunale viterbese, in cui appunto quel valentuomo, che
la ^ece per suo uso privato senz' alcuna idea di renderla
pubblica, non trascrisse il Lamento suddetto (da lui certo
conosciuto nell'edizione dell'Orioli), e poco curò l'esat-
tezza formale, pago della sostanziale.
jic)S - 60CO, óoonn - 1 170 e i 172, injo e ioj2 - i (5 J, 14J) - IIII, j -
XXVI, 2) - Vini, 5 - XIII, 2] Sic. Di più le ultime due righe della
p. 270 debbono esser portate alla fine della precedente.
(i) II Cristofori .1 p. 267 della prefazione dice di aver talora
collazionate le prove di stampa col manoscritto stesso : mi si per-
metta di dire che c'è ragione di dubitarne.
(2) L' Orioli e 1' HDber nei luoghi citati, il Va: rz nei Monumenta
Germaniae historica, ed. in fol. Script. XXII, 374-75.
Le croniche di ì^itcrbo 205
Aggiungete. Il cronista all'anno 1281 accenna ad una
sconfitta patita da' nobili di Viterbo per opera di Pietro
della Valle, ma non si dilunga nella narrazione; la inter-
rompe e dice: c< ne farò mentione in questo ad carte 41 ».
Inflitti la riprende alcuni togli dopo, sotto l'anno 1394(1).
Nella copia del Ceccotti a p. 35 in questo punto sta scritto:
«ne farò mentione in questo ad carte 54», e difatti a
pp. 54, )$, ^6 si trova il racconto accennato. Il Cristofori
pubblica: « fiirò mentione ad carte 54 » e, subito dopo,
senza affatto accennare la restituzione cronologica, fa se-
guire le pp. 54, 55 e 5(3 della copia Ceccotti per riprendere
poi la narrazione interrotta a p. 35 della stessa (2).
Aggiungete ancora. Nel ms., dopo la carta 24 verso,
è avvenuta una trasposizione. La materia contenuta dalla
e. 25 A alla 28 B inclusive, deve essere ripristinata dopo la
e. 32 B, mentre il racconto di e. 24 continua da e. 29 a a
e. 32 B. Il Ceccotti a p. 37 della sua copia corrispondente
a e. 24 B del ms. notava in margine: « seguita a pp. 44,
«45, 4^, 47, 48, 49, 50, 51 linea prima. Poi ripiglia
«qui alle parole: Ancho nel detto anno &c. » e a p. 5 r
ripeteva la nota. Il Cristofori invece restituisce l'ordine sto-
rico del testo, ma non si ferma ad accennarlo (3). Ed anzi
nella restituzione non è felice, perchè le prime sei righe
della e. 23 le dispone dopo la e. 32 b e poi fa seguire le
ce. 25-28 b (pp. 44-51 della copia Ceccotti), attribuendo
cosi all'anno 1378, quello che invece è dal cronista rife-
rito al 139 1 (4). Non mi intratterrò più a lungo intorno
(i) C. 25 B, r. 24 il primo accenno; a e. 55 A, r. 3 sgg. sta la
narrazione della rotta. Nella copia Ceccotti a p. 55 sotto il numero 54
sta il n. II : è il n. 41 del ms. letto malamente.
(2) P. 305.
(3) P. 310. Facilmente egli credette l' inversione opera del Cec-
cotti.
(4) Sono le rr. 11 -16 della p. 317 e dovrebbero trovarsi invece
tra la r. 20 e la 21 di p. 324.
2o6 T>. Egidi
a questi! disgraziata edizione, dopo avere però notato che
le ultime pagine sono un poco meno infedeli.
Il ms. Angelicano avrebbe potuto essere di grande uti-
lità al Ciampi nella preparazione del suo volume di cro-
nache e statuti viterbesi (i); però, esaminatolo rapidamente
e visto che nelle notizie del secolo xv era meno copioso
di Nicola della Tuccia, egli credette di poterlo trascu-
rare (2), sebbene avesse notato la straordinaria somiglianza
col testo che stava studiando; come credette di poter tra-
scurare anche l'edizione dell' Hùber, che non conobbe se
non di fama pel cenno datone dal Reumont, e che pensò
ricavata o da altri manoscritti del della Tuccia, o in por-
zione dai copiosi brani da lui precedentemente pubbli-
cati (5). Che se egli vi avesse guardato dentro con occhio
più attento e sagace, certo vi avrebbe veduto cose che
forse gli avrebbero suggerito non lievi modifiche al suo
lavoro; che non gli sarebbero sfuggiti i legami anormali
e secreti che intimamente collegano l'opera del frate con
quella del mercante, né avrebbe mancato di fare le osser-
vazioni, le quali hanno dato il primo impulso e furono la
precipua ragione della presente ristampa.
II.
Difatto (4) la cronaca del frate non deve essere presa
e considerata da sé sola; bisogna sottoporla ad attenta di-
(i) Op. cit.
(2) Ciampi, op. cit. p, xxxv. Veramente egli dice di non aver
potuto valersene, con tutta la buona intenzione che ne aveva ; ma
la intenzione non doveva aver tanto di tenacia, quanto di bontà,
poiché egli dimorava in Roma e 1' accesso all' Angelica non gli era
certo difficile.
(}) Prefazione, p. xxxi.
(4) Le osservazioni seguenti sono qui esposte in succinto per
averne io trattato in uno scritto intorno alle Relazioni dcJh croniche
Le croniche di Viterbo 20
/
samina raffrontandola alle altre cronache viterbesi e allora
si vedrà che uscendo dall' umile posto finora assegnatole,
per la scarsezza delle note riguardanti i suoi tempi, essa
viene di buon dritto ad occupare il primo per la fedeltà
verso le fonti, e forse s' ha da riconoscere in lei il canale
per cui a quelle tacitamente si attinse.
Trattando in questo stesso periodico della leggenda ac-
colta nelle cronache viterbesi intorno alla origine dei Pa-
leologi (i), nutro fiducia di esser riuscito a dimostrare
come gli annalisti del secolo xv, frate Francesco, Nicola
della Tuccia, Giovanni di luzzo, dicano a torto di avere
tratto le notizie anteriori al 1254 da un libretto di carta
pecorina, di bella lettera antica, cominciato di propria mano
da un orefice di Mterbo, chiamato Lanzillotto, intorno
al 1244 e continuato sino al 1254; mentre il testo che
essi ci tramandano, presenta contaminazioni che potevano
entrarvi solo dopo la metà del secolo seguente. D' altra
parte la ripetuta asserzione che fan tutti i cronisti del xv,
di aver avuto sotto gli occhi proprio l'autografo dell'ore-
fice (2), non permette di ritenere, come dapprima n'ebbi
il pensiero, che la contaminazione fosse opera del medico
Girolamo o di Cola di Covelluzzo (fonti dei quattrocentisti
dall'anno 1252 sino agli avvenimenti contemporanei), si
che la cronaca del Dugento pervenisse a questi incorporata
a quelle del Trecento. Si deve quindi pensare ad un testo
contaminato dopo la metà del secolo xiv, il quale dalla
terna dei cronografi del secolo xv fu preso e adoperato come
viterbesi del secolo xv tra di loro e con le fonti, il quale avrebbe do-
vuto veder la luce già da parecchio tempo, e che, per cause da me
indipendenti, apparirà solo di qui a qualche mese.
(i) XXII, S39-))8, a. 1900.
(2) Fr. Francesco, c. 22 b, rr. :ì sgg., e. 16 b, rr. 1 1 sgg. ;
N. DELLA TuccL\, p. 24. Non essendo completa la stampa del testo
di Francesco, per le citazioni mi varrò della numerazione delle carte
del ms. la quale sarà indicata in margine della nostra edizione.
2o8 T. E nidi
l'originale di Lanzillotto. Ma se ci si addentra un po' più
nella questione, ci si para innanzi una difficoltà di non
lieve momento. A detta del nostro frate Francesco, il suo
esemplare non si restringeva a note di storia viterbese,
ma diceva in latino « d'altre cose che di Viterbo annua-
« tim )) (i). Ora se e Nicola e luzzo e Francesco attin-
sero tutti a questi annali d'indole generale, come mai nella
scelta delle notizie non presentano alcun divario ? e se
l'esemplare era latino, come ne trassero tutti e tre, cia-
scuno per suo conto, un' unica narrazione in tutti e tre
identica, il più delle volte, fino alla lettera? Poiché, come
poco sopra ho accennato, i divari presentati dalle tre re-
dazioni sono tanto poco numerosi e di cosi lieve im-
portanza che non mette il conto qui di soffermarcisi (2);
all' infuori di uno, il quale invece mi pare di gran ri-
lievo e che forse ci indicherà la via per giungere a for-
mulare un' adeguata risposta ai quesiti propostici. Dopo
narrato che Federico II nell'anno 1242 aveva fatto co-
struire in Viterbo « una terribile prescione, della quale li
« Viterbesi la temivano assai » (3), il nostro frate fa se-
guire un lungo brano latino che chiama « lo lamento di
c< Gottifredo e di Lanzillotto » nel quale per quattro pagine
si rimproverano acremente i Viterbesi di non amare la
patria, anzi badare solo a disfarla, avendo regalato l'altare
viareccio che li assicurava della vittoria, non avendo saputo
approfittare della venuta dell' imperatore Barbarossa, né di
quella del marchese Marcovaldo, né di quelle di Ottone
e di Federico II; e si finisce con una vera lamentazione
sui dolori e sui danni che soffre la città (4). Orbene Nicola
della Tuccia (il confronto con luzzo è meno agevole, per
la pochezza dei brani che ne abbiamo a stampa) invece
(i) C. 22 u, r. 16.
(2) Si vedano nelle note che accompagnano il testo.
(3) C. 12 B, r. 5.
(4) Da e. 12 B, r. 8 a tutta la e. i j a.
Le croniche di Viterbo 209
di riportare tutto insieme il lamento e in latino, lo spezza,
ne ripartisce i brandelli a mano a mano che il racconto lo
conduce a trattare degli avvenimenti cui le querimonie
si riferiscono_, lo converte ncU' idioma volgare, solo con-
servando in latino l'ultima parte (quella cui il frate inti-
tola « de fortuna Viterbii ») e qua e là qualche proposi-
zione (i). Ma se i vari brani si riunissero, si troverebbe
ricomposto il Lamento, salvo l'omissione di alcuni pochi
periodi. Di fronte a tal fatto vien naturale domandarsi se
l'aspetto dell'esemplare cui guardarono i due cronisti, ci
sia riprodotto più fedelmente dal frate o dal mercante; e
naturale viene anche la risposta; poiché mi pare quasi
assurdo il pensiero di una ricostituzione paziente del cen-
tone latino per opera del frate. Sicché non mi sembrerebbe
ardito ritenere che, al testo compilato su quello di Lan-
zillotto nella seconda metà del secolo xiv, rimanesse più
fedele degli altri il nostro Francesco.
Che se si passi ad esaminare la parte delle cronache
quattrocentiste che vien di seguito narrando dall'anno 1255
all' inizio del secolo xv, e cioè l' ulama desunta da fonti
scritte, ci si presentano il medesimo fenomeno e le mede-
sime domande in forma anche più inesplicabile. Si giudichi.
Per quel periodo Nicola della Tuccia designa come fonte
gli scritti di Cola di Covelluzzo « vantagiato spetiale » (2);
Giovanni di luzzo, quelli del detto Cola e quelli di « uno
« valentomo dottore di medicina, lo quale si appellò ma-
« stro Gironimo )) (3); Francesco, quelli di Cola e di Gi-
ronimo e « d'altri cittadini che in ciò si dilettavano » (4}.
Ebbene, con tanta varietà di fonti la identità dei racconti
(i) Ciampi, op. cit. pp. 6, 9, io, sotto gli anni 1170, 1193. Si
noti come a p. 20 il Ciampi, nel riportare un brano di Lamento di
luzzo, lo creda differente da quello di Nicola, mentre è la stessa cosa.
(2) Ciampi, op. cit. p. 44.
(5) Ivi, p. 51, nota 5.
(4) C. 22 B, r. 22 sgg.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 14
210 T. Egidi
che ci ha colpito nelle pagine precedenti non solo si con-
serva, ma diventa quasi anche maggiore; sebbene il frate
ci dica anche qui di non aver concordato delle fonti « tutte
« loro scripture che dicano anno per anno », ma solo aver
scritto quelle che gli « parevano più degne ad farne men-
« tione » (i). I divari che si riscontrano sono in numero
minimo e per valore assolutamente insignificanti, soprat-
tutto se si consideri che il testo del Ciampi fu cavato da
un codice del secolo xvii avanzato se non del xviii(2), men-
tre quello di Francesco è in uno del x\' ex. o xvi in. Quindi
anche qui mi par naturale che si debba pensare ad un con-
cordatore e compendiatore delle cronache del xiv, da cui
dipendano i racconti a noi conservati. E venuti in questo
pensiero, se si ricordi che frate Francesco è quello che
più fedelmente si attenne all'esemplare che gli porgeva la
narrazione di Lanzillotto; se si ricordi che egli dice espli-
citaiìiente di aver dato la sua opera al paziente lavoro di
tarsia (3); non potrebbe sorgere l'ipotesi che una tal fa-
tica sia stata da lui fatta non solo a proprio beneficio, ma
anche a quello dei due suoi colleghi? che insomma il
compendio suo sia passato per le mani di Nicola e di
luzzo.'' La cosa potrebbe sembrare probabile, ma non en-
trare nel campo della certezza, se fosse impossibile ad-
durne in sostegno altre osservazioni e altri più validi ar-
gomenti.
Dall'anno 1394 frate Francesco fa cominciare la parte
originale del suo racconto con queste parole: « Hora seri-
ci vero per l'avvenire le cose comò sonno passate in Vi-
ci terbo da questo sopradicto dì in poi [.. maggio 1394]
(i ) C. 22 B, r. 28.
il) L' Orioli lo disse « di forse due secoli fa » ; Giornale Ar-
cadico, CXXV, 300; il Ciampi non si esprime mai chiaramente.
(5) Una traccia se ne potrebbe trovare nelle ripetizioni in cui
cade talora (ce. 33 b, 34B) e nell'anormale posto occupato dalla nar-
razione della cacciata dei gentiluomini del 1281 (ce. 23 u e 3; a).
Le croniche di Viterbo 211
« secondo mi disse uno bono et antico cittadino di Viterbo,
« chiamato Paulo de Perella, clie si trovò et vidde lui
« r entrascritte cose in fine ad questo dì .x. de luglio 1455.
« El dicto Paulo era d'età di anni 87 et più» (i). Le in-
formazioni di questo vecchio non sono per verità né molto
copiose né tampoco esatte ed ordinate: solo allorché nei
fatti egli ha qualche parte, come nella concordia tra Bo-
nifazio IX e Giovanni di Vico, per la quale egli che dal
Prefetto era stato sbandito perchè a chiesiastro » potè rien-
trare in città (2), e come nelle imprese del capitano di
ventura viterbese Pietro Paulo detto il Braca, del quale il
Perella aveva seguito la fortuna nelle guerre del reame di
Napoli, ed aveva acquistata la fiducia, tanto da esser
mandato a tenere in suo nome corte bandita nella sua casa
a Viterbo (3); solo allora i ricordi del vecchio prendono
colore ed interesse, altrimenti divengono pallidi e scarsi e
lasciano trascorrere perfino un periodo di sette anni (140(3-
141 3) senza pur una notizia. Che se per gli anni 141 3
e 141 4 queste abbondano qualche poco, ritornano subito
dopo così scarse^ saltuarie, confuse ed errate da perdere
quasi ogni interesse sino alla fine della cronaca (4).
Nicola e luzzo danno alle fonti del Trecento una esten-
sione maggiore; poiché il primo se ne dice sussidiato sino
al 140^(5), e il secondo sino al 1404 ((j); dopo di al-
lora affermano di esporre i propri ricordi. Orbene, anche
se non si voglia badare che Nicola nel 140^ era appena
nel sesto anno di età e luzzo non gli era di certo assai
(i) C. 36 A, r. 18 sgg.
(2) C. 36 B, r. 2.
(3) C. 38A, r. 27.
(4) Le notizie dal 1420-1450 occupano appena due pagine e
mezzo del ms. ce. 41 a-b.
(s) Ciampi, op. cit. p. 47.
(6) Ivi, p. 49, nota I. Si noti che luzzo fa questa dichiara-
zione dopo aver accennato a fatti del 141 3.
212 ^. Egidi
maggiore, come spiegare clie i ricordi del vecchio Perella
combinassero non solo nella sostanza, ma nell'ordine, ne-
gli errori e fin nelle parole con quelli dei due fixnciulli ?
Finanche le particolareggiate e in gran parte iperboliche
narrazioni ispirate al Perella dall' affetto nutrito verso il
Braca, il glorioso capitano di ventura sotto i cui ordini
aveva servito e di cui aveva goduto la confidenza, son
riferite alla lettera e da luzzo e dal della Tuccia. A che più
dilungarmi? Tutto quanto dal frate è narrato sino al 1424,
con alcune correzioni cronologiche e qualche lieve aggiunta,
vien ripetuto serenamente dagli altri due. Di li in poi le
narrazioni di costoro prendono un' ampiezza ed un interesse
tale cui neppur da lontano segue quella del nostro; però,
chi guardi con attenzione, scorgerà in mezzo alle copiose
onde del fiume il filo d' acqua della fonte disprezzata e
nascosta. O io m' inganno a partito o da questo fatto
ci vien dato la chiave dell'enigma che ci ha accompa-
gnato fin dalle prime osservazioni. Il giuoco è fatto
chiaro: Nicola e luzzo non conobbero Lanzillotto nò i
cronisti del Trecento, se non per il tramite di frate Fran-
cesco d' Andrea, del quale s' appropriarono 1' opera senza
riguardo, disprezzandola perchè cosi misera nel racconto
degli avvenimenti contemporanei. Essi pensarono forse che
giammai si sarebbe fatta la luce sulla bassa sopcrchieria ;
ma per fortuna una copia dello scritto disprezzato potè
giungere fino a noi, bastante a smascherarli e preziosa,
perchè ci dà il testo più attendibile e più vicino alle fonti
originarie. A Francesco si deve l'opera di compendio degli
scritti di Lanzillotto, disgraziatamente a lui pervenuti in
una redazione della seconda metà del secolo xiv, macchiata
di più interpolazioni che egli non seppe o non volle espun-
gere, credendo d' aver sott' occhio l'autografo dell'orefice;
a lui la concordanza e il compendio dei cronisti del Tre-
cento; a lui le memorie del primo quarto del Quattrocento.
Pertanto la presente edizione si prefigge lo scopo di porre
Le croniclic di Mterbo 213
il caposaldo al quale possa affidarsi chi voglia intrapren-
dere lo studio del testo definitivo delle cronache viterbesi ;
poiché in nessun modo e per nessuna parte può ritenersi
come tale quello stabilito dal Ciampi.
III.
Fosse noncuranza, fosse umiltà o fosse che nella vita
uniforme e monotona del chiostro nulla gli apparisse me-
ritevole di memoria, certo è che il nostro frate non parla
mai di sé. A mala pena tre volte è dato di incontrarci
nel nome suo; una nel proemio, 1' altra quando ci vuol
hr conoscere che dal libro di Lanzillotto trae le ampie
notizie suir assedio di Federico II, la terza quando 1' aiuto
dell'orafo gli viene a mancare; ma anche quelle volte il
crudo nome « frate Francesco d' Andrea di Viterbo » e
nuli' altro (i). Per incidente quando racconta che nel 140(3
Innocenzo VII fuggi a Viterbo dopo la ribellione di Roma,
gli QSCQ di bocca: « et io lo viddi « (2). Anche per inci-
dente veniamo a sapere che ai io di luglio del 1455 egli
ascoltava i racconti del vecchio Paolo di Perella, e che aveva
compito il noioso lavoro di concordare e compendiare gli
annali de' suoi predecessori (3). Resta difficile pertanto
stabilire anche congetturalmente quando egU possa esser
nato e quando morto, tanto più che le ricerche archivi-
stiche non ci possono recare alcun aiuto, essendo an-
date disperse la massima parte delle carte che si dovevano
conservare negli antichi monasteri viterbesi (4). Però, chi
osservi l'aspetto dell'ultima parte della sua cronaca, simile
più ad una frettolosa serie di appunti gettati giù alla rin-
(i) C. I A, r. i; e. 16 B, rr. 11 sgg. ; e. 22 B, rr. 14 sgg.
(2) C. 37 A, r. 28.
(3) C. 36 A, r. 18 sgg.
(4) Cf. Savigxoni, op. cit. p. 26.
214
T. Esrìdi
fusa, che ad uno scritto ordinato ed organico, non parrA
ardito il pensiero che 1' opera sua venisse troncata improv-
visamente a poca distanza da quel giorno di luglio del '55,
in cui cominciava a fermar sulla carta i ricordi dell'amico
quasi nonagenario. Poiché, in caso contrario, è cosa proba-
bile che egli si sarebbe adoperato a liberare il suo lavoro
delle inutili ripetizioni, delle confusioni e degli errori gros-
solani, che anche solo una superficiale lettura gli avrebbe
fatto balzar agli occhi. Chi potrebbe dire però, se dell'in-
terruzione si debba dar colpa alla morte o ad altro ? Inutile
lanciare ipotesi campate in aria: solo il fatto che nel 1406
egli era in età da ricordare quello che vide, ci può in-
durre a ritenerlo nato nello scorcio del secolo xiv, e
quindi a credere probabile la sua morte non molto lontana
dal 1455. In tal caso nulla avrebbe egli comune con quel
frate Francesco d' Andrea da Viterbo dei Minori osservanti,
che nel 1469 spinse i Viterbesi alla istituzione del Monte
di Pietà(i), e tanto meno con l'altro dello stesso nome e pur
viterbese, ma della religione di san Domenico, che nel 1485
in S. Maria Novella di Firenze predicava intorno alla va-
nagloria (2). Una guida per giungere a saperne qualche
cosa, sarebbe stato la conoscenza della religione cui ap-
partenne, ma anche questo ci fa difetto, per quanto il
Cristofori senz' altro lo dica « de' Minori » (3). L' Orioli
lo ritenne Agostiniano; ma, sebbene la cronaca si trovi in
una biblioteca di quest'Ordine, chi potrebbe assicurarcene?
Meglio lasciare il nostro Francesco nell' ombra di che vo-
lontanamente s' avvolse.
(i) Ciampi, op. cit. p. xxiv, nota.
(2) MoRPL'RGO, Cuiaìi:;^o dei mss dilla hibl. Riccardiaiui di Fi-
renze, pp. 324-26, Cod. (1186 C, ce. 71 U-72A) prcd. n. XXIV.
(j) Cronaca inedita di fials Francesco de Minori &.c.
I.c croniche di Viterbo 21
IV.
Il ms. Angelicano è segnato: Fondo antico - 194 (B . 7 .
23) (i). Cartaceo, in 4", delle dimensioni m. o.233Xo-'f53 j
le pagine sono: 0,18 per 0,12 e contengono da 25 a 30 ri-
ghe; le lettere alte 0,003, ^^ iniziali 0,007. La calligrafia
è corsiva umanistica, le iniziali talvolta rosse, h. composto
di cinque fascicoli, i primi di quattro fogli ciascuno, l'ul-
timo di sei. Nel verso del battente stanno le due segna-
ture di catalogo, seguono una carta di guardia bianca e poi
41 carte numerate in tempo a noi vicinissimo (2), le quali
contengono la cronaca; restano da ultimo altre tre bian-
che; la legatura può risalire alla metà del secolo xix. Il ms.
probabilmente appartiene allo scorcio del secolo xv (3),
in nessun modo certo potrebbe esser riferito ad età più
tarda del primo quarto del xvi. La scrittura è chiara e
di facile lettura, solo talvolta v' è qualche incertezza nelle
sigle, specialmente delle vocali finali, usando lo scrittore
le stesse per indicare e ed i (4). Il Cristofori credette
che esso fosse originale (5) ; V Hùber lo dice : « tutto di
(i) Al tempo della trascrizione del Ficker aveva solo la segna-
tura in parentesi; il Cristofori, p. 261, sbaglia perfino in questo,
dicendo il codice segnato: 7 . (VII) . B . 23.
(2) Infatti nel 1853, quando trascrisse il Ficker, non lo erano
ancora. Cf. Huber, op. cit. prefaz. p. xlix.
(5) L' Hùber ne tace; il Ciampi (p. xxxv) conviene con me;
il catalogo dell' Angelica lo dice del xvi in. La filigrana della carta
ha la forma di una bilancia simile alla 4^ varietà indicata dal Briq.uet,
Les papiers des archives de Géiies et kitrs filìgranes in Atti della Soc. lig.
di st. patr, XLX, 330 e fig. 24 e assegnata all'a. 1404. La bilancia a
piatti tondi e piccoli, come la nostra, fu in uso a Fabriano del 1575-
1560, specialmente nei tempi più antichi; ibidem.
(4) Cf. HiJBER, op. cit. prefaz. ultime parole.
(5) Prefaz. p. 266.
2\6 T. Bifidi
« una medesima mano di un copista colle correzioni se-
« condo un manoscritto » (i). H certo la ragione sta dalla
parte dell' Hùber. Invero, oltre le correzioni numerosis-
sime marginali ed interlineari, tutte di altra mano, seb-
bene coeva, parecchie e più gravi cause mi spingono a
crederlo una copia
Spesso a brevissima distanza uno stesso nome di per-
sona o di luogo è scritto diversamente. Cosi una stessa
torre è detta a e. io, r. 26 « Beccala » ; a e. 11 b, r. 27
« Beceta », e negli stessi luoghi il proprietario di essa
torre è detto una volta « Bartolomeo di Ponzo », 1' altra
«di Panza». Nelle ce. io, 11, 12 ripetutamente si trova
un solo nome in tre forme, « Cocco, Coccio, Coccho »;
a e. 54 B « Gran, Gian, lan todesco », e cosi in mille
altri siti. Nella e. 23 b, come altrove accennammo, s' in-
terrompe la narrazione della rotta dei gentiluomini di Vi-
terbo per opera di Pietro della Valle (1281) e si rimanda
a carta 41 per il seguito; invece esso si trova a carta '^^.
Anzi qui stesso si dice di continuare ciò che si era in-
cominciato a dire a carta 28, mentre, come vedemmo,
r inizio del racconto si trova a carta 25. E da questo
luogo ci è porto un altro validissimo argomento. L'autore
avendo terminato a e. ^^ coU'anno 1394 la narrazione
derivata da maestro Girolamo e da Cola di Covelluzzo,
prima di passare ai ricordi orali del Perella e ai suoi propri,
vuol adempiere alla promessa fatta sotto l'anno 1281 (e. 23)
e scrive : « Per cascione io non ho facta mentione d' una
« grande rissa che fu facta in Viterbo nel anni di Dio 1281,
« come comenza in questo volume a foli 28, la quale qui
« presso stendarò partitamentc; nel tempo di papa Mar-
« tino quarto, el quale fu facto in Viterbo, nota che es-
ce sendo Viterbo ricco et di grande stato, come dice nel
« dicto foglio, di bello et grande contado, et molti gentili
(i) Loc. cit.
Le croniche dì Viterbo 217
« hoQiini &c. ». Ora il correttore non comprendendo come
la frase « io non ho facta mentione », dipendesse da « per
e cascione », la cancellò (sotto la cancellatura chiarissima
si legye) e la pose invece dopo le parole: a el quale fu
« facto in \'iterbo », facendo acquistare in tal modo al
periodo il senso che ognuno può da sé vedere. Tal cor-
rezione, che e della solita mano, non avrebbe potuto ve-
nire in mente per alcun modo all'autore, come difficil-
mente, anche per il loro valore intrinseco, si potrebbero
a lui riferire la maggior parte delle variazioni introdotte
nel tosto dal revisore. Per lo più si tratta di copule (« et,
«che», specialmente) delle quali spesso non si sentirebbe
alcun bisogno.
Se la copia Angelicana venga direttamente dall' auto-
grafo, mi pare quasi impossibile stabilirlo: però, qualora
si ponga mente che 1' amore di fedeltà non permise all' a-
manuense la restituzione dell'ordine, neppure quando l'au-
tore gliela suggeriva, inclinerei a crederlo, o almeno a
ritenere che di questa copia ci si possa servire con grande
fiducia.
Il canonico Luca Ceccotti trascrisse, come fu detto, il
nostro codice; e la sua copia, discretamente fedele, è con-
servata fra le sue carte nell'archivio Comunale di Viterbo;
però anche in essa manca il Lamento di Lancillotto.
Delle varie edizioni fecero uso come fonte, oltre gli
studiosi locali (i), specialmente il Winkelmann ne' suoi
lavori sopra Federico II e il Valois nella storia del grande
scisma d' Occidente (2).
(i) Cf. Pinzi nella sua Storia di Viterbo, voi. II, Roma, Camera
dei deputati, 1889; voi. Ili, Viterbo, Agnesotti, 1899.
(2) Winkelmann, Kaiser Friedrich II, Leipzig, Duncker und
Humhlot, 1889; Kaiser Friedrichs II Kampf tini Viterbo nella Miscel-
lanea in onore di G. Waitz, Hannover, 1886; Valois, Le grande
schisine et la France, cont. 1° e 2° voi., Paris.
2iS T. Lìm'di'
V.
Le norme seguite nell.i stampa del testo, sono quelle
determinate dall'Istituto Storico Italiano. Si restituirono le
maiuscole ai nomi propri di persona o di luogo e agli
inizi dei periodi, si soppressero in ogni caso non consono
alla nostra presente ortografia; si rappresentarono con due
segni la ii consonante e la n vocale, tanto più che l'uso
ne appariva promiscuo ed incerto; si modificò l'interpun-
zione assimilandola all'uso moderno, solo quando risultasse
necessario alla migliore intelligenza del testo; si conservò
la grafia del manoscritto, ovvero, quando in casi speciali
si credette opportuno di recarvi modificazioni, se ne diede
avviso nelle note; delle variazioni introdotte nel testo dal
correttore si indicarono tutte quelle che non erano sfornite
di qualche valore. Non parve opportuno di abbondar troppo
di illustrazioni ; per lo più ci si accontentò di rimandi bi-
bliografici, di correzioni cronologiche e di fatto, di iden-
tificazioni personali, di note topografiche: tutto con voluta
sobrietà. Solo parve dover usare maggior larghezza, allora
che la storia viterbese diventava d' interesse generale, spe-
cialmente nel periodo svevo; e si credette necessario di
indicare le discrepanze che col nostro presentano i rac-
conti di Nicola della Tuccia e di luzzo sino all'anno 1424,
senza tener conto, s' intende, di quelle sintattiche o gra-
fiche, a meno che non si trattasse di nomi di persona o
di luogo.
i\r auguro che le mie poche fiuiche possano riuscire
di qualche utilità agli studiosi e ridonare all'opera del frate
quella considerazione che merita, vincendo la f:italità che
pare 1' abbia perseguitata.
Roma, 26 aprile 1901.
Pietro Ecidi.
T^c cronic/ie di Viterbo 219
LE CRONICHE DE VITERBO
Qui in questo volume io frate Francesco di Andrea de (i) la città
de Viterbo, scriverò alcuni ricordi antiqui, trovati in certi libri et
memoriale de antiqui authori e di Viterbesi delli quali farò mentione
in breve parole, della novità de Viterbo e de altri lochi scripti del
dicto paese de Viterbo. Et comenzaremo ad lafet, uno delli figlioli
de Noè, el quale partendosi da li soi fratelli, dalle montagne di Ar-
menia ove si posò l'archa nel diluvio, e pigliando la via verso Europa
nostra, primamente arrivò in Inghilterra, e lì vi edificò Loudres e
Camellot et altre città, le quale poi mutarno suoi nomi. Poi le gente
di lui descesero, e vennero stendendosi per Io paese intorno. Ultima-
mente arrivorno in Italia, facendo città e castella, dove più li dilectava.
Tra questi descendenti di lafet, venne uno barone chiamato Co-
rinto, con una sua moglie, chiamata Electra, bella e saggia; haviva
costui uno grande tesoro e homini saggi con lui, et cossi gionse in
quello paese, dove è hoggi Fiorenza, e li vi edificò una città chia-
mata Presola Corinta, cioè Corinta per lo suo nome, e Fresola per
che fu sola di qua (2).
Trusco, fratello di Corinto predicto, pigliò terreno verso Arezzo,
e fé' una città con molti altari, perchè lui fu prete e re secondo
(i) Per questa parola vedasi l'osservazione fatta a p. 215. Il
frate adopera promiscuamente di e de ; più spesso però scrive cf . che
io risolvo sempre con de. per analogia con c% = che e con le parole
polisillabe Jvesse, Jctero, Silo , Jlla ; solo sciolgo Jcto in dicto perchè
questa forma è a dismisura in prevalenza allorché la parola è scritta
per intero. La stessa incertezza è in 5', si o se che io sciolgo, pure per
analogia alle forme integre, in se. Incerta è pure la finale Ij = ti e te;
ordinariamente la risolvo in te, finale spesso adoperata anche ora
in vernacolo pel plurale.
(2) Secondo Fazio degli Uberti {Dittamondo, III, 7), Fiesole
fu fondata da Atlante :
Fiesola nominolla perchè sola
Prima si vide per queste contrade,
e già prima la stessa spiegazione aveva data G. Villani, Storie, I, 7.
220 'P. Egidi
la legge de gintili, e fella ad honore di tutti li loro dei, e poseli
nome la Città Toscana; poi fu chiamata Eurelia, poi fu dieta Arezzo,
cioè città de molti altari,
e. I n Un altro barone chiamato Sutro, parente di Corinto, fece || un'al-
tra città per lui dieta Sutro, e poi Saturno la fé' migliore.
Un altro barone parente di Corinto, chiamato Italon, con uno
suo fratello, chiamato laseo, capitando nel Patrimonio nel dicto paese
de Viterbo, per li molti acasamenti che vi stavano, si chiamava el
Cayro della Grecia grande, ferono dui città, l'una chiamata Sorena
presso al BuUicame di Viterbo, e un'altra chiamata Civita Mu-
serna (i), e altri palazzi e casamenti nel dicto paese; poi edifi-
corno in Campagna molte città e castella, et allagorsi (2) assai in
Italia; per lo quale Italia fu poi nominata, come ancora si chiama.
Hora le diete due città, Sorena e Muserna, muhiplicarno assai in
populi, e in spacio di tempo guerreggiaro insieme in modo che si
dcsferno l'una e l'altra tra loro da li fondamente.
In quel tempo capitò nel dicto paese uno valente homo, chia-
mato Hercule, figliolo de Amphitrione e di Almena di Grecia, dn
poi che hebbe morto lo re Girione de Spagna; e vedendo el bel paese,
e le terre disfatte senza habitatìone di genti, e tutto el paese disolato,
per la pietà che li venne, edificò li uno bel castello, al quale non
volse mutare nome, si non che'l fé' chiamare el castello di Hercule, e
per lo amor che lui li portava, li donò per insegna e per arme el
lione, imperhò lui sempre el portava adesso uno corio de leone, per
uno che ne uccise per sua vigoria. Poi se n'andò ad quel loco dove
(i) Dei Sorrinensi abbiamo notizia nel Liher colonìantm e nelle
iscrizioni 3010, 5012 del voi. XI, par. i, del C. J. L. edito dal Bormann ;
li troviamo poi coll'aggiunta di « Novenses » nelle iscrizioni 3009,"30i4.
« Surrena Nova » fu dal Mariani {De Ethruriae metr. &c. p. 429, n. 566)
posta a Soriano, dall' Orioli {Viterbo e il suo territorio, p. 6 sg.) sul
colledi Riello, trasportando sul colle del Duomo la vecchia Surrena.
Il Bormann (op. cit. p. 454) non sa decidersi, solo ritiene siano
da identificare i « Sorrinenscs » coi Subertani che Plinio (X, 3, 52)
pone in Etruria e Tolomeo (III, i, 43) tra i Votrinii e i Ferentesi,
di cui parla anche Livio (XXVI, 23, 5 ad a. 543). Il Ciampi (Croii.
e stat. p. 277) ed il Pinzi (Si. di Vit. I, 8) ne parlano fugacemente
accettando l'opinione dell'Orioli. Anche di Muserna cercò 1' Orioli
il sito (op. cit. in Giorn. Arcad. CLXIII, 113) nel « Mons Arminii » ;
ma è una semplice congettura.
(2) Che sia « allargorsi » ?
Le croìiicìic di Viterbo 221
ó hoggi Roma e li uccise Cacco nel monte Aventino, e fc' la città
Valeria ove è Capidoglio (i).
Era el ciicto castello de Hercule (2) grande e bello, posto tra e. 2 a
doi valloni et rilevato in uno poggio, con ripe dintorno, et haviva uno
bel borgo, per lo quale albergavano tutti quelli che volevano andare in
campagnia, et cusì se mantenne in prosperità in sino che Roma fu
edificata; et dapoi che (3) Christo incarnò nella vergine Maria, havendo
li terrazani pigliato la fede del bactisimo, ferno lì una chiesa la quale
hoggi si cliiaraa Sancta Maria della Celia, poi ferno un'altra chiesa
fore del castello, nella strada romana, la quale hoggi si chiama San-
cto Pietro de l'Olmo.
Essendo Roma grande e magna, cercamo li Romani sottomettere
dicto castello, e non possendolo bavere, li ferno una bastia in quello
loco, ove hoggi sta la chiesa de Sancto Sixto (4).
Anno Domini 1080. Fu facta la chiesa di Sancta Maria Nova de
Viterbo (5), presso al borgo della pieve de Sancto Piero; e durò
(i) Di questa venuta parla anche il primo dei mitografi editi dnl
ìMai {Classkor. auct. Ili, n. 54) e ne favoleggia Annio (Quaest. XXIX).
Un' altra tradizione, avvalorata da un frammento d' iscrizione che si
narra ivi scoperto nel xvi secolo, dice che sul colle del Duomo
fosse un tempio di Ercole, sul quale sarebbe stato fabbricato il ca-
stello di S. Lorenzo.
(2) Sul castello che sin dall'ottavo secolo cominciò a chiamarsi
Viterbo e sul luogo sottostante vedi il bel capitolo della topografia di
Viterbo del Pinzi (Ospiti medioevuli e l'Osp. Grandi di Vilerbo, Viterbo,
1893, p. 2) sg.) che insieme col cap. vii sono quel che di meglio
si scrisse finora della topografia viterbese e riempiono la lacuna che
appariva cosi patente nel voi. I della Storia di Vii. del medesimo
autore. Su le chiese di S. Maria della Celia e di S. Pietro dell'Olmo
V. pure Pinzi, OspiTJ inedioevaìi cit. p. 26, nota 5, e p. 29, nota i, e
Ciampi, p. 279 sg.
(3) « et dapoi che » su rasura.
(4) Il Ciampi (p. 279) crede questa bastia probabilmente del tempo
delle guerre tra Enrico IV e Gregorio VII, tenendo Viterbo per questo
e per Matilde di Canossa. Il Pinzi, e più ragionevolmente a me pare,
la ritiene un fortilizio innalzato da quei del vico Quinzano, situato
appunto presso S. Sisto, per loro difesa (Ospiii tnedioevali &.c. p. 51 sg.
e note).
(5) Su questa chiesa vedi la monografia del dott. Tito Ecidi
nella Rosa, Slrmna viterbese per V anno iSS), p. 50. V. pure Pinzi,
Storia di Vit. I, 98 sg. e note; Ospiti viedioevali &c. p. 58 sg. L'Orioli
222 y. Egi<.ii
la Jicta bastia, in sino ad uno tempo clic Arezzo fu scarcato lia
Romani col braccio dello imperadorc Arrigo terzo nell'anni Do-
mini 1084 ; per la qual cosa li Arezini che facevano continuamente
guerra ad Roma, si redusscro al castello de Ercule et per forza pi-
gliamo la bastia de Romani, et edificamo sopra al dicto castello doi
borghi, l'uno per la strada romana verso Sancto Pietro dell'Olmo, l'altro
per la vìa che va da una chiesa chiamata Sancto Peregrino, e chia-
masi el Borgo longo, che già erano incominciate. Poi multiplicarno
populi assai nel decto loco, e ferno assai torri per difendarsi da Ro-
mani ; tra le quale gente ci fumo assai cettadini de Tivoli in quel
tempo inimici de Romani, secondo dice uno valente homo chiamato
Lanzellotto, che dice come el dicto castello fu poi chiamato Viterbo,
e dice :
2 B Qui cupit acerbi cognoscere gesta Viterbi,
AuJiat absque mora, quid liber iste sonat ;
Quem Lanzillocius scripsit, cui prisca tulere
Antiqui facta, quae bene seda fcccre.
Anno sub millesimo atque bicenteno
lunto quaternario soli quatrageno
Quo dejcendit dominus munJo sorde pieno,
Erigens de stercore pauperem de ceno.
Tunc prefatus aurifex, eiusdem civitatis
Civis, facta condidit illius probitaiis.
Hiis tnetris et ritimis ciiìque nosse datur
Huius libri tilulus et qui in ipso fatur (i).
In quel tempo vennero ad Viterbo grande quantità de Lombardi,
homini nobilissimi et gagliardi e sagi, et edilìcorno una strada del
dicto castello insino alla porta di Sonsa (2), et impopularo tra li dicti
parlò della fondazione neir^//n<m romano, XIII, 350 sg. e poi nel
Giorn. Arcad. CXXXVII, 179, pubblicando la pergamena ed il marmo
relativo alla istituzione dell'ospedale annesso alla chiesa, ambedue
del 1080. Il Ciampi li ripetè a p. 281. Tali pubblicazioni non sono
intieramente esatte, non credo però opportuno ripeterle qui.
(i) Orioli propende a leggere « pravitatis » nel verso io. Nel
v. 4 il nis. ha « ferunt «; non mi pare difficile che debba correggersi
« fecerunt» e meglio « fecere » pel senso e per la rima. I due ultimi
versi nel ms. suonano:
Hiis metus et ritinus cuique noxe datum
Huius liber titulus et qui in ipso fatur.
(2) V. Ciampi, p. 290 sg. Da notare la nuova e probabilissima
opinione del Pinzi {Ospi\i medioevali &c. p. 70) sulla posizione del
« castrum Sunsae». Intorno alla venuta di questi Lombardi, come
Le croniche di Viterbo 225
borghi di case e ili fanieglie. Valeva in quel tempo el mesale del
grano soldi .ini., la soma de l'orzo denari .xxvni., la soma della spelta
denari .xxii., la soma de cici e di fave soldi .1111., cento fiche per uno
denaro.
Fu chiusa da muri nel 1095. Fu la dieta città hedificata sotto
el pianeta di Marte, activa e passiva; el circuito suo era cinque milia
quattrocento trentaquattro passi, comenzando alla porta di Sonsa, e
sequendo canto el fossato et girando intorno, senza ci piano di Scar-
lano et el piano di Santo Fustino, che non erano habitati salvo che
nel piano di Santo Fustino era uno castello chiamato el caste! di
Santo Angelo, ove sta Santo Pietro della Rocha. El fondatore fu Ra-
nieri Muntio (i) e Pietro, per Io comandamento del consulo con
voluntà di tutto el populo, anno Domini 1095, tempore Enricus quin-
tus .V. imperatori (2;, nel tempo di papa Pascale secondo toscano.
In quel tempo fumo |j molte battaglie con le terre dintorno, e e. 5 .-v
sempre erano vencitori; et la cagione si era che loro havevano uno
altare viareccio clie in ogni guerra che lo portavano, erano vincenti
per la virtù che Dio li aveva posto in quello altare; el quale altare (3)
l'avivano levato dall' isola Mattana ; e era terra libera che non ren-
diva tributo ad persona del mondo, et durò insino la venuta de lo
imperadore Federico Barbaroscia (4). Capitando el dicto imperadore
alla dieta città de Viterbo, li fu facto grandissimo honore, e feroli
cortesia di loro medesimi, cioè el populo de Viterbo, et in questo
modo fu soctoposto alla sedia imperiale; et dicto Federigo donò al con>
muno de Viterbo el castello di Monte Munistero, Altecto (5), Sancto lu-
venale, et el castello di Sancto Archangelo. Anche li donò Vetralla
et la roccha di Rispampani, Luni, Beassenzo (6), Mazzano, Planzano,
et Castri Lupardi, et fu nel 1170; e nel 1172 donò al communo de
Viterbo Giugnanello, et entrando in Viterbo li dede la sua benidi-
agli allargamenti di Viterbo poco sopra narrati cf. l'articolo anonimo:
Qui si conia come e quando Vitirho si allargasse Scc. in Rosa, Strenna
viterbese pel 1SS6, p. 47 sg.
(i) Nicc. DELLA Tlccia dice Raniero Munao (p. 5).
(2) Cosi nel ms. In Nicc. della Tuccia « quartus ». Pasquale II
poi fu eletto nel 1099.
(3) Postilla della seconda mano nell' interlineo.
(4) Questa venuta, assegnata dai cronisti al 11 70, è a ritenersi
avvenuta nel 1167. V. Pinzi, Storia di J'it. I, 157; Ciampi, p. 298.
(5) Nel ms. « Al tecto »; evidentemente Alteto.
(6) Nicc. della Tuccia « Bisenzo ».
2 24 ■^- ^^8
P. Enidi
lione, et donogli ci vessillo imperiale (i). Poi donò la decta città de
Viterbo ad uno suo figliolo chiamato Enricho, et fello acciò che fusse
fondo dotale de madonna Gostanza moglie del dicto Enricho. Poi
dicto imperadore n'andò oltramare contra al gran Soldano del Cairo,
e, da poi grandi facti che fc', se annegò in uno fiume chiamato Ferro
in Soria. Fu poi facto imperadore Felice (2).
Io non ho facto mentione come in quelli tempi fu rotta la guerra
tra Viterbesi e Ferentisi, e fu nel 1169; ch'io so trasscurso innanzi
per dir la fine de lo imperadore Federico Barbaroscia.
La cosa fu in questo modo che, havendo li Ferentesi reciputa
una grande iniuria da Nepisini e volendosi loro vendicare, et non
vedendosi esser sufficiente, mandarno ad pregare li Viterbesi che l'aiu-
tassero, e cusi li Viterbesi accettarne, et all' ordine per loro dato li
Viterbesi n' andarne tutti verso Nepe, e quando fumo in cima del
monte, li Ferentesi gionsero ad Viterbo, e vedendo che non era ri-
masa persona da difendere, entraro dentro amichevilmente, e miserlo
ad saccomando. Per la qual cosa certe donne fugirno ad una chiesa
chiamata Sancta Christena, che stava nella valle del Tignoso, e dissero
ad uno arciprete della chiesa tutto el facto; onde el dicto prete montò
sopra una iomenta, e gionse el populo de Viterbo, e disseii come
Ferentesi havevano messo ad saccomando Viterbo; per la qual cosa
lorotornaro indrieto ed andarno per la costa del monte di Sancto An-
gelo, et scesero in uno piano chiamato Carraiole, ove s' agionsero
con Ferentesi che n'andavano via, et li gli ruppero, et uccisene grande
quantità, et riscossero loro robbe, e tornaro ad Viterbo,
(i) È vera questa concessione? Ne dubito, come ne dubitò I'Orioli
{Giorn. Arcad. CXXXVI, 120 sg.) contro quanto credettero il Ciampi
(p. 501) e il Pinzi (loc. cit.), perchè il diploma di Cristiano di Ma-
gonza del I) marzo 1175, su cui si basa la loro persuasione, non
dice se non che egli conferma « quecumque serenissinnis Romano-
« rum imperator dono per vexilluni imperiale eis contulit et
« bona gratia et voluntate eos investivit in tenimentis ipsorum et
« bonis usantiis », parole che mi pare accennino piuttosto ad un segno
di investitura che ad ahro. Cf. Savignoni, L'archivio storico del comune
di Viterbo, n. III. Giusta mi pare l' ipotesi fatta dal Savignoni (//
comune di Velraìla nei secoli xiii-xiv, Roma, Forzani, if-'gy, p. 25,
nota 2) che tutte queste donazioni attribuite a Federico non siano altro
che l'accentramento de' piccoli paesi ghibellini sotto la protezione
della potente Viterbo, allora capo del partito nella regione.
(2) Curiosa questa leggenda di I-elice, di cui non so che esista
altro riscontro fuori de' cronisti viterbesi.
Le croniche di Viterbo 225
Poi in quelli tempi li Viterbesi andaro ad offendere ad Cornerò,
et pigliarne grande quantità ; per la qual cosa li Cornetani ferono
pacti con Viterbesi, e acciò che li fussero renduti li pregioni, donarno
ad Viterbo la mità del porto di Corneto in segno de Victoria, e pu-
sergli nauti Sancto Salvestro (i).
Poi li Viterbesi andarno ad offendere la città di Orbieto al ca-
stello di Maffuccio, e pigliaro tanti prescione che ne impiro tutto ci
castello Ferentino (2), e per derisione davano trenta Orbetani per uno
cappello de semmola, e secte per una serta de ficha ; e in questo
modo li lassarno tutti.
Anno Domini 11 70. Di lunedì a di primo de ienaro li Viterbesi
di nocte tempo entrarne per forza in Ferenti, e pigliarne la mità, e
guastarne fine ad uno luoco che si chiamava Cercini (3).
Anno Domini 1171. Li Ferentesi giurarno vassallaria a li Viter-
besi, e pocho durò che si ribellarno; per la qua! cosa li Viterbesi ii
facevano gran guerra.
Anno Domini 1172. Li Viterbesi entrarno per forza nella città di
Ferenti et tutta la robbarno et scarcarno, et recamo ad Viterbo tutta
la robba che v'era e tutte li reliquie de sancti; et quelli di Ferenti
fugiro chi là e chi qua, e assai ne andarno ad habitare in Viterbo;
per la qual Victoria li Viterbesi adgionsero al leone del comuno la
palma che era l'arme del comuno di Ferenti (4) ; et in quel tempo
(i) Evidentemente qui manca una linea: il che viene a confer-
mare che il manoscritto non è di mano di frate Francesco. In Nicc.
DELLA Tl'ccia SÌ dice: «e lì Viterbesi recorno le porte di S. Pietro
« di Corneto in segno » &;c. (p. 6).
(2) Più giusta la lezione di Nicc. della Tuccia: «castel (di)
«Fiorentino», che era tra Montefiascone e Celleno. Cf. Pinzi, Storia
di Vit. I, 173, nota.
(3) Facilmente è il teatro, di cui anche ora si vedono rimar-
chevoli ruderi. Cf. Ciampi, p. 289, n. xix ; Orioli, Viterbo e suo ter-
ritorio, p. 96. Nella regia galleria degli Uffizi di Firenze si trovano
due disegni di Baldassarre Peruzzi che studiano il teatro in pianta ed
in alzata e due altri allo stesso scopo fatti da Antonio e da Giovanni
Battista Sangallo. Indici e catalogìji. III, 4i,dis, 564, 367, 491, 1300-
1301, 1966
(4) Esistono ancora nella chiesa cattedrale indumenti sacri (ca-
mice, amitto, cingolo, stola e manipolo mi pare) provenienti da Pe-
rento e attribuiti al vescovo san Bonifacio (519-530), La prove-
nienza è probabile, ma l' attribuzione falsa, poiché e per la forma,
e per il taglio, e per i particolari decorativi specialmente del camice,
Archivio -iella /?. Società romana di stjria patria. Voi. XXI\'. I 5
e. 4 A
226 V. Eiridi
Felice imperadore donò ad Viterbo el Castello di Piero e fu in quel
ponto che hebbe la corona de lo imperio.
Anno Domini 1 174. Venne in Viterbo lo legato del dicto impe-
radore, e fé' l'assolutione al comuno di Viterbo della disfactione di
Ferenti per parte del dicto Felice (i). Dopo la morte del dicto Felice
fu clecto imperadore lo dicto Enrico figliolo de Federigo Barbaroscia,
e in quel tempo fu posto per il dicto imperadore una libertà alla
porta de Viterbo principale, che stava al lato ad Sancto Mateo di Sonza,
ove fu posto uno epitaffio che diceva : « Gottifredo Viterbiense. No-
« mine Suaza vocor fulgentis porta Viterbi : est mihi grande decus
« et fungor honore perhenni ; omnis enim qui servili sub lege gra-
« vatur, si civis meus estiterit, libar deputatur. Maximus Enricus cesar
« mihi contulit istud » (2). ,
e per i caratteri che in alcuni punti sono leggibili, non ò dato ri-
salire al di là del sec. xii. Cf. Grisar, "NoU sulla Mostra sacra d'Or-
vieto in Kiiovo Bollettino d'archeologia cristiana., a. 1897, pp. 59 e 40.
Ferentesi si dicono anche un crocifisso conservato in S. Angelo
in Spata e la campana maggiore di S. Sisto (però le tre di cui co-
nosco l'iscrizione appartengono agli anni 1256, 137), 1764). Per la
distruzione di Perento e per lo stemma di Viterbo cf. Ciampi, pp. 505
e 506, nn. xxv, xxvi; Orioli, Florilegio, p. 7 sgg. ; Bussi, I, Appen-
dice, doc. IV, e pp. 2, 58, 40; Pinzi, Storia di Vit. I, 165, 178. Per
Ferento poi vedi Bormann', C /. L. XI, 454; Orioli, Viterbo e il suo
territorio, Append. prima; P. Germano da S. Stanislao, Memorie
archeologiche e critiche sopra gli atti ed il cimitero di S. Euticio di Fe-
rento, Roma, 1886; DucHESNE, Le sedi episcopali nell'antico ducato di
Roma in questo Archivio, XV, 489. Si noti che nel Gams, Series
episcoporum, la lista dei vescovi di Ferento è posta sotto il nome di
Ferentino.
(i) L'assoluzione è del 13 febbraio 1175, come ci dice il de-
creto emanatone da Cristiano arcivescovo di Magonza in Foligno.
Savignoni, L'archivio storico del comune di Vilerbo, doc. iv,
(2) Nel ms. subito dopo dal correttore fu ripetuta la iscrizione e
racchiusa da linee che pare rappresentino una lapide. Anche ora, sopra
il facsimile della porta di Sonsa, incastrato nel muro di S. Matteo, sta
una iscrizione marmorea in caratteri gotici dello stesso tenore. Ve
ne è anche altra di cui vedi Pinzi, Storia di Vit. I, 112, nota 36 201 ;
Bussi, p. loi sg. ; Ciampi, p. 308, nn. xxvii, xxviii. Nella ripetizione
dei ms. il nome della porta è, più rettamente, «Sunsa». Nella ta-
vola marmorea indicata, invece di « deputatur » (lezione di tutti i cro-
nisti) si ha: « reputatur ».
Le cronicììc di Viterbo
227
Haveva la dieta città sei nobilita. La prima che era libera, et non e.
rendeva censo a persona. La seconda che aveva quello altare viareccio
che in ogni loco che lo portavano, havivano Victoria; lo dicto altare
lo recamo li Gothi del paese di Parte, quando vennero a Ravenna,
e pigliamo tutta Italia, e scarcarno Roma. La terza che havevano una
giovane chiamata Ghaliana la bella, la quale non trovava pari di
bellezze, e molte gente venivano da longhi paese per vederla, tra li
quali ci venne l'exercitu de Romani che la volevano per uno loro si-
gnore; e non possendola havere, misero l'assedio ove stanno le grotte
maltagliate, e, non possendola havere, domandarne che al manco li
fusse monstrata, e cusi la viddero sopra el muro di Saiicto Chimento,
ove fumo scarcati tre merli per recordanza di ciò, e cusi lo exercito
de Romani se partì, e tornossine ad Roma. Quando la dieta Galiana
morì, fu messa in uno bello avello di marmo, et posto nanti alla
chiesa de Sancto Angelo della Spada, ove fu scritto uno epitaffio che
diceva in questo modo, cioè :
Flos et honor patrlae species pulcherrima rerum
Clauditur hoc tumulo Galiana decus mulierum.
Femina pulcra polos conscendere si qua meretur,
Angelicis manibus hodle Galiana tenetur.
Si Veneri non posse mori natura (l) dedisset,
Nec fragilis Galiana mori mundo potuìsset.
Anno milleno centeno terque deceno
Bisque quaterdeno rosa clauditur inclita celo.
Roma dolet nimium, tristatur Tuscia tota:
Gloria nostra perit, sunt gaudia cuncta remota :
Miles et arma silent nimio percussa dolore ;
Organa cum citeris percute caritura canore.
O si nostra prius gladio male vita perisset
Q.uam nos morte sua tantus dolor obtinuisset (2).
C. S A
(i) Nel ms. «mori... ira dedisset»; completo con la lezione
di Niccola della Tuccia.
(2) Di questa leggenda vedi Piccarolo, La bella Galiana, leg-
genda viterbese. Alba, 1891. Noto le correzioni apportate al testo:
V. 4: «Angelicis», in luogo di «Angelicus», seguendo il Ciampi
(p. 8); V. 6: «Galiana», per «Gallane», secondo lo stesso; «fra-
« gilis», per « fragili » ; il v. 7 è evidentemente errato; « terque », in
luogo di « treque » ; v. 8: «quaterdeno», in luogo di « quatredeno »,
nel ms. prima di « quatredeno » era stato scritto « quatrageno », poi
cancellato; v. io: «perit» sostituito a «petit»; v. 11: «nimio», in
luogo di « nimia » ; v. 12: «percute» in luogo di «percutit», evi-
dentemente errato: anche «percute» è poco soddisfacente; Ciampi
228 T. Egìdi
e. 5 D
La quarta nobilita che liavesse, fu che hebbe una donna che fu
cliianiata Anna, che la niità di soi capelli erano davi, l'altra mità erano
verdi.
La quinta fu che hebbe uno cavallo bellissimo et animoso et su-
perbo e più possente che nisuno altro si trovasse in quel tempo, e
molte gente venivano per vederlo.
La sexta fu che hebbe uno ioUaro lo più nobile che mai se po-
tesse trovare, e faceva per suoi ingegni cose inextimabile ad crederle,
e haveva nome Frissinghello (i).
Hora el dicto Enrico per havere la corona dello imperio dal papa
Celestino romano, donò al dicto papa Viterbo e Toscanella, e in
questo modo pervenne nelle mani della Chiesa e del papa; e il dicto
imperadore si n' andò in Puglia, e conquise la donna di Tancredi
col figliolo, e pigliò Guglielmo e le sorelle (2).
Ora el dicto papa Celestino havendo la signoria de Viterbo ri-
confermò el castello di Monte Munistero, et donolli Barbarano.
Anno Domini 1 180. Papa Innocentio terzo di Campagnia donò al
comuno de Viterbo Castellardo (5), Cellari e Canino.
Anno Domini 1187. Fu cresciuto Viterbo et facto piano di Scar-
lino in quel tempo chiamato piano Ascarano. Anco li dicti Viterbesi
roppero le genti de Tancredo de Girardo di Guitto, et di Romani
nella valle di Castiglione, che erano tanti che per ogni Viterbese li
inimici erano diece et più, et tutti li misero in rotta.
Poi roppero le gente de Romani nel cerqueto d'Assi; anche pu-
gnarne con Romani dil là da Sutri et in quello ferono pace ensieme, et
pocho durò; imperhò che li Romani andarne per pigliare Orchie, la
qual tenevano li Viterbesi, et quelli della torre ferono el fiume; per
la qual cosa li Viterbesi andarno in soccurso et roppero li Romani et
menarno assai prigioni ad Viterbo ; poi li lassarne per commanda-
mento de papa Alixandro (4).
« pcreunt )) con senso anche meno giusto, se non m'inganno; v. 14:
nel ms. « non », che sostituisco con « nos ».
(i) Per questa leggenda vedi Ciampi, p. 314 sg. ed opere ivi
citate.
(2) Cf. Ciampi, p. 316, e n. xxx; Orioli, Florilegio, p. 80; Pinzi,
Storia di Vit. I, 199.
(3) Nicc. DELLA Tuccia (p. 8) dice Castelletto. Landò da Se/.ze,
col nome di Innocenzo III, fu il quarto antipapa contro Alessandro III.
(4) Alessandro era morto già dal 1181. Da «et quelli» a «li
« Viterbesi », glossa marginale del correttore.
Le croniche di Viterbo 229
Poi li Viterbesi ruppero el conte Altobrandino per favorigiarc
doi cardinali, et cacciarlo insino ad Monte Fiascone et arsero el borgho
di Santo Fiviano; et el dicto conte s' arendè libero lui et la robba
sua et rendè Monte Fiascone et la rocha a li dicti cardinali, et li Viter-
besi tornarno ad Viterbo; per la qual Victoria el papa donò ad honore
del comuno la bandiera colle chiavi corno la tien per insegna (i).
Anno Domini 11 88. Giuzzo et Burgognione da Vetralla volivano
rehedificare el castello de Vetralla, et li Viterbesi li ruppero guerra
adesso, acciò che non si refaccssc (2).
Anno Domini 1189. Fu scarcato in tutto Vetralla da Viterbesi et
pacificata la guerra.
Anno Domini 1 193. Venne Enrico di Calandrino (3) con grande
exercito di Todeschi centra Viterbo et allogiarno in valle Pettinale,
et li Viterbesi l'andarno ad assaltare ir. campo et fumo cacciate in
sino alla porta di Sonza et alla porta di ponte Tremulo, et fuUi tolto
el castello di Sancto Angelo da dicti Todeschi || et arsero Monte Mu-
nistero. Poi li Viterbesi li derno milli ducati d'argento, et levarsi da e. 6 a
campo et andarono via.
Anno Domini 1 196. Fece guerra Finaguerra et Pietro Alixandro,
imperhò che el dicto Pietro mise fuoco alla torre de Finaguerra nel
mese di maggio ; et in quel tempo Romani posero campo ad Toscanella.
Anno Domini 1 197. Li Viterbesi pigliamo Marta et occisero Ianni
Macaro, che era stato gran inimico de Viterbesi; et nel dicto anno li
Viterbesi et Orbetani andarno a campo ad Acquependente et pigliarla
et donaro la parte loro ad Orbetani.
Anno Domini 1199. Li Romani vennero a campo ad Viterbo et
allogiarno al Risieri, et li Viterbesi li andarno adesso et combatterne
con loro al ponte d' Oglie et alla Sala, ad cavallo et ad piede, et
durò dal mezzo di insino alla sera et furci morti dei cavallieri, cioè
Rinaldo del Veccia et Aventura. La sequente mattina li Romani tor-
narne ad Roma.
(i) Si vedano gli scritti indicati a p. 225, nota 4.
(2) Cf. Savignoni, Il comune di Vetralla &ic. p. 8 sg.
(3) Enrico di Pappenheim maresciallo imperiale, seconde 1' Hù-
ber. Il Pi>Jzi, ep. cit. I, 197, dice di aver « forti ragioni » per ritenerle
tutt'uno con il conte Enrico di Roccisburga, che secondo la cronaca
di Fossaneva nel 1 186 « fregit securitatem Babuco et terrae Pausanae ».
Io pendo piuttosto a crederle una sola persona con 1' Enrico de Ka-
lendinis, o Kallendinis, 0 « Calatin maycalcus», di cui si parla in
tre documenti (aa. 1 195-1224) riportati dall' Huillard-Bréholles,
IV, 18, 588, 647.
230 'P. Bifidi
Anno Domini 1200. Li Romani tornarno a^i hoste in quello de
Viterbo et scarcarno Monte Garofano, el castello Almadiano et Salci;
poi allogiarno apreso ad uno castello chiamato Pitrugnano. Et li Vi-
terbesi cuprirono una cava, la quale se chiama la cava di Gorga, et
fer la fogliata, che pariva sopra quello fosso uno bello et spatioso
piano. Poi tutte Torta acquatile da quello lato allacarno d'acqua, per
modo che tutti erano franchi (i).
Hora li Romani, non liavendo di ciò advisamento, ne venivano
tutti correndo ad piò et ad cavallo per dare una battaglia presso alla
città, della qual cosa li Viterbesi temivano assai. Et venendo nelli
e. 6 B dicti luochi della cava, |l per lo grande peso delle gente che venivano
schierate, la coperta della cava si sfondò et cadcrno tanti Romani
nella cava che infiniti et senza numero ne morirno. L'altri che pas-
savano per altri camini, giongendo nelli dicti orti, tutti li cavalli
s'affangavano, li fanti a pie non ce volevano entrare; per la qual cosa
li Viterbesi stavano con le porte serrate et non volevano che persona
uscisse della terra, imperilo non sapivano tutto el facto. Erano nella
contrada de Sancto Marcho di Viterbo molti pecorari et stavano fore
de Viterbo, erano riparati dal muro di Sancta Rosa in fino al fossato di
Sonsa, et cusi tutti loro con altri lavoratori clie erano tra loro (2), fumo
circa cento homine, et andaro ad vedere queste gente de Romani et
vedendo li cavalli che non se potevano sfangare, tutte se scalzarno
et con le loro lance longe l'andarno adosso; onde li Viterbesi uscirno
tutti fuori de la porta et ucciserne grande quantità et guadagnarno
robba infinita, et cusi li Romani si ne fugiron in sino al loro allo-
giamente; et questa rotta fu lo di de sancto Domeniche, et fu veduto
sancto Domenicho in favore de Viterbesi; non era ancora canonizato(3).
Et li Romani così percossi mandaro per più gente ad Roma, onde
Viterbesi tractaro con loro pace, con questi pacti che li derno la cam-
pana del comuno la quale loro portarno ad Roma, poserla nei Gam-
pidoglio et poserli nome la Patarina de Viterbo. Anco si portare la
(i) L' HiJBER (p. 694) annota: «fanghi oder fangosi mòchte ich
« vermuthen ». Mi pare invece che « franchi » voglia intendersi per
sicuri. Della cava, ora detta di Scorga, vedi Pinzi, Storia di Vii. 1,250,
nota I. Solo un dubbio: la cava è verso Salci (via di ponte Sodo tra
porta Paul e porta del Garmine); come escono contro i Romani, che
« s'afTangavano », i pecorari di S. Marco, luogo diametralmente oppo-
sto? La frase «la quale se chiama la cava» è glossa del correttore.
(2) Da « con altri » glossa marginale del correttore.
(j) Non era neppur mono; ciò che avvenne 21 anni appresso:
fu canonizzato ai 13 giugno 1234.
Le croniche di Viterbo 231
catena et le cliiave della porta di Salcicchia, le quale adtaccarno
all'arco de Sancto Vito in Roma(i), et anche li merli fumo scarcati
nell'anni 1235 come più addirieto trovarete. || Anche in quel anno li e. 7 a
Romani volivano Vitorchiano, et li Viterbesi li contradicevano, et an-
daronli incontra ad darli impedimento, imperhò che speravano haverlo
loro. Per la qual cosa li Romani, comò tal cosa sintirno, mandarno
l'abate di Farfara (2) con altri compagni per ambasciatori ad Viterbesi
et dissero : « Li Romani vi pregano che voi li facciate tanto onore che
« non li voliate impedire una battaglia che voglino dare ad Vitor-
« chiano, et da quella in poi vi prometteno non impacciarsi più di facti
« di Vitorchiano, et lo lasseranno pigliare ad voi senza loro contradi-
« tione ». Questo odendo li Viterbesi, ad alcuni piacque, et ad alcuni
non piacque, ma furono certi a piedi (3) che cominciorno addire ver-
gogna al dicto abate, et menarli inanti una meretrice; per la qual
cosa l'abate vedendosi così villaneggiare, irato si tornò ad li Romani,
et li Romani si irarno assai contra Viterbesi et andarseni via et ferno •
gran guerra insieme, pigliando assai persone l'una parte et l'altra (4).
Anno Domini 1201. Li Romani et Viterbesi feron pace insieme
per le mani del conte Ranuccio collectore (5) et lassarno li prigioni
r uno et r altro. El dicto conte Ranuccio fu el primo che ordinasse
(i) L'arco di S. Vito è quello di Gallieno: di queste catene se ne
vedeva « una porzione pendente » nel 1806. La « Paterina » (cos"i detta
dai numerosi eretici di cui Viterbo era nido) stette in Campidoglio sino
alla occupazione francese; allora fu spezzata e fusa; aveva otto palmi
di diametro. F. Cancellieri, Le due nuove campane di Campidoglio
benedette da Pio VI, Roma, Fulgoni, 1806, p. 37. Per i paterini tra
noi cf. Tocco, Storia della eresia nel medio evo ; Rotondi, La pataria
in Milano in Archivio stor. ser. Ili, voi. I, a. 1867; Ci.\mpi, op. cit.
Append. n, xxxviii, p. 324 sg.; L. Fumi, Eretici e ribelli neW Umbria
del i^20-i}}0 su documenti inediti dell'archivio Vaticano in Boll, della
R. Depili, di st. patr. per V Umbria, III, 3.
(2) Nicc. DELLA Tuccia, p. 11: « Farfa ».
(3) Nicc. DELLA Tuccia: «pedoni»; luzzo: «tristi».
(4) Per queste guerre vedi Pinzi, Storia di Vit. l, 221 sgg. Da
lui specialmente si seguono le Gesta Innoc. Ili, cap. 134, edite dal
Muratori, R. I. S. Ili, 563 sg. I Viterbesi ebbero una sconfitta, ta-
ciuta dai cronisti, addi 6 gennaio 1200(0 1 201 ?), dopo la quale sce-
sero a patti e prestarono giuramento. Il testo ce ne è conservato ed
è dato in latino dal Ciampi, loc. cit. e in italiano dal Pinzi, op. cit.
p. 232, nota 2, e da altri. Cf. Savignoni, L'archivio &c. n. xii.
(5) Nel ms. sta: « collatoe », forse per «collatore». Preferisco
232 'P. Egidi
in Viterbo el grano che si vendeva, cioè che fusse rasa la misura
con la rasoia.
Anno Domini 1202. Ianni Cocco et Pietro de Forteguerra et
Pietro de Polo con molte Viterbesi roppero li Cornctani sopra Mon-
talto et pigliarne gran quantità.
Anno Domini 1204. Forteguerra fé' battaglia colla compagnia
di cento, presso la torre chiamata Pretavonna.
e. 7 B Anno Domini 1205. La granditia de Viterbo, cioè li cittadini
maiuri, si ribellarno contra el comuno, et vennero armati in fina a
la piazza de Sancto Silvestro, poi fumo pacificati per mezzo del iudice
del comuno.
Anno Domini 1206. Fu fa età piazza Nova, che prima se chiamava
le Carbonate, e fu facta la fontana del Separi, e fu facta la fontana
di piazza Nova ; e in quello anno venne in Viterbo papa Innocentio (i)
et fuUi facto grandissimo honore ; e il dicto papa congregò gran
quantità de cittadine viterbesi dentro la chiesa de Sancto Lorenzo,
et disse: « O homine de Viterbo io non vinne mai più ad voi, ma
« io vi do per conseglio che più non ve fidiate de chierica rasa, corno
tf havete facto de me » ; e volse che molti notarli ne fussero rogati, et
Viterbesi chi ne pigliò sospecto e chi non se ne curò.
Anno Domini 1207. Li Romani si pusero in assedio ad Toscha-
nella et richiesero li Viterbesi in aiuto per posserli (2) pigliare ad tra-
dimento, et li Viterbesi accorgendosi del tradimento tornarne ad casa
sani et salvi.
Anno Domini 120S. El castello de Sancto Angelo di Viterbo fu
guasto da Viterbesi et in quello loco fu facto uno palazzo delli Ala-
manni (3).
la lezione data dal della Tucin.'v (p. 13). Il collettore era come un
esattore e tesoriere.
(i) Si corregga l'anno. Innocenzo venne a Viterbo nel giugno
del 1207 e vi stette in due riprese sino alla metà di ottobre. Primo
atto suo in Viterbo « .viii. idus iunii », ultimo «.iv. idus octubris ».
PoTTHAST, nn. 3 116, 3 197. Secondo il De Mas Latrie, Trésor de
cbronologie, v' era già il 3 1 maggio.
(2) Ms. « posserla»; dalle parole seguenti è impostala corre-
zione.
(3) Nicc. DEi.i.A Tuccia aggiunge: « e cinsero il piano di S. Fau-
(' stino » (p. 12); però l'addizione non è felice. Questo tratto di muro
non può essere stato elevato che dopo il 121 3 (cf. Pinzi, Ospiii &c.
p 78, nota) e facilmente nel 1215 come dice Francesco a c. 9 a.
Il nome « delli Alamanni », che trova raffronto con quello dato
Le croniche di Viterbo 233
Anno Domini 1209. Nella festa de santa Maria una brigata de
giovani viterbesi havivano facta una compagnia, et chiamavasi la
Compagnia della gioia ; ferno la festa de 1' arbore della fortuna nella
piazza di Sancto Silvestro, et il dicto papa Innocentio el sequcnte dì
se partì da Viterbo et andò ad Roma (i) per la venuta de Octo di San-
sogna, el quale Octo fu incoronato imperatore dal dicto papa (2). Et
in quel tempo li Greci roppero guerra con li Latini et tolserli Co-
stantinopoli che era del dccto imperatore Octo, con altre terre din-
torno, e ne fu || facto imperatore Filippo conte di Fiandra, che era e 8 a
inimico de lo imperatore Octo. E sentendo el dicto Octo la muta-
tione de Costantinopoli, li andò adosso con le genti suoe ; per la qual
cosa el dicto conte de Fiandra mandò in Lombardia, e decte el soldo
ad uno capitano viterbesi, chiamato per nome Viterbo, e condusselo
ad Costantinopoli con [tre] (3) milia cavalli e 2000(4) f'>"ti ad pie,
et in piccolo tempo el dicto Viterbo pigliò Octo imperatore, e ruppe
le gente suoe, et presentandolo prigioni nante al conte Filippo, ferno
pace insieme, e riconfirmò 1' imperio de Costantinopoli al dicto Fi-
lippo, et tornossine el dicto Octo in Puglia.
Poi si mossero doi gran baroni di Turchia, 1' uno chiamato el
gran Caramari, 1' altro el gran Carmiari, et mossero guerra centra
Greci et contra l' imperadore di Costantinopoli. Per la qual cosa Vi-
terbo da la città di Viterbo (s) li andò adosso con le gente suoe e rup-
poli, e occisene assai, onde l' imperatore li pose grande amore, e
donoUi per moglie una sua figliuola che più non n' aveva. Et de pò
dalle carte « de Alemannia » al vicino piano di S. Faustino (Pinzi,
op. cit. p. 53, nota), potrebbe esser sorto dal palazzo dei Farulfi (i quali
certo furono d'origine tedesca) e che si ergeva appunto nel luogo
prima detto castello di Sonsa, poi castello di S. Angelo, e cioè dove
ora è la chiesa di S. Francesco (Pinzi, Ospi\i Sic. p. 70 sgg.).
(i) Si veda per la data da assegnare a questa partenza la nota 3
a p. 196 del WiNKELMANN, P]}ilippo volt Schwaheu iind Olio IV von
Braiinscl}Wiig, II, 196. Il De Mas Latrie fa dimorare il papa a Vi-
terbo fino al 20 di settembre; è difficile poter giungere a conclusioni
sicure mancando i documenti.
(2) Ai 4 di ottobre. Cf. Winkelmann, op. cit. p. 198; Bòhmer-
FiCKER, Regesla imperli, Y , 97, n. 501 a.
(3) Nel ms. si vede appena una parte della / perchè la carta
ha un foro.
(4) Su rasura di « sei"' ».
()) « da la città di Viterbo » glossa del correttore nell' interlineo.
234 ^- Egidi
Il morte del dicto imperatore fu electo imperatore el dicto(i) Viterbo,
chiamato in latino Vetus Verbum, e in greco ci chiamavano Pa-
lioloco, che tanto viene addire Paloloco, quanto in latino Vetus
Verbum, e cusi de lui sonno discesi l'altri imperatori di Costantino-
poli cliiamati della casa de Paloloco (2).
Anno Domini 12 io. Octo imperadore venne in assedio alla città
de Viterbo, e questo fé' per lo sdegno che pigliò coll'ante dicto (5)
capitano ad Costantinopoli. Vedendo li Viterbesi si facta cosa, si rin-
forzarno centra el dicto imperatore, e ferno el muro de piazza Nova
in fme Sancto Chimento socto el castel de Hcrculc, e continuamente
uscivano fuore ad guerreggiare con le gente de lo imperadore. Et
in spatio de molte di lo imperatore, vedendo non possere havere Vi-
terbo, andò campigiando da contrada in contrada, et guastò tutti li
beni che erano di fore alla dieta città de Viterbo; poi se partì, e
e. 8 B andò in assedio ad ]; Roccha Altia nclli monti de Viterbo, e in poche
di la pigliò; poi pose l'assedio ad Mugnano e similmente el pigliò;
et con queste victorie se n'andò ad Monte Fiascone, continua guerra
ad Viterbo (4). Li Viterbesi se n' andare ad dare battaglia ad Roccha
Altia et pigliarla per [forjza, e pigliamo assai di quelli de lo impe-
ratore. Per la qual cosa l' imperadore con le gente suoe andò ad
Roccha Altia per pigliari li Viterbesi, e fu facta una gran battagl'a
intra loro, per modo che lo imperatore se parti senza guadagnar
niente, et tornò ad Monte Fiascone et mandò le gente suoe ad Mu-
gnano e ad Vetralla et alla Roccha del Veccia, et facevano guerra
(i) « el dicto » glossa marginale del correttore.
(2) Si veda quanto scrissi Intorno ad una leggenda viterbese sul-
Vorigine dei Pukologi in Archivio della R. Soc. roni. di storia patria,
XXII, 539 sgg.
(j) Nel testo: « collant; dicto »; evidentemente deve intendersi:
ff coir ante dicto » &c. L' Huber legge : « collante » e aggiunge : « die
« lesung sehr unsicher... Wahrschcinlich ist cs ein Eigenname » !
(p. 697). Il Cristofori (p 24) legge: «coll'altro». Nicc. della
Tuccia dice: «contro». In un catalogo di pontefici, di fattura viter-
bese, scritto nel sec. xin, inserito nel Memoria saeculorum di GoTi-
FREDO Viterbese trovo: «Reverso Rome, prefatum Ottonem apud
« Beati Petri basilicam coronavit mens. oct. 5 die intrante; alio anno
« venit in obsidionem Viterbi»; Mon. Germ Hist. Script. XXII, 352.
(4) Cosi il ms. Il Cristofori inserisce un: «facendo», senza
darne avviso (p. 25). Nicc. della Tuccia (p. 13): «facendo far
« guerra ».
Le croniche di Viterbo 255
a Viterbo (i) : li Viterbesi andarne alla Roccha del Veccia, e ruppero
le gente de lo imperatore, e pigliamo la dieta roccha. Poi se mossero
con tutto el loro sforzo e andaro ad Monte Fiascone, e alio impera-
tore, et ricacciamo li inimici et cacciarli per forza dentro la porta (2).
Anno Domini 121 1. Fu grande mortalità; et li Viterbesi andaro
contra la Tolfa, e loro si renderò ad Viterbesi et giuraro fedeltà, et
Gliezu, che n'era stato signore, si levò armata mano, e pigliò la
torre, e lui e li figlioli e generi e con li parenti de Pietro de Nicola
se ne andaro ad Rispanpani ; e in quel' anno li Viterbesi armata manu
roppero e destrussero el marchese che era stato mandato dal re Fe-
derico, et cacciarlo da Monte Fiascone in sino ad Galiano (3),
Anno Domini 121 3. Li Toscanesi pigliato doi Viterbesi, et fe-
rirli sconciamente, e cusi ferite li mandaro ad Viterbo. Per la qual
cosa li Viterbesi tutti si mossero ad arme et andarno contra Tosca-
nella, e pigliamo grandissima quantità de pregioni e tutti li menaro
legati alle code de castrone (4) che 1' avevano tolte de preda, e molti
ne ferirno quando glie pigliaro.
Anno Domini 1214. Guito figliolo de Guitto faceva gran guerra e. 9 a
alli Viterbesi, per che li havivano morto el padre, e cavalcava per
Valcena e per altre contrade (5).
Anno Domini 1215. Fu facto el muro sopra la porta di Buove
et il circuito et el piano di Sancto Fustino, che era habitato da molte
Ferentesi (6); e in quel anno andaro li Viterbesi per pigliare Bisenzo,
(i) L' ultima frase è su rasura, di mano del correttore.
(2) Di questi avvenimenti non abbiamo altra notizia, oltre queste
delle croniche viterbesi, fuorché in un atto di Ottone emanato « ante
« Viterbium in castris » ai 16 di settembre, il quale ci permette di
fissarne la data approssimativa. Bòhmer-Ficker, op. cit. n. 439. Cf.
WiNKELMANN, Op. cit. II, 259 Sgg.
(3) Questa notizia non ha riscontri ed è almeno inverosimile.
Cf. WiNKELMANN, Op. cit. II, 319, 7.
(4) Nicc DELLA Tuccia (p. 14): «alle corna delle castroni».
(5) Questo Guitto (non « Gioto di Giunto » come scrisse il Bussi,
Storia &c. p. 185) è facilmente della famiglia de' conti di Bisenzo.
Cf. Savignoni, // comune di Vetralla nei secoli xii-xv. « Valcena »,
secondo il Ceccotti (postilla alla sua copia della cronaca di fra Fran-
cesco d'Andrea, p. 13), sarebbe la contrada ora detta « Belceno »
ove si vedono rovine e sepolcri. Forse « Valtena », tra Montefiascone
e Toscanella.
(6) Il Pinzi (Ospi'^i &c. p. 78, nota), crede che il cronista an-
ticipi di qualche anno e che ancora in quest'epoca il muro, spicca-
236 T. Egidi
e loro niandaro per li Orbetani, e dectersi a loro. Per la qual cosa
li Viterbesi tornarno ad casa senza posscrlo bavere; poi li Viterbesi
andarno contra Ocapalica (i), e pigliamo Giordano soprano.
Anno Domini 1216. Fu facto tra li consoli el Tignoso per Al-
tibrandino Galileo, che fu balio del coniuno de Viterbo (2).
Anno Domini 1217. Uno bono homo de Viterbo voleva andare
ad Hierusalem oltra mare, et hebbe in visione la nocte innante corno
devesse cavare apresso el bagno do la Grotta et che diviva trovare
to<;i dalla torre tonda di S. Lupara, tagliata la odierna piazza della
Trinità, su cui si apriva la porta urbana detta Porticella, corresse alle
pendici sottostanti a S. Agostino. Queste fino al ponte Tremoli ba-
stavano alla difesa, come pure erano sufìicienti pel tratto che corre
sulla sinistra del fosso dal ponte alla porta di S. .Maria Maddalena;
da questa al castello di S. Lorenzo correva un muragliene di cui
ancora adesso restano i ruderi ; poi la sicurezza era affidata agli sco-
scesi fianchi del colle su cui sorgeva il castello, sino all'estremità
verso ponente, ove le mura ricominciavano di là da porta di Valle
per girare tutto intorno a sud e a levante della città seguendo presso
a poco il tracciato odierno. Il tratto che andando sino a Torre di Bove
racchiude il piano della Trinità, secondo il suo pensiero, sarebbe
stato eretto più tardi. Io però mi sentirei attratto a prestar fede al cro-
nist.T, anche perchè appunto nel 1215 era podestà di Viterbo «Bovo
« Oddonis Bovonis », dal quale con molta verosimiglianza potrebbero
aver preso il nome la nuova porta e la sua torre. Cf. Signorelli,
I podestà nel comune di Viterbo, p. 345, in Sludi e documenti di storia
e diritto, a. 1894. Completamente aperta ed indifesa rimaneva cosi
la grande valle di Paul, che si spingeva tra le due ali estreme della
città (porta di Bove a nord e porta di Valle ad ovest) sino a battere,
contro le ripe del castello, il muro e la porta di S. Maria Madda-
lena da un lato, e dall' altro contro le ripe che fiancheggiano il fosso,
un-te dal ponte Tremoli.
(i) Nicc. DELL.\ Tuccia: « Capranica e pigliorno il signore che
«si chiamava Giordano Soprano» (p. 14). Niccola si dilunga intorno
alle mura, cosa naturale in lui, che si spesso fu provveditore del
comune per la loro conservazione.
(2) Qui manca qualche parola. Nicc. della TccciAdice: «fu
«facto guerra». Sarà la frase giusta? Il Pinzi lo segue (op. cit.
p. 268). A me pare invece che si debba intendere: « fu fatta pace »,
per intervento di Altlbrandino Galileo. L'Hìjbeu sottintende: « ac-
« cordo » (p. 698).
Le croniche di Mterbo i^j
un gran thesoro. La qual visione notificò alli consuli, e tutto el pa-
paia andare con la croce innanti, e con la processione, e cavarno
in quel loco, et trovarno 1' acqua calda assai virtuosa, alla quale pu-
sero nome l'acqua della Crociata (i).
Anno Domini 12 18. Si levò Giuvanni de Cocci contra li consoli,
e fu tra loro gran battaglia; in fino el dicto Ioanne s' arendè, e fu
comandamento di consoli (2); e li consoli di quel anno furon Orlando
di Pietro de Alixandro, e Ugolino Burgognione, Acconcio di Ma-
vente et Bramando.
Anno Domini 1219. duelli di casa di Brectoni (5) di Viterbo
andaro e ferirò Ioanne di Coccio nanti la casa sua, per le qual fe-
rite fu gran battaglia in Viterbo, e morirce assai hominì. Et in quel
anno li Christiani pigliamo Damiata presso al Cayro di Babella.
Anno Domini 1220. Fu potestà el Mosca di Fiorenza, et pigliò e. 9 b
(i) Intorno alle sorgenti termali del territorio viterbese, cono-
sciute anche da Dante {Inferno, XV) e da Fazio degli Uberti (Dit-
tamondo, X), vedi Bussi, Storia della città di Vit. pp. 27-83 ; Ciampi,
Cronache Sic. Append. p. ^^2; M. Foggiale, Mènioires sur les eanx mi-
nérales de Viterie, Paris, Noblet, 1852; Pinzi, Storia &c. loc. cit. nota i ;
I principali monumenti di Viterbo, p. 140; AtiOtilMO, Guida di Viterbo,
ivi, Agnesotti, 1889, p. 95 ; M. Alivìa, Il clima nella stagione estiva
e le sorgenti termomitierali di Viterbo (con Proemio storico: Quasi due-
mila anni di memorie sulle terme viterbesi, di C. Pinzi), Viterbo, Agne-
sotti, 1894; F. Cristofori, Delle terme viterbesi, Memorie e documenti
inediti, Siena, S. Bernardino, 1898. La menzione che Dante fa del
Bullicame ha procurato una fiorita di pubblicazioni, di cui vedi Scar-
tazzini, Enciclopedia dantesca sotto quel nome. Ad esse debbonsi ag-
giungere le seguenti: F. Cristofori, Sul Bullicame di Viterbo ricor-
dato da Dante, Siena, S. Bernardino, 1888; Pinzi, Ospi:(i &c. p. 137,
nota 5.
(2) Che si debba leggere : « e fu a comandamento »?
(3) Il partito guelfo era capitanato in Viterbo dalla famiglia Gatti,
detta de' Brettoni, cui tra gli altri si univano gli Alessandri. Quello
ghibellino aveva a capo i Tignosi, detti Maganzesi, a cui si accosta-
vano i di Cocco o Cocci, i di Ponzo. Le case dei Gatti erano un po'
per tutta la città: a piazza delle Erbe (ora Vittorio Emanuele), a
S. Moccichello (via Principe Umberto), a Fontana Grande. Quelle
degli Alessandri a S. Pellegrino, e sono uno dei piìi bei monumenti
medioevali rimastici. Quelle de' Tignosi intorno al ponte del Duomo;
quelle de' di Cocco e dei di Ponzo intorno a S. Bernardino. Cf Pinzi,
Storia di Vit. I, 269 ; Ospiii &c. p 26S.
238 'P. Kg idi
sci della parie di Brectoni, e sei della parte de li figli di Ioanne
Coccio et mandolli confinati a Fiorenza; et in quel anno li Viterbesi
comprarne Cincelle(i); et in quel anno fu incoronato in Roma Fe-
derico secondo.
Anno Domini 1221. Li Romani posero l'oste ad Viterbo et al-
logiaro alli Palazzi, poi vennero ad combattere la porta de Sancta Lu-
cia et in Fabule (2), e fumo cacciate, e tornarne ad Roma, e fu
per Cincelle. Poi li Viterbesi andarne in assedio ad Comete, e fe-
roli danne assai. Pei si mosse, la necte del giovedì d'imbragaiolo (5),
el figliolo de Ianni Coccio chiamato Nicola, et il Tignoso, et Ra-
nuccio con certe Viterbesi, e pigliamo Rispampani, e pigliamo Pietro
di Nicolò che v' era signore, e gittarlo nel pozze, acciò che si ce
morisse. Poi dei suoi amici, uno chiamato Lonardo, 1' altro chiamato
Palombecto, di necte tempo andarno a Rispampani col coltello, e
tante cavarne le ripe di Rispampani che gionsero al pozzo, e cavarlo
fuore el decto Pietro, e menarle ad Toscanclla.
Anno Domini 1222. Li Romani assediarne la rocca de San-
cte Pietre in Pietra (4), onde le imperatore Federico II, a pregarle
(i) Il Bussi credette «Cincelle» un castello presso Toscanella,
invece esso è « Centumcelle » o « Civitavecchia », che i Viterbesi
riscattarono da' Cornetani, e meglio da alcuni usurai di Cernete: ne
resta l' istrumente originale. Vedi Pinzi, Storia dì Vit. I, 273 sg. ; Sa-
viGNONl, L'archivio storico del coìHune di Viterbo, n. xvii; C. Calisse,
Storia di Civitavecchia, Firenze, Barbera, 1898, p. 149. Il Pinzi ed il
Calisse errano la data, ponendo l'atte al giorno 2 settembre, mentre
è « die seconda exeunte », e cioè il 29 settembre. Nicc. della Tuccia
dice: a Acelli » (p. 15); luzzo: «Cincelle» (ibid.). Nel ms. «Cin-
ti celle » è ripetuto anche nel margine dalla seconda mane.
{2) Nicc. DELLA Tuccia invece di: «in Fabule», dice: «Fabio
« prese la porta di S. Maria Maddalena » &c. il che dà agio al Pinzi
di scrivere una bella pagina (Storia di ì'it. I, 280). Io credo più esatta
la lezione del nostro, perchè non è possibile che egli avesse trala-
sciato un fatto d' armi così importante ed onorevole pe' Viterbesi,
se la sua fonte ne avesse fatte parola.
(3) Forse il cronista scrisse: « imbriagaiole », ossia delle ubbria-
cature, il che confronterebbe coli' « imbriacaccio » del ms. viterbese.
Nicc. DELLA Tuccia scrive: « brancaiolo cioè di carnasciale». Vedi
Ciampi, p. 15.
(\) Il Ceccotti in una nota marginale alla p. 14 della sua copia
di questa cronaca segnò : « È la rocca di Rispampani detta anche
« S. Pietro in Sasso». Non ho elementi per controliare questa no-
Le croniche di Viterbo 239
del papa, mandò .v*^. cavalli in favore de Viterbesi socto conducta del
conte Gozalino. Et del mese di maggio fu morto Raniere Ghezzo dal
figliolo di lohanne Cocco, e li Brettoni de Viterbo girno ad Monte
Ardito contro (i) de Rispampanì, e la parte de li figli di lohanne Cocco
si levarne contra el podestà de Viterbo, e ferno gran battaglia, et el
podestà si ne fugi. Poi li Romani andarno ad succurrere Rispampani,
e cacciamo li Brectoni di Monte Ardito e la nocte de sancto Mar-
tino Pietro de Nicolò ritolse Rispampani; nel quale trovaro el Ti-
gnoso e lohanne de Cocco e .xii. con loro, et tutti li fcrirno(2); e li
Brectoni scarcharno la torre grande di Ioanne de Coccho che stava
nella casa sua (3). E in quel anno piovve nel terreno de Viterbo per
tutto la terra rosela miraculosamente.
tizia, né trovo accennata tale identità dal Pinzi o da altri; però mi
pare poco verosimile, perchè in questo momento Rispampani era in
mano ai di Cocco, amici de' Romani, quindi non vi era ragione di
assedio; difatti poco dopo i Romani vanno in aiuto di Rispampani,
ancora in mano ai di Cocco e assediata dai Gatti. Più facilmente
è la Rocca S. Pietro a detta dal Pinzi (Storia di Vit. Ili, 169) castello
del contado viterbese, tra Mugnano e Colle Casale.
(i) Nel ms. « conte » ; credo indubbia la correzione.
(2) L'ultimo inciso è glossa interlineare del correttore.
(3) Pare che il Pinzi {Storia di Vit. I, 283-284) non creda con-
nesse tra loro le discordie interne e la venuta dei Romani. Dalla
lettura del cronista il nesso mi sembra evidente, e cosi pure la suc-
cessione degli avvenimenti, che in parte discorderebbe da quella data
dal predetto scrittore. Mi pare si debba intendere così : Niccola di
Giovanni di Cocco e i suoi partigiani pigliano Rispampani e carce-
rano Pietro di Niccolò; Leonardo e Palombetto liberano Pietro. I
Romani vengono in aiuto dei loro amici, i di Cocco; ai Brettoni da
Federico sono mandati 500 cavalieri. I Gatti o Brettoni vanno per
riprendere Rispampani; nella loro assenza i Maganzesi muovono tu-
multo contro il podestà. I Romani tornano in aiuto dei di Cocco,
loro amici, e respingono i Gatti da Rispampani; ma poco dopo (fa-
cilmente appena furono essi Romani partiti), Pietro di Niccolò riesce
a riprendere il castello, e i Gatti in Viterbo soperchiano i nemici e
ne abbattono la torre. Del conte Gozolino, capitano dei cavalieri te-
deschi mandati da Federico, vedi Pinzi, S/or/^z J; Vit.l, 284; E. Win-
KELMANN, Ddv Kaiser Friedrich II, I, 185 sg. ; Theiner, Cod. dipi,
dom. temp. S. S. I, 71-74; Rain.\ldi, Annales, a. 1222, nn. 27-32.
Nota che Nicc. della Tuccia lo chiama: a Sozzalino », e il ms.
Ardenti: « Sozanino » (p. 15).
240 T*. Ei>idi
e. IO A Anno Domini 1225. Fu facto gran battaglia nella chiesa di Snn-
cto Sixto, e fucci morto Giffredo, e [fu] grande pugna per Viterbo, e li
Brettoni perdiro la torre Pretela, la quale era ad canto al muro de
Sancto Antonio, et in quello anno fu el diluvio ad Sonsa et adfoghò
tutto ci borgo de Sancto Luca, e affogò molte persone, e fu la vi-
gilia de sancta Maria d' agosto.
Anno Domini 1224. Li Nargesi assediamo Castiglione, e per-
dieronce el mangano (r), e fumo cacciati; e in quello anno el po-
testà fé' tornare in Viterbo Nicola di Ioanne di Coccho, e fello pa-
cificare con li Brectoni. La qual pace non durò troppo. El decto
Nicola riceppe dinari da Romani, e redificò la torre sua, e posscli
nome Damiata, e donoUa al populo di Roma, e pose nella parete el
titulo S. P. Q.. R., e non volse el decto Nicola entrare per la porta,
ma puse le scale al muro de essa.
Anno Domini 1225. Li Orbetani assediamo Bulimarzo et licb-
bero con loro tutti li cavalieri di Roma et 200 cavalieri (2) senesi. Et
in quello anno li Viterbesi mandamo .xii. ambasciatori allo impera-
dore Federico in Lombardia. Erano in Viterbo circa .lx. milia per-
sone intra grande e piccoli, tra li quali erano .xviii. niilia da difen-
dere loro persone o c[irca] .xx. milia (j).
Anno Domini 1227. Nicola di Ianni di Coccho col suo fratello
Ranuccio e altri loro compagni armati andarno a casa de Ullando
di Pietro d'Alexandro, e con uno coltello lo ferirno nella gola, e
ferirno Ghezone di Sperante (4), e allora fu facta gran battaglia
tra r una parte e 1' altra per le torre e per terra, et per le torre fa-
civano con li manganelli ; e fu nel mese de genaro. Poi nel mese
de febraio lo venardì di carnevale li Brettoni dectero la battaglia alla
torre di Bartolomeo di Panza (5), chiamata Becchaia, e pigliaro la
dieta torre, et Nicola de Coccho vidde non posser ristare contra li
(i) Nicc. DELLA Tuccia invece: « e presero Mugnano »1! (p. 16).
(2) La cifra è su rasura di parola che cominciava con s; «ca-
ie valieri » è nell' interlineo.
(3) Nicc. DELLA Tuccia dice allora gli atti alle armi 20,000
« e poi salirno tra terrazzani e forestieri a pie e a cavallo a 60,000 » ! 1
(ibidem), «milia» nell' interlineo e del correttore. L'inchiostro ha
forato la carta.
(4) Nicc. DELLA Tuccia: « Gezzone di Spezzante».
(5) Devesi leggere: «Ponzo», come più sotto a e. uh, e come
da un documento indicato dal Pinzi, Storia di FU. I, doc. 288, nota i.
11 nome « Becchaia » è ripetuto dal correttore nel margine.
Le croniche di ì'ilci'bo 241
Brettoni, di nocte tempo lassò la torre, e la casa sua, e fuggi col
figliolo, col fratello suo Ranuccio, e andossine ad Vitorchiano.
El sequentc dì, che fu el sabbato a mattina, li Brectoni andarno e. io b
ad combattere la d'età torre, et non trovando troppa difesa la pi-
gliamo e misero 1' homini a scarcarla. Per la qual cosa Nicola ha-
vendolo sentiti, prestamente se ne andò ad Roma, ove li fu facto
gran honorc et deterli denaro assai. Lui disse alli Romani conio la
loro torre de(i) Damiata si scharchava, et li Romani mandaro l' im-
basciatori ad Viterbo che non devessero scarcare la torre loro, et li
Viterbesi, sentiti li ambasciatori, appresciaro de scarcare la dieta torre
Damiata, et scarcarno torre Beccaia, e un' altra torre chiamata la
Spagnola. Et in quel anno santo Francesco passò de questa presente
vita (2).
Anno Domini 1228. Li Romani posero l'assedio ad Moniste-
rio (^) con trabocchi e bombarde e manganelli, e, stando lì, l'hebbe
per pacti Barbarano. Era in Barbarano uno castellano viterbesi chia-
mato messer Rollando di Pietro de Alexandre, con .ecc. fanti vi-
terbesi, e ricuperare in un'alta torre facta de legname che soper-
chiava le mura, e continuamente guerriggiava el castello con balestre
e altri ingegni : poi la nocte misero fuoco alla dieta torre, e arsero
la torre e uno trabocco grande, e poi tornarne ad Viterbo. E dicti
Romani giurare di non partirse che prima non havessero Munisterio,
e in ogni modo si partirne el tertio di, e di poi li octo di vennero
centra Viterbo, e ferne battaglia nel piano di Tornateri (4) di do-
menicha, e furne morti di Romani tre cavalieri. La sequente mattina
(i) Nel teste dice: «et Damiata», come pure poco più sotto:
«la decta terre e Damiata». Facilmente era una d tagliata per ab-
breviazione di «de», letta dall'amanuense come «et».
(2) Nicc. DELLA Tuccia aggiunge che furono uccisi 50 Viter-
besi, tra cui Nicolò Cocco, e che furono fatti i « barbacani » intorno
alle mura (p. 17). San Francesco morì ai 4 ottobre 1226.
(3) Il Ceccotti in margine alla sua copia qui segna (p. 17):
« S. Maria in Palomba?» Mi sembra evidente che qui si tratti del
castello di Monte Munistero. Il Pinzi (Storia di Vit. I, 307) è dei
medesimo parere; però segue nella cronologia Riccardo da S. Ger-
mano, che pene queste avvenimento all'anno seguente; di più con-
fonde le due imprese contro Munisterio e contro Barbarano in una
sola, dicendo Ullando d'Alisandro difensore di quel castello e non
di questo.
(4) Nicc. DELLA Tuccia : « del Tornatere »; luzzo : « de Trom-
« bettori » (p. 7).
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. l6
242 'P. Fi^idi
li Romani tornarno ad Roma, e in quel tempo li Viterbesi compa-
rato tante balestra grandi clie cosiamo cento marchi d' argento.
Nel dicto anno li Romani tornarno in assedio ad Viterbo, e
mandaro uno messo ad Viterbesi, che devessero rifare il danno che
havivano facto ad Nicola Cocco, e li Viterbesi se ne fero beffe, e
loro guastaro molte vigne di fuore, e stettero in campo .xii. di ; poi
se n'andaro nd Rispampani, e promisero ad quelli della terra che si
li volivano dare Pietro de Nicolò, li dariano tre milia libre; e li tra-
ditori pigliamo ci dicto Pietro, e insieme con lo castello lo dectcro
ad Romani, e li Romani non li volsero dar niente. Nel dicto anno
li Viterbesi distrussero Viglianello e Ramianu(i).
II A Nel dicto anno li Viterbesi cavalcamo in quello di Corneto, e
menarne grandissima preda di animali, e di prescione, e passarno
per quello di Toscanella. Li Toscanesi si fero contra a li Viterbesi,
e ferno battaglia insieme, e fumo pigliate di Toscanesi e mortine
assai, e menarno ad Viterbo assai pregioni.
Nel decto anno li Sutrini cursero in quel de Viterbo, e tolsero
molti porce, uno sabato de quaresima, e menarli ad Sutro; li Viter-
besi trassero di retro a loro in sino ad Sutro. El senatore de Roma (2)
con gran populo, e preliarno con Viterbesi, e pigliarne .xit. cavalieri
e menarli pregione ad Roma, e tenerli .v. anni in Canapora (5).
Anno Domini 1229. Fu l'assedio di Romani ad Alteto, e per
difesa di Viterbesi non lo posserno bavere ; per la qual cosa fumo
facti assente (4), e chiamavansi li franchi d'Alteto.
Anno Domini 1230. Li Viterbesi andaro ad offendere in quello
di Corneto, e ferno battaglia nel ponte de Santo Litardo, e fumo
sconficte li Cornetani, e menato assai pregioni, e recamo el Gonfa-
lone di Corneto, e appicarlo nella chiesa di Sancto Lorenzo.
Nel dicto anno li Viterbesi andarno ad offendere Toscanella, e
cursero in fine a la porta, e tolsero le chiavi della dieta porta, e
pigliamo el confaloniere col confalone in mano, e menarno molti
(1) Cosi pure luzzo. Nicc. dell.\ Tuccia invece: « Damiatn »,
lezione impossibile, avendo già prima parlato della sua distruzione.
(2) Manca certamente: «si fece loro incontro». Cf. Nicc. della
Tuccia, p. 17. « Il senatore» correzione da «li senatori ».
(5) Cosi e più spesso « Cannapara» era detto il Foro Romano
o almeno una parte di esso nel medio evo. Cf. Rcg. Subì. n. 202.
Nicc. DELLA Tuccia dice in « Campidoglio», e luzzo « Canapino»,
lezioni poco attendibili (p. 17).
(4) Evidentemente « esenti » come del resto par che fosse scritto.
Cf. Nicc. DELLA Tuccia, p. 18; Pinzi, Storia di Vii. I, 308.
Le croniche di Viterbo 24-
pregioni, e le chiave adtaccarno alla torre di Colino Burgognone, e
il Gonfalone appicarno nella dieta chiesa di Sancto Lorenzo. La
qual porta di Toscanella si chiamava la porta di Pietro de Polo (i).
Anno Domini 125 1. Li Viterbesi andarno ad ofifendere Orte e
pigliare gran quantità de prescione e bestiami, e menando la dieta
preda verso la Penna, in uno passo cactivo fumo adsaltati li Viter-
besi da Orbetani, e bisognolli per forza lassare li pregioni e la preda,
e fugiro via verso Viterbo.
Anno Domini 1232. Se partirne da Viterbo doi cento homine
intra a cavallo e a piede et andarno ad pigliare Vitorchiano colle
schale di fune, et doi Vitorchianesi, l'uno chiamato Cittadino, l'altro
chiamato || lohanne, adtaccarno le funi sulle mura, e li Viterbesi sa- e. n b
limo sopra le mura la sera de noeta (2), et una delle guardie se
ne acorse, e levò el romore e fugi. Alcuni Viterbesi l' andarno de-
rieto, et alcuni andarno alla porta, et alcuni alla torre del Cassero,
e pigliare la dieta torre, e mandarne ad Viterbo per più gente, e
tutti cursero grandi e piccelini, e fu pigliato Vitorchiano, e messo
s.à saccomando, e scarcato tutto, e a quelle furne date .v'^. libre dal
communo.
Anno Domini 1233. Li Romani fecero pace con Viterbesi per
mezzo di papa Gregorio none, et fu scarcato el Munisterio e li
merli el peetorale delle mura del piane di Scartano, di cemmanda-
mento del papa in servitio di Romani; e tornarne in Viterbo li figli
di Ianni Cocco, e rifece la sua torre delli denare de! papa che li
refece el suo danno riceputo. El diete papa canonizzò el corpo di
sancto Domenico. Et li Romani de nuovo redificerno Vitorchiano.
Anno Domini 1234. Li Remani misero li termini intra il tini-
mente de Viterbo et Rispampani, e molti confini alli castelli intorno;
e fu recta la guerra tra el papa et li Remani: il papa stava in Riete
et Viterbo di com.andamente del es[so] (3) papa roppe guerra con Re-
mani. El papa fé' venire lo imperatore Federico che stava in Lom-
bardia, et venne ad Viterbo et pose campo ad Rispampani insieme con
Viterbesi, e fé' cascare molte ripe (4); e poi se partire et anderne in
Sicilia, e il papa mantenne la guerra con Guglielmo ad Rispampani.
(i) Nicc. DELLA Tuccia: «di Pietro di Polla» (p. 18).
(2) Nicc. DELLA Tl'Ccia: «La sera a due ore de nocte >>.
(3) La ricostituzione è dubbia: nella carta c'è un foro prodetto
dall'inchiostro ; la parola era scritta su rasura di altra che cominciava f .
(4) Le Croniche di G. Sercambi hanno notizia di una battaglia
in cui Viterbesi ed imperiali sconfissero i Remani : «... fu d'octebre
<' e morictevl Lamberto Masineri ch'era capitano dei Luchesi»; edi-
244 ^^^- %''^^'"
e. 12 A
Anno Domini 1255. Guglielmo di Fogliano (i) lombardo, che
era per l'imperatore a campo ad Rispanpani, andò ad vedere e
vedendo clie non si poteva pigliare per forza, si parti e andò via.
Li Romani vennero ad Rispanpani e stettero .1111. dì, poi vennero
contra Viterbesi e alloggiare appresso la Cava della Sala e al ponte
di Gorga; et li Viterbesi di novo scarcarno la torre de Ranieri di
Ianni de Cocco, cioè Damiata, et un' altra torre che stava dericto
alla chiesa de San Salvatore, et un' altra torre (2) che se chiamava
Beceta appresso la casa di niesser Valentino; era di Bartolomeo di
Ponzo, nipote del dicto niesser Ranieri. El sequente dì li Romani
s' afrontarno con Tedeschi nel piano della Sala, et li Tedeschi fu-
giro(5) infino a Sancto Paulo. Poi usci fuore Guglielmo, loro capi-
tanio, e cacciò li Romani infino al ponte de la Cava, e molti morirno
tra l'una parte e l'altra e pigliamo l'un l'altro assai prigioni (jY
Anno Domini 1256. Papa Gregorio venne in Viterbo (5) e fé'
rifare li merli e il pectorale delle mura di piano di Scarlano e fé'
scarcare la torre d'Altobrandino in Viterbo la vigilia de Natale.
Anno Domini 1259. Li Romani, contra li pacti che havivano
facti con Viterbesi, comperarno la roccha di Sancto Pietro in Sasso
da Altibalduccio da Viterbo.
Anno Domini 1240. Lo imperatore venne in Viterbo (6). Con
zione di S. Bongi in Fonti per la storia d'Italia pubblicati dall' Isti-
tuto Storico Italiano, 1892, I, 30. Cf. Bohmer-Fickf.r, n. 2058 a, b.
(i) Fu in quest'anno anche podestà. Sign'ORELLI, I podestà nel
comune di Fiterlw, p. 356.
(2) Da « stava derieto » sin qui le due frasi sono in due glosse
marginali con richiamo.
(3) L'ultimo inciso ò della seconda mano, su rasura.
(4) Seguendo Riccardo da S. Germano e gli annalisti di Colonia,
il Ciampi (n. lv, p. 512) e il Pinzi (Storia di Vii. I, 526 sgg.) ri-
tengono questa battaglia avvenuta nel 1234; però ai 5 marzo del 125)
Gregorio IX scriveva che Viterbo è « continuo a Romanis attrita
rt guerrarum impulsibus et dapnis gravibus laccssita». Savignoni,
L'archivio &c. doc. XLiii. I docc. XLiv e XLV parlano de' prigionieri
romani e sono del marzo 1255; forse anzi a questi avvenimenti è
da riferire anche la notizia data dal Sercambi; vedi p. 245, nota 4.
(5) Il primo atto di Gregorio datato da Viterbo ò del 7 no-
vembre 1235, e l'ultimo del 14 maggio 1256. Pottiiast, nn. 10041
e 10161.
(6) Entrò ai 16 di febbraio. Bòhmer-Ficker, n. 2750; Win-
KELMANN, Kaiscr Friedrichs II Kampf uni Fiterlw, Hannover, 1886,
Le croniche di Viterbo 245
grande honore fu riceuto e smontò nel palazzo del cardinale Ra-
nieri, e molti conviti fé' l' imperatore ad Viterbesi e poi le mandò in
exercito a Corgneto, e li Corgnetani ferno la voluntà dell'impera-
tore, e così li Viterbesi tornarno a casa (i). Et nota che li Viterbesi
in quello di Corneto alloggiamo in uno loco chiamato Monte Fi-
stola. A di .XV. del mese di marzo l'imperatore fece un gran col-
loquio nel piano di Sancta Lucia colli Viterbesi, e compuse pace tra
li Brettoni e Ranuccio di Ioanne di Cocco e suo nepote; poi si
parti el dicto imperatore e andò nel reame di Napoli, e menò con
lui .XVIII. gintilhomini di Viterbo. Nel mese di maggio li Viterbesi
assediamo Gemmino dove stettero .vini, di (2).
Anno Domini 1241. Li Viterbesi andarno a predare in quello
di Roma, cioè ad Cerveteri et Sancta Sivera, e li vi stettero .xviiii. di
in oste; et nel dicto anno li Viterbesi andarno ad Sutro e guastarne
tutte le vigne e altri frutti, e tornaro ad Viterbo ; et nel mese di
luglio li Romani andarno ad offendere in Sabina. Sapendo ciò li
Viterbesi congregamo gente e andaro in soccurso centra Romani e
gionsero canto el fiume del Tevere e alloggiamo alla torricella di
Gallese e li stectero .viii. di ; in quel mezzo guerriggiarno contra
li Romani e distrussero sei castelli, cioè Torasa, Castello Paparesco,
Foglia, Bronsvico e Magliano Pecorareccio e Campuvaro (3). Nel
nella Miscellanea pubblicata in onore del Waitz, p. 280. Vi rimase
per l'appunto un mese, ripartendone ai 16 di marzo.
(1) Cf. BÒHMER-FiCKER, n. 2875.
(2) Il cronista dimentica la istituzione fatta in Viterbo da Fede-
rico mentre era all'assedio di Faenza (settembre 1240) di una fiera
e della zecca: ne restano i diplomi. Savignoni, L'archivio <kc. do-
cumenti XLix, l; ivi l'indicazione di chi li conobbe e ne fece uso.
Delle monete battute a Viterbo vedi Pinzi, Storia di Vii. L 374-
(3) Magliano Pecorareccio, da non confondersi con Magliano
di Sabina, è presso Scrofano sulla Flaminia e fa parte del comune
di Campagnano : esisteva già nel secolo xi, più tardi fu degli An-
guillara e da questi venduto agli Orsini nel 15 14 per 3300 fiorini.
ToMASSETTi, Della Campagna Romana in questo Archivio, VII, 216.
Foglia è in Sabina a poca distanza di ponte Felice : ora piccolo borgo
di appena 200 anime, una volta dovette essere più considerevole;
appartenne agli Orsini. Neil' archivio del comune di Magliano Sa-
bino, cui Foglia è oggi incorporata, si conserva lo statuto in un bel
manoscritto del secolo xvi, membranaceo, in volgare; il che fa ve-
dere che anche Foglia passò per Io stadio di comune. Nello stesso
archivio, nel protocollo del notaio Paolo Marti è conservato un atto
2^6 T. Egidi
dicto anno Ranieri Gactu e Massiiccio Diotaiuti di Salamare heb-
bero tra loro certe parole assai ingiuriose e pochi factì, presente el
podestà (i) nella piazza di Sancto Silvestro; e [fu] condannato Ranieri
in 400 1. e Massuccio in 800, e fu scarcata una torre del dicto Mas-
succio, che fu d'Angelo di Salamare, la quale stava acanto alla
strada delle prete del pesci, e fu una gran torre più che nulla altra
della città,
e. i; n Anno Domini 1242. Li Viterbesi andarno in assedio nel terreno
di Roma et stectero .xini. di nel mese di luglio, et guastaro due
castelli, l'uno chiamato Losa, l'altro Longhezza (2). In quel anno
l'imperatore Federico secondo fé' fare in Viterbo uno bello et grande
palazzo, nel quale fé' fare una terribile prescione della quale li Viter-
besi la temivano assai (3). Et già è facto el dicto imperatore si-
di costituzione di dote fatta da Bertoldo di Troiolo Orsini a sua figlia
Ursina che andava sposa a Giovanni di S. Eustacchio in « 6100 fi,
« au. et in alia manu .e. due. nu. . . Actum in castro Polii », 23 gen-
naio 1426. Nella miscellanea Capponiana della biblioteca Vaticana,
sotto il n. XXVIII, è una Relalioiie dello stato effetti et ragioni del ca-
stello di Foglia, ce. 150-157, sec. xvii. Vedi anche in questo Archivio,
VII, 543; Sperandio, Sabina sacra e profana, antica e moderna, Roma,
Zempel, 1790, p. 250 sgg. e ultima tavola. Degli altri non so indi-
care l'ubicazione. Si potrebbe ricercare Castel Paparesco presso il
lago Paparone (oggi Strappacappe) in quello dell'Anguillara; Cam-
puvaro sulla Flaminia in luogo incerto (To.massetti, op. cit. p. 587,
un «Campus vario»); Torasa e Bronsvico o Bronsuico o Bronso-
nico, come legge Niccola della Tuccia, non saprei dove porli: in Sa-
bina v'è un Torano (Sperandio, op. cit. p. 50) e vi era un « Bru-
« scitum » (Regesto Farfense, III, n. 158, a. looi ; V, n. 285, a. 1292).
(i) Bartolomeo «de Mala nocte » vicario imperiale. Signorelli,
op. cit. p. 376,
(2) Sulla via Tiburtina; Lunghezza ancora esiste, di Losa resta
il nome ad una tenuta.
(3) Restano ancora gli strumenti di compera delle case demo-
lite a questo scopo. Cf. Savignoni, L'archivio &c. in nota al n. XLix,
c'WììiKEi.M\ìiy}, Kaiser Friedricbs II &c. p. 281, nota 4, Ivi stranamente
si vuole identificare questo palazzo presso la chiesa di S. Maria del
Poggio (vedi e. 21B") con quello degli Alemanni, che secondo il cro-
nista sorgeva sulle rovine dell'antico castello di S. Angelo (vedi
e. 7 b). I due luoghi sono più di mezzo chilometro distanti fra loro;
del palazzo di Federico nel 1888 sono venute in luce le sostruzioni,
Le croniche di ì'ilcrbo 247
gnore de Viterbo, e disponiva quello che voleva. Hora sequita lo
Lamento de Ghottifredo e di Lanzillotto sopra Viterbo (i).
De n e q u i t i a e i v i u m (») V i t e r b i i (2).
O Viterbium civitas nobilis et amena, iam i^) obierunt tui fìlli, qui
te agnoscentes tenerrimc dilexerunt, et conducentes te in magnum
triumphum et in mirabilia facta, tecerunt te pulcrum et ctiam (<=)
(a) Xel ms. priir.a il titolo era De nequitia Viterbiensium ; poi fu rasa la
seconda parola, al suo luogo fu posto civium e aggiunto Viterbii ; tutto dalla
stessa mano. (h) amena e iam su rasura. (e) Hùber e IFait^ l'omet-
tono nel testo, poi in nota et est
anche oggi visibili, tagliate in mezzo dalle mura della città, che a
bella posta vi fece passare il cardinal Capocci, come dice il cronista
(vedi e. 21 b); sorgeva appunto in contrada S. Maria del Poggio nel
luogo presso cui sono i monasteri di S. Rosa e di S. Simone Giuda. Il
Castel S. Angelo invece era dove ora sorge la chiesa di S. Francesco.
(i) Del Lamento seguente, interessante perchè insieme coi po-
chi versi di Lanzillotto che vedemmo a e. 2 b, costituisce quanto ne
rimane delle croniche primitive, è difficile stabilire quanta parte possa
attribuirsi a Gottifredo : tanto più che non c'è giunta non dico una
riga di lui che ex professo tratti di cose viterbesi, ma neppure
un suo accenno a tali scritti ; anzi di questi non ci è dato trovare
altra menzione che la presente ed un' altra assai vaga, anche quella
nei cronisti del secolo xv (Nicc. della Tuccia, p. 20). Certo cosi
corno a noi si presenta, questo brano non può essere che fattura di
Lanzillotto, poiché il cappellano imperiale mori nello scorcio del se-
colo XII o ne' primissimi anni del seguente, e qui invece si parla del-
l'assedio che Viterbo sostenne da Ottone nel 1210 e della venuta
di Federico IL Se pure vi è qualche cosa tolta da Gottifredo, ne
ha perduto ogni stigma di paternità e nel contenuto e nella forma.
Oltre che dall' Orioli e dall' Huber (opp. e locc. citt.) il Lamento fu
pubblicato nei Mon. Genn. Hist. (Script. XXII, 374-75) dal Waitz, che
lo aggiunse alle opere di Gottifredo, pur reputandolo attribuito a lui
ingiustamente. Le parole « lo Lamento de Ghottifredo » erano state
cancellate e poi furono riscritte dalla mano del correttore.
(2) Poiché parecchi sono i divari della lettura mia da quella di
tutti e tre gli editori, li indico in nota, come indico anche quelle
forme del manoscritto che ho creduto necessario di modificare. L' edi-
zione del Cristofori da questa riga salta a quella 4 della p. 252.
248 "P. Ki^idi
e. J 5 A
forte et mirabile niniis aspectu. lam preteriit quoddam (") tempus(i).
Quod 0>) te insensati (=) homines possidcrunt et abstulerunt [libi]
onines virtutes et dominationes W. Item abstulerunt tibi bonum al-
tare viaticum, quoJ prestabat magnani fortunam («) et magnum
triumphum tuorum inimicorum, de quo donationem (O fecerunt.
Postquam Viterbium altare predictum amisit, molestar! incepit a
multis et variis tribulationibus, quas primitus nullo modo sustinebat (g).
Item fuit debellatum in Monte Razzanense CO, quo transacto, omissit
comitatum eiusdem (') cum omnibus suis castris, et expugnatum
fuit ad Montem Pettoncm (2). Revera sacratis unum quod (') de
suis est omnibus supradictis, quia propter odium et invidiam unus
destruit alium, non solum in persona sed etiam in aliis rebus, ita
quod ("i) vix posset aliquis aliquatenus estimare. Quamvis multi di-
cant de Viterbii civitate quod seniper crescat in bello, tamen non
ita est quod crescat sub bello, immo dccrescit: etiam (") quare ac-
cidit?(«>) quod homines ad invicem habent se odio. Item [propter]
invidiam astrum (p) et superbiam eorum amisit Viterbium multas
granditias et divitias cam multis bonis usibus.
Propterea postquam (q) imperator rubeus Federicus ab urbe Ro-
manorum discessit, venit cum magno exercitu et castramentatus (O
est apud Viterbium in ora quf Riserium nuncupatur. Et tunc ipsis
supervenit tam valida mortalitas quod vix aliquis evadebat et the-
sauri eorum viterbienses remanebant («). Sed propter fatuitatem et
insipientiam quorundam, statim ad Cesarem adcesserunt rogaturi
ipsum, quatenus (0 fructus vinearum et etiam (") agrorum a suis
subditis et fidelibus non debeant devastari. linde confestim imperator
C?sar ad interrogata respondit: «O insensati, qui non cognoscitis ea
(a) Ms. qdda; quodJam 0 quondam? H quoddam tempus, quod
(b) Orioli quo e in nota quum (e) O omettete e legge iiisecuti (d) O
donationes (e) O portabat magnas fortunas (f) Ms. dona- tionc O do-
nationem (g) Ms. HW sustincbas (h) Ms. H 11^ Hozzancnsi; (i) O l'o-
mette. (1) Così il ms. IV corregge: sciatis unum quod (ra) Ms.
H itaquc (n) ÌV H et (o) IV interrogativo. O H affermativo.
(p) IV corregge astum (q) Ms. H pretcr quam (r) JV H castramctatus
(s) O Vitcrbiensibus remanebat /r H Vitcrbiensibus lemanobant (t) Ms. H
quantus (u) O sicut et
(1) Come sarà qui da punteggiare, così o unendo questa frase
alla seguente, ovvero anche alla precedente? Orioli l'unisce con la
frase seguente leggendo « quo » invece di « quia ».
(2) A Monte Razzano da Ottone IV nel 12 io, a Monte Pettone
da Enrico di Calandrino nel 119J; cf. p. 229.
Le croniche di Viterbo 249
« que vobis debcant prodesse [et] ad vcstruni profectum et honorem
« debeant pertinere ». His auditis et plenarie intcUectis, rediit cum toto
suo exercitu et hospitatus est in oris Senensiuni, et de illa liereditate
sunt Senenses et magna pars Tuscorum [ditatij (») (i).
Ad h?c quando (b) venit marchensìs Marcualdus, volens Viter-
biensium esse civis (0, et ut eum in eorum civem reciperent, voluit
omnes filios nobilium militali cingulo (t^) decorare, centum libras («)
cum indumentis et equos et arma unicuique liberaliter poUicendo,
et etiam (f) singulis peditibus unam tunicam, .x. libras, scutum cum
elmo et unum asbergum largiri volebat, quod propter ignorantiam
Viterbiensium, qui (g) sensum habent iM) retro et non ante, penitus(')
renuebant (2).
Adhuc (k) imperator Oddo propter Ecclesiam Viterbiensium bona
omnia depopulavit extrinseca; quam depopulationem Apostolicus
emendare volebat; quod per invidiam uniuscuiusque (0 Vitcrbienses
recipere neglexerunt (3). Item in tempore Federici imperatoris cum
acquisiverat maiorem partem Lombardie et etiam (■") debellaverat
(a) La resHlti\ione è dell' O e del W. (b) H quoque (e) Viter-
biensium su rasura. H civis. Et (d) H angulo ? (e) A/i. libris (f) O
poblicendo, sicut et (g) Ms. H quia (h) Ms. habet (i) Ms. aiìpcnitus
(k) //' ad lice (I) Ms. uniuscuique IV legge unicuique e corregge unius-
cuiusque (m) O dum et
(i) Tali fatti sarebbero da riportare all'anno 11 700 al 1172 (vedi
e. 3 a). Nicc. della Tuccia questo brano del Lamento, in volgare,
lo ascrive all'anno 1170.
(2) Quando Markwald von Anweiler, investito da Enrico VI della
Marca d'Ancona, venisse a Viterbo, non possiamo stabilire. Nel 1195
egli è detto solamente « senescalco » nel privilegio di Enrico ai Gal-
lipolani. ScHEFER-BoiCHORST, Z«r Geschìchte des xii luid xiii Jahrhim-
derts diplomatische Forschungeii, Berlin, Ebering, 1897, p. 393 ; nel 1197
è però di già detto « marchio Anchone, dux Ravenne et Romaniole ».
Ibid. pp. 230 e 376.
(3) Di questa « emendazione » cui il papa voleva attendere, po-
trebbe essere indizio la lettera con cui Innocenzo III in segno della
fedeltà mostrata dai Viterbesi « qnando alii ceciderunt « concesse loro
la esenzione dal pedaggio e dal piazzatico in Montefiascone «et im-
« munitatem vendendi et emendi apud Cornetum et circa partem
« quam nunc habemus in portu, et circa eam quam in postero nos
« contingat habere »; 20 settembre 1214. Savignoxi, L'archivio &:c.
doc. XIV.
250 'T. Egidi
Mcdiolanum venit ad partes Viterbii et intravit civitatem cum militihus
suis; unde si Vitcrbienscs scivissent querere summo C?sari, statini
exibuisset eis omne («) ius et omnes actiones C») et omnes bonos usus
eoruni et multa bona contulisset eis. Sed ipsi, ignorantes de pre-
dictis, amiserunt omnia que (<=) dieta sunt et reddideruiit se absque
pacto et tenore, de quo penituit eos valde (r).
1} n O Viterbium, quare intcrticis Viterbium? Narra milii, cur Vi-
terbium occidit Viterbium, lam video ipsam civitatem pulcram et
fertilem et amenam. Et tundamenta (J) ipsius non deficiunt ei?(«)
Non, que sunt de vivo lapide. Ergo viridaria pulcra et fontes et vi-
ne? et molendina et multi agri (0 et etiam (g) silve cum magnis
venationibus aut magna abilitas balneorum destruunt h?c civitatem?
Non (5>), quia omnia ista facta sunt propter pulcritudinem et abili-
tatem (') pulcr? civitatis. Igitur civitas interfìcit homines habitantes
in ea ? Non W, quia terra non habet manus cum quibus interficiat
eos, et pulcr? turres et palatia cum domibus non sunt serpentes
nec dracones qui devorent et interficiant ipsos. Ergo homines sunt
qui destruunt civitatem. Sic (0 ergo cur destruunt cum in ea sint
nati et filii eius sint? (>") Non sunt filii sed servi; quia filius non
libenter destruit bona paterna, immo crescere facit ea et multipli-
cari, et colit in ea (") bonas et odoriferas erbas et malas (o) destruit.
Servus autem non sic facit, sed facit sicut laborator, qui vineam ad
laborandum accepit (p) alienam, qui dimittit malas erbas crescere et
bonas colere numquam (q) curat; et etiam omnes bonos fructus
eligitW et arbores frangit et non curat si destruuntur (0 qu? (2) here-
ditas non ei pertinet. Ita videte quid (') accidit Viterbio, quod non
est aliquis qui (") Viterbio faciat et dicat iy) vel operetur bonum et
(a) O omette eis omne (b) H omnem actionem (e) Ms. quod
(d) Ms. fundamcDto (e) IV ipsius deficiunt non, qui.i; e ih «o/a ipsius non
deticiunt eius, non que, che è la lettura dell' II. (f) Ms. mullis agris
(g) O Sed et (h) i/ fr civitatem non, quia (i) O nobilitatcm (k) HW
habitantes in ea non, (1) IV Die (m) IV sintl (n) IV vinca
(o) Ms. mala (p) O omette accepit (q) nequaquam ? (r) IV elidit
(s) IV H destruitur O destruantur: quia (t) Ms. H quo (u) Ms. quia
H qui a (v) O omette et dicat
(i) Qui non si comprende bene se si tratti di Federico I o Fe-
derico II: più facilmente però di questo, e allora dovrebbe riferirsi
all'entrata da lui fatta in Viterbo nel 1240 (vedi e. 12 a) dopo la bat-
taglia di Cortenuova (1237, «cum debellaverat Mediolanum »).
(2) Strano caso di attrazione per « ea quorum hereditas ».
Le croniche di Viterbo 251
augumentum ; immo auferunt et diminuunt et destruunt omni die,
et virtutes et dignitates et dominationes extorserunt, et in quolibct
veniunt (*) auferendo, sicut superius dictum est. Et ille qui magis
simulat bene loqui et bene operari, ille citius accipit et furatur et
levendit eum. Et nemo est, qui possit lucrar! .v. solidos aut .x. libras
vel .e. aut plus vel minus, et communitas Viterbii deterioraretur
.M. marcis argenti vel duo milia aut plus, quod aliquid ipse curet, qui(b)
non dilìgit suam civitatem. Immo s?pe homines tradunt et faciunt
sibi magnum malum ; de quo bene adhuc eos penitebit. Et sic Vi-
terbium (.<=■) et h9c prophetia apparent W propter peccata hominum
consumati.
D e f o r t u n a V i t e r b i i . e. 14 a
O Viterbium, iam es («) clipeus durissimus et fortissimus qui (0
nulla vulnera times, et quicumque te portat in bellum, vittori? partem
tenet ; et longo tempore ad percussiones trium (g) fortissimorum bel-
latorum durasti: pap^OO, imperatoris et Rom? qui dominantur toti
mundo, totamque terram pessundant. Et quilibet de te scutum
facit et sbarram, inducit te in magnos labores et angustias, quae
portare non potes sine dolore niultorum.
O Viterbium, cum quiescis, tota contrada quìescit; et cum mo-
lestaris, tota molestatur contrada. O Viterbium, iam es clavis que
per totam contradam portam pacis et guerre pandis. O Viterbium,
omnis homo facit tibi malum et te tradit et vendit et spoliat. O Vi-
terbium, adhuc non habuisti Deum (0 te amantem, qui vellet te cre-
scere et (S) multiplicare, et te quilibet dominus diligit fraudolenter,
suum (0 capiens de te commodum, dum (™) sibi necessarium ades et
recedit de te, qualiter remaneas, nunquam curans. O Viterbium, tu
es factum petra iacens in via, super quam quilibet terendo transit, et
nemo te colligere curat, immo te lacere dimittit. Quare? Quia omnis
homo videtur te odire et videtur quod verus tibi sit inimicus. Sed
tu de omnibus, te auxiliante Deo ("), vindicabis; quia nullus te offen-
dentium adhuc impunitus evasit; nam omnes occidisti, destruxisti et
ad paupertatem duxisti, et qui tuam mortem cupiunt, sibi mortem
(a) ?F vendunt (b) O curet : quia H que (e) ///^penitebit. Et
sic Viterbium. Et liaec prophetia (d) Ms. apparet (e) \Is. IV est
(f) O quia (g) H ÌV l'omettono, in nota dicono esservi tran con segno di
abbreviazione sulla n ; così è di fatto, ma non ho dubbio sulla convetiienia della
correzione, (h) O idest pape (i) O H W dominum (k) HIV vel
(1) et suum (m) O et dum (n) H domino
2J2 y. Ei^idi - Le croniche ecc.
dedisti; et qui te deslruerc affectat ("), gladio nianuum tuariim ni re
periit (*>), indubitanter peribit, et qui te maledicit, malcdictus sit in
secula seculoruni. Amen.
Ora comincia Viterbo ad entrare nella tribulatione et nelle guerre
e nelle fatighe et nelle angustie, e dove prima dava battaglia et guerra
et affari ad altrui, cominciano ad esser loro oppressati, come ad presso
faremo mentione.
{Continua).
riit
(a) Ms. H lì' O afTectant (h) Ms. H gladiuni manuum tuarum ne repe-
/^ tuarumne reperiit e in noia « clTugiet vcl quid simile legendum videltir ».
VARIETÀ
DIPLOiMA PURPUREO DI RE ROGGERO II
PER LA CASA PIERLEOXI
I diplomi scritti con lettere d'oro su membrana pur-
purea presentano uno speciale interesse per la storia della
scrittura e per T arte calligrafica. Per questo appunto sono
ritenuti come i più preziosi documenti a noi pervenuti
dal medio evo e vengono sempre studiati con cura spe-
ciale. Ma disgraziatamente il numero dei conservati è
molto ristretto, per quanto non manchino notizie, sebbene
vaghe ed incerte, di molti altri, come risulta dalla lista
quasi completa che troviamo nel noto libro del professor
Bresslau (i). Io mi limito a registrare soltanto i sei con-
servati, che sono:
1. Il famoso diploma di Ottone I per la Chiesa
Romana del 9^2 febbraio 15. Originale (2) nell'archivio
Vaticano, arm. I, caps. in, n. i. Vedi il facsimile (la ri-
produzione è poco riuscita) presso Sickel (3);
2. Altro diploma famoso è quello degU Ottoni I e II
per r imperatrice Teofana del 972 aprile 14. Originale (2)
nell'Archivio di Stato di Wolfenbiittel (4) ;
(i) Haitdbucb der Urknndenlehre, I, 900 sg.
(2) Originale non in istretto senso diplomatico.
(3) Das Privilegium Otto I fi'ir die romische Kirche (1883).
(4.) Vedi il facsimile nelle Ori^'. Guclf. IV, 460 e presso Sybel
e Sickel, Kaisiriirkunden in Ahhildun^cn, IX, tab. 2.
2 54 'T^' A'e//r
3. Il diploma di Grimoaldo principe di Bari per la
chiesa di S. Nicola di Bari del giugno 1123. Originale
neir archivio Capitolare di S. Nicola (i);
4. Il bel diploma di Roggero II per la cappella Pa-
latina di Palermo del 1140. Originale nell'archivio di
questa cappella (2);
• 5. Il diploma di Lotario III per 1' abbate Wibaldo
di Stablo del 1137. Originale nell'Archivio di Stato di
Dusseldorf (5) ;
G. Il diploma di Corrado III per lo stesso abbate
Wibaldo di Corvei del 1147. Originale nell'Archivio di
Stato di Berlino (4).
A questi sei sono ben lieto di aggiungerne ora un altro
di speciale importanza.
L. Bethmann neWArchiv, XII, 495, parlando dell'ar-
chivio di S. Giovanni (invece di S. Vincenzo) di Volturno,
osserva: « Archiv zerstreut, einige Urkunden in der Barbe-
« riniana, darunter die Roberts mit Goldschrift auf violet-
« tem Grund )>. Questa notizia è ripetuta dal Wattenbach(5),
dal Bresslau (6) e dal v. Pflugk-Harttung (7). Desta mera-
viglia che finora, come pare, nessuno abbia fatto ricerche per
rintracciare un documento così prezioso e singolare.
Quando io nello scorso dicembre lavoravo nella biblio-
teca del principe Barberini, favorito da gentile raccomanda-
zione del P. Ehrle, prefetto della biblioteca \'aticana, e dalle
flicilitazioni concessemi da monsignor Alessandro Pieralisi,
(i) Ed. da I. V. Pflugk-Harttung, lUr JUiìicuni, I, 459, n. 49
e nel Codice diplomatico Barese.
(2) Ed. dal Garofalo, 'J'abularium Regine Cappellue, p. 11.
(3) Vedi Stumpf, Reg n 3353.
(4) Vedi Stumpf, Reg. n. 354^ ed il facsimile presso Sybel e
SiCKEL, Kaiserurkunden in Abhildiiugen, X, tab. 5.
(5) Das Scbriftwesen im Miltelaltcr, ed. 3°, p. 258.
(6) Handbuch der Urkundenlehre, I, 900.
(7) Forschungen ^ur Deutscben Geschiclik, XXIV, 571,
Varietà 255
l'ottimo bibliotecario della Barberini, per la mia raccolta
delle antiche bolle pontificie, pensai, approfittando dell'oc-
casione, di far ricerche per rintracciare se possibile il ri-
cordato diploma. E con meraviglia non poca tra le per-
gamene sciolte della biblioteca rinvenni un singolarissimo
diploma purpureo, ma non di Roberto, bensì di Rog-
gero II, e non per S. Giovanni o S. Vincenzo di Volturno,
ma per la casa Pierleoni. Sono convinto che questo sia
il diploma citato dal Bethmann, per quanto non sappia
spiegare la confusione della notizia del grande erudito (i).
Alcune osservazioni sui caratteri cstcnii.
È il documento su pergamena o su carta ? Il diploma
purpureo di Roggero per la chiesa Palatina di Palermo è
riconosciuto dagli esperti come scritto su carta (2). Io
stesso ebbi occasione di esaminare questo originale e ri-
levai che la stoffa è forte e spessa a guisa di cartone. Il
nostro documento invece è su materiale sottile, flessibile,
asciutto, precisamente come pergamena fina e morbida. Io
sono d' avviso che si tratti di vera pergamena; però lascio
che la questione venga decisa da persone tecniche, non po-
tendo io rilevare tutta l'azione delle materie coloranti sulla
stoffa. Osservo in riguardo che 1' album, cioè la faccia in-
terna, presenta un colore violetto quasi azzurro, mentre la
faccia verso ha colore purpureo vivo ed intenso.
Il documento misura in larghezza cm. 51 in alto,
cm, 52 in basso; in altezza cm. ^c)^ la plica ha cm. ^,^. La
rigatura venne praticata con punta a secco sul recto. Il mar-
gine è determinato da linea verticale, pure tracciata sul recto.
La scrittura, dalle lettere d' oro, ha nel suo insieme
(i) Probabilmente 1' errore va attribuito al compilatore delle
notizie del Bethmann pubblicate dopo la sua morte, le quali anche
in altri punti presentano incertezze ed errori gravissimi, dovuti alla
negligenza ed all'ignoranza di quel compilatore.
(2) Vedi Carin'i, SuUa porpora &c. in Xiiove Effetueridi Siciliane,
ser III, voi. X, 1880.
2)6 T. Kelir
qualche cosa di artificiale, di ricercato : i tratti forti, mar-
cati con aste prolungantisi ed ornate con nodi e ghirigori
varii, come riscontriamo del resto in altri documenti del-
l' epoca. Questa scrittura presenta, secondo il mio parere,
speciale riscontro con quella del diploma purpureo di Rog-
gero per la cappella Palatina, ed anzi si tratterebbe molto
probabilmente, se ben ricordo, di uno scrittore comune,
del quale conosciamo anche il nome dal presente diploma.
Il chrysografo si chiama « H. Panormitanus archidiaconus
« et capellanus » : è l'arcidiacono Enrico di Palermo il
quale ricorre anche in altri documenti della cappella Pa-
latina. Osservo ancora che nel nostro Inedito le parole:
« Quoniam cancellarius deerat » sono aggiunte, come io
credo, da un' altra mano, anche con lettere d' oro, ma al-
quanto più piccole e dai tratti più fini.
La plica ha quattro fori. Rimangono i fili serici in-
trecciati e di colore giallastro, ora molto svanito. Il sigillo
andò perduto ed era, secondo il testo, d'oro.
Passo ora ad alcune osservazioni sulla storia del docu-
mento.
Come pervenne alla biblioteca della famiglia Barbe-
rini ? Ora si trova fra alcune pergamene conservate a parte,
delle quali molte provengono da Verdi e da Monte S. Gio-
vanni. Non si esclude la possibilità che sia stato un acquisto
d'occasione. Di certo sappiamo solo che ancora nel se-
colo XVI era in possesso della famiglia Pierleoni.
Questo apprendiamo dal ben noto Alfonso Ceccarelli
da Bevagna. Nel suo lavoro, La serenissima nobilita del-
ì'alma città di Roma (cod. Vat. lat. 4909-491 1), troviamo
(voi. Ili, fol. 3) copia del nostro documento (i), preceduta
da queste parole: « Copia di un privilegio fatto a casa Pier-
« leoni da Roggiero primo re di Napoli, il quale è scritto
(i) Un'altra copia recente del nostro diploma si trova fra le
schede di mons. Gaetano Marini (cod. Vat. lat. 91 13, fol. 316).
Varietà 257
« in carta pergamena rossa sottile a lettere d'oro minute
« et si trova in mano del signor Pompeo Pierleone ».
Alfonso Ceccarelli! non è questo il famoso falsifica-
tore di tanti diplomi ? Non domanda il metodo scientifico
di rigettare per questo solo anche il nostro documento
tra i falsi o almeno tra i sospetti ? Infatti il eh. professore
A. Riegl nel suo bel lavoro sopra Ceccarelli e le sue falsi-
ficazioni nelle Mitteiìiiìigen des ostcrr. Inslituts, XV, 232,10
cita come « vermutlich gefiilscht ». E davvero questo so-
spetto può parere a prima vista fondato (i).
iMa non bisoa;na oreneralizzare ed escludere senz'altro
tutto il materiale che offre il Ceccarelli, Noi sappiamo bene
che la maggior parte dei suoi documenti sono indubita-
tamente falsificazioni del Ceccarelli stesso. Ala per alcuni
attinse a fonti genuine; così apprendo dal terzo volume del
citato lavoro La serenissima nobilita, fol. 2, 28, 37 &c., che
egli utilizzò i regesti Vaticani da copie autenticate dai cu-
stodi della biblioteca \^aticana. La copia poi che egli fece
del nostro diploma è veramente stata eseguita suU' origi-
nale, come attestano le lacune e gli errori.
Da questo risulta come molto ancora sia da farsi per
uno studio sul metodo delle falsificazioni del Ceccarelli,
il quale non inventava in vero senso, ma fabbricava su
pochi tipi e formole la serie dei documenti che lo interes-
savano per le genealogie.
Per quanto grande sia T importanza di questo diploma
dal lato paleografico ed artistico, mi godo assai più di of-
frire agli studiosi un documento di tanto valore per la
diplomatica dei Normanni e sopra tutto per la storia di
Roma nel secolo xii.
Non intendo però di occuparmi della parte diplomatica,
(i) Il Ceccarelli, loc. cit. fol. 6, cita anche un' altra pergamena,
« scritta a lettera formata colle maiuscule d'oro e rigata di linee d'oro
«et di altri colori quale ho havuto dal signor Curtio Saccoccia», Di
questo e della sua sincerità non intendo occuparmi per ora.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 17
258 'P. Kehr
perchè sulla diplomatica dei Normanni è imminente un
ampio studio di mio fratello Carluccio, il quale discuterà
particolarmente anche del nostro documento.
Il periodo storico in cui ci trasporta questo diploma è
noto a tutti. Nessuno ignora la parte avuta dalla famiglia
Pierleoni nella storia della Chiesa nei secoli xi e xii e l' in-
fluenza che ha avuto negli avvenimenti politici d' Italia,
sopra tutto nelle lotte intestine di Roma: Anacleto II,
che ha cinto Roggero II della corona di Napoli, è il
figlio del console romano Pietro Leone e fratello di
Giovanni, Leone, Roggero, Giordano e Guido, ricordati
nel nostro diploma inedito. Per la storia e per la genea-
logia di questa famosa famiglia romana, per le relazioni
tra Roma ed i Normanni è questo documento di tanta
importanza che desidererei che altri studiosi più esperti di
me nella storia di Roma 1' illustrassero ampiamente. Io,
come modesto ricercatore dei documenti nascosti negh
archivi, mi contento di offrire a questi studiosi il testo.
P. Kehr.
In nomine domini Dei eterni et salvatoris nostri Icsu Christi.
Anno eius incarnationis .MC.xxxiili. indic(tione) .xii. Ego R. Dei
gratia Sicili? et Itali? rex. D[um in] palatio nostro siimma | felici-
tate usi resiiJeremus, ad nostre maiestatis presentiam lohannes quon-
dam P. Leonis bone recordationis Romanorum consulis filius advenit,
ad memoriam revocans | beneficia et honores qu? pater et mater no-
stra felicis memori? et nos ipsi habundanti largitione patri et fratribus
et ei frequenter contulimus, ultroneus sorvitium | et ligium homi-
nium suum et receptacula omnium municionum et castrorum sua
et domorum fratrum et nepotum eorum subscriptorum, domum vi-
delicet Leonis et Rogerii et lordanis | et Guidonis et nepotum Petri
Hugezonis et Gratiani obtulit. Et ut h?c ad fìnem perduci potuissent,
constanter institit et per se et per homines nostros assidue claborans
potestatis I nostre clcmentiam exoravit. Nos itaque audita peticione
et cognita illius voluntatc, communicato nostrorum fidelium Consilio,
eius peticioni asensum prebere | decrevimus. Statuimus enim et tem-
poribus perpctuis observandum esse mandavimu5, ut tam ipsi pre-
Varietà 259
tiicti honorabiles et egregi! viri quam | ooruni licredcs nobis et he-
redibus nostris ligium liomiiiiuni et bipiani fidelitatem centra omnes
homines et feminas faciant et quod in omnibus ] castellis et municio-
nibus eorum nos et heredes nostros et gentem nostram et pecuniam
salve et secur? rtceptent ad facicndam guerram omnibus | inimicis
nostris, si inde requisiti fucrint vcl quandocumque vel ubicumque ne-
cesse fuerit, sine fraude et dolo quod ad dampnum nostrum | et he-
redum nostrorum sit iurciurando assecurent, termino et loco quem
nos vel nostri heredes eis et eorum heredibus nominabimus vel | no-
minare faciemus. Nos igitur nostr? liberalitatis arbitrio de nostri
palacii thesauro ad pondus nostr? curi? ducentas quadraginta uncias |
auri singulìs annis eis, si requisicrint, communiter dare promisimus
aut redditus ad valens im possessionibus et .vii. §quos et duos
ethiopes, hac vide | licet ratione ut privilegium donationis quod pater
noster et nos patri eorum et illis quondam fecimus remaneat. Sacra-
mentum autem erit hoc modo: Ego ( talis iuro et assecuro tibi do-
mino meo R. Dei gratia Sicili? et Itali? regi magnifico et domino
R. duci filio tuo aliisque tuis heredibus secundum tuam | ordinationem
ligiam fidelitatem et ligium hominium de vita et menbris et terreno
honore et corona regni tui et quod non queram nec querere faciam
nec I ero in dicto facto Consilio seu consensu, qualiter ea perdatis
vel captionem vestrorum corporum habeatis et terram quam hodie
tenes vel acquisiturus es et coronam | regni tui adiuvabo te et he-
redes tuos tenere et defendere contra omnes homines et feminas
qui ea vobìs ad tollendum invadere temptaverint, per me et per |
meos et meas municiones et castella. Consilium quod michi credi-
deris, alieni non pandam ad tuum dampnum. Vivam et continuam
guerram tuis inimicis fideliter | faciam et neque pacem neque con-
cordiam neque trevias neque suatam cum eis accipiam nisi t[ua] li-
centia. In villis et castellis nieis te et militiam tuam et pecuniam
tuam I et tuorum salv? et secare receptabo ad guerram faciendam
inimicis tuis et in guerra et in pace, si tibi placuerit. H?c attendam et
observabo tibi et domino ( R. duci filio tuo aliisque tuis heredibus
secundum tuam ordinationem per fidem sine fraude et ingenio quod
ad tuum vel eorum sit dampnum. ] Sic Deus me adiuvet et h?c sancta
evangelia. Ad huius sane nostr? concessionis robur et durabile firma-
mentum per manus H. Panor | mitani archidiaconi et capellani no-
stri hoc privilegium fieri mandavimus et nostro aureo sigillo insignari
precepimus. Data Panormi | quinto kal. februarii. Quoniam cancel-
larius deerat.
B. dep.
2^0 'P. Tacchi-Venturi
UN RUOLO INEDITO
DELL'ARCHIGINNASIO ROMANO SOTTO PAOLO III
Un nuovo documento per la storia dell' archiginnasio
romano nel secolo xvi viene ad aggiungersi a quello che
ora sta illustrando F. Pometti e che quanto prima egli
darà alle stampe (i).
Poche parole metteranno in evidenza quale sia la sua
importanza per conoscere più minutamente lo stato della
Sapienza in uno dei suoi più singolari periodi nella prima
metà del Cinquecento.
Era fin qui ben noto che Paolo III, gran mecenate
de' nobili studi, tra le prime cure del suo pontificato aveva
posto ancor quella di riaprire l'Ateneo romano, chiuso da
Clemente VII dopo i luttuosi fatti del sacco di Roma.
Monumento della sollecitudine del pontefice ci rimane
tuttavia il breve spedito l'ii novembre 1534, cioè appena
un mese dalla sua elezione, al celebre medico Girolamo
da Gubbio, l'Accoramboni, nel quale, ricordandogli il pro-
posito concepito di riaprire lo Studio e di attirarvi d'ogni
parte uomini insigni, T invitava a recarsi a Roma per leg-
gervi medicina (2).
(i) Ringrazio il Pometti di avermi cortesemente mostrato il
lavoro in preparazione.
(2) Il breve, edito già dal Marini, Archialri, II, 279, fu ripubbli-
cato dal Rexazzi, Storia dell' Università degli studi di Rotila, II, 243,
Varietà 261
Quali e quanti fossero stati i primi professori nel ria-
prirsi della Sapienza, quale la provvigione loro assegnata,
l'ignoravamo del tutto. Anzi, benché il ricordato invito
all'Accoramboni dicesse congetturare che lo Studio avesse
ripreso i corsi nel 1535, tuttavia, portando il ruolo più
antico la data del 1539, il Renazzi si restrinse prudente-
mente a scrivere che « sotto i fausti e validi auspici [quei
« dei Farnesi, l'avo Paolo e il nipote Alessandro] nel 1539
« era l'Università ben ristabilita e fondata» (i).
Una felice ventura lo scorso febbraio mi fece cadere
sott'occhio, nel R. Archivio di Stato in Parma, la minuta
originale del primo ruolo approvato da Paolo III per la
riapertura dello Studio. Questo documento, sconosciuto
sin qui, mette fuori di controversia che già nel primo
aiino del suo pontificato Paolo III ripristinò l'insegna-
mento alla Sapienza. Ne di minore importanza sono, a
mio avviso, le conclusioni che se ne traggono per cono-
scere più minutamente i costumi del tempo circa la scelta
dei lettori e la durata nella lettura.
Un raffronto fra i tre ruoli già noti del pontificato di
Paolo III per gli anni 1539, 1542, 1548 mostrava in ve-
rità quanto spesso succedessero cambiamenti nel corpo
insegnante. Ciò confermavasi ancora dal vedere due dei
primi compagni del Loiola, il Fabro e il Lainez, messi dal
papa a leggere nella Facoltà teologica appena giunti in
n. vin. Errò il Renazzi scrivendo che fu spedito sedici giorni dal-
l'elezione del Farnese avvenuta il 12 ottobre i)34.
(i) Renazzi, op. cit. II, 97 II ruolo originale in pergamena in-
sieme con gli altri del pontificato di Paolo III e dei suoi successori
conservasi tuttora nell'archivio della R. Università di Roma. Va os-
servato che la data 1)39 in calce del recto della pergamena non
risale alla sua prima compilazione, ma fu apposta da una mano
del sec. xviii, che la prese dal verso dove era stata notata in tempi
molto più antichi, come si giunge a discernere dalle svanite tracce
delie cifre.
262 'P. Tacchi- ì'ciiliiri
Roma il 1537, e mutati da li a men di due anni, cioè nel
maggio 1559 (0-
Ora, mettendo a riscontro questo ruolo del 1535 con
quello del '39, il primo degli altri tre sotto Paolo, tro-
viamo tante mutazioni nel corpo degli insegnanti alla
breve distanza di soli tre anni, quante certo non si veri-
ficano mai relativamente in ninna Università moderna.
Fra diciotto professori che l'Università contava nel 1535,
solo sei o al più otto rimangono al posto nel 1539, quando
il loro numero era stato notevolmente accresciuto elevan-
dolo a ventiquattro (2).
(i) I nomi di questi due teologi, savoiardo l'uno, spagnuolo il
secondo, non ricorrono in alcuno dei ruoli fin qui conosciuti. 11 Re-
NAZZi (op. cit. p. 99) li ricordò attingendo al Maffei, buona fonte,
ma non certo di prima mano yDe vitd et nioribus li^n, Loyolae, lib. 2,
cnp. 6).
Gli studi di questi ultimi anni sopra le origini della Compagnia
di Gesù ci mostrano 1' esattezza dello scritto del Maffei e degli altri
biografi ignaziani. Dell' insegnamento infatti del Fabro e Lainez alla
Sapienza scrisse in una sua lettera lo stesso Santo il 19 dicembre 1558
{Cartas de san Igiiacio de Loyola, Madrid, 1874, I, 65, 76), Anche il
Bobadilla loro compagno, venuto in Roma nella primavera del 1558,
in una lettera autografa inedita al duca Krcole li di Ferrara dei
I) giugno dello stesso anno, conferma il fatto (Arch. di Stato in
Modena. Cancelleria ducale, Regolari), e il medesimo ripete il con-
temporaneo PoLANCO nel Chronicon Soc. Jes. I, 65 (nei Moniim. hislor.
Soc. Jes., Madrid, 1894).
Questi ragguagli hanno grande valore per determinare l'anno
del più amico ruolo in pergamena, conservato nell' archivio della
R. Università di Roma. Portando esso la data del 1539, 5' potava
dubitare se rappresentasse lo stato dei professori per 1' anno scola-
stico 1538-59, o per il 1539-40. Ma poiché non vi compaiono i nomi
dei pp. Fabro e Lainez, i quali (come spero di dimostrare nella
storia della Compagnia di Gesù in Italia) tennero la lettura dal
nov. 1537 al maggio 1539. ne segue che il ruolo debba attribuirsi
al 1539-40 e in niuna guisa all'anno precedente.
(2) Dico sei, o al più 0//0, perchè si rimane veramente dub-
biosi se il « dominus Franciscus Racanatensis » e il « doniinus licen-
Varietà 2^3
Rileveremo ancora alcuni pochi particolari. Il ruolo
del 1539 omette interamente la provvigione dei singoli
lettori, che ricorre del resto in quelli del 1542 e '48. Questo
primo del '^^ la dà per tutti, eccetto che per quello della
loirica. L'Accoramboni non fìirura insegnante né in me-
dicina, né in altre Facoltà affini; il perché non sappiamo
qual fede si debba al Renazzi, che asserisce avere lui ac-
cettato l'invito e letto alla Sapienza (i).
Il celebre chirurgo napoletano Alfonso Ferri, che in-
contrasi nei ruoli del 1539 e ne' seguenti, aveva comin-
ciato a tenere scuola di chirurgia sin dal 1535 alla riaper-
tura dello Studio. Si convince ancora inesatta la notizia
del Renazzi, che fra Cipriano da Roma dell'Ordine dei
Predicatori fosse destinato alla cattedra di teologia nel
riaprimento dell'Università. Il ruolo del '^^ mostra che
egli successe, non sappiamo se immediatamente, al p. Carlo
Pinelli che, primo sotto Paolo, tenne quella lezione.
Resterebbero ora da illustrare i nomi dei singoli pro-
fessori, tra' quali non mancano personaggi cospicui. Ma
questo compito lo trasmetto intero a chi vorrà darci, se
non una nuova storia, almeno più ampi e critici studi sul
celebre archiginnasio. Il campo, per quanto percorso nei
tempi andati, lascia tuttavia luogo abbondante a chi voglia
spigolare utilmente e copiosamente.
Pietro TACCHI-^'ENTURI S. I.
«tiatus hispanus », professori in diritto canonico e in matematica
nel 1535, non siano gli stessi che ricorrono nel ruolo del 1539 sotto
il nome di a M, Franciscus Leopardus » lettore in medicina, e « Hie-
« ronimus Artins hispanus » professore di metafisica,
(i) Renazzi, op. cit. II, 95, 107-iOcS.
2^4 *P. Tacc/ii-Veiìturi
[Arcli. Ji Stato in Parm», Cjr/<»g/o Farueiiano, ij3S, Ofig-]
Professores deputati a Sanctissimo Domino Nostro
Paulo III ad I e g e n d u ni in G y m n a s i o Romano prò
hoc anno 15^5 cum infrascriptis salariis. In primis
In T h e o I o g i a .
A 60. Magister Ioannes lacobus procurator ordinis sancti Augustine
A 60. Magister Carolus Pynellus ordinis praedicatorum.
A 60. Magister Ioannes Monlutius Gallus.
In Canonico.
A 50. Dominus Sylvester Politianus.
A 50. Dominus Franciscus Racanatensis.
In Civili.
A 100. Dominus Ioannes Baptista Osius.
A 100. Dominus Restorus Perusianus.
A n (sic) I n s t i t u t a .
A 75. Dominus Damianus Politianus.
In Medicina.
A 150. Magister Ioannes de Macerata.
In P h i 1 o s o p h i a .
A 300. Dominus lacobus de lacomellis.
In Logica.
Idem dominus lacobus de lacomellis.
A 30. Magister Andreas de monte Ilcino.
In Chirurgia.
A 100, Magister Alfonsus de Regno.
A 75. Magister Franciscus Romanus.
I n M a t h e m a t i e a .
A 60. Dominus licentiatus Ispanus.
Varie là 26 \
In R h e t o r i e a .
A 120. Doniinus Nicolaus Scacvola de Spoleto.
A 36. Dominus Ncstor Mcdiolancnsis.
In Greco.
A 100. Dominus Nicolaus Maioranus.
Subscriptio talis erat: S.mus Dominus Noster ita mandai. Am-
brosius Recalcatus S. S."^ secretarius.
[A tcr^o d' altra mano, ina coeva] Lectores Romac.
ATTI DELLA SOCIETÀ
SedtUa del 21 marzo igoi.
Sono presenti i soci U. Balzani, presidente; I. Giorgi,
segretario; C. Maes, L. Mariani, A. Monaci, F. Nitti,
M. Rosi, P. Savignoni, Th. Sickel, O. Tommasini.
Si scusano di non potere intervenire i soci Guidi, Fon-
tana, MoNTicoLO e Navone.
Il Segretario legge il verbale della seduta precedente
che è approvato.
Il Presidente dà lettura della relazione seguente:
« Egregi Colleghi,
« Il volume MY Archivio che ho l'onore di presentarvi,
incomincia con una pubblicazione che mostra le continue
e cordiali relazioni tra la Società nostra e le Società stori-
che d'altri paesi. La Historiscb Genootschap di Utrecht, de-
siderosa di dare in luce tutti i diari di Arnoldo von Bu-
chell, ci offriva cortesemente di pubblicare la parte di essi
relativa ai viaggi che l'erudito olandese aveva compiuti
in Italia tra il novembre del 1587 e l'aprile del 1588. Il
ConsigUo di presidenza accettò di buon grado l' offerta,
e V Iter Italiciini viene ora in luce nel nostro Archivio
grazie alle cure del dottor van Langeraad che ha fornito
il testo e le notizie intorno all' autore, e del nostro collega
il professore Lanciani, il quale con note topografiche e
storiche fa da par suo l'illustrazione del testo.
26S oAlti della Società
«Il professor Tomassetti ha continuato in questo volume
il suo lavoro sulla Campagna Romana concludendo in esso
la descrizione della via Portuense, e il professore France-
sco Pometti ha condotto a termine i suoi studi sul pon-
tificato di Clemente XI. La geniale consuetudine fissata
dalla Società di tenere adunanze allo scopo di fare delle
comunicazioni scientifiche, oltre all' interesse e al vantaggio
grande delle discussioni ha fornito :\\V Archivio ottimo ma-
teriale di pubblicazione. Incuti sono frutto di queste adu-
nanze la comunicazione del socio professor Kehr di due
documenti inediti che illustrano la storia di Roma negli
ultimi anni del secolo undecimo, e sui quali egli porta la
luce della sua critica misurata e feconda, e le comunica-
zioni del dottor Hermanin suU' atfresco scoperto a S. Ce-
cilia in Trastevere, e attribuito a Pietro Cavallini, e del
dottor Federici sopra Santa Maria Antiqua e gli ultimi
scavi del Foro Romano. Sulla importanza delle scoperte di
cui trattano queste due comunicazioni sarebbe superfluo
insistere, ma sono certo d' accomunarmi al pensiero vostro
facendo voti perchè l'ardore delle ricerche bene iniziate
non si rallenti, e dia col tempo nuovi risultati. Le indagini
archivistiche continuate dagli alunni della Scuola Storica,
hanno anch'esse fornito materia all'Archivio. Il dott. Fe-
derici ha compiuta la pubblicazione del Regesto del mona-
stero di San Silvestro de Capite, e il dott. Fedele intraprese
quella del Talmìario di Santa Maria Nova che contiene
documenti di gran pregio. Oltre a questi lavori, lo studio
del prof. Pietro Egidi sulla Fraternità dei Disciplinati di
Viterbo, e alcuni brevi scritti dei signori Grimaldi, Cardosi
e del socio comm. Fumi, completano questo volume che
spero non troverete inferiore a quelli che lo precedono.
« La stampa del futuro fascicolo è già bene innanzi, e
non mancherà materia al volume nuovo, sia con le con-
tinuazioni di lavori già in corso, sia con altri già pronti
ed offerii. Cito fra questi alcuni nuovi documenti relativi
OAtti della Società 269
alla liberazione dei principali prigionieri turclìi presi a Le-
panto, che pubblicherà il socio prof. Rosi; uno studio del-
l'avv. Carassai sulla storia della proprietà ecclesiastica nei
riguardi pubblici dall'epoca Costantiniana alla Giustinianea;
la cronaca di frate Francesco d'Andrea da Viterbo, a cura
del prof. Hgidi, e alcuni altri studi del dott. Federici com-
plementari della sua comunicazione intorno a Santa Maria
Antiqua. Debbono poi aggiungersi a questi, i lavori che
stanno preparando gli alunni della Scuola Storica.
« Intorno a questa Scuola debbo annunziare che i si-
gnori Pietro Fedele e Vincenzo Federici, avendo compiuto
il termine pel quale erano stati eletti, hanno dovuto stac-
carsene. I lavori eh' essi hanno pubblicato nel nostro Ar-
chivio, le belle comunicazioni fatte da loro nelle nostre
riunioni scientifiche, attestano del loro ingegno, del loro
zelo e del loro amore agli studi e m' è caro ricordarne
l'opera con grande lode. Su proposta di questa Presidenza,
il Ministero dell' Istruzione ha nominato in loro vece i
dottori Pietro Egidi e Luigi Schiaparelli, e confido che
essi serberanno alto il buon nome di questa giovane Scuola
che io, con fede tenace, credo destinata a salire dagli umili
principi ad una vita rigogliosa e fiorente. Essi hanno in-
cominciato già i loro lavori dedicandosi l' Egidi, oltre al
lavoro annunziato, ad uno studio sui necrologi della pro-
vincia romana, e lo Schiaparelli alla esplorazione di alcuni
archivi molto importanti e finora non bene conosciuti.
(c Circa le pubblicazioni libere della nostra Società, ho
poco da aggiungere a quanto vi dicevo nella relazione
precedente. Gli scarsi nostri mezzi finanziari ci costringono
a procedere con cauta lentezza. Prosegue però la stampa
del Liher hystorianun Roìnanorum, e pel Rci^eslo di harfa
si lavora all' indice dei luoghi che è a stampa, ma la cui
correzione definitiva richiede cure minuziose e verifiche
continue e diffìcili. Inoltre al dott. Schiaparelli è stato dato
incarico di spingere innanzi il lavoro di preparazione per la
270 Q/ltti della Società
raccolta dei Diplomi imperiali e retili pubblicati a facsimile,
con r intendimento di avere così apparecchiato il lavoro,
che appena si riesca ad avere i mezzi per l'esecuzione dei
facsimili, r opera possa venire compiuta con la maggiore
rapidità.
« Alle pubblicazioni dell' Istituto Storico Italiano la So-
cietà continua a portare il suo contributo. Dei lavori de-
liberati d'accordo con l'Istituto continuala preparazione,
e intanto la stampa del Chroiiicon Farfcnse procede alacre-
mente.
« L' anno scorso si è chiuso e questo nuovo si è aperto
con due avvenimenti dolorosi per la Società nostra : la
morte dei colleghi Raffaele Ambrosi de Magistris, e Mandell
Creighton. D' entrambi troverete il ricordo nelT ultimo fa-
scicolo deWJrchivio, ma so d'interpretare gli animi vostri
mandando un affettuoso e mesto saluto alla loro memoria ».
Messa ai voti la relazione è approvata.
Il Presidente presenta alla Società i bilanci, ma fa os-
servare come ad essi manchi la sanzione di uno dei due
soci eletti a sindacarli, il socio Ambrosi mancato ai vivi
prima che avesse potuto prenderli in esame. Chiede alla
Società se ritiene che sia meglio rimandare ad altra se-
duta la discussione dei bilanci nominando intanto un altro
sindacatore in sostituzione del socio Ambrosi.
Il socio Rosi è d'avviso che basti l'approvazione di un
solo sindacatore.
Il socio ToMMASiNi Crede che in questione di bilanci
sia opportuno tener ferme le consuetudini, e propone il
rinvio della discussione e la nomina di un altro sindaca-
tore.
Il Presidente dichiara che nel rimettersi al parere della
Società il Consiglio propende per la proposta Tommasini
che è approvata. A sindacatore viene eletto il socio Nitti.
Il Presidente annunzia che alla Società è pervenuto un
invito di partecipare ad un Congresso internazionale di
oAtti della Società 271
scienze storiche che dovrebbe tenersi in Roma nell' anno
venturo. Egli è d'avviso che la Società debba in questo
caso, come in altri casi precedenti, astenersi.
Il socio ToMMASiNi appoggia la proposta di astensione.
Rileva come non si sia potuto ancora adunare il Congresso
nazionale di Palermo. Crede opportuno che la Società
lasci alla iniziativa individuale dei soci di partecipare come
meglio essi credono all'opera di questo Congresso inter-
nazionale, ma eh' essa debba mantenere il riserbo tenuto
in altre occasioni.
Il socio NiTTi è di contrario avviso e crede che la So-
cietà debba prender parte ad un Congresso che ha già
avuto adesioni notevoli e che deve tenersi qui in Roma.
Dopo ulteriore discussione a cui prendono parte i soci
Monaci, Tommasini e Nitti, la Società delibera di astenersi.
A tenore dello statuto si procede allo scrutinio segreto
per r elezione del presidente, di due consiglieri e del te-
soriere. Fatto lo spoglio delle schede risultarono eletti i soci
U. Balzani a presidente, E. Monaci, O. Tommasini a con-
siglieri, G. Navone a tesoriere. Al presidente Balzani viene
confermato il mandato di rappresentare la Società come
delegato presso l'istituto Storico Italiano.
La seduta è tolta alle ore 18.
Seduta del 26 aprile igoi.
Sono presenti i soci U. Balzani, presideìite; G. Lum-
BROso, E. Monaci, M. Rosi, P. Savignoni, O. Tomma-
sini, e i signori, G. Arias, P. Ecidi, V. Federici, G. Fo-
colari, F. Hermanin, F. Pometti, V. Rocchi e E. Guerri
invitati alla riunione.
Si dà lettura del verbale della seduta precedente che
è approvato.
272 Q^lti della Società
Il Prksidenfk commemora il socio defunto Bartolomeo
Fontana ricordandone i meriti verso la Società.
Invitato dal Presidente il dott. Federico Hekmanin
comunica che in seguito a riscontri stilistici fatti coli' af-
fresco di Pietro Cavallini, scoperto in S. Cecilia in Traste-
vere, egli crede di potere assegnare al grande pittore ro-
mano anche la decorazione del semicatino dell' abside di
S. Giorgio in Velabro, per tradizione attribuita a Giotto.
L' affresco, nel quale sono raffigurati Gesù Cristo, la
Vergine Maria, S. Giorgio, S. Pietro e S. Sebastiano, deve,
secondo il dott. Hermanin, porsi cronologicamente fra i
musaici dell'abside di S. Maria in Trastevere (1291) e
l'affresco di S. Cecilia (1298?-! 300.'').
Committente ne fu probabilmente Iacopo Gaetano Ste-
faneschi, nominato cardinale diacono di S. Giorgio in Ve-
labro ai 18 di dicembre del 1295, e quindi la pittura sarà
stata cominciata nell'anno 129^.
Già il Cavalcasene negava che quest'affresco potesse
assegnarsi a Giotto e vi notava rapporti di stile con i musaici
di S. Maria in Trastevere.
Il dott. Gino Arias dà notizia di alcuni documenti del-
l'archivio Vaticano, cioè principalmente di un libro di com-
mercio in volgare e di alcune lettere commerciali pure in
volgare, del secolo xiii, appartenenti alla compagnia mer-
cantile senese de' Bonsignori. Questi documenti (che fan
parte degli atti di un processo tenutosi nel 1345, per ini-
ziativa della S. Sede, contro gli eredi di quella società da
vari anni fallita) sono interessanti sotto moltissimi aspetti,
sia per lo studio storico e giuridico dei rapporti fra i
banchieri toscani e la S. Sede nel secolo xiii, sia per l'in-
dagine delle cause che determinarono il fallimento de'
Bonsignori e il decadere del commercio bancario senese
al principio del xiv secolo, vuoi per la ricerca del valore
comparativo delle monete medioevali, vuoi infine per la
storia del nostro volgare.
oAtti della Società 273
Questi documenti e il loro commento vedranno la luce
wqW Archivio della nostra Società.
Il dott. Rocchi riferisce intorno ad una bolla inedita
di Urbano VI, e il dott. Focolari intorno ad un sarcofago
scoperto di recente nel Foro Romano.
Il prof. PoMETTi comunica che la lacuna che si riscontra
nella cronologia dei cardinali, dal 1201 al 1213, può essere
riempita col nome di Paride, cardinale dell' Ordine dei
preti e dal titolo dei XII Apostoli, il quale figura tra i
firmatari d'una bolla di Innocenzo III (1202, 9 giugno),
inedita, e della quale il Pometti dimostra 1' autenticità.
Il dott. Luigi Schiaparelli parlando di alcune sue
osservazioni sulla « finnatio autografa nelle carte pagensi
romane dei secoli x e xi » crede di potere asserire come
conclusione che in tali carte è regola l'uso della firma auto-
grafa. Questa firma consisteva o nella sottoscrizione auto-
grafa (per intiero od in parte) o nella semplice croce
autografa. Di quest' ultima si usa pure il sistema detto a
spacco, cioè col solo tratto orizzontale autografo. La fir-
matio autografa si f:i sempre più rara verso la fine del se-
colo XI e diventa eccezione nel secolo xii.
Il prof. Pietro Ecidi comunica le conclusioni a cui è
giunto nei suoi studi preparatori alla edizione della Cronaca
Viterbese di frate Francesco d'Andrea di cui s'incomincia
la pubblicazione in questo fascicolo à.e\\' Archivio.
Il Presidente dà lettura delle relazioni sui bilanci che
vengono approvati.
La seduta è sciolta alle ore 18.
Archivio della K. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. l8
BIBLIOGRAFIA
R. Poupardin, Ètiidc sur la diplomatiqiie des princci ìombards
de Bénévcìit, de Capone et de Saleriie, in Mélan^es d'archeo-
logie et d'ìmtoire, tom. XXI. — Rome, 1 90 r, pp. 1 1 7- 1 80.
Il Poupardin divide il suo lavoro in tre capitoli : nel primo parla
dei diplomi dei principi di Benevento dei secoli viii e ix, Romualdo,
Godescalco, Liutprando, Arichi, Gisolfo, Grimoaldo III e IV, Sicone,
Sicardo, Radelchi I e II, Radelgario, Adelchi, Aione. Questi diplomi
hanno i vari nomi di « preceptuni », « preceptum firmissimum » o
« roboreum », o « concessionis », o « fìrmitatis », o « renovationis »,
ed altri nomi meno frequenti, come « libertatis et fìrmitatis prece-
«ptum», «membrana concessionis preceptum » &c.; la loro invo-
cazione è quasi sempre la medesima: « In nomine domini Dei
« salvatoris nostri lesu Christi»; l'intitolazione i principi di
Benevento si nominano « vir gloriosissimus » o con la frase « nostra
«gloriosa potestas », « nostra clementia », o '( exemietas », o « es-
ce cellentia », o « sublimitas », con la sola eccezione di Arichi che si
chiamava «vir excellentissimus »; l'esposizione, quasi sempre
mancante nei documenti del secolo viii, è ridotta in quelli del se-
colo IX alla sola menzione della cosa richiesta, annunciata dalla frase
«per rogum » seguita dal nome del «rogator» che è uno della fa-
miglia del principe o più spesso un funzionario di palazzo.
Nella disposizione, in genere breve, la concessione se ad
un particolare è espressa per « concessimus tibi N. », se ad una casa
religiosa «concessimus in ecclesia », « in monasterio N. » e termina
con una formola che stabilisce i diritti del beneficiato, l'ordine ai
soggetti di farli rispettare, la perpetuità dei suddetti diritti; vi manca
quasi sempre la espressa sanzione penale in caso di contrav-
venzione all'atto.
Dalle sottoscrizioni della cancelleria appare che nella
preparazione del documento si distinguevano tre momenti: l'ordine
iqd
'\Bibliografia
dato dal principe Ji prepararlo; l'ordine di un funzionario di farlo
redigere; la stesura dell'atto da parte di un notaio: tutti e tre risul-
tanti dalla formula « ex iussione nominatae potcstatis dictavi ego Petrus
« vice dominus et referendarius tibi Teodaldo scribendum w del di-
ploma del 721 del duca Romualdo (Trova, n. 378). Da certi atti
risulta che spesso il documento si redigeva senza intermediari fra il
principe e il notaio: del referendario, del resto, che pare fosse il
capo della cancelleria, non si trova più menzione dal 774 in poi.
I notai, molto numerosi, pare che facessero parte di una cancel-
leria ben costituita o che almeno appartenessero in qualche modo
alla famiglia del palazzo del principe.
Nella data, l'actum comprende il luogo, il mese, l'indizione;
dal 774 in poi, anche l'anno del principato, con la formula « anno
« tanto ». Nei diplomi del secolo ix il « Datum », dalla parola « mense »
in poi, è di carattere diverso dal resto, né è possibile dire se della
medesima o d'altra mano.
L' a pprec azione sempre con le lettere Fé o F «feliciter».
Di sigilli non se ne conosce nessuno anteriore al secolo x;
ma in atti di Romualdo II, di Gisolfo II e di Adelchi si ha notizia
di un « anulus » ; un atto di Gisolfo è detto « preceptum sigillatum » ;
tracce di sigilli sono pure in documenti del secolo ix in uno dei quali
(Montecassiuo, caps. XII, n. 21) esso doveva avere 40 millimetri di
diametro.
Alcuni atti privati acquistavano forma di precetti quando a re-
digerli concorrevano funzionari palatini e quando avevano il sigillo
del principe.
Gli atti giudiziari («indictum», « iudicatum », « iudicatum
« diffinitionis ») sono redatti in nome del principe; hanno l'invoca-
zione abbreviata: «in Dei nomine»; la formula iniziale costante
« cum coniunximus nos vir gloriosissimus dominus N. &c. in loco N. »;
minutissima l'esposizione delle parti, richiamati gli incidenti di pro-
cedura, identiche alle altre le varie parti dell' esc ato col lo.
Nel secondo capitolo l'autore tratta dei diplomi dei principi di
Capua e di Benevento del secolo x e del principio dell' xi: Atc-
nolfo I, li, III; Landolfo I, II, III, IV, V; Paldolfo I, II, III, IV;
Landenolfo, Laidulfo, Paldolfo di Teano e Giovanni.
Essi assomigliano per i caratteri esterni ai diplomi Carolini:
sempre in pergamena, in genere di forma irregolare, specialmente
dopo il x secolo; in minuscola longobarda cancelleresca; frequenti
le abbreviazioni per sospensione; corrotto il loro latino quasi come
quello degli atti privati.
bibliografìa 277
Olire che con i nomi già indicati per gli atti del primo periodo
essi si trovano designati anche con gli altri « munitionis » o « nui-
« nitatis apices », « hrmitatis apices».
In certi casi i principi di Capua, come semplici privati, dispo-
nendo dei loro beni, facevano redigere atti meno solenni, in tutto
simili agli atti pagensi, che son forse quelli designati col nome di
(f cartola » (cf. un documento del Chronicon Vullurnense in Muratori,
Rer. 11. Scr. I, 11, 160).
La prima linea del protocollo iniziale preceduta dalla
croce e la sottoscrizione del principe nell' es e a tocol 1 o in ca-
rattere cancelleresco allungato: essa contiene l'invocazione, la
soscrizione del principe e l'esordio abbreviato; le tre parti
distinte da puntuazione molto variabile.
La formula di intitolazione è la solita: « N. divina ordi-
te nante providentia Langobardorum gentis princeps <Scc. » ; quella
dell'esordio che nel primo periodo si trova completa (cf. un do-
cumento di Atenolfo in Gattola, Hist. p. 28) vien ridotta in questo
tempo alla abbreviata « cum principalis excellentia petitione dilecti
«sui clementer favet igitur... ìnic».
L'esposizione contiene anche ora la domanda fatta diretta-
mente o per mezzo d'un intermediario che in questo tempo, a diffe-
renza del primo periodo, è un parente del principe, o sua moglie o sua
madre o un conte o un sacerdote o un gastaldo; spesso vi si trova
la formula di devozione « prò amore Dei et mercede ac redemptione
«anime nostre», e più tardi l'altra «prò patrie nostre salvacione ».
La disposizione è rappresentata dalla parola «sancimus»,
« concedimus » come negli atti analoghi del primo periodo, ma con
le formule finali meno determinate.
La corroborazione è spesso seguita da una sanzione
materiale che varia da i a 100 libbre d'oro, talvolta da dividersi tra
il fisco e la parte lesa; sanzione rarissima nel primo periodo e che
forse si deve all'influenza dei diplomi Carolini.
La sottoscrizione del principe, se regna uno solo, è « Si-
« gnum (monogr.) dom. N. excellent. principis »; se regnano in più, o
ne è sottoscritto uno solo, quello ricordato nella intitolazione; o
ambedue, uno doDO l'altro: spesso la sottoscrizione è seguita
da punteggiatura speciale e completata dal sigillo. Il monogramma,
come in molti diplomi Carolini, è, forse, fatto in cancelleria; del prin-
cipe potrebbe riconoscervisi il « signum » in quel comma d'inchio-
stro nero che si vede nel mezzo della O dei monogrammi medesimi.
Nelle sottoscrizioni della cancelleria non comparisce
più il referendario del primo periodo ma solo un « notarius » o
278 IBibliografa
K scriba » che forse apparteneva al palazzo, come parrebbe dalla firma
di un diploma di Atenoifo (Gattola, Accession^s, p, 44). Spesso le
sottoscrizioni della cancelleria e la data sono di altra mano che
quella del testo, dal che si può dedurre che certi atti copiati da uno,
erano completati in seguito con le formule dell' e s cat o e o 1 lo.
Nella data è compreso Factum con l'indicazione del luogo,
il datum con quella dell'anno del principato (o dei principati) con-
tato dal giorno che il principe è associato al governo dal suo pre-
decessore, e con l'indizione che è sempre quella del i" settembre.
Il sigillo segue la sottoscrizione del principe; è di cera bianca,
oggi abbrunata dal tempo: di forma rotonda, di dimensioni varie che
vanno gradatamente ingrandendosi da Atenoifo I a Landolfo: in ge-
nere quelli dei principi di Capua hanno nel recto l'immagine, nel
verso il monogramma del principe in nome del quale è redatto il
documento con il nome di colui che gli è stato associato. Ma nu-
merose sono le varietà, e il Poupardm ne riporta quante ne ha trovate.
Nel terzo capitolo tratta degli atti dei principi di Salerno: Si-
conolfo, Ademaro, Guaifero, Guaimaro I, II, III, IV, Gisolfo I, II,
Paldolfo I, Testa di Ferro Giovanni.
Molti di questi sono atti privati analoghi a quelli dei conti, dei
vescovi e dei particolari.
Fino al principato di Guaimaro III i caratteri esterni dei docu-
menti sono i medesimi del secondo periodo. Cominciano con la croce;
scritti senza distinzione in tutte le varie parti con la medesima scrit-
tura, ad eccezione della data che dopo la parola '< mense» è di ca-
rattere più grande; mancano sottoscrizioni; manca il monogramma.
Da Guaimaro III l'invocazione e il nome del principe
sono scritti in lettere cancelleresche allungate.
Nel protocollo iniziale, 1' invocazione negli atti di Sico-
nolfo è « In nomine domini Dei salvatoris lesu Christi » ; in quelli di
Guaimaro « In nomine domini Dei eterni salvatoris lesu Christi »; in
quelli di Gisolfo « In nomine sancte et individue Trinitatis ».
Il titolo del principe è sempre « princeps Langobardorum »
con la frase « Dei providentia », « divina opitulante cletnentia ».
Nel testo, tanto l'esordio che la notificazione, l'espo-
sizione e la disposizione, sono come nei documenti che ab-
biamo già esaminati; nessuna sanzione legale; nessuna corro-
borazione, che è rappresentata soltanto dall'annunzio del sigillo,
senza sottoscrizioni e senza monogramma. Il solo Guaimaro IV pare
che usasse di scrivere le formule finali nei suoi atti e di apporre il
monogramma, che dal solo originale di lui pervenutoci (ardi. .Mon-
Tìibliografìa 279
tecassino, caps. XII, n. 13) apparisce essere in nero e non in rosso
come nei documenti degli altri due gruppi.
La sottoscrizione della cancelleria è fatta sempre «ex
« iussione suprascripte potestatis scripsi ego N. notarius », e ciò fin
al momento in cui nei diplomi di Guaimaro IV si trova la firma del
notaio Truppoaldo. In seguito la sottoscrizione rassomiglia a quella
di atti privati, nel senso che il principe vi parla in persona prima.
I nomi dei notai di questi atti spesso sono gli stessi degli atti privati
dell'epoca e del luogo. Questo fatto non permette di concludere che
i principi di Salerno non avessero vera e propria cancelleria o che
si servissero dei medesimi notai che rogavano atti per il pubblico,
poiché in tutti i casi nei quali in atti principeschi si trovano firme
di notai che si riscontrano pure in atti privati è sempre estrema-
mente difficile stabilire la identità come dei nomi anche delle per-
sone, per le quali talvolta potrebbe invece trattarsi di vere omonimie.
Anche in questo periodo la data comprende Factum con il
luogo, l'anno del principato, il mese e l'indizione. Dal principio del
secolo XI la parola actum scompare e la data viene compresa nella
formula finale di cancelleria. Manca l'apprecazione.
II più antico documento di Siconolfo aveva già il sigillo; e
sigillati erano i documenti dei principi successivi di Salerno. Di si-
gillo facevano uso Guaimaro I, Gisolfo I, Guaimaro III.
In questo periodo v' ha anche una categoria di documenti detti:
atti privati non solenni, che i principi di Salerno facevano
redigere non come sovrani ma come proprietari. Questi non avevano
sigillo ed erano redatti per domanda del principe da un notaio.
Cominciano dalla data (anno del pontificato, mese, indizione); vi
manca la domanda fatta al principe, la formula di conferma, la
disposizione. Dal x secolo in poi qualche volta vi si trova una
specie di sanzione temporale (poena pecuniaria) per la quale
il principe promette di pagare una certa somma se non avranno
effetto le convenzioni stabilite. Nel secolo xi si trova un'altra specie
di atti nei quali comparisce l'autorità di un giudice che presiede alla
redazione dell'atto.
Di tutti e tre i periodi l'autore compila la nota dei referendari
e dei notari. La ragione e l'importanza di questo lavoro sta in ciò
che tutti questi documenti rappresentano per la loro redazione di-
plomatica come un periodo di transizione fra gli atti dei re longo-
bardi dei secoli vii ed viii e quelli dei principi normandi del secolo xi.
È questo il primo lavoro speciale che dopo il volume del Russi
(Paleografìa e- diplomatica, Napoli, Rinaldi, Sellitto, 1883) si sia pub-
28o
Tiihliuii- rafia
blicato sulla diplomatica dei principi di Benevento, di Capua e di
Salerno. Il volume del Russi, specialmente per la mancanza di un
metodo più rigoroso in relazione allo sviluppo che fuori d' Italia,
avevano avuto gli studi diplomatici, invecchiò appena pubblicato:
che pochi anni dopo la sua comparsa (11S85) in Germania usciva la
prima edizione deir//a»;d/'«r/; del Bresslau (1889) e in Francia il Ma-
nuale del Giry; ma per l'Italia il suo lavoro era fra i primi dei ge-
nere: che soltanto allora si pubblicava la prima redazione del Pro-
^raminu scolastico del Paoli, da poco tempo il Piscicelli aveva fatta
la bella raccolta della Paìeo^^rafui aiiìslica di Motitecassino e da
un anno solo il Monaci aveva iniziata la bella e vasta raccolta
del suo Archivio paleografico italiano. Per questo almeno l'operetta
del Russi meritava di essere conosciuta dal valente Poupardin che
pure vi avrebbe trovate, se non vagliate al lume di metodi moder-
nissimi, nitidamente poste e studiate tutte le questioni di diploma-
tica dei documenti delle Provincie napolitane coU'ampio sussidio che
air autore venne dalla vasta conoscenza ch'egli aveva del materiale
archivistico. Ma il Poupardin non è riuscito (p 117, nota i) a trovare
il volume del Russi, che cita soUanto richiamandosi al giudizio che
ne dà il Bressiau. È questa si può dire l'unica osservazione che mi
occorre di fare al lavoro del giovane allievo della Scuola francese;
per il resto mi affretto a dir subito ciò che mi son studiato di far
apparire dal riassunto che ne ho dato, che cioè il suo lavoro, per
rigore di metodo, per sobrietà di esposizione, per fine discernimento
critico, diverrà facilmente il lavoro fondamentale intorno all' argo-
mento. E ciò nonostante che l' autore abbia dovuto servirsi, nello
studio delle forme diplomatiche, di raccolte dove il testo del docu-
mento non è sempre criticamente sicuro, come in quella del Trova
(tomo V della sua Storia iiltulia) e in quella del Muratori {Rer. It.
Scr. I, II) dove il Cbroiiicon Viilturnense è riprodotto da un apo-
grafo poco corretto e per il quale sarebbe stato desiderabile il ri-
scontro con l'originale Barberiniano, come molto opportunamente
l'autore ha fatto per quelli del Cbrotiicon S. Sophiac, già edito nel-
ì" Italia sacra (tom. X) dell' Ughelli. Un altro titolo di importanza e
di originalità al lavoro del Poupardin viene dal fatto che per i di-
plomi dei principi di Capua e di Benevento del secolo x e del prin-
cipio del secolo xi egli trae il suo materiale direttamente dall'archivio
di Montecassino, dalia biblioteca Capitolare di Benevento, e per i di-
plomi dei principi di Salerno oltre che dalla biblioteca Capitolare di
Benevento e dall'archivio di Montecassino anche da quello di Cava
e dall'archivio Vescovile di Salerno,
V. Federici.
ISibliografia 281
Prof. Francesco Ruffini, J.a liberili rcìU^nosn, voi. I, Storia
dell'idea. — Torino, 1901, pp. xi-542, ìu-i6.
La libertà religiosa, che non consente di « perseguitare nessuno,
«né privarlo della piena capacità giuridica per motivi di religione »(p. 6),
è stata spesso offesa dalle religioni e dalla « miscredenza non illuminata
« e non equanime « (p. 3), colla quale è quasi connaturale « lo studiarsi
« di far violenza allo Stato perchè comprima la libera esplicazione di
« quelle opinioni e di quei riti religiosi, ch'essa disprezza e crede dan-
te nosi al progresso e al benessere umano » (p. 4). A questa libertà
gli antichi si mostrarono favorevoli, e se i Romani perseguitarono il
Cristianesimo, lo fecero perchè questo appariva confuso col Giudaismo
e perchè era accusato di aver negata l'adorazione del genio imperiale.
I primi Cristiani invocarono la tolleranza mentr'erano perseguitati, ma,
divenuti liberi e forti, molti fra essi, e specialmente gli Ariani, si mo-
strarono intolleranti. In mezzo al Cristianesimo l'intolleranza aumenta
dopo il Mille, «quando lo spirito cavalleresco francese einsieme quello
« commerciale italiano generarono le crociate, e le crociate, rinfo-
« colando gli odii di religione, sostituirono alla figura scomparsa del
« pagano quella nuovissima dell'infedele » (p. 42). Forse qui sarebbe
stato bene osservare che l'intolleranza dei Mussulmani aveva avuta
la sua parte nel promuovere le crociate, dando così incitamento al-
l' intolleranza dei Cristiani, e sarebbe stato meglio parlare subito della
parte che i papi ebbero specialmente alle prime crociate, non certo
per ispirito cavalleresco e commerciale, cosa del resto che l'egregio
autore ammette osservando poco dopo che, mentre i principi seco-
lari perseguitavano gli Ebrei bramosi delle ricchezze loro, « la Santa
« Sede invece, più disinteressata, si mostrò sempre assai benigna verso
« gli Ebrei, e cercò invece di volgere il rinnovato fervore religioso verso
« la Terra Santa ».
In mezzo all'intolleranza cristiana Marsilio da Padova si leva
« con sprazzo di antiveggenza veramente profetica sopra tutti i con-
« temporanei e l'età immediatamente successive » (p. 47). Forse 1' idea
più ammirata del dotto padovano è quella espressa nel capitolo JX
del Defensor pacis, dove si nega alla Chiesa qualunque autorità coer-
citiva in religione; ma per questo non oserei portare Marsilio tanto
in alto, sapendo che egli poi concede allo Stato il diritto di limitare la
2 82 "'Biblioi'ra/ìa
libertà degli eretici, e ricordando che volle spogliare la Cliiesa d'ogni
forza materiale scrivendo l'opera sua non dottrinale ma polemica in
difesa di Lodovico il Bavaro venuto in aperta guerra col papa.
Dopo molti anni la Riforma protestante poneva dei principi, da
cui « qualunque spirito moderno non potrebbe, procedendo unica-
(f mente a filo di logica, non dedurne la necessità di proclamare la
«libertà di coscienza e di culto nell'ambito almeno del Cristiane-
« simo » (p. 59). Invece allora i Riformati chiesero libertà polemizzando
coi Cattolici, ma di fatto la negarono agli avversari. Il prof. Ruffini
attribuisce questo alla « loro originaria coltura cattolica », e trova
giusta l'osservazione del Laboulave che « i principi da essi posti fe-
ce cero tutto, poiché da essi al momento opportuno, in più favorevoli
« condizioni di ambiente, la libertà religiosa potè erompere trionfal-
« mente » (p. 64). Quanto alla coltura calloUca potrebbe forse notarsi
che fino dal iv secolo gli Ariani si mostrarono intollerantissimi pur
essendo usciti da un Cristianesimo che aveva fino a poco tempo prima
chiesta la libertà religiosa, e quanto ai principi da cui sarebbe più tardi
venuta questa libertà, perchè non ricorrere addirittura al primo tempo
dei Cristiani che molto prima di Lutero li avevano solennemente pro-
clamati?
Tra i Riformati l'egregio autore chiama tolleranti i Sociniani esa-
minandone le dottrine religiose, ma non dice come e dove essi ap-
plicarono verso le minoranze i loro principi di libertà. Ci sembra che
per un gran pezzo tutti quanti i Cristiani, cattolici o no, invocassero
la libertà quand'erano deboli, la negassero quando avevano la mag-
gioranza, e che solo sembrino più tolleranti quelli che, come i So-
ciniani, riducendo a poche le credenze, avevano minori occasioni di
es:ere contradetti. E ci pare che questo sia confermato dallo studio
che il prof. Ruffini presenta intorno alle condizioni religiose dei paesi
cattolici e protestanti d'Europa. Infatti nell'Inghilterra i decreti di tol-
leranza di Carlo II e di Giacomo li nel 1662, 1672, 1687 e 1688 si
credettero dovuti alla simpatia di questi re verso i Cattolici, vennero
respinti dal Parlamento d'accordo con tutti i Protestanti e furono
causa non ultima della venuta al trono di Guglielmo III d' Grange.
In Olanda nella seconda metà del Seicento si ebbe a sbalzi una certa
tolleranza di fatto dalle leggi non prescritta, e che probabilmente era
dovuta alle relazioni cogli stranieri che, fuggiti per cause religiose dai
loro paesi, portavano ai pratici Olandesi attività e ricchezze. Nella
Francia l'editto di Nantes, più tardi revocato, non è certo da attri-
buirsi alla tolleranza della maggioranza cattolica, e nel Belgio e nella
Spagna, come negli altri paesi cattolici, tolleranza non vi era, od in
certi casi speciali veniva concessa per motivi particolari, proprio come
"Bibliografìa 283
accadeva nei paesi protestanti e specialmente in Germania, dove so-
prattutto i mutamenti territoriali rendevano difficile la conservazione
dell'unità religiosa.
I primi esempi di libertà vera, raccomandata assai presto da qualche
scrittore, li troviamo in America, e il primo fra tutti nella colonia cat-
tolica di Maryland fondata da Lord Baltimore, cattolico sincero e
grande fautore della libertà religiosa. Per volontà di Baltimore il
2[ aprile 1649 si proclamò legalmente nella colonia la libertà reli-
giosa, con un decreto, che fu il primo « che un'assemblea legalmente
« costituita abbia votato al mondo » (p. 502). La tolleranza fu tolta
poco dopo da fanatici Puritani divenuti maggioranza in questa co-
lonia, ma più tardi fu ristabilita, mentre si estendeva alla rimanente
America del Nord. E sebbene in alcuni luoghi incontrasse degli osta-
coli, fini per essere solennemente sancita nella costituzione federale.
In Europa si fa un passo decisivo con Giuseppe II, l'opera del
quale avrà una grande efficacia anche fuori de' suoi Stati. Invece la
Rivoluzione francese in nome della libertà inaugurerà una violenta
persecuzione religiosa, che fino al 1795 fece. le sue vittime.
All'Italia in particolare il prof. Ruffini dedica una cinquantina
di pagine (pp. 477-532) esaminando lo svolgimento legislativo e il
movimento letterario. Dichiara il primo relativamente tollerante,
specie a Venezia, e si ferma a parlare quasi esclusivamente di questa
c'ttà, del Piemonte e di Napoli. Proprio non so perchè non abbia
parlato un poco più di altre città, come per esempio di Lucca e di
Ferrara, che pure meriterebbero di essere considerate in un lavoro come
questo. Eppure in questi ultimi anni si è raccolto un materiale assai
ricco e pubblicato in volumi dal Minutoli, dal Tommasi, dal Fontana,
dall'Amabile &c-, od in periodici e in Atti accademici si può dire in
ogni regione d'Italia da Genova a Palermo. Da tali pubblicazioni ri-
sulta che neppure in Italia si ebbe vera libertà religiosa sancita espli-
citamente dalle leggi, ma che in forza di queste e per opera dei cittadini
stessi si godette d'una certa tolleranza, in qualche luogo fors'anche
desiderata per motivi commerciali, come avveniva a Luce; ed un poco
anche a Genova.
Quanto al movimento letterario osserva il Ruffini che i migliori
lavori in Italia si devono ad ecclesiastici. Tali furono: L. A. Mura-
tori, mite ma non tollerante, e l'ab. Vincenzo Palmieri d'idee vera-
mente molto libere, mentre i laici confusero quasi la tolleranza colla
distruzione della religione propugnando «una rivoluzione radicale e
c( rompendola colle tradizioni secolari del popolo nostro, lo spauri-
«rono e gli fecero guardare con diffidenza, anzi con inimicizia alle li-
« berta religiose» (p. 552). Questa osservazione del Ruffini ci sembra
284 '^Biblioi^rafia
giusta, ma avremmo preferito che fosse stata preceduta da una più
lunga e profonda trattazione della parte riservata all'Italia, rendendo
così l'opera sua più utile agli Italiani, che di cose religiose si occu-
pano poco. In ogni modo il libro è pregevole e merita di essere con-
tinuato.
M. Rosi.
V. La Mantia, Stiitiiti di Olcvaìw Romano dei /; f^cmiaio 1)64.
— Roma, Bocca, 1900.
II La Mantia, particolarmente benemerito delia storia del diritto
e degli statuti delle città italiane, à recentemente dato in luce gli
statuti di Olevano, sopra una copia eseguita nel 1853 dal prof. Fran-
cesco Massi, scrittore latino della biblioteca Vaticana, ed elegantis-
simo, per quanto non popolare, scrittore di lettere italiane. .Questa
copia trovasi ora nella raccolta degli SUititta uibinm et oppidornm fatta
già per ordine del cardinal Mertel, custodita presso il R. Archivio
di Stato in Roma. La copia del Massi è autenticata come copia con-
forme all'originale in pergamena esistente nell'archivio Comunale di
Olevano. Il figlio del La Mantia ne fece trascrizione dal 24 gennaio
al IO febbraio 1900. La nota che il Massi appose al suo esemplare,
ne mette in rilievo tutta l'importanza. « 11 prezioso codice fu scritto
«l'anno 1450. Contiene gli statuti primarii accordati dai riformatori
«della repubblica romana agli Olevanesi l'anno 1364 sotto papa
« Urbano V, ed una concessione di riforme data da Giordano Co-
« lonna, signore di Olevano, nel pontificato di Martino V l'anno 1450.
« Agli statuti furono aggiunti un ordine di Marzio Colonna sull'en-
« trate della comunità di Olevano e 22 capitoli di riforma ordinati
e da Pompeo Colonna per la comunità stessa sotto il pontificato di
«Gregorio XIII e di Sisto \' l'anno 1581-87, con una tavola delle
« spese nelle cause civili e criminali a norma dei governatori di Ole-
« vano ». Questi capitoli del secolo xvi non son pubblicati dal La
•Mantia «non essendo suo disegno occuparsi di essi » (cap. XXII).
Dell'originale conservato nell'archivio di Olevano egli ebbe notizia
dal sindaco del Comune, sig Domenico di Pisa, non avendo i suoi
figli potuto recarsi a confrontare la copia del Massi, che v' è ogni
ragione di credere esatta, coll'originale in pergamena quivi conser-
vato. Al testo degli Statuti conservato in Olevano è premesso un ca-
pitolo, che contiene l'assicurazione della conferma fatta dal comune
di Roma (reipuhlice Romanonim), mentre al cap. CXLI degli statuti
editi dal La Mantia si hanno i nomi dei sette riformatori della re-
'Bibliografìa 285
publica romana che confermarono e sottoscrissero gli ordinamenti
sopra detti : Cecco di Parente, Pietro di maestro Angelo, Tuzio Tor-
doneri, Paolo Nari, Giovanni Angeli, Cecco detto Scellone e Tuc-
ciolo di Paolo Marcellini. Il Senatore di quell'anno è Bonifacio di
Pippo de' Ricciardi da Pistoia, di cui si die già nel nostro Archivio
(XIX, p. 583) la notizia e lo stemma. Francesco di Matuzzo (e non
jUa//jt;c:(/) de' Rustici (e. CXLIII) è il notaio de' riformatori. Seguono
al e. CKLIV le sottoscrizioni dei banderesi, Pietro Paolo Mellini e
lacovo Magnescoli, e quelle dei quattro anteposti della felice Società
dei balestrari e pavesati: Nannolo Bapezzino, Cola Cardelli, Pietro
Canicatto e Pietro dello Guercio, i quali approvano e confermano
gli ordinamenti « castri Olebani, salvo quod si in eis contineretur seu
« aliquo tempore reperiretur aliquod quod esset contra honorem et
« statum Urbis et praesentis status seu Camere Urbis vel contra Sta-
« tuta nova facla vel fieiida seu reformationes Urbis factas vel fiendas j>.
È evidente l'allusione alla riforma degli statuti di Roma del 1363.
Circa al documento, che il La Mantia cita dal Saggio di Codice di-
plomatico del Minieri Riccio, dell'ir aprile 1271, in cui si accenna
agli statularios Urbis e allo statulnin di essa, non possiamo non ri-
cordare le diligenti e sottili ricerche di Guido Levi (Arci}. Soc. roiii.
VII, 465-485) che nelle dotte e accuratissime notizie premesse alla
presente pubblicazione circa gli statuti di Roma e della regione ro-
mana, è forse la sola che s'a sfuggita al benemerito editore, e che
ben merita d'essere richiamata alla memoria degli studiosi. Le di-
sposizioni sancite dagli statuti di Olevano, se valgono a caratteriz-
zare una popolazione ordinata, laboriosa e benevola, onorano il pae-
sello che, per quanto concerne le sanzioni penali, mostra una mitezza,
che attesta non men dell'intelletto sano di chi condanna che della
nativa bontà del costume popolare in quella regione incantevole. Il
filologo trova non poca materia ad etimologie dialettali nel materiale
delle voci latinizzate, che nel documento olevanese occorrono. Ba-
sterebbe accennare le voci: aniaria, capeìlaria, canapina, plac~atico,
logia, pastina, revalìosus (ribaldo), capiitdccevi nel significato di capi-
dieci armati, a custodia della terra, fioccali, flociili (porcellini che non
compierono l'anno, e. XXXI), tronco (e. CXXIV, « truncum seu grex
« intelligatur tota congregatio porcorum qui simul vadunt tunc cum
« inveniantur in damno»),/t;«;^/uw(c.LXXXVIII), niaiiivaluni (CXXIIl),
sfiiginosa (CXXII-CXXIII). Il La Mantia, ricercatore infaticabile, la-
scia sperare di dar in luce prossimamente anche gli statuti di Castel
San Polo, da un codice proveniente dalla biblioteca Borghese. Non
farà che accrescere le molte sue benemerenze verso le discipline sto-
riche e giuridiche. O. T.
286
'B ibi io i> rafia
Henry Charles Lea, The Moriscos of Spaili : Their convcrsion
iiiid cxpnìsioìi. — Plìihidelfia, 1901, pp. xii-465, in- 16.
Negli undici capitoli dell'opera si studiano i rapporti fra Spa-
gnuoli e Mori dal tempo in cui questi godevano sotto i Cristiani una
certa libertà religiosa fino alla totale scomparsa del maomettanesimo
dalla Spagna.
Carlo di Ahsburgo succeduto agli Aragona dopo un periodo di
relativa tolleranza e di saltuarie persecuzioni, diede vigoroso impulso
alla lotta, che divenne efficacissima per opera concorde dello Stato
e della Chiesa. Sciolto da Clemente VII dal giuramento che aveva
prestato dinanzi alle Cortes di non cacciare i iMori, nel 1525 impose
loro di scegliere fra la conversione al cattolicesimo e la espulsione.
Com'era da aspettarsi, l'ordine sollevò fiere proteste e non potè
essere subito applicato, specialmente in alcune provincie; per cui di-
ventò necessario l'altro decreto del 15 decembre 1528, col quale Carlo
ordinava che i Mori di Aragona e di Catalogna si battezzassero entro
quattro anni.
Ma più dei decreti del re valeva l'opera de' suoi ministri e del-
l'Inquisizione, ora blanda, ora severa, a seconda del tempo e del
luogo, sempre però abbastanza efficace contro ogni ordine di persone.
Un giorno si disarmavano i Mori e se ne dileggiavano i sentimenti
nazionali e religiosi per metterli alla mercè d'un popolo che li odiava,
un altro ricorrevasi piuttosto a mezzi persuasivi: fondazione di col-
legi, prediche, indulti a favore dei relapsi, tutto s'intende perchè si
compisse l'ideale dei re spagnuoli d'un solo principe e d'una sola
fede.
I Mori offesi in ciò che avevano di più caro: la religione e la
razza, fecero rivolte con difficoltà represse, e ricorsero talvolta anche
ai Turchi e ad Enrico IV re di Francia per abbattere il governo spa-
gnuolo. Questo allora accrebbe le sue persecuzioni contro i Mori pub-
blicando e scrupolosamente applicando severi decreti di espulsione.
DeirefTeito di questi emanati alla fine del secolo xvi e al principio
del xvii si occupa con serenità e dottrina l'illustre autore nel capi-
tolo X, seguendo passo passo l'applicazione dei decreti, narrando le
sofferenze degli espulsi e il ritorno di molti fra questi nella Spagna,
dove finirono per sottomettersi definitivamente ai vincitori. I resultati
'^Bibliografìa 287
della cacciata di tante persone quali sono descritti nel cap. XI non
possono tar piacere a chi ami la Spagna; giacché sei persecutori nel-
l'accecamento di loro passioni ne furono lieti, certo il benessere mo-
rale e materiale del paese non se ne avvantaggiò. In breve il mao-
mettanesimo si estinse, il clero cattolico e il bigottismo si accrebbero,
ma le ricchezze si pubbliche come private andarono diminuendo e le
idee si fecero più grette conducendo indubbiamente al peggio la vita
materiale e intellettuale del popolo.
Nelle città ormai poco popolose e nelle campagne mal coltivate,
dopo la fme delle lotte religiose e di razza, regna una quiete mor-
tale, che giova conoscere per capire la decadenza di quel grande
paese latino.
E per conoscerla e ben valutarla insieme colle sue cause e
colle sue conseguenze utile riesce l'opera severa del Lea, che scrive
serenamente d'un argomento delicato e difficile, usando rara mae-
stria e valendosi non solo delle migliori opere scritte finora su tale
materia, ma ancora di documenti inediti. Alcuni di questi, tratti quasi
tutti dagli archivi di Simanca e di Valenza, chiudono l'opera me-
ritevole d'essere davvero raccomandata perla diligenza delle ricerche,
per la imparzialità della trattazione e per l'importanza dei resultati
ottenuti.
M. Rosi.
NOTIZIE
Con la morte del professore Bartolomeo Fontana (24 marzo 1901)
la nostra Società ha perduto un socio dei più benemeriti, e gli studi
storici un cultore assai dotto e ricco di notevoli doti. Il suo libro su
Renata di Francia, che rimarrà come contributo notevole alla storia
della riforma religiosa in Italia, vide dapprima in parte la luce in
questo Archivio. Maestro affettuoso e buono, carattere integro e se-
reno, diede esempio di virtù sincera ai giovani, e fu tenuto in gran
conto e profondamente amato da quanti ebbero la ventura di cono-
scerlo davvicino.
Si è costituita in Roma per opera di alcuni cultori de' vari rami
degli studi filologici una Società filolofica romana, che, se prende il
nome dal luogo dove è sorta, abbraccia però nel suo programma lo
studio di ogni parte della storia della cultura in Italia, intesa nel
senso più largo. Essa si propone di costituire un centro, dove gli stu-
diosi trovino libri e mezzi di studio, e sopratutto possano scambiarsi
idee e prestarsi reciproco aiuto. Ogni mese si tengono riunioni, nelle
quali i soci comunicano e discutono i risultati de' loro studi, de' quali
si fa parte al pubblico per mezzo di un Bollettino. Inoltre la Società
col prossimo mese di agosto pubblicherà il Libro delle tre scripttcre,
poemetto fin qui sconosciuto di Bonvesin da Riva, scoperto dal socio
prof. V. De Bartholomaeis. Questo poemetto sarà il primo di una serie
di studi e documenti, che la Società si propone di dare alla luce,
tra i quali sono annunciati le edizioni diplomatiche del canzoniere
Vaticano 3793 e dell'autografo petrarchesco contenuto nel cod. Va-
ticano 3196, nonché la stampa àeì Documenti di Amore dì Franctsco
da Barberino.
Domenico Orano ha intrapreso coi tipi del Forzani la pubbli-
cazione del suo lavoro sul Sacco di Roma del 1527. L'opera, che
formerà un completo studio bibliografico e critico di quell' impor-
Archivio della R. Società romana dì storia pi-'lna. Voi. XXIV. 19
290 C\^o//\/V
tante periodo, comprenderà sei volumi così distribuiti: I, II, III, Studi
e documenti inediti tratti dall'archivio di Stato di Roma, dall'archi-
vio storico Capitolino, dall'archivio segreto Vaticano; IV, Bibliografia
ragionata con prefazione di Giovanni Monticolo; V, Storia documen-
tata del sacco di Roma; VI, Roma nel 1527, illustrata nelle pitture,
sculture, incisioni, monete, armi, oggetti del tempo, con prefazione
di Rodolfo Lanciani per la parte archeologica, di Adolfo Venturi por
la parte artistica.
Del primo volume, che contiene la seconda edizione (la prima
comparve in questo periodico, voi. XVIII) dei Ricoidi di Marcello
Alberini, venuto in luce or ora, V Archivio si occuperà nel prossimo
fascicolo.
Quasi contemporaneamente sono apparsi la relazione del nostro
socio prof. P. Kehr sui documenti pontifici di Piemonte {Papsturkumìcii
im PieviQìil in Alli della R. Accademia di Gottinga, classe filologico-
storica, 1901, fase. 2°) e il primo fascicolo delle Bolle pontificie degli
archivi piemontesi di A. Tallone {Biblioteca della Società storica Subal-
pina diretta da F. Gabotto, XVI^ i), in cui sono raccolte le bolle
degli archivi Capitolari di S. Maria e S. Gaudenzio di Novara e del
Capitolare di Vercelli. Dal confronto dei due lavori quello dell'ita-
liano purtroppo non esce con grande onore. Mancano nel Tallone
sei bolle inedite che il Kehr trae dall'archivio di S. Maria di No-
vara e una, pure inedita, dell'archivio di Vercelli; mancano anche
quattro bolle notissime (tra cui la più antica tra quelle ivi conser-
vate, di Silvestro II, maggio 999; Jaffè-Loewcnfeld, 3903) pure dell'ar-
chivio di Vercelli. Nemmeno il metodo adottato ttial Tallone per la
pubblicazione ci pare molto felice, né sempre sufficiente ed esatto
r apparato critico-diplomatico.
La bibliografia inglese s' è arricchita di un ottimo libro scritto
dal Cross, The sources and litterature of english history (rovi the ear-
liest limes to about 14S), diviso in quattro parti, di cui la terza e la
quarta riguardano la storia medioevale.
Una iniziativa che ci pare degna di speciale attenzione e quella
presa da H. Weinel (Zeitscbrift fi'ir die neutestamentliche fVissensclmft
und die Kundc des Crchristeiitiims, 1900, pp. 347-351), proponendo che
gli studiosi indichino nelle riviste, quando loro ne capiti l'occasione,
quelle questioni che essi credano poter essere trattate con utilità e
alle quali non è loro possibile di applicarsi. In tal modo ne ver-
rebbe direzione e coordinazione, che risparmierebbe molti lavori inu-
'X.oti:;ie 291
tili e su argomenti mal scelti. Però v' è da temere che i suggerimenti
siano troppo spesso e troppo strettamente dipendenti dalla cultura e
dall' indole speciale di studi del suggeritore.
Con r opera del p. Ehrle sono stati stesi gli statuti clie dovran
reggere la sezione storica della Società cattolica italiana per gli studi
scientifici. Essa si propone di aiutare con sussidi i giovani studiosi
di scienze storiche e di diritto canonico, che si volessero dare a ri-
cerche speciali. Se gli scritti saranno in tale copia da non trovare
posto nelle riviste già esistenti, si fonderci un apposito Archivio o
una Raccolta di testi e studi storici appena i mezzi lo permettano.
In seguito la Società spera di essere in grado di intraprendere opere
pilli grandi e difficili, come la storia amministrativa dello Stato pon-
tifìcio nei secoli xiv e xv, la bibliografia storica dei papi, lo studio
delle nunciaturc in Italia, un bollettino bibliografico storico.
La Società bibliografica italiana ha bandito un concorso per una
monografia intorno ad un gruppo di edizioni antiche che trattino la
medesima materia o che abbiano origine tipografica comune. Il pre-
mio è di 500 lire e il termine utile il 30 novembre 1901.
La preparazione del Thesaurus linguac latinae aveva già promossa
un'associazione tra le Accademie scientifiche di BerUno, di Vienna, di
Gottinga, di Lipsia e di Monaco: nel 1898 si propose che l'associazione
divenisse internazionale. Accettarono l' invito tutte e diciassette le
Accademie cui fu rivolto (in Italia quella dei Lincei) ad eccezione
di quella Reale di storia in Madrid, e cosi nel febbraio 1900 l'asso-
ciazione internazionale fu costituita. Ai 31 luglio 1900 ebbe luogo in
Parigi la prima riunione del Comitato e ai 15 aprile dell'anno cor-
rente la prima assemblea generale pure a Parigi. L' Accademia dei
, Lincei fu rappresentata dal nostro socio prof. Ignazio Guidi. L' as-
sociazione si propone di unificare e coordinare l'enorme produzione
scientifica del nostri tempi, e di facihtare il lavoro rendendo più uni-
forme la nomenclatura, le classificazioni e le definizioni.
Il prof. E. Masè-Dari, sotto il titolo: Af. T. Cicerone e h sue
idee sociali ed economiche, riesce a darci una visione abbastanza com-
pleta e vivace della società romana sullo scorcio della Repubblica,
specialmente considerata sotto l'aspetto economico. La figura di Cice-
rone non ne esce davvero ingrandita ; poiché, sebbene l'autore richieda
da lui forse troppa modernità di pensiero, appare chiaro che, se-
condo la mente dell'autore, se Tullio fu sommo artefice della pa-
292 "Moti^ie
rola, non altrettanto fu grande nel comprendere le necessità econo-
miche di un popolo che voglia perpetuare la propria grandezza e
non accontentarsi di formare il benessere della classe prevalente.
Il 22° e il 2 3° volume dei Monumenta bistorica Societatis lesu con-
tengono la vita e le opere del p. Gerolamo Nadal, che fu gran parte
della vita primitiva della congregazione. Per l' Italia e per Roma
specialmente sono importanti le lettere, delle quali duecentotrè (1546-
15Ó2) sono comprese nel voi. 22°, già interamente pubblicato; le
altre (1)62-1580, anno in cui il Nadal fu colto dalla morte qui in
Roma), saranno raccolte nel 2^" che è ancora in corso di pubbli-
cazione.
PERIODICI
(Articoli e documenti relativi alla storia di Roma)
Archivio storico lombardo. Ser. Ili, a. XXVIII, fase. XXIX. —
C.\LLiG.\Pis, recciisioiiii di Arezzo: La politica della Santa Sede ri-
spetto alla Valtellina dal concordato di Avignone alla morte di Gre-
gorio XV (i2 novembre 1622-8 luglio 1623).
Archivio storico per le provincie napoletane. An. XXVI,
fase. 1°. — Beltrami, receii.uone dello scritto di G. Paolucci: Con-
tributo di documenti inediti sulle relazioni tra Chiesa e Stato nel
tempo svevo. - Idem, recensione dello scritto di E. Pais: Gli ele-
menti italioti, sannitici e campani nella più antica civiltà romana.
Bulletin historiqxie du diocèse de Lyon. An I, n. 2 et 5. —
Le premier concile oecuménique de Lyon (1245).
Bullettino della regia Deputazione di storia patria per
l'Umbria. Anno. VII, fase. i". — A. Simonetti, Adalberto I mar-
chese di Toscana e il saccheggio di Narni nell'S/S. - L. Fumi, I
registri del ducato di Spoleto. Archivio segreto Vaticano ; Camera
apostolica.
Bullettino storico della Svizzera italiana. — Anno XXIII,
1901, fase. i°-3°. — Lettere da Roma ai nunzi pontifici in Svizzera
negli anni 1609-1615.
Giornale storico della letteratura italiana. Anno XIX, vo-
lume XXXII, fase, iio-iii. — I. Della Giovanna, Rassegna fran-
cescana (delle opere di Sabatier, Faloci Pulignani, Minoechi, Van
Ortroy, d' Alencon). - R., recensione dell'opera di F. X. Kraus:
Geschichte des christliehen Kunst; voi. II, par. 2: Renaissance und
Neuzeit, e di quella di J. Addixgton Symoxds: Il rinascimento in
Italia. L'èra dei tiranni. Prima versione italiana.
294 '^^' iodici
HJstorisches Jahrbuch. Anno 1901, fase. 1°. — H. Schròrs,
Eine vermeintliche Konzilsrede des Papstes Hadrian II (Un supposto
discorso conciliare del papa Adriano II). - P. M. Bau.mgarten, Dio
Translationen der Kardinale von Innocenz III bis Martin V (La
traslazione dei cardinali da Innocenzo III fino a Martino V). -
R. Paulus, Zu Luthers Romreise (Intorno al viaggio di Lutero a
Roma). - Recensione di Rostiz-Rieneck nell' opera dello Helmolt:
Weltgeschichte I, IV, III (Storia universale"). - Recensione di Kauf-
MANN delle opere del Grisar: Gescliichte Roms und der Piipste in
Mittelalter I (Storia di Roma e dei papi nel medioevo); Analecta
Romana.
Mittheilungen aus der historischen Litteratur. Anno 1901,
fase. 1°. — Recensione di Dietrich del lavoro di W. Liebenam :
Stàdteverwaltung im ròmischen Kaiserreiche (Il governo cittadino
neir impero romano). — Fase. 2°. Recensione di Hahn dell'opera di
\V. Gl'NDLAch: Die Entstehung des Kirchenstaates und der curiale
Bcgù^ Res public a Romanonim (Origine dello Stato della Chiesa ed il
significato curiale della Res ptihiica Romanonim). - Recensione di
G. WoLF dell' opera di Th. v. Sickel, Ròmische Berichte, I, II, III.
Mittheilungen des Instituts fur oesterreichische Geschi
chtsforschung. Anno 1901, fase 1°. — J. Fìcker, Das longobar-
dische und die scandinavischen Rechte (Il diritto longobardo ed il
diritto scandinavo). - Stolz, recensione dell'opera di G. Oberziner:
Le guerre di Augusto contro i popoli alpini. - J. Jung, recensione
dell'opera dello Hartmann: Geschichte Italiensim Mittelalter, II, i:
Ròmer und Longobarder bis zur Theilung Italiens (Storia d' Italia
nel medioevo, II, i : I Romani ed i Longobardi fino alla divisione
d' Italia). - J. Jung, recensione del lavoro dello Hartmann : L' Italia
e r impero di Occidente fino ai tempi di Paolo diacono.
Neues Archiv der Gesellschaft fùr altere deutsche Gè-
schichtskunde. Anno 1901, XXVI, fase. 2'. — A. Brack.mann,
Reise nach Italien von Màrz bis Juni 1900 (Viaggio in Italia dal
marzo al giugno 1900 per studi sui mss. del Liber p enti fi e ali s). —
Fase. 3<». A. VVerminghokf, Verzeiehnis der Akten friinkischer Sy-
noden von 843-918 (Catalogo degli atti sinodali del periodo franco,
843-918). - Otto Cortellieri, Reise nach Italien in Jahre 1899
(Viaggio in Italia nell'a. 1899 per i manoscritti delle cronache di
Saba Malaspina e di Nicolò de lamsilla). - J. Schwalm, Reise nach
Italien im Herbst 1898 (Viaggio in Italia nell' autunno 1898, con
Periodici 295
un'appendice dei diplomi ed Ada impeni, 1355-1558). - P. Wik-
TERFELD, Ueber die « Translatio sanctorum Alexandri papae et lustini
presbiteri ».
Nouvelle Revue historique. An XXV, fase. 1°. — P. 1-. Gi-
rard, L'organisation judiciaire de Rome au temps des rois. — Fasci-
cule 2°. A. EsMEiN, Les coutumes primitives dans les écrits des ni}--
thologues grecs et romains.
Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, classe di
scienze morali, storiche e filologiche. Serie V, voi. X, fasci-
colo i°-2°. — Tocco, Nuovi documenti sui dissidi francescani, tra-
scritti dal p. G. Boffito barnabita. - Gamurrini, Di alcuni versi vol-
gari attribuiti a san Francesco. - Pais, I frammenti dell'autobiografia
di M. Emilio Scauro e la Lex Varia de maieslak.
Review(the American historical). Voi. VI, 1901, fase. 3° —
C. Gross, The year 1000 and the antecedents of the Crusades
(L'anno 1000 e gli antecedenti delle Crociate). - C. H. Levermore,
The politicai influence of the University of Paris in the Middle
Ages (L' influenza politica dell' Università di Parigi nel medio evo).
Review (the English historical). Voi. XXI, 1901, fasci-
colo 62°. — R. Garnett, Mandell Creighton Bishop of London
(Mandell Creighton vescovo di Londra). - J. L. Strachax-Davidson,
Mommsen's Roman Lavi' (Il diritto penale romano del Mommsen). -
F. LiEBERMANN, Lanfranc and the Antipope.
Revue d'hìstoire ecclésiastique. An II, fase. 1°. — E. Van
Roev, La coUection des « Texte und Untersuchungen zur Geschichte
« der altchristliche Literatur ». - Kissch, recensione del libro di
A. Stapylton-Barnes: S. Peter in Rome and his Torab on the
Vatican Hill (San Pietro in Roma e la sua tomba sul colle Vati-
cano). - A. DE Ridder, recensione dello scritto di C. Pigorini-Beri:
Santa Caterina da Siena. — Fase. 2°. Van dem Ven, recensione dello
scritto di G. Pfeilschifter: Die autentische Ausgabe der 40 Evan-
gelien-Homilien Gregors des Grossen.
Rivista italiana di numismatica e scienze affini. Anno XIV,
1901, voi. XIV, fase. i". — G. Camozzi. La consecralio di Traiano. La
consecraiio nelle monete da Cesare ad Adriano.
2<)6 'Periodici
Rivista storica italiana. Anno XVIII. fase. i°. — Gr.\sso,
recensione dello scritto di E. Pais : Gli elementi italioti nell'antica
civiltà romana. - Luzz.^tto, recciisioue dello scritto del Barbag.\llo :
11 senatusconsultum ultimum. - Ramorino, recensione dello scritto
di C. Pascal : L' incendio di Nerone e i primi cristiani. - Mariani,
recensione del volume del Grisar: Analecta romana. - Cosmo, re-
censione dello scritto di P, Sabatier: Tractatus de indulgentia S. M.
de Portiuncula. - Capasso, recensione dell'opera del Gualano : Pau-
lus papa III nella storia di Parma. — Fase. 2". Cantarelli, recen-
sione dell'opera del Drumann : Geschichte Roms. - Sangiorgio, re-
censione del libro di Mash-Dari: M. T. Cicerone e le sue idee sociali
ed economiche. - Rinauuo, recensioni dei libri di Oberziner : Le
guerre di Augusto contro i popoli alpini. - Mariano, La conversione
del mondo pagano al cristianesimo. - Nobili-Vitelleschi, Storia
civile e politica del papato fino a Teodosio. - Allard, Julien l'A-
postat, to. 1". - Gregorovius, Storia di Roma nel medio evo, 2" ediz.
i" voi. - Cosmo, Recensione dello scritto del Sabatier: De l'authen-
ticité de la legende de saint Franvois dite des trois compagnons. -
Capasso, recensione del 3** voi. 5" ediz. di Pastor: Geschichte der
Pàpste. - A. L., Recensione della pubblicazione del Della Santa: Il
vero testo dell'appellazione di Venezia dalla scomunica di Giulio II. -
Ferrerò, recensione dello scritto del Tordi: 11 codice delle rime di
Vittoria Colonna. - Capasso, r(;ci;;/i/o;;^ dell'opera del Fischer: Car-
dinal Consalvi.
Ròmische Quartalschrift. Anno 1901, fase. ì° e 2°. — Bau.m-
stark, Das Verzeichnis dcr ròmischen Coemitcrien bei Andrea Fulvio
(Il catalogo dei cemeteri romani presso Andrea Fulvio). - Federici,
La Regula pastoralis di san Gregorio Magno nell'archivio di S. M.
Maggiore. - Wilpert, Beitriige zur christlichen Archeologie, i :
Topographische Studien ùber die christlichen Monumente der Appia
und der Ardcatina; 2: Neue Studien zur Katakombe des hi. Kalli-
stus (Contributi agli studi d'archeologia cristiana, i : Studi topogra-
fici intorno ai monumenti cristiani delle vie Appia e Ardeatina;
2: Nuovi studi sulle catacombe di S. Callisto). - De Waal, Ausgra-
bungen : S. Saba, S. Cecilia, S. Maria Antiqua (Scavi: S. Saba, S. Ce-
cilia, S. Maria Antiqua). - H. Kirsch, Anzeiger fùr christliche Ar-
chào'.ogie, i: Ròmische Conferenzen fùr christliche Archàologie
(i. Seduta del dicembre 1900; 2. Seduta del gennaio); 2 : Romana
Accademia pontificia d'archeologia (seduta del 24 gennaio); 3: Die
Kirche S. Maria Antiqua am ròmischen Forum (La chiesa di S. Maria
Antiqua al Foro romano); 4: Ausgrabungen und Funde (Scavi e ri-
Ter iodici 297
trovamentl); 5 : Bibliographie und Zeitschriftenschau (Bibliografia e
registro dei periodici); 6: Mittheilungen (Comunicazioni). - Bruno
Albers, Ein Papstkatalog des xi Jahrhunderts (Un catalogo dei papi
del secolo xi). - S. Ehses, Kirchliche Reformarbeiten unter Papst
Paul III vor dem Trienter Ronzii (Lavori di riforma della Chiesa
sotto Paolo III avanti il concilio di Trento). - P. Kehr, Aus dem
Archiv des Fùrsten Colonna (Dall'archivio del principe Colonna). -
G. BuscHBELL, Ein Bericht Bellarmins ùber den Befund der Leiche
Marcellus II und die Uebertragung der Gebeine in die neue Peterskir-
che (Una relazione del Bellarmino sul ritrovamento del corpo di Mar-
cello II e il trasporto delle sue ossa nella nuova chiesa di S. Pietro). -
Recensioni di G. P. Kirsch sul lavoro del Tamill\ : Il sacro Monte
di pietà in Roma. Ricerche storiche e documenti inediti.
Stimmen aus Maria Laach. Anno 1901, fase. 4°. — J. Hil-
GERS, Die Vaticana und ihr Grùnder (La biblioteca Vaticana ed il
suo fondatore, Nicolò V).
Theologische Quartalschrift. Anno 1901, LXXXIII, fase. 1°. —
Sagmùller, DieoligarchischenTendenzen des Kardinalkollegs bis Bo-
nifaz VIII (La tendenza oligarchica del collegio dei cardinali fino a
Bonifacio Vili). - Punk, recensione dell'opera del Nurnberger:
Papsttum und Kirchenstaat, 2, 3 (Papato e Stato della Chiesa, 2, 3). —
Fase. 2°. FuNK, recensione del lavoro di K. v. Hase: Kirchenge-
schichte. Zwòlfte Àuflage (Storia della Chiesa, la"* ed ).
Zeitschrift fùr Katholische Theologie. Anno 1901, fasci-
colo 1°. — R. RiLLES, Die Datierung des liber sextus Bonifaz Vili,
iuxta glossa (La datazione del liber sextus Bonifacii Vili, iuxta glossa). —
Fase. 2°. C. Gutberlet, recensione del lavoro di A. Weber: Die
Ròraischen Katakomben (Le catacombe romane). - A. Kròss, re-
censione del lavoro del Grisar: Geschiehte Roms und der Pàpste
im Mittelalter, I (Storia di Roma e dei papi nel medioevo). - R. Pau-
Lus, Bonifacius IX und der Ablass von Schuld und Strafe (Bonifa-
cio IX e r indiilgentia a pena et a culpa). - R. Paulus, Aufhebung
der Ablàsse in Jubeliahre (La sospensione delle indulgenze nell'anno
di giubileo),
Zeitschrift fiir Kirchengeschichte. Anno 1901, fase. 1°. —
Lic. C. Erbes, Petrus nicht in Rom sondern in Jerusalem gestorben
(Pietro morì in Gerusalemme e non in Roma).
Le croniche di Viterbo
SCRITTE DA FRATE FRANCESCO D'ANDREA
ContiuuaE. e fine; vedi voi. XXIV, p. 197
Anno Domini 1243, Lo imperadore Federico II che era inimico e 14 b
di Romani andò col popolo di Viterbo in terre di Roma ad offendere,
et fé' capo in Campagna et in quel paese campigiò .xxvi. di, guastando
el paese; poi si ritornaro i Viterbesi col conte Simone (i) capitanio
del dicto imperatore et andaro ad campo a. Nargnie (2) e ferno el
guasto; ove stecte .v. dì.
In quel tempo tutti li cardinali di corte stavano ad Nargnie (3)
e l'imperatore lassò tutti li cardinali, vescovi e prelati che haviva presi
(i) Simone conte di Chieti; nel 1240 podestà imperiale in Vi-
terbo (SiGNORELLi, op. cit. p, 356) e almeno dall'agosto del 1242 « sacri
«imperii ab Amelia usque per totam Maritimam vicarius geueralis »
WiNKELMANN, Actd, I, 323 ; Kaiser Friedrichs Kanipf, p. 282. Secondo
una narrazione di parte pontificia in Amelia avrebbe fatto una rocca
« subversis altaribus . . . baptisterium in clybanum convertendo, proie-
« cto extra civitateni corpore sancte femine » venerata nella chiesa.
VVlNKELM.\NN, Actcl', II, 719.
(2) Cf. Rice. DI S. Geriiano in Mon. Gemi, hist., Script. XIX, 383 ;
H. Weber, Dir Kumpf -^ischm Papst Innocen\ IV und Kaiser Frie-
drich II bis lur Flucht des Papstes uacb Lyon in Historiscbe Sttidien veroff.
von E. Ebering, Berlin, Ebering, 1900, p. 3. Questo scritto, che ha
pregi grandi di serietà e di chiarezza, per le cose viterbesi non è
che un fedele riassunto della monografia del Winkelmann più volte
citata.
(3) Si legga Anagni,
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 20
500 7'. Egidì
per mare due anni innanti (i), e li cardinali fecero papa Innocentio IIII
nel mese di luglio (2). E in quel mese li Romani pigliamo Bottignano
e guastare Montopoli in Sabina. Adì .xviii. d'agosto, martedì (5), el
conte Simone fece un gran parlamento con li Viterbesi nella piazza
di Sancto Silvestro, e disse corno sapeva che certi ^'iterbesi si vole-
vano ribellare allo imperatore e darsi al papa. Et el populo tutti si
scusavano, dicendo che tutti erano boni et fideli, e chi fussi colpevoli
fusse morto. El venerdì sequente similmente el dicto conte fé' parla-
mento colli Viterbesi nella dieta piazza, e Ranieri Gatto si levò in
piedi, e disse al populo conio e! dicto conte haveva captiva voluntà
sopra ad Viterbo, dicendo certe cose che se n'era accorto. Per la qual
cosa tutto el populo si volse incontra al dicto conte, recandolo in
odio. El sequente dì fé' conseglio el potestà (4) con tutti li giniilho-
mini della città, e elessero dui ambasciatori e mandorli all'imperatore,
che li devesse mandare miglior capitanio et devesse levare via el
conte Simone. Onde el conte Simone sapendo che doveva perdere
Viterbo, pigliò la torre del Tignoso (5) Landolfo del castello di
Sancto Lorenzo, el qual castello fornì de tutte le cose che bisogna-
vano alli castelli; e questo fé' per paura di cittadini. Onde che el
cardinale Raniero da Viterbo (6), eh' era legato di tutta Toscana e
(i) N. D. Tuccia qui aggiunge la notizia di una certa campana
che i Viterbesi avrebbero predato a Nola nella Campagna romana,
e posta sul campanile di S. Sisto. Tale notizia non può provenire
da Lanzillotto contemporaneo agli avvenimenti, poiché una Nola in
Campagna non è mai esistita, per quel che mi sappia.
(2) Fu ai 25 di giugno l'elezione e ai 28 la consecrazione.
Cf. NicoLAUs DE Carbio, Vita hinocentii IV edita da F. Pagxotti
in Arci), d. R. Soc. rem. di st. pallia, XXI, 80.
(3) N. D. Tuccia: « 17 agosto di martedì », ma il 17 era lunedì.
Cf. GiRY, Manuel de diplomatique, p. 238.
(4) Il 5 febbraio Federico II aveva nominato potestà Vitale
d'Aversa (Winkelmann, Ada, I, 6S5) ; durò sino al luglio, secondo
il SiGN'ORELLi, op. cit. p. 356; credo però, col Winkel.mann {Kaiser
Friedricbs KampJ, p. 284), che debba estendersi la durata della sua po-
testeria anche all' agosto, perchè nominato in febbraio doveva durare
tutto l'anno (Signorei.li, p. 350). Sopravvenutala rivoluzione è na-
turale che egli, imperiale, fosse sostituito ; v. e. 15 a. Anche la lettera
del Tignoso (Huii.lard-Bréholles, VI, 125) ci dice che il podestà
fu trattato come nemico.
()) Il DELLA Tuccia erratamente: « Tignoio » (p. 21).
(6) Ranieri Capocci, viterbese, vescovo della sua patria dal 12 13-
Le croniche di Viterbo 301
stava in Sutro, entrò in Viterbo addi .vini, de septembre, di mcr-
cordi, e fumo facte grande battaglie in quel di nella piazza di San-
cto Silvestro, e fu cacciata la gente de lo imperatore del palazzo, e ri-
cuperare || nel castello, dove era el dicto conte; el quale conte haviva e.
con lui .ii'^.L. homini bene armati, e entra Abbruzzesi et Tedeschi
erano trecento novanta (i).
El dicto cardinale fé' giurare ogni viterbese (2) et assediò el ca-
stello intorno intorno con manganelle et mangani e trabocchi per
le torri e per terra; el trabocco [grande] (5) fu posto in Damiata.
Et el conte mandò all'imperatore in Puglia che devesse succurrere (4)
Viterbo, si non, che si perdiva tutto. Li ambasciatori de Viterbo, che
erano andati all'imperatore, menaroper capitanio del palese el conte
di Caserta (5) el quale se n' andò ad stare ad Montefiascone, e scrisse
all' imperatore che presto mandasse soccurso, impcrhò che poteva
ricuperare Viterbo e la contrada. L' imperatore mandò subito uno
grandissimo exercito. Et sentendo li Viterbesi si facta cosa, ferno car-
bonare e steccata sopra lo piano Tornatori, che circundava el castello
di Sancto Angelo, in fine al muro del piano di Scarlano; cioè dalla
1245 e cardinale del titolo di S. M, in Cosmedin dal 12 16, creato
da Innocenzo III, morì nel 1251. Cf. Eubel, Hierarchia calholica
in. ili., Monasteri!, 1898, p. 627; Pinzi, Storia, I, 331, nota
(i) N. D. Tuccia (p. 21) dice solo 250; il numero di frate
Francesco è confermato dalla relazione che dell'assedio fu scritta da un
familiare del Capocci, conservata nel cod. Palat. della bibl. Vaticana
n. 953, ce. 56 sg. che dice: «... quasi quadringenti milites, cum suis
« principibus, in castrum S. Laurentii civitatis contiguum aufuge-
« runt » ; fu pubblicata dall' Orioli, Guerra «Scc. p. 70 sgg. Il Winkel-
MANN da una copia del Pertz pubblicò novamente questa narra-
zione negli Ada iniperii, I, 546-553; la citeremo da questa edizione
col titolo Relatio.
(2) Resta l'atto di giuramento; v. Pinzi, Storia, I, 391; Savi-
GNOKi, L' archivio &c. n. li. Quest' atto e la lettera del Tignoso
citata ci confermano che tra i seguaci di Raniero era Guglielmo conte
palatino; quindi non è giusto il pensiero dello Schirrmacher, rife-
rito dal WiNKELMANN, A". F. Kaiiipf, p. 284, nota 3, che voleva iden-
tificarlo col conte Guido Guerra. Più giustamente il Pinzi, Storia, I,
388, nota 2.
(3) Prendo ad imprestito questo aggettivo dal della Tuccia.
(4) Nel ms. « succerrere ».
(5) Riccardo conte di Caserta nell' ottobre prende il titolo di
vicario; cf. Winkel.mann, Acta, I, 330.
302 7^. Egidi
porla di Sancta Lucia in fino al piano di Scarlano dal lato di fiiorc le
mura sopra la porta di Valle, clic girava mille cinquecento sette passi,
da longa (i) dalla porta di Valle .ii'-.xxxi. passo (2); e niurarno tutte
(i) « Da longa », della seconda mano.
(2) Sebbene un po' oscuro, mi pare evidente che debba inten-
dersi: fecero carbonare e steccati che, cominciando da porta S. Lucia
correvano prima pel piano de' Tornatori, che è intorno ni castello
di S. Angelo, passavano poi 231 passi avanti a porta di Valle e
giungevano da ultimo a porta di piano Scarano, con uno sviluppo di
1 507 passi. In tal modo come un grand' arco la trincea, partendo dalla
estremità settentrionale della città, raccoglieva il castello di S. Lo-
renzo, sbarrando sia quella grande insenatura che dicemmo altrove
(p. 255, nota 6) internarsi tra quejto e il colle della Trinità col nome di
Valle di Paul, sia l'altra valle che è adiacente al fianco meridio-
nale dello stesso castello, e andava a morire da ultimo a mezzogiorno
delle mura cittadine. E questo, a mio parere, è il solo steccato che
i Viterbesi abbiano costrutto durante la guerra. L'Orioli {Guerra Scc.
p. 76, nota) e il Pinzi (Storia, I, 395 e 399) mostrano di credere che
essi ne costruissero due; uno che tutto intorno aggirasse il castello
p:r assediarlo, avendo li sua parte più forte verso oriente nello spia-
nato di S. Bernardino, ed un altro, vòlto invece contro i soccorsi
che potevano venire dall' esterno e collocato là dove è stato indi-
cato poco sopra. La loro opinione è nata, se non m' inganno, da
una poco giusta interpretazione delle parole con cui il cod. Pai. 953
più volte citato narra questi avvenimenti. Essi han creduto che il
vallo, di cui ivi si racconta la costruzione subito dopo che il conte
Simone avea dovuto racchiudersi nel castello, sia tutt'altra cosa da
quello che più tardi oppose sì lunga e nerboruta resistenza alle armi
di Federico. Ma, chi ben legga, la Rclatio non fa mai questa distin-
zione, e quel vallo che dice costruito in principio «in castri am-
« bitu . . . ne quisquam conclusis presidium ferre posset » (p. 547), e
che non circondava tutto il castello ma « vastam campi planitiem
e occupabat longius a castro propter iacturam tclorum ad instar
«semicirculi sequestratam » (p. 547), è per lui quello stesso che
viene disprezzato dal nemico « cum... convexam semitam tenuem et
(f protensam ac erectam lignorum congeriem eminus conspexissct»
(p. 547), quello che i cittadini scongiurano «quod... relinquerent.. .
« et se restringerent intra muros » (p. 518). quello che, cominciato l'as-
sedio, essi « ut frequentius, fodientes profundius.. . ampliabant, in ag-
«f geris tumulo erigentes coronam palorum cum propugnaculis alilo-
Le croniche dì Viterbo 305
le porte de Viterbo salvo hi porta di Bove e la porta di Salciccliia
e la porta dell'Abate. Et el cardinale elesse per potestà de Viterbo
Ranieri di Stephano da Orbieto, el di de sancto Angelo di setembre.
« rem » (p. 5 50). Siccliè lo steccato e la fossa: di cui fa parola la Relatio
sono da identificare con quelli cui accennano le parole di Lanzillotto.
Mi pare per g'unta che 1' esistenza di una linea di circonvallazione
torno torno al castello sia esclusa, come dal racconto di Lanzillotto,
che poco sopra, detto della ritirata di Simone nel castello, aggiunge:
« el dicto cardinale... assediò el castello intorno intorno con man-
te ganelle et mangani e trabocchi per le torri e per terra: el trabocco
« grande fu posto in Damiata », cos'i dalle lettere stesse dei rac-
chiusi, de' quali Simone scriveva al conte di Caserta : « instanter diebus
« et noctibus nos impugnant balistis, arcubus, fundis necnon et ma-
« chinis quas in summitate oppositarum nobis turrium erexerunt »
(Huillard-Bréholles, vi, 127), e il Tignoso quasi con le stesse
parole: « diebus ac noctibus impugnarunt hostiliter et instanter lapi-
« dibus, arcubus, balistis et machinis quas in summitate turrium erexe-
« ruat » (Huillard-Bréholles, VI, 125); parole tutte che si con-
vengono ottimamente ad un bombardamento del castello e non ad
un regolare assedio. È vero che la Rdalio (p. 551) dice che allo
steccato i cittadini combattevano contro Federico, mentre « magna
«pars ... castrum S. Laurentii obsideret», in modo che v'era doppia
battaglia; ma dall'insieme del testo anche li mi pare che si escluda
l'esistenza di un duplice steccato. Del resto, chi ricordi la configu-
razione del colle di S. Lorenzo con le sue ripidissime pendici (al-
lora certo pii^i ripide che oggi), non troverà necessario tanto lavoro
per impedirne l'uscita ai racchiusi. Per accedervi o per uscirne due
sole erano le vie; ad oriente il ponte che l'univa al resto della città,
il quale certo fu subito asserragliato o più facilmente rotto dagli im-
periali, quando si rifugiarono nel castello, e che era molto age-
vole battere coi mangani e coi trabocchi; a ponente la porta di
Valle (la quale probabilmente si dovrà cercare un po' più a monte
di dove ora si trova). Bastava quindi che contro questi due punti
fossero volte le difese dei cittadini; per gli altri era sufficiente una
guardia attenta senza opere di fortificazione. Il Winkelmann nella
citata monografia, che ci dà la migliore narrazione di questi avve-
nimenti (pp. 285-288), ammette il bombardamento contro il castello
e l'unico steccato contro Federico, ma quanto egli dice sulla sua
situazione è assolutamente ed interamente errato: nello schizzo to-
pografico che correda il suo scritto, neppure una indicazione ha il
304 y. Egidì
El conte di Caserta adunò forando excrclto ad Montcfìascone et
andò a loggiare alla selva di Sancto lohanni e Sancto Vittore e
stette lì tre dì, e poi a' nove di ottobre, de giovedì (i), gionse l'im-
peratore e aleggiò nel piano di Bagni, et el sequente di, la maitiiu
per tempo, venne a loggiare nel piano del Tornatore e nel piano
di Miisilegio in fine ad Sancto Favolo (2), ad canto alle steccata,
quanto pò gettare una balestra da longa.
suo posto, se si eccettuino l'Arcione e la cattedrale di S. Lorenzo: cosa
quasi inevitabile d' altra parte per chi non aveva a sua disposizio:ie
altro che l'orribile p'anta prospettica pubblicata dal Bussi, Islorin,
p. 50. il tratto di steccato che correva dalla fronte di porta di Bove
s-no all' altezza di porta di Valle, doveva seguire presso a poco la
linea delie mura presenti e fu conservato anche dopo l'assedio, forse
fino a che Visconte Gatti non gli sostituì la cinta murata (1268).
Certo nello statuto del 1251 si stabiliva che si avesse cura di esso
e delle fosse. « Statuitnus quod carbonarie nove utiles de sticcatM,
0 scilicet a Pertusa Vallis usque ad carbonarias que sunt extra por-
« tam Bovis, nullatenus repleantur ; et si quis repleverit vel repleri
« fac'at, suis expensis evacuet et solvat penam .l. librarum : et pò-
« testas personaliter videat ter in anno si est aliquid evacuandum, ut
« faciat evacuari » ; Stiitiito, III, 2; Ciampi, op. cit p. 499. Si noti
come si parli di una <f Pertusa Vall's » di fronte ad una « porta
« Bovis », il che potrebbe far pensare che in corrispondenza della
porta Valle che si apriva ai piedi del castello, ci fosse una interru-
zione nello steccato, non una vera porta. Cf. la Porta Pertusa di Roma
in ToMASSETTi, Catiipa^iui, m questo Archivio, IV, ^66. Anche quando
pàrtiisa venne adoperato in senso di porla (Dl'Cakge, GJossarinin, ad
verbum), dovette essere per quelle porte che in origine erano state
aperte provvisoriamente.
(i) 11 nove era venerdì ; c(. GiuY, Manuel Sic. p. 239. N. d.
Tuccia dice 1' 8.
(2) Il campo si stendeva da nord ad ovest della città, appunto
contro lo steccato allora allora costruito. La chiesa di S. Paolo era
presso il ponte di Signorino a ponente della città, e non è da con-
fondere affatto con quella che poi venne in mano dei Cappuccini,
la quale si trova al punto diametralmente opposto, come fa il Ca-
Mli-LT, in una misera ed insignificante narrazione di questi avveni-
menti inserita ncWAlbinnfponiiih ìclUrario e di belle arti, Roma, i<^48,
XV, 135-138, col titolo: Battaglie e vittorie riportate contro gli imperiali
dai Viterbesi nell'anno 124}, p. 137.
Lii croniche di Viterbo 305
E vedendo ciò li Viterbesi temevano assai dello assedio de T im-
peratore Federico e mai se partivano dalle steccata né de di né de
nocte, e li si mangiavano e bivevano, e lassarno la guardia di tutta
la città, e havivano proveduti nelli lochi più dubiosi (i) intorno alle
mura(2).|| La domenicha ad mattina per tempo, lo imperatore in e. 15 b
persona se mosse con chavalieri e pedoni armati, et ordinò le schiere
con uno suo indice chiamato Pietro della Vigna et Enrico di Paran-
gano (3), et andarno sopra el palazzo de la contrada del piano di
Scarlano. Ma li Viterbesi vedendo dove era andato lo imperatore,
alcuno di loro cominciò a dire: « Faciamo el comandamento de 1' im-
peratore » ; e alcuni dicevano di non volerlo fare (4). L' altri homini
più gagliardi balestravano e facivano diflesa alle steccata contra quelli
de l'imperatore. Lo imperatore comandò ad tutti li cavalieri (5) che
devessero smontare ad piede, et tutti insieme dessero la battaglia
grande alle steccata; e cusì fu facta grandissima battaglia intorno
intorno alle steccata. El conte di Caserta et Enrico de Palangano
(i) « più dubiosi », del correttore, su rasura.
(2) N. D. Tuccia aggiunge: « E nella piazza di S, Silvestro stava
« la moltitudine del popolo per soccorrere alle bisogne di quel lato,
« ove fosse stato bisogno. Avevano tra loro ordinato le bandiere, cioè
« 25 giovani per una, li quali stavano tutti alla richiesta e coman-
« damento del capitano della comunità e popolo » (p. 22). Di questo
ordinamento non trovo altrove alcuna menzione. Se vi fu, ebbe gran
somiglianza con quello che per Roma esisteva probabilmente già a
questo tempo, di certo nel 1327. Cf. Ecidi, Intorno airesercito del co-
munii di Roma ndla prima mila dd sec. XIV, Viterbo, Agnesotti, 1897,
p. 119 sg. Però io son d'opinione che tale divisione sia interpolata
dal della Tuccia, poiché neppure il contemporaneo autore della citata
Reìalio ne fa cenno alcuno, per quanto essa si presentasse adatta a
ricamarvi qualcuno de' suoi periodi fioriti.
(3) È questa l'unica menzione che io conosca di operazioni mi-
litari guidate da Pietro delle Vigne. Quanto ad Enrico di Palangano
nulla posso aggiungere a quello che se ne dice qui, a meno che non
voglia identificarsi con l'Enrico de Para^^nano nominato nel doc. 3032
del BòHMER e con 1' Enrico de Paremiano che fu padrone del ca-
stello di Giove presso Amelia; Berger, Les registres d' Innocenl IF,
Paris, 1884, n, 4247. Cf. Winkelmann, A'. F. Kampf, p. 292, nota 2.
(4) A commento di queste parole si veda la Relatio, p. 79 sg.
(5) Qui e più sotto la prima mano scrisse « chrii », la seconda
neir interlineo « cavalieri ».
So6 T. Egidi
colli cavalieri toscani e con li pugliesi, pugnano nella valle di San-
cto Paolo. L'imperatore con molti chavalieri e baroni della Magna e
della Marella e del Ducato, ch'erano gagliardi homini, pugnarno et
fcrno rempire le carbonare, C'oè li fossi, di botti e fascia di viti, et rop-
pero le steccata in tre lochi. Per la qu.il cosa li Viterbesi fortissima-
mente facivano difesa, e mai se partivano da dicti steccati et occi-
devano et ferivano assai di quelli de 1' imperatore; coll'aiuto di Dio
li soperchiavano. Et tutte le donne viterbese con sollecitamento por-
tavano sassi et arme da difesa e rinfrescamenti alli loro homini (i).
Onde vedendo 1' imperatore clie la sua gente periva, e non possiva
pigliare li steccati, fé' comandare e bandire che ogniuno tornasse alli
loro logiamenti.
El secondo di poi la battaglia lo imperadore mandò el conte
Pandolfo di Fasanella (2) in Toscana, che devesse menare assai gente
ad piede bene armati et ben gagliardi. Poi comandò lo imperatore
che tutte le suoe gente trovassero legnami et edificassero case e cap-
panne; e la casa de l'imperatore fu facta sopra al. poggio de A!to-
brandino (3), sopra la grotte del Riello, et li vi fecero beli ssime grotte.
Li cittadine de Viterbo cominciamo a temere fortemente vedendo
che loro facivano le case, dicendo tra loro: « Questo sarà longo as-
sedio »; et ordinarno fare le guardie ad muta. Acciò a lloro non ve-
nisse in fastidio lo guardare, alcuni guardavano el dì, alcuni la nocte.
r6 A Lo dicto conte Pandolfo menò più de .vi. milia fanti ad piede di
Fiorenza, Pisa, Pistoia et Pretasanta, di Siena et Lucca et di Arezzo (4).
Poi che lo imperatore vidde li dicti fanti, comandò che fussero tro-
(i) CiAz Reìalio,^. 552: « catervae puellarum ..., onuste victua-
« libus, non metuunt ubique per campum ad bellatores accedere ac
«de sepis cacumino lapides prohicere contra hostes. Deinde vulr.e-
a rate in capite ac mammillis et membris reliquis non clamabant
tf nec lacrimas emittebant.. . »; però ne parla solo durante il secondo
assalto.
(2) Reìatio,p. 551: « de suis optimatibus misit quosdam in Lom-
« bardiam et Tusciam ut coUigcrent moltitudinem peditum «. Pan-
dolfo di Fasanella era vicario imperlale in Tuscia come suo fratello
Riccardo lo era nella Marca d'Ancona. Bòhmer-Ficker, n. 3586;
WiNKELMANN, Ada, I, 325, 28, 29, 30.
(}) « De Altobrandino », della seconda mano, su rasura di « Al-
ce tobrandino ».
(4) Per Siena v. Ficker, Forscbungen iiir Reichs uni Rechisge-
schichle ItalUns, Innsbruck, 1868-74, IV, 402.
Le croniche di Viterbo 307
vati assai legni per fare castelli di legnami et anche ponti per posser
rompere le steccata; et fé' fare .xxvi. castelli et ponti, et una man-
ganella, la quale poserro ad Sancto Favolo; per la qual cosa li
Viterbesi di novo renforzarno le steccata, et ferno maggior fossi et
fecero una buffa grande et una piccola, et si le pusero nel piano
sopra Sancta Maria della Ginestra, et contìnuo gettavano nel castello
di Sancto Lorenzo et nel campo de l'imperatore; et fecero molte
manganella et altri edifitii et molti pulzoni con le teste di ferro, con
li qu'ali rompevano le castella di legno, et ferno molti graffioni o
veramente petre lupo con le rustiche di legno, con li quali pigliaveno
li castella et li gettavano in terra ; et fecero più vie sotto terra, onde
escivano ad offendere li nimici (i). Et fore delle carbonare fecero le
steccate, acciò che le castella di legno non si potessero acostare,
ficcandoci assai passoni de legno; et sparsero assai tribali de ferro,
acciò che intrassero nelle piante delli piedi delli inimici appiede e a
cavallo; et fecero steccata per la valle del Tignoso infine al muro
di Sancto Chimento (2). Et el cardinale comandò che la torre et il
palazzo di Ranuccio (3), con la torre che stava nel piano di Scar-
lano, fusse scarcata, acciò che tutti quelli dell'assedio lo vedessero,
e cusi fu facto.
Addi .X. del mese di novembre, martedì, venne l' imperatore con
tutto el suo exercito et con le castella di legname et altri edifici ad
canto a li fossi, et fé' fare grande battaglia, credendo certamente vin-
cere la pugna. Il Li Viterbesi fortissimamente et durissimamente si di-
fendevano, con balestra et archi e con petre ne ferivano et occide-
vano assai et molti ne gectavano per terra; et le doe buffe continuo
gectavano per lo campo, et tutti li nimici facivano fugire chi là chi
qua per paura di quelle pietre; et li Viterbesi uscivano fuore di quelle
cave et abrusciavano l'alogiamenti di nimici che stavano nel piano
(i) S. Camilli dice che « circa 20 anni sono furono scoperti
« tali cunicoli nel prato giardino e podere Chigi, sebbene in parte
«franati e riempiuti», art. cit. p. 157.
(2) Una descrizione interessante di queste varie sorta di mac-
chine e di fortificazioni ci è data dalla Rdatio, p. 549 sg. La valle
del Tignoso è la parte esterna di quella già indicata col nome di
Paul: anche qui il Winkei-.manm si trova imbarazzato nell' ubicarla,
K. F. Kampf, p. 295. Lanzillotto dimentica di narrarci i tentativi fatti
da Federico per sollevare la città, specialmente per mezzo degli ere-
tici Pietro e Giovanni di Orte. Cf. Rdatio, p. 548.
(5) Ranuccio Cocco secondo Pi^/A, Storia, l, 429.
e.
3o8 T. Eiridi
de Toniatori e nella valle de Saiicio Favolo, e nbrusciavano quelli
castelli che possivano. Per la qual cosa li nimici non possendo
vencere, si tirato di lontano et lassarne li castelli, et li Viterbesi tutti
li scarcarno et miserci fuoco.
Et (i) di queste cose lo ante dicto Lanzillotto fa piena fede
che li vidde con li ochi soi : et l'ò scritte io frate Francesco, ricavate
d' uno libro scripto (2) de sua propria inano, di bella lettera antica.
El secondo dì di poi la battaglia, el papa mandò el cardinale
Octone (3) all' imperatore, comandando che si partisse della terra
sua, et lo cardinale li rendè (4) omne cavaliere che teneva pregionc,
et con loro el conte Simone che era nel castello di Sancto Lorenzo.
Lo imperatore se partì contatto l'exercito el sabbato sequente (5).-
(i) In margine una mano con l'indice teso e le parole: «Nota
« lo auctore », di mano del correttore.
(2) Nel ms. « scripo ».
(3) La lettura è incerta: parrebbe scritto piuttosto « Cetone». Re-
stituisco « Octone » come mi dicono anche le righe seguenti.
Ottone Candido, card, diacono di S. Nicolò in Carcere Tulliano
fin dal 1227, nel 1244 poi divenuto vescovo della suburbicaria Por-
tuense, rimasta vacante per la morte del card. Romano Bonaven-
tura; cf. EuBF.L, op. cit. p. 6. Sicché in questo momento egli era
ancora card, diacono come appare del resto dai docc. lui e LVii del
Savignoni, L'archivio &c. e però poco esattamente N. de Carbio
lo dice già « episcopus Portuensis » (op. cit. p. 87). Fu legato in
Inghilterra nel 1257, ma è evidente che la sua legazione non durò
sino al 1251, come vorrebbe Gervasius Cantauriemsis, Ada le^^um
continuala, II, 130-201; vi era però ancora il 12 maggio 123S come
da una sua lettera nell'arch. Sublacense, arca IV, 3. Intorno all'am-
basceria cf. anche Huillard-Brf.iiollus, op. cit. VI, 206. Niccolò
della Tuccia lo chiama Cetone, e per togUere la contraddizione sop-
prime il nome « Oddo » poche righe più sotto (p. 24).
(4) Così il ms; però inclinerei a leggere « li rendesse», affine
di metter d'accordo questa frase con le righe che seguono. N. d. Tuc-
cia: « l'imperatore fece patti che li rendesse il conte Simone...»,
p 24. Le trattative sono a lungo esposte nella lettera di Federico
ai principi intorno alla loro rottura, scritta forse due giorni dopo,
14 novembre; Huillard-Bri^holles, VI, 142; cf. Pinzi, S/0//1/, I,
441 sgg. I patti furono confermati dal Consiglio cittadino secondo
dice Innocenzo IV nella lettera del 18 noveinbre ; ibidem, p. 446; Sa-
viGNONi, L'arc/j/u/o, n, lui.
(5) 14 novembre.
Le croniche di Viterbo 309
El cardinale Odo entrò nel castello di Sancto Lorenzo e cavò fuore
ci dicto conte Simone con li dicti chavalieri, et nolli seppe si bene
condurre, che fumo robbati dn Viterbesi et da Romani che erano di
nuovo vinute colli cardinali (i). Et el cardinale Ranieri comandò al
podestà che tutti li gintilhomini et li migliori del castello fussero
presi et legati et messi in prescione, et li fossero da Viterbesi tenuti.
La domennicha a mattina per tempo maschi et feniine, grandi e
piccoli, unanimiter infra (2) essi levarno ci romore, et andarno alle
case dì quelli cittadini eh' erano stati contra la communità. et havi-
vali messi in tanti pericoli, e tolsero tutta la robba loro et miseria
al fuoco et abbrusciarla. Lo imperatore hebe di questo si grande ira
che mise genti per Toscanella, Veiralla, Montefiascone et Vitor-
chiano, che tutti fussero continuamente ad oflfendere Viterbo (3).
Havendo li Romani sentito come lo imperadore s'era partito da
Viterbo, vennero in adiutorio della Chiesa, et pigliamo Crapalica, e
disferno Ronciglione, et pigliarci el conte Pandolfo (4) et mandarlo
prigione ad Roma, et poi pigliamo Vico.
(i) L' esercito romano due volte s' era mosso in aluto degli as-
sediati, ma s' era arrestato a Sutri non sappiamo se per maneggi di
Federico o pel rancore putrito contro Viterbo; Relatio, pp. 549 e 553;
pure che alcuni e Romani e di altri paesi ad incitamento di Inno-
cenzo venissero a Ranieri Capocci, ci mostrano le parole di N. de
Carb'O, « subsidio » (così credo sia da correggere il « subito » letto
dal Pagnotti) « nichilominus subsequente tam Romanorum quam
« aliorum quos dominus papa transraisit «, op. cit. p. 83, e quelle
della stessa Relatio, pp, 549 e 551.
(2) « unanimiter infra », della seconda mano, su rasura.
(3) La fellonia spiacque anche ad Innocenzo, come appare dalle
sue lettere ai Viterbesi. Savigxoxi, L'archivio, nn. lui, lv; Pinzi,
Storia, I, 446.
(4) Il Bussi, op. cit. p. 131, credette che questo Pandolfo fosse
il Fasanella; il Pinzi, Storia, I, 447, non dice chi sia; il VVinkel-
MANx, K. F. Kaiìipf, p. 299, pensò che fosse uno de' Vico, poiché
il Fasanella non era conte e quest' imprigionamento è d'accordo con
le occupazioni di Ronciglione e di Vico. Ma nel 1244 era « comes
« .A.nguillarie » Pietro (III) di Vico e di un Pandolfo di Vico non
c'è notizia. Per me non corre dubbio che Pandolfo sia da identifi-
care col padre del Pandolfo dell' Anguillara che nel 1264 a capo de'
guelfi si oppose a Pietro (IV) da Vico e ne fu sconfitto e preso pri-
gioniero presso Vetralla. A questo mi spingono le parole del nostro
310 T. Eì^ÌlÌì
Nel mese de dicembre tutti le torri et palazzi di niess. Biascio
di Pietro Vicaro ad canto al poggio di Sancto Silvestro fero hedificare
studiosamente (i); et nel dicto mese fu guasta la fontana di pìazzaNova.
Anno Domini 1244. Nel mese di ienaro tutto el castello d'Er-
cole, in quel tempo chiamato el castello de Sancto Lorenzo, fu scarcato
da Viterbesi; nel quale (2) erano .xvi. torri et alcuni belli palazzi.
A di 12 de febraro, el sabato di carnovale (5), certi selvaioli de Vi-
terbo andarno a predare Vetralla e pigliamo gran preda di pecore
et Giorgio da Vetralla con certi pregioni; ad qual remore trassero
[li W'trallesi] con (4) li Todeschi che stavano in Vetralla per l' im-
stesso cronista a e, 19 a che temo non siano altro fuorché una ri-
petizione di questo stesso avvenimento, e quelle della Historia Si-
cilia riportate dal Cklisse, I prefd Hi di Fico, n. 32, nota 5: « huius
« comitis pater multum fuerat imperatori Friderico devotus: scd hic
« a paterna devotione degenerans, Manfredo signa reverentiae non
« ostendit ». Il trovare contemporaneamente conti dell' Anguillara
Pietro di Vico e Pandolfo, non recherai meraviglia a chi ricordi quanto
spesso si distaccassero o si riunissero i signorotti a Federico e al
papa, e quanto spesso i beni del disertore venissero dati al fedele
come premio. Forse, come il Calisse pensa (op. cit. p. 23), Pan-
dolfo si volse alla Chiesa e Pietro ne ebbe la contea.
(i) Cosi il nostro ms. N. d. Tuccia dice: « fumo edificate no-
M bilmente » (p. 24); Itjzzo : « furono scarcate studiosamente» (ibi-
dem, nota). I Vico erano di parte imperiale e quindi sarebbe da
attenersi alle parole di luzzo, tanto più che seguono alla notizia della
presa di Vico; ma d'altra parte case de' Vico appunto del secolo xiii
esistettero nei pressi di S. Silvestro (cf. Pinzi, Storiti, I, 445, nota).
Potrebbe pensarsi alla preesistenza di case de' Vico in quel luogo,
ora distrutte insieme con quelle degli altri ghibellini che si trova-
vano nel castello di S. Lorenzo, poi ricostruite, passata la bufera, e
a questo potrebbe credersi più facilmente quando si rifletta che le
parole « scarcare », « distruggere », « distrutto » ìxc. dei nostri cro-
nisti non si debbono prendere sempre alla lettera, perchè troppe
volte si ritrova in piedi quello che prima era stato detto abbattuto.
(2) Espungo la parola « anno », pensando che sia stata intro-
dotta nel ms. per disattenzione dell'amanuense.
(j; Il 12 febbraio era venerdì; Gikv, op. cit. p. 247.
(4) Il « con » è aggiunto dalla prima mano sopra riga con una
chiamata, quindi necessariamente manca qualche parola, che io credo
debba congetturarsi come ho fatto.
Le croniche di Vilcì-bo 3^^
peratorc, et correndo di rieto (i) alli Viterbesi riscossero dieta preda
e cacciaro li Viterbesi infino ad Sancto Antonio. Lo romore si leva
in Viterbo: et le genti tragono (2) di rieto ad Todeschi et cacciorli
in sino ad Sancto Appolito, et ferno un bel facto d' arme. Infine li
Todeschi fumo rocti et pigliatene ,XXVi. cavalieri et mortine .vini.
et li Viterbesi cacciamo et sequirno l' inimici in sino al ponte ad
canto ad Vetralla.
A di .XKiii. de febraro la brigata de l' imperatore Federico II, e. 17 b
raccolta dalle terre intorno, cavalcaro in quello di Viterbo, et ripu-
sorsi nella valle delle Pantane di nocte tempo, et la mactina per
tempo fugi uno cavallo del decto aguato et venne alla porta de Vi-
terbo. Pe'r la qual cosa li Viterbesi si guardarno et nullo usci fuora ;
et li nimici cursero in sino al piano di Tornatori, et non guadagnarno
niente. El giovedì sancto della septimana sancta Io imperatore mandò
al papa Pietro delle Vigne suo iudice et Tadeo conte di Tollerano (3)
e dissero che el dicto papa devesse mandare ambasciatori a lui, im-
pcrhò che voleva fare pace con la Chiesia. El papa stava ad Civita
Castellana e questo odito, mandò doi imbasciatori a l'imperatore con
authorità che possano fare la dieta pace et confirmare quanto lui
proprio (4). Lo imperatore, havendo li dicti imbasciatori, in fine non
(i) Ms. « rietto ».
(2) Ms. « tragano ».
(3) Il testo è qui evidentemente corrotto, né migliore mi pare
la lezione accettata da luzzo « conte di Trollerano». Ch' io sappia,
non esisteva in questo tempo alcun Taddeo di Tollerano (?) o di
Trollerano: d' aUra parte (N. de Carbio, op. cit. p. 84;. Huillard-
Bréholles, vi, 207 e altrove) sappiamo che l'ambasceria era com-
posta di Pietro delle Vigne, di Taddeo di Suessa, di Raimondo conte
di Tolosa. Sarebbe troppo ardito di correggere : « Pietro delle Vigne
«suo iudice et Tadeo et el conte Tolosano »? A ciò mi conforta il
fatto che quest' ultimo sempre nei documenti è detto « Raimundus
«Comes Tolosanus » e mai « de Tolosa » (Huillard-Bréholles,
IV, 485, 799, 800, 802, P06 &c.), anzi alcune volte semplicemente
«Comes Tolosanus» (idem, IV, 386, 912,921 &c.). Da Tolosano a
Tollerano il passaggio grafico è niente aflfatto difficile ; meno ancora
la caduta dell' articolo o la trasformazione della « et » in « de » e la
sua metatesi. Cf. Huijer, p. 714, nota i.
(4) Il cronista confonde due ambasciate imperiali. La prima com-
posta del conte di Tolosa, di Pier delle Vigne, di Taddeo da Suessa
trovò il papa a Roma nella pasqua; la seconda di cui facevano parte
312 T*. Egidi
volse fare pace col papa. El papa indignato se pani da Civita Ca-
stellana et andò ad Sturo e lì vi fé' il consìglio con li suoi cardinali
e eoa Romani, domandando loro aiuto. Li Romani promisero aiuto
et poi nollo obscrvarono; et el papa, indignato di tale e de si facta
cosa e come homo proveduto, si n' andò ad Civita Vecchia, e li vi
trovò .XL. galee di Genovesi, et lui con .x. cardinale entrò nelle
diete galee (i) et andossine ad Genova. Ht lì (^cc uno grande con-
seglio e commise al cardinale Ranieri el governo di tutta Toscana
e del ducato (2) di Spoleti et della Marcha d' Ancona e così lo
fé' vicario et rectore. Lo imperatore, havendo ciò sentito, prestamente
se ne andò ad Pisa et comandò ad Vitale d' Aversa (3), el quale
era capitanio in Toscanella e in Montefiascone, che facesse grande
guerra ad Viterbesi.
In quel anno si levò in Viterbo una compagnia chiamata Pezza
gagliarda, li quali ferno una curraria ad Montefiascone e menarno
certa preda, la quale condussero alla torre di Ianni da Perenti.
18 A Et Vitale d' Aversa montò ad cavallo con grande exercito e
cavalcò in quel de Viterbo, e pigliò certa preda de pecore. Li Vi-
terbesi trassero con furia in sino all'ospitale di Rosignolo (4); ma
Vitale vedendo sì gran tratta, comandò ad tutte le gente suoi e strecte
e serrate si desserarono (5) adosso a li Viterbesi, onde fu facta gran
battaglia; in fine li Viterbesi furono rocti, et ce fu morto uno fante
ad piede; et fumo pigliate .xl. Viterbesi e menati ad Montefiascone.
E questo fu a dì .vi. de luglio, di mercordì. A di .xxiiii. de agosto
li Viterbesi andarne ad Vitorchiano e tagliamo tutte le vigne e arsero
quante cappanne erano di fuora.
Pietro e Gualtiero di Sora lo trovò a Civita Castellana, dove egli
era dall' 809 giugno e dove si trattenne diciannove giorni, sino
al 27, quando andò a Sutri. N. de Carbio, op. cit. p. 86; Huillard-
Brlholles, VI, 210.
(i) N. DE Carbio dice xxii, op. e loc. cit. Per questa fuga
V. ScHiRRMACHER, IV, 568-371, nota 9; Causse, Storia di Civilavecchiii,
p. 166 sgg.
(2) Ms. e del ducato e di Spoleti ».
(3) Vitale in questo momento era capitano imperiale nel Patri-
monio; Huillard-Bréuollei, VI, 368, 371. Si noti ciie N. d. Tuccia
erratamente lo chiama sempre Vitale d' Anversa, p. 25. II Pinzi segue
Nicola, I, 462 sgg.
(4) Di questo ospedale v. Pinzi, Ospiti, pp. 67, 70, 357.
()) La prima mano aveva scritto « dessero ».
/.e croniche di Viterbo 313
Anno Domini 1245. Fu potestà di Viterbo Fubo (i) da Bologna
e ordinò che Ile misure di mulinari fossero facti di rame, e cosi fu
facto. Nel dicto anno Innocentio papa IIII passò oltra li monti con
tutta la sua corte, e andossine ad Leone sopra Rodano e lì vi or-
dinò el concilio con tutti li cardinali (2); salvo che lo vescovo
Ostiensis e messer Stefano presbiter cardinale commise in vice sua
in Roma (3Ì ; messer Ricardo d'Ancona cardinale (4) commise in
vice sua in Campagnia; messer Raniere diachene in Toscana edu-
cato di Spoleti e la Marcha d'Ancona. In quello anno furono molte
cavalcate e preda tra li Viterbesi et gente de l'imperatore. Et el pa-
triarca d'Antiochia (5) et lo patriarca d'Aquileia andarno in Francia
e tractarno pace tra '1 papa et l'imperatore, el quale imperatore stava
alli bagni di Pezzolo per certa sua infirmità (6).
In quel mezzo Pandolfo di Fasanella e Vitale d'Aversa, capi-
tanii dell' imperatore, ferno grande exercito contra Viterbo, e asse-
diamo in uno loco chiamato Rotella e stectero octo di e guastarno
arbori e vigne quante vi forno. Poi li venne molta gente dal reame
e andarno ad guastare nella valle di Sancto Antonio per .v. di. Et
li dicti patriarchi, sentendolo, si lamentaro co l' imperatore che trat-
(i) N. D. Tuccia, p. 26, «Fulvio»; luzzo, «Fabio». Il vero
suo nome è Faber. Signorelli, op. cit. p. 356.
(2) Vi giunse il 2 dicembre 1244 (N. de Carbio, op. cit. p. 90)
e ordinò il concilio ai 25 (p. 95).
(3) « Stephanus tituli Sancte Marie in Transtiberim presb. card.
« qui remansit in Urbe vicarius » ; N. de Carbio, p. 87.
(4) Riccardo Annibaldi « Sancii Angeli diac. card, de Campa-
« nia et Maritima comes » ; ibidem. Queste frasi nel ms. sono mal
punteggiate, tanto che parrebbe lasciato vicario in Roma Riccardo,
e in Campania, Tuscia &c. Ranieri.
(5) « d'Antiochia », aggiunto dalla seconda mano, in spazio ap-
positamente lasciato libero dalla prima.
(6) Cf. N. DE Carbio, p. 93 : « patriarcha Antiochenus et alii ».
Patriarca d' Antiochia era Alberto Rizzato vescovo di Brescia, cui
ai 16 luglio 1243 da Innocenzo IV era stato commesso l'ufficio delia
legazione nella provincia di Antiochia e nell'esercito cristiano di Terra
Santa. Cf. Eubel, op. cit. p. 93, Patriarca d'Aquileia era Bertoldo
de Meran « ep. Colossensis », nominato da Onorio III (27 marzo 12 18) ;
id. p. 99. Per le trattative V. Huillard-Bréholles, op. cit. VI, 266, 271.
In luogo di « Pezzolo »N. d. Tuccia, p. 26, dice « Pozzolo ». La notizia
di questa bagnatura è poco verosimile. Cf. Bòh.mer-Ficker, n. 3470 a.
14 "P. Egidi
tante la pace non doveva lare sì grande guerra alle terre del papa,
et lo imperatore mandò che l'assedio si levasse da Viterbo,
e. 18 B In quello anno li Viterbesi ferno le carbonare intorno ad Sancta
Maria in Grada, di comandamento di niesser Ranicre cardinale.
Nel mese di giugno, lo di di sancto lohanni Baptista, el diete papa
Innocentio IV (i) nel concilio del Leone sopra Rodano fece il pro-
cesso contra l'imperatore (2). E in quel tempo Vitale d'Aversa fc' una
cavalcata ad Corneto et pigliò molta preda e .XLiiii. prigioni 0 me-
nolli ad Montefiascone. In quel anno nel mese di novembre el ca-
stello di Pitrugnano (5) fu disfacto da Vitale d'Aversa.
Anno Domini 1246. Di comandamento de l'imperatore Fede-
rigo II mandò ad Cornetani, si volevano fare li comandamenti de
l'imperatore; quando non lo facessero, lui impiccaria tutti quelli pre-
gioni. Li Cornetani rispusero che questo non stava in loro libertà.
Per la qual risposta el dicto Vitale impiccò .xxxii. di quelli Cornetani
che teniva prescioni (4\
Nel dicto anno, del mese di marzo, Grosseto era dell' imperatore, e
Pandolfo era con l'imperatore dentro in Grosseto, e Tebaldo Franco (5)
sovertio tutta Puglia e tolsela a 1' imperatore. Sentendo questo lo im-
(i) « Innocentio IV», del correttore, in spazio serbato a bella posta.
(2) V. la Relatio de concilio Lugdunensi in ^'Ion. Gemi. ìiist., Lcgicm,
IV, II, 513-516.
(3) Nel Viterbese tra S. Martino al Cimino e Vetralla; ne con-
serva il nome una contrada. Della devastazione resta notizia anche
in un doc. pubblicato dall' Huillard-Brhholles, VI, 282 : «... Cun-
« età . . . vastaverunt, vineis evulsis radicitus, in hac hostili desola-
« tione velut mensis dimidium commorando et demoliendo (prodi-
« torie securitate incolis prius data) castrum Ecclesie Petrognnni ».
(4) Vedi il Lamento metrico composto per questo eccidio e con-
servato nella Murgaritu Cornetana in Ciampi, n. lxii, p. 353, e
in Dasti, Soiixji slorico-archeologichi di Tarquinia e Corneto, Roma,
1878, p. 462; in Huillard-Briìholles, VI, 368, e in più altri. Il
Lamento però dice il fatto accaduto nel 1245.
(5) Nel ms. « di Francesco », ma più sotto due volte « Franco ».
Egli è « Theobaldus Franciscusw 0 « Francisius » che nel 1242 era
stato podestà imperiale a Padova; Huillard-Bréholles, VI, 139;
nel 1245 «regni marescalcus » nell'esercito di Federico « in depo-
« pulatione Urbis » ; H.-B. VI, 88; Winkelmamn, Ada, I, 328,
nel 1245 « potestas Parmae»; H.-B. VI, 252 &c. N. d. Tuccia,
p. 26, lo chiama «f Tebaldo Francesacco ». Della ribellione si accorse
per primo Riccardo conte di Caserta; Winkelmann, Ada, I, 570. Il
Le croniche di Viterbo 315
peratore hebbe grande ira, e Pandolfo per paura fug'i da Grosseto e
andossine ad Corneto, poi andò a Roma; e lacobo da Morrò (i)
anclie si ne fugi e andò ad Roma. Lo imperatore adunò grande exer-
cito e andò per raquistare Puglia, e Tebaldo Franco liebbe gran
paura e andò in una fortezza con bona amunitione (2), e l'impera-
tore r andò assediare.
Li Perosini vedendo che lo imperatore non voliva fare li coman-
damenti del papa, de comandamento de messer Raniere cardinale ferno
grande esercito e andaro contra Foligne, e combatterno e li cac-
ciamo in sino a la porta, e tagliamo le vigne et arbori assai. Uno
duca, che stava in Foligne per lo imperatore, usci fuore con tutta la
sua gente e con tutto il populo de Fuligne e pugnò contra li Pero-
sini e roppeli e pigliorni circa sette mili.i e ucciserne e ferirne assai.
Era l'exercito di Perosini .xx. milia tutti feriti (5).
Nel mese de magio li Romani andaro contra Anguillara, e pi- e. 19.
gliarno el castello, e pigliamo el conte Pandolfo, et menarlo pregione
ad Roma (4). A dì 17 di giugno venne Vitale d'Aversa contra Vi-
Pandolfo qui nominato è il Fasanella (Huillard-Bréholles, VI,
395 e altrove; Winkelman'n, Ada, I, 540; II, 54), che anch'esso si
ribellò insieme col fratello Riccardo.
(i) Nel 1242 vicario imperiale « in Ducatu », Winkelmann,
Ada, I, 325 ; nell'ottobre del 1245 era con Federico sotto Viterbo,
I, 330, 332; nel 1246 fu de' capi della congiura; Huillard-Bréhol-
les, VI, 595, 405 e altrove; Winkelmann, Ada, li, 54. N. d. Tuccia,
p. 26, aggiunge agli altri congiurati certi Tocco e lacomo di Mantova.
(2) Occupò « Capuacium », mentre altri ribelli occuparono Salò.
Winkelmann, op. e loc. cit.
(5) Le due ultime parole aggiunte dalla seconda mano, che ha
voluto mettere in evidenza il racconto di questa battaglia, segnando
nel margine esterno un lungo serpentello verticale e la parola « nota ».
N. D. Tuccia, «deserti, feriti e maltrattati»; luzzo, «erano tutti
«cerne », p. 27. Fu ai 3 1 marzo 1246; capitano degli imperiali Marino
d' Eboli, vicario per il ducato; secondo una lettera di Federico II
oltre ai morti e ai feriti, si sarebbero fatti prigioni cinquemila Pe-
rugini e Assisinati. Huillard-Bréholles, VI, 406 ; Bonazzi, Storia
di Perugia dalle origini al 1S60, Perugia, Santucci, 1875, I, 292 ;
F. Tenckhoff, Der Kampf der Holwistaufen um die Mark Ancona uni
das Hir^ogtuni Spoleto voii der :{iveiteii Exkommunikation Friedrichs li
bis xu't^ Tode Konradins, Paderborn, Schoningh, 1895, p. 43.
(4) Q.uesta notizia è da aggiungere alla serie raccolta intorno
Archivio della R. Società romaìia di storia patria. Voi. XXIV. 21
3i6 T. Egidì
terbo e guastò le vigne dalle grotte del Riello ; poi tornò la sera ad
Montefiascone (i).
A dì .XXIII. de luglio fu fatto un gran romore nella piazza di
Sancto Stefano tra doi fratelli carnali, cioè messer Berardo di Petro'
Farolfo et Pietro suo (2) fratello e fecero insieme gran questione, alla
quale trasse il podestà (5) con molti in suo aiuto, e mise gran voce
che fussero pigliate; nella quale mischia fu ferito uno chiamato Lam-
berto, nanti l'altare della dieta chiesa.
Vitale d'Aversa, havendo sentito si facto romore, se mosse da
Montefiascone con le suoe gente (4). seco andando pensando che Vi-
terbo volesse fare niutatione di stato; el sequente dì tutti li nimici
d' intorno vennero ad cavallo e ad piede, credendo che fusse pif^liato
Viterbo. Per la qual cosa el podestà de Viterbo, havendo sospecto,
mise in pregione .xxxviii. cectadini (5) delli quali più dubitava. In
quel tempo Tebaldo Franco s'arcndè alle gente dell' imperatore per-
chè non si posseva piij tenere, e lui e li suoi sequaci fumo robbati
e arsi (6).
In quel anno fu sì gran fame in Viterbo che molte fameglie se
ne fugivano per non possere vivare, e sparserosi per tutto il paiese
d' intorno.
Nel dicto anno, che fu nel dì de (7) sancto Angelo de septem-
bre, fumo electi .1111. rettori del populo, cioè Ranieri Gattu, Ranuccio
di Ioanne di Coccio, lovanne (8) di Ferenti e lacobo di Gregorio
del Rosso; li quali stectero nel dicto offitio e ferno fare el muro de
Sancta Maria Magdalena infino a la portecella (9) del piano di
Sancto Fustino.
all' Anguillara da G. Tomassetti, Campagna, in questo Archivio, V,
88 sgg. Mi sorge però il dubbio che essa non sia che una r'peti-
zione di quella data dal cronista a e. 17. \.
(i) Cf. Huillard-Bkéholles, VI, 282.
(2) « et Pietro suo », del correttore, su rasura.
(3) Era un certo «Michael». Sign'orelli, op. cit. p. 556.
(4") Sopprimo un e e », che mi pare fuor di posto.
(5) N, DELLA Tuccia, p. 27: « piglionne 34 e miseli prigione»;
Pinzi, Storia, I, 475, cita il passo del nostro, però legge xxxiv.
(6) Con Tebaldo furono presi « Gisolfus de Mannia, Guillclmus
« de S. Severino, Galfridus de Morra, Robertus et Richardus de Pha-
« sanellis »; Huillard-Bréhoi les, VI, 457.
(7) Raso e poi riscritto dalla seconda mano.
(8) «-vanne», della seconda mano.
(9) N. D. Tuccia, p. 27, « anteporticella ».
Le croniche di Viterbo 517
Como ho dicto in prima, Viterbo in tutto periva de fame e impe-
rhò non si trovava cosa da mangiare, et era sì gran fame che per le
chiese e per molti lochi obscuri erano trovati le creature morte. O
quanti guai liaviva el dicto populo, donne e fanciulli e tutti, grandi
e piccoli ! E corno uscivano fuore delle mura della città, erano pi-
gliate dalli nimici ! || E tutte queste penurie soffersono per mantenersi e. 19 d
nello stato di sancta Chiesia. Mectivano loro figlioli in luochi (i) ser-
rati, acciò che non andassero strillando (2) per la terra, et quando
li andavano a vedere, molti ne trovavano morti per li diserti casa-
lini (3) et mangniati da bestie. Per la qual cosa molti se ne fugivano
di uocte tempo per paura dei nimici, e cusi la città se veniva con-
sumando. Alcuni eh' erano trovati dai nimici fuore le mure, fugi-
vano per certe caverne, e li nimici facevano el fumé et adfucavali
dentro. Intra li quali ne afucarno in un un dì .xiii., un altro dì
.villi, tra maschi et femine (4).
Anno Domini 1247. Rimase tanta pocha gente in Viterbo che
per nullo modo vedevano posserlo guardare da nimici ; imperhò che
li giovani erano fugiti per la fame et lassati loro patri et matre et
altre fameglie (5). Onde quelli pochi ch'erano rimasti, muraro tutte
le porte de Viterbo, salvo la porta de Sancto Sixto et la porta de
Sancta Maria Magdalena, una al levante, l'altra al ponente. El sequente
mese de febraro messer Alexandro (6) disse ad Vitale corno Viterbo
(i) Ms. « luohi »,
(2) In margine il correttore: «stridendo».
(3) Nel ms. .«per li diserti et casalini mangniati ».
(4) N. D. Tuccia ha compendiato, e poco felicemente, questa
descrizione. « Tuttavia in Viterbo si moriva di fame e si trovavano
« putti e putte morte nelle chiese ; e quelli uscivano fora delle porte,
« eran presi da nemici, e posti in luoghi che non facessero rumore;
« e quando l'andavano a vedere li trovavano morti per la fame. Così
« si trovavano assai morti nei casali disabitati e magnati dalle bestie.
« Ne fuggivano assai di notte per paura dei nimici, e si mettevano
<c per le grotte, e li nemici 1' affogavano con il fumo. In due giorni
«ne fumo trovati 34 morti e un altro 43 tra maschi e femine; e
« questo soffrivano per non ribellarsi a S. Chiesa », p. 27.
(5) Famigliari?
(6) Alessandro di Cavelli (v. poco sotto) o di Calvelli (N. d. Tuc-
cia, loc. cit.), secondo il Pinzi, probabilmente feudatario di Monte Cal-
vello. Una colonia de Cabdlis esisteva sulla Cassia già nel secolo x
(To.MASSETTi, op. e loc. cit. V, 130), ma non mi pare probabile
3iS T. E -idi
e. 20 K
era cus'i disolato, et il di de sancta Maria Candelora vennero con tutto
l'exercito ad combattere in quel de Viterbo e per forza vensero Bar-
tholomeo de Ioanni de Ferenti e tollero il suo castello. Et l'impe-
ratore levò el sopra dicto Vitale della commissione e volse che '1
dicto Alexandre fussc suo commissario. Poi il dicto Alexandre andò
ad combattere Bieda et per forza la vense et disfella.
Vendevasi nel dicto mese ci grano .xxxvi. soldi, cioè nel mese
d' aprile.
Li Viterbesi elexero anco quattro boni ceptadini et idonei che
devessero supplire al bisogno della città. Et fu messcr Azalitio di
Clarimbaldo (i), Ioanni di Ioanni da Ferenti, Ioanni de Bartholomeo
del Monte e Scambio de Ghirigorio (2), i hominì electi per supplire
a la città de Viterbo, li quali provedevano sopra l' offitii et altri bi-
sogni.
In quel tempo certi gintilhomini et prodi della città de Viterbo
si partirne e andarne ad Tede; et el nome di loro sonno lud., l'altro
la. (3), e ordinare con uno chiamato messer Federico (4), che se de-
vesse intermettere con l' imperatore, che volesse havere Viterbo per
recomandato, e che li volesse f?.re la bolla della remissione de ogni
ingiuria che li Viterbesi li avessero facta, et con questa bolla loro
si tratti di essa. Questo Alessandro mi è ignoto: conosco invece un
Simon de Calvellis « magne curie magister iusticiarius » nel 12 16
(H.-B. I, 954), ma egli pare « civis Panormi »; ibidem, p. 853.
(r) N. D. Tuccia, «Alessandro Orlandini», p. 28.
(2) Ms. « de Ghiorio » : suppongo manclii il segno di abbrevia-
zione. Il ms. Viterbese di N. d. Tuccia « Gregorio «, il testo del
Ciampi lo tace (p. 28). Nel ms. i quattro nomi son posti in colonna
e di fronte stanno le parole che io ho messo di seguito.
(3) Nel ms. « lud'..., la: ». Il testo dato dal Ciampi (p. 28) li tace,
però nel seguito della narrazione uno dei due è detto Giacobbe, che
corrisponderebbe allo la. del nostro. Il ms. Viterbese riferito in nota
dice: «l'uno chiamato X... l'altro lud..., non dichiaro altramente loro
« nomi perchè detto Lanzillotto non li chiarie lui » e facilmente dice
la verità. Lanzillotte scriveva appena Viterbo era tornata alla Chiesa
e non era forse prudente troppo liberamente far i nomi di costoro
che avevano ridato la città all' imperatore. Il ms. dell'Archivio di
Stato Romano, p. 74, « l'uno chiamato Re... l'altro lud... ».
(4) Federico d'Antiochia, figlio naturale di Federico II, era vi-
cario in Tuscia. PiKZi, Storia, I, 484; Sa viGNONi, L'arc/jif io, n. lxiii;
Huillard-Bréholles, vi, 386, 404, 418, 477, 488.
Le croniche di ]^iterbo 319
speravano che Viterbo si desse a l' imperatore (i). Onde che incon-
tinente lo dicto Federico andò a 1' imperatore, e recò una bolla de
remissione sugellata col sugello d'oro pendente (2). Li quali dui cit-
tadini, havendo la dieta bolla, si n'andaro di terra in terra ove stavano
li Viterbesi, notificando la dieta remissione, et a tutti piacque; e
cussi se ne adunaro una gran quantità nella città de Orvieto, e fcrno
noto al dicto messer Alixandro di Cavell! tutto el facto (3). Ad messer
Alixandro piacque assai, e ordinarno venire li dicti cittadini presso ad
Viterbo ad una abadia chiamata Sancta Maria di Palenzana e fumo
circa mille cittadini e mandarno ad dire ali! Viterbesi, ch'erano dentro
in Viterbo, tutto el fatto. Per la qual cosa 1' hcbbero tanto ad male
che ferirno li messaggi, e villaneggiandoli li cacciorno via. E fu a
dì .VI. del mese de magio che lo popolo levò gran rumore, e uscirno
fuori ad cavallo et ad piede contra quelli di Palenzana, e quanti ne
giongevano, ferivano; e loro fugirno chi qua chi là.
Lo imperatore in quel tempo vinne ad Terani (4), e ordinò el
suo figliolo Carlo signore et re de tutti suoi paesi di qua, con tutti
li tituli che s'intitulava lui (5), e piacque alla sua maiestà di mettere
(i) N. D. Tuccia, p. 2S, continua : « Queste cose ordinorno
« detti cittadini da lor medesimi senza aver volontà di pace. Messer
« Federico andò all' imperatore, esponendoli si fatta imbasciata, e li
« piacque assai, perchè aveva gran volontà aver Viterbo, e fé' una
« bolla pienissima di remissione e sigillolla col piombo, e così il detto
« Federico tornò a Todi con tal bolla. Li cittadini viterbesi vedendo
« la detta bolla, dissero non valeva niente, perchè era sigillata col
«piombo; dovesse ritornare e farla sigillare d'oro. Tornò detto Fe-
« derico all' imperatore, la fece sigillare d'oro, e poi ritornorno. An-
ce domo detti cittadini... ».
(2) Questo viaggio pare dubbio. Cf. Bòhmer-Ficker, Regesta,
n. 3609 .\, e più sotto a p. 321, nota 2.
(3) Ms. « et tutto el facto », La « et » è una glossa interlineare.
(4) Nessun documento di quest'anno è datato da Terni, però
Federico ai 22 gennaio era a Foggia, ai 18 febbraio a Capua, nel-
l'aprile a Pisa (H.-B. VI, 265-66) e ai 20 di febbraio doveva essere
« apud Yteranum »; Bòhmer-Ficker, n. 3609 a.
(5) Carlo o Carlotto detto anche Enrico, terzo figlio legittimo
di Federico II, avuto da Isabella d' Inghilterra. Cf Wimkel.mann,
Kaiser Friedrich II, II, 145 sgg. Egli è il testimonio che appare nel
diploma di remissione ai Viterbesi emanato da Federico II nell'ago-
sto 1247 ^ "O" Enzo come credono il Pinzi, Storia, I, 483 e 485 e
320 'P. E<>tdi
in mano di messcr Sin'baldo (i) tutta la pace e concordia della ci;ti\
de Viterbo, e lui se parti et se ne andò in Lombardia.
e. :o B La sequentc nocte tornaro li dicti cittadini in Palenzana et di
nuovo tentarno quelli dentro che devessero consentire ad quella vo-
luntà per bono et pacifico stato della dieta città. Ma quelli dentro
temivano forte che questa cosa non fusse facta ad fine de desfare la
città, et, armati tutti, serrarne tutte le porte, et posersi ad guardare
nella piazza de Sancto Silvestro, et vetarno che nullo devesse parlare
con quelli di Palenzana, dicendo : « Guardamone da loro come da no-
c stri inimici ». Poi tutti se n'andaro alla porta de Sancto Sixto ad fare
la guardia, e li stettero in fino ad vespero El sequente di, di mercoldi,
dui consuli, cioè messer Azzolino (2) et Ianni da Ferenti, di voluntà
et consentimento (3) di Raniere Gatto, et di Ranieri di Ianni Coccio,
loro compagni (4), menarno con loro el balio del comuno e el iudice,
et andorno infino al ponte Buffiano, et mandarno uno messo ad mes^
scr M. (5) et all'altri che erano in Palenzana, che devessero venire
al dicto ponte ad parlare con loro. Allora el dicto Ma. (6) la. con
tutti quelli di Palenzana vennero al dicto loco, e quando fumo gionti,
il Ceccotti nelle postille alla copi.i di questa cronaca. Il Bussr,
p. 157, lo scambia con Corrado.
(1) « Sinibaldo tutta» della seconda mano su rasura di « Sini-
« baldo»; così pure del correttore « se parti et ». Chi è questo Sinibaldo?
(2) Facilmente è l'Azalizio di cui a e. 19 B. Il mercoldi era l'ot-
tavo giorno di maggio.
(3) Nel ms. « cosimeto ».
(.4) Credo che non fossero i consoli, come dice il frate, ma i
quattro magistrati eletti straordinariamente per provvedere alle an-
gustie cui era in preda la città. Mi induce in quest'opinione il ve-
dere che durante il lasso di tempo in cui sarebbero avvenute queste
trattative (a. 1247- 1248) ^^a podestà « Monaldus de Eugubio » (Signo-
RELLi, op. e loc. cit.), e che in quest'epoca non si trovano più mai
coesistenti consoli e podestà. N. d. Tuccia, nella copia edita dal Ciampi,
tralascia i nomi dei due Ranieri e fa di Azzolino, Angiolino; in quella
Viterbese oltre i due Ranieri aggiunge Giovanni di Bartolomeo e
Scubio (Scambio) di Gregorio. Ciampi, op. cit. p. 29 e nota.
()) Questa « M » è aggiunta in fine della riga dal correttore,
dopo esser stata rasa al principio della seguente riga. N. d. Tuccia,
ivi: « mandorno due messi in Palanzana ». Del ponte Buffiano, Pof-
fìano, Foffiano v. Pinzi, Os{)i:^i, p. 54.
(6) Messer Iacopo ? N. d. Tuccia : i< Giacobbo ».
Le croniche di Mlcrbo 321
loro stavano verso Palenzana, e li consuli verso Viterbo, et el ponte in
mezzo. Dicano li consuli: « Che volete voi da noi? » Loro risposero:
« Volemo el bene e la pace et la quiete de la nostra città ». E moltis-
sime parole dissero umilissimamente. Li consoli volevano vedere la
bolla, e loro dicevano : « La volemo leggere presente el populo ». E
li consoli non volevano, e cus'i tornò ogniuno in drieto. El sequente
dì andorno molti cittadini ad Palenzana ad vedere loro parente et
amici, e comparavano del pane e altri frutti con gran festa, e quel
che costava in Palenzana uno denaro, vendevano in Viterbo cinque
denari. L'altro d'i vennero quelli de Palenzana ad Sancta Maria in
Grada; infine fumo lassati entrare dentro in Viterbo, || et dipoi molte e. 21 a
eccectioni (i), gridarne tutti: a Pace, pace »; e cusì fu facta la pace. E
lo figliolo de r imperatore venne in Viterbo, e smontò nel suo pa-
lazzo, ove poi fu giurata fedeltà da tutto el populo, e fé' scarcare le
case del cardinale Raniere adpresso ad Sancto Bartholomeo da Vi-
terbo per comandamento di dicto Carlo, figliolo de l'imperatore (2).
(i) Ms. « occectioni ».
(•2) Non è facile intendere se il figliolo dell' imperatore che entrò
in Viterbo e ne ricevette il giuramento sia Federico o Carlo, ma
parrebbe più presto questi, poiché del primo mai il cronista ha detto
il legame di sangue che aveva coli' imperatore. Col Winkelmann,
K. Fr. Kampf, p. 304, credo più probabile si tratti di Carlo. Il
modo con cui Viterbo tornò alla fede imperiale non appare ne'
documenti per intero consono a quello esposto dal cronista. Ci re-
stano due diplomi dell'amnistia concessa da Federico II alla città,
uno del gennaio, l'altro dell'agosto 1247 (B.-F. nn. 5603, 3641);
la cronaca invece fa menzione di uno solo emanato nel marzo al-
l' incirca. Il Pixzi, Storia, I, 481 sgg., discostandosi dagli annali, tra-
sportò tutta la serie degli avvenimenti nell'estate del 1247, per porla
in relazione col diploma di agosto che solo gli era noto, e pensò che
questo, ottenuto da Federico di Antiochia in un viaggio apposita-
mente intrapreso, fosse quello per mezzo del quale gli emigrati riu-
scirono a persuadere i loro concittadini alla sottomissione. Il Wik-
KELMANN, K. Fr. KuiHpf, p. 305, uota 4, pensò invece che il cronista
avesse postergato gli avvenimenti e che al viaggio di Federico si
dovesse assegnare una data precedente al diploma del gennaio 1247,
il quale sarebbe stato appunto «la bolla della remissione», che i
fuorusciti avevano impetrato. Ma giustamente si può osservare che
l'itinerario di Federico d'Antiochia durante lo scorcio del 1246 e
l' inizio dell'anno seguente non consente un viaggio suo alla corte
322 T^. Egidi
Lo dicto imperatore Federico II (i) havendo poi conquistata tutta
Italia, chi per forza e chi per amore, si parti con suoe gente e andò
al Lione, ove stava el papa col concilio, e cercò pigliare el papa per
forza dentro Lione. El papa e tutti i cardinali et tutti i prelati di
stima se contravestirno, e gectarno loro abiti, e scognosciutamcnle
fugirno chi là e chi qua: et el papa se n'andò alla città de Venetia (2)
e h vi s'acconciò per coco di canonici regulari nella chiesa della
Carità. Era el dicto papa della città de Genova.
Ora el dicto imperatore andò perseguitando tuttala chierichia(5),
e tristo colui che se fusse nominato prete; e questo faceva per di-
specto del papa. Et durò questa persecutione tre anni e mezzo.
imperiale, dimorante allora ncU' Italia inferiore, e che egli con ogni
probabilità non potè recarvisi se non una volta in quell'anno, di estate,
appunto quando fu emanato il diploma dell'agosto, nel quale anzi com-
parisce come testimonio. Mi pare difficile non consentire in ciò, e
con questa sentenza non mi sembra difficile concordare il racconto
del cronista, che resterebbe integro nella sostanza, salvo una omis-
sione e un anacronismo, se i fatti, come credo, si svolsero in que-
st' ordine. Sullo scorcio del 1246 i fuorusciti iniziano le pratiche
per ottenere il perdono imperiale, che Federico concede nel gennaio
dell'anno seguente (da questo facilmente la notizia degli Annales la-
nueuses, p. 220, che Viterbo già nel dicembre fosse dell' imperatore).
I Viterbesi diffidenti non accolgono l'atto di clemenza, lo Svevo per
rassicurarli toglie il vicariato a Vitale d'Aversa (e. 19 b), che per la
crudeltà vi si era tanto distinto da meritare con Pier delle Vigne
(strano connubio) che fossero a loro dai guelfi attribuite le parole
bibliche «duo vasa iniquitatis bullcntia » (H.-B., VI, 282). Ma anche
tal prova non basta ai Viterbesi che resistono ancora qualche tempo,
finché, stretti dalla fame e convinti dalle persuasive parole dei con-
cittadini, si acconciano a restituirsi nell'obbedienza, ai io di aprile
del 1247 (erroneamente il Tenckhofk, op. cit. p. 44, dice che ciò ac-
cadesse il nove). Più tardi, per maggior sicurezza, chiedono con-
ferma del diploma, la quale viene loro concessa con la bolla aurea
dell'agosto, ottenuta a loro favore da Federico di Antiochia nella sua
andata a Parma sotto cui Federico era in campo e da ciò forse nacque
il racconto della bolla plumbea rifiutata di cui a p. 319, nota i.
(i) «Federico li)), del correttore, nell' interlineo.
(2) Ms. «hi». In margine il correttore ha segnato: «Papa In-
« nocentio 4° fugito in Venetia».
(3) Ms. « chiericha ».
Le croniche di Viterbo 323
Tenendo l'imperatore si facta vita, multiplicarno tanti li pec-
cati suoi, che Dio non volse abandonare la sancta Chiesa ne ancho
li soi fideli: et essendo el dicto imperatore tornato in Italia, andò
alla città di Napiili, e li vi mandò cercando el figliolo, e miselo in
mare centra Venetia con 36 galee armate. Poi se parti di Napuli
e misesi in mare per andare ad Valenza (i). La qua! partita sentirno
li Genuesi e miscrsi in porto con .XL. (2) galee armate, e assalirne
l'imperatore, e pigliarlo per forza, e menarlo prigioni; poi mandarne
ambasciatori per tutto il paese, si si potesse trovare el papa, noti-
ficando comò havivano pregione l'imperatore. (Alcuni dissero che
anco fu pigliato e rotto el figliolo de l'imperatore ad presso ad Ve-
netia con 36 II galee e il dicto figliolo trattò pace col papa e co l'im- e. 201?
peratore. Lo papa era stato cognosciuto da un francioso, essendo
travestito d' abito [de] canonico regulare nella chiesa de la Cha-
rità).
La novella è gionta alla città di Venetia, comò l'imperatore era
prescione ad Genova. Subito li Venitiani mandarno uno bandimento
che qualunche ricognoscesse el papa, e nuntiasselo (3) a loro, gua-
da jnarebbe mille fiorini d'oro. Advenne che uno giorno dicto papa
stava ad scopare la piazza de Sancto Marco in Venetia; uno corti-
sciano antiche lo ricegnobe, e guardò con chi tornava in Sancto Marce,
et factone advisato el regimento di Venetia, loro mandarno cercando
lo canoniche e 1 ceco; e cussi loro andarne. Fu el dicto papa ri-
ccuto con grande henore, e! quale lui assai recusava. In fine li ferno
venire innanzi el dicto cortisciano, e non pessendo più negare,
confessò et [fu] revestite heneratissimamente et messo in uno grande
et magno palazzo; età cului che l'haveva palesato, gli denaro mille
fiorini, et vestirlo de ornato vestimento. E cusì per tutta la Christianità
fu spasa la novella, e gionta che fu a Genua, li Genovesi menarne
l'imperatore pregione ad Venetia, e, presentate inanzi al papa, si in-
ginocchiò e basolli el piede, et disse: «Non tibi sed Petro ». Le
papa si levò in piede e poseli el piede sul collo e passò oltra et
disse: « Super aspidem et basiliscum ambulabis et conculcabis leenem
« et draconem » ; e cusi fu retenuto in fine che esse li assegnò (4)
tutte le terre de la Chiesa, cioè Remagna, la Marcha, el Ducato, el
Patrimonio et Campagnia. Et cusì il cardinali Ranieri tornò in Viterbo
(i) N. D. Tuccia, p. 29, traspone i due racconti.
(2) N. D. Tuccia dice 44.
(5) Ms. « nuntiassere ».
(4) « li assegnò «, del correttore, su rasura.
52 (. 'P. Kg idi
con Ile commissione che haveva haute prima che il papa fusse di-
scacciato, e fé' fornire la chiesia di Sancta Maria in Grada, dove sta
l'ordine di sancto Domeniche. Ancho el dicto cardinale fé' scarcare
e. 22 A le case e le | torri del palazzo dell'imperatore sopra la chiesia de
Sancta Maria del Poggio e per cascione che da quel lato era Viterbo
senza mura, fé' fare el muro castellare per mezzo del dicto palazzo
disfacto, e mezzo ne rimase fuore della città e mezzo dentro nella
dieta città (i).
Lo dicto imperatore, da (2) poi le diete cose, li fu fatto grande
honore dal dicto papa; e lui, vedendo havere commesso grande er-
rore, per satisfare sì facto peccato, deliberò andare contra li Snra-
cini in Soria, e collo aiuto del papa e di Venetiani e Genovesi e
con la possanza sua andò e conquistò assai terre nel paese de Hve-
rusalem (,)• Et essendo in quelli triumphi oltra mare, li si ribellarono
molte delle terre suoe per conducta del re de Boemia e d'altri signori.
Per la qual cosa lui lassò l'impresa di Soria e tornò nella Magna e
gasticò tutti quelli che l'havevano fallito. Et visse questo imperatore
nella sedia imperiale anni .xxx.
El papa si parti da Venetia con tutta la corte; che l'erano andati
a trovare quelli pochi cortisciani ch'erano in quello tempo, li quali
erano andati tappinando tre anni e mezzo. Et el papa tornò ad Roma
(i) La restituzione di Viterbo al papa avvenne certo ne' primi
mesi del 1252, poiché Innocenzo se ne rallegra in una lettera del
17 aprile (Potthast, n. U557; Berger, n. 5645); non pare quindi
per nulla attendibile che vi abbia preso parte Ranieri, il quale,
secondo un autorevolissimo contemporaneo, si spense a Lione prima
che la curia ne partisse (N. de Cardio, op. cit. p. 103), e cioè prima
del 19 aprile 125 1. Cf. Winkelmann, A'. Fr. Kanipf, p. 305, nota 4.
La chiesa di S. Maria ad Gradus era stata cominciata nel 12 17 per
cura di Raniero e donata ai predicatori nel 1220 o 1221; pare
fosse compita nel 1244; fu consacrata nel 1258. Il Cristofori, Le
tombe de papi in Viterbo, Siena, San Bernardino, 1887, p. 61 sgg ,
raccolse molte notizie intorno alla chiesa, utili sebbene disordinate:
ne parlò, oltre il Pinzi, Storia, II, 134, nota 2, I'Ojetti in una
conferenza tenuta avanti ai cultori della archeologia cristiana in
Roma ai 16 marzo 1884; BuUdtino di Archcoloi^ia cristiuiui di G. B.
De Rossi, serie iv, III, 39 sg. Del palazzo di Federico dissi già a
p. 246, nota 3.
(2) Glossa interlineare del correttore.
(3) « Hye- » correzione su rasura di « Gè- ».
Le croniche di Viterbo 3-5
e fc' nuovi cardinali e visse poi anni quattro et poi mori. Era visso
nel papato anni .xi. mesi .vi. dì .v.(i).
Hora comincia la città di Viterbo a ricogliere un podio el fiato,
e vedendosi bavere bone entrate deliberarno fare una bella piazza
nel mezzo de la dieta città, e compararno (2) da persone private, o
vuoi dire da pii:i persone più et più casamenti, e tutti li scarcarno e
ferno una piazza, nella quale ferno uno palazzo per lo capitanio in
capo della dieta piazza, e ad piede della dieta piazza ferno un pa-
lazzo per li consuli, |1 li quali consuli in quel tempo si facivano per e 22 b
uno anno (5). Et nota che insino ad quel tempo li olTiciali erano
stati in uno palazzo ad presso la chicsia de Sancto Silvestro, l'altri
in uno palazzo apresso la chiesa di Sancto Pietro dell'Olmo; altri
(i) Credo che non faccia mestieri avvertire la strana confusione
tra le gesta di Federico Barbarossa e quelle del nipote. Ricorderò
quello che dissi altrove, e cioè che questa narrazione di certo non
può derivare dalla cronaca di Lanzillotto, contemporaneo di Fede-
rico II, per cui tale errore era assurdo; ma deve di certo attribuirsi
ad una copia interpolata nel secolo xiv che frate Francesco ha preso
per l'originale. Papa Innocenzo mori ai 7 dicembre 1254, sicché se-
dette undici anni, cinque mesi e dieci giorni a contare dalla conse-
craz^one (28 giugno 1243); tre giorni di più a contare dalla ele-
zione (25 giugno). Cf. N. DE Carbio, op. cit. p. 119, e ivi in nota
l'errore di Bernardo di Guido sulla data della morte, che dice av-
venuta il giorno di santa Lucia (13 dicembre), quando già due giorni
prima era stato eletto Alessandro IV. Innocenzo, partito da Lione
ai 29 aprile del 125 1, dopo varie tappe in Francia e nell'Italia su-
periore, giunse a Perugia ai 5 di novembre, vi si trattenne sino ai
28 aprile del 1253 e ivi creò i cardinali; poi dopo breve sosta ad
Assisi venne a Roma ai 6 di ottobre, per ripartirne ai primi dell'ot-
tobre seguente, diretto verso Napoli, dove incontrò la morte; qumdi
il racconto del nostro, anche in quel che v' è di storico, è pieno di
errori.
(2) Nel ms. «comparavano».
(3) Cf. SiGN'ORELLi, op. cit. p. 3 SO. In realtà ordinariamente si
elec'geva il podestà e non i consoli. Sotto Bonifacio Vili la durata
fu ristretta a sei mesi. N. d. Tuccia aggiunge: « e questo fu nel 1268.
« Dicono alcuni questa persecuzione del papa fosse fatta dall'impera-
« tore Federico Barbarossa. Ma io l'ho scritta come l'ho trovata,
a Questo Federico perseguitò santa Rosa », p. 30. L'erezione dei pa-
lazzi municipali è però da riferire al 1261 (Pinzi, Storia, II, 158 sgg.).
326 T. Egidi
in uno palazzo ad presso la chiesa di Sancto Simone; e cusì li dicti
offitiali fumo reducti nella dieta piazza facta de nuovo, nella quale
ferno una fontana et uno beveratoro da cavalli.
Haveva la dieta città in quel tempo sotto di sé più che .CL. ca-
stelli, confinando al fiume del Tevere e Val di Laco(i) e Canino
e dal mare di Montalto (2) in sine alla Tolfa e alli confini di Ncpe
e de Orte; e questi erano li confini della dieta città. Ancho fu el
loro Radicofani e Proceno e altri eastelleeti in quel paese, inperhò
el dieto papa Innocentio assai lo bonificò per restauratione de l'as-
sedio che havevano li Viterbesi sostenuto per la Sua Sanctità(3), Et
molte altre cose ho trovate seripte nella cronicha dello diete Lan-
zillotto delle quale non ho facto memoria, imperhò che dicevano
d'altri faeti che della dieta città di Viterbo annuatim. Nel dicto Lan-
zillotto secondo le suoe scripture ho trovato lui essere stato valen-
tissimo homo e bono grammatico e bono versificatore e lo suo libro
era scripto in carta di cuoro; e qui fo fine alle croniche del dieto
Lanzilloeto (4).
Hora io frate Francesco di Andrea farò ricordo di alcune altre
croniche che ho trovate scripte in certi libri d'uno valente homo chia-
mato maestro Gironimo medico e de uno altro cittadino di Viterbo
chiamato Cola di Covelluzzo spetiale e d'altri cittadini che in ciò
(i) La valle del lago di Bolsena.
(2) Sulla cosi detta torre della Galiana sta l'iscrizione seguente:
« In nomine Domini ..mcc. | nonagesimo .vi. nobilis vir dominus
« Conjradus de Branca civis Eugubinus, potestas | civitatis Viterbii,
« felici suo regimine | deeoratus honore, hanc turrim fecit | hedificari
«de redditu cL. librarum | paparinarum, que castrum iMontis alti
« prò I tertia parte portus pcrtinentis | ad commune Viterbii tenetur
« eidem | communi solvere annuatim «{( Leggi ». La riporto per-
chè edita dal Marocco e riferita dal Cristofori, Tombe, p. 311, in
modo da essere irriconoscibile. Il Cristofori ne sbaglia anche l'ubi-
cazione e al suo posto crede sia un' altra iscrizione, non letta, che
parli della Galiana. Pel tributo di Montalto cf. i docc. Lxxviii
e Lxxix del Savignoni, L'archivio, a. 1257. La prima cessione del
terzo del porto di Montalto, fatta dai cittadini ai Viterbesi, risale
all'a 1186. Cf Bussi, Isloria di Viterbo, p. 395; Savignoni, L'ar-
chivio, doc. VI.
(3) Cf. Savignoni, L'iuchivio, n. lxiv; Ciampi, op. cit. p. 53J,
n- 159 sgg.
{3,) Qui terminano le edizioni dell'Orioli e dell' Hùber.
Le croniclic di Viterbo 327
se dclectavano, li quali ho concordate in questo piccol volume, conio
vederete; non perhò tutte loro scripture che dicano anno per anno,
ma solo ho scripte quelle che mi parevano più degne ad farne men-
tione (i).
Anno Domini 1255 (2). Havendo li Viterbesi facta la piazza del e. 23 a
comune novamente, corno per dicto Lanzillotto se scrive, ferno nella
strada romana certa quantità de archi, ove ferno pontiche assai actuatc
ad fare il macello del bestiame, al quale puser nome el Macel Mi-
nore, per cascione che nella strada antica era un altro macello che
giongeva dalle Pietre del Pesce infine sopra la chiesa de Sancto Vito,
e per cascione el nuovo si chiamava Minore, ad quello fu dicto el
Macello Magiure. Anco fu facta una prescione obscura in uno fondo
de torre, allato alla porta di ponte Tremulo, dove stava la risecata
del piano de Sancto Fustino; la quale prescione fu poi chiamata la
Malta; dove el papa metteva li suoi prescioni quando stava in Vi-
terbo (5). Ancho in quel tempo fu facta una fontana nel chiostro de
Sancto Francesco de Viterbo et una nella piazza ove poi fu facto
Sancto Pietro della Roccha, la quale acqua pigliaro sopra Viterbo
ad presso alla via che andava ad Roma, ove si chiama l'acqua de
la Mazzetta. Ancho fu facto in quel tempo in Viterbo uno bello et
grande palazzo ad presso la chiesa de Sancto Lorenzo, chiamato
el Vescovato; del quale palazzo fu l'ordinatore lo predicto Ranieri
Gatto (4), con altri nobili e buoni cittadini amanti della dieta città e
(i) Cf. prefazione, p. 208.
(2) Nel margine supcriore: « 125 »; evidentemente errato.
(3) Non mi fermerò sulla « vexata quaestio », se sia da ricono-
scersi in questa la Malta di cui Dante, Paradiso, IX, terz. 18. Ri-
mando al Ciampi, op. cit. p. 561 ; al Pinzi, Storia, II, 138; al Cri-
STOFORi, La prigione della Malta ricordata da Dante, nella Miscellanea
storica viterbese, IL
(4) N, DELLA Tuccia, p. 31: 'cE il primo Francesco Paniere
« fu che gli fece mettere in molti luoghi l'arma sua, e gli fece fare
« una bella fontana e fu fatta a spese del Commune acciò vc-
« nisse » &c. Ma quanto al nome ha ragione il nostro, come dice
l'iscrizione ancora esistente sulle mura del palazzo: « Rainerius
« Gattus, iam ter capitaneus actus...», dalla quale si apprende che
fu eretto nel 1266. L'anno seguente fu innalzata l'attigua loggia,
vero gioiello della nostra arte medioevale, che col suo misere-
vole stato pare gridi vendetta per l' incuria deplorevole dei citta-
dini, della Curia, del Comune e del Governo verso i nostri monu-
328 7^ h\i:t\ii
loro comuno. Et queste cose nobile facevano, acciò che venisse vo-
luntà al summo pontitìce venire ad stare in Viterbo; che in fine a
quel tempo non vi n'era mai vinuto nisciuno, si non per passagio.
In quel tempo Viterbo fructava castelli e gabelle, e tutta l'en-
trata era del suo communo e piccolissima cosa davano al summo
pontilke, più per nome de dono che per sugetione (i).
e. 2? B Anno i2)7. Fu facta la chiesia della Ternità di Viterbo e fu facto
el muro ad piede ad Faule; cioè dalle mura delle ripe della porta
di Buove, in sino alia porta del castello guasto, sotto ad Sancto Chi-
niento, e fu il principale uno cittadino chiamato Ranieri Cacto (2).
Anno Domini 1258. Fu alargata la piazza de Sancto Sylvestro
ove si fa '1 mercato di Viterbo, e fu concesso ad Viterbo Valle-
rano(5) et consacrata Sancta Maria in Grada, la qual chiesia l'ha-
veva facta fondare el dicto cardinale Ranieri.
menti. Del palazzo è conservato 1' originario scheletro quasi senza
mutamento, ma l'interno ha subito tali trasformazioni o meglio de-
turpazioni da essere assolutamente irriconoscibile. Da qualche anno
gli animi di coloro che sono preposti alla Curia danno mostra di
volgersi alla sua restaurazione e già il grande salone d'ingresso è
tornato a ricevere luce ed abbellimento dalle sei grandi eleganti bi-
fore che si aprono nella parete settentrionale, sopra la Valle di Faul,
mentre per secoli, chiuse quelle, era stato sconciato da tre gran fi-
nesironi degni di un granaio. La Curia ha fatto studiare dall' inge-
gnere G. Zampi un piano di completo restauro, e c'è da augurarsi
che non vengano meno la volontà e le forze perchè sia portato a
compimento.
(1) N. DELL.\ Tl'CCI.'X, p. 51, aggiunge: «1256, papa Urbano
«donò a Viterbo Colle Cabale e l'isola Martana ». Si ricordi che
Urbano fu eletto solo nel 1261.
(2) luzzo, p. 5 I : « Ranieri Gatto, Ianni Como (Coccio?) e mol-
«t'altri di condizione e da bene». Ma l'iscrizione ancora esistente
sulle mura c'insegna che sono errati data e nomi: «Mille ducen-
« tenls I octo cum ses quoque (qqe) denis | annishos fieri natus | stirps
«Clara Ranerii | Gatti vi Verbi capita neus ipse Viterbi | fecit Vi-
« sconte muro s cum divite fonte | turpis \_ceito da correggere turris] ab
« utraque par|te Favulis aque ». Pubblicata molto male dal Bussi,
op. cit. p. 157; e dal Cristofoki, Tombe, p. 313; assai meglio dal
PiN/.i, Storia, II, ijr.
(5) Già dal 12)4 si hanno ricognizioni di dominio per i co-
muni di Canino, Castellardo, Pianzano, Valentano, Gallese, Valle-
l
Le croniche di Viterbo 329
Anno Domini 1265. Papa Chimento quarto donò al comuno de
Viterbo Cornessa (i), e el dicto papa iace in Sancta Maria in Grada
presso all'altare magiure, ove li fu facta una bella scpultura de
marmo (2).
Anno Domini 1272. Fu donato al comuno di Viterbo Colle di
Casale e l'isula di Marta da papa Urbano quarto (5).
Anno Domini 1276. Morì in Viterbo papa Adriano quinto et è
sepellico in Sancto Francesco, e visse nel pontificato .xxxviiii. dì (4)
e iacc; adpresso l'altare maggiure : era di casa el Fieschi de Genova.
Anno Domini 1277. Fu facto in Viterbo papa Giovanni XXI e
visse nel pontificato .vini, mesi e octo dì, e mori in Viterbo et è
sepellito in Sancto Lorenzo (5). Et fu facto papa Nicola III de
Ursinis, e visse nel papato doi anni, octo mesi et .vii. di.
rano, Vignanello, Carbognano, Casamala. Cf. Savignoni, L'archivio,
n. Lxxi e nota; Pinzi, Storia II, 46. Nel 1259 avvenne la dedizione
di Canino, nel 1260 la presa di possesso di S. Giovenale. Savi-
GNONi, ibid. nn. Lxxxii, lxxxiii.
(ij N. D. Tuccia, p. 31, «Cornetow; luzzo, « Cornossa » che
è la forma giusta. Stava tra Marta e Montefiascone.
(2) Clemente morì ai 29 novembre 1269. Il suo sepolcro, di
bellissima opera musiva, venne trasferito dalla chiesa di S. Maria
di Gradi a quella di S. Francesco, dopoché era stato arbitrariamente
aperto e visitato da un privato nell'anno 1885. Anche nel medioevo
quelle ceneri non goderono pace e chi voglia può leggerne le vicende
nel Cristofori, Tombe, p. 26 sgg. Per la descrizione del sepolcro
v. G. Rossi, Ricerche siili' origine e scopo dell' arcììitellura archiacuta, Siena,
S. Bernardino, 1889, p. 45 sgg. Il Gregorovius, Toutbe dei papi, pp. 64
e 2 1 8, erra ponendolo nella cattedrale. In N. d. Tuccia segue: « Nel 1 268
« fu comprato il palazzo dove stava prima il podestà da più persone ».
(3) Urbano IV era morto già dal 1264; però nel ms. 1272 è
correzione di 1262. Colle di Casale, ora distrutto, si trovava presso
Bomarzo.
(4) Dal IO luglio al 18 agosto. Il suo mausoleo fu dal Grego-
rovius, Tombe, p. 65, erroneamente collocato nella cattedrale.
(5) N. D. Tuccia, aggiunge « presso l'aitar maggiore », p. 32.
Anche il corpo di Giovanni più volte peregrinò: poiché da presso
l'aitar maggiore dove era, secondo il cronista, nel sec. xv, passò
tra la porta principale e quella di destra, e forse in quell'occasione
alla primitiva urna di porfido fu sostituita quella che racchiuse le
ceneri sino all'anno 1886, la quale certo non é la originaria, poiché
350 y. E gì di
Anno Domini 1281. Fu facto in Viterbo papa Martino quarto,
e in quel tempo fumo morti in Cicilia tutte le genti de arme de
Franciose (i), per conducta di Gianni da Precida; e fu la cascione
per femine.
1282. Fu la rotta di gintilhoniini in Viterbo, come farò mcntione
in questo ad carte 41 (2).
Anno Domini 1520. Addì .xxviii. de maggio fu ci miraculo che
apparve nella capella della Eternità, ove sta la figura de la Nostra
Donna, la quale cappella haveva facta fare messer Campana (3).
ha perfino errata la data di morte del pontefice. In quell'anno poi
da questa seconda urna le ceneri passarono in una terza, più deco-
rosa, apprestata per cura del duca di Saldanha, ambasciatore porto-
r'hese presso la S. Sede, e dello stesso papa Leone XIII, la quale fu
collocata nell'ultima cappella della navata destra. Le due urne si pos-
sono vedere in Cristofori, Tombe, tavole dopo la p. 520.
(i) Xel ms.: «da franciose». Fu ai 50 marzo 1282.
(2) V. e. 3 j A. N. D. Tuccia !a inserisce in questo luogo (pp. 32
e 33 sino a r. 15) con le stesse parole che vedremo più tardi usate
dal frate.
(3) N. D. Tuccia più diffusamente: « Alli 28 di maggio fu il
« memorabile miracolo della Madonna santissima della Trinità che
« liberò Viterbo dalle mani de' diavoli, di cui l'aria tutta era piena,
« e gridavano voler proi'ondare la città. Ma la Vergine miscricordio-
« sissima, che sta dipinta nella cappella di S. Anna, apparve a molti
«eremiti e incarcerati, omini da bene, dicendoli che andasse a quella
« cappella tutto il popolo con luminarie e sariano liberati. Correndo
« tutti della città con molta devozione, compunzione e penitenza
« conforme aveva comandato la Vergine pietosa, fumo visibilmente
« veduti tutti demoni buttarsi con urli orrendissimi nel bullicame : e
«da tutto il popolo fu riconosciuta la similitudine della santa figura
« con la quale era apparsa la Madonna. Questa fu la prima lumi-
« naria istituita in Viterbo, proseguita sempre con solennità e imi-
« tata poi nelle altre feste notabili, come appare nella Margarilu del
« Commune. Il fondatore di quella cappella fu messer Campana
«castellano di Viterbo», p. 33. Ma il Pinzi notò che quest'amplia-
mento non si trova nell'unico ms. di Nicola che appartiene al sec. xv
(Riccardiano 1941}, quindi fu interpolato posteriormente e dà indizio
di quella elaborazione la cui più completa espressione fu consegnata
nella leggenda trascritta di. sopra una « tavola attaccata alla cappella
a della Trinità» da uno degli amanuensi di luzzo (Ciampi, op.cit.p. 3 8 3),
Le croniche di Viterbo 331
Anno Domini 1525. El d'i penultimo de dicembre, di sabato, fu e 24 a
pigliato Montefiascone da Viterbesi e miserlo ad saccomanno e li
Viterbesi per derisione andavano tutti per la terra festigiando ad ca-
vallo in su l'asini (i). lira in quel tempo Montefiascone castello e
non città (2}.
la quale doveva servire di commento alle brutte pitture commemo-
rative, di cui si può vedere una anche più brutta riproduzione nel
Bussi, op. cit. p. 188. Il testo Riccardiano è perfettamente conforme
a quello del Nostro, venendo così a confermare una volta di più
quanto cercammo dimostrare altrove. Come debba intendersi l'av-
venimento si veda in Pinzi, Sloria, II, 122 sgg. : io convengo per
intero con lui, solo discordo nella data da attribuirsi alla tempesta
che si scatenò quel giorno sopra Viterbo. La Pasqua del 1520 non
fu il 25 marzo come egli crede, ma il 50 (Giry, op. cit. p. 199;
De Mas Latrie, Trésor de clironologie, p. 322), quindi la Penteco-
ste cadde il 18 maggio, che concorderebbe con la notizia conservata
nella tavola suddetta « die lune, .xviii. mensis mali, in Pentecoste
« circa medietatem noctis que est immediate post doniinicam ». L'er-
rore costante dei cronisti è spiegabile, per l'unicità della fonte e la
facilità dell'errore tra xviii e xxviii; quello dei Ricordi di casa
Sacchi, conservati in copia del sec. xvi, per l'influenza dei cronisti
stessi. Fino al 1870, più o meno solennemente, si continuò a cele-
brare la processione commemorativa del presente miracolo.
(i) Più giustamente N. d. Tuccia narra quest'avvenimento
sotto l'anno 13 15. Si tratta dell'aiuto portato ai 29 di novembre di
quest'anno dai Viterbesi, ghibellini, sotto il comando di Manfredi
di Vico, a Bernardo di Cucuiaco, vicario del rettore del Patrimonio,
il quale perchè ghibellineggiante (strano fatto per un ufficiale pon-
tificio) era stato assalito e ridotto a mal punto in Montefiascone dai
guelfi a capo dei quali erano gli Orvietani. Dopo la sconfitta contro
i guelfi si istituì un processso terminato con la sentenza di condanna
del 24 dicembre che imponeva forti taglie ai vinti, mentre i vinci-
tori Viterbesi venivano insigniti del titolo di gonfalonieri della
Chiesa e resi padroni per dieci anni di Montefiascone. Pure la ribel-
lione durò fino ai 21 giugno 13 17, finché Giovanni XXII concesse
perdono a tutti i signori, i castelli, le città ribelli meno Montalto,
Canino, Toscanella e Castro. Cf. M. An'tokelli, Una ribdlionc con-
tro il vicario dei Patrimonio Bernardo di Coucy (13 15-13 17) in questo
(2) Vedi nota i a p. 532.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV.
??2 T. E nidi
:>:>-
Anno Domini 1^29. Entrare in Viterbo li guelfi con lo sforzo
de la Chiesia per la porta del piano di Scadano e gionsero in sino
alla piazza del coniuno. Poi uno cittadino chiamato Marciiccio et
un altro se chiamava Silvestro, si riferno e cacciamo li guelfi. Poi
fu grande battaglia tra loro e morti assai homini nella piazza del
comuno, e stettero morti parecchi di senza esser sepellite; e fu nel
mese de febraro (2). Nel dicto anno nel mese de septembre fu mortu
Silvestro da Fatiolo del Profecto in casa Mactiuccio della Viva nella
contrada di Sancto Stephano e furci morti parecchi cittadini e Fa-
tiolo rimase signore (3).
Anno Domini 1548. Fu in Viterbo grande mortalità.
yirf/;h'io, XX, 177-215, a. 1896. Il Pinzi, 5/o;-/a, III, 84 sgg., conviene
con l'Antonelli nel racconto, ma non nel fare di Coucy il vicario.
La sentenza di condanna è pubblicata per intero dall' Antonelli; ne
è dato il regesto dal Savign'Oni, L'archivio, n. ccLiii: della conces-
sione di dominio sopra Montefiascone si veda il regesto del Savi-
GN'ONi, n. ccLii, e quello più ampio del Pinzi, p. 95; della conces-
sione del confalonierato il Savignoni, n. CCLV, dà il regesto, il
Pinzi, p. 98, dà l'intiero testo.
fi) Infatti nei su citati documenti è detto sempre « castrum
« Montisflasconis ».
(2) È un episodio della lotta tra guelfi e ghibellini, inacerbita
per la venuta del Bavaro, di cui Salvestro Gatti (nipote del Ranieri
più volte menzionato) era vicario nella città, della quale già dar25
era padrone. Partito l'imperatore, Salvestro venne assalito dal rettore
del Patrimonio Giovanni Cìaetano Orsini ai 2 di febbraio del 1529.
(3) L'uccisione fu ai io di settembre. Calissf., / Prefetti, p. 66;
Pinzi, Storia, III, 166. Faziolo era bastardo di Manfredo da Vico,
prefetto, e non si resse contro le truppe guelfe fino al 1532, come
disse il Calisse, p. 67, anzi nel novembre 1329, dopo alcune
trattative, ammise il legato pontificio nella città. Cf. Savignoni,
L'archivio, n. ccLxxxv; Pinzi, III, 173. luzzo dice l'uccisione avve-
nuta in casa « di Martinuzzo della Viva », p. 33. N. d. Tl'CCIA fa
seguire: « 1338. Fu morto detto Facciolo dal Prefetto, quale poi ri-
« mase signore», notizia che nel ms. Viterbese è in questa forma:
« fu morto detto Faziolo dal prefetto Giovanni nella contrada di
« S. Salvatore, nella casa di Sciarra al lato di detta chiesa, e fumo
« scarcate dette case del mese d'aprile e il Prefetto rimase signore »,
p. 3 j. Il ms. dell'Archivio di Stato di Roma ha una redazione per-
fettamente identica a questa ultima (p. 9^1, r. 3), né so come il
Le croniche di Viterbo }^^
Anno Domini 1549- ^^^ "i Viterbo si gran tcrranioto, che fc'
cascare una torre clie stava contro ad Sancto Stepliano nelle case
de li Gacteschi e colse in su la facciata de Sancto Stephano et fé'
cascare la loggia dinanzi a dieta chiesia, e la facciata dinanti di
dicto Sancto Stefano, e uccise molta gente che stava ad vedere el
corpo de Christo la domennicha a mattina: camponne Voccapane (i).
Un'altra torre cascò nella contrada (2) di Sancto Chiricho [e fé' ca-
scare] (3) tante case clie poi ce fumo facte nove pontiche, e uccise
assai persone grande e piccoli (4).
Anno Domini 1350. Fu l'anno del giubileo, e rimasero in Vi-
terbo assai denari da quelli che andavano ad Roma.
Anno Domini 1352. Fu rocta la guerra tra papa Chimento VI
et el profecto Ianni (5).
Anno Domini 1355. Fu levato il remore in lo piano di Scar- e. 24 b
lano et vense el Profecto e fé' tagliare la testa a quattro chiesastri;
poi si levò il romore in lo piano di Sancto Fustino, pure per la
Chiesia, e vense el Profecto, e fé' tagliare la testa ad tre huomini.
Anno Domini 1554. Nel mese de giugno morì papa Chi-
mento VI (6), e per parte della corte che stava ad Advignone, gionse
ad Viterbo messer Gilio cardinale di Spagna (7), e acquistò Viterbo
per la Chiesia, e molte altre terre. Et el dicto cardinale de Spagna
Ciampi vi leggesse che l'uccisione era dovuta a Mattiuzzo della Viva
(op. cit. p. xxxiv), notizia che da lui prese in prestito anche il Ca-
LissE, op. cit. p. 69,
(i) N. D. Tuccia: « Coccapane che stette sotterrato intra li
« sassi tre dì e tre notti, governato per un poco di pertugio », p. 34.
(2) Nel ms.: 917; ma non credo si debba risolvere in altro
modo che come feci.
(3) Manca il verbo nel ms.: lo prendo dal della Tuccia. Que-
sta torre era di Marcuccio «domini Pauli ». Pinzi, III, 263,
(4) Fu ai 9 di settembre. Ibidem, nota i.
(5) N. D. Tuccia: «...e scurò il sole e la luna». La guerra
era rotta già nell'anno precedente, però la città fu assediata nel 135 2.
(6) Clemente muore ai 6 dicembre del 1352.
(7; Egidio d'Albornoz entrò in Viterbo il 26 luglio. Su questo
periodo v. gli scritti di F. Filippini, La riconquista dello Sluto della
Chiesa per opera di Egidio Albornoi (1353-1357) e Documenti sulla
prima legazione del cardinale Alborno:^ in Italia negli Sludii storici di
A. Crivellucci, V e VI, a. 1896-97. Per Viterbo il Pinzi, Storia,
III, 284 sgg.
334 "P- ^è'-'^^'
addi .XXVI. di luglio fé' principiare la roccha di Viterbo e signolia
di sua nianu ove stava el palazzo de messer Campana alla porta
de Sancta Lucia; et el cardinale diete puse la prima pietra.
Anno Domini 1555. Fu facto in Avignone papa Innoccntio VI (i).
Anno Domini 1561. A di .xxvi. de agosto si gettò fuocho nella
chiesia di Sancto Ianni Laterano di Roma e arse molte reliquie e
molte robbe e colonne; tra quali ci furo doi colonni di iaspido,
[che] stavano presso a l'aitar maggiure; e arse la sachristia (2) con
ciò che v'era dentro (5").
Anno Domini 1562. Muri papa Innoccntio VI e fu facto papa
Urbano quinto in Avignone, che era chiamato l'abate de Marsilia (4).
Anno Domini 1365. Fu grande mortalità di gente.
Anno Domini 1365. Fu arso el castello de Vico da Viterbo per
comandamento di Giordano (5) capitanio della Chiesa.
Anno Domini 1366. Fu facto cardinale frate Marco da Viterbo,
generale ministro di fratri minori, con dui suoi compagni, cioè el
vescovo di Marsilia di fratri predicatori, e il vescovo d'Avignone fra-
tello del papa (6).
Anno Domìni 1567. Papa Urbano V si parti da Vignone e venne
per mare con .xxiiii. galee armate, e gionse ad Corneto ad 5 di di
giugno (7) e con sette cardinali: entrò in Viterbo a di .vini, del
(i) Era stato già eletto ai 18 dicembre del 1352.
{7.) Su rasura.
(3) La notizia del nostro completa quella del Villani, Cronica^
X, cap. 69: «E ciò avvenne del mese d'agosto » e corregge quella
dell' Infessura, Diario della città di Roma, in Fonti per la storia d'I-
talia pubbl. daU'Ist. Stor. It., edizione curata da O. Tommasin'i, p. 7:
« del mese di agosto a di 21 de giovedi ». Infatti il 21 era domenica
e il 26 giovedi.
(4) Innocenzo muore ai 12 di settembre, e ai 28 è eletto Gu-
glielmo di Grimoard abbate di S. Vittore di Marsiglia che prende il
nome di Urbano.
()) N. D. Tuccia : « Nicolao » ; però rettore era Giordano Orsini.
La distruzione t per lo meno dubbia. Cf. Calisse, op. cit. p. 136;
Pinzi, Storia, III, 326.
(6) Fu ai 18 di settembre. Vescovo di .Marsiglia era Guglielmo de la
Sudrie che ebbe il titolo dei Ss. Giovanni e Paolo; il vescovo d'Avi-
gnone Angel'co de Grimoard de Grisac card, di S. Pietro in Vuicoli.
(7) La partenza da Avignone fu ai 50 aprile, l'arrivo a Corneto
zi .\ di giugno. Già ai 20 luglio 1366 Urbano aveva dato ordine di
Le croniche di Filerbo }SS
dicto mese per la porta del plano di Scarlano e entrò nella roccha
facta di nuovo in Viterbo. || A di .xxtiii. de agosto mori in Viterbo (i) e. 29 a
el dicto messer Gillo, cardinale di Spagna, e fu portato ad Sancto Fran-
cesco d'Asise.
A dì .V. de septembre, di domenica, certi famcgli del manescalco
del papa lavorno uno cagnolino nella fontana dil piano di Scarlano;
per la qual cosa fu facta gran questione tra cortigiani e Viterbesi e
morirno assai tra l'una parte e l'altra, e maxime dcUi famegli del car-
dinale di Carcassona e altri cardinali. La domenicha e lunedi se-
quente (2) poi, e 'I martedì vinnero molte comunanze contra Viterbo
e fumo Todini, Ortani, Surianesi, Montefiasconesi e Sutrini. Allora
si mossero .V^. (3) cittadini Viterbesi et colla correggia in canna an-
darne al papa per mitigare l'ira sua; et el papa disse che voleva
gastigare li malefactori. Mossersi li dicti cittadini et armarsi e colla
gente del summo pontifice andarno in piano di Scarlano contra li
malefactori (4) e scarcarno la dieta fontana da le fondamenti et ar-
sero le case de quelli che cominciaro la questione. Et el mercodì se-
quente entrò in Viterbo (5) il cardinale Marche et smontò nel palazzo
di Sancto Pietro dell'Olmo et consigliò alli Viterbesi che tutte l'armi
loro da offendere e da defendere portassero alla roccha dove stava
preparare nella rocca la sua abitazione, e ai 20 gennaio 1367 aveva
ripetuta la promessa di trattenersi in Viterbo; Theiner, Cod. dipi. II,
nn. 413 e 427; Kirsch, Die Rùckkehr der piipste Urhan V and Gregor XI
voti Avignon nacìi /?o)«, Paderborn, iSpcS, p. xiii.
(i) Nel palazzo che si chiamava k Bonriposto » presso S. Maria
del Paradiso a poche centinaia di metri fuori le mura. Montemarte,
Cronaca, edita dal Gualterio, p. i8q; Pinzi, Sloria, III, 342, nota 2.
Per la numerazione delle carte di qui a p. 345 v. a p. 205.
(2) Il testo pubblicato dal Ciampi, p. 35, omette questo periodo,
che però si trova in nota, tolto dal cod. Viterbese, un po' amplifi-
cato nella forma. Lascio la interpunzione del ms. la quale fa giun-
gere le milizie del Patrimonio i giorni 12, 13, i^, mentre secondo
la dizione del Viterbese sarebbero giunte subito il martedì 7. Sono
spinto a ciò dalla lettera di Francesco Bruni segretario del papa ai Senesi
che dice la loro comunità la prima « in hac necessitate realiter Sue sub-
« venientem Sanctitati ». Fumi, Un'ambasciata dei Senesi a Urbano V,
in questo Archivio, IX, 150, doc. xii. Ora i Senesi giunsero il 14.
(3) N. D. Tuccia, cinque. Lo segue il Pinzi, III, 348,
(4) N, D. Tuccia ha queste frasi solo nel ms. Viterbese, p. 35.
(5) « entrò in Viterbo », del correttore, su rasura.
33^ T. Egidi
el papa: et cusl fu facto. El giovedì sequentc el papa, vedendo tanta
humihà, mitigò parte de l'ira sua contra el dicto populo et comandò
che fiisse formato el processo contro li malfactori del piano di Scar-
lano (i), cioè ad tutti quelli de dieta contrada et contra quelli della
contrada de Sancto Sixto et contra quelli della contrada di SanctoMat-
theo dell'Abate, et contra quelli di Sancto lacobo et contra quelli
di Sancto Ioanne in Petra, li quali contrade (2) erano stati più per-
sequitatori di cortisciani che l'altri. De li quali ne fumo scripti
circa .vi', homini (5), e fumo pigliati li homini e fumo impiccati
sette (4) ad Sancto S'xto e tre alla fontana del Separi. Et poi il
papa decte per sententia che ogni torre fusse scarcata fine alli tecta,-
et voleva in tutto smantellare et disolare Viterbo. Et allora fumo
un'altra volta scarcate le mura, cioè li merli delle mura, dil piano
e. 29 B di Scarlano (5). ] Onde tre cardinali de la sua corte, vedendo co-
minciari a scarcare le mura et vedendo el crudele pianto delle
donne et di fantini et di tutto el populo, per pietà si mossero ad
domandare di gratia al papa che questo non si facesse; narrando
alla Sua Santità che si alcuno haveva facto fallo, non erano già
tutti; et dandoli ad intendere come la prefata Sua Santità n'aviva
pochi di pari di Viterbo, et come per Viterbo el cardinale de Spagna
haviva acquistato tutto il paese del Patrimonio per la Sua Sanctità,
et erano più fideli servitori che lui havesse. Li cardinali fumo l' in-
frascripti: mcsser Nicola cardinale Orsino, messer Nicola cardinale
de Napuli, messer Francesco Bruno primo secretarlo del papa (6).
(i) N. D. Tuccia, nel testo del Ciampi, va di qui a « fumo pi-
« gliati « ; il ms. Viterbese ha i nomi delle contrade, ma S. Sisto è
mutata in S. Stefano.
(2) Nel ms. : « contra ».
(3) N. D. Tuccia: «cinquanta»; Pinzi, III, 349: «sessanta».
(4) N. D. Tuccia: «.XVII.»; lo segue il Pinv.i, HI, 349. Mi pare
più probabile il numero dato dal nostro, anche perchè più consono
alla testimonianza del G.\ROSCo, che agli 1 1 di settembre dice im-
piccati «duo homines ante portam cardinalis Vabrensis » e ai 13
e quinque homines » avanti quella del card, di Carcassona, la quale
era appunto presso S. Sisto. lUr Urlhiiii V in Baluze, lì, 769.
(5) N. D Tuccia aggiunge: «Li Viterbesi stavano tutti di mal
« talento e del continuo si raccomandavano al papa e all'altri prelati
« di sua corte ».
(6) Omessi dal testo del Ciampi, riferiti dal ms. Viterbese. A
costoro si era aggiunta la Signoria senese. Fu.Mi, Un' aitibasciutu.
Le croniche di Viterbo 337
Per le qual prece il papa rivocò la sententia, et fé' tornare indrieto
el dicto processo. Et questo fu a dì .viii. del mese d'octobre (i). Et
fc' bandire che ogni fuglto tornasse ad Viterbo et fé' lassare tutti
quelli ch'erano prescioni. Poi a dì .xiii. del dicto mese el papa si
parti da Viterbo et andò ad Roma (2). Poi nel mese de dicembre el
dicto papa mandò uno comandamento che tutte l'arme fussero ren-
dute ad Viterbesi, et cusi fu facto (3).
Anno Domini 1368. El dicto papa Urbano V se parti de Roma
et andò ad Montefiascone, el quale non era ancora facta città et
fella città a dì .v. del mese de luglio. Et tolse al vescovato de Or-
vieto Bulseno (4), al vescovato di Viterbo tolse Marta et l'isola, al
vescovato de Bagnoreia tolse Celleno, et al vescovato de Castro tolse
Valentano et dettegli al vescovato de Montefiascone, nova città facta.
A dì dui de agosto nel dicto anno passò per Viterbo el corpo de
sancto Tomasso d'Aquino, et venne da Puglia et fu portato ad To-
losa de Francia.
Anno Domini 1569. A dì 3 de septembre morì il cardinale e. 30 a
Marco di Viterbo et fu sepellito in Sancto Francesco di Viterbo, ove
li fu facta una nobile sepultura di marmo presso l'aitar grande della
dieta chiesia(5). A di 28 del dicto mese morì in Viterbo el cardinale
Carcassona et fu sepellito in Sancto Lorenzo. A dì 4 de ottobre mori
in Viterbo el cardinale Cesareaugusto et fu sepellito nella chiesia
della Eternità nella cappella della Madonna. A dì 6 del dicto mese
mori el cardinale de xMontemaggiore et fu sepellito in Sancto Fran-
doc. XIII ; Pinzi, III, 351. Però di Orsini in questi anni era cardi-
nale solo Rinaldo, per quel che io sappia, eletto nel 1350. Che sìa
Nicola Capocci detto card. «Urgellensi » perchè vescovo d' Urgel? Di
Nicola di Napoli e di Frane. Bruno come cardinali non ho notizia,
(i) Omessa dal Ciampi, riferita dal ms. Viterbese.
(2) N. D. Tuccia: «andò a Roma, e poi fece rendere ...», p. 35.
A Roma entrò il 16. Cf. Kirsch, op. cit. pp. xvi, 65.
(3) i" dicembre 1367. Bussi, op. cit. p. 425 ; Theiner, II, n. 454;
S.wiGXOxi, Uarcìiivio, n. cccxlix. Cf. per questa ribellione il buon
racconto del Pinzi, op. e Ice. cit. Il Gregorovius, Storia, VI, 498,
nel racconto della rivolta trascura il nostro cronista.
(4) N. D. Tuccia nel testo del Ciampi: «li donò Marta e l'i-
« sola Mattana che tolse al vesc. di Viterbo e li donò molti altri
«lochi». La bolla di erezione è del 30 agosto 1569; Urbano era
a Montefiascone il 30 maggio. Rainaldi, AiuiaUs, ad a. n. 3.
(5) Il sepolcro esiste ancora, ma appare costruito solo in pieno
rinascimento.
338 T. Egìdi
Cesco. A d'i 28 del dicto mese morì el cardinale Cruniacensis (i) et
fu sepellito in Sancta Maria della Verità. A di 2 de novembre mori
in Roma el cardinale Lemovicensis (2). Et in quel tempo fu gran-
dissima mortalità per tutto il paese. Nel dicto anno fu incoronato
in Roma dal dicto papa et confermato Alexandro imperatore di Co-
stantinopoli (5).
Anno Domini 1570. Nel feste (4) dì di sancto Pietro e di san-
cto Favolo el diete papa palesò in Roma le teste di sancto Pietre et
di sancto Pavolo, el quale el fé' ornare d'argento, ove mise tanto
argento che pesò m-lii ducente marchi, et felle ornare de molte
pietre preciosc et molti re de christiani li ferne magni doni; et ci
diete papa li fé' collocare sopra l'altare maggiure di Sancto Ioanne
Laierano (5), el quale altare haviva facto edificare lui (6). A di .xxvi.
de agosto si partì el dicto papa di Roma per andarsine in Avignone
et la contessa Brigida di Svesia li scrissi questa lettera cioè: «Te
«tedet vivere; quo vadis (7") ignoras. Festinas ad mertem ». Et en-
trò el dicto papa nel porte di Cernete a di .v. di septembre (8) ; per
la qual partita tutte le terre de la Chiesia fumo messe in guerra
30 11 dalli tiranni et tirannozzi d'intorno. \\ Adì 19 de dicembre nei dicto anno
morì in Avignone el dicto papa Urbane quinto. Era visse nel papato
.vjiii. anni et uno mese; fu poi facto papa Gregorio undecime (9).
(i) Di mano del correttore.
(2) Cardinale di Carcassona era Stefano Albert eletto da Inno-
cenze VI nel 1561; card. Cesareaugustano Guglielmo d'Aigrefeuille
eletto da Clemente VI nel 1550; quello di Mentemaggiere Pietre di
Banaco eletto ai 22 settembre 1368; il Cluniacense; Androyno de
Rocha elette ai 17 settembre 1361; il Lemevicense Nicola de Besse
eletto ai 27 febbraio 1544.
(5) È Giovanni Paleologo, che non fu da Urbane coronato, ma
accolte nel grembo della Chiesa, previa sua abiura pubblicamente
fatta ai 18 di ottobre 1369; Rainai.di, AnnaUs, ad. a. n. i sgg.
(4) Nel ms.: « sesto» che crede errore di trascrizione.
(5) Ms. « Laterarene ».
(6) In realtà la cerimonia fu ai 15 di aprile e la partenza del
papa ai 17: ai 26 di agosto egli parti da Montefiascene dove s'era
trattenute nel frattempo. Cf. Gregorovius, VI, 512.
(7) Nel ms : « vidis ». Brigida non scrisse, ma a voce in Mon-
tefiascene parlò ad Urbano. Gregorovius, VI, 516.
(8) Così anche il ms. Viterbese: quelle del Ciampi: « Il papa
«s'imbarcò per Avignone ».
(9) Ai 30 di dicembre.
Le croniclie di V'ilcrbo 339
Anno Domini 1371. Fu facto l'ospidale di Sancto Spirito in
Sasso di Roma. E nel dicto anno fu fornita la cliiesia de Sancta
Croce di Viterbo per messer Angelo Tavernieri, tesauriere del Patri-
monio (i).
Anno Domini 1372. Fumo notificati molti miraculi facti per lo
beato corpo di papa Urbano quinto; et nel mese de giugno fu el suo
corpo cavato da Vignone et portato in Marsilia et sepellito nel mo-
nistero ove era stato abate prima che fuse facto papa. Nel dicto
anno 1372(2) fu comenzato el muro nuovo di Sancto Francesco di
Viterbo con uno bello usciale.
Anno Domini 1574. Fu grande mortalità per tutto el paese.
Anno Domini 1375. Entrò in Viterbo el profecto Francesco di
domenica lo di della consegratione di Sancto Pietro et Sancto
Paulo (3): entrò per la porta onde entra l'acqua di Sancto Matteo
di Sonsa et stette nascoso. Et Batiste suo fratello entrò per la porta
de Sancto Sixto, ad modo d'uno bifolco, colle some delle legna;
poi s'armoro con forse .l. persone loro sequaci et andorno nella
piazza del comuno; gridarne : « Viva el populo » ; et con questo nome
optinnero vittoria, et non ce fu maculata persona ne robba, salvo che
(i) N. D. Tuccia: « Tavernini». Era tesoriere già dal 20 mag-
gio 1549. Delle sue angherie v. Pinzi, Storia, III, 572 sgg.
(2) N. D, Tuccia: « 1373 », p. 36.
(3) La consecrazione o meglio dedicazione della basilica Vati-
cana è ai 20 di novembre, però è errata la indicazione del cronista,
essendo caduta questa domenica ai 18, come dice egli stesso e come si
può accertare col calcolo. N. d. Tuccia erroneamente attribuisce il
fatto all'anno precedente e ne comincia la narrazione con altre pa-
role : « Mess. Angelo Tavernieri di Viterbo tesoriere del Patrimonio
« prestava assai denari e altre robe ad osura e chi non pagava a
« tempo li scopriva le case e faceva de mali portamenti. Così li Vi-
« terbesi non potendo soffrire si dettero al prefetto F. di Vico che
« entrò in Viterbo nascostamente con suo fratello con some di legna
«a modo di villano legnaiuolo; stette due giorni nascoso: poi s'ar-
« morno,.. ». Il ms. Viterbese dopo « portamenti » aggiunge: « per la
« qual cosa il popolo di Viterbo era assai malcontento e a queste
« soperchianze teneva mano l'abbate di Monte Maggiore ch'era go-
te vernatore di Perugia, e non possendo li cittadini più sofferire, trat-
« torno darsi nelle mani del Prefetto, e fumo cinque principali cioè
« Pandolfaccio Falsatacela, B. G. e Gianni di F. e ser Farolfo, e
« così detto Prefetto entrò... », p. 36 sg.
540 T. Eiiidi
11 Maleficii del comuno e lo Statuto clic fumo arsi in piazza. Poi
lunedi ad di .xviiii. fu combattuta la roccha de Viterbo et fatteli dui
cave. A di .xxiiii. del dicto mese(i) venne el campo de la Chiesia
ad Viterbo sotto condutta di messer Giovanni (2) venuto con tre
milia cavalli, et era inghilesc (5); et entrorno per la porta de San-
cta Lucia che era stata abrusciata et trovarne tutta la piazza delia
Roccha piena de triboli et bombarde carche, et fero gran battaglia, et
grande parte della gente del dicto messer Giovanni fumo ferite et
moltissime morte. j| Per la qual cosa le gente del dicto messere
uscirne de Viterbo et tirarsi indricto, et el dicto di el Profecto andò
ad habitare nella casa del thesorieri a canto ad Sancta Croce (4'), et
Batiste suo fratello nel palazzo della fontana del Separi, et Ianni
Sciarra nel palazzo di Sancto Pietro dell'Olmo, et messer Ludovico
nella casa di ser Giovanni ad Sancto Simone. A di 29 de novem-
bre (5) si parti el campo della Chiesia nel lenimento de Viterbo et
lassarne molta robba et andarne ad Perugia allo abbate de Monte-
maggiure (6). El sequente dì fu scarcato el casale del thesorieri,
presso ad Sancta Maria del Paradiso, el dì de sancto Andreia. Et
in quel tempo molte terre se ribellare alla Chiesa, et dettorsi a! dicto
Profecto (7).
(i) N. D. Tuccia: « a dì venti ». Ms. Viterbese: « a di 2S », p. 57.
Ms. Riccardiano «a di .xxv. ».
(2) N. D. Tuccia: « Aguto ».
(3) La prima mano aveva scritto « ingilese »; la seconda in mar-
gine corresse « inghilese ».
(4) Di qui alla fine del periodo manca nel ms. edite dal Ciampi,
ma è dato da quello Viterbese.
(5) Il ms. del frate dice 24: he corretto 29, in relazione alle
parole seguenti. Cf. anche N. D. Tuccia, p. 37.
(6) Gerardo du Puy abate de Marmoutiers, legate pontificio,
sulla cui cattiva amministrazione v. Mirot, La politique ponlificaU el
le rdouv du Saiiil-Su^e eit ijyó, Paris, Bouillon, 1899, p. 45 sgg.
(7) Questo periodo è in glossa marginale di mano del cor-
rettore. La prima a ribellarsi fu Montefiascone; Cronachella d'iiiceilo
in Raccolta di cronachetle antiche, Firenze, 1753, p. 204. Continua-
mente i Fiorentini sollecitavano « che non dubitassero a ribellarsi,
« però che loro erano presti a difenderli. Per le quali proferte molti
« acconsentirono a ribellarsi e la prima terra che si ribellasse da
« S. Chiesa si fu Montefiascone, poi seguio Orti, apresso Viterbo,
ola Ciptà di Castello... e di ciascluma terra ribellata si mandava a
Le croniche di Viterbo 541
Nel dicto anno a dì primo de dicembre li priori del populo de
Viterbo adpianarno in palazzo con gran triumfo, col contaione del
populo, et cosi di tutto pigliamo la signoria. A di 7 del dicto mese
Perugia levò el romore et ribellarsi alla Chiesia contra 1' abate de
Montemaggiure, et assediato la cittadella, ove stava el dicto abate
et continuo li facevano guerra. A di 14 del dicto mese fu pigliata
la roccha de Viterbo per forza et fu scarcata da Viterbesi (i).
Anno Domini 1376. A di primo de genaro 1' abate di Monte-
maggiure s' accordò con Perusini et lassolli la cittadella nelle mani;
per la quale cosa li Perusini la scarcorno, et el dicto abate si n'andò
via con messer Giovanni Aguto. A di 22 del mese de giugno venne
el conte de Alta Villa, mandato dalla regina Giovanna di Napoli in
favore delle gente de la Chiesia et giungendo una sera ad Crapal'ca
fu rocto li presso alla terra dalle genti dell' oste del Profecto et pi-
gliati 1)0 persone et cavalli assai, et moltissima robba di quel conte
fu guadagnata.
A di .XVII. de septembre (2) si parti da Vignone papa Gregorio XI. e. 51 b
A di .XVII. del dicto mese el Profecto fé' 1' oste ad Montefiasconc et
guastò li molina et vigne in valle Parlata et felli gran danno. A di
.VI. de novembre nel dicto anno gionse a Llicina (3) el dicto papa
« Firenze l'ulivo in forma d'allegrezza, prendendone piacere e festa
« i Fiorentini, parendo loro aver facto grande aquisto ». Sercambi,
Croniche, I, 215.
(i) Per questa ribellione che condusse Viterbo alla lega con
Firenze e con Bernabò Visconti contro Gregorio XI, cf. A. Ghe-
RARDi, La guerra dei Fiorentini con papa Gregorio XI, in Arch. slor.
Hai. serie in, v, vi, vii, viii; Calisse, op. cit. p. 144 sgg.; Mirot,
op. cit. p. 83 sgg. ; PiNzr, Storia, III, 376 sgg.
(2) N. D. Tuccia qui e nell'inciso seguente: «a 27 detto», il
ms. Viterbese « diciassette ». Errano tutti, poiché la partenza, fissata
prima per 1' 8 settembre, ebbe luogo a di 13, come ci dice il cap-
pellano del papa Pietro Ameilhe nella relazione versificata del viaggio.
Muratori, Rer. It. Script. III, 11, 690. Cf. Mirot, op cit. pp. 102 6156.
Nel ms. a questa notizia precedono due linee cancellate dove l'ama-
nuense per errore aveva scritto: « A di .xvii. de septembre nel dicto
« anno gionse a Llicina el dicto papa Gregorio, poi gionse ad Or-
« betello ».
(3) Cosi il ms. N. D. Tuccia corregge a sproposito « a Lione»
facendo fare a Gregorio un viaggio ben strano. Non saprei come re-
stituire il testo, seppure non si voglia pensare ad un « Liorna » stor-
342 T. Egìdi
Gregorio, poi gionse ad Orbetello. A di 5 de dicembre gionse ad
Corneto (i), cioè al porto per mare; e messer Angelo Tabernini
da Viterbo, tesorieri del Patrimonio, andò ad Orbetello per parlare
al papa. Et el dìcto papa haviva sentito come per sua cagione et dello
abbate de Montcmaggiure s' erano ribellate tutte le terre della Chicsia,
per li gattivi portamenti che loro liavivano facti et per le gran colte
de denari che havevano posti ; per la dieta cagione el papa non lo
volse udire né vedere (2). Onde che el dicto messer Angelo mori di
dolore quattro miglia da longe da Montalto. Et era fugito da Viterbo
per paura del Profecto, et portò seco circa vinte milia fiorini et molte
gioie; che era stato tesorieri .xxv. anni; et haviva facto podere in
Viterbo per .xv. milia fiorini di stabile con un uno bel casale presso
Sancta Maria del Paradiso (5). Et el dicto papa fé' cardinale l'abate
de Montemaggiure (4).
Anno Domini 1377. El dicto papa entrò in Roma a di 17 de
gennaio (5); andò per mare fino ad Ostia; per la quale andata molte
terre del paese li mandarno ambasciatori. Ad ultimo dì de maggio
piato dall' amanuense, proveniente da « Liorna » - Livorno. Ai sei
novembre il papa era a Portovenere. « Die Veneris, que fuit dies .vii.
« mensis novembris, intravit Liornam, Pisane diocesis». Intioitus et
cxitus, n. 545, e. 66, in Mirot, op. cit. p. 163, nota 5.
(i) Il Mirot, p. 167, lo crede arrivato il giorno seguente.
(2) Le frasi « denari che havevano posti », « non lo volse udire
« né vedere » sono ricalcate dalla seconda mano sulla vecchia scrittura.
(3) N. D. Tuccia, p. 37:" 18 mila scudi d'oro», omette la
ubicazione.
(4) N. D. Tucci.x, p. 37: « li 5 di dicembre», ma molto facil-
mente non è che la data dell' arrivo a Corneto, omessa a suo luogo.
()) Erano stati fatti grandi lavori di restauro e ad Ostia e in
Roma stessa: nel giorno dell'ingresso « senator, bannarenses, con-
«servatores, romani principes ac nobiles ad pedes pape fuerunt, adex-
«' trantes incessim eundem cum suis banneriis ac vexillis; clerus
« totus romanus cum suo apparatu eciam fuit et eum per Urbem
« equitavit de Sancto Paulo usque ad Sanctum Petrum, tota via, ab
« utroque latere, hominibus, feminibus (sic) parvis et magnis piena
<' erat, unanimi voce dicentibus: vivat dominus noster papa; qui
e omnibus leto vulto dabat benedictionem suam «; Archivio di Stato
Senese, lettere del Concistorio, XVI, n, 30, 26 genn. 1277, da Mirot,
op. cit, p. 177, nota i; cf. in Kirsch, op. cit. pp. 169-273, i docu-
menti relativi al ritorno di Gregorio.
Le croniche di Viterbo 343
el dicto papa andò ad Nargnc, et l'i stette tutta la state. Poi tornò
ad Roma a di .vii. de novembre.
A di .VII. del dicto maggio el Profecto di nuovo fé' I' oste ad
Montefiascone et guastolli assai vigne et oliveti et li stettero la
notte (i). Ij A di .XXI. de giugno el Profecto andò ad oste ad Vi- e. 52 a
turchiano et felli el guasto grande et recamo ad Viterbo più di
.vi'^. some de grano e d'altre robbe assai, cioè orzo, lino, legumi et altre
cose; el quale lino lo cavorno del fossato de Viturchiano. A di 24
del dicto mese tornò l'oste ad Vitorchiano con le bombarde et felli
gran danno. El bombardieri era uno chiamato Petrucciodi mastro Gianni
spetiale de Viterbo, l'altro chiamato Spirito d'Andereuzo del Boscio.
A di 5 de novembre agonfiò l'acqua sopra a le mura del quattro (2)
da Sancto Marco, et allacò molte possessione, et ruppe el molino
di San Gillo, et sorrenò el molino ad Sancta M. Madalena, et sor-
retto Torta, et sollevò le botte del cellaro di Sancto Spirito, et roppe
sotto le mura a pici ad Faule, et roppe li sportelli della porta de Valle,
et empi Sancta Marya in Palomba (3).
Anno Domini 1378. Venne in Viterbo messer Nicola vescovo de
Viterbo nel mese de gennaro et recò novelle che si potessiro dire
messe et altri ofiìcii, che poco nanzl erano state velate dal papa ('4).
Nel dicto anno venne in Viterbo uno cardinale romano (5) man-
dato dal papa; poi andò ad Serazana ad metter pace con la lega
toscana che era centra el papa. A di .x.xvi. (6) de marzo mori el
dicto papa Gregorio XI di scoriatione d' orina, et fu sepellito in
(i) N. D. Tuccia, p. 38, omette questa notizia.
(2) Cosi il ms. Del quarto? quartiere? Il cod. Viterbese del
della Tuccia « da quel lato ov' entra l'acqua».
(3) L'ultima frase è su rasura, in cui leggesi ancora «et sca
« m 1 paloba ». La correzione è della prima mano.
(4) La bolla di remissione è datata «.vi. l<al. ianuarii ». Edita
dal Pinzi, III, 392 nota; dai Cristofori, Tombe, p. 401 ; indicata dal
Calisse, / Prefetti, doc. CLXXXii. Questo Nicola è il secondo vescovo
viterbese di tal nome, che sedette dal 13 50- 1385, come può vedersi
nel Catalogus episcoporum oininuui Vilerhii de quibus notitiam haberi po-
tuit ex variis pnbìicis scripluris et diploinatibus ; ms. nella biblioteca
della cattedrale di Viterbo, pp. 93-95.
(5) Non romano, ma francese: Giovanni Lagrange card, di
Amiens, che ebbe tanta parte nelT inizio dello scisma d' Occidente.
(6) Si legga 27. Cf. Eubel, Das Itinerar der Piipste inr Z:it des
grossen Schhmas, in Hislor. Jahrh. XVI, 545.
344 "P- Egidi
Sancta Maria Nova di Roma, et funne facto Tassequio in Sancto Lo-
renzo in Viterbo a d'i .v. d'aprile.
A dì .villi, de dicto aprile fu facto papa Urbano sexto, chiamato
prima messer Bartliolomco Lotticus (i) di Napuli, arcivescovo di Bari,
et fu incoronalo a dì xi. (2) del dicto mese, contra voluntà de tutti
li cardinali e a voluntà de Romani, che dissero: « Romano lo volemo
e. ì2 n « o almeno italiano » (3). \ El dicto papa non volse li pacti che haveva
facti papa Gregorio col Profecto ; per la qua! cosa ne uscirò molti
mali. Et el dicto papa (4) se ne andò ad Tivoli, senza cardinali, a
dì .XXVI. (5) de giugno, et ribellorsi el Castello de Sancto Angelo
et fu gran discordia tra cardinali. Tornò el dicto papa ad Roma a
dì .xviiii. (6) de agosto et passò per Tristevere et venne ad San-
cto Pietro. Li cardinali se ne andaro ad Fondi et ferno un altro
papa chiam.ito Chimento VII et fu incoronato a dì ultimo de octobre
da cardinali tramontani et italiani, inimici de papa Urbano VI et fu
lo scisma; e '1 dicto papa Chimento s'intendeva col Profecto, che
stava in Viterbo, con la regina Giovanna di Napuli, et fu gran guerra
tra uno papa et 1' altro.
A di ultimo di novembre mon in Plaga Carolo imperatore che
haviva governato l' imperio .xxiii. (7) anni. Nel dicto anno fu levato
el romore in Viterbo contra el Profecto, et octenne Victoria el Pro-
fecto et pigliò molti Viterbesi et molti ne fugirno. Ancho nel dicto
anno fumo mandati al papa Urbano certi ambasciatori ad Roma
per parte del Profecto, et fumo questi cioè Giovanni di messer Ni-
(i) Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari, non so se mai
ebbe anche questo cognome (nel ms. « Lottic'' ») o quello di Lotti
datopli dal d. Tuccia, p. 58.
(2) N. D. Tuccia, p. 58: « Ai .xii. di detto mese ». In realtà fu il :8.
(5) «Romano Io volemo o almanco italiano; o per la clavel-
« lata di Dio saranno tutti quanti franch'gene ed ultramontani uccisi
«e tagliati per pezzi e li cardinali li primi». Deposizione di Gille
Btllemère in XoiiL Valois, La France el le i;ra)id schisuie J'Ociidciit,
Paris, Alphonse Picard, 1896, I, 12. V. intorno all'elezione tutto il
bellissimo primo capitolo.
(4) N. D. Tucci.\, p. 58: « Il papa fece buttare in Tevere un-
«dici cardinali e se n' andò a Tivoli senza cardinali ». Notizia falsa.
(5) N. D. Tuccia, ibidem : « A' 27 di giugno ». « lulio ineunte »,
EfliEL, Op. cit, p. 555.
(6) N. D. Tuccia, p 38: «A' 29 d'agosto». Il giorno manca al-
l' EuiiEL, Ice. cit.
(7) N. u. Tuccia, p. 38: « 22 anni ».
Le croniche di Vilerho 345
cola, Manfreo, Girolimo e lacobo Ji Minelli et Patio di Tanio; et
el dicto papa li fé' pigliar! et tenneli in pregione .v. mesi, poi li
lassò. Poi il papa mandò uno cittadino di Viterbo, chiamato el
Maestro, per ambasciatori al Profecto, per la qual venuta el dicto
Mastro ne fu disfiicto con molti cittadini (i). Nel dicto anno una
compagnia di Brettoni passarno per Ferenti et andarno verso Roma;
et giongendo ad ponte Salaro combatterò con Romani et rop-
perli et uccisene più de dui ccntonara, poi andarno ad Anagni (2).
Nel dicto tempo venne una compagnia de gente d' arme ad Vi-
terbo, sotto condutta de mcsscr Adolfo da Camerino et messer Sal-
vestro, et stectero in Viterbo tre di (5). |] Anche nel dicto anno ven-
nero li Brettoni ad Montefiascone et stettero più di ad campo, et
ferno battaglia insieme et fumo molti feriti. Per la qual cascione li
Montefiasconesi si ribellarno ad quelli della roccha loro. Anche in
quel tempo el Profecto pigliò Ancarano et la Roccha di Ghiorio,
che r aviva perduta prima (4). Nel dicto mese di novembre el Pro-
fecto andò ad Toscanella con molta gente; che li fu promessa dare
per tradimento, et fu tradimento doppio; che come fu dentro una
parte della dieta gente, li Toscanesi li ressirno adosso et ucciserne
assai, et quelli che pigliamo, li tagliamo la testa. Rimasero morti
ben .XXX. ($) homini, tra li quali fu messer Borgaro da Marciano
et il figliuolo et anche el figliolo de Francesco di Lanfanello da
Viterbo.
Anno Domini 1379. Fu recato in Viterbo el gioco delle carte
che in Saracino parlare si chiama Nayb (6). Nel mese di genaro, la
(r) Il suo nome è « Petruccius» e l'ambasceria fu d'aprile, come
ci dice la domanda pòrta da lui e dai suoi nipoti Giacomo e Bar-
tolomeo ad Urbano VI il 2 luglio 1380 di esser risarciti dei danni
avuti per quella ambasciata, essendo stati processati, imprigionati,
confiscati i loro beni. Urbano commette a Bartolomeo di Giovanni,
uditore di palazzo, che indaghi e risarcisca. Calisse, Prejellì, p, 558,
n. cLXXXViii; Savignoni, L'archivio, n. ccclxiv,
(2) Infessura, Diario, p. 7: «di luglio a dì 16». Le perdite da
alcuni si fecero ascendere a 500 morti o feriti ; cf Valois, op. cit.
p. 75, nota 5.
(3) Omesso questo periodo da N. d. Tuccia, registrato da
luzzo, p. 39.
(4) Periodo omesso dagli altri cronisti.
(5) N. D. Tuccia, p. 38: «ben 50 omini».
(6) N. D. Tuccia, ibidem : « Hayl. « ; luzzo « Nayl ».
e. 2\ A
34^ "P- l'^giài
domenica a sera cavalcare 277 Brettoni et andaro ad offendere Cer-
nete et pigliamo .L. pregioni in dui cavalcate ; poi cursero ad Roma
et predarne .xii. milia pecore, .vi*^. bestie vacine et .1111'^. bufali et me-
narle ad Viterbo. La qual preda tutta fu messa a sacco in Viterbo,
salvo certa quantità de cavalle. A di 25 de febraio (i) li dicti Bret-
toni presero Lubriano et miserie ad saccomanno et recare ad Vi-
terbo molte grano et orzo et altra rebba. Nel mese di marzo fu
terribilissima neve. A di .x. de maggio papa Chimento si parti di
Roma (2) et andò ad Napuli ; et a di .xxii. del dicto maggio si
parli da Napuli et per mare andò ad Avignone.
A di .XXIII. de giugno venne el campo de papa Urbano ad Vi-
terbo centra el Profecto, che si teniva con papa Chimento, et misero
e. 25 B campo in tre luochi et ferno el guasto et stettero .lvii. di (3). || Et
el dicto papa guastò in Roma molti calici et croci per fare denari
per soldati; el Profecto fé' pagare al preti de Viterbo .v. milia ducati.
A di .X. de septembre (4) el Profecto fé' el guasto ad Ronciglione
et recarne ad Viterbo moltissima uva et molte cose. A di 18 de
septembre ci Profecto andò ad Comete et felli gran guasto sopra vigne
et giardini ; poi venne ad Toscanella et similmente fece gran gua-
sto (5). Nel dicto anno el Profecto dette Vetralla ad mcsser Guglielmo
sue soldato ; el dicto messer Guglielmo la mise ad saccomanno, poi
la vendè ad Romani, et in poco tempo el Profecto la ritolse (6).
(i) Pinzi, S/or/d, III, 405: « 23 di aprile », ma cita il della Tuccia
che dà lo stesso giorno del nostro.
(2) Clemente non fu mai a Roma, egli si trovava nell'aprile a
Sperlonga : «die nona mail dominus noster recessit de Spelunca, ante
« prandium, ad eundum apud Neapolim, ubi applicuit in crastinum
«ante prandium». Conti del papa in Valois, op. cit. I, 174, nota 2.
A Napoli non rimase che fino al 13, avendo fatto ritorno a Sper-
longa, donde si parti il 22. Ibidem, p. 175.
(3) N. D. Tuccia, p. 39: « 62 di».
(4) N. D. Tuccia, ibid. : « A di 16 de septembre».
(5) Idem: « Robavano tutte le persone e donne che ci anda-
« vano a recar frutti e le possessioni et omnia bona aliena sibi ap-
« propriabant ».
(6) t' Nota quod Paulus romanus prò redimendo castro Vetralle
« a magnifico Guilelme filio Baptiste milite alemanno et capitanco
« gentium armorum detinentium dictum castrum, vendidit 4000 rubra
«fsalis». Galletti, cod. Vat. 8040, p. IH, e. 14, ex cod. lacobatii
a. 1 370, in arch. Capitolino (ora irreperibile). Non sarà da corre,:;-
gere « Populus romanus»?
Le croniche di Viterbo 547
Nel dicto anno el Profecto prese Bracciano et miselo ad saccomanno,
poi si parti con li Brettoni et lassoUo ad certi suoi soldati italiani et
questi lo venderò ad Romani.
Anno Domini 1380. Fu si gran carestia in Viterbo che valse
el grano .xxxii. libre la soma (i) et poco se ne trovava. In Viterbo
se mangiava el sangue de macello et erba senza pane, et era si
grande la guerra che le donne andavano fuore a recare li frutti, et
ninno cittadino usciva fuore da la porta per paura de non esser pi-
gliato, et le diete femine mectevano ad sacco tutti li frutti eh' erano
de fuore. A di primo de aprile fu arsa di nocte tempo la porta de
Sancta Lucia. A di 14 fu arsa la porta de Salcicchia. Valeva in quel
tempo el quartuccio del sale .xl. soldi, eh' erano doi terzi ducato
d' oro. Nel dicto mese el Profecto andò tre dì ad fare el guasto ad
Vitorchiano et felli gran danno, et tornò el grano a .xiiii. libre la
soma, la carne a soldi .111. la libra.
Anno Domini 1381. Carlo de la Pace entrò per forza in Napoli
col braccio de papa Urbano VI et tolsela alla regina Giovanna, che
si teneva con papa Chimento; et fu a di .xvi. de luglio (2). Et fu
sì grande diluvio d'acqua nel mese de febraio, che roppe el muro
sotto ad Faule et fé' uno fosso di sei passa.
Anno Domini 1383. Mori la dieta regina Giovanna nel mese d'a- e 26 a
gosto. Haveva signoreggiato Napoli .xxxviii. anni. In quel tempo el
Profecto prese Palazzolo (3); anche Ianni Sciarra, nepote del Pro-
fecto, pigliò Nepe et misela ad saccomanno; anche el Profecto et
messer Ranaldo posero campo ad Montefiascone, et in octo dì recorno
ad Viterbo assai grano, orzo, et molti legumi (4).
Anno Domini 1585. El dicto Profecto a dì 22 de marzo andò
ad campo ad Montefiascone et menoeci molti bovi de Viterbo ad arare
el grano, et menoeci circa nove milia pecore ad pascere el grano (5),
(i) N. D. Tucci.\, p. 39: « 74 lire, che erano otto ducati d'oro »;
Pinzi, op. cit. Ili, 40S: «l'enorme prezzo di 82 lire».
(2) N. D. Tuccia, p. 40: «A 17 di luglio». Carlo di Durazzo,
detto principe della Pace, investito del reame il 1° giugno, occupò
Napoli appunto ai 16 luglio, come dice il nostro. Cf. Valois, op.
cit. Il, 10.
(3) Castello presso Bassano in Teverina.
(4) N. D. Tuccia, p. 40, omette l'uliima notizia. Messer Ranaldo
è Rinaldo Orsini; cf. Raixaldi, Annahs, a. 1383, n. 2.
(5) N. D. Tuccia, p. 40: « Ma li Viterbesi in cambio di guastare
<f il grano co li bovi, lo riparavano acciò paresse guasto e fu quel-
« l'anno più bello ». Circostanza inverosimile.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 25
348 T. Egidi
per la qual cosa li Montefiasconesi per mezzo di loro el vescovo,
che stava in campo col Profecto, s'arendero. Et ci giovedì sancto a
di 30 de marzo mandato li staggi ad Viterbo, che fu messer Paolo
et messer Giovanne medici et messer Tliomasso da Fabriano. Et
comenzaro guerra con la roccha con bombarde che l'aviva mandate
el Profecto, et fero le cave. Anciie mandò el Profecto ad Moiite-
fiascone cento some de grano, ch'erano affamati; et dectero in terra
un pezzo del muro della roccha, et pigliarla per forza, et presero
Simonetto da Castel de Piero ch'era capitanio del papa, et li Broctoni
Io menarno prescione ad Marta ch'era loro. A dì .vi. de giugno el
Profecto fé' el guasto ad Toscanella, poi andò ad Corneto, et arse
tutto quello che trovò di fuore. Nel mese de maggio et di giugno
valse el pititto del vino in Viterbo .xxviii. soldi, eh' era presso ad
mezzo ducato d'oro.
Anno Domini 1586, A dì primo de genaio fu l'eclipse et scurò
la luna et il sole ad ora di sesta. Era scurata un'altra volta nel 1552
a dì .XV. de septembre: 1386 scurò la luna la uocte cli'era sereno,
et tutta si copri de scurità. Nel diete anno nel mese de aprile el
Profecto hebbe Toscanella et Montalto, et fé' battere in Viterbo la
moneta, cioè bolognini da due soldi l'uno con sancto Lorenzo con
la grata, et li quatrine(i) colla croce et col .P. da l'altro lato.
263 Anno Domini 1 586. El predicto mese de luglio el cardinale Or-
sino entrò in Montefiascone et tolselo al Profecto.
Anno Domini 1387. A dì sei de maggio li Viterbesi levarno
romore contra el Profecto, el quale stava in Casalotto (2); et el Pro-
fecto se difese et vense la piazza del comuno. Poi a di 8 del dicto
mese (3) se referono li Viterbesi contra el Profecto. Per la qual cosa
el Profecto fugi in casa de Nicola de messer Giovanne (4) di ma-
(i) Nel ms. « quatrine ». N. D. Tuccia, p. 40: cf quatrini con
« la golpe e la croce ». Per queste monete vedi Ciampi, op. cit. p. 402;
Pinzi, 5/or;a, III, 425, nota 2, 424 nota i, e rispettive bibliografie. Vedi
anche la lettera di Urbano VI (16 febbraio 1389) intorno alla co-
niazione dei bolognini d'argento in Theixer, II, 617, n. 650.
(2) N. D. Tuccia, p. 40: «in casa sua».
(3) N. D. Tuccia, p 40: «Ai 17 del medesimo mese».
(4) v ... direto a S. Biagio e un fuoruscito di Viterbo cittadino,
«Angelo Palino di casa Tignosi, andò a trovare el Prefecto e l'uc-
« cise e lo fé' cascare da un ponticello sopra l'orto » (N. D. Tuccia
p. 40). Teodorico de Nyem, Di schimicitc, I, 66, chiama Angelo il
Prefetto e lo dice preso ed ucciso dai pontifici, ai 29 settembre.
EJiz. Erler, p. 116; cf. però ivi la nota 4.
Le croniche di Viterbo 349
donna Berta, et lì fa ucciso et fu strascinato fino la piazza del comuno
et stette in terra, et teneva la bocca apresso il culo d' uno suo cavallo
che l'era stato morto. Poi la sera fu portato dalli frati de Sancto Fran-
cesco, et stetti due di ne l' orto come entri in la porta ad mano
mancha, innudo in uno cataletto senza niente sotto nò sopra. Non
ci mori altra persona (i), e casa sua et casa de rectori con certe case
de suol famegli fumo robate, et fu robbata la prescione et fu rob-
bato tutto el palazzo del potestà. Et el dicto cardinale Orsino (2)
lo fé' pigliare el papa, et mandollo prescione ad Peroscia per suo
diffecto (5).
Anno Domini 1388. La gente del papa con li Romani hebbe
molte terre. Et valse la soma del grano dalli .xxx. [alli] (4) .xl. libre
et mangiavano seme de lino macinato et intriso col mèle; et tutte
le cose furono care salvo el mòle che n'era assai. Nel dicto anno
mori papa Urbano VI, et in tempo d'un mese fu facto papa Bonifatio
nono; era pure napoletano di Tomacelli (5).
Anno Domini 1390. Messer Guido d'Asciano, capitanio de! Pa-
trimonio, con le molte gente de Viterbo andarno ad fare el guasto
nella Montagnola ad Vallerano et Carbugnano et Casamala (6). Et
(i) Nel ms. « p ».
(2) « Thomas Ursinus de Manopello, S. Mariae in Domnica car-
« dinalis », legato apostolico. Cf. Savignoni, L'archivio, n. ccclxv.
Fu preso a forza in Viterbo da una schiera di mercenari stranieri
mandata dal papa. Montemarte, C/OMaca d'Ori/Zd/o, ed. Gualterio,
I, 60; Rainaldi, Annales, VII, 500.
(3) « Un figlio bastardo del Prefetto, che teneva Rispampani, fece
« pigliare detto Angelo, ch'aveva ucciso suo padre e lo fece ingras-
« sare ben bene: poi lo cacciò fuora e fc' legare in piazza e tagliare
« a pezzi vivo, dando la carne sua a mangiare alli cani affamati che
« a posta teneva » ; N. d. Tuccia, p. 40.
(4) La lacuna è nel ms.
(;) Urbano morì ai 15 ottobre 1389 e Bonifacio fu eletto papa
ai 2 e coronato ai 9 novembre del medesimo anno (L. Pastor, op.
cit. I, 127; Valois, op. cit. n, 157 e 159). Tra ì primi atti di Boni-
facio è una lettera ai Viterbesi nella quale, compianta la triste con-
dizione in cui si trovano per la Chiesa, dice aver comandato « prae-
« ceptori Sancti Spiritus in Saxia de Urbe ut granum in malore
« quantitate quam potuerit ad Viterbium festinet transmittere »; Sa-
vignoni, U archivio, n. ccclxxiii ; cf. anche i nn. ccclxxiv-ccclxxxi
che sono ottimo commento alla narrazione seguente.
(6) Tutti e tre sul versante orientale del Cimino.
550 'P. Egidi
valse d'aprile et de maggio la soma del grano fiorini dodeci d'oro
et infine .l. libre (i). Era tanto affamato Viterbo dalia guerra di
Brectoni, che non potevano li Viterbesi niente più restare, et più et
più volte raandarno al papa per succurso, et mai non li mandò un
e. ;;a cavallo, imperhò che era povero. |1 Per la qual cosa infine li Viter-
besi levarno romore gridando: « Viva la pace ». Et fu a di 24 de sep-
tembre (2), et tutta la terra andò sotto arme, et questo fu per cagione
che li Viterbesi havevano mandato ambasciatori al eardinale de Ra-
venna (5) che stava in Montefiascone con li Brettoni per la corte de
Avignone; et uno chiamato Angelo de Casella, uno delli ambascia-
tori, al tornare che fé' ad Viterbo disse tra certi ortulani: « Noi tro-
« vamo la pace et non la volemo ». Per questo si levò tal romore che
UDO de priori la sera proprio andò in piano de Sancto Fustino et fé'
armare tutti li Pianesi et disse che andassero ad robbare un capitano
del papa che stava ad Sancto Francesco. Uno cittadino, chiamato
lacobo del Garoso (4), n'andò al dicto capitano et fello sapere; onde
lui si mosse con molta gente armata et andonne ad assaltare quelli
del piano di Sancto Fustino, et non potè farli niente, anzi fumo
cacciati con poco honore (5) ; andossine in fine in piazza, poi se n'andò
a casa la sera al tardo. La sequente mattina se levò el romore di
nuovo et gridavasi: « Viva la pace ». Et cusi continuò dui di. Levossi
uno cittadino chiamato Gianni di Francesco (6) et con certi suoi amici
et sequito da certo populo per la terra andarne gridando: « Viva la
« pace ». Onde che el populo per questo lo ferno confaloniere et mi-
serie nel palazzo del potestà, et colli priori insieme fu fermato con-
falonieri per sei mese; et nella sua entrata fu rotta la prescione, et
cavatone tutti li prescioni, tra qualli e' era uno figliolo dello dicto
Gianni, chiamato lacomello. Stecte[siJ in Viterbo in questo modo
et con le porte serrate octo di. Un altro cittadino chiamato messer
Andrea Capoccio, el quale era stato ambasciatore al dicto cardinale
(i) N. D. Tuccia, p. 41: «La soma di grano lire otto».
(2) Pinzi, Storia, III, 442: « 21 settembre 1390 » e cita il Tuccia,
p. 45, che dà il giorno 24.
(3) Pileo de Prata, arcivescovo di Ravenna, fatto da Urbano VI
cardinale ai 28 settembre 1378.
(4) N. D. Tuccia, p. 41 : « del Corso ».
(5) Sia le parole del nostro sia quelle di Nicola, mi pare fac-
ciano intendere che l'esito delle armi fu favorevole ai cittadini, con-
trariamente a quello che intese il Pinzi, III, 443.
(6) N. D. Tuccia, p.41: «chiamato Francesco».
Le croniche di Viterbo 551
con Angelo di Casella, fé' populo et acostossi col populo minuto cioè
con quelli de Sancto Sixto et di Sancto Fustino et di Sancto Luca
et con gran ciurma andò in piazza gridando: « Viva la || pace et il e. 27 b
«populo »; cacciare Ianni di l'rancesco de palazzo ch'era stato .xvi. dì;
poi andarno in casa de priori et cassarne secte priori cli'erano state
nel offitio poco più d'uno mese, e solo lassarne uno priore, chiamato
ser Pietro di Golinuzzo (i). Et el dicto messer Andrea fu capo delle
diete cose et fermò sette priori novi. Dipo' pochi dì, ordinarne ch'el
dicto cardinale di Ravenna venisse ad Viterbo, cercando far pace con
lui. Et in questo regimento era un altro cittadino chiamato messer
Bello et buono. Dall'altra parte li sette priori cercavano assettarsi con
papa Bonifacio et con 1 cardinale et con Romani. Per la qual cosa el re-
gimento novo cercò accordo col dicto cardinale et ferno pacti; onde
li priori vecchi et lo capitano del Patrimonio si partirno de Viterbo
et portarne robba et denari del comune. Domenica a dì 23 d'octobre
el dicto cardinale entrò in Viterbo per la porta de San età Lucia, la
sera a lume de torci col solicchio sopra 1 capo, et li priori nuovi l'an-
dare in centra ad piede fine alla Croce et con grande henore 1' ac-
compagnorno fine alla chiesa de Sancto Sixto (2), et lì dismontò
et con lui vennero molti usciti che prima stavano fuori de Viterbo.
Poi a l'entrata de novembre fumo facti li priori nevi, si che in
quattro mesi furne tre priorati (3).
Anno Domini 1391. A dì .vii. de febraio, messer Pilage cardi-
nale di Ravenna predicto fé' une grande tradimento in Viterbo, in
questo modo cioè: costui fé' venire la nocte molte gente del populo,
cioè fu el Sarto che era capitano di Romani, Farnesani et molte
gente dintorno et mise dentro li capitani con tutti l'escite; et el dicto
cardinale teneva la chiave della porta de Sancto Sixto. E passata
mezza nocte, chiamò le guardie della dieta porta et quando furne
gionti a lui, le costrense in una camera. Poi tutti li capitani et capo-
diece delle II guardie di Viterbesi che andavano guardando la terra, come e. 28 a
erano ad Sancto Sixto, teneva li dui suoi famegli et dicevano: «Dice
« monsignore che l'andate un poco ad parlare ». Et cusì di mano in
mano tutti li costrense in una camera. Et pei che tutte l'ebbe nelle
mani, et non andava più persona atorno, opri la dieta porta di San-
(i) N. D. Tuccia, p. 41: « Galinezze ».
(2) Clemente VII ai 12 novembre del 1390 si rallegrava coi
Viterbesi perchè avevano accolto il card. Pileo. Lettera edita dal
Pinzi, IH, 445, nota. V. regesto in Savignoni, L'archìvio, n. ccclxxi.
(3) N. D. Tuccia, p. 42: «furne 4 priorati».
SS^ *?. Egidi
CIO Sixto et npontellolla per modo che non si poteva chiudere. La niu-
tina all'alba del di entrarno dentro in la terra tutte le loro gente d'arme,
et sniontarno nel chiostro di Sancto Sixto et nello arengho di
Sancta Maria in Grada, et col confalone del cardinale et d'altri ca-
pitani, con molte trombette, armati da vantagio vennero fino alla
fontana del Separi, gridando: «Viva el papa de Roma». Li homini
della contrada de Sancto Si.\to, sentendo el remore, tutti s' armonio
et tragono ad romore et comenzarsi ataccare con loro f et cusì li altri
cettadini, sentendo el romore, tutti trassero clii da una strada et chi
da un'altra, tt combattendo cacciaro ad reto li nimici fine alla catena
dell'alberghi, gridando: « Molano li forestieri ». Nel qual luoco allog-
giavano dui capitani del cardenale, l'uno chiamato Tendone et l'altro
Alberto Cerasolo, li quali non sapevano el tradimento del carde-
naie (i), et vedendo sì facta cosa, s'accostumo con Viterbesi li quali
gridavano tutti: « Viva papa Chimento et molano li furisticre ». La
zuffa fu grande. Nel quale asalto forno morti tre de quelli del car-
dinale, et fu dato per terra quello che teneva el suo confalone; et
tolselo uno chiamato Lario da San Marco (2) et dectelo ad uno che 1
portasse trascinando per la terra; e tutta via lo popolo avanzava
terreno et cacciaro li furistieri in fine la porta de Sancto Sixto et
ferirne gran quantità, et tutta via combattendo infine li ruppero, et
e. 28 u fugirno fuore come gente vile. || E li Viterbesi guadagnarne cento
vinte cavalli et molta roba.
E lo cardinale fugi, che s'affunò per le mura con la fune della
campana de Sancto Sixto, et tutta la robba sua fu messa ad sacco-
manno, che fu tanta che molti Viterbesi ne fumo ricchi. E fucci
preso lo vescovo d'Andria (3) et lo vescovo de Spoleie et conlet-
tore (4) del cardinale et altre famegli vili ; l' altri tutti fugirno. De
(i) N. D. Tuccia, p. 42: e uno detto Rendone, l'altro Alberto
« Cerisela » e nel ms. Ardenti <f Tendone e Alberto Caresola ».
(2) N. D. Tuccia, p.42: « Lorio di Marco» e il ms. Ardenti
« Corio di Marco ».
(5) N. D. Tuccia, p. 42: «vescovo d'Adria». Lucido vescovo
d'Andria il ij decembre 1390 era stato nominato vescovo di Viterbo
da Clemente VII al posto del defunto Nicolò (arch. Vat. Reg. Ave-
nion. LXI, e. 225 b); però ai 26 febbraio 1592 ancora non aveva
giurato (ibid. LXV, e. 295 b) sebbene già dall'anno avanti sedesse nel
palazzo episcopale (Ciampi, op. cit. p 404; Valois, op. cit. p. 164).
Il vescovo di Spoleto è Lorenzo Corvino già vescovo di Gubbio.
(}) Nel ms.: «co le tre». N. d. Tuccia: «lo correttore del
« cardinale ».
Le croniche di Viterbo S53
Viterbo non ci fu maculato persona, salvo che uno che ebbe una
piccola ferita nel piede. Dipo' la Victoria hauta li Viterbesi pigliamo
Angelo de Casella, el quale Angelo era molto inanti col cardinale
et menava le cose a suo modo et faceva di molte soperchianze alli
cittadini, et faciva molte usurparle et fu uno gattivo homo; e per
parole di costui el cardinale fé' molte cose ingiuste, et ancho costui
s'intese col cardinale al tradimento. Costui fu pigliato el martedì de
carnevale, poi el mercordi fu cavato de prescione et fu tagliato in
pezzi ad romore de populo, et prima che che 1 fusse fenito de mo-
rire, li fu tagliata la testa. Anche in piazza fumo morti doi de quelli
del cardinale, che ci fumo trovati, pure ad romore de populo. Altra
persona de Viterbo non ci fu incolpata al tradimento, si non uno
chiamato Giovanni di prete lenio (i), che se n'andò col cardinale.
A di .X. de febraio entrò in Viterbo el profecto Ianni Sciarra
et entrò per la porta de Sancta Lucia, e li Viterbesi lo riceverò con
grande honore et con la processione (2); andò per la strada de
Sancto Lorenzo, ove smontò et fesi mostrare el mento (3) de san-
cto Giovanne Baptista; poi rimontò et andò ad scavalcare ad San-
cto Sixto, ove era stato el cardinale predicto. Domenica a di 12 del
dicto mese fumo comenzate a scarcare le case de Salvestro de Pa-
tio de Gatto centra ad Sancto Stephano et molte de cettadini ch'e-
rano usciti fuore (4) ; fumo tratte li uscia et finestre et guasti de
molti orticelli et altre possessioni. |j Poi a dì 28 de octobre, fu rico- e. 55 a
menzato ad scarcare le diete case di Salvestro, dove ce fumo man-
dati molti maestri di pietra et di legname, et fumo comandati li
cittadini, alla pena de .e. fiorini, che devessero andare ad scarcare;
et cusì facevano ad muta in fina che tutte fumo gittate per terra.
La quale era una bellissima casa.
(i) N. D. Tuccia, p. 45 : « Giovanni di Pietro Renio ».
(2) N. D. Tuccia, p. 43, omette di qui alla fine del periodo nel
testo dato dal Ciampi, però lo registra il ms. Viterbese riferito
in nota.
(3) Correggo il ms. che dice « manto » poiché nella cattedrale
viterbese si mostra anche ora il mento di san G. B. Cf. N. d. Tuc-
cia, p. 43.
(4) N. D. Tuccia, p. 43: «Il detto Silvestro teneva Celleno e
« la Rocca. Domandò un cittadino di Viterbo come stavano le case
« sue. Pulii detto che n'era levato Tuscia e le finestre. Lui rispose
« e disse: " Tosto si potranno rifare. " Le quali parole- fumo riportate
«al detto Prefetto. Per le quali parole a dì 28...».
354 "P- ^>''^^'
Anno Domini 159.1. El Profecto a di S de genaio (i) cavalcò con
molti Brettoni et andò alla Tolfa vecchia et pigliarla et lì se riposò
più et più di. Nel mese de aprile el Sarto, capitano de Romani,
pigliò Bulseno et vadagnò molti cavalli di Brettoni. In quel tempo
valeva la soma del grano in Viterbo .xi.. libre; et fumo fncti in Vi-
terbo molti confinati, et furon facti de stratii di molti cittadini, chi
preso et chi rescosso, chi robbato, et tristo colui ch'era in desgratia
del Profecto! La guerra era grandissima nel paese, che papa Boni-
facio era in Roma, et el Profecto se teneva con papa Chimento in Avi-
gnone, sì che el soccurso era troppo da longa, et el Profecto tra-
ctava Viterbo a mal modo (2).
Nel mese di magio andò l'oste de Romani ad Vetralla et ad
Civitavecchia che era del Profecto et ferii gran guasto delti bieni
de fuore. A dì 27 di maggio 1592(3) venne l'oste de Romani ad
Viterbo in nome della Chiesa, lunedì a mattina, et posesi ad ressitoio (4)
di Rispoglio et verso Grazzano (5) ; poi andaro ad Bagnala, poi alla
Mandruale, poi alla Ricciuta, et vennero ad far battaglia fino alla
porta de Sancta Lucia, dove tra l'una parte et l'altra ci forno morti
otto homini et feriti assai et fumo cacciati ad reto ; erano in Vi-
terbo .CL. cavalli de Brectoni. Valeva la soma del grano fiorini .xvi.
d'oro, et ogni cosa era più cara. El maggio fu humido, li biadi
erano belli, la stagione per questo fu tardìa; li Viterbesi metivano
l'orzo verde et seccavalo nel forno, per poterlo mangiare, et chi al
sole (6). Et portarno le bombarde nel barbacane di Sancto France-
c. 55 B sco, et el dicto campo \\ andava per lo tenimento de Viterbo da loco
in loco et andava guastando ogni cosa. Et el cardinale ch'era in
(i) La data b aggiunta nell' interlineo dalla seconda mano, la
prima aveva posto in fondo alla notizia : « ce andò a di .viii. de
« genaio ».
(2) Nicola è qui più compendioso.
(3) N. D. Tuccia, p. 45: « A 22 del detto l'oste de Romani...»;
Pinzi, III, 451, lo segue,
(4) Così la correzione marginale della seconda mano; « resitelo »
nel testo.
(5) Campo Graziano era dove ora il villaggio della Quercia.
Pinzi, Memorie e doc. di S. M. della Quercia cit.
(6) Di qui sino « Mercedi a dì 25 del dicto mese... » (p. 555)
il racconto dato dal Ciampi nel testo è rimpastato ed è stata omessa
la notizia delle bombarde, però è integro e nello stesso ordine che
nel nostro testo la narrazione del ms. Viterbese data in nota.
Le croìiiclw di Viterbo 355
campo se n'andò ad Corneto, et el capitano de Romani ad Sutro
et per le terre intorno, con poco honore considerato la molta gente
ch'era, et non acquistò niente. Nota che Roma era libera et non
del papa.
Martedì a d'i .xi. de giugno Lione Brettone et Pier Pignatello
se partirno de Viterbo con tutta lor gente et andoro in terra de
Roma ad cavalcare; et el campo della Chiesa et di Romani tornò
ad Viterbo a dì 26 del dicto mese, et di loco in loco si mutarno per
lo lenimento in otto luoghi. Lo dì de sancto lacobo et di sancto Chri-
stof.mo di luglio (i) fu bandita la trieve col papa et con Romani
per tre mesi.
A di .XX. d'octobre fu si gran tempesta in Viterbo che levò
molte tegule delle tetta et ad Sancto Sixto spezzò tevole et legname
di tetta et di casa, sconficò per forza una finestra, et ruppe tutti li
arbori del giardino dentro le mura de Sancto Sixto et guastò molte
case verso Sancto Fortunato, et di fuore guastò olive et arbori in-
finiti et occise doi femine de Viterbo eh' erano andate per le ca-
stagne. Mercedi a di 23 del dicto mese (2) venne in Viterbo uno
Brettone, parente de papa Chimento, et stette in casa de Lorenzo
di Minelle per suo reducto, et era commissario del dicto papa. Poi
si partì et andò ad Soriano per cascione che in Viterbo se facivano
molti mali, cioè s:arcare case, togliere legname per ardere, robbare
altrui senza iustitia, et tristi quelli ch'erano guelfi et non erano fu-
giti fuore come molti altri usciti. Nel dicto anno papa Bonifacio si
partì de Roma et andò ad Nargni (3); onde che de Viterbo andorno
doi ambasciatori per fare acordo con lui; l'uno fu maestro Pietro
de maestro Matteo, et l'altro fu Giovanne de Simone, et tornarno
senza acordo. [[ Nel dicto mese ser Pietro de Gulinuzzo con uno e. 54 a
Francioso fu mandato per ambasciatore ad papa Chimento che stava
ad Avignone per parte del comuno de Viterbo et del Profecto (4).
Anno Domini 1393. Ser Giovanne da Toscanella bariscello del
(i) Il giorno venticinque.
(2) N. D. Tuccia, p. 44: « A dì 25 d'ottobre ». Il 23 ottobre 1392
era appunto mercoldi, sicché è preferibile la data del nostro.
(3) Bonifacio ai primi di ottobre andò a Perugia. Cf. Bonazzi,
op. cit. I, 515 ; Rain'aldi, ad a. n. 6. Ai 9 era a Narni. Eubel, Da5
Itinerar &c. p. 557.
(4) Dei messi frequenti che corsero tra il Prefetto e Clemente
dal 1591 al 1593 V. Valois, op. cit. p. 161, nota i ; però questo Pietro
di Gulinuzzo non vi appare.
5^ T. Eh idi
colmino de Viterbo con certi marraflìni andò ad casa de Cola de
Covelluzzo (i) et cercò la casa et trovocci libre 5768 de lino ch'era
de Vanni de Santoro et ferlo cavare fuore. Con dicto Giovanni ci fu
ser Nicola de Vico gabellieri et Angelo di Maltuzzo (2) ch'era ca-
merlengo del comune, Getto da Toscanella et Bonello de Nicola,
Manicarello et Favolo di Tuccio di Bernardo (^), et pesollo el Pe-
coraio et portollo Giovannuzzo ad casa de Ruberto del Mazzante
nella piazza del comune. Et portarne le cose de Giovanni de Pro-
culo et dui cassette con le cose de Petruccio del Bussa et tutta la
robba buona del dicto Cola; et era de li priori Vannicelio de Co-
luzza e 1 Pogia, porta Sancto Lorenzo; Paulo di Nello, Petruccio
de Funarelio, porta Sancto Pietro (4) ; lacobo de Petruccio di An-
gelo et lacobo de Scardatone, porta Sancto Mateo. Nel qual prio-
rato fumo robate molte robbe de li esciti che stavano aguattate per
li munisteria de Viterbo et per li lochi religiosi; et questi robbatori
si chiamavano «strappa cappa» mandati per li dicti priori.
Lunedi a dì .xii. de maggio l'oste di Romani venne ad Viterbo
et posesi al poggio della Iella (5) et vennero con bombarde insino a
la vigna de Sancta Maria in Grr.da, et scarcaro un pezzo de muro,
et entrare nella vigna, et guastarne la dieta vigna. Mercedi si par-
tiro et andare ad casale del tresolieri (6) et lì ferno el guasto. Ve-
nardi andoro ad fossato del Rianese, per la via de Montefiascone,
e. 54 B et ogni cosa andavano guastando. j| El sabate venne in Viterbo el
fratello di lan Colonna, et col Profecto et con li priori ordinò di
andare in campo per lo accordo, et menò con lui .xii. cittadini am-
basciatore et andarci dei priori: l'uno fu messer Andrea Capoccio,
l'altro ser Antonio de Ceccone, et ferno l'accordo, et el Profecto ri-
(i) «Colui che fu prima scrittore di questa cronica, dal cui
«libretto l'ho ricavata io Nicola». N. D. Tuccia, p. 44.
(2) Ibidem: « Martiuzzo ».
(3) Ibidem : « Bonello Cela Ciambrone, Monicarello e Paolo
« Puccio di Bernardo ».
(4) Ibidem: « Paulo di Nello, Petruccio di Simarella, Paulo di
« Santerello Crucifisso, luzzo da Civita della porta di S. Sisto ». I
priori erano due per ognuna delle quattro porte S. Sisto, S. Mat-
teo, S. Lorenzo, S. Pietro: è quindi agevole ricostituire il primi-
tivo testo.
(5) Ora Barco sulla via della montagna, a piedi della Palanzana.
(6) N. D. Tuccia, p. 44: « tesauriero » ; è il casale di Angelo
Tavemini di cui a pp. 340 e 342.
Le croiiiclic di Viterbo 357
mase governatore de Viterbo (i). Nota ch'el papa non era signore
de Roma come fu poi, anzi Roma era libera et chiamavasi la Chie-
sia di Roma et non Roma della Chiesia.
Nel mese di magio 1394 el papa et Romani et Senesi andaro
ad uno castello di Brettoni, chiamato Musignano, presso a Canino
et stette circa .xv. dì et portarno di Viterbo bombarde et andarci
de Viterbo et di Canapina et di Bagnaia cento guastatori et andarci
dui capi maestri de Viterbo, l'uno chiamato maestro Tomasso di Na-
raorato, et maestro Paulo di Piano; et fecero la cavata; et li bombar-
dieri si chiamavano Giovanni del Bono (2). Et fornita la cavata, gionse
in soccurso de' Brettoni uno che si chiamava ci Gran todesco, el
quale non molto innanzi haveva tolto Nargne al papa con 1' aiuto
delli esciti (0; et el dicto Gran tedesco gionse ad Musignano che
già n'era cascato gran pezzo dil muro per la cavata, et lui con sei-
cento cavalli assaltò el campo; et lo capitano del campo, che si chia-
mava el Sarto, subito se dette ad fugire, et un altro conductiere ro-
mano, chiamato Fiasco, fé' una bella difesa ; infine ci fu pigliato et
rotto, e fumo pigliati molti prescioni tra quali ci fumo .xxx Viter-
besi, Erano nel dicto campo milli cavalli et milli fanti con trecento
balestrieri, et fumo rotti da seicento cavalli ; et tornosse lan todesco
ad Montefiascone, poi se n'andaro ad fare il guasto ad Celleno et
portare molta robba ad Montefiascone. Et cusi la guerra di giorno
in giorno si faciva tra '1 papa et Brettoni e Gian tedesco, el quale
si teniva per lo papa d' Avignone. || El dicto profecto Ianni Sciarra e 55
fu signore de Viterbo sei anni et fu homo savio, astuto et malitioso
et di communa persona; tenevasi con papa Chimento (4).
Per cascione io non ho facta mentione (5) d'una grande rissa
che fu facta in Viterbo nel anni de Dio 1281, come comenza in
(r) Il trattato fu concluso facilmente l'anno dopo. Pinzi, III, 455.
(2) Cosi il ms. Questa prima parte de' fatti di Musignano dal
della Tuccia è compendiata. Tutto l'avvenimento è stato trascurato
dal Pinzi.
(5) Narni fu tolto a Bonifacio da Pandolfo Malatesta e da Biordo
perugino, né trovo notizia di questo Gran, lan, Gian todesco. Cf.
R.\iNALDi, a. 1394, n. 21, che ha per fonte Theodor, de Nyem,
(4) Q.UÌ per la cronologia bisogna tornare a e. 23 b. Si veda
quanto dissi nella prefazione, p. 216.
(3) Questa frase è stata cancellata qui da chi ha fatte le cor-
rezioni sul manoscritto (v. p. 217) e poi riscritta dopo « il quale fu facto
« in Viterbo » (p. 358, r. 2). Mi pare si debba restituire al posto primitivo.
358 P. Et^idi
questo volume a tf. 28 (i), la quale qui presso stendarò partita-
mente; nel tempo di papa Martino quarto, el quale fu facto in Vi-
terbo, nota che essendo Viterbo ricco et di grande stato, come dice
nel dicto foglio, di bello et grande contado, et molti gentili homini
li quali pigliavano grande arbitrio sopra tutto lo popiilo minuto, et
lo pesce grosso comenzava ad mangiare lo piccolino, et già li gentili
homini havivano pigliate per loro uso la più parte di castelli più
fructiferi; per la qual cosa el popolo minuto n'erano tutti mal con-
tenti, et essendo facto confalonieri de! popolo uno chavalieri (2) chia-
mato messer Pietro di Valle, homo di bassa conditione et di grande
intellecto et di grande animo (3), deliberò fare uno conseglio generale,
ove fusse tutto il populo de Viterbo, gentili et populari, et havendo
el dicto conseglio adunato, si levò in piede ad esporre al populo la
cascione della lor congregatione in quel loco, et expose et disse come
li pariva che li castella del comuno fussero, da quelli gentili homini
che li tenivano, restituite alla republica. El quale conseglio fu facto
nel palazzo ove stavano li consuli e '1 dicto confalonieri a piede la
piazza del comuno. Et in fine fu deliberato nel conseglio che tutti
dicti castelli fussero renduti alla communità; et tutti li gentilhomini,
ch'erano nel dicto conseglio, a tal deliberatione dissero ch'erano con-
tenti volerli restituire, et con questo preposito se partirno ; et questo
consentirno per paura del popolo. E partiti del palazzo et tornati
alle lor case, che stavano nella contrada de Sancto Tomasso et di
Sancto Salvatore (4) et di Santa Maria Nova et di Sancto Salve-
c. 35 B stro, ||Sse radunarno insiemi (5), et ferno tra loro uno conseglio nella
chiesia di Sancto Salvatore, de volere occidere el dicto messer Pietro
di Valle. Et facto tra loro gran tumultu, la sequente mattina se ar-
niorno con tutti loro adherenti et andorno al palazzo di consoli. Per
la quale andata subito el dicto messer Pietro pigliò adviso, et fé' ser-
rare le porte del palazzo, et con quelli famegli ch'erano in casa, si
difese da loro gran pezzo. Lo romore si spase per la terra, et gri-
(i) V. p. 216 e 350.
(2) Nel testo « cliri »; in margine il correttore « cavalieri».
(5) Neir interlineo « el quale»; glossa inutile o meglio dannosa
della seconda mano.
(4) S. Tomasso ove ora la chiesa della Morte; S. Salvatore ora
S. Cariacelo. Come si vede, le case de' nobili si trovavano raggrup-
pate nel centro della città; per quelle del popolo minuto si confronti
e. 27 A.
(j) Questa frase è della prima mano, ma su rasura di « et li se
« adunarno ».
I
Le croniche di Viterbo 359
davasi: « Viva el popolo et moiano li lupi » ; et giongendo la gente
nella piazza del comune, cacciamo li gentili homini insino la
piazza de Sancto Salvatore, et uccisero doi loro famegli. Poi tornati
in piazza del cornano, lo dicto messer Pietro elesse di loro .ce. gio-
veni et miseli sotto el palazzo, et tutti l'altri licentiò che andassero
ad mangiare senza disarmarsi, et quando sentissero el romore, venis-
sero in piazza, et cusi fu facto. Ora essendo le cose quietate, li gen-
tili homini mandarne ad vedere la piazza del cornano et non tro-
vandoci persona, loro n' andarno in piazza con tutto loro sforzo et
derno la battaglia al palazzo di consuli, ondechc (i) subito fu levato
el romore per tutta la città, e tutto el populo curse nella piazza et
pigliamo tutte le strade dintorno, come prima era stato ordinato, et
messer Pietro mise in piazza li dicti .ce. giovani bene arditi et armati,
li quale haveva bene governati sotto al suo palazzo; et, facendo grande
uccisione di gentilhomini, li cacciamo via, et tutti fugirno fuore de
Viterbo; et dipo' loro tornata in piazza, trovarne .xxiii. gentili homini
morti. Et el dicto messer Pietro sequ'i la Victoria, et col confalone
del populo usci ad campo alle diete castella et stectero li Viterbesi
in campo .xiiii. mesi et scarcorno .xlviii. castella (2), et quanti gen-
tili homini possivano havere, disfacivano di loro robbe. [j Et alcuni e. 56 a
che s'arendivano et assegnavano le castella in pace, li remenarno con
loro ad Viterbo senza farli impedimento; et questi fumo li Brettoni,
Alexandrini, Tignosinl et Monaldeschi. Et fé' fare uno statuto, che
nessuno gentilhomo potesse havere ofìfìtio in comune, et non potesse
uscire della selciata de piazza per andare ad casa de consuli. Et questo
fu nell'anni 1282 (3), nel tempo di papa Martino IIII, el quale era
(i) Nell'interlinee, del correttore.
(2) Il testo del Ciampi dice diciotto i castelli disfatti; i mss. Vi-
terbese e Ardenti, p, 32, concordano col nostro. Il cronista si guarda
bene dal dire che non tutte le imprese furono agevoli e fortunate :
andati contro Vallerano i Viterbesi toccarono una grave sconfitta da
Bertoldo Orsini della quale poterono prender vendetta solo piij tardi,
dopo alleatisi con Pietro di Vico e da lui guidati. Cf. Pinzi, Storia,
II, 405 sgg. Non pare però che vi prendesse parte Pietre della Valle.
La fine di queste coraggioso popolano non è conosciuta.
(3) luzzo concorda, Nicola, pone il 1281. La data si deve ri-
ferire alla campagna contro i nobili nel contado e allora è giusta.
Quanto durasse lo statuto contro i grandi non sappiamo, certo non
è di quest'anno, come credette il Cuturi, Le corporazioni delle Arti nel
comune di Viterbo, in questo Archivio, VII, 9, la costituzione degli otto
priori e quattro gonfalonieri.
S6o T. Egidi
stato cre;Uo papa in Viterbo l'anno nanti; el quale papa voleva gran
bene alla Jicta città, et ad prcghieri del populo li feTa-^solutione (i).
Poi nell'anni 1294 fumo pacificati tutti li Viterbesi et tornarno
tutti li g'ntil honiini che stavano fore de Viterbo ; tornarno nel tempo
de papa Bonifacio octavo, che fu messer Benedicto Gaittano (2), et
fu penata la testa ad chi rompesse la dieta pace, la quale fu facta
per mano di dui cardinali (}) La qual pace è scritta in uno pitaffio
che sta nel palazzo del podestà de Viterbo, nella facciata dinanti, et
non fu perhò (4) disfacto lo dicto statuto.
In sinc alle sopradicte (5) cose ho cavate di libri delpredicto mae-
stro Girolimo et di Nicola de Covelluzzo. Hora scriverò per l'evenire
le cose comò sonno passate in Viterbo, da questo sopradicto dì in
poi, secondo mi disse uno bono et antico cittadino de Viterbo, chia-
mato Paulo de Perella, che si trovò et vidde lui l' enfrascritte cose
in fino ad questo cii .x. de luglio 145 5. El dicto Paulo era di età de
anni .lxxxvii. et più (6).
Come nanzi [s' è dicto] el dicto profecto Sciarra s'accordò con
(i) « 1293. A dì 28 gennaro rimase in Viterbo nella chiesa di
« S. Lorenzo la guancia o vero mento di san Giovanni Battista. E nel
« detto anno fu fatta la chiesa di S. Nicola delle Vaselle. In quell'anno
« Ciciliani occisero tutte le genti d'arme de' Francesi, che avevano
« in Cicilia, per condotta di Giovanni Procida e dell' imperatore Pa-
« leologo di Costantinopoli, disceso da un Viterbese come è detto di-
« nanzi ». N. d. Tuccia, p. 33. Cf. il nostro a e. 23 d, anno 1281.
(2) Nel ms : « Cacto », cancellato e seguito da « Gaietano ».
(3) Matteo de Aquasparta vescovo Portuense, Napoleone Orsini
cardinale di S. Adriano. Ci restano alcune tracce del lavoro di rappa-
ciamento nei docc. ccxii-ccxv del Savignosi, L' archivio, e nel re-
gesto di Bonifacio Vili. Cf. Pinzi, Storia, III, 19, n. 2. Ma è da credere
che avvenisse nel 1295.
(4) N. D. Tuccia nel testo del Ciampi ha : « più ». Credo sia
un errore dell'amanuense che pe^isò la frase doversi riferire a quel
« pitaffio » di concordia, infitto nel palazzo del podestà. Non potevano
certo aver questa intenzione nò Nicola, nò tanto meno il cronista del
Trecento, che sapevano bene quante e quante volte la pace fosse stata
violata. Invece essi vogliono parlare dello statuto che allontanò i
nobili dai publici oftìzi nel 1282 e che sarebbe rimasto fermo anche
dopo la concordia.
(5) Su rasura delle medesime parole.
(6) V. di Paolo p, 210.
Le croniche di Viterbo }6\
papa Bonifacio nono et rimase governatore de Viterbo, anno Do-
mini 1394 nel mese de maggio.
Anno Domini 1395. EI papa volse eh' el Profecto li rendesse ci
dominio de Viterbo, et el Profecto ricusò che no! poteva rendere, per
cascione che li cittadini profecteschi non volevano. Per la qual cosa
el papa ci mandò el campo delle gente suoe, sotto conducta del Sarto
et di Fiasco da Roma, et commissario fu messer Ianni Tomacelli, fra-
tello del dicto papa, et pusero el campo al ponte Ruffiano tra Viterbo
et Bagnala, et stctterci 1 5 di.
Poi el Profecto s'accordò con la Chiesia et mise in Viterbo una e. 56 u
parte de li cittadini chiesiastri ch'erano stati fore(i), et dicto Paulo
fu uno de quelli che entrò. L'altro fu Pietro et Paulo di Ranuccio,
et maestro Gironimo, Simonetto di Paltonuzzo, Ioanne di prete lenio.
Tignoso Palino, messer Petrone et altri cittadini. L'altro dì sequente
entrò Patio et Ranieri et Ioanne di Salvestro Gatto et Ioanne Lo-
renzo di Monaldeschi, ser Predo Tignosini et Pietro Paulo di Facta-
studio, Gianni di Francesco et messer Francesco Lanciotto et Giorgio
suo figliolo et Tuccio Armato la Poltrigla et Tomasso suo figliolo,
Pirotto, Matteo, et Paulo di Mazzatosta, Guglielmo del Todesco, ser
Ianni Cocco, Puccio di Scoiaio, el Tasso, Angelo de lacobo et ser
lovanni de lemmino del Cerroso, Cola di Scoiaio, Alexio di Gio-
vanni de Naido, Urbano de Guidozzo, Mennico de Ianni, messer Bello
et buono, messer Nicola et Ioanne et Antonio de Nicolazzo, Mattia
et Urbano et ser Mariotto del Sorce, Chimento loro patre, Angelo
de serFarolfo, messer Oddo Alexandrini, Andrea et Petruccio de To-
masso, ser Valentino di Corrado, et molti altri cittadini chiesiastri, li
quali s'erano intesi con 1 cardinale de Ravenna et dipo rotto el dicto
cardinale questi sopradicti cittadini fugirno fuore de Viterbo. Hora
essendo Viterbo venuto nelle mani del papa, el Profecto si parti di Viterbo
et portò tutta la robba sua et andossine ad Vetralla, et con lui se ne
andaro molti cittadini suoi amici (2), cioè Gianni, Biascie, Angustino,
Crucifisso, Calcagnone di Lanfanelli et ser Girardo, le qual case
stavano ad Sancta Croce, Pietro et Giovanni et Nicola et messer Bar-
tholomeo de Scardabone, Paulo di Tuccio di Bernardo, Paulo de
maestro Gianni, messer Andrea Capoccio, messer Nicola Victore, et
molti altri cittadini, che non si recordavano ad dicto Paulo.
(i) N. D. Tuccia, p. 45, omette i nomi e continua « e si partì
a con buon accordo «. Sono dati da luzzo con leggere varianti gra-
fiche.
(2) La stessa osservazione precedente.
S62 T. Kg idi
Et(i) per cascione eh' el prefato Profecto haveva facte scarcare
le case de Salvestro Gatto nella piazza de Sancto Stefano, papa Bo-
nifacio donò Celleno al dicto Salvestro, che haviva riceute danni dal
e. 57 A Profecto. j] Et poi che le cose fumo reposate, el dicto papa fé' rifare
parte della roccha de Viterbo et cominciò ad porre la terzaria alla
dieta città, che mai innanzi s'era pagata; et anque si paga, che sonno
ducati mille d'oro l'anno, s\ che ogni gattiva usanza che si mette in
questa nostra città, se mantiene. Anche el dicto papa fu el primo
che fusse signore de Roma, che prima Roma era stata libera; e fé'
rifare el Castello de Sancto Angelo, ch'era guasto. Et ad questa su-
gectione si pusero li Romani, perchè el dicto papa stava ad Peroscia
et non voleva stare in Roma: poi, tornato in Roma, volevano la loro
libertà, et el papa volse essere pure signore et fé' tagliare la testa ad
Petruccio de Savo et ad una gran brigata di cittadini romani (2).
Anno Domini 1399. Fu l'anno delli Bianchi, cioè gran multitu-
dine de Franciosi si mossero de Francia et altri tramontani, et tutti
vestiti de panno de lino bianchissimi, vennero ad Roma, et tutto il
mondo si mosse, cioè tutta la cristianità (5), venendo ad Roma con
gran devotione, facendo pace tutti li discordanti.
Anno Domini 1400. Lo papa fece l'anno del giubileo et fu anno
sancto, et in quel anno fu grandissima mortalità: et dice el dicto
Paulo, che fumo numerati per lo vescovo de Viterbo che morirno
abitanti in Viterbo .vi™vi'=LXin. persone tra grandi et piccoli (4).
Anno Domini 1402. Mori papa Bonifatio nono et fu facto papa
Innocentio (5). Nel qual tempo li Romani volevano la loro libertà,
(i) Al posto di questo periodo N. d. Tuccia scrive: «Silvestro
'< Gatto eoa Giovanni suo figliuolo e altri suoi fratelli supplicorno
f il papa li dovesse restituire li loro danni per le case l'aveva fatte
« scarcare il Prefetto. Il papa li concesse la roba di un cittadino [chia-
« mato lacobo di Nello] partito da Viterbo col Prefetto. Fu una bella
a casa di rincontro a S. Chirico, orti aquatili, vigne e altre posses-
« sioni » ; p. 45.
(2) N. D. Tucci.\, p. 46, erratamente « Petruccio di Sacco ».
Cf. Infessura, Diario, p. 8 sg. Nicola ha qui più parole, senza nes-
sun divario sostanziale.
(j) Nel nis. « Xf nta ».
(4) N. D. T'JcciA, p. 46, qui invece che all' a. 1595 pone la
notizia del tributo annuo di 1000 scudi messo dal papa sopra Vi-
terbo.
(5) Errato, mentre è giusto a e. 41 a e in Nicola (1° ottobre 1404):
L.C croìiiche di ì^i/crbo ^6^
che havivano perduta per loro tristitia, onde uno nepote del dicto
papa, chiamato messer Ludovico da Sermona, uccise .xiii. cittadini
de Roma ad Sancto Spirito de sua propria mano; cioè lui li dava
el primo colpo con una accettella, et uno suo ragazzo li forniva (i).
Per la qual cosa si levò gran romore in Roma; el papa fugi ad Vi-
terbo et io lo vidi; (1406) venne di settembre et stetteci sei mesi;
poi li Romani li recamo le chiavi delle porte di Roma in Viterbo
et pregarlo che tornasse ad Roma, et lui tornò (2).
In quel tempo fu uno cittadino de Viterbo, chiamato el Bracha (3),
altramente Pietro Paulo, el quale fu homo d'arme, el quale di po' la
morte di papa Bonifacio si parti et andò con doi suoi compagni,
r uno chiamato Giannino della Treccia et l'altro Giannino da Ber-
gamo, con trecento cavalli ad uno castello chiamato Tocco, in quello
dell'Aquila, el quale si teneva per lo re Lansilao di Napuli; el qual
castello era del dicto re, che altro che quello et Gaeta non haviva.
Et entrando li dicti homini d'arme in dicto Tocco, roppero guerra
con tutto el reame di Napuli, gridando : « Viva el re Lansilao « ; et
tanto seppe fare el dicto Bracha con soi compagni, che acquistarno
tutto il reame per lo dicto re, et prima fu l'Aquila. Per la qual cosa
el dicto Bracha fu facto signore di Calabria di sopra et poi della Ca-
labria di sotto, et fu facto conte di Belcastro (4) et marchese di Co-
sbaglia anche 1' Ikfessura : « Dell'anno 1404 dello mese di settembre
« die primo se morio papa Bonifatio nono ». Diario, p. 8. Innocenzo
fu eletto ai 17 ottobre. Eubel, Das Ilinerar Scc. p. 559.
(i) A dì 6 di agosto 1405 secondo Saba Giaffri e secondo
l'EuBEL, Dai Itinerar &c. p. 559; 1' Ikfessura, p. 11, per errore an-
ticipa il fatto di un giorno. Intorno a questi avvenimenti vedi la bella
monografia di I. Giorgi, Relazione di Saba Giaffri, notaio di Trastevere,
intorno alla uccisione di undici cittadini romani &c. in questo Archivio,
V, 165 sgg. e quella più recente di P. Brand, Innccenxp VII e il delitto
di suo nipote Ludovico Migliorati in Studi e doc. di storia e diritto,
a. XXI, fase. 1-3, p. 179 sgg., di cui cfr. recensione in questo fascicolo.
(2) Parti di Roma lo stesso giorno del delitto, l'ambasceria fu
mandata in settembre e il papa tornò a Roma ai 15 marzo del 1406.
Infessura, pp. 12, 14. Cf. Eubel, Das Itinerar &c. p. 545.
(3) La prima mano aveva scritto k Braca », la seconda nell' in-
terlineo « Bracha ». Cosi pure ogni altra volta il correttore ha ag-
giunto per lo meno la h nell' interlineo.
(.1) K Bracca Viterbiensis Polycastri comes » ; Crivelli, De rebus
gestis Sfortiae in Muratori, R. I. S. XIX, 651; « B razza da Viterbo
ff conte di Policastro » ; Collen'UCCIo, Compendio della storia di Napoli.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 24
e. 57 B
3(^4 '^- ^gì<ii
trona, el quale l'acquistò lui col braccio del dicto re, et fu viceré de
tutto il reame; et ad queste cose si trovò ci dicto Paulo (i). Intra
l'altre prodezze che facesse el dicto Bracha nel dicto reame fu che
lo re Lansilao lo mandò centra la città di Cosenza in Calabria et
menò con lui seicento cavalli et cinquecento fanti ad piede, et gion-
gendo nel dicto paese entrò in una valle per fare la curraria et predare
r inimici. Per la qua! cosa li villani del paese si adunarne da tutte
le parte d' intorno et [presero] tutti passi, assediando el dicto Bracha
con le gente suoe per modo che non si potivano partire. Facivano e
dicti paiesani gran remore, gridando: « darne, carne »; et di loro non
volivano altro che carne et potivano ben dire, imperhò che erano
più di .XX. milia persone centra ad .xi. centonara. Per la qual cosa
el Bracha si consigliò con le suoi genti et disse: « Pigliati di dui partiti
« l'uno: o volete vivare con vergogna, o morire con honore ». E tutti
resposero: « Volemo prima morire con honore, che vivere in vergo-
« gnia ». Et cusi deliberarno darsi adosso all' inimici et uccidere quanti
e. 58 A ne II giongevano ; et adzuflandosi insieme, tanti et tanti no uccisero,
che saria incredibile a dire et in fine tutti li mise in rotta (2). Et cusì
prestamente pigliati infiniti prescloni li fé' tutti legare a dodeci per fune,
et con queste dozine inante si andò alle porte di Cosenza ; per la qual
cosa tutti i contadini et cittadini d'intorno li mandarne ambasciatore
con la carta biancha in mano, et cusì tutti si renderò ad discretione
del dicto Bracha. Et Bracha l'accettò et pigliò di loro la vera si-
gnoria el tutti li riscosse ad denari contanti, et tanti migliaia di ducati
ne cacciò di loro, che ne carchò parecchi muli et tutti li mandò al
re Lansilao, el quale re era povero de denari, che di pocho tempo
haviva acquistato Napoli et il reame (3). Poi el dicto Braca s' ingi-
(i) X. D. Tuccia, p. 47, omette questo periodo, invece aggiunge:
« Il Braga e compagni andorno a Gaeta e tanto pregorno la regina,
« che li fidò suo figliolo con paura grande. Questi homeni d' arme
«trascorsero tutto detto reame e in poco tempo ne ferno padrone e
<f signore il detto re Lancislao e lo misero in Napoli. Per la qual
« cosa il re pose grande amore al Braga. Il duca di Calabria non
« si portava troppo bene con detto re, onde il re mandò il Braga in
« Calabria contro la città di Cosenza ».
(2) N. D. Tuccia compendia il racconto e pone il grido « carne »
in bocca al Braca, p. 48.
(j) N. D. Tuccia omette il resto delle imprese del Braca e le
notizie intorno agli altri condottieri di ventura viterbesi : luzzo invece
è conforme al nostro, p. 49.
Le croìiicltc Ji \'i!erbo 365
nocchio (i) ni dicto re tutti li signori de Sancto Severino, et poi
cli'el re n'hebbe nelle mani, li fé' morire et imbalsimare in una sala
con molti altri signori del reame eh' erano stati inimici suoi ne li
tempi passati. Anque el dicto Bracha guerrigiò con Gentile da Mon-
tarano nelli confini del reame in Campagna, et pigliò el dicto Gen-
tile (2) et fu riscosso tanti ducati d'oro quanto lui pesava di carne.
Poi eh' el dicto re hebbe Roma, per la fugita di papa Gio-
vanni XXIII nel [415 a dì 8 de giugno (3), el dicto re passò più
inanzi, pigliando molte terre della Chiesia et lassò el dicto Bracha
in sua vice et fu signore di Roma. Essendo el dicto Bracha in Roma,
mandò auibasciatori al comune di Viterbo che voleva venire ad vi-
sitare casa sua et li suoi cittadini. Per la qual cosa li fu resposto che
venisse solo con .xxx. cavalli et saria ben receuto. Lui respose prima
che non (4) ci voleva venire, et pigliò alquanto disdegno; poi mandò
el dicto Paulo di Perella ad Viterbo et tenne corte bandita (5) nella
casa del dicto Bracha, presso la chiesia di Sancto Martino (6), et fé'
honore ad quante gente ce volevano andare ;j| et durò uno mese in- e. 58 u
tegro. Anque fu sua Orte et altre terre, et pigliò per moglie la so-
rella de Antonio Colonna. Et di poi ch'el dicto re morì, lui se tornò
nelle terre suoi, et li vi hebbe longa vita; poi morì di morte na-
turale.
Un altro valente conductierdi gente d'arme hebbe Viterbo chia-
mato Capoccino (7) et haviva con seco, sotto di se .vi*^. cavalli, et
trovossi avanzati contanti pii^i di .xl. milia ducati d'oro. Et stette con
messer Baldassarre Cossa, quello che fu poi papa Giovanni XXIII,
et fé' gran guerra contra messer Octo Bonterzo in quello di Bologna.
Molti altri conductieri et huomini d'armi viterbesi fumo in quel
tempo, che saria longo ad farne mentione, et sotto sopra li Viterbesi
(i) Così il ms. Io credo sia errore di trascrizione da « siugiucò »,
soggiogò.
(2) Ai 6 dicembre 14 io. Diarii napoletani in Muratori, R. I. S.
XXI, 1074.
(5) Infessura, Diario, p. 19, erroneamente: «nel mese di iu-
« glio ». Cf. EuBEL, Das Itinerar &c. p. 564.
(4) Nel ms. «che prima non...». Credo sia avvenuta una me-
tatesi per colpa dell'amanuense.
(5) Ms. « sbandita » con la s cancellata.
(6) Atterrata nel 1576 per aprire la strada nuova (via Cavour):
era presso il palazzo Polidori.
(7) È quello stesso che troveremo più sotto col nome di Riccio.
Pinzi, Storia, III, 510, n. 5.
^
66 T, Esrtdi
che vanno al soldo sonno valenti homini et capitani bene per lo
loro buono indiistriare.
Un altro valente homo d' arme, che ebbe bona conducta di ca-
valli, chiamato Santoro da Viterbo. Un altro valente homo d'arme,
chiamato Pierciotto da Viterbo, hebbe bona conducta di cavalli. Un
altro valente homo d' arme chiamato Paulo della Fornaia dil piano
di Scarlano. Un altro valente homo d'arme, chiamata Petruccio della
Caldussa da Viterbo. Un altro valente homo d'arme chiamato Pa-
tacchia da Viterbo.
Anno Domini 1404. Mori papa Bonifacio nono et fu facto papa
Innocentio ; poi fu facto papa Alexandre et papa Gregorio, poi fu
facto papa Giovanni XXIII {i).
[Anno Domini] 141 5. Fug'i di Roma papa Giovanni et il re Lan-
silao hebbe Roma (2). Nel dicto anno la nocte de sancto Tomasso
entrò in Viterbo l'abate Lanciotto, figliolo di Gianni de Francesco,
et fu morto dentro la prescione: et fumo impiccati .xviii. fanti de
Paulo Ursino come qui de sotto appare,
-g X Anno Domini 141 5 (3). Poi ch'el re Lansilao hebbe Roma, si
fugi de Viterbo l'abbate de Sancto Martino del Monte, et Giorgio
di Gianni de Francesco suo fratello. Poi la nocte di sancto Tho-
masso nel dicto anno (4), el dicto abate col braccio di Paulo Ur-
sino ruppe il muro del suo palazzo alla porta de Salcicchia, et entrò
dentro con molte gente del dicto Paulo, et pigliamo San Sixto, et
in sine la piazza del cardinale. Et uno cittadino, chiamato Riccio,
con .XVI. fanti gionse insino ad casa del dicto Giorgio et comen-
zarno ad mettere a saccomanno la robba d'uno homo d'arme, chia-
mato Antonino Cortese, che stava nella dieta casa; per la qual cosa
li Viterbesi comenzaro ad gridare: « Molano li furistieri », et ad pi-
gliare r arme. Regnavano in Viterbo una casa di gentili et nobili
homini chiamati Gatteschi ; li principali fumo Patio et Giovanni suo
fratello, Petruccio loro nepote carnale, Antonuccio figliolo del dicto
Giovanni et altri loro figlioli, li quali, corno sentirne si facto romore,
(i) Cf. ce. 37 A e 41 A.
(2) «Dell'anno 141 3 dello mese di yugno venne lo re Lanci-
<' slao da Napoli a Roma... et per questa cascione dello re se partì
« papa Ianni de Roma et gissene a Fiorenza et partivose nel mese
«di luglio»; Infussura, Diario, p. 19. Parti l'S. Eubel, Das lline-
rar &c. p. 564.
(3) Cf. N. D. Tuccia, p. 49, r. 9 sgg.
(4) 21 dicembre.
Le croniche di Viterbo 367
pigliamo l'arme et adunarne el popolo et andnro centra a li dicti
furistieri et rupporli et cacciarli via, et pigliamo el dicto abate et il
Riccio con assai fanti della compagnia d'uno conestavile chiamato
Giovanni Starli, et fumo impiccati all' anella del palazzo del pote-
stà .XVIII. et morto el dicto abate dentro la prescione, da quelli
fanti prescioni che haveva menato lui. Si che in tutto ce morirno
29 persone et Giorgio, fratello del dicto abate, fugì et annegossi nel
Tevere presso ad Baschie.
Anno Domini 1414(1). Fu facto in Viterbo uno gran tumultu,
et adunarsi assai cittadini contra i dicti Gacteschi alla chiesa di
Sancto Giovanni de la Cocciela (2) ; per la qual cosa Patio, Giovanni,
Petruccio et Antonino con li loro adherenti si n'' andarno alla chiesia
de Santo Sixto, et li loro inimici l'andaro ad trovare; et, facendo
tra loro gran battaglia per uno pezzo, in fine li Gacteschi fumo |i ven- e. 39 b
citore et cacciorno loro inimici, li quali tutti fugirno dalla porta de
Sancto Matheo delP Abate, imperhò scassarne le serrature et havi-
vano messi in su la torre dui loro amici, li quali corno gionsero li
Gatteschi, poco si tennero che non si renderò prescioni; et molti
Viterbesi fugirno via et fumo facti esciti. Et in quel tempo mori
in Viterbo uno rectore del Patrimonio, chiamato messer Baptista.
Anno Domini 1416 (5). Paulo Orsino con tutti 1' esciti venne
ad campo ad Viterbo, et posesi al casale del Trasoriero et ad San-
cta Maria del Paradiso, et ruppero, la nocte, el muro ad presso al
palazzo dello imperatore; et quando comenzavano ad forare (4) dentro
el muro, fumo sentiti da uno delle guardie, el quale si chiamava Pietro
de Menichello. Setterci dentro ad campo circa .viii. di, et fumo
morti assai di loro ; poi si partirne senza bavere niente et andossine
Paulo Orsino ad Colfiorito et fu morto da Ludovico Colonna (5).
(i) Cf. N. D. Tuccia, p. 50, r. 15 sgg.
(2) Ora S. Giovanni in Zoccoli.
(^) Cf. N. D. Tuccia, p. 50, r. 23 sgg.
(4) Nel ms. prima era « scarcare » ; la correzione fu fatta dalla
prima mano.
(5) « Dell'anno 1416 del mese di agosto Braccio et Tartaglia
« dell'Avello furo alle mani con Paolo Orsino nello tenimento di Fo-
tc ligno et Io ditto Paolo fu morto; occisolo Lodovico Colonna che
«stava allo soldo con Braccio de Montone da Perosia»; Ixfessura,
Diario, p. 21. Nel protocollodel notaro Paolo Marti (141 1-1451), con-
servato nell'archivio notarile di Magliano Sabino, a e. 7 b, «.mccccxvi.
«tempore supra dicto et mense augusti die .v. fuit detractus de hoc
S6S T. Egìdi
Anno Domini 1419 (i). Fumo pigliati circa 450 Viterbesi, li
quali andavano in soccurso de Sforza da Cotognola et fumo pigliati
da la compagnia de Braccio et di Tartaglia nella contrada di Molano
presso la selva di Sancto Secondo a di 15 de giugno. Et dicto Sforza
fu ingannato dai Montilìasconesi che si dectero ad Braccio et ad
Tartaglia, et Sforza in quella sera se n' andò a loggiare ad Ferenti,
poi la mattina per venire presto ad Viterbo si miseno alla fila et li
inimici si dectero in mezzo di loro, e pigliami assai et tolserli mol-
tissima robba, et fu a dì 14 del dicto (2). Et a di 15 si pose Braccio
et Tartaglia ad campo sopra la grotta de Riello, dove rescie l'acqua
et stettero l'i .xv. di, poi si partirno senza possere bavere niente.
e. 40 A Era in quel tempo in Viterbo grandissima mortalità et gran-
dissima fame et valeva la soma del grano .viii. ducati d'oro: et fumo
tre case de Viterbo che ferno el pane ad vendere, et fu estimato che
si faceva della soma del grano .lx. fiorini (5); et cusi Viterbo in-
sieme hebbe mortalità, fame et guerra. Molte scaramucce fumo facte
et sempre Sforza avantagiava. Era al soldo di Sforza uno valente
homo d' arme viterbese chiamato Riccio el quale si operò assai nella
dieta guerra et giostrando con uno homo d' arme di Tartaglia, li
passò la spalla da l'uno lato a 1' altro. E cus'i come io ho dicto, el
« seculo noster dominus ac verelissiraus (?) capitaneus Paulus de Ur-
« sinis, a gentibus Brachii de Forte brachio de Montone et a genti-
« bus Tartaglie de Avello in CoUeflorito.. . et fuìt interfectus a Lo-
« dovico Colonna ». Nella e. 6 B c'è l'altra nota: « .mccccxiiii,
« tempore supradicto [Ioannis XXIII] fuit captus Paulus de Ursinis
o a rege Ladislao et stetit in roccha Salerni circha duos annos et in
« ilio tempore spiravit dominus rex Ladislaus de hoc seculo ».
(i) Cf. N. D. Tuccia, p. 50, r. 35, p. 52, r. j, ha tutto il rac-
conto del frate, spesso con le stesse parole : aggiunge solo due o tre
notizie.
(2) Vedi le enfatiche descrizioni di queste due battaglie in Cri-
velli, op. cit. col. 68j e col. 694 sg. Cf Pinzi, III, 526-530. Fa-
cilmente a questa battaglia, sebbene non esatte, si riferiscono le pa-
role di A. DE Tu.MMULiLLis, Notubilia temporum in Fonti per la storia
d' Italia pubblicate a cura deli' Ist. Stor. Ital. da A. Corvisieri, p. 25:
«...quem [Lancislaum], ut fortuna voluit, magnificus armorum ca-
ci pitaneus Brachius de Fortebrachiis supra relatus debellavit, illuni
« persequendo in bello usque ad portas Viterbii, ubi evasit cum pau-
« cis de gentibus suis ».
(j) N. D. Tuccia: «40 fiorini».
Le croniche dì Vilei'bo 369
campo se n'andò via: Tartaglia ad Toscanclla et Braccio ad Pe-
roscia. Et el dicto campo si partì per cascionc ciie sentirno come el
conte Francesco, figliolo di Sforza, era ad Canapina gionto, et ve-
niva in soccorso al patre.
Poi Sforza andò et mise ad saccomanno Capitona et Liibriano
et recamo ad Viterbo grano assai et uva passa et altra robba. Poi
Sforza fé' una cavalcata in quello de Peroscia et menò tanto bestiame
vaccino che fé' in Viterbo grande abundantia de ogni cosa et conti-
nuamente andava ad offendare Toscanella. Poi Sforza fé' fabricare in
Viterbo parecciiie barche de botte marinaresche, nella chiesia di
Sancta Maria della Verità, et portoli! di nocte tempo al laco di Marta;
et tutti r omini d'arme soi, eh' erano stati pigliati et messi neh' isola
da Braccio et Tartaglia, cavò fuore et menoUi ad Viterbo. Poi si
parti, et andò verso Roma.
Nel dicto anno, a 1' escita d'agosto, tornò ad campo a Viterbo
el dicto Braccio et Tartaglia, et pusersi tra Viterbo et Bagnaia et
ogni sera si faciva facti d' armi presso la porta di Sancta Lucia, nel
piano II presso Sancta Chaterina, ove el dicto Riccio si provò tanto e. 40 b
valentemente che mai fino Braccio, insino che l'ebbe al soldo suo.
Et venne poi el dicto Riccio in conducta di seicento cavalli et morì
poi di morte naturale in Lombardia. Havendo Sforza sentito come
el campo era tornato ad Viterbo, si mise in ponto con la sua com-
pagnia et veniva ad trovarli ; per la qual cosa Braccio et Tartaglia,
come lo sentirne, se n'andarno via: Braccio ad Peroscia et Tarta-
glia ad Toscanella. Sforza con li Viterbesi andò ad campo ad Mon-
tefiascone a l'entrata di septembre, et in uno dì li Montifiasconesi
s'accordarono con Sforza. Poi Sforza et Giovanni Gatto se (1) andarno
ad Fiorenza ad visitare papa Martino quinto, et fé' fare dal papa Bal-
dassarri suo figliolo abate de Sancto Martino del Monte e fé' fare
messer lacobo Gorzalino vescovo di Viterbo (2). Poi alla loro tor-
nata, fé' pace con Tartaglia et fello adconciare ai soldo della Chiesia
et andò ad Fiorenza. (1420). Et alla sua tornata curse ad Suriano et
pigliò molti prescioni et puse l'assedio (3) per lo papa. El castellano, che
se chiamava Giovanetto di Magna monte, s'areudè et portossine la
robba sua, et de compagnia (4) ad Fiorenza, et lassò Suriano al papa,
(i) « Gatto se », su rasura.
(2) Iacopo Ugozolini nominato ai 17 dicembre 141 7.
(5) Ms. « l'assedio per l'assedio »; però lo tre ultime parole can-
cellate.
(4) Ms. « et de q ».
370 "V. lìi>idi
et fu de state: Taviva tenuto trenta anni (i).Nel dicto anno papa Mar-
tino se parli da Fiorenza et venne ad Viterbo, et di voluntà di Giovanni
Gatto reniise l'esciti in Viterbo, salvo .xviii. esciti ad voluntà del
dicto Giovanni; tra quali ce vennero certi esciti ch'erano usciti col
Profecto .XXV. anni innanzi; e poi el dicto se n'andò ad Roma,
e. 41 A Anno Domini 1421. Fé' Sforza tagliare la testa ad Tartaglia in
Aversa di voluntà del papa (2). Et li signori priori di Viterbo con le
gente de Pier Brettoldo da Farnese andarno ad campo ad Toscanella ;
et li Toscanesi, come sentirno la morte di Tartaglia, se dectero alla
Chiesia, et cus'i tutte le terre che teniva Tartaglia, cioè Comete,
Castro, Montalto, Canino, Marta, Sipicciano et altre castella.
Anno Domini 1422. Sforza s' anegò nel fiume della Pescara (3).
Anno Domini 1425. Braccio fu rotto et morto all'Aquila (4) da
le gente della Chiesia, tra quali ci fu ci conte Francesco Sforza et
mosser lacobo Caldoro.
Anno Domini 1424 (5), Papa Martino fé' l'anno sancto, et molta
gente venne a Roma al perdono, et fu gran piace per tutto el paese
nostro, et fu sopra l'abundantia di Roma uno nostro cittadino, chia-
mato Giovanni di luzzo, el quale mise in Roma per mare et per
fiume circa sedeci migliara de some de grano; et liebbe gran fatica
con poco merito. Et nota che valeva el grano 28 carlini el ruio, et
tornò ad 18 et hebbe grande honore.
Nel dicto tempo essendo grandissima quantità de gente ad Roma,
parte venendo da Sancto Pietro et parte andando, si scontrarne su
nel ponte con tanto impeto, che ne perirò, cioè si afFucaro, grandis-
sima quantità, et molti ne caddero in fiume. Nota ch'el dicto papa
ne fé' memoria facendo scarcare molte pontiche, per alargare el dicto
ponte, et fenci su dui belle cappelle per memoria (6).
(1) Cf. N. n. Tuccia, p. 115.
(2) «Vilissimamente lo fece decollare»; N. d. Tuccia, p, ir6;
cf. Infessura, Diario, p. 24. Fu nell'anno 1423 e non nel '21.
(3) « E mai fu trovato, che portello l'acqua alla foce del fiume » :
N. D. Tuccia, p. 116. Fu ai 3 gennaio 1424.
(4) '( 1424, die secunda iunii » ; Infiìssura, Diario, p. 25. La
battaglia fu il 2, la morte il > : le genti che combattevano Braccio
non erano della Chiesa.
(5) Il numero è ripetuto.
(6) Tutte queste notizie si debbono riferire al giubileo del 1450.
Cf. luzzo, p. 56, n. 6; N. d. Tuccia, p. 24; Infessura, p. 49. Secondo
Pastor, Geschichk, 3 u. 4 Auflage, 1902, I, 798, n. 17, nota 4, Mar-
tino V avrebbe celebrato l'anno santo nel 1423.
Le croniche di Viterbo 571
Anno Domini 1404. Morì papa Bonifatio nono a di primo de
octobre (i).
Anno Domini 1429. Fu mutatione in Viterbo per far portare e. 41 b
el segno a li Giudei, et fugi de Viterbo messer Antonio da Celano,
rectore del Patrimonio, et fu casso de l'offitio. Poi Marcangelo fece
populo contra Giovan Gatto, et fu rocto et morto sotto la piazza
de Sancto Stefano (2).
Anno Domini 143 1. Morì papa Martino et facto papa Eugenio (3);
et fu pigliate 1' arme in Viterbo, et morto Cola Lanciare. Nel dicto
anno fugì di Viterbo messer Bartholomeo d' Altopasso rectore, et fu
casso de 1' offitio.
Anno Domini 1433. A di <S de magio entrò in Viterbo Gismondo
imperatore.
Anno Domini 1435. F" morto el Profecto ad Suriano (4).
Anno Domini 1442. Fu pigliato in Viterbo el rectore del Pa-
trimonio, chiamato messer Giovanni da Ruta (5), et menato ad Suriano.
Anno Domini 1443. Mori in Viterbo messer Pier Rampone, re-
ctore del Patrimonio (6).
Anno Domini 1444. Mori in Montefìascone Serapione da Fer-
rara, rectore del Patrimonio (7).
Anno Domini 1450. Mori in Viterbo messer Nere, vescovo de
Siena et [rectore] del Patrimonio (8).
(i) V. e. 37 A.
(2) Sono avvenimenti da distribuire tra il 1428 e il '29. N. della
Tuccia, p. 53.
(3) Martino mori ai 20 di febbraio, Eugenio fu eletto ai 5 di
marzo.
(4) « AUi 28 di settembre fu tagliata la testa al prefetto lacovo
« da Vico nella piazza de Suriano »; N. d. Tuccia, p. 55. Sulle ul-
time vicende di Giacomo vedi i docc. xxx-xxxvii, xxxix-XLi, pub-
blicati dal Pinzi nell'appendice al terzo volume della sua Storia e il
n. ccccxxvi del Savignoni, L'archivio.
()) N. D. Tuccia: «da Rieti», p. 55.
(6) Già dal 1436 era « commissarius d. lohannis Vitelleschi,
« patriarcha Alex., apostolice Sedis legati » ; Savignoni, op. cit.
n. ccccxxvii. Il 20 d'agosto N. d. Tuccia, p. 56, lo dice a campo
contro Toscanella.
(7) luzzo, p. 56, nota i: « Scipione vescovo di Modena ». Cf,
N. D. Tuccia, p. 96.
(8) Vedi luzzo e Nicola ai luoghi citati.
Oliando visse Coìnniodiano
:iN da quando per la prima volta furono stampate
le lììstructiones, Commodiano è stato oggetto di
^s;irSj) molti studi, ma soprattutto in questi ultimi tempi,
in cui le discipline filologiche hanno avuto un grande in-
cremento. Eppure, per un caso strano, dopo tanti studi
fatti su di lui, dopo tante questioni a lui attinenti discusse
e risolute, non è stato ancora sciolto il problema che
prima d'ogni altro doveva porsi e risolversi, il problema
dell'età in cui egli è vissuto e ha scritto. Il Rigault e poi
il Dupin e il Ceillier ritennero che Commodiano fosse
fiorito al tempo dell' imperatore Costantino e del pontefice
san Silvestro (i). Il Dodwell lo poneva verso la metà del
terzo secolo, o anteriore o contemporaneo a san Cipriano (2).
Il Cave nella prima edizione della sua storia ecclesiastica
stava per l'opinione del Rigault, nella seconda sosteneva
che Commodiano avesse composto le Instructiones dopo la
(i) Rigault, Commodiani Instructiones per litleras versiuiìii primas
tempore Silvestri ponlificis romani sub Constantino Caesare compositae Sic,
Tulli Leucorum &c. mdcx.lix, Pref. p. in; Dupin, Nouvelle Biblio-
thèqne des auteurs eccìcsiasliques, Paris, 1686, I, 236 sg. ; Ceillier,
Histoire generale des auteurs sacn's et eccUsiastiques, Paris, 1765, IV,
179 sg.
(2) Dodwell, Dissertatio de Commodiani astate, Oxonii, 1698.
374 G. S. 'ì(aniitìido
persecuzione di Decio, un po' prima di quella d'Aureliano(i).
Il Pauli lo assegnava addirittura al secondo secolo (2).
Scoperto e pubblicato dal Pitra il Carmen apologelkumy
r Ebert credette di poterne determinare con precisione la
data della composizione, che collocò dopo la morte del-
l'imperatore Filippo o dopo l'elezione di Decio, nel 249.
Le lììstnictioncs secondo lui erano state composte alquanto
prima (3). Il Dombart invece sosteneva che le Insìruct'wncs
erano state composte dopo, ma arrivava alla stessa conclu-
sione, che Commodiano era vissuto verso la metà del terzo
secolo (4). Oramai ciò sembrava un fatto assodato, e tutti
gli storici della letteratura latina e quanti trattarono delle
origini e dello svolgimento della poesia ritmica, attenen-
dosi alle conclusioni dell' Ebert e del Dombart, concorde-
mente ascrivevano Commodiano alla metà del terzo se-
colo. I dubbi sollevati dal Kraus, che Commodiano potesse
esser vissuto sotto la persecuzione di Diocleziano (5), non
riuscivano a smuovere l'opinione dei dotti. Ma ecco re-
centemente il Brewer pubblica un articolo, nel quale so-
stiene che Commodiano è vissuto in un periodo d' impe-
ratori cristiani, e promette di dimostrare in un prossimo
lavoro che \t luslructiones e il Carmen apologeticnm sono stati
composti tra il 458 e il 466 (6). Tra le conclusioni del Bre-
wer e quelle dell' Ebert e del Dombart ci è un'enorme di-
(i) Cave, Scripiorum ecdesiasticoriim hislorhi litcraria, I.ondini,
MDCLXXXvni, p. 148; 2' ed. Oxonii, 1740, p. 157.
(2) Sebastiano Pauli, Dissertazione della poesia dei Ss. padri greci
e latini, Napoli, 17 14, p. iSo.
(5) Coiumodian's Carmen Apologeticnm in Ahhandl. d. sìtchs. Ges.
d. l^iss. philol. hisl. Classe, V, 408 sg.
(4) Commodian nnd Cyprians Testimonia in Zeitschrift f. wiss.
Tluol. XXII, 384 sg.
(5) Kraus, Lehrbuch der Kirchengeschicbte, Trier, 1896; 4" ed.,
p. 121.
(6) Die Abfassungs\eil der Diclitungen des Commodians von Gaia
in Zeitschrift f. kalh. Theol., Innsbruck, 1899, p. 759 sg.
Quando pisse (JuJinnuJiaiio 375
screpanza. Credo quindi non solo opportuno, ma anche
interessante studiare e vagliare gli argomenti che questi
autori adducono in sostegno delle loro tesi, e, se sarà
possibile, procurare di stabilire definitivamente l' età di
Commodiano. Non mi pare necessario discutere gli argo-
menti che portavano il Rigault, il Dodvv'ell, il Cave &c.,
perchè non avevano conoscenza completa dell'autore, igno-
rando affatto il Carmen apolof^eticum, e anche perchè spesso
basavano le loro argomentazioni su alcuni versi, che leg-
gevano in una forma corrotta.
Nei versi 805-810 del Carmen apologeticiim:
Sed quidam hoc aiunt: Quando haec ventura putamus?
Accipite paucis, quibus actis illa sequantur.
Multa quidem signa fient tantae termini pesti,
Sed erit initium septima persecutio nostra.
Ecce [iam] ianua[m] pulsat et cingitur ense,
Qui cito traiciet Gothis irrumpentibus amne (i)
r Ebert trovava la data precisa della composizione del
Carjncìi stesso. In quei versi si parla della settima persecu-
zione e d' un passaggio dei Goti su un fiume, che è
evidentemente il Danubio. Ora i Goti passarono il Da-
nubio con un grosso esercito dapprima sotto Filippo, ma
tornarono indietro, e fecero un nuovo e vero passaggio sotto
Decio. Dunque, ragiona l' Ebert, il Carmen apoìogeiicum
dovette essere stato scritto immediatamente dopo la morte
dell' imperatore Filippo o almeno dopo l'elezione di Decio.
Ma si può essere sicuri che Commodiano accenni a questa
irruzione dei Goti? Egli appresso (versi 811-822) dice
che « sarà con essi il loro re Apolione, di nome terribile,
« che disperderà la persecuzione dei santi. Questi marcia
« verso Roma con molte migliaia di uomini, e la prende per
(i) Nelle citazioni dell'autore di regola mi attengo all'edizione
critica del Dombart, voi. XV del Corpus script, eccìcs. hit., Vienna, 1887.
37^ G. S. 'J^iuiindo
« decreto di Dio. Molti senatori fatti prigionieri piange-
« ranno, e, vinti dal barbaro, bestemmieranno il Dio dei
« cieli. I lussuriosi e gli idolatri saranno perseguitati, il se-
(t nato so£:gioiT;ato. Simili mali soffriranno coloro che hanno
« perseguitato i cristiani: sotto questo nemico saranno tru-
ce cidati per cinque mesi ». Commodiano ci dipinge i Goti
come un popolo terribile, capace di far vendetta sui pagani
di tutte le persecuzioni sofferte dai cristiani. Difficilmente
nella metà del terzo secolo i Goti potevano essere ritenuti
capaci di tanto. Ancora non avevano riportato nessuna
importante vittoria su le legioni romane, anzi erano stati
vinti da Caracalla (21 1-2 17) e tenuti a freno da Ales-
sandro Severo (222-235). Occupavano la regione com-
presa tra la Theis e il Don, e di quando in quando si
staccava qualche banda avventurosa, che a tutto suo rischio
e pericolo varcava il Danubio e 1' Bussino. Nello spazio di
trenta anni (238-2^9) sono state contate dieci invasioni
principali fatte da loro(i). A quale di queste può aver
accennato Commodiano.'* A quella avvenuta sotto Filippo
o sotto Decio, secondo l' Ebert; secondo me, a nessuna.
Difatti dal modo come Commodiano s'esprime (« Gothis
« irrumpentibus amne »; s'indica il Danubio senza farne
il nome), s'arguisce che ai suoi tempi il Danubio doveva
formare la linea di confine tra le province romane e il
territorio dei Goti, e che la Dacia Traiana era già scom-
parsa. Questa provincia fu perduta sotto Gallieno, ma re-
starono ancora le piazzeforti. Sotto Aureliano (270-275)
furono richiamati di qua dal Danubio i cittadini romani
rimasti e le guarnigioni, e si formarono due nuove pro-
vince tra la Moesia siiperior e la Moesia inferiori la Dacia
ripeiisis e la Dacia mediterranea (2). Solo dopo Aureliano
(\) DuRUY, HUloin des Romains, Paris, 1879, ^^' 289 sg.
(2) Mo.MMSF.N e Marquardt, Manuel des anliqnitt's rotiiaiiies, Paris,
1892, IX, 195 sg.
Quando fisse Commodiano 377
Commodiano poteva benissimo accennare al Danubio senza
nominarlo.
L' altro argomento dell' Ebert è che Commodiano parla
d' una prossima persecuzione, che chiama settima, e la
settima persecuzione secondo il computo di sant'Agostino,
il quale sembra essere stato il più comune, è appunto
quella di Decio.
Perchè questo argomento avesse quel valore, che
r Ebert gli vuol dare, bisognerebbe dimostrare per lo meno
che alla metà del secolo terzo si solevano computare le
persecuzioni nello stesso modo, che da alcuni si computa-
vano circa due secoli dopo. Le persecuzioni furono nu-
merate quando già erano terminate. Sant'Agostino ci fa
sapere che ai suoi tempi moiri cristiani contavano dieci
persecuzioni: « Primam computant a Nerone quae facta
« est, secundam a Domitiano, a Traiano tertiam, quartam
« ab Antonino, a Severo quintam, sextam a Maximino, a
« Decio septimam, octavam a Valeriano, ab Aureliano
« nonam, decimam a Diocletiano et Maximiano » (1). Se-
condo costoro la Chiesa non avrebbe subito altre persecu-
zioni sino alla venuta dell'Anticristo : quella sarebbe stata
r undicesima e l'ultima. Ma sant'Agostino non dice che
quella numerazione fosse seguita universalmente, uè egli
stesso l'approvava, perchè gli autori l'avevano fatta sotto
un aspetto simbolico, trascendentale, riferendosi cioè alle
dieci piaghe degli Egiziani, e anche perchè non compren-
deva la persecuzione di Erode, dopo l'ascensione di Cristo,
quella di Giuliano l'apostata &c. Anche nel principio del
quinto secolo dunque era possibile che le persecuzioni si
computassero diversamente secondo le vedute speciali di
ciascuno. Certo è che Sulpicio Severo descrive ed enumera
nove persecuzioni sino a Diocleziano trascurando quella
d'Aureliano, e per lui «quae superest, ultima», quella che
(i) Di Civitati Dii, lib. XVIII, cap. 52.
37S G. S. "lyaifiuncio
« sub fine iam saeculi Antichristus exercebit », è la de-
cima (i). Lattanzio poi nella prima metà del quarto secolo
nel suo libro De niortibiis pcrscciiiorum non descrive che
sei persecuzioni, quella di Nerone, di Domiziano, di Decio,
di Valeriano, d'Aureliano e quella di Diocleziano. Dal fatto
dunque che Commodiano parla d' una ventura settima
persecuzione non si può concludere in nessun modo che
egli accenni alla persecuzione di Decio.
Il Dombart, trattando dell'imitazione di san Cipriano
in Commodiano, dimostrava che nel Carmen apoìogclicum
sono stati imitati i due primi libri dei Testimonia pubblicati
nel 248, non però il terzo, il quale apparve più tardi, e
che invece è stato utilizzato nelle Insiriictiones. Con ciò
sembrerebbe che egli fosse riuscito indirettamente ad av-
valorare la tesi dell' Ebert. Ma si può legittimamente sup-
porre che Commodiano non imitò nel Carmen apologeticiiin
il terzo libro dei Testimonia, non perchè ancora non era
stato pubblicato, ma solo perchè non l'aveva presente, o
perchè non volle, o non credette opportuno imitarlo.
Il Brewer prende le mosse dall'acrostico xviii del primo
libro delle Instructiones intitolato: De Amnuidatc et deo magno.
Commodiano, dice il Brewer, per convincere i pagani della
vanità di quel nume d'origine siriaca, il cui culto era abba-
stanza diffuso, racconta in modo satirico un fatto concreto.
Fino a che l' idolo fosse rimasto nel tempio, i suoi ado-
ratori avrebbero potuto piegare il capo dinanzi alla sua
maestà e devotamente prestato orecchio alle parole del
furbo sacerdote, come se pronunziate dall'aureo nume. iMa
successe una catastrofe: l' imperatore fece levare quell' idolo
d'oro, e il nume scomparve, non si sa se fuggi, o fu but-
(i) SuLPicio Severo, Chronica, lib. II, cap. 33: « Tranquillis
«rebus pace perfruimur: ncque alterius persccutioneiu foro credinnis,
« nisi eam quani sub fine iam sneculi Antichristus exercebit. Etenim
« sacris vocibus decem plagis niunduni afficiendum pronuntiatum est:
« ita cum iam novem fueriat, quac superest, ultima erit ».
Quando l'issc Coììunodiano 379
tato in mezzo alle fiamme. Evidentemente sono stati gli
imperatori cristiani, i quali a 'cominciare da Costantino
fino a Teodosio II mediante ripetuti editti ordinavano di
rimuovere le statue degli dei e di liquefare gì' idoli d'oro
e d'argento. Da questa allusione alla sorte decretata da
un imperatore all'immagine d'Ammudas si deve conclu-
dere che' Commodiano viveva in un' epoca d' imperatori
cristiani. Appresso il Brewer passa ad esaminare se Com-
modiano imitò veramente Lattanzio, come dice Geimadio.
Ei2;li sostiene che Commodiano ha imitato Lattanzio da
uomo erudito, liberamente, non servilmente, trasformando
la materia in una dicitura sua propria, combinandola con
pensieri d'altri autori, come d' Ippolito e del pseudo Ippo-
lito, e dandole spesso un aspetto nuovo (i). A conferma
della sua tesi cita alcuni luoghi in cui Commodiano in-
sieme con la materia ha imitato anche la conformazione
delle parole di Lattanzio. Commodiano quindi non può più
essere ascritto alla metà del terzo secolo.
GU argomenti del Brevv'er sono per me abbastanza
convincenti; tuttavia non sarà inutile aggiungerne altri a
(i) Brewer, op. cit. p. 761: « Commodian war... ein durchhaus
« gebildcter Mann... Scine Nachahmung des Lactanz ist dem ent-
« sprechend keine sklavische, sondern cine freie: er verflicht den Stoff,
« den er entnimmt, in seine eigene Darstellung, wo es ihm pas-
« scnd scheint, oder er combiniert ihn rait den Gedanken anderer
« Schriftsteller, wie des Hìppolyt und des Ps.-Hippolyt, oder er gibt
« ihm auch wohl eine neue Wendung aus Zuthaten selner eigenen
« Zeit und Umgebung, wie zB. in der Beschreibung des zweifachen
« Antichrists, ùber welchen Commodian bedeutend ùber Lactanz
« hinausentwickelte Anschauungen vortràgt. Der wesentliche Beweis
« einer Nachahmung des Lactanz durch unsern Dichter liegt daher
« in einer Aufzeigung der eigenthùmhchen StofFelemente, die er ihm
« entlehnt hat ; und dafs solche Entlehnungen vorliegen, zB. in der
« Schilderung des 1000 jàhrigen Reiches, wird kein Leser bei einer
« vergleichenden Lectùrebeider Schriftsteller bezweifeln, vorausgesetr,
« dafs er ùber das zeitliche Verhiiltnis beider zu einander aufge-
« klàrt ist j).
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 25
380 (;. .V. 'i{.ìi/i'.iuji)
quelli addotti da lui. Cosi non solo verrà ad essere del
tutto scalzata l'opinione sinora diffusa e radicata; ma
anche, assodato e posto fuori d'ogni dubbio che Comnio-
diano è posteriore al terzo secolo, sarà cosa relativamente
facile determinare con precisione l'età in cui egli è vissuto.
Xcl Carmen apoìo<^cùcuììì (v. 8(39 sg.^ Y autore fa che
l'imperatore Nerone, il quale non è altro che l'Anticristo (i),
s'associ al potere due Cesari per perseguitare i Cristiani,
e poi tutti e tre insieme mandano editti per le diverse parti
dell'impero.
Hic ergo rcx durus et iiiiquus, Nero fugatus,
Pelli iubet populum christianum ipsa de urbe,
Participes autem duo sibi Caesares addir,
Cuni quibus liunc populum persequatur diro furore.
Mittunt et edicta per iudices omnes ubique &c,
]• poi vv. 910 e 911 :
Turbaturque Nero et senatus proxinie visum.
Et ibunt illi tres Caesares resistere centra ivo.
Ora Commodiano nel descrivere 1* avvenire doveva
prendere gli elementi del passato, e perchè potesse imma-
ginare che un imperatore si associasse altri nel potere e
poi governassero tutti contemporaneamente, bisognava che
almeno un caso simile si fosse dato nella storia dei suoi
tempi (2). Marco Aurelio e Lucio Vero furono i primi
due imperatori, che regnarono insieme. Governarono in-
sieme anche Caracalla e Geta, i due Gordiani, Clodio
Pupieno e Celio Balbino, i due Filippi, Valeriano e il
fratello Gallieno (3). Ma solo sulla fine del terzo secolo
si videro tre e quattro imperatori governare insieme con-
temporaneamente. Marco Aurelio Caro si associò al trono
(i) Curm. apoloi^. v. 933:
Kobis Nero factus Anticbrìstus.
(2) Cf. EUERT, loc. cit. p. 409.
(3) DuRUY, op. cit. IV, 436 Sg.
Quando J'issc Coinniodiauo 381
i due figliuoli Carino e Numeriano (283), e Diocleziano
nominò suo collega (^Augnstits) Aurelio Valerio Massi-
miano (286), e poi scelse a successori {Cacsares) Calerlo
e Costanzo Cloro (292). Gli esempi citati dall' Ebert, di
Massimino coi due Gordiani e di Massimo, Balbino e
Gordiano IH non rassomigliano affatto a quello che tro-
viamo in Commodiano. I due Gordiani erano avversi a
Massimino, e dovevano combatterlo; Gordiano III fu
eletto quando già Massimo e Balbino erano stati trucidati
in una congiura militare. Del resto Commodiano parla
anche d' una divisione dell' impero in tre parti. Instructìo-
ìics, I, 41 , )-6:
Tum scilicet mundus finitur, cum ille parebit
Et [in] tres imperantes ipse diviserit orbem(i).
Cr imperatori antecedenti a Diocleziano avevano sempre
posseduto ciascuno tutto l' impero. Caracalla e Geta eb-
bero il pensiero di dividere tra loro le province e gli
eserciti, ma non ne fecero nulla. Diocleziano fu il primo
che intraprese di fare ciò che si era riguardato sempre
come l'onta e la rovina dell' impero, assegnando a Mas-
simiano il governo dell'Italia, dell' Illiria e dell'Africa, a
Galerio la Mesia superiore, la Macedonia e l'Acaia, a Co-
stanzo la Gallia, la Spagna e la Britannia, e serbando per
se l'Oriente, l' Egitto e la Tracia (2).
(i) Il DoMBART qui legge:
Et tres imperantes ipse devicerit orbe
e intende « orbe = in orbe ». Però sta il fatto che tutti e tre i codici
delle Instr. portano « orbem ». La lezione da me seguita, che è
quella dell' Oehler e dell' Ebert (loc. cit. p. 419), mi sembra pre-
feribile anche perchè questo verso, letto così, trova un riscontro col
V. 87 1 del Carw. apolog.:
Participes autem duo sibi Caesares aJJit.
(2) TiLLEMONT, Histoire des Entpereurs, IV, 22 sg. ; Duruy, op.
cit. VII, 16 sg.
582 Ci. S. "T^aniitiido
LeiJ£rendo le Div'viac insliiutìoìics di Lattanzio scorciamo
una meravigliosa concordanza ira gli ultimi capitoli del
lib. VII e r ultima parte del Canncìi apoìo^^eticiim e alcuni
acrostici di Commodiano {Instr. I, 41; II, i; II 2; II, 4).
Sì l'uno che l'altro aspettano la fine del mondo, quando
saranno compiuti sei mila anni dopo la creazione; poi suc-
cederà un regno di mille anni, al cui termine avverrà il
giudizio universale. Però Lattanzio ritiene il finimondo vi-
cino, ma non imminente, e pone il limite massimo secondo
i calcoli del suo tempo: alla somma dei sei mila anni non
ne possono mancare più d'altri duecento (i). Per Commo-
diano invece i sei mila anni sono per compiere, ed egli
spera di vivere sin allora (2). Già cominciano ad apparire
i segnali: l'approssimarsi della settima persecuzione e del-
l'irruzione dei Goti (3). Assolutamente parlando Commo-
diano poteva vivere nel terzo secolo e aspettarsi la fine
del mondo. Già ai tempi degli Apostoli alcuni attendevano
l'Anticristo, e il finimondo fu temuto sotto l'imperatore
Tito Vespasiano nella tremenda eruzione del Vesuvio, du-
rante la persecuzione di Settimio Severo; e nel terzo se-
colo stesso credettero in una prossima venuta dell' Anti-
cristo san Dionigi Alessandrino, sotto la persecuzione di
(i) Lattanzio, lib. VII, cap. 25: « lam superius estendi coni-
«' pletis annoram sex milibus mutationem istam fieri oportere et iam
« propinquare summum illuni conclusionis cxtremac diem... Quando
« compleatur haec summa docent il qui de temporibus scripserunt
« coiligentes ea ex litteris sanctis et ex variis historiis; quantus sit
« numerus annorum ab exordio mundi, qui licet varient et aliquaii-
« tum numeri eorum summa disscntiat, omnis tamen expectatio non
« amplius quam diicentorum videtur annorum. Etiam res ipsa de-
« clarat lapsum ruinamque rerum brevi fore...».
(2) Itistr. 1, 55, 6: a Finitis sex milibus annis immortales erimus» ;
Cjim. apoì. vv, 291 e 292:
Sex milibus annis ptovenient ista replctis,
Quo tempore nos ipsos spero t.im in litore portus.
(5) Cann. apol. vv. 805-810.
(^iiauJo l'isse Coiìiìuodiano 383
Decio, e san Cipriano al tempo di Gallo e di Volusiano,
sotto cui cominciò la persecuzione che continuò e crebbe
sotto Valeriano (i). Ma Commodiano s'aspettava la line
del mondo al termine dei sei mila anni, come Lattanzio;
secondo il suo computo quindi non doveva mancare molto
perchè si compisse quel numero. La maggior parte dei
Padri della Chiesa, latini e greci, noveravano cinque mila
e seicento o cinque mila e cinquecento anni dalla crea-
zione alla nascita di Cristo, parecchi anzi ne noveravano
assai meno (2). Secondo Sulpizio Severo, che scriveva
circa r anno 400 dopo Cristo, ai suoi tempi i sei mila anni
stavano per finire (3). Sant'Agostino nel lib. XII, cap. 12,
De Civitatc Dei, scriveva : « Ut minus quam sex millia
« sint annorumex quo esse coepimus in sacris litteris inve-
(( nitur » ; però quando arriva al lib. XX, cap. 7, è compiuto
il « sextum annorum milliarium » e « spatia posteriora voi-
ce vuntur». Commodiano dunque nel terzo secolo non po-
teva in nessun modo né ritenere, ne asserire che ai suoi
tempi stessero per finire sei mila anni dalla creazione;
poteva appena dirlo nella seconda metà del secolo quarto.
Commodiano che parla una lingua piena d' errori di
grammatica, che fa dei versi in cui non è più osservata
la quantità, doveva vivere in un tempo in cui la quantità
e la grammatica andavano dissolvendosi. Nel terzo secolo
è un anacronismo, che non si riesce a spiegare in nessun
modo ; rimane come campato in aria, simile ad un quadro
senza cornice e senza sfondo, e bisogna studiarlo isolata-
mente, perchè non si trova un solo autore, che abbia con
lui una certa affinità. Il Boissier scriveva : «Se Commo-
« diano non rassomiglia a quelli che l' hanno seguito, questa
(i) Malvenda, De Jiitechristo, Lugdun'i, MDCXLvir,lib. II, p. 113 sg.
(2) Malvenda, op. cit. lib. II, p. 65 sg.
(^) SuLPicio Severo, Chroiiicd, lib. I, cap. 2: « Mundus a Deo
« constitutus est abbine annos iam paene se.x milia, sicut processa
« voluminis istius digeremus ».
384 (^' ■'^- '^JyTJniiido
« è una ragione di più per studiarlo da vicino » (i). Non
è più logico dire che, se non rassomiglia agli scrittori
contemporanei, significa che egli non è vissuto al tempo,
in cui si suol porre, ma dopo? Uscirei dai limiti prefissi
a questo lavoro, se volessi sottoporre ad un esame anche
breve le peculiarità morfologiche, sintattiche e lessicali delle
lustnictiùiics e del Carmen apoìogeticum; se volessi occuparmi
della verseggiatura, sarci costretto ad ingolfiirmi nell'ampia
ed intricata questione delle origini e dello sviluppo della
poesia ritmica. I lettori potranno formarsi un'idea della
grammatica e della metrica di Commodiano dalle poche
citazioni, che mi occorrerà di fare; rimando chi .oglia
saperne di più agli scritti, che ne trattano di proposito (2).
Qui cosi di volo faccio alcune piccole osservazioni.
Commodiano dice fortia, plurale neutro di fortìs, nel
senso di vis, foixa; Carni, apoìof;. v. 40: « demonstravit
(( (Deus) fortia Pharaone decepto » e v. 31^: « Dominus...
« inanivit fortia mortis ». Né in scrittori del terzo secolo,
ne del quarto mi è riuscito di trovare /or/m in tale signi-
ficato.
Chiama i pagani gens, gentes: lustr. I, 26, 24; I, 34, 5;
li, 19, 20; II, 32, 11; Carm. apoìog. v. 6S6; ma li dice
anche geniiks: Instr. I, ^y, I, 34; II, 19, 7; Carni, apolog.
vv. 263 e 817, e usa inoltre l'avverbio gcutiìitcr: Inslr. II,
ì6, 19; II, 32, 7. Ora in una legge di Valentiniano e
(i) BoissiER, Commodicu in Mìlaw^es Reiiier, Bibl. de l'Ecoìc des
hatites ètudes, Paris, 1887, p. 39.
(2) Intorno alla grammatica di C. cf. Schkeider, Die Casus,
Tempora tind Modi bei Commodian, Nùrnberg, 1889; intorno alla me-
trica di lui, cf Hanssen, De arie metrica Commodiani, Strassburg, 1881 ;
.Meyur, Aufuu'^ uiid Ursprnng dcr ìaiàniscben iiiid i^riechischen Dichliiii^
in Abììaudl. d. k. bayer. Akad. d. IViss. XVII (1885), 288-307 ; Ronca,
Primi monumeiili ed origine della poesia ritmica latina, Roma, 1890,
pp. 16-2 j e 122 sg ; Ramorino, La pronuncia popolare dei versi quan-
titativi latini nei bassi tempi ed origine della verseggiatura ritmica,
Torino, 1895, pp. 65-68.
UuauJu j'issc Coìiimo.iiano 385
Valente troviamo ancora geiitiìis col valore di barbaro: CoJ.
Thecd. Ili, XIV, i: «Nulli proviiicialium cum barbara sit
« uxore coniunctio, nec ulli gentilium provincialis femina
(c copuletur ». Cominciamo a trovare gcntìììs nel senso di
pacano in Prudenzio, IIspl axecpàvtov, v. 4(34, in san Gero-
lamo, Ep. XXII, e in altri autori della seconda metà del
quarto secolo e del principio del quinto; ma anche allora
r uso non doveva essere divulgato, perchè sant'Agostino
crede necessario darne la spiegazione: Comm. in psal-
intim XXFIII : «Gentilis ille est qui in Christum non cre-
te dit » ; De opere monacb. cap. XI: « Quis utique nonnisi
« gentiles, quos paganos dicimus vult intelligi ? »
Sant'Agostino nel 395 compose un inno abecedario
in versi ritmici monorimi; ma quasi se ne scusò, come
d'una colpa commessa. Rctractationiiiii lib. I, cap. 20 :
Volens etiam causam Donatistanira ad ipsius humillimi vulgi
et omnino imperitorum atque idiotarum notitiam pervenire et eoruni
quantum fieri posset per nos inhaerere memoriae, psalmum qui eis
cantaretur per latinas litteras feci... Ideo autem non aliquo carniinis
genere id fieri volui, ne me necessitas metrica ad aliqua verba quae
vulgo minus sunt usitata compelleret.
In altro luogo parla d'una traduzione dei canti sibillini
fatta, come egli dice, « versibus male latinis et non stan-
tì tibus ». E chiaro che quei versi che non si reggevano,
che mal potevano chiamarsi versi, non erano altro che
versi ritmici. Sant'Agostino non ha idea precisa della nuova
poesia ritmica che allora sorge, e che poi finirà col sosti-
tuirsi del tutto alla poesia metrica. Ora, se Commodiano
avesse scritto i suoi esametri ritmici nella metà del terzo
secolo, sant'Agostino circa cento cinquanta anni dopo non
avrebbe creduto suo dovere giustificarsi, perchè anche lui
scriveva di quei versi, ne avrebbe così vagamente definito
la traduzione in versi ritmici dei canti sibillini. In un pe-
riodo di circa un secolo e mezzo la poesia ritmica avrebbe
progredito, e si sarebbe sviluppata tanto che non si può
386 (j. S. l^aniniiiio
ammettere che un uomo eruditissimo, qual era sant'Ago-
stino, non dovesse averne esatta conoscenza (i).
Commodiano ci fa sapere che ai suoi tempi le matrone
cristiane portavano abiti di seta, ricchi ornamenti d'oro,
splendide collane, braccialetti e orecchini, si pettinavano i
capelli artificiosamente, s'imbellettavano il viso, si tinge-
vano le sopracciglia e i capelli, ballavano nelle loro case,
e invece di salmi cantavano canzonette amorose (2). Erano
cosi corrotti i costumi cristiani nel terzo secolo ? Almeno
ciò non apparisce dagli scrittori cristiani dell' epoca (3).
Tertulliano e san Cipriano nel terzo secolo, Arnobio
e Lattanzio al principio del quarto secolo combattono il
(i) Il Ramoriko, e in ciò e d'accordo con molti altri dotti, nella
memoria citata classifica C. nel numero dei poeti ritmici, e poiché
segue ad occhi chiusi l'opinione dell' Ebert, è costretto a dire che
C. è il « solo scrittore che nel ter^o secolo fé' uso di versi ritmici »
(p. 58). Però nel termine del suo lavoro, dopo aver esaminato le te-
stimonianze dei grammatici, gli errori di prosodia nelle iscrizioni la-
pidarie e nelle opere letterarie dei bassi tempi, la pronunzia comune
delle parole latine e la lettura dei versi quantitativi, i più antichi
monumenti di ritmica volgare, arriva alla conclusione che « a co-
« minciare dal quarto secolo dell'era volgare e venendo giù al quinto
« e sesto è in uso una verseggiatura conforme bensì alle leggi me-
« triche dell'età classica, ma più o meno errata quanto a prosodia;
«ed è in uso contemporaneamente un'altra maniera di verseggia-
« tura che suol esser detta ritmica, e differisce dalla precedente non
« per la forma dei versi, ma perchè vi è trascurata la prosodia, 0
« meglio, vi è curata solo subordinatamente alla posizione dell' ac-
« cento grammaticale, ed inoltre tollera più spesso che mai l'iato, e
<' tende a terminare i versi in un' assonanza o rima » (p. 69). In-
somma C. compone in versi ritmici le Inslr. e il Carm.apoìo'^. ce verso
« la giusta metà del terzo secolo », e la poesia ritmica sorge nel
quarto. La contraddizione salta agli occhi di tutti, e la notò il Ra-
morino stesso, il quale anzi cercò cavarsi d'imbarazzo asserendo che
«le manifestazioni letterarie d'un momento linguistico psicologico
« possono casualmente aver luogo in ordine diverso da quel che ten-
« gono i momenti successivi d' esso » (p. 70, nota 2).
(2) Cf. hnlr. II, 18 e 19.
(3) Cf. Tertulliano, Dì cnllu foeminarum.
(^luììido l'iste Contino Jiùìio 387
pnganesimò con argomenti filosofici e teologici. Commo-
diano non conosce altra arma che il ridicolo e la satira
pungente, feroce. Si burla di Saturno che divora i figli,
di Giove che ha bisogno di Piragmone, il quale gli for-
nisce i fulmini, di Mercurio con le ali ai piedi e una borsa
in mano, di Nettuno che non potendo vivere del suo fa
il muratore, d'Apollo che s' innamora pazzamente di Cas-
sandra, la quale non gli corrisponde, e lo vince alla corsa,
di Mitra che è nato da un sasso e vive rubacchiando, di
Silvano che suona il flauto (i). Non ha alcun rispetto per
i vecchi numi dell'Olimpo: i miti più belli ed eleganti
sono da lui trasformati in grossolane parodie (2). Saturno
è un vecchio pauroso e imbecille, Giove un seduttore
della sorella propria e delle mogli altrui, reo di molti de-
litti, parricida, Nettuno un adultero e un misero muratore.
Mitra un ladro. I sacerdoti dei numi sono stolti e scelle-
rati ingannatori, ubbriaconi (3). Non sa rivolgersi ai pagani
senza coprirli di vituperio. Li chiama sciocchi, insensati,
maligni, sciagurati, perfidi, empii, crudeli, sanguinarli (4) :
dei loro idoli dovrebbero farne delle padelle :
Solveretis eos magis in vascula vobis (5).
Anche quando li ammonisce, e vuole usare parole dolci,
insinuanti, gli sfugge sempre qualche frase ingiuriosa.
Gens, homo, tu frater, noli pecus esse ferinum,
Erue te tandem et tecum ipse retracta:
Non utique pecus nec besteis, sed homo natus (6).
(1) Insti-. I, 4; I, 5; I, 9; I, io; I, II ; I, 13 &c.
(2) PiCHON, Histoire. di la littérature lutine, Paris, 1898, p. 876 sg.
(5) Insti: I, 8, fo; I, 12, 12; I, 17, i; I, 18, 16 &:.
(4) Insti: I, 6, i; I, 6, 7; I, 7, 9; I, II, 5; I, 14, 6; I, io, 4;
I, 23, 3 ; I, 24, )- ; I, 25, I ; I, 26, I ; I, 27, i &:c.
(5) Insti: I, 20, 7.
(6) Insti: I, 34, 5-7.
3 ss- G. S. %vuiindo
Commodiano che non eni né fanatico, ne imprudente,
ma uomo pratico e avveduto, e dava saggi consigli ai cri-
stiani, predicando ad essi la pazienza e la rassegnazione,
avrebbe parlato con tanto poco rispetto degli dèi e dei loro
adoratori e adoperato un linguaggio così violento nel
terzo secolo, quando la religione pagana era la religione
officiale dello Stato, e i cristiani non formavano che una
piccola minoranza ? Le sue parole sarebbero state una pro-
vocazione, e avrebbero avuto per effetto sicuro un rincru-
dimento nella persecuzione contro i suoi compagni di fede.
Facilmente da uno studio più minuzioso e accurato delle
Itisfnictiones e del Carmen apoìogcticiim altri argomenti si
potrebbero trarre in favore della prima parte della nostra
tesi, che cioè Commodiano non è, e non può esser vissuto
nel terzo secolo, ma dopo. Però credo che quelli addotti
finora siano più che sufficienti ; anzi forse bastavano i due
soli portati dal Brewer. Si può porre come tenninus post
ijiiem sicuro l'anno 324, in cui avvenne la morte di Li-
cinio. Fino allora Costantino non essendo solo a gover-
nare non mostrò alcuna preferenza per la religione cri-
stiana. Con l'editto di Milano promulgato d'accordo col
collega Licinio, nel quale stabiliva la libertà di culto, con
le disposizioni in cui dichiarava esenti dagli obblighi della
curia i sacerdoti cristiani, con la legge in cui proibiva di
costringere i cristiani a far atto di paganesimo, non con-
cesse nessun favore speciale, ma solo equiparò il diritto
dei cristiani a quello dei pagani (i). Prima dell'anno 324
non potè esser avvenuta la scomparsa del dio Ammudatc,
di cui parla Commodiano.
Un tcrmbius ante (jtiem è dato da Commodiano stesso
nei versi 810-817 del Carmen apologeticuni, in cui si parla
(i) .\li.ard, Le chrisliaiiisnie et l'em[)iie romain di Kcroii à Thèo-
dosc, Paris, 1897, p. 155 sg.
Quando pìssc Couimodiaiio 389
d'un passaggio del Danubio che flumo i Goti, i quali sono
detti genliìcs. Sotto Valente i Goti, non potendo resistere
all'invasione degli Unni, in gran numero varcarono defi-
nitivamente il Danubio, e chiesero ed ottennero di stabilirsi
nella Mesia. Maltrattati dai Romani, che essi riconoscevano
come loro protettori, si ribellarono, assalirono e vinsero il
generale Lupicino, e unitisi con le bande gotiche, che com-
battevano nelle file romane in qualità di milizie ausiliari, si
avanzarono minacciosi verso Costantinopoli. Valente mosse
loro incontro con un forte esercito, ma fu vinto presso
Adrianopoli, ed egli stesso peri nella mischia. Teodosio
venne a patti coi vincitori, concesse di fissare la loro di-
mora nella Tracia e nell'Asia, e li ammise a far parte
delle legioni. Sotto Valente i Goti si convertirono nella
maggior parte al cristianesimo (r). Commodiano dunque
si deve collocare fra il 324, anno della morte di Licinio,
e il 378, anno della morte di Valente.
E scxxssQÌQ. Instructiones e il Carmen apoìogeticum al prin-
cipio d'una persecuzione o piuttosto sotto una persecuzione
dei cristiani da parte dei pagani, come apparisce special-
mente da alcuni acrosdci (Insti: I, 12, 3 e io; II, io, i-io;
II, II, 4; II, 20, 5-8; II, 21, 8; II, 25, 7-9), e vedremo
meglio di qui a poco. Ora nel periodo di tempo che va
dalla morte di Licinio a quella di Valente, sotto Giuliano
l'Apostata, si ha una serie d'imperatori, che professarono
e favorirono, o per lo meno non combatterono il cristia-
nesimo. Costantino dopo il 324, rimasto solo imperatore,
pur serbando uno spirito di tolleranza, non trascurò oc-
casione di dimostrare la sua preferenza per la religione
cristiana e la sua avversione sempre crescente verso il pa-
ganesimo (2). Costante e Costanzo si dichiararono aperta-
ci) DuRUY, op. cit. VII, 438 sg.
(2) Costantino proibì i sacrifizi occulti, distrusse alcuni templi
pagani in Egitto, in Fenicia e in Cilicia e da molti altri tolse statue
e oggetti d'arte per ornarne Costantinopoli, divenuta nel 329 la se-
390 G. S. '7^c7;////;/(./o
niente per i cristiani e osteggiarono la religione pagana.
Gioviano e poi Valentiniano e Valente mantennero la li-
bert;\ di culto. Veramente questo ultimo, ariano, dette
qualche molestia ai cristiani ortodossi; ma soltanto Giu-
liano prese a difendere il paganesimo contro il cristiane-
simo. Egli credette di poter ristabilire un ordine di cose
destinato a sparire. Morto Costanzo si dichiarò subito pel
vecchio culto, fece riaprire i templi degli dèi e ripigliare
le cerimonie pagane interrotte. Non ordinò mai alcuna
esecuzione capitale per ragione di fede, non volle perse-
guitare i cristiani ferocemente: li molestò, ma restando
sempre, almeno in apparenza, nelle vie legali. Soppresse
i privilegi della Chiesa, il diritto di giurisdizione, che i
vescovi avevano in alcuni casi e il diritto d'esenzione da
alcune pubbliche imposte, di cui godevano gli ecclesiastici;
interdisse ai cristiani l'insegnamento nelle pubbliche scuole.
L' editto con cui ordinava di riedificare i templi distrutti
dai cristiani fu una misura pericolosa, e provocò disordini.
Avvennero massacri dei cristiani in Alessandria, in Gaza,
in Aretusa, in Eliopoli e in altre città. Giuliano invece di
punire severamente i colpevoli si contentò di biasimarli
a parole: la sua indulgenza fu senza dubbio eccessiva, e
forse servi ai pagani d'incitamento ad eccessi e violenze
conda capitale dell'impero. Cf. Socrate, Storia ecd. I, i6, 17, 18;
SozoMENo, Storia ecd. II, 5; Zosimo, II, 32; Eusebio, Vita di Co-
stantino, III, 55, )7; Lodi di Costantino, 8 Sozomeno ci racconta che
gì' idoli di metalli preziosi erano liquefatti, e divenivano proprietà del
fisco; gl'idoli di bronzo lavorati artisticamente erano spediti a Co-
stantinopoli; Storia ecd. II, 5: « Twv 5'aù joavtov tì ovxa Tiiiia^ OÀr^;
«•/.al xwv àXXo)v òoov è?óx£'. yj^rioi^o^t eìvai, Ttopl SiexpiveTO xal Sr^-
« [lóa-.a èyiyyzzo 7py,|iaTa. Ti Ss sv y.aXyò) ì>ocu|jLaa'.w5 eipyaonéva,
« 7:àv":o3-6v si; -zy,-/ èitwvjiiov 7:óX'.v toO aOxoy.fiixopos iie-exon'.oO-r; roc.;
e xó^iiov ». È molto probabile che in questa strage d' idoli ordinata
da Costantino sia anche perito V idolo del dio Ammudate, di cui
parla Commodiano,
(Quando j'issc (SoiuDiodiaiio 391
maggiori (i). Alcuni storici moderni, pur condannando la
sua politica reazionaria, lo giudicano con una certa bene-
volenza; ma gli storici cristiani contemporanei e posteriori
lo pongono tutti tra i persecutori della Chiesa. Si deve
quindi conchiudere, con la certezza di non errare, che le
lìistructioìh's e il Canncn apologeticiim furono composti sotto
Giuliano l'Apostata. E di ciò si può essere pienamente
sicuri anche perchè tanto nel Carmen apoìogeticiim, quanto
e più nelle Instrnct'wncs si trovano accenni, i quali non
possono riferirsi che alla persecuzione di Giuliano e a
Giuliano stesso, e sono tanti e cosi chiari, che reca me-
raviglia a pensare come 1' età di Commodiano abbia po-
tuto essere un problema sinora.
G. S. Ramundo.
(Coiilinua).
(i) Della politica religiosa di Costantino, di Costante e Co-
stanzo, di Giuliano &c. tratta diffusamente 1' Allard nell' opera ci-
tata. Cf. p. 168 sg.
Le carte antiche
DELL'ARCHIVIO CAPITOLARE DI S. PIETRO
IN VATICANO
Notizie intorno all'archivio.
5^ A venerabile basilica di S. Pietro dovette posse-
M \ìl^^ ^^^^ ^^^ ^'^'^ primi tempi un proprio archivio am-
5^^^) ministrativo ed una biblioteca. Forse dapprima
archivio e biblioteca non furono nettamente divisi.
Volendo conoscere le vicende di quest'archivio, occorre
prendere le mosse dallo « scrinium confessionis beati Petri »,
i di cui primi accenni si trovano segnatamente nel Liber
Poiìtifìcaìis e nel Liber Diurmis. Le notizie non sono ab-
bondanti, ma tali da darci un'idea approssimativa dei do-
cumenti che in esso venivano depositati.
Il pontefice Leone II (i), inviando per la firma ai
vescovi di Spagna gli atti della sesta sinodo, scrive che
il documento, munito delle loro sottoscrizioni, verrebbe
in seguito depositato presso la confessione del principe
degli apostoli, « ut eo mediante atque intercedente a quo
« christianae fidai descendit vera traditio offeratur domino
« lesu Christo ad testimonium et gloriam eius mysterium
« fideliter confitentium ac subscribentium ». Sappiamo da
Gregorio II (2), che le lettere dell' imperatore Leone Isau-
(i) A. 682; Jaffé-L. n. 21 19.
(2) Circa 729 ; J.-L. n. 2180.
594 ^" SchiafJirel/i
rico e predecessori si conservavano diligentemente nella
confessio. Delle donazioni fatte dai re e duchi longobardi
e dai primi imperatori Carolingi a san Pietro ed alla
Chiesa Romana si depositava un originale nella cotifcssio;
le testimonianze del Libcr Ponlìficaììs sono esplicite per le
donazioni di Astolfo (i) e particolarmente di Carlo Ma-
gno (2), anzi il biografo di Adriano I descrive con inte-
ressanti e preziosi particolari il solenne cerimoniale della
tradilìo del diploma Carolino (3).
Il biografo di papa Constantino (4) ci fa noto che la
caiilio o promissio Jìdei dei pontefici e dei vescovi si depo-
sitava sull'altare della confessione e veniva poi conservata
nello scrin'miìi. E questa testimonianza è comprovata dal
Libcr Diitnnis, dove fortunatamente ci sono tramandate
tali formule (5). Nello stesso scriniiiiìi dovevano deposi-
tarsi gli atti delle sinodi tenute nella basilica (6), e certa-
mente, come ci attesta la bolla di Agapito II, J.-L.-|- 3(^44 (7),
(i) Liber PonlificaUs, ed. Duchesse, I, 453.
(2) Liber Pontificalis, ed. Duchesne, I, 498.
(3) Cf. Th. v. Sickel, Dus Piivilegiiiin Otto I fiir die roinische
Kirche, Innsbruck, 1883, pp. 40-1 r.
(4) Liber Pontifica]is,ed.DvcHESìiE,l, 389; ed. Mommsex, p. 222.
(5) SiCKELy Liber Diurnus Romanorum pontificnm, Vindobonae, 1889,
p. 93, form. Lxxxiii, p. 103, Lxxxiv « Indiculum pontificis » ; p. 80,
forni. Lxxv e p. 81, Lxxvi « Indiculum episcopi».
(6) Cf. Liber Ponlificalis, ed. Duchesne, I, 281; ed. Mommsex,
p. 139. Sulle sinodi tenute nella basilica cf. O. Panvinius, Dj
rebus anliquis tneniorabilibus et prueslanlia basilicae Sancii Petri aposto-
loriim principis, libri seplcm (nello Spicileiiiuiii Romanum, IX), lib. IV,
cap. XVI : De coiiciliis in basiiica Vaticana. Biillarium basilicae Vaticanac,
Romae, 1747, I, 1-2, nota. Albert Wer.minghoff, Vcr^àchnis der
Akkn Jrankiscben Synoden von S4}-(jiS, nel Keites Archiv, XXVI,
609 sg.
(7) Cf. G. B. De Rossi, La biblioteca della Sede Apostolica ed i
cataloghi de' suoi manoscritti, negli Studi e documenti di storia e diritto,
a. V, 1884, p. 343; Codices Palatini latini bibliotbecae ì''aticanae, ree.
Henricus Stevenson IUNIOR, recognovit G. B. De Rossi, Romae, 1886,
p. LXXXII.
Caridì-io di S. Pietro in l'alienilo 595
SI conservava in esso memoria delle concessioni della di-
gnità del pallio, il quale veniva tolto dalla confessione di
san Pietro.
Nella citata bolla di Agapito II compare per la prima
volta l'espressione « archivio Sancti Petri » nel significato,
come nei riferiti documenti, di « scrinium confessionis
«sancti Petri», e per quanto il documento sia falso, nel
suo complesso la veridicità della notizia e dell'espressione
non può essere infirmata. Il pontefice Gregorio VII citando
in una sua lettera (J.-L. n. 5203) il falso diploma di Carlo
Magno, Mùlilbacher, Reg. n. 340 (331), tuttora presso l'ar-
chivio Capitolare, lo dice esistente « in archivo ecclesiae
« Beati Petri ».
I documenti citati come deposti nella confessione non
possono dirsi di stretta amministrazione della basilica, e
nulla hanno di comune colle solite donazioni fatte al pa-
trono della chiesa considerato come persona vivente, uso
molto esteso nel medioevo. Era questa la basilica del prin-
cipe degli apostoli, del fondatore della Chiesa Romana, e
nella confessione e sul di lui corpo si deponevano come
omaggio e come in un' arca di sicurezza i documenti di
speciale importanza per la Chiesa in genere. Tuttavia l'ar-
chivio della confessio non si confonde mai collo scrinium
S. Romanac Ecclesiae o Lateraiiense. È merito del rimpianto
G. B. De Rossi l'aver chiarito questo punto (i). Ma l'ar-
chivio della confessione era diverso dall' archivio della
basilica o dei canonici di S. Pietro ? Gli storici della ba-
silica non si occuparono del quesito; pare che il De Rossi
ritenesse lo scriiiiuiìi della confessio tutt'uno coli' archivio
della basilica ; cosi il professore Bresslau, nel suo ottimo
manuale di diplomatica, non nota differenza alcuna (2).
(i) G. B. De Rossi, La hiblioUca &c. pp. 342-45 ; Codices Pala-
tini Sic. pp. LXXix-LXKXii. Cf. H. Brbsslau, Hundbuch der Urkuii-
dinlilire fiir Diulschland luid Ilalicn, Leipzig, 1889, I, 120 sg.
(2) Op. cit. I, 124.
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 20
39^ /•■ •V//.c7yL\7rc7//
Di altro avviso e il professore Scheffer-Boichorst, il quale,
dopo di aver indicato sommariamente quali documenti ve-
nivano deposti nella confessio, aggiunge: « aber die Cripta
<( war dodi nicht das Archiv der Peterskirche: was aus
« diesem hervorgegangen ist, was nodi in demselbcn auf-
« bewahrt wird, besieht sich unmittelbar auf Kirche und
e Geistlichcit von St. Peter» (i). Anzi tutto va notato,
che, tanto presso l'attuale archivio Capitolare di S. Pietro
quanto presso l'archivio Vaticano, non si conservano do-
cumenti originali che con certezza siano stati deposti sul-
r altare della confessione, indi nello scriiiiiitii confessioiiis {2) \
tutto quel prezioso materiale è andato perduto.
Le donazioni fatte a san Pietro, di qualsiasi genere e
accompagnate o no da testimonianza scritta, venivano
collocate, secondo le espressioni più comuni, ante o super
coiifessioiiein, ante o super aitare confessioms beati Petri. Con
queste o simili formule si descrive materialmente l' atto
della donazione, la traditio; ma non dobbiamo ritenere che
gli oggetti donati rimanessero sempre sull'altare. I do-
cumenti scritti venivano in seguito deposti nello scrininui
confessioms. Alla parola confessio va attribuito in questo
caso un significato ampio, come cripta, fors' anche chiesa.
Intanto non si può parlare di un unico e proprio ar-
chivio Capitolare della basilica di S. Pietro anteriormente
al secolo xi. I canonici di S. Pietro erano distribuiti nei
quattro monasteri di S. Stefano maggiore, di S. Stefano
(i) Paul Scheffer-Boichorst, Zwei UnUrsuchinigen :;^iir Gc-
sclìicbtc der pùpstìichcii Tcrriloriul- und Finatiifìolitìk, nelle Mittbeiìuii-
^cn de- Iiislituts fùr osti: Gescbichtsforschuno, IV Ergiinzungsband, p. 89,
nota I.
(2) È una ipotesi, per quanto assai fondata, quella di Marino
Marini (Nuovo esame dcW autenlicHìi dei diplomi, Roma, 1822, p. 67),
e del SiCKEL (op. cit. pp. 40-41) che il diploma Ottoniano 962 feb-
braio 15, proprio nel ritenuto originale presso l'archivio Vaticano
(arm. I, caps. ni, n. i), s:a stato deposto sull'altare della confessione.
Cartario di S. 'Pi^'lro in Vaticano 397
minore, di S. Martino, di S. Giovanni e di S. Paolo,
situati presso la basilica, retti da un proprio abbate col
titolo di archiprcsbiier, con propria amministrazione e, ar-
gomento, con proprio archivio. L'unione dei quattro mo-
nasteri si effettuò nel secolo xi, ma a grado, sebbene il
documento giuridico di quella possa ritenersi la bolla di
Leone IX (J.-L. n. 4294) diretta a Giovanni arciprete di
S. Pietro, colla quale il pontefice conferma alla detta chiesa
tutti i beni e possessi dei singoli monasteri. I documenti di
questi si conservano tuttora, pochi in numero, presso l'ar-
chivio di S. Pietro e appartengono ai secoli x e xi; man-
cano carte di data posteriore spettanti ai singoli monasteri;
r unione amministrativa fu completa, pur continuando cia-
scun monastero a prosperare separatamente. Il capitolo
si era così unito e consolidato; da quest'epoca in poi, i
documenti privati e le bolle pontificie ci mostrano un' am-
ministrazione unica, quella del capitolo in genere della
basilica. Quest'unione avrà senza dubbio richiesto un ac-
centramento dei documenti amministrativi; ritengo che
allora, alle carte spettanti puramente alla basilica e con-
servate nello scriniìuìi coufessioìiìs, si aggiungessero quelle
dei quattro monasteri. Forse a quell' epoca risale 1' uso del-
l' espressione archivium o scriniiuìi ecclesie. Beati Petri. E no-
tevole che in seguito non si ha più ricordo dello scrinio
della confessione.
L'attuale archivio della basilica od archivio Capitolare
di S. Pietro possiede un solo documento del secolo ix,
cioè una. bolla di Leone IV (J.-K. n. 26^^) pervenutaci
in copia autentica del 1141 (1). I documenti originali prin-
cipiano col secolo X, ed i più antichi, quelli dei secoli x e xi,
appartengono al fondo dei monasteri aggregati. Ma anche
(i) Non tengo conto del falso diploma di Carlo Magno (p. pò,
n. I).
398 L. Scliiaparclli
questi documenti non sono numerosi. Di quelli citati par-
lando della confessione (pp. 593-94), del chirografo ricor-
dato nelle l'arie di Cassiodoro (i), delle donazioni della
domits ciiìia Laiirctiim e della massa Fontiana (2), della donuis
culla Saiictc Cecilie (3), della domiis eulta nel decimoquarto
miliario (4), delle masse Aniìus e Formias (5), della bolla di
Gregorio II(J.-L. n. 2 184), delle donazioni di Gregorio II (6)
e di Zaccaria (7) per la luminaria Sic. 1' attuale archivio
non conserva né copia, né memoria alcuna. Così non con-
serva notizia dei documenti riguardanti gli antichi censi
della S. Sede, originati da offerte fatte da chiese e da mo-
nasteri a san Pietro per ottenere la tuitio o dcfensio. Era
bensì il papa che disponeva di questi censi o rendite, ma
prima della riorganizzazione delle finanze pontificie sotto
Alessandro II per opera dell'arcidiacono Ildebrando (8),
si verificarono alcune confusioni e si hanno esempi di of-
ferte a san Pietro e deposte sul di lui corpo, le quali non
spettavano al palalium, cioè al papa, ma alla basilica. Ad
esempio, in un documento lucchese del 790 (9) si specifica
che l'offerta debba servire per la luminaria della chiesa di
S. Pietro; nel documento del 1062 di fondazione del mo-
nastero di S. Nicola di Poitiers (io) si stabilisce un censo
(i) Ed. MoMMSEN, nei A/oh. Genti, hist., Auctorcs atiliquissimi,
XII, 20, 377.
(2; Liber Ponti ficiilis, ed. Duchesse, 1, 452; cf. p. 458, nota 40.
(3) Lihir PoHtificaUs, ed. Duchesse, I, 434; cf. p. 459. nota 52.
(4) Libir Pontificalis, ed. Duchesse, 1,454-55 ; cf. p. 439, nota 54.
(5) Liber Pontificalis, ed. Duchesse, I, 435: cf. p. 439, nota 55.
(6) Liber Ponlificalis, ed. Duchesse, I, 410.
(7) Liber Pontifualis, ed. Duchesse, I, 452; cf. p. 438, nota 41.
(8) Cf. Paul Fabre, Elude sur le Liber Censuum de l'Église Ro-
maine, nella Bibliotbcque des écoles frati(aises d'Alhcnes et de Rome, LXII
(Paris, 1892), p. 151.
(9) L. A. Muratori, Anliqnil. li. III. 561; cf P. Fabre, op. cit.
pp. 58, 150.
(,10) Cf. P. Fabre, op. cit. p. 151.
Cartario di S. Tìetro in Vaticano 399
al capitolo di S. Pietro. Almeno di questi censi, in cui cioè
si specifica l'offerta per la chiesa di S. Pietro, l'archivio
di questa avrà conservato ricordo.
Se mai un archivio ecclesiastico doveva essere ricco
di antiche carte era per 1' appunto quello della basilica del
principe degli apostoli. Le notizie che si attingono dal
Liber Pontijicalis e dai libri dei censi o redditi della basi-
lica (i) possono offrirci una pallida idea delle innumere-
voli donazioni di pontefici, imperatori e re, di chiese e
monasteri, di persone private (2). Il prezioso materiale
andato perduto è incalcolabile.
Troppo difficile sarebbe voler indagarne le cause;
mancano le testimonianze. Del resto, la stessa sorte toccò
agli altri archivi della città, i quali certo ebbero a soffrire
dalle lotte, dai saccheggi di cui essa fu teatro e vittima,
segnatamente nel secolo xi (3). Anche nel saccheggio
del 1527 l'archivio di S. Pietro perdette molte carte (4).
Non dovettero essere estranee altre cause come la poca
oculatezza nella conservazione o la malvagità di persone
che potevano avere interesse a nascondere e a soppri-
mere documenti ; ed a proposito va ricordata la bolla di
Urbano IV (Potthast, n. 1S610') dove si legge: «nonnulli
« iniquitatis filli, quos prorsus ignorant diversos redditus,
c( decimas, census, domos, terras, vineas, possessiones, li-
ce bros, apostolica privilegia, instrumenta publica et quae-
« dam alia bcvna ad dictam basilicam pertinentia temere
(i) Rimonta alla fine del secolo xii un elenco delle chiese
soggette alla basilica con enumerazione dei censi da queste dovuti.
Mi propongo di pubblicare questo interessante documento con uno
studio generale sui censi della basilica.
(2) Cf. O. P.-^NViNius, op. cit. lib. Ili, cap. xxxiii, De redìiilnis
aiUiquis hasilicae Vaticanae, pp. 275-78.
(3) Cf. G. B. De Rossi, Codices Palatini &c. p. xc.
(4) Cf. Bullario, II, 397; Martorelli, Storia del clero Vaticano
dai primi secoli del Cristianesimo fino al XVII, Roma, 1792, p. 249.
400 L. S:h\aparclli
« occultare et occulte Jetinere presumunt in animarum pe-
ce riculum et dictae basilicae non modicaai lesionem... »,
e colla quale il pontelìce minaccia di scomunica quanti
non restituiranno entro determinato periodo i documenti
dell'archivio. Nel secolo xv MalTeo Vegio lamenta la man-
canza di notizie intorno ai monasteri presso la basilica, do-
vuta alla perdita di antichi documenti (i).
Mancano notizie antiche sull'ordinamento o sui lavori
eseguiti.
Sotto il pontificato di Innocenzo II lo scriniario Gio-
vanni fece un transunto della bolla di Leone IV e del
falso diploma di Carlo Magno, e 1 indica la fonte con le
parole: « sicut inveni in thomo carticineo iam ex magna
« parte vetustate consumto », espressione questa che, come
anche attestano alcuni caratteri estrinseci della copia, si
riferisce all'originale in papiro della bolla e allo pseudo
originale in pergamena del diploma. Questo scriniario ci
è noto anche per altri documenti da esso eseguiti, e si
rivela un trascrittore corretto e diligentissimo (2).
Pare che il prete Pietro Mallio, il quale visse sotto
Alessandro III e principia la sua Descriplio basilicae Vali-
canae colle parole: « Petrus Mallii Beati Petri presbyter,
(t) « .. . nuniquam tamen invenire potui ncque .apud historicos
«ncque apuJ privilegia pontificum in quibus magna horum habetur
«noiitia. Nani tot ex iis quae ad basilicani pertinebant depericrunt,
« ut dolcndum sit, quantum vel negligcntia vcl malignitas iiominuni
e omnia consumat, omnia deleat et conficiat » (Bolland. Acta Ss. lunii,
VII, 80)
(2) Nella copia dei due citati documenti è di una esattezza esem-
plare; riproduce non solo alcuni caratteri estrinseci della fonte, ma
le note, i tratti di lettere che ancora potevansi rilevare nell'originnle
assai danneggiato, cosiccliè da questa sua riproduzione abbiamo una
guida per completare lettere e parole mancanti. E non sono dell'avviso
del ToRRiGio {Le sacre grotte Valicane, p. 505) die incolpa lo scri-
niario Giovanni degli errori nella copia del diploma di Carlo Magno.
(lai-lario di S.T^iclro in Wìtx.ino 401
« libellum ex archivo eiusdem sacrosanctae basilicae compi-
« latum «, non abbia in realtà attinto a documenti dell'ar-
chivio (i); ma certo ricorse ad essi il di lui continuatore
il canonico Romano, ai tempi di Celestino III. Alcuni
lavori di trascrizione si eseguirono nel secolo xiii, e cito
particolarmente una pergamena del 1289 maggio 14 con
estratti delle bolle di Leone IX (J.-L. nn. 4292, 4293) e
Adriano IV (J.-L. n. 10387) (2); ma solo nel secolo xiv
si fimno numerosi e attestano uno speciale interesse per la
conservazione dei documenti dell'archivio. Ricorderò anche
che nel 1350, anno di giubileo, essendo pontefice Cle-
(i) Cf. G. B. De Rossi, Inscripiioiies christianae, II, pars I (Ro-
mae, 1888), p. 197.
(2) « Hec sunt quedam capitula et pars cuiusdam alterius pu-
« 'olici et orlginalis privilegii supradicti domni Leonis noni pape . . . jj
coir autenticazione : « [ST] Ego Leonardus lacobi Rubei sancte Ro-
te mane Ecclesie auctoritate index et notarius sicud inveni in predi-
ce ctis privilegiis bullatis predicta capitula ex eis scribsi et fideliter
« exemplatus sum. Et dictis privilegiis in dictis capitulis in eis con-
« tentis cum presenti exemplo diligenter abscultatis et lectis in pre-
« sentia discreti viri domni presbiteri Egidii archipresbiteri ecclesie
« Sancti Vincenti! de Urbe Romane fraternitatis rectoris per ipsum rc-
« ctorem et per subscriptos testes licterarum eruditos ipsa capitula
« dictorum privilegiorum decreto et auctoritate dicti rectoris in hiis
« per eum interpositis publicavi et in publicam formam redegi ad in-
« stantiam et preces discreti viri domni Retri Romanucii beneficiati ac
« camerari! et procuratoris basilice principis apostoloruni de Urbe, cui
« predicta privilegia pertinere noscuntur. Actum Rome in lovia ante
« dormitorium diete basilice in anno dominice incarnationis mille-
« Simo ducentesimo octuagesimo nono, tempore domni Nicolai pape
«quarti, indictione secunda, mense madii, die quarta decima, presen-
« tibus et abscultantibus hiis testibus licterarum eruditis, scilicet pre-
te sbitero Francisco de Mancinis, presbitero Saba magistri Retri Lau-
te rentii et Retro de Zatro benefìciatis diete basilice, Sebastiano clerico
et Sancti Vincenti!, domno Bartholomeo Gregorii lohannis Guidonis
ee et Saba lacobus loliannis Zucke notario ad hec vocatis et rogatis,
ee qui inferius se propriis manibus subscribserunt », La pergamena è
tagliata inferiormente e quindi mancano le sottoscrizioni autografe.
Archivio Gap. caps. LXXIII, fase. 158.
402 L. Scìn'jparelli
mente VI, il capitolo fece trascrivere ed autenticare dal
notaio « Gualterius domni Frederici de Clarmonte cleri-
« cus Firmanus » parecchi documenti, tra cui le bolle di
Leone IX (J.-L. n. 4509) e di Eugenio III (J.-L. n. 9714)
il IO maggio, di Leone IX (J.-L. nn. 4293 64294) il 5 giu-
gno (1). E sono copie esatte, le quali riproducono nella
Rofj e nel Bcnevalete i caratteri estrinseci dell' originale
con vantaggio grande per la critica del testo e per la
diplomatica. Da queste notizie si può dedurre che tino al
secolo XII r archivio possedesse 1' originale in papiro della
bolla di Leone IV e fino al secolo xiv gli originali in per-
gamena delle bolle di Leone IX.
La perdita di questi originali, all' infuori forse della bolla
di Leone IV in papiro, materia per sé così facile a dete-
riorarsi, va dovuta al fatto - tutt'altro che raro nella sorte
dei documenti - che venivano usati ed allegati come titoli
ad atti processuali. Leone X nel « motu proprio » col quale
incarica il chierico e notaio capitolare Lodovico Ceci di
transuntare i documenti dell'archivio, lamenta appunto la
perdita di bolle e di istrumenti allegati ad atti giudiziari! (2).
Da alcuni regesti, da note di mano identica sul verso
di parecchie pergamene, specie delle bolle e dei diplomi,
si può argomentare che nel secolo xiv siasi tentato un
ordinamento.
Della fine del secolo xiv o dei primi anni del xv è
il più antico inventario fino a noi giunto. È fatto molto
sommariamente cosicché non ci permette di identificare
tutti i documenti che registra con quelli tuttora conser-
vati, ma ciò non diminuisce la sua importanza, data
l'epoca cui risale. Lo riproduco per intiero in appendice
alla presente Introduzione, ed accennerò a suo tempo,
(i) Per le autenticazioni cf. Biillurio l'ulicano, I, 32, 3}, 36.
(2) Bullario Vaticano, II, 371.
Cartario di S. T*ietro in Valicano 403
nel corso del lavoro, ai documenti in quello registrati ed
ora perduti. Apprendiamo da questo inventario che ì docu-
menti erano collocati in tre casse e dentro a queste si con-
servavano in appositi sacchetti carte spettanti a speciali
fondi. Non si può ancora parlare di un vero ordinamento,
ma pure la distribuzione per fondi o per materia, che verrà
adottata nei cataloghi successivi, è più che abbozzata. Tale
inventario od elenco di documenti si trova coli' inventario
dei libri, dei beni e mobili della sacrestia, e le carte sono
talora confuse con questi. E come nella cassetta segnata Q
tra le pergamene e le carte si trovava « unum breviarium
« copertum de corio rubeo et depicto et notatum», cosi
« in cofino pulcro cum signo littere II » tra libri ed oggetti
si registra: « item bulle et instrumenta quam plurima»
(e. 3 b); «in uno cassecto ferrato cum littera FD » tra i
libri: «item una bulla Bonifatii octavi » (e. 7); in una
scatola tra oggetti vari : « una bulla domnì \'enetorum
« super receptionem Niceni ad nobilitatem. Alia bulla super
c( unione Grecorum cura Romana Ecclesia» (e. 58 b) (i).
Autore di questo inventano è un prete o canonico di
S. Pietro (2).
Nel secolo xv alcuni documenti dell'archivio vennero
utilizzati dallo storico della basilica Maffeo Vegio e nel
secolo XVI dall'erudito Onofrio Panvinio,
Intanto nel secolo xv e soprattutto nel xvi l'archivio
si arricchisce del materiale delle abbazie aggregate, prin-
cipalmente di S. Martino di Valle, unita alla mensa capito-
(i) E. Muntz e A. L. Frothimgham, // tòioro dellu hasilica di
S. Pietro, neWArch. della Soc. rom. di st. patr. VI, 134.
(2) Si argomenta dalle espressioni: « particola testamenti ... super
« censu nobis dimisso... »; « bulla Urbani V exemptionis nostre et
« membroruni nostrorum » ; « bulla Gregorii Villi continens eccle-
« sias et bona nobis subiecta et incorporata » Sic.
404 L. Schuìp.ìrelli
lare di S. Pietro con bolla di Nicolò \' 1451 Febbraio 3 (i),
di S. Salvatore di Maiella con bolla di Giulio II 1550 feb-
braio 22 (2), di S. Martino di Viterbo e di S. Rufillo di
Fcrlinipopoli con bolla di Pio IV 1564 giugno 20 (5), di
S. Barbato di Pollutro unita da Gregorio XIII nel 1582
novembre 13 (4).
Accresciutosi l'archivio di cosi ricco ed importante ma-
teriale si fece tosto sentire il bisogno di un riordinamento;
si compilarono nuovi cataloghi, si fecero trascrizioni di
documenti, lavori opportunamente favoriti da saggie di-
sposizioni dei pontefici e del capitolo.
Leone X col citato «motuproprio» del 1521 luglio 5 (5)
permette al chierico e notaio capitolare Lodovico Ceci,
« ut omnia et singula instrumenta dictae basilicae facta ac
« publicata et litteras apostolicas eidem concessas, propria
« auctoritate fideliter tamen transumere et exemplari et
« in publicam formam transumpti redigere et publicare
(i libere et licite possit... Decernentes omnibus et singulis
« instrumentis ac litteris apostolicis praedictis per dictuni
« notarium praefiti capituli transumptis et suo sub signo in
a publicam formam redactis, in iudicio et extra iudicium
u in Romana Curia et extra ubique locorum tanquam ori-
ce ginalibus fidem indubiam adhiberi » (6).
Sisto V con bolla dell'anno 1589 giugno 8(7) lancia
la scomunica contro quanti non restituiranno, entro quin-
dici giorni, i libri, le scritture, gli estratti, le quitanze, le
(,i) Biillario Vaiic. II, 134.
(2) Biilluiio Vdlic. Ili, I.
(5) Bulliirio Vaiic. Ili, 50.
( \) Ballar io Vaiic. III. 141.
()) Bullario Vaiic. II, 371.
(6) I libri copiali B, C, D, E, che ricorderò in seguito, conten-
gono documenti autenticati da L. Ceci.
(7) Bullario Valle. Ili, 160.
(\ìi'lario di S. 'Pi'.'lro in VdUcJiuo 405
cedole, i libri oensuali, gli istrumenti &c. per qualsiasi
motivo asportati dall'archivio. Con altra bolla del 15S9
settembre 27 (i), minaccia nuovamente di scomunica
chiunque non restituirà i documenti dell'archivio; vieta che
in seguito altre carte si asportino senza espressa e scritta
licenza dell'arciprete della basilica, ordina poi che dei do-
cumenti pontifici come degli istrumenti e delle carte in-
teressanti il capitolo e conservate nell'archivio si esegui-
scano copie, per mezzo di notai a ciò deputati dall'arciprete
e dal capitolo, debitamente autenticate colle sottoscrizioni
e col sigillo dell'arciprete, cosicché possano usarsi ed ab-
biano il valore di veri originali (2).
Clemente VII! nel 1600 maggio 31 osservando: « cum-
« que opus sit diversa privilegia authentica et bullas ponti-
te ficias nimium vetustas -^c etiam librum buUarum et con-
« stitutionum ipsorum capituli et canonicorum dudum ex
« privilegio felicis recordationis Leonis pape X predeces-
« soris nostri a quondam Ludovico Cecio notarlo publico
« transumptatum ob eius etiam vetustatem de novo tran-
ce sumptari et quandoque etiam de aliis privilegiis instru-
« mentis et scripturis suprascriptis, ne inde originalia ex-
« trahantur, transumpta fieri oporteato, dà incarico di
compiere questo lavoro al notaio pubblico e capitolare
Giacomo Grimaldi « de cuius fide et integritate ipsi capi-
« tulum et canonici valde confidunt « (3).
Dopo l'aggregazione delle abbazie, il più antico indice
oJ inventario è del 1520, « Liber sive inventarium bono-
« rum et scripturarum basilice Sancii Petri», del quale
(i) Buìlario ]\itic. III, 166.
(2) In due filze (sala prima, armadio 17) si conservano le « Li-
ft centiae eminentissimorum archipresbyterorum extrahendi scripturas
«et alia ex archivio Vaticano ab anno 1589 ».
(3) Buìlario Valle. HI, 198.
40^ L. Schiaparcllì
si conservano due copie cart>icee del secolo x\i (i). È una
serie di brevi inventari dei singoli fondi (2).
Segue l'inventario del 1567 scritto da Alfonso Menio
chierico della basilica « de mandato ili.' et rev. domni Mo-
« naldi de Monaldensibus de Cervaria ». I documenti sono
(i) Sala terza: Sacrestia, armadii inferiori.
(2") C. I : « Inventarium honorum que scrvantur in sacliristia se-
« creta et custodiuntur a domnis sachristis canonicis ».
C. 16: (f Inventarium scripturarum rerum basilica in regno Nea-
« politane, Sardìni? et Corsic9, Orlon? ».
C. 21 : ff Inventarium instrumentorum domorum locatarum ad
« generationem ».
C. 29: « Inventarium instrumentorum domorum locatarum in
« perpetuum ».
C. 54: « Inventarium testamentorum emptionum donationum et
« antiquorum instrumentorum ».
C. 50: «Inventarium instrumentorum vinearum ».
C. 54: « Inventarium scripturarum Sanct? Mari? et Catherine de
« regione Arenai? ».
C. 55 : « Inventarium scripturarum Sancte Caiherin? de Burgo ».
C. 58: « Inventarium scripturarum Sancti Blasli della Pagnotta».
C. 59: «Inventarium scripturarum Sancti Magutii».
C. 60: «Inventarium scripturarum Sanct? Mari? Tiburtin? ».
C. 61 : « Inventarium scripturarum monasterii Sancti Pauli Podii
« Donadei ».
C. 62 : «Inventarium scripturarum monasterii Sancti Martini de
« Fara Theatine diocesis ».
C. 63 : « Inventarium scripturarum monasterii Sancti Salvatoris
« de Maiella Theatine diocesis ».
C. 64: «Inventarium scripturarum hospitalis Sancti Thom? in
« Formis ».
C. 65: « Inventarium scripturarum beneficiorum qu? sunt ad
« coUationem capitali ».
C. 69: «Inventarium bullarum et privilegiorum ».
C. 104: « Casnlia in Transtiberina».
C. 113: « Casalia in Insula».
C. 114: «Casalia in Laiio».
C. 116: « Q.ue non possidentur ».
Sono anche inventariati alcuni « libri instrumentorum ».
Cariai IO di S. 'Pietro in Witicano 407
distribuiti in armari e teche e classificati per fondi, ad ecce-
zione delle bolle pontificie che formano una categoria a
parte (ad es,: scripUirac Portiis, Campi Salini et Fumi Sara-
ceni; scripturae casalinni Iiibiìci, Monasterii et Petre auree;
scripturae casaìis Comax;(ani 6cc.)(i).
Un notevole progresso, perchè più completo e dai re-
gesti più estesi ed esatti, presenta quest'altro « Inventarium
« omnium buUarum et aliarum scripturarum spectantium
« ad sacrosanctam basilicam S, Petri de Urbe » di G. B. Te-
gerone, beneficiato della basilica, del 1568 (2).
Abbiamo un breve sommario del 1592: « Doppo la
« visita di Clemente Vili. Sommario delle scritture dell'ar-
te chivio donato alli ili."' SS. Visitatori 1592 «.
Il « Summarium instrumentorum et aliarum scriptu-
« rarum existentium in archivio basilice Sancti Petri », ms.
cart. del sec. xvi, bibl. Barberini, XXXIII, 29, non è com-
pleto, ma importante, con ampi regesti con qualche copia
ed estratto; i documenti sono in generale datati (3).
Si arriva così all'indice di Giacomo Grimaldi (4), il
benemerito, erudito archivista. Il suo indice del 1599 me-
rita davvero l'elogio tributatogli da Gaetano Marini (5). In
quanto alla distribuzione del materiale per fondi e possessi
si attenne, in genere e migliorandolo, al metodo adottato
nei cataloghi precedenti, ma egli compì un lavoro di diffi-
coltà e di lena non comune dandoci un transunto ampio e
preciso di tutte le pergamene e carte dell'archivio.
L'indice di Paolo Bizono, canonico bibliotecario, dei 1 6 1 8
è un'appendice a quello del Grimaldi.
(i) Tra i mss. della bibl. Gap. A, 77.
(2) Sala terza: Sacrestia, armadi! inferiori.
(3) Nella busta 48, B, fase. 3.
(4) Cf. EuGÉNE MuxTZ, Rccìierches sur Vituvre archéologiqae de
Jacques Grimaldi, nella Bibliolbcque des écoles jrangaises d'Athènes et de
Rome, I, 225 sg.
(3) Cf. Muntz, op. cit. p. 228.
.|oS L. Sc/i:aparclli
Xel 1602 il bibliotecario e canonico G. Batt. Lancel-
lotto compie un altro voluminoso « index instrumentorum
« et scripturarum archivi sacrosanctae Witicanae basilicac
« principis apostolorum ex protocollis et transumptoruni
« libris iuxia singulorum materias distincte accurateque
« capituli iussu confectus». Si rimanda perle pergamene
al catalogo Grimaldi.
In fine, del 172(3 abbiamo un « inventarium omnium
« bonorum mobilium, stabilium, semoventium, fructuum,
« rcddituuuij iurium et onerum cuiuscumque generis sa-
« crosanctae basilicae Vaticanae seu ipsius mensae capitu-
« laris atque membrorum ciusdeiii mensae ». Vi precede
una « descriptio archivii », e dei principali fondi si danno
notizie storiche. È anonimo.
Non torneranno forse inutili alcune notizie sulla loca-
lità dell'archivio.
l^iblioteca ed archivio, che probabilmente nei primi
tempi erano una cosa sola, occuparono locali attigui,
presso la sacrestia.
Ignoriamo se lo scriìiiiini confessionis beati Petri si tro-
vasse presso la confessione e nelle Sacre Grotte; ma se
pure ebbe questa sede, dopoché l' archivio della basilica
si arricchì dei documenti dei quattro monasteri, cioè nel
secolo XI, esso dovette, ritengo, occupare posto migliore, più
comodo per l'uso delle carte amministrative. Nel medioevo
si ricorda raramente l'archivio, mentre non scarseggiano
notizie intorno alla biblioteca, «quam plurimis antiquissimis
« codicibus », dice l'Alfarano (i), « referta, quae viris do-
« ctissimis semper patebat». La località dell'archivio va
ricercata con quella della biblioteca e presso la sacrestia.
L' inventario più sopra ricordato del xiv-xv secolo
accomuna l'inventario degli oggetti di sacrestia con quello
(r) Ms. G 6, e. 50 della bibl. Gap.
Cartario dì S. T^ictro in V'alicaiio 409
tlei libri e delle pergamene, nò la distribuzione è netta e
precisa (i). Abbiamo un « inventarium suppellettilium et
« librorum bibliothecc et sacristie anni 1454 et 1455 » (2);
nel 1520 si compilò un « liber sive inventarium bonorum
« et scripturarum basilico Sancti Petri » dove al ricordato
inventario dei documenti precede Tee inventarium bonorum
«quc scrvantur in sachristia secreta et custodiuntur a do-
<( minis sachristis canonicis».
Secondo la tavola dell'Alfarano la biblioteca era si-
tuata nel luogo segnato ///. Quando poi sotto Paolo III
si proseguirono i lavori per la nuova basilica e si adattò
per uso della sacrestia il tempio della Madonna detta della
Febbre, in questo venne pure trasportata la biblioteca e con
€ssa l'archivio (3). Dai libri degli «///degli anni 1535-1549
desumiamo particolari notizie sui lavori di trasporto e di
ordinamento dei libri e delle carte nella nuova sede (4).
(i) Lo stesso si verifica negli antichi indici dell' archivio della
S Sede. Si cf. Franz Ehrle, Zar G^schichU des Schaties der Biblio-
Ib/.k una dis Archivs der Piipste ini vierichnlen Jahrlmnderl, neìVArchiv
fiìr LilUraiur- und Kircbengcscbichte des Miitelalters, I, i sg.
(2) Cf. GoTTLiEB, Ueber Mittelalt. Bibliolbeken, Leipzig, 1890, n. ój'O.
(3) Cf. Cancellieri, Sagrestia Vaticana eretta dal regnante pon-
tefice Pio sesto, Roma, 1784, p. 6; Cancellieri, De secretariis hasilicae
Vaticanae, Romae, 1786, p. 1225 sg. Egli ritenne, nel suo lavoro cit.
sulla sagrestia, che il trasporto della biblioteca e dell'archivio fosse-
avvenuto sotto Gregorio XIII, in quest'altro Io pone sotto Paolo IV
o Pio V; ma da quanto si legge nella seguente nota non vi è dub-
bio che questo sia avvenuto prima, sotto il pontificato di Paolo III.
(4) 15^5 [e. 30. J Die nona ianuarii... et prò una davi ad locum ubi est
colutnna domini nostri lesu Christi in ecclesia nostra et prò duabus serraturis
prò armario quod eU sub cathedra sancti Petri boi. x.x.v., et prò duabus ser-
raturis fortibus prò armario magno sub imagine sancti * * ordinis predica-
torum boi. .xxxx.ta et prò resarcimine novem parvorum armariorum supra cap-
pellam reliquiarum in quibus tenentur instrumenta et scripture pertinentes ad
capitulum et ecclesiam nostrana et prò duabus clavibus prò dictis armariis et
aliis duabus prò duabus magnis cassis inibi ad eundom usum consistentibus
boi. .L.ta
[C. 31.] Dedi magistro Lombardo architecto prefato prò infixione dictorum
4IO L. SchiapaìL'llì
Intanto nel 1579 si stabilisce un nuovo archivio per
la Fabbrica di S. Pietro, e nei « Decreta et resolutiones
ferroruiii ad parietes et prò incisura et incrustatura et dealbamento cappelle
nostre in qua sunt libri et in qua debent recoiidi reliquie sanctorum et prò
calce et cemento ad dictum opus, ex pacto facto concorditer cuni eo per manus
rev.Ji domini Tiberii de Mutis, in totum scuta duo et iul. quinque, quorum
ultimam solutionem feci die .xxx. aprilis.
[C. 51.] Dedi magistro Angelo fabro lignario habitanti in Burgho Novo prò
duobus armariis novis capacibus nostrorum librorum qui solebant esse in li-
braria, que armaria sunt posila in cappella nostra in qua solent teneri pre-
fati libri, ex pacto facto consciis rev.dis dominis sindicis, scuta duodecim,
quorum solutionem cepi die sexta februarii et finivi die .x\v. aprilis.
[C. jr.) ...item dedi... et prò resarcimento parvorum armariorum su-
peiiorum in quibus ad presens tenentur scripiure...
[C. 55.] Exposuit die .xiiii. et .xv. decembris prò mercede duorum mer-
cennariorum qui transportarunt et mundarunt libros bibliothece nostre et prò
duobus prandiis quibus interfuerunt domnus Benedictus Ecchius et domnus
Pax Angeli et domnus Faustinus et sacriste et accoliti nostri qui omnes la-
boraverunt in poliendo et inventariando et ordinando et recondendo omncs
libros nostros, et ut apparet in armariis librorum nostrorum in sacristia, in
totum iul. 25.
[C. 55 B.] Dedi magistro Laurentio Tozino ferrarlo prò ferris armariorum
librorum et prò ferris armarli reliquiarum quibus configitur parieti... in totum
4. b. 50.
[C. 36.] Dedi domno Andree de Pintassis mercatori florentino suprascripto
prò tribus petiis tele viridis prò conficiendis cohopertis armariorum in quibus
sunt reconditi libri nostri scuta tria et prò duabus cannis tele violacee San-
cii Galli ad cohoperieadum tabernaculum corporis Domini in choro, iul. novem.
[C. 56] Dedi magistro lohanni florentino pictori habitante prope Ro-
bertum Busdragliam prò pictura telarum armariorum librorum et telarum al-
taris reliquiarum . . .
[C. 155.] Recepì a librario lanuensi qui vendit libros veteres a Campi
Flore prò pretio plurium quinternorum librorum inutilium qui superfuerunt
quando fuerunt reconditi libri nostri in armariis suis, quos quinternos inu-
tiles ego vendidi de consensu dominorum, die .xviii. decembris scuta duo.
1)57 [^- 59] Dedi magistro Baptiste de Caravagio architectori scuta sexde-
cim et boi. 45 prò suo opere in destruendo murum capelle ubi nunc est li-
braria nostra et resarciendo et muniendo et dealbando dieta capella et prò
elevatione et resarcimento loci ubi nunc tenetur oleum et prò calce et pu-
tcolana et prò omni residuo sui magisterii facti tempore nostri sacristatus.
[C. 59.] Dedi magistro .Matheo de Lu:a fabro Ugnarlo prò resarciendis
aroiiriis omnibus sacristie nostre ubi reconduntur paranienta et multis tabulis
mutatis in dictis armariis, ex pacto facto, scuta tria, boi. 50.
[('.. 39.] Item dedi eidem prò conficiendo tote ornata librarie cuin com-
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 411
« s.icrae Congregationis rev. Fabricae S. Petri » (voi. se-
gnato n. 158 presso l'attuale archivio della Fabbrica, e. 1 30 b)
missuris et tabulis et columnis et portis librarie una cum trabibus et repagis
et continuatione seu annexione novi ornamenti ad vetera et prò omni residuo,
in totum scuta decem et octo, et boi. 55.
[C. 59 B.J Item exposui prò conducendis armariis librorum ad librariam
et mutandis ac ordinaadis pluribus cassis ad loca sua boi. .Lx.ta, et prò coii-
ducendo armario magno a muro veteri librarie ad locum ubi nunc est, boi. 20.
[C. 41 B.] Dedi magistro Bartholomeo carpentario ad plateam Catinariani
prò uno armario magno cum suo scabello seu credentia in sacristia altaris
sanati Petri et prò scabellis et cornicibus ad 4°'' capsas sacristie in cappella
Calisti et prò resarcimento chori et scabellis et elevatione armariorum librarie
et eorum resarcimento et prò una mensa cum su's pedibus in libraria in medio
eius et aliis duabus que sunt suspense ad parietes et resarcimento armarii
cere et duobus sedilibus prò sacristia et prò resarcimento armarii prò cera in
totum .villi, b. 3.
1557, aprilis [e. 45 b.] Habui prò precio quorundam saxorum qui super-
fuerunt ex muro diruto quod erat ubi nunc est libraria, b. 50.
1538, octobris [e. 48 B.] Pro prandio facto in sacristia in revisendis et
ordinandis scripturis in duobus diebus, in totum b. 60.
...Pro spacu causa ligandi scripturas, b. 5.
1545 [e. 73 B.] Solvit idem prò aptatura armariorum scripturarum et prò
una bannella prò fìnisire camere et aliarum rerum ut in mandato rev. di Fran-
cisci Vannuccii die 22 iunii 1543, 2, b. 25.
154$ [e. 83 B.] Pro sex operibus magistri muratoris et sex manualis prò
incollando murum et aptare scalas quando itur ubi sunt scripture et libri
Sancii Petri, videlicet in cappella ubi sunt reliquie, ad rationem b. 25 opera
magistri, b. 17 manualis, in totum 2, b. 52.
1546, IO di febraro [e. 90 b.] ...et più per una cassetta de foglio de
stagno per serbare le scritture, b. 12.
Et per un libretto da fare recordi delle scritture et libri se danno fora
del archivio, b. 6 (*).
1549 [e. 121 B.] Rev.dus pater D. Tiberius de Mutis episcopus Giracensis
et canonicus nostrg basilice de presenti anno 1549 donavit sacristie diete ba-
silice scutos ducentos triginta de iuliis decem prò quolibet scuto, quos de
anno 1547 amicabili mutuo mutuavit diete sacristie, ut apparet fol. .x. Hanc
autem donationem ipse rev.dus pater fecit quia ex eius ordinatione de anno 1548
fuerunt incepta de presenti anno finita quedam armarla prò conservandis pa-
ratnentis et libris predicte basilicg, que armarla sunt collocata in una ex ca-
pellis sacristie que est contigua capelle rev. D. canonicorum.
(♦) La stessa spesa per detti oggetti si registra negli « exitus » dell' a. 1546, ai 15 dì
maggio nel ms. che contiene il citato inventario dell' a. 1520.
Archivio della R. Società roman.i di storia patria. Voi. XXIV. 27
412 L. Sdì iapa ; 'clli
all'anno 1579 gennaio 13 si legge: « Oeconomo flibricae.
« Frovideri de archivio apud tabrìcam basilicae principis
« apostolorum de Urbe in quo reponantur scripture omncs
t( ad fabricam spectantes ».
Della vera posizione e dell'ordinamento dell'archivio
Capitolare quando si trovava nel tempio della Madonna
della Febbre ci informa una accurata e interessante visi-
tatto et dcscriptio (ircbii'ii dei 16^6 febbraio 6(1), della quale
stralcio alcuni passi:
Die 6° mensis februarii 1656. Eminent.^us et rev.™"' D. Lauren-
lius S. R. E. cardinalis imperialis delegatus a 3."^° ad visitationeni
camerariatus et archivi Vaticanae basilicae divi Petri una cum
R. P. D. Ascanio Rivaldo coadiutore accessit ad locum archivi prefati,
ibique repertis D. Luca Holsteiiio praefatae basilicae canonico, et ad
presens archivista, nec non D. Ccntofloreno eiusdem basilicae cano-
nico,vocato clerico losepho eiusdem (2) archivi custode, ostie ciusdeni
rescrato, archivum insimul omnes ingressi sunt. Occupat archivuni
praefatum tria cubicula, omnia desuper et inferius concamerata, duo
ad laevam, alterum ad dexteram scalarum in vestibulo sacristiae exi-
stentiuni super capellam S Annae sitam in eodem sacrario con-
structa(5). Vergunt fenestris quae respiciunt viam publicam in pro-
spectu ecclesiae,quam dicunt Campi Sancii nationis Theutonicae, ex
una ad orientem, ex altera vero fenestris quae sacrarium respiciunt
ad occasum. Opportuna quiJem et ad rem satis situ securitate et
siccitate peridonea Archivum basilicae Vaticanae Sancti Petri
licet tria fere cubicula, ut supra diximus, penitus occupet, unicum
tamen interius quicquid boni scripturarum et librorum sit continet,
et hoc duabus praecipue partibus constat, cartofilacio scilicet et bi-
bliotheca. Cartofìlaceum in capsulas,ut diximus, et armarioladistinctum
continet pontificum privilegia et liiteras omnes exemptionum, ercctio-
num, fundationum, unionum et dotationum, nec non iura et instru-
(1) Archivio Vaticano, segretaria di Stato, Miscellanea, arm. VI,
n. 50, Collectanea de eccUsiis Urbis, II, ce. 122-132. Altra copia del se-
colo XVII nella Miscellanea X, IV, 39 (5208), e. 441 sg. della bibl.
Casanatensc.
. (2) « eiusdem » leggesi solo nella copia presso la bibl. Casana-
tcnse; in quella presso 1' arch. Vaticano vi è una lacuna.
(5) Il ms. Casanat, lia: « constituia ».
Cartario di S. dietro in Faticano 415
menta quaccumque emptionum, acquisitionum, venditionum, atììctuuni
aliarumque locationum, acta cupitularia, catasta abbatiarum et eccle-
siarum omnium quae basilicac subincent, visitatioiies et relationes vi-
cariorum Capituli aliasque scripturas ad basilicam periinentes, quae
vel in libros et voluniina regesta sunt vel in foliis et fascicuiis separata
habeatur, quorum omnium istorum voluminum et fasciculorum duo
habentur in archivo generales indices Q.uod sequitur inferius
cubiculum praefato interiori anncxum cum solo divisorio pariete di-
stinctum nova fabricae constructione ad prescns ampliatur, ita ut post
hac ordine etiam scripturae meliori servire in eo possint Ter-
tium archivi cubiculum ad orientem pariter in via publica fenestris
respondet ad occasum in sacrario ad latus dexterum scalarum desu-
per et inferius concameratum super vestibulo sacrarli constructum.
Nella citata (p. 408) Descriptio archivii del 172^, a e. 2
si legge :
Constai ergo hoc archivium tribus cubiculis tam desuper quam
inferius concameratis que sacrosanct? basilic? sacrario adli^rent et
ad qu? per scalam prope dicti sacrarli vestibulum collocatam ascen-
ditur. In iis autem cubiculis plurima bene ordinateque disposila ad-
sunt armaria, qu? distinctis et apparentibus titulis exornantur ut fa-
cilius conspici possit quo in loco bull?, privilegia, codices, protliocolln,
registra, censuales et qui libri mastri nuncupantur sub quecumque
scripturarum genera recondita sint ac valeant repcriri.
Brevi notizie ed a queste rispondenti ci offrono R. Sin-
done (i), G. Pietro Chattard (2), F. Cancellieri (3), e
F. Maria Mignanti (4).
Nel 1758 si stacca una parte della volta dell'archivio,
e la Congregazione della Fabbrica il 15 marzo delibera:
... si stima necessario demolire la medesima e farvi un solaro con
camera a canna sotto, acciò non svisti in sagrestia; nella stanza a
(i) R. Sindone, Aìtariiuii et reliquìanim sacrosanclai hasilicae Va-
iicanae descriptio historica scriptoribiis et inonumentis archivi capituìaris
iìlnstraia, Romae, 1744, p. 78,
(2) Gio. Pietro Chattard, Xiiova descrizione del Vaticano, ossia
della sacrosanta basilica di S. Pietro, Roma, 1762, I, 236-38.
(5) Op. cit. p. 1253.
(4) F. Maria Mignanti, Istoria della sacrosanta basilica Vaticana,
Roma, 1S67, II, 228 sg.
414 ^' Schiaparelli
mano destra salita la scala sotto la fenestra potrà aprirsi una porta
per passare al luogo nuovamente costruito per comodo dell'illustris-
simi signori canonici (i).
Nell'anno seguente si fece il trasporto dell'archivio nel
nuovo locale, cosi descritto dal Chattard :
Neil' uscire dalla sagrestia accanto la porta della medesima si
trova altra piccola porta la quale da l'ingresso all'archivio del re-
verendissimo capitolo di S. Pietro per mezzo di due branche di scala
della larghezza di palmi cinque; di esse una è composta di quindici
gradini e di diciassette l'altra. Conducono esse ad un ripiano ove
ritrovansi altre due porte, a destra l'una, di contro subito che si sale
l'altra; quest'ultima da l'ingresso alle stanze del sagrestano della ba-
silica ; la prima a numero cinque stanze divise in due piani e' introduce :
quattro delle quali comprese ne! primo piano servono ad uso del-
l'istesso archivio del reverendissimo capitolo e l'altra che forma il
secondo piano serve ad uso di guaroarobba del medesimo. Questo
commodo edifizio, benché piccolo, fu fatto erigere a spese della reve-
renda Fabbrica di S. Pietro per trasportarvi l'archivio, come infatti
segui l'anno 1759, il quale prima esisteva, come nel superiore capi-
tolo fu accennato, con grande angustia, ove al presente risiede la
magnifica stanza capitolare e le altre annesse stanzuole (2).
Il trasporto, che durò più mesi, nel nuovo locale venne
compiuto dai reverendi D. Giovanni Mario Colarelli e
D. Vincenzo Canori e furono compensati con una somma
di venti scudi ciascuno (3).
Nel 1776 si praticò la demolizione dell'antica sacristia
per la costruzione della nuova, e all'archivio venne asse-
gnata dall' economo della rev. Fabbrica D. Francesco Caf-
farelli una sede provvisoria « nei due cameroni esistenti
« sopra la volta dei due grandi arconi corrispondenti am-
« bedue alla cappella di S. Gregorio, fatti in forma di cap-
(i) « Decreta et resolutiones sacrae Congregationis R. Pabricac
« S. Petri », n. 170, e. 35 a.
(2) Op. Cit. I, 248-219; Cf. MlGNANTI, Op. Cit. II, 253.
(3) Come da atto 7 luglio 1759 firmato e Philippus Amadei ca-
« nonicus prosecretarius », busta 48 B, fase. 2.
I
Cartario di S. Vietro in Vaticano 415
« pelle senza finestre colla sua cuppola, dal di cui unico
« occhio nel mezzo, chiuso con vetriata e ramata, ricevono
« poca rifrazione di luce per esservi al di sopra altro cup-
« polino corrispondente sulla piazza della platea superiore ».
Questa descrizione si legge in una domanda dal sotto-
archivista D. Vincenzo Canori inoltrata al capitolo per
ottenere un aumento nello stipendio, poiché egli era co-
stretto, « rendendosi... inservibili li medesimi cameroni a
« potervicisi senza incomodo leggere e scrivere,... tuttociò
« che occorre trasportarlo giù nello stanziolino formato
« quasi al pari del piano della chiesa, con riportare poi il
<( tutto al di sopra ai suoi luoghi per conservare il buon
« ordine ed evitare qualunque confusione, con un sommo
« incomodo e fatica, il che o per un motivo o per un
« altro succede quasi alla giornata, con doverci anche per
« la loro connessione tornare e ritornare » (i). Il tra-
sporto in questo infelice locale si effettuò nei mesi di aprile
e maggio 1777 dal ricordato Canori e dai chierici Luigi
Scardovelli e Giuseppe Gueriggi, i quali ultimi ricevettero
venti scudi (2).
Terminata la costruzione della nuova grandiosa sacre-
stia, nel 1782 Pio \l faceva deporre i preziosi documenti
nelle eleganti e comode sale dell'attuale archivio (3).
Non ostante questi cambiamenti di sede non vennero
mai, con lodevole disposizione, alterati la collocazione e
r ordinamento delle carte, cosicché anche ogori jl catalogo
del Grimaldi e quelli successivi servono perfettamente
come le descrizioni ricordate del 165^ e 1672, indipen-
dentemente dalla mutata situazione delle sale, possono ser-
(i) Busta 48 B, fase. 2.
(2) Busta 48 B, fase. 2, documento firmato « P. Parracciani cano-
« nicus secretarius ».
(3) Can'cellieri, Sagrestia Vaticana S<.c. p. 98; Cancellieri, Z)j
Sicretariis cit. p. 1472; A. Nibby, Roma tielV anno MDCCCXXXTIII.
Parte prima. Moderna (Roma, 1839), p. 645.
4i6 L. Schiaparelli
vire come descrizione dell' archivio nello stato e nella sede
attuali.
Degli studiosi moderni che di proposito si siano occupati
del contenuto di questo archivio ricorderò i ben noti nomi
del Dudik(i), deliiethmann(2), dij.v. Pflugk-Harttung(5)
e segnatamente del valoroso prof. P. Kehr (4), tanto be-
nemerito degli studi storici ed archivistici in Italia.
I documenti di maggior interesse storico si conservano
nella prima sala d' entrata. Le pergamene e le carte legate
in fascicoli sono distribuite in 78 capsule negli armarli 13,
14, 15. Sono tutte transuntate neir indice Grimaldi. Sopra
questi armadi in altri più piccoli, dal n. i al 3, sono
collocati i preziosi libri copiali ed i libri ìnstrumentorum:
A, Exempldiia huUanim ci privile^/onaìi, membr. sec. xvi.
B, Transiimpta autheittica statulcruin et piivilcgiorum apostoliconnii
Ludovici Cedi pio baiti tea, cart. sec. x\i.
C, Transumptd aitthentica instrniiietitorum casalium basilicae pjr
I.ndovicuin Cecium iioluiiiim 1200, 1^00, 1410, cnrt. sec. xvi.
D, Tramnmpld aiitbeiilica casalis Campi Merini et pedicarum Ma-
tini per Ludovicum Cecium, cart. sec. xvi.
E, Transumpta autìientica inslrutveutoi niu doiiionitìi per Ltidovicuiii
Caiuin nolarium, 1400, 1^00, cart. sec. xvi.
F, Insti umenta Aiidreae Carusii truiisniiipta per lobuiniein Daptistain
eiui fìlium, care. sec. xvi.
G, Copiae instrumenloruin Andreae Carusii nolarii ah a. 14J6 ad ipy,
cart. sec. xvi.
I, Exeiiiplaria hullaruiii ti priviìcgiorum basilicae S. Petri, membr.
sec. XVI.
L, Liber qui dicìtiir iiovus in peri^ameno. Exemplaria bullarum pri-
vihgiorum et alioruin a diversis summis ponlificibiis sacrosanctae basilicae
Valicanae concess., membr. sec. xvi (5").
(i) DuDiK, Iter Romanum, Wicn, 1855, I, 77 sg.
(2) Bethmann, Archiv, XII, 407.
(?) J. V. Pi-lugk-Harttung, iter Italicum (Stuttgart, 1885), p. So.
(4) P. Kehr, Pupsinrhunden in Rem. Erster Bcriiht. (Aus tien Na-
chricliten der K. Gesellscliaft der Wissenschaften zu Gottingen. Plii-
lologisch-historischc Klasse, 1900, Heft. 2, 125 sg.
(5) In fine venne aggiunto un fascicolo cartaceo con copia della
Cartario di S. Tietro in Vaticano 417
Pillili Ldii Pelroiiii inilntmcitta, 1441 usqiie 1447-
Patri de Meriliis instniiiuntii, 14^)1-1)04.
Demetrii Guassclli insti unicnta, ab a. rfij) ad fj04, &.C.
La serie è completa fino a questi ultimi anni.
Negli armadi inferiori trovansi i catasti e le piante dei
possessi della basilica.
La sala seconda conserva i preziosi codici della bi-
blioteca.
Nella terza sala, ampia e bella, non vi sono, per quanto
mi fu dato di constatare fugacemente, pergamene, ma si
trova un ricco e vario materiale cartaceo dal secolo xiv
in poi, distribuito sotto le classificazioni : Abadie, Eccetti,
Camposanto, Sacrestia, Cappella luìia. Mensa Capitolare, Se-
minario, Eredità Carcarasi.
La quarta sala conserva la superba raccolta dei libri
censuum.
Questo archivio, non per l'antichità delle carte tuttora
possedute, ma per la ricchezza del materiale, per la pre-
ziosa raccolta dei libri censitnm, dei ///'//' instrumentorurn,
per tutte le cure e disposizioni dei pontefici e del capitolo
rioruardanti l' ordinamento, la trascrizione e conservazione
dei documenti, non è solo l'archivio principale dell'Alma
Città, ma uno dei più importanti, se non il primo, degli
archivi capitolari d' Italia.
La presente pubblicazione ha il modesto intento di por-
t. re un contributo ai lavori intrapresi dalla R. Società ro-
bolla di Leone IX ( J.-L. n. 4163) estratta dai Registri di Gregorio IX
ed autenticata da Felice Contelori prefetto dell'archivio Vaticano
nel 1635 dicembre 17. Segue: « Informatio abbreviata in facto capituli
« Sancti Petri », copia 1635 dicembre 17 di Felice Contelori, «ex
« processa originali anno 1354 sub Innocentiopapasexto Inter capitulum
« et canonicos ex una et commissarium apostolicum ex altera super
« oblationibus factis in altaribus basilicae principis apostolorum ». In
ultimo si ha copia, autenticata colla stessa data da F. Contelori, della
bolla di Benedetto VIII J.-L. n. 4024, estratta dai Reo. di Gregorio IX,
4i8 L, Scìiiaparclli
man a di storia patria per la preparazione di un Coàex dì-
pìomaticus urbis Romac. A questo intento venne subordinato
il metodo adottato per le ricerche e per 1' edizione dei sin-
goli documenti. Del materiale dei monasteri, di cui a pa-
gina 404, mi occuperò in speciali lavori.
Prima di chiudere questa breve introduzione rivolgo
r espressione di sentita riconoscenza al reverendissimo
capitolo di S. Pietro ed in particolare a monsignor Fara-
bulini prefetto dell' archivio, i quali, animati da sincero
amore per gli studi storici, favorirono questa pubblicazione.
Nei lavori di ricerca trovai autorevole ed efficace aiuto
nel benemerito sottoarchivista monsignor Galli e nel ze-
lante archivista D. Felice Ravanat; essi mi usarono tutte
le agevolezze, tutte le cortesie possibili, del che rendo loro
pubblici, vivissimi ringraziamenti.
Antico inventario dell'archivio Capitolare
DI S. Pietro i\ Vaticano.
Nel ms. col titolo sul dorso del secolo xvi « Inven-
« tarium mobilium honorum et reliquiarum sacristie, et
« librorum bibliothecc annorum 1454, 1455, 1489 » (i)
si trova inserto un fascicolo pergamenaceo di dodici carte
colla rubrica: « istud est inventarium continens in se omnia
« et singula bona et mobilia sacrosancte basilice principis
« apostolorum de Urbe » (2). Da e. 8b a e. 12 si registrano
i documenti dell' archivio. Ne è autore, come sopra rile-
vai (^cL p. 403), un prete o canonico della basilica. I do-
cumenti di data più recente che vengono citati sono di Bo-
nifacio IX e del re Ladislao, cosicché, conforme anche al
carattere della scrittura, possiamo ritenere che questo ca-
(1) Sala terza: Sacrestia, armarli inferiori.
(2) Cf. E. Mu.sT/. e A. L. Frothincam, // ksoro della basilica di
S. Pietro, neW Ardì, della Soc. rom. di slor. patr. VI, 82, nota j; p. 99,
nota I.
Cartario di S. T^iclro in ì^aticano 419
talogo rimonti alla fine del secolo xiv o al principio del xv.
Si confronti cogli indici dell'archivio della Santa Sede editi
dal p. Ehrle, Die Bibliothek und das Archiv dcr Pàpsk in
Perugia^ Assisi und Avignon bis 1)14 (i).
[C. 8 B.] Item, in cassa cuni signo A R et cominentur infra-
scripta bona, videlicet.
Item, bulla domini Bonifatii Vili continens castra et possessio-
nes ab eo empta basilica Sancii Petri.
Item, priviicgium senatoris Urbis concessum basilice predicte de
peregrinis, quod nullus possit vendere seu emere in platea Sancti Petri
sine licentia canonicorum.
[C. 9.] Item, imstrumentum publicum seu statutum iuratum et
publicatum in publico parlamento (a) Ortone continens quod nulla
gabella statuatur in dieta Ortona preter gabellam Sancti Petri.
Item, imstrumentum locationis et baiulationis Ortone.
Item, confirmatio apostolica de gabella Ortone per papam Gle-
ni entem V.
Item, alia confirmatio facta per eundem dominum C. super pre-
dieta gabella.
Item, privilegium Caroli secundi super gabella Ortone.
Item, lictere confirmationis et baiulationis Ortone.
Item, privilegium Caroli tercii super confirmatione gabelle Ortone.
Item, sententia platee contra campsores.
Item, donatio domine lohanne regine de .L. unciis percipiendis
in suo regno.
Item, processus de factls Ortone.
Item, aliud privilegium domine regine super .l. unciis.
Item, aliud privilegium de factis Ortone.
Item, aliud super facto Ortone super decima.
Item, aliud super facto Ortone Karoli secundi.
Item, privilegium domine lohanne regine super vectigalibus.
Item, bulla concessa per dominum Bonifatium papam Vili de
castris filiorum Nicolai Totani et Balce, Trulli et Fumi Saraceni &c-
Item, privilegium regis Roberti super facto Ortone.
Item, lictera armorum de portandis armis in Ortona.
Item, bulla conservatorie perpetue concesse basilice Sancti Petri
per Ioannem XXII concessa.
(a) palamento colla 1 su r
(i) Op. cit. I, 41 sg.
420 L. Schiiiparelli
Item, privilegiuni regis Roberti strale Morricine.
Item, privilcgium prcdicti reg's .R. super facto .L. unciaruni.
Item, bulla domini Leonis pape Villi super multis possessioni-
bus et maxime prò factis acceptorum.
Item, privilegium domine regine super facto Orione.
Item, privilegium regis Roberti super facto Orione.
Item, duo privilegia imperialia cum bullis aureis.
Item, tria privilegia super factis Orione etiam c.mi bullis
aureis.
Item, certa alia privilegia super factis Orione et gabellis Aquile
cum c|uibusdam licleris in una scatula.
Item, aliud privilegium super solutione .L. unciarum.
Ilem, bulla Urbani V confirmacionis Orione.
[C. 9b] Item, instrumentum donationis inier vivos domus exi-
stentis in via Pape, factum per dominam Malheam uxorem condam
de La Lege.
Item, insirumenta medielalis casalis domini Prede.
Ilem, privilegium Karoli secundi super donalione .L. unciarum
in civiiate Neapolitane.
Item, iura Luce macellarii producta coram magistris contra la-
cobellum Magliocii.
Item, bulla conservatorie facta per dominum lohannem pa-
pam XXII.
Ilem, instrumentum de ordinatione altaris domini Honorii
pape IIII.
Item, privilegium conservatorie factum per archìpresbiterum San-
cii Vincencii.
Item, sententia lata conlra archipresbiterum et canonicos San-
cte Marie in Transpadina.
Item, sententia lata contra Antonianos.
Item, sententia lata prò capitulo super factis Lucerni et pluri-
marum domorum.
Item, privilegium baiulationis .l. unciarum concessum per Karo-
lum tertium.
Item, conservatoria perpetua concessa per dominum lohan-
nem XXII, sua bulla bullata.
Item, exemplar super facto filorum novem ad sai faciendum,
Item, instrumenta casalis quod dicitur Piano dello Muro.
Item, copia quorunJam instrumentorum de baiulationc Orione.
Item, instrumenta domus et posscssionum quas habet basilica in
Oriona.
Item, bulla Innoceniii VI super decima altaris.
Cartario di S.T^ictro in Valicano 421
Itom, bulla reconciliationis basilice Sancti Petri facta per Urba-
na m V.
Item, particula testamenti uxoris condam Cechi Barberii super
censu nobis dimisso de quadani vinca Mentis Maris.
Item, bulla Celestini continens de filis salini que habet basilica
Sancti Petri.
Item, sententia centra presbiterum Bernardum canonicum San-
cti Apolinaris de Urbe.
Item, bulla Alexandrii III quod preter quartam partem canoni-
corum, videlicet altaris, omnia sunt fabrice.
Item, bulla bonorum (a) condam AnJree mercatantis facta per
Bonifatium Villi, lacerata.
Item, bulla Urbani V exemptionis nostre et membrorum no-
strorum.
Item, procuratorium domini Stephani et domini Masii.
Item, bulla Innocentii III quod preter quartam partem canoni-
corum, videlicet altaris, omnia sunt fabrice et luminarium basilice
prelibate.
Item, privilegium universalis indulgentie, videlicet buUatum anni
centesimi iubilei concessum per dominum Bonifatium octavum.
Item, bulla Gregorii Villi continens ecclesias et loca nobis subie-
cta et incorporata.
[C. IO.] Item, bulla pape Benedicti XI centra illos qui ceperunt
Bonifatium Vili.
Item, instrumeuta castri Attigliani et iuramentum subiectionis
vassallorum dicti castri.
Item, quarta bulla Clementis pape III super oblationibus maioris
altaris confessionis.
Item, bulla Clementis pape predicti continens hospitalia et ec-
clesias basilice subiecta.
Item, lictera super factis de Francavilla.
Item, Calisti pape II de littera Verventana(b) super accepta.
Item, bulla Clementis pape VI super facto platee contra mane-
scalcos.
Item, sententia lata prò basilica Sancti Petri coatra capitulum
Sanctorum Celsi et luliani.
Item, privilegium Karoli secundi super aditione L. unciarum.
Item, lictera regine (■=) super extrahenda pecunia de Regno.
Item, trasumptumpublicum cuiusdam concessionisfacte per regem
Aragonie.
(a) La n corretta su u (b) Sic, forse invece di Beneventana (e) regina
422 L. Schi^iparelli
Itcm, bulla «.lomini Bonifatii Villi cxcomiiiicationis Francisci de
Ottona.
Item, instrumentum venditionis castri Totani.
Item, bulla Urbani V confirmationis omnium iurium et maxime
exemptionum basilice Sancii Pctri.
Iiem, privilegium quod est centra Sanctum Laurentiuin et Da-
masum de Sancta Maria et Katlierina.
Item, bulla Innocentii IIII monasterii Sancti Vincenti! de porta
Pertuso.
Item, bulla donationis sive confirmationis Bonifatii Vili de ven-
ditione Trium Colunnarum.
Item, bulla pape Martini de licentia venditionis castri porte
Pertusi.
Item, bulla Nicolai IIII in qua confirmantur et de novo conce-
duntur quedam indulgentie visitantibus sacrosanctam basilicam no-
strani.
Item, bulla pape Alexandri IIII concessiouis Sancie Marie de
Tiburi.
Item, bulla Clementis sexti indulgentie iubilei quiquagennrii.
Item, bulla Innocentii VI confirmationis bonorum nostre basilico.
Item, una cassula cum certis reliquiis (»).
Item, bulla Bonifatii Vili de donatione Trium Colunnarum.
Item, bulla Bonifatii supradicti de donatione ecclesie Sancti Egidii
et bonorum eius.
Item, trasumptum confirmationis regis Ladizilai super Ortona (*>)
et Aquila (').
Item, bulla Bonifatii supradicti et est bulla super creatione octo
canonicorum et trium beneficiatorum et .xx. clericorum.
Item, bulla pape Gregorii noni quarundam indulgentiarum.
Item, bulla pape Clementis VI contra Sanctnm Spiritum
Item, bulla Innocentii VI de confirmatione Sancte Marie in
Transpedina et aliarum citra pontem.
Item, bulla pape Benedicti XI prò W nostra basilica possit cum
monasterio Sancti Sabbe domos permutare.
[C. lOB.] Item, lictere .xv. in uno panno quas («) credimus super
facto Ortone.
Item, una alia lictera super facto Hortone.
Item, omnia suprascripta bona posita sunt in una cassa cum
signo lictere AR.
(«) 1^ (b) ortan (e) Aquile (d) Sic. (e) super quas
Cartario di S. 'Vietro in Vaticano 423
Item, ini primis trasumptum pape Leonis Villi super omnes La-
tinos sepeliendos et quibusdam possessionibus.
Item, bulla Urbani V donationis et confirmationis de Corsica et
Sardinia de .xxx. unciis.
Item, bulla Innocentii III quorundam statutorum.
Item, trasumptum concessionis senatoris Urbis super multis et di-
versìs auctoritatibus.
Item, trasumptum privilegii quomodo peregrini sint de foro no-
stre basilice nominatim prò acceptis.
Item, privilegium oblationum Sudarli quomodo sint canonicorum.
Item, statuta Nicolai pape III sine bulla.
Item, statuta nostre basilice lohannis pape XXI.
Item, bulla confirmationis facti de solo in quo est palatium iuxta
ecclesiam Sancii Michaelis(=') Honorii pape HIT.
Item, bulla Bonifatii pape Vili confirmationis vendicionis casalis
Trium Columpnarum.
Item, bulla Bonifatii pape Vili super augumento .viii. canonico-
rum et trium beneficiatorum et .xx. clericorum cori basilice.
Item, privilegium castrorum et ecclesiarum basilice.
Item, due bulle de lictera Vermentana (b) pertinentia ad exce-
pta (e) simul ligate.
Item, bulla mandati facti.
Item, bulla Nicolai pape IIII de pedendo certas indulgentias et
confirmando alias.
Item, due bulle de obtinendis benefitiis residendo in basilica.
Item, bulla Nicolai pape IIII super prebenda Liconiensi.
Item, arbitrium datum de certis terris de lite Inter capitulum et
filios Milonis Saraceni ('').
Item, bulla pape Nicolai IH continens ea que sunt agenda in
cappella Sancti Nicolai.
Item, bulla statutorum pape Nicolai III.
Item, bulla pape Nicolai IIII super prebenda Liconiensi.
Item, privilegium contra invasores bonorum nostre basilice.
Item, bulla Nicolai pape IIII collationis prebende Niconiensi, va-
cantis per obitum in Romana Curia concessa (e) domino (0 cardinali
archipresbitero nostre basilice.
Item, bulla Atriani pape IIII de oblationibus quarte partis maioris
altaris.
(a) Carrello sopra Nicolai (b) Sic ; forse da correggersi Beneventana (e) Carrello
da ad optenta (d) filios Milonis Saraceni aggiunlo dopo da prima mano. (e) con-
cesse (f) dni
424 L. Schìaparelli
Itcm, bulla Bonifaiii Vili de universis indulgeutia anni cente-
simi iubilei.
Item, bulla Nicolai papa IIII communicationis proventuum &c. («).
Itom, bulla Bonifatii pape Vili de donatione casalis Trium Co-
lunipnaruni.
[C. II.] Item, bulla Urbani pape UH de regiila Sancte Giare,
duplicata.
Item, bulla Nicolai pape IIII super executoria gratiose super (b)
canonicoruni et prebende Liconionsis concessa per papam domino
cardinali.
Item, unum breviarium copertum de cerio rubeo et depicto et
notatum.
Item, bulla Bonifatii octavi continens possessiones emptas basi-
lice per eundem.
Item, bulla Innocente III de ecclesia.
Item, instrumentum relationis facte Martino de terris Sancte Ana-
tolie.
Item, privilegium quod possessiones basilice non perscribuntur
minus centum anni.
Item, privilegium in lictera Bermentaaa (e) de possessionibus
ecclesie.
Item, instrumentum revocationis sequestri Sudarii.
Item, processus super prebenda Liconiensì.
Item, lictere super facto castri Vallerani.
Item, instrumentum de concessione et licentia vendendi bona
de Terrione basilice Sancii Petri.
Item, bulla seu carta conlirmationis pape Adriani IIII»' de multis
ecclesiis et possessionibus nostre basilice.
Item, privilegium Honorii pape III de signis plubeis.
Item, instrumentum Sancte Marie de Palazolo subiecte nostre
basilice.
Item, instrumentum duarum domorum de quibus fit aniversarium
domini lacobi Gayetani.
Item, instrumentum casalis seu castri domini Egidii.
Item, instrumentuiìi terrarum et possessionum civitatis Tibur-
tine quas habet nostra basilica ibidem.
Item, testamentum Laurentii Donneparve de regione Gampitelii
de centrata .Mercati.
Item, indulgentia anni iubilei per Bonifatium octavum.
(a) comunicationis proventuum eie. aggiunto dopo da prima viana; prima di comunica-
tionis cancellatura di corona (b) Sic. (e) Sic, ma da correggersi, ritengo, in Bene-
ventana
Cariarlo di S. 'Pietro in V^aticaiio 425
Itcm, privilegium quod cavctur quoti non conprestentur aliqua
bona basilice alicui persone maxime laicis.
Item, privilegium cruciate conlra Saracenos.
Item, instrunicnta domorum domini Petri de Posterula.
Itcm, unum saccolum plenum de instrumentis domorum nostra-
rum olim Giliotii della Geza.
Itcm, instrumentum confirmationis per senatorem Urbis de ca-
stro nostro Buccieic.
Item, instrumenta casalis Sancti Andree et Silice et plura alia
instrumenta involuta in pannis lineis («).
Itcm, unum saccholum cum instrumentis emptionis certarum vi-
nearum que fuerunt Pauli Rogerìi Romanutii.
Itcm, bulla prò ecclesia Sancti Thome in Formis centra occu-
patoresbona et res ipsius ecclesie.
Item, unum sacculum in quo continentur diversa instrumenta et
maxime castri Bucciegie.
Item, omnia ista suprascripta bona posita sunt in una cassa cum
signo Q..
Item, in primis bulla Urbani pape tercii continens hospitalia et
ecclesias basilice predicte subiectas.
[C. II B.] Item, ^bulla domini Honorii pape IHI super liberta-
tibus regni Sicilie.
Item, unus sacculus cum instrumentis de Scrigniolo.
Item, instrumentum casalis de Silice.
Item, testamenta dominorum Francisci cardinalis de Sancto Petro
et Thebaldi prothonotarii de Teballescis.
Item, testamentum domini Bartholomei Vaiani.
Item, instrumenta emptionis casalium de Quinto.
Item, carta emptionis medietatis casalis Palmaroli empti a San-
ctospiritu.
Item, carta vinearum que fuerunt Mascii Rogerii Romanutii.
Item, cartula senatoris quod capitulum Sancti Petri post primam
citationem possit facere gravari personas eis debitas.
Item, sententia expensarum condennationis contra campsores,
Item, transumptum domini Innocentii VI ubi ecclesias Sancti Leo-
nardi et Sancti lacobi de Subtigniano et plures alias (b) subicit basi-
lice Sancti Petri.
Item, instrumenta cappelle et chori basilice de Sancto Petro.
Item, instrumentum donationis doraus domini Laurentii Guarnì
in Ermenos.
(a) pa. 1. (b) aliis
426 L. Schiaparelli
Item, bulla Clementis pape IIII concedens llcentiam vendenJi
mìnus utiles et emendi niagis utlles.
Item, bulla Urbani V quomodo prior possit reconciliare basilicam
nostram.
Item, instrumentum donationis triuni partium castri Campanilis.
Item, laudum latum per dominum episcopum Tudertinum super
facto castrorum Atiliani, castri Nicolai, Totani et Totanelli.
Item, bulla domini Adriani pape IIII super ecclesia Sancti Sil-
vestri de Sutrio.
Item, instrumentum domus cuni signo triuni columpnarum que
est in pede platee.
Item, quamplura alia instrumenta.
Item, omnia ista suprascripta posita sunt in cassa cum signo (i).
I.
797 dicembre 22.
Carlo Magno stabilisce che la chiesa di S. Salvatore
serva come ospizio dei pellegrini d'oltremente e luogo di
sepoltura per quelli che morranno in Roma; enumera le
reliquie della chiesa, fa donazioni, vi elegge tre preti e
dodici chierici e prescrive che i regni di Francia, di Aqui-
tania e di Gallia debbano pagare ciascuno quattrocento
libbre.
Copia membr., circa Va. 1141, dello scriniario Giovanni (2), caps. XI,
fase. 18 [B]. Cop. cart. sec. xvi nel ms. Barberini XXXIII, 29, e. 64, da B.
« Manuscrìpta basilicae Vaticaiiae », ms. cart. H, 61, bibl. Gap., e. 99, reg.
del sec. xvi. « Gatalogus sacrarum reliquiarum almae Vatic. basilicae Paulo
« Bizono et Marco Aurelio Maraldo domini nostri Pauli papae V datario eius
«basilicae canonicis maioribus sacristis curantibus fìdeliter scriptus», 1617,
ms. H, ri bibl. Gap. e. 46 b, estratto. Due copie cart. sec. xvii. ms. G, 94, e. 48,
e e, 60, bibl. Vallicelliana, da B.
ToRRiGio, Le sacre grotte Vaticane (1659), p. 505, da B = L. \. Muratori,
Antiquilates II. Ili, io, cit. Martinelli, Roma ex eihnica sacra, p. 589, cit.
Ughelli, Italia sacra, ed. Goleti, I, 112, estr. Marini, I papiri diploma-
ci) Segno di una chiave.
(2) Cf. p. .}oo.
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 427
liei, pp. 105-108, n. Lxxr, da B; cf. p. 245. Scheifer-Boichorst, op. cit. IV,
86 sg. cit. A. De Waal, La schola Francorum fondata da Carlo Magno e
l'ospizio Teutonico del Campo santo nel scc. xv (Roma, 1897), riproduzione
fotografica di B ; si ci. pp. 12-16 « Il privilegio di Carlo Magno».
Regesti: Sickel, Ada Karolinofum, II, 454, tra gli " Acta spuria » ;
MiiHLBACHER, Reg. Karol. n. 540* (551*).
Falsiticazione grossolana del secolo xi, e prob.ibilmeiite tra il 105 1 ed
il 10)5 (!)• Dello scopo del falso si occuparono lo SchetTer-Boichorst ed il
De Waal nei citati lavori, il primo con maggiore erudizione. Il formulario è
tutto una invenzione dell'autore; anche il contenuto, almeno nel suo insieme,
non pare dipenda da diploma autentico ^'ndato perduto, per quanto non si possa
dubitare che la « schola Francorum » già esistesse ai tempi di Carlo Magno {2).
É grave e strano 1' errore di fare Leone IV contemporaneo di Carlo Magno.
Il presente diploma è citato, dal presunto originale trascritto poi dallo scri-
niario Giovanni, in una lettera di Gregorio VII (J.-L. n. 5203) e viene confer-
mato da Leone IX (J.-L. 11. 4292).
La falsificazione non toglie importanza al documento per la topografia
di Roma nel medioevo.
>5< ; In nomine sanctae et individuae Trinitatis. Karolus divina
protegente clementia augustus magnus a Deo coronatus rex Franco-
rum et Langobardorum et patricius Romanorum. | Cunctis sanura
sapientium scilicet hac futurorum noveri: universitas * ♦ • ♦ ♦ *(3)
prò ****♦»* * [stajbili (a) .statu perpetue valeat sanccioni, uiide
suffragar! nostra pietas iure omnibus debetur, opitulatione subveniri,
quemadmodura nostre tutationi presto sit tribuendi cuique. Deni-
[que] W corroboramus et confirmamus quadam ecclesia quem nostrae
petitioni iure sacri palati! Lateranensis sanctaeque Sedis apostolicae
dompni LEONI summi pontifici et universali quarti papae vendidit et
in aliquo donavit cum sacra constitutione * * ponendi firm[a] W
(a) Lacuna segnata in B.
(i) Cf. ScHEFFER-BoiCHORST, op. cit. p. 86, nota 5.
(2) Liher Pontijìcalis, ed. Duchesne, II, 6.
(5) Nella presente edizione si indicano con asterischi le lacune
segnate nelle fonti, originali o copie, e si ebbe cura di mantenere
la stessa proporzione di spazio, in modo che il lettore possa avver-
tire il numero approssimativo delle lettere mancanti.
Sono racchiuse tra [ J le parole o lettere illeggibili per guasti
della pergamena; gli altri usi di [ j vengono indicati nelle note. Si
riproducono in nota parecchie abbreviazioni, quelle che, data la man-
canza di ogni regola grammaticale in simili documenti, possono la-
sciare dubbi di qualche valore sulla concordanza o grafia del vocabolo.
Archivio rifila li. Società romana .ii storia patria. Voi. XXIV. 28
428 L. Scliiaparelli
stabiliss[imn] (*) promulgatione et summa libertas, precavcns in fìr-
[mamJC') (»^ perpctuam soliditatem annectit, qiiemai.lmo(Jinn in utro-
rumque nostris benivoIen[t]iis («) decuit. Quapropter succurrend • •
♦ • • • ♦ egenor[um] («) qui dandis »••♦»♦• auxiliari
valeafnt] (•), uti presenti constitutionc prodesse possit ibi Deo per
tempore famulantibus in pcrpetuuni. Videlicet imam ecciesiam qui
sita est in civitatem novam, quem dompnus Leo i^) papa edificavit
iuxta murum in predium qui dicitur Magelli non longe a monte qui
vocatur Baticano, quem dompnus Leone sacre Sedis apostolicae presul
tribuii maluit nostrao implori peiicioni, suae magnitudini per preceptuni
contìrmavit, lioc donum quod soilorti cura cogitante me divine cle-
mentiae serviti (d) ad sepeliendi utilitatem (0 egenorum studui erogare.
Et est ipsa ecclesia dedicata in lionore venerabilis Salvatoris domini
nostri lesu Christi, quem libens voto augeri cupio ampliarique iussi, et
altare ibidem consecrari feci et maxima reliquiarum cnndiri statuimus
in honore Salvatoris et sancti Stepliani protomartiris et sancti Lau-
rentii et beatorum lohannis et Pauli. Denique ibi condite sunt de ve-
stimentis sancti Stephani protomartiris et unam parapsidem plenam
de carbonibus quos (f) ustus fuit sanctus Laurentius et duabus costi-
bus lohannis et armiila Paoli et duas torqucs de Sergius et Bachus
primicerius et secundicerius et boiam de collo Alexandri quinti pape
et de capiilis eius quantum pugillo capere potest. Sic omnia sunt
condite in iam predicto aitano sancti Salvatoris. Sita est autem ipsa
ecclesia propter tradendi sepulturas pauperes et divites nobHes et in-
nobiles quos de ultramontanis partibuo venturi cernuntur, ut omnes
ibi sint sepeliendi per manus scolasticorum et cum obsequio sacer-
dotum qui ilio commorantur in perpetuum. Statuimus siquidem ibi
tres presbitcros et duodecim clericos scientes litteris (g) et omnes
tonsis comis ministrent cum presbiteris ('). Fecimus autem in iam su-
pradicta ecclesia hornamentis aureis et argenteis. Fecimus autem ibi
tres cruces, una auream cum gavata aurcam habentem auri libram ('')
unam, et alie due cruces argentee cum gavatis suis habentem duo-
decim libras('i) argenti unam et duodecim libras(h) argenti aitera, et
gavatas duo libras ('•) argenti unam similitcr et altera. Feci autem et tres
vmagines, unam aurea et duo argentee, quem sederunt supra trabem
involuta argento, supra vmagines tres arcus, unum aureum et duo ar-
(«) Laruiia segnata in B, (b) ir carrello J.i u (e) Tra Leo e pipa niiura
di una le nera, forse p (d) La seconda i aggiunta dopo e su rasura. (e) B ad utilitatem
sepeliendi, ma con rirhiami che in.licani) doversi trasporre e leggere ad sepeliendi utilitatem
(f) o carrello da a (g) li corretto da a (h) tì lib
(r; Cf. ScHEFFER-BoiCHORST, op. cit. p. 86, nota 5.
Cartario di S. T'ielru in Vaticano 429
genteis, h:ibentcm aureum libram (»' unam et argenteis singiilis libras
duodecim, vmagincm autem auream habentem tres libras (^) auri cum
gemmis pretiosis expressa ymaginibus Salvatoris domini nostri lesu
Christi et Dei genitricis Mariae et sancti Michaclis Archangeli W, in
una argentea exprcssa vmagine Alexandri quinti pape et Sergi! et
Bachi, in alia vmagine expressis ymaginibus lohannis et Pauli. Feci
autem et unum crucifixum maiorem argenteum habentem sexaginta
libras (») et duodecim gavatas duo(<:) aureas et decem argenteas cum ca-
tenis de oricalco et duoJccim pallias, qui pendant sub arcis, cum uno
velo serico, qui habet istoriam a nativitate Domini usque ad ascen-
sionem eius; vestimenta quoque altaris quatuor deauratis cum gemmis,
in una expressa ascensione Domini, in alia expressa ymagine Salvatoris
et beate Mariae et sancti Michaaelis Archangeli, in alia veste expressa
ymagine Alexandri et Sergii et Bachi, in quarta Johannes et Paulus;
duas patenas, unam auream habentem quatuor uncias, alia argentea
habentem libra (») una; calices quoque duo, unum aureum habentem
mediam libram (=>) et unum argenteum habentem unam librami; duo
etiam W coclearia, unum aureum et unum argenteum, aureum habet
dimidiam unciam («), argenteum una; et duas forficiculas, unam auream
et unam argentea, habentem auream mediam unciam, argenteam
unam. Constituimus etiam in ipsa supradicta ecclesia in circuitu ip-
sius totum predium ubi sita esse videtur in integrum cum terminos:
a primo lato porticu malore (f) pergente iuxta Baticano (g) usque ad
Sanctam Agathe qui dicitur in Lardarlo, venientem ad murum civi-
tatis (h) Leoniana usque in ipsa ecclesia Sancti Salvatoris, videlicet de
ipsa munitione quatuor turres, a secundo latere monumentum qui
stat super sepulchrum Marci frater Aurelii, a tertio latere forma Tra-
iana usque in porta Aurelia, et a quarto latere descendente de pre-
dicto monumento usque in alveum liuminis, locum quod dicitur Septem
Venis in flumine qui dicitur Tiberis, pergentem per criptam Rubeam
ad murum civitatis et a (') ipso loco per aquam (k) venientem in iam
predicto portico malore. Concedimus denique in ipsa supradicta ec-
clesia Sancti Salvatoris novem filas ad salem faciendum, quas emi
insto meo pretio a Johannes Portuensis episcopus in via qui da Bucina
pergit ad Portum tantum pretio unam libram W auri. Simili modo de-
dimus alie tres fìlas ad salem faciendum in Cancellata, quas benedi-
ctionem tribuit michi dompnus Leonemsummus pontifex et universalis
(a) B li'o (b) B archagli (e) Corretto da prima mano da duodecim con cancella-
tura ili decim (d) etiam aaaiunto interlinearmente. (e) B dim une (t) m su rasura.
(g) B corretto su u (li) B ciu (i) a su rasura. (I<) per aquam su rasura.
430 L. Schiaparelli
quarti papa («') a parte sui et sanctac Sedis apostolicae per prcccptuni
contìrmavit. Sic denique possidendo tradimus donamus unani curtem
qui dicitur Maceranum, qui non plus niiiuis longe videlur esse a su-
pradicto loco quani duodecim miliaria iuxta Salaria vctere, qui dìvi-
ditur ad pontem Molvi, quaem emi a dompno apostolico, vidclicct
Leone quartus i^) papa, licet centum libras in integrum damus cum
omnibus ad iam dieta curte pertinentibus (0 cum prediis, vineis, pratis,
pascuis, arboribus fructiferis vel infructiferis, silvis, pantanis, aquis,
aquimolis aquarumque decursibus, servis et ancillis, aldii, aldiabus co-
lonis C'^) cum colonabus suis, cultuni vel incultiim : omnia generaliter
in integrum ad eandem curte pertinentibus inrevocabiliter concedimus.
Itaque stabili iussu decrevit nostra auctoritas in prefata ecclesia tres
presbiteros et duodecim clericos scolasticos litteras scientibus tonsis
comis ministrent illic cum presbiteris(«) ibidem Deo famuiantibus. Sic-
que de regnis nostris colligimus quattuor per trium partium in figura
sanctae Trinitatis et quatuor evangelistarum. Sic in honore duodecim
apostolorum eligimus quatuor planae de Francia et quattuor de Au-
guittania, quattuor de Gallia. ut ibi serviant Deo omnibus temporibus
et nostrae preceptioni obediant absque mora, remota omni pigritia.
CoUigant fratres peregrinos qui migratori sunt in istis partìbus Romae,
qualicumque accidentiis contingerit venientium <0, scpclliantur ibidem
in iam predicto loco sollicita caritate. Vocatur denique prior huius
scolae Raino, Ingelbertus, Gotbertus et Ingelrii de Francia; alii de
Auguittania, Dosde, Amiz, Amat et Benuardus; de Gallia, Frederig,
Octone, Mellitus, Stefanus. Ita tamen constituimus ut ipsi et suc-
cessores eorum exibeant servitium Deo et regni nostri tantum statuni
obediant, ut ubicumque in istis partibus venientibus do ultramontanis
partibus, si casu accidit moriendi, inquirant et sepeliant deducendum
ad iam dictam ecclesiam. Pro qua causa annuatim volumus de regnis
nostris Francia, Auguittania et Gallia remunerari in eodeni loco ex
uno quoque regno quatuor (g) centi libras (h); in Francia colligant in
Remps(') quatuor centi libras (h); de Auguittania colligant ad Sanctam
Maria qui dicitur in Pogium; de Gallia colligant in Asiae palatio;
ut prehordinatis qui fuerint in ipsis predictis locis (•>) per ipsorum
nuntiorum manus dcstinentur ducendis in iam prenotato loco sicut
nostra preceptali sanctione decrevit iussio, atque ibi servientibus nulla
(a) B pp (b) qua su rasura e di mano posleriort. (e) Carrello da perlinenti-
nenbus con canceìlalura di nen (d) Prima di colonis canctlìatura di cum (e) lì pris
Ji aggiume poi inUrlinearmenle lì (() veni- su r.rura. (g) La o su rasura^
0') B lih (i) B reps colla ^ cornila ju n; la stessa mano scrisse inlerlinrarmenU- remps
quasi fer maggiore chtare{{a della forma abbreviala. (k) B locis predictis, ma con
•erni die indicano la Irasfiosi^ioae t doversi leggere preiictis lo:is
Cartario di S. T*iefro in Vaticano 431
inpediatur causa necessitatis. Precipientes precipimus commorantibus
ibidem alluni servltiiim exibeant Dco et nostrae serenitati. Idclrco
quoscumque causa orationis de ultramontanis partibus venerint, ipsi
sint ductores eoium adorandum per limina sanctorum; de aliata mu-
nera quod datur per unaquamque ccclesias, quos per eorum ductio-
nes niittuntur, ut duas partes predictis ecclesiis detur, tertia vero ipsi
ductores accipiant (^), tantummodo hac prenotatione utetur. Scola-
stici una cum presbiteris suprascriptae ecclesiae Sancii Salvatoris de re-
gnis Francie; et Auguitaniae seu Burgundionis V°) Alamannica(<:) et aliis
numerosis (*^) regnibus ut de W Saxia et Frisia, omnibus aliis regnis,
ipsi ducantoratoresethospitentCO, sepeliant (g)omnes(''). Q.uod quidem
nostrae assertioni verius credatur et nostrae sanctioni utilius observe-
tur, sugerente me humili suggestione dompno Leoni summae sanctae
Sedis apostolicae pontifici una cum episcopis archipresbiteris abbatibus,
et stipatus maxima multitudine prudentium virorum in basilica Beati
Petri apostoli in loco qui vocatur ad Quattuor (0 Rotas, similiter ego
imperatore Karolo cum universis archiepiscopis sive episcopos atque
de preordinibus viros erudimenta scientiae decoratos circumfultus con-
grua multitudine hoc preceptum optuli sanctae preceptioni eorum, per-
cunctavi commoditate suprascriptae ecclesiae, et tandem bonum visura
dompno pontifici quam et universi qui illic aderant deverunt, ut qui-
cumque inventus fuisset malivolo instigatus animo vel temerario hoc
preceptum, quod nostrae serenitati corroboramus et confirmamus, fran-
gere aut corrumpere vel in alio usu ponere vel pontifex qui per tem-
pore prefuerit huius almae urbis Romae non defenderit in omnibus
omnino locis in omni vero tempore gratis, tunc universi cum sacro
pontificae dederunt perpetuam anathemationem, quatinus nullus dux,
marchio, comes, vicecomes, castaldus, nulli regni nostri magna aut
parva persona ibi molestare vel inquietare audeat in rebus vel in homi-
nibus. Quod si quis diabolico furore exagitatus contraire voluerit, in
primis iram Trinitatis incurrat, sortietur autem cum lannes et Mam-
bres adversarii Movsi, habeat partem cum luda Christi traditore dam-
pnandus cum his qui pollutis manibus crucifixerunt Christum, et cum
hereticos qui negant quicquid de Deo credendum est, qui descendunt
in infernum usque ad instar puncti, in presenti seculo sciant se pena
(a) Tra accipiant e tantummodo rasura di una o due ìeliere. (b) La prima asta
della seconda n è su rasura di lettera che si abbassava. (e) B Alamanniea (d) La
prima asta della m su rasura di lettera che si abbassava. (e) ut de ricalcato da mano
posteriore. (f) hosp su rasura. (g) sep su rasura. (h) Dopo omnes cancellatura
di qd , in inchiostro diverso; il l'a: .-. hospitent sepeliant omnes è nel medesimo inchiostro,
il che proverebbe che venne scritto .iopo nello spa^^io lasciato in bianco; segue rasura di s
(i) La prima t aggiunta interlinearmente.
432 L. Schiaparelli
subiacendum,coiuponat auri optimi libras triginta, nicdictatcm camere
nostrae et medietatem iam predictae ecclesiae. Hoc nostrae confirmatio-
nis preceptum firmitcr stabilìmus in pcrpetuum permansurum W. Que
scribendum precipimus Alcuino levita et cancellarlo sacri nostri pa-
lati!, in vicesinio sccundo die mense decembrio opus hoc compier!
fecimus et amilo nostro subtus (b) insignir! iussimus.
• Signum manus domni Karoli serenissimi invictissimi ac trium-
phatori pacifici (^' magni imperatori. *
♦ Fregdigarch! cancellar!! ex vice dompn! augusti potentissimi f"^)
atque sanctlssimi totius («) orbis imperatoris. Alcuinus cancellarius
sanctione imperatoria perfecit, adsumpsit, dedit, complevit, roboravit
et absolvit (f). |
Dat. anno ab incarnatione domini nostri lesu Christi septingen-
tesimo nonagesimo septimo, indictiont septima (g). Actum est in
palatio iuxta Vaticano ad basilica Sancti Petri apostoli, in mense
decemb. e»), die .xxii., feliciter('), amen (i).
IL
8)4 agosto IO.
Il pontefice Leone I\' dona al monastero di S. Mar-
tino in Roma numerosi possedimenti.
Copia membr. 1141 dello scriniario Giovanni (2), caps. IV, fase. 9 [BJ.
Grimaldi, Cod. lai. Vatic. 6458, reg., da B. Copia cart. sec. xvii in: Ron-
coni, Collecianea de basilica Vaticana (bibl. Cap.), e. 539, da B. Copia cart,
sec. xviii, caps. IV, fase, g, da B.
(a) man racchiuso Ira una grande Q., che poi venne annullala da prima mano. (b) La t
tu rasura di lettera che si abbassava. (e) B pacifi (d) Carrello da pontentissimi con
cnncellalura della prima n (e) B tt (f) B y(ec adsum. dd. cp . ri', et abslvt (g; Tri
seplima ed Actum è rappresentalo un monogramma, forse col significalo di Kcrolus impera-
tor augustus (b) B dece!'' (i) B felit
(i) Segue l'autenticazione: v )~i Ego Johannes scriniarius san-
« ctae Romanae Ecclesiae sicut inveni in thomo carticineo imperiali
« sigillo ballato scripto ab Alguino cancellarlo bonae memoriae supra-
" scripti domni caroli piissimi imperatoris (/i impatoris") ita diligenter
« exemplavi et scripsi ». Sul significato di « thomus » c(. Bresslau,
Op. cit. I, 124, nota 9; SCHEFFER-BOICHORST, op. cit. p. 86.
(2) Cf. p. 400.
Ccif'Lìì'io di S. Tietro in Valicano 433
Petri Mali.1I Descriplio has. i'alicanae (ed. De Rossi, hiscriptiones chri-
stianae, II, p.irs i», 202), reg. Maffki Vegii De rebus antiquis memorabilibus
bas. Sancii Petri Romaej in Bollano. Ada sauctorum, Ititiii, VII, 71, reg. Bosio,
Roma solterraiien (1652), p. 115, estr. da B. Bullario Vaticano, I, 15, da B.
G. Marin'i, Ipapiri diplomatici, p. 14, n. xiii, da B = Marino Marini, Nuovo
esame dell' autenticità dei diplomi di Lodovico Pio, Ottone I e Arrigo J sul
dominio temporale dei romani pontejici (Roma, 1822), p. 45, cit.
Regesto: Jaffé-E. n. 26)3.
La copia dello scriniario Giovanni, colle numerose lacune, ci dà un' idea
del cattivo stato di conservazione nel 1141 dell'originale in papiro. La tra-
scrizione, come attestano le varietà d' inchiostro, venne eseguita in più volte,
con aggiunte e correzioni, ma il tutto da prima mano. Una prova della fe-
deltà e precisione del trascrittore, e che realmente attinse all'originale, si ha
nella forma caratteristica, corsiva, di datum, propria delle bolle dei secoli ix
e X ; si cf. il frammento della bolla di Leone IV riprodotto in facsimile da
O. Marucchi (i). Q.uesto importante documento viene spesso citato e ricon-
fermato nelle bolle successive.
[Leo ep'scopus servus servorum Dei monasterii] i^)
Sancti Martini qui situm (b) [est post absidam in introitu ecclesie beati
apostolorum principis] (•-") in perpetuum. [Convenit apostolico mode-
ramini pia religione pollentibus benivola compassione succurrere ac
pojscentium i^) animu alacri devo[tione impertiri assensum ; ex hoc
enim lucri potissimum premium apud conditorem omnium Deum
promeremur si venjerabilia i<^) loca oportune ad melio[rem iuerint
statum sine dubio perducta] {^) *****************
* * pontiftcalem sacratissimam et fìnetenus ***********
* * [ecclesia] (a) Sancti («) Salvatoris Domini nostri ad sepeliendos
omnes (f) [peregrinos, ecc]lesia(g)'» .Sanctae Dei genitricis [virginis
Marie que vocatur scola Saxonum] (h) * * *, ecclesia (') Sancti Mi-
chaelis q[ue vocatur] W scola Frisonorum, [ecclesia Sancti lustiniJC^)
qui appellatur (0 [scola Langobardorum] (l') una cum ecclesia Sancti
Zenonis cum casis, criptis, vineis, putijis, arboribus fructi[feris et infru-
(a) Lacuna segnata in B. (b) B sancti martini avi situm (c) Lacuna in B;
sostituzione incerta; la località è cosi icitrniinata nella bolla di Leone IX io;; ixrtr^o 21, J,-L.
». 421)2. (d) Lacuna in B; si completa col nolo formulario, quali ricorre nelle bolle sue-
cessixie. (e) s su rasura. (f) -endos omnes su rasura; segue rasura di una o due
parole e si potrebbe completare co» peregrinos oif anche ultra montanos (g) -\i su rasura.
sancti - omneD . . . ta ngaiitnto dopo. (li) Lacuna in B ; completo secondo J.-L. n. 42<)2.
(i) ecclesia aggiunto dopo; la a su rasura di et {\) B aa. aggiunto dopo; segue rasura di
una parola.
(i) HoR.\Tius Marucchi, Momiweiila papyracea Ae^yptica hiblio-
Ihecae Faticaiiae (Romae, 1891). Additameiitiim.
454 ^- Schiaparelli
ctiferis cum omnibus pertinentiis, posile] («) infra liane nostrani nova
civitatei,''^ Leoniana et inter atTìnes: a primo latere incipiente («) • ♦ •
. * [nup]er(«)edificavimus [ • • ♦]('<) e[t](«) de[ind]e («) • ♦ • um
mur[um] («)♦••••• «m, et a secundo latere terra de venerabili
monastcrio Sanctorum lohannis et P|auli et ortum Sancte Marie in
OratojrioC") qui est in capo de portico (g), et a tertio latere ipso por-
tico usque in silice qui est ad arco maiore et per ipsa silice et via
usque in (h) fluvio(') [Tiberis prejdicto (*) loco qui dicitur Spellari,
et a quarto latere iani dicto tìuvio Tiberis. Pariter c[oncedimus et
confirmamus fundora in integro] (0 qui vocanturC) [Taliano maiore
et aliud quod vocatur Ta]liano(0 minore, ùindum Fasciola, fundum
Casanillo et fundum Casapindula, [fundum Rotula] (O, fundum Cu-
cumelli, fundum [Protelaris, onines invicem] (O q[u]oerentes (») cum
diversis fundis et vocabulis eorum, campis, pratis, pascuis, silvis, cum
casis et vineis et cum omnibus ad eosdem fundos gener[a]l(iter et
in integro pert]inentibus(f), positos("i) foris porta Sancii Petri apostoli
via Claudia miliario ab urbe Roma plus minus quarto vel q[uin]to (f )
et inter affines: a primo latere inci[piente a cava maiore recte] (f) per
silice quae dividit inter suprascriptae fundora et casale qui [voca-
tur Pratane]ll[a iuris monasterii Sancii Stephani maioris et ducente
usque in rivo qui pergit a](f) ponte (") SofBari, a secundo latere ipsius
rivo qui dividit inter iam dictae fu[ndora et casa]l[e qui vocatur
Menjori (O iuris supradicio monasterio Sancii S[tephani maioris, a
tertio latere] C) casale qui vocatur Bretti et (°) Subereta iuris monasteri
Sancii Laurentii qui appellalur (p) Pallatini (q), et a quarto latere forma
[vocat]a (a) Sapatina, quae mittit usque in via C[ornelia que ducil in
ba]silica(0 Sanctae Rufinae et Secundae et casale qui vocatur (') Ca-
sagurdi iuris eiusdem monasteri Sancii Stefani maioris et deinde du-
cente per valle usque in[fra Balnearia et rect]eO) ascendente per alia
valle qui dividit inter prenominata fundora et colle [Sancii] (O Stefani
et [ex]inde(i)pergen[ie in va]lle (O Caunara [et veniente usque in](0
predictaC'') silice seu caba qui est primus («) finis. Immo etiam et fundum
unum in integro (*) qui appellalur <^") Cleandris cum ecclesia Sancte
martiris Christi Agathe. Insuper casam qui dicitur Lardarla, nec non
ss
(a) Lacuna segnala in B. (h) B ciu (e) piente vttint espunlo da prima mano.
(J) Rasura in B. (e) O fors' anche dt[sc]e[ndh (( ) Si completa secondo J.-L. n, 13^3.
(g) capo de portico su rasura e scrino dopo. (h) in scrino inlerlineanncnle. (i) usque
in fluuio aggiunto dopo. (1) B c|u (m) B pos (n) B . . .]o est ponte (o) et
ai;giuHla inlerlintart ; prima ài Subereta espunto da prima mano: et casale (p) B ap
(q) B pallani . sopra la parola vi i corrosione della piegatura e non si scorge se vi sia aggiunta
inietlineare. (r) B pradicta (s) B primis (t) B in in (u) B qa
Cartario di S. 'Pietro in Valicano 455
et fundum ad l'alianum cum casis, vineis, seu terris, campis, pascuis,
cultum vel incultum si[cuti Jesijgnato (^) esse vidctur cum thermis,
criptis et monumentis, positum (b) fori[s porta] (») Sanc[ti] (») Pe[tri] (»)
apostoli via Au[relia. Po]rro(») et fundum unum i[n integro](a) qui
[Olivetuni v]ocabulo('=) nuncupatur cum ecclesia Sancii Cosmae et Da-
miani. Immo etiam et fundora in in[tegro que vocantur Attici]ano (>)
et Colle et Pauli vel siquis ali[is nominibus appell|antur («). Veruni
etiam et fundum unum in integro qui vocatur Buccegc cum ecclesia
Sanctorum marti[rum] (») Marii et Marthae fìliorumque eius cum [casis,
terris, vineis] (»), pratis, pascuis, silvis, salectis, arboribus pomiferis,
vel incultura diversis generis, rivis, aquae perhennis et cum omnibus
finibus limitibus* * - dorum. Sive etiam concedo vobis monaste-
rium Sancti Sebastiani cum massis, fund[i]s(^), seu casalibus atque ap-
pendicibus, aquimolis et olib[etisJ (O et vineis, vel omnia et in omnibus
ad eundem venerabile monasterium generaliter et in integro pertinen-
tibus,constitutum infra civitate Centumcellensi * ♦ * * massa que ap-
pellatur Liciniana qui et Genufluvio nuncupatur, in quo est oratorium
Sancti Laurentii cura fundum qui vocatur Casaria cum omnibus ad eun-
dem W generaliter [et in integro pertijnentibus (a), positum (b) territorio
Centucellensis. Immo et fundos duos qui appellantur(e) Arap ♦ * um
et Scurianum * ♦ » [cjampi (») ibi ipso constilut[iJ (») S • ♦ ♦ a Sil-
viniano et priscis constitutos via Appia territorio Billeternensi (f),
Porro et fundos q[ui vocantur ♦ *]iliariolum, Nobulam (»), Palmis et
Vivariu[m] (*)•'* vineis cum omnibus ad eos generaliter et in
integro perthientibus, positos Cj) via Clodia miliario ab urbe Roma
plus minus quinto ex corpore suburbani (g) patri [moniij'^a) « « una cum
etiam fundum unum in integro qui appellatur (e) * . » * cum eccle-
sia Sanctae Dei genitricis Mariae, ibi ipso [constituto una cura pratis,
campis, pascuis] (*), silvis, salectis, arboribus pomiferis vel infructiferis
et cum omnibus ad eum pertinentibus, positum (b) territorio CoUinensi
miliario ab urbe Roma plus minus . ♦ * *. Denique fundum qui
vocatur Barianum in quo est ecclesia Sanctorum Martini et Lau-
rentii, seu et alio fundum C^) qui vocatur Varianum minore atque fun-
dum Terrella • * * [AJgellum (»), Tibulianum, Casambri, Mediana
sivi invicem coherentes. Pariter et fundum 01ianu[m in quo] (») est
oratorio (') Sancti Valentini in integro, p[ositos Urbe] W Vetere mi-
(a) Lacuna segnala in B. (b) B pos (e) Soslilu^ione incerta, per quanto si tratti
sicuramente ilei fondo Oliveta ; cf. Adriano IV, J.-L. n. iO)S-. (d) nd corretto da m
(e) B qa (f) billeternen colla b corretta su u (g) B suburb (h) B fundvra colla
V corretta su o (i) Tra est ed oratorio venne espunto da prima mano cecia
43 6 L" Scìiiaparelli
liario ;ib urbe Roma plus niinus viccbimo quinto ex corporc niassae
Vurianae. Simulque et con[cedo vobis] ('^) ospitales duos sivi inviccm
colier[cntes] ("), venerabile monasterium 0>) qui coniuncto esse vidctur
cum ecclesia Sancti Petri apostoli cum oratorio Sancti Sisti qui est
[iujxta (") ferrata atque Leoni pape et Sancti Adriani una cuni i ♦ *
♦ « no («) qui exit in ecclesia Sancti Petri inter oratoria Sancti Leonis
et Sancti Adriani qui sunt iuxta oratorio donipnico. Item et concedo
vobis ecclesiam • • » • cum terris et vincis et piscaria iuxta se et
cum omnibus ad eam pertinentibus. A presenti secunda indictione tibi
et per te hec omnia • ♦ quae superius as[cripta lejguntur (•'») et ea
quae usque nunc per quovis modis in prelato venerabili monasterio
fuerunt vel cuncta quae tu ipse • • etiam postea ibidem acquirere
• *•«••*«•• per liane nostrani apostolicam preceptionem
seriem confirmamus prò mercede animae [nostre] (•'») in iam dicto vene-
rabili monasterio Sancti MArtini • • ♦ » ♦ . atque presentis et futura
perhemnisW temporibus, id est usque in fineni seculi secura(e) integri-
tate « • • sancinius detinendum ac possidendum • ♦ • a te tuisque
successoribus singulis quibusque indictionibus pensionis nomine ratio-
nibus supra[dicto]rum (a) locorum ecclesiasticis f TRES -j- auri [uncias
sine omni] (=>) diflìcultate in perpetuum persolvantur. Si quis autem,
quod non credimus, temerario ausus(f) contra huius nostrae aposto-
licae auctoritati (f) privilegi[um donajtionis seriem pie a nobis pro-
mulgatum agere vel temptaverit, sciad se Domini nostri apostolorum
prin[ci]pis (a) P[etriJ (») anathematis vinculo innoda[tum et a regno] (»)
Dei alienus et cum diabolo et eius atrocissiniis pompis atque cum
Inda traditore Domini Dei et salvatoris nostri lesu Christi in eternum
igne concreniatum, si[mulque in vo]ragine (*) tartareosque chaos de-
mersus cum inpiis deficiant (f). Qui vero pio intuitum custodes et
observatorcs huius nostri apostolici privilegiis extiterit (0, benedi-
ctionis gratia et celestis retributionis in (0 eterna gaudia [a domino
nostro lesu Christo] («) consequi mereatur(f).
Scriptum p[er manum] («) Theodori notarli regionarii et scriniarii
sanctae Romanae Ecclesiae in mense [et indictione] C») suprascripta
secunda.
>-Ih bene valete.
>^ Datum .1111. idus agustus per manuni Theophi[l]acti(«) secun-
dicerii sancte Sedis apostolicae, inperante donino nostro piissimo per-
(«) Lacuna segnala in B. (b) B uen monu (e) /i • • • no colla n su
raivra. (d) Cornilo da percriiemnis (e) B recura (f) Culi B.
Cartario di S. Tictro in Valicano 437
petuo augusto Lothario a Deo coronatus magno inperatore anno trice-
simo et septimo, et post con[sulat]us (=>) anno tricesimo et septimo,
indictione secunda (i).
in.
936 gennaio-luglio.
Teodora figlia di Leone duca e di Cristidula detta
Antiochia, col consenso del marito Giovanni, concede a
Giorgio un casale detto Fluminale, altro detto di S. Natòlia
nel territorio Portuense, ed un terzo casale nel medesimo
territorio presso la città maggiore per il prezzo di due
libbre d'oro.
Copia del sec. xii, caps. LXXIII, fase. 158 [B], Ms. cart. sec. xvi, bibl.
Barberini, XXXIII, 29, e. 19, estr.
Bethmann, Archiv, XII, 408, cit. da B, coU'a. 9^';.
La data può oscillare tra il gennaio ed il luglio 936, cioè tra la consa-
crazione di Leone VII (nel gennaio, ma prima del giorno 9, cf. Jaffé-L. I,
455) e la morte di Enrico I (2 luglio). Nel 956 però correva 1' indizione IX e
non la vii come erroneamente ha la presente copia.
Quoniam certuni est Theodora nobilissima femina filia quon-
dam (a) Leo dux seu Christiduli ('') qui Antiochia vocatur olim iu-
galibus, presentem et consentientem in hoc miiii Johannes nobili
viro meo viro, hac die cessissem et cessi atque tradidi nec non
et venundavi, nullus michi cogente neque contradicente aut vim
faciente, set propria spontaneaque mea voluntate vobis [dom]no (0
Georgio nobili viro tuisque heredibus vel cui tibi largire et con-
(a) Lacuna stanata in B.
(a) B quidem (b) B xpiduli (e) Lacuna in B.
(i) Segue l'autenticazione: « >5< Ego Johannes scriniarius san-
a ctae Romanae Ecclesiae sicut inveni in thomo carticineo iam ex
« magna parte vetustate consumpto, scripto a predicto Theodoro scri-
« niario sancte Romane Ecclesie ita non tenore deviato diligenter
« esemplavi et scripsi atque a tenebris ad lucetn perJuxi, anno un-
« decimo pontificatus domni Innocentii secundi pape, indictione
« quarta ».
43 S L. Scliiaparelli
cedere placiierit, [id est] (») casale uno in integro qui vocatur Flu-
min[ale] («") cuni terris, cum duo[bus] (") mo[lendinis] (»)•*•♦♦
• ♦ • • cum aquiniolo molentem et cum omnibus ad supra-
scripto casale qui vocatur Fluminale cum vineis et aquimolo mo-
lentem [in] (b) integro [perti]nentem (»), posito ('=) territorio Por-
tuensi in Insula inter duo tìumina(<i), nec non et casale qui vocatur
Sancta Natòlia cum ipsa ecclesia et piscaria cum manicis et viginti
pedis in Traiano familiis ibidem residentibus atque in civitate malori
et minori cum sua porta et terre super se et terris ante se usque*
in tiumicello, criptis, parietinis. ortuis, po[m]atis ("), posito (=) supra-
scripto territorio Portuensi et inter affines a flumicello et Sancto Vito
per stilli in terra Sancti Stefani [usque] (») a Sancto Petro apostolo,
atque alio casale in integro, posito (■-") supradicto territorio Portuensi
iuxia civitatem [m]aiorem et terra Sancta Natòlia iuris monasterii
Sancti Stefani, et sicut in meas cartulas contincntur et affinantur,
sive usque nunc meis tenui manibus cum omnibus eorum pertinentiis,
omnia iuris cui existens. Unde et predicte cartule in nomine meo
facte iam dieta mea genitris michi reservandum et salvas faciendum
abere videtur<^e\ nunc vero abssens est, tibi una cum hanc cessionem
[ven]ditionis (=>"' cartula minime tradere potuit, set cum presens fuerit,
statini et absque(f) omni [maliti]a(a'' tibi reddere constituo gratis, hanc
cessionem venditionis cartula tibi contradidi. Pro quam etiam supra-
scripto casale ♦ • ♦ qui vocatur Fluminale in Insula inter duo flu-
mina cum aquimolo molentem in flumicello cum terris, (posito ter-
ritorio] (a) Portuensi, nec non et casale de Sancta Natòlia cum ipsa
ecclesia et piscaria cum manicis et .xx. pedes in Traiano familiis
masculis et feminis [ibidem] (») colentibus atque in civitate maiore
et minore cum porta et terre super se et terris ante se, criptis, pa-
rietinis, ortuis, poma[tis, atque] (*) casale uno in integro iuxta civi-
tatem maiorem cum introitu et exitu suo et cum omnibus eorum • * ♦
generaliter et in integro pertinentibus (g), sicquc in integro sicuti in
prefate mee cartule continetur, ut superius legitur, accepi ego su-
prascripta venditrice a te supradicto emptore in presentiam subscri-
ptorum testium videlicet in auro libras duas bonos optimos mihique
placabilem in omnem veram decisionem, utC') ab odierna die licen-
tiam habeas in supradicta omnia, ut superius legitur, de presenti
introeundi, utendi, fruendi, possidendi, vi^ndcndi, donandi, commu-
tandi, vel quicquid exinde facere sive peragerc volueris in tuam tuisque
(a) Lacuna in H. (b) B omtlle in (e) B pos (d) La i aggiunta interlintar-
menlt. (e) videtur in rasura. (f) et ab carrello su altre lettere. (g) B pertin
e h) B et; e corretta in u
Cartario di S. 'Tietro in Valicano 439
heredibus sit potestateni, et numquani a me neque ab lieredibus sive
consanguineis meis et parentibus neque a me summissa magna par-
vaque persona aliquam aliquando habebis questionem aut calum-
pniam, set etiam, si quale vis persona questionem aut calumpnia tibi
tuisque heredibus exinde fecerint, stare me una cuni heredibus meis
et defendere promitto tibi tuisque heredibus ab omni homine in omni
tempore in omni loco tibi tuisque heredibus [si] (») necesse fuerit. In
qua et iuratus dico per Deum omnipotcntem sancteque Sedis apo-
stolice seu salutem viri beatissimi et apostolici donini Leoni sanctis-
simi septimi pape et principe a Deo coronato magno inperatore
Henrico, omnia que huius cessionis venditionis cartule seriem testus
eloquitur inviolabiliter conservare atque adinplere promitto. Si enim,
quod absit, et quoquo tempore ego vel heredibus et consaguineis (b) meis
contra tibi tuisque (^) heredibus aut centra liane cessionis C»^) venditionis
cartula («), quam sponte fieri rogavi, agere aut causare presumpsero
per quolibet modum ingenii '^) quod sensum umanum intellegere et
capere potest, et minime defendere voluero aut non potuero vel am-
plius pretium tibi tuisque heredibus quesiero, tunc daturam me pro-
mitto una cum heredibus meis tibi tuisque heredibus ante omnem
litis initium poene nomine suprascriptum pretium in dupplum, et
post poene absolutionis mnneatem huius cessionis venditionis cartule
seriem in suam nichilominus maneat firmitatem. Quam scribendam
rogavi Leonem scriniario et tabellionario urbis Rome, in qua et ego
supradictus subter manu propria signum sancte crucis feci, et testes
[ut] (g) (s)ibi (h) subscriberent rogavi, et tibi suprascripto contradidi,
in mense et indictione suprascripta (') septima.
Signum >J< manus(k) suprascripta Theodora nobilis (0 femina et
venditrice.
>5< Johannes de Damabilis.
^ Johannes in Dei nomine (™).
(") nobile viro.
^ Manno nobili viro.
>J< lohanni in Dei nomine ("i).
Ego Leo scriniarius et tabellio urbis Rome [qui] (°) supra scriptor
huius cartule post testium subscriptiones et traditiones scripsi cum-
plevi (p) et absolvi.
(a) si omesso in B. (b) Cosi B. (e) B tusque (d) B cess (e) B carLi
(f) Prima di ingenti venne espunto sensum (g) ut omesso in B. (h) La s pare espusila.
(i) B suprascriptu (k) B man (1) B nobit (m) In B non si segna lacuna, ma la
formala è cerio incompleta. (n) In B monogramma con lettere di lettura incerta. (o) qui
omesso in B ; l'originale doveva avere qs (p) B cvmpivi
440 L. Schiaparelli
>5< ("^ Ego Filippus scriniarius sancte Romane Ecclesie, sicut inveni
in tomo carticinco iam fere consumpto scripto per maniim Lconis
quondam scriniarii, ita in hac cartula lìdeliter exemplavi.
IV.
966 agosto 23.
Il siibdi.icono Abbone, figlio di Aimone e di Siuflea,
vende a Martino e alla di lui moglie una terra nel terri-
torio di Selva Candida nel luogo dotto Oliveto, per il
prezzo di tre soldi d' argento e . . . denari, e coli' annua
pensione di un sestario di grano.
Originale, caps, LXI, fase. 225 [A]. È autografa la croce nella sottoscri-
zione di .\bbone.
>^ In nomine Domini Dei salvatoris nostri lesu Cliristi, impe-
rante domno nostro in perpetuo imperatore agusto Ottone a Deo
coronato magno imperatore anno quin |to, indictione nona, mense
agusto, die vivisima tertia. Quoniam | certuni est me Abbo subdia-
conus et filius quondam Aimo seu (») Siufle'a iugalibus ac die ces-
sisse et cessi atque tradidi nec non et ve|nundavi nullus mihi penitus
cogentem neque contradicentcm | invadentem aut vini facientem sepCb)
propria et spontaneaque [m]ea voluntate vovis donno (>=) Martinus vir
magnificus (^) seu [L]ea (e) unesta femina (f) | iugalibus vovis vestris-
que(g) iheredibus (h), id (') est petius de terra | vacante (g) quod est
abfb) niodiorum plus minus (>*) duobus, positus (0 territorio Silve
Candide in loco (">) qui vocaturC") Olibito et interr (b) afine (b), a pri-
mo ' latere Constantio clerico, seucundo latere Johannes (o) vir magni-
ficus (<*) Tos'canise, et a tertio et a quarto latere limire (p) iuris ve-
nerabilis monasterii (q) | Sancti Stefani (•>) unu cum introito etixoitoC"")
(a) Quesla ^ i mollo slaccala in B da ego t forse poirehhe apparUnere a so'.loscri-
\iotte non Iftia dallo scriniario Filippo per guasti della per^ramena originale.
(a) A scu (b) Cosi A. (e) A dnn, segue una lellera che leggerti h od in; prima
di Martinus vi e spazio corroso che poteva contenere una 0 due lettere. (d) A um (e) Forse
[L]ea; della prima lettera scorgesi l'estremità superiore. (f) Parola guasta da corrosione ;
leggerei u fem (g) La e termina con un tratto corsivo come nelle finali cm (h) A
illdbus (i) A i.! (k) A pt inii (I) A pos (m) A loq (n) A ..ju (o) A
ioli (p) Cosi A, p^r limite (q) A umoas (r) A ixoitoto
Cartario di S. dietro in Vaticano 441
suo et coni omnibus (») a;d cas pertincntibus. Undc rcccpi et ego qui
^upra(b) comparatore (<:) ad | [te] emtore in argento soiidos in argentos
tres et dunarios | [. .] bonos miliique placavilem in omnem veram
iecisionem, ; [potestjatem de presentis introeundi, utendi, fruendi, pos-
siden [di, vcn]dendi, donandi, commutandi et annua pensione sestario
u|[no d]e grano iusto pensione persulvendi, vel quitquit si |ie(J) facere
slve perragere volueritis, in tua tuisque(e) iheredibusCO | aliquam nli-
quando movere questionem aut calumnia stare et | dc[fenjdere pro-
mitto ubi ubi (J) tivi tuisqueC'^) beredibus ('i) necesse vel opo|r[tununi
fuerit]. In qua et iuratus dico (s) per Deum omnipotems sanctacque
Se|dis apostolice domno nostro perpetuo (h) imperatore agusto (')
Ottone a Deo | coronato magnu imperato, ec omnia que presem W
uius ven|dit!onis chartula (k) serles testus eloquitur inviolaviliter con-
servare a|que('i) adinplereC) promitto. Si enim, quod absC''), et cocC'^)
tempore | ego vel beredibus ('^) meis contra te tuisque («=) beredibus W,
verum etiam datu'[ro] me promitto ante omnem litis initius ipsub
suprascriptum pre [tium] in dubplum, et post penen ('^) apsolutionis
manentem (ti) uius ven [dijtionis chartula (k) seriens C'^) in suam pri-
meam(™) firmutatem. Quam j [scrijbendam rogavi Petrus scriniarius et
tavelluus Rome("). In qua et ego qui supra(b) supjter manu(o) propria
signumCp) >5< sanctae cruci feci et tes (<l) que subscrivere rogaC-^), vovis
qui supra (b) contradidi in mense et indictione suprascripta nona.
>J< Abo subdiaconus quam venditionis chartula C^) fiere rogavi
qui supra W scribere nescit (q).
Signum<^p) >5< manus (°) Ubo vir magnificus (0 testes.
Signura (p) ^ manus (°) Constantinus vir magnificus (■■) testes.
Signum (p) >J< manus (°) lohannes vir magnificus (') testes.
Signum (p) >5< manus (°) Urso vir magnificus (0 testes.
Signum (p) >J< manus (°) Guinizo vir magnificus (O testes.
Ego Petrus scriniarium et tavelli urbis Rome in qua et ego qui su-
pra W subter manus meas (s) proprias (') uius chartula C^) facta com-
pievi et absolvi.
(a) A onibiis (b) A qs (e) Cosi A invece di venJitore (d) Cosi A. (e) A
i s
tusque (f) A ibus (g) A die, (b) A dn n pp (i) A agsto (k) A ella
(1) A adinplere (m) La a corretta su altra lettera non compiuta, forse p (n) A rom
(o) A man (p) A sign (q) scribere nescit ■; di lettura incerta e cosi interpreto al-
cune noie itiiislinle che seguono a qs (r) A um Cs) A m ms (t) A ;pp
44- ^- Sc/iiaparclli
V.
989 settembre 5.
Il subdiacoiio Franco, figlio di Pietro chierico e di
Urs.i, col consenso di Cecilia « honesta temina » vende
ad Everardo figlio di Giovanni la metà di una terra « se-
« mentaricia » colle dipendenze situata fuori portn del Beato
Pietro apostolo nel luogo detto Stainello, per il prezzo di
sette oncie d' argento.
Originale, caps. LXi, fase. 225 |AJ. Copia Galletti nel cod. Val.
lat. 8054, partL- i», e. 81, n. xlv, da A.
A. Coppi, Documenti storici del medioevo relativi a Roma ed all'Agro ro-
mano, nelle Dissertazioni della pontificia Accademia romana d' archeologia,
XV, 199, n. 8, estr. coli' a. 984, « ex arch. basii. Vat. et cod. Val. 8034, e. 68,
Galletti » = Jordan, Topographie der Stadt Rom in Alterium, Il (Ber-
lin, 187 1), 4?o cit. = G. ToMASSETTi, Della Campagna romana, nell'.^r-
chivio della So:, rom. di stor. patr. Ili, 131, cit.
Lo scriniario Leone esegui la scrittura del documento in tre tempi. Dalle
parole " litis initiuni » (p. 444, r. 7) alla fine del testo le linee e le parole sono
più avvicinate per lasciare posto alle sottoscrizioni e adoperò inchiostro di-
verso da quello usato per le precedenti linee; con questo inchiostro scrisse
anche « «J* ego " della propria sottoscrizione; eoa inchiostro di color verda-
stro esegui poi le sottoscrizioni di Cecilia, di Romano, di Anastasio, e la
propria (eccetto «4* ego»). La sottoscrizione autografa di Franco e la croce,
pure autografa, nella sottoscrizione di Cecilia sono eseguite con tale inchio-
stro verdastro. Sono autografe le sottoscrizioni di Franco, di Pietro, di Fa-
rolfo e di Benedetto. Nella sottoscrizione di Romano ritengo autografa la «J»,
che è neir inchiostro di colore rossastro usato pare per la sottoscrizione di
Pietro, cosi la «;♦ in quella di Anastasio, nell' inchiostro pallido adoperato da
Farolfo e da Benedetto.
Sul verso di mano del secolo X-xi, e probabilmente dello stesso scriniario
Leone, si legge: " idem sex in integrum uncias, quod est medietas de terra
• vacante cum introitu suo et cutn omnibus ad eam pertinentibus . idem me-
■' dietas de terra vacante ».
►-J-1 In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu f») Christi. Anno
Deo propitio pontificatus domni nostri lohanni summi pon|tificis et
(a) A in n dni di salu n iliu
Carlario di S. 'Vietro in Vaticano 445
universalis quinti decimi papae in sacratissima sede beati Petti apo-
stoli quin|to, indictione tertia, mense septembrio, die quinta. Q.uo-
niam certuni est me Franco | virimi venerabiiem W subdiaconusC^") san-
ctae i'omanjc Ecclesiae (ìlio quondam Petri clerici (•=) seu Ursa W
quondam iugalibus (<-'), | presentem et consentienteni in hoc mihi Ce-
cilia honesta femina CO persona (g), hac die cessiss[em] | cessi atque
tradidi nec non et venundavi, nullus mihi cogente ncque contradi|centc
aut vim faciente set propria spontanea mea vokintate, vobis | donino
Everardo honestoCh) puero filio lohannis viri maga'fici(') tuisque he-
redibus vel cui tibi largire et con | cedere piacuerit, id est medietatem
de terra sementaricia cum introitu suo | et cum omnibus ad eam
pertinentem. Positam (0 foris porta Beati Petri apostoli intro | parietinas
qui appellantur (™) Centecellas, locum qui vocatur (") Stainello et intra
affines, ab uno | latere terra de lohannes (o) vir magnificus(p) genitori
tuo, et a secando, tertio (q) vel quarto latere j parietinas antiquas et via
qui ducit ad prata Neronis et ad | porla Beati Petri apostoli, iuris cui
existens. Milli evenit per ereditarie | parentorum meorum, unde et
anc cessionis venditionis chartulaC"") tibi coii|tradidi. Pro quam etiam
suprascripta (s) medietatem de terra sementarici|a cum introitu suo et
cum omnibus ad eam pertinentem, sicut superius legitur, hacce|pi ego
qui supra (0 venditore a te qui supra (0 emptores in presentiam subscri-
ptorum te|stium, videlicet in argento ucias (") septem bonos optimos
iustoque pen|santes miliique placavilem in omni vera decisione, et
ab odierna | die licentiam habeas in suprascripta omnia, ut superius
legitur, de presenti introeundi (v), u|tendi, fruendi, possidendi, ven-
dendi, donandi, commutandi, vel quicquid exin|de facere sive pera-
gere volueris in tuam tuisque heredibus sit (y-') potestatem | et num-
quam a me neque ab heredibus meis neque a nula magna par|vaque
persona a me summissa i'^) aliquam aliquando abebis (y) questionem
aut I kalumnia, etiam si tibi tuisque heredibus necesse fuerint centra
omues omines sta|re me una cum heredibus meie et defendere pro-
mitto omni (z) in tempore gratis. In qua et iuratus dico (=>*) per Deum
omnipotentem sanctaeque Sedis apostolice seu salutem domni | nostri
lohannis (bb) sanctissimi quinti decimi papae, hec omnia que anc ces-
sionis venditionis chartula (0 seriem (") textus | eloquitur inviolaviliter
(a) A uen (b) -en subii- su rasura. (e) Petri clerici aggiunto dopo da
prima mano nello spazio lascialo in bianco. (d) Ursa pure aggiunto dopo come sopra.
(e) A iuga (f) A li fera (g) A pers (h) A h (i) A (ilio iohs um aggiunto
dopo come sopra. (1) A pos (m) A ^ja (n) A qu (o) terra de I su rasura.
(p) A um (q) tertio su rasura. (r) A cha (s) A ssta (t) A qs (u) Così A.
(v) -ntroeu- su rasura. (w) A s {il segno di abbreviazione taglia la s) (x) A smiss
(y) A abet (z) La o corretta su altra lettera. (aa) A diq (bb) A loh (co) Tra
seriem e textus Ifggesi una p
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 29
444 ^- ^c/iiaparcl/t
conservare atque ndinplcre proiiiitto. | Si enlm, quod absit, et quoquo
tempore ego voi lieredibus meis centra te tu|isquc heredibiis aut
contra liane cessionis venditionis chartula (»), qua spontem (ieri
ro|gavi, agere aut causare presumsero, et minime defende|re potuero
aut noluero, vel amplium prelium tibi tuisque | lieredibus quesiero, tunc
daturo me promitto una cum lieredibus mcis tijbi tuisque lieredibus
ante omne litis initium pene nomine ('') suprascriptum pretiuni | in dup-
plum, et post penani absolutam manentem anc cessionis venditionis
chartula W seriem in suam nilhiloniinus nianead rirmitatcmCO. Q.uani
scribendam rogavi Leone scriniarius (d) et tabellio (=) urbis Romae,
in mense et indictione suprascripta tertia C).
>~< Franco subdiaconus sancte Roman? Ecclesie (g).
Signum >J-< manus 0>) suprascripta Cecilia honesta feniina(') sivi
consentiens que supra (') scribere (>") nescit (").
>~< Petrus nobili biro.
>J< Romanus vir magnificus (o) ncgotiens.
>~i Anastasius vir lionestus(p) filio Leo de Darà.
)^ FaROLI-O (q) UUIDONE.
^ >^i Beniìdictus mansionario.
>~i Ego Leone scriniarius et tabellio urbis Romae qui supra 0) scriptor
liuius chartulae post testium subscriptiones et traditiones facta com-
pievi et absolvi.
VI.
999 maggio 20.
Stefano arciprete, Giovanni secondo e Benedetto terzo
preti del monastero di S. Stefano maggiore locano « a
« meliorem faciendum » a Leone detto Xhifo e suoi eredi
fino alla terza generazione una terra a sementaricia » situata
tra la forma Ala, la porta Auria ed il lago Terrione, per
la pensione annua di due denari da pagarsi nella festività
di santo Stefano.
Originile, caps. LXl, fase. 222 [A]. Copia Galletti nel cod. Vat.
lat. 8054, parte i», e. 88, 11. -Nlviii, d.-i A.
(a) A ella (b) A nom (e) tera su rasura. (d) A scrin (e) A tabetl'
(f) tertia su rasura. (g) A eeccte (h) A man (i) A 11 fem (1) A qs
(m) la noln lironiana. (n) A nt (o) A um (p) A uli (q) Priitta di Farolfo
rasura di E
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 445
Luigi Martoreli.i, Storia del clero Valicatw, pp. 44 e 105, cit. da ms,
di Filippo Dionip;i (i). A. Coppi, Dociimevti storici del medioevo, p. 200,
II. IX, estr. « ex ardi. b.i'. Vatic. et ex cod. Valle. 8054. e. 74, Galletti » =
G. ToMASSETTi, Della Campagna romaiia, ncW Arci), della Soc. roin. di star,
j'ntr. Vn, 452, estr.
Le sottcscrizioni sono di mano dello scriniario Giovanni. Ritengo per
autografe le croci. Sul verso, in carattere minuscolo e di mano de! secolo XI,
sta scritto: « Casale qui vocatur Terrione et Galloruin .1. murus civitatis Leo-
« niane .11. montem quem tenere videtur scola Frisonoruni et terra Sergii epi-
ci scopi .111. fundum qui vocatur Triclinuli quem detinet Constantia relieta
« a Stephano vestarario .1111. casale Sauctorum lohannis et Pauli et casale
« Sancte Agathe in Lardarlo ". Q.ueste parole vennero poi espunte da mano
non anteriore al secolo xvi. Tale notilia servi foise di minuta per documento
non pervenutoci o venne estratta da carta di cui l'archivio non conserva ora
altra memoria?
Il Leone detto Xhifo o Schifo di questo documento ci è anche noto per una
notilia, che si legge nella e. i del cod. C, 105 della biblioteci Capitolare, dalla
quale apprendiamo che egli fece dono del codice a S. Pietro. Il riscontro è
importante per la datazione del codice. Ecco la notitia, forse ancora inedita :
<i Omnibus sit notuin tangentibus istu[d] (a) librum quod prò amore beati Retri
« apostoli fccit illu[d] (b) scribere L'.o indignus et negotiens qui Schifo vo-
ci catur, et perfectum devota mente obtulit sunimo apostolorum principi Petro
« celestis regni clavigero, ut ante (e) eius sacratissimum corpus semper prò le-
« gendis diei noctisque inrefragabiliter habeatur, eo videl'cet ordine, ut nullus
Il umquam pertemptet illu[dj (b) subtrahere vel transmutare aut forte cambiare
«a potestate istius sue ecclesie (<1). Et si, quod absit et non optamus, quis-
« cunique homo cuiuscamque sit ordini; aliquando temptaverit illu[d] (b) aliquo
11 modo agere, ab ilio claudatur ei regni Dei aeterni ianua et ligetur suorum (e)
Il nexibu? scelerum cui ligandi solvendique et aperiendi futuro post mortem
Il tortus cum demonibus inferni incendiis(f) concremetur a Deo patre et lesu
« Christo fìlio eius eterni anathematis vinculis innodatus. Obsecro te (g) LE-
« CTOR SUPPLIciter ut digneris orare prò me peccatore Leo negotiens qui
« Schifo vocatur, qui hunc librum prò reJemptione anime mee scribere feci
« et scriptum beato Petro apostolo placida voluntate obtuli, quatinus apud mi-
ci sericordeni iudicem dominum lesum Cliristum ipsum sentiam advocatum
(a) Mano posteriore corresse istum colia rasura di J e aggiungendo un segno di abbre-
viarjone sopra la u (b) Corrello come sopra in illum (e) ante ricalcalo da mano
posteriore, (d) La seconda e aggiunta interlinearmente, (e) Dopo suorum rasura di
una lettera, forse u (f) Dopo incendiis rasura di due 0 Ire parole. (g) te aggiunto
interlinearmente.
(i) H il ms. che ricorda a p. 25 ce il dotto Filippo Dionigi nel
« suo opuscolo ms. sul capitolo Vaticano ». Ignoro dove si conservi
questo ms., non lo vedo registrato nell' elenco delle opere edite ed
inedite del Dionigi, di cui n^iW Auloìo^ia, fase. XLV, anno 1797,
P- 355 sgg.
44^ L. ScliiapafL'lli
« apsstolorum priucipem in quo est fund.ituni omnìs caput Ecclesie, ut venia
• acccpta ipsius prccibas de inlinitis nieis iniquitatibus in eterna beatitudine
• culli sanctis n D:o valeain coUocari, amen » (i).
y^ l In nomine domini Dei salvatoris nostri Iesu(») Christi. Anno
Deo propitio pontitkatus liomni Silvessiris summi pontifici et W uni-
vcrsalis iuniori pape in sac- ratissima(=) seJe beati Petri apostoli primo,
imperante donino nostro Hocto[n]e magno et pacifico imperatore
anno eius tertio, invlictione duad[ecima], | [mejnse madio, die vice-
sima. Quisquis hactionibns veneravilinm locorum preesset('^) inosci -
turC-i), incunctanter eorum liutilitatibus ut pro[ficij|ant cum summa
diligentia procurare festine («^X Placuit i[g]itur cum Christi auxilio
atque [c]ombeni ("i) inter Stephanus rcligiosus iarchipresbitero | de
venerabili monasterio Sancii Christi protoniartiris Stephanis qui ap-
pcllatur(e) ma[i]ore a Sancto Petro seu lohannes secundo atque Be-
nedicto tertio rcligiosis presbiteri de suprascrjpto | venerabili mona-
sterio, presentem et consentientem in oc nobis cuncta congregationes
presbiterorum de suprascripto venerabili monasterio et diverso Leo
novili viro qui vocatur (f) Xh[ifo], | ut cum Domini aiutorio suscipere
debeant a suprascripto Stephanus religiosus presbitero seu lohannes
secundo atque Benedicto tertio relig[iosi] | presbiteri vel a cuncta eius
congregationes presbiterorum lia maximo usquc a minimo de supra-
scripto venerabili monasterio sibi consentient[e, si]|cut et suscep[i]
suprascripto Leo nobili viro qui vocatur Xhifo conductionis nomine (k),
id est ter[ra scmentaricija cuha vel inculca et quan[ta]'cumque(h)
infra subscripti affines con.lauduntur cum introitu et exoitu suo usque
in via publica et cum omnibus a suprascripta | sementaricia genera-
liicr et in integrum pcrtinentibus vel infra se. habentibus. Posita fo-
ris •••<•••* I [e]st intcr haffines, hab uno latere via publica
qui vadit ha forma Hala et pergi a porta qui vocatur Auria, et a
secundo latere | monte qui vocatur Pini et veniente in fossato qui
ducitur(d) Silice, et a tertio latere muro rubto hubi lavatoro est de
Ter[rio]i[ni] (•), et a quarto latere lacum qui vocatur Terrioni cum
fossato suo siccomo affinata per petre ficte esset videtur, iuris supra-
script[o] 1 venerabilis monasterii, ita ut tuo studio tuoquc Livore supra-
scripto Leo novili viro qui vocatur Xhifo heredibus successoresquc
(a) A In n dni di salu n ihu (b) In A dui piccoli et sovrapposti. (e) Dopo sa;
seguono altre lettere, forse ra, molto corrose. (d) Cosi A. (e) A qup (f) A qu
(g; A non (h) // paiso terra - quanta - i>io//i> corroso. (i) Terrioni? parola assai guasta
da corrosione; parmi certa la lettura di Ter
(i) Più sotto: «omnibus sit notuni me scribsisse scilicct Bc-
« rardus ».
Cartario di S. T^ietro in Vaticano 447
tuos supra-ìcripta terra ipsa | sementaricia cultam vel inculta et quanta-
cumquc infra predicti affines conclaiiduntur, et cmn omnibus ad eas ge-
nerali|ter et in integrum pertinentibus vel infra se abentibus, in omnibus
tenere et possidere debcant et a meliorem faciendum | Deo iubantcm
pcrducant ipsi heredes nepotesque tuis profuturis usque in tertium gra-
dum tertiam heredes tertiam personam tertiam ge|nerationes, hoc sunt
ipsis suprascripti lìlii nepotesque eius et filii legitimi procreati. Q.uod
si vero filii aut | nepotis minime fuerim, hun(a) etiam extraneae O)
personae cui boiuerint relinquendi liabeant licentiam(':) excep|to piis
locis vel publicum numero militum seu banda servata dumtaxat in
omnibus proprietatis W suprascripto venerabili monasterio. | Pro quibus
namque suprascripta terra sementaricia eulta vel inculta et quanta-
cumque infra predicti affines conclaluduntur cum introita et exoitu
suo usque in via publica et cum omnibus ad eas pertinentibus, sicut
ut superius(e) I missum est, dare atque inferre debeant suprascripto
Leo novili viro qui vocatur Xhifo heredes successoresque tuos | ratio-
nibus in suprascripto venerabili monasterio, singulisCO quibusque annis
sine aliquam mora vel dilatio|nes pensionis homni anno in festivitate
sancti Stephani denarlos numero dui. >^ Completa vero tertiam | gene-
rationes, ut superius W legitur, tunc suprascripta terrani sementaricia
eulta vel inculta ha ius suprascripto venerabili monasterio (g) cuius
et I est proprietas in integrum modis homnibus rebertatur, hut quisquis
eius curram gesserint | iterum locandi quibus maluerint liberantC')
habeant hab inquietate licentiam. De qua re et de I quibus omnibus
suprascripti iurantes dicunc CO hutrasque partis per Deum homnipo-
tente sanctaeque Sedis hapostoli|ce domni nostri Silvestris iuniori
papae hec omnia inviolaviliter conservare atque adimple|re promit-
tunt. Quod si quisquam eorum centra huius placitis comventionis
chartulae in toto partem|ve eius quoslibet modis venire temtaverint,
tunc(') daturo heredes successoresque eorum promittunt pars partis] (ì-
dem servantem hante orane litis initium pene nominum hauri hobtimi
huncias sex ebritie, et post so|luta pena huius placitis combentionis
chartula seriem in suam nihilhominus manead lìrmitate. Has hautem
du|a uniforme uno tenore conscriptis chartula mihi lohannes scrinia-
rius sanctae Romanae Ecclesiae scribendum pariter dictaverunt, | eas-
que propria manibus roborantes testibus a se rogitis hobtulerunt sub
stipulatione et superius («) solemniter | interposita.
(a) Cosi A colia n cornila su i (b) ex su cancellnlura di altre leilere. (e) A
liccntia nt (d) ti aagiun'.o <iopo salto la linea, ila prima mano. (e) A sp (f) n
ajgiunta interlinearmente. (g) A ssto vcn mon (h) Cosi A. (i) e aggiunta in'.er-
liìienrmen'e.
448 L. Sr/iiaparelii
Actuni Roma, die, anno, pomitìcatus, in mense et indictlonc
suprascripia duadecima.
»5< Stefaiius arhiprcsbiters (•) de venerabili monasteri eodemque
Sancii Stefani maiori a Sancto Pctro subscripsit
y^ lohannes secudo (») presbiters Curcio nomine subscripsit et se-
cudo presbitero.
)^ Benedicius presbiters tertio de Sancti Stefanus maiore qui po-
nitur a Sancto Petro.
>J< IJhRNARDO de Mactuccia tìlius tcstes rogatus subscripsit.
y^ .\/.7.o Macliisano nomine testes rogatus subscripsit.
>^ Stefanus opifes rogatus testes.
\^ Ego lohannes scriniurius sanctae Romanae Ecclesiae qui supraCb)
scriptor liuius chartula (0 facta compievi et absolvi.
VII.
1004 aprile 18.
Giovanni prete del monastero di S. Stefano maggiore
dona a Pietro, a Benedetto, a Franco ed a Pietro detto
Sellaro arcipreti rispettivamente dei monasteri dei Ss. Gio-
vanni e Paolo, di S. Stefano maggiore, di S. Martino e
di S. Stefano minore una vigna con dipendenza nel ter-
ritorio di Selva Candida nel luogo detto MurcapuUo.
Originale, caps. LXI, fase. 590 [A]. Copia Galletti nel coJ. Vat.
lat. 8054, parte i-i, e. 97, n. l, da A.
Luigi Martorelli, Storia del clero Vaticano, pp. 44 e 104, cit. da ins.
di Filippo Dionigi. A. Coppi, op. cit. p. 20J, n. 12 (« ex cod. Vatic. n. 805^,
« p. 8}. Dall'archivio della basilica Vaticana») coli' a. 1005.
Unica sottoscrizione autografa è quella di lionizo; le altre sono di mano
dello scriiiiario Pietro.
y^ In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
Deo propitio pontificatus domni nostri lohanni summi pontifici et
universalis | octavi decimi papac in sacratissima sede beati Petri apo-
stoli anno primo, per indictione secunda, | mense aprelis, diae octava
(a) Q.SÌA. (b) A qs (e) A dia
Cartario di S. T^ielro in Vaticano 449
decima. SaUibris est sine dubitationem ita consilii ("), ita ut ] ununi-
quemque suis utilitatibus illa potius debet lucra sectari que ad saluteni
hanime pertine|re videtur, ut cum ab hac luce subtractus fuerit, per-
petuo (b) munere gratular!; et | ideo quoninm constamt (•'•) me lo-
hanncs presbitcr de Sancto Stephano inaiore ha presenti diae do,
do|no, cedo, irado, atque offero de claro animo, de vona mente, pro-
pria et spontanea mea vo|luntate vobis donino Petrus archipresbiter
de venerabili monasterio Sanctorum Ioannis et Paul! atque | Benedi-
ctus archipresbiter de venerabili monasterio Sancti Stcphani atque
Franco archipresbiter de venerabili | monasterio Sancti Martini atque
Petrus archipresbiter qui vocatur Sellaro de venerabili monasterio
Sancti Stephani qui apellaturC'-") mi|nore similiter a magni usque ad
parbi in omnibus quatuor monasteriis vestris successoribus in per-
petuura, ( id est vinea quod sunt petiole quatuor cum rasularia W et
versulariis suis et locum ad | calcatorio suo et cum introito et exoito
suo et cum omnibus aJ eas gcneraliter | et in integra pertinentibus.
Posita (*) territorio Silve Candidae in Galeria et in | locum qui vo-
catur Murcapullo et Inter affines, ab uno latere vinea de heredes de
Ser|gius, et a secundo latere vinea de heredes de Pulcro, et a tertio
latere terra et vinea de | heredes de Sergius, et a quarto latere vi-
nea de Subbolis de Martinus presbiter. | Hec omnia que ut superius
legitur a presenti diae in suprascripti monasterii in (O perpetuum
abeatis, teneatis, | frugeatis semper fìrmitis possideatis, et numquam a
mme neque ab heredibus meis neque etiam | a nulla magna parbaque
persona a me summissa contra vobis vestrisque in perpetuum ali|-
quam movere questionem aut calumnia, set et etiam stare me una
cum heredibus me]is et defendere promitto vobis contra omnes ho-
mines et in omnì tempore gratis in perpetuum. In qua et iuratus
dico(g) per Deum omnipoteutem sanctaeque Sedis apostolice (M) domni
nostri lohanni octavi decimi | papae, hec omnia que hanc donationis
chartula(') perpetualiter seriem testus eloquitur inviolajviliter conser-
vare adque adimplere promitto. Nam, quod absit, et quoquo tem|pore
ego vel ab heredibus meis contra vos, cunctas congregationem, aut
contra han W donationis chartulaf^'), perpetualiter (') qua sponte fieri
rogavi (i), veruni etiam daturo me promitto una cum heredibus
;
(a) Così A. (b) A perpetuo (e) A ap (d) A rarasularia (e) A pos
(f) La n è niaiicanle dilla seconda asta. (g) A diq (h) A a aptice (i) A cha
(1) A pp
(i) La formola non è completa, si aggiunga: « agere aut causare
« presumsero et minime defendere potuero aut noluero vel amplium
n pretium vob's vestrisque heredibus quesiero ».
450 L. Schiapaì'elli
mcis nntc onineni litis initiiiiii pciicin nomine C^) auri uncias(b) ties
ebriti.is, et post penam absolutam manen|tem liane chartula (.<^) ào-
natioii's perpetualiter (<*) serieni in suam niliilliominus manead firmi-
tatem. | QuaniCO scribendam rogavi Petrus in Dei nomine scriniarius (0
urbis Rome manum propria feci, | [i]n mense et in^iictione suprascripta
secunda.
>5< loliannes presbiter de Sancto Stephano maiore et rogatorc.
Ì^A BON'I/.O NEGOTIKNS.
y^A Stefanus negotiens.
>Xi loliannes Gailerano testes.
)^ Atriano genero de Barosco vir magnificus (g) teste.
y~i Landolfo negotiens rilgacero de lohannes Rusco teste.
Ego Petrus in Dei nomine scriniarius urbis Rome qui supra CO scri-
ptor huius chartula (*=) donationis post testium subscriptionis facte
conpiaevi et absolvi.
Vili.
1018 febbraio 18.
Giovanni abbate, Leone e Crescenzio preti del mona-
stero dei Santi Vittore e Pancrazio locano « ad meliorem
« facienduin » ai fratelli Pietro e Maio e successori fino alla
terza generazione una vigna colle dipendenze posta nel
territorio di Selva Candida nel luogo detto Valle de Ori-
sinJa, per l'annua pensione di un denaro d'argento.
Originale, caps. LXI, fase. 22; [Aj. G. Grimaldi, Opiuculuin de sacro-
sanrtae Veronicae sudario ac laiicea qua Siilvatoris vostri lesu Christi ìaliis
paliiit in Falicaiia hasilica maxima veneraiione asservatis, 1618 (i), nis. H, 5,
bibl. Cip. e. 22, cit. d.i A. G. Gri.maloi, Instrumenta auihentica, 1619, ms.
G, 15, bibl. Gap. e. 65 a, cit. da A. Copia Galletti nel cod. Vat. lat. 8054,
parte 2", e. j, n. lui, da A.
Giovanni Severano, Memorie sacre delie sette chiese di Roma, p. 72,
cit. L. MARroRnLLi, Storia dei riero Vaticano, p. '■^2, cit. da A.
(•) A nom (b) A unq (e) dia (d) A pj''; sciolgo l' altbrevia^iom come sopra
in perpeiUtflitcr, ifotv è scritto per disteso. (e) A quam (f) .1 scrin (g) A lim
(h) A q.
(:) Cf. Muntz, op. cit. p. 236.
Cartario di S. T^ieiro in Vaticano 451
È autografa la sottoscrizione di « lolianiies » ; delle altre sottoscrizioni pare
autografa la 4*- Dopo la sottoscrizione di Crescenzio si notano, nella distanza
ordinaria delle linee del testo, tre punti 1' uno sotto all' altro, i quali indi-
cano probabilmente il posto segnato dallo scriniario per altre tre sottoscrizioni,
che poi non vennero eseguite.
[>x< I 1]'^ nomine domini Dei salvatoris nostri lesti W Christi.
Anno Dco (b) propitio pontificatus domni nostri Benedicti siini ♦ mi
pontifici et universalis octavi papae in sacratissima sede bacati Pe-
tri apostoli sexto, et inperante domno nostro piissi[mo | ajugus-
sto Heinrico a Deo coronato magno et pacifico inperatore anno
quinto, indictione («) p[rima, menjjse februario, die octava decima.
Quisquis actionibus veneravilium iocorum presct ignosci[tur C»^) in] j-
cuctanter eorum utilitatibus ut proficiant cum summa diligentia
procurare fesstinct. Placuit igitur cum Ch[risti] | auxilio atquc con-
venit inter loliannes Domini gralia religioso presbitero et tnonalio
atque coaielìco per apostoli[ca] | preceptione abpate de venerabili
monasterio Sancii (e) Christi mattiris Victores atque Pancratii seu
Leo et Cresentio [presbi]|teri et monalii, consentientem in oc ab
eis cuctas congregatìones monaliorum Dei de suprascripto vene-
rabili monafsterio et | divjersis Petro et Maio iermanis fratribus, ut
cum Domini (0 atiutorio (g) susscipere debeant a suprascripto lohan-
r.es mona[ho et presbiter 00 | d]e suprascripto monasterio seu Leo et
Crescentio religiosi presbiteri et monahi vel cum cucta congre-
gatione monahor[um] | de suprascripto inonasterio sicut susceperunt
suprascrlpti Petrus et Maio iermanis, id est petio de vinca manarica
uno in integro, quot [sunt] | ordines duodecim quantacumque infra
supscripti affines conclauduntur, et locum at calcatorio po[nen]|dum
et resi Jendum cum introitu suo et exoitu et cum omnibus (') ad eum
ieneraiiter et in integro pertinentem vel infra |abentem. Posito (') ter-
ritorio Silbe Candide in fundum qui vocatur balle de Orisinda, quot
est inter af[fi]|nes, ab uno latere teniente Crescentio de Balerino,
a secundo vel a tertio latere ri.'a, et a quarto latere vinca | domnica,
ita ut suorum studio suorumque labore de suprascripti Petrus et Maio
de suprascripta vinca in integro cum locum a[t] | calcatorio ponen-
dum introitu (^m) suo et exoitu, et cum omnia, ut superius legitur, in
omnibus tenere et possiJere debeant [et] a[t] | meliorem faciendum
Dco iubante quitum perducant ipsis heredesque suis profuturum
(a) A [i]n n dni d! salv n ihu (b) A ano do (e) indictione colla e espunta
forse ita mano posteriore. (i) Si intend.i : preesse dignoscitur (e) A sci (f) A c'ni
(f^) -t cum dni at- su rasuta. (h) Soslitu^ione incerla, (i) A omib (1) A pos
(m) Si sollìiileiiiìa cum introitu
45- L. Scili aparel li
usque [in] | tertium graduili tertiatii heredes tertiani persona tenia
generaiione, hoc sunt ipsis suprascripti filiis nepo[tesJ que eoruni et
filiis legitini'S procreati. Quot si vero filiis at («) nepotcs minime fuc-
rint, uni eti[a]ni estranea persona cui voluerint relinquendi abeant
licentiam exscepto piis locis plubicis | numerum militum rcscrvando
dumtamxat in omnibus proprictaicni de suprascripto venerabili mo-
nasterio. Pro | quam etiani suprascripta vinca in integro cuni calca-
torio ponendum cum introita suo et exoitu [vel] cum [omni]|bus
ad eam ieneraliter et in integro pertinenteni vel infra se abenteni dare
atquc inferre debet | Petrus et Maio sucessoresqueC') suis rationibus
singulis quibusque aiinis sine aliquam mo|ra vel dilatione pensione
denarios (*=) argenteos numero (J) uno («). Completa vero tcrtiam
[gene]|ratione, que ut superius legitur, tue suprascripta vinea sicuti
fuerint cultas et melioraias [at] uiulsC") suprascripto monasterio cuius
est propietas in integro (O a modis omnibus revertatur, ut quisquis
eius|dem venerabili (g) monasterio iterum locandi quibiis maluerint
liberam abeant sine aliquam am|biguitatem ('','. De qua re et de
quibus omnibus iurantes dicunt per Deuni omnipotentem sanctacque |
Sedis apostolice seu salutem viri beatissimi et apostolici domni nostri
Benedicii octavi papae. Ec omnia que (') a presenti uius placiti con-
ventionisque chartula seriem(0 in toto pattern eius quolivo (') | modo
venire temtaverit, tunc non soluni periurii reatum incurram ("0, ve-
runi etiam dajri se(") heredes successoresqueCo) suis promitunt pars (p)
partìs fidem scrvantem ante omne litis inijiium pene r.ominum auri
optimi uncia una, et posst soluta pena maneat uius | placiti conven-
tionisque chartula seriem in suani nihilominus maneat firmitatem.|
Has autem duas uniforn^e (l) conscripti per manus Benedictus scr[i-
niari]o sanctae | Romanae Ecclesiae scribendam pariter dlctaverunt,
eiusque propriis nianibus roboran|tes tesstibus ab eis rogiti fuerunt,
parteni suprascripta stipulatione sollemniter interposiia.
ActumW Rome, die, anno pontificatus, in mense et indictione
suprascripta prima.
e
(n) Così A. (b) sucessq- (e) A i^n (J) A numct (e)/" mr.tlltre piccvlo
e font scrino dopo, ma da prima mano, (( ) A in in, iifJÌii Uri casi si ha seifprt in ino
(g) A veii (h) amam biguitatcm ; si sollinlciiila : licentiam (i) La \i corretta su altra
I elitra, forse a principiala. (I) La sfcoii.Li o correità su altra letlera. (m) St iuleuJ i
jncurrant (n) A s (o) A success^)! (p) Si completi e si corregga: pars infiJelis
parli fidem servanti (q) A uniforme uniforme (r) A ctum
(i) Si completi la formula: " textus eloquitur, inviolabiliter con-
« servare atque adimplerc promiitunt. Q.10.Ì si quisquam eorum contra
«huius placiti co ive itionisque cliartuli in toto partemve ».
Cartario di S. Tictro in ralicaiio 453
Signuni hji manusW suprascripto Peiro qui in ac appare con-
scripsi.
Signum yj^ manuum suprascripto Maio rogatore et conscripsi.
^ lohannes vir magnificus (b) clerico et mansionario (0 San-
ctae Marie in Beronica.
)^ Duranti vir honestusC^) clerico et virgario.
^Jh Cresc?ntio vir magnificus 0>) arhipresbiter.
»J< Ego Benedictus scriniario sanctae Romanae Ecclesiae qui supra (')
scriptor uius chartula facta compievi et apsolvi.
IX.
10:7 ottobre 23.
Itta « honesta femina » dona, riservandosi l' usufrutto,
a Stefano arciprete del monastero di S. Stefano maggiore
una casa « terrinea scandolicia » situata in Roma nella re-
gione nona in Parione.
Originale, caps. LXI, fase. 222 [A].
Pero-amena assai danneggiata dai sorci e dall' umidità. Le sottoscrizioni
sono dello scriniario Giovanni; quella di Sergia venne scritta dopo le altre
e con inchiostro diverso. Le parole tra [ ] rappresentano talora solo un tenta-
tivo per colmare il testo.
^ In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Cristi. Anno Deo
propitio pontiftcatus domini (a) lolianni summi pontifici et universalis
[noni decimi pape in sacra]|tissima sede beati Petri apostuli quarto, im-
perante domino (b) nostro Clionrado a Deo coronato magno et pacifi[co
imperatore anno eius quarto, indictione undejjcima, mense octuber,
die vicesima tertia. Supplicandum est nobis, piissime patri, quod
r , ] I sistere, quatenus
illorum orationibus nobis ad salute anime proficiscere sentiamus
;r ] I offere quod cerni-
mus prò nostra salute Deo iugiter supplicari; et ideo quoniam certuni
est me [Itta ohnesta femina et] | bonum mihi videtur marcimonium
adipisci qui de terrena emercatur celestia et prò rebu[s
. eter]|na, hac die usufructum diebus vite mee do, dono, cedo,
trado, et inrevocaviliter largior sim[ulque concedo ex sub]|stantia
propria et expontaneaque mea volumtatem vobiscum domino W Ste-
(a) A man (b) A um^ (e) A mans (d) ul;o (e) A qs
(a) A domili (b) domno
4 54 ^- Se II ìa farei li
phanus religiosus arc[hipresltitcro vencrabilis monasterii Sancii Cliristi
proto] iiiartiris Stephani, qui appcllatur(n) niaiore a Sanclo Petro apo-
stolo, tuisque successoribus in perpetuuni ibidem introeuntib[us vel
cui vobis largire et concedere placuerit.] | prò omnipotenti Dei amore
mercedeque anime mee et de Sergia fiJeli nica et veniani delictorum
[nostroruni simulque prò] | tuis sanctis sacris horationibus qui die no-
ctuque non cessatis prò redemtione lianime nostre facia[tis, proinde
remu]|nero et usufructum diebus vite nostreC') dono vobis suprascripio
domino (■:) Stephaniis religiosus archipresbitero(J) [venerabilis mona-
sterii Sancti Christi protoJ|martiris Stcpliani, qui appellatur (•>) maiore
a Sancto Petro apostolo, tuisque successoribus et in suprascripto mona-
sterio in perpetuum, [id est una domus terrinej|a scandolicia cum in-
ferioribus et superioribus(e) suis a solo terre et usque ad summo tecti
cum introito et [exoito suo per via in co]mmune usque in via publica
siculi infra subscripti atììnis conclauduntur cum omnibus ad e[am ge-
neraliter et in integrum] | pertinentibus. PositaCO Rome(g) regione nono
in Parriones, quod est Inter affines, a primo latere terra ubi oIi[m
] I presbitero et de suis consortis, et a secundo latere
terra de lohannes Barosu et a tertio latere tcniente credes de [ . .
] I longu olim Riolario, et a quarto latere via in com-
mune('>) qui pergit usque in via Sacra, iuris cui existent. Sicuti mi[hi
evenit] | que supra(') Itta per emtionis chartula (•) da Guinizzo cognato
meo sic eas in integrum vobis vestrisque successoribus et in supra-
scripto monasterio [a presenti die] concedo et dono prò omnipotenti
Dei amore mercedeque anime mee et de Sergia fideli mea et prò
[tuis sanctis] | sacris horationibus qui die noctuque non cessatis prò
redemtione anime nostre faciatis. Itemque [concedo] et dono vobis
vestrisque successoribus et in suprascripto monasterio de mea mo-
vilia, videlicet colcitra de pinna una, [uno capi]|tale et uno lenzolu
et bellutu unum et una iraciora, et post die oviti mei cum benedi-
clion[e Patris] ] et Filli et Spiritus Sancti in tua tuisque successo-
ribus et in suprascripto monasterio sit potestatem tenendi, utendi,
fruenJi, possidendi, [venden]|di, donandi, commutandi in usum et
salarium vestrum in perpetuum faciatis, vel q[uicqu!d in] | suprascripta
dcmus terrinea scandolicia sicuti infra nomi;iatos('") affinis conclau-
duntur cum infcriorib[us et superioribus suis a so]|lo terre et usque
ad summo tecti cum introilu et exoito suo per via in coniniuncCO
usque in via Sacra et cum [omnibus suis] [ generaliter et in integrum
pertinentibus, nec non et do suprascripta movilia, videlicet colcitra de
(a) A kJ «pt (b) A nore (e) A domilo (J) A ar;b (e) A sp
({) A pos (g) A Uom (h) A com (i) A qs (I) A eh» (m) A iiom
Cartario di S. 'Pietro iii Vaticano 455
p[inna una, unoj \ capitale et Icnzolu uno et uno bellutu et iractora
da vino optiina una, vel qui[cquid in e]|a, sicut superius legitur, facere
vel agere volueritis in vestra vestrisque successoribus et in supra-
scripto vestro venerabili [monasterio sit pote]|statem, quod nullo quo-
quo tempore min[uere audeat n]eque ab heredibus nieis vobis vel
vestris suc[cessoribus et in suprascriptoj | monasterio in dom[ibus
] e vobis su[ In qua e]t iuratum dico ptr
Deum omnipotentem [sancteque Sedis] | apostoli[ce
Hec omnia que] superius missum est seriem textus eloquitur, [invio-
labi]|liter [servare atque adimplere promitto. Na]m, quod absit, si
contra ec, que superius nota[ta vel abscripjta legunt[ur, centra agere
prejsumsero et cuncta non observab[cro et minijjme defendere po-
tuero aut noluero, tunc datura me promitto una cum heredibus mei[s
tibi tuisque] | heredibus ante omnem litis initium penam nomine (*)hauri
ebritiis uncias tres, et post pen[am soiujtionis manentem hanc usufru-
ctuaria donation[is] chartula(b) ser[iem] in sua nihilhomin[us majjneat
firmitatem. Quam scribendum rogavi Johannes nutu Dei sancte Ro-
mane Ecclesie scriniarius. | Et ego qui supra subter manus meas pro-
prie signum sancte crucis feci et testes qui subscriberen[t ro]|gavi et
vobis et in suprascripto monasterio qui supra contradidi, in mense
et indictione suprascripta undecima.
Signum ■f^ manus («^l suprascripta Itta ohnesta femina (d) et roga-
trice atque donatrice que supra (e) scribere(f) nescit(s).
[Signum >^ manus suprascripta SJergia ohnesta femina W que
supra («) scribereC") nescit (g).
[ ]fo vir magnifìcus(h) rogatus ab eis testes.
^ Leo vir magnifìcusCO de Romano atque setario rogat[us ab eis
testes].
>J< Beno vir honestus 0) setario rogatus ab eis testes.
>x< Leo vir honestus(') carbonario rogatus ab eis testes,
y^ CRescentius vir honestus (') qui vocatur serbus de Franco
de Diacona testes.
^ Ego Johannes nutu Dei sancte Romane Ecclesie scriniarius scriptor
huius chartula (b) post testi[um] subscriptionis traditionis suprascripta
facta complevit et absolvit.
(a) A nom" (b) A ella (e) A man (d) A oh fem (e) A qs (f) In
nota tìroniaua. (g) A nt (h) A um (i) A uho
456 L. Scliiapai-elli
X.
1030 marzo i j
Leone giudice dativo, figlio di Lupo detto Sprin-
cone, col consenso della moglie Matilde concede per nove
anni a Gregorio detto de Gisi l'uso ed il reddito di una
casa « solarata scandolicia » colle dipendenze situata nella
città nuova detta Leoniana presso la cortina maggiore di
S. Pietro, per aver ricevuto in imprestito nove libbre d'ar-
gento.
Originale, caps. LIX, fase. 217 [A].
ToRRiGiO, Le sacre grolle Vaticane (1639), p. 552, da A.
La sottoscrizione di Leone è autografa. Le altre sottoscrizioni furono ese-
guite dal notaio Romano; ritengo però autografe le croci. Un taglio a forma
di croce nel mezzo della pergamena ci assicura che l'alto venne giuridicamente
annullato.
>~i In nomine Domini. Anno sextum domni nostri lohanni nono
decimi pape adqueet Chhuonradi inperatoris lia nno terrtio, indiciione
lerrtia decima, mense martio, die quintadecima. Quoniam cerrtum
est m? Leo Domini [ gratias datibo index et filio quoddam Lupo qui
dicebatur Sprincone, presentem et con sentientem in hoc mihi Mat-
tilda ohnesta f?mina coniugalis mea, hac die promitereC») et repro-
mitto adque specialiter .spondeo propria et spontaneaque mea bolunt-
tatc[m] ! vobiscuni donno (b) Gregorio (») qui vocor de Gisi tuisqu?
heredibus et sucessoribus vel cui tibi secun[duni] | quod inferihus legi-
tur largire et [cjoncedere pLicueris, id est medietatem in it? grani de
domo solarata scandolic[ia] quantacumque infra supscripti afTines
conclauJun'tur cum medietatem de stabular'^ upsefO et de preforulo
suo et de scalam lignea cum medietatem de inferiora et supterriora (»)
sua a solo terre et usque ad summo tecti \ cum inttroitum et exitu suo
et cum omnibus ad eam pcrtinentibus(d; in in[te.^rum] (e). Positam (0
infra civitatem nob[amJ qui apelatur (g) Leoniana, iussta corttina
maiore Beati Petri apostoli, quod est inter affines a totani bideiicet
domumCi), a primo latere doni um Cu loco, et a sccundo latere do-
(a) C»iì A. (b) A don (e) Coti A; iulendati sub se (d) A pettinen (e) Pa-
rola mollo corrosa; leggo: in in (f) A fot (15) A apl+ (li) A dom
Cartario di S. ''Pietro in Vaticano 457
numi (a) Tembaldo, et a terrtio latere j domuni f^"») loco, et a quarto
1 itere cortina predieta maioris. Inter lios berrunì affines medie ta-
tem de pretatam domum cum omnibus, ut superius missum est, tibi
concedo had detinendum a mo do et liusqiie ad expleti annis decem
cum omni suo renditum et datione ('') adque pensione («), et quic-
quid [ exinde exierint. Omnia que ut superius legitur tibi concedo ad
detinendum, hud dictum est, usque ad ex[pleti annis numero C*^) dec?m,
prro co quod ego iiaccepi ego a te in prestitum argenti op'timi libre
numero (J) nob9m(';), et li^c placitum inter nos, ud si domnum(f) in-
peratorem(g) in istam civitatem ' exiiam et in ipsam domum stare non
potueris (h), aud ipsam domum fregerint, tam per inpe rattor quam-
que etiam infra issto constituti annis de ipsam domum lignamen(')
fortiorem fre gerint, omnia conciare et de ipso pcrditum restaurare
promitto; et poest (0 exepleli fu|erint predictis annis, tue (') ipsam
medietatem domui in meam meisque heredibus debeniand potes-
stajtem. H?c omnia que inter nobis placuid et conbennid eo quod
ex utraque partibus placet, h?c omni|a(™) que ac promissionis char-
tula seriem testum eloquitur, inbiolabiliter conservari adque adim-
plere promitto. Nam, quod apsi 0), et si con (') h?c que ut supe-
rius notata sunt non opservabero, | et minime defendere noluero aud
no (') potuero, tucG) daturu me promitto ante omnenC) li|tis initium
pene nomine (") auri optimi libra huna, et poest (0 soluta pena maneat
h^c promissionis chartula seriem (o) in suam permaneat(p) firmitatem.
Quam scribendani rogavi Romanum scriniarium sancte Romane | Ec-
clesie, in mense et ind[ictione suprascripta tertia] decima.
y^ Ego Leo Domini [gratias datibjus iudex.
Signum ^J< manus (q) Mattilda ohnesta f^mina et consensit.
>J< Ildibrando Scafarea.
>^ lohannem Pagano.
>5< lohannem qui vocor Rusco.
)J< Ego Romanus scriniarius sancte Romane Ecclesie qui supra (0
scriptor uius (s) chartula (0 facta (") compievi et apsolvi.
XI.
1037 aprile 14.
Rosa vedova di Giovanni dona a Stefano arciprete, a
Giovanni secondo e a Pietro terzo preti di S. Stefano
(a) A dom (b) A dation (e) A peti (d) A num (e) A nobem (f) A
domn (g) A imperatorem (h) A potueri (i) lignamen (1) Così A. (m) A
omia (n) A nom (o) A seriem (p) A perman (q) A man (r) A qs
(s) A ueius (t) A cha (u) A fatu
438 L. Scliiaparelli
maggiore una vigna colle dipendenze e due buoi nel ca-
stello Bucceia, territorio di Selva Candida.
Originale, caps. LXI, l'.isc. 590 [A],
ToRRiGio, Le sacre grolle ^liticane (1659), p. 527, estr. Martorulli,
op. cit. p. r? e p. IO}, cit.
Pergamena guasta nell' escatocollo da rosicchiature dei sorci. l\»re au-
O ri
tografa la ♦;* nella soitoscri/ione di Rosa.
>^ In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
Deo propitio pontiticatus domni nostri Benedicti sumnii pontifici et
universalis | noni papae in sacratissima sede beati Petri apostoli quinto,
imperante domno nostro Chounrado a Dco coronato | imperatore anno
eius undecimo, indictione quinta, mense aprelis, die quarta decima.
Quoniam certuni est | me Rosa honesta femina relieta a Johannes
honesto («^ viro meo, hac die do, dono, cedo, trado et inre|vocabi-
liter largior simulque concedo ex propria mea substantia, propria et
spontalnea mea voluntate tibi autem domno Siephanus religioso ar-
chipresbitero de venerabili | monasterio Sancti Christi protomartir's
Stephani qui appeilatur ('') maiore post abside 13eati Petri apostoli
seu lohanncs secundo et Petrus tertio religiosi presbiteri eiusdem
venerabilisW monasterio vestrisque successoribus, quem | in ipsius mo-
nasterio nuncC'^) sunt et in antea intraturi sunt ini perpetuum, vel cui
vobis in usum et salarium vestrum | vestrisque successoribus largire
et concedere placueritis, prò Dei omnipotenti amore mercedeque | re-
demptionc anime meae et anime de suprascripto lohannes viro meo
et veniam delictorum nostrorum | simulque prò vestra sacratissima
hac pias horationes, quas prò salute anime nostre et anime omnium
Crisiianorum in suprascripto monasterio facere non cessatis, proinde
remunero et a die presenti | dono vobis, id est vinea mannarica in
iniegrum, omnia in integrum, ipsa vinea et terra que infra | subscripti
affincs conclauduntur cum versulares («) et rasulares suos atque sedi-
men ad calca|torio suo ponendum et residendum * • * et introitu et
exoitu suo [ ■ • ■]^^) in [ ] (g) | et cum omnibus ad ipsa vinea
in integrum pertinentibus vel infra se et super se abentibus; atque
dono vobis a die | presenti tenda ('') domui una in integrum, quas
mihi abere videtur intro castello qui vocatur (0 Buccegie | cum clau-
simen suum et cum omnibus ad ipsa tenda domui in integrum pcr-
tinentia, seu et dono vobis prò re demptioiie anime meae boves nu-
(a) A hom (b) A ^]p (e) A ven (d) A nunc (e) A vers (0 •$/"><'<>
di Ire 0 quattro Itllert coperto da macihia. (g) Altro spazio di circa selle lettere coperto da
macchia. (li) t su rasura di altra lettera, che pare d (i) A >.;u
Cartario di S. T^iclro in Vaticano 459
mero duobus (") et cuiii omnibus ad ipsa vinca et tenda domui C») et
bo|ves in integrum pertinentibus. Posita ipsa vinea territorio (') Silve
Candide W in iam («) dicto territorio de castello | qui vocntur ("O Buc-
cegiae, quod est Inter affines ad ipsa vinea, ab uno latere teniente
Fusco, et I a secundo latere qui est a pede ballae qui vocatur (f ) De-
sinda, et a tertio vel a quarto latere ripae de ipsijus vinea (g), iuris
cui existens. Unde et hanc a (•>) die presenti donationis chartula (>) vobis
feci atque | contradidi. Hec omnia qua ut superius legitur de presenti die
abeatis, teneatis, possideatis, | utendi, fruendi, possidendi et in usum
et salarium vestrum vendendi, donandi, commutandi, vel quic|quid (0
exide (™) facere sive '") peragere voiueritis in vestram vestrisque
successoribus (°) sit potestatem, | et numquam a me ncque ab heredi-
bus meis ncque a me summissa magna parvaque persona | aliquam
aliquando abeberitis questione aut calumnia; etiam si vobis vestrisque
successori|bus necesse fuerint contra omnes ornine stare me una cum
heredibus meis et defendere promitto | omni in tempore gratis. Hec
omnia que hanc a die presenti donationis chartula (0 seriemtextus| elo-
quitur, inviolabiliter conservare atque adinplere promitto. Nam, quod
absit, et si ccontra hec, que ut superius notata vel adscripta leguntur,
contra agere presumpscro (p), | et cuncta non observavero, et minime
defendere potuero aut noluero, tunc | datura me promitto una cum
heredibus meis vobis vestrisque successoribus ante omnem litis ini-
tium pe|ne nominum auri obtimi unciae duabus, et post soluta pena
huius chartula (') in suam perma|neat firmitatem. Quam scribendam
rogavi Theofilactus scriniario sanctae Romanae 1 Ecclesiae, in mense
et indictione suprascripta quinta.
Signum >~i manus (q) suprascripta Rosa honesta femina et do-
natrice atque rogatrice que supra (O scriberc (=) nescit (0.
[ ] mansionario Beati (") Retri apostoli scole oratorio (v).
[ Beati Petrij apostoli (w) scole confessionis.
[ mJansionarioC") Beati Retri apostoli scole confessionis.
[ Beajtl Retri apostoli scole confessionis.
[ l'^or.
[Ego Theofilactus scriniarius sanctae] Romanae Ecclesiae qui supraCO
[scriptor huius chartula fajcta compievi et ab[solvi].
(a) A dvobus colla v corretta su o (b) m corretta su u (e) La seconda o aggiunta
in'.crlinearmen'.e. (d) Silve CandLl su rasura. (e) La i corretta su altra lettera, che
fare d non compiuta. (f) A Qu (g) A vin (h) a agaiunta inlerliueannenle,
(i) A cha (1) A que (tn) Così A. (n) v aggiunta interlinearmente. (o) La
prima e su rasura di b (p) La prima s corretta su p (q) A man (r) A qs
(s) In nota tironiana. (t) A nt (u) A beli (v) t corretta su r (w) Di apo-
stoli sccrgesi solo ì, ma la lettura non può essere dubbia. (x) . . ]ans
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 3^
4^0 L. Schiaparelli
XII.
10-11 giugno.
Giovanni giudice dativo col consenso della moglie Te-
derada vende a Guglielmo negoziante ed a' suoi eredi, per
il prezzo di trenta soldi di denari, una casa con due magaz-
zini per deporre mercanzie nel portico maggiore, situata
nella città Leonina nel borgo dei Sassoni.
Originale, caps. LX, fase. 220 [AJ.
Sono autografe le sottoscrizioni di Giovanni giudice, di Leone suo tìglio
e di Tedirada. Sul verso di mano del secolo xii : « Sassononorum (sic) a
« Fontana ». Sono dello stesso scriniario Albino i nn. xiv, xv, xxiv.
[^-<] In nomine Domini. Anno nono domni Benedicti noni pa-
pae, indictione nona, mense iuneo | • • • • (a). Quoniam certuni
est me lohannem dativum iudicem, consentientem | [in] hoc milii
Tederadam coniiigem meam, hac die cessissem et cessi atque tra-
didi I [ne]c non publice et inrevocabiliter venundabi propria sponta-
neaque voluntate tibi | [VJuilielmus negotiens tuisque heredibus et cui
tibi largiti et concedere placuerit, | [ìd] est domum unam in integrum
terrinea scandoliciam cum inferiora et superiora sua | [ ] p[ost] se
et ergasteriis duobus ad preponenda negotia (*>) in portico malore |
[cum] pergula et curte ante se et pila aperta cum introitu et exitu suo
et I omnibus eius pertinentibus. Positam(') intro civitatem nobam quo
vocaturW Leoniana in burgo Saxo|norum inter affines, a primo latere
teniente(«) lohannem presbiterum venerabilis monasteri Sanctorum lo-
hannis et Pauli, | a secundo Maura de Grazzo, a tertio heredcs Duranti,
a quarto via per porticum maiore, iuris cui cxistit. Veluti mihi evcnit
per chartulam meae acquisitionis | [ti]bi tuisque heredibus cedo, trado
et venundo. Unde et hanc chartulam vindicionis | [cont]radidi, prò qua
etiam recepì a te in pretio solidos(^0 denariorum triginta in prescntia
supscriptorum testium, ut ab odierna die licentiam et potestà | habeas
in suprascripta (%) domum et terram, ut superius legitur, de presenti
introeundi, utendi, ] fruendi, possidendi, vindendi, donandi, commu-
(«) Spn-io coperto da macchia, ma non ti scorge traccia alcuna di scrittura, sicché venne
■ laiciato in bianco per ti giorno del mese. (b) A preponen.I neg (e) .-t pos (J) .4 qu
(e) W t:n (0 ^ »ot (g) A siti
Cartario di S. ''Pietro in Vaticano ^6i
tandi, et quicquid exinde | facere volueris in tua tuorumque heredum
sit potestate, et nunquam a me neque | ab heredibus meis neque a
me summissa persona aliquam aliquando habebis | [qu]estioncm aut
calumniam (»), set etiam stare me una cum heredibus meis et | defen-
derc promitto tibi tuisque heredibus ab omni homine in omni loco
in tempore omnis. | Et hec omnia inviolabiliter conserbare et adim-
plere promitto. Si enim, quod absit, | contra hanc chartulam vindi-
cionis agere (*>) aut causari vel litigari presumsero et | cunta, ut su-
perius legitur, adimpleri noluero aut non potuero, tunc compositurum
me esse | promitto una cum heredibus meis tibi tuisque heredibus
ante omne litis initium pene nomine('=)|suprascriptum pretium duplum,
et soluta pena hec chartula vindicionis in sua maneat nihilominus
firmitate. Q.uam scribendam rogavi Albinum scriniarium, in mense et
indictione suprascripta nona.
>^ Signun (J) lohannes (e) iudice benditore et rogatore.
y^ Leo filius (f) lohannes (0 iudice consensit.
>^ Signum Tedirada qui hac chartula consensit.
>^ Bcrnus Ciracoculus.
>J< lohannes Albanese.
>J< Leo Guala.
>^ lohannes Buccalaccia.
>5< Melius negotiens (g).
Ego Albinus scriniarius sanctaeRomanae Ecclesiae compievi et absolvi,
xiir.
1043 "larzo.
Crescenzio arciprete, Benedetto detto Galla, Giovanni
secondo e Benedetto terzo preti dei monastero di S. Mar-
tino danno in livello, da rinnovarsi ogni diciannove anni,
a Pietro detto «de Rapizzo» due case, di cui una congiunta
col portico di S. Pietro e con magazzino entro il portico
per deporvi mercanzie, situate nella città Leonina nel borgo
dei Frisoni, per il prezzo di quattordici oncie d'argento
e coli' annua pensione di undici denari. Inoltre ad ogni
rinnovazione Pietro « de Rapizzo » dovrà pagare dodici
soldi d'argento e dieci denari.
(a) A cai (b) A agre (e) A nomi (d) A sigun (e) A iolis (f) A silius
(g) -^ neg
4^2 L. Schiaparelli
Originale, caps. LXI, fase. 222 [A].
Nelle sottoscrizioni pare autografo il tratto orizzontale delle croci.
>5« In nomine domini Dei salvatoris nostri C^) lesu Christi. ^
[Eg]o vobìs peto domnus Cresscentius Domini gratias religioso ar-
chipresbitero de venerabili monasterio Sancii Christi confessoris Mar-
tini, qui poniturC») post absidas Beati Pctri apostoli, seu Benedicto
qui vocatur Galla, | [seu loliannes secundo] et alio Benedicto tertio
religiosis presbiteris, consentientem in hoc a nobis cunctas congre-
gationes presbiteroruni a magno usque ad parbo eiusdem venerabili
monasterio (-), uti mih[i] | Petrus vir magni fic us (<^) et qui vocor(e)
de Rapizzo heredesque meos habeam liccntiam ad supplendum et
detinendum inferius conscriptos (*^) annos, quatinus cum Christi auxi-
l[io lo]|care committereque iubeas libellario nomine, id est duabus
in integrum domora solarate scandoliciae, una quidem domora qui
est coniucta cum porti|co Sancti Petri cum argasteria in integrum
intus portico ad negotia repreponendum <s) atque inferiora et superiora
sua a solo terre et usque ad summo tecti, | nec non et alia domora
maiorCi) item solarata scandolicia cum preforulo et scala lignea omnia
ante se et terra vacante | post se, omnia in integrum cum inferiora et
superiora sua a solo terre et usque ad summo tecti una cura introita et
exoita earum et cum omnibus ad s[uprascriptis] | duabus in integrum
domoras pertinentibus. Positas(') intus civitate noba qui appellatur (')
Leoniana in burgo qui vocatur (e) Frisonorum, affines eius ab una
domora qui est | coniucta cum suprascripto portico, ab uno latere de-
tinet Petrus lanista et qui vocatur Longo, et a secundo latere retro via
communae, et a tertio latere detinet Cresscen tio de Bonizza, et a
quarto latere via qui pergit per suprascripto portico; ab alia domora
qui est iuxta eius domora in ipso suprascripto burgo, affines eius, ab
uno I latere detinet Romanus nepto tuo, et a secundo latere detinet
Theodora de presbiter Stephano, et a tertio latere viculum com-
munae et detinet Cenci]o, et a quarto latere via communae qui pergit
usque in via publica, infra os vero affines duabus in integrum domora
solarata scandolici|ae cum argasteria ante se et terra vacante post
se pertinentibus iuris suprascripti dominii, ad tenendum, colendum,
fruendum, conciandum, f[ines] | eius rezzelandum melioraiidumque
in omnibus a die kalendarum martiarum presenti undecima indictionc
et usque in pridias kalenJasC") ejasdem vices (") in annos continui-
mus decem et nobem complendum et renobandum in alios tantos
(«) ^ In n dni di salu n (b) A qp (e) A uen mono (d) A um (e) A o,u
(0 ij ricriptot {^) Cosi A, (h) W maio (i) ^ pos (\)A<\a {m) A \\ì {a)A\iUti
Cartario di S. T^ietro in Vaticano 463
decem et nobcm annos. Unde mine prò li'bellatico reccpistis vobis
qui supra («) domnus a me qui supra (») libcllarius C') prò hunc libellum
argenti uncias (<=) numero(d)quatuiordecim (e), et prò renovandoCO vero
eo tempore quo | renovare (f) debeo, vobis tribuere debeo argenti
solidos duodecim et denarios decem (g), ita sanet CO ut prestet exinde
rationibus pars (>) meam vestrisque partis suprascripti do|minii sin-
gulis quibusque anniss (0, ne aliquam mora ve! dilatione pensionis
nomine (™) denarios in capo(") ierit numero undecim in mense marlio,
et si in ipso mense | data et persoluta non fuerit, in mense aprelis
duppla cius vobis dare promitto, eo vero tenore et placito ut non
habeam licentiam ego qui supra (a) | libellarius hunc libellum vel
annos quod in eum contlnet ad nullam extraneam personam magna
vel parba vendere vel per quolibet modo(o) cedere, | set si fortasset CO
mihi necesse est ad vos qui supra (») domnus iustum pretium quantum
iustae apretiatum fuerit minus solidos quinque, et si autem emere
[no]|lueritis, tunc licentiam habeam venumdare cui voluero ad talem
hominem que suprascripta pensione (p) vobis annuatim persolvat, ea
videlicet ratione et | statutum inter nobis, ut si autem ego qui supra W
libellarius prò animae meae (q) relinquere voluero (0, non abeam
licentiam nec potestatem relinquendi nisi suprascripto | venerabili ve-
stro (•) monasterio prò meaeque animae (0. Si qua vero pars (0 cen-
tra fidem eorum libellorum venire temptaverit, det pars (0 infidelis
pars (') partis fidem servan te ante omne litis initium pene nomine (")
auri cocto uncias decem, et post penam absolutam manentem huius
libelli (v) chartulae in suam manead firmitatem. Unde | peto, ut unum
ex duabus libellis(v) uno tenore conscriptosO^') per manum (») lohanni
scriniarii sanctae Romanae Ecclesiaeuna cum vestra roboratione mihi
contradere dignetis, ut dum consecutus [ fuero, agam Deo et vobis
maximas gracias. Tempore domni nostri Benedicti noni pape anno
udecimo Q^), in mense et indictione suprascripta undecitna.
Signum >5h manusW suprascripto Petrus vir magnificus (y) de
Rapizzo et libellarius (b) qui supra (=>) scribere W nescit (^a).
>J< Bobo vir magnificus (y) de Petrus Guazzo.
y^ Dominico vir magnificus (y) Marone vocatus C''').
t5< Crescentio vir magnificus (y) de presbiter Teuzo vocatus (bb).
(a) A qs (b) A libetta (e) A une (d) A num (e) quattuordecim
scrino dopo Ja prima mano nello spazio lascialo in bianco. (f) A ren (g) duodecim
et den decem s:rillo dopo da prima mano vello spa^^io lascialo in bianco, (h) Cosi A.
(i) A pars (1) A anniss (m) A nomn (n) A cap (o) A quoh movì (p) A
ssta pens (q) A anim meae (r) uo su cancellatura di de (s) A vestr (t) A
aniin (u) A nom (v) A libett (w) A cscriptos (x) A man (y) A um
» » — ~
(z) In itola tirouiaiia. (aa) A nt (bb) A uoc
4<54 ^' Schiaparelli
Kp Ego lolianncs scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae facta coni-
plaevi et absolvi.
XIV.
1045 giugno 6.
Crescenzio prete del monastero di S. Martino « de
« Sassa » col consenso di Sassa « honesta femina » e dei
preti di S. Martino vende al prete Benedetto la metA di
una vigna colle dipendenze posta fuori porta Aurea nel
fondo Talliano, per il prezzo di cinquanta soldi di denari.
Originale, caps. LXI, fase. 222.
Martorelli, op. cit p. 104, cit.
Sono autografe le sottoscrizioni di Crescenzio arciprete e dei preti Bene-
detto e Pietro; pare autografa la «J» dopo signum. Nelle altre sottoscrizioni è
autografo il solo tratto orizzontale delle croci.
^ In nomine (*) Domini. Anno undecimo domni Benedicti noni
papae, indictione undecima, ' mense iuneo, die sexta. Quoniam certum
est me Crescentium religiosum presbiterum [ venerabilis monasteri
Sancti Martini qui vocatur W de Sassa, consensientem (=) in hoc mihi
Sassam \ honesta femina W et per consensum et voluntatem (e) pre-
sbiterorum Sancti Martini, hac die cessisseni I et cessi atque tradidi
nec non publice et inrevocabilaer venundabi | propria spontaneaque
voluntate tibi Benedicto religioso presbitero qui vocatur ('') de presbi-
tero 1 Constantio tuisque heredibus et sucessoribus et cui tibi largiri
et concedere | placuerit, id est integram medietatem que est mesor-
tione de j petium unum bineae magnaricc quantacumque infra sub-
scriptos affines | conclauduntur cum versularibus et rasularibus suis
atque vasca lapidea una cum introitu et exitu suo et omnibus eius ]
pertinentibus. Posila C) foris portam Auream in fundoTaliano(g) ■ inter
affines tota ipsa binea, a primo latere teniente (•>) tu qui superius (')
emtorem et Bezzo presbiterum simulque lohannem presbiterum de
Zatro, a secundo formam | Sapbatina et lohannem presbiterum simul-
que Nitto presbiterum, a tertio (') locum I commune (m) ad calcato-
rium (n) ponendum, a quarto viam publicam iuris Sancti] Martini.
(») A n (h) A qu (e) A con» (d) A li fem (e) A uot (0 ^ P"*
(%) La i cornila sn allra (filerà principiala, forse a (h) A ten (i) A qsp (I) A
leni (m) A comm (n) A ad catoriura
Cari aria di S. '^Pietro in Vaticano 4^5
Veluti mihi evenit per chartuhim nicae acquisitionis ita tibi | luisque
heredibus et sucessoribus cedo, trado et venundo, ea ratione ut, ; si
tibi necesse fuerit venundari et dominatores emere nolu|erint, non
au.ieas eam alieni venundari nisi milii tantu pretium | quantu tu
mihi exinde iribuisti, et si emere noluero, licentiam | habeas ve-
nundari (») cui volueris. Unde et liane chartulam vindicionis | ad de-
cima in suprascripto monasterio reddenda 0) tibi contradidi. Pro qua
etiam recepi I a te in pretio solidos denariorum (<:) quinquaginta in pre-
sentia subscriptorum testi um, ut de presenti introeundi, utendi,
fruendi, possidendi, vindendi, [ donandi, conimutandi et quicquid
exinde facere volueris | in tua tuorumque heredum et successorum
sit potestate, et numquam a me | [njeque ab heredibus et succes-
soribus meis neque a me summissa persona | [aliquam a]liquando
habebis questionem aut calumniam i'^), set etiam | [stare me] una
cum heredibus et successoribus meis et defendere promitto tibi tuis-
sque ] hferedibus et] successoribus ante omne litis initium ab omni
homine in omni | [loco] in tempore omnis. Et hec omnia inviolabi-
liter conserbare et | [a]dimpleri promitto. Si enim, quod absit, contra
hanc chartula (0 litigari [ presumsero, et cunta, ut superius legltur,
adimpleri noluero aut non | potuero, tunc compositurum me esse
promitto una cum heredibus et sucessoribus [ meis tibi luisque heredi-
bus et successoribus pene nomine (f) suprascriptum pretium duplum, |
et soluta pena hec chartula in sua maneat nihilominus(g) firmitate.
Quam scribendam rogavi Albmum scriniarium, in mense et indictione
suprascripta undecima.
Signum >J< manus (h) Crescentii presbiteri rogatoris.
Signum ^ manus W Sasse honesta femina (>) confirmatricis.
>J< Crescentius archipresbiter Sancti Martini a Sancto Petro.
)^ Benedictus presbiter secundus.
y^ Petrus presbiter.
>J< Crescentius de Bonizzo qui vocatur de Petro sarto testes.
>^ Zoncius mansionario W fìlius Uvonis testes.
>J< lohannes de lubene testes.
)^ lohannes mansionario (k) Sanct? Petornill? testes.
\^ Petrus de lohanne portarario testes.
Ego Albinus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae compievi et ab-
solvi.
(a) -s V- corretto su m (b) A re.fd (e) A den (d) A cai (e) A chla
(f) A nomi (g) A nihlo (li) A man (i) A h fem (k) A mans
466 L. Schiaparclli
XV.
1055 (gennaio-settembre).
Costiinza figlia di Bellizone e di Roccia dona i suoi
averi, riservandosi V usufrutto, a Benedetto arciprete, a Be-
nedetto ed a Pietro preti di S. Martino.
Originale, caps. LXI, fase. 222 [AJ.
Pergamena assai danneggiata dai sorci, che asportarono tutta una striscia
a sinistra. Le sottoscrizioni sono dello scriniario Albino. Dall' indizione vi,
se costantinopolitana, si argomenta che la data sia anteriore al 1» settembre.
[>J< In nomine Domini. Anno . . . domni Leojni noni papae
atque Enrici imperatoris anno septimo, indictione sexta, mense | [ . . .
] Quoniam (») certum est me Constantiam diaconam
filiam domni Beilizzoni et Roccia pie re[co]rdationis | [ ]
sub usufructu dierum vite nieae dono, cedo, trado et inrevocabiliter
offero ex (>>) | propria spontaneaque voluntate vobis Benedicto relioso
arcliipresbitero venerabilis monasteri Sancii Mar|[tini eccjle-
siam Sancti Petri apostoli atque Benedicto presbitero et secundo si-
mulque Petro religioso presbitero et tertio | [ ordinjatis vel
ordinaturis predicti («) monasteri in perpetuum prò Dei nanque omni-
potentis amore mercedeque | [redemptione anime mee] genetricisque
mei omniumque Christianorum vestrisque sanctis atque sacris orationi-
bus, d[o]natumque | [ ] sex in integrum principales uncias ex
omnibus ercditatibus meis immobilibus, bineis e[t tejrris | [ ]
vel de qualecumque hereditate mihi pertinere videtur ex paterna seu
materna avi avieque ] [hereditate], exscepto quod non vobis dono, terra
ab Apriniana; de cuntis aliis meis hereditatibus | [ ] sex princi-
pales uncias vobis dono usufruendi vite meae detineam ; in tempore
obiti mei in | [suprascripto monasterio o]mnia deveniat potestate ad
utilitatem predicti monasteri Sanctorum Martini et Blasii iaciend|[um
quicquid exinde volueritis, et nunjquam a me neque ab heredibus
meis neque a me summissa persona aliquam aliquando habebitis quc-
stii[onem aut calumniam, sed stare m]e una cum lieredibus meis et de-
fenJere promitto vobis vestrisque successoribus ab homine omni in
(aj A <J.. (b_) ijiii {■robabilmtnie l'originale prestiilava un largo sjm^io in bianco i
il vocabolo propria e slaccalo dal guaslo della pergamena, ni ti scorge Iraecia ili lillera, inoltre
la formula e compiila. (e) Segue rasura di s
Cartario di S. T^ietro in Vaticano ^6j
omni I [tempore in onini loco. Et hec o]mni;i, ut superiusC») legitur,
inviolabiliter conserbare et adimplere promitto. Si quis aiitem cen-
tra I [hanc chartulani venire teniptav]erit, aut esinanire et disruinpere
voluerit, divino iudicio reus se existere congnoscat, | [scilicet cum luda
Schariota traditore domini njostri lesu Christi et cum (b) omnibus
sacrilegis et impiis in inferno sit sociatus et a regno Dei extra-
neus I [existat; insuper componajt vobis vestrisque sucessoribus sex
purissimi auri libras et sex alias libras in sacro Lateranensi pala-
tio I [ ] vindicare non valeat, set hec chartula firma et sta-
bilis semper (<:) sit. Scripta per manum W \ [Albini scriniarii, in mense
et injdiclione suprascripta sexta.
[Signum ì^ manus suprascriptae CJonstantiae diaconae roga-
tricis.
[ ]ata.
ì^ Falcone filius eius.
>J< Sasso mansionario (e) Sancte Crucis. ^
Ego Albinus scriniarius Sanctae Romanae Eclesiae compievi et absolvi.
XVI.
10)3 marzo 21.
Leone IX conferma ai canonici di S. Pietro stabiliti nel
monastero di S. Martino i privilegi e le donazioni di
Leone IV, di Carlo Magno, di Giovanni X e di Gio-
vanni XIX e segnatamente il possesso della chiesa di S. Sal-
vatore detta « schola Francorum w.
Copia notarile membr. 1562, novembre 8 (i), caps. IV, fase. 9 [B]. Estratto
notarile 1289 maggio 14 (2), caps. LXXIII, fase. 138 [C]. Copia 1522, B,
Transumpta authentica &e. e. 70 b, da B = Copia see. xvi, I, Exemplaria
lullarum Scc. e. 177. Estratto see. xvi, C, Transumpta authentica &c. e. 222,
da C. G. Grimaldi, Catalogus omnium archipresbyterorum sacrosanctae Vati-
canoe lasilicae, 1620. Ms. H, I, bibl. Gap. e. 15 b, rag. Copia cart. see. xvii,
ms. G, 94, e. 115, da B (bibl. Vallicelliana). Informatio abbreviata (L, Exem-
(a) A sp (b) cum aggiunto inlerlinearmenie. (e) era corretto iu altre lettere.
(d) A man (e) A mani
(i) L'autenticazione è riprodotta per intiero nel BnUario Vati-
cano, I, 28.
(2) Per l'autenticazione vedasi p. ^01.
4^8 L. Scìiiaparelli
pìaria huìlaruin ... ardi. Gap. S. Pietro), 1655, dicembre 17, reg., da processo
del 1554. Estratto del sec. xvii, nel ms. H, 61, e. 100 (bibl. Gap.). Copia sec. xvii
nel ms. Gasanatense 2098 (X, $, 25), e. 55, da B, con note. Gopia sec. xvii
nel ms. 1104 (41, F, 25), e. 108, da B (bibl. Gorsiniana).
Bosio, Roma sotterranea, p. 115, estr. lUiìhirio raticaiio, I, 22, da B = Van
DEN Bekgh, Oorkondeubock van Holland en Zeeìand {1866), I, i, 52 = Migne,
145, p. 704.
Regesto: Jaffé - L. n. 4292,
La copia B e l'estratto G dipendono senza dubbio dall'originale. B ripro-
duce con precisione caratteri estrinseci dell' es cat ocol lo , come la «rota»,
il a bene valete » ed il «comma». Delle bolle di Giovanni X e XIX, confer-
mate col presente privilegio, non ci pervenne il testo. Nella presente stampa
sono in carattere corsivo i passi e le parole che dipendono, sia direttamente,
sia pel tramite delle due bolle citate e oggi perdute, da Leone IV, J.-E. n. 265 j
(n. II della presente edizione). Per la topografia si cf. le note nell'edizione del
Bullario Fatte, e Tomassetti, op. cit. Ili, 14} sg. per i fondi di via Aurelia,
e III, 165 sg. per quelli di via Gornelia.
Leo episcopus servus servorum Dei. lohanni archipresbitero vc-
nerabilis ecclesie Beati Petri apostoli et eiusdem ecclesie canonicis in
nionasterio Sancti Martini nunc ordinatis et ordinandis ut in choro
Beati Petri die noctuque divina officia decaiitent in perpetuum. Con-
venit apostolico moderamini pia religione pollcnlibus benivola com-
passione succurrere, ac poscentium animis alacri devotione impertiri
assensum ; ex hoc enim lucri (») potissimum premium apud condito-
rem omnium Deum promeremur si venerabilia loca ordinata ad me-
liorem fuerint statuni sine dubio perducta. Igitur quia postulastis a
nobis quatinus confirmaremus que (*>) a sanctissimo Leone quarto papa
et a quibusdani pontificibus Romanis vobis sunt concessa et per pri-
vilegia confirmata, ob amorem Dei omnipotentis et beati Petri apo-
stolorum principis et auree Rome defensoris et beati Martini confes-
soris, cuius ecclesia est sita post absidam in introitu ipsius ecclesie
iuxta ferrata {■:), vestris precibus inclinati, que iuste po.stulastis ad
esemplar predecessoris nostri Leonis quarti et Karoli imperatoris et
aliorum pontificum Romanorum loliannis decimi et lohannis noni
decimi presentis scripti privilegio conlìrmamus, statuentcs [ut]('i) quas-
cumque possessiones quecumque bona eidem venerabili nionasterio
iuste perlinent et in futurum concessione pontificum, oblatione fide-
lium seu aliis iustis modis, annuente Domino, poterit acquircre, firma
vobis vestrisque successoribus et illibata (=) permaneant. In quibus hec
(a) C lucro (b) C qol (sic) (e) C serrata (d) ut onitsso in B C (e) C
inlìbita
Cartario di S. Tielro in Vaticano 469
propriis duxinius exprimcnda vocabulis, videlicet ecclesiam Domini
nostri Salvatoris que vocatur scola Francorum una cum suis posses-
sionibus et usibus et utilitatibus, quas Karolus imperator ecclesie
Sancti Salvatoris donavit et per privilegium confìrmavit et Leo
quartus privilegio concessit, et censiis quos de ultramontanis partibus
annuatim statuerunt mieti et recipi per manus mìnistrorum concedimus
eidem monasterio permanendos ad utilitatem eorum qui in choro
Beati Pctri Deo alacri animo serviunt, positam iuxta murum civitatis
nobie que vocatur Leoniana super Terrionem, constitutam ad sepul-
turam omnium hominum de qualibet parte (*>) mundi Romani vc-
nientium qualicumque ex causa, siculi a Leone IIIL'° concessum
est diete ecclesie Sancti Salvatoris. Set si de ultramontanis partibus
fuerint peregrini et advene, divites et pauperes, nobilcs vel ignobiles,
quoscumque mori contingerit in hac alma urbe Roma vel in circuitu
eius, sicuti ab Alba usque Sutrium, omnes in iam dieta ecclesia Sal-
vatoris sepelliantur, nobiles et ignobiles, divites et pauperes, advene
et peregrini, aut ubi vos iusseriti?, si necessitas compulerit. NuUus pre-
suma! aliquem illorum aut bona eius occultare aut centra voluntatem
vestram retinere, preter Anglos venientes de Anglia. qui, si in scola
Saxie infirmantur et ibi moriuntur, ibi sepelliantur secundum cartulas
locationum, quas presbiteri et hospites qui vocantur scolenses ipsius
scole Saxie susceperunt ab ecclesia Sancti Salvatoris de ecclesia cum
camminatis et scola Saxie et omnibus eius pertinentiis, nec non de
sepultura Anglorum qui in ipsa infirmantur atque moriuntur scola ;
set si preter ipsam infirmantur, ubicumque moriuntur, in ecclesia
Sancti Salvatoris sepelliantur secundum proprium ius. Imperator au-
tem et Leo papa quod ecclesia Salvatoris habuerat non abstulerunt,
set ilii de gratia multa dederunt, et privilegiis concesserunt. Ideo nos
concedimus pensiones in monasterio Sancti Martini bis in anno dari
a presbiteris Sancte Marie et locationes ab utraque parte teneri. Frises
etiam qui infirmantur extra scolam Frisonum, que vocatur ecclesia
Sancti Michaelis, in ecclesia Sancti Salvatoris sepelliantur secundum
tenorem locatlonis (t>) quam presbiteri Sancti Michaelis susceperunt
a presbiteris Salvatoris. Exceptamus etiam omnes peregrinos et ad-
venas Latinos quotquot moriuntur in civitate Leoniana et extra
ad tria miliaria, quos sepelliri concedimus in ecclesia Sancti lustiiii,
que vocatur scola Longobardo rum, et secundum tenorem locationis
eisdem munitur rationibus in Latinis quibus ecclesia Salvatoris in
alìis gentibus. Omnes alii peregrini et advene qui in civitate Leo-
niana et in circuitu eius per tria miliaria obierint, ultramontani quoque
([a) In B parte aaaiunlo iiilerìineiìrmtnte. (b) La s su rasura.
470 L. Schiaparelli
ab Alba usque Sutriuni, sicut superius Jictum est, in predicta ecclesia
Sancii Salvatoris cum obseqiiio sacerdotuni sepeliantur. Niilliis oc-
cultet infirmuni ut intestatus decedat, set prcsbiteris ipsius ecclesie
aut procuratori vostro antcquain mente alienetur nunctiare festinet;
si defunctus fuerit, ipsum et bona eius non celet, set cito presbitcris
propalare pergat ; similiter nullus audcat infirmuni de alterius domo
malitiose aut furtim abstrahere vel suadere de domo seu de civitate
exire, ne forte deceptus suis bonis expolietur et in via derelictus male
moriatur et a canibus seu a lupis devoretur, set cum vestra volun-
tate et iudicio mutentur ubi competentius eis serviatur atque prò
substentatione et sanitate corporis ex suis rebus fideliter ministretur,
ne per incuriam ipsi pereant, et bona eorum dilapidcntur ; set si tante
valitudinis fuerit intìrnius ut aJ patriam suam reddire possìt, suis
omnibus receptis, cum vestra providentia ire permictatur, nulla res
exinde prò licentia retineatur, etiamsi promissa fuerit, nichil accipiatur,
et secundum locationem quam omni populo civitatis Leonianc fecit
ecclesia Sancti Salvatoris de hospitandis oratoribus et vendendis ne-
cessariis, sicut ipsi ad recompensationem utilitatis locationis in pre-
sentia Leonis quarti concesserunt monasterio Sancti Martini et ec-
clesie Salvatoris, quod nos concedimus et confirmamuì, ut quicumque
de habitatoribus civitatis Leoniane et extra ad unum miliarium sine
filio vel filia de legitimo coniugio decesserit, omnes res mobiles et
immobiles, quas tunc liabuerit in dicto monasterio, ad utilitatem fra-
trum vadant, et nulli audeat aliquid de bonis suis relinquere nisi
expensas prò sepultura et si quid alieni debuerit. Simili modo qui-
cumque de servientibus aut de tabernariis cuiuscumquc conditionis,
si absque herede obierit, omnia eius bona iuri vestro cedant, et si
heredem liabuerit, in predictis cimiteriis Sancti Salvatoris vel Sancti lu-
stini ut advena sepeliatur. Habitatores sunt viri et mulieres quicumque
habitant in domibus propriis aut in domibus quas tcnent non per
unum diem nec per unum annum, set longo usu per cartulas loca-
tionum. Item concedimus et confirmamus unum fundum quod vocatur
Palatiolum et duo burgura, unum qui vocatur Frisonorum et Saxo-
norum cum terminis limitibusque eorum et omnibus eorum pertinen-
tiis una cum ecclesia Sancti (^^enonis et ecclesia Sancti Nicolai et
ecclesia Sancii Michaelis que vocatur scoia Frisonornui atque ecclesia
Sancte Dei genitricis virginis Marie et ecclesia Sancti Salvatoris de
Hordonia, nec non ecclesia Sancte Dei '^eniiricis vivi^inis Marie que vo-
catur scola Saxonum. In hac tamen ecclesia ordinatio archipresbiteri
cons'lio nostro fiat; aiiorum vero presbiterorum atque scolensium per
vos fiat absque omni venalitate. Et quanta in subscriptos afiìnes conti-
nere vidcntur, inter affines: a primo latere incipiente a flumine a loco
Cartario di S. T^ielro in Vaticano ^ji
qui vocatur Spellar! et euntc per nuiriim civitatis Leoniane usqiie in
porta que vocatur Sassonum, deinde per viam in Formale manu dextra
et ascendente per ipsuni Formale usquc duin rccte aspicit tertiam
turrem que est proprietas iani dicti moiiasterii et eunte per muruni
in cilium mentis et inde per scmitam descendentem in viam iuxta
lacum iuris monasterii Sancti Stephani maioris et inde in fossato
ortui Salvatoris, deinde usque in tbssato qui emictit aquam per murum
civitatis Leoniane ; a secundo Urrà Sanclorum lohatmis ci PatiU et
ortum SancU Marie in Oratorio et via que vadit ad aguliam ; a tertio
alia via venit ab agulia que vocatur Sepulcrum lulii Cesaris et vadit
per porticum Sancti Petri usque in arcnm maiorem. qui stat in caput
portici et deinde usque in //«men Tyberis, excepto tres domos scole
Cantorum, duas in portico et altera iuxta domum vestram maiorem
que habet ortum post se usque in viam que descendit a Sancto Georgio
et usque in fossatum Terrionis, et est iuxta viam que venit a terra
Sanctorum lohannis et Pauli in viam que vadit in porticum ; a quarto
dictum Jìumen Tvberis locum qui vocatur Spellar!. Pariter concedimus
et coiifirmamus fundora in inte^^ro que vocautur Taliaiio malore et allud
quod vocatur Tallatmm minore, fundum F\_a'\sciola, fundum Casanlllo et
funduin Casaplndula, fundum Rotula(^), Ju[n]duin Cncuìiielll, Junduin Pro-
telar is, omnes invicem coh&rentes cmn diversis fundis et vocabulis eoruin,
campis, pratis, pascuis, silvis, cmn casis et vineis et ciiin omnibus ad
eosdem fuiidos generali ter et in integro pertinentibus, positos via Claudia foris
p[or]tam Sancii Petri miliario ab urbe Roma plus minus quarto vel
quinto, iuler affines: a primo latere incipiente a cava malore recte per
silice que vadit inter prenominata fundora et casale qiiod vocatur Prala-
nella iuris monasterii Sancti Stephani maioris et ducente usque in rivo
qui pergit a ponte Sofflari, a secundo ipsius rivo qui dividit ipsa fundora
et casale quod vocatur Menori iuris monasterii Sancti Stephani maioris,
a tertio casale Suberetn iuris Sancii Laurentii Pallatini a. Sancto Petro,
a quarto forma que vocatur Sabatina, que mictit in via Cornelia que
ducit in (b) basilica Sanclaruvn Rnfine et Secunde et casale quod vo-
catur Casagurdi iuris eiusdem monasterii Sancti Stephani et deinde
ducente per valle usque infra Balnearia et recte ascendente per aliam
vallem que dividit inter iam dieta fundora et colle Sancti Stephani
et recte pergente in valle Caunara et veniente usque in predicta silice
seu caba que est primus finis. Concedimus etiam fundum unum in in-
tegro quod vocatur Cletandris cuni ecclesia Sancte martiris Agathe posita
in colle Pino. Insuper casata Lardariam miliario ab urbe Roma se-
cundo, et fundum at Talianum cum casis, vineis, terris siculi designatum
(a) B Fotula (b) Iti B ira in e basilica vi è rasura Ji due o Ire lettere.
472 L. Scliìaparclli
essi viditiir, cum thirmis, criptis, iiicntimetttìs, positiim («) foris porla Beali
Pdri apostoli via Aitrelia. Item concedimus ecclesiam Sancie Anatholie
cimi casis, vineis, terris, in Insula et iuxta se, criptis, parietìnis, piscaria
cum manìcis et viginti passus infra Traianum, ut cum navicula large
possit ire ad manicas (*>) et reddire (■^), et cum omnibus ad eam ge-
ncraliter et in integro pertinentibus. Nec non confirmamus ecclesiam
Sancti Bcnedicti positam .ui murum civitatis nostre Leoniane cum
camminatis et ('^^ ortuo post se et post camminatas et terra cum casis
et cum omnibus eorum pertinentiis, siculi vie extenduntur, una iuxta
murum et altera iuxta porticum, usque in meta que vocatur Memoria
Romuli. Similiter concedimus ecclesiam Sanctc Marie Virgariorum
cum camminatis et casis et argasteriis et omnibus eius pertinentiis,
inter aflìnes: a primo latere viculum a cortina in porticum, a se-
cundo via per porticum, a tertio via que exit per arcum, a quarto
silice usque in cortina. Et quia pium gaudere Martinum scribitur,
gaudeant commanentes in eius monastcrio ut in Dei onmipotentis
servitio et beati Petri apostolorum principis devoti studiosius semper
existant, nulla hora tardet eos; et quia pium Aere Martinum, fleant
et illi qui se ostendunt tanto munere indignos, qui mundana querunt
non que Dei sunt; set pie viventes in Christo remuneramus. Pro-
pterea apostolica censura statuimus, ut nuUus nostrorum successorum
pontificum, nullus imperator, nuilus cpiscopus, nulla alia potestas,
nulla persona hominum centra hoc nostre confirmationis et conces-
sionis privilegium in parte agere presumat, et si suprascripta omnia,
que in eorum alimonia et substentatione confirmata sunt ut Deo sine
murmurc serviant et in iam dicto monasterio sunt concessa, con-
tempnere («) voluerit et in eorum potestate et ordinatione conservare
noluerit, sciat se nostro sacro Lateranensi palatio compositurum duo-
decim auri purissimi libras, et insupet anathematis vinculo innodetur
et cum impiis et sceleratis eterno igne cremctur, et cum luda do-
mini nostri Icsu Christi traditore in inferno crucietur. Qui vero pio
iniuitu curator et observator huius (0 nostri privilegii extiterit (g), be-
ncdictionisC') gratiam a domino nostro lesu Christo et gaudia sem-
piterna consequi mereatur.
Scriptum per manum(') Albini scriniarii sacri palatii, anno quinto
domni Leonis noni pape, indictione .VLaCk), niartio mense, .xx." dieC).
R. BV.,.
(a) B posit (h) B masiicas (e) C reiire (d) et a^r^iunto inlerVmeanntnle in B.
(e) C contendere (0 <-" uius (g) C estiterit (h) In li tra bcnedìctionis e gratiam
rajura di due ìeltere. (i) B man (k) C sexta (I) C uices die
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 473
Dat. .XII. kal. aprilis per manunU^) Fredcrici dyaconi (^b) s.nncte Ro-
mane Ecclesie bibliothecarii et cancellarli vice (Joiiiiii Herimanni
archicancellarii et Coloniensis archiepiscopi, anno dompni (^) Leonis
noni pape .v., indictionc .vi.» (<').
XVIL
1053, marzo 24.
Leone IX conferma all'arciprete di S. Pietro ed ai cano-
nici della stessa chiesa stabiliti nel monastero di S. Stefano
maggiore i possessi ed i privilegi largiti da Pasquale I, da
Leone IV, da Giovanni X e da Giovanni XIX.
Copia not. membr. 1^50 giugno 5 (i), caps. IV, fase. 9 [B]. Estratto net. 1289
maggio 14 (2), caps. LXXIH, fase. 138 [C]. O. Panvinii De rebus vieinoraln-
libus et praeslantia bus. S. Petri ap., ms. G, io, e. 152, da B (bibl. Gap.) [D].
Copia autenticata da Lodovico Geci, 1522 settembre 18, B, Transumpta aii-
thentica &c. e. 142, da B [E] = Copia sec. xvi, I, Exemplaria buUarum &c.
e. 183 B. Copia sec. xvi, G, Transumpta authentica Sic. e. 221 b, da G. Copia
sec. xvn, ms. G, 94, e. 124 b (bibl. Valliceiliana), da B [F]. Copia sec. xvii,
ms. 2098 (X, 5, 25), e. 59 (bibl. Casanatense), da B, con note [G]. God. Vatic.
lat. 6438, sec. XVII, datum. Copia sec. xvn, ms. 1104 (41 F 25), e. 102 (bibl.
Corsiniana), da B [H]. Ms. H, 6r, sec. xvn, e. 100 b, reg. (bibl. Gap.).
ToRRiGio, Le sacre grotte Vaticane (1659), p. 402, cit. Bullario Vaticano,
I, 29, da B = MiGNE, 143, p. 717.
Regesto: Jaffé-L. n. 4293.
L'estratto del 1289 e la copia B dipendono dall'originale, di cui riprodu-
cono i caratteri estrinseci dell'escat ocollo . Il primo descrive il sigillo colle
seguenti parole : « quod quidem privilegium erat bullatum bulla plumbea ap-
« pensa in eo cum quodam cingalo de filis et sirico rubeo et iallo. Ex una
« parte cuius bulle erat sculpta rosa et in giro ipsius rose hee lictere lege-
« bantur .papae. ; et ex alia parte ipsius bulle intus interiorem circulum erant
« hee lictere .V. et in giro hee lictere legebantur .leokis. ». Delle bolle
confermate ci pervenne solo quella di Leone IV, J.-E. n. 2655; per il testo
si utilizzarono questa bolla e specialmente quella di Leone IX, J.-L. n. 4292.
Si cf. per la topografia le note nell'edizione del Bullario Vatic. e Tomassetti,
op, cit, III, 143 sg. via Aurelia; IH, 163 sg. via Cornelia; V, 75 sg. via Clodia.
(a) B man (b) C diaconi (e) C donni (d) C sexta
(i) Cf. per l'autenticazione Bullario Vaticano, I, 32.
(2) Cf. p. 401, nota 2.
474 ^' Scliìaparelli
Leo episcopus servus servorum Dei. lohanni archiprcsbitero ve-
nerabilis ecclesie Beati Petri apostoli et ipsius ecclesie canonicis in
monasterio Sancii Stephani niaiore nunc ordinatis et ordinandis ini
perpetuuin. Convenit apostolico moderamini pia religione pollentibus
benivola compassione succurrere,ac poscentiiini animis alacri devo-
tione impertiri (") assensum; ex hoc enim lucri C») potissimum pre-
mium apud conditorem (<=) omnium Dominum promercmur W si
venerabilia loca ordinata ad meliorem fuerint statum sine dubio per-
ducta. Igitur quia postulastis a nobis quatinus confirmaremus que a
sanctissimo Pascale primo papa, Leone quarto et a quibusdam pon-
tilìcibus Romanis vobis sunt concessa et per privilegia cnnlìrmata,
oh amorem Dei omnipotentis et beati Petri apostoloruni principis
et sancti Stephani prothomartiris (e) vestris precibus inclinati, que
iuste postulastis ad exeniplar predecessoruni nostrorum Pascalis,
lohannis decimi et loliannis noni decimi Romanorum (O pontitìcuni
presenti privilegio confirmamus, statuentes [ut] (g) quascumque pos-
sessiones quecumque bona eidem venerabili monasterio Sancti Ste-
phani maiori(h) iuste pertinent et in futurum concessione pontificum,
oblatione fidelium seu aliis iustìs moJis CO, annuente Domino, potc-
rit {^) acquirere, firma vobis et illibata permancant. In quibus hec
propriis duximus exprimenda (0 vocabulis: ccclesiam Sancti Pere-
grini (m) una cum hospitale e[t terjra vacante iuxta se et (") Dal-
machia usque in Centumcellis et rivum qui descendit per valle
Arnecto per tempora et vadit in Dalmacliia sive Galano et terra
sgirante in via iuxta murum et cum omnibus possessionibus et per-
tinentiis eius. Con[c]edimus etiam et corrpboramus fuiuium qui vo-
catur(o) Terrione cum lacu et cum omnibus ad eum in integro per-
tinentibus, et fundum Casagurdi positum (p)x;/a Cornelia, que mictit
in basilicam Sanctarum Rufine et Secunde et iuxta formam. Sabbatinam.
Concedimus etiam casale qui (q) vocatur Suereta iuris Sancti Laurcntii
Palatina a Sancto Petro, et fundum qui vocatur Zaganocum (>■), et
fundum Bialum et casale qui vocatur Brecti cum omnibus ad eosdem
in integro pertinentibus. Concedimus et confìrmamus fundum qui
vocatur Sancti Cassiani, et fundum qui vocatur Meiiorc, et fundum
qui vocatur Scuppla anelila Dei, et fundum qui vocatur Palombarolu,
omnes invicem coherentes usque in silice qui dicitur Strata cum
terminis et appendicibus eius et cum omnibus ad eos generaliter et
(a) C inpereiri (b) C lucro (e) C creaiorem (d) C promiremur (e) C pro-
tomartiris (f) C roranorum (g) ut manca in B C. (h) Coti B C. (i) niodis iii
rasura. (k) B poterunt CI) B explicanJa (m) B Pergrini (n) ex su rasu ra in B.
(o) B qu (p) B posit (q) B que fr) Pamla guasta da corrosione, D ZogauJum
E F G li Zaganovum
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 475
integre pertinentibus ; omnia iuris predicti monastei'n Suiicti Siepìiani
inaioris, posila via Clodia miliario plus miniis quarto vel quinto, Nec
non concedimus fundum qui vocatur Casamala, sicuti infra suos con-
tinetur(^) lìnes. Isti sunt antiqui confines: a primo latere est p[orta](b),
et a secundo fundum Menori et Palombarolu, a duobus lateribus
■silvaC':) vestri monasteri!. Similiter confìrmamus fundum qui vocatur
Pritanella, positum via Cornelia ad pontem Softlari iuxta Talianum
et Menori et terra tituli Sancti Angeli. Item concedimus et corrobo-
ramus fundum Camelianum et Olibula, Ageilum, Pinum, Camara-
num, Lauretum et quotquot infra subscriptos (ìncs continentur : a
primo latere territorium de Buccege iuris monasterii Sancti Martini,
a secundo casale Celisanum iuris monasterii Sancti Sabe et terra
iuris monasterii Sancti Stephani maioris, a tertio rivum qui vocatur
Galero ('!), a quarto rivum qui vocatur Arrone, positum in territorio
Galerie. Similiter concedimus in diete monasterio alios casales qui
vocantur Gualdo, manse ('^) Palumbe, valle de Paulo, Ortianum,
Spinableta, Barbulanum, positos iuxta casale Ceisanum. Nec non
concedimus fundum Acticianum et fundum Villarustica ex corpore
vallis Prej'te (0. Sic concedimus et confìrmamus alios fundos ibi [in] (g)
ipso territo[rio] Galerie, fundum qui vocatur Deci[m]um, fundum So-
larium, Collisanum (h) [C R ] (0 et quanta conti-
nentur infra subscriptos fines una cum ecclesiis et pertinentiis eius:
a primo latere silex qui vocatur Strata et fundum Octavianum usque
in forma que (') vocatur Artiones, deinde in massa Torani, a secundo
tenet monasterium Sancti Sabe et terra predicti monasterii San-
cti Stephani, a tertio fundum qui vocatur Decimum et Forotianum,
a quarto fundum Actitianum et Villarustica ex corpore vallis Preyte
usque ad rivum qui vocatur Galera. Simulque concedimus fundum
qui vocatur Cosarianum et fundum Agolli, in quo est insula AgoUi,
Sulianum, Calcitam et Margaritarum, positos ex alia parte Strate.
Similiter concedimus et confìrmamus fundum Octavianum et fundum
Cesanum cum toto territorio suo absque massa Trani cum criptis,
mansionibus et familiis, et fundum Pisinianum cum monte Sancti An-
geli. Et concedimus massam Clodianam cum lacu Paparano, et sicut
ipsa massa extenditur usque in Soratam cum lacu Baccanis et omni-
bus suis pertinentiis. Et confìrmamus ecclesiam Sancti Alexandri
(a) B continentur (b) porta? cosi leggerei. D porta EF G H para (e) si su
raiura. (d) Cosi B. (e) C mandre (f) y carrello da i (g) in omesso in B.
(h) Questi ultimi tre rocaboli sono di lettura incerta per corrosione della piegatura. F ha :
Aureum, fundum Silvanum, Collisanum .... G H leggono solo Frictili. invece di Deci-
mum; il passo è lacunoso nelle altre copie. (!) Forte corrosione della piegatura; possono
mancare circa trenta lettere. (1) e corretta su i
Archivio .iella R. Società romaìia di storia fn Ina. \'o). X.\!\'. 3 '
47^ L. Schìaparelli
que est in Baccanis, et fiiriiium Visanum et Pcrpinianum. Et contìr-
niamus funduni Germ.nicllum, positum via Flaminea territorio Ne-
pesino miliario plus minus vicesimo secando. Pariterque concedimus
et confìrmamus fundos qui vocantur Tracquata, Cornelianuni, Viva-
riolum. positos (^> in Macorano iuxt.i Capracorum et iuxta rivum
Graili et prozie curtem de Macerano. Item concedimus fundum qui
vocatur Balneolas, Faticlas, alias Montelupis supra Sanctum Alexan-
drum in Baccanis, et fundum qui vocatur Fisa ('') cum burgo San-
cii Alexandri. Insupcr etiam concedimus et corroboramus insulam Mar-
tanam una cum ecclesiis Sancii Stepliani et Sancti Valeniini [cum] (•:)
domibus, familiis. piscariis et cum omnibus ad eam pertinentìbus aJ
usum et sustentationem in monasterio Sancti Stephani existentium,
sicut predecessor nostcr Pascalis, qui fuerat rector ipsius monasteri!,
dcdit hoc patiimonium suum ad sustentationem monachorum San-
cti Stephani maioris in choro Beati Petri servìentium et sub anathc-
mate interdixit, ut nulkis posset ecclesiast'ca aut privata [auctoritate](J>
inquietare eos, sed semper ordinassent abbatem in ipso monasterio
S.mcti Stephani de Insula. Hit ipse Pascalis pontifex nominavit mo-
nasterium de Insula Sanctum Stephanum a monaster o Sancti Stephani
maioris cuius iuris est. Concedimus et confirmamus ecclesiam Sar-
ete Marie que vocatur in Turre, quam predictus Pascalis in iam dicto
monasterio per privilegium concessit cum libris et paramentis, cru-
cibus et turribulis de argento, cum domibus et cellis iuxta .se, cum
paradiso et porticalibus usque ad portam Argenteam, ita quod fores,
que sunt ante portam Argenteam, vos claudatis et aperiatis, et cum
omnibus que continent infra se, cum cloaca et gradibus maioribus et
niinoribus usque in platea que vocatur Cortina ; que onmia conce-
dimus in iam dicto monasterio et cum omnibus posscssionibus e:
pertinentiis eius. Et duo presbiteri inibì ordinentur de collegio pre-
dicti monasteri!, qui die noctuque officium laudis Domino reddant et
populo necessaria ministrent. Insuper concedimus ecclesiam Sancii
Iiistiui constructam ad sepulturam omnium Latinorum, ita ut omrtc's
peregrini et advcne (0 divites et pauperes, nobiìes et innobiles, quot-
quot moriuntur in hac civitate Leoniana et extra ad tria tniliaria,
sefìeliantur in ecclesia Sancti lustini. Kullus celet iiiftrmuin nec mor-
tuum occultet, set cito presbitero aut procuratori vestro nuntiare festiiiet,
et nuUus bona illius celet, set cito ea vobis reddat. Nulhis suadeat iii-
firmum eie domo vel civitate exire. Set nos concedimus omnia hec
perempnis ''0 temporibus inconcussa (s> permanere vobis vestrisque
(i) B positas (b) Fori' anche Fisci (e) cum ameno. (d) auctoritate omeiio.
(e) l'I B legui rasura ili una o due lettere. (f) C percnnis (g) C inconcursa
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano ^■j'j
succcssoribus, qui animosi et voluntarii honestc(»» Deo et beato Petro
die noctuque serviunt a fructitius eorum cognoscetis [eos] '^K Propte-
rea apostolica censura statniinus, ut uullus noslronini iuccessoruiii ponti-
fcuni, nullus imperator, iiulìus cpiscopus, nulla alia polcslas, nulla per-
sona hominum cantra hoc nostre confirnialionis et concessionis privile^^iuin
aoere presuniat ; et si suprascripta omnia, que in (^) [eorumlW alimonia
et sustenlationei^) confirmata sunt, ut Deo sine tnurniure serviant, et in
iam dicto monasterio sunt concessa, minuere volueriti^) et in eorum po-
testate et ordinationc cons.i vare noluerit (g), sciat se nostro W sacro (')
Lateranensi palatio O composituruin duodecim auri purissimi libras, et
insuper anathematis vinculo innodelur, et cum impiis et scekratis eterno
igne cremetur (ni), et cum Inda domini nostri lesu Cbristi traditore in
inferno C^) crucietur. Qui vero pio iutuitu curalor et ohservator hnius(°)
nostri privilegii extiteril, benedictionis gratiam a domino nostro lesa Cljristo
et gaudia sempiterna conseqni viereatur.
Scriptum per manum Albini scriniarii sacri palati!, anno quinto
domni Leonis noni pape, indictlone .vi. (p), mense martio, die .xxiiii. (q)
R. B. V. -,•
Dat. (■■) A'iiii. 1: al. aprilis (s) per manum (0 Frederici diaconi
sancte Romane Ecclesie bibliothecarii et cancellarii vi[c]e domni
Herimanni archicancellarii et Coloniensis archiepiscopi, anno domni
Leonis noni pape .' ., indictlone .vi. (").
XVIIL
1053, aprile i.
Leone IX conferma alla chiesa di S. Pietro i pos-
sessi e i privilegi elargiti ai quattro monasteri dei Ss. Gio-
vanni e Paolo, di S. Martino, di S. Stefano maggiore e
di S. Stefimo minore, nei quali erano stabiliti i canonici
della basilica.
Copia membr. not. 1540 febbraio 14, caps. IV, fase. 9 [B]. Copia membr.
noi. 1550 giugno 5, ibidem (r) \i\\. (^opia membr. sec. xiv, ibidem [D], Due
(a) C oneste (bj eos manca in B. (e) B inter (d) eorum omaso in B.
(e) C substentatione {i ) Cuoluerint (g) B iioluerint (h) C nie (i) B sco =
sancto (1) In B corretto da sco palatio Lateranensi (m) B crementur (n) C in-
terno (o) B huiusmodi (p) C indie sexta (q) C vicesima quarta (r) C datai
(s) C aprelis (t) C man (u ) C sexta
(i) Per l'autenticazione cf. Bullario Vatic. I, 34.
47
78 L. Schiaparclli
copie \'^22, B, Transumpta autbeiitica ii.c. e. 65 b e e. 84, da C ; copia au-
tenticata da Lodovico Ceci, 1522 sette.nbre 8, B, Transumpta ite. e. 76, da D ;
copia 1522, B, Transumpta &c. e. 141, da B =^ Copie sec. xvi, I, lixtmpìaria
hulìarum Si.c. e. 175 B e e. 181, da C, e. 180, da D, e. 182 a, da B. Copia
sec. XVI in E, Liber visìtalioiiuni ... e. 82 h. Memoria di alcuni arcipreti anli-
cki (lohannis Nardoni?), ms. cart. sec. \vi, H, 5, bibl. Gap. p. 5, reg. Copia
sec. XVII, ms. G, 94, e. 153, da B (bibl. N'allicelliana).
Bullario Vatic. I, 53, da C = Migne, J43, p. 725.
Regesto: Jaifé-L., n. 4294.
Le copie B, C, D dipendono dall'originale e ne riproducono i caratteri
estrinseci dell'escatocol lo. Più corietta é ('., che pongo a base della pre-
sente edizione. È perduta la bolla riconfermata di Sergio II. La bolla ricor-
data di Leone IV è j.-E. n. 2653.
Leo episcopus servus servorum Dei. lohanni archipresbitero ec-
clesie Beati (*) Petri et ('') eiusdem ecclesie (<=) servitoribus perpetuam
in Domino salutem (<>). Convenir apostolico moderamini (e) pia re-
ligione pollentibus benivola compassione ( ) succurrere, ac poscen-
tium animis alacri devotione impertiri (g) assensum ; ex hoc cnim
lucri potissimum premium apud conditorem omnium Dominum pro-
meremur, si venerabilia sanctorum CO loca ordinata ad meliorem fue-
rint statum sine dubio perducta. Ea propter vestris petitionibus inclinati,
sacrosanctas ecclesias Sanctorum lohannis et Pauli, Sancti Martini,
Sancii Stephani maioris et Sancti StepJiani minoris vestris usibus
destinatas, ad exemplar predecessorum nostroriim Sergii secundi, Leo-
nis quarti Romanorum pontificum presentis (') scripti privilegio con-
tìrmamusC), statucntes utC") quascunque posses.siones quecunquc
bona eisdem venerabilibus locis iuste pertinent et in futurum con-
cessione pontificum, oblatione fidelium seu aliis iustis modis, annuente
Domino, poterit acquirere, firma vobis vestrisque successoribus et il-
libata permaneant. In quibus hec propriis duximus exprimcnda vo-
cabulis: massam Luterni cum ecclesia Sanctorum lohannis et Pauli
cum funJis et casalibus suis, positam territorio (") Cerense iuxta mas-
sam Pretoriolam (°) miliario ab urbe Roma plus minus tricesimo,
eccles'am Sancti .Andree cum omnibus suis pertinentiis, positam in
eadem (p) massa Luterni, fundum Sessani maioris et Sessani minoris
cum ecclesia Sancti Stephani cum terris, vineis, silvis et cum omnibus
suis pertinentiis, castrum Capracorum cum terris, vineis, fundis, ca-
(«) beati manca in D. (b) et manca in B C (e) ecclesie manca in D. (à) H
cm su raiura. (e) C moderampni (f) C cumpassione (g) C ìnpertiri (li) Z) lo-
conim (!) D presenti (!) B confirmamus carrello Ja communimus (m) ut manca
in BC (n) /^ in territorio (o) BC Precoriolam (p) In B la prima e agginnla
dopo da prima mano.
Cartario di S. 'Pietro in Vaiicatio 479
salibus, montibus, collibus, plagis (»), phinitiis, molcntiiiiis et molar'a
sua Clini ecclesia Sancii loliannis que dicitur de Latregia cum cellisCb),
terris, vineis et cum omnibus ad eandem ecciesiam pertinentibus, po-
sitam territorio (■:) Vegetano miliario ab urbe Roma plus minus vi-
cesimo septimo, immo etiam fundum qui vocatur Agellum, positum
in suprascripto territorio (J) Vegetano. Sive etiam concedimus et con-
lìrmamus vobis funduni et vallem que appellatur Frictilli (=) cum or-
tuis (0, molcndinis et cum omnibus suis pertinentiis, positis (g) territo-
rio (e) Sutrino iu.Kta ipsam Sutrinam civitatem, denique et mokim de
cava in eodcm territorio Sutrino positam (h). Veruni etiam concedi-
mus et confirmamus vobis ecciesiam Sancti Silvestri ('; in ia[m]dicta
Sutrina civitate positam cum domibus, cellis, terris, vineis et cum
omnibus ad eandem ecciesiam pertinentibus. Pariter confirmamus vobis
tres domos positas in foro Sutrino. Simulque concedimus et confir-
mamus vobis ut liceat in vestris fundis ecclesias construere, ita ta-
men (it) ut in v[icinia] illa abbatia vel religiosorum virorum collegio
non existat que ob hoc multum valeantC) perturbari. Crisma autem,
oleum sanctum, consecrationes ecclesiarum, ordinationes clericorum
in vestris ecclesiis existentium (m) a diocesanis suscipietis episcopis, si-
quidem catholici fuerint et gratis voluerint exhibere. alioquin catho-
licumC"), quem malueritis(o), adeatis antistitem, qui nimirum in gratia
Sedis apostolice permanens quod postulatur indulgeat. Preterea apo-
stolica censura statuimus, ut nuUus nostrorum successorum (p) pon-
tilìcum, nullus imperator Cq), nulla alia potestas, nullus episcopus, nulla
persona hominum contra hanc nostre confirmationis et concessionis
cartulam agereCO presumat (s), sed(0 supradicta omnia in eorum
sustentatione (") prò quibus in suprascripta ecclesia concessa sunt
in dispositione et ordinatione conservare studeat; quod si fecerit, com-
ponat nostro sacro Laterauensi palatio sex auri purissimi libras, et
insuper anathematis vinculo innodetur. Qui vero pio intuitu curator
et observator huius nostre confirmationis et concessionis extiterit,
benedictionis (V gratiam a domino nostro lesu Christo vitamque eter-
nam consequi mereatur in secula seculorum. Amen.
R. B. V...,
Dat. (w) kal. aprilis per manus Frederici (t) diaconi sancle Romane
Ecclesie bibliothecarii (y) et cancellarli vice domni (z) Hermanni ar-
(a) D plagiis (h) C O coUis (e) D in territorio (d) C teritorio (e) /)
l-ructilli (f) D Ortis (g) Cosi D. B C posit (li) B a correlili su u (i) D syl-
uestri (k) B etiara (1) B '.nleat (m) C existentiism (n) C cactliolicum
(o) D iiolueritis (p) In E ci .ilo da successorum nostrorum (q) D inperator
(r) agere t>:aiua in C. (s) C pi., .umani (t) CD set (u) CD substentatione
(v) benedictionis n:aiica in C. (\v) C datura (x) B C Friderici (v) D blibio-
tliecarii (z) C dopni
480 L. Scliiapavelli
chicancellarii (*) et Coloniensis (*>) archiepiscopi, anno domai Leo-
nis noni pape .v. ('), indictione .vi. (J).
XIX.
i049-iO)4-
Leone IX dona a san Pietro la decima parte delle obla-
zioni dei fedeli fatte suU' altare della confessione, perchè
si ricostruisca il tetto della basilica, si ornino le pareti e
si provveda alla luminaria.
Copia niembr. not. 15 jo maggio 10(1), caps. H, fase. 5 [BJ. Memoria di
alcuni arcipreti anlichi, ms. cart. sec. xvi, H }, bibl. Gap. e. 5, da B. I. Gri-
maldi, l'.alalogus omnium arcbipresbyteroruiii .. . 1620, ms. H, i,bibl. Gap. e. ij,
da B. Gopia cart. sec. xvii nel ms. bibl. Cip. H, 61: Manuscripta basilicae
ì'aticanae,c. 195, da B. Regesto del 1655 dicembre 17, da processo 1554 in:
1-, Exemplaria hullarum eie. [Informatio abbreviata...) (2).
GiovAN'Ni Se\ ERANO, Memorie sacre delie sette chiese di Roma, p. 117,
estr. " ex ms. Vat. ». Baronio, Annalcs ecclesiastici, a. 1049, da B = Cocque-
LiNES, Bullarum privileoiorum eie. collectio, I, 367 = Hunkler, Leo der Neunte
und scine Zeit (Mainz, 1851), p. 295. Bullario Vaticano, I, 35, da B =^ Migne,
14J, p. 756. Mansi, Concil. amplissima collectio, XIX, 671, da B.
Regesto: Jaffé-L. n. 4509.
Beate Petre apostole. Ego Leo episcopus servus tuus et omnium
servorum Dei de tuis donis aliquam tibi offero particulam, quam michi
dignum fuit visum, dignum et iustum curis, quibus circumdor, auferre
et tibi ofFerre quasi meam, cum sit tua(»). Quicquid enim est quod
in nostris iuribus sit, licet sit parum ad conferentiani preteritorum
que nostri antecessores habuerunt; id tamen, quan[t]ulumcumque sit,
digne(b) tecum iudicavi sortiendum. Ecce enim de oblationibus ffij-
delium que tibi offeruntur in altari tuo. sub quo sacrum et venera-
bile corpus tu'jm requiescit, et etiam in confessione ipsius altaris de-
cimam partem tibi, quamvis tuuni totum sit, humili devotione et tota
(a) /) archicancdarii (b) B C Colonensis (e) D quinto (d) D sexta
(a) B tuo (\>ì t su rasura e forse di um
(i) Cf. per Tautcnticazione Buìlaiio Valic. I, 56.
(2) Nell'altra copia di questa Jiifonnatio nel ms. H, 61 il re-
gesto della presente bolla si trova a e. 254.
Cartario di S. 'Pietro in Vaticano 481
cordis prosternatione offerimus, do[n]amus, concedinius et et[i]am
corroboramus atque conlìrmamus ad constructioncm et rcsartionem
ipsius tui sacri templi in edificiis, parietibus, picturis, tignis, tectis,
imbricibus, et preterea luminarium concinnationibus assiduis, olei
ac W cere neo non lampadibus vitreis et cicindelis atque thimiamate
ceterisque omnibus utensilibus que ad usum et necessitatem atque
decoreni totius ipsius ecclesie pertinent. Decimam vero ipsam semper
volumus esse decimam diem, ut obiatio que tibi debetur separata sit
a ceteris oblationibus, et nuUum aliqua confusione (b) patiatur erro-
rem. Super hoc etiam si qua vasa, si qua ornamenta vel indumenta
ecclesiastica super ipsum sacrum et venerabile altare tuum oblata
fuerint ad cultura Dei, divinis otficiis et misteriis necessaria conte-
rimus, ea omnia ipsi tue ecclesie ibi perpetim perraansura in usum
et salariuni Deo et tibi illic servientium et serviturorum. Addendum
quoque credimus illud oblationis munus, ut q[u]icquid silicet per
fideles ad ipsum tuum altare et ad ipsam contessioneni oftertur in
vigiliis natalis tui et in ipsa t[uij natalis die, beate Petre apostole,
totum sit speciale tuum prò luminaribus et ceteris diversis necessi-
tatibus ad ipsa tua solennia(0 agenda pertinentibus. Nec illud pre-
termictendum censuimus, ut quotienscumque de quibuscumque re-
gnis ('^) vel terris tributa, sive ad altare tuum offeruntur, sive ad
apostolicos W pedes ponuntur, sive quocumque modo tue apostolica
Sedi, cui Deo auctore presidemus, persolvuntur, decima par[s] eorum
semper tibi, beate Petre apostole, debeatur ad reformationem ecclesie
tue e[t cejtera que superius diximus. Ut vero hec omnia observentur
illibata tam [a] (0 successoribus nostris in sede tua, o beate Petre apo-
stole, usque in tìneni seculi sessuris, quam etiam [a](0 cunc[t]is homi-
nibus tam magnis quam parvis, tam divitibus quam pauperibus et me-
diocr[ib]us diversi sexus et etatis, statuimus apostolica censura, qua
licet indigni fungimur v[ic]e tua, sub divini iudic[i]i obtestatione et
terribilis anathematis interpositione, ut silicet quicumque centra hoc
nostre humilitatis donum tibi de tuo, beate [Petjre apostole, fideliter
ac pure collatura venire teraptaverit, et intemeratum non cus[todie-
ri]t, non solum segregatus sit a communione fidelium in hac tem-
porali vita, sed in illa quoque eterna dampnatus sit perpeiuis penis
et gehennalibus to[r]mentis. A contrario, etiam quicumque devotus
custos et cautus observator nostre oblationis extiterit, divinis benedi-
ctionibus augeatur, et hic per te, beate Petre apostole, a peccatorum
vinculis absolvatur, et illic quoque per te intra ianuam regni celestis
(a) ei ac ricalcalo da mano posteriore. (b) Jì consusione (e) Cosi B. (d) B
regni (e) B aphci (f) a omesso in B.
482 /--. Scliiaparelli
admictaiur. Hoc itaque nostre devotionis privilegium ut verius cre-
datiir et certius liabeatur, subscrìptione nostra roboravimus et robo-
ratum nostro signirica[r]i sigillo iussimus ad laudem et gloriam do-
mini nostri lesu Christi, apud quem, beate Petre apostole, senipcr
esto memor nostri et omnium oviuni, quas suas ipsc pascendas tibi
commisit, et per nos miseratus pascit, et pascet adhuc per alios in
secula seculorum.
>^ Ego Leo episcopus scrvus tuus, beate Petre apostole, donum
qiiod tibi de tuo feci manu propria roboravi.
XX.
1049- 1054 aprile.
Donazione usufruttuaria fatta da certa Bena ad un mo-
nastero.
Frammento di pergamena originale nell' uliima carta, di risguardo, de!
coJ. 41 B dulia bibl. Capitolare di S. Pietro.
usufructuaria donationis chartula ibidem contradidi. Qu[am-
verosuprascriptam u]sufruario(») ordine vite mee diebus fruoCJ)
et possideoCO; post ver[o] hobitum meum prò salvatione animv;
me (») perveniat in predicto monfasterio potestate fruendi et pos-
sid]endi, et numquam a me ncque hab heredibus meis aut a me
submissa persona contra suprascripto monasterio et suorumque suc-
cessoribus ('!) aliquam aliquando [iiabebitis questionem aut calum-
ni]a. Etiam stare me una cum heredibus meis et detendere promitto
predicta omnia in (<=) predicto monasterio ab omni persona hominum
[in tempore gratis. Unde et iuratus dico per] Deum omnipotentem
sanctaeque Sedis apostolice domni nostri I coni noni papae, haec
omn^a que uius usufructuaria don[ationis chartula seriem textus] elo-
quitur, inviolaviliter conserbare et adimplere promitto. Si quis vero
qui contra anc chartula (0 ven[ditionis serie]m corrumpere vel fran-
gere maluerint («), divina ultio subsequatur et cum luda Scariotha
tradit[ore domini nostri lesu Christi ajccipiad ponionem, et insu-
per (g-* compositurus existat in prefato Dei monasterio auri ob-
(a) Coii A. (b) -ru- ui rjtvra. (e) Tra i ed i rasura di mia vocaU, ec'^i
Uì d tJ e (d) A success (e) -a i- aggiunte dopo da prima mano. (f) A chli
(g) n su rasura.
Cartario di S. Pietro in Faticano 483
t[imi ], et post soluta pena liane usufructuaria donationis char-
tulaW in suam nihilhominus m[aneat firniitatem.] Q.uam scribcndam
rogavi Romanu scriniarium (h) sanctae Romanae Ecclesiae, in mense
et indictione suprascripta septima.
[Signum >J( ma]nus suprascripta Bena que anc chartula (») fieri
rogavi.
[Crescjeniius qui vocatur de Beno de Maria ceka.
[ ]s ohnestoCO viro.
[ ]um de Ferruccio.
[y^ E^o] Romanu scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae scriptor
uius chartula (a) compievi et absolvy.
XXI.
io5cS maggio 8.
Benedetto X riserva al monastero di S. Stefano minore
il diritto di ospizio e di sepoltura dei pellegrini ungheresi.
Informatio abbreviata in facto capituli S. Petri, copia 1655 dicembre 17,
di Felice Contelori, da processo del 1554 in : L, Exeinplaria bullarum etc. [B] =
ToRKiGio, Memorie diverse di Roma, e. 108 a (« ex ms. Felicis Contelorii »),
archivio Vatic, segreteria di Stato, Miscellanea, arni. Ili, tomo 121. Copia
sec. XVII dello stesso processo nel ms. H, 61, e. 257 b della bibl. Gap. [B>].
Regesto sec. xvii nel medesimo ms. H, 61, e. 100 e [C].
Maffei Yegii Hist. has. Val. (Ada Ss. lunii, VII, 80) : « Benedictus au-
« tem X in quodam privilegio Catagalla Patricia appellai » ; cf. G. Severano,
Memorie sacre delle sette chiese di Roma, p. 86, e Cancellieri, Dì- secre-
tariis hasilicae Vaticanae, 1535. P. Kehr, Papslurkunden in Rom. Erster Be-
richt, nelle Kachrichten der Gesellschaft der Wissenschaften ^u Gótlingen.
Philolo^isch-historiscbe Klasse, 1900, Heft 2, p. 146, da B.
L'atto originale del processo 1554 non mi fu dato di rinvenirlo né presso
l'archivio Capitolare né presso l'archivio Vaticano. B' pare copia di B ; C non
è copia del sunto inserto nel processo dell' a. 1554, ma, se non ne dipende,
ripete una fonte comune con quello.
. . . Benedictus X per aliud suum privilegium dat. die .\iii. maii,
indictione .xi., in quo tamen non est locus nec annus Domini nec
pontitìcatus, Aldeberto archipresbitero Sancti Stephani ac R. et P.
cunctaeque congregationi eorumque successoribus auctoritate apo-
(a) A chta (b) A scrin (e) A olio
484 . L. Schiapavelli
.Ntolica statuii et corroborai, ut Hungari onines causa orationis aut
legationis Roniam venientesnon habeant licentiam hospitanJi in aliquo
loco intra muros urbis Romae, nisi ad Sanctum Stephanuni protho-
martyrem qui appellatur minor, cuius ecclesiam Stephanus («) rcx
Hungaroruni (b) construxit, ut esset eoruni liospitiuni, et quod qui-
cunque ex bis (<=) Romae morerotur (J), non auderet eum aliquis
sepelire aut eius bona quavis occasione vel prò aliquo debito acci-
pere (*^\ nisi («) dicti clerici Sancii Siephani («) qui eos ex more sepe-
liunl. et corum bona ad utilitatem diciae ecclesiae accipiant et paci-
fice habeant.
XXII.
IO) 8 giugno I.
Benedetto X concede una metà delhi rendita dell'al-
tare e della confessione di S. Pietro ai mansionari della
scuola di detta confessione e 1' altra metà ai preti dei
quattro monasteri presso la basilica.
Informano abbreviata ^tc. [B] = Torrigio, Mcviorie divene di Roma,
e. 108. Copia sec. xvii nel ms. H, 6r, e 256 b [Bì[. Sunto del sec. xvii nel
ms. H, 61, e. 100 A [C].
P. Keiir, Papsturìiiinden in Rom. Erster Uericht, p. 14-, da B.
Vedansi le osservazioni intorno alla bolla di Benedetto X, 1058 maggio 8,
r- 485.
Iteni Benedicius X (») qui fuii quartus papa post Leonem prae-
dictum por privilegium dai. prima die iunii, indictione .xi., in quo
tamen non est locus nec annus Domini nec pontilìcatus, concessi!
auctoritale apostolica tribus prioribus tamen mansionum (b) scholae
confessionis beati Petri Bo.. Sergiu. et Bo. («:) et per eos cunctis
mansionariis diclae scholae in perpetuum ad corum pciitionem me-
dietatcm integram omnium (•^) utilitatum et ministcriorum, quas re-
troactis temporibus habere consueverant inconvenienter <«) integre (f)
de altari dominico (g) sancii Petri siye in circuitu eius et de illius
(a) B B' S. e Stephanus (b) B B' Hungarus C Viigaronim (e) C iis (d) B B'
moraretur C morirentur, la i pare corrtlla su a (d) C arripere (e) B B' nec C nisi
(e) Dopo sancti Stephaiii il regesto <-', che principia con: Benedictus X statuii ut Vngari
ha : ut in littcris Aldeberto arcbipresbitero Sancti Stephani et K. et P. cunctaeqae con-
gregaiioni. Datis die S maii, indictione .xi.
(a; B B' IX C \ (b) B' mansionariorum carrello ila mansionum (e) In C si
omttlono i tre nomi. (d) B omni B' omnium corretto da omni C omnium (e) B'
convenienter corrette da inconvenìenter f f) inconvenientcr ìntegre omesso in C. (g) do-
minico ometto in C
Cartario di S. 'Tielro in Vaticano 485
— ^
yf^ confessione atque de arcella et altare quao sunt in corpus sancti Petri
et alio altare in honorc apostolorum Petri et Pauli consecrato sive
de aliis consuetudinibus et beneficiis quac per sanctum Petrum te-
nuerant, a praesenti tunc .xi indictione detinendam perpetuo (»). et
haec fecit ut cum presbyteris quatuor monasteriorum Sancti Petri
t^ omne obsequium et vigilantiam exhiberent ipsi ecclesiae et custodiae
ipsius et thesauri eiusdem ; nam et placuit sibi, ut dixit(b), alterani
medietatem ex omnibus similiter donare presbileris quatuor mona-
steriorum qui assidue exorant Deum et sanctum Petrum ante con-
fessionem suam (<:) prò omnibus fidelibus; et voluit quod si aliqua
/^4y privilegia vel scripturas haberent ex integris praefatis monasteriis
omnia essent cassa, et imponit poenas spirituales et temporales suis
successoribus et aliis (•!). — Et lioc continet quartum privilegium in
effectu, et est singulare in sua materia, quia nullum aliud tractat de
ipsa, et attende, quod iste papa fuit factus per violentiam et postea
^ cessit secundum chronicas et sedit iste secundum chronicas anno
Domini millesimo quinquagesimo, licet in privilegio non sit annus(«)
Domini.
xxiir.
1066 giugno 15.
Cencio figlio di Giovanni « de Imperato » vende ad
Atto figlio di Pietro « de Diacona » una pezza di terra
posta in Roma nella regione Scortecclari, per il prezzo di
ventiquattro soldi d'argento.
Originale, caps. LXI, fase. 225 [A].
Nelle sottoscrizioni è autografo il tratto orizzontale delle croci. Sono scritti
dallo stesso scriniario anche i documenti nn. xxv, xxvi.
>5< In nomine domini Dei salvatoris nostri lesu Christi. Anno
quinto pontificatus donini nostri Alexandri secun|[di pajpae, indi-
ctione quarta, mense iunio, die quinta decima. Quoniam certuni est
me Cen;[cio] vir magnificus (») filio quondam lohannes C») de [Im-
peratjo (*:), hac die cessissem et cessi atque tradidi nec non | et pu-
blice venundavi propria et spontanea mea voluntate vobis dorano
(a) detinendam perpetuo omesso in C. (b) ut dixit omesio in C. (e) C a|iud
suam confessionem (d) et voluit - et aliis manca in C : in questo transunto, che prin-
cipia con : Benedictus X concessit etc. la data^io'ie viene colìocaSa ilopo et aliis. Dat. prima
die iunii, indictione .xi. (e) B anno
(a) A um (1>) A iolis (e) Rasura.
486 L. Schiafai'clli
Atto viro magnifico (») (ìlio quondam Petrus de Diacona tuisquc
liercdibus vel cui tibi largire et concedere placueris, id est totam
vel integram meam portionem de terra vacante, omnia quanjtacumque
infra subscripti affines conclauduntur cuni introita et exoitu suo usque
in via publi|ca et cum omnibus ad ipsam totam meam portionem
de terra vacante in integrum pertinentibus. Positam (b) Roma regione
nona in Scorticclari inter atìì[nes, a primo latere teniente
iejrmana niea, et a secun do latere teniente ('^) heredes de Fusco de
Fraco de Gizzomicino, et a tertio(<l) latere teniente (') Beno de Atria,
et a quar|to latere via publica, iuris cui existens. Sic in integrum
quomodo mihi evenit exs parte quondam meo genitore | et sic eas
tibi in integrum cedo, trado atque venundo. Unde et liane cessionis
venditionis chartula (.e) tibi feci at|[que corp]oraliter tradidi. Hec omnia,
sicut superius legitur, haccepi ego qui supra (f ) venditore a te qui supra C )
emptore in | presentiam subscriptorum testium, videlicet in argentos
solidos numero(g) viginti quattuor ] bonos obtimos mihique placabilem
in omni vera decisionem, et a uodiernam di|em licentiam abeas in
sjprascripta omnia, que ut superius legitur, de presenti introeundi,
utendi, fruendi, pos|sidendi, vendendi, donandi, commutandi, vel
qu'cquit exinde facere sive peragere volue|ris in tuam tuisque here-
dibus sit potestatem, et numquam a me neque ab heredibus meis
ncque a me summissa mag'na parvaque persona aliquam aliquando
abebis(h) questionem aut calumnia; etiam si tibi'tuisquc lieredibus |
n[ece]sse fuerint contra omnes ornine stare me una cum here-
dibus meis et defendere promitto omni i[n tem] pore gratis. Hec
omnia que liane cessionis venditionis chartula «) seriem tcxtus elo-
quitur, inviola viliter conservare atque adimplere promitto. Nani, quod
absit, et si ccontra hec, que ut superius notata vcl abscripta le-
guntur, contra agere presumsero, et cuncta que ut superius legitur
non obserjvavero et minime defendere potuero aut noluero, tun(')
dature me promitto una cum heredibus meis tibi tuisque heredibus
ante omnem iitis initium pene nominum suprascriptum pretium in
duplum, i et post soluta pena liane venditionis (') chartola (e) in suam
pernianead firniitatem. Quam scribendam reggavi Romanuni scri-
niario sanctae Ronianae Ecclesiae, in mense et indictione suprascripta
quarta.
Signum tx< manus suprascripto Cencio de Johannes (">) de Im-
perato et rogatore atque venditore qui supra (f> scriberef") nescit (o).
(a) A um (b) A pos (e) J leni (d; i cornila su o (e) A dia
({) A q% (g; A num (li) A abel' (i) Coti A. (1) A han us (m) A iolis
(n) scribere in noia lirotiiaiia. (o) A nt
Cariarlo ^ii S. -Pietro in Vaticano 48;
ij< Petrus cabatore.
)x< Raino sartore.
i-i Albìzo.
>J< Carvone pecoraro.
)J< Alverico artifex.
y^ Ego Romaiius scriniario sanctac Romanae Ecclesiae qui supra (»)
scriptor luiius chartula (b) facta compievi et absolvi.
XXIV.
io6(-i luglio 7.
Benone detto « de Atria » col consenso della moglie
Purpura cede a Cerino prete di S. Stefcino minore una terra
« vacante » posta in Roma nella regione nona in Scortec-
clari, per il prezzo di due libbre grosse di denari pavesi.
Originale, caps. LXI, fase. 225 [A].
Non distinguo nelle sottoscrizioni alcun tratto autografo. Sul verso di
mano del sec. xiii-xiv : « de domo iu ponte ad Sanctum Celsum iuxta arcum
« triumphalem ».
[tj< In nomjine Domini. Anno quinto domni AlexanJri secundi
papae, indictione quarta, mense iuleo, die septima. Quoniam certum ,
[est me Benonejm qui vocor (*) de Atria, consentiente (b) in hoc mihi
Purpura mea, hac die cessissem et cesi atque tradidi | nec non pu-
biice et inrevocabiliter venundabi propria spontaneaque voluntate
tibi Cerino presbitero ' monasteri Sancti Stephani minoris tuisque
heredibus et successoribus et cui tibi largire et concedere placuerit,
id est i terram vacantem cum parietinis circumdata, sicuri per petras
tìctas terminata esse videtur, cum intro[it]u et ; exitu suo et omnibus
eius generaliter et in integrum pertinentibus. Positam (0 Roma regio
nona in Scortecclari inter affines, a primo latere teniente (J) ego qui
super (e) venditorem, a secundo heredes Luciae, a tertio viam com-
mune(0, a quarto viam malore ; [pujblica, iuris cui existit. Veluti mihi
evenit per chartulam mei acquisitionis et meis detinui manibus, ita tibi |
[contradidij et i[am ven]undo. Pro qua etiam recepì a te libras grossas
papiensium denariorum duas in pre;sentia subscriptorum testium no-
bisque placentium in omnem veram decessionem, ut ab odierna
die(g) ; introeundi, utendi, fruendi, possidendi, vendendi, donandi, com-
(a) A qs (b) A cha
(a) A qu (b) A cons (e) A pos (J) A ten (e) A .; sp (f ) A comm
(S) ^' ^o'"p!'l' licentiam habeas
488 L. Scliiaparulli
mutandi, et quicquid exinde facere sive \ peragere volucris in tua
tuorumque heredum et successorum sit potestate, et numquam a me
ncque ab heredibus | nieis ncque a me summissa persona aliquam
aliquando habebis questionem aut calumniamC"), set etiani stare me
una cura liereJibus meis et defendere promitto tibi tuisque here-
dibus et successoribus ab omni homi[ne] | in omni loco in tempore
omnis. Et suprascripta omnia inviolabiliter conservare et adimplere
proni[ittoJ. i Si enim, quod absit, centra hanc chartulam venditionis
agere aut causare vel litigare presumsero et cunta, ut superius
legitur, adimplere noluero aut non potuero, tunc daturum atque
compositurum | me esse promitto una cum heredibus meis tibi tuisque
heredibus et successoribus ante omne litis initium pene | nomine (b)
suprascriptum preiium duplum, et soluta pena hec chartula vendi-
tionis firma sit. Scripta per manum i^) Albini scriniari, in mense et
indictione suprascripta quarta.
[Signum] »J< manus (<=) suprascripti Benonis rogatoris. ►x^ Pi^""'
pura consentiens (<*).
[tj<] Anastasius Caputasinu.
>5< Atto de Petro de Diacopa.
)J< lohannes Cecus.
i^ Fusco de Petro fabro.
►x< Petrus Calzamira.
Ego Albinus scriniarius sanctae Romanae Ecclesiae compievi e;
absolvi.
XXV.
107J giugno 19.
Leone « de Belconte » col consenso della moglie Ste-
fania vende a Farolfo prete del monastero di S. Stefano
una casa « terrinea carticinea « situata nella regione
Ponte nel luogo detto « Castaelione », per il prezzo di
ventidue soldi d' argento.
Originale, caps. LVI, fase. 569 [A].
Nelle prime due sottoscrizioni è autografo il tratto orizzontale delle croci ;
nelle altre cinque manca la «J», ma un punto eseguito dallo scriniario denota
il posto dove i singoli testi dovevano tracciare quella.
(a) A calli (b) A nom (e) A man (J) A cons
( Zirlar iu di S. Pietro in Valicano 4<S9
[^■^J In nomine domini Dei silv.noris nostri lesu (») Christi. Anno
primo pontitìcatus domni nostri Gregorii septimi papae, [ [injdictione
undecima, mense iunio, die nona decini.i. Quoniam certum est me
Leo de Bel'[concJe, conseitientem in ohe mihi Stephania iionesta
feraina (b» coniuge mea, hac die [ [cessissem] et cessi atque tradidi
nec non et publice venundavi propria et spontanea | [mea] voluntate
vobis domno Fàrolfo religioso presbitero de venerabili monasterio
Sancto Stepha|[no tuisque] heredibus et successoribus vel cui
tibi largire et concedere pla|[cuerit, i]d est domum terrinea carti-
cinea una in integrum cum modica terra de posse cum in [ferioribus
et] superioribus suis a solo terre et usque ad summo tecti cum
introita et exoiiu suo [ujsque in via publica et cum omnibus ad
ipsa domum et modica terra de posse in integrum pertinen [tijbus.
Positam (<:) Roma regione de Ponte in locum ubi dicitur Castaelione
quod est interi [ajffines, a primo latere teniente (<J) Crescentius Ceco
et a secundo latere teniente W lohannes de Netto, et | [a] tertio
latere terra de Sancto Celso, et a quarto latere via publica, iuris cui
existens. Sic | [in integrum] quomodo mihi evenit per quocumque
modis et sic eas tibi in integrum cedo, trado, atque | [venunjdo. Unde
hac cessionis venditionis chartula tibi feci atque corporaliter tradidi.
[He]c omnia, sicut superius legitur, haccepi ego qui supra(e) ven-
ditore a te qui supra (>=) emtore in presentiam sub scriptorum te-
stium, videlicet in argentos solidos numero (f) viginti duo bonos
obtimos ; mihique placabilem in omni vera decisionem, et ab odiernam
diem licen'tiam abeas in suprascripta omnia que ut superius legitur
de presenti introeundi, utendi, fruendi, ; possidendi, vendendi, donandi,
commutandi, vel quicquid exinde facere sive peragere volueris in
tuam tuisque heredibus sit potestatem, et numquam a me ncque |
[a]b heredibus meis neque a me summissa magna parvaque persona
ali(|uam aliquando aibebis questionem aut calumnia ; etiam si tibi
tuisque heredibus necesse fuerint(g) contra omnes j ornine stare me
una cum heredibus meis et defendere promitto, omni in tempore
gratis. Hec omnia que hac cessionis venditionis chartula seriem textus
eloquitur, inviolavilijter conservare atque adimplere promitto. Nam,
quod absit, et si ccontra | hec que ut superius notata vel abscripta
leguntur contra agere presumsero, et ! cuncta, que ut superius legitur,
non observavero et minime defendere potuero a ut noluero, tunc
daturo me promitto una cum heredibus meis tibi tuisque heredibus
ante I omnem litis initium pene nominum(b) suprascriptum pretium
(a) A In n (ini di salu n ihu (b) A h. fera ; fera, agciuiilo interlimarmente.
(e) A pos (d, A :eni (e) A qs (Q A num (g) Cosi A. (h) A nonfin
490 L. Sc/iiaparclli
in Jupliiin («), et post soluta pena | huius cliartuhi (b) in suani permaneaJ
firmitatem. Quam scribendam rogavi Rojmanus scriniario sanctac
Romanae Ecclesiac, in mense et indictione suprascripta undecima.
Signum yJ-< manus suprascripto Leo de Hekonte et venditore
aique relatore qui supra (<^) scribcreW nescit (>•■).
Signum tj« manus suprascripta Stepliania honesta femina et
consentiens que supra (0 scribere W nescit («).
Cencio nobili viro (ìlio quondam Stefani de Johannes de Atria
ol[....].
Fusco de Romanus de Sassa.
Medalia.
Girardo lanissta.
Stefulo de Johannes de Lopipa.
►J< Ego Romanus scriniario sanctae Romanae Ecclesiae qui supra (>=)
scriptor huius chartula (b) facta comple-i et absolvi.
XXVI.
1075 settembre i - 1074 giugno 50.
Benedetto, arciprete di S. Stefano maggiore, col con-
senso di tutta la congregazione, vende a Cencio detto
« RofFo » e alla moglie Cicia tre pezze di vigna nel luogo
Canutuli, per il prezzo di tre libbre e mezzo d'argento e
coll'obbligo di cedere a detto monastero la quarta parte
del vino.
Originale, caps. LXI, fase. 222 [A].
Pergamena guasta da rosicchiature dei sorci. Tra l'ultima linea del testo
e X signum » vi è spazio in bianco con tre punti, che denotano tre sottoscri-
zioni non eseguite. Nella croce dopo " signum » è autografo il tratto oriz-
zontale. È autografa la -^ dopo la sottoscrizione di la Gulia. Le altre cinque
sottoscrizioni hanno della «|* solo l'asta verticale, tracciata dallo scriniario Ro-
:nano ; sono quindi mancanti della firma autografa, consistente nel tratto oriz-
zontale (o spacco) della croce.
.Mancando l' indicazione del mese dobbiamo datare il documento secondo
l'indizione xn e l'anno primo del pontificato di Gregorio VII.
S I
'*> À liuplum (h) A ella (e) A qs (d) In nota lironiana. (e) A nt
Cartario di S. Tieiro in Vaticano 491
[In nomine Domini sajlvatoris nostri lesu W Christi. Anno primo
pontificatus domni nostri Grcgorii septimi papae, indictione duode-
cima, [mense ] C»), die nona. Quoniam certum est nos Benedictus
religioso archipresbitero de venerabili monasterio Sancto St[efa] no
maijore qui apellatur (0 cata Galla [ presjbitero
[se]cundo [ relijgoso (d) [ ] | tertio, consen-
tientem in ohe n[obis .] con-
se[n]tientem in ohe nobis Berta nobil[issima femina conius de lohannes
Paparone . . .J, subscriptam | vineam hac die cessissemus et cess[imus
atque tradidimus nec non] publice venundavimus proprie ! et spontanea
nostre voluntatis vobis domno Cencio viro magnitìco («) qui vocaris de
Roffo seu Cicia , honesta femina (0 iugalis vestrisque heredibus vel cui
vobis secundum quod subtus legitur largire et concedere placueritis, |
id est tribus pecie de vineae mannaricie quod sunt ad quarta ren-
dendum de vino mundo et de acquato cum versularis (g) et rasulari
suis et locum ad calcatorio suo ponendum et residendum cum in-
troita et ] exoitu suo usque in via publica, et cum omnibus ad ipse
tribus pecie de vineae in integrum pertinentibus. Posite (h) ; foris
pertuso Beati Petri apostoli in locum ub[i] d[icitur Canujtuli quod est
inter affines, a primo latere ' teniente(') Andrea da lo Cretaceo, et a se-
cundo l[atere teniente ], a tertio latere *****•] et a
quarto latere terra lavoratora, iuris cui existens. Sic in [integrum quo
m]odo nobis largiviW per chartula()) prò redenjtione anime sue presbi-
ter Cirino in nostro monastaerio sive per quocumque modis et sic eas
vobis in integrum cedimus, trajdimus atque venundavimus. Unde et
hac cessionis vendltionis chartula vobis fecimus atque contradidimus.
Hec omnia, [ sicut superius legitur, haccepimus nos qui supra(k) vendi-
toris ad vos qui supra (k) emptoris in presentiam subscriptorum testium,
videlicet in ar gentos libras numero (') tres et dimidiam bonos obtimos
nobisque placabilem in omni vera decisionem, | et a vodierna diem
licentiam abeatis in suprascripta omnia que ut superius legitur de pre-
senti introeundi, utendi, fru;endi, possidendi, vendendi, donandi, com-
mutandi secundum tenore nosstre chartula (i) vel quicquid exinde |
tacere sive peragere volueritis in vestram vestrisque heredibus sii
potestatem, et numquam a nobis ncque ab successoribus nostris
neque a nobis summissa mag[na] parvaque persona aliquam ali-
quan|do abebitis questionem aut calumnia; etiam si vobis vestrisque
heredibus necesse fuerint contra omnes | ornine stare nos una cum
et successoribus nostris et defendere promittimus omni in tempore
(a) A ]lu n ihe (b) Farmi di scorgere una r finale del nome abbreviato del mese.
(e) A q ap (d) Cosi A. (e) A Mm (f ) A h fem (g) A uer (h) A pos
(i) A ten (j) A dia (k) A qs (1) A num
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 3^
492 L. Sclìiaparelli
gratis. Hec omnia ' quc liac cessionis vemiitionis chartula seriem
textus eloquitur, inviolaviliter conservare atque ai.iim|plere promittimus
Nam, quod abiit, et si ccontra hec que ut superius notata vel abscripta
Icguntur I contra agere presuniserimus et cuncta que ut superius legitur
non observaverimus, et minime de fendere potuerimus aut nolueri-
mus, lune daturi nos promittimus una cum et successoribus | nostris
vobis vestrisque heredibas ante omnem litis initium pene nominum («)
suprascriptum pretium in duplum (b), | et post soluta pena huius char-
tula (<:) in suam permanead hrmitatem. Quam scribcndam rogavi |
Romanus scriniario sanctae Romanae Ecclesiae, in mense et indictionc
suprascripta duodecima.
Signum yji manus suprascripta Berta nobilissima femina conius de
Johannes Paparone et consentiens que supra (J) scribere (0 nescit (0.
I Paulo vir magnificus (g) de Petrus da la Gulia >J<
I lohannes de Episcopi Orlando.
I lohannes Gallopozzonaro.
I Benedictus.
I Romanus de Storio.
>^ Ego Romanus scriniario sanctae Romanae Ecclesiae qui supra W
scriptor huius chartula («) facta compievi et absolvi.
XXVII.
1083 (10S4) aprile 28.
Bonoseniore, cardinale della chiesa di S. Pietro, col con
senso dei preti « de li Fusci » e Belizo e del diacono Teuzo, dà
in pegno, a determinate condizioni, al cambiatore Paulo,
dal quale aveva avuto in imprestito cento soldi di denari,
una pezza di terra fuori porta S. Pietro (< ad Memolim ».
Cop. sec. .\I, caps. XX.XIX, fase. 154 [B|. Memoria di alcuni arcipreti
antichi, ms. H, }, bibl. Gap. e. io, cit. I. Grimaldi, Catalogus omnium ar-
ihipreshylerorum, ms. H, i, bibl. Gap. e. 17, cit.
Vi è errore nella datazione: il mese di aprile coli' indizione vi risponde
al 1085, ma coll'anno xi del pontificato di Gregorio VII al 1084. Sul vi-rso
della pergamena leggesi di mano del sec, xil: Benlincasa.
In (■) nomine Domini. Anno W undecimo ('^) pontificatus domni
Gregorii septimi C"^) pape, indictione sexsta, mensis abrelis, die .xxviii.
(a) A nomin (b) A Juplum (e) A clu (d) A qs (e) In nota tironiana.
(f) A nt (g) ^ um _
(1) B io (b) B anno (e) E unJecimo (d) B septinii
Cartario di S. T^ietro in Vaticano 493
Ego quidem Bonusscnior cardinalis venerabilis ecclesie Sancii Petri
apostoli (»), consentienteC') miclii lohannes presbiter de li Fusci et pre-
sbiter Belizo et Teuzo diacono, in pignus pone tibi Paule cambialor,
id est unam pedicam terre foris portam Sancti Petri ad Memolim, una
de illis quas ego vobis in pignus posui qualem tu tolere (0 vis prò
centum solidos denariorum (J) quod niichi prestasti, ut ab ac ora
jibeatis onme lucrum quod inde exsierit prò lucro uius prestiti usque
ad illut tempus quod ego vcK=) meos successores (0 reddimus tibi
dictos denarios, et si reddinius in mense ianuano(g) abeanius nos future
niessure lucrum de redditu et exsitu quod exsit inde, et si in dicto
ianuario non reddinius abeas lucrum (h) futuri anni, et si quando
reddimus abcatis et frudiemini cultum et maiesem quod ibi abebitis
et detis nobis redditum ut mox est, et postquani dictos denarios red-
dinius, tamen postea teneatis tantum et frudiamini quantum (') nunc
usque ad illut tempus quo exinde fructum abetis, et insuper teneatis
eam postea tres annos, quos eam debetis tenere prò ilio introitu quod
tu inde nobis dedistis ; et si antequam in ea terra sccure laborare
potuerimus dictos denarios tibi reddimus, dcmus tibi de ilio termino
quod eos tenuimus .xx. denarios (J) lucrum per menscm, pensionisCO
prestitum duplum.
I sunt testes uius pignori: Petrus de Baldino, Petrus de Bo-
nuccia, Murellus, lohannes Cecus, Goio frater tius.
Ego Sasso scriniarius, sicut inveni in dictis Angeli scriniarii patrui
mei, cui Christus indulgeat, rogatis ab eo de quibus cartule scripte (™)
fuerunt aput Paulum cambiatorem, ita exsemplavi prò utilitate (")
canonice Sancti Petri, ut sii ini memoria canonicorum suoruni.
XXVIII.
1088 novembre.
Pietro, arciprete di S. Stefano maggiore, loca a Franco
detto « de Roma[no] » una terra situata entro la città Leo-
nina, nei borgo dei Frisoni, con libertà di coltivarla e di fab-
bricarvi a proprie spese una casa, per il prezzo di due soldi
di denari pavesi e coli' annua pensione, da pagarsi nella
(a) B apostoti (b) B consentiente (e) B tot (d) B J (e) B vet
(f) B suseccsses (g) B ian (h) Prima di lucrum venne espunto frueiu (i) B qua-
tum (I) B pen (m) B scripte (n) B m\
494 ■^- ^chiapat'clli
festività di santo Stefano, di un certo numero di denari d'ar-
gento. La rinnovazione dovrà farsi ogni diciannove anni
e col pagamento di un' oncia di denari pavesi.
Originale, caps. LXI, fase. 590 [A].
Martorelli, Storia del clero Vaticano, p. 104, cit. da A.
Tra la sottoscrizione preceduta da « signum » e quella dello scriniario
sono notate con tre punti tre altre sottoscrizioni non eseguite.
y^ A vobis peto donino PETRO archypresbitero Bibiaquam de
venerabilis §cclesiam Sancti Stcpliani malori, j ut per consensuni pre-
sbiterorum suorum quatinus michi Franco qui dicor de Rom[ano
hcredjibusque meis comittatis atque libelli nomine locetis, id est terram
vacantem cum p[ ] | Inter me et lohannes Botto, ad
domum et quicquid ibidem voluero facicndu[m cum(a) omnibus] |
pertinentiis. Positam (b) intro civitate Leoniana in burgo Frisonorum
secus domum mcam iuris vestri dominii, ad tenendum, colendum,
fruenduiii, possidcnduni, et domum ibidem ex omni meo expendio |
faciendum, et in omnibus meliorandum, et a die octava decima
mensis novembris j presentis duodecima indictione et usque in annos
videlicet decem et novem complendum, ] et renovandum in alios tantos
decem et novem annos. Pro qua denique locatio ne dedi vobis duos
sulidos denarioium papiensium, et quando ad renovare venerimus |
damus vobis unam unciam denariorum papiensium, et omni anno prò
pensione vobis damus, ] scilicet in festivitatem sancti Stephani, dena-
rios argenteos • • », et non hnbenmus ' licentiam ipsam terram et
hoc placitum alicui primitus vendendi quam vobis : vestrisque succes-
soribus iusto pretio minus dcnarios ♦♦•••♦; quod si emere
nolueritis W, demus vobis | denarios ipsos, et licentiam habeamus
vendere tali persone, ut omnia que superius legitur sine mole|stia
vobis persolvad. Tu autem una cum successoribus tuis dcfendatis
eam nobis ab omni | homine, si opus et necesse iuerit. Si qua vero
pars contra fidem orum libellorum veni|re temptaverit, tunc det pars
infidelis fideli parti duas boni auri uncias, et soluta poenna | hii
duo libelli firmi persistant. Anno quinto pontificatus domni Clementi
summi ponti|fici et universalis tertii papae. Scriptum per manum ('>)
Petri scriniarii, in mensj, indictione suprascripta .xii.
Signum ì^ manus (>!) supra .cripti Franconi rogatoris huius appare.
^ Ego Petrus scriniarius compievi et absolvi.
(a) Di cum scorgesi il trailo iitftriort dtl nesio q (b) A pos (e) A noli»
(d) A man
Cartaì'io di S. Tietro in Vaticano 495
XXIX.
1092 giugno IO.
« Obiit Deusdedit «, arciprete di S. Pietro, « Urbano se-
« CLindo regnante anno 1098, de quo unica tantum habetur
«memoria in instrumento locationis domus anno 1092,
« .X. iunii, domus scandalicie cum porticu ante se et pre-
« forulo suo ad faciendum negotia site Rome in regione
« Scorteclari ».
Mss. citati H, 5, e. 12 e H, i, e. 20 b della bibl. Capir.
Il regesto del Grimaldi in H, i è quello riferito ed il più completo.
Finora non rinvenni questo documento, che non trovo neppure registrato
nell'indice dello stesso Grimaldi.
XXX.
1098 agosto 2.
Giovanni de Rosa vende a Paolo detto « de Petromi-
« liolo », secondo il tenore della carta di acquisto coll'ob-
bligo della quarta parte del vino, una vigna nel luogo
detto Monte dei Longobardi fuori porta S. Pietro, per il
prezzo di quattordici soldi di denari e sei denari.
Originale, caps. LXI, fase. 390 [A].
Nelle sottoscrizioni non si distinguono caratteri o tratti autografi.
^ In nomine Domini. Anno quinto (») decimo pontificatus domni
Clementi summi pontifìcis et universalis tertii | papae, indictione .vi.,
mense augusto, die .11. Q.uoniam certuni est me Johannes de Rosa
viro honesto (b), hac die nullo michi prohibente ncque contradi-
cente, propria mea voluntate do, dono, cedo, tra|do et inrevocabiliter
vendo secundum tenore chartulae meae acquisitionis ad quar|ta
reddendum de vino mundo et acquato, quas acquisivi da Johannes
de presbitero Rocio, | id est tota illa vinea quas ipse suis manibus
detinuit, taliter eam vendo et | trado tibl Paulo qui diceris de Petro-
(a) quinto su rasura. (b) A uir hon
49^ ^- Sc/iiapaìX'lli
miliolo tuisqiic licrcdibusct filiis qui exeis nas[c]i|turi siint vita eorum
taliterC*) modo, prò eo qiicd dedistìs niichi exinde ante presenta
sub|scriptorum testium, videlicct oblimi denariorum solidos numero
quattuordecim et | denari sex. Predicta namque vinea est possita extra
porta Sancii Petri apostoli in loco qui vocatur ] Monte Longobardo-
rum in elusa Sanctorum loliannis et Pauli iuris suprascripti monasteri,
inter affines, | sicuti coniuncta et coadunata esse ('') cum alia vinca
que detinet Tcuzo Terrario | a iam dicto monasteri Sancti lohannis et
Pauli, et sicut nunc nieis detinet manibus, cum vasca | et vascario
commune et puteum aque vivae cum introitu et exitu suo et cum
vcrjsulares et cum omni suo usu et utilitatc vcl pertinentia sua usque
in via publica; et, | sicut dictum est, qualiter miciii pcrtinet taliter eam
tota tibi concedo, trado | et do, ita ut ab hodierna die licentiam et
potestaten (<=) habeas tu et heredibus tuis | de presenti ibidem intro-
eundi, utendi, fruendi, possidendi, vendendi, et secundum teno|re
chartulae meae quicquid exinde Tacere volueriiis, et numquam a me
neque ab 1 heredibus meis sive a nulla persona a nobis summissa
exinde habeatis aliquani | contrarietatem nec litis calumniam (<!); sed,
si opus et necesse tibi tuisque heredibus fuerit, stare | me una cum
heredibus meis et defendere promitto ab omni homine et in omni (=)
loco I omnique tempore gratis. Et hec omnia observari promittimus.
Quod si non fecerimus, | vel si contra hec aliquo modo venire tem-
ptaverimus(f), componamus vobis prò pena | quod suprascriptum
est pretium duplo, et post soluta pena(g) chartula hec firma perma-
neat. Q.uam scribendam ( rogavi Romanum scriniarium sancte Ro-
mane Ecclesiae, in mense et indictione suprascripta .vi.
Signum ^^ manus W suprascripto Johannes (0 de Rosa qui liane
chartula 0) fieri rogavit.
>^ Gregorio de Nitto testis.
ìr^ Rustico frater eius testis.
>J-< Otto de lohanne Zenca testis.
>x^ Bonoseniore de Gregorio (m) de Georgi testis.
»5< Glorioso filius de Romano (") manssionario(o) testis.
►Jh Ego Romanus scriniarius sancte Romane Ecclesiae scriptor huius
chartulae compievi et absolvi.
{Continua)
ss
(a) A tt fb) Si soltinttnda videtur (e) Così A, (d) A c«t (e) om car-
rello tu ìc (f) A tcmptaverimus (g) A sol pcn (h) A man (i) A iolis
(1) A chla (ni) A gg (n) A rom (o) A manss
/ banchieri toscani e la S. Sale
SOTTO BENEDETTO XI
I.
_'ltrove studiammo, sui documenti Vaticani, la
^ storia dei rapporti commerciali fra la S. Sede e
^^^ i banchieri italiani, dagli inizi del secolo xiii fino
alla morte di Bonifacio VHI (i).
Intendiamo ora di proseguire codesto studio per un
breve periodo di tempo, cioè sino al principio del periodo
Avignonese. E, seguendo il metodo che nell'altro nostro
lavoro giustificammo, ricostruiremo da prima i fatti sulle
testimonianze originali, indi ne cercheremo la spiegazione
più ragionevole.
Sotto Benedetto XI la prevalenza nel servizio di te-
soreria pontificia, spetta alla casa fiorentina dei Cerchi.
Qua si presenta una prima questione assai importante,
come vedremo, per le sue conseguenze: quando han prm-
cipio le relazioni bancarie dei Cerchi con la Chiesa?
In una lettera di Clemente V, dell' ii luglio 1307,
nella quale son fatti i computi del dare e dell'avere fra
la Chiesa e la compagnia Cerchiesca, si dice espressa-
mente che codesta società fu chiamata al servizio della
(i) Studi e docununti di storia del diritto, Firenze, Le Monnier, 1901.
498 G. Q^rias
S. Sede rS novembre del 1303, vale a dire subito dopo
l'assunzione al pontificato di Benedetto XI (i). Se non
che da certi Iiistriinieiita faticann, già da noi citati (2),
risulta nel modo più manifesto che anche sotto Bonifa-
cio VIU erano stati fatti ai Cerchi alcuni assegni, taluni
dei quali di una qualche importanza.
Il porre d'accordo queste testimonianze contrarie non
ha, in tondo, per noi, una grandissima importanza; a noi
basta che si possa affermare che, /;/ fatto, le relazioni dei
Cerchi con la Chiesa precedono il pontificato di Bene-
detto. Del resto la conciliazione non mi sembra difficile :
Clemente V allude, nella sua lettera, all'entrata dei Cerchi
nel numero dei mercatorcs Roiuanac Ecclesiac, all'acquisto di
questa loro qualità, probabilmente per mezzo di conces-
sione scritta pontificia (come dice forse la designazione
precisa del giorno), il che non esclude che anche prima
la Chiesa si servisse di costoro, quasi per esperimento.
Della prevalenza Cerchiesca sotto Benedetto restano
copiose prove nei registri pontifici e nei documenti \'a-
ticani (3). Il 13 gennaio 1304 il papa dà ordine a diversi
collettori della decima già imposta da Bonifazio « prò one-
« ribus et necessitatibus Ecclesiae Romanae » di deporre
presso i Cerchi tutto il danaro che in avvenire raccoglies-
sero o quello che, dopo averlo raccolto, trattenessero ancora
presso di sé (4): ordini simili son dati in una lettera di
poco posteriore (5).
(i) Regeslnm Ckmentis papae T, ediz. de' Benedettini, Roma, 1886,
I, n. 2271.
(2) V. Studi, p. 112.
(j) Cf. ScHNKiDER, Die finan^iilkn Be\icìmngm der florentinischeii
Banhicrs ^iir Kircìu voti 128$ bis IJ04, Leipzig, 1899, pp. 26-28,
(4) V. Le regislrc d^ Eenoil XI, ed. Grandjean, n. 181. V. pure
l'istruinento di deposito della decima della diocesi Canieracense del
16 m.Tggio IJ04. Archivio Valicano, Miscellanea, cass. VI, n. 48.
(5) Le rc'^istrc de Benoit XI, n. 534.
/ banchieri toscani e la S. Sede 499
Il 18 febbraio dello stesso anno il pontefice ordina al
collettore « in partibus Anglie, Wallie, Scotie et Ybernie »
di deporre presso i Cerchi tutto il denaro colà raccolto dalle
decime, censi ed altri proventi, ad eccezione della decima
già ricordata di Bonifazio, la quale deve dividersi in parti
uguali fra i Cerchi, i Bardi ed i Chiarenti (i); uguale or-
dine, per le terre d'Ungheria, Boemia &c., emana il 20 feb-
braio, stavolta senza la limitazione per la decima Bonifa-
ziana (2).
Si ha poi notizia di depositi fatti, nell'ottobre 1304,
alquanto dopo la morte di Benedetto, ma, credo, in con-
seguenza di un precedente incarico, da Rainaldo vescovo
di Siena, collettore della decima « in Tuscia imperiali ac
« in Pisana, Massaria et Lunensi civitatibus ac diocesibus »,
presso i Cerchi, i Bardi e i Chiarenti (3).
La compagnia fiorentina degli Spini, che già, sotto
Bonifiizio, avea ottenuto il monopolio degli affari ponti-
fici, ora è caduta in disgrazia. Una lettera di Clemente V
ci attesta che costoro furono da Benedetto allontanati dalla
Curia il IO gennaio 1304(4). Sappiamo però che anche
dopo questa data furono fatti presso di loro dai collettori
vari depositi, certo in esecuzione di ordini anteriormente
ricevuti (5).
È fenomeno degno di nota che, sotto Benedetto, con
l'aiuto del pontefice, tenta di ricostituirsi la compagnia
pistoiese degli Ammannati, la quale, al tempo di Boni-
fazio, aveva interrotto le sue operazioni in modo disono-
(i) Le registri ài Beiioil XI, n. 1232.
(2) Li ngislre de Beuoit XI, n. 1235.
(3) Arch. Vat. Miscellanea, cass. VI, nn. 54, 56. Cf. Davidsohn,
Forschungen \iir Geschichte von Floreii:^, Dritter Theil, Berlin, 1901,
pp. 91, 92. V. pure altre testimonianze in Regeslum Clemeiitis papae V,
nn. 1151,2271 (ScHNEiDER, op. e loc. cit.).
(4) Regestum Clementis papae V, n. 11 52.
(5) Arch. Vat. Miscellanea, cass. VI, nn. 44, 49, 51.
500 G. <?Arias
revole(i). Il papa incarica diversi e.wciitorcs in Italia e
fuori di procedere contro i debitori della compagnia, non-
ostante qualsiasi precedente dispensa, e di depositare il
danaro raccolto in tal modo presso i Cerchi e i Chia-
renti, acciò paghino i creditori degli Ammannati (2), ai
quali intanto concede di far liberamente ritorno in Roma,
a riprendervi il corso interrotto degli affari. Ma il tenta-
tivo non ebbe buon effetto, almeno immediatamente; in-
fatti assai tempo dopo, il 18 maggio 1306, Clemente V
diede nuovi ordini uguali ai precedenti, affidando stavolta la
cura del pagamento alle due compagnie fiorentine degli
Scali e dei Peruzzi, le quali in quel momento non erano al
servizio della Chiesa (3). Forse fu proprio questa la causa
della sostituzione, che probabilmente i Cerchi e i Chia-
renti non si erano adoperati con troppo zelo a richiamare
in vita una compagnia, giA un tempo floridissima, la quale,
una volta ricostituita, poteva ben togliere loro il primato.
II.
Ai fatti esposti va data un' interpretazione logica. Da
quali cause fu originato il cambiamento profondo avve-
nuto alla morte di Bonif;icio Vili nei rapporti fra i ban-
chieri toscani e la S. Sede, e che cosa, soprattutto, deter-
minò l'allontanamento degli Spini e il fiivore pei Cerchi,
i quali, Ì!i così rapida maniera, giungono a prevalere, no-
nostante che ultimi fossero entrati al servizio della Chiesa ?
Lo Schneider offre una spiegazione troppo semplice. Bo-
nifacio, egli scrive, favorevole ai Neri protegge gli Spini;
Benedetto, parteggiante pei Bianchi, favorisce i capi di
(.1) Cf. Studi, p. 115.
(2) Le regislre de Binoil XI, un. 8.S2, 883, 8.S6.
(3) Rii^eitum Chmcntis papae V, n. 757.
/ banchieri toscani e la S. Sede 501
questo partito, i Cerchi (i). Per prima cosa ò bene av-
vertire che una parte sohanto deUa famigh'a Cerchiesca
partecipa ora al servizio delhi tesoreria pontificia, i cosid-
detti Cerchi Bianchi, i quali, come è noto, si erano acco-
stati alla fazione Nera (2).
Così anzi facihnente si spiega quelhi singolare scissione
che avvenne, nel 1303, nel seno della consorteria fioren-
tina capitanante parte Bianca. Alcuni de' Cerchi, i Bian-
chi (3), i quali prima, per rivalità contro gli Spini e contro
gli altri banchieri fiorentini protetti dal pontefice, ben vo-
lentieri avevano aderito alla fazione antipapale, in seguito
stimarono assai più utile seguire la tattica opposta, ed apri-
rono trattative col pontefice, ottenendo, a quanto sembra,
subito qualche piccola somma in deposito dalla S. Sede.
Per tal modo riuscirono a sottrarsi dai gravissimi danni
commerciali che loro indubbiamente provenivano dall' esilio
e dalla persecuzione papale e poterono, per di più, met-
tersi a lato dei loro rivali, gli Spini, i quaU però, come
s' intende, mantennero per qualche tempo l' antica pre-
valenza.
Poiché i Cerchi ebbero ottenuto questo primo e buon
risultato, la loro vittoria era economicamente ed anche
politicamente necessaria.
Economicamente, perchè essi, giungendo ultimi a par-
tecipare al commercio coi pontefici (meta ambita da ogni
compagnia bancaria), avean modo di portare a codesto
commercio il valido contributo di nuovi e forti capitali, i
quali ben dovevano esser desiderati per rimediare -^Wcsaii-
ritnento da cui talvolta eran colpite, a lungo andare, le ditte
(1) SCHNEIDER, Op. cit. p. 26.
(2) V. Studi, pp. 127-128.
(3) I documenti di recente comunicati dal Davidsohn, Foi-
schun^en cit. nn. 239, 354 e passim, provano l'esistenza contempo-
ranea di due società commerciali diverse, de' Cerchi Neri e de' Cer-
chi Bianchi.
502 G. oArias
al servizio della S. Sede. A me sembra di poter dichiarare
una delle cause di questo fenomeno, in apparenza strano,
ma comprovato dal fatto che tre delle maggiori compagnie
in relazione con la Chiesa, i Bonsignori, i Ricciardi e gli
Ammannati, dovettero sottostare ad un fallimento, dal
quale, per le prime due, provenne la morte (i). L'appar-
tenere alla categoria dei mercatorcs Roinanae Eccìesiac era,
a dire così, un titolo buonissimo per espandere, in più
modi, il proprio commercio e soprattutto per ottenere la
fiducia degli ecclesiastici, i quali ai banchieri pontifici spe-
cialmente si rivolgevano per i prestiti a loro necessari :
onde, come altrove dimostrammo, si accresceva nei ban-
chieri il desiderio di esser chiamati a far parte del servizio
di tesoreria pontificia.
Se non che, codesti banchieri privilegiati, una volta
accresciuto straordinariamente il loro campo d'azione, erano
esposti a grandissimi pericoli, soprattutto perchè gli eccle-
siastici, i loro principali clienti, erano tutt'altro che solle-
citi alla restituzione delle somme avute in prestito, sicché
una gran parte di capitale veniva ad essere, per tal modo,
dispersa e resa inoperosa. Citiamo alcuni esempi. Buon
numero di ecclesiastici sono espressamente ricordati nei
registri pontifici quali debitori degli Ammannati « in non-
« nuUis pecuniarum summis », già da lungo tempo (2); e
sappiamo anche che molti « prelati, nobili e potenti » si
erano violentemente procacciati « liberationes, absolutio-
« nes, quitationes òvc. » a dnnno di codesta compagnia (3),
provocandone la rovina. Cosi, secondo che dice una let-
tera di Clemente V, buon numero di prelati e di altre
persone ecclesiastiche delle terre soggette al re d' Inghil-
terra non soddisfecero alle loro molte obbligazioni verso
(i) Cf. Studi, p. 104 sgg.
(2) Le registre de Deiioit A7, nn. 8<-2 cit., 884, 887.
(}) Le regiitie de Beiioil XI, n. 885.
/ bancliieri toscani e la S. Sede 503
le compagnie dei Ricciardi di Lucca e dei Bonsignori di
Siena, tanto che, dopo il fallimento di costoro con forte
disavanzo verso la Chiesa, il pontefice dovette procedere
contro quei morosi (i); certo senza nessun esito perchè,
come risulta da altri documenti, molti anni dopo, nel 1344,
il debito che i Bonsignori avevano con la S. Sede si ritrova
inalterato (2).
Ritornando alla nostra questione, lo spodestamento degli
Spini per parte dei Cerchi, dovette esser determinato prin-
cipalmente da cagioni economiche, anzi può dirsi che rientri
in questa legge generale, confermata, per quanto mi so,
da tutìa la storia dei rapporti fra la Chiesa e i banchieri,
che la compagnia ultima giunta, come quella che risentirà
più tardi delle altre le conseguenze tristi del nuovo ufficio,
per goderne da prima solo i notevolissimi vantaggi, ha le
maggiori probabilità di vittoria momentanea sulle altre
ditte bancarie.
Con ciò non escludo che la sostituzione dei Cerchi
agli Spini fosse anche determinata da causa politica: non,
ad ogni modo, quella che sembra allo Schneider. Bene-
detto XI, desideroso della pacificazione fiorentina, favo-
riva, sotto un certo aspetto, codesta nobile causa, chia-
mando al suo servizio una ditta, legata per vincoli di
parentela ai capi di parte Bianca e nello stesso tempo non
più in odio ai Neri.
L'interesse che Benedetto dimostra per la ricostituzione
della società degli Ammannati « ex cuius lapsu gravia
« dampna et incommoditates plurimis incumbebant » si
spiega non solo col desiderio di riprendere i danari da
quella compagnia dovuti alla Chiesa (3), ma anche forse
con la volontà di contrapporla, una volta ricostituita, alle
(0 Rii^cstiiiìi Cìemenlis papae V, n. 2296.
(2) V. Sliuìi, p. I sgg.
(3) Le rògislre. di Buioil XI, n. 664.
504 G. d'irias - I baììchieri ecc.
società fiorentine, lira sistema dei pontefici di cercare, nei
rapporti coi banciiicri (purché, s' intende, senza lor danno
economico) l' equilibrio (ielle città, cioè una certa propor-
zione negli incarichi affidati alle banche di città differenti,
ad evitare i pericoli delia supremazia di una fra queste
città. Scomparsa, per Firenze, la concorrenza senese e
lucchese, col fallimento dei Ricciardi e de' Bonsignori, si
faceva sempre più visibile, pei pontefici, la necessità di
contrapporre alle ditte fiorentine qualche altra società
pistoiese, oltre quella dei Chiarenti: era naturale perciò
che si rivolgesse il pensiero agli Ammannati,
Cosi abbiamo terminato di esporre, in modo sintetico,
e di interpretare razionalmente la storia delle relazioni fra
i banchieri e la Chiesa sotto Benedetto XI, e siamo giunti,
con Clemente V, al periodo Avignonese, il quale richiede,
anche sotto questo rispetto, un largo studio. -
GiN'o Arias.
VARIETÀ
IL DIARIO DI GIOV. BATTISTA BELLUZZI
DA SA N M A RINO
(1555-1541)
Nella biblioteca Vittorio Emanuele di Roma (fondo V. E.
n. 476) esiste un codicetto cartaceo di carte 164 (misura
mm. 140 X 8o)> '" corsivo italiano del secolo xvi, che dal
catalogo è attribuito a certo Bonelli da S. Marino. Un
esame un po' attento però rende certi che l'attribuzione è
erronea; e che invece nel codice è da riconoscersi il diario
del celebre architetto militare Giovanni Battista Belluzzi
(dal Vasari e da altri detto Bellucci), nato in S. Marino, e
per questo soprannominato il Sammarino. Difluto non solo
sarebbe stato facile scoprire il suo nome per mezzo delle
indicazioni che egli dà intorno al capitanato sostenuto nella
repubblica di S. Marino da suo padre nel secondo semestre
del 1539 insieme con lacomo de li Giannini (i), ovvero per
quelle intorno alla moglie, al cognato e al socero, Giulia, Bar-
tolomeo e Girolamo Genga, architetto quest' ultimo tra i
primi del suo tempo, vissuto quasi sempre alla corte dei duchi
(i) C. iigA. Furono capitani in quel semestre Giacomo detto
e Bartolo di Simone Belluzzi. M. Delfico, Memorie di S. Marino,
Firenze, Fabris, 1843. Nel terzo volume, che è di aggiunzioni fatte
all'opera del Delfico, pp. lxi-cxxxvi, v' è una Serie cronologica dei
capitani dal 1224-1S43: a p. xci è la notizia del 1559. Cito la edi-
zione del 1845 non essendomi stato possibile avere quella del 1865.
^o6 'P. Egidi
d'Urbino (i); ma anche più falcile sarebbe stato leggerlo per
esteso a e. 119, dove all' ultimo posto tra gli oratori, man-
dati da S. Marino ad Urbino il 25 novembre 1538 a
rappresentare la repubblica nei funeri di Francesco Maria I
della Rovere, sta segnato: « io Giovanni Baptista Belluzzi ».
Per verità i caratteri di questa nota sono così minuti, che
non fa gran meraviglia se siano sfuggiti a chi ebbe il codice
per le mani.
Che un diario del Belluzzi esistesse, lo sapevamo per
notizia datane dal Promis; notizia inesatta e incompleta,
perchè chi lo possedeva (il marchese Antaldo Antaldi)
non aveva permesso che egli lo vedesse (2). Poi se ne
era perduta ogni traccia. Pare probabile che dalle mani
dell' Antaldi passasse in quelle del conte Giacomo Manzoni.
Nella dimora presso di lui il codice dovè cambiare di pater-
nità, poiché nel catalogo di vendita della biblioteca Man-
zoniana (3) già era attribuito al Bonelli, e sotto questo
nome venne acquistato nel 1 894 dalla Vittorio Emanuele (4).
Esso è autografo, scritto a tratti ogni cinque, ogni dieci,
ogni quindici giorni, e minutamente e' informa della vita
del futuro grande architetto dal 15 gennaio 1535 alla
metà d' aprile del 1541. Con la sua testimonianza cadono
tutte le favole intessute per quel periodo della vita del
Belluzzi, cui si fiiceva servire Francesco I e viaggiare per
Francia, Ungheria, Scozia (5), mentre in realtà mai si
(i) \'asari, Opere, ediz. Milanesi, Firenze, Letnonnier, VI,
315 sgg-
(2) Biografie d' ingegneri militari italiani dal secolo Xir alla metà
del xviii in Miscellanea di storia italiana, Torino, Bocca, 1H75, XIV,
205-6.
(j) Catalogo ragionato, redatto da Annibale Tenneroni, IV parte.
Città di Castello, Lapi, I^'94, p. 121, n. 151.
(4) Libro degli acquisti, a. 1894.
()) Per far parola solo dei maggiori, diremo clic accolsero come
vere queste favole il De Marchi, il Tiraboschi, il Ginguené, gli au-
tori delle addizioni al Delfico e, nel principio de' suoi studi, il D' Ayala.
Varietà 507
allontanò dalla patria se non per qualche mese, venendo
fino a Roma, o per qualche giorno spingendosi sino a
Bologna e a Venezia. Del resto già il Promis (i) aveva
tatto giustizia di tah fantasie, scoprendone la fonte in una
grossolana contaminazione del Trattato di fortifica:^ionc del
BcUuzzi, fatta dall'editore Tommaso Baglioni nel 1598 (2),
per la quale apparivano opere del Sammarino molte
costruzioni militari, erette in quei paesi di oltremonte da
Antonio Melloni. Le conclusioni del Promis ricevono dal
diario la più completa conferma, e, se errata nei particolari
e specialmente nelle date, resta invece assicurata nelle
linee generali la biografia del Belluzzi scritta da Giorgio
Vasari (3), che con lui e col cognato Bartolomeo ebbe
grande famigliarità. Per undici mesi (non due anni come
disse il Vasari), dal gennaio al dicembre del 1535 egli
vive a Roma o nei pressi, al seguito di Ascanio Colonna,
poi torna in patria, sposa la Giulia Genga (i i maggio 1536),
e vive tra l'Imperiale (la villa che, coi disegni del Genga,
Francesco Maria d' Urbino erigeva presso Pesaro), Urbino,
San Marino, Pesaro, Cagli, occupato sia nell' amministra-
zione delle fabbriche dell'Imperiale e di Pesaro, sia in un attivo
(i) DAV arte detl'' ingegnère e detV artigliere in llatia dalia sua ori-
gine sino al principio del XTI secolo e degli scrittori di essa dal 12S)-
i)6o, appendice al Trattalo di arcìnlettura civile e militare di Francesco
di Giorgio Martini pubblicato da Cesare di Saluzzo, Torino, Chisio
e Mina, 1841, II, 78, 81.
(2) Nuova iiiveiitioiie di fahricar fortene di varie forme in qua-
lunque silo di piano, di montagna, in acqua con diversi disegni, et uno
trattalo del modo che si ha da osservare in esse con le sue misure et
ordine di levar le piante tanto in fortezze reali, quanto non reali di
Giovanni Battista Belici, Venetia, Meletti, 1598, in-folio, pp. 116,
54 figure. Cura l'edizione il Baglioni: il nome dell' autore nel testo
è scritto anche Belicci, Bellicci, Bellicci da San Marino. Dell' edi-
zione del Baglioni le prime 34 pagine (non 44 come dice il Promis)
sono opera del Bellucci e le altre 82 (non 72) del Melloni.
(3) Op. cit. VI, 330-334-
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 33
5o8 T. Egidi
commercio di grani per suo conto e talora per conto della
repubblica, sia in frequenti ambascerie alììdategli dalla co-
munità presso i duchi, i legati pontifici, i signorotti vicini.
In mezzo a si svariate bisogne trovò il tempo di darsi
agli studi del disegno. Li cominciò a 51 anno nel 1557
(era nato nel 1506) più per uccidere le tediose serate
autunnali che per altro. Già nell'aprile del 1539 era in
grado di fare il piano di costruzione di un palazzo, e
nel 1540 cominciava a ricevere qualche commissione.
Nel I53<3 gli nacque una figliola, Vittoria; nel 1539 un
figlio, Belluzzo, mortogli prima che compisse un anno d'età
nel dicembre del 1540, precedendo di poco nella tomba
lo zio Annibale, fratello prediletto del Sammarino, per
piangere il quale egli sa trovare parole di commovente
gentilezza (r). In complesso la vita del Belluzzi in questi
sei anni è una lotta continua, sostenuta con grande energia,
contro le difììcolcà e le an2;ustie in mezzo a cui si tro-
vava pei debiti che aveva incontrati, per il poco profìtto e
i pericoli del commercio dei grani, per le calamità pubbliche
(nel 1540 il Montefeltro fu straziato da orribile carestia),
per le colpe o le leggerezze dei parenti, per le malattie e
le morti dei suoi cari. L' ultima notizia del diario è del-
l'aprile 1541; nel novembre del 1542 il Sammarino era
già ai servigi dei Medici, come ha provato il D'Ayala,
che di lui ha scritto la migliore bioo:ratìa, a cui rimando
chi voglia conoscere il resto della sua vita (2).
Il diario ha carattere spiccatamente personale, pure
non di rado vi si incontrano fatti, che, registrati perchè
con l'autore avevano un rapporto più o meno stretto,
possono servire agli studiosi per iscopo più ampio. Cosi
se ne potranno cavare buoni materiali per lo studio dello
(i) Ce. 149 A-i jo n.
(2) Giovanni Bultislu Bcllu-:^^} in Archivio storico ilalia.no, scr. ni,
XVIH, 295-303, a. 1873.
Varietà 509
stato interno della repubblichetta del Titano, dilaniata,
come tutti i Comuni, da inimicizie familiari ed agitata da
licenza e disordini (i); nò mancano (fors'anche son più
copiose) le notizie intorno alle relazioni di S. Marino
coi duchi d' Urbino, coi legati pontifici, coi signorotti vi-
cini (2). Abbondanti le indicazioni sul commercio delle
granaglie e sulle difficoltà cui si andava incontro esercitan-
dolo (3). Superficiali, ma non dispregevoli del tutto le no-
tizie sulle imprese di Tunisi e di Corfù, sulla morte di Ales-
sandro dei Medici, sul tentativo dei fuorusciti fiorentini (4).
Piene d' interesse invece e assai particolareggiate quelle
intorno alla morte e ai funerali di Francesco Maria I della
Rovere (5) e intorno alla guerra di Camerino (6).
Per Roma interesse speciale hanno le priine ventotto
carte, che trattan della dimora di Giambattista presso Ascanio
Colonna. Fu con lui come cameriere di confidenza ed ebbe
campo di veder molto, sapere o indovinare di più. Ma, da
fedel servitore, non racconta chiaramente; solo avvicinando
spesso certi nomi, ci mette sulla via di indovinare (7). Non
dispiacerà trovarvi brevi indicazioni intorno ad alcuni co-
stumi della curia e del popolo, alle cavalcate pontificie, alle
pratiche di penitenza della settimana santa (8). Ma forse
sarà anche più gradito leggervi qualche cosa intorno ai
(i) Ce. 41 B, 134A-135B, 15ÓB, 138B, 139A.
(2) Ce. 58 A, 43 A-45 B, 61 A, 65 B, 7OB-73 B, 74 B, 78 B, I32 A-
133 B, 138 B, i42B-r43A ed altrove.
(3) Ce. 75 A, 120 B, 124 A, 129 B, 144 Sgg, I)2A-B.
(4) Per Tunisi ce. 12 a, 19 b, 20 a, 21 a ; per Cortù ce. 65 b, 79 a;
per la morte di Alessandro e. 5 1 a ; pel tentativo dei fuorusciti (ago-
sto 1337) e. 64 B. In fine delle notizie di ogni anno (contato secondo
1' usanza delle magistrature sanmarincsi da aprile ad aprile) vi è un
riepilogo spesso interessante. Cf. ce. 35 a, 56 a, 75 B-76 a, 107. \-b,
130 A, 1 52 B-i 53 b.
(5) Ce. 82 B-S9-A, 92 B-97 B.
(6) Ce. 91 B-105 B.
(7) Ce. 1 1 A, 13 B, 14 A, 15 A.
(8) Ce. 7 A sgg., IO A, 12 B.
510 ^P. Egidi
primi istanti della vita di Marcantonio Colonna, il vin-
citore di Lepanto. Chi trattò della sua vita io disse nato
a di 26 febbraio 1555, seguendo il Coppi (i) che tal giorno
fissava, senza mostrarne alcun espresso documento. Il Bel-
luzzi racconta invece che tornati Ascanio e lui da Roma
in Marino li 11 febbraio 1535, stavano aspettando di
giorno in giorno che la signora Giovanna, la quale stava
in Civita Lavinia, si sgravasse; il che accadde « a dì 25,
« che fu uno venere a sera » (2). Il 26 andarono subito
a vedere puerpera e neonato, e da Civita Lavinia Ascanio
scrisse al cardinal Grimani e all' ambasciatore di Porto-
gallo, perchè tenessero il fanciullo al fonte battesimale.
« A di 7 de ditto mese vene uno, mandato del signor car-
«dinalle Grimani, et uno, mandato de lo imbasciatore de
« Portogallo, qualli tennero a batesmo il figlio dello si-
« gnore; et il veschovo de Ischia lo batizò, et poselli nome
« Marche Antonio et con «ran festa et trionfo et ban-
ce chetto. Se li trovò il signor Camillo Colonna et il si-
te gnor Pirro da Stipiciano » (3).
P. Ecidi.
(i) Memorie Coloniiesi, Roma, Salviucci, 1855, p. 349; Gugliel-
motti, Marcantonio Colonna, Firenze, Lemonnier, 1S62, p. 1 1 ; La storia
della marina pontificia, VI, 14, nota 5 ; L. ViccHi, Marcantonio Colonna,
il vincitore di Lepanto , appunti biografici su documenti rari, Faenza,
Conti, 1890, p. 7.
(2) C. 4 B.
C3) C. 6 B. Il Bcliuzzi parla sempre con affetto e ammirazione
dei Colonnesi. Ascanio «era il primo homo del regnio et di Roma »,
e. )A; di Vittoria, la celebre poetessa, «a li tempi soi non si tro-
« vava la più dotta et più onesta et più santa di lei », e. 58: « et per
« tutto il mondo se sapeva la fama sua » ; Giovanna d'Aragona, moglie
d'Ascanio, «a li tempi soi era la più bella signora d'Italia», e. 4 a.
Non saremo certo noi a dargli torto, ripensando lo splendore che
irradia dal ritratto che ne dipinse Raffaello da Urbino.
NOTA
al Diploma purpureo di re Roggero II per la casa Pierleoui
(Arcb. della R. Soc. rom. di st. patria, XXIV, 255 sgg.)
La lista dei diplomi purpurei tuttora conservati (^d.
pp. 255-54) '^^ completata con questi altri già registrati
dal prof. Bresslau nel Neues Archiv, XIX, 683 :
i) Corrado II perii vescovo di Parma, dell'anno 1035.
Stumpf, Reg. n. 2064. Originale (?) presso l'archivio Ve-
scovile di Parma (cf. Affò, II, 310).
2) Enrico IV per Pomposa, dell'anno 1095 ottobre 7.
Stumpf, n. 2932. Originale presso l'archivio di Stato in
Modena (Muratori, Antiq. ItaL \, 1055).
P. Kehr.
BIBLIOGRAFIA
P. Brand, liuwccnio VII e il delitto dì Ludovico Mii^ìiorati
in Studi e dociiìuciiti di storia e diritto^ XXI^ 179-215,
a. 1900.
Il signor I. Giorgi in questo stesso Arcìjivio (V, ii-ni, 165-209)
qualche anno fa, con la scorta di una relazione di testimonio oculare
da lui ritrovata, scrisse sul delitto del Migliorati una monografia che
« per la perfetta conoscenza delle fonti e per il grande apparato critico,
(f fu ed è rimasto il lavoro più largo e completo . . . intorno all'argo-
« mento», per dirlo con le parole stesse del Brand. Parve però a
questi che il Giorgi peccasse di parzialità ghibellina contro Innocenzo
e contro la corte pontificia. In questo scritto ne assume le difese.
II carattere polemico ed apologetico è lealmente confessato. Fatta
una rapida rassegna degli avvenimenti immediatamente precedenti
all'avvento di Innocenzo, il Brand conclude: 1° chela perdita della
libertà dei Romani sotto Bonifazio IX, fu più conseguenza della « fibra
« del popolo romano resa fiacca da antichi vizi di educazione morale,
«intellettuale e politicai, che della tenace fermezza di papa Toma-
celli; 2° che le sollevazioni seguite anche dopo il disgraziato patto
d'Assisi (8 agosto 1393) furono opera di un'esigua minoranza, e
dovute alle istigazioni degli ultimi magistrati popolari, dolenti per il
perduto potere, dei nobili, dell'antipapa. Sia anche così; ma non
bisogna dimenticare a chi in gran parte risalga la responsabilità di
tali vizi di educazione, né che della debolezza e dello scompiglio, loro
naturale conseguenza, approfittò sempre con premura il potere ponti-
fìcio; cosa del resto naturale e necessaria. Non bisogna dimenticare
che se la Curia non avesse osteggiato sempre il Comune (solo a
metà del secolo xii esso riusci a costituirsi, e non ebbe dai papi un
istante di tregua), quella energia che questo spese per difendersi, im-
piegata contro i nemici interni, gli avrebbe permesso di render saldo
514 'Bibliografui
il proprio organismo, e dopo quegli oscillamenti e quelle incertezze,
pagali assai spesso col sangue, che accompagnano l' inizio di ogni
libertà, avrebbe trovato lo stato di equilibrio, in cui fiorire e frutti-
ficare tranquillo. Non bisogna liimenticnre che qualunque azione col-
lettiva è costituita da una miriade di alti individuali, tra cui è diffi-
cile scernere quelli detcrminati da rapporti e simpatie personali, da
quelli determinati dall'interesse generalo o da impulso ideale; che
infine ogni ribellione (le eccezioni sono rare assai), anche quando è
accompagnata dai voti della gran maggioranza, materialmente è com-
pita da una minoranza. Perchè sempre e nel passato e nel presente,
e nella vita pubblica e nella privata, pur troppo, se son mille quelli
che per un'idea generosa in segreto sospirano e fanno auguri, son
dieci quelli che a viso aperto combattono e mettono per lei a re-
pentaglio onori, ricchezze e vita. Qual meraviglia che non tutti sa-
pessero rinunciare ai facili e larghi guadagni ofi"erti dalla Curia; che
molti, nel disagio materiale che susseguiva tali mutamenti, perdessero
la coscienza dei vantaggi morali e ad alte voci chiedessero il ritorno del
papa ? Qual meraviglia, quando a tal ragione si aggiungeva il prestigio
del capo della Chiesa e il desiderio di conservar nella città il centro
del mondo cristiano? Certo i Romani mostrarono incertezza e insta-
bilità di carattere, ma dal riconoscer questo al chiamarli assoluta-
mente inetti al governo, ci corre (i). — Ma veniamo all'argomento
specifico. Nella narrazione oggettiva dei fatti, nessuna differenza col
Giorgi. Questi li aveva cosi saldamente stabiliti, che al Brand non
resta che ripeterli. La notte dal i" al 2 agosto del 1405 i Romani
assalgono Ponte Molle, per averlo in custodia, mentre secondo i
patti doveva guardarlo il papa; respinti dagli aiuti sopraggiunti ai di-
fensori pontifici, s'adunano armati in Camp-doglio, e danno l'assalto
alla città Leonina. Giunta la notte, tacciono le armi e col giorno
nuovo s'iniziano le trattative di pace, in cui si consumano i giorni 5,
4, ). La mattina del 6 parecchi cittadini, ufficiali del Comune e pri-
vati, vanno in Vaticano per concludere: usciti di là, con o senza (è
uno dei punti in questione) effettivi capitoli di concordia, presso il
pozzo di S. Spirito sono assaliti dai soldati di Ludovico Migliorati,
nipote d' Innocenzo. Dodici di loro son presi e portati dinanzi a costui,
che undici ne uccide di propria mano, scampandone il dodicesimo
(i) Il Brand dice: uè duopo convenire che fu giusto, quanto sanguinoso, l'epiteto
«di idioti, col quale un antico storico caratterizzò i Rom.-ini di quest'epoca». Che sia
proprio da intendere cotti' egli crede? Giorgio Stella (suo è il giudizio e si trova nel
Mi-RATom, Script. W\\,i\-j6, indicaziouc che manca nel Brand) dice che della citti di
Roma < priiis idiotae artiiices dominium obtinebant •. Più che nel senso moderno, non
sarà da intendere <\at\\' idiotae nel senso latino : privali, plebei ì
'Biblio<^- rafia 5^5
per intercessione di un suo parente cardinale. I corpi degli estinti
gettati dalle finestre nella via a ludibrio e ad esempio di terrore. —
Alle fonti usate dal Giorgi il Brand aggiunge il Coiueiitaritis di Leo-
nardo Bruni (MuRA-roRi, Script. XIX, 922) e lo Specimen Hiitoriac
del Sozomeno (ibid. XVI, 1184V, a ragione il primo che completa
e corregge le lettere scritte dal Bruni a Coluccio Salutati nei giorni
stessi degli avvenimenti, a torto il secondo che può solo conside-
rarsi come una pedissequa copia del Comentariiis (i)- Avrebbe potuto
forse valersi dei diarii del Minerbetti (2) e di ser Guerriero di ser
Silvestro (5), sebbene da adoperarsi con molta cautela, perchè né
contemporanei, ne dei luoghi dove gli avvenimenti si svolsero. Spe-
cialmente il racconto del Minerbetti avrebbe potuto portare qualche
lume sia nella ricerca dei precedenti dell'assalto dato dai Romani a
Ponte Molle, sia in quella delle trattative che corsero dal 2 al 6 agosto.
L'assalto fu di sorpresa, come ritiene il Brand; ma che qualche cosa
di simile si aspettasse la Curia, lo confessa Leonardo Bruni, il quale
ci dice, è vero, che al popolo era venuto aiuto da Ladislao di Na-
poli, ma soggiunge che anche il papa aveva fatto entrare in città
pel ponte in questione nuove schiere di assoldati (4). Il Giorgi pensò
che il desiderio di possedere il ponte sorgesse nei Romani non dal
timore che ne entrassero truppe napolitane, come dice sant'Antonino,
ma invece dal sospetto che il papa volesse, sia di propria voglia sia
per altrui istigazione, tentare un colpo per riacquistare la supremazia
perduta, e che a tale uopo pel ponte Paolo Orsini, nonostante la
promessa fatta, potesse congiungersi con Ciccolino da Perugia e col
Mostarda, capitani pontifici accampati in Borgo e in piazza S Pietro.
Oppone il Brand che 1' animo mite d'Innocenzo non poteva nutrire il
pensiero di togliere con la forza quello che di buona volontà aveva con-
cesso; né la Curia poteva nutrirne pii;i che il papa. Sia anche vero,
per quanto non dimostrato; ma chi impediva ai Romani il sospetto,
(i) In appendice il Brand riferisce anche due altre testimonianze posteriori tratte
dal cod. Ottob. 828 e dall' Urbin. 1638 della bibl. Vatic. : però con ragione non dà loro
alcun valore storico; p. 214., docc. 263.
(2) Tartini, Script. II, 532-34. Piero di Giovanni Minerbetti fiori nella seconda
metà del secolo xv.
(3) Arch. slor. delle Marche e JelV Umbria, \, 40S, ediz. di G. .Maz^atinti. Guerriero
nel 1425 era iscritto nell'albo dei notai Eugubini, nel 1481 era morto.
(4) Co,nenlarÌHS, Mt;KATOBi, Scriptores, XIX, 922; cf. Saba Giaffri, p. 205. Note-
vole è la contradi.ione in cui Leonardo cade con se stesso e con le altre fonti nella
lettera del 4 agosto. Tutte le altre fonti concordi danno 1* assalto avvenuto nella notte
tra il i" e il 2" agosto. Leonardo invece, datata la lettera «.in. Nonas », dice : « heri
«ante lucem»; però poco dopo aggiunge che 1' indomani era giorno festivo. Ora i
2 agosto 1405 fu appunto domenica. Si dovrà quindi facilmente correggere la data.
51^ ^iblio^rajìa
anche se ingiustificato? sarebbe stata la prima volta che un timore
senza giusto fondamento avrebbe condotto all'azione? II fatto ì: che
truppe pontificie (siano anche venute per bilanciare le napolitane)
erano entrate per Ponte Molle, e che il popolo temeva (mettiamo
anche a torto) « ne per dictum dominum papam mitierentiir gentcs
<f armorum per pontem Milvium »; lo dice Saba e lo conferma Leo-
nardo Bruni, il segretario del papa: «ne quando inde noceri Latio
« posset » (i), di cui il Brand ha il torto di non tener conto in questo
punto. Siasi o no mosso da Bologna Paolo Orsini (né il Giorgi lo
atTerma), non conta: e perchè la paura non ha bisogno di fatti ac-
certati per sorgere, e perchè non è impossibile che i Romani temes-
sero le truppe del Patrimonio, favorevole tutto ad Innocenzo, come
fu subito manifesto, quando egli vi si rifugiò. Né si dica strategica-
mente inutile l'occupazione del ponte. Lo scopo non era solo d'im-
pedire la congiunzione delle truppe pontificie esterne con le interne,
ma anche, ed anzi soprattutto, di mettere tra i nemici e la maggior
parte delle mura cittadine la naturale difesa del Tevere. Sbarrato
Ponte Molle, se per la via Trionfale le truppe provenienti dal setten-
trione potevano entrare liberamente nella città Leonina, non avevano
però altra strada per assalire Roma che i ponti interni, dove la difesa
era immensamente più agevole. È per questo che i Romani, non
riusciti a guadagnarlo, si contentano' sia tagliato e brucialo. Cosi
non solo non rinunciano « alla loro pretesa con la leggerezza mede-
« sima che li aveva spinti alle ofiese », ma raggiungono il loro scopo,
se non nella forma, almeno nella sostanza. Ha torto il Brand, se non
m' inganno, di scartare questo che è il più ovvio e naturale movente
e di ricercarlo invece nel desiderio dei cittadini di aver più facile
modo di assalire il Vaticano e farsi padroni del papa, o di distur-
barne il viaggio nel caso che questi fuggisse per la Cassia. L' indu-
zione è dentro i limiti del possibile, ma temo stia per valicarli.
Lasciare il probabile per il possibile non meriterà i rimproveri che
il Brand giustamente rivolge a chi abusi dell'induzione? — I giorni 3,
4, 5 furono spesi in trattative, come dalle testimonianze di Saba e
dell' Infessura argomentò il Giorgi, e come espressamente dice il
Comenturius del Bruni : « Sequutis inde diebus de concordia agitatum ».
La mattina del 6 allo stesso scopo alcuni cittadini si recano in Va-
ticano et « firmatis deinde capitulis que, ut dicitur, die sequenti de •
« bebant sigillari » (2), secondo Saba, ovvero « re infecta » (5) senza
(i) Mlratori, Scriplorct, XI.K, 922: « Laiium 0 evidentemente è intesi nel senso
proprio; sono le tei re alla sinistra del Tevere, Roma. U Campagna e la Marittima.
(2) Gioici, op. cit p. ;o6.
(}) Lio<ARD3, Epiiloltu, seconda lettera a Coluccio Salutati.
TBibliografia 517
elle « effcctivani conclusionem recepissent » ( r ), no tornano in città.
Eran veramente conclusi gli accordi o no? Il Giorgi crede a Saba,
il Brand ai due segretari. Mi pare insolubile la questione, per quanto
mi sembri più sottile che vero il ragionamento fatto dal Brand per to-
glier valore alla esplicita testimonianza di Saba. Del resto la questione
ha tanto interesse che meriti spendervi intorno gran fatica? Credo
che nulla si perda a lasciarla indecisa e ad affrontare invece con
maggior ponderazione quella più grave d'ogni altra, nella quale il
Brand crede aver raggiunto una dimostrazione assoluta. Innocenzo
ebbe alcuna parte nel delitto? Parte diretta no. Sono d'accordo tutte
le fonti (meno 1' Infessura, che è sospetto); sono d'accordo i due
contradittori. Parte indiretta? Il Giorgi, seguendo in questo Teode-
rico, che dice i pubblici rimproveri volti a Ludovico « simulate fe-
« cerat . . . papa, qui saepe de austeritate dicti Ludovici loquendo ex
«hoc gratulabatur in immensum, ascribens fere ei lulii Caesaris
(faudaciam et virtutem « (^2), concludeva non potersi purg:ir lo zio
di ogni responsabilità degli atti del nipote. 11 Brand dal silenzio del-
l'Infessura e del Platina, noti per la parzialità contro il pontefice, e
dalla contraddizione che, ammessa la responsabilità, sorgerebbe tra
la condotta di Innocenzo e il ritratto morale che lo stesso Teoderico
ne fa come di « vir pacificus, mitis tt probus » (5), respinge 1' ac-
cusa Ma se si pensi che appunto in un « vir mitis » più facile è di
trovare condiscendenza peccaminosa verso i cari ; se si pensi che
queste lodi non potevano esser fatte in pubblico, ma solo in « camera
(c caritatis », perchè non stridessero troi)po con la posizione del papa
e come sacerdote e come principe, specialmente di fronte ai Romani,
che occorreva riamicarsi; se si pensi che, appunto per questo loro
carattere intimo, dovevano esser ignote all' Infessura ed al Platina,
mentre agevolmente potevano esser conosciute da Teoderico, gli
argomenti in contrario perdono la maggior parte del loro valore.
Lo riacquisterebbero intero, se risultasse accertato che Innocenzo in-
flisse la scomunica al crudele nipote. Niccola della Tuccia lo dice
espressamente: «Li Romani di novo volevano la libertà; parevali
« molto forte essere soggiogati. Messere Ludovico, nipote di detto
«papa, mandò a domandare .xiv. cittadini principali di Roma e a
« uno a uno gli tagliava la testa con una accettella e li faceva gettar
« giù da una fenestrella direto canto il fiume. Di che accortosi il
«popolo levò rumore, e il papa e detto Ludovico fuggi da Roma e
(i) TuEODERico DE NvEM, De schisiiiale, eJiz. curata dall' Brler, II, .x.\xvi, jSj.
(2) Op. cir. II. .\xxvn, 192.
(3) Op. cit. II, xxxvi, 18S.
5 I S 'Bibliografia
« venne a Viterbo, e io lo vidi del mese di settembre, e stetteci sei
«mesi, e scomunicò detto suo n-pote))(0. Non c'è che dire; il
cronista ò ben esplìcito. Però non sarà male ricordare col Giorgi,
che efili non aveva compito ancora il sesto anno di età (2), e che
pertanto non può considerarsi come vero testimonio oculare. Ve-
diamo la fonte cui attinge. In questo stesso volume ^t\V Archivio
ho cercato dimostrare (e nutro speranza d'esservi riuscito^ che sino
all' a. 1424 Niccola riproduce fedelmente l'altro cronista, suo con-
cittadino, Francesco d'Andrea, nato con probabilità nell'ultimo de-
cennio del secolo xiv (3). Solo a volte, e sempre più spesso via via
che la narrazione procede, egli ha modificato o ampliato la fonte.
Ebbene ecco le parole del frate : « Nel qual tempo li Romani vole-
« vano la loro libertà, che havivano perduta per loro tristitia, onde
« uno nepote del dicto papa [InnocentioJ, chiamato messer Ludovico
« da Sermona, uccise .xni. cittadini de Roma a Sancto Spirito de
« sua propria mano; cioè lui li dava el primo colpo con una accettella,
« et uno suo ragazzo li forniva. Per la qual cosa si levò gran ro-
« more in Roma ; el papa fugì ad Viterbo, et io lo vidi (1406) ; venne di
« settembre e stetteci sei mesi » (4^). Come si vede Niccola in qualche
cosa si è allontanato dalla fonte e 1' ha corretta. Le correzioni non
sono gran che felici, che né Ludovico « mandò a dimandare » le sue
vittime, né le gettò giù da una finestra « direto, canto il fiume», né
fuggì con Io zio a Viterbo. Anche la notizia della scomunica è una
sua aggiunta. Sarà da ritenersi più giustamente fatta che le corre-
zioni? Dubitarne non sarebbe ingiustificato. — Cadrebbe ogni dubbio
5e la lettera d' Innocenzo, pubblicata dal Brand, parlasse di tal pena
canonica, come pare a quest'ultimo. Il io di ottobre (non il 9 come
crede il Brand) Innocenzo scrive a Ludovico ed a sua moglie : Vi per-
metto, come avete richiesto, che vi eleggiate « aiiquem ydoneum et
« discretum presbyterum secularem sive religiosum in . . . confessorem,
«qui, confessionibus vestris diligcnter auditis, prò conimissis
« debitam vobis semel tantum absolutionem impendat, et iniungat
« penitentiam salutarem, etiam si talia fuerint propter que
«'Sedes apostolica sit merito consulenda, vosque nichi-
« lominus ab omnibus excomunicationis, suspensionis,
"interdicti sente ntiis, si quas hactenus incurristis,
(1) Ciampi, Cronache e Slaluti dilla città di ViUrbo, Firenze, Cellliii, 1S72, p 47.
Il cod. Riccardiano 1941, che è 1' unico esemplare di N. della Tuccia che ris.ilga .il
XV secolo, dice undici ^li uccisi; e. 31.
(j) Nacque l'ii novembre 1400; p. 46.
(5) ''r- »>5 'gg-
(4) P. 36).
'^Biblioi^rafia 519
« etiam si absolutio earum Sedi prcdictc fuerit spe^ialiter reser-
« vata » (i). La cosa e evidente, dice il Brand: Innocenzo pel delitto
commesso, « prò commissis », aveva inllitto la scomunica al nipote,
ed ora concede che un confessore lo assolva, « anche nei casi riser-
« vati alla Santa Sede e per quei delitti che avevano dato luogo a
«sentenza di scomunica, di sospensione e d'interdetto»; ora il
delitto non può essere che 1' eccidio dei Romani. — Ma se questa
la causa, perchè dovrà essere assolta anche la moglie di Ludovico?
Come mai anch'essa per quell'uccisione potrà essere « vinculis ex-
« communicationis innodata » ? Si potrebbe pensare che ella fosse
stata istigatrice del marito, ne la cosa è impossibile, ma come spie-
gare il completo silenzio di tutte le fonti intorno alla parte che
avrebbe avuta nella strage miseranda? Sia pure che una sentenza
di scomunica colpisse i coniugi per questa: come mai nella lettera
del papa neppure una parola di ricordo? Il ricordo e' è, dice il Brand.
Il papa permette che si dia ai nipoti l'assoluzione «prò commis-
« sis . . . anche per quei delitti che avevano dato luogo a sentenze di
«scomunica ». Temo che non sia felice la traduzione, né l'interpre-
tazione sia giusta. Il papa dice: Permetto vi assolvano dalle colpe
« etiam si talia fuerint », anche se [ossero tuli da essere riservate al
pontefice, e dai legami della scomunica, se per caso fino ad oo^i vi
siate incappati, « si quas hactenus incurristis ». Sono frasi generali e
condizionate; nessun accenno ad un fatto particolare e positivo. Ma
il «prò commissis»? L'assoluzione è sempre «prò commissis», né
il papa poteva concederla per colpa che non fosse commessa. Solo
Bonifazio Vili (secondo Dante, non secondo la storia) 1' avrebbe
concessa a Guido da Montefeltro « prò committendis». Ora se real-
mente Ludovico fosse stato colpito da scomunica « lata ab homine »,
e cioè formale e nominativa, sia nel grado maggiore che nel mi-
nore, la lettera, che ne delega la assoluzione ad un confessore scelto
dal reo, avrebbe dovuto fare esplicita menzione del peccato e della
pena, poiché altrimenti il confessore non avrebbe potuto pronunziare
la formula: « Auctoritate d. n. pp. in hac parte tibi concessa
« et mihi commissa, absolvo te a vinculo e.\communicationis quod
« incurristi propter tale ve 1 tale crimen ». Insomma la delega non
doveva essere generica e generale, ma speciale e specifica. Che se
si voglia pensare (ed è la sentenza più probabile a' miei occhi) ad
una scomunica « lata a iure », in cui possa essere incorso Ludovico
sia per altre cause, sia anche e soprattutto, e magari solamente per
il bestiale macello di Santo Spirito (cosa possibile in ispecie se tra
(i) Arch. Vatic. Regesla Inn. VII, n. 35 |, e. ccxvii.
520 'Biblio<>raJÌLT.
f;li undici sacrificati v' era qualche ecclesiastico) per nulla vien dile-
guata quella fosca ombra che avvolge la figura d' Innocenzo pel suo
contegno in questa disgraziata faccenda. I canoni avrebbero colpito
il nipote, non egli, che, per quanto capo della Chiesa universale, non
poteva SI che i canoni non fossero.
Pietro Eoi ni.
E. Rodocanachi. Lcs iiistitiitioiis comnìiuialcs de Rome soiis
la Piipaiitc. — Paris, Alphonse Picard et fils, 1901,
pp. 424.
Lo svolgimento delle ist'tuzioni comunali in Roma molto si dif-
ferisce da quello di altre città italiane, poiché qui insieme con i due
fattori, popolo e classi aristocratiche, che si riscontrano quasi uni-
versalmente nella formazione del Comune, entra in gioco un terzo
elemento importantissimo, cioè a dire, il potere pontificale. Perciò
la storia del Comune in Roma è più difficile a seguire che altrove;
ma, nello stesso tempo, per un'andatura ed un colorito tutto suo,
desta un interesse affatto particolare. La difficoltà nel trattare un tal
tema è accresciuta dalla scarsezza di ricerche preparatorie : le fonti
non sono tutte ben note, gli stessi statuti richiederebbero ancora
l'opera dotta e solerte degli studiosi. E se ad alcuni potè sembrare
già molto quanto sullo svolgimento del Comune dissero il Grego-
rovius ed il Villari, alcune particolari ricerche, come quelle del
T ommasini, e la pubblicazione di qualche monografia, come quella
del Tomassetti sulla pace del 11 88 e dell' Egidi sull'esercito del
Comune di Roma, han mostrato quanto vi sia ancora da mietere in
un campo ne piccolo né sterile.
11 Rodocanachi si propone nel suo lavoro di disegnare le grandi
linee della storia comunale di Roma, di mostrarne, per dir cosi, l'os-
satura: ed ha fatto con ciò cosa assai utile. Diviso per epoche lo
studio dell'organizzazione di Roma, egli muove dall'alto medio evo,
studia brevemente l'anmiinistrazione della città dal ix al xii secolo,
s'indugia sulla rivoluzione del 1145 e sulle conseguenze che ne deri-
varono, segue lo svolgimento del Comune traverso gli statuti del 1365
e del 1.^69, esamina le costituzioni di Sisto IV, Alessandro VI, Leone X,
gli statuti 1 519-25, l'organamento municipale durante il secolo xvi,
gli statuti del 1580, fino al tempo che le libertà comunali, progres-
sivamente attenuate, si spensero. Nel secolo xviii il papa era ormai
divenuto signore assoluto di Roma, sebbene l'abolizione delie libertà
"Biblioi^rafìa 521
comunali non giovasse certo a render migliori le conJizioni della città
né economicamente ne moralmente. Benedetto XIV definì assai bene
questa situazione, quando argutamente disse: «Il papa comanda, i
cardinali non obbediscono, ed il popolo fa quel che vuole».
Non essendo qui mia intenz'one di far un'analisi particolareg-
giata del lavoro, ma solo d'indicarlo agli studiosi, mi limito a no-
tare che, se lo studio del Rodocanachi poco interesse può destare
nella parte che egli dedica all'alto medio evo, per la quale spende
poche pagine frettolose, diventa assai più ricco ed importante, a co-
minciare dal secolo xiv. Numerose ricerche fatte negli archivi romani
e specialmente nell'archivio Capitolino, han permesso all'autore di
meglio lumeggiare le cose già note agli studiosi e di offrire loro
molte notizie nuove. Alle quali, senza dubbio, altre se ne potranno
aggiungere: facil<} inveiilis addere; ma non per questo dovremmo es-
serne meno grati al Rodocanachi.
In appendice dà l'autore un regesto di più che duecento bolle
papali che si riferiscono all'organizzazione del Comune, a partire da
una bolla di Clemente III dell'anno i i8(S sino ad una di Clemente Vili
del 1595 : un materiale veramente ricco e prezioso! Segue una tavola
sinottica degli articoli dei quattro statuti del 1363, 1469, 1525, i)8o,
che si riferiscono alla costituzione del Comune. Chiude infine il
lavoro un utilissimo indice delle cose trattate nel testo, il quale oftre
di ciascuna magistratura del Comune di Roma una specie di mono-
grafia.
P. F.
Gaetano Negri, L' imperatore Giiiìiano V Apostata, studio
storico. — Milano, U. Hoepli, 1901.
È un libro profondo questo del Negri, nel quale egli mostra
una padronanza incontrastabile delle fonti storiche che servono ad
illustrare i pochi anni della vita dello sventurato imperatore. Padro-
nanza delle fonti storiche e conoscenza di tutti i particolari delle op-
poste dottrine filosofiche che funestarono in sul principio della sua
vita rigogliosa la nuova e dolce dottrina di Cristo. Sicché il libro
del Negri oltre che essere una compiuta illustrazione della vita e
delle gesta di Giuliano riesce anche una pittura vivissima delle lotte
religiose onde era affaticato 1' impero prima che apparisse nel mondo'
politico la meteora luminosa dell' eroe di Persia e durante i pochi
anni della sua vita.
522 Tìiblioiirafìa
Ai tempi di Giuliano il Cristianesimo aveva debellate le classiclic
divinità coi due suoi principi novatori: il monoteismo che aveva
tutte le attrattive della novità in un mondo dove 1' antico politeismo
non aveva più' nessun valore; la legge morale che rinnegava la co-
stituzione della società antica basata sulla prepotenza della forza e
doveva rinnovare 1' organizzazione civile con 1' amore e con la fra-
tellanza fra tutti gli uomini. Ma se al contatto col mondo il Cristia-
nesimo, col Dio unico, si è facilmente sbarazzato dei decrepiti fan-
tocci della religione antica, non è riuscito a bandire la prepotenza
della forza, della violenza, del sopruso; si che quando appariscenti
teatro dell'impero Giuliano, la legge divina bandita dalla nuova re-
ligione rimaneva ancora un ideale luminoso ma senza efficacia diretta
sulle azioni dell' uomo. Giuliano, infatti, trovava nella corte il vizio
antico; Chiesa e clero in lotta fratricida, il popolo o inconscio o
fanatico o corrotto. Egli, Giuliano, visionario più che riformatore,
filosofo più che uomo di governo, credette di poter salvare la civiltà
rianimando le desolate immagini degli antichi dei e dando loro
tutto quello che per lui la religione e la morale di Cristo aveva di
più umano. Presso i Latini del i e del ii secolo il Cristianesimo si
conservava ancora in uno stato di grande semplicità dogmatica; nel
mondo ellenico, invece, imbevuto di speculazione metafisica, la nuova
religione diventò pascolo delle esercitazioni filosofiche dei bizantini,
si trasformò in cosmologia, dette luogo allo gnosticismo cristiano e
per reazione fece sbocciare la teologia ortodossa, che con Clemente
d' Alessandria e con Origene raggiunse le più aite vette della me-
tafisica cosmologica. Tutte cose che travolsero il mondo in numerose
dispute metafisiche, in mezzo alle quali si perdeva ogni sentimento
religioso ; la virtù morale cristiana perdeva di efficacia dinanzi alla
formula dottrinaria e fra le formule dogmatiche dei concilii si di-
menticava troppo spesso il discorso della montagna che aveva edifi-
cate le turbe di Nazaret. Alcuni, quelli che guardavano più nel fondo
delle cose o quelli che si lasciavano guidare dal sentimento, affis-
savano ancora lo sguardo alla divinità della dottrina morale di Cristo,
e insofferenti della piega tutta formale che la religione aveva preso
nel mondo greco, si ritiravano a vita privata, dando cosi principio
al monachesimo. Tolti costoro (gli unici depositari della diretta e
pura parola di Gesù) il mondo doveva apparire a Giuliano come an-
cora molto lontano dall' influenza degli ideali altissimi del Cristia-
nesimo, anzi, cosi come era ridotta ai suoi tempi, la nuova religione
non appariva che come una forza distruttiva che rovesciando tutte
le tradizioni di patriottismo e di coltura, che avevano .fatto risplen-
dcre l'antica civiltà, ne rendeva inevitabile la catastrofe.
'\BibliograJia ^2^
Giuliano era innamorato della civiltà ellenica; il Cristianesimo
si serviva di essa ma la dissolveva, l'annientava; Giuliano era un
moralista severo: i cristiani, almeno quelli che vedeva Giuliano,
menavano una vita perfino scandalosa. Che meraviglia, se egli s'il-
luse di fermare la rovina di quello che era la più grande aspirazione
dell' anima sua innamorata ? E cominciò dal riformare il politeismo
intendendo di far trionfare con ciò un alto principio di morale e di
virtù, perchè l'ellenismo, moralizzato come egli P intendeva, rappre-
sentava per lui la somma della sapienza, della bellezza, della bontà ;
erano le virtù che il Cristianesimo degenerato lasciava esulare nei
cenobi, E guardate : nella sua riforma il politeismo di Giuliano aveva
tanta forza moralizzatrice che doveva rimanere indipendente dallo
Stato, come cosa a se, che servisse come esempio di virtù a tutti. Ma
questo strano connubio di puritanismo e di politeismo non poteva
durare. Il mondo in mezzo al quale Giuliano voleva diffondere la
sua riforma era troppo abituato a cercare il fine della vita nella sod-
disfazione completa di tutte le aspirazioni mondane. Tranne i pochi
fidati amici dell' imperatore, gli altri non capivano la ragione di questa
presunta riforma che sprofondava sempre più la ragione umana nelle
tenebre dell' irrazionale e sostituiva al fecondo principio religioso del
Cristianesimo lo sterile formalismo di larve senza vita.
E il tentativo di Giuliano cadde con lui, e cadde insieme col
precipitare del mondo antico che, appunto nell' apostasia Giulianea,
mostrò quanto fosse debole al confronto della nuova idea cristiana
che allora si affermava definitivamente e che usci dal contrasto più
forte e trionfante.
È questo, se non e' inganniamo, il filo del pensiero che il Negri
svolge magistralmente nel suo libro, del quale il singolare valore sta
soprattutto. Io abbiamo già av\-ertito, nell'analisi accurata che l'au-
tore fa di tutte le fonti : Ammiano Marcellino, Libanio e Gregorio
di Nazianzo anzitutto; poi gli stessi scritti del filosofo visionario; indi
i frammenti delle storie di Eunapio, di Zosimo, Rufino Filostorgio,
Socrate e Sozomene, dei quali tutti lumeggia le ragioni dei loro
giudizi, dipingendo così del tempo e del pensiero filosofico delle varie
scuole un quadro pieno di varietà e credo anche, in complesso, di
verità. Ma questo, che è pure un grande pregio dell' opera, crediamo
abbia inconsapevolmente trascinato I' autore a qualche giudizio non
troppo esatto.
Egli afferma che il Cristianesimo era traviato al tempo di Giu-
liano; e forse l'affermazione sarebbe stata più giusta se l'autore
r avesse ristretta a quel piccolo mondo di filosofi le cui opere gli
servono per tracciare cosi magistralmente le condizioni delle contro -
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. XXIV. 34
j 2 4 "Bibliografia
vcrsic religioic «.lei tempo. Crede forse l'autore clie la gran massa
del popolo cristiano s' interessasse a tutte quelle dispute religiose ? o
anche, che tutto il mondo cristiano sapesse di quelle controversie ?
Noi ne dubitiamo ; e nel libro del Negri mancano le ragioni di
fatto per giustificare ne IP autore l'affermazione cosi generale intorno
alle condizioni morali del mondo cristiano al tempo della imniagi-
n.ita riforma di Giuliano.
Certo, il mondo "reco, a differenza di molte regioni del mondo
latino, era troppo proclive a sillogizzare anche intorno alla dottrina
di Cristo che nei versetti dei vangelii è di una semplicità mirabile,
fatta più per il cuore che per il cervello. Ma noi crediamo che anche in
queir imperversare di bella philosophica intorno a certi punti della dot-
trina di Cristo la grande maggioranza dei cristiani continuò a. sentire la
religione, a seguirne i precetti più che a discuterla. Giuliano studiò
la gente che lo circondava prima e dopo la sua elezione ad impera-
tore, e da quell'impulsivo che era credette che fossero tutti nella
condizione morale di quelli che aveva conosciuti. Il suo tentativo
s' intende benissimo e si spiega senza forzare le fonti a dare dei
mondo bizantino della metà del i\ secolo quel quadro cosi scuro che
ha disegnato tanto mirabilmente il Negri. Anzi ci pare che una com-
prensione diversa del fondo storico su cui si svolge il malinconico
dramma di questo giovane eroe ci illumini meglio e meglio ci faccia
comprendere un lato del profilo di Giuliano, e il suo carattere im-
pressionabilissimo, che crede di tutto il suo impero ciò che è proprio
di un numero relativamente piccolissimo. Ciò s'intende in una mente
come quella di Giuliano: fa meraviglia in uno studioso dell'ingegno
e della cultura del Negri !
V. F.
E. Steinmann, Antonio da Viìcrho. Hin Beiti ag -iir Geschi-
chtc dcr Hinbrischei! Maìcrschulc uni die f fende des xv Jahr-
hunderts, Mùnchen, Bruckmann, 1901, in-4, pp. 59.
Per mezzo di sue ricerche e di documenti comunicatigli dal
cav. Cesare Pinzi, solerte illustratore delle memorie viterbesi. Io
Steinmann giunse a stabilire le date principali della vita di questo
pittore, da non confondere con T altro Antonio da Viterbo, che di-
pinse, nel XIV secolo, in Leprignano e diede la vita a Francesco, pure
pittore, più noto col soprannome di BullcUa. Il nostro invece fu della
casa dei Massari e per nomignolo fu detto // Pastura ; nel 1478 era già
socio dell'Accademia di S. Luca in Roma, e forse in quel torno dipinse
'bibliografia 525
in S. Agostino e in S. Spirito, secondo il secentista Giulio Mancini
(cod. Barber. XLVIII). Dal 14S9 al 1491 lavorò con Giacomo da Bo-
logna nel coro del duomo d' Orvieto, dove si trovava ancora nel 1492.
Due anni dopo era a Roma, dove non pare trovasse gran lavoro, e
di là tornò ad Orvieto, dove era già nel maggio del 1497 a restaurare
le pitture della tribuna dell' altare grande, per passare poi 1' anno
seguente a terminare le pitture incominciate dal Pinturicchio nel coro
del duomo e ad aggiungervi quattro quadri di sua composizione; la-
voro che pare 1' occupns'^e sino ai primi mesi del 1499. Nel 1504
dipingeva una Madonna a Viterbo; nel 1509 aveva terminato di de-
corare la chiesa cattedrale di Corneto, avendone, per arbitrato dei
pittori viterbesi, Costantino di Iacopo de Zello e Monaldo Trofi, detto
Monaldo Corso o anche il Truffclta, e di Luca Signorelli, la mercede
di 450 ducati d'oro. Con questi affreschi, secondo lo Steinmann, il
Viterbese raggiunse l'apice della sua vita e della sua arte. Ai 7 di
febbraio 15 16 era già morto, come appare da un documento dell'ar-
chivio Notarile di Viterbo. Così esposto quanto ne rimane della vita,
lo Steinmann rintraccia quel che sopravvive dell' opera. In Orvieto
nulla resta dei lavori fatti nel 1489, invece son conservati quelli del 1497,
cioè nel coro del duomo, tre dei quattro quadri da lui dipinti, essen-
dosi perduta la Fuga in Egitto, e rimanendo la Preseiìta^ìOìii assai rovi-
nata, V Aniiuncia\ione e la Visita a santa Elisabetta in buono stato.
Lavori assai mediocri, che solo ci fan conoscere l' influenza umbra
subita dal pittore, mentre per nulla appare nelle pitture di S. Spirito
di Roma, da porsi certo prima del 1478 e forse dipinte quando An-
tonio era accademico di S. Luca. Se poco appare V influenza del Pin-
turicchio nella Madonna del palazzo dei papi, perchè più volte ritoc-
cata, assai intensa ed evidente è nel San Sebastiano, già collocato in
S. Maria della Fonte e ora nel palazzo comunale, che è in dipendenza
diretta da quello del Pinturicchio dell' appartamento Borgia: anche
maggiore nei dipinti della chiesa della Trinità fuori la porta Romana
di Orvieto, specialmente nella Gloria di san Bernardino che ricorda
quella del Pinturicchio in Araceli. In Roma, oltre i lavori in S. Spirito,
è a lui attribuita dal Mancini, giustamente, una Madonna in trono
fiancheggiata da santa Chiara e san Francesco, che si trova nella
chiesa di S. Cosimato ; forse è dovuto alla sua mano il San Bernar-
dino nella solitudine che sta nella lunetta sinistra in S. Maria d'Ara-
celi. Anche al Viterbese crede lo Steinmann che si debba attribuire
un trittico datato 1497, conservato nella collezione della biblioteca
Vaticana. È sul legno, a tempera, rappresenta VAssuniione di Maria
seguendo quella del Pinturicchio nell' appartamento Borgia. In Vi-
terbo poco o nulla di lui : con certezza è da attribuirgli il Presepio
526 T^iblioiirafìa
in tavola, conservato nel museo Municipale e forse 1' Oni\ionc al
Gelsemiiiii nella nave traversa della chiesa della Verità. Ma il lavoro
più grandioso del Viterbese, di cui ci resti notizia e che si conservi
almeno in parte, sono gli affreschi del coro nella cattedrale di Cor-
neto, attribuiti finora a Masolino, ma dai documenti ora rivendicati
ad Antonio. Se ne conservano solo le vele della crociera, le due
lunette e parte della parete sinistra. In tre delle vele, tre Sibille e tre
Profeti accoppiati due a due : nella quarta la Coronu-:iione della Fer-
itine, Nelle lunette, a sinistra la Wiscitu, a destra lo Sposaliiio di Maria,
che è quanto di meglio abbia dipinto Antonio. Assai inferiori i quadri
sulla parete sinistra. Pietà, Visita a santa Elisabetta e Madonna col Bam-
bino, danneggiati dall'incendio del 1642 e dai restauri; molto buono
invece V Incontro di Gioacchino ed Elisabetta, di cui però gran parte è
perduto. Antonio dipinse anche in S. Giovanni Gerosolimitano di
Corneto una Madonna col Bambino e forse in S. Bernardo d'Assisi una
Presenla:^wne. Lo Steinmann si meraviglia delle misere tracce la-
sciate dal Pastura nella sua patria. L'incuria che da secoli s'è mo-
strata in Viterbo per le cose d' arte, ha fatto andare in rovina quanto
di meglio ivi si possedeva e rende diffìcile ogni ricerca ; pure non
sarebbero da riscontrare alcune delle caratteristiche dell' opera di An-
tonio nella tela conservata in S. Clemente (Madonna in trono col
putto ritto sul ginocchio sinistro, due angeli ai lati in basso adoranti,
campagna in sfondo) e nell' affresco, da qualche anno trasportato nel
porticato del palazzo Chigi (Madonna col putto, campagna in fondo)?
In complesso Antonio fu un buon scolaro del Pinturicchio ; mancante
di originalità, vi supplì spesso con una certa facilità di composizione.
Forse lo Steinmann lo vede sotto una luce troppo favorevole ; certo
però che questo Umbro -viterbese meritava d' esser tolto dall' oscurità
cui è stato condannato sì a lungo. Lo scritto dello Steinmann, cor-
redato di 27 belle riproduzioni, è un passo di più fatto nella via
della critica conoscenza della copiosa opera della Scuola umbra, clie
da tanto tempo desiderano gli studiosi.
P. Ecidi.
G. T. Rivoira, Le origini dell' architettura lombarda e delle
me principali derivazioni nei paesi d' olir' alpe. — Roma,
Loescher, 1901.
Questo primo volume ora pubblicato dell'opera del Rivoira
viene ad illustrare il periodo, forse il più oscuro ed incerto nella
storia dell' architettura, che va dal v secolo dell' era volgare a tutto
Tìibliograjìa 527
r XI, dalla decadenza completa delle forme romane al sorgere in
Italia ed oltr' alpe delle architetture roman~e (usiamo la parola più
lala) ed alla loro piena fioritura dopo la lenta germinazione inver-
nale: periodo pur cosi profondamente interessante per chi più che
dallo splendore dei secoli d'oro si senta attratto dallo studio della
assidua evoluzione delle forme artistiche, delle grandi leggi che le
regolano, dei rapporti che le collegano. Nella sua breve prefazione
il Rivoira così riassume la sua opera: «... Mi trovo in grado», egli
dice, « di offrire agli studiosi la prima parte dei risultati di un la-
« voro veramente coscienzioso... In essa è trattato delle origini del-
« r architettura lombarda, ossia del gran tronco di cui le architet-
« ture occidentali dei secoli xi e xii sono rami poderosi... E ne è
« trattato sulla base d' indagini affatto nuove donde scaturiscono non
«meno nuove conclusioni... Alcune di queste conclusioni, quelle che
«riguardano le origini e le modificazioni della basilica bizantina a
« volte, sebbene non si colleghino intimamente al mio lavoro, sono
« purnondimeno destinate ad aprire un più largo campo d' investi-
« gazioni sull'architettura religiosa di quei popoli .. . Altre schiudono
« vie inesplorate agli studiosi dell' arte occidentale nel medioevo ...».
Tali affermazioni potranno sembrare audaci; ma è appunto alla
secura energia che da esse traspare che si deve uno dei pregi massimi
del lavoro : quello d' essere il più possibile conjpleto. L' autore ha
compreso che per gettare le basi d' un lavoro vitale era necessario
affrontare la questione in tutta la sua complessitcà, studiandola nei
suoi elementi e nel suo insieme e seguendo con unità di criterio
tutto l'intrecciarsi delle sue cause e dei suoi rapporti; laddove il li-
mitare lo studio ad un periodo ristretto o ad una sola regione avrebbe
impedito r esame comparato delle forme ed avrebbe fatto perdere il
filo, spesso molto tenue, che le collega. Ma a tale ampiezza di con-
fini un lavoro enorme dovea corrispondere, ed a questo il Rivoira
si è accinto non soltanto con coraggio, ma con una serietà di pro-
positi ed una ricchezza di mezzi straordinarie; e questo lavoro di rac-
colta e di disamina egli ha proseguito per lunghi anni, riunendo una
quantità immensa di materiale che si stipa a fatica nel libro, il quale
pur contiene, come 1' autore dichiara, solo una parte minima dei mo-
numenti esaminati. Anche se non vi fosse altro, e se 1' opera fosse
soltanto, per così dire, un' opera-museo, basterebbe questa grande
raccolta di elementi di fatto, che appaiono, ciò che più monta, rile-
vati coscienziosamente e direttamente sopra luogo, per dare a questo
lavoro un' importanza ecce/ onale.
Il non aver seguito questa che è veramente la via maestra della
verità fu causa che delle numerosissime opere apparse finora, la mag-
^2S "'Bibliografia
gior parte sono scomparse, affondate in quella grande lacuna che biso-
gnava colmare, e soltanto poche sono appena riuscite, secondo l'espres-
sione del Cattaneo, a trasformarla in arcipelago; sì che nessuna può
certo aspirare ad essere una storia dell' architettura del primo me-
dioevo in Italia. Brillantissimi, ad esempio, gli studi del Boito, alcuni
dei quali si occupano anche delle prime forme medievali ; prege-
voli varie tra le moltissime monografie locali ; ma tutte isolate e
senza, o quasi, possibilità di collegamenti. Importantissima l'opera
del Cattaneo, autore veramente moderno per coltura e per metodo,
che apparve 1' illustratore delle geniali intuizioni del Corderò di
S. Quintino; ma basata più che altro suU' esame della decorazione e
della scultura più che su quello integrale dei monumenti, e quindi in-
completa. Di grande utilità molte delle osservazioni del Dartein, dello
Choisv, dei Dehio e v. Bezold, del Rohault de Fleury, ma tutte limi-
tate od unilaterali. E insieme a queste tutta una serie di opere come
quelle del Ricci, dell' Hùbsch, del Gally Knigt, del Gailhabaud, del
Garru^ci, del Selvatico, del Mothes, piene di preconcetti e d' inesat-
tezze, studiate in gran parte non sui monumenti ma sui disegni e sui
libri ; opere che rappresentano nel secolo xix lo stesso stato in cui
si trovava i' archeologia classica prima del Winckelmann.
Ed è pure cosi semplice e così logico per 1" architettura (di cui
appaiono tanto materiali gli elementi costitutivi) stabilire il criterio
direttivo che deve guidare lo studio del suo sviluppo ! Basarsi su quei
monumenti di cui è possibile mediante le iscrizioni o le fonti sto-
riche ben vagliate, determinare con sicurezza 1' età, e quelle analiz-
zare minuziosamente in ogni elemento costruttivo e decorativo e
studiare in modo completo per determinarne il concetto che le anima :
e da quelle partire come da capisaldi per i raffronti con gli elementi
e l'insieme, stabiliti con ugual cura, delle altre opere d'arte: ed an-
nodare cosi gli anelli della grande ininterrotta catena.
Questo ha appunto fatto il Rivoira. Il suo libro ha la forma di
una serie di monografie, varie delle quali lungiie ed esaurienti, su
di alcuni singoli monumenti, che sarebbero appunto i capisaldi anzi-
detti : monografie in cui trova modo, con tutto un sistema di digres-
sioni, d' intessere la rete delle influenze e dei collegamenti e di stu-
diare la derivazione e lo sviluppo (ed è questa la parte più importante
del lavoro) di tutto 1' alfabeto dell' architettura, di quei semplici ele-
menti, come i capitelli, le cornici, la disposizione dei mattoni, lo
sguincio delle finestre che appunto per la loro umiltà sono i più
spontanei. Mille ragioni infatti possono determinare, ad esempio, la
forma e la disposizione di una chiesa; nessuna, altro che la mente
e la mano dell'artista, altro cioè delle leggi evolutive di cui quelle
Tiibliogìwfìa 529
sono il mezzo, inlluiscc sull" adozione di una modanatura o di una
base. Ed è così che 1' autore può di molti di questi elementi trovare
1' origine nelle forme romane e seguirne la trasformazione nei mo-
numenti successivi dell' Oriente e dell' Occidente : contributo questo
veramente prezioso alla storia dell' arte medievale.
Se tuttavia il principio generale di uno studio positivamente
scientifico dell' architettura, quello del diretto esame degli elementi
di fatto, è talmente evidente che non si comprende come sia stato
sinora così poco seguito, si vede subito quali difficoltà vi siano alla
sua attuazione pratica. Chi riflette quale complessità di cause abbia
prodotto r ambiente in cui 1' arte delle costruzioni agisce e di cui è
r esplicazione - cause permanenti e variabili (secondo la divisione
del Taine), cause locali o generali, ragioni d' indole materiale e ra-
gioni storiche e sociali - può comprendere come, uscendo dallo studio
elementare di cui si è parlato poc' anzi, una tal complessità di studio
debba corrispondervi nel raffronto dei monumenti, che ben diffìcil-
mente l'attuazione del metodo può riuscire completa. E questo ap-
punto avviene talora anche nell'opera presente. In essa sono vera-
mente splendide, come s' è accennato, la raccolta e 1' esposizione
del materiale; l'acutezza dell'osservazione, la quale ha saputo ben
sceverare le sovrapposizioni e la compenetrazione degli edifici ed alla
quale diffìcilmente saranno sfuggiti elementi di fatto ; 1' esame minuto
e coscienzioso della tecnica e dei particolari.
Non appaiono invece sempre ugualmente sicuri gli elementi sto-
rici. Sarebbe certo stato desiderabile che vi fossero metodicamente
ed analiticamente esposti tutti i dati giustificativi di essi e designate
con maggior larghezza le fonti da cui V autore ha tratto la determi-
nazione di fatti e di epoche. Apparirebbero così più convincenti le
affermazioni di date di monumenti che pure, come la pieve di Ar-
liano o S. Maria in Valle a Cividale, rappresentano appunto alcuni
dei monumenti-tipo. Un po' troppo spinte sembrano anche talune
deduzioni, .\nche senza ammettere, ad esempio, 1' ipotesi del Venturi,
che il nome di maestri cotnaciiii abbia voluto nei decreti dei re lon-
gobardi Rotari e Liutprando significare soltanto maestri costruttori,
ipotesi genialissima ma certo non ancora provata, non è forse esa-
gerato d' altra parte attribu're a queste colleganze di artefici di Como,
di cui soltanto i due documenti suaccennati fanno testimonianza,
quasi tutto lo sviluppo dell' architettura in Italia per più di quattro
secoli ? È vero che il Merzario ed altri ci hanno scritto su dei libri,
ma son libri in cui la fantasia supplisce dove manca la storia. Perchè
escludere l'esistenza di artefici locali che in alcuni momenti abbiano
potuto lavorare seguendo le tradizioni locali ? E pur essendo osse-
530 'bibliografìa
quenti ai principi dell'evoluzione, pur trovando giusto 1* aforisma del
Courejols: «nulla si crea e nulla si distrugge nell'architettura », non
sembra talvolta troppo assoluta 1' applicazione che ne fa 1' autore, che
pel fatto di trovare un qualunque elemento applicato in un monu-
mento prima clie in un altro, ne deduce necessariamente la deriva-
zione del secondo dal primo ?
Se anche però qualche parte del grande lavoro del Rivoira
dovrà ripiegare, non certo avanti a questi dubbi subbietiivi, ma
avanti ad una critica scientifica, resteranno tuttavia ben salde le linee-
generali di esso; che potranno divenire la trama su cui intessere tutta
una seconda categoria, per cosi dire, di stu.ii, sia d'illustrazione di
monumenti speciali, sia di contributi che alla cognizione dello svi-
luppo delle forme architettoniche potrà portare 1' esame delle forme
secondarie dell'arte, come avori, pitture, miniature ì\:c. Ed è per
ciò che il libro del Rivoira sarà veramente utile agli studiosi; mal-
grado quei difetti che si possono constatare in esso, difetti che cor-
rispondono appunto al suo massimo pregio: quello di aver trattati i
grandi problemi nella loro vastità, condensando in un' unica opera il
materiale che avrebbe potuto essere sufficiente per molte.
Questo primo volume del libro è diviso in sei capitoli. Il primo
capitolo tratta àtWArchiteilura romano-ravennati e biiantino-ravennate
dai tempi di Onorio imperatore alla caduta del regno longobardo.
Sotto questi due stili 1" autore classifica i monumenti di Ravenna,
che egli ritiene sia stato il centro della grande evoluzione che dalla
costruzione e dalle forme romane portò alla costruzione ed alle forme
bizantine, poiché quivi prima che altrove trova di queste i principali
elementi. L' importante monografia sulla chiesa di S. Giovanni Evan-
gelista (a. \2)) gli fornisce 1" occasione di seguire 1' origine e la tra-
sformazione di molti di questi elementi: come i capitelli pulvinati,
le cornici ad archetti, le cornici a mattoni a sega, le arcatelle cieche,
le absidi poligonali, le gallerie di colonne chiuse da transenne ; e lo
studio del sepolcro di Galla Placidia (440) ne pone in rilievo un
altro interessantissimo; la vòlta a vela e la costruzione dei pennacchi.
Dei monumenti del secondo periodo esamina specialmente S. Vitale
e S. Apollinare in Classe di Ravenna, S. Lorenzo di Milano e il
Duomo di Parenzo Da quella grande opera che è il S. Vitale di Ra-
venna parte per classificare i capitelli bizantini e per studiare, con-
tradicendo in gran parte allo Choisy, la formazione della basilica
giustinianea a vòlte; in S Vitale egli trova appunto un anello della
catena che collega S Sofia di Costantinopoli alle sale termali ed
ai sepolcri romani. Dall' esame di questi monumenti 1' autore è tratto
ad affermare 1' esistenza di tutta una scuola di artefici costruttori
I^iblioi^rajìa S3
nazionali, specialmente ravennati, a cui i greci si sarebbero uniti con
l'eseguire lavori di scultura o di musaico e più spesso con l'inviare
degli elementi decorativi come capitelli o plutei dalle officine del-
l' impero d' Oriente. Questa scuola ravennate sarebbe andata poi de-
clinando man mano col declinare di Ravenna e col sorgere delle
nuove scuole lombarde. Ma ancora nel secolo \iii sarebbero dovuti
ad essa monumenti come il corpo di guardia del palazzo di Teodo-
rico a Ravenna e la chiesa di S. Maria in Valle a Cividale.
Il capitolo secondo parla brevemente dei Muairi coviacini, e il
terzo studia V Arcl.ntctliu-a prdoiìiharda dai tempi del re Autari alla
caduta del regno longobardico, dell' architettura cioè in cui si andò
nel resto d' Italia trasformando la ravennate, preparando gli elementi
all' arte lombarda. E così nella pieve d'Arliano, presso Lucca, uno
dei molti monumenti che 1' autore è stato il primo a studiare, trova
in embrione il tipo del portale lombardo. Xella chiesa di S. Pietro
in Toscanella, la cui ossatura 1' autore ritiene dell' viii secolo, trova
r apparecchio in pietra da taglio delia costruzione, il capitello cubico,
il motivo decorativo delle lunghe lesene nell' esterno dell' abside.
Soffermandosi quindi sulla scultura decorativa, rettifica molte idee
del Cattaneo e cerca di porre dei confini netti tra la tecnica e le
composizioni della scuola bizantina e quelli delle scuole paesane. Il
capitolo quarto tratta AqW Aicìiildtnva dell' impero franco ai tempi di
Carìomagiw, quell' architettura che molti ritengono abbia dato i germi
dei nuovi stili, nel modo istesso che a nuove vie tendevano le arti
delle pitture e degli intagli. 11 Rivoira ne studia i due monumenti
più notevoli : la cappella palatina d' Aquisgrana e la basilica di Ger-
migny-des-Prés. Egli non vede in esse un nuovo stile, ma solo la
continuazione di uno stile che aveva già fatto le sue prove in Italia,
a Ravenna e a Milano, si da ritenere che maestri lombardi vi ab-
biano lavorato. Elementi nuovi che possono aver influito sulle co-
struzioni posteriori sono soltanto la cupola centrale quadrata, eretta
su sostegni isolati, e la doppia abside. Il capitolo quinto studia V Ar-
chitettura della Dalma:^ia ai tempi di Carlomagno. Il capitolo sesto
tratta deW Architettura prelovibarda dalla conquista di Carlomagno
all' apparire dello stile lombardo. Sono cosi numerosi e complessi i
monumenti che 1' autore riunisce in questo capitolo, che è impossi-
bile seguirlo in un breve cenno. Il lavoro di formazione delle nuove
espressioni architettoniche ferve sotto 1' impulso di una maggiore at-
tività costruttrice. Nella basilica d'Agliate, in quella di S. Vincenzo
in Prato, nella pieve di S. Leo, in S. Pietro al Monte di Civate, in
S. Eustorgio di Milano appare il lavoro di trasformazione di elementi
come r apertura ad archi nell'abside, 1' accentuazione dell' archivolto,
532 Tìibìiografìa
i capitelli cubici. Ed intanto nei battisteri, come in quello di Biella e
in quello di Galliano, presso Cantù (U07), sorge la cupola impo-
stala su quattro piccole vòlte coniche, la cupola centrale delle chiese
lombarde; e poco dopo in S. Flaviano di Montetìascone (prima metà
dell' XI secolo) appare per la prima volta (non è ancora ben cliiaro
da dove derivataì la vòlta a crociera rialzata, con gli archi diagonali
apparenti e con i piloni a fascio, la quale è la vera caratteristica delle
costruzioni lombarde. A breve distanza di tempo sorge S. Ambrogio
di Milano. 1: cosi formato questo stile in cui le forme occidentali si
sono finalmente rincontrate e si fondono in un unico ed organico
insieme : stile che posto in correlazione con le altre architetture ro-
mance costituisce uno dei maggiori periodi della storia dell' architet-
tura. È appunto questo studio di correlazioni e d" influenze reciproche
con le architetture dei paesi d'oltr'alpe che il Rivoira si propone
di compiere nel secondo volume della sua opera.
Concludendo, dunque, risulta evidente da questo primo volume
come anche nei periodi più oscuri del medio evo, 1" Italia abbia avuto
forme architettoniche sue ed artisti suoi; forme ed artisti che hanno
influito anche sulle costruzioni degli altri paesi, e che hanno man-
tenuto viva, per quanto umile, la fiammella della tradizione da cui
il periodo lombardo ha avuto origine. Di contro alle esagerazioni
di molti autori esteri ed anche di molti nostri, per i quali ogni pro-
duzione artistica medievale deve esserci giunta dai Bizantini prima e
dai Franchi poi, ben vengono questi risultati: dei quali dobbiamo
esser pur lieti non solo come studiosi ma anche come Italiani.
G. GlOVANNONl.
H. Weber. Dcr Kampf :::^LCÌschcn Papst Iiinocen::;^ IV mici
Kaiser 1-rieiirich II bis ^ur flucht des Papstes nach Lyon.
Historiscìh'Stitdit'ìfveròf^QntWchi von lì. Eberikg, Heft XX.
Berlin, Ebering, 1900, pp. 93, in-8.
Comincia il racconto dalia elezione di papa Innocenzo IV, o
meglio dalla morte di Celestino IV (io novembre 1241)5 e dal con-
clave che ne segui, della cui lunghezza (più che un anno e mezzo)
i guelfi accusarono Federico, che neppure con la difesa del Weber
ne esce interamente purgato. Senza aiuto di fonti inedite e di ricerche
speciali, solo sulla scorta dei documenti, delle cronache e degli studi
già a stampa, di cui mostra possedere una profonda conoscenza, l'au-
tore tesse la narrazione della lotta tra Federico, allora potentissimo,
'Bibliografia ^$^
ed Innocenzo, sino al momento che questi, più non potendo soste-
nersi nei propri Stati e correndo pericolo perfino della personale
libertà (poco convincente è infatti VcMursus del Weber per mostrare
che di togliergliela Federico II non avesse alcuna intenzione), si
rifugia a Lione (2 dicembre 124 f). Forse è dato scorgere un poco
di tendenza a dare maggior fede agli scrittori imperialisti che ai pon-
tifici, ma nel complesso lo scritto è serenamente obbiettivo, e ci fa
vedere in Federico II 1' uomo di Stato, ambizioso certo, ma geniale
e profondo nelle vedute, abilissimo nel cercare i mezzi di attuarle;
in Innocenzo, il capo della Chiesa, convinto della santità della sua
missione, che con petto saldo sostiene i diritti della Sede apostolica.
Il tentativo fatto da Federico di alienare il sacro collegio dal papa,
le ripetute trattative di pace più o meno sincere, la proposta dell' im-
peratore di un maritaggio tra Corrado suo figlio e una parente del papa,
lo sdegnoso rifiuto di questo, la sua lealtà nei rapporti con le città lom-
barde, tutto concorre a rassodare i giudizi dati sui due contendenti.
Seguono al racconto tre excursus. Il primo intorno all'ordine di
tempo delle ambascerie imperiali e pontificie nel 1243, di cui le fonti
parlano in modo contradittorio; il secondo intorno alla sospensione
che subirono le trattative dopo la missione del conte di Tolosa nel
dicembre 1245; il terzo sull'intenzione di Federico di impadronirsi
della persona del papa quando era in Civita Castellana. Quest' ultimo
non riesce convincente quanto gli altri due. Serietà di preparazione,
metodo e acuto discernimento nell' adoperare le fonti (i), doti che
spesso si riscontrano nei dotti alemanni, vanno unite nel Weber ad
una chiarezza che non è invece troppo facile ritrovare negli scritti
dei suoi connazionali.
P. Ecidi.
(i) Una sola osservazione. Perchè citare la Vita di Innocenzo IV nell'edizione del
Muratori e dirne autore yiicoUus de Curino, quando già dal 1898 il compianto F. Pa-
GJiOTTi ne dnva un' altra assai migliore e riusciva a stabilire che il vero nome dello
srittore era Kic. de Carbio ? Cf. questo Archivio, XXI, 1-120.
NOTIZIE
Con vero piacere registriamo la ripresa della edizione del Libcr
censuum di Cencio canurario. Il primo fascicolo, uscito nel gennaio
del 1889, era rimasto senza compagni, che prima le necessità, le cure
e i dolori della vita, poi la morte immatura avevano impedito e tron-
cato il lavoro cui il compianto Paul Fabre si era dedicato con tutte
le forze. Ne raccoglie 1' eredità l' illustre nostro socio L. Duchesne,
che nel luglio scorso ha pubblicato il secondo fascicolo. Non avendo
egli trovato nelle carte del Fabre alcuna indicazione circa il piano
generale dell'opera, si propone di riprodurre prima per intero l'ori-
ginale di Cencio (cod. Vat 8486); indicare poi la disposizione che
la materia prese nel rimaneggiamento del secolo xiii (cod. Rice. 226),
mettendo alla luce i nuovi documenti che vi furono inseriti, meno
però le Vite dei papi già edite nel Libcr ponti fìcain; aggiungere da
ultimo in appendice la descrizione delle compilazioni analoghe che
per età precedettero il Liber, e cioè quelle di Benedetto canonico,
di Bosone, di Albino; quando occorra dare la edizione di quelle parti
di esse che non entrarono nella compilazione di Cencio. Della ta-
vola dei censi nelle carte del Fabre era pronto per la stampa tutto il
testo, ma il commento era perfetto, o quasi, soltanto per le provincie
di Croazia, Serbia, Ungheria, Polonia, Impero, e se per la Francia
v' era materiale abbondante, mancava affatto invece per la Spagna,
le isole Britanniche, la Scandinavia, la Sardegna e l'Oriente. A questo
difetto e alla preparazione del testo per quel che avanzava, ha do-
vuto sopperire il nuovo editore. Nessuno forse avrebbe potuto cosi
bene sostituirsi al Fabre; e fors' anche il lavoro ci ha guadagnato,
conservando la illustrazione tutta la sohdità e perdendo un po' della
pesantezza sotto la penna di L. Duchesne. Cura speciale egli ha por-
tato intorno ai capp. xxxi-XLiii del Liber, i quali contengono le cosi
dette Mirahilid Romae. Senza proporsi di dare una vera edizione cri-
tica (e sarebbe tanto gradita), pure ha fissato un pregevole testo po-
nendo a confronto l'originale di Cencio con le compilazioni di Al-
bino (cod. Ottob. 3057), di Benedetto canonico (cod. Cambrai 551,
Valliceli. F, 73) e con la copia dei Mirabilia del Vaticano 3973.
y}6 o\j)ti-{ie
In quest' anno si sono compiute in Germania due pubblicazioni
di capitale importanza. Col 132° fascicolo è terminato il Kirclun-
lexicon oJtr Encyklopàdìe der Katlioìischen Theologie imd ihrer Huìsilìs-
seuschiifkn, la cui compilazione, diretta dal Wetzel e dal Welte, è co-
stata vjnti anni di lavoro. Quanti che vi prestarono l'opera loro non
ne hanno visto il compimento! Tal soddisfazione è mancata anche
ad Ed. Winkelmann, la cui ristampa dei Rei;i'sici ifupcrii, V (1198-
1272), ha ricevuto l'ultima mano da F. Wilhelm. Il fascicolo 4° ed
ultimo contiene una larga introduzione e, oltre ai soliti copiosissimi
indici di persone e di luoghi, uno speciale dei ricevitori e dei por-
gitori, gli itìner.iri dei principali officiali pontifici ed imperiali, e so-
pratutto un ingegnoso ed utilissimo indice degli indici, che raggruppa
topograficamente tutti i nomi registrati negli indici stessi.
Per incarico della città di Magonza il professore Otto Hartwig,
al fine di festeggiare il quinto centenario della nascita di Giovanni
Gutenberg, ha raccolti e pubblicati dodici studi intorno agli inizi della
stampa (i), dovuti dieci a stud-osi tedeschi, uno ad un francese, l'ul-
timo ad un italiano. Questi è il signor Demetrio Marzi, che ha trat-
tato dei Tipografi tedescììi in Italia diiratiU il secolo XV, in una cin-
quantina di pagine (407-455 del Festschrifl indicato^, passando in
rapido esame l' opera degli impressori germani. Lo scritto, disegnato
più ampiamente di quel che siasi potuto compire, appunto per questo
si mostra difettoso, presentando sproporzioni nella economia delle
varie parti : ma è sempre un notevolissimo saggio, soprattutto per la
ricchezza ed esattezza delle informazioni. Auguriamo che 1' autore
non voglia abbandonare il suo tema; anzi si accinga a trattarlo con
quella compiutezza che gli potrà venire soprattutto con la calma ispi-
rata dalla assenza di ogni limile di tempo, calma che egli stesso
confessa essergli mancata. Prowederà allora anche ad una migliore
collaborazione da parte del tipografo, ai difetti del quale non pone
che insufficiente rimedio 1' errala corride aggiunto nel!' estratto.
Tra i volumi della Biblioleca del Risori^inienlo Italiano il signor lir-
manno Loewinson ha pubblicato uno studio molto accurato e dili-
gente intitolato: Giuseppe Garibaldi e la ma legione nello Stato ro-
mano 1848-41). L'uso largo di documenti tratti dal R. Archivio di
Stato e dall'archivio Comunale notarile di Roma, e il metodo tenuto
in usarne crescono pregio e novità al libro.
(1) Ftitichrift ^um fun/hunderliahrigen Ceburlslage voH Johann Gutenberg im Auftrage
àer Stadi Main^, herausg. v. Otto Haktwic, Mainz, Zabern, 24 Juni 1900.
'K.oti^ìe 537
Il signor Clu V. Langlois sta curando una seconda edizione del
suo Manuel ile bibliographic ìiisloriqiie. È venuto alla luce il primo fa-
scicolo nel quale si parla degli istrumenti bibliogra|ici. Per 1' Italia
questa ristampa non si avvantaggia molto sulla prima, mentre rile-
vanti miglioramenti vi sono introdotti per la Germania e soprattutto
per la Francia. H vero però che in questo campo da noi non si è
fatto gran che tino ad oggi. Per la bibliografìa storica generale siamo
ancora al Fumagalli-Ottino, e per la corrente solo alle ampie, ma
sempre incomplete indicazioni della Rivista storica del Rinaudo. Siamo
lieti di annunciare che anche in Italia sarà provveduto a questo biso-
gno degli studi. Nell'anno corrente, per iniziativa del professore A. Cri-
vellucci,sarà posto mano alla pubblicazione di un Annuario bibliografico
(.klle pubblicazioni riguardanti la storia d'Italia nel largo senso della
parola, a cominciare dal secolo quarto sino ai nostri giorni. Apparirà
a liberi intervalli come supplemento agli Studi storici di A. Crivellucci,
e conterrà lo spoglio di circa seicento riviste e l'indicazione del mag-
gior numero possibile di pubblicazioni indipendenti. Il lavoro sarà di-
viso tra vari collaboratori distribuiti nei principali centri di Studio
del Regno, perchè sia più facile, più ampia e sicura l'informazione.
Nel primo fascicolo di quest' anno degli Studi e documeuti di storia
e diritto, P. Tacchi Venturi ha scritto di Vittoria Colonna, delle re-
lazioni che ebbe in Ferrara coi gesuiti Jaio e Rodriguez, dell'aiuto
dato alla Compagnia nel suo sorgere, della protezione concessa ai
cappuccini nuovameute germogliati dal gran tronco francescano. Pub-
blica inoltre sei lettere inedite di Vittoria e una di Carlo V. Altre
quattro lettere il Tacchi Venturi ha aggiunto nel secondo fascicolo
dello stesso periodico, interessanti perchè chiaramente ci dicono la ra-
gione del ritiro della poetessa in S. Caterina di Viterbo e lumeggiano
le sue relazioni con Alfonso de Lagni signore d' Orte. Q.ueste pubblica-
zioni e quella di P. D. Pasolini (Tre lettere inedite di l'ittoria Colonna per
nozze Rasponi-Corsini che riguardano il tempo in cui Vittoria perdette
lo sposo), assai interessanti e ben condotte, vengono a completare
gli studi di B. Fontana apparsi nel IX e X voi. di questo Archivio.
Pei tipi del Forzani la signora Luisa Atti Astolfi ha pubblicato
un codicillo testamentario di Ranieri «onore della casa di Calboli »
(Purgatorio, XIV, 88-90) scritto nel 1280, in cui si conferma erede
generale la moglie Imilia e si aggiunge debba questa, se muoia prima
di dieci anni dall' ultimo giorno di lui, scegliersi un erede che fino
al compimento dei dieci anni faccia in suffragio dell' anima di lui
« totani fruam suam ». Il documento, interessante specialmente dopo
538 V^pti^ie
il tanto che si è scritto su Ranieri e anche perchè tra 1 testi v' è un
Irà Guittone d' Arezzo, serve però solo di pretesto per una disserta-
zione storica e, paleografica. La sproporzione è evidente soprattutto
quando si leggano le annotazioni paleografiche e diplomatiche, die
sembrano piuttosto un'accurata e minuta lezione diretta a principianti
(si indica perfino che / è usato a segnare per]), che una notizia co-
municata agli studiosi. Il giorno del mese, secondo l'autrice, è cal-
colato con la « consuetudo hononiensis ». È vero per la forniula:
« intrante »; m.i por la sostanza non mi pare, essendo indicati un
25 «intrante apr. » e un 29 « intr. marcio».
Il marchese Matteo Campori ha pubblicato il primo volume de\-
V Epistohirìo Muratoriano (Modena, Società tipogr. Modenese, in-8,
pp. Lxxv-jóy.con ritratto). Contiene le lettere scritte dal sommo sto-
rico negli anni 1691-1698, precedute da una utile cronobiografia nella
quale forse si desidera talora il corredo dei documenti. Le lettere
sono disparatissime fra loro e pel valore e per la estensione. Si va
da quelle di poche parole e talora insignificanti o quasi, sino a delle
vere e proprie dissertazioni di straordinaria importanza.
Il signor F.Tonetti nel VII volume del Boììetlino della R.Dep. di
'Aor.palr. per l'Umbria ha portato un notevole contributo agli studi sto-
rici della provincia romana, dando una notizia abbastanza ampia in-
torno agli archivi Comunali di Roccantica e di Aspra. Il primo ha
un documento del 1060 e sei altri del secolo xii, il secondo ha un
documento del 1055 e altri tredici del secolo xii. Interessanti al-
cuni documenti (Roccantica ann. 1159, 1398; Aspra ann. 1527, I5)2,
1576, 1^87, 1409), che si riferiscono alla giurisdizione del comune di
Roma. L' esempio del Tonetti sarebbe da imitare da tutti gli studiosi
locali e da tutti gli altri, che per ricerche speciali hanno occasione
di visitare archivi, che restano inaccessibili alla gran maggioranza.
Presso il Ministero dell' istruzione pubblica di Francia è stato
creato un « Office d' informations et d'études » sotto la direzione
di Ch. V. Langlois e Victor-Hen. Friedel. Avrà per iscopo: 1° I^-
spondere ai quesiti indirizzatigli intorno alla scienza o all' istruzione
dai professori o dai capi servizio delle Amministrazioni francesi e
straniere; 2" Presentare ai capi servizio relazioni e proposte intorno
alle questioni scientifiche e scolastiche; ?° Tenersi in relazione colle
Università straniere e specialmente di Dresda, di Upsala e degli Stati
Uniti che domandano frequentemente indicazioni di giovani per scambi
internazionali di allievi o di insegnanti.
ISioti^ie ^y)
Notevole è il libro di A. Doren, Studicn aus der Florentìner Wirth-
schaftsgeschicbte, voi. l. Die Florcntincr IVclkiitiicbindustrie vom 14-16 Jahr.
(Stuttgart, Cotta, 1901), corredato di un ricco materiale archivistico;
né meno notevole è la memoria apparsa nel Boìetin de la Reaì Aca-
demia de buenas ìctras de Barcelona, I, 24, di H. Finkc, BcrichUii von
der ròmischeti Curie, di speciale interesse pel tempo di Bonifacio Vili.
Il professore Pflugk-Harttung ha pubblicato la seconda parte del
suo lavoro Die Btillen der Papste. Il prof. Lud. M. Hartmann la se-
conda parte del Tabnlariniìi Sa>iclae Mariae in via Lata e il secondo
volume della sua Gescììicbte. Ne diamo solo annunzio proponendoci
di parlarne altra volta ampiamente.
Mentre si stava rimettendo in luce la base dell'arco di Tito nel
restituire alla Via Sacra 1' antico livello, s' è scoperta tra l'arco e il
Palatino una larga platea. Secondo le induzioni dell' ingegnere Boni
essa sarebbe probabilmente quella del tempio di Giove Statore, di
cui fino ad ora era desiderato qualsiasi vestigio.
La Società Filologica Romana, di cui annunciammo nel prece-
dente fascicolo la costituzione, ha pubblicato in tre fascicoli il poema
inedito di Bonvesin da Riva, lì libro delle tre scripture e il Volgare
delle Vanità. L'edizione si raccomanda e pel valore intrinseco del poema,
specialmente come precedente della Divina Commedia, e per la bontà
dello studio che 1' editore (V. De Bartholomaeis) vi ha messo in-
nanzi, e per la cura posta nel produrre il testo e nel corredarlo di
eccellenti note e di un glossario che può servire di modello, e da
ultimo per la eleganza tipografica.
Per lodevole iniziativa di alcuni cittadini si è costituita in Vi-
terbo una associazione che si prefigge lo scopo di adoperarsi con
tutti i mezzi per la conservazione e il restauro dei monumenti me-
dioevali. Il lavoro non sarà poco né lieve, perchè se poche città di
provincia possono contendere al capoluogo del Patrimonio il vanto di
signorile prodigalità e di severo gusto nelle costruzioni, meno sono
quelle che possano a più giusta ragione rimproverarsi per la poca
cura che se n' ebbe. Di un certo risveglio fanno però fede oggi e
la iniziativa di cui facciamo parola e gli studi, ormai pronti ad es-
sere tradotti in atto, d' un restauro della magnifica loggia papale
del 1267,0 gli scavi fatti nel teatro della distrutta Perento. Sotto le
macerie accumulate dalla rabbia dei Viterbesi nel 11 70 e nel 11 72, e
dai sette secoli e più che d'allora sono trascorsi, si è rinvenuta la
Archivio della R. Società romana di storia patria. Voi. X.XIV. 3 5
540 V^oti^it
pianta del teatro, cos'i conservata da poter essere rilevata con facilità.
Sono state trovate anche alcune statue rappresentanti Apollo e le
Muse, però di mediocre valore. Speriamo che gli scavi si possano
estendere .id altri punti della sepolta città.
Nella direzione dell' Istituto Storico Prussiano al prof. W. Prie-
densburg è stato sostituito il prof Schulte, ben noto agli studiosi
por i suoi lavori intorno alle relazioni commerciali ed economiche
tra r Italia e la Germania. Al posto del prof. Th. Sickel, che giu-
stamente riposa dopo tanti anni di lavoro così indefesso e proficuo,
è venuto a dirigere l'Istituto Storico Austriaco il prof. Ludwig l'astor,
il quale ha pubblicato un' altra edizione (5" e 4=* insieme) del primo
volume della sua Geschlchte der Papste. Di essa sarà parlato nei pros-
simi fascicoli più ampiamente; qui basti indicare che la serie dei
documenti si avvantaggia su quella delle precedenti per la inserzione
di una lettera scritta da Eugenio IV ad Antonio de Rido intorno alla
cattura del Vitelleschi (1" marzo 1441; doc. 21 a), di una relazione
di un cortigiano coevo intorno alla rivolta di Stefano Porcari (n. 44 a),
e di un' altra relazione di incognito intorno allo stesso argomento
(n. 44 b). Inoltre al documento n. 17 è stata aggiunta una lunga nota
tendente a dimostrare che veramente Martino V indisse un univer-
sale giubileo, la cui data è da fissare con probabilità all' anno 1423.
Della Biblioteca storica Bolognese sono venuti alla luce due nuovi
volumi, il 4° di Vito Vitali, // Comune di parte guelfa in Bologna (1286-
1527); il 5° di Albano Sorbelli, La signoria di Giovanni Visconti a
Bologna e le sue rela:{icni con la Toscana. La Biblioteca Villari s' è
pure arricchita di due volumi di molto pregio, l'uno di G. Negri in-
torno a Giuliano V Apostata di cui si discorre in questo fascicolo,
r altro di P. Errerà, suU' Era delle grandi scoperte geografiche.
Il prof. Otto Richter ha pubblicato una ristampa della sua pre-
gevole Topographie der Stadi Rom, resa ormai necessaria dalle sco-
perte topografiche di cui sono stati fecondi gli ultimi scavi.
Per la storia del diritto italiano nel medioevo notiamo due assai
importanti contributi per quanto di natura diversissima: 1° il terzo
volume della Bibliolheca iuridicu medii aeri, cui con tanto amore e
perseveranza attende il prof Augusto Gaudenzi. Contiene gli Scripta
anecdota glossatorum vel glossatorum tempore composita, e cioè il libro
dello pseudo Bagarotto o meglio di Pillio e la Summa de actionibus
editi a cura di G. B. Palmieri, le glosse del Vaccella a cura del
Resta, lo Splendor Venetorum civitatis di Iacopo di Bertaldo, curato
r\o//7/e 541
dallo Schupfer, le Quaestiones slatiitonan di Alberto da Gandino per
cura del Solmi, il Libcr de redimine ciuitatum di Giovanni da Viterbo
per quella del Salvemini, la Stimma nolani Arelii per quella del Ci-
cognari, e la Summa notarii Belluni per quella di A. Palmieri; 2° la
prima parte dell' opera : Die gcuiciiirecììlliche Entiuickelun-^ des interna-
tionaìen Privai- ttnd Strafrechls bis Bartolus del dott. Karl Neumeyer,
la quale si intitola: Die Geliung der Stammesrechle in Italicu. In due
capitoli vi si tratta del diritto territoriale e di quello personale lon-
gobardo nell'alta e nel'.i media Italia; nel terzo dello stato del di-
ritto longobardo e normanno nell' Italia meridionale.
Crediamo opportuno richiamare l'attenzione degli studiosi sul
progetto di pubblicazione che si propone una nuova Società di dotti
francesi sotto il titolo Archives de l'bisloire religieuse de la Fraiice. Esso
comprenderà documenti ecclesiastici, amministrativi, giudiziari, acat-
tolici, privati. Tra l'altro sono in procinto di pubblicazione le nun-
ciature di Francia di Leone X, di Clemente VIII, di Paolo III, di
Gregorio XIII, e la corrispondenza di Giovanni du Bellay, il primo
volume della quale sarà composto delle Ambassades de Londres et de
Rome (nov. 1527-febbr. 1556). Editore sarà Alfonso Picard (Paris,
rue Bonaparte, 82).
Sottoposte a minuziosa disamina due notizie date da Eusebio
{Vita Conslaiitini, I, cap. 40; Historia ecclesiastica, IX, cap. 8), il ca-
valier C, iMacs sostiene che nella sesta e settima delle colonne ono-
rarie del Foro si debba riconoscere 11 primo trofeo della croce eretto
da Costantino il Grande nel Foro romano. Le due colonne, sormontate
una dalla statua dell' imperatore che nella destra teneva un'alta croce,
r altra da quella di Roma, avrebbero recata 1' epigrafe che Eusebio
riferisce in greco: « Hoc salutari signo, vero fortitudinis indicio, ci-
« vitatem vestram tirannidis iugo incolumem servatam liberavi. Insu-
« per senatum populumque romanum in libertatem vindicans, pristinae
« amplitudini et splendori restituì ». L'erezione dovrebbe assegnarsi
al 312, subito dopo la vittoria ad saxa Rubra.
La Società Editrice Nazionale ha pubblicato dopo la nuova edi-
zione della Storia di Roma nel medio evo di Ferdinando Gregorovius
(cf. questo Archivio, XXIII, 520), un'edizione ddVAutobiografa di
Benvenuto Cellini (La vita di Benvenuto Cellini. 1 trattati della orefi-
ceria e della scultura e gli Scritti sull'arte con 196 illustrazioni e note
di Arturo Jahn Rusconi e A. Valeri, 1901). Il testo ò&W Autobiografia
è tratto dall'edizione del Guasti (Firenze, Barbèra, 1890). Gli editori
ebbero cura di inserire nel testo numerose riproduzioni e documenti ad
542 ^oti-^ìe
illustrazione della vita e delle opere del Ccllini. 11 volume è un vero
repertorio di notizie intorno all'attività artistica del grande artefice fio-
rentino, ma sarebbe forse riuscito di più facile uso se fosse stato condotto
con più rigore di metodo e con maggiore sobrietà di esposizione.
Notevolissima è la relazione che R. Lanciani ha fatto nel Bnl-
Itttino comunali di archeologia intorno alle escavazioni del Foro. A
proposito delle quali ci vien naturale d' indicare, non sappiamo se
con parole di lode, i lavori fatti per difendere i dipinti di S. Maria
Antiqua. Non sapremmo dire se le vòlte girate sugli antichi muri
siano sufficienti ad impedire la perdita dei preziosi cimelii, e se siano
intonati ai resti delle vecchie costruzioni.
L' Istituto di Francia ha decretato di porre mano alla pubbli-
cazione dei Necrologi del territorio gallico, coordinando e comple-
tando per tal modo gli sforzi notevoli fatti in vari tempi dalla ini-
ziativa privata.
La Sezione romana della Gòrresgesellschaft ha pubblicato il
primo volume di documenti concernenti il concilio di Trento, con-
tenente la prima parte dei diarii edita a cura di S. Merkle. Vi sono
accolti il comentario del Severoli e i sei diari del Massarelli, due
dei quali già editi dal Dòllinger.
Il prof. Giuseppe Mazzatinti ha pubblicato, nella nuova edizione
dei Rerum Italicarum intrapresa dal Lapi, la cronaca di ser Guer-
riero da Gubbio.
Con molto rammarico apprendiamo la notizia della morte del
professore Cesare Paoli. Era nato nel 1840, e consacratosi per tempo
alla carriera archivistica e poi all' insegnamento, salì presto in grande
considerazione pei lavori notevoli che pubblicò, e per 1' impulso che
diede in Toscana allo studio metodico della paleografia e della di-
plomatica. Lascia lavori notevoli di storia e di paleografia, tra cui
ricordiamo quelli sulla Signoria in Firen::^e del duca d' Atene, sulle Ta-
volelk dipinte della Repubblica di Siena, sulla Battaglia di Montaperti
di cui pubblicò anche il Libro, e superiore forse ad ogni altro l'ec-
cellente Programma di paleografia e diplomatica, titolo modesto di un
lavoro assai poderoso. Ebbe ingegno pronto, senso di critica acuto,
dottrina profonda e geniale, animo modesto, semplice, buono. La
sua mone, che è una perdita per gli studi, lascia nei numerosi amici
ch'egli ebbe un senso di vivo e profondo rimpianto.
PERIODICI
(Articoli e dociuiicnù relativi alla storia di Roiiui)
Archivio storico italiano. Serie V, to. XXVII, a. 190:, fasci-
colo 2°. — N. RoDOLico, Genesi e svolgimento delia scrittura lon-
gobardo-cassinese. - D. Marzi, recensione dei Rerum Italicarum scri-
ptores, nuova edizione, primi fascicoli (Historia miscella, di L. Sagace;
Le Vite dei dogi, di M. Sakudo). - G. Lisio, recensione della Vita
di Benvenuto Cellini edita a cura di O. Bacci. - E. Rostagko, re-
censione di RosENMUKD : Die Fortschritte der Diplomatik seit Mabillon
vornehmlich in Deutschland-Oesterreicht. — Fase. 5°. C. Destefaki,
La signoria di Gregorio IX in Garfagnana. - F. Tocco, Nuovi do-
cumenti sui moti ereticali tra la fine del sec. xiii e il principio del xiv. -
O. Bacci, recensione dell'opera di Monnier : Le Quattrocento.
Archivio storico Lombardo. Serie III, XVI. — F. Fossati,
Milano e una fallita alleanza contro i Turchi.
Archivio storico per le provincie Napoletane. Anno XXI,
fase. III. — G. De Petra, Aufidena, scavi e topografia.
Archivio Trentino. Anno XV (1891), fase. II. — L. Campi,
Tombe romane presso Cunevo nella Naunia.
Bìbliothèque de l'École des Chartes. To. LXII, fase. 3°. —
L. Delisle, Les « Litterae tonsae » à la chancellerie romaine au
xiii*' siècle. - Labande, recensione dell'opera di De Caix e A. L.\-
CROix: La Gaule romaine. - Daumat, recensione dell'opera di Mirot:
La politique pontificale et le retour du Saint-Siège à Rome en 1376. —
Fase. 4°. Rastoul, recensione dell'opera di H. Lea: Histoire de l'In-
quisition au moyen-àge.
Bollettino della R. Deputazione di storia patria per 1' Um-
bria. Anno VII, fase. 2". — D. Tordi, La stampa in Orvieto nei se-
544 'T* Ci iodici
coli XVI e XVI!. - L. Fumi, I registri del ducato di Spoleto. Ar-
chivio Segreto Vaticano. Camera apostolica. - A. Bei lucci, Sulla
storia dell'antico comune di Rieti. - L. Fumi, Cose reatine nell'ar-
chivio Segreto e nella biblioteca del Vaticano. - F. Tonetti, Gli ar-
cliivi Comunali di Roccantica ed Aspra in Sabina.
Bollettino della Società Geografica italiana. Serie IV, voi. II,
gennaio 1901. — Le pioggie dello scorso novembre a Roma. —
Luglio 1901. Risultati sommari del 4° censimento italiano. — Ago-
sto 1901. G. Crocioni, La toponomastica di Velletri. - Un nuovo
Istituto geografico in Roma. — Novembre looi. Il vallo romano
delle Giulie.
Bollettino storico della Svizzera italiana. Anno XXIII,
mi. 4-9. — Continuano Le lettere da Roma ai nunzi pontifici in Sviz-
zera negli anni 1609-1615.
Bollettino storico-bibliografico Subalpino. Anno VI, nn. III-
IV. — A. Taramelli, Un nuovo miliario della via romana Ivrea-
Aosta.
Bullettino della Commissione archeologica comunale di
Roma. .\nno 1901, fase. i^-j". — R. Lanciasi, Il nuovo frammento
della Forma Urbis e le Terme di Agrippa. - Io., Le escavazioni del
Foro. - L. Pernier, A proposito di alcuni lavori eseguiti recente-
mente neir interno del teatro di Marcello. - L. Mariani, Di un'altra
statua muliebre vestita di peplo. - G. Gatti. Notizie di recenti tro-
vamenti di antichità in Roma e nel suburbio. - L. Mariani, Scul-
ture provenienti dalla galleria sotto il Quirinale. - L. Cantarelli,
La serie dei curatores aquarum.
Bullettino dell' Istituto di diritto romano. Anno X (1897),
fase. I-Vl. — C. LoNGO, Vocabolario delle costitu/.ioni latine di Giu-
stiniano. — Anno XI (1898), fase. I. Max Conrat, La somma delle
Novelle de (f ordine ecclesiastico ». - Io., Somme latine inedite di due
Novelle di Giustiniano. - V. Scialoja, Sulla garanzia patrimoniale
richiesta ai senatori romani durante la repubblica. - V. Scialoja, re-
censione delle CEuvres eomplètes de Bartolomeo Borghese, to. X. —
Fase. IL S. Solazzi, recensione dell'opera di N. Herzen : Origine de
l'hypothèque romaine. — Fase. III. S. Solazzi, L' iscrizione arcaica
del Foro rom.ino. — Fase. VI. E. Costa, Il concubinato romano. -
C. Longo, La categoria delle « servitutes » nel diritto romano clas-
"Ve riodici 545
sico. — Anno XII (1899). Adnotationes codicum domini lustiniani,
edente F. Patetta.
Bullettino Senese di storia patria. Anno VII, fase. i''-2°. —
R. Davidsohn, Un orafo senese ai servizi di papa Giovanni XXII, nel-
l'anno 1320. - A. Hessel, Le bolle pontificio anteriori al ii98per
san Leonardo de Lacu Verano.
Giornale storico della letteratura italiana. Supplemento n. 4,
a. 1901. — L. Bhrtana, Il teatro tragico italiano del sec. xviii prima
dell'Alfieri. — Fase. ii2"-ii3°. V. Gian, recensione dell'opera di
E. Muntz: Le musée des portraits de Paul Jove.
Historisches Jahrbuch. Anno XXII (1901), fase. 2°-i°. —
H. ScHRòRS, Fine vermeintliehe Konzilsrede des Papstes Hadrian II
(Un supposto discorso conciliare di papa Adriano (II) {fine). - B. Sepp,
Zar Ghronologie des ersten vier frànkischen Synode des 8. Jalirhun.
derts (Per la cronologia delle prime 4 sinodi franche del sec. vm). -
J. V. Pflugk-Harttuxg, Die Bezeichnung Ludwigs des Bayern in
der Kanzlei des Papstes Johann XXII (Il titolo di Lodovico di Ba-
viera nella cancelleria di Giovanni XXII).
Journal (American) of Archaeology. Voi. V(i9oi), fase. 1°. —
A. Spaldikg Jenkins. The « Trajan reliefs » in the Roman Forum
(I bassorilievi di Traiano nel Foro romano). - Fase. 2°. H. Crosby
BuTLER, The Roman Aqueduets as Monuments of Architecture (Gli
acquedotti romani come monumenti di architettura). — Supplemento
al voi. V. Sixth Annual report of the managing Conimittee of the
American School of classieal studies in Rome (Sesta relazione annuale
del Comitato dirigente per la Scuola americana di studi classici in
Roma\
Mélanges d'archeologie et d'histoire. Anno XXI, fase. i°-
5°. — J. LucHATRE, Le statut des neuf gouverneurs et défenseurs de
la commune de Sienne (1420). — A. Merlin, A propos de l'exten-
sion du Pomerium par Vespasien. - R. Poupardin, Etude sur la di-
plomatique des princes lombards de Bénévent, de Capoue et de Sa-
lerne. - A. Lapótre, Le « Souper » de Jean Diacre. - R. Poupardin,
Note sur la chronologie du pontificat de Jean XVII. - F. Chasandox,
L'état politique de l'Italie meridionale .\ l'arrivée des Normands. -
T. AsHBY FiLS, Un panorama de Rome par A. Van den Wynguerde. -
J. Gay, L'Etat pontificai, ies Byzantins et les Lombards sur le litoral
Campanien (Hadrien I-Jean Vili).
54^ 'Periodici
Mitteilungen aus der historischen Litteratur. Anno XXK
(1902), tnsc. r-'. — ].OEWSios, recensione dell'opera di U. Balzani:
Le cronache italiane nel medioevo. - W. Alimann, recensione del-
l'opera diNiEMEiER Alfred: Untersuchungen ùber die Reziehungen
Albrechts I zu Bonifaz Vili (Ricerche sulle relazioni tra Alberto I e
Bonifacio Vili). — Fase 2°. H. Hahn, recensione dell'opera di
F. Dahn : Die Kònige der Germanen, Band Vili. Die Franken unter
den Karolingen (I re dei Germani, voi. Vili. I Franchi sotto i Ca-
rolingi). - H. Hahn, recensione dell'opera di W. Guwdlach: Die
Entstehung des Kirchenstaates und der curiale Begriff « Respublica
Romanorum » (L'origine dello Stato della Chiesa e il significato
curiale della « Respublica Romanorum »). - G. Woi.f, recensione
dell'opera di Th. v. Sickel : Ròmische Berichte I, II, III. - F. Ilwof,
recensione dell'opera di S Bischoffshausen : Papst Alexander VIII
und der Wiener Hof (^1689-1691) (Papa Alessandro Vili e la corte
di Vienna, 1689-1691). — Fase. 3°. Loevinson, recensione dell'opera
di P. ViLLARi: Le invasioni barbariche in Italia. — Fase. 4°. Loe-
viNSON, recensione dell'opera di P. Orsi: L'Italia moderna, storia
degli ultimi 150 anni, fino all'assunzione al trono di Vittorio Ema-
nuele III.
Neues Archiv der Gesellschaft fiir altere deutsche Ge-
schichtskunde. Anno 1901, XXVII, fase. i". — M. Perlbach, Zu
den àltesten Lebensbeschreibungen des heiligen Adalbert (Sulle più
antiche vite di sant'Adalberto) [una vita venne scritta circa il 1000
da Gio. Canaparius abbate del monastero romano di S. Alessio]. -
P. ScHEFFER-BoiCHORST, Urkunden und Forschungen zu den Rege-
sten der staufischen Periode. Zweite Folge (pubblica un diploma di
Federico II del 1199 maggio 15 per S. Maria Nuova di Roma).
Nuovo Archivio Veneto. Nuova serie, anno I, to. I, par. IL —
Medin, recensione dell'opera di A Venturi: Storia dell'arte italiana.
Voi I. Dai primordi dell'arte cristiana al tempo di Giustiniano. -
Della Santa, recensione dell'opera di Valensise: Il vescovo di Ni-
castro poi papa Innocenzo IX e la Lega contro il Turco. — To. II,
par. I. E. Piva, Origine e conclusione della pace e dell'alleanza fra
i Veneziani e Sisto IV (1479-1480). - G. Monticolo, recensione del-
l'opera di PoMETTi: Studi sul pontificato di Clemente XI.- C. Ci-
polla, Pubblicazioni sulla storia medioevale italiana (a. 1898), n. VIII,
Roma e il Lazio.
Review (The American historical). Anno 1902, voi. VII, fa-
scicolo 2° — S. Platner, The credibility of early Roman history
Periodici 547
(La credibilità della storia romana primitiva ). - G. W. Botsforu,
recensione del lavoro del Greenidge: La vita pubblica dei Romani.
Revue historique. Anno XXVI (1901), voi. LXXV, fase. 1°. —
P. Sabatier, De l'authenticité de la legende de Saint Francois dite
des Trois Compagnons. - Saì.viìmini, recensione dell'opera di Del
Lungo: Da Bonifacio Vili ad Arrigo VII. -Jullian, rer^Hi/o/ig del-
l'opera di Holmes: Cacsar's Conquest of Gaul. - Leroux, j ^«Hi/oHe
dell'opera di Pflugk-Harttung: Der Johanniter- un J dcr Deutsche
Orden im Kampfe Ludwigs des Bayern mit der Curie. — Voi. LXXVI,
fase. 2°. G. Weill, Philippe Buonarroti (1761-1857). - Lecrivain,
recensioni dell'opera di Burger : Der Kampf zwischen Rom und Sam-
nium, e dell'opera di Herzen : Origine de l'hypothéque romaine. —
Voi. LXXVII, fase. 2°. T. De Navemne, Pier Luigi Farnese. - Gui-
RAUD, recensione dell'opera di Kirsch: Die Rùckkehr der Pàpste
Urb. V u. Greg. XI nach Rom.
Revue d'histoire ecclésiastique. Anno II, fase. 5°. — Kauf-
^.w-Hìi, recensione dell'opera di Strzygowski: Orient oderRom. Bei-
trage zur Geschichte der spàtantiken und frùhchristlichen Kunst. -
De Ridder, recensione dell'opera di BoLTON King: Histoire de l'unite
italienne. — Fase. 4"^, C. Callewaert, Las premiers ehrétiens fu-
rent-ils persécutés par édits généraux ou par mesures de police? -
Alberdinck-Thij.m, recensione dell'opera di Molitor: Die Nach-
Tridentinische Choral-Reform zu Rom. 1 B, Die Choral-Reform
unter Gregor XIII. - Kempeneer, recensione dell'opera di Im.mich:
Papst Innoeenz XI. Beitràge zur Geschichte seiner Politik und zur
Charakteristik seiner Persònlichkeit.
Revue d'histoire des religions. Anno XXI, fase. 5°. — Tou-
TAIN, recensione dell'opera di Fowler: The roman festivals of the
period of the Republic. - Reville, recensione dell' opera di Wunsch ;
Sethianiiche Verfluchungstafeln aus Rom. — Anno XXII, fase. 2°. Re-
ville, recensione dell'opera di Sale.mbier: Le grand schisme d'Oc-
cident.
Revue des questions historiques. Anno XXXVI (1901), ta-
scieolo 139°. — Feret, Le Concordat de 18 16. Ambassade à Rome
de Cortois de Pressigny et du comte de Blaeas.
Rivista italiana di numismatica e scienze affini. Anno XIV,
fase. 2". — F. Gnecchi, Appunti di numismatica romana. - E. M.,
54^ 'Periodici
recensioni dell'opera di Flamarc: Moules de nionnnies romnines, e
dell'opera di Pensisi di Floristella: I papi e le loro monete. —
Fase. 5". F. GsT-CCHi, Appunti di numismatica romana.
Rivista di storia antica. \ S. anno VI, fase. i". — E. Breccia,
recensione dello scritto di E. De Ruggero: Il consolato e i poteri
pubblici in Roma.
Rivista storica italiana. Anno XVIII, fase. 5*-4''. — Bo-
nino, recensione dell'opera di Allain: Pline le jeune avoeat. - Ma-
riani, recensione dell'opera di Marucchi: Ivlémcnts d'archeologie chré-
tienne. - Rinaudo, recensione dell'opera di Dili. : Roman Society in
the last Century. - Schiapauelli, «aw/oz/i; dell'opera di Tallone:
Le bolle pontificie degli archivi piemontesi. - Battistella, recensione
dell'opera di Pansa : Documenti per la storia degli eretici nelle Mar-
che. - Roberti, recensione dell'opera di Bolton King: Histoire de
l'unite italienne. — Fase 5°. Spezi, recensione dell'opera di Cle.menti:
Il carnevale romano. - Mariani, recensione dell'opera di Fowler:
The roman festivals of the perìod of the Republic. - Galli, recensione
dell'opera di Cortellini: Caligola. - Segre, recensione delle opere di
Kehr: Papsturkunden in Rom, in Salerno, La Cava, Campanien,Turin
Piemont. Due documenti pontifici del sec. xi. - Cipolla, recensione
dell'opera di Weber : Kampf zwischen Innocenz IV u. Friedrich II. -
Schiaparelli, recensioni dell'opera di Gay: Les registres de Nico-
las III, e dell'opera di Daumet: Les registres de Benoit XII. - Savio,
recensione dell'opera di SoRBELLi: Ferrer. De moderno Ecclesiae schi-
smate. - Battistella, recensione dell'opera di Gadaleta: Paolo V
e r interdetto di Venezia. - Roberti, recensione dell'opera di Corri-
dore : Per una missione segreta a Pio VII. - Lombroso, recensione
dell'opera di Corridore: Politica della S. Sede rispetto al Blocco con-
tinentale. — Fase. 6". Mariani, recensione dell'opera di Halgwitz: Der
Palatin. - Sangiorgio, recensione dell'opera di De Angelis: Forme
primitive della proprietà fondiaria in Roma. - Mariani, recensione
dell'opera di Grisar: Geschichte Roms u. der Piipstc im Mitteialter. -
Capasso, recensione dell'opera di Coggiola: I Farnesi e il conclave di
Paolo IV.
Roniische Quartalschrift. Anno 1901, XV, fase. 3". — E. Wu-
schì.r-Bec(,hi, Der Crucifixus in der «tunica manicata» (Il crocifisso
con la « tunica manicata »). - d. W., Die Daten ijber den heil. .'Xpostel
Paulus im Martyrologium Hieronymianum (Le date su san Paolo
apostolo nel martirologio Geronimiano). - d. W. Aus den Katakom-
'Periodici 549
ben in Jahre 1112 (Delle catacombe nell' a. 1112). -A. Baumstark,
Die Translation der Leiber Petri und Pauli bei Michael dem Syrer
(La traslazione dei corpi dei santi Pietro e Paolo secondo Michele
Siriaco). -A. Baumstark, recensione dell'opera di H. Lisco: Roma
Peregrina. Ein Uebeblick ùber die Entwickelung des Christentums in
den ersten Jahrhunderten (Roma Peregrina. Uno sguardo sullo svi-
luppo del cristianesimo nei primi secoli) - J. P. Kirsch, Ròmische
Conferenzen fiir christliche Archàologie (Confer. romane di arch.
cristiana); Ausgrabungen und Funde. Rom. (Scavi e ritrovamenti.
Roma). - E.MiL Gohller, Zur Geschichte der papstlichen Finanz-
verwaltung unter Johann XXII (Per la storia della finanza pontificia
sotto Giovanni XXII). - L. M. Mathaus-Voltolini, Die Beteili-
gung des Papstes Clemeiis Vili an der Bekampfung der Tiirken in
den Jahren 1592- 1595 (La partecipazione di Clemente Vili nella
]otta contro i Turchi negli anni 1 592- 1 595). — Fase. 4°. J. P. Kirsch,
Die altchristlichen Kirchen S. Maria Antiqua, S. Caecilia und S. Saba
in Rom (Le antiche chiese cristiane S. Maria Antiqua, S. Cecilia e
S. Saba in Roma); Ausgrabungen und Funde. Rom (Scavi e ritro-
vamenti. Roma). - Stephan Ehses, Kirchliche Reformarbeiten unter
Papst Paul III vor dem Trienter Konzil. Il (I lavori di riforma ec-
clesiastica sotto Paolo III prima del concilio di Trento, II). - L. F-
Mathaus-Voltolini, Die Beteiligung des Papstes Clemens Vili an
der Bekampfung der Tùrken in den Jahren 1 592-1 595. II. - E. Goel-
LER, Aus der Camera apostolica (Della Camera apostolica).
Stimmen aus Maria Laach. Anno 1901, fase. 5". — Kneller,
recensione dell'opera di H. Grisar: Geschichte Roms und der Piipste
ini Mittelalter. I (Storia di Roma e dei papi nel medioevo. I) — Fa-
scicolo 6". J. HiLGERS, Die Vaticana unter Nikolaus V. Neue Biicher-
schàtze (La Vaticana sotto Nicolò V. Nuovi tesori di libri). — Fa-
scicolo 8". J. HiLGERS, Ausstattung und Einrichtung der Bibliothek
Nicolaus" V (Dotazione e disposizione della biblioteca di Nicolò V).
Studi e documeuti di storia e di diritto. Anno XXII, fasci-
coli i°-2''. - P. Tacchi-Venturi, Vittoria Colonna, fautrice della
riforma cattolica, secondo alcune sue lettere. - A. Pellegrini, Re-
lazioni inedite di ambasciatori lucchesi alla corte di Roma (se-
coli xvi-xvii).
Studien und Mitteilungen aus dem Benedictiner- und Ci-
stercienser- Orden. Anno 190I: XXII, fase. i"-3''. — Bruno Al-
bers, Aus Vaticanischen Archiven. Zur Reformgeschichte des Bene-
SSO "'Periodici
dictiner-Ordcns ini xvi Jahrli. (Dall' arci. ivio Vaticano. Sulla storia
della riforma dell'Ordine Benedettino nel secolo xvi).
Theologische Quartalschrift. Anno 190 1, LXXXIII, fase. 2°. —
Flnk. Die Benifung der alli^cmcinen Svnoden des Altertums (La
convocazione delle antiche sinodi generali). - Fase. 5". Fun'k, recen-
sioue dell'opera di H. Grisar: Geschichte Roms und Papste im Mit-
telalter. I (Storia di Roma e del papi nel medioevo. I). - Kirsch,
Papst Benedict XIV und scine BuUen bezùglich der chinesiscben und
malabarische Gebrauche (Papa Benedetto XIV e le sue bolle relative
a costumanze cinesi e malabariche). — Fase. 4°. A. Kocn, recen-
sione del lavoro di G. RtETsCHEL: Lehrbuch der Liturgik (Manuale
della liturgia). - S.Kg.muller, recensione dell'opera di B. Wolf Edlen
voN Glauveli. : Die Kanonessammlung des Cod. Vatican. lat. 1348
(La raccolta di canoni del cod. Vat. lat 134S). - Fuxk, recensione
dell'opera di A. Michiels: Étude sur la fondation de l'Église, l'oeuvre
des apòtres et le dcveloppement de l'épiscopat aux deux premiers
siècies.
Transactions of the Royal Historical Society. Voi. XV,
1901. — O. Jensen, The e Denarius Sancti Petri » in England (Il
« Denarius Sancti Petri <> in Inghilterra).
Zeitschrift fiir Katholische Theologie. Anno 1901, fasci-
colo 2'^. — V.. Gl'tberlet, ycceusioiìc dell'opera di A. Weber: Die
ròmischen Katakomben (Le catacombe romane). - A. Kròss, recen-
sione dell'opera di H. Grisar: Geschichte Roms und der Papste im
Mittelalter. I (Storia di Roma e dei papi nel medioevo. I). - N. Paulus,
Bonifacius IX und der Ablass von Schuld und Strafe (Bonifacio IX
e r e indulgentia a pena et a culpa j>). - N. Paulus, Aufhebung der
Ablasse im Jubeljahre (La sospensione delle indulgenze nell'anno
di giubileo). — Fase. 5°. N. Nilles, Alexander VI und der Prii-
monstratenserorden (.Alessandro VI e l'Ordine Premonstr.^.tense). —
Fase 4°. E. MiCHAEr,, Gregor VII, «der Vater des Bibelverbots » ?
(Gregorio VII, «il padre del divieto di usare la Bibbia»?).
Zeitschrift fiir Kirchengeschichte. Anno 1901, XXII, fasci-
colo 2". — C. Erhes, Petrus nieht in Roni, sondern in Jerusalem
gcstorben. II (Pietro mori a Gerusalemme e non in Roma. II). Coii-
tinvaiioue e fine. — Fase. 3". Gerhard Ficker, Bemerkungen zu einer
Inschrift des Papstes Damasus (Osservazioni su una iscrizione di papa
Damaso). — Fase. 4°. ]ulius v. Pflugk-Harttung, Die Wahl des
'Periodici 5 S ^
letzten kaiserlichen Gegenpapstes (L'elezione dell' ultimo antipapa im-
periale, Nicolò V, 1328).
Zeitschrift fur wissenschaftliche Theologie. Anno 1900,
XLIII, fase. 1°. — Franz. Gorres, recensione dell'opera di Felix
Dahn: Urgeschichte der germanischen und romanischen Vòlker (Ori-
gine dei popoli germanici e romani). — Fase. 3°. Franz. Gorres,
recensione dell'opera di Felix Dahn : Die Kònige der Germanen.
Bd. Vili. Die Franken unter den Karolingern (I re dei Germani.
Voi. Vili. I Franchi sotto i Carolingi). — Fase. 4". Frakz Gorres,
Papst Gregor der Grosse und Kaiser Phokas (Il pontefice Gregorio
Magno e l' imperatore Foca).
INDICE GENERALE
delle materie contenute nel volume XXIV
M. ROSI. Nuovi documenti relativi alla liberazione dv-i prin-
cipali prigionieri turchi presi a Lepanto . . . pag. 5
A. BUCHELLIUS. Iter Italicum {Conlinua) 49
C. CARASSAI. La politica religiosa di Costantino il Grande
e la proprietà della Chiesa 95
P. FEDELE. Tabularium S. Mariae Novae ab an. 982 ad
an. 1200 {Contimiaiioìie) i)9
P. HGIDI. Le croniche di Viterbo scritte da frate France-
sco d'Andrea (Continua) I97
Id. (Continuazione e fine) -99
G. S. RAMUNDO. Quando visse Commodiano .... 373
L. SCHIAPARELLL Le carte antiche dell'archivio Capi-
tolare di S. Pietro in Vaticano 593
G. ARIAS. I banchieri toscani e la S. Sede sotto Bene-
detto XI 497
Varietà :
P. KEHR. Diploma purpureo di re Roggero II per la
Casa Pierleoni 253
P. TACCHI-VENTURI. Un ruolo inedito dell' archi-
ginnasio romano sotto Paolo III 260
P. ECIDI. Il diario di Giov. Battista Belluzzi da San Ma-
rino (i)35-i)4i) 50S
P. KEHR. Nota al diploma purpureo di re Roggero lì. 511
554 Indice generale del rolunie XXIV
Atti liella Società:
Seduta del 21 marzo 1901 267
Seduta del 26 aprile 1901 271
Bibliografia :
R. Poupardia. ' EtuJe sur la Jiplomatique des princes lombards
de Bénèvent, de Capoue et de Salerne » in « Mélanges d'archeologie et
d'histoire », toni. XXI. — Rome, I90i,pp. I i7-r8o (V. FtoiRici) .... 275
Prof. Francesco Ruffini. ■• La libertà religiosa », voi. I, « Storia
dell'idea» — Torino, 1901, pp. xi-542. in-i6(M. Rosi) 201
V. La Mantia. « Statuti di Olevano Romano del i j genn.iio 1364 ».
— Roma. Bocca, 1900 (O. T.) 204
Henry Charles Lea. " The Moriscos of Spain; Their conver-
Sion anJ expulsion ». — Philadel6a, 1901, pp. Mi-463, in-16 (M. Rosi) . 2o6
P. Brand. « Innocenzo VII e il delitto di Ludovico Migliorati »
in «Studi e documenti di storia e diritto», XXI, 173-213, a. 1900
(Pietro Eoi ni) 5 ' 3
E. Rodocanactai. " Les instltutions -ommunales de Rome sous
la Papautt ». — Paris, Alphonse Picard et fils, 1901, pp. 414 (P. F.) 5^^
Gaetano Ne^i. « L' imperatore Giuliano l'Apostata, studio sto-
rico... — .Milano, U. Hoepli, 1901 (V. F.; 5^^
E. Steinmann. « Antonio da Viterbo. Ein Beitrag zur Geschichle
der umbrischen M.ilerschule um die Wende des xv Jahrhunderts ». —
Mùnchen, Bruckmann, 1901, pp 59, in-4 (P. Ecidi) 5-4
G. T. Rivoira. " Le origini dell' architettura lombarda e delle
sue principali derivazioni nei paesi d'oltr'alpe » . — Roma, Loescher, 1901 .
(G. GlOVANNONl) 5^"
H. Weber. « Dcr Kampf zwischen Papst Iniiocenz IV uiid Kaiser
Friedricli li bis zur flucht des Papstes nach Lyon. Historische Studien
veròffentlicht von E. Ebering, Heft XX». — ' Berlin, F.bering, 1900,
pp. 93, in-8(P. Ecidi) 55-
Notizie 289
Id 5.^5
Periodici (Articoli e documenti relativi alla storia di Roma) 295
Id. 543
rì)}7
DG
bocie&à romana di storia
^02
patria
S6
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